Grande Enciclopedia della Sardegna, vol. 2 (Bonihominis - Cima) [2 ed.]

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Grande Enciclopedia della Sardegna, vol. 2 (Bonihominis - Cima) [2 ed.]

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ENCICLOPEDIA DELLA SARDEGNA

Volume 2

Bonihominis - Cima

Enciclopedia della Sardegna – Volume 2

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ENCICLOPEDIA DELLA SARDEGNA

Volume 2: Bonihominis-Cima

Edizione speciale e aggiornata per La Nuova Sardegna § 2007 Editoriale La Nuova Sardegna S.p.A. Via Porcellana 9 - 07100 Sassari dell’edizione originale La Grande Enciclopedia della Sardegna a cura di Francesco Floris § 2002 Newton & Compton Editori S.r.l.

Supplemento al numero odierno de La Nuova Sardegna Direttore responsabile: Stefano Del Re Amministratore delegato: Odoardo Rizzotti Reg. Trib. di Sassari nº 4 del 19/6/1948

I contenuti della presente edizione speciale sono stati rielaborati, aggiornati, arricchiti e completati da La Nuova Sardegna. Tutti i diritti di copyright sono riservati. Nessuna parte di questo ` essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, eletvolume puo tronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio e televisione, ` perseguita a termini di legge. senza autorizzazione scritta dell’Editore. Ogni violazione sara

Finito di stampare nel mese di ottobre 2007 presso ILTE S.p.A., Moncalieri (TO)

Enciclopedia della Sardegna – Volume 2

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ENCICLOPEDIA DELLA SARDEGNA a cura di Francesco Floris

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Per l’edizione speciale: Opera a cura di Francesco Floris Progetto e consulenza editoriale: Manlio Brigaglia Coordinamento redazionale: Salvatore Tola Progetto grafico e impaginazione: Edigeo s.r.l., Milano

Testi inediti: Mario Argiolas, Piero Bartoloni, Marcella Bonello Lai, Aldo Borghesi, Maria Immacolata Brigaglia, Manlio Brigaglia, Antonio Budruni, Paolo Cabras, Gerolama Carta Mantiglia, Rita Cecaro, Ercole Contu, Fabrizio Delussu, Roberto Dessanti, Giovanni Dore, Piergiorgio Floris, Federico Francioni, Piero Frau, Sergio Frau, Franco Fresi, Elisabetta Garau, Alberto Gavini, Giovanni Gelsomino, Michele Guirguis, Antonio Ibba, Marcello Madau, Giovanni Marginesu, Attilio Mastino, Antonello Mattone, Lucia Mattone, Gianluca Medas, Francesco Melis, Paolo Melis, Giuseppe Meloni, Vico Mossa, Luciana Mulas, Anna Maria Nieddu, Francesca Nonis, Francesco Obinu, Pietro Pala, Giampiero Pianu, Tomasino Pinna, Enrico Piras, Giuseppe Piras, Natalino `, Paolo Pulina, Marco Rendeli, Paola Piras, Giuseppe Podda, Valentina Porcheddu, Franco Porra Ruggeri, Sandro Ruju, Antonello Sanna, Barbara Sanna, Piero Sanna, Pietro Sassu, Tiziana Sassu, Simone Sechi, Giuseppe Serri, Francesco Soddu, Piergiorgio Spanu, Antonio Tavera, Alessandro Teatini, Marco Tedde, Eugenia Tognotti, Francesca Tola, Giovanni Tola, Salvatore Tola, Dolores Tomei, Raimondo Turtas, Esmeralda Ughi, Luisanna Usai, Adriano Vargiu, Massimiliano Vidili, Bepi Vigna, Gianna Zazzara, Raimondo Zucca

Consulenza iconografica: Giancarlo Deidda Referenze iconografiche: pagg. 105, 557a: Archivio del Banco di Sardegna (Sassari) pagg. 80, 86, 93, 151, 176, 265, 287, 295, 305, 310, 335b, 336, 415a, 430, 431, 433, 434, 443, 442, 438, 441, 444, 445a, 445b, 446, 529, 573, 622, 626: Archivio Edizioni Della Torre (Cagliari) pagg. 142, 172, 346, 371, 411, 563: Archivio ‘‘Nuova Sardegna’’ (Sassari) pagg. 107, 184, 186, 288, 289, 290, 293, 308, 350, 396a, 396b, 410, 454a, 472, 505, 515, 554, 559: Archivio Sergio Serra (Cagliari) pagg. 32, 33, 64, 62, 72, 82, 97, 98, 115, 118a, 118b, 128, 133, 155, 162, 164, 188, 189, 191, 197, 223, 219, 236, 239b, 239c, 249b, 256, 238, 270, 299, 302, 317, 321, 322b, 325b, 326b, 337, 382, 383, 385, 386, 384a, 374, 397, 406, 447, 508, 519, 518, 520, 521, 528, 530, 536, 538, 539, 540, 546b, 547, 548, 564, 569, 580, 584, 590, 624, 629, 630, 631a, 631b, 632, 633: De Agostini Picture Library (Novara) pagg. 114, 132, 135, 237a, 237b, 239a, 240b, 248, 249a, 298a, 298b, 322a, 322c, 323a, 323b, 324c, 325a, 326a, 330b, 331, 470a, 484, 487, 546a, 581, 582, 583, 588a: Giancarlo Deidda (Cagliari) pagg. 260, 278a, 571: Fondazione Logudoro Meilogu (Banari) pagg. 2, 16, 17, 20, 37, 40, 42, 46, 49, 50, 53a, 59, 74, 108, 111, 121, 125, 137, 147, 149, 165b, 171, 204, 206, 210, 238a, 238b, 240a, 241a, 244a, 242, 246b, 271, 286, 322d, 330a, 368, 391, 387a, 387b, 389a, 389b, 390, 475, 481, 485, 488, 498, 577, 585, 588b: Salvatore Pirisinu (Sassari) pagg. 66, 89, 278b, 361, 413, 418, 513: Tore Ligios Foto di copertina: De Agostini Picture Library

Si ringraziano per la collaborazione tutti gli artisti, gli archivi fotografici e gli enti di conserva` a dispozione che hanno dato permesso di riproduzione. L’Editoriale La Nuova Sardegna S.p.A. e sizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche e testuali non individuate.

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Guida alla consultazione Ordine alfabetico ` stata La sequenza alfabetica dei lemmi e fissata trascurando i caratteri non alfabetici. Quando il lemma contiene una virgola – come avviene nei nomi propri di persona tra cognome e nome – l’ordinamento considera solo la parte del lemma che precede la virgola, passando alla parte successiva solo in caso di omografia:

*

– Voci dedicate ai santi. Subito dopo l’attacco del lemma e, se presente, il nome al secolo, vengono indicate le varianti sarde del nome che differiscono dall’italiano: Lorenzo da Brindisi, san (Giulio Cesare Russo; in sardo, Santu Lorenzu, Santu Lorentu, Santu Larentu, Santu Laurentu) ...

San Benedetto San Carlo Sanchez Sanchez de Calatayud, Pietro Sanchez Martinez, Manuel

Dopo l’esposizione generale della vita e delle opere del santo sono spesso presenti i paragrafi In Sardegna, in cui si ` patrono e citano i centri di cui egli e dove possono essere descritti i suoi legami col mondo della storia o delle tradizioni sarde, e Festa, nel quale ven` che gono elencate le date e le localita hanno particolari ricorrenze dedicate al suo culto:

Struttura delle voci ` evidenziato in carattere neIl lemma e retto. ` alcuni lemmi di santi riPer comodita mandano a quelli dedicati a un altro personaggio con cui i primi hanno avuto rapporti e all’interno della cui voce sono citati. ` possibile Nei casi di lemmi complessi e che sia presente una suddivisione in paragrafi. Per le voci di alcune categorie `, generalmente, specifiche la struttura e la medesima. *

Andrea, santo ... In Sardegna Patrono di Birori, Giave, Gonnesa, Modolo, Sant’Andrea Frius, Sedini, Sennariolo, Tortolı`, Ula Tirso e Villanova ` il nome al mese di novemTruschedu. Da bre, Sant’Andria. Patrono dei pescatori e dei pescivendoli, invocato contro i tuoni e per guarire gli animali dal mal di ventre. I proverbi: «Po Sant’Andria si toccat sa pibizia» (Per Sant’Andrea si spilla, si assaggia, il vino nuovo); «Seu cumenti sa perda de Sant’Andria, beni stemmu e mellu stau» (Sono come la pietra di Sant’Andrea, bene stavo e meglio sto): persona che si adatta a tutto. Festa Si festeggia il 30 novembre; il 24 maggio a Sant’Andrea Frius. Sagre estive e in altre date durante l’anno.

– Voci dedicate ai comuni. Vengono forniti alcuni dati essenziali come popolazione, superficie, posizione geografica, suddivisioni amministrative e storiche di appartenenza, seguiti dai paragrafi: TERRITORIO, STORIA, ECONOMIA, DATI STATISTICI, PATRIMONIO ARCHEOLOGICO (solo se rilevante), PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE (e AMBIENTALE, solo se rilevante), FESTE E TRADIZIONI POPOLARI.

– Voci dedicate a botanica e zoologia. Vengono di norma indicati i nomi scienti-

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` un formaggio a pasta ... Bonassai. E ... ` dell’insediamento rurale Precarieta ... Villaggi abbandonati GIUDICATO D’ARBOREA Nel giudicato d’Arborea sono stati individuati i seguenti villaggi abbandonati: 1. Abbagadda, villaggio che sorgeva ... 2. Almos, villaggio che sorgeva ... GIUDICATO DI GALLURA Nel giudicato di Gallura sono stati individuati i seguenti villaggi abbandonati: 1. Agiana ... ... Villaggi i cui abitanti si trasferirono altrove ... GIUDICATO D’ARBOREA ... GIUDICATO DI GALLURA ... ...

fici delle specie citate e una classificazione sistematica generale. Nel caso in cui il lemma faccia riferimento a spe` essere presente un cie diverse puo ` semelenco interno per rendere piu plice la consultazione. I nomi sardi, se presenti, sono dati in corsivo e con l’eventuale specificazione del dialetto tra parentesi: Cicerchia Genere di piante erbacee perenni della famiglia delle Leguminose, rappresentato in Sardegna da diverse specie, caratterizzate da fusti lunghi, spesso rampicanti: 1. la c. a foglie larghe (Lathyrus latifolius L.) ... 2. la c. porporina (Lathyrus articulatus L.) ... Nomi sardi: che´rigu (logudorese); letı´tera (Sardegna centrale); piseddu, pisu de coloru (campidanese); pisu de coloru (Sardegna meridionale).

– Voci dedicate a elementi del patrimonio storico e tradizionale sardo. Il testo viene spesso ordinato secondo paragrafi, attinenti alla categoria degli elementi trattati, o in elenchi:

– Voci dedicate alle famiglie storiche. Nel caso in cui la famiglia si sia divisa in ` rami essi vengono solitamente piu elencati distintamente:

Formaggi della Sardegna ... &

IL FORMAGGIO NELLA STORIA

` il centro della produFin dall’antichita zione ... & TIPI DI FORMAGGIO Attualmente i tipi ` diffusi sono: di formaggio sardo piu ` un formaggio ... Biancospino. E

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Amat Illustre e antica famiglia ... ` la baronia di Ramo di Pietro. Pietro eredito Sorso ... ` la Ramo di Francesco. Francesco continuo linea dei marchesi di Villarios ... Ramo di Francesco (San Filippo). Da Francesco, figlio cadetto del marchese Gavino di Villarios, discende ... Rami collaterali. Attualmente, oltre al ramo marchionale primogenito ...

Bonito ` nuragica; Tomba di giganti di ThoEta ` romana; Materiali mes, materiali di Eta ` romana dal nuraghe Mannu Dordi Eta ` romana nel gali; Testimonianze di Eta territorio di Dorgali, tutti in Dorgali. Documenti archeologici, 1980. Alcuni studi sono dedicati all’archeologia di Porto Torres: Turris Libisonis, colonia Julia (con Marcel Le Glay e Attilio Mastino), 1984; L’Antiquarium Turritano. Breve storia delle ricerche su Turris Lybisonis, in L’Africa romana. Atti del II Convegno ` di studi, 1985; Turris Libisonis. La citta romana, in Il Museo Sanna in Sassari, Sassari 1986; Sorso (Sassari), in Atti del VI congresso nazionale di archeologia cristiana, 1986; La necropoli nella storia degli scavi, in Turris Libisonis. La necropoli meridionale di S. Gavino, 1987. Altri articoli degli anni Ottanta-Novanta: Per una riedizione della tavola di Esterzili, ‘‘Quaderni bolotanesi’’ XIV, 1988; Torralba. La sezione punico romana; Torralba. Materiali da altri insediamenti e miliari; Nuoro (con Fulvia Lo Schiavo e Maria Ausilia Fadda); La sezione romana e altomedioevale; Nuoro. La sezione romana e altomedioevale, tutti e cinque in L’Antiquarium arborense e i civici musei archeologici della Sardegna, ` romana nel 1988; Testimonianze di Eta territorio di Torralba, in Il nuraghe di S. Antine nel Logudoro-Meilogu, 1988; La pesca nella Sardegna archeologica, in Museo della Tonnara: il ricordo della Tonnara, 1994; Il Museo della valle dei Nuraghi, in Guida ai musei e alle collezioni della Sardegna, 1997.

Bonihominis, Gondisalvo Religioso ` sec. XIV-Ca(Catalogna, seconda meta gliari 1340). Arcivescovo di Cagliari dal 1331 al 1340. Arcidiacono della diocesi ´ rida e cappellano pontificio, fu il di Le primo iberico a reggere l’archidiocesi cagliaritana; ebbe dei contrasti col governatore generale che voleva cacciarlo dal Palazzo episcopale e per risolvere la controversia dovette intervenire il re. Ebbe dei contrasti anche col rettore di Bonaria.

Bonin, Serge Cartografo francese (n. sec. XX). Nel 1988 ha lavorato con J. Day e I. Calia alle ricerche sul mondo rurale sardo, collaborando alle opere: La Sardaigne rural aux XVII-XVIII sie`cles: e´tude cartographique (con D. Calia, J. Day e A. Jelinski), 1988, e Atlas de la Sardaigne rural aux 17 et 18 sie`cles (con J. Day, I. Calia e A. Jelinski), 1993.

Boninu, Antonietta Archeologa (n. Sassari 1947). Dopo la laurea in Lettere ha vinto il concorso per le Soprintendenze archeologiche. Dal 1973 lavora presso la Soprintendenza archeologica di Sassari, partecipando a campagne di scavo ` della provincia. Dal in diverse localita ` divenuta responsabile delle ri1984 e cerche a Turris Lybisonis e ha allestito l’Antiquarium Turritano (=), il museo ` stata nomidi Porto Torres. In seguito e nata coordinatrice degli scavi di archeologia romana per la Sardegna centro-settentrionale. Tra i suoi scritti: Catalogo della ceramica sigillata chiara africana del Museo di Cagliari, ‘‘Studi sardi’’, XXII, 1973; Il villaggio di Ruinas ` nella valle di Lanaittu; Materiali di Eta ellenistica e romana; Stele figurata da Nurri; Saggio di scavo a S. Lucia di Siniscola, tutti in Sardegna centro-orientale dal Neolitico al mondo antico, 1978. Seguono Documenti epigrafici della collezione Spano. Tavola bronzea di Esterzili, in Contributi su G. Spano 1803-1878, 1979, e quattro contributi: Materiali di

Bonito Religioso (sec. XII). Arcivescovo ` del sedi Cagliari dalla seconda meta colo XII a dopo 1163. Fu nominato pre` del sumibilmente nella seconda meta ` alcuni beni appartesecolo, usurpo nenti ai Vittorini di Marsiglia che protestarono presso papa Alessandro III. Il pontefice investı` della cosa l’arcivescovo di Pisa, Villano, e nel 1163 alla

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Bonnanaro presenza sua, del giudice e degli altri vescovi, fu costretto a reintegrare i Vittorini.

Bonnanaro Comune della provincia di Sassari, incluso nel Comprensorio n. 5, con 1101 abitanti (al 2004), posto a 405 m sul livello del mare, tra le falde sudorientali del monte Pelao e la piana che si estende tra Mores e Bonorva. Regione storica: Meilogu. Archidiocesi di Sassari.

Bonnanaro – Il piccolo centro del Meilogu era famoso in passato per le sue vigne e per il suo vino.

TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 21,78 km2: ha forma grosso modo trapezoidale e confina a nord con Siligo, a est con Mores, a sud con Torralba, a ovest con Borutta e Bessude. Il paese ha una felice posizione, esposto a mezzogiorno in una zona ricca di acque. ` costituito da una parte Il territorio e pianeggiante e da una composta, oltre che dalle falde del Pelao, dalla vicina ` rana e dai contrafforti del collina di A monte Santo, caratteristico tronco di cono con al culmine un altipiano bordato di rocce. Il suolo, misto di compo` utilizzato nenti calcaree e vulcaniche, e parte per l’allevamento parte per l’agricoltura. Posto a brevissima distanza ` dalla superstrada Cagliari-Sassari, B. e attraversato da una secondaria che si dirige verso i vicini paesi di Borutta e Thiesi; il vecchio tracciato della 131 crea un rapido collegamento con Tor&

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` vicina stazione lungo la ralba. La piu ` a Giave. ferrovia Cagliari-Chilivani e & STORIA L’attuale villaggio e ` di origini medioevali, faceva parte del giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Meilogu. Era un centro importante e, dopo l’estinzione della dinastia ` unitamente giudicale di Torres, passo all’intera curatoria nelle mani dei Doria che lo inclusero nel piccolo stato feudale che avevano formato. Essi seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Allora i Doria si dichiararono vassalli del re d’Ara` a far parte gona, cosı` B. nel 1323 entro ` nel del Regnum Sardiniae. Quando pero 1325 i Doria si ribellarono e ne fecero una delle basi della loro organizzazione militare, il villaggio fu teatro della guerra e nel 1330 fu devastato e occupato per un breve periodo dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Car` in possesso dona. Poco dopo B. torno dei Doria, subı` altri gravi danni durante la ribellione del 1347 e dopo l’epidemia ` quasi comdi peste del 1348 si spopolo pletamente. In seguito i Doria si avvicinarono al re d’Aragona ma quando, nel ` la seconda guerra tra Ma1365, scoppio riano IV e Pietro IV, B., dopo un disperato tentativo di resistenza di Brancaleone Doria, fu occupato dalle truppe ` Brancaleone arborensi. Quando pero ` Eleonora d’Arborea la situazione sposo `, anche se continuo ` del villaggio cambio a essere amministrato come se fosse patrimonio giudicale fino alla caduta di Arborea. Dopo la battaglia di Sanluri cadde nelle mani del visconte di Narbona che lo tenne fino al 1420; nello ` a far parte del Restesso anno torno gnum Sardiniae e fu amministrato da funzionari reali. Nel 1445 fu concesso in feudo ad Angelo Marongio la cui di-

Bonnanaro ` si estinse nel 1479; suscendenza pero bito dopo, la sua vedova Rosa Gambella ` di entrarne in possesso ma il (=) tento fisco, che considerava devoluto il ` . Attrafeudo, le si oppose e lo confisco verso una serie di vicende romanzesche la Gambella, che aveva ceduto all’inte´ Xime ´n Pe ´rez e ressata corte del vicere lo aveva sposato in seconde nozze, con` la lite col fisco. Probabilmente le tinuo pressioni del nuovo marito le consentirono di avere nel 1480 parziale soddi` a rimanere sfazione, ma B. continuo nelle mani dell’amministrazione reale. Ben presto la sconsiderata si rese conto che il secondo marito in effetti voleva sottrarle l’intero patrimonio, ma era troppo tardi; e quando poco dopo morı` molti dissero che era stata fatta avvelenare proprio dal Perez, che in seguito ` a premere per entrare in poscontinuo `. Nel 1482 il re sequesesso dell’eredita ` il feudo e lo dono ` a Enrico Henristro quez, le cui figlie lo vendettero nel 1506 ad Alfonso Carrello. I nuovi feudatari nel corso del secolo XVI introdussero ` pealcuni nuovi tributi che resero piu sante la condizione dei vassalli; si estin` allora ai sero nel 1630. Il feudo passo Comprat che lo fecero amministrare da un regidor e riorganizzarono l’amministrazione elevando ulteriormente il ca` provoco ` uno stato di rico fiscale; cio tensione tra i vassalli soprattutto per´ il regidor finı` per avocare a se ´ la che scelta del majore, esautorando comple` del villaggio. tamente la comunita ` per Estinti i Comprat nel 1672, B. passo ` a una famiglia, i Miranda, che eredita risiedeva in Spagna, e quindi fece amministrare il feudo da un podatario che finı` per accentuare lo stato di tensione con la popolazione. Nel corso del secolo ` nelle mani di diXVIII il villaggio passo versi feudatari che dovettero lottare col fisco che ne cercava la confisca; il disa` e nel gio della popolazione aumento

1795 esplose nei moti antifeudali durante i quali gli insorti distrussero il palazzo sede dell’amministrazione baronale. Nel 1821 B. fu incluso nella provincia di Alghero e nel 1838 fu riscattato ` la ai De Queralt. Di questo periodo e testimonianza di Vittorio Angius: «Le abitazioni sono circa 300, tra le quali nessuna fabbrica rimarchevole, avve´ quelle dei benestanti siano asgnache sai comode, e pulite. Eravi per l’addietro degno di qualche considerazione il palazzo del feudatario, ma nelle sedizioni che avvennero nel ’95 del secolo scorso fu atterrato. Le principali professioni qui pure sono l’agraria e la pastorale. Lavorano le donne per le proprie famiglie e tele e panni in 250 telai. La scuola normale (anno 1833) contava fanciulli 25. Le terre sono attissime ai cerali. L’annuale seminagione suol essere di starelli di grano 500, d’orzo 250, di granone 16, che si ottuplica se non ` la sian contrarie le stagioni. Ottima e ` dei legumi, e se ne da ` ai solchi qualita circa 120 starelli. In vicinanza del paese hannosi degli orti, dove si coltivano di` di cavoli, rape, ravanelli, verse varieta lattuche, cipolle, e se ne vende ai vicini. ` di lino. Raccogliesi non poca quantita Nelle pendici e prominenze alle falde del Pelao vegeta prosperamente la vigna, dove distinguonsi circa dodici va` d’uve; abbonda il mosto, nel generieta ` , se ne vende ai vilrale di buona qualita laggi limitrofi, e traessene pure acquavite. Le piante fruttifere si possono comprendere in 30 specie con un totale ` individui di 4000. Delle varie di non piu specie del bestiame, che allevasi, erano questi i numeri nel 1833. Pecore 6000, vacche 400, cavalle tra domite e rudi 60, cavalli domiti 30, giumenti 50, buoi per l’agricoltura 200. I formaggi sono di ` , e si smerciano in Sasqualche bonta sari. Mancano le fiere, son troppe le ` gran copia di volavolpi e le lepri, e vi e

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Bonnanaro tili delle solite specie, sono numerosissime le pernici, i colombi, gli stornelli ` a essere ecc.». In seguito B. continuo compreso nella provincia di Alghero, nella quale rimase fino al 1848. Abolita ` a far parte della divila provincia, entro sione amministrativa di Sassari e nel 1859 fu incluso nella provincia di Sas` delsari. Nel corso della seconda meta l’Ottocento la sua economia sembrava essersi risollevata, ma con la crisi di fine secolo ebbe un nuovo tracollo, legato alla chiusura delle frontiere con la Francia, e molti dei suoi abitanti dovettero emigrare. Nel corso dei primi decenni del Novecento l’economia si riprese grazie allo sviluppo della viticoltura e della cerealicoltura, la popolazione prese nuovamente ad aumentare ` di 1800 unita `; arrivando a contare piu ` inesorabile una dopo il 1961 inizio nuova ondata di emigrazione: molti dei suoi abitanti andarono alla ricerca di ` sicure e il paese condizioni di vita piu perse un terzo della popolazione. & ECONOMIA Il villaggio ha un’economia basata soprattutto sull’agricoltura, in particolare la produzione di cereali e di ortaggi; rinomati anche le ciliegie e il vino, che fino a qualche tempo fa veniva prodotto nella locale Cantina sociale, in ` sviluppato anche il seguito chiusa; vi e commercio e vi ha sede un’organizzazione di turismo equestre. Artigianato. Perdutasi ormai l’antica tradizione di tessitura del lino e della lana da parte delle donne, si possono annoverare soltanto alcuni piccoli laboratori artigiani ` edilizie. Servizi. Il collegati alle attivita ` collegato agli altri della procentro e vincia mediante autolinee; dista da Sassari 34 km. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo, sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1149 unita di cui stranieri 2; maschi 534; femmine

615; famiglie 428. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 11 e nati 7; cancellati dall’anagrafe 28; nuovi iscritti 19. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 071 in migliaia di lire; versamenti ICI 761; aziende agricole 320; imprese commerciali 59; esercizi pubblici 8; esercizi al dettaglio 19; ambulanti 4. Tra gli indicatori sociali: occupati 282; disoccupati 21; inoccupati 109; laureati 19; diplomati 138; con licenza media 272; con licenza elementare 402; analfabeti 34; automezzi circolanti 447; abbonamenti TV 377. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ricco di domus de janas (Coterritorio e rona Moltana, Pertusoe, Sas Turres) che vanno considerate l’elemento portante della omonima ‘‘Cultura’’ risalente al` del Bronzo antico. Ha inizio inl’Eta torno al 1800 a.C. e viene considerata la ` importante culfase iniziale della piu tura della Sardegna preistorica, quella nuragica: si inizia infatti a erigere in tutta l’isola le ben note costruzioni troncoconiche che venivano utilizzate sia come fortezza che come santuario, e fungevano allo stesso tempo da centro di raccolta della popolazione. Ne saranno elementi costitutivi caratteristici anche le grandi sepolture collettive note come Tombe di giganti, i pozzi sacri, legati a un diffuso culto delle acque, e i bronzetti, statuette votive di raf` espressiva. Di particolare finata abilita ` l’ipogeo interesse a questo proposito e di Corona Moltana, scavato nella roccia ` a poca distanza nella omonima localita ` dall’abitato. Fu scoperto nel 1889 ed e ` di ogni altro ha permesso quello che piu di individuare i tratti costitutivi della cultura di B. Era rimasto inviolato per´ sigillato in epoca antica da una che ´ , all’atto della sua scofrana cosicche perta, ha restituito la sepoltura di due

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Bonnanaro ` interna persone giacenti nella parte piu e un corredo formato da 18 vasi e da un anellino in bronzo. Numerosi nel territorio di B. i nuraghi: Cultu, De Luca, Sassu, Elies, Frades Cordas, Giorgittu, Mallis, Maria De Riu, Murunis, Nieddu, Pabaris, Pentuma, Pischennero, S’Isteri, Santu Pedru, Taeddas, Toncanis, Ziu Marras. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il villaggio ha una struttura lineare complessa, sulle sue strade in genere larghe si affacciano le case a palattu in pietra con qualche pretesa di ` eleganza. L’edificio di maggior pregio e la chiesa di San Giorgio, costruita nel 1530 al centro del paese in forme tardogotiche, che divenne la parrocchiale e assunse grande importanza. Col tempo ` decadde per cui fu ricostruita nel pero corso del secolo XIX. Attualmente ha forme neoclassiche molto eleganti. Il territorio comprende anche alcune al` antica delle quali e ` tre chiese, la piu quella di Santa Maria, situata ai piedi del monte Pelau che fu costruita nel ` attualmente in rovina; poco 1600 ed e ` la chiesa di San Basilio, alle distante e falde del monte Pelao; edificata nel Medioevo, era la chiesa parrocchiale del villaggio di Nigor. Col tempo l’edificio ` deteriorandosi e nel 1735 crollo `; ando ` del sefu ricostruita nella seconda meta ` nuovamente colo ma per incuria ando ` semidirovinando e attualmente e strutta. Sul colle che domina l’abitato ` la chiesa di Nostra Signora di inoltre e monte Arana, costruita nel Settecento e successivamente spesso modificata. Ha una sola navata e la copertura in legno. All’esterno ha una facciata con due in` abbellita da un camgressi ogivali ed e paniletto a vela. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La ` affimemoria delle antiche tradizioni e ` data ad alcune feste popolari; la piu ` la sagra nota si svolge a giugno ed e

` stata istituita per delle ciliegie, che e far conoscere un prodotto che molti considerano il migliore del Sassarese. ` quella che si svolge l’8 setL’altra festa e tembre in onore di Nostra Signora di Arana e dura due giorni presso l’omonima chiesetta. Vi si svolgono manifestazioni folcloristiche che attirano moltissime persone anche da altri paesi. Di ` il costume. L’abbinotevole bellezza e ` costigliamento femminile di base e tuito da una camicia di tela bianca e dalla gonna in panno giallo o rosso; sopra la camicia si indossa il busto di broccatello, sopra la gonna il grembiule di vari colori, sul capo il fazzoletto. L’at` un’evolutuale costume femminile e ` elaborato: la zione di quello antico piu camicia era ricamata, la gonna era di orbace giallo e per le spose di panno rosso; sopra la camicia si indossava il busto di broccato bianco con fiori sfumati e chiuso sul davanti da un nastro; la sposa indossava anche la giacca. Sopra la gonna il grembiule di panno nero, sul capo il fazzoletto bianco e per le spose il velo di tulle. L’abbigliamento maschile comprendeva una camicia plissettata e dei pantaloni di tela bianca. Sopra la camicia si indossavano il gilet (su cosso) di velluto nero a doppio petto chiuso con bottoni d’argento, e la giacca (su gabbanu) di orbace nero col cappuccio; sopra i pantaloni andavano il gonnellino (sas ragas) di orbace nero e le ghette dello stesso tessuto; in capo sa berritta di panno nero.

Bonnanaro, cultura di Cultura fiorita in Sardegna tra il 1800 e il 1600 a.C., ascrivibile al Bronzo antico e inquadrabile come evoluzione delle precedenti culture del Calcolitico. Essa fu uniformemente diffusa su tutto il territorio ` probabilmente dell’isola e si sviluppo dalla fusione tra gli abitanti dell’isola e portatori della cultura del Vaso campaniforme, inserendo la Sardegna in una

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Bono dimensione aperta a traffici con altre popolazioni affacciate lungo le rive del Tirreno. In questo contesto la c. di B. ` anche essere considerata come la puo fase iniziale del prenuragico: infatti, gli uomini della c. di B. furono i costruttori dei cosiddetti nuraghi a corridoio, imponenti costruzioni attraversate da corridoi e sistemate in posizioni strategiche, di cui si conservano circa 180 esempi di forma differente.

Bono Comune della provincia di Sas` montana, sari, sede della VII Comunita con 3755 abitanti (al 2004), posto a 540 m sul livello del mare, affacciato sulla media valle del Tirso dalle pendici orientali della Catena del Goceano. Regione storica: Goceano. Diocesi di Ozieri. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 74,47 km2: ha forma grosso modo di un rettangolo allungato da sudest a nord-ovest e confina a nord con ` , a est Bonorva e Nughedu San Nicolo con Anela, Bultei e Benetutti, a sud con Orotelli, a ovest con Bottidda, Illorai e Bonorva. Si tratta quindi di una lunga fascia che va dalla vallata sino alle maggiori alture della zona, delle quali alcune nettamente oltre i 1000 m, come il monte Rasu, la punta de Bobore Manchinu, Sa Rocca ’e Pedra ’e Corvu ecc. Prevalentemente granitico, ma con regioni anche di natura basaltica e alluvionale, il suolo presenta parti adatte sia alla coltivazione che al pascolo, mentre sulle alture si conservano vaste aree riservate al bosco spontaneo e a quello dovuto agli impianti realizzati ` attraversato negli ultimi decenni. B. e dalla tortuosa statale 128 bis, sostituita solo in parte dalla nuova direttissima di ` stata completata, fondo valle, che non e come progettato, sino a Olbia; altre strade collegano B. con Nuoro e i paesi dell’altro versante della valle e, dalla parte opposta, col Logudoro e Sassari. ` stata smantellata la Ormai da tempo e

ferrovia a scartamento ridotto che univa Chilivani alla cantoniera del Tirso, e che aveva rappresentato un’importante via di comunicazione per questi paesi del Goceano, tuttora ostacolati ` nelle comunida isolamento e difficolta cazioni. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale, appartenne al giudicato di Torres e fu incluso nella curatoria del Goceano. Dovette essere un centro importante per il monastero che operava poco lontano dall’abitato fin dal secolo ` incluso nella XII e che attualmente e fattoria di Pellegrino Giannasi. Estinta la famiglia giudicale di Torres, il villaggio fu lungamente conteso tra i Doria e ` che gli Arborea; dopo il 1290 sembro questi ultimi avessero la meglio, ma nel 1297 i Doria, sfruttando il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da coinvolgere nella conquista della Sardegna, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero l’investitura. Dopo l’arrivo degli Aragonesi, quando nel 1325 i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle truppe del giudice d’Arborea, allora alleato dal re d’Aragona, conquistato e formalmente annesso al Regno di Sardegna. Il suo possesso, con tutto il Goceano, fu definitivamente riconosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse a Mariano IV il titolo di conte del Goceano. Scoppiata la guerra tra Mariano IV e Pietro IV, B. fu spesso teatro delle operazioni militari e nel 1378, proprio quando il con` acuto, il re d’Aragona flitto si fece piu provocatoriamente lo incluse nei territori che aveva concesso in feudo al tra` il villagditore Valore de Ligia. In realta ` a rimanere possesso arbogio continuo rense fino alla caduta del giudicato, e dopo il 1409 fu concesso in feudo al marchese d’Oristano. Di fatto il territorio non era ancora pacificato e sembrava

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Bono dovesse cadere nelle mani del visconte di Narbona. Negli anni seguenti fu teatro di una continua guerriglia della ` Bartolo Manno per inquale approfitto vadere e devastare tutto il Goceano. ´ la situazione non era controllaPoiche bile da parte del marchese d’Oristano, ` dovesse entrare a far nel 1421 sembro parte del grande feudo concesso a Bernardo Centelles; nel 1422 Leonardo Cubello invase il territorio, sconfisse Bar` il Gotolo Manno e finalmente occupo ceano. Cosı` B. dopo anni di tribolazioni rimase in possesso dei marchesi d’Oristano che si adoperarono anche a costruirvi la parrocchiale dedicata a San Michele. Dopo la ribellione di Leonardo Alagon, alla quale i suoi abitanti aderirono entusiasticamente, il villaggio fu punito dai vincitori con estrema `. Infatti molti dei suoi abitanti severita furono deportati e venduti come schiavi ` a Majorca; il villaggio tuttavia supero questo terribile evento e prese a essere amministrato direttamente da funzionari reali; nel 1493 fu definitivamente incluso nel patrimonio reale: era ri` di 400 abitanti. dotto ad avere poco piu Dipendeva dal governatore del Goceano che si serviva di funzionari per espletare i propri compiti. Il rapporto tra i funzionari reali e la popolazione ` non fu mai tranquillo, anche perpero ´ fu lentamente modificato il sistema che di individuazione del majore che finı` per essere scelto dal governatore. Altro ` era lemotivo della crescente ostilita ` del carico gato alla eccessiva gravosita fiscale che rischiava di frenare la ripresa del villaggio. Nel secolo XVII la ` a crescere, alla popolazione comincio ` fine del secolo contava quasi 1000 unita ` si impegno ` nel migliorae la comunita mento dell’assetto del paese, oramai consapevole che B. era il capoluogo dell’intero territorio. Nel secolo XVIII la ` notevolmente, popolazione aumento

entro la fine superava ormai i 1800 abitanti. Il villaggio nel corso del secolo assunse progressivamente l’aspetto di ` , vi fu aperta una una piccola citta scuola di latino, divenne sede di impor` amministrative e giuditanti autorita ziarie, cominciarono a risiedervi funzionari, medici e avvocati, vi si cominciarono ad aprire farmacie e altri eser` anche a cizi commerciali. Comincio sperimentare il Consiglio comunitativo e il Monte granatico che contribuirono a vivacizzare la sua vita politica. Giunge opportuna la puntuale testimonianza di Vittorio Angius: «Siede in una risega del Monteraso, domina la valle, e gode d’un pittoresco ed ameno orizzonte, chiuso al terzo e quarto quadrante dalla catena del Goceano. Componesi di 655 abitazioni. Le strade sono irregolari e nella direzione e nella larghezza. La popolazjone nell’anno 1833 componevasi d’anime 2540, in famiglie 655. Nascono 90, muojono 50, si celebrano 18 matrimoni. Vivesi oltre il sessantesimo. Le malattie dominanti sono infiammazioni e febbri persistenti e periodiche. I bonesi sono coraggiosi, industriosi, di ` morali e intellettuali. buone qualita Era di questa terra il cavaliere D. Gionmaria Angioi. Le arti meccaniche di ` sono esercitate da picprima necessita col numero di persone. Le donne si occupano della tessitura, e fabbricano ` panni lani ruvidi, e lini di varia qualita in quanto basta al bisogno delle famiglie. I telai sono circa 150. La scuola nor` frequentata da 25 fanciulli. Vi male e sono istituite ancora le scuole di lingua latina e belle lettere, che potranno numerare un’egual copia di giovani. Havvi un ufficio di posta. Risiede in Bono il medico distrettuale con un chirurgo, e vi sono due spezierie. I bonesi fanno seminagione non solo dentro la circoscrizione del loro agro, ma anche nelle tenute proprie incluse nelle giurisdizioni

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Bono di Anela, Bottidda, Burgos, Esporlatu. Impiegano 150 gioghi, ognuno dei quali lavora ordinariamente per starelli 12 di grano, 5 d’orzo, escluso il lino, il canape, le civaje [legumi], onde si ha che il totale del grano seminato sia di starelli ` deli1800, dell’orzo 750. Il vigneto e zioso: le uve vi sono svariatissime, ed i vini sono molto pregiati. Coltivansi circa 300 orti, che sono irrigati da quattro ruscelli. Si ha quindi una gran copia di erbaggi, e assai se ne somministra ai vicini. Abbondasi pure di legumi, e se ne fa vendita. Le piante fruttifere sono in gran numero, e di molte specie. Vi prosperano a meraviglia gli agrumi. Si ` opera da alcuni a propagar gli olida veti, e si introducono i gelsi. La pastori` esercitata a preferenza dell’agrizia e ` sı` coltura, con poca intelligenza pero questa che quella. Mentre si annoverano agricoltori 368, i pastori non sono meno di 568. Si educano (anno 1833) circa 15 000 pecore, 2000 vacche, 2500 capre, 450 cavalle, 6500 porci. Il lucro che ricavano dalla vendita dei formaggi, che sono molto stimati, e dei ` del porci, in anno di molta fertilita ghiandifero, persuadono ai bonesi d’esser piuttosto pastori, che agricoli. E ve` estesa agricoltura non ramente una piu sarebbe per essi ugualmente fruttuosa, ` stanti come stanno le cose. Il porto piu ` distante circa ore 15, e cio ` che e ` vicino e peggio le strade sono difficilissime. ` scarsa la cacciagione dei daini, Non e cinghiali, lepri, volpi, e anche delle martore. Vi si trovano quasi tutte le specie dei volatili stazionarii o passeggieri, e sono numerosissime». Sin dal 1821 B. era stato incluso nella provincia di Nuoro come capitale di mandamento: ne fece parte fino al 1848, anno in cui la provincia fu trasformata in divisione amministrativa. Abolita nel 1859 la divisione, fu incluso nella provincia di Sas` dell’Ottocento sari. Nella seconda meta

` , sorretta da una fiorente la comunita economia agricola e dalle prime inizia` a cretive imprenditoriali, continuo ` i 3200 scere e alla fine del secolo tocco abitanti. Negli ultimi decenni del secolo risentı` della grande crisi economica che colpı` la Sardegna ma seppe reagire. Agli inizi del Novecento la sua popolazione riprese a crescere; nel 1928 ebbe aggregato come frazione il ` , per le vivillaggio di Bottidda che pero vaci proteste dei suoi abitanti, riacqui` l’autonomia nel 1933. Nel secondo sto dopoguerra il tessuto socio-economico ` ulteriormente modificato e andi B. si e ` stato inveche il tessuto urbanistico e stito da una profonda azione di rinnova` la sua popolamento; dopo il 1960 pero zione ha preso a diminuire e un buon ` emigrato. numero dei suoi abitanti e & ECONOMIA L’economia e ` ancora fondata in parte, come era stato sempre in passato, sull’agricoltura e soprattutto ` venuto a mano sull’allevamento, che e a mano crescendo; ma i bonesi vivono ` terziarie, sooggi anche delle attivita prattutto a carattere commerciale, che sono legate al ruolo di piccolo capoluogo che il paese riveste nei confronti ` in funzione di tutti quelli circostanti. E anche un albergo con 18 posti letto e ristorante. Artigianato. Sono ormai poche le tracce dell’artigianato tessile un ` artempo molto diffuso; oggi le attivita tigianali sono soprattutto quelle legate ` edilizia, cui si uniscono all’attivita quelle legate alla manutenzione e riparazione dei mezzi agricoli e stradali. ` collegato meServizi. Il paese, che e diante autolinee agli altri centri della provincia, dista da Sassari 78 km. Dispone di guardia medica, medico, farmacia, scuola dell’obbligo e scuola secondaria superiore, Biblioteca comunale e di 2 sportelli bancari. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 3904 unita

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Bono di cui stranieri 18; maschi 1872; femmine 2032; famiglie 1211. La tendenza complessiva rivelava una lieve diminuzione della popolazione, con morti per anno 43 e nati 43; cancellati dall’anagrafe 72; nuovi iscritti 54. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 37 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 14 966 in migliaia di lire; versamenti ICI 1440; aziende agricole 315; imprese commerciali 187; esercizi pubblici 29; esercizi all’ingrosso 2; esercizi al dettaglio 92; ambulanti 5. Tra gli indicatori sociali: occupati 1016; disoccupati 186; inoccupati 252; laureati 56; diplomati 358; con licenza media 1373; con licenza elementare 1170; analfabeti 137; automezzi circolanti 1299; abbonamenti TV 971. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo territorio conserva numerosi nuraghi (Arisani, Badde Cerchi, Badde ’e Soriana, Biloto, Calitennero, Cannedu, Coronaieri, Culilughe, Ferulas, Juanne Ru, Muselighes, Pedra Crapida, Restiddi, Rupisarcu, S’Arza Perozzi, Sas Coas, Sas Doppias, Seddei, Temuile) e le domus de janas di Sos Furrighesos. Il ` interessante e ` proprio complesso piu quello di Sos Furrighesos: si tratta di un certo numero di tombe scavate nella trachite, alcune hanno una cella, altre due celle comunicanti tra loro. Dei nu` interessante e ` merosi nuraghi il piu quello di Badde Cerchi: si tratta di un complesso polilobato del quale sono individuabili alcune torri e ampi cortili recintati da bastioni. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il tessuto urbanistico ` sviluppato in modo raziodel villaggio e nale attorno alla strada principale e a ` arricchito da aldue ariose piazze ed e cune belle fontane e da alcuni pretenziosi palazzi ottocenteschi che denunciano la sua aspirazione a divenire pic` . Tra gli edifici piu ` significacola citta

` la chiesa parrocchiale di San Mitivi e chele Arcangelo: affacciata su una bella piazza, fu edificata nel centro storico tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVII in forme tardogotiche, romaniche e rinascimentali, un misto che risponde al gusto eclettico dell’architettura religiosa del tempo. Ha un’unica navata sulla quale si affaccia una capilla mayor a forma quadrata con volte a crociera. Successivamente, in corrispondenza delle campate della navata, vennero aperte cappelle laterali con ` in conci di volta a botte. La facciata e ` arricchita da un amtrachite rosata ed e pio rosone con colonnine; all’interno conserva un prezioso calice d’argento di periodo giudicale e una gigantesca statua del santo titolare ritenuta molto antica; altre suppellettili di valore purtroppo furono asportate dalle truppe reali in occasione dei fatti del 1796. Molto importante, alle falde del monte Rasu, quel che resta del primo insediamento dei Francescani nell’isola, fondato da un allievo del santo di Assisi, ` del Giovanni Parenti, nella prima meta Duecento. Oggi rimane la chiesa, inglobata negli edifici che si trovano al centro della tenuta fondata dall’imprenditore emiliano Pellegrino Giannasi. Al` tro complesso di grande suggestione e costituito dalle cinque Chiese del Campo; si tratta di un complesso di cinque chiese (San Nicola di Bari, Sant’Ambrogio, Santa Barbara, San Gavino e Santa Restituta) che sorgono a poca ` Lordistanza l’una dall’altra in localita thia dove si suppone che nel Medioevo fosse il villaggio omonimo, poi abbandonato dagli abitanti, che confluirono a B. Quella di San Gavino fu costruita in ` forme romaniche nella seconda meta del secolo XII ed era la parrocchiale dello scomparso villaggio; ha un impianto a una sola navata completata ` dall’abside semicircolare; la facciata e

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Bono ` , realizzata interadi grande semplicita mente in cotto. San Nicola di Bari fu costruita tra il secolo XV e il XVII con im` pianto a una sola navata; all’esterno e interamente intonacata di bianco, colore che contrasta con il celeste degli ` sormontata da un infissi; la facciata e campanile a vela e sul lato sinistro si aprono alcune cumbessı`as. Anche Sant’Ambrogio risale al secolo XV: ha impianto a una navata completato dal presbiterio e facciata molto semplice. Santa Barbara fu costruita sulle rovine di un nuraghe e risale al secolo XV; anche questa chiesa ha un impianto a ` un’unica navata, mentre la facciata e sormontata da un campanile a vela. Santa Restituta, l’ultima delle chiese del Campo, risale al secolo XV; ha un impianto a una navata completato dal presbiterio; all’interno custodisce un altare ligneo del secolo XVII. L’edificio maggiormente legato alla storia mo` la chiesa di San Raiderna del paese e mondo, che sorge poco distante dalla chiesa di San Gavino; posta su un colle che guarda il monte Rasu, testimonia del suo passato glorioso ospitando tutti gli anni la festa della zucca. Tra le molte bellezze naturali del territorio vanno annoverate le vaste foreste demaniali ricche di specie botaniche rare. Magni` la localita ` di Sos Nibeddos che fico sito e ` estesa concentrazione conserva la piu di alberi di tasso esistente in Italia. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Momento significativo che si riallaccia alle tradizioni del recente glorioso passato ` la festa della zucca che si svolge il 31 e agosto in onore di San Raimondo Non` legata al rinato. La celebrazione e cordo della vittoria riportata dagli abitanti di B. nel 1796 sulle truppe del re durante i moti antifeudali. Il suo nome deriva dalla zucca di grandi proporzioni che viene posta su un carro trainato da buoi e portata in processione

accompagnata da gruppi in costume e suonatori di launeddas fino alla chiesa parrocchiale. Subito dopo si svolge una sfrenata corsa di cavalli e la zucca, data ` poi train premio all’ultimo arrivato, e sportata alla chiesa di San Raimondo e fatta rotolare dalla collina tra il divertimento degli astanti; al termine della corsa la zucca si sfracella, e i suoi pezzi stanno a ricordare la fine che fecero le truppe reali vinte dai contadini in rivolta. Il villaggio conserva ancora memoria del suo prezioso costume. L’abbigliamento femminile comprende la camicia di tela bianca scollata e guarnita di pizzo; sotto la camicia viene indossato un corpetto di tela (sa camisolla) arricchito da un pizzo che compare civettuolo dalla scollatura della camicia; ` plissettata, conla gonna (sa unnedda) e fezionata con orbace o con panno nero, e si conclude con una balza di seta viola o rosso vino. Sopra la camicia viene indossato il busto (s’imbustu) double face: ` in broccato con bordo di da una parte e velluto e ricamo di filo d’oro, dall’altra di velluto blu con ricami di filo d’oro e bordo di seta viola; quindi la giacca di panno rosso con le maniche di velluto di seta ciliegia scuro rifinite di seta viola e aperte per consentire la fuoruscita della camicia. Sopra la gonna il grembiule (sa farditta) di raso viola o rosso ricamato; sul capo il fazzoletto di seta bianca. L’abbigliamento maschile comprende la camicia di tela plissettata, con collo e polsini ricamati; i calzoni di tela molto larghi; sopra la camicia si indossano il gilet, in panno nero a doppio petto con due file di bottoni, e la giacca molto ampia dello stesso tessuto; sui pantaloni il gonnellino di orbace o di panno nero, e le ghette dello stesso tessuto; completa l’abbigliamento maschile sa berritta di panno nero.

Bono, Salvatore Storico (n. Tripoli 1932). Dopo aver conseguito la laurea

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Bonorva ha intrapreso la carriera universitaria. ` professore di Storia e Attualmente e ` istituzioni dell’Africa presso la Facolta ` di di Scienze politiche dell’Universita Perugia. Ha dedicato un articolo a L’incursione dei corsari tunisini a Carloforte e il riscatto degli schiavi carolini 17981803, ‘‘Africa’’, 5, 1960.

Bonocore, Ursino Pittore (Napoli, sec. XVI-Cagliari 1612). Si stabilı` a Cagliari ` con notevole sucnel 1568 e vi opero ` prestigio e consideracesso. Acquisto zione, facendosi sempre pagare profumatamente. Nel 1611 fu arbitro di una controversia tra Perez e Castagnola.

Bonorchis Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Arborea, compreso nella curatoria del Barigadu. Dopo la caduta del ` a far parte giudicato d’Arborea entro del Regnum Sardiniae, ma la sua popolazione tenne un atteggiamento ostile nei confronti dei vincitori fino a che ` a Leonardo Cubello. nel 1412 B. passo Ormai la popolazione era molto diminuita; fu abbandonato definitivamente ` del secolo. nella prima meta

Bonorva Comune della provincia di ` monSassari, sede della V Comunita tana, con 3976 abitanti (al 2004), posto a 508 m sul livello del mare, nel pendio che separa l’altipiano di Campeda dalle colline del Logudoro. Regione storica: Costavall. Archidiocesi di Sassari. & TERRITORIO Il territorio comunale, che si estende per 149,55 km2, ha forma allungata da oriente a occidente e confina a nord con Giave, Torralba, Mores e ` , a est con Bono e Nughedu San Nicolo Illorai, a sud con Bolotana e Macomer, a ovest con Semestene e Cossoine: un’ampia fascia di territorio che ha al meri` elevate (che non dione le sue parti piu ` adatte all’allevasuperano i 600 m), piu mento del bestiame, mentre a settentrione si stende una regione di colline, con al centro la piana di Santa Lucia,

che si prestano anche per l’agricoltu` , come in tutta ra.La natura del suolo e questa regione, misto di terreni calcarei e di rocce di origine vulcanica (a ` legata la sorgente di acque miqueste e nerali, sfruttata appunto nella piana di Santa Lucia di cui porta il nome). B. si trova a brevissima distanza dalla superstrada Cagliari-Sassari, alla quale si collega con una breve traversa che continua poi verso l’interno, stabilendo il collegamento con Giave, Torralba e i ` anche uno dei paesi del Goceano. B. e pochissimi paesi del nord Sardegna ad avere al suo interno una stazione della linea ferroviaria Cagliari-Chilivani.

Bonorva – Sant’Andrea Priu. Le tombe della ` grande necropoli furono riutilizzate in eta protocristiana.

STORIA Il villaggio ha origini antiche, in epoca romana l’abitato sorgeva ` della strada consolare; in in prossimita epoca del tardo Impero e altomedioevale la necropoli di domus de janas di Sant’Andrea Priu venne riutilizzata come luogo di culto cristiano, e infatti nella tomba detta del Capo sono stati trovati affreschi di carattere religioso. L’attuale centro abitato faceva parte nel Medioevo del giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Costavall i cui territori da tempo immemorabile appartenevano alla famiglia Malaspina. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale essi lo compresero nello stato feudale che formarono unificando tutti &

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Bonorva i loro possedimenti in Sardegna. I Malaspina li amministravano congiuntamente servendosi come punti di riferimento di Bosa e del castello di Osilo, e avevano un buon rapporto con i vassalli ` continuarono a conserle cui comunita ` vare le loro magistrature. Nel 1308 pero Franceschino e Corrado Malaspina di Villafranca cedettero in pegno ai giudici d’Arborea il Costavall e cosı` B. si ` inserito in una nuova realta ` . In setrovo guito essi, dopo essersi dichiarati vassalli del re d’Aragona per i territori che possedevano in Sardegna, tentarono inutilmente di riavere il territorio, che ovviamente il giudice d’Arborea non aveva nessuna intenzione di rendere. Quando nel 1325 essi si schierarono con i Doria che si erano ribellati, le loro speranze di recuperare B. e il Costavall tramontarono definitivamente e nel 1328 il re ne investı` il giudice d’Arborea suo alleato. Cosı` B. e il Costavall entrarono a far parte del giudicato d’Arborea; scoppiata la guerra tra Arborea e Aragona, il villaggio soffrı` notevoli ` di investirne danni e nel 1378 il re tento il traditore Valore de Ligia, ma senza ´ le popolazioni contisuccesso perche nuarono a rimanere legate al giudicato d’Arborea. Dopo la battaglia di Sanluri ` nelle mani del viil territorio passo sconte di Narbona che lo tenne fino al ` formalmente a 1420, anno in cui entro far parte del Regnum Sardiniae. Il vil` nel 1421 fu compreso nel laggio pero grande feudo concesso a Bernardo Centelles; nella prima fase del regime feu` a mantenere alcuni dale B. continuo privilegi tra cui quello di eleggere il majore nell’assemblea dei capifamiglia; nel 1439 i Centelles lo inclusero nella parte dei territori che furono ceduti a Salvatore Cubello, loro cognato, come indennizzo per la mancata corresponsione della dote della moglie. Quest’ultimo, una volta divenuto marchese

di Oristano, nel 1463 lo incluse nel mar` noto il grande feudo fu chesato. Come e confiscato al ribelle Leonardo Alagon nel 1477, e B., insieme al vicino e decadente villaggio di Rebeccu, fu concesso nel 1480 a Enrico Henriquez che unı` i due villaggi al suo feudo del Meilogu: aveva allora una popolazione di circa 480 abitanti.

Bonorva – Una necropoli preistorica a domus de janas e` scavata nelle pareti calcaree fra cui scorre il rio Mulino.

Nel 1506 gli eredi dell’Henriquez vendettero il feudo ad Alfonso Carrillo che lo unı` a quanto possedeva nel Meilogu. I suoi discendenti introdussero nel corso del secolo XVI alcuni nuovi tributi che ` pesante la condizione dei resero piu ` , per far fronte al vassalli; nel 1578, pero pagamento dei loro debiti nei confronti del fisco, staccarono nuovamente B. e il Costavall dal Meilogu e vendettero il `. I nuovi feuterritorio a Gerolamo Leda datari abolirono i privilegi di cui go` controllando direttadeva la comunita mente l’individuazione del majore e aumentarono ulteriormente il carico fiscale. Nel 1630 ottennero il titolo di conti di B. e avviarono la trasformazione del paese in un piccolo capo` nel 1658. La sucluogo: si estinsero pero cessione nel feudo fu disputata tra due cugine dell’ultimo conte, Giovanna Manca moglie di Giovanni Battista Tola e Maria Manca moglie di Salvatore Ay-

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Bonorva merich. Dopo lungo contendere il vil` ai Tola che ne fecero la laggio passo sede di governo anche del feudo di Pozzomaggiore da loro posseduto; cosı` ` del secolo XVII a B. nella seconda meta ebbe sede anche il tribunale baronale e la sua importanza crebbe unitamente ` a conalla sua popolazione che arrivo ` di 1500 abitanti entro la fine del tare piu secolo. A B. finirono per risiedere anche tutti gli altri funzionari baronali e molti membri di famiglie di nobili rurali proprietarie di grandi estensioni di terra e di numerose greggi; spesso ` nel corso del secolo la tranquillita ` pero ` fu turbata dalle liti per della comunita il controllo dei pascoli, alcune delle quali sfociavano in terribili vendette che costavano la morte di molte persone e l’uccisione di centinaia di capi. Estinti i Tola nel 1701, il feudo fu ereditato dagli Amat del ramo di Villarios. Il ` con i nuovi rapporto della comunita ` pacifico: la popofeudatari non fu pero ` lazione nel corso del secolo XVIII tento ripetutamente di non pagare i tributi ` nei neocostituiti Consifeudali e trovo glio comunitativo e Monte granatico gli strumenti per condizionare in modo crescente il potere del feudatario. Cosı`, quando nel 1795 scoppiarono i moti antifeudali, anche gli abitanti di B. insorsero distruggendo alcuni edifici dell’amministrazione baronale. Il villaggio nel 1821 fu incluso nella provincia di Alghero come capoluogo di mandamento. Per questo periodo abbiamo la puntuale testimonianza di Vittorio Angius: «Estendesi l’abitato da levante a ponente passi 500, con una larghezza di 250. Nella parte superiore le strade sono piuttosto regolari e larghe. La si` alle falde del suddetto tuazione e monte, che lo protegge dai venti au` distante dalla strada strali e siroccali. E centrale due quarti di miglio. Non si sa ´ la linea della medesima capire perche

non siasi tirata su per lo paese in retta a Torralba, col risparmio d’un lavoro di forse due miglia. Nessun’arte, di quelle che vi si esercitano, si potrebbe dir fiorente. Non pertanto devonsi i bonorvesi ` e industria. La lodare di molta attivita maggior parte sono applicati all’agricoltura, ed alla pastorizia; i rimanenti lavorano in qualche mestiere, e tra gli ` numerosi i ferrari, che altri sono piu portano in vendita le loro opere ad altri paesi, e le espongono in tutte le fiere. Le donne tessono tele e panni foresi [or` le piu ` belle bace] di molta durata: pero manifatture di tal genere sono le coperte da letto, ed i tappeti variamente figurati. Dal censimento parrocchiale (anno 1833) si conosce constare la popolazione di anime 5100, distribuite in 1225 famiglie. L’ordinario numero dei ` di circa 25, le nascite giunmatrimoni e gono a 160, le morti a 100, la vita si suol ` non sono rari prolungare ai 65, pero quelli che valicano il novantesimo. Le ` frequenti malattie sono la pleuripiu tide, i dolori reumatici, e le terzane, le ` di benignisquali monstransi nei piu ` attiguo simo carattere. Il cimitero e ` pero ` sono sealla parrocchiale; i piu polti nelle casse sotto il pavimento della chiesa. L’aria sentesi spesse volte infetta. Si suol seminare di grano starelli 6125, d’orzo 2044, di granone 350, di fave 1750, assai meno di veccia, di pi` se selli, e fagiuoli bianchi, di ceci pero ne sparge starelli 525. Non si gustano ancora le patate. Il bestiame apparte` calnente a’ proprietari bonorvesi puo colarsi in 37 mila capi, da classificarsi e dividersi in circa 4000 cavalle rudi, in 250 cavalli e cavalle domite, in 2000 buoi d’aratro, in 2500 vacche rudi, in 100 vacche ‘‘mannalite’’, o domestiche, in 24 000 pecore, in 2350 capre, in 300 giumenti, in 3500 porci. Non si hanno ` la copia del selcapanne fisse. Molta e vaggiume, cinghiali, daini, lepri. Varie

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Bonorva e numerose le specie de’ volatili, principalmente pernici, colombi, tordi, beccacce, piche, falchetti, avvoltoi, anitre ` cana ecc. Sono nel campo presso la la ` di (confine) delle acque stagnanti, pero poca considerazione, dove oltre la suddetta sono altre specie di acquatici. Alcuni vivono della caccia come mestiere. ` molti cani, e v’ha taluno Nutrono percio ` di dodici. che ne guida e governa piu `, e Sono questi animali di molta abilita possono ancora attaccare e fermare tori indomiti, e cavalli eziandio, addentandoli nelle narici. In gran numero sono le sorgenti di questo territorio, molte abbondantissime, la maggior parte perenni, e alcune mancanti. Vi sono acque termali, e come pare anco minerali, le quali trovansi nel campo scoppianti da ` parti in molta vicinanza le une dalle piu altre. Sono assai disgustose a beversi, e di varia temperatura dal freddo a un gran calore. Dicesi siano state analizzate in Cagliari, ma non si sa di certo il risultamento. I paesani le denominano sa funtana sansa». Dopo il riscatto dei ` a essere incluso nella feudi B. continuo provincia di Alghero fino all’abolizione delle province. Cosı` nel 1848 fu compreso nella divisione amministrativa di Sassari e dal 1859 nella provincia di ` a Sassari. La sua economia continuo prosperare e nel corso del secolo alle ` se ne aggiunsero altradizionali attivita cune altre dal carattere marcatamente imprenditoriale; nel 1875 il villaggio di Rebeccu le fu aggregato come frazione. ` Alla fine dell’Ottocento il paese supero ` la crisi economica con molta facilita che aveva investito la Sardegna e la sua ` a crescere arripopolazione continuo vando nel 1951 ai 7500 abitanti. In se` anche B. soffrı` del fenomeno guito pero ` dei dell’emigrazione e quasi la meta ` il villaggio alla risuoi abitanti lascio ` sicure. cerca di condizioni di vita piu & ECONOMIA La sua economia e ` basata

sull’agricoltura, in particolare la produzione di cereali e la viticoltura; vi sono sviluppati anche l’allevamento dei bovini e la pastorizia ovina e caprina, rinomata la produzione dei formaggi della Latteria Sociale Cooperativa. Vi operano anche uno stabilimento per la produzione delle acque minerali, altri piccoli impianti manifatturieri e ` commerciale; un una discreta attivita agriturismo e un ristorante. Artigianato. Antica nel paese la tradizione dell’artigianato del ferro: un tempo le creazioni dei ferraioli bonorvesi erano conosciute in tutto il territorio circo` di grande prestigio stante; altra attivita era la tessitura in particolare delle coperte e dei magnifici tappeti. Servizi. Il ` collegato mediante autolipaese, che e nee agli altri centri della provincia e alla rete ferroviaria regionale, dista da Sassari 78 km. Dispone di guardia medica, medico, farmacia, scuola dell’obbligo, scuola secondaria superiore, Biblioteca comunale e sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 4187 unita di cui stranieri 1; maschi 2064; femmine 2123; famiglie 1602. La tendenza complessiva rivelava una netta diminuzione della popolazione, con morti per anno 56 e nati 32; cancellati dall’anagrafe 75; nuovi iscritti 29. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 46 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 13 843 in migliaia di lire; versamenti ICI 2222; aziende agricole 318; imprese commerciali 249; esercizi pubblici 31; esercizi all’ingrosso 1; esercizi al dettaglio 81; ambulanti 9. Tra gli indicatori sociali: occupati 1310; disoccupati 145; inoccupati 332; laureati 78; diplomati 500; con licenza media 1260; con licenza elementare 1420; analfabeti 211; automezzi circolanti 1628; abbonamenti TV 1313.

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Bonorva – La necropoli preistorica di Sant’Andrea Priu: venti domus de janas, ` importante e` detta ‘‘tomba del Capo’’. la piu & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo territorio fu popolato continuativamente fin dalla preistoria, come dimostrano il recinto megalitico di Funtana Sansa, le numerose domus de janas (Sant’Andrea Priu, Santu Larentu, Zuffinu), la fonte sacra di Lumarzu, i numerosissimi nuraghi (Arvos, Arzolas, Bachis Lai, Badde Arghentu, Boltolu, Cagai, Coa Nuraghe, Contra Austinu, Cuiaru, Erettu, Faraone, Frailes, Frusciosu, Funtana ’e Chercu, Giudeo, Ispinalva, Iuanne Oghene, Lezzeri, Mandra Sa Giua, Marchiddu, Monte Ariadu, Monte Caloia, Monte Cheia, Monte Donna, Monte Giove, Monte Longu, Mura ’e Piscamu, Mura Russu, Muru ´ , Oes, Pizzinnu, Muschesus, Nurape Oro, Pazza, Pedra Peana, Pischinalba, Presone, Puttu de Inzas, S’Abbasantera, Sa Costa ’e Sa Baiane, S’Ena ’e Leperes, Sa Sea, Sambinzu, Sant’Elena, Sidaro, Silichinus, Spadalzu, Suelgiu Giobados, Su Fraile, Sulzu, Su Respisu, Tanca ’e Su Monte, Tinnura, Tintinnos, Traba Aiana, Tres Nuraghes), i recinti megalitici (Alvanzales e Fonte Sanna) e i numerosi reperti romani. Significa` il tivo dal punto di vista archeologico e complesso di San Simeone: situato sul pianoro di Su Monte, a 650 m sul livello del mare, comprende diversi monu-

` menti che documentano la continuita ` nudell’insediamento umano dall’eta ragica al Medioevo. Vi si trovano infatti un complesso di otto recinti (muras), i ` noti dei quali sono Baddadolzu, S’Ipiu ligheddu, Mura Cariasa Tilipera e Aeddo. Essi sono costituiti da poderose muraglie, alte mediamente 2 m e spesse 2,5, hanno un circuito a forma tondeggiante o trapezoidale cui si accede da un ingresso strombato di sezione rettangolare. I recinti sono poco distanti tra loro e strategicamente collegati; sono ormai attribuiti all’Eneolitico (2300-2100 a.C.) e non al periodo nuragico. Essi sono dominati dai ruderi del nuraghe polilobato di Su Monte. Secondo una tradizione non documentata i recinti sarebbero stati teatro dell’ultimo episodio della resistenza dei Sardi ai Cartaginesi. Poco distante, ai bordi del pianoro, sorge la fortezza punica di San Simeone, costruita nel secolo Va.C. con funzioni di difesa dalle incursioni delle popolazioni vicine; la fortezza fu utilizzata anche in epoca romana. Ne restano solo due torri e pochi resti di muraglie e di altri locali. Accanto alle muras sono infine i resti del villaggio medioevale di Sanctus Simeon (=) e della chiesa dedicata al santo che probabilmente ne fu la parrocchiale. L’edi` parzialficio aveva una sola navata ed e mente in rovina. Spettacolare e bellis` poi il complesso di Sant’Andrea simo e Priu, costituito da circa 20 domus de janas prenuragiche e attribuibili al periodo neo-eneolitico tra il 3000 e il 1800 a.C., e situato nella piana non distante dalla chiesa di Santa Lucia. Si tratta di ambienti scavati nella roccia; ciascun ` ambienti collegati ipogeo consta di piu tra loro secondo schemi differenti. Tra ` quella denominata ` belle domus e le piu ‘‘tomba del Capo’’, costituita da ben 18 ambienti tra cui un atrio semicircolare e due vani con pilastri, tutti collegati tra

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Bonorva ` decorato con dipinti e loro. L’ipogeo e graffiti e fu utilizzato continuativamente per millenni. Lo stesso com` paleocristiana fu utilizzato plesso in eta come chiesa rupestre e decorato con affreschi le cui tracce si notano ancora. In seguito il complesso sarebbe stato abitato da monaci benedettini che entro il secolo X avrebbero scavato un’abside dando alla chiesa un carattere organico. L’antico ipogeo trasformato in complesso monastico rupestre (Su cunventu) sarebbe stato utilizzato fino al secolo XIII.

Bonorva – La grande roccia detta ‘‘il toro’’: gli archeologi discutono ancora se sia una formazione naturale o opera dell’uomo. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il centro storico del villaggio conserva ancora l’assetto tradizionale con le antiche strade sulle quali si affacciano le case in pietra del tipo a palattu, alcune delle quali di grande eleganza. ` la chiesa Centro di questo complesso e di Santa Maria Maggiore, parrocchiale costruita da artigiani locali a partire dal 1582 in forme miste che si richiamano al gotico e allo stile classico; l’edificio fu completato nell’arco di un tren` di Jacopo Pastennio grazie alla volonta samar che allora era parroco e fu consacrato nel 1614. Ha una sola navata a campate scandite da archi a sesto acuto sorretti da alti pilastri; sulla navata si aprono le cappelle laterali e l’abside

quadrata con ricca volta a crociera. ` riccamente ornato da forL’interno e melle intagliate disposte a scacchiera; ` semplice ed elegante. A la facciata e breve distanza dalla chiesa sorge il campanile in stile gotico e sulla stessa piazzetta si affaccia un pretenzioso palazzotto che conserva alcuni elementi goticheggianti. Il paese conserva anche la chiesa di San Giovanni, costruita nel secolo XVII addossata a una chiesetta ` antica che venne trasformata in sapiu crestia. Ha l’interno a una navata e custodisce un altare e il pulpito lignei del secolo XVII, riccamente intagliati. Il complesso della chiesa e convento di Sant’Antonio, costruito nel secolo XVII ` di discreta suggestione; accanto nele ` stato ospil’edificio dell’ex carcere e tato il Museo civico archeologico che contiene in unico percorso la documentazione archeologica della evoluzione del territorio con reperti provenienti ` importanti; di particolare dai siti piu rilievo la collezione di miliari romani rinvenuti nel vasto territorio. Altra in` quella di Santa Luteressante chiesa e cia: situata a breve distanza dalla necropoli di Sant’Andrea Priu, fu costruita nel secolo XIII in forme romaniche e successivamente modificata con lavori che ne hanno alterato la struttura. Ha l’impianto a una sola navata. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Nulla dell’antico patrimonio di credenze e di ` rimasto se non nella memoria dei usi e ` anziani della comunita `. membri piu Fino agli inizi del Novecento era diffusa la pratica dell’attitidu per i defunti e l’usanza di percuotersi per esprimere il proprio dolore che spesso costringeva le vedove a starsene per diversi giorni a letto per smaltire le conseguenze di questo comportamento; gli uomini invece spesso mantenevano la camicia che indossavano nel giorno del decesso

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Bonorzuli del familiare fino a quando la stessa non cadeva lacera.

vino e guarnito con perline dorate, la giacca (su corittu) a bolero di velluto ricamato a fiori e guarnito di perline; sopra la gonna il grembiule (sa falditta) di seta color crema ricamato a fiori; sul capo il fazzoletto (su muncaloru) dello stesso tessuto del grembiule. L’abbigliamento maschile comprende la camicia plissettata, guarnita da un ricco pizzo, e i calzoni di tela grezza. Sopra la camicia si indossa la giacca (sa zamarra) di panno rosso rifinita di velluto nero o blu, a doppio petto e chiusa da due file di bottoni d’oro; sopra i calzoni il gonnellino (sas ragas) di orbace nero orlato di panno rosso e le ghette dello stesso tessuto, anch’esse orlate di rosso. Sul capo sa berretta di dimensioni minori del solito, tanto che i bonorvesi sono chiamati scherzosamente berritticultzos, ‘‘dalla berretta corta’’.

Bonorva, contea di Feudo costituito nel 1623 per la famiglia Tola. Oltre Bonorva, che ne divenne il capoluogo, il feudo comprendeva i villaggi di Semestene e di Rebeccu. All’estinzione dei Tola il feudo fu ereditato dagli Amat del ramo di Villarios e alla loro estin` alla famiglia Patrizi. zione passo

Bonorva – La facciata della parrocchiale ` di Maria (1606) da ` vita dedicata alla Nativita a uno stile ‘‘provinciale’’ mescolando romanico e gotico aragonese.

Bonorzuli Antico villaggio che sorgeva Altre superstizioni e magie governavano nascite, matrimoni e altri momenti significativi della vita. Vi era poi la credenza che alcune vecchiette si potessero spostare nella notte guidate dai morti. Se questo mondo dominato dalla ` scommagia e dalla superstizione e ` conserva invece parso, la comunita l’uso del costume nelle occasioni festive. L’abbigliamento femminile comprende una camicia di tela bianca dalla pettina ricamata e rifinita col pizzo e la gonna plissettata, di panno rosso arricchito da una balza di broccato di seta. Sopra la camicia si indossano il busto (s’imbustu) di broccato e seta bianca con fiori di seta, bordato di velluto rosso

nelle campagne di Mogoro. Di origini ` svilupprobabilmente romane ando ` di Neapolis si pandosi dopo che la citta ` a causa delle incursioni saraspopolo cene; nel Medioevo era compreso nel giudicato d’Arborea e dava il nome all’omonima curatoria, della quale a partire dal secolo XI fu il capoluogo. Dopo la caduta del giudicato d’Arborea nel ` a far parte del Regnum Sar1410 entro diniae; con tutta la curatoria era conteso dai marchesi d’Oristano e dai Car`, non fidandosi roz d’Arborea; il re, pero ` a farlo di Leonardo Cubello continuo amministrare da funzionari reali. ` a far parte dei Prima del 1430 B. entro territori che furono donati a Eleonora

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Bonorzuli ` sposa a BerenManrique quando ando gario Bertran Carroz. Cosı` il villaggio fu compreso nella contea di Quirra. I nuovi feudatari lo trascurarono e B. co` a spopolarsi. Le cose non cammincio biarono quando nel 1511, con la morte della contessa Violante II, i Bertran Carroz si estinsero e Quirra fu ereditata dai Centelles. Oltre al disinteresse dei nuovi feudatari, B. per tutta la prima parte del secolo XVI e in particolare nel 1527 fu devastato a causa delle frequenti incursioni di corsari barbareschi che tormentarono la regione. Il villaggio decadde e i suoi abitanti cominciarono a trasferirsi a Mogoro. Entro il ` completamente. 1584 si spopolo

` in pensione. fino al 1947, quando ando ` di problemi archeologici e Si interesso filologici. Tra i suoi scritti: Notizie filologiche su i fenici in Sardegna, 1909; Battaglia di Imera, 1909; Briciole. Saggi critici, 1909; Per la consacrazione di mons. Emanuele Virgilio a vescovo d’Ogliastra, 1910; Sotto il cielo d’Oriente. Viaggio in Terra santa, 1934; Nell’isola dei nuraghi, 1942; Nel vortice dell’uragano a Cagliari durante e dopo i bombardamenti aerei 1940-45, 1946; Un grande vescovo di Ogliastra mons. Virgilio, 1948; Foglie d’autunno, 1948; Titolo commemorativo di Tharros, ‘‘Studi sardi’’, XII-XIII, 1955; Grazia Deledda nella sua opera, ‘‘L’eco del regionale’’, XI, 7-8, 1959.

Bonorzuli, curatoria di Antica curato-

Bonu, Raimondo Storico (Ortueri 1890-

ria del giudicato d’Arborea. Cuore della disciolta diocesi di Terralba, si stendeva a sud del Campidano di Simaxis: confinava col mare, il Parte Montis e il Colostrai. Aveva una superficie di 279 km2 e comprendeva i villaggi di Arcidano, Bonorcili che ne era il capoluogo, Terralba, posta sulle rive dello stagno di Sassu e sede del vescovo, Uras e Zuradili. Territorio fertile e ben coltivato, subı` i danni della guerra tra Arborea e Aragona e successivamente delle frequenti incursioni dei corsari nordafri` spopolandosi e, come scrive cani. Ando il Fara nella sua Corographia, rimase «abbattuto al suolo, e ricoperto di erbe, rovi e cespugli».

Oristano 1981). Fratello del precedente, ` i suoi studi a Cagliari dove fu completo ordinato sacerdote nel 1916. Nel 1917 si ` in Teologia e negli anni seguenti laureo fu parroco in alcuni paesi del Mandrolisai e della Barbagia; nel 1933 fu nominato parroco di Gadoni, dove rimase fino al 1947, anno i cui si stabilı` a Oristano per insegnare in Seminario. Ricoperse numerosi incarichi diocesani e fu ` nominato canonico arborense. Dedico buona parte del suo tempo ad accurate ed erudite ricerche sui paesi della diocesi e sugli scrittori sardi, ricevendo importanti riconoscimenti in Italia e all’estero; nel 1970 ottenne la medaglia d’oro dell’Accademia delle Scienze di Roma. I suoi articoli e i suoi saggi sono numerosissimi (una delle bibliografie ` recenti ne ha ricordati 123). sarde piu ` notevoli e ` la lunga Una delle fatiche piu serie di articoli dedicati a singoli paesi della Sardegna, gran parte dei quali distesi in un arco temporale che va dal 1936 (un primo opuscolo su Tonara) al 1975, sotto il titolo Notizie di dati storici sulla parrocchia di ciascun centro, pubblicati di volta in volta sui quotidiani o sui periodici con cui collaborava. Cosı`

Bonu, Antonio Sacerdote, scrittore (Ortueri 1876-ivi 1968). Fu allievo di Ettore Pais; nel 1902 si fece sacerdote e nel ` in Lettere. Nello stesso 1907 si laureo anno ottenne il magistero di Filologia classica, e nel 1908 quello di Storia e ` a insegnare a Procida, geografia. Inizio continuando fino al 1914, poi si trasferı` ad Arpino e successivamente in altre ´, nel 1918, giunse a Cagliari sedi finche per insegnare presso il Liceo ‘‘Dettori’’. Fu un prestigioso insegnante del Liceo

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Bonuighinu su ‘‘Arborea’’ di Oristano sono uscite le ‘‘Notizie’’ su: Abbasanta, 1952; Allai, 1952; Ardauli, 1952; Aritzo, 1952 e 1953; Assolo, 1953; Asuni, 1953; Atzara, 1953; Austis, 1953; Arborea, 1953; Baratili, 1953; Barumini, 1953 e 1954; Bauladu, 1954; Belvı`, 1954; Bidonı`, 1954 e 1955; Bonarcado, 1955; Busachi, 1955; Cabras, 1955 e 1956; Desulo, 1956; Donigala Fenughedu, 1956; Fordongianus, 1956; Gadoni, 1957; Genoni, 1957; Gesturi, 1957; ` contiGhilarza, 1957 e 1958. La serie e nuata a partire dal 1963 in ‘‘Vita nostra’’: Massama, 1963; Tiana, 1964; Seneghe, 1967; Bonarcado, 1967; Zerfaliu, 1968. Numerosi altri articoli sono dedicati a biografie di personaggi della storia sarda: Alberto della Marmora, 1953; Mons. Damiano Filia, 1956; Francesco Antonio Brocu da Gadoni, 1957; Antonio Casula Muntanaru, 1957; Piero Cao, 1959; Salvatorangelo De Castro, 1960; L’Arcivescovo Raimondo Antonio Tore, 1960; Lo scultore Giuseppe Zanda da Desulo, 1960; Il prof. Antioco Polla da Gadoni, 1960; Lorenzo Mossa, 1960; Monsignor Giuseppe Figurelli, 1960; Michelina Puligheddu, 1960; Eleonora d’Arborea, 1961; Sant’Efisio, 1961; Un letterato sardo: Salvatore Cambosu, 1962; Il prof. Salvatore Baldino, 1964; Mons. Giovanni Melis Fois, vescovo di Tempio, 1964; Domenico Lovisato, 1966; Il poeta Salvator Ruju, 1966; Ricordo centenario di Giuseppe Manno, 1968; Ricordo di Antonio Bonu, 1969; Ricordo di due eroi popolari: Raimondo Scintu, Pietro Are, 1969; Giuseppe Cogoni arcivescovo, 1970; Vincenzo Sulis, 1972; Mons. Giuseppe Littarru, ` impor1972. Ma le sue due opere piu tanti sono Scrittori sardi nati nel XIX secolo con notizie storiche e letterarie dell’epoca, 1961, e Scrittori sardi nati nel XVIII secolo, notizie storiche e letterarie dell’epoca, 1972. Ricchi di informazioni ` convincente e date, sono il ritratto piu d’un grande erudito di provincia, che fu

anche buon sacerdote e parroco molto amato.

Bonuighinu Antico villaggio del giudicato di Torres, compreso nella curato` nel seria del Cabudabbas. Si sviluppo colo XI attorno al castello di Bonvehı` pochi chilometri a nord dell’attuale abitato di Mara. Estinta la dinastia giudicale, B., unitamente al castello, cadde in mano ai Doria, che lo inclusero nella curatoria del Monteleone e nel piccolo stato che avevano formato nella parte nord-occidentale del disciolto giudicato. Per la posizione strategica il suo possesso era ambito anche dai giudici d’Arborea, ma i Doria seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio, che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero un periodo di pace fino alla conquista aragonese. Quando i Doria, nel 1323, si dichiararono vassalli del re d’Aragona, il villaggio e il castello entrarono a far parte del Regnum Sardiniae. Nel 1325 essi si ribellarono, e cosı` il villaggio e il castello divennero teatro della loro resistenza agli Aragonesi, che avrebbero voluto distruggere il castello. Dal canto loro gli Arborea, che non avevano dimenticato le antiche rivendicazioni e in quel momento erano alleati degli Aragonesi, tentarono di conquistarli. ` continuo ` a rimanere in possesso B. pero dei Doria, ma per le continue tensioni ` a decadere. cui era sottoposto comincio Scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, le truppe giudicali lo investirono nuovamente e, nonostante la disperata resistenza di Brancaleone Doria, nel 1364 fu occupato dalle truppe del giudice d’Arborea. Dopo il matrimonio di Eleonora d’Arborea con Brancaleone il castello e il villaggio tornarono in possesso dei Doria. Anche dopo la caduta del giudicato ` a rimanere in d’Arborea B. continuo ` Doria, ma quando possesso di Nicolo

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Bonuighinu nel 1436 egli fu cacciato dal castello di Monteleone il villaggio e il vicino castello furono conquistati e distrutti.

Bonuighinu – Vicino ai ruderi del castello svetta la facciata settecentesca della chiesa di Nostra Signora.

Bonuighinu, cultura di Cultura fiorita nel Neolitico medio (4000-3400 a.C.). Ci ` stata restituita inizialmente dagli e scavi di Sa Ucca ’e su Tintirriolu vicino a Mara, in provincia di Sassari. In seguito furono scoperti altri siti in tutta la Sardegna che dimostrano un livello di civilizzazione molto evoluto, legato probabilmente ad analoga situazione ` in che nello stesso periodo si sviluppo Corsica, come dimostrano i resti ossei ritrovati, che ci permettono di affermare che si trattava di dolicocefali di tipo europeo mediterraneo occidentale, robusti e di media statura. Inizialmente vissero in caverne e successivamente in villaggi, come dimostrano le tracce di villaggi di capanne come quelli di Conca Illonis e Cuccuru S’Arriu sulle sponde dello stagno di Cabras. Gli scavi hanno dimostrato che gli uomini della c. di B. erano in grado di produrre utensili e suppellettili di vario genere, come manufatti di ossidiana che venivano esportati e di ceramiche dalle superfici ben levigate e lucide di color cuoio o nerogrigiastro, spesso impreziosite da decorazioni impresse o in-

cise. Questa ceramica aveva una notevole ricchezza di forme a seconda degli ` di contadini ne usi che questa societa faceva. Il ritrovamento delle macine di arenaria accanto alle capanne dimostra che l’agricoltura aveva raggiunto un discreto livello. L’assenza di opere di difesa induce a pensare che la vita vi si svolgesse tranquilla e pacifica al riparo da pericoli provenienti da popolazioni straniere. Informazioni sulla reli` della c. di B. e ` possibile averne giosita dal ritrovamento delle statuette della Dea Madre, legate probabilmente al ` ; la scoperta delle seculto della fertilita polture, alcune delle quali in grotticelle scavate, primo esempio di domus de janas, consentono di comprendere anche i caratteri del culto dei morti praticato da queste popolazioni. Ma il pacifico e statico mondo di B. alla fine del IV mil` in crisi e scomparve, tralennio entro ` evovolto dalla comparsa di altre e piu lute culture.

Bonuighinu, santuario Antico luogo sacro che sorge non distante dalle rovine ` dedicato del castello di Bonvehı` ed e alla Madonna Addolorata. L’edificio fu completamente ristrutturato nel 1797 unitamente alle prospicienti cumbessı`as e a due palazzotti che ospitavano i pellegrini durante la festa annuale. La chiesa, il cui caratteristico prospetto fa pensare a forme di architettura pie` preceduta da una piazzetta montese, e bastionata a cui si accede da due sceno` grafiche rampe di scale. Attualmente e in completo abbandono.

Bonvehı`, baronia di Feudo situato nel Monteleone: comprendeva i villaggi di Padria e Mara con i resti dell’omonimo castello. Fu costituito nel 1436, dopo la caduta del castello di Monteleone, a favore di Pietro De Ferraria, che negli anni seguenti vi incluse amche i territori appartenuti ai villaggi distrutti di Curus, Nuni, Calamatara e Terriula.

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Borghero Estinti i De Ferraria nel 1606, il feudo fu ereditato dai Cervellon, che, a loro volta, si estinsero nel 1718, lasciando la baronia di Bonvehı` ai Manca Guiso, che continuarono a possederla fino al 1788, quando si estinsero con un Raffaele. Il fisco allora, considerando il feudo devoluto, se ne impadronı` nonostante l’opposizione della sorella del defunto, Maria Maddalena, che era sposata ` cosı` al ramo Amat. La baronia passo Amat di San Filippo, al quale fu riscattata con sentenza del 26 luglio 1839.

Bonvehı`, castello di Castello situato nel Monteleone, poco distante dalla abbazia di Bonuighinu su un colle calcareo lungo la strada tra Mara e Padria. Fu fatto costruire dai Doria nel corso del secolo XIII e divenne uno dei capisaldi della loro resistenza agli Aragonesi nel ` del secolo XIV. corso della prima meta Dopo la caduta di Alghero il castello ` in mano a Mariano IV, che non passo volle restituirlo al re d’Aragona e lo uti` come base strategica per le sue imlizzo prese nei territori del giudicato di Torres. Dopo il matrimonio di Brancaleone ` ai Doria e, con Eleonora il castello torno dopo la caduta del giudicato d’Arborea, ` Doria, figlio fu uno dei rifugi di Nicolo naturale di Brancaleone. Prima del 1436 fu assalito dalle truppe sardo-catalane e distrutto. Attualmente rimangono pochi resti e una torre cilindrica in parte rovinata.

Borconani Antico villaggio che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Cabudabbas. Probabilmente era situato nelle vicinanze di Giave. Di origini medioevali, nel secolo ` centro XII comparve come domus, cioe di produzione agricola. Nel corso dello ` divenendo una stesso secolo si sviluppo villa e venne in possesso dei Doria in seguito a uno dei matrimoni che alcuni dei suoi membri contrassero con principesse della famiglia giudicale di Tor-

res. Dopo l’estinzione dei giudici di Torres, essi inclusero il villaggio nello stato feudale che avevano formato; instaurarono un buon rapporto con gli abitanti di B., che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero un periodo di pace fino alla conquista aragonese. Quando i Doria, nel 1323, si dichiararono vassalli del re d’Aragona, il villag` a far parte del Regnum Sardigio entro niae. Nel 1325 essi si ribellarono e il villaggio divenne teatro della guerra; nel 1330 fu occupato dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona e devastato. In seguito subı` gravi danni durante la ribellione del 1347 e per la pe`. ste del 1348 e si spopolo

Bordach, Arnaldo Religioso (Catalo` sec. XIV-Sassari, prima gna, prima meta del 1360). Arcivescovo di Torres dal 1355 al 1360 ca. Apparteneva all’ordine dei Cistercensi e professava nel monastero delle Sante Croci, presso Barcellona, quando fu nominato arcivescovo di Tor` res da Innocenzo VI nel 1355. Governo la diocesi nei difficili anni che precedettero la seconda guerra tra Aragona e Arborea. Morı` presumibilmente a Sassari prima del marzo 1360. [MASSIMILIANO VIDILI]

Borgatta, Gino Economista (Donnaz 1888-Valmadonna 1949). Dopo la laurea ` per alcuni anni negli istituti suinsegno periori. Nel 1916 divenne professore di ` Economia politica presso l’Universita di Sassari. Qui fu amico del magistrato ` una introGio Maria Lei-Spano, e detto duzione a La Sardegna economica di guerra, di Lei-Spano, 1922. Alcuni anni ` a insegnare nell’Universita ` dopo passo di Pisa da dove successivamente si trasferı` in quella di Milano. Poco prima di morire fu nominato socio dell’Accade` in Sardegna mia dei Lincei. Pubblico L’economia sarda durante la guerra, edito a Sassari da Gallizzi nel 1919.

Borghero, Giuseppe Tipografo, consi21

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Borghesi gliere regionale (Carloforte 1899-Cagliari 1972). Tipografo artigiano, iscritto al Partito Comunista dal 1921, con l’avvento del regime fu costretto a emigrare in Francia. Crollato il regime ` politica in Sarfascista riprese l’attivita ` durante le prime lotte degna; si segnalo operaie nel Sulcis e fu nominato consultore regionale dal 1944 al 1948. Nello stesso periodo fu eletto consigliere e assessore comunale a Cagliari; nel 1949 fu eletto nella I legislatura del Consiglio regionale per il collegio di Cagliari e tra il 1952 e il 1956 fu sindaco di Carloforte. Fu anche tra i promotori del movimento per la Rinascita. Tra i suoi scritti: Bisogna agire, ‘‘Il Lavoratore’’, 1944, e Difendere il popolo dalla fame e dalla miseria, ‘‘Il Lavoratore’’, 1947.

Borghesi, Aldo Studioso di storia dei partiti politici (n. Livorno 1952). Conse` dedicato all’insegnaguita la laurea si e mento. Collabora da diversi anni con la sede sassarese dell’ISSRA (Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e ` occupato in partidell’Autonomia). Si e colare delle vicende del movimento re` di repubblicano in Sardegna e piu cente dei deportati politici sardi in Germania durante la seconda guerra mondiale. Tra i suoi scritti: La stampa democratica in Sardegna: ‘‘Il popolo di Sardegna’’, ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 20/22, 1984; Il movimento repubblicano in Sardegna dalla prima guerra mondiale al fascismo, in Studi in onore di Michele Saba, ‘‘Archivio Trimestrale’’, XI, 1985; I repubblicani sardi fra interventismo, guerra, movimento dei combattenti 1914-1926, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 11-12, 1989; Per una biografia politica di Pietro Mastino, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 13, 1990; Cesare Pintus democratico e mazziniano, ‘‘Ichnusa’’, 21, 1990; Michele Saba: un mazziniano contro, per la

democrazia repubblicana, ‘‘Il pensiero mazziniano’’, XVIII, 2, 1992.

Borghetti, Giuseppina Archeologa (n. sec. XX). Allieva della professoressa Pani Ermini, dal 1978 prese parte ai campi scuola di Cornus, studiando in particolare i vetri romani. Tra i suoi scritti: Mensae e riti funerari in Sardegna. La testimonianza di Cornus (con A.M. Giuntella e D. Stiaffini), 1985; I vetri romani da Cornus conservati al Museo Nazionale di Cagliari, in Atti del primo Convegno sull’Archeologia romana e altomedioevale nell’Oristanese 1984, 1986; Le fabbriche del vetro e la produzione locale, in I vetri romani del Museo archeologico nazionale di Cagliari, 1994.

Borghetto, Franco Impiegato, uomo politico (n. Bonorva 1953). Di idee socialiste, ha militato da sempre nel PSI. Dopo essere stato per diversi anni consigliere e assessore comunale di Sassari e consigliere e assessore provin` stato sinciale, tra il il 1990 e il 1993 e ` attualmente uno dei daco di Sassari. E dirigenti della Federazione Democratica sarda e vicepresidente della Pro` autore di alcune invincia di Sassari. E teressanti pubblicazioni di carattere storico, tra cui Simone Manca, il primo ` d’Italia, sindaco di Sassari dopo l’unita 1997.

Borghi, Carlo Antonio Studioso di beni culturali (n. Cagliari 1949). Dopo aver insegnato per alcuni anni storia dell’arte negli istituti secondari, nel 1979 ha fondato e presieduto la Cooperativa ` Beni Artistici Sardi. CollaAntichita bora con la Soprintendenza ai Beni ambientali, architettonici e artistici di Ca` divengliari. Con gli anni il rapporto e tato stabile. Tra i suoi scritti: Cagliari, Santa Maria Chiara. Tracce e resti di un insediamento cistercense? (con Francesca Segni Pulvirenti), ‘‘Rivista cistercense’’, V, 1, 1988.

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Borgia

Borghi, Elisabetta Storica dell’arte (n. sec. XX). Dopo la laurea in Lettere con` di Cagliari, seguita presso l’Universita ha vinto il concorso per il Ministero dei ` funzionaBeni culturali. Attualmente e rio presso la Soprintendenza di Ca` occupata del regliari. Dal 1992 si e stauro degli affreschi della cattedrale di San Pantaleo a Dolianova. Tra i suoi scritti: L’affresco dell’Arbor vitae nell’ex cattedrale di San Pantaleo in Dolianova (con L. Siddi e M.C. Cannas), 1994; Dodici apostoli in un’abside: santi in teoria e... nella pratica?, in Gli affreschi absidali della cattedrale di San Pantaleo in Dolianova, 1997; Immagini percorsi e storie. Arte in Sardegna dalle origini al Millequattrocento (con M.C. Cannas e A.R. Corda), 2003.

Borgia Illustre famiglia valenzana (secc. XVI-XVIII). Discendente da Gof` fredo de Lenzol, che nella prima meta ` Giovanna Borgia, del secolo XV sposo nipote prediletta di papa Callisto III. Goffredo prese il nome e le armi dei B. Dal matrimonio nacquero Pietro Luigi e Rodrigo, che divennero i prediletti dello zio pontefice il quale, chiamatili a Roma, concesse loro numerosi benefici. Pietro Luigi fu nominato prefetto di Roma; Rodrigo, che dei due era il ` abile, cardinale. La discendenza di piu Pietro Luigi si estinse presto; Rodrigo, invece, fu paradossalmente il continuatore della famiglia. Intelligente e spregiudicato, dalle numerose amanti aveva avuto alcuni figli naturali che ` di sistemare adeguatamente; cerco dopo la morte dello zio seppe mantenersi nel difficile ambiente romano e finı` per riuscire a farsi eleggere a sua volta papa assumendo il nome di Alessandro VI. Immediatamente pose in atto una politica nepotistica a favore dei figli, tra i quali vanno ricordati Cesare e Lucrezia, personaggi di assoluto rilievo nella storia italiana. La famiglia,

` , fu continuata in Spagna da Giopero vanni, che aveva ereditato da un fratello il ducato di Gandı´a. Fu suo nipote, il duca Francesco, che, una volta diven` nell’ordine dei Getato vedovo, entro suiti e ne divenne generale: per la sua santa vita in seguito fu canonizzato. Dai suoi molti figli discesero alcuni rami della famiglia, uno dei quali, quello del duca Carlo di Gandı´a, diede vita a una discendenza per molte ragioni legata alla storia feudale della Sardegna fin ` del secolo XVI. Nel dalla seconda meta 1569 infatti Carlo, amico di Filippo II, ` vicere ´ del Portogallo, che lo nomino ` di sposando Maddalena Centelles tento venire in possesso del feudo sardo di Oliva, ma dovette impiantare una lite con i Centelles, che si concluse nel 1591 a favore di suo figlio Francesco. Egli cosı` riuscı` a prendere possesso del Marghine, del Montacuto, del Meilogu e della contea di Osilo; un suo nipote, il ´ di Sardeduca Carlo, fu il famoso vicere gna il cui figlio Francesco nel 1663 ebbe da Gioacchino Centelles anche l’ere` del marchesato di Quirra. Egli dita ` morı` prima di Gioacchino, il quale pero sopravvisse anche a suo figlio Francesco Carlo che morı` nel 1670; il vecchio ` erede signore di Quirra allora nomino Pasquale Francesco, nipote di France` in sco. Questi nel 1674 finalmente entro ` , divepossesso della nuova eredita ` grande feudatario nendo cosı` il piu ` , per il posdella Sardegna. Egli, pero sesso del marchesato di Quirra fu chia` che ne rivendimato in causa dai Catala ` . La vicenda giudiziaria cavano l’eredita non si concluse e i suoi discendenti continuarono la causa fino al 1726, quando furono costretti a cedere il marchesato ` . La famiglia si estinse nel 1740 ai Catala ` due sorelle: Macon un Luigi che lascio ria Anna, moglie di Giovanni Emanuele ˜ iga duca di Mandas, e Maria Lopez Zun

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Borgia Ignazia, moglie di Antonio Francesco Pimentel duca di Benavente.

Borgia, Carlo I Duca di Gandı´a (Gandı´a, ` sec. XVI-Sardegna, seprima meta ` sec. XVI). Figlio del celebre conda meta Francesco, il santo della famiglia, vissuto nel secolo XVI, fu nominato dall’a´ del Portogallo e mico Filippo II vicere fu l’iniziatore delle fortune feudali ` indella famiglia in Sardegna. Sposo fatti Maddalena Centelles, erede del grande feudo di Oliva, per cui, a partire dal 1569, fu costretto a iniziare una lunga causa per sostenere i diritti ere` morı` ditari della moglie. Egli pero prima che la vicenda fosse conclusa.

Borgia, Carlo II Vicere´ di Sardegna dal 1610 al 1617 (Gandı´a, Spagna, 1573-Spagna 1635). Duca di Gandı´a, figlio di Francesco I, cresciuto negli ambienti di corte, si mise in evidenza per le sue ` tanto che fu nominato vicere ´ capacita di Sardegna nel 1610. Nell’esercizio delle sue funzioni fu molto attivo: ` alcuni provvedimenti per sosteadotto nere l’economia dell’isola e si preoc` della difesa delle sue coste. Nel cupo ` il Parlamento che si chiuse 1613 celebro nel 1614; nello stesso anno ebbe rinnovato il suo mandato che fece protrarre la sua permanenza fino al 1617. In tutto ` l’amminiquesto periodo non trascuro strazione del grande feudo di Oliva che la sua famiglia possedeva in Sardegna. Tornato in Spagna gli furono conferiti altri incarichi importanti.

Borgia, Diego Vescovo di Ales e Terralba (sec. XVI-1615). Minore osser´ duca di vante, fratellastro del vicere Gandı´a, fu nominato vescovo nel 1613 dopo aver ricevuto la dispensa per ille` . Resse la diocesi per pochisgittimita ` simo tempo: infatti nel 1615 era gia morto. [MASSIMILIANO VIDILI]

Borgia, Francesco I Duca di Gandı´a ` sec. XVI-inizi sec. XVII). (seconda meta Figlio di Carlo I, quando suo padre morı`

la causa con i Centelles per il possesso del feudo di Oliva non era ancora conclusa; egli comunque sostenne i diritti della madre e nel 1591, quando la lite si chiuse, riuscı` finalmente a entrare in possesso del feudo, divenendo cosı` uno dei maggiori feudatari dell’isola.

Borgia, Francesco II Duca di Gandı´a, ` sec. XVIIconte d’Oliva (prima meta ´ Carlo II. Nel 1664). Figlio del vicere 1663 Gioacchino Centelles marchese di Quirra, sentendosi prossimo alla morte, ´ non aveva figli, lo istituı` erede poiche ` del grande marchesato sardo. Egli pero malauguratamente morı` nel 1664.

Borgia, Francesco Carlo Duca di Gan` sec. dı´a, conte d’Oliva (prima meta XVII-1670). Figlio di Francesco II. Quando suo padre inaspettatamente morı`, fu a sua volta prescelto da Gioacchino Centelles come erede del marchesato di Quirra, ma anche lui morı` improvvisamente nel 1670 prima del vecchissimo Gioacchino.

Borgia, Francesco Pasquale Duca di ` Gandı´a, conte d’Oliva (seconda meta sec. XVII-1716). Figlio di Francesco Carlo, dopo la morte di suo padre anche lui fu prescelto dall’incrollabile Gioacchino Centelles come erede del marchesato di Quirra. Nel 1674, terminata la lunghissima vita del suo benefattore, ` finalmente in possesso di Quirra, entro ma immediatamente fu chiamato in causa da Giovanni Antonio Centelles e ` che ne rivendicavano da Ogerio Catala il possesso. La controversia non era ancora definita quando nel 1716 B. morı`.

Borgia, Maria Anna Sorella del duca ` Luigi di Gandı´a (fine sec. XVII-meta sec. XVIII). Moglie di Emanuele Lopez ˜ iga. Nel 1740 fu riconosciuta erede Zun della contea d’Oliva comprendente le curatorie dell’Anglona, del Marghine, del Montacuto e la contea di Osilo. Alla ` il feudo a suo figlio sua morte lascio ˜ iga. Gioacchino Zun

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Borio

Borgna, Giuseppe Giurista (Cagliari 1816-ivi 1893). Figlio di Giovanni, conseguita la laurea in Legge nel 1837 si de` alla carriera universitaria ed eserdico ` con successo la professione di avvocito cato.

Borgna Bardi, Giovanni Giurista (Cagliari 1790-ivi 1867). Dopo la laurea, che conseguı` nel 1810, fin dal 1814 fu chiamato a insegnare Diritto civile al` di Cagliari come docente l’Universita aggregato. Negli anni seguenti fece una rapida carriera accademica: divenne ` professore titolare nel 1831 e continuo a insegnare fino alla morte, avvenuta ` di docente afnel 1867. Alla sua attivita ` quella di stimato funzionario e si fianco ` anche all’amministrazione interesso ` : nel 1837 fu consigliere codella citta munale e nel 1840 sindaco di seconda classe; nel 1841 fu nominato giudice della Reale Udienza. Fu autore di importanti studi, ma di lui restano solo alcuni scritti d’occasione, fra cui Sonetto pel funerale di re Carlo Felice, 1831; Quae in funere Ludovici Baylle sodalis diligentissimi Regiae Societatis agrariae et economicae civitas kalaritana elogia incidi mandabat, 1838; Indirizzo agli studenti ` , 1848. della R. Universita

Borgognoni, Adolfo Critico letterario (Carropoli 1840-Pavia 1893). Dopo aver conseguito la laurea in Legge nel 1863, ` di letteratura. La profonda si occupo ` ad approamicizia col Carducci lo porto fondire la sua passione e a impegnarsi ` in diversi nella lotta politica. Insegno istituti superiori ma le sue idee repubblicane gli procurarono molti problemi, ´ nel 1874 decise di non occuparsi finche ` di politica. Negli anni successivi ripiu prese a insegnare e a pubblicare importanti studi; nel 1889 fu nominato profes` sore di Letteratura presso l’Universita di Pavia ma morı` improvvisamente nel 1893. Fu uno degli ‘‘ingannati’’ dai fal` un sari delle Carte d’Arborea e dedico

ampio saggio ai poeti della corte giudicale: I poeti italiani dei codici di Arborea, ‘‘Studi di Erudizione e d’Arte’’, II, 1878.

Borgognoni Tarli, Silvana Antropologo ` dedicata all’inse(n. Firenze 1940). Si e ` professore orgnamento; attualmente e ` di dinario di Antropologia nella Facolta ` Scienze matematiche dell’Universita di Pisa. Alla Sardegna ha dedicato il saggio The Copper Age Burial from Santa Caterina di Pittinuri, in The Workshops and Posters of the XIII International Congress of Prehistoric and Protohistoric Sciences, 1996.

Borio, Antonio Insegnante, uomo poli` sec. XX-?, tico (Sassari, prima meta 1989). Nato a Sorso, fu professore di Storia e filosofia nei licei sassaresi. Antifascista, formatosi a Pisa dove aveva frequentato Guido Calogero e Aldo Capitini e gli ambienti liberalsocialisti, ` a nella primavera del 1942 organizzo Sassari, insieme con l’avvocato Salvatore Cottoni e lo scrittore Giuseppe Dessı`, allora provveditore agli studi di Sassari, un lancio notturno di manifestini contro Mussolini e contro la `a guerra. Subito dopo il 25 luglio fondo Sassari, insieme con Giuseppe Dessı`, la sezione del PSI e fu tra i principali collaboratori di ‘‘Riscossa’’, il primo settimanale democratico apparso in Sardegna dopo la caduta del fascismo: nel 1944 vi sostenne una dura polemica contro alcuni esponenti separatisti del ` degli anni Cinquanta PSd’Az. Alla meta si trasferı` a Parigi come insegnante nel ` tardi Liceo italiano della capitale; piu fu addetto all’Istituto Italiano di Cultura. Fine acquerellista, espose i suoi lavori in Sardegna una volta andato in pensione. Tra i suoi scritti, oltre i ricordati L’orecchio di Dionigio. I separatisti, ‘‘Riscossa’’, 1944, e Separatismo e reazione, ‘‘Sardegna socialista’’, 1945, spicca il volume Sardaigne, pubblicato a Parigi dalla prestigiosa casa editrice

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Borio ` Arthaud nel 1957: qualche anno piu tardi ne fu curata una traduzione italiana, edita dal sassarese Gallizzi su iniziativa dell’EPT (Ente provinciale per il turismo), di cui era stato a lungo presidente.

Borio, Giuseppe Funzionario, consigliere regionale (Sorso 1924-Sardara 1977). Fratello di Antonio, militante socialista, funzionario pubblico, si inte` al dibattito politico. Nel 1974 fu resso eletto consigliere regionale per il PSI nel collegio di Sassari per la VII legislatura, ma morı` in un incidente stradale prima che la legislatura fosse conclusa.

Borlandi, Francesco Storico (Pavia 1903-?). Conseguita la laurea si specia` in Storia economica, dedicandosi lizzo presto alla carriera accademica. A partire da 1940 ha insegnato in alcune Uni` italiane. Al Regno di Sardegna versita ha dedicato un interessante saggio giovanile: Relazioni politiche ed economiche tra Inghilterra e Sardegna durante la rivoluzione e l’impero, ‘‘Rivista storica italiana’’, IV, 1/2, 1933.

Bornemann, Giorgio Paleontologo (Germania, inizi sec. XIX-?, seconda ` sec. XIX). Si laureo ` in Ingegneria meta mineraria presso la Scuola mineraria di Freiberg, acquistando presto grande ` proconsiderazione per le sue capacita fessionali e per la sua preparazione. Quando nel 1855 alcuni capitalisti fran´ te ´ civile des cesi costituirono la Socie mines de Ingurtosu e Gennamari lo chiamarono a presiedere il consiglio di amministrazione. Stabilitosi in Sarde` il lavoro nella miniera gna, organizzo di Ingurtosu avvalendosi della collaborazione di altri tecnici tedeschi e di maestranze sarde. In poco tempo ne fece un modello produttivo che colpı` favorevolmente lo stesso Quintino Sella quando nel 1869 giunse in Sardegna e ` le miniere per redigere (come visito poi puntualmente fece) la sua relazione

come membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Sardegna presieduta da Agostino Depretis. B., approfondendo i suoi studi sui filoni di In` alcune ricerche sulla gurtosu, imposto paleontologia della Sardegna che gli ` internazionale. Tra i diedero notorieta suoi scritti ‘‘sardi’’, Mines de plomb ar`re de la Sardaigne, ‘‘Bulletin de la gentife ´ Geologique de France’’, X, 1851; Societe Les Eaux minerales et les filons metallife`res de l’ıˆle de Sardaigne, 1857; Phe´nome`nes eruptifs de la Sardaigne, ‘‘Comptesrendus de l’Academie des sciences’’, XLIV, 1857; Lettera a Elia De Beaumont sulle acque minerali della Sardegna, ´ Geologique de ‘‘Bulletin de la Societe France’’, II, 1857; Lettres sur quelques ˆnes et de la Sardaigne, ‘‘Bulmines de Ge ´ Geologique de letin de la Societe France’’, XIV, 1857; Classification des formations stratifie´es anciennes de l’ıˆle de Sardaigne. Atti del congresso internazionale di Geologia, Bologna, 1881; Trias della parte meridionale dell’isola di Sardegna, ‘‘Bollettino della Commissione geologica italiana’’, 1881; Paleontologisches aus dem Cambrischen Gebiete von Canalgrande in Sardinien, ‘‘Zeitschrifte der Deutsches geologische Gesellen’’, XXXV, 2, 1883; Die Versteinerrungen des Cambrischen Scichtensystems der Insel Sardinien, 1886.

Bornemann, V. Studioso di archeologia ` sec. XIX-prima meta ` sec. (seconda meta XX). Si trattenne per breve periodo in Sardegna presso la miniera di Ingurtosu di cui era stato presidente l’ingegner Giorgio Bornemann, suo parente. Specialista di numismatica antica, scrisse articoli sulla monetazione sardo-punica: Beitrage zur Kenntnis der ¨ nzen, 1900; Karsardo-punischen Mu thago oder Karalis?, 1900; Contributo alla conoscenza delle monete sardo-puniche, ‘‘Bullettino bibliografico sardo’’, I, 1901.

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Boroneddu

Boroneddu Comune della provincia di Oristano, incluso nel Comprensorio n. 15, con 183 abitanti (al 2004), posto a 216 m sul livello del mare, sul pendio che separa l’altipiano di Abbasanta dalla vallata del Tirso, occupata in questa zona dal grande lago Omodeo. Regione storica: Parte Barigadu. Archidiocesi di Oristano. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 4,65 km2: ha forma grosso modo triangolare e confina a nord con Ghilarza, a est con Tadasuni, a sud e a ovest ancora con Ghilarza. Si tratta di una vallata in leggero pendio verso il lago, ricca di acqua e riparata dai venti di ponente e ben esposta verso sud-est. ` suddivisa tra la La superficie agraria e vegetazione spontanea, che comprende gruppi di querce e macchia a base di mirto e lentisco, la parte coltivata a cereali, frutteto e vigna, e quella utilizzata ` adiacente alla per il pascolo. Il paese e strada che, proveniente da Ghilarza e Abbasanta, scende ad attraversare il lago per poi inoltrarsi verso Sorradile e gli altri paesi del versante orientale ` vicina stazione ferdella vallata. La piu ` quella di Abbasanta, lungo la roviaria e linea Oristano-Macomer. & STORIA L’attuale centro abitato e ` di origine medioevale, apparteneva al giudicato d’Arborea compreso nella curatoria del Guilcier (Parte Ocier) che si stendeva a sinistra del Tirso. Nel corso del secolo XIV il villaggio soffrı` a causa della peste del 1378. Quando il conflitto ` aspro, tra Aragona e Arborea si fece piu nonostante B. fosse saldamente in mano del giudice, fu compreso nei territori che il re d’Aragona provocatoriamente concesse al traditore Valore de Ligia. Dopo la caduta del giudicato, il ` formalmente a villaggio nel 1410 entro far parte del Regnum Sardiniae, ma i suoi abitanti mantennero un atteggiamento ostile nei confronti degli Arago-

nesi. Nel 1412, nel tentativo di arrivare a una pacificazione, la curatoria fu ` vasta, detta smembrata e la parte piu Parte Ocier reale, venne data in pegno a Leonardo Cubello che aveva prestato una forte somma alla Corona. B. e la restante parte denominata Canales rimasero sotto il controllo reale; quando ` il re, nel 1415, consentı` con mossa pero infelice ai De Ligia di tornare in Sardegna per prendere possesso dei feudi loro concessi, le popolazioni si ribellarono uccidendo quelli che consideravano indegni. Poco dopo, nel 1417, B. e il Canales furono concessi in feudo a ` nel 1426 lo Giovanni Corbera, che pero vendette ad Antonio De Sena. Questi morı` alcuni anni dopo lasciando il feudo al cugino omonimo, il visconte di Sanluri. Costui era carico di debiti, e cosı` nel 1450 B., unitamente a tutto l’Ocier, gli fu sequestrato dal fisco. Allora il re consentı` a Salvatore Cubello, che aveva ereditato il Canales da suo padre, di occupare anche l’Ocier e, nel 1463, una volta divenuto marchese, di includerlo nel marchesato di Oristano. Dopo la confisca del marchesato, avvenuta nel 1485, il Canales fu concesso a Galcerando Requesens che morı` nel 1507 senza lasciare figli maschi; si aprı` una crisi ereditaria complessa, che il re risolse concedendo un terzo del feudo a Raimonda Cardona, la sua vedova, e gli altri due terzi alle sue due figlie Giovanna, maritata Cardona, e Isabella. A questa spartizione si opposero altre due figlie che il Requesens aveva avuto da un precedente matrimonio, ma nel 1509 la questione si chiuse a favore di ` ai Cardona che Giovanna. Cosı` B. passo nel 1537 vendettero il villaggio assieme ` Torresani e all’intera regione a Nicolo Pietro Mora. Nel 1558 i Mora cedettero ` Torresani che unı` la loro parte a Nicolo il Canales al Barigadu Jossu per cui B. fu incluso in un grande feudo sul quale

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Boroneddu il Torresani ottenne nel 1566 il titolo di conte di Sedilo. La grande contea nel 1595, alla morte di Marchesia Torre` ai Cervellon; i nuovi feudasani, passo tari riorganizzarono l’amministrazione che affidarono a un official residente a Sedilo. B. vide cosı` accentuata la sua posizione di dipendenza; i Cervellon si estinsero nel 1681 aprendo l’ennesima ` crisi per la successione. La crisi duro decenni, B. e il Canales furono staccati dal Parte Barigadu e nel 1725 tornarono al fisco. Furono anni di forti tensioni e ` concretizzando l’ipotesi che il si ando vincolo feudale potesse cessare definitivamente. Fu una breve illusione, e infatti nel 1737 B. fu venduto dal fisco, con tutto il Canales, al canonico Francesco Solinas che ebbe titolo di marchese di Sedilo; dopo l’ennesima lite ereditaria ` ai Delitala di il feudo nel 1786 passo Chiaramonti. Nel 1821 il villaggio fu incluso nella provincia di Oristano e nel 1839 fu riscattato agli ultimi feudatari. ` la puntuale testimoDi questi anni e nianza di Vittorio Angius: «La scuola normale conta 6 fanciulli. Si sogliono celebrare all’anno uno o due matrimoni, nascono 6, muojono 8, in guisa che il numero va riducendosi a zero. Le malattie frequenti sono febbri intermittenti semplici e perniciose, e infiammazioni. Vi sono circa 40 famiglie, e 295 ` molto anime (anno 1833). La terra e adatta ai cereali, e alle civaje [legumi]. Quelli possono fruttificare il 10, questi il 6 o l’8. Si suol seminare all’anno da 400 starelli tra grano, orzo e fave. I ceci sono coltivati a preferenza degli altri legumi. Le vigne vi prosperano, ma non ` bianin maggior numero di 30. Il vino e ` facilmente chiccio e di buon gusto, pero inacidisce nella estate. Vendesi quindi porzione del mosto ai ghilarzesi, dai quali si compra acquavite, rosolii ecc. Vi si semina un po’ di lino con qualche profitto. Pochi alberi fruttiferi si colti-

` comuni sono pevano, e le specie piu schi, prugni e fichi. Nella selva si possono annoverare circa quattro mila ` di querce, le quali somministrano piu quel che bisogni al bestiame porcino del paese. Si computano in tutto il boronese, tra maggiori e minori, cento chiudende, che occuperanno un terzo della superficie, alcune delle quali servono alla pastura, altre alla pastura e insieme alla agricoltura. Si educano tre soli branchi di pecore, ed ogni branco ` capi 50, tra buoi e vacche mannaavra lite [domite] capi 80, porci 70, giumenti 20». Abolite le province nel 1848, B. fu incluso nella divisione amministrativa di Cagliari, nella quale rimase fino al ` a far parte dell’omo1859, quando entro nima provincia. Nel 1927 divenne frazione di Ghilarza e solo nel 1958 riac` la sua autonomia. Nel 1974 fu quisto nuovamente compreso nella ricostituita provincia di Oristano. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sull’agricoltura, in particolare la viticoltura e la frutticoltura, e sulla pasto` la produzione del forrizia; discreta e maggio. Come in tutti questi villaggi falcidiati dall’emigrazione, una parte consistente dei redditi viene dalle pensioni ` e invalidita `. Artigianato. In di anzianita passato era abbastanza sviluppata la tessitura del lino fatta nei telai domestici con prodotti di discreta fattura. ` collegato meServizi. Il villaggio e diante autolinee agli altri centri della provincia; dista da Oristano 39 km. Dispone di scuola dell’obbligo. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 182 unita di cui stranieri 4; maschi 88; femmine 94; famiglie 73. La tendenza comples` siva rivelava una sostanziale stabilita della popolazione, con morti per anno 2 e nati 2; cancellati dall’anagrafe 4; nuovi iscritti 3. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 12 398

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Borore in migliaia di lire; versamenti ICI 73; aziende agricole 63; imprese commerciali 8; esercizi pubblici 1; esercizi al dettaglio 1. Tra gli indicatori sociali: occupati 50; disoccupati 16; inoccupati 13; laureati 4; diplomati 11; con licenza media 67; con licenza elementare 88; analfabeti 4; automezzi circolanti 91; abbonamenti TV 58. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il territorio conserva domus de janas in regione San Michele e alcuni nuraghi: Spinosu, Su Montigu, Trubeli. Senza ` il sito di dubbio di grande interesse e San Michele che prende il nome dalla omonima chiesetta rupestre; qui in due distinte pareti di trachite sono due gruppi di domus de janas scavate nella roccia; si tratta di sepolture con una sola camera che comunica direttamente con la porta aperta verso l’esterno. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE La struttura urbanistica del paese ha conservato le caratteristiche tradizionali con le sue vie strette disposte ad anfiteatro sul costone della collina, sulle quali si affacciano le case in pietra, generalmente a corte chiusa da ` signifiun grande portale. L’edificio piu ` la chiesa parrocchiale di San cativo e Lorenzo, costruita probabilmente nel secolo XVII in forme molto semplici e con un interno spartano. Poco lontano dal paese, quasi sul lago Omodeo, sorge la chiesa campestre di San Salvatore, costruita nel secolo XVI come parrocchia del villaggio di Orene ora scomparso. Ha l’impianto a una navata e la copertura in legno a capriate. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La fe` importante e ` quella di San Salsta piu vatore, che si svolge nella seconda domenica di settembre presso l’omonima chiesa; si tratta anche di un’occasione per l’esibizione di balli tradizionali e di ` importante canti. In passato la festa piu

era quella di San Lorenzo che si svolge ancora il 4 luglio con cerimonie civili e religiose; solo religiose invece quelle che vengono organizzate per Santa Cecilia, cui gli abitanti del paese sono molto devoti.

Borore Comune della provincia di ` Nuoro, compreso nell’VIII Comunita montana, con 2291 abitanti (al 2004), posto a 394 m sul livello del mare, nella parte settentrionale dell’altipiano di Abbasanta. Regione storica: Marghine. Diocesi di Alghero-Bosa. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 42,74 km2: ha forma sinuosa e allungata da oriente a occidente e confina a nord con Macomer e Birori, a est con Dualchi, a sud con Aidomaggiore, Norbello e Santu Lussurgiu, a ovest con Scano di Montiferro. Buona ` costituita parte di questo territorio e da una porzione dell’altipiano di Abbasanta, con suolo di natura basaltica utilizzato prevalentemente per l’allevamento brado, in minima misura per l’agricoltura; nella parte occidentale si inerpica invece alle pendici del monte Sant’Antonio (808 m), ricoperte da un bosco rigoglioso, del quelle fanno parte ` diffuse della flora medile specie piu terranea. B. si trova a brevissima distanza dalla superstrada Cagliari-Sassari, alla quale si collega con una breve traversa che continua poi verso l’interno, toccando Dualchi e Noragugume ` anche e continuando per Ottana. B. e uno dei pochissimi paesi della parte centro-nord della Sardegna ad avere al suo interno una stazione della linea ferroviaria Cagliari-Macomer. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale ed era originariamente chiamato Gorare, apparteneva al giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Marghine. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale il Marghine fu conteso tra i Doria e gli Arborea e finı`

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Borore per essere occupato da truppe arborensi e annesso al giudicato d’Arborea. Gli anni che seguirono furono per B. ` . Scoppiata la guerra anni di tranquillita tra Aragona e Arborea, nel 1378, mentre ` acuta del conera in corso la fase piu flitto, il villaggio fu incluso nei territori che il re d’Aragona concesse al traditore Valore de Ligia che si era schierato ` a rimanere in con lui. In effetti continuo possesso del giudice d’Arborea fino alla battaglia di Sanluri, subito dopo cadde in mano al visconte di Narbona che con` a tenerlo fino al 1420, anno in cui, tinuo dopo la rinuncia del feudatario ai pro` a far parte del Regnum pri diritti, entro Sardiniae. Nel 1421 il villaggio fu incluso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles; i Centelles nel 1439 lo cedettero a Salvatore Cubello come indennizzo per il mancato pagamento della dote di sua sorella. Divenuto marchese d’Oristano, Salvatore nel 1463 incluse B. nel suo feudo; il villaggio fu poi ereditato da Leonardo Alagon al quale fu confiscato nel 1477. Dopo qualche mese di confusione, e dopo la battaglia ` a far parte del feudo di Macomer, torno di Oliva; i Centelles, che risiedevano in Spagna, fecero amministrare il vasto feudo da una burocrazia alle loro dipendenze, cosı` B. fu fatto dipendere amministrativamente da un funzionario che risiedeva a Macomer. Estinti i Centelles nel 1569, il villaggio, dopo ` una lunga lite conclusa nel 1591, passo ai Borgia che innovarono profondamente il suo sistema di amministra` zione. Nel corso del Seicento si verifico infatti un aumento del potere del feuda` a controllare direttatario che arrivo mente l’elezione del majore, esauto` rando cosı` completamente la comunita e appoggiandosi ai rappresentanti di alcune famiglie di notabili locali che gestirono il potere in modo clientelare e ` era stato possibile perche ´, ingiusto. Cio

nel corso del secolo, per l’esazione dei tributi feudali erano state create le ‘‘liste feudali’’ dei contribuenti, calcolate in base al loro reddito; la gestione di queste liste comportava non solo la determinazione del carico fiscale per ciascuno ma anche l’individuazione delle categorie degli esenti. In genere gli esenti erano proprio i notabili locali che finirono per formare delle e´lite vassallatiche legate al feudatario; quando i Borgia si estinsero nel 1740, B. cominciava a manifestare il bisogno di liberarsi dalla dipendenza feudale. Dopo una lunga serie di vicende ereditarie, nel 1767 il villaggio fu incluso nel mar` a Maria chesato del Marghine che tocco Giuseppa Pimentel erede dei Borgia e moglie di Pietro Tellez Giron. B., come molti altri dei villaggi del Marghine, non ebbe un rapporto facile con i nuovi feudatari che dalla Spagna facevano amministrare il feudo a funzionari senza scrupoli, cosı` tra il 1774 e il 1785 ` apertamente di pagare i trisi rifiuto buti e nel 1795 prese parte ai moti antifeudali. Nel 1821 fu incluso nella provincia di Cuglieri; nel 1843 chiuse il tempestoso rapporto con gli ultimi feu` la testimonianza datari. Di questi anni e ` situato nel piadi Vittorio Angius: «E noro del Marghine, onde resta esposto a tutti i venti. Componesi di circa 380 case, ognuna delle quali ha annesso un orticello. Le strade sono larghe, ed alcune un po’ regolari. Non vi si esercita alcun’arte meccanica che meriti considerazione. Le donne lavorano in 240 telai. Vendono molto panno forese, e al` cune pezze di tela. La scuola normale e frequentata da circa 30 ragazzi. Dal censimento parrocchiale dell’anno 1833, si rileva il numero delle anime essere di 1820 in 375 famiglie. Nell’anno si sogliono celebrare circa 17 matrimoni, nascono 50, muojono 35. La vita di rado si produce oltre i 60. Dominano le febbri

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Borore d’estate intermittenti, d’inverno catar` tanto atta rali, e le pleuritidi. La terra e alla agricoltura, quanto alla pastura. Si sogliono seminare 2000 starelli tra grano ed orzo, e si miete il settuplo. Si ` di fave. Non si cusemina poca quantita rano molto gli orti, che si hanno alle sponde del rio Kerbos, e non vi si coltiva altro che zucche, granone e pomidoro. Il lino suol dare circa 1000 decine. Le vigne vegetano bene, ma i vini sono ordinarii, e degenerano. Vi sono alcuni oliveti, e poche specie e piccol numero di piante fruttifere. Tre quinti del territorio sono occupati dai chiusi e dalle tanche, le quali sono destinate alternativamente a pastura e ad agricoltura. Il ` bestiame appartenente ai bororesi e delle seguenti specie, e nel 1833 era nei numeri notati per ciascuna: pecore 12 000, numero minore del solito, e cosı` ridotto dalla epizoozia dell’anno antecedente; buoi da lavoro 400; vacche 900; porci 1000; giumenti 250; cavalli e cavalle 360. In B. educavasi prima una bella razza di cavalli, da cui si sceglievano i migliori destrieri che figuravano nelle solenni corse dei Campidani. Pare che qualcuno voglia ripigliar queste cure». Abolite le province, nel 1848 B. fu incluso nella divisione amministrativa di Nuoro, nella quale rimase ` a far fino al 1859, momento in cui entro parte della provincia di Sassari rimanendovi fino al 1927, anno in cui fu ricostituita la provincia di Nuoro. Nel 1928 si vide aggregare come frazioni i villaggi di Dualchi e di Noragugume che solo nel 1939 ne furono staccati. Dopo il 1960 anche B. ha visto diminuire la sua popolazione in conseguenza del fenomeno dell’emigrazione alla ricerca di ` sicure. condizioni di vita piu & ECONOMIA La principale fonte di so` l’allevamento, che puo ` stentamento e contare su un patrimonio zootecnico piuttosto consistente, soprattutto per

quanto riguarda gli ovini. Rinomata la produzione dei formaggi; per l’agricol` da registrare un discreta produtura e zione di vino e di olio di oliva. Discretamente sviluppato anche il commercio; vi operano anche un albergo e un ristorante. Artigianato. In passato vi era la tradizione della tessitura e venivano prodotti l’orbace e la tela di lino; attualmente si mantiene una discreta produzione di tappeti. Sono a carattere artigianale anche una produzione di mobili ` – tra le quali una relae alcune attivita tiva ai manufatti di cemento – che si col` legano all’edilizia. Servizi. Il villaggio e collegato mediante autolinee agli altri ` detto, centri della provincia e, come si e anche alla rete ferroviaria principale; dista da Nuoro 52 km. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale e sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 2408 unita di cui stranieri 22; maschi 1182; femmine 1226; famiglie 864. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 21 e nati 13; cancellati dall’anagrafe 56; nuovi iscritti 26. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 15 752 in migliaia di lire; versamenti ICI 840; aziende agricole 211; imprese commerciali 133; esercizi pubblici 16; esercizi all’ingrosso 2; esercizi al dettaglio 54; ambulanti 3. Tra gli indicatori sociali: occupati 732; disoccupati 93; inoccupati 115; laureati 54; diplomati 267; con licenza media 707; con licenza elementare 851; analfabeti 64; automezzi circolanti 865; abbonamenti TV 708. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ricco di Tombe di giganti territorio e (Imbertighe, Santu Bainzu, Sa Perda Longa ’e Figu) e di nuraghi (Arghentu, Bighinzone, Busazzone, Casas, Cherbos, Cohimbos, Duos Nuraghes, Imber-

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Borore tighe, Interenas, Ludrau, Magassula, Mura de Figu, Oschera, Pischedda, Porcarzos, S’Infurcadu, Suerzu, Toscono, Tres Nuraghes, Ugore), alcuni dei quali ` interessanti della considerati tra i piu Sardegna, come quello di Oschera ai confini col territorio di Macomer, del tipo monotorre, molto ben conservato; o quello detto Duos Nuraghes in prossi` dell’abitato, imponente esempio mita di nuraghe polilobato con le torri colle` molto gate da bastioni, purtroppo pero danneggiato.

Borore – La Tomba di giganti di Santu Bainzu.

` pero ` ImIl sito di maggiore interesse e bertighe, una Tomba di giganti situata a poca distanza dall’abitato, vicino alla chiesa campestre di San Gavino. L’im` classico, consta pianto della struttura e infatti di un’esedra da cui si accede alla camera sepolcrale. Di particolare inte` la stele nella quale si apre la resse e porta attraverso la quale si accede dal-

` alta l’esedra all’interno del sepolcro: e ` considerata tra la piu ` significa4 m ed e tive dell’isola. A poca distanza dalla chiesetta di San Gavino sorge il nuraghe Porcarzos, che ha una pianta complessa caratterizzata da un mastio centrale circondato da un bastione a quattro torri, oltre il quale si trova un’ulteriore cinta di mura esterne. La monumentale fortezza attende di essere convenientemente studiata. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il villaggio ha conservato in parte l’assetto urbanistico tradizionale, articolato in strade larghe sulle quali si af` piani, facciano le case in pietra a piu talvolta precedute da una corte chiusa da un grande portale tipica di queste regioni centrali. L’edificio di maggior ` la chiesa della Vergine del Carspicco e melo, parrocchiale costruita nel secolo XVII in forme molto semplici; altro edi` la chiesa di San Lussorio, coficio e struita nel secolo XVIII alla periferia ` Turru, anch’essa del paese in localita di forme essenziali e spoglia di qualsiasi ornamento. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI In occasione delle feste popolari si conserva ` antiche usanze della memoria delle piu ` ; tra queste e ` la festa di San comunita Lussorio che si svolge il 21 agosto; le celebrazioni si aprono con un magnifico corteo di cavalieri in costume che scortano il simulacro del santo alla chiesa della Beata Vergine del Carmelo; nel pomeriggio attorno alla chiesa si svolge una spericolata corsa di cavalli, detta ` rdia, della quale si ha memoria fin da a tempi molto remoti. In passato altro mo` era la festa mento di grande intensita del Carnevale che culminava con uno spericolato palio durante il quale i cavalieri dovevano colpire alla testa una gallina appesa. Di questa usanza, resa impopolare anche dalle leggi a prote` persa memoria, zione degli animali, si e

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Borras ` persa la memoria dell’attitidu come si e o compianto recitato per le persone defunte e ancora in auge fino alla fine dell’Ottocento.

Borracina Pianta erbacea annuale della famiglia delle Crassulacee (Sedum caeruleum L.). Fusti e foglie carnosi di colore rosso, che in primavera si ricoprono di fiori bianco-celestini (b. azzurra). Cresce sulle rocce e nel periodo della fioritura, da marzo a giugno, crea un bellissimo contrasto cromatico tra le foglie, i fiori e la roccia stessa. ` la b. cinerea (S. daUna specie simile e syphyllum L.), con fusti e foglie, carnose e arrotondate, di colore bruno-rossastro e fiori bianco-rosati; ha lo stesso habitat della precedente. La b. di Nizza (S. sediforme Pau) ha infiorescenze gialle (maggio-giugno) su steli allungati, in parte legnosi, e foglie verdi e allargate: cresce in suoli rocciosi nella Sardegna meridionale. Indifferentemente dalla specie la b. viene chiamata in ´ ni (logudorese); ersardo erba de margia ´dda grassa (campidanese); u ´ a macbixe ´na (gallurese). [MARIA IMMACOLATA BRIcio GAGLIA]

lunghe e picciolate, ovato-arrotondate; i fiori viola, stellati, sono penduli e peduncolati. Fiorisce dalla primavera sino alla fine dell’estate. Cresce in primavera nei terreni sia coltivati che incolti e ai bordi delle strade. Le foglie e i fiori sono usati in medicina tradizio` depurative, nale per le loro proprieta diuretiche ed emollienti. Conosciuta in Marmilla con il nome dialettale chiu chiu, viene considerata un elisir di lunga vita. Con le foglie tenere e i fiori, dal sapore piacevolmente acidulo, si possono preparare insalate, frittate e ` molto ripieni per agnolotti, ma non e usata nella cucina sarda tradizionale. Esiste una specie endemica della Sardegna, la Borago pygmaea(DC.) Charter et Greuter, perenne, con fusti eretti, foglie lanceolate, fiori campanulati azzurro chiari, che vegeta nei luoghi umidi e freschi. Nella proposta di L.R. n. 184/2001 viene inserita nell’elenco delle piante da sottoporre a vincolo di ´ gia (Sarprotezione. Nomi sardi: burra ´ch (Aldegna settentrionale); ciucciamo `e (nuorese); limbo ´ina ghero); limba de bo ´ da (logudorese); pitza(Anglona); limbu ´ga (campidanese); succiame´li (galcarro lurese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Borras Famiglia cagliaritana di origine

Borragine – Pianta erbacea molto diffusa, ` officinali. possiede proprieta

Borragine Pianta erbacea annuale della famiglia delle Boraginacee (Borago officinalis L.). Ha fusto cavo, ricoperto, come tutta la pianta, di una fitta peluria ispida e pungente, le foglie sono

valenzana (secc. XVII-XVIII). Si trasferı` in Sardegna nel corso del secolo XVII per conto dei Centelles marchesi di Quirra, che impegnarono alcuni suoi membri nell’amministrazione del feudo nei difficili anni della controversia con i Borgia; nel 1688 furono ammessi al parlamento del duca di Monteleone. Scoppiata la guerra di successione spagnola furono tra gli artefici della sollevazione della Gallura a favore degli Asburgo e nel 1707 furono insigniti del cavalierato ereditario e della ` . Dopo l’avvento dei Savoia la fanobilta miglia si trasferı` nel regno di Napoli,

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Borras dove un Pasquale divenne nel 1784 comandante della Marina borbonica.

cende della guerra tra Aragona e Arbo`. rea e si spopolo

Borras, Francesco Gentiluomo caglia-

Borro2 Antico villaggio di origine me-

` sec. ritano (Cagliari, seconda meta ` sec. XVIII). XVII-Napoli?, prima meta Scoppiata la guerra di successione spa` tra i partigiani degli gnola si schiero Asburgo e fu tra i protagonisti dei moti galluresi del 1707, che facilitarono l’arrivo nell’isola alla nuova dinastia. Nel 1720, passata la Sardegna ai Savoia, preferı` lasciare la Sardegna e trasferirsi nel regno di Napoli.

dioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria di Nuraminis. Sorgeva a nord-est dell’at` tuale abitato di Serramanna in localita Cuccuru Barrali. Dopo la caduta del giudicato di Cagliari, nella divisione del 1258 fu compreso nei territori assegnati ai conti di Capraia, che lo trasmisero al giudice d’Arborea. Il giudice Mariano II, entro la fine del secolo XIII, lo ` al Comune di Pisa che lo fece amlascio ministrare da suoi funzionari. Dopo la `a conquista aragonese, nel 1324 B. entro far parte del Regnum Sardiniae e nel 1327 fu concesso in feudo a Pericono de `; i suoi discendenti non ebbero un Libia buon rapporto con gli abitanti del villaggio, che nel 1348 perse buona parte della popolazione a causa della peste. Scoppiata la prima guerra tra Mariano ` ne persero il IV e Pietro IV, i de Libia controllo dopo il 1353, quando, resisi conto dell’imminenza di altri conflitti, preferirono tornare in Catalogna. In seguito, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, il villaggio fu danneggiato dalle operazioni militari e fu occupato dalle truppe arborensi; si ` completamente entro i primi spopolo anni del secolo XV.

Borro1 Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Sigerro. Sorgeva non lontano dal castello di Acquafredda. Finita l’esistenza del giudicato di Cagliari, nella divisione del 1258 il villaggio fu compreso nel terzo toccato ai Della Gherardesca, che per insanabili contrasti tra i due rami della famiglia, poco tempo dopo, procedettero a un’altra divisione tra loro. B. cosı` fu attribuito al ramo del conte Ugolino e prese a essere amministrato dai funzionari dei nuovi signori con precisione fiscale. La sua struttura sociale fu conservata, i suoi abitanti continuarono a eleggere annualmente il majore e, nel complesso, condussero una vita tranquilla. In seguito il conte Ugolino, che si era impadronito del potere a Pisa, fu assassinato, probabilmente col concorso dei cugini dell’altro ramo, per cui nel 1289 i figli dichiararono guerra al Comune. Il villaggio fu investito dalle operazioni, subı` dei danni e quando i Della Gherardesca fu` sotto il rono sconfitti, dal 1295 passo controllo diretto di Pisa che lo fece amministrare da suoi funzionari. Con l’arrivo degli Aragonesi, nel 1324, fu dato in amministrazione al castellano di Acquafredda. Negli anni successivi fu duramente provato dalla peste e dalle vi-

Borro3 Famiglia originaria di Alassio (secc. XVII-XVIII). Si trasferı` in Sardegna nel corso del secolo XVII e si stabilı` a Cagliari, dove alla fine del secolo un Nicola aprı` una tipografia. In pochi anni l’azienda, anche grazie alle commesse dell’amministrazione che Nicola seppe ottenere, divenne importante. ´ non aveva figli, egli fece arriPoiche vare da Alassio il nipote Giacomo che ` essere considerato il capostipite puo del ramo sardo della famiglia. Egli fece un brillante matrimonio con Vittoria Brondo, imparentandosi cosı` con al-

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Borro cune famiglie dell’aristocrazia; nel 1695 ottenne il privilegio del cavalie` e nel rato ereditario e della nobilta 1698 fu ammesso allo Stamento militare. I suoi figli, impegnati nel processo di trasformazione da borghesi in gentiluomini, non trascurarono la tipografia che nei primi decenni del secolo XVIII si avvalse anche dell’opera dello stampatore Gaspare Garimberti; tre di essi, Demetrio, Pietro Giovanni e Giovanni Battista furono personaggi di assoluto rilievo. Durante la guerra di successione spagnola si schierarono nel partito filoasburgico. Passata l’isola agli Asburgo, nel 1712 la famiglia ebbe in feudo il territorio di Marrubiu e Zura` perse nel dili in libero allodio, che pero 1717 in seguito alla spedizione dell’Alberoni. Trasferita l’isola ai Savoia, i B. non riuscirono a instaurare un buon rapporto con la nuova amministrazione, per cui in pochi anni furono costretti a chiudere la tipografia, ma soprattutto non riuscirono a recuperare il territorio che avevano perduto. In par` la tipoticolare Pietro Giovanni eredito grafia e fu il protagonista dell’ultimo periodo della sua storia fino alla chiusura. Aveva sposato una Aymerich: la loro discendenza si estinse nel 1790. I `, personaggi di maggiore rilievo, pero furono il canonico Demetrio, avversa´ sabaudo Pallavicino di rio del vicere ´my, e soprattutto il dottor GioSaint-Re vanni Battista che, come abbiamo visto, ` essere considerato il capostipite puo del ramo feudale della famiglia. Fu ` suo figlio Giacomo a recuperare il pero feudo nel 1752, con un compromesso in ` in posbase al quale la famiglia torno sesso del territorio di Marrubiu e Zuradili e fu insignita del titolo marchionale col predicato di San Carlo. La sua discendenza si estinse nel 1794 con Francesco.

Borro, Francesco Marchese di San

Carlo (Cagliari 1732-ivi 1794). Figlio del marchese Giacomo, benemerito dell’a` senza successo di cologricoltura, tento nizzare il salto di Zuradili; nel 1793 fu tra i protagonisti della difesa di Cagliari contro lo sbarco francese. Infatti gli fu affidato il comando dei reparti di fanteria schierati lungo il litorale di Quartu e prese parte alla battaglia decisiva contro gli invasori. Morı` senza figli nel 1794.

Borro, Giacomo Signore di Marrubiu e Zuradili (Cagliari 1698-ivi 1752). Figlio di Giovanni Battista, in conseguenza della spedizione del cardinale Albe` del suo roni perse la disponibilita ` ai Safeudo. Quando la Sardegna passo ` il possesso, ma dovette voia ne recupero sostenere una lunga lite con il fisco e con l’appaltatore dei diritti civili di Oristano. Entrambi si opponevano a che esercitasse i suoi diritti feudali: il fisco pretendeva che pagasse una tassa di concessione, l’appaltatore delle rendite civili riteneva che il territorio concesso facesse parte del Campidano di Oristano e pertanto pretendeva il pagamento dei diritti feudali. G., comunque, nel 1752 chiuse la questione con una ` transazione in base alla quale rinuncio a tutti i diritti riscossi dal fisco negli anni precedenti e, pagati 4500 scudi, ottenne sul feudo il titolo di marchese di San Carlo. Pochi mesi dopo morı`.

Borro, Giovanni Antonio Religioso (Cagliari 1697-Bosa 1767). Vescovo di Bosa dal 1763 al 1767. Fratello di Pietro Giovanni e di Giacomo, nel 1723 fu ordinato sacerdote e divenne dottore in utroque a Cagliari; per alcuni anni soffrı` per i contrasti che la sua famiglia aveva con la dinastia sabauda. In seguito fu nominato canonico della diocesi di Ca` ecclesiagliari, giudice per le immunita stiche e cancelliere regio-apostolico; nel 1763 fu nominato vescovo di Bosa e qui morı` nel 1767.

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Borro (Cagliari 1676-ivi 1715). Figlio di Giacomo, conseguita la laurea in Legge intraprese la carriera amministrativa; scoppiata la guerra di successione spa` nel partito filoasburgnola, si schiero gico del quale divenne uno dei maggiori esponenti. Dopo il passaggio della Sardegna agli Asburgo, nel 1712 ebbe in libero allodio i territori spopolati di Marrubiu e Zuradili.

Borro, Maria Imbenia Marchesa di San ` sec. Carlo (Cagliari, seconda meta ` sec. XIX). Figlia XVIII-ivi, prima meta del marchese Francesco, nel 1794 ere` il feudo di famiglia. Era sposata ad dito Antonio Ignazio Paliacio e di suo marito condivideva le convinzioni politiche e l’odio nei confronti dei partigiani dell’Angioy, che i due ritenevano responsabili della morte violenta del marchese della Planargia, padre di lui. Si ha ragione di credere che avesse contribuito, con una rete di spie, a far catturare molti dei protagonisti dei moti antifeudali. Alla sua morte nel 1832 il feudo di ` ai Paliacio. San Carlo passo

Borromeo, Agostino Storico (n. Vimercate 1944). Discendente da una nobile ` dedifamiglia, conseguita la laurea si e cato all’insegnamento universitario. At` di tualmente lavora presso la Facolta ` ‘‘La Scienze politiche dell’Universita Sapienza’’ di Roma. Ha studiato la storia dell’Inquisizione e ne ha scritto in alcuni saggi: Inquisizione spagnola e libri proibiti in Sicilia ed in Sardegna durante il XVI secolo, ‘‘Annuario dell’Isti` moderna e tuto storico italiano per l’Eta contemporanea’’, XXXV-XXXVI, 1985; ` sarda nelL’inquisizione, in La societa ` spagnola (a cura di Francesco l’Eta Manconi), I, 1992; L’Inquisizione e i conversos nella Sardegna spagnola, in L’Inquisizione e gli ebrei in Italia, 1994.

Borsapastore Pianta erbacea annuale o biennale della famiglia delle Rosacee (Capsella bursapastoris L.). Alta sino a 50

cm, ha le foglie basali a rosetta, con lamina allargata di forma irregolare, quelle superiori lanceolate e seghet` spiga tate, fiori bianchi in racemo (cioe con peduncoli corti e alternati) terminale. Fiorisce ad aprile-maggio. Il ` un achenio triangolare arrotonfrutto e ` nome alla pianta, per la sua dato che da forma che ricorda la sacca usata dai pastori. Cresce spontanea nei terreni incolti e nelle aiuole, anche nei centri urbani. In Sardegna viene usata nella medicina popolare con azione emostatica e antiemorragica. Nomi sardi: bursa de ´ne (Marghine); bursixedda, bu ´ ssa matzo ´mina de pastori (campidanese); e´iva de fe ´ nes (Monti(sassarese); isperracalzo ferru). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Borticoro Antico villaggio che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria del Goceano. Sorgeva nelle campagne di Esporlatu su un territorio frequentato dall’uomo fin dai tempi della preistoria. Data la posi` rozione rispetto alla rete di viabilita mana, fu utilizzato come mansio anche ` tardoimperiale. Probabilmente il in eta ` da due di queste villaggio si sviluppo antiche mansiones nel secolo XI. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, fu lungamente conteso tra i Do` ria e gli Arborea; dopo il 1290 sembro che questi ultimi avessero la meglio, ma nel 1297 i Doria, sfruttando abilmente il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da coinvolgere nella conquista della Sardegna che andava progettando, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero l’investitura. Ma dopo l’arrivo degli Aragonesi, quando nel 1325 i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle truppe del giudice d’Arborea allora alleato dal re d’Aragona, conquistato e formalmente annesso al Regnum Sardiniae. Il suo possesso, con tutto il Goceano, fu definitivamente ri-

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Bortigali conosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse a Mariano IV il titolo di conte del Goceano. L’importanza di B., che nel 1348 soffrı` per l’epidemia di peste, venne meno ` Burgos, ma quando il giudice fondo ` a essere un centro di una qualcontinuo che importanza. Scoppiata la guerra tra Mariano IV e Pietro IV divenne uno dei centri della resistenza giudicale e nel 1378, negli anni in cui il conflitto si fece ` acuto, il re d’Aragona provocatoriapiu mente incluse B. nei territori che aveva concesso in feudo al traditore Valore de ` il villaggio continuo `a Ligia. In realta rimanere in possesso arborense fino alla caduta del giudicato, e dopo il 1409 fu concesso in feudo al marchese d’Oristano. Di fatto il territorio non era ancora pacificato. Infatti sembrava dovesse cadere nelle mani del visconte di Narbona e negli anni seguenti fu teatro di una continua guerriglia della quale ` Bartolo Manno per invadere approfitto ´ la e devastare tutto il Goceano. Poiche situazione sembrava non potesse essere controllata dal marchese d’Oristano, nel 1421 fu sul punto di entrare a far parte del grande feudo concesso a Bernardo Centelles; nel 1422 Leonardo Cubello invase il territorio, sconfisse ` il Bartolo Manno e finalmente occupo Goceano. Cosı` B., che ormai era ridotto a un villaggio di modeste proporzioni, dopo anni di tribolazioni pervenne ai marchesi d’Oristano. Dopo la ribellione di Leonardo Alagon, a partire dal 1478, venne amministrato direttamente da funzionari reali. Nei secoli successivi il villaggio decadde ulteriormente e ` spopolandosi. I suoi abitanti fuando rono costretti a pagare pesanti tributi e persero progressivamente la loro autonomia. Dopo il 1677 gli abitanti cominciarono a trasferirsi a Esporlatu; dopo il 1725 il villaggio contava 30 abitanti ed

entro il 1751 era completamente distrutto.

Bortigali Comune della provincia di ` Nuoro, compreso nell’VIII Comunita montana, con 1507 abitanti (al 2004), posto a 505 m sul livello del mare, disposto sul fianco di una collina addossata al monte Santu Padre, che con i suoi 1026 ` una delle cime maggiori della came tena del Marghine. Regione storica: Marghine. Diocesi di Alghero-Bosa.

Bortigali – Qui nacque, nell’ottobre 1943, Radio Sardegna, una delle prime emittenti dell’Italia liberata.

TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 67,46 km2: ha forma grosso modo triangolare con una lunga punta rivolta verso sud, e confina a nord con Macomer, a est con Bolotana e Silanus, a sud con Dualchi, a ovest con Birori e Macomer. Di forma cosı` allungata, si estende dal lembo settentrionale dell’altipiano di Abbasanta verso le pendici della catena del Marghine, per continuare poi nell’altipiano di Campeda, dove si trova tra l’altro la piccola frazione di Mulargia. Si hanno quindi terreni adatti sia all’agricoltura che all’allevamento, oltre a tratti di bosco e zone di grande suggestione paesaggistica e ambientale. Il paese si trova in posizione appartata, lungo il vecchio tracciato della statale 129 Macomer-Nuoro, attraverso la quale comunica direttamente con Macomer da un lato e Sila-

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Bortigali nus dall’altro, ma ha a brevissima distanza sia il nuovo tracciato della statale che la superstrada Cagliari-Sassari; alla periferia si trova anche la stazione lungo la ferrovia a scartamento ridotto Macomer-Nuoro. & STORIA L’attuale centro e ` di origine romana. In epoca medioevale apparteneva al giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Marghine; fu donato all’abbazia di San Nicola di Trullas. Divenne in quel tempo un rinomato centro di allevamento di cavalli. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale fu conteso tra i Doria e gli Arborea e finı` per essere occupato da truppe arborensi. Gli anni che seguirono furono per B. relativamente tranquilli, e la co` continuo ` a godere della propria munita tradizionale autonomia. Scoppiata la guerra tra Aragona e Arborea nel 1378, ` acuta del mentre era in atto la fase piu conflitto, il villaggio fu incluso nei territori che il re d’Aragona concesse provocatoriamente al traditore Valore de Ligia che si era schierato con lui. In effetti ` a rimanere in posil villaggio continuo sesso del giudice d’Arborea fino alla battaglia di Sanluri, subito dopo cadde nelle mani del visconte di Narbona che ` a tenerlo fino al 1420, anno in continuo cui, dopo che quest’ultimo ebbe rinun` a far parte ciato ai propri diritti, entro del Regnum Sardiniae. Nel 1421 fu incluso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles; i Centelles nel 1439 lo cedettero a Salvatore Cubello come indennizzo per il mancato pagamento della dote di sua sorella. Divenuto marchese d’Oristano, nel 1463 Salvatore incluse B. nel suo feudo; il villaggio fu poi ereditato da Leonardo Alagon al quale fu confiscato nel 1477. Dopo qualche mese di confusione, dopo la battaglia ` a far parte del feudo di Macomer, torno di Oliva. I Centelles, che risiedevano in Spagna, fecero amministrare il loro

feudo da una burocrazia alle loro dipendenze, e B. fu fatto dipendere amministrativamente da un funzionario che risiedeva a Macomer.

Bortigali – Pecore al pascolo nei dintorni del paese.

Estinti i Centelles nel 1569, il villaggio, dopo una lunga lite conclusasi nel 1591, ` ai Borgia che innovarono profonpasso damente il suo sistema di amministrazione. Con i Borgia, infatti, nel corso del ` un aumento del poSeicento si verifico ` a controltere del feudatario che arrivo lare direttamente l’elezione del majore esautorando completamente la comu` e appoggiandosi ai rappresentanti nita di alcune famiglie di notabili locali che gestivano il potere in modo clientelare ` era stato possibile pere ingiusto. Cio ´ , nel corso del secolo, per l’esazione che dei tributi feudali erano state create le ‘‘liste feudali’’ dei contribuenti, compilate in base al loro reddito; la gestione di queste liste comportava non solo la determinazione del carico fiscale per ciascuno ma anche l’individuazione delle categorie degli esenti. In genere gli esenti erano proprio i notabili locali che finirono per formare delle e´lite vassallatiche legate al feudatario; quando nel 1740 i Borgia si estinsero, B. cominciava a manifestare il bisogno di liberarsi dalla dipendenza feudale. Dopo una lunga serie di vicende ereditarie, nel 1767 il villaggio fu incluso nel mar-

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Bortigali ` a Maria chesato del Marghine che tocco Giuseppa Pimentel, erede dei Borgia e moglie di Pietro Tellez Giron. Come molti altri dei villaggi del Marghine non ebbe un rapporto facile con i nuovi feudatari che dalla Spagna facevano amministrare il feudo a funzionari senza scrupoli, cosı` tra il 1774 e il 1785 ` apertamente di pagare i trisi rifiuto buti e nel 1795 prese parte ai moti antifeudali. Nel 1821 fu incluso nella provincia di Cuglieri, nel 1843 sciolse il poco felice rapporto con gli ultimi feudatari. Di questi anni la puntuale testimonianza di Vittorio Angius: «Componesi di 520 case, le strade sono niente regolari, e poco pulite anche d’estate. ` . La Il clima patisce d’alquanta umidita neve vi persiste talvolta anche 20 giorni, ` una disgrazia fatale per il beil che e stiame. La vicinanza del monte, uno ` alti della catena del Marghine, dei piu attrae spesso le tempeste. La scuola normale frequentasi da 40 fanciulli. Il numero dei matrimoni suol essere di 25 all’anno, mentre le nascite si computano 95, le morti 40. L’ordinario corso ` ai 70. Le malattie piu ` fredella vita e quenti sono infiammazioni di petto e febbri periodiche. Il numero delle famiglie arriva a 515, delle anime a 2920 nel 1833, le quali nel 1829 assommavano a 3000. La terra prestasi a tutte le voglie del contadino. Specialmente riconoscesi atta ai grani ed orzi, che ordinariamente fruttificano il ventuplo. Coltivansi molte specie di erbaggi e legumi. Le patate forniscono il nutrimento alle famiglie povere, quando fallı` la messe. La vite vi prospera mediocremente, e la ` dei vini non dispiace. Le piante qualita fruttifere sono varie nella specie, copiose nel numero, grate nei frutti. Le grandi e piccole chiudende occupano ` gran parte dell’estensione terrila piu toriale, e servono principalmente al pascolo delle vacche, e bestiame destinato

al lavoro. Le selve sono vaste, ed in esse trovasi l’elce, la quercia, il tasso, il ciliegio, il moro selvatico, e altre specie atte a varie costruzioni. Si nutrono 300 cavalle, 2500 vacche, 20 000 pecore, 700 porci, 500 capre e gran numero di giumenti per la macinazione dei grani, e trasporto della legna e formaggio al paese. I prodotti della pastorizia si sogliono smerciare in Bosa. Sono assai numerosi i cinghiali, i daini, le volpi, le lepri e martore. Tutte le specie dei volatili, o stazionari o viaggiatori nell’isola, vi fanno nido». Quando nel 1848 furono abolite le province, B. fu incluso nella divisione amministrativa di Nuoro e vi ` a far rimase fino al 1859, quando entro parte della provincia di Sassari. Nello stesso periodo fu costruita la parrocchiale dedicata alla Madonna degli An` a sviluppare le geli e il paese continuo ` commerciali assumendo sua attivita un’importanza notevole; alla fine dell’Ottocento la sua popolazione oramai superava i 3100 abitanti. Nel 1928 fu incluso nella provincia di Nuoro; nel se` econocondo dopoguerra le sue attivita miche hanno subito una crisi notevole e ` notevolmente rila popolazione si e dotta. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sulla pastorizia, particolarmente rino` la produzione dei formaggi nella mata e Latteria del Centro Sardegna (LACESA); si commercializzano vari tipi di pecorino e i formaggi filati, tra i quali le ‘‘perette’’ di caciocavallo. Vi si trovano anche un’organizzazione per il turismo ` commerciali; equestre e alcune attivita molti lavoratori si recano quotidianamente nelle aziende della piana di Ottana e della zona industriale di Maco` collegato memer. Servizi. Il paese e diante autolinee agli altri centri della provincia; dista da Nuoro 48 km e 8 km da Macomer. Dispone di medico, farma-

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Bortigali cia, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale, sportello per i servizi bancari. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1606 unita di cui stranieri 2; maschi 780; femmine 826; famiglie 639. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 19 e nati 9; cancellati dall’anagrafe 20; nuovi iscritti 11. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 764; versamenti ICI 618; aziende agricole 157; imprese commerciali 79; esercizi pubblici 13; esercizi all’ingrosso 2; esercizi al dettaglio 26; ambulanti 2. Tra gli indicatori sociali: occupati 484; disoccupati 82; inoccupati 63; laureati 31; diplomati 195; con licenza media 417; con licenza elementare 699; analfabeti 12; automezzi circolanti 532; abbonamenti TV 537.

Bortigali – Il nuraghe Orolo svetta sul crinale delle colline che vanno dal paese verso Macomer. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` molto ricco di nuraghi: territorio e Aidu Arbu, Aidu Entos, Aidu Ollastru, Bena de Ludu, Berre, Borgusada, Coatos, Funtana Lada, Giaga Edra, Immandradorzu, Luzzanas, Meuddu, Mura de Lughe, Oes, Orolo, Ottieni, Pranu ’e Ruos, Sa Coa ’e Su Lauro, Sa Corte, Sa Mandra ’e Sa Giua, Santu Martinu, Semestene, Seriale, Sparzanas, Susugias, Tintirriolos, Trullio, Tuide, Tusari; vi si

trovano anche la Tomba di giganti di San Giovanni e tracce di insediamenti del periodo romano. Di particolare in` il nuraghe Orolo, affacciato teresse e sull’altipiano di Abbasanta da una magnifica posizione panoramica sulla catena del Marghine. A pianta complessa, consta di un mastio centrale alto 14 m, a due piani con camere a tholos perfettamente conservate, e di due torri addossate di notevoli dimensioni. Significativo anche quello di Tusari, del tipo pro` omotonuraghe, situato nella localita nima a qualche chilometro dall’abitato e risalente al 1500-1300 a.C. Ha pianta ` di notevoli proporzioni: ellittica ed e dall’ingresso si accede a un corridoio lungo circa 18 m che porta a una celletta di piccole dimensioni; quindi attraverso una scala a chiocciola molto ripida si giunge al secondo piano dell’edificio e al terrazzo che aveva una fun` poi il zione importante per la difesa. C’e grande nuraghe di Meuddu che sorge non lontano da Mulargia: un nuraghe quadrilobato che nella torre centrale conserva un’ampia camera a tholos di particolare suggestione. Vicino a Mulargia si trova anche quello di Aidu Entos, quasi completamente distrutto, ma che conserva nel masso posto ad architrave dell’ingresso un’iscrizione che ha attirato l’attenzione degli studiosi. Pare si tratti di un’indicazione di confine tra due diverse popolazioni, e si discute se sia stata tracciata con caratteri latini o con quelli di una presunta scrittura nuragica. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTU` posto ad anfiteatro RALE Il villaggio e su un pendio che sale dall’altipiano di Abbasanta verso le cime della catena ` sviluppato da un nudel Marghine. Si e ` antico nel quale si trova la cleo piu chiesa parrocchiale di Santa Maria degli Angeli costruita nel secolo XV in forme tardogotiche. Ha un impianto a

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Bortigali una sola navata su cui si affacciano alcune cappelle laterali e il presbiterio, con copertura a volte a crociera. La fac` in conci di trachite rossa di ciata e grande effetto; poco distante dalla chiesa sorge il campanile con la cuspide ornata da tipici gattelli di gusto gotico-aragonese; nelle strade attorno alla chiesa si possono individuare diverse case che conservano finestre e portali di tipo aragonese molto sugge´ scolpiti con vari motivi da stivi, perche abili scalpellini. A monte di questo nucleo primitivo e attorno alla strada ` sviluppata la parte piu ` principale si e recente dell’abitato che conserva diversi palazzotti ottocenteschi con qualche pretesa e una rete di stradine nelle quali si affacciano le classiche case in pietra tipiche del territorio. Dal paese ha origine una strada che, salendo sul fianco della montagna, conduce alla frazione di Mulargia (=) inserita in un piacevole ambiente ricco di boschi particolarmente suggestivi.

Bortigali – Gli elementi architettonici di questa finestra sono arricchiti dallo stemma della famiglia Arras.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Il pa`e ` trimonio di tradizioni della comunita consegnato a due feste, in primo luogo quella di Santa Maria di Sauccu. La ma` antica tranifestazione, tipica della piu dizione del paese, fu istituita prima del 1614 in onore di un simulacro della Ver&

gine ritrovato all’interno di un sambuco (sauccu). Ha inizio all’alba del 7 settembre quando le donne del villaggio portano a piedi lungo una strada campestre che richiede tre ore di cammino una piccola statua della Madonna fino alla chiesetta campestre di Santa Maria di Sauccu nella foresta di Badde Salighes, molto oltre il monte Santu Padre e ben distante dal paese (in territorio di Bolotana) che fu costruita agli inizi del secolo XVI nei pressi di un monastero di Barnabiti. Il pellegrinaggio si svolge tra preghiere e canti a scioglimento di un voto; a mezza mattina dello stesso giorno dalla chiesa di Santa Croce i giovani del paese, vestiti di una cotta bianca, preparano un simulacro della Madonna di grandi proporzioni e, dopo avergli fatto compiere tre giri attorno alla chiesa, tra spari di fucili caricati a salve, lo portano a passo svelto lungo un sentiero di montagna alla chiesa campestre. Lungo il percorso il corteo viene accompagnato da cavalieri armati e in costume che compiono spericolate esibizioni. All’arrivo, tra un tripudio di fucilate, viene celebrata la messa cantata; alla cerimonia segue un colossale ban` inizio al novenario, duchetto che da rante il quale i fedeli trovano riparo in alcune casette erette intorno alla chiesa. Nei giorni successivi, che trascorrono tra preghiera e altri incontri comunitari e conviviali, il piccolo villaggio rimane sempre molto animato; al termine della novena, il 17 settembre, la statua torna in gran corteggio a B. Il villaggio torna nuovamente deserto e ` frequentato secondo una leggenda sara dai morti che vi svolgeranno una loro ` novena. L’altra festa importante e quella dell’Assunta, che dura sei giorni e culmina il 15 agosto con la processione alla quale partecipano gruppi in costume, cavalieri e il coro locale. Fino al 1945 veniva portato in processione un

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Bortigiadas antichissimo simulacro, oggi conservato nella parrocchia, cui si attribuiva ` di influire sulla situazione atla virtu mosferica, e per questo ci si rivolgeva ad esso soprattutto durante i periodi di `. siccita

Bortigiadas Comune della provincia di Olbia-Tempio, compreso nella III Co` montana, con 859 abitanti (al munita 2004), posto a 479 m sul livello del mare, su un poggio panoramico che fa parte dei rilievi granitici del Limbara. Regione storica: Gemini. Diocesi di Tempio-Ampurias.

Bortigiadas – Panorama. Dalle ultime propaggini delle montagne di Tempio e Aggius il paese guarda verso il mare vicino del golfo dell’Asinara.

TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 76,76 km2: ha forma grosso modo triangolare con una punta rivolta verso occidente e confina a nord con Viddalba e Aggius, a est con Tempio Pausania, a sud ancora con Tempio e con Perfugas, a ovest con Valledoria e Santa Maria Coghinas. Si tratta di una regione di alta collina, la cima maggiore ` la punta Saici, 911 m. Il suolo e ` in parte e rivestito di bosco e per tutto il resto uti&

lizzato a pascolo. Qualche tratto di pianura adatto alle coltivazioni si trova soltanto nella parte meridionale, dove scorre il Coghinas e si trova la frazione `nnari, la piu ` popolosa di quelle di Tisie che fanno capo a questo comune. Il paese si trova a soli 3 km dalla S.S. 127 ` collegata Sassari-Tempio, alla quale e con un raccordo che poi continua per ` servito anche dalla ferrovia Viddalba. E a scartamento ridotto Sassari-Tempio, utilizzata oggi prevalentemente a scopi turistici. & STORIA Sulle origini del villaggio poco si sa, anche se le numerose testimonianze romane ritrovate nelle campagne fanno pensare a un centro romano posto lungo la strada che da Gemellae portava a Olbia. Nel Medioevo apparteneva al giudicato di Gallura, era compreso nella curatoria di Gemini ` popoloso e sviluppato del ed era il piu distretto detto Gemini basso; estinta la ` famiglia giudicale nella seconda meta del secolo XIII prese a essere amministrato direttamente da funzionari pi` sani. Dopo la conquista aragonese entro a far parte del Regnum Sardiniae ma la ` a tenere un sua popolazione continuo atteggiamento ostile nei confronti degli invasori. Nel 1324 una parte del territo` nel rio fu concessa ai Catoni che pero 1325 furono cacciati da Sassari per cui ` degli abitanti di B. nei conl’ostilita fronti degli Aragonesi non venne meno. Il territorio fu definitivamente conquistato da Raimondo Cardona solo nel ` a far parte di un 1330 e il villaggio entro feudo concesso a Guglielmo Pujalt, che comprendeva quasi tutto il Gemini. La ` sembrava non voler popolazione pero accettare la situazione e mal tollerava il vincolo feudale, cosı` che, quando ` la guerra tra Doria e Aragona, scoppio ` a combattere gli Aragonesi. continuo Pujalt morı` senza figli e nel 1347 il re ` di dare il villaggio e l’intera curapenso

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Bortigiadas toria in pegno a Giovanni d’Arborea nell’intento di pacificare la popolazione. Dopo che quest’ultimo fu arrestato da suo fratello Mariano, il territorio fu abbandonato a se stesso, subı` i danni della guerra tra Aragona e Arbo` rea e nel 1376 quelli della peste. B. pero ` come alcuni altri villaggi non si spopolo ` vicini: si calcola che avesse ancora piu di 200 abitanti. Terminata la guerra, cadde in mano al visconte di Narbona che lo tenne fino al 1420, anno in cui ` a far parte del Regnum Sardirientro niae. Cosı` B. venne in possesso dei Carroz, eredi di Giovanni d’Arborea; essi lo unirono al loro grande feudo di Terranova e lo fecero amministrare da loro ` e la pofiduciari. L’estrema perifericita sizione del villaggio, sperduto tra i monti, sebbene fosse non lontano da Tempio, furono i fattori che permisero a B. di conservare una relativa autonomia. I Carroz lo possedettero fino alla ` del secolo XV quando, seconda meta per il matrimonio di Beatrice con Pie`a tro Maza de Lic ¸ana, il villaggio passo questa famiglia. A loro volta i Maza si estinsero nel 1546 e per la successione ` una lunga lite tra i diversi scoppio eredi. La contesa si concluse nel 1571 ` B. ai Porcon una divisione che assegno tugal, famiglia coinvolta nella lite per il patrimonio dei Maza. Da questi ultimi il territorio nel 1584, per il matrimonio di Anna Portugal con Rodrigo De Silva, ` a questa famiglia. Nel 1617 tutto passo il territorio fu unito anche amministrativamente al marchesato di Orani; da quel momento B. fu amministrato da un regidor e da una burocrazia che risiedevano in quel paese lontano. La sua posizione periferica fu pertanto mantenuta come lo spirito di indipendenza dei suoi abitanti che nel corso del se` . Il colo XVII raggiunsero le 600 unita ` non fu ferapporto con i feudatari pero ` notevollice, il carico fiscale aumento

` pamente colpendo proprio le attivita storali e la produzione del formaggio; soprattutto fu modificato il sistema di individuazione del majore, che di fatto veniva scelto dal regidor. Il territorio divenne teatro di faide tra gruppi di famiglie locali, in un clima di crescente violenza che la debole amministrazione feudale non riuscı` a modificare. Si ebbero anche numerose e audaci imprese di briganti. Nel corso del secolo XVIII i rapporti tra gli abitanti di B. e la famiglia feudale si guastarono ulteriormente; intanto la struttura della comu` andava modificandosi e l’introdunita zione del Consiglio comunitativo e del ` l’aspirazione Monte granatico rafforzo all’indipendenza degli abitanti del villaggio, che spesso resistettero all’esazione dei tributi feudali. Nel 1821 il villaggio fu compreso nella provincia di Ozieri e nel 1831 in quella di Tempio ` `. E Pausania ma la situazione non muto di questo periodo l’interessante e preziosa testimonianza di Vittorio Angius: ` situato nella china d’un monte in«E contro a mezzogiorno, in esposizione pure a levante e ponente. Consta di 250 case, divise per istrade irregolari. Poche arti meccaniche vi si professano. Le donne sono sempre applicate alla tessitura sopra 200 telai per panni lini ` spesso afe lani. La scuola normale e fatto vuota, poco curandosi i padri della istruzione ed educazione dei figli, e non essendo da alcuno ammoniti del loro dovere. L’ordinario numero della popo` di 600 anime in 190 lazione sedentaria e famiglie; altrettanti sono i pastori. Si sogliono contrarre all’anno circa 14 matrimoni, nascono 35, muojono 20. L’ordi` ai 60. Le frenario corso della vita e quenti malattie sono infiammazioni di petto, e febbri periodiche. Il terreno ` coltivare e ` atto alle vigne, e che si puo ad altre piante fruttifere. Queste non ` che sei specie, e la somma sono di piu

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Bortigiadas degli individui non sorpassa il migliajo. ` delle uve, tenue il Poche sono le qualita ricolto, e si dee supplire con molto comprato da Tempio, e da Luras. Siccome in ` sassoso e bomassima parte il terreno e ` appena si puo ` seminare schivo, pero starelli di grano 250, 100 d’orzo, 50 di ` andare fave. La fruttificazione ne puo al settuplo. Di lino se ne raccoglie tanto quanto esigano i propri bisogni. Le antiche o grandi chiudende occupano brevissima estensione del territorio. Vi si ` sovente vi si tiene il besemina, ma piu stiame manso a pastura. Le selve sono variate di quercie, lecci, soveri, roveri, lentischi, corbezzoli, ontani. Il bestiame che educasi si rappresenta dalle seguenti somme secondo le specie. Pecore 2000, capre 1500, vacche 300, porci 200». Al riscatto dei feudi e una volta abolite le province, B. fu compreso nella divisione amministrativa di Sassari e quindi, dopo il 1859, nella provincia di Sassari. La sua popolazione viveva prevalentemente sparsa nel vastissimo territorio in quattro cussorge. Il processo di concentrazione nell’attuale centro abitato risale alla fine dell’Ottocento; nel 1975 le frazioni di Giagazzu e Giuncana furono aggregate al neocostituito comune di Viddalba. & ECONOMIA La sua economia e ` basata fondamentalmente sull’allevamento ed esiste un discreto patrimonio zootec` che da nico, costituito da bovini piu ` favorevole ovini. In qualche tratto piu del territorio si pratica anche l’agricoltura, in particolare l’orticoltura, e qualche provento deriva anche dalla coltivazione dei ciliegi e dall’estrazione periodica del sughero. Vi operano anche un albergo con 20 posti letto e due agriturismi con 8 posti letto. Artigianato. In passato le donne tessevano il lino e la lana producendo manufatti di discreta fattura ma solo per uso domestico. Ser` collegato mediante vizi. Il villaggio e

autolinee agli altri centri della provincia. Dispone di medico, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale, sportello di servizi bancari. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 919 unita di cui stranieri 3; maschi 458; femmine 461; famiglie 354. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 13 e nati 4; cancellati dall’anagrafe 14; nuovi iscritti 5. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 614 in migliaia di lire; versamenti ICI 289; aziende agricole 190; imprese commerciali 38; esercizi pubblici 7; esercizi al dettaglio 14; ambulanti 1. Tra gli indicatori sociali: occupati 266; disoccupati 60; inoccupati 35; laureati 12; diplomati 100; con licenza media 255; con licenza elementare 349; analfabeti 71; automezzi circolanti 441; abbonamenti TV 300. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` ricco di nuraghi (Cantareddu, torio e Middina, Punta Capraia, Punta Nuraga, Puppia, San Pancrazio, Santu Russugliu, Traicatu), di domus de janas (Con` nnari) e conchedda di La Fata, Tisie serva ruderi romani a Sa Menta e allo Spirito Santo. Di un certo interesse anche le grotte di Conca Manna e Conca di ` importante Martinu. Il monumento piu ` quello di Tisie `nnari: una necropoli di e domus de janas ipogeiche situata a qualche chilometro dall’abitato. In alcuni di questi ipogei le pareti sono decorate con protomi taurine e figure di esseri umani rappresentati con motivi geometrici di grande effetto. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il villaggio ha mantenuto il tradizionale impianto dei centri galluresi con strade larghe sulle quali si affacciano le tipiche case in granito, a due piani sulla via principale, a un solo ` impiano nelle traverse. L’edificio piu

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Bortigiadas ` la chiesa di San Nicola di portante e Bari, parrocchiale costruita tra il secolo XVI e il XVII; ha una sola navata sulla quale si affacciano il presbiterio e alcune cappelle laterali; la copertura originariamente era in legno. Nel corso del secolo XVII la chiesa fu ristrutturata, la copertura in legno venne sostituita con una volta a botte e una cappella laterale venne demolita per lasciar posto al campanile. L’interno custodisce un dipinto del secolo XVII e ha ` alle pareti vetrate decorate; l’edificio e stato restaurato completamente nel 1939. A poca distanza sorge la chiesa di Santa Croce, la cui costruzione risale al secolo XVIII. Ha una sola navata a forma rettangolare e la facciata costruita con i tipici conci in granito. Era sede della Confraternita della Santa ` stata piu ` Croce, nel corso dei secoli e volte restaurata e in molti periodi chiusa al culto. Infine nell’edificio del ` ospitato il Museo MineraloComune e gico, un’interessante raccolta inaugurata nel 1983 nella quale sono esposti ` di 1000 campioni di minerali riconpiu ` di 260 specie diverse; ducibili a piu ´ completo il panorama delle pressoche ` presenti in Sardegna. Di grande varieta interesse storico e culturale, oltre che ovviamente religioso, sono anche le numerose chiesette campestri distribuite ` nelle bellissime campagne; in localita Scala Ruia, presso le sponde del Coghinas nella frazione di Tisiennari, sorge quella di San Rocco, patrono dei viandanti, posta in una posizione strategica per il transito tra Anglona e Gallura. Fu costruita nel secolo XVIII probabil` antica; mente sui resti di una chiesa piu ha una sola navata di forma rettango` abbellita da un lare, la sua facciata e ` stata comcampanile a vela. Nel 1966 e pletamente restaurata. A poca distanza dall’abitato, lungo la strada per Viddalba, sorge infine il santuario di San

Pancrazio che fu edificato nel secolo ` XVI in forme tardogotiche. L’interno e a una navata; nel corso dei secoli ha su` stato combı`to alcuni danni e nel 1970 e pletamente restaurato. Tra le molte bel` , pregevoli sotto il punto lissime localita di vista paesaggistico e/o naturalistico, ` suggestiva e ` senza dubbio quella la piu caratterizzata da grandi roccioni e conosciuta come Cuccarusantu o Li Monti Incantati, a brevissima distanza dall’abitato. Le formazioni di granito sono ricoperte in parte da piante di edera di grande bellezza che, incombendo sull’abitato, fanno temere nei periodi grande pioggia una loro rovinosa frana: sensazione che ebbe un sindaco del villaggio di fine Ottocento il quale, dopo ` al preun grande nubifragio, telegrafo fetto di Sassari per chiedere soccorso. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Si ha memoria delle antiche usanze di questa popolazione di pastori montanari amanti del canto, della caccia e del ballo, ma anche capaci di ire improvvise e di vendette terribili che vengono ricordate in antichi racconti. Persino le suggestive grotte di Conca Manna e di Conca Martinu, che forse meriterebbero di essere studiate dall’archeologia, furono utilizzate come rifugio dai banditi protagonisti delle fosche storie del passato. Di particolare suggestione ` conservata erano i costumi, di cui si e memoria. L’abbigliamento femminile comprende una camicia di tela bianca dalla pettina ricamata e rifinita col pizzo; la gonna plissettata, di panno ` (nelle grandi occasioni di seta), piu corta rispetto a quella delle altre donne galluresi. Sopra la camicia si indossano `la) a il busto di seta e la giacca (la camiso bolero con le maniche chiuse e stretta sotto il seno; sopra la gonna il grembiule di seta; sul capo si portano una benda (la caviedda) e il velo bianco; per ` le grandi occasioni l’abbigliamento e

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Borutta completato da un’altra gonna (lu suncurinu o valletta), usata come un manto che copre la testa e le braccia. L’abbigliamento maschile comprende la camicia plissettata, guarnita da un ricco pizzo; i calzoni di tela grezza; sopra la camicia si indossa un corpetto di velluto rosso a doppio petto con due file di bottoni chiuso in vita da una fascia di ` colori; sopra i callana (l’imbogia) a piu zoni si indossano il gonnellino di panno nero orlato di velluto rosso e le ghette dello stesso tessuto, anch’esse orlate di ` completato rosso; l’abbigliamento e dalla berretta rossa (nera durante i periodi di lutto). Attualmente una pallida memoria delle antiche usanze si conserva ancora nelle feste campestri, la ` importante delle quali e ` ancora piu quella di San Rocco. La prima domenica di giugno si tiene una sagra delle Ciliegie, e il 12 maggio e l’ultima domenica di settembre si fa festa per San Pancrazio. A queste celebrazioni, risa` aggiunta lenti tutte alla tradizione, si e ultimamente una festa della Birra, che si svolge durante l’estate per attirare i villeggianti dalla costa.

Borutta Comune della provincia di Sassari, incluso nel Comprensorio n. 5, con 308 abitanti (al 2004), posto a 471 m sul livello del mare, in una valletta tra la falda meridionale del monte Pelao e lo sperone sul quale si leva la celebre basilica di San Pietro di Sorres. Regione storica: Meilogu. Archidiocesi di Sassari. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 4,76 km2: ha forma grosso modo rettangolare allungata da nord a sud e confina a nord con Bessude, a est con Bonnanaro e Torralba, a sud con Cheremule, a ovest con Thiesi. Si tratta di una regione di colline dominate dal Pelao, che raggiunge i 700 m. La natura ` mista, calcarea e vulcanica del suolo e (fatto che ha permesso l’edificazione

della basilica alternando i colori dei due diversi tipi di pietra) e, grazie an` di acqua, che a una certa disponibilita ha favorito in passato l’agricoltura e l’orticoltura. Negli ultimi anni, col ge` neralizzato abbandono delle attivita agricole, ha preso anche qui il sopravvento l’allevamento ovino. B. si trova a breve distanza dalla superstrada Ca` collegato da una gliari-Sassari, cui e breve strada secondaria che attraversa Bonnanaro e prosegue per Thiesi e Cheremule.

Borutta – Sull’altura calcarea che domina il paese svetta la basilica romanica di San Pietro di Sorres.

STORIA Il villaggio ha probabili origini altomedioevali legate alla scom` di Sorres di cui dovette esparsa citta sere un’appendice. Crebbe di importanza con la progressiva scomparsa dell’antico nucleo, e per un certo periodo dovette essere anche residenza episcopale. Faceva parte del giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Meilogu. Dopo la morte della giudicessa Adelasia, unitamente all’intera ` in mano ai Doria che lo curatoria passo inclusero nel piccolo stato feudale che avevano formato. Essi seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia vivendo sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Allora i Doria si dichia-

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Borutta rarono vassalli del re d’Aragona, cosı` B. ` a far parte del Regnum nel 1323 entro ` nel 1325 i Doria Sardiniae. Quando pero si ribellarono e ne fecero una delle basi della loro organizzazione militare, il villaggio fu teatro della guerra e nel 1330 fu devastato e occupato per un breve periodo dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona. Poco ` in possesso dei Doria e subı` dopo torno altri gravi danni; durante la ribellione del 1347 e dopo l’epidemia di peste del ` quasi completamente. 1348 si spopolo In seguito i Doria si avvicinarono al re ` d’Aragona ma quando nel 1365 scoppio la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV B. fu occupato dalle truppe arborensi, dopo un disperato tentativo di resistenza di Brancaleone Doria. Quando ` quest’ultimo sposo ` Eleonora d’Arpero borea, la situazione del villaggio cam` , pur continuando a essere amminibio strato come se fosse possesso giudicale fino alla caduta di Arborea. Dopo la battaglia di Sanluri cadde nelle mani del visconte di Narbona che lo tenne fino al ` a far parte 1420; nello stesso anno torno del Regnum Sardiniae e fu amministrato da funzionari reali. Nel 1445 fu concesso in feudo ad Angelo Marongio, ` si estinse nel la cui discendenza pero 1479; subito dopo la sua vedova Rosa ` di entrarne in posGambella (=) tento sesso ma il fisco, che considerava devo`. luto il feudo, le si oppose e lo confisco Al termine di una serie di vicende romanzesche la Gambella, che aveva ce´ Xiduto all’interessata corte del vicere ´n Pe ´rez e lo aveva sposato in seconde me ` la lite col fisco. Probanozze, continuo bilmente le pressioni del nuovo marito le consentirono di avere nel 1480 parziale soddisfazione e le fecero acquisire ` , ma con l’escluuna parte dell’eredita ` a rimanere sione di B., che continuo nelle mani dell’amministrazione reale. Ben presto la sconsiderata si rese conto

che il secondo marito in effetti voleva sottrarle l’intero patrimonio, ma ormai era troppo tardi: poco dopo morı` e molti dissero che era stata fatta avvelenare dal Perez, il quale continuava a premere per entrare in possesso dell’ere` . Nel 1482 il re sequestro ` l’eredita `e dita ` a Enrico Henriquez che poco la dono ` tardi, prima aveva avuto in dono B.; piu e precisamente nel 1506, le sue figlie lo vendettero ad Alfonso Carrillo. I nuovi feudatari introdussero nel corso del secolo XVI alcuni nuovi tributi che resero ` pesante la condizione dei vassalli. piu ` alSi estinsero nel 1630 e il feudo passo lora ai Comprat che lo fecero amministrare da un regidor e ne riorganizzarono l’amministrazione elevando ulte` provoco ` riormente il carico fiscale; cio uno stato di tensione tra i vassalli so´ il regidor finı` per avoprattutto perche ´ la scelta del majore esautocare a se ` del rando completamente la comunita villaggio.

Borutta – I muretti a secco, figli dell’editto delle Chiudende, disegnano il reticolo delle ` contadine. piccole e piccolissime proprieta

` Estintisi i Comprat nel 1672, B. passo ` a una famiglia, i Miranda, per eredita che risiedeva in Spagna e che fece amministrare il feudo da un podatario, accentuando ulteriormente lo stato di tensione tra la popolazione. Nel corso del ` nelle secolo XVIII il villaggio passo mani di diversi feudatari che dovettero lottare col fisco che ne tentava la confi-

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Borutta sca. Il disagio della popolazione au` e nel 1795 esplose nei moti antimento feudali durante i quali gli insorti distrussero il palazzo dell’amministrazione baronale. Nel 1821 il villaggio fu incluso nella provincia di Alghero e nel 1838 fu riscattato ai De Queralt. In questo lasso di tempo si colloca la testimo` situato nianza di Vittorio Angius: «E sulla costa del Pelao. Componesi di circa 100 case. In sole 25 case si lavora al telajo. La scuola normale non conta ` di 5 fanciulli. Dal censispesso piu mento parrocchiale (anno 1833) apparve il numero delle anime di 482 in famiglie 99. Si celebrano all’anno uno o due matrimoni, nascono 10, muojono 7. ` riIl territorio assegnato ai boruttesi e stretto, e forse non capisce mille starelli di semenza. Quindi essi devon passare in altre giurisdizioni, e prendere in affitto delle terre, in cui possano esercitar l’agricoltura. Questi lavori si fanno con 40 gioghi, che solcano per starelli di grano 300, d’orzo 150, di fave altrettanto, di lino 100, di granone 5. La quan` della messe suol essere ottupla tita della seminazione. I vini di B. sono ` . Il grano si bianchi, e di qualche bonta vende ai florinesi, ed ai sassaresi. Qual` che volta vendesi vino ai torralbesi, piu ` se ne compra dai tiesini. Le spesso pero ` moltiplicate delle piante specie piu fruttifere sono susini, peri, noci, peschi, meligranati, cotogni ecc. Il bestiame si riduce alla sola specie pecorina distribuita in 5 branchi di 350 capi cadauno. I formaggi non sono molto stimati, e vendonsi ai sassaresi. Volpi, lepri, gatti selvatici sono le sole specie che si trovano nel territorio, Le pernici, i merli, i colombacci sono in molto numero, e in grandi stormi». Quando, nel 1848, fu abolita la provincia di Alghero, B. fu incluso nella divisione amministrativa di Sassari e in questa rimase fino al 1859, quando fu incluso nella omonima pro-

` vincia. Nel corso della seconda meta dell’Ottocento la sua economia, che ` a sembrava essersi risollevata, inizio regredire, e con la crisi di fine secolo ebbe un grande tracollo e molti dei suoi abitanti emigrarono. Nel corso dei primi decenni del Novecento si riprese grazie allo sviluppo della viticoltura e della cerealicoltura, la popolazione prese nuovamente ad aumentare arrivando a oltre 650 abitanti, ma dopo il ` inesorabile una nuova on1961 inizio data di emigrazione. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sulla pastorizia, specie l’allevamento ` luogo alla produzione degli ovini che da di lana e di formaggio, e in minima parte sull’agricoltura, in particolare la cerealicoltura e la coltivazione di legumi. Artigianato. Resta soltanto qualche debole memoria di un artigianato ` avuto seguito. tessile che non ha pero Molto importante oggi il laboratorio di restauro del libro antico (e talvolta anche di altri oggetti) tenuto dai monaci del convento di Sorres. Servizi. Il villag` collegato mediante autolinee agli gio e altri centri della provincia; dista da ` dotato di scuola delSassari 36 km. E l’obbligo e di uno sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `: 2001 la popolazione contava 323 unita maschi 149; femmine 174; famiglie 132. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 6 e nati 0; cancellati dall’anagrafe 2; nuovi iscritti 0. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 993 in migliaia di lire; versamenti ICI 194; aziende agricole 58; imprese commerciali 20; esercizi pubblici 3; esercizi al dettaglio 4; ambulanti 1. Tra gli indicatori sociali: occupati 110; disoccupati 5; inoccupati 27; diplomati 44; con licenza media 104; con licenza elementare 142; analfabeti 11; auto-

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Borutta mezzi circolanti 143; abbonamenti TV 109. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` archeologicamente torio del villaggio e importante per alcune grotte poste su una parete che sovrasta l’abitato e conosciute come Bau Grutta: hanno restituito testimonianze ascrivibili al Mesolitico e alla cultura di Ozieri; in particolare vi sono stati trovati dei bracciali in pietra verde che avevano una funzione magica. Il territorio possiede anche alcune domus de janas e un nuraghe molto danneggiato.

Borutta – Questa pinnetta ha il tetto in scaglie di pietra invece della copertura tradizionale di frasche. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE L’impianto urbanistico del villaggio ha conservato l’assetto tradizionale; ` posto in una piccola valle e l’abitato e lungo le sue strade si affacciano le case in pietra calcarea che tendono, non ap`, a dopena se ne presenta la possibilita ` sitarsi del piano rialzato. L’edificio piu ` la chiesa di Santa Maria gnificativo e Maddalena, parrocchiale costruita tra il secolo XIV e il XV. Nei secoli successivi subı` numerosi rifacimenti che ne alterarono definitivamente la fisionomia; l’aspetto attuale risale agli interventi posti in essere nell’Ottocento. Ha una unica navata sulla quale si affacciano il presbiterio e alcune cappelle laterali, vi si conserva una tela che rappresenta Maria Ausiliatrice. Poco lon-

` posta la chiesa di Santa Croce, tano e un tempo sede della omonima confraternita; fu costruita nel secolo XVII e ha un impianto a una sola navata. All’interno custodisce l’altare maggiore e il pulpito in legno, riccamente intagliato, e una statua del Cristo morto anch’essa in legno, di grande bellezza. Il monu` bello, impormento di gran lunga piu ` la tante e storicamente significativo e basilica di San Pietro di Sorres che sorge sul vicino colle e fu la sede della diocesi di Sorres. La sua costruzione fu iniziata presumibilmente nella se` del secolo XI e terminata conda meta agli inizi del XII, in forme romaniche, da maestranze pisane e pistoiesi. L’in` scandito dalla terno ha tre navate ed e bicromia dei conci di calcare e di trachite in una scenografia maestosa, col presbiterio sopraelevato e l’altare maggiore ricco di marmi del secolo XIII. La facciata, partita in tre settori scanditi da archi e colonnine e caratterizzata anch’essa dall’alternanza dei due tipi ` stata restaurata nel 1895 di pietra, e con criteri arbitrari. Nel frattempo parte del monastero, in seguito alla soppressione della diocesi del 1503, era an` stato data in rovina. Nel 1953 l’edificio e riattato e affidato ai Benedettini, che tuttora vi mantengono una loro comu` , unico esempio in Sardegna di un nita monastero medioevale che ha avuto nuova vita ai giorni nostri. Oltre il culto ` del laboratorio di restauro e l’attivita ` detto, i monaci eserdel libro, di cui si e ` che riencitano una forma di ospitalita tra in quello che viene chiamato oggi, forse impropriamente, ‘‘turismo religioso’’. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La memoria delle tradizioni popolari del ` ormai consegnata a piccolo centro e una delle feste popolari che si svolgono annualmente, quella di San Pietro che si tiene il 29 giugno. Un tempo era la

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Borzacheri festa solenne che richiamava attorno all’antica basilica una grande moltitudine anche da altri paesi vicini, ed era anche occasione per lo svolgimento di una fiera. Attualmente il momento culminante ha un carattere prettamente religioso e consiste nel giro penitenziale che i pellegrini fanno attorno al santuario prima di lasciarlo.

ferroviaria a scartamento ridotto, utilizzata oggi soltanto a fini turistici; a nord con Alghero, con una strada tortuosa e molto panoramica realizzata non molti anni fa; a sud con Cuglieri e Oristano per mezzo della statale 292.

Borzacheri Antico villaggio del giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria del Parte Ocier. Nel corso del secolo XIV soffrı` gravi danni a causa della peste del 1376, e all’atto della pace del 1388 era completamente spopolato.

Bosa Comune della provincia di Ori` stano, compreso nell’VIII Comunita montana, con 7941 abitanti (al 2004), posto a 2 m sul livello del mare, in bellissima posizione tra le pendici del colle di Serravalle e la riva destra del fiume ` qui ormai prossimo allo Temo, che e sbocco in mare. Regione storica: Bosa o Monteleone. Diocesi di Alghero-Bosa. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 135,67 km2: ha forma grosso modo triangolare, con una punta che si spinge verso sud, e confina a nord con Villanova Monteleone e con Montresta che si incunea al suo interno, a est con Padria, Pozzomaggiore, Suni e Modolo, a sud con Magomadas, a ovest col Mare di Sardegna. Si tratta di una vasta regione dal carattere tormentato ed eterogeneo: dominano le colline, di non grande altezza ma di conformazione piuttosto aspra. Le punte maggiori sono il monte Mannu, sulla costa nord, ` di 800 m, e il Pittada, leggerpoco piu ` all’interno, 788 m. A oriente mente piu si allunga la vallata alluvionale del ` navigabile nell’ultimo Temo, che e tratto; la linea di costa, lunga oltre 30 ` per la maggior parte alta e frastakm, e gliata, mista di tufi trachitici e andesiti. B. comunica a oriente con Macomer attraverso la statale 129 bis e una linea

` del Temo’’ e` Bosa – Il panorama della ‘‘citta dominato dal castello di Serravalle, costruito dai Malaspina agli inizi del secolo XII. & STORIA Probabilmente la citta `e ` di origini fenicie, sorgeva sulla riva sinistra del Temo a 2 km dalla foce nella vallata di Messerchimbe; successiva` in epoca punica e romente si sviluppo mana. Era conosciuta col nome di B. vetus: da questa si sarebbe sviluppata Cal` nelmedia che decadde e si spopolo l’Alto Medioevo a causa delle continue incursioni degli Arabi. Agli inizi del secolo XI il territorio, che apparteneva al giudicato di Torres e faceva parte della ` in curatoria della Planargia, passo mano ai Malaspina. Essi sulla riva destra del fiume costruirono il castello di Salvaterra, attorno al quale dopo il 1112 ` la B. attuale; all’estinzione si formo della famiglia giudicale di Torres essi formarono con i loro domini sardi un piccolo stato feudale che aveva i suoi punti di forza nei castelli di Salvaterra ` e il territorio venie di Osilo. La citta vano, secondo l’uso dei Malaspina, governati congiuntamente; in particolare `, che nel corso dei secoli era dila citta venuta un fiorente centro commerciale,

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Bosa veniva governata sulla base di uno statuto a imitazione dei comuni italiani (Breve) di cui possediamo alcuni fram` erano frequenmenti. I Malaspina pero temente in lite tra loro; questa situazione li indusse agli inizi del Trecento a sbarazzarsi del loro patrimonio. La ` nel 1308 con una sedecisione maturo quenza di fatti poco chiara: infatti sembra che essi in un primo momento ab` e la Planargia in biano ceduto la citta ` pegno ai giudici d’Arborea e che pero si siano dichiarati vassalli del re d’Aragona per l’intero patrimonio sardo. Gli Arborea subito dopo fecero del castello una delle loro residenze e a seguito della conquista, per quanto i Malaspina avessero tentato di ritornarne in possesso, rifiutarono di rendere il tutto e anzi, formalmente, nel 1324 cedettero ` e castello al re. Cosı` B. entro ` a far citta parte del Regnum Sardiniae; di fatto ` rimase in possesso degli Arborea pero che nel 1328 ne furono infeudati. Negli anni successivi, morto nel 1335 Ugone II, Giovanni d’Arborea fu creato signore di B. e a partire dal 1338 prese a risie` ed estese tutti i dervi. Egli confermo ` godeva e, poiche ´ privilegi di cui la citta era un fedele alleato del re d’Aragona, ottenne l’ampliamento del suo territorio e il potenziamento del suo porto. Negli anni seguenti B. fu teatro dell’infelice contrasto tra Giovanni e Mariano IV, concluso con l’arresto dello sfortunato principe; mentre Giovanni languiva in prigione andarono maturando le ragioni per l’insanabile conflitto tra ` divenne Mariano IVe Pietro IVe la citta ambito obiettivo dei due contendenti; ma intanto la moglie dello sfortunato Giovanni, Sibilla di Moncada, continuava a risiedere nel castello di Salvaterra cercando di conservare una qualche autonomia. Nel giugno del 1352 ` Mariano IV se ne impadronı` con pero la forza e in seguito B. divenne una

delle sue principali residenze dalle quali condusse la lunga guerra contro ` rimase in questi l’Aragona. La citta anni in possesso del giudice d’Arborea, anche se formalmente il re d’Aragona ` a riconoscerne l’investitura continuo ai discendenti di Giovanni d’Arborea. B. mantenne la sua autonomia e di` di venne sede di una fiorente comunita mercanti sotto la protezione del giudice. Dopo la battaglia di Sanluri, nel ` fu assediata, quindi conqui1410 la citta ` stata dalle truppe aragonesi ed entro ufficialmente a far parte del patrimonio reale. Negli anni successivi fu riconosciuta a B. una sua autonomia ed ebbe un regime giuridico simile a ` regie. Vi fu costiquello delle altre citta tuito un Consiglio generale che esprimeva un esecutivo di 5 consiglieri guidati da un consigliere capo con funzioni di sindaco; il castello di Serravalle veniva invece governato da un castellano che dipendeva dal governatore del ` cittaCapo del Logudoro. La comunita ` in dina, fiorente per i suoi traffici, entro concorrenza con il marchese di Oristano e con Alghero, ed ebbe degli screzi soprattutto con i castellani; in ogni caso seppe difendere la propria autonomia e il proprio diritto al libero commercio nel suo porto.

Bosa – Il Lungotemo, ornato di palme e di ` edifici ottocenteschi, e` uno dei luoghi piu caratteristici della cittadina.

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Bosa Nella prima parte del secolo XV, per quanto nel 1430 il castello fosse stato concesso, con tutto il territorio della Planargia, a Guglielmo Raimondo Mon` scorrettamente cada (che si comporto provocando l’intervento del governa` ), tore del Logudoro in favore della citta B. riuscı` a mantenere la propria autonomia e il privilegio di utilizzare i pro` la citta ` pri antichi statuti. Nel 1468 pero e la Planargia furono infeudate a Gio` si venne a trovanni Vilamarı` e la citta vare in una imbarazzante situazione nuova che paradossalmente si tradusse a suo vantaggio. Infatti i nuovi feudatari ` e promiprestarono omaggio alla citta sero di rispettarne i privilegi. Cosı` B., ` a proprotetta dai suoi baroni, continuo sperare; nel 1493 i Vilamarı` ottennero il riconoscimento del privilegio del libero commercio e della pesca per il porto di B. e definirono cosı` a suo favore le annose controversie con Oristano e con Al` , iniziato ghero. Sembrava che la citta un costruttivo rapporto con i suoi feudatari, fosse destinata a un ulteriore sviluppo quando pervenne all’ultima dei Vilamarı`, la principessa di Salerno, ` estenche seppe con grande abilita ` nel derne i privilegi. Frattanto pero 1528 i suoi cittadini, per impedire l’eventuale sbarco francese, ostruirono la foce del Temo determinando cosı` le condizioni per la successiva decadenza `. del porto e delle sue fiorenti attivita Nel 1556 Isabella Vilamarı`, ultima signora di B., consentı` che gli abitanti ` riscattassero la loro dipendella citta denza feudale e acquistassero lo status ` reale; morı` di lı` a poco e, poiche ´ di citta la successione si mostrava intricata, il feudo fu confiscato. Cosı` B., incorporata nuovamente nel patrimonio reale, ri` regia; i suoi antiprese lo status di citta chi statuti furono tradotti in catalano. ` di ot` nei secoli successivi tento La citta tenere l’investitura della Planargia,

che era divenuta una plaga desolata e semispopolata. Nel corso del secolo XVII subı` una grave inondazione e nel 1663 un incendio di grandi proporzioni, `a tuttavia la sua popolazione continuo ` spazi per attivita ` concrescere e trovo nesse all’agricoltura e all’allevamento del bestiame; alla fine del Seicento contava 3400 abitanti. Passata la Sardegna ` del porto furono in ai Savoia, le attivita qualche misura rilanciate; fu cosı` consentito che le barche coralline del Napoletano vi facessero la quarantena e nel 1807 divenne capoluogo di provincia; nel 1821 fu inserita come capitale mandamentale nella provincia di Cuglieri. Abolite le province nel 1848, B. fu inclusa nella divisione amministrativa di Nuoro e vi rimase fino al 1859, quando fu inserita nella provincia di Cagliari. Nel corso del secolo XIX la ` continuo ` a crescere e la sua econocitta ` delle concerie, mia, basata sull’attivita sull’olivicoltura e su una crescente atti` portuale, si evolvette positivavita ` miglioro ` il proprio immente. La citta pianto urbanistico con un nuovo acquedotto, una rete fognaria e il ponte sul Temo. Nel secolo XX, quando nel 1927 fu ricostituita la provincia di Nuoro, en` a farne parte. Attualmente, entrate tro ` tradizionali, tenta le in crisi le attivita vie di un nuovo sviluppo attraverso le ` turistiche. Negli ultimi anni gli attivita amministratori hanno preso parte al dibattito sulle creazione delle nuove province, e hanno infine optato per quella di Oristano. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sull’agricoltura, in particolare l’olivicoltura e la viticoltura che eccelle nella produzione della Malvasia; vi sono svi` luppati anche il commercio, l’attivita ` contare della pesca e il turismo che puo su 10 alberghi con 662 posti letto, 1 campeggio e 8 ristoranti; vi opera anche un’organizzazione per il turismo eque-

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Bosa stre. Artigianato. Tradizionali e ancora ` delle donne sviluppate sono le attivita che producono il filet di B., caratteristico ricamo a figure di grande ele` artigianali molto riganza; altre attivita nomate sono quelle della lavorazione della filigrana d’oro e del corallo. Caratteristica la produzione di nasse da parte dei pescatori. In passato era tradizionale l’artigianato del cuoio che, sfruttando la grande produzione di materia prima, dava luogo a prodotti di `. Servizi. La citta `, che ha a breve qualita ` coldistanza la frazione di B. Marina, e legata con il territorio regionale da autolinee e dalla ferrovia secondaria, e dispone di un piccolo porto che viene utilizzato da pescatori e diportisti. Dispone di ospedale, guardia medica, medico, farmacie, scuola dell’obbligo e scuola secondaria superiore, Biblioteca comunale e due sportelli bancari.

in migliaia di lire; versamenti ICI 3010; aziende agricole 236; imprese commerciali 369; esercizi pubblici 73; esercizi al dettaglio 205; ambulanti 48. Tra gli indicatori sociali: occupati 2317; disoccupati 367; inoccupati 704; laureati 234; diplomati 946; con licenza media 2981; con licenza elementare 2146; analfabeti 409; automezzi circolanti 2392; abbonamenti TV 2078.

Bosa – La torre Argentina e` uno di quegli edifici militari che in epoca spagnola facevano parte del sistema difensivo della costa tra Bosa e Alghero.

Bosa – La cittadina sul Temo ha conosciuto dopo la seconda guerra mondiale interessanti progressi legati allo sviluppo del turismo.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 7992 unita di cui stranieri 26; maschi 3822; femmine 4170; famiglie 2912. La tendenza complessiva rivelava un aumento della popolazione, con morti per anno 81 e nati 82; cancellati dall’anagrafe 114; nuovi iscritti 293. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 109 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 16 111

&

& PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` conserva domus de jatorio della citta nas a Ispiluncas e a Monteforru, accanto all’unico omonimo nuraghe; ` punica e romolte testimonianze di eta ` mana che dimostrano la continuita della frequentazione umana sul territo` interessante e ` quello atrio. Il sito piu torno all’antica cattedrale di San Pietro nella valle di Calamedia, a circa 2 km dall’abitato attuale, dove sorgeva la ` (la mitica Calmedia) di invecchia citta dubbia origine punico-romana. La loca`e ` stata poco studiata; nell’Ottocento lita Battista Mocci, un collezionista e ar-

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Bosa cheologo dilettante, vi condusse diversi scavi raccogliendo una discreta collezione andata in seguito dispersa. Nel ` stata individuata attorno alla catsito e tedrale parte di una necropoli romana che ha restituito suppellettili di diverso ` stata antipo. Alla fine dell’Ottocento e che individuata un’iscrizione punica. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Lo sviluppo dell’impianto urba` , disposta in una conca nistico della citta sulla riva destra del Temo, permette di capire l’evoluzione storica del piccolo centro che si presenta lambito dal fiume con caratteristiche che lo ren` dono unico in Sardegna. La parte piu antica digrada dal colle dominato dal ` conosciuta come quartiere castello: e di Sa Costa e rappresenta il primo nucleo dell’abitato sorto a ridosso del castello quando questo fu fondato; dal ` accedere al castello dalla rione si puo caratteristica S’iscala ’e Sa Rosa, una scalinata in trachite che fiancheggia i `. Il resti della cinta muraria della citta ` costituito da un insieme di case rione e disposte lungo vicoli acciottolati disposti per curve di livello lungo il pendio del colle e legati tra loro da un sistema di scalette in trachite rosa di grande suggestione ed eleganza, e alternati a scenografiche piccole piazzette. Le case sono disposte verticalmente con una camera per piano e sfruttano la pendenza del colle per cui spesso hanno due porte d’ingresso a livelli diversi, le facciate sono talvolta decorate con cornici, frontalini, finestroni in trachite di gusto goticheggiante, opera secentesca dei picaparders locali. Era questo un tempo il tipico quartiere ` artigiadove si svolgevano le attivita nali; attualmente molte delle case sono state acquistate da villeggianti di tutta Italia per un turismo residenziale di ` detto il rione e ` delimiclasse. Come si e ` alta dal castello tato nella sua parte piu

feudale di Serravalle, fatto costruire dai Malaspina a partire dagli inizi del secolo XII e successivamente ristrutturato e ampliato in diversi momenti nei secoli successivi. Inizialmente aveva una forma rettangolare e copriva un’area di circa 2000 m2 delimitata da una muraglia rafforzata da torri angolari e da una torre maestra. In seguito, e precisamente agli inizi del Trecento, la torre nord fu demolita e sostituita con ` di 14 m, molto simile a un’altra, alta piu quelle costruite da Giovanni Capula a Cagliari; nello stesso periodo la cinta muraria fu ampliata e rafforzata con al` piu ` tarda, cune torri quadrate. In eta ` del secolo XV, forse nella seconda meta furono costruite una torre pentagonale e un terrapieno ottagonale dal lato mare arrivando cosı` a coprire un peri` di 300 m. All’interno della metro di piu cinta si trova la chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos, fatta costruire nel secolo XIVe restaurata tra il 1970 e il 1975, ` stato ritrovato nel 1972 un nella quale e grande ciclo di affreschi attribuito a maestri di scuola aragonese, raffigu` e di alrante scene della vita di Gesu cuni santi. Dal rione di sa Costa si svi` moluppa sulla destra del Temo la citta derna che, in rapporto alle proporzioni `, e ` ricca di monumenti e di della citta belle strade di grande effetto urbani` conosciuto come Santa stico. Il rione e ` significaCadrina e tra i monumenti piu tivi annovera la cattedrale dell’Immacolata che ha assunto le forme attuali dopo un radicale rifacimento; in effetti la chiesa risale al secolo XII, quando era intitolata a Santa Maria e aveva forme romaniche; fu restaurata nel secolo XV quando vi fu traslata la sede episcopale da San Pietro, e in seguito decadde progressivamente tanto che nel 1803 fu deciso il rifacimento. I lavori furono iniziati dall’architetto bosano Are, continuati dal sassarese Ramelli e

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Bosa finiti dopo il 1810 dallo stesso Are. Attualmente ha forme che ricordano il barocco piemontese; ha una sola navata molto ampia, sulla quale si affacciano le cappelle laterali completata da un vano absidato e cupolato; la copertura ` a botte; l’interno e ` ricco di marmi poe licromi, eleganti stucchi e dorature e custodisce una scultura policroma del ` completato dal secolo XVI; l’esterno e campanile piuttosto tozzo. Poco distante dalla cattedrale si sviluppa il corso Vittorio Emanuele II lungo il quale si trova il Fontanone: si tratta del ` e rapvero e proprio centro della citta presenta un interessante complesso urbanistico sviluppatosi tra la fine del ` dell’OttoSettecento e la prima meta cento lungo il corso Vittorio dalla caratteristica pavimentazione in ciottoli e lastre di basalto e fiancheggiato da eleganti palazzi appartenuti alle grandi fa` . Il complesso e ` commiglie della citta pletato dalla piazza Costituzione dove sorge il Fontanone, fontana monumentale costruita tra il 1881 e il 1882 per ricordare il primo acquedotto di B. alimentato dalla fonte di Luzanas nel Montiferru. Poco distante sorge in una via laterale la chiesa di Santa Croce, costruita nel secolo XVI e successiva` riprese; attualmente restaurata a piu ´ sormente ha forme barocche. Poiche geva accanto all’antico ospedale, nel 1644 fu affidata ai Fatebenefratelli che lo avevano in gestione; l’edificio ha una navata sulla quale si affacciano il presbiterio coperto con una cupola e alcune cappelle laterali con copertura a botte. Alla sinistra del Corso, nell’omonima via si trovano la chiesa e il convento del Carmine, complesso costruito nel 1779 dai Carmelitani su un’area che fu loro concessa nel 1606, quando lasciarono la chiesa di Sant’Antonio lungo le rive del Temo. Per far posto all’attuale imponente struttura essi fe-

cero demolire la vecchia chiesa della Madonna del Soccorso. La chiesa attuale risente dei modelli del barocco piemontese, ha come la cattedrale una sola navata sulla quale si affacciano le ` completata da un cappelle laterali ed e ` corpo absidato e cupolato; l’interno e abbellito da marmi policromi, da intagli, da un organo del Settecento. L’edifi` occucio del convento attualmente e pato dagli uffici dell’amministrazione comunale. Oltre la chiesa del Carmine si trova la chiesa di San Giambattista: costruita nel 1522 in forme gotico-catalane e ampliata nel corso del secolo XVII, ha una navata scandita da arcate a sesto acuto e coperta in legno. La na` completata dal presbiterio retvata e tangolare sopraelevato rispetto all’aula sulla quale si affacciano alcune cappelle laterali. Proseguendo oltre, su un colle isolato si trova il convento dei padri Cappuccini del secolo XVII e la bella chiesa della Madonna degli Angeli, costruita tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVII in forme gotico-catalane. L’edificio fu unito al convento dei Cappuccini, ha una sola navata sulla quale si affacciano il presbiterio completato dall’abside semicircolare, e al` cune cappelle laterali. La copertura e con volte a botte e in alcune delle cappelle laterali con volte a crociera. La ` modanata e vi si apre un porfacciata e tale in stile rinascimentale. Infine sulla riva sinistra del Temo lungo la strada per B. Marina sono posti i grandi edifici di Sas Conzas che nell’Ottocento erano la sede della lavorazione del cuoio e dei quali si progetta ora il restauro per adibirli ad altri usi. Poco oltre sorge la chiesa di Sant’Antonio Abate, costruita nel XII dai Camaldolesi fuori dal perimetro delle mura. Nel corso dei secoli successivi subı` radicali modifiche e nel 1580 fu ceduta ai Carmelitani; conserva attualmente forme gotico-aragonesi

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Bosa che risalgono a un rifacimento databile al secolo XVI. Ha una sola navata scandita in campate poggianti su pilastri ` completata dal molto robusti; l’aula e presbiterio con la volta a crociera. La ` in conci di trachite rossa ricfacciata e camente decorata e abbellita da un ro` custodita un’ancona sone. All’interno e in legno intagliata e riccamente dorata, risalente al secolo XVII. Sempre sulla riva sinistra, a circa 2 km dall’attuale abitato, si trova l’antica cattedrale di San Pietro extra muros che fino al secolo XV fu la cattedrale di B. Fu costruita in forme romaniche tra il 1062 e il 1073, ha un impianto a tre navate, la centrale ha la copertura in legno, quelle laterali a volta a crociera. La facciata fu ricostruita nel tardo Duecento su progetto di Anselmo da Como. Di notevole interesse anche la torre Argentina, uno degli edifici militari che facevano parte in epoca spagnola del sistema difensivo verso il mare istituito nella costa tra B. e Alghero: la sua costruzione si colloca tra Cinquecento e Seicento; si trova po` chi chilometri a nord dell’abitato ed e facilmente raggiungibile. Percorsi poco ` di 6 km in direzione di Alghero si piu trova sulla sinistra l’ingresso alla zona gestita nel periodo estivo dalla cooperativa turistica ‘‘Costa Blu’’; ci si inoltra in una strada a fondo naturale che, procedendo in una zona a macchia dolcemente digradante verso il mare, conduce in qualche centinaio di metri alla ` basso ma non sabcosta; il litorale e bioso e i bagnanti rimediano sistemandosi su tratti di roccia – qui tutta calcarea – che l’erosione marina ha reso piatti e lisci. La stradella piega a sinistra e conduce in breve alla base del rilievo roccioso sul quale domina la torre. La salita porta ad appena 33 m di altitudine sul livello del mare; ma il territo` sgombro da altri rilievi, nelle imrio e ` mediate vicinanze, e lo sguardo puo

spaziare su un’area costiera piuttosto vasta. A nord si spinge fino alle pendici dei rilievi di capo Cacciaiu, mentre a sud si allunga seguendo la lieve insenatura nella quale ha termine il corso del fiume Temo, fino al territorio di Tresnuraghes. Il sistema difensivo originario prevedeva che la Torre Argentina potesse scambiare segnali con quella dell’Isola Rossa, posta a guardia della foce, e con quella di Colombargia, alta su un promontorio roccioso nei pressi di porto Alabe. Ci si deve accontentare ´ l’ingresso della del panorama, perche ` costruita col materiale caltorre, che e ` a 3 m d’altezza; sappiamo careo locale, e che vi si trova il solito camerone circolare, coperto da una volta sostenuta da una colonna centrale, dal quale una scala ricavata nella muratura – come nei nuraghi – conduce alla terrazza su` questo insieme di fiume, periore. E mare, campagna, e al centro un insediamento molto antico e ricco di monu` menti, che crea il fascino di B., una citta importante ma che continua a vivere circondata da una riservatezza e un silenzio che colpiscono e meravigliano. Pesa evidentemente la posizione, lontana dalle maggiori vie di comunicazione stradale e ferroviaria; il porto, che un tempo serviva per i collegamenti con la terraferma, oggi viene utilizzato quasi esclusivamente per la pesca locale e la navigazione da diporto; pesa anche la collocazione, in quel tratto di piana costiera scavato ai margini di ` un’area di altipiani e colline. Eppure e difficile che chi arriva in vista dell’abitato e dei suoi dintorni rimanga insensibile al loro fascino, un fascino che si manifesta sin da quando ci si trova, come ha scritto Salvatore Mannuzzu (=) nel suo primo romanzo (Procedura, 1988), sull’«orlo del grande imbuto»: B. ` in fondo, digradante sulla pic«era la cola collina (la Costa) cui si abbarbicava

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Bosa e al cui culmine dall’alto vedevamo ergersi i ruderi del castello: un po’ di ` quasi lammura e una torre; il fiume giu biva le case, per poi prendere, con un’ultima pronunciata ansa, lucido, la via del mare: che adesso era liscio, solo vibrante del suo chiarore». Gli elementi che caratterizzano B. non sono soltanto ` costruita su insoliti per la Sardegna – e ` riuscita a sopravun fiume navigabile; e vivere in passato pur essendo vicina al mare – ma anche molteplici e opposti: qui si lavora la campagna e si pesca; sono numerose le chiese, non manca il sentimento religioso, eppure si celebra ` trasgressivi; si uno dei carnevali piu ` cerca (a fatica) di tenere vive le attivita economiche che avevano dato benes` forte l’attacsere nei secoli scorsi, ed e ` tradizione, camento a tutto quanto e ` artigiane, dalla dalle feste alle attivita lingua ai monumenti alla gastronomia. Quanti sono giunti qui in visita si sono sforzati di rendere al meglio le impressioni che provavano; cosı` Vittorio An` del secolo gius, impegnato alla meta scorso nel dare il profilo di tutti i centri della Sardegna, trovava il modo di soffermarsi con qualche tocco letterario ` bagnata dal sulla parte della citta Temo, «veramente deliziosa per la prospettiva che godesi della fiumana, e delle amenissime terre all’altra parte. ` dalla primavera all’autunno l’aBello e ` per le spetto di questa fronte della citta molte pergole che ombreggiano le finestre»; tanto entusiasta da spingersi a difendere i bosinchi, accusati ingiustamente, a suo parere, per «la poca net`». Si riferiva probatezza della loro citta bilmente ai versi di Melchiorre Murenu (=), il cantore cieco di Macomer (18031854): si racconta che un giorno, spintosi fino a B. in compagnia di un ragazzo che gli faceva da guida, chiese di potersi riposare, ma si senti rispondere che i sedili e le soglie delle case erano

tutti ricoperti di sporcizia; il suo estro, fondendo allora stanchezza, rabbia e ` il celebre pagusto della satira, gli detto ragone: «Cantu b’hat in s’inferru fogu e famen / e dogni patimentu illimitadu, / una mente distinta hat computadu / ch’in ` Bosa b’ha fiagu ’e ledamen!» ‘‘Quanto c’e nell’inferno di fuoco e fame e ogni sofferenza senza fine, una mente acuta ha ` di puzza di fatto il computo che in B. c’e letame!’’. Pesava forse l’invidia di un uomo di un villaggio dell’interno per gli abitanti di una cittadina allora opulenta e fortunata; e d’altra parte gli ` odori, come il poeta riconosceva piu avanti, provenivano da «conzas e conduttos e fundagos [conce, condotte e fon` delle daci]», erano conseguenza cioe ` produttive. In semolteplici attivita guito le cose sono cambiate, purtroppo, e i locali usati per conciare le pelli re´ inutilizzati, sulla riva stano pressoche del fiume opposta a quella abitata. Per questo alle tante attrattive di B. si unisce un tono vagamente decadente, ` del tempo riucome se l’immobilita ` che altrove a impedire al scisse piu nuovo di cancellare il vecchio, il cono` avere l’andasciuto. La visita a B. puo mento di un qualsiasi percorso turistico, e deve comporsi di alcune tappe ` trascurare la obbligatorie: non si potra ´ la pascattedrale dell’Immacolata ne seggiata per il corso Vittorio Emanuele II, tutto a lastre di pietra e acciottolato; ` far visita a qualche produttore si dovra di Malvasia e conoscere i prodotti artigiani, filet e filigrane in primo luogo; ` fare a meno di raggiungere, non si dovra attraversando il quartiere medioevale di Sa Costa, i resti del castello Malaspina, che nella chiesetta di Nostra Signora di Regnos Altos conservano un pregevole ciclo di affreschi, e neppure di spingersi alla chiesa di San Pietro, lungo il fiume, o fino a B. Marina o ai paesetti che fanno corona sulle pendici

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Bosa ` coltivate delle colline. Ma la visita avra ` a cosuccesso soltanto se si riuscira `, quel gliere il fascino sottile della citta misto di mediterraneo, di antico e di esotico che induceva gli antichi poeti popolari a immaginarvi persino la presenza pacifica dei mori: «In su caminu de ’Osa / b’est donna Caderina / ch’est a caddu a unu moro [Sulla strada di Bosa ` donna Caterina che va a cavallo sul c’e moro]»; «In su paris de ’Osa / bi passiza’ su moro / umpare cun sol tios [Nella piana di B. passeggia il moro insieme agli anziani]». & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Tra le ` tipiche degli abitanti di B. usanze piu dei secoli passati era quella del canto, nel quale eccellevano. Cosı` le donne avevano la consuetudine di cantare pubblicamente il rosario, affacciate sul far della sera ai balconi di casa; in genere era una di loro a intonare il canto, che veniva poi seguita dalle altre. Altra occasione per manifestare questa loro ` era data dalla festraordinaria abilita sta di Sant’Anna che solitamente era le´nnere o sepolcro. gata all’usanza del ne ´nLa festa iniziava all’alba quando il ne nere, che era stato montato a forma di cono (forse riferimento ad antichissimi riti fallici), veniva adornato con nastri e monili ed esposto al centro di un tavolo sistemato vicino a una finestra; subito dopo si radunavano moltissimi giovani che al suono delle launeddas intonavano il canto che durava praticamente per tutta la giornata; si soleva cantare in ottava e la riunione era presieduta da una bella fanciulla considerata la regina della festa. Di prammatica il canto e le danze venivano interrotti per il pranzo, a un cenno della regina della festa, e riprendevano poco dopo proseguendo fino al pomeriggio quando venivano nuovamente interrotti per la me´nnere, sporenda. A questo punto il ne gliato dei suoi ornamenti, veniva get-

tato in un letamaio; poi il canto al cenno della regina riprendeva e continuava fino alla sera assumendo il carattere di un’improvvisazione che i giovani dedicavano alle belle della festa. Altre occasioni per accoppiare il canto a momenti di festa erano dati dalle nozze quando venivano cantate dai parenti e dagli amici degli sposi sas bodas. Vi erano poi le veglie per l’Epifania, per Sant’Antonio Abate e per San Sebastiano: in queste occasioni gruppi di giovani ` cantando e sofferpercorrevano la citta mandosi presso le porte sotto o le finestre e ricevendo in dono fichi e altre frutta. Nel ricco patrimonio di tradizioni era anche quella de sas accabadoras, silenziose e discrete propinatrici della pace della morte che procuravano all’agonizzante soffocandolo con un cuscino o percuotendolo sul capo con una speciale mazza (sa mazzucca). Di questo mondo fantastico, che ancora era almeno in parte vivo agli inizi del Nove` nulla; oggi l’acento, non rimane piu ` si manifesta nelle nimo della citta ` suggestiva grandi feste popolari. La piu ` senza dubbio quella di Santa Maria del e Mare che si svolge nella prima domenica di agosto e ha come momento culminante una suggestiva processione a mare e lungo il fiume che parte dalla chiesetta di B. Marina. Il corteggio delle barche risale il Temo e, giunto all’altezza del ponte cinquecentesco che mette in collegamento le due rive del fiume all’altezza della cattedrale, si ferma consentendo il trasloco della statua; dopo la cerimonia in Duomo la statua viene nuovamente caricata in barca e nel pomeriggio il corteggio riprende a solcare il Temo in una fantastica girandola di luci. Altra festa molto parteci` quella di Santa Maria di Regnos pata e Altos che si svolge nella seconda domenica di settembre con una spettacolare processione lungo le stradette di Sa Co-

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Bosa sta e si conclude di fronte alla chiesa all’interno del castello. Da pochi de` stata cenni, e precisamente nel 1983, e ripristinata la festa di San Giorgio che si svolge il 23 aprile nell’omonima chiesetta fatta costruire nel secolo XVIII dall’abate Simon, e che si crede propiziatrice insieme al santo di buoni rac` il Carnevale la manifestacolti. Ma e zione che forse meglio esprime le antiche tradizioni di B.; le sue fasi sono essenzialmente due, la prima si svolge il Giovedı` grasso (gioja laldaggiolu), ` e ` invasa da maschere quando la citta che cantano e danzano e vanno alla ricerca di una ricompensa (sa pait’e can`e ` tare); in questa prima fase tutta la citta ` la partecipacoinvolta e larghissima e ` quella zione popolare; la seconda fase e del Martedı` grasso con le cerimonie del compianto (attitidu) per la morte del re del Carnevale, Giolzi, che si svolge nella tarda mattinata, e poi nella sua ricerca, che impegna le maschere, vestite di bianco e che portano piccoli lumi.

Bosa – La festa di Nostra Signora di Regnos Altos, la cui chiesa, nel castello di Serravalle, ` importante della cittadina. e` la piu

Bosa, diocesi di Antica diocesi le cui prime notizie risalgono al secolo XI, ` gia ` inserita nella provincia quando e ecclesiastica di Torres; nel 1972 fu unita alla diocesi di Alghero. VESCOVI DI BOSA 1. Costantino di Castra, attestato nel

1073. 2. Pietro, reggeva la diocesi nell’aprile del 1112. 3. Marino, in carica nell’ottobre del 1112. 4. Giovanni, attestato nel 1138. 5. Pietro Spanu, reggeva la diocesi dopo il 1139. 6. Goffredo, reggeva la diocesi nel 1170. 7. Vescovo anonimo in carica nel 1176: forse si tratta di Dionigi, attestato al 1186. 8. Vescovo anonimo cui scrive papa Gregorio IX nel 1233. 9. Vescovo anonimo cui scrive papa Gregorio IX nel 1235. 10. Vescovo anonimo testimone, nel 1236, dell’accordo tra i giudici di Arborea e di Torres. 11. Vescovo anonimo, reggeva la diocesi nel 1237. 12. Gunnario, reggeva la diocesi nel 1239; nel 1255 la sede pro` vacante. 13. Tommaso, in babilmente e carica tra il 1259 e il 1262. 14. Mazuclo, reggeva la diocesi nel 1263. 15. Giacomo, attestato nel 1268. 16. Vescovo anonimo attestato nel 1278. 17. Michele Sola, reggeva la diocesi nel 1286 ca. 18. Francesco, in carica nel 1289. 19. Pietro, reggeva la diocesi prima del 1304. 20. Nicola de Vare, resse la diocesi tra il 1304 e il 1312. 21. Giovanni de Clavaro, carmelitano, resse la diocesi tra il 1327 e il 1340; dovette lottare con Baldeto de Vare che era stato eletto come suo antagonista dal capitolo e consacrato dall’arcivescovo di Torres. 22. Nicola, resse la diocesi tra il 1342 e il 1344. 23. Raimondo de Gauzens (Gosenchis), in carica prima del 1349. 24. Pietro, benedettino e dottore in Decretali, era priore di San Marziale di Cahors; resse la diocesi dal 1349 alla fine del 1350. 25. Aimerico, vescovo di Forlı`, nel 1351 fu trasferito a Bosa e resse la diocesi fino al 1356; par` ai lavori del Parlamento celetecipo brato a Cagliari nel 1355. 26. Andrea, carmelitano, era arcivescovo di Naxos e di Paros (Grecia) quando nel 1356 fu trasferito a Bosa; resse la diocesi fino al 1360. 27. Ruggero Piazza, minore e maestro in Teologia, fu nominato vescovo nel 1360 e fu trasferito a Mazara nel

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Bosa 1363. 28. Rainerio di Filippono, canonico di Bosa, fu nominato vescovo nel 1363 e scomparve prima del febbraio 1391. 29. Antonio, vescovo di Antivari, fu trasferito a Bosa da papa Bonifacio IX; resse la diocesi tra il 1391 e il 1402. 30. Antonio de Ligios, arciprete di Bosa, fu nominato vescovo da papa Bonifacio IX; resse la diocesi tra il 1402 e il 1406. 31. Benedetto, benedettino e abate di Santa Eufemia, fu nominato vescovo da papa Innocenzo VII nel 1406; l’anno successivo fu nominato il suo successore. 32. Antonio Sangualo, nominato da papa Gregorio XII, resse la diocesi tra il 1407 e il 1413. 33. Bartolomeo, resse la diocesi tra il 1413 e il 1414. 34. Vescovo anonimo in carica nel 1414. 35. Vescovo anonimo in carica nel 1415. 36. Antonio de Podio, minore, nominato vescovo nel 1410 dall’antipapa Benedetto XIII; resse la diocesi fino al 1418, anno in cui fu trasferito a Strongoli. 37. Antonio Stamingo, minore, vescovo di Tricarico, nel 1413 fu trasferito a Bosa dall’antipapa Giovanni XXIII e nel 1418 a Martirano. 38. Ludovico Gervas, domenicano e maestro di Teologia, fu nominato da papa Martino V; resse la diocesi tra il 1418 e il 1422. 39. Giovanni de Casanova, domenicano, resse la diocesi tra il 1424 e il 1425, anno in cui fu trasferito a Elna. 40. Giuliano, vescovo titolare di Laodicea, trasferito a Bosa nel 1435; resse la diocesi fino al 1445. 41. Tommaso de Rubeo, domenicano e maestro di Teologia; resse la diocesi tra il 1445 e il 1449. 42. Francesco Meloni, resse la diocesi tra il 1449 e il 1450. 43. Giovanni Cosso, domenicano e maestro di Teologia; resse la diocesi tra il 1450 e il 1460. 44. Bernardo Roig, canonico di Cagliari, reggeva la diocesi nel 1460. 45. Vescovo anonimo cui scrive papa Pio II nel 1463. 46. Vescovo anonimo cui scrive papa Pio II nel 1464. 47. Giovanni de Salinis aureis, vescovo di Ottana dal 1454, nel 1471 fu tra-

sferito a Bosa e resse la diocesi fino al 1484. 48. Galcerando Galba, canonico di Bosa, reggeva la diocesi nel 1484. 49. Mattia, reggeva la diocesi nel 1488. 50. Pietro di Sorra, in carica tra il 1495 e il 1516. 51. Giovanni di Sorra, reggeva la diocesi nel 1516. 52. Bernardo Gentile, domenicano e cappellano di Carlo V, nel 1532 fu nominato vescovo di Bosa; resse la diocesi fino al 1537. 53. Nicola d’Aragona, uditore della Sacra Rota; resse la diocesi tra il 1537 e il 1541. 54. Baldassarre de Heredia, domenicano e vescovo titolare di Cirene, nel 1541 fu nominato vescovo di Bosa; resse la diocesi fino al 1548, anno in cui fu nominato arcivescovo di Cagliari. 55. Vincenzo de Leone, di Catania, carmelitano; resse la diocesi tra il 1548 e il 1556. 56. Antonio Pintor (Cavaro), cagliaritano, resse la diocesi tra il 1556 e il 1572. 57. Giovanni Melis, cagliaritano, conventuale e primo provinciale di Sardegna; nel 1572 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1575. 58. Giovanni Serra, di Valencia, eremitano di Sant’Agostino; resse la diocesi tra il 1575 e il 1577. 59. Nicola Canyelles, cagliaritano, resse la diocesi tra il 1577 e il 1586. 60. Giuseppe Angles, di Valencia, minore osservante; resse la diocesi tra il 1586 e il 1588. 61. Gerolamo Garzia, spagnolo, trinitario; fu nominato vescovo nel 1588 ma morı` in un naufragio nel 1589 mentre raggiungeva la sede. 62. Giovanni Francesco Fara, sassarese, dottore in utroque a Pisa, arciprete di Sassari; resse la diocesi nel 1591. 63. Antonio Atzori, dottore in utroque, decano della cattedrale di Cagliari; nel 1591 fu eletto vescovo di Bosa e scomparve nel 1604. 64. Gavino Manca de Cedrelles, sassarese, dottore in Teologia; resse la diocesi tra il 1606 e il 1612, anno in cui fu trasferito ad Alghero. 65. Giovanni Alvarez, cistercense, dottore in Teologia e abate presso Tarazona; nel

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Bosa 1612 fu nominato vescovo di Bosa e nel 1613 fu trasferito a Solsona. 66. Giovanni Battista de Aquena, sassarese, dottore in utroque; resse la diocesi tra il 1613 e il 1614. 67. Vincenzo Bacallar, cagliaritano, dottore in utroque a Pisa, decano del capitolo di Cagliari; nel 1615 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1625. 68. Giovanni Atzori, cagliaritano, dottore in Filosofia e Teologia a Roma, era cancelliere regioapostolico quando nel 1625 fu nominato vescovo di Bosa; resse la diocesi fino al 1627. 69. Sebastiano Carta, di Sorgono, vescovo titolare di Madaura e decano del capitolo di Cagliari; nel 1627 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1631. 70. Melchiorre Pirella, di Nuoro, resse la diocesi tra il 1631 e il 1635, anno in cui fu trasferito ad Ales e Terralba. 71. Giovanni Maria Olmo, di Cargeghe, dottore in Teologia a Pisa; resse la diocesi tra il 1635 e il 1639. 72. Vincenzo Agostino Claveria, vescovo titolare di Petra e coadiutore del vescovo di Valencia; nel 1639 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1644, anno in cui fu trasferito ad Alghero. 73. Gaspare Litago, cagliaritano, ´ vila; resse la dottore in Teologia ad A diocesi tra il 1645 e il 1652, anno in cui fu trasferito ad Ampurias e Civita. 74. Francesco Camps y Moles, di Solsona, canonico di Tarragona e inquisitore per la Sardegna; nel 1654 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1656. 75. Giacomo Capay y Castagner, cagliaritano, dottore in utroque; resse la diocesi tra il 1658 e il 1663. 76. Gavino Cattayna, sassarese, carmelitano; resse la diocesi tra il 1663 e il 1671, anno in cui divenne arcivescovo di Sassari. 77. Francesco Lopez de Urraca, di Saragozza, eremitano di Sant’Agostino e provinciale in diverse province; resse la diocesi tra il 1672 e il 1677, anno in cui fu trasferito ad Alghero. 78. Serafino

Esquirro, cagliaritano, dottore in Teologia a Bologna, vicario capitolare e generale di Cagliari; nel 1677 fu nominato vescovo di Bosa e nel 1680 fu trasferito ad Ales e Terralba. 79. Giorgio Soggia, sassarese, servita, teologo del duca di Firenze; nel 1682 fu nominato vescovo di Bosa e morı` a Sassari nel 1701. 80. Gavino de Aquena, nato a Cagliari nel 1665, dottore in utroque a Roma e ret` di Cagliari, giudice tore dell’Universita di appellazioni; nel 1703 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1723. 81. Nicola Cani, nato a Iglesias nel 1670, domenicano e provinciale della Sardegna, maestro in Teologia; fu nominato vescovo nel 1727 e resse la diocesi fino al 1737. 82. Giovanni Leonardo Sanna, nato a Cuglieri nel 1680, vescovo di Ampurias e Civita dal 1736; nel 1737 fu trasferito a Bosa e resse la diocesi fino al 1741. 83. Francesco Bernardo de Cespedes, nato ad Alghero nel 1693, dottore in utroque e in Teologia a Sassari, vicario generale e capitolare di Alghero; nel 1742 fu nominato vescovo di Bosa e scomparve ne1 746. 84. Antonio Amat, nato a Sassari nel 1693, decano del capitolo della cattedrale di Sassari; nel 1746 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1748. 85. Giovanni Battista Machin Espiga, nato a Cagliari nel 1699, dottore in utroque a Roma, vicario generale e capitolare di Iglesias; nel 1748 fu nominato vescovo e morı` nel 1749. 86. Raimondo Quesada, sassarese, dottore in utroque, canonico di Sassari; nel 1750 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1758. 87. Giuseppe Stanislao Concas, nato a Sinnai nel 1717, parroco ad Aritzo; nel 1759 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1763. 88. Giovanni Antonio Borro, nato a Cagliari nel 1697, dottore in utroque a Cagliari, cancelliere regio-apostolico; nel 1763 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1767. 89. Giovanni Battista Quasina,

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Bosa Marina nato a Sassari nel 1721, dottore in Teologia e in utroque a Sassari, parroco di San Sisto a Sassari; nel 1768 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1785 ` natale. 90. Giovanni Annella sua citta tonio Cossu, nato a Cuglieri nel 1725, servita e vicario generale in Sardegna, maestro in Teologia e professore di Teologia a Cagliari; nel 1785 fu nominato vescovo di Bosa e morı` nel 1796. 91. Gavino Murru, nato a Sassari nel 1739, dottore in utroque, parroco di San Sisto a Sassari; nel 1800 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1819, anno in cui divenne arcivescovo di Sassari. 92. Francesco Tola, nato a Bosa nel 1758, dottore in Teologia a Sassari; vicario generale, vicario capitolare e teologo della cattedrale di Bosa, 1823 fu nominato vescovo e morı` nel 1843. 93. Antonio Uda, nato a Milis nel 1775, dottore in Teologia a Cagliari, parroco, vicario generale e vicario capitolare dell’archidiocesi di Oristano; nel 1845 fu nominato vescovo di Bosa e morı` pochi mesi dopo. 94. Eugenio Cano, nato a Gergei nel 1829, dottore in Teologia a Cagliari, canonico a Cagliari, teologo del vescovo di Ales e Terralba al concilio Vaticano I; nel 1871 fu nominato ve` nel 1905. 95. scovo di Bosa e rinuncio Giovanni Battista Vinati, nato a Piacenza nel 1847, dottore in Teologia e in diritto canonico; arcidiacono, vicario generale e capitolare di Piacenza; nel 1906 fu nominato vescovo di Bosa e resse la diocesi fino al 1916, anno in cui ` e divenne vescovo titolare di rinuncio Mocisso (Turchia). 96. Angelico Zannetti, nato nel 1864 nella diocesi di Sansepolcro, minore osservante e provinciale per la Sardegna; nel 1916 fu nominato vescovo di Bosa e scomparve nel 1926. 97. Filippo Maria Mantini, di Matelica (Macerata), del Pontificio Seminario romano per le missioni estere, dottore in utroque al Laterano (Roma);

nel 1926 fu nominato vescovo di Bosa e nel 1931 fu trasferito a Cagli e Pergola. ` Frazioli, nato a Sassari nel 98. Nicolo 1880, arciprete e vicario generale dell’archidiocesi di Sassari; nel 1931 fu nominato vescovo di Bosa, morı` nel 1956. 99. Francesco Spanedda, nato a Ploaghe nel 1910, canonico di Sassari, dottore in Teologia presso la Gregoriana (Roma); nel 1956 fu nominato vescovo di Bosa e in seguito amministratore apostolico della diocesi di Alghero; nel 1979 divenne arcivescovo di Oristano. ` l’unione Nel 1972 la Santa Sede decreto personale delle diocesi di Alghero e ` dal 1979 la titolatura della Bosa. Percio ` in Alghero e Bosa e, dal diocesi cambio 1986, in Alghero-Bosa.

Bosa Marina Centro abitato della provincia di Oristano, frazione di Bosa (da cui dista 2 km), con circa 500 abitanti, posto a 2 m sul livello del mare, alla foce del fiume Temo. Regione storica: Planargia. Diocesi di Alghero-Bosa.

Bosa Marina – Foce del fiume Temo.

TERRITORIO Il territorio si limita all’agglomerato di case e alla bellissima spiaggia di sabbia basaltica frequentatissima da turisti e locali anche per le ` curative. Ha il suo limite sua qualita settentrionale negli argini rinforzati della foce-porto del Temo e quello meridionale nel territorio di Magomadas. & STORIA Dopo che gli abitanti di Bosa interrarono nel 1528 la foce del Temo, &

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Bosa Marina ` portuale della citta ` cesso ` l’attivita quasi completamente e il territorio rimase deserto per secoli, dominato dalla ` torre costiera. L’attuale villaggio si e sviluppato nel corso dell’Ottocento come centro di aggregazione dei pescatori e dei barcaioli che sfruttavano la ` del fiume. Di questo penavigabilita ` , come sempre, la puntuale e riodo e completa descrizione che ci ha lasciato Vittorio Angius nel Dizionario degli Stati sardi del Casalis: «Le acque del ` fiume sono dolci quando la stagione e piovosa, senton del sale quando, come ` avviene nell’estate, la corrente non puo respingere le onde del mare. Dopo gran piovitura suole riboccare, ed il diluvio ` navigabile per piu ` di copre la valle: e due miglia da battelli di circa 80 t, e lo ` sarebbe anche a legni di una portata piu del doppio, se non proibisse l’entrata l’ostruzione della foce eseguita con improvvido consiglio dai bosinchi. Il porto ` a quest’imboccatura, e la stazione e viene difesa dall’opposizione d’una iso` in esso stabilito un officio di doletta. E ` di gana dipendente dalla principalita ` percevere dalle imporOristano. Si puo tazioni circa lire nuove 20 mila, dall’e`. Nel prossportazioni intorno alla meta simo golfo si fa ogni anno la pesca delle sardelle e del corallo da feluche straniere. Queste concorrono in numero ` o meno di cento. Nei giorni fepoco piu stivi e nei tempi fortunosi si ricoverano entro il fiume. Solo tredici barche appartengono ai bosinchi, delle quali otto pescareccie che usano nel fiume o nel mare con 55 persone, e cinque di piccolo cabotaggio con 40 marinai. Il littorale di Bosa comincia dal capo Columbargiu. In questo trovasi una calanca in forma di grotta, dove vanno a sollazzarsi le foche. Segue il piccol seno dell’Ala, poi trapassate le coste del Corallo e Pietra dura e la spiaggia arenosa di Turas si arriva alla foce del Temo. A chi en-

travi sta a destra un piccol rialto, sopra ` la chiesa dedicata alla nostra cui e Donna intitolata al Mare, ed in certa manica una peschiera. Assai volte vi si ammucchia l’arena dal movimento delle onde, e resta interdetta l’entrata ´ quetato il mare la core l’uscita finche rente riapra e slarghi il passaggio. In distanza di mezzo miglio dal lido trovasi la sunnotata isoletta di circa 225 passi di circonferenza con spiaggia bassa e arenosa e quattro caluccie. Nel mezzo ` fondata una torre sopra piccola rupe e fornita d’alcuni pezzi d’artiglieria. Seguendo il littorale trovasi ad un miglio ` la calanca appellata dei Mori, percio che ivi frequentemente in altri tempi ` un asilo approdava cotal canaglia. Ora e delle barche coralliere, delle quali po` capire un centinajo. Sporge quindi tra la punta Argentina o Gentı`na, su la ` costrutta un’altra torre; indi si quale e visita la cala della tonnara vecchia, antico stabilimento abbandonato, e dopo `ne, di Tanquesta le nominate di Bariso ` ne, d’Itiri alle falde d’erti monti, e il go ` nago capace di brigantini. Proporto Ma gredendo troverai altri tre seni sotto rupi inaccessibili, e sono detti del Ba` so, del Finocchio, presso il quale si vo afferma riconosciuto un minerale argentifero, ed il terzo di Bernardo, nidi antichi di corsari africani. Sulla vicina punta di capo Marrargio era per l’addietro la torre, che annodava le comunicazioni degli speculatori della costa superiore e inferiore, e distava 5 miglia dall’anzidetta dell’Argentina. Per tutte le rupi del descritto littorale sono molte ` navigabile con colombiere. Il mare vi e sicurezza». Nel Novecento B.M. ha avuto un lento, continuo sviluppo grazie al turismo e attualmente si sta trasformando in un ridente centro balneare, soprattutto per le seconde case degli abitanti dei paesi dell’interno e di Macomer.

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Bosa romana & ECONOMIA La principale fonte di reddito degli abitanti di questa appen` oggi dice sul mare della vecchia Bosa e il turismo, sia per la presenza della grande spiaggia sia per le escursioni che si possono compiere sulle vicine alture rocciose; ma rimane sempre l’atti` tradizionale della pesca che oggi vita viene esercitata con numerose e mo` da lungo derne imbarcazioni. Invece e ` delle tempo cessata l’antica attivita concerie, di cui rimangono le caratteristiche strutture. Vi sono anche numerosi alberghi e ristoranti, molto attivi nella stagione estiva. I collegamenti con Bosa avvengono mediante autolinee urbane; inoltre B.M. dispone di un approdo turistico con 100 posti barca. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Unico ` quello di Monteforru sito interessante e alla foce del Temo dove si trovano i resti di un nuraghe monotorre posto chiaramente a guardia dell’estuario che era anche porto naturale. Nel territorio vi sono numerose domus de janas ben conservate, scavate nella trachite.

notevole monumento del piccolo centro sono le torri costiere: un sistema difen` cosivo situato alla foce del Temo che e stituito dalle torri di Marina di Bosa, in posizione strategica per impedire l’accesso al fiume, e da quella di Argentina, ` a nord con compiti di segnasituata piu ` un lazione. La torre di Marina di Bosa e imponente edificio con la base troncoconica, un diametro interno di quasi 14 m e una camera interna con volta a cu` pola. Fu costruita nella seconda meta del Cinquecento, potentemente armata e servita da un’adeguata guarnigione. ` in buono stato ed e ` sede Attualmente e ` cultudi un piccolo museo e di attivita rali di vario genere. Le bellezze naturali di questo angolo di Planargia sono rappresentate dalla fauna avicola: questa zona infatti vede la presenza del raro grifone e, sulle alture prospicienti il mare, del falco pellegrino. Molto sug` il sito dell’Isola Rossa, una picgestivo e cola isola che chiude a nord l’arco della ` unita alla terra da un molo spiaggia ed e in trachite. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La fe` popolare e ` ormai per tradizione sta piu quella di Santa Maria del Mare di Bosa (=).

Bosa romana Nel secolo II Tolomeo

Bosa Marina – Litorale. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` sviluppato E AMBIENTALE Il borgo si e soprattutto negli ultimi decenni con il turismo attorno alla chiesa di Santa Maria del Mare, costruita nel corso del secolo XVII in forme molto semplici che risentono di influssi gotici e barocchi come era in uso in quell’epoca. Altro

` interne della menziona Bosa fra le citta Sardinia, pur collocandola correttamente a breve distanza dalle foci del fiume Te´mos. Le indicazioni tolemaiche non servirebbero a localizzare con precisione il centro antico se non si tenesse conto dell’imponente interrimento dell’originario estuario del fiume causato dagli apporti alluvionali dello stesso Temo e del rio Piras. In sostanza, nel` e nel Medioevo il Temo sbocl’antichita cava a mare con un largo estuario situato a circa 2 km a est dell’Isola Rossa, ` mentre attualmente questa distanza e ridotta a 300 m. La localizzazione del centro antico di B. su un sistema di ter-

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Bosa romana razze digradanti sulla sponda sinistra ` assicurata dalla documendel fiume e tazione archeologica e dalla letteratura storica a partire dal secolo XVI. Il rinvenimento ottocentesco, nell’area del centro romano, di un frammento di iscrizione fenicia, incisa su un supporto di trachite locale, ha fatto postulare un’origine arcaica per B. Non deve escludersi tuttavia l’esistenza di uno stanziamento emporico, cui connettere l’epigrafe, divenuto centro urbano solo tardivamente, nel quadro di un controllo cartaginese del nord-ovest della Sardegna, nel secolo IV a.C. Abbiamo ora numerose informazioni sulle caratteristiche della presenza punica lungo la vallata del Temo e in particolare i dati sulle direzioni dei commerci forniti dagli scavi di Sa Tanca ’e Sa Mura di Villanova, che attestano l’uso dell’al` fabeto punico nel secolo II a.C.: B. e stata in questo caso il polo di diffusione ` della scrittura verso l’interno. La citta romana conservava la localizzazione del centro punico, su un’ansa del fiume Temo, sede del porto fluviale. L’asse viario principale era costituito, secondo l’Itinerario Antoniniano, dalla via a Tibulas Sulcis che collegava direttamente B. con Carbia, presso Alghero, a nord, con un percorso di 25 miglia, e con Cornus, a sud, con una percorrenza di 18 miglia. L’Anonimo Ravennate e Guidone confermano con la menzione ` nella viabilita ` di Bosa il ruolo della citta occidentale tra Corni e Turris Lybisonis. ` romana e ` quasi La topografia della citta del tutto sconosciuta: unico elemento ` costituito da una necropoli positivo e romana e altomedioevale che si estende dalla cattedrale medioevale di ` di MesserSan Pietro alla localita chimbe, evidenziando il carattere suburbano di questo settore rispetto al centro abitato, riconoscibile dall’estensione delle strutture e dal materiale ar-

cheologico a sud e sud-est di San Pietro, lungo il pendio terrazzato del monte ` seNieddu. Un vasto edificio termale e gnalato per B., nell’Ottocento, da Giovanni Spano, senza indicazioni puntuali del sito. Quanto alle strutture cultuali si deve notare la mancanza di testimonianze dirette. Il rinvenimento di una statuetta di bronzo di Hercules, la testina marmorea di un Dyonisos tauros, ` antonina di un modello replica di eta ellenistico, la testa calcarea di Zeus Ammone potrebbero documentare anche per B. i culti ben diffusi in Sardinia di Ercole, Bacco e Ammone. I materiali in superficie attestano le correnti com` repubblicana merciali attive in eta ` imperiale dalla penisola italica e in eta ancora da area italica, dall’Iberia, dalla Gallia, dall’Africa proconsolare. Il cen` stato fitro monumentale di B. non e nora individuato. Da esso provengono, con certezza, le due iscrizioni pubbliche di B. Si tratta della targa marmorea del 138-141 d.C., con la dedica di quattro ` indicato il statuette d’argento, di cui e peso (rispettivamente 1047 g, 762 g, 408 g e 399 g), di Antonino Pio, Faustina, Marco Aurelio e Lucio Vero, posta da un Q(uintus) Rutilius [—], un personaggio altrimenti ignoto di B., forse un magistrato o un sacerdote del culto imperiale, per decreto dell’ordo decurionum di B. La targa doveva essere immurata sul bancone che sosteneva le quattro statuette, nell’Augusteum bosano. L’al` una dedica, di eta ` antotra iscrizione e nina, a un [sacerd(os)] urbis Rom(ae) (et) imp(eratoris) della prov(incia) Sard(inia), evidentemente originario di Bosa, che uscito di carica e divenuto sacerdotalis venne ad[le]c[t]u[s] nello splendidiss(imus) [o]rd[o] Ka[ralit(anorum)], nella sede del concilium provinciale. ` L’ordinamento cittadino di B. non e esplicitamente documentato in alcuna iscrizione, tuttavia possediamo un

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Boscani frammento di tabula patronatus rinvenuta a Cupra Maritima nel Picenum che menziona il patronus [—]nus Larg[us] cooptato dall’[ordo populus]que Bosanu[s]. L’ambasceria per la consegna della tabula al patronus fu costituita da ` superstite il vari legati bosani, di cui e solo [-] Detelius A[—]. Da questi scarni elementi ricaviamo l’ipotesi di una `, con un culto imperiale ben svilupcitta ` antonina, dotata di pato almeno da eta ´ nesun ordo e di un populus. Benche suno di questi elementi sia decisivo per postulare uno statuto municipale, appare plausibile la costituzione muni` ampio e ` il quadro delle cipale di B. Piu nostre conoscenze sulla necropoli di San Pietro. Gli scavi archeologici dello scorcio del secolo XX hanno messo in luce un’area funeraria metata, con muro di cinta, dei secoli II-VI d.C., utilizzata per deposizioni a fossa, alla cap`s. puccina, in sarcofago e a enchytrismo Da questa area di San Pietro provengono le iscrizioni funerarie databili tra il secolo II d.C. e il III d.C. incise su lastre e cippi di trachite locale, realizzate in una officina lapidaria bosana. Mancano testi cristiani sicuri: fra le falsae ` del Corpus Inscriptionum Latinarum e annoverata anche l’epigrafe funeraria di un na(u)clerus, Deogratias, che parrebbe genuina, utile a definire l’impor` tardoantica, dell’attanza, anche in eta ` navale di B., documentata ad tivita ` imperiale dal ritrovaesempio per l’eta mento nel golfo di Turas di un’ancora del navicularius L(ucius) Fulvius Euti(chianus), apparentemente collegato con gli Eutychiani del territorio di Cuglieri. [RAIMONDO ZUCCA]

Boscani, Leonardo Pittore (n. Sassari 1961). Vive e lavora a Sassari. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Sassari, «ha incentrato i suoi primi lavori – ` stato scritto – sul tema della morte, e dell’uomo e della sua esistenza». La

` del prima personale, Tanka Re Nudu, e 1997, a Sassari. Tra le altre, Balla Laika a Su Palatu ’e sas Iscolas di Villanova Monteleone; nel 2004 Dissidenti, a Sassari.

Leonardo Boscani – L’artista racconta il disperato destino dell’uomo attraverso la metafora del pollo spennato e decapitato.

Boscani, Marco Pittore (n. Sassari 1963). Studente dell’Accademia di Belle Arti di Sassari, prende parte alle mostre didattiche dal 1996 al 1998, ma contemporaneamente espone in numerose collettive, segnalandosi presto come ` interessanti deluno degli artisti piu l’ultima generazione. «Un aspetto della ricerca di B. – hanno scritto Giuliana Altea e Marco Magnani – si colloca in quel filone della performance in cui l’azione cede il posto alla rappresentazione, in cui all’ambiguo intreccio fra ` che e ` vissuto e cio ` che e ` recitato sucio bentra il gioco esplicito della finzione».

Bosch Gimpera, Pietro Storico (Bar` cellona 1891-Messico, seconda meta ` alla sec. XX). Dopo la laurea si dedico ricerca e agli studi di archeologia. Nel 1916 fu nominato professore di Storia ` di Barcelantica presso l’Universita lona. Convinto democratico, nel 1936 si

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Boscolo oppose a Primo de Rivera e fece parte del governo autonomo catalano. Nel 1939, alla fine della guerra civile spagnola, fu costretto a fuggire in Messico, ` la sua attivita ` di studove continuo dioso. Ha studiato la preistoria sarda su cui ha scritto un saggio, I rapporti fra ` mediterranee nella fine dell’Eta ` le citta del bronzo, in Convegno archeologico in Sardegna 1926. Atti, 1929.

Boscho, Pietro de Gentiluomo (fine ` sec. XIV). Apparsec. XIII-prima meta tenente a una famiglia feudale catalana, si trasferı` in Sardegna nel 1323 al seguito dell’infante Alfonso e fu nominato vice-tesoriere reale. Nel 1328 ebbe in feudo Mogor de Liurus nella curatoria di Decimo e una miniera d’argento a ` del Iglesias. Morı` entro la prima meta secolo senza figli e i feudi tornarono al fisco.

Bosco, Luigi Musicista (Cagliari 1833ivi 1924). Eccellente suonatore di fa` per quasi vent’anni nell’orgotto, suono chestra del Teatro Comunale e nella ` con cappella del Duomo. Si impegno successo anche nella composizione di ballabili, di romanze per pianoforte e di pezzi per orchestra che gli diedero ` . Insegno ` per anni discreta notorieta nella scuola comunale di musica.

Boscolo, Alberto Storico (Cagliari 1920-Roma 1987). Conseguita la laurea, ` in Storia medioevale comsi specializzo piendo studi in Italia e all’estero. En` di trato come assistente nella Facolta ` di Cagliari, nel Lettere dell’Universita 1955 ottenne la libera docenza e dal 1959 divenne professore ordinario di Storia medioevale presso la stessa Uni` . Negli anni successivi l’attivita ` versita di ricercatore lo spinse a occuparsi con crescente impegno del periodo catalano-aragonese, ricostruendo i legami storici dell’isola con la Catalogna. Diede inoltre un notevole impulso alle ` dell’Istituto di Storia medioattivita

evale di cui fu a lungo direttore e valo` una schiera di allievi, dando vita a rizzo una scuola molto attiva e apprezzata. Nel 1970 fu eletto rettore dell’Univer` , ufficio che tenne fino al 1974, sita ` Cagliari per trasferirsi quando lascio ` di Milano e successivaall’Universita mente in quella di Roma. Nel 1981 fu nominato vicepresidente del Comitato per le ricerche storiche del CNR e si ` per aprire a Cagliari un centro adopero `; di ricerca collegato ad altre Universita dal 1982 divenne membro della commissione italiana presso l’UNESCO. Per i suoi studi ebbe numerosi riconoscimenti a livello internazionale, tra cui la laurea honoris causa dall’Univer` di Barcellona e la chiamata a far sita parte del Consejo nacional de Ciencias di Spagna. Integratosi negli anni nell’ambiente degli storici medioevali catalani, costituı` attraverso i suoi studi un vero e proprio ponte fra la Sardegna e la Catalogna. Attraverso la frequentazione degli archivi spagnoli, e in particolare dell’Archivio della Corona d’A` le coragona di Barcellona, moltiplico noscenze della storia medioevale dell’isola, mostrando la fitta rete di rapporti che essa aveva con altri centri del Mediterraneo. Morı` quasi improvvisamente ` . Autore di nel pieno della sua attivita numerosi saggi, ha lasciato, tra i suoi scritti: Sugli emigrati lombardo-veneti in Sardegna nel 1850, ‘‘Studi sardi’’, VIII, 1948; I moti del 1906 in Sardegna, ‘‘Studi sardi’’, VIII, 1948; Dalla caduta ` dei gremi alla formazione delle societa operaie, ‘‘Sardegna nuova’’, 1949; La fi` di gura di re Enzo, ‘‘Annali della Facolta ` di Lettere e di Filosofia dell’Universita Cagliari’’, XVIII, 1950; Michele Zanche nella storia e nella leggenda, ‘‘Studi sardi’’, X-XI, 1951; Su alcuni cavalieri di re Enzo e su Guglielmo di Capraia giudice d’Arborea, ‘‘Studi sardi’’, X-XI, 1951; Lettere della regina Maria di Casti-

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Boscolo glia relative alla Sardegna, ‘‘Studi ` piemonsardi’’, X-XI, 1951; Un’attivita tese in Sardegna nel ’700. La fabbricazione della seta, ‘‘Bollettino economico della Camera di Commercio di Cagliari’’, V, 1953; I parlamenti di Alfonso il Magnanimo, 1953; Isole mediterranee, Chiesa e Aragona durante lo Scisma d’Occidente (1378-1429), in Atti del V Convegno internazionale di Studi sardi, Cagliari, 1954; Gli ebrei in Sardegna durante la dominazione aragonese da Alfonso III a Ferdinando il Cattolico, in Atti del V Congresso di storia della Corona d’Aragona, 1954; Due documenti inediti sulle guerre tra Arborea e l’Aragona all’epoca di Martino il Vecchio, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIV, 1954; Una nota su Guglielmo I di Massa giudice di Cagliari e sulla compagnia di Gamurra, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIV, 1954; La politica italiana di Ferdinando I d’Aragona, 1954; Documenti inediti sull’impresa di Martino il Giovane in Sardegna, ‘‘Nuovo Bollettino bibliografico sardo’’, I, 3, 1955; Dizionario della Sardegna (con Mario Pintor e Giuseppe Loi Puddu), 1955; Documenti inediti sulla Sardegna bizantina e giudicale, ‘‘Ichnusa’’, IV, 2, ` di Ca1956; Profilo storico della citta gliari, ‘‘Cagliari economica’’, 5, 1957; Orientamenti bibliografici per una storia economica e sociale della Sardegna nel` moderna (con Lorenzo Del Piano), l’Eta ‘‘Ichnusa’’, V, 16, 1957; Libellus judicum turritanor um (con Antonio Sanna), 1957; Medioevo aragonese, 1958; Il braccio reale dei Parlamenti sardi del periodo ´ tudes presente ´s a ` la Comaragonese, in E mission Internationale pour l’histoire ´es d’Etats. X Congre `s interdes Assemble national des Sciences historiques Roma 1955, 1958; L’abbazia di San Vittore, Pisa e la Sardegna, 1958; Amministrazione e difesa della Sardegna aragonese all’epoca di Ferdinando I d’Aragona, in Atti del VI Congresso di storia della Corona

d’Aragona, Palma di Majorca, I, 1959; Rendite ecclesiastiche cagliaritane nel primo periodo della dominazione aragonese, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXVII, 1959; una serie di voci nel Dizionario biografico degli Italiani: Alagon Salvatore; Alagon Leonardo; Agnese di Massa; Agalbursa di Bas; Adelasia di Torres, tutte nel 1960; Su due fonti battesimali protocristiani della Sardegna, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXVII, 1960; Leyendas sobre Martin el Joven, ‘‘San Jorge’’, 46, 1962; Martı` el Jove a Sardenya, 1962; La Sardegna nei primi anni di Martino il Vecchio, in Studi storici in onore di F. Martinez Ferrando, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXVIII, 1962; La politica italiana di Martino il Vecchio re d’Aragona, 1962; Profilo storico-economico della Sardegna dal Riformismo settecentesco al Piano di rinascita (con Luigi Bulferetti, Gianfranco Sabattini e Lorenzo Del Piano), 1962; Il priorato vittorino di San Nicola di Guzule, in Studi sui Vittorini in Sardegna, 1963; Villa di Chiesa e il suo Breve, in Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era, 1963; Nuove ricerche sulla storia della Sardegna, in Breve storia della Sardegna, 1965; Cerden ˜ a: una larga historia para contar, in ‘‘Histonium’’, XVI, 3/9, 1965; Recenti studi e ricerche sulla storia moderna e contemporanea della Sardegna, 1965; Aspetti della vita curtense in Sardegna nel periodo alto giudicale, in Fra il passato e l’avvenire. Saggi storici sull’agricoltura sarda in onore di A. Segni, 1965; Las instituciones barcelonesas de Cagliari en 1327, in ‘‘Revista del Instituto de Ciencias sociales’’, 7, 1966; I conti di Capraia Pisa e ´ victorin de la Sardegna, 1966; Le prieure Saint Nicolas de Guzule, in ‘‘Provence historique’’, 65, 1966; Parlamento siciliano e parlamento sardo (motivi per ´lange Antouna ricerca comune), in Me ´ tudes pre ´ sente ´s a ` la nio Marongiu. E Commission internationale pour l’hi-

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Boscolo stoire des Assemblee´s d’Etats, 1968; La prima politica mediterranea di Ferdinando I d’Aragona, in Atti del Congresso ` aragointernazionale di studi sull’Eta nese, 1968; Le istituzioni barcellonesi a Cagliari nel 1327, in Villes de l’Europe ´diterrane ´enne et l’Europe occidentale me du Moyen Age au XIX sie`cle. Atti del Colloquio di Nizza 1969, ‘‘Annales de la fa´ des Lettres et Sciences humaines culte de Nice’’, 9-10, 1969; I cronisti catalanoaragonesi e la storia italiana del Basso Medioevo, in Nuove questioni di storia medioevale, 1969; Una societat comercial a Sardenya catalana, in ‘‘Estudis de Historia medioeval’’, II, 1970; Documenti ` in Sardegna sull’economia e sulla societa all’epoca di Alfonso il Benigno, 1973; Prospettive di ricerche economico-sociali sul Mediterraneo nel Basso Medioevo, in Atti del I Congresso internazionale di Storia mediterranea, 1973; Problemi mediterranei all’epoca di Pietro il Cerimonioso 1353-1387, in Atti dell’VIII Congresso di storia della Corona d’Aragona, III, 1973; Le strutture sociali dei paesi della Corona ` in Sicilia, Sarded’Aragona: la feudalita gna e Napoletano, in Atti del IX Congresso di storia della Corona d’Aragona, I, 1973; La Sardegna contemporanea (con Manlio Brigaglia e Lorenzo Del ` in Sicilia, in Piano), 1974; La feudalita Sardegna e nel Napoletano nel Basso Medioevo, in ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, I, 1975; Le navi bizantine nel Mediterraneo nei secoli IX-X, ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, 2, 1976; Gli scavi di Piscina Nuxedda in Sardegna, in Atti del Colloquio internazionale di Archeologia medioevale, Palermo 1974, 1976; La politica mediterranea dei sovrani d’Aragona, in ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, III, 1977; Mercanti e traffici in Sicilia e in Sardegna all’epoca di Ferdinando I d’Aragona, in Studi in onore di Federico Melis, 3, 1978; Cagliari fra genovesi e pisani nella crociata di Luigi IX (1270), in Studi

in memoria di Paola Maria Arcari, 1978; quattro contributi su Sardegna, Pisa e Genova nel Medioevo, ‘‘Collana Storica di Fonti e Studi’’, 1978; Il Libellus judicum turritanorum e il suo autore, Un giurista pisano: Ranieri Sampante, Le istituzioni pisane e barcellonesi a Cagliari dopo il 1326, Aspetti dell’economia della Sardegna dal periodo della supremazia pisana genovese al primo periodo della dominazione aragonese, tutti in Sardegna, Pisa e Genova nel Medioevo, 1978; La Sardegna bizantina e altogiudicale, 1978; La Sardegna dei giudicati, 1979; Aspetti dell’economia e della so` in Sardegna nel Medioevo, 1979; Le cieta incursioni arabe in Sardegna nel Medioevo, in Atti della Settimana internazionale di Studi mediterranei medioevali e moderni Cagliari 1979, 1980; Genova, Aragona e Sardegna nel Basso Medioevo, in La Sardegna nel mondo mediterraneo, Aspetti storici. Atti del primo Convegno internazionale di Studi geografico-storici, 1981; La Sardegna ai tempi di Dante, in Ricordi di Sardegna nella Divina Commedia, 1981; Saggi di storia mediterranea tra il XIV e il XVI secolo, ‘‘Fonti e Studi del Corpus membranarum italicarum’’, prima serie, XIX, 1981; Stato attuale della ricerca sulla Sardegna bizantina e giudicale, in La ricerca storica sulla Sardegna, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIII, 1983; L’espansione catalana nel Mediterraneo, in I Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi), 1984; I Catalani nel Mediterraneo nel Basso Medioevo: aspetti e problemi, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIV, II, 1984; Studi sulla Sardegna bizantina e giudicale, 1985; La missione di Giovanni de Vallterra in Sardegna 1405-7, in Studi storici in memoria di Giovanni Todde, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXV, 1986; Sepolture in Sardegna nell’Alto Medioevo, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XIII, 1987; Cagliari nell’Otto-

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Boscolo ` capitali degli Stati preucento, in Le citta nitari. Atti del LIII Congresso di storia del Risorgimento italiano, 1988.

Boscolo, Maria Giulia Pittrice, costumista e scenografa (n. Cagliari 1968). Ha studiato presso il Liceo artistico di Cagliari e l’Accademia di Belle Arti di Roma; opera tra la Sardegna e Roma e, molto apprezzata come pittrice, il ` la scenografia: campo in cui eccelle e ha collaborato all’allestimento delle scene di alcuni spettacoli televisivi di ` quali I fatti vostri e larga notorieta Scommettiamo che; ha realizzato la sce`me per il Teatro lirico nografia di Bohe di Roma e quella per numerosi concerti di importanti cantanti di musica leggera.

Boscu, Luigi Musicista (Cagliari 1833ivi 1924). Eccellente suonatore di fa` per quasi vent’anni nell’orgotto, suono chestra del Teatro Comunale e della ` con cappella del Duomo. Si impegno successo anche nella composizione di ballabili, di romanze per pianoforte e di pezzi per orchestra che gli diedero ` ; insegno ` per anni discreta notorieta nella scuola comunale di musica.

Bosich, Giuseppe Pittore e scrittore (n. Tempio Pausania 1945). Emigrato giovanissimo dalla Sardegna, ha fatto ` d’Iesperienze di lavoro in diverse citta ` avvicinato da autodidatta al talia e si e ` rientrato in mondo dell’arte. Nel 1967 e Sardegna stabilendosi a Ghilarza, e ha cominciato a farsi conoscere come pittore e come scultore. Trasferitosi a Milano nel 1973 vi ha operato fino al 1988 collaborando con altri artisti. Nel 1988, ` stabilito defitornato in Sardegna, si e nitivamente a Ghilarza. Sue opere sono nei Musei di Melbourne e di Sidney e in ` in Italia e all’estero. altre citta

Bosinco Famiglia di Nulvi (secc. XVIIXVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XVII. Possedeva un vistoso patri` la guerra di sucmonio; quando scoppio

` nel partito cessione spagnola si schiero filoasburgico, per cui nel 1715 ottenne il ` con cavalierato ereditario e la nobilta ` non riuscı` a otun Giuseppe. Egli pero tenere l’exequatur a causa della spedizione dell’Alberoni e del successivo passaggio della Sardegna ai Savoia. Solo i suoi nipoti, Raffaele, subdelegato patrimoniale, e Vincenzo, nel 1748, ottennero la conferma dei privilegi; nel corso dei decenni successivi si trasferirono in altri centri.

Bosio, Ferdinando Insegnante, giornalista (Alba 1827-Roma 1881). Dopo la ` all’insegnalaurea in Legge si dedico ` giornalistica. Di mento e all’attivita idee liberali e di discreta cultura, dopo aver insegnato in diversi licei, nel 1866 fu nominato preside di Liceo a Genova. Nel 1867 fu chiamato dal ministro Coppino, suo amico, a dirigere il suo gabinetto. Nel 1870 divenne provveditore agli studi a Pisa e nel 1876, trasferitosi a Roma, provveditore centrale presso il Ministero. Nello stesso periodo colla` con il Coppino alla stesura del proboro getto di riforma delle scuole elementari. Ha dedicato alla Sardegna due opere: Reliquie d’un naufragio: Studi storici e letterari; Storia dei papi; Il marchese di Villamarina, pubblicata a Roma nel 1873, e Il marchese Salvatore Pes di Villamarina, 1877.

Bossalino, Mario Atleta (Sassari 1910Roma 1990). Gareggia per la SEF Torres, mettendosi in luce alla fine degli anni Venti nelle gare di giavellotto regionali, in cui rivaleggia anche con il fratello gemello Gigi, buon ostacolista. Si presenta con ottime credenziali ai campionati italiani di Bologna del 1932 e vince con la misura di 57,88 m, che ` imbattuta come record sardo rimarra per circa quarant’anni. Prima dello scoppio della guerra diviene comandante della Scuola di Educazione Fisica della Farnesina a Roma e, nel do-

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Boter poguerra, dopo aver insegnato in varie scuole del Lazio, diviene coordinatore per l’Educazione fisica di tutta la regione. Infine torna alla Farnesina. [GIOVANNI TOLA]

Bossi, Pietro Pittore e decoratore piemontese (?, fine sec. XVIII-Sassari 1855). Fu chiamato in Sardegna prima del 1830 per decorare il Teatro civico di Sassari. Completati gli affreschi, si ` stabilı` a Sassari, dove entro il 1835 porto a termine un ciclo di affreschi per il Duomo e negli anni successivi divenne uno dei protagonisti della vita artistica ` . Affresco ` anche le sale del della citta ` Bossalino e nel 1854 del caffe ` Morcaffe tara. Secondo Enrico Costa era anche `a «un buon architetto». Nel 1851 fondo ` di Mutuo Soccorso, Sassari la Societa una delle prime in Italia, di cui fu anche presidente. Morı` a Sassari durante la grande epidemia di colera nel 1855.

Bosso delle Baleari (o bossolo) Pianta arbustiva della famiglia delle Buxacee (Buxus balearica Lam.). Arbusto alto sino ai 4 m, ha corteccia bruno-grigiastra e foglie piccole ovate e allungate, verde chiaro, lucide; i fiori sono unisessuali, senza picciolo quelli femminili, peduncolati quelli maschili; i frutti sono capsule tripartite con cornetti apicali. Fiorisce da febbraio ad aprile e fruttifica in estate. Frequente, allo stato spontaneo, nei paesi del Mediterraneo sud-occidentale, in Sardegna cresce in ` del Sulcis, Barbusi: alun’unica localita cuni individui, sparsi nella macchia, ` orientale rappresentano l’estremita dell’areale della specie. Nomi sardi: ` ssulu. [MARIA IMMACOLATA BRIGAbussu, bu GLIA]

Bostare 1 Boetarca. Rappresentante ` punica in Sardegna, fu ucdell’autorita ciso, forse a Carales, con i suoi soldati dai mercenari cartaginesi, i quali, all’indomani della pace del 241 che pose fine alla prima guerra punica, si erano

rivoltati contro Cartagine, sia in Africa che in Sardegna, a causa del mancato pagamento del soldo. [ESMERALDA UGHI]

Bostare2 Abitante di Nora. Ricordato nell’orazione Pro Scauro di Cicerone, del suo omicidio fu accusato M. Emilio Scauro, governatore della Sardegna nell’anno 55 a.C. Il giovane B., avendo saputo che Scauro aveva ricevuto l’in` carico di governare la Sardegna, tento di fuggire dall’isola, ma rassicurato ` di cenare dallo stesso Scauro accetto con lui. Il governatore fu accusato di averlo fatto avvelenare nel corso del banchetto per appropriarsi del suo patrimonio. Cicerone nell’arringa difen` che Scauro non avrebbe siva obietto avuto alcuna ragione di uccidere B. che non era il suo erede e verso cui non aveva nessun motivo di odio personale. [ESMERALDA UGHI]

Boter Famiglia catalana di mercanti (secc. XIV-XVII). Agli inizi del secolo XIV si stabilı` a Cagliari per curare i propri affari. Nel corso dei decenni successivi raggiunse una posizione di presti` noto di quegli gio: il personaggio piu anni fu Raimondo, che nel 1364 fu eletto ` e nel 1385 terzo consigliere della citta divenne consigliere capo. Un suo di`, scendente, il ricco mercante Nicolo che nel 1413 era stato anche lui eletto ` la terzo consigliere, nel 1421 acquisto ` signoria di Assolo, il cui possesso pero la sua vedova non riuscı` a conservare. ` Uno dei suoi figli, Raimondo, accumulo un ingente patrimonio, fu creato cava` di acquiliere e tra il 1458 e il 1461 tento stare alcuni feudi. L’ascesa della fami` con suo figlio Gherardo glia continuo che divenne signore dell’undecima parte dei frutti dello stagno di Santa ` anche la signoGilla e nel 1490 acquisto ria di San Sperate. I suoi discendenti si ` , la cui estinsero nel 1590 con un Nicolo unica figlia Teodora era sposata con Gaspare Porcella.

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Boter

Boter, Michele Signore di San Sperate ` sec. XV-ivi (Cagliari, seconda meta 1510). Figlio di Gherardo, uomo di grande cultura, ottenne il permesso di scavare nel territorio del suo feudo alla ricerca di antichi reperti. Nel 1502 ` una gran quantita ` di antiche motrovo nete; morı` senza figli nel 1510.

Boter, Raimondo Mercante vissuto a ` un noteCagliari (sec. XV). Accumulo vole patrimonio ed ebbe il cavalierato ` dai De ereditario; nel 1458 acquisto Sena il feudo di Ussana ma non riuscı` a ´ , esconservarne il possesso perche sendo parte della dote di una delle figlie del venditore, fu costretto a renderlo. Non meno sfortunata fu l’opera` il zione con la quale nel 1461 acquisto ´ Parte Ippis dai Ribelles: infatti, poiche sul feudo i De Besora avevano il diritto di riscatto, quando poco tempo dopo Galcerando de Besora decise di esercitarlo, egli dovette rinunciare al suo acquisto.

concluse con la ‘‘marcia su Roma’’. Nel 1926 fu nominato ministro delle Corporazioni, nel 1927 stese la Carta del La`a voro. Fu in quegli anni che comincio occuparsi della Sardegna, tentando di dare uno sbocco alla crisi mineraria ` il ministero. Gosarda; nel 1934 lascio vernatore di Roma nel 1935, dal 1936 fu nominato ministro dell’Educazione na` l’elaborazione della zionale e avvio Carta della scuola. Negli stessi anni ` di legare al regime gli ambienti cerco intellettuali, sviluppando il sistema dei Littoriali e, successivamente, aprendo la sua rivista ‘‘Primato’’ alla collaborazione di intellettuali anche non schierati col regime. Fu cosı` che nel 1937 ` il ciclo delle Celebrazioni Sarde. ispiro Dopo il Gran Consiglio del 25 luglio 1943, riuscı` a espatriare, arruolandosi ` in Italia nella Legione Straniera. Torno ` nel 1947, e diede vita, nella prima meta degli anni Cinquanta, alla rivista ‘‘abc’’, orientata su una linea neo-corporativa. La rivista ebbe dei collaboratori anche in Sardegna, tra i quali Antonio Pigliaru (che era stato uno dei primi a recensire il libro di memorie del ‘‘Sergente Battaglia’’, Legione `e il mio nome) e Manlio Brigaglia. Nel volume che raccoglie gli Atti delle Celebrazioni sarde 1937, pub` un sagblicato a Urbino nel 1938, dedico gio a I Mameli.

Bottarga = Buttariga Bottazzi, Gianfranco Economista (n. Giuseppe Bottai – L’ex ministro dell’Educazione nazionale al suo rientro in Italia dopo l’amnistia del 1946.

Bottai, Giuseppe Uomo politico, giornalista (Roma 1895-ivi 1959). Combattente e decorato durante la prima guerra mondiale, al suo termine si lau` e divenne giornalista; redattore de reo ‘‘Il popolo d’Italia’’, finı` per aderire al fascismo. Nel 1921 fu eletto deputato e ` che si prese parte alla convulsa attivita

Avezzano 1948). Dopo la laurea in Eco` dedicato all’insegnamento nomia si e ` professore universitario. Attualmente e ` di Econoordinario presso la Facolta ` di Cagliari mia politica dell’Universita ` stato per alcuni anni predella quale e side. Tra i suoi scritti: Problemi concernenti una campagna di promozione sociale di prevenzione contro gli incendi (con Giulio Bolacchi), 1983; Zona di produzione franca (con G. Bolacchi), 1984; Oligopoli e crescita economica. Il passag-

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Bottidda gio dal sottosviluppo allo sviluppo in Sardegna (con G. Bolacchi e Tullio Usai), ` profondo. Divario ci1985; Il Sud, com’e vile, sociale ed altro, ‘‘Ichnusa’’, VIII, 16, 1989; Mercato del lavoro e sviluppo economico in Sardegna, ‘‘La Programmazione in Sardegna’’, XXVI, 11, 1992; Le cas de la Sardaigne (con G.P. Loy), in Em´velopment en Europe du Sud, ploi et de 1997; Eppur si muove. Saggio sulla pecu` del processo di modernizzazione liarita della Sardegna, 1999.

Botteri, Mauro Ingegnere triestino (n. sec. XX). Trasferito per motivi di lavoro in Sardegna alla fine degli anni Ses` alle chiese romanisanta, si interesso che dell’isola e tramite pazienti peregrinazioni riuscı` a raccogliere una ` di materiale che sintegran quantita ` in un non dimenticato volume, tizzo Guida alle chiese medioevali di Sardegna, edito a Sassari nel 1979. Tra i suoi scritti che riguardano la Sardegna: San Nicola di Ottana, 1971; S. Antioco di Bisarcio, 1971; Santa Maria di Uta, 1973; San Leonardo di Siete Fuentes, 1973; San Simplicio di Olbia, 1973; San Michele e S. Antonio di Salvenero, 1974; San Saturnino a Cagliari, 1974; Il tempio di S. Giusta, 1974; San Pietro extramuros in Bosa, 1974.

Botti, Giuseppe Egittologo (Modena 1853-Alessandria d’Egitto 1903). Conse` alguita la laurea a Bologna, si dedico l’insegnamento nelle scuole secondarie. Nel 1883 fu nominato professore nel Liceo ‘‘Dettori’’ di Cagliari. Rimase in Sardegna fino al 1888, conducendo approfonditi studi di archeologia punica e pubblicando il saggio Notizie su alcuni monumenti egizi e di arte congenere, 1883: fu il primo a sostenere la ne` di condurre nuovi scavi a Tharcessita ros, eseguiti razionalmente dopo le rapine e i disordini dell’ultimo mezzo secolo. Lasciata la Sardegna si trasferı` a Spoleto e nel 1889 fu nominato direttore

delle scuole italiane di Alessandria d’Egitto. Nella nuova sede riprese gli amati studi di archeologia e, dopo lunghe trattative, riuscı` a fondare nel 1892 e a dirigere il Museo greco-romano di Alessandria.

Botticini, Ivan Editore e giornalista (n. Cagliari 1962). Figlio di Rinaldo, raffinato tecnico pubblicitario, dal 1980 ha ` di comulavorato in una grande societa nicazione promuovendo numerose fortunate campagne pubblicitarie. Nel 1989 ha fondato la casa editrice Edi` imposta con pubzioni del Sole, che si e blicazioni di carattere turistico e am` autore di Cobientale molto curate. E lora la Sardegna. La Fauna, 2003; Colora la Sardegna. La Flora, 2003; Colora la Sardegna. Il Folclore, 2003; Colora la Sardegna. L’Archeologia, 2004.

Botticini, Rinaldo Letterato (Gottolengo 1937-Cagliari 1994). Giovanissimo ` in si trasferı` in Sardegna, dove si laureo ` di Cagliari. Lettere presso l’Universita ` all’insegnaDopo la laurea si dedico mento nelle scuole secondarie e si de` con passione alla politica. Socialidico sta, particolarmente attento ai problemi della cultura locale, fu eletto ripetutamente consigliere comunale e assessore di Cagliari. Scrittore raffinato, ci ha lasciato alcuni interessanti saggi e numerosi articoli pubblicati in diversi quotidiani. Tra i suoi scritti: Cagliari amore e rabbia, 1975; Geo Sardegna, 1991; Ve lo dico in favola, 1993.

Bottidda Comune della provincia di ` Sassari, compreso nella VII Comunita montana, con 780 abitanti (al 2004), posto a 396 m sul livello del mare, affacciato sul versante destro del Medio Tirso dal versante orientale della Catena del Goceano. Regione storica: Goceano. Diocesi di Ozieri. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 33,83 km2: ha la forma di uno stretto rettangolo allungata da

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Bottidda nord-ovest a sud-est e confina a nord e a est con Bono, a sud con Orotelli, a ovest con Illorai, Esporlatu e Burgos. Una lunga fascia che comprende, come avviene per altri di questi paesi confinanti, sia una parte della vallata del Tirso, sia un tratto del pendio montano, ` per arrivare ad alcune tra le cime piu alte della catena: Sa Pala’e Sa Trae e Campone, entrambe oltre i 1100 m. Su di un suolo misto di parti granitiche, calcaree e basaltiche, si alternano le aree utilizzate per l’agricoltura, quelle lasciate a pascolo e quelle ricoperte sia di boschi spontanei che di quelli ottenuti con gli interventi di forestazione ` atin questi ultimi decenni. Il paese e traversato dalla vecchia e tortuosa statale 128 bis, dalla quale si distaccano in questo punto due traverse, una che a sud-est va a congiungersi con la Macomer-Nuoro, l’altra che si inerpica fino a Burgos ed Esporlatu e, suddividendosi, ` del retroterra continua verso le localita montano. Nei pressi del fiume si al` al molunga la direttissima che pero mento non giunge, come nel progetto originario, sino a Olbia.

Bottidda – Sul monte Rasu si vedono i resti di un convento che si dice fondato dal beato Giovanni Parenti, discepolo di San Francesco d’Assisi. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale, appartenne al giudicato di

Torres e fu incluso nella curatoria del Goceano. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, il villaggio fu lungamente conteso tra i Doria e gli Ar` che questi borea e, dopo il 1290, sembro ultimi avessero la meglio; ma nel 1297 i Doria, sfruttando il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da coinvolgere nella conquista della Sardegna, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero l’investitura. Gli Arborea fecero buon viso a cattivo gioco e, alleatisi con gli Aragonesi, negli anni che precedettero la conquista mostrarono di accettare la nuova situazione, ma quando nel 1325 i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle loro truppe, conquistato e formalmente annesso al Regno di Sardegna. Il suo possesso, con quello di tutto il Goceano, fu definitivamente riconosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse al futuro Mariano IV il titolo di conte del Goceano. Scoppiata nel 1378 la guerra tra Mariano IV e Pietro IV, proprio quando ` acuto il re d’Arail conflitto si fece piu gona provocatoriamente incluse B. nei territori che aveva concesso in feudo al ` il viltraditore Valore de Ligia. In realta ` a rimanere possesso arlaggio continuo borense fino alla caduta del giudicato, e dopo il 1409 fu concesso in feudo al marchese d’Oristano. Di fatto il territorio non era ancora pacificato: sembrava che dovesse cadere nelle mani del visconte di Narbona e negli anni seguenti fu teatro di una continua guerriglia ` Bartolo Manno della quale approfitto per invadere e devastare tutto il Go´ la situazione non appaceano. Poiche riva controllabile da parte del mar` che chese d’Oristano, nel 1421 sembro il territorio potesse entrare a far parte del grande feudo concesso a Bernardo ` Leonardo CuCentelles; nel 1422 pero bello lo invase, sconfisse Bartolo

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Bottidda `. Cosı` B. Manno e finalmente lo occupo dopo anni di tribolazioni rimase in possesso dei marchesi d’Oristano. Dopo la ribellione di Leonardo Alagon il villaggio prese a essere amministrato direttamente da funzionari reali e nel 1493 fu definitivamente incluso nel patrimonio ` di reale: era ridotto ad avere poco piu 250 abitanti. Dipendeva dal governatore del Goceano che per espletare i propri compiti si serviva di funzionari. Il rapporto tra i funzionari reali e la popolazione non fu mai tranquillo, anche ´ a B., come negli altri centri del perche feudo, fu lentamente modificato il sistema di individuazione del majore, che finı` per essere scelto dal governatore. Altro motivo della crescente osti` era legato alla eccessiva gravosita ` lita del carico fiscale che rischiava di frenare la ripresa del villaggio. Nel secolo ` a creXVII la popolazione comincio ` scere, alla fine del secolo contava piu ` ma in quel periodo ebbero di 400 unita inizio alcune terribili faide tra gruppi di famiglie per il controllo del territorio. Nel secolo XVIII la popolazione au` ancora, entro la fine del secolo mento ` superava i 600 abitanti e B. comincio anche a sperimentare il Consiglio comunitativo e il Monte granatico che contribuirono a vivacizzare la sua vita sociale e amministrativa. Nel 1821 fu compreso nella provincia di Nuoro e al momento dell’abolizione dei feudi riscattato. In questa fase si colloca la puntuale testimonianza di Vittorio Angius: «Componesi quest’abitato di 158 case in ` lunga, che un’area competente piu larga. Le strade sono storte, e spesso immonde; le uscite del paese sporchissime per il letame che vi si ammucchia. La popolazione, nel 1833, era di anime 670 in famiglie 152. La vita va di pochi ` dei 60. L’industria e ` ridotta anni al di la alla sola tessitura. Si impiegano circa 100 telai, e quanto di panno e di tela so-

pravanza ai proprii bisogni mettesi in ` stabicommercio. La scuola normale e lita nel convento dei frati, e vi frequentano circa 15 fanciulli. L’estensione superficiale del territorio di B. saria sufficiente, se con maggior intelligenza e studio si coltivasse, pure ad una tripla ´ sono le terre assai popolazione, perche feconde. Due terzi delle medesime sono aperte e destinate alla pastura. I gioghi dei quali servonsi gli agricoltori bottiddesi sono 76. Si semina di grano starelli 228, d’orzo 150, di fave 40, di lino altrettanto, di canape 100, di civaje [legumi] 40. Possedendoci i Bonesi non pochi campi, essi pure vi seminano almeno con 20 gioghi starelli di grano 240, d’orzo 100. La produzione moltiplica all’8. Si coltiva con molto studio la vi` di gna, e si ottiene una gran quantita vino bianco, e nero, che si suol pareggiare ai vini del Campidano di Cagliari. L’orticoltura fiorisce. Molte sono le spe` dei fruttiferi, principalcie e varieta mente noci, mandorli, peri, pomi, fichi. Dai frutti delle prime due specie si ha ` ristretto il numero dei qualche lucro. E capi che si educano. Nel 1833 era quello dei buoi 152, delle vacche tra rudi e manse 90, delle capre 250, delle pecore 2000, delle cavalle 40, dei cavalli 60, dei porci 200, dei giumenti 45. Questi animali come in altre parti del Goceano (e di tutta l’isola), cosı` in B. mancando i molini idraulici servono alla macina` ricoperto di zione del grano. Il monte e quercie e lecci smisurati, e vi si possono ingrassare 6000 capi porcini. La generazione dei selvatici, daini, cinghiali e ` assai moltiplicata. Molto e ` pure volpi, e l’uccellame, e tra l’altre specie sono gli storni in tanta copia, che consumereb` della meta ` della vendemmia, bero piu se non si tenessero delle persone a spaventarli». Dal 1848, una volta abolite le ` a far province, il territorio di B. entro parte della divisione amministrativa di

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Bottidda Nuoro; quando questa, nel 1859, fu abolita, fu incluso nella provincia di Sas` dell’Ottocento sari. Nella seconda meta ` una fiorente attivita ` vitivi si sviluppo vinicola che rese famosa la produzione ` che purtroppo dei suoi vini, attivita ` un brusco arresto a causa della trovo ` di distruggere fillossera che minaccio totalmente i suoi vigneti. Il villaggio co` a decadere nel primo Novemincio cento e, terminata la prima guerra mondiale, tra le vivaci proteste dei suoi abitanti nel 1928 fu aggregato come frazione a Bono. Nel 1933 riuscı` tuttavia a riconquistare l’autonomia; nel secondo dopoguerra il tessuto socio-economico ` ulteriormente modifidel villaggio si e ` cato e anche l’impianto urbanistico e stato investito da una profonda azione di rinnovamento; dopo il 1960 la popolazione ha ripreso a diminuire e un ` emigrato. buon numero degli abitanti e & ECONOMIA La base della sua econo` la pastorizia, rinomata la produmia e zione di latticini; vi si pratica anche l’agricoltura, in particolare la cerealicol` stata negli ultura e la frutticoltura; c’e timi decenni anche una ripresa della viticoltura, dai cui frutti si ottengono buoni vini. Artigianato. Un tempo era abbastanza attiva la tessitura della tela ` di lino con manufatti di discreta qualita che in gran parte erano destinati all’uso domestico. Attualmente il comparto ar` rappresentato da alcune pictigianale e cole imprese edili e da altre ad esse col` collelegate. Servizi. Il centro abitato e gato mediante autolinee agli altri centri della provincia; dista da Sassari 74 km. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo e sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `: 2001 la popolazione contava 818 unita maschi 412; femmine 406; famiglie 305. La tendenza complessiva rivelava una lieve diminuzione della popolazione, con morti per anno 12 e nati 11; cancel-

lati dall’anagrafe 13; nuovi iscritti 12. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 14 745 in migliaia di lire; versamenti ICI 353; aziende agricole 183; imprese commerciali 34; esercizi pubblici 7; esercizi al dettaglio 15. Tra gli indicatori sociali: occupati 181; disoccupati 42; inoccupati 43; laureati 10; diplomati 68; con licenza media 253; con licenza elementare 243; analfabeti 27; automezzi circolanti 284; abbonamenti TV 231. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ricco di nuraghi (Cherterritorio e chizzu, Cugurutta, Larattu, Mastru Porcu, Mola ’e Sa Serra, Ortivai, Oruscula, Sa Corona, Sa Pietade, Sas Chidas, S’Osculana, Sos Nuraghes, Tanca Noa, Toscana) e annovera anche una Tomba di giganti, quella di Sa Corona. ` suggestivo e ` Senza dubbio il sito piu ´ comproprio quest’ultimo, perche prende anche un nuraghe, del tipo monotorre, abbastanza ben conservato con la volta interna a tholos, che domina l’at` situata la tuale abitato; poco distante e Tomba di giganti omonima, purtroppo molto danneggiata. Altro nuraghe inte` quello di Ortivai, anche queressante e sto del tipo monotorre, praticamente intatto anche all’interno con una bella tholos. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` antico del E AMBIENTALE Il nucleo piu villaggio si sviluppa in senso longitudinale alle falde del monte Corona, con strade a volte strette sulle quali si affac` piani, talvolta ciano case in pietra a piu ` reprecedute dalla corte; la parte piu ` sviluppata nella zona pianegcente si e giante del suo territorio e comprende alcune belle piazze alberate e ben curate arricchite da edifici sulle cui pareti alcuni pittori sassaresi hanno dipinto murales di buona fattura. L’edifi` la chiesa della cio di maggior rilievo e Madonna del Rosario, parrocchiale co-

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Bottiglioni struita nel 1860 sulle rovine dell’antica chiesa dell’Immacolata. Ha un impianto a tre navate sulle quali si affacciano cinque cappelle laterali. La fac` ornata da una doppio timpano ciata e ` abbellita da cornici che le conferied e scono un aspetto rinascimentale. All’interno sono conservati un magnifico coro intagliato e un crocifisso di grande ` espressiva: risalgono enintensita trambi al secolo XVI e sono stati salvati dall’antica chiesa scomparsa. Poco fuori dall’abitato sorge la chiesa della Madonna degli Angeli accanto alla quale nel 1640 fu costruito un convento francescano, dal quale dipendeva l’altro convento di monte Rasu e di cui non ` traccia alcuna. La chiesa risale si ha piu ` di piccole dimenal secolo XVI ed e sioni, ha l’impianto a una sola navata e la copertura in legno a capriate; nel ` stata ripetutamente corso dei secoli e ristrutturata. Il convento di monte Rasu si trova in territorio di Bono (=), all’interno di una tenuta conosciuta come Fattoria Ginnasi: si tratta di quel che resta del primo convento francescano in Sardegna, fondato prima del 1233, probabilmente da Giovanni Parenti discepolo di San Francesco, e rimasto in funzione fino al 1769. In seguito, dopo lo scioglimento degli ordini religiosi, le strutture del convento e l’intero territorio furono ceduti al conte ` nel 1898 lo ceBeltrame, la cui societa dette appunto a Innocenzo Ginnasi, un emiliano che vi si stabilı` con tutta la fa` la foresta e riadatto ` miglia, rivitalizzo ` che rimaneva del convento trasforcio ` comandolo in abitazione privata; salvo munque la chiesetta di San Francesco, ` sepolto. Anche B. dispone nella quale e di distese boschive che si prestano per l’escursionismo, mentre dalle sue cime si godono vedute molto ampie sul Goceano, il Nuorese e il Sassarese. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI In

passato il paese era lacerato da terribili faide tra gruppi di famiglie per il controllo dei pascoli; queste faide, perpetuate nel tempo da un accentuato spirito di vendetta che caratterizzava le relazioni pastorali, causarono numerosi morti, tanto che spinsero l’Angius ad affermare che avevano compromesso lo sviluppo demografico del paese. Un’altra tradizione intimamente legata alla ` la particolare affestoria del paese e zione al culto di San Francesco, al punto ` credenza diffusa a livello popoche e lare che il santo abbia vissuto per un certo tempo a B. A sostegno di questa credenza vengono mostrati lungo la strada per Bono un’orma del piede di San Francesco e un giaciglio di roccia che conserverebbe la sagoma del corpo del santo; infatti secondo la stessa leggenda il santo, adirato con gli abitanti di B., avrebbe deciso di lasciare il paese e di trasferirsi a Bono; ma poi, colto dalla stanchezza, si sarebbe addormentato lungo la strada sdraiandosi sulla roccia che miracolosamente avrebbe assunto la forma del suo corpo. La memoria delle antiche tradizioni si con` consideserva anche nella festa che e ` antica, quella di Sant’Antorata la piu nio che si svolge il 13 giugno con un intenso programma di manifestazioni. Un tempo era occasione per lo svolgimento di una piccola fiera e di manifestazioni ` preceduta di canto e di danza. Tuttora e dalla recita della novena, cui affluiscono anche abitanti dei paesi vicini.

Bottiglioni, Gino Glottologo (Carrara ` con il 1887-Bologna 1963). Si laureo Merlo alla Normale di Pisa nel 1910 e ` all’insesuccessivamente si dedico gnamento in diverse scuole secondarie; nel 1923 divenne preside del Liceo di Cremona. Furono gli anni in cui maturarono i suoi interessi scientifici per la glottologia e il folclore. Nel 1927 di` di Letvenne professore nella Facolta

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Botto ` di Cagliari, ma nel tere dell’Universita ` 1930 si trasferı` a Pavia, dove insegno fino al 1937, quando fu chiamato dal` di Bologna a insegnare l’Universita Glottologia, cattedra che tenne fino al ` legato alla reda1957. Il suo nome e zione dell’Atlante linguistico-etnografico della Corsica, promosso dall’Uni` di Cagliari, cosı` anche nella versita sua bibliografia (in specie quella riguardante la Sardegna) gli scritti di linguistica si alternano con le ricerche sulle tradizioni popolari: Saggio di fonetica sarda. Gli esiti di L (R.S) + cons e di j nei dialetti di Sassari e della Gallura, di Nuoro e del Logudoro, 1919; Leggende e tradizioni di Sardegna, 1922; Vita Sarda. Note di folklore, canti e leggende, 1925 (ristampata nella se` del Novecento, a cura di conda meta Mario Atzori); Osservazioni etimologiche e lessicali, ‘‘Athenaeum’’, IV, 1926; La Sicilia, la Sardegna e la Corsica nel` dei popoli tirreni, ‘‘Mediterral’unita nea’’, I, 1, 1927; Studi sardi, 1927; I nomi del muflone e i riflessi indo-europei della radice m ¯ u, «muggito», «ron` di Lettere zio», ‘‘Annali della Facolta ` di Cagliari’’, I, della R. Universita ` lin1928; La romanizzazione nell’unita guistica sardo-corsa, in ‘‘Sardegna romana’’, I, 1940; Il folklore sardo nei riferimenti e nelle analisi degli studiosi, ‘‘Lares’’, XXII, 1956.

Botto, Massimo Archeologo (n. sec. XX). Ha fatto parte del gruppo di la` di Viterbo che tra voro dell’Universita il 1992 e il 1995 ha ripreso gli scavi a Nora sotto la direzione di Sandro Filippo Bondı`. Tra i suoi scritti: I commerci fenici e la Sardegna nella fase precoloniale, in ‘‘Egitto Vicino Oriente’’, IX, 1986; Nora II. Prospezione a Nora 1992 (con M. Rendeli), ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 10, 1994; Monte Sirai I (con P. Bartoloni e

A. Peserico), ‘‘Rivista di Studi fenici’’, XXII, 1994; Nora III. Prospezione a Nora 1993 (con M. Rendeli), ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari’’, 11, 1995; Progetto Nora, campagne di prospezione 1992-1996 (con M. Rendeli), in L’Africa romana. Atti del XII convegno di studi, 1998; Nora VI. Prospezione a Nora 1994-1996 (con S. Finocchi e M. Rendeli), ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 15, 1998.

Botto, Paolo Religioso (Valparaı´so, Cile, 1896-Roma 1974). Arcivescovo di Cagliari dal 1949 al 1969. Nato a Valparaı´so da famiglia ligure nel 1896, combattente e decorato nella prima guerra mondiale, nel 1921 fu ordinato sacerdote. Laureato in utroque a Roma; nella diocesi di Chiavari fu impegnato in di` per versi incarichi di curia; insegno lunghi anni e fu assistente diocesano di Azione Cattolica; canonico della cattedrale, fu rettore del Seminario dal 1939 al 1949. In questi anni ricostruı` il Seminario e fu nominato protonotaro apostolico. Nominato arcivescovo di Cagliari, negli anni del suo magistero diede impulso alla costruzione di molte nuove chiese e al nuovo Seminario.

Bouchier, Edmund Spencer Viaggiatore inglese (n. sec. XX). Agli inizi del Novecento fece un viaggio in Sardegna ` per qualche tempo. Tore vi soggiorno nato in patria scrisse un libro sull’isola, ` in gran parte nozioni utilizzando pero attinte dallo Spano e dal Lamarmora: Sardinia in ancient times, 1917.

Bou Crespi Famiglia feudale valenzana (secc. XVII-XIX). Le sue notizie risalgono al secolo XIV; nel corso del secolo XVII il conte Bou di Summacacer, appartenente a uno dei molti rami ` con Ludovica della famiglia, si sposo Brondo, erede dell’immenso patrimonio feudale dei Brondo e pupilla del

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Bovet nonno materno, il marchese Cristoforo Crespi di Valldaura, vicecancelliere d’Aragona. I loro discendenti assunsero quindi il cognome di Bou Crespi, a cominciare dal loro figlio Cristoforo ` dalla madre i marche nel 1730 eredito chesati di Villacidro e di Palmas e le baronie di Acquafredda, Nuraminis e Monastir, un immenso complesso territoriale che comprendeva buona parte della Sardegna centro-meridio` continuo ` a risiedere in nale. Egli pero Spagna e fece amministrare i feudi da podatari. I suoi discendenti nel corso del secolo sostennero costose liti col fisco che avrebbe voluto sequestrare i feudi; burrascosi furono anche i rapporti dei B.C. con i vassalli che non volevano pagare i tributi feudali. Ma a conclusione di una delle loro numerose divergenze col fisco nel 1785 ottennero anche il marchesato di Musei; continuarono a sfruttare il patrimonio fino al 1838, quando la procedura del riscatto fu finalmente conclusa. La famiglia sussiste tuttora in Spagna.

Bouillier, Auguste Letterato e viaggiatore francese (Roane 1833-?, fine sec. XIX). Era colto e di famiglia ricca, per cui gli fu possibile passare gran parte della sua vita in lunghi viaggi. Giunse in Sardegna nel 1862. Conobbe Pietro Martini e divenne amico del canonico Spano e di altri esponenti della cultura ` sarda. Durante il suo soggiorno studio la storia e i costumi della Sardegna e ` accuratamente l’isola, traenvisito done felici osservazioni per i suoi ` le Carte d’Arborea e, studi. Esamino ritenendole false, una volta tornato a ` l’attenzione del Meyer su Parigi attiro ` importante, di esse. La sua opera piu ` nelle Lettres a M.M les annunciata gia Membres de la Societe´ historique et ar` L’ıˆle de cheologique de la Loire, 1862, e Sardaigne, de´scription, histoire, statistique, moeurs, ´etat social, pubblicata

a Parigi da Dentu nel 1865. Da essa furono tratte le traduzioni di alcune parti, Il dialetto e le canzoni popolari della Sardegna, pubblicato a Cagliari nel 1866, e I canti popolari della Sardegna, tradotto da Raffa Garzia e pubblicato a Bologna nel 1916.

Bourgade, Franc ¸ois Semitista (prima ` sec. XIX-seconda meta ` sec. XIX). meta Aveva in carico la cappella imperiale di San Luigi a Cartagine. Subito dopo gli scavi compiuti dallo Spano a Thar` l’importanza del ros nel 1850, segnalo ritrovamento di un’iscrizione fenicia e ne diede un’interpretazione, accolta dallo Spano nel suo ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’. In seguito i due rimasero in corrispondenza e quando ` a Tunisi, dinel 1856 lo Spano si reco vennero amici. I due articoli di B. sono Lapide fenicia sarda e Nuova interpretazione della lapide fenicia di Tharros, pubblicati nel ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, rispettivamente nel I e nel II, 1855 e 1856.

Bovale Vino sardo. Tratto da un vitigno rosso che giunse nell’isola nel periodo aragonese. Nel corso dei secoli se ne in` : il Bovaleddu, dividuarono due qualita detto anche B. Sardo o Muristellu, diffuso in tutta la Sardegna, un tempo vinificato in abbondanza e usato anche per la produzione della Malvasia; e il Bovali Mannu o B. di Spagna, chiamato nell’Oristanese Nieddera, che viene vinificato nei Campidani e usato anche per la formazione di altri rossi.

Bovet, Daniel Farmacologo, premio ˆ tel Nobel per la medicina (Neucha 1907-Roma 1992). Cittadino svizzero naturalizzato italiano, dopo la seconda guerra mondiale venne in Italia con la moglie Filomena Nitti. Negli ` per qualche anni Sessanta insegno ` di Sassari dopo tempo all’Universita essere stato insignito, nel 1957, del premio Nobel per la Medicina per i

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Boy suoi studi sui sulfamidici, gli antistaminici e il curaro sintetico.

seppe si trasferirono a Cagliari e a Oristano.

Boy, Gavino Scrittore (Sassari 1884Piacenza 1924). Epigono della Deledda, scrisse soprattutto romanzi e novelle, che furono pubblicati in periodici e riviste di livello nazionale. Da una di esse, L’automobile, fu tratto anche un film; un altro dei suoi romanzi fu tra` famoso dotto in francese, ma quello piu ` Malocchio, pubblicato a Parma; Vita e ` il titolo di un romanzo ritormentosa e masto inedito.

Boyl Famiglia feudale catalana (secc.

Daniel Bovet – Premio Nobel per la medicina nel 1957, fu per alcuni anni professore ` di Sassari (qui in un disegno all’Universita di Nani Tedeschi).

Boy Cognome cagliaritano (secc. XVI` riferito a diversi personaggi caXX). E gliaritani che compaiono nei documenti a partire dal secolo XVI, dei quali ` non e ` possibile verificare evenpero tuali legami genealogici: si trovano B. ` nel 1546, nel consiglieri della citta 1552, nel 1648, nel 1656, nel 1660, nel 1723, nel 1732 e nel 1751. Con lo stesso cognome figurano ambasciatori, prelati ` , e sebbene e altri ufficiali della citta non figuri alcun provvedimento di con` sono sempre trattati cessione di nobilta da nobili. Esisteva una famiglia B. di Elmas, che nel 1813 ottenne il cavalie` con un Antorato ereditario e la nobilta nio Angelo, i cui figli Salvatore e Giu-

XII-XVII). Le sue notizie risalgono alla fine del secolo XII, con un Filippo, vivente nel 1190. Un suo pronipote, Ghe` Sancia d’Aragona e dai due rardo, sposo nacque Pietro, consigliere reale, signore di Manises; questi fece un altro brillante matrimonio con Speranza della Scala, da cui nacquero Raimondo e Filippo, entrambi tra i maggiori protagonisti della spedizione dell’infante Alfonso in Sardegna nel 1323. Da Filippo nacque Pietro che, dopo aver preso parte alla conquista di Alghero nel 1353, vi si stabilı` e nel 1364 ebbe in ` feudo il salto di Putifigari con dignita di barone. I suoi discendenti continuarono a risiedere ad Alghero e si imparentarono con le altre famiglie dell’aristocrazia cittadina; riuscirono a conservare il feudo e nel corso del secolo XV ne acquistarono alcuni altri di piccole ` , le dimensioni. Nel secolo XVI, pero condizioni economiche della famiglia vennero meno a causa di continui conflitti col fisco; i B. furono costretti gradualmente a cedere tutti i loro feudi fino a che, per avere i mezzi necessari a costituire la dote di una loro sorella, Francesco e Pietro furono costretti a vendere anche Putifigari ad Agostino Angelo Sussarello. Si estinsero nel 1656 con un altro Francesco, figlio di Pietro.

Boyl, Filippo Governatore generale

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Braga della Sardegna (Catalogna, fine sec. XIII-Barcellona 1348). Gentiluomo catalano, prese parte alla spedizione in Sardegna dell’infante Alfonso e alle successive operazioni fino al 1326, anno in cui fu nominato governatore generale della Sardegna. Dopo pochi mesi fu richiamato a corte e nel 1331 nominato tesoriere reale. Nel 1340 prese parte alla conquista del Regno di Majorca.

Boyl, Francesco Vescovo di Alghero dal 1653 al 1655 (Alghero 1595-ivi 1655). Figlio di Pietro, barone di Putifigari, giunto a Cagliari per gli studi ed entrato nell’ordine dei Mercedari, si trasferı` in Spagna e fu nominato predicatore reale. Tornato in Sardegna, nel 1653 fu nominato vescovo di Alghero e qui morı` nel 1655, ultimo della sua famiglia. Ha lasciato diverse opere, tra le quali discorsi e opere morali. [MASSIMILIANO VIDILI]

Boyl, Giovanni Signore di Putifigari (sec. XV). Nipote di Pietro, valoroso ` da Giuomo d’armi, nel 1451 acquisto sperto Ferret i salti di Ruda e di Monti Majori e li unı` a quello di Putifigari. Con un’altra fortunata operazione nel 1457 ` dai Ferraria anche il salto di acquisto Vaiquili, estendendo ulteriormente i confini del suo feudo.

Boyl, Pietro Gentiluomo catalano (Cata` sec. XIV-?, dopo logna, seconda meta 1410). Figlio di Filippo, si trasferı` in Sardegna con Ugo di Santa Pau e prese parte alla conquista di Alghero nel 1353. Nel 1364 ebbe in feudo il grande ` di basalto di Putifigari, con la dignita rone. A causa dello scoppio della seconda guerra tra Aragona e Arborea, `, non riuscı` a entrarne in possesso, pero ´ il territorio era occupato dalle perche truppe arborensi. Dopo la stipulazione ` della pace di Sanluri nel 1388 sembro che potesse finalmente entrarne in pos` risesso, ma quando nel 1391 le ostilita presero, il territorio fu nuovamente occupato dalle truppe arborensi fino al 1409 e in seguito da quelle del visconte di Narbona.

BRADS Sigla del ‘‘Bollettino del Repertorio e dell’Atlante Demologico Sardo’’, una rivista fondata a Cagliari e diretta da Enrica Delitala a partire dal 1966. La rivista, legata alla cattedra di Tradi` di Cazioni popolari dell’Universita gliari, si avvale della collaborazione di prestigiosi studiosi e ha raggiunto rinomanza nazionale.

Braga, Emilio Studioso di storia econo-

` e insegno ` in Francesco Boyl – Algherese, studio Spagna, fu popolare predicatore a Madrid e poi vescovo di Alghero nel 1653. Disegno di P. Ayres per il Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna di Pasquale Tola (1837-1838).

mica (n. sec. XX). Insegna presso l’Uni` Bocconi di Milano; negli anni versita Ottanta ha collaborato con Massimo Guidetti alla stesura della Storia dei Sardi e della Sardegna. Il suo saggio riguardava La forza della tradizione e i segni del cambiamento: la storia economica 1820-1940, in La storia dei Sardi e della Sardegna, IV, 1990.

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Bragaglia volta a realizzare il suo progetto, tro`, delle nuove difficolta `. vando, pero

Branca, Anton Francesco Avvocato,

Anton Giulio Bragaglia – Regista teatrale e cinematografico, fu anche saggista e giornalista.

Bragaglia, Anton Giulio Regista e uomo di teatro (Frosinone 1890-Roma 1960). Dopo aver completato gli studi si ` di regia cinematografica e di interesso giornalismo teatrale. Nel 1918 con suo ` la ‘‘Casa d’arte Bragafratello fondo glia’’ in via Condotti a Roma facendone uno dei centri della vita culturale della ` . Grazie al suo impegno di spericitta mentatore instancabile (che lo aveva `a fatto aderire al Futurismo), continuo essere uno dei punti di riferimento della vita teatrale in Italia e divenne uno dei maggiori registi, operando un profondo rinnovamento nel settore. Particolarmente interessato alle pic` periferiche, fu legato alla cole realta ` di dar Sardegna, dove fin dal 1923 tento vita a un teatro stabile a Cagliari. L’impresa non ebbe successo, ma i legami con l’isola non vennero mai meno e nel ` un’altra secondo dopoguerra egli provo

consigliere regionale (Sassari 1926-Cagliari 1973). Di formazione sardista, subito dopo la caduta del fascismo, tra il 1943 e il 1944, aderı` alle posizioni separatiste di cui si faceva portatrice un’ala del partito. Terminata la guerra si ` con i sardisti di Lussu e nel schiero 1948 aderı` al PSd’Az Socialista e in seguito al PSI. Frattanto, conseguita la laurea in Giurisprudenza, si era dedicato alla professione di avvocato, ma senza trascurare l’impegno politico e sociale: sul finire degli anni Quaranta prese parte alle lotte per l’occupazione delle terre nel Guspinese e nel marzo 1950 fu arrestato a Sa Zeppara. Fu eletto ` volte consigliere comunale di Capiu gliari fino al 1965, quando divenne anche consigliere regionale per il suo partito. Nel 1967 fu assessore comunale nella prima giunta De Magistris; poco dopo si dimise per candidarsi alla Camera, ma non venne eletto. Fu invece rieletto consigliere regionale per la VI legislatura (1969-1974) e nel 1973 divenne assessore ai Trasporti, ma morı` poco dopo, per un’improvvisa crisi cardiaca, nel 1973. Tra i suoi scritti principali: oltre ad articoli giornalistici (Monopolio, ‘‘Il Solco’’, 1946; Il referendum popolare. Una conquista dell’autonomia, in ‘‘L’Unione sarda’’, 1957) da segnalare il saggio su I portuali di Cagliari. Una pagina di storia del movimento operaio sardo, 1955.

Branca, Giuseppe Giurista (La Maddalena 1907-Pesaro 1987). Dopo essersi laureato, nel 1930 intraprese una brillante carriera universitaria; studioso di Diritto romano, di Storia del Diritto romano e di Diritto privato, ha inse` di gnato dapprima presso l’Universita Messina, in seguito a Trieste e a Bologna e dal 1955 a Roma. Autore di centi-

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Brancaccio naia di pubblicazioni, alcune delle quali conosciute e stimate a livello europeo, condirettore della prestigiosa rivista ‘‘Foro Italiano’’, nel 1959 fu nominato giudice costituzionale. Fu anche presidente della Corte dal 1969 al 1971.

Branca, Remo Artista e scrittore (Sassari 1897-Roma 1988). Per quanto nel 1921 si fosse laureato in Legge, i suoi interessi si indirizzarono verso l’arte, ` di possedere non campo in cui mostro comuni doti. Contemporaneamente si ` in politica e nel giornalismo: impegno cattolico, fermo su posizioni antifasciste, nel 1923 assunse la direzione di ‘‘Li`’’, il periodico della diocesi di Sasberta sari. In seguito a una serie di sequestri del giornale fu costretto a lasciare Sassari e a rifugiarsi a Iglesias; nella nuova ` all’insegnamento, residenza si dedico istituı` una Scuola d’arte decorativa e ` il ‘‘Bollettino Bibliografico’’. Nel fondo 1926 si trasferı` a Oristano, dove conti` a impegnarsi in seno alle organizzanuo zioni cattoliche, ma nel 1931, nel corso della crisi tra Vaticano e governo fascista, fu nuovamente assalito e picchiato `e dai fascisti. Tra il 1933 e il 1937 fondo diresse la rivista ‘‘La Lampada’’. Nel 1940 diresse l’Istituto magistrale di Nuoro, quindi quello di Novara. Di qui si trasferı` a Roma, dove aderı` al CLN, sfuggendo a stento alle SS. Dopo la ca`, duta del fascismo riprese le sue attivita stabilendosi a Roma. Fu tra i primi a intuire l’importanza didattica del cinema e ne sostenne l’utilizzazione nelle ` scuole: ai problemi del cinema dedico la ‘‘Rivista del passo ridotto’’. Nel 1968 ` la rivista ‘‘Frontiera’’, a Cagliari fondo presso l’editore Fossataro, attraverso la ` ad animare la vita cultuquale continuo rale della Sardegna. Tra i suoi scritti: Decentramento amministrativo, 1921; Un’anima di apostolo, 1923; Francesco d’Assisi, 1923; Due parroci scrittori, Pietro Casu e Giovanni Antonio Mura, ‘‘Gio-

` Italica’’, 1925; Origine e caratteri ventu dell’arte rustica sarda, ‘‘Il Nuraghe’’, III, 31-32, 1925; L’arte rustica in Sardegna, ‘‘Il Nuraghe’’, V, nn. 10-11-12 1927; Fra Ignazio da Laconi, 1927; La pittura sarda, ‘‘Pattuglia’’, I, 2, 1928; Ricami di Sardiniae ars, ‘‘Mediterranea’’, III, 1929; Della pittura sarda, ‘‘Pattuglia’’, I, 4, 1929; Artisti sardi, 1932; Arte in Sardegna, 1933; Il crocifisso di Nicodemo, 1935; La predella di Valverde, pittura del sec. XVI in Sardegna, 1936; Bibliografia deleddiana, 1938; Che cos’e` la xilografia, 1939; Testimonianza a Grazia Deledda, 1940; Il cinema nella scuola, 1940; Il cinema nel messaggio cristiano, 1942; Fiori rossi sullo scoglio, 1942; Polemica sul cinema, 1945; Il cinema nella scuola italiana, 1948; Raffaello, 1951; La scuola e il film, 1952; Manzella, il santo che ho conosciuto, 1952; Questioni di cinema, 1952; Sardegna segreta, 1956; La xilografia in Sardegna, 1965; Medioevo a Orgosolo, 1966; Il crocifisso di Oristano, 1971; Il segreto di Grazia Deledda, 1971; Maestri incisori di Sardegna, 1973; La vita e l’arte di Francesco Ciusa, 1975; Sardegna segreta, 1976.

Branca, Sebastiano Poeta (Sassari 1738-Mores 1812). Fu avviato agli studi ` malvolendi diritto, ma li frequento ´ era attirato dal mondo tieri, perche delle lettere. Per il suo carattere impul` ripetutamente nei guai sivo si caccio per cui, per evitare spiacevoli conseguenze, fu costretto a lasciare la Sardegna per ben due volte. Stabilitosi a ` nella segreteria del cardiRoma, entro nale Borghese e successivamente si trasferı` a Napoli. Tornato in Sardegna si stabilı` a Mores. Essendo in grandi ristrettezze, per vivere fu costretto a dare lezioni di latino e a comporre orazioni sacre che vendeva ad altri. Ha la` di composisciato una grande quantita zioni inedite.

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Brancaleone da Romana

Brancaleone da Romana = Cugusi, Brancaleone

Branci Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del ` di VillaSigerro. Sorgeva in prossimita massargia. Quando il giudicato di Ca` di esistere, nella divisione gliari cesso del 1258 il villaggio fu compreso nel terzo assegnato ai Della Gherardesca, che per insanabili contrasti familiari poco tempo dopo procedettero a un’altra divisione. B. cosı` fu compreso nella parte toccata al ramo del conte Ugolino; fu amministrato dai funzionari dei nuovi signori con precisione fiscale, ma la sua struttura sociale fu conservata e i suoi abitanti continuarono a eleggere annualmente il majore e, nel complesso, furono coinvolti nel processo di sviluppo di Iglesias. Il conte Ugolino, che si era impadronito del potere a Pisa, fu assassinato, probabilmente col concorso dei cugini dell’altro ramo, per cui nel 1289 i figli dichiararono guerra al Comune. La guerra fu combattuta nei territori iglesienti e B. fu investito dalle operazioni, subı` dei danni e, dopo che i Della Gherardesca ` sotto il furono sconfitti, dal 1295 passo controllo diretto di Pisa, che lo fece amministrare da suoi funzionari. Con l’arrivo degli Aragonesi, nel 1323, il villag` a far parte del Regnum Sardigio entro `a niae. Nel giro di pochi anni comincio decadere e subito dopo la conquista aragonese fu abbandonato dalla popolazione.

Brancoli, Isabella Archeologa (n. sec. XX). Nel 1964 prese parte alla missione ` ‘‘La Sapienza’’ di scavo dell’Universita di Roma nell’area del tofet di Monte Sirai, scoprendo il cosiddetto ‘‘villaggio ` a lavorare ancora Bartoloni’’. Continuo nel 1965. Alle sue ricerche sarde si riferisce l’articolo La necropoli (con M.G. Amadori Guzzo), in Monte Sirai II. Rap-

porto preliminare della missione archeo` di Roma e della Sologica dell’Universita ` di Cagliari, printendenza alle antichita ‘‘Studi semitici’’, 14, 1965.

Brandileone, Francesco Storico del diritto (Buonabitacolo 1858-Napoli ` in Germa1929). Laureato nel 1883 ando nia a specializzarsi in Storia del Diritto. Nel 1886 divenne professore di Storia ` del Diritto italiano presso l’Universita ` fino al 1888. di Sassari, dove insegno Nel ventennio successivo, fino al 1906 ` a Parma e poi a Bologna fino al insegno 1921, anno in cui fu chiamato a Roma ` che settantenne. dove morı` poco piu Poco prima era stao chiamato all’Acca` legato demia dei Lincei. Il suo nome e alla teoria secondo la quale i giudicati sarebbero stati sviluppati da Goti provenienti dalla Spagna e stanziati in Sardegna nel secolo IX, come sostenne nel saggio Note sull’origine di alcune istituzioni giuridiche in Sardegna durante il Medioevo, ‘‘Archivio storico italiano’’, XXX, 1902.

Brandis, Pasquale Geografo (n. Cagliari 1932). Laureato in Geologia a ` dedicato all’insegnamento Roma, si e universitario. Ha insegnato presso l’U` di Cagliari e successivamente niversita ` divenuto in quella di Sassari, dove e ` stato preside professore ordinario ed e ` legato negli anni Ottanta. Il suo nome e a numerose pubblicazioni, tra cui un importante studio geoidrologico della Sardegna settentrionale, e ai convegni internazionali di studi geografico-storici organizzati a Sassari, di cui sono apparsi 6 volumi di Atti. Tra i suoi scritti: Studio geo-idrologico della Sardegna settentrionale (con Bruno Dettori e Antonio Pietracaprina), 1967; Il Goceano. Notizie storiche, geografiche, demografiche ed economiche (con Arnaldo Satta Branca e Francesco Giordo), 1971; Ricerche geografiche ed economiche sulle sorgenti minerali di San Martino, 1973;

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Brea Considerazioni geografiche sulla descrizione della Sardegna di Strabone, ‘‘Archivio storico sardo di Sassari’’, V, 1979; La geografia della Sardegna in una carta anonima seicentesca, in Atti del III Convegno internazionale di Studi colombiani, 1979; La fotografia aerea per la cartografia tematica e la geografia della Sardegna, 1980; I fattori geografici della distribuzione dei nuraghi nella Sardegna nord-occidentale, in Atti della XXII Riunione scientifica dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria nella Sardegna centro-settentrionale, 1980; Il centro storico di Alghero. Un patrimonio artistico da conservare (con Marina Sechi), ‘‘Archivio storico sardo di Sassari’’, VIII, 1982; Le risorse idriche ci sono, bisogna saperle utilizzare in Sardegna, in L’uomo e la pianura (a cura di Angela Terrosu Asole), 1984; Sulle caratteristiche formali e tecniche di una carta anonima seicentesca della Sardegna in Imago et censura mundi, 1985.

Brassetti, Margherita Serva di Dio (Cagliari 1877-Triora 1927). Figlia di un magistrato genovese, battezzata nella cattedrale di Cagliari con i nomi di Luigia, Giuseppa, Teresa e Bonaria, prima comunione a Torino (1887) amministratale da don Bosco, studi magistrali. Ri` su consiglio dell’arcivescovo di nuncio Genova al monastero, scegliendo di servire in case di privati. Visse evangelicamente, dedita al sociale e alla preghiera, sopportando umiliazioni e sofferenze.

Brassey Famiglia di imprenditori in` glesi (secc. XIX-XX). Nella prima meta dell’Ottocento i suoi membri avevano fatto fortuna in mezzo mondo con un Thomas, appaltatore di costruzioni ferroviarie. La famiglia, a partire dal 1880, ` delle miniere sarde costisi interesso ` Pertutuendo con G. Henfrey la societa sola, che poteva disporre dell’omonima ` avanzate fonderia, allora una delle piu

in Europa. I B. arrivarono a controllare le miniere di Ingurtosu e Gennemari; cominciarono a disinteressarsi delle miniere sarde dopo il 1919, con la morte di un Thomas, nipote del primo Thomas.

Brassey, Thomas Lord inglese, imprenditore minerario (?, sec. XIX-Londra 1919). Nipote del fondatore delle fortune della famiglia, imprenditore ` le quote del minerario, nel 1893 rilevo gruppo Henfrey che la Pertusola aveva in Sardegna, e alcuni anni dopo anche ´te ´ Anonyme de plomb quelle della Socie `re de Gennemari et Ingurtosu. argentife `e Diede notevole impulso alle attivita ` a Ingurtosu la grande nel 1900 inauguro laveria che porta il suo nome.

Bray, M. Warwick Archeologo americano (n. sec. XX). Negli anni Sessanta ` interessato della cultura di Ozieri e si e del Neolitico recente in Sardegna, collaborando con David Trump. Tra i suoi scritti: The Ozieri culture of Sardinia, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XVIII, 1-4, 1963; Sardinian Beakers, in Proceedings of the Prehistoric society for 1964, XXX, 1964; Ozieri (con D.H. Trump), voce in Dizionario di Archeologia, 1973.

Brea Famiglia ligure (secc. XVII-XVIII). Originaria di Alassio, da qui si trasferı` in Sardegna con un Tomaso che si stabilı` a Sassari e nel 1613 ne ottenne la ` un’attivita ` cittadinanza. Egli impianto commerciale raggiungendo una discreta posizione economica; i suoi discendenti la svilupparono ulteriormente nel corso del secolo XVII. Nel 1710 uno di essi, un Giovanni, ebbe il ` . La cavalierato ereditario e la nobilta ` a mantenere una pofamiglia continuo sizione di prestigio; alcuni dei suoi membri divennero consigliere capo ` e ricopersero altre impordella citta tanti magistrature. Si estinsero alla fine del secolo XVIII.

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Breglia Pulci Doria

Breglia Pulci Doria, Laura Numisma` alla ritica (n. Napoli 1912). Si dedico cerca e all’insegnamento universitario. Dal 1962 divenne presidente dell’Istituto Italiano di Numismatica e, dal 1968 al 1982, professore ordinario di Numismatica antica presso l’Univer` di Roma. Si e ` imposta come stusita diosa della monetazione della Magna Grecia e dell’Impero romano. Tra i suoi scritti: Spunti di politica monetaria romana in Sicilia e in Sardegna, ‘‘Rendiconti dell’Accademia di Napoli’’, XXIVXXV, 1952-54; La Sardegna arcaica tra tradizioni euboiche ed attiche, in Nou` l’e ´tude de la societe´ velle contribution a ´ennes, 1981. et de la colonisation eube

` di fregli anni successivi si sposto ` italiane; a Genova quente in altre citta divenne confessore dei principi di Cari` a Roma e di lı` a gnano. Nel 1835 torno ` ambienti ultraModena dove frequento montani arroccandosi su posizioni reazionarie. Gli anni successivi furono caratterizzati da un grande impegno lette` a scrivere romanzi rario, che lo porto storici fortemente antiromantici, con i quali peraltro (in particolare L’ebreo di ` una notevole popolaVerona) acquisto ` . Dalla sua posizione di scrittore rita reazionario e insieme populista Anto` la formula di ‘‘niponio Gramsci derivo tini di padre B.’’, applicata a molti scrittori italiani del primo Novecento.

Brelich, Angelo Studioso di storia delle religioni (Budapest 1913-Roma 1977). ` allo studio Dopo la laurea si dedico della storia delle religioni. Stabilitosi ` la materia in Italia, dal 1959 insegno ` ‘‘La Sapienza’’ di presso l’Universita ` dedicato un sagRoma. Alla Sardegna e gio, Sardegna mitica, in Atti del Convegno di Studi religiosi sardi, 1963.

Brenti ’e sanguni (campidanese ‘‘stomaco di sangue’’) Piatto tipico. Si rial` antiche tradizioni del laccia alle piu mondo dei pastori. Molto simile a su zurrette della Sardegna centrale, lo si ottiene utilizzando lo stomaco di una capra o di una pecora giovane. Dopo essere stato accuratamente lavato e ripulito viene riempito del sangue dell’animale non coagulato e di un soffritto di cipolle, favette, pane sbriciolato, mentuccia e tre tipi di formaggio. Chiuso ` tigu) e lacon uno stecco di erica (su sta sciato bollire in acqua salata per un’ora, viene servito freddo tagliato a fette.

Bresciani, Antonio Studioso di tradizioni popolari (Ala 1798-Roma 1862). Entrato in Seminario fu consacrato nel 1821, e nel 1822 prese a insegnare retorica nel Liceo di Bressanone; nel 1824 a ` nell’ordine dei Gesuiti. NeRoma entro

Antonio Bresciani – Gesuita, fondatore della ` Cattolica’’, venne in Sardegna alla ‘‘Civilta ` dell’Ottocento e scrisse un libro ricco di meta spunti originali.

Tra il 1843 e il 1846 fece quattro viaggi in ` presso l’Universita ` Sardegna e insegno di Sassari. Dal 1849, tornato a Roma da

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Breve portus Kallaritani dove era fuggito alla proclamazione della repubblica, diede impulso alla ` Cattolica’’. Negli anni succes‘‘Civilta ` ad approfondire i suoi sivi continuo studi. Oltre a un primo reportage, Descrizione dell’isola di Sardegna, pubbli` famoso e ` cato nel 1847, il suo libro piu Dei costumi dell’isola di Sardegna comparati cogli antichissimi popoli orientali voll. 2, pubblicati a Napoli dalla stessa ` frutto di ` Cattolica’’ nel 1850. E ‘‘Civilta un nuovo viaggio in Sardegna, compiuto durante l’‘‘esilio’’ da Roma: la tesi della somiglianza degli arcaici costumi dei sardi con le usanze dei popoli orientali ` a forza‘‘antichissimi’’ lo porta qua e la ture non giustificate, ma il libro contiene una messe di interessanti osservazioni dirette.

Breve (o statuto) Nel primo periodo della vita dei Comuni il b. era una forma di giuramento che i cittadini dei Comuni adottavano in pubbliche assemblee, impegnandosi a osservare un insieme di regole di comportamento che disciplinavano un settore della vita della comu` . Il giuramento era sancito in forma nita solenne e consentiva di dare forma e valore giuridico a norme consuetudina` osserrie che i membri della comunita vavano precedentemente o ai nuovi regolamenti che le magistrature comunali redigevano per regolarne la vita. L’insieme delle materie che furono oggetto dei brevi col tempo finirono per formare il corpus delle leggi fondamentali sulle quali si reggevano i Comuni: i brevi contenevano le norme che i magistrati dovevano osservare nell’esercizio delle loro funzioni (statuti). Questo tipo di documento giuridico si trova anche in Sardegna nel periodo che va dal secolo XIII al XIV, specialmente nei ter` immediata e diretta si ritori dove piu fece sentire l’influenza di Pisa e di Genova. I brevi e gli statuti sardi nella loro elaborazione non passarono attraverso

la fase della sanzione assembleare, essi contengono piuttosto la formalizzazione di un insieme di norme consuetudinarie generalmente elaborate da ` poliesperti su commissione dell’entita ` dipendeva. I tica da cui la comunita ` noti ancora esistenti brevi o statuti piu in tutto o in parte sono: 1. gli statuti del Comune di Sassari; 2. il Breve di Villa di Chiesa (=) 3. il Breve portus Kallaritani (=); 4. gli statuti di Castelsardo; 5. il Breve di Bosa (frammentario). Si ha notizia di altri documenti che sono invece andati perduti: 1. il Breve del Vicario di Gallura; 2. il Breve dei castellani di Cagliari; 3. il Breve del rettore di Domusno` di Terranova e vas; 4. il Breve del podesta di Orosei.

Breve di Villa di Chiesa Statuto della ` di Iglesias voluto dai Della Ghecitta rardesca quando, dopo il 1257, ne divennero signori, e completamente riscritto ` passo ` sotto il nel 1302 quando la citta controllo diretto del Comune di Pisa. Il testo originario, che era in latino, venne tradotto in italiano; gli Aragonesi, dive` , nel 1327 ne rinuti padroni della citta conobbero l’efficacia, tanto che lo statuto rimase in vigore nei secoli succes` diviso in quattro libri: il sivi. Il testo e primo contiene i princı`pi fondamentali che ispirano l’ordinamento; il secondo contiene la normativa penale; il terzo contiene le normative di diritto civile e le procedure; il quarto disciplina l’atti` mineraria, la metallurgia e il funvita ` comzionamento della zecca. Il testo e preso nel recente volume Codice diplomatico di Villa di Chiesa in Sardigna, ristampa del Codex diplomaticus ecclesiensis di Carlo Baudi di Vesme (1877), con introduzione di Barbara Fois, curata dalle Edizioni Della Torre di Cagliari, 1997.

Breve portus Kallaritani Nome con cui ` chiamato lo statuto che disciplina le e ` del porto di Cagliari in periodo attivita

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Briais pisano. Il documento, originariamente ` un vero e proprio coscritto in latino, e dice che sancisce diritti e doveri, individua le procedure con le quali regolare i rapporti tra le persone che lavorano nel porto e le operazioni relative a ` portuali. Fu tradotto in tutte le attivita italiano nel 1319 e successivamente in sardo.

Briais Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Figulinas. Sorgeva non lontano da Ossi in ` Santu Miali. Agli inizi del selocalita colo XIII, in seguito a un matrimonio, ` in possesso dei Malaspina. passo Quando si estinse la famiglia dei giudici di Torres, essi lo inclusero nel loro piccolo stato mantenendo un buon rapporto con i vassalli, che conservarono la loro autonomia. Con l’arrivo degli Aragonesi nel 1323 i Malaspina prestarono omaggio feudale all’infante Al` a far parte del Refonso e cosı` B. entro gnum Sardiniae. La nuova situazione fu di breve durata: infatti nel 1325 essi si schierarono a fianco dei Doria che si erano ribellati e presero a combattere contro gli Aragonesi; nel 1330 il villaggio fu assalito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni. Ne` a decagli anni che seguirono comincio dere e a spopolarsi, ma rimase in possesso dei Malaspina fino al 1342, anno in cui il marchese Giovanni, morendo ` in eredita ` con senza eredi, lo lascio tutto quanto possedeva a Pietro IV d’Aragona. I fratelli del defunto, irritati, tentarono di resistere con le armi al re e il villaggio cadde nel caos. Dopo alterne vicende B. fu sequestrato definitivamente ai Malaspina nel 1353; la sua popolazione era ridotta a poche decine di abitanti e nel corso dei decenni successivi, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, divenne teatro

` completadelle operazioni, si spopolo mente e scomparve.

Brigaglia, Aldo Pubblicitario, editore (n. Sassari 1940). Fratello di Manlio, laureato in Giurisprudenza nel 1963, ha lavorato presso il Centro regionale di programmazione di cui ha diretto per anni l’Ufficio Stampa. In quel periodo ha ideato e diretto il periodico ‘‘La programmazione in Sardegna’’. Lasciata l’amministrazione regionale, ha fondato l’agenzia pubblicitaria Janus e nel 1989 il centro di servizi congressuali Tema, imponendosi rapidamente nel mercato della comunicazione. Intrapresa anche (sotto la sigla Tema) l’atti` editoriale, ha pubblicato diversi vita volumi. Ha tradotto dal francese i libri sulla Sardegna di Claude Schmitt e tutte le opere ‘‘sarde’’ di Edouard Vincent (=), e dall’inglese Interludio di Sar´ zdova ´ . Ha cudegna di Amelie Posse Bra rato Cronache d’arte (2004), La Pietra e il muschio (2005) di Mario Ciusa Roma` Il pensiero pergna, e con Eugenio Orru ` del pensiero di Antomanente. Attualita nio Gramsci (1999), dell’Istituto Gramsci di Cagliari. Con Giuseppe Podda ha scritto In prima linea su Giaime Pintor. ` membro del direttivo nazionale della E TP, l’associazione italiana dei pubblicitari.

Brigaglia, Manlio Storico, scrittore (n. Tempio Pausania 1929). Dopo la laurea ` di Cain Lettere presso l’Universita gliari, conseguita nel 1948, ha insegnato per molti anni al Liceo ‘‘Azuni’’ di Sassari e sotto la guida di Alberto Boscolo si ` dedicato a ricerche di storia conteme poranea. Frutto di questo impegno sono i numerosi volumi e articoli, la collaborazione editoriale a opere collettive, la collaborazione a ‘‘Ichnusa’’, dal 1956 al 1964, la condirezione di ‘‘Autonomia Cronache’’ e di ‘‘Quaderni Mediterra` diventato professore nei’’. Nel 1980 e associato e ha insegnato sino al 2002

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Brigaglia Storia contemporanea presso la Fa` di Lettere dell’Universita ` di Sascolta sari. Nel 1980 ha fondato con un gruppo di colleghi i prestigiosi ‘‘Quaderni sardi di Storia’’, usciti sino al 1985. Ha diretto il comitato scientifico che ha creato il Museo della Brigata ‘‘Sassari’’ a Sassari.

Manlio Brigaglia – Tempiese, insegnante a Sassari: trent’anni al Liceo ‘‘Azuni’’, oltre ` di Lettere. vent’anni alla Facolta

Nel 2003 ha ricevuto dal presidente della Repubblica la medaglia d’oro di benemerito della cultura e dell’arte `). Ha curato, con An(settore Universita tonello Mattone e Guido Melis, La Sardegna. Enciclopedia in 3 volumi, con saggi di 120 studiosi italiani e stranieri, uscita in varie edizioni fra il 1982 e il 1994. Tra i suoi scritti, una serie di ‘‘Lettere dalla Sardegna’’ per la rivista ‘‘abc’’, diretta da Giuseppe Bottai: Il ` quotimito della Regione nella realta diana, I, 3, 1953; Il problema della rinascita, I, 19, 1953; L’industrialismo e la riforma agraria in Sardegna, I, 9, 1953; Una ribellione a mezzobusto, III, 13, ` stato redat1955. Su ‘‘Ichnusa’’, di cui e tore capo, ha scritto: Note sulla funzione della critica letteraria in Sardegna, 23,

1958; Il libro dei Sassaresi’’, 28, 1959; Il momento culturale in Sardegna, 29, 1959; La giovane letteratura sarda, 36, 1960; I Catalani di Alghero, 36, 1960; ‘‘Il Bogino’’, una rivista per la rinascita, 37, 1961. Altre opere: Profilo storico della ` di Alghero, 1963; Breve storia della citta cultura in Sardegna, in Sardegna: un popolo una terra (a cura di Franco Maria ` Stevani), 1963; Profilo storico della citta di Sassari, 1963; 20 anni di politica in Sardegna 1943-1963 (con lo pseudonimo di Luciano Vinci), 1963; Dove va la Gallura, 1964; Dibattito sul banditismo e inchiesta parlamentare, ‘‘Autonomia Cronache’’, 1, 1968; La poesia e i tempi di Pompeo Calvia, introduzione alla nuova edizione di Terra dei Nuraghes, Sassari mannu, 1967; Appunti per un nuovo regionalismo, in ‘‘Autonomia Cronache’’, 6, 1969; La Sardegna di Mazzini, ‘‘Autonomia Cronache’’, 7, 1969; La Cagliari di Stanis Dessy, in Stanis Dessy, catalogo della mostra cagliaritana, 1970; La Sardegna nei primi cinquant’anni dell’Ottocento, 1970; Sardegna, perche´ banditi, ` di stampa e diritto d’infor1971; Liberta mazione in Sardegna, in L’Informazione in Sardegna (a cura di M. Brigaglia), 1973; Campus Nino, voce in Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, I, 1973; Introduzione a ‘‘Riscossa’’, n. 3 della collana ‘‘Stampa periodica in Sardegna 1943-49’’, 1974; La Sardegna contemporanea (con A. Boscolo e L. Del Piano), 1974; Claudio Demartis, in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico, II, 1975; Il meglio della grande poesia in lingua sarda (con Michelangelo Pira), 1975; Il mestiere della politica, in Scritti politici e discorsi autonomistici di Paolo Dettori (a cura di Pietro Soddu), 1976; Emilio Lussu, Per l’Italia dall’esilio (a cura di M. Brigaglia), 1976; ‘‘Sardegna’’. La rivista di Attilio Deffenu 1914, reprint, 1976; Emilio Lussu e ‘‘Giustizia ` ’’, 1976; La classe dirigente a e Liberta

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Brigaglia Sassari da Giolitti a Mussolini, 1979; Emilio Lussu. Lettere a Carlo Rosselli e ` ’’, 1979; altri scritti di ‘‘Giustizia e Liberta Pastori e contadini di Sardegna di Maurice Le Lannou (tradotto e curato da M. Brigaglia), 1979; La Brigata, il suo mito, la sua storia, introduzione a Gli intrepidi sardi della Brigata Sassari, di Leonardo Motzo, 1980; La Brigata Sassari come problema storiografico, in Storia della Brigata Sassari, di Giuseppina Fois, 1981; Alcuni aspetti della storia mediterranea della Sardegna, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del primo Convegno di studi geografico-storici, 1981; Il carattere di Tempio, in Tempio ` dell’Ottocento, di Manella seconda meta rilena Bruschi Brandano, 1982; Il paesaggio agrario, in Le opere e i giorni. Contadini e pastori nella Sardegna tradizionale (a cura di Giulio Angioni e Francesco Manconi), 1982; Stato attuale della ricerca sulla Sardegna dal primo dopoguerra all’autonomia, in La ricerca storica sulla Sardegna, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIII, 1983; Nuovi documenti per una biografia asproniana (con Raimondo Turtas), in Atti del Convegno nazionale di studi su Giorgio Asproni, Nuoro 1979, 1983; Quando si dice banditismo sardo, in Fenomenologia dei sequestri in Sardegna: ricerca svolta dallo United Nations Social Defense Research Institute. Rapporto storico-antropologico ed economico-culturale, ‘‘Quaderni della giustizia’’, III, 23-24, 1983; Alghero: la Catalogna come madre e come mito, in I Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi), 1984; I giornali in Sardegna tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, in Amministrazioni locali e stampa in Emilia Romagna 1889-1943, Convegno di Studi Ferrara 1982, 1984; Paolo Dettori, voce in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, III, 1984; La Sardegna e i suoi tristi tropici, in La ragione

dell’utopia. Omaggio a Michelangelo Pira, 1984; La cultura dei tempi di G. Siotto Pintor, in G. Siotto Pintor e i suoi ` ), 1985; Le rivitempi (a cura di Tito Orru ste sarde e la storia locale, in La memoria lunga. Atti del Convegno di Cagliari 1984, 1985; Cronologia della Sardegna autonomistica 1948-1985 (con Simone Sechi), 1985; Tre episodi dell’antifascismo repubblicano in Sardegna (1930-1936), ‘‘Archivio Trimestrale’’, XI, 3, 1985; La prima notte dei Giovani Turchi, in Cossiga, la vita, il mondo, i segreti, 1985; A proposito di un libro di Girolamo Sotgiu. Le radici antiche della questione sarda, ‘‘Nuova Rinascita sarda’’, I, 1, 1986; L’antifascismo in Sardegna (con Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis), 1-2, 1986; Introduzione, in Discorsi parlamentari di E. Lussu, I, 1-2, 1986; La geografia nella storia della Sardegna, in Storia dei Sardi e della Sardegna (a cura di Massimo Guidetti), I, 1987; alcune voci nella Enciclopedia dell’antifascismo e della resistenza: Salvadori Lussu Joyce, Sardegna, Sassari, 1987; Orgosolo. Antropologia di una ` , ‘‘Ichnusa’’, n.s., 12, 1987; Intertribu vento su Gramsci, in La questione meridionale: atti del convegno di studi di Cagliari 1987, 1988; La montagna sarda (con Lorenzo Idda) in Italia rurale (a cura di Corrado Barberis), 1988; Un’isola e la sua storia, in Carloforte: storia di una colonizzazione, di Giuseppe Vallebella, 1988; Storia e memoria della ` del cuoio, in Via delle Conce: storia citta e memoria dell’industria del cuoio a Sassari (1850-1970), di Sandro Ruju, 1988; Pigliaru e l’organizzazione della cultura in Sardegna, ‘‘Ichnusa’’, supplemento n. ` , in Ozieri: 23, 1989; Nascita di una citta ` (1836-1986), 1989; L’arstoria di una citta cipelago di Garibaldi. La Maddalena (con Tito Stagno e G.M. Sfligiotti), 1989; Vestivamo alla moschettiera, in Econo` in Gallura tra l’Ottocento e mia e societa

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Brigaglia il Novecento. Atti del Convegno di Studi per il centenario dell’istituzione del Ginnasio statale G.M. Dettori, 1989; Nuova ` e antico malessere, ‘‘Ichcriminalita nusa’’, 24, 1989; Tutti i libri della Sardegna, 1989; Per una storia dell’acqua in Sardegna, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del III Convegno di studi geografico-storici Sassari 1985, VI, 1990; Lo sguardo straniero. Ricercatori in Sardegna negli anni della rinascita, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XVI, 1990; Alberto Lamarmora e la Sardegna, in Intel` in Sardegna tra restaulettuali e societa ` d’Italia, I, 1991; Sassari razione e l’unita e la sua memoria, in Sassari e la sua memoria: quali interventi nel centro storico?, 1990; Un’isola di nome Sardegna (con Salvatore Pirisinu), 1991; La storia vista da lontano, in Diario del ’43, di Aldo Cesaraccio, 1992; Sassari figlia di Torres, in Lo stemma del Comune di Sassari, 1992; G.M. Lei Spano e la questione sarda, postfazione alla ristampa di La questione sarda. Con dati originali, 1992; Libri e linotypes, in Cento anni di Gallizzi: una tipografia sassarese tra due secoli 1892-1992, 1992; Per una storia della bonifica della Nurra. Le Carte Ascione 1918-1948 (con Guido Melis), in Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo. ` e di una minoranza Storia di una citta catalana in Italia (XV-XX sec.) (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994; Emilio Lussu e il sardismo dell’esilio, in Emilio Lussu e il sardismo. Atti del Convegno di Cagliari 1991, 1994; Antonio Pigliaru e la sua rivista, in Gli anni di Ichnusa: la rivista di Antonio Pigliaru nella Sardegna della Rinascita, di Salvatore Tola, 1994; Gli Americani e le zanzare, in Americani, comunisti e zanzare: il piano di eradicazione della malaria in Sardegna tra scienza e politica negli anni della guerra fredda (1946-1950), di Eugenia Tognotti, 1995; La lezione di Giovanni Lilliu, presentazione di Cultura e cul-

ture, di Giovanni Lilliu, 1995; Il problema dei poteri della Regione, in Uno statuto per la Sardegna: atti del Convegno di studi (a cura di M. Brigaglia), 1995; La perdita del regno. Intellettuali e ` sarda tra Ottocostruzione dell’identita cento e Novecento (con Luciano Marrocu), 1995; Storia della Sardegna (di autori vari, a cura di M. Brigaglia), 1995; ` negli anni del SardofaCultura e societa scismo, in Il Sardofascismo tra politica, cultura e economia, 1995; Tempio e il suo volto (con Franco Fresi), 1996; Premessa a Le inchieste parlamentari sulla Sardegna dell’Ottocento, 2 (a cura di M. Brigaglia), 1996; Un pezzo di storia della Sardegna autonomistica, in Li chiamavano i Giovani Turchi, di Francesco Obinu, 1996; Le carte d’Arborea come romanzo storico, in Le carte d’Arborea. Falsi e falsari nella Sardegna del XIX secolo (a cura di Luciano Marrocu), 1997; La Sardegna tra Ottocento e Novecento, in In` in Italia tra fanzia, educazione e societa Ottocento e Novecento, 1997; Memorie del confino in Sardegna, in I confinati antifascisti in Sardegna: 1926-1943, di Salvatore Pirastu, 1997; Banditi sardi e letteratura, in Banditi di Sardegna, di ` Franco Fresi, 1998; La Sardegna dall’eta giolittiana al fascismo, in Le regioni d’Italia. La Sardegna (a cura di Luigi Berlinguer e Antonello Mattone), 1998; La ` civile a Tempio in eta ` contemposocieta ranea, in Salvatore Vico nel contesto sociale e religioso del Novecento Sardo (a cura di Tonino Cabizzosu e Francesco `, Atzeni), 1998; Il ceto politico, in Le citta ` della II vol. della collana ‘‘Paesi e citta Sardegna’’, 1999; La rivoluzione sulle Bocche. Francesco Cilocco e Francesco Sanna Corda ‘‘giacobini’’ in Gallura (1802) (con Luciano Carta), 2003; ‘‘Radio brada’’, in Radio brada. 8 settembre 1943: dalla Sardegna la prima voce dell’Italia libera (a cura di Romano Cannas), 2004; Cronologia sarda 1894-2005 (a cura di

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Brigaglia Salvatore Tola, 2 voll. a continuazione dell’Effemeride sarda 238 a.C.-1893 di Pietro Meloni Satta, 2 voll., edita dalla ‘‘Nuova Sardegna’’ nel 2006); Dizionario storico-geografico della Sardegna (con S. Tola), I, 2006. Nel 1999 un gruppo di amici ha pubblicato Manlio Brigaglia. Cinquant’anni di scrittura, bibliografia a cura di Elisabetta Pilia.

Brigaglia, Pietrina Religiosa (Tempio Pausania 1900-ivi 1970). Giovanissima sentı` la vocazione all’impegno verso il ` il sacerdote prossimo. Nel 1922 affianco Salvatore Vico nella fondazione di un orfanotrofio e nel 1925 nella creazione ` la Congredi un istituto, che diventera gazione missionaria delle Figlie di ` Crocifisso. Col nome di madre Gesu Maddalena ne fu superiora dalla fondazione fino alla morte (salvo il sessennio 1953-1959). La congregazione si diffon` in numerosi centri della Sardegna dera ` missionarie in Africa e in Amee avra rica Latina. Le lettere circolari della Madre sono state raccolte in volume a ` cura della congregazione, Spiritualita di un’anima, 1971.

‘‘Brigata Mussolinia’’ Notiziario della ` Bonifiche Sarde. Veniva pubSocieta blicato con cadenza mensile a Mussoli` a uscire nia (attuale Arborea). Comincio ` nel maggio 1938. nel gennaio 1935, cesso Era diretto da G. Chiardola.

Brigata ‘‘Sassari’’ Corpo militare divenuto il simbolo della partecipazione dei sardi alla prima guerra mondiale. Fu costituita nel gennaio del 1915 con ufficiali e soldati in gran parte sardi della Brigata ‘‘Reggio’’, 45º e 46º Reggimento Fanteria, di stanza nell’isola. Fu quindi un corpo strutturato su base prevalentemente regionale e articolato su due reggimenti, il 151º costituito a Sinnai e il 152º costituito a Tempio Pausania. La B.S. ha un ruolo fondamentale nella storia contemporanea della Sardegna. La brigata inizialmente fu inquadrata

` nel nella 25ª Divisione, si acquartiero Veneto e nel luglio del 1915, entrata a far parte dell’XI Corpo d’armata, fu mandata al fronte sul Carso dove prese parte alle prime battaglie dell’Isonzo, coprendosi di gloria al Bosco Cappuccio (estate 1915). Ben presto la fama del valore dei sardi si diffuse e il corpo fu impiegato nelle successive battaglie alla Trincea dei Razzi e alla Trincea delle Frasche (novembre 1915), la cui conquista fu citata nel Bollettino del Comando supremo come impresa degli ‘‘Intrepidi Sardi’’. Subito dopo una cir` chiunque colare del comando autorizzo militasse in altre formazioni di fanteria a chiedere di essere trasferito alla B.S. Nel marzo del 1916 la brigata ebbe una prima pausa: la sua fama oramai era indiscussa e i suoi soldati presero allora a essere individuati come i ‘‘diavoli rossi’’. Dal giugno del 1916 fu trasferita sull’altipiano di Asiago e impegnata in estenuanti, micidiali assalti alle trincee austriache fino al luglio del 1917 ` con quando il re motu proprio la decoro la prima medaglia d’oro (alle terribili ` ispirato Un esperienze di quei mesi e anno sull’Altipiano di Emilio Lussu). Nell’agosto del 1917 fu mandata sull’altipiano della Bainsizza fino all’ottobre. Quando gli austriaci sfondarono a Caporetto, la brigata, impegnata in opera´ casa zioni di contenimento, combatte per casa a Codroipo e protesse la riti` il rata delle altre truppe. Infine passo Piave alla Nervesa. Nel gennaio 1918, sempre sull’altipiano dei Sette Comuni, ´ la battaglia detta dei ‘‘Tre combatte Monti’’ (Col di Rosso, Col d’Echele, Val` uno dei primi ritorni bella), che segno alla vittoria dell’esercito italiano. Suc` sul Piave, impecessivamente si attesto gnata in aspri scontri, e da quelle rive fece il balzo finale a Vittorio Veneto. Subito dopo ricevette una seconda medaglia d’oro alle bandiere. L’esperienza

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Brigida della trincea servı` a far superare le ` chiusure campanilistiche, le rivalita ` degli stessi tradizionali e la diversita dialetti facendo emergere i caratteri comuni del popolo sardo e un forte senso di appartenenza. Fu dalla condivisione dei comuni sacrifici e dall’intenso rapporto tra gli ufficiali (specie dei gradi inferiori, in genere giovani di ` o di paese avviati alle professioni citta liberali, non di rado fortemente politicizzati) e i soldati che nacque una sorta di ‘‘pedagogia di massa’’, che aveva al centro i problemi della Sardegna e soprattutto la forte differenza fra le condizioni dell’isola e quelle di altre regioni d’Italia, che i soldati avevano avuto modo di vedere nel loro viaggio verso il fronte e il soggiorno in zone progredite come il Veneto. Nella B.S. militarono circa 20 000 dei quasi 100 000 sardi chiamati alle armi, e quasi uguale propor` nel conto finale di caduti e fezione c’e riti. Ma l’esperienza di chi era stato nella B.S. fu comunicata per varie vie non solo agli altri soldati ma anche alle ` di provenienza: nacque da comunita qui la grande rivendicaione regionalista che avrebbe preso corpo, a partire dal 1920-21, nel Partito Sardo d’Azione (del quale non a caso il ‘‘capitano’’ Emilio Lussu, eroe leggendario della B.S., sarebbe stato il leader). La Brigata fu citata quattro volte nel Bollettino del Comando Supremo: il 15 novembre 1915 dopo la conquista della Trincea delle Frasche e di quella dei Razzi; il 16 settembre 1917 dopo la battaglia sull’altipiano della Bainsizza; il 30 gennaio 1918 dopo la cosiddetta battaglia dei ` a fissare al 28 ‘‘Tre Monti’’ (che porto gennaio la festa della B.S.); il 21 giugno 1918 dopo la battaglia di Losson, sulle rive del Piave. Le motivazioni delle due medaglie d’oro alla bandiera dei due reggimenti dicono: «Conquistando, sul Carso, salde posizioni nemiche e for-

tissimi trinceramenti, detti delle Frasche e dei Razzi, che sotto nutrito fuoco ` a difesa; riconquistando, sulrafforzo l’altipiano dei Sette Comuni, posizioni dalle nostri armi perdute a Monte Castelgomberto, a Monte Fior e Casera Zebio, sempre noncurante delle ingenti perdite, diede ripetute prove di sublime audacia e di eroica fermezza» (25 luglio-15 novembre 1915); «Espressione ` della intrepurissima delle forti virtu ` pida gente di Sardegna, diede il piu largo tributo d’eroismo alla gloria dell’esercito e alla causa della Patria, dovunque vi furono sacrifici da compiere e sangue da versare».

Brigata ‘‘Sassari’’ – Ogni bandiera dei due reggimenti della Brigata, 151º e 152º, ha due medaglie d’oro al V.M. Un’altra e` stata aggiunta per la missione in Iraq.

Brigida, santa (o Santa Brigitta) Santa (Finstad, Svezia, 1302/1303-Roma 1373). Nacque nei pressi di Uppsala, figlia di ` a un principe e di una regina. Sposo quattordici anni il nobile Ulf Gudmars-

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Brionia son; ebbe otto figli, fra i quali Santa Karin, per gli italiani Santa Caterina di Svezia. Terziaria francescana, si pro` instancabilmente per i malati deldigo l’Ospedale da lei fondato. Morto il marito (1344), il quale al ritorno da un pellegrinaggio a Santiago de Compostela si era ritirato nell’abbazia cistercense di Alvastra, condusse una vita austera e contemplativa, favorita da rivelazioni e ` l’ordine del Santo doni mistici. Fondo Salvatore (1363) con sessanta monache, le ‘‘brigidine’’, e venticinque uomini tra preti, diaconi e suddiaconi, per un totale di ottantacinque persone: dodici ` apostoli, settantadue discepoli, piu Paolo. Fu badessa dei suoi ‘‘monasteri ` da un monastero doppi’’, formati cioe femminile e da uno maschile. Rimpro` Clemente VI per lo stato di abbanvero dono in cui versava Roma, mentr’egli ´ contro la stava ad Avignone. Si batte corruzione dei nobili, del clero e dei religiosi in generale. Morı` il 23 luglio 1373 rientrando da un pellegrinaggio a Gerusalemme. Traslata (1374) nel monastero di Vadstena in Svezia. Canonizzata da Bonifacio IX (1391). [ADRIANO VARGIU]

Brionia Pianta erbacea della famiglia delle Cucurbitacee (Bryonia marmorata Petit.). Rampicante, si abbarbica sui muri e sulle altre piante tramite cirri: ha foglie triangolari, picciolate, divise in 3-5 lobi appuntiti, con macchie marmorizzate chiare e scure. I fiori, solitari, sono gialli striati di verde, i frutti piccole bacche dal verde al rosso. Fiorisce dalla primavera all’inizio dell’estate. Endemismo sardo-corso (inserito nell’elenco delle piante da sottoporre a vincolo di protezione nella proposta di ` poco diffusa in L.R. n. 184/2001), la b. e ` trovare sporadicaSardegna: la si puo mente nei campi, vicino ai muretti a secco o alla macchia, con maggiore fre` utilizzata quenza nel sud dell’isola. E nella medicina popolare, anche se con

cautela (contiene sostanze velenose): con una poltiglia di bacche si fanno massaggi lenitivi, con le foglie si curano i foruncoli. Le foglie stilizzate sono state utilizzate come decorazioni di ceramiche (secoli XIV-XV). Al Museo archeologico di Villasimius sono conservati piatti, scodelle e ciotole del secolo XV, di fattura valenzana, ritrovati nel relitto di una nave spagnola affondata nei pressi dell’isola dei Cavoli: molti presentano la tipica decorazione a bryonia, oltre che a rosas pintadas e a fiamma. Nomi sardi: croccoriga aresti; melamida burda (campidanese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Briselotto, Giovanni Arcivescovo di Oristano dal 1517 al 1520 (Valencia, fine sec. XV-Cambrai?, 1520). Apparteneva all’ordine dei Carmelitani. Teologo di gran nome e autore di numerosi trattati, divenne confessore e consigliere di ` di benefici. Fu noCarlo V che lo colmo minato vescovo titolare di Beirut ed ebbe funzioni di suffraganeo del vescovo di Cambrai; nel 1517 fu nominato arcivescovo di Oristano ma non venne mai in Sardegna per motivi di salute e preferı` far governare la diocesi da un ` e dopo suo delegato. Nel 1520 rinuncio pochi mesi morı`. [MASSIMILIANO VIDILI]

Brizzi, Giovanni Storico (n. Bologna ` dedicato al1945). Dopo la laurea si e l’insegnamento universitario, lavorando per un certo periodo presso l’U` di Sassari. Attualmente e ` proniversita fessore ordinario di Storia romana ` di Bologna; fa parte presso l’Universita del Consiglio dei Beni culturali. Tra i suoi scritti: Nascita di una provincia: Roma e la Sardegna, in Carcopino, Cartagine e altri scritti, 1989.

Brondo Famiglia originaria di Majorca ` a Cagliari (secc. XV-XVII). Si trapianto nel secolo XV per ragioni di commercio. Si trattava di piccoli commercianti compresi nella borghesia cittadina,

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Brondo che vissero operosamente e dei quali ` possibile ricostruire i legami genon e nealogici. Nel corso del secolo XVI le condizioni economiche della famiglia migliorarono gradualmente e i B. raggiunsero una posizione economica di ` citdiscreto livello in seno alla societa tadina. Alcuni di loro, come il padre Agostino e Antonio, ricco mercante, furono personaggi di assoluto rilievo. Uno di essi, Girolamo, fu eletto consigliere di Cagliari nel 1578 e nel 1584 ottenne il cavalierato ereditario; nel 1594 investı` una parte dei suoi considerevoli capitali nell’acquisto del feudo di Villacidro. Suo figlio Tommaso, che era riuscito a combinare un brillante matrimonio con Caterina Ruecas figlia del tesoriere generale del regno, nel 1604 ot`; tenne il riconoscimento della nobilta ` con Anl’ascesa della famiglia continuo tonio, figlio di Tommaso. Egli fu creato conte di Serramanna nel 1613 e sposata Elena Gualbes, erede del vastissimo patrimonio degli Aragall Bellit, acquisı` il marchesato di Palmas, le baronie di Acquafredda, Gioiosaguardia, Monastir e Nuraminis, che unı` al suo grande feudo di Villacidro; nel 1627 ottenne il titolo di marchese di Villacidro. Nel 1629, in` la signoria della Planarfine, acquisto gia; al culmine della potenza, la famiglia ebbe un tracollo politico quando fu coinvolta nelle vicende legate alla con´ Camarassa, cui si giura contro il vicere aggiunsero le vicende connesse all’infelice matrimonio del marchese Felice con Giovanna Crespi di Valldaura, che finı` in una clamorosa separazione. La famiglia si estinse nel 1679 con un Ago` erede del grande patristino, che lascio monio sua nipote Maria Ludovica.

Brondo, Antioco Teologo (Cagliari 1548-ivi 1628). Dopo avere studiato nel convento di Bonaria, divenne frate mercedario; poco dopo si trasferı` per un certo periodo in Spagna e da qui in Ita-

` in Teologia presso lia, dove si laureo ` di Pisa. Tornato in Sardel’Universita gna divenne commissario generale del` con impegno agli l’ordine e si dedico ` due opere sulla storia studi. Pubblico dell’ordine dei Mercedari e sul convento di Bonaria: Historia y milagros de N. Sen ˜ ora de Buenayre de la Ciudad de Caller, de la isla de Cerden ˜ a, de la Orden de Nuestra Sen ˜ ora de la Merced, redempcion de captivos christianos, Cagliari, 1595; e Recopilaciones de las indulgencias, gracias, perdones e staciones, remissiones de pecados y thesoros celestiales que los summos pontifices concedieron a todos los cofradres de la cofadria de Nuestra Sen ˜ ora de la Merced, Cagliari, 1604.

Antioco Brondo – Mercedario cagliaritano, fece ` del convento di Bonaria un centro di religiosita `. popolare. Morı` nel 1628 in odore di santita Disegno di P. Ayres per il Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna di Pasquale Tola (1837-1838).

Brondo, Antonio1 Mercante (Cagliari, ` sec. XVI-ivi 1625). Nella seconda meta ` un ingente patrimosua vita accumulo ` tutti i suoi beni nio e quando morı` lascio ` della sua citta ` natale. all’Universita

Brondo, Antonio2 Primo marchese di ` sec. Villacidro (Cagliari, seconda meta ` sec. XVII). Figlio di XVI-ivi, prima meta ` da Tommaso, abile finanziere, eredito

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Brondo suo padre il feudo di famiglia che gli fu ` per svimolto caro. Infatti si adopero lupparvi l’agricoltura, introducendovi l’agrumicoltura; inoltre vi costituı` un convento di Mercedari. Nel 1613 ebbe il titolo di conte di Serramanna e, avendo sposato Elena Gualbes dalla quale aveva avuto anche l’immenso patrimonio degli Aragall Bellit, nel 1627 ottenne il titolo di marchese di Villacidro. La sua sete di feudi non sembrava aver limiti, e nel 1629 ottenne in allodio anche la signoria della Planargia, della ` dietro pagaquale il governo si libero mento di una ingente somma. Per dare ` alla posizione raggiunta, avvio ` visibilita la ristrutturazione del palazzo dove abitava, situato all’inizio di via dei Genovesi e contiguo al complesso costituito dalla porta e dalla torre dell’Aquila (attualmente con ingresso in Piazzetta Lamarmora, dietro il Palazzo Boyl). Si avvalse dell’opera di valenti artigiani, ma ` al solo per mancanza di fondi si fermo portone, che abbellı` con colonne e un fastigio che racchiude lo stemma dei B.; l’abbellimento contrasta col resto della costruzione, schematico e di una ` quasi povera a tal punto che semplicita la fantasia popolare ancor oggi lo definisce portone senza palazzo.

Brondo, Antonio3 Secondo marchese di Villacidro (Cagliari 1637-Isola Rossa 1671). Figlio di Francesco Lussorio, era il cadetto della famiglia e sembrava destinato alla carriera militare; nel 1665 fu nominato generale delle Armi di Cagliari in un momento di grande tensione politica dovuta all’arrivo del vi´ Camarassa e all’apertura del Parcere lamento. Era politicamente legato ai Castelvı`, la famiglia di sua madre, e per quanto l’uccisione del marchese di Laconi sembrasse dover far esplodere la situazione politica, quando nel 1667 morı` suo fratello Felice si impadronı` dei feudi di famiglia estromettendone

` , si lascio ` sua nipote. Poco dopo, pero ` alcoinvolgere nella congiura che porto ´ Camarassa, ritel’assassinio del vicere nuto responsabile dell’uccisione di Agostino Castelvı`. Fu bandito e condannato a morte; dovette fuggire con gli altri congiurati, ma nel 1671 – convinto a rientrare in Sardegna – appena sbarcato all’Isola Rossa fu ucciso a tradimento da Giacomo Alivesi.

Brondo, Felice Marchese di Villacidro (Cagliari 1636-ivi 1667). Figlio primoge` i nito di Francesco Lussorio, eredito feudi di famiglia quando era ancora giovanissimo. Crebbe sotto l’influenza della famiglia di sua madre e in particolare si sentı` attratto dalla figura dello zio Agostino Castelvı`, del quale condivi` nel 1652 deva le idee politiche. Sposo Giovanna Crespi, figlia del marchese Cristoforo vicecancelliere d’Aragona, ma i due decisero di separarsi dopo un anno di convivenza.

Brondo, Maria Ludovica Marchesa di Villacidro (Cagliari 1653-Spagna 1730). Figlia di Felice e di Giovanna Crespi, quando suo padre morı` era ancora una bambina, per cui fu facilmente estromessa dalla successione dallo zio Antonio. Divenuta adulta ` di far valere i propri diritti in tento ` per le via giudiziale, ma la causa ando ´ , dopo la tragica lunghe anche perche morte di Antonio, lo zio Agostino, terzo ` di estrofratello di suo padre, tento metterla. Solo nel 1679 i suoi diritti furono riconosciuti dal Supremo Consiglio. Frattanto si era sposata col conte Bou di Sumacarcer. Entrata in possesso del vastissimo patrimonio, non ` tornare in Sardegna e lo volle pero fece amministrare da podatari.

Bronzetti nuragici Nome attribuito a circa quattrocento figurine che docu` nuragica mentano l’esistenza in eta (1800-sec. V a.C.) di un fiorente artigia-

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Bronzetti nuragici ` svilupnato del bronzo in una societa pata economicamente e socialmente.

Bronzetti nuragici – Madre con figlio, statuetta proveniente da Urzulei (sec. VI a.C.).

I b.n. sono stati trovati in tutto il territorio della Sardegna, con una maggiore concentrazione nelle attuali province ` dimostredi Nuoro e dell’Ogliastra: cio rebbe l’esistenza di numerose botteghe di produzione, sorrette da una forte domanda di queste statuette che servivano come ex voto nei pozzi sacri, nei templi e nelle caverne; venivano anche utilizzati – sempre con valenza sacra – in nuraghi o edifici civili; e alcuni, infine, sono stati ritrovati in Tombe di giganti. Per la loro fabbricazione le botteghe utilizzavano tecniche fusorie di alto livello, che documentano la notevole evoluzione della metallurgia nuragica; ` ottela maggior parte delle statuine e nuta a getto con la tecnica della fusione ‘‘a cera persa’’; ogni pezzo denota origi` e grande creativita ` . Nella loro vanalita ` i soggetti ci permettono di indivirieta duare una ricca gamma di temi figurativi che funzionano anche come indizi dell’organizzazione sociale e dello svol-

gimento della vita quotidiana: essi ci permettono di ricostruire anche l’ideologia che stava alla base dei riti funebri e di quelli magici della religione nuragica. Si tratta di figure di re pastori ieratici e solenni, che nella loro raffigurazione restituiscono a pieno la natura del loro ruolo, di donne di rango elevato, di uomini d’armi (arcieri, opliti, fanti), di uomini e donne di classi inferiori rappresentati nelle loro fatiche d’ogni giorno con grande realismo, piccoli oggetti riproducenti quelli di uso quotidiano, animali domestici, selvaggina, navi che nella loro ricchezza ci restituiscono un’immagine suggestiva ` nuragica. La prima notizia della societa storica di un bronzetto risale al 1737, ` uno nel Gabiquando il Gori ne noto ¨ nter netto di Firenze; solo nel 1823 il Mu fece conoscere in Europa alcuni b.n. esistenti nel Museo di Cagliari. Nel 1840 il Lamarmora nel suo secondo volume del Voyage en Sardaigne ne pre` ben 53, raffigurati in molte tavole sento (purtroppo alcune di queste statuine appartenevano a una serie di falsi idoletti sardo-punici di cui abili contraffattori facevano in quegli anni commercio). Le conoscenze sui b.n. crebbero negli anni successivi grazie alle scoperte di Uta nel 1849 e di Abini nel 1865, che consentirono allo Spano di cogliere e denunciare il loro carattere profondamente originale e la loro importanza. Nel 1865 la collezione del Ti` tardi, nel 1878 e nel 1882, mon e piu quelle di Filippo Vivanet e di Leon ¨ in, che si aggiunsero a quelle di Gou Abini nel Museo di Cagliari, consentirono al Ettore Pais e a Vincenzo Crespi di proseguire lo studio dei b.n., aprendo il dibattito sulla loro datazione, che essi ritenevano non superiore ai secoli VIIVIII a.C. Agli inizi del Novecento furono fatte altre scoperte grazie alla prodi` del Taramelli; nel 1928 il giosa attivita

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Brook Lindsay ` l’ipotesi che i b.n. fosBissing avanzo sero databili in un arco di tempo che va dal 1500 al 600 a.C., polemizzando con l’Albizzati che invece li ascriveva al secolo VI a.C. Negli anni successivi il dibattito sulla cronologia dei b.n. proseguı`, arricchendosi del tema della loro grande valenza estetica (primo ad affermarla fu Raffaello Delogu nel 1932). Di fondamentale importanza per la loro datazione e per la loro interpretazione estetica furono gli studi di Giovanni Lil` , con Gennaro Peliu, che nel 1949 curo sce, la mostra dei b.n. sardi a Venezia, in occasione della quale propose la classificazione delle statuette secondo criteri estetici in una prospettiva di arte anticlassica che confermava la loro origina` . I b.n. furono in seguito studiati da lita Christian Zervos; ancora Giovanni Lil` nel 1966 il suo Sculture liu pubblico ` essere della Sardegna nuragica, che puo considerato la summa dell’argomento.

Bronzetti nuragici – Statuetta riproducente un guerriero.

Brook Lindsay, Leonard Studioso di araldica e di genealogia (n. sec. XX).

Membro della ‘‘The Harleyan Society’’ di Londra, specializzata in studi di genealogia, nel 1980 ha dato vita con Francesco Cesare Casula al progetto di studi che ha consentito di ricostruire le genealogie giudicali sarde, in collabora` e istituzione con alcune Universita zioni italiane e straniere. Nel volume dedicato alle Genealogie medioevali di Sardegna (con F.C. Casula) ha dedicato schede specifiche alle Genealogie dei giudici sardo-indigeni d’Arborea; Genealogie dei giudici di Cagliari; Genealogie dei giudici di Gallura; Genealogie dei giudici di Torres; Genealogie della famiglia degli Athen; Genealogia della famiglia degli Zori; Genealogia della famiglia di Michele Zanche e correlazioni; Genealogia dei Capraia giudici di Arborea; Genealogia dei Donoratico della Gherardesca, 1-2-3 (con Marco Tangheroni); Genealogia dei Gherardesca di Bolgheri (con M. Tangheroni); Genealogia dei Gualandi, dei Cortevecchia (con M. Tangheroni); Genealogia dei Saraceno, dei Caldera e degli Embriaci (con M. Tangheroni); Genealogia dei Visconti giudici di Gallura (con M. Tangheroni); Genealogia degli Aleramici di Saluzzo (con R. Pavoni); Genealogia dei Doria, 1-2 (con R. Pavoni); Genealogia dei Doria giudici d’Arborea (con R. Pavoni); Genealogia dei Malaspina di Mulazzo, 1-2 (con R. Pavoni); Genealogia dei Malaspina di Giovagallo (con R. Pavoni); Genealogia dei Malaspina di Villafranca (con R. Pavoni); Genealogia degli Obertenghi di Massa, Parodi e Gavi, 1-2 (con R. Pavoni); Genealogia degli Obertenghi di Massa giudici di Cagliari (con R. Pavoni); Genealogia degli Spinola (con R. Pavoni); Genealogia degli Alagon marchesi di Oristano (con Maria Mercedes Costa); Genealogia dei Bas Cervera (con M.M. Costa); Genealogia dei Bas Serra giudici di Arborea e marchesi di Oristano, 1-2 (con M.M. Costa); Genealogia dei Carroz (con

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Brown M.M. Costa); Genealogia degli Empuries (con M.M. Costa); Genealogie dei Torroja, Palau e Rocabertı` (con M.M. Costa); Genealogia dei Narbona giudici d’Arborea (con Anna Maria Oliva); Genealogia dei Tinieres (con A.M. Oliva); Genealogie della casa di Hohenstaufen (con A.M. Oliva).

Brottu di Paima = Scano, Barore Brotzu, Giovanni Antonio Scultore (Nuoro 1922-?, 1977). Ottenuta l’abilita` in diversi zione magistrale, insegno paesi della provincia di Nuoro e in par` alla scultura ticolare a Borore; arrivo da autodidatta, valorizzando le sue spiccatissime doti naturali. Il suo materiale preferito era la trachite rosa di Fordongianus, sulla quale operava con grande maestria traendone forme di ` augrande suggestione, legate alla piu tentica tradizione dell’isola. Morı` improvvisamente nel 1977.

Brotzu, Giuseppe Scienziato, uomo politico (Cagliari 1895-ivi 1976). Consigliere regionale, presidente della Regione sarda. Dopo la laurea in Medicina, nel 1925 conseguı` la libera docenza in Igiene e nel 1928 quella in microbiologia. Dal 1932 divenne professore di Microbiologia presso l’Univer` di Cagliari, della quale fu rettore sita dal 1936 al 1944, contribuendo all’istitu` di Magistero e di Inzione delle Facolta gegneria mineraria. Durante la guerra ` le Facolta ` salvandone l’attrezdecentro zatura scientifica. Nel 1945 scoprı` la cefalosporina, una grande famiglia di antibiotici dotata di un ampio spettro d’azione, e a partire dal 1946 fece parte dello staff medico che diresse la grande campagna per l’eradicazione della malaria (=) in Sardegna (1946-1950). In` politica alla ritensa fu la sua attivita presa della vita democratica: dal 1945 al 1949 fece parte della Consulta regionale come consultore tecnico; eletto consigliere regionale fu assessore all’I-

giene dal 1949 al 1954 nella giunta Crespellani e dal 1954 al 1955 nella giunta di Alfredo Corrias; nello stesso anno divenne presidente della Regione; tenne l’incarico fino al 1958. Fu sindaco di Cagliari dal 1961 al 1967. Tra i suoi scritti: La malaria nel comune di Cagliari, 1922; Osservazioni e ricerche sull’endemia tipica in Cagliari, ‘‘Igiene moderna’’, 1923; La malaria nella storia della Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1933; La Sardegna, 1954; Otto anni di autonomia: concrete conquiste, ‘‘L’Unione sarda’’, 1957.

Brotzu, Renato Fotografo (n. Nuoro, sec. XX). Appassionato di fotografia da ` stato ed e ` docente di quasi trent’anni, e tecniche fotografiche e comunicazione visiva nell’ambito di vari corsi regionali o tenutisi presso scuole ed enti pubblici e privati. Ha esposto in due personali, ‘‘Sardegna Natura’’ e ‘‘Il Carnevale di Venezia’’, e ha partecipato a varie collettive. Ha collaborato, con testi e immagini, a Frutti di bosco e di macchia, per Hoepli, Sardegna da scoprire, La ` macchia mediterranea, per Mursia. E coautore del libro Il Monte Ortobene e della Agenda Natura, per Il Maestrale editore.

Brown, Peter John Antropologo medico (n. Santa Monica 1951). Ha inse` di Parigi, gnato presso le Universita New York e Berkeley. Nel 1976 giunse in Sardegna per condurvi una ricerca sulla malaria e si stabilı` a Bosa. Durante il suo soggiorno isolano non si li` a studiare la malaria, ma estese il mito suo interesse anche ad altre malattie ‘‘storiche’’ della Sardegna. Attual` direttore del dipartimento di mente e Antropologia presso la Emory University di Atlanta. Tra i suoi scritti: Cultural adaptations to endemic malaria in Sardinia, ‘‘Medical Anthropology’’, 1981; New consideration on Distribution of Malaria, Thalassemia and Glucose 6 Phosphate Deydrogenase Deficiency in

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Brown Sardinia, ‘‘Human Biology’’, 53, 1981; Demographic and socioeconomic effects of Disease Control. The case of Malaria Eradication in Sardinia, ‘‘Medical Anthropology’’, 7, 1983; Malaria in Nuragic, Punic and Roman Sardinia: some hypotheses, in Studies in Sardinian Archaeology, I, 1984; Malaria, miseria e antropologia medica, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XVI, 1990.

Brown, Rosalind Storica (n. sec. XX). Allieva di David Abulafia, ricercatrice ` di Cambridge. Si e ` presso l’Universita interessata del Medioevo italiano lavo` di Pisa per alrando presso l’Universita ` cuni anni. Durante questo periodo si e occupata di approfondire alcuni aspetti dei rapporti tra Pisa e la Sardegna, che ha condensato in scritti come: The Sardinian Condaghe of S. Michele di Salvenor in the Sixteenth Century, ‘‘Papers of the British School at Rome’’, LI, 1983; Monastic decline in Sardinia. Don Leonardo de Bosue Sassari 1300-1401, ‘‘Papers of British School at Rome’’, LIII, 1985; Social development and economic dependence: Northern Sardinia 11001330, 1985; L’opera di S. Maria di Pisa e la Sardegna nel primo Trecento, ‘‘Bollettino storico pisano’’, LVII, 1989; Alghero prima dei Catalani, in Alghero, la Cata` logna, il Mediterraneo. Storia di una citta e di una minoranza catalana in Italia (XV-XX secc.) (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994.

Brugna, Marisa Scrittrice (n. Orsera, Istria, 1942). Nel 1947, in seguito all’applicazione degli accordi di pace, fu costretta come tanti ad abbandonare la terra dove era nata e dove viveva, che passava sotto il controllo della Jugoslavia di Tito. Per oltre un decennio fu costretta a vivere con la famiglia nei Centri Raccolta Profughi, e soltanto nel ` a Fertilia, dove tuttora vive. 1959 arrivo ` stata per molti anni insegnante eleE mentare. Di recente ha raccontato la

sua vicenda in Memoria negata. Crescere in un Centro Raccolta Profughi per esuli giuliani, 2002 e ha preso contatto con le organizzazioni dei profughi della Venezia Giulia e della Dalmazia.

Bruguitta Famiglia della borghesia di Iglesias (secc. XVI-XVII). Le sue notizie risalgono al secolo XVI; i suoi membri esercitavano tradizionalmente le professioni liberali, alcuni erano ecclesiastici. Agli inizi del secolo XVII uno dei suoi membri, il dottor Giovanni, ammi` una Aymerich e nistratore reale, sposo nel 1624 fu ammesso allo Stamento militare nel parlamento Vivas. Contemporaneamente chiese il riconoscimento ` , che pero ` fu concessa solo della nobilta a suo figlio nel 1649. La famiglia si estinse alla fine del secolo.

Brumasio Arcivescovo di Cagliari dal 517 ca. al 523 ca. (secc. V-VI). Arcivescovo di Cagliari durante gli anni in cui ` Trasamondo, re vandalo ariano, esilio in Sardegna Fulgenzio da Ruspe e altri vescovi africani. Concesse allo stesso Fulgenzio di costruire un monastero presso la basilica del martire Saturno.

Brundo, Anna Scultrice e pittrice (n. Cagliari 1919). Autodidatta, ha rag` e ottenuto riconoscigiunto notorieta menti soprattutto con i busti che ritrag` della politica e della gono personalita cultura sarda, i cui caratteri l’artista sa cogliere con felice realismo. Molte sue opere si trovano in gallerie e in edifici pubblici.

Brundo, Carlo Avvocato e scrittore (Cagliari 1834-ivi 1904). Dopo la laurea in ` alla professione di avLegge si dedico vocato. A partire dal 1869 ebbe inizio la ` di romanziere ispirato al sua attivita modello manzoniano. Oltre a numerosi romanzi che gli diedero qualche noto` , da profondo conoscitore della storieta ria di Cagliari scrisse alcuni saggi di ` inoltre la tipograstoria. Nel 1883 rilevo fia Timon. Tra i suoi scritti: Raccolta di

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Brunelli tradizioni sarde, 1869; L’alcaide di Longone, racconto storico, 1870; Cagliari antica e Cagliari moderna, 1871; La nave impietrita in Ricordo dell’esposizione di Cagliari del febbraio 1871, 1871; La rotta di Macomer, racconto, 1872; Adelasia di Torres, racconto, 1872; Il fantasma bianco; Serafino Caput; In procinto di pigliar moglie, macchietta, tutti e tre in‘‘Rivista Sarda’’, II, 1875; Bozzetti storici intorno all’epoca romana in Sardegna, 1875; Picco Balistreri, racconto, 1875; Una congiura in Cagliari, racconto, 1876; Olimpia, 1876; Il castello dell’Acquafredda. Gli Aragonesi e i Doria al Vasco del Tordo. Villacidro. A zonzo per la campagna, 1878; Marino e Nerino, 1878; Il primo dei giudici racconto, 1880; Daniele, racconto, 1881; Commemorazione del senatore Giovanni Siotto Pintor, 1882; Lucrezia Montanina, racconto, 1882; Natalia scene della vita del contado, 1884; Fra le spire di un serpente scene della vita cittadina, 1884; Tocchi in penna, 1884; La fine di un romanzo, 1885; Santa Barbara, 1885; Le nozze di Vitaliana, 1885; Il monumento ai Sardi caduti combattendo pel Risorgimento italiano, 1886; Di palo in frasca, 1887; Ricordi storici di Gaetano Cadeddu e dei suoi tempi, 1887; Primo maggio, ‘‘L’Unione sarda’’, 1890; Ricordi di Enrico Lai, 1892; Introduzione allo studio della Sardegna dal 1720 al 1848, ‘‘Vita sarda’’, 1892; Il romanzo d’una montanina, 1893.

Brundu, Gaetano Pittore (n. Cagliari 1936). Dopo aver completato i suoi studi ` inserito nello stagnante ambiente si e ` natale impeartistico della sua citta gnandosi con grande coraggio ad aprirlo alle correnti della pittura con` stato tra i fondatori del temporanea. E gruppo Studio 58 e del Gruppo di Iniziativa. Ha esordito alla fine degli anni Cinquanta adottando il genere informale, che allora rappresentava una rottura con la tradizione realistica della

pittura sarda. Con gli anni la sua arte si ` posta come uno dei punti piu ` alti delle e ricerche innovative in atto nell’ambiente cagliaritano, passando in seguito anche attraverso altre notevoli esperienze. «Ma il vitalismo esplosivo che caratterizza la sua pittura – hanno scritto Giuliana Altea e Marco Magnani, 1999 – , e che sembra risentire di lon` ben lungi tane ascendenze futuriste, e dall’essere spento, come attesta anche il suo percorso successivo segnato dall’adesione a momenti di lavoro collettivo quali l’associazione ‘‘Plexus’’, interessata ai rapporti tra arte e scienza, e ` lema’’ fondata da Luigi la rivista ‘‘The Mazzarelli».

Brunelli, Enrico Storico dell’arte (n. sec. XX). Collaboratore di Lionello Venturi, profondo conoscitore della pittura sarda medioevale e moderna, contribuı` con i suoi studi a chiarire problemi di cronologia e di attribuzione derivati dalle imprecisioni di alcuni studiosi dell’Ottocento. Per queste sue conoscenze fu chiamato a collaborare alla redazione della voce Sardegna (paragrafo Arte) nell’Enciclopedia Treccani, XXX, 1936. Tra i suoi scritti: Appunti sulla storia dell’arte in Sardegna: gli amboni del duomo di Cagliari, ‘‘L’Arte’’, IV, 1-2, 1901; Un trittico di Gerard David sottratto al Vaticano nel 1527, ‘‘L’Arte’’, IV, 1901; Il polittico della parrocchiale di Ottana, ‘‘L’Arte’’, VI, 6, 1903; La Madonna del grappolo d’uva nella Pinacoteca di Sassari, ‘‘L’Arte’’, IX, 1906; Appunti sulla storia della pittura in Sardegna, pittori spagnoli del Quattrocento in Sardegna, ‘‘L’Arte’’, X, 1907; Opere d’arte decorativa nel tesoro del Duomo di Cagliari, ‘‘L’Arte’’, X, 1907; Calvi Pantaleone; Castagnola Bartolomeo; Cima Gaetano; ¨ nstler LexiConti Domenico, voci nel Ku kon, V, 1912; Un quadro sardo nella Galleria di Birmingham, ‘‘L’Arte’’, XXII, 4-6, 1919; L’ancona di Tuili, ‘‘L’Arte’’, XXIII,

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Brunengo 3, 1920; Giovanni Barcels e Giovanni Figuera, ‘‘L’Arte’’, XXIII, 6, 1920; Note sarde. L’iscrizione di Saccargia. Una tavola sarda nella Pinacoteca di Torino, ‘‘Bollettino d’Arte’’, XXVII, 1933; Vicende artistiche della Sardegna medioevale e moderna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1936.

Brunengo Famiglia ligure (secc. XVIIXVIII). Trapiantata in Sardegna nel se´ legata colo XVII, probabilmente perche ` del con i Vivaldi, che nella prima meta secolo ebbero notevoli interessi nell’isola. Due fratelli, Stefano e Domenico, figli di un altro Stefano, si stabilirono a Cagliari, dove uno di essi, il dottor Domenico, nel 1637 fu nominato reggente della Real Tesoreria e divenne tra i ´ principali collaboratori del vicere duca di Avellano. Nello stesso periodo ` a operare suo fratello Stefano comincio nel settore dei grandi appalti, investendo con intelligenza i capitali di cui disponeva; i due trovarono un sostegno in un altro personaggio della famiglia, il canonico Giovanni, probabilmente fratello del loro genitore, che nel 1650 fu nominato vescovo di Bosa. Stefano nel ` la tonnara di Porto Paglia 1651 acquisto e ottenne il cavalierato ereditario e la ` , da sua moglie ebbe inoltre l’anobilta spettativa della contea di Monteleone; ` dovette per entrarne in possesso pero sostenere una lunga lite con il fisco, i ` di Bosa. Morı` prima Rocamarti e la citta della conclusione della lite e i suoi discendenti la continuarono con tenacia, ` le fiorenti attivita ` non trascurando pero di famiglia. Con gli anni essi furono anche protagonisti di importanti operazioni finanziarie e di compravendita di feudi. Scoppiata la guerra di successione spagnola, si schierarono tra i partigiani di Carlo d’Asburgo e finalmente nel 1712 ottennero il titolo di conti di Monteleone. Nel 1717 tentarono di opporsi al tentativo del cardinale Albe-

roni di impadronirsi nuovamente della Sardegna. Quando nel 1720 la Sardegna ` ai Savoia giurarono fedelta ` alla passo nuova dinastia. La famiglia si estinse nel 1775 con il conte Gavino Francesco, ` erede la nipote Giovanna che lascio Carcassona.

Brunengo, Domenico I Tesoriere reale (?, inizi sec. XVII-Cagliari, dopo 1650). ` nella carDopo essersi laureato, entro riera amministrativa ed ebbe modo di ` . Nel porre in evidenza notevoli qualita 1637 fu nominato tesoriere reale e divenne uno dei principali collaboratori dell’Avellano nella fase preparatoria del suo Parlamento. Dopo la celebrazione di questo, nel 1646 fu nominato assessore della Procura reale, ufficio ` con grande zelo. Nel 1648 che esplico fu incaricato di verificare la consistenza delle riserve di cereali per Iglesias e il suo distretto; infine nel 1650 fu nominato giudice della Reale Udienza.

Brunengo, Domenico II Conte di Monteleone (Cagliari 1677-ivi 1754). Figlio ` da suo padre il di Francesco, eredito feudo di Cuglieri e l’aspettativa storica sul feudo di Monteleone. Per sostenere ` impegnato in due le sue ragioni si trovo ` difficile era quella diverse liti: la piu per il possesso del feudo di Cuglieri con gli Zatrillas e i marchesi di Albis, tanto che egli preferı` vendere il feudo ai Genoves nel 1706; per Monteleone, ` la lite col fisco. Era invece, continuo ` attivi partigiani degli Asburgo tra i piu e, nel 1712, approfittando della situazione, riuscı` a risolvere vantaggiosa` al mente la lite per Monteleone: pago fisco 3000 reali e ottenne il feudo e il titolo di conte di Monteleone. Nel 1717, nominato comandante della cavalleria ` di opporsi allo sbarco miliziana, tento delle truppe del corpo di spedizione spagnolo dell’Alberoni, ma senza suc` cesso. Passata l’isola ai Savoia, giuro `. loro fedelta

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Brunengo, Francesco Uomo d’affari (Cagliari 1643-?, dopo 1670). Figlio di Stefano, durante il parlamento Cama` col partito degli Alagon rassa si schiero e dopo il 1668 seppe sfruttare abilmente la situazione per risolvere a suo favore la contesa per la contea di Monteleone. Egli infatti, approfittando della rovina dei Roccamarti, che si erano schierati nel partito dei Castelvı`, si impadronı` di Monteleone, togliendo il feudo al cu` resigino Simone Roccamarti, che pero ` giudizialmente stette e nel 1670 ribalto la situazione. Infatti ottenne una sentenza in base alla quale i due terzi del feudo tornarono in suo possesso e il restante terzo fu incamerato dal fisco. L’inarrestabile Francesco, inoltre, dopo la confisca dei feudi di Francesca ` all’asta, sempre nel Zatrillas, acquisto 1670, Cuglieri e Scano; anche il nuovo `, gli fu contestato dal maracquisto, pero chese di Villaclara e dal marchese di Albis, che pretendevano a vario titolo la successione.

Brunengo, Giovanni Battista Religioso (Sassari, inizi sec. XVII-?, 1679). Vescovo di Ales e Terralba dal 1663 al 1670. Divenne sacerdote dopo essersi laureato in utroque a Pisa. Nel 1663 fu nominato vescovo di Ales e Terralba; ` politica, duuomo di grande sensibilita rante il parlamento Camarassa si ` nel partito dei Castelvı`. Dopo schiero ´, sospettato di esl’assassinio del vicere sere connivente con i congiurati, fu mandato in esilio per qualche anno. [MASSIMILIANO VIDILI]

Brunetti, Rita Scienziata (Milano 1890Pavia 1942). Dopo aver conseguito la ` alla laurea in Fisica nel 1913, si avvio carriera universitaria divenendo assi` di Firenze. stente presso l’Universita ` nel centro di Arcetri e compı` imOpero portanti studi sui raggi X; nel 1921 conseguı` la libera docenza, nel 1926 fu no` minata professore presso l’Universita

di Ferrara, ma nello stesso anno si trasferı` a Cagliari dove dette un impulso ` di decisivo allo sviluppo della Facolta ` alcuni giovani studiosi Fisica. Formo tra cui Giuseppe Frongia che le succedette nella direzione. Negli anni di per` anche alcune manenza a Cagliari avvio delle sue importanti ricerche di fisica ` in nucleare, che le diedero notorieta campo internazionale. Nel 1936 fu tra` di Pavia, dove presferita all’Universita maturamente la colse la morte nel 1942. Del suo soggiorno cagliaritano parla in Le dinamo costruite a Cagliari da A. Pa` di cinotti, in ‘‘Rendiconti della Facolta ` di CaScienze della R. Universita gliari’’, IV, 1934.

Brunn, Heinrich Archeologo (Worlitz 1822-Monaco di Baviera 1894). Profondo conoscitore dell’arte greca, spe` una cialista dei vasi sui quali pubblico ` fondamentale opera nel 1871. Collaboro per anni con Giovanni Spano. Scrisse sui Vasi di vetro con iscrizioni trovati in Sardegna, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, X, 1864.

Bruno, Bianca Storica, poetessa (n. sec. XX). Intellettuale e poetessa dai molteplici interessi (primo fra tutti quello per la storia), diresse la Biblioteca Universitaria di Cagliari dal 1932 al 1940, introducendo una radicale trasformazione dei locali e delle strutture, interrotta purtroppo a causa della seconda guerra mondiale. Nel 1939 fu la prima studiosa a visitare l’archivio della famiglia Simon ad Alghero presso i discendenti Guillot. Tra i suoi scritti: Condaghi sardi e Carta de Logu, ‘‘Archivio storico sardo’’, XX, 34, 1936; Un’importante documentazione di storia sarda dal 1792 al 1814, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXI, 1-2, 1938; Manoscritti in una insigne biblioteca di Alghero, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXII, 1939; Ritratto, ‘‘Sarde-

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Bruno gna poetica’’, I, 13, 1947; All’iris di Gennaio, ‘‘Sardegna poetica’’, III, 6, 1949.

Bruno, Mario Consigliere regionale (n. ` stato eletto Alghero 1965). Nel 2004 e consigliere regionale per la XIII legislatura nella lista del Progetto Sardegna nel collegio di Sassari.

Brunone, san (o San Bruno di Colonia ) Santo (Colonia, 1030/1035-La Torre, oggi Serra San Bruno, 1101). Fondatore dei Certosini ed esegeta biblico. Nelle chiese sarde in passato non mancavano quadri e statue che lo rappresentavano. Nelle tele era raffigurato «in una spelonca di un eremo in Calabria mentre veniva scoperto dai cani del conte Rogerio, che verso quel sito attendeva alla caccia». [ADRIANO VARGIU]

Bruschi, Domenico Pittore (Perugia 1840-Roma 1910). Fervente patriota, ancora diciannovenne prese parte nel 1859 alla rivolta di Perugia contro il ` come pittore di affrepapa. Si affermo schi, decorando a Roma importanti edifici e chiese. Concorse per la decorazione del Palazzo della Provincia di Sassari nel 1876, ma gli fu preferito il siciliano Giuseppe Sciuti. Nel 1891 fu chiamato a Cagliari per periziare gli affreschi del Bilancioni nella chiesa di Sant’Antonio; subito dopo vinse il concorso per la decorazione del salone del Palazzo della Provincia di Cagliari, prevalendo su altri quindici concorrenti sottoposti al giudizio da una commissione di cui facevano parte prestigiosi intellettuali-funzionari come Filippo ` il suo laVivanet e Dionigi Scano. Inizio voro nel 1893 e lo concluse nel 1895. Di particolare effetto i quattro grandi affreschi del Salone delle adunanze, dedicati a importanti eventi della storia della Sardegna meridionale, o comunque della provincia di Cagliari, in una qualche concorrenza con i dipinti che Giuseppe Sciuti aveva eseguito a Sas-

sari per il Palazzo della Provincia. Essi raccontavano infatti, secondo i titoli che diede loro lo stesso B., La disperata difesa degli Illesi dagli assalti dei soldati romani che li inseguono su per i monti aizzando contro di essi dei mastini; La difesa degli Antiochesi da un assalto dei Barbareschi; Alfonso il Magnanimo convoca per la prima volta a Cagliari e presiede le Corti generali del Regno; Eleonora d’Arborea promulga la Carta de Logu. Fanno parte della decorazione della sala anche La Sardegna che custodisce lo scudo dei Savoia e Scienza dell’Amministrazione e Scienza dell’Architettura.

Bruschi, Gian Paolo Fotografo (n. Nuoro). Si divide tra gli studi paesaggistici sardi e quelli della Toscana. Attualmente risiede a Bologna. Specializzatosi con Franco Fontana, dall’iniziale studio del colore, delle geometrie e della fotografia ha maturato negli ultimi anni un crescente interesse verso la fotografia di paesaggio e, da ultimo, quella di reportage. Ha pubblicato il volume Frammenti di terra, 2000, ampia silloge delle immagini di paesaggio isolano.

Brusco, Antonio Magistrato (Cagliari 1778-ivi 1836). Conseguita la laurea en` nella carriera giudiziaria, in cui si tro fece apprezzare per le doti personali e per la profonda cultura. Percorse una brillante carriera arrivando a essere nominato giudice della Reale Udienza; in seguito fu nominato censore generale dei Monti di soccorso e infine reggente della Segreteria di Stato e di Guerra.

Brusco, Diego Imprenditore sassarese (sec. XIX). Nel 1888 costituı` a Sassari la Banca Cooperativa fra commercianti della quale fu eletto presidente. Rimase in carica fino al 1893. Ai problemi ` delle comunicazioni con la penisola e dedicato un suo opuscolo di Considera-

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Brusco Onnis zioni sul porto di Torres, pubblicato a Sassari nel 1875.

Sebastiano Brusco – Professore di Economia ` di Modena, e` stato alla fine all’Universita degli anni Novanta presidente del Banco di Sardegna.

dustrializzazione nella Sardegna set` stato nominato tentrionale, nel 1998 e presidente del Banco di Sardegna, carica che ha tenuto sino alla sua morte improvvisa nel maggio 2001. Tra i suoi scritti: Sei domande sulla politica di rinascita, ‘‘Ichnusa’’, XI, 56-57, 1964; Agricoltura ricca e classi sociali; Casa e progresso tecnico; Struttura e sviluppo di un distretto industriale; La meccanica agricola a Reggio Emilia (con A. Baldassarre); Piccole imprese e distretti indu` e partecipazione: striali; Competitivita una proposta di politica del lavoro (con G. Solinas), 1997; Per una storia dei distretti industriali italiani dal secondo dopoguerra agli anni Novanta (con Sergio Paba), in Storia del capitalismo italiano dal dopoguerra ad oggi, 1997.

Brusco Onnis, Vincenzo Avvocato e

Brusco, Sebastiano Economista (Sassari 1934-Modena 2001). Dopo la laurea in Agraria ha mutato indirizzo di studi specializzandosi a Cambridge tra il 1965 e il 1968 in Economia Politica. Ha avuto i suoi primi incarichi presso l’U` di Sassari, dove ha anche parniversita tecipato al dibattito politico soprattutto attraverso la collaborazione con Antonio Pigliaru. Dal 1980 ha avuto la catte` di Modena. Studra presso l’Universita ` stato autore di dioso di grande rigore, e numerosi volumi e di articoli in riviste scientifiche che gli hanno dato noto` a livello europeo nel campo degli rieta studi di politica industriale, elaborando in particolare la metodologia delle ricerche sui ‘‘distretti industriali’’: su questo tema il suo insegnamento modenese ha dato vita a una vera e propria scuola. L’impegno accade` staccato dal suo ammico non lo ha pero biente d’origine; attento osservatore, a suo tempo, delle problematiche della rinascita e studioso dei processi di in-

giornalista (Cagliari 1822-Milano 1888). Laureatosi in Legge preferı` darsi all’at` letteraria, esordendo con Fiori di tivita maggio, una raccolta di versi pubblicata ` nel 1845. Di idee redalla ‘‘Meteora’’ gia pubblicane, fu tra i principali promotori dei moti studenteschi cagliaritani che nel 1847 precedettero la ‘‘fusione’’. Promulgato lo statuto diresse a Cagliari ‘‘Il Nazionale’’, primo periodico sardo di ispirazione liberale. Per sfuggire alla malaria, alla fine dell’anno si trasferı` a Torino dove visse fino al 1854. Tornato a Cagliari diresse ‘‘La Gazzetta popolare’’, un quotidiano sul quale condusse una battaglia antimonarchica, fortemente improntata a idee autonomiste e antipiemontesi, al punto da vederla accusata di ‘‘lebbra anti-sa` nuovamente la voina’’; nel 1855 lascio ` in alcune citta `. A Sardegna e peregrino ` in rapporto con il gruppo Torino entro che faceva capo al filosofo Ausonio ` a una Franchi, e con questo partecipo intensa battaglia pubblicistica contro la pena di morte. Si stabilı` quindi a Genova dove aderı` ufficialmente al mazzi-

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BSE ` con Maurizio Quanianesimo, e lavoro ` itadrio nella redazione de ‘‘L’Unita liana’’ di cui nel 1861 divenne condirettore. Prese parte alla spedizione dei Mille, ma a un certo punto non volle ` seguire Garibaldi: ne nacque una piu ` dal Gelunga polemica che lo allontano nerale. Rimase legato alle concezioni di lotta politica rivoluzionaria anche dopo la morte del Mazzini (anche lui aveva avuto momenti difficili per il suo radicalismo antimonarchico) e del Quadrio. Tra i suoi scritti: Fiori di maggio, versi, 1845; Risorgimento, canto, 1847; L’isola di Cuba e la Sardegna, ‘‘Gazzetta popolare’’, V, 1854; Il libro speciale del parlamento, ‘‘Gazzetta popolare’’, V, 1854; Le autonomie locali, ‘‘L’Osservatore’’, 1857; La Sardegna e il conte di Cavour, ‘‘I popoli uniti’’, 1860; Un processo al governo, ‘‘I popoli uniti’’, 1860; Storia della casa gesuita di San Michele in Cagliari, ‘‘Il Nazionale’’. Un processo al Go` una appasverno, pubblicato nel 1860, e sionata recensione de Il Governo e i Comuni di G.B. Tuveri.

BSE = Encefalopatia spongiforme bovina

Bua, Antonio Avvocato e politico (Oschiri, fine sec. XIX-Sassari, seconda ` sec. XX). Presa la laurea entro ` in meta magistratura, ma nel 1932 si dimise per non essere obbligato a iscriversi al partito fascista, dedicandosi all’avvocatura. Culturalmente sardista, di idee federaliste, prese parte al dibattito politico sviluppatosi subito dopo la caduta ` del fascismo. Teorico della sovranita della Sardegna, nel 1944 aderı` al programma separatista elaborato da Peppino Barranu, polemizzando su ‘‘Riscossa’’ con il repubblicano unitarista ` a Michele Saba. In seguito continuo prendere parte al dibattito politico con interventi e articoli pubblicati in vari periodici, contrassegnati dal suo stile sempre estremamente polemico e bril-

lante. Tra i suoi scritti: Separatismo e separatisti, ‘‘Riscossa’’, 1944; Separatismo: quo vadis Chilone?, ‘‘Riscossa’’, 1944; Separatismo: e` lui o non e` lui!, ‘‘Riscossa’’, 1944; Autonomia e separatismo, ‘‘Riscossa’’, 1945; Riflessioni su un viaggio, ‘‘Il Solco’’, 1945; Sardegna e Sicilia, ‘‘Riscossa’’, 1945; A tu per tu con la ` , ‘‘Il Solco’’, 1946; Divagazioni su realta un disegno di legge, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1950; Non il pelo ma il vizio si voleva cambiare, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1950.

Bua, Giovanni (detto Giannetto) Giornalista (Ozieri 1898-Roma 1970). Ottenuta la ` al laurea in Giurisprudenza si dedico giornalismo. Esordı` giovanissimo nel 1920 collaborando all’edizione sarda de ‘‘Il giornale d’Italia’’; in seguito divenne redattore capo de ‘‘L’Isola’’, il quotidiano di Sassari che aveva sostituito ‘‘La Nuova Sardegna’’, e successivamente de ‘‘L’africano’’, che si pubblicava a Tunisi. Dopo poco tempo si spo` ad Atene, dove lavoro ` ne ‘‘Il giornale sto di Roma’’. Nel secondo dopoguerra ` in Italia e si stabilı` a Roma, dove torno divenne capo dell’Ufficio Stampa dell’Assicredito.

Bua, Giovanni Maria Religioso (Oschiri 1773-Nuoro 1840). Arcivescovo di Ori` in Teostano dal 1828 al 1840. Si laureo logia a Sassari nel 1796 e fu ordinato sacerdote nel 1798. Fu per trent’anni anni parroco del suo paese facendosi ` di organizzatore e notare per le qualita per essere riuscito con grande dolcezza a comporre una lite che lo aveva insanguinato in passato. Nel 1828 fu nominato arcivescovo di Oristano e amministratore apostolico della diocesi di Gal` le due diocesi con tellı`-Nuoro. Governo grande energia: a Nuoro promosse la costruzione del Seminario tra il 1829 e ` la ricostruzione della catil 1831 e inizio tedrale; a Oristano fece costruire un ` nuovo braccio del Seminario e lo doto

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Bubastis riccamente di suppellettili e libri. Nel 1831 seppe fronteggiare un’imminente carestia acquistando il grano giunto dal continente e rivendendolo a prezzo di costo. Interessato anche alla crescita sociale dei suoi amministrati, si preoc` di promuovere una serie di opere cupo pubbliche che creassero occasioni di lavoro, come la grande strada che collega Oristano a Torregrande. Promosse ` di Nuoro, Tempio e l’elevazione a citta ` della Chiesa Ozieri e difese le immunita dopo l’abolizione dei feudi. Nel 1836 ri` il trasferimento a Cagliari. Tra i fiuto suoi scritti, le Lettere pastorali al clero ed al popolo delle diocesi d’Oristano e di Nuoro, 1828-1839. [MASSIMILIANO VIDILI]

miglia dei giudici di Torres, essi lo inclusero nel loro piccolo stato, intrattenendo un buon rapporto con i propri vassalli che conservarono la loro autonomia. Con l’arrivo degli Aragonesi nel 1323 i nuovi signori prestarono omaggio feudale all’infante Alfonso e cosı` B. en` a far parte del Regnum Sardiniae. La tro ` , fu di breve durata; infatti, cosa, pero seguendo i Doria ribelli, nel 1325 si schierarono al loro fianco e combatterono contro gli Aragonesi. Il villaggio divenne una delle sedi della loro resistenza; nel 1330 fu assalito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni. Negli anni che seguirono comin` a decadere e a spopolarsi, ma ricio mase in possesso dei Malaspina fino al 1342, anno in cui il marchese Giovanni, ` in eremorendo senza eredi, lo lascio ` con tutto quanto possedeva a Pietro dita IV d’Aragona. I fratelli del defunto, irritati, tentarono di resistere con le armi al re e il villaggio cadde nel caos. Dopo alterne vicende B. fu sequestrato definitivamente ai Malaspina nel 1353; la sua popolazione era ridotta a poche decine di abitanti e nel corso dei decenni successivi, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, B., divenuta ` comteatro delle operazioni, si spopolo pletamente e scomparve.

Bubastis Nome con il quale i Greci e i Giovanni Maria Bua – Arcivescovo di Oristano ` dell’Ottocento, promosse nella prima meta ` di Ozieri, Nuoro e Tempio. l’elevazione a citta

Bualis Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Montes. Sorgeva nelle campagne di ` Bainzolu. Agli inizi del Osilo in localita secolo XIII, in conseguenza di un fortunato matrimonio, il villaggio fu inserito fra i territori che passarono in possesso dei Malaspina. Quando si estinse la fa-

` egizia Romani chiamavano la divinita Bastet, dall’omonimo centro del culto della dea che sorgeva nel medio delta ` del panorientale del Nilo. Divinita theon isiaco, era la protettrice delle partorienti. Era rappresentata con le sembianze di gatta oppure con il corpo di donna e la testa felina. Il suo culto in ` testimoniato da un’ara ciSardegna e lindrica in marmo bianco (datata al 35 d.C. dall’iscrizione che presenta la coppia consolare in carica) rinvenuta a Turris Lybisonis che riporta il nome di C(aius) Cuspius Felix, indicato come sa-

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Bucarelli cerdote della dea. Il ricco apparato decorativo dell’ara richiama anche Iside e il fratello-sposo Osiride tramite due oggetti utilizzati nelle loro cerimonie pubbliche, il sistro (strumento musicale costituito da un’impugnatura sulla quale si innesta un telaio curvato a U capovolta e attraversato da tre o quattro sbarrette scorrevoli) e la sı`tula (secchio metallico con fondo solitamente emisferico usato per contenere l’acqua lustrale o il latte); l’impianto ornamen` completato da una ghirtale dell’ara e landa divisa in quattro festoni da due `i e da due fiaccole. La difserpenti ure ` in generale fusione del culto di B. e piu ` rodei culti egizi in Sardegna in eta ` stata messa in relazione con l’armana e rivo nell’isola di soldati egizi fedeli ad Antonio e Cleopatra sconfitti durante la battaglia di Azio nel 31 a.C. [ALBERTO GA-

` occupata dell’allestiria a Cagliari e si e mento di alcune mostre. Ha al suo attivo articoli di critica d’arte, fra cui Sardi nell’arte contemporanea, ‘‘Sardegna’’, 1955.

` – Il nuraghe Loelle e` il piu ` importante Budduso dei monumenti preistorici di un’area ricca di tombe di giganti e dolmen.

` Comune della provincia di OlBudduso

VINI]

Bucarelli, Alessandro Docente di Medicina legale (Castelletto sopra Ticino 1944-Cagliari 2005). Conseguita la lau` dedicato alla rirea in Medicina si e cerca e ha intrapreso la carriera universitaria. Attualmente insegna presso la ` di Medicina dell’Universita ` di Facolta Cagliari. Tra i suoi scritti: Contributo causistico di paleopatologia in un complesso mascellare facente parte dei resti cranici di cultura di Ozieri proveniente da una grotta del Sinis, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, 16, I, 1979; I di` e giustizia, ritti del minore tra sanita ` e giustizia nella Sarde1992; Criminalita gna Sabauda, 1998; Eutanasia ante litteram in Sardegna (con C. Lubrano), 2003. Nel 2004 vinse il concorso a cattedra ` di Sassari, ma morı` imnell’Universita provvisamente a 61 anni.

Bucarelli, Paola Studiosa di storia dell’arte (n. Napoli 1938). Sorella di Alessandro, laureata a Cagliari nel 1963, ha insegnato per molti anni storia dell’arte in diversi istituti di istruzione seconda-

bia-Tempio, compreso nella VI Comu` montana, con 4097 abitanti (al nita 2004), posto a 700 m sul livello del mare, `a collocato in un altipiano che poco piu sud si eleva nelle punte di una piccola catena. Regione storica: Montacuto. Diocesi di Ozieri. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 190 km2 circa, ha la forma grosso modo ovale e confina a nord con un’isola amministrativa di Olbia e con Loiri Porto San Paolo, a est con San Teo` , a sud con Lode ` e Bitti, a doro e Torpe ` dei Sardi. Si tratta di una ovest con Ala regione granitica, che conserva solo in parte gli estesi boschi che la coprivano un tempo; le parti che si sono rese libere sono utilizzate per la maggior parte per l’allevamento e solo in qualche piccola area per l’agricoltura. Al confine orientale del territorio si trovano, alla pendici della punta Ololvica (892 m), le sorgenti del Tirso, il maggior corso d’acqua dell’isola; mentre a ovest scorrono alcuni corsi d’acqua che vanno a formare il lago artificiale del

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Budduso` ` Lerno, nei pressi di Pattada. Il paese e attraversato dalla statale 389, che collega Ozieri con Monti, e che in questo punto si dirama con un altro braccio che, piegando verso sud, raggiunge Bitti e quindi Nuoro. & STORIA Il centro attuale e ` di origine medioevale, apparteneva al giudicato di Torres ed era incluso nella curatoria di Montacuto. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, B. e tutto il Montacuto furono contesi tra i Doria, gli Arborea e i Visconti; alla fine del secolo XIII il territorio era presidiato da truppe arborensi che, avendo conquistato il castello di Montacuto, sembrava dovessero arrivare a controllare l’in` tera curatoria. La situazione muto quando i Doria, sfruttando il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di trovare alleati per l’imminente conquista della Sardegna, nel 1308 si dichiararono vassalli del re e ne ottennero l’investitura. Gli Arborea, anche loro alleati del re, presero atto della nuova situazione ma non rinunciarono alle pro` nel prie rivendicazioni. Quando pero 1325 i Doria si ribellarono ai loro alleati, il giudice d’Arborea fece nuovamente occupare il villaggio dalle sue truppe e lo fece annettere formalmente al Regno di Sardegna. Negli anni che seguirono l’esercito giudicale e quello dei Doria continuarono a combattersi aspramente nell’intento di avere il sopravvento l’uno sull’altro e nel 1339 il villaggio fu compreso nei territori che il re d’Aragona concesse in feudo a Giovanni d’Arborea, suo fedele alleato e considerato persona capace di porre fine al conflitto. Ma Mariano IV, una volta divenuto giudice, pretese che il fratello gli prestasse l’obbedienza feu` , avendo ottenuto il dale; Giovanni pero ` e fu per queMontacuto dal re, si rifiuto sto fatto arrestare. Negli anni che seguirono, scoppiata la guerra tra Mariano

IV e Pietro IV, B. subı` continue devasta` spopolandosi e fu oczioni per cui ando cupato dalle truppe arborensi, che vi stanziarono fino alla fine della guerra. Nel 1410 il villaggio, per quanto semispopolato, cadde in mano del visconte ` ai di Narbona che solo nel 1420 rinuncio propri diritti. Nel 1421 fu incluso con tutto il Montacuto nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles. Il rapporto con i nuovi signori non fu dei migliori: i suoi abitanti nel 1458 si ribellarono per´ esasperati dal peso dei tributi ma che non riuscirono a modificare la loro si` del setuazione. Nella seconda meta colo i Centelles inclusero B. nell’incontrada del Montacuto e il villaggio fu amministrato da un regidor residente a Ozieri e coadiuvato da una burocrazia di funzionari baronali. I Centelles si estinsero nel 1569 e, dopo una lite ere` fino al 1591, il villaggio ditaria che duro ` ai Borgia; negli anni nei quali passo pendette la lite il feudo fu sequestrato e per alcuni anni fu amministrato da funzionari reali. Con i Borgia le condi` non mutarono e, zioni della comunita ` anzi, nel corso del Seicento si verifico un aumento del potere del feudatario ` a controllare direttamente che arrivo l’elezione del majore esautorando com` e nell’amminipletamente la comunita ` ai rappresentanti strazione si appoggio di alcune famiglie di notabili locali che gestivano il potere in modo sostanzial` era mente clientelare e ingiusto. Cio ´ nel corso del sestato possibile perche colo erano state create per l’esazione dei tributi le ‘‘liste feudali’’ dei contribuenti, calcolate in base al loro reddito; la gestione di queste liste comportava non solo la determinazione del carico fiscale per ciascuno ma anche l’individuazione delle categorie degli esenti. In genere gli esenti erano proprio i notabili locali che finirono per formare delle e´lite vassallatiche legate al feuda-

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Budduso` tario. Quando, nel 1740, i Borgia si estinsero, il villaggio aveva 1300 abitanti ed esprimeva un profondo bisogno di liberarsi dalla dipendenza feudale. La sua struttura sociale si andava modifi` produttive cando, le crescenti attivita ne aumentavano notevolmente il benessere e i suoi abitanti avevano iniziato a sfruttare il vasto altipiano compreso nel territorio comunale impiantandovi fiorenti aziende per l’allevamento del bestiame. Dopo una lunga serie di vicende ereditarie, nel 1767 il villaggio fu incluso nel ducato del Monta` a Maria Giuseppa Picuto che tocco mentel erede dei Borgia e moglie di Pietro Tellez Giron. B. non ebbe, come molti altri villaggi del Montacuto, un rapporto facile con i nuovi feudatari che dalla Spagna facevano amministrare il feudo a funzionari senza scru` aperpoli, cosı` tra il 1774 e il 1785 rifiuto tamente di pagare i tributi e nel 1795 prese parte ai moti antifeudali. Nel 1821 il villaggio fu incluso nella provincia di Ozieri e nel 1843 chiuse il tempestoso rapporto con i suoi feudatari. Per questo periodo abbiamo la testimo` situato in nianza di Vittorio Angius: «E un altipiano, che verso mezzodı` termina in scoscesi dirupi di granito, quindi in esposizione a tutti i venti. Il ` di 460, divise da numero delle case e varie strade irregolari. Si esercitano da pochi le arti necessarie. Le donne sono attive nel tessere panno forese [orbace] e tele. Provveduto ai proprii bisogni vendono il restante. I telai sono circa 400. Convengono alla scuola normale 40 fanciulli. Si celebrano all’anno matrimonii 20, nascono 75, muojono 60. Il numero delle anime (anno 1833) era di ` fred2200, delle famiglie 450. Il clima e duccio per la molta elevazione del territorio. Sentesi nell’abitato alquanta ` per la sua situazione alle falde umidita di una estesa collina. Vi piove con qual-

che abbondanza, e pendente l’inverno cade molta neve. La nebbia copre spesso la sottoposta larga vallata, a dove concorrono in varii ruscelli le acque della vicina montagna di Lerno. Le malattie che dominano tra questi popolani sono infiammazioni di petto, reumatismi, artritidi, gastro-enteritidi e febbri periodiche. Nel territorio circondario sono circa due centinaja di quelle chiudende che volgarmente si ` sono di molta appellano tanche. Le piu `. In alquante si avvicenda la secapacita mentazione del grano e dell’orzo, e poscia si introduce il bestiame: nelle altre sono inchiuse a pastura le vacche ed i giovenchi destinati all’agricoltura od al macello. Dentro le mura di esse tanche sono molti alberi ghiandiferi, e numerosissimi se ne trovano nelle terre `, e piu ` che in altre aperte, e di comunita regioni nella elevata montagna di Lerno. Pascono in questo territorio vacche circa 6000, capre 7000, pecore 8200, porci 3000. Quanto dei prodotti sopravanza il consumo della popolazione `i e Sassari, vendesi in Terranova, Orose dove si trasporta di formaggi, tra affumicati e bianchi, non meno di 300 cantara all’anno. Le montagne sono popolatissime di cervi, daini e cinghiali. Sulle giogaje del Lerno abitano una gran famiglia di mufloni, e incorrono nelle balestriere [punti d’agguato dei cacciatori] perseguitati dai bracchi e ` pure ` capi. E mastini in frotte di 30 e piu ben moltiplicata la generazione delle ´ sono rare le marvolpi e delle lepri, ne ` caccia per la preziosa tore, cui si da pelle. Chi si diletta della caccia dei vo` ferir quante voglia pernici, latili puo quaglie, beccaccie, beccaccini, tordi, anitre ecc. Sono essi ancora in buon numero gli uccelli di rapina, nibbi, falchi, avoltoi, e tante altre specie, non esclusa l’aquila, e l’aquilastro. I quali ultimi fanno il nido nelle eccelse rupi del

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Budduso` Lerno, e nelle balze dei salti de Giossu». Abolite nel 1848 le province fu incluso nella divisione amministrativa di Sassari, all’interno della quale rimase fino ` a far parte della al 1859, quando entro omonima provincia; nei decenni successivi i suoi interessi hanno iniziato a gravitare sulla rinascente Olbia e la sua agricoltura; hanno avuto grosso incre` connesse mento soprattutto le attivita alla raccolta del sughero e all’estrazione del granito. Contemporanea` cremente anche la sua popolazione e sciuta: agli inizi del Novecento sfiorava `. Nel secondo dopoguerra le 5000 unita ` aumentata ancora arla popolazione e ` ; nel rivando a superare le 7000 unita 1958 una parte del suo vastissimo territorio comunale fu staccata e compresa in quello di Olbia. Negli anni successivi ` anche B. ha visto diminuire rapipero damente la popolazione a causa del fenomeno dell’emigrazione. & ECONOMIA B. ha un’economia basata soprattutto sull’allevamento, che qualche anno fa annoverava un patrimonio di circa 40 000 capi ovini, 5000 bovini e oltre 3000 caprini. Negli ultimi decenni ha avuto un incremento imponente lo sfruttamento delle cave di granito, con esportazione in tutte le parti del ` un settore che sta conoscendo mondo; e ultimamente un periodo di crisi ma rimane fondamentale per l’economia locale. A questo si collega il commercio della legna da ardere, che i camion destinati all’esportazione del granito trasportano Palla penisola anche per non fare il viaggio di ritorno a vuoto: da B. partono poi altri mezzi minori che la distribuiscono in tutta l’isola. Alcune quote di reddito vengono dalla raccolta del sughero. Il paese ha anche una vocazione turistica, che sta coltivando grazie alla presenza di un albergo con 50 posti letto e 2 agriturismi con 28 posti letto. Artigianato. In passato era molto

sviluppato l’artigianato tessile, vi si producevano manufatti di lino e d’orbace che avevano anche una discreta ` commercializzazione. Oggi il paese e conosciuto per la presenza di laboratori ` di intaglio del legno. Servizi. Il paese e collegato mediante autolinee agli altri centri della provincia. Dispone di guardia medica, medico, farmacia, scuola dell’obbligo, scuola secondaria superiore, una ricca e animata Biblioteca comunale, sportello bancario.

` – Il granito ha rappresentato Budduso soprattutto nel corso del Novecento una notevole risorsa economica.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 4209 unita di cui stranieri 44; maschi 2115; femmine 2089. La tendenza complessiva ri` della velava una sostanziale stabilita popolazione, con morti per anno 45 e nati 44; cancellati dall’anagrafe 39; nuovi iscritti 38. Tra gli indicatori economici; depositi bancari 69 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 15 471 in migliaia di lire; ICI 2134; aziende agricole 542; imprese commerciali 445;

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Budduso` esercizi pubblici 55; esercizi all’ingrosso 6; esercizi al dettaglio 139; ambulanti 218. Tra gli indicatori sociali: occupati 1733; disoccupati 256; inoccupati 260; laureati 77; diplomati 453; con licenza media 1738; con licenza elementare 2286; analfabeti 211; automezzi circolanti 2651; abbonamenti TV 2057. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` particolarterritorio, molto esteso, e mente ricco di nuraghi (Curtu, Domighedda, Domo ’e Porcos, Eligannele, Errere, Isarita, Iselle, La Corona, Loelle, Lorica, Ludurru, Lu Nuraghe, Monte Ladu, Nullu, Ololvica, Ozastru, Pedrosu, Selcia, Punta Su Nuraghe, Ruju, S’Abila, Sa Ena, Sa Menta, Santu Tomeu, Sauccu, Seau, Solteni, Sos Li´, Ziu Caralu), di dozos, Teltoro, Torroile mus de janas (Checche, Iselle, Ludurru, Molino, Nullu, Ozastru), di Tombe di gi` , Ianna de su Saccu, Iselle, ganti (Biralo Loelle). Vi sono inoltre la grotta di Contracalpida, la fonte nuragica di Sos Muros, i dolmen di Stiddi e Sos Monumen` romana distribuiti in tos e ruderi di eta ` . Di particolare impordiverse localita tanza archeologica sono alcuni siti posti sull’altipiano, primo fra tutti il complesso di Loelle. Situato a qualche chi` costituito da un lometro dall’abitato, e ` piani la cui nuraghe polilobato a piu ` in buono stato di struttura imponente e conservazione; la torre centrale conserva un grande ambiente interno e una scala che porta ai piani superiori. ` circondato da un villaggio Il nuraghe e nuragico costituito da capanne circolari, ancora inesplorato, da alcune Tombe di giganti molto danneggiate poste a circa 200 m di distanza e, accanto a queste ultime, da un dolmen. Sempre sull’altipiano, lungo la strada per Bitti, ` il complesso di Teltoro, costituito da e un nuraghe molto danneggiato nei cui ` pressi affiorano resti consistenti di eta romana, in particolare quelli di una

strada che doveva portare a Caput Tyrsi. Sempre sulla via per Bitti si trova, accanto ad altri nuraghi, il complesso di Chervinu dove, accanto a un nuraghe monotorre che si erge sopra una rupe granitica, si conservano notevoli resti ` romana. Altro sito di costruzioni di eta ` di grande importanza scientifica e quello di Sos Monumentos, posto in un ` coterritorio vicino al corso del Tirso: e stituito da un dolmen formato da quattro scheggioni rocciosi che sorreggono un lastrone di 2,50 x 2,55 m attorno al quale era un cerchio di pietre predisposto per contenere un cumulo di terra che ricopriva il dolmen; a breve di` situata una Tomba di giganti, stanza e detta Ianna de su Saccu, con l’esedra e la porta di accesso parzialmente conservate e resti del corridoio sepolcrale. Va infine ricordato il sito di Elcomis dove si trova un dolmen formato da pietre infisse nel suolo che sostengono un lastrone di 3 m per 2 circondato da un recinto ellittico in pietra.

` – Il centro, patria del granito sardo, Budduso ha ospitato per anni una importante rassegna internazionale di scultura.

PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il tessuto urbanistico di ` particolare: e ` costituito da un nuB. e ` svicleo centrale intorno al quale si e luppata la parte restante dell’abitato con un sistema a scacchiera; le sue strade sono prevalentemente lastricate &

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Budduso` in granito, vi si affacciano le tipiche case in granito a vista e qualche pretenzioso palazzotto ottocentesco di una certa eleganza. Nel centro storico sorge la chiesa di Sant’Anastasia, parrocchiale di impianto molto antico che nel ` degradando. Per corso dei secoli ando porre rimedio alla situazione, a partire ` dell’Ottocento e ` dalla seconda meta stata radicalmente ristrutturata e attualmente presenta un impianto a croce latina di una qualche eleganza. ` costruita in conci di graLa facciata e nito, coronata da un timpano e da una grande croce; nell’interno sono conservati alcuni quadri di Gerolamo Ruffino, pittore napoletano del Settecento, dipinti nel 1754. Poco distante sorge il campanile a canna quadrata coronato da una cuspide. Altre chiese del centro storico sono quella di San Quirico, costruita nel 1651 da un sacerdote di Alghero in adempimento di un voto fatto per essere scampato a una tempesta. L’edificio ha una navata completata dall’abside semicircolare e coperta da una cupola, da una serie di cappelle laterali e da una cantoria dalla struttura ` stato spesso rimain legno. L’edificio e neggiato nel corso dei secoli e custodisce un altare ligneo policromo, riccamente intagliato e dotato di nicchie risalente al secolo XVIII, un pulpito in legno con un confessionale risalente allo stesso periodo, statue lignee e alcune tele attribuite a Gerolamo Ruffino. La chiesa di Sant’Ambrogio, costruita in conci di granito nel secolo ` situata oggi alla periferia delXVIII, e l’abitato. Ha un impianto a una sola navata e nel corso dei secoli ha subı`to al` cune ristrutturazioni. La facciata e completata da un campaniletto a vela e i muri perimetrali sono accompagnati ` da contrafforti. Lungo la strada per Ala dei Sardi sorge la chiesa campestre di Santa Reparata, edificio risalente alla

fine del secolo XV, costruito in forme gotico-catalane a una sola navata completata dal presbiterio. Nel corso dei secoli successivi ha subı`to diverse ristrutturazioni e modifiche, radicale quella del 1913 quando al suo impianto originario fu aggiunta una seconda navata. Va infine ricordata la chiesa di San Sebastiano costruita nel 1600 e divenuta cappella del cimitero. Dal punto di vista naturalistico il sito di maggiore inte` costituito dall’altipiano che resse e prende il nome dal paese. Si tratta di una vasto territorio granitico coperto in parte da immense sugherete che, anche se danneggiate da un incendio nel 1983, conservano un fascino notevole e fanno da contorno ai molti siti archeo` gia ` detto. Nella sua logici di cui si e parte orientale tra Monte Logos e Sa Janna Bassa, dove si trovano le sorgenti ` rotto da impodel Tirso, il paesaggio e nenti massi granitici e da grandissime sughere. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Le ` caratteristiche tradizioni di B. ripiu guardavano l’abitudine all’attitidu o compianto funebre, ancora praticato nei primi decenni del Novecento, soprattutto per persone di elevata condizione sociale; i canti erano eseguiti da donne che mettevano a frutto una loro ` di improvvisare. Altra innata capacita tradizione molto complessa e articolata, probabilmente legata al bisogno di conservare nel tempo l’assetto socioeconomico del villaggio, riguardava il matrimonio: spesso vi si praticava l’usanza di far sposare, per ragioni patrimoniali o per comporre antiche faide, bambini e bambine ancora impuberi. Anche il matrimonio tra due adulti era minutamente regolato: all’atto della cerimonia l’uomo doveva possedere i mezzi per mandare avanti la propria at` (carro, buoi e strumenti se contativita dino; un certo numero di pecore o di

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Budelli altri capi di bestiame se pastore); la donna doveva invece provvedere all’arredamento della casa. In caso di matrimonio tra persone facoltose il padre dello sposo era tenuto a corrispondere un capitale o un certo numero di capi di bestiame, il padre della sposa a garantire il vitto ai due giovani coniugi per ` tre anni. Di tutte queste usanze si e persa memoria. Attualmente alcune tradizioni vengono conservate nelle feste popolari, in particolare quella di Santa Reparata che si svolge la prima domenica di settembre e il successivo lunedı` presso l’omonima chiesetta; ` allestita da quattro subrastantes essa e che hanno il compito di raccogliere i fondi necessari per organizzare la festa e il grande banchetto finale da offrire a ` a base di tutti i partecipanti. Il pasto e carne di vacca con minestra cucinata in ` enormi calderoni. L’organizzazione e piuttosto grandiosa: possono partecipare al banchetto fino a tre-quattromila persone.

Guglielmo, medico di Bonifacio. Il complesso fu posto sotto la giurisdizione del vescovo di Civita e nel 1243 aggregato all’ordine benedettino; dovette essere un centro di grande rinomanza; nello stesso anno il priore di Santa Maria fu autorizzato a liberare dalla scomunica Adelasia di Torres che aveva sposato Enzo di Hohenstaufen (detto ‘‘Enzo re ` di Sardegna’’). In seguito la comunita ` a prosperare, ma dopo la cocontinuo stituzione del Regno di Sardegna, passata l’isola sotto l’influenza politica de` lentamente a gli Aragonesi, comincio decadere. Fu distrutto nel corso del secolo XVI da un’incursione di corsari turchi.

Budelli Isola dell’arcipelago della Mad` una delle piu ` dalena. A nord di Spargi, e vicine alla Corsica. Famosa per la sua ‘‘spiaggia rosa’’ in cui Michelangelo An` una memorabile scena del tonioni giro ` diventata una suo film Deserto rosso, e meta obbligata del turismo estivo. L’eccessiva presenza di natanti e visitatori ha consigliato (forse perfino tardivamente) una serie di vincoli imposti ` del parco nazionale deldalle autorita l’arcipelago della Maddalena, istituito ` interessante anche per nel 1996. B. e un antico complesso religioso di origini medioevali situato nell’omonima isola (Celsaria). Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Unali. Era costituito da una chiesa e da un convento che furono probabilmente costruiti agli inizi del secolo XIII sopra ` non si un antico eremitaggio di cui pero ` traccia, per la munificenza di un ha piu

Budelli – Arcipelago di La Maddalena. L’isola e` famosa per la sua ‘‘spiaggia rosa’’, dove ` alcune scene di Michelangelo Antonioni giro un suo film.

Budoni Comune della provincia di Olbia-Tempio, compreso nella X Comu` montana, con 4310 abitanti (al nita 2004), posto a 16 m sul livello del mare, collocato in un una sottile fascia pianeggiante – occupata in parte da stagni

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Budoni – che si trova tra le colline della costa orientale, nella zona tra Posada e San Teodoro, e il mar Tirreno. Regione storica: Posada. Diocesi di Nuoro. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 55,90 km 2 : ha la forma grosso modo trapezoidale e confina a nord con San Teodoro, a est col mare, a `. La sud con Posada, a ovest con Torpe regione, per lungo tempo disabitata, si ` andata lentamente popolando per e ` l’afflusso di pastori venuti da Budduso e dalla Gallura per sfruttare i pascoli del retroterra collinare, i quali hanno dato vita a un tipo di insediamento ` costituito ancora oggi da sparso che e una miriade di frazioni; solo in seguito ` apparso evidente che le maggiori pose ` di sviluppo potevano venire sibilita dalla fascia costiera, caratterizzata da alcune spiagge alternate a tratti di sco` affascinante gliera e resa ancora piu dagli stagni formati dal rio B. nel suo tratto terminale. La principale via di ` costituita dalla veccomunicazione e chia statale 125 Orientale sarda, cui si ` aggiunta di recente la superstrada Abe basanta-Nuoro-Olbia; una serie di vie minori e interne assicurano il collega` mento con le frazioni e con le localita del litorale. & STORIA L’attuale centro ha origini ` costituito a cavallo molto recenti: si e tra Ottocento e Novecento, a mano a mano che veniva popolato da pastori provenienti dalle zone interne alla ricerca di pascoli. Essi costituirono in un primo tempo degli insediamenti sparsi, sul tipo dello stazzo gallurese, che poi in molti casi sono cresciuti sino a divenire le attuali frazioni, alcune delle quali collocate a nord del paese (Agrustos, Berruiles, Straulas, Strugas), altre nella parte meridionale del territorio ` , San Pie(Brunella, Limpiddu, Solita ` , Tamarispa, Tanaunella). tro, Talava Sino a qualche decennio fa il centro

maggiore era costituito da alcune abitazioni, una cantoniera dell’ANAS, un mulino e la chiesa di San Giovanni Battista, tutti allineati lungo la statale. Dal punto di vista amministrativo il territorio faceva parte del comune di Posada e ` stata conquistata soll’autonomia e tanto nel 1959. Due anni dopo la popola` si raccozione, che per oltre la meta glieva nelle frazioni, superava le 2200 ` . Negli ultimi decenni ha avuto un unita ulteriore notevole sviluppo grazie al turismo che le sue bellissime spiagge e i suoi stagni attirano. & ECONOMIA La base della sua econo` data dall’agricoltura, in particomia e lare la viticoltura, e dalla pastorizia; di particolare rilievo la produzione di formaggi ovini e caprini nel caseificio della Cooperativa Gruppo Pastori. Di ` anche il comnotevole importanza e mercio, ma da qualche tempo il settore ` diventato quello del turismo trainante e ` che ha dato grande impulso alle attivita edilizie; al momento si avvale di 18 alberghi con 1931 posti letto, 3 aziende agrituristiche con 36 posti letto, 23 ri` collegato storanti. Servizi. Il paese e mediante autolinee agli altri centri della provincia. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale e sportello bancario.

Budoni – Panorama con il porto.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 4117 unita

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Budroni di cui stranieri 146; maschi 2092; femmine 2025; famiglie 1489. La tendenza complessiva rivelava un aumento della popolazione, con morti per anno 35 e nati 48; cancellati dall’anagrafe 99; nuovi iscritti 117. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 12 582 in migliaia di lire; versamenti ICI 3649; aziende agricole 321; imprese commerciali 351; esercizi pubblici 61; esercizi al dettaglio 125; ambulanti 7. Tra gli indicatori sociali: occupati 1016; disoccupati 273; inoccupati 131; laureati 41; diplomati 332; con licenza media 1201; con licenza elementare 1065; analfabeti 156; automezzi circolanti 1333; abbonamenti TV 795. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Nel suo territorio sono tracce di un approdo ` augustea romano sviluppatosi in eta lungo la strada che da Carales portava a Olbia. La traccia dell’antico insediamento rimane nell’attuale nome di Agrustos. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTU` sviluppato RALE Il tessuto urbano si e attorno a piccoli nuclei, derivanti da stazzi, in cui sono ancora conservate alcune case del tipo gallurese in granito. Gli edifici di maggiore interesse sono la chiesa di San Giovanni Battista, tuttora parrocchiale del centro maggiore, e alcune altre chiese o piccole cappelle erette nelle frazioni: San Lorenzo, San Sebastiano, Sant’Antonio da Padova, Sant’Anna, Santa Maria, San Gavino. A volte si tratta di chiesette in origine isolate in mezzo alla campagna, utilizzate dai pastori, cosı` come avveniva in Gallura, come luogo di aggregazione e per la sepoltura dei defunti. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Que` luogo di incontro di poposta regione e lazioni di diversa lingua e cultura, cosı` che vi si sente parlare sia il logudorese che il gallurese; un tempo le differenze si avvertivano maggiormente, persino

nell’alimentazione e nel modo di confezionare il pane ecc.; la componente gallurese aveva ad esempio la consuetu`dine di organizzare un pranzo, la multa sgia, per rifocillare parenti e conoscenti che si riunivano per un funerale; mentre la richiesta di una ragazza in sposa avveniva secondo il poetico rito della pricunta, la ‘‘domanda’’, organizzato come una piccola rappresentazione. Oggi i costumi si stanno omologando, e le due parti della popolazione, ormai fuse l’una con l’altra, si incontrano per le feste che vengono organizzate nella buona stagione nel capoluogo e nelle frazioni, in parte anche con l’intento di intrattenere turisti e villeg` tipica rimane quella di gianti. La piu Sant’Antonio Abate, che si svolge il 16 e ` 17 gennaio e culmina in un grande falo ottenuto bruciando cataste di cisto alte fino a dieci metri.

Budroni, Giovanni Battista Pittore ` nel Sassarese a par(sec. XVIII). Opero ` del secolo. Di tire dalla seconda meta lui rimangono diverse opere: di particolare importanza sono quelle conservate nella parrocchiale di Borutta.

Budruni, Antonio Insegnante, studioso di storia (n. Alghero 1952). Conseguita la ` dedicato all’inselaurea in Lettere si e gnamento nelle scuole secondarie. Profondo conoscitore della storia di Alghero, ha lavorato anche presso l’Uni` di Sassari, dove ha collaborato versita con M. Brigaglia. Tra i suoi scritti: Breve storia di Alghero, voll. 2, 1982; La Sardegna secondo gli storici catalani, ‘‘Ichnusa’’, 8, 1985; Pestilenze e ripopola` spagnola 1582mento ad Alghero in eta 1652, ‘‘Quaderni sardi di Storia’’, 5, 1986; I giorni del massacro, ‘‘Ichnusa’’, 10, 1986 (sulla persecuzione e la strage di lavoratori sardi a Itri, nel 1911, in cui vennero uccisi 9 operai); Cronologia della Sardegna contemporanea (con M. Brigaglia, S. Sechi e R. Cecaro), in La

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Buffa Sardegna. Enciclopedia, III, 1988; Splendori e miserie. Alghero nelle cronache dei viaggiatori dell’Ottocento (con Yvette Gagliano), 1991; Aspetti di vita sociale in ` spagnola, in AlAlghero durante l’Eta ghero, la Catalogna, il Mediterraneo. Sto` e di una minoranza cataria di una citta lana in Italia (XV-XX sec.) (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994.

Buduntini Abitanti della citta` di Butuntum (odierna Bitonto, in provincia di Bari) nella Puglia romana. I B. sono citati in un’iscrizione rinvenuta nella zona del lago Baratz, nelle vicinanze di Porto Ferro (Alghero), conservata nel Museo ‘‘G.A. Sanna’’ di Sassari. L’epigrafe, incisa su una stele di arenaria, si articola in tre linee di testo: Sodales / Buduntini / fecerunt. L’iscrizione testimonia quindi che persone provenienti dal centro in questione avevano dato origine in Sardegna a una sodalitas, vale a dire a un’associazione avente probabilmente scopi funerari. L’epi` datare, sulla base della grafe si puo forma delle lettere, al secolo I a.C. L’iscrizione costituisce non solo una testimonianza preziosa del fenomeno associativo nell’isola, complessivamente poco attestato nella documentazione epigrafica sarda, ma anche dei rapporti commerciali della Sardegna con la Puglia romana, ulteriormente confermati dal ritrovamento di anfore brindisine come quella rinvenuta a Cagliari con il bollo [AN]DRONICI. [FRANCO PORRA`]

Buerba, Pietro Religioso (Oristano, inizi sec. XVI-ivi 1574). Arcivescovo di Oristano dal 1572 al 1574. Canonico regolare di Sant’Agostino e uomo di grande cultura, era dottore in Decretali. Recatosi in Spagna, fu introdotto nella corte di Filippo II che finı` per ap`. Nel 1572, su prezzarne le grandi qualita indicazione del sovrano, fu nominato arcivescovo di Oristano da papa Gregorio XIII; tornato a Oristano, resse la dio-

cesi per soli due anni. [MASSIMILIANO VIDILI]

Buesca, Pasquale Pittore (n. Orgosolo 1947). Autodidatta, ha cominciato a dipingere negli stessi anni in cui, a partire dal 1968 e sugli stimoli offerti da Francesco Del Casino, insegnante in quelle scuole medie, il Circolo culturale di Orgosolo ‘‘inventava’’ il movimento dei murales di protesta, che si sarebbe esteso a molti centri della Sardegna. Anche B. dipinse all’inizio, usando dapprima la tecnica dell’acquerello, temi della condizione sociale di Orgosolo e dei suoi difficili rapporti con lo Stato (le perquisizioni di massa) e la Regione (la protesta dei pastori a Cagliari).

Buffa, Edoardo Pittore (Cagliari 1878ivi 1961). Fece i suoi studi presso la Scuola d’arte di Roma. Combattente nella prima guerra mondiale, nel dopoguerra si stabilı` a Treviso, dove aprı` il ` come suo studio acquistando notorieta `a acquerellista. Dopo alcuni anni torno Cagliari e vi si stabilı`; eccelleva come bozzettista e caricaturista dei personaggi tipici della Cagliari popolare, che coglieva nei luoghi caratteristici ` e rappresentava con mano della citta felice. Fu anche ritrattista di notevole efficacia.

Buffa, Giancarlo Pittore e poeta (n. Cagliari 1944). Dopo aver completato i suoi ` dedicato all’insegnamento del studi si e disegno e della storia dell’arte nelle scuole secondarie. Dotato di notevoli ` , si e ` dedicato alla pittura. Ecqualita celle soprattutto nella caricatura, in cui riesce a cogliere in modo ironico gli ` significativi dei personaggi aspetti piu ` anche autore di versi deliche ritrae. E cati e profondi, fra i quali La bimba e il mago nell’isola del fuoco, 1984; La foresta pietrificata, 1989.

Buffa, Roberto Antropologo (n. sec. XX). Ha fatto parte del gruppo che nel

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Buffa 1994 ha studiato gli scheletri rinvenuti nella Grotta di Santa Caterina di Pittinuri, di cui ha dato conto nell’articolo Primo resoconto sul materiale scheletrico umano proveniente dalla grotticella ipogeica di Santa Caterina di Pittinuri, ‘‘Notiziario di Archeoantropologia’’, 1, 1995.

Finita la seconda guerra mondiale si ci` con alcuni film d’avventura (Il mento brigante Musolino, 1950) e nell’interpretazione di drammi come Catene (1949) e I figli di nessuno (1951) che gli diedero un successo enorme. In Le notti di Cabiria, di Federico Fellini (1957), inter` se stesso non senza una punta di preto autoironia.

Buganvillea – Le appariscenti brattee racchiudono il fiore vero e proprio. Salvatore Amedeo Buffa – L’attore di Pirri divenne celebre con lo pseudonimo di Amedeo Nazzari.

Buffa, Salvatore Amedeo (noto con il nome d’arte di Amedeo Nazzari) Attore cinematografico (Pirri 1907-Roma 1979). Amedeo Nazzari (Nazzari era il cognome della madre), esordı` come attore di teatro lavorando nelle migliori compagnie, tra cui quella di Pirandello, e ` al cinema. Interdopo il 1935 approdo ` personaggi di eroe romantico in preto `, film che gli diedero grande notorieta tra i quali Cavalleria (1936) e Luciano Serra pilota (1938), tutti e due di Goffredo Alessandrini. Divenne popolarissimo con La cena delle beffe, di Alessan` podro Blasetti (1941), tratto da un gia polare dramma storico di Sem Benelli.

Buganvillea Genere di piante appartenenti alla famiglia delle Nictaginacee, a cui appartengono oltre venti specie. Arbusti rampicanti con fusti legnosi, ramosissimi, intricati e spinosi, che possono crescere sino a 10 m; le foglie, glabre, sono verde tenero, e i fiori, piccoli e tubulari, gialli, avvolti da vistose brat` foglie trasformate) di consitee (cioe stenza cartacea, considerate a torto i veri fiori, che possono essere di diversi ` (bianco, colori a seconda della qualita arancio, rosa, rosso, viola) e spesso persistono sulla pianta per tutta la primavera e l’estate. In inverno la b. si spoglia delle foglie. Originaria del Brasile, la b. fu portata in Europa nella seconda ` del Settecento. In Sardegna le meta condizioni climatiche sono ideali per

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Buggerru la sua coltivazione: viene quindi largamente utilizzata per siepi, muri e pergolati, che si ricoprono delle vistose fioriture monocromatiche o spesso, nelle as` , multicosociazioni di diverse varieta lori. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Buggerru Comune della provincia di Carbonia-Iglesias, compreso nella XIX ` montana, con 1126 abitanti Comunita (al 2004), posto a 51 m sul livello del mare, affacciato sul mare di Sardegna, da un canalone scavato nelle montagne dell’Iglesiente, nel punto in cui si apre un’ampia insenatura tra il capo Pecora e la bellissima spiaggia di Cala Domestica. Regione storica: Cixerri. Diocesi di Iglesias. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 48,23 km2: ha forma grosso modo triangolare e confina a nord e a est con Fluminimaggiore, a sud con Iglesias e a ovest con il mare. Si tratta di una regione di rilievi piuttosto aspri, ` anche se non molto alti; la superficie e in genere arida e, scomparsa la vegetazione d’alto fusto a causa del disbosca` ricoperta premento e degli incendi, e valentemente di macchia mediterranea. Il maggiore interesse viene – o, me` venuto nei decenni passati – dalla glio, e natura del sottosuolo, ricco di minerali ` alta quali lo zinco e il piombo. La costa e nella parte meridionale del litorale, mentre in quella settentrionale si apre la lunga spiaggia di Portixeddu. Il paese ` collegato per mezzo di una strada see condaria che ha inizio dalla statale 126 nei pressi di Fluminimaggiore, e prosegue poi verso sud, toccando le frazioni di Iglesias Nebida e Masua e ricongiungendosi infine alla statale. & STORIA Il villaggio si e ` sviluppato in tempi recenti in un territorio compreso nel salto di Gessa che si stende con i suoi 12 000 ha a nord di Iglesias tra il mare e il villaggio di Fluminimaggiore. ` dell’Ottocento il territorio fu A meta

concesso alla compagnia del conte Bel` le foreste ridutrame che ne devasto cendole in carbone. Per la posizione in cui si trova il canalone nel quale poi sorse il villaggio era stato scelto sin dal 1850 dai boscaioli e dai carbonai per impiantarvi le loro rudimentali capanne.

Buggerru – La vecchia minera. L’economia ` mineraria. del paese era basata sull’attivita

L’opera dei carbonai fu ben presto accompagnata da quella dei primi ricercatori di minerali che a partire dal ` Pranu Santu avviarono 1854 in localita scavi sistematici; ben presto l’impianto crebbe e nel 1856 contava molti addetti, ma nel breve volgere di qualche anno i risultati non parvero sufficienti e venne chiuso. Il demanio cedette allora l’intero salto di Gessa al conte Ciarella di Cagliari e a un suo socio, il signor Millo, i quali nel 1862 cedettero a loro volta il complesso alla famiglia Modigliani (=) di Livorno. La cessione riguardava solo il possesso della superficie del territo` rio: il diritto minerario, che si ando evolvendo in quegli anni, non esclu` che sullo deva infatti la possibilita stesso terreno potessero essere date a terzi concessioni per lo sfruttamento di filoni minerari. In effetti cosı` fu e quando nel 1864 fu concesso, negli stessi terreni dei Modigliani, il permesso di ricerca di calamina all’ingegnere Giovanni Eyquem per un’area di

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Buggerru 1500 ha, si crearono le condizioni per un aspro conflitto giudiziario dal quale i Modigliani uscirono perdenti. Il successo di Eyquem, che in vista dello sfruttamento della concessione aveva ` delle Miniere di costituito la societa ` la nascita della Malfidano, segno grande miniera e di B. Il villaggio ` in pochi crebbe rapidamente, arrivo anni ad avere 500 abitanti; era formato da case disposte a schiera sul fianco del canalone, ma gli operai vivevano in condizioni disumane. Ben presto sulla spiaggia sottostante venne costruito un porticciolo da cui i minerali estratti partivano, una volta sistemati su barconi diretti a Carloforte. Con lo svi` minerarie la popoluppo delle attivita lazione di B. crebbe vertiginosamente fino a toccare nel 1900 i 6000 abitanti, dei quali 3000 minatori. Il paese, che era frazione di Fluminimaggiore, non ` di servizi adeguati, e le disponeva pero condizioni di vita che la Malfidano garantiva ai suoi operai erano di livello inferiore rispetto a quelle che avevano gli operai di villaggi vicini; i rapporti tra operai e direzione della miniera si ` tesi e nel 1904 sfociafecero sempre piu rono nello sciopero la cui repressione ` alcuni morti tra gli operai. costo L’evento segna una data di importanza storica per la vicenda mineraria e sindacale della Sardegna e dell’Italia (da ` celebrato il centesimo anpoco se ne e ´ da quell’epiniversario) anche perche sodio (e altri contemporanei) ebbe origine il primo sciopero generale nazio` nale. Nei decenni successivi l’attivita ` lentamente esaudella miniera ando rendosi; il villaggio nel 1961 ottenne finalmente l’autonomia da Fluminimaggiore ma la sua popolazione si era ora` di 1700 unita `. Atmai ridotta a poco piu tualmente B. ha avuto un certo rilancio ` della pegrazie al turismo e alle attivita ` stato ricostruito e adatsca. Il porto e

tato alle barche da diporto, e si attende la valorizzazione di tutto questo tratto di costa, rimasto sino ad ora fuori mano ` paenonostante le sue indubbie qualita saggistiche e ambientali. & ECONOMIA La sua economia era ba` mineraria; una volta sata sull’attivita ` stata interrotta si e ` puntato che questa e sulla pesca e soprattutto sull’iniziativa ` contare turistica, che al momento puo su un campeggio, una azienda agrituristica e due ristoranti. Servizi. Il centro ` collegato mediante autolinee abitato e agli altri centri della provincia; dispone a breve distanza di un porticciolo adatto alle imbarcazioni da diporto e ai pescherecci. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo e sportello di servizi bancari. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1222 unita di cui stranieri 4; maschi 587; femmine 635; famiglie 598. La tendenza complessiva rivelava una lieve diminuzione della popolazione, con morti per anno 11 e nati 4; cancellati dall’anagrafe 22; nuovi iscritti 22. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 16 675 in migliaia di lire; versamenti ICI 761; aziende agricole 74; imprese commerciali 4; esercizi pubblici 10; esercizi al dettaglio 24. Tra gli indicatori sociali: occupati 286; disoccupati 66; inoccupati 61; laureati 6; diplomati 89; con licenza media 386; con licenza elementare 426; analfabeti 36; automezzi circolanti 414; abbonamenti TV 359. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ancora ricco di siti di arterritorio e cheologia industriale di grande interesse; tra questi vanno ricordati alcuni impianti che sorgono nello stesso villaggio. Si tratta degli edifici della laveria che sorge sulla spiaggia e fu inaugurata nel 1886; all’interno la grande laveria ` rimasta la strutMalfidano della quale e

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Buggerru tura in legno poggiata su una base in muratura; sul costone del canalone sul quale si sviluppa il villaggio una suggestiva strada a picco sul mare – costruita per consentire il trasporto su rotaia dei materiali estratti nella zona di Pranu Santu – porta a una quota di 50 m fino all’imbocco della suggestiva Galleria Henry che prosegue in sotterraneo per ` di 1 km e giunge al mare tra frepiu quenti affacci e termina su uno spiazzo (‘‘Il Piazzaletto’’) nel quale si trovano altre strutture industriali quali una officina e un forno. A qualche chilometro ` che rimane dal centro urbano sorge cio degli impianti della grande miniera di Malfidano che fu la ragione principale della nascita e dello sviluppo del villaggio.

Buggerru – Monumento ai caduti della protesta operaia del settembre 1904 (la chiamarono la ‘‘Domenica di sangue’’). Sculture di Pinuccio Sciola. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` disposto E AMBIENTALE Il villaggio e lungo il fondo di un largo canalone che ` diviso in due digrada verso il mare ed e sezioni: la prima, affacciata sull’inse` che rimane denatura, comprende cio ` nel suo gli impianti industriali ed e complesso di grande interesse per l’archeologia industriale; la seconda, sviluppata nel fondovalle, comprende gli edifici residenziali che ospitavano il direttore, gli ingegneri e i tecnici in un complesso di casette curatissime e di-

sposte secondo schemi razionali; oc` circondano dai cupa un declivio che e quartieri operai di Rosmarino e di Monte Beccu nei quali vivevano, in con` , migliaia dizioni di grande precarieta di operai con le loro famiglie. Lungo la strada di accesso, che dopo alcuni tornanti diviene via centrale e piazza, si trovano, in direzione della spiaggia, i resti delle strutture per l’estrazione e il trasporto della calamina. In un piccolo prato giacciono, vicino a un carrello che ricorda il loro lavoro, le statue in pietra di tre minatori, a ricordo delle tre vittime dell’eccidio del 1904: Salvatore ` moglie e sei Montixi, 49 anni, che lascio figli, Felice Littera e Giovanni Pilloni. Erano rispettivamente di Sardara, Ma` sullas e Tramatza, a significare, come e stato giustamente scritto, che i lavora` a se ´ tori di B. non erano una realta stante ma comprendevano tutti i poveri e i diseredati della Sardegna. Il monu` opera del noto scultore Pinucmento e cio Sciola di San Sperate e risale al 1984, quando le solenni celebrazioni per l’ottantesimo anniversario dell’eccidio culminarono in un convegno di storici e in una manifestazione popolare; oggi rimane a ricordare quegli anni, mentre il paese, ridotto da tempo ` di mille abitanti, e ` impea poco piu gnato nella faticosa ricerca di una nuova vocazione. Si conferma la neces` di non dimenticare il tempo delle sita rivendicazioni quando la vita in miniera era durissima: dai salari miseri alla scarsa igiene del posto del lavoro e delle abitazioni, dai lunghissimi orari ` degli spacci cui tutti erano all’esosita costretti a rivolgersi per i generi di ` . Nel settembre del prima necessita 1904 un plotone di militari, chiamati ` Malfidano, dal direttore della societa che voleva imporre una modifica all’orario, arrivarono tra i lavoratori in agitazione; volarono delle sassate e subito

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Buglia le armi iniziarono a sparare: due minatori morirono subito, un terzo dopo alcuni giorni di agonia, numerosi altri rimasero feriti. Una giornata rimasta memorabile per questo suo tragico esito ´, una volta che la notima anche perche zia si diffuse in tutta Italia, le organizzazioni dei lavoratori diedero vita al primo sciopero generale della loro storia. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Costi` tuito da lavoratori provenienti dalle piu `, B. non ha ovviamente diverse localita una lingua locale uniforme e tanto meno un suo costume tradizionale. La popolazione si riunisce tuttavia per alcune ricorrenze festive che hanno preso piede nei pochi decenni della sua vita: il 29 giugno per la festa di San Pietro, considerato il protettore dei pescatori; il 4 dicembre per quella di Santa Barbara, protettrice dei minatori. Si organizzano manifestazioni carnevalesche, con tanto di rogo finale. Per ` stato da poco incentivare il turismo e ideato il Ferragosto buggerraio, con spettacoli e gare.

Buglia, Lorenzo Gentiluomo pisano ` sec. XIII-Cagliari?, (Pisa, seconda meta dopo 1325). Apparteneva a un’antica famiglia legata ai Gualandi, che aveva qualche interesse nel giudicato d’Arborea. Nel 1297 fu nominato ambasciatore di Pisa presso il giudice Giovanni d’Arborea; una volta stabilitosi a Oristano contribuı` a orientare la politica di dipendenza del giudicato dal Comune dell’Arno. Nel 1322 era capitano delle terre che Pisa possedeva nel giudicato di Cagliari; morı` dopo il 1325.

Buglossa Pianta perenne della famiglia delle Boraginacee (Anchusa italica Retz.). Fusto erbaceo eretto, tomentoso e ramificato; foglie basali lineari, superiori lanceolate, fiori azzurro intenso riunite in infiorescenze apicali. Cresce nei campi e in ambienti degradati. Fio-

risce in tarda primavera e inizio estate. Esistono in Sardegna diverse specie affini, tutte endemiche: la b. sarda (A. crispa Viv.), biennale, caratterizzata dal portamento prostrato e da piccoli fiori azzurro chiaro tendente al violetto, che cresce soltanto in ambienti sabbiosi co` insestieri del nord della Sardegna, e rita nell’elenco di piante di importanza comunitaria (con due siti segnalati); l’A. littorea Moris, l’A. marittima Valsecchi e l’A. undulata L. ssp. capellii (Moris) Valsecchi hanno areali ristrettissimi e sono state inserite, in base alla proposta di L.R. n. 184/2001, nell’elenco di specie botaniche da sottoporre a vincolo di ´ccia are´sti protezione. Nomi sardi: borro (campidanese); erba de porcus (Sarde´is (logudogna meridionale); limba de o `i (sassarese). [MARIA IMrese); linga di bo MACOLATA BRIGAGLIA]

Buistiri Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria di Sols. Probabilmente incluso nei grandi latifondi appartenenti ai De Ac ¸en, parenti della dinastia giudicale. Quando l’esistenza del giudicato di Cagliari ebbe termine, essi ne furono privati e nella divisione del 1258 il villaggio fu compreso nel terzo toccato ai Della Gherardesca che, per fronteggiare insanabili contrasti tra i due rami della famiglia, poco tempo dopo dovettero procedere a un’altra divisione tra loro. B. cosı` fu attribuito ai membri del ramo del ` conte Gherardo; sotto di loro conservo la sua struttura sociale: gli abitanti continuarono a eleggere annualmente il majore e, nel complesso, condussero una vita tranquilla. Con l’arrivo degli ` a far parte Aragonesi, nel 1324 entro del Regnum Sardiniae; ma i Della Gherardesca ne furono spossessati e il villaggio rimase in mano al fisco. Nei decenni successivi B. fu acquisito da Alibrando de Ac ¸en, che lo unı` agli altri suoi

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Bullegas feudi; i suoi rapporti con gli abitanti del villaggio, per quanto egli fosse sardo, si fecero tesi. Nel 1348 la popolazione fu decimata dalla peste; il feudatario ne perse temporaneamente la disponibi` nel corso della prima guerra tra Malita riano IV e Pietro IV; poi, scoppiata la seconda guerra tra il giudice e il re, il villaggio fu occupato dalle truppe arbo` a spopolarsi. rensi e comincio

Bujakesos Componenti di un corpo mi` doculitare nella Sardegna giudicale. E mentata la loro presenza nel giudicato d’Arborea e nel giudicato di Torres. Comandati da un majore de ianna, avevano il compito di vigilare e proteggere il giudice: montavano la guardia alle porte del palazzo giudicale e quando il sovrano si spostava lo seguivano intervenendo spesso come testimoni negli atti scritti che redigeva. Secondo una tradi` delzione non documentabile, in virtu l’antico passato militare di Busachi, i componenti della chita de b. venivano scelti tra gli abitanti del villaggio.

Bulferetti, Luigi Storico (Torino 1915Genova 1992). Dopo aver conseguito la ` dedicato all’insegnamento laurea si e universitario e alla ricerca. Dal 1951 ha insegnato Storia moderna presso la Fa` di Lettere dell’Universita ` di Cacolta gliari, dando un notevole impulso agli studi sulla Sardegna del Settecento. ` trasferito all’Universita ` di Nel 1954 si e ` passato a quella di Pavia e nel 1958 e ` stato socio corrispondente Genova. E della Deputazione di Storia patria della Sardegna. Negli anni di permanenza in Sardegna ha dato un notevole impulso agli studi sul Settecento sardo, pubblicando molti articoli e saggi. Anche nelle altre sedi accademiche ha mantenuto i legami con l’isola. Tra i suoi scritti: Gli orientamenti della politica demografica in Sardegna durante il regno di Vittorio Amedeo III, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIV, 1954; Un progetto di baratto della

Sardegna durante il regno di Vittorio Amedeo III, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIV, 1954; Ricerche sistematiche di fonti interessanti la storia moderna sarda negli archivi stranieri, in Atti del VI Congresso internazionale di Studi sardi, 1957; La Sardegna nell’Archivio generale di Simancas; La Sardegna negli archivi francesi e olandesi, tutti e due in ‘‘Archivio storico sardo’’, XXV, 1-2, 1957; ` del sec. XVIII, Le miniere sarde alla meta in Studi storici in onore di F. Loddo Canepa, I, 1959; Profilo storico-economico della Sardegna dal riformismo settecentesco al piano di Rinascita (con A. Boscolo, G. Sabatini e L. Del Piano), 1962; Progetti settecenteschi per il potenziamento del traffico marittimo della Sardegna, in La Sardegna nel Risorgimento, 1962; Vittorio Amedeo III e la Sardegna. Le carte dell’Archivio di Stato di Torino sez. 1º (1773-1797) riguardanti la Sardegna, 1963; La Sardegna sotto i Savoia sino ai moti angioini, 1965; Le riforme in campo agricolo nel periodo sabaudo, in Fra il passato e l’avvenire. Saggi storici sull’agricoltura sarda in onore di A. Segni, 1965; Introduzione, in Il riformismo settecentesco in Sardegna, voll. 2, 1966; Brevi osservazioni e note di Girolamo Sotgiu per una storia della Questione sarda, ‘‘Studi sardi’’, XXI, 1971; L’ere` piemontese, in La Sardegna. Encidita clopedia (a cura di Manlio Brigaglia), III, 1988.

Bulgarelli, Mauro Senatore della Repubblica (n. Modena 1954). Esperto di ` eletto al problemi dell’ambiente, gia Senato nel 2001 in Emilia nella lista dei ` stato rieletto in Sardegna nella Verdi, e consultazione del 2006 nella lista Insieme con l’Unione (Verdi, Comunisti italiani, Lista Consumatori).

Bullegas, Sergio Storico del teatro (n. ` Nuxis 1946). Dopo essersi laureato si e dedicato alla ricerca e all’insegnamento universitario. Attualmente inse-

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Bullettino Archeologico sardo ` gna Storia del teatro presso l’Universita di Cagliari. Ha condotto importanti ricerche sulle vicende del teatro in Sardegna, recuperando un notevole patrimonio di documenti e testi il cui com` plesso contribuisce alla conoscenza piu approfondita di alcuni aspetti della cul` autura sarda altrimenti trascurati. E tore di numerosi pregevoli volumi e di molti articoli apparsi su riviste scientifiche in Italia e all’estero. Tra i suoi scritti: La passione di Sigismondo Arquer tra autobiografia e drammaturgia, in ‘‘Studi sardi’’, XXIII, 1974; Teatro in Sardegna tra Cinque e Seicento, 1976; La vicenda degli spazi teatrali a Cagliari, ‘‘L’Unione sarda’’, 1978; Sardegna 1700: sulla scena compare il melodramma, ‘‘L’Unione sarda’’, 1980; Breve storia del teatro, in La Sardegna. Enciclopedia (a cura di Manlio Brigaglia), I, 1982; Repertorio teatrale a Cagliari e a Sassari dal ` di 1852 al 1875, ‘‘Annali della Facolta ` di Lettere e Filosofia dell’Universita Cagliari’’, V, n.s., 1986; Repertorio teatrale a Cagliari dal 1876 al 1894, ‘‘Annali ` di Lettere e Filosofia deldella Facolta ` di Cagliari’’, VI, n.s., 1987; l’Universita Teatro nel Settecento in Sardegna. La scena e la tecnica di Maurizio Carrus: tradizione e traduzione nella passione, ‘‘Studi sardi’’, XXVIII, 1989; Le manife` stazioni effimere barocche, in La societa ` spagnola (a cura di Francesarda in Eta sco Manconi), I, 1992; La Spagna, il teatro, la Sardegna, 1992; L’effimero barocco. Festa e spettacolo nella Sardegna del XVII secolo, 1996; Storia del teatro in Sardegna, 1998; S’umanidadi e s’innocenzia de is umilis. Il teatro e la drammaturgia di Antonio Garau, 2001.

‘‘Bullettino Archeologico sardo’’ Periodico di archeologia (1855-1864). Pubblicato mensilmente a Cagliari dal gen` diretto dal naio 1855 al dicembre 1864, e canonico Giovanni Spano, archeologo, ` direttore della Biblioteca erudito, gia

Universitaria cittadina, futuro senatore del Regno. Tra i temi trattati dalla rivista, cui collaborano tra gli altri Carlo Baudi di Vesme, Alberto Ferrero ¨ in, Pietro della Marmora, Leon Gou Martini, Ignazio Pillito, ritrovamenti archeologici e studi di epigrafia, numismatica, storia e linguistica. Ogni fasci` corredato da tavole illustrate. colo e Dopo la cessazione delle pubblicazioni, riappare nel 1884 per un anno, sotto la direzione di Ettore Pais, direttore del Museo cagliaritano. [RITA CECARO]

Bullitta, Paolo Pittore (n. Nughedu San ` 1933). Vive e lavora a Sassari. Nicolo Esordisce nel 1954, e nello stesso anno ` chiamato a insegnare nell’Istituto e d’Arte di Sassari. Partecipa al movi` mento delle avanguardie sassaresi ed e con Mauro Manca e Aldo Contini tra i promotori del Gruppo A. Nel 1981 si trasferisce a Trieste, dove insegna all’Istituto d’Arte. Ha esposto in numerose ` recente nel 1999 a Saspersonali, la piu sari.

Bullo, Silvia Archeologa (n. 1966). Nel 1992 ha fatto parte della missione di ` di Padova a Nora scavo dell’Universita e ha lavorato sotto la direzione di Sandro Filippo Bondı`. Ha dato conto delle sue ricerche sarde in Nora III. Lo scavo Area D macellum (con C. Rossignoli e M. Teresa Lachin), ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 11, 1995.

Bultei Comune della provincia di Sas` monsari, compreso nella VI Comunita tana, con 1158 abitanti (al 2004), posto a 509 m sul livello del mare, affacciato dalle pendici occidentali della catena del Goceano sulla media valle del Tirso. Regione storica: Goceano. Diocesi di Ozieri. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 96,61 km2: ha forma grosso modo trapezoidale e confina a nord con ` e Pattada, a est Nughedu San Nicolo

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Bultei con Benetutti, a sud con Bono, a ovest con Anela. Posta in posizione centrale nell’isola, la regione comprende sia la parte valliva che quella del versante ´ quella piu ` elevata, montuoso, nonche caratterizzata in parte da un altipiano dove si trova la zona a foresta di Sa Fraigada e da alcune vette intorno ai 1000 m. ` agricola e Hanno cosı` spazio l’attivita l’allevamento, mentre parte della mon` coperta da pregiate foreste. Il tagna e ` attraversato dalla tortuosa stapaese e tale 128 bis, dalla quale si distaccano da un lato la traversa che, dividendosi in due, conduce a Ozieri e a Pattada, dall’altro quella che porta a Benetutti e Nule. Nella vallata si trova un lungo tratto di una nuova direttissima che secondo il progetto originario dovrebbe condurre sino a Olbia.

Bultei – La solitaria campagna di questa parte del Goceano e` dominata dalle forme romaniche della chiesetta di Nostra Signora dell’Altura. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale, appartenne al giudicato di Torres e fu incluso nella curatoria del Goceano. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, il villaggio fu lungamente conteso tra i Doria e gli Ar` che questi borea; dopo il 1290 sembro ultimi avessero la meglio, ma nel 1297 i Doria, sfruttando il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da

coinvolgere nella conquista della Sardegna, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero l’investitura. Gli Arborea fecero buon viso a cattivo gioco: alleatisi anch’essi con gli Aragonesi, negli anni che precedettero la conquista mostrarono di accettare la nuova situazione. Ma quando nel 1325 i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle loro truppe, conquistato e formalmente annesso al Regno di Sardegna. Il suo possesso, con quello di tutto il Goceano, fu definitivamente riconosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse al futuro Mariano IV il titolo di conte del Goceano. Scoppiata la guerra tra Mariano IV e Pietro IV, nel 1378, proprio quando ` acuto, il re d’Arail conflitto si fece piu gona provocatoriamente incluse B. nei territori che aveva concesso in feudo al ` il viltraditore Valore de Ligia. In realta ` a rimanere possesso arlaggio continuo borense fino alla caduta del giudicato, e dopo il 1409 fu concesso in feudo al marchese d’Oristano. Di fatto il territorio non era ancora pacificato, infatti sembrava dovesse cadere nelle mani del visconte di Narbona e negli anni seguenti fu teatro di una continua guerriglia ` Bartolo Manno della quale approfitto per invadere e devastare tutto il Go´ la situazione appariva ceano. Poiche non controllabile dal marchese d’Ori` che il territorio stano, nel 1421 sembro potesse entrare a far parte del grande feudo concesso a Bernardo Centelles; ` Leonardo Cubello lo innel 1422 pero vase, sconfisse Bartolo Manno e final`. Cosı` B. dopo anni di mente lo occupo tribolazioni giunse in possesso dei marchesi d’Oristano; dopo la ribellione di Leonardo Alagon il villaggio prese a essere amministrato direttamente da funzionari reali e nel 1493 fu definitivamente incluso nel patrimonio reale: ` di 250 abiera allora ridotto a poco piu

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Bultei tanti. Dipendeva dal governatore del Goceano che per espletare i propri compiti si serviva di funzionari. Il rapporto tra i funzionari reali e la popolazione non fu mai tranquillo, anche per´ fu lentamente modificato il sistema che per l’individuazione del majore, che finı` per essere scelto dal governatore. ` Altro motivo della crescente ostilita ` del era legato alla eccessiva gravosita carico fiscale che rischiava di frenare la ripresa del villaggio. Nel secolo XVII ` a crescere e la popolazione comincio alla fine del secolo contava quasi 500 ` ; nel secolo XVIII la popolazione unita ` ancora, entro la fine del secolo aumento toccava quasi i 700 abitanti, e B. comin` anche a sperimentare il Consiglio cio comunitativo e il Monte granatico che contribuirono a vivacizzare la sua vita sociale ed economica. Nel 1821 fu incluso nella provincia di Nuoro. Negli anni immediatamente successivi si colloca l’importante testimonianza di Vit` temperato pur torio Angius: «Il clima e nell’inverno. Soffresi spesso della nebbia, e talvolta se ne sperimenta nocu` pure danneggiante l’umidita ` mento. E che viene sı` dal ruscello accennato, come dalle acque che spargonsi dalla ` del paese fonte pubblica per l’estremita ` sempre salua occidente. L’aria non e ` da notarsi bre. Non altra manifattura e che la solita delle tele e dei panni lani per li bisogni proprii. Si lavora in circa 50 telai. La scuola normale frequentasi da 12 fanciulli. Il censimento parrocchiale portava pel 1833 anime 785, in famiglie 208. La media per un decennio ` i seguenti nudi nati, morti e sposati da meri 35, 26, 8. L’ordinaria meta al corso ` intorno al sessantesimo. Le della vita e ` frequenti malattie sono le pleuripiu tidi, le periodiche e perniciose. L’area della possessione dei Bulterini si computa di circa 35 miglia quadrate. La ` suscettibile di varii generi di colterra e

` ordinaria della tivazione. La quantita ` in seminagione del grano e dell’orzo e totale di starelli 1500, che adeguando i numeri di dieci anni, moltiplica al 6. Di lino, canape e legumi si coltiva solo ` traquanto faccia alle famiglie. Non e scurata la cultura di alcune erbe o piante ortensi. Le uve sono di molte va` , e soglion dare circa 700 cariche rieta ` di qualche (litri 5040) di mosto. Il vino e ` , quando i grappoli giungono a bonta ´ se ne brucia, perfetta maturazione. Ne ´ se ne vende, anzi non bastando se ne ne compra da altri paesi, e si vanno piantando altre vigne. Le specie degli alberi fruttiferi che si allevano nei poderi non ` bensı` pochissimo il nusono poche; e mero degli individui in ciascuna, da che la loro addizione resta in qua dei 2000. Le chiudende non contengono di questo territorio che quanto potesse ricevere cento starelli di semenza. Quelle che appellansi tanche sono lasciate incolte a pastura del bestiame manso. Si ha un ghiandifero esteso, cosı` che forse ` uno spazio eguale al coltivato occupera e coltivabile. Le specie sono lecci, quercie e soveri. Gli animali che si educavano erano nella loro specie numerati come segue: (an. 1833) pecore 4000, porci 1000, capre 1000, vacche 500, buoi per l’agricoltura 120, cavalle 200, cavalli 50, giumenti 40. I formaggi sono as` dei sai pregiati, solo per l’ottima qualita pascoli. Se ne vende porzione ai nego` zianti che vi passano, i quali oltrecio tolgonsi le pelli, e quanto di lana non si ` manifatturare dalle donne del puo paese. Le specie selvatiche sono assai ` dei daini sono numoltiplicate, ma piu merosi i cinghiali e le volpi. Spesso i cacciatori usano in questi monti, i quali quando si dilettino dei volatili ne trovano frequentissimi, e di quasi tutte le specie, che si conoscono nell’isola». Dopo l’abolizione dei feudi B. nel 1848 ` a far parte della divisione ammientro

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Bultei nistrativa di Nuoro che nel 1859 fu abolita, e subito dopo il suo territorio fu incluso nella provincia di Sassari. Nella ` dell’Ottocento vi si sviseconda meta ` agricole che eblupparono le attivita bero purtroppo un brusco arresto con la crisi di fine secolo. Il villaggio tutta` dando via seppe superare le difficolta ` tradizionali delimpulso alle attivita l’allevamento e dell’agricoltura. Nei primi decenni del Novecento entrarono in funzione due caseifici. Nel secondo dopoguerra la crisi ha avuto una forte ripresa, dopo il 1960 la sua popolazione ha iniziato a diminuire e un buon nu` emigrato. mero dei suoi abitanti e & ECONOMIA La sua economia si basa ` soprattutto sull’allevamento, che puo contare su un consistente patrimonio zootecnico: oltre 10 000 ovini, 2000 bovini e qualche centinaio di caprini. Rinomata la produzione del formaggio pecorino fiore sardo. L’agricoltura si pratica in qualche appezzamento della vallata, ma un maggior numero di posti di lavoro sono dati dalla forestazione e dalla protezione antincendio del patrimonio forestale. Artigianato. In passato vi era sviluppata la tessitura della lana nei telai domestici e qualche modesta ` di artigianato del cuoio. Servizi. attivita ` collegato mediante autolinee Il paese e agli altri centri della provincia; dista da Sassari 77 km. Dispone di guardia medica, medico, farmacia, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale, sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1238 unita di cui stranieri 11; maschi 601; femmine 637; famiglie 483. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 21 e nati 6; cancellati dall’anagrafe 19; nuovi iscritti 7. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 14 935, in migliaia di lire; versamenti ICI 565;

aziende agricole 265; imprese commerciali 70; esercizi pubblici 14; esercizi al dettaglio 33. Tra gli indicatori sociali: occupati 356; disoccupati 36; inoccupati 76; laureati 31; diplomati 135; con licenza media 322; con licenza elementare 571; analfabeti 29; automezzi circolanti 608; abbonamenti TV 384. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ricco di nuraghi (Badu ’e territorio e ` , Bortilacca, Mela, Battile, Boniro Curzu, Fraschiosu, Giuanna Onida, Giuanni Antoni Etzu, Mandra Ingannu, Nurchidda, Pedru Adde, Su Nuraghe, Tilariga) e conta anche una Tomba di giganti, in regione Pedras Ladas. Il sito ` interessante e ` il archeologicamente piu `riga, situato a 1000 m sul nuraghe di Tila livello del mare in mezzo ai boschi; si tratta di un nuraghe trilobato perfettamente conservato; dalla porta si accede attraverso un lungo andito alla camera centrale sormontata dalla tipica volta a tholos. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` disposto ad E AMBIENTALE Il paese e anfiteatro sul versante della montagna e ha conservato il tessuto urbanistico originario con strade strette di grande suggestione sulle quali si affacciano grandi case in pietra tipiche del Go` rappresentativo e ` ceano. L’edificio piu la chiesa di Santa Margherita, parrocchiale costruita nel 1590 in forme gotico-catalane. Nel corso dei secoli suc` progressivamente rovicessivi ando ` stata ricostruita totalnando; nel 1980 e mente; custodisce una bella statua lignea del Settecento. Altra chiesa che ` quella di San Sebasorge nell’abitato e stiano: costruita nel secolo XVII in forme tardogotiche, ha l’impianto a una navata e la copertura con volte a botte. All’esterno, sul muro perimetrale di sinistra, un bassorilievo molto antico raffigura San Sebastiano. Nella foresta ` invece la chiesa a 1000 m di quota e

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Bulterine della Madonna dell’Altura, costruita nel secolo XVIII in forme baroccheggianti e presto rovinata. Nella seconda ` del secolo XIX era quasi complemeta ` stata totalmente tamente diroccata; e ricostruita nel 1970; nelle vicinanze si scorgono resti di murature probabilmente nuragiche. Dal punto di vista ambientale e naturalistico sono da ricor` di Su Labiolaiu, dove si dare la localita trova la Fons Salutis legata a molte leg` tegende e famosa per le sue proprieta ` avanti la localita ` di Fiorapeutiche, piu ` stata rentini, dove a 1000 m di quota e ricostruita la cappella di Nostra Si` possibile gnora dell’Altura, e da dove e ammirare un magnifico panorama; in` di Tilariga fine la spettacolare localita in un suggestivo ambiente caratterizzato dalla foresta. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Le grandi feste religiose conservano in parte il patrimonio di usanze del villaggio e sono ancora disposte in modo che le loro ricorrenze scandiscano i tempi ` dell’annata agricola e pastorale. La piu ` senza dubbio quella in importante e onore della Madonna dell’Altura che si svolge il 22 agosto presso la chiesa omo` Cresiedda; dura tre nima in localita giorni e prevede momenti religiosi alternati a manifestazioni di danza e canto tradizionali.

Bulterine Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria del Goceano. Sorgeva non lontano da Anela. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, fu lungamente conteso tra i Doria e gli Arborea; dopo il ` che questi ultimi avessero 1290 sembro la meglio, ma nel 1297 i Doria, sfruttando abilmente il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da coinvolgere nella conquista della Sardegna che andava progettando, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero

l’investitura. Ma dopo l’arrivo degli Aragonesi, quando nel 1325 i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle truppe del giudice d’Arborea, allora alleato del re d’Aragona, conquistato e formalmente annesso al Regnum Sardiniae. Il suo possesso, con tutto il Goceano, fu definitivamente riconosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse a Mariano IV il titolo di conte del Goceano. Nei de` a rimanere in cenni successivi continuo possesso del giudice, ma nel 1348 soffrı` per l’epidemia di peste e, scoppiate le guerre tra Aragona e Arborea, fu investito dalle operazioni militari. In pochi anni i suoi abitanti si sarebbero trasferiti fondando Bultei.

Bulzi – Chiesa di San Pietro delle Immagini.

Bulzi Comune della provincia di Sassari, incluso nel Comprensorio n. 2, con 621 abitanti (al 2004), posto a 201 m sul livello del mare, collocato in una piccola valle al centro dei modesti rilievi calcarei dell’Anglona orientale. Regione storica: Anglona. Diocesi di Tempio-Ampurias. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 21,63 km2: ha forma grosso modo circolare e confina a nord con Sedini e Valledoria, a est ancora con Valledoria, a sud con Perfugas e Laerru, a ovest ancora con Sedini. Si tratta di regione di colline arrotondate che raramente superano i 300 m di altezza, inter-

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Bulzi calate da piccole valli e tratti di pianura. Vi si trovano trachiti e conglomerati silicei, ma predomina il terreno argilloso e calcareo, adatto, come nei paesi dei dintorni, per la cerealicoltura, che ha qui un’antichissima tradizione. Si contano alcune sorgenti ma i corsi d’acqua sono di scarsa consistenza. Anche nei dintorni di B. si trovano tracce della ‘‘foresta pietrificata’’ ` presente a Perfudell’Anglona (ben piu gas e Martis): fenomeno dovuto in epoca antica alla formazione di un lago dalle acque ricche di silice, composto che ` il legno dei tronchi rimasti pietrifico ` attraversato dalla sommersi. Il paese e statale 124 che congiunge, passando anche per la vicina Sedini, Castelsardo con Laerru; si tratta di un percorso tortuoso e piuttosto antiquato e per questo ` mosi sta studiando un tracciato piu derno che possa aiutare questi paesi a uscire dall’isolamento, e soprattutto a collegarsi meglio con i flussi turistici che interessano la fascia costiera nel periodo estivo. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale, apparteneva al giudicato di Torres ed era incluso nella curatoria dell’Anglona; sorse nel secolo XI in ` di un monastero benedetprossimita tino annesso alla chiesa di San Pietro. A partire dal secolo XII venne in possesso dei Doria, in seguito a uno dei matrimoni che fecero con principesse della famiglia giudicale di Torres. Dopo l’estinzione della dinastia, essi inclusero B. nel piccolo stato feudale che avevano formato riunendo tutti i territori in loro possesso. I Doria seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio, che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Nel 1323, i Doria si dichiararono vassalli del re d’Ara` a far parte del Regnum gona e B. entro

` nel 1325 i Doria Sardiniae. Quando pero si ribellarono, il villaggio divenne teatro della guerra e nel 1330 fu occupato dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona, e devastato. Pur avendo subı`to notevoli danni, il paese ` a sopravvivere, rimanendo continuo sempre nelle mani dei Doria. Negli anni seguenti Pietro IV, per liberarsi ` di della loro irrequieta presenza, tento acquistare il piccolo stato ma non vi riuscı`, ed essi nel 1347 si ribellarono nuovamente. Il villaggio subı` altri danni e poco dopo fu invaso dalle truppe di Giovanni d’Arborea, fedele alleato del re. Ma di lı` a poco lo sfortunato principe fu fatto arrestare dal fratello, il giudice ` ai DoMariano, e cosı` B. nel 1350 torno ` ria. La tribolazioni del villaggio pero non ebbero fine: scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, nel 1366 fu occupato dalle truppe del giudice. Successivamente il territorio con` a essere teatro della guerra fino tinuo alla battaglia di Sanluri. Caduto il giudicato d’Arborea, i Doria tentarono di conservarne il possesso ma nel 1412 furono sconfitti dal visconte di Narbona che si impadronı` del territorio; lo tenne ` formalfino al 1420, anno in cui B. entro mente a far parte del Regnum Sardiniae. Nel 1421 il villaggio fu incluso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles. Il rapporto con i nuovi signori non fu dei migliori: i suoi abitanti nel ´ esasperati 1458 si ribellarono perche dal peso dei tributi, ma non riuscirono a modificare la loro situazione. Nella ` del secolo i Centelles inseconda meta clusero B. nell’incontrada dell’Anglona e il villaggio fu affidato all’amministrazione di un regidor che risiedeva a Nulvi ed era coadiuvato da una burocrazia di funzionari baronali che fecero assumere al piccolo territorio i caratteri di uno stato. I Centelles si estinsero nel 1569 e, dopo una lite ereditaria che

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Bulzi ` fino al 1591, B. passo ` ai Borgia; neduro gli anni nei quali si era svolta la lite il feudo era stato sequestrato e il villaggio amministrato da funzionari reali. Con i ` Borgia le condizioni della comunita non mutarono e, anzi, nel corso del Sei` un aumento del potere cento si verifico ` a controllare del feudatario che arrivo direttamente l’elezione del majore, esautorando completamente la comu` ; per l’amministrazione si appognita giava ai rappresentanti di alcune famiglie di notabili locali che gestirono il potere in modo sostanzialmente clien` era stato possibile telare e ingiusto. Cio ´, nel corso del secolo, per l’esaperche zione dei tributi feudali erano state create le ‘‘liste feudali’’ dei contribuenti, calcolate in base al loro reddito. La gestione di queste liste comportava quindi non solo la determinazione del carico fiscale per ciascuno ma anche l’individuazione delle categorie degli esenti. In genere gli esenti erano proprio i notabili locali, che finirono per formare delle e´lite vassallatiche legate al feudatario; quando i Borgia si estinsero nel 1740, il villaggio contava 350 abitanti, i quali avvertivano un profondo bisogno di liberarsi dalla dipendenza feudale. Dopo una lunga serie di vicende ereditarie, nel 1767 il villaggio fu incluso nel principato dell’Anglona ` a Maria Giuseppa Pimentel che tocco erede dei Borgia e moglie di Pietro Tellez Giron. B., come molti altri villaggi dell’Anglona, non ebbe un rapporto facile con i nuovi feudatari, che dalla Spagna facevano amministrare il feudo a funzionari senza scrupoli, cosı` tra il ` apertamente di 1774 e il 1785 si rifiuto pagare i tributi e nel 1795 prese parte ai moti antifeudali. Nel 1821 il villaggio fu incluso nella provincia di Sassari; il suo tempestoso rapporto con i feudatari si chiuse nel 1843, quando il feudo fu riscattato; da questo momento in poi il

paese fu amministrativamente legato a Sassari. Di B. in questo periodo abbiamo la puntuale e documentata testi` situato monianza di Vittorio Angius: «E ` del monte, e consta di case 160. Le appie strade sono irregolari e spesso fangose, e si hanno a vedere a tutte le parti onde ` temsi esce dei grossi letamai. Il clima e ` impedita per perato. La ventilazione e ` quasi un quadrante d’orizzonte. Non e ´ innocua. L’aria e ` malrara la nebbia ne sana. Pochissimi esercitano qualche arte, non contandosi che alcuni muratori, e ferrari. Le donne lavorano in circa 50 telai. Alla scuola normale non ` accorrono, che 15 fanciulli. Il censipiu mento parrocchiale del 1833 riferiva anime 590 in famiglie 150. Nascono ordinariamente 20, muojono 12, e si celebrano quattro matrimoni. Vivesi frugalmente, e si usa molto di erbe e legumi. Vi dominano di preferenza le gastriti, le febbri periodiche, le ostruzioni viscerali, e le idropi. L’estensione territo` maggiore di 6 miriale dei Bulzesi non e ` in gran parte sabbioso, glia quadrate. E ` molte regioni sono fere paludoso, pero tilissime, onde vi predomina la cultura delle biade. Si semina ordinariamente starelli di grano 750, d’orzo 250, di lino ` si lucra il 50. Quando sia molta fertilita decuplo del seminato. Le vigne tra grandi e piccole sono 60. Quando le uve maturano, il vino riesce di pregio. In anni ubertosi si ottiene di mosto litri circa 15,000. Gli alberi fruttiferi in complessione non superano il migliajo. Le specie sono peri, fichi, pomi, e in maggior numero i mandorli. Dal lentisco ` va intorno a traesi l’olio, e la quantita 1500 litri. Mancasi di ghiandifero, e appena in tutto il territorio si potranno annoverare 200 quercie. Mancasi pure di legna pel fuoco, e conviene che vadasi a tagliar nel Sassu. Le chiudende non ` di 40, e la superficie compresa sono piu forse non riceverebbe 400 starelli di se-

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Bulzi menza. Allevano i bulzesi vacche 200, buoi da lavoro 140, capre 150, pecore 600, porci 40, cavalle rudi 70, cavalli mansi 50, giumenti 50. I cacciatori ricercherebbero invano in questo territorio alcuna selvaggina grossa, vi troverebbero invece volpi, lepri e martore, e in gran copia pernici, colombi, quaglie, merli, tordi, anitre, ecc.». Nella se` dell’Ottocento l’economia conda meta ` svilupparsi e la popoladi B. sembro ` zione crebbe; alla fine del secolo pero la semidistruzione dei vigneti a causa della fillossera e la crisi economica che fu conseguenza della ‘‘guerra’’ doganale con la Francia compromisero gra` supevemente il paese. La crisi sembro rata nel Novecento ma nel secondo dopoguerra anche B. fu progressivamente abbandonato dalla popolazione che emigrava alla ricerca di condizioni di vita migliori. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sull’agricoltura, che conta un centinaio di aziende impegnate a coltivare oltre 1200 ha. Si coltivano, continuando l’antica tradizione che faceva anche dell’Anglona un granaio di Roma, i cereali; ` venuta accrein questi ultimi anni si e scendo la superficie coltivata a vite. Artigianato. In passato le donne pratica` di tessivano una modestissima attivita tura i cui prodotti erano destinati esclusivamente a uso domestico. Servizi. Il ` collegato mediante autolinee paese e agli altri centri della provincia; dista da Sassari 50 km. Dispone di medico, scuola dell’obbligo, sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 646 unita di cui stranieri 2; maschi 327; femmine 319; famiglie 224. La tendenza complessiva rivelava una lieve diminuzione della popolazione, con morti per anno 5 e nati 1; cancellati dall’anagrafe 1; nuovi iscritti 7. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 284

in migliaia di lire; versamenti ICI 269; aziende agricole 103; imprese commerciali 30; esercizi pubblici 4; esercizi al dettaglio 18; ambulanti 1. Tra gli indicatori sociali: occupati 159; disoccupati 29; inoccupati 61; laureati 7; diplomati 67; con licenza media 193; con licenza elementare 222; analfabeti 42; automezzi circolanti 245; abbonamenti TV 182. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` ricco di nuraghi (Bacca de Aratorio e dos, Benosa, Bonaggiunta, Bonora, Bulzesu, Conte, Crabiles, Cultu, Figone, Fughiles, Malosa, Muros, Rodas, San Nicola, Sarula, Sas Ladas) e annovera la Tomba di giganti di San Pietro. Di tutti ` interessante e ` il nuraghe Rodas il piu che si trova presso il rio Silanis a poca distanza dalla chiesa di San Pietro; al suo interno ha una singolare camera a tholos con la pianta quadrata. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE L’abitato, disposto ad anfiteatro in una conca, ha mantenuto il suo assetto tradizionale con strade strette e tortuose sulle quali si affacciano le tipiche case unicellulari in pietra. L’edifi` la chiesa di San cio di maggior pregio e Sebastiano, parrocchiale costruita ` del secolo XVIII in nella prima meta forme definibili neoromaniche: per la facciata furono usati materiali di riporto ricavati dal monastero di San Pietro delle Immagini; nel Novecento il ` stato modificato. Al suo insuo assetto e terno sono custoditi alcuni arredi, alcuni altari laterali e il gruppo ligneo della Deposizione, provenienti da San Pietro delle Immagini. Il complesso delle statue fu realizzato in legno di on` formato da 5 tano nel secolo XIII ed e statue policrome a grandezza naturale. Ma i monumenti di maggiore pregio sorgono nelle immediate vicinanze dell’abitato. Tra questi la chiesa di San Nicola di Concatile, situata a breve distanza

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Bunnari dall’abitato, nella valle del rio Silanis; fu costruita dai Benedettini nel secolo XII in forme romaniche e modificata nel secolo XVI. Di dimensioni modeste, ha una sola navata; la facciata, sulla ` abquale si apre un piccolo portale, e bellita da un timpano su pedicoli fitomorfi. Custodiva una statua lignea del santo risalente al secolo XVI. Il secondo monumento sorge in una suggestiva val` letta, posta oltre il rio Silanis in localita ` conosciuto come chiesa Simbranis, ed e di San Pietro delle Immagini. Costruito ` del secolo XI e modinella prima meta ` ficato nel corso del XIII, l’edificio, che e ` importante del terriconsiderato il piu ` a croce latina in forme romanitorio, e che col tetto in legno e la facciata a due colori ottenuti alternando la pietra calcarea a quella basaltica. Prende il nome da un bassorilievo romanico che raffigura un abate mitrato e due monaci, posto sulla facciata (‘‘le immagini’’). Altro sito interessante per la sto` il colle su cui sorgeva ria del villaggio e un castello; si trova a pochi chilometri dall’abitato, lungo la strada per Laerru. Costruito agli inizi del secolo XII dai ` del monte Malaspina sulla sommita Malu a difesa dell’abitato, dopo l’estinzione della famiglia dei giudici di Tor` sotto il controllo dei Doria che res passo in seguito, al tempo della conquista aragonese, ne fecero uno dei perni della loro resistenza. Dopo la battaglia di Sanluri, in data non precisabile, fu distrutto, attualmente ne sono visibili pochi ruderi. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Un tempo la festa di maggior richiamo si svolgeva il 15 agosto presso la chiesa di San Pietro delle Immagini in onore della Vergine Assunta. Era un evento solenne alla cui organizzazione concorrevano anche le confraternite di Laerru e di Martis e attirava un grandissimo numero di persone da tutto il circonda-

rio. Il momento culminante era la corsa: ` rdia, gara rituale attorno una sorta di a alla chiesa. Attualmente si festeggia San Sebastiano il 20 gennaio con un ` di fronte alla chiesa parrocgrande falo chiale.

Bunnari – Il laghetto di Bunnari, primo serbatoio dell’acquedotto ottocentesco di Sassari, e` al centro di un bel parco verde.

Bunnari Localita` tra Sassari e Osilo. Nella vallata, tra il 1874 e il 1879, mediante l’erezione di una diga alta 26 m, fu creato un lago artificiale della capa` di 500 000 m3 d’acqua destinato ad cita alimentare Sassari, che fino a quel momento non disponeva di una rete idrica: l’approvvigionamento era tutto affidato agli acquaioli che distribuivano casa per casa l’acqua prelevata alla fonte di ` , a monte Rosello. Nella stessa localita del primo lago, nel 1932 fu costruita ` una seconda diga, con la quale si formo ` di 1 200 000 m3, e un lago della capacita cosı` fu costituito un vero e proprio sistema per l’alimentazione idrica della ` . I due laghetti sono oggi invicina citta seriti in un rigoglioso ambiente verde ricco di una foresta di roverelle, che ha dato vita a un bel parco, meta abbastanza frequentata di picnic.

Buonajuto, Marisa Studiosa di problemi dell’educazione (n. Sassari 1932). All’anagrafe Maria Angela Luisa. Dopo avere conseguito la laurea in Filosofia ` di Roma discutendo con all’Universita

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Bupleuro ` Ugo Spirito una tesi su G. Gentile, si e dedicata all’insegnamento nel Liceo ‘‘Azuni’’ di Sassari. Qui, con alcuni alunni, ha condotto una inchiesta sociologica, usufruendo dei suggerimenti metodologici di Marcello Lelli e Arturo Parisi: nel 1976 i risultati sono stati pubblicati nel volume Un Liceo di provincia (con Susy Lella, Vannalisa Manca, Valentino Manconi, Mariella Sale), in cui ha scritto il saggio finale, Riflessioni su un’esperienza di gruppo. Nel 1977 ha dato vita con Antonio Delogu alla rivista ‘‘Quaderni sardi di filosofia e scienze umane’’, in cui ha pubblicato il saggio Fondamenti politici di una teoria della valutazione scolastica. Dal 1977 ha diretto il servizio di Sperimentazione e Orientamento del Provveditorato agli Studi. Ha rappresentato lo stesso Provveditorato nei gruppi di studio di tre di` di versi progetti educativi (Universita ` di Porto, UniManchester, Universita ` di Valencia) sponsorizzati dalla versita CEE e dall’Unione Europea.

provvide a redigere il testo di una costituzione per Carloforte e ad avviare gli atti di governo; l’esperienza del piccolo stato, nonostante il fallimento della ` ancora alspedizione su Cagliari, duro cuni mesi. Le due isole infatti furono ‘‘liberate’’ solo nel maggio del 1793 da truppe sbarcate dalla flotta spagnola che fecero sparire la piccola repubblica. B. divenne allora cittadino fran` a propugnare le sue cese e continuo idee egualitarie e rivoluzionarie, alle quali aveva aderito dapprima con la congiura degli Eguali diretta da Babeuf e, dopo la caduta di Napoleone, nella Carboneria. Negli ultimi anni aveva ripreso la sua azione verso l’Italia, dove ` segrete, in aveva creato diverse societa polemica con Mazzini.

Buonarroti, Filippo Rivoluzionario (Pisa 1761-Parigi 1837). Appartenente alla stessa famiglia di Michelangelo, di profonda cultura illuministica, scoppiata la Rivoluzione francese aderı` entusiasticamente alle sue idee, facendosene promulgatore in diverse pubblicazioni. Costretto a lasciare la Toscana, si ` in Corsica, dove collaboro ` al rifugio ‘‘Giornale Patriottico di Corsica’’ e si ` di diffece sostenitore della necessita fondere le idee della Rivoluzione in Sardegna. Nel 1792 prese parte alla spedizione del Truguet, e quando le navi della flotta francese si presentarono lungo le coste della Sardegna meridio` a Carnale, nel gennaio del 1793 sbarco loforte. Portata a termine l’occupazione delle isole di San Pietro e di Sant’Antioco, contribuı` a fondarvi una repubblica cui diede il nome di Repubblica ` . Subito dopo dell’Isola della Liberta

Filippo Buonarroti – Il rivoluzionario toscano ` sulle isole di San Pietro e Sant’Antioco fondo `. la Repubblica dell’Isola della Liberta

Buonavoglia = Dolia Bupleuro Genere di piante spontanee della famiglia delle Mirtacee. In Sardegna cresce il b. cespuglioso (Bupleurum fruticosum L.), arbusto sempreverde

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Buragna ` raggiungere i 2 m di altezza. Ha che puo foglie coriacee, larghe, di un bel verde lucido; le infiorescenze, ombrelle all’apice dei rami, sono formate da numerosi e piccoli fiori giallo scuro, che fioriscono dalla primavera alla fine dell’estate. Preferisce i substrati calcarei, rocciosi e sassosi di alta collina, ai margini dei boschi. Cresce, quasi endemico, in Sardegna e in Corsica, con rarissime presenze in Liguria, Puglia e Sicilia. Contiene un olio aromatico usato come antireumatico. Nomi sardi: laru krabı´nu (Sarcidano); lau crapı´nu (logudorese); linna nie´dda (nuorese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Buragna, Carlo Poeta (Cagliari 1632Napoli 1679). Figlio di Giovanni Battista, dopo aver iniziato i suoi studi a Cagliari li dovette abbandonare quando il padre nel 1645 fu costretto a fuggire dalla Sardegna. In seguito lo raggiunse nel Regno di Napoli e visse con lui a `i Catanzaro e a Cosenza, dove completo suoi studi, interessandosi soprattutto di filosofia e di matematica ma dedicandosi anche alla poesia. Tornato a Napoli nel 1667, si inserı` negli ambienti ` e fu ammesso alculturali della citta l’Accademia degli Investigati. Nel 1670 ` al servizio del principe Carafa, entro ma nel 1673 il suo amico e protettore Scattini cadde in disgrazia. Per soprav` all’insegnamento. Lavivere si dedico ` molti manoscritti di argomento fiscio losofico, andati quasi tutti perduti. La raccolta dei suoi versi fu pubblicata postuma a Napoli, Poesie con la vita del medesimo scritta da Carlo Susanna, 1683.

Buragna, Giovanni Battista Giurista (Alghero, fine sec. XVI-Napoli 1670). ` i suoi studi a Cagliari, dove si Completo ` . Per la sua preparastabilı` e si sposo ` grande considerazione si guadagno zione, tanto che dopo aver esercitato con grande successo la professione di

avvocato, fu chiamato a insegnare all’U`. Negli stessi anni fu anche noniversita ` di Caminato consigliere della citta `, gliari; al culmine del successo, pero nel 1645 fu accusato di calunnia e malversazione e dovette lasciare la Sarde´ Mongna per sfuggire alle ire del vicere talto. In un primo momento si stabilı` a Roma e successivamente nel Regno di Napoli, dove grazie alle sue conoscenze ` nella carriera giudiziaria; fu entro mandato a svolgere il suo ufficio in Ca` si procuro ` altri guai e labria, dove pero fu arrestato. Riconosciuto innocente, fu nominato giudice a Otranto. Nel 1667 si stabilı` a Napoli dedicandosi all’insegnamento del diritto. Delle sue opere si ricordano alcune composizioni ispirate alla cultura spagnola del Siglo de Oro: Batalla peregrina entre amor y fidelidad en la reducion de Naples, 1651; Ramillete espiritual, 1662; El ministro acrizolado, 1667.

Burcei Comune della provincia di Ca` gliari, compreso nella XXIV Comunita montana, con 2978 abitanti (al 2004), po` il piu ` sto a 648 m sul livello del mare (e elevato della provincia), collocato sul pendio del colle Sa Serra, contrafforte del monte Serpeddı`, che con la punta maggiore culmina oltre i 1000 m in agro di Sinnai. Regione storica: Campidano di Cagliari. Archidiocesi di Cagliari. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 94,97 km2: ha forma grosso modo ovale allungata da settentrione a meridione e confina a nord con Villasalto, a ovest con San Vito, a sud e a ovest con Sinnai. Si tratta di una regione tutta di colline che hanno l’al` di tezza media intorno ai 550 m, ma piu una punta va oltre i 700: Bruncu Bentosu, Monte Idda, Rocca Arricelli ecc. Di natura prevalentemente granitica, presenta un suolo povero, coperto dalla macchia mediterranea e solo in parte ` utilizzato quindi da tratti di bosco. E

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Burcei per l’allevamento e solo nelle valli per l’agricoltura, mentre alcuni tratti sono stati interessati negli ultimi anni da nuova forestazione. I corsi d’acqua che scorrono nelle valli si gettano tutti nel rio Picocca, che va a sfociare sulla costa orientale. Il paese, che si trova in posizione isolata, si collega alla 125 Orientale sarda con una traversa di 7 km che non trova poi altro sbocco, se non in alcune strade di penetrazione agraria, una delle quali raggiunge la vetta del Serpeddı`, utilizzata per i ripetitori telefonici e radiotelevisivi.

Burcei – Nella campagna del paese svetta l’antenna RAI di punta Serpeddı`, una delle ` importanti della Sardegna. piu & STORIA Il villaggio sorse dopo il 1647, vicino alla sorgente detta Mitza de Su Salixi, in un territorio che il marchese ` dal suo feudo e vendi Quirra stacco dette al mercante cagliaritano Benedetto Nater. A stabilirvisi fu una comu` di pastori provenienti dalla Barbanita gia che, attirati dalla bellezza dei luoghi ` e relativa vicie dalla loro tranquillita nanza ai pascoli del Campidano, vi si stanziarono dedicandosi all’allevamento. Alcuni anni dopo il Nater ven-

` fudette il territorio ai Martin che pero rono costretti nel 1718, dopo un lungo processo, a renderlo ai Borgia eredi ` a far parte dei Centelles; cosı` B. torno del feudo di Quirra. La successione dei ` che, Borgia fu contestata dai Catala dopo una lunga lite, riuscirono a ve` nirne in possesso nel 1746; dai Catala ` poi agli Osorio. Il villaggio nel passo 1821 fu incluso nella provincia di Cagliari e nel 1840 riscattato agli ultimi feudatari. Si collocano in questo periodo le puntuali notizie incluse da Vittorio Angius nel noto Dizionario di Goffredo Casalis: «Le case sono 165, le strade poco regolari. Vi abitano famiglie (anno 1833) 155, che danno anime 735. Si celebrano annualmente dieci o dodici matrimoni, nascono 25, muojono 10. Alcuni prolungano la vita ai 90, e 100, molti ai 70. Le ordinarie malattie mor´ tali sono le pleurisie. Avvegnache spesso nell’inverno la temperatura sia ` bassa che nella gran valle (il Campipiu ` tenersi per una dano), tuttavia non puo ´ pure in tal stagione. regione fredda, ne Quando dominano i levanti cadono copiose pioggie, in notti serene resta umettata la terra da molta rugiada, e se sia d’inverno formasi il ghiaccio. Le nevi sono allora frequenti, e d’ogni tempo le nebbie, ma senza alcun nocumento. La grandine ed i fulmini sono flagelli assai temuti, per cui spesso si piange. Mancano affatto le arti, e l’u` quella dei panni runica manifattura e vidi di lana, di cui si fa qualche smercio tra i Campidanesi. Essendo i terreni in ` massima parte sabbiosi convengono piu ` all’orzo che al grano, e quello infatti e solito rendere il 12, questo il 6. Il totale ` ascendere a stadella seminagione puo ` poco curata la coltura del relli 900. E granone, legumi e lino. Le viti vi prosperano, se non che sopraggiungendo la ` stagione fredda prima della maturita perfetta delle uve, il vino riesce leg-

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Burcei giero, e facilmente inacidisce. Consumasi tutto nel paese. Gli alberi fruttiferi sommeranno a 3000 individui. Le specie sono peri, fichi, pomi, ciriegi di al` . I castagni ed i noci vi allicune varieta ` non pergnano mirabilmente, e cio suade ad accrescerne la piantagione. Sonosi formate alcune chiudende per seminarvi, ed in anni di riposo a tenervi il bestiame a pastura. Alcune piccole selve ghiandifere sono in varie regioni, le quali riunite non coprirebbero un mi` glio quadrato. Il bestiame che allevasi e nelle rispettive specie dei numeri seguenti (anno 1833). Buoi per l’agricoltura 170, vacche manse 12, cavalli 30, giumenti 45, capre 2000, pecore 1000, porci 200. I formaggi vendonsi nella capitale con molta riputazione. La monta` popolata di mufloni, cervi, e cingna e ghiali, oltre le comuni specie delle volpi e lepri. I pastori cussorgiali [che restano in una determinata regione] soli fanno la caccia. Potrebbesi insidiare con gran fortuna ai merli, tordi e colombi selvatici, dei quali sono stormi immensi». La ` da tempo prosperava autonocomunita mamente, cominciarono a esservi sfruttate le miniere d’argento e di fluorite attualmente abbandonate, a esservi sviluppata la coltura delle ciliegie. L’abitato si accrebbe dei caratteristici edifici a due piani e nel 1886 della bella parrocchiale costruita su progetto del Cima. Nei primi decenni del Novecento le speranze di uno sviluppo minerario del territorio tramontarono: dapprima cessarono di produrre le piccole miniere d’argento impiantate nelle valli in direzione di Villasalto, successivamente quelle di fluorite poste nella zona di Campuomu. & ECONOMIA La sua economia e ` basata ` ancora oggi sull’allevamento, che puo contare su un discreto patrimonio zootecnico, costituito, nell’ordine, da capre, pecore, bovini e maiali, anche que-

sti allevati come gli altri allo stato brado. L’agricoltura si pratica soltanto nelle parti vallive; la coltivazione della ` che altro alla provvista vite serve piu domestica, ma alcuni viticoltori conferiscono alla Cantina sociale di Quartu ` comunque rinoSant’Elena. Il paese e mato soprattutto per la produzione ` : magdelle ciliegie di diverse qualita gese, niedda, barracocca, carrofali ecc. Qualche anno fa la produzione ha subı`to una contrazione a causa di una ma` in ripresa. lattie delle piante, ma ora e Numerosi i burceresi che lavorano nel campo della forestazione e della prevenzione degli incendi boschivi. Negli ultimi decenni vi si sono sviluppate an` commerciali e nel che alcune attivita paese opera un ristorante. Del tutto ` invece l’attivita ` mineraria chiusa e che, con la scoperta di un filone argentifero, aveva avuto seguito per alcuni decenni. Artigianato. In passato vi era sviluppato un modesto artigianato dell’orbace che veniva commerciato con gli abitanti dei paesi del Campidano. Oggi si contano alcune falegnamerie che producono anche per altri centri ` collegato della zona. Servizi. Il paese e mediante autolinee agli altri centri della provincia, dista da Cagliari 39 km. Dispone di guardia medica, medico, farmacia, scuola dell’obbligo e sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 2998 unita di cui stranieri 2; maschi 1526; femmine 1472; famiglie 997. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 26 e nati 33; cancellati dall’anagrafe 32; nuovi iscritti 13. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 12 480 in migliaia di lire; versamenti ICI 765; aziende agricole 309; imprese commerciali 144; esercizi pubblici 9; esercizi al dettaglio 53; ambulanti 12.

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Burgos Tra gli indicatori sociali: occupati 688; disoccupati 183; inoccupati 218; laureati 5; diplomati 94; con licenza media 1000; con licenza elementare 817; analfabeti 258; automezzi circolanti 922; abbonamenti TV 696. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Nel suo territorio si trovano alcuni nuraghi (Nanni Cocco, Sa Serra de Antoni Si, Su Nuraxi) e nella campagna ai confini con ` Sinnai rimangono tracce delle attivita minerarie del secolo XIX. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il tessuto urbanistico ` quello caratteristico dei del paese e ` posto su un cricentri di montagna: e nale e si sviluppa con strade strette e tortuose sulle quali si affacciano case ` piani posti talvolta a in pietra a piu quote sfalsate. L’edificio di maggior ` la chiesa di Santa Maria di pregio e Monserrato, parrocchiale costruita nel secolo XVIII e radicalmente modificata tra il 1880 e il 1902. La chiesa, che fu trasformata su un progetto del Cima, ha pianta ottagonale e la facciata in ` riccastile neoclassico; all’interno e mente decorata con marmi e conserva alcune belle statue. Situato nel comprensorio dei Sette Fratelli, che si leva ` particolarmente oltre la statale 125, B. e ` sugricco di bellezze naturali; tra le piu ` la punta di Serpeddı` che sovragestive e sta il paese, dalla quale si gode un panorama magnifico, con la vista che spazia sulle alture circostanti e arriva sino alla pianura campidanese e al mare del golfo di Cagliari. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La memoria delle antiche tradizioni del ` conservata nella festa della villaggio e Madonna di Monserrato che si svolge l’8 settembre, richiama gran numero di visitatori e culmina nei fuochi d’artificio.

Burgos Comune della provincia di Sas` monsari, compreso nella VII Comunita tana, con 1024 abitanti (al 2004), posto a

561 m sul livello del mare sul versante orientale della catena del Goceano che si affaccia sulla media valle del Tirso. Regione storica: Campidano di Cagliari. Diocesi di Ozieri.

Burgos – L’abitato del piccolo centro del Goceano e` dominato dal castello in cui visse i suoi ultimi giorni la giudicessa Adelasia di Torres.

TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 18,25 km2: ha la forma di una sottile striscia allungata da sud-est a nord-ovest e confina a nord con Bono e Bottidda, a est e a sud ancora con Bottidda, a ovest con Esporlatu e Illorai. Anche se meno estesa in lunghezza rispetto a quelle dei maggiori comuni vi` cini, questa area di pertinenza si puo dividere come quelle in tre parti: una che rientra nella vallata del Tirso intorno ai 200 di quota, una che fa parte del versante della catena e una che si stende nel culmine della stessa catena, che in questa parte forma l’altipiano di Pranu Mannu con alcune cime anche ` nel oltre i 1000 m. La natura del suolo e primo tratto alluvionale, negli altri parte granitica e parte basaltica. Alcuni piccoli corsi d’acqua scendono a get` interno rispetto agli tarsi nel Tirso. Piu ` collegato alla altri della zona, il paese e tortuosa statale 128 bis da una strada secondaria che si dirama poi per la frazione di Foresta Burgos e, con un altro braccio, per Bolotana e la superstrada Sassari-Cagliari. &

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Burgos ` di origine meSTORIA Il villaggio e ` dioevale, probabilmente si sviluppo dopo il 1129, negli stessi anni nei quali Gonario di Torres faceva costruire in cima a un colle il castello. Protetto dalla fortezza, l’abitato, che allora si chia` gradualmava Goceano, si sviluppo mente e fu testimone delle lotte tra Arborea e Torres per il controllo del territorio. Estinta la famiglia dei giudici di Torres fu conteso tra i Doria e gli Arbo` che questi ulrea. Dopo il 1290, sembro timi avessero la meglio, ma nel 1297 i Doria, sfruttando il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati da coinvolgere nella conquista della Sardegna, se ne fecero riconoscere il possesso e ne ottennero l’investitura. Gli Arborea fecero buon viso a cattivo gioco; alleatisi a loro volta con gli Aragonesi, negli anni che precedettero la conquista mostrarono di accettare la nuova situazione; ma quando, nel 1325, i Doria si ribellarono, il villaggio fu investito nuovamente dalle loro truppe, conquistato e formalmente annesso al Regno di Sardegna. Il suo possesso, con quello di tutto il Goceano, fu definitivamente riconosciuto al giudice d’Arborea e nel 1339 il re d’Aragona concesse al futuro Mariano IV il titolo di conte del Goceano. Cosı` il villaggio fu compreso nella contea del Goceano. Nello stesso anno, grazie al giudice, il territorio adiacente fu testimone di un evento decisivo per la storia della Sardegna: il sovrano con una carta di franchigia asse` a 25 famiglie di contadini provegno nienti in gran parte dai territori dei Doria, una consistente superficie territoriale e permise loro di costruire sulla ` esconcessione le loro case. Questo puo sere considerato l’atto di nascita del B. ` anche l’atto col quale uffiattuale, ma e cialmente il sovrano sancı` la fine della condizione servile nel suo regno. Scoppiata la guerra tra Mariano IV e Pietro &

IV, nel 1378, proprio quando il conflitto ` acuto, il re d’Aragona prosi faceva piu vocatoriamente incluse B. nei territori che aveva concesso in feudo al traditore ` il villaggio Valore de Ligia. In realta ` a rimanere possesso arbocontinuo rense fino alla caduta del giudicato, e dopo il 1409 fu concesso in feudo al marchese d’Oristano. Di fatto il territorio non era ancora pacificato e sembrava dovesse cadere nelle mani del visconte di Narbona; negli anni seguenti fu teatro di una continua guerriglia della ` Bartolo Manno per inquale approfitto vadere e devastare tutto il Goceano. ´ la situazione sembrava non conPoiche trollabile dal marchese d’Oristano, nel ` che il territorio potesse 1421 si penso entrare a far parte del grande feudo concesso a Bernardo Centelles; nel 1422 Leonardo Cubello lo invase, sconfisse Bartolo Manno e finalmente lo oc`. Cosı` B., dopo anni di tribolazioni, cupo rimase in possesso dei marchesi d’Oristano; dopo la ribellione di Leonardo Alagon prese a essere amministrato direttamente da funzionari reali e nel 1493 fu definitivamente incluso nel patrimonio reale; era ridotto allora a meno di 100 abitanti. Dipendeva dal governatore del Goceano che si serviva di funzionari per espletare i propri compiti. Il rapporto tra i funzionari reali e la popolazione non fu mai tranquillo, ´ , come negli altri paesi anche perche della zona, fu lentamente modificato il sistema di individuazione del majore che finı` per essere scelto dal governatore. Altro motivo della crescente osti` era legato alla eccessiva gravosita ` lita del carico fiscale che rischiava di frenare la ripresa del villaggio. Durante l’epidemia di peste del 1652 la sua popolazione fu decimata e il villaggio si ` quasi completamente, tanto spopolo che alla fine del secolo contava circa 80 abitanti. Nel corso del secolo XVIII la

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Burgos ` aumento ` costansua popolazione pero temente ed entro la fine del secolo toc` cava quasi i 400 abitanti. B. comincio anche a sperimentare il Consiglio comunitativo e il Monte granatico che contribuirono a vivacizzare la sua vita sociale. Nel 1821 fu incluso nella provincia di Nuoro. Pochi anni dopo si colloca la preziosa testimonianza di Vittorio Angius, che cosı` scriveva nel Dizio` alnario di Goffredo Casalis: «Il clima e quanto freddo, onde le nevate sono frequenti. Spesso risentesi in orride ma` , e funiere lo squilibrio della elettricita riose tempeste distruggono le fatiche e le speranze dei contadini. La nebbia ben di rado vi si addensa. Abitano in questo borgo (anno 1833) 100 famiglie, che danno anime 520: la vita perviene in molti ai 60, in alcuni oltre agli 80. Si celebrano ordinariamente matrimoni 6, nascono 20, muojono 10. Le malattie dominanti e fatali sono le intermittenti, le perniciose, le pleuritidi. La scuola normale conta circa 12 fanciulli. Le donne attendono al telajo, gli uomini ` alla pastoriparte all’agricoltura, i piu zia. Sono questi nel generale industriosi, e inclinati alla fatica; e gli stessi pastori, quando non sono alla custodia del bestiame, non ricusano di lavorar con la zappa alle loro vigne, orti o chiudende. Il tenimento del borgo non si potrebbe computare maggiore di 7 miglia ` quadrate, di cui la parte maggiore e montuosa e ghiandifera; l’altra, che dicesi il Campo, distendesi dalle falde del monte alla sponda del Tirso. L’ordina` di starelli di grano ria seminagione e circa 100, d’orzo altrettanto, 10 di granone, e circa 50 tra fave, civaje [legumi] e canape. Fruttifica il grano all’ottuplo, l’orzo al ventuplo, il granone al decuplo, ` le fave, i fagiuoli al trentuplo, poco piu il canape rende libbre 200 per starello. ` atta a qualunque altra produLa terra e zione se intervenga la dotta mano d’un

agricoltore diligente. Le migliori va` delle uve vi sono coltivate con rieta buon successo, vi prosperano gli agrumi, i ciriegi, gli albicocchi, i peri, i susini, i fichi, i mandorli, i noci, i castagni, gli olivi, ed ogni specie di pomi, le fragole dette melingı`nas, le patate, i piselli, i carcioffi, e i cavoli fiori, qualcuno dei quali bilanciasi con le venticinque libbre. Il totale delle piante fruttifere non sorpassa i 3000 individui. Gioverebbe assai a questi terrazzani ` si applicassero alla coltivache piu zione, e rinunziassero all’uso antico di alternare la coltivazione ed il riposo per bienni. Le molte ghiande che si hanno, son prodotte dai lecci e dalle quercie, e danno non piccol lucro. Nell’anzidetto anno si allevavano pecore 3000, capre 900, porci 500, vacche rudi 300». Nel 1848 B. fu incluso nella divisione amministrativa di Nuoro e vi rimase fino al 1859; subito dopo fu incluso nella provincia di Sassari. Nella se` dell’Ottocento le attivita ` conda meta agricole sembrarono proiettarlo in una ` ebbe dimensione di benessere che pero purtroppo un brusco arresto con la crisi di fine secolo. Il villaggio tuttavia seppe uscire dalla crisi dando impulso alle at` dell’allevamento e nei primi detivita cenni del Novecento entrarono in funzione due caseifici; nel 1928 gli fu aggregato come frazione il villaggio di Espor` la prolatu che solo nel 1946 riconquisto pria autonomia. Nel secondo dopo` la crisi riprese, e dopo il guerra pero ` diminuita e 1960 la sua popolazione e ` emiun buon numero dei suoi abitanti e grato. & ECONOMIA La sua economia e ` basata ` contare su un sull’allevamento, che puo buon patrimonio zootecnico: oltre ` 10 000 ovini, un migliaio di bovini piu suini ed equini. Si tenta anche qui di ` incoraggiare i flussi turistici e sono gia in funzione tre aziende agrituristiche

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Burgos con 17 posti letto. Artigianato. In passato vi si praticava una modesta forma di artigianato tessile a livello dome` artigianali sono stico; oggi le attivita ` edilizia. Serquelle legate all’attivita ` collegato mediante autovizi. Il paese e linee agli altri centri della provincia; dista da Sassari 71 km. Dispone di medico, scuola dell’obbligo e sportello di servizi bancari.

Burgos – Il piccolissimo centro di Foresta ` importante Burgos nel Goceano e` stato la piu stazione per l’allevamento del cavallo angloarabo-sardo.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1095 unita di cui stranieri 1; maschi 534; femmine 561; famiglie 380. La tendenza complessiva rivelava un lieve aumento della popolazione, con morti per anno 6 e nati 12; cancellati dall’anagrafe 11; nuovi iscritti 11. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 16 176 in migliaia di lire; versamenti ICI 341; aziende agricole 148; imprese commerciali 58; esercizi pubblici 10; esercizi all’ingrosso 1; esercizi al dettaglio 22. Tra gli indicatori sociali: occupati 251; disoccupati 51; inoccupati 132; laureati 14; diplomati 78; con licenza media 376; con licenza elementare 320; analfabeti 33; automezzi circolanti 407; abbonamenti TV 245. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo &

territorio conserva numerosi nuraghi: Campu, Longu, Madalena, Pala ’e Ru` , Serra ghe, S’Abbaia, Sa Toa, Seddaco ’e Su Dimine. I meglio conservati sono quello di Madalena, del tipo monotorre con una camera e la tholos perfettamente accessibili, e quello di Campu, anch’esso del tipo a tholos e in condizioni perfette. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il paese ha conservato il suo assetto originario, la strada principale lo divide praticamente in due rioni e sulle strade si affacciano case in pie` piani, tipiche del Goceano. tra a piu L’edificio di maggior pregio all’interno ` la chiesa di Sant’Antonio dell’abitato e Abate, parrocchiale costruita nell’Ottocento; ha l’impianto a una navata completata da cappelle laterali e dal presbiterio. Poco discosto dall’edificio sorge il campanile a canna quadrata costruito in sostituzione del precedente. L’abi` dominato dal castello del Goceano tato e costruito in cima a un picco che guarda il monte Rasu e domina tutta la valle. Fu fatto costruire nel 1129 da Gonario I di Torres con funzioni di difesa del territorio da eventuali attacchi del giudice d’Arborea. Col tempo venne abbellito divenendo una delle residenze della famiglia giudicale fino alla morte della ` qui la giudicessa Adelasia, che termino ` sua esistenza. Successivamente passo ai Doria e da questi ai giudici d’Arborea. Caduto il giudicato d’Arborea la ` fortezza perse di importanza e comincio ad andare in rovina; entro la fine del ` in parte e fu abbanCinquecento crollo donata. Il castello era stato costruito in ` antica e ` costidiverse fasi, la parte piu tuita dalla cinta e da alcuni ambienti oggi crollati; solo nel secolo XIII era stata edificata la grande torre maestra a pianta quadrata alta 16 m, che ancora oggi si conserva. In questi ultimi anni sono stati compiuti diversi lavori per la

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Burruni sua salvaguardia e valorizzazione turi` stato istituito un picstica; nel paese e colo museo che ha il compito di documentare i modi di vivere e di combattere che vi si collegavano. Le campagne attorno alla frazione di Foresta Burgos sono bellissime e ricche di boschi che si prestano allo sviluppo del turismo.

feudo la signoria di Baratuli Santu Sadorru nella curatoria di Dolia; nel 1333 ebbe anche l’attigua montagna di Baratuli e si fece carico di ricostruirvi l’omonimo castello. Infine fu investito anche del villaggio di Sibiola; morı` poco dopo, ma suo figlio Giovanni non fu in grado di trasferirsi in Sardegna per ricevere `, che percio ` fu confiscata. l’eredita

Burguesa Garcia, Lupo Gentiluomo catalano (sec. XIV). Originario di Mon´n, quando Alghero fu conquistata talba da Pietro IV vi si stabilı`, e nel 1370 fu investito del feudo di Suni nella Planar` era compreso nei territori gia, che pero appartenenti al giudice d’Arborea per cui non riuscı` mai a entrarne in possesso. Morı` senza discendenti alcuni anni dopo. Burgos – Gli spalti del castello guardano sulla media valle del Tirso. Qui morı` verso il 1255 Adelasia, ultima giudicessa di Torres.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Una ` tradizione molto radicata nel paese e quella fondata sulla leggenda secondo cui le rovine del castello conterrebbero un forziere pieno d’oro, guardato dal fantasma di don Blas d’Aragona che impedirebbe a chiunque di recuperarlo. In ogni tempo questa fantasia ha spinto audaci a tentare la ricerca: si racconta che una volta un parroco, convinto di possedere la formula magica per accedere al forziere, fu incenerito da don ` importante si celebra Blas. La festa piu il 6 novembre per San Leonardo, ma si festeggia anche Sant’Antonio Abate, il ` 16 e 17 gennaio, e il centro della festa e ` propiziatorio. un grande falo &

Burgues Famiglia della grande borghe` sia di Barcellona (sec. XIV). Finanzio con un Giacomo l’impresa dell’infante Alfonso in Sardegna. Subito dopo la conquista, si stabilı` nell’isola dove nel 1326 ottenne una casa nel castello di Cagliari. Nello stesso anno ricevette in

Burmann, Peter Filologo (Utrecht 1668Leyda 1771). Discendente da una famiglia di grandi tradizioni intellettuali, divenne professore di Latino presso ` di Utrecht e successival’Universita mente fu chiamato a far parte dell’Accademia di Leyda, dove morı` lasciando un famoso Thesaurus antiquitatum et historiarum Italiae, Neapolis, Siciliae, Sardiniae, pubblicato ad Amsterdam nel 1704.

Burrida Piatto popolare di Cagliari. Di ` adantichissima tradizione, da molti e dirittura creduto di origine fenicia. La ` il gattuccio di mare: il pesce sua base e viene tagliato a pezzi e lessato in acqua salata; successivamente, scolato e fatto freddare, si unisce a una salsa a base di cipolla, fegatini di pesce, noci, aglio e aceto. Il tutto, ricoperto di foglie d’alloro, viene lasciato marinare per un giorno prima di essere servito, in modo che il gattuccio si insaporisca.

Burruni, Salvatore Pugile (Alghero 1933-ivi 2004). Si afferma fin da giovanissimo in ambito regionale e poi nazionale, conquistando nel 1954 il titolo italiano dilettanti nei pesi mosca. L’anno

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Busachi successivo conquista la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo di Barcellona e qualche mese dopo, a Kaiserslautern, diventa campione mondiale militare, sempre nella categoria dei pesi mosca, bissando il successo nel 1956.

Salvatore Burruni – L’algherese ‘‘Tore’’ ` grandi pugili Burruni e` stato uno dei piu italiani, campione del mondo dei pesi mosca.

Eliminato negli ottavi di finale alle Olimpiadi di Melbourne, passa al professionismo e nel 1958 conquista il titolo italiano dei pesi mosca togliendolo a un altro sardo, Giacomo Spano. La lunga carriera di B. continua in crescendo e nel 1961 diventa campione d’Europa battendo ad Alghero il finlandese Risto Luukkonen in quello che viene definito il periodo d’oro del pugi` lato sardo. Dotato di una grande agilita e di uno stile impeccabile, B. diventa campione del mondo nel 1965 battendo a Roma il thailandese Pone Kingpetch. ` il primo pugile sardo che arriva al tiE tolo mondiale. Ceduto il titolo iridato

nel 1966, riconquista quello europeo e ` avlo conserva fino al ritiro dall’attivita venuto nel 1969. [GIOVANNI TOLA]

Busachi Comune della provincia di Ori` monstano, sede della XV Comunita tana, con 1582 abitanti (al 2004), posto a 379 m sul livello del mare, affacciato dalle ultime propaggini occidentali del Gennargentu sulla valle del Tirso, occupata qui dal grande lago Omodeo. Regione storica: Parte Barigadu. Archidiocesi di Oristano. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 59,30 km2: ha forma grosso modo circolare e confina a nord con Ghilarza e Ula Tirso, a est con Ortueri, a sud con Samugheo e Allai, a ovest con Fordongianus. Si tratta di una regione accidentata, caratterizzata da rilievi impervi e vallate profonde. La natura ` comunque adatta all’agricoldel suolo e tura, favorita anche dall’abbondanza delle acque, che scorrono ovviamente verso la vallata maggiore, quella del ` Tirso. Restano ancora, nelle parti piu impervie, tratti di vegetazione spontanea, parte a bosco e parte a macchia ` attraversato mediterranea. Il paese e dalla statale 388 che, partita da Oristano, si trova qui nel tratto tra Fordongianus e Ortueri; se ne staccano in questo punto le secondarie che lo collegano col vicinissimo Ula Tirso, con Abbasanta e Paulilatino a ovest, con Samugheo a est. & STORIA Il villaggio e ` di probabili origini romane: un centro sorto lungo la grande strada che da Carales (Cagliari) conduceva a Turris Lybisonis (Porto Torres) e che da Abbasanta e Fordongianus risaliva verso il nord lungo la riva sinistra del Tirso. L’insediamento assolveva a una duplice funzione: era il termine di riferimento per una fitta rete di scambi tra la pianura sottostante e le popolazioni delle zone interne e allo stesso tempo un avamposto del sistema

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Busachi fortificato che i Romani avevano edificato. Dopo la conquista bizantina dell’isola la posizione del territorio dove oggi sorge B. assunse una importanza crescente. Situato infatti a poca distanza dal tracciato dell’antica strada, dominava una delle vie d’accesso alla pianura in comunicazione diretta con Forum Traiani (Fordongianus). In seguito ` a far parte del giudicato d’Arboentro rea e fu compreso nella curatoria del Parte Barigadu. Nel corso del secolo XIV, essendo ormai decaduto Fordongianus, divenne per un certo periodo capoluogo della curatoria, e tale rimase fino alla caduta del giudicato nel 1409; ` allora il territorio del Barigadu passo sotto l’amministrazione diretta del re ` rid’Aragona. Le sue popolazioni pero masero idealmente legate all’Arborea e in particolare gli abitanti di B. mantennero un atteggiamento ostile nei confronti degli Aragonesi. Dopo alcuni ´ l’amanni di tensione, nel 1412, poiche ministrazione reale aveva bisogno di ` denaro, il marchese di Oristano presto al re una forte somma di denaro e ottenne in pegno il Barigadu avviando cosı` la pacificazione della popolazione. Negli anni successivi il rapporto tra gli abitanti di B. e Leonardo Cubello fu buono; B, in questi anni rimase saldamente in mano al marchese che con una buona amministrazione riuscı` a garan` ; il villaggio contitirne la tranquillita ` ad assolvere la sua funzione di cennuo tro di riferimento per l’intero territorio ` mantenne gli antichi prie la comunita vilegi a cominciare dal majore eletto annualmente dall’assemblea dei capifamiglia. Quando nel 1427 Leonardo Cubello morı`, B. e il Barigadu furono in` al suo clusi nella parte che egli lascio secondogenito Salvatore. I rapporti del villaggio con Salvatore Cubello furono presumibilmente ottimi; il centro era infatti il naturale riferimento per l’am-

ministrazione e la difesa del Barigadu. Probabilmente in questi anni il suo sviluppo urbanistico assunse le caratteristiche che in gran parte ancora oggi conserva. Quando nel 1463 Salvatore divenne marchese di Oristano, B. fu finalmente riunito al grande feudo. Salvatore Cubello morı` a sua volta nel 1470 senza lasciare discendenti maschi e fu suo erede Leonardo Alagon al quale il villaggio nel 1477 fu confiscato; subito dopo le popolazioni del Barigadu passarono alcuni anni di grande incer` a far tezza; nel 1481 il territorio entro parte del feudo concesso a Gaspare Fa` il vilbra. Il nuovo feudatario trasformo laggio in sede dell’amministrazione ba` attento ai problemi ronale, si mostro ` a B. la del feudo e probabilmente avvio costruzione della chiesa parrocchiale; ` anche esigente nell’imporre il fu pero pagamento dei tributi che la conces` lentamente lisione prevedeva, e ando mitando gli antichi privilegi della co` del villaggio. Fabra morı` senza munita discendenza maschile lasciando il Barigadu alle figlie Isabella, Giovanna, Caterina e Angela; Giovanna e Angela morirono a loro volta pochi anni dopo e le altre due, nel 1518, decisero di ven` Torresani e a dere il feudo a Nicolo Carlo Alagon. Nella divisione che i due fecero tra loro nel 1520, B. fu incluso nel ` al Torresani; Barigadu Jossu che tocco con la divisione il Barigadu perse la `. B. acquisto ` propria secolare unitarieta la posizione e i caratteri di capoluogo ` un felice del nuovo feudo e attraverso periodo; i nuovi feudatari erano consi` influenti di Caderati tra le famiglie piu gliari e impiantarono nel villaggio la nuova parrocchiale dedicata a Sant’Antonio; i rioni di Campumajore e di B. Susu si fusero armonicamente in un contesto urbanistico unitario mentre ` a valle si sviluppava il nuovo quarpiu tiere di B. Jossu. Probabilmente a Ni-

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Busachi ` Torresani e ai suoi discendenti si colo deve anche l’avvio della costruzione della chiesa di San Domenico e, nella ` del Cinquecento, di un seconda meta nuovo convento per i Domenicani. Fece anche costruire nella parte alta dell’abitato il convento e la chiesa di Nostra Signora delle Grazie donandola ´ ne facessero la sede di ai Gesuiti perche un collegio. Nel 1586 gli abitanti di B. fecero con i Minori osservanti una convenzione in base alla quale i Francescani si impegnavano a istituire nel paese un convento e a provvedere all’istruzione degli abitanti. Estinti i Torresani, il villaggio fu ereditato dai Cervellon che nel 1599 ottennero formalmente l’investitura. Ebbe cosı` inizio per B. un periodo non felice della sua storia; i nuovi feudatari, infatti, nel corso del secolo imposero un sistema di tributi piuttosto pesante, rendendo difficile la vita degli abitanti. Trasformarono i sistemi di amministrazione del feudo affidandolo a una famelica e spesso inadeguata burocrazia e aumentarono il carico fiscale; pretesero infatti da tutti i vassalli, divisi in sei classi, il pagamento dei tributi, creando cosı` notevole malcontento. In questi anni la pesantezza dei tributi feudali e l’incuria dei feudatari portarono la crisi a B., che risentı` profondamente del mutato clima. Distratti dai loro problemi, i Cervellon presero a considerare il feudo come un bene patrimoniale da sfruttare e lo cedettero in amministrazione a terzi che, accentuando a loro vantaggio l’esazione dei tributi, esasperarono i rapporti con la popolazione. B. divenne sede di una numerosa e inefficiente burocrazia baronale e residenza di alcune famiglie di cavalieri (Marras, Madau e altri) che ` contribuirono ad articolare la societa del villaggio. Estinti i Cervellon si aprı` una lunga lite tra i pretendenti e i caratteri della crisi si accentuarono, il si-

stema di esazione dei tributi feudali di` caotico e le profonde venne sempre piu ingiustizie che ne derivarono rafforzarono negli abitanti di B. la coscienza di ` e il desideappartenere a una comunita rio di porre fine alla dipendenza feudale. La controversia per la successione rimase pendente per lunghi anni a causa della crisi che seguı` allo scoppio della guerra di successione spagnola. In tutti questi anni il pagamento dei tributi feudali fu sospeso e gli abitanti di B. cominciarono a credere realmente possibile la fine del regime di di` un’illusione e inpendenza. Fu pero fatti, quando sembrava che la Sardegna fosse stata assegnata definitivamente agli Asburgo, nel 1715 le parti in causa trovarono un accordo tra loro e il patrimonio feudale fu finalmente distribuito su nuove basi. La transazione, oltre che reintrodurre il vecchio sistema dei tributi feudali aborrito dalla popolazione, ` gravi conseebbe per B. altre e piu guenze. La spartizione del patrimonio, ` la separazione del Bariinfatti, provoco gadu Jossu dal Canales, rompendo ` culturale ed economica che quell’unita risaliva ai non dimenticati tempi di Ge` ancor di piu ` il rolamo Torresani, e isolo ` ai Manca Guiso, che territorio. B. passo si avviarono all’estinzione nella se` del secolo. Frattanto i loro conda meta rapporti con i vassalli andavano modificandosi e, quando nel 1771 fu approvata l’istituzione dei Consigli comunitativi, i loro poteri furono sensibilmente limitati. Con l’estinzione della linea ma` che l’inschile dei Manca Guiso sembro tero patrimonio feudale dovesse considerarsi devoluto e, quando gli eredi tentarono di impadronirsene, il commissario patrimoniale lo impedı`; nel 1790 il Barigadu Jossu fu riconosciuto definitivamente pertinente al patrimonio de` maniale. Per gli abitanti di B. sembro giunta la fine del secolare tormento; fu

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Busachi ` un’illusione destinata a durare pero poco; nel 1791, infatti, la trattativa tra il fisco e Teresa Deliperi si concluse e il Barigadu Jossu divenne il marchesato di Busachi. Cosı` il villaggio, divenuto capoluogo del nuovo feudo, subito soffrı` a causa delle incertezze sull’ammontare dei tributi feudali dovuti e della ` della marchesa. Necrescente voracita gli anni seguenti le pretese della Deli`, peri, sostenuta dal marito Stefano Leda ` insopportabili ansi fecero sempre piu che per le prepotenze dell’amministratore feudale Antioco Mattares, cui era stato affidata la conduzione del feudo. Influenzati dalla situazione generale che si era determinata nel resto della Sardegna, nel 1793 gli abitanti di B. si rifiutarono di pagare i tributi e si ribellarono apertamente. A farli giungere a tanto avevano contribuito l’indiffe´ , cui il Consiglio comurenza del vicere nitativo si era rivolto, e le crescenti prepotenze del Mattares, di suo genero, il dottor Mura, che ricopriva l’incarico di ufficiale di Giustizia, e dell’altro delegato baronale, un certo Madau. I tre tentarono di salvare la loro posizione con ogni mezzo, ricorrendo a ingiuste accuse nei confronti dei componenti del Consiglio comunitativo, minacciando persone innocenti, danneggiando beni di privati e persino perseguitando alcune persone tramite un gruppo di ribaldi alle loro dipendenze. L’ira popolare fu ben presto incontrollabile, an´ a B. e negli altri villaggi che perche giungeva l’eco dei moti angioiani. Agli inizi del 1796 il Mattares e i suoi complici furono costretti a fuggire e i busachesi, stretti al loro Consiglio comunitativo, continuarono a rifiutarsi di pagare i tributi feudali almeno fino al 1797. Frattanto le vicissitudini finanziarie della marchesa furono in certa misura risolte: per soddisfare il fisco, cui doveva una somma rilevante, la Deliperi

cedette una parte del feudo, conservando solo B. e il vicino Allai. Morı` quando ancora i rapporti con i vassalli non si erano normalizzati, lasciando erede sua figlia Stefania, moglie di An` ai drea Manca. Cosı` nel 1800 B. passo Manca di San Placido; la dipendenza feudale divenne negli anni successivi ` intollerabile e il Consiglio sempre piu comunitativo finı` per divenire l’espres` degli abisione della crescente volonta tanti di rompere definitivamente la dipendenza. I rapporti tra il Consiglio comunitativo e i Manca furono regolamentati minutamente; dopo il 1805, sulla base di un precedente capitolato redatto nel 1801, furono definiti anche i rapporti patrimoniali e il feudatario fu costretto a rendere agli abitanti del villaggio l’uso di alcuni salti dei quali si era impadronito indebitamente. Ormai anche l’atteggiamento del governo nei confronti del sistema feudale andava modificandosi, i poteri dei feudatari vennero progressivamente limitati e soprattutto la loro giurisdizione fu quasi totalmente abolita con la riforma che introdusse i mandamenti nel 1821. Nello stesso anno B., grazie alla sua posizione e alla funzione di piccola capitale feudale che aveva sempre svolto, divenne capoluogo di una provincia che comprendeva ben 81 comuni e, pa` di Oriradossalmente, anche la citta stano. Poco dopo la provincia di B. fu abolita e prese il suo posto quella di Oristano, mentre il villaggio comunque diveniva capoluogo di mandamento. Nel 1834 i Frati minori abbandonarono il villaggio e nel 1835 anche i Domenicani lo lasciarono definitivamente. I suoi abitanti nel 1836 salutarono con gioia l’avvio delle procedure per l’abolizione del feudo. In questi anni si colloca la puntuale testimonianza di Vittorio An` di 430, digius: «Il numero delle case e vise in due rioni, uno superiore, altro

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Busachi inferiore, con strade ampie e di qualche ` , sebbene ne ´ lastricate, ne ´ selregolarita ciate. La moltitudine degli olmi che vigorosamente vi frondeggiano, rende il paese ameno ed aggradevole agli occhi. Vi abitano 426 famiglie (anno 1834), nelle quali sono anime 1708. La longe` ordinaria si puo ` fissare a circa i 75. vita ` vi sono stati non pochi che hanno Pero oltrepassato di molto questo termine, e si sono pure veduti dei centenari in istato vegeto. Le malattie sono rare, e non ve ne ha alcuna che dirsi possa dominante. Nella maniera di vestire in nulla distinguonsi i busachesi dagli uomini degli altri vicini dipartimenti. ` rimarchevole nelle donne la Solo e molta diligenza per la mondezza, ed una squisita lindura. La scuola normale ` frequentata da piccol numero di fane ciulli. La fruttificazione pel pessimo metodo di coltura non va che di rado ` dell’ottuplo. Negli nel generale al di la orti si coltivano cavoli, zucche, lattuche, pomidoro ecc. La gran riputazione dei lini di questo territorio, ha fatto che gli agricoltori abbiano usata qualche diligenza verso i medesimi. Il raccolto ascende annualmente a circa 500 cantara. Molto se ne adopera nel paese, dove non vi sono meno di 400 telai; ma per l’addietro se ne adoperava assai di ` , che ´ era allora un gran traffico di piu tele ordinarie, che si compravano da’ Gavoesi per rivenderle in altri paesi. La vigna prospera mirabilmente: fassi vino nero assai pregiato, che tutto si consuma nel paese. L’acquavite comprasi dai vicini villaggi di Ortueri e di ` le, e di rado se ne distilla nel Ardau paese. Nutronsi in questi salti molte greggie e armenti. I formaggi sono di ` . Quando v’era commerqualche bonta cio di questo articolo coi napoletani se `. Il selne facea del bianco in quantita ` assai numeroso, e delle orvaggiume e dinarie specie dell’isola, eccettuato il

solo muflone. Lo stesso deve dirsi dei volatili». In quegli anni anche a B. si fecero sentire le conseguenze dell’abolizione del feudo; la gestione del demanio feudale e le operazioni di definizione del nuovo catasto e del nuovo regime fiscale provocarono notevoli tensioni. Dopo la ‘‘fusione perfetta’’, nel 1848, la provincia di Oristano fu abolita, ` a far parte della divisione amB. entro ministrativa di Cagliari e, quando nel 1859 furono ricostituite le province, fu definitivamente assegnato alla provincia di Cagliari, continuando a rimanere sede di mandamento. Nella seconda ` del secolo B. riprese la sua antica meta funzione di centro intermediario tra la valle del Tirso e le zone interne, la sua popolazione crebbe rapidamente e i suoi abitanti coltivarono con orgoglio il senso dell’appartenenza alla loro co` . La sua economia, oltre che munita ` dell’agricoldalle tradizionali attivita tura e della pastorizia, fu caratterizzata ` artigianali. L’imdal fiorire di attivita ` propianto del lago Omodeo modifico fondamente oltre che l’ambiente circostante anche l’antico equilibrio che legava B. alla valle sottostante. Nel 1928 il suo territorio fu accresciuto per l’aggregazione di Ula Tirso, che divenne sua frazione, ma il villaggio assunse sempre ` il carattere di un centro isolato la di piu cui popolazione era alla ricerca di anti`. chi legami di cui sentiva la necessita Gli atti del Consiglio comunale di questi anni pongono bene in evidenza tali tensioni e il lento progredire della comu` , il suo acquisire, probabilmente nita con i finanziamenti della cosiddetta ‘‘legge del Miliardo’’, servizi quali le fogne e l’illuminazione elettrica. Dopo la fine della seconda guerra mondiale la difficile convivenza con Ula Tirso ` , infatti nel 1946 il vicino villaggio cesso ` la propria autonomia e B. ririacquisto prese a vivere animato dai suoi soliti

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Busachi problemi. A partire dal 1951 la sua po` a diminuire, i campolazione comincio biamenti dell’economia della Sardegna e purtroppo l’emigrazione furono i fattori che determinarono questo vistosissimo e al momento irrecuperabile calo. Nel 1974 fu ricostituita la provincia di ` a farne parte, riacOristano e B. torno quistando i tradizionali punti di riferimento per la sua economia e la sua cultura; attualmente come capoluogo ` montana del Barigadu della Comunita ha ripreso ad assolvere l’antica funzione di piccola capitale.

Busachi – La facciata della chiesa di San Bernardino, costruita ai primi del Settecento nella parte detta Busachi de Josso (Busachi di sotto). & ECONOMIA La sua economia e ` basata sull’agricoltura, in particolare la frutticoltura e la viticoltura; vi si praticano anche la pastorizia e il commercio. Ar` la traditigianato. Antica e radicata e ` anzione dell’artigianato del lino che e cora parzialmente praticato e in passato ha dato grande rinomanza a B. Ser` collegato mevizi. Il centro abitato e

diante autolinee agli altri centri della provincia, dista da Oristano 39 km. Dispone di medico, farmacia, scuola dell’obbligo, Biblioteca comunale e sportello bancario. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1691 unita di cui stranieri 1; maschi 798; femmine 893; famiglie 613. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 26 e nati 4; cancellati dall’anagrafe 23; nuovi iscritti 19. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 14 377 in migliaia di lire; versamenti ICI 631; aziende agricole 350; imprese commerciali 66; esercizi pubblici 10; esercizi al dettaglio 16; ambulanti 2. Tra gli indicatori sociali: occupati 436; disoccupati 78; inoccupati 121; laureati 26; diplomati 123; con licenza media 532; con licenza elementare 576; analfabeti 122; automezzi cirolanti 534; abbonamenti TV 520. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` preistorica, postorio era abitato in eta siede domus de janas (Campu Majore, Manielle, Sa Contra, Sa Pardischedda) e numerosi nuraghi (Bedusta, Bidanzole, Costa, Fenughedu, Marapala, Monte Isa, Ortu Furadu, Pranu Nurache, Sa Giacca, Saolle, Sas Muras, Scala ’e Accas, Scala ’e S’Ainu, Serras de Codas); vi si trovano anche numerosi siti del periodo romano. ` interessante e ` quello di CampumaIl piu jore, complesso di domus de janas che si ` dell’abitato, ricondutrova in prossimita cibile alla cultura di Ozieri (3200-2300 a.C.); tra le molte sepolture della necro` quella detta a padiglione, costipoli e tuita da un atrio della superficie di circa 60 m2, rettangolare e con le pareti dipinte di rosso sul cui lato maggiore si aprono tre cellette. In questo ambiente ` le cesi svolgevano con ogni probabilita rimonie religiose. Altra interessante ne` quella di Grugos, posta nella cropoli e

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Busachi ` omonima non lontano dall’abilocalita ` costituita da una serie di domus tato: e de janas scavate nella roccia e risalenti ` caal periodo della cultura di Ozieri. Piu ` la Tomba II che al ratteristica tra tutte e suo interno contiene delle figure stilizzate a motivi geometrici (strisce e riquadri realizzati in rosso) che rappresentano le corna e le orecchie del toro. Tra i ` quello numerosi nuraghi interessante e ` omodi Sa Iacca situato nella localita nima a poca distanza dall’abitato; si tratta di una costruzione singolare risa` antico della civilta ` lente al periodo piu nuragica, con due ingressi comunicanti attraverso un vano corridoio molto complesso e contorto, e copertura ogivale.

Busachi – La diga di Busachi fa parte del primo sistema di sbarramenti sul fiume Tirso per formare il lago artificiale Omodeo (1924). & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTU` disposto lungo un RALE Il villaggio e ` svicrinale, il suo assetto urbanistico e

luppato su una rete di strade larghe e ben disegnate sulle quali si affacciano ancora molte grandi case tradizionali ` diviso in tre ` piani. E in pietra a piu rioni: Busachi de Susu, Campumajore ` importante e ` e Busachi de Josso. Il piu quello di Busachi de susu, dove passa la strada principale e si trovano il Municipio e soprattutto la chiesa di San Domenico, che fu costruita nel secolo XVI in forme gotico-aragonesi. L’interno ha una navata completata dal presbiterio, ` abbellita da un grande rola facciata e sone. Accanto alla chiesa sorge il campanile tozzo e a canna quadrata. Gli altri monumenti di B. sono la chiesa di Sant’Antonio da Padova, costruita nel secolo XV in forme catalano-aragonesi e ristrutturata in forme barocche nel ` a tre corso del secolo XVII. L’interno e navate scandite da archi a sesto acuto e custodisce numerosi arredi tra cui una tela settecentesca attribuita a Gregorio ` la Are. A pochi chilometri dal paese e chiesetta di Santa Susanna che fu costruita nel secolo XIVe servı` da parrocchia dello scomparso villaggio di Moddaminis. L’edificio fu successivamente rimaneggiato, ha una sola navata com`a pletata dal presbiterio, la copertura e volte a botte. Al suo interno si trova uno spettacolare ciclo di affreschi settecenteschi attribuiti agli Are (=). La chiesa ` inserita in un complesso di cumbessı`as e disposto in modo suggestivamente scenografico. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Paese attaccato alle sue tradizioni, B. vanta un uso ancora molto diffuso dei costumi femminili: quello della sposa, con fazzoletto di tulle bianco ricamato, la giacca di broccato fiorito e la gonna di panno rosso pieghettato; quello da lutto, con fazzoletto arancione, e quello ` semplice. Le fequotidiano, ancora piu ste principali sono per Sant’Antonio da Padova, 13 giugno, per San Bernardino

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Businco da Siena, il 20 maggio, e quella campestre di Santa Susanna, l’11 agosto: tutte caratterizzate da processione e ballo in costume. A Santa Susanna si tiene anche una corsa di cavalli. Di recente sono state prese iniziative per la salvaguardia del patrimonio tradizionale, come l’istituzione della sagra de Su Succu, che si svolge la seconda settimana di settembre per rilanciare una tipo particolare di pasta di origine antichissima, e la costituzione di un presidio per la salvaguardia e valorizzazione dei pani tipici dell’intera zona, il Barigadu.

Busachi – Il costume tradizionale di Busachi ` colorati. e` uno dei piu

Busdraghi, Marco Fotografo (n. Alghero). Esperto di immersione e fotografia subacquea, collabora con giornali e riviste specializzate per la realizzazione di servizi di tipo naturalistico o ` ricco di di reportage. Il suo archivio e ` semisommerse – ricorfoto di cavita diamo la serie delle immagini della Grotta dei Cervi da lui stesso scoperta – anche se non mancano quelle scattate nel corso di viaggi in Libia, in Arabia Saudita, in Egitto.

Busia, Nino Giornalista, operatore televisivo (Bolotana 1920-Cagliari 1982). ` al giornaCompletati gli studi si dedico lismo. Iscritto all’elenco dei pubblicisti ` soprattutto per l’indal 1962, si segnalo ` svolta a Radio Cagliari nei tensa attivita primi anni dell’entrata in funzione del ` anche alla servizio televisivo. Si dedico

ricostruzione della storia della radio sarda, su cui scrisse diversi articoli (tra gli altri, Radio Cagliari 1943-1973, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1975).

Businco, Armando Anatomo-patologo (Ierzu 1886-Cagliari 1967). Dopo aver conseguito la laurea in Medicina si de` alla carriera universitaria. Nel dico 1922 ottenne la libera docenza e a partire dal 1927 fu professore di Anatomia ` di Perupatologica presso l’Universita ` a Cagina; tra il 1928 e il 1932 insegno gliari, tra il 1932 e il 1935 a Palermo; ` a Cagliari dove continuo ` nel 1935 torno a insegnare fino al 1938. Nello stesso anno ottenne la cattedra a Bologna, ` una scuola che si impose aldove creo ` scientil’attenzione della comunita ` fino al 1956, e fu prefica. Qui insegno ` di Medicina tra il side della Facolta 1946 e il 1948. Nel 1944, incarcerato per antifascismo, fu liberato dai partigiani. I suoi lavori sulla lebbra, sulle basi anatomiche dell’alcoolismo, sull’echinococcosi e sulla malaria gli die` internazionale. Tra i dero notorieta suoi scritti principali: I gas cosiddetti asfissianti. Contributo anatomo-chimico e medico-sociale, ‘‘Giornale di medicina militare’’, LXIX, 1921; Il sistema reticolo-endoteliale, ‘‘Rivista di Biologia’’, XI, 1929; La struttura del polmone alla luce delle vecchie e nuove ricerche, ‘‘Rivista di Biologia’’, XV, 1933; Colesteatomia ponto-cerebellare e ipotalamica con morbo di Flaiani-Base` rodow, ‘‘Atti e memorie della societa mana di chirurgia’’, II, 1940; L’infezione malarica: anatomia patologica, 1941; Anatomia patologica dell’apparato digerente, 1944; Tecnica delle autopsie, 1944; Trattato di anatomia patologica speciale (con E. Pepere), 1945; I tumori del sistema reticolo endoteliale, 1949; Anatomia patologica umana, 1950.

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Businco gliere regionale (n. Cagliari 1962). In ` ha praticato con successo l’agioventu tletica leggera; dopo la laurea in Giuri` entrato nell’amministrasprudenza e zione del Ministero dell’Interno, percorrendo una rapida carriera. Attirato dalla politica, inizialmente ha militato ` stato eletto nelle file di AN e nel 1994 e consigliere comunale di Cagliari; successivamente ha aderito al ‘‘Nuovo Mo` vimento’’ di Nicola Grauso, e nel 1998 e stato rieletto nel Consiglio comunale. ` divenuto consigliere regioNel 2001 e nale subentrando al dimissionario Grauso nel collegio di Cagliari; poco dopo ha aderito all’UDR e da questo ` confluito nell’UDS. Ripremovimento e sentatosi alle elezioni regionali nel ` stato rieletto. 2004, non e

Businco, Lino Medico (n. Montecreto 1908). Laureato in Medicina a Cagliari nel 1934, conseguı` la libera docenza in ` alcuni Allergologia a Roma; studio aspetti dell’antropologia della Sardegna e nel secondo dopoguerra fu ingiustamente accusato di razzismo. Uomo di cultura poliedrica, fu anche autore di musica leggera. Tra i suoi scritti: Gli antenati di Mameli, ‘‘L’Unione sarda’’, 1931; Ritrovamento di due ossari nuragici a Sardara e a Mogoro, ‘‘Atti della So` fra i cultori delle scienze mediche cieta e naturali’’, 1932; Sardi nuragici e sardi odierni, ‘‘Le Colonne’’, 1933; I primi abitatori della Sardegna. Una pretesa razza di giganti costr uttori dei nuraghi, ‘‘L’Unione sarda’’, 1939; Le antiche popolazioni d’Italia. I protosardi, ‘‘L’Unione sarda’’, 1939.

` Giornalista, esattore Businco, Nicolo delle imposte (Torino 1856- Jerzu 1923). Da Torino si trasferı` per ragioni di famiglia a Jerzu, dove divenne col` il lettore delle imposte. Nel 1883 fondo settimanale ‘‘L’Ogliastra’’, che uscı` ` a ‘‘L’Unione per due anni, e collaboro sarda’’. Amico di Francesco Cocco

` presto in politica e fu coinOrtu entro volto nelle lotte locali come capo del partito ‘‘popolare’’ che a Jerzu si contrapponeva a quello ‘‘aristocratico’’, che rappresentava gli interessi dei maggiorenti. Coinvolto in una faida, fu ingiustamente accusato di omicidio, e nel 1897 condannato all’erga` in carcere fino al 1914. Tra stolo; resto i suoi scritti: Per le ferrovie complementari dell’Ogliastra, 1883; Paesaggi sardi: Ulassai, ‘‘L’Unione sarda’’, 1893; Jerzu, ‘‘L’Unione sarda’’, 1893; Perdasdefogu, ‘‘L’Unione sarda’’, 1893; La sagra di S. Antonio a Ulassai, ‘‘L’Unione sarda’’, 1894; Tortolı`. Perdaliana, ‘‘L’Unione sarda’’, 1896.

Businco, Ottavio Radiologo (Jerzu 1896-Cagliari 1971). Fratello di Armando, conseguita la laurea in Medi` alla carriera universitacina si dedico ria e con gli anni divenne direttore del` l’Istituto di Radiologia dell’Universita di Cagliari. Socialista militante, particolarmente sensibile ai problemi sociali connessi alla medicina, fu il principale promotore della costruzione dell’Ospedale oncologico, che fu intitolato a suo fratello. Autore di numerosissime pubblicazioni di carattere scientifico, ` volte consigliere cofu anche eletto piu munale e assessore del Comune di Cagliari.

Busonera, Flavio Medico, patriota (Oristano 1894-Padova 1944). Medaglia d’argento al V.M. alla memoria. Nel ` sociali1921 si laurea in Medicina; gia sta, nello stesso anno si iscrive al PCd’I. Perseguitato dai fascisti, si trasferisce come medico condotto in Veneto. Il 24 giugno 1944 viene arrestato ´ ha curato due agenti fascisti feperche riti che gli si sono presentati come partigiani. Nella rappresaglia per l’uccisione del colonnello della RSI, Bartolomeo Fronteddu, viene arrestato, tor-

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Bussa turato e infine impiccato a Padova il 17 agosto 1944.

Flavio Busonera – Medico, nato a Oristano, fu arrestato a Cavarzere e impiccato a Padova dai fascisti con l’accusa di aver prestato soccorso ad alcuni partigiani.

` a risiedere a Cagliari, uno continuo l’altro si trasferı` ad Alghero. Il ramo cagliaritano si estinse nel corso del secolo XVI, quello residente ad Alghero ` lunga e ebbe invece una storia piu complessa. Fu iniziato da un Michele, probabilmente nipote di un Raimondo amministratore delle rendite reali ` con Vioagli inizi del secolo. Si sposo ` una notevole lante Zatrillas e acquisto ` locale, posizione in seno alla societa ponendosi al centro di una complessa rete di affari e ottenendo l’autorizzazione a praticare la guerra di corsa ` . I suoi con due galere di sua proprieta figli Ponzio e Francesco diedero vita a due nuovi rami, ma la discendenza di Francesco, che fu ammesso allo Stamento militare durante il Parlamento del 1528, si estinse poco dopo. Ponzio ` ad avere rapporti amichevoli continuo e legami di affari con gli Zatrillas, ma agli inizi del secolo XVII i suoi nipoti si trasferirono nuovamente a Cagliari, dove un Gherardo nel 1626 ottenne il ` . La loro riconoscimento della nobilta discendenza si estinse alla fine del secolo XVIII.

Busonera, Gabriella Medico, consi-

Bussa, Italo Funzionario, studioso di

gliere regionale (n. Cagliari 1941). Impegnata in politica, militante nel PCI, ha ricoperto alcuni incarichi di par` stata tito e ha in seguito aderito a DS. E consigliere comunale di Quartu San` t’Elena dal 1983 al 1997; nel 1994 e stata eletta consigliere regionale per il Partito Democratico della Sinistra nel collegio di Cagliari per l’XI legisla` stata ricontura, ma in seguito non e fermata.

storia (n. Bolotana 1939). Dopo aver conseguito la laurea in Giurispru` diventato funzionario regiodenza e ` nale. Attento osservatore della realta delle zone interne, e in particolare del ` autore di numesuo paese d’origine, e rosi scritti di carattere storico di notevole interesse. Giornalista pubblicista dal 1978, ha fondato la rivista di cultura ‘‘Quaderni bolotanesi’’ che dirige ` impordal 1974 facendone uno dei piu tanti strumenti per la cultura sarda. I suoi scritti principali sono quasi tutti pubblicati sulla sua rivista: Profilo storico sulle origini e lo sviluppo di Bolotana, I, 1975; I cognomi di Bolotana in un documento del 1738, I, 1975; La chiesa di San Bachisio: notizie storiche

Busquets Famiglia catalana (secc. XIV-XVIII). Trapiantati in Sardegna ` del secolo XIV, nella seconda meta dapprima i B. si stabilirono a Cagliari e alcuni di loro ricoprirono importanti ` del Quattrouffici pubblici. Alla meta cento la famiglia si divise in due rami:

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Bussalai e ipotesi sul culto del santo, I, 1975; Accertamento delle prestazioni feudali a Bolotana al momento del riscatto dei feudi, II, 1976; Gli assestamenti del patrimonio fondiario pubblico di Bolotana dal 1800 a oggi, II, 1976; Uso dei pascoli e conflitto contadini-pastori nel marchesato del Marghine, III, 1977; L’industria casearia sarda: storia, conseguenze e prospettive, III, 1978; Le chiudende. Il problema generale e l’applicazione dell’editto del 1820 a Bolotana, V, ` a Bolo1979; Un secolo di cristianita tana 1740-1846, VI, 1980; Ordinazioni fatte dall’avv. Francesco Cascara reggidore del marchesato del Marghine, VII, 1981; La relazione di Vicente Mameli de Olmedilla sugli stati di Oliva 1769: la parte generale e il marchesato del Marghine, X, 1984; La relazione di Vincenzo Mameli de Olmedilla sugli stati d’Oliva: il ducato di Montacuto, XI, 1985; La relazione di Vincenzo Mameli de Olmedilla sugli stati d’Oliva: il principato di Anglona e la contea di Osilo e Coghinas, XII, 1986; Le rendite feudali dello stato di Oliva in Sardegna in una relazione di Geronimo de Zabarayn (1701), XIII, 1987; La compagnia barracellare di Bolotana nel 1840-41, XV, 1989; Il volto demoniaco del potere. L’amministrazione del feudo sardo di Oliva agli inizi del ’600, XVI, 1990; Ordine pubblico, gestione finanziaria e ripopolamento negli stati sardi di Oliva, XVIII, 1992; I registri delle riscossioni di don Geronimo Sossa reggidore degli stati sardi di Oliva (1636-1659), XIX, 1993; Pratica della vendetta e amministrazione feudale negli stati sardi di Oliva (1642), XX, 1994; ` La Sardegna e i problemi della identita culturale, XXI, 1995; Problemi giurisdizionali, incarichi e concessioni, allevamento di cavalli nello stato sardo di Oliva (1625), XXII, 1996; Agli inizi del gover no del reggidore Navar ro nel feudo sardo di Oliva, XXIII, 1997; Il ren-

diconto di Joan Carigua, ricevitore negli stati sardi di Oliva (1502-1504), XXV, 1999; Aspetti di vita feudale nel Seicento. Nomina di reggitori e presa di possesso dei villaggi negli stati sardi di Oliva, XXVI, 2000; Istruzioni del feudatario al regidor Olomar per il governo degli stati sardi di Oliva, XXVII, 2001; La raccolta delle leggi e prammatiche del regno di Sardegna di Francisco de Vico (1633), XXVIII, 2002; Monache peccatrici nella Sardegna del ’600, XXIX, ` nella vita quoti2003; Conflittualita diana dei villaggi del feudo sardo di Oliva nei primi decenni del 1500, XXX, 2004; Questione sarda e livelli di reddito, XXXI, 2005; La documentazione sugli stati sardi di Oliva, XXXII, 2006.

Bussalai, Francesco Operaio, consigliere regionale (Nuoro 1912-ivi 1972). Militante nei movimenti della Sinistra, durante il fascismo fu sorvegliato speciale. Finita la guerra, aderı` al PCI e nel 1949 fu eletto consigliere regionale per il suo partito nel collegio di Nuoro per la I legislatura. Successivamente non fu confermato.

Bussalai, Marianna Intellettuale e poetessa (Orani 1904-ivi 1947). Autodidatta, fu autrice di delicate poesie e traduttrice in italiano dell’opera di ‘‘Montanaru’’ (il poeta Antioco Casula di Desulo) col quale ebbe lunga corrispondenza. Di lei rimangono Mutos, poesie in italiano scritte nel 1920, la raccolta Le belle di Cabras e numerosi altri versi pubblicati nelle riviste ‘‘Lu` anmen’’ e ‘‘Cordelia’’. Il suo nome e che legato all’impegno politico culturale negli anni del fascismo; antifascista, di idee sardiste (era conosciuta col simpatico appellativo di Marianedda ’e sor Battor Moros), amica e corrispondente di Emilio Lussu e della famiglia ` e proGiacobbe, nella sua casa ospito tesse numerosi antifascisti, subendo

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Buttariga una assillante sorveglianza da parte della polizia.

Bussi, Emilio Storico del diritto (Rovigo 1904-Modena 1997). Dedicatosi al` divenl’insegnamento universitario, e tato professore ordinario di Storia del Diritto italiano. Ha insegnato presso ` di Cagliari dal 1940 alla l’Universita ` fine degli anni Cinquanta quando si e trasferito a Modena. Tra i suoi scritti: Sardegna e barbareschi dal 1794 al 1815, ‘‘Oriente moderno’’, XXI, 1941; Relazioni della Spagna e della Sardegna con la reggenza della Barbaria negli anni 1778-1783, ‘‘Oriente mo derno’’, XXII, 1942.

Bussu, Franco Pittore (n. Ollolai 1943). Inizia le prime esperienze artistiche sotto la guida dello zio, Carmelo Floris, e di Stanis Dessy. Nel 1962 si diploma all’Istituto d’Arte di Sassari. Insegna per alcuni anni in Barbagia e ` di a Oristano, dove esercita l’attivita pittore in sodalizio con Carlo Contini e Antonio Corriga. Nel 1968 espone ` Pirino’’ di con Carlo Contini al ‘‘Caffe Sassari. Dopo una breve parentesi americana, nel 1971 tiene una rappresentativa personale alla ‘‘Sisti Gallerie’’ di Buffalo (New York). Nel 1973 espone alla Galleria ‘‘Padova 10’’ di Padova. Soggiorna per alcuni anni a Firenze e acquisisce, all’Accademia di Belle Arti, l’abilitazione all’insegnamento di decorazione pittorica negli Istituti artistici. Si trasferisce poi a Cagliari e lavora con Giorgio Princivalle. Nel 1983 lascia l’insegnamento e si dedica completamente alla pittura. Al suo attivo ha trenta personali e un centinaio di collettive in Italia e all’estero. Ha esposto ripetutamente a Ro ma, Varese, Sassari, Bologna, Nuoro, Oristano, Cagliari, Sondrio, Montecarlo, Barcellona, Buffalo, New York, Padova, Firenze, Montecatini Terme, Verona.

Bussu, Salvatore Sacerdote e scrittore (n. Ollolai 1928). Divenuto sacer` laureato in Teologia e in Giudote, si e risprudenza e ha operato a lungo nella ` diocesi di Nuoro, dove attualmente e ` stato cappellano del ‘‘sucanonico. E percarcere’’ di Badde Carros e cancelliere della Curia per alcuni anni. Giornalista dal 1970, ha diretto per molti anni il settimanale della diocesi, ‘‘L’Ortobene’’. Attento ai problemi ` attuale, e ` autore di aldella societa cuni volumi di denuncia sociale e di forte richiamo etico politico, come Il miracolo; Inquieti per Cristo; Un prete e i terroristi, 1988; Il ventre della balena bianca, 1993; La scuola e la Costituzione, 1995; Facciamo credito alla speranza. La Chiesa sarda e le sfide del 2000, 1998.

Bustico, Guido Scrittore (Pavia 1876Torino 1942). Dopo la laurea in Lettere ` all’insegnamento fino al si dedico 1907, quando divenne bibliotecario. Negli anni successivi diresse alcune ` prestigiose biblioteche in diverse citta d’Italia, dedicandosi a ricerche stori` dallo che, che non lo distrassero pero ` studio della pedagogia a cui continuo ` legato alla a dedicarsi. Il suo nome e scoperta di un manoscritto di Raffaele Cadorna sulla Sardegna, Raffaele Cadorna in Sardegna, ‘‘Regione’’, II, 1925.

Buttariga (o bottarga) Uova di tonno, ma preferibilmente di muggine (pisc’e Ori` un piatto stanis), salate ed essiccate. E di antichissima tradizione, la cui ‘‘inven` al pezione’’ risale con ogni probabilita riodo fenicio-punico, preparato dai pe` sviluppata la scatori nelle zone in cui e pesca palustre o di peschiera (come nell’Oristanese). Le uova vengono pulite, sa´ si disidratino e late e compresse perche poi essiccate; raggiungono la stagionatura ideale dopo un anno, quando hanno acquistato il colore marrone scuro. Al-

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Butule lora possono essere mangiate tagliate a fettine bagnate con qualche goccia d’olio, oppure grattugiate per essere usate come aromatico condimento della pasta.

Buttariga – L’essicazione delle grandi uova di tonno a Carloforte: serviranno a produrre la buttariga, un delizioso alimento (l’altra specie e` prodotta dalle uova di muggine).

Butule Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Montacuto. Sorgeva nel territorio di Ozieri. Probabilmente dovette il suo svi` di luppo alla presenza di una comunita monaci Vittorini. Estinta la dinastia dei giudici di Torres, il villaggio fu lungamente conteso tra i Doria, gli Arborea e i giudici di Gallura; alla fine del secolo XIII fu occupato dalle truppe arborensi che sembrava dovessero arrivare a controllare l’intero Montacuto. Poco dopo ` i Doria, sfruttando abilmente il bipero sogno che Giacomo II d’Aragona aveva di alleati per affrontare l’imminente conquista della Sardegna, capovolsero la situazione e nel 1308 ne ottennero l’investitura. Gli Arborea, anche loro alleati del re, presero atto della nuova situazione ma non rinunciarono alle proprie rivendicazioni, per cui quando nel 1325 i Doria si ribellarono contro gli Aragonesi, il villaggio fu nuovamente occupato dalle truppe del giudice d’Arborea e for-

malmente annesso al Regnum Sardiniae. Da quel momento l’esercito giudicale e quello dei Doria si combatterono aspramente per il controllo del territorio e nel 1339 B. fu compreso nei territori che il re d’Aragona concesse in feudo a Giovanni d’Arborea. Mariano IV, quando divenne giudice, pretese che il fratello gli prestasse l’obbedienza feudale che Giovanni, avendo ottenuto il feudo dal re, `; per questo Mariano lo fece argli rifiuto restare. Negli anni che seguirono, scoppiata la guerra tra Mariano IVe Pietro IV, il villaggio subı` continue devastazioni ` spopolandosi. Terminata per cui ando ` a far parte del la guerra, nel 1420 torno Regnum Sardiniae e nel 1421 fu compreso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles. Il rapporto dei suoi abitanti con i feudatari aragonesi non fu felice: irritati per le continue angherie, essi nel 1458 presero parte alla grande ` fu ribellione del Montacuto, che pero soffocata con l’intervento diretto del vi´. Nei decenni successivi l’autonocere mia di B. fu limitata e il villaggio venne governato da un funzionario feudale che risiedeva a Ozieri. Nel 1569 i Centelles si estinsero. Dopo una lunga lite, nel 1591 il ` ai Borgia; i nuovi feudavillaggio passo ` , si mostrarono particolartari, pero mente fiscali, caricando i vassalli di gravosi tributi e facendo amministrare il villaggio da persone senza scrupoli. Anche per questo nel corso del secolo XVII gli abitanti di B. cominciarono a fuggire, preferendo trasferirsi a Ozieri. Entro il 1680 il villaggio era spopolato. Negli ` riprendersi ma anni successivi sembro fu una cosa temporanea: infatti, pressati dalla malaria e dall’inaridimento del territorio, entro il 1768 gli abitanti di B. si trasferirono definitivamente a Ozieri e a Ittireddu.

Butzano Famiglia catalana (sec. XIV). Con un Antonio si stabilı` in Sardegna al seguito di Pietro IV nel 1354. Nel

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Buzzi ` della signo1357 ebbe in feudo la meta ria di Gesico nella curatoria di Siurgus ` perse quando nel 1363 scopche pero ` la seconda guerra tra il re e Mapio riano IV. Morı` pochi anni dopo trasmettendo i suoi diritti all’unica figlia Isabella sposata con Antonio Pujalt.

` con Filippo Tommaso Marismo, fondo ` con netti la rivista ‘‘Poesia’’; si dedico successo anche al giornalismo e fu corrispondente brillante per diverse testate. Sulla Sardegna ha scritto il reportage Glorie dell’Asinara, pubblicato su ‘‘L’Unione sarda’’ nel 1929.

Buzzanca, Paolo Insegnante, consigliere regionale (n. 1947). Conseguita ` dedicato all’inla laurea in Lettere si e segnamento e, trasferitosi in Sarde` al digna, ha preso parte con vivacita battito politico. Di idee radicali, nel ` stato eletto consigliere regio1979 e nale per il Partito Radicale sardo nel collegio di Cagliari per l’VIII legisla` riconfertura, ma in seguito non piu mato. Di recente, uscito dalla scuola, ha fondato la casa editrice Doramarkus, che ha operato prima a Palermo e poi a Sassari.

Buzzi, Paolo Scrittore (Milano 1874-ivi 1956). Esponente di spicco del futuri-

Paolo Buzzi – Lo scrittore milanese (quinto da sinsitra) insieme ad altri artisti futuristi: Decio Cinti, Luigi Russolo, Armando Mazza, Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni (1913).

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C Cabella, Cesare Avvocato, uomo politico (Genova 1807-ivi 1888). Deputato al Parlamento, senatore del Regno. Acceso mazziniano, dopo i moti del 1831 ` e nel dovette fuggire dalla sua citta ` in Sicilia. Tornato in patria 1833 emigro nel 1848, fu eletto ininterrottamente deputato fino al 1865. Noto per la sua abi` di avvocato, nel 1856 divenne prolita fessore universitario di Diritto civile e nel 1870 fu nominato senatore. Intervenendo in una causa che riguardava la ` a Genova, nel 1956, Sardegna, pubblico un Ragionamento del duca di Vallombrosa contro il duca di Pasqua sulla tonnara delle isole di Asinara e Piana.

Cabestany Fort, Joan F. Storico catalano (n. sec. XX). Fece parte della So` catalana di studi storici e per cieta anni fu direttore del Museo di Storia di Barcellona. Autore di numerose pubbli` interessato cazioni, in particolare si e dei rapporti commerciali tra Cagliari e ` economica dels la Catalogna: Situacio Catalans a Caller en 1328, in Atti del VI Congresso di storia della Corona d’Aragona, 1959; I mercanti catalani e la Sardegna, in I Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi), 1984.

Cabiddu, Antonio Giornalista (prima ` sec. XX-1943). Corrispondente de meta ‘‘L’Unione sarda’’, era una promessa del giornalismo sardo, in cui si era

messo in luce tra il 1940 e il 1942 negli ultimi anni della direzione dei Raffaele Contu, ma morı` in guerra ancor giov a n e . Tr a i s u o i s c r i t t i , t u t t i s u ‘‘L’Unione sarda’’: I nuraghi, 1940; Incanto in Barbagia, 1941; Fedeli di Ortueri, 1941; Il castagno, 1941; Aspetti e leggende in Sardegna. Fra due case cantoniere, 1941; I primi abitanti della Sardegna e le loro influenze orientali, 1942; Ardara e la chiesa di Santa Maria del Regno, 1942; Sosta a Dolianova, 1942.

Cabiddu, Enrico Poeta (n. Iglesias 1929). Conseguita la laurea in Lettere si ` dedicato all’insegnamento nelle e ` stato per molti scuole secondarie. E anni preside del Liceo scientifico di ` animatore di iniziative culIglesias. E ` autore di saggi, racconti e turali ed e poesie. Tra i suoi scritti principali, che sono raccolte in versi o saggi letterari: In corsia, 1982; Gente di casa, versi, 1993; Antologia Tagoriana, s.d.; Gli esordi letterari di Luigi Piradello, s.d.; Racconti e poesie, s.d.

Cabiddu, Gino Giornalista (n. sec. XX). ` con Insegnante elementare, si dedico passione allo studio della storia e delle ` tradizioni dell’Ogliastra, dove lavoro per diversi anni, e della Trexenta, da cui traeva le origini. Tra i suoi scritti: San Bachisio, 1946; Vecchi approdi sul mare d’Ogliastra, ‘‘L’Unione sarda’’, ´ resto ` incompiuta la strada 1948; Perche

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Cabiddu dell’Ogliastra un secolo fa, ‘‘L’Unione sarda’’, 1949; Gli ogliastrini ebbero una costituzione ma pagarono 25 mila fiorini d’oro, ‘‘L’Unione sarda’’, 1950; Come sorsero le torri litoranee dell’Ogliastra, ‘‘L’Unione sarda’’, 1951; I difensori della torre di San Giovanni di Tertenia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1951; Ci fu un tempo in cui ad Orgosolo non esisteva un solo bandito o delinquente, ‘‘Il Giornale d’Ita` non e` lia’’, 1955; Un campanile che pero ` all’arresto dei capitani d’Od’oro porto gliastra, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1955; Sta ` di un rudere la riducendosi a poco piu gloriosa torre litoranea di S. Gimiliano di Tortolı`, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1955; Mandas, la perla della frumentaria Trexenta, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1956; Tortolı` fu per oltre un secolo sede degnissima dell’Episcopato d’Ogliastra, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1956; La crudele contessa di Quirra diede il nome al castello che ora va in rovina a San Michele, ‘‘L’Unione sarda’’, 1963; Il feudalesimo in Sardegna non riuscı` a imporre il diritto della prima notte, ‘‘Regione’’, V, 1965; Usi, costumi, riti, tradizioni popolari della Trexenta, 1966; Viaggi di vicere´ nell’isola. Sardegna 1770, ‘‘Tribuna della Sardegna’’, II, 1967; La bella di Sanluri, ‘‘L’Unione sarda’’, 1968; Un santo sardo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1969.

Cabiddu, Gonario Sacerdote e giornalista (Orune 1921-Sassari 1986). Divenuto sacerdote nel 1944, fu nominato reggente nel 1952 e parroco nel 1955, mantenendo la carica sino alla morte. Dal 1960 al 1978 fu direttore dell’‘‘Ortobene’’, il settimanale diocesano di Nuoro. Tra le sue opere: Lettere di una figlia scappata di casa, 1982.

Cabiddu, Myriam Studiosa di letteratura inglese (Nurri 1926-Cagliari 1989). Dopo aver conseguito la laurea si de` all’insegnamento universitario, didico venendo professore associato di In` di Cagliari. glese presso l’Universita

Tema preferito dei suoi studi furono i viaggiatori inglesi che visitarono la Sardegna a partire dal secolo XVII. Morı` prematuramente nel 1989. Tra i suoi scritti: Visita a Cagliari di Byron e dei suoi amici, ‘‘L’Unione sarda’’, 1966; I viaggiatori inglesi dell’800 in Sardegna, 1980; La Sardegna vista dagli inglesi (i viaggiatori dell’800), 1982; La Sardegna in appunti di viaggio di ufficiali inglesi tra XVIII e XIX secolo, ‘‘Annali della Fa` di Scienze politiche dell’Univercolta ` di Cagliari’’, VIII, 1983; I pellegrisita naggi di H.D. Lawrence, ‘‘Sea and Sardinia’’ e i due romanzi esotici, ‘‘Annali di Scienze politiche’’, 1984. Interessante una serie di articoli su Cagliari vista dagli inglesi: I primi dell’Ottocento, 1985; Agli inizi dell’Ottocento, 1986; William Henry Smith, 1987; John Warre Tyndale, 1988, tutti pubblicati sui numeri annuali dell’‘‘Almanacco di Cagliari’’.

Cabitza, Antonio Ortopedico e traumatologo (Gonnosfanadiga 1912-Cagliari 1988). Conseguita la laurea in Medicina ` col Delitala a a Padova, si specializzo ` alla carriera uniBologna e si dedico versitaria e alla ricerca. Tornato a Cagliari nel secondo dopoguerra, si impe` per la trasformazione dell’Ospegno dale Marino in un grande centro medico; conseguı` la libera docenza nel 1951. Divenuto professore ordinario nel 1953, assunse la direzione dell’Ospedale Marino facendone un centro prestigioso di studi di traumatologia. Uomo dai molteplici interessi culturali, fu autore di numerose opere specifiche di notevole livello scientifico e per anni diresse la rivista ‘‘Rassegna medica sarda’’. Fu anche autore di alcuni studi di storia della medicina in Sardegna e tra il 1935 e il 1938 diresse con V. Atzeni l’interessante rivista ‘‘Cadossene’’.

Cabitza, Giuliano Pseudonimo che il giornalista e politico Eliseo Spiga ha utilizzato nel 1968 per firmare Sarde-

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Cabizzosu gna. Rivolta contro la colonizzazione, un opuscolo feltrinelliano in cui affrontava i problemi della liberazione della Sardegna dalla dipendenza del sistema capitalistico occidentale.

Cabitza, Leonilde Rosina Religiosa (Gonnosfanadiga 1908-Rosone 1959). Attirata dalla vita spirituale, dopo essersi laureata in Lettere a Roma decise di ` un dedicarsi alla vita monastica. Fondo ordine di monache benedettine e si ri` nel monastero di Rosone, di cui ditiro `. venne badessa. Morı` in odor di santita

Cabizudo Famiglia di notai cagliaritani (secc. XVI-XVII). Le sue notizie risalgono al secolo XVI. Verso il 1550 con un Francesco acquistarono la signoria della scrivania della zecca di Cagliari e nel 1551 con un Antonio quella del contado del Goceano. Negli stessi anni alcuni membri della famiglia furono ripetutamente eletti consiglieri di Cagliari. Nel corso del secolo XVII le condizioni della famiglia si elevarono ulteriormente e nel 1646 i C. ottennero il cavalierato ereditario con un Gerolamo e con suo figlio Lucifero. I due furono ammessi allo Stamento militare nel 1653 durante il parlamento Lemos; successivamente la famiglia prese parte agli altri parlamenti, ma si estinse alla fine del Seicento.

Cabizzosu, Tonino Studioso di storia della Chiesa (n. Illorai 1950). Sacerdote, uomo di profonda cultura, laureato in Lettere, da anni corrispondente del` direttore l’‘‘Osservatore Romano’’, e del ‘‘Bollettino Ecclesiastico della Sardegna’’, organo ufficiale dell’episcopato sardo. Insegna Storia della Chiesa ` teologica di Cagliari ed e ` nella Facolta direttore dell’Archivio arcivescovile di ` autore di numerosi quella diocesi. E saggi sulla storia della Chiesa e della ` in Sardegna. Tra gli altri: religiosita Mons. Emanuele Virgilio, ‘‘L’Osserva` tore Romano’’, 1985; Chiesa e societa

nella Sardegna centro-settentrionale 1850-1900, 1986; Virgilio Angioni, una ` Chiesa per gli altri, 1995; Chiesa e societa in Sardegna (1870-1897). Appunti per ` a Ozieri una storia, 1987; Chiesa e societa fra Ottocento e Novecento, in Ozieri. Sto` (1836-1986), 1989; Misria di una citta sioni popolari dei Vincenziani in Sardegna dal 1900 al 1937, in Cattolici in Sardegna nel primo Novecento, 1989; Aspetti ` socio-religiosa sarda nell’odella realta ` pera di G.B. Manzella, in Chiesa e societa sarde tra due concili regionali 1924-1990, 1990; Padre Manzella nella storia sociale e religiosa della Sardegna, 1991; Istituti di vita consacrata sorti in Sardegna negli ultimi cento anni, in Vita e opere di Padre Evaristo Madeddu, 1991; Alcune linee di storia religiosa della chiesa di Sardegna, in Ricerca storica e chiesa locale in Italia. Risultati e prospettive, 1995; La pastora` di V.G. Berchialla arcivescovo di Calita gliari dal 1881 al 1892, in ‘‘Annali della ` Teologica della Sarpontificia Facolta degna’’, VI, Cagliari 1997; Azione socioreligiosa di Giovanni M. Bua nel primo Ottocento Sardo, ‘‘Orientamenti sociali sardi’’, 2, 1997; La Chiesa sarda nel primo Novecento, in Salvatore Vico nel contesto sociale e religioso del Novecento ` e santita ` sociale sardo, 1998; Spiritualita in Sardegna tra ’800 e ’900, in Studi storici in memoria di G. Sorgia, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIX, 1998; Contemplazione ed azione in Sardegna tra ’800 e ` . Scritti in onore di p. ’900, in Fede e liberta G. Martina, 1998; Ricerche socio-religiose sulla Chiesa Sarda tra ’800 e ’900, 1999; ` , in Salvatore da Horta, il santo e la citta Atti del Convegno di Studi nel 60º anniversario della canonizzazione di San Salvatore da Horta, 1999; Duecento anni al ` servizio del territorio (1803-2003), 2003 (e la storia della diocesi di Ozieri); Studi in onore del cardinale Mario Francesco Pompedda (a cura di), 2002; Inventario

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Caboni Quinque libri (con Elisabetta Marongiu e Carla Uras), 2003.

Caboni, Antioco Gentiluomo (sec. XVII). Fu uno dei primi protagonisti del movimento per il ripopolamento e la colonizzazione delle campagne. Nel 1659, infatti, ottenne in feudo i vasti territori spopolati di Zuradili con il compito di popolarli e di bonificarli. Lottando contro un ambiente ostile, con grandi sforzi riuscı` a dare nuovo impulso al villaggio di Marrubiu, ma morı` alcuni anni dopo senza lasciare eredi.

Caboni, Antonio 1 Pittore (Cagliari, ` sec. XIX-ivi 1865). Autodiprima meta ` al Marghinotti; tra il datta, si ispiro ` alle decorazioni 1826 e il 1829 lavoro del Palazzo regio a Cagliari; in seguito, ` con cresciuta la sua fama, si disputo l’Arui e altri pittori cagliaritani le scarse committenze che l’ambiente of` friva. Per avere maggiori possibilita ´ professionali nel 1840 seguı` il vicere Montiglio in Piemonte e si stabilı` a Casale Monferrato. Nella nuova sede eseguı` numerosi quadri, che si trovano ` e dei dintorni e nelle chiese della citta ` fama di buon pittore. Nel si guadagno ` a Cagliari, dove aprı` uno stu1842 torno dio. Consolidata la sua fama, eseguı` numerose tele di grandi proporzioni per alcune chiese, occupandosi anche del restauro della basilica di Santa Croce. Dipinse inoltre diversi paesaggi ed eseguı` alcuni affreschi nel Duomo di Cagliari, ora perduti.

Caboni, Antonio2 Avvocato (Cagliari ` impegnata 1836-ivi 1904). Personalita nel sociale, dopo la laurea in Legge conseguita nel 1856 si diede alla pratica forense ma contemporaneamente anche allo studio dei problemi della previdenza e dell’assistenza. Presidente di alcuni operosi enti di assistenza, fu ` volte consigliere comunale eletto piu di Cagliari e dal 1888 divenne assessore ` fino al 1889. Tra i suoi scritti, quelli piu

importanti riguardano appunto la sua ` di amministratore di enti di beattivita neficenza o la storia di questi istituti ` : Relazione sull’andanella sua citta mento e sull’amministrazione del regio ospizio Carlo Felice di Cagliari dalla sua origine al 1893, 1894; Le istituzioni di beneficenza di Cagliari nell’esposizione nazionale di Torino, 1898; Cenni storici delle istituzioni di previdenza, beneficenza, istruzione ed educazione della provincia di Cagliari, 1900.

Caboni, Giovanni Giurista (Cagliari 1783-ivi 1855). Fratello di Stanislao, con` per anni Digeseguita la laurea insegno ` di Cagliari. In sesto presso l’Universita ` in magistratura e vi perguito entro corse una brillante carriera, giungendo alla carica di giudice della Reale Udienza.

Caboni, Giuseppe Funzionario, uomo politico (n. Mogoro 1943). Conseguita la ` divenuto laurea in Giurisprudenza e funzionario del Consiglio regionale. Esperto di diritto regionale e studioso dei movimenti politici contemporanei, ` uno degli animatori dell’Istituto e Sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autonomia. Tra i suoi scritti: Storia come autobiografia: dal sardismo alle lotte sociali del secondo dopoguerra, in Lotte sociali, antifascismo e autonomia, 1982.

Caboni, Maria Fotografa (n. Cagliari, sec. XX). Diplomata al Liceo artistico di Cagliari, poi al Corso di Fotografia dell’Istituto Europeo di Design diretto ` laureata in Letda Peter Portner, si e tere con una tesi su Kandinsky. Perfeziona la sua ‘‘educazione alla visione’’ frequentando, per oltre dieci anni, lo studio della pittrice Rosanna Rossi e mettendo a punto un suo particolarissimo modo di ‘‘vedere le immagini’’ che, sia nelle opere pittoriche che nei ritratti fotografici, esprime con una

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Cabras ` accesa qua e la ` da semplice luminosita lampi improvvisi di colore.

Caboni, Stanislao Magistrato, letterato, deputato al Parlamento (Cagliari 1795-ivi 1880). Dopo la laurea in Legge ` di Cagliari entro ` presso l’Universita nella carriera giudiziaria, che percorse ` alti. Di vivace giungendo ai gradi piu ` la vita culturale di intelligenza, animo Cagliari e della Sardegna; nel 1827 ` ‘‘Il giornale di Cagliari’’, la prima fondo rivista comparsa in Sardegna, che uscı` ` col fino al 1829. Nel 1832 a Sassari fondo Marongiu Nurra l’Accademia Filologica; tornato a Cagliari fu nominato se` Agraria ed gretario della Reale Societa Economica fino al 1835. Eletto deputato ` degli ademprivi e nel 1848, si occupo propose la conversione dei beni eccle` il siastici; negli anni seguenti lascio Parlamento e tra il 1852 e il 1857 fu eletto consigliere divisionale nel colle` ancora in Parlagio di Iglesias. Torno mento dal 1857 al 1860 e dal 1861 al 1865. I suoi molteplici interessi non lo distolsero dalla carriera giudiziaria nella quale raggiunse il grado di primo presidente della Corte d’Appello di Milano. Morı` dopo essere tornato a Cagliari. Tra i suoi scritti principali molti sono dediche in versi o orazioni in occasione di particolari eventi della vita pubblica: Collocandosi la prima pietra migliare delle nuove vie della Sardegna da S.E. il marchese d’Yenne il 6 aprile 1822, Ode, 1822; Nel faustissimo giorno natalizio di S.R.M. Carlo Felice I di Savoia, 1823; Elogio accademico del senatore e consigliere Raimondo Garau detto nell’annua solenne apertura della Regia ` Agraria ed Economica di CaSocieta gliari, 1824; Elogio funebre nelle solenni esequie di S.M. Carlo Felice I di Savoia ordinate dal magistrato sopra gli studi, 1831; Festeggiandosi la faustissima na` scita di S.A.R. Umberto di Savoia la citta di Cagliari in segno di vera, leale, suddi-

tizia esaltazione offriva le seguenti epigrafi, 1844; L’agricoltura, 1826. Altri saggi, invece, sono legati alla sua atti` di promotore della cultura: Catechivita smo agrario per fanciulli di campagna, 1828; Ritratti poetico-storici d’illustri ` anche dei sardi moderni, 1833. Lascio manoscritti, conservati nella Biblioteca Universitaria di Cagliari: Elogio di ` , e Dissertaillustri sardi, collezione Orru zione sulla Sardegna e specie sul Sulcis.

Cabra Famiglia del giudicato di Torres (secc. XII-XV). Le sue notizie risalgono al secolo XII, quando alcuni personaggi di questo cognome, come Pietro, majore de scolca, e Guantino, majore de bulbare, vengono ripetutamente citati nei condaghes. Nei secoli successivi la famiglia ` una discreta posizione e si staconservo bilı` a Sassari. Nel 1439 ottenne il rico` con un Vanoscimento della generosita lentino, segretario di Sassari.

Cabras1 Comune della provincia di Ori` stano, compreso nella XVI Comunita montana, con 8701 abitanti (al 2004), posto a 9 m sul livello del mare, nella pianura del Campidano di Oristano sulla riva sinistra dello stagno omonimo. Regione storica: Campidano Maggiore. Archiocesi di Oristano. & TERRITORIO Il territorio comunale, dalla forma approssimativa di un triangolo isoscele con al centro il grande stagno che porta lo stesso nome, ha una superficie di 102,18 km2. Confina a nord con i comuni di Riola Sardo e Nurachi; a est con Oristano; a sud con la costa del golfo di Oristano e a ovest con una articolazione costiera di 30 km che comprende la penisola del Sinis e le isolette di Mal di Ventre e Catalano, interessanti dal punto di vista geologico e na` a est sono turalistico. Nella parte piu presenti coltivazioni di ortaggi, agrumi ` del suolo. Il e vigneti grazie alla fertilita paese si trova a 3 km dalla statale 292 Oristano-Cuglieri, su una strada che

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Cabras raggiunge la frazione di San Giovanni di Sinis e i resti dell’antica Tharros. Del comune fa parte anche l’altra frazione di Solanas.

Cabras – Stagno di Cabras.

` abitato fin STORIA In un territorio gia ` nuragica, nella penisola del Sidall’eta ` fenicio-punica di Tharnis sorse la citta ` romana, che ros, fiorente anche in eta decadde nell’Alto Medioevo a causa dei continui attacchi dei pirati saraceni. In questo periodo il territorio si ` completamente anche se dispopolo feso da alcune fortificazioni. Quando nel secolo XI Tharros fu definitivamente abbandonata in favore della nascente Oristano, l’attuale centro si svi` sotto la protezione del castello di luppo cui si notano i resti accanto alla chiesa parrocchiale. Inserito nella curatoria del Campidano Maggiore, ebbe una certa importanza nel corso dei secoli ´ la famiglia giusuccessivi anche perche dicale di Arborea risiedeva spesso nel castello che nel frattempo era stato potenziato. Caduto il giudicato, nel 1410 C. fu incluso nel nucleo originario del marchesato d’Oristano; nei decenni successivi il territorio fu ancora sottoposto a frequenti incursioni di corsari &

nordafricani che ne compromisero l’economia basata sulla pesca. Quando il marchesato fu confiscato a Leonardo Alagon, dal 1479 il villaggio prese a essere amministrato direttamente dal re e nel 1514 ottenne il privilegio di un’esenzione decennale dal pagamento dei tributi feudali per porre gli abitanti nella condizione di trovare i fondi necessari alla difesa del territorio dai corsari. Nei secoli successivi il privilegio ` lunfu rinnovato anche per periodi piu ghi e gli abitanti provvidero alla difesa ` adeguata. Nel in maniera sempre piu corso del secolo XVII riprese a svilup` della pesca nello stagno parsi l’attivita grazie all’impegno di alcuni imprenditori che presero le peschiere in appalto. ` perdere i propri priNel 1712 C. sembro ` a far parte del feudo vilegi: infatti entro di Giovanni Antioco Atzori; gli abitanti insorsero e nel 1714 riuscirono a riscat` non erano fitarsi. Le tribolazioni pero nite: infatti nel 1767, con tutti gli altri villaggi del Campidano di Oristano, ` suo malgrado sotto un feudatario, torno Damiano Nurra (= Nurra3 ), che ne assunse le rendite col titolo di marchese d’Arcais. Da quel momento gli abitanti di C. tentarono di liberarsi dal vincolo feudale con ogni mezzo e il loro rapporto col feudatario fu duro e difficile, ´ nel 1796 giunsero a rifiutare il finche pagamento dei tributi feudali. Intanto il feudo nel 1806 fu ereditato dai Flores d’Arcais, ma riscattato nel 1838; subito dopo il paese fu incluso nella provincia di Oristano come capoluogo di manda` a far mento fino al 1859, quando entro parte della provincia di Cagliari. Come ` preziosa la testimonianza di sempre e Vittorio Angius: «Le case sono circa 910, e coi loro interstizi occupano pres´ tre quarti quadrati d’un miglio. soche Le stanze sono tutte al pian terreno, e le solite divisioni sono in una sala d’ingresso, che in uno od ambo i lati a destra

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Cabras ` cae sinistra danno adito ad una o piu mere: con addietro un cortile per i polli, per coltivarvi qualche erba ortense, e per la legna. Le linee in cui sono dispo` stato ste, il parallelismo che in alcune e osservato, il competente spazio che intercludono, portano certa apparenza di ` , e conciliano qualche belregolarita ` state lezza al totale. Non essendo pero ´ di ciottoli, ne ´ di lastre, nepcoperte ne pure dispostosi il suolo ad un conve` nelle piovose niente declivio, percio stagioni sono non poche contrade per la loia e mota mollissime, e in alcune rimane il brago fino a che un forte sole ` nelle vie le asciughi. Pari incomodi e per cui vi si avvenga da altronde. In generale godesi una salute prospera dove siasi felicemente trapassato lo spazio ` regge in molti della puerizia: la vitalita anche al settantesimo anno, e furono non rari gli esempi di vecchi centenari. Infrequenti e lievi storpiature nel popolo; invece ti si presenteranno belle proporzioni, vivace colorito, e nelle femmine tanta finezza di taglia, e sı` lieto lume di avvenenza, che le crederesti le bellissime donne dell’isola, se non ti soccorresse in altre regioni della medesima essere delle forme prestanti ` che con la importante aggiunta di cio ben si sente, e mal si significa con li vocaboli ‘‘bel sangue’’ e ‘‘spirito’’. La fama delle belle crabarisse salı` in maggior ´ visitando questi luoghi onore, poiche la Regina Maria Teresa d’Austria videne molte, che a di lei giudizio, la ` intendevasi, quale meglio d’altri di cio potevano in paragone contender della ` con le istesse giorgiane, e superiorita ` sorte delle altre quella, cui in con piu atto di ammirazione compiacque maggiormente onorare baciandola in fronte. Il numero delle famiglie, che fu preso nella recensione parrocchiale del 1834, era sulle 900, e in queste si comprendevano anime 3556. La solita

proporzione dei nati alla popolazione si calcola d’un venticinquesimo, quella dei morti ai nati di nove quattordicesimi. Nelle professioni meccaniche di ` si eserciteranno presprima necessita ´ 150 persone. Dopo i contadini, il soche ` dei pescatori. Imnumero maggiore e piegansi nella tessitura non meno di 850 telai sardeschi; ma alle enormi imperfezioni della macchina supplendo la diligenza del lavoro, oltre i panni da forese, sono fabbricate delle tele, coltri, e tutte specie di lingerie, che hanno qualche merito. Il superficiale frullamento delle terre, difetto comune degli arboresi, l’imperizia nelle operazioni sono sempre, e meglio che altro, cagione del ` optenue frutto che percevesi. Il suolo e portunissimo alle viti, onde vengono ` , e maturano i grapcon molta felicita ` poli prima, che altrove, onde ne’ piu anni s’anticipano nel giorno di s. Bartolomeo le allegrezze del Sanmartino; negli altri non si lascia andare la prima domenica di settembre. Tanta accelera` da cio `, che per la difettosiszione egli e sima manipolazione del mosto i vini sentendo il calore si esacerbano, e que` ancora si insto rinforzando ogni dı` piu ` troppo punforzano sino ad una acidita ` il consumo di questo gente. Grande e prodotto, e quando accada che se ne esponga in vendita di tal gusto che lusinghi, allora una moltitudine (e i pescatori sono sempre la massima parte dei concorrenti) questi tra motteggi, quelli tra discorsi con serio il tono vuotano in brev’ora una botte. I vini inaci` diti si passano sul fuoco, e la quantita ` ragguagliarsi ad una ottava del mopuo sto. Questo vigneto tiene una certa va` da cui sono quelle uve passe, che rieta si paragonano alle migliori del commer` numecio. Tra le specie fruttifere le piu rose sono i fichi, peri, susini, meli, gli ` , i mandorli, agrumi di molte varieta gelsi, sorbi, e le palme, che darebbero

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Cabras in somma non meno di 15 mila individui, non messi in calcolo gli ulivi. Queste piante tra grandi e piccole sommano esse a non meno di 40 mila, e quando sia una piena produzione e non offesa dalle meteore si viene a raccogliere dal torcolo circa 8 mila barili, di cui sono serviti i valligiani d’Arborea, e fino la stessa capitale. Possano questi agricoltori badare a quanto valgano i gelsi, e cosı` procurarsi un altro ramo di lucro, ` nella produzione sicuro, che non e piu ` una vasta resono gli ulivi. Il Sinis e gione chiusa da ostro a tramontana per lo mare, a levante dal gran lago. In sua maggior lunghezza potresti numerare miglia 13, nella maggior larghezza 5, nella sua superficie 32 quadrati incirca delle medesime. Distinguesi in due parti: la coltivata, dove insieme coi Crabarissi lavorano molti contadini di ` chi, Bara ` tili, Sola ` nas, s. Riola, Nura Vero Milis; l’incolta, che ingombrasi dai lentischi, corbezzoli, mirti, cistio, e ` una vera landa. Gli ardalle prunaie, e menti e greggie del comune pascono tra ´ manqueste macchie e nei prati, finche cando le sussistenze comandi l’emigrazione ad altre giurisdizioni. Le specie erano nel 1834 nei seguenti numeri. Pecore capi 7000, buoi 1500, vacche 1000, capre 450, porci 6000, cavalle rudi 1300, cavalli domiti 300, giumenti circa 800. ` dei formaggi non si hanno Della bonta certamente a dire molte parole di lode. ` men conosciuta delle altre. Quest’arte e Il selvaggiume comprendesi nelle specie dei daini, cinghiali, lepri e volpi. Nel canale in cui concorrono i rivi sono due peschiere, la principale tra la foce e lo stagno nominata di Pontis, e l’altra quasi sussidiaria alla foce, che appel` rdini. Intramendue danno un lasi Ma prodotto considerabile, e per ordinario le l.n. 60 mila. A destra di questo canale lungo la spiaggia per le due miglia stendesi con varia larghezza il lago di Mi-

` tenersi quasi un’appenstras. Esso puo dice dell’anzidescritto. Nella foce, per ` una terza pecui comunica col mare, e schiera». Dal 1928 C. ebbe come frazione il villaggio di Solanas, oggi co` a far parte della mune; nel 1974 torno provincia di Oristano, appena creata.

Cabras – Torre nei pressi dello stagno di Cabras. & ECONOMIA L’economia e ` basata soprattutto sulla pesca negli stagni che, ` praticata da tempo immemorabile, da luogo a una fiorente commercializzazione dei suoi prodotti. I pescatori, riuniti in cooperative, pescano soprattutto muggini e utilizzano ancora un’imbarcazione antichissima fatta di canne palustri, il fassoni (=). Altro importante ` di trasformafattore sono le attivita zione dei prodotti ittici e alcune altre ` manifatturiere. Prodotto tipico attivita ` la bottarga (uova di muggine salate ed e essiccate), che attualmente viene esportata anche nel continente. Discreta la viticoltura con la produzione della tradizionale Vernaccia (=), altro prodotto tipico di questa parte del Cam` artigiapidano. Artigianato. Le attivita nali di C. sono quelle comuni a tutti i grossi paesi, si va dai prodotti per l’edilizia a piccole imprese artigiane del le´ alle attivita ` legate alla cirgno nonche colazione degli autoveicoli: officine e ` molto ben colcarrozzerie. Servizi. C. e legato, attraverso la S.S. 292 sia al capo-

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Cabras luogo (da cui dista 7 km) che alla costa di Santa Caterina e a Cuglieri verso nord. Dispone di adeguati servizi sia sociali ´ di scuole dell’obche medici, nonche bligo sufficienti alla popolazione e di essenziali servizi bancari. Possiede la Biblioteca comunale, alcuni alberghi e numerose aziende agrituristiche.

elementare 3074; analfabeti 339; automezzi circolanti 3263; abbonamenti TV 2339.

Cabras – La peschiera di Mar’e Pontis `e organizzata intorno a un complicato sistema di paratie e corridoi che guidano i pesci verso la rete finale.

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO La posizione di C. rispetto al mare e allo stagno ha reso questa zona ricchissima di insediamenti umani a partire dalla preistoria. A documentare questi insediamenti esiste un Museo archeologico. Si tratta di un moderno edificio a due corpi progettato dall’architetto Magnani nel 1981: raccoglie i materiali degli scavi archeologici recenti effettuati nel territorio del Comune; i reperti sono esposti in una decina di sale il cui ` stato curato da Enrico allestimento e Acquaro e dal compianto Gianni Tore con la collaborazione di altri. Con gli ` divenuto anche centro anni il museo e culturale e tiene vivaci contatti con ` suddi` italiane e straniere. E Universita viso in due sezioni: la prima ricostruisce le fasi dell’insediamento umano nel ` altomeSinis dalla preistoria all’eta dioevale; la seconda contiene reperti archeologici prenuragici e fenicio-punici provenienti dagli scavi di Tharros e Cuccuru Is Arrius. Di particolare in` quest’ultima localita ` , posta teresse e sulla sponda meridionale dello stagno, ` stato individuato un villaggio ridove e &

Cabras – Peschiera di Mar’e Pontis. Gli stagni di Cabras erano cosı` ricchi di muggini che questo pesce era conosciuto in tutta la Sardegna come ‘‘pesce di Oristano’’.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 8938 unita di cui stranieri 4; maschi 4499; femmine 4439; famiglie 2865. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 67 e nati 55; cancellati dall’anagrafe 125; nuovi iscritti 109. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 107 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 13 214 in migliaia di lire; versamenti ICI 3447; aziende agricole 532; imprese commerciali 721; esercizi pubblici 63; esercizi all’ingrosso 7; esercizi al dettaglio 137; ambulanti 73. Tra gli indicatori sociali: occupati 2542; disoccupati 346; inoccupati 640; laureati 100; diplomati 697; con licenza media 2695; con licenza

&

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Cabras salente al periodo della cultura di Bonuighinu e in seguito utilizzato nel periodo della cultura di Ozieri. Gli scavi archeologici condotti nel sito hanno evidenziato resti di capanne e tombe ipogeiche singole scavate nell’arena` stato troria. In una di queste tombe e vato uno scheletro che stringeva nella mano una statuetta in pietra raffigu` femminile obesa; inrante una divinita teressanti sono anche alcuni reperti in ` stato trorame. Analogo insediamento e ` di Conca Illonis, vato nella localita sulla sponda occidentale dello stagno, che ha restituito anche materiali del Neolitico recente e un villaggio risalente alla cultura di Ozieri; altri siti risalenti al periodo prenuragico sono ` di Sa Pesada Manna e di nelle localita Serra ’e Siddu dove sono state indivi` duate alcune tombe. Il territorio di C. e ricco anche di nuraghi (31): Abba Chene Sole, Angios Corruda, Antioco Crobis, Boboe Cabitza, Barrisi, Cadaune, Cannevadosu, Combus, Conc’Ailloni, Crichidoneddu, Crichidoris, Figus de Cara, Giovanni Nieddu, Leporada, Margini Grutzu, Molas, Muras, Ollastu, Paegrevas, Piscina Rubia, S’Argara, Sa Carroccia, Sa Gora de Sa Scafa, Sa Ruda, Sa Tiria, Sirau Mannu, Su Archeddu, Su Procu, Su Noraxi, Suergiu, Zianeddu. ` il sito di Di particolare interesse e Monti Prama, complesso nuragico dell’ultimo periodo, costituito da un nuraghe polilobato, un tempio a pozzo, un villaggio e trenta tombe individuali di grande interesse. Le capanne sono circolari, costruite in conci di basalto e disposte attorno alla massa del nuraghe; a poca distanza si trovano i resti del pozzo sacro e delle tombe individuali. Queste sono del tipo a pozzetto conico e sono coperte da un lastrone di arenaria: contenevano le salme in posizione seduta con un ricco corredo funerario. L’area dove sono le tombe era ingombra di

cippi, betili, colonne capitellate e altre decorazioni monumentali che fanno pensare a una distruzione intenzionale del sito.

Cabras – La peschiera di Mar’e Pontis era ` in eta ` spagnola, quando veniva famosa gia ` ricche del considerata una delle piu Mediterraneo.

Recenti scavi nell’area hanno restituito alcune statue di grandi proporzioni rappresentanti guerrieri e alcuni bronzetti probabilmente del secolo VIII a.C. Le testimonianze risalenti al periodo fenicio-punico sono di particolare importanza, soprattutto i reperti della necropoli di Tharros (=) e l’area dove sor` punica. Molti i regeva la grande citta ` romana, in particolare i perti di eta ` complessi delle tombe in prossimita della chiesa paleocristiana di San Giovanni di Sinis scoperte nel 1842 dal re Carlo Alberto su indicazione di Alberto Lamarmora. Queste tombe resero un ` al Muricco corredo che in parte ando seo di Torino e in parte a quello di Ca-

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Cabras gliari. In seguito, sempre nei pressi della chiesa, furono individuate e scavate a opera di privati altre tombe romane di diverso tipo. Tra il 1851 e il 1874 ne furono tratti numerosi reperti che andarono ad arricchire le collezioni Chessa (oggi al Museo ‘‘Sanna’’ di Sassari), Gou ¨ in (al Museo di Cagliari) e Pischedda (al Museo di Oristano).

Cabras – La chiesa campestre di San Giovanni ` antica di Sinis conserva i ricordi della piu ` popolare dell’Oristanese. religiosita & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE L’assetto del centro urbano di C. conserva l’impianto delle ristrutturazioni che furono fatte nel Seicento attorno alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, costruita nel secolo XVII in stile barocco e dedicata alla patrona del villaggio. Accanto alla chiesa si trovano i pochi resti del castello di Casa di Regno (o Mar’e Pontis) fatto costruire dai giudici d’Arborea nel secolo X a difesa delle popolazioni che lasciavano la ormai poco sicura Thar-

ros. In seguito i giudici lo utilizzarono saltuariamente come residenza. In questo edificio, dopo il fallimento dell’invasione del giudicato di Cagliari da parte di Barisone I d’Arborea, il sovrano fu assediato dall’esercito dei giudici di Torres e di Cagliari nel 1164. Dopo la morte dell’infelice sovrano, quando il giudicato fu retto in condominio da Pietro I e da Ugone di Bas Serra, ` la residenza e vi quest’ultimo vi fisso tenne la corte; successivamente, quando la dinastia dei Bas Serra si atte` definitivamente, il castello cesso ` di sto essere residenza della corte ma nei secoli successivi fu saltuariamente luogo di soggiorno della famiglia giudicale. A partire dal secolo XV il castello comin` ad andare in rovina. Altro interescio ` la chiesa dello Spirito sante edificio e Santo costruita nel 1601 in forme tardogotiche; ha un’unica navata arricchita da un’abside semicircolare e scandita da archi che scaricano su delle paraste e da due cappelle laterali; la copertura ` con volta a botte. Al suo interno sono e conservati due altari del secolo XVII, un Cristo ligneo utilizzato durante i riti della Settimana santa e un pulpito in legno policromo del secolo XVIII. Il vasto territorio del Comune di C., oltre all’importante area archeologica di Tharros (=), conserva l’importante chiesa di San Giovanni di Sinis che sorge lungo la strada che porta alle rovine dell’antica ` . L’edificio era originariamente citta una chiesa bizantina con pianta a croce inscritta risalente ai secoli VI-VII e situata nel centro di Sinis di cui parla Giorgio Ciprio, secondo il quale avrebbe avuto funzioni di battistero. Alla fine del secolo XI l’edificio fu modificato e assunse le forme attuali con elementi marcatamente proto-romanici: i bracci trasversali e il corpo cupolato dell’edificio bizantino furono conservati, il braccio longitudinale orien-

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Cabras tale fu resecato e sostituito con l’abside, quello occidentale fu demolito e al suo posto sorse l’aula a tre navate con volta ` la chiesa di a botte. Molto interessante e San Salvatore che sorge nelle vicinanze del promontorio di San Marco e che conserva elementi romanici; dalla chiesa, attraverso una scala stretta coperta da una volta a botte, si accede all’ipogeo costituito da un ambiente circolare illuminato dall’alto da dove si passa ad altri due ambienti absidati e infine a un altro ambiente circolare. Il complesso fu utilizzato in tempi molto antichi e certamente in periodo paleocristiamo, come dimostrano le tracce di affreschi alle pareti. Situate a poca distanza l’una dall’altra, nelle vicinanze di Tharros si trovano la torre Vecchia di capo San Marco e la torre di San Giovanni di Sinis che furono costruite tra il 1578 e il 1580. Quella di San Giovanni ` la piu ` antica: si tratta di una di Sinis e costruzione imponente alta 14 m, con un diametro di pari misura, all’epoca potentemente armata con artiglierie. Sorge su un promontorio e domina la vicina chiesa di San Giovanni e le ro`. Gode di un panorama vine della citta splendido. La seconda, posta a guardia dell’istmo di capo San Marco, fu costruita nel 1580 per sorvegliare il tratto di costa fino alla punta Maimoni. Si tratta di una costruzione piccola, alta ` di 7 m, con un diametro della poco piu ` di stessa misura. Nel Settecento cesso avere importanza militare e fu abban` defidonata. Un monumento che puo ` molto interesnirsi minore, ma che e ` uno dei tanti portali delle prosante, e ` del passato: si tratta del portale prieta detto di donna Annetta. Si trova lungo la strada che da Cabras conduce a Sola` sopraelevato russa, in un tratto che e rispetto all’antico tracciato. Il portale, ` costruito tutto veramente imponente, e in conci di arenaria: ha la facciata

esterna ricca ed elaborata come quella ` ridi una chiesa; il passaggio centrale e finito con una cornice a sbalzo e ha al fianco due lunghe colonne con tanto di plinti alla base e di capitelli al termine superiore; gli angoli esterni sono segnati da paraste che si raccordano nella ` modaparte alta con una cornice a piu nature che divide in due il prospetto nel senso orizzontale; nella parte alta, che termina con un duplice spiovente come un’abitazione, si aprono tre finestre rifinite coronate da un piccolo arco. Sono ` originale queste che rivelano il dato piu del monumento: non si tratta, come di consueto in questi casi, di un semplice prospetto ma di un edificio che comprende ambienti interni. Basta spostarsi sul lato posteriore per trovare una porta che si apre a lato dell’ingresso ad arco; all’interno una cameretta con al centro una scala a chiocciola che conduce al piano superiore: qui un lungo vano rettangolare ha da un lato una parete buia, dall’altro le tre finestre dalle quali gli incaricati di donna Annetta potevano controllare l’arrivo di forestieri, ospiti, estranei. Il territorio di C., oltre a essere ricco di archeologia e di monumenti, offre anche, a parte lo stagno, vere e proprie oasi naturali. Nei pressi di San Giovanni di Sinis, infatti, una stradina che parte dal bivio per Funtana Meiga porta a una pista naturale, facilmente percorribile, che raggiunge subito il litorale esterno della penisola. Si procede quasi sulla riva e dopo 3 km si giunge ` il alla torre detta Turr’e Seu che da nome anche alla zona. Dopo un tratto di rocce calcaree e depositi alluvionali, un cartello indica l’inizio all’area pro` una distesa di mactetta. Tutt’intorno e chia mediterranea dalla conformazione detta ‘‘a pulvino’’. Alcuni cartelli indicano i nomi delle specie presenti: lo smilace e il caprifoglio, l’olivastro e

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Cabras la fillirea e soprattutto la palma nana. Altre indicazioni riguardano gli animali, lepri, volpi e donnole e i numerosi insetti e volatili. Vicino si trovano la torre, dalla quale si gode una vista bellissima, e un edificio che nella buona stagione viene adibito a Centro visite. Da qui partono dei sentieri che portano a un bosco di pini di Aleppo e a una zona di dune sabbiose, anche questa con un ` lo particolare tipo di vegetazione. Ma e stagno di Mar’e Pontis a rivestire una grande importanza dal punto di vista ` naturalistico oltre che da quello, piu ` un’ampia noto, economico e storico. E ` di 20 distesa palustre estesa per piu km2 a ovest dell’attuale abitato e collegata al mare con un sistema di canali. Lungo le sue coste si trovano tracce archeologiche di grande importanza (Cuccuru S’Arriu) che dimostrano la frequentazione continuativa dell’uomo a partire dal Neolitico. Nel Medioevo i giudici di Arborea vi impiantarono un sistema di peschiere di grande rilievo nel quale oltre al pesce (muggini), si producevano le uova di pesce salate (bottarga) che fin da allora ebbero grande rinomanza. Nel corso dei secoli la peschiera rimase in possesso dei giudici e, dopo la caduta del giudicato, en` nella concessione del feudo di Oritro stano fatta a Leonardo Cubello. Dopo la confisca del feudo, dal 1479 lo stagno e la peschiera presero a essere amministrati da funzionari reali e sfruttati dagli abitanti di C. gelosi custodi dei loro privilegi. Nel 1651 la Corona, trovan` finanziarie, cedette lo dosi in difficolta stagno (unitamente a quello di Santa Giusta) ai Vivaldi Pasqua (=) in piena ` ; la concessione pose gli abiproprieta tanti in una difficile situazione. Dopo circa un secolo i Vivaldi Pasqua, per far fronte ai loro debiti, cedettero in amministrazione la peschiera al ricco mercante di C. Damiano Nurra (=

`. Nurra3 ) il quale nel 1750 l’acquisto Dai Nurra lo stagno e la peschiera passarono ai Flores e nel 1853 furono acquistati dai Carta di Oristano. Inutil` mente nel periodo successivo si cerco di liberare il complesso dal vincolo padronale e di restituirlo al demanio; i proprietari nel periodo successivo organizzarono la produzione e il controllo ` della peschiera escludendelle attivita done totalmente gli abitanti del villaggio. Questi avevano come unica possibi` quella di lavorare alle dipendenze lita del personale della peschiera in una condizione di subordinazione feudale; ` e piu ` volte venla situazione li esaspero `. nero ai ferri corti con la proprieta Dopo il 1922 con l’iscrizione dello stagno nel registro delle acque pubbliche ` possibile sbloccare la situasembro zione, ma gli eredi dei Carta resistettero e con una lunga vertenza giudiziaria nel 1956 riuscirono addirittura a ottenerne la cancellazione dal registro. ` ulteLa vicenda in seguito si esaspero riormente e si concluse solo nel 1982 con la cessione dello stagno alla Regione Sardegna. Altro importante sito ` la spiaggia di Is di suggestiva bellezza e ` bella tra le numeAruttas, forse la piu rose presenti in questo territorio. ` Lunga qualche centinaio di metri, e ´ costituita unica nel suo genere perche da sabbia di quarzo a granuli perfetta` mente tondeggianti. Recentemente e stata dichiarata area di rilevante interesse naturalistico e quindi da proteggere. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Tipico segno delle antiche tradizioni del centro sono la barca (su fassoni), con la quale fino a non molto tempo fa i pescatori convivevano, e l’abbiglia` la mento tradizionale. Su fassoni e barca della quale i pescatori si servivano e che oggi viene usata per le regate durante la festa patronale e per

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Cabras scopi turistici; di origini molto anti` interamente costruita in fieno che, e palustre e giunco: ha il fondo piatto e la prua stretta e rivolta verso l’alto. ` lunga circa 4 Nella misura standard e m e larga 90 cm. Attualmente nella pe` stata sostituita da imbarcazioni sca e di legno anche se rimane il mezzo ideale per la pesca nello stagno, come dimostrano imbarcazioni simili usate nei laghi d’altura dell’America Latina.

Cabras – Costume tradizionale. Le donne di ` Cabras, le ‘‘cabrarisse’’, erano famose gia nell’Ottocento per la loro bellezza.

Un tempo i pescatori di C. usavano le erbe palustri anche per costruire presso gli approdi delle capanne, non circolari come quelle che si vedono nelle zone interne, ma quadrate o rettangolari, con la copertura a due acque e di notevoli dimensioni. Per vederne qualche esemplare bisogna spingersi verso Capo San Marco, presso la chiesa paleocristiana di San Giovanni e le rovine di Tharros. Qualche tempo fa si

erano moltiplicate ma gli amministratori, quando si sono resi conto che venivano usate come seconde case per il mare, ne hanno deciso la demolizione; le poche rimaste appartengono veramente a pescatori. Nel passato gli abitanti di C. erano normalmente scalzi durante il lavoro e avevano un abbigliamento molto semplice. Oggi partecipano cosı` alle sfilate e alle manifestazioni folcloristiche. L’abbigliamento femminile era costituito da una camicia (sa camisa) con il giro collo e la pettina ricamati; dalla gonna in cotonina di qualsiasi colore; da un busto (s’imbustu) di raso (nei giorni festivi di broccato d’oro) attillato e corto, allacciato sotto il seno; da un grembiule dello stesso tessuto della gonna per i giorni feriali e di rasatello nero per i giorni di festa; da un fazzoletto di cotone sul capo. L’abbigliamento era completato da una giacca (su gipponi) di velluto o di raso che veniva indossata d’inverno. L’abbigliamento maschile (rosso per i pescatori e nero per i contadini) era costituito da una camicia bianca a collo basso e manica ampia e calzoni di tela bianca lunghi fino al ginocchio; sulla camicia venivano indossati un gilet (su cropettu) in orbace nero o rosso, e una giacca (sa este ’e pannu) degli stessi colori; sui pantaloni andava un gonnellino (is crazzonis de arroda) degli stessi colori. Meritano di es` sere ricordate le due feste popolari piu antiche e caratteristiche. Una si svolge il 24 maggio in onore dell’Assunta. La cerimonia solenne viene anticipata, nel settembre dell’anno precedente, da una questua effettuata da Sa cricca maggiori, una confraternita di giovani in costume con un carro trainato da buoi, su cui viene sistemata una barca ` addobbata riccamente. Lo scopo e quello di raccogliere le offerte necessarie all’organizzazione della festa. Nell’occasione della festa vera e propria si

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Cabras svolge la sagra del muggine, straordinario momento per promuovere la conoscenza del prelibato prodotto dello stagno. In particolare la sagra offre l’occasione di gustare la bottariga e la merca ` degli addetti al (=), frutto dell’abilita lavoro nelle peschiere.

Cabras – La ‘‘corsa degli scalzi’’ dall’abitato di Cabras al santuario di San Salvatore ` originali di Sinis e` una delle manifestazioni piu del folclore religioso sardo.

Infine va ricordato il grande evento che annualmente caratterizza la prima domenica di settembre quando si svolge la tradizionale festa di San Salvatore, legata ai fatti che videro protagonisti gli abitanti del centro nei secoli passati, quando fu affidata loro la difesa del territorio dalle frequenti incursioni dei corsari barbareschi. La sagra viene fatta risalire al 1619, ma la tradizione ` antica. Il popolare la vuole ancora piu simulacro del santo viene prelevato nove giorni prima dalla parrocchia e trasportato a piedi dalle donne in costume fino alla chiesa di Santa Maria. Dopo il novenario la statua torna in parrocchia accompagnata da centinaia di giovani a piedi nudi e vestiti di bianco che procedono in una corsa sfrenata lungo i circa 5 km del percorso, portando la statua su una lettiga. Questo rito ogni anno ricorda il salvataggio del simulacro ligneo del Santo Salvatore, minacciato dalle mani sacrileghe de is

morus incalzanti dal mare. Il tragitto va dalla pieve di Santa Maria di Cabras al tempio ipogeico dedicato a San Salva` una strada sterrata sulla quale tore ed e i piedi nudi di questa moltitudine di giovani provocano un cupo rimbombo.

Cabras2 Famiglia di Tempio Pausania (secc. XVIII-XIX). Le sue notizie risalgono agli inizi del secolo XVIII; era in possesso di un notevole patrimonio fondiario e nel corso del secolo alcuni suoi membri ricoprirono uffici pubblici, altri presero a esercitare professioni liberali. Nel 1793 Tomaso, noto avvocato tempiese, si distinse nell’organizzazione della difesa delle coste galluresi dai francesi sbarcati nell’arcipelago della Maddalena e nel 1796, come ricompensa, ebbe il cavalierato eredita`. I suoi discendenti ottenrio e la nobilta nero il titolo di conte di San Felice e si trasferirono a Roma, dove si estinsero alla fine del secolo XIX.

Cabras, Antonello Ingegnere, uomo politico (n. Sant’Antioco 1949). Consigliere regionale, presidente della Regione, deputato al Parlamento. Laureato in Ingegneria, militante nel PSI `, e ` stato eletto molte fin dalla gioventu volte consigliere comunale della sua ` natale e dal 1984 sindaco. Nel 1987 citta ` divenuto consigliere regionale nel e corso della IX legislatura, subentrando a Franco Rais, dimessosi per candidarsi ` dial Parlamento; nel settembre 1989 e venuto assessore alla Programmazione nella prima giunta di Mario Floris al ` subentrato quale, nel dicembre 1991, e come presidente. Dimessosi dal Consiglio regionale nell’ottobre 1992 in conseguenza della legge che sanciva l’in` tra consigliere regionale compatibilita ` stato riconfermato e ha e assessore, e governato fino a giugno 1994. Nello stesso periodo, allo scioglimento del ` stato tra i protagonisti suo partito, e della costituzione della Federazione

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Democratica e della sua unificazione con il PDS. Nel 1994, pur non essendo ` consigliere regionale, ha guidato piu una giunta (‘‘il Governissimo’’), basata su un’amplissima maggioranza e costi` tuita da assessori esterni al Consiglio. E stato eletto senatore per la XIII legisla` stato sottotura, nel corso della quale e segretario al Commercio estero nel go` stato verno Prodi, tra il 1996 e il 1998; e riconfermato sottosegretario anche nel ` stato eletto depugoverno d’Alema. E tato per la XIV legislatura e senatore per la XV.

tudini politiche del suo tempo: dopo il 1792 fece parte di numerose delegazioni stamentarie e nel 1795 fu incaricato dagli Stamenti di stendere il Manifesto giustificativo dei moti del 1794. Dopo il triennio rivoluzionario fu nominato canonico della cattedrale e protonotaro apostolico e accolse i Savoia al loro arrivo in Sardegna. In seguito si de` esclusivamente agli studi: si ocdico ` in particolare di oratoria sacra e cupo raccolse un’imponente biblioteca che aprı` ai giovani. Morı` durante l’epidemia di vaiolo. Il suo scritto principale resta proprio il Manifesto giustificativo della emozione popolare accaduta a Cagliari il 28 aprile 1794, impresso a Cagliari dalla Stamperia Reale nel 1795. Ha lasciato anche due volumi di Panegirici e discorsi sacri stampati a Cagliari da Timon nel 1833.

Cabras, Antonio2 Medico, studioso di storia (Tuili, fine sec. XIX-Cagliari ` in Medicina a Cagliari 1965). Si laureo ` per molti anni la profesed esercito sione nel suo paese natale, circondato da stima profonda. Per pura passione si ` alla ricerca storica pubblicando dedico alcuni pregevoli lavori. Tra i suoi scritti: La data di nascita di Vincenzo Sulis, ‘‘Studi sardi’’, VII, 1-3, 1947; La famiglia Cabras, 1949; Note sull’antica famiglia Gessa, ‘‘Studi sardi’’, IX, 1950; Il feudo di Tuili, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIV, 1954; Il visconte di Flumini e gli avvenimenti sardi dal 1793 al 1812, 1960.

Antonello Cabras – Presidente della Regione ` volte sarda negli anni Novanta, e` stato piu sottosegretario di Stato.

Cabras, Antonio1 Giureconsulto (Ca-

Cabras, Cesare Pittore (Monserrato

gliari 1761-ivi 1816). Figlio di Vincenzo, ` in Diritto nel 1779, e sotto la si laureo ` a esercitare guida del padre comincio la professione di avvocato e a insegnare scienze legali nel Collegio reale di Cagliari. In seguito a una crisi spirituale ` in Seminario e nel 1790 fu ordientro ` nei suoi studi nato sacerdote; continuo e nel suo impegno culturale. Uomo di ` le inquiegrande equilibrio, interpreto

1886-Cagliari 1968). Compiuti gli studi ` la sua formazione a Cagliari completo nell’Accademia inglese di Roma, dove per tre anni fu allievo di Giuseppe Conci e di Pietro Gaudenti. Dopo aver tentato di inserirsi negli ambienti artistici romani ed essere passato attra` in Sardeverso molte peripezie, torno gna stabilendosi a Cagliari. Da quel mo` gramento aprı` uno studio e acquisto

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Cabras `; tra il 1920 e il 1940 dualmente notorieta prese parte a molte mostre in Italia e all’estero e ottenne numerosi riconoscimenti; nel 1932 fu premiato alla Biennale di Venezia.

Cabras, Giuseppina Archeologa (n. sec. XX). Dopo aver conseguito la lau` specializzata in Arrea in Lettere, si e cheologia e ha preso parte a numerosi scavi, specialmente in Ogliastra. Tra i suoi scritti, quattro schede: Cardedu. ` Sa Perda ’e s’Obia; Ogliastra. Localita Bari Sardo; Ogliastra. Ilbono; Ogliastra. Loceri, tutte in I reperti: ricognizione archeologica, in Ogliastra, Barbagia, Sarci` . S’Ortali ’e dano, 1990; Tortolı`. Localita su Monte. Il complesso nuragico, ‘‘Bollettino di Archeologia’’, 13-15, 1995.

Cabras, Mauro Architetto (Cagliari 1913-ivi 1973). Dopo essersi laureato in ` all’insegnamento Ingegneria si dedico universitario e agli studi di storia dell’architettura. Divenne professore di Architettura tecnica presso l’Univer` di Cagliari e fu autore di molti studi sita interessanti e di numerosi progetti di restauro. Morı` purtroppo nella piena ` nel 1973. Tra i suoi scritti: San maturita Michele di Stampace, ‘‘Cagliari economica’’, IX, 9, 1957; La chiesa di Santa Barbara di Capoterra in Sardegna, 1958; Un altare del Viana nel Duomo di Cagliari, ‘‘Atti e Rassegna tecnica della ` Ingegneri e Architetti di ToSocieta rino’’, XVII, 7, 1963; Varin de la Marche, ingegnere sabaudo in Sardegna, ‘‘Atti e ` IngeRassegna tecnica della Societa gneri e Architetti di Torino’’, XVIII, 1964; Gli oratori del S. Cristo e delle anime nel quartiere di Villanova a Cagliari, ‘‘Bollettino tecnico del circolo culturale Ingegneri e Architetti sardi’’, XVII, 1966; Le opere di De Vincenti e dei primi ingegneri militari piemontesi in Sardegna nel periodo 1720-1745, in Atti del XIII Congresso internazionale di storia dell’Architettura, Roma, I, 1966.

Cabras, Paolo Avvocato, consigliere regionale (Urzulei 1919-Lanusei 2001). ` Profondo conoscitore della realta sarda, dopo aver conseguito la laurea ` con sucin Giurisprudenza esercito cesso la professione di avvocato e si im` nella vita politica. Uomo di sinipegno stra, si iscrisse al PCI e fu per anni consigliere comunale a Lanusei; nel 1965 fu eletto consigliere regionale del suo partito nel collegio di Nuoro per la V legislatura, in seguito riconfermato per la VI (1969-1974). Morı` dopo essersi ritirato a vita privata.

Cabras, Vincenzo Giureconsulto (Tonara 1732-Cagliari 1809). Giovanissimo si stabilı` a Cagliari dove, terminati gli studi, intraprese la professione di avvocato con grande successo. Sostenuto dai figli e dal genero, Efisio Pintor Sirigu, e dal discepolo Vincenzo Sulis, fu uno dei protagonisti della difesa di Cagliari dall’attacco dei francesi nel 1793. Subito ` dello Stadopo prese parte all’attivita mento reale, divenendo uno dei sostenitori delle richieste di riforma avanzate al sovrano. Nell’aprile del 1794 fu ´ come arrestato per ordine del vicere ` soelemento sovversivo: questo suscito prattutto nel ‘‘suo’’ quartiere di Stam` pace lo sdegno popolare, che culmino nella sollevazione del 28 aprile, nell’espugnazione del castello e nella successiva cacciata dei Piemontesi. In seguito ` a manifestare posizioni che, continuo per la sua amicizia con G.M. Angioy, sembravano inquadrabili entro l’ala ` avanzata del partito dei novatori. A piu ` , prese le distanze partire dal 1795, pero dall’amico e dal gruppo dei patrioti di ` favocui Angioy era il leader e si mostro revole a soluzioni meno radicali, dando vita a una aggregazione dei moderati. Quando poi l’Angioy intraprese il viag` ancora quando margio a Sassari, e piu ` su Cagliari nel maggio 1796, egli ne cio divenne tra i principali accusatori e si

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Cabras Brundo ` per bloccarne i progetti. Negli adopero ` a Carlo Felice, che anni seguenti si lego ` intendente e conservatore lo nomino nel 1799; nel 1803 fu nominato presi` Economica e dente della Reale Societa Agraria.

Cabras Brundo, Anna Scultrice (n. Cagliari 1919). Autodidatta, ha esordito giovanissima nel 1943, ma molte opere di questo periodo sono andate perse durante i bombardamenti. Nel dopoguerra ha raggiunto una notevole efficacia espressiva soprattutto con la fusione di busti in bronzo; tra le sue opere ` significative i busti di Felice Melis piu Marini, di Marcello Serra, di Francesco Alziator, di Luigi Pitzalis e di molti altri personaggi della cultura e della politica ` autrice anche di sarda del suo tempo. E una Madonna di Bonaria con Bambino e di una Via Crucis realizzata per il santuario di Sant’Ignazio a Cagliari.

Cabreo Termine giuridico. Indica un registro che compare in Sardegna a partire dal secolo XV, sul quale veniva regi` la partistrata la capibreviazione, cioe colare procedura di registrazione dei titoli in base ai quali veniva posseduto un bene immobile. In effetti la struttura ` paragonabile per certi versi a del c. e quella del condaghe: differisce da que` , per il fatto che e ` un atto pubsto, pero blico cui i possessori a qualsiasi titolo sono tenuti a sottostare.

Cabrera Famiglia feudale catalana (secc. XI-XVI). Le sue notizie risalgono al secolo XI, quando viveva un Amat visconte di Gerona il cui figlio Gherardo, sposata Ermesenda di Cabrera, nel 1038 divenne signore di Cabrera. Da loro discese in linea retta un Gherardo Ponzio che nel 1180 fu il primo a prendere il titolo di visconte di Cabrera. Suo nipote Gherardo, all’estinzione della famiglia di sua madre Marchesia d’Urgell, divenne conte d’Urgell; morı` nel 1220 e i suoi figli procedettero a una divisione

` . Ponzio ebbe la contea dell’eredita d’Urgell e la sua discendenza si estinse ` la linel secolo XIV; Gerardo continuo nea dei visconti di Cabrera, che seguirono i re d’Aragona nelle loro imprese mediterranee. Suo nipote Bernardo, morto nel 1332, fu uno dei personaggi ` in vista della corte di Giacomo II, fu piu padre di un altro Bernardo col quale la ` in contatto con la Sardefamiglia entro gna. Questi, nel 1323, prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso e in seguito svolse funzioni di rilievo durante i regni di Alfonso IV e di Pietro IV. Nel 1354 ebbe i feudi di Serrenti e di Pauli. Suo figlio Bonanato nel 1364 vendette i feudi a Berengario Carroz.

Cabrera, Bernardo Gentiluomo catalano (Catalogna 1298-ivi 1364). Visconte di Cabrera e valoroso uomo di guerra ` complessa. Prese dalla personalita parte alla spedizione dell’infante Alfonso segnalandosi nella conquista dei porti dell’Ogliastra; tornato in patria ` ad alcune altre imprese al partecipo servizio del re, ma nel 1342, quando ormai la sua fama e il suo prestigio erano al culmine, decise di ritirarsi in con` , Pietro IV lo convento. Nel 1347, pero ` suo vinse a tornare a corte e lo nomino maggiordomo; nel 1353 fu nominato ammiraglio e gli fu affidato il comando della squadra navale che venne inviata in Sardegna alla conquista di Alghero. Egli giunse nuovamente in Sardegna e dopo aver fatto sbarcare un contingente ` subito inidi fanteria che si schiero `, prese nuoziando l’assedio della citta vamente il mare per contrastare una squadra genovese che veniva in soccorso degli assediati. Pochi giorni dopo ` i genovesi nella celebre egli sbaraglio battaglia di Porto Conte, che ebbe come conseguenza la caduta di Alghero. Qui ` la sua residenza; ma la vittoria C. fisso ` la reazione di Mariano IV d’Arprovoco borea che avrebbe voluto Alghero per

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Cabudabbas ´ ; C. tento ` di evitare lo scontro col sose vrano d’Arborea, ma la sua opera fu inutile. Poco dopo, infatti, il conflitto scop` e l’ammiraglio dovette lasciare la pio residenza di Alghero per accorrere in soccorso di Cagliari, mentre le truppe arborensi dilagavano in tutta la Sarde` e la sua determigna; con la sua abilita nazione contribuı` alla difesa di Cagliari e alla vittoriosa battaglia di Quartu, dopo la quale le truppe arborensi furono costrette a ritirarsi. Cessate le osti` , C. torno ` in patria e fu impegnato lita successivamente in molte altre im` in disgrazia e il re lo prese; cadde pero fece decapitare nel 1364.

Cabrera, Martino Vicere´ di Sardegna ` sec. dal 1529 al 1532 (?, seconda meta XV-Sassari 1532). Era consigliere reale ´ di quando nel 1529 fu nominato vicere Sardegna da Carlo V, al quale era molto legato. Egli preferı` stabilirsi a Sassari dove fece restaurare il castello; si pre` di rilanciare l’economia della occupo ` che era stata compromessa dalla citta invasione francese dell’anno prece` un Parlamento. dente. Nel 1530 convoco

Cabrini, Angiolo Giornalista, deputato al Parlamento (Codogno 1869-Roma 1937). Interessato ai problemi sociali di ` politicamente fine secolo, si impegno condividendo le posizioni del sindacalismo rivoluzionario. In seguito aderı` al PSI e fu eletto deputato fino al 1918. Corrispondente de ‘‘L’Avanti’’, in que` in Sardegna dopo i sta veste si reco moti del 1906. Profondamente colpito ` l’ipotesi che dalla situazione, avanzo esistessero numerose ‘‘questioni sarde’’ da risolvere. In seguito, rimasto sempre attento ai problemi dell’isola, ` alla rivista ‘‘Sardegna’’ di Atcollaboro tilio Deffenu. Gli articoli pubblicati su ‘‘L’Avanti’’ in occasione del viaggio del 1906 furono poi raccolti in un volumetto, In Sardegna, stampato a Roma

dalla tipografia dell’‘‘Avanti della domenica’’, nello stesso anno.

Cabudabbas Curatoria che faceva parte del giudicato di Torres. Il suo territorio era piuttosto montuoso, fertile e ricco di sorgenti; era posto a sud del Meilogu e confinava col Monteleone e con il Costavall. Aveva una superficie di 200 km2 e comprendeva i villaggi di Borconani, Bessude, Campuy, Cheremule, Cossoine, Giave, Ibilis, Mello, Modulis, Mogoro, Sultana, Thiesi. Approfittando della confusione seguita all’estinzione della famiglia giudicale di Torres, i Doria se ne impadronirono e lo annetterono al Monteleone includendolo nel piccolo stato che essi avevano costituito. I nuovi signori instaurarono un buon rapporto con gli abitanti dei diversi villaggi, che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero un periodo di pace fino alla conquista aragonese nel 1323. Allora i Doria si dichiararono vassalli del re d’Aragona, e `a cosı` il territorio della curatoria entro far parte del Regnum Sardiniae. ` nel 1325 essi si ribellaQuando pero rono, il C. divenne teatro della guerra e nel 1330 fu occupato dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona e devastato. Rimase comunque in possesso dei Doria e in seguito subı` altri gravi danni durante la seconda ribellione del 1347 e a seguito della peste del 1348. Durante le guerre tra Aragona e Arborea, a partire dal 1365 fu occupato dalle truppe giudicali e considerato di fatto come facente parte dell’Arborea. Dopo le nozze di Eleonora d’Ar` nuoborea con Brancalene Doria, torno ` dei Doria e vamente nella disponibilita dopo la battaglia di Sanluri fu possesso ` Doria fino al 1436. Quando poi di Nicolo questi fu costretto a lasciare il castello ` sotto di Monteleone, il territorio passo l’amministrazione reale e fu diviso in diversi feudi, perdendo definitiva-

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Cabudanni ` politica. Cosı` il mente la propria unita ` finalmente a far parte del ReC. torno gnum Sardiniae. Il suo territorio fu diviso in alcuni feudi, che mantennero la loro fisionomia fino al 1838.

Cabudanni Nome sardo del mese di settembre, caput anni, inizio dell’anno agrario nel calendario bizantino. Anche l’antica festa di Capodanno cadeva a settembre e coincideva con l’inizio dell’annata agraria e con la vendemmia. Durante la festa nel Logudoro le fami` in vista glie dei proprietari terrieri piu ´ bude, una focaccia si scambiavano sa ca di semola, simbolo di opulenza e augurio per l’anno che iniziava.

Cabula, Antonio Pittore e scultore (n. Siliqua 1947). Autodidatta, dopo aver ` trasfeoperato nel suo paese natale, si e rito a Cagliari dove abitualmente lavora. Come pittore appartiene al genere figurativo; come scultore utilizza ` tutti i materiali, ma con grande abilita preferisce le pietre. Ha partecipato a numerose collettive e ha allestito mo` italiane e straniere. stre in molte citta

` venatoria e` stata Caccia – L’attivita regolamentata in ogni tempo con leggi particolarmente severe, a cominciare dalla Carta de Logu di fine Trecento.

Caccia La pratica della caccia, diffusa

` antiin tutta l’isola, risale ai tempi piu chi, quando, a parte ogni altra considerazione, era favorita dall’esistenza di ` di selvaggina. In una grande quantita Sardegna da sempre furono praticati ` diffusi dei diversi tipi di caccia, i piu quali sono stati la caccia grossa al cin´ in tutta l’ighiale (diffuso pressoche sola), al cervo (comune nella Sardegna settentrionale nella catena che dai monti di Tempio si allunga verso Pattada, nella zona di Nuoro, nel Sulcis e nel Sarrabus), al daino (frequentissimo nella Sardegna centrale), al muflone (presente prevalentemente sul Limbara e sul Gennargentu). Molto praticata era anche la caccia agli animali da pelliccia, soprattutto alla volpe e alla martora, le cui pelli erano esportate in numero considerevole. Altro tipo di caccia comunemente praticato era quello ai conigli e quello ai volatili come le galline prataiole, le pernici, i merli, e i tordi (per questi ultimi era praticata, specie nella Sardegna sudoccidentale, l’uccellagione). L’archeologia permette di affermare che la cac` nucia era diffusa nell’isola fin dall’eta ` ragica, e comunque sicuramente in eta ` romana. I Bizantini impunica e in eta portarono in Sardegna la caccia con il falcone e introdussero alcune regole ` venatoria in un trasformando l’attivita passatempo per aristocratici dal quale, almeno formalmente, fu escluso il po` dei monapolo. Nelle grandi proprieta steri e in quelle dei grandi latifondisti furono costituite riserve di caccia nelle ` furono regolate minutaquali le attivita mente. In genere la caccia era praticata dai proprietari della riserva: i servi che gravavano sul latifondo vi erano coinvolti sia nella fase di preparazione che in quella di esecuzione. Specialmente la caccia al cinghiale, che veniva praticata con l’uso della lancia, richiedeva il concorso di un certo numero di servi-

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Caccia tori che coadiuvavano il cacciatore come battitori e raccoglitori delle ` giuprede. Nei secoli successivi, in eta ` a essere dicale, la caccia continuo ` praticata dai nobili. In geun’attivita nere una battuta era promossa dal giudice in persona o dai suoi familiari e parenti, dai curatori e dai majores de scolca; era vietato formalmente orga` venatorie a persone dinizzare attivita verse da quelle elencate precedentemente. La popolazione del territorio dove la battuta era stata organizzata era comunque tenuta a parteciparvi e a svolgervi funzioni ben precise. Questa caccia grossa (silva) veniva praticata secondo un calendario venatorio che individuava quattro periodi nell’arco dell’anno; nel periodo prestabilito i partecipanti alla battuta, fossero i nobili cacciatori o i popolani che li coadiuvavano, erano tenuti a trovarsi nel punto di raccolta (collectoriu): da lı` la battuta prendeva l’avvio. La caccia veniva praticata in quattro modi diversi, tutti minutamente regolamentati: la caccia ad igitu, che prevedeva l’uso di armi da getto; la caccia a casside, che prevedeva l’uso della martora e del furetto; la caccia a cavallu, che prevedeva l’inseguimento delle prede e l’uso di mute di cani addestrate a inseguire la selvaggina; la caccia col falcone (su stori). I Pisani introdussero altri sistemi di caccia; in particolare quella con le reti (velariu, diaulu), che praticavano con grande divertimento, attirati soprattutto dalle ` di pernici, tordi e altri grandi quantita uccelli. I sistemi di caccia rimasero invariati con l’arrivo degli Aragonesi: il divieto di caccia per il popolo fu mantenuto e anzi spesso accentuato dalla sua introduzione negli ordinamenti feu` , non fu dali. La nuova situazione, pero in grado di impedire che la pratica della caccia si diffondesse anche tra il popolo, soprattutto nelle zone interne

dove divenne un sistema di sostegno dell’alimentazione. Nel secolo XVI la ` ulteriormente e i caccia si sviluppo suoi metodi cambiarono con la diffusione delle armi da fuoco. Nel secolo XVII il divieto di praticare la caccia per i ceti popolari venne meno e, specialmente nei periodi di carestia, si ri` provvidenziale per le popolazioni velo affamate. Nel secolo XVIII la caccia grossa era il passatempo preferito della ` , ma ormai veniva praticata annobilta `, che dal popolo con estrema facilita data anche l’abbondanza della selvaggina. Degli antichi modi di praticare la caccia si mantenne quello della caccia a cavallo: questa forma sopravvisse fino agli inizi dell’Ottocento e venne abbandonata col diffondersi del sistema della caccia a poste fisse, favorita dalla crescente perfezione delle armi da fuoco. La pratica della caccia minuta, invece, ` nelle diffusa in tutta l’isola, si sviluppo tipiche forme della caccia alla pernice, al coniglio e alla lepre, di quella al tordo e di quella agli uccelli acquatici. Agli inizi dell’Ottocento la pratica della caccia era considerata ancora un nobile passatempo per le classi sociali elevate, cui partecipavano cacciatori provenienti dalla terraferma e che spesso portavano all’organizzazione di battute in onore di principi e di personaggi im` portanti. A partire dalla prima meta dell’Ottocento si sentı` il bisogno di re` venatoria nell’ingolamentare l’attivita tento di proteggere la selvaggina; il primo regolamento fu emanato nel 1836 con una Regia Patente nella quale si stabilı` una prima forma di calendario venatorio e il divieto di caccia al cervo, al capriolo e al muflone. Il regolamento ` fu disatteso quasi totalmente, spepero ` che continuo ` a praticie dalla nobilta care la caccia senza alcun limite. In seguito, con leggi del 1854 e del 1862, la fissazione dei termini del calendario

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Cacciatori venatorio fu delegata alle amministrazioni locali che dovevano provvedere in funzione delle diverse situazioni. Nel 1885 furono costituite le prime riserve di caccia. Alla fine dell’Ottocento, con lo sviluppo della caccia come sport ` alto-borghese italiana, la nella societa Sardegna divenne un’area particolarmente ricercata dai cacciatori, che in quel paesaggio spesso deserto ed esotico trovavano la stessa ebrezza della caccia nei paesi extra-europei. Annibale Grasselli Barni, giornalista e scrittore cremonese, ha lasciato un illuminante racconto di un suo viaggio venatorio nel libro A caccia in Sardegna, ` , poco 1905, la cui seconda edizione e ecologicamente, dedicata a Grazia Deledda: attraversando l’isola da Terra` pita di uccidere, nova a Cagliari gli ca nella prima settimana di caccia solitaria, 161 pernici. Nel Novecento il viaggio per la caccia in Sardegna divenne un’abitudine per i membri della famiglia reale: Villa Las Tronas ad Alghero conserva le fotografie delle principesse (in specie Giovanna) in tenuta da caccia. Nei decenni successivi e fino alla costituzione della Regione autonoma la disciplina della caccia rimase sempre ancorata alla emanazione del calendario venatorio, il cui rispetto era affidato alle compagnie barracellari e ai vari corpi forestali. Con la costituzione della Regione la competenza in ` passata alla Remateria di caccia e gione; la legislazione recente tende a ` soprattutto in regolamentare l’attivita funzione della conservazione del patrimonio, imponendo quindi restrizioni rigorose dei periodi di caccia, non senza proteste da parte dei cacciatori, molto numerosi nell’isola (soprattutto nei centri dell’interno, dove la caccia al cinghiale conserva ancora molto della sua forza di aggregazione comunitaria e

viene esercitata da gruppi di amici detti compagnie).

Cacciatori Corpo militare. Fu costituito nel 1793 a Cagliari, prevalentemente con cittadini residenti nel quartiere di ` in funzione alcuni Stampace; entro mesi dopo il fallito tentativo di invasione francese e gli fu affidato il com` , che era dipito di controllare la citta ventata sede di tensioni politiche e so` al comando di Vincenzo Suciali. Opero lis, ma fu sciolto dal re nel 1799 dopo il suo arrivo a Cagliari. I suoi membri furono incorporati in parte nel Reggimento nazionale e in parte nei Dragoni leggeri, mentre il Sulis venne nominato direttore delle saline.

Cacciatori di Cagliari Piccolo corpo militare istituito nel 1805. Aveva un organico molto ridotto e il compito di sorve` . Quando pero ` nel 1808 Vitgliare la citta ` a riforma del torio Emanuele I avvio barracellato fu sciolto.

Cacciatori Guardie Corpo militare. Fu creato per difendere Cagliari e la famiglia reale quando nel 1799 il re dovette rifugiarsi in Sardegna. Era costituito da fanti armati alla leggera e nel 1816 fu accorpato con il Reggimento di Sardegna, dando cosı` vita al Reggimento Cacciatori Guardie, cui fu affidato lo stesso compito. Per la funzione che svolgeva, ebbe la precedenza sulle altre truppe leggere. Nel 1830 il suo organico fu completato con un secondo battaglione, cui nel 1833 ne fu aggiunto un terzo.

Cacciatori provinciali Corpo militare. Fu creato con un pregone dell’aprile del 1821; aveva il compito di provvedere alla difesa e alla custodia delle pro` pubbliche e private e poteva opeprieta rare su tutto il territorio del regno. Di fatto svolse le funzioni barracellari che erano state affidate nel 1819 ai Caccia` non le avevano tori Reali, che pero ` svolte in maniera soddisfacente. Opero

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Caciano fino al 1827 quando furono ricostituite le compagnie barracellari.

Cacciatori Reali di Sardegna Corpo militare scelto. Fu costituito nel giugno del 1819 con uomini provenienti dal reggimento dei Cavalleggeri di Sardegna; comprendeva 630 uomini che avevano il compito di sorvegliare e custo` privata e quella pubdire la proprieta blica. Nel 1823 il corpo fu unito ai Carabinieri Reali.

Cacherano di Bricherasio, Giovanni Battista Vicere´ di Sardegna dal 1751 al 1755 (Bricherasio 1706-Torino 1781). Nato da una vecchia famiglia dell’aristocrazia piemontese, ufficiale di carriera, scoppiata la Guerra di successione polacca, quando il re Carlo Emanuele III si unı` a Francia e Spagna per `a combattere contro gli austriaci, formo sue spese il reggimento ‘‘La regina’’ e ´ da prode nell’esercito reale combatte fino alla pace del 1735. Prese parte alla Guerra di successione austriaca sempre al comando del suo reggimento: ferito in battaglia, nel 1746 fu promosso generale. Nel 1747 uscı` vittorioso nella battaglia dell’Assietta, nelle Alpi Cozie, contro le truppe francesi comandate dal conte Charles-Armande de Fouquet de Belle-Isle, il 19 luglio 1747; la vittoria ` la conclusione della guerra, e accelero col trattato di Aquisgrana casa Savoia ` Vigevano, Voghera e l’Alto Noacquisto ` al servizio civarese. Subito dopo passo vile: nel 1750 fu nominato governatore ´ di del duca di Chablais e nel 1751 vicere Sardegna. Durante il suo soggiorno nel` per sviluppare l’attil’isola si adopero ` di colonizzazione e di ripopolavita mento e per limitare le prepotenze e le angherie dei feudatari nei confronti dei ` anche di potenvassalli. Si preoccupo ziare il commercio del sale, progettando di costruire un canale che dalle saline portasse alla darsena del porto di ` a termine il suo mandato Cagliari. Porto

` alnel 1755. Tornato in patria, governo ` del Piemonte. Nel 1771 cune altre citta fu nominato Grande Maestro dell’Artiglieria ed ebbe il Collare dell’Annunziata.

Cachia, Carmelo Consigliere regionale (n. Agrigento 1945). Esponente dell’U` stato eletto consiDEUR, nel 2004 e gliere regionale per la XIII legislatura nel collegio della Gallura.

Caciano Famiglia di origine majorchina (secc. XIV-XV). Un suo ramo si trasferı` in Sardegna al seguito dell’infante Alfonso con un Arnaldo tesoriere reale. Fu nominato doganiere di Cagliari ed ebbe l’investitura di alcuni feudi nelle curatorie di Dolia e di Nuraminis; i suoi discendenti infine ebbero l’appalto delle dogane di Cagliari. Nel corso della prima guerra tra Pietro IV e Mariano IV i loro feudi furono deva` la seconda stati. Quando scoppio guerra, i feudi appartenevano a un bambino sotto tutela della madre, per cui la famiglia preferı` fuggire un Spa` in Sardegna, gna. I C. non tornarono piu pur continuando a mantenere i diritti sui loro feudi, il cui territorio peraltro finı` per essere occupato dalle truppe del giudice d’Arborea. Finite le guerre essi tornarono in possesso del loro patrimonio, ma nel 1421 preferirono vendere i loro diritti su Monastir.

Caciano, Arnaldo Gentiluomo (Ma` sec. XIII-Catalogna jorca, seconda meta 1339). Giunse in Sardegna nel 1323 con ` tesol’infante Alfonso che lo nomino riere reale. Nel 1326 fu nominato anche doganiere di Cagliari e fu investito dei ´ feudi di Monastir, Selargius e Segafe nella curatoria di Dolia e di quelli di Nuraghi de Fortei, Seduci e Postmont in quella di Nuraminis. Nel 1331 fu nominato amministratore delle rendite ` in reali in Sardegna, ma nel 1333 torno Catalogna.

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Caciano (sec. XIV). Figlio di Arnaldo, nato agli inizi del secolo XIV. Nel 1333 si stabilı` in Sardegna, dove ebbe l’ufficio di doga` appartenuto a suo padre; nel niere gia ` il patrimonio feudale, ma 1339 eredito morı` pochi anni dopo senza figli, lasciando erede suo fratello Bernardo.

Caciano, Pietro Feudatario catalano ` sec. XIV-ivi 1350). (Cagliari, prima meta ` il Figlio di Bernardo, nel 1350 eredito patrimonio feudale della famiglia, ma ` la prima quando nel 1353 scoppio guerra tra Pietro IV e Mariano IV, non fu in grado di impedire che i feudi venissero devastati. Cessata la guerra, nel 1355, dopo la celebrazione del Parla` anche il feudo di mento, egli acquisto Nurgi nella curatoria di Dolia, ma morı` improvvisamente nel 1362 lasciando erede dell’intero patrimonio suo figlio Arnaldo, un bambino di pochi anni sotto la tutela della sua vedova.

Cacosta, Guglielmo (o G. c¸ aCosta ) Uomo d’armi catalano (sec. XIV). Prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso e ottenne come ricompensa il feudo di Villaputzu nella curatoria del Sarrabus. La concessione lo obbligava a rifornire il castello di Quirra e nel 1332, dopo che Berengario Carroz ebbe l’in` in vestitura dell’intero territorio, entro conflitto con lui: poco dopo gli cedette il ` in Spagna. suo feudo e torno

Cacosta, Tommaso (o T. c¸aCosta) Uomo d’armi catalano (sec. XIV). Giunto in Sardegna al seguito dell’infante Alfonso, conclusa la conquista, contribuı` a domare la prima ribellione di Sassari e nel 1325 ottenne come ricompensa il feudo di Gerito nella curatoria della ` in grado di resiRomangia. Non fu pero stere all’attacco dei Doria, che se ne impadronirono; nel 1330, dopo la spedi` in zione di Raimondo Cardona, torno possesso del villaggio, che nel 1331 vendette al Cardona.

Cada die Teatro Compagnia teatrale.

Fondata nel 1982 a Cagliari dallo scrittore e regista Giancarlo Biffi, ha operato fino al 1999 nella sua sede storica, la vetreria di Pirri, che la compagnia ha restaurato e reso funzionale al teatro. Il C.d.T. ha assunto il carattere di compa` gnia di teatro di ricerca e come tale e stata riconosciuta dal Ministero dei Beni culturali; in tutti questi anni la ` indirizzata sua sperimentazione si e verso la identificazione di nuovi linguaggi scenici, la cura per il lavoro dell’attore, l’interesse per la narrazione orale e ha avuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale.

Cadalanu, Giovanni Insegnante, gior` nalista (Nuoro 1899-ivi, seconda meta sec. XX). Conseguito il diploma magi` all’insegnamento e con strale, si dedico gli anni divenne uno degli animatori della vita culturale nuorese negli anni Sessanta del Novecento. Giornalista pubblicista nel 1961, nel 1970, su inca` il volume Vecrico del Lions Club, curo chia Nuoro, considerato la prima storia ` . Tra gli altri suoi scritti, tutti della citta pubblicati sul quotidiano sassarese ‘‘La Nuova Sardegna’’ tra il 1956 e il 1970: Il ` ospitale della Sardegna vive popolo piu sotto i tre picchi di Guglia ad Oliena, 1956; Una piccola isola fuori dal tempo. Orgosolo, il paese del silenzio e della solitudine, 1958; Ben poco e` rimasto ad Arzana dello splendore del tempo dei Giudicati, 1963; Accadde ad Ottana, un tempo ` , 1963; Proprio tutti hanno fiorente citta dimenticato un bel paesino chiamato Baunei, 1964; Visita in Ogliastra ad un paese barbaricino, 1964; Breve visita a Desulo, 1964; La settimana santa a Nuoro agli albori del secolo, 1969; Nuoro nella storia antica e recente, 1970.

Caddeo, Celestino Notaio, poeta ` sec. XIX-?, dopo (Dualchi, prima meta 1925). Conseguita la laurea in Legge si ` alla professione di notaio, ma dedico

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Caddeo prese attivamente parte anche alla vita politica; fu eletto consigliere provinciale di Cagliari tra il 1860 e il 1863. Scrisse in logudorese; letterato di grande talento e assai prolifico, ha lasciato numerose composizioni di contenuto prevalentemente storico o morale. Tra i suoi scritti: Fronde, versi, 1884; Canzone sarda subra sas penas de su Purgatoriu, 1888; Canzoni sarde in dialetto logudorese, 1888; Canzone di Eleonora d’Arborea sarda eroina, canzone logudorese, 1889; Inni sardi a Orotelli, 1904; Bosa, canzone, 1905; Fronde poetiche sarde dialettali, 1907; Sonetti acrostici e semplici dialettali, 1912; Poesie sarde, 1913; Canzoni sarde bernesche, 1914; Purgatorio, 1916; L’Italia vista dalla Sardegna, sonetto, 1919; Canzone sarda su Giuseppe Cherchi Caddeo di Dualchi, 1920; Per l’immatura morte di Dercis Bachis Angela del fu Giovanni Agostino, canzone, 1925. Sempre nel 1925 fu pubblicata la Raccolta delle canzoni sarde emendate dall’autore, edita a Oristano in 2 volumi.

Caddeo, Ersilia Poetessa (Cagliari 1912-ivi 1952). Autrice di delicate liriche, tra il 1914 e il 1946 fece parte del gruppo di intellettuali che ruotarono attorno alla rivista ‘‘Riscossa’’. Morı` prematuramente nel 1952. Esordı` nel 1947 con una raccolta di Liriche edite a ` su ‘‘Riscossa’’ una Bologna; pubblico breve serie di poesie: Madre mi sento, 1945; Il tuo profilo, 1946; I volti del giorno che muore, 1946; La lotta `e finita, 1946. Nel 1952, anno della sua morte, pub` a Milano un’altra raccolta, Cielo blico ignudo.

Caddeo, Rinaldo Giornalista e scrittore (San Gavino 1881-Albosaggia 1956). Esordı` collaborando con Ranieri Ugo ` su ‘‘La piccola Rivista’’; in seguito entro nella redazione de ‘‘L’Unione sarda’’, negli anni della direzione di Marcello Vinelli. Dopo alcuni anni si trasferı` a

` nella redazione de Sassari, e qui entro ‘‘La Nuova Sardegna’’. Infine si trasferı` ` con molti pea Milano dove collaboro riodici di livello nazionale, tra i quali ‘‘Il Corriere della sera’’ e ‘‘La Lombar` inoltre con Attilio Defdia’’. Collaboro fenu alla redazione della sua rivista ` l’associa‘‘Sardegna’’; nel 1914 fondo zione Pro Sardegna e nello stesso anno la casa editrice Risorgimento, che si se` per la pubblicazione di molte gnalo opere irredentiste e patriottiche. Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia ` Il triestino, un libro sulla Venepubblico zia Giulia e la Dalmazia, opera di un fiorentino di discendenza inglese, Lancillotto Thompson. Il libro, che altri editori non avevano voluto pubblicare, fu edito grazie a un finanziamento assicu` subito clanrato da amici di C. Circolo destinamente (sotto falsa copertina) nelle terre irredente suscitando grandi entusiasmi. Nel dopoguerra i suoi interessi gradualmente mutarono ed egli scrisse soprattutto opere a carattere storico, collaborando con valenti spe` la cialisti: Alessandro Levi gli affido raccolta dell’epistolario di Carlo Cattaneo, edito in 4 volumi fra il 1946 e il 1956, e alla morte stava curando quello di G. ` euroMelzi d’Eril. Raggiunse notorieta pea. Morı` ad Albosaggia, ora in provincia di Sondrio, «mentre era occupato nella correzione delle bozze della sua ` impegnativa» (R. Bonu). Tra opera piu i suoi scritti: Cose dei nostri tempi, ‘‘La piccola Rivista’’, II, 6, 1900; Il ventidue settembre 1901 al Gennargentu per la solenne inaugurazione della Casa rifugio Alberto Lamarmora, 1901; Le adultere, novelle, 1901; Nino Alberti, ‘‘Barbagia’’, 1902; L’isola dei sardi (con Nicola Colajanni), 1903; Garibaldi e la Sardegna, ‘‘Il Secolo’’, 1913; Progresso economico e leggi speciali, ‘‘Sardegna’’, 3-4, 1914; La tipografia elvetica di Capolago: uomini, vicende, tempi, 1931; L’attentato Orsini.

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Caddeo 1858, 1932; Giansenisti, giacobini e patrioti ticinesi dalla rivoluzione del 1779, ‘‘Archivio storico della Svizzera Italiana’’, 1936; I primi anni del risorgimento ticinese; 1938; De Gruenwald Costantin Metternich: l’uomo della Santa Alleanza, 1942; La veridica storia della travagliata genesi dell’epistolario di Carlo Cattaneo, 1950; Cernuschi e Cattaneo, il 29 maggio del 1848 nel fallito colpo di stato di Milano, ‘‘Il Risorgimento’’, 1953; I rapporti tra Mazzini e la Sardegna, ‘‘Il Risorgimento’’, 1954; I grandi eventi del 1859-1860 in lettere inedite di Mazzini ai suoi amici di Sardegna, ‘‘Il Risorgimento’’, 1954.

Caddeo, Rossano Insegnante, senatore della Repubblica (n. Sardara 1949). Impegnato politicamente nel PCI, dopo essersi laureato in Lettere si ` dedicato all’insegnamento nelle e ` stato scuole medie. Dal 1978 al 1991 e ininterrottamente eletto consigliere comunale e sindaco del suo paese natale, divenendo anche dirigente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI); successivamente ha aderito al ` candidato alla CaPDS e nel 1992 si e ` stato eletto. Nel 1994 e ` mera, ma non e stato eletto senatore per la XII legislatura repubblicana nel collegio di Oristano; riconfermato per la XIII legisla` stato tura nel collegio unico regionale, e segretario della V commissione del Senato.

Caddeo, Sebastiano Insegnante, consigliere regionale (n. Carloforte, sec. XX). Cattolico militante, dopo essersi ` all’insegnamento laureato si dedico della Filosofia nelle scuole secondarie superiori. Nel 1968 divenne consigliere regionale per la DC nel corso della V legislatura, subentrando nel collegio di Cagliari ad Agostino Cerioni; portata a ` rietermine la legislatura non fu piu letto.

Cadeddu, Alberto Studioso di malattie

tropicali (Cagliari 1871-ivi 1949). Dopo aver frequentato la scuola di applicazione a Firenze, conseguı` la laurea in ` nel corpo di Sanita ` Medicina ed entro dell’esercito percorrendo una brillante carriera. Nel 1900 fu mandato in Eritrea e nel 1902 in Cina, dove rimase per tre anni; in seguito prese parte alla guerra di Libia e alla prima guerra mondiale, al termine della quale fu nominato direttore dell’Ospedale di Trieste. Nel 1923 divenne direttore sanitario di Bengasi, nel 1926 ottenne la libera docenza in Malattie tropicali presso ` di Bologna. Trasferito a l’Universita Roma nel 1939, fu promosso generale; collocato a riposo, morı` a Cagliari nel 1949. Tra i suoi scritti: il saggio Sui vibrioni degli stagni d’acqua salmastra, pubblicato a Roma nel 1895.

Cadeddu, Enrichetta (detta Henriette) Insegnante (Cagliari 1871-ivi 1952). ` natale per i Molto nota nella sua citta lunghi anni di insegnamento di francese presso l’Istituto tecnico ‘‘Martini’’. Profonda conoscitrice dei problemi ` didella letteratura francese, lascio versi studi, tra i quali Un ´episode de la vie de Charles Emanuel IV dans l’exil, ‘‘Archivio storico sardo’’, I, 1905, e La trage´die franc ¸aise au XVII sie`cle, edito a Cagliari nel 1907.

Cadeddu, Gaetano Patriota (Cagliari 1782-Tunisi 1858). Figlio di Salvatore, interrotti gli studi universitari a causa di un precoce matrimonio, divenne delegato di giustizia in diversi villaggi, segnalandosi per il suo zelo e per il suo senso di giustizia. Nel 1812 prese parte all’organizzazione della cosiddetta congiura di Palabanda, e quando il moto fu scoperto, scampato all’arresto, fuggı` da Cagliari e si diede alla latitanza; dopo alcuni mesi riuscı` a rifugiarsi in Corsica grazie all’aiuto di Napoleone. Nel 1814 lo raggiunse nell’isola d’Elba e nel 1815 fu con lui a Waterloo, guadagnando

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Cadeddu per il suo valore la Legion d’onore. Dopo la caduta di Napoleone fu perseguitato e costretto a fuggire dalla Corsica e a rifugiarsi a Marsiglia. Dopo molte traversie nel 1820 si stabilı` a Pisa, dove, grazie alla protezione del ` in professor Amedeo Vacca, si laureo Medicina. Nel 1829 si trasferı` ad Algeri ` la profese poi a Tunisi, dove esercito sione con crescente successo. Nel 1839 fu nominato console di Svezia a Sfax, ` torno ` a Tunisi facendosi poco dopo pero ` apprezzare dal bey per le sue qualita professionali. Nel 1857 riuscı` a rientrare per una breve visita a Cagliari; morı` dopo essere tornato in Tunisia.

Cadeddu, Giovanni1 Patriota (Cagliari, ` sec. XVIII-La Maddalena seconda meta ` in 1819). Fratello di Salvatore, si laureo ` alla carGiurisprudenza e si dedico riera amministrativa. Divenuto teso` , raggiunse una poriere dell’Universita sizione di prestigio nella vita cittadina. Nel 1812 prese parte alla cosiddetta congiura di Palabanda, di cui il fratello era uno dei capi. Arrestato, fu condannato al carcere a vita; morı` in carcere nella torre di Santo Stefano a La Maddalena nel 1819.

Cadeddu, Giovanni2 Funzionario, consigliere regionale (Cagliari 1917-ivi 1992). Cattolico impegnato, nel 1953 fu eletto consigliere regionale della DC nel collegio di Cagliari per la II legislatura e successivamente riconfermato per la III e la IV legislatura fino al 1965. Dal novembre del 1958 al giugno del 1961 fu assessore all’Agricoltura nella prima giunta Corrias. Morı` dopo essersi ritirato a vita privata.

Cadeddu, Luigi Patriota (Cagliari 1776La Maddalena, dopo 1830). Figlio di Salvatore, laureato in Legge, si stabilı` nel quartiere della Marina con la moglie e i figli; nel 1812 prese parte alla cosiddetta congiura di Palabanda. Scoperto il moto, fu arrestato e condannato a ven-

t’anni di carcere. Trascorse gli anni della pena a la Maddalena, e solo nel 1830 ottenne la grazia dal re, ma gli fu ` il vietato di lasciare l’isola, dove passo resto dei suoi giorni.

Cadeddu, Maria Eugenia Studiosa di storia medioevale (n. sec. XX). Allieva di Francesco Cesare Casula, dopo la laurea in Lettere ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia medioevale. At` ricercatrice presso il Contualmente e siglio Nazionale delle Ricerche di Cagliari. Tra i suoi scritti: Sanluri, una fortezza sempre in guerra, in Castelli, 1992; Vicende di Brancaleone Doria negli anni 1383-1384, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 18, 1993; Note in margine all’edizione degli atti parlamentari in Sardegna, ‘‘Saitabı`. Revista de la Facultat Geografia i Historia de la Universitat de Valencia’’, XLIV, 1994; Giacomo II d’Aragona e la conquista del regno di Sardegna, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 20, 1995; Neri Moseriffo console dei catalani a Castel di Castro l’anno 1320, ‘‘Annuario de Estudios Medievales’’, 29, 1999; Portoghesi in Sardegna, in Portogallo Mediterraneo, 2001; Portoghesi nel Mediterraneo; studi e progetti di ricerca in Sardegna, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 25, 2002.

Cadeddu, Pasquale Insegnante, latinista (Cagliari 1809-ivi 1882). Una volta ` con pasconseguita la laurea si dedico sione all’insegnamento nelle scuole su` natale. Fu poeta periori della sua citta ` numerose elegante e delicato e lascio opere in latino. Tra i suoi scritti: Carolo Alberto I Sardiniae regi aug., in Sardiniam advenienti, 1842; Deiparae Virgini, ode saffica, in ‘‘Meteora’’, I, 14, 1843; In obitum Caroli Alberti I Sardiniae regis carmen, 1849; Ad Antonio Bacaredda autore dei due drammi ‘‘Marito e giudice’’ e ‘‘Non aprite al sacrilego’’, 1851; Alla signora Battistina Assom-Musu, inconsolabile per la morte del suo figliuolo Gio-

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Cadeddu vanni, versi, 1855; Al Comandante del 1º battaglione della prima legione britannica, capitano Miuching, Lettera latina, 1860; In morte di Luigi Caboni, 1871; Paullo Iosepho M. Sercio Oleastren ecclesiae gubernandae recens praeposito, Elegia, 1872.

1983; Olbia. Siniscola. Insediamenti lungo le coste, 5, 1990.

Cadeddu, Salvatore Avvocato (Cagliari 1747-ivi, 1817 ca.). Laureato in Legge, esercitava la professione di avvocato nel quartiere di Stampace, dove risiedeva con la famiglia. Di idee liberali, condivideva le posizioni di G.M. Angioy. Come Contatore di Cagliari e procuratore di Alghero fu ammesso allo Stamento reale e prese attivamente parte ai suoi lavori dopo il 1793. Protagonista del triennio rivoluzionario, nel 1795 fu eletto primo consigliere di Cagliari e come tale divenne prima voce dello Stamento reale; quando il partito dei moderati prese il sopravvento isolando l’Angioy, pur continuando a condividere la visione politica dell’Alternos, prese da lui le distanze, riuscendo cosı` a evitare di essere coinvolto nella repressione che seguı` la sua caduta. Negli anni seguenti visse appartato pur non discostandosi dalle sue idee liberali; nel 1812 fu accusato di essere il capo della congiura di Palabanda, cosiddetta ` dove i congiudal luogo di sua proprieta rati si riunivano per preparare il moto. Dopo che il progetto venne scoperto, ` di fuggire ma fu arrestato, egli tento processato, condannato a morte e, no` avanzata e la grande connostante l’eta siderazione da cui era circondato, fu impiccato poco tempo dopo.

Cadeddu Gramigna, Emilia Archeologa (n. sec. XX). Laureata in Lettere, si occupa di archeologia conducendo interessanti ricerche a Bortigali e Siniscola, su cui ha scritto due articoli sulla rivista ‘‘Sardigna antiga’’: Necropoli punico-romana in territorio di Bortigali, 1,

Cadello – Arma. Famiglia di origine catalana, venne in Sardegna al seguito dei Centelles conti di Quirra; nel 1622 anche i Cadello divennero nobili.

Cadello Famiglia cagliaritana (secc. XVI-XIX). Le sue notizie risalgono al secolo XVI. Sulle sue origini, sarde o cata` molto discusso; e ` verosimile lane, si e ` che fosse di origine catalana, pero giunta in Sardegna al seguito dei Centelles conti di Quirra, per conto dei quali alcuni dei suoi membri ricoprirono uffici nell’amministrazione feudale. I primi personaggi conosciuti sono un Giovanni, saliniere del giudicato d’Ogliastra, revocato dal contado nel 1542 e sostituito con un Nicola. In seguito i C. continuarono a rimanere legati ai conti di Quirra e a partire dalla ` possibile seguire fine del secolo XVI e con certezza la loro genealogia, a cominciare da un Giovanni Andrea che ` una Prunas ed ebbe quattro figli: sposo Antonio, che assunse il cognome della

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Cadello madre (= Prunas), Sebastiano, Salvatore e Giovanni Antonio, con discendenza. Ramo di Sebastiano. Sebastiano, figlio ` naturale, legittimato nel 1639, continuo a risiedere in Ogliastra, dove i suoi discendenti ottennero il riconoscimento del cavalierato ereditario e della no` nel 1692 con un Francesco e si bilta estinsero pochi decenni dopo. Ramo di Salvatore. Salvatore ottenne il cavalierato ereditario nel 1622 e, sposata una Dettori, trasferı` la residenza a Pozzomaggiore. I suoi discendenti nel 1676 furono ammessi allo Stamento militare nel parlamento Las Navas e si estinsero nel corso del secolo XVIII. Ramo di Giovanni Antioco. Giovanni An` a rimanere legato ai martioco continuo chesi di Quirra e, dopo essere stato nominato ufficiale della Marmilla, si stabilı` a Jerzu; nel 1645 ottenne il cavalie` . I suoi figli si rato ereditario e la nobilta trasferirono a Cagliari assumendovi posizioni di rilievo e nel 1665 furono ammessi allo Stamento militare durante il parlamento Camarassa. Due di essi, Antioco Saturnino e Diego, ebbero discendenza; la discendenza del primo, che ` in posnel corso del secolo XVIII entro sesso del feudo di San Sperate, si estinse nel 1772; quella del secondo si estinse nel 1846, con un Efisio ultimo marchese di San Sperate.

Cadello, Diego Gregorio Religioso (Cagliari 1735-ivi 1807). Arcivescovo di Cagliari dal 1798 al 1807. Dopo essersi laureato in Legge si fece sacerdote, fu nominato canonico capitolare e ricoperse numerosi e delicati incarichi. Divenuto arcivescovo il monsignor Melano, al quale era molto legato, ricoprı` l’incarico di vicario generale della diocesi e, alla sua partenza dalla Sardegna, nel 1798, fu nominato arcivescovo di Cagliari. Uomo attivo e abile, negli anni del viceregno di Carlo Felice ne di-

venne amico e ne sostenne l’azione; si ` anche per il riscatto dei carloadopero fortini che erano stati condotti schiavi a Tunisi poco tempo prima. Nel 1803 fu nominato cardinale. Scritti principali: Lettera pastorale per la morte di S.M. Vittorio Amedeo III, 1796; Lettera pastorale per la tratta degli schiavi da Carloforte, 1798; Epistola pastoralis ad clerum et populum calaritanae et unitarum diocesium, 1798; Ordinazioni relative al regio editto del 14 settembre 1799, 1799; Lettera pastorale per la liberazione degli schiavi carolini, 1803; Lettera pastorale per calmare con la preghiera l’ira di Dio contro la peste, 1804.

Diego Gregorio Cadello – Cagliaritano, arcivescovo di Cagliari tra Settecento e Ottocento, nel 1803 fu creato cardinale da Pio VII.

Cadello, Giuseppe Giureconsulto (Cagliari, inizi sec. XVIII-ivi 1772). Marchese di San Sperate, figlio di Antioco ` in Saturnino, conseguita la laurea entro magistratura e percorse una brillante carriera giungendo al grado di giudice ` della Reale Udienza. Nel 1742 acquisto dal fisco la signoria di San Sperate e nel 1749 ottenne il titolo di marchese; morı` senza figli, lasciando erede suo nipote Saturnino.

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Cadello

Cadello, Ignazio Matematico (Seneghe 1733-Cagliari 1804). Entrato nell’ordine dei Gesuiti, divenne sacerdote; a par` Matematica presso tire dal 1772 insegno ` di Cagliari; di idee liberali, l’Universita `a nel periodo rivoluzionario si avvicino Giovanni Maria Angioy, del quale condivise in parte la visione politica.

1760 fu nominato reggente del Supremo Consiglio di Sardegna. Tra i suoi scritti giuridici, Discurso juridico por la illustre D. Maria Catalina de Castelvy condesa de Villamar en repulsa de D. Salvador de Castelvy sobre la succesion de los lugares de Samassy y Serrenti, 1715.

Cadello, Salvatorangelo Religioso (Cagliari 1695-Castellaragonese 1764). Vescovo di Ampurias dal 1741 al 1764. Dopo essersi laureato in utroque fu ordinato sacerdote e prese a operare nella sua diocesi. Fu parroco in diversi villaggi, in seguito fu nominato canonico e giudice delle contenzioni, ricoprendo l’ufficio di cancelliere regio apostolico; nel 1741 divenne vescovo di Ampurias, resse la sua diocesi con `. grande umanita

Cadello, Saturnino Giurista (Cagliari 1733-ivi 1813). Marchese di San Sperate, figlio di Francesco Ignazio, dopo la lau` Diritto civile rea in Legge insegno ` di Cagliari, della presso l’Universita quale divenne anche censore degli ` dallo zio il marstudi. Nel 1772 eredito chesato di San Sperate; particolarmente legato ai Savoia, nel 1798 asse` suo fratello Diego Gregorio nella condo politica tesa a favorire il trasferimento dei Savoia in Sardegna. Morı` senza lasciare figli.

Cadello Rugiu, Francesco Ignazio Giureconsulto (Cagliari 1702-ivi 1763). Figlio di Diego, dopo aver conseguito ` in magistratura e dila laurea entro ´ Rivarolo, venne il coadiutore del vicere che sostenne nella sua politica di repressione del banditismo. Nel 1736 co` una spedizione contro i banditi mando di Ozieri; in seguito fu nominato proreggente della Reale Cancelleria e nel 1743 giudice civile della Reale Udienza. La sua preparazione gli fece acquistare negli anni ulteriore prestigio, per cui al momento di andare in pensione nel

Francesco Ignazio Cadello Rugiu – Giurista cagliaritano, nel 1743 divenne giudice della Reale Udienza e nel 1760 reggente del Supremo Consiglio di Sardegna.

Cadinu, Antonello Studioso di urbanistica (n. sec. XX). Allievo di Antonello Sanna, conseguita la laurea in Ingegne` dedicato alla ricerca e all’inseria si e gnamento universitario. Tra i suoi scritti: Insediamento, abitazione, cultura urbana (con A. Sanna); Guasila: un paese della Sardegna, 1984; I percorsi: la strada e il sentiero e Il campo, il recinto, il bosco (con A. Sanna), in Sardegna. L’architettura popolare in Italia, 1988; I villaggi in La provincia di Oristano. Il territorio, la natura, l’uomo, 1989; La Marmilla (con G. Sistu), e la Trexenta, in I

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Cadoni ` paesi, vol. I della collana ‘‘Paesi e citta della Sardegna’’, 1998.

Cadinu, Marco Studioso di urbanistica (n. sec. XX). Conseguita la laurea in In` dedicato alla ricerca e algegneria si e l’insegnamento universitario. Attual` di mente insegna presso l’Universita Cagliari. Tra i suoi scritti: Persistenze centuriati nell’agro cagliaritano, in L’Africa Romana. Atti del XII congresso di studi, 1996; Figura e simbolo nella Cagliari medievale, ‘‘Storia dell’Urbanistica. Annuario nazionale di storia ` e del territorio’’, 2, n.s., 1997; della citta Iniziative di pianificazione urbanistica nella Cagliari ottocentesca, ‘‘Storia dell’Urbanistica. Annuario nazionale di ` e del territorio’’, 3, storia delle citta n.s., 1997; Ristrutturazioni urbanistiche nel segno della croce delle Juharias della Sardegna dopo il 1492, ‘‘Storia dell’Urbanistica. Annuario nazionale di storia ` e del territorio’’, 3, n.s., 1997; della citta Il Cagliaritano in I paesi, vol. I della col` della Sardegna’’, lana ‘‘Paesi e citta ` nella Sarde1998; Il progetto della citta gna medievale e Iglesias, tutti e due in Le ` , II vol. della collana ‘‘Paesi e citta ` citta della Sardegna’’, 1999.

Sardegna, 1865; Studi economici su la Sardegna, ‘‘Annuario statistico’’, 1867; Il comune di Iglesias e il ministro Sella, 1872; Le mie idee. Lettera politica agli elettori del collegio di Iglesias, 1874; L’imposta in Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I,1, 1877; Economia rurale della Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 2, 1877; Riordinamento amministrativo dei Comuni, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 3, 1877; Terreni incolti in Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 6-7, 1877; Svolgimento delle forze economiche della Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 8-9, 1877; Ferrovie sarde, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 10, 1877; Gli incendi nelle campagne di Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, I, 18-19, 1877; L’imposta fondiaria in Sardegna, ‘‘Rivista economica della Sardegna’’, II, 9, 1878.

Cadoni, Bruno Insegnante, studioso di storia (n. Quartu Sant’Elena 1944). Da molti anni insegna Lettere presso il Liceo ‘‘Dettori’’ di Cagliari. Tra i suoi studi di storia sarda si segnala il volume su L’emigrazione sarda dall’Ottocento a oggi (con Leopoldo Ortu), 1983.

Cadoni, Antioco Avvocato, deputato al

Cadoni, Efisio Poeta e pittore (n. Villa-

Parlamento (Villacidro, inizi del sec. XIX-?, dopo 1878). Conseguita la laurea ` con successo alla liin Legge, si dedico ` alcuni aspetti bera professione e studio dell’economia sarda. Fu eletto sindaco di Villacidro e nel 1865 aderı` ai Comizi agrari, adoperandosi per il rinnovamento dell’agricoltura nel suo paese. Nel 1876 fu eletto deputato per la XII legislatura, ma la sua elezione venne confermata solo al termine della stessa. ` con Eugenio Marchese la ‘‘RiviFondo sta economica della Sardegna’’, che uscı` a Roma fino al 1878. Tra i suoi scritti, dedicati quasi tutti ai problemi ` del mondo agricolo isolano e all’attivita mineraria: Sull’economia rurale della

cidro 1943). Pronipote di Antioco, anima la vita culturale del suo paese `. natale con la sua multiforme attivita Come pittore ha esordito negli anni Sessanta; ha preso parte a numerose collettive e allestito alcune personali; sue opere sono presenti in musei italiani e ` la sua attivita ` di poeta e stranieri. Ma e di scrittore che lo ha segnalato come ` interessanti letterati sardi uno dei piu di questi anni. Ha esordito negli stessi ` autore di molanni come scultore ed e tissime opere. Tra i suoi scritti: Eden e oltre, poesie, 1965; Il Sapienziale, 1976; Storia ipotetica di un santo illustre e sconosciuto, 1976; Lenipolis, 1985; A parole. Storia di un paese d’ombre, 1988; Sisinio

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Cadoni Leni, l’uomo chiamato cigno, 1993; Se la parola e` una pietra, 1995; Poesie da appendere, 1997; Fra i due millenni il paesaggio dell’uomo, 2000; Abbecedario della cuoca amorosa. Versi da mangiare e da bere, 2006.

Cadoni, Enzo Filologo (Orosei 1942Sassari 1995). Dopo aver conseguito la ` allo studio della Filololaurea si dedico gia classica e all’insegnamento universitario. Studioso rigoroso e profondo, fu inizialmente docente presso l’Univer` di Genova e poi di Letteratura lasita ` alcuni tina in quella di Sassari. Dedico lavori all’approfondimento dei meccanismi di diffusione dello studio del latino in Sardegna nei secoli XVI e XVII. A lui si deve l’edizione critica dell’opera omnia di Giovanni Francesco Fara. Tra i suoi scritti: La tabula bronzea di Esterzili, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XIV, 1988; Umanisti e cultura classica nella Sardegna del ’500, ‘‘Res pubblica litterarum Studies in the Classical tradition’’, University of Kansas, XI, 1988; Umanisti sassaresi del ’500. Le biblioteche di Giovanni Francesco Fara e Alessio Fontana (con Raimondo Turtas), 1988; Libri e circolazione libraria nel ’500 in Sardegna, ‘‘Seminari sassaresi’’, I, 1989; Umanisti e cultura classica nella Sardegna del ` Canelles ’500. Il libre de spoli di Nicolo (con G.C. Contini), ‘‘Quaderni di Sandalion’’, 5, 1989; Il Sardonios gelos: da Omero a Giovanni Francesco Fara, in Sardinia antiqua. Studi in onore di P. Meloni per il suo 70º compleanno, 1992; Umanisti e cultura classica nella Sardegna del ’500. Il libre de spoli del arquebi´s de Castillejo sbe don Antonio Parrague (con G. Contini), 1993; Lingua latina e lingua sarda nella ‘‘In Sardiniae Chorographiam’’ di Giovanni Francesco Fara, ‘‘Seminari sassaresi’’, II, 1990; L’inven` (con tario dei libri di Monserrato Rossello Maria Teresa Lupinu), in Umanisti e

cultura classica nella Sardegna del ’500, voll. 2, 1994.

Cadoni, Luigi Istitutore, consigliere regionale (n. Nuoro 1947). Su posizioni po` stato eletto litiche di destra, nel 1989 e consigliere regionale per il MSI nel collegio di Nuoro per la X legislatura; rieletto per AN nello stesso collegio per ` stato riconferl’XI legislatura, non e mato per la XII.

Raffaele Cadorna – Il generale in una foto d’epoca.

Cadorna, Raffaele Ufficiale di carriera (Milano 1815-Torino 1897). Fratello di Carlo, di famiglia di antiche tradizioni, fu ministro della Pubblica Istruzione nel primo ministero Gioberti (18481849). Di stanza a Cagliari come capitano degli Zappatori, nel 1848 prese parte alla prima guerra di indipendenza e successivamente a tutte le altre guerre fino al 1870, quando gli fu affidato il comando del corpo d’armata inviato alla conquista di Roma. Sulla Sardegna aveva scritto un Quadro storico dell’isola di Sardegna, pubblicato postumo a Cagliari nel 1924.

‘‘Cadossene’’ Rivista culturale cagliaritana. Diretta da Virgilio Atzeni e An-

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Cagliari tonio Cabitza, fu pubblicata a Cagliari tra il 1935 e il 1938. Usciva con cadenza mensile e trattava argomenti di letteratura e di folclore sardo. Per quanto i tempi e la cultura ufficiale lo consenti` di sviluppare un discorso vano, tento originale e fuori dal conformismo dominante.

le monete fatte coniare da Carlo II e da Carlo III. Gli ultimi furono coniati nella zecca di Cagliari nel 1813 sotto il regno di Vittorio Emanuele I.

Cagetti, Marino Chirurgo (n. Venezia 1934). Dopo la laurea a Roma nel 1959 ` occupato della ricerca e dell’insesi e gnamento universitario, dedicandosi ` stato asalla Clinica chirurgica, di cui e sistente fin dall’anno della laurea. Nel ` specializzato in Chirurgia e nel 1965 si e 1966 ha conseguito la libera docenza in ` traPatologia chirurgica; dal 1968 si e ` di Cagliari sferito presso l’Universita dove ha insegnato dapprima Patologia chirurgica e successivamente Clinica chirurgica, dando un notevole contributo allo sviluppo dei due insegna` autore di numerose pubblicamenti. E zioni.

Caggiari, Lucia Scrittrice (Bortigali 1909-Nuoro 1992). Autodidatta, scrisse alcune delicate raccolte di versi che la fecero apprezzare fin dall’esordio, avvenuto nel 1968, e alcuni lavori in prosa. Morı` a Nuoro, dove si era stabilita da anni. Tra i suoi scritti: Mutazioni e maree, versi, 1968; Trent’anni dopo l’isola maledetta, romanzo, 1978; Polvere dei giorni, versi, 1988.

Cagliarese Moneta fatta coniare da Ferdinando il Cattolico nella zecca di Cagliari. Sostituı` l’alfonsino minuto. La denominazione rimase in uso anche nei secoli successivi, riferita alle altre monete minute battute nella zecca di Cagliari. In particolare fu utilizzato per indicare le monete fatte coniare da Carlo V, da Filippo II, che pose in circolazione pezzi da uno e da tre cagliaresi; da Filippo III, che fece coniare pezzi da tre cagliaresi; da Filippo IV, che introdusse i pezzi da sei cagliaresi, e infine

` dal monte Urpino. Cagliari – Veduta della citta

Cagliari Comune capoluogo della provincia omonima e dell’intera Sardegna, sede del Comprensorio n. 24 con 158 351 abitanti (al 2004), posto a 6 m sul livello del mare, affacciato sul golfo omonimo, nella parte meridionale dell’isola, da una zona ricca anche di acque interne. Regione storica: Campidano di C. Sede dell’Archidiocesi omonima. & TERRITORIO Il territorio comunale (nel quale, dopo il distacco di varie altre frazioni, si trova ancora quella di Pirri) ha la forma poligonale e si sporge in mare con il capo Sant’Elia; si estende per 80,57 km2 e, mentre nella parte me` bagnato dal mare, nel retroridionale e ` circondato dai territori di Capoterra e terra, Assemini, Sestu, Selargius, Quartucciu, Monserrato, Maracalagonis e Quartu Sant’Elena. Per la maggior ` costituito da una pianura coparte e stiera alluvionale, dalla quale si sollevano di tanto in tanto piccoli ed erti rilievi, come quelli sui quali sorgono rispettivamente il quartiere Castello e il castello; non sono lontani, d’altra parte, i rilievi del Sulcis, a ovest, e quelli del Sarrabus, a est, mentre a nord si stende la piana campidanese che arriva a com`e ` baprendere Oristano. A est la citta

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Cagliari gnata dal grande stagno di C., alimentato dal rio Mannu che giunge da nord. Da C. hanno inizio la maggiore strada dell’isola, la statale 131 ‘‘Carlo Felice’’, che si conclude a Porto Torres, la maggiore linea ferroviaria, che si dirige verso Sassari-Porto Torres e OlbiaGolfo Aranci, la strada ferrata per Iglesias e Carbonia e quella a scartamento ridotto per Mandas, Sorgono e Arbatax, ´ le due strade che seguono la cononche sta verso oriente e verso occidente, e le varie altre che si dirigono verso l’interno. & STORIA La citta ` fu fondata dai Fenici nel secolo IX a.C. e divenne un vivace centro di scambi commerciali; con l’avvento dei Punici nel secolo VII a.C. l’a` a svilupparsi in una bitato comincio zona prospiciente lo stagno di Santa Gilla nell’area detta Campo Scipione. ` il suo carattere L’agglomerato accentuo di centro commerciale; la sede riservata agli affari gravitava attorno a una grande piazza sede del mercato e l’abitato si estendeva a comprendere buona parte degli attuali quartieri di Marina e di Stampace. Sembra che avesse una certa autonomia e che fosse governato da una coppia di magistrati annuali ` detti sufeti (=). Nella sua opera La citta del sole (1984) Francesco Alziator segnala alcune tracce di questo periodo che si possono individuare ancora oggi ` popolare dei cagliarinella mentalita ` forse piu ` appariscente tani: «L’eredita del mondo punico nella tradizione po` costituita dal muro a telaio e polare e dal gravitare delle case del Campidano ` cagliaritano sul cortile interno. Non e del tutto cessato, a C., l’uso della parola kemu. Ad essa si riallaccia un sistema di ` che vamisura – il kemu era un’unita riava da quattro a cinque – del quale si servivano, fino al primo dopoguerra, specialmente le rivenditrici di fave ar` piuttosto sinorostite. Il vocabolo oggi e

nimo di poco (per es., unu kemu de genti significa poca gente). Di kemu M.L. Wagner ha riconfermato di recente, anche dopo le osservazioni del Friedrich, le ` dell’origine punica. Fino al possibilita ` a usare, come secolo scorso si continuo colorante dei tappeti prodotti dall’artigianato domestico, una sostanza tratta da su bucconi, il murice, ricavato dalla pesca nel mare cagliaritano. Questa sostanza, in effetti, era una sorta di porpora. L’antica tecnica di origine fenicia adoperava il murex trunculus e il murex brandinus, la cui polpa, lasciata putrefare, secerneva un succo giallastro che, disseccandosi sulla stoffa alla quale veniva applicato, la colorava in viola. Sostanzialmente simile era la tecnica ` probabile che un altro relitto sarda. E del mondo punico possa identificarsi nel modo di dire cagliaritano pappa pezza de fillu tuu (letter., mangia carne ` usata cerimodel figlio tuo). La frase e niosamente quando colui al quale si danno dolciumi o altro di mangereccio ne offre, a sua volta, al donatore. Ricorderemo che il sacrificio umano faceva parte della religione dei Punici, e che il sacrificio rituale dei fanciulli avveniva sul tofet. Questo deriva il suo nome dal fatto che cosı` si chiama, nella Bibbia, la valle di Ben Hinnom presso Gerusalemme (la Geenna della Volgata), nella quale il popolo di Israele praticava il sacrificio umano prima che il re Giosia lo vietasse. Anche il dio Moloch, al quale si credeva che si sacrificassero i ` mai esistito ed e ` nato fanciulli, non e solo dalla cattiva interpretazione della parola punica molk, che vuol dire sacrificio umano. La prova che anche in Sardegna i fanciulli venivano arsi vivi ritualmente l’hanno data gli archeologi con la scoperta, nel 1890, del tofet di Nora ed ora, in maniera spettacolare, con il tofet scoperto a Sant’Antioco.

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Cagliari

` dal porto. Cagliari – Veduta della citta

D’altronde il ricordo del sacrificio dei ` a fanciulli praticato dai Sardi duro ` ancora viva l’eco nel secolo lungo e ne e ´ CaraV, nei versi di Draconzio. Poiche ` punica, era la piu ` les, anche in eta ` sarda, e ` indubbio che essa grande citta dovesse avere un suo tofet. Ricollegando la frase pappa pezza de fillu tuu alla tradizione sacrificale dei fanciulli, essa deve esser intesa non certo nel senso di un’antropofagia rituale, ma in senso piuttosto simbolico. Il sacerdote, rendendo qualcosa della vittima al padre (forse le ceneri), intendeva, attraverso la frase simbolica, farlo partecipe dei benefici dell’offerta. A chi possa sembrare arrischiato il risalire da un modo di dire a tutto un fatto rituale, ricorderemo un esempio classico, quello del Tylor che, osservando il gioco infantile del fiammifero acceso passato di mano in mano ed accompagnato dalla frase ‘‘vivo, vivo te lo do’’, risalı` all’accusa fatta ai manichei di passarsi di mano in mano la vittima ferita a morte e di considerare capo colui nelle cui mani spirasse. Certo Cartagine molto influı` sulla tradizione cittadina, anche se solo scarse tracce sono oggi scientificamente individuabili. Come, d’altronde, avrebbe potuto non influire la ` di un popolo, i cui monumenti civilta sono, dopo oltre venti secoli, ancora presenti? Inoltre, a dimostrare l’attaccamento dei Sardi tutti alla tradizione

punica basterebbe ricordare che essi ´t (giudice) il console chiamarono spophe romano e nel ricordo del senso di quell’antica parola, forse, chiamarono ‘‘giudice’’ il capo dello stato della Sardegna medievale indipendente». ` CARALES ROMANA Nel 238 a.C. la citta ` , insieme a tutta l’isola, sotto il passo controllo dei Romani che ne fecero il capoluogo della loro organizzazione civile e militare. Inizialmente il centro della Carales romana rimase quello ` punica, attorno all’attuale della citta piazza del Carmine dove sorsero il foro ` repubblie il capitolium. In tarda eta ` si venne ulteriormente svicana la citta ` spoluppando e il suo centro si ando stando in un territorio compreso tra l’attuale via Malta e la via XX Settembre, e il suo perimetro finı` per includere altri piccoli nuclei intervallati da vaste zone libere. Oltre che essere sede delle magistrature principali dalle quali dipendeva il governo dell’isola, ` prese a esercitare una vera e la citta propria egemonia nei confronti degli altri centri abitati dell’isola. Nel secolo V fu occupata dai Vandali, che conservarono sostanzialmente il suo assetto e la sua funzione politica; nel secolo VI `, in breve volgere di tempo, alsubı` pero cuni duri colpi: nel 552 fu assalita e occupata dagli Ostrogoti, nel 554 dai Bizantini e nel 599 dai Longobardi. Le distruzioni operate in queste circostanze modificarono il suo assetto urbano, il vecchio centro punico-romano comin` a spopolarsi e gli abitanti si rifugiacio ` comrono in parte nei piccoli nuclei gia presi nel perimetro urbano, alcuni dei ` sicuri: tra questi il naquali ritenuti piu scente borgo di Santa Igia situato in riva alla laguna, nello stesso luogo dove era sorto il primo insediamento fenicio-punico. Tra la fine del secolo VI e il secolo ` cosı` il carattere policenVII si delineo ` mantenne da allora; trico che la citta

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Cagliari ` a partire questa tendenza si accentuo dalla fine del secolo VII con il manifestarsi delle prime incursioni arabe. Dalle poche informazioni che allo stato ` possibile trarre da fonti arabe attuale e e dai recenti scavi archeologici che hanno interessato l’area sulla quale si era sviluppata la Carales romana, sembrerebbe confermato che entro la ` del secolo VIII la citta ` fu prima meta investita da terribili devastazioni, conseguenza di almeno tre incursioni arabe, e che il centro storico rimase quasi completamente svuotato. La popolazione si sarebbe spostata in centri piccoli accostati alle colline e fortificati o in grotte che diedero luogo a piccoli insediamenti rupestri. Uno di questi piccoli centri, posto in zona protetta dalla laguna e inaccessibile ai predoni arabi, fu appunto Santa Igia. Col tempo il borgo fortificato divenne la residenza delle supreme magistrature, vi fu costruita la cattedrale e molti palazzi, cosı` che finı` per assumere il ruolo di erede della Carales antica, della quale peraltro gli abitanti non persero la memoria e soprattutto la coscienza. Nulla ` dato conoscere sulla vita di quella che e fu Carales nei secoli IX e X; sembra comunque probabile che la vita si sia concentrata soprattutto in Santa Igia e in alcuni nuclei abitati costituiti da grotte; probabilmente, come affermano le ` fu tenuta fonti arabe, questa comunita a pagare per un certo periodo la giziah. ` poco e nel Lo stato di dipendenza duro ` fu probabilcorso del secolo IX la citta mente sede delle trasformazioni che portarono alla costituzione dei giudi` lasciate cati. A proposito delle eredita da questo tormentato periodo Francesco Alziator ha scritto nella sua opera ` del sole: «Se assai breve fu l’ocLa citta cupazione vandalica, durata un’ottantina di anni, tra il secolo V e il VI, e scarsa di reali contatti tra il popolo de-

´ gli invasori e quello cagliaritano perche se ne possano trovare elementi nella ` tradizione popolare, non cosı` si puo ` bizantina, le cui tracce dire per l’eta ` popolare sono notevoli nella religiosita soprattutto nell’onomastica. Vasta e penetrante fu l’influenza bizantina sull’intero patrimonio della demopsicologia ` rilevata dagli stusarda e in parte gia diosi, sebbene l’indagine non sia stata ancora condotta nella misura che sa` possibile infatti rebbe necessaria. E che, alle origini di parecchie manifestazioni del folclore isolano, ci sia un fondo ` naturalmente tanto bizantino. Il fatto e ` valido per l’area cagliaritana nella piu quale la cultura ed il costume bizantino dovettero istallarsi prima che altrove e ` `. E manifestarsi con maggiore intensita probabile, per esempio, che l’usanza delle lunghe barbe dei Sardi risalga, ol´ , naturalmente, all’antico fondo treche pastorale, anche ai Bizantini. Furono essi infatti che, dopo il lungo periodo ` , nel quale l’ideale madella romanita schile, orientato sui tipi dell’arte classica, fu prevalentemente quello del volto glabro, ritrovarono il gusto orien` costantetale della barba. Glabra e mente la rappresentazione dei volti ma` nuragica, schili nei piccoli bronzi d’eta salvo una modesta barbetta a punta in un esemplare proveniente da Villaci` possibile dedurre che la dro, dal che e fluente barba tra i Sardi delle aree urbane fu moda post-romana e non prero` interessante, in proposito, la mana. E presenza di pettini in un inventario ecclesiastico medioevale della chiesa cagliaritana di Santa Gilla. Questi pettini, inventariati assieme a mitre, indussero il Capra a ritenere che nel clero sardo fosse sopravvissuta l’usanza della lunga barba. Un altro elemento della tradizione popolare cagliaritana che M.L. Wagner si chiede se mai possa risalire ` il nome che a C. al periodo bizantino e

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Cagliari ` al sacerdote che dued altrove si da rante il periodo pasquale va a benedire `; e del pari sarebbero le case: s’angiamo reminiscenze bizantine le strane parole del primo verso di una strofetta: An`, kilisso `, kifane`. Ad onta delle afgiamo fermazioni di certa letteratura dilettantistica del secolo scorso, manca nel folclore cagliaritano l’elemento arabo. Per lo meno, manca una discendenza ´ quel diretta da elementi arabi, perche ` di arabo e ` stato mupochissimo che c’e tuato attraverso la Spagna per via bar` stato diffuso attraverso le baresca o e ´jares che giunmaestranze arabe mude sero in Sardegna dopo la Reconquista ed in area cagliaritana lavorarono, mescolando le loro maniere con quelle romaniche, nella chiesa parrocchiale di Villa San Pietro, in San Pietro di Quartu ed in Santa Barbara di Capoterra». GLI EBREI A CAGLIARI Lo stesso F. Alziator continua: «Altro elemento, scarsamente indagato e dalla cui indagine si potrebbe invece ottenere qualche inte` quello ebraico. La ressante risultato, e tradizione cittadina ha sempre accennato con insistenza alla discendenza ebraica della gente del quartiere di Vil` lanova e anche qualche autore si e espresso in questi termini. La storia de` , in sostanza, quella degli gli ebrei di C. e ebrei in Sardegna e comincia con le deportazioni di cui si ha notizia in Tacito ed in Flavio Giuseppe. La deportazione riferita da Svetonio nella Vita di Clau` gli ebrei diano non interessa invece piu come tali, in quanto, questa volta, si trattava di ebrei convertiti al Cristianesimo e in agitazione proprio per la loro ` nuova fede. L’esistenza di una comunita israelitica organizzata con una sua si` testimoniata da Gregorio Managoga e gno sin dal VI secolo. I rappresentanti ` non esitarono a predi questa comunita sentarsi proprio al grande pontefice per lamentarsi presso di lui della fana-

tica occupazione della sinagoga fatta da un ebreo convertito, a nome Pietro, e ` a riaffermare la liGregorio non esito ` di culto ai Giudei». Le recenti riberta cerche di Cecilia Tasca ci hanno peraltro consegnato un’immagine documentata della presenza ebraica nella Cagliari medioevale. Allo stato attuale ` afferdelle nostre conoscenze si puo mare che agli inizi del secolo XI Carales era ormai definitivamente al riparo dalle incursioni arabe e che il suo centro politico, amministrativo ed economico si trovava a Santa Igia e nel suo comodo porto situato nella laguna. Nel ` si riapprocorso del secolo XI la citta ` del territorio che era stato la sede prio ` della Carales romana e delle sue attivita economiche tradizionali, cosı` il commercio del sale riprese attorno alle grandi saline a oriente e a occidente del nucleo abitato; soprattutto a oriente, attorno alla chiesa di San Saturnino dove i Vittorini svilupparono un loro grande complesso che divenne centro religioso e commerciale insieme. Vi erano poi i mercanti pisani, ` la cui presenza divenne sempre piu massiccia nel corso del secolo XI e del XII e che tese a trasformarsi in pre` da credere che essi absenza politica. E biano sviluppato il loro centro nel territorio della Marina, in cui dovevano essere ancora numerose le rovine della ` romana. In questo territorio si svicitta lupparono i centri di Lapola e di Santa Maria di Porto delle Grotte, dove essi ` commerciali. radicarono le loro attivita ` era frequentata anche da un nuLa citta mero crescente di mercanti genovesi e certamente i giudici ebbero a che fare con loro. Dalle fonti a nostra disposi` concludere che nel corso zione si puo del secolo XI il carattere policentrico ` aveva assunto nei secoli preche la citta cedenti si era accentuato e che la vita aveva preso nuovamente a pulsare in

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Cagliari quelli che di lı` a poco sarebbero diventati i quartieri di Stampace, della Marina e di Villanova.

Cagliari – La chiesa di San Saturnino, il cui ` bizantina, e` una primo impianto risale all’eta ` antiche della citta `. delle piu

IL MEDIOEVO Fu nel corso del secolo XIII che le scelte politiche della dinastia giudicale impressero a C. i caratteri ` conserva tuttora; nel 1217 che la citta infatti la giudicessa Benedetta concesse ` dei mercanti pisani il alla comunita colle che dominava solitario gli antichi quartieri nei quali la vita andava riorganizzandosi sulle rovine della Carales romana. Questo colle forse era stato sede di stanziamenti militari fin dal periodo punico-romano, ed era stato certamente utilizzato, assieme a quello di San Michele, per difendere Santa Igia e ` dopo il secolo XI. Sul la rinascente citta colle i mercanti pisani, che si sentivano ´ mipoco sicuri a Lapola anche perche nacciati dalle crescenti simpatie filogenovesi della dinastia giudicale, si stanziarono definitivamente dando vita al Castrum Calaris che fortificarono potentemente facendone l’antitesi di Santa Igia, la capitale del giudicato. ` noto nel 1257 la politica del CoCome e ` la fine dell’indipenmune di Pisa segno denza politica del giudicato, Santa Igia fu assalita e distrutta e il giudicato smembrato; e cosı` il Castrum Caralis, dove i Pisani si erano radicati, divenne il centro politico del vasto conglome-

rato della antica Carales: da questo momento sarebbe stato il luogo proprio dei rappresentanti dei dominatori esterni, non solo di C. ma di tutta la Sardegna. ` radiSparita Santa Igia, la vita sembro carsi nel Castrum e nella sottostante Marina, il cui porto divenne il naturale ` , mentre scalo commerciale della citta le appendici di Stampace e di Villanova venivano popolate rispettivamente da artigiani e da contadini. Cosı`, mentre il ` il caratCastrum assumeva sempre piu tere di centro dell’insediamento, rinascevano gli antichi quartieri romani e la ` con i suoi palazzi, le sue nuova citta strade e le sue mura andava cancellando la memoria della Carales cantata da Claudio Claudiano. L’assetto di C. ` nel secolo successivo, non si modifico anche quando, tra il 1323 e il 1326, fu portata a termine la conquista catalano-aragonese; infatti quando, nel 1326, ebbero inizio le operazioni militari per fiaccare la resistenza del Ca` commerstrum e rovinarne le attivita ciali, gli invasori costruirono sul colle di Bonaria e su quello contiguo di Mon` cui concessero gli stessi reale una citta privilegi di Barcellona; questo nuovo ` vita breve: le ostilita ` centro ebbe pero tra Pisa e l’Aragona ebbero termine nel 1326, i Pisani furono cacciati e il Castrum fu popolato con aragonesi, catalani e valenzani. Questo importante ` la rapida fine della evento determino ` sul colle di Bonaria e il definitivo citta spostamento della vita politica ed eco` in quelli che in breve nomica della citta sarebbero divenuti i quattro quartieri storici di Castello, Marina, Stampace e Villanova. C. ottenne ben presto gli stessi privilegi amministrativi di Barcellona e fu governata da propri organismi elettivi che convissero perfettamente con l’apparato del governo reale che si occupava di tutta la Sardegna.

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Cagliari – La torre dell’Elefante svetta con la sua mole possente sui bastioni del castello.

Cessate le guerre con l’Arborea, data la sua posizione geografica lungo la rotta ` del sedelle spezie, entro la prima meta colo XV fu confermata, oltre che capitale del regno, fiorente centro commerciale. L’abitato si abbellı` di importanti edifici civili e religiosi e il ceto bor` a consolidare la propria ghese penso ` in citta ` gli condizione; giungevano pero echi di una crisi profonda che scuoteva il regno d’Aragona e che minacciava di far sparire i privilegi antichi; cosı` le famiglie borghesi, preoccupate del proprio avvenire, presero a investire i propri capitali in una vorticosa compravendita di feudi. Alla fine del secolo la ` degli ebrei e l’unificacciata dalla citta cazione delle corone dei regni spagnoli in un’unica dinastia ne modificarono ` di essere l’assetto strategico: C. cesso un centro commerciale lungo la rotta ` in una citta ` delle spezie e si trasformo periferica, capitale di un regno misconosciuto e avamposto militare nella rinnovata contesa con i musulmani del Me-

diterraneo. A questo periodo risalgono secondo Alziator alcune credenze po` del polari relative agli ebrei (La citta sole): «La presenza di norme relative agli ebrei nella legislazione municipale ` cagliaritana conferma che la comunita esistette sempre fino al 1493, anno nel quale Ferdinando il Cattolico, con la famosa lettera a Giovanni Dusay, luogotenente generale del Regno, estese alla Sardegna l’editto che ordinava il bando degli ebrei dagli stati dell’impero spagnolo. Disciolta per forza di quel tre` e chiusa la mendo editto la comunita sinagoga, che in quel tempo sorgeva ` tardi fu edificata dai Gesuiti dove piu la chiesa di Santa Croce, cosa sopravvisse della vita giudaica cagliaritana? ` prospettata l’ipotesi che i cosidSi e detti arregatteris derivino in qualche ` ebraica. modo dalla vecchia comunita Anche una espressione proverbiale sul mercoledı` parrebbe orientare verso fonti giudaiche. Un proverbio dice: In mesu in mesu comenti su mercuris (proprio nel mezzo come il mercoledı`). L’espressione non ha senso se considerata in funzione della settimana che, secondo l’uso attuale, comincia di lunedı`, ma acquista tutto il suo valore in una settimana che abbia inizio di domenica. Avremmo cosı` la successione: domenica, lunedı`, martedı`, mercoledı`, giovedı`, venerdı`, sabato, nella quale il mer` veramente il giorno che sta al coledı` e centro della settimana. Una spiegazione possibile di questo modo di computare la settimana potrebbe ritrovarsi, come si diceva, in origini ebraiche, facendolo risalire all’usanza dei sabbatari – e sabbatari dovevano essere i cristiano-giudei deportati in Sardegna in forza dell’editto di Claudio – di considerare festivo il sabato e di far di conseguenza terminare con questo giorno il computo settimanale che veniva cosı` ad essere ripreso con la domenica. Il

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Cagliari ` pero ` spiegabile anche con l’anfatto e tico uso cristiano di partire dalla domenica, nel computo delle feriae, per cui il lunedı` risultava la secunda feria e di conseguenza il mercoledı` era la quarta feria. Tuttavia la sola testimonianza di ` offerta da sicura origine giudaica ci e ` bara, nome cagliaritano del vecena ` anche di area regionale. Di nerdı`, che e conseguenza, ci sembra che non vi siano sufficienti elementi storici a sostenere l’ipotesi di una particolare discendenza giudaica degli abitanti del quartiere di Villanova. D’altra parte, l’affiorare del solito antisemitismo verbale delle zone di influenza spagnola, espresso in frasi offensive tuttora in uso come facci de giudeu (faccia di giudeo), no du aressit fattu mancu unu ebreu (non lo avrebbe fatto neppure un ebreo) e la generica accusa di ebreu per avaro non sono da sole sufficienti a smentire o ad avvalorare le presunte discendenze ebraiche nel quartiere».

` sul Cagliari – Antichi stemmi della citta paramento calcareo della torre dell’Elefante, ` pisana, opera dell’architetto cagliaritano d’eta Capula.

UNA POTENTE PIAZZAFORTE Con l’av` assunse l’avento degli Asburgo la citta spetto di una potente piazzaforte e nel corso del secolo XVI, grazie all’opera di alcuni architetti militari, le sue mura vennero ristrutturate e arricchite da un sistema di bastioni in grado di sfi-

` potenti artiglierie. Intanto dare le piu ` cittadina pasl’egemonia della societa sava dai mercanti ai grandi funzionari dell’amministrazione reale e ai feuda` . Queste tratari che risiedevano in citta sformazioni determinarono le forti tensioni che contraddistinsero la vita della ` nel corso del secolo XVI. Nel Seicitta ` cagliaricento i caratteri della societa ` assunse tana si stabilizzarono, la citta ` la fisionomia di una piccola sempre piu capitale di un regno marginale nello smisurato Impero spagnolo. Quindi C., ` la cui ispanizzazione era sempre piu evidente, soffrı` della crisi economica ` l’estrema fase della che caratterizzo storia degli Asburgo di Spagna; fu questa probabilmente la ragione che fece esplodere la delicata situazione e de` la crisi esplosa con l’omicidio termino Camarassa. Tuttavia C. non perse l’attitudine ad attirare all’interno delle sue mura una forte corrente di persone provenienti dai centri interni dell’isola e ` di liguri e di sicirilevanti comunita liani che si stanziarono prevalente` mente nella Marina. Nel 1720 la citta ` senza grandi sussulti alla dinastia passo ` essere considei Savoia, evento che puo derato come l’inizio dell’ultima fase della sua multimillenaria esistenza. Il ` continuo ` cotessuto sociale della citta munque a modificarsi nel corso del se` formandosi una vivace borcolo. Ando ghesia commerciale le cui radici erano molto varie, visto che vi si venivano sta` di piemontesi, lombilendo comunita bardi, francesi, svizzeri, greci e inglesi che contribuirono a sviluppare fiorenti ` commerciali e a modificare siattivita `. stemi di vita e abitudini della comunita Il ceto intellettuale dei professionisti e degli studenti che ruotavano attorno ` espresse la crealla rinata Universita scente aspirazione a riforme di carattere istituzionale e una rinnovata coscienza nazionale. In questo contesto il

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Cagliari rapporto di C. con la burocrazia pie` felici e alla fine montese non fu dei piu del secolo le tensioni culminarono nei moti del triennio 1793-1796, che ebbero al loro centro l’arresto e la cacciata dei Piemontesi (28 aprile 1794).

Cagliari – Piazza Yenne.

CON SANT’EFISIO A proposito della tentata invasione francese del 1793 Antonio Romagnino ha scritto nel suo Nuove passeggiate cagliaritane (2002): «I fatti di C. nel 1793 si svolsero per terra, per mare e nell’aria. Nei porti e nelle spiagge c’erano i miliziani e le truppe piemontesi, nel golfo c’era la flotta dell’ammiraglio Truguet impegnata in bombardamenti micidiali, per il cielo di C. volteggiava Sant’Efisio. Quest’ul` cosı` intimamente letima presenza e gata alle vicende di quelle terribili gior` storia, anche la piu ` nate che non c’e asciuttamente laica, che non dia un posto rilevante alla partecipazione del grande patrono dell’isola alle operazioni di guerra. Anche Giuseppe Manno, restio ad occuparsi d’altro che non attenga alla sfera delle forze politiche e militari in campo, ha nella Storia della Sardegna un palpito inconsueto riferendo la processione che, rinnovando l’antica devozione, prepara la mitologia ` religioso-guerresca di cui si circondo immediatamente l’assedio dei francesi. Gli eserciti rivoluzionari arrivarono preceduti dalla fama sinistra di profa-

natori di chiese e di conventi, un’aura irreligiosa ed atea avvolgeva le loro bandiere. Fu facile in quei giorni fare una causa sola del Principe e di Dio, e persuadere i Sardi che non si trattava di salvare solo la corona dei Savoia, ma che anche il culto religioso era minacciato dalla licenza giacobina di vilipendio e di profanazione. In quella commistione di passione civile e di ragioni religiose, non era difficile che agli alacri apprestamenti difensivi si aggiungessero le manifestazioni che attingevano alle pie credenze. Il 22 gennaio 1793, dopo che i primi sbarchi e scontri avevano avuto luogo alla fine dell’anno appena trascorso, l’ardore religioso raggiunse un altissimo tono e una grande plebiscitaria processione si mosse per ` . La guidava l’arcivele vie della citta scovo Melano ed era diretta – per benedirla – alla batteria del Molo, che era ` alto peso deldestinata a subire il piu ` civili l’assedio. C’erano tutte le autorita e militari, c’erano tutti i corpi religiosi ` . Immensa era anche la folla della citta di popolo che li accompagnava. Ma soprattutto i miliziani, venuti da ogni parte della Sardegna, esprimevano un impeto di passione nazionale. Era bello a vedersi, commenta il Manno, che procedessero a squadre serrate, tenendo in un pugno il fucile e nell’altro il rosario, ` esse stesse die che dalle loro fila, gia sciplinate, si levassero altissime le corali preghiere. ‘‘La preghiera indivi` vista pietosa’’, conclude lo duale e stesso storico algherese, ‘‘ma quella di ` anche spettacolo suun popolo intero e blime’’. In questa tensione religiosa si colloca la credenza che sia stato proprio Sant’Efisio ad aver ragione dei francesi. Lo si era invocato fin dal 30 ottobre del 1792, quando la minaccia si era rivelata imponente, e il suo intervento fu per tutta la durata della cam` decisivo della pagna ritenuto anche piu

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Cagliari protezione della Vergine e di San Saturnino, che pure erano stati invocati con lui. Per quell’aiuto soprannaturale le armi acquistavano una precisione ed un’efficacia superumane, respinte dalle mani del santo le palle infuocate ripercorrevano una traiettoria a ritroso ` alle navi che le avevano landalla citta ciate. Di quella presenza miracolosa si credette di vedere per ogni dove anche i ` ingenui. L’arcivescovo Mesegni piu ` piu ` tardi che un canalano testimonio rino era andato saltellando dall’uno all’altro cannone della batteria che egli ` acceso si aveva benedetto, quando piu fece il calore dell’attacco. La fama che ` in quei giorni Sant’Efisio si guadagno era ancora assai viva a molti decenni di distanza. Pietro Martini, anche lui storico insigne poco propenso all’agiogra` di fia, ricordava ancora nel 1847, a piu cinquant’anni dall’avventura corsa dalla Sardegna, la molteplice protezione che il martire di Nora aveva eser` , le citato sulle pesti, le morı`e, la siccita discordie civili, le guerre dell’isola, e lo legava strettamente all’amor di patria, ai successi della nazione sarda, alle sue ` militari, concludendo che per l’ovirtu pera sua ‘‘C. fedele al trono sabaudo e alla madre Italia trionfava della tremenda oste francese’’. Anche se la sto` sempre le riografia francese minimizzo operazioni, che fra il 1792 e il 1793 ebbero come teatro le isole di San Pietro e di Sant’Antioco, C., Quartu ed infine La Maddalena, ed anche se in quella italiana la resistenza isolana non ha avuto il rilievo che meritava, pure intorno a quei fatti matura presto il convincimento che la Sardegna avesse, salvando se stessa, salvato il resto d’Italia. Questa credenza si diffuse subito rapidamente negli ambienti religiosi. Il breve di Pio VI ai Sardi del 31 agosto 1793, pieno di ` la piu ` illustre lodi e di riconoscenza, e testimonianza di questa corrente d’opi-

` interessante e ` il nione. Ma anche piu carteggio che in quegli stessi anni intercorre fra l’arcivescovo di C., monsignor Fr. Vittorio Melano dei Conti di Portula di Cuneo, e un prelato recanatese, don Pietro Rossi, che si esalta alle prove che il santo guerriero aveva appena dato. Chiede che gli sia mandata qualche reliquia, ma si sente rispondere che di Sant’Efisio i cagliaritani non hanno ` nulla, da quando i Pisani se lo sono piu portato via nel 1088 insieme ai resti di San Potito, che quindi si rivolgesse a Pisa, e magari, e non si capisce proprio ´, a Radicofani. Ma Melano, che si perche firmava Fr. Vittorio, insiste sulle vicende appena concluse (erano state da poco sgombrate in aprile le isole di San ` un poPietro e di Sant’Antioco) e da tente contributo alla credenza del salvataggio operato da Sant’Efisio. Erano per lui soprattutto i fatti che lo provavano. Malgrado il valore dei combat` avrebbe dovuto cedere tenti, la citta ` degli assedianti. C’era alla superiorita la mano del santo nelle tempeste che puntualmente erano arrivate a sconvolgere ogni piano: in quella del 21 dicembre 1792 da cui la flotta francese fu dispersa e maltrattata, e sulle altre due, la prima delle quali permette di rafforzare le batterie verso il mare, e la seconda indebolisce le truppe da sbarco. Anche l’ultima tempesta del 12 febbraio rimandava alla mano celeste: due navi da trasporto furono trascinate sulla spiaggia, insieme con un vascello da guerra, che fu successivamente incendiato, e due fregate, disalberate, poterono solo faticosamente riprendere il mare. Anche i resti della disfatta accendevano la fantasia, fosse quella del vescovo o quella del popolo: il golfo pullulava dappertutto di ancore e di gomene, le truppe da sbarco in fuga precipitosa abbandonavano cumuli di approvvigionamenti e di armi. Anche la durata dei

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Cagliari bombardamenti muoveva l’animo al meraviglioso. Quello del 28 gennaio era durato ben sei ore, quello del 26 febbraio esattamente il doppio, eppure la ` non aveva capitolato: le due cocitta lonne che da Quartu si spingevano verso Sant’Elia furono fermate sı` dal coraggio di due capi ammirevoli, Antonio Pisano di Barı` e il leggendario Giro` credibile che lamo Pitzolo, ma era piu anche in quel frangente si fosse messo a capo di quegli intemerati combattenti Sant’Efisio. Infine la stessa resistenza di 34 giorni aveva qualcosa di grande e di prodigioso. Aveva ragione l’arcivescovo a supplicare il papa di estendere l’officio di Sant’Efisio alla Chiesa universale, o almeno di diffonderlo negli stati del Reame. La supplica non ebbe successo, ma intanto Sant’Efisio si guadagnava – con quella sua trasvolata del 1793 – un ruolo di protagonista nella copiosa iconografia cagliaritana del tempo: sedici pezzi tra dipinti e stampe, di cui quattordici primamente censiti da Luigi Piloni (un numero altissimo, come ha osservato Ilario Principe nel suo C., rispetto alle scarse rappresenta` nei secoli precedenti, zioni della citta che si muovono fra la ripetizione della carta topografica dell’Arquer ed i disegni delle fortificazioni). Vi spicca l’incisione in rame (1798) del cagliaritano Gioacchino Corte che rappresenta – come se provenisse da una fotografia scattata da un sicuro obiettivo al suo primo apparire – Sant’Efisio che da un trono di nuvole guarda verso una croce luminosa, mentre le navi francesi sono schierate a battaglia nel golfo, con le traiettorie dei proiettili, che non si ca` verosimilpisce se siano di andata o piu mente di ritorno, come vuole il grande protettore. Il tutto circondato da trofei di bandiere, dagli stemmi di C. e della Sardegna, e da riquadri con le rappresentazioni degli episodi principali

della vita del Santo e dei suoi molti miracoli». NELL’OTTOCENTO La fine del secolo XVIII e il primo decennio del XIX furono caratterizzati da una breve ma intensa permanenza della famiglia reale ` che pero ` poco incise sui sistemi in citta ` citdi vita e sui caratteri che la societa tadina andava assumendo. Fu nel corso ` dell’Ottocento che si della prima meta verificarono gli eventi che modifica`; rono ancora una volta la vita della citta due i fatti di maggiore rilievo: lo svilupparsi di una florida borghesia, evoluzione di quella settecentesca, che diede ` di tipo imgradualmente vita ad attivita prenditoriale, e la perdita del carattere di piazzaforte militare; fattori che determinarono una notevole modifica` anche da un punto di zione della citta ` vista urbanistico. Cosı` nel 1848 C. saluto la fine delle istituzioni autonome e credette di vedere in quella che i sardi di allora chiamarono ‘‘fusione perfetta’’ l’inizio di una nuova fase della sua esistenza. In effetti questo passaggio fu ` una disillusione che una sodforse piu ` continuo ` disfazione, tuttavia la citta gradualmente a crescere e modificarsi. Si colloca in questi anni la preziosa e puntuale testimonianza di Vittorio An` , strade, edifici ecc. gius: «Parti della citta Componesi C. di quattro distinte parti, ` appellate ‘‘quartieri’’. Il Castello e pero la Marina contenuti entro le fortificazioni, e separati una da altro per la cortina dal Balice allo Sperone, stanno sul colle che ha le falde al mare; quello nella parte superiore sulla pendice a ponente, questa nell’inferiore sulla pendice a libeccio. Lo Stampace alle falde di ponente distendesi in projezione al maestro, seguito dal borgo di S. ` nnera): la VillaAvendrace (santa Te nova alle falde di levante producesi sottilmente quasi da mezzodı` a mezzanotte. La superficie delle quattro parti

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Cagliari ` di metri quadrati 884,912 principali e risultanti dalle parziali 134,825 per lo ` castello con 120,912 per l’area di cio che dicono cittadella: 137,387. 50 per la Marina: 189,787. 50 per lo Stampace, non compreso il borgo: 293,000 per la Villanova. Il Castello ha contrade prin` piccole alle mura, cipali 6 ed altre piu ` lunga e notraverse 4, isole 27. La piu bile che pare andar media, secondo la ordinaria corrispondenza delle cose alle parole, con molte stortezze dicesi ` di metri 484,80. Su dritta. Sua misura e `e ` uno spazio, questa quasi nella meta ` da poco che dicono la piazzetta, ed e ` aperto un altro infine della che se n’e medesima, e fu nominato la piazza di S. ` il ramparo di S. Brancazio. Quindi e Croce, ed il bastione di S. Remigio. Persistono ancora alcune case fabbricate nei passati secoli. La circonferenza del` l’abitato e ` di 3,030. Vi sono l’area dov’e aperte quattro porte; la porta Castello alla Marina; la porticina dell’Elefante a Stampace; l’Apremont alla porta avanzata per la Villanova; e la recente porta Cristina a porta Reale sul colle di S. Lorenzo. La Marina, o Lapola, presenta la figura d’un trapezio. Sonovi strade maggiori per l’erta 8 della lunghezza del quartiere di circa 303 e altrettante in` bella e ` la tersecanti, della quali la piu ` la linea di comunicacosta, per cui e zione tra lo Stampace e la Villanova. ` spaziosa di tutte e ` la piazza or detta Piu di s. Francesco, e in addietro della Ma` sono le porte rina, nelle cui estremita della darsena e del molo. Si annoverano isole 37, e da tutte le parti riunioni di case alle spalle dei rampari. La darsena ` lunga miglia 234, larga 110, con apere tura 56. Nel primo giorno del 1836 vi si numerarono 56 navi di carico, e vi re` per legni minori. stava ancora capacita ` ricaLa Marina ha 6 porte, come puo ` detto. Di queste e della alvarsi dal gia ` notate nel Castello due sole sono tre gia

in buon disegno, Porta Cristina nel Castello e Porta Villanova nella Marina. Sarebbe a notarsi la porta del Molo per ` troppo piccola. la sua architettura, ma e Fu ordinata ma sinora non eseguita quella di Stampace secondo il disegno del cavaliere De Albertis in architettura di forme adatte alla fortificazione, di cui sarebbe parte. Quando si effettui vedrassi tolta la discontinuazione della strada Yenne con la costa cagionata dall’orecchione del vicin baluardo. Stam` esser distinto in due parti; pace puo ` circondata di mura, quella che fu gia delle quali nel secolo XVI era in gran parte nudata; e la contrada Yenne con sue appendici. Nella prima sono isole ` della faccia a 21, nell’altra 15. A pie maestro del baluardo del Balice formavasi la piazza di s. Carlo, e vi si ergeva il monumento del marchese di Yenne, onde comincia la misura migliaria delle grandi strade del regno fatte e da ` ampia e piu ` bella fare. Diverrebbe piu ` concesso tolte quelle casette, che si e fabbricar nel fosso. S. Avendrace, borgo di C., che dista metri 390 dal rione dell’Annunziata, nel quale spazio ornato di due ordini di alberi a una e ad altra parte della strada suol essere la passeggiata nei giorni sereni d’inverno, componesi di 203 case, delle quali 190 a pian terreno, disposte in due linee bruttamente spezzate a una e ad altra parte ` del colle dei della grande strada a pie sepolcri antichi. Alcune famiglie misere abitano entro quelle caverne. Vil` lanuova ha due grandi contrade, la piu lunga di s. Giovanni di metri 1212, l’al`las, di 1090,80 che tra detta de is argio procede con una larghezza irregolare. Si numerano altre minori 15, traverse ` . Presen11, isole 60. Prospetto della citta tasi essa in bell’aspetto da vari punti del suo circondario, e dal mare, nel quale si specchia. Approssimandosi al lido vedresti le batterie al pelo delle acque, e

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Cagliari la cortina distesa fra li due maggiori baluardi, siccome il podio di un anfiteatro: quindi su per l’erta poco mite altre opere di difesa, e tra essi in iscena piacevole le svariatissime forme degli edifizi di Lapola; i colossali baluardi che la dominano con l’intermedio muro da una parte, dall’altra le rupi perpendicolarmente tagliate su l’opere di difesa ` una belliscongiunte, ed esterne dove e sima passeggiata lieta per molte piante, le fabbriche che sorgono superbe, tra le quali tinte di color rossigno le due bellissime torri, l’Elefante, e s. Brancazio sovraeminente a ogn’altro vertice che ´ a propugnacolo, ne ´ ad ergastolo semne bra fatta, ma, come consente il cielo frequentemente sereno e purissimo, a una bellissima specola astronomica. Sotto quest’aereo castello vedrai giacenti i due quartieri, quinci Stampace ed il ` lontano borgo tra lo stagno e il colle piu dei sepolcri; quindi Villanuova tra il colle di Castello e Monreale, e nella parte inferiore di questo gli edifizi di Bonaria, e la non lontana cappelletta ` del 1656, monumento della mortalita nella falda il cenotafio contiguo a un bo` facile darti una ansco di palme. Non e che oscura immagine della bella apparenza di C., principalmente ne’ bei giorni sı` dal mare che dai vari punti ` ben lond’intorno, e quel che dicesi e tano dal merito del vero. Passeggiate. Prima del 1820 non se ne aveva altra, che nel bastione di s. Remigio, e fuor di ` nello stradone a Bonaria. Indi si citta formavano quella della polveriera, e l’altra di s. Lorenzo. La prima incominciata dal gen. Villamarina, e continuata dal C. Roero terminavasi dal C. Boyl. Mette in un giardinetto pubblico, dove ` una statua antica, che si dedicava alla e nobilissima sarda eroina Leonora di Arborea con in fondo una facciata di casino bella per l’architettura, e per al` coperto lo stacune statue, dalla quale e

bilimento della fabbrica delle polveri. La passeggiata di Buon Cammino, o di s. Lorenzo dal rivellino di Porta reale al ciglio della rupe sopra il gran fosso dei Mirrioni, lunga metri 521,43 (quanta risultava una piccola base misuratavi nel 1835, a verificamento della Lirelliana, per li cavalieri della Marmora, e De ´ inferiore per la forCandia), comecche mazione alla predetta e ad altre, siccome angusta e spoglia d’alberi, tutta` la piu ` salubre e gradita. La partivia e ` delle passeggiate del Castello colarita ` il larghissimo prospetto d’un pittogli e resco orizzonte, il cui simile non pare sia goduto da altro punto abitato del ´ odesi rammentato e lobel paese, ne dato da quei pure che abbian visitate le ` belle regioni della rimanente Eupiu ropa. Sono veri centri di stupendi panorami. Qui dappresso certe rupi, costruzioni militari di certa arditezza, e di un aspetto tetro sı` ma imponente, i vasti scavamenti del colle con molte vestigie ` bassa, e l’aldi antica grandezza, la citta ` d’intra sul dorso della eminenza, in la torno le diverse coltivazioni, verzieri, giardini, case e cappelle di campagna, linee stradali fiancheggiate da siepi moltiformi, circoscrizioni di poderi, colline fortificate, il porto massime quando frequentato, lo stagno di ponente con gran numero di barchette, la gran striscia della Plaia coi suoi ponti, l’isoletta, le peschiere, le paludi e gli stagni di levante quando in pienezza, quando in diminuzione con in questi e in quello a certi tempi immense schiere di uccelli acquatici, e alle loro sponde i vasi saliferi, e gli ammucchiati prodotti, la vastissima pianura che producesi in ` della forza visiva verso maestro, i dila versi manti della medesima per lo co` e vario stato lore delle terre, diversita delle coltivazioni, la verzura sempre vivace, quella dei seminati succedendo al ` color del pampino, i villaggi vicini, i piu

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Cagliari lontani, le eminenze, le valli, le catene dei monti di levante e di ponente con variabilissime tinte, e con apparenze ora oscure ora distinte, i lontani gioghi dei monti della Barbagia dall’ottobre al maggio da distinguere per lo candore della veste invernale, il vasto golfo che sembra inclinarsi da una gran lontananza alle sponde, la sporgenza del colle di s. Elia a formar due gran seni, ` di insomma una non definibile quantita ` mai la oggetti, una scena che non e stessa e che varia con le stagioni, ma secondo che cangia lo stato dell’atmosfera, e la posizione del sole».

Cagliari – Saline. Il capoluogo e` stato per secoli, ` moderna, una delle piu ` soprattutto nell’eta ` del sale’’ del Mediterraneo. importanti ‘‘citta

LA CITTA` BORGHESE Quando nel 1861 fu proclamato il Regno d’Italia, C. assunse ` decisamente il carattere di ancora piu ` borghese, capoluogo di una procitta ` immemore della pasvincia sempre piu sata e forte caratterizzazione autonomistica e alle prese con una ricorrente ` tuttavia crisi economica.C. esercito ` un ruolo egemone nei consempre piu fronti degli altri centri dell’isola e, trascinata dalla borghesia imprendito` una radicale trasformariale, avvio zione urbanistica abbattendo gran parte delle mura e avvicinandosi gra` pordualmente al mare e alle attivita tuali. Visse i grandi momenti della prima guerra mondiale e dell’avvento del fascismo senza perdere i caratteri

che aveva assunto nei decenni precedenti. Durante il ventennio fascista furono forzatamente aggregati al suo territorio i centri di Pirri, Monserrato, Selargius, Quartucciu ed Elmas che persero la loro autonomia e furono trasformati in frazioni e posero le basi per una serie di difficili relazioni culturali e politiche che hanno contribuito a segnare ` . Con la profondamente la vita della citta ` fu seconda guerra mondiale la citta sconvolta dai bombardamenti aerei che distrussero quasi il 70% del suo tessuto urbano e costrinsero la popolazione a sfollare in massa nei centri dell’interno. Finita la guerra, gli sfollati tornarono e si resero protagonisti di una rapida e impetuosa ricostruzione; ` , che frattanto era diventata cala citta pitale della Regione autonoma, seppe svilupparsi rapidamente grazie a una massiccia immigrazione e in pochi anni ha assunto i caratteri di una mo` mediterranea. La violenza derna citta ` determinato di questo processo ha pero una insanabile frattura con quei centri che il fascismo aveva forzosamente ridotto a rango di frazioni, facendo rina` una profonda scere in queste comunita coscienza autonomistica; il susse` e guente loro distacco pone alla citta alle sue esigenze di sviluppo seri problemi di prospettiva futura.

Cagliari – Imbarcazioni all’attracco nel porto. &

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` molto ECONOMIA La sua economia e

Cagliari ` basata su numerose diversificata ed e ` industriali e imprenditoriali attivita che sono stimolate dalla presenza, nella ` e nell’area immediatamente circocitta stante, di una concentrazione di popolazione che non ha uguali nell’isola. ` tradizionali resta traccia Delle attivita in alcune produzioni orticole e viticole, nella presenza di allevamenti e nella produzione di formaggi e vini; hanno ` preso invece grande impulso le attivita commerciali e ovviamente quelle le` terziarie e ai servizi. gate alle attivita Si ha un totale di 12 700 imprese. Per ` produttive, quanto riguarda le attivita mentre rallentano alcune di quelle ormai consolidate nel territorio, come le petrolchimiche e quella antichissima del sale, nuove prospettive sembrano essere offerte dal graduale sviluppo dei traffici nel nuovo porto industriale.

mano della Caralis-Turris. C. dispone di ` sede di ospedali, porto e di aeroporto; e cliniche private e cliniche universita` rie, di farmacie, di guardia medica. E `, di scuole di ogni orsede di Universita dine e grado e di centri di formazione ` anche sede di servizi professionale; e bancari. Possiede la Biblioteca comunale, la Biblioteca provinciale, le Biblioteche universitarie; numerosi musei, il Teatro civico, l’Auditorium, lo stadio, il palazzo dello sport, il Campo osta` coli, l’Ippodromo, due Tennis Club. E

Cagliari – Il porto-canale, destinato a ospitare il traffico delle grandi navi-container, e` una struttura fondamentale nello sviluppo della `. citta

Cagliari – Nel golfo degli Angeli, a brevissima ` , gli stagni alimentano distanza dalla citta (quando sono al riparo dai pericoli ` di dell’inquinamento) una notevole attivita pesca.

Artigianato. Tradizionali e un tempo ` orafe molto sviluppate erano le attivita sia nel campo dell’argenteria sia nella produzione di pregevoli lavori di gioiel` collegata leria in filigrana. Servizi. C. e da ferrovie e da autolinee a tutti gli altri centri della regione. Da C. parte l’arte` importante della Sardegna, che ria piu raggiunge Sassari e Porto Torres ricalcando in parte il vecchio tracciato ro-

sede di Ente provinciale per il turismo ` dotata di 19 alberghi con 2212 posti ed e letto; 85 ristoranti, numerosi bed and breakfast, un porto turistico con 290 po` sede di attivita ` di turismo sti barca, e ippico.

DATI STATISTICI Al censimento del 2001 la popolazione contava 165 926 ` , di cui stranieri 1845; maschi unita 77 915; femmine 85 011. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 1496 e nati 1079; cancellati dall’anagrafe 4260; nuovi iscritti 3116. Tra gli indicatori economici: depositi bancari

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Cagliari 4610 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 24 395 in migliaia di lire; versamenti ICI 67 698; aziende agricole 220; imprese commerciali 12 934; esercizi pubblici 1350; esercizi al dettaglio 3684; ambulanti 689. Tra gli indicatori sociali: occupati 66 096; disoccupati 6237; inoccupati 15 832; laureati 16 111; diplomati 49 116; con licenza media 62 321; con licenza elementare 45 735; analfabeti 3158; automezzi circolanti 111 693; abbonamenti TV 46 614.

Cagliari – La necropoli di Tuvixeddu e` una ` punica lungo vasta sequenza di tombe d’eta una parete di collina che ora si trova al centro `. della citta

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il pa` e ` trimonio archeologico della citta ` molto ricco e testimonia la continuita ` dell’insediamento a partire dalla piu ` prenuragica. I piu ` antichi remota eta insediamenti sono stati individuati nelle grotte di Sant’Elia e in quella di San Bartolomeo oggi scomparsa. Sono state individuate anche tombe risalenti alla cultura di Monte Claro in regione ` Sa Duchessa e in via Basilicata, dove e stata individuata anche una grotticella con tre camerette disposte a trifoglio alle quali si accede da un pozzetto qua` la drangolare. Della stessa epoca e grande stazione di Terramaini presso ` Pirri. Anche se il territorio della citta ` nuradovette essere frequentato in eta &

gica, come dimostrano i siti ancora reperibili nel territorio delle sue frazioni, non se ne ha traccia nel territorio urbano. Numerose invece le testimonianze fenicio-puniche; tra queste certamente quella di maggiore importanza ` la necropoli di Tuvixeddu che e ` costie tuita in gran parte da tombe a camera ipogeica scavate nel calcare alle quali ` ansi accede attraverso un pozzo; le piu tiche risalgono al secolo VI a.C. Numerosi e importanti i resti romani, come l’Anfiteatro che risale al secolo II d.C. e che conserva ancora una parte notevole delle gradinate scavate nella roccia, dei sottopassaggi e della cavea; la cosid` in effetti detta Villa di Tigellio, che e un complesso di tre case patrizie (domus) risalenti al secolo I d.C. e utilizzate almeno fino al IV; la Grotta della Vipera, tomba fatta scavare da Cassio Filippo per sua moglie Atilia Pomptilla, anch’essa del secolo I d.C., sulle cui pareti sono riportati versi d’amore e in lode della donna, che pare avesse sacrificato la vita per salvare quella del marito. A questo bel monumento lo scrittore Antonio Romagnino ha dedicato un capitolo delle sue Passeggiate cagliaritane: ` la con«Quando nel sec. XVII scoppio troversia fra i vescovi di C. e di Sassari per la primazı`a in Sardegna, e si scovarono nuovi santi martiri un po’ dappertutto per assegnarla a chi ne avesse con` , anche Atilia fu fatta santa e tato di piu ` che fosse pagana e che la non importo sua storia fosse tutta terrena. Si dovette aspettare il lucido secolo successivo per conoscere la vera storia di Atilia Pomptilla. Da Muratori a Le Bas, studiosi italiani e stranieri la lessero nelle ampie pareti della tomba di viale San` di tutti Philippe Le t’Avendrace, e piu ` fin su, con la Bas che vi si arrampico fondamentale sua opera Restitution et explication des inscriptions gre`ques et romaines de la Grotte de la vipera de C.,

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Cagliari Paris, Crapolet 1840. Da allora, nessuno ´ legge quelle poesie d’amore. Perche nessuno le ha fatte scendere dall’oscu` della roccia su cui sono incise, ririta portandole tradotte su tavole leggibili e illuminate a sufficienza per rompere le tenebre di questi inferi eterni. E sı` che Atilia Pomptilla offrı` la sua vita per la luce del marito morente esiliato nell’isola di Nerone, e gli Dei ascoltarono la ` un luogo sua ardente preghiera. Se c’e che dovrebbe conoscere senza interru` proprio questo, zioni la luce del giorno e sa grutta ’e sa pibera o Grotta della Vipera. Invece una coltre di tenebre lo av` racvolge. Neppure il simbolo che e ` riuchiuso nel fregio dell’architrave e scito a spezzare quella lunga indifferenza. Il biscione in una delle religioni ` pensose dell’aldila ` , come quella piu egiziana, configurava la metamorfosi che l’uomo subisce nel passaggio da questo mondo alla vita ultraterrena. Nel paganesimo era il signore delle belle ` . Fu il Cridonne e il dio della fecondita ` del stianesimo a ribaltare la positivita serpente, a trasformarlo in un essere ripugnante, a farne, da simbolo della fe`, il simbolo della lussuria. E Macondita `. Forse questi ultimi siria lo schiaccera gnificati messi in crisi dallo spiritualismo cristiano sono nelle parole che Atilia Pomptilla rivolge al marito, quando dice che gli ha dato gaudia multa. E i gaudia non sono le generiche gioie, ma anche nella poesia erotica dell’epoca, cui tutto questo monumento epigrafico si riannoda, i piaceri amorosi. Quelli da cui fu fatta gioiosa la lunga vita matri` di quarant’anni di moniale durata piu ` loro Atilia e di Cassio Filippo. Fu cioe amico il serpente, che inutilmente cerchiamo di schiacciare. Aveva ragione Giovanni Spano che, quando nel secolo scorso era investito dal puzzo orrendo delle capre che vi avevano trovato asilo, chiedeva ai cagliaritani di custodire

quel sepolcro con cancelli d’oro. Erano allora passati quarant’anni da quando, nel 1822, Alberto Lamarmora l’aveva salvato dalle mine con cui volevano farlo saltare per la costruzione della strada reale o Carlo Felice, da C. a Sassari». Importanti sono anche i monumenti d’epoca romana che sono stati scavati e inglobati in altre costruzioni come quelli dell’area archeologica di Sant’Eulalia, quello delle chiese del Sepolcro, di importanza determinante per la ricostruzione della Carales romana in un periodo collocabile tra il secolo I ´ quello di a.C. e il secolo VI d.C.; nonche San Lucifero e le numerose testimonianze emerse durante scavi effettuati per la costruzione di edifici moderni. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il ricco patrimonio arti` essere facilmente stico e culturale puo collocato entro una prospettiva di quartiere; innanzitutto nei quattro storici rioni. CASTELLO Quello di Castello fu impiantato a partire dagli inizi del secolo XIII dai pisani e successivamente modificato da aragonesi, spagnoli e piemontesi. Tradizionalmente oltre che ` stato fortezza potentemente munita e almeno fino alla fine del secolo XIX il quartiere sede delle istituzioni civili e religiose e l’abitazione di gran parte ` . Conserva ancora un asdella nobilta setto di strade, piazze e scalinate che sfruttano la natura del colle e ne utilizzano in modo mirabile l’area disponibile. I principali monumenti di questo quartiere sono il complesso di mura e torri che formavano l’antico castello di Castro che originariamente aveva tre porte e numerose torri intermedie; agli inizi del secolo XIV in corrispondenza delle tre porte furono costruite le torri dell’Elefante, del Leone e di San Pancrazio, capolavori di arte militare, due delle quali sono ancora perfettamente

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Cagliari conservate e incantano per la loro possente eleganza dando un carattere singolare all’antico quartiere.

Cagliari – Portale d’ingresso del Palazzo di ` a Castello. Soltanto alla fine Citta ` dell’Ottocento la sede della municipalita cittadina fu spostata ai bordi del mare.

Il sistema primitivo di mura fu modificato e rafforzato nei secoli successivi con il rifacimento del sistema della torre di San Pancrazio e della cinta con i bastioni di Emanuele e di San Filippo tra i quali fu aperta la porta di Buoncammino; nell’area fu costruito anche ` stato riun Arsenale che di recente e strutturato e trasformato in Cittadella dei Musei, elegante struttura nella quale antico e moderno si fondono nei locali ricavati per ospitare il Museo archeologico, la Pinacoteca Nazionale, il Museo Siamese e alcuni istituti universitari. Anche il resto della cinta del castello fu rafforzato con un sistema di ba´, della Zecca, del Bastioni, detti Vicere

lice, di Santa Croce. Gli interventi furono posti in atto a cominciare dal se´ Dusay opero ` colo XV quando il vicere presso la torre di San Pancrazio; nel Cinquecento gli architetti Rocco Capellino e i due fratelli Paleario Fratino adeguarono la cinta a sostenere l’urto delle moderne artiglierie; l’opera fu completata da alcuni interventi di architetti piemontesi nel secolo XVIII. Possiamo ricavare una impressione ` ‘‘dal vivo’’ del centro storico della citta ` citato leggendo alcune pagine del gia ` volume di A. Romagnino: «Ora che e quasi fatta la nuova pavimentazione di via Corte d’Appello in bella pietra gri` gia, questa antica strada di Castello puo ` belle passegdiventare una delle piu giate di C. Le vecchie case dovranno darsi intonaci freschi e contribuire alla ` il rinascita del quartiere. Questo e senso dell’imponenza dei lavori che ha conosciuto negli ultimi tempi. Non ci ` scuse a colmare i vuoti prosaranno piu vocati dai bombardamenti. Il monstre del Teatro civico, che nell’orrore delle sue rovine custodisce gelosamente la miopia delle passate amministrazioni cittadine, deve conoscere una destinazione risolutiva. Il Palazzo Aymerich ` essere ricostruito e cosı` il portico dovra Laconi, con la sua scalinata fra via La` essere marmora e via Genovesi, dovra ` dovranno riaperto. Altri vuoti qua e la essere colmati. Rifatte le strade, ora si ` deve passare alle case. Cosı` solo sara ` di mezzo cancellata la vergogna di piu secolo, senza muovere un dito e spin` , con i ghetti di gendo lontano la citta Sant’Elia, Barraca Manna e via Emilia. Ora l’edilizia ha lavori per cinquant’anni, anche solo racconciando le facciate e introducendo i servizi nelle case sette-ottocentesche. Appunto, anche di via Corte d’Appello che il nuovo manto stradale restituisce al godimento delle sue memorie e allo stupore del suo pae-

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Cagliari saggio. Era l’antica Ruga Leofantis, per´ metteva in comunicazione Castello che con la sua sentinella della torre dell’Elefante, fin dal secolo XIII, quando le mura erano ancora pisane e la coprivano tutta. Ma quando arrivarono aragonesi e spagnoli il nome piacque e i nuovi dominatori si limitarono solo a tradurre l’antico toponimo in Carrer de ` anche la Compagnia Orifay. Poi arrivo ` , che aprı` il suo collegio nel bel di Gesu palazzo con ampie corti e raffinati colonnati, dove poi ha operato la Corte ` stato cod’Appello (fino a quando non e struito negli anni Trenta il palazzo di ` sistemato un Giustizia) e dove ora si e istituto universitario. L’unico che si sia salvato dalla maniacale scelta di spin` lontano possibile il nostro gere il piu Ateneo, a piazza d’Armi, a viale Fra Ignazio, a Sa Duchessa, ed ora anche a Monserrato. Con il risultato che C. ha disperso la sua popolazione studente` cittadina sca, ha privato la comunita della sua presenza rinnovatrice. Quanti palazzi in Castello avrebbero potuto ospitare quegli istituti frammentati e dispersi. Ma torniamo alla via Corte d’Appello, e all’ultima memoria, che merita di essere rievocata. Qui ancora sorge Sant’e Creu, Santa Croce, che fu innalzata dove dimoravano gli ebrei ` nel prima di essere espulsi dalla citta 1492, e che nel 1869 fu dichiarata basilica magistrale e concessa all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Ma via ` solo memorie ed Corte d’Appello non e invece rompe almeno due volte il suo corso tra gli alti palazzi, che le concedono una luce blanda, fino al portico, che nel suo fondo porta per le scalette alla chiesetta di Santa Maria del Monte. Appena all’inizio e poi nella piazzetta di Sant’e Creu, quei nobili baluardi si interrompono e la luce piove imperiosa. Per quelle due grandi finestre, via Corte d’Appello diventa l’osservato-

` asrio della cinta del Golfo a ponente, e salita dall’argento di Santa Gilla, si ` lontano, fino alla cerspinge anche piu chia azzurra di Capoterra».All’interno della cinta fortificata si sviluppa la rete delle strade e delle piazze il cui ` costituito dalla grande piazza cuore e dove si affacciano il Palazzo Viceregio poco distante dal Duomo. L’edificio esisteva fin dal tempo dei Pisani e nel 1337, dopo la conquista aragonese, fu ampliato per la prima volta; dopo la celebrazione del Parlamento del 1355 divenne la dimora dapprima del governatore generale e a partire dal secolo XV ´ . Nel corso dei secoli, per rendel vicere ´e derlo adatto alle esigenze dei vicere della loro amministrazione, fu ampliato e ripetutamente restaurato. Con l’avvento dei Savoia, nel corso del secolo XVIII subı` radicali modificazioni: la facciata assunse l’attuale configurazione, furono rifatti il portone principale, l’atrio e lo scalone d’accesso; furono inoltre eseguiti importanti lavori di abbellimento all’interno. Tra il 1795 e il 1814 fu residenza della famiglia reale fuggita dalla penisola a causa dell’occupazione francese degli Stati di terraferma. Nel corso del secolo XIX l’edifi` al demanio che lo cedette alcio passo l’Amministrazione provinciale di C. Il quartiere annovera anche il Palazzo del Vescovo, massiccia costruzione che ` stata rimanegrisale al secolo XIV ed e ` volte nel corso dei secoli sucgiata piu cessivi, attuale sede dell’arcivescovo e dei principali uffici della Curia. Conti` il Duomo, guo al palazzo del vescovo e chiesa dedicata a Santa Maria costruita in stile romanico agli inizi del XIII dai Pisani e modificata successivamente con aggiunte gotiche; radicalmente ristrutturata tra la fine del XVI e gli inizi del secolo XVII con aggiunte classiche e barocche che finirono per modificarne totalmente l’aspetto. Agli inizi del se-

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Cagliari colo XX si presentava con una facciata barocca che era stata portata a termine nel 1702 e che era molto interessante ma che malauguratamente fu fatta demolire nella speranza di recuperare l’antica facciata romanica; l’opera` a risultati disastrosi, della zione porto ` traccia e facciata romanica non si trovo nel 1937 fu costruita l’attuale facciata a opera dell’architetto Gariazzo. L’in` a tre navate con transetto e preterno e sbiterio; nel 1616 l’arcivescovo D’Esquivel vi fece ricavare una cripta completata nel 1664 da maestranze siciliane proprio nello stesso periodo in cui l’architetto Domenico Spotorno realizzava una radicale trasformazione dell’interno facendogli assumere l’aspetto at` ricca di opere d’arte tuale. La chiesa e tra le quali il famoso ambone di Gu` glielmo da Innsbruck del secolo XI, gia nel Duomo di Pisa, e lo scenografico mausoleo fatto costruire dopo il 1670 per ospitare le spoglie del re Martino il Giovane; di grande interesse sono anche l’aula capitolare, i grandi dipinti del Figari e il Museo d’arte diocesana. Altri edifici che si affacciano nella grande piazza sono la Chiesa della Spe` del ranza che sorge in prossimita Duomo. Fu costruita nel corso del secolo XV dalla famiglia Aymerich in forme gotico-aragonesi. Ha una sola navata e alcune cappelle laterali; nel corso dei secoli fu la sede di riunione dello Stamento militare durante i parlamenti. A pochi metri sorge l’antico Palazzo civico che fu sede dell’ammini` fino alla fine del strazione della citta secolo XIX quando fu costruito il nuovo palazzo di via Roma. Altro monumento ` l’antico Teatro civico, edidel Castello e ` della faficato in un’area di proprieta miglia Zapata nel corso del secolo XVIII. Nel 1831 fu ceduto dagli Zapata al Comune e tra il 1835 e il 1838 fu ristrutturato a opera del Cominotti e del

giovane Gaetano Cima (=) In seguito vi pose mano anche il Melis (=). L’edificio fu gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1943; nel dopoguerra si aprı` un dibattito, non ancora chiuso, sull’utilizzazione dei suoi resti, che ancora attendono di essere risanati. Con lunghissima gestazione, nell’arco di ` qualche decennio, il Teatro civico e stato ricostruito nel moderno quartiere di San Benedetto, in forme eleganti e attuali. In Castello si trova anche la ` inserita Chiesa della Purissima che e nel convento delle Clarisse fondato nel 1554 da Gerolama Ram. L’edificio ha forme gotico-catalane, con una sola navata, una capilla mayor e alcune cappelle laterali; l’interno, elegante e ricco di sobrie decorazioni, contiene alcuni monumenti funebri. Il Collegio di Santa Croce dei Gesuiti venne costruito in Castello tra il 1565 e il 1569 dall’architetto Giandomenico da Verdiana e successivamente modificato e integrato tra il 1725 e il 1773. La vicina chiesa fu costruita nel 1661 in forme barocche da Anna Brondo sul luogo dove prima del 1492 sorgeva la sinagoga. Elegante e ` in sericca di marmi e di stucchi, passo guito dai Gesuiti all’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. La chiesa di San Giuseppe fu costruita nel 1641 dagli Scolopi accanto al loro collegio. Ha un’unica navata completata dal presbiterio cupolato; le volte sono a botte e la facciata, arricchita da un timpano e scandita da colonne, si apre su una sce` della nografica scalinata in prossimita torre dell’Elefante. All’interno sono decorazioni in marmo, alcuni dipinti di scuola romana e una tela della Sacra Famiglia del Marghinotti. Lungo le strade principali del quartiere si affac` apparteciano poi alcuni palazzi gia nenti alle famiglie dell’aristocrazia, generalmente molto antichi ma quasi tutti rimaneggiati e trasformati dal Cima

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Cagliari ` interessanti nell’Ottocento; tra i piu vanno ricordati i palazzi Sanjust, Amat, Cugia Nieddu e Alagon.

Cagliari – La torre di San Pancrazio, nel ` alti dell’abitato. castello, e` uno dei luoghi piu ` un suo punto Il Lamarmora vi fisso trigonometrico.

LA MARINA Il quartiere della Marina si stende ai piedi del castello e rappre` tra la senta storicamente la continuita Carales romana e quella medioevale e moderna. Dopo una lunga pausa seguita alle distruzioni provocate dagli Arabi nel secolo VIII il quartiere riprese a fiorire a partire dai secoli X-XI. Era circondato da due cortine turrite che scendevano fino al mare e formavano un quadrilatero. Sulla cortina occidentale si aprivano due porte turrite dette di Stampace e di Sant’Agostino, mentre quella orientale aveva le porte

` e di Villanova. Il sistema fortidel Gesu ficato della Marina era collegato al castello attraverso la porta del Leone che si apriva mediante una posterla in un cortile d’armi delimitato da una contromuraglia nella quale si schiudeva la famosa Porta a mare. Le opere murarie erano prospicienti la battigia su cui era affacciato il pontile circondato da una palizzata semicircolare che racchiudeva il braccio di mare del porto e al quale si accedeva da una sola entrata chiusa con catene. Anche il sistema delle mura della Marina fu potentemente rafforzato e di fatto integrato con quello del castello, in particolare lungo la cortina occidentale con la costruzione dei bastioni di San Francesco e di Sant’Agostino; ma l’intervento di maggiore respiro fu attuato lungo la cortina orientale dove fu costruito il bastione di Monserrato, che finı` per inglobare la porta di Villanova, mentre le mura vennero congiunte al bastione dello Sperone e a quello del Gesus con un sistema di potenti rivellini. Anche lungo la battigia la cortina fu rafforzata con la costruzione sul versante occidentale del bastione del Molo e sul lato orientale del fortino di Castel Rodrigo, per cui la porta del Molo finı` per essere l’unico accesso alla battigia dove fu smantellata la palizzata e realizzata una darsena con moli murati, perfettamente integrata al fortino. All’interno del quartiere si sviluppava la rete delle strade e delle piazze dove ferveva l’atti` dei mercanti e dei pescatori e dove vita ` cosmopolita. I viveva una comunita principali monumenti del quartiere sono la chiesa di Sant’Eulalia, parrocchiale costruita nel sito dove sorgevano l’antica torre della Marina e una chiesetta intitolata a Santa Maria del Porto. L’edificio, documentato a partire dal 1371, fu intitolato alla santa patrona di Barcellona. La chiesa fu costruita in

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Cagliari forme gotiche delle quali rimangono le volte a stella. Per il resto, dopo i restauri degli inizi del Novecento e quelli ` consistenti seguiti ai bombarmolto piu ` rimasto leggidamenti del 1943, poco e bile delle strutture originarie. Da alcuni anni imponenti scavi archeologici condotti sistematicamente sotto il livello della chiesa attuale, e ancora non conclusi, hanno permesso di individuare e aprire al pubblico una parte della Carales romana e altomedioevale. ` stato costituito il Attiguo alla chiesa e Museo del Tesoro di Sant’Eulalia, che ospita ricche collezioni di argenti, dipinti e paramenti dal secolo XV al XIX. Non molto distante sorge la chiesa di Sant’Agostino Nuovo costruita tra il 1573 e il 1578 per ordine di Filippo II durante i lavori di ristrutturazione delle fortificazioni della Marina dai due fratelli Paleario Fratino. L’edificio ` consideha forme classicheggianti ed e ` compiuto dello stile rato l’esempio piu Rinascimento in Sardegna. Ha una pianta a croce greca imperfetta con volte a botte e una cupola emisferica ` arricpriva di tamburo. Il suo interno e chito da sobrie decorazioni floreali disposte a rosoni. Affacciata sulla strada ` la chiesa di della Costa (via Manno) e Sant’Antonio Abate, costruita nel 1723 su un antico edificio che era parte dell’Ospedale di Sant’Antonio. Ha un impianto in stile barocco, con un’aula ottagonale sulla quale si affacciano sei cap` costituita da una pelle; la copertura e grande cupola. All’interno sono sette altari in marmo policromo dello scultore Giovanni Battista Troiani, una tela del secolo XVI attribuita al Bonocore e alcune statue di buona fattura. Prospi` la chiesa di ciente l’antica battigia e San Francesco da Paola (del Molo), co` del secolo struita nella prima meta XVII; ha un impianto a una navata com` una pletata dall’abside, la copertura e

volta a botte; la facciata monumentale, arricchita con semicolonne in stile io` stata realizzata in granico e corinzio, e nito agli inizi del Novecento. All’interno conserva una ricca decorazione in marmi pregiati del Settecento; una tela di Pantaleone Calvo (=) dello ` stesso periodo; argenti e paramenti. E di grande interesse anche l’auditorium di Santa Teresa, ricavato da una chiesa costruita nel secolo XVIII in forme di barocchetto piemontese e annessa al collegio dei Gesuiti. Ha un impianto a una navata completato da un presbite`a rio absidato; la copertura della volta e botte, completata da una cupola ottagonale. Dopo l’abolizione dell’ordine dei Gesuiti la chiesa, entrata a far parte del patrimonio del Comune di C., fu interdetta al culto e adibita a usi diversi. Nel ` stata per lunghi primo dopoguerra e anni la sede degli universitari fascisti; ` stata adibita nel secondo dopoguerra e ad auditorium e adeguatamente ristrutturata.

Cagliari – La chiesa di Sant’Anna, nel ` quartiere storico di Stampace, `e una delle piu `. importanti della citta

STAMPACE Tradizionalmente il quartiere degli artigiani, dei professionisti e degli artisti, era circondato da una cortina turrita che poggiava a settentrione sulle mura occidentali del castello e si sviluppava in un ampio quadrilatero su cui si aprivano le porte di

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Cagliari San Guglielmo, dello Sperone e dell’Angelo; a meridione si appoggiava sul complesso della torre dell’Elefante presso la quale era un cortile d’armi che collegava Stampace e Castello. Al suo interno si aprivano le strade e le piazze, ricche di botteghe e di altre costruzioni dedicate alle principali atti` economiche e abitata da quelli che vita ` antichi si ritenevano gli eredi dei piu abitanti di C. Lungo la rete delle sue strade si trovano numerosi monumenti di notevole interesse. La chiesa di San Francesco di Stampace sorgeva tra il corso Vittorio Emanuele e la via Mameli; fu costruita in forme gotiche alla fine del secolo XIII dai Francescani. L’edificio era a croce commissa con transetto absidato e copertura a capriate in legno. Nel corso del secolo XV furono aggiunte alcune cappelle laterali e fu ristrutturato il convento con magnifico chiostro. La chiesa era riccamente adornata da retabli e da altre opere d’arte che le nobili famiglie cagliaritane che vi avevano sepolcro e patronato avevano donato senza risparmio. Quando nel 1861 furono soppressi gli ordini religiosi l’edificio subı` un degrado e i suoi arredi cominciarono ad andare dispersi; nel 1871 un fulmine ` il colpı` il campanile, nel 1875 crollo tetto provocando il crollo dei muri perimetrali, successivamente l’intera area fu ceduta a privati che vi impiantarono ` commerciali utilizzando senza attivita riguardo alcuno le superstiti parti del chiostro, della sacrestia e del convento. Il portale centrale fu smontato e utilizzato per abbellire la facciata del santuario di Bonaria (=); il pulpito, dal quale si dice abbia sentito messa Carlo V, fu collocato nel portico della chiesa di San Michele; molti dei retabli che ornavano la chiesa sono attualmente custoditi nella Pinacoteca Nazionale di C.. Alcuni anni fa fu costituito un comitato

che si adopera per salvare le parti dell’edificio ancora godibili e per resti` rispondente alla tuirle a un uso piu ` a monte sorge la chiesa loro natura. Piu di San Michele, costruita dopo il 1674 in forme barocche dai Gesuiti e annessa al ` oggi OspeNoviziato, il cui edificio e dale militare. L’edificio fu costruito grazie al lascito di F.A. Dessy che vi fu se` riccamente decorato in polto nel 1712; e marmo, stucchi e dorature; fu consacrato nel 1738 ma i lavori vi proseguirono fino al 1764. L’edificio ha pianta ` sviluppato secondo i ottagonale ed e modelli dell’architettura gesuitica ` locale. La sacrestia, adattata alla realta decorata splendidamente come l’interno della chiesa, ospita magnifici mobili e una ricca quadreria. Interessan` anche l’Ospedale di San Giotissimo e vanni di Dio, edificio costruito tra il 1844 e il 1850 su progetto di Gaetano Cima, vincitore di un concorso per la costruzione del nuovo ospedale bandito nel 1841. Ha forme neoclassiche con la facciata abbellita da un colonnato e con i bracci disposti a raggiera e collegati tra loro in modo da poter essere utilizzati con criteri razionali. Vanno ricordate ancora la chiesa di San Giorgio, costruita nel secolo XVII nel luogo dove secondo la tradizione sarebbe nato San Giorgio; ha una sola navata arricchita da cappelle laterali e la volta a botte. Al suo interno custodisce un frammento del piviale del santo conservato in un’urna sormontata dalla sua statua in abiti pontificali; l’altare maggiore in le` arricchito da gno policromo intagliato e quattro tele del secolo XVII e due altri quadri dello stesso periodo. La chiesa viene custodita a partire dal secolo XIX dalla confraternita degli angeli custodi. Va ricordata anche la chiesa di Sant’Efisio; questo sito fu oggetto di venerazione a partire dal secolo IV e vi fu costruita una chiesa che nel corso dei

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Cagliari secoli subı` numerosi cambiamenti. Dopo la conquista pisana del 1258 l’edificio fu modificato in forme romaniche, successivamente fu abbellito, specie ` dopo la peste del 1652, quando la pieta verso il santo fece nascere la sagra. In ` a essere considerato seguito comincio inadeguato e nel 1780 fu in parte demolito per lasciar posto all’attuale chiesa che si affaccia con le sue forme di elegante barocchetto sull’omonima piazza nel cuore del quartiere. Dalla chiesa, attraverso una ripida scala, si accede all’ambiente sotterraneo che secondo la tradizione sarebbe stato il carcere ` il santo prima del suo trache ospito sporto a Nora per il martirio. Poco lon` la chiesa di Santa Restituta: l’etana e dificio fu costruito nel 1637 e ha un’unica navata arricchita da alcune cappelle laterali e dal presbiterio rialzato; ` una volta a botte affrela copertura e scata con scene del martirio della Santa. La chiesa fu costruita sopra la cripta della Santa, un santuario rupestre dei secoli X-XI utilizzato anche nei secoli successivi dove nel 1620 furono rinvenute le reliquie della santa. Durante i bombardamenti del 1943 il complesso subı` gravi danni ma dopo il 1950 fu completamente restaurato. Ci dice in ` citato proposito A. Romagnino nel gia volume: «Santa Restituta, la martire ` piu ` nel Calendario del IV secolo, non c’e ` ritornato, invece, il della Chiesa. Vi e figlio Sant’Eusebio, il vescovo sardo di ` forte conVercelli, la cui diocesi fu piu tro l’arianesimo della stessa diocesi di Milano. Se ne celebra il 2 agosto la festa. Invece, della madre sopravvive solo la ` stata dedicata nel cuore chiesa che le e di Stampace. Un monumento modesto ` affascinante e ` lo speco sottostante, (piu dove la santa sarebbe stata martoriata), appena ornato da qualche corona sul frontone, e schiacciato dalla cupola e dalla intera fabbrica di Sant’Anna vici-

` un tempo popolanissima. Ma era pero rissimo per la confraternita che ospitava, detta del Santo Spirito, che godeva del privilegio di deporre, sotto l’imma` Cristo nel gine del sepolcro di Gesu Duomo, un biglietto con l’indicazione del nome di un condannato a morte. Il ´ lo avrebbe liberato nella ‘‘sevicere ziata’’, o pubblica seduta, che si teneva tradizionalmente nel giorno della Pasqua di Resurrezione. Ora il tempio (antichissimo e riconosciuto tra le chiese ` importanti di C., visitato dall’arcipiu vescovo di Pisa Federigo Visconti nel 1263, in solenne processione per la `) e ` silenzio, come la via che sfiora citta la piazzetta su cui Santa Restituta si affaccia, intitolate l’una e l’altra alla mar` nel tire dimenticata. Popolarmente gia secolo XIII la si chiamava dei Barbari´ forse abitata saltuariacini, perche mente dai sardi dell’interno dell’isola ` precisamente dagli aritzesi, che e piu venivano a C. a vendere legna, neve e castagne. Per raggiungerla si sale per la via Azuni, l’antica via dell’Abbevera` lieve di quanto factoio, che appare piu cia immaginare la colorata immagine della Corsa di San Michele, inserita nel Voyage en Sardaigne (1839) di Alberto Ferrero della Marmora. Il suo autore ha esagerato il pendio, per esaltare di ` il coraggio di cavalli e cavalieri mapiu scherati, che a rompicollo, durante il ` dalla Carnevale, si precipitavano giu chiesa di San Michele, fino a Sant’Anna ` rie alle scalette di Santa Chiara. Piu ` , invece, via Santa Restituta, che pida e si svolge in parallelo a via Ospedale, e ne preannuncia l’aspra ascesa, procedendo tra edifici umili, ricostruiti alla buona sulle macerie della guerra, incancellabile dalla memoria con i suoi bombardamenti aerei. Qui particolar` atroce mente feroci: in quello anche piu di domenica 28 febbraio 1943, alle ore 12,40, morı` un’intera famiglia di sei per-

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Cagliari sone, tra essi due bambini, di due e quattro anni. Non erano sardi di origine, si chiamavano Romagnani. Queste povere case, dalle ripidissime scale, dove il legno dei portaletti la vince quasi sempre sullo sgradevole allumi` si apre qualnio, e dove anche qua e la che leggiadra persiana, si abbelliscono con i gerani e i panni che piovono dai balconi spesso esageratemente propendenti, o anche con qualche lesena superstite in stile Liberty. Solo in alto, quando la via sta per sboccare nella parte superiore della via Santa Marghe` imperita, le architetture si fanno piu riose, fino al palazzo anche avvivato da un caldo intonaco che lascia lontana la ` prodimessa schiera. Allora l’ascesa e prio finita». La chiesa di Santa Chiara fu costruita nel secolo XVII su un edificio precedente. Ha un impianto a una sola navata completata da alcune cap` a volte a pelle laterali, la copertura e botte. All’interno conserva raffinati stucchi settecenteschi, la cantoria poggiante su un arco ribassato, l’altare maggiore di legno intagliato e dorato e un organo settecentesco. La facciata baroccheggiante si affaccia su una suggestiva piazzetta che si raggiunge da una scalinata. E infine la chiesa di Sant’Antonio dei Cappuccini (Sant’Ignazio), costruita nel 1591 dai Cappuccini e annessa al loro convento. Nel corso dei secoli successivi fu oggetto di numerosi restauri e nell’Ottocento ne fu rifatta completamente la facciata. Ha un impianto a una navata completata da un presbiterio e da alcune cappelle laterali. Il convento, che fu teatro della vita di Sant’Ignazio da Laconi (= Peis), nel 1850 fu soppresso e adibito a ricovero per anziani; solo alla fine del secolo fu reso ai Cappuccini. In occasione della santificazione di Ignazio una cappella con annessa la celletta del santo fu trasformata in santuario. Attualmente la

chiesa conserva al suo interno un tabernacolo ligneo, alcune statue e dipinti di scuola genovese del Seicento, mentre il ` adorno di marmi e di mosantuario e saici.

Cagliari – Miliziano. La rossa divisa dell’esercito territoriale `e diventata un elemento di colore nelle manifestazioni folcloristiche.

VILLANOVA Il quartiere di Villanova si stende a oriente del castello in direzione del Campidano ed era abitato tradizionalmente dagli agricoltori e dai piccoli commercianti; era anche il quartiere degli inurbati che dalle zone interne tentavano di inserirsi nella vita cittadina. Aveva una cinta di mura appoggiata a quella del castello che si sviluppava in un semicerchio a cominciare dalla torre della Tedesquina e si chiudeva all’altezza di quella di Fontanabona. Anche lungo la cinta delle mura di Villanova si aprivano tre porte, dette rispettivamente dei Calderai, di Romero e delle Capanne; il sistema delle mura di Villanova rimase immutato nei secoli successivi fino a quando ` nel 1861 cesso ` di essere considela citta rata piazzaforte e successivamente esse furono demolite o modificate. All’interno di questa cinta si stendeva la rete delle strade e delle piazze con alcuni interessanti monumenti tra i quali la chiesa di San Giacomo, parrocchiale documentata a partire dal 1341; fu co-

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Cagliari struita in forme gotico-aragonesi probabilmente nel sito in cui sorgeva una ` antica. Nel corso dei secoli chiesa piu subı` notevoli rimaneggiamenti; delle strutture originarie si conserva buona parte dell’interno a una navata su cui si affacciano cappelle laterali con volte a crociera e la torre campanaria quadrangolare. La facciata fu costruita nel 1838 in forme neoclassiche su progetto ` ricca di opere del Cima. La chiesa e d’arte tra cui un bellissimo crocifisso ligneo; contigui alla chiesa sono due Oratori settecenteschi sedi delle confraternite che danno vita ai riti della Settimana santa. A poca distanza sorge la chiesa di San Domenico, che fu costruita con annesso convento domenicano a partire dal 1254 sull’antica chiesa benedettina di Sant’Anna in Vil` lanova. L’edificio ha forme gotiche ed e integrato nel convento costruito nel secolo XIV; aveva una navata coperta da tetto ligneo; nel Quattrocento venne modificato in forme gotico-catalane. Nel corso del secolo XVI fu ulteriormente modificato, la copertura di legno fu sostituita con quella a volte a stella, nel 1580 vi fu aggiunto il cappellone del Rosario in forme classiche e cupolato; nel 1598 fu costruito il chiostro. L’interno fu abbellito da numerose opere pittoriche oggi disperse; il convento fu sede dell’Inquisizione prima del suo trasferimento a Sassari. Durante i bombardamenti del 1943 la chiesa fu distrutta quasi completamente e il convento danneggiato. L’opera di ricostruzione fu avviata subito dopo; la chiesa attuale, progettata dall’architetto Raffaello Fegno, sorse nel 1954 sopra i resti di quella antica che, restaurati, sono oggi diventati una cripta; anche il chiostro e il convento sono stati completamente restaurati. Altra tipica chiesa di ` quella di San Giovanni, di Villanova e cui si hanno notizie a partire dal secolo

` antico fu sostituito XIII. L’edificio piu nel 1415 con una chiesa costruita in ` ando ` forme gotico-aragonesi che pero in rovina. L’edificio attuale risale al 1639, ha un’aula rettangolare arricchita ` a da sei cappelle laterali, la volta e ` arricchita da un cambotte; la facciata e panile a vela e da un grande portale architravato. Nell’interno particolar` l’altare maggiore ricco di mente bello e decorazioni marmoree; degni di nota sono anche alcune statue del secolo XVIII e due quadri dello stesso periodo. Dopo un incendio del 1752 la chiesa venne restaurata e abbellita con un organo a canne e altri arredi. Vi opera l’Arciconfraternita della Solitudine ed ` sede della piu ` antica istituzione di soe ` che si conosca in citta `. Nel pelidarieta riodo precedente ai riti della Settimana santa vi si svolgono le prove dei cori che animeranno le processioni. Lungo la strada che dalla chiesa di San Giovanni conduce al Campidano sorgono due chiese. La prima, dedicata a San Cesello, fu costruita nel 1702 in forme ba` ubirocche e secondo la tradizione e ` della porta Capanna, cata in prossimita luogo del martirio del santo; ha l’impianto a una navata completata dal presbiterio sopraelevato rispetto all’aula, ` con volta botte; all’inla copertura e terno conserva un altare ligneo del secolo XVIII e un’acquasantiera di marmo dello stesso periodo. La seconda ` quella di San Mauro, che fu edificata e nel 1650 in occasione della fondazione di un convento di Francescani cui fu annessa. Ha un’unica navata completata dal presbiterio e da alcune cappelle la` a volte a botte; la terali; la copertura e ` arricchita da un timpano e da facciata e alcune grandi finestre. All’interno conserva numerose decorazioni in marmo policromo, alcune tele di buona mano e un imponente coro in legno intagliato di grande effetto scenografico. Tra il 1717

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Cagliari ` la salma di San Salvatore e il 1758 ospito da Horta (=); nel 1855, con l’abolizione degli ordini religiosi, fu requisita, per essere restituita ai Francescani dopo il 1879.

Cagliari – Il nuovo stadio di ‘‘Sant’Elia’’ e` stato costruito sull’onda dell’entusiasmo per la conquista dello scudetto nel campionato di calcio 1969-1970.

LA CAGLIARI NUOVA Vanno inoltre ricordati i quartieri che si svilupparono nel corso dei secoli attorno a questo nucleo, anch’essi ricchi di monumenti e di testimonianze della millenaria vita della `. Nella vasta area contigua alle forcitta tificazioni del castello, lungo il versante che guarda a Villanova, agli inizi del Novecento fu realizzato, soprattutto a opera di Ubaldo Badas, il sistema detto del Terrapieno, una suggestiva passeggiata che permette di seguire lo svi` che e ` rimasto delle mura luppo di cio orientali del castello e di spaziare sul quartiere di Villanova, sul Campidano e sugli altri quartieri che si sono sviluppati nella pianura circostante. Il Terra` stato completato dai Giardini pieno e Pubblici dove sorge la Palazzina della Galleria Comunale d’Arte realizzata dal Boyl e che ospita le mirabili collezioni d’arte del Comune, tra le quali la Collezione Ingrao che comprende una raccolta dei maggiori pittori italiani del` l’Ottocento e del Novecento tra le piu

importanti d’Italia. Nel vasto quartiere connesso a quello di Villanova, nella grande area un tempo ricca di orti e di giardini e oggi intensamente urbanizzata, sono individuabili alcune mirabili testimonianze del grande passato della `. In particolare la chiesa di San Sacitta turnino, basilica edificata nell’area della necropoli orientale della Carales romana agli inizi del secolo VI. Nel 1089 ` ai VittoCostantino Salusio II la dono rini di Marsiglia che ne fecero sede del priorato e la ristrutturarono in forme romaniche sul modello del San Vittore di Marsiglia servendosi di maestranze iberiche. Dell’antico impianto paleocristiano fu conservato il corpo centrale cupolato cui furono innestati l’abside e i bracci laterali; fu inoltre trasformata l’aula, ampliata con tre navate. Fu riconsacrata nel 1119; durante l’assedio aragonese del 1323 fu compresa nel re` cinto fortificato della nascente citta edificata dai conquistatori a Bonaria e subı` gravi danni. Nel 1363 fu concessa all’ordine dei Cavalieri di Alfano ma la ` . Nel 1444 fu insua decadenza continuo corporata nei beni della mensa arcivescovile di C. e tra il 1614 e il 1622 fu teatro della campagna di scavi voluta dall’arcivescovo D’Esquivel alla ricerca dei corpi dei martiri cagliaritani all’epoca della polemica con Sassari per il primato. Nel 1714 la chiesa fu concessa alla corporazione dei Medici e Speziali e fu intitolata ai Santi Cosimo e Damiano. Agli inizi del secolo XX ebbero avvio i restauri dell’edificio, che fu gravemente danneggiato durante i bombardamenti del 1943. Finita la guerra fu restaurato e dopo alterne vicende di ` stato aperto nuovamente al recente e pubblico. Affacciato sulla stessa piazza ` il complesso cone ad esso contiguo e ventuale di San Lucifero, attiguo alla chiesa, attualmente sede dell’Istituto tecnico industriale ‘‘Scano’’. Probabil-

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Cagliari mente le sue origini sono da cercare nel periodo della C. paleocristiana quando il vescovo Fulgenzio da Ruspe (=), esule ` una comunita ` monadall’Africa, fondo ` della chiesa di San stica in prossimita Saturnino. L’attuale costruzione risale ` alla fine del Seicento, quando i Dopero menicani vi fondarono un collegio che poi dovettero abbandonare nel 1717 dopo la spedizione del cardinale Alberoni. Nel corso del Settecento il collegio ` ai Francescani e infine fino al passo 1803 ai Trinitari. Quando tra il 1803 e il 1890 la vicina chiesa di San Lucifero rimase chiusa al culto, il collegio fu utilizzato come ospizio. L’area di San Lucifero, che un tempo era la periferia ` ed ancora prima estrema della citta aveva vissuto fuori, anzi lontanissima, ` uno dei luoghi di C. piu ` dalle mura, e carichi di memorie», dice Antonio Ro` citato volume: «A quei magnino nel gia tempi lontani non risalgono solo il tempio di San Saturno, la chiesa di San Lucifero, l’antica fabbrica del mattatoio, `, e gli spazi in cui ora diventato l’Exma ` sportiva Karalis e le fiorirono la societa opere educative di mons. Giuseppe Co` goni, ma anche lo stesso edificio, che e stato fino ad ieri la sede dell’Istituto industriale. In tempi, come i nostri, in cui ` messo sotto accusa, lo stato sociale e merita in particolare di essere rinfrescata la memoria dell’Istituto Carlo Felice, la cui sede fu occupata dalla scuola ricordata. Agli inizi del secolo XIX, lo raccontano i cronisti del tempo, C. era percorsa da cortei senza fine di affamati e diseredati: orfani, figli abbandonati, giovani ribelli e dediti al vizio. Fu ` di sentita in altissimo loco la necessita un ricovero pubblico. Che lo Stato si prendesse carico di questi ragazzi senza tetto, senza famiglia, senza lavoro. Il prezioso libretto intitolato Regolamento mandato osservarsi da S.M. Carlo Alberto re di Sardegna nel Regio

Ospizio degli Orfanelli di San Lucifero eretto e fondato dal fu Re Carlo Felice I, pubblicato a C. nel 1832 dalla Tipografia di Paucheville, documenta l’intervento pubblico in un’iniziativa che aveva, fino ad allora, navigato nell’incertezza dell’assistenza privata. Se ne prendeva carico il re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, pubblicando un complesso di norme, che dovevano essere rigorosamente osservate. Ci sarebbero state ancora le piazze gratuite, ma anche quelle a pagamento avrebbero fruito delle offerte di qualche benefattore. Si sarebbero insegnate le arti meccaniche, secondo le vocazioni, ma tutti sarebbero stati istruiti nella religione e nell’agricoltura. Era prevista anche una mercede per quegli allievi che sarebbero stati impiegati in lavori utili alla scuola. La popolazione scolastica sarebbe stata divisa in squadre di dieci allievi ciascuna, vigilate da un decurione. Sulle punizioni degli indisciplinati avrebbe deciso unicamente il direttore della scuola. Si era particolarmente severi a controllare le condizioni sanitarie degli allievi e si poneva particolare attenzione a salvaguardarli ‘‘da malattie contagiose, come scrofole, tigna, tisichezza e simili’’. Le arti, come si chiamavano i vari mestieri artigiani, alla cui pratica la scuola intendeva formare, erano quelle dei tessitori, calzolai, falegnami, sarti, fettucciai, calzettai; il direttore veniva nominato da S.M. il Re. Ed ogni giorno iniziava con l’orazione, che tornava nel pranzo, accompagnata dalla ‘‘lettura del Vangelo, Storia sacra, o doveri dell’uomo’’, e si chiudeva con ‘‘Orazione, cena, silenzio e riposo’’. Il regolamento era stato steso dal cugino del re, il marchese di Villa Hermosa, e il re lo aveva letto e approvato, con la controfirma di De L’Escarene, il primo segretario di Stato per l’Interno. Cosı` viaggiava lo Welfare

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Cagliari State nel Regno di Sardegna e mancava ` d’Italia». mezzo secolo a fare l’Unita Nel 1890 infine, con l’apertura dell’Isti` la sua tuto industriale, l’edificio trovo destinazione attuale; ad esso contigue sono la chiesa e le catacombe di San Lucifero. La chiesa, situata di fronte a quella paleocristiana di San Saturnino, fu costruita tra il 1642 e il 1678, ha un impianto a croce latina con la navata completata dal presbiterio sopraelevato e da cappelle laterali; la copertura ` con volte a botte, il transetto ha una e imponente cupola ottagonale. All’interno si conservano decorazioni in piastrelle policrome del secolo XVII di gusto spagnolo, alcune grandi tele di buona mano risalenti allo stesso periodo, alcune statue lignee tra le quali una opera del Lonis (=). Dalla chiesa attraverso una ripida scalinata si accede alla cripta dove sono le catacombe che erano sicuramente una propaggine della vicina chiesa paleocristiana di San Lucifero. Secondo la tradizione vi fu sepolto San Lucifero e il luogo fu `. sempre meta di una intensa religiosita ` vani ad arcoIl complesso consta di piu solio che in origine erano costruiti a livello del terreno e in seguito furono interrati. Il sito nel 1614 fu teatro degli scavi collegati alla frenetica ricerca delle reliquie dei santi in margine alla controversia sul primato tra C. e Sassari. SANT’AVENDRACE Nel versante di espansione opposto, a occidente, si stende l’antico quartiere di Sant’Avendrace, un tempo borgo di pescatori e di ` ; questo contadini staccato dalla citta quartiere conserva la chiesa di San Pietro dei Pescatori, probabilmente uno ` significativi di Santa Igia dei resti piu (=). Fu costruita in forme romaniche nel secolo XI e donata ai Vittorini nel 1089. Alla fine del secolo XIII la facciata fu rifatta in forme gotiche. Ha un im-

pianto a una navata completata dall’abside. Ne parla anche Antonio Romagnino nella sue Passeggiate cagliaritane: «I monumenti possono scomparire ed anzi, nella storia, sono scom` frequentemente di quanto si parsi piu ` essere un incendio come pensi. Puo ` alla biblioteca di Alessandria neltocco l’Egitto ellenistico. Possono essere gli stessi uomini come i Barbari che saccheggiarono i monumenti dell’Anti` classica. Anche i terremoti e i nuchita bifragi hanno distrutto tante opere me` pero ` difficile ritevoli di sopravvivere. E o anche assurdo che, seppure senza modificarli, qualcuno riesca a farli scomparire dinanzi ai nostri occhi. A meno che non si abbia la mano bizzarra del ` noto bulgaro Christo Javacheff piu come solo Christo, che ha impacchettato (provvisoriamente) il Reichstag berlinese ricostruito. E invece tanta as`e ` riuscita proprio nella nostra surdita `. San Pietro e ` una delle piu ` antiche citta chiese cagliaritane, anzi tanto risalente a tempi lontani, che neppure Giovanni Spano ne sa molto e nella sua Guida se la sbriga con poche parole. Ma ora se ne ` sicure, che conferhanno notizie piu ` piu ` mano quella sua origine remota. E antica della stessa cattedrale che fu innalzata nel secolo XIII. Se ne parla in un’antica carta come di pertinenza dei ` nel 1090, ma il primo imVittorini gia ` sicuramente anteriore e la fa pianto e contemporanea della non meno celebre chiesa di Sant’Efisio. Documenta la vo` che in quecazione marinara della citta sta chiesa accoglieva il gremio dei pescatori. Lı` festeggiavano (e lı` festeggiano) assieme i due grandi apostoli ed accanto a San Pietro sorgeva un tempo anche San Paolo. Ma era tanto sul mare, come ricorda Alziator, che aggiungevano al titolo principale l’epiteto de ` si facevano Portu. E il porto, quanto piu minacciosi i pirati, era qui al riparo, al-

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Cagliari l’interno della laguna. Un motto che suona come una maledizione, alludendo alle disgrazie del mare e quasi agli attuali infortuni balneari, lega an` il santo al nostro habitat natucor piu rale: Santu Perdi indi oli dogni annu unu o treis [San Pietro (di morti) ne vuole uno o tre ogni anno]. Ma la profezia ha conosciuto uno stravagante ribal` ora San Pietro (e cioe ` la chiesa) tone. E ´ senza usare le bende l’annegato, perche ` notevoli espodi Christo, uno dei piu ` proprio nenti del Nouveau Realisme, e sparito nel mare di case che la cir` fatto di piu ` : si e ` per tutta la conda. Si e parte di viale Trieste, cui si affacciava, innalzato un ampio market. E come se non bastasse, sulla sua fiancata destra ` innalzata, appoggiata totalmente si e alla chiesa, una palazzina. Officine e un ampio parcheggio completano l’annullamento dell’antica chiesa. Molti pescatori hanno assistito allo sfascio stu´ non se ne vede quasi piu ` pefatti. Poiche nulla, accontentiamoci di contemplarla con l’occhio di Raffaello Delogu che de` vetusta: scriveva la parte absidale piu ` invece, certamente, l’ab‘‘Originale e side che nelle stesse murature del semicilindro, a grandi cantoni forse di spoglio, e nella bassa e tozza calotta, ripete alla lettura e forse anticipa la forma delle absidi del San Saturno e del Sant’Antioco, costituendosi, di conseguenza, come termine di riferimento cronologico, per il loro primo impianto’’». E infine la chiesa di Sant’Avendrace, che si vuole edificata sul luogo del martirio del santo vescovo di C. nel secolo I. L’edificio attuale sembra risalire al Seicento e ha una sola navata scandita da archi a sesto acuto; la fac` sormontata da un campanile a ciata e vela e arricchita da un portale e da una finestra che illumina la navata; dall’interno si accede alla cripta, ambiente di probabile origine punico-romana.

Cagliari – La torre della Scaffa, in vista degli stagni pescosi, controllava l’entrata e l’uscita `. dei prodotti e delle merci dalla citta

DAL COLLE DI BONARIA Va poi ricordato il quartiere che si sviluppa in direzione del colle di Bonaria (=) e dei suoi monumenti; in questo moderno quartiere sorgeva l’antica chiesa di Santa Maria de Portu Gruttae che sorgeva non lon` tano dal colle di Bonaria in prossimita di grandi grotte adibite a magazzino, dove presumibilmente in epoca giudi` il quartiere portuale picale si sviluppo sano di Bagnaria. Fu costruita nella ` del secolo XI in forme roprima meta maniche, con una navata e la copertura in legno. Nel 1094 fu ceduta ai Vittorini che, a loro volta, nel 1214 la cedettero all’Opera di Santa Maria di Pisa, questa ` ai Minori conventuali nel 1230 la affido che nell’ultimo quarto del secolo XIII ristrutturarono la facciata introducendovi alcuni elementi gotici. Nel 1558 ` ai Trinitari che la tennero fino al passo 1803; fu presumibilmente in questo periodo che fu chiamata chiesa di San Bardilio. Dopo il 1803 l’edificio purtroppo decadde e nel secolo XIX fu interdetto e adattato dapprima a caserma, successivamente a magazzino e infine a ospedale per galeotti; l’edificio fu demolito nel 1909. Contiguo alla chiesa, ai piedi del colle di Bonaria fu realizzato nell’Ottocento il Cimitero ` utilizzato e Monumentale, oggi non piu

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Cagliari di grande interesse artistico: al suo interno lungo i viali si aprono cappelle gentilizie e monumenti funebri che sono come un museo a cielo aperto costituito da statue, dipinti, decorazioni realizzati dai maggiori artisti che operarono a C. tra la fine dell’Ottocento e la ` del Novecento. Nel seprima meta ` si e ` ulteriorcondo dopoguerra la citta mente sviluppata nei quartieri di San Benedetto, nato da un primo tentativo di sistemazione urbanistica riferibile al periodo fascista, di Genneruxi, di La Palma e di La Vega sorti prevalentemente nel secondo dopoguerra.

Cagliari – Golfo degli Angeli.

SAN MICHELE E LE TORRI COSTIERE La ` fortezza era completata da altre citta opere militari tra le quali va ricordato il castello di San Michele. Posto su un colle a guardia dello stagno di Santa Gilla, controlla strategicamente l’accesso a C. dal Campidano. Fu eretto dai Pisani nel corso del secolo XIII su un ` bizantina. Fu sito frequentato in eta parzialmente restaurato dagli Aragonesi che lo chiamarono Bonvehı` e lo concessero ai Carroz. Per tutto il secolo XIVe fino agli ultimi anni del secolo XV fu residenza di questa potente famiglia feudale. Nei secoli successivi, pur continuando a essere destinato a usi militari, decadde rapidamente. Recente` stato restaurato dalla Soprinmente e tendenza ai Beni Ambientali e inserito

dal Comune di C. in un parco; al suo interno, ricco di suggestioni antiche e di invenzioni architettoniche moderne, ospita mostre d’arte e importanti manifestazioni culturali. Il sistema di difesa costiero del golfo di C. era costituito da numerose torri e da alcune fortezze che nel complesso consentivano di proteg` dal mare in modo abbagere la citta stanza efficace. Lungo le coste occiden` situata la torre della Scafa: detta tali e anche della Quarta Regia, in ottimo stato di conservazione, fu costruita attorno al 1660 a forma cilindrica con il ` delle pecompito di vigilare le attivita schiere impiantate nello stagno di Santa Gilla. Divenne anche la sede per la riscossione del tributo della ‘‘quarta regia’’ dovuto da tutti i pescatori che venivano ammessi nello stagno. Attual` sede degli uffici del cantiere mente e ` inserita regionale dello stagno ed e nelle caratteristiche costruzioni del villaggio dei pescatori. In posizione strategica attorno ai promontori che delimi`e ` sitano il tessuto urbano della citta tuata la torre del Lazzaretto: costruita ` situata oltre Borgo Sant’Elia. nel 1720, e Si tratta di una costruzione in forma ci` lindrica con funzioni di segnalazione, e in discreto stato di conservazione e ha al suo interno un locale con la copertura a cupola e una scala che conduce alla terrazza da cui si gode un magnifico ` situata panorama. La torre dei Segnali e ` Calamosca; si tratta sul colle in localita di una possente costruzione concepita per la difesa pesante, in grado di dominare tutto il golfo e di proteggere il porto; fu costruita nel secolo XVII in forma troncoconica a due piani serviti da locali con copertura a cupola e dotati di postazioni per l’artiglieria. Era potentemente armata e servita da un’adeguata guarnigione. Alla torre attualmente sono stati annessi i nuovi impianti del faro. Poco oltre, sempre in lo-

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Cagliari ` Calamosca, sono visibili i ruderi calita della torre di Cala Fighera che probabilmente aveva le stesse caratteristiche di quella dei Segnali; proseguendo, sul colle di Sant’Elia si trova la torre di Sant’Elia, costruzione concepita per difesa e segnali con caratteristiche simili a quelle della torre del Lazzaretto. Si trova, in buono stato di conservazione, accanto all’area della base militare e consente la visione completa del golfo di C. Proseguendo ancora, situati proprio sul capo Sant’Elia quasi a picco sul mare si trovano i ruderi della torre del Poetto, concepita anch’essa come torre di segnali con caratteristiche simili alle altre. Oltre il capo di Sant’Elia, lungo la spiaggia del Poetto si trova la torre di Mezza Spiaggia, costruzione cilindrica della fine del secolo XVI conce` in buono pita per le segnalazioni. E ` considerata stato di conservazione ed e l’ultima delle torri del sistema difensivo del litorale di C. La difesa del golfo era completata dal forte di Sant’Ignazio, costruito nel corso del XVIII sul colle di Sant’Elia in posizione dominante. Era armato di artiglierie e servito da un’adeguata guarnigione; svolse un compito importante durante il tentativo di sbarco francese del 1793; attual` parzialmente in rovina. mente e LO STAGNO DEI FENICOTTERI Le maggiori risorse ambientali del territorio cagliaritano sono allineate lungo il litorale, a volte alto e frastagliato come a capo Sant’Elia, a volte basso e sabbioso come nella spiaggia del Poetto, tanto cara ai cagliaritani, che ha continuazione nella lunghissima, e frequentata, spiaggia di Quartu. Nel retroterra si trova lo stagno di Molentargius che, per quanto inserito in una zona ormai intensamente antropizzata, serve ancora di rifugio per numerose colonie di fenicotteri. Nelle sue Nuove passeggiate cagliaritane (2002) Antonio Romagnino

si sofferma sulle numerose tracce letterarie lasciate dalla frequentazione delle zone umide cagliaritane da parte di questi affascinanti volatili: «Seneca metteva le lingue dei fenicotteri tra le ` prelibate, e le accoppiava per cose piu squisitezza all’uccellagione prove` lontane d’Aniente dalle contrade piu frica e d’Asia. Plinio il Vecchio, attingendo da Apicio, conferma che quella ` di ottimo sapore. parte dell’animale e La cucina romana risorge nel Rinascimento, e cosı` accade di trovare nelle ` sontuose il fenicotmense papali piu tero accanto ai pavoncini indiani e al ` pappagallo. Lorenzo il Magnifico pero non ne mangiava e si era fatto portare alcuni esemplari del superbo animale per tenerli nella sua uccelliera di Ponte a Caiano. Il naturalista comasco Francesco Cetti, vissuto a Sassari nella se` del secolo XVIII, chiamaconda meta tovi da Carlo Emanuele e dal ministro Bogino per fondarvi gli studi scientifici del tutto ignorati nell’isola, nella Storia naturale della Sardegna (1774-1777), cosı` descrive la popolazione dei fenicotteri, che si addensa nei cieli di C., fra marzo e agosto: ‘‘Quando il mattino si guarda da C. verso il mare e sembra che questo sia chiuso da una diga di te` gole rosse, o che una fantastica quantita di foglie rosse galleggi su di esso, sono i fenicotteri in folte schiere che con le loro ali rosse producono questo strano effetto. L’alba non si riveste di colori ´ mai furono cosı` tanto splendenti, ne splendenti le rose dei giardini di Pesto, ` un quanto sono le ali di questi uccelli. E rosa vivissimo, un rosso di rosa appena sbocciata. I Greci ne derivarono il nome dal colore delle ali, i Romani conservarono la medesima denominazione, il nome francese di flamant ha, evidentemente, la stessa origine’’. La fortuna let` tarda e ` attestata da uno teraria piu scrittore ottocentesco. Carlo Cattaneo,

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Cagliari tutt’altro che disposto a facili entusia` fornito di una mentalita ` posismi e gia tivista, si lascia andare a questo sfogo lirico in Della Sardegna antica e mo` singolare derna (1846): ‘‘Ma l’ospite piu ` il flammante (Phoenicopterus ruber) e che a mezzo agosto giunge dall’Africa in folte squadre triangolari che nel lontano azzurro sembrano tracce di fuoco, e in maestosa spira discende, e su lo stagno di C. posa le ali porporine’’. Ancora ` di recente Antonio Baldini ha piu ` piu ` scura s’ascritto: ‘‘Dove la terra e prono laghetti a riflettere il cielo, e con le zampe in mollo i fenicotteri vi pe` Grazia scano i pesci col becco’’. Ma e ` negli occhi e nelDeledda, che conservo l’anima le immagini degli stagni di C. e dei voli scarlatti che ne rompevano le distese d’argento, a memoria del sog` prima di lasciare la giorno nella citta sua terra, a darne due palpitanti vi` nella lirica giovanile sioni. La prima e La pineta, dove si contempla C. dal belvedere di Monte Urpinu: ‘‘In alto s’aprono i prati d’asfodelo in fiore / e bianche rocce guardan sugli stagni / di madreperla, solcati dal lento / volo dei fenicotteri e sul mare / d’argento fosco’’. ` nella prosa dei romanzi: ‘‘Ah, L’altra e gli stagni! Parevano frantumi di uno ` . Intorno c’especchio buttati qua e la rano tanti gigli violetti. E i fenicotteri passavano in lunghe file sul cielo cosı` splendente che non si poteva guar` quasi un mistero dare’’. Il fenicottero e ecologico. Un’anatra? Un cigno? Una cicogna? Schiamazza come le oche, gracchia come le anatre: se nuota, e lo fa eccezionalmente, ha il remeggio lento e sicuro dei cigni. Ma le nude e lunghissime zampe ne fanno un trampoliere, lo imparentano con le cicogne e gli aironi. Ali e zampe gli assicurano due diversi destini: le lunghe emigrazioni e il pascolo su acque basse e fangose. Nessuna altra famiglia animale

ha un altrettanto senso della vita tribale o si concentra in schiere cosı` numerose. ` guadagnarsi il Nessun altro stuolo puo titolo di gente, che presuppone la gerarchia, la comunione dei beni, l’organizzazione sociale. Questa convivenza antropologica ha fatto attribuire ai fenicotteri il nome di gente rossa o genti arrubia, che anche sottolinea una separatezza e un’autonomia. I fenicotteri sono fatti per essere visti solo da lontano. O alti nell’aria, col collo teso in avanti e che quasi si prolunga, in nera linea retta, nelle zampe protese all’indietro. O al centro delle lagune che hanno scelto per i loro solitari ozi. Nessuno ` accarezzare da vicino il piumaggio puo bianco-rosa, le ali vermiglie e nere: il ` solo una nube, e come le fenicottero e nubi aborrisce lo sguardo che indaga l’interno gioco delle luci cangianti e dei riflessi. Solo il fenicottero, odiosamente impagliato dagli uomini, ci fa distinguere il roseo tendente al rosso delle ali, il nero delle penne remiganti. Solo un binocolo indiscreto distingue il collo molto lungo e flessuoso, il becco grosso e piegato ad angolo verso il basso, le gambe con le tibie in gran parte nude e i piedi palmati. Alberto Lamarmora, che possedeva la scienza capace di compiere l’orribile vivisezione e che, armato di un cannocchiale da marina, li contemplava dal palazzo viceregio di C. durante i suoi lunghi soggiorni nell’isola, non osa spezzare l’immagine nero-rosa e la sua intima trama di nebulosa remota, e scrive che, a vederli da lontano, sono come uno squadrone di dragoni del re, che compiono le loro perfette evoluzioni in una delle tante piazze d’armi di Torino sabauda. Quello ` il frutto, che si sa delle sue abitudini e dunque, di pazienti osservazioni, per´ nessun animale sembra piu ` timido che ` prudente del fenicottero. Le die piu stese lacustri non sono per questi uc-

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Cagliari celli solo riserve di caccia, dove si annidano gli animali che costituiscono il loro prezioso cibo, o le utili aree fangose dove essi realizzano i loro caratteristici nidi: un capolavoro di ingegneria (per il materiale fragilissimo impiegato, per la struttura, per l’ambiente infimo che lo circonda) fatto solo di fango, accumulato rastrellando con i piedi nell’acqua bassa, fino a formare un monticello largo mezzo metro e alto tre volte tanto, un tronco di cono incavato al vertice, dove vengono deposte non ` di due uova biancastre, che il fenipiu cottero, rivaleggiando con altri trampolieri che hanno gli stessi ardui problemi, cova, o raccogliendo faticosamente le lunghissime gambe sotto il corpo, o tenendole penzoloni, a caval` che ha cioni dell’artificiale gibbosita innalzato. Sono invece queste distese li` bere e aperte da ogni parte anche le piu adatte per assicurare visuali profonde in tutte le direzioni e un avvistamento preciso e tempestivo di ogni pericolo. ` ancora molto lontano Quando questo e i fenicotteri prendono prima a camminare, quindi a correre, fino a quando non si levano in volo con un rombo possente e disegnando subito la caratteristica V delle loro tipiche formazioni. I fenicotteri arrivano in Sardegna in agosto inoltrato e vi si trattengono fino all’inizio della primavera. Da dove vengono? La loro patria d’origine sono le coste del Mar Caspio e del Mar Nero, da lı` la popolazione mondiale dei fenicotteri, che pare raggiunga il mezzo mi` , si spande in Asia e partilione di unita colarmente in India, raggiunge il lago Baikal nel cuore dell’Europa, si diffonde nei litorali dell’Africa settentrionale e in molte delle terre che si affacciano sul Mediterraneo. Ma il fenicot` solamente sardo. E nelle lagune tero e sarde, ed in particolare in quelle di Molentargius e di Santa Gilla, esso rinnova

il suo mistero, che solo una fucilata riesce a violare. Il fenicottero, ucciso e impagliato o catturato e addomesticato in ` una creatura senza interesse, uno zoo, e ` una bellezza impoverita o ane in piu nullata. Solo una violenza inferta in forme diverse ti mette davanti quello che la sua schiva lontananza ha tenuto nascosto: il massiccio grottesco becco, che si piega bruscamente verso il basso, ` uno strumento vitale per frugare ed e nel fango del fondo e lasciare filtrare la sabbia insieme all’acqua, trattenendo molluschi, vermi e gamberetti. Quella ` mascella e quella mandibola, l’una piu grande dell’altra, che sembrano formare una sorta di tabacchiera, fanno dimenticare le agili gambe, il flessuoso collo, il piumaggio di cigno, i colori ´ il fed’aurora: sappiamo allora perche nicottero danza lontano il suo raffinato balletto. Quel becco, che il pulcino ha invece diritto nei suoi primi mesi di ` la ragione della sua fuga senza vita, e tregua, quella bruttezza dell’arcigno ` il becco, senza la quale non vivrebbe, e segreto della solitaria esistenza dei fenicotteri. L’occhio dell’uomo rompe l’incanto, violenta impietoso quella funzione della natura. Come reinventarla e restituirla alla sua magia consolante? Solo la poesia, che trasfigura e ` ricomporre che ha fatto bella Saffo, puo il mosaico brutalmente scompigliato. Lo ha fatto Giuseppe Pau, andando a contemplare i fenicotteri negli stagni dell’Oristanese, del tutto simili ai cagliaritani di Santa Gilla e di Molentargius, e riversando in un poemetto, La gente rossa (Oristano, 1982), le sue esperienze diverse eppure convergenti del naturalista, dell’archeologo, del lette´ solo chi ha una grande dirato. Perche ` penetrarli mestichezza con i luoghi puo senza contaminarli, analizzarli senza scomporli, indagarli senza violarli. E soprattutto l’archeologo ha dato una

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Cagliari ´ solo il senso di mano al poeta, perche ` alimentare una terra antichissima puo l’altro e non opposto senso di una natura incontaminata. I fenicotteri del Sinis, di Sal’e Porcus, di Cabras e di Mistras, sono tutt’uno con le rovine che biancheggiano fra le macchie di efedra, ` una contitamarice e rosmarino. C’e ` fra l’archeologo che si e ` adagiato nuita fra la sabbia quaternaria del Sinis per ` segreti e l’occhio ascoltare i battiti piu del poeta che ha accarezzato le movenze leggiadre delle danzatrici dei lucidi stagni. Nel viaggio lo ha accompagnato la melanconia di chi cammina, la tristezza del partire, la gioia del ritorno morsa da un oscuro indefinibile presagio. La danza che ha letto negli stagni di madreperla non segue un tripudio di note, non conosce i ritmi travolgenti di un ditirambo, ma accenti tenui e come ` spenti. I fenicotteri sono la vita che si e avvizzita tutto attorno, sono la memoria ` superbe finite per languida delle citta sempre, sono l’ultima oasi nel deserto ` nel sinche ha avanzato inesorabile. E ` la voce vera dei fenicotghiozzo che e ` teri che, se alzano un rombo, questo e sempre un tuono di lamenti, che travolge le solitudini predilette, rompe il silenzio dei ruderi». & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Simbolo delle tradizioni e della storia della ` che si sente come un ponte tra il citta ` la porta della Sardegna, e mare, che e le zone interne, custodi di una parte ri` il costume: levante dell’anima sarda e nell’abbigliamento vi era a C. una netta distinzione tra i ceti elevati che vesti` secondo i canoni vano a sa civili, cioe della cultura dominante cui appartenevano, e i ceti popolari il cui abbigliamento era tradizionale. Peculiare della ` era la molteplicita ` dei costumi in citta ` da ciascuno eserrelazione alle attivita citata: la panattara (sa panettera), ossia

la venditrice di pane, il macellaio, il rigattiere, il pescatore ecc.

Cagliari – Capo Sant’Elia, nei dintorni della `. citta

` il patrimonio di feste popoRicco poi e lari e sagre; ricchissimo il calendario di feste popolari che anima la vita della ` riallacciando gli abitanti alle tracitta dizioni della sua storia multimillenaria. Le principali sono: il ciclo di feste dedicate a Sant’Efisio che si aprono il 15 gennaio e hanno un momento significativo nella processione di Pasquetta che fu istituita nel 1794 per ricordare il miracolo compiuto dal santo in occasione del tentativo di sbarco francese dell’anno prima. La processione, organizzata dall’Arciconfraternita del Gonfalone, che per l’occasione utilizza il costume di gala, comporta lo spostamento del simulacro del santo dalla chiesetta omonima alla cattedrale dove viene celebrata dall’arcivescovo la messa so` grande signifilenne. Ma la festa di piu ` dedica al santo e ` la sacato che la citta gra che si svolge dal 1º al 4 maggio. Vengono poi le feste dedicate a Nostra Signora di Bonaria che si aprono il 24

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Cagliari aprile con la festa che ricorda l’arrivo del miracoloso simulacro nel 1370. I festeggiamenti si svolgono con un concorso di popolo da tutta l’isola e sono di ` religiosa. grande intensita

de is parteras). Il 16 luglio si svolge con ` la festa della Maparticolare solennita donna del Carmine che ha luogo nella ` legata alla memochiesa omonima ed e ´ Caria del tragico assassinio del vicere marassa. Il 15 agosto si tiene la suggestiva festa dell’Assunta, in occasione della quale viene esposto in Duomo il simulacro della Vergine Dormiente, statua del Seicento donata a C. dalla regina Maria Cristina nel 1807.

Cagliari, amministrazione civica Fin

´nniri di San Giovanni, fatto di Cagliari – Il ne steli di grano cresciuti al buio, richiamerebbe antiche cerimonie pagane di primavera.

Le feste in onore della Madonna di Bonaria si concludono nella prima domenica di luglio con una celebrazione istituita nel 1866 da un gruppo di reduci della battaglia di Lissa per ringraziare la Vergine. Essa culmina in una processione a mare nelle acque del golfo degli Angeli, nel corso della quale vengono lanciate in mare alcune corone. Altre feste solenni in onore della Madonna si svolgono il 2 febbraio in occasione della Purificazione (Candelora) che culmina nella benedizione dei ceri e nella benedizione delle gestanti (Nostra Signora

dal periodo della dominazione pisana Cagliari ebbe delle istituzioni auto` fu nome; in un primo tempo la citta retta da un Castellano nominato direttamente da Pisa, in un secondo tempo da due Castellani assistiti da un consiglio maggiore. Dopo la conquista aragonese, nel 1327 Giacomo II concesse a Cagliari uno statuto municipale (Ceterum) sulla falsariga di quello di Barcellona; in base a questo l’amministrazione era affidata a cinque consiglieri eletti che avevano una funzione corrispondente a una moderna giunta. Ad essi era affiancato un consiglio di cinquanta giurati, anch’essi eletti, ed espressione delle classi sociali che componevano la so` cittadina con l’esclusione dei feucieta datari. L’organismo elettivo perseguiva gli obiettivi che intendeva realizzare mediante le delibere (Ordinazioni) per la cui attuazione si serviva di un gruppo ` regia). Tra il 1479 e il di funzionari (Citta 1500, non senza forti resistenze, la struttura del Consiglio civico e i suoi poteri furono fortemente modificati conformemente all’affermarsi delle tendenze accentratrici degli ultimi sovrani della dinastia dei Trastamara. In base a queste modificazioni l’individuazione dei consiglieri finı` per essere effettuata ´ mediante la sotto il controllo del vicere definizione di una nuova procedura detta insaccolazione (=). Essa era basata sulla formazione di rose di nomi di

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Cagliari candidati, ciascuno dei quali veniva scritto su una piccola pergamena che veniva inserita dentro una pallina di cera da deporre in un sacco appositamente predisposto e dal quale, in una data prevista, si estraeva il nome del prescelto che annualmente avrebbe ricoperto l’ufficio. Con questo sistema il ´ finiva per sovrintendere alla vicere scelta preventiva dei nomi da insaccolare e quindi privava di ogni significato ` il l’antica autonomia che alla comunita Ceterum aveva riconosciuto. Cosı`, con solenne cerimonia, il 30 novembre di ogni anno venivano estratti i nomi dei consiglieri e dei giurati. Nel 1621 fu affidato al giurista Bernardino Armanyach, in quell’anno giurato capo, il compito di riformare le costituzioni del Comune; il lavoro fu compiuto con rapi` e le nuove Costituzioni vennero apdita provate da Filippo IV nel novembre dello stesso anno. L’apparato dell’Armanyach rimase immutato nel periodo successivo fino alla riforma degli ordinamenti voluta dal Bogino e attuata nel 1771. Il nuovo sistema fu promulgato da Carlo Emanuele III e introdusse sostanziali innovazioni: furono aboliti i due Consigli e il sistema dell’insaccolazione e del sorteggio dei nomi. L’amministra` venne affidata a un zione della citta unico Consiglio ordinario composto da 9 membri appartenenti a tre classi sociali ben individuate (i cavalieri e i laureati, coloro che vivevano civilmente di rendita, e i notai costituivano la prima classe; i procuratori e i negozianti costituivano la seconda classe; i professionisti minori, i bottegai e gli artigiani agiati costituivano la terza classe), ciascuna delle quali esprimeva tre consiglieri scelti entro una matricola formata da quindici nomi. Il sistema, che finı` per dare un eccessivo potere alle classi socialmente elevate, fu modificato con un editto del 1809 col quale le classi tra cui

scegliere i consiglieri furono ridotte a due (nobili e laureati la prima classe; persone di civile condizione i componenti la seconda classe). Con un’ulteriore riforma nel 1836 vennero reintrodotti il Consiglio generale e quello esecutivo e questo sistema rimase in funzione fino al 1848. Con la ‘‘fusione perfetta’’, infatti, Cagliari perse la condi` regia e il Consiglio comuzione di citta ` a essere eletto secondo nale comincio la legge comunale. I CONSIGLIERI CAPO Giacomo de Sala (1326); Francesco Saint Clement I (1333); Bernard de Rechs (1336), Francesco Resta (1338, 1349); Galcerando Bellotti (1346); Bartolomeo de Podiatis (1350); Bernardo Gueraldi (1360); Guglielmo Terrades (1364, 1368); Arnaldo Gerona (1365); Francesco Saint Cle` Carbonell (1370; ment II (1366); Nicolo nel 1360 e 1361 era stato IV consigliere); Michele c ¸a Rovira (1371); Berengario Rigolf (1384, 1393; nel 1366 era stato II consigliere); Raimondo Boter (1385; nel 1364 era stato III consigliere); Francesco Rigolf (1396); Guglielmo Canelles (1397; nel 1385 era stato III consigliere); Arnaldo Frigola (1401; nel 1397 era stato II consigliere); Giacomo Bou (1404); Nicola Carbonell (1406); Pietro de Bachs (1413, 1420, 1426); Simone Rubeo major (1415, 1418, 1421); Raimondo Boter II (1416, 1419, 1422, 1425); Giacomo Xarch (1424, 1434; fu III consigliere nel 1444); Raimondo Goba (1427); Pietro Janfridi ` Benapres (1433); France(1432); Nicolo sco Carbonell (1436); Francesco Oliver (1444, 1448); Pietro Baquer (1453); Antonio Perpiniano (1454); Bartolomeo Rocha (1455, 1463); Mattia Martin (1467); Andrea Sunyer (1468, 1482); Galcerando Marquet (1479); Pietro Aymerich (1480, 1484); Antonio Salzet (1481); Giacomo Aymerich (1483); Michele Benapres (1486, 1496); Antonio Vidal (1487); Ni` Aymerich (1497, 1501); Giacomo colo

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Cagliari Caldes (1500); Gregorio Baquer (1502); Giovanni Martino Carbonell (1505); Arnaldo Vincenzo Roca (1515); Gaspare ` Fortesa I (1516, 1535); Giovanni Nicolo Aymerich (1524); Onofrio Fortesa (1525); Michele Boter (1527); Bartolomeo Aleo (1528); Melchiorre Tornella (1546, 1551); Antonio Fortesa (1547, ` (1548); Antonio 1552); Michele Barbara ` (1553, Porcell (1549); Antonio Catala 1558, 1563, 1569, 1577); Giovanni Busquets (1554, 1559; era stato IV consigliere nel 1542); Pietro Fortesa I (1555, 1562, 1566, 1574); Cristoforo Aymerich (1557); Giovanni Limona (1561, 1572); Alonso de Ruecas (1570); Giovanni Giacomo Sarroc (1571, 1578, 1586); Gerolamo Tornella I (1581, 1587, 1591; era stato II consigliere nel 1574); Pietro Giovanni Arquer (1583); Pietro Selles I (1585, 1589); Francesco Aleu (1588); Pietro Comellas (1594); Gaspare Fortesa II (1603, 1611); Giovanni Stefano Meli (1606); Melchiorre Garcet (1610, 1619); Pietro Blancafort (1612, 1626); Antonio Cani (1613); Pietro Giovanni Otger (1614, 1623); Giovanni Battista Mallas (1615); Bernardino Armanyach (1621); Giovanni Dexart (1626); Leandro Sasso (1627, 1632; era stato terzo consigliere nel 1630); Giovanni Carnicer (1629; era stato II consigliere nel 1613); Pietro Sel` (1633); Files II (1630); Andrea Orda lippo Silvestre (1634); Francesco Ravaneda (1636, 1640, 1647); Giovanni Maria Tanda (1637); Giacomo Dessı` (1638); Pietro Fortesa II (1639); Salvatore Marti (1641); Gaspare Fortesa III (1642, 1650); Gregorio Otger (1644, 1648, 1652, 1658, 1669); Giovanni Battista Masons (1645); Antonio Soler (1646, 1653); Francesco Carnicer (1649, 1654); Ignazio Tornella (1651, 1656, 1663); Agostino Capay (1659); Gerolamo Tornella II (1660, 1666); Domenico Pitzolo (1661); Domenico Carcassona (1662); Stefano Alemany (1664); Saturnino Vidal (1665); An-

tioco Carcassona (1670); Giuseppe Nin (1671); Giuseppe Carnicer (1672, 1677); Giovanni Domenico Pitzolo (1673, 1678); Pietro Antonio Pes (1674); Antonio Murta Quensa (1675, 1679, 1684); Leandro Soler (1676); Giacomo Santus (1680); Giuseppe Carta Marti (1681, 1687); Giovanni Battista Esgrechio (1682); Nicola Torrellas (1683); Gaspare Valerio Alciator (1685; era stato II consigliere nel 1675); Francesco Muro Sahoni (1686); Antonio Efisio Serra (1690, 1695); Giuseppe Otger (1691, 1701, 1705); Giovanni Santos (1692); Antonio Nater Tornella (1693, 1703, 1707); Francesco Otger (1694, 1706, 1710, 1716); Francesco Esgrechio (1696, 1708, 1721); Giovanni Efisio Esquirro (1697, 1699, 1704, 1709, 1714, 1719); Antioco Nin (1702); Diego Delmestre (1711); Antonio Murteo (1712); Giovanni Maria Canelles (1713); Efisio Soler Serra (1715, 1724); Giacomo Sousa (1717, 1725, 1730); Alfonso Del vecchio (1722, 1726); Antioco Nater (1723, 1729); Pietro Frediani (1727, 1733, 1739, 1744); Giovanni Domenico Martini (1740, 1746); Giovanni Battista Mallas (1728). ELENCO DEI GIURATI CAPO Antonio Fadda (1732, 1736, 1742, 1749); Antonio Nater (1731, 1738, 1745, 1750, 1756, 1760, 1764); Giovanni Battista Masones (1735, 1741); Giorgio Carta (1737); Giuseppe Antonio Lay (1742, 1766, 1770, 1774, fu consigliere di I classe nel 1772, 1773); Giacomo Valdes (1747, 1755, 1762); Gavino Giuseppe Carta (1748, 1752); Salvatore Rodriguez (1751, 1761, 1769, 1773, fu consigliere di I classe nel 1772); Giovanni Andrea Falqui (1753, 1757); Antioco Ignazio Serra (1754, 1758); Giuseppe Tarragona (1759, 1766); Salvatore Duranti (1763, 1767, 1772); Tomaso Sanna Cossu (1768); Salvatore Sotgiu I (1771, 1776, 1784, 1792, 1793, 1802, fu consigliere di I classe nel 1773, 1774, 1783, 1789, 1790, 1791, 1800, 1801); Gae-

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Cagliari tano Frediani (1776, fu consigliere di I classe nel 1774, 1776); Pietro Giovanni Demelas (1777, 1785, fu consigliere di I classe nel 1776, 1783, 1784, 1792, 1793); Gavino Mulargia (1778, 1788, fu consigliere di I classe nel 1776, 1777, 1785); Antonio Lepori (1779, 1795, fu consigliere di I classe nel 1778); Antonio Fenicio (1780, fu consigliere di I classe nel 1778, 1779); Giuseppe Corte (1781, 1782, 1791, fu consigliere di I classe nel 1787, 1788, 1789, 1790); Luigi Messina (1783, fu consigliere di prima classe nel 1781, 1782); Giovanni Maria Tarena (1786, fu consigliere di I classe nel 1784, 1785); Giuseppe Maria Paradiso (1787, fu consigliere di I classe nel 1786); Salvatore Cadeddu (1789, 1797, fu consigliere di I classe nel 1788, 1795, 1796); Gioacchino Mattana (1790, 1798, fu consigliere di I classe nel 1788, 1789, 1796, 1797); Michele Umana (1796, fu consigliere di I classe nel 1795); Pasquale Attori (1799, 1809, fu consigliere di I classe nel 1798, 1808, 1807); Salvatore Pala (1800, fu consigliere di I classe nel 1799); Carlo Carta Sotgiu (1801, 1810, fu consigliere di I classe nel 1799, 1800, 1808, 1809); Giovanni Maria Tarena (1803, fu consigliere di I classe nel 1801, 1802); Salvatore Lepori (1804, 1812, fu consigliere di I classe nel 1802, 1803, 1810, 1811, 1817, 1818); Luigi Cao (1805, 1806, 1814, fu consigliere di I classe nel 1803, 1804, 1812, 1813); Giuseppe Melis Atzeni (1807, 1816, fu consigliere di I classe nel 1805, 1806, 1814, 1815); Michele Onnis (1808, fu consigliere di I classe nel 1806, 1807); Alberto Manca dell’Asinara (1811, 1818, fu consigliere di I classe nel 1817); Gioacchino Vacca (1813, fu consigliere di I classe nel 1811, 1812); Gioacchino Grondona (1815, fu consigliere di I classe nel 1813, 1814); Michele Carta Farina (1817); Salvatore Sotgiu II (1819); Raimondo Melis (1820, 1827, fu consigliere di I classe nel 1818, 1819,

1825, 1826); Emanuele Massa Schirru (1821, fu consigliere di I classe nel 1819, 1820); Bardilio Fois (1822, 1829, fu consigliere di I classe nel 1820, 1821, 1827, 1828); Giovanni Maria Falqui Massidda (1822, fu consigliere di I classe nel 1820, 1821); Selis Vincenzo (1824, 1831, fu consigliere di I classe nel 1822, 1823, 1830); Coi Russi Basilio (1825, 1832, fu consigliere di I classe nel 1823, 1824, 1830, 1831); Antonio Doneddu (1826, 1835, 1837 sindaco di II classe, consigliere di I classe nel 1824, 1825, 1833, 1834); Cristoforo Soggiu (1828, fu consigliere di I classe nel 1827); Giuseppe Piras (1830, fu consigliere di I classe nel 1828, 1829); Federico Caboni (1833, fu consigliere di I classe nel 1831,1832); Giovanni Uselli (1834, fu consigliere di I classe nel 1832, 1833). I SINDACI Francesco Flores Nurra (1837 sindaco di I classe); Efisio Cao di San Marco (1838, 1841 sindaco di I classe); Efisio Loi (1838 sindaco di II classe); Efisio Manconi (1839, 1842 sindaco di I classe); Luigi Unida (sindaco di II classe); Pietro Nieddu di Santa Margherita (1840 sindaco di I classe); Giovanni Borgna (sindaco di II classe); Antonio Pintor Melis (1841 sindaco di II classe, 1860 assessore); Salvatore Rossi (1842 sindaco di II classe, consigliere delegato 1855, 1856); Carlo Pilo Boyl (18441845 sindaco di I classe, 1855, 1856, 1857, 1858, 1859 consigliere delegato); Fortunato Cossu Baylle (1844-1845 sindaco di II classe, 1849 sindaco); Edmondo Roberti di San Tommaso (1846-1848 sindaco di I classe, 1853, 1854, 1855, 1856, 1863, 1864, 1865, 1866, 1867, 1868, 1869, 1870, 1871, 1872, 1873, 1875 sindaco, 1860, 1880, 1881 assessore); Tommaso Marini Demuro (1846-1848 sindaco di II classe, 1857, 1858, 1859 sindaco, 1853, 1855 fu consigliere delegato, 1861, 1864, 1865, 1866, 1867 assessore); Antioco Loru (1851, 1852); Giovanni Meloni

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Cagliari Baille (1860, 1861, 1862); Enrico Sanjust di Neoneli (1876, fu assessore nel 1877, 1878, 1880, 1881, 1884, 1885, 1886); Giovanni Agostino Varsi (1877); Giovanni Sini (1877, 1878, 1879, fu assessore nel ` (1880, 1882; 1889 fu 1876); Gaetano Orru assessore nel 1879, 1884, 1885, 1886, 1887, 1888); Salvatore Marcello (1883); Emanuele Ravot (1884, 1885, 1886, 1887, 1888), Ottone Bacaredda (sindaco 1890, 1891, 1892, 1893-1895, 1895-1899, 18991902, 1902-1904, 1905-1906, 1907-1910, 1911-1914, 1920-1922); Giuseppe Picinelli (1902-1904); Francesco Nobilioni (1911); Gavino Dessy Deliperi (1922, 1944). I PODESTA` Vittorio Tredici (1927-1928); Enrico Endrich (1928-1934); Giovanni Cao (1934-1935); Angelo Prunas (19351942). I NUOVI SINDACI Cesare Pintus (19441946); Luigi Crespellani (1946-1949); Pietro Leo (1949-1956); Mario Palomba (1956-1960); Antonio Follese (1960); Giuseppe Peretti (1960); Giuseppe Brotzu (1960-1967); Paolo De Magistris (19671970, 1984-1990); Angelo Lai (19701971); Eudoro Fanti (1971-1972); Franco Murtas (1972-1975); Salvatore Ferrara (1975-1979); Mario De Sotgiu (19791980); Bachisio Scarpa (1980-1981); Michele Di Martino 1981-1984); Paolo De Magistris (1984-1990); Roberto Dal Cortivo (1990-1992); Gaetano Giua (19921994); Mariano Delogu (1994-2000); Emilio Floris, in carica dal 2001.

Cagliari, archidiocesi di Antica diocesi. Probabilmente la prima della Sardegna, certamente unica archidiocesi ` del secolo XI. Attualsino alla meta ` primate mente il vescovo di Cagliari e della Sardegna e porta i titoli di vessillifero di Santa Romana Chiesa e di barone di Suelli e di San Pantaleo. In epoca medioevale la sua giurisdizione si estendeva sui territori delle curatorias di Campidano, Colostrai, Decimo-

mannu, Gippi, Nora, Nuraminis. Dal 1420 la sua giurisdizione si estese sulla disciolta diocesi di Suelli, dal 1495 su quella di Galtellı`, dal 1503 su quella di Dolia e dal 1506 su quella di Sulcis. Nei secoli successivi alcune di queste diocesi ottennero nuovamente l’autonomia: nel 1824 una parte della diocesi di Suelli costituı` la diocesi di Ogliastra, la diocesi di Sulci-Iglesias fu ricostituita nel 1763; la diocesi di Galtellı` fu ricostituita nel 1779. L’arcivescovo di Cagliari ha governato e governa sulle parrocchie dei seguenti centri: Anquesa, Arcedi, Archiepiscopu, Arcu, Arculentu, Arixi dal 1503 (= Dolia), Armungia dal 1503 (= Dolia), Assemini, Ballao dal 1503, Baralla, Barrali dal 1503, Borro, Burcei, Cagliari, Calagonis, Cancellus, Capoterra, Carabione, Carbonara, Carruti, Castiadas, Chia, Corongiu, Cucho, Decimomannu, Decimoputzu, Dolianova dal 1503, Domus de Maria, Donigala dal 1503 (= Siurgus Donigala), Donisellu, Donori dal 1503, Elmas, Escolca dal 1503, Esterzili dal 1420, Fanari Susu, Fanari Jossu, Flumini, Forcillas, Frutti d’Oro, Furtei, Geremeas, Gergei dal 1503, Gesico dal 1503, Getha de Sipollo, Gippi Jossu, Gippi Susu, Goni dal 1503, Gonidoy, Guamaggiore dal 1503, Guasila dal 1503, Gurgu de Sipollo, Iglesias de Storponi, Ispidi, Leni, Mamussi, Mairu, Mandas dal 1503, Maracalagonis, Masone, Mogor de Liurus, Monastir dal 1503, Monpusi, Monserrato (Pauli), Moracesus, Muravera, Murta, Nizas, Nora, Nurache, Nuraci, Nuraminis, Nuragi de Frotey, Nuraminis, Nuramineddu, Nurri dal 1503, Orroli dal 1503, Ortacesus dal 1503, Orto de Cidro, Orto Jacob, Palma, Palmas, Pau Josso, Pau Susu, Perd’e Sali, Petrera, Pimentel, Pirri, Poggio dei Pini, Pramont, Pula, Quartu Sant’Elena, Quartucciu (Quarto Tocho), Saliu, Samassi, Samatzai, San Basilio, Santa Maria Maddalena, San

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Cagliari ` Gerrei dal 1503, San Priamo, San Nicolo Sperate, San Vito, Sanluri, Sanluri Stato, Santa Igia, Santa Margherita di Pula, Santa Maria de Claro, Santa Maria de Paradiso, Santu Venuci, Sant’Andrea Frius, Sarroch, Scolca di Orrea, Sedanu, Segariu dal 1503, Segavenu, Selargius, Selegas dal 1503, Seminis, Sennoris, Senorbı` dal 1503, Separassiu, Sepullo (Cepola), Serdiana dal 1503, Serramanna, Serrenti, Serri dal 1503, Sestu, Settimo San Pietro, Seuni (dal 1503), Siarus, Simbilia, Siliqua, Silius dal 1503, Sinnai, Sinnuri, Siponti, Sirigargiu, Sisali, Sisini dal 1503, Sisula, Situxini, Siurgus (dal 1503), Siurru, Siutas, Sogus, Solanas, Soleminis, Sorrui, Suelli dal 1420, Susue, Torralba, Trona, Ussana dal 1503, Uta, Vallermosa, Vestaris, Villa San Pietro, Villagreca, Villa major de Pont, Villa Majori, Villamar, Villanova de Castiades, Villanovatulo, Villanova San Basilio, Villanova Sa Pannuga, Villasalto, Villasimius, Villasor, Villaspeciosa. VESCOVI DI CAGLIARI STORICAMENTE CERTI 1. Quintasio, attestato nel 314. 2. Lucifero I teologo e santo (353 ca.-370 ca.). ARCIVESCOVI DI CAGLIARI STORICAMENTE CERTI 1. Lucifero II, attestato nel 484. 2. Brumasio, (517 ca.-523 ca.). 3. Tommaso I, prima del 591. 4. Gianuario, (591 ca.-603 ca.). 5. Vescovo anonimo, attestato nel 626. 6. Diodato, attestato nel 649. 7. Giustino, attestato nel 649. 8. Citonato, (680 ca.-686 ca.). 9. Vescovo anonimo attestato nel 692. 10. Tommaso II, attestato nel 787. 11. Arsenio I, prima del 843. 12. Giovanni, (847 ca.-855 ca.). 13. Arsenio ` secolo IX. 14. Alfredo, II, seconda meta prima del 1073. 15. Giacomo, (1073 ca.1081 ca.). 16. Lamberto, attestato nel 1089. 17. Ugo, (1089 ca.-1090 ca.). 18. Gualfredo, attestato nel 1112. 19. Pietro, attestato nel 1126. 20. Costantino, atte-

stato nel 1141. 21. Bonato, attestato nel 1163. 22. Ricco, (1183 ca.-1217 ca.). 23. Mariano, da Sulci (1218 ca.-1226 ca.). 24. Vescovo anonimo, attestato nel 1233. 25. Vescovo anonimo, attestato nel 1235. 26. Leonardo, di Roma (1237 ca.-1255 ca.). 27. Vescovo anonimo che nel 1257 intervenne alla fondazione di un ospedale a Pisa. 28. Ugone, (1260 ca.-1276). 29. Pecci Ranieri, domenicano di Pisa, designato ` contestualmente. nel 1276 ma rinuncio 30. Gallo, canonico pisano (1276-1290). 31. Percivalle de Comitibus, vescovo di Padova (1290-1295). 32. Giacomo dell’Abate, canonico a Cagliari (1295-1298). 33. Ranuccio, minore, vicario di Roma (1299-1322). 34. Gioannello, (1322-1331). 35. Gondisalvo Bonihominis, arcidiacono a Lleida (1322-1341). 36. Guglielmo I, di Poblet, cistercense, maestro di Teologia (1341-1342). 37. Sebastiano, parroco nella diocesi di Tortosa (13421344). 38. Guglielmo II, agostiniano, tesoriere della cattedrale di Tarragona (1344-1348). 39. Pietro Cescomes,, cistercense abate di Benifazano (1348-1352). 40. Giovanni Graziani, canonico a Cagliari (1352-1354). 41. Giovanni d’Aragona, minore (1354-1369). 42. Bernardo, arcidiacono a Mazara, dal 1361 al 1368 vescovo di Ploaghe, arcivescovo di Torres dal 1368 (1369-1398). 43. Diego, nominato da Benedetto XIII nel 1386. 44. Giovanni, nominato da Benedetto XIII, attestato nel 1400. 45. Antonio Dexart, dell’ordine dei Mercedari, vescovo di Atene, nominato da Benedetto XIII (1403-1413). 46. Pietro Spinola, dottore in Decretali, vescovo di Ales, nominato da Benedetto XIII (1414-1422), nel 1418 confermato da Martino V. 47. Giacomo Massaguer, canonico di Cagliari attestato nel 1414. 48. Giovanni Fabri, baccelliere in Teologia, carmelitano (14231440). 49. Matteo Joffre, canonico decano di Cagliari (1440-1460). 50. Francesco de Ferrer, vescovo di Segorbe (1460-

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Cagliari 1467) trasferito a Majorca. 51. Ludovico Fenollet, vescovo di Nicosia (14671468). 52. Antonio Baragues, domenicano, attestato nel 1471. 53. Gabriele Serra, cistercense abate di Verola (1472-1484). 54. Pietro Pilares, domenicano. vescovo di Dolia (1484-1514). 55. Giovanni Pilares, vescovo di Iglesias (1514-1521). 56. Gerolamo di Vilanova, canonico di Oristano (1521-1534). 57. Domenico Pastorello, conventuale, vescovo di Alghero (1534-1547). 58. Baldassarre de Heredia, domenicano, vescovo di Bosa (1548-1558). 59. Antonio Parragues de Castillejo, benedettino, vescovo di Trieste (1558-1572). 60. Angelo, agostiniano, professore di Teologia a Saragozza, morı` prima di prendere possesso della diocesi nel 1573. 61. Francesco Perez, canonico di Tarazona (1574-1577). 62. Gaspare Vincenzo Novella, dottore in Teologia, vescovo di Ampurias (15781587). 63. Francesco del Vall, dottore in Teologia, sacerdote a Toledo (1587˜ o, vescovo 1595). 64. Alonso Laso Seden di Gaeta (1596-1604), trasferito a Majorca. 65. Francesco d’Esquivel, dottore in utroque, sacerdote a Calahorra (16041624). 66. Lorenzo Nieto, benedettino, arcivescovo di Oristano, nominato nel 1625, morı` nel 1626 prima di giungere nella sua nuova sede. 67. Ambrogio Machin, mercedario, da Alghero (16271640). 68. Bernardo de la Cabra, vescovo di Barbastro (1642-1655). 69. Pietro Vico, arcivescovo di Oristano (1657-1676). 70. Diego Fernandez de Angulo, minore osservante, commissario generale dell’or´ vila. 71. dine (1676-1683), trasferito ad A Antonio Vergara, domenicano, era arcivescovo di Sassari (1683-1685), trasferito a Zamora. 72. Ludovico Diez, mercedario, vescovo di Alghero (1686-1689). 73. Francesco Sobrecasas,, domenicano, maestro di Teologia (1689-1698). 74. Ber˜ ena, mercedario, dottore in nardo Carin Teologia (1699-1722). 75. Giovanni Giu-

seppe Falletti di Barolo, dottore in utroque, vicario generale della diocesi di Alba (1726-1748). 76. Giulio Cesare Gandolfi, rettore del collegio provinciale di Torino (1748-1758). 77. Tommaso Ignazio Natta, provinciale dei Domenicani, professore di Teologia (1759-1763), nel 1763 ` . 78. Giuseppe Agostino Delrinuncio becchi, dell’ordine degli Scolopi, vescovo di Alghero (1763-1777). 79. Vittorio Filippo Melano di Portula, domenicano, professore di Teologia (1778-1797), trasferito a Novara. 80. Diego Gregorio Cadello, dottore in utroque, canonico e vicario generale della diocesi (1798, cardinale dal 1803, resse la diocesi fino al 1807). 81. Nicola Navoni, vescovo di Iglesias (1819-1836). 82. Antonio Raimondo Tore, vescovo di Ales (1837-1840). 83. Giovanni Emanuele Marongiu Nurra, dottore in utroque, vicario capitolare di Sassari (1842-1850) esiliato a Roma, ` a Cagliari nel 1866 anno della sua torno morte. 84. Giovanni Antonio Balma, degli Oblati di Maria, vicario apostolico in Birmania (1871-1881). 85. Vincenzo Gregorio Berchialla, degli Oblati di Maria, dottore in Teologia (1881-1892). 86. Paolo Maria Serci Serra, arcivescovo di Oristano (1893-1900). 87. Pietro Balestra, minore conventuale, vescovo di Aqui (1900-1912). 88. Francesco Rossi, vicario generale e rettore del Seminario di Perugia (1913-1920), trasferito a Ferrara. 89. Ernesto Maria Piovella, arcivescovo di Oristano (1920-1949). 90. Paolo Botto, dottore in utroque, rettore del Seminario di Chiavari (1949-1969), ` . 91. Sebastiano Bagnel 1969 rinuncio gio, cardinale (1969-1973), trasferito alla curia di Roma. 92. Giuseppe Bonfiglioli, dottore in Teologia, arcivescovo di Siracusa (1973-1984). 93. Giovanni Canestri, (1984-1987), trasferito a Genova e creato cardinale. 94. Ottorino Pietro Alberti, vescovo di Spoleto e Norcia (1987-

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Cagliari 2004). 95. Giuseppe Mani, ordinario militare (2004-).

Cagliari, giudicato di (o giudicato di Plumi` esteso dei quattro giudicati nos) Il piu sardi. Il suo territorio era diviso in quindici curatorie: 1. Campidano di Cagliari, con 806 km2 di superficie; 2. Decimomannu, con 333 km2 di superficie; 3. Gippi, con 460 km2 di superficie; 4. Nuraminis, con 271 km2 di superficie; 5. Dolia, con 253 km2 di superficie; 6. Trexenta, con 282 km2 di superficie; 7. Siurgus, con 493 km2 di superficie; 8. Gerrei, con 427 km2 di superficie; 9. Nora, con 411 km2 di superficie; 10. Sulci, con 4511 km2 di superficie; 11. Sigerro, con 761 km2 di superficie; 12. Sarrabus, con 250 km2 di superficie; 13. Quirra, con 200 km2 di superficie; 14. Colostrai, con 320 km2 di superficie; 15. Ogliastra, con 850 km2 di superficie. I primi giudici Le prime notizie che si riferiscono a un giudice di Cagliari risalgono al secolo X: dapprima dovette ` trattarsi di un magistrato la cui autorita si estendeva probabilmente a tutta la Sardegna; successivamente, alla fine dello stesso secolo, il titolo era riferito ` ristretto, ria un ambito territoriale piu spondente al territorio di cui abbiamo detto. Il piccolo regno agli inizi del secolo XI fu attaccato dall’emiro arabo di ˆhid e una parte del suo terDenia Muga ritorio fu conquistata per un breve peˆ hid furono riodo. Le intenzioni di Muga ` vanificate: infatti il territorio conpero quistato fu successivamente liberato con il concorso di una flotta composta da navi pisane e genovesi. I Lacon Gunale Da questo momento co` la stonosciamo con maggior continuita ria del piccolo stato. Il potere era nelle mani della dinastia dei Lacon Gunale ˆ hid, rafche, dopo la cacciata di Muga ` la propria posizione riuscendo a forzo tramandarsi il trono ereditariamente. ` del secolo A partire dalla seconda meta

i vari giudici che si succedettero sul trono di Cagliari, accanto al loro nome proprio, usarono in alternativa i nomi dinastici di Salusio e Torchitorio; posero in atto una politica tesa a rafforzare il proprio potere e a limitare quello della Chiesa locale. Per conseguire l’obiettivo si adoperarono per aprire il giudicato alla Chiesa di Roma, favorendo anche la presenza dei grandi ordini religiosi, cui fecero importanti donazioni. Negli stessi anni essi favorirono anche la frequentazione commerciale di mercanti pisani e genovesi, cui fu consentito possedere vasti territori e godere di esenzioni e privilegi. Col passare degli anni il rapporto con la Chiesa di Roma divenne politico: infatti il papa, che si basava sulla cosiddetta ‘‘donazione costantiniana’’, pretese di esercitare diritti di supremazia sul piccolo regno. Anche la presenza dei mercanti pisani, col trascorrere degli anni, ` ingombrante: dapprima essi si fece piu esercitarono una notevole influenza culturale, che successivamente si tra` in presenza politica, divenuta sformo ` decisa dopo l’estinzione della dinapiu stia dei Lacon Gunale nella seconda ` del secolo XII. meta I Lacon Massa Ai Lacon Gunale succedettero i Lacon Massa, un ramo degli Obertenghi marchesi di Massa: era una famiglia toscana imparentata con la vecchia dinastia estinta, la cui ascesa fu favorita da Pisa e osteggiata dal papa e da Genova. La presenza a Cagliari dei marchesi di Massa aprı` ancor ` il piccolo regno all’influenza culdi piu ` le conditurale della Toscana e creo zioni per una sua dipendenza politica da Pisa. La nuova dinastia consentı` la presenza di un numero crescente di toscani che favorirono la trasformazione ` del giudicato. Dopo la della societa morte di Guglielmo I e durante il regno della sfortunata giudicessa Benedetta,

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Cagliari sua figlia, la dipendenza del giudicato ` netta. Benedetta da Pisa si fece piu ` al Comune dell’Arno il colle dove dono nel 1217 sorse il quartiere del Castello, all’interno del quale i mercanti pisani si diedero leggi proprie; il territorio fu invaso da Ubaldo Visconti e la giudicessa tenuta prigioniera e costretta a sposarsi con Lamberto Visconti. I margini di indipendenza del giudicato si restrinsero maggiormente con i successori di Benedetta, e quando il giudice ` di affrancarsi dalla dipenChiano tento denza avvicinandosi a Genova fu la fine del piccolo regno. Nel 1257 una spedizione voluta dai Pisani, alla quale presero parte anche i Capraia, i Visconti e i ` aveDella Gerardesca, famiglie che gia vano interessi nell’isola, assalı` e distrusse Santa Igia, la capitale del giudicato, il cui territorio fu diviso tra i vincitori.

Cagliari, provincia di Circoscrizione amministrativa che si estende per 4570 km2 e ospita 543 000 abitanti. Trova le ` remote origini come entita ` tersue piu ritoriale istituita per scopi amministrativi nell’editto del maggio del 1807 col quale fu cancellata la tradizionale divisione della Sardegna in Capi e furono istituite le prefetture. DAL 1807 AL 1821 La prefettura di Ca` comprendeva i vilgliari oltre alla citta laggi di Assemini, Burcei, Capoterra, Decimomannu, Decimoputzu, Domus de Maria, Donori, Elmas, Furtei, Maracalagonis, Monastir, Nuraminis, Pauli, Pirri, Pulas, Quartu, Quartucciu, Samassi, San Pietro Pula, San Pantaleo, Sarroch, San Sperate, Selargius, Segariu, Serdiana, Serramanna, Serrenti, Sestu, Settimo, Sicci, Sinnai, Soleminis, Villagreca, Villamar, Villasor, Villaspeciosa, Ussana e Uta. DAL 1821 AL 1848 Nel 1821 con la riforma introdotta da Carlo Felice la prefettura di Cagliari fu abolita e al suo po-

sto fu istituita la provincia di Cagliari che comprendeva 9 mandamenti: Ca` ); Dogliari (comprendeva la sola citta mus de Maria (Domus de Maria, Pula, San Pietro Pula, Sarroch, Teulada); Pauli (Pauli, Elmas, Pirri, Quartu, Quartucciu, Selargius, Sestu); Sanluri (Sanluri, Furtei, Pauli Arbarei, Samassi, San Gavino, Segariu, Serrenti, Villamar); Senorbı` (Senorbı`, Arixi, Guamaggiore, Guasila, Ortacesus, Pauli Gerrei, San Basilio, Sant’Andrea Frius, Seuni, Selegas, Sisini, Silius, Suelli); Serramanna (Serramanna, Nuraminis, Pimentel, Samatzai, Villagreca, Villasor); Sinnai (Sinnai, Burcei, Maracalagonis, Settimo San Pietro, Soleminis); Ussana (Ussana, Assemini, Barrali, Decimomannu, Decimoputzu, Donori, Monastir, San Pantaleo, San Sperate, Serdiana, Sicci, Villaspeciosa). DAL 1848 AL 1859 La provincia di Cagliari rimase in funzione fino al 1848, anno in cui con la ‘‘fusione perfetta’’ le province furono sostituite dalle divisioni amministrative. La divisione amministrativa di Cagliari comprendeva quattro province: Cagliari (Cagliari ` , Arixi, Assemini, Barrali, Burcei, citta Capoterra, Carbonara, Decimomannu, Decimoputzu, Domus de Maria, Donori, Elmas, Furtei, Guasila, Guamaggiore, Maracalagonis, Monastir, Nuraminis, Ortacesus, Pauli, Pauli Arbarei, Pauli Gerrei, Pimentel, Pirri, Pula, Quartu, Quartucciu, Samassi, Samatzai, San Basilio, San Pantaleo, San Gavino, San Pietro Pula, San Sperate, Sanluri, Sarroch, Selargius, Selegas, Segariu, Serdiana, Serramanna, Serrenti, Sestu, Settimo, Seuni, Sicci, Siliqua, Silius, Sinnai, Sisini, Soleminis, Teulada, Villagreca, Villamar, Villasor, Villaspeciosa, Ussana e Uta, Vallermosa, Villa` , Arbus, Calasor); Iglesias (Iglesias citta setta, Carloforte, Domusnovas, Escalaplano, Esterzili, Fluminimaggiore,

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Cagliari Gonnesa, Gonnosfanadiga, Guspini, Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Pabillonis, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Santadi, Sant’Antioco, Tratalias, Villacidro, Villamassargia, Villarios), Isili (Isili, Armungia, Asuni, Ballao, Baradili, Baressa, Barumini, Escolca, Forru, Gadoni, Genoni, Genuri, Gergei, Gesturi, Gonnoscodina, Laconi, Las Plassas, Lunamatrona, Mogoro, Nuragus, Nurallao, Nureci, Nurri, Orroli, Ruinas, Sadali, Sant’Antonio, Sardara, Senis, Serri, Setzu, Seui, Seulo, Siddi, Sini, Siurgus, Tuili, Turri, Ussaramanna, Ussassai, Villanovaforru, Villanovafranca, Villanovatulo, ` , AbVillasalto); Oristano (Oristano citta basanta, Aidomaggiore, Ales, Allai, Ardauli, Aritzo, Assolo, Atzara, Austis, Banari, Baratili, Bauladu, Belvı`, Bidonı`, Boroneddu, Busachi, Cabras, Curcuris, Desulo, Domusnovas Canales, Donigala Fenughedu, Escovedu, Figu, Fordon` , Marrubiu, gianus, Ghilarza, Gonnosno Massama, Masullas, Meana, Milis, Mogorella, Morgongiori, Narbolia, Neoneli, Norbello, Nughedu, Nurachi, Nuraxinieddu, Ollastra Simaxis, Ollastra Usellus, Ortueri, Palmas, Pau, Paulilatino, Pompu, Riola, Samugheo, San Ni` Arcidano, Santa Giusta, San Vero colo Congius, San Vero Milis, Sedilo, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Silı`, Simala, Simaxis, Siris, Soddı`, Solanas, Solarussa, Sorgono, Sorradile, Tadasuni, Terralba, Teti, Tiana, Tonara, Tramatza, Ula, Uras, Usellus, Villanova Truschedu, Villaurbana, Zeddiani, Zeppara, Zerfaliu, Zuri). DAL 1859 AL 1927 Nell’ottobre del 1859 sparirono le divisioni amministrative e furono nuovamente costituite le province. La nuova provincia di Cagliari fu divisa in 6 circondari: Cagliari, Iglesias, Isili, Oristano (con i villaggi compresi nella divisione amministrativa abolita), Cuglieri (Cuglieri, Birori, Bonarcado,

Borore, Bortigali, Bosa, Dualchi, Flussio, Lei, Macomer, Modolo, Magomadas, Montresta, Mulargia, Noragugume, Sagama, Santu Lussurgiu, Scano di Montiferro, Seneghe, Sennariolo, Silanus, Sindia, Suni, Tinnura, Tresnuraghes) e Lanusei (Lanusei, Arzana, Bari Sardo, Baunei, Elini, Gairo, Girasole, Ilbono, Jerzu, Loceri, Lotzorai, Muravera, Osini, Perdasdefogu, San Vito, Talana, Tertenia, Tortolı`, Triei, Ulassai, Urzulei, Villagrande Strisaili, Villanova Strisaili, Villaputzu). NEL 1927 Nel 1927 con la costituzione della provincia di Nuoro, la provincia di Cagliari cedette i circondari di Isili, Cuglieri e Lanusei. DAL 1974 AL 2004 Quando nel 1974 fu costituita la provincia di Oristano cedette anche il circondario di Oristano per cui ` costituita dai centri di Cagliari risulto `, Arbus, Arixi, Armungia, Assemini, citta Ballao, Barrali, Barumini, Burcei, Calasetta, Capoterra, Carbonara, Carloforte, Collinas (Forru), Decimomannu, Decimoputzu, Domus de Maria, Domusnovas, Donori, Elmas, Furtei, Fluminimaggiore, Genuri, Gesturi, Gonnesa, Gonnosfanadiga, Guasila, Guamaggiore, Guspini, Iglesias, Las Plassas, Lunamatrona, Maracalagonis, Masainas, Monastir, Muravera, Musei, Narcao, Nuraminis, Nuxis, Ortacesus, Pabillonis, Pauli, Pauli Arbarei, Pauli Gerrei, Pimentel, Pirri, Piscinas, Portoscuso, Pula, Quartu, Quartucciu, Samassi, Samatzai, San Basilio, San Gavino, San Giovanni Suergiu, San Pantaleo, San Pietro Pula, San Sperate, San Vito, Sanluri, Sant’Antioco, Santadi, Sardara, Sarroch, Selargius, Selegas, Segariu, Serdiana, Serramanna, Serrenti, Sestu, Settimo, Setzu, Seuni, Sicci, Siddi, Siliqua, Silius, Sinnai, Sisini, Siurgus Donigala, Soleminis, Teulada, Tratalias, Tuili, Turri, Ussana e Uta, Villacidro, Villagreca, Villamar, Villamassargia,

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Cagliari Calcio Villanovaforru, Villanovafranca, Villaperuccio, Villaputzu, Villarios, Villasor, Villaspeciosa, Vallermosa, Villasalto, Villasor. DAL 2004 Il recente dibattito sulle partizioni amministrative della Sardegna ` concluso con la costituzione di quatsi e tro nuove province che ha determinato alcune significative trasformazioni territoriali. Oggi la provincia di Cagliari occupa la parte sud-orientale dell’isola, con una punta che arriva a nord sino alle falde del Gennargentu. Tra i ` popolosi quelli che si sono centri piu formati intorno al capoluogo: Quartu Sant’Elena, 68 000 abitanti; Selargius, 27 000; Assemini, 24 000; Capoterra, 21 000; Monserrato, 20 000. Resistono at` agricole tradizionali come la cetivita realicoltura, all’interno del territorio, mentre nelle parti pianeggianti irrigue si sono sviluppate la frutticoltura e l’orticultura. Nelle zone costiere oltre al turismo si sono sviluppate le industrie petrolchimiche, e consolidate quelle commerciali, che possono contare sul grande porto di Cagliari. Cagliari, il capoluogo, conta 164 000 abitanti. Attualmente la provincia di Cagliari risulta `, composta dai centri di Cagliari citta Arixi, Armungia, Assemini, Ballao, Barrali, Burcei, Capoterra, Carbonara, Collinas (Forru), Decimomannu, Decimoputzu, Dolianova, Domus de Maria, Donori, Elmas, Escolca, Esterzili, Furtei, Genuri, Gergei, Gesturi, Gonnesa, Gonnosfanadiga, Isili, Mandas, Maracalagonis, Monastir, Monserrato, Muravera, Nuraminis, Nurri, Orroli, Ortacesus, Pabillonis, Pauli, Pauli Gerrei, Pimentel, Pirri, Pula, Quartu, Quartucciu, Samassi, Samatzai, San Basilio, San Pantaleo, San Pietro Pula, San Sperate, San Vito, Sarroch, Selargius, Selegas, Segariu, Serdiana, Serramanna, Serrenti, Sestu, Settimo, Setzu, Seuni, Sicci, Siliqua, Silius, Sinnai, Sisini, Siurgus Do-

nigala, Soleminis, Ussana e Uta, Villagreca, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca, Villaperuccio, Villaputzu, Villarios, Villasor, Villaspeciosa, Vallermosa, Villasalto, Villasor.

Cagliari Calcio – Il nuovo stadio di ‘‘Sant’Elia’’ sostituı` il vecchio, glorioso ‘‘Amsicora’’, che a sua volta aveva sostituito lo stadio di via Pola.

Cagliari Calcio Societa` sportiva. Nel 1920, con una partita contro i ‘‘cugini’’ della SEF Torres, il Cagliari Foot-ball Club, appena nato per iniziativa di un gruppo di studenti, inaugura il campo `e ` la prima di viale Trieste. La societa che pratichi esclusivamente il calcio. Quattro anni dopo, dalla fusione con l’Unione Sportiva ‘‘Italia’’, nasce il Club Sportivo ‘‘Cagliari’’ che si iscrive al campionato sardo di I divisione (dal quale si accede ai campionati nazionali). In quegli anni il calcio ‘‘organizzato’’ sta muovendo i primi passi. Nel 1930 il C.C. partecipa al campionato di I divisione nazionale classificandosi al quinto posto e l’anno successivo ottiene la promozione in serie B. Nel 1934 il Club Sportivo si scioglie e nasce una ` , l’Unione Sportiva ‘‘Canuova societa gliari’’, che mantiene il suo posto nel campionato di serie B fino al 1935, quando, sotto la presidenza dell’ingegnere romano Aldo Pacca, retrocede in serie C a causa della trasformazione del campionato cadetto in girone unico. Con l’avvento della guerra le squadre

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Caglio ellittico sarde, come lo stesso C.C., la Torres e la neonata Carbosarda, disputano un cam` tapionato regionale: la Sardegna e gliata fuori dal resto dell’Italia fino a tutto il 1946. Solo nel 1947 l’US Cagliari viene ripescata in serie B, ma retrocede l’anno successivo classificandosi al 18º posto. Dopo un paio di campionati nell’anonimato, finalmente nel 1952 i ros` vincono il girone C della serie C e soblu tornano tra i cadetti, sfiorando nel 1954 la promozione in serie A: perdono a Roma lo spareggio con la Pro Patria di Busto Arsizio. Nel 1959, dopo otto anni, il C.C. retrocede in serie C e ‘‘ritrova’’ l’anno successivo il derby con i cugini della Torres, provenienti dalla quarta serie. Il primo derby si gioca a Sassari il 22 gennaio 1961 davanti a 10 000 spet` (1-1) con gol di tatori e finisce in parita Saba (C.C.) e Bacci (Torres). Nel C.C. gioca il sassarese Umberto Serradimi` gni. Qualche mese dopo sono i rossoblu del Capo di sotto ad aggiudicarsi la partita (2-1). L’anno successivo il C.C. ottiene la promozione in B e nel 1964, sotto la guida di Silvestri, conquista finalmente la serie A. Ha inizio un cre` la squadra rossoblu `, scendo che portera prima sotto la guida dello stesso Silvestri e poi del mitico Manlio Scopigno, alla conquista dello scudetto di campione italiano nella stagione 1969-1970. In quegli anni erano arrivati a Cagliari campioni come Domenghini, il brasi` ), Alberliano Olindo de Carvalho (Nene tosi, Boninsegna, ma soprattutto Gigi Riva, grande ala sinistra il cui nome ri` legato per sempre a quello del marra C.C. Nel 1976, dopo dodici stagioni, il C.C. retrocede in B, ritornandovi nel 1979; torna in B nel 1983 e, dopo quattro anni, retrocedendo in serie C1, ‘‘ritrova’’ il derby con la Torres. Questo accade mentre l’ex giocatore del C.C. Pietro Paolo Virdis, di Sindia, vince con 17 gol la classifica cannonieri con la ma-

glia del Milan. Il C.C. torna in serie A nel 1990, guidato dall’astro nascente Claudio Ranieri. Nel 1992 assume la presidenza Massimo Cellino e, sotto la guida di Carlo Mazzone, la squadra accede a una storica semifinale di Coppa ` torUefa. Dopo alterne vicende, il C.C. e nato in serie A e ha visto il ritorno in Sardegna di un grande giocatore come Gianfranco Zola, proveniente dal campionato inglese. Nell’estate del 2005 il presidente Cellino si dimette e Zola decide di ritirarsi dall’agonismo attivo. [GIOVANNI TOLA]

‘‘Cagliari Economica’’ Mensile di carattere politico-economico della Camera di Commercio di Cagliari. Fon` a essere pubblidato nel 1954, continuo cato fino al 1960. Si avvalse della colla` tra le borazione di eminenti personalita quali: Francesco Alziator, Enrico Baravelli, Giorgio Bardanzellu, Alberto Boscolo, Mauro Cabras, Giuseppe Della Maria, Maria Freddi, Francesco Loddo Canepa, Antonio Maxia, Mario Pintor, Evandro Putzulu, Renato Salinas, Giancarlo Sorgia.

‘‘Cagliaritano, Il’’ Rivista mensile di politica, cultura, economia e sport. Fondato nel 1973 da Giorgio Ariu, che an` avvalso della collabocora lo dirige. Si e razione di esperti della cultura isolana.

Caglio ellittico Pianta erbacea perenne della famiglia delle Rubiacee (Gallium schmidii Arrigoni). Ha fusti lisci, foglie ` che si dipardisposte in verticilli (cioe tono a raggiera) di 6-8 elementi con lamina lineare; i fiori, piccoli e bianchi, riuniti in infiorescenze, fioriscono tra giugno e luglio. Vive in ambienti roc` una specie endemica della ciosi ed e Sardegna. Insieme alle specie simili, anch’esse endemiche, G. corsicum e G. glaucophyllum (caglio del monte Linas), ` inserita nell’elenco delle piante da e sottoporre a vincolo di protezione, in base alla proposta di L.R. n. 184/2001. I

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Cagnetta nomi sardi sono legati alla sua scabro` e capacita ` di impigliarsi negli indusita menti e nel pelo degli animali: pigapiga, appodda-appodda, infatti, significano letteralmente ‘‘prendi-prendi’’ e ‘‘appiccica-appiccica’’. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cagnetta, Franco Antropologo (Roma 1925-ivi 1999). Arrivato in Sardegna con ´quipe che aveva il compito di reaun’e lizzare un servizio sulle condizioni delle zone interne dell’isola, ne ha colto i caratteri e le contraddizioni. Il risul` stato pubblicato sulla tato del lavoro e rivista ‘‘Nuovi argomenti’’ nel 1954 destando grande scandalo e contribuendo ` sarda. a far conoscere meglio la realta Tra i suoi scritti: La Barbagia e due biografie di barbaricini, ‘‘Nuovi Argomenti’’, 1953; La ‘‘disamistade’’ di Orgo` ’’, 3, 1953; Inchiesta su Orsolo, ‘‘Societa gosolo, ‘‘Nuovi argomenti’’, 1954; queste opere sono poi confluite nel volume Banditi ad Orgosolo, pubblicato prima in Francia nel 1963, quindi in Germania nel 1964 e finalmente, soltanto nel 1975, in Italia da Guaraldi.

Calabona Miniera di piombo e di zinco sulla costa algherese. Fu impiantata nel secolo XIX ed era gestita dalla Monteponi, che ne estraeva le piriti indispensabili per il funzionamento dell’impianto elettrolitico che era stato costruito per la miniera dell’Iglesiente. ` inattiva. Ne Attualmente la miniera e rimangono le rovine del fabbricato della direzione e del villaggio dei minatori di suggestiva bellezza, inseriti in un contesto paesaggistico dal quale si gode un magnifico panorama su Porto Conte e su Alghero.

Cala Domestica – Veduta dalle alture che circondano la cala.

Cagnulari Vitigno che probabilmente aveva origini in Spagna. Tipico dei territori interni del Sassarese e sviluppato soprattutto su terreni detti luzzanas a ` affine al Bopartire dal secolo XVII, e ` conosciuto anche in Gallura vale ed e col nome di Caldarello. Dopo il secolo ` stato riXVIII il vitigno fu trascurato: e scoperto di recente e valorizzato negli ultimi anni dalle ricerche degli enotecnici delle Cantine sociali e di alcuni produttori privati.

Caio Ulpio Severo Funzionario romano (fine sec. I-inizi sec. II). Fu governatore della Sardegna con il titolo di ‘‘Prefetto della provincia della Sardegna’’ negli anni dell’imperatore Traiano, quando l’isola fu nuovamente inclusa tra le province senatorie. Verosimilmente C.U.S. apparteneva all’ordine senatorio.

Cala Domestica Insenatura a sud di Buggerru, al termine di un fiordo di suggestiva bellezza. Nella seconda ` dell’Ottocento, per la sua posimeta zione al riparo dei venti, divenne un approdo comodo e sicuro per le imbarcazioni adibite al caricamento dei minerali che venivano scavati ad Acquaresi. Alla fine del secolo vi venne costruita una piccola ferrovia che fu tra le prime a essere azionate dall’energia elettrica: su di essa transitava un convoglio di sei vagoni capace di trasportare fino a 2 t di minerale a viaggio sino al punto d’imbarco di La Caletta. Attorno al punto d’imbarco furono costruiti dei silos e un piccolo villaggio, le cui rovine sono ancora chiaramente identificabili.

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Cala Gonone ` divenuta un animato porticciolo turie stico molto frequentato nella stagione estiva.

Cala Ginepro Localita` balneare posta a qualche chilometro da Cala Liberotto. Sviluppatasi in pochi decenni nella se` del secolo XX, e ` dotata di conda meta discreti impianti balneari molto frequentati.

Calagonis Villaggio medioevale di

Cala Fico – A Carloforte, ai piedi della strada che sale a Capo Sandalo si apre la lunga insenatura di Cala Fico, con la spiaggia chiusa da scogliere.

Cala Fico Suggestiva localita` dell’isola di San Pietro non lontana da capo San` raggiungibile da un sentiero scodalo. E sceso che si stacca dalla strada per capo Sandalo. Si tratta di una piccola insenatura con una spiaggia sassosa chiusa da magnifiche scogliere; in passato fu comodo riparo di navi corsare che hanno dato origine a leggende popolari.

Cala Francese Profonda insenatura che si apre lungo le coste settentrionali dell’isola di La Maddalena in prossi` di grandi cave di granito, oggi commita pletamente abbandonate, ma che furono abbondantemente sfruttate nei secoli passati.

Cala Gavetta Punto di approdo nel ` la localita ` porto di La Maddalena. E ` del presso la quale nella seconda meta secolo XVIII si ebbero i primi insediamenti stanziali nell’isola. Attualmente

probabili origini punico-romane. Sorgeva a poca distanza dall’attuale abitato di Maracalagonis; ebbe grande importanza anche in periodo bizan` a far parte tino e nel Medioevo entro del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Campidano. Caduto il giudicato, nella divisione del 1258 fu compreso nella parte che fu amministrata direttamente dal Comune di Pisa tramite propri funzionari. Dopo la conquista aragonese fu concesso in feudo agli Oulomar e co` a decadere; i feudatari, infatti, mincio non seppero instaurare buoni rapporti ` di villaggio, che era con la comunita ancora vitale e conservava le sue antiche autonomie eleggendo annualmente il majore e i consiglieri. Cosı`, ` la prima quando nel 1353 scoppio guera tra Mariano IV e Pietro IV, gli abitanti si ribellarono e il villaggio fu temporaneamente occupato dalle truppe giudicali. Al termine del con` in possesso deflitto il villaggio torno ` nel 1363 lo cedetgli Oulomar, che pero tero ai Carroz che lo unirono al loro grande feudo; scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV fu occupato dalle truppe giudicali e solo dopo la battaglia di Sanluri, nel 1409, ` in possesso dei Carroz. Alcuni torno anni dopo i suoi abitanti si trasferirono in massa a Mara e C. scomparve.

Cala Gonone Centro abitato della provincia di Nuoro, frazione di Dorgali (da cui dista 7 km), con circa 700 abi-

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Cala Gonone tanti, posto a 23 m sul livello del mare sotto il monte Tuili, che lo divide dal Comune. Regione storica: Barbagia. Diocesi di Nuoro. & TERRITORIO Il territorio, di ridotte ` rappresentato dalle dimensioni, e falde del monte Tuili che digradano verso il mare, su una bellissima spiaggia e verso il porto peschereccio e turistico.

` ECONOMIA La principale attivita ` il turismo, economica del villaggio e che da estivo si sta trasformando in residenziale e in grado di coprire l’arco dell’intero anno solare. Anche la pe` importante: nel porto stazionano sca e numerose barche attrezzate di vario tonnellaggio. Servizi. Il centro abitato ` collegato con linee automobilistiche e a Dorgali (che si trova sulla S.S. 125 ‘‘Orientale sarda’’) e agli altri centri ` della provincia; nel periodo estivo e sede di guardia medica e di farmacia. Possiede un porto turistico con 120 posti barca, numerosi alberghi, un campeggio con 1100 posti letto e alcuni ristoranti. Intenso (soprattutto durante l’estate) il servizio di barche e navigli che permette di raggiungere le straordinarie spiagge a sud del paese. &

Cala Gonone – Cala Fuili. La costa tutta intorno al borgo marino e` punteggiata di splendide spiagge che e` facile trovare poco popolate anche d’estate.

STORIA La sua formazione risale ` dell’Ottocento alla seconda meta quando nel suo territorio cominciarono a stabilirsi nuclei di pescatori di origine ponzese. Negli ultimi decenni del secolo, attirati dalla particolare bellezza dei luoghi, vi costruirono le loro ville alcuni ricchi nuoresi dando cosı` l’avvio alla sua vocazione turistica, dopo aver superato con l’apertura di una galleria (dal 2005 ulteriormente ampliata) il problema di oltrepassare la montagna che divide C.G. da Dorgali. Nel corso del Novecento le sue risorse turistiche vennero ulteriormente valorizzate e oggi il villag` una rinomata stazione balneare gio e ricca di tutte le infrastrutture necessarie e capace di attirare cospicue correnti di traffico turistico.

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Cala Gonone – Panorama del borgo, protetto alle spalle da una robusta mole montana che lo separa da Dorgali.

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Diverse e significative testimonianze della frequentazione dell’uomo sono presenti sul suo territorio, in particolare il Nuraghe Mannu e Su Nuragheddu, complesso nuragico situato in ` dell’abitato. Il Nuraghe prossimita ` del tipo monotorre, incombe Mannu e sull’abitato e aveva una funzione di avvistamento, complementare rispetto al complesso di Su Nuragheddu che

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Cala Liberotto sorge a qualche centinaio di metri. Si tratta di un imponente nuraghe polilo` addossato un villaggio costibato cui e tuito da capanne circolari e rettangolari.

una scena di danza in presenza di un disco solare. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI La ` significativa manifestazione che piu si riallaccia alle tradizioni del piccolo ` la sagra del pesce che si svolge centro e l’ultima domenica di maggio, organizzata dai pescatori del paese. Per l’occasione viene distribuita a tutti i pre` di pesenti una grandissima quantita sce fritto in piazza per la gioia di residenti e turisti.

Cala Gonone – Un tempo piccola appendice marina di Dorgali, e` ora cresciuta sotto la spinta del turismo.

PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` il suo E AMBIENTALE Caratteristico e assetto urbanistico che sfrutta il declivio a mare della collina dove tra la fine ` del Nodell’Ottocento e la prima meta vecento furono costruite numerose ville per la residenza estiva di importanti famiglie nuoresi e dorgalesi. Ce` la Grotta del Bue lelebre e bellissima e Marino che si apre nell’erta costa a sud ` conosciuta a livello dell’abitato ed e ` stata considerata internazionale; e come uno degli ultimi rifugi della foca monaca, ormai estinta. Si apre lungo la costa tra pareti candide di calcare strapiombanti sul mare che creano ri` flessi fantastici ed effetti suggestivi. E raggiungibile esclusivamente in barca e si inoltra nel cuore della montagna con una serie di ambienti ricchi di stalattiti che creano incomparabili effetti ` anche imporscenografici. La grotta e tante archeologicamente: infatti nella parete di ingresso sono state rinvenute delle incisioni risalenti alla cultura di Ozieri (=) che rappresentano &

Cala Liberotto – Foto aerea del litorale.

Cala Liberotto Localita` balneare a ` caratterizzata da nunord di Orosei. E merose e suggestive spiagge, meta di un intenso turismo estivo.

Cala Liberotto – La spiaggia.

` si e ` sviluppata nel secondo La localita dopoguerra quando vi fu impiantata la ` il punto di riferibella pineta che oggi e mento dell’intero comprensorio. A par` stata arrictire dagli anni Sessanta e

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Cala Luna chita da numerose ville di buona fattura architettonica. Nella parte settentrionale della pineta si apre il territorio di Sa Curcurica, con l’omonimo stagno ` collegato un tempo pescoso. Lo stagno e al mare da un canale scavato nel 1959 e attualmente semi-intasato; tutto il ter` ricco di flora e fauna. ritorio e

strada suggestiva che scorre ai margini della zona militare. Costituita da una minuscola spiaggia incastonata tra pareti di calcare, da qualche decennio ha preso a essere sfruttata per il turismo balneare; negli ultimi anni si va arricchendo di impianti turistici di rilievo.

Cala Luna Magnifica spiaggia posta a sud di Cala Gonone, raggiungibile solo ` una caletta ampia non piu ` dal mare. E di 500 m, che si apre tra lo stagno originato dallo sbocco del rio Codula e il mare, decorata ai bordi da alte siepi di oleandro e chiusa ai lati da una grande scogliera di calcare. La sua bellezza ne fa un richiamo turistico di primaria importanza per il turismo della Sardegna centro-orientale. Cala Mosca – La torre di Calamosca faceva ` parte della cortina di torri costruite in eta spagnola a difesa della capitale contro gli attacchi dal mare.

Calanca, Barbara Fotografa (n. Roma

Cala Luna – Lungo la costa orientale, soprattutto nel golfo di Orosei e intorno ad esso, si aprono magnifiche spiagge (solitarie fino a qualche anno fa).

Cala Mogoro Insenatura dello stagno ` punica e romana di Santa Gilla. In eta vi sorgeva un approdo lagunare di ` a esgrande importanza che continuo sere sfruttato per secoli e che fu abbandonato nell’Alto Medioevo. La lo` attende di essere studiata sistecalita maticamente dagli archeologi.

Cala Mosca Localita` ai piedi del colle di Sant’Elia all’estrema periferia di Cagliari, raggiungibile dal quartiere di San Bartolomeo attraverso una

1954). Dal 1983 si occupa di tematiche ambientali, aderendo ad associazioni internazionali per la difesa dell’ambiente. Particolarmente interessata alla salvaguardia dell’habitat marino, ha fondato l’associazione Ecosub, pro` sportiva subacmuovendo l’attivita quea e l’educazione ambientale, in contatto con il WWF, con Legambiente e con Marevivo. Ha pubblicato Il mare ` nella tradizione maddalenina ed e coautrice de Il libro delle isole.

Calandra = Zoologia della Sardegna Calangianus Comune della provincia di Olbia-Tempio, compreso nella III ` montana, con 4571 abitanti Comunita (al 2004), posto a 518 m sul livello del mare, sulle colline digradanti a nord del monte Limbara. Regione storica: Gallura. Diocesi di Tempio-Ampurias.

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Calangianus

Calangianus – Tomba di giganti di Pascaredda. La Gallura, che non ha molti ` monumenti nuraghi, conserva pero `. importanti di quella eta & TERRITORIO Il territorio si estende per 126,5 km2 e confina a nord con Arzachena, a est con Olbia e Telti, a sud con Berchidda e a ovest con Luras e Tempio Pausania, da cui dista 8 km. Il paese, dominato dal massiccio del Limbara e in particolare dalle creste granitiche del monte Biancu (1231 m) e ` cirdel monte Niiddhoni (1231 m), e condato da colline ricche di pascoli, di colture cerealicole, vigneti e boschi ` quello di querce da sughero. Il clima e caratteristico delle regioni sub-montane con inverni freddi ed estati calde ` collegato a Tempio e ma ventilate. C. e a Olbia, distante 30 km, da autolinee e dalla ferrovia Sassari-Tempio-Palau tramite una stazione che si trova tra il paese e il vicino centro di Luras. La linea ferroviaria viene usata prevalentemente per scopi turistici. & STORIA L’attuale centro abitato e ` di origine medioevale: la prima notizia proviene dagli Archivi vaticani. Si tratta di un documento del 1162 che cita una cappella di Sancti Jacobi del ` solo all’inizio del TreCalegnano, ma e cento che alcuni documenti citano la Villa Calanjanus come appartenente alla curatoria di Gemini Josso del giudicato di Gallura. Estinta la dinastia dei Visconti il villaggio prese a essere

amministrato direttamente dal Comune di Pisa, mediante suoi funzionari, fino alla conquista aragonese. ` mantenne un atLa popolazione pero teggiamento ostile nei confronti dei nuovi venuti, soprattutto quando scop` la guerra tra Genova e Aragona: in pio ` provo quella occasione si ribello cando l’intervento delle truppe di Rai` a mondo Cardona che nel 1330 porto termine la conquista. Allora C. e una parte della curatoria furono riconosciute come feudo di Catonetto Doria, ` poco: inma questa sistemazione duro fatti, quando nel 1347 gli stessi Doria si ribellarono nuovamente, anche il villaggio fu in preda alla rivolta.

Calangianus – Intorno alla bella Tomba di giganti di Pascaredda, scavata di recente, e` stato realizzato un suggestivo parco.

Dopo il 1347, nel disperato tentativo di pacificarlo, fu dato in pegno a Giovanni d’Arborea. Ma quando quest’ultimo fu arrestato da suo fratello Mariano, C. fu abbandonato a se stesso e, ` la prima guerra tra quando scoppio Mariano IV e Pietro IV, subı` molti ` , almeno formaldanni ma continuo mente, a rimanere possesso dello sventurato principe. Scoppiata la seconda guerra tra Aragona e Arborea, il paese fu occupato dalle truppe giudicali. Nel 1376 subı` gravi perdite durante l’epidemia di peste ma non si ` e rimase in possesso delle spopolo truppe giudicali sebbene i Carroz,

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Calangianus eredi di Giovanni d’Arborea, ne fossero stati riconosciuti legittimi feudatari. Dopo la battaglia di Sanluri C. cadde in mano al visconte di Narbona che lo tenne fino al 1420 quando rinun` definitivamente ai suoi diritti. Alcio lora i Carroz riuscirono a entrarne in possesso e lo tennero fino alla seconda ` del secolo XV quando, per il mameta trimonio di Beatrice con Pietro Maza de Lic ¸ ana, divenne possesso di quest’ultima famiglia, che lo tenne fino all’estinzione. Scomparsi i Maza, per il ` si possesso della loro enorme eredita accese una lite che si concluse solo nel 1571, quando C. divenne feudo dei Portugal.

Calangianus – La chiesetta campestre di San Sebastiano ha la tipica architettura gallurese in conci di granito a vista.

` a far parte del Successivamente entro marchesato d’Orani. Nel corso del secolo XVII il territorio di C. fu teatro di faide tra gruppi di famiglie locali, in un crescente clima di violenza che l’amministrazione feudale non riuscı` a mitigare fino al riscatto dei feudi. ` a far parte, come caNel 1821 C. entro poluogo di mandamento, della provincia di Ozieri e nel 1831 di quella di ` di questo peTempio Pausania. Ed e riodo la precisa e puntuale analisi che fa del centro gallurese Vittorio

Angius, il quale ci lascia una preziosa testimonianza: «Della popolazione ` raccolta nel paese, l’altra una parte e dispersa nelle varie ‘‘cussorgie’’ del territorio. In quello si numerano anime 1060 in famiglie 300; in questa 960 in famiglie 260. Si celebrano nell’anno 15 matrimoni: nascono nel paese, 40; nella campagna, 30: muojono in quello 25, in questa 12, e intendasi quando alla natura non coopera nel furor delle inimicizie la vendetta. Non pochi di questi popolani trava´ con poca arte, alla gliano, comeche fabbricazione di mattoni e tegoli. Le altre persone meccaniche (falegnami, muratori, fabbri ferrari e armaroli) ` di 30. Le donne lavorano non sono in la in circa 300 telai. Nella scuola di istruzione elementare concorrono 30 fanciulli. Un buon sacerdote legava una frazion dell’asse allo stipendio d’un maestro per la grammatica latina e rettorica. Gli ‘‘stazii’’ [distretti frazionari delle cussorgie] sono a pareg` in tutti giarsi alle famiglie. Non pero hannosi greggie ed armenti; che restano alcuni per la sola abitazione, e per praticarvi un po’ di agricoltura, i cui frutti se siano insufficienti al biso` gno, ei vi suppliscono o per la carita altrui, o per propria mala industria. Il totale delle bestie che si educano ` scendere a nelle specie suddette puo capi 16,000. Selvaggiume: vi comprendi cinghiali, lepri, volpi, martore e istrici in grandissimo numero, e pure a poca distanza dall’abitato. Dove la ` del paese estendesi nel Limproprieta bara sono dei mufloni e daini. Grande ` la copia dei volatili nelle specie pere nici, colombi, beccaccie, merli, piche, ´ mancano le specie corvi, avvoltoi. Ne acquatiche. Negli alvei guizzano molte anguille e trote, e se i lurasinchi non vengono a tender reti, e altre insidie, la loro generazione si moltiplica

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Calangianus in grandissimo numero». Quando nel 1848 le province furono abolite, fu incluso nella divisione territoriale di Sassari e nel 1859 nella ricostituita omonima provincia. Nella seconda ` dell’Ottocento ebbe inizio una meta radicale trasformazione dell’economia di questo comune: vi si sviluppa` connesse alla larono fiorenti attivita vorazione del sughero e del granito e in breve C. divenne un centro industriale di rilevanza notevole. Nel No` modifivecento la situazione non si e ` procata, ma attualmente le attivita duttive si sono molto diversificate anche grazie a giovani e dinamici imprenditori. & ECONOMIA I calangianesi hanno un ` alti d’Italia, reddito pro capite tra i piu grazie a una economia basata prevalentemente sulla raccolta e la lavorazione del sughero (oggi con l’aiuto di moderne tecnologie) in alcuni stabilimenti anche a conduzione familiare. ` recenteUna di queste industrie si e mente riconvertita e ha brevettato un gioco di costruzioni con barre magnetiche ormai diffuso in tutto il mondo. Ma C. rimane sempre la ‘‘capitale del sughero’’ con la tradizionale produzione dei tappi per bottiglia, materiale per coibentazione e varie altre appli´ per la presenza dell’ucazioni, nonche nica scuola professionale del sughero ` del territorio, d’Italia. Altra attivita ` in crisi, e ` l’estrazione e la oggi pero ` inoltre lavorazione del granito; vi e sviluppata l’agricoltura, in particolare la produzione di cereali, la viticoltura e la frutticoltura. Molto impor` anche l’allevamento del betante e stiame ovino, bovino e caprino, con una rinomata produzione di latticini. ` e ` Artigianato. Anche questa attivita legata al sughero: eleganti e raffinati manufatti vengono esportati in tutto il mondo; tra questi l’oggettistica per la

` anche la tescasa e la carta. Diffusa e ` quasi persa l’antica situra, mentre si e tradizione calangianese di fabbricare tegole. Servizi. Vi ha sede la guardia medica e dispone di farmacia. Sono presenti scuole di ogni ordine e grado ` citato Istituto industriale per e il gia ` Ferl’Artigianato, intitolato a Nicolo racciu (=). Sono presenti anche servizi bancari essenziali. Possiede la Biblioteca comunale, un ristorante, un piccolo albergo con 24 posti letto e, nel territorio, varie aziende agrituristiche, alcune delle quali offrono un servizio di bed and breakfast.

Calangianus – L’attivissimo centro gallurese e` stato definito ‘‘capitale italiana del sughero’’. & DATI STATISTICI Al censimento del 2001 la popolazione contava 4747 ` , con stranieri 49; maschi 2323; unita femmine 2364; famiglie 1631. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 42 e nati 36; cancellati dall’anagrafe 75; nuovi iscritti 58. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 51 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 14 941 in migliaia di lire;

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Calangianus versamenti ICI 1297; aziende agricole 333; imprese commerciali 353; esercizi pubblici 32; esercizi all’ingrosso 5; esercizi al dettaglio 85; ambulanti 15. Tra gli indicatori sociali: occupati 1627; disoccupati 111; inoccupati 130; laureati 138; diplomati 627; con licenza media 1479; con licenza elementare 1397; analfabeti 89; automezzi circolanti 2155; abbonamenti TV 1266.

hanno ancora sufficienti elementi per una sua collocazione cronologica nel` nuragica. l’ambito della civilta

Calangianus – La piccola chiesa di Sant’Anna, di origini secentesche, e` stata oggetto di restauro negli anni Ottanta e oggi sfrutta il fascino del granito a vista.

PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il cuore del paese, che conserva intatto il suo assetto tradi` certamente il complesso mozionale, e numentale che comprende tre chiese barocche che si affacciano sull’unica, suggestiva piazza al centro dell’abitato. Innanzitutto la parrocchiale di Santa Giusta, costruita nel secolo XVII in forme barocche, con un’unica navata arricchita da tre cappelle, la copertura a botte e la facciata di granito a vista rifatta nel Novecento; all’interno custodisce affreschi ottocenteschi di Antonio Dovera e l’Assunzione di Andrea Lusso, una collezione di argenti e di paramenti del Sei-Settecento; infine un organo a canne del ` quella Seicento. La seconda chiesa e di Santa Croce costruita nel 1646 sempre in stile barocco, con una sola navata scandita da arcate a tutto sesto e la copertura con volta a botte; all’interno custodisce una pala d’altare di ` quella della Andrea Lusso. La terza e Madonna del Rosario, costruita nella ` del secolo XVII nello seconda meta stesso stile delle altre due; conserva un pulpito ligneo di pregevole fattura

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Calangianus – Il centro storico ha piazze e vie ordinate.

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il ter` ricco di nuraghi tra cui quelli ritorio e di Agnu, Budas, Casteddu, Deu e di La Pilea. Molto interessante, a poca distanza dal nuraghe Budas e dalla fonte nuragica di Li Paladini, sulla riva de` la Tomba di stra del Riu Badu Mela, e giganti di Pascaredda. Immersa in una fitta vegetazione, ha una struttura costituita da un lungo corridoio e da una esedra delimitata con lastroni a coltello e stele centrale. Il paramento murario della camera, con pareti legger` costruito con piemente aggettanti, e tre rinzeppate da pietrame minuto. La stele centrale, con orlo periferico in risalto e portello alla base, manca ` stata della parte superiore. La tomba e recentemente oggetto di scavo e anche di pulizia e sistemazione, ma non si

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Cala Regina ` e l’altare, sempre di legno intagliato, e del Settecento. Altro interessante mo` la numento del centro abitato di C. e chiesa di Sant’Anna costruita nel 1665 in forme baroccheggianti con un impianto a navata unica arricchita da una cappella e la copertura con volta a botte. Per ragioni di statica subı` diversi interventi di restauro fino al 1811, quando fu innalzato il campa` nile. Successivamente la chiesa ando ` in rovina e solo tra il 1985 e il 1987 e stata oggetto di un restauro sufficiente. All’interno conserva un altare ligneo del Settecento. Va anche ricordato l’oratorio di Santa Maria degli Angeli costruito nel 1705 e annesso al convento dei Cappuccini dove, all’epoca dell’Angius, «sogliono convivere sacerdoti 5, e quando facciasi lettura di filosofia o teologia cherici 10, in altro caso 4, laici 6, terzini 4». All’interno conserva alcuni altari in legno scolpito e dipinto, il coro e il tabernacolo pure in legno scolpito e due tele di scuola romana del 1836. Fuori dall’abitato va infine ricordata la chiesa di San Sebastiano, situata lungo la strada per Luras in mezzo a un suggestivo su` dell’Ottoghereto; fu costruita a meta cento nel luogo dove sorgeva un’altra chiesa dedicata al santo. Ha l’impianto a una navata, la copertura in ` chiusa da alcuni delegno a capriate; e cenni e ora minaccia di crollare. Il pa` di grande riletrimonio ambientale e vanza per la presenza delle montagne ´ di numerosi e dei folti boschi, nonche piccoli corsi d’acqua, tutti elementi che favoriscono le escursioni verso le alture granitiche dei monti, dai quali, ` visibile il mare (canin alcuni punti, e ` selvaggi toniera di Larai). I tratti piu del territorio, come la regione Campa` possibile visitare il nunadolzu, dove e raghe La Pilea, oltre a possedere una grande ricchezza di flora pregiata (so-

prattutto alberi d’alto fusto e olivastri secolari), sono abitati da numerosi animali come cinghiali, lepri e volpi, ma anche uccelli rapaci di grandi dimensioni, come falchi e poiane. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Le principali feste popolari si svolgono a partire dalla terza domenica di settembre, in onore dei patroni Sant’Isidoro, San Lorenzo e San Francesco, a ciascuno dei quali viene dedicata una giornata intera di festeggiamenti con spettacoli folcloristici che si alternano a momenti prettamente religiosi. ` quella di San Altra festa importante e Giovanni Battista che si celebra il 24 giugno con grande concorso di persone provenienti da tutta la Gallura. ` l’usanza anCollegata a questa festa e tichissima e oggi piuttosto in disuso, praticata dalle ragazze del paese, che chiedevano al cuculo il responso sul loro futuro matrimoniale. Se il cuculo alla loro richiesta avesse cantato, esse avrebbero tratto elementi per stabilire il tempo delle nozze; il silenzio del cuculo aveva invece un significato negativo in relazione al tempo del matrimonio. Non bisogna dimenticare la grande manifestazione che ogni anno si tiene nel paese in relazione alle industrie locali: la Fiera internazionale del Sughero, che si svolge dal 1978.

Cala Nido d’Aquila Localita` turistica situata lungo la costa meridionale dell’isola di La Maddalena, contigua a Cala ` una ridente insenatura Francese (=). E cosparsa da scogli suggestivi e chiusa dalle punte Nido d’Aquila e Tegge. Negli ` divenuta meta di una creultimi anni e scente frequentazione di turisti durante la stagione balneare.

Cala Regina Piccola insenatura che si apre lungo il versane orientale del golfo degli Angeli dominata dall’omon i m a t o r re , c o s t r u i t a n e l s e co lo ` , raggiungibile dalla XVI.La localita

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Calasetta strada litoranea per Villasimius, a partire dagli anni Settanta del Novecento ` sede di una notevole attivita ` di sfrute tamento turistico che ha minacciato di alterarne irreparabilmente il contesto ambientale.

est col comune di Sant’Antioco, a sud e a ovest col mare Tirreno. La costa occidentale, corrosa dal mare sotto l’a` alta e frastagliata, zione dei venti, e composta di trachiti scure alternate a tufi bianchi, mentre a nord e a est, dove si trova la frazione di Cussorgia, ` bassa e sabbiosa. Dal porto di C. pare tono i traghetti per Carloforte, mentre la S.S. 126 collega questo comune al capoluogo Carbonia (27 km).

Calasetta – Panorama. Fondata da immigrati piemontesi nel 1770, fu popolata anche da pescatori liguri provenienti dalla tunisina Tabarca.

` conoSTORIA In un territorio gia ` prenuragica, sciuto dall’uomo in eta come dimostrano le domus de janas di Tupei, il centro abitato attuale, voluto dall’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro che aveva la signoria feudale dell’isola di Sant’Antioco, fu fondato nel 1770 da una colonia di immigrati piemontesi. A questi si aggiunse un secondo contingente di tabarchini (esuli dall’isola di Tabarca, sulle coste della Tunisia), di origine ligure. L’abitato fu progettato dal Belly (=) secondo una pianta a scacchiera; nel 1763 la popolazione si accrebbe di un altro consistente gruppo di coloni piemontesi. I rapporti tra le ` pero ` non furono molto felici comunita ´ si amalgae ci vollero degli anni perche massero tra loro; nel 1793 C. fu occupato da un contingente di truppe francesi &

Cala Regina – L’insenatura e` dominata dalla torre degli Angeli, costruita nel secolo XVI.

Calasetta Comune della provincia di Carbonia-Iglesias, incluso nel Comprensorio n. 23, con 2745 abitanti (al 2004), posto a 29 m sul livello del mare in un’insenatura dell’estrema punta settentrionale dell’isola di Sant’Antioco, di fronte all’isola di San Pietro. Regione storica: Sulcis. Diocesi di Iglesias. & TERRITORIO Il territorio comunale, dalla forma approssimativa di un triangolo isoscele col vertice posto a sud, si estende per 30,98 km2, confina a nord con la laguna posta tra l’isola di San Pietro e il territorio di Carbonia, a

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Calasetta sbarcato dalla flotta diretta a Cagliari, che procedette a stanziarsi sull’intera isola. Una volta attestati, i francesi cercarono, sotto la guida di Filippo Buonarroti (=), di stabilire legami con la popolazione e proclamarono la repubblica. Dopo il fallimento della spedizione su Cagliari, i francesi furono costretti a lasciare C. di lı` a pochi mesi per l’intervento di una flotta spagnola. Tornato in mano ai Savoia, il villaggio ri` . Ma le difficili prese la sua normalita relazioni tra i due nuclei della popolazione si manifestarono nuovamente e ` di nel 1799 una parte di loro progetto trasferirsi in Corsica. Il progetto non ebbe effetto e quindi nei primi decenni dell’Ottocento, trovato un equilibrio, la ` prese a svilupparsi. Nel 1821 comunita C. fu compreso nella provincia di Iglesias, poi, abolite le province, fu incluso nella divisione amministrativa di Cagliari. Per quanto riguarda questo pe` utile ricordare la testimonianza riodo e che ci ha lasciato Vittorio Angius: «Sono due strade principali, e le case circa 90. I calasetini non sono in maggior numero di 460; e si distribuiscono in famiglie 78. Soglion l’anno celebrarsi matrimoni 6, nascere 25 e morir, quando meno, 14. La vita raramente va ` de’ 55 anni. Le spesse rapide variala zioni delle condizioni atmosferiche cagionano frequenti infiammazioni, onde i dolori laterali, le angine, i reumi d’ogni genere ne sono funestissime conseguenze. Le giubbette di pelli sarebbero un gran preservativo come nelle altre parti della Sardegna, cosı` in questa. Gli uomini di C. sono agricoltori e pescatori, e vi ha chi pratica qualche arte meccanica. Le donne si occupano in lavorare degli ‘‘stroppi’’, che sono cordicelle di palmizi per le reti delle tonnare. La nettezza negli abiti, nelle case, ` lodevolissima, e sanelle masserizie e rebbe desiderabile in altri paesi della

Sardegna. Alla educazione dei fanciulli ` la scuola elementare dove frequene ` . La sua superficie e ` tano 15 e anche piu un’area che potria ricevere starelli ´ la terra sia sabbiosa, le 3000. Comeche biade producon non poco. I fichi vi prosperano meglio che altra specie. Le vigne sono 150, ed in esse sono piantate 1 500 000 viti, che all’anno producono quartieri 200 000, pari a litri 1 000 000 di vino accellente. I zibibbi delicati e l’acquavite spiritosa ottengonsi dalle uve migliori di Spagna e di Francia, che si hanno in gran copia. I vini gentili, moscatello, girone, monica, cannonao ecc., sostengonsi in paragone con li migliori del Campidano. Moltissime specie di pesci nuotano in queste acque, i tonni anch’essi mostransi in tutte le stagioni. Quando il movimento tempestoso delle onde nol vieti, i calasetini si procurano ` gentili a non poca copia delle specie piu ordinario alimento. Essi hanno un buon numero di battelli, e se non s’incurvino con la vanga, sudano su i remi». Nella ` del secolo il piccolo censeconda meta tro prese a svilupparsi rapidamente grazie alla viticoltura e alla pesca. Oggi ` C. ha l’aspetto pulito e ordinato che gia gli riconosceva l’Angius quasi due se` una cittadina attiva che fa coli fa: e della pesca e dell’agricoltura le sue fonti di sviluppo e, negli ultimi decenni, anche del turismo, grazie ai suoi magnifici dintorni. & ECONOMIA La sua economia e ` basata ` anche sulla pesca; molto sviluppata e l’agricoltura, in particolare la viticoltura che fa capo a una Cantina sociale, ` antiche della Sardegna una delle piu `. In fase con altre settant’anni di attivita ` tudi notevole sviluppo sono le attivita ristiche, specialmente quelle relative alle vacanze estive e allo sfruttamento ` ecodelle notevoli risorse ambientali. E nomicamente importante anche la presenza di un porto di IV classe con una

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Calasetta zona riservata alle imbarcazioni da diporto. Artigianato. Forse unica nel suo ` l’attivita ` artigiana di estrarre genere e ` grande molluuna specie di seta dal piu sco bivalve del Mediterraneo, una volta facile da trovare sui bassi fondali del braccio di mare davanti a Calasetta: la ` cchera (pinna nobilis). Il prodotto gna ` il bisso, che recenteche si ottiene e ` stato riscoperto grazie all’attimente e ` di alcune donne del luogo. Vi e ` anvita che l’artigianato classico dei paesi di mare, specialmente legato alla pesca e ` dotato di tutti i ai souvenir. Servizi. C. e ` sede di guardia meservizi essenziali: e dica, di farmacia, scuola dell’obbligo e di servizi bancari. Possiede la Biblioteca comunale, 5 alberghi con 281 posti ` colletto; 1 agriturismo e 8 ristoranti. E legato da autolinee agli altri centri della provincia e sede di partenza per i ` sede di guartraghetti per Carloforte; e dia medica, di farmacia, scuola dell’obbligo e di servizi bancari.

Calasetta – Il fascino d’un aspro paesaggio marino lungo le coste che fronteggiano l’isola di San Pietro.

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 2788 unita di cui stranieri 11; maschi 1388; femmine 1400; famiglie 1146. La tendenza complessiva rivelava un aumento della popolazione, con morti per anno 25 e nati 21; cancellati dall’anagrafe 75; nuovi iscritti 123. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF

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15 554 in migliaia di lire; versamenti ICI 2162; aziende agricole 793; imprese commerciali 169; esercizi pubblici 25; esercizi all’ingrosso 1; esercizi al dettaglio 65; ambulanti 4. Tra gli indicatori sociali: occupati 683; disoccupati 83; inoccupati 157; laureati 38; diplomati 344; con licenza media 806; con licenza elementare 921; analfabeti 66; automezzi circolanti 878; abbonamenti TV 762. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Oltre ` citate domus de janas di Tupei, alle gia il territorio di C. possiede tre nuraghi, che qui assumono l’appellativo di ‘‘bricco’’, termine ligure che significa altura: sono il Bricco delle Piane, visitabile interamente, il Bricco Scarperino e il Bricco Sisineddu. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il centro di C. conserva le tracce della pianta originaria a scacchiera che fu alla base del suo progetto urbanistico settecentesco attorno alla piazza del Municipio e alla chiesa parrocchiale di San Maurizio: fu edificata in un periodo di tempo molto lungo e completata solo nel 1838 su un progetto attribuibile al Varin de la Marche rimaneggiato da Carlo Pilo Boyl. L’edificio presenta forme neoclassiche e la fac` arricchita da due torrette lateciata e rali. Altra caratteristica e importante testimonianza della cultura e delle tra` la torre. L’edificio, alto 17 dizioni di C. e m, con un diametro di 16 m, ha forma troncoconica e domina l’abitato con la sua massa imponente. La torre fu costruita tra il 1737 e il 1752 col compito di vigilare la costa prospiciente e di difenderla da eventuali incursioni; era dotata di artiglieria e di un congruo numero di soldati. A causa delle sue condizioni statiche fu ripetutamente restaurata fino a che, dopo il 1846, perse la sua funzione difensiva. Di particolare interesse paesaggistico sono le

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Calatayud spiagge e tra queste quella della Salina ` colche si estende poco oltre la Torre; e legata alla Spiaggia Grande e insieme ` lungo dell’isola formano l’arenile piu di Sant’Antioco che, attraverso una strada accidentata che corre sulla cresta di una falesia spettacolare, giunge a Cala Lunga dove negli ultimi anni si stanno sviluppando alcuni insediamenti turistici.

prezzo e accompagnato dalla distribuzione gratuita dell’ottimo vino locale.

Cala Sisine Localita` situata a sud di ` costituita da una magniCala Luna, e fica spiaggia sabbiosa che si apre dove sfocia in mare il rio Codula Sisine; negli ultimi decenni la sua suggestiva e selvaggia bellezza ha attirato un numero crescente di turisti durante la stagione balneare.

Cala Sisine – Foto aerea della costa.

Calatayud Famiglia aragonese (sec. XIV). Un suo ramo si trasferı` in Sardegna nel corso del secolo XIV con un Alfonso, uomo d’armi, al seguito di Pietro IV; dopo il 1355 fu investito del feudo di Chia al cui possesso, nel 1395, sua figlia `. Caterina rinuncio

Calatayud, Alfonso Uomo d’armi araCalasetta – Il piccolo borgo, popolato da pescatori liguri fuggiti dalla Tunisia, e` dominato da una possente torre di difesa.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Le` antiche tradizioni della cogata alle piu `e ` la sagra del pesce. Si svolge in munita ` stata istituita nel 1975 sopratluglio ed e tutto per intrattenere i turisti. I festeggiamenti avvengono sul lungomare dove i pescatori friggono in caratteristiche enormi padelle una notevole quan` di pesce che viene venduto a poco tita

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gonese (sec. XIV). Si trasferı` in Sardegna al seguito di Pietro IV nel 1353 e dopo la conclusione della prima guerra tra il re e Mariano IV d’Arborea ottenne il feudo di Chia nella curatoria di Nora. ` , ebbe dei forti contrasti Poco dopo, pero con Emanuele de Entenc ¸a, signore di alcuni feudi nella stessa curatoria, che pretendeva di esercitare poteri giurisdizionali anche sul suo feudo. Nel 1363 fu nominato governatore del Capo di Cagliari, ma alcuni anni dopo, scoppiata la guerra tra Pietro IV e Mariano IV, prese il controllo del feudo occupato dalle truppe arborensi.

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Calcargia

Calcargia Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Arborea, compreso nella curatoria del Campidano di Milis. Sorgeva in ` Craccargia nelle campagne di localita Milis. Il villaggio probabilmente si svi` attorno a una domo che dipenluppo deva dall’abbazia di Bonarcado. La co` eleggeva annualmente il promunita prio majore e i consiglieri, conducendo sostanzialmente una vita tranquilla; nel 1302 le rendite del villaggio furono concesse dal giudice a Giovanni Mameli e nel corso del XIV, probabilmente dopo l’epidemia di peste del 1376, de`. cadde e si spopolo

Calcatreppola Pianta erbacea perenne della famiglia delle Ombrellifere (Eryngium maritimum), detta anche calcetreppola. Tutta la pianta ha un particolare colore verde-grigio azzurrato, con foglie spinose larghe e simili ` alle corna dei cervi (il nome sardo e ` un capolino corra de screu). Il fiore e globoso con fiori piccoli e verdastri. `, a vivere in suoli Alofita (adattata, cioe con alta concentrazione salina), cresce sulle spiagge e sulle dune. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Calcio Sport. La nascita in Sardegna ` conseguente alla nadello sport del c. e ` di ginnastica scita delle prime societa isolane. L’Amsicora di Cagliari nasce nel 1897; l’Eleonora d’Arborea, anch’essa di Cagliari, nel 1900; poi quelle sassaresi (1903), la Sef Torres e la S.G. Josto. La prima partita vera e propria viene giocata a Cagliari nell’aprile 1902 tra due formazioni di studenti universitari. L’anno successivo la Josto organizza a Sassari in Piazza d’Armi il suo primo match (con i primi incidenti): e poi via via a Ozieri, a Nuoro, a Oristano ` locali. Nel 1905 la nascono altre societa ` Ilvarsenal, nata nel 1903, si societa iscrive per prima in Sardegna alla neonata Federazione nazionale di c. Nel

1905 nasce anche la S.G. Olbia, futura ` calcistica regionale. Nel grande realta 1911 si svolge a Sassari, in Piazza d’Armi, il primo campionato sardo, vinto dalla Torres; ma, in genere, le partite di foot-ball fanno da contorno alle gare di ginnastica e di atletica. Dopo la parentesi della Grande Guerra, nel ` la Federazione orga1920, quando gia nizza campionati a vario livello, nasce il Cagliari Foot-ball Club, che inaugura ` battendo la Torres 5-2 nel l’attivita primo derby sardo della storia. Nel 1923 anche la Sardegna ha il suo primo commissario regionale della Federazione, l’avvocato Giorgio Mereu, co´ non stretto a lasciare la carica perche `i gradito al PNF, che nomina d’autorita rappresentanti sardi di tutte le discipline. In questo periodo nascono anche i primi stadi veri e propri: l’‘‘Acquedotto’’ a Sassari, il campo di via Pola a Cagliari e nel 1926 il campo della Tharros a Oristano e il ‘‘Quadrivio’’ di Nuoro. Ma il campionato regionale ancora non decolla, mentre nel 1928 viene organizzato il primo corso per arbitri: ` il primo Giuseppe Fois, sassarese, sara (e l’unico) ad arbitrare in serie A. Negli anni Trenta il Cagliari e la Torres cominciano a imporsi in campo nazionale: la prima raggiunge la serie B nel 1931 e la Torres nel 1932 la manca per ` un periodo di grande popoun soffio. E ` per il c.: nascono societa ` in tutti i larita ` grandi compresi quelli minecentri piu rari, come la Carbosarda (di Carbonia), l’Iglesias, il Guspini ecc. Dopo la guerra, nel 1947, il Cagliari viene ripescato in B, la Carbosarda accede alla C e la Torres assieme a Quartu, Tempio, Nuoro, l’Aquila Cagliari, l’Ilva, il Macomer, l’Alghero, il Bacu Abis, il Calangianus, il Montevecchio e il Carloforte di` la serie D. Il sputa quella che diventera Cagliari continua la sua crescita fino alla conquista della serie A (1964) e allo

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Calcio scudetto (1970), mentre le altre due ` rappresentative saranno squadre piu la Torres e l’Olbia in serie C con gli in` recenti di Tempio, Sant’Elena nesti piu Quartu, Sorso, Carbonia (ex Carbosarda), Nuorese in C2. Attualmente il c., assieme al neonato c. a cinque, ha raggiunto una diffusione capillare in tutta l’isola, a tutti i livelli e alcuni giocatori sardi si sono messi in evidenza in campo nazionale e internazionale. Anche il c. femminile ha raggiunto una discreta diffusione in Sardegna: le due ` isolane sono la Torres massime realta (ex Woman, detentrice di tre scudetti) e l’Oristano, entrambe attualmente in serie A. [GIOVANNI TOLA] & IL CALCIO SARDO PROVINCIA PER PROVINCIA Le seguenti squadre sarde erano iscritte ai campionati 2006-2007: Provincia di Cagliari Cagliari Calcio nel campionato nazionale di serie A; Atletico Calcio nel campionato di serie D; Sant’Elena di Quartu nel campionato di Eccellenza; Selargius nel campionato di Eccellenza; Quartu 2000 nel campionato di Eccellenza; Villasimius nel campionato di Eccellenza; Gialeto di Serramanna nel campionato di Promozione; Muravera nel campionato di Promozione; Sarroch nel campionato di Promozione; Decimomannu nel campionato di Promozione; Sinnai nel campionato di Promozione; Nuova Monreale nel campionato di Promozione; Asseminese nel campionato di Promozione; Gemini P. nel campionato di Promozione; Pula nel campionato di Promozione; Villanova Tulo nel campionato di Promozione; Capoterra nel campionato di prima categoria; Ferrini Cagliari nel campionato di prima categoria; CMS Sant’Elia nel campionato di prima categoria; Elmas nel campionato di prima categoria; Serramanna nel campionato di prima categoria; Uta 90 nel campionato di prima categoria; Ju-

piter nel campionato di prima categoria; Siliqua nel campionato di prima categoria; Su Planu nel campionato di prima categoria; La Palma Monte Urpino nel campionato di prima categoria; Orione 1996 nel campionato di prima categoria; CUS Cagliari nel campionato di prima categoria; Fermassenti nel campionato di prima categoria; San Sperate nel campionato di prima categoria; Mandas nel campionato di prima categoria; Monserrato nel campionato di prima categoria; Isili nel campionato di prima categoria; Orrolese nel campionato di prima categoria; Senorbı` nel campionato di prima categoria; Jupiter nel campionato di prima categoria; 86 Villaputzu nel campionato di prima categoria; Villa San Pietro nel campionato di prima categoria; Soleminis nel campionato di prima categoria; Atletico Selargius nel campionato di seconda categoria; Assemini 1980 nel campionato di seconda categoria; Dolianova nel campionato di seconda categoria; Johannes nel campionato di seconda categoria; Settimo San Pietro nel campionato di seconda categoria; S.C. Castiadas nel campionato di seconda categoria; Giesse Assemini nel campionato di seconda categoria; P. Capoterra nel campionato di seconda categoria; Capoterrese nel campionato di seconda categoria; Decimoputzu nel campionato di seconda categoria; N. Nuraminis nel campionato di seconda categoria; Samatzai 85 nel campionato di seconda categoria; Villasor nel campionato di seconda categoria; Santa Lucia Barrali nel campionato di seconda categoria; Ussana nel campionato di seconda categoria; Sestu nel campionato di seconda categoria; Nurallao nel campionato di seconda categoria; Sant’Avendrace nel campionato di seconda categoria; Nurri nel campionato di seconda categoria; P. Escolca nel campio-

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Calcio nato di seconda categoria; Vallermosa nel campionato di seconda categoria; Is Urigus nel campionato di seconda categoria; PGS San Paolo nel campionato di seconda categoria; Maracalagonis nel campionato si seconda categoria; Ferrini Quartu nel campionato di seconda categoria; La Salle nel campionato di seconda categoria; Azzurra Monserrato nel campionato di seconda categoria; Quartu S.E. nel campionato di seconda categoria; Pimentel nel campionato di seconda categoria; Silius 85 nel campionato di seconda categoria; S.G. Flumini nel campionato di seconda categoria; Ballao nel campionato di seconda categoria; Fulgor nel campionato di seconda categoria; Andromeda nel campionato di seconda categoria; F. Bellu nel campionato di seconda categoria; Porto Corallo nel campionato di seconda categoria; Jasnagora nel campionato di seconda categoria. Provincia di Sassari Torres di Sassari nel campionato nazionale di C2; Alghero nel campionato di serie D; La Palma Alghero nel campionato di Eccellenza; Castelsardo nel campionato di Eccellenza; Latte Dolce nel campionato di Eccellenza; Ozierese nel campionato di Promozione; Usinese nel campionato di Promozione; Ittiri nel campionato di Promozione; Fertilia nel campionato di Promozione; Olmedo nel campionato di Promozione; Thiesi nel campionato di prima categoria; Bonorva nel campionato di prima categoria; Porto Torres nel campionato di prima categoria; Loretella sa Segada nel campionato di prima categoria; Bultei nel campionato di prima categoria; Malaspina Osilo nel campionato di prima categoria; Stintino nel campionato di prima categoria; Sassari nel campionato di prima categoria; Lanteri Sassari nel campionato di prima cate-

goria; Sorso nel campionato di prima categoria; Monte Alma nel campionato di prima categoria; Ardara nel campionato di prima categoria; Pozzomaggiore nel campionato di prima categoria; Valledoria nel campionato di prima categoria; Benetutti nel campionato di seconda categoria; Burgos nel campionato di seconda categoria; Gymnasium S.C. nel campionato di seconda categoria; Palmadula nel campionato di seconda categoria; Viddalbese nel campionato di seconda categoria; Pattada nel campionato di seconda categoria; Bono nel campionato di seconda categoria; Lachesina Mores nel campionato di seconda categoria; Audax Algherese nel campionato di seconda categoria; Tissi nel campionato di seconda categoria; San Giorgio di Perfugas nel campionato di seconda categoria; Fulgor Sassari nel campionato di seconda categoria; Atletico Uri nel campionato di seconda categoria; Robur Sennori nel campionato di seconda categoria; Sennori nel campionato di seconda categoria; Ossese nel campionato di seconda categoria; Pealu Thiesi nel campionato di seconda categoria; Wilier nel campionato di seconda categoria; Romangia nel campionato di seconda categoria; CUS Sassari nel campionato di seconda categoria; Ozieri nel campionato di seconda categoria; Robur Sennori nel campionato di seconda categoria; Laerru nel campionato di seconda categoria; Plubium nel campionato di seconda categoria. Provincia di Olbia-Tempio Olbia nel campionato di serie C2; Arzachena nel campionato di serie D; Calangianus nel campionato di serie D; Tempio nel campionato di serie D; Budoni nel campionato di Eccellenza; San Teodoro campionato di Eccellenza; Tavolara nel campionato di Eccellenza; Ilvamaddalena nel campionato di Eccellenza;

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Calcio ` nel campionato di PromoBudduso zione; Porto Rotondo nel campionato di Promozione; Lauras nel campionato di Promozione; Golfo Aranci nel campionato di prima categoria; Telti nel campionato di prima categoria; Santa Teresa di Gallura nel campionato di prima categoria; Palau nel campionato di prima categoria; Berchidda nel campionato di prima categoria; Luogosanto nel campionato di prima categoria; Cal` nel campionato di seconda cio Budduso categoria; Montina nel campionato di seconda categoria; Oschirese nel campionato di seconda categoria; L.M. Pausania nel campionato di seconda categoria; Baja Sardinia nel campionato di seconda categoria; Porto San Paolo nel campionato di seconda categoria; S.P. Badesi nel campionato di seconda categoria; Padru nel campionato di seconda categoria; Azzanı` nel campionato di seconda categoria; S. Antonio di Calangianus nel campionato di seconda cate´ nel campionato di segoria; Ovidde conda categoria. Provincia di Carbonia-Iglesias Carbonia nel campionato di Promozione; Monteponi Iglesias nel campionato di Promozione; Carloforte nel campionato di Promozione; Sguotti Carbonia nel campionato di prima categoria; Sant’Antioco nel campionato di prima categoria; Gonnesa nel campionato di prima categoria; Arixi nel campionato di prima categoria; Calcio Iglesias nel campionato di prima categoria; Villaperuccio 96 nel campionato di seconda categoria; Santadi nel campionato di seconda categoria; Portoscuso nel campionato di seconda categoria; Buggerru nel campionato di seconda categoria; C. Iglesias nel campionato di seconda categoria; Tratalias nel campionato di seconda categoria. Provincia di Oristano Tharros nel campionato di Eccellenza; Ghilarza

nel campionato di Eccellenza; Abbasanta nel campionato di Promozione; Terralba nel campionato di Promozione; Bosa nel campionato di prima categoria; Folgore Mogoro nel campionato di prima categoria; Solarussa nel campionato di prima categoria; Santa Giusta nel campionato di seconda categoria; C.R. Arborea nel campionato di seconda categoria; Latte Arborea nel campionato di seconda categoria; Pauli Arbarei nel campionato di seconda categoria; Marrubiu nel campionato di seconda categoria; Masullese nel campionato di seconda categoria; Folgore Mogoro nel campionato di seconda categoria; Tanca Marchesa nel campionato di seconda categoria; Folgore Oristano nel campionato di seconda categoria; Paulese nel campionato di seconda categoria; Cuglieri nel campionato di seconda categoria; Oristanese nel campionato di seconda categoria; Virtus Villaurbana nel campionato di seconda categoria; Calmedia Bosa nel campionato di seconda categoria; Tadasuni nel campionato di seconda categoria; Norbello nel campionato di seconda categoria; Ruinas 81 nel campionato di seconda categoria; Allai nel campionato di seconda categoria; 4 mori nel campionato di seconda categoria; Narboliese nel campionato di seconda categoria; Monterra nel campionato di seconda categoria; Gonnostramatza nel campionato di seconda categoria; Arcidano nel campionato di seconda categoria; Gonnos nel campionato di seconda categoria; Golapini nel campionato di seconda categoria. Provincia del Medio Campidano Villacidrese nel campionato di serie D; Samassi nel campionato di Eccellenza; Arbus nel campionato di Promozione; Sanluri nel campionato di Promo-

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Caldanzano zione; Guspini nel campionato di Promozione; R. Villacidro nel campionato di prima categoria; Sardara 83 nel campionato di prima categoria; Gesturese nel campionato di seconda categoria; Libertas Barumini nel campionato di seconda categoria; Pabillonis nel campionato di seconda categoria; Pauli Arbarei nel campionato di seconda categoria; Furtei nel campionato di seconda categoria. Provincia dell’Ogliastra Tortolı` nel campionato di Eccellenza; Baunese nel campionato di Promozione; Cannonau Jerzu nel campionato di Promozione; Barisardo nel campionato di Promozione; Lanusei nel campionato di Promozione; Castor Tortolı` nel campionato di prima categoria; Villagrande nel campionato di prima categoria; Cardedu nel campionato di seconda categoria; Lotzorai nel campionato di seconda categoria; Perdasdefogu nel campionato di seconda categoria; Triei nel campionato di seconda categoria; Tertenia nel campionato di seconda categoria; Seui Arc. nel campionato di seconda categoria; Lidori nel campionato di seconda categoria; Ulassai nel campionato di seconda categoria; Ilbono nel campionato di seconda categoria; Johannes nel campionato di seconda categoria. Provincia di Nuoro Nuorese nel campionato di C2; Taloro Gavoi nel campionato di Eccellenza; Macomer nel campionato di Promozione; Dorgalese nel campionato di Promozione; Bittese nel campionato di prima categoria; Siniscola nel campionato di prima categoria; Borore nel campionato di prima categoria; Oniferese nel campionato di prima categoria; Fonni nel campionato di prima categoria; Ovodda nel campionato di prima categoria; Brunellese nel campionato di prima categoria; Fanum Orosei nel

campionato di prima categoria; Meana Sardo nel campionato di prima categoria; Corrasi Junior nel campionato di prima categoria; Lulese nel campionato di prima categoria; Macomerese nel campionato di prima categoria; Silanus nel campionato di prima categoria; Orunese nel campionato di seconda categoria; Atletico Nuoro nel campionato di seconda categoria; Orani nel campionato di seconda categoria; Montalbo nel campionato di seconda categoria; Irgolese nel campionato di seconda categoria; Tex. Aritzo nel campionato di seconda categoria; Ollolai nel campionato di seconda categoria; S.P. Siniscola nel campionato di seconda categoria; Lodine nel campionato di seconda categoria; Olzai nel campionato di seconda categoria; Tuttavista nel campionato di seconda categoria; Idolo nel campionato di seconda categoria. A queste squadre vanno aggiunte quelle giovanili che disputano numerosi campionati diffusi su tutto il territorio dell’isola e quelle di calcio femminile ugualmente numerose e che hanno ` volte camnella Torres di Sassari, piu ` prestipione d’Italia, la compagine piu giosa.

Caldanzano, Luigi Pittore (Cagliari ` negli anni in 1880-Genova 1928). Gia cui studiava presso l’Istituto tecnico ` natale venne attirato dal didella citta segno e dalla pittura, favorito in questo dall’animato ambiente artistico della Cagliari degli inizi del Novecento. Nel 1908 aprı` uno studio a Cagliari ed ebbe modo di imporsi all’attenzione del pubblico. Probabilmente ` la sua fornegli stessi anni completo mazione con soggiorni a Parigi e in al` . Interessato alla grafica, nella tre citta quale ben presto ottenne significativi ` nel disegno di risultati, si specializzo cartelloni pubblicitari. Si trasferı` a

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Calendario della Regia Universita` di Cagliari Milano, dove divenne cartellonista per la casa editrice musicale Ricordi e per altre importanti case. Tormentato dalla nostalgia per la Sardegna, ` percorrendola tutta a piedi e vi torno a cavallo. Rientrato nella penisola, ` la sua attivita ` di disegnatore continuo pubblicitario con crescente successo.

Caldarella, Antonino Storico (n. sec. XX). Docente universitario siciliano, studioso del periodo aragonese in Sici` anche della Sardegna aplia, si occupo profondendo la figura di Martino I nei suoi scritti, La Sardegna dopo la morte di Martino I, ‘‘Studi sassaresi’’, XIII, 1935, e L’impresa di Martino I re di Sicilia in Sardegna, 1936.

Caldarelli, Nazzareno (noto con il nome d’arte Vincenzo Cardarelli) Poeta e scrittore (Viterbo 1887-Roma 1959). Trascorse un’infanzia difficile a causa ` di un ‘‘padre padrone’’ che ne osteggio l’impegno intellettuale. Fece le sue prime esperienze letterarie nel ‘‘Marzocco’’ e dal 1911 ne ‘‘La Voce’’. Dopo la ` con prima guerra mondiale collaboro ‘‘La Ronda’’, pubblicando importanti raccolte di versi e celebri corrispondenze come inviato speciale. Nel 1930 ` il ottenne il premio ‘‘Bagutta’’. Passo resto della vita isolato e tormentato da una condizione di salute precaria. Alla Sardegna, dove era stato per un ` un articolo su breve periodo, dedico Vincenzo Sulis, pubblicato ne ‘‘L’illustrazione sarda’’, 32-33, 1955.

` Cittadino sassarese Calderari, Nicolo (sec. XIII). Di probabile origine genovese, quando, dopo l’estinzione della di` si conastia giudicale di Torres, la citta stituı` in Comune, fu nominato capitano. ` decisi sostenitori Nel 1294 fu tra i piu ` di stipulare con Gedella opportunita nova una convenzione in base alla ` con un patto di diquale Sassari si lego ` ligure. pendenza alla citta

Caleca, Antonino Museologo (n. Vi-

terbo 1943). Studioso dei problemi del ` dedicato all’insegnarestauro, si e mento universitario. Attualmente insegna Museologia e critica artistica del ` di Lettere restauro presso la Facolta ` di Pisa. Nel 1984 ha condell’Universita corso alla realizzazione della mostra sui retabli a San Domenico di Cagliari. Tra gli scritti che riguardano la Sardegna: Pittura in Sardegna. Problemi mediterranei, in Cultura quattro-cinquecentesca in Sardegna. Retabli restaurati e documenti, Catalogo, 1985; Pittura del Duecento e del Trecento in Sardegna, in La pittura in Italia: il Duecento e il Trecento, 1986.

Calegari, Giulio Archeologo (n. sec. XX). Ha lavorato col Cornaggia Castiglioni all’identificazione del Paleolitico sardo. Nel 1978 ha preso parte alla XXII Riunione scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria svoltasi a Sassari, presentando una relazione su I pendagli ad alamaro dell’Eneolitico sardo (con O. Cornaggia Castiglioni), in Atti della XXII Riunione scientifica dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria nella Sardegna centrosettentrionale, 1980; Prima segnalazione del Paleolitico in Sardegna (con O. Cornaggia Castiglioni), ‘‘Natura’’, I-II, 70, 1979.

Calendari Pubblicazioni a stampa tipiche della Sardegna del secolo XVIII, che con gli almanacchi sono da considerare le prime manifestazioni della stampa periodica nell’isola. Sono di ´ spesso contengrande interesse perche gono articoli che contribuiscono a illu` sarda del strare gli aspetti della realta tempo.

` di ‘‘Calendario della Regia Universita Cagliari’’ Pubblicazione annuale fatta ` di Cagliari stampare dall’Universita presso la tipografia Timon tra il 1850 e il 1858; contiene notizie biografiche sugli insegnanti che operavano nell’Ate-

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Calendario Sardo neo e sui corsi che essi tenevano annualmente.

‘‘Calendario Sardo’’ Pubblicazione fatta appositamente per usi politico` a essere amministrativi, che comincio stampata a partire dal 1774 nella Stamperia Reale di Cagliari col titolo ‘‘Calendario generale del Regno di ` a essere pubbliSardegna’’ e continuo cata con cadenza annuale col titolo di ‘‘C.S.’’ fino al 1836 e quindi, continuativamente, dal 1837 al 1851. Contiene i ´ e di tutte le autorita ` nomi del vicere civili e militari dell’isola, i nomi dei professionisti e dei docenti universitari; in qualche annata sono riportate anche notizie sulla demografia e su altri aspetti della vita sarda. Le annate conosciute del calendario sono: 1. Calendario generale del Regno di Sardegna, 1777; 2. Calendario generale del Regno di Sardegna, 1778; 3. Calendario generale del Regno di Sardegna, 1792; 4. Calendario sardo per l’anno 1794, 1794; 5. Calendario sardo astrologico per l’anno 1798, diretto da L. De Prunner, 1798; 6. Calendario per le scienze ed arti per l’anno MDCCCVII (questo fu pubblicato a Sassari, Stamperia privilegiata), 1807; 7. Calendario e lunario sardo con aggiunte filologiche, 1808; 8. Calendario filologico sardo del MDCCCXIII, 1813; 9. Calendario e lunario sardo con aggiunte filologiche, 1818; 10. Calendario sardo per l’anno 1821, 1821; 11. Calendario sardo per l’anno 1828, 1828; 12. Calendario sardo per l’anno 1832, 1832; 13. Calendario sardo per l’anno 1833, 1833; 14. Calendario generale del Regno di Sardegna, pubblicazione annuale stampata a Cagliari presso Timon dal 1837 al 1851.

Calendula Pianta erbacea perenne della famiglia delle Composite (C. officinalis L.). Ha fusto ramificato ricoperto di una fitta peluria. Le foglie sono spesse, lanceolate, verdi-grigia-

stre, quelle inferiori disposte a rosetta. Le infiorescenze a capolino sono di colore variabile dal giallo all’arancio; i frutti sono acheni rugosi, arcuati, a volte dotati di uncini. Fiorisce a fine primavera e a fine autunno. Molto comune nei campi e nei luoghi ` consighiaiosi e assolati. Da sempre e derata simbolo del Sole, di cui segue i movimenti con l’apertura e la chiusura dei fiori. Contiene molti princı`pi attivi che vengono utilizzati in fitoterapia come antidolorifici e come emollienti e rinfrescanti per la pelle. Nella medicina popolare le foglie si usano contro porri e verruche. Nomi sardi: Caraganzu (campidanese), Cacaranciu (gallurese), Frore de cada mese (logudorese), Erba de flore (Sardegna settentrionale). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Calendula – Le tipiche infiorescenze a capolino.

Caletta, La Localita` dell’isola di San Pietro posta a circa 10 km da Carlo` svilupforte; negli ultimi decenni si e pata divenendo un’importante loca` turistica dotata di buone attrezzalita ` arricchito dalla bellisture. Il sito e ` consima Cala dello Spalmatore che e

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Calledda tornata da una estesa spiaggia sabbiosa.

ral aux 17.e et 18.e sie`cle (con J. Day, S. Bonin e A. Jelinski), 1993; Economia rurale e strutture demografiche di Alghero in alcune statistiche sei-settecentesche (con J. Day), in Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994.

Calic Stagno salmastro a pochi chilome-

La Caletta – Torre di San Giovanni. Ridente appendice marina di Siniscola, La Caletta si e` ` turistica. sviluppata soprattutto con l’attivita

Calia, Itria Studiosa di storia della Sardegna (Lula 1953-Parigi 2006). Dopo aver conseguito la laurea in Lettere, ha ´ cole des Hautes studiato presso l’‘‘E ´ tudes’’ a Parigi. Qui ha collaborato E con J. Day contribuendo alla realizzazione dell’Atlas de la Sardaigne rural ` divenaux 17.e et 18.e sie`cle. Nel 1985 e tata ricercatrice di Storia moderna ` di Scienze politiche presso la Facolta ` di Sassari. Dimessasi dell’Universita `, e ` tornata a Parigi, dove dall’Universita ` scomparsa a 53 anni. Tra i suoi scritti: e La questione sarda nella storiografia del secondo dopoguerra, ‘‘Storia contemporanea’’, XII, 13, 1981; I Francesi e la Sardegna. L’immagine della Sardegna nella cultura francese dell’800 e ’900, ‘‘Quaderni sardi di Storia’’, 2, 1981; La Sar`cle: daigne rurale aux XVII-XVIII sie e´tude cartographique (con S. Bonin, J. Day e A. Jelinski), 1988; Francia e Sardegna nel Settecento. Economia, politica e cultura, 1993; Atlas de la Sardaigne ru-

tri da Fertilia. Le rovine di un ponte romano a 24 arcate dimostrano la sua antica frequentazione come area tradizionalmente dedicata alla pesca. La superficie si sviluppa parallelamente alla co` separato dal mare da una strista ed e scia sabbiosa; si tratta di uno specchio ` , nel d’acqua di modesta profondita quale sfocia il rio Barca, rendendo possibile la commistione di acque salate e di acque dolci. La situazione ha favorito ` di canlo sviluppo di una gran quantita neti e di altre piante acquatiche (si dice 350 specie), e ha prodotto una discreta ` . La pesca vi e ` praticata con pescosita una caratteristica imbarcazione, un chiattino conosciuto come ciu.

Calicotome = Ginestra Caligaris, Maria Grazia Giornalista, consigliere regionale (n. La Maddalena 1957). Dopo essersi laureata in Lettere ` dedicata all’insegnamento nelle si e scuole secondarie e al giornalismo (ha al suo attivo un agile manuale di introduzione alla prova scritta del ‘‘nuovo’’ ` iscritta all’albo ` ). E esame di maturita ` autrice di dei professionisti dal 1988; e racconti e ha collaborato con diverse testate anche a livello nazionale. Nel 2004 ha aderito a Progetto Sardegna di ` stata eletta nel ‘‘liRenato Soru ed e stino’’ consigliere regionale per la XIII legislatura.

Calledda, Antonio Ignazio Funzionario di partito, consigliere regionale (n. ` stato eletto Mandas 1957). Nel 1999 e consigliere regionale per il PDS nel collegio di Cagliari per la XII legislatura;

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Callisto riconfermato nel 2004 per la XIII legislatura.

Callisto, san Santo (Roma, 155 ca.-ivi 222). Papa dal 217 al 222. Schiavo del liberto imperiale Carpoforo, C. dila` con il fallimento di una banca i pido beni del suo padrone e da questi venne ` assegnato a umili mansioni; per percio intercessione dei cristiani lo stesso Carpoforo consentı` al futuro pontefice di poter recuperare i crediti, in modo da risanare la bancarotta. Per richiedere del denaro prestato a un ebreo, C. si ` in una sinagoga di Roma di sabato: reco questa ingiuria, unita alla sua appartenenza cristiana, fu causa di denuncia ´ il praefecda parte dei Giudei, cosicche ` ad metus urbi, Fusciano, lo condanno talla in Sardegna, ossia al duro lavoro nelle miniere sarde. In seguito a questi avvenimenti giunse nell’isola un presbitero della Chiesa romana, Giacinto, che recava una lettera dell’imperatore Commodo a cui era annesso un elenco di cristiani di Roma condannati ai lavori forzati, fornito dallo stesso papa Vittore: nella lettera si chiedeva l’immediata liberazione dei cristiani, per la quale era stata determinante l’intercessione di Marcia, concubina preferita dell’imperatore, simpatizzante del ` seCristianesimo di cui era forse gia guace. C. non era compreso nell’elenco, ma riuscı` tuttavia a farsi liberare e fece ritorno a Roma; in seguito a questi fatti, avvenuti nell’ultimo decennio del se´ mena colo II e riportati nei Philosophou (Elenco contro tutte le eresie) attribuiti ` stretto cola Ippolito, egli divenne il piu laboratore di papa Zefirino (199-217) e alla sua morte, avvenuta nel 217, divenne papa. Il suo pontificato fu caratterizzato da controversie di carattere morale e teologico, nelle quali il suo principale avversario fu il presbitero Ippolito (forse anch’egli esiliato in Sardegna nel 235), che si fece inutilmente

` di nominare antipapa contro l’autorita C.: quest’ultimo resse il pontificato fino al 222, anno della sua morte. [PIERGIORGIO SPANU]

´ llistos, che Romano dal nome greco, ka significa ‘‘molto bello’’. Presbitero, dal pontefice Zefirino ebbe l’incarico di costruire il cimitero catacombale sulla via Appia. La sua elezione a papa pro` il primo scisma della Chiesa lavoco tina. Considerandolo di origini plebee, addirittura schiavo, accusandolo di aver legittimato matrimoni tra ricchi e poveri, di essere debole verso i peccatori di apostasia, adulterio e omicidio, ` per Ippolito, antiuna minoranza voto papa dal 217 al 235. Martire per i trent’anni di lavori forzati nelle miniere sarde o secondo la passio per essere stato ucciso durante una sommossa popolare o (altra versione) per essere stato gettato in un pozzo con una macina di mulino al collo. Il proverbio: «Sa dı` de Santu Callistu, / candu est asciutta e bentosa, / annada sicca e gelosa [con gelate] / candu est infusta e serena, / annada bona e prena» (Il giorno di San Callisto, – ` asciutto e ventoso, – l’annata quando e ` secca e gelosa – quando e ` bagnato e e ` buona e piena). sereno, – l’annata e [ADRIANO VARGIU]

Callu (caglio) Tipico alimento del mondo pastorale sardo. Le sue origini si per` l’abomaso dono nella notte dei tempi; e del capretto o dell’agnello da latte, che viene anche usato per la preparazione dei formaggi acidi.

Calmedia Leggendaria figlia di Sardo`, eroe eponimo dei Sardi, primi popolatori dell’isola. Secondo una antichissima tradizione avrebbe fondato Bosa ` prospiciente l’atvetus in una localita ` . In effetti l’antica citta ` si svituale citta ` con ogni probabilita ` nel secolo IX luppo a.C. da uno scalo commerciale dei Fenici.

Calori, Luigi Studioso di anatomia

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Calvi umana (San Pietro in Casale 1807-Bologna 1896). Ottenuta la laurea in Medicina, dal 1844 fu nominato professore di Anatomia descrittiva e topografica ` di Bologna. Nel presso l’Universita 1879 scrisse Sopra un antico cranio fenicio trovato in Sardegna messo a riscontro con gli altri pochi conosciuti.

Calsinagio Famiglia della borghesia sassarese (secc. XVII-XVIII). Le sue prime notizie risalgono al secolo XVII. Nel corso del secolo alcuni C. ricoprirono le magistrature cittadine e uffici pubblici raggiungendo una buona condizione economica. Nel 1680 ottenne il cavalierato ereditario con il dottor Gaspare, vicario reale di Sassari e alcaide di Porto Torres; lo stesso, nel 1688, fu ammesso allo Stamento militare durante il parlamento Monteleone. Nel 1689 Gavino e Pietro, figli del dottor Gaspare, si segnalarono durante i lavori dello stesso Parlamento; i loro discendenti continuarono a mantenere una posizione distinta a Sassari, ma si estinsero alla fine del secolo XVIII.

Caltagirone, Benedetto Antropolologo (n. Iglesias 1947). Conseguita la laurea ` dedicato alla ricerca, stuin Lettere si e diando in particolare i problemi della ` sarda. Fatta un’epastorizia nella realta ` sperienza di studio presso l’Universita della Provenza, attualmente insegna ` di Scienze della Formanella Facolta ` di Cagliari. Tra i zione dell’Universita suoi scritti: Gli strumenti del lavoro contadino: poveri, semplici ma funzionali, in Sardegna. L’uomo e la pianura (a cura di Angela Terrosu Asole), 1984; Il lavoro del pastore e` sempre una fatica infinita, in Sardegna. L’uomo e le montagne (a cura di Angela Terrosu Asole), 1985; Note sull’abigeato in Barbagia, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XV, 1989; Rubare e prendere bestiame. Un itinerario storicoculturale dei pastori in Sardegna, 1989; Animali perduti: abigeato e scambio so-

ciale in Barbagia, 1989; Few Notes on daily Life in Retabli Sardinia Sacred Art of the Fiftenth and Sixtenth Centuries, ´lits spe´cifiques et spe ´cificite´ cul1993; De ´ tudes turelle du banditisme sarde, ‘‘E Corses’’, XL-XLI, 1993.

Calvi, Alberto Giornalista televisivo e teleoperatore (n. Sassari 1956). Figlio di Sergio, ha lavorato come inviato della RAI in diverse parti del mondo e ` internazionale ha raggiunto notorieta nel 1990 durante la prima guerra del Golfo come autore di una serie di eccezionali servizi, ripresi dalle CNN e ri` stato antrasmessi in tutto il mondo. E che in Afghanistan e negli USA subito dopo l’attentato alle Twin Towers di New York. Ha avuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Il ` spesso suo impegno professionale si e ` stato fonassociato a quello politico. E datore dell’UDR con Francesco Cossiga e presidente del Consiglio provinciale di Sassari dopo il 1995.

Calvi, Sergio Giornalista (Albenga ` stato tra i primi re1928-Sassari 1981). E dattori del quotidiano sassarese ‘‘Il Corriere dell’isola’’, fondato nel marzo 1947 su iniziativa di un gruppo di dirigenti della DC locale. Alla chiusura del giornale, nel 1957, fu assunto alla RAI; da ` dopo qualche anno a SasCagliari torno sari, dove veniva aperta la nuova sede della RAI-TV, di cui divenne responsabile. Morı` improvvisamente a Sassari nel 1981, a 53 anni.

Calvi, Vittorio Pittore (n. Sassari 1933). Diplomato all’Istituto d’Arte di Sassari, ha esordito nel 1954 partecipando alla ‘‘Mostra regionale delle arti figurative’’ di Nuoro. «Distingue la sua produzione pittorica una figurazione allusiva, popolata di architetture fantastiche, dove il gusto delle stratificazioni e sovrapposizioni cromatiche si unisce all’evocazione di at-

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Calvia mosfere di sapore vagamente metafisico» (Giuliana Altea, 1986).

Vittorio Calvi – Natura morta. Uva. Il pittore sassarese e` passato da una fase di realismo a ` dispiegata fantasia espressiva. una di piu (2001; collezione privata)

Calvia, Giuseppe Studioso di tradizioni popolari e poeta (Mores 1866-ivi 1943). Fece i suoi studi a Roma dove fu ` , ma anche di Antonio allievo del Pitre Labriola e Angelo De Gubernatis. Di idee garibaldine, pur essendo stato eletto nel 1895 consigliere provinciale di Sassari, nel 1897 seguı` Ricciotti Gari´ col baldi in Grecia, dove combatte grado di capitano contro i Turchi. Negli anni successivi il suo impegno culturale e politico non venne mai meno; ` versi in italiano e in sardo con pubblico lo pseudonimo di Lachesinu, e scrisse numerosi lavori di storia delle tradi` anche a essere zioni popolari. Continuo eletto consigliere provinciale di Sassari. Tra i suoi scritti: Pane e dolci tradizionali della Sardegna, ‘‘Rivista delle tradizioni popolari italiane’’, I, 1893;

Leggenda di Monte Ruju, ‘‘Rivista di tradizioni popolari’’, I, 7, 1894; Leggenda di Rocca Chenale, ‘‘Rivista di tradizioni popolari’’, I, 7, 1894; Il nodo di Salomone in Sardegna (‘‘Su nodu de Salomone’’), ‘‘Rivista di tradizioni popolari’’, II, 2, 1894; La leggenda del sasso di Arzolas (Oschiri), ‘‘Rivista di tradizioni popolari’’, II, 8, 1894; Il Natale in Sardegna, ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, XIII, 1894; In Sardegna, in ‘‘Rivista di tradizioni popolari’’, I, 1894; Canti funebri di Ploaghe in Sardegna, ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, XIV, 1895; Morti e moribondi nelle credenze del Logudoro, ‘‘Rivista delle tradizioni popolari’’, II, 1895; Ninne nanne di Logudoro, 1901; Giuochi fanciulleschi sardi, 1902; Leggende popolari sarde del Logudoro, ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, XXI, 1902; Esseri meravigliosi e fantastici nelle credenze sarde specialmente di Logudoro, ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, XXII, 1903; La leggenda del tesoro di Bisarcio, ‘‘Archivio per lo studio delle tradizioni popolari’’, ` a MoXXIII, 1904; Ricerche di antichita res, due articoli in ‘‘Archivio storico sardo’’, I e II, 1905 e 1906; Rajos de guerra, 1917; Canti religiosi del Logudoro, ‘‘Il Floklore Italiano’’, I, 1925; Animali e piante nella tradizione popolare sarda e specialmente del Logudoro, ‘‘Il Folklore italiano’’, II, 1926; Lingua o dialetto?, ‘‘Sardegna’’, VI, 1928; Muttos della Sardegna, ‘‘Vita popolare marchigiana’’, I, 16, 1928.

Calvia, Pompeo Poeta dialettale (Sassari 1857-ivi 1919). Dopo aver comple` fatato gli studi, visse nella sua citta cendo il copista al Comune e insegnando disegno al Convitto Nazionale. Culturalmente attivissimo, fu in relazione con importanti intellettuali del ` considerato il piu ` grande suo tempo. E poeta in sassarese dei tempi moderni;

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Calvo scrisse un romanzo storico, e moltis` periodicasime poesie che pubblico mente su ‘‘La Nuova Sardegna’’ e che nel 1912 raccolse in volume. Aveva fatto il servizio militare a Napoli, dove era entrato in contatto con l’ambiente artistico napoletano: si era legato di particolare affetto con Giovanni Gaeta (pure ` giovane di lui, conosciuto molto piu come poeta con lo pseudonimo di E.A. Mario, futuro autore della Leggenda del Piave). A Sassari faceva parte del gruppo che intorno a Enrico Costa e i ` giovani Sebastiano Satta e Luigi piu Falchi animava la vita culturale citta` , nel dina. Con Satta e Falchi pubblico volume Nella terra dei Nuraghes (1897), le sue prime poesie dialettali, diventate `, con lui il diapresto popolari. In realta letto – come del resto accadeva contemporaneamente in Italia (C. era molto amico di Spallacci, poeta dialettale romagnolo) – entrava a pieno titolo nella letteratura nazionale. Il suo capolavoro ` la raccolta di Sassari mannu, pubblie cato nel 1912, pieno di nostalgia per la ` ‘‘zappadorina’’ sassarese, che civilta egli vedeva inesorabilmente scomparire. Ebbe anche fama di discreto pittore dilettante. Tra i suoi scritti, frutto di collaborazione a diverse pubblicazioni culturali e allo stesso quotidiano sassarese: Martirio di S. Cosma e S. Damiano quadro a olio di Annibale Caracci esistente nella chiesa di San Nicola di Sassari, ‘‘La piccola rivista’’, I, 5, 1899; Cristo morto in grembo al Padre Eterno, ‘‘La piccola Rivista’’, I, 23-24, 1899; Ave Maria piena di Grazia (Nozze di Grazia Deledda), ‘‘L’Unione sarda’’, 1900; La leggenda della chiesa di Sorres, ‘‘La Sardegna Letteraria’’, I, 17, 1903; Quiteria, romanzo storico, 1903; Bustianu pittore, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1914; Sebastiano Satta, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1915; Natale in Trincea, poesia in sassarese, ‘‘Il Soldato’’, 1917; Per un bozzetto di monu-

mento alla brigata Sassari dello scultore Antonio Usai, 1918.

Calvia, Salvatore Architetto (Mores 1822-Alghero 1909). Conseguı` la laurea in Architettura a Roma. Garibaldino, aiutante di campo di Garibaldi; fece parte del battaglione universitario che ´ a Luino e a Moraznel 1849 combatte zone, dove fu ferito. Fu autore di numerosi edifici tra i quali il campanile di Mores, del 1871 – disegnato a imitazione della Mole torinese dell’Antonelli, di cui era stato allievo – , che con i suoi 48 ` il piu ` alto della Sardegna. me

Calvisi, Raimondo Studioso di storia locale (n. Bitti, sec. XX). Sacerdote, ha al suo attivo numerosi scritti, attenti soprattutto ai fatti, al costume, ai personaggi di Bitti e della Barbagia. Fra gli altri: Storie e testimonianze di vita barbaricina, 1966; Figure tradizionali del Nuorese, 1968; Nuovi racconti e canti popolari del Nuorese, 1969; Sprazzi d’antica vita barbaricina, 1976.

Calvo, Diego Religioso (Rincon, prima ` sec. XVI-Toledo, seconda meta ` meta sec. XVI). Domenicano, acquisı` molta ` per la sua profonda preparanotorieta zione teologica, per cui nel 1562 venne nominato inquisitore per la Sardegna. ` in un clima Giunto nell’isola vi opero esasperato dalle paure di monsignor Parragues che – come scrive Raimondo Turtas – «scriveva a Filippo II come se ` nella mira degli l’isola si trovasse gia intraprendenti predicatori di Ginevra» per quello che sembrava il diffondersi ` gli ufdel protestantesimo. Riorganizzo fici, ottenne che il castello di Sassari divenisse sede dell’Inquisizione sarda e nel 1563 vi si trasferı`. A Sassari intervenne in tutti i casi in cui si aveva sentore di eresia, eseguendo esemplari au` descrivere il tos da fe: «A stento si puo ` riuscito ad terrore che l’inquisitore e incutere a tutta la Sardegna», scrivevano i Gesuiti sassaresi nel 1566. Per

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Calvo ` questo suo rigore quasi fanatico entro ´ Madrigal e in contrasto con il vicere nel 1567 subı` un’ispezione della Suprema Inquisizione, al termine della quale venne richiamato in Spagna e sottoposto a processo. Fu condannato a chiudersi in un monastero di Toledo, dove trascorse il resto della sua vita.

Calvo, Pantaleone Pittore (Genova, inizi sec. XVII-?, dopo 1664). Dotato di buona tecnica si trasferı` in Sardegna dopo il 1631, probabilmente chiamato dall’Arciconfraternita dei Genovesi, molto attiva e potente a Cagliari. Si ` in particolare a Benedetto Nater, lego ` alcuni lavori; che gli commissiono ` lungamente a Cagliari e in altre opero ` ; sopravvissuto alla grande pelocalita ste del 1652 finı` per diventare il punto di riferimento del modesto ambiente artistico sardo, dove fu attivo fino al 1664. Molte delle sue opere sono andate perdute, altre si trovano in alcune chiese cagliaritane.

Calza, Guido Archeologo (Milano 1888Roma 1946). Nel 1912 intraprese come ispettore la carriera delle Soprintendenze. Fu nominato ispettore degli scavi di Ostia e percorse la carriera di funzionario fino a ricoprire l’ufficio di soprintendente. Giunse nell’isola per il convegno archeologico del 1926 e ne scrisse un breve resoconto Sul Convegno archeologico sardo, ‘‘Rassegna italiana’’, 1926. Tra i molti suoi lavori vanno ricordati in particolare gli scavi condotti sul Palatino a Roma.

Calzia, Zaza Pittrice (n. Sassari 1940). Diplomata all’Istituto d’Arte di Sassari, ha fatto parte con artisti come Antonio ` Atza, Aldo Contini, Nino Dore (che piu tardi avrebbe sposato) del gruppo raccolto intorno a Mauro Manca, impegnato nel rinnovamento della tradizione pittorica sassarese. Attualmente vive e lavora a Roma.

Camanias, Ludovico Religioso (Spa-

` sec. XV-Ottana 1483). Vescovo gna, meta di Ottana dal 1481 al 1483. Legato alla cerchia di Sisto IV, apparteneva all’ordine dei Minori conventuali. Fu creato vescovo di Ottana giovanissimo nel 1481 ` la diocesi per dal suo protettore e guido due anni fino al 1483.

Camba, Raffaele Criminologo, deputato al Parlamento (Calasetta 1921-Cagliari 1979). Conseguita la laurea in Me` allo studio dell’antrodicina, si dedico ` nel pologia e della criminologia. Fondo 1962 con Nereide Rudas la ‘‘Rivista sarda di Criminologia’’ e divenne professore di Medicina legale presso l’Uni` di Cagliari. Negli stessi anni si versita ` alla politica e nel 1969 subentro ` dedico al liberale Francesco Cocco Ortu jr alla ` il suo Camera dei deputati. Esplico mandato fino al 1972, adoperandosi nei ` dibattiti parlamentari sulla criminalita e sulla scuola (fece anche parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Sardegna 1969-1972, presieduta dal senatore Medici). Tra i suoi scritti: L’abigeato nella Sardegna medioevale e spagnola, ‘‘Rivista sarda di Criminologia’’, I, 4, 1965; L’abigeato in Sardegna nell’epoca sabauda, ‘‘Rivista sarda di Criminologia’’, I, 1965.

Cambarau, Luigi Poeta e improvvisatore (Monserrato, sec. XIX-?). Fu autore di mottetti e di stornelli di grande ele` , che eseguiva nelle ganza e musicalita feste popolari dei paesi del Campidano. ` Purtroppo della sua produzione non e rimasto quasi nulla, solo poche quartine tramandate oralmente da altri improvvisatori.

Cambiagi, Gioacchino Poligrafo (Firenze 1747-ivi 1822). Apparteneva a una famiglia di editori, che nel 1772 acqui` la stamperia granducale. Si laureo ` sto in Legge a Pisa proprio nel 1772 e si de` alla stesura di opere storiche e alla dico pubblicazione di periodici culturali. Della sua copiosa produzione va ricor-

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Camboni data la Istoria del regno di Corsica, considerata di notevole importanza. Nel 1795 assunse la direzione della stampe` nel 1815 a suo figlio. Il suo ria, che lascio ` anche legato all’opera che denome e ` alla storia della Sardegna, prevista dico ` riuscı` a in tre volumi, dei quali pero pubblicare solo il primo, Istoria del Re` remoti tempi gno di Sardegna dai piu fino al 1457, stampata a Firenze nel 1775.

Cambi Bazan, Giuseppe Funzionario, senatore del Regno (Cagliari 1817-ivi 1885). Dopo aver conseguito la laurea ` nella carriera in Giurisprudenza, entro del Ministero dell’Interno. Grazie all’amicizia col Cavour, la percorse rapidamente arrivando al grado di prefetto; resse le prefetture di diverse impor` italiane. Nel 1870, quando tanti citta reggeva la prefettura di Pavia, fu coinvolto nei fatti che culminarono con la fucilazione del Barsanti e per questo fu esonerato dal servizio. Nel 1876, dopo l’avvento del Depretis, fu reintegrato in servizio e nel 1881 fu nominato senatore del Regno.

Cambi Bonamici, Ubaldino Religioso ` sec. XIV-?). Arci(Cortona, prima meta vescovo di Torres dal 1393, poi arcivescovo di Oristano. Era un sacerdote della sua diocesi quando nel 1393 fu nominato dal pontefice romano arcive`, scovo di Torres negli anni in cui la citta controllata dagli Aragonesi, era vicina ai papi di Avignone. Per trarlo dall’im` barazzo papa Bonifacio IX lo nomino ` imporarcivescovo di Oristano, la piu tante delle diocesi del giudicato d’Arborea, fedele al pontefice romano.

` dell’Ottocento. Modenella prima meta sto calzolaio, a 18 anni ferı` il suo datore di lavoro, che lo aveva schiaffeggiato. Condannato a tre anni di carcere, evase da quello di Cagliari e, tornato nella sua zona, si unı` ad alcuni latitanti. Tradito da un finto amico, fu arrestato e condannato all’ergastolo per omicidio. Tradotto al carcere di Villafranca, ne evase poco dopo espatriando in Francia. Di ` in Corsica, dove, sotto il qui passo ` alle dinome di Michele Serra, lavoro pendenze di un calzolaio, e alla sua ` alla vedova. ‘‘Invitato’’ a morte si lego ` sposarla dai fratelli della donna, torno clandestinamente in Sardegna, dove, ucciso l’ultimo delatore, riprese la vita del latitante, commettendo diversi atti di violenza e omicidi non di rado gratuiti, che spinsero Giovanni Tolu a separarsi da lui. Tradito da un informatore dei Carabinieri, fu ucciso da questo la vigilia di San Giovanni del 1856 nella vallata di Logulentu, quasi alle porte di Sassari (un maresciallo dei Ca` il merito rabinieri, Scamiglia, si arrogo della sua morte). Giovanni Tolu ne parla a lungo nella sua ‘‘autobiografia’’ dettata a Enrico Costa (e pubblicata nel 1897), dandone un giudizio severo, fortemente negativo: «Nessun altro ban` millantatore di lui dito conobbi mai piu ´ piu ` crudele nel vendicarsi». ne

Camboni, Amelia Scultrice e pittrice (Villamassargia 1913-Roma 1985). Fece le sue prime esperienze di lavoro a Cagliari e in seguito si trasferı` a Roma. Nella capitale aprı` uno studio e si impose all’attenzione eseguendo un busto di Grazia Deledda e molti altri lavori.

Cambilargiu, Pietro Bandito (Osilo,

Camboni, Antonio Insegnante (Sassari,

inizi sec. XIX-Logulentu di Sassari ` considerato, insieme al flori1856). E ` per nese Giovanni Tolu, con cui batte alcuni anni la campagna tra Sassari, ` famoso e temuto Osilo e Florinas, il piu bandito della Sardegna settentrionale

sec. XIX-?, sec. XX). Nel 1878 diresse il periodico didattico ‘‘La Scuola’’, che fu ` una pubblicazione di scarso sucpero cesso e di breve durata. Negli anni suc` per promuovere la cessivi si adopero diffusione dell’istruzione popolare. Ol-

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Camboni tre un testo divulgativo, Storia popolare della Sardegna, pubblicato a Sassari da ` alla scuola Chiarella nel 1890, dedico tutti i suoi scritti, fra cui Sullo stato dei locali scolastici di Sassari, 1893, e Riforma della scuola primaria, 1900.

Camboni, Gino Giornalista e scrittore (n. Cantalice 1944). Studioso di storia e ` specializzato di tradizioni sarde, si e nella redazione di volumi sui diversi territori storici dell’isola, con particolare attenzione ai problemi dell’ambiente. Tra i suoi scritti: Il Monte Arci (con G. Fois), 1989; La Giara (con G. Fois), 1989; Gennargentu, 1991; Tonara: il paese, la storia, la montagna (con M. Lallai), 1992; L’architettura sacra in Sardegna. Dal Paleocristiano al Neoclassico (con Luisa Figari), 1994; Laconi alle porte della Barbagia, 1994; L’architettura sacra in Sardegna dal Paleocristiano al Neoclassico (con L. Figari), 2000; Sardegna, sessanta tessere per un mosaico, 2002.

Camboni, Luigi Studioso di criminologia (Sassari 1882-Roma 1958). Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, ` in magistratura. Pernel 1909 entro corse una brillante carriera arrivando, nel 1937, al grado di consigliere di Cas`, sazione. Studioso di notevoli capacita ` in polemica con il Niceforo sul entro tema della delinquenza della ‘‘razza’’ sarda, dimostrando sulla base di studi statistici l’infondatezza delle posizioni della criminologia positivista d’im` anche per pronta lombrosiana. Insegno ` di quarant’anni presso l’Universita ` conosciuta e ` Roma. La sua opera piu La delinquenza della Sardegna, pubblicata dal sassarese Gallizzi nel 1907, con prefazione di Nicola Colajanni (l’opera ` dell’aufu apprezzata anche per l’eta tore, che aveva al tempo solo 25 anni). ` Altri scritti sul tema della criminalita isolana sono: Delinquenza e degenerazione in Sardegna, 1906; La Sardegna

criminale, 1910; Della correlazione fra alcuni fenomeni economici e sociali e la cri` . Un decennio di vita sarda, minalita 1913.

Camboni, Pina Pittrice (n. Orosei 1952). ` trasferita giovanisAutodidatta, si e ` stabilita e ha sima a Milano dove si e lavorato per diciotto anni raggiungendo ` e ottenendo numerosi ricononotorieta ` tornata a Orosei, scimenti. In seguito e continuando nel suo impegno artistico; ` segnalata per i suoi recentemente si e dipinti su vetro e le magnifiche vetrate a colori.

Camboni, Silvio Illustratore (n. Quartu Sant’Elena, sec. XX). Dopo il diploma al Liceo artistico cagliaritano, si trasferi` sce a Milano per frequentare la Facolta di Architettura. Qui comincia a farsi conoscere come autore di fumetti per la Walt Disney, per la quale pubblica storie su ‘‘Topolino’’, ‘‘Minnie’’, ‘‘Paperino Mese’’, e altri. Realizza inoltre varie illustrazioni per la Disney libri e progetta alcuni oggetti di merchandising. Nel 1996 fonda, in collaborazione con ‘‘Imago Mundi’’, il ‘‘Premio di Fumetto Lo Scultone’’, di cui cura tutta la grafica e progetta la statua-premio. Nel 1998 realizza, su testi di Tito Faraci, una storia a fumetti di Bone, pubblicato dall’editrice Macchia Nera nell’ambito di un progetto di storie italiane d’autore. Fonda, nel 1998, la ‘‘Sardinian School’’, ` Art discuola del fumetto di Cagliari. E rector del periodico umoristico-sportivo ‘‘La Gaggetta’’.

Cambosu, Giovanni Igienista (Oniferi ` sec. XX). Dopo la 1904-?, seconda meta laurea si diede all’insegnamento universitario; fu professore nell’Univer` di Parma e successivamente in sita quelle di Genova, Sassari e Torino, dando vita a una vera e propria scuola di igienisti. Studioso dei problemi della potabilizzazione ha pubblicato numerosi lavori di grande interesse.

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Cambosu

Cambosu, Pasquale Insegnante, consigliere regionale (Cagliari 1921-ivi 1977). Militante socialista, nel 1961 fu eletto consigliere regionale del PSI nel collegio di Cagliari per la IV legislatura. ` riconfermato. Al suo termine non piu

Salvatore Cambosu – ‘‘Boboreddu’’, come lo chiamava la cugina Grazia Deledda, ha scritto con Miele amaro un’indimenticabile ‘‘introduzione’’ alla Sardegna.

Cambosu, Salvatore Scrittore (Orotelli 1895-Nuoro 1962). Conseguı` la laurea in Lettere a Roma. Rientrato in Sar` al giornalismo e insedegna, si dedico ` in diversi istituti. Dopo alcuni anni gno si stabilı` a Cagliari, collaborando a giornali nazionali e locali e a prestigiose ri-

viste culturali come ‘‘Il Politecnico’’, ‘‘Il Mondo’’ e ‘‘Il Ponte’’. Fu autore di alcune opere narrative molto apprezzate dalla critica e nel 1950 ebbe il premio ‘‘Grazia Deledda’’ per la narrativa. Tra ` per ‘‘L’Unione il 1954 e il 1958 curo sarda’’ il Gazzettino delle lettere, una rubrica settimanale bibliografica e critica su opere di carattere letterario, scientifico e critico che interessassero anche la Sardegna. A parte i due romanzi Lo zufolo, 1933, e Una stagione a Orolai, 1957, il suo capolavoro resta Miele amaro, pubblicato da Vallecchi nel 1954: un curioso libro costruito come una antologia di piccoli saggi, racconti, versi di altri poeti sardi (ma anche dello stesso C., talvolta presentati come anonimi), notizie storiche, in modo da costruire una sorta di ‘‘introduzione poetica’’ alla Sardegna. Tutto si regge, peraltro, sulla raffinatezza di una scrittura essenziale, distillata come in un classico: «Un bastimento carico di spezie e di fiabe, d’essenze e di storia, di immagini preziose e di racconti, di miele e di poesia», secondo la suggestiva immagine che ne ha dato Gonario Pinna.L’apprezzamento per lo stile (non solo letterario, ma anche morale) d’un uomo vissuto fra molti stenti crebbe dopo la sua morte nel sanatorio di Nuoro, nel 1962. Fra tutte le testimonianze le nuove edizioni di Miele amaro (F. Masala, 1984; M. Brigaglia, 1999; B. Rombi, 2004), la pubblicazione di molti inediti, tra cui Una stagione a Tharros, a cura di B. Rombi (nel volume Due stagioni in Sardegna, 1992), L’anno del campo selvatico. Il quaderno di Don Demetrio Gunales, a cura di U. Collu, 1999, e I racconti, antologia di articoli giornalistici a cura di P. Maninchedda, 1996. Nel lungo elenco degli scritti, disseminati in periodici di tutta Italia (per non contare i veri e propri reportage curati per ‘‘L’Unione sarda’’ negli anni Cin-

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Camedrio quanta): Tre vecchie, racconto, ‘‘Rivista Sarda’’, I, 8, 1919; La trottola, racconto, ‘‘La Regione’’, II, 3-4, 1925; Il carro, un romanzo uscito a puntate su ‘‘L’Unione sarda’’ nel 1933; Il vecchio rapsodo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1948; La Sardegna di Raimondo Carta Raspi, ‘‘L’Unione sarda’’, 1952; Approdo alla Sardegna, ‘‘Nostro Tempo’’, 1954; I cavalli di fuoco, ‘‘Il Mondo’’, VI, 1954; Note sul socialismo in Sardegna, ‘‘Nord Sud’’, 23, 1956; La bandiera sul tetto, ‘‘Tempi Nuovi’’, 1956; Carbonia, ‘‘Nord Sud’’, 1956; Il gallo malinconico, ‘‘Ichnusa’’, 10, 1956; D’Annunzio e la Sardegna, ‘‘Ichnusa’’, 12, 1956; I muli del re, noterelle sulle saline della Sardegna, ‘‘Ichnusa’’, 14, 1957; Le tre repubbliche, ‘‘Il Mondo’’, 1957; Note sull’arte rustica, ‘‘Ichnusa’’, XV, 15, 1957; Cronaca di un incendio, ‘‘Rinascita sarda’’, III, 1957; Il cavaliere della fame, ‘‘Il Mondo’’, 1957; L’impiccato, ‘‘Il Convegno’’, II, 1957; La Deledda tornava spesso alla solitudine di Nuoro, ‘‘Il resto del Carlino’’, 1958; La volpe del parroco, ‘‘Il Mondo’’, 1958; I tre colori, ‘‘Ichnusa’’, 24, 1958; Sardegna, ‘‘Vera Vita’’, 1958; Gli sposi alla festa, ‘‘L’Unione sarda’’, 1959; Gli uomini buoi e il ragno d’oro, ‘‘L’Unione sarda’’, 1959; Il bambino e il galletto, ‘‘L’Unione sarda’’, 1959; Sardegna, in Storia dell’editoria italiana, I, 1960; Alghero, ‘‘Le vie d’Italia’’, LVIII, 1952; Il supramonte di Orgosolo, 1988 (postumo; sono le diverse puntate d’una lunga inchiesta condotta in Barbagia per ‘‘L’Unione sarda’’).

Camedrio Genere di piante erbacee della famiglia delle Labiate. In Sardegna sono presenti diverse specie: 1. il c. doppio (Teucrium flavum L. ssp. glaucum (Jourd. et Fourr.) Ronn.), pianta erbacea perenne e sempreverde, con fusti tomentosi a sezione quadrangolare, ha foglie lisce con margine crenato, coriacee e di colore verde. Fiori gialli in verticilli terminali, fiorisce da maggio a

giugno; cresce in ambienti aridi e sassosi, con preferenza per i substrati calcarei. La medicina popolare le ricono` terapeutiche, come antisce proprieta ´catarrale. Nome sardo: erba bonna naru; 2. il c. maro (T. marum L.), detto ` un piccolo arbusto anche erba gatto, e sempreverde con rami legnosi eretti e ricoperti di peluria. Ha foglie linearilanceolate, superiormente glabre e inferiormente tomentose. I fiori, rossi purpurei, sono riuniti in spighe apicali. ` difFiorisce da maggio ad agosto, ed e fuso in ambienti aridi e luoghi sassosi. Specie endemica della Sardegna, della Corsica e dell’Arcipelago toscano. Molto utilizzato nella medicina popo` stimolanti, dilare per le sue proprieta gestive, cicatrizzanti e antisettiche. ´ ppa cua ´ ddus, erva pu ´Nomi sardi: allu ´ la pade ´ddas, mummu ´ eu; 3. il c. tita, iscu polio (T. polium L. ssp. capitatum (L.) Arcangeli) ha rami striscianti, foglie pelose piccole, lanceolate con margine crespato e fiori a piccoli capolini bianco-rosei. Cresce nelle zone litoranee e viene usato in medicina tradizionale come il c. maro. La specie meno diffusa, il maro spinoso (T. subspinosum Willd.), piccola e spinescente con fiori rosa intenso, cresce soltanto in piccoli areali della costa occidentale dell’isola ` inserita nell’elenco delle piante da ed e sottoporre a vincolo di protezione, in base alla proposta di L.R. n. 184/2001. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Camera di Commercio di Cagliari Prese la denominazione di Camera di Commercio ed Arti e fu inaugurata nel gennaio del 1863 con una solenne cerimonia svoltasi nell’aula magna dell’U`. La sua prima sede fu in una niversita casa di vico Sant’Eulalia, da dove dopo alcuni anni si trasferı` in via Baylle, successivamente in via Barcellona e infine nel 1892 in un appartamento della casa Devoto nel largo Carlo Felice. Quindi

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Camino real ` il Palazzo Devoto e l’area circocompro stante, dove in seguito fece sorgere l’attuale sede.

Camera di Commercio di Sassari Ebbe origine dalla Camera di Agricoltura, Commercio ed Arti, istituita nel ` Agraria 1835 a cura della Regia Societa ed Economica di Cagliari per sostenere ` agricole e svilo sviluppo delle attivita luppare il commercio. L’istituzione ` di promosvolse una intensa attivita ` agrizione dell’industria e delle attivita cole, sostenuta dai maggiori esponenti della borghesia e dell’aristocrazia della `; dopo il 1862 la sua attivita ` fu concitta tinuata dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura, strutturata in ` modo analogo a quella delle altre citta italiane.

Camerino, san Santo (Cagliari, ?-ivi, 304/305). Cosı` Pasquale Tola (18371838): «Nato ed educato a Cagliari nella ` Cristo. Fu fatto uccidere fede di Gesu dal preside Delasio sotto la persecuzione di Diocleziano, nel giorno medesimo in cui fu martirizzato San Lusso´ rio. Camerino era impubere allorche gli fu tolta barbaramente la vita». C. e Cesello, due ragazzi martiri il 21 agosto del 304-305 assieme a Lussorio, sotto ` le reDiocleziano e Massimiliano. Di la liquie furono traslate a Pisa tra il 1080 e il 1088, con quelle dei Santi Efisio, Potito, Lussorio e Cesello. Reliquie rinvenute a Cagliari nella chiesa sotterranea di San Lucifero, il 14 gennaio 1615, traslate in cattedrale. [ADRIANO VARGIU]

Camerlengo di Iglesias Funzionario istituito dall’amministrazione pisana con il compito di riscuotere le rendite ` . Fu mantenuto anche dopo della citta ` cadde in mano degli Aragoche la citta nesi. Da quel momento egli ebbe il compito di ricevere le rendite del Patrimo` e rivestı` subito una nio reale in citta ´ finı` per congrande importanza perche trollare le rendite delle miniere d’ar-

` il re si era risergento la cui proprieta vata. Nel corso degli anni fu incaricato ` di estradi regolare anche l’attivita zione e quindi la produzione delle miniere; con le somme ricavate aveva il compito di pagare gli ufficiali regi che risiedevano a Iglesias. Per svolgere il proprio compito si serviva di uno scrivano stipendiato. Dotato di grande autonomia, rendeva conto del proprio operato solo all’amministratore generale delle rendite reali della Sardegna.

Camillo de’ Lellis, san Santo (Bucchianico 1550-Roma 1614). Soldato di carriera al servizio di Venezia e della Spagna contro i Turchi, fu radiato per cattiva condotta e gioco d’azzardo. Una piaga a un piede lo costrinse a ricoverarsi nell’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, a Roma, diretto da San Filippo Neri: da sofferente divenne infermiere dei sofferenti. Sacerdote, ` l’ordine dei Chierici Regolari fondo dei Ministri degli Infermi (1591), i Camillini o Camilliani, dalla nera veste talare con la croce rossa sul petto, «Al servizio dei malati non per mercede, ma per puro amore di Dio». Morı` a Roma il 14 luglio 1614. Canonizzato da Clemente XIII (1764), proclamato da Leone XIII (1886) patrono con San Giovanni di Dio degli ospedali, dei luoghi di cura e dei malati, da Pio XI (1930) patrono, sempre con San Giovanni di Dio, degli operatori sanitari in generale. Un tempo a Napoli, nel convento dei Padri crociferi, si venerava il sangue del santo, conservato in un’ampolla. [ADRIANO VARGIU]

Camino real Denominazione che si riferiva alla via di comunicazione tra il Campidano settentrionale e la costa orientale dell’isola attraverso le Barbagie. Questa grande via di comunicazione, che probabilmente correva lungo l’antico tracciato della strada che i Romani avevano aperto per controllare gli

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Camisa abitanti delle zone interne, fu frequentata continuativamente. Scomparsa la ` strada romana, il suo tracciato continuo a seguire l’antico itinerario attraverso percorsi battuti sia dal traffico commerciale che dalla transumanza delle grandi greggi; aveva anche una note´ in efvole importanza strategica perche fetti era la via che poneva in comunicazione i due versanti costieri dell’isola; siccome il suo percorso si dipanava attraverso zone impervie e insicure a causa della tradizionale irrequietezza delle popolazioni fu sempre curata direttamente dall’amministrazione reale (da qui il nome di c.r.) con il coinvolgimento delle compagnie miliziane a cavallo, che avevano il compito di compiere lungo il percorso delle ronde pe` sicuri i pasriodiche per rendere piu saggi.

rabus, fino a raggiungere la dimensione attuale. ` basata soprattutto sul& ECONOMIA E l’agricoltura. Ai tempi della colonia penale ospitava varie colture di viti, cereali e alberi da frutta ed erano sviluppati allevamenti di ovini e suini. Queste ` sono mantenute ancora oggi con attivita una discreta diffusione delle colture in serra, mentre la Cantina sociale favori` sce la produzione di ottimi vini. Si puo prevedere anche uno sviluppo turistico, data la vicinanza delle bellissime ` costiere. Sara ` da incentivo anlocalita che l’apertura della nuova superstrada che prende il posto della vecchia Orientale sarda, avvicinando questa zona an` di Cagliari. che alla citta

Camisa Centro abitato della provincia di Cagliari, frazione di Castiadas (dista 2 km da Olia Speciosa, sede dell’amministrazione comunale), con circa 240 abitanti, posto a 40 m sul livello del mare, a nord del suo capoluogo, in un territorio collinare a pochi chilometri dal mare di Costa Rei e dal capo Ferrato. Regione storica: Sarrabus. Archidiocesi di Cagliari. & TERRITORIO Il territorio di C. faceva parte della colonia penale di Castiadas ` a nord, in e rappresentava la parte piu un vallone attraversato dal rio Piseddu e senza rilievi importanti. & STORIA C. si sviluppo ` dopo il 1970 in uno degli insediamenti della colonia penale di Castiadas. Questa era stata chiusa negli anni Cinquanta diventando poi un vasto comprensorio oggetto della prima bonifica promossa dall’ETFAS. Una volta debellata la peggiore piaga della zona, la malaria, il piccolo insediamento crebbe con l’arrivo di famiglie dalle zone montane del Sar-

Camomilla – Infiorescenze di Matricaria chamomilla.

Camomilla Pianta erbacea annuale della famiglia delle Composite (Matricaria camomilla L.). Alta sino a 50 cm, ha foglie composte con lunghi filamenti, capolini con fiori esterni (scient. ligule) bianchi e interni tubulari gialli. La fioritura va da maggio a settembre. Cresce in prati e radure di collina, diffusa soprattutto nel nord Sardegna, meno nel Centro-sud. Pianta forte-

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Campanella ` da sempre conomente aromatica, e ` calmanti, disciuta per le sue proprieta gestive e astringenti. La c. bastarda o fetida (Anthemis cotula L.) ha fusti rossicci, prostrati, con foglie profondamente incise; i fiori sono capolini con ligule bianche e fiorellini tubulari cen` un achetrali giallo intenso. Il frutto e nio con semi lisci. Diffusissima nei campi e nei terreni incolti, fiorisce da aprile a giugno. Emana un odore poco gradevole, tanto che in sardo viene chiamata sitzı´a pude´scia (margherita puzzolente). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Camos Famiglia di origine catalana (secc. XIV-XVII). Presente in Sardegna dalla fine del secolo XIV con un Guglielmo che nel 1388 fu nominato amministratore delle rendite del Capo del Logudoro. Dopo la battaglia di Sanluri i C., che pure non recisero mai completamente i legami con Barcellona, risedettero continuativamente in Sardegna. Alcuni di loro ricoprirono importanti uffici nell’amministrazione reale. La famiglia si estinse nel corso del secolo XVII.

Camos, Giacomo Mercante di grano di Barcellona (sec. XIV). Vissuto nella ` del secolo XIV, dopo l’imprima meta ` la presa dell’infante Alfonso frequento Sardegna dove finı` per avere notevoli interessi commerciali. Nel 1342 acqui` dalla vedova di Clemente Salavert le sto signorie di Turris, Siserri e Jana nella curatoria di Dolia. Scoppiata la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, sentendosi poco sicuro le restituı` al fisco.

Camos, Marco Antonio Architetto militare (Barcellona 1543-Napoli 1606). Nel 1572, nominato capitano di Iglesias, fu incaricato dal re di individuare i ` adatti per costruire le torri punti piu da adibire alla difesa dalle incursioni dal mare lungo le coste della Sardegna. In quattro mesi egli compı` il periplo

dell’isola redigendo in seguito una importantissima relazione nella quale de` i luoscrisse i bordi marini e individuo ghi in cui le torri avrebbero dovuto sorgere. Nel 1575 fu nominato governatore `, gli di Alghero; nella nuova sede, pero morirono la moglie e i figli. In preda al ` neldolore si trasferı` a Roma ed entro l’ordine degli Agostiniani facendosi ` in Teologia e acquimonaco. Si laureo ` fama di uomo di profonda cultura e sto ` . Torno ` quindi a Barcellona dove pieta nel 1592 scrisse Microcosmia y Gobierno universal del hombre cristiano e nel 1600 fu nominato priore e visitatore per il ` in suo ordine. Pochi anni dopo torno Italia e poco prima di morire fu nominato arcivescovo di Trani.

‘‘Campana, La’’ Settimanale cagliaritano della domenica (1904). Si definiva ‘‘polemico, politico, amministrativo’’. Era diretto da Vittorio Emanuele Pilloni; fu pubblicato a Cagliari a partire dall’ottobre del 1904, ma per lo scarso successo e i pochi mezzi interruppe le pubblicazioni nel dicembre successivo.

Campanella Pianta erbacea perenne della famiglia delle Amarillidacee (Leucojum aestivum L.). Ha foglie basali lunghe e strette, verde intenso, e fiori piccoli, bianchi, reclinati, con corolla bianca, che fioriscono in primavera. ` Cresce nei luoghi umidi e in prossimita di corsi d’acqua, in ambienti di alta collina e montani, soprattutto della Sardegna centrale, dove viene chiamata mughetto per la somiglianza con questo ` in Sardegna non cresce fiore, che pero allo stato spontaneo. Sono invece presenti altre specie: il Leucojum autumnale L., abbastanza comune nei prati freschi, fiorisce in autunno; il Leucojum roseum Martin, endemico, in ristrettis` simi areali della Sardegna del nord, e inserito nell’elenco delle piante da sottoporre a vincolo di protezione, in base

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Campanella alla proposta di L.R. n. 184/2001. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Campanella, Claudia Archivista (n. Mi` enlano 1953). Laureata in Lettere, e trata nella carriera degli Archivi di Stato. Attualmente lavora presso la Soprintendenza archivistica della Sardegna. Tra i suoi scritti, le schede riguardanti L’Archivio del comune di Assolo (con V. Gajas); L’Archivio del comune di Baressa (con M.B. Lai); L’Archivio del comune di Nurachi (con A. Cherchi); L’Archivio comunale di Senis (con M.B. Lai); L’Archivio del comune di Villaurbana (con A. Palomba), tutte nel volume su Gli archivi comunali della provincia di Oristano, 1999.

Campanelli, Riccardo Fotografo (n. Sassari 1943). Ha iniziato a occuparsi di fotografia nel 1962 al seguito di Henri Cartier-Bresson in Sardegna e a Parigi, per le edizioni ‘‘Vogue’’. Ha pubblicato articoli e foto su giornali e riviste nazionali e internazionali, e libri per le edizioni Maggioli, Dumont Verlag Colonia, ` stato assistente Federico Motta ecc. E dello scenografo Max Douy e assistente alla regia di Jacques Besnard, Alfredo Medori e di Ansano Giannarelli in Sierra Maestra (Festival di Venezia 1969). Due sue raccolte di complessive 4600 foto sono conservate presso il Museo nazionale delle Tradizioni Popolari di Roma e presso l’ISRE di Nuoro. Collaboratore de ‘‘La Nuova Sardegna’’, insegna Fotografia e Cinematografia presso l’Istituto d’Arte di Sassari.

Campanula di Forsyth Pianta erbacea della famiglia delle Campanulacee (C. forsythii (Arcang.) Podlech). Ha fusti interrati legnosi (scient. rizomi), foglie basali larghe e divise in 5 lobi, quelle superiori sottili e allungate; i fiori, all’apice degli steli, sono imbutiformi, con 5 petali appuntiti, di un viola-azzurro intenso. Nel periodo della fioritura, a fine primavera, coprono completamente la pianta, creando macchie di colore sulle rupi calcaree del Nuorese, delle Baronie e dell’isola di Tavolara. Nel Centrosud dell’isola cresce soltanto a Mon` un endemismo sardo tarbu di Seui. E ` inserita nell’elenco delle piante ed e da sottoporre a vincolo di protezione in base alla proposta di L.R. n. 184/2001. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Campeda – Paesaggio dell’altipiano.

‘‘Campanile, Il’’ Settimanale cagliari-

Campeda Vasto altipiano basaltico

tano della domenica (1903). Di ispirazione democratica e popolare, fu pubblicato a Cagliari tra l’agosto e il dicembre 1903 e diretto da Vittorio Emanuele ` col Cavallera, ma apPilloni. Polemizzo ` il programma minimo dei sociapoggio listi. L’anno successivo riprese le pubblicazioni sotto la testata ‘‘La Campana’’ (=).

della Sardegna nord-occidentale. Separato dall’altipiano di Abbasanta dalla catena del Marghine, costituisce un complesso paesaggistico di notevole interesse, aperto ai venti. Spesso nella ` innevato; vi si forstagione fredda e mano alcuni stagni stagionali che ospi` tano le abbondanti piogge. Il territorio e molto interessante anche da un punto

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Campidani ` ricco di nuradi vista archeologico: e ghi, Tombe di giganti e villaggi nuragici che denotano la intensa frequentazione ` antica. del sito in eta

Campeta Antico villaggio di origine medioevale che apparteneva al giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria del Barigadu. Sorgeva a poca distanza dall’attuale abitato di Zuri nella loca` omonima. Si spopolo ` dopo il 1376, lita probabilmente come conseguenza di un’epidemia di peste.

Campidani – I Campidani sono una delle parti ` ricche della Sardegna: i colori dei costumi piu ne sono una testimonianza.

Campidani Termine riferito alla grande ` di 100 km e larga mepianura lunga piu diamente 20 km che, incuneata nella Sardegna sud-occidentale tra due massicci montuosi, si stende dal golfo di Ca` gliari al golfo di Oristano. Il territorio e di origine alluvionale: comprendeva alcuni grandi stagni che nel corso dei secoli furono bonificati mediante un sistema di prosciugamento o di canalizza` generalzione. Il vasto complesso e mente diviso in Campidano settentrionale, che fa capo a Oristano, Medio Campidano, che costituisce la parte centrale della pianura, e Campidano meridio` renale o di Cagliari. Fin dai tempi piu ` stata molto popolata e moti la pianura e intensamente coltivata; vi si formarono molti villaggi con caratteristiche prevalentemente agricole. Nel corso dei secoli fu amministrativamente diviso tra

` stati e in diverse circoscrizioni ampiu ministrative. Campidano di Cagliari Antica curatoria del giudicato di Cagliari, si stendeva nella parte centro-meridionale del giu` estesa delle sue cirdicato ed era la piu coscrizioni (circa 806 km2). Comprendeva un territorio prevalentemente collinare, densamente popolato e con un’economia sviluppata e complessa, basata sulla vasta area a prevalenza commerciale e marinara, rappresentata ` di Cagliari, e dall’area a predalla citta valente vocazione agricola, rappresentata dalla parte interna della curatoria. Oltre a Cagliari essa comprendeva i villaggi di Calagonis, Carbonara, Corongiu, Elmas, Flumini, Geremeas, Mara, Morus, Nuxedda, Nizas, Palmas, Pauli, Pirri, Quartu, Quartucciu, Santa Maria de Claro, Santa Maria de Paradiso, Sanvetrano, Sebolla, Sedanu, Selargius, Separassiu, Settimo, Sestu, Simbilia, Sinnai, Sinnuri, Sirigargiu, Sisali, Situxini, Siurru, Solanas, Succi, Susalei, Villanova San Basilio. Dopo la caduta del giudicato nel 1258, nella divisione susseguente il territorio dell’intera curatoria fu compreso nella parte che venne amministrata direttamente dal Comune di Pisa tramite propri funzionari. Subito dopo la conquista aragonese en` a far parte del Regnum Sardiniae e tro fu diviso in tanti piccoli feudi. In particolare Pauli e Sisali furono concessi a Giacomo de Trulio; Quartu Jossu a Guglielmo Lauro; Santa Maria de Paradiso ai Donoratico del ramo gheradiano; Situxini e Simbilia a Pietro di Sant Clement; Selargius, Palma, Geremeas, Sinnuri, Settimo, Sinnai, Sestu, Separassiu, Siurru, Villanova San Basilio, costituirono la baronia di San Michele donata a Berengario Carroz; Mara, Calagonis e Ciria a Guglielmo Oulomar; Pirri, Sebolla e Sanvetrano a Guglielmo ` i Sorell. Il sistema instaurato mostro

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Campidani suoi limiti: i feudi cambiarono spesso di mano e il Campidano decadde e si spo` parzialmente. polo Campidano Maggiore Antica curatoria del giudicato d’Arborea, il cui territorio ` di Orisi stendeva a nord della citta stano su un territorio fertile e densamente popolato, la cui economia era fortemente sviluppata. Si stima che avesse una superficie di circa 330 km2: ` di Oristano comprendeva oltre alla citta i villaggi di Baratili, Boaczi, Cabras, Donigala, Fenoni, Fenughedu, Gippa, Massama, Nuracaba, Nuraghi, Nuraxinieddu, Petra Veurra, Piscopiu, Riola Sardo, San Giovanni di Sinis, Sinipale, Villalonga, Siamaggiore, Senuschi, Solanas, Solarussa, Zeddiani, Zerfaliu. Quando dopo la battaglia di Sanluri il ` di esistere, giudicato d’Arborea cesso nel 1410, il territorio mantenne la sua ` e fu compreso nel originaria unitarieta marchesato di Oristano. Quando poi nel 1478 il feudo fu confiscato a Leonardo ` a far parte del patrimonio Alagon, entro reale. Dal 1481 il territorio prese a essere amministrato direttamente da un funzionario reale col titolo di Ricevitore del marchesato di Oristano e della contea del Goceano; dopo il 1560 fu amministrato dal Conservatore generale del Regno. Il territorio decadde, molti dei suoi villaggi scomparvero e la fiorente agricoltura che un tempo era stata la base della sua floridezza divenne un ri` la pecordo. Un colpo mortale lo causo ste del 1652, in conseguenza della quale buona parte del Campidano Maggiore si ` . Passata l’isola ai Savoia, la spopolo ` di avviarne il riponuova dinastia tento polamento concedendo in feudo, dopo il 1741, una parte del territorio dapprima a Saturnino Cani e subito dopo ai Genoves. Ma l’evento decisivo per la storia del Campidano Maggiore si ebbe nel 1767, quando fu incluso nel marchesato d’Arcais. La nuova infeudazione

` le proteste della popolazione, suscito ` inutilmente di liberarsi dal che tento vincolo feudale; tutto fu inutile, fino all’abolizione dei feudi nel 1836. Campidano di Milis Antica curatoria del giudicato d’Arborea, che si stendeva a nord del Campidano Maggiore. Il suo territorio aveva una superficie stimata in 258 km 2 , era prevalentemente collinoso e molto popolato. Aveva un’agricoltura molto sviluppata e comprendeva i villaggi di Bauladu, Bonarcado, Barigadu, Calcargia, Milis, Milis Piccinnu, Narbolia, San Vero Milis, Segassus, Seneghe, Sollı`, Spinala, Tramatza, Urbana, Vesala, Zippiriu. Anche questa curatoria dopo la caduta del giudicato nel 1410, fu compresa nel marchesato di Oristano e ne condivise le sorti fino al 1478, anno della confisca del feudo a Leonardo Alagon. A partire dal 1481 fu incluso nel patrimonio reale e fu amministrato unitamente al Campidano di Oristano e a quello di Simaxis dallo stesso funzionario; complessivamente il suo territorio mantenne un’agricoltura discretamente sviluppata, ` e gli abitanti dei suoi vilnon si spopolo laggi conservarono orgogliosamente i loro antichi privilegi. Nel 1767 anche il Campidano di Milis fu compreso nel marchesato d’Arcais e ne condivise le vicende, fino all’abolizione dei feudi nel 1836. Campidano di Simaxis Antica curatoria del giudicato d’Arborea, che si stendeva a sud del Campidano Maggiore. Il suo territorio aveva una superficie stimata in 262 km2. Era pianeggiante, densamente popolato e aveva un’agricoltura molto sviluppata; comprendeva i villaggi di Bangios, Crabilis, Ollastra, Palmas Maggiore, Palmas de Ponte, Pani Bonu, Santa Giusta, San Vero Congius, Siamanna, Siapiccia, Silı`, Simaxis, Simaxis Jossu, Simaxis di San Giuliano e

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Campo Villaurbana. Anche questa curatoria, dopo la caduta del giudicato nel 1410, fu compresa nel marchesato di Oristano e ne condivise le sorti fino al 1478, anno della confisca del feudo a Leonardo Alagon. A partire dal 1481 venne incluso nel patrimonio reale e fu amministrato unitamente al Campidano di Oristano e a quello di Milis dallo stesso funzionario. Purtroppo, a partire dal secolo XVI, fu teatro di frequenti incursioni di corsari barbareschi, per cui molti dei suoi villaggi si spopolarono e scomparvero, e la sua agricoltura progressivamente de` cadde. Le sue pianure non furono piu coltivate, e quando il sistema di drenaggio degli stagni fu trascurato esse divennero paludose e inospitali a causa della malaria e dei molti banditi che vi si rifugiarono, arrivando addirittura a rendere problematico il viaggio sulle strade pubbliche verso Cagliari. Nel corso del secolo XVII furono tentati diversi esperimenti di bonifica e ripopolamento, ma tutti rimasero senza esito. Nel 1767 anche il Campidano di Simaxis fu compreso nel marchesato d’Arcais e ne condivise le vicende fino all’abolizione dei feudi nel 1836.

Camp Moles, Francesco Vescovo di Bosa dal 1654 al 1657 (Solsona, inizi sec. XVII-Bosa 1657). Dopo essere stato ordinato sacerdote, divenne canonico della cattedrale di Tarragona, facendosi apprezzare per la profonda preparazione teologica. Nel 1647 fu nominato inquisitore per la Sardegna. Arrivato nell’isola, si stabilı` a Sassari, ma nel 1651 fu trasferito a Majorca. Nel 1654 fu nominato vescovo di Bosa, per cui ` in Sardegna stabilendosi nella torno sua diocesi.

Campo, Giovanni Sebastiano de Religioso (Sassari 1526-ivi 1608). Completati ` alla vita contemi suoi studi, si dedico

plativa guadagnando fama di persona `. Fu inanimata da profonda spiritualita viato dal vescovo Alepus a Madrid per trattare a corte alcune questioni che ri` guardavano la diocesi. Qui si guadagno la stima del re che gli offrı` un ricco be` e, torneficio: egli umilmente rifiuto ` all’insegnanato a Sassari, si dedico mento. La sua scuola, negli anni che precedettero l’apertura di quella dei Gesuiti, fu molto attiva. Desideroso di affinare la sua preparazione, nel 1562 decise di recarsi in Spagna, ma durante il viaggio cadde nelle mani dei corsari ` di quattro barbareschi e visse per piu anni schiavo in Africa. Una volta libe` nell’ordine dei Gesuiti e, surato entro perato il noviziato, fu destinato al colle`, dove continuo ` a vigio della sua citta ` e umilta ` . Morı` a Sassari vere con onesta `. nel 1608 in odore di santita

Campo, Leonardo da Abitante di Sas` sec. XIII). Di origine sari (seconda meta ` intensamente alle vipisana, partecipo cende del neocostituito Comune di Sas` sari e fu tra i procuratori della citta ` ’’ con quando, nel 1294, esso si ‘‘paziono la Repubblica di Genova.

Campo, Martino de Religioso (sec. XIV). Vescovo di Bisarcio dal 1389 al 1394. Negli anni dello Scisma d’Occi` ai papi di Avignone, per dente si lego ` cui l’antipapa Clemente VII lo nomino vescovo nel 1389. Resse la diocesi fino al 1394, e probabilmente morı` nel 1396.

Campo, Pino da Cittadino pisano (se` sec. XIII). Impegnato dal conda meta Comune di Pisa in Sardegna nel periodo che seguı` la stipula della seconda pace con gli Aragonesi, gli fu affidato l’ufficio di camerario delle curatorie del Gippi e della Trexenta che Pisa aveva avuto in feudo dal re d’Aragona. I suoi rapporti con gli Aragonesi non furono facili: dovette difendere il territorio dalle continue vessazioni dei funzionari reali e dei feudatari vicini.

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Campo di Vigne

Campo di Vigne Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Gallura, compreso nella ` curatoria di Gemini. Sorgeva in localita Riagampos, non lontano dall’attuale abitato di Luras. All’estinzione della dinastia dei Visconti il villaggio fu amministrato con propri funzionari direttamente dal Comune di Pisa; dopo la con` a far parte del quista aragonese entro Regnum Sardiniae, ma la sua popola` a tenere un atteggiazione continuo mento ostile nei confronti degli invasori. Nel 1324 fu compreso nei territori ` nel 1325 fuconcessi ai Catoni, che pero rono cacciati da Sassari, per cui l’atteggiamento degli abitanti di C. di V. nei `. confronti degli Aragonesi non cambio Il villaggio fu definitivamente conquistato da Raimondo Cardona solo nel ` a far parte di un feudo 1330 ed entro che comprendeva quasi tutto il Gemini Basso, concesso a Guglielmo Pujalt. La ` , sembrava non voler popolazione, pero accettare la situazione e mal tollerava il ` vincolo feudale per cui, quando scoppio ` la guerra tra Doria e Aragona, continuo a combattere contro gli Aragonesi. Poi´ Pujalt morı` senza figli nel 1347 il re che ` di dare il villaggio e l’intera curapenso toria in pegno a Giovanni d’Arborea nell’intento di pacificare la popolazione. Quando quest’ultimo fu fatto arrestare da suo fratello Mariano, il territorio fu abbandonato a se stesso, subı` i danni della guerra tra Aragona e Arborea e nel 1376 quelli della peste. C. di V., ` , non si spopolo ` come alcuni altri pero villaggi vicini.

Campolieti, Nicola Maria Ufficiale di carriera, giornalista (secc. XIX-XX). ` a Cagliari negli anni che preceOpero dettero lo scoppio della prima guerra ` di spinmondiale. Interventista, cerco gere all’adesione alle sue tesi facendo leva sul sentimento di appartenenza di molta parte dell’opinione pubblica. Tra

i suoi scritti: Saluto a Cagliari del IV reggimento di artiglieria, ‘‘L’Unione sarda’’, 1893; Coscienza nazionale ed opinione pubblica, ‘‘L’Unione sarda’’, 1914; Per l’intensificazione della produzione agraria in Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1914; Pe r i v o l o n t a r i a g r i c o l t o r i s a r d i , ‘‘L’Unione sarda’’, 1914; Pro classi rurali, ‘‘L’Unione sarda’’, 1914; Urgenti provvedimenti per i monti frumentari sardi, ‘‘L’Unione sarda’’, 1914; La scomparsa di un veterano di Malaghera, Gennaro Campolieti 1848-49, ‘‘L’Unione sarda’’, 1915; I sardi sono i migliori soldati del mondo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1915; Colonizzazione militare. Un esperimento fatto a Bosa, ‘‘Pro Sardegna’’, II, 1916.

Campolongo, Giovanni Religioso (Per` sec. XIV-Ales pignano, seconda meta 1424). Vescovo di Ales dal 1421 al 1424. Entrato nell’ordine dei Carmelitani si fece notare per la sua grande preparazione teologica. Divenuto maestro di Filosofia e di Teologia, dopo aver insegnato per anni nel 1421 fu nominato vescovo di Ales.

Campo Pisano Miniera di piombo e zinco situata su una collina nell’immediata periferia di Iglesias. Nel 1868 fu ` coconcessa alla Monteponi, che pero ` a sfruttarla solo dopo il 1876. mincio Con il passare degli anni assunse un’importanza crescente e dopo la fine della seconda guerra mondiale, collegata con una grande galleria alla vicina miniera di Monteponi, divenne un importante centro di raccolta e di lavorazione dei minerali estratti anche delle miniere di Masua e di San Giovanni. Modernamente attrezzata, divenne un centro mi` avanzati d’Europa fino nerario tra i piu agli anni Settanta del Novecento. In se`e ` stata ferguito anche la sua attivita mata.

Camps de La Carrera i Moles, Francesco Religioso (Solsona, inizi sec. XVIIBosa 1656). Vescovo di Bosa dal 1654 al

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Campulongu 1656. Divenuto sacerdote, conseguı` la laurea e si impose all’attenzione per la sua profonda preparazione. Divenuto canonico a Tarragona, nel 1647 fu nominato inquisitore per la Sardegna. Il suo ` poco primo soggiorno nell’isola duro ´ nel 1651 fu richiamato a Madrid; perche dopo pochi anni, nel 1654, venne nominato vescovo di Bosa; giunto in sede si ` con grande impegno a miglioadopero rare la diocesi. Morı` lasciando la sua `. biblioteca al capitolo della citta

Campu Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria della Trexenta. Sorgeva a poca distanza ` Planu ’e Campu. da Senorbı` in localita Dopo la caduta del giudicato di Cagliari, nella divisione del 1258 fu compreso nei territori assegnati ai conti di Capraia che lo trasmisero al giudice d’Arborea. Il giudice Mariano II, entro ` al Cola fine del secolo XIII, lo lascio mune di Pisa, che lo fece amministrare da suoi funzionari. Dopo la conquista ` a far parte aragonese, nel 1324 entro del Regnum Sardiniae. Quando nel 1326 fu conclusa la pace definitiva tra ` a far parte del Pisa e Aragona, entro feudo concesso dal re d’Aragona a Pisa. ` , comincio ` a La sua popolazione, pero diminuire a causa della peste del 1348 ` tardi, delle vicende legate alle e, piu guerre tra Aragona e Arborea. Dopo il 1365 fu occupato dalle truppe arborensi; caduto il giudicato, il suo territorio ridotto ormai a una landa desolata, fu incluso nel feudo concesso a Bartolomeo Pinos nel 1416.

Campu de Loco Antico villaggio di origini medioevali. Faceva parte del giudicato di Torres ed era compreso nella curatoria del Costavall; sorgeva nelle ` campagne di Bonorva in prossimita della chiesa di Santa Lucia. Faceva parte dei territori che agli inizi del secolo XII passarono nelle mani dei Mala-

spina per matrimonio. Quando si estinse la famiglia dei giudici di Torres, i Malaspina lo inclusero nel loro piccolo stato governandolo con senso di equilibrio e instaurando un buon rapporto `, lo diedero con i vassalli. Nel 1308, pero in pegno al giudice d’Arborea che lo an´ al suo giudicato. Inutilmente in nette seguito i Malaspina tentarono di rientrarne in possesso: nel 1328 il giudice d’Arborea ne ottenne l’investitura dal re d’Aragona. Il villaggio soffrı` a causa della peste del 1348 e delle guerre tra Arborea e Aragona e fu abbandonato prima della pace del 1388.

Campu Lazzaru Vasta distesa pianeggiante nel Meilogu. A partire dagli anni ` stata interesSessanta del Novecento e sata da un esperimento di bonifica e di ` di 1800 colonizzazione su un’area di piu ha che interessa i comuni di Codrongianos, Florinas, Ploaghe e Siligo. Nel comprensorio sono state gradualmente ` svilupinsediate alcune fattorie e si e pato un moderno allevamento del bestiame.

Campulongu Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Torres ed era compreso nella cu` ratoria di Coros. Con ogni probabilita ` nelle sorgeva nell’omonima localita campagne di Bessude. Era un centro importante e per un certo periodo divenne capoluogo della curatoria; agli ` in mano ai Mainizi del secolo XII passo laspina per matrimonio. Quando si estinse la famiglia dei giudici di Torres, questi lo inclusero nel loro piccolo stato e lo governarono con senso di equilibrio, instaurando un buon rapporto con i loro vassalli. Quando nel 1323 l’infante Alfonso giunse in Sardegna, i Malaspina gli prestarono omaggio e cosı` il `a villaggio, almeno formalmente, entro far parte del Regnum Sardiniae. La loro ` , fu di breve durata: sottomissione, pero infatti essi, quando nel 1325 i Doria si

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Campus ribellarono, li seguirono e combatterono contro gli Aragonesi; cosı` nel 1330 C. fu assalito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni. Negli anni ` a decadere e a sposuccessivi comincio ` a rimanere in pospolarsi, ma continuo sesso dei Malaspina fino al 1343, anno in cui il marchese Giovanni, morendo ` in eredita ` con tutto senza figli, lo lascio quanto possedeva a Pietro IV d’Aragona. I fratelli del defunto, irritati, tentarono di resistere con le armi e il villaggio cadde nel caos: non si sa come, a ` nelle mani dei un certo momento passo Doria che lo inclusero nella curatoria del Cabudabbas, aggregandolo al proprio stato. Scoppiata la prima guerra tra Arborea e Aragona, il villaggio fu nuovamente teatro di operazioni mili` completamente. tari e si spopolo

Campus, Alessandro Archeologo (n. Sassari, sec. XX). Conseguita la laurea, ` dedicato all’archeologia e ha preso si e ` parte ad alcuni scavi in diverse localita dell’isola. Tra i suoi scritti: Olbia. Un’area sacra sotto corso Umberto n. 138: gli elementi punici, in L’Africa romana. Atti del VII Convegno di studi, 1990; Un graffito greco da Olbia, in L’Africa romana. Atti del IX Convegno di studi, 1992; Padria, 1994; Tra arte colta e arte popolare in Sardegna. L’esempio di Padria, in Alle ` , II, 1996; Appunti e soglie della classicita spunti per un’analisi dei complessi punici in Sardegna, in I Fenici in Sardegna, 1997.

Campus, Antonio1 Magistrato, uomo politico (Pattada 1823-Sassari 1906). ` in Conseguita la laurea in Legge entro magistratura e percorse una brillante carriera, arrivando a essere nominato presidente della Corte d’Appello di Sassari. Eletto ripetutamente consigliere provinciale, fu per anni, fino al 1895, presidente del Consiglio provinciale.

Campus, Antonio2 Docente di Zooiatria (n. Ozieri 1884). Dopo aver conse-

guito la laurea in Medicina veterinaria ` alla ricerca e intraprese la si dedico ` Medicarriera universitaria. Insegno cina veterinaria e igiene presso l’Uni` di Sassari. Fu autore di numeversita rosi saggi sulle principali caratteristiche degli animali sardi, apparsi su riviste nazionali e straniere.

Campus, Antonio3 (detto Nino) Avvocato, consigliere regionale (Sassari 1901-ivi 1966). Conseguita la laurea in ` con successo Giurisprudenza si dedico alla professione di avvocato e si iscrisse ancora giovanissimo al Partito Popo` di prolare di Luigi Sturzo. Si interesso blemi sindacali e nel difficile momento della nascita del fascismo nella sua ` ebbe modo di manifestare il suo citta profondo dissenso dalle posizioni concilianti di una parte del cattolicesimo ` a far parte del sassarese; nel 1925 entro Comitato delle opposizioni creato dopo l’assassinio di Matteotti. Durante il fascismo visse appartato, dedicandosi al suo lavoro; riprese la vita politica dopo la caduta del fascismo e contribuı` con Antonio Segni (che era suo cugino: di qui l’appellativo di ‘‘il Cugino’’ con cui veniva chiamato dalla ‘‘Nuova Sardegna’’) alla nascita della Democrazia Cristiana sarda. Nel 1953 fu eletto consigliere regionale per il suo partito per la II legislatura nel collegio di Sassari e negli stessi anni fu anche presidente della Provincia di Sassari: in quegli ` dando vita a uno scamanni si segnalo bio polemico di opinioni con Luigi Crespellani, che sotto il titolo ‘‘Torri e campanili’’ rimetteva sul tappeto l’antica querelle di Sassari contro l’egemonia politica di Cagliari. Fu uno dei fondatori del ‘‘Corriere dell’Isola’’ e nel 1955 fu nominato presidente della Commissione per lo studio del Piano di Rinascita. Estromesso dai vertici dai ‘‘Giovani Turchi’’ con la cosiddetta ‘‘Rivoluzione bianca’’ (marzo 1956), non fu ri-

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Campus candidato a nessuna delle cariche che aveva ricoperto.

Campus, Antonio4 Studioso di economia (n. Foresta Burgos 1939). Impegnato ` stato consigliere comunale in politica, e di Oristano e amministratore di alcune ` commerciali. Dalla sua espesocieta ` tratto l’articolo Le vicende giurienza e diziarie dello stagno di Cabras, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XXIII, 1997.

Campus, Antonio Maria Teologo (Pat` 1838). Divenuto satada 1767-Budduso ` Teologia morale cerdote, insegno ` di Sassari; di idee presso l’Universita liberali, fu vicino ai Simon e all’Angioy, per cui nel 1796, considerato fautore dei moti antifeudali, fu privato dell’insegnamento e condannato a risiedere a ` . Negli anni successivi si seBudduso ` per la grande pieta ` e per le opere gnalo di beneficenza. Nominato canonico, nel ` la nomina ad arcivescovo a 1821 rifiuto Genova.

Campus, Aurora Sociologa (n. Bono ` dedicata 1948). Conseguita la laurea si e all’insegnamento universitario. Attual` di mente lavora presso la Facolta ` di MiScienze politiche dell’Universita lano. Ha approfondito in particolare la sociologia dell’ambiente e del territorio. Ha scritto Il mito del ritorno. L’emigrazione della Sardegna in Europa. Lettere di emigranti alle loro famiglie 19501971, 1985.

Campus, Filippo Religioso (Pattada 1817-Tempio 1887). Vescovo di Ampurias e Tempio dal 1871 al 1887. Divenuto sacerdote, fu per molti anni parroco della cattedrale di Sassari e dal 1860 professore di Storia ecclesiastica ` . Nel 1871 fu nomipresso l’Universita nato vescovo di Ampurias e Tempio. ` per l’impeNella sua diocesi si segnalo gno pastorale e per l’incessante opera di pacificazione tra le diverse fazioni che insanguinavano allora la Gallura. Cosı` nel 1872 con una solenne cerimo-

nia, alla presenza del prefetto di Sassari, riuscı` a celebrare le ‘‘paci’’ fra gli abitanti di Sedini, Bulzi, Aggius e Laerru, i cui sindaci si abbracciarono ` le fapubblicamente; nel 1875 pacifico ` d’Agultu. zioni che dilaniavano Trinita ` anche nella cura e nella vaSi impegno lorizzazione delle vocazioni.

Campus, Gianvittorio (o Nanni) Chirurgo, uomo politico (n. Sassari 1952). Senatore della Repubblica, sindaco di Sassari. Dopo aver conseguito la laurea in Medicina ha intrapreso la carriera universitaria. Da giovanissimo si era impegnato in politica, dapprima nel MSI e successivamente in Forza Italia, ` stato eletto schieramento per il quale e senatore di Sassari per la XII legislatura repubblicana. Non riconfermato ` stato eletto sindaco nel 1996, nel 2000 e di Sassari. Ordinario di Chirurgia pla` di stica ricostruttiva presso l’Universita Sassari, dove dirige anche l’Istituto di ` autore di importanti Dermatologia, e studi pubblicati su riviste nazionali e straniere. Nel 2005 non ha ripresentato la propria candidatura a sindaco di Sassari.

Campus, Giovanni 1 Filologo (Osilo 1875-Torino 1919). Dopo la laurea in Let` all’insegnamento nelle tere si dedico scuole secondarie. Dopo alcuni anni trascorsi ad Alghero si trasferı` a Torino ` al Liceo e pubblico ` i suoi dove insegno ` importanti. Il suo nome e ` lelavori piu gato ad alcuni interessanti studi sul logudorese, sull’origine dei dialetti sassarese e gallurese (che considerava dialetti italiani) e sulla pronuncia della C in latino. Tra i suoi scritti: Fonetica del dialetto logudorese, 1901; Sulla questione dell’intacco del C latino, 1902; Appunti di linguistica sarda, 1905; Note lessicali sarde, ‘‘Archivio storico sardo’’, VII, 1911; Due note sulla questione delle velari ario-europee, 1916; Le velari latine con speciale riguardo alle testimonianze

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Campus dei grammatici, ‘‘Atti della Regia Accademia delle Scienze di Torino’’, LIV, 1918.

Campus, Giovanni2 Insegnante, poeta (n. Cervia 1927). Nato da famiglia sarda, ha trascorso la sua adolescenza in Romagna. Tornato in Sardegna ha studiato ` laureato in Lettere a Caa Sassari e si e ` trasferito a gliari. Successivamente si e Roma dove ha insegnato a lungo italiano e latino negli istituti superiori. ` stato critico Appassionato di cinema, e cinematografico de ‘‘La Nuova Sardegna’’ negli anni Sessanta; ha pubblicato saggi importanti nelle principali riviste nazionali di cinema. Durante il sog` recenti giorno romano e negli anni piu ha pubblicato diverse raccolte di versi, tra cui Salmo notturno, 1983, e Mediterraneo, 2004.

sue opere sono presenti al Museo Grabado di Madrid, all’Universal Center di Belgrado, allo Yamarashi Museum di Tokyo, alla Galleria civica di Torino e in molti altri musei.

Giovanni Campus – Pittore, e` nato a Olbia ma ha lavorato a Genova, Milano, Parigi e New York. Vive a Milano.

Campus, Maria Giovanna Archeologa

Giovanni Campus – Il pittore olbiense mentre prepara una delle installazioni, diventate ` piu ` recente. frequenti nella sua attivita

Campus, Giovanni3 Pittore e scultore ` formato a Genova e (n. Olbia 1929). Si e ` inserito dal 1968 vive a Milano dove si e ` . Ideanegli ambienti artistici della citta tore e attuatore, a partire dal 1977, di creazioni artistiche che definisce ‘‘installazioni-intervento/percorsi a dimensione ambientale’’, nelle quali lo ` fondamentale, ha studio dello spazio e ` internazionaraggiunto una notorieta le.Ha esposto in tutto il mondo; alcune

(n. sec. XX). Profonda conoscitrice del territorio del Montiferru, dal 1981 ha diretto il gruppo archeologico giovanile di Cuglieri, nel 1982 quello di Cabras. Nel 1985 ha contribuito al riordino del Museo civico archeologico di Ozieri. Tra i suoi scritti: Ricerche archeologiche nel territorio del comune di Cuglieri, ‘‘Quaderni oristanesi’’, 21/22, 1989; Il titulus funerario di Imbenia. Contributo alla rilettura del materiale epigrafico cristiano della Sardegna, in L’Africa romana. Atti dell’VIII Convegno di studi, 1990; Gurulis Nova: elementi di rilettura del territorio, in L’Africa romana. Atti del X Convegno di studi, 1996; Domus de janas di Serrugiu Pittudi-Cuglieri, in La cultura di Ozieri. La Sardegna tra il IV e il III millennio, 1997.

Campus, Mario Amministratore di so` commerciali (Tempio 1894-?). Fu cieta

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Campuy eletto consigliere comunale di Cagliari negli anni Sessanta del Novecento. Ha anche pubblicato Brevi note sulle origini della famiglia Campus, 1963.

senatore per la IX legislatura repubbli` si amcana; nel corso del mandato pero ` gravemente e morı` a Sassari nel malo 1987.

Campus, Milko Atleta (n. sec. XX). Cre-

Campus Dettori, Lucrezia Archeologa

sciuto nelle file dell’Atletica Oristano, ` specializzato nel salto in lungo. In si e ` si mette in luce a Ricquesta specialita cione nel 1984, conquistando il titolo di campione italiano allievi. Quattro anni ` campione italiano assoluto, cosı` dopo e come nel 1989. Nel 1994, dopo essere giunto terzo ai campionati italiani indoor, si aggiudica a Formia per l’ultima volta il titolo italiano con la misura di 8,13 m. [GIOVANNI TOLA]

(n. Ozieri, sec. XX). Conseguita la laurea, ha studiato i materiali di Genna Maria lavorando insieme a Enrico Atzeni. In seguito ha concentrato i suoi interessi nello studio del territorio di Ozieri, e, collaborando con la Soprintendenza di Sassari, ha concorso alla ` , di realizzazione del museo della citta ` direttrice. Nel 1986 cui attualmente e ha curato l’organizzazione del I Convegno sulla cultura di Ozieri e nel 1995 quella del secondo Convegno. Tra i suoi scritti: Nuovi miliari della Sardegna, ‘‘Archeologia classica’’, XXIX, 1977; Ozieri (con Paola Basoli, Fulvia Lo Schiavo e Francesco Guido), Il Museo di Villa Sulcis, 1988; Dipinti rupestri ` Luzzana-Ozieri, in schematici in localita La Cultura di Ozieri. Problematiche e nuove acquisizioni. Atti del I Convegno di studio, Ozieri 1986, 1989; Museo archeologico di Ozieri, sale III-IV; Il Museo archeologico di Ozieri, sez. storica, tutti e due in Guida ai musei e alle collezioni della Sardegna, 1997; Un momento di confronto, in La Cultura di Ozieri. La Sardegna dal IV al III millennio a.C., 1997.

Campus, Salvatore1 Medico, consigliere regionale (Bitti 1917-Cagliari 2006). Dopo essersi laureato in Medi` dedicato alla libera profescina si e sione specializzandosi in otorinolarin` goiatria. Cattolico impegnato, nel 1963 e divenuto consigliere regionale della DC nel collegio di Cagliari nel corso della IV legislatura, subentrando all’on. ` Angius, deceduto. Successivamente e stato riconfermato per la V e per la VI legislatura fino al 1974. Schierato su posizioni di centro, dal marzo 1967 al giu` stato assessore ai Lavori pubgno 1969 e blici nella prima giunta Del Rio e successivamente, dall’agosto al dicembre ` dello stesso anno, assessore alla Sanita nella seconda giunta Del Rio. Successi` stato ancora assessore alla vamente e ` dal gennaio 1971 al gennaio 1972 Sanita nella prima giunta Giagu, e infine dal settembre al novembre del 1973 assessore al Turismo nelle terza giunta Giagu.

Campus, Salvatore2 Clinico, senatore della Repubblica (Sassari 1931-ivi 1987). Conseguita la laurea in Medicina, ` all’insegnamento universitasi dedico rio e alla ricerca; per anni fu professore ` di di Clinica medica presso l’Universita Sassari. Cattolico, nel 1983 venne eletto

Campus Serra, Antonio Docente universitario, deputato al Parlamento (Cagliari 1851-ivi 1932). Dopo aver conse` alla guito la laurea in Legge, si dedico professione di avvocato e all’insegnamento universitario. Nel 1875 divenne professore di Filosofia del Diritto ` di Cagliari; di idee presso l’Universita progressiste, fu attirato dalla politica e nel 1892 fu eletto deputato per la XVIII legislatura nel collegio di Cagliari e riconfermato successivamente fino al 1909.

Campuy (o Campu Giavesu) Antico villag279

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Camugliano gio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Cabudabbas. Sorgeva ` di Giave nella localita ` in prossimita detta Campu Giavesu. Nel corso del secolo XII venne in possesso dei Doria in seguito a uno dei matrimoni che i membri della famiglia contrassero con principesse della famiglia giudicale di Torres. Dopo l’estinzione della dinastia, essi inclusero il villaggio nello stato feudale che avevano formato; instaurarono un buon rapporto con i suoi abitanti che, mantenuti i loro privilegi e la loro autonomia, vissero un periodo di pace fino alla conquista aragonese nel 1323. Allora i Doria si dichiararono vassalli del re d’Aragona, per cui il villag` a far parte del Regnum Sardigio entro ` nel 1325 essi si ribelniae. Quando pero larono, C. divenne teatro della guerra e nel 1330 fu occupato dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona e devastato. In seguito subı` altri gravi danni durante la ribellione del 1347 e ´ si spopolo ` per la peste del 1348, sicche abbastanza rapidamente.

Camugliano Famiglia pisana (secc. ` XIII-XIV). Deve il suo nome alla localita della quale era originaria; fu presente in Sardegna con alcuni dei suoi membri in un periodo collocabile tra la seconda ` del secolo XIII e la prima meta ` del meta secolo XIV, quando Pisa perdette definitivamente il controllo dell’isola. In particolare va ricordato Bondo, che fu castellano della fortezza di Cagliari dal ` per la costru1281 al 1282 e si adopero zione della torre della Lanterna (il faro di Sant’Elia).

Canaglia Miniera di ferro situata nella Nurra a pochi chilometri da Palma` il Mandel nel dula; probabilmente gia suo viaggio nella Nurra nel secolo XVIII ne intuı` l’importanza, ma soltanto ` Correboi dopo il 1870, quando la societa ebbe la concessione della miniera del-

l’Argentiera, fu valutata la consistenza `, solo nel 1912 del giacimento. In realta ` Toscana Industrie agricole la Societa ` lo ne ottenne la concessione e ne inizio sfruttamento; dopo lo scoppio della prima guerra mondiale la produzione ` vertiginosamente: la miniera aumento ` all’Ilva e per facilitare il trapasso sporto del materiale fu costruita una piccola linea ferroviaria privata che dalla bocca della miniera arrivava fino al Ponte romano di Porto Torres e al ` C. molo di carico. Nel 1928 l’Ilva lascio ` concessionaria in gestione alla Societa delle Miniere dell’Elba, che nonostante la crisi internazionale, applicando una sapiente politica di riduzione dei costi, ` la chiusura dell’attivita ` . Nel seevito ` alla Ferrocondo dopoguerra C. passo ` inutilmente un rilancio min, che tento della produzione; fatalmente la mi` in crisi e nel 1964 cesso ` l’atniera entro ` . Nel 1967 la concessione venne retivita vocata e gli impianti furono venduti a un imprenditore privato.

Canales Antica regione della curatoria del Guilcier nel giudicato d’Arborea. Comprendeva i villaggi di Boroneddu, Borzacheri, Lestinghedu, Guilcier, Domusnovas Canales, Sedilo, Norbello, Solli, Orena, Tadasuni, Zuri, Ustedu Boiler, Lignei, Suci e Nordai. L’incon` quasi completamente trada si spopolo a causa della peste del 1376 e molti dei villaggi cessarono di esistere; dopo la morte di Mariano IV, quando Ugone III ` aspra era impegnato nella fase piu della guerra contro Pietro IV, nel 1378 il C. fu incluso nei territori che il re concesse in feudo al traditore Valore de Li` soltanto di una gia. In effetti si tratto ´ il territorio riprovocazione, perche mase saldamente nelle mani del giudice fino alla battaglia di Sanluri. Ca` duto il giudicato, il territorio passo sotto l’amministrazione reale, ma la ` a mantenere sua popolazione continuo

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Canale Serci un atteggiamento di insofferenza nei confronti dei nuovi venuti: atteggia` in una aperta ribelmento che sfocio lione quando il re, nel 1415, permise ai De Ligia di tornare in Sardegna per prendere possesso dei feudi che avevano guadagnato con il loro sleale comportamento. Gli abitanti del C., che non avevano dimenticato il loro tradimento, probabilmente anche istigati dal marchese d’Oristano che ambiva a incorporare il territorio nel suo feudo, uccisero i De Ligia a Zuri; allora il re nel 1417 concesse il territorio a Giovanni Corbera che nel 1426 a sua volta lo cedette al marchese d’Oristano. Dopo la morte di Leonardo Cubello l’intero territorio ` al suo figlio secondogenito Salvatocco tore, il quale, divenuto a sua volta marchese nel 1463, lo incluse finalmente nel grande feudo di Oristano. Dopo la confisca del marchesato, nel 1478, il C. fu amministrato direttamente da funzionari reali fino al 1485, quando fu concesso in feudo a Galcerando Requesens, i cui eredi nel 1537 lo vendettero a Ni` Torresani e a Pietro Mora. Quando colo nel 1558 i Torresani rimasero unici feudatari dell’antica incontrada, essi la unirono al loro feudi del Barigadu, rom` cultupendo definitivamente l’unita ` rale dell’antico Guilcier. Il C. continuo a rimanere unito al Barigadu fino al ` al fisco: 1715, quando il territorio torno nel 1737 fu nuovamente infeudato col titolo di marchesato di Sedilo al canonico Solinas i cui eredi, i Delitala di Chiaramonti, continuarono a possederlo fino al riscatto dei feudi, nel 1838.

Canales de la Vega, Antonio Storico e giurista (Cagliari 1580-ivi 1659). Laurea` in Sardegna, dove per tosi a Pisa, torno ` si impose all’attenzione le sue qualita generale. Fu subito considerato avvocato di talento, per cui nel 1626 fu chiamato a insegnare Diritto presso l’Uni` di Cagliari, allora appena versita

aperta. Nel 1630 fu chiamato a ricoprire l’ufficio di assessore della Regia Governazione a Sassari e, dopo alcuni anni, fu nominato giudice della Reale Udienza. Molti i suoi scritti di scienza giuridica, fra i quali: Discursos y apuntamientos ´n hecha en nombre de sobre la proposicio su Magestad a los tres brazos ecclesiastico, militar y real en 8 de henero 1631, ` di collega1631 (appartiene all’attivita mento e di consulenza fra gli Stamenti e il governo); Pro marchione de Villa Cidro, domino Encontratae de Planargia, contra Promotorem Fiscalem Mensae episcopalis bosanensis, 1633 (tratta d’un contenzioso aperto dal promotore fiscale della mensa episcopale di Bosa nei confronti del marchese di Villacidro: nella causa il C. de la V. difendeva le ragioni del marchese); Pro Philippo Rius cive Barchinonae contra arrendatores iurium et vectigalium Universitatum ` un’altra lite: C. Regni Sardiniae, 1633 (e de la V. difende le ragioni di un cittadino di Barcellona contro una non legit´n de tima imposizione di tributi); Invasio la armada Francesa del arzobispo de Bordeus y Enrique de Lorena conde de Harcourt, hecha sobre la ciudad de Ori` un rapporto sulla spedistan, 1637 (e zione francese contro Oristano, comandata da Enrico di Lorena e dal vescovo di Bordeaux); Discursos politicos de los varones illustres de Sarden ˜ a, Cagliari s.d.

Canale Serci Miniera di piombo, zinco e stagno nelle campagne di Villacidro, ` probabilmente conosciuta fin dalla piu ` come dimostrano le tarda antichita tracce di scavo individuate nel territorio. Il suo sfruttamento ebbe inizio tra le due grandi guerre del Novecento, negli anni dell’autarchia fascista per l’utilizzazione della cassiterite, prezioso minerale dello stagno. La fase produttiva ` pero ` pochi anni. Nel dell’impianto duro ` in secondo dopoguerra la miniera entro

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Canalgrande crisi e fu chiusa; attualmente i resti de` dell’Ente gli impianti sono di proprieta foreste demaniali.

Canalgrande Miniera di piombo e zinco lungo la costa tra Nebida e Capo Pecora ` omonima. Il territorio fu nella localita concesso nel 1869 a un imprenditore ` belga, il Dumont La Marche, che avvio lo sfruttamento. Nei decenni successivi lo sfruttamento non fu interrotto, ma non riuscı` mai a raggiungere le dimensioni necessarie per diventare redditizio a causa della mancanza di acqua per la laveria e delle piccole dimensioni dello stesso corpo mineralizzato. Dopo il 1945 la miniera fu definitivamente chiusa.

Canalis, Antonio Insegnante, consigliere regionale (Tula 1911-Sassari 2005). Dopo essersi laureato in pedago` di Roma, si e ` degia presso l’Universita dicato all’insegnamento. Scoppiata la seconda guerra mondiale, vi ha preso parte. Al ritorno dal servizio militare, ` divenuto direttore didattico. nel 1943, e Fratello del professor Rino, subito dopo ` impegnato la caduta del fascismo si e ` nella riorganizzazione cattolica ed e stato tra i protagonisti della nascita della DC a Sassari. Fedelissimo di Nino Campus e di Antonio Segni, tra il ` stato nominato membro 1947 e il 1949 e della Consulta regionale, partecipando cosı` alla stesura dello statuto regionale. In seguito la sua professione lo ha portato in diverse sedi della provincia di ` stato eletto consiSassari; nel 1953 e gliere regionale della Democrazia Cristiana nel collegio di Sassari per la II ` stato riconfermato legislatura, ma non e ` dinella III. Ritiratosi a vita privata, e ` andato venuto ispettore scolastico ed e ` morto a Sassari in pensione nel 1975. E agli inizi del 2005.

Canalis, Elisabetta Attrice televisiva (n. Sassari 1978). Figlia di Giulio Cesare, primario radiologo della Clinica

` di Sassari, ha compiuto dell’Universita ` natale. i suoi studi superiori nella citta ` Vincitrice di un concorso televisivo e stata, sul finire degli anni Novanta, una delle ‘‘veline’’ della fortunata trasmissione Striscia la notizia. Ha continuato la carriera di attrice-presentatrice partecipando a numerosi altri spettacoli televisivi.

Canalis, Giulio Cesare Radiologo (n. ` professore ordinario di Sassari 1939). E Diagnostica per immagini e radiotera` di Medicina delpia presso la Facolta ` di Sassari. l’Universita

Canalis, Salvatore (detto Rino) Insegnante, patriota (Tula 1908-Fosse Ardeatine, Roma, 1944). Compiuti gli studi in Sardegna divenne professore di Lettere nel Liceo della Scuola militare di Roma. Entrato nella Resistenza romana con i gruppi azionisti, arrestato durante un rastrellamento, fu tra i sardi presenti a Regina Coeli che furono fucilati alle Fosse Ardeatine, il 23 marzo 1944, come rappresaglia all’attentato di via Rasella.

Canalis, Salvatore Battista (detto Rino) Architetto, consigliere regionale (n. Tula 1941). Conseguita la laurea in Ar` dedicato con successo chitettura si e ` impegnato alla libera professione e si e nella vita politica. Schierato su posi` stato eletto zioni di sinistra, nel 1984 e consigliere regionale per il PCI nel col` stato riconferlegio di Sassari, ma non e ` mato nel 1989. Nel novembre del 1992 e divenuto tecnico assessore regionale ai Trasporti nella terza giunta Cabras, che ` era integralmente formata da esterni. E rimasto in carica fino al settembre 1994.

Canalis, Vanna Archeologa (n. Sassari ` 1950). Dopo aver conseguito la laurea e entrata nella carriera delle Soprintendenze; attualmente lavora presso la Soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro. Tra i suoi scritti principali: Passato e presente: storia del Museo, in Il Mu-

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Canavari seo Sanna di Sassari, 1986; La tomba II di Mesu ’e Montes (con Gian Mario Demartis), ‘‘Nuovo Bullettino archeologico sardo’’, 1984, 1989; La piccola sta` tuaria prenuragica, in Sardegna. Civilta di un’isola mediterranea, catalogo della mostra, 1993; Una casa per le fate, ‘‘Archeologia viva’’, XIV, 54, 1995; L’isola dei misteri, 2002.

Canapicchia = Elicriso Canaran Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Gallura, compreso nella curatoria di Canhain. Sorgeva non lontano da Luras ` Carana. All’estinzione della in localita dinastia dei Visconti fu amministrato direttamente dal Comune di Pisa tramite suoi funzionari; sostanzialmente mantenne i suoi antichi privilegi e con` a eleggere annualmente il majore tinuo e i suoi consiglieri. Dopo la conquista ` a far parte aragonese, nel 1323 entro del Regnum Sardiniae, ma la sua popolazione mantenne un atteggiamento ostile nei confronti dei nuovi venuti. Scoppiata la guerra tra Genova e Aragona nel 1330 fu investito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni; poco dopo fu concesso in feudo ` a Raimondo di Montpavon, ma continuo a essere teatro delle operazioni militari spopolandosi parzialmente. I Montpavon ne persero successivamente il controllo e quando, nel 1347, i Doria si ribellarono per la seconda volta, il villaggio fu concesso a Giovanni d’Arborea ´ lo pacificasse. Poco dopo pero ` perche l’infelice principe fu fatto arrestare dal fratello, il giudice Mariano IV, e C. pre` in una situazione di totale caos. cipito ` anche dopo La sua decadenza continuo il termine della prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV. Gli anni che seguirono furono caratterizzati da una cre` nella sescente tensione, che sfocio conda guerra tra Mariano IV e Pietro IV. Il villaggio fu occupato dalle truppe

` complearborensi e nel 1376 si spopolo tamente.

Canassa Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Gerrei. Dopo lo smembramento del giudicato, nella divisione del 1258 C. fu compreso nei territori assegnati ai conti di Capraia che lo trasmisero al giudice d’Arborea. Il giudice Mariano ` II, entro la fine del secolo XIII, lo lascio al Comune di Pisa, che lo fece amministrare da suoi funzionari. Terminata la prima fase della conquista aragonese, ` a far parte del nel 1324 il villaggio entro Regnum Sardiniae, ma la sua popola` a mantenere un attegzione continuo giamento di potenziale ribellione e a rendere insicuro tutto il territorio; per questi motivi nel 1333 fu compreso nei territori concessi a Raimondo Zatrillas ´ pacificasse la zona. La situaperche ` continuo ` a essere precaria zione pero e, a causa delle guerre tra Mariano IV e Pietro IV, il villaggio decadde e si spo`. polo

Canavari, Mario Geologo e naturalista (Camerino 1855-Pisa 1928). Dopo aver conseguito la laurea in Matematica nel ` agli studi di geologia. Si 1879 si dedico ` in Germania nel 1881 e, torspecializzo nato in Italia, nel 1889 divenne profes` di sore di Geologia presso l’Universita ` tutta la vita, ricoPisa, dove insegno prendo la carica di direttore di istituto per quarant’anni e di direttore dei musei per venti. Nella sua vastissima pro` numerosi duzione scientifica dedico studi alla Sardegna, occupandosi in particolare dei fossili del territorio sulcitano. Tra i suoi scritti: Insetti del Carbonifero di San Lorenzo nel monte Pisano, 1892; Spirulirostrina Lovisatoi, nuovo genere e nuova specie di cefalopodo raccolta nel territorio di Sardegna, ‘‘Bollettino di malacologia italiana’’, XVI, 1892; Ostracodi siluriani in Sarde-

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Canavera ` Togna, ‘‘Processi verbali della Societa scana di scienze naturali’’, 1900; Fauna dei calcari nerastri con Cardiola e Orthoceras di Xea Sant’Antioco in Sardegna, ‘‘Paleontographia Italica’’, V, 1900.

Canavera, Giovanni Religioso (Iglesias 1535-Ales?, 1573). Vescovo di Ales e Terralba dal 1572 al 1573. Apparteneva all’ordine dei Minori conventuali; uomo ` , fu nominato di profonda spiritualita vescovo di Ales e Terralba nel 1572, ` poco dopo nel 1573. morı` pero

` Religioso (Iglesias, Canavera, Nicolo ` sec. XVI-Alghero 1611). Vescovo meta di Alghero dal 1604 al 1611. Era fratello di Giovanni. Attratto dalla vita contemplativa, si fece anche lui sacerdote e fu creato canonico della cattedrale di Ales. Nel 1604 fu nominato vescovo di Alghero da Clemente VIII.

Cancedda, Gabriele Pittore e ceramista (n. Gesico 1954). Allievo di Sigismondo Melis, ha esordito giovanissimo in una collettiva nel 1972. In seguito ha preso parte a numerose altre mostre in Italia e in alcune delle mag` del mondo raggiungendo nogiori citta ` considerato il ` internazionale. E torieta caposcuola della Variation Art: alcune delle sue opere figurano in importanti collezioni pubbliche.

Cancella Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria di Monreale. Sorgeva nelle vicinanze di ` nel corso Sardara. Il villaggio si spopolo del secolo XIV a causa della peste e delle operazioni militari.

Cancellus Antico villaggio di origini medioevali che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria di Nuraminis. Sorgeva nelle campagne di Nuraminis. Dopo la caduta del giudicato di Cagliari, nella divisione del 1258 fu compreso nei territori assegnati ai conti di Capraia che lo trasmi-

sero al giudice d’Arborea. Il giudice Mariano II, entro la fine del secolo XIII, lo ` al Comune di Pisa, che lo fece amlascio ministrare da suoi funzionari. Dopo la `a conquista aragonese, nel 1323 entro far parte del Regnum Sardiniae, ma nel 1324 fu concesso in feudo a Pietro di Montessono, che dopo il 1328 lo vendette a Neruccio di Pontiniano. Il rapporto dei suoi abitanti col nuovo feudatario fu difficile, ma essi continuarono a eleggere annualmente il loro majore e a conservare una parvenza di autonomia. Nel 1348 C. fu investito dalla peste e perse buona parte dei suoi abitanti; poco dopo, durante la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, il villaggio subı` altri danni; terminato il conflitto, tuttavia gli abitanti riuscirono a mandare i loro rappresentanti al Parlamento del `, il villaggio conti1355. In seguito, pero ` a decadere e dopo lo scoppio della nuo seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV i di Pontiniano non furono in grado di conservarne il possesso.

Canci, Antonio Archeologo (n. sec. XX). ` del rame, nel 1996 ha Studioso dell’Eta preso parte al XIII Convegno di Scienze preistoriche e protostoriche svoltosi a Forlı`, dove ha presentato una relazione, The copper age burial from Santa Caterina di Pittinuri, in The Workshops and Posters of the XIII International Congress of Prehistoric and Protohistoric Sciences, 1996.

Cancioffali Fantoccio che a Cagliari impersona il Carnevale e che nella solenne sfilata del Martedı` e del Giovedı` ` considerato il re della festa. A grasso e capo di un sontuoso corteo, detto Sa rantantira, nel quale sfilano carri allegorici e altre maschere tradizionali ` come Sa Panettera e S’arrigadella citta teri, percorre le strade principali al suono ritmato e assordante dei tamburi. Al termine della festa viene bruciato pubblicamente, come accade ai suoi si-

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Candelieri mili che sotto altro nome animano il Carnevale di altri centri della Sardegna.

Candala Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria ` del Barigadu. Probabilmente si spopolo dopo il 1376 in conseguenza della terri` la vita bile epidemia di peste che costo allo stesso giudice Mariano IV.

Candelarzu Tipo di pane cerimoniale dalla forma elaborata e guarnito, che un tempo veniva confezionato a Capodanno per solennizzare l’inizio dell’anno. Probabilmente si tratta del ricordo della strenna calendaria di San Girolamo; il pane veniva donato ai bambini che andavano di casa in casa a chiederlo cantando la cantilena Dademi su candelarzu. Per l’occasione spesso venivano donate loro anche mandorle e fichi secchi.

Candelau Dolce tipico del Campidano ` antiche tradi Cagliari. Legato alle piu ` costituito da una scodellina di dizioni, e pasta morbida e finemente lavorata, riempita di pasta di mandorle e zucchero aromatizzato con acqua di fiori d’arancio e scorza di limone, decorato con glassa.

Candelieri Processione che si svolge a Sassari alla vigilia della festa dell’Assunta, il 14 agosto. Ha origini antichissime e si festeggiava nella chiesa di Santa Maria di Betlem dove per otto giorni la statua dell’Assunta, calzata d’argento, veniva esposta sopra un letto attorniato da grossi ceri, pronta per il transito in cielo (la cosiddetta Dormitio Virginis, che si vuole derivata da costumanze culturali bizantine). All’ottavo giorno, alla presenza dei ` e di una gran consiglieri della citta massa di popolo festante, entravano nella chiesa otto c. e dodici personaggi che rappresentavano i dodici apostoli.

Candelieri – Ogni corporazione ha il suo candeliere, dietro al quale sfilano con grande ` i membri nei loro costumi solennita spagnoleschi, con spadino e cappa, o di foggia ottocentesca.

Dopo la cerimonia religiosa i c. sfila` . I c., detti anvano nelle vie della citta che ‘‘colunna incoronada’’, hanno sostanzialmente mantenuto nel tempo la loro struttura di legno, alta sui 3 m; sono costituiti da tre parti: la base, il fusto cilindrico e il capitello superiore decorato cui si attaccano i nastri; i nastri, di seta, lunghi 7-8 m, sono tenuti tirati da bambini, in modo che il sole, battendovi sopra, li faccia brillare al vento; i c. sono portati a spalle o a braccia da portatori, vestiti con camicie diversamente colorate a seconda del Gremio: compito dei ` anche di farli ‘‘ballare’’, agiportatori e tandoli al ritmo di brevi, veloci girotondi accompagnati dal suono del piffero e del tamburo. «Li candareri so baddariani», scrive in un suo verso il maggiore poeta sassarese del Novecento, Salvator Ruiu: per tradizione, infatti, `e ` ‘‘ballerino’’ il candeliere, quanto piu ` sara ` propizia l’annata agraria tanto piu ` . Ogni Gremio – cioe ` ognuna che verra delle antiche corporazioni di arti e mestieri che hanno diritto a sfilare in processione e a sciogliere il voto all’Assunta, fatto alcuni secoli fa in data incerta – ha il suo candeliere: dietro al ` i quale sfilano con grande solennita componenti del Gremio nei loro costumi d’origine spagnolesca, caratteri-

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Candelieri stici con spadino e cappa, o di foggia ottocentesca.

Candelieri – Non solo Sassari celebra la vigilia dell’Assunta (14 agosto) con la processione dei Candelieri, ma anche Ploaghe e (qui nella foto) Nulvi.

` rimasto L’itinerario della processione e immutato nel tempo; dalla chiesa del Rosario e da piazza Castello (lu Pianu di Casteddu) sfilano ondeggianti tra la folla scendendo lungo il corso Vittorio Emanuele: di qui il nome di ‘‘Faradda’’ ` ‘‘discesa’’ che viene dato a tutta la cioe manifestazione. Arrivati all’antico Palazzo civico i rappresentanti del Gre` prestigioso, quello dei Massai mio piu (i proprietari contadini), ricevono la bandiera dal sindaco, che brinda con ` queloro e si unisce alla processione. E `, sto un momento di grande intensita ´ dal comportamento della folla perche ` del sindaco (ansi valuta la popolarita che se in anni recenti le manifestazioni

non sono apparse del tutto spontanee). Inizia cosı` la discesa dei c. lungo la parte finale del corso fino a Porta Sant’Antonio e poi alla chiesa di Santa Ma` la Madonna giaria di Betlem, dove e cente. Prima di entrare nella chiesa i c. si schierano nello spiazzo sottoponendosi a un altro rapido rituale, in cui dalla folla (in genere giovani e ragazzi) vengono strappati i lunghi nastri di seta variopinti (detti betti) che scendono dagli alti capitelli. Quindi i c. entrano in chiesa secondo un ordine prestabilito disponendosi attorno alla statua, rendendo omaggio, con un inchino, all’arcivescovo e al clero. Dopo la cerimonia i rappresentanti del Gremio dei Massai accompagnano il sindaco e i consiglieri in Comune, dove tra brindisi e rinfreschi la celebrazione continua. La tradizione, che si rinnova tutti gli anni, ha ` legata allo origini antichissime, ed e scioglimento di un voto fatto in occasione dell’improvvisa cessazione di una peste, probabilmente nel secolo ` da escludere che i XVI, anche se non e ` antica: c. abbiano un’origine ancora piu ` stato notato, infatti, che una cerimoe nia simile, anch’essa in onore dell’Assunta, si svolgeva a Pisa ed esisteva a ` ‘‘pisana’’ per eccellenza. Iglesias, citta La cerimonia cosı` come si presenta oggi sarebbe frutto non solo di una evoluzione del rito attraverso il tempo, ma anche di un rinnovamento connesso al voto o a una sua iterazione (dal secolo XVI al XVII, gli anni delle grandi epidemie di peste nell’isola). La festa dei c. si effettua per l’Assunta anche a Ploaghe e ` diverse e con tre a Nulvi con modalita ` sono di foggia diversa e soli c. (che pero di maggior mole). Da non molti anni la celebrazione ha ripreso anche a Igle` detto, nel Medioevo sias dove, come si e si svolgeva una festa di origini pisane incentrata sui grandi candeli decorati.

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Canelles

Candelieri – La ‘‘discesa’’ si conclude a notte fonda, quando i grandi ceri arrivano alle porte della chiesa di Santa Maria di Betlem.

Candiazzus Miniera di piombo e zinco nelle campagne di Fluminimaggiore. Il suo sfruttamento ebbe inizio nella se` dell’Ottocento, ma solo agli conda meta inizi del Novecento l’impianto si svi` in maniera razionale e moderna. luppo Furono costruiti importanti edifici e negli anni Trenta furono aperti nuovi cantieri che sembrarono far decollare ` pero ` di un fuoco la produzione. Si tratto ` in crisi e gli impianti di paglia: C. entro furono chiusi. Negli anni Ottanta del Novecento una momentanea ripresa fece sperare inutilmente in un rilancio.

Canelles Famiglia catalana (sec. XIVesistente). Trapiantata a Cagliari nel 1326, quando appare compresa nel novero dei popolatori del castello dopo la definitiva cacciata dei Pisani. Per quanto nel secolo XVII qualcuno avesse ipotizzato la discendenza della famiglia ` i C. erano dai conti di Tolosa, in realta mercanti, che si occupavano in particolare del commercio del grano. Col tempo essi estesero la rete dei loro affari in diversi centri dell’isola e in particolare da Cagliari, dove un Giacomo e un Pietro avevano ottenuto delle case di notevole valore in via dell’Elefante, e un Guglielmo nella contigua via della Fontana, si spostarono anche a Iglesias, dove un ramo della famiglia si stabilı`.

Pietro fu saggiatore della zecca di Iglesias e morı` nel 1336; Guglielmo, che en` in possesso della casa, potrebbe estro sere suo figlio e fratello di un altro Pietro. I due sono personaggi ben cono` grossi esportasciuti, figurano tra i piu tori di grano di Cagliari nella seconda ` del secolo XIV. Guglielmo fu conmeta ` nel 1371; da lui prosigliere della citta babilmente discese un altro Guglielmo che, dopo essere stato anche lui consigliere di Cagliari, nel 1397 fu eletto consigliere capo. Un altro Guglielmo fu consigliere nel 1427 e un Giuliano lo fu nel 1436; negli stessi anni un ramo della ` a risiedere a Iglesias, famiglia continuo ` dove si estinse nel secolo XVII. A meta del Quattrocento un Pietro, probabilmente fratello di Giuliano, fu personaggio di notevole rilievo nella vita della ` ; nel 1476 acquisto ` dai Bellit il citta feudo di Monastir e nel 1477 ottenne il ` . Furiconoscimento della generosita ` , che si stabilı` a rono suoi figli Nicolo ` la sua discendenza Iglesias dove pero si estinse alla fine del Cinquecento, e Giovanni, valoroso uomo d’armi che ` il ramo attuale della famiglia. continuo Suo nipote Giovanni Battista nel 1630 ottenne il cavalierato ereditario e la no` , ma non si preoccupo ` di chiedere bilta l’exequatur dei privilegi concessi. I suoi discendenti continuarono a vivere a Cagliari ricoprendo uffici pubblici di ` qualche rilievo, ma nella seconda meta del secolo XVIII, quando viveva un Antonio Giuseppe, avvocato fiscale e regidor del marchesato di Valdecalzana, le condizioni economiche della famiglia non erano molto floride. Egli ebbe tre figli, Cosimo, Luigi e Carlo: tutti e tre ebbero discendenza; quella di Luigi si estinse alla fine del secolo XIX; quella di Cosimo, vicario reale di Cagliari, si ` il capoestinse nel 1833; Carlo, infine, e stipite dei Canelles attuali, che conti-

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Canelles nuano le tradizioni della famiglia a Cagliari.

Canelles, Cosimo I Gentiluomo (Cagliari, sec. XVIII-?, inizi sec. XIX). Dopo aver conseguito la laurea in Legge ricoperse diversi uffici pubblici. Fu vicario reale di Cagliari e nel 1792 prese ` contro il tenparte alla difesa della citta tativo di sbarco dei francesi. Nel 1798 fu nominato giudice della Reale Udienza e nel 1812 ottenne la conferma dei privilegi nobiliari per la famiglia.

della vita quotidiana: Su Majolu; Sa littorina; Sa cagara; Is poetas de Sardigna; S’erari de coberri; Su don de is preris sardus; Is tempus de oi; Profanazioni; A sa Bischera de Ponti; Su prangiu in cunventu; Su paneri; A Giorgiu Lai; S’aria ’e continenti; Sordaus, avieris e marineris; Sa pisciara; Ciccia Paglietti; Su callu sardu; A Tulliu; Su para cappuccinu; Su surcu; Diffamazioni; Sa commenda; Cantoris sardus; Sant’Efis; Canzonedda.

Canelles, Cosimo II Pittore (Cagliari 1930-ivi 2007). Autodidatta, esordı` con una mostra agli ‘‘Amici del Libro’’ a Cagliari nel 1959; negli anni successivi svi` in particolare la tecnica del colluppo lage raggiungendo risultati sorprendenti per fantasia e insieme per ele` anche in piccole sculganza. Si cimento ture in argento e oro e in fascinosi acquerelli su Cagliari.

Canelles, Gaetano Giurista e poeta (Cagliari 1876-ivi 1942). Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza en` nella carriera della magistratura tro che percorse brillantemente, ottenendo unanimi apprezzamenti. Dotato di una notevole vena poetica scrisse ` sopratpoesie in italiano ma si segnalo tutto per quelle in dialetto cagliaritano. I suoi versi sardi, famosi per la loro eleganza borghese e per gli argomenti sca` affrontava con ironia brosi che egli pero e spigliata disinvoltura, lo resero famoso tra i concittadini. Purtroppo di essi rimangono solo una trentina di sonetti e altre composizioni. Dei versi in italiano si ricordano: Epitalamio regale, quartine, ‘‘Mediterranea’’, IV, 1, 1930; Publio Virgilio Marone, quartine, ‘‘Mediterranea’’, IV, 4, 1930; Sardegna, quartine, ‘‘Mediterranea’’, IV, 12, 1930. Dei testi superstiti in cagliaritano, destinati a una circolazione orale affidata alla memoria e alla nostalgia, si ricordano i titoli, quasi tutti legati alle abitudini

Giovanni Canelles – Uomo d’armi vissuto nel ´ nelle guerre europee di Cinquecento, combatte Carlo V.

Canelles, Giovanni Gentiluomo cagliaritano (sec. XVI). Vissuto nel Cinque` nell’esercito cento, uomo d’armi, entro di Carlo V combattendo per l’imperatore in Germania e in Francia. Nel 1530 ottenne il privilegio di poter inquartare sul suo stemma l’aquila imperiale.

Canelles, Guglielmo Mercante cagliaritano (sec. XIV). Fu uno dei maggiori

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Canepa esportatori di grano del suo tempo; nel 1366 ebbe i feudi di Mogor e Simbilia nel Campidano di Cagliari, ma non riuscı` a entrarne in possesso a causa della guerra tra Arborea e Aragona. Nel 1371 fu eletto consigliere di Cagliari.

Canelles, Pietro Gentiluomo cagliaritano (sec. XV). Personaggio di grande rilievo politico, nel 1476 e nel 1479, ` di quando Ferdinando il Cattolico tento ` , fu inlimitare l’autonomia delle citta viato a corte come sindaco straordinario per difendere i privilegi di cui Ca` dai Belgliari godeva. Nel 1476 acquisto ` dopo lit il feudo di Monastir, che pero poco tempo rese loro. Nel 1477 ottenne `. il riconoscimemto della generosita

Canelles Ferrari Famiglia di Iglesias (secc. XVII-XVIII). Originaria di Alassio, le sue notizie risalgono al secolo XVII. Nel 1683 un Giovanni Maria Ferrari, figlio di una Canelles, ottenne il cavalierato ereditario e fu autorizzato a usare il cognome della madre. Nel 1688 fu ammesso allo Stamento militare durante il parlamento Monteleone. La famiglia si estinse nel secolo XVIII.

Canepa, Emanuele Avvocato, giornali-

` Canelles – Un’edizione del 1574. Nel Nicolo ` Canelles fondo ` la prima tipografia 1566 Nicolo sarda, facendola dirigere a Vincenzo `. Sembenino di Salo

` Religioso (Iglesias, Canelles, Nicolo inizi sec. XVI-Bosa 1586). Vescovo di Bosa dal 1577 al 1586. Attirato dalla vita religiosa e dagli studi, fu ordinato sacerdote e nominato canonico del Duomo di Cagliari, e poco dopo vicario ` la prima ticapitolare. Nel 1566 fondo pografia sarda, facendola dirigere da ` . Nel 1577 Vincenzo Sembenino di Salo fu nominato vescovo di Bosa. Resse la diocesi con notevole impegno, cercando di risollevare le condizioni del clero.

sta e letterato (Cagliari 1861-ivi 1898). Discendente da una famiglia di origine ` la ligure, laureatosi in Legge, esercito professione di avvocato. Di idee mazzi` a diversi giornali e nel niane, collaboro ` e diresse a Cagliari il perio1880 fondo dico ‘‘La maschera’’; scrisse inoltre alcune poesie apprezzate. Dopo la morte di Garibaldi impazzı` e nel 1898 morı` ancor giovane a soli 37 anni. Tra i suoi scritti: A Efisio Tola 13 giugno 1833, 1887; Due monumenti di Giuseppe Manno e di Giovanni Maria Angioy, ‘‘Vita sarda’’, 11, 1892.

Canepa, Filippo Giornalista (Cagliari 1861-ivi 1919). Apparteneva alla stessa famiglia di Emanuele. Anche lui era un fervente mazziniano e nel 1889 divenne direttore della ‘‘Giovine Sardegna’’. ` nel contempo ad altri giorCollaboro nali e scrisse delicate poesie; nel 1891 ` , con altri intellettuali, il periofondo dico culturale ‘‘Vita sarda’’, che uscı` fino al 1893. Tra i suoi scritti: Poesie sarde, ‘‘La Stella di Sardegna’’, X, 1886;

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Canepa Le terme di Sardara, ‘‘Vita sarda’’, 1, 1890; Secolo d’oro e secolo di bronzo della colonizzazione in Sardegna. Spigolature per una monografia completa sull’argomento, ‘‘Vita sarda’’, 6-7, 11-12, 1891; Feste cagliaritane, supplemento a Le cento ` d’Italia, 1891; Il giornalismo in Sarcitta degna 1777-1848, ‘‘Vita sarda’’, II, 6-9-1113, 1892; Il giornalismo in Sardegna 1848-1870, ‘‘Vita sarda’’, III, 2, 1893; Muttettus popularis, ‘‘Vita sarda’’, III, 1893.

Luca Canepa – Vescovo di Nuoro dal 1903 al ` al 1922, fu anche studioso di storia e partecipo dibattito culturale sui periodici del suo tempo.

Canepa, Luca Religioso (Cagliari 1853Nuoro 1922). Vescovo di Nuoro dal 1903 al 1922. Fratello di Emanuele, divenuto ` a studi di carattere sacerdote si dedico storico e diresse numerosi periodici ecclesiastici. Canonico e vicario generale della diocesi di Cagliari, nel 1903 fu nominato vescovo di Nuoro e resse la diocesi con grande impegno. Tra i suoi scritti: Elogio funebre di mons. fra Pietro Balestra, arcivesc. di Cagliari, recitato nei solenni funebri di trigesima celebrati nella Primaziale di Cagliari il 4 giugno

1912, 1912; Lettera pastorale sull’emigrazione, 1915; Raccolta di Lettere pastorali, 1917; Il corpo di San Lucifero martire romano (manoscritto, conservato nella Biblioteca Universitaria di Cagliari).

Canepa, Luigi Musicista (Sassari 1849ivi 1914). Nato in una famiglia di origine ` una precocissima vogenovese, rivelo ` cazione per la musica. Dapprima studio il flauto, quindi rifinı` la sua preparazione a Napoli dove fu allievo del Mercadante; nel 1867, a 18 anni, interruppe gli studi per accorrere nelle file dei garibaldini che tentavano di invadere lo Stato Pontificio, e prese parte alla battaglia di Mentana. Successivamente si trasferı` a Milano per completare i suoi studi e fu allievo di Lauro Rossi. Tornato in Sardegna si stabilı` a Sassari. Fu autore di alcune bellissime romanze e ` qualnel 1868 dell’Aroldo che gli frutto ` . Ma le opere che gli dieche notorieta ` nazionale furono il Dadero notorieta vid Rizio, scritta nel 1869 su libretto di Enrico Costa, rappresentata al Carcano di Milano nel 1872, e I pezzenti, sul libretto di Fulvio Fulgorio tratto dal dramma di Felice Cavallotti: rappresentato nel 1874 alla Scala, gli aprı` le ` prestigiosi teaporte di alcuni tra i piu tri d’Italia. Nel 1879 scrisse il Riccardo III, rappresentato anch’esso nel milanese Carcano, che riscosse un enorme successo: con questa opera fu inaugurato il Politeama sassarese il 18 dicembre 1884. Quando si apprestava a consolidare la sua fama, purtroppo una grave ` le energie costringenmalattia ne mino dolo a ritirarsi a Sassari, dove compose ` per dieci anni molte romanze. Insegno nell’Istituto musicale.

Canepa, Maurizia Archeologa (n. Cagliari 1954). Conseguita la laurea, ha vinto il concorso per le Soprintendenze. Attualmente lavora presso la Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano. I suoi interessi si

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Canestri sono indirizzati allo studio del periodo punico; tra i suoi scritti: I gioielli della collezione Spano nel Museo archeologico nazionale di Cagliari, in Contributi su Giovanni Spano 1803-1878, 1978; La tomba dell’ureo nella necropoli di Tuvixeddu, ‘‘Dialoghi di Archeologia’’, III, 112, 1983; La necropoli punica: le oreficerie, in Nora. Recenti studi e scoperte, 1985.

Canepa, Pio Scrittore (Cagliari 1908-?, ` sec. XX). Dopo essersi seconda meta ` nel laureato in Giurisprudenza entro Ministero dell’Interno. Durante la sua brillante carriera, fu anche funzionario della presidenza del Consiglio dei ministri. Acuto studioso di storia del diritto, ha lasciato alcuni pregevoli studi, come Il notariato in Sardegna, ‘‘Studi sardi’’, II, 2, 1936; Precedenti storici dei diritti d’autore e un real privilegio in favore di un sassarese, ‘‘Sardegna’’, XVI, 2, 1938.

‘‘Mediterranea’’, II, 3, 1928; I ribelli della Corsica e il Regno sardo, ‘‘Archivio storico di Corsica’’, IV, 1928; Ideali ` d’indipendenza e riverberi d’italianita in Sardegna durante la dominazione spagnola, ‘‘Mediterranea’’, III, 3, 1929; ` di Cagliari, ‘‘Studium’’, L’Universita XXVIII, 1932; La bolla In Coena Do´ mini del 1567 in un memoriale del vicere spagnolo in Sardegna, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXIX, 1964; Il carteggio inedito di un celebre cardinale sardo, ‘‘Frontiera’’, III, 6, 1970; Uomini e cose di Sardegna nel carteggio del cardinale Amat, ‘‘Frontiera’’, IV, 4, 1971; Riflessioni sopra un piano bellico del XVI secolo per abbattere la Turchia, ‘‘Frontiera’’, IX, 1976.

Canepa Porcu, Mario Notaio, scrittore ` sec. (Cagliari 1895-?, seconda meta XX). Nipote di Emanuele, laureatosi ` alla professione di in Legge, si dedico notaio. Uomo di grande cultura e di in` anche di poegegno vivace, si occupo sia popolare e di storia della letteratura sarda. Di lui rimangono un noto saggio Sulla poesia popolare e classica sarda pubblicato in ‘‘Italia. Rivista di storia e letteratura’’, V, 4-5, 1916, e numerosi articoli su questioni di storia ecclesiastica pubblicati in diverse riviste. Tra questi: Le Costituciones del` di Cagliari, 1925; La Sardel’Universita gna sotto la dominazione sabauda, in L’isola fedele al suo re, 1926; Ultime vicende napoleoniche in alcuni dispacci ufficiali, ‘‘Archivio storico sardo’’, ` dei benefici in XVI, 1926; La civicita Sardegna ed una carta reale a favore di un corso, 1927; I concili nazionali sardi, in ‘‘Rivista di Diritto ecclesiastico’’, 1927; Stato e Chiesa in Sardegna negli albori della dominazione sabauda,

Giovanni Canestri – Arcivescovo di Cagliari dal 1984, nel 1987 fu trasferito alla sede di Genova. Nel frattempo era stato nominato cardinale.

Canestri, Giovanni Religioso (n. Castelspina 1918). Arcivescovo di Cagliari dal 1984 al 1987. Cardinale sacer-

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Canhain dote a Roma nel 1941, vescovo ausiliario di Roma nel 1961, vescovo di Tortona nel 1977, divenne arcivescovo di Cagliari nel 1984 (durante il suo episcopato ricevette a Cagliari la visita di Giovanni Paolo II, nel 1985), quindi fu trasferito a Genova. Nominato cardinale nel 1988, nel 1986 aveva progettato con l’arcivescovo di Sassari Salva` quel concilio plenario sardo tore Isgro che fu poi celebrato a partire dal 1992. ` , riNel 1995, raggiunti i limiti dı` eta ` alla carica. Vive a Roma. nuncio

Canhain, curatoria di Curatoria situata nella parte centrale del giudicato di Gallura. Si stendeva su un territorio prevalentemente montagnoso e senza sbocco al mare; comprendeva alcuni piccoli villaggi: Agiana, Canhain, Canaran e Civillione. Era abitata da pastori fieri e gelosi della propria indipendenza. Dopo l’estinzione della dinastia dei Visconti il territorio venne amministrato direttamente dal Comune di Pisa con suoi funzionari; sostanzialmente mantenne i suoi antichi privilegi e i suoi villaggi continuarono a eleggere annualmente il majore e i consiglieri che li coadiuvavano. Dopo la conquista ` a far parte del aragonese, nel 1323 entro Regnum Sardiniae. Il suo possesso fu in parte riconosciuto ai Catoni e da questi ` ai Doria, la restante parte fu dipasso visa in tre piccoli feudi concessi a gentiluomini catalani: in particolare Canhain a Pietro Lambert, Canaran a Raimondo Montpavon e Civillione a Pietro ` contiTorrents; la sua popolazione pero ` a mantenere un atteggiamento di nuo potenziale ribellione nei confronti dei nuovi venuti. Scoppiata la guerra tra Genova e Aragona, dal 1332 la c. di C. divenne teatro delle operazioni militari e subı` gravi danni spopolandosi parzialmente. Subı` altri danni quando nel 1347 i Doria si ribellarono per la seconda volta; il territorio allora fu concesso a

´ lo pacifiGiovanni d’Arborea perche ` , l’infelice princasse; poco dopo, pero cipe fu arrestato dal fratello, il giudice Mariano IV, e la c. di C. cadde in una situazione di totale caos. La sua deca` , e quando ebbe termine denza continuo la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, sebbene fosse stato assegnato per cinquant’anni al giudice d’Arborea, nel ` almeno formalmente a Gio1354 torno vanni d’Arborea. Scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV il territorio fu occupato nuovamente dalle truppe giudicali e inutilmente gli eredi dello sfortunato Giovanni, cui il re lo aveva riconosciuto, ne rivendicarono il possesso. Con la pace del 1388 la curatoria sarebbe dovuta tornare in possesso ` del re, ma quando nel 1391 le ostilita ripresero fu nuovamente occupata dalle truppe giudicali che ne conservarono il possesso fino alla battaglia di Sanluri nel 1409. Caduto il giudicato, il territorio fu occupato dal visconte di Narbona, e quando questi nel 1420 ri` ai suoi diritti il re preferı` infeununcio dare il territorio a Rambaldo Corbera. Questi dopo alcuni anni se ne disfece e la c. di C. fu finalmente riconosciuao ai Carroz come discendenti di Giovanni d’Arborea, e inclusa nel loro patrimonio feudale.

Canhain, villaggio Abitato di origine medioevale, faceva parte del giudicato di Gallura, compreso nell’omonima curatoria della quale era il capoluogo. Sorgeva non lontano da Luras in loca` Canaili. All’estinzione della dinalita stia dei Visconti il villaggio venne amministrato direttamente dal Comune di Pisa con suoi funzionari; sostanzialmente mantenne i suoi antichi privilegi ` a eleggere annualmente il e continuo majore e i suoi consiglieri. Dopo la con` a far quista aragonese, nel 1323 entro parte del Regnum Sardiniae, ma la sua ` a mantenere un popolazione continuo

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Cani atteggiamento di potenziale ribellione nei confronti dei nuovi venuti. Nel 1324 fu concesso in feudo a Pietro Lambert, ma, scoppiata la guerra tra Genova e Aragona, dal 1332 divenne teatro delle operazioni militari e subı` gravi danni spopolandosi parzialmente. Cosı` nel 1334 il Lambert vendette il villaggio a ` Giacomo Carroz. La situazione pero ` , e C., a causa del protrarsi non cambio della guerra tra Doria e Aragona, subı` altri danni quando nel 1347 i Doria si ribellarono per la seconda volta. Il villaggio allora fu concesso a Giovanni ´ lo pacificasse; poco d’Arborea perche ` l’infelice principe fu arredopo pero stato dal fratello, il giudice Mariano IV, e C. rimase in una situazione di totale `, e caos. La sua decadenza continuo quando ebbe termine la prima guerra tra Mariano IVe Pietro IV, sebbene fosse stato assegnato per cinquant’anni al giudice d’Arborea, nel 1354 il re preferı` infeudare il villaggio a Guglielmo Pujalt, che morı` nel 1358. I suoi eredi preferirono rendere il villaggio al fisco che nel 1362 ne investı` Bernando Comelles. Gli anni che seguirono furono caratterizzati da una crescente tensione che ` nella seconda guerra tra Mariano sfocio IV e Pietro IV; il villaggio fu occupato dalle truppe arborensi e nel 1376 si spo` completamente. polo

Cani (o Incani) Famiglia di Iglesias (secc. XVI-XIX). Compare nel secolo XVI imparentata con nobili famiglie e in considerevole posizione per gli uffici pubblici che i suoi membri ricoprivano. Nel corso del Cinquecento si divise in due rami: uno si stabilı` a Cagliari, l’al` a risiedere a Iglesias. Il tro continuo ramo cagliaritano fu iniziato dal dottor Michelangelo, avvocato fiscale che si ` con gli Aymerich. I suoi figli imparento nel 1599 ottennero il cavalierato eredi` e furono ammessi allo tario e la nobilta Stamento militare nel 1624 durante il

parlamento Vivas. Questo ramo si ` del secolo estinse nella seconda meta ` a riXVII. Anche il ramo che continuo ` la posizione siedere a Iglesias conservo ` cittadina fino al sein seno alla societa colo XVIII, quando si trasferı` a Cagliari con un dottor Antonio avvocato patrimoniale. Egli nel 1736 ottenne il cava`; suo figlio lierato ereditario e la nobilta Saturnino ottenne il titolo di conte dell’Isola Maggiore. Nel corso del secolo XIX le condizioni economiche della famiglia decaddero.

Cani – Arma. Famiglia nobile dal 1599, alla ` del Settecento uno dei suoi membri fu meta conte dell’Isola Maggiore.

Cani, Antonio Funzionario dell’amministrazione reale (Iglesias, seconda ` sec. XVII-?, sec. XVIII). Laureameta ` nella magistratura tosi in Legge, entro percorrendo una brillante carriera. Nel 1711 fu nominato avvocato fiscale del Regno e nel 1721 avvocato patrimoniale. Nel 1736 ottenne il riconoscimento del cavalierato ereditario e la `. nobilta

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Cani

Cani, Michelangelo Giureconsulto

Canistros Pani cerimoniali che un

` sec. XVI-Cagliari (Iglesias, prima meta 1587). Conseguita la laurea in Legge, si fece notare per la profonda prepara` zione e si trasferı` a Cagliari, dove sposo una Aymerich. Nel 1577 fu nominato uditore della Reale Udienza.

tempo si usavano nel Logudoro per le grandi occasioni come le nozze o la consacrazione di un sacerdote. Si trattava di pani di semola confezionati secondo le procedure usate per il coccoi (=) che venivano plasmati con eleganti forme di fiori e di uccelli la cui elaborazione ` e dalla fantasia dipendeva dall’abilita delle panificatrici.

` Religioso (Iglesias 1675Cani, Nicolo Bosa 1737). Vescovo di Bosa dal 1721 al 1737. Entrato nell’ordine domenicano, ebbe fama di grande oratore e di valente teologo. Dopo aver insegnato per anni ed essere stato per due volte provinciale del suo ordine, nel 1721 fu nominato vescovo di Bosa. Nel 1729 con` un sinodo diocesano di cui ci rivoco mangono gli atti.

Cani, Saturnino Ignazio Funzionario ` sec. (Iglesias, fine sec. XVII-?, meta XVIII). Figlio di Antonio, dopo la laurea ` nell’amministrazione in Legge entro piemontese e nel 1723 ottenne l’ufficio di avvocato fiscale patrimoniale al posto di suo padre. A chiusura della sua lunga carriera ebbe in feudo alcuni territori spopolati del Campidano di Oristano per bonificarli e popolarli e il titolo di conte dell’Isola Maggiore. Morı` a Cagliari pochi mesi dopo senza discendenza.

Caniga Villaggio che sorge lungo la ` situato a strada da Sassari a Usini. E 121 m sul livello del mare a poca di` frazione. Di stanza da Sassari, di cui e ` recente formazione, la sua crescita e dovuta al forte aumento demografico di Sassari e ai problemi abitativi creati dall’immigrazione del secondo dopoguerra. ` abitata in territorio di Canis, Is Localita ` della frazione di Santadi in prossimita ` sviluppata nella seconda Terresoli. Si e ` dell’Ottocento da un medau, meta quando questo divenne rifugio stabile dei pastori che frequentavano il territorio.

Canna Pianta erbacea della famiglia delle Graminacee (Arundo donax L.). Provvista di un apparato rizomatoso molto sviluppato (i rizomi sono fusti sotterranei da cui nascono nuove piante), con foglie parallelinervie lunghe e avvolte sui fusti (scient. culmi); i fiori formano una pannocchia allungata, che svetta sulla pianta per tutta l’estate e parte dell’autunno. Cresce spontanea su terreni umidi: la sua facile diffusione e la crescita veloce ne fanno un ottimo frangivento per orti e coltivi. In Sardegna i suoi fusti cavi sono sempre stati utilizzati per costruire strumenti ` semplici come il pifmusicali, dai piu ` complessi fero (su solittu), a quelli piu come le launeddas: tipiche della Sardegna meridionale, sono formate da tre canne di diversa lunghezza e timbro; il loro suono somiglia a quello delle cor` costituita namuse, ma la sacca d’aria e dalle guance del suonatore. Le canne venivano usate anche per ricoprire internamente i tetti, con incannicciato, s’incannizzau, poggiato su travi di ginepro. La membrana interna che si trova in corrispondenza delle divisioni del fusto veniva usata come emostatico. Si` la mile alla c., con cui divide l’habitat, e cannuccia (Phragmites australis Adanson), di dimensioni inferiori e foglie ` corte e sottili; l’infiorescenza e ` latepiu rale, con sfumature violacee, e fiorisce per tutta l’estate. Tipica delle sponde delle zone umide, vi nidificano molte delle specie di uccelli tipici di questi

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Cannas ´ brina, ecosistemi. Nomi sardi: canna a ` ni (Sardegna settentrionale); cannixo canna arista (gallurese); cannı´ttu (logudorese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cannadonica Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Sigerro. Sorgeva non molto lontano da Iglesias. Dopo la caduta del giudicato, nella divisione del ` a far parte dei territori asse1258 entro gnati ai Della Gherardesca, i quali pochi anni dopo procedettero a una nuova ` al ramo del divisione tra loro. C. tocco ` ne perdette la conte Ugolino, che pero ` alla fine del secolo XIII al disponibilita termine della guerra combattuta dai figli del conte contro il Comune di Pisa. Il Comune lo fece allora governare da suoi funzionari, ma il villaggio si spo` rapidamente e scomparve. polo

mente alla seconda guerra mondiale, nel corso della quale fu fatto prigio` come diriniero. Nel dopoguerra entro gente nell’amministrazione regionale, raggiungendo il grado di ispettore generale. Letterato di notevole livello, ha collaborato stabilmente alla rivista ‘‘S’Ischiglia’’ e ha ottenuto alcuni premi ` morto a Cagliari ` di Ozieri’’. E al ‘‘Citta nella primavera del 2005. Tra i suoi scritti: Le bianche colline di Karel, 1972; Poesia comenti accrescimentu, ‘‘S’Ischiglia’’, IV, 1, 1983; Ischissius casteddaius, ‘‘S’Ischiglia’’, V, 11, 1984; Ditelo in sardo. Tira sa perda e acua sa manu, ‘‘L’Unione sarda’’, 1984; Disterru in terra, 1994.

Cannas, Dino Giornalista (Oristano, ` sec. XX). Di fine sec. XIX-?, prima meta ` al idee repubblicane, nel 1905 collaboro giornale ‘‘Il Paese’’ fondato da Umberto Cao e fu tra i protagonisti della polemica che il quotidiano ebbe con ‘‘L’Unione sarda’’. Trasferitosi a Sassari, nel 1909 diresse la rivista politicoletteraria ‘‘Sardegna giovane’’, periodico che ebbe il merito di avviare il dibattito sul decentramento amministra` anche tivo. Successivamente collaboro a ‘‘Sardegna’’, la rivista di Attilio Deffenu. Tra i suoi scritti: Vicende storiche di Oristano nei documenti del suo archivio comunale, ‘‘Bullettino bibliografico sardo’’, IV, 1905; L’arte sarda moderna, ‘‘L’epoca’’, 1908.

Cannas, Faustino Clinico, deputato al

Aquilino Cannas – Autore di numerose poesie in italiano e in dialetto meridionale, ha dedicato una raccolta di liriche alla natia Cagliari.

Cannas, Aquilino Funzionario, lette` rato (Cagliari 1914-ivi 2005). Si dedico alla carriera militare e nel 1936 prese parte alla guerra d’Africa e successiva-

Parlamento subalpino (Iglesias 1802Cagliari 1888). Dopo la laurea si perfe` a Pavia studiando il colera, cosı` ziono ` che durante l’epidemia che si sviluppo nel Veneto e in Liguria ebbe modo di porre in evidenza le sue conoscenze e ` . Tornato in Sarle sue grandi capacita degna divenne professore presso l’Uni` di Cagliari e si dedico ` alla libera versita professione. Nel 1849 fu eletto deputato per la II legislatura subalpina e ricon` fermato per la III. In seguito non piu

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Cannas riconfermato, riprese i suoi studi e l’at` professionale; non cesso ` pero ` di tivita prendere parte alla vita politica, infatti fu eletto consigliere nella provincia di Iglesias tra il 1849 e il 1852. Quando nel ` l’epidemia di colera in 1855 scoppio ` con grande dediSardegna, si impegno zione a fronteggiare il diffondersi del ` la rivista ‘‘Sardemale. Nel 1863 fondo gna Medica’’ e tra il 1870 e il 1876 fu pre` di Medicina di Caside della Facolta ` l’Istrugliari. Il suo scritto principale e zione sulla cura preventiva del Colera, pubblicato a Cagliari nel 1863.

Cannas, Maria Cristina Storica dell’arte (n. sec. XX). Laureata in Lettere, lavora presso la Soprintendenza ai Beni culturali di Cagliari. Studiosa della pittura medioevale in Sardegna, ` interessata del restauro denel 1992 si e gli affreschi di San Pantaleo a Dolianova. Negli anni seguenti ha approfondito lo studio della pittura rupestre. Tra i suoi scritti: Decorazioni scultoree nelle chiese cistercensi della Sardegna, in I Cistercensi in Sardegna, 1990; L’affresco dell’arbor vitae nell’ex cattedrale di San Pantaleo in Dolianova: una lettura iconologica, ‘‘Biblioteca francescana sarda’’, IV, 1990; Alcuni aspetti della decorazione scultorea dell’ex cattedrale di San Pantaleo in Dolianova: il busto del Giudice d’Arborea Mariano II de Bas Serra, ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, 16, 1991; L’affresco dell’arbor vitae nell’ex cattedrale di San Pantaleo in Dolianova (con L. Siddi ed E. Borghi), 1994; Gli affreschi del semicilindro absidale Maiestas domini; Gli affreschi dell’arcata absidale; Thriumpho de los santos, schede in Gli affreschi absidali della cattedrale di San Pantaleo in Dolianova, 1997; La parrocchiale di San Giacomo di Villanova in Cagliari. Vicende costruttive dal XVal XVII secolo in XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, V, 1997; Segni simboli tracce iconografiche di cul-

tura dotta e di cultura folclorica nella Sardegna romanica in Nel segno della Croce. Le pitture murali della chiesa di Santa Maria Mercede di Norbello (con E. Borghi), 2000; Equites rubentes. Le pitture murali della chiesa di San Giuliano di Selargius, ‘‘Biblioteca francescana sarda’’, X, 2002; Immagini percorsi e storie. Arte in Sardegna dalle origini al millequattrocento (con E. Borghi e A. Corda), 2002; Il nido del Basilisco (con Giacomo Pisano), 2002; L’Apocalisse ora. Il maestro del capitello con scena apocalittica del San Pantaleo di Dolianova, 2003.

Cannas, Mario Studioso di storia (n. sec. XX). Ha fatto parte del Club cagliaritano di modellismo storico, contribuendo nel 1987 alla realizzazione della mostra La cultura delle coste allestita a Cagliari. Tra i suoi scritti: La reale amministrazione delle torri in Sardegna, in La cultura delle coste in Sardegna; Torre di Cala Bernat, Fortezza Vecchia, Torre Serpentaria, Torre della Zavorra, Forte del Ponte, Sa Guardia de Su Pisu, tutte schede in La cultura delle coste in Sardegna, 1988.

Cannas, Massimo Uomo politico (n. Cagliari, sec. XX). Dopo la caduta del fascismo divenne dirigente del PSI. Nel 1946 intervenne nel dibattito sull’autonomia regionale sostenendone ` (Autonomia criticamente l’opportunita per la Sardegna, ‘‘Sardegna socialista’’, 1946).

Cannas, Vincenzo Mario Storico (Tertenia 1914-Cagliari 1999). Attirato dalla vita ecclesiastica, divenne monaco cappuccino; scoppiata la seconda guerra mondiale fu cappellano militare e prese parte alla guerra di Liberazione. Uomo di vasta cultura e profondo conoscitore della storia e dell’archeologia ` e diresse la rivista dell’Ogliastra, fondo ‘‘Studi ogliastrini’’. Per molti anni diresse l’Archivio diocesano di Cagliari,

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Cannella avviandone un radicale riordino se` moderni criteri. Tra i suoi condo piu scritti: Tertenia e dintorni nella storia e nella tradizione, 1964; I nuraghi Aleri e Nastasi e le nuove scoperte archeologiche nel territorio di Tertenia, 1972; Frate Damiano Pinna da Tissi scavatore e sterratore, 1972; San Giorgio di Suelli primo vescovo della Barbagia orientale, 1976; La chiesa barbariense dalla fondazione alla soppressione secc. XI-XV, 1981; Visioni di un paesaggio carsico. Sadali. Storia e aspetti naturali del territorio, 1982; Tomba di giganti Mura Sterria e Pizzus (con I. Farci), 1987; L’Ogliastra, ‘‘Studi ogliastrini’’, II, 1, 1987; L’Ogliastra. Aspetti ed interessi culturali, ‘‘Studi ogliastrini’’, II, 2, 1987; La strada punico-romana da Sarcapos a Sulcis, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXVI, 1989; Guida alla carta archeologica del comune di Tertenia, 1989; Testimonianze inedite di un villaggio scomparso dell’antica Ogliastra: Manorri, ‘‘Studi ogliastrini’’, V, 3, 1991; Documenti inediti riguardanti il Sarrabus e l’Ogliastra nei primi anni del governo aragonese (con Luigi Spanu), ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, 14, 1991; La misteriosa scomparsa della libreria dell’arcivescovo Parragues de Castillejo, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 15, 1992; La SS. Vergine di Adamo. Storia e diffusione di un culto nel Cagliaritano e nell’Ogliastra, 1993; L’Archivio storico diocesano tra due arcivescovi, in Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, 1998.

Cannas Verdun, Francesca Pittrice ` (attiva a Cagliari nella seconda meta ` a Cagliari, con del sec. XVII). Si formo ` alla scuola di Pantaogni probabilita leone Calvo. Di lei rimangono alcuni olii custoditi nella chiesa di San Bartolomeo e datati 1690.

Cannedu Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria del

Coros. Sorgeva non lontano dall’abitato attuale di Ittiri. Era incluso nei territori che agli inizi del secolo XII passarono ai Malaspina per matrimonio. Quando si estinse la famiglia dei giudici di Torres i Malaspina lo inclusero nel loro piccolo stato governandolo con senso di giustizia e instaurando un buon rapporto con i loro vassalli. Quando nel 1323 l’infante Alfonso giunse in Sardegna, essi gli prestarono ` a far parte del omaggio e cosı` C. entro Regnum Sardiniae. La loro sottomis` , fu di breve durata, perche ´ sione, pero nel 1325, quando i Doria si ribellarono, si schierarono con loro e presero le armi contro gli Aragonesi. Cosı` nel 1330 il villaggio fu assalito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni. ` a decaNegli anni successivi comincio ` a rimadere e a spopolarsi, ma continuo nere in possesso dei Malaspina fino al 1343, anno in cui il marchese Giovanni, ` in eremorendo senza eredi, lo lascio ` con tutto quanto possedeva a Pietro dita IV d’Aragona. I fratelli del defunto, irritati, tentarono di resistere con le armi. Il villaggio cadde nel caos e nel 1353 fu definitivamente sequestrato ai suoi antichi signori. Poco dopo, scoppiata la prima guerra tra Arborea e Aragona, fu nuovamente teatro di operazioni mili` completamente. tari e si spopolo

Cannella, Francesco Paolo Pittore (Cagliari 1935-ivi 1984). Completati i ` alla pittura; attento suoi studi si dedico ` e diresse la ristudioso e critico, fondo vista ‘‘Ashart’’, che divenne un punto di riferimento nella vita artistica cagliari` vari contana. La sua pittura incontro sensi; i suoi lavori sono ospitati in musei e in gallerie pubbliche e collezioni private.

Cannella, Nino Pittore (n. Guspini 1950). Laureato in Biologia, insegna nelle scuole secondarie superiori. Ha sempre coltivato la passione per l’arte

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Canneto da autodidatta, ma dopo le prime mostre, che risalgono al 1970, ha fatto nu` itamerosi soggiorni di studio in citta liane e straniere, specialmente a Parigi, ` avvicinato al neoespressionidove si e smo e alla corrente della nuova figurazione.

ghiero e di un piccolo porto turistico, che insieme alle numerose ville che lo circondano gli conferiscono ormai il tipico carattere di villaggio di vacanze, avendo cancellato praticamente ogni traccia del borgo di pescatori in riva al mare.

Canneto, Pietro de Religioso (m. 1139 ca.). Vescovo di Ploaghe dal 1125 al 1130, arcivescovo di Torres dal 1130 al 1139 ca. Fu sacerdote molto attivo e di grande cultura. Favorevole allo stanziamento nel giudicato di Torres dei grandi ordini religiosi, prima della sua elezione a vescovo contribuı` alla fondazione del monastero di San Nicola di Trullas. Quando Costantino Barrica, dopo il 1125, fu trasferito a Torres, fu nominato vescovo di Ploaghe; pochi anni dopo divenne a sua volta arcivescovo di Sassari. Fece molte donazioni ai Benedettini di Montecassino, spesso senza l’autorizzazione del suo Capitolo ` in conflitto. con il quale fu percio

Cannetto, Giuseppe Pittore (Sassari, sec. XIX-Sassari, ?). Fu allievo dell’Aspetti e in seguito si trasferı` a Roma ` la sua formazione presso dove completo l’Accademia di San Luca. Tornato a Sas` nelle scuole superiori; fu sari insegno valente bozzettista ed ebbe gusto per il colore. Alcune sue opere sono conservate presso privati. Morı` ancor giovane a Sassari.

Cannigione – Il piccolo borgo di pescatori e` ` frequentati nella costa ora uno dei luoghi piu di Arzachena.

Cannigione Frazione di Arzachena. Sorge sul mare lungo la costa occiden` appartetale del golfo di Arzachena; gia nente alla provincia di Sassari, attual` compresa nella provincia di Olmente e ` svilupbia-Tempio. Il piccolo centro si e pato nel corso del secolo XX in un sito dove, secondo una tradizione, sarebbe stata recuperata, chiusa in una cassa, la statua della Madonna di Luogosanto. Negli ultimi decenni ha avuto una cre` scita prodigiosa grazie al turismo e si e dotato di un notevole apparato alber-

Cannonau Vino sardo. Dal tipico colore rosso e dall’alta gradazione alcolica; molto diffuso in Sardegna, al punto da ` essere chiamato spesso vino dei sardi, e prodotto dalla lavorazione di un vitigno che probabilmente fu introdotto nell’isola dalla Spagna. L’opinione preva` che derivi dal canonazo di Sivilente e `, glia; secondo alcuni ampelografi, pero deriverebbe dal granaxo aragonese o ` di alisarebbe addirittura una varieta cante. Nel secolo XVIII veniva chia-

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Cano mato Canonadu o Regalgiadu; prodotto ` di particoin buona parte dell’isola e `a lare pregio a Oliena, dove comincio essere lavorato nel Seicento dai Gesuiti (Nepente), in Ogliastra a Jerzu, in Ro` tutelato mangia a Sorso. Attualmente e come vino DOC.

non feudali della famiglia, che espressero numerosi autorevoli personaggi tra i quali un Gavino, uomo d’armi che nel 1520 ottenne il riconoscimento del cavalierato ereditario. I rappresentanti del ramo Cano Pala, probabilmente cugini di Gavino, dopo l’invasione francese del 1528 furono accusati di connivenza con gli invasori. Questi fatti compromisero il prestigio della famiglia, la ` a venir meno; cui importanza comincio i C., tuttavia, nei secoli successivi continuarono a esprimere alcuni personaggi di rilievo. Si estinsero nel secolo XVIII.

Cano, Angelo Gentiluomo sassarese

Cannonau – Vigneti nella valle del rio Flumineddu.

Cano Famiglia sassarese (secc. XIVXVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XIV. Appartenente all’oligarchia mercantile, divisa in diversi rami dei ` cogliere i lequali non si possono pero gami genealogici, svolgeva un ruolo im` . Agli inizi del secolo portante in citta XV il personaggio di maggior spicco fu Barisone, fiero oppositore del visconte di Narbona e iniziatore del ramo feu` dale della famiglia. Quando la citta cadde in mano del visconte egli dovette stabilirsi ad Alghero e nel 1417 ebbe il feudo di Tadasuni nella Parte Ocier Real. Nel 1420 fu riconosciuto generoso. Tornato finalmente a Sassari, nel ` della citta `. 1421 fu nominato podesta ` con una delle Suo figlio Angelo si sposo figlie di Bernardo Centelles, ebbe la ba` la baronia di Osilo e nel 1443 acquisto ronia del Coghinas. Suo figlio Michele nel 1447 cedette una parte dei suoi ´ Usini, Tissi e Mufeudi tenendo per se ros; la sua discendenza si estinse alla fine del secolo con la figlia Antonia. A Sassari continuarono a risiedere i rami

(Sassari, inizi sec. XV-?, dopo 1443). Figlio di Barisone, fu al servizio di Alfonso V, che seguı` nelle sue guerre nel Napoletano. Sposata una delle figlie di Bernardo Centelles, come indennizzo per il mancato pagamento della dote di sua moglie nel 1439 ottenne dal cognato Francesco Gilaberto una parte della baronia di Osilo con il Cuga. Nel 1443 ac` all’asta la baronia del Coghinas quisto ` Doria e morı` poco dopo. tolta a Nicolo

Cano, Antonia Gentildonna sassarese (Sassari, ?-?, fine sec. XV). Era figlia di ` il feudo Michele Cano, dal quale eredito ` di Usini, Tissi, Ittiri, Uri e Muros. Sposo in prime nozze Pietro Cedrelles dal quale ebbe alcuni figli; rimasta vedova ` in seconde nozze Giovanni Fabra, sposo dal quale ebbe un altro figlio. Morı` vecchissima: i figli nati da entrambi i ma` morti, sicche ´ tra i nitrimoni erano gia poti Cedrelles e Fabra si accese una lite per la successione nei feudi.

Cano, Antonio1 Religioso (Sassari, fine sec. XIV-ivi 1476). Vescovo di Bisarcio dal 1436 al 1448, arcivescovo di Sassari `, dal 1448 al 1476. Uomo di grandi qualita dopo essere stato ordinato sacerdote fu parroco di Giave e poco dopo canonico e vicario capitolare della sua diocesi. Nel 1436 fu nominato vescovo di Bisarcio. Resse la diocesi con energia fino al

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Cano 1448, anno in cui fu nominato arcivescovo di Sassari; ben visto anche negli ` alla riorganizambienti di corte, penso zazione del capitolo e del clero della ` un sinodo diocesi e nel 1463 celebro diocesano. Uomo di grande cultura, scrisse in logudorese un poemetto in rima che ha un posto privilegiato nella ´ fu il primo nel letteratura sarda perche ` la lingua regionale per un quale si uso testo scritto. Il poemetto, intitolato Sa vitta et morte et sa passione de sanctu Gavinu, Prothu et Jannuariu, divenne subito popolare per il suo rapporto spe` diffusa delle leggende ciale con la piu ` stato riproposto religiose cittadine; e nel 2002 in edizione critica da Dino Manca.

Cano, Antonio2 Scultore e architetto (Sassari, 1778 ca.-Nuoro 1840). Entrato nell’ordine dei claustrali di Santa Maria, si trasferı` a Roma per completare la sua formazione. Fu allievo del Canova e ` a Sassari di altri maestri. Nel 1815 torno e vi si stabilı`, avviando il restauro di numerose chiese. Nel 1819 fu incaricato di condurre scavi archeologici a Porto ` , da dilettante, proTorres, dove pero ` molti danni (anche se il canonico voco Spano avrebbe ricordato che era stato tutto quel viavai di ruderi ad accendergli la passione dell’archeologia). In seguito a Sassari intervenne per restaurare l’aula del Duomo e la chiesa di ` riSanta Maria, dove il suo intervento e ` anche in cordato in una lapide. Opero altri centri, tra i quali Sorso e Oristano. Negli stessi anni scolpı` statue in marmo e in legno conservate a Macomer e in altri centri, alcune delle quali di qualche pregio. Dipinse anche diversi quadri, fra i quali un San Bartolomeo, conservato a Santa Maria di Betlem. Infine fu incaricato di ristrutturare il Duomo ` morı` tragicamente di Nuoro, dove pero nel 1840 cadendo da un ponteggio. Il Lamarmora accenna all’evento, indican-

dovi ironicamente una sorta di vendetta divina per i guasti che il C. aveva provocato tanto da archeologo quanto da architetto.

Cano, Eugenio Religioso (Gergei 1829Cagliari 1914). Vescovo di Bosa dal 1871 al 1905. Portati a termine gli studi, di` in attivita ` venne sacerdote e si impegno ` culturali. Tra il 1856 e il 1860 collaboro al periodico cattolico cagliaritano ‘‘Ichnusa’’, difendendo gli interessi della Chiesa in Sardegna, in polemica con le linee della politica ecclesiastica del governo. Nel 1871 fu nominato vescovo di Bosa, a conclusione di un periodo di sede vacante che durava dal 1846. Rimase a Bosa fino al 1905, imprimendo ` pastoun notevole sviluppo alle attivita rali della diocesi. Ormai vecchio si dimise ritirandosi a Cagliari. Tra i suoi scritti: Orazione panegirica al Martire Sant’Efisio nella sua chiesa di Cagliari il 15 di gennaio del 1865, 1865; Elogio funebre a S.E. don Emanuele Marongiu Nurra nei solenni funebri celebrati nella metropolitana di Cagliari il 15 settembre 1866, 1866; Parole per l’inaugurazione del nuovo opificio figulino Maria di Bonaria, 1871; Schizzo di relazione e di proposta intorno al miglioramento facile del sistema pratico razionale dell’apicoltura in Sardegna, 1871; Memoria de su pellegrinaggiu spirituale ad su Santuariu de N.S. de Bonaria in Kalaris qui si pratichesit da su 24 de abrile a tottu maiu 1874 in Bosa, 1874; Discorso per la benedizione inaugurale dell’acquedotto di Bosa, 1877; Lettera pastorale in prospettiva del cholera morbus, 1884; Elogio funebre per mons. D. Francesco Zunnui Casula arcivescovo di Oristano, 1899.

Cano, Francesco Gentiluomo sassarese (sec. XVI). Nel 1527 difese l’isola dell’Asinara da un attacco turco; nel 1528 prese parte alle operazioni contro le truppe francesi che avevano occupato Sassari nel corso della guerra tra

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Canottaggio Carlo Ve Francesco I. Nel 1541 fu creato cavaliere personalmente dall’imperatore.

Cano, Liliana Pittrice (n. Gorizia 1924). Stabilitasi a Sassari nel 1945 ha partecipato, sia pure da una posizione orgogliosamente marginale, al movimento artistico cittadino, a partire dalla prima personale del 1959. Dopo aver diretto a ` Sassari la galleria ‘‘Sironi’’, nel 1979 si e trasferita in Francia, dove vive attualmente, ma facendo frequentemente ritorno in Sardegna. Accanto ad un’atti` che l’ha portata a contatto con espevita rienze artistiche di diversi paesi europei, ha dipinto molto anche in Sardegna, specializzandosi nella decorazione di grandi spazi pubblici, in alberghi e ` recenti, chiese (tra le performance piu quella nell’Hotel Califfo di Quartu Sant’Elena, l’Hotel Su Cologone di Oliena, la parrocchiale di Santa Teresa Gallura). Il suo originale figurativismo ha sempre un tratto di eleganza e di grazia.

natale, cui rimase sempre profondamente legato. Nel 1616, infatti, vi aprı` ` il coluna tipografia e nel 1619 vi fondo legio che da lui prese il nome. Quando poi nel 1621 morı` l’arcivescovo Manca Cedrelles, i concittadini pregarono il ´ C. venisse nominato arcivere perche scovo turritano: la preghiera fu esaudita, ma il prelato morı` prima di poter prendere possesso della diocesi.

Canoa = Canottaggio Canonica, Pietro Scultore (Moncalieri 1869-Roma 1959). Allievo dell’Accademia Albertina di Torino, vinse nel 1892 su 14 concorrenti il concorso per la realizzazione della statua di Giuseppe Manno, bandito dal Comune di Alghero. Il monumento, alto 3 m e 20 m, fu inaugurato il 28 luglio 1894: il piedistallo ` di granito estratto nella della statua e cava di Cala Francese a La Maddalena. C. fu anche musicista: compose alcuni melodrammi, tra i quali La sposa di Corinto e Miranda, tratto da La tempesta di Shakespeare.

Canopolo, Antonio Religioso (Sassari 1540-Oristano?, 1621). Arcivescovo di Oristano dal 1578 al 1621. Ordinato sacerdote, fu per alcuni anni parroco di Bitti e nel 1578 fu nominato arcivescovo di Oristano. Resse la diocesi arborense per oltre quarant’anni, ma senza inter` rompere mai i rapporti con la sua citta

Antonio Canopolo – Sassarese, fu arcivescovo ` di Oristano e poi di Sassari. Nel 1616 importo ` natia l’arte tipografica. nella sua citta

Canottaggio Sport. L’inizio di questa moderna pratica sportiva in Sardegna ` da attribuire a un sodalizio nato a Cae gliari, ma imbarcazioni a remi fatte di ` usate dai sardi canne palustri erano gia ` antichi, forse anche per gareggiare: piu si tratta dei fassonis, che si possono vedere anche oggi negli stagni dell’Oristanese. Nel 1891 sotto la presidenza di En` Canottieri rico Devoto nasce la Societa ` Societa ` CanotSarda, che poi diventera ` dal 1899 al tieri Ichnusa, affiliata gia Rowing Yacht Club, la futura Federazione italiana dello sport remiero. Ne` non e ` molto ingli anni Dieci l’attivita tensa: si deve ricordare invece Giampiero Filippi, di Bitti, studente a Torino

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Canottieri Ichnusa ` Armida, e ` che, tesserato con la societa campione italiano nel doppio e medaglia d’argento ai campionati europei. Solo nel primo dopoguerra cominciano le trasferte per gli armi cagliaritani, ma senza risultati apprezzabili fino al 1929, quando il ‘‘quattro con’’ dell’Ichnusa si classifica al secondo posto ai campionati italiani juniores a Santa Margherita Ligure. L’anno dopo il ‘‘due con’’ (U. Gentilini, P. Fadda, timoniere A. ` ancora campione italiano tra Mura) e gli juniores. Negli anni Trenta nascono ` del remo, come a Cagliari altre societa il Ferroviario e il GUF, che danno un notevole impulso alle gare, che si svolgono prevalentemente nella darsena del porto. Nel dopoguerra il canottaggio non riesce mai a raggiungere una ` e di conseguenza grande popolarita grandi risultati, anche se nel 1955 il ` campione ‘‘quattro con’’ dell’Ichnusa e italiano juniores e nel 1957 il ‘‘due di `e ` medaglia coppia’’ della stessa societa d’argento agli assoluti di Santa Margherita Ligure. Negli anni Settanta e Ottanta raramente si mettono in luce atleti sardi, ma nel 1990 i vogatori della Canottieri Olbia vincono una medaglia d’oro e una d’argento nelle regate internazionali di Naro. Nel frattempo si svi` come la canoa luppano nuove specialita e il kayak: gli equipaggi femminili del K2 e del K4 del CUS Cagliari nel 1992 sono campioni italiani universitari. At` sarde di canottagtualmente le societa gio sono 10, due delle quali sorte in riva ai laghi artificiali, per cercare uno sviluppo di questo sport nel suo elemento usuale. Maggiore sviluppo ha ottenuto il canottaggio escursionistico non competitivo che si pratica nei numerosi, affascinanti e spesso impegnativi corsi d’acqua numerosi nell’isola. [GIOVANNI TOLA]

Canottaggio – Una canoa nei pressi del Poetto.

Canottieri Ichnusa Societa` sportiva dedicata agli sport acquatici nata a Ca` Cagliari nel 1891 col nome di Societa nottieri Sarda con l’aggiunta (nel 1895) ` antica societa ` di I. Si tratta della piu sportiva della Sardegna – ideata e presieduta da Enrico Devoto – che svolgeva ` nelle acque antistanti il la sua attivita braccio di levante del porto, partendo da quel molo che oggi si chiama appunto I. Agli inizi si organizzano gare a livello locale e regionale, come la coppa ` di Cagliari’’ dove l’I. si confronta ‘‘Citta ` remiere sarde esicon le altre realta stenti, l’Arborea e la Tharros di Oristano. I primi risultati a livello nazionale vengono ottenuti sotto la presidenza di Giuseppe Sanna Randaccio: nel 1920 a Venezia, quattro con timoniere (Amat, Defraia, Colomo, Laconi, tim. Pitzorno) ottiene il quarto posto ai campionati italiani juniores; due anni dopo lo stesso risultato viene ottenuto a Napoli e a Palermo. Ma il canottaggio in ` relegato a sport miSardegna rimarra nore fino al secondo dopoguerra, nonostante qualche buon risultato in campo nazionale da parte dell’I. nel ‘‘due con’’ e le sfide stracittadine con il GUF Cagliari. Negli anni Cinquanta l’I. si interessa anche di nuoto e pallanuoto (sport in crescita), ma la maggiore soddisfazione giunge nel 1955 dal ‘‘quattro con’’ juniores (Gentilini, Pozzi, De Virgiliis, Casera, tim. Camba) che alla fine di tre

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Canto a chitarra estenuanti prove vince il campionato nazionale di categoria. Per riscontrare un altro risultato importante in campo nazionale bisogna aspettare il 1989, quando il ‘‘due di coppia’’ femminile ` campione nazionale Castelli-Zucca e ` e ` nelle regate di Piediluco. L’attivita sempre intensa a livello regionale, anche se questo sport non ha mai avuto un grande seguito in Sardegna. [GIOVANNI TOLA]

Canovaccio Isolateatro Spazio e compagnia teatrali. Fondata nel 1982 da ` cimentata con testi Gaetano Marino si e ` come quelli di Cedi notevole difficolta chov e Kafka. Nel 1984 il gruppo si spo` a Quartu Sant’Elena e nel 1986 si costo stituı` ufficialmente in associazione. Nel 1987 Marino riesce ad aprire ‘‘Il ` notturno’’, il primo teatro di Caffe Quartu, che negli anni contribuisce a vivacizzare l’ambiente culturale della `; nel 1992 il teatro prende il nome citta di ‘‘Isolateatro’’ e nel 1998 si arricchisce della ‘‘sala officina’’ che ospita anche spettacoli cinematografici. Nel 2000 il Marino scioglie l’associazione per so` finanziarie, ma la pravvenute difficolta compagnia continua a lavorare segna` delle sue landosi sempre per la qualita performances.

Cansella Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria di Monreale. Sorgeva nelle campagne di Sardara vicino all’omonimo nuraghe. Data la sua posizione di confine, ` del Trecento ebbero iniquando a meta zio le guerre tra Pietro IV e Mariano IV ` volte investito dalle operazioni fu piu militari e subı` gravi danni, per cui si ` prima della fine del secolo XIV. spopolo

Cansello (o Casteddu) Antico villaggio che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria della Nurra. Sorgeva nel territorio dell’attuale borgata di Pozzo San Nicola. Vero-

similmente si era sviluppato dall’omonima curte donata all’Opera del Duomo di Pisa dal giudice Gonario nel 1131. Il ` a essere di pertivillaggio continuo nenza ecclesiastica anche in seguito, quando la Nurra pervenne ai Doria, che lo incorporarono nei loro possedimenti dopo l’estinzione della dinastia giudicale di Torres. All’arrivo degli Ara` a far gonesi nel 1323 il villaggio entro parte del Regnum Sardiniae, ma rimase in mano ai Doria che avevano prestato `, omaggio al re d’Aragona. Nel 1325, pero in conseguenza della loro ribellione, C. fu sequestrato e nel 1328 concesso in feudo a Raimondo di Montpavon e a Gallardo di Mauleon, che poco dopo ne rimase il solo feudatario. In seguito quest’ultimo fu costretto ad affrontare una lite con Bartolo Catoni, tutore dei figli di Vinciguerra Doria, per il pagamento di alcuni crediti che i giovani Doria ancora avevano sulle rendite del villaggio. Scoppiata la guerra tra Aragona e Genova, C. e il suo territorio divennero teatro delle operazioni e furono devastati, ma tornarono in possesso dei ` comincio `a Doria. La popolazione pero ` la diminuire, e quando nel 1347 scoppio nuova ribellione dei Doria C. fu nuovamente danneggiato; nel 1348 la sua popolazione fu decimata dalla peste. Il vil` e se ne perse la memolaggio si spopolo ria.

Canto a chitarra Il c. a c. o canto in Re ` stato, (cantu a ghitterra in gallurese) e per tutto il Novecento, uno dei due ‘‘pezzi forti’’ del programma delle feste di paese, numerose nell’isola e ovunque frequentatissime. A lungo egemo`ddhu Mannizzato dai galluresi (Cicche noni fu chiamato ‘‘l’usignolo di Gallura’’, quando intonava la Disispirata – ` un canto notturno, che sarebbe in realta una serenata che chiama l’amata a despertarse, come dicevano gli spagnoli, a svegliarsi – saliva un’onda di commo-

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Canu zione come se quello fosse un canto di ` tristezza e di abbandono) era in realta di origine logudorese (e anglonese, si precisa). Ma il tempiese Gavino Gabriel, autentico pioniere dell’etnomusicologia sarda, incise molti di quei canti ` nel – soprattutto quelli galluresi – gia 1922. A quel punto il canto a ghitterra aveva fatto una parte importante del suo viaggio: il palco paesano (una pedana, due pali e una traessa cui i cantadores si appoggiavano come antichi tribuni) lo ospitava insieme all’altro ‘‘pezzo forte’’, la gara poetica fra improvvisatori. Nata all’inizio del Novecento, quasi in parallelo con la regolamentazione dettata (1896) da Antonio Cubeddu alla gara poetica – altra olimpiade del canto lungo di Sardegna – , la gara dei cantadores prese ineluttabilmente piede nelle feste di paese. Sos poetas gareggiavano in fantasia, invenzioni ironiche e spesso maligne, citazioni di classici della mitologia e cascami d’Arcadia; i cantadores, accom` tardi arrivo ` pagnati dalla chitarra (piu anche la fisarmonica), erano un gruppo numeroso, spesso anche dieci elementi tutti insieme sul palco, ma ognuno can´ , anzi contro ciascuno degli tava per se altri: la sfida boghe-’oghe, una sorta di faccia a faccia, era il clou d’un programma interminabile. Il c. a c. aveva infatti un protocollo che divenne sem` minuziosamente definito a parpre piu tire dalle prime manifestazioni (che sarebbero datate agli anni Dieci del secolo), in un ordine che la gente conosceva e voleva religiosamente rispettato: Sa Nuoresa, i Mutos, i canti gallu` ra, la Graminaresi della Bibbinnado `gghja, la Filugnana, poi Sa Piaghesa to e, senza interruzione, ancora i ‘‘canti ` classici’’, il Mi e La, la Disisperada, piu tardi anche il Si bemolle e il Fa diesis. Le gare duravano cinque, sei ore, qualche ` . Nonostante l’egemonia volta anche piu

gallurese, la gara parlava (e cantava) soprattutto lugodorese. Nato nelle bettole e nei campi, il canto sarebbe dovuto essere (e spesso fu) quasi esclusivamente ` ci furono cantamaschile, ma in realta doras che calcarono imperterrite e molto ammirate i palchi di tutta la Sardegna (quella settentrionale in particolare); una loro pioniera fu Candida Mara, nulvese, classe 1877, che cantava con i padri fondatori, Peppe e Dominigheddu Mele, Paolo Deriu, Ghjuanni ’Ainzu Degortes, Antoni Istevene Demuro. I grandi nomi furono, nel periodo iniziale, sino agli anni Trenta, quelli di Luigino Cossu, Antonio Desole, Pietro Porqueddu, alla chitarra Ignazio Secchi; poi, nei pieni anni Trenta, Maria Rosa Punzirudu, Giovanni Cuccuru, Gavino De Lunas (altro grandissimo del suo tempo, i suoi dischi di vinile giravano per le case come il pane; a Roma, nella lunga notte dell’occupazione nazista, sarebbe stato fucilato alle Fosse Ardeatine), alla chitarra Nicolino Cabitza, Pietro Scanu, Peppino Secchi; nel dopoguerra, infine, soprat` ddhu Mannoni con Adolfo tutto Cicche Merella, e dopo di lui Mario Scanu con Giovanni Scanu. Tutti questi nomi si leggono, tutti questi canti si sentono nei 4 cd allegati a Canto in Re, una pubblicazione promossa dall’Istituto etnografico nuorese e curata dall’etnomusicologo Paolo Angeli.

Canu, Filippo Giornalista, scrittore (Porto Torres 1925-Roma 2002). Fece la sue prime esperienze nel 1954 come responsabile della redazione sassarese ` presto de ‘‘L’Unione sarda’’. Mostro quella che sarebbe stata la sua principale vocazione, la scrittura teatrale, pubblicando su un numero speciale della rivista ‘‘Ichnusa’’ (VIII, 9, 1959) la commedia Un marziano in redazione. Assunto alla RAI di Roma, fu l’iniviato

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Canu presso il Quirinale nel periodo della presidenza Segni (1962-64).

La prima rete RAI ha anche prodotto nel 1989 il film I padroni dell’estate, di ` autore del soggetto e coautore cui C. e della sceneggiatura.

Canu, Giovanni Scultore (n. Mamoiada 1942). Di famiglia molto povera, nel ` stato costretto a interrompere 1957 e gli studi per lavorare come muratore. Dotato di una naturale propensione ` ancora per la sculper la pittura e piu ` avvicinato all’ambiente artitura, si e stico su incoraggiamento dell’antropo` logo nuorese Raffaello Marchi, che gia nel 1962 ne aveva intuito le doti. Nel ` 1968 si trasferı` a Torino dove frequento ` stal’Accademia Albertina. Dal 1970 si e bilito a Milano, dove ha completato la sua formazione all’Accademia di Brera ` diplomandosi in scultura. A Milano e stato chiamato a insegnare presso il Liceo artistico; ormai completamente inserito negli ambienti artistici lombardi, ha preso parte a numerose mostre in Italia e all’estero.

Canu, Maria Pittrice (Cagliari, sec. XXFilippo Canu – Giornalista e scrittore, e` stato direttore di Rai Educational. Ha lasciato due ` ces teatrali. romanzi e numerose pie

Vicedirettore del Gr2 e poi direttore del Dipartimento Scuola Educazione, una volta andato in pensione fu presidente del consiglio d’amministrazione del teatro ‘‘Argentina’’ di Roma. A quel punto aveva al suo attivo una serie di commedie (che la rivista ‘‘Sipario’’ ha raccolto nel volume Teatro nel 1993): La guardia al bidone, 1972; L’arciduca di Somaria, 1978 (premio ‘‘Fondi-La Pastora’’); Garibaldi fu ferito, Quattro sassi, 1983; Martirio a Turris, 1985; 1982; Un errore di percorso, 1986; Quelle finestre chiuse, 1990; L’Alternos, 1993. Ha scritto ` sul corso, anche due romanzi: Quel caffe 1995, e Funerali di Stato, 1999. Molte sue opere sono state ridotte per la radio o realizzate come sceneggiati televisivi.

ivi 1985). Autodidatta, dotata di un ` per lungrande talento naturale, opero ` natale. ghi anni nella sua citta

Canu, Matteo Missionario (Ozieri 1726Sassari 1775). Entrato nell’ordine dei Gesuiti fu mandato come missionario nel Paraguay, dove per anni fu in contatto con i Guaranı´. Con grande spirito ` di evangelizzarli e di di sacrificio cerco elevarne le condizioni di vita; dopo l’espulsione del suo ordine dal Sudame` avventurosamente in Sarderica, torno gna e si stabilı` a Sassari.

Canu, Piero (pseud. di Pietro Cano) Insegnante, poeta e scrittore (n. Olbia 1932). ` docente nelle scuole secondarie suGia periori, vive e opera a Tempio Pausania. Saggista e narratore, ha scritto i racconti bilingui (gallurese-italiano) Un linzolu di tarra (1986), con prefazione di Leonardo Sole, e Lu ste´ddhu (1988), con prefazione di Nicola Tanda.

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Canu Ha pubblicato le raccolte poetiche Foli di ’entu e d’ea (1993), con prefazione di Salvatore Tola, e Rosi marini (2002), con la quale ha vinto il premio ‘‘Michelangelo Pira’’ di Quartu Sant’Elena. La sua poesia, partendo da concezioni pascoliane, si colloca attualmente in un clima post-ermetico, privilegiando la dimensione fiabesca e rievocativa.

Canu, Tiziano Fotografo (n. Porto Cervo, sec. XX). Dopo aver frequentato il corso di Fotografia presso l’Istituto Europeo di Design di Cagliari e dopo alcuni anni di docenza di Teoria fotografica presso la sede romana dello stesso Istituto, dal 1991 opera in Sardegna prevalentemente nel settore legato all’industria turistica. Ha pubblicato su riviste come ‘‘Villegiardini’’, ‘‘Abitare’’, ´ sulle internazionali ‘‘The ‘‘AD’’, nonche World of Interiors’’ (Inghilterra), e ‘‘Ar˜ o’’ (Brasile). quitectura & Construc ¸a

Canyelles Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Sols. Nella divisione del 1258 che seguı` la fine del giudicato, fu compreso nel terzo assegnato ai Della Gherardesca, che per insanabili contrasti familiari dovettero procedere poco tempo dopo a un’altra divisione tra loro. C. ` al ramo del conte Gherardo, i cui tocco discendenti, con l’avvento degli Aragonesi, si dichiararono vassalli del re d’A` a far parte ragona. Cosı` il villaggio entro ` consentı` loro del Regnum Sardiniae; cio ` anche di conservarne la disponibilita dopo la conquista fino al 1353 quando fu confiscato all’infelice conte Gherardo. Il villaggio, a causa della guerra, ` rapidamente e scomparve. si spopolo

Canzio, Stefano Patriota, deputato al Parlamento (Genova 1837-ivi 1899). Fervente garibaldino, volontario nei Cac` nel 1859, collaboro ` ciatori delle Alpi gia ` una con il Generale e nel 1860 ne sposo figlia, Teresita. Fu tra gli organizzatori

` della spedizione dei Mille, si segnalo nella battaglia di Calatafimi e nella conquista di Palermo. Negli anni successivi prese parte alle altre imprese di Garibaldi fino alla battaglia di Digione: fu decorato di medaglia d’oro a Bezzecca (1866) e promosso generale nel 1876. In seguito prese parte attiva alla vita politica e nel 1890 fu eletto deputato al Parlamento nel collegio di Ferrara. Negli ` spesso in Sardegna stessi anni si reco per ragioni di lavoro ed ebbe modo di conoscerne a fondo i problemi, in particolare quelli legati al tema della colonizzazione, interesse che condivideva con il suocero. Nell’opuscolo Provvedimenti per l’isola di Sardegna, pubblicato a Genova nel 1892, sostenne la tesi che per l’isola era necessaria la concessione di un largo decentramento.

Canzone sarda Forma poetica tipica ` essere non della cultura sarda. Puo scritta, cantata e accompagnata dalla musica e affidata tutta alla memoria de` gli ascoltatori, oppure scritta, come si e ` di frecominciato a fare sempre piu quente a partire dall’Ottocento. Ha forme diverse, antiche e diffuse in tutta ` la tipica espressione la Sardegna, ed e popolare utilizzata prevalentemente in occasione di feste o di balli. Alla canzone, che, secondo una indicazione di Michelangelo Pira, possedeva una ` tanto di diffonstraordinaria capacita dersi, suggerendo o confermando un giudizio, quanto di imprimersi stabilmente nella memoria dei riceventi, era praticamente affidato il racconto-commento sui fatti piccoli e grandi che toc` paesana. Come nelcavano la comunita l’italiano ‘‘canzonare’’ (lett. ‘‘essere presi in giro in una canzone’’), l’espressione gallurese ‘‘ti pongu una canzona’’ suonava quasi come scherzosa minac´ il giudizio su un avvenicia, perche mento o su un personaggio affidato alla c.s. entrava a far parte del patrimonio di

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Canzone sarda conoscenze e di convinzioni della co`. Se ne conoscono diverse tipolomunita gie. Canzone campidanese Diffusa in tutto il Meridione dell’isola, nasce come canzone a strofa con ritornello (canzoni a ` antica risale al curba). Nella forma piu secolo XVI: le Canzoni de Dimas di Dimas Serpi di Villaurbana, trasmesse oralmente da padre in figlio e trascritte nel 1895 da Francesco Fadda Pischedda, hanno un ritornello introduttivo composto da due versi endecasillabi seguito da un numero imprecisato di strofe (curba) dal numero di versi variabile, l’ultimo dei quali rima con l’ultimo verso del ritornello che si ripete a ogni ` chiusa da un ritorstrofa; la canzone e nello specifico (urtima torrada) dal contenuto diverso da quello di apertura. Nel Settecento compaiono le canzoni con ritornelli di tre versi (canzonis a tres cambas de torrada) e quelle con quattro versi (canzoni a quattru cambas de torrada), in sestine con ritornello a ` noto autore di rima alternata. Il piu componimenti di questo tipo fu certamente Francesco Deplano noto Olata. Gli argomenti scelti dagli autori sono i ` vari: riguardano la vita quotidiana, piu la morte, le gioie, i dolori oppure sono di carattere religioso, in genere dedicate a santi. Nel Settecento a opera di autori quali Efisio Pintor Sirigu vennero elaborate le canzoni a ritornello interno (canzoni a torrada) dalla strut` complessa rispetto alle precetura piu ` comdenti: infatti il ritornello iniziale e posto da un numero maggiore di versi endecasillabi, due dei quali vengono ripetuti nel testo di ogni strofa, per cui il ritornello risulta diverso da strofa a strofa, e per cosı` dire interno al testo della canzone, di cui serve a condurre lo sviluppo concettuale. Sempre nel ` anche il genere Settecento si sviluppo di canzone campidanese a contrasto

(canzonis in duina a rima interverada), ` veri e propri dialoghi in rima tra piu interlocutori che si sviluppano su temi particolari; nell’Ottocento questo ge` ulteriornere si diffuse e si articolo mente con ritornelli variati per ognuno dei personaggi che intervengono nel contrasto. Canzone logudorese e nuorese La strut` costituita tura di questo genere di c.s. e da un ritornello formato da una sestina di endecasillabi (torrada) e da un certo numero di strofe in ottava rima (curba). ` a partire dal Settecento: Si sviluppo trova i suoi modelli nelle composizioni poetiche scritte in logudorese a partire dal Quattrocento e raggiunge il suo massimo splendore con Diego Mele, Melchiorre Murenu, Paolo Mossa, Antioco Casula detto ‘‘Montanaru’’. Nella ` dell’Ottocento si sviluppa seconda meta nella forma di dialogo a quartine e sestine di ottonari a tema, tipiche espressioni delle feste popolari, in cui diedero luogo alle gare poetiche. Canzone gallurese Questo genere, espresso da alcuni poeti di notevole livello come Gavino Pes di Tempio, detto ` caratterizzato da forme Don Baignu, e ` note diverse di componimento, le piu delle quali sono quelle a ritornello in distico e in quartina, che si svilupparono nel Settecento a opera dello stesso Pes, e le canzoni in sestine di ottonari con ritornello in distico, che si affermarono nell’Ottocento. Canti di argomento religioso e didattico Questa forma venne usata per diffondere nozioni di carattere religioso sotto forma di preghiere e di giaculatorie o di veri e propri insegnamenti, che la gerarchia ecclesiastica utilizzava agendo sulla propensione popolare alla poesia cantata e sul fatto che almeno fino al secolo scorso la grandissima parte della popolazione era analfabeta. Tipiche manifestazioni di

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Cao questa forma sono le versioni del cate` cerchismo in versi, la cui tradizione e tamente antichissima. Nel Settecento furono raccolte (e anche scritte) da molti sacerdoti, come ad esempio il vescovo di Ales e Terralba Giuseppe Ma` recentemente dal sacerria Pilo e piu dote Giovanni Battista Tidu. Goccius (campidanese), gosos (logudorese) Sono canzoni religiose in forma di lauda diffuse in tutta la Sardegna. Di chiara origine spagnola si affermarono a partire dal Quattrocento e vennero utilizzate con notevole fortuna praticamente in ogni occasione di fe` religiosa. La tradizione ha trastivita mandato un numero considerevole di ` dire che ogni vilqueste laudi: si puo laggio ha i suoi goccius in onore della ` , del santo patrono. Madonna, di Gesu ` grande raccolta di goccius e ` La piu stata compiuta da Giovanni Sechi, un sacerdote oristanese che nel 1934 or` il materiale riferendolo ai santi dino festeggiati in Sardegna in ogni giorno dell’anno. Di recente una diligente antologia di goccius della Sardegna cen` stata pubblicata tro-settentrionale e da Salvatore Tola, Raimondo Turtas e Giancarlo Zichi. Goccius profani Dal modello religioso, nel Settecento e soprattutto nell’Ottocento, si svilupparono canzoni che, utilizzando (parodisticamente) la forma del goso, trattarono argomenti profani, dando vita a una produzione di poesia satirica o di testi scherzosi cantati in occasione di feste pubbliche e private (goccius de beffa e goccius de spassiu). ` comuni, Oltre a queste tipologie piu legate a forme di cultura popolare, vanno ricordate le espressioni poetiche di alcuni grandi autori, quali la canzone a glossa introdotta nel Cinquecento da Antonio Lo Frasso e molto usata nella tradizione logudorese so-

prattutto nell’Ottocento; i moduli poetici secenteschi di Giovanni Delogu Ibba; le forme poetiche dell’Arcadia, tipiche di Pietro Pisurzi, Gavino Pes, Giovanni Pietro Cubeddu detto Padre Luca; i moduli poetici sassaresi di Proto Farris; i moduli poetici ottocenteschi e novecenteschi di molti altri poeti in lingua sarda.

Cao – Arma. Il gabbiano e` chiamato ‘‘cau’’ in dialetto.

` Cao Famiglia cagliaritana tra le piu antiche (sec. XI-esistente). Le sue notizie risalgono al secolo XI, quando vivevano un Costantino cui si deve la costruzione di un ospedale per i sardi a Roma e suo nipote il cardinale Benedetto. Nei secoli successivi i C. conservarono una notevole condizione in ` cittadina ed espresseno alla societa sero alcuni alti prelati e uomini di cultura. Nel 1528 i C. furono ammessi allo Stamento militare con un Gerolamo durante il parlamento Villanova e in ` di seguito presero parte all’attivita tutti i parlamenti successivi. Nel 1619 ottennero il riconoscimento del cava-

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Cao lierato ereditario con un Pietro e nel ` con un Francesco giu1646 la nobilta dice della Reale Udienza e nipote di Pietro. Il suo omonimo figlio fu coin´ volto nella congiura contro il vicere Camarassa; la discendenza fu continuata dal fratello Diego. Le condizioni ` economiche e il prestigio dei C. pero entrarono in crisi a causa dell’operato dell’infelice Francesco, provocando la decadenza della famiglia. Dopo quasi un secolo di appannamento, alla fine del secolo XVIII i C., che si erano trasferiti a Selegas, grazie a un fortunato matrimonio si risollevarono economicamente e nel 1832 ottennero il titolo di conti di San Marco, derivato da una chiesa che sorgeva in agro di Decimomannu, dove la famiglia aveva una ` . Attualmente la famiglia, diproprieta visa in alcuni rami, risiede a Cagliari e a Roma. Il cognome C., peraltro diffuso in diversi luoghi della Sardegna, appartiene anche a un’altra famiglia della borghesia cagliaritana, le cui notizie risalgono al secolo XVIII. Nel 1736 ottenne il cavalierato ereditario ` con un Antonio, avvocato e la nobilta dei poveri, i cui discendenti nel corso del secolo XIX si segnalarono per alcune intraprese industriali. La famiglia esiste tutt’oggi a Cagliari.

Cao, Adolfo Pittore (Cagliari, seconda ` sec. XIX-ivi 1916). Fece alcuni meta soggiorni di studio a Firenze, dove fu ` in allievo del Ciaranfi e si specializzo arte sacra. Nel 1900 fu segnalato in un concorso ‘‘Alinari’’. Tornato a Cagliari ` intensamente: e ` sua la decovi opero razione della sala della Biblioteca del nuovo Palazzo civico. Fu anche buon ritrattista.

Cao, Anastasio Gentiluomo (Cagliari, ` sec. X-?, sec. XI). Figlio seconda meta di Ilario, era uomo coltissimo. Assieme a suo padre e a suo fratello Costantino, secondo una tradizione non documentata nel 1014 intercedette presso il papa Benedetto VIII per otteˆ hid, nere un intervento contro Muga principe arabo di Denia, che turbava con le sue continue incursioni la vita delle popolazioni costiere sarde.

Cao, Angel Poeta (Alghero 1914-Cagliari 1983). Per ragioni di lavoro si trasferı` a Cagliari; scrisse in lingua catalana, continuando la tradizione della grande poesia algherese. Nel 1961 fu premiato ai Jocs Florals della lingua catalana celebrati ad Alghero e in seguito, nel 1962 e nel 1964, in quelli di Valencia; ottenne numerose segnala` di Ozieri’’. zioni anche al premio ‘‘Citta ` stato impegnato in associazioni euE ropee per la difesa delle culture minacciate.

Cao, Antonio Scienziato (n. Cagliari

Cao – Antica famiglia cagliaritana di intellettuali e politici, ebbe in Castello un suo palazzo.

1929). Discendente da uno dei rami dei Cao di San Marco, dopo aver conse` dediguito la laurea in Medicina si e ` cato alla carriera universitaria. E stato direttore dell’Istituto di Clinica ` evolutiva dell’Ue di Biologia dell’Eta ` di Cagliari. Ha costituito a niversita Cagliari un centro per la ricerca sulla microcitemia, approfondendo uno studio sulle basi molecolari della ta` a lilassemia che gli ha dato notorieta vello internazionale. Nel corso degli

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Cao anni ha esteso questo metodo allo studio delle altre malattie ereditarie, rag` mondiale. Nel giungendo notorieta 1993 ha avuto il premio ‘‘Allen Award’’ dell’American Institut of Human Genetic di Bethesda.

delle Colonie. Percorse una brillante carriera giungendo al grado di Direttore generale; fu autore di alcune pregevoli opere di buon livello scientifico.

Cao, Costantino Gentiluomo (Cagliari, ` sec. X-?, sec. XI). Figlio di seconda meta ` un Ilario e fratello di Anastasio, fondo ospedale per i sardi a Roma. Secondo una tradizione non documentata, nel 1014, assieme a suo padre e a suo fratello, intercedette presso il papa Benedetto VIII per ottenere un intervento ˆhid, principe arabo di Decontro Muga nia che con le sue incursioni minacciava le popolazioni della Sardegna costiera. L’ospedale da lui fondato gli sopravvisse, ma fu distrutto durante il sacco di Roma (1527); quando venne ricostruito i suoi beni furono inglobati in quelli dell’Ospedale spagnolo. Passata la Sardegna ai Savoia, i beni pertinenti all’Ospedale dei sardi furono riconsegnati al governo sardo.

Cao, Efisio Gentiluomo (Cagliari, fine

Antonio Cao – Scienziato molto conosciuto, ha dedicato il suo maggiore impegno allo studio della talassemia, malattia molto diffusa in Sardegna.

Cao, Benedetto Cardinale (Cagliari, inizi sec. XI-Roma 1087). Figlio di Anastasio, fu condotto a Roma da suo padre, e qui prese a frequentare la corte pontificia facendosi apprezzare per la cul` . Divenne tura e per le grandi capacita uno dei beniamini di Gregorio VII, che ` cardinale con il titolo di Santa lo creo Prassede. Con grande munificenza si ` ad abbellire la chiesa. impegno

Cao, Carlo Studioso di problemi coloniali (Cagliari 1886-Roma 1933). Dopo aver conseguito la laurea in Giurispru` nell’amministrazione dello denza entro Stato come funzionario del Ministero

` sec. XIX). Uomo di sec. XVIII-?, meta grande cultura, nel 1832 ebbe il titolo di conte di San Marco; tra il 1838 e il 1841 fu eletto sindaco di Cagliari.

Cao, Enrico Militare di carriera (Cagliari 1824-ivi 1891). Figlio del conte Efisio, dopo aver compiuto gli studi al` nell’eserl’Accademia militare entro cito. Prese parte alla prima guerra di indipendenza e nella battaglia di Novara ottenne la medaglia di bronzo; in seguito prese parte alla seconda guerra di indipendenza, ottenendo la medaglia d’argento e altre decorazioni. Percorse una brillante carriera giungendo al grado di generale. Rimase anche molto ` , dove legato alla vita della sua citta venne ripetutamente eletto consigliere comunale.

Cao, Francesco I Sacerdote, gentiluomo (Cagliari, sec. XV-?, sec. XVI). Attirato dalla vita religiosa, si fece sacerdote e alla fine del secolo si trasferı` a

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Cao Roma dove divenne cameriere segreto di papa Alessandro VI. In seguito fece restaurare la chiesa di San Giovanni Crisostomo in memoria dei suoi antenati, che nei secoli precedenti avevano operato a Roma.

Cao, Francesco II Gentiluomo, patriota ` sec. XVII-Isola (Cagliari, prima meta Rossa 1671). Figlio del dottor Francesco. Legato al partito dei Castelvı`, nel 1668 dopo l’uccisione del marchese di Laconi fu coinvolto nella congiura che ` alla morte il vicere ´ Camarassa. porto Costretto a fuggire da Cagliari con gli altri congiurati, nel 1671 seguı` il marchese di Cea nel suo sfortunato viaggio di ritorno in Sardegna e fu ucciso a tradimento da Giacomo Alivesi all’Isola Rossa.

Cao, Gerolamo Giurista, sacerdote (Ca` gliari, fine sec. XVI-ivi, seconda meta sec. XVII). Compı` i suoi studi nel Semi`. Ordinato nario romano dove si laureo ` a Cagliari dove fu nomisacerdote torno nato canonico e professore di Diritto ` , della quale fu anpresso l’Universita che rettore tra il 1644 e il 1647. Oltre che di alcune opere di carattere giuri` autore di un dramma sacro su dico e Ignazio da Loyola e di una storia dei fatti avvenuti in Sardegna dal 1557 al 1640.

Cao, Giovanni1 Avvocato, deputato al Parlamento (Cagliari 1893-ivi 1981). Valoroso combattente della prima guerra mondiale, di ritorno dal conflitto divenne dirigente dell’Associazione Nazionale Combattenti e fu tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione. Nel 1923 aderı` al fascismo come altri importanti dirigenti sardisti e nel 1924 fu eletto deputato nella lista del PNF e rieletto nel 1929. Nel 1928 fu nominato sottosegretario di Stato; terminato il mandato nel ` a Cagliari e vi assunse im1929, torno portanti incarichi. Nel 1934 fu nomi` di Cagliari e amministro ` nato podesta

` fino al 1935. In seguito fu nomila citta nato presidente della Federazione fascista degli armatori e chiamato a far parte della Camera dei Fasci e delle Corporazioni dal 1939 al 1943. Caduto il ` a vita privata impefascismo, si ritiro gnandosi nella professione di avvocato, nella quale eccelleva, e negli studi storici. Fu socio corrispondente della Deputazione di Storia patria. Tra i suoi scritti giornalistici degli anni di passaggio tra sardismo e fascismo: Preparando il Congresso del Partito sardo d’Azione, ‘‘Il Solco’’, 1921; La situazione politica amministrativa della provincia di Cagliari, ‘‘Il Giornale di Sardegna’’, 1924.

Cao, Giovanni2 (o Cau, noto come Gianni) Scrittore (Cagliari 1892-Firenze 1944). Fratello di Piero, volontario della prima guerra mondiale, pluridecorato. ` in Scienze poNel dopoguerra si laureo litiche, nel 1920, e subito dopo si trasferı` a Firenze, dove fu giornalista professionista. Introdotto negli ambienti artistici `, entro ` in rapporti con numedella citta rosi intellettuali. Antifascista, dopo l’8 settembre del 1943 divenne partigiano; catturato dalle SS, fu torturato e barbaramente ucciso nel 1944 a Firenze unitamente a sua moglie. Il suo nome di ` legato ad alcune novelle ed scrittore e al libro di frammenti La fonte di Narciso, pubblicato nel 1927; altre opere, Visioni di Sardegna, ‘‘Fontana Viva’’, 1927; I troll. Fiabe nordiche per piccoli e grandi, 1929.

Cao, Giulio Giurista (Cagliari, sec. ` sec. XVIII). Dopo aver XVII-ivi, meta studiato a Roma nel Seminario romano, fu ordinato sacerdote e poco dopo conseguı` la laurea in utroque. Negli anni successivi si fece notare per il suo sapere giuridico e per avere scritto un’orazione e un dramma in buon latino. Tornato a Cagliari, fu nominato profes` , della sore di Diritto nell’Universita

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Cao quale fu anche rettore tra il 1644 e il 1647.

Cao, Giuseppe Igienista (Cagliari 1870` a Bologna, citta ` Bologna 1930). Si laureo nella quale intraprese una brillante carriera universitaria fino a diventare ` di Veprofessore di Igiene nella Facolta ` . Studioso insiterinaria dell’Universita gne, fu autore di importanti lavori sulle malattie epidemiche del bestiame, sui vaccini e sui sieri e sui batteri. Le sue opere furono tradotte in molte lingue. Tra i suoi scritti: La difterite in Cagliari nel decennio 1892-1901, 1903; Sul valore alimentare di una tuberacea comune in ` Sardegna, ‘‘Rivista d’Igiene e sanita pubblica’’, XIV, 1903.

Cao, Guglielmo Industriale (Cagliari 1861-ivi 1941). Nel 1878, unitamente ai ` a Cagliari un impianto fratelli, avvio per la lavorazione del legno. Dopo al` la produzione alla cuni anni indirizzo fabbricazione di mobili di elevato livello artistico; sostenne l’iniziativa con la creazione di una Scuola di Arti e Me` ottimi ebanisti e imstieri che formo pose i suoi mobili all’attenzione generale. Prese parte a numerose esposizioni che gli fruttarono consensi e riconoscimenti a livello nazionale.

Cao, Ilario Gentiluomo (Cagliari, sec. X?, sec. XI). Si trasferı` a Roma per curare i propri affari assieme ai figli Anastasio e Costantino. Quando la parte meridio` a essere nale della Sardegna comincio saltuariamente occupata, ma soprattutto devastata dalle incursioni del ˆ id, avrebbe chieprincipe arabo Mugha sto al papa un intervento per allontanare il nemico. La flotta che Pisa e Genova armarono nel 1015-16 su richiesta del papa, sconfiggendo il principe, sarebbe stata allestita, secondo una tradizione non documentata, proprio per queste loro preghiere.

Cao, Marino Industriale (n. Cagliari 1904). Figlio di Guglielmo, nel 1923 en-

` nell’azienda paterna curando sotro prattutto lo sviluppo della Scuola di Arti e Mestieri da lui istituita per la formazione di maestranze esperte nella lavorazione del legno. Divenne vicepresidente del Consiglio provinciale delle corporazioni artigiane e prese parte alla seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra, con tenacia, ricostruı` il suo stabilimento distrutto dalle bombe e fu nominato vicepresidente del Centro internazionale sardo per la formazione professionale, imponendosi sul mer` dei mobili da lui cato per la qualita creati e segnalandosi anche come intenditore d’arte e mecenate.

Cao, Michele Militare di carriera e uomo politico (Cagliari 1807-ivi 1898). ` i suoi studi all’Accademia miCompleto litare di Torino e intraprese la carriera di ufficiale. Prese parte alla prima guerra d’indipendenza e negli anni successivi ebbe modo di seguire le vicende della Sardegna dopo la ‘‘fusione’’. Prese parte anche alla seconda guerra ` in d’indipendenza e dopo il 1859 torno Sardegna, dedicandosi ai suoi studi e alla vita politica. Nel 1870 fu eletto consigliere comunale di Cagliari; successivamente riconfermato, fu anche assessore. Tra i suoi scritti: Giustificazione ` maggiore di del cavalier Michele Cao gia fanteria, 1854; Petizione al Senato del Regno, 1854; Risposta al signor Giovanni ` vice sindaco, sul dissesto finanSini gia ziario del Comune di Cagliari nel triennio 1853-1855, 1857.

Cao, Piero Archeologo (Cagliari 1900-Ittiri 1958). Singolare figura di archeo` in Lettere a Firenze e logo. Si laureo ` per anni nelle scuole medie di insegno Cagliari, Sassari, Benevento, Montefiascone e Livorno. Nel 1938 vinse il premio indetto dall’Istituto di Studi romani per la Sardegna. Tornato nell’isola, negli anni successivi fece interes` batsanti scoperte in diverse localita

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Cao tendosi per la salvaguardia delle chiese romaniche di Saccargia, Paulis, Coros, ` d’Arcidano. Nel 1940 fondo ` San Nicolo il gruppo archeologico ‘‘Alma parens’’. Di animo mistico, nel 1943 diede vita a un movimento di opinione pubblica per il ritorno dei Benedettini in Sardegna; preso da questo impegno e dalla sua `a passione per l’archeologia, continuo ` per l’isola, estenvagare in poverta dendo il suo peregrinare anche all’Europa e all’Asia. «Fondatore ed unico adepto di un anonimo ordine monastico», attirava l’attenzione anche per la tonaca bianca (di foggia benedettina) che era solito indossare. Nel 1958 fu trucidato da un suo dipendente durante gli scavi di Santa Maria di Paulis presso ` al Comune di Cagliari Ittiri. Dono un’importante collezione di iscrizioni. «Incompreso e deriso in molti strati dell’opinione isolana – ha scritto Raimondo Bonu in un affettuoso profilo a lui dedicato in Scrittori sardi nati nel secolo XIX, 1961 – ora riappare al nostro pensiero e si fa perdonare abbondantemente le stranezze che lo accompagnarono in vita. Con i suoi innegabili meriti si impone al nostro ricordo e al rimpianto». Tra i suoi scritti: Il carcere sotterraneo di Sant’Efisio, ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; La basilica di San Saturnino, ‘‘L’Unione sarda’’, 1935; La cattedrale pisana di Santa Maria, ‘‘L’Unione sarda’’, 1936; Sardegna romana. L’opera di organizzazione civile dopo l’azione militare della conquista, ‘‘L’Unione sarda’’, 1937; La statuetta marmorea cicladica di Senorbı`, 1938; Sant’Antioco e le sue catacombe, ‘‘L’Unione sarda’’, 1939; Uno sprazzo di luce nelle tenebre della preistoria sarda. Il culto degli antenati in Sardegna e la tomba dei giganti Sa Perda Longa nel campo di Silanus, 1942; San ` e i giudici turritani, Leonardo di Bosoe in Il Santuario di Latte Dolce, 1958.

Cao, Umberto Avvocato, giornalista,

deputato al Parlamento (Cagliari 1871ivi 1959). Conseguita la laurea in Giuri` alla libera professprudenza, si dedico sione e divenne professore di Diritto ` di Cagliari. penale presso l’Universita ` anche alla vita politica Si interesso ` e, inizialmente, fu avversario della citta tanto di Ottone Bacaredda quanto di Francesco Cocco Ortu. Nel 1902 fu eletto consigliere provinciale; nel 1904 aderı` alle posizioni radicali e nel 1905 ` a Cagliari il quotidiano ‘‘Il fondo Paese’’, che uscı` fino al 1907 e dal quale ` cosı` duramente con i suoi avpolemizzo versari, in particolare con l’amministrazione Bacaredda, che fu accusato di essere uno degli ispiratori del drammatico moto popolare cagliaritano del ` a essere eletto consi1906. Continuo gliere provinciale (fu anche presidente dell’assemblea) e consigliere comunale fino al 1914. Autonomista convinto, a lui si deve l’opuscolo Per l’Autonomia!, diffuso nel 1918 sotto la sigla (abbastanza trasparente) di Y.K., in cui la concessione di norme di autogoverno all’isola veniva presentata (come sarebbe poi stato alla base della rivendicazione sardista) come il compenso dovuto dallo Stato al sacrificio compiuto dai sardi nelle trincee. Nel 1921 fu eletto deputato per il PSd’Az e in Parlamento assunse una posizione di denuncia delle ` commesse dai fascisti: rimase illegalita famoso il suo grido di «Viva il re, viva lo statuto» con cui interruppe il minaccioso discorso di Mussolini il 16 novem`, passo ` clamorobre 1922. Nel 1924, pero samente al fascismo dopo la cosiddetta ` ‘‘legge del miliardo’’. In seguito si ritiro a vita privata, dedicandosi all’insegnamento e alla professione. Tra i suoi numerosissimi scritti: Sulla inosservanza della legge sulla caccia in Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1903; Agli elettori del collegio di Lanusei, 1904; Discorso pronunciato nella seduta del Consiglio Pro-

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Cao vinciale del 16 novembre del 1914, 1914; Quaderni dell’autonomia, ‘‘Il Solco’’, 1921; L’opera e i discorsi parlamentari, 1924; La significazione storica del fascismo in Sardegna, ‘‘Il Giornale di Sardegna’’, 1925; Paolo Pili nella rinascita sarda, ‘‘Il Giornale di Sardegna’’, 1925; Il confino e la Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1926; Igiene fascista: la malaria in Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1926; Il trattato di Roma, ‘‘L’Unione sarda’’, ` , ‘‘Mediterra1927; Crisi nell’Universita nea’’, I, 5, 1927; La fine della questione romana, ‘‘L’Unione sarda’’, 1927; Volpe [Gioacchino] e la Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Fuori dalla politica, ‘‘Domani Cagliari’’, 1946.

Cao, Vitale Giornalista, funzionario (Ittireddu 1897-Roma 1958). Fu valoroso combattente nella prima guerra mon` nella cardiale. Nel dopoguerra entro riera del Ministero dell’Interno e aderı` al fascismo. Dal 1928 fu nominato direttore del Consiglio provinciale dell’Economia, nel 1936 divenne presidente del Consiglio provinciale delle Corporazioni. Negli stessi anni svolse intensa ` giornalistica collaborando con attivita ‘‘L’Unione sarda’’ e affiancando il Contu nella direzione del quotidiano fino al 1939. Nel 1940 venne trasferito a Roma e divenne ispettore generale del Ministero dell’Industria, amministratore della Real Casa e, in seguito, direttore dell’Ufficio regioni presso la presidenza del Consiglio. Tra i suoi scritti: Cenni illustrativi sullo sviluppo economico della Sardegna, 1917; Italia e Germania. Vincitore e vinto, ‘‘L’Unione sarda’’, 1926; Comunismo in Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1926; La Sardegna in l in e a p e r l ’ a u t a r ch i a ec o n o m i ca, ‘‘L’Unione sarda’’, 1937; L’alba di Carbonia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1938; Vicario di Cristo nel nome e nelle opere: Pio XI, ‘‘L’Unione sarda’’, 1939; Tra i monti di Capoterra per la sagra di Santa Barbara,

‘‘L’Unione sarda’’, 1939; Da Mussolinia a Carbonia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1941; Banco di Sardegna e autonomia finanziaria, ‘‘L’Unione sarda’’, 1948; Domani si firma il Patto atlantico, ‘‘L’Unione sarda’’, 1949; Dieci giugno 1917: una pagina eroica della Brigata Sassari, ‘‘L’Unione sarda’’, 1949; La giusta via del socialismo italiano, ‘‘L’Unione sarda’’, 1949; Un punto fermo. Contro il comunismo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1950; La battaglia di Col del Rosso, ‘‘L’Unione sarda’’, 1954; L’Italia e il conflitto egiziano, ‘‘L’Unione sarda’’, 1956; Fase pericolosa per il governo Segni, ‘‘L’Unione sarda’’, 1957.

Caocci, Alberto Insegnante, storico (n. ` deCremona 1936). Dopo la laurea si e dicato all’insegnamento. Giornalista ` autore di un dai molteplici interessi, e volume sulla storia della Sardegna che ha avuto una lusinghiera accoglienza nella scuola sarda. Tra i suoi scritti: Dante e la Sardegna. Lapo Saltarelli, ‘‘L’Unione sarda’’, 1966; Fonni un paese tra storia e leggenda, ‘‘Frontiera’’, III, 1971; La Sardegna nel Duecento, ‘‘Frontiera’’, III, 1971; Piccola storia di Fonni, ‘‘Frontiera’’, VII, 106, 1976; Il castello del Goceano, ‘‘Frontiera’’, VII, 108, 1976; Due Fadda contro i Turchi, ‘‘L’Ortobene’’, 1984; La Sardegna, 1985; Storie di storia sarda, 1998.

Caocci, Luigi Bibliofilo e bibliografo (Aritzo 1852-ivi 1930). Conseguita la lau` la professione rea in Medicina, esercito nel suo paese. Con gli anni raccolse un’imponente biblioteca formata da volumi di argomento sardo e da periodici ` pubblicati in Sardegna. Dal 1928 curo una serie di schede di bibliografia sarda nella rivista ‘‘Il Nuraghe’’. La sua opera fu continuata dal figlio Giuseppe, morto recentemente a 103 anni. Tra i suoi scritti: Sull’autore del libro intitolato La Sardaigne paraninphe de la paix e su un’edizione sconosciuta del me-

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Capay desimo, ‘‘Rivista Sarda’’, V, 1, 1923; Manoscritti di Domenico Alberto Azuni scoperti nel villaggio di Sedilo, ‘‘Il Nuraghe’’, 17, 1924.

Cao Fasano, Maria Luisa Storica (n. Cagliari, sec. XX). Sposata con il musicista Fasano, fu animatrice della vita culturale cagliaritana. Ha lasciato alcune opere di carattere storico (tra cui, in particolare, un acuto saggio sui giorni della ‘‘fusione’’ nel 1847) e importanti studi sulla vita musicale a Cagliari, tra cui: La fine della costituzione autonoma sarda in rapporto col Risorgimento e con i precedenti storici, 1928; Carlo Alberto e la Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1928; Carlo Alberto e il folklore sardo, ‘‘Mediterranea’’, V, 2, 1931; Le istituzioni medioevali in Sardegna nella dotta ricostruzione di Arrigo Solmi, ‘‘Mediterranea’’, V, 8-9, 1931; Relazioni tra Corsica e il regno di Sardegna durante il tempo dell’ultima lotta per l’indipendenza (1790-1794), ‘‘Rassegna storica del Risorgimento’’, IX, 1935; Sardegna e Corsica nella politica sabauda durante il periodo napoleonico, ‘‘Rassegna storica del Risorgimento’’, XXII, 11, 1935; Letteratura poetica e drammatica per gli allievi del Conservatorio di musica, 1944; Il Conservatorio di musica Pierluigi da Palestrina di Cagliari, 1952; Il Conservatorio di musica Pierluigi da Palestrina e la musica a Cagliari 1952-1968, 1971.

Cao Pinna, Antonio Ingegnere, giornalista, uomo politico (Sinnai 1842-Roma 1928). Deputato al Parlamento e senatore del Regno. Dopo essersi laureato in Ingegneria, intraprese la libera pro` in politica. Eletto rifessione ed entro petutamente consigliere comunale di ` volte assessore negli Cagliari, fu piu stessi anni; fu eletto anche consigliere provinciale di Cagliari tra il 1876 e il 1883. Nel 1890 divenne comproprietario de ‘‘L’Unione sarda’’ e negli anni seguenti ne fu anche redattore; nel 1892

venne eletto deputato per la XVIII legislatura: dissensi sulla sua collocazione politica lo allontanarono dal leader del ` in suo gruppo, Cocco Ortu, con cui entro ` clamorosapolemica. Nel 1904 lascio mente ‘‘L’Unione sarda’’ e nel 1905 ` il quotidiano ‘‘Il paese’’; frattanto fondo veniva riconfermato come deputato per le successive legislature fino al 1919. Nel 1924 fu nominato senatore del Regno. Tra i suoi scritti: Discorsi per l’inaugurazione degli studi tecnici e della scuola mineraria nella sala dell’istituto in Iglesias, 1872; Relazione sulle norme da seguirsi nella compilazione dei progetti per la costruzione delle strade provinciali, 1877; Trecentoventottomila lire al Consiglio provinciale, 1886; Sulle condizioni finanziarie del Comune di Cagliari, 1888; Relazione sulla sistemazione idraulica nella provincia di Cagliari detta al Consiglio provinciale nella seduta del 18 agosto 1893, 1894; I pascoli e gli effetti del catasto, ‘‘L’Unione sarda’’, 1899; Relazione sulla riforma delle tariffe ferroviarie sarde, ‘‘L’Unione sarda’’, ` 1901; Interpellanza sulle Universita Sarde, ‘‘L’Unione sarda’’, 1901; Interpellanza sui provvedimenti della Sardegna, 1903; Per la sistemazione idraulica del Tirso, ‘‘L’Unione sarda’’, 1903; La religione del silenzio, ‘‘L’Unione sarda’’, 1906; Sulle comunicazioni marittime per la Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1911; Il bilancio dei lavori pubblici e la Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1911; La questione ferroviaria, ‘‘L’Unione sarda’’, 1912.

Cao Pinna, Cecilia Soprano (Cagliari 1895-Roma 1938). Dopo aver completato i suoi studi nell’Accademia di Santa Ce` anche in violino. Canto ` cilia, si diplomo nei principali teatri d’Italia, riscuo` il tendo ovunque vivi consensi. Sposo musicologo Claudio Torrefranca e as` nello studio di sieme a lui si specializzo antichi compositori.

Capay Famiglia della borghesia caglia315

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Capay ritana (secc. XVI-XVIII). Le sue notizie risalgono alla fine del secolo XVI, quando visse un dottor Bonifacio che fu avvocato dello Stamento reale durante il parlamento del duca di Gandı´a. Nel 1617 ottenne il cavalierato eredita` ; furono suoi figli Gavino, rio e la nobilta Giovanni Francesco, Dionigi, Agostino e Giacomo, i primi quattro dei quali diedero origine ad altrettanti rami della famiglia. Gavino si trasferı` a Sassari, dove la sua discendenza si estinse alla fine del secolo XVII; Giovanni Francesco e Dionigi diedero vita ai rami cagliaritani; Agostino si trasferı` a Oristano, dove la sua discendenza si estinse agli inizi del secolo XVIII. I loro discendenti ricoprirono importanti uffici pubblici e si imparentarono con altre famiglie dell’aristocrazia cagliaritana. Nel corso del secolo XVII la famiglia ebbe un tracollo economico e perse di importanza.

Capay, Agostino Uomo d’armi (Cagliari, inizi sec. XVII-ivi 1665). Fratello di Gavino e di Giacomo, nel 1638 fu nominato capitano ordinario di Sassari; in seguito si trasferı` a Oristano dove risiedette per alcuni anni. Tornato a Cagliari nel 1659 fu eletto consigliere capo `. della citta

Capay, Bonifacio Giureconsulto (Ca` sec. XVI-ivi 1627). gliari, seconda meta ` Dopo essersi laureato in Legge esercito con successo la professione di avvocato. Nel 1613 fu designato come avvocato dello Stamento reale durante il parlamento del duca di Gandı´a. Nel 1614 fu eletto secondo consigliere di Cagliari e nel 1617 ottenne il cavalierato eredita` ; nel 1623 fu ammesso allo rio e la nobilta Stamento militare durante il parlamento Vivas.

Capay, Gavino Uomo d’armi, funzionario regio (Cagliari, inizi sec. XVII-ivi 1664). Figlio di Bonifacio, nominato capitano di Stampace, nel 1637 prese

parte all’azione contro i francesi che, nel corso della Guerra dei Trent’anni, avevano tentato di conquistare Oristano, e nel 1638 fu nominato capitano ordinario di fanteria e difensore delle torri del porto. Poco dopo fu destinato a Sassari dove divenne capitano della cavalleria di Sant’Apollinare; tornato a Cagliari, nel 1649 fu nominato vicario reale e nel 1652 commissario generale della cavalleria del Capo di Sassari e Gallura in assenza di Francesco di Villa Padierna. Nel 1659 fu infine nominato reggente della Tesoreria generale.

Capay, Giacomo Religioso (Cagliari 1608-Ales 1663). Vescovo di Bosa dal 1658 al 1660 ca. Fratello di Gavino, dive` in Legge. Per nuto sacerdote, si laureo ` alcuni anni dopo le sue ottime qualita fu nominato cancelliere apostolico della diocesi di Ales, dove divenne anche decano del capitolo. Nel 1658 fu nominato vescovo ma resse la sua diocesi per un periodo molto breve.

Capazennor Antica famiglia di majorales del giudicato di Torres (sec. XI). Probabilmente originaria del Figulinas, dove era il salto di Capazennor; i suoi membri erano personaggi di rilievo e ricoprivano importanti uffici alla corte giudicale; figuravano spesso come testimoni di importanti transazioni nel condaghe di San Pietro di Silki e in quello di San Nicola di Trullas.

Capdevilla, Galcerando Gentiluomo cagliaritano (sec. XV). Di origine catalana, nel 1486 ebbe in dono da Angela Beltran il feudo di Nuraminis, che ` nel 1491 rivendette ai Bellit. Morı` pero senza discendenti alcuni anni dopo.

Capece (o Capecha) Famiglia di Tempio Pausania (secc. XVII-XIX). Le sue notizie risalgono alla fine del secolo XVII. ` fonIn possesso di una estesa proprieta diaria, durante la guerra di successione spagnola sostennero il partito filoasburgico, per cui nel 1715 ottennero il

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Capelvenere ` con cavalierato ereditario e la nobilta `, a causa della speun Pietro. Egli pero dizione dell’Alberoni, non riuscı` a ottenere l’exequatur per i privilegi che gli erano stati concessi; i suoi discendenti, comunque, furono considerati nobili e continuarono ad accumulare estese ` . Finalmente, nel 1815, un Vinproprieta cenzo ottenne il rinnovo dei privilegi. La famiglia si estinse nel corso del secolo XIX.

Capece, Diego Religioso (Tempio 1774ivi 1855). Vescovo di Ampurias e Tempio ` e fu ordinato dal 1833 al 1855. Studio sacerdote a Cagliari. Dopo essere stato per venticinque anni parroco a Quartucciu, fu nominato canonico della cattedrale di Cagliari. Nel 1833 fu nominato vescovo di Ampurias e Civita (ma nel 1839 l’intitolazione della diocesi fu mutata in quella di Ampurias e Tem` una Epistola pastoralis pio). Pubblico ad clerum et populum diocesis Ampurien Civitaten, stampata a Cagliari nel 1833, e una Omelia recitata in occasione dell’essersi pubblicata la bolla dell’erezione a cattedrale della insigne collegiata chiesa di Tempio, Cagliari, 1840.

` a Pisa nel 1858. geologia e si laureo Dopo un periodo di specializzazione al` in Italia e fu l’estero, nel 1861 torno chiamato a insegnare Geologia presso ` di Bologna. Percorse tutta l’Universita la carriera accademica in questa Uni`, della quale fu due volte eletto versita rettore. Studioso di grande livello, la` una produzione scientifica notescio vole. Interessato alla geologia della Sar` ai fossili dell’isola alcuni degna, dedico studi importanti, tra i quali: Cetacei e sirenidi fossili scoperti in Sardegna, ‘‘Rendiconti della Regia Accademia dei Lincei’’, IV, 1886 e Balenottere mioceniche di San Michele presso Cagliari, ‘‘Memorie della Reale Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna’’, V, 1899.

Capelli, Roberto Imprenditore, consigliere regionale (n. Nuoro 1957). Accanto alla guida della propria azienda ` dedicato con entusiasmo alla vita si e `, aderendo dappolitica della sua citta ` prima alla DC. Tra il 1993 e il 1995 e stato consigliere comunale di Nuoro e ha aderito all’UDR. Per questo partito ` stato eletto consigliere regionel 1999 e nale nel collegio di Nuoro per la XII le` gislatura. Nel corso della legislatura e ` passato al CDU e infine all’UDC di cui e divenuto capogruppo in Consiglio re` stato riconfermato gionale; nel 2004 e consigliere per la XIII legislatura regionale.

Capellini, Giovanni Geologo (La Spezia 1833-Bologna 1922). Lasciata la carriera ` allo studio della ecclesiastica, si dedico

Capelvenere – Piuttosto comune in natura, questa felce viene anche coltivata a scopo ornamentale.

Capelvenere Felce della famiglia delle Adiantacee (Adiantum capillus-Veneris L.). Ha un rizoma squamoso breve e strisciante, i fusti sottili, bruno-nerastri, e foglioline (scient. fronde) a forma di ` strutture riventaglio, gli sporangi (cioe produttive che contengono le spore), disposti nei bordi inferiori delle foglie.

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Capibreviazione Comune in Sardegna nei luoghi particolarmente umidi, vicino a corsi d’acqua e sorgenti. La medicina popolare le attri` fluidificanti, anticabuisce proprieta tarrali e calmanti per la tosse; decotti e infusi a base di tutte le parti della pianta, frizionati sul cuoio capelluto, rallentano la caduta dei capelli e la formazione della forfora. Nomi sardi: erba chi non infundet, farzia, filettu di Venere, filigheddu, pimpinella. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Capibreviazione Procedura che consisteva nella registrazione nel cabro dei titoli in base ai quali un cittadino possedeva un immobile di pertinenza regia. La c. avveniva periodicamente in base a ´e un ordine che il re impartiva al vicere ai procuratori reali, i quali dovevano provvedere a registrare i titoli che i cittadini erano tenuti a presentare. La procedura era ritenuta completa una volta avvenuto il pagamento di una tassa di registro; poteva invece conclu` dersi con la perdita della disponibilita dell’immobile se non fossero stati esibiti i titoli di possesso.

Capichere Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Gallura, compreso nella curatoria di Unali. Sorgeva a poca distanza da Arzachena. All’estinzione della dina` sotto stia dei Visconti, il villaggio passo il controllo di Pisa che provvide a farlo amministrare direttamente da funzio` mannari del Comune. La comunita ` tenne i suoi antichi privilegi e continuo a eleggere annualmente il majore e i consiglieri; dopo la conquista arago` a far parte del Renese, nel 1323 entro gnum Sardiniae, ma la sua popolazione mantenne un atteggiamento ostile nei confronti dei nuovi venuti. Nel 1330 fu occupato dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni; nel 1331 fu concesso in feudo allo stesso Cardona. ´ nel Questi morı` carico di debiti, sicche

1337 i suoi eredi restituirono il villaggio al fisco. Dopo il 1340 C. fu nuovamente al centro di gravi tensioni, e quando nel ` la seconda ribellione dei 1347 scoppio Doria, gli abitanti vi presero parte. Per pacificarli, C. fu concesso in feudo a ´ vi riporGiovanni d’Arborea perche ` . Negli tasse la pubblica tranquillita anni seguenti, mentre lo sfortunato principe languiva in carcere, il villaggio, nuovamente investito dalla guerra, ` completamente. si spopolo

Capinera = Zoologia della Sardegna Capisbald, Arnaldo Cittadino algherese (sec. XIV). Nel 1370, negli anni in ` intenso si combatteva il secondo cui piu conflitto tra Pietro IVe Mariano IV, ebbe il feudo di Urgeghe nella curatoria del Figulinas, ma non riuscı` a entrarne in possesso proprio a causa delle operazioni belliche.

Capitan Famiglia sassarese (sec. XIV). Le sue notizie risalgono al secolo XIV: faceva parte dell’oligarchia di mercanti ` . Nel 1437 ottenne che dominava in citta ` con il riconoscimento della generosita Matteo, valoroso uomo d’armi che com´ al seguito di Alfonso V. batte

Capitania generale Tribunale militare ´ nella sua qualita ` presieduto dal vicere di capitano generale delle truppe del Regno. Aveva competenza a giudicare dei reati dei militari di stanza in Sardegna e dei miliziani che eventualmente li avessero commessi durante il servizio. Aveva inoltre competenza a giudicare sulle prede di guerra, le piraterie, le ´ rappresaglie e il contrabbando nonche in tutte quelle materie che fossero state sottratte al giudizio dei Consolati. Il col´, legio giudicante, oltre che dal vicere era costituito dal reggente la Reale Cancelleria, dall’avvocato fiscale generale, da un giudice della Reale Udienza e dal comandante della squadra delle galere. Le sentenze della C.g. potevano essere appellate presso la Reale

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Capitoli di corte Udienza, tribunale col quale peraltro non di rado si verificavano conflitti di ` a funzionare ancompetenza. Continuo che in epoca sabauda e nel 1816 le sue funzioni vennero ulteriormente definite.

Capitano delle torri Ufficiale preposto all’amministrazione delle torri per la difesa costiera. Posto al vertice della Reale Amministrazione delle torri, era ´ nella nominato direttamente dal vicere sua funzione di capitano generale; per esplicare le sue funzioni si serviva di numerosi ufficiali subalterni ed era gerarchicamente superiore agli alcaidi che governavano le singole torri lungo le coste. Aveva il compito di visitare annualmente le torri e di verificarne l’efficienza, provvedendo a tenerle sempre `. a un livello adeguato alle necessita

Capitano di Iglesias (o Capitano di Giustizia) Magistrato. L’ufficio, la cui istitu-

zione risale al tempo della dominazione pisana, con diverse competenze e denominazioni fu mantenuto fino al 1838, anno in cui fu abolito. Le prime notizie si leggono nel Breve di villa di Chiesa. Come rappresentante del Comune, il c. di I. aveva poteri molto ampi in materia civile e militare, amministrava la giu` . L’ufficio fu stizia e difendeva la citta mantenuto in periodo aragonese e spagnolo, quando il c. di I. divenne il rap`, presentante del potere regio in citta continuando a conservare notevoli poteri amministrativi, giurisdizionali e militari piuttosto ampi, che spesso entravano in contrasto con i poteri del Consiglio civico, cui spettava il governo ` . La magistratura fu mantedella citta nuta anche dopo il 1720 al momento del passaggio dell’isola ai Savoia; i suoi poteri e i suoi requisiti furono definiti con un pregone del 1760, i rapporti col Consiglio comunitativo regolamentati nel 1771. Nel 1807, con la costituzione delle prefetture, l’ufficio fu temporanea-

mente soppresso e i poteri del c. di I. ` la assunti dal prefetto. Nel 1821 pero ` fino magistratura fu ricostituita e duro al 1838.

Capitini, Aldo Pedagogista (Perugia 1899-ivi 1968). Formatosi alla Normale ` alla di Pisa, dopo la laurea si dedico carriera universitaria e all’impegno sociale. Di profondi sentimenti antifascisti, fu tra gli ispiratori del nucleo che, intorno alla Scuola Normale di Pisa, diffuse il pensiero liberalsocialista negli ultimi anni del regime: ad alcune riunioni parteciparono anche i sardi Giuseppe Dessı` e Antonio Borio. Sulla scia degli insegnamenti di Carlo Rosselli e il programma politico di ` fu, nel settembre Giustizia e Liberta 1943, tra i fondatori del Partito Italiano d’Azione. Caduto il fascismo, nel ` i ‘‘Centri di orientamento 1945 fondo sociale’’, elaborando la dottrina della non violenza come fattore di liberazione e la autogestione e la partecipazione come alternativa alla rivolu` per molti anni presso zione. Insegno ` di Cagliari, animando anl’Universita che in Sardegna il movimento pacifi` insieme ad Antonio Pista. Organizzo gliaru una ‘‘Marcia della pace’’ che raccolse un’animata partecipazione. ` di Perugia, Trasferito all’Universita ` natale. Negli anni morı` nella sua citta del soggiorno sardo scrisse l’articolo ` in Sardegna. La facolta ` di L’Universita Magistero, ‘‘Rinascita sarda’’, V, 1957.

Capitoli di corte Nome con cui erano definiti gli atti elaborati dai parla` simenti sardi. Sono il documento piu ` parlagnificativo dell’intensa attivita mentare che gli Stamenti svolsero nell’arco dei quattro secoli del loro funzionamento (1355-1796). Conosciuti come Capitula Curiarum, erano formalmente le richieste che gli Stamenti ´ in occasione facevano al re o al vicere ` della discussione del donativo, cioe

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Capitoli di grazia del tributo che la Sardegna, attraverso i suoi rappresentanti riuniti in Parlamento, si impegnava a versare. Se approvati erano equiparati alla costituzione stessa del Regno e avevano forza di legge, almeno fino a quando eventualmente non fossero stati abrogati. I capitoli approvati direttamente dal re con la sua formula ‘‘si agisca secondo la supplica’’ avevano un’efficacia immediata e diretta; quelli approvati dal ´ , invece, richiedevano un sucvicere cessivo placet del sovrano. Avevano forza di legge generale se emanavano dai tre Stamenti congiunti, avevano invece forza di regolamento particolare se emanavano da uno solo dei tre Sta` dimenti. I c. di c. riguardarono le piu sparate materie, e per quanto non possano essere equiparati a un moderno atto legislativo frutto della dialettica democratica all’interno del Parlamento, riuscirono a dare risposte ad ` alcune delle esigenze della societa sarda; vanno cosı` ricordati i c. di c. che portarono alla istituzione delle ` , quelli che crearono i Universita Monti frumentari, che riordinarono il notariato, che mitigarono le pene, che regolamentarono il commercio del grano e molti altri. Nel corso dei secoli il moltiplicarsi dei c. di c. e la comples` e disorganicita ` del loro contenuto sita ` di cufecero emergere la necessita rarne la raccolta e di riordinarli secondo criteri razionali. La formazione di una prima raccolta di c. di c., affidata a Francesco Bellit e pubblicata nel 1572, contiene le determinazioni adottate tra il 1421 e il 1558. Nel 1591, a cura di Pier Giovanni Arquer, fu pub` blicata una seconda raccolta piu estesa e aggiornata, che comprendeva anche i c. di c. concessi fino al 1585. Nel 1645, infine, fu pubblicata una terza raccolta curata da Giovanni Dexart. Da qualche anno il Consiglio re-

gionale della Sardegna sta procedendo alla pubblicazione integrale degli Acta Curiarum Regni Sardiniae, che ` di di– una volta ultimata – permettera sporre della documentazione dell’in` del Parlamento sardo. tera attivita

Capitoli di grazia Atti normativi che regolamentavano i rapporti amministrativi, giurisdizionali e patrimoniali ` dei suoi tra il feudatario e le comunita vassalli. Generalmente venivano concessi dal feudatario con atto di libera` in occasione della successione o lita erano il risultato di una trattativa tra feudatario e vassalli in occasione della soluzione di un contrasto o della definizione dell’ammontare del donativo. Il testo, una volta approvato, veniva sottoposto periodicamente a revisione e in genere veniva ridiscusso ` del feudo ogni volta che nella titolarita subentrava un nuovo signore o quando doveva essere votato il donativo. I testi dei primi c. di g. risalgono al secolo XV, ma nel corso del secolo XVI e soprattutto durante il XVII il loro uso divenne generalizzato, principalmente nei grandi feudi retti da feudatari che erano lontani o assenti. Il documento quasi sempre veniva sancito con un ` atto notarile che conferiva pubblicita e certezza al suo contenuto e dunque, almeno nell’ambito del feudo, aveva forza di legge.

Capitta, Alberto Scrittore (n. Sassari 1954). A Sassari, dove vive e lavora, si dedica dal 1981 al teatro di ricerca. Cofondatore di ‘‘Ariele Laboratorio’’, ne ` ` direttore artistico, regista, attore. E e autore di vari testi teatrali, ma la noto` e l’apprezzamento della critica rieta gli sono venuti dai suoi due primi romanzi, Il cielo nevica (Guaraldi, 1999) e Creaturine (Il Maestrale-Frassinelli, ` stato anche segnalato al 2005), che e premio letterario ‘‘Porto Cervo’’.

Caplana, Berengario Cavaliere cata-

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Capo Caccia ` sec. XVlano (Catalogna, prima meta Cagliari 1473). Nel 1444 si trasferı` a Cagliari per esercitarvi le funzioni di procuratore reale. Negli anni successivi fu tra i protagonisti di alcune spregiudicate operazioni di compravendita di feudi e operazioni di prestito di ingenti somme che gli fruttarono no` la sitevoli profitti. Nel 1464 acquisto gnoria di Mordedu in Marmilla; nel ` , del 1467 ebbe da Pietro di Besalu quale era creditore, anche l’ufficio di capitano e di amministratore dell’intera contrada. Nel 1469, avendo com` , ebbe revocato messo un’irregolarita l’ufficio di procuratore reale. Morı` a Cagliari senza eredi nel 1473.

Capo Becco Miniera di manganese nell’isola di San Pietro. Situata a nord ` a essere sfruttata di Carloforte, inizio a partire dal 1870 da imprenditori francesi; ben presto i lavori vennero ` di Capo estesi alla vicina localita Rosso, nell’idea di poter sfruttare la produzione lavorandola in loco e poi smistando il prodotto finito in Francia. Il progetto fallı` e dopo pochi anni il ` a essere lavominerale estratto inizio rato in Francia e in Italia. La produ` aumentando e nel corso zione ando ` in mano dei decenni successivi passo a diversi imprenditori, tra cui i Bellegrande, che diedero un notevole impulso allo sviluppo degli impianti e fecero costruire un modesto villaggio attorno agli stabilimenti. Dopo il 1921 ` al Kessel, un imprenditore C.B. passo ` la miniera fino al tedesco che sfrutto ` all’AMMI, che con1937, quando passo ` a sfruttare il giacimento fino al tinuo ` ai Kessel. 1950, anno in cui C.B. torno ` , gli imprenditori tedePoco dopo, pero schi cedettero gli impianti alla famiglia Uccheddu, che proseguı` i lavori ` fino al 1977. Attualmente la miniera e dismessa e si pensa di sfruttare il villaggio a scopi turistici.

Capo Boi Promontorio che si stende nel golfo di Cagliari lungo la strada di Villasimius a delimitare a ovest il golfo di Carbonara. In posizione panoramica ri` stato oglevante, negli ultimi decenni e getto di un disordinato sviluppo turistico realizzato attraverso alcuni insediamenti che hanno rischiato di comprometterne l’equilibrio paesaggistico.

Capo Caccia Imponente promontorio di calcare del Cretaceo che si protende in mare a breve distanza da Alghero delimitando la baia di Porto Conte. Caratteristiche sono le sue pareti a picco, che producono un effetto di grande suggestione. Come dimostrano i numerosi siti archeologici e ` le grandi grotte di cui il promontorio e ricco (la Grotta di Nettuno, la Grotta Verde o dell’Altare, la Grotta dei Ri` stato frequentato dall’uomo cami), e ` remote eta ` della preistofin dalle piu ria.Era il Caput Hermaeum di Tolomeo: dallo spiazzo in cui culmina, ai ` stata aperta nel sepiedi del faro, e condo dopoguerra una ripida scalinata di 656 gradini, che permette di arrivare per via di terra alla Grotta di Nettuno, che sino ad allora si poteva raggiungere solo via mare.

Capo Caccia – Veduta della costa nei pressi del capo.

La discesa della scalinata, giustamente conosciuta come l’Escala del Cabirol, la ` un’esperienza ‘‘scala del capriolo’’, e

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Capo Carbonara emozionante, anche per la bellezza del paesaggio di cui si gode, non inferiore a quello che si apre davanti alla terrazza superiore del Capo.

Capo Caccia – Il grande promontorio che chiude il golfo di Alghero ospita numerose grotte, fra le quali la Grotta di Nettuno, una ` famose d’Europa. delle piu

Capo Carbonara Promontorio granitico che si protende dall’estrema punta meridionale della costa orientale della Sardegna a delimitare a est il golfo di Carbonara.

Capo Carbonara – Il promontorio granitico del capo `e una nota caratteristica del paesaggio della costa intorno a Villasimius.

Capo Coda Cavallo – Il promontorio, sulla costa immediatamente a sud di Olbia, ospita ` ora importanti attrezzature della ricettivita turistica.

Capo Carbonara – Cala Giunco.

Prende il nome dall’antico insediamento punico-romano scomparso nel Medioevo e attualmente rappresenta il cuore dell’area marina protetta di Villasimius, istituita nel 1999.Il territorio negli ultimi anni ha avuto un notevole sviluppo turistico.

Capo Coda Cavallo Promontorio a sud di Olbia lungo la strada che segue la costa orientale per San Teodoro. Si protende sul mare imponente proprio di fronte alle isole di Tavolara e di Molara, che contribuiscono a creare un pano-

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Capo Falcone ` suggestivi di questo tratto rama tra i piu di costa orientale. ` stato interessato Negli ultimi decenni e da una notevole crescita turistica, soprattutto durante i mesi estivi, e da una ` di insediamenti di segrande quantita conde case.

come Capo di sotto (Cab’e jossu), istituita nel 1324 dopo la conquista aragonese del Regno di Sardegna. Comprendeva buona parte dei territori che dopo la sconfitta erano stati tolti al Comune di Pisa e che avevano fatto parte dei giudicati di Cagliari e di Gallura. Autonoma e non contigua territorialmente all’altra circoscrizione, fu probabilmente costituita per motivi strategico-militari e affidata al governo di un funzionario che portava il titolo di Governatore, dipendente direttamente dapprima dal governatore generale e a partire dal se´. colo XV dal vicere

Capodoglio = Zoologia della Sardegna

Capo Coda Cavallo – Dal promontorio si gode la vista straordinaria delle gigantesche pareti calcaree di Tavolara.

Capo del Logudoro Circoscrizione territoriale, conosciuta anche come Capo di sopra (Cab’e susu), istituita nel 1324 dopo la conquista aragonese del Regno di Sardegna. Virtualmente compren` apdeva buona parte dei territori gia partenuti al Comune di Sassari e quelli che costituivano il patrimonio feudale dei Doria e dei Malaspina; tutte terre che, nel corso della guerra di conquista catalano-aragonese, erano state dichiarate facenti parte del Regnum Sardiniae a seguito dell’omaggio prestato al re d’Aragona dai loro antichi signori. Autonoma e non contigua territorialmente alla circoscrizione meridionale, probabilmente anch’essa fu costituita per motivi strategico-militari e affidata al governo di un funzionario che portava il titolo di Governatore, dipendente direttamente dapprima dal governatore generale e a partire dal secolo XV ´. dal vicere

Capo di Cagliari e Gallura Circoscrizione territoriale, conosciuta anche

Capo Falcone – Il grande promontorio chiude a nord-ovest il golfo dell’Asinara protendendosi verso la vicina isola.

Capo Falcone Promontorio che si protende dall’ultima propaggine delle coste occidentali dell’isola di fronte alle

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Capo Ferrato isole Piana e Asinara. Separa il cosiddetto Mare di Fuori dal golfo dell’Asinara. Posto in una situazione panoramica eccezionale, negli ultimi anni ha avuto un grande sviluppo turistico, avviato fin dagli anni Cinquanta con la costruzione di un albergo dalla vasta facciata che abbraccia gran parte della rinomata spiaggia de La Pelosa.

Capo Ferrato Promontorio situato lungo la costa orientale a pochi chilometri da Castiadas, che chiude a nord la Costa Rei. Capo Frasca – Il lungo promontorio chiude a sud il golfo di Oristano: la sua protezione ha permesso di realizzare nel golfo un grande porto commerciale.

Capo Galera, torre di Torre nei pressi di Alghero a nord di quella di Poglina, costruita tra il 1572 e il 1580 a spese ` per difendere il capo e la della citta spiaggia delle Bombarde; dotata di due cannoni e servita da un alcaide, un artigliere e tre soldati, fu ripetutamente re` dal servizio nel 1867; staurata e cesso ` di proprieta ` privata. attualmente e

Capo Ferrato – Allineamento di menhir sul promontorio in territorio di Muravera.

Il suo territorio, un tempo quasi deserto, con la nascita di Castiadas e della Costa Rei ha avuto un notevole sviluppo turistico, che lo anima soprattutto durante i mesi estivi.

Capo Frasca Promontorio sabbioso che delimita la parte meridionale del golfo di Oristano lungo le coste occidentali dell’isola. Il suo territorio, scarsamente ` popolato ma ricco di bellezze naturali, e ` sede di un poligono di esercitapero zione per le forze aeree della NATO che utilizzano la non lontana base di Decimomannu. La dipendenza militare ` di sviluppo ne condiziona le possibilita turistico e quelle della pesca, che altrimenti sarebbero notevoli.

Capo Malfatano – Il capo chiude tre insenature sulla costa sud-occidentale: la spiaggia di Perda Longa, la spiaggia di Tuarredda, la peschiera di porto Malfatano.

Capo Malfatano Promontorio che si trova lungo le coste sud-occidentali dell’isola tra capo Spartivento e capo Teu` costituito da un picco roccioso di lada. E

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Capo Sant’Elia grande bellezza e di straordinario effetto, che domina l’insieme di tre spiaggette della Costa del Sud, una delle ` detta porto Malfatano, dove e ` quali e una piccola peschiera. Il sito fu fre` e abquentato dall’uomo nell’antichita bandonato nel corso del Medioevo; ha conservato una sua selvaggia bellezza che l’apertura di una strada e il recente sviluppo turistico non hanno per ora ancora incrinato.

Capo Malfatano, torre di (detta fortezza di San Francesco) Torre costruita nel 1639 sulla punta del capo a un’altezza di 60 m sul livello del mare; controllava le altre torri di Porto Scudo, Budello e Cala Piombo ed era in contatto con quella di Chia; dotata di tre cannoni, servita da un alcaide, un artigliere e tre soldati, nel ` volte; corso dei secoli fu restaurata piu ` il servizio nel 1847; e ` in discreto cesso stato di conservazione.

Idu, ricche di insediamenti turistici che negli ultimi anni hanno determinato lo sviluppo (economico, ma soprattutto edilizio) di un territorio di tradizionale isolamento.

Capo Rosso Miniera di manganese situata nell’isola di San Pietro a nord di Carloforte, a poca distanza da quella di ` a essere sfruttata da capo Becco, inizio Edmondo Piot che nel 1877 ne ottenne ` la produzione, la concessione e ne avvio pensando di poterla sfruttare lavorando in loco il prodotto e poi smistandolo finito in Francia. Il progetto fallı` e pochi ` nelle mani anni dopo la miniera passo ` operavano degli imprenditori che gia nella miniera di capo Becco e negli anni successivi ne condivise le vicende.

Capo Sandalo Promontorio che si apre lungo le coste occidentali dell’isola di San Pietro, facilmente raggiungibile da Carloforte. Posto in situazione strategica rispetto alle rotte del Mediterraneo sud` stato recentemente dotato occidentale, e di un impianto di radiofaro.

Capo Sandalo – Costa dell’isola di San Pietro nei dintorni del capo. Capo Mannu – L’erto promontorio, in molti tratti a picco sul mare, chiude a nord il grande golfo di Oristano.

Capo Mannu Localita` dell’Oristanese ` sviluppata in che recentemente si e ` dell’omonimo capo che doprossimita mina la distesa delle spiagge di Puzzu

Capo Sant’Elia Promontorio calcareo che si protende sul mare con i suoi 139 m di altezza, dividendo il golfo di Cagliari da quello di Quartu. Termina con una caratteristica roccia a forma di gigantesca sella posta a picco sul mare, detta appunto Sella del Diavolo, che domina l’insenatura di Marina Piccola e la

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Capo Spartivento grande spiaggia del Poetto. Il sito era frequentato fin dal periodo preistorico da popolazioni di cultura di Ozieri, le cui tracce sono state trovate numerose nelle ` ricco. In periodo grotte di cui il capo e fenicio-punico vi sorgeva il santuario di ` le Astarte Ericina; per la tarda antichita fonti parlano dell’esistenza di un villaggio abitato da cristiani addetti al lavoro nelle saline (=) di Cagliari. Il sito, nel ` a essere decorso del Medioevo, torno serto; incontrollabili leggende lo dicono frequentato dalle navi dei corsari barbareschi che avrebbero trovato riparo nelle molte calette naturali formate dallo strapiombare delle sue rocce sul mare. Nel corso del secolo XVI la posizione strategica ne fece oggetto di studi da parte degli architetti militari: vi furono costruite alcune torri di avvistamento, che contribuirono a rinsaldare ` soprattutto le difese di Cagliari. Fu pero nel corso dei secoli XVII e XVIII, con la costruzione della grande torre di Calamosca e dei fortini di Sant’Ignazio, che ` il carattere di posizione il colle acquisto fortificata, indispensabile complemento dell’intero sistema difensivo di Cagliari. Quando nel febbraio del 1793 la flotta francese comandata dall’ammiraglio ´ ville tento ` lo sbarco sulle Truguet-Tre rive del golfo di Cagliari, il forte Sant’Ignazio, affacciato a ovest sulla piana di San Luca (Gliuc) dove avveniva lo ` con i suoi cannoni sbarco, rappresento una spina nel fianco per i francesi. Nel ` di essere una piazza1861 Cagliari cesso forte, ma il territorio rimase in possesso ` aldel demanio militare che vi impianto cune importanti caserme. Attualmente ` anla maggior parte del suo territorio e ` milicora sotto il controllo dell’autorita tare, e questo costituisce un problema per il futuro sviluppo dell’intera zona.

spiaggia e le dune di Chia. La sua mole ` dominata da un faro. suggestiva e

Capo Spartivento – La mole imponente del promontorio (176 m sul livello mare) e`, subito ` piu ` dopo Capo Teulada, l’estremita meridionale dell’isola.

Di fronte alle sue coste, durante la seconda guerra mondiale, fu combattuta una battaglia navale tra la flotta italiana e quella inglese per il controllo del Mediterraneo occidentale, conosciuta appunto come la battaglia di c.S.

` di Capo Sperone – Veduta del litorale al di la un muretto a secco.

Capo Spartivento Imponente promontorio che si stende lungo la costa sudoccidentale dell’isola subito dopo la

Capo Sperone Promontorio che si ` meridionale delstende nella parte piu

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Capoterra l’isola di Sant’Antioco e che si affaccia a picco sul mare in un suggestivo scenario. Il suo territorio negli ultimi decenni ha avuto uno sviluppo notevole in seguito alla costruzione di diversi complessi per il turismo estivo.

Capoterra Comune della provincia di ` Cagliari, sede della XXIII Comunita montana, con 21 391 abitanti (al 2004), posto a 54 m sul livello del mare a sudovest del capoluogo, sulle lievi alture ` e il tra la zona industriale della citta monte Arcosu. Regione storica: Campidano di Cagliari. Archidiocesi di Cagliari. & TERRITORIO Il territorio comunale, che ha una forma approssimativamente romboidale, si estende per 68,25 km2 e confina a nord con Assemini a nord, a est con Cagliari e il mare dell’omonimo `ch e a ovest ancora golfo, a sud con Sarro con Assemini. Si trova sulle propaggini granitiche del monte Arcosu e comprende altre cime tra cui il monte Conchioru (740 m) e Is Pauceris Mannu (720 ` pianegm). Dall’abitato fino al mare e giante e adatto alle coltivazioni di vario tipo, soprattutto in regione Tuerra, forse sede di un grande delta fluviale estinto. Nella parte est giunge fino agli stagni di Cagliari. Il centro abitato si ` colletrova a 17 km dal capoluogo ed e gato con autolinee anche con gli altri centri vicini. & STORIA L’insediamento piu ` antico aveva origini romane e nel Medioevo ` a far parte del giudicato di Caentro gliari incluso nella curatoria di Nora. Dopo lo smembramento del giudicato ` ai della di Cagliari, nel 1257 C. passo Gherardesca che lo concessero ai Villana; alcuni anni dopo fu assalito da una flotta genovese e fortemente danneggiato, per cui il Comune di Pisa prese a governarlo direttamente. Dopo la conquista aragonese il villaggio fu re` nel 1344 lo stituito ai Villana che pero

vendettero a Timbora di Rocaberti moglie di Mariano IV. Scoppiata la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV nel 1353 il villaggio fu assalito e distrutto dalle truppe aragonesi. Timbora di Ro` che rimacaberti poco dopo cedette cio neva del villaggio e i suoi territori ai ˜ olas. Negli anni successivi di C. Ros Ban si perse memoria e il territorio si spo` completamente. Finita la guerra polo tra Aragona e Arborea, il territorio di C. fu assegnato nel 1421 a Bernardo Ca˜ ans, figlio dell’ultima Ros Ban ˜ olas; stan nei decenni successivi si accese un con` di Cagliari ˜ ans e la citta flitto tra i Castan per il diritto di esigere un tributo sul bestiame che pascolava nel territorio; dopo diverse vicissitudini nel 1494 fu venduto all’asta e acquistato da Ausia Torrellas. I suoi discendenti nel 1655 avviarono il ripopolamento di C. e diedero impulso alla costruzione dell’at` di patuale cittadina con una comunita stori e contadini provenienti dal Gerrei. I Torrellas si estinsero alla fine del secolo XVII aprendo una confusa fase di controversie giudiziarie per la suc` riprese cessione in cui entrarono a piu le famiglie degli Otger, Machin e Vico Zonza ai quali il feudo fu riconosciuto nel 1730. Questi ultimi si estinsero nel 1801, per cui si aprı` una nuova lite tra gli ` fiAmat e gli Zapata; nel 1832 C. passo nalmente agli Zapata e a loro fu riscattato nel 1839. Dopo il riscatto fu incluso nella provincia di Cagliari. Di questo ` la preziosa testimonianza di periodo e Vittorio Angius: «Sono case 185 costrutte a mattoni d’argilla crudi di brutto aspetto, e nell’interno poco salu` ancora a vebri e comode; tra le quali e dere parecchie delle capanne che accolsero i primi coloni. La popolazione (anno 1835) sommava ad anime 820, distribuite in famiglie 70. Nascevano nell’anno 30, morivano16, e si celebravano matrimoni 7. Nelle ordinarie malattie

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Capoterra sono febbri periodiche, infiammazioni ecc., e per esse, mancando l’opera dei medici e chirurghi, sotto quella di imperiti flebotomi alcuni succumbono nel ` . Molti [degli uomini] lavofiorir dell’eta rano a provveder la capitale di legna sottili e fascine, che vi mandano su i navicelli. Con essi alcuni uomini di Quarto brucian legno e carbone, onde avvien loro qualche lucro. Questo cresce con la vendita della sala e dei guinchi che in sulla estate tagliano o strappano dalla Tuerra, e delle sanguisughe che in grandissima copia prendono nelle acque della medesima. Risiede in questa terra il delegato di giustizia con giurisdizione sopra Sarroco. Dal 1816 vi furon mandati in stazione de’ soldati di fanteria. Alla istruzione elementare ` di cinque fanciulli. non concorrono piu ` molto Il territorio di questo comune e esteso, in parte piano, in parte montuoso, con le roccie granitiche. Ai terreni vicini all’abitato meglio si confanno le viti che i cereali. Si seminano starelli di grano 350, d’orzo 500, di fave, civaie [legumi], e lino piccola misura. Bestiame. Nel manso si numerano buoi 150, cavalli 30, giumenti 140. Nel rude, vacche 400, cavalle 200, pecore 3000, capre 4000, porci 1000. Il latte e il formaggio smerciasi nella capitale. Le arnie sono coltivate in alcuni orti». Nella se` del secolo XIX l’economia conda meta del paese si basava soprattutto sull’allevamento del bestiame, ma erano fiorenti anche la coltivazione dei cereali e della vite. Alcuni abitanti di C., in crescita demografica agli inizi del Novecento, trovarono lavoro nella miniera ` frandi ferro di San Leone, di proprieta ¨ in, noto ancese e diretta da Leon Gou che per la sua passione per l’archeologia. Intorno al 1925 l’apertura delle saline di Macchiareddu diede a molti terralbesi lavoro e un certo reddito, utile a superare i momenti di crisi, soprattutto

nel secondo dopoguerra. Lo sviluppo ` rivolto alla costa dove attuale di C. e stanno sorgendo notevoli insediamenti turistici. & ECONOMIA L’economia di C. e ` basata principalmente sull’agricoltura, vi sono particolarmente sviluppate l’orti` sede anche coltura e la frutticoltura. E ` industriali e di alcune piccole attivita di alcune imprese edili che sfruttano l’espansione delle zone residenziali ` complementari a Cagliari. Altra attivita ` costituita dalla rete comsignificativa e ` invece persa la memoria merciale. Si e ` che gli abitanti di dell’intensa attivita C. svolgevano nei boschi dove producevano carbone e raccoglievano legna da ardere che inviavano al capoluogo via mare attraverso il porticciolo di Maddalena (Porto Botte). Questo insedia` stato la base per le attivita ` lemento e ` sede di guargate al turismo. Servizi. E dia medica, di farmacia, di scuole di ogni ordine e grado e di servizi bancari. Possiede la Biblioteca comunale, 3 alberghi con 56 posti letto, 2 aziende agrituristiche con 19 posti letto, 8 ristoranti e un Centro Ippico. & DATI STATISTICI Al censimento del 2001 la popolazione contava 20 445 ` , di cui stranieri 152; maschi unita 10 371; femmine 10 074. La tendenza complessiva rivelava un deciso aumento della popolazione, con morti per anno 116 e nati 205; cancellati dall’anagrafe 485; nuovi iscritti 1052. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 99 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 21 088 in migliaia di lire; versamenti ICI 6244; aziende agricole 534; imprese commerciali 455; esercizi pubblici 42; esercizi all’ingrosso 2; esercizi al dettaglio 208; ambulanti 68. Tra gli indicatori sociali: occupati 4729; disoccupati 621; inoccupati 1465; laureati 496; diplomati 2355; con licenza media 5426; con licenza elementare 4123;

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Capoterra analfabeti 543; automezzi circolanti 6626; abbonamenti TV 3514. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Nel territorio di C. si trova l’importante insediamento prenuragico di Cuccuru Ibba: vi sono stati individuati anche alcuni nuraghi e in particolare quelli di Cuccureddus, Domu de Sau de is Orcus, ` Domus is Antigus. In alcune localita montane come Bidda Mores sono stati trovati ruderi di necropoli che risalgono al periodo punico-romano (sec. II a.C.). & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Il tessuto urbano tradizionale, caratterizzato dalla presenza di grandi case che si affacciano con le loro corti – chiuse da ampi portali – alle strade del centro, nel corso degli ultimi ` stato soffocato da un’edilizia decenni e disordinata, mossa dalla grande crescita demografica. Tuttavia in certi punti conserva ancora un certo fascino, soprattutto in alcune palazzine e nella bella chiesa di Sant’Efisio, parrocchiale dedicata al patrono della cittadina che, quando nel 1655 era stata ricostruita e ripopolata, si chiamava Villanuova Sant’Efisio di C. La chiesa fu costruita in quello stesso 1655 in forme che ricordano il gotico-aragonese con l’interno a tre navate scandite da archi a sesto acuto decorati da rosoni e arricchite da cappelle laterali. Nella terza domenica di maggio vi si svolgono i festeggiamenti in onore del santo. Altro interessante sito che permette di comprendere la storia e le tradizioni del vil` Su Loi (torre degli Ulivi). Nella laggio e ` prospiciente il mare recenti localita scavi hanno permesso di individuare i resti di una grande villa romana del secolo IV. Poco oltre sorge la torre degli `e Ulivi, situata nella omonima localita posta in vista delle altre torri del sistema difensivo di Cagliari. Costruita nel 1578 in forma troncoconica, con

un’altezza di 8 m e un diametro di 6,50 m, era adibita alla sorveglianza della costa. Nel 1780 e nel 1819 fu restaurata e nel 1843 definitivamente posta in disarmo. Di particolare interesse per la dimensione urbanistica che sta assu` il complesso di Poggio dei mendo e Pini, villaggio residenziale situato in regione Su Linnarbu lungo la valle di Santa Barbara. Il villaggio fu realizzato a partire dal 1960 sulla base di una lottizzazione e vi sono state costruite ville ` saresidenziali con il criterio della citta tellite rispetto alla vicina Cagliari. At` densamente popotualmente il sito e lato, amministrato da un condominio che va dotando il borgo di alcuni servizi ` colliessenziali. Nella amena localita nare di punta sa Menta, sempre a Poggio dei Pini, ha sede l’osservatorio ` di Caastronomico dell’Universita ` anche la gliari. Di notevole interesse e chiesa campestre di Santa Barbara, posta a monte del paese, con la vista dell’intero golfo degli Angeli. Da una targa studiata durante il restauro effettuato nel 1986, risulta che il santuario risale al 1291 e fu costruito per iniziativa del monaco pisano Gallo, eremita in quella zona e divenuto poi arcivescovo di Ca` preceduta da un gliari. La chiesetta e porticato con un piccolo campanile a vela, oltre il quale si trova l’ingresso in una parte laterale in cui sono scavate un gran numero di coppelle. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Tra le ` antiche feste che si riallacciano alle piu ` e ` quella di tradizioni della comunita Sant’Efisio, che durante l’anno viene ricordato in maniera ricorrente a cominciare dal 15 gennaio quando nella chiesa parrocchiale ne viene rievocato il martirio. Quando poi il 1º maggio, dopo la grande sfilata che si svolge a Cagliari, la statua di Sant’Efisio transita lungo la litoranea in direzione di Pula, una delegazione di cittadini si reca a

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Capo Testa Santa Maddalena dove l’effigie compie una sosta e la onora con particolare so` . Infine altro momento di festa lennita solenne in onore del santo si celebra il 15 maggio con un nutrito programma di manifestazioni. Nell’ultima domenica ` Scapizzada dove di giugno in localita sorge la piccola chiesa di Santa Barbara si svolge la festa in onore della santa tenendo fede alla leggenda secondo la ` sarebbe avvequale in questa localita nuto il martirio. Per l’occasione la statua della santa, acconciata con una tunica verde e con la ferita del martirio visibile sul collo, viene posta su una portantina e accompagnata in forma solenne dalla popolazione alla chiesetta. In questa occasione si cantano i goccius in suo onore. Nell’ultima domenica di settembre si festeggia per tre giorni e ` San Gerocon particolare solennita lamo. La festa sembrerebbe essere legata alle origini del nuovo villaggio che ` di Gerofu fondato appunto per volonta lamo Aragall.

anni Sessanta del Novecento soltanto da pochi contadini-pastori che vivevano dei pochi prodotti della terra e ` di pescare nelle antidella possibilita stanti Bocche di Bonifacio. La particolare posizione di c.T., con i suoi due grandi golfi alternativamente protetti dai dominanti venti del nord o da quelli ` allo meno frequenti del sud, ispiro stesso Garibaldi l’idea di acquistarlo. ` poi su Come si sa, il Generale si oriento Caprera, pare preoccupato dell’atteggiamento fortemente ostile dei pastori che consideravano ormai come cosa propria i pur magri pascoli di c.T. Il granito disegna piccole cale di scogli e sabbia molto conosciute: Porto Zino, Cala ` conosciuta Valle Spinosa, e l’ancora piu della Luna, da qualche decennio sito ´ esclusivo di drop-outs di dipressoche versa provenienza. Lo stesso granito fu conosciuto dai Romani (si vede ancora una cava abbandonata con abbozzi di colonne) e i Pisani ne trassero materiale per il loro Duomo (mentre non viene accettata la tradizione secondo cui «qui si vedono le colonne del Pantheon», secondo la dizione della cosiddetta Carta degli Ingegneri piemontesi, 1775).

Capo Testa – Cala Spinosa. Il piccolo promontorio ospita numerose spiaggie: la sabbia si alterna qui a cascate di granito.

Capo Testa Spettacolare promontorio granitico unito alla terraferma da una sottile striscia di sabbia che chiude la ` di baia di Santa Reparata in prossimita ` di 127 m Santa Teresa Gallura. Alto piu sul livello del mare, era abitato sino agli

Capo Testa – Il promontorio `e famoso anche per le fantastiche forme che il granito vi ha assunto sotto la forza del vento e del mare. Sculture del tempo nel paesaggio.

` molto frequentato d’estate, Oggi c.T. e anche per i vasti insediamenti di ville e

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Cappero alberghi sulle rive della baia di Santa Reparata. Sul breve territorio sono nate ville e ristoranti e un complesso di seconde case. Sull’estrema punta di c.T. esiste un faro costruito nella seconda ` dell’Ottocento; in basso il mare si meta frange su uno straordinario ammasso di ` leggenda abrocce granitiche che e biano ispirato lo scultore inglese Henry Moore.

stato incluso nell’ufficio di segreteria ` stato riconferdel Consiglio. Nel 2004 e mato consigliere regionale per la XIII legislatura.

Cappai, Gabriele Sociologo (n. Carbonia 1956). Vive in Germania dalla fine ` professore di Sodegli anni Settanta. E ` di Erlangen ciologia presso l’Universita e in quella di Bayreuth. Da qualche anno collabora come professore a con` di Sassari e con tratto con l’Universita quella di Trento. Suoi articoli sono stati pubblicati su alcune prestigiose riviste scientifiche; all’emigrazione sarda ha ` , migrazione e dedicato il saggio Identita ` , ‘‘Quaderni bolotanesi’’, modernita XXI, 1995.

Cappai, Loredana Archeologa (n. Ca-

Capo Testa – Posto al limite orientale del golfo dell’Asinara, il promontorio `e anche la porta d’ingresso delle Bocche di Bonifacio.

gliari, sec. XX). Dopo aver conseguito ` specializzata in la laurea in Lettere si e Archeologia. Studiosa della ceramica punica, nel 1984-85 ha collaborato con Carlo Tronchetti negli scavi di via Brenta a Cagliari. Tra i suoi scritti: Le anfore messaliote; La ceramica fenicia e punica: considerazioni generali (con I. Chessa); Le ceramiche fenicie puniche: le forme chiuse, tre capitoli in Lo scavo di via Brenta a Cagliari, supplemento dei ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 1992.

Cappellino, Rocco Architetto militare Cappai, Antonio (detto Nello) Impiegato, consigliere regionale (n. Guamaggiore 1951). Impiegato nel settore sanitario, ` sempre interessato della vita polisi e tica del suo paese natale e della sua ` stato eletto zona. Militante della DC e consigliere comunale di Guamaggiore ` stato assessore, dal 1975 e in seguito e vicesindaco e dal 1994 sindaco. Con la crisi della DC ha aderito al CCD, arrivando a ricoprirvi importanti incarichi, ` stato eletto consigliere ree nel 1999 e gionale nel collegio di Cagliari per la ` XII legislatura, nel corso della quale e

(Cremona, inizi sec. XVI-?, seconda ` sec. XVI). Giunse in Sardegna nel meta 1552 chiamatovi da Carlo V col compito di migliorare le difese nelle piazzeforti dell’isola. Tra il 1553 e il 1568 provvide alla ristrutturazione delle fortificazioni di Cagliari e alla costruzione del bastione di Santa Croce. Negli stessi anni ` nella redazione di una carta si impegno geografica della Sardegna, che com` nel 1577. pleto

Cappero Piccola pianta arbustiva della famiglia delle Capparidacee (Capparis spinosa L.). I rami, spinosi e ricadenti,

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Capra sono coperti di foglie rotonde e consistenti; i fiori, che fioriscono all’inizio dell’estate, sono lungamente peduncolati, bianchi, vistosi per gli stami allungati e colorati; il frutto, una bacca rossiccia ovale, contiene semi neri. Diffusa allo stato spontaneo, specie nel sud dell’isola, cresce sui muri e sulle scarpate calcaree. A Cagliari piante di c. coprono con i lunghi rami le pareti del colle di Castello, creando, nel periodo della fioritura, una caratteristica macchia di verde e di bianco. La pianta viene coltivata per la produzione di capperi (che sono i boccioli immaturi e non i frutti) da conservare sotto sale o sott’aceto; la ` officinali: in decorteccia ha proprieta ` digestiva, diuretica e rinfrecotto e ` antinfiammatoria scante, in unguento e ´ pparas e antidolorifica. Nomi sardi: ta ´ ppari (sassarese). [MA(campidanese); ta RIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cappero – Pianta diffusa allo stato spontaneo soprattutto nel sud dell’isola, il cappero ha rami spinosi e ricadenti, coperti di foglie rotonde.

navi gli permisero di avere contatti con altri porti del mar Tirreno e di estendere la rete dei suoi commerci. Per facilitare il collegamento tra le sue cantine, situate a Quartu Sant’Elena e nel ` un sistema di porto di Cagliari, sviluppo trasporti ferroviari da cui nacquero le Tramvie del Campidano.

Capra, Arnaldo Bibliotecario (n. sec. XX). Nel 1894 fu nominato direttore della Biblioteca Universitaria di Ca` gliari, che resse fino al 1928. Si impegno in una basilare opera di rinnovamento della classificazione del materiale librario e di acquisizione di strutture e di nuovi locali. Uomo di vasti interessi e di profonda cultura, si inserı` nell’am` e nel 1905 fu nobiente colto della citta ` storica minato segretario della Societa sarda. Nel 1925 fu chiamato a insegnare ` di Cagliari e nel tedesco all’Universita ` il suo lavoro presso la biblio1928 cesso teca. Tra i suoi scritti principali Per la storia del libro in Cagliari, in Per la storia del libro in Italia nei secoli XV e XVI, 1900; Notizie storiche bibliografiche e statistiche nella biblioteca governativa di Cagliari nel 1898, 1900; Un’antica edizione della Carta de Logu, ‘‘Bibliofilia’’, 1901; A proposito della prima edizione della Carta de Logu, ‘‘Bullettino bibliografico sardo’’, III, 1903; Inventari degli argenti, libri e arredi sacri delle chiese di Santa Gilla, di San Pietro e di Santa Maria di Cluso, ‘‘Archivio storico sardo’’, III, 1907; Le fortificazioni di Cagliari secondo un cronista del sec. XVII, ‘‘Archivio storico sardo’’, V, 1909.

Capra, Marzocco Religioso (?, inizi sec. Capra, Amsicora Imprenditore cagliaritano (Cagliari 1864-ivi 1930). Nel 1887 ` la ditta ‘‘Capra e Capra’’ che ben fondo presto fu tra le maggiori del nascente processo di industrializzazione della ` . Egli infatti avvio ` l’esportazione citta del vino sardo in Francia servendosi di ` ; le una piccola flotta di sua proprieta

XIV-Bisarcio 1348). Vescovo di Bisarcio dal 1342 al 1348. Ordinato sacerdote, fu nominato canonico del capitolo di Bisarcio. Alla morte del vescovo Comita fu creato a sua volta vescovo nel 1342; ` la diocesi nei difficili anni governo della guerra tra Genova e Aragona.

Capraia Famiglia toscana (secc. XI-

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Capraia XIII). Le sue notizie risalgono al secolo XI; era in effetti un ramo della potente famiglia feudale fiorentina dei conti Alberti. Prese il nome dal castello di Capraia che gli Alberti fecero costruire in Valdarno e che divenne la loro residenza principale. Le continue guerre tra i feudatari e i Comuni resero poco sicura la permanenza in Toscana, per cui alcuni di essi si stabilirono in Sarde` del secolo XIII, gna nella prima meta fermandosi a Oristano dove avevano avuto delle terre. In effetti i Capraia erano legati ai Visconti di Gallura e li avevano seguiti nella fase della loro ascesa in Sardegna proprio agli inizi del secolo. Raggiunsero il culmine della potenza quando nel 1257 presero parte alla spedizione contro il giudicato di Cagliari e, dopo la vittoria, nel 1258 ottennero un terzo dei territori. Nello stesso periodo ebbero anche il condominio del giudicato d’Arborea; si estin` , entro la fine del secolo. sero, pero

Capraia, Anselmo I Conte pisano (Sardegna, fine sec. XII-Oristano?, 1256). Figlio del conte Ugo, nato probabilmente alla fine del secolo XII da una gentildonna sarda che aveva sposato il padre dopo essere rimasta vedova del giudice Pietro I d’Arborea, si stabilı` a Oristano. Unitamente a suo fratello Bertoldo possedeva la signoria di Usellus, probabilmente ereditata dalla madre dopo la morte di Guido Burgundione nel 1237.

Capraia, Anselmo II Conte pisano (Ori` sec. XII-Pisa 1287). stano?, prima meta Figlio di Bertoldo e nipote del giudice Guglielmo, dopo la rovina della sua fa` a Pisa, dove miglia a Oristano si sposto prese parte alle fazioni che insanguina` negli anni che precedetrono la citta tero e seguirono la morte del conte Ugo´ pero ` lino ai cui figli era legato. Poiche era sposato con una Della Gherardesca del ramo gherardiano, fu sospettato di aver fatto uccidere Ugolino e nel 1287 fu

fatto a sua volta assassinare da Capuana da Panico, vedova del conte.

Capraia, Bertoldo Signore di Usellus ` sec. XIII-Oristano, (Pisa, prima meta dopo 1250). Fratello di Anselmo I e padre di Anselmo II, giunse in Sardegna con suo fratello e nel 1237 unitamente a ` della signoria di lui raccolse l’eredita Usellus e di altre piccole terre.

Capraia, Guglielmo Giudice di fatto d’Arborea (Pisa, inizi sec. XIII-Sardegna 1264). Figlio del conte Ugo, raggiunse i fratelli Anselmo e Bertoldo a Oristano, dove si fece apprezzare nella corte giudicale. In poco tempo divenne il pupillo e l’uomo di fiducia del giudice Pietro II d’Arborea e quando nel 1241 il giudice morı` divenne il tutore del giovane Mariano II. Il suo potere crebbe rapidamente e ben presto prese a esercitare le funzioni di giudice di fatto, divenendo il vero padrone del piccolo ` una politica marcatastato. Adotto mente filopisana e favorı` con ogni mezzo la penetrazione del Comune dell’Arno in Arborea; nel 1250 ebbe dal papa il riconoscimento dei suoi diritti al trono d’Arborea, ma pochi anni dopo la corona de Logu, in contrasto con lui, riconobbe gli stessi diritti al giovane Mariano II. La nuova situazione non ´ il gioscalfı` il suo potere, anche perche vane principe arborense si mostrava docile e sottomesso. Nel 1258, dopo aver preso parte alla occupazione del giudicato di Cagliari, ottenne la signoria di un terzo del territorio di quel regno; l’anno dopo assalı` il Logudoro, cercando di togliere ai Doria alcuni territori. Al culmine della potenza costrinse Mariano II a riconoscere il suo figlio ` come condomino primogenito Nicolo d’Arborea, ma morı` poco dopo.

Capraia, Guisiana Giudicessa (sec. XII1214). Figlia del conte Rodolfo Burgundione, divenne la seconda moglie del giudice Guglielmo di Massa Cagliari.

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Capraia

` Condomino d’Arborea Capraia, Nicolo ` sec. XIII-ivi (Oristano?, prima meta 1270). Figlio di Guglielmo, suo padre poco prima di morire lo fece proclamare condomino dell’Arborea e costrinse Mariano II a riconoscerne i diritti. Quando nel 1264 Guglielmo morı`, fu proclamato condomino d’Arborea, ma cadde in balı`a di Mariano II che nel ` di lui facendolo impri1268 si sbarazzo gionare. Morı` in prigione.

Capraia, Rodolfo Figlio del conte Guido Burgundione (Pisa?, inizi sec. XIII-Sardegna?, 1250). Cugino dei pre` i Visconti cedenti, anche lui assecondo nella loro penetrazione in Sardegna e ne ottenne terre e benefici, soprattutto nel giudicato d’Arborea dove i suoi pa` non renti si erano stanziati. Egli pero seppe conservare questo patrimonio.

Caprara, Roberto Archeologo (n. Massafra 1930). Dopo la laurea in Lettere si ` specializzato in Archeologia; entrato e nella carriera delle Soprintendenze, ha lavorato presso la Soprintendenza ar` specialista del cheologica di Sassari. E periodo tardoromano e altomedioevale. Tra i suoi scritti: Nuoro. Collezione Biblioteca comunale S. Satta. Materiali ` alto-medioevale, in La Sardegna di Eta centro-orientale dal Neolitico alla fine del mondo antico, Catalogo della mostra, 1978 (nello stesso volume, Reperti metallici altomedioevali, La collezione Cabras a Orosei, con Fulvia Lo Schiavo e Alberto Moravetti); Anelli antichi e sigilli medioevali, in Contributi su Giovanni Spano 1803-1878, 1979; La ricerca archeologica nell’area dei comuni di Perfugas, Bulzi, Martis e Laerru (con Rubens D’Oriano, F. Lo Schiavo e G. Pitzalis), in La settimana dei beni culturali. Guida alle mostre, 1979; Tomba di giganti di Thomes. Materiali medioevali, in Dorgali. Documenti archeologici, 1980 (nello stesso volume, Documenti archeologici medioevali e Grottone di Codula Fuili);

Due chiese rupestri altomedioevali nella Sardegna settentrionale, ‘‘Nuovo Bullettino archeologico sardo’’, I, 1984, 1986; La necropoli di Sant’Andrea Priu di Bonorva, 1986; Sassari. Preistoria della ` , le testimonianze archeologiche citta tardo-antiche e altomedioevali in Gli Sta` , istitututi sassaresi. Economia, societa ` zioni a Sassari nel Medioevo e nell’Eta Moderna. Atti del Convegno di studi Sassari 1983 (a cura di Antonello Mattone e ` altomeMarco Tangheroni), 1986; L’Eta dioevale nel territorio del Logudoro Mejlogu, in Il nuraghe di S. Antine nel Logudoro Mejlogu, 1988; Olbia. San Teodoro. Monete bizantine, in Il suburbio della ` in Sardegna. Atti del III Convegno citta di studio sull’Archeologia tardoromana ed altomedioevale in Sardegna Cuglieri 1986, 1986 (nello stesso volume, Siligo. Santa Maria di Mesumundu e Mulargia. ` Capitelli tardoantichi); Il territorio. L’Eta altomedioevale, in Sassari le origini, ` . L’Eta ` 1989 (nello stesso volume La citta altomedioevale); Tipologie tombali presso le chiese rupestri, in Le sepolture in Sardegna dal IV al VII secolo. Atti del IV Convegno di studio sull’Archeologia tardoromana e altomedioevale, 1990; Le chiese rupestri medioevali della Sardegna, ‘‘Nuovo Bullettino archeologico ` bizansardo’’, 3, 1990; Porto Torres in eta tina, in Porto Torres e il suo volto, 1992; ` e medioLa Gallura tra tarda antichita evo. Appunti da una ricerca, in Archeologia del territorio. Territorio dell’Archeologia. Un sistema informativo territoriale orientato sull’archeologia della regione ambientale Gallura, 1996.

Caprera Isola dell’arcipelago della Maddalena. Posta a est dell’isola della Maddalena tra la Sardegna e la Corsica ha una superficie di 15,75 km2. Nella ` attraversata da sua parte orientale e una dorsale rocciosa e poco accessibile, ` costituita da nella parte occidentale e ampie distese digradanti, ricche di pi-

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Caprera nete, di pascoli e di aree per l’agricoltura. Era probabilmente la Phintonia di Tolomeo; abitata in epoca romana, con ` e rimase il crollo dell’Impero si spopolo per secoli disabitata. Nel 1767 con una fulminea azione fu occupata militarmente da una spedizione del governo sabaudo e annessa con le altre isole dell’arcipelago al Regno di Sardegna. Nel 1793 fu uno dei teatri del tentativo di sbarco francese a La Maddalena, respinto grazie al valore di Domenico Millelire.

mana e provato dalla recente morte di sua moglie Anita, fu attirato dall’ambiente dell’isola. Tornato dall’America, nel 1855 vi si stabilı` e grazie a un lascito del fratello riuscı` ad acquistare quasi la ` dell’isola, costruendovi una casa e meta impiantandovi un’azienda agricola. ` l’isola nel 1859 per prendere Egli lascio parte alla seconda guerra di indipendenza e alla spedizione dei Mille, e di ` nel 1862 e nel nuovo se ne allontano 1867 per le sfortunate imprese dell’Aspromonte e di Mentana. Da quel momento vi risiedette stabilmente fino alla morte, avvenuta nel 1882. L’isola ` allora agli eredi e nel 1910 fu passo unita al’isola della Maddalena mediante un ponte di ferro.

Caprera – Il busto del Generale, che qui visse dal 1855 fino alla morte (1882), e` opera dello scultore Leonardo Bistolfi.

Nei primi decenni del secolo XIX fu frequentata da pastori che vi svilupparono l’allevamento delle capre. In seguito vi acquistarono alcuni terreni i Collins, cittadini inglesi che nel 1855 ne vendettero parte a Giuseppe Garibaldi. Il Generale aveva visto l’isola per la prima volta nel 1849, mentre veniva portato in esilio fuori dal Regno di Sardegna; reduce dalla fine della Repubblica Ro-

Caprera – Nei primi anni della nascita del ` un animato turismo l’isola di Garibaldi ospito ´diterrane´e. camping del Club Me & COMPENDIO GARIBALDINO C. conserva l’insieme degli edifici che attraverso il tempo ospitarono Garibaldi e

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Capriata ` la cola sua famiglia. Il centro ideale e siddetta ‘‘Casa Bianca’’, affacciata su un breve cortile dominato dal grande ` il giorno pino che il Generale pianto della nascita della sua figlia Clelia. La casa fu costruita gradualmente: il primo corpo, costituito da tre ambienti, attualmente posto nella parte sud del cortile, fu costruito dallo stesso generale, aiutato dal figlio Menotti e da alcuni amici prima del 1856; a questo, poco tempo dopo, su un terreno comprato dagli amici maddalenini Susini, aggiunse una casa prefabbricata in legno fatta arrivare da Nizza. Entro il 1861 fu costruita la ‘‘Casa Bianca’’, un edificio quadrato in blocchetti di granito legati con calce e intonacati all’esterno e all’interno. Questo edificio, che divenne la dimora della famiglia, era concepito come una serie di camere intercomunicanti articolate intorno a un ambiente centrale senza finestre che ospitava la scala di accesso alla terrazza, realizzata in modo da poter raccogliere l’acqua piovana, come nelle case latinoamericane. Nel 1880 l’edificio venne ampliato con l’innesto sull’ala nord di un grande ambiente destinato a soggiorno, e che fu invece la camera dove Garibaldi preferı` trascorrere gli ultimi giorni della sua vita. Attorno alla ‘‘Casa Bianca’’ sorsero altri corpi aggiunti affacciati sul cortile interno, in particolare la stalla, l’abbeveratoio, il canile, la Casa in ferro (altro prefabbricato realizzato in Inghilterra con le pareti foderate in lamina di ferro, che ospitava un certo numero di ambienti per i collaboratori e per la segreteria). Il Compendio ` completato da alcuni logaribaldino e cali di servizio e dall’area delle tombe dei membri della famiglia. Dopo la morte del Generale la casa e le sue dipendenze passarono alla Marina che ne ` la manutenzione fino al 1976, anno curo in cui il Ministero della Marina lo ce-

dette al Ministero per i Beni culturali, ` in museo, inaugurato che lo trasformo nel 1978.

Caprera – La Casa Bianca in una litografia ` a colori di Carlo Perrin (seconda meta dell’Ottocento).

Capriata, Pietro Giovanni Giureconsulto (Genova, fine sec. XVI-ivi, dopo 1660). Accusato di aver preso parte alla congiura ordita per sottomettere Genova ai Savoia, nel 1628 fu costretto a fuggire. Rifugiatosi in Spagna, divenne consigliere legale dell’ambasciatore ´ rientrare in spagnolo a Genova e pote Italia solo nel 1633. Tornato nella sua ` alla stesura della sua patria, si dedico monumentale Historia sopra i movimenti d’arme successi in Italia. Una sua consulenza legale riguarda la Sardegna, e in particolare la rivendicazione del feudo di Gioiosaguardia da parte di Ildefonso Aragall, Consultatio feudalis pro D. Ildephonso de Aragall Gualbes et Zun ˜ iga marquione de Palmas in regno Sardiniae super libera facultate disponendi de feudo Castri de Joiosa Guardia, stampato a Cagliari nel 1650.

Caprifico = Fico Caprifoglio (o madreselva) Pianta rampicante della famiglia delle Caprifogliacee (Lonicera implexa Ait.). Sui lunghi fusti le foglie sono senza picciolo, opposte, di forma ovata-arrotondata. I fiori,

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Capu Abbas terminali, tubulari e profumatissimi, vanno dal rosa intenso al giallo chiaro ` una via via che maturano; il frutto e bacca rossa leggermente allungata. Fiorisce da febbraio a marzo e ricopre con i suoi fusti intricati la macchia e gli arbusti, anche all’interno dai boschi, nei ` soleggiati. Nomi sardi: Capripunti piu ´ la (gallurese), Barangiu vuddu, Vitio (sassarese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Caprifoglio – I caratteristici fiori bianchi.

Caprino, Antonello Avvocato, giornalista, deputato al Parlamento (Sassari 1886-Roma 1954). Conseguita la laurea ` all’esercizio della in Legge si dedico professione di avvocato e al giornalismo. Nel 1914 divenne segretario dell’Associazione nazionalista italiana e fu tra i maggiori sostenitori dell’intervento; scoppiata la guerra, fu valoroso combattente, venne ferito e decorato. ` proNel dopoguerra riprese l’attivita fessionale e quella politica, divenendo ` decisi propugnatori dell’aluno dei piu leanza tra nazionalisti e fascisti; nel 1922 favorı` l’ingresso di Mussolini a Roma e la fusione tra i due movimenti. Fu membro del Gran Consiglio del Fascismo dal 1923 al 1925; negli stessi anni fu nominato Alto Commissario politico

` per la fuper la Sardegna e si adopero sione dei sardisti con i fascisti. Nel 1924 ` a Sassari il quotidiano ‘‘L’Isola’’ e fondo fu eletto deputato per la XXVII legislatura. Riconfermato per le legislature successive, nel 1939 fu chiamato a far parte della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Caduto il fascismo, fu incarcerato per breve tempo.

Caprino, Lorenzo Scultore (Sassari, ` sec. XIX-Roma?, dopo 1902). Stumeta ` a Roma, dal 1891 al 1893 all’Accadedio mia di Belle Arti «dove si distinse tanto tra gli allievi – ha scritto Maria Grazia Scano – che il prof. Rosa volle inventare per lui un premio straordinario». Tornato a Sassari, colpı` per un Pizzinu pizzoni in gesso e subito dopo con un Fanciullo cieco, «soggetti entrambi tipici del verismo meridionale», andati perduti. ` forse Il genio seduto Il suo capolavoro e davanti alla tomba di Angelica Pietri Azzati nel cimitero di Sassari: «Nell’a` dell’adolecerba, ambigua femminilita scente alato, serpeggia una vena di ero` decisamente preraffaelita». tismo piu ` anche i busti di Giorgio Asproni Plasmo per il Liceo di Nuoro a lui intitolato, di Giovanni Maria Angioy per Bono e di Luigi Lazzati per la sala delle adunanze del Municipio di Sassari (1897). Gli era stata assegnata la realizzazione d’un busto di Umberto I, che poi fu ‘‘dirottata’’ a favore del ‘‘continentale’’ Giuseppe Sartorio. Forse offeso per questo, ` l’isola e non vi fece piu ` nel 1902 lascio ritorno.

Capu Abbas (o Cabu Abbas ) Pianura della Sardegna centro-occidentale. Piana di vaste proporzioni situata a qualche chilometro da Sindia. Questo territorio, ricco di nuraghi e di altre vestigia suggestive, fu sede dell’abbazia di C.A., che fu fondata da Gonario di Torres al ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta, con l’intervento dello stesso Bernardo di Chiaravalle, vicino

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Capudoro all’omonima chiesetta di Nostra Signora di C.A. La chiesa col tempo divenne la sede abbaziale, fu ampliata e arricchita da un complesso di costruzioni destinate ai monaci. Nel secolo ` in rovina: attualXVI il complesso ando mente si conservano una parte del braccio sud del transetto (attuale sede della chiesa) e le suggestive rovine che recenti scavi hanno posto in luce, rendendo possibile scoprire i muri perimetrali del complesso abbaziale.

Capudoro Famiglia sassarese (secc. XVI e XVII). Le sue notizie risalgono al secolo XVI; nel 1589 ottenne il cavalierato ereditario con un Giovanni Antonio il cui figlio, il dottor Giovanni Antonio, ottenne il riconoscimento della no` nel 1626. I suoi discendenti furono bilta ammessi allo Stamento militare nel 1644 durante il parlamento Avellano e si estinsero alla fine del secolo.

Capula Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria del Meilogu. Sorgeva nelle campagne di Siligo sul monte Pelau. All’estinzione della famiglia giudicale il suo territorio fu occupato dai Doria, che lo annetterono al loro piccolo stato e vi costruirono l’omonimo castello. Essi seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio, che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Quando i Doria si dichiararono vassalli del re d’Aragona, ` a far parte del Regnum C. nel 1323 entro Sardiniae. Quando nel 1325 gli stessi Doria si ribellarono e ne fecero una delle basi della loro organizzazione militare, il villaggio fu teatro della guerra e nel 1330 fu devastato e occupato per un breve periodo dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona. ` in possesso dei Doria Poco dopo torno e subı` altri gravi danni durante la ribel-

lione del 1347. Dopo l’epidemia di peste ` quasi completadel 1348 si spopolo mente. In seguito i Doria si avvicinarono al re d’Aragona, ma quando nel ` la seconda guerra tra Ma1365 scoppio riano IV e Pietro IV, C. fu occupato dalle truppe arborensi, dopo un disperato tentativo di resistenza di Brancaleone ` quest’ultimo sposo ` Doria. Quando pero Eleonora d’Arborea, la situazione del ` , anche se continuo `a villaggio cambio essere amministrato fino alla caduta dell’Arborea come se appartenesse ancora al giudicato. Scomparve prima della fine del secolo.

Capula, Giovanni Architetto (Cagliari?, ` sec. XIII-?, prima meta ` seconda meta sec. XIV). Quando, agli inizi del secolo ` il pericolo di un’aXIV, si manifesto zione armata aragonese nei confronti della Sardegna, fu incaricato dal Comune di Pisa di provvedere a rinforzare il sistema delle mura del castello di Ca` e gliari. Tra il 1305 e il 1307 progetto ` la costruzione delle due possenti avvio torri di San Pancrazio e dell’Elefante e ` o meno nello stesso periodo propiu ` la terza torre del Castello di Cagetto gliari e quella del castello malaspiniano di Serravalle a Bosa. Morı` entro ` del secolo XIV. la prima meta

Caput, Francesco Avvocato, giornalista, consigliere regionale (Tempio 1899-Cagliari 1965). Conseguita la laurea in Giurisprudenza, si trasferı` da Tempio a Cagliari, ‘‘romanizzando’’ in Caput il suo cognome Caputo. Qui si de` alla professione di avvocato e fu tra dico i protagonisti della vita politica della ` nel primo dopoguerra. Fascista citta della prima ora, fu espressione, con Ferruccio Sorcinelli, delle posizioni ` intransigenti del fascismo locale; piu nel 1922 assunse la direzione de ` ‘‘L’Unione sarda’’ e nel 1923 si schiero tra coloro che si dichiararono contrari alla fusione con i sardisti. Dalle colonne

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Caput ` con il generale del giornale polemizzo Gandolfo e si oppose a Paolo Pili; nel 1926, dopo la morte del Sorcinelli, fu ` anche di diespulso dal partito e cesso rigere il giornale. Negli anni successivi ` a vita privata, dedicandosi si ritiro esclusivamente alla sua professione. Caduto il fascismo, fu eletto consigliere regionale del MSI nel collegio di Cagliari per la II legislatura, ma in seguito non fu riconfermato. Tra i suoi scritti: Fascismo e autonomismo in Sardegna, ‘‘Il Popolo d’Italia’’, 1921; Fascismo e problema sardo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1922; Risposta chiara al Psd’Az, ‘‘L’Unione sarda’’, 1922; La rivincita dei pigmei. I partiti antifascisti dopo la marcia su Roma, ‘‘L’Unione sarda’’, 1922; In marcia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1922; Regionalismo e regionalismi, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Rivoluzione sa rda, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Astuzie grossolane. Passaggio al fascio di masse sardiste, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Una lettera ai vecchi amici fascisti, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Constatazioni e pericoli, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Regionalismo e regionalisti, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Fascismo e Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1923; Fallimento della fusione sardo-fascista, ‘‘L’Unione sarda’’, 1924; Siamo all’indice..., ‘‘L’Unione sarda’’, 1924; Fascismo e Sardegna. Note polemiche, 1924; Partito unico nazionale, ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; Fascismo e demo-social-comunismo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; Governo nazionale non dittatura di partito, ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; Vietato l’ingresso. Nuove iscrizioni al Fascismo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; L’eterno dissidio (Chiesa e stato), ‘‘L’Unione sarda’’, 1925; ` , cartello meno, ‘‘L’Unione Cartello piu sarda’’, 1926.

Caput, Salvatore Letterato e giurista (Cagliari 1826-ivi 1892). Fratello di Serafino, conseguita la laurea in Legge si ` con successo alla professione di dedico

avvocato guadagnandosi la reputazione di grande oratore. Ricco di interessi, fu anche scrittore raffinato ed elegante. Di lui rimangono alcune opere e un importante epistolario di circa 200 lettere riferibili al periodo che va dal 1850 all’anno della sua morte, avvenuta nel 1892. Tra i suoi scritti: Versi e poesie, 1870; A Elisa, canzone, 1871; A una farfalla, versi, 1871; Per la morte di un bambino, 1871; I miei spallini di quattro mesi, 1889.

Caput, Serafino Letterato e uomo politico (Cagliari 1821-ivi 1875). Laureato in Legge nel 1843, intraprese la profes` a interessione di avvocato e comincio sarsi della vita politica cittadina. Su posizioni liberali, nel 1847 fu tra i protagonisti dei moti per la ‘‘fusione’’. Lasciata la libera professione, dal 1852 fu nominato professore di Retorica nel Collegio di Santa Teresa; negli stessi anni, tra il 1852 e il 1858, fu eletto consigliere divisionale di Isili. Negli anni successivi l’interesse per la politica lo assorbı` totalmente: nel 1854 fu eletto sindaco di ` per un Selargius, comune che governo decennio provvedendo a far restaurare la chiesa parrocchiale e a migliorare i collegamenti con Quartu. Nel 1860 fu nominato direttore del Collegio di Santa Teresa e fu anche eletto consigliere provinciale. Uomo di grande cultura, autore di numerosi manoscritti di carattere storico, morı` relativamente giovane nel 1875. Tra i suoi scritti, fondamentali le cronache-memorie dei moti cagliaritani per la ‘‘fusione’’: Le quattro giornate sarde del novembre 1847, edito a Torino da Fontana nello stesso 1847. Tra gli altri suoi scritti: I nostri giorni, ‘‘La Sardegna’’, 10, 1848; Discorso in difesa di Vincenzo Mancosu di Siddi accusato di ribellione, 1851; Discorso per l’apertura del collegio reale di Santa Teresa letto il 2 agosto 1852, 1852; Aringa a difesa degli imputati sassaresi

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Caput Thyrsi avv. P. Martinelli, F.M. e S. Dettori, G. Frassetto e V. Carta, 1853; Breve relazione dell’insegnamento dato nel R. Ginnasio di Cagliari pel corso scolastico 1860-61, 1861; Agli elettori del collegio amministrativo del mandamento di Marina e Villanova di Cagliari, 1863; Esposizione dell’amministrazione di Selargius negli anni 1859-1864, 1864.

Caput Thyrsi Stazione della strada romana da Carales a Olbı´a. La strada usciva dal territorio del municipio di Olbia e a Monti toccava il confine con i latifondi assegnati al popolo dei Balari; qui una biforcazione consentiva forse di puntare decisamente verso sud in di` dei Sardi, raggiungendo rezione di Ala poi, a C.T., le sorgenti del Tirso, in loca` Sos Canales (Sos Muros) in comune lita ` , alle spalle del Montalbo: di Budduso qui il percorso si intersecava con quello di una strada militare che fin dagli inizi del secolo I. collegava i castra di Luguido sul Coghinas (Nostra Signora di Castro, Oschiri) con il Portus Luguidonis sulla costa (Santa Lucia di Siniscola): il toponimo (che compare nella forma Liguidonis nell’Itinerario Antoni` non ricordare l’esiniano), non puo stenza di un porto al servizio dell’accampamento romano e dunque di una strada di collegamento a nord del Mon` tra l’atalbo e attraverso i Monti di Ala rea costiera (intensamente urbanizzata e provvista di approdi che favorivano un collegamento con Roma) e l’area barbaricina, abitata dai popoli ostili ai Romani e resistenti alla romanizza` in quest’area dei rezione. L’attivita ` documentata parti di stanza a Luguido e ad esempio a Bitti, dove in regione ‘‘Sa ` stata ritrovata l’iscrizione Pattada’’ e funeraria di un ausiliario della terza coorte di Aquitani, morto in servizio a 32 anni, un Decumus Cirneti f(ilius) Cniensis. Un deverticulum collegava Bitti, nel cuore della selva barbaricina,

con Lesa (Benetutti) e il santuario di Esculapio alle Aquae Lesitanae (San Saturnino di Bultei), ancora sul Tirso, e si congiungeva con la centrale sarda all’altezza di Molaria. [ATTILIO MASTINO]

Cara, Alberto Naturalista e archeologo (Cagliari 1848-ivi 1919). Figlio di Gaetano, conseguita la laurea intraprese la carriera universitaria. Fu botanico di valore e dal 1877 succedette a suo padre nella direzione del Museo archeologico di Cagliari dando un grande impulso agli scavi archeologici. Tra i suoi scritti: Cenni sulle cavallette o locuste e sui mezzi per distruggerle, 1866; Memoria sopra i quattro topi casalingo, decumano, lattaiolo e ratto, 1870; Monografia della lucertola comune della Sardegna, 1872; Notizie intorno ai nuraghi di Sardegna, 1876; Osservazioni sull’opera incom` di Cagliari’’ piuta ‘‘Il museo di Antichita illustrato e descritto dal signor Vincenzo Crespi, 1876; Enumerazione con note dei sigilli figulini di bronzo appartenenti al ` di Cagliari, 1877; R. Museo di antichita Questioni archeologiche, 1877; Vocabolarietto botanico della Sardegna, 1887; Vocabolarietto botanico sardo-italiano, 1889; Indirizzo al prof. Sante Cettolini direttore della Regia Scuola di viticoltura ed enologia di Cagliari, 1898; Pagine per la storia della Regia Scuola normale femminile di Cagliari, 1899; Vocabolario di storia naturale della Sardegna, 1901; Schizzo di vocabolarietto ampelologico ` di vite coltivate comprendente le varieta in Sardegna, 1909; Lista degli animali eduli che soglionsi vendere nel mercato di Cagliari ed annotazioni relative, 1912; Il Poettu, 1914; Senza velo. Memorie per un romanzo storico, 1915.

Cara, Antonello Regista documentarista (n. Cagliari, sec. XX). Negli ‘‘anni ` alcuni documendella Rinascita’’ giro tari attenti ai problemi economico-sociali dell’isola fra i quali Sughericoltura

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Carabinieri Reali di Sardegna sarda, 1957; Oltre l’estate dentro la Sardegna, 1961; L’industria agricola, 1971.

Cara, Gaetano Scienziato (Cagliari ` in Scienze natu1803-ivi 1877). Si laureo rali a Torino nel 1829. Tornato in Sarde` all’insegnamento univergna si dedico sitario e fu nominato direttore del Mu`. seo di Storia naturale dell’Universita Nel 1840 gli fu affidata anche la direzione del Museo archeologico e fino al ` nella costituzione di 1858 si impegno una collezione di bronzetti punici che ` presto si rivelarono falsi. Quando pero nel 1852 Giuseppe Luigi Tocco denun` il falso, entro ` in polemica con lui cio ` continuando a difendere l’autenticita delle statuette, tanto da essere sospettato di essere l’ideatore della falsificazione. Dopo aver ancora tentato, fino al 1874, di sostenere la propria tesi presso il Ministero, nel 1875, travolto dallo scandalo, fu costretto a dimettersi e morı` di dolore due anni dopo. Tra i suoi scritti: Elenco degli uccelli che trovansi nell’isola di Sardegna ed ornitologia sarda, 1842; Statua di Ercole in bronzo, ‘‘Bullettino Archeologico ` sardo’’, I, 8, 1855; Monumenti d’antichita di recente trovati in Tharros e Cornus acquistati nel 1863, 1865; Osservazioni sul catalogo degli uccelli di Sardegna pubblicato dal dott. Tommaso Salvatori, 1866; Cenno sopra diverse armi, decorazioni e statuette militari rinvenute in Sardegna ed esistenti nel Museo archeologico di Cagliari, 1871; Notizie sul Museo di anti` della R. Universita ` di Cagliari, chita 1872; Illustrazione di un nuovo idolo scoperto in Sardegna nel 1873, 1874; Rettifiche di alcune chiacchiere contenute nei giornali di Cagliari ‘‘L’Avvenire di Sardegna’’ e ‘‘Il Corriere di Sardegna’’, 1874; ` degli idoli sardo-fenici Sulla genuinita esistenti nel Museo archeologico dell’Uni` di Cagliari, 1875; Lettera al sig. versita direttore della ‘‘Unione cattolica’’ in risposta a un articolo del Sig. Giuseppe

Luigi Tocco impiegato municipale, 1875; Schiarimenti sopra una statua di Venere scoperta nel villaggio di Orani in Sardegna nel 1873, 1875; Considerazioni sopra una fra le opinioni emesse intorno all’origine e all’uso dei nuraghi in Sardegna, ` di Ca1876; Doni al R. Museo di antichita gliari, 1877.

Cara, Salvatore Insegnante, uomo politico (Cagliari 1902-ivi 1988). Deputato al Parlamento, consigliere regionale. Dopo essersi laureato in Filosofia si de` all’insegnamento. Cattolico, cadico duto il fascismo fu tra i fondatori della DC in Sardegna. Nel 1948 fu eletto deputato per la I legislatura repubbli` per la cocana; attivissimo si adopero stituzione della Cassa per il Mezzo` ai problemi della giorno e si interesso Sardegna, ma al termine della legisla` a tura non fu riconfermato. Continuo occuparsi di politica e nel 1957 fu eletto consigliere regionale nel collegio di Cagliari per la III legislatura e riconfermato per la IV fino al 1965; dal luglio 1957 al giugno 1961 fu assessore alla Sa` nelle due giunte Brotzu. Morı` dopo nita essersi ritirato a vita privata.

Carabinieri Reali di Sardegna Corpo militare. Con la regia patente del 12 ottobre 1822 il re Carlo Felice stabilı` che dal 1º gennaio 1823 i Cacciatori Reali di Sardegna venissero incorporati nel corpo dei C.R. di S. La nuova forza che andava a stanziarsi nell’isola doveva articolarsi in due divisioni, una a Cagliari e l’altra a Sassari, 5 compagnie, 12 luogotenenze e 57 stazioni. Un successivo ` provvedimento del 22 luglio 1823 fisso in 550 il numero dei militari da destinare in Sardegna: 25 ufficiali e 525 tra sottufficiali e Carabinieri, di cui 100 a piedi e 425 a cavallo. La divisa, di colore turchino, consisteva in una giubba a falde lunghe con cordelline bianche, alamari e bottoni d’argento sul davanti, pantaloni di lana per l’inverno e di nan-

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Carabione chino per l’estate; la completava un cappello a due punte laterali su cui spiccava un pennacchio a piuma liscia e sulle falde la granata con la fiamma ` nel tempo il distintivo delche diverra l’Arma. Il comando delle divisioni venne affidato al colonnello Luigi Richeri di Monticheri che stabilı` il suo quartiere generale a Cagliari, in un vecchio e malandato edificio situato in Santa Croce (di cui l’alto ufficiale ebbe ´ privo di camera di a lamentarsi perche sicurezza e con un’angusta camera di disciplina). Non furono poche le diffi` che il nuovo corpo incontro ` per colta potersi organizzare nel territorio, an` che a causa della scarsa disponibilita di alloggi, soprattutto nei piccoli centri, dove sistemare le stazioni. Quando si riusciva a trovare qualche sede, questa ` in condizioni disastrose. era per lo piu ` , la consiNel giro di pochi anni, pero ` via via assotstenza dell’organico ando tigliandosi: i conflitti a fuoco con i banditi, l’imperversare della malaria e la decisione di sottrarre uomini al contingente impegnato nell’isola ridussero il numero dei Carabinieri presenti nel territorio a 367, tra i quali se ne contavano 88 tra ammalati, piantoni e scrittu` in Sarderali. La prima fase di attivita gna del corpo dei Carabinieri si avviava al suo epilogo. Con la regia patente del 9 febbraio 1832 le divisioni di Cagliari e Sassari furono soppresse. L’ultimo con` l’isola alla fine dell’atingente lascio ` prile 1833. Il controllo della criminalita venne affidato al corpo dei Cavalleg` attendere geri di Sardegna. Bisognera il 1841, quando, con il regio decreto del 29 novembre, il governo piemontese decise di ripristinare le due divisioni soppresse e inviare un nuovo contingente di Carabinieri in Sardegna. Si trattava di un numero piuttosto esiguo, appena 17 sottufficiali e 24 militari: i cosiddetti Carabinieri Veterani. Erano uomini in

` avanzata e malandati in salute che eta non davano sufficienti garanzie sull’esito delle operazioni di controllo e repressione della delinquenza, che si pre` rinvigorita. La sentava sempre piu legge dell’11 luglio 1852 sopprimeva anche questa forza. L’opinione pubblica sarda reclamava il ritorno dei Carabinieri, la cui fama era cresciuta in seguito al loro valoroso comportamento nella battaglia di Pastrengo, episodio saliente del Risorgimento italiano. Con il decreto del 21 aprile 1853 veniva istituito il Corpo C.R. di S., composto da 32 ufficiali e 823 uomini, 500 dei quali a cavallo, ripartito in due divisioni (Cagliari e Sassari), 6 compagnie, 12 luogotenenze e 114 stazioni, ed al comando del colonnello sassarese Antonio Massidda. Il corpo veniva assimilato ai Carabinieri di terraferma, ma dotato di un ordinamento autonomo. L’uniforme era quella dei Cavalleggeri di Sardegna: giubbotto turchino scuro, pantaloni e ` d’Italia berretto celesti. Solo con l’unita ` al potenziamento dell’Arma si arrivera ed alla sua progressiva estensione a tutto il Regno. Il 24 gennaio 1861 venivano create 13 legioni territoriali e una di allievi con sede a Torino. Il 16 agosto 1861 si istituiva definitivamente la Legione di Cagliari, che «porta il numero tre». Essa si articolava nelle due divisioni di Cagliari e Sassari. Scompariva cosı` il Corpo C.R. di S.; l’Arma ebbe da allora un assetto unitario in tutto il territorio italiano. [Testo dal catalogo della mostra L’Arma racconta: la Sardegna nelle immagini dei Carabinieri, 1999].

Carabione Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curato` Genna ria di Nora. Sorgeva in localita ` dell’attuale abiRabionis in prossimita tato di Capoterra. Quando l’esistenza del giudicato di Cagliari ebbe termine,

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Carbia nella divisione del 1258 il villaggio fu compreso nel terzo toccato ai Della Gherardesca che, per insanabili contrasti tra i due rami della famiglia, poco tempo dopo procedettero a un’altra divisione tra loro. C. fu cosı` attribuito al ` la ramo del conte Gherardo: conservo sua struttura sociale e i suoi abitanti continuarono a eleggere annualmente il majore e, nel complesso, condussero una vita tranquilla. Con l’arrivo degli `a Aragonesi, nel 1324 il villaggio entro far parte del Regnum Sardiniae e i Della Gherardesca gherardiani, che si erano dichiarati vassalli del re, ne conservarono il possesso. Nel 1348 il villaggio si ` quasi completamente a causa spopolo ` , un altro della peste. Nel 1353, pero conte Gherardo, cui era stata affidata la difesa di un vasto territorio durante la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, sospettato di tradimento, si vide confiscare il feudo. Nel 1355 C. fu acquistato da Francesco Rojg. Negli anni successivi, a causa della guerra, i suoi discendenti non riuscirono a conservarne il possesso e il villaggio, occupato dalle ` a spopotruppe arborensi, comincio larsi.

Caracalla Imperatore romano (Lione 186-Carre 217). Marcus Aurelius Severus Antoninus Pius Magnus, figlio di Settimio Severo e di Giulia Domna, fu associato al potere dal padre nell’autunno (?) del 197. Morto Severo (211) ed elimi` la panato il fratello Geta, C. accentuo terna politica dirigista ed ecumenica e ` il mito di Alessandro Magno. Fra coltivo ` fondamentale l’estensione i suoi atti e nel 212 della cittadinanza romana alla maggior parte degli abitanti dell’Im` dunque alpero: il provvedimento tocco meno i Sardi urbanizzati. Forse da Nora giunge un’iscrizione posta per ringra` di un pericolo scamziare le divinita pato da C. All’imperatore si fa inoltre risalire una prima redazione dell’Itine-

rario Antoniniano, che anche per la Sardegna registra la situazione delle strade e delle rotte connesse forse all’annona. [ANTONIO IBBA]

Caratelli, Francesco Studioso di storia ` sec. XX-Sassari locale (?, prima meta 1978). Domenicano, visse a Sassari negli anni del secondo dopoguerra nel convento di Sant’Agostino. Insegnante ` sin nelle scuole medie superiori, avvio dagli anni Cinquanta una proficua collaborazione con le pagine culturali dei due quotidiani cittadini, prima con il ‘‘Corriere dell’Isola’’ e, dopo il 1957, con ‘‘La Nuova Sardegna’’. Della sua collaborazione a quest’ultimo: Storia di Ploaghe in una fontanella, 1969; Stintino, 1973; Il palazzo di re Enzo, 1973; Ruderi storici. Michele Zanche, 1973; Sarde` , miracoli, gna Azuniana, 1974; Siccita pestilenze nella storia del simulacro del Santo Cristo di S. Apollinare (Sassari), 1974; L’antica simbologia religiosa del fuoco, 1974; Carra Manna, 1974; Rosello Sassari, 1977.

Carbia1 Stazione sulla strada costiera occidentale a Tibula Sulcos, distante 126 miglia da Nure nella Nurra e 25 miglia da Bosa. Dalla Nurra la strada attraversava il territorio di Santa Maria La Palma, lasciando a occidente il Nymphaeus Portus di Tolomeo (Porto Conte) chiuso da capo Caccia e dall’isola Foradada (la Nymphaea insula); passava a oriente di Monte Doglia e dello stagno di Calich, toccava quindi la stazione di C., oggi Nostra Signora di Calvia presso Mamuntanas ad Alghero, a 16 miglia da Nure (il monte Calvia sulla strada per Olmedo ha conservato il nome del cen` romana tro romano); i resti della citta ` La Purissima, emergono nella localita alla periferia orientale di Alghero. Da C. la strada puntava verso Bosa oltre capo Marrargiu (il Mercuri promontorium di Tolomeo) con un percorso di 25 miglia, 37 km. Proprio per le caratteri-

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Carbia stiche aspre del paesaggio e per la forma del rilievo e dell’altipiano, che in alcuni punti cade a precipizio sul mare, va escluso che la strada romana in questo tratto fosse effettivamente co` stata realizstiera come l’attuale, che e ` e ha richiesto zata con grande difficolta imponenti opere d’arte solo negli anni ` probabile e quasi sconSessanta. Piu ` il percorso di cresta (in parte tato e coincidente con il percorso della S.S. 292 Alghero-Villanova-Montresta), lungo la direttrice Nostra Signora di Calvia, Scala Piccada, strada vicinale sas Attas, Nuraghe Appiu, strada vicinale Monte Cuccu, Calarighes oggi nella parte settentrionale del comune di Montresta, Santa Maria, Sa Turre di Montresta, ponte sul Temo. [ATTILIO MASTINO]

Carbia2 Antico villaggio di probabile origine punico-romana. Sorgeva in ` della chiesa di Santa Maria prossimita di Calvia nelle campagne di Alghero. In periodo romano si trovava lungo la strada che andava da Tibula a Sulci ed ebbe una notevole importanza. Nel Medioevo fece parte del giudicato di Torres, compreso nella curatoria di Nulauro; nel corso del secolo XII fu incluso nei territori che passarono in mano ai Doria in conseguenza dei loro matrimoni con principesse della famiglia giudicale. Essi, quando la dinastia si estinse, lo inclusero nel loro stato ma ` rapidamente prima della C. si spopolo fine del secolo XIII.

Carbonara Antico villaggio, fondato con ` in periodo punico-roogni probabilita mano. Entrato, nel Medioevo, a far parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Campidano di Cagliari. Quando il giudicato fu debellato, nel 1258, con la divisione susseguente fu assegnato al Comune di Pisa, che lo fece amministrare da propri funzionari. Nel corso delle operazioni che

portarono alla conquista aragonese, nel 1323 fu assalito e devastato dalle navi dell’ammiraglio Carroz; terminato il ` rapidaconflitto, decadde e si spopolo mente. Quando nel 1363 il suo territorio fu concesso in feudo a Berengario Carroz, il villaggio figurava distrutto.

Carbonazzi, Giovanni Antonio Ingegnere piemontese (Torino, seconda ` sec. XVIII-?, prima meta ` sec. meta XIX). Formatosi alla Scuola Politecnica di Parigi, nel 1813 fu inviato in Sardegna per dirigere la Scuola dei volontari a Cagliari. Secondo quanto lo stesso C. racconta nel suo volume Operazioni stradali in Sardegna, pubblicato a Torino nel 1832, nell’agosto 1820 Vittorio Emanuele I diede a C., che era allora direttore capo di Strade e Ponti, l’incarico di andare in Sardegna a studiare sul terreno un progetto di sistema stradale, articolato intorno all’asse principale Cagliari-Sassari-Porto Torres. C. ` con se ´ gli ingegneri Musso, Cerporto reti e Dervieux, suoi collaboratori. Il febbraio successivo uscı` da Cagliari avendo come punto di riferimento la carta del padre Tommaso Napoli (che ` piuttosto imprecisa, ma peraltro trovo – diceva – «un portento se si pensa al modo in cui era stata fatta»). L’intero progetto fu pronto per essere approvato il 27 novembre 1821. Gran parte del sistema studiato coincideva con le car` esistenti, e in reggiate delle strade gia particolare di quelle costruite dai Romani. I lavori cominciarono all’inizio del 1823 e terminarono nel 1829. La ` strada da Cagliari a Porto Torres risulto lunga 234 km e 821 m, larga 7 m, con una pendenza massima, all’altezza di Maco` 700 giornate mer, di 662-564 m; occupo lavorative (non si lavorava durante la stagione dell’‘‘intemperie’’, la malaria) ` 3 960 000 lire. Il personale direte costo tivo e tecnico dei lavori era composto da C., 3 capitani, 8 tenenti e 8 aiutanti: di

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Carboni questi, 9 si ritirarono per malattia, 3 morirono (tra di loro anche un Carbonazzi, parente del progettista). Tra i suoi scritti: Ospizio dei poveri, ‘‘Giornale di Cagliari’’, 1827; Sunto della relazione delle opere stradali, ‘‘Giornale di Cagliari’’, 1827; Strada di Osilo, ‘‘Giornale di Cagliari’’, 1827; Asciugamento dello stagno di Paulilatino, ‘‘Giornale di Ca` per lo gliari’’, 1827; Progetto di societa prosciugamento dello stagno di Sanluri e per la formazione di un relativo stabilimento agrario, 1831; Discorso sopra le operazioni stradali in Sardegna, Torino 1832; Operazioni stradali di Sardegna, Torino 1832; Cenni sulle condizioni attuali della Sardegna e sui vari miglioramenti possibili specialmente nelle vie di comunicazione (con B. Bernardi), Torino 1849.

Carbonell Famiglia di Majorca (sec. XIV). Mercanti majorchini un cui ramo si trasferı` a Cagliari nella prima ` del secolo XIV. La famiglia era meta interessata al commercio del grano in Sardegna e da Cagliari estese la rete dei propri affari con un Berengario ` anche il feudo di che nel 1329 acquisto Sussua nella curatoria di Dolia. Alla sua morte il figlio Bernardo non si trasferı` in Sardegna e preferı` far gestire il feudo da Arnaldo Caciano. I rapporti tra i due non furono molto pacifici, per cui Bernardo, allo scoppio della guerra tra Mariano IV d’Arborea e Pietro IV, preferı` rinunciare al feudo.

Carbonell, Berengario Mercante di Barcellona (sec. XIV). Fu tra i finanziatori dell’impresa dell’infante Alfonso; dopo la conquista fu ricompensato col feudo di Sussua nella curatoria di Dolia. Dopo alcuni anni, essendosi caricato di debiti, fu costretto a vendere il suo feudo ai Carbonell di Majorca.

Carbonell, Jordi Letterato e politico (n. Barcellona, sec. XX). Fine studioso della storia della lingua e della lette-

ratura catalana, militante del movimento socialista catalano della Esquerra, fu costretto all’esilio nell’ultimo periodo franchista. Chiamato al` di Cagliari come ordinal’Universita rio di Lingua e letteratura catalana, ` con il suo insegnamento incoraggio ` letnon solo la conoscenza dell’attivita teraria nei Paesi catalani, ma anche l’attenzione ai problemi politici del suo Paese. Durante il soggiorno in Sardegna ebbe numerosi contatti con gli ambienti catalanisti di Alghero, contribuendo a orientarne le scelte. Pub` numerosi scritti sui rapporti stoblico rici fra Sardegna e Catalogna (tra gli ` als ‘‘quinque libroaltri L’us del catala rum’’ en algunes diocesis sardes, ‘‘Estudis Universitaris Catalans’’, XXVI, ` , con Francesco Manconi, 1984) e curo il volume I Catalani in Sardegna (1984). ` in Al ritorno della democrazia, torno patria riprendendo la partecipazione alla lotta politica.

Carbonell, Martino Cavaliere (sec. XIV). Originario di Gandı´a, nel Valenciano, vissuto nel secolo XIV; per il valore dimostrato durante la guerra con` fama di buon tro la Castiglia acquisto guerriero. Nel 1361 decise di trasferirsi in Sardegna per combattere contro Mariano IV d’Arborea; nella fase ` aspra del conflitto fu investito del piu ` non riufeudo di Pittinuri, di cui pero scı` mai a entrare in possesso.

Carboni Famiglia cagliaritana (sec. XVII-esistente). Originaria di Fonni, le sue prime notizie risalgono al secolo XVII. I C., che tradizionalmente esercitavano professioni forensi, ottennero il cavalierato ereditario nel 1691 con il dottor Pietro e furono ammessi allo Stamento militare nel 1698. Nei secoli suc` cessivi espressero alcune personalita di rilievo, entrando a far parte della ` di Cagliari, dove attualbuona societa mente risiedono.

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Carboni

Carboni, Bernardo Religioso (?, se` sec. XIII-Bisarcio, 1328 conda meta ca.). Vescovo di Bisarcio dal 1303 al 1328. Personaggio legato a Bonifacio ` vescovo nel 1303 e lo VIII che lo nomino ` di predicare la Crociata nell’iincarico sola, fu interprete in Sardegna del progetto filoaragonese del papa, per cui nel 1309, unitamente ad altri vescovi sardi, scrisse a Giacomo II promettendogli aiuto nel caso avesse voluto conquistare la Sardegna. Negli anni che seguirono assunse una crescente importanza e tra il 1324 e il 1326 svolse un delicato ruolo di mediazione a Sassari nel difficile periodo seguito alla conquista `. e alla prima ribellione della citta

malati. Si trasferı` a Roma (1950), dove visse con la sorella Paolina, insegnante. ` volte le apparve Gesu ` , ed ebbe le Piu stimmate alle mani, ai piedi e al costato. ` aperto il processo Il 6 dicembre 1968 si e diocesano per la canonizzazione.

Carboni, Enrico Avvocato, uomo politico (Cagliari 1906-ivi 1968). Deputato al Parlamento, senatore della Repubblica, deputato europeo. Dopo la laurea ` alla profesin Giurisprudenza si dedico sione di avvocato. Nel 1936 conseguı` la libera docenza in Diritto marittimo ` di Roma, per cui gli presso l’Universita fu affidato l’incarico dell’insegnamento ` di della disciplina presso l’Universita Cagliari. Cattolico, dopo la caduta del fascismo fu tra i fondatori della DC in Sardegna e fu eletto deputato alla Costituente. Successivamente, nel 1948, fu eletto senatore per la I legislatura repubblicana e riconfermato fino al 1968. ` i Negli anni del suo mandato illustro ` urgenti della Sardegna; problemi piu ` per l’istituin particolare si adopero zione della quarta provincia di Oristano. Tra il 1954 e il 1968 fu anche membro del Parlamento europeo, di cui nel 1967 fu eletto vicepresidente.

Carboni, Francesco1 Poeta (Bonna-

Edvige Carboni – Nata a Pozzomaggiore, visse a Roma un’esistenza di sacrifici al servizio del ` stata proclamata serva di Dio. prossimo. E

Carboni, Edvige Serva di Dio (Pozzomaggiore 1880-Albano Laziale 1952). Trascorse la maggior parte della vita ricamando e confezionando dolci, impegnata nel sociale, al servizio di poveri e

` nell’ornaro 1746-Bessude 1817). Entro dine dei Gesuiti, ponendo subito in evidenza le sue non comuni doti e la sua ` ed eleganza a paincredibile facilita droneggiare il latino. Quando nel 1773 l’ordine fu soppresso, era ancora novizio: si fece tuttavia sacerdote e visse con ` , dedicandosi all’insegnagrande pieta mento in diversi centri della Sardegna settentrionale. Nel 1788 fu nominato professore di Eloquenza latina presso ` di Cagliari, dove ebbe l’Universita modo di farsi apprezzare. Sospettato di essere giansenista e coinvolto in altre accuse, legate a una sua pretesa amicizia con gli ambienti angioiani e al cattivo influsso che avrebbe esercitato su-

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Carboni gli allievi del cagliaritano Collegio dei Nobili che era stato chiamato a dirigere, dovette difendersi dalle accuse dalle quali uscı` indenne. Dopo il 1795 si trasferı` a Torino. In stretta relazione epistolare con i massimi letterati italiani e conosciuto per la bellezza dei ` alcune altre citta ` suoi versi latini, visito della penisola, apprezzato da tutti gli studiosi e accolto in alcune prestigiose accademie. Tornato in Sardegna preferı` ritirarsi a Bessude, dove visse in ` dedicandosi con passione semplicita agli studi e alla composizione delle sue ` a Roma opere. Quando Pio VII lo invito per affidargli il Segretariato pontificio ` rifiuto ` delle lettere latine, con umilta l’incarico e preferı` continuare a vivere nella quiete di Bessude. Non abban` la tranquilla esistenza del paesino dono nemmeno quando l’ordine dei Gesuiti fu ricostituito nel 1814. Raffa Garzia ha pubblicato in Un poeta latino del Settecento, F.C., un elenco di oltre 70 opere. Tra quelle principali: De sardoa intem` dei letteperie libelli duo, 1772; La sanita rati, poemetto, 1774; Sonetti anacreontici, 1774; Poesie italiane e latine, 1774; Coltivazione della rosa, poemetto, 1776; In adventu Victorii Philippi Melani antistitis caralitani carmen, 1778; Carmina nunc primum edita, 1776; Selecta carmina ad tyronum latinae poeseos cultorum captum accomodatiora, 1779; All’ornatissimo signor vassallo Domenico ` segretario di stato e di Capriota, gia ´, ora commissario guerra presso il vicere di guerra, applausi della Sardegna, 1779; Coralliorum libelli duo, 1780; Ad Annam Mariam Belgranam, Iohanni Mariae Angioi Eq. in R. caralitano Athenaeo professori et in supremo Sardiniae regni magistratu dirimendis in civili aula caussis adhibito, fauste feliciter nubentem, 1781 (in occasione delle nozze tra Gio. Maria Angioy, di cui era amico, e Anna Maria Belgrano); Hendecassyllaba in SS. Eu-

charistiam, 1781; De Ludovico Baille prid. Cal. Mai 1782 juris utriusque laurea donato, hendecasyllabi. Accedunt duo epigrammata italica Joannis Francisci Simonii patricii algarensis, 1782; In occasione delle feste solennizzatesi in Cagliari dal sig. Durand, console generale della nazione francese, per la nascita del R. Delfino, sonetto, 1782; Josepho Muratorio, academiae Fossanensi praefecto, 1782; Ad virum eruditissimum Josephum Cossum, in supr. Sardiniae regni ordine judicem, et rei frumentariae ac nummariae vigilantissimum praefectum, de nob. equite Jos. Ang. Viali, eiusdem de viro juris utriusque laurea recens donato, 1783; Carmina nonnulla ad SS. Eucharistiam nunc primum edita, 1784; De extrema Christi coena carmen, 1784; Al nobilissimo signore Don Maurizio Thaon di S. Andre´, cavaliere gerosolimitano, 1789; De Sardorum literatura, 1793; In funere Angeli Berlendii eloquentiae italicae professoris, horatio abita in aede S. Crucis die XII nov. 1793, 1793; Angelo Fabronio, viro doctissimo atque amicissimo, versi, 1795; De viro nobilissimo Iohanne Maria Angioi, integerrimo senatore, Sassari Sassaresque provinciae universae amplissima cum potestate, recens profecto, epigramma, 1796; Ad Valpergam suum, Calusi antistitem, inter arcades Euphorbum Melesigenium, virum exoticis linguis, omnigenaque literatura spectatissimum saneque mirandum, 1797; Al novello arcivescovo di Cagliari mons. Cadello di Santo Sperato, applausi poetici, 1798; Ad Carolum Emanuelem IV paulo post eiusdem auspicatissimum in Sardiniam adventum, 1799; De corde Jesu carmen, 1802; Ad Mariam Teresiam, Austriae Archiducem Sardiniae, Cypri, e Hierosolymorum reginam augustissimam, 1807; Ad Mariam Teresiam archiducem Austriae reginam, parturientem, 1812; In nuptiis R. principum Francisci Austriae archiducis et Beatri-

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Carboni cis a Sabaudia Carali secundo omine celebratis, 1812; Lettera al sac. Vincenzo Raimondo Porru, 1813.

Francesco Carboni – Nato a Bonnanaro nel ` conosciuti verseggiatori 1746, fu uno dei piu in latino del Settecento, acclamato da tutta l’Italia letteraria.

Carboni, Francesco2 Storico (n. Seui 1948). Laureato in Lettere all’Univer` di Cagliari, si e ` dedicato all’insesita gnamento universitario. Attualmente ` di Lettere cagliainsegna nella Facolta ` autore di alcuni pregevoli ritana. E saggi. Alcuni anni fa ha concorso ad allestire il museo del suo paese natale. Tra i suoi scritti: Clero, popolo e decime nell’Ogliastra. Relazione inedita di un ecclesiastico del XVIII secolo, ‘‘Annali ` di Magistero dell’Univerdella Facolta ` di Cagliari’’ VI, II, 1982; Per una geosita grafia dei diritti feudali, ‘‘Annali della ` di Magistero dell’Universita ` di Facolta ` dei diritti Cagliari’’, X, 1986; La gravosita feudali in Sardegna, in Studi e ricerche in onore di P. Spriano, ‘‘Annali della Fa` di Magistero dell’Universita ` di Cacolta gliari’’, XXX, 1988; La giustizia nella

Barbagia di Seulo del sec. XVII. Il desistiment del clam criminal per omicidio, ` di Magistero del‘‘Annali della Facolta ` di Cagliari’’, XV, 1992; La l’Universita giustizia civile in Sardegna: la corona de bons hommes, in Studi e ricerche in onore di Girolamo Sotgiu, I, 1993; Per una geografia dei terreni feudali nella Sardegna di ‘‘Ancien Re´gime’’, ‘‘Quaderni degli ` di Magistero delAnnali della Facolta ` di Cagliari’’, 40, 1995; Il l’Universita sale locale e il sale di importazione nell’area della Terranova barocca, in Studi e ricerche in onore di Giampaolo Pisu, ` reali, ba1996; Procurazione reale, citta roni. Chiesa tra equilibrio e conflitto nella Sardegna dei secoli XV-XVII, ‘‘Annali ` di Scienze della Formadella Facolta ` di Cagliari’’, XIX, zione dell’Universita 1996; Il diritto di naufragio, il diritto di presa su navi e su schiavi mori e turchi nella Sardegna Nord Orientale nel XVII ` di Scienze secolo, ‘‘Annali della Facolta ` di Cadella Formazione dell’Universita ` della procugliari’’, XX, 1997; L’attivita razione reale nella Sardegna Sud Orientale dei secoli XVI-XVII, in Atti del Con´ lites di vegno di Studi di Jerzu, 1997; E ` potere e officiali regi e famiglie nelle citta reali della Sardegna nei secoli XV-XVII, ` di Scienze della ‘‘Annali della Facolta ` di CaFormazione dell’Universita gliari’’, 42, 1999; Patrimonio reale, funzionari regi in Sardegna nei secoli XV` di Scienze XVII, ‘‘Annali della Facolta ` di Cadella Formazione dell’Universita gliari’’, n.s., XXI, 1998; Gli officiali regi ` della Sardegna nei secoli XVnelle citta ` di Scienze XVII, ‘‘Annali della Facolta ` di Cadella Formazione dell’Universita gliari’’, n.s., XXII, 1999; Segimon Arquer i Gaspar de Centelles en la tempesta politica de segle XVI, ‘‘Cabdels. Revista d’in`’’, 3, 2001; La definizione genevestigacio rale dei diritti feudali dell’agricoltura in ` di Sardegna, ‘‘Annali della Facolta Scienze della Formazione’’, XXIV,

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Carboni 2001; Per una geografia dei pesi e delle misure nella Sardegna sabauda del ’700, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, 28, 2002; I diritti feudali dell’allevamento secondo le deliberazioni della Regia delegazione feudale ` di del 1835, ‘‘Annali della Facolta Scienze della Formazione’’, XXV, 2002; Cause penali nel Regio Consiglio della Sardegna ai tempi di Sigismondo Arquer, ` di Scienze della ‘‘Annali della Facolta Formazione’’, XXVI, 2003; La definizione dei diritti feudali personali e giurisdizionali della Sardegna, ‘‘Annali ` di Scienze della Formadella Facolta zione’’, XXVII, 2004; Oristano nell’Archivio di Stato di Cagliari, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, 30, 2004.

Carboni, Francesco3 Avvocato, deputato al Parlamento (n. Alghero 1946). Dopo aver conseguito la laurea in Giu` dedicato alla profesrisprudenza si e sione di avvocato. Militante fin da gio` stato per vent’anni convane del PCI, e sigliere comunale, vicesindaco e asses` . Nel 1996 e ` stato sore della sua citta eletto deputato per la XIII legislatura repubblicana e nel 2001 riconfermato per la XIV.

Carboni, Mario Giornalista, sindacalista (n. Ittiri 1945). Sardista, dopo aver conseguito il diploma di perito aeronautico ha fatto per anni esperienza di vita di fabbrica e di sindacato a Ottana. ` CamAppartenente al movimento Citta pagna, nel 1973 ne uscı` per fondare con Angelo Caria e altri il settimanale ‘‘Su populu sardu’’, che in poco tempo si tra` in movimento elaborando un sformo programma anticolonialista. Nel 1979 ha aderito al PSd’Az continuando il suo impegno culturale e politico fino a diventare vicesegretario nazionale del partito per un decennio. Negli ultimi ` evoluto anni il suo pensiero politico si e nella convinzione che i sardisti debbano elaborare una politica che prescinda dalla tradizionale dialettica tra

Destra e Sinistra; prendendo a modello la Catalogna ha condotto il partito a sanare la frattura storica con la Destra e contemporaneamente a liberarlo dalla dipendenza dai partiti di sinistra, contribuendo a costruire un progetto politico dai caratteri fortemente nazionalitari. Tra i suoi scritti: Indipendentismo e federalismo dell’esperienza del PSD’AZ, ‘‘Mezzogiorno d’Europa’’, VII, 1986.

Carboni, Michele1 Imprenditore (Cagliari 1829-ivi 1907). Uomo di grandi ca` operative, fu tra i protagonisti pacita della vita economica di Cagliari nell’Ottocento. Dopo aver preso parte alle guerre del Risorgimento in cui fu decorato di medaglia d’argento, tornato a ` la sua attivita ` di imprenCagliari inizio ditore. Tra le sue molte iniziative vi fu la fondazione del primo stabilimento ` nel 1860; nel 1865 balneare della citta aprı` un attrezzatissimo laboratorio per la lavorazione del legno e del ferro e una fabbrica per mobili; infine fu infaticabile impresario teatrale. Impegnatissimo nella vita sociale e politica, fu presidente del tribunale del Commer` volte consigliere e ascio e fu eletto piu sessore comunale.

Carboni, Michele2 Imprenditore agricolo, deputato al Parlamento (Cagliari 1821-ivi 1889). Laureato in Legge, eser` la professione di avvocato e dicito venne imprenditore agricolo. Si inte` dello sviluppo delle ferrovie e diresso ` quando ne fu minacfese l’Universita ciata la soppressione. Dal 1851 al 1858 fu consigliere divisionale di Iglesias, dal 1860 al 1863 consigliere provinciale di Cagliari. Nel 1865, infine, fu eletto deputato per la IX legislatura nel colle` con la Sinistra: gio di Isili. Si schiero cessato il mandato parlamentare nel 1867, riprese a essere eletto consigliere provinciale, riconfermato ininterrottamente fino al 1888. In questo lungo pe` ripetutamente a far parte riodo entro

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Carboni della Deputazione provinciale; nel 1882 fu eletto deputato per la XV legislatura, ma le sue condizioni di salute gli impedirono di frequentare continuativamente l’aula, anche se nel 1886 fu rieletto per la XVII legislatura. Tra i suoi scritti: Sessione primaverile del Consiglio comunale di Cagliari, 1867; Protesta contro la soppressione della R. Univer` di Cagliari nella seduta del Consiglio sita comunale del 24 maggio 1867, 1867; Documenti elettorali ed elezioni politiche in Sardegna, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, 1874; Comizi popolari per la questione ferroviaria, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, tre articoli nel 1875; Esorbitanza del tributo fondiario in Sardegna, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, 1886.

davanti al cimitero di Staglieno, a causa di un instabile equilibrio psichico. Di cultura repubblicana, fervente mazzi` alla ‘‘Roma del poniano (collaboro polo’’), scrisse, usando lo pseudonimo di Golia Boscherecci, alcuni romanzi storici secondo il gusto sardo di quel ` suoi articoli su ditempo e pubblico versi periodici di livello nazionale come la ‘‘Domenica letteraria’’ e il ‘‘Capitan Fracassa’’: Leonardo Alagon, romanzo storico del sec. XV, 1872; Cronaca romana (1844-1870), 1885; Cristoforo Colombo nel teatro, 1892; Il volto di Paola, 1901.

Carboni, Salvatore P r e d i c a t o r e (Nuoro, inizi sec. XIX-ivi, fine sec. XIX). Divenuto sacerdote, dopo essere stato parroco in diversi villaggi, divenne canonico teologale della cattedrale di Nuoro. Conoscitore della lingua sarda, scrisse le sue opere in sardo logudorese. Tra i suoi scritti: Discorso tenuto dal rettore parrocchiale di Siniscola in occasione della pace solennemente firmatasi a Posada, 1867; Rettifica della storia vescovile diocesana esposta da un anonimo sulla sua epistola al vescovo di Galtellı` Nuoro, 1869; Discursos parrocchiales in limba sarda, 1870; Discursos sacros in limba sarda, 1881-1889, 3 voll.

Carbonia Comune capoluogo, insieme a

Michele Carboni – Avvocato e imprenditore ` volte agricolo cagliaritano, fu eletto piu deputato al Parlamento tra il 1865 e il 1886.

Carboni, Pietro Letterato (Cagliari 1857-Genova 1902). Dopo aver comple` come bibliotecario tato gli studi entro nella ‘‘Biblioteca Vittorio Emanuele’’ di Roma. Nel 1891 fu trasferito in quella di Genova, dove si tolse la vita nel 1902,

Iglesias, della provincia di Carbonia` Iglesias, compresa nella XIX Comunita montana, con 30 447 abitanti (al 2004), posta a 111 m sul livello del mare nella principale zona mineraria della Sardegna in un misto di terreni ondulati di formazione ignea e calcarea alternati. Regione storica: Sulcis. Diocesi di Iglesias. & TERRITORIO Il territorio comunale, di vaga forma ellittica, si estende per 145,63 km2; confina a nord con Iglesias, a est ancora con Iglesias, Narcao e Per` xius, a sud con San Giovanni Suergiu da

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Carbonia e Tratalias, a ovest con Portoscuso e Gonnesa. I terreni si estendono prevalentemente in pianura e sono privi di corsi d’acqua significativi. Solo verso nord (Sirri) si hanno alcune alture, cosı` ` (colle Rosmacome intorno alla citta rino). Data la vocazione mineraria della ` mai molto svizona l’agricoltura non si e luppata, se non in tempi recenti, mentre i pascoli sono stati sempre utilizzati ` collegata a per gli ovini e i bovini. C. e Iglesias (24 km) e Cagliari (70) attraverso la S.S. 130 e da una linea ferroviaria con lo stesso percorso. Nel territorio di C. si trovano numerose frazioni: Bacu Abis, Barbusi, Barena, Cortoghiana, Flumentepido, Is Gannaus e Serbariu.

Carbonia – Il centro minerario fu costruito intorno alla piazza principale, perno della vita ` , con la torre Littoria. sociale della citta

` nacque quando il goSTORIA La citta verno fascista decise di sfruttare i giacimenti di carbone del Sulcis; fu progettata a tavolino secondo ben precisi criteri urbanistici e fu costruita tra il 1936 e il 1938 al centro del bacino carbonifero, su un territorio ricco di siti archeologici che testimoniano la sua antica frequentazione. Fu fortemente voluta da Mussolini come centro per gli operai che lavoravano nelle vicine miniere e popolata da persone che provenivano da tutta Italia. Durante la guerra conobbe un rapido sviluppo sostenuto dall’intenso sfruttamento delle miniere

&

` i 50 000 abitanti. Nel e in breve tocco ` fu teatro di lotte dopoguerra la citta operaie spesso drammatiche, tra scontri di piazza e lunghissimi scioperi, e con la crisi delle miniere subı` un notevole ridimensionamento perdendo molta della popolazione. & ECONOMIA Un tempo grande centro ` minerarie oggi completadi attivita ` basa la sua mente scomparse, la citta economia su industria e commercio; vi ` manisono sviluppate anche le attivita fatturiere per un totale di circa 1200 ` sede di ospedale, imprese. Servizi. C. e guardia medica, farmacia, scuole di ogni ordine e grado e centri di formazione professionale; sono presenti anche vari istituti di credito. Possiede la Biblioteca comunale, un Museo archeologico, 3 bed&breakfast con 18 posti letto, 13 ristoranti e numerose aziende agrituristiche nell’hinterland. & DATI STATISTICI Al censimento del 2001 la popolazione contava 31 729 ` , di cui stranieri 131; maschi unita 15 329; femmine 16 400; famiglie 10 789 La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 285 e nati 247; cancellati dall’anagrafe 597; nuovi iscritti 384. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 245 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 20 033 in migliaia di lire; versamenti ICI 9424; aziende agricole 743; imprese commerciali 1282; esercizi pubblici 140; esercizi all’ingrosso 60; esercizi al dettaglio 681; ambulanti 141. Tra gli indicatori sociali: occupati 8920; disoccupati 1010; inoccupati 2779; laureati 667; diplomati 4676; con licenza media 10 476; con licenza elementare 9288; analfabeti 995; automezzi circolanti 13 974; abbonamenti TV 9009.

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Carbonia

Carbonia – Gioiello della politica autarchica ` del carbone’’, del regime fascista, la ‘‘citta costruita in pochissimi mesi, fu inaugurata da Mussolini nel 1938.

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Nel territorio comunale di C. sono stati individuati numerosi siti che documentano la presenza dell’uomo a partire ` prenuragica. Di particolare ridall’eta lievo sono le grotte di Barbusi, dei Fiori, di Rio Cannas, di Serbariu, di ` Cordera, di Tamara e di Tanı`. Tra le piu ` da segnalare quella di Su interessanti e Corroppu a Sirri. Si tratta presumibilmente di un’abitazione nella roccia, a ` uno dei poca distanza dall’abitato: e siti archeologici che hanno restituito ` antichi del Neolitico in reperti tra i piu Sardegna, riferibili al VII-VI millennio a.C. Sono manufatti litici e di ceramica ` e interesse. Nel terridi grande varieta torio di C. si trovano anche cinque nuraghi: Loddi, Miani, Paristeris, Piliu, Si` rai; tra questi di particolare rilievo e quello di Sirai posto a poca distanza dell’omonimo centro fenicio-punico (=); si tratta di un nuraghe polilobato ` stato recencon annesso villaggio che e temente scavato e ha consentito di approfondire i rapporti intercorsi tra la ` nuragica e quella punica. Di civilta ` anche la domus de qualche interesse e ` Monte Crobu, mentre e ` janas in localita ` interessante la grotta di Tanı`, posta piu a circa 15 km da C.: molto vasta e suggestiva, nella preistoria fu uno dei centri

&

` importanti dell’intero terabitativi piu ritorio. Fu abitata da popolazioni ascrivibili alla cultura di Monte Claro e successivamente utilizzata come sepoltura fino al Nuragico medio. Ma il vero patri` di monio archeologico della specificita ` quello rappreC. e del suo hinterland e sentato dalle strutture minerarie non ` operanti. Si e ` scoperto che le strutpiu ture costruite intorno ai pozzi, spesso di pregevole fattura, possono rappresentare, nell’ambito dell’archeologia industriale, un forte richiamo turistico e creare quindi nuova occupazione. Uno ` interessanti e ` quello di Serdei siti piu bariu, a 2 km dal centro abitato di C. Vi si trovano ancora in ottimo stato i castelli metallici dei pozzi I e II e le costruzioni che ospitavano gli uffici e le ` ancora presente la liofficine. Inoltre e nea ferroviaria che collegava la miniera con Portovesme per il trasporto del materiale estratto e anche delle ` anmaestranze. Di notevole interesse e che Cortoghiana, sito di estrazione della lignite fin dal 1892. Negli anni Trenta accanto alle strutture minerarie ` sviluppato un centro abitato sul mosi e dello di C., mentre una parte dell’inse` un sidiamento, soprattutto la laveria, e gnificativo esempio di architettura industriale degli anni Quaranta. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il tessuto urbanistico di C. fu progettato da Cesare Valle in funzione ` della popolazione che delle attivita avrebbe dovuto abitarvi, costituita da minatori, sorveglianti, personale specializzato e dirigenti. Sulla base di questo presupposto l’atto di nascita di C. concepı` il centro urbano come sede de` rappresentativi, gli uffici pubblici piu attorno al quale furono ubicate le abitazioni dei dirigenti, degli impiegati e degli operai. Tutto ruotava attorno a Villa `, Sulcis, sede centrale della societa mentre lungo i viali si affacciavano cen-

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Carbonia tinaia di case tutte uguali. I criteri distintivi prevedevano abitazioni singole per i dirigenti, costruzioni abbinate per gli impiegati, mentre agli operai erano destinate costruzioni da quattro a dieci ` era (ed appartamenti. Cuore della citta `) la grande piazza Roma dove si afface ` torre Littoria): cia la torre Civica (gia interamente in granito, fu costruita a partire dal 1936 e fu ultimata nel 1938 per consentire a Mussolini di pronunciare il discorso per l’inaugurazione ` . La torre fu la Casa del Fascio della citta `, e rappresentava il simbolo della citta prerogativa che mantiene anche oggi. Sulla sua destra sorge la chiesa di San Ponziano e Santa Barbara dedicata al patrono di Carbonia e alla patrona dei minatori: anch’essa fu realizzata al` in l’atto della fondazione della citta uno stile che si potrebbe definire neoromanico. All’interno conserva una pregevole Via Crucis intagliata in legno ` da un artista sardo, mentre la facciata e ingentilita da un portale in trachite e da un pronao sorretto da massi di granito. ` affiancato dall’imponente L’edificio e campanile che ricorda quello di Aquileja. Sempre su piazza Roma, ma dal lato opposto rispetto alla torre, si affacciano il palazzo del Municipio e il Tea` il monutro. Altro simbolo di Carbonia e mento ai caduti che sorge in una piazzetta adiacente a quella principale e rappresenta un minatore al lavoro. Poco distante sorge il Civico Museo archeologico ‘‘Villa Sulcis’’, edificio che ha perso la sua destinazione originaria di residenza del direttore delle mi` stato allestito nel 1988 niere. Il museo e da Ubaldo Badas e da Donatella Cocco in collaborazione con altri archeologi ` stato inaugurato nello stesso anno. ed e I materiali sono esposti in grandi vetrine e documentano adeguatamente l’evoluzione culturale del Sulcis dalla ` paleocristiana. Il Mupreistoria all’eta

` stato arricchito da due seo, inoltre, e stazioni multimediali dalle quali i visitatori possono seguire le vicende di Monte Sirai (=). Nel parco circostante ` stato inaugurato nel 1972 il Museo pae leontologico e speleologico, curato dal Gruppo di Ricerche Speleologiche ‘‘Martel’’ e che ospita una notevole ` di reperti che documentano quantita l’evoluzione della vita sulla terra.

Carbonia – Gli scavi a Monte Sirai hanno portato alla luce un’imponente fortezza punico-romana con il suo villaggio.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Nella seconda domenica di agosto a C. si svolge la festa dedicata a San Ponziano e a Santa Barbara, patrona dei minatori. In passato, quando le miniere erano in funzione, era questa l’occasione per consentire ai comuni cittadini la visita alle miniere e per procedere alla distribuzione di attestati e benemerenze ai ` una citta ` nata esclusivaminatori. C. e mente per le miniere e nella quale, all’atto della sua fondazione e fino a tempi abbastanza recenti, si sono stabilite famiglie provenienti da tutta la Sar` trattato di una specie di imdegna. Si e migrazione tutta sarda che ha causato la mescolanza di usi e tradizioni di tutta l’isola e che doveva portare ad acquisire tradizioni e abitudini proprie di ` mineraria. Con la crisi e la una citta ` estrattiva, la citta `e ` enfine dell’attivita &

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Carbonia-Iglesias ` dimitrata in crisi, la sua popolazione e ` d’oro nuita (dai 50 000 abitanti dell’eta ` passati ai 30 000 attuali) e sta tensi e ` indutando una ‘‘riconversione’’ a citta striale, che ultimamente sembra dare i suoi frutti.

Carbonia-Iglesias, provincia di Circoscrizione amministrativa della Sardegna che si estende per 1494 km2 e ospita ` stata istituita in base 132 000 abitanti. E ` detta anche del Sulalla L.R. n. 9/2001; e ´ occupa questa subregione, cis, perche sul versante sud-occidentale dell’isola, comprese le isole di San Pietro e di San` t’Antioco. Buona parte del territorio e occupata da rilievi di non grande altezza, ricchi di minerali; al centro la vallata del Cixerri. Una volta ridottesi le risorse legate alle miniere, tutta le ` alla ricerca delle sue nuove regione e vocazioni, che consistono in un potenziamento dell’agricoltura e dell’artigianato tradizionali, e soprattutto sullo sviluppo del turismo, incentrato sulla bellezza del litorale, sul patrimonio archeologico e soprattutto sulla riconver` imsione delle miniere. Tra i centri piu portanti Sant’Antioco, 12 000 abitanti, Gonnesa e Portoscuso, entrambi con 5000. I due centri che si dividono il ruolo di capoluogo, Carbonia e Iglesias, ne contano rispettivamenbte 30 000 e 28 000. COMUNI Buggerru, Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Iglesias, Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Santadi, Sant’Anna Arresi, Sant’Antioco, Tratalias, Villamassargia, Villaperuccio.

Carboni Boy, Enrico Avvocato, deputato al Parlamento (Cagliari 1815-ivi 1925). Figlio del deputato Michele, si ` in Legge nel 1872 e prese a eserlaureo citare la professione di avvocato, ottenendo anche la cattedra di Scienza

` di Cadelle finanze presso l’Universita gliari che mantenne fino al 1892. Attirato dalla politica, divenne il tradizionale avversario di Francesco Cocco Ortu. Fu eletto consigliere della provincia di Cagliari dal 1880 ininterrottamente fino al 1898. Nel 1897 fu eletto deputato per la XX legislatura e successivamente riconfermato fino al 1913 per altre tre legislature. Tra il 1909 e il 1910 fu sottosegretario alle Finanze nel go` la verno Sonnino. Nel 1914 acquisto ` de ‘‘L’Unione sarda’’, dicomproprieta venendone negli anni successivi unico proprietario; nel 1919 fu ancora rieletto in Parlamento per la XXV legislatura e nel 1921 per la XXVI: dal luglio 1921 al febbraio 1922 fu sottosegretario alla Marina nel governo Bonomi. Tra i suoi scritti: Relazione sulle ferrovie complementari e deliberazioni del Consiglio provinciale di Cagliari, 1883; Processo verbale della seduta del Consiglio provinciale di Cagliari e relazione dei delegati della provincia che si recarono a Roma onde ottenere dal Governo provvedimenti atti a migliorare le condizioni economiche della Sardegna, 1888; Proposta di legge per l’aggregazione dei comuni di Solarussa, Zerfaliu e Siamaggiore alla pretura di Oristano, 1898; Il credito cooperativo agrario, ‘‘L’Unione sarda’’, 1900; Agli elettori del collegio di Oristano, 1902; Proposta di legge per una tombola a favore dell’ospedale civile di Oristano, 1907.

Carboni Boy, Gustavo Ingegnere (Cagliari 1891-ivi 1973). Figlio di Enrico, si ` in Ingegneria nel 1922 e si delaureo ` alla professione. Caduto il fascidico ` smo, di orientamenti liberali, partecipo alla vita politica cagliaritana e fu eletto ripetutamente consigliere comunale e provinciale di Cagliari. Un suo articolo sul periodico cagliaritano ‘‘Rivoluzione ` dedicato a Il fondo di liberale’’, 1945, e

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Carcassona ` nazionale e l’agricoltura solidarieta sarda.

Carboni Boy, Michele Giurista (Cagliari 1885-Roma 1918). Figlio di Enrico, si trasferı` precocissimo a Torino ` in Giurisprudenza nel dove si laureo 1907 e nel 1911 conseguı` la libera docenza in Diritto civile. Subito dopo ottenne l’incarico dell’insegnamento ` di della disciplina presso l’Universita Torino. Scoppiata la prima guerra mondiale, vi prese parte come ufficiale del `, fu stroncato a 33 Genio. Nel 1918, pero anni a Roma da un male incurabile.

Carcangiu, Eligio Militante politico (n. sec. XX). Sardista, nel 1920 sostenne l’u` della municipalizzazione dei dazi tilita di consumo; dopo alcuni anni fu costretto dal fascismo a lasciare la politica. Caduto il regime, nel 1943 riprese ` sostenendo l’ipotesi autonol’attivita mistica basata su riforme economiche liberiste; nella scissione del 1948 seguı` Lussu nel Partito Sardo d’Azione socialista. Scritti principali: La Sardegna ` bastare a se stessa?, 1944. puo

Carcassi, Ugo Docente di Semeiotica medica (n. Cagliari 1921). Conseguita la laurea in Medicina nel 1946 a Sassari, ha conseguito numerose specializzazioni e quindi ha intrapreso la carriera universitaria. Dopo aver avuto esperienze di studio in USA, Inghilterra e Scandinavia, ha insegnato dapprima ` di Siena e poi, dal presso l’Universita ` diventato diret1967, a Cagliari, dove e tore dell’Istituto di Semeiotica medica; nel 1983 ha avuto anche l’incarico di ` ‘‘La Reumatologia presso l’Universita Sapienza’’ di Roma. Autore di numerosissime pubblicazioni scientifiche, ha avuto riconoscimenti a livello nazio` stato anche nale e internazionale ed e ` di Medicina delpreside della Facolta ` di Cagliari. Andato in penl’Universita sione, ha intensificato gli studi di storia che non aveva mai abbandonato, e ha

pubblicato con l’editore Delfino di Sassari una serie di curiose biografie che uniscono la completezza dell’informa` dell’esposizione, zione alla sinteticita tutte collocate sotto il titolo ‘‘Malati illustri’’, in cui i personaggi biografati vengono visti dal punto di vista delle loro patologie fisiche e psichiche: Giacomo Casanova Viniziano. Anatomia di un personaggio, 2000; Carlo V Imperatore. Estimatore dei sardi, 2001; Giuseppe Garibaldi. Profilo di un rivoluzionario, ` Paganini. Afflizioni, vizi e 2002; Nicolo ` , 2002; Vincenzo Bellini. Cultore di virtu medicina e musicista, 2004.

Carcassona Famiglia algherese (secc. ` in XIV-XIX). Di origine ebraica, si fisso ` del secolo Sardegna nella seconda meta XIV provenendo dalla Spagna. Abili finanzieri i C. accumularono in poco tempo un ingente patrimonio e seppero ` ebraica inserirsi bene nella comunita ` . La loro principale attivita ` della citta consisteva nel prestare denaro: agli inizi del secolo XV figurano creditori di ingenti somme nei confronti di funzionari reali e di altri privati. La genealogia della famiglia comincia a deli` , ricco mercante, nearsi con un Nicolo che nel 1467 fu nominato procuratore del peso di Alghero. Furono probabil´ e Nin, che sepmente suoi figli Mose pero continuare le tradizioni della famiglia; quando nel 1492 fu emanato l’editto di Ferdinando il Cattolico che espelleva gli ebrei dai suoi regni, abiurarono scegliendo di integrarsi nella so` algherese e, grazie alla loro pocieta tenza finanziaria, conservarono patri´ otmonio e posizione sociale. Mose tenne l’appalto delle dogane di Cagliari e l’amministrazione delle rendite dei principali feudi reali come i Campidani di Oristano, il Parte Ocier e il Mandroli` a possedere l’ufficio sai. Nin continuo di procuratore del peso reale di Alghero. Con i suoi figli Francesco e Ber-

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Carcassona nardo il processo di integrazione dei C. ` cristiana venne accelenella comunita rato. Nel 1527 Bernardo ottenne il cavalierato ereditario ed ebbe numerosi figli, tra cui Raimondo, governatore di Alghero, che nel 1566 fu riconosciuto nobile, Antonio Angelo, illustre giurista, capostipite di una linea stabilitasi a Cagliari ed estintasi nel secolo XVII, e Sal` la discendenza di vatore, che continuo Alghero. Suo figlio Angelo, rettore della Romangia nel 1552, ebbe numerosi figli, alcuni dei quali si stabilirono a Cagliari, altri, tra cui un altro Angelo, continuarono a risiedere ad Alghero. Fu suo figlio il dottor Salvatore, importante personaggio che alla fine del secolo si trasferı` a Cagliari, dove i suoi figli Eusebio e Antioco diedero vita a due rami della famiglia. Da Eusebio, che fu presidente della Reale Udienza, discese un ramo che si estinse nel 1717 con un Salvatore; da Antioco, ricevitore del Riservato, discese il ramo principale. I suoi discendenti espressero alcuni valorosi magistrati della Reale Udienza, e nel 1749 con un Francesco ereditarono il feudo di Serdiana e il titolo di marchese di San Saverio, estinguendosi agli inizi del secolo XIX.

Carcassona, Antioco Gentiluomo (Cagliari 1683-ivi 1731). Fratello di Antonio Giuseppe vescovo di Ales, nel 1710 fu nominato regidor del marchesato di Villacidro e durante la guerra di succes` nel partito fasione spagnola si schiero vorevole agli Asburgo. Passata l’isola ai ` fedelta ` alla nuova dinaSavoia, giuro stia, e quando il fratello ebbe degli aspri ´ con diplomazia contrasti con il vicere ` di placarne le ire. tento

Carcassona, Antonio Angelo Studioso ` di diritto romano (Alghero, prima meta del secolo XVI-ivi, fine sec. XVI). Fratello di Raimondo, fece i suoi primi studi a Cagliari dove si stabilı` per alcuni anni prima di decidere di spostarsi

` coma Bologna; in questa Universita ` i suoi studi laureandosi nel 1549; pleto ` quindi all’insegnamento unisi dedico versitario, scrisse un commentario al digesto che fu apprezzato e utilizzato in tutta Europa. Anche lui, nel 1566, fu riconosciuto nobile. Il suo testo princi` la Lectura super titulo de Actionipale e bus in Institutiones Justiniani, emendata per Antonium Angelum Carcassonam sardum, edita a Lione nel 1556.

Carcassona, Antonio Giuseppe Religioso (Cagliari 1684-Ales 1760). Vescovo di Ales e Terralba dal 1736 al 1760. Uomo di grande cultura, attirato dalla vita religiosa, fu ordinato sacerdote e si ` all’insegnamento presso l’Unidedico ` di Cagliari, della quale fu anche versita rettore. Canonico, nel 1731 fu nominato Cancelliere del Regno ed ebbe accesi ´ Rivarolo in materia contrasti col vicere giurisdizionale. Nel 1736 fu creato vescovo di Ales e resse per lunghi anni la diocesi.

Carcassona, Eusebio Giureconsulto (Cagliari 1606-ivi 1684). Figlio di Salvatore, anche lui dopo la laurea percorse una brillante carriera in magistratura. Nel 1636 fu nominato avvocato dei poveri, nel 1641 divenne reggente della Reale Cancelleria e infine giudice della Reale Udienza, proprio nei tormentati anni che culminarono nella congiura ´ Camarassa. Non comcontro il vicere promesso nelle epurazioni che ne seguirono l’assassinio, nel 1674 fu nominato presidente della Reale Udienza.

Carcassona, Lucifero Uomo d’armi (Cagliari 1638-ivi?, 1681). Figlio di Eusebio, fu per molti anni capitano della galera Patrona. Nel 1675 fu nominato commissario generale dell’artiglieria del ` in piena maturita ` nel Regno. Morı` pero 1681, senza lasciare discendenza.

Carcassona, Nin Finanziere (Alghero, ` sec. XVI). sec. XV-ivi?, prima meta Quando nel 1492 fu emanato l’editto di

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Carcopino ` e si fece espulsione degli ebrei, abiuro ` da suo padre l’ufficio cristiano. Eredito di procuratore del peso reale di Alghero.

Carcassona, Raimondo Gentiluomo ` sec. XVI-?, fine (Alghero, prima meta sec. XVI). Tra il 1561 e il 1564 fu nomi` natale e nel nato governatore della citta 1566 ebbe il riconoscimento della no` . Rimasto vedovo, si fece sacerdote bilta e morı` vecchissimo alla fine del secolo.

Carcassona, Salvatore Giureconsulto ` sec. XVI-Ca(Alghero, seconda meta ` gliari 1618). Conseguita la laurea, entro in magistratura e nel 1606 fu nominato assessore della Regia Governazione di Sassari. In seguito divenne giudice della Reale Udienza e nel 1611 ottenne ` . Si trail riconoscimento della nobilta sferı` a Cagliari, dove morı`.

lino viola dai fiori lunghi e filamentosi; i frutti, acheni, sono arrotondati e piumosi. La specie selvatica cresce spontanea a tutte le altitudini, in campi incolti e zone assolate. Si distinguono: 1. il c. selvatico (il fiore ancora chiuso), che viene raccolto per fare conserve (carciofini sott’olio, particolarmente saporiti), mentre la medicina popolare utilizza diverse parti della pianta per le ` terapeutiche: il fusto e le foproprieta glie sono indicati per abbassare il livello di colesterolo e per depurare il fegato. Nomi sardi: caldu; cardureu; gardu freu; gureu; 2. il c. coltivato, che ` , secondo un elenco stilato dal Minie stero delle Politiche agricole, uno dei prodotti tipici della Sardegna. Caratterizzato dall’essere molto spinoso e particolarmente saporito (rispetto al c. romano, senza spine), viene coltivato in varie zone di pianura: particolarmente rinomato quello del Basso Campidano e della piana del Coghinas. La produ` di oltre 1 000 000 di q. In zione annua e molti paesi produttori si tiene una sagra del c., durante la quale si possono degustare molti dei piatti tradizionali a base di questo prelibato ortaggio. Nomi `fa (campidanese); cartzo ´fa sardi: cancio ´ffa (gallurese). [MA(logudorese); scaglio RIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Carciofo – Il carciofo sardo ‘‘spinoso’’, ben diverso da quello ‘‘romano’’, e` coltivato nelle pianure dell’isola, sul golfo dell’Asinara e nel Campidano.

Carciofo Pianta erbacea perenne della famiglia delle Composite (Cynara car` grosso, costolato dunculus L.). Il fusto e e ricoperto da una fitta peluria lanuginosa. Le foglie, grandi e lanceolate, `. I fiori sono sono spinose alle estremita racchiusi inizialmente da squame coriacee, sovrapposte e con spine termi` , tra magnali, che aprendosi a maturita gio e agosto, scoprono un grande capo-

Carcopino Famiglia di Tempio Pausania (secc. XVI-XVIII). Originaria della Corsica, le sue prime notizie risalgono al secolo XVI, quando viveva un Paolo che nel 1549 venne nominato guardia delle marine di Gallura. I suoi discendenti si stabilirono a Tempio Pausania e vissero come nobili in questo centro. Scoppiata la guerra di successione spagnola, furono tra i maggiori sostenitori del passaggio dell’isola agli Asburgo. Per questo furono insigniti del cavalierato ereditario con un Giovanni; il pri` giunse in Sardegna nel vilegio pero ` passata ai 1721, quando l’isola era gia

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Cardarelli Savoia, per cui non riuscı` a ottenere l’exequatur.

Cardarelli, Vincenzo = Caldarelli, Nazzareno

Cardedu Comune della provincia del` l’Ogliastra, compreso nell’XI Comunita montana, con 1465 abitanti (al 2004), posto a 40 m sul livello del mare nella piana alluvionale del fiume Pelau, recentemente bonificata, tra il comune di Gairo e il mare. Regione storica: Ogliastra. Diocesi di Lanusei. & TERRITORIO Il territorio comunale, dalla forma approssimativa di un rettangolo, si estende per 32,30 km2 e confina a nord con Bari Sardo, a est col Mar di Sardegna, a sud con Tertenia e a ovest con Jerzu, in parte con Osini e Gairo. Una buona percentuale dei ter` rappresentata da pianure derireni e vanti da alluvioni del quaternario costellate da colline; il resto fa capo al complesso montuoso del Monte Ferru ` alta e ` la punta Su Scula cui cima piu ` quindi in sorgiu (840 m). Il territorio e parte adatto alla pastorizia e in parte ` prevaall’agricoltura, mentre la costa e lentemente sabbiosa.C. si trova lungo la S.S. 125 Orientale sarda (15 km da Tor` collegato da autolinee agli altolı`) ed e tri centri della provincia. & STORIA Il centro attuale sorge su un territorio che apparteneva al giudicato di Cagliari ed era compreso nella curatoria di Ogliastra. Quando il giudicato fu smembrato nella divisione del 1258, ` ai Visconti che lo accorparono C. passo al giudicato di Gallura assieme a tutta ` l’Ogliastra. Estinta la dinastia passo sotto il controllo diretto di Pisa che lo fece amministrare da propri funzionari. Subito dopo la conquista arago` a far parte del nese il territorio entro Regnum Sardiniae. Nel 1325 fu concesso a Berengario I Carroz e costituı` il primo nucleo della contea di Quirra che fu formata nel 1363 da Berengario II

Carroz. In seguito, nel 1366, il territorio fu occupato dalle truppe arborensi e di fatto fu governato fino al crollo dell’Arborea come se fosse di appartenenza ` in mano a Begiudicale. Nel 1410 torno rengario Bertran Carroz erede degli antichi conti di Quirra. I Bertran Carroz si estinsero nel 1511 con la morte della contessa Violante II, cosı` il territorio ` ai Centelles e nel lungo periodo passo in cui fu amministrato da questa fami` a essere frequentato, a glia comincio partire dal secolo XVII, da famiglie di pastori di Gairo. L’ultimo Centelles morı` nel 1676 lasciando eredi i Borgia, la cui successione fu contestata dai Ca` che, dopo una lunga lite, nel 1726 tala riuscirono a venire in possesso del feudo. Nel corso del secolo XVIII cominciarono a stabilirvisi alcune famiglie di Gairo e l’insediamento nel vol` in gere di alcuni decenni si trasformo un piccolo centro le cui condizioni di vita non differivano da quelle degli altri centri dell’Ogliastra. Nel corso del secolo il rapporto di dipendenza dal feudatario si fece molto meno intenso, e ` dai Catala ` agli Osorio; nel 1766 C. passo la sua popolazione continuava a cre` ad assuscere e il villaggio comincio mere un aspetto ordinato. Nel 1821 C., che era considerato una frazione di Gairo, fu incluso nella provincia di Lanusei e nel 1840 fu riscattato agli ultimi feudatari. Soppressa nel 1848 la provin` a rimanere cia di Lanusei, C. continuo legato a Gairo e ne condivise le vicende amministrative nei decenni seguenti. ` economiche fecero ulteriorLe attivita mente crescere la popolazione e nel 1927, quando fu costituita la provincia ` a farvi parte sempre di Nuoro, C. entro come frazione di Gairo. Negli anni successivi due eventi determinarono una sua ulteriore crescita: in primo luogo la terribile alluvione del 1951 che costrinse molte famiglie di Gairo a la-

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Cardellino sciare il paese e a trasferirsi a C., creando cosı` le condizioni per il suo ulteriore sviluppo; in secondo luogo il progressivo stabilirsi nel territorio di ` defiinsediamenti turistici che proietto nitivamente il villaggio verso il mare e gli fece conseguire nel 1984 l’autonomia amministrativa. La partecipazione al dibattito sulla formazione della provincia dell’Ogliastra recentemente conclusosi in felice maniera ha contribuito a un’ulteriore sviluppo di questo comune. & ECONOMIA La sua economia e ` principalmente basata sull’agricoltura, in particolare la viticoltura che ha una ` produzione rinomata, grazie all’attivita di alcune cantine private. Altro settore ` che si sta sviluppando notevolmente e quello turistico, specialmente durante i ` sede di guardia mesi estivi. Servizi. E medica, di scuola dell’obbligo, possiede una Biblioteca comunale, 2 alberghi con 224 posti letto, 3 agriturismi con 25 posti letto e 1 ristorante. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1510 unita di cui stranieri 9; maschi 744; femmine 766; famiglie 660. La tendenza complessiva rivelava un aumento della popolazione, con morti per anno 9 e nati 16; cancellati dall’anagrafe 13 e nuovi iscritti 26. Tra i principali indicatori economici: imponibile medio IRPEF in migliaia di lire 16.460; versamenti ICI 202; aziende agricole 308; imprese commerciali 61; esercizi pubblici 11; esercizi al dettaglio 19. Tra gli indicatori sociali: occupati 398; disoccupati 133; inoccupati 70; laureati 31; diplomati 110; con licenza media 552; con licenza elementare 356; analfabeti 27; automezzi circolanti 317; abbonamenti TV 270. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Nel territorio di C. esistono otto nuraghi: Cardedu, Follas e Perdu, Genna Ma-

soni, Muscio, Nurcu, Sa Perda s’Obiga, Su Trunconi. Nella zona di Cuguddadas si trova anche un pozzo sacro ancora ben conservato e alcune domus de janas; a Museddu sono state rinvenute tracce di abitazioni a pianta quadrata di epoca romana. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il tessuto urbanistico del villag` la conseguenza del rapido svigio e luppo dell’antica frazione determinatosi a partire dal 1951; l’unico edificio ` rappresentato dalla di qualche pregio e chiesa di San Paolo Apostolo, parrocchiale costruita negli anni Settanta del secolo scorso secondo uno stile moderno che utilizza con eleganza strutture in cemento armato. Ha un impianto molto semplice a una sola navata che al suo interno conserva affreschi di ` illuminata pittori contemporanei ed e da grandi vetrate. All’esterno l’edificio ` completato da un elegante campanile e e dalla casa parrocchiale. A pochi chilometri dall’abitato si trova la chiesa della Madonna di Buoncammino di impianto quasi sicuramente bizantino ma completamente ristrutturata nell’Ottocento. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Il mo` significativo delle recenti mento piu ` rappresentato tradizioni del villaggio e dalla festa della Madonna del Buoncammino che si svolge nella terza domenica di settembre presso l’omonima chie` certamente la piu ` importante setta. E per C., ma si svolge in una chiesa officiata dalla parrocchia di Gairo, quasi a voler significare l’intimo e profondo legame che intercorre tra le due comu` ; dura tre giorni e prevede un nunita trito programma di manifestazioni. Si svolge anche la festa del patrono del paese, San Paolo, il 29 e 30 giugno, con il classico richiamo dei turisti che affollano le splendide spiagge della zona.

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Cardia

Cardia1 Famiglia di Tortolı` (sec. XVIesistente). Le sue notizie risalgono al secolo XVI, quando era in possesso di un grande patrimonio immobiliare. ` del secolo XVII alNella prima meta cuni dei suoi membri si segnalarono nella difesa delle coste dalle incursioni barbaresche; nel 1644 un Marco Antonio ottenne il cavalierato ereditario e ` . Nello stesso anno fu amla nobilta messo allo Stamento militare durante il parlamento Avellano. Furono suoi figli Sisinnio e Marco Antonio, capostipiti di due rami della famiglia; da Sisinnio discese il ramo che si trasferı` a Lotzorai e che decadde nel giro di alcune generazioni, da Marco Antonio discese ` a risiedere a Toril ramo che continuo tolı` e che nei secoli successivi espresse ` di rilievo. A questa alcune personalita famiglia appartengono Maria Rosa e Umberto.

Cardia 2 Famiglia cagliaritana (sec. XVIII-esistente). Le sue notizie risalgono al secolo XVIII; ad essa appartenevano due fratelli, Sisinnio e Pietro, che diedero vita a due rami a loro volta molto articolati. Sisinnio ottenne il ca` nel 1748 valierato ereditario e la nobilta e si stabilı` a Siliqua; i suoi discendenti nel 1828 acquistarono la signoria della Tappa di insinuazione di Iglesias. Questo ramo esiste tuttora. Pietro, che esercitava la professione di avvocato, ottenne il cavalierato ereditario e la no` nel 1747 e si stabilı` a Mandas. bilta ` del secolo GiuNella seconda meta seppe Giorgio, suo nipote, sposata una Dedoni si trasferı` a Nurri. Nel corso dei secoli successivi la sua discendenza espresse alcuni distinti professionisti. Attualmente risiede a Cagliari e a Roma.

Cardia, Antonio Giornalista (Sassari, ` sec. XX-Cagliari 1962). Perprima meta corse quasi tutta la sua carriera nell’‘‘Unione sarda’’. Cronista molto at-

tento, fu anche fra gli animatori del ‘‘Lunedı` dell’Unione’’ e dell’‘‘Informatore del lunedı`’’. Uomo di fine humour, era una delle colonne dell’organizzazione del giornale.

Cardia, Maria Rosa Storica, consigliere regionale (n. Cagliari 1949). Con` dediseguita la laurea in Lettere, si e cata all’insegnamento universitario e ` professore ordinario di alla politica. E Storia delle istituzioni politiche all’U` di Cagliari. Militante nella Siniversita ` stata eletta consigliere regionistra, e nale per il PCI nel collegio di Cagliari dal 1974 al 1984 per la VII e l’VIII legi` slatura. All’inizio dell’VIII legislatura e stata eletta vicepresidente del Consi` rimasta in carica per l’intera glio ed e ` stata anche legislatura; in seguito e eletta consigliere provinciale di Ca` componente del comitato gliari. E scientifico dell’Istituto Sardo per la Storia della Resistenza e dell’Autono` autrice di numerosi studi sulla mia. E storia contemporanea della Sardegna, in particolare delle vicende che hanno segnato fin dall’inizio l’autonomia regionale. Tra i suoi scritti: Il dibattito sulla questione femminile a Cagliari nel periodo del Comitato di Liberazione, in ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 2, 1973; Introduzione a Il solco, vol. X della collana ‘‘Stampa periodica in Sardegna 19431949’’, 1974-76; Le autonomie speciali, ‘‘Bollettino di Legislazione e Documentazione regionale della Camera dei Deputati e del Senato’’, 1982; Dal Piano Levi al Piano minerario regionale (19491984). Trentacinque anni di dibattito al Consiglio regionale, in Le miniere e i minatori della Sardegna (a cura di Francesco Manconi e Gian Giacomo Ortu), 1986; Un servitore dello Stato: l’alto com´ lite politimissario Pinna 1944-1949, in E che nella Sardegna contemporanea (a cura di Virgilio Mura e Gian Giacomo

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Cardia Ortu), 1987; Profilo elettorale della Sar` repubblicana, ‘‘Italia condegna in Eta temporanea’’, 167, 1987; La nascita dell’autonomia speciale sarda, in Le autonomie etniche e speciali in Italia e nell’Europa mediterranea, 1988; Note per una storia del ceto politico elettivo nella Sardegna del Novecento, in Studi in onore di P. Spriano, ‘‘Annali della Fa` di Magistero dell’Universita ` di Cacolta gliari’’, 1988; Processi storici e istituzione regionale: dallo Statuto al Piano di rinascita 1943-1962, in Storia dei Sardi e della Sardegna (a cura di Massimo Guidetti), IV, 1989; La nascita della Regione autonoma della Sardegna 1943-1948, 1990; Emilio Lussu, il piano per l’insurrezione sarda e il Foreign Office, ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 32-34, 1991; Il movimento cooperativo in Sardegna dalla ricostruzione al Piano di rinascita 1943-1962, in Storia della cooperazione in Sardegna ` al solidarismo d’impresa dalla mutualita 1851-1983, 1991; Le consultazioni referendarie in Sardegna: linee di tendenza, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XVIII, 1992; La nascita della Regione autonoma della Sardegna (1943-1948) (con Ettore Rotelli), 1992; Lussu, Laconi, l’autonomia sarda e la sua storia, in Studi e ricerche in onore di Girolamo Sotgiu, I, 1993; L’emergenza statutaria. La nuova fase costituente dell’autonomia speciale ` nuova’’, VIII, 1993; L’Alsarda, ‘‘La Citta lied Control Commission e la campagna antimalarica nella Sardegna del secondo dopoguerra: la fase preparatoria 1943` di Magistero 45, ‘‘Annali della Facolta ` di Cagliari’’, XVI, 1993; dell’Universita Il Mezzogiorno al Consiglio regionale della Sardegna 1949-1979, 1993; Le lotte contadine per la riforma agraria nel comprensorio di Alghero 1944-1950, in Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo. ` e di una minoranza Storia di una citta catalana in Italia (a cura di Antonello

Mattone e Piero Sanna), 1994; Le origini dello Statuto speciale per la Sardegna. I testi, i documenti, i dibattiti, 3 voll., 1995; Le elezioni europee in Sardegna, in Studi e ricerche in onore di Giampaolo Pisu, 1996; La crisi dello stato nazione: pluralismo, autonomia, federalismo, in Il pensiero permanente (a cura di Eugenio ` ), 1999; I moti del 1906 nell’IgleOrru siente e l’inchiesta parlamentare sulle condizioni degli operai nelle miniere della Sardegna, in I moti sociali della Sardegna giolittiana, 2000.

Cardia, Sandro Studioso di storia locale (n. Sinnai, sec. XX). Conseguita la ` dedicato all’insegnamento laurea si e nelle scuole secondarie. Ha sempre studiato con interesse la storia del suo paese natale, su cui ha scritto Un lotto di cussorgie, ‘‘Questa Sinnai’’, 1984.

Umberto Cardia – Europarlamentare del PCI, ` verso i e` stato apprezzato per la sua sensibilita `. temi dell’identita

Cardia, Umberto Giornalista, uomo politico (Tortolı` 1921-Cagliari 2003). Deputato al Parlamento italiano e al Parlamento europeo. Fine intellettuale, interprete dei problemi della Sardegna, dopo aver conseguito la laurea in Let` al giornalitere e Filosofia si dedico smo, e dal 1946 divenne giornalista professionista: fu tra i primi redattori dei

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Cardia Marci notiziari di Radio Sardegna. Militante ` nella Sinistra, fu da presto uno dei piu autorevoli dirigenti del PCI sardo; nel 1953 fu eletto consigliere regionale nel collegio di Cagliari per il suo partito per la II legislatura, successivamente riconfermato fino alla V (1965-1969). In ` da protagonista quest’ultima partecipo in Consiglio al dibattito sul Piano di Rinascita, insieme a Girolamo Sotgiu, Paolo Dettori e Pietro Soddu. Nel 1968 si dimise per candidarsi al Parlamento; eletto nel 1968 per la V legislatura, fu riconfermato fino al 1976; nel 1980 fu eletto deputato europeo. Nel 1963 fu tra i fondatori della rivista ‘‘Rinascita ` polisarda’’; animatore dell’attivita tico-culturale dell’Isprom (Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo), fu direttore della rivista dell’Istituto ‘‘Cooperazione Mediterranea’’. Sostenitore, all’interno del suo partito, di una linea di rilancio dell’autonomismo sardo, da lui riletto anche alla luce della riflessione gramsciana, fu autore di diverse monografie. Tra i suoi scritti: Paura di essere liberi, ‘‘Il Lavoratore’’, 1946; La crisi del bacino carbonifero del Sulcis, ‘‘Cronache meridionali’’, I-II, 1956; Il Piano di rinascita della Commissione economica, ‘‘Rinascita sarda’’, III, 1957; Urbanizzazione e sviluppo indu` di Cagliari (con Eliseo striale nella citta Spiga), ‘‘Cronache meridionali’’, 2-3, 1962; Razionalizzazione monopolistica, ‘‘Ichnusa’’, XI, 52, 1964; Il sardismo di A. Simon Mossa. I problemi attuali dell’autonomia, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1973; Gramsci e la svolta degli anni Trenta, 1976; Il filo unitario della nostra storia, in Etnia, lingua e cultura. Un dibattito aperto in Sardegna, 1977; Emilio Lussu: l’idea e il sentimento della nazione mancata, in Emilio Lussu e la cultura popolare della Sardegna. Convegno di studio, Nuoro 1980, 1983; Enrico Berlinguer e Luigi Polano: dalla Sardegna alla lotta

dei popoli, ‘‘Ichnusa’’, n.s., 7, 1984; Mi` sarda, in Le chelangelo Pira e la societa ` ), ragioni dell’utopia (a cura di Tito Orru 1984; L’autonomia sarda: esperienze e prospettive, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, X, 1984; Gramsci. Autonomismo mai rinnegato, ‘‘Ichnusa’’, n.s., 13, 1988; Interdipendenza e cooperazione nell’area mediterranea, ‘‘Mezzogiorno d’Europa’’, IX, 1988; La quercia e il vento. Tradizione e ` nel pensiero autonomistico modernita sardo, 1991; Autonomia sarda. Un’idea che attraversa i secoli, 1999.

Cardia Marci, Susanna Insegnante (n. Cagliari, sec. XX). Figlia di Umberto, ` dedicata dopo la laurea in Lettere si e ` attenta studiosa di all’insegnamento; e Gramsci, su cui ha pubblicato la monografia Il giovane Gramsci, edita a Cagliari nel 1977.

Cardi Giua, Giuseppe (detto Pino) Insegnante, giornalista (Santa Teresa Gallura, fine sec. XIX-Sassari, seconda ` sec. XX). Di famiglia gallurese, si meta ` per trasferı` a Sassari dove insegno molti anni. Fin dalla giovinezza colla` alla stampa, a partire dal quotiboro diano di Cagliari ‘‘L’Unione sarda’’, soprattutto con articoli di critica letteraria. Durante la guerra, caduto il fascismo, fu coinvolto in una congiura che mirava a stabilire rapporti fra la Sardegna e la Repubblica Sociale Italiana. Arrestato, fu condannato dal tribunale ` alcuni militare di Oristano e sconto anni di carcere. Quindi, riammesso all’insegnamento, riprese anche la collaborazione ai giornali, coerentemente collocato sempre su posizioni di destra che lo portarono spesso a polemizzare con gli avversari politici. Tra i suoi scritti: Voci di rinnovamento culturale in Sardegna, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1927; Sentori di primavera sull’Ortobene, ‘‘L’Unione sarda’’, 1928; Stato corporativo e carta del lavoro, ‘‘L’Unione sarda’’, 1928; Ricordi di quando ero matto,

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Cardo ‘‘L’Unione sarda’’, 1928; Napoleone nel ricordo del Mamelucco Alı`, ‘‘L’Unione sarda’’, 1928; Filippo Addis, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Il segreto degli autori, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Un poeta, una poetessa e un intruso, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Raffa Garzia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Gli amori impossibili, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; Il vivo della questione folklorica. Il pittoresco, ossia il colore locale, ‘‘Il Lunedı` dell’Unione’’, 1929; Parole all’orecchio: sardomania da mettere a posto, ‘‘Il Lunedı` dell’Unione’’, 1929; Un grande interprete del popolo sardo: Enrico Costa, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929; L’arte e la critica in Sardegna, ‘‘Il Lunedı` dell’Unione’’, 1929; Salvator Ruju, ‘‘L’Unione sarda’’, 1929.

Cardinet Antona, Dominique Studiosa di letteratura italiana (n. Corsica, sec. XX). Allieva di Franc ¸ois Livi, nel 1994 ` laureata alla Sorbona. Ha dedicato si e alla Sardegna il saggio Il romanzo sardo dal 1950 al 1990, ‘‘La Grotta della Vipera’’, XXI, 75, 1996.

Cardini, Franco Storico (n. Firenze 1940). Conseguita la laurea in Lettere, ` dedicato alla carriera universitaria. si e ` della Ha insegnato in alcune Universita ` professore orpenisola; attualmente e dinario di Storia medioevale presso la ` di Lettere dell’Universita ` di FiFacolta ` autore di numerosi lavori di renze. E notevole livello scientifico. Scritti che riguardano la Sardegna: Da Mariano IV a Eleonora d’Arborea. Alla scoperta dei re di Sardegna, ‘‘Storia illustrata’’, 326, 1985.

Cardo Nome con cui si indicano diverse piante erbacee appartenenti a generi differenti della famiglia delle Compo` site, che hanno in comune la spinosita e l’habitat, campi e terreni incolti senza particolari preferenze per il substrato. In Sardegna esistono diverse specie di cardi: 1. il c. mariano (Silybum marianum Gaert.), pianta erbacea biennale,

` crescere ha il fusto costoloso che puo oltre il metro di altezza, e grandi foglie profondamente dentate e divise, molto ` un capolino spinose nei bordi; il fiore e grande, sferico, ricoperto da squame coriacee e spinose e con lunghi fiori fi` un lamentosi rosso porpora; il frutto e achenio schiacciato con semi alati e piumosi; infestante, cresce ai bordi delle strade e nei campi, che colora con le sue fioriture per tutta la primavera e l’estate; del c. mariano, molto ap` prezzato per le sue svariate proprieta officinali, si utilizzano a scopi terapeutici tutte le parti: la radice ha azione diuretica e febbrifuga, le foglie sono stimolanti dell’appetito, i semi sono indicati per chi soffre di ipotensione. Nomi ´ vuru; 2. il c. sardi: brentedda, cardu tu saettone (Carduus pycnocephalus L.), annuale, ha steli sottili e lanuginosi, con lunghe spine; le foglie divise in lobi, quelle basali, spinose e allungate sino a 20 cm; le infiorescenze a capolino, primaverili, con la base ricoperta di squame spinose, hanno fiori filamen` un tosi dal rosso-viola al rosa; il frutto e achenio con ciuffo di semi pelosi. Nome sardo: cardu pisciaiolu; 3. il c. scolino, o ` cardogno (Scolymus hispanicus L.), e una pianta biennale, alta sino ad 1 m, con fusti irregolari e ramificati, e molte foglie profondamente incise, con margini ondulati e spinosi; i fiori, a capolino, distribuiti su tutto lo stelo, sono ` un achenio. Nomi gialli, e il frutto e sardi: aldu crabinu, gardu lattosu, gardu mele, gardu spinosu; 4. la scarlina (Ga` eslactites tomentosa (L.) Moench) puo sere annuale o biennale e crescere sino a quasi 1 m; il fusto, coperto da una fitta ` ramificato solo in peluria feltrosa, e alto, le foglie, composte, con lunghe spine, hanno la pagina superiore liscia e chiazzata di bianco; le infiorescenze a capolino hanno i fiori esterni filamentosi rosa, tendenti al violetto, con l’in-

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Cardona terno bianco-giallastro; fiorisce da aprile a giugno nei campi e sulle garighe costiere. Nomi sardi: aldu biancu, cardu anzoninu, cardu pintu; 5. l’onopordo maggiore (Onopordum illiricum L.), biennale, alto sino a 150 cm, ha lo stelo eretto, ramificato superiormente con spine larghe; le foglie lunghe e strette sono profondamente divise in lobi spinosissimi; i capolini, voluminosi, con squame spinose alla base, sono formati da fiori filamentosi viola, riuniti in una sorta di spazzola rotonda; ` il ‘‘c. asifiorisce tra maggio e giugno; e nino’’ di carducciana memoria (Davanti a San Guido). Nomi sardi: cardu aininu, cardu cannitzu, cardu molentinu, cardu muentis; 6. lo scardaccione spinoso (Dipsacus fero Loisel.), molto simile al c. ` un’erba dei lanaioli (D. fullonum), e biennale, con fusto spinoso, foglie opposte e lobate, infiorescenza allungata con fiori tubulari, bianco-verdastri, con brattee lineari alla base e all’apice; fiorisce da giugno ad agosto; 7. il c. di Casabona (Ptilostemon casabonae (L.) Greuter), perenne, ha fusto eretto, foglie strette e lanceolate, con lunghe spine, a raggiera su tutto il fusto; i fiori, a racemi allungati all’apice del fusto, ` sono capolini piumosi rosa intenso; e un endemismo tirrenico, inserito nell’elenco delle piante da sottoporre a vincolo di protezione in base alla proposta di L.R. n. 184/2001; 8. la carlina raggio d’oro (Carlina corymbosa L.), erbacea perenne, ha fusto ramificato solo nella parte superiore, foglie spinose e ` un capocon margine dentato; il fiore e lino piatto, giallo oro all’interno e con lunghe brattee verdi spinose all’esterno; fiorisce in piena estate nei luoghi sassosi e assolati; 9. la Carlina microcephala Moris, simile alla prece` inserita nell’elenco delle dente, e piante da sottoporre a vincolo di protezione in base alla proposta di L.R. n.

184/2001. Le foglie tenere e i boccioli di quasi tutti i cardi, come quelli del carciofo, si mangiano sott’olio. Negli ultimi anni, in Sardegna, sono nate diverse industrie conserviere che sfruttano le ricette casalinghe tradizionali e mettono in commercio ottime preparazioni a base di piante selvatiche come il c., che conservano sapori intensi che le qua` coltivate non hanno. I cardi sott’olio lita sono inserti nell’elenco dei prodotti tipici regionali stilato dal Ministero delle Politiche agricole. Nomi sardi: cardu angioninu, cardu biancu, cardu tuvu. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cardona Illustre famiglia feudale catalana (secc. XIV-XVI). In tempi diversi fu legata alla storia della Sardegna; le sue notizie risalgono al secolo VIII, quando viveva un Centuplo capo dei Baschi. ` fu il diretto anteCon ogni probabilita nato di un Raimondo che agli inizi del secolo XI si trasferı` in Catalogna ed ebbe le contee di Pallars e di Ribagorc ¸a e fu il capostipite dei visconti di Cardona. Infatti un suo discendente, un Gu` dalla glielmo morto nel 1228, eredito madre il viscontado di C. Da lui discendono i C. legati alla Sardegna. I figli Bernardo Amat e Raimondo Folco, e suo nipote il visconte Raimondo Folco, morto nel 1276, diedero vita a due rami, entrambi presenti nella storia della Sar` degna. Bernardo Amat signore di Tora fu il nonno di Raimondo, nominato governatore generale della Sardegna nel 1329, che acquisı` un vistoso patrimonio feudale e morı` nel 1337 lasciandolo alle ` la lifiglie. Raimondo Folco continuo nea dei visconti di C.; da lui discese in linea diretta il conte Ugo Folco, morto nel 1400, i cui figli Antonio, Ugo e Giovanni Raimondo furono gli iniziatori di altri tre rami della famiglia. Da Ugo signore di Belpug discese il duca Rai´ di Napoli, mondo di Somma, vicere morto nel 1522, che da sua moglie Isa-

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Cardona ` il feudo di Sebella Requesens eredito dilo; dai due nacque Ferdinando, che nel 1537 vendette il feudo ai Torresani e ai Mora. Un Federico, cugino del duca Ferdinando, sposato a una Castelvı`, ebbe la signoria di una parte del Cabudabbas e si stabilı` a Sassari; la sua discendenza si estinse nel 1590 con un Gioacchino. Giovanni Raimondo, conte di C., prese parte alla battaglia di Sanluri. Da lui discese in linea diretta An´ di Sardetonio, duca di C., che fu vicere gna dal 1534 al 1549.

Cardona, Antonio Vicere´ di Sardegna dal 1534 al 1549 (Catalogna, inizi sec. ` sec. XVI). Duca XVI-ivi, seconda meta di Cardona, consigliere reale, fu nomi´ di Sardegna nel 1534. Poinato vicere ´ condivideva gli ideali politici di che ` di avCarlo V, giunto a Cagliari tento viare il processo di rinnovamento dell’amministrazione, ma il suo progetto ` l’inimicizia delle consorterie gli suscito dell’aristocrazia locale. Accusato di commettere scorrettezze, nel 1539 fu costretto a lasciare per qualche mese la Sardegna per recarsi a corte a scagionarsi. Al ritorno, nel 1541, i suoi nemici montarono contro di lui una nuova trama, accusando sua moglie di stregoneria; egli pertanto fu costretto a tornare ancora una volta in Spagna per discolparsi. Chiusa la vicenda, riuscı` a rientrare in Sardegna e nel 1543 cele` il Parlamento. Continuo ` a goverbro nare fino al 1549, quando finalmente ottenne di essere richiamato.

Cardona, Giovanni Religioso (Sassari, ` sec. XV-Ploaghe 1526). seconda meta Vescovo di Ploaghe dal 1495 al 1503. En` nell’ordine degli Agostiniani di San tro Gerolamo e fu ordinato sacerdote. Dopo qualche anno si fece notare per ` e nel 1495 fu nominato vele sue qualita scovo di Ploaghe. Resse la diocesi negli ultimi anni della esistenza di questa. Quando Giulio II la soppresse, unen-

dola a quella di Sassari (1503), gli fu concesso di continuare a tenere aperta la curia a Ploaghe; cosa che fece fino alla morte.

Cardona, Mario Avvocato, studioso di storia del diritto (n. Cagliari, sec. XX). Nel 1957 prese parte al VI Congresso internazionale di Studi sardi svoltosi a Cagliari. Tra i suoi scritti: Sguardo alla legislazione agraria in Sardegna, ‘‘Cagliari Economica’’, VIII, 11-12, 1954; Dei rapporti di lavoro nella Sardegna aragonese, in Atti del VI Congresso internazionale di Studi sardi, 1962; Sguardo storico alle iniziative di colonizzazione e alla legislazione agraria della Sardegna, in Atti del V Convegno nazionale per l’emigrazione, 1956.

Cardona, Raimondo Cavaliere (Catalogna, fine sec. XIII-ivi 1337). Figlio di `, fu brillante Raimondo signore di Tora uomo d’armi: seguı` l’infante Alfonso nella spedizione in Sardegna e nel 1329 assunse l’ufficio di Governatore generale dell’isola. Nel 1330 condusse una campagna militare in Gallura devastando i territori dei Doria che si erano ` nel 1331 otribellati; cessate le ostilita tenne da Guglielmo De Mur le signorie di Villagreca e di Furtei nella curatoria ` quelle di Gedi Nuraminis e acquisto rito e di Sorso nella Romangia. Nello ` anche in possesso di stesso anno entro vasti territori in Gallura con i villaggi di Orto Murato, Corruaro e Castro nella curatoria di Unali, Uranno, Nuraghes, Vinia Maiori e Santo Stefano nella curatoria di Balariana, Assum, Alvargiu, Aristana, Luogosanto, Ariagono e la Paliga nella curatoria di Montangia. Nel ` dai De Mur 1333 ebbe infine in eredita le signorie di Guasila e Guamaggiore nella curatoria della Trexenta: per conservarne il possesso dovette affrontare una lite con Pisa. Frattanto, riprese le ` con Genova, il suo feudo di ostilita Sorso, nel 1334, fu assalito e devastato

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Cardu dagli abitanti di Castelgenovese. Il suo mandato di governatore ebbe termine ` in Spagna, nel 1335: quell’anno torno ` il resto dei suoi anni angudove passo stiato dai debiti e prostrato dal dolore per la morte dell’unico figlio maschio Guglielmo.

Cardu, Stefano Viaggiatore (Cagliari 1849-Roma 1933). Attirato dal mare, si ` a 15 anni come mozzo e navigo ` imbarco per alcuni anni. In seguito conseguı` il titolo di capitano di lungo corso e riprese a viaggiare in tutto il mondo. Alcuni anni dopo fu il primo italiano a sta` albilirsi in Indocina, dove impianto ` imprenditoriali che gli cune attivita diedero l’agiatezza e gli consentirono di raccogliere una grande collezione di ` oggetti artistici siamesi. Nel 1900 torno in Europa e si stabilı` a Roma. Nel 1917 ` al Comune di Cagliari la sua colledono ` esposta nella Cittadella zione che oggi e dei Musei, accompagnandola con una Guida per visitare il Museo di oggetti d’arte antichi e moderni dell’Estremo ` di Cagliari, 1918. Oriente donati alla citta

Caredda, Gian Paolo Giornalista, studioso delle tradizioni popolari (n. Cagliari 1931). Ha pubblicato numerosi volumi sul folclore, sulla gastronomia e sulla medicina popolare della Sardegna. Tra gli altri: Folklore in Sardegna, 1982; Sagre e feste in Sardegna, 1990; Le tradizioni popolari della Sardegna, 1994; La medicina popolare della Sardegna del passato e La medicina popolare in Sardegna, due articoli in ‘‘Sardegna fieristica’’, 1996 e 1997.

Caredda, Giorgio Storico (n. Cagliari 1951). Dedicatosi all’insegnamento universitario e alle ricerche di storia contemporanea, dopo avere lavorato alcuni anni a Cagliari, attualmente inse` di Lettere dell’Ugna presso la Facolta ` ‘‘La Sapienza’’ di Roma, dove niversita si occupa di storia della Francia (ha al suo attivo una intelligente ricerca sugli

anni del Fronte popolare francese, 1934-1939, edita da Einaudi).

Careddu, Antonio Poeta e editore (n. Tripoli 1941). Singolare figura di intellettuale, ha fondato e diretto a Cagliari ` autore di alcune le edizioni Castello. E raccolte di versi nelle quali il tema prin` l’amore: Il lievito della verita `, cipale e 1979; Virgilio aveva ragione, 1982, I Canti della mia valle, s.d.

Careddu, Franca Maria Insegnante, consigliere regionale (n. Tempio Pausania 1942). Militante nella Sinistra, dopo ` dedicata all’inla laurea in Lettere si e ` politica nel segnamento e all’attivita PCI. Nel 1974 fu eletta consigliere regionale per il suo partito nel collegio di Sassari per la VII legislatura. Nel 1979 non fu riconfermata.

Careddu, Matteo Storico del diritto (Tempio 1848-ivi, inizi sec. XX). Conse` alla carriera guita la laurea, si dedico ` per molti anni universitaria. Insegno ` Storia del Diritto romano all’Universita di Cagliari. Tra i suoi scritti: Delle obbligazioni divisibili e delle indivisibili, 1878; ` e la specialita ` dell’ipoteca, La pubblicita 1898.

Careddu, Pino Giornalista, scrittore e uomo politico (n. La Maddalena 1933). ` legato soprattutto a ‘‘SasIl suo nome e sari Sera’’, periodico che ha fondato nel 1960 e che dirige. Nel corso degli anni ha fatto assumere al suo periodico uno scomodo ruolo di controinformazione, denunciando scandali politici piccoli e grandi ignorati da altre testate. Negli anni Sessanta il giornale ebbe probabilmente il massimo della diffusione, favorita dal silenzio di gran parte della stampa sarda, di cui le aziende dell’ingegner Nino Rovelli erano diventate proprietarie: sulle sue pagine fece anche le sue prime prove di grande caricaturista Gavino Sanna. Ma questa ‘‘discesa in campo’’ contro un’intera classe ` a C. non soltanto una inpolitica costo

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Caressus terminabile serie di processi, ma anche la scelta di dimettersi dall’insegnamento per non accettare il trasferimento della sua cattedra a una lontana sede della penisola giustificato da ‘‘in` ambientale’’. Aveva inicompatibilita ziato la sua carriera giornalistica come addetto all’Ufficio Stampa dell’ETFAS (Ente per la Trasformazione Fondiaria e Agraria in Sardegna) e collaborando ai principali organi d’informazione sardi (curava fra l’altro una pagina speciale sui problemi dell’agricoltura nel quotidiano democratico-cristiano di Sassari, ‘‘Il Corriere dell’isola’’). A que` legata la monosto suo primo periodo e grafia L’ambiente culturale della rinascita, pubblicata a Sassari da Gallizzi nel momento in cui si venivano concludendo gli studi per la preparazione del Piano di Rinascita. Ha anche raccolto ` importanti pubblicati gli articoli piu dal suo giornale (scritto in gran parte direttamente da lui) nel volume Autono` . Ha quindi tentato la mia ora o mai piu via del romanzo. Ma i suoi thriller sono la continuazione, anche nella scrittura ` brillante e risentita, della sua attivita pubblicistica; personaggi, vicende e sfondi sono sempre facilmente riconducibili al mondo della politica e degli af` di trasparentissime fari isolani, al di la deformazioni dei nomi. Plot. In nome del presidente (1989), Malvagia (1991) e Assassiga (2004) sono stati poco recensiti e molto letti.

Careddu, Stefania Attrice cinematografica (n. sec. XX). Ha recitato in nu` merosi film, tra i quali Andremo in citta (1966), Quella sporca storia nel West (1967), Il marito in collegio (1977).

Carena, Monserrato Scultore e decoratore (Barbagia?, fine sec. XVI-?, inizi sec. XVII). Risiedeva a Cagliari e probabilmente aveva bottega a Stampace; la` alla decorazione marmorea della voro cripta della cattedrale, collaborando

con lo scultore comasco Antonio Serpi. Nel 1613 eseguı` una statua per la chiesa di Asuni, e negli anni successivi scolpı` per le chiese di Suelli, Oliena e Orgosolo altre statue che denotano una certa tendenza a staccarsi dai modelli che prevalevano in quegli anni nella chiusa cultura della Sardegna. Da alcuni elementi sembra di poter dire anche che `. dipingesse con una certa abilita

Carenses Popolazione enumerata tra quelle appartenenti alla Sardegna, nei primi decenni del secolo II, da Tolomeo, ` non fornisce per essa una il quale pero precisa localizzazione. Erano forse stanziati nella attuale zona di Irgoli. [ESMERALDA UGHI]

Carenti, Franco Pittore (n. Ittiri 1946). Ha frequentato per qualche tempo l’Istituto d’Arte di Sassari, ma la sua for` avvenuta soprattutto a conmazione e tatto delle esperienze delle generazioni ` vicina di pittori sassaresi, da quella piu (Ausonio Tanda) a quella di qualche decennio precedente (Stanis Dessy). La sua produzione, in gran parte orientata a una figurazione attenta ai cromatismi ` stata apprivilegiati dai suoi modelli, e prezzata dalla critica.

Caresi Antica localita`, un tempo frazione di Santa Teresa Gallura, presso ` stata Marazzino. Negli ultimi decenni e accorpata a Val di Mela, ma gli abitanti attuali rivendicano la primitiva denominazione. Vittorio Angius nel suo Dizionario ricorda un’altura «che domina Porto Longone» e un fiume «che si versa in Porto Pozzo» di uguale nome.

Cares(ius) Etnico di un militare congedato attestato da un diploma militare ` stato collegato rinvenuto a Dorgali. E con Fanum Carisi, quindi nei pressi dell’attuale Irgoli, e con la popolazione dei Carenses. [ESMERALDA UGHI]

Caressus Antico villaggio di origine romana che nel Medioevo faceva parte

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Caretti del giudicato di Gallura ed era compreso nella curatoria di Fundimonte. ` Caresi nelle campaSorgeva in localita gne di Olbia. All’estinzione della dinastia dei Visconti C. fu amministrato direttamente dal Comune di Pisa per mezzo di suoi funzionari; sostanzialmente mantenne i suoi antichi privilegi ` a eleggere annualmente il e continuo majore e i suoi consiglieri. Dopo la con` a far quista aragonese, nel 1323 entro parte del Regnum Sardiniae ma la sua popolazione mantenne un atteggiamento ostile nei confronti dei nuovi ve` , fu concesso in nuti. Poco dopo, pero feudo a Berengario Anglesola, che fu costretto a venderlo pochi anni dopo per pagare i propri debiti. Nel 1331 fu concesso a Saurina, sua figlia, sposata con Bernardo Senesterra; frattanto, scoppiata la guerra tra Genova e Aragona, il villaggio fu messo a ferro e a ` quasi completafuoco e si spopolo mente, per cui entro il 1347 i Senesterra lo cedettero a Giovanni d’Arborea per´ lo pacificasse. Negli anni seguenti, che mentre lo sfortunato principe languiva in carcere, il villaggio, nuovamente in` complevestito dalla guerra, si spopolo tamente.

Caretti, Lanfranco Filologo e critico letterario (Ferrara 1915-Firenze 1995). Ha insegnato Letteratura ita` di Pavia e di Filiana nelle Universita renze, pubblicando numerose opere e curando molte edizioni di classici italiani. Nel 1944-45, bloccato in Sardegna dove era stato destinato come uffi` alla rivista ‘‘Riciale, collaboro scossa’’, animata da un gruppo di intellettuali raccolti intorno allo scrittore Giuseppe Dessı`, che C. aveva frequen` . Scrisse in tato durante l’Universita quella occasione Ricordo di un patriota: Giaime Pintor, ‘‘Riscossa’’, I, 2, 1944.

Cargeghe – Nella campagna intorno al piccolo centro si conserva la chiesetta romanica di Santa Maria ’e Contra.

Cargeghe Comune della provincia di Sassari, incluso nel Comprensorio n. 1, con 606 abitanti (al 2004), posto a 333 m sul livello del mare su un poggio panoramico del monte Pizzu ’e Adde (525 m) che domina la piana di Campomela, a pochissima distanza dal comune di Muros e a 12 km da Sassari. Regione storica: Logudoro. Archidiocesi di Sassari. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 12,07 km2 e ha la forma approssimativa di un cuneo; confina a nord con Muros e Osilo, a est con Codrongianos e Florinas, a sud e a ovest con Ossi. La maggior parte dei terreni di C. sono adibiti a pascolo, dai 500 m de Su Monte ai 153 m della piana di Campomela e della valle del fiume Mascari. ` Spiccano i rilievi calcarei di Giorre dalle cui pendici sgorgano le acque di Magola e Ortos. & STORIA Il centro abitato attuale e ` di origine medioevale, apparteneva al

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Cargeghe giudicato di Torres ed era incluso nella curatoria di Figulinas, il cui territorio da tempo immemorabile era in possesso dei Malaspina. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale, questi presero ad amministrare i loro territori come un piccolo stato autonomo e mantenevano un buon rapporto con i vassalli le ` continuarono a consercui comunita vare le loro magistrature. Appena l’infante Alfonso giunse in Sardegna essi ` a gli resero omaggio, per cui C. entro far parte del Regnum Sardiniae. Nel ` i Malaspina si schierarono a 1325 pero fianco dei Doria che si erano ribellati, ` nel 1330 furono attaccati da Raipercio mondo Cardona. Il villaggio fu deva` a rimanere in loro stato ma continuo ` nelle mani possesso. Nel 1339, C. passo del marchese Giovanni che morı` nel 1342 lasciando erede il re Pietro IV. I fratelli non accettarono la sua decisione e cercarono di far valere i propri diritti resistendo con le armi ai funzionari aragonesi venuti a ricevere l’ere` ; il villaggio cosı` cadde nel caos e fu dita nuovamente devastato. Qualche anno dopo la guerra tra Pietro IV e Mariano IV, C. fu dato in feudo a Giovanni Metge, ` morı` quasi subito per cui nel che pero 1361 fu nuovamente infeudato a Berengario Fillel che, scoppiata la seconda guerra tra Aragona e Arborea, perse il feudo, occupato dalle truppe giudicali. Subı` cosı` altre devastazioni che accelerarono il processo di spopolamento. C. ` continuo ` a rimanere in possesso pero del giudice d’Arborea fino alla battaglia ` nelle di Sanluri, dopo la quale passo mani del visconte di Narbona che lo `a tenne fino al 1420. Il villaggio torno far parte del Regnum Sardiniae ma usciva dal lungo periodo di guerre fortemente danneggiato e spopolato. Nel 1421 fu compreso nel grande feudo con` nel cesso a Bernardo Centelles che pero ˜ ans 1425 lo cedette a Serafino Montan

che lo unı` al feudo di Ploaghe. Estinti i ` per matri˜ ans nel 1500, C. passo Montan monio ai Castelvı` del ramo di Sassari e da questi ai Cardona che si estinsero a loro volta nel 1590, aprendo una disputa ereditaria che si concluse solo nel 1597. ` ai Castelvı` del ramo di C. allora passo Laconi; nel corso del secolo XVII i nuovi feudatari aumentarono il peso dei tributi feudali; si estinsero nel 1723 ` agli Aymerich ai quali e il feudo passo ` di questo pefu riscattato nel 1839. E riodo la testimonianza di Vittorio Angius che tra l’altro dice: «Componesi di case circa 110. Nel 1835 vi abitavano famiglie 103, che davano anime 415; nacquero 24, morivano 18; si celebrarono matrimoni 5. Avvi ben pochi che conoscan quelle arti meccaniche, che sono ` necessarie. Lavorasi in circa 70 tepiu lai. Pochi fanciulli si educano nella scuola primaria. Si semina starelli di grano 640, d’orzo 150, di fave 50, di legumi 20, di lino 30. Le terre sono fecondissime. Quanto de’ cereali sovrabbonda ai bisogni smerciasi in Sassari. Le vigne producon bene, e vi prospe` rano gli alberi fruttiferi. Il bestiame e in piccol numero: buoi per l’agricoltura 100, vacche ammansite 50, cavalli 100. Nel suddetto anno il bestiame rude nelle solite specie sommava a capi 2050. I pascoli pubblici sono altrettanto spazio che i terreni delle ‘‘vidazzoni’’, che si dicon capaci di starelli 1260, non compresavi la parte che qui di C. hanno con i florinesi e codrongianesi nel ghiandifero di Giunchi. Di selvaggiume ` notabil copia; e mancano le spenon e cie maggiori cervi e daini. Ti compen` le pernici, quaglie, e altre spesan pero cie gentili di volatili. Acque di San Martino in Campo Mela. Sono esse fredde acidule leggermente ferruginose. Se` , rifecondo analisi del professor Cantu rita dal cavalier della Marmora, vi si riconobbero le seguenti sostanze: gaz

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Cargeghe acido carbonico, idrogeno solforato, azoto, ossigeno, calce carbonata, soda carbonata, magnesia carbonata, ferro carbonato, soda solfata, soda carbonata, selce, materie vegeto-animali. La ` di queste acque in molte malattie, virtu ` per cui sono prescritte dai medici, e contestata da stupende guarigioni». Subito dopo l’abolizione del feudalesimo, C. fu incluso nella provincia di Sassari. Agli inizi del Novecento al comune fu accorpato il centro di Muros, diventato sua frazione fino al 1950, quando riottenne l’autonomia. Nel 1961 gli abitanti erano circa 700 con una tendenza alla diminuzione. & ECONOMIA L’economia di C. e ` basata sull’agricoltura: vi sono sviluppate in particolare la frutticoltura e l’olivicol` anche la pastorizia con tura; presente e una discreta produzione di latticini. Servizi. Il centro abitato, distante 14 ` collegato al vicino cokm da Sassari, e ` attraverso mune di Muros e con la citta un servizio di autobus e si trova a 4 km dalla stazione di Campomela della linea ferroviaria Sassari-Chilivani; possiede la Biblioteca comunale, la guardia medica, servizi bancari essenziali e scuole dell’obbligo. Negli ultimi tempi molti sassaresi, vista la vicinanza di C. ` , stanno acquistando vecchie alla citta case da ristrutturare per stabilirvisi e la popolazione sta leggermente aumentando. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 637 unita di cui stranieri 16; maschi 333; femmine 304; famiglie 233. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 5 e nati 1; cancellati dall’anagrafe 15; nuovi iscritti 8. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 14 986 in migliaia di lire; versamenti ICI 274; aziende agricole 61; imprese commerciali 25; esercizi pubblici 3; esercizi al

dettaglio 10; ambulanti 6. Tra gli indicatori sociali: occupati 190; disoccupati 26; inoccupati 25; laureati 6; diplomati 74; con licenza media 151; con licenza elementare 205; analfabeti 27; automezzi circolanti 224; abbonamenti TV 170. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` ricco di nuraghi tra cui quelli di torio e Cherichizzos, Mandra de Sa Giua, Pedras Serradas, Santa Maria. Sono pre` senti anche domus de janas in localita S’elighe Entosu. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE L’edificio di maggior pregio si ` trova nel cuore del centro storico ed e la chiesa dei Santi Quirico e Giuditta, parrocchiale costruita nel secolo XVIII in forme che richiamano il barocco minore piemontese. Ha un’unica navata arricchita da cappelle laterali. Al suo interno conserva un dipinto del 1589, un Cristo dormiente del pittore fiorentino Baccio Gorino. Poco distante dalla parrocchiale, posta su un’altura, sorge la chiesa di Santa Croce de Altu che risale al secolo XV: ha un’unica navata completata da una cappella che funge da abside, scandita da tre archi e coperta da una volta a botte. Nel corso dei secoli subı` radicali restauri fino al 1823 quando fu praticamente ricostruita nelle forme attuali; dal 1802 vi si stabilı` l’Arciconfraternita della Santa Croce che aveva lasciato la chiesa omonima, anch’essa nei pressi, costruita nel secolo XVII in forme barocche. Al suo interno conserva l’altare maggiore in legno intagliato che dal 1769 fu arricchito da due statue lignee provenienti da un retablo ligneo di Codrongianos. Nel 1802 vi fu annesso un cimitero e la chiesa fu chiusa al culto. Infine, alla periferia del paese, si trova la chiesa di Santa Maria ’e Contra, edificata nel secolo XII e donata fin dal 1126 ai Camaldolesi, che ne fecero una dipendenza

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Cariati dell’abbazia di Saccargia. L’edificio ` essere considerato come la piu ` picpuo cola chiesa romanica della Sardegna: ha forme romaniche con una sola navata e probabilmente fu costruito da maestranze locali. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI L’unica festa di grande richiamo si svolge il 15 luglio in onore di San Quirico e Santa Giuditta, patroni del paese. Le manifestazioni durano due giorni secondo un programma in genere nutritissimo che richiama anche gli abitanti dei paesi vicini e molti sassaresi.

` al PSd’Az e orSardegna, si riavvicino ` con esso, nel novembre 1991, la ganizzo prima ‘‘Festa della Nazione Sarda’’.

Caria, Efisio Insegnante, antifascista ` apparte(Nuoro 1903-ivi 2005). Gia ` repubnente, da studente, alla gioventu blicana, nel 1924 fu assolto dalla Sezione d’Accusa di Roma dall’imputazione di vilipendio delle istituzioni nazionali e contravvenzione alle disposizioni sulla stampa. Tornato a Nuoro dove insegnava matematica negli isti´ tuti superiori, si vide rifiutata, perche antifascista, la tessera del PNF, necessaria per mantenere l’impiego. Nel 1934 venne denunciato dalla polizia come facente parte del «gruppo dell’avv. Gonario Pinna» e indicato come «da allontanare dalla Sardegna».

Caria, Rafael Intellettuale e poeta (n.

Angelo Caria – Militante politico, nella seconda ` del Novecento ha dato voce all’ideologia meta dei circoli indipendentisti dell’isola.

Caria, Angelo Intellettuale e militante politico (?, 1946/7-Nuoro, 1996). Di cul` con Mario tura sardista, nel 1973 fondo Carboni il periodico ‘‘Su Populu sardu’’ ` ascoltata del moviche fu la voce piu mento anticolonialista e poi indipendentista sardo. In seguito aderı` per un certo periodo ad PSd’Az, pur continuando a conservare la sua posizione ` degli anni Otindipendentista. A meta ` il ‘‘Partanta, uscito dal partito, fondo ` tidu Indipendentista Sardu’’ e sembro prendere le distanze dai sardisti. Alla ` , quando fine degli anni Ottanta, pero cominciarono a essere discussi in chiave nazionalitaria i problemi della

Alghero 1947). Continuatore della tradizione catalanista di Alghero, ha irrobustito questa corrente culturale con un forte atteggiamento nazionalitario. Nel 1990 ha fondato la rivista ‘‘Revista de `dic de cultura del paisos l’Alguer. Perio catalans’’. Tra i suoi scritti: I retrobaments ad Alghero fra Otto e Novecento, in I Catalani in Sardegna (a cura di Jordi Carbonell e Francesco Manconi), ` . Poemes, 1984; So tornat a Sant Julia 1986; L’Alguer. Llengua i societat, 1987; Il mundo del Calic. Studio di toponomastica e di lessicografia algherese, 1990; L’algueres des d’una perspectiva historica, due articoli in ‘‘Revista de l’Alguer’’, 1990; Els asfodels i altres versos, 1992; Documents d’historia toponomastica algueresa, ‘‘Revista de l’Alguer’’, 1992.

Cariati, F. Archeologo (n. sec. XX). Studioso dell’Eneolitico evoluto, nel 1981 ha lavorato con Giuseppina Tanda allo scavo delle domus de janas di Molia a Illorai, approfondendo le conoscenze sulla cultura di Monte Claro. Ne ha scritto in Analisi chimico-mineralogiche

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Carice di un campione di parete dipinta della domus de janas I di Molia-Sassari (con G. Tanda, G. Piredda e R. Serri), ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XXXVI, 1981.

Carice Pianta erbacea della famiglia delle Ciperacee (Carex divisa Hudson). Ha fusti interrati (rizomi) lunghi e striscianti, il fusto a sezione triangolare, foglie lineari sottili, infiorescenza a spiga compatta con molte spighe: i fiori femminili si trovano nella parte inferiore, quelli maschili nella parte superiore. Abbastanza comune, cresce nei luoghi umidi e freschi. Dello stesso genere crescono in Sardegna altre specie tra cui alcune endemiche (Carex panormitana Guss., Carex caryophyllea Latour ssp. insularis Arrigoni, Carex microcarpa Moris), inserite nell’elenco delle piante da sottoporre a vincolo di protezione, in base alla proposta di L.R. n. 184/2001. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cariga Famiglia del giudicato di Torres (secc. XII-XVII). Le sue notizie risalgono alla fine del secolo XII, quando alcuni dei suoi membri compaiono nei condaghes o in altri documenti sia come testimoni di atti pubblici che come componenti delle corone giudicali. I C., in effetti, erano in possesso di un discreto patrimonio e avevano una posizione di notevole prestigio, che mantennero nei secoli successivi. Non ` comunque possibile ricostruire un ale bero genealogico completo prima del `, secolo XV, quando troviamo un Niccolo ricco mercante sassarese, che nel 1430 ebbe il cavalierato ereditario. Suo figlio Pietro seguı` Alfonso V nelle guerre nel Napoletano e nel 1442 ottenne il ricono` generosa. I suoi scimento della nobilta discendenti entrarono nel numero ` importanti della citta ` delle famiglie piu e con il matrimonio di un Pietro con Erilla Manca ereditarono i feudi di Monti e di Thiesi. Dal matrimonio nac-

quero Gaspare e Giovanni, che diedero luogo entrambi a una discendenza. Gaspare fu l’erede dei feudi e fece parte di una potente consorteria nobiliare che ` contro l’arcivescovo Alepus e conlotto tro coloro che si ispiravano alla politica ´ Cardona per difendere i prodel vicere pri privilegi. Nel 1554 i suoi discendenti furono riconosciuti nobili e si estinsero nel 1604 con un Antonio, la cui sorella fece passare i feudi ai Ravaneda. Nel secolo XVII sopravvisse un ramo non feudale della famiglia che discendeva da Giovanni, e che mantenne tuttavia una notevole posizione estinguendosi ` del secolo. nella seconda meta

Cariga, Gaspare I Gentiluomo (Sassari, ` sec. XVI). Figlio di fine sec. XV-ivi, meta Pietro II, era rettore della Romangia ` da sua madre Erilla quando eredito Manca le signorie di Thiesi e di Monti, il cui possesso gli fu contestato dal fisco. Ne nacque una lite nella quale egli, sostenuto da una consorteria di nobili sassaresi, ricorse a ogni mezzo per conservare il feudo. Nell’occasione gli interessi del fisco furono sostenuti dall’avvocato fiscale Arquer che era a sua volta sostenuto dall’arcivescovo Alepus. Il conflitto era uno degli aspetti ` vasto contrasto tra i rappresendel piu ` moralizzatrice del vitanti della volonta ´ Cardona e le consorterie dell’aricere stocrazia sassarese gelosa paladina dei propri interessi. G. ne fu il principale protagonista: nei momenti di maggiore tensione egli giunse a minacciare l’arcivescovo con la spada per difendere i privilegi di un suo congiunto sacerdote.

Cariga, Gaspare II Gentiluomo (Sassari, sec. XVI-?). Figlio di Giovanni II, ` a risiedere ad Alghero. Fu anche ando lui, come il padre, un valoroso uomo ` in molte occasioni d’armi che si segnalo nella difesa delle coste dai corsari barbareschi.

Cariga, Giovanni I Gentiluomo (Sas-

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Carin˜ena y Pensa ` sec. XV-?, dopo 1482). sari, prima meta Figlio di Pietro I, fu uomo di grande ` politica, tipico rapequilibrio e abilita presentante degli interessi dell’oligarchia sassarese. Nel 1472 venne eletto ` di Sassari e fu tra i protagonisti podesta ` ai tentativi della resistenza della citta dell’amministrazione reale di limitarne i privilegi. Nel 1482 fu ancora `. eletto podesta

Cariga, Giovanni II Uomo d’armi (Sas` sari, inizi sec. XVI-ivi, seconda meta sec. XVI). Fratello di Gaspare II, entrato ` per il al servizio di Carlo V si segnalo suo valore combattendo nelle file dell’esercito imperiale nella guerra di Germania. Tornato in patria, contribuı` alla difesa delle coste dagli attacchi dei corsari barbareschi; nel 1541 fu nominaro regidor della contea d’Oliva; in seguito fu ambasciatore di Sassari a corte e nel 1556 fu nominato commissario generale della cavalleria del Logudoro.

Cariga, Pietro I Gentiluomo (Sassari, ` sec. XV-ivi, seconda meta ` prima meta ` , fu, secondo sec. XV). Figlio di Nicolo la tradizione familiare, un valoroso uomo d’armi che seguı` Alfonso V nelle guerre nel Napoletano coprendosi di gloria. Come ricompensa il re nel 1442 gli concesse il riconoscimento della ge`. nerosita

Cariga, Pietro II Gentiluomo (Sassari, sec. XV-ivi 1528). Figlio di Giovanni I, fu personaggio eminente della Sassari del suo tempo. Valoroso uomo d’armi, sposato con Erilla Manca erede dei feudi di Thiesi e di Monti, nel 1527 difese con successo il castello di Osilo durante il tentativo di sbarco dei francesi. Morı` di peste ancora giovane.

Carignano del Sulcis Vitigno chiamato comunemente ‘‘Uva di Spagna’’ (Axina de Spagna), fu introdotto in Sardegna dalla penisola iberica nel corso del secolo XVII. Probabilmente deriva dal mazuela e fino a poco tempo fa era col-

tivato quasi esclusivamente in tutta la fascia costiera del Sulcis e nell’isola di ` , si Sant’Antioco; negli ultimi anni, pero ` andato diffondendo anche in altre e parti della Sardegna. Viene utilizzato per produrre l’omonimo vino che si ottiene da uve Carignano per il 90% mescolate con uve Monica o Alicante per il 10%. In altri tempi per la sua compat` il C.d.S. era molto ritezza e corposita cercato in Francia come vino da taglio; `, viene lavorato da alcuni decenni, pero nei territori d’origine come un vino pre` . Si produce in giato di grande qualita due diversi tipi: il normale a 12 gradi, il ` di colore rosso superiore a 15 gradi. E rubino brillante, con riflessi amaranto, dal profumo vinoso e dal sapore asciutto, armonico e generoso.

˜ ena y Pensa, Bernardo Religioso Carin (Casval, Spagna, 1655-Cagliari 1722). Arcivescovo di Cagliari dal 1699 al 1722. Attirato dalla vita religiosa, nel 1670 en` nell’ordine dei Mercedari e si lautro ` in Teologia a Saragozza. Nel 1692 fu reo nominato procuratore generale del suo ordine e si trasferı` a Roma, facendosi apprezzare dal papa che nel 1698 lo no` consultore della Congregazione mino dell’Indice. Nel 1699 fu nominato arci` la diocesi vescovo di Cagliari. Governo nei difficili anni della guerra di successione spagnola e del passaggio dell’i` con grande sola ai Savoia. Si comporto equilibrio, preoccupandosi soprattutto della dimensione spirituale del suo ma` che degli aspetti politici; gistero piu ` con umilta ` l’alternarsi dei cosı` accetto governi, conservando la stima di tutti `. Nel 1704 avper la sua profonda pieta ` la costruzione della basilica di Bovio naria. Tra i suoi scritti: Exortacion que ´ los leales y honrados sardos, 1708; haze a Constituciones synodales del arc ¸ obisbado de Caller, 1715; Discurso por implorar la divina clemencia a soccorrer con agua este reyno, 1721; Sermon en el dia

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Carlini ultimo de una mission en la iglesia primacial de Caller, 1721.

Carlini, Franco Poeta e scrittore (n. Vallermosa 1936). Ha studiato prima a Ca` laureato in gliari poi a Roma, dove si e Lettere moderne alla ‘‘Sapienza’’. A ` stato redattore di Radio Citta ` Roma e Futura e ha fondato e diretto la rivista ‘‘Sardigna Emigrada’’. A lungo insegnante nelle scuole medie superiori, ` di pubblicista, impesvolge attivita gnato in particolare, specie da quando ` tornato in Sardegna, nelle discussioni e sull’uso e la valorizzazione della lingua sarda. Nel campo letterario ha esordito con la poesia in sardo campidanese, ed ` poi passato ai racconti e al romanzo, e sempre in sardo, aggiudicandosi nel 2002 il premio ‘‘Deledda’’ con il romanzo autobiografico Basilisa, 2001. Le sue opere di poesia sono: Biddaloca, 1988; Murupintu, 1991; Sa luna ingiusta 2004; quelle di narrativa: S’omini chi bendiat su tempus. L’uomo che vendeva il tempo, 2001; Su conillu beffianu, 2004; Marxani Ghiani e ateras faulas. La Volpe Ghiani e altre favole, 2005.

` nell’isola una il contrasto scateno guerra civile che si concluse nel 1708 con l’occupazione della Sardegna da ` imparte di truppe di C. III. Egli cerco mediatamente di normalizzare la situazione formando un Supremo Consiglio d’Aragona a Vienna e facendo amministrare il regno da persone capaci. Con il trattato di Utrecht (1713) la Sardegna ` essere stata definitivamente assembro ` un serio prosegnata a C. III che avvio ` , l’igramma di governo. Nel 1717, pero sola fu occupata dalle truppe inviate dal cardinale Alberoni e il re non riuscı` ` a tornarne in possesso. mai piu

Carlo III Re di Spagna e di Sardegna (Vienna 1685-ivi 1740). Figlio dell’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, quando dopo la morte di Carlo II si estinse la dinastia degli Asburgo di Spagna fa` spagnola a Ficendo passare l’eredita ` , nilippo V di Borbone, duca d’Angio pote di Luigi XIV, fu individuato dai rappresentanti delle grandi potenze europee come valida alternativa a Filippo. Egli infatti era figlio cadetto dell’imperatore e nel 1701 fu proclamato dalla coalizione delle grandi potenze re col nome di C. III, dando cosı` l’avvio alla guerra di successione spagnola. La ` in Sardegna sua incoronazione provoco la formazione in seno all’aristocrazia di un partito filoasburgico che si oppose ai partigiani di Filippo V, nel frattempo proclamato re di Sardegna. Ben presto

Carlo III – Carlo Emanuele III di Savoia fu re di Sardegna dal 1730 al 1773.

´ DI CARLO III IN SARDEGNA FerVICERE nando De Silva. Conte di Cifuentes, vi´ dal 1708 al 1710. Giorgio de Heredia. cere ´ dal 1710 al Conte di Fuentes, vicere 1711. Andrea Roger de Erill. Conte di ´ dal 1711 al 1713. Pietro Erill, vicere ´ dal Emanuele. Conte di Atalaya, vicere 1713 al 1717. Antonio de Rubi. Marchese ´ nel 1717. di Rubi, vicere

Carlo V Imperatore e re di Sardegna

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Carlo V (Gand 1500-Yuste, Spagna, 1558). Figlio di Filippo I d’Asburgo e di Giovanna di Castiglia, naque a Gand e fu educato ` famoso istitunelle Fiandre (il suo piu tore fu Adriano di Utrecht, il futuro papa Adriano VI). Alla morte di suo padre (Burgos 1506) aveva ereditato i re´ n e tutte le cologni di Castiglia e di Leo nie americane, e dalla nonna Maria di Borgogna gli erano venute le Fiandre, l’Artois e la Franca Contea. Quando poi nel 1516 morı` il nonno materno Ferdi` l’Aragona, la nando il Cattolico eredito Catalogna, il Rossiglione e i regni di Napoli, di Navarra, di Sicilia e di Sardegna. Per la prima volta nella storia la ` a essere governata da Spagna si trovo una stessa persona; infine nel 1518, alla morte del nonno paterno Massimiliano I, divenne imperatore. Di cultura e tendenze personali assolutistiche, dovette affrontare non pochi problemi per governare un cosı` composito complesso di stati e di culture. Per quanto riguarda la Sardegna, il regno dipendeva dal Supremo Consiglio d’Aragona, che in questa situazione assunse un’importanza notevole e divenne l’organo che trattava in nome e per conto del sovrano gli ` importanti del regno; accanto affari piu ´ al Supremo Consiglio stava il vicere (luogotenente generale del sovrano) tramite il quale si materializzava l’unione personale del regno col sovrano. Egli infatti esercitava la prerogativa regia interpretando direttamente la vo` del sovrano nell’isola. C. V, pero `, lonta oltre che re di Sardegna, era anche un sovrano universale, impegnato in una politica di respiro mondiale, nella quale l’isola non poteva che avere un ruolo marginale. A parte le sue fugaci apparizioni a Cagliari e ad Alghero in occasione delle spedizioni contro Tunisi e contro Algeri, divenne col passare degli anni quasi inaccessibile, mentre i suoi funzionari spesso non erano in

grado di comprendere le esigenze e i problemi dell’isola. Il sovrano, comunque, era consapevole della profonda ` della cultura sarda e dei originalita suoi storici legami con la Catalogna, co´ , quasi a voler sottolineare quesicche ´ sto rapporto speciale, scelse i vicere tra i rappresentanti delle regioni dalle quali era originaria la maggior parte dell’aristocrazia sarda. Gli antichi privilegi e la tradizione pattistica che i nobili e gli altri ceti avevano nei confronti della monarchia spagnola lo indussero ad assumere un atteggiamento cauto e sospettoso nei confronti dell’isola an` il che quando con grande generosita Regno di Sardegna prese parte alle guerre che egli combatteva contro Francesco I di Francia per l’egemonia in Europa (nel novembre del 1527 l’isola dovette subire un duro attacco di una flotta francese, il cui corpo da sbarco investı` Sassari, occupando e saccheg` ). Anche quando dopo il giando la citta 1534 le sue guerre contro i Turchi fecero del Mediterraneo uno dei teatri primari della sua politica, la Sardegna fu investita dai ripetuti attacchi dei corsari turchi e nordafricani che devastarono le coste facendo bottino e schiavi. Tutti questi avvenimenti posero alla monarchia il problema dell’ammodernamento delle strutture amministrative del regno e della diminuzione della sua autonomia e dei suoi antichi privilegi: C. V si servı` per questo di alcuni ´ , primo tra tutti il celebre Antonio vicere Cardona. In secondo luogo gli posero il problema della difesa delle coste dell’isola da risolvere mediante lo sviluppo di un sistema di torri costiere e quello del reclutamento di corpi militari formati da sardi col compito di difenderla e di partecipare alle guerre europee. ` in Quando nel 1556 l’imperatore abdico favore del figlio Filippo II e nel 1558

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Carlo V morı`, molti di questi problemi non erano stati ancora risolti. ´ DI CARLO V IN SARDEGNA AnVICERE gelo Vilanova. Cavaliere, nominato vi´ da Ferdinando il Cattolico nel cere 1514 e riconfermato da Carlo V, resse l’ufficio fino al 1529. Martino Cabrera. ´ dal 1529 al 1532. AntoCavaliere, vicere nio Cardona. Maggiordomo della re´ dal 1534 al 1543 e dal 1545 gina, vicere al 1549. Pietro Vaguer. Vescovo di Al´ dal 1543 al 1545. Gerolamo ghero, vicere ´ interino tra il Aragall. Cavaliere, vicere 1549 e il 1550 e nel 1556. Lorenzo Fernan´ tra il dez de Heredia. Cavaliere, vicere 1550 e il 1556. & CARLO V AD ALGHERO Nell’ottobre 1541 Carlo V radunava una grande flotta destinata all’impresa di Algeri. In uno degli spostamenti delle navi su cui era imbarcato, l’imperatore ` ad Alghero, dove si trattenne attracco per un paio di giorni e una notte. Evento senza grande importanza per quello ` potente del che era allora l’uomo piu mondo, giornata memorabile per gli al` che gheresi, soprattutto per le autorita dovettero preparare l’accoglienza all’ospite e provvedere alle vettovaglie per la flotta. Uno dei testimoni di quelle ` memoria ore, Johan Galeac ¸o, ne lascio in un testo che racconta «tot lo que sa Magestat ha fet en l’Alguer y del que se ha fet per sa vinguda». Galeac ¸o era no`: taio e consigliere quarto della citta l’imperatore lo fece cavaliere. I pochi fogli del manoscritto venivano conservati nell’Archivio Storico di Alghero, ma sul finire degli anni Settanta del Novecento furono «trafugati da ignoti», come dice Mario Salvietti, un apprezzato studioso di storia locale che nel 1991 ne diede una edizione, accompagnata dalla traduzione del testo e ricche note. Il testo non aggiunge nulla alla sto` un quariografia dell’imperatore, ma e dretto a suo modo delizioso della vita

politica e sociale di Alghero e del carattere degli algheresi d’allora. [MANLIO BRIGAGLIA]

«In nome di Colui che tutto governa e della sua alma madre vergine Maria di Monserrato amen. Avuta notizia che l’invittissimo e cattolicissimo re don Carlo, per divina clemenza imperatore dei Romani sempre augusto e re nostro signore, doveva passare dall’Italia in Barberia meridionale per attaccare Algeri, arrivando dalle Fiandre e dopo essersi occupato delle cose dei Luterani e `, paravere visitato a Lucca Sua Santita tito dalla Spezia, riviera di Genova, con un grande esercito Dio nostro Signore volle che il 3 ottobre 1541, con quaranta´ galere (perche ´ l’altra parte della tre flotta era partita in precedenza), arrivasse nel porto di Bonifacio del Regno ` di Corsica. Da questo luogo Sua Maesta scrisse ai magnifici consiglieri in carica ` di Alghero una lettera firnella citta mata di sua propria mano, annunciando il suo arrivo a Bonifacio e la sua `. intenzione di venire nella nostra citta Questa lettera fu trasmessa ai detti magnifici consiglieri dal nobile don Diego Dessena, governatore e riformatore del Capo di Logudoro a Sassari, per mano dell’alguazir Jean de la Corra, mercoledı` 5 ottobre alle 4 dopo mezzogiorno. La lettera dice cosı`: ‘‘Agli amati e fedeli ` di Alnostri jurados della nostra Citta ghero, il Re. Amati e fedeli nostri, siamo arrivati or ora nel porto di Bonifacio, e con l’aiuto del Signore pensiamo di es` di Alghero, sere fra poco in questa citta e siccome da quando siamo partiti dalla ` Spezia non abbiamo notizie di come e andato il viaggio delle navi della nostra flotta che sono partite prima di noi e desideriamo riceverne notizia vi incarichiamo e ordiniamo che appena riceverete questa lettera ci comunichiate quali navi hanno toccato il vostro porto tanto della nostra armata quanto di ogni

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Carlo V altra, dove andavano o da dove venivano e tutto quello che sapete di esse. Allo stesso modo ordinerete che nella ` non manchino le vettovaglie vostra citta necessarie per provvedere e alimentare la nostra casa e la nostra corte met` tutta la diligenza che ci tendo in cio aspettiamo da voi. Dato nel porto di Bonifacio li 3 ottobre anno MDXXXXI. Yo el rey. Idagues segretario’’. Appena ricevuta la lettera con l’onore e la riverenza dovuti i consiglieri si affrettarono a ordinare il necessario e nella stessa ` il notte di mercoledı` arrivarono in citta nobile governatore e il magnifico veguer mossen Miguel Olives minore e i detti consiglieri si affrettarono a far costruire un pontile di legno in mare molto lungo e ampio e fecero impastare molto pane bianco per presentarlo in ` e fare in modo omaggio a Sua Maesta che per le vie e alle porte delle case e delle botteghe vi fossero pollastri, oche, anitre, piccioni, uova, uva, formaggi, frutta e altra roba in modo che la gente potesse far acquisti senza dover andare troppo in giro: con bandi che proibivano di maggiorare i prezzi. Autorizzarono molte rivendite di vini bianchi e ´ vacrossi, diedero disposizioni perche che e montoni dell’agro entrassero in ` e che le macellerie fossero ben forcitta nite, che i pescatori delle peschiere e degli altri luoghi di pesca portassero il loro pesce e che tutto fosse esposto all’aperto in modo che il re e la sua corte ricevessero un qualche conforto in que` e il re conoscesse la sta loro povera citta ` dei vassalli che la abiinnata fedelta tano. E allo stesso modo il detto nobile governatore, il veguer e i magnifici con` siglieri organizzarono per Sua Maesta una battuta di caccia a Porto Conte, tanto che la stessa notte vi andarono i magnifici mossen Guerau de Cetrilla, mossen Francesch Busquets, mossen Salvador Cetrilla e mossen Perot Amat,

` , e il magnifico cavalieri di questa citta mossen Angel Torralba, secondo consigliere, e altri cittadini e probi uomini e loro servitori con molti cavalli, cani, battitori, servi e lı` a Porto Conte aspet` per condurlo a cactarono Sua Maesta ´ le navi arrivacia, per due notti, finche rono a Porto Conte giovedı` 6 verso mezzanotte. L’indomani venerdı` prima di giorno il detto nobile governatore accompagnato da quattro cavalieri, don Johan Manca, don Angel Manca, fratelli Jaume Manca e don Joan Cariga, sassa` per l’ocresi, che erano venuti in citta ` con una barca armata a casione, ando ` che il re non si Porto Conte, dove arrivo era ancora alzato e quando si fu alzato il ` la mano a nome governatore gli bacio ` ed espresse la proprio e di tutta la citta gioia di tutti per la venuta di Sua Mae` e disse quanto fossero dispiaciuti i sta consiglieri per il poco tempo che avevano avuto per apprestare tutto il ne` abbondanza di quella cessario con piu ` lo ricevette che avevano. Sua Maesta con molta benevolenza e disse che era ` di tutti e vesicuro della buona volonta dendo a terra gente a cavallo, a piedi e avendogli detto che erano i cacciatori ` accorsi nel caso che il re vodella citta lesse andare a caccia lo gradı` molto e allora quei cavalieri, consiglieri e il nobile don Jaume Ramon Cetrilla che era sopraggiunto e altri cacciatori salirono sulla galera e baciarono la mano al re che li ricevette con molta benevolenza e in effetti scese a terra su una piccola lancia senza scorta, con soltanto tre o quattro grandi di corte come il duca di Camerino, nipote di papa Paolo III, e suo genero, il principe di Salmona don ´ vila commendatore maggiore Lluys Da di Alcantara, il principe di Macedonia e l’ambasciatore inglese, e raggiunse i cavalieri cacciatori. Udita la prima messa, celebrata nel luogo che chiamano la Dragonara da un cappellano di

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Carlo V ` , salı` a cavallo cosı` come feSua Maesta cero gli altri e andarono a caccia. Il re uccise un cinghiale che fu spinto alla sua posta da un cane di mossen Gueran de Cetrilla; alla fine il re volle che consiglieri e cavalieri salissero con lui sulla sua galera e con loro prese terra ` venerdı` 7 ottobre nel porto della citta verso l’ora del vespro. Intanto, mentre il re era a caccia il governatore era tor` e ne aveva riferito al veguer, nato in citta ai consiglieri e ai cittadini. Insieme col re molta parte delle galere vennero al porto, ognuna per conto proprio, tanto ` accompagnato da poche che il re arrivo di loro, visto che le galere non si preoc` dal matcupavano di scortarlo; anzi gia tino quattro fregate erano entrate in porto senza preoccuparsi di stare per ` loro solito. Il pontile le punte come e ` aveva fatto fare per il re era che la citta di travi, tavole e travi piccole, cosı` lungo che superava due scogli delle secche, e sul punto terminale portava le armi del re dipinte in modo molto sontuoso dal maestro Johanot Spert cittadino di Alghero; il pontile era coperto di preziosi drappi fini di Barcellona, vermigli, gialli e di altri colori. Attendevano il re il governatore, il veguer e i consiglieri accompagnati da molti cavalieri e probi ` e dell’entroterra fra i uomini della citta quali c’erano don Bernat Dessena, fratello del governatore, l’alcaide C ¸apata di Cagliari, don Francisco Rebolledo, consigliere in capo di Sassari, don Johan Manca e altri che si tralasciano, vestiti per l’occasione: il consigliere in ` ornate capo portava le chiavi della citta di cordoni e fiocchi di seta fina rossa e gialla; ma mentre aspettavano, le ga` approdate e la loro gente lere erano gia ` o aveva di bordo passeggiava per la citta ´ nestrovato alloggio nelle case sicche sun corpo di guardia attendeva il re; la ` dal momento dell’arrivo delle citta prime galere fino a quando il re non rag-

` di far giunse il suo palazzo non cesso sparare salve di artiglieria, di cui era incaricato mossen Jaume Valdellos. Il re fece alzare tutte le sue bandiere e lo ` con stendardo e fece salutare la citta quattro salve di bombarde della sua nave. Quindi scese in una lancia col principe Doria e i rematori, e prima di entrare nel porto e sbarcare a terra ` con la lancia e il principe a vedere ando ` dal mare, da Sant’Elmo fino alla la citta torre dello Sperone; nel frattempo il governatore e tutto il suo seguito, per paura che il re entrasse dalla porta reale, andarono via dal porto: se n’erano appena allontanati che il pontile fu saccheggiato e i suoi drappi fatti bottino dei soldati e di altri, cosa di cui il re ` molto contento. Dopo aver si mostro ` con la ben osservato tutto il re torno ` nel pontile e ordino ` sua lancia e sbarco alla guardia di andarsene (non ce n’era ´ lui lı` era a casa bisogno, disse, perche sua) e cosı` le guardie non stettero a osservare alcun ordine – come si fa al´ dentro il palazzo ne ´ fuori, e trove – ne se ne andarono a passeggio. Intanto governatore, veguer, consiglieri e cittadini cavalieri inginocchiati baciarono la mano al re, che li ricevette affettuosamente; quindi gli donarono le chiavi `, che il re ricevette e restituı` della citta dicendo in castigliano: ‘‘Jurados, tene´ questa gente ci tele in buon’ora perche basta e anzi vi chiediamo e ordiniamo che le teniate e guardiate al bene della vostra terra come avete l’obbligo e come ` richiede’’. Allora di la vostra fedelta nuovo i consiglieri gli baciarono la mano. Quindi il re procedette dal capo del pontile fino a terra, dove lo aspettavano i reverendissimi vescovo di Ampu` , rivestito dei rias, che si trovava in citta paramenti pontificali, e don Pedro Vague, vescovo di Alghero e consigliere di ` (entrato precedentemente Sua Maesta ` e ricevuto secondo l’usanza), in citta

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Carlo V che non vestiva i panni pontificali, accompagnati dal vicario monsignor ` y Duran, arciprete di Francesco Guio Alghero, e da canonici, cappellani e frati con le loro croci. Tenendo in mano il vescovo di Ampurias la vera croce, es` distesi due tappeti forniti da sendo gia mossen Francesco Busquets e due cuscini di seta verde lasciati alla Curia da donna Isabella Amat y Dessena e pronto il baldacchino di broccato foderato di ` cangiante della cattedrale, Sua taffeta ` si inginocchio ` su quei cuscini e Maesta ` la vera croce nelle mani del revebacio rendissimo vescovo di Ampurias. Quindi salı` su un cavallo castano lus` del nosuosamente bardato, proprieta bile don Johan Manca, e stando sotto il baldacchino disse al vescovo: ‘‘Vescovo, ` con quelli passate qui’’ e questi s’avvio che portavano il baldacchino e con so` e in processione entro ` Sua Maelennita ` nella sua citta ` di Alghero venerdı` 7 sta ottobre 1541 quasi all’ora del vespro. Portavano il baldacchino i magnifici mossen Perot Castilla, donzello, consigliere in capo, mossen Angel Torralba, consigliere secondo, mossen Johan Galeasso, consigliere quarto, i nobili don Pedro de Ferrera, don Johan Manca e il magnifico mossen Gueran de Cetrilla. ` il re ando ` a pregare All’ingresso in citta ` a cavallo nella cattedrale; quindi torno e arrivato alla casa del nobile don Pedro de Ferrera nella piazza parata a fe` di deporre il baldacsta, il re ordino ´ prima di smontare voleva chino perche ` che andare a vedere il resto della citta restava da vedere dalla parte di terra come l’aveva vista dalla parte del `, seguito dal governamare. Cosı` s’avvio tore, dal veguer, dai consiglieri e dai cavalieri che portavano il baldacchino, don Bernat Dessena, mossen Francesch de Busquets e altri cittadini; uscendo ` da Porta reale il re disse ai dalla citta ` la chiesa consiglieri: ‘‘Jurados, questa e

` per difendervi dai che avete buttato giu Francesi’’; arrivato alla Torre dello Sperone e sembrandogli ben costruita salı` anche su una breve elevazione verso il pozzo della rocca dalla cui som` si vede tutta Alghero. Da lı` osservo ` mita ` e la torre e con attenzione tutta la citta disse: ‘‘Bella, in fede mia, e collocata nel punto giusto’’, e girandosi verso il governatore e i consiglieri, aggiunse: ` e ` importante: sopraele‘‘Questo pero vate la muraglia e la torre fino all’altezza di quei due uomini e completate l’opera’’, indicando due uomini in piedi sulla muraglia vecchia della torre. E ` , quando arrivo ` a meta ` tornando in citta della cortina tra la Torre dello Sperone e la Torre di Porta reale, che si trova davanti a San Michele, disse: ‘‘Jurados, ` meglio fare una casamatta che ´ qui sara il resto va tutto bene’’. Continuando a camminare, tra Porta nuova e la Porta ` di colpo il vecchia, il re quasi arresto cavallo per guardare la sue armi che vi sono dipinte e i consiglieri gli dissero che in cose simili si impiegano i soldi ` alla citta ` e lui disse: ‘‘Lo che il re da ` in citta ` e arrivedo, mi piace’’ ed entro vato alla casa di don Pedro scese da cavallo e salı` nella sala dove l’aspettavano il principe Doria e altri grandi di corte. ` brevemente Stando in piedi, il re parlo col principe Doria della flotta (una lettera trasmessa dal governatore aveva indicato dove aveva dato ancora), ` nella sua camera e tutti quindi si ritiro se ne andarono alle loro case. Dalla sua ` con il principe di camera il re s’affaccio Macedonia, il principe di Salmona, il duca di Camerino nipote del Papa e ge` e don Lluys Da ` vila nero di Sua Maesta ` ntara e commendatore maggiore di Alca ` nella rideva con loro guardando giu piazza dove le vacche e le altre bestie che dovevano essere imbarcate correvano inseguite dai soldati che le uccide` quasi notte. I vano a coltellate. Era gia

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Carlo V ` consiglieri, accompagnati come si e detto, si recarono a palazzo e supplica` che si ricordasse di rono Sua Maesta ` dal momento che Noquesta sua citta stro Signore ci aveva fatto la grazia che il re era venuto ad Alghero, loro che stavano su uno scoglio di roccia lontano da ogni luogo abitato e in continua lotta contro i nemici, con il solo nome di vas`. Ed egli salli fedelissimi di Sua Maesta ` stato il desiderio rispose: ‘‘Jurados, e che avevamo di vedere Alghero che ci ha fatto venire in Sardegna, altrimenti non saremmo venuti. E ora che abbiamo ` e ci siamo resi conto della visto la citta sua importanza, non possiamo pren´ dere nessun provvedimento perche siamo in viaggio; rinviamo a quando saremo in Spagna, e lı` provvederemo e di` il vostro sporremo secondo quanto sara servizio per noi, secondo quanto ri` e merita chiede l’importanza della citta ` e puo ` darsi che non la vostra fedelta passi molto tempo che ci vedrete un’al`’’. Al che i magnitra volta, se Dio vorra fici consiglieri gli baciarono la mano ringraziandolo della benevolenza e dell’amore che mostrava loro, e si ritira` stati fatti i preparativi rono. Erano gia ` , solo la per la cena, ma il re non ceno ` qualche pezzo di biscotto notte mangio bianco e bevve acqua di cannella, per´ era indisposto di stomaco. E prima che di mettersi a letto disse al consigliere quarto che era stato sempre presente: ‘‘Jurado, se ne vadano pure tutti, non ` stiamo abbiamo bisogno, andate che gia a casa nostra’’, al che un suo alabardiere di nome Rodrigo gli disse: ‘‘Signore, i jurados non ci hanno procurato ` bene che stacchiamo i materassi, sara queste tende di raso e che ci arran` si mise a giamo con esse’’; Sua Maesta ridere e disse al consigliere quarto: ‘‘Jurado, attento che questi pazzi non facciano danni’’, e il consigliere disse: ‘‘Non ce la faranno, signore’’. Lui se

` e il re si sdraio ` nel letto che la n’ando ` gli aveva preparato. Quanto all’acitta labardiere, non voleva dire che mancavano i letti – tutti erano ben alloggiati – ma per ricordare i regali, che poi in ef` fece a tutti, alabardieri, lacfetti la citta ´ , guardarobieri, fornai, uscieri, che capo della dispensa e cuoco: il consi` gliere quarto, infatti, a nome della citta divise fra loro una mancia di circa settanta ducati secondo l’ufficio di cia` anche il baldacchino scuno, e recupero e i drappi. L’indomani, alzatosi il re, ` per la messa nella sala s’apparecchio del palazzo dove ascoltarono la messa, detta da un cappellano del re, Sua Mae` e molti principi, duchi, marchesi, sta conti, prelati e gran signori della Sua corte e insieme a loro il governatore e i magnifici veguer, consiglieri, cavalieri, cittadini e altri algheresi. Essendo ora ` a casa sua e il di desinare, ognuno torno ` nella sua camera dove desino ` re si ritiro secondo quanto richiedeva il suo mal di stomaco. Dopo un po’ il re fece dare il bando che tutti prendessero imbarco e verso le due diede ordine di partire. Uscendo dalla sua camera per andare a imbarcarsi, in presenza di quei principi, duchi, conti, prelati e grandi signori della sua corte e del governatore don Diego Dessena e di molti altri cava` armo ` calieri e cittadini di questa citta valieri i magnifici mossen Johan Galeac ¸ o consigliere quarto (di cui ab` parlato), mossen Duran Guio ` biamo gia algherese, mossen Pedro Pilo, mossen Cano e mossen Virde sassaresi e mossen Johan de Lesgrexo di Castellaragonese. ` le nomine il segretario del re Verbalizzo mossen Johan Pera Longo. Mentre scendevano nella scala del palazzo quel consigliere quarto appena fatto cavaliere chiese al re la grazia di andare a servire ai suoi ordini in quella impresa di Al` rispose: ‘‘Jurado, geri, ma Sua Maesta per ora badate al vostro ufficio, cosı` vi

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Carlo Alberto di Savoia comandiamo’’. Quando il re stava per varcare la porta del palazzo, gli si avvi` il nobile don Pedro de Ferrera e lo cino ` di prendere al suo posto suo supplico fratello Miguel de Ferrera che era lı` ´ lui era indisposto e presente, perche ` non poteva andare a servire Sua Maesta in questa impresa. Il re acconsentı`, e girandosi al consigliere quarto che, come ` , gli cammirappresentante della citta nava a fianco sinistro, siccome gli altri ´ suoi colleghi non erano presenti perche occupati a dar conto agli ospiti e ai grandi signori che avevano alloggiato nelle loro case, andando dalla porta del Palazzo Ferrera alla porta del Mar gli chiedeva delle condizioni economi` e il che e della situazione della citta consigliere lo mise al corrente di tutto. ` Entrato nella porta del Mar, Sua Maesta ` di sbarazzare il pontile dalla ordino gente che lo occupava; la lancia che do` lı` pronta: veva portarlo a bordo era gia data da baciare la mano prima al governatore e al consigliere quarto, poi a molti altri cavalieri, cittadini e probi ` . Era uomini algheresi, il re si imbarco sabato 8 del mese di ottobre. Tutte le galere s’avviarono seguendo il re a Porto Conte e il giorno dopo, domenica, sul far del mattino con tempo buonissimo fecero rotta su Majorca, dove secondo l’ordine del re tutta l’armada doveva riunirsi per partire verso Algeri. Nostro Signore gli conceda la vittoria, ´ riconduca i principi pagani nel perche grembo di Santa Madre Chiesa, amen. ` i detti magnifici Alla Cesarea Maesta consiglieri regalarono, da parte della ` e per conforto della sua casa e citta della sua corte, molte vacche, molte pecore, molti fra galline e capponi, molti rasieri di pane bianco fatto a cocorroys `ri al[secondo Mario Salvietti, il cuccaro ` un pane a corona con un uovo gherese e sodo trattenuto al centro da una croce ` di pasta: nel caso potrebbe essere pero

quello al modo di Majorca, con verdura, uva passa e pinoli], molte botti di vino rosso e di malvasia, molte dozzine di torce e di candele di cera gialla, molta frutta, verdure e altri alimenti freschi: ` molto contento, sebbene vi il re ne resto fosse stato poco tempo per preparare ´ tutta quella roba, solo trenta ore, sicche ` non pote ´ fare tutto quello che la citta avrebbe voluto. Tutti gli uomini della corte del re se ne andarono molto contenti tanto per l’arredamento degli alloggi loro assegnati quanto per le vettovaglie e il cibo che avevano trovato in ` comando ` al consi` . E Sua Maesta citta gliere quarto, incaricato della provvista delle vettovaglie, di distribuirle secondo le disposizioni che gli avrebbe impartito Francisco Duarte, suo provveditore generale; cosı` il consigliere fece, come risulta dalle ricevute che gli vennero rilasciate. Inoltre tutti i grandi di corte e gli altri comprarono di tasca propria pecore e vacche, vino, pane e ` saccheggiarono e altre provviste; in piu fecero passare a fil di spada circa duecento vacche appartenenti al governatore, a Galseran Ferret, a mossen Berthomeu Castanyer e ad altri proprietari ` si compiacque di bestiame. Sua Maesta ` a Francisco dello spettacolo, ma ordino ` Duarte di pagarle, anche se la citta stessa era decisa a pagarle lei».

Carlo Alberto di Savoia Re di Sardegna (Torino 1798-Porto, Portogallo, 1849). Fu il primo sovrano del ramo dei Savoia Carignano, nato dal principale dei rami collaterali di casa Savoia. Quando fu certa l’estinzione della discendenza maschile del ramo primogenito della famiglia fu designato principe ereditario e chiamato a corte per essere prepa` guardato rato alla successione. Fu pero con sospetto dagli zii per le sue idee liberali e per la sua cultura aperta; per questo motivo, quando nel 1821 egli si ` a reggere per un breve periodo le trovo

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Carlo Borromeo sorti dello stato concedendo la costitu` zione, il suo comportamento provoco una profonda crisi politica dalla quale ` comunque seppe trarlo fuori con abilita lo zio Carlo Felice. Durante il regno di quest’ultimo tenne un atteggiamento riservato e distaccato, per cui nel 1831 `. riuscı` a salire sul trono senza difficolta Conosceva abbastanza i problemi della Sardegna, che aveva visitato prima di ´ tenne nei suoi condivenire re, sicche fronti, aiutato da ministri illuminati e da alti funzionari sardi (a cominciare dallo stesso Giuseppe Manno), un atteggiamento costruttivo, proseguendo la politica di riforme posta in essere da ` , fu Carlo Felice. La sua azione, pero ` incisiva e politicamente vamolto piu lida: tra le molte riforme da lui promosse quella che condusse all’aboli` importante. zione dei feudi fu la piu ` noto, i feudi furono aboliti al Come e termine di una complessa procedura svoltasi tra il 1836 e il 1838, che comunque ebbe effetti positivi sull’assetto sociale ed economico dell’isola. Nonostante le complicazioni di carattere internazionale cui diede luogo il fatto che molte delle misure abolitive toccavano feudatari spagnoli, protetti dallo stesso trattato con cui la Sardegna era passata ai Savoia, C.A. di S. procedette nella strada intrapresa. Egli comunque comprese anche che l’abolizione del sistema feudale aveva contribuito a porre in evidenza altri gravi problemi dell’isola connessi all’estensione del sistema fiscale e alla utilizzazione dell’enorme ` di terreni degli ex demani feuquantita dali; per questo motivo, quando i liberali sardi nel 1847 premettero per ottenere la ‘‘fusione perfetta’’ con gli stati di terraferma e l’estensione all’isola dello ` di ritardarne statuto del 1848, egli cerco la concessione. Protagonista della sfortunata prima guerra d’indipendenza, morı` esule a Porto nel 1849.

VICERE´ DI CARLO ALBERTO IN SARDEGNA Giuseppe Montiglio d’Ottiglio e Vil´ dal 1831 al lanova. Cavaliere, vicere ´ 1840. Giacomo de Asarta. Conte, vicere dal 1840 al 1843. Gabriele de Launay. ´ dal 1843 al 1848. Conte, vicere

Carlo Alberto di Savoia – Il padre di Vittorio Emanuele II ritratto in un’incisione.

Carlo Borromeo, san (in sardo, Santu Carlus, Santu Carulu, Santu Carolu) Santo (Arona 1538-Milano 1584). Nacque il 2 ottobre 1538, dal conte Gilberto Borromeo e dalla marchesa Margherita de’ Medici, sorella di Pio IV. Chierico a ` in Diritto civile ed ecMilano, si laureo clesiastico a Pavia (1559). Fu per cinque anni a Roma al servizio del pontefice ` a ventidue Pio IV, suo zio, che lo nomino anni cardinale e arcivescovo di Milano. Scelse per il suo stemma la parola: «Hu`. Il frate Girolamo Domilitas», Umilta nato detto Farina degli Umiliati, esa` del vescovo, gli sperato dalla severita ` un’archibugiata: C.B., uscito ilsparo ` il frate. Orleso dall’attentato, perdono ` e diresse i lavori nell’ultima ganizzo ` fase del concilio di Trento e si adopero con energia per fare applicare la Con-

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Carlo II di Borbone ` gli abusi e lo troriforma. Condanno ` il sfarzo della Curia romana, riordino ` seminari, costruı` ospedali clero, fondo ` nell’aiutare i colpiti e ospizi, si prodigo dalla peste (1576-1577). Canonizzato da Paolo V (1610). Patrono dei catechisti e dei maestri. [ADRIANO VARGIU]

San Carlo Borromeo – Il santo in una tela di Bernardo Strozzi. (Chiesa dei Cappuccini, Sarzana)

Carlo Delfino Editore Casa editrice ` una delle fondata a Sassari nel 1981, e ` importanti editrici attualmente piu operanti in Sardegna. Si segnala soprattutto per le sue collane di archeologia, che hanno visto e vedono il contributo dei maggiori archeologi e sono di fondamentale importanza per conoscere il patrimonio di monumenti antichi nel` poi l’isola. A questo primo nucleo si e affiancato l’interesse per la storia, la narrativa, la poesia, e in particolare il turismo, con l’originale raccolta di carte tematiche ‘‘Vai da te’’. Tra le opere di maggior rilievo il vocabolario logudorese di Enzo Espa, la riedizione

del Codex diplomaticus di Pasquale Tola e il Dizionario storico della Sardegna di Francesco Cesare Casula. [MARIO ARGIOLAS]

Carlo II di Borbone Re di Spagna e di Sardegna (Madrid 1661-ivi 1700). Ultimo sovrano del ramo Asburgo Spagna, nato a Madrid nel 1661 da Filippo IV cui succedette nel 1665 quando era ancora ´ bambino. Detto El rey hechizado perche molto malato, fu un sovrano debole e incapace, in balı`a delle fazioni di corte soprattutto quando fu palese che per le sue condizioni di salute non avrebbe potuto avere figli. Durante il suo regno l’isola fu travolta dalla tragica vicenda ` con l’uccisione del vicere ´ che culmino Camarassa e con una tremenda repressione. L’isolamento del regno e la crisi della sua economia si accentuarono an´ lo sventurato sovrano non fu che perche in condizione di porre in alcun modo rimedio alla situazione. ´ DI CARLO II IN SARDEGNA EmaVICERE nuele de los Cobos. Marchese di Cama´ dal 1665 al 1668. Francesco rassa, vicere ´ Tuttavilla. Duca di San Germano, vicere dal 1668 al 1673. Fernando Gioacchino ´ Fajardo. Marchese di Los Velez, vicere dal 1673 al 1675. Melchiorre Sisternes de ´ interino nel 1675 e tra il Oblites. Vicere 1678 e il 1680. Francesco Benavides. ´ tra 1675 Marchese de Las Navas, vicere ´ de Funes Villapando. Mare il 1677. Jose ´ nel 1680. Filippo chese di Ossera, vicere ´ di Egmont. Principe di Egmont, vicere dal 1680 al 1682. Diego Ventura Fernandez de Angulo. Arcivescovo di Cagliari, ´ interino nel 1682. Antonio Lopez vicere ´ de Ayala. Conte di Fuensalida, vicere dal 1682 al 1687. Giuseppe Delitala Ca´ interino nel 1687. Nicola stelvı`. Vicere ´ Pignatelli. Duca di Monteleone, vicere dal 1686 al 1690. Carlo Omodei. Mar´ nel chese di Castel Rodrigo, vicere 1690. Luigi Moscoso Ossorio. Marchese ´ dal 1690 al 1696. di Altamura, vicere

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Carlo Emanuele III di Savoia ´ Solis. Conte di Montellano, vicere ´ Jose dal 1696 al 1699.

Per quanto le riforme poste in essere fossero numerose e toccassero un po’ ` tutti gli aspetti della complessa realta sarda, esse non riuscirono a operare una radicale modificazione della situazione di profonda crisi nella quale l’isola si trovava. Cosı` egli non riuscı` ad ` abolire il sistema feudale, che continuo a gravare pesantemente sull’economia dell’isola, impedendone lo sviluppo; ` a non convoma soprattutto continuo care gli Stamenti, mortificando profondamente il sentimento di autonomia e ` nazionale che i sardi avedi identita vano ritrovato nel corso del secolo.

Carlo II di Borbone – Il re di Spagna e di Sardegna ritratto da Ulisse Passani.

Carlo Emanuele III di Savoia Re di Sardegna (Torino 1701-ivi 1773). Figlio di Vittorio Amedeo II, quando suo padre ` , nel 1730, salı` sul trono. Il suo abdico atteggiamento nei confronti della Sar` essere degna fu contraddittorio e puo distinto in due periodi. Nei primi anni, infatti, egli prese parte alle guerre per ` vivamente l’equilibrio europeo e spero di sbarazzarsi dell’isola utilizzandola come pedina per un vantaggioso scam` vicine ai suoi bio con altre terre piu `, dopo stati nella penisola. Quando pero il 1744, fu certo di non poter attuare il ` a progettare una suo progetto, comincio serie di riforme per il suo regno. Artefice di questo ambizioso e vasto programma fu il conte G.B. Lorenzo Bo` l’amministragino, che di fatto guido zione sarda fino alla morte del sovrano.

Carlo Emanuele III di Savoia – Salito al trono di Sardegna nel 1730 in seguito all’abdicazione ` sino al del padre Vittorio Amedeo II, regno 1773.

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Carlo Felice ´ DI CARLO EMANUELE III IN SARVICERE DEGNA Gerolamo Falletti. Marchese di ´ dal 1732 al 1735. Castagnole, vicere Carlo Amedeo Battista San Martino d’A´ dal glie´. Marchese di Rivarolo, vicere 1735 al 1738. Francesco Luigi d’Alligne. ´ dal 1738 al Conte di Apremont, vicere 1741. Ludovico de Blonay. Barone, vi´ dal 1741 al 1745. Giuseppe Maria cere del Carretto. Marchese di Santa Giulia, ´ dal 1745 al 1748. Emanuele Valvicere guarnera. Principe di Valguarnera, vi´ dal 1748 al 1751. Giovanni Battista cere ´ Cacherano. Conte di Bricherasio, vicere dal 1751 al 1755. Vittorio Amedeo Costa. ` , vicere ´ dal 1755 al Conte della Trinita 1758. Francesco Tana. Conte di Santena, ´ dal 1758 al 1762. Giovanni Battivicere sta Pellegrino Alfieri di Cortemiglia. Ca´ dal 1762 al 1763. Carlo valiere, vicere ´ nel Giuseppe Solaro di Govone. Vicere 1763. Francesco Luigi Costa della Tri` . Balio, vicere ´ dal 1763 al 1767. Vittonita rio Ludovico Hallot des Hayes. Conte di ´ dal 1767 al 1771. AntoDorzano, vicere nio Francesco Gaetano dei Cassiotti. ´ dal 1771 al Conte di Robbione, vicere 1773.

inutilmente di opporsi alle truppe francesi, nel 1799 queste lo cacciarono dal Piemonte, costringendolo a rifugiarsi in Sardegna con tutti i suoi parenti. Dopo un breve soggiorno nell’isola ` sulla terraferma e fu a Napoli e torno successivamente a Roma nella speranza di riuscire a riavere i suoi stati di terraferma; quando si rese conto che il suo progetto era impossibile, nel 1802, addolorato anche da una serie di lutti ` a favore del fratello domestici, abdico ` a vita priVittorio Emanuele I e si ritiro ` nell’ordine dei Gevata. Nel 1815 entro suiti.

Carlo Emanuele IV di Savoia Re di Sardegna (Torino 1751-Roma 1819). Figlio di Vittorio Amedeo III, salı` al trono nel 1791 e poco dopo dovette affrontare il turbine della Rivoluzione francese. Profondamente reazionario, quando nel 1793 in Sardegna, sulla scia dell’entusiasmo per la vittoriosa resistenza al tentativo d’invasione del corpo di spedizione francese, gli Stamenti, che ` del pericolo e nell’inanelle necessita ´ si erano autoconvocati, zione del vicere gli proposero alcune riforme della costituzione del regno, inviando a Torino una delegazione portatrice delle cosiddette Cinque domande, non comprese la situazione e non riuscı` a far fronte ai successivi eventi conosciuti come la ` Sarda Rivoluzione. Ma quando tento

Carlo Emanuele IV di Savoia – Ritratto del re `. di Sardegna in giovane eta

´ DI CARLO EMANUELE IV IN SARVICERE DEGNA Filippo Vivalda di Castellino. ´ dal 1794 Marchese di Pogliano, vicere al 1799. Carlo Felice di Savoia. Duca del ´ dal 1799 al 1806 (contiGenevese, vicere ` a esserlo fino al 1821 durante il renuo gno di Vittorio Emanuele I).

Carlo Felice Nome che si da` comunemente alla superstrada statale n. 131

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Carlo Felice di Savoia che collega Cagliari a Porto Torres. Fu progettata da Giovanni Antonio Carbonazzi che riuscı` a portarla termine tra il 1822 e il 1829, lavorando duramente nei periodi dell’anno in cui tecnici e maestranze (soprattutto di provenienza continentale) non correvano rischi a causa ` podella malaria. L’inizio della strada e sto in piazza Yenne a Cagliari, segnalato da un cippo marmoreo che indica le ` di misura di riferimento. Il terunita ` indicato da una mine a Porto Torres e colonna romana.

Carlo Felice di Savoia – Ottenuta la corona ` per dieci anni. nel 1821, regno

Carlo Felice di Savoia Re di Sardegna (Torino 1765-ivi 1831). Figlio di Vittorio Amedeo III, fu l’ultimo sovrano del ramo primogenito dei Savoia. Scoppiata la Rivoluzione francese, quando l’esercito piemontese non riuscı` a evitare l’occupazione della capitale, si ri` in Sardegna seguendo i fratelli e i fugio ` inloro familiari. A Cagliari si formo torno a lui una piccola corte personale.

´ di SardeDal 1799 fu nominato vicere gna; negli anni della sua permanenza nell’isola riuscı` a instaurare duraturi rapporti con alcuni membri dell’aristocrazia sarda, tra i quali Stefano Manca, futuro marchese di Villahermosa, che fu suo amico e confidente, e Giacomo Pes di Villamarina, suo onnipotente sostituto nel 1816 (che, partendo dall’i` vicere ´ al suo posola, C.F. di S. nomino sto; ma il Pes non volle mai, per rispetto, ` con molto adottare quel titolo). Governo equilibrio introducendo nell’isola alcune riforme e promuovendo istituzioni culturali come il primo nucleo del Museo archeologico e la Reale So` Economica e Agraria (1803). Torcieta nata la corte a Torino, visse l’angoscioso periodo della Restaurazione. Divenne re nel 1821 dopo l’abdicazione di suo ` fratello Vittorio Emanuele I e continuo la sua politica di moderate riforme tra le quali una radicale rifondazione del sistema scolastico di base nel 1823, e una nuova raccolta di leggi civili e criminali (il cosiddetto Codice feliciano) nel 1827. ´ DI CARLO FELICE IN SARDEGNA VICERE Ettore Veuillet d’Yenne. Marchese di ` re, vicere ´ interino e vicere ´ dal Saunie 1820 al 1822. Giuseppe Galleani. Conte ´ dal 1822 al 1823. Gend’Agliano, vicere ´ naro Roero. Conte di Monticelli, vicere dal 1823 al 1825. Giuseppe Tornelli. ´ dal 1825 al Conte di Vergano, vicere 1829. Giuseppe Roberti. Conte di Castel´ dal 1829 al 1831. Una sua vero, vicere Relazione al re Vittorio Emanuele I sul governo vicereale da lui tenuto nella Sardegna si legge nella Storia della monarchia piemontese, IV.

Carloforte Comune della provincia di Carbonia-Iglesias, incluso nel Comprensorio n. 23, con 6444 abitanti (al 2004), posto a 10 m sul livello del mare, sulla costa orientale dell’isola di San ` l’unico centro abiPietro, della quale e

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Carloforte tato. Regione storica: Sulcis. Diocesi di Iglesias.

Carloforte – La cittadina, come molti centri della Liguria, da cui provenivano gli abitanti dell’isola di San Pietro, si affaccia direttamente sui moli.

TERRITORIO Il territorio comunale di ` rappreC. si estende per 50,24 km2 ed e sentato dall’intera isola di San Pietro, dalla vaga forma di triangolo, posta a nord-ovest di quella di Sant’Antioco, da cui dista circa 3 miglia. La costa ` bassa e sabbiosa e va dal orientale e capo La Punta fino a punta delle Colonne, che porta lo stesso nome del braccio di mare tra le due isole; mentre i due tratti di costa che volgono a nordovest e a sud-ovest sono alti e frastagliati per la frequenza dei venti. Il ` occidentale dell’isola di San punto piu ` il capo Pietro (e di tutta la Sardegna) e Sandalo distante 13 km dal centro abitato e sede di un potente faro. I terreni ` sono collinari, con la maggiore asperita rappresentata dal monte Guardia dei Mori (211 m), a nord dell’isola, e sono coltivati soprattutto a vite e olivo, mentre i seminativi sono ricavati nelle zone ` riparate, soprattutto a est. Nonopiu stante le ridotte dimensioni dell’isola sono presenti boschi di alberi d’alto fusto nelle due zone di maggiore altura. &

Carloforte – La cittadina, costruita a partire dal 1738, ha bei palazzi dell’Ottocento, che fu ` di maggiore benessere per l’isola di San l’eta Pietro.

STORIA Il territorio di C. fu abitato ` in epoca romana, ma nei secoli sucgia ` e divenne fino agli cessivi si spopolo inizi del Settecento il rifugio di pastori e di pirati. Il governo sabaudo, al momento di prendere possesso della Sardegna, volle porre fine a questa situazione e nel 1737 concesse l’isola di San Pietro a titolo di ducato a Bernardino `s con l’obbligo di insediarvi una Genove ` di esuli liguri provenienti comunita dall’isola di Tabarca, guidati da Antonio ` tardi a costoro si agTagliafico. Piu giunse un altro gruppo proveniente da Pegli guidato da Giovanni Battista Segni. I coloni ottennero franchigie per dieci anni e iniziarono la costruzione di C., ma nel 1740 i loro rapporti col duca si fecero tesi. Nel 1742 giunse da Tabarca anche un terzo gruppo di coloni e nel 1744 i carlofortini chiesero di essere liberati dal vincolo feudale e di avere per il centro abitato il titolo di `. Negli anni successivi la comunita ` citta crebbe e i rapporti col feudatario non &

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Carloforte migliorarono, nel 1793 C. e l’intera isola furono occupati dai francesi e per un breve periodo i carlofortini fecero conoscenza di un governo rivoluzionario. ` fu sorpresa Nel settembre 1798 la citta nella notte da una incursione di pirati tunisini che fecero moltissimi schiavi e li condussero a Tunisi, da dove furono liberati per intercessione di Napoleone dopo quasi cinque anni. Nel 1812, con ` s, cesso ` anche l’estinzione dei Genove ` pote ´ fila dipendenza feudale e la citta nalmente acquistare la piena autonomia. Nel 1821 C. fu inclusa come capitale di mandamento nella provincia di Iglesias ma, abolite le province nel 1848, fu compresa nella divisione am` ministrativa di Cagliari e dal 1859 entro a far parte della omonima provincia. Di ` la testimonianza che questo periodo e ci viene da Vittorio Angius nel Dizionario del Casalis. «L’abitato presentasi sul ` lido in bell’aspetto per certa regolarita nelle strade coperte a ciottoli e di giusta ampiezza, e per le due piazze, una nella marina col monumento di Carlo Emanuele III, l’altra quadrata nel centro del paese. Le case son ben costrutte, parecchie con piano superiore, e molte tra esse di bella forma. La pulitezza delle ` da lodare. Nel medesime nell’interno e 1834 vi si numeravano anime 2935 nella distinzione di maschi 1468, di femmine 1467, e si calcolavano nell’anno nati 100, morti 50, matrimoni 15. Sono i carolini una gente molto industriosa. Per la ` hanno riparato quale singolare attivita alle perdite patite nelle incursioni dei barbareschi, e sanno provvedere alla propria sussistenza in una terra naturalmente sterile. In che molto ancora conservano della loro origine. Li vedresti sulle barchette ora andar a strappar i coralli, ora a ricercar gli sciami nuotanti delle sardelle e delle alici. Dai primi di maggio agli ultimi di giugno tu ne troveresti circa quattrocento nelle

` abili sono posti alla tonnare, dove i piu direzione della pesca col titolo di Rais, gli altri con altri nomi in altri uffizi lavorano studiosamente. Nei mesi dell’estate si riposano, anzi si applicano e grandi e piccoli alle diverse operazioni ` del salificio. Altrettanta buona volonta ` notata nelle donne; ma di lavorare e spesso manca alle medesime la materia. Sebbene da pochi tuttavolta si eser` di citano molte arti, essendo forse piu 150 persone tra orefici, ferrari, sartori, calzolai, falegnami, bottari, muratori, tagliatori di pietra, mastri di barche, calafatai ecc. La principal professione `e ` la marineria, e sono 509 marinai pero matricolati, 9 padroni patentati, 102 mozzi. Si hanno barche da costa 36, tra le quali alcuni piccoli 600; barche pescarecce, dette piroghe, 30 montate da 90 uomini. Sono poi da annoverare negozianti e mercanti 14, ‘‘basariotti’’ o pizzicagnoli 8, locandieri 3, beccari 3. Gran numero di fanciulle torcono il filetto per le reti delle tonnare, e molte donne si occupano nel panificio per la popolazione e per la provvista delle barche. Risiede in C. un comandante e un ajutante maggiore di piazza, un capi`, tano del porto, un deputato di sanita un comandante della guarnigione, ecc. ` postovi a far Un capitano di giustizia e ragione. Alla primaria istruzione attende un sacerdote dello stesso luogo, e la scuola suol esser frequentata da 50 a 60 fanciulli, molti dei quali passano poi allo studio della grammatica latina». Nel corso dell’Ottocento l’economia di C. crebbe notevolmente, grazie al fio` marinare rente sviluppo delle attivita legate soprattutto alla pesca del tonno e al passaggio dei minerali delle vicine miniere del Sulcis per il suo porto, che divenne il terzo porto commerciale della Sardegna. La cittadina alla fine del secolo risentı` delle tensioni sociali che sconvolgevano il vicino bacino mi-

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Carloforte nerario e i suoi battellieri presero parte alle lotte operaie, schierati in prima ` a un fila. La crescita economica porto notevole aumento demografico che la ` non fu in grado di assorbire: per citta questo nel corso del Novecento si veri` un notevole flusso migratorio che fico ` molti carlofortini lontano dalla porto loro isola. Nel secondo dopoguerra la ` minerarie segno ` ancrisi delle attivita ` il che quella del porto di C. e accentuo ` fenomeno migratorio. Dopo il 1960 pero la crescita del turismo, dapprima solo estivo, ma ormai divenuto residenziale nell’intero anno, ha invertito questa tendenza e ha contribuito a modificare radicalmente l’assetto sociale della co`. munita

` commerciali e quelle portuali tivita compreso un discreto movimento di passeggeri con i traghetti e la crescente ` ricettiva del porticciolo turicapacita stico. Artigianato. Tradizionale e molto ` l’artigianato dei cestini. sviluppato e ` collegato con Servizi. Il centro abitato e traghetti con Calasetta e Portovesme, centri dai quali partono autolinee per gli altri centri del Sulcis e per Cagliari. Una rete di strade interne in buone condizioni permette di raggiungere capo ` Sandalo, La Caletta e La Punta.C. e sede di poliambulatorio, di guardia medica, di farmacia, di scuole di ogni ordine e grado (compreso un Istituto tecnico nautico), di un centro di formazione professionale e di servizi bancari. Possiede il porto, la Biblioteca comunale, 7 alberghi con 212 posti letto, 1 campeggio con 300 posti letto, 15 ristoranti e il porto turistico con 160 posti barca.

Carloforte – La Chiesa di San Pietro, riedificata nel Settecento sulle rovine di una chiesa del Duecento dedicata ai Novelli Innocenti. ` ricorda Carloforte – Il centro storico della citta negli angoli e nei ‘‘carruggi’’ le architetture dei borghi liguri. & ECONOMIA Fonti principali della sua economia sono la pesca, in particolare ` quella del tonno, e il turismo, attivita che tende a estendersi a tutti i mesi dell’anno. Altri fattori trainanti sono le at-

DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 6546 unita di cui stranieri 23; maschi 3213; femmine 3333; famiglie 2645. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 97 e nati 42; cancellati dall’anagrafe 85 e nuovi iscritti 80. Tra i principali indi-

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Carloforte catori economici: imponibile medio IRPEF in migliaia di lire 17.740; versamenti ICI 4027; aziende agricole 259; imprese commerciali 121; esercizi pubblici 37; esercizi al dettaglio 151. Tra gli indicatori sociali: occupati 1526; disoccupati 337; inoccupati 402; laureati 125; diplomati 1292; con licenza media 1603; con licenza elementare 1906; analfabeti 162; automezzi circolanti 1779; abbonamenti TV 2077.

Carloforte – La pesca del tonno, grande risorsa ` del dell’isola di San Pietro fin dalla meta Settecento, e` fortemente diminuita negli ultimi decenni. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo territorio conserva alcuni nuraghi tra cui quelli di Canal Bacciu e di Sepoltura. Nel 1961 poco lontano dalla torre delle saline furono identificati i ruderi di una cinta fortificata punica, costituita da grandi blocchi calcarei e quelli di un vano rettangolare dello stesso periodo. Negli scavi del 1962 condotti da Gennaro Pesce furono posti in evidenza altri locali secondari. & PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE E AMBIENTALE Nel suo centro storico la ` conserva l’assetto originario: carcitta rugi e scalinate che nel complesso richiamano i centri storici dei borghi liguri. Questo suggestivo e scenografico ` completato da alcuni signifiinsieme e cativi edifici che sono la testimonianza

` . In particolare va della storia della citta ricordata la chiesa di San Carlo Borromeo, parrocchiale progettata dal Della Vallea nel 1738, ma costruita a partire dal 1773 a opera dell’architetto Francesco Dariso che riprese il vecchio progetto, sul quale pare avesse lavorato, tra il 1761 e il 1769, il Belgrano di Famo` la realizzazione. L’edilasco, e ne inizio ficio ha elementi barocchi e classici e ` dignitoso e gradevole. nel complesso e ` Altro importante segno della storia e l’oratorio della Madonna dello Schiavo, una piccola chiesa la cui costruzione ` nel 1803 e fu completata nel 1815 inizio dalle centinaia di abitanti di Carloforte ` in Tunisia dopo reduci dalla schiavitu l’incursione dei corsari barbareschi del ` legato alla statua che nel 1798. Il culto e 1800 sarebbe loro apparsa appesa a una palma da datteri nei dintorni di Tunisi. La statua, scolpita in legno nero, farebbe pensare alla polena di una nave. Uno degli schiavi, il Moretto, la prese e ` a Tunisi affidandola a un la trasporto altro schiavo della famiglia Segni, anche lui prigioniero. Ben presto la notizia si diffuse e tutti gli schiavi di C. presenti si radunarono intorno al simula` che ottennero cro chiedendo la liberta ` solo nel 1803. Altra chiesa imporpero ` quella dedicata a San Pietro, cotante e struita dopo il 1735 dall’architetto Della Vallea sulle rovine di una chiesetta del secolo XIII che era intitolata ‘‘Agli Innocenti’’ e che era stata costruita per ricordare il naufragio di una delle navi che trasportavano un gruppo di adolescenti partiti verso l’Oriente per la cosiddetta ‘‘Crociata dei fanciulli’’. L’edi` caficio ha forme tardobarocche ed e ratterizzato da un’elegante cornice. Al`e ` tro ricordo della storia della comunita ` che resta del sistema costituito da cio delle Mura di cinta la cui costruzione era stata avviata secondo un progetto dell’architetto piemontese Della Vallea

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Carloforte `: autore del piano urbanistico della citta avevano un impianto quadrangolare che seguiva il perimetro urbano ed erano rafforzate da bastioni e da fortini nei quali erano ricavate le porte di ingresso. Nel periodo della fondazione la loro costruzione procedette a rilento, ma dopo una prima disastrosa incursione dei corsari barbareschi del 1741 furono completate entro il 1769 con l’aggiunta della cosiddetta torre di San Vittorio, che aveva la funzione di proteggere le saline e l’imboccatura del porto. Fuori dall’abitato si trova il colle omonimo, che domina l’impianto della salina di C. Nello stesso sito nella seconda ` del secolo XVIII fu costruita una meta torre costiera piemontese. L’edificio ha l’impianto di un vero e proprio fortino costituito da un corpo centrale trilobato ai cui vertici si trovano bastioni protettivi in pietra e terra. Fu in seguito do` ad avere fino tato di artiglieria e arrivo a 13 pezzi e una guarnigione di 50 uo` pero ` non impedı` lo mini. Tutto cio sbarco e l’occupazione francese del 1793 e la terribile incursione barbaresca del 1798. Nel 1838 la torre fu trasformata in carcere militare e nel 1868 fu ` di abbandonata. Dal 1898 l’Universita Cagliari vi ha impiantato un osservatorio astronomico. Da Carloforte si pos` dell’isono raggiungere diverse localita sola tra le quali La Punta, situata a qualche chilometro dall’abitato nel nord dell’isola e frequentata fin dal XVII ` connesse alla lavorazione per le attivita del tonno che veniva dalle vicine tonnare di Porto Paglia e di Portoscuso. Attualmente vi sorgono gli stabilimenti per la lavorazione del tonno che da qualche anno, con il rilancio dell’atti` , hanno ripreso a funzionare. Provita ` l’Isola spiciente l’isola di San Pietro e Piana a poca distanza dalla costa di San ` di La Pietro e prospiciente la localita Punta. Fin dal secolo XVII era tradizio-

` nale centro di una tonnara di proprieta dei Cavassa. Finita la guerra di successione spagnola, nel 1711 l’isola fu concessa da Carlo d’Asburgo a Francesco Pes marchese di Villamarina. Nel corso del secolo XVIII i Pes continuarono a svilupparvi la pesca del tonno e resistettero alle pretese dei Cavassa che avrebbero voluto rientrarne in possesso. Nel 1774 i Pes addirittura ottennero la trasformazione della concessione in feudo col titolo di barone e continuarono a possederla fino al riscatto dei feudi nel 1838. Successivamente, essi cedettero la tonnara a imprenditori genovesi ma alla fine dell’Ottocento fu abbandonata. A partire dalla se` del Novecento comincio `a conda meta ` turiessere valorizzata come localita stica e attualmente gli antichi locali sono stati trasformati in un esclusivo villaggio turistico.

Carloforte – Le Colonne. Le due guglie trachitiche che si levano dalla superficie del mare sono un elemento caratteristico del paesaggio.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Il carattere fondamentale che contraddi`e ` il fortissimo attacstingue la comunita camento alle tradizioni liguri e alla con` linguistica per servazione dell’identita cui gli abitanti di C. parlano correntemente il ligure del Settecento. Questa ` di conservazione ha fatto sı` capacita che gli immigrati provenienti da altre

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Carloni culture abbiano assimilato quella ‘‘lo` pressoche ´ cale’’, rendendo la comunita impermeabile alle culture esterne. Il ` si e ` conservato forte senso dell’identita anche nella tradizione del cosiddetto ballo tabarchino, articolato in ben 14 figure e di grande effetto scenografico, che ormai si esegue solo in occasione delle feste. Accompagnato da strumenti caratteristici quali il violino, ricorda nei suoi movimenti la quadriglia francese e la tarantella napoletana. Al ballo si affianca il canto tradizionale, anche corale, che ci ha tramandato una gran ` di serenate, di brani che ancor quantita ` difficile sentire soprattutto oggi non e nelle notti estive da compagnie vaganti `. Le feste popoper i carrugi della citta lari che conservano le maggiori tracce della tradizione tabarchina sono quelle che si svolgono a giugno: per quella di San Giovanni Battista, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, numerose comitive di ragazzi e ragazze in costume vagano per l’isola e raccolgono un’erba profumata detta ‘‘di San Giovanni’’, con la quale fanno dei mazzetti che si scambiano al dolce suono della musica; la festa in onore di San Pietro invece si svolge il 29 giugno e culmina con una spettacolare processione a mare che si svolge di notte tra mille luci che richiamano migliaia di persone per ammirare le belle barche riccamente addobbate procedere lungo il canale di San Pietro. Molto ` anche la festa della Madonna sentita e dello Schiavo che si svolge il 15 novembre in ricordo della liberazione dalla ` patita a Tunisi tra il 1798 e il schiavitu 1803; la festa culmina in una solenne processione alla quale partecipano le confraternite e le associazioni religiose in costume. Le grandi feste sono anche l’occasione per indossare il costume tradizionale che ricorda quello ligure; ` costituito l’abbigliamento femminile e da una camicia di tela di cotone guar-

nita di pizzo di San Gallo (camija) e da una gonna di tela di vari colori (faldetta); sulla camicia si indossa il corsetto di tela con ampie maniche (gippun) e sopra la gonna un grembiule di `); completa tela molto semplice (shcoso il tutto un fazzoletto usato come copricapo (mandillu). L’abbigliamento ma` formato da una camicia di tela schile e grigia col collo coreano (u sarpaferu), dai pantaloni di panno (casuin), dalla giacca corta di panno nero e da un basco nero o blu.

Carloni, Gino Medico, consigliere regionale (Oristano 1902-ivi 1975). Dopo ` essersi laureato in Medicina si dedico con successo alla libera professione. Cattolico impegnato nel sociale, fu tra i fondatori della DC a Oristano. Subito dopo fu eletto consigliere comunale e ` fino al 1953. Nello sindaco della citta stesso anno fu eletto consigliere regionale della DC nel collegio di Cagliari per la II legislatura (1953-1957), ma non `a fu riconfermato. In seguito continuo esercitare la sua professione e fece nuovamente parte del Consiglio comu` ricoprendo piu ` nale della sua citta volte, fino al 1965, l’ufficio di assessore.

Carloni, Pier Luigi Avvocato, consigliere regionale (n. Oristano 1942). Fi` glio di Gino, conseguita la laurea si e dedicato alla professione di avvocato e ` impegnato nella vita politica. Dapsi e prima iscritto nel PRI, a partire dal ` stato eletto consigliere comunale 1975 e `; nel 1978 si e ` e assessore della sua citta ritirato clamorosamente dalla vita poli`, avvicinatosi alle tica. In seguito, pero ` tornato in politica e posizioni di AN, e ` stato eletto consigliere regionel 1994 e nale per il suo partito nel collegio di Oristano per l’XI legislatura. Riconfermato nella XII legislatura, tra il 1999 e il ` stato vicepresidente del Consi2004 e ` uscito dal glio regionale. In seguito e suo partito e ha aderito al movimento

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Carnevale della ‘‘Coccinella’’ fondato da Mario ` stato riconfermato per la Corda. Non e XIII legislatura.

Carlucci, Gabriella Attrice, deputato al Parlamento (n. Alghero 1950). Candidata in una lista ‘‘continentale’’ di ` stata eletta alla Camera Forza Italia, e dei deputati nella consultazione del 2001 e rieletta in quella del 2006.

Carmona, Juan Francisco Teologo ` sec. XVI-ivi, (Cagliari, seconda meta ` sec. XVII). Laureato in Teoprima meta ` per la sua pieta ` e per la logia, si segnalo ` con sua profonda erudizione; si dedico interesse allo studio della storia di Ca` un manoscritto, notevole gliari. Lascio ` di anche per una grande quantita schizzi di monumenti, sulla glorifica` possibile zione dei santi isolani da cui e trarre informazioni, ancor oggi utilissime, sulla storia dello sviluppo urbanistico di Cagliari. La sua opera, Alaban` conserc¸as de los santos de Cerden ˜ a, e vata nella raccolta Baille, presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari.

Sebastiano o della Candelora (2 febbraio) e si conclude nella notte del Martedı` grasso per riprendere, per un solo giorno, nella prima domenica di Quaresima (la cosiddetta ‘‘Pentolaccia’’). In tutto il periodo compreso entro queste date, negli ultimi giorni di ciascuna settimana, nelle domeniche, il Giovedı` grasso e negli altri giorni di festa si svolgono le manifestazioni tipiche del C. Esse consistono tradizionalmente in balli, mascherate e questua, banchetti e bevute.

Carnera, Luigi Astronomo (Trieste 1875-Firenze 1960). Dopo aver conse`i guito la laurea in Matematica, inizio suoi studi di astronomia e percorse una brillante carriera accademica che lo ` a dirigere i piu ` grandi osservatori porto astronomici d’Italia. Nel 1903 si stabilı` a Carloforte presso la Stazione internazionale di studio delle latitudini, ponendo in evidenza le sue notevoli doti ` la di studioso e di organizzatore. Lascio Sardegna nel 1905. Di quel soggiorno ` diede conto nella monografia L’attivita della stazione astronomica internazionale di Carloforte dall’ottobre 1903 a tutto il 1904 (con. L. Volta), pubblicata a Firenze nel 1905.

Carnevale Il C. (Carrasegare) si festeggia nei diversi centri della Sardegna tra il Natale e la Pasqua. Prevalentemente ha inizio o con la festa di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) o con quella di San

` semplice Carnevale – In molti paesi il modo piu di ‘‘mascherarsi’’ `e, soprattutto per i bambini, tingersi il viso con la fuliggine.

` prevalente era il In passato l’attivita ballo, che finiva per coinvolgere tutti ` o di condizione senza distinzione di eta sociale e che si svolgeva nelle strade e nella piazza principale di ciascun centro. A prendere l’iniziativa dell’organizzazione erano particolari categorie, tal-

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Carnevale volta gli scapoli, talvolta gli sposati, altre volte i signori o i servi: ma poi le feste finivano per attirare l’intera co` in un crescendo sfrenato nel munita quale emergevano gioia, desiderio di lasciarsi indietro l’inverno e speranza di una buona annata. Oltre a questi balli pubblici, nello stesso periodo si svolgevano balli in locali chiusi, organizzati da comitati che entravano in concorrenza tra loro e facevano a gara per assoldare i migliori suonatori capaci di assicurare il successo alla serata. La ` dei balli era garantita da remoralita gole ferree cui tutti sottostavano: le ragazze erano invitate dai cavalieri ed erano tenute ad accettare l’invito regolarmente richiesto all’accompagnatore; in qualche occasione invece era consentito alla dama di scegliere il cavaliere (come era lunga tradizione, per esempio, a Osilo). Altro importante aspetto del C. tradizionale erano le maschere. Quelle femminili generalmente si basavano sul contrasto ricco-povero, uomo-donna, mentre quelle maschili ` vario, perche ´ riproerano di genere piu ponevano le macchiette paesane e i mestieri; vi erano poi le maschere zoo` les, boes, porcos) e quelle morfe (merdu relative a personaggi fantastici (mamuthones, issokatores, thurpos). In passato, ` era scandito da il tempo della comunita balli, sfilate di maschere e banchetti: era una vera e propria drammatizzazione che, oltre a coinvolgere la comu` nei ritmi della festa, la impegnava nita organizzativamente nella ricerca delle risorse necessarie per dar vita alle varie manifestazioni. E in particolare ai grandi banchetti e alle distribuzioni pubbliche delle tradizionali frittelle (zı`ppulas nel Campidano, cattas in Logudoro e Barbagia, frisgioli in sassarese e gallurese). Il momento culminante della festa era il giorno di chiusura, che nei diversi centri assumeva forme

diverse, ma il cui significato prevalente `. Purera identico nelle varie comunita troppo in buona parte di esse il signifi` perduto e le cato profondo del C. si e manifestazioni hanno assunto il carat` frammentaria, preoctere di un’attivita cupata di promuovere turisticamente il paese piuttosto che di salvaguardarne e trasmetterne la memoria. D’altra parte ` e le prolo spopolamento, la mobilita fonde modificazioni nel tessuto sociale provocate da industrializzazione, emigrazione e globalizzazione rendono quasi impossibile la conservazione dei legami delle manifestazioni con un pas` signifisato che per molti non ha piu cato.

Carnevale – Tra le maschere del carnevale sardo, quelle di Ovodda sono di fama recente.

Attualmente le manifestazioni carnevalesche si svolgono in quasi tutti i centri, circoscritte soprattutto al Giovedı` e al Martedı` grasso. Sebbene difficilmente

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Carnicer ` riescano a coinvolgere la comunita nello spirito di un tempo, il risveglio identitario degli ultimi decenni e l’accento che le organizzazioni locali (dai gremi alle confraternite alle stesse Pro Loco) hanno nuovamente messo anche su queste manifestazioni, ha prodotto una rinnovata attenzione alla specifi` del C. sardo che va al di la ` del rilancita cio turistico di cui hanno goduto molte ` note sono oggi: manifestazioni. Le piu Oristano, giostra equestre della Sartiglia. Cagliari, mascherata e rogo di Cancioffali. Santu Lussurgiu, corsa a cavallo conosciuta come Carrela ’e nanti. Mamoiada, lotta tra mamuthones e isso` les e katores. Ottana, sfilata dei merdu lotta con i boes. Orotelli, sfilata e lotta dei thurpos. Tempio Pausania, sfilata dei carri, mascherata e rogo di Re Giorgio (Ghjogliu) e della moglie Mannena. Ghilarza, Giostra de Su carruzu ’e s’antiga. Nuoro, sfilata dei Boes. Fonni, sfilata degli Hurtos. Samugheo, sfilata dei maimones. Tonara, rogo di Coli Coli. Ovodda, mascherata e rogo di Don Conte (il Mercoledı` delle Ceneri). Barumini, mascherata e rogo di Pepi Patta. Bosa, mascherata del Laldaggiolu, ricerca di Giolzi e rogo finale. Calangianus, Carrasciali caragnanesu, con sfilate e offerte di vino e frittelle. San Gavino, sfilata di carri e maschere. Teti, Sa cursa de sa pudda. Abbasanta, giostra equestre. Paulilatino, giostra e sfilata delle maschere.

Carnicer Famiglia cagliaritana (secc. XV-XVIII). Originaria dell’Aragona, si ` trasferı` a Cagliari nella seconda meta del secolo XV con un Giovanni notaio. Egli ottenne l’ufficio ereditario di se` , che gli consentı` in gretario della citta breve di accumulare un discreto patrimonio e di inserirsi compiutamente ` cittadina. I suoi discennella comunita denti, nel corso del secolo XVI, raggiunsero una posizione di rilievo in seno

` . Nel corso del alla borghesia della citta secolo XVII la famiglia si divise in due rami, discendenti uno da Giovanni e uno da Francesco, figli di un Bartolomeo morto nel 1608. Giovanni fu consigliere capo di Cagliari nel 1629; la sua discendenza si estinse durante il secolo XVII con un Francesco, segretario di Cagliari. Da Francesco di Bartolomeo, assessore del tribunale del Regio Patrimonio, discese il ramo principale. Egli nel 1631 ottenne il cavalierato ereditario; ebbe numerosi figli, due dei quali, Giovanni Battista e Giuseppe, furono gli iniziatori di altri due rami della famiglia. Da Giovanni Battista, maestro razionale che ottenne il riconoscimento della no` nel 1676, discese il ramo che dubilta rante la guerra di successione spagnola ` nel partito filoasburgico e si schiero che espresse alcuni personaggi di ri` lievo, estinguendosi nella prima meta del secolo XVIII. Da Giuseppe, che aveva ereditato la signoria della segreteria di Cagliari ed era stato riconosciuto nobile nel 1663, discese il ramo ` la Guerra di sucche, quando scoppio cessione, non si compromise, per cui i suoi discendenti si legarono ai Savoia, ottenendone diversi benefici. Questo ramo si estinse a Cagliari nella seconda ` del secolo XVIII. meta

Carnicer, Gaspare Giureconsulto (Cagliari 1655-Vienna, dopo 1720). Figlio di Giovanni Battista, dopo essersi lau` nell’amministrareato in Legge entro zione reale, giungendo a essere nominato maestro razionale. Scoppiata la guerra di successione spagnola si ` nel partito filoasburgico di cui schiero divenne uno dei principali esponenti. Fu cosı` nominato membro del Supremo Consiglio d’Aragona con sede a Vienna; quando l’isola fu riconquistata dalla spedizione di Alberoni, fu dichiarato decaduto; morı` in esilio a Vienna.

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Carnicer

Carnicer, Giovanni Giureconsulto (Cagliari 1580-ivi 1636). Figlio di Bartolomeo, laureatosi in Legge si diede con successo all’esercizio della professione di avvocato. Per la sua preparazione nel 1620 fu nominato assessore del tribunale del Regio Patrimonio. Stimato dai concittadini, nel 1629 fu eletto consigliere capo di Cagliari e, quando fu aperto il Parlamento del 1631, rappre` la citta ` nello Stamento reale. Di sento lui si conosce un Breve discurso del primado de Cerden ˜ a y Corsega en favor del arc ¸obispo de Caller, stampato a Madrid nel 1616.

nel 1676 fu riconosciuto nobile e ottenne di poter disporre dei due uffici a favore dei suoi figli.

Tomaso Carnicer – Domenicano, negli ultimi anni del Seicento fu nominato vescovo di ` il sinodo Alghero, dove nel 1701 celebro diocesano.

Carnicer, Tomaso Religioso (Cagliari

Giovanni Carnicer – Famoso giureconsulto `e cagliaritano, fu consigliere capo della citta ` nel Parlamento dal 1631. la rappresento

Carnicer, Giovanni Battista Giureconsulto (Cagliari 1633-ivi 1685). Fratello di Tomaso e padre di Gaspare, conseguita la laurea nel 1665 fu nominato reggente della Tesoreria reale della Sardegna; nel 1670 maestro razionale e maestro della zecca. Al culmine della potenza,

1635-Alghero 1715). Vescovo di Alghero dal 1696 al 1715. Entrato nell’ordine dei ` teologia e Domenicani nel 1658, studio filosofia mettendo in luce le sue non co` . Divenuto sacerdote, fu muni qualita nominato professore presso l’Univer` di Cagliari e reggente degli studi sita del suo ordine. In seguito fu nominato priore del convento di San Domenico a Cagliari e poco dopo provinciale del suo ordine in Sardegna. Nominato vescovo di Alghero nel 1696, nel 1701 cele` un sinodo diocesano. Scoppiata la bro guerra di successione spagnola condivise le posizioni politiche di suo nipote Gaspare, sostenendo con decisione gli Asburgo.

Carola Famiglia della borghesia algherese (secc. XVII-XVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XVII; alcuni erano commercianti agiati, altri esercitavano professioni liberali. Con i due fratelli, il

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Carpitella dottor Diego, che ottenne il cavalierato ` nel 1647, e Gioereditario e la nobilta vanni Battista, che ottenne gli stessi privilegi nel 1648, la famiglia si divise in due rami. Giovanni Battista si stabilı` a Cagliari, dove la sua discendenza si estinse nel corso del secolo XVII; il dot` a vivere ad Alghero, tor Diego continuo dove i suoi discendenti mantennero una discreta posizione e ricoprirono uffici pubblici di una certa importanza. Anche questo ramo si estinse nel corso del secolo XVIII.

Carota Pianta erbacea perenne della famiglia delle Ombrellifere (Daucus carota L.). La specie selvatica, che cresce spontanea in Sardegna nei campi e nei pascoli assolati, a volte infestante, ha fusto sottile, eretto, alto sino a 1 m. Le foglie sono profondamente pennate, composte da segmenti lineari o lanceolati. I fiori, grandi ombrelle bianche con i fiori centrali rosso-viola, spiccano anche ai bordi delle strade per tutta la pri` coltivata mavera e l’estate. La qualita viene prodotta in Sardegna nelle province di Cagliari e di Oristano, con una produzione annua di circa 100 000 q. ´ glia (gallurese); arriga Nomi sardi: arica ´ ga (nuorese). (campidanese); fustina

amenti bianco-giallastri penduli, il ` un achenio liscio ricoperto da frutto e una sacca rossastra. Cresce nei boschi di roverella: frequente in Corsica, in ` limitata a poche zone monSardegna e tane del centro. Uno dei concentramenti maggiori si trova nella foresta demaniale di Montarbu di Seui, dove la ` evidente in autunno sua presenza e quando le sue foglie, caduche, creano macchie di rosso-marrone nel verde compatto e persistente delle leccete. Il ` duro e compatto, di un bel suo legno e colore rossastro, e si utilizza per lavori al tornio; buono come legna da ardere e per la produzione di carbone, veniva impiegato anche per produrre polvere ` tintoria e produce pirica. La corteccia e coloranti nella gamma del rosa-arancio. Nome sardo: alinu ’e monti. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

[MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

C ¸ a Rovira, Michele Imprenditore (Cagliari, sec. XIV-?). A lui nel 1376 fu affidato il compito di rafforzare e restaurare la palizzata del porto di Lapola; ` a termine il suo mandato in due porto anni, presentando il rendiconto dei lavori compiuti al maestro razionale, che ` nel 1379. li approvo

Carpa = Zoologia della Sardegna Carpino nero Pianta arborea caducifoglia della famiglia delle Corilacee (Ostrya carpinifolia Scop.). Di medie di` raggiungere i 20 m), ha mensioni (puo foglie ovate e appuntite, con margine dentato, pelose quelle giovani, glabre a ` ; i fiori sono unissessuali, in maturita

Carpino nero – Le foglie sono ovate e presentano un margine dentato.

Carpitella, Diego Etnomusicologo (Reggio Calabria 1924-Roma 1990). Infaticabile studioso, lavorando per la Discoteca di Stato ha compiuto una serie di ricerche sulla musica popolare sarda in collaborazione con Pietro Sassu e

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Carquero ` importante Leonardo Sole. L’opera piu ` la raccolta in 3 dischi Musica sarda. e Canti e danze tradizionali, pubblicata dalla Albatros nel 1986.

Carquero Famiglia di Bosa (secc. XVIIXIX). Originaria della Liguria, compare in Sardegna nel corso del secolo XVII. Erano mercanti e raggiunsero un’ elevata posizione economica. Divisi in diversi rami, nel 1695 ottennero un primo riconoscimento del cavalierato ` con un Giorereditario e della nobilta gio che fu ammesso allo Stamento militare nel 1698 durante il parlamento Mantellano. Nel corso del secolo XVIII le concessioni furono rinnovate a un altro ramo della famiglia nel 1738 con l’avvocato Bernardino, i cui discen` del secolo si denti nella seconda meta stabilirono a Oristano. La famiglia si estinse alla fine del secolo XIX.

Carquero, Serafino Religioso (Cuglieri 1763-Ozieri 1847). Vescovo di Ogliastra dal 1824 al 1834, vescovo di Ozieri dal 1834 al 1847. Cappuccino, godette fama di teologo e filosofo di valore, divenne provinciale del suo ordine; nel 1824 fu nominato vescovo in una diocesi rico` per dieci anni; nel stituita che governo 1834 fu trasferito a Ozieri.

Carra Termine che si ritrova con significati diversi nel linguaggio giuridico ` nota delle accezioni del sardo. La piu ` riferita a una tassa sui pesi e termine e sulle misure che veniva pagata a Sassari fin dai tempi precedenti la conquista aragonese. Troviamo tracce della ` giudicale; negli sua esistenza in eta anni in cui fu costituito il Comune di Sassari essa venne regolamentata negli statuti. La tassa fu mantenuta dagli Aragonesi e nel secolo XV la sua riscossione fu data in appalto (arrendata) a mercanti appartenenti all’oligarchia ` ; agli inizi del secolo XVI, della citta `, la riscossione della c. fu concessa pero vita natural durante e per gli eredi a

Michele Vlasquez. Il termine fu anche genericamente utilizzato in riferimento ad analoga tassa che i baroni facevano pagare ai vassalli in alcuni feudi. Utilizzato come misura agraria equivalente a quella dello starello, diede il nome locale a due luoghi di Sassari detti c. manna (o, meno frequentemente, c. gran) corrispondente alla attuale piazza Tola, e c. piccola (o, meno fre´ in quentemente, c. pizzinna), perche esse erano collocate due misure in pietra (dette appunto c.): la prima per «i venditori e i compratori all’ingrosso di grano, orzo, fave ed altri legumi» (cosı` Enrico Costa, Sassari), la seconda per la vendita al minuto delle stesse merci.

Carrarza Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria della Trexenta. Sorgeva a poca distanza dall’attuale abitato di Segariu. Nella divisione del 1258, seguita alla caduta del giudicato, il villaggio fu incluso nei territori toccati ai Capraia, alla cui estin` sotto il diretto controllo del zione passo giudice d’Arborea. Alla fine del secolo XIII Mariano II cedette il villaggio al Comune di Pisa, ma ormai la sua popolazione, che negli stessi anni aveva cominciato a diminuire, lo aveva abbandonato.

Carrela ’e nanti Nome col quale viene comunemente identificata una corsa a cavallo che si tiene a Carnevale a Santu ` cosı` chiamata perche ´ Lussurgiu (=): e si svolge in una strada del centro localmente detta Carrela ’e Nanti (Strada di Davanti). La domenica, il lunedı` e il martedı` di Carnevale i cavalieri, indossando abiti tradizonali o un abbigliamento ideato per l’occasione, scendono al galoppo, uno, due o anche tre alla volta affiancati, lungo questa strada, ` in discesa e non perfettamente diche e ` incentrata tutta sulritta. L’esibizione e l’addestramento delle cavalcature e

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Carrillo ` dei fantini; tra la folla assiesull’abilita pata stanno gli intenditori che sanno ` di ognuno di regiudicare la capacita stare ben saldo in sella nonostante la foga della corsa. Le famiglie che hanno le abitazioni lungo la discesa tengono i portoni aperti e tra un’esibizione e l’altra offrono agli ospiti vino, acquavite, dolci.

Carreras y Candi, Francesc Storico catalano (secc. XIX-XX). In corrispondenza con Filippo Vivanet, fu tra i primi studiosi catalani a promuovere le ricerche sulla storia della Sardegna negli archivi di Barcellona. Tra i suoi scritti: L’inventari de castell d’Aiguafreda, ‘‘La piccola Rivista’’, I, 10, 1899; Numismatica sarda del sigle XIV. Ceca de Villa de Iglesias, ‘‘Boletı´n de la R. Academia de buenas letras de Barcelona’’, I, 2, 1901.

Carrillo Famiglia aragonese (secc. XV` , un suo rappreXVII). Di antica nobilta sentante, Alfonso, si stabilı` in Sardegna alla fine del secolo XV, e fu procuratore reale. Nell’intricata genealogia della ` facile trovare l’aggancio famiglia non e che ci permetta di individuare a quale ramo egli appartenesse. Sembra tuttavia da escludere una parentela di Alfonso con l’omonimo cardinale arcive` proscovo di Toledo morto nel 1482: piu babile, invece, la sua appartenenza al ramo dei C. signori di Mondejar; una Agnese C. di Mondejar, infatti, aveva sposato Diego Mendoza, padre di quel´ di Sardegna tra il ˜ igo che fu vicere l’In ´ 1487 e il 1491. Al seguito di questo vicere venne nell’isola Alvaro C., visitatore ge´ interino nerale del regno e vicere prima dell’arrivo di Giovanni Dusay, cugino di Alfonso. Quest’ultimo si trasferı` in Sardegna alla fine del secolo e in poco tempo, pare con metodi poco orto` un notevole patrimodossi, accumulo nio feudale. Morı` nel 1530. I suoi discendenti ereditarono i feudi e una aggrovigliata situazione nei confronti del fisco

reale, per cui non riuscirono a evitare ´ Antonio Cardona nel 1534 che il vicere aprisse un’inchiesta sull’operato di Al´ suo figlio Michele morı` fonso. Poiche `a nel 1548, il patrimonio feudale passo Sebastiano suo nipote, un bambino posto sotto la tutela di Azore Zapata, che con vari artifizi riuscı` a ritardare l’inchiesta amministrativa. Sebastiano, ` , dopo una lunga e diinoltre, eredito spendiosissima lite, il patrimonio feu`, famiglia di sua madre; dale dei Simo ` , si concluse l’inchiesta nel 1555, pero amministrativa nei confronti del nonno, e Sebastiano fu condannato a restituire all’erario una somma enorme per il pagamento della quale ottenne ` non una lunga rateazione. Questa pero ` la rovina finanziaria della famievito glia, cosı` tra il 1570 e il 1578 i C. furono costretti a vendere molti dei loro feudi conservando solo quelli di Ittiri e Uri. La famiglia si estinse nel 1630 con la ` che rimaneva morte di Ignazio, e cio ` fu conteso tra Teodora dell’eredita Comprat, sorellastra del defunto, Fran`, discendente da Francecesco Barbara `, discendente sca C., e Francesco Leda da Isabella C.

Carrillo, Alfonso Procuratore reale ` sec. XV-Cagliari (Spagna, seconda meta 1530). Si trasferı` in Sardegna al seguito del suo parente Alvaro e nel 1492 fu nominato luogotenente del procuratore reale. Nel 1497 fu il primo ricevitore del Riservato del regno e incaricato della riscossione delle rendite reali; negli anni seguenti questa nomina fece la sua fortuna politica ed economica, per cui agli inizi del Cinquecento egli figurava proprietario di navi ed era in condizione di portare a termine nume` rose speculazioni. Nel 1506 acquisto dalle eredi Henriquez i feudi del Meilogu e del Costavall con Bonorva, Semestene e Torralba. In seguito, nel 1517, fu nominato anche maestro della zecca e

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Carrillo infine, nel 1519, procuratore reale. Ricoprı` questi uffici con grande spregiudicatezza: coperto da amici compiacenti cui aveva a sua volta reso molti piaceri, riuscı` ad attingere direttamente alla cassa reale per costruirsi un vistoso patrimonio feudale e, fino alla morte avvenuta nel 1530, riuscı` a non rendere conto a nessuno del proprio operato.

Carrillo, Alvaro Gentiluomo (Spagna, ` sec. XV-Cagliari, dopo seconda meta 1491). Era parente della madre del vi´ In ˜ igo Lopez e fu inviato in Sardecere gna al suo seguito come visitatore generale. Ebbe cosı` modo di accertarsi del disordine in cui versava l’amministra` zione reale nel regno e della necessita di provvedere a un suo riordino. Proba` bilmente per questo motivo egli segnalo come coadiutore del procuratore reale il suo giovane parente Alfonso; quando ´ si ammalo ` , egli poi nel 1491 il vicere ` le funzioni di vicere ´ interino esercito ´ Dusay. fino all’arrivo del vicere

Carrillo, Ignazio Signore di Ittiri e Uri (Sassari, fine sec. XVI-ivi 1630). Morı` senza lasciare eredi diretti; la sua ` una lunga lite per la sucmorte provoco cessione nel feudo di Uri e Ittiri tra Teodora Comprat, che era nata dalle seconde nozze di sua madre Ippolita Artes con Michele Comprat, Francesco Bar` , discendente da Francesca Carbara `, discendente da rillo, e Francesco Leda Isabella Carrillo.

Carrillo, Martino Giurista (Saragozza ´ n, Spagna, 1630). Ap1561-Montearago partenente a una famiglia feudale spagnola, canonico, fu professore di Diritto ` di Saragozza. canonico nell’Universita Nominato da Filippo III visitatore generale della Sardegna nel 1611 e inviato nell’isola dal governo centrale per conoscere la situazione nella quale si tro` con attenzione vava il regno, la visito lasciando un’accurata relazione nella

quale con spirito critico e senso della ` sarda del misura ricostruı` la realta ´n al tempo (il manoscritto della Relacio rey D. Philipe N.S. del nombre sitio planta conquistas christianidad fertilidad ciudades lugares y govierno del reyno de Serden ˜ a, pubblicato a Barcel` conservato nella raclona nel 1612, e colta Baille nella Biblioteca Universitaria di Cagliari). Questo documento, fonte di notevoli informazioni, fu utile sia per gli amministratori che per gli storici.

Carrillo, Michele Figlio di Alfonso (Ca` in gliari, inizi sec. XVI-ivi 1548). Sposo `, e quando suo seconde nozze Anna Simo padre morı` gli succedette. Pochi anni ´ fare nei confronti del dopo nulla pote ´ Cardona, che aveva avviato vicere un’inchiesta amministrativa nei confronti dell’operato di suo padre. Morı` giovane prima che l’inchiesta fosse conclusa, nel 1548.

Carrillo, Sebastiano Figlio di Michele ` sec. XVI-ivi 1591). (Cagliari, prima meta ` il patrimoAlla morte del padre eredito ´ era ancora nio della famiglia, e poiche minorenne fu posto sotto tutela di Azore Zapata, abile e spregiudicato personag` per ritardare l’ingio che si adopero chiesta amministrativa in atto. Nel ` 1554 la discendenza maschile dei Simo si estinse e C., in base a un maggiorasco `a stabilito dal nonno materno, non esito intentare causa ai parenti di sua madre per entrare in possesso dei feudi di Uri, ` . Nel Ittiri e Monteleone e la spunto ` , si concluse anche l’inchiesta 1555, pero amministrativa sull’operato del nonno ed egli fu chiamato a rispondere di un ammanco di 45 000 lire sarde che questi aveva provocato all’erario. Gli furono cosı` sequestrati tutti i feudi, ma nel ` impegnandosi a 1560 egli li recupero pagare il debito a rate. Pur con ogni ten` , non fu in grado di evitare il tativo, pero tracollo finanziario, per cui tra il 1570 e

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Carroz il 1578 fu costretto a vendere tutti i feudi tranne quello di Ittiri e Uri che riuscı` a conservare.

compagnia dispone a Nuoro di uno spazio per il suo lavoro di preparazione e per le rappresentazioni.

Carrion Famiglia originaria di Majorca

Carroz 1 Famiglia feudale valenzana

(secc. XVII-XIX). Trasferitasi ad Al` con ghero nel secolo XVII, si imparento ` in vista della alcune delle famiglie piu `. Quando la Sardegna passo ` ai Sacitta voia, in seguito a un fortunato matrimonio i C. ottennero il feudo di Vesos, sul quale nel 1735 ebbero il titolo di marchese di Valverde. La famiglia si estinse agli inizi del secolo XIX con una Giovanna sposata al marchese Efisio Flores d’Arcais.

Carrion, Giuseppe Ufficiale di carriera (Alghero, fine sec. XVII-?, dopo 1735). Dichiaratosi fedele ai Savoia, fu nominato comandante di una compa` Tegnia del reggimento di Sicilia; sposo resa Ferret, erede del piccolo feudo di Vesos. Lasciato il servizio militare, si ` nell’opera di colonizzazione impegno dei terreni del suo feudo, sul quale nel 1735 ottenne il rinnovamento del titolo di marchese di Valverde.

Carrisi, Leonardo Giornalista e poeta (n. Villanova Monteleone 1952). Poeta `, e ` autore di alcune di grande sensibilita raccolte di versi, tra cui Le maschere del tempo, edito a Cagliari nel 1994.

Carroni, Giovanni Attore, regista (n. `e ` legata a Nuoro 1958). La sua attivita quella della compagnia teatrale Bocheteatro, che ha fondato a Nuoro nel 1988 ` tuttora regista e direte della quale e tore artistico. Esordı` quello stesso anno interpretando l’atto unico Intro. In seguito ha organizzato ripetute rassegne di teatro e di cinema d’essai. Tra le opere di spicco la messa in scena di Perlasca l’impostore, adattamento drammaturgico di Natalino Piras da La ` del bene di Enrico Deaglio; Sos banalita sinnos, dal romanzo di Michelangelo Pira; Cosima, quasi Grazia, dal libro omonimo della Deledda. Dal 2002 la

(secc. XIV-XVI). Di probabile origine tedesca, le sue notizie risalgono al conte Carroc ¸ conosciuto anche come Alamanno, che si sarebbe trasferito nel Regno di Valencia dalla Germania durante il regno di Giacomo I. Egli prese parte alla conquista di Majorca; nel 1233 ne fu nominato governatore e si stabilı` a Felanitx. Tra i suoi figli va ricordato un Pietro Ximene, conosciuto anche lui come Carroc ¸, che si stabilı` a Valencia ottenendo dal re le signorie di Rebollet e di Fuente. Suo nipote Francesco fu creato ammiraglio nel 1313; quando il re Giacomo II decise di dare avvio alla conquista della Sardegna egli decise di prendervi parte unitamente ai suoi figli `, Giacomo e BeFrancesco junior, Nicolo rengario. Essi svolsero un ruolo politico primario nella Sardegna del secolo XIV ed ebbero l’investitura di molti feudi. Da Giacomo e da Berengario ebbero origine i rami sardi della famiglia. Berengario, cognato dell’infante, fu il capostipite del ramo dei conti di Quirra, che nel corso di pochi decenni si seppe costituire un feudo che comprendeva quasi tutta la Sardegna sud-orientale e si stendeva dalle porte di Cagliari all’Ogliastra. I suoi discendenti nel 1363 ebbero il titolo di conte di Quirra e si estinsero con la contessa Violante I che ` in seconde nozze un Berengario sposo Bertran dando vita alla famiglia dei ` gioBertran Carroz. Da Giacomo, il piu vane dei figli dell’ammiraglio, discese il ramo dei signori di Mandas, un feudo ` Carroz a Gioche fu lasciato da Nicolo ` vanni suo figlio dopo il 1347. Egli sposo Benedetta d’Arborea, figlia dello sfortunato Giovanni, lasciato morire in prigione dal giudice Mariano IV suo fratello; dal matrimonio nacquero nume-

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Carroz rosi figli che ereditarono Mandas e i diritti sul vastissimo patrimonio che Giovanni d’Arborea aveva lasciato in Gallura. Dopo la battaglia di Sanluri essi si trovarono in possesso di un immenso patrimonio feudale e nel 1426 ottennero il titolo di baroni di Terranova con ` II, un Francesco. Egli fu padre di Nicolo uomo ambizioso e capace, che seppe estendere ulteriormente il suo patri` un ruolo politico di monio ed esercito ` del seprimo piano nella seconda meta colo XV. Egli fu il rivale di Leonardo Alagon e, quando si estinsero i Bertran Carroz conti di Quirra, si fece nominare tutore della giovane contessa Violante II che costrinse a sposare il proprio figlio Dalmazio. Il matrimonio di Dalma` l’apice della discendenza di zio segno Giacomo, che cosı` fu in condizione di riunire il patrimonio dei due rami della ` anche il suo trafamiglia, ma segno monto. Infatti Dalmazio, che era l’ultimo dei Carroz di questo ramo, morı` due anni dopo senza lasciare discendenza.

Carroz2 Famiglia cagliaritana (secc. XVII-XIX). Di origine valenzana, si tra` del sferı` a Cagliari nella seconda meta secolo XVII con un Baldassarre, che precedentemente aveva vissuto per qualche tempo a Milano. Nel 1698 egli ottenne il cavalierato ereditario e la no` ; fu padre di Giacomo, che fu nomibilta nato reggente della Reale Tesoreria di Sardegna. Con il passaggio dell’isola ai Savoia i C. continuarono a occupare uffici di una certa importanza, ma cominciarono progressivamente a decadere economicamente. Si estinsero nel corso del secolo XIX.

Carroz, Berengario I Signore feudale ` sec. XIII-Ca(Catalogna, seconda meta gliari 1336). Figlio dell’ammiraglio Francesco, con suo padre e i fratelli nel 1323 prese parte alla spedizione dell’in` fante Alfonso in Sardegna. Si segnalo

` intensa delle operazioni nella fase piu militari e dopo il loro termine ebbe in feudo i villaggi di Settimo, Sinnai, Geremeas, Siurgu, Sestu, Palma, Sinnuri, Separassiu, Villanova San Basilio, nella curatoria del Campidano di Cagliari, la curatoria dell’Ogliastra, il grosso villaggio di Oliena e il castello di San Michele, che divenne sede della sua residenza, iniziando cosı` a formare il ` potente grande feudo che ne fece il piu feudatario della Sardegna. Fu fautore di una politica di forza nei confronti dei sardi vinti; fece arrestare uno dei ` per Malaspina e dopo il 1325 si adopero far decapitare i Doria ribelli. Nominato ` la congovernatore generale, continuo tesa con Raimondo Peralta, col quale giunse quasi al confronto armato. Dopo la pace del 1326 ottenne altri vasti territori nelle curatorie del Campidano e di Decimomannu. Scoppiata la guerra tra Genova e Aragona, nel 1332 il re gli concesse in feudo anche buona parte del Sarrabus e alcuni villaggi della curato´ difendesse il terriria di Quirra perche torio da eventuali attacchi genovesi. ` cosı` un complesso territoriale Formo dai confini non ben definiti ma che lo ` potente signore rese certamente il piu feudale della Sardegna. Negli ultimi ` dalla anni della sua vita si disimpegno politica attiva ma non smise di vessare i suoi vicini con grande prepotenza.

Carroz, Berengario II Signore feudale (Cagliari, inizi sec. XIV-ivi 1372). Figlio di Berengario I, succedette a suo padre sotto la tutela degli zii Francesco e Ni`. Divenuto maggiorenne, continuo `a colo estendere i suoi domini e nel 1349 venne in possesso del castello di Quirra e di altri vasti territori in Ogliastra. Fu un acquisto importante, che gli permise ` territoriale al suo di dare continuita ` a pefeudo; nello stesso periodo inizio netrare nella curatoria del Colostrai. Scoppiata la prima guerra tra Mariano

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Carroz IV e Pietro IV fu tra i difensori di Cagliari e riuscı` a fermare le truppe giudi` Cacali a San Vetrano e prese e brucio poterra. Nel dopoguerra decise di risiedere nel castello di San Michele ove tenne corte e offrı` rifugio a delinquenti dei quali si serviva per terrorizzare le popolazioni circostanti. Nel 1363, completato l’assetto territoriale del suo grande feudo, ebbe il titolo di conte di ` dai Quirra; nello stesso anno acquisto Sant Clement i villaggi di Santa Maria de Claro, Xicoxi e Bangiargia, dagli Oulomar i villaggi di Mara e di Calagonis, dai Martinez il villaggio di Solanas, dai Cespujades il villaggio di Santa Maria in Paradiso, dai Bolea alcuni altri centri del Colostrai; il re gli concesse i villaggi distrutti di Carbonaria, Sedanu e Corongiu. Subito dopo, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IVe Pietro IV, i suoi domini furono devastati e occupati dalle truppe giudicali; egli fu tra i principali protagonisti della difesa di ` che rimaneva in mano al re d’Aracio gona e nel 1370 fu nominato comandante generale. Il suo carattere forte, `, lo porto ` a scontrarsi con Alberto pero Zatrillas, del quale non condivideva la politica.

Carroz, Dalmazio Signore feudale (Ca` sec. XV-ivi 1478). Figliari, prima meta ` II e suo braccio destro, nel glio di Nicolo 1471, sposata Violante II contessa di Quirra, divenne conte di Quirra, permettendo a suo padre di realizzare in parte il suo progetto politico e di placare l’astio che aveva nutrito in gio` nei confronti dei Bertran Carroz. ventu Tra il 1473 e il il 1477 fu assistente di suo ` a sua volta funzioni di padre ed esercito ´ interino e fu tra i protagonisti vicere della guerra contro Leonardo Alagon. ` ancora giovane nel 1478, suMorı` pero bito dopo la battaglia di Macomer.

Carroz, Francesco I Signore di Rebol` sec. XII-ivi, let (Valencia, seconda meta

dopo 1325). Servı` per lunghi anni Gia` ammicomo II, che nel 1313 lo nomino ` la conquista raglio. Quando il re avvio della Sardegna, nel 1323 decise di prendere parte alla spedizione armando a sue spese ventidue navi e ottenendo il comando della intera flotta reale. Con le sue navi contribuı` alla conquista della costa orientale con audaci operazioni di sbarco lungo le coste della Gal`, lura e dell’Ogliastra. Cessate le ostilita dopo la morte di Filippo di Saluzzo, nel 1324 fu nominato governatore generale dell’isola ma ebbe forti contrasti con Raimondo Peralta (figlio del Saluzzo), per cui nel 1325, accusato di non aver saputo contrastare Pisa, fu richiamato a corte poco prima che scoppiasse il secondo conflitto con la repubblica to` mai piu ` in Sardegna. scana. Non torno

Carroz, Francesco II Signore di Rebollet (Valencia, fine sec. XIII-ivi 1343). Figlio maggiore dell’ammiraglio Francesco, prese parte alla spedizione in Sardegna unitamente a suo padre e ai fratelli e subito dopo la conquista ebbe un feudo che comprendeva i villaggi di Mandas, Nurri, Escolca. Coinvolto nei ` contrasti con il Peralta, nel 1325 torno ` nelle guerre in Spagna dove si segnalo ` ancontro i mori. Morto il padre eredito `a che la signoria di Rebollet e continuo occuparsi del feudo che possedeva in Sardegna, facendosi carico di curare gli interessi dei nipoti figli di Berengario e di Giacomo. Morı` senza lasciare discendenza maschile.

Carroz, Francesco III Signore feudale (Cagliari, fine sec. XIV-ivi 1429). Figlio di Giovanni II, succedette a suo padre e dopo la caduta del giudicato di Arborea seppe rivendicare con forza i suoi diritti entrando in possesso del feudo di Mandas subito dopo la battaglia di San` della nonna e per gli luri. Per l’eredita altri feudi che la famiglia possedeva in Gallura dovette attendere che nel 1420

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Carroz si concludesse l’avventura del visconte di Narbona. Ormai tornato in possesso di tutto il grande patrimonio, nel 1425 fu creato barone di Terranova.

Carroz, Giacomo I Signore feudale (Valencia, inizi sec. XIV-Sassari?, 1337). Fi` giovane dell’ammiraglio Franglio piu cesco, era stato destinato alla vita religiosa, ma quando ebbe inizio la spedizione dell’infante Alfonso, interrotti gli studi, seguı` padre e fratelli in Sarde` l’isola con suo pagna. Nel 1325 lascio ` poco dopo; nel dre per ritornarvi pero 1330 ebbe il feudo di Bionis con altre ` vicino a Sassari e i territori proprieta di Vignola e Montecarello nella parte settentrionale della Gallura. Nel 1331 ` Frongia e Sebatzus nel Sulcis; acquisto ` stabilito a Sassari, dove per si era pero il suo carattere forte e aggressivo ebbe alcuni contrasti con Raimondo di Mont` e con i Balpavon e Dalmazio di Avinyo lester per il possesso di alcune saline. Per questi motivi fu costretto a fuggire ` fece ritorno nel in Spagna, da dove pero ` dai Lombart 1333. Nel 1334 acquisto Montevargiu e Canhain, estendendo ulteriormente i suoi possessi in Gallura. Nel 1335 fu nominato vicario reale di Cagliari, ma morı` improvvisamente nel 1337 ancor giovane.

Carroz, Giacomo II Signore feudale (Cagliari 1360-ivi?, 1380). Figlio di Giovanni I, dopo la morte di suo padre, es` i feudi dei sendo il primogenito, eredito quali peraltro non aveva la disponibi` a causa della guerra e fu nominato lita curatore degli altri fratelli minorenni che erano sotto tutela della loro madre Benedetta d’Arborea. Quando nel 1372 morı` il conte Berengario di Quirra, uni` di impedire tamente a sua madre tento la successione della cugina Violante nel ` la succesgrande feudo e ne rivendico sione come erede maschio. Non ottenne ` alcun risultato e morı` ancor giopero

vane nel 1380, senza lasciare discendenza.

Carroz, Giovanni I Signore feudale ` sec. XIV-?, 1370). (Sassari, prima meta Figlio di Giacomo, quando il padre morı` era ancora minorenne e fu posto `. sotto tutela degli zii Francesco e Nicolo In breve vide dissolversi buona parte ` : gli rimasero solo i feudi in dell’eredita ` erano teatro della Gallura, che pero guerra tra Aragona e Genova. Nel 1350 ` apparteottenne il feudo di Mandas gia nuto allo zio Nicola; entratone in pos` Gergei e nel sesso, nel 1351 acquisto 1352 la Barbagia di Seulo, estendendone cosı` in modo considerevole la su` , scoppio ` la perficie. Poco dopo, pero prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV e le popolazioni del feudo si ribellarono: egli fu cacciato e solo nel 1354 fu in grado di recuperare il territorio; frattanto era stato nominato vicario reale di Alghero, appena conquistata. Conti` a estendere i confini del suo feudo nuo acquistando Donigala e nello stesso ` con Benedetta d’Arborea, anno si sposo figlia dello sfortunato Giovanni. Negli anni che seguirono unı` al feudo di Mandas altri villaggi della curatoria di Siurgus e dopo il 1355 Escolca e nel 1358 Orroli, costituendo cosı` un vasto complesso territoriale in parte confinante con quello di Quirra, appartenente a Berengario suo cugino. Anche lui, ` , aveva un carattere violento, che pero spesso lo portava a scontrarsi con i vicini e lo faceva odiare dai vassalli, per ` la seconda guerra cui quando scoppio tra Pietro IV e Mariano IV, essi si ribellarono e il territorio del feudo fu occupato dalle truppe giudicali. Giovanni morı` lasciando i figli minorenni sotto tutela della moglie, donna di grande temperamento.

Carroz, Giovanni II Signore feudale (Cagliari 1361-ivi?, prima del 1409). Figlio di Giovanni I, quando suo fratello

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Carroz ` nel Giacomo II morı`, nel 1380 subentro vistoso patrimonio feudale che la famiglia possedeva in Sardegna ma che di fatto era in mano alle truppe del giu`a dice d’Arborea. Egli non riuscı` pero ´ morı` ancor tornarne in possesso perche giovane prima della battaglia di Sanluri.

` I Signore feudale (ValenCarroz, Nicolo cia, inizi sec. XIV-Sardegna 1347). Figlio dell’ammiraglio Francesco, nel 1323 prese parte unitamente al padre e ai fratelli alla spedizione dell’infante Alfonso. Terminate le operazioni, fu ricompensato con la concessione in feudo di alcuni villaggi della Barbagia di Seulo; in seguito estese la propria influenza su buona parte del territorio ` da suo della curatorie. Nel 1343 eredito fratello Francesco il feudo di Mandas e nel 1345 ebbe Sadali, Esterzili, Seulo, Ussassai e altri piccoli centri col compito di ristabilirvi l’ordine turbato dalle frequenti ribellioni degli abitanti. Morı` lasciando erede sua figlia Stefania, moglie di Olfo da Procida.

` II Signore feudale (SarCarroz, Nicolo degna 1426-ivi 1479). Signore di Mandas e di Terranova, figlio di Francesco III, crebbe sotto tutela dei parenti, geloso dei cugini di Quirra e dei Cubello di Oristano che considerava degli usurpatori e ai quali avrebbe voluto conten` degli Arborea. Nel 1451 dere l’eredita ` il feudo di Posada; governo ` acquisto con durezza i propri vassalli e, coinvolto nelle fazioni nobiliari del suo tempo, divenne capo della fazione che ` a Giovanni II d’Aragona, risi avvicino valeggiando con i marchesi di Oristano. ` a Giovanni II del quale interSi lego ` in Sardegna le concezioni politipreto ` il suo che: nel 1460 il sovrano trasformo ` feudo in allodio e nel 1461 lo nomino ´ . L’esercizio delle funzioni vicevicere reali non gli impedı` di continuare a occuparsi dei suoi affari, cosı` nel 1468 ac-

` Isili e dopo la morte del conte di quisto Quirra nel 1469 si fece nominare tutore della giovane Violante II alla quale impose il matrimonio con suo figlio Dalmazio. Quando poi Salvatore Cubello ` con ogni mezzo di impedire morı`, cerco la successione di Leonardo Alagon nel marchesato di Oristano. Egli considerava infatti il grande feudo devoluto per mancanza di discendenza maschile ` di utilizzare la prodei Cubello e tento pria posizione per realizzare il suo antico sogno di impossessarsi di una parte ` degli Arborea; fu questo dell’eredita l’antefatto dell’aspro conflitto che negli anni successivi lo vide protagonista della dura guerra con Leonardo Alagon. La guerra si concluse con la battaglia di Macomer che di fatto lo rese padrone della Sardegna. Ma poco dopo Dalmazio morı` ed egli stesso nel 1479 lo seguı` senza lasciare altri figli maschi.

Carroz, Violante I Signora feudale (Sardegna?, prima del 1350-ivi 1408). Figlia di Berengario II, fu allevata in Catalogna negli ambienti di corte. Sposata con un Senesterra, quando nel 1372 fu designata da suo padre come erede era ancora giovanissima. La sua successione in un primo tempo non fu riconosciuta dal fisco, che considerava il feudo devoluto essendo estinta la discendenza maschile del primo concessionario; dovette anche lottare con i cugini dell’altro ramo, che rivendicavano il diritto alla successione nel feudo. Grazie alla protezione di cui godeva a corte, come dama di compagnia della regina Sibilla ` , nel 1383 riuscı` a chiudere a di Fortia proprio vantaggio l’intricata controversia successoria ed ebbe l’investitura di Quirra; nello stesso anno rimase ve` dova, ma poco dopo, nel 1386, si risposo con Berengario Bertran. Intanto la situazione politico-militare in Sardegna era precipitata e i feudi erano passati in mano del giudice d’Arborea. Violante

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Carru ` il resto della sua vita a educare i passo figli avuti dal Bertran e morı` prima che suo figlio Berengario riuscisse a recuperare Quirra.

Carru, Ciriaco Militare (Bitti 1963-Perd’e semene, Chilivani, 1995). Appuntato scelto dei Carabinieri, medaglia d’oro al V.M. alla memoria. In servizio di pattuglia lungo la Sassari-Olbia, il 16 agosto 1995 notava, in un sentiero ai bordi della statale, una betoniera che risultava rubata il giorno prima. Avvicinatosi a interrogare una persona vicina al posto di guida, vi scopriva un fucile. Subito dopo si scatenava, da dietro i muretti a secco vicini, una tempesta di fuoco sotto cui cadeva insieme al suo collega di pattuglia Walter Frau (=). Anche uno dei banditi restava sul terreno.

` portati da piante diverse, per lo piu sono piccoli, riuniti in densi racemi; il ` un grosso legume frutto, la carruba, e pendulo, marrone-violaceo, persistente sulla pianta, con semi duri: questi, chiamati carati (dall’arabo khirat), hanno la caratteristica di avere sempre lo stesso peso, e venivano usati nell’an` come unita ` di peso per l’oro e le tichita pietre preziose. Cresce su qualsiasi terreno dal livello del mare sino ai 400 m, in associazione con l’olivo e il lentisco. ` Il legno ha un bel colore rosato ed e duro e compatto, ma poco impermeabile. Dai frutti, ricchi di zuccheri, si ricava una farina per dolci e si estrae alcool; sono molto usati come foraggio per i cavalli. Hanno azione lassativa, ` usata come mentre la polpa del seme e ` diffuso, espettorante. In Sardegna il c. e allo stato spontaneo, in tutta l’isola, con maggiori concentrazioni nelle zone me` ridionali e orientali. Gli alberi piu ` e per dimensioni, si trograndi, per eta vano a Santa Maria Navarrese, Castiadas, Tertenia e sui monti del Basso Sulcis. Nomi sardi: carruba (campidanese); garrofa (algherese); silibba, silimba (Sarrabus e Ogliastra). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Carruccio (o Garrucciu) Famiglia di Tem-

` Carrubo – Albero dalla chioma espansa, puo raggiungere i 20 m di altezza.

Carrubo Pianta arborea sempreverde della famiglia delle Leguminose (Cera` ragtonia siliqua L.). Molto longeva, puo ` tozzo giungere i 20 m di altezza; il fusto e e irregolare, spesso con molte branche ` ampia e densa, parallele, la chioma e con rami ricadenti verso il basso, per proteggere dal sole e mantenere la giu` nel terreno intorno al sta umidita ` tronco; la corteccia, bruno-rossiccia, e fessurata; le foglie, coriacee, sono composte, con foglioline arrotondate verde lucido nella pagina superiore, rossicce in quella inferiore; i fiori, unisessuali,

pio Pausania (sec. XVII-esistente). Le sue notizie risalgono al secolo XVII, quando nel 1690 un Salvatore ottenne il ` ; nel cavalierato ereditario e la nobilta 1698 fu ammesso allo Stamento militare durante il parlamento Montellano. I suoi figli formarono tre rami della famiglia. Giovanni Battista, subdelegato pa` a ritrimoniale di Terranova, continuo siedere a Tempio, dove la sua discendenza si estinse nel corso del secolo XVIII. Giovanni Antonio si trasferı` a Bosa, dove la sua discendenza si estinse agli inizi del secolo XIX. Giovanni Maria fu l’iniziatore del ramo principale della famiglia: anche lui si trasferı` a

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Carrus Bosa e nel 1709 ottenne dalla nuova dinastia asburgica il rinnovo delle concessioni nobiliari. Fu padre di Salvatore, la cui discendenza si estinse alla fine del secolo XIX con un un altro Salvatore, e di Francesco, i cui discendenti continuarono a risiedere a Bosa, espri` di rilievo mendo alcune personalita come Giovanni Battista, che fu sindaco ` nel 1774, e altri. La famiglia della citta esiste tuttora.

Carruccio, Antonio Studioso di anatomia e di fisiopatologia (Cagliari 1838Roma 1912). Conseguı` la laurea nel ` alla ricerca 1862; subito dopo si dedico e intraprese la carriera universitaria ` di Cagliari. Nel presso l’Universita 1863 concorse a fondare la rivista ‘‘Sardegna Medica’’ e successivamente la rivista ‘‘Spallanzani’’. Prese parte alla terza guerra di indipendenza. Al suo ri` accademica; nel torno riprese l’attivita ` 1869 fu eletto segretario della Societa Entomologica Italiana. Nel 1871 si tra` di Firenze, dove lasferı` all’Universita ` col Targioni Tozzetti; da Firenze voro ` poi all’Universita ` di Modena e inpasso fine nel 1883 ottenne la cattedra di Ana` di Roma. tomia presso l’Universita ` per riordiNella nuova sede si adopero ´ per nare il Museo di Anatomia e si batte la costituzione di un Museo nazionale di Anatomia, comprando a sue spese materiale in altri musei europei. Diresse per anni l’Istituto di Scienze e fu presi` Zoologica Italiana. dente della Societa Tra i suoi scritti: Sugli usi ed effetti terapeutici delle acque termominerali di Sardara, 1864; Sommario storico delle grandi scoperte fatte dagli anatomici italiani dal sec. XVI al XIX, 1864; Sull’importantissima questione dell’istruzione pratica medico-chirurgica universitaria ` dette ai Proff. Piso e in Cagliari. Verita Nonnis, 1865; Cenni biografici del prof. ` direttore generale Giovanni Zucca gia del vaccino, 1865; Sul cervello umano e

di alcuni mammiferi superiori e sulle sue ` urgenti funzioni intellettuali, 1866; I piu ` e dei comuni bisogni igienici della citta rurali della Sardegna, 1866; Catalogo metodico degli animali riportati dalle escursioni nelle province meridionali in Sicilia e in Sardegna negli anni 18681869 dal prof. A. Targioni Tozzetti, ‘‘Atti ` di Scienze naturali’’, XII, della Societa 3, 1869; Su di un «Pelagius Monalius» fem. adul. e del suo feto presi a Capo Teulada nel Mediterraneo, ‘‘Bollettino della ` romana degli studi zoologici’’, Societa II, 1893; Dimensioni insolite e non ancora registrate di una Thalassochelys Caretta del golfo di Teulada, e confronto con ` individui pescati in altri mari, ‘‘Bolpiu ` zoologica italettino della Societa liana’’, III, 1913.

Carrus, Angelo Giornalista (Pirri 1924Cagliari 1999). Pubblicista dal 1957 e professionista dal 1974, fu per moltissimi anni apprezzato cronista sportivo. Studioso della storia dello sport in Sar` scomparso nel corso del 1999. degna, e Tra i suoi scritti, numerosi sono quelli apparsi sulla popolare pubblicazione ‘‘Almanacco di Cagliari’’: 1900: nasce l’Arborea, 1975; Storia del gruppo sportivo Aquila, 1977; A Cagliari la storia del tennis comincia nel 1908, 1983; Le origini dell’atletica a Cagliari, 1984; L’atletica a Cagliari tra le due guerre, 1985; Il tiro a segno. Una disciplina che a Cagliari si pratica dal 1865, 1986; A Cagliari nel ` a praticare lo 1943 e nel 1944 si continuo sport, 1987; L’Amsicora ha raggiunto i novant’anni, 1988; Il Cagliari Football Club fu fondato il 30 maggio 1920, 1990; Sport in Sardegna tra cronaca e leggenda 1850-1943, 1991; Quando in Sardegna erano di moda le camminate su interminabili percorsi, 1992; Nel settembre 1935 sommerso dai debiti il Club Sportivo Ca` bandiera bianca, 1993; Il terrigliari alzo bile semestre marzo-agosto 1943 a Cagliari, 1996.

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Carrus

Carrus, Giovanni (detto Nino) Economista, uomo politico (Borore 1937-Cagliari 2002). Consigliere regionale, deputato al Parlamento. Conseguita la laurea in ` al giornalismo e all’inLegge si dedico segnamento universitario: per alcuni ` Economia politica nella anni insegno ` di Economia dell’Universita ` di Facolta Cagliari. Cattolico impegnato, prese attivamente parte alla vita politica. Nel 1969 fu eletto consigliere regionale per la DC per la VI legislatura nel collegio di Cagliari e successivamente fu riconfermato fino al 1983 per l’VIII legislatura. Attivo in seno all’assemblea, fu presidente della Commissione per la revisione dello statuto e di quella per la programmazione: dal gennaio 1977 al settembre 1980 fu anche assessore alle Finanze nella seconda e terza giunta Soddu e nelle due giunte Ghinami. Nel maggio 1983 si dimise da consigliere regionale per presentarsi candidato al Parlamento: eletto deputato per la IX legislatura repubblicana fu riconfermato per la X. Successivamente cominciarono a manifestarsi i segni del ` prematuramente alla male che lo porto tomba nel 2002. Tra i suoi scritti: Introduzione, in Sinistra Unitaria, vol. XII della collana ‘‘Stampa periodica in Sardegna 1943-1949’’, 1974-1976; La funzione del credito di fronte alla crisi, in Per un’altra Sardegna, 1984; Appunti sull’etica francescana. Il pensiero economico medioevale e la nascita dei monti di ` e dei monti frumentari, ‘‘Biblioteca pieta Francescana Sarda’’, 1988; Problemati` che, evoluzione e tendenze della societa ` sarda dal 1924 ad oggi, in Chiesa e societa sarde tra due concili regionali 1924-1990, 1990.

Carrus, Maurizio Scrittore (San Vero ` sec. XVII-ivi, meta ` Milis, seconda meta sec. XVIII). Di professione sarto, doveva essere molto vicino alle confraternite del villaggio e insolitamente alfa-

´ ha labetizzato e acculturato, perche sciato alcuni manoscritti – redatti tra il 1718 e il 1731 – nei quali aveva raccolto gosos e altri testi sacri e devozionali, e una sacra rappresentazione, Comedia de la sacratissima Passion de nuestro Sen ˜ or Iesu Christo sacada de los quatro Evangelistas (Commedia della Passione ` Cristo tratta del nostro Signore Gesu dai quattro evangelisti). Quest’ultima, ` in logudorese ed era stata rappreche e ` stata pubsentata nel 1728 e nel 1731, e ` stata poi compresa, blicata nel 1881 ed e insieme a tutti gli altri testi, nell’ampio saggio di Sergio Bullegas La scena persuasiva. Tecnica scenica e poesia drammatica tra Sei e Settecento nel corpus manoscritto di Maurizio Carrus di San Vero Milis, 1996. Mentre per i gosos C. aveva compiuto semplicemente un’o` opera pera di trascrizione, la Comedia e sua originale: composta di 2418 versi, prevede la partecipazione di 45 personaggi e ripercorre la narrazione evangelica dall’ingresso di Cristo a Gerusalemme sino alla crocifissione e al suicidio di Giuda. Secondo Bullegas si tratta di «un gioiello linguistico, sapientemente costruito e orgogliosamente esibito».

Carrus, Zelinda Pittrice e scrittrice (n. Nurri 1934). Insegnante elementare, dotata di talento naturale ha sempre coltivato la passione per la pittura da autodidatta. Ha preso parte a numerose mostre in Italia e all’estero ottenendo diversi riconoscimenti.

Carruti Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella curatoria del Sarrabus. Sorgeva nei pressi dell’attuale abitato di Muravera. Quando il giudicato fu debellato, nella divisione del 1258 fu compreso nel terzo assegnato ai Visconti, che lo inclusero nel giudicato di Gallura; quando la dinastia ` al si estinse nel 1288, il villaggio passo

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Carta Comune di Pisa che lo fece amministrare da propri funzionari. Subito dopo la conquista aragonese, nel 1324 fu concesso in feudo ai Dalmau, ma i suoi abitanti, in prevalenza indomiti pastori, presero a fare delle scorrerie nel territorio circostante disturbando il castellano di Quirra senza che i feudatari fossero in grado di fermarli. La ` il gracrescente insicurezza determino duale esodo della popolazione e quando i Dalmau si estinsero nel 1362 il villaggio era ormai spopolato.

Carta1 Famiglia di Benetutti (secc. XVXVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XV, quando un Leonardo prese parte alle guerre di Alfonso V nel Napoletano. Suo nipote Francesco, conti` nuando le tradizioni di famiglia, milito nell’esercito di Carlo Ve nel 1520 ebbe il cavalierato ereditario: fu ammesso allo Stamento militare nel 1528 durante il parlamento Villanova. Furono suoi figli Giorgio, Antonio e Francesco. Da Gior` morto nel 1538) discese un ramo gio (gia ` nel corso dei che a sua volta si articolo ` poco conosecoli successivi e che e sciuto; da Antonio discesero i Carta di Alghero e di Sassari; da Francesco, infine, attraverso i suoi numerosi figli i C. si stabilirono in diversi centri della Sardegna. Egli infatti fu padre di Giovanni Angelo, di Giovanni Andrea, di Zaccaria e di Cristoforo, dai quali discese una complicatissima discendenza. Ramo di Giovanni Angelo. Giovanni Angelo si stabilı` a Cuglieri. Dei suoi nipoti, ´ in Fiandra Giovanni Battista combatte e in Lombardia e nel 1652 fu nominato sergente maggiore di Oristano; Giuseppe si stabilı` a Riola, da dove il figlio, il dottor Paolo Angelo, si trasferı` a Cagliari, dove nel 1633 ottenne il riconoscimento del cavalierato ereditario; da lui nacque il dottor Giuseppe, che fu consigliere capo di Cagliari e nel 1680 `; ottenne il riconoscimento della nobilta

la sua discendenza si estinse a Cagliari nel corso del secolo XVIII. Ramo di Giovanni Andrea. Giovanni Andrea fu il capostipite dei Carta Marcello che si diramarono a Mamoiada e a Fonni e che continuarono a mantenere una posizione di rilievo in questi due centri fino al secolo XIX. Ramo di Zaccaria. Zaccaria si trasferı` ` un anche lui a Cuglieri, dove accumulo discreto patrimonio; i suoi nipoti Gaspare e Giovanni Agostino nel corso del secolo XVII si trasferirono a Cagliari ed ` non e ` ebbero alcuni figli, dei quali pero possibile ricostruire la discendenza. Ramo di Cristoforo. Cristoforo ebbe molti figli, alcuni dei quali continuarono a risiedere a Benetutti dando a loro volta inizio a diverse linee che nel corso dei secoli successivi decaddero; Giovanni Antonio, altro dei figli di Cristoforo, sposata una Serra di Sorgono si trasferı` nel Mandrolisai ed ebbe molti figli, tra i quali Melchiorre, Sebastiano, Cristoforo, Francesco e Giacomo, tutti con discendenza; Cristoforo e Giacomo si stabilirono a Nuoro dove continuarono la discendenza; Melchiorre e Sebastiano continuarono a risiedere a Sorgono, dove la famiglia si estinse nel ` corso del secolo XVIII. Francesco torno a Benetutti: da lui discende il ramo dei Carta Farina di Benetutti e di Bortigali, che nel 1806 ottenne un nuovo ricono` e che tuttora susscimento della nobilta siste.

Carta 2 Famiglia cagliaritana (sec. XVIII). Ottenne il cavalierato ereditario nel 1701 con un Giovanni Battista, giudice della Reale Udienza, e nel 1724 con un Giorgio, segretario dell’Intendenza generale.

Carta3 Famiglia di Oristano (sec. XVIIIesistente). Di estrazione borghese, le sue notizie risalgono al secolo XVIII. I C. esercitavano tradizionalmente la professione di notaio e agli inizi del se-

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Carta colo XIX furono interessati allo sfruttamento delle peschiere dello stagno di Cabras, raggiungendo una posizione ` simeconomica eccellente della quale e bolo il palazzo in stile neoclassico che la famiglia fece costruire a Oristano. Nel 1835 ottennero il cavalierato ereditario ` e sono tuttora fiorenti. e la nobilta

rosi scritti, ma si conosce, stampato, solo un Sermon por per la Synodo diocesana celebrada por D. Juan J. Raullo Constancio Falletti arzobispo de Caller, edito a Cagliari nel 1745.

Carta, Agostino Missionario (Serramanna 1698-Veracruz, Messico, 1767). ` giovanissimo nell’ordine dei GeEntro suiti. Dopo essere stato ordinato sacerdote, fu inviato come missionario nel ` con impegno conquiMessico. Lavoro stando la stima generale, per cui nel 1751 fu nominato visitatore generale delle missioni e nel 1756 provinciale del suo ordine per il Messico.

Carta, Angelo (detto Anzelinu ) Insegnante e scrittore (n. Dorgali 1946). Costretto a trasferirsi a Torino per lavorare come operaio, qui, con grandi sacrifici, riuscı` anche a completare i suoi studi e a laurearsi in Matematica. Rien` all’insegnatrato a Dorgali si dedico mento in quella scuola media e comin` a fare le sue prime esperienze lettecio rarie. Nel 1981 venne alla ribalta nazionale per la pubblicazione di un libro in gran parte autobiografico dai contenuti fortemente polemici. Anzelinu, pubbli` un romanzo di formacato da Einaudi, e zione: ma una formazione che si svolge ` industriale di una grande nella realta fabbrica e nel freddo clima di una metropoli settentrionale. Il romanzo ha avuto una nuova edizione nel 2003, nella collana ‘‘Bibliotheca sarda’’, con nota introduttiva di Giulio Angioni.

Angelo Maria Carta – Sacerdote cagliaritano, fu famoso al suo tempo come oratore sacro.

Carta, Antonino Atleta (Sassari 1914-ivi 2006). Fondista della SEF Torres, specialista nelle gare dai 5000 m alla mara` volte campione sardo di fondo tona, piu (1940-41), dopo la parentesi della guerra si mette in luce a livello nazionale nel 1945, prima a Vigevano (5000 m), poi a Bologna, conquistando il secondo posto nei 10 000 m piani ai campionati italiani. L’anno successivo, a Bari, diventa campione italiano di maratonina (25 km) stabilendo il nuovo record nazionale. [GIOVANNI TOLA]

Carta, Billia Poeta improvvisatore (secc. XIX-XX). Poetava in logudorese; con il suo talento e la sua bravura contribuı` a dare forma definitiva alla gara poetica.

Carta, Angelo Maria Teologo (Cagliari

Carta, Bonaventura Teologo (Cagliari

1692-ivi 1780). Laureato in Teologia e in Diritto canonico, fu ordinato sacerdote ` fama di valente oratore. e si guadagno ` all’insegnamento nell’UniSi dedico ` di Cagliari, dove fu anche retversita tore tra il 1737 e il 1754; fu nominato canonico. Gli vennero attribuiti nume-

1694-ivi 1758). Entrato nell’ordine dei Minori conventuali, fu ordinato sacerdote; con i suoi studi ottenne grande no` e tra il 1724 e il 1727 fu eletto torieta ` per provinciale del suo ordine. Insegno molti anni Filosofia e Teologia nei collegi di Cagliari e di Iglesias.

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Carta

Carta, Francesco Oculista (n. Sassari ` professore ordinario di Malat1946). E tie dell’apparato visivo e direttore della ` di MediClinica oculistica della Facolta ` stato ` di Sassari. E cina dell’Universita uno dei pionieri del trapianto di cornea in Sardegna.

Carta, Gavino Teologo (Sassari 1604-ivi ` nell’ordine dei Ge1652). Nel 1620 entro suiti. Ordinato sacerdote, per la sua fama di uomo di grande cultura fu chiamato a insegnare Teologia morale ` della sua citta `. presso l’Universita Dopo tre anni ebbe l’insegnamento della Teologia dogmatica che tenne per dieci anni. Fu anche rettore del collegio di Sassari ed ebbe il titolo di predicatore di corte durante il regno di Filippo IV. Fu mandato a Roma per rappresentare i Gesuiti sardi nel sinodo generale dell’ordine e al ritorno riprese con ` il suo apostolato; fu autore di alumilta cuni lavori di Teologia di grande rilievo. Morı` durante l’epidemia di peste. Tra i suoi scritti: Guia de los confessores, 1640; Trattato di Morale, s.d.; Canones de consciencia, 1651.

riera (n. Domusnovas 1944). Dopo aver completato i suoi studi presso l’Accademia militare, ha frequentato la Scuola di Guerra e quella superiore di Stato ` Maggiore. Esperto di equitazione e stato vice-campione italiano nel 1968: ha diretto le scuole di equitazione di Pinerolo e di Roma. Dopo aver comandato ` stato diversi reggimenti di cavalleria e addetto militare a Tel Aviv e a Nuova ` stato reDehli. Tra il 1988 e il 1991 e sponsabile dei progetti internazionali di sviluppo d’arma della Nato per la fanteria, rappresentando l’Italia in numerosi gruppi di lavoro internazionali ` in tutto il mondo. Promosso generale, e stato comandante della Brigata ‘‘Sassari’’ e dal 2001 comandante militare della Sardegna.

Carta, Giacomo1 Studioso di filosofia (sec. XVII). Visse a Cagliari. Attirato dalla vita religiosa, fu ordinato sacer` aldote e conseguita la laurea si dedico ` per anni Elol’insegnamento. Insegno ` di Cagliari; quenza presso l’Universita fu nominato canonico della cattedrale e cancelliere del regno. Scrisse alcuni trattati di teologia.

Carta, Giacomo2 Avvocato, deputato al Parlamento subalpino (Oristano, inizi sec. XIX-?, dopo 1857). Laureato in Giu` alla professione risprudenza si dedico di avvocato. Nel 1849 fu eletto deputato per la III legislatura, in seguito riconfermato per la IV e la V ininterrotta` nel 1850 mente fino al 1857. Presento una proposta per la soppressione delle Compagnie barracellari in Sardegna.

Carta, Giangabriele Ufficiale di car-

Gianuario Carta – Avvocato nuorese, `e stato ministro della Marina mercantile nel governo Craxi (1983-1986).

Carta, Gianuario (detto Ariuccio) Avvocato, deputato al Parlamento (n. Bitti 1931). Dopo essersi laureato in Legge ` Cattolica di Milano presso l’Universita ` dedicato alla professione di avvosi e cato. Cattolico impegnato in politica, ha aderito alla DC, divenendo rapidamente uno dei leader del suo partito nel Nuorese di cui ha provocato il rinnovamento alla guida di un gruppo di giovani detti senza malevoli intenzioni

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Carta ` stato eletto ‘‘Giamburrasca’’. Nel 1965 e consigliere regionale per la V legislatura nel collegio di Nuoro ma nel 1967 ` dimesso avendo accettato la candisi e datura al Parlamento. Eletto deputato nel 1968 per la V legislatura repubbli` stato in seguito riconfermato cana, e ` stato per altre tre legislature; nel 1983 e infine eletto senatore e riconfermato fino alla X legislatura nel 1992. Negli anni del suo impegno parlamentare ha ricoperto diverse cariche di governo: ` stato chiamato a far parte del nel 1972 e IV governo Rumor come sottosegretario alle Finanze; in seguito fino al novem` stato bre 1974 nel V governo Rumor e sottosegretario alla presidenza del Con` stato poi sottosegretario alla siglio. E Marina mercantile dal 1974 al 1976 nel IVe nel V governo Moro; dal 1983 al 1986 ` stato infine ministro della Marina e mercantile nel governo Craxi. Ritira` stato presitosi dalla vita politica, e ` di navigazione ‘‘Tirdente della Societa renia’’.

Carta, Giorgio Medico, uomo politico (n. Jerzu 1938). Consigliere regionale, deputato al Parlamento. Laureato in ` dedicato alla professione Medicina, si e conseguendo alcune specializzazioni e ottenendo l’incarico dell’insegnamento di Medicina dello sport presso l’ISEF di Cagliari. Da sempre impegnato nel PSDI, ha preso parte attiva alla vita po` litica di Cagliari; tra il 1970 e il 1979 e stato eletto consigliere comunale, assessore e vicesindaco. Nel corso del ` stato eletto consigliere regionale 1979 e nel collegio di Cagliari per l’VIII legislatura e successivamente riconfermato fino alla X legislatura. Negli anni della sua permanenza in Consiglio, dal ` stato asdicembre 1980 al marzo 1982 e sessore al Turismo nelle due giunte Rais; dal luglio 1982 al giugno 1984 assessore al Lavoro nella giunta Rojch; dall’agosto 1985 al giugno 1989 asses-

sore all’Ambiente nelle giunte Melis; ` dal settembre 1989 al gennaio 1992 e stato riconfermato assessore nelle giunte Floris e Cabras. Nel gennaio ` dimesso da consigliere regio1992 si e ` stato eletto deputato al Parlanale ed e ` mento; nel corso della legislatura e stato sottosegretario alle Finanze nel governo Amato e ai Trasporti nel governo Ciampi. Nella consultazione del` stato eletto alla Camera l’aprile 2006 e dei deputati nella lista del PSDI nella circoscrizione della Basilicata.

Carta, Giovanni Sacerdote, giornalista ` (n. Ollolai 1934). Figura molto attiva, e iscritto all’ordine dei giornalisti dal 1988 e dal 1997 dirige il settimanale della diocesi di Nuoro ‘‘L’Ortobene’’. Tra i suoi scritti: Le condizioni socio-economiche dell’Ogliastra, ‘‘Studi ogliastrini’’, 2, 1987; Santuari e chiese campestri della diocesi di Nuoro, 1992.

Carta, Giovanni Maria Sacerdote ` sec. (Santu Lussurgiu, seconda meta ` sec. XIX). XVIII-Guspini, prima meta Di cultura liberale, molto vicino alle idee dei fratelli Obino, prese parte ai moti angioiani di Santu Lussurgiu, per cui fu costretto a trasferirsi. Divenuto parroco di Guspini, spinto dal suo forte temperamento, anche nella nuova sede ` a essere vicino ai piu ` deboli. continuo Nel 1814 diede l’avvio alla bonifica della palude di Uradili ricavandone dei terreni ottimi che distribuı` ai poveri, creando a quei tempi un grande scandalo e inutili paure.

Carta, Giuseppe Pittore (n. Banari 1950). Forse incerto, in giovinezza, se dedicarsi alla musica o alla pittura, durante la sua prima formazione, a Genova, ha seguito quest’ultima vocazione dietro la suggestione dell’amicizia con il gallerista Rinaldo Rolla e lo scrittore Giorgio Soavi, che nelle trasparenze tipiche della pittura iperrealista di C. ha ravvisato un richiamo ai vetri del pit-

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Carta tore alsaziano Sebastien Stoskoff. Sul finire degli anni Novanta ha tenuto mostre personali a Parigi e New York, e nel ` presti2000 e 2002 ha esposto nella piu giosa rassegna europea dedicata alla natura morta (The Annual Still Life Show, dell’Alberarle Gallery di Londra). Tornato a frequentare con maggior ` il suo paese natale, vi ha traintensita sformato la casa paterna (un palazzotto ` spagnola) in un Museo di arte cond’eta temporanea della Fondazione Logudoro Meilogu, una onlus da lui stesso fondata. Ha organizzato importanti rassegne d’arte contemporanea e ha in progetto la costruzione di una nuova, avveniristica sede per il Museo.

nomia, preferı` dedicarsi al giornalismo. Fu redattore di alcuni periodici e tra il 1908 e il 1910 direttore della ‘‘Gazzetta letteraria’’ di Novara. Autore di alcuni pregevoli lavori teatrali, fu tra i collaboratori di Attilio Deffenu nella rivista ‘‘Sardegna’’ e infine direttore de ` ’’. Tra i suoi scritti: Sacrifi‘‘Il Podesta cio, dramma, 1899; Il romanzo della Sardegna, 1903; Il romanzo sardo di Grazia Deledda, ‘‘Marzocco’’, 1904; Le fasce di ` , novella, ‘‘Natale di Sardinia’’, Gesu 1909; L’Atene della Sardegna, ‘‘Il Secolo XX’’, 1910; Nell’anticamera dell’amore, poesie, 1911; I giochi della vita, testo per il teatro, 1908. Gismonda, libretto d’opera, 1919; Il regalo di nozze. Novelle sarde, 1922; Grazie non fumo, novella, ‘‘Illustrazione del popolo’’, 1925; La Sardegna vista dall’esposizione di Milano, ‘‘L’isola’’, 1928.

Carta, Luciano Insegnante, storico (n.

Giuseppe Carta – Pittore affermato nella penisola, e` tornato a Banari, suo paese, dove promuove iniziative d’arte e di cultura.

Carta, Leonardo Teologo (sec. XVII). Entrato nell’ordine dei Minori conventuali, si pose in luce per le sue notevoli ` e per ben due volte fu eletto proqualita vinciale dell’ordine in Sardegna. Fu anche nominato qualificatore del Sant’Ufficio. Tra i suoi scritti: Vida y admirable doctrina del V.D.S.P.F. Juan Duns Escoto, 1657.

Carta, Leopoldo Letterato e giornalista ` sec. XX). (Sassari 1884-?, prima meta Dopo aver conseguito la laurea in Eco-

Bolotana 1947). Conseguita la laurea in ` dedicato all’insegnaFilosofia si e mento, impegnandosi anche in politica ` stato sindaco schierato nella Sinistra. E del suo paese natale e consigliere pro` diventato vinciale di Nuoro per il PCI; e preside negli istituti superiori. Stu` occupato di storia dioso apprezzato, si e moderna scrivendo alcuni importanti ` stato sesaggi sul periodo angioiano. E gretario di redazione dei ‘‘Quaderni bolotanesi’’, ha collaborato con Girolamo Sotgiu nella rivista ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e auto` stato segretario di nomistico’’ di cui e redazione per alcuni anni. Ha curato nella collana ‘‘Acta Curiarum Regni Sardiniae’’ l’edizione degli atti del Parlamento sardo durante il cosiddetto ‘‘triennio rivoluzionario’’, tracciando un’ampia sintesi del periodo. Tra i suoi scritti: Bacchisio Raimondo Motzo, filologo e storico, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, II, 1976; Giovanni Maria Filia vescovo di Alghero, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, III, 1977;

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Carta Bacchisio Raimondo Motzo e il moderni` dell’Amministrasmo, 1978; L’attivita zione comunale di Bolotana nel periodo 1863-1866. Materiali per una storiografia di villaggio I, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, ` dell’AmministraVII, 1981; L’attivita zione comunale di Bolotana nel periodo 1863-1866. Materiali per una monografia di villaggio II, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, VIII, 1982; Appunti per l’interpretazione degli scritti di G.B. Tuveri, ‘‘Quaderni sardi di Filosofia e Scienze umane’’, XIII-XIV, 1984-85; Bolotana attraverso la stampa periodica. La borgata autonoma di Baddesalighes e la vita amministrativa di Bolotana nelle cronache de ‘‘La Nuova Sardegna’’ nel biennio 19071908, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XII, 1986; La parentesi pratica di un filologo nel quadro dei prodromi del popolarismo in Sardegna, ‘‘Sociologia’’, XXI, n.s., 1-2-3, 1987; I cattivi governi e la Sardegna. Alcune note introduttive allo studio del pensiero politico e filosofico di Giovanni Battista Tuveri (con Aldo Accardo), ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 23-25, 1987; Benjamin Piercy: profilo di un imprenditore inglese della Sardegna dell’800, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XIII, 1987; Giovanni Battista Tuveri. I tempi, le idee, le opere, i testi significativi di un pensatore nella Sardegna dell’Ottocento, 1988; I ‘‘Salmi’’ di Giuseppe Manno, in Giuseppe Manno politico storico e lette` di Giovanni Maria rato, 1989; Modernita Dettori (1773-1836), ‘‘Quaderni sardi di Filosofia e Scienze umane’’, VII, 17-18, 1989; L’inedito giovanile del Veggente e la formazione del pensiero politico filosofico di G.B. Tuveri, in Tutte le opere di G.B. Tuveri, I, 1990; Il mito storiografico di Eleonora d’Arborea in Vittorio Angius, ` in Sardegna tra in Intellettuali e societa ` d’Italia, I, 1991; restaurazione e l’unita Tra cooperazione e impresa (con A. Accardo), in Storia della cooperazione in

` al solidarismo Sardegna dalla mutualita d’impresa, 1851-1983, 1991; Lettere di Vittorio Angius a Giovanni Spano (18401860), in ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino ed autonomistico’’, 35-37, 1991; Aspetti della biografia di Francesco Sanna Corda attraverso un fondo documentario dell’Archivio di Stato di Torino, in Studi e ricerche in onore di Girolamo Sotgiu, I, 1993; Dallo sbarco francese a Quartu all’insurrezione antipiemontese di Cagliari del 28 aprile 1794: alcune linee interpretative, in ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 44-46, ` antica ricostruzione storica 1994; La piu del triennio rivoluzionario sardo 1793-96, introduzione a Storia dei torbidi di Cagliari, 1994; Cagliari nel 1794-95: la bufera rivoluzionaria, introduzione a Pagine di storia cagliaritana, 1995; La sarda rivoluzione, 2001; Saggio introduttivo, in Su patriotu sardu a sos feudatarios (nell’edizione da lui curata), 2001; ` (Spunti per una conceStoria e Identita ` ), in Radici zione dinamica dell’identita ed Ali, 2003; La ‘‘Sarda Rivoluzione’’ ` recente e Per una nella storiografia piu biografia di Francesco Sanna Corda, in La Rivoluzione sulle Bocche. Francesco Cilocco e Francesco Sanna Corda «giacobini» in Gallura (a cura di Manlio Brigaglia e Luciano Carta), 2003.

Carta, Mameli Michele Giurista, senatore del Regno (Cagliari 1836-Roma 1907). Dopo la laurea in Legge vinse il concorso per il Consiglio di Stato e si trasferı` a Roma facendosi notare per la sua preparazione. Nel 1891 divenne segretario del ministro Nicotera e nel 1901 fu nominato senatore del Regno. Nel 1902 divenne presidente di una sezione del Consiglio di Stato.

Carta, Maria Cantautrice (Siligo 1940Roma 1994). Dotata di straordinari mezzi vocali, dopo aver ottenuto giovanissima i primi successi cantando nelle

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Carta piazze dei paesi sardi, nel 1958 si tra` nel sferı` a Roma dove si perfeziono canto dedicandosi contemporaneamente allo studio della musica tradizionale.

Maria Carta – La cantante-attrice precocemente scomparsa e` stata anche un’attenta studiosa della musica popolare isolana.

` il centro di studi di musica Frequento popolare dell’Accademia di Santa Cecilia. Allieva di Diego Carpitella e di altri ` a esibirsi al Folk Studio maestri, inizio di Roma e applicando i risultati delle sue ricerche ai suoi eccezionali mezzi ` i brani e lo stile di canto vocali, elaboro che la resero famosa in tutto il mondo. Tra questi vanno ricordati il Deus ti salvet Maria, il Fizu ’e Coro e Procurade moderare, tratti da testi di poeti sardi dei quali rese una interpretazione inimita` in bile. Con gli anni la sua ricerca spazio tutti gli ambiti della poesia tradizionale. Memorabile un suo concerto al Bolscioi di Mosca. Nel 1980 fu al Festi` nella catval di Avignone, nel 1987 canto tedrale di St. Patrick a New York. Nel 1988 fu in America Latina, nel 1989 ` nella cattedrale cattolica di Amcanto

burgo. Grande successo ebbe anche all’‘‘Olympia’’ di Parigi. Miss Sardegna ` dire, nel 1957, ha sperimentato, si puo tutte le forme di spettacolo, a cominciare dal fotoromanzo. Ha partecipato a musical e ha recitato testi teatrali, come nella Medea di Franco Enriquez. Ha interpretato anche molti film di registi importanti, fra cui Il Padrino parte II di Francis Ford Coppola (1974), Cadaveri eccellenti di Franco Rosi (1975), ` di Nazareth di Franco Zeffirelli Gesu (1975). Nel 1975 ha pubblicato anche la sua unica raccolta di liriche, Canto rituale, edito da Coines, prefazione di Raffaele Crovi: «Una piccola Spoon River di Sardegna, una vera e propria rivelazione», ha scritto Emanuele Garau in una compiuta biografia della cantautrice (Edizioni Della Torre, 1998). La sua discografia, al 1998, contava 25 dischi. Il suo paese le ha dedicato una Fondazione Maria Carta, che organizza importanti manifestazioni culturali. Purtroppo, al culmine della fama, fu vinta da un inesorabile male.

Maria Carta – Alla cantautrice di Siligo sono stati dedicati numerosi volumi, come questo di Emanuele Mereu, ricco di notizie biografiche e musicali.

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Carta

Carta, Mario1 Studioso dell’industria mineraria (n. Cagliari, inizi sec. XX). Dopo essersi laureato in Ingegneria si ` all’insegnamento universitario. dedico ` di CaFu professore presso l’Universita gliari, dove nel 1939 contribuı` a fondare ` di Ingegneria mineraria. Nel la Facolta 1942 fu nominato capo del distretto minerario di Iglesias e riuscı` a organizzare efficacemente la produzione consentendo alla fine della guerra una certa ripresa. Nel 1949 fu autore di un apprezzato piano di ristrutturazione dell’intero comparto minerario, che ` venne accantonato dalla Carbopero sarda. Dall’ottobre 1951 al gennaio 1954 fu assessore all’Industria come tecnico nelle ultime due giunte Crespellani; fu riconfermato nella prima giunta di Alfredo Corrias fino al 1954. Tornato all’insegnamento, fu preside ` di Ingegneria dal 1957 al della Facolta 1966 e in una seconda fase dal 1970 al ` autore di numerosi studi di alto 1985. E livello scientifico specifici del settore minerario.

Carta, Mario2 Funzionario, consigliere regionale (n. Oristano 1937). Dopo la ` enlaurea in Economia e Commercio e trato come funzionario nell’amministrazione regionale. Impegnato in poli` stato consitica con la DC, dapprima e ` tra il gliere comunale della sua citta ` stato 1979 e il 1980 (nello stesso anno e eletto anche consigliere provinciale), ` diventato consigliere regionel 1983 e nale nel collegio di Oristano per l’VIII legislatura, subentrando a Matteo Pi` redda, dimissionario. In seguito non e stato rieletto e dopo lo scioglimento della DC ha aderito al PPI.

Carta, Massimo Giornalista e scrittore (n. Iglesias 1940). Giornalista pubblicista dal 1973, ha diretto il settimanale di ` politica ‘‘Primo’’. Attento stuattualita dioso della storia di Carbonia e del Sul` autore di numerosi lavori, tra cui: cis, e

Carbonia e il suo carbone 1851-1977, 1977; Anche questa e` Sardegna, 1979; L’industria mineraria e movimento operaio in Sardegna 1890-1980 (con Alberto ´ Carbonia, 1981; La Alberti), 1980; Perche provincia di Iglesias 1807-1859, 1985; ` da cinquant’anni 1938Carbonia realta 1988, 1988; La provincia di Iglesias, 1989.

Carta, Michele Studioso di storia locale (n. Orosei, sec. XX). Insegnante e acuto ricercatore, da alcuni anni lavora alla ricostruzione della storia della Baronia. Tra i suoi scritti: Baronia de Galtelly y encontrada de Orosey. Appunti di storia e note di viaggio, 1985; Confraternite della diocesi di Galtellı` Nuoro, 1991; Tom` . Attivita ` maso Mojolu tra mito e realta portuale e invasioni moresche ad Orosei tra Cinquecento e Ottocento, 1994; S’Istangiargiu. Tradizioni equestri di Fonni (con S. Ligios), 1994; Nell’anno del Signore 1777, 1995.

Carta, Paolo Religioso (Serdiana 1907Cagliari 1996). Arcivescovo di Sassari dal 1962 al 1982. Ordinato sacerdote, divenne cappellano militare della Sardegna durante la seconda guerra mondiale, acquistando notevole fama per le sue doti di grande comunicatore e per i rapporti che seppe instaurare con i soldati. Dal 1943 contribuı` alla rinascita di Radio Sardegna, curando ogni domenica, dalla piccola emittente di Bortigali, una riflessione religiosa molto apprezzata dagli ascoltatori. Rimase cappellano militare fino al 1955, quando fu nominato vescovo di Foggia. Nel 1962 divenne arcivescovo di Sassari e nel 1967 anche amministratore apostolico ` la della diocesi di Alghero. Governo sua diocesi fino al 1982, quando si di` ; ritiratosi a Cagliari, mise per l’eta ` a operare con generodove continuo ` se` , vi e ` morto qualche anno fa. E sita polto nella parrocchiale di Serdiana accanto a monsignor Agostino Saba, che considerava il suo grande maestro.

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Carta Brocca

Carta, Piercarlo Giornalista, editore (n. Barletta 1940). Laureato in Scienze po` iscritto all’albo dei professiolitiche, e nisti dal 1969. Ideatore del giornale ‘‘Tuttoquotidiano’’, che con grande dispendio di mezzi finanziari e tecnici fu pubblicato a Cagliari a partire dal 1974, ne divenne il primo direttore. Ma il giornale ebbe subito problemi di gestione politica ed economica, e una parte dei ` nel 1976 a un coragsuoi redattori passo gioso esperimento di autogestione, terminato nel 1977. Dopo il fallimento del ` uscito dal giornale al giornale C., gia momento della crisi, ha diretto l’emittente televisiva ‘‘Sardegna’’ e altri periodici, tra i quali ‘‘L’Altro Giornale’’ e ‘‘Esse come Sardegna’’, che purtroppo non riuscirono a decollare.

Carta, Pietro Storico della Chiesa (Belvı` 1871-Oristano 1954). Fu ordinato sacerdote nel 1895, e nel 1898 fu nominato canonico della cattedrale di Oristano; nel 1908 divenne rettore del Se` per migliorarne le minario e si adopero strutture dotandolo di una moderna biblioteca che arricchı` con libri di argomento sardo e ordinandola con criteri ` inoltre una preziosa scientifici; dono collezione archeologica e abbellı` la cappella dei seminaristi. Nel 1913 fu nominato vicario generale della diocesi, resse l’ufficio durante l’episcopato di quattro arcivescovi fino al 1948. Nel 1914 divenne anche arciprete del capitolo e nel 1920, nel 1938 e nel 1946 vicario capitolare. Resse i suoi uffici ` ed equilibrio fino con grande capacita ` . Tra i suoi al 1948, anno in cui si ritiro scritti: Delle vicarie di Oristano, 1906; Il Seminario arcivescovile di Oristano. Memorie storiche, 1912; Feste centenarie del Seminario arcivescovile di Oristano 1712-1912, 1913; Gaudeamus. Nel solenne ingresso di Monsignor Ernesto Piovella arcivescovo di Oristano. Il capitolo e il Clero, 1914; Exultemus. Nel solenne in-

gresso di S.E. mons. Giorgio Delrio arcivescovo di Oristano. Il capitolo e il Clero, 1921.

Carta, Pietro Paolo Religioso (Silanus, inizi sec. XVIII-Castelsardo 1771). Vescovo di Ampurias e Civita dal 1764 al 1771. Ordinato sacerdote, fu parroco in diversi paesi e successivamente canonico della cattedrale di Alghero, pievano di Nuoro e infine vicario generale della diocesi di Sassari. Nel 1764 fu nominato vescovo di Ampurias e Civita. Preso possesso della diocesi, con grande impegno riuscı` ad aprirvi il Seminario.

Carta, Sebastiano Religioso (Sorgono 1577-Bosa 1630). Vescovo di Bosa dal 1627 al 1630. Dopo essere stato ordinato sacerdote fu parroco in alcuni villaggi, acquistando notevole fama per le sue ` . In seguito si trasferı` a Pisa qualita ` in Teologia; tornato in dove si laureo Sardegna si stabilı` a Cagliari, guadagnandosi la stima generale per la sua ` di archeologo negli anni in cui attivita fu avviata la ricerca dei Corpi santi per sostenere il primato della diocesi di Cagliari. Cosı` l’arcivescovo D’Esquivel lo ` canonico della cattedrale e in nomino pochi anni assunse un ruolo importante in seno alla diocesi cagliaritana. Fu anche nominato Consigliere del regno. Nel 1621 fu nominato vescovo di Madaura con funzioni di ausiliario dell’arcivescovo di Cagliari e nel 1627 vescovo di Bosa.

Carta Brocca, Gonario Poeta, scrittore (n. Dorgali 1943). Sin dagli anni della giovinezza, quando era emigrato in Francia e Germania, ha iniziato a coltivare la scrittura e soprattutto la poesia. Al rientro in Sardegna ha avviato un’at` artigianale nel suo paese natale, e tivita ` inserito nell’ambiente culturale si e isolano distinguendosi in numerosi di premi letterari. Dall’affermazione al ` vepremio ‘‘Romangia’’ di Sennori e

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Carta de Logu nuta la pubblicazione della silloge di poesie in sardo Sos cantigos de s’ae, 1996; dal ‘‘Michelangelo Pira’’ di Quartu Sant’Elena Tera, 2001. Per i ragazzi ha scritto le favole di Sos sette de s’arcu ’e chelu. I sette dell’arcobaleno, 2001.

Gonario Carta Brocca – Artigiano dorgalese, si dedica alla scrittura in sardo riscuotendo vivi apprezzamenti come poeta e come prosatore.

Carta de Logu Codice di leggi del giudicato d’Arborea. Se ne ipotizza l’esistenza fin dal momento in cui, in data imprecisata, il giudicato d’Arborea ri` costituito in stato autonomo. Nel sulto 1421 gli Aragonesi estesero la vigenza del codice a tutta la Sardegna nel corso dei lavori del Parlamento celebrato a Cagliari da Alfonso V. Il codice rimase in vigore fino al 1827 quando fu sostituito dal cosiddetto Codice feliciano (le Leggi civili e criminali del Regno di Sardegna). & DAL MANOSCRITTO ALL’EDIZIONE Di ` perquesto importante documento ci e venuta la versione emanata da Mariano IV d’Arborea in data imprecisata e successivamente pubblicata in edizione rivista, migliorata e arricchita da Eleonora d’Arborea nel 1392. Il testo consta di 163 capitoli, cui furono aggiunti i 26 capitoli di un precedente Codice rurale

di Mariano IV, e tratta tutti gli aspetti del diritto nell’intento di garantire la certezza dell’ordinamento giuridico dello Stato d’Arborea. Contiene un preambolo che ha valore di illustrazione generale della struttura del co` che il testo si predice e delle finalita figge. Nel manoscritto e nelle diverse edizioni a stampa del testo la distribuzione della materia contiene lievi differenze; comparandone la struttura si ` notare che: 1. i capitoli dal 1º al 123 puo corrispondono perfettamente; 2. i capitoli 124 del manoscritto sono contenuti nel capitolo 124 delle edizioni a stampa; 3. i capitoli dal 126 al 131 del manoscritto corrispondono ai capitoli dal 125 al 130 delle edizioni a stampa; 4. nel manoscritto non esiste il testo dei capitoli 131 e 132 delle edizioni a stampa; 5. i capitoli dal 133 al 159 delle edizioni a stampa contengono il Codice rurale di Mariano IVe non sono in alcun modo riportati nel manoscritto; 6. nei capitoli dal 132 al 141 del manoscritto sono riportate le ordinazioni de comunargios che nelle edizioni a stampa sono riportate dal capitolo 160 al capitolo 169. & NORME La materia vi e ` cosı` distribuita: 1. la trattazione dei delitti e delle pene, distribuita in maniera diseguale in tutto il codice; 2. l’ordinamento di polizia e quello giudiziario; c, il diritto di famiglia; 3. un certo numero di disposizioni generali. & EDIZIONI Quelle conosciute sono: ` antica che 1. Edizione originale, la piu possediamo. Si tratta di un manoscritto del secolo XV conservato nella Biblioteca Universitaria di Cagliari. Non contiene il codice di Mariano IV. 2. Edizione detta della tipografia della C. de L.. Stampata in Sardegna forse nel 1480 in sardo-logudorese da Salvatore de Bologna. 3. Edizione cagliaritana di Stefano Mo-

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Carta de Logu retto, Su libru dessas Constitutiones & Ordinationes sardiscas fattas & ordinatas per issa illustrissima Segnora donna Alionore per issa gracia de Deus Juyghissa d’Arbaree, stampata nel 1560. 4. Edizione commentata da Gerolamo Olives, Commentaria et glossa in cartam de logu legum et ordinationum Sardar. recognitam et veridice impressam per Olives Hieronymo, scritta in sardo a tratti logudorese a tratti campidanese, stampata a Madrid nel 1567 presso la tipografia di Alfonso Gomez. Di questa opera furono stampate una seconda edizione nel 1617 a Sassari presso la tipografia Canopolo, redatta interamente in logudorese; una terza edizione in logudorese stampata a Cagliari nel 1708 presso la tipografia di San Domenico; una quarta edizione stampata a Cagliari nel 1725 presso la tipografia Borro. 5. Edizione cagliaritana del 1571. Carta de logu, fata et instituida dae sa donna Helionora, Juighissa de Arbaree, novamente revista, et corretta de multos errores, stampata a Napoli nel 1607 da Tarquinio Longu a istanza dello stampatore cagliaritano Martino Saba. 6. Carta de logu, fata et instituida dae sa donna Alionora Juyghissa de Arbaree: novamenti revista, et corretta de multos errores, stampata a Cagliari del 1628 presso Antonio Galcerin da Bartolomeo Gobetti. 7. Le costituzioni di Eleonora, giudicessa d’Arborea intitolate ‘‘Carta de logu’’. Colla trad.ne letter.a dalla sarda nell’italiana favella e con copiose note di Don Giovanni Maria Mameli de’ Mannelli, patrizio di Cagliari e di Roccacontrada, stampata a Roma nella tipografia Fulgoni nel 1805. 8. Carta de Logu de Arborea, pubblicata sul manoscritto dell’Universitaria di Cagliari da Enrico Besta e Pier Enea Guarnerio, ‘‘Studi Sassaresi’’, 1905.

9. Carta de logu di Eleonora d’Arborea, pubblicata a dispense dalla rivista ‘‘La Sardegna’’ tra il 1926 e il 1927. 10. Francesco Cesare Casula, La ‘‘Carta de Logu’’ del Regno d’Arborea. Traduzione libera e commento storico, 1995. 11. Eleonora d’Arborea, La Carta de Logu, introduzione di Francesco Obinu, traduzione di Salvatore Tola, edita nella collana ‘‘La Biblioteca della Nuova Sardegna’’, Sassari 2003. & UN MONUMENTO DI SAGGEZZA GIURIDICA Promulgata ai primi anni Novanta del Trecento (l’11 aprile 1395 secondo la datazione proposta da Pasquale Tola un secolo e mezzo fa, nel 1386 secondo un primo suggerimento di Antonio Era – poi spostato agli anni verso il 1391 – , aprile 1391 secondo Ennio Cortese, forse il 14 aprile 1392, ` regiorno di Pasqua, secondo la piu cente datazione proposta da Francesco ` certaC. Casula), la C. de L. d’Arborea e ` interessante mente il documento piu che ci sia stato lasciato dal mondo dei Giudicati sardi. Francesco Cesare Ca` conosciuti medievisti sula, uno dei piu ` sardi, ha scritto: «Senza dubbio, la piu ` importante testimonianza della civilta giudicale sarda. Il corpus legislativo promulgato forse nel 1392 da Eleonora nacque, certamente, da una esigenza di riforma mirante a completare e modifi` care la normativa di carattere per lo piu consuetudinario applicata nel giudicato, divenuta col tempo insufficiente e inadeguata a far fronte ai problemi giuridici e giudiziari proposti da una ` in evoluzione. La legislazione societa codificata da Eleonora rispecchia la ne` di dare ad un popolo un codice cessita di leggi nazionale formulato in maniera chiara, semplice e precisa, in armonia ` perfetta con le esigenze della societa alla quale si rivolgeva. Doveva contenere i principii fondamentali del vivere comune, le norme atte a prevenire e pu-

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Carta de Logu nire i diversi reati, a tutelare la pro` e i fondamentali diritti della perprieta sona, a disciplinare i rapporti di socia` e il sistema procedurale», ha scritto lita F.C. Casula: «Il risultato fu eccellente: ` solo un codice la Carta de Logu non e che raccoglie e rielabora le consuetudini del regno o giudicato di Arborea ma contiene una normativa articolata che, per molti versi, precorre i tempi istituzionalizzando principii certamente progressisti per quell’epoca. A ` indicativa la norma questo proposito, e che esclude dalla confisca dei beni del traditore quelli della moglie e dei figli incolpevoli. Modernissima anche la norma contenuta nel cap. XXI dove, nel caso di violenza carnale verso una nubile, il matrimonio riparatore era ammesso solo col consenso della donna. Particolare ricercatezza giuridica presenta, poi, il cap. CIV, ove si prevede la ` di trattamento dello straniero a parita ` ». condizioni di reciprocita & REDAZIONE La C. de L. e ` un insieme di norme e leggi improntate al diritto romano, bizantino e consuetudinario, promulgato dal ‘‘giudice’’ Mariano IV, ` l’Arborea dal 1347 fino alche governo l’anno della morte, il 1375 – come ha ultimamente chiarito Mauro G. Sanna, correggendo alla luce di nuova documentazione la vecchia data del 1376 – , quando fu sostituito sul trono da Ugone III, suo figlio. Mariano dovette dare forma a quelle leggi verosimilmente tra il 1365 e il 1375, avvalendosi del la` nota l’ivoro di un giurista di cui non e `, o forse di un gruppo di giuristi, dentita `. sardi ma anche di altre nazionalita ` chiaro, tuttavia, se la redazione Non e comprendesse tutti insieme il corpo delle leggi civili e criminali e il codice agrario, o se, invece, il ‘‘giudice’’ avesse preferito dare sistemazione autonoma al secondo, rendendolo pubblico intorno al 1369, forse per rispondere im-

mediatamente all’urgenza posta dallo stato di prostrazione nel quale versava l’agricoltura del rennu. A questa seconda soluzione orienta il raffronto tra ` antichi esemplari esistenti i due piu della C. de L., una copia manoscritta quattrocentesca conservata a Cagliari e l’incunabolo tardoquattrocentesco, pure conservato nel capoluogo: il confronto mette in evidenza il fatto che nel manoscritto mancano i capitoli del ‘‘codice rurale’’; esso, dunque, sarebbe stato inserito nel corpo della C. de L. soltanto in un secondo momento, molto probabilmente dopo il 1421, quando ` morti Mariano e i non solo erano gia suoi figli e successori Ugone ed Eleonora, ma lo stesso giudicato d’Arborea ` . La figlia di Mariano IV, non esisteva piu Eleonora de Bas Serra, fu giudicessa reggente di Arborea dal 1383, anno in cui morı` il fratello Ugone e l’assemblea della corona de Logu le attribuı` la tutela del figlio primogenito Federico (che aveva allora soltanto sette anni), e fino al 1392, quando il suo secondogenito Mariano compı` il quattordicesimo ` che lo liberava dalla tutela anno d’eta ` di nove materna (era succeduto all’eta anni a Federico, morto nel 1387). Fu lei ` la modifica o l’integrazione di che detto alcune delle leggi promulgate dal padre, per adeguarne lo spirito alle mutate condizioni dell’Arborea, dato che, come lei stessa affermava nel proemio alla rinnovata C. de L., da quando Mariano IV l’aveva emanata non era mai stata riveduta. «Il nucleo fondamentale dell’opera di Eleonora – ha osservato Antonello Mattone, insigne studioso delle istituzioni politiche sarde – si manifesta soprattutto infatti nella revisione e nell’aggiornamento di testi normativi vigenti, seppur superati e invecchiati. La Carta de Logu di Arborea si presenta come il risultato della collazione e della fusione di almeno tre di-

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Carta de Logu versi testi: la Carta de Logu di Mariano; il Codice rurale dello stesso Mariano; le aggiunte e le revisioni di Eleonora. Tut´ la Carta de Logu di Matavia, poiche ` pervenuta, e ` impossibile riano non ci e stabilire con esattezza quanto Eleonora abbia riprodotto della legislazione paterna e quanto abbia invece innovato. ` discusso a lungo sull’identita ` del Si e probabile compilatore della Carta de ` stata avanzata l’ipotesi che poLogu. E tesse trattarsi del ‘‘dotore de decretu et de lege et canonicu’’ Filippo Mameli, morto a Oristano l’8 maggio 1349, dato che il testo rivela nel proemio e nei capitoli 3, 21, 51, 57 l’impronta di un esperto conoscitore del diritto canonico e in particolare delle Decretali di Gregorio IX. Tuttavia la supposizione di ` avun ruolo decisivo del Mameli non e valorata da alcuna concreta prova documentaria. Ad ogni modo, proprio all’interno della tradizione di studi cano` in quel periodo nistici che caratterizzo la Chiesa arborense, gli storici hanno continuato a cercare il probabile redattore o comunque chi avesse dato forma giuridica ai capitoli della Carta de ` stata, pur con cauLogu. Di recente e ` (da Frantela, prospettata la possibilita cesco Artizzu e Olivetta Schena) che un ruolo decisivo nella redazione del testo della Carta di Mariano IV sia stato svolto dal francescano Guido Cattaneo, succeduto a Oddone della Sala nel governo dell’archidiocesi arborense. Nel proemio, oltre al peso della tradizione romano-canonica, si possono cogliere sia l’ispirazione della scienza bolognese e del pensiero dei glossatori, sia l’influenza della stessa cultura curiale catalana. Il compilatore o i compilatori del codice emanato da Eleonora dimostrano dunque una buona conoscenza non soltanto degli usi e delle consuetudini locali o del diritto sardo di tipo municipale – come gli statuti sassaresi – , o

di emanazione signorile – come gli statuti di Castelgenovese [oggi Castelsardo] – , ma anche del diritto catalanoaragonese – come gli Usatici barcellonesi e le Constitucions di Catalogna». Quale sia stato l’anno di emanazione di questa C. de L. riveduta da Eleonora ` del tutto certo. Gli storici danno non e ormai per assodato che la data indicata all’inizio dell’Ottocento da Giovanni Maria Mameli de’ Mannelli, l’11 aprile del 1395, giorno di Pasqua, non sia at´ sarebbe scaturita da tendibile, perche un errore di valutazione degli elementi cronologici che si possono ricavare dalle edizioni a stampa. Non bisogna invece trascurare la data ipotizzata agli inizi del Novecento da Enrico Besta, `, vale a dire il 1392; lo stesso Besta, pero non escludeva una datazione anteriore. ` tardi anche il giurista sassarese AnPiu ` nella ricerca della tonio Era si cimento possibile data di promulgazione della C. de L. di Eleonora e, dopo avere scartato una prima ipotesi, stabilı` che l’atto avesse avuto luogo nel periodo di tempo compreso tra il 1383 e il 1391. La datazione che sembra riscuotere i maggiori ` consensi degli studiosi, comunque, e quella proposta in tempi recenti da Ennio Cortese: «Resta, a mio parere, che i ` propizi son mesi di gran lunga piu quelli che si succedono dalla primavera ` all’inizio alla fine del 1390, o tutt’al piu ’91». A quell’epoca Eleonora aveva in` e, rispetto torno ai cinquant’anni d’eta ai tempi di Mariano IV, il giudicato d’Arborea aveva conosciuto una ulteriore ´ lo stesso espansione. Ulteriore, perche Mariano aveva ereditato un territorio ` alla soglia del secolo XIV era che gia riuscito ad accrescere i suoi confini verso nord, approfittando del graduale indebolimento del Logudoro genovese nella contesa che lo opponeva ai sardopisani di Gallura e Cagliari, prima che questi ultimi soccombessero alle forze

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Carta de Logu ` gia ` dell’Aragona, con la quale, come si e detto, Oristano aveva stretto alleanza (sia pure nella forma di un atto di vassallaggio). Poi, proprio sotto lo stesso Mariano, si era realizzata la rottura con l’Aragona. La guerra, scoppiata nel 1353, era continuata sotto il figlio Ugone III e poi sotto la reggenza di Eleonora, che nel frattempo aveva sposato Brancaleone Doria, signore di Castelgenovese, gettando cosı` le basi della successiva alleanza con il potente casato geno` ulvese. Il patto sardo-ligure complico teriormente la posizione dei catalano` vero che alaragonesi nell’isola, tant’e l’atto della pace firmata nel 1388 quasi l’intera Sardegna era arborense, mentre la Corona iberica controllava soltanto Cagliari, Alghero e Longonsardo (borgo fortificato posto di fronte alle Bocche di Bonifacio) con limitati territori circostanti. Fu certo di fronte a questi accadimenti, che avevano visto le popolazioni soggette al dominio aragonese sollevarsi a favore dell’Arborea, ` la convinzione di che Eleonora maturo dover dare regole certe e adeguate a quella che era ormai diventata la ‘‘nazione sarda’’. Dopo la caduta dell’Arborea – la pace del 1388 era durata appena tre anni e la potenza catalano-aragonese era infine riuscita ad avere la meglio sul rennu nel 1409, in seguito alla sanguinosa battaglia di Sanluri (anche se le forze fedeli all’ultimo ‘‘giudice’’, Guglielmo III, riuscirono a ritardare l’estinzione giuridica del regno oristanese fino al 1420) – , le leggi della Carta furono confermate da Alfonso il Magnanimo (in occasione del Parlamento celebratosi nel 1421 a Cagliari) e promosse a strumento valido per l’amministrazione dell’intera isola, ormai riunita totalmente sotto il Regnum Sardi` niae, compresa Oristano (le altre citta regie, vale a dire Cagliari, Sassari, Castellaragonese – come fu ribattezzata

Castelgenovese – , Alghero, Bosa e Iglesias, continuarono invece ad amministrarsi con i loro particolari statuti). Con successivi e opportuni adattamenti le leggi di Eleonora rimasero in vigore ` spagnola, seppure anche durante l’eta perdendo gradualmente applicazione nel campo civile e penale e finendo per regolare unicamente gli atti consuetu` agropastorale dinari della societa sarda. Ciononostante, esse furono sostituite definitivamente soltanto in epoca sabauda, nel 1827, quando Carlo Felice ` il suo codice delle ‘‘Leggi cipromulgo vili e criminali pel Regno di Sardegna’’. [FRANCESCO OBINU] & COME LEGGERE LA ‘‘CARTA DE ` leggere in tanti LOGU’’ La C. de L. si puo modi: proviamo a suggerirne tre. Il ` quello che guarda alla sostanza primo e stessa delle norme, cercando di individuare le fonti da cui possono derivare (il diritto romano, quello bizantino, anche quello germanico), ma nello stesso tempo provando a confrontare quelle norme con le abitudini radicate, forse ` prima di essere codificate, nella sogia ` isolana, soprattutto quella contacieta dina e pastorale, anche se traspare una ` complessa realta ` urbana. Il secondo gia ` quello che prova a ricostruire i modo e modi di vivere e di lavorare, che erano poi anche i modi di pensare della so` sarda di fine Trecento, cosı` come cieta emerge attraverso la regolamentazione che la C. de L. ne propone, con le sue dettagliate disposizioni, le sue pene misurate, l’uso a volte radicale delle pene ` quello fisiche. Il terzo modo di lettura e che si focalizza sulla lingua della C. de L. Come si sa, noi non possediamo il testo originale della C. de L., e l’unica edi` zione cui in genere si fa riferimento e quella pubblicata per la prima volta a Madrid nel 1567 (dunque quasi due secoli dopo la sua promulgazione) col commento del giureconsulto sassarese

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Carta Fore´s Girolamo Olives. Questo pone il problema della lingua in cui la C. de L. ci appare oggi. Si tratta di una lingua ` adattata (quasi ‘‘inven‘‘scritta’’, cioe tata’’) dall’ultimo redattore sino a com` porvi insieme le due grandi varieta della lingua sarda, quella settentrionale-logudorese e quella meridionalecampidanese. Ne scaturisce un dettato che ha spesso la bellezza e la forza del latino, e che dice anch’esso della straordinaria impresa che fu la concezione e la scrittura della C. de L. [MANLIO BRIGAGLIA]

Carta de Logu di Cagliari Codice di leggi. Ognuno dei quattro giudicati aveva la propria Carta, ma di quella gal` perlurese e di quella turritana non ci e venuto alcun testo, nemmeno parziale. Fino a non molto tempo fa si pensava che anche quella cagliaritana fosse andata perduta per sempre, ma recentemente ne sono state rinvenute alcune parti, anche se non consecutive e, oltretutto, di difficile comprensione in diversi passaggi. Si tratta di sedici capitoli scritti su un quaderno rinvenuto presso l’Archivio della Corona d’Aragona di Barcellona, «in una versione pisana – dice Marco Tangheroni, grande studioso del Medioevo sardo – che sono propenso a datare nei primissimi anni della, ancor parziale, conquista arago´ l’ulnese del Regnum Sardiniae. Poiche timo di quelli pervenutici reca il nu` chiaro che almeno di altretmero 99, e tanti capitoli – e probabilmente di un numero maggiore – era costituita la Carta». Nota ancora Tangheroni: «Rimangono da chiarire diversi problemi. ` probabile che il quadernetto fosse E stato compilato per l’infante Alfonso, vero organizzatore del Regnum nel suo primo costituirsi, ma sembra che possa ´ le non essergli stato presentato giacche lettere iniziali dei capitoli non furono, tranne l’ultima, mai scritte. Comunque

´ proprio quei canon sappiamo perche pitoli e non altri siano stati messi insieme, anche se alcuni possono essere raggruppati per un oggetto comune». Un documento, questo di Cagliari, «pre´ riflette tratti di una zioso, anche perche ` giudicale piu ` antica, piu ` ‘‘arsocieta caica’’, di quella ricostruibile a partire dalla Carta arborense». I capitoli conosciuti della C. de L. di C. contengono ordinanze che riguardano delitti come l’omicidio, i furti, il tradimento e la cospirazione, la violenza contro le donne; l’ultimo di essi, quello ordinato con il numero 99, regolamentava il commercio del cuoio, prevedendo (come fa anche la Carta arborense) la marchiatura dei cuoi come garanzia che quei pro` legaldotti provenivano da una attivita mente svolta. [FRANCESCO OBINU]

Carta di Burgos (o Carta di franchigie del Goceano) Statuto giudicale. Promulgato

da Mariano d’Arborea quando nel 1339 fu creato conte del Goceano dal re d’Aragona; con questo atto, per favorire la formazione di un nuovo borgo attorno al castello del Goceano, egli concesse la li` e la franchigia perpetua a tutti coberta loro i quali fossero venuti a stabilirsi ` essere nel nuovo centro. L’atto, che puo considerato come il documento di fondazione di Burgos, fu confermato da Mariano, ormai diventato giudice, nel 1353. Il testo ha grande importanza per´ , di fatto, introdusse il principio delche ` , accelerando l’abolizione della servitu il processo della sua sparizione in tutto il territorio del giudicato.

´ s, Paolo Angelo GiureconCarta Fore sulto (sec. XVII). Conseguita la laurea in ` con successo la profesLegge, esercito sione di avvocato. Ha lasciato diverse opere di carattere giuridico, legate in genere alle numerose controversie pa` cagliaritana, trimoniali della nobilta ´n por Estetra cui: Sumaria informacio van Palmaro contra D. Francisco Za-

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Cartagine pata, 1640; Juris responsum pro Steph. Palmaro contra nob. D. Francisco Zapata uti haeredem nob. D. Eleonorae Zapata, 1641; Pro Antonio Martino et Michaele Angelo Cambiaso, curatore hereditatis Ludov. Luciani, contra Fiscum R. Patrimonii, s.d.

Cartagine Citta` fenicia fondata tradizionalmente nell’814 a.C. sulle coste della Numidia, l’attuale Tunisia, dai Fenici di Tiro. C., ubicata nel golfo di Tunisi, eccellente porto naturale, fiorı` rapidamente grazie alla sua posizione centrale nel bacino del Mediterraneo. Le sue relazioni commerciali interessarono tutte le regioni del Mediterraneo, soprattutto alla ricerca di metalli preziosi. Attorno alla fine del secolo VII a.C. la potenza di C. crebbe a tal punto ` fu in grado di liberarsi defiche la citta nitivamente del tributo che i suoi abitanti pagavano alle popolazioni numidiche a titolo di affitto fin dalla sua fon` tardi, verso dazione. Qualche anno piu ` la sua espansione teril 580 a.C., inizio ritoriale nel Nord Africa fondando la sua prima colonia sulla costa orientale ` con la meta ` del secolo del capo Bon. E VI a.C. che i Cartaginesi iniziano la loro espansione nelle terre oltre il mare: in quel periodo invadono la Sicilia, conquistando Mozia e tutti i principali centri fenici della zona occidentale dell’isola. L’impresa fu condotta da un generale chiamato Malco, che in breve tempo ebbe ragione della debole resistenza delle popolazioni fenicie di Sicilia. Nello stesso periodo (o qualche anno prima), C. aveva inviato un altro esercito in Spagna, al comando del generale Magone, volto alla conquista dei ricchissimi giacimenti di argento dell’Andalusia. Attorno al 540 a.C. rivolse la sua attenzione alla Sardegna inviando un esercito comandato anche questa volta da Malco, il trionfatore ` ritedella Sicilia. Negli anni passati si e

nuto che l’intervento dell’armata cartaginese in Sardegna fosse rivolto alla di` fenicie aggredite dalle fesa delle citta popolazioni nuragiche, ma nessun indizio storico o archeologico autorizza ` vero invece che sono questa ipotesi. E numerose le tracce di gravi danni riscontrabili nello stesso periodo negli stessi centri fenici, i quali subitono talvolta distruzioni anche radicali. In ogni caso, la spedizione di Malco non fu che ´ l’esercito cartagiun tentativo, poiche nese fu sconfitto da una coalizione che ` fenicie di Sardevedeva unite le citta gna e i cantoni nuragici. La tregua ebbe la durata di circa una ventina di anni, ´ attorno al 520 a.C. C. allestı` un poiche altro esercito, al comando dei generali Asdrubale e Amilcare, figli di Magone, il trionfatore della Spagna. Questa volta l’esercito cartaginese ebbe ragione della resistenza dei Fenici e dei nuragici e, malgrado la morte in battaglia di Asdrubale, la Sardegna fu conquistata e annessa al territorio metropolitano di C.. Infatti, nel trattato stipulato nel 509 a.C. tra C. e Roma, per quel che riguarda ` assil’aspetto amministrativo l’isola e milata al circondario della metropoli africana. L’annessione della Sardegna ` mutaall’impero cartaginese comporto menti anche radicali nella gestione del territorio. L’antica Sulci, l’attuale Sant’Antioco, forse a capo della coalizione fenicia e nuragica nella guerra contro C., fu gravemente danneggiata e subı` un periodo di forte recessione. I centri di Monte Sirai, presso Carbonia, e di Bi` Torre di Chia, furono lettia, in localita teralmente rasi al suolo e abbandonati ` di Karal, per alcuni anni. Solo le citta l’attuale Cagliari, e di Tharros non subirono danni evidenti e, anzi, conobbero ` anche un periodo di forte sviluppo. Cio in relazione con la nuova politica economica cartaginese, che dette forte impulso alla coltivazione cerealicola, so-

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Carta Mantiglia prattutto nella zona del Campidano, abbandonando le terre collinari, meno adatte a questo tipo di coltivazione. ` ampio incremento fu dato Nuovo e piu allo sfruttamento minerario e, soprattutto, alla coltivazione dei giacimenti ` per questi motivi che sul di argento. E santuario nuragico di Antas, dedicato al Sardus Pater, sorse un tempio punico ` anche in reladedicato al dio Sid, ed e zione alla nuova politica agraria che nell’area del Campidano ebbero origine numerosi prosperi centri agricoli, tra i quali l’attuale Villamar e Monte Luna di Senorbı`. Nel 238 a.C., in seguito ai risultati disastrosi della prima guerra punica e come conseguenza del conflitto tra la stessa C. e i suoi merce` dalla signoria nari, la Sardegna passo della metropoli africana a quella di Roma. [PIERO BARTOLONI]

Carta Isola, Giovanni Stefano (detto Vincenzo) Teologo e filosofo (Cagliari 1743-ivi 1809). Entrato nell’ordine dei Minori osservanti nel 1760, fece i suoi ` studi a Cagliari e Oristano e li completo a Mantova. Nel 1772 fu rimandato in Sardegna per insegnare Filosofia ai suoi confratelli; dopo dieci anni conseguı` la laurea e poco dopo fu nominato ` di Caprofessore presso l’Universita gliari e provinciale dell’ordine per Sassari. Per le discordie interne, ebbe dif` a espletare il suo mandato, per ficolta ` a Cagliari; nel 1793 prese cui torno ` contro il tenparte alla difesa della citta tativo di invasione dei francesi e nel 1794 concorse alla cacciata dei piemontesi. Nel 1804 fu nominato provinciale a Cagliari. Tra i suoi scritti figurano i ‘‘manuali’’ che aveva preparato per i suoi allievi nelle discipline che insegnava, la Logica, la Metafisica e la Morale: Dialecticae sive artis logicae compendiosae institutiones. Metaphisicae compendiosae institutiones, voll. 2,

1800; Ethices sive moralis philosophiae compendiosae institutiones, 1803.

Carta Mameli, Michele Consigliere di Stato, senatore del Regno (Cagliari 1836-Roma 1907). Di nobile famiglia, figlio di un consigliere di Cassazione, stu` Giurisprudenza a Cagliari, laureandio ` neldosi nel 1858. Tre anni dopo entro l’amministrazione pubblica presso il Ministero dell’Interno: inviato a Genova, in Sicilia e a Torino, dal 1864 fu richiamato a Roma, di dove ripartı` per compiere i successivi gradi della carriera. Nel 1877 fu nuovamente a Roma, stavolta come segretario particolare del ministro Nicotera, quindi capo di gabinetto del nuovo ministro dell’Interno Depretis. Nel 1887 fu nominato consigliere di Stato: «nell’ambito della ` di consigliere si distinse per sua attivita ` , per la laboriosita ` e per la puntualita l’impegno», ha scritto Guido Melis nella scheda biografica approntata per Il Consiglio di Stato nella storia d’Italia. Le biografie dei magistrati (1861-1848), 2006. Dopo aver assolto a numerosi incarichi nel ventennio finale del secolo, nel 1900 fu nominato senatore del Regno. In Senato sedette nella XXI e XXII legislatura, partecipando assiduamente ai lavori. Nel 1907 fu nominato presidente di sezione del Consiglio di Stato, ma morı` a Roma un mese dopo.

Carta Mantiglia, Girolama Studiosa di tradizioni popolari (n. Ossi 1946). Laureata in Materie letterarie nel 1972, ha intrapreso la carriera universitaria. Ora in pensione, ha insegnato presso la ` di Lettere dell’Universita ` di Facolta ` stata professore Sassari, dove dal 1991 e di Etnografia della Sardegna. Ha collaborato alla nascita del Museo di Itti` autrice di numerosi, pregereddu ed e voli saggi, tra cui: A cosa serve la pecora nera, ‘‘Altair’’, II, 10, 1978; Vestiario popolare della Sardegna, in Catalogo della Sezione etnografica G. Clemente nel Mu-

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Carta Murgia seo nazionale Sanna di Sassari, 1979; L’abbigliamento tradizionale, in La Sardegna. Enciclopedia (a cura di Manlio Brigaglia), II, 1982; Cenni sul vestiario popolare e sull’oreficeria popolare della Sardegna, in Danze e canti popolari della Sardegna, 1984; La tessitura. Materiali e tecniche della tradizione, in Il museo etnografico di Nuoro, 1987; La seta in Sardegna (con Antonio Tavera), 1992; Il ` tradizionale sarda. ballo nella societa Notizie storiche e antropologiche (con A. Tavera), 1994; La bachicoltura in Sardegna, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1994; Influenza dell’ambiente sul vestiario popolare in Sardegna, in La Sardegna nel mondo mediterraneo, 1995; La produzione del bisso marino, in Pescatori e pesca in Sardegna (a cura di Gabriella Mondardini), 1997.

Carta Murgia, Francesco Bibliotecario (Jerzu 1847-Milano 1922). Dopo la ` laurea in Legge dapprima si dedico alla professione di avvocato e al giornalismo. Preso il diploma di Paleografia ` nella carriera dell’amministraentro zione delle biblioteche. A partire dal 1876, nel corso degli anni fu direttore della Biblioteca Alessandrina di Roma, della Estense di Modena (che contribuı` a fondere con la Universitaria), della Biblioteca Nazionale di Torino e infine della Biblioteca Nazionale di Milano. ` Uomo di vasta cultura, nel 1875 fondo col canonico Spano il settimanale ‘‘La Rivista sarda’’ che uscı` solo per pochi mesi. Prese viva parte alla polemica sulle Carte d’Arborea e fu autore di numerosi altri lavori di grande livello scientifico. Tra i suoi scritti: Appunti critici ad un articolo di mons. Liverani sulle carte d’Arborea, 1872; Le carte d’Arborea e l’Accademia di Scienze di Berlino (con E. Mulas), 1872; Il prof. Mommsen e le carte d’Arborea, 1878; Pagina diplomatica di una lettera del sec. XV, 1882; Codici, corali e libri a stampa della biblio-

teca nazionale di Milano, 1891; Manoscritti e libri a stampa musicali della biblioteca nazionale di Torino, 1898; Monumenta paleographica sacra (con C. Ci`res polla e F. Frati), 1899; Les petites prie ´ de France (con G. Bretoni), 1906. de Rene

Carta Raspi, Raimondo Storico, editore (Oristano 1893-Cagliari 1965). Nato ` in da una nobile famiglia, si laureo Scienze sociali a Firenze dove visse fino al 1922, anno in cui decise di tornare in Sardegna. Stabilitosi a Cagliari, diede vita a un complesso progetto editoriale e culturale, prendendo le distanze dal nascente fascismo ‘‘sardistiz` la rivista ‘‘Il zato’’: cosı` nel 1923 fondo Nuraghe’’, che fece uscire coraggiosamente per otto anni fino al 1930, e nella quale, pur tra i crescenti ostacoli che il ` (sardisticaregime gli creava, continuo ` della mente) la difesa della specificita cultura sarda. Parallelamente diede vita alla casa editrice omonima, la cui vasta produzione (specializzata nella valorizzazione della cultura sarda, in particolare dell’opera dei maggiori poeti in lingua sarda, che egli fu tra i primi a indicare al pubblico dei lettori sardi ‘‘urbanizzati’’) si prefiggeva di raggiungere analoghi obiettivi. Caduto il fascismo prese parte al dibattito sul` a pubblil’autonomia e nel 1946 inizio ` care la rivista ‘‘Il Shardana’’, che pero uscı` per soli dieci numeri. Negli ultimi anni della sua vita, lontano oramai ` della stesura dalla politica, si occupo della sua importante Storia di Sardegna in cui vengono esaltati, attraverso il largo spazio e la documentazione messa a frutto, i periodi della vicenda secolare dei sardi in cui paiono prendere corpo, in un contesto di autonomia o di indi` di pendenza politica, le potenzialita una ‘‘nazione’’ regionale (come, in particolare, il periodo nuragico, di cui C.R. ` -Stato che in realta ` immagina le citta non sono mai esistite, e il periodo giudi-

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Carte d’Arborea cale, cui aveva dedicato numerose, importanti opere). La Storia, edita po` stata piu ` stuma da Mursia nel 1971, e volte ristampata, con una appendice sulla Sardegna contemporanea a cura di Alberto Ledda. Autore di saggi, articoli e monografie, ha lasciato, in particolare: Preludium, versi, 1910 (opera pubblicata a soli 17 anni); Grazia Deledda e il suo ultimo romanzo ‘‘Il segreto dell’uomo solitario’’, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 2, 1923; Francesco Cucca, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 3, 1923; Disdegno, versi, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 3, 1923; La vendetta e il brigantaggio nei canti barbaricini di S. Satta, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 4, 1923; Avanguardie di Sardegna, ‘‘Il Nuraghe’’, III, 16, 1924; Resa dei conti, ‘‘Il Nuraghe’’, II, 12, 1924; Miliardo e istruzione, ‘‘Il Nuraghe’’, III, 24, 1925; Artisti, poeti, prosatori di Sardegna. I contemporanei, antologia, 1927; La poesia di Paolo Mossa, ‘‘Il Nuraghe’’, VI, 3, 1928; Cagliari, 1929; Filippo Figari pittore, 1929; La poesia di Efisio Pintor Sirigu, ‘‘Il Nuraghe’’, VII, 11, 1929; Sardegna terra di poesia, 1929; Dizionarietto dei sardi contemporanei, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 4, 1929; Costumi sardi, 1931; Sardegna, 1931; Castelli medioevali della Sardegna, 1933; Mariano IV, 1934; La Sardegna nell’Alto Medioevo, 1935; Ugone III d’Arborea e le due ambasciate di Luigi I d’Anjou, 1936; Le classi sociali nella Sardegna medioevale, voll. 3, 1938-1940; L’economia della Sardegna medioevale, 1940; Verso l’autonomia. La Sardegna dalla prima alla seconda guerra mondiale, 1944; Preistoria, i primi abitatori, ‘‘Il Shardana’’, 1, 1946; La fase eneolitica. La seconda migrazione, ‘‘Il Shardana’’, 2, 1946; La seconda Camera regionale, ‘‘Il Shardana’’, 3, 1946; La spelonca nuragica, ‘‘Il Shardana’’, 4, 1946; Alla vigilia della Costituente, ‘‘Il Solco’’, 1946; Sardegna nuragica, ‘‘Il Shardana’’, 1947; Breve storia della Sardegna, 1950; ` della Sardegna, ‘‘L’Unione L’omericita

sarda’’, 1950; Sardegna, 1952; Il poeta del Marghine (Melchiorre Murenu), ‘‘S’I` che rischiglia’’, VI, 1, 1954; Una civilta sorge. La Sardegna nuragica, 1955; Storia della Sardegna, 1971; Mariano IV d’Arborea, 2001.

Carte d’Arborea Complesso di documenti, che si dice provenienti dagli archivi (o dalla corte) dei Giudici d’Arborea, costituito da una quarantina di testi di varie dimensioni, attualmente custoditi quasi tutti nella Biblioteca Universitaria di Cagliari. Nel 1870 una Commissione dell’Accademia delle ` falsi. Scienze di Berlino li dichiaro & STORIA La loro storia ebbe inizio nel 1845 quando Cosimo Manca, un frate del convento di Santa Rosalia a Cagliari, offrı` la prima pergamena a Pietro Martini, affermando che essa era molto antica. Nel corso del decennio successivo a questo primo documento se ne aggiunsero degli altri di vario genere, che apparvero subito destinati a operare un vero e proprio radicale rivolgimento di quanto fino ad allora si conosceva non solo della storia sarda ma anche della storia italiana, in particolare della lingua. Il complesso dei documenti, infatti, sembrava non solo poter colmare i vuoti di conoscenza relativi all’Alto Medioevo sardo, ma anche modificare le conoscenze sulla fase iniziale della lingua e della letteratura in Italia. Il ritrovamento aprı` una lunghissima discussione tra storici, paleografi e letterati sui contenuti delle C. d’A. ma so` , presto prattutto sulla loro autenticita messa in dubbio da diversi studiosi. Infatti le C. d’A. proponevano una lettura in chiave sarda di alcuni secoli dell’Alto Medioevo, in base alla quale molti studiosi in Italia e in Europa presero in considerazione l’ipotesi che nella Sardegna altomedioevale, e in particolare nella corte d’Arborea, si fosse formata una cultura di livello alto, capace di ri-

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Carte d’Arborea proporre su nuove basi il problema dell’origine della lingua italiana. Questa strabiliante prospettiva fin dal 1849 fece ipotizzare a molti studiosi, il primo dei quali fu il Gerhard, nello stesso 1849, che il contenuto delle C. d’A. fosse `, un documento delfalso. Nel 1851, pero l’Accademia delle Scienze di Torino, ispirato dal Lamarmora e da altri, di` l’autenticita ` delle C. d’A. e semchiaro ` chiudere la polemica; nel 1853 lo bro ` stesso prestigioso organismo dichiaro ` del Ritmo di Gialeto, che fu l’autenticita anche esposto a Torino. Pietro Martini fu cosı` ‘‘riabilitato’’ e insignito di un’onorificenza, ma poco dopo i sospetti sul` ripresero a manifestarsi. l’autenticita Nel 1857 il grande arabista Michele Amari, avvalendosi dei filologi della ´ cole de Chartes, mise in evidenza la falE sificazione, compromettendo definitivamente l’abile costruzione. Gli studiosi passarono allora ad avanzare le ` disparate ipotesi sull’identita ` degli piu autori del falso e a interrogarsi sulle motivazioni di quella operazione cosı` complessa e, a suo modo, anche cosı` af` . Nel 1861 fascinante. Lo scandalo dilago anche Pasquale Tola prese le distanze ` per la dai documenti e non li utilizzo redazione del suo Codex diplomaticus Sardiniae, compromettendone definiti` negli ambienti vamente la credibilita dell’alta cultura sarda, gran parte della quale aveva creduto nei falsi. A questo punto la polemica investı` in prima persona il Martini, che coraggiosamente ` , avviandone difese la loro autenticita anche la pubblicazione (particolarmente costosa, in cui fu sostenuto economicamente dal Lamarmora, che era stato uno dei primi a credere nelle C. `, l’Accademia delle d’A.). Nel 1864, pero Scienze di Torino rivide la propria posizione e il mondo accademico italiano si divise in due schieramenti: uno favo`, che faceva capo a revole all’autenticita

un eminente filologo come Pietro Fanfani, l’altro decisamente contrario, costituito da un gruppo di giovani filologi estremamente battaglieri. Nella polemica tra il 1864 e il 1866 intervennero il Mayer e il Dove, che dichiararono le C. d’A. un clamoroso falso. Nel turbinare di questa dura lotta, lo sfortunato Pietro Martini morı` nel 1866, forse – come si disse – di dolore. La sua scomparsa non fece cessare la polemica sulle C. d’A. In`a fatti Carlo Baudi di Vesme continuo ` e in molte Unidifenderne l’autenticita ` (Cagliari, Palermo, Torino, Pisa versita e Bologna) i falsi continuarono a essere adoperati come strumenti degli studi accademici. Per uscire dall’imbarazzo, nel 1869 il Baudi propose al grande storico Theodor Mommsen che l’Accademia delle Scienze di Berlino si facesse carico di definire una volta per tutte il ` delle C. d’A. problema dell’autenticita ` una comL’Accademia tedesca nomino missione composta da Moritz Haupt, fi´e lologo, dal Dove, dal Tobler, dallo Jaffe dallo stesso Mommsen, che la presiedette. Nell’agosto dello stesso anno i materiali da esaminare giunsero a Ber` fino al genlino. La commissione lavoro naio del 1870, concludendo con la bocciatura definitiva delle C. d’A. La pole` ancora ma oramai il demica continuo stino delle C. d’A. era segnato: esse pas` cosarono alla storia come uno dei piu lossali falsi scientifici del tempo e i danni sull’ambiente degli studiosi del Medioevo sardo fu enorme. & TESTI 1. Il ritmo di Gialeto, un carme in latino, che descrive la ribellione dei sardi ai Bizantini (Pergamena I); 2. un frammento in latino sulle devastazioni operate in Sardegna dagli Arabi (Pergamena II); 3. un complesso di versi di un poeta, Bruno de Thoro, assolutamente sconosciuto (Pergamena III); 4. una lettera di un Giorgio de Lacon, contenente lo schema di un poema in onore di un

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Cartografia storica giudice d’Arborea (Pergamena IV); 5. epistole, sonetti e canzoni attribuiti a Torbeno Falliti e al suo discepolo Francesco Carau, che sarebbero stati due giuristi cagliaritani vissuti nel secolo XIV (Pergamena V); 6. bolla di crociata e concessione di salto del secolo XV (Pergamena VI); 7. memoria di uno strumento fatto dal canonico Giacomo Fortesa nel 1430 (Pergamena VII); 8. un frammento di una cronaca del secolo IX riguardante l’occupazione da parte degli Arabi del castello di Pula; 9. la deˆ id e scrizione dell’impresa di Mugha della liberazione della Sardegna a opera di Parasone II (Pergamena VIII). La C. d’A. comprendono inoltre 14 codici: 1. trasunto di un’arringa fatta nel secolo VII da rappresentanti di Torres al giudice Stefano, il cui testo venne commentato nel secolo IX da Severino da Cagliari (Codice I); 2. frammento della vita dell’arcivescovo di Cagliari Valente (Codice II); 3. un condaghe nel quale vengono descritti i fatti avvenuti in Sardegna dal 777 all’813 (Codice III); 4. una relazione in sardo di Antonio di ` sarde diTharros sulle antiche citta strutte dagli Arabi (Codice IV); 5. storia ˆ id scritta in dell’invasione di Mugha sardo (Codice V); 6. storia del giudicato d’Arborea dalla sua costituzione fino all’epoca di Costantino I d’Arborea (Codice VI); 7. memorie sul giudicato d’Arborea scritte in latino e in sardo (Codice VII); 8. cronaca delle guerre tra Comita III d’Arborea e Gonario di Torres scritta in sardo (Codice VIII); 9. compendio della storia di Giorgio di Lacon in latino e in sardo (Codice IX): 10. cronaca sulla fondazione di Oristano scritta in sardo (Codice X); 11. due sonetti in italiano per la morte di Eleonora d’Arborea e una storia di Eleonora (Codice XI); 12. poesie in italiano e cronaca in latino dei fatti del giudicato (Codice XII); 13. cronaca di Ploaghe in italiano (Codice

XIII); 14. il protocollo del notaio Michele Gilj (autentico) (Codice XIV). Le C. d’A. comprendono inoltre 11 fogli cartacei e il Codice guarneriano.

Carte volgari cagliaritane Complesso di 21 documenti redatti in sardo campidanese e risalenti ai secoli XII e XIII. Contengono i testi di alcune donazioni fatte dai giudici di Cagliari e altre notizie molto utili per ricostruire l’organizzazione del giudicato di Cagliari. Si riferiscono principalmente alla diocesi di Suelli e probabilmente vennero collocate nell’archivio capitolare di Cagliari dopo che l’antica diocesi fu soppressa nel 1423. I documenti furono trascritti nel 1600 e riordinati da Francesco Sulis nel 1873. Furono studiati a fondo da Arrigo Solmi agli inizi del Novecento e restaurati in Vaticano nel 1978.

Cartografia storica Le carte geografiche della Sardegna possono essere, nel complesso, divise in due gruppi. Il primo gruppo comprende quelle tracciate e disegnate in base alla raccolta diretta delle informazioni e alla verifica ‘‘sul campo’’ dei dati territoriali e degli spazi. A questa categoria appartengono tutte quelle carte realizzate da geografi che lavorarono o raccolsero dati in Sardegna: come Rocco Cappellino, come l’ignoto autore della carta spagnola del secolo XVII, come il capi´ che disetano francese Jacques Petre ` tra il 1679 e il 1681 le coste sarde, i gno cosiddetti ‘‘Ingegneri piemontesi’’ del Settecento, De Vincenti, Craveri, Maina, Tommaso Napoli, Alberto Lamarmora, William Henry Smyth. Il secondo gruppo comprende le carte elaborate grazie a informazioni indirette di diversa provenienza, a rilevamenti ` di seconda mano e alle fonti dell’eta classica: appartengono a questa categoria le carte di Magini, Mercatore, Cluverio, Coronelli, D’Anville, Bacler d’Albe.

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Cartografia storica ` il Anche la stessa carta di Arquer e frutto di un lavoro svolto a tavolino.

Cartografia storica – La carta miniata di Enrico Martello (1458-1464) e` la prima con l’orografia dell’isola.

Questo approccio ‘‘esterno’’ esprimeva inevitabilmente le idee geografiche ed economiche correnti sulla Sardegna; attento, quindi, a definire e a tracciare i lineamenti della sua figura costiera, il perimetro delle sponde, gli approdi, i ` commerciali, le porti, le sedi di attivita `, le piazzeforti militari, ma sostancitta zialmente elusivo nei confronti del suo ` del contenuto insulare, della poverta retroterra agricolo, della desolazione delle pianure malariche, del rilievo montano, delle valli incassate, della di` spersione dell’habitat. L’insularita della Sardegna, il suo isolamento e la ` negli spazi liquidi sua stessa centralita

del Mediterraneo occidentale danno ` molto alla cartografia una materialita evidente. L’essere una grande isola in mezzo alle acque del mare – di un mare che, a seconda dei flussi dei traffici e delle contingenze concrete della storia, la isola e al tempo stesso la congiunge ai paesi rivieraschi del Mediterraneo – presuppone, infatti, lo snodarsi di una forma, il disegnarsi di contorni precisi ` e netti: non a caso sin dall’antichita venne riconosciuta la sua somiglianza con l’orma umana, o meglio, come scrive Benedetto Bordone, un geografo veneziano del Cinquecento, «fu dai greci da la forma de la sola del calzamiento nominata». Le fonti classiche insistono continuamente sulla singola` della sua forma – Terras enormes corita hibet nudae sub imagine plantae, scrisse Silio Italico – o sulla sua posizione favorevole, al centro del Mare Tirreno (Poenos Italosve petenti opportuna situ, afferma Claudiano). Polibio insiste sulla ` , Cicerone sull’aria pestisua fertilita lenziale, Pausania e Pomponio Mela esaltano la sua produzione di grano ma mettono in guardia sui pericoli dell’aria malsana, Aristotele ricorda che un tempo era assai ricca ma dopo decadde. Queste frammentarie descrizioni geografiche e queste superficiali notizie finirono, poi, per influenzare quasi tutti i ` geografi e gli scrittori europei dell’Eta ` dire, ai grandi dicmoderna sino, si puo tionnaires francesi del Settecento e alla ‘‘voce’’ Sardaigne compilata dal cava´die di liere de Jaucourt per l’Encyclope Diderot e D’Alambert. Anche una classificazione puramente ‘‘fisica’’ della geografia della Sardegna diventava problematica: il geografo olandese B. Varenius nel trattato Geographia generalis (1664) non sa se inserire la Sardegna nella categoria delle insulae magnae o in quella delle insulae parvae e decide di considerarla come una di

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Cartografia storica ` soprattutto a quelle mediocres. Ma e ` insulari che, proposito delle societa ` moderna, emergono pregiudizi nell’Eta e stereotipi sulle caratteristiche umane, reali o pretese, degli abitanti di quelle terre ai margini delle grandi vie di comunicazione e dei traffici. La carta ` , anche se statica ipogeografica, pero ` tizza comunque un’idea descrittiva, e concepita in funzione della conoscenza del territorio. E proprio da questi tenta` fisica e umana tivi di penetrare la realta della Sardegna emerge con prepotenza ` geografica e la marcata individualita storica di quest’isola, come scrive il geografo arabo Edrisi nel secolo XII, «grande, montuosa, scarsa d’acqua». & «UN’ISOLA GRANDE E MONTUOSA» «I libri che rapportano la geografia sarda sono troppo concisi e lavorati da persone che non la visitarono e si affidarono a relazioni confuse, ed anche in parte false», scrive nel 1799 un autorevole personaggio della burocrazia sabauda, il censore generale Giuseppe Cossu, che lamenta anche la totale mancanza di carte nautiche attendibili ´ un forestiero possa approdarvi «perche con sicurezza». Nel 1577 l’architetto militare Rocco Cappellino, autore della prima, dettagliata carta geografica della Sardegna, frutto di un faticoso lavoro sul ‘‘campo’’ durato venti anni, so` stiene che «il disegno de dita isola non e stato tirato alla sua buona forma» e ne individua le cause nel fatto che il regno ` stato quasi sempre «tenuto in sardo e tanto poco conto e stima». Se si sfogliano le tavole dei grandi atlanti del Cinquecento e del Seicento, come il Theatrum Orbis Terrarum di Ortelius e l’Atlas Maior di Blaeu, si vede facilmente come i paesi del Nuovo Mondo, ` , famosissimi per le il Messico, il Peru loro immense ricchezze, sono raffigurati con molta maggiore precisione e

` esattezza della pur vicina e mecon piu diterranea Sardegna.

Cartografia storica – La Sardegna nell’Isolario general de todas las islas del mundo di Alonso de Santa Cruz, cartografo di Carlo V (prima ` sec. XVI). meta

La rappresentazione cartografica esprime non tanto un’astrazione matematica quanto la proiezione di uno spazio concreto, vivo, in continuo mutamento, esposto alle scoperte e alle trasformazioni dell’uomo. La raffigura` , quindi, strettazione dello spazio e mente legata al processo delle grandi reti di comunicazione, terrestri e marittime, alle esigenze militari, all’individuazione delle frontiere, e, soprattutto, allo sviluppo dei traffici e del commercio. Dal secolo XVI lo spazio, dilatato ormai alla superficie dell’intero pia` spazio econoneta, diviene sempre piu ` moderna l’economiamico. Nell’Eta

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Cartografia storica ` – secondo gli schemi mondo europea e ` reinterpretativi proposti dalla piu cente storiografia – il risultato della coesistenza e della giustapposizione di ` che vanno da diverse forme di societa ` capitalistiche e ‘‘opulente’’, quelle gia ` stacome l’Olanda del Seicento, a realta tiche e relativamente inerti, come la Sardegna, o a zone in cui vige ancora la ` , situate ai livelli piu ` bassi di schiavitu ` stata questa gerarchia. La Sardegna e per lungo tempo un ‘‘oggetto’’ economico, un vero e proprio modello di economia marginale, una regione spogliata a vantaggio dei centri commerciali e mercantili europei, condannata a desti` che ai bisonare la sua produzione piu gni locali alla domanda dei mercati ´ l’imesterni: si capisce allora perche magine grafica della Sardegna non potesse non riflettere lo scarso interesse che quest’isola, ai margini dell’Europa, inserita a malapena in un’economia monetaria e caratterizzata dall’immobilismo e dalla conservazione delle strutture, suscitava presso il mondo dei ` moderna. In un’opera‘‘dotti’’ nell’Eta zione come la cartografia che sembra ` piu ` neutra si puo ` basata sull’oggettivita rilevare come sia sempre presente una spinta soggettiva dovuta a una conoscenza diretta del proprio habitat. Il grande centro cartografico del Rinasci` Venezia, una citta ` il cui tema mento e ` l’incertezza e la spaziale dominante e `, dato che i limiti tra terra e variabilita acqua cambiano continuamente; al pri` nel Seimato dei veneziani succedera cento quello degli olandesi, con le loro dinastie di cartografi-artisti come Gerardo Mercatore, Jan Blaeu, Jan Jansson, Frederik de Wit: altro paese dove i confini tra terra e acqua sono incerti, ma, soprattutto, paese proiettato sul mare e centro di quel capitalismo commerciale i cui fili di interesse si snodavano per tutto il mondo allora cono-

` di comprendere in sciuto. La necessita un’immagine la dimensione del tempo ` all’oriinsieme a quella dello spazio e gine della cartografia. In Sardegna, la ` di percepire lo spazio al di la ` difficolta degli stretti confini del quadro insulare ` umana che, da parte di una comunita sospinta lontano dalle coste a causa della malaria e delle incursioni esterne, ha rivolto le spalle al mare e vive chiusa in se stessa, ha, senza dubbio, inciso fortemente sullo sviluppo di `, ` si e una cartografia locale. L’insularita ` di quindi, tradotta nell’impossibilita rappresentare e descrivere lo spazio territoriale della Sardegna, di immaginarlo visivamente al centro di un mondo mediterraneo privo di frontiere. La maggior parte delle carte geografi` stata, dunque, che della Sardegna e tracciata e disegnata lontano, nei grandi centri della cartografia europea: Venezia, Amsterdam, L’Aia, Parigi, Londra. Sarebbe, tuttavia, ingiusto non prendere in considerazione o sottovalutare i pochi, ma significativi tentativi di tracciare una carta generale dell’isola attuati dai geografi e dagli storici sardi, come la carta di Sigismondo Arquer per la Cosmographia universalis (1550) del Mu ¨ nster e, seppur non corredata da alcuna rappresentazione grafica, la Corographia (1580-88) di Giovanni Francesco Fara, con i calcoli sulla lunghezza e sulla larghezza dell’isola, nate entrambe all’interno del rinnovato interesse umanistico per la geografia e la corografia tolemaica; o la grande e ac` curata carta spagnola della prima meta del Seicento frutto dell’entourage burocratico-amministrativo del viceregno sardo; e infine la precisa carta elaborata tra il 1796 e il 1808 dal padre scolopio Tommaso Napoli, risultato di un paziente lavoro compiuto percorrendo a piedi e a cavallo tutta l’isola.

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Cartografia storica

Cartografia storica – L’isola in una delle carte ` sec. XVI). di Gerardo Mercatore (meta

` CLASCARTOGRAFIA DELL’ANTICHITA SICA Il primo documento cartografico sulla Sardegna di cui si ha sicura notizia – dobbiamo l’informazione a Tito Li` la carta dell’isola che il console vio – e Tiberio Gracco fece appendere al tempio di Giove Capitolino al suo rientro a Roma dopo una vittoriosa spedizione in Sardegna durata tre anni (177-174 a.C.). Non ci sono pervenute invece tracce di una rappresentazione grafica dello spa` nuragica e, poi, zio da parte della civilta da parte di quella punica, anche se i ritrovamenti archeologici (catene difensive di nuraghi, betili, acropoli ecc.) dimostrano l’esistenza di una conoscenza e di una trasformazione-organizzazione del territorio, confermata inoltre dall’armonico rapporto con la natura e il paesaggio. Gli stessi greci avevano informazioni precise sulla geografia del-

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l’isola. Plinio, ad esempio, citando le fonti greche nella sua Naturalis Historia, ricorda che, a causa della somiglianza della Sardegna alla forma di ` nel secolo IV a.C. un’orma umana, gia Timeo la chiamava Sandaliotis e Marsilio Ichnusa. Questo rifarsi a un’immagine precisa e concreta, appunto l’orma del piede, ci induce a credere che nel secolo IV a.C. esistessero in Grecia raffigurazioni molto sommarie, ma quantomeno indicative, sulla forma della Sardegna. Anche nella Tabula aenea di Esterzili (=), conservata nel Museo ‘‘G.A. Sanna’’ di Sassari, che tratta di una controversia di confini avvenuta nel 67 a.C. tra popoli della montagna (i Gallilenses) e quelli del Campidano (i Patulcenses Campani), si parla di una ` carta (‘‘forma’’) della Sardegna. La piu antica carta geografica della Sardegna ` giunta dal mondo classico e `, coche ci e munque, la rappresentazione dell’isola nella Geographia di Claudio Tolomeo, nell’edizione del codice Urbinate Greco 82, custodita nella Biblioteca Apostolica Vaticana, copia medioevale del secolo XI di un codice greco del secolo II. Fu Tolomeo, nel secolo II. (era nato in Tolemaide d’Egitto intorno al 100, morı` ad Alessandria nel 178), che riuscı` a dare soluzione al problema cartografico fondamentale, la rappresentazione su un piano (la carta) di una superficie curva (la terra). Tolomeo rap` con archi di cerchio i paralpresento leli, che i geografi precedenti avevano tracciato rettilinei, e fece convergere i meridiani verso i poli: in questo modo la carta geografica assunse un aspetto ` naturale e le singole regioni risultapiu rono meno deformate dal disegno. Alla Sicilia e alla Sardegna, le due maggiori isole del Mediterraneo, Tolomeo ha dedicato la settima tavola della sua Geographia. Sebbene nelle fonti letterarie classiche la Sardegna appaia notevol-

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Cartografia storica mente idealizzata, soprattutto a causa della leggendaria lontananza e collocata quasi fuori della dimensione del tempo storico, Tolomeo dimostra di avere una buona conoscenza geografica dell’isola e informazioni precise e attendibili. Egli la colloca tra 35º30’ e 30º45’ di latitudine, e tra 29º15’ e 35º30’ di longitudine est dal meridiano delle ` abisole Fortunate. La raffigurazione e bastanza allungata e, nel complesso, as` , alsai uniforme. Vengono colti, pero cuni aspetti peculiari del perimetro costiero dell’isola: la sequenza di isole che dal golfo dell’Asinara alle Bocche di Bonifacio rendono difficile e pericolosa la navigazione tra la Sardegna e la Corsica, il golfo di Alghero, quello di Palmas e quello di Orosei. L’ampia ` situata apertura del golfo di Cagliari e nella costa orientale (posizione che nell’edizione del codice Laurenziano ` collocata nel suo giusto sito). I verra fiumi segnati sono cinque: il Temo, il Tirso, il Cixerri nella costa occidentale; il Cedrino e il Flumendosa in quella ` orientale. Estremamente dettagliata e l’attenzione dedicata ai centri abitati, che vengono raffigurati con piccoli rettangoli color terra con il lato superiore seghettato – simbolo forse della cinta ` importanti (Camuraria –; per le citta gliari, Porto Torres, Orroli) sono aggiunte piccole torri. La toponomastica ` arricchita anche dai nomi delle die verse popolazioni che abitavano nell’isola. Vaga invece l’orografia, ad eccezione di un massiccio collocato nel centro-nord della Sardegna e quegli Insani Montes, che gli studi di Pais e di Gras hanno identificato nel massiccio del Gennargentu con le sue diramazioni sino alla costa orientale dell’isola. La raffigurazione tolemaica della Sardegna ebbe un’enorme importanza nella successiva storia della cartografia sull’isola, soprattutto durante il Rinasci-

mento, grazie alla prima edizione a stampa (1478) della Geographia.

Cartografia storica – Il Mediterraneo occidentale nella carta di Matteo Prunes (Maiorca 1560). & TABULA PEUTINGERIANA L’altro do` pervecumento cartografico che ci e ` classica e ` la cosidnuto dall’antichita detta Tabula Peutingeriana (prende il nome dell’umanista tedesco Conrad Peutinger che ne divenne possessore nel 1506), copia medioevale dei secoli XI-XII di una carta-itinerario romana dei secoli III-IV, conservata nella Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna. ` un rotolo di pergamena (comLa carta e posto da undici pelli, lungo 6,83 m e largo 0,34 m), dipinto a colori, le terre in giallo, i mari e i fiumi in verde, i rilievi in grigio, giallo o rosa, che comprende tutto il sistema di strade dell’Impero, dalla Spagna alla Turchia. Si tratta di un’immagine lineare, quale ` trovare posto solo in un lungo ropuo ` il promemoria della successione tolo: e delle tappe, il tracciato di un percorso, quasi il bisogno di fissare sulla carta i

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Cartografia storica ` del luoghi di un viaggio. La totalita mondo allora conosciuto vi appare ap` piattita orizzontalmente: siccome cio che interessa sono le strade terrestri, il ` ridotto a una stretta Mediterraneo e striscia orizzontale ondulata che se` larghe, cioe ` l’Europa para due fasce piu e l’Africa, per cui Provenza e Africa del Nord sono vicinissime, cosı` come Palestina e Anatolia; la Sardegna, la Corsica, la Sicilia vi appaiono singolarmente schiacciate, quasi con l’aspetto di isole fluviali. La Sardegna, raffigurata nella solita forma del piede umano, viene descritta in modo molto approssi` dimativo, sicuramente per le finalita chiaratamente ‘‘terrestri’’ della Tabula: ` nonostante, vi e ` un buon elenco di cio centri abitati – uno dei quali contrassegnato da casette disegnate di varia forma – , fra cui figurano Neapolis, Sulci, Uttea, Crucis, Turribus, Nura, Carales, ` senza alcuna preoccupadisposti pero zione per la loro ubicazione esatta. Anche le stesse isole sarde sembrano sassi gettati a caso nel mare: la loro individuazione, probabilmente per gli errori di trascrizione del copista medioevale, appare spesso difficoltosa. Con la crisi del mondo antico abbiamo pochi e frammentari – almeno sino al secolo XI – documenti cartografici sulla Sardegna. Come per le fonti storiche, anche per queste geografiche, cala sulla Sardegna altomedioevale un fitto velo di nebbia. & CARTOGRAFIA ARABA Nell’Europa del Medioevo lo spazio era sinonimo di paura: lo spazio libero, aperto dava, infatti, un senso di vuoto. Il mondo medio` «un evale, ha scritto Jacques Le Goff, e ` o meno vasti, celinsieme di spazi piu lule economiche, sociali, culturali. Per ` lungo tempo l’Occidente medioevale e rimasto un agglomerato, una giustapposizione di domini signorili di castelli e ` sorti in mezzo a distese incolte e di citta

` ripiegata in disabitate». E una societa ` umane se stessa, composta da comunita che vivono di un’economia chiusa, cur` come tense. I traffici non coprono piu una rete l’insieme del territorio, smi` disperse senza alcun nuzzato in entita rapporto di scambi interni. Il mare, l’immensa distesa liquida e mobile, appare come un elemento ostile, circondato da pianure malsane, portatore di invasioni e scorrerie, con quel vento freddo e salato che impedisce le colti`, quindi, stupire il fatto vazioni. Non puo che nella cartografia altomedioevale la Sardegna fosse raffigurata in termini decisamente fantastici, che tradivano la quasi totale mancanza di notizie e dati sull’isola, dovuta senza dubbio all’isolamento marino. Il carattere demo` confermato anche niaco del mare e ` dei dalla moltitudine e dall’enormita mostri che lo abitano e che ‘‘cosmografie’’ e mappamondi fanno a gara nel raffigurare. L’idea che un’isola potesse avere una natura bizzarra e diversa era assai diffusa tra i geografi del tempo. ` dell’allegoria e dei simSiamo nell’eta boli: dato che i continenti sono tre, circondati dall’oceano e separati dal Mediterraneo e dal Mar Rosso, molti cartografi si accontentano di schematizzarli con una T scritta in una O. Nel mappamondo ‘‘isidoriano’’ del secolo VIII della Biblioteca Vaticana (una carta a forma di ruota), l’immagine della Sardegna appare estremamente schematizzata: a forma di calice, con il bordo dentellato rivolto verso l’Africa, a fianco della Sicilia ridotta a un semplice triangolo. In un mappamondo del secolo X (che si trova in copia in un testo del secolo XII conservato nella Biblioteca Reale di Torino) la schematizzazione e l’astrazione delle forme si fanno ` evidenti: le isole mediterraancora piu nee, tutte di eguale grandezza, sono poste in regolare fila in uno strettissimo

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Cartografia storica canale. Nel commentario dell’Apocalisse del Beato di Liebana (secolo XI), `que Nationale custodito nella Bibliothe di Parigi, le isole del Mare Interno sono raffigurate in una forma ovale di colore smeraldo, circondate da pesci mostruosi, con le coste rosse e i castelli dorati su un mare scuro come l’inchiostro. Ma non sempre la geografia dei secoli anteriori al XIII si limita a questi tratti approssimativi: nella carta anglosassone Cotton (del secolo X o forse XII) i ´ deformati lineamenti dell’isola, benche in modo grottesco, non sono del tutto `, e in quel tardivo profuori dalla realta ` dotto della cartografia fantastica che e il mappamondo di R. Haldingham (1285) la Sardegna inizia a riprendere la sua classica veste di piede umano, questa volta con l’alluce puntato verso la Sicilia. Diametralmente opposta alle astrazioni mistiche e fantastiche dei mappamondi dell’Europa medioevale ` la cartografia dei paesi islamici. Ane ` Miquel ha posto assai bene in evidre denza il contrasto tra l’ignoranza dei geografi arabi circa il mondo non musulmano da un lato, e le loro eccellenti descrizioni dei paesi orientali dall’altro. Le loro nozioni sull’Europa erano ` espressamente vaghe. La per lo piu grande carta del globo tracciata da ` famoso geografo arabo del Edrisi, il piu Medioevo (nato a Ceuta in Marocco nel 1099 e morto nel 1164), molto dettagliata sul mondo islamico, risulta squilibrata nella raffigurazione dell’Occidente: la Sardegna e la Corsica sono in una posizione sbagliata e la loro rappresenta` abbastanza sommaria, mentre zione e ` raffigurata e descritta con la Sicilia e molta esattezza. Nella carta (se ne con`que servano 3 esemplari: alla Bibliothe Nationale di Parigi, a Oxford, a Istan` – Terranova, bul) sono segnate tre citta ` un accenno Castelsardo, Cagliari – e vi e al rilievo costiero occidentale. La geo-

` , pero ` , essenzialmente grafia araba e geografia umana e parla soprattutto di ` , commerci, traffici. Prouomini, citta prio da questa impostazione descrittiva Edrisi mostra una buona conoscenza della Sardegna, dovuta, anche, all’interesse che gli Arabi avevano per l’isola e per la sua felice posizione: «I sardi sono ` fanigah berberizzanti, di schiatta rum a rifuggenti dal consorzio con ogni altra `nia], sono gente nazione di Rum [Roma di proposito e valore che non lascia mai l’arme» scrive il geografo arabo, mostrando di aver colto alcuni caratteri ‘‘storici’’ dei popoli dell’isola. «La Sardegna ha miniere di buonissimo argento, il quale metallo da quest’isola si esporta in parecchi paesi del Rum. La ` divisa dalla Corsica per uno Sardegna e stretto lungo 20 miglia». Altri scrittori e geografi arabi descrissero la Sardegna: ` al Huwanizmi Muhammud ibn Musa (secolo IX), Ibn-al-Atir, Al Bayan e Ibn ` il circuito costiero Gubayr (che calcolo dell’isola in 500 miglia). & IL ‘‘COMPASSO DA NAVIGARE’’ Sviluppatasi in sintonia col forte incremento dei traffici mediterranei, dopo il Mille ` un rinnovala cartografia comincio mento sostanziale della concezione della geografia ‘‘fisica’’ e prese a delinearsi un’immagine della Sardegna straordinariamente aderente alla ` . Tra la meta ` del secolo XIII e la realta ` del secolo XIV la navigaprima meta zione mediterranea fu, infatti, interessata da una serie di innovazioni tecnologiche: il perfezionamento della bussola giroscopica; la compilazione di tavole trigonometriche per la navigazione; l’adozione di un nuovo tipo di imbarcazione, la ‘‘cocca’’, e soprattutto la redazione di carte nautiche e di portolani. Fu grazie alla bussola e all’astrolabio che i marinai del Mediterraneo poterono costruirsi carte la cui esattezza ` superata soltanto nel secolo XIX. verra

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Cartografia storica Ne troviamo la conferma in un episodio del 1270: Luigi IX re di Francia, per` sulla via suaso dal fratello che Tunisi e per Gerusalemme, si domanda se la Sardegna sia proprio sulla via per Tunisi; i genovesi della sua flotta lo con` cosı`, mostrandogli una vincono che e ` antico esemplare carta nautica. Il piu di queste carte in nostro possesso, forse contemporaneo alla Crociata del re di ` la cosidFrancia, o di poco posteriore, e detta Carta pisana, databile intorno al 1275, opera di un anonimo cartografo ` una carta a genovese. La Carta pisana e bussola (o a compasso, secondo una de` finizione largamente diffusa). In realta ` improprio, perche ´ il questo termine e ` un’opera divisa Compasso da navigare e ` in due parti: da un lato il portolano, cioe la guida scritta per navigare nel Mediterraneo, dall’altro la carta nautica dello stesso Mediterraneo. Riprodotta centinaia di volte, rimaneggiata in traduzioni manoscritte e in versioni che aggiungevano, perfezionavano, modifi` di dati sulle cavano l’enorme quantita rotte, sui venti, sui litorali, sugli approdi, sulle correnti, quest’opera rimase dal secolo XII al XVII il manuale modello per navigare nel Mare Interno: essa costituisce senz’altro la maggiore opera geografica e nautica del Medioevo. & VIAGGIANDO NEL MEDITERRANEO Le carte nautiche medioevali – ricordiamo, oltre la Carta pisana, quelle di Pietro Vesconte (1311), di Angelino Dalorto (1325), il cosiddetto Atlante Tammar Luxoro (principio del secolo XIV) – , disegnate sulla pergamena, sono ancora inimitabili, soprattutto se le si paragona alle carte arabe o a quelle tolemaiche, per la estrema chiarezza e per il loro scopo eminentemente pratico, concreto esempio della tecnica e dell’e` itasperienza dei navigatori delle citta liane e, in particolare, di Genova. Le

carte sono costruite in base a dati puramente empirici, dovuti all’osservazione diretta delle coste, alle distanze stimate attraverso la lunga pratica della navigazione, alle direzioni rilevate con l’aiuto della bussola e senza fondamenti astronomici. Nel Mediterraneo la naviga` di piccolo cabotagzione era per lo piu ` a costeggiare – «angio, volta quindi piu dare di scoglio in scoglio, come i granchi di mare», si legge nelle antiche carte – , a saltare da un’isola all’altra, che ad affrontare il mare aperto. Le stesse distanze erano in qualche modo relative: le dimensioni del Mediterra` sono state calneo in termini di velocita colate da Braudel in 1-2 settimane nel senso nord-sud (45º-30º di latitudine) e in 1-2 mesi nel senso est-ovest (35º-5º di ` , quindi, longitudine). La via del mare e ` rapida – quando i venti sono favola piu ` fare fino a 300 km in revoli una nave puo ` riventiquattro ore – ma anche la piu schiosa: una improvvisa e violenta tempesta, una lunga e snervante bonaccia, un agguato di pirati possono compromettere definitivamente la navigazione. I portolani danno pertanto una descrizione assai approfondita dei litorali, delle isole e di tutti i pericoli che incombono sui naviganti. Dalle carte nautiche emerge, in sostanza, soltanto il perimetro delle coste che vengono tracciate con una sottile linea scura, ` messa in rilievo da un’altra linea piu spessa sovrapposta di colore giallo-oro se si tratta di un continente, le penisole ` in verde o in sono colorate per lo piu rosso-vino, le isole, invece, in celeste e ` piccole in giallo. Sulla linea del le piu litorale i toponimi si susseguono fitti, ` , ignosenza soluzione di continuita ` politiche. rando le divisioni e le realta L’interno si lascia quasi sempre vuoto: spesso appaiono ingranditi i prospetti ` , soprattutto di quelle maritdelle citta time, e talvolta gli stemmi e le bandiere

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Cartografia storica degli stati. Alla raffigurazione dei dati geografici utili alle esigenze della navigazione danno coerenza i sistemi delle rose dei venti di cui le carte sono interamente coperte, con le loro linee di direzione che s’intrecciano e si intersecano per formare quel policromo reticolato su cui il marinaio stabiliva la rotta da un punto all’altro.

Cartografia storica – La suggestiva carta dell’olandese Jan Jansson (1638).

Nelle carte nautiche le distese liquide, i vasti spazi marini acquistano un risalto molto maggiore delle terre che li circondano. La Sardegna sembra perdere il suo carattere di isola emarginata per essere avviluppata in una fitta rete di rotte marittime che la circondano, sfruttando le sua favorevole posizione geografica proprio nel mezzo del Mediterraneo, utilizzando i golfi sicuri della costa occidentale o come basi le isole di San Pietro e dell’Asinara. I cartografi genovesi autori delle prime carte nautiche avevano un interesse speciale per ` nel dare i peleggi o la Sardegna, percio ` le traversate per alto pieleghi, cioe mare, offrivano al navigante un’ampia ` : nel Compasso, ad scelta di possibilita esempio, non meno di 18 sono quelli dall’isola di San Pietro alla Tunisia, alla Spagna, alla Provenza, 8 da capo Teulada, 11 quelli dal canale di Carbo-

nara, 13 dall’isola di Tavolara, 5 da capo Comino, e cosı` via. Nella Carta pisana ` raffigurata con un’ottima apl’isola e ` . Sono indiprossimazione alla realta cate con precisione le isole adiacenti, ` descritto mentre il golfo di Cagliari e ` profondo, quasi come un fiordo, anpiu ´ largo e ampio. Sono, inoltre, menziche ` costiere, per lo piu ` zionate 29 localita isole, capi e porti naturali: pochi i rife` (solo Cagliari, Bosa, rimenti alle citta Oristano, Neapolis), forse a causa della concentrazione dell’habitat verso l’interno. & CARTOGRAFIA NAUTICA MEDIO` precisa la forma delEVALE Ancora piu l’isola nella carta di Pietro Vesconte, anch’egli genovese: il golfo di Cagliari viene raffigurato nella sua giusta forma e sono descritti assai bene il golfo di Oristano, quello di Palmas, quello di Alghero, le isole e gli stagni; vi sono 35 toponimi, con una nuova, maggiore attenzione per i centri costieri. Nel 1318 Vesconte disegna un’altra carta nautica, in cui la forma dell’isola viene sostanzialmente riproposta con alcune correzioni sulla costa orientale. Anche nella carta dell’Atlante Tammar Luxoro, del principio del Trecento, i toponimi delle coste sarde sono 35. Nel 1325 il cartografo genovese Angelo Dalorto costruisce una grande carta del mondo allora conosciuto che, a differenza della rappresentazione di Vesconte (attenta solo al bacino centrale e orientale del Mediterraneo), allarga la propria descrizione al Baltico, all’Asia Minore, all’Eu` , infatti, il moropa Orientale. Costituira dello per tutte le carte nautiche succes` sino alla seconda meta ` del sive, cioe Cinquecento. Il tracciato della Sardegna, cosı` come appare nelle carte di Vesconte e di Dalorto, nonostante certe esagerazioni nel profilo dei promontori e nelle insenature, dovute alle esigenze della navigazione di cabotaggio, risulta

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Cartografia storica alla fine molto vicino a quello che si sarebbe ottenuto con la proiezione ‘‘scientifica’’ di Mercatore. Tuttavia, al ` di un’analisi squisitamente fordi la male della perfezione dell’immagine si tratterebbe, diciamo cosı`, di ‘‘decodificare’’ la rappresentazione cartografica per individuare dei significati che sciolgono i nodi culturali e sociali di quella concettualizzazione dello spa` , il segno zio. Che cosa nasconde, cioe dei cartografi genovesi o catalani quando traccia i confini costieri di quell’isola che emerge al centro di una fitta ragnatela di rotte? La Sardegna appare nei secoli XII-XIV come il crocevia, il punto nodale degli interessi sul Mediterraneo occidentale, sia di tipo politico e strategico-militare, sia di tipo economico-commerciale. La cen` della Sardegna e ` pero ` , in realta `, tralita ` espressione a sua volta della centralita di questa precisa zona della terra, racchiusa tra le sponde provenzali, liguri, catalane e dell’Africa del Nord, nella economia e nella politica del tempo. Quando, con la navigazione atlantica e ` dele scoperte oceaniche, la centralita gli interessi politici e commerciali si ` sempre piu ` verso l’Europa del spostera Nord, allora le linee sottili e dritte delle rotte nautiche lambiranno appena la Sardegna, considerandola soltanto come un occasionale approdo per sfuggire le tempeste o le raffiche del Maestro, e si dirigeranno sicure verso nuovi ` ricchi mercati. Ma allora, ossere piu vando sulle carte e i ‘‘compassi’’ del Trecento le innumerevoli linee che si appuntano come spilli sulle coste sarde, ci si accorge che gli interessi ` marinare, Pisa e Genova, di delle citta Marsiglia, e poi di Barcellona, si fermano al limite costiero, assicurandosi soltanto il monopolio commerciale delle risorse dell’isola (metalli, sale, corallo, cuoi, formaggio, grano, tonno) at-

traverso l’occupazione di basi mercantili e militari. L’economia chiusa, quasi immobile della Sardegna, con i suoi ritmi lenti di vita, viene, quindi, aperta dal di fuori da dominazioni ‘‘mercantili’’, inserite nel tempo stringente dei profitti, delle carte di cambio, delle consuetudini e delle leggi marittime – resteranno in questo campo significativi esempi, come il Breve Portus Kallaritani (1318) e l’edizione manoscritta cagliaritana del Llibre de Consolat de mar (secolo XIV). & CARTE DEL TRECENTO E DEL QUAT` belle carte della TROCENTO Le piu ` del Trecento sono opera di prima meta genovesi, una scuola che diede ottimi frutti anche nel secolo successivo: basta ` di Agostino da Noli ricordare l’attivita e, soprattutto, la bella carta nautica di Battista Beccario (1435), con una precisa raffigurazione della Sardegna. Il primato nel campo della cartografia `, a essere progressivamente inizia, pero conquistato dai catalani. A Palma di Majorca che, negli anni 1350-1450, assume un ruolo decisivo nella distribuzione dei traffici e del commercio mediterraneo, nasce l’importante scuola cartografica della Catalogna. Il ‘‘capo` lavoro’’ della cartografia majorchina e l’Atlante (1375) di Carlo V re di Francia, opera del cartografo ebreo Abrahm Cresques. Formato da sei grandi carte dipinte su pergamena con splendidi colori, sono tracciate le coste del Mediterraneo, dell’Europa Atlantica e, soprattutto, con impressionante aderenza alla ` , le coste del Medio Oriente e realta quelle mediterranee e atlantiche dell’Africa del Nord. Con una punta di orgoglio numerose bandiere colorate indicano la presenza di consolati catalani nei territori italiani e mediorientali (in Sardegna, i consolati sono a Cagliari, Sassari, Alghero, Oristano). La Sarde` compresa nella carta dedicata al gna e

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Cartografia storica Mediterraneo occidentale: vi figurano 48 toponimi e un disegno assai attento al tracciato della costa occidentale dell’isola che si sofferma su Porto Conte, sul golfo di Oristano, su quello di Palmas e dell’Asinara, segnandone le giuste esposizioni. L’interno dell’isola, colorato in marrone, forse per indicarne ` decorato da finisla natura montuosa, e simi arabeschi multicolori. Come si possono leggere le carte catalane del secolo XIV e del secolo XV (oltre quelle di Cresques e della sua scuola, Gabriel de Vallsecha, Jaime Ribes, e Jafuda Cresques, ricordiamo, per la rara precisione del disegno costiero della Sardegna, il mappamondo ‘‘Estense’’ di Modena, fine sec. XIV, e la carta nautica del majorchino Giacomo Bertran, conservata nell’Archivio di Stato di Fi` notare che renze)? Innanzitutto, si puo le linee chiave dei traffici si spostano dal Tirreno al Mar di Sardegna: tramontano il porto di Torres e quello di Terranova, cresce in importanza il porto di Alghero, completamente ripopolata da catalani nel 1354. Cagliari, punta di diamante della dominazione catalana nell’isola, resta sempre, col suo ampio e sicuro porto naturale, al centro delle rotte marittime e si avvia a diventare, grazie alla sua felice posizione geografica, un punto fermo nella politica mediterranea aragonese. La Catalogna considera infatti la Sardegna un prezioso punto d’appoggio nelle rotte di navigazione – quel «dominio della via strategica delle isole» di cui parla Jaime Vicens Vives – e come un gradino ulteriore nella scalata per il controllo commerciale del Mediterraneo. Lo sviluppo della conoscenza geografica ` pero ` legato al perfedella Sardegna e zionamento dei trattati nautici e dei portolani, e alla conoscenza dei porti e degli approdi soprattutto in relazione ai venti, con indicazioni preziose sui

corsi d’acqua e le sorgenti ove poter far rifornimento. Nel 1440 Giovanni da Uzzano, con la Pratica della Mercatura, arricchisce il Compasso, conglobando gli altri trattatelli nautici del tempo: le coste sarde sono descritte – dall’isola di San Pietro verso est – con grande chiarezza e molti particolari in 6 fogli manoscritti. Un altro testo in cui vengono descritti gli approdi e i porti della Sarde` la Tavola per conoscere tutte le gna e terre e i luoghi (1481), scritta probabilmente da un veneziano e appartenente alla famiglia Strozzi, conservata ora nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Nei primi anni del Quattrocento si sviluppano due grandi tradizioni cartografiche che svolgeranno una funzione decisiva nel favorire le grandi scoperte geografiche di fine secolo: la cartografia portoghese e la cartografia veneziana. In queste carte la Sardegna rientra solo marginalmente: i cartografi ` delle portoghesi si servono per lo piu precedenti raffigurazioni catalane, Venezia non ha interessi strategici o commerciali per la Sardegna. La raffigurazione dell’isola nella Carta d’Italia, del ` con1449 (attribuita a G.A. Valvassori, e ` , specie se servata al Museo Correr), e raffrontata con le carte nautiche precedenti, abbastanza imprecisa. Se il dise` nel complesso realistico gno costiero e ` l’isola dell’Asinara), la (manca pero ` piuttosto rappresentazione del rilievo e ` una arbitraria: l’interno dell’isola e conca pianeggiante segnata con il nome di ‘‘Barbancia’’. Mentre producono carte nautiche di precisione e ampiezza sempre maggiori, i portoghesi e i veneziani fabbricano anche mappe mondiali che tengono conto della rivoluzione nautica e dell’avventura dei grandi navigatori. Ma il Mediterraneo, se nelle carte medioevali si presentava, intorno alla Sardegna, enormemente ` grande di quanto fosse in realta `, piu

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Cartografia storica ora rimpicciolisce a vista d’occhio ri` degli oceani e spetto alle immensita dei continenti.

Cartografia storica – La splendida carta di Parigi (Barcellona 1639). La lunga didascalia al piede `e attribuita a Francesco Angelo de Vico.

LA SARDEGNA SECONDO ARQUER Lo sviluppo scientifico della cartografia matura nel secolo XV anche per effetto della riscoperta umanistica dell’opera ` soprattutto l’invendi Tolomeo. Ma e zione della stampa ad agevolare la diffusione della geografia tolemaica: sono infatti sette le edizioni a stampa pubblicate nel secolo XV, tutte con la Tabula VII de Europa, che raffigura la Sicilia e la Sardegna. L’opera del geografo alessandrino non costituisce soltanto un esempio di metodo scientifico da imitare, ma un modello da seguire, che avrebbe poi influenzato i lavori dei geografi rinascimentali e degli stessi ‘‘corografi’’ sardi del Cinquecento, Sigismondo Arquer e Giovanni Francesco Fara. Tolomeo, infatti, distingueva una geografia astratta, matematica, da una geografia descrittiva, la ‘‘corografia’’. Se il geografo considera l’insieme dell’ambiente per darne una visione globale, il corografo si occupa soltanto di ` appunto il una regione limitata. Ed e metodo corografico a ispirare la breve monografia di Sigismondo Arquer, Sar-

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diniae brevis historia et descriptio, pubblicata a Basilea nel 1550 nell’edizione latina della Cosmographia del celebre geografo Sebastiano Mu ¨ nster. La co` dismografia mu ¨ nsteriana fu, come e mostrato dalle numerosissime edizioni, un vero e proprio best-seller del Cinquecento: il testo di Arquer, primo lavoro scientifico sulle caratteristiche antropogeografiche dell’isola, costi` per molto tempo una delle poche tuira fonti sulla Sardegna a disposizione del lettore europeo colto. Insieme al testo appare una carta geografica, apertamente modellata sulla falsariga delle tavole tolemaiche, che secondo Alma`e ` «forse la migliore fra tutte le carte gia sull’Italia contenute nell’opera mu ¨ nsteriana». Ma la carta di Arquer, se da ` importante perche ´ rappreun lato e senta il primo esempio di concettualizzazione dello spazio insulare da parte ` di un intellettuale sardo, dall’altro e pur sempre una bozza schematica, di ` pratica per la naviganessuna utilita zione o per fini militari. Questa carta era rivolta d’altronde a illustrare un’o` letteraria, e a pera colta, con finalita suggerire al lettore un’identificazione ` , dei luoghi dedei villaggi, delle citta ` infatti assai prescritti: la toponimia e cisa, e per la prima volta in una carta ` vengono chiamate scientifica le localita `, i con il loro nome corrente; le citta ` importanti porti, i castelli, le ville piu sono, inoltre, raffigurati con semplici ed efficaci disegni che ne richiamano i ` significativi. tratti piu & LA SARDEGNA SECONDO FARA E CAPPELLINO Un tentativo di conciliare la conoscenza erudita degli scritti degli antichi geografi con un indagine scientifica, tipicamente rinascimentale, delle caratteristiche fisiche, umane, territoriali dell’isola, viene attuata da Giovanni Francesco Fara con i due libri della Chorographia Sardiniae. Scritta

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Cartografia storica negli anni 1580-88, frutto di lunghi e disagevoli viaggi e di una conoscenza diretta del territorio, la Chorographia venne stampata solo all’inizio dell’Ottocento e, nella tradizione manoscritta, ` per oltre due secoli la fonte prinresto cipale da cui i geografi trassero (o sac´ priva di cheggiarono) notizie. Benche carte, l’opera dello storico sassarese, grazie alla ricchezza delle informazioni e ai calcoli della grandezza e della circonferenza dell’isola (730 miglia), ha inciso a lungo sulla successiva cartogra` , non si limita soltanto a fia. Fara, pero calcolare le distanze o il perimetro costiero, ma analizza la natura e la ferti` del suolo, la flora e la fauna, il clima lita e l’idrografia, e descrive anche gli aspetti della ‘‘geografia umana’’ della Sardegna, come le caratteristiche delle ` , il caratregioni storiche e delle citta tere e i costumi degli abitanti, le cariche pubbliche e le istituzioni. Di ispira` inzione apertamente antitolemaica e vece la carta di Rocco Cappellino (1577), architetto militare, giunto in Sardegna nel 1552 su ordine di Carlo V per dare un nuovo assetto alle fortificazioni di Cagliari. Frutto parallelo e complementare ai lavori di ristrutturazione delle mura di Alghero e di numerose torri litoranee, risultato di un’osservazione diretta dei luoghi, visitati nonostante il pericolo dei pirati e della malaria, la carta dell’architetto cremonese ` il primo studio cartografico in cui il e rilievo montano e i principali fiumi vengono tracciati con qualche precisione. ` assai ricca, anche La toponomastica e nelle zone interne, sinora completamente ignorate dai cartografi. Disegnata orizzontalmente, la Sardegna di ` anche numeCappellino presenta pero ` evidenti rose imprecisioni, fra cui piu l’erronea collocazione a SE del golfo di Cagliari e a NO del golfo dell’Asinara, che verranno riprese da molti carto-

grafi successivi, come Ignazio Danti (nella galleria delle carte geografiche del Palazzo apostolico vaticano, 1581), Magini, Blaeu, Jansson, Cluverio, Coronelli.

Cartografia storica – L’isola nella famosa carta di Giovanni Antonio Magini (1620).

CARTOGRAFI E GEOGRAFI DEL RINASCIMENTO Agli inizi del secolo si era affermato, soprattutto a Venezia, il filone degli ‘‘isolari’’, libri in cui venivano descritte e raffigurate le isole di ` antico ‘‘isolario’’ e ` tutto il mondo. Il piu il codice di Cristoforo Buondelmonti ` del secolo XV) in cui la Sardegna (meta – come nell’Insularium illustratum di Enrico Martello – mostra chiaramente d’essere stata elaborata da una carta nautica. Nel Libro nel quale si ragiona di tutte l’isole del mondo di Benedetto Bordone, stampato a Venezia nel 1528, ` l’ipoteca grafica della carta nautica e ancora evidente sia nei contorni della Sardegna che nella completa ignoranza della sua toponimia. Nelle Isole famose di Francesco Camocio (Venezia, 1517), lavoro ispirato ai criteri cartografici, il ` totalperimetro costiero dell’isola e mente sbagliato. Anche nell’opera ` famose del mondo di TomL’isole piu maso Porcacchi da Castiglione (Vene` del zia, 1572) la forma della Sardegna e tutto inattendibile, e l’autore riprende nel testo notizie fantastiche come la &

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Cartografia storica credenza che l’aria malsana fosse dovuta ai miasmi dei mufloni morti.

Cartografia storica – Rappresentazione geografica dell’isola realizzata nel 1581 da Ignazio Danti, conservata nella galleria delle carte geografiche in Vaticano.

Nel Cinquecento, nonostante la diffusione della stampa, continuano a essere prodotti atlanti, portolani e carte nautiche che, rispetto a quelli medioevali, appaiono notevolmente migliorati e perfezionati nel disegno e nella toponimia delle coste, nel calcolo delle rotte e delle distanze. Fra questi ricordiamo soltanto, anche per la buona raffigurazione della Sardegna, il portolano dell’ammiraglio turco Piri Rais (prima ` del secolo XVI), l’atlante venemeta ziano di Battista Agnese (1545), l’atlante catalano di Matteo Prunes (1560), l’atlante del cosmografo di Carlo V, Alonso de Santa Cruz (1560 ca.), la carta nautica del genovese Giacomo Maggiolo (1564). Il tentativo di rappresentazione della Sardegna contemporaneamente ‘‘tole` attuato dal frate maica’’ e ‘‘moderna’’, e bolognese Leandro Alberti nella carta del libro Isole appartenenti all’Italia, stampato a Venezia nel 1561. L’opera costituisce un indubbio progresso nella raffigurazione dell’isola, nonostante gli errori evidenti (collocazione sbagliata di Cagliari e di Alghero, il golfo dell’Asinara completamente ignorato): la descrizione della Sardegna del

` ricca non grande geografo bolognese e solo di notizie tratte da scrittori classici ` recenti, ma anche di informazioni piu relative alla fauna, all’agricoltura, alla ` , alle istituzioni, alla lingua, alle citta storia. I nuovi sviluppi della cartografia cinquecentesca sono legati soprattutto allo studio dei metodi di proiezione, analizzati sia attraverso il calcolo matematico che mediante procedimenti geometrici. La carta della Sardegna di Abramo Ortels (Ortelio), inserita nel ` apTheatrum Orbis Terrarum (1570), e punto basata su una proiezione ovale. La raffigurazione non aggiunge molto a ` sulla forma dell’iquanto si sapeva gia ` , invece, il ruolo delsola. Ben diverso e l’importante carta di Gerhard Kremer (Mercatore), che costituisce un vero e proprio momento di svolta nella carto` oggi grafia della Sardegna. Mercatore e giustamente considerato il restauratore del concetto scientifico della cartografia, che egli riconduce a procedimenti matematici. A lui si deve un particolare tipo di proiezione cilindrica universalmente adottato per la compilazione di carte nautiche: mediante la proiezione di Mercatore, nella quale gli archi di parallelo e di meridiano appaiono amplificati in funzione della loro distanza dall’equatore, si ottengono carte geografiche in cui le relazioni angolari esistenti sulla superficie terrestre rimangono inalterate. Il primo disegno mercatoriano della Sar` incluso nella degna risale al 1554 ed e Grande Carta d’Europa. Questo disegno viene poi ripreso e notevolmente perfezionato nell’Atlas sive cosmographicae meditationes del 1585. Se le notizie sull’isola sono in gran parte tratte dalla tradizione classica e dalle opere dei geografi italiani – i sardi sono descritti come un popolo pacifico dedito all’agricoltura e alla pastorizia («multi pecuariam exercent rem, agresti cibo et aqua

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Cartografia storica contenti») – , il disegno delle coste e la ricca toponimia mostrano una conoscenza di fonti geografiche e cartografiche davvero eccezionale, che gli consentono di tracciare una carta per quei tempi precisa e accurata. La carta di ` , quindi, di gran lunga la Mercatore e ` perfetta di tutte le carte precedenti piu e anche della maggior parte di quelle stampate nel Seicento: basta fare un confronto con quella, pur importantissima, del Magini, tracciata circa trent’anni dopo sulla falsariga dei rilievi di Cappellino, per rendersi conto dei risultati raggiunti dall’impostazione matematica del cartografo fiammingo.

Cartografia storica – Insel und Konigreich Sardinien, carta di Gabriel Bodenehr stampata ad Augusta nel 1704-1707.

CARTOGRAFIA DEL SEICENTO Com` pletamente diversa dalla razionalita ` la ‘‘geografia scientifica di Mercatore e accademica’’ di Philip Cluver (Cluverio), basata essenzialmente sullo scavo e sul commento delle fonti e dei testi ` classici. Per questi motivi Cluverio puo essere in qualche modo considerato come il fondatore della geografia storica. La sua opera, Sicilia Antiqua, item Sardinia et Corsica, pubblicata a Leida ` ricchissima di informazioni nel 1619, e tratte dagli autori antichi, dai documenti epigrafici e, limitatamente alla Sicilia, dalla visita dei luoghi. Le fonti relative alla Sardegna sono di seconda mano, ma la straordinaria erudizione dell’autore ne ha fatto un vero e proprio &

‘‘classico’’: nel 1785 Domenico Simon faceva, infatti, ristampare la Sardinia antiqua di Cluverio nella collezione Rerum sardoarum scriptores. Il disegno di ` la base di un’altra imporCappellino e tante carta del Seicento: la Sardegna dall’Italia del celebre astronomo e geografo Giovanni Antonio Magini (15551617), stampata postuma a Bologna nel 1620. All’atlante d’Italia, suo massimo ` gran parte delle lavoro, Magini dedico fatiche dell’ultimo ventennio della sua vita: per esso volle preparare carte in ` in gran parte originali, delineate cioe base a rilievi ufficiali fatti eseguire dai vari governi italiani e che egli riuscı` a procurarsi grazie al benevolo interessamento dei Gonzaga. Per la Sardegna Magini dovette, quindi, ricorrere alla carta di Cappellino che, alla fine del Cinquecento, rappresentava pur sempre l’unico lavoro frutto di una cono` ed scenza di prima mano delle localita eseguito sul ‘‘campo’’. Magini preferisce servirsi di una fonte ‘‘diretta’’, fidandosi forse eccessivamente del Cappellino, e ignora volutamente il profilo costiero assai vicino al vero delle carte nautiche e l’idrografia abbastanza precisa della cartografia tolemaica. Nell’I` , l’elemento «piu ` talia, secondo Almagia ` costituito proprio «daldisturbante» e l’inesatta raffigurazione della Sardegna». La carta, orientata con l’est in alto, riporta integralmente tutte le gravissime inesattezze nel disegno costiero, nell’orografia, nella toponomastica della carta cappelliniana. Ma la `, data l’auSardegna del Magini esercito ` dell’autore, un’influenza imtorita mensa: fu ricopiata, contraffatta, imitata moltissime volte in Italia e all’e` , senza modificazioni, a stero ed entro ` , in far parte di atlanti notissimi; resto sostanza, un modello insuperato per oltre un secolo. La carta di Magini venne imitata da numerosi cartografi succes-

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Cartografia storica sivi: ricordiamo le Cartes generales de toutes les parties du monde (1685) del geografo francese Nicolas Simon; l’Atlas minor di Frederik de Wit, apparso ad Amsterdam nel 1660; l’Atlante veneto di Vincenzo Maria Coronelli ` anche il mo(1691), che riprende pero dello maginiano; l’Atlas novus (1745) di Matteo Seutter. Nella tradizione iconografica maginiana, ricordiamo la carta della Sardegna dell’Italia di Matteo Greuter (1657); dell’Atlas maior di Giovanni Blaeu (1662); dell’Atlas di Jan Jansson (1666); dell’Italie di Pierre Du Val (1675); dell’Atlas novus (1712) del tedesco J.B. Homann; dell’Atlas maior dell’olandese Gerard van Keulen, stampato tra il 1641 e il 1729; e infine dell’Atlas curieux di Hans Georg Bodenehr (1715) e l’anonima carta olandese del 1796. Nel secolo XVI, con la crescente minaccia turca e degli stati barbareschi nel Mediterraneo, il problema della difesa costiera della Sardegna acquista una rilevanza di primo piano. «Siempre estamos assediados de corsarios», scrive nel 1577 l’arcivescovo di Cagliari Antonio Parragues de Castillejo.

stiera della Sardegna (1572) mostra, ad esempio, una straordinaria conoscenza dei litorali, dei golfi, delle insenature, ` e delle fortifidelle pianure, delle citta cazioni. Anche nelle relazioni dei visitadores spagnoli del Seicento, come quella di Martin Carrillo (1612), le cognizioni geografiche sull’isola sono complessivamente buone. Da una let´ tera del 1579 di Filippo Il all’ex vicere di Sardegna, conte d’Elda, apprendiamo inoltre che negli anni 1570-75 il pittore genovese Girolamo Ferrua aveva girato in lungo e in largo per l’isola, con grandi spese e pericoli, per costruire una nuova ed esauriente carta ´n y chosmogrageografica («descripcio phia de aquella isla»). Purtroppo, questa ` mai pervenuta. carta di Ferrua non ci e

Cartografia storica – In questa carta di Sanson, geografo di Carlo III, e` rappresentato l’attacco a Cagliari della flotta dell’ammiraglio Leake nell’agosto 1708.

LA SARDEGNA DEGLI SPAGNOLI Il primo documento cartografico spa` la grande carta della Sardegna gnolo e (112 x 142 cm), anonima, a stampa, con` que Nationale servata nella Bibliothe di Parigi. Si ignora chi possa esserne ´ gli archivi iberici sono stati l’autore, ne sufficientemente scandagliati per poter avere un quadro nitido della produ` zione cartografica spagnola (non si puo &

Cartografia storica – Verso la fine del Seicento compaiono carte immaginate come un bel quadro.

Una conoscenza geografica esatta del territorio dell’isola diviene, quindi, ` necessaria. Il rapporto di sempre piu Marco Antonio Camos sulla difesa co-

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Cartografia storica escludere che si tratti proprio del lavoro di Ferrua). Tuttavia, il fatto che sulla carta appaiano gli stemmi di Filippo IV e di Francesco de Vico, giurista e storico sardo, reggente nel Supremo Consiglio d’Aragona, ha indotto Baldacci a credere che la carta sia stata elaborata a Sassari intorno agli anni 1620-1640. Tesi peraltro difficile da dimostrare. La carta, come si deduce dalla legenda posta ai margini dell’inci` infatti strettamente legata alla sione, e Historia general de la isla y reyno de Sarden ˜ a del reggente Vico (ma che alcuni attribuiscono al padre gesuita Giacomo Pinto), pubblicata a Barcellona nel 1639. Comunque, se il Vico non ne fu ` probabile anche per l’autore (come e l’Historia), ne fu certamente il mecenate e il promotore. La carta, poi, data la raffinatezza dell’incisione e la chiarezza tipografica, non venne stampata in Sardegna ma quasi sicuramente in Spagna o a Napoli. La sua straordinaria importanza sta nel fatto che, pur nascendo al di fuori dei grandi centri della cartografia secentesca, Amsterdam, Venezia, Parigi, mostra una ade` davvero sorprendente renza alla realta e niente affatto provinciale. Se da un lato appare assai vicina al modello mercatoriano, da cui vengono tratte le coordinate esterne, dall’altro se ne discosta nel disegno costiero che, estremamente dettagliato, dimostra una conoscenza diretta dei litorali dell’isola. La linea ` ben delineata e che indica la costa e sono indicate quasi tutte le torri; tuttavia questa conoscenza diretta porta l’autore a commettere degli errori: ad esempio, la raffigurazione dello stretto di Fornelli, tra l’Asinara e capo Falcone, molto precisa nel descrivere i pe`, a una ricoli del passaggio, induce, pero ` circostante. sproporzione con la realta Nel mare sono disegnate navi da carico, galere e imbarcazioni da guerra con

bandiere al vento (con la mezzaluna, con le strisce aragonesi, con la croce genovese) che sparano e si speronano, barche per la pesca del corallo e – al largo dell’isola di San Pietro – per la pesca del tonno, con la ‘‘camera della ` popolato da mostri morte’’. Il mare e marini e da pesci dalle forme stravaganti. I numerosi alberelli disegnati sulla carta indicano l’ampia diffusione del bosco, mentre dei rombi con tanti piccoli punti raffigurano le colture cerealicole del Campidano. I centri abitati sono disegnati con un simbolismo teso a evidenziare il numero degli abi`, non ha inciso tanti. Questa carta, pero per nulla nell’evoluzione della cartografia sulla Sardegna: completamente sconosciuta nelle capitali dell’‘‘industria’’ cartografica, ebbe una circolazione limitata e non venne ripresa dai geografi successivi.

Cartografia storica – La Nouvelle carte topographique de l’Isle de Sardaigne e della Corsica di Michelot e Bre´mond (1719).

LA SARDEGNA SECONDO I FRANCESI Nel secolo XVII, con la progressiva decadenza della monarchia di Spagna, cresce nel Mediterraneo la presenza commerciale e politico-militare delle nuove potenze ‘‘emergenti’’ e, in particolare, della Francia. Le nuove esigenze dei traffici e della navigazione impongono una maggiore conoscenza dell’isola e delle sue coste: il primo, importante documento cartografico fran&

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Cartografia storica ` cese sulla Sardegna risale al 1640 ed e una carta manoscritta anonima, acquerellata a colori, conservata al British Museum di Londra, sicuramente frutto di ricerche dirette, come mostra la buona conoscenza delle isole adiacenti e della linea costiera. Vengono indicate ` , tutte raffigunumerosissime localita rate con piccole vedutine con case e ` principali sono chiesa mentre le citta indicate con vere e proprie vedute prospettiche, con mura, chiese, torri. L’altro importante documento cartografico ` la Carte topographique des cofrancese e stes de l’isle de Sardaigne del capitano ´ , disegnata a mano e diJacques Petre pinta a tempera nel 1682, della Biblio` que Nationale di Parigi, ma provethe ´ partement des Cartes et niente dal De Plans della Marina. Questa splendida carta traccia alla perfezione il profilo costiero dell’isola, con risultati che non sono, poi, molto lontani da quelli raggiunti dalla cartografia contemporanea e dimostra l’alto livello di conoscenza delle coste mediterranee da parte della marina di Luigi XIV. Anche la carta pubblicata nel 1719 dal Miche´lot, pilota delle galere reali, e dal Bre ` assai premond, idrografo di Luigi XV, e cisa nel profilo costiero, nella segnalazione dei fondali e nella menzione delle torri. Nel Seicento vengono ancora pubblicati portolani e carte nautiche che fanno proseguire nel tempo l’antica tradizione del Compasso e della Pratica della Mercatura. Fra queste opere ricordiamo, per lo spazio dedicato alla Sardegna, l’Arcano del Mare di Robert Dudley, geografo del Granduca Cosimo Il, pubblicato a Firenze nel 1661, con una buona carta nautica dell’isola in cui vengono indicate le torri costiere; lo Specchio del Mare del capitano genovese Francesco Maria Levanto, edito a Genova nel 1661, con una fedele carta idrografica della Sardegna e della Cor-

sica; l’Isolano di Vincenzo Maria Coronelli, stampato a Venezia nel 1696. Fra i portolani senza carte, ma ricchi di notizie sulla navigazione, sui porti, sugli approdi, sui moli dell’isola segnaliamo: la Nautica Mediterranea di B. Crescenzi, apparso a Roma nel 1607; il Portulano del mare Mediterraneo di S. Gorgoglione stampato a Napoli nel 1692; Le petit flambeau de la mer di P. Bougard edito a Le Havre nel 1684; L’Arte della vera navigazione, redatto da G.F. Monno nel 1633, manoscritto della Biblioteca Universitaria di Genova; e infine Island of Sardinia, portolano inglese, manoscritto del secolo XVII conservato al British Museum.

Cartografia storica – Incisione su rame rappresentante la carta degli stati del re di Sardegna realizzata da P. Amati e P. Tela (1792).

LA SARDEGNA DEGLI ‘‘INGEGNERI PIEMONTESI’’ Della breve dominazione austriaca in Sardegna (1713-1720) non ci sono rimaste tracce cartografiche, anche se Alberto Lamarmora nel suo Voyage afferma che «fu fatta per ordine della Casa d’Austria una carta geografica dell’isola». Numerose sono, invece, le carte elaborate nel Settecento durante il governo sabaudo. La prima, ` una che risale probabilmente al 1720, e carta manoscritta acquerellata a mano, conservata nell’Archivio di Stato di To&

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Cartografia storica rino, tracciata dal pittore napoletano Domenico Colombino (autore dei dipinti della sacrestia di San Michele a ` assai preciso (la Cagliari). Il lavoro e carta venne quasi integralmente ripresa dall’Azuni nella tavola posta in ´ographiappendice alla sua Histoire ge que, politique et naturelle de la Sardaigne apparsa a Parigi nel 1802) nel rilievo, nell’orografia, nelle divisioni amministrative ed esprime assai bene le esigenze del governo sabaudo di poter disporre di una dettagliata raffigura´ zione dell’isola. Nel 1721 il primo vicere piemontese, il barone Pallavicino di ´my, affida agli ingegneri BelSaint-Re lin, Audibert e De Vincenti l’incarico di ispezionare lo stato delle torri litoranee e di predisporre un piano per la loro riutilizzazione. Una descrizione delle coste sarde dell’ufficiale Rossi e una memoria dell’ingegner De Vincenti (1739) con una carta geografica del litorale si possono reperire nell’Archivio di Stato di Torino. Nel 1768 il capitano ` correzioni e modifiche a Teseo apporto questa carta delle torri costiere. Un’al` tra carta manoscritta della prima meta del secolo XVIII – riportata da Luigi Piloni – , con la toponomastica ancora in spagnolo (per non variare, come afferma l’ignoto cartografo, «i veri nomi propri» dei luoghi), ricalca nel disegno costiero la traccia di Colombino. L’anonima Pianta topografica del Regno di Sardegna, della Biblioteca Reale di Torino del 1751, disegno a mano dipinto a tempera, presenta un perimetro costiero migliore delle carte precedenti, con ricchezza di indicazioni (capi, porti, cale, torri) e un ampio computo dei centri abitati (ben 362) con il totale delle ‘‘anime’’: 309 994 abitanti. Una Carta del Regno di Sardegna, anch’essa manoscritta e conservata all’Archivio di Stato di Torino, elaborata nel 1746 dal sottotenente Craveri e dal luogotenente

ingegner Giannantonio Maina, indica i vescovadi, i marchesati, le contee, le baronie, le incontrade: una raffigurazione dell’isola veramente buona. Tuttavia questo importante materiale cartogra` del Setfico sabaudo della prima meta tecento ebbe scarsa circolazione, rimase inedito e, sovente, finı` sepolto negli archivi. Nel 1735 viene pubblicata a Parigi dal Le Rouge, ingegnere e geografo reale, una carta de Le Royaume ´ sur les cartes manude Sardaigne dresse ´es dans le Pays per les Ingescrites leve ` della nieurs Piemontois. L’autenticita ` dal Lamarfonte fu posta in dubbio gia mora e dal padre Napoli, secondo cui ` credibile che ingegneri stati in «non e Sardegna e principalmente a Cagliari, ` avessero disegnato una carta la piu scorretta potesse mai darsi alla luce». ` piena di errori: il In effetti la carta e ` assai inesatto, numeprofilo costiero e rosi centri abitati sono posti in posi` approssimazioni errate, l’orografia e tiva. In una didascalia tra i monti della Nurra si legge: «Peuples non conquis qui ne payent point de taxes», affermazione ` il risentimento e la divertita che suscito ironia dei letterati sardi del Settecento, come Matteo Madao o Giuseppe Cossu. ` quando Eppure Le Rouge dice la verita ` servito di carte topoafferma che si e grafiche sabaude: gli errori nella raffigurazione dell’arcipelago della Maddalena sono gli stessi delle carte di Colombino e di Craveri-Maina; e lo stagno di S. ` tracciato sulla falsariga della Gilla e carta anonima del 1751, cosı` come il disegno del litorale e delle isole e la divisione amministrativa riprendono tutti i temi della cartografia piemontese. Comunque, la carta de Le Rouge ebbe una grandissima diffusione e venne inserita in alcuni celebri atlanti, come quelli di Dury (1765), Santini (1779), Zatta (1784), Cassini (1792), Pazzini Carli (1795). & CARTE DEL SETTECENTO Nel Sette-

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Cartografia storica cento matura anche un sempre maggiore interesse strategico e commerciale francese per la favorevole posizione della Sardegna. Le Archives Na´motionales di Parigi sono ricche di me ries del secolo XVIII sui litorali, le isole, le difese costiere, la navigazione, i commerci dell’isola. Anche le carte confermano, per la perfezione dei risultati spesso raggiunti, l’attenzione dei geografi e degli idrografi francesi per la Sardegna. Fra queste ricordiamo la bella carta d’Italia pubblicata nel 1743 da Jean Baptiste d’Anville, in cui la forma della Sardegna, quasi simile a quella della cartografia contempora` il risultato dell’impiego delle nea, e nuove tecniche scientifiche che stabiliscono come sicuri caposaldi le coordinate astronomiche per un adeguato nu` ; la carta di Gilles Romero di localita bert (1749); quella manoscritta di Lemione, assai simile alla Carte di Le ´ne ´rale ciRouge; la tavola dell’Atlas ge vile ed ecclesiastique (1766) di Louis Brion de la Tour. Di grande precisione sono, infine, le sette carte idrografiche sulla Sardegna tratte dal Recueil de plusieurs de ports et rades et de quelques car`res de la Mer Me ´diterrane´e, tes particulie rilevate tra il 1732 e il 1746 da Jacques Ayrouard, pilota reale delle galere del Re, che raffigurano, con grande dovizia di particolari sui fondali e sulle coste, il golfo di Cagliari, l’arcipelago della Maddalena, il porto di Longon Sardo, lo stretto di Fornelli, la baia di Porto Conte, il golfo di Oristano, la baia di capo Carbonara. Una precisa carta nautica della Sardegna con le coste della ` nei dodici fogli della Carte Barberia e ´diterrane ´e di Joseph Roux de la Mer Me (1764). Fra le carte settecentesche non bisogna dimenticare quella del geografo padovano Giovanni Antonio Rizzi Zannoni (1762) che raffigura la Sardegna, la Sicilia e la Corsica, le carte idro-

grafiche di Antonio Borg (1768) e di Joannes Van Keulen (1784) e la mappa inglese degli stati sabaudi di Francis De Calloy (1799). Alla fine del secolo vengono pubblicati, nel clima della cultura illuministica, dei volumi che arricchiscono notevolmente le conoscenze geografiche e scientifiche sull’isola. Il pae` , ad esempio, mirabilsaggio agrario e mente descritto da Francesco Gemelli ne Il rifiorimento della Sardegna (1776); l’habitat naturale e la fauna trovano nella Storia naturale della Sardegna (1774-77) di Francesco Cetti una vivace e ricca rappresentazione (nell’opera vi ` pure una piccola carta dell’isola). Piu ` e propriamente geografiche sono le opere di Domenico Alberto Azuni, Es´ographique, politique sai sur l’histoire ge et naturelle du royaume de Sardaigne, stampato a Parigi nel 1799, con una piccola carta di contenuto assai modesto, e di Giuseppe Cossu i due volumi della Descrizione geografica della Sardegna, edita a Genova nel 1799, con poche carte esplicative, ma ricchissima di notizie cartografiche e di informazioni sull’idrografia, le miniere, le regioni ` umane. All’attivita ` storiche, le societa ` legata la Nuova carta idrogradi Cossu e fica del Regno di Sardegna (1785-86) di Francesco Giaume, pilota di galera, che per tracciare questa carta manoscritta (conservata nella Biblioteca del Consiglio regionale della Sardegna) si era servito dei rilievi costieri effettuati ` res nel corso del dal capitano D’Argolie 1785 e degli studi idrografici dello stesso Cossu. L’ultimo grande docu` la mento cartografico del Settecento e mappa della Sardegna dalla grande ´ne´rale du The ´atre de la guerre Carte ge en Italie, composta da 54 fogli, ed elaborata nel 1797-98 da Bacler d’Albe, capo dell’ufficio topografico del generale Bonaparte. L’aspetto complessivo del` ormai vicino alla realta ` : la l’isola e

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Cartografia storica ` macarta napoleonica costituisce il piu turo prodotto della nuova cartografia topografica e matematica, prima dei lavori del Lamarmora. D’Albe raffigura inoltre i feudi e, per la prima volta dettagliatamente, la rete stradale. & L’OTTOCENTO. FRANCESI E INGLESI Anche in una regione periferica come la Sardegna, rimasta per certi versi ai margini dell’esperienza culturale illuministica e delle vicende politiche dell’Italia napoleonica, la nuova ansia di conoscere il proprio territorio si fa, nei primi decenni dell’Ottocento, particolarmente viva. Certo, nell’isola mancavano tutte quelle condizioni materiali, oggettive che, altrove, grazie ad apparati amministrativi moderni ed efficienti, avevano favorito un processo di rinnovamento degli studi geografici, attraverso l’introduzione del catasto agrario, di una scienza idraulica tesa allo sviluppo dell’irrigazione, di un rilevamento topografico del terreno per le diverse esigenze stradali e militari. In Sardegna, invece, la modernizzazione ` un processo delle strutture agrarie sara tardivo e contraddittorio, il catasto ` introdotto nel 1840, ma solo dopo verra il 1851 si sarebbe posto nuovamente mano all’opera. In questo contesto di arretratezza il grande e faticoso lavoro cartografico dello scolopio Tommaso Napoli mostra i suoi limiti proprio nella mancata soluzione del problema generale del tipo di proiezione. Alla fine del Settecento l’ipotesi newtoniana sulla forma elissoidale della terra costringe i geografi a sperimentare un sistema di ` preciso, sia misurazione del terreno piu attraverso il calcolo astronomico e matematico, sia attraverso il metodo della triangolazione, della distribuzione dei caposaldi sul terreno, del perfezionamento degli strumenti di osservazione: ´ la carta del padre Napoli e ` , come sicche ha affermato il Baldacci, «l’ultimo pro-

dotto di un sistema ormai scientifica` sbamente superato». Sarebbe pero gliato sottovalutare il lavoro del cartografo sardo che dal 1796 al 1808 pere` nei paesi sardi per costruire la grino sua Nuova carta dell’isola e Regno di Sardegna, incisa da Domenico Guerra e stampata a Napoli nel 1811 (alla reda` anche Giozione definitiva partecipo vanni Antonio Rizzi Zannoni, carto` opegrafo del re delle Due Sicilie, il piu roso geografo italiano della seconda ` del Settecento). Il padre scolopio, meta che secondo il Tola (il quale evidentemente non amava la sua opera) «mancava affatto di cognizioni trigonometriche» e «misurava le distanze col passo del ronzino che trasportavalo da un paese all’altro», ci ha lasciato anche dei piccoli trattati geografici sull’isola. Il disegno della Sardegna, firmato Vittorio Brambilla e datato 1819, conservato nell’Istituto Geografico Militare di Firenze, raccoglie una serie di precedenti rilievi cartografici sabaudi: per la parte meridionale dell’isola si serve dei lavori dell’abate Salvatore Lirelli, geografo del re, effettuati sulla costa sud-orientale nel 1792, per le coste galluresi utilizza i lavori idrografici dell’ingegner Lunel (1784-85). Tra il 1822 e il 1842 il Ministero della Marina francese promuove un’ampia ricerca idrografica sulle coste della Sardegna: il primo gruppo di rilievi comprende le Bocche di Bonifacio, Caprera, La Maddalena, Longon Sardo, il golfo di Arza` dechena; il secondo gruppo di carte e dicato interamente alle coste meridionali. Le carte nautiche esistenti erano piene di errori nei rilievi dei fondi marini che causavano con frequenza gravi ` famoso naufradisastri marittimi: il piu ` quello della fregata francese La gio e Semillante che nel 1855, durante una ` sull’isolotto di Latempesta, si schianto vezzi nelle Bocche di Bonifacio e si ina-

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Cartografia storica ` con 2500 uomini (sino agli anni bisso Sessanta dell’Ottocento nelle Bocche non vi erano fari). Lo studio idrografico dei fondali marini e delle coste sarde interessa anche la Marina di Sua Mae` Britannica: nel 1827 viene infatti sta pubblicata a Londra, a cura dell’Ammiragliato, la carta idrografica della Sardegna del capitano William Henry ` un ufficiale della maSmyth. Smyth e rina che durante le guerre napoleoniche compie due missioni nell’isola e, romanticamente attratto da quel mondo cosı` lontano e diverso, vi ritorna per curarne una precisa carta geogra` lungo, ma i rifica. Il lavoro di Smyth e sultati sono eccellenti nel perimetro costiero, nell’indicazione dei fondali, nella delineazione dei rilievi costieri, ` inolnell’abbondanza dei dati. Smyth e ` bei libri di tre l’autore di uno dei piu viaggio sulla Sardegna, Sketch of present state of the island of Sardinia, pubblicato a Londra nel 1828, con una piccola mappa dell’isola che riproduce la grande carta del 1827 (tradotto ora, col titolo Relazione sull’isola di Sardegna, nella ‘‘Bibliotheca sarda’’ della nuorese Ilisso). Nel 1823 Smyth aveva eseguito anche per l’Atlas del Voyage di Alberto Lamarmora un bellissimo disegno a colori e una pianta della grotta di capo Caccia presso Alghero. Lo stesso Lamarmora per la sua carta del 1845 trasse il contorno costiero e le profon` marittime dalla carta di Smyth, a dita cui fu legato da una lunga amicizia e che definı` «idrografo provetto e instancabile». Uno studio e un portolano sulle ` la coste sarde del governo sabaudo e Guida della marina del littorale di Sardegna, edita a Torino nel 1843, opera del viceammiraglio conte V. Albini. & LA CARTA DEL LAMARMORA La Carta dell’isola di Sardegna in scala 1:250 000 di Alberto Lamarmora, stampata a Parigi nel 1845, segna la fine della carto-

grafia empirica e, basata su una precisa ` inizio alla cartogratriangolazione, da fia geodetica sulla Sardegna. Lamarmora (1789-1863), cresciuto nel periodo ` alla scuola militare napoleonico, studio ´ nell’eserdi Fontainbleau e combatte cito francese; dopo la Restaurazione ` nell’esercito piemontese, ma le passo sue convinzioni liberali gli procurarono l’esonero dal servizio militare e il confino in Sardegna. Cosı` il giovane ufficiale piemontese durante i suoi lunghi soggiorni forzati nell’isola (durati, `, 13 anni, 4 mesi come egli stesso annoto ` allo studio della e 17 giorni) si dedico geografia, della storia, dei costumi della Sardegna. Il risultato fu la pubblicazione a Parigi nel 1826 del Voyage en ` 1825, il primo libro Sardaigne de 1819 a che contribuı` a ‘‘raccontare’’ l’isola alla grande opinione pubblica europea. ` estremaL’impostazione del Voyage e mente moderna e riflette gli orientamenti tipici della cultura francese, volti ` la geografia fisica e a legare sempre piu lo studio dell’ambiente naturale a quella che si potrebbe definire la ‘‘geografia umana’’. Ricchissimo di notizie sulla geologia, l’archeologia, la flora, la fauna, l’idrografia, la storia, il folclore, ` della Sardegna, le istituzioni, le societa il Voyage ha anche nell’Atlas una dettagliata appendice cartografica con numerose mappe esplicative, di grande precisione, che preludono alla carta del 1845, soprattutto quella della seconda edizione dell’opera del Lamarmora (1839), e a quelle dedicate alla geologia e alla Sardegna antica. Lo stesso Lamarmora ci ha lasciato nelle Notices sur les operations ge´odesiques faites en Sardaigne pour la construction de la carte de cette ˆıle (1839) un vivo racconto dei lunghi «anni, mesi di pati` », costati menti, di lavoro, di attivita 80 000 franchi, in gran parte passati a cavallo nelle impervie e desolate re-

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Cartografia storica gioni dell’isola. Nella carta del 1839 e, soprattutto, in quella del 1845, a cui col` il maggiore Carlo De Candia, Lalaboro marmora, scegliendo come punto visuale i luoghi elevati, si servı` della ‘‘camera chiara’’ grazie alla quale, con il `i rilevamento a giro di orizzonte, fisso disegni panoramici coordinandoli matematicamente agli elementi numerici rilevati con il teodolite. Certamente non siamo giunti, con la carta del Lamarmora – che ci ha lasciato anche una Carte Routie`re, abbinata ai due volumi dell’Itine´raire de l’ıˆle de Sardaigne, editi a Torino nel 1860 – , a un livello di perfezione come quello dei rilievi aerofotogrammetrici contemporanei, ma la ‘‘rappresentazione’’ di cui, con la carta in scala 1:250 000, i sardi potevano disporre in quel momento per la loro isola era ormai fedele al massimo. Con l’opera del Lamarmora si chiude un capitolo della storia della cartografia sulla Sardegna, caratterizzato da una concettualizzazione, o meglio, da un’interpretazione soggettiva e spesso letteraria dello spazio, e si apre il periodo di una ` precise produzione di carte sempre piu ed esatte. Prima di addentrarsi nell’analisi di questo filone, bisogna ricordare l’enorme opera di raccolta e di sistemazione di dati – ancor oggi utilissima – sulle tradizioni, l’economia, la popolazione, la lingua, la geografia della Sardegna attuata da Vittorio Angius, e durata ben nove anni, nella compilazione delle ‘‘voci’’ per il Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, curato da Goffredo Casalis, e stampato a Torino da Marzorati e Maspero tra il 1833 e il 1856. L’Atlante dell’isola di Sardegna elaborato tra il 1840 e il 1859 secondo il metodo matematico della scala ticonica dal maggiore Carlo De Candia e dal tenente Coda, composto da 49 fogli in scala 1:50 000, utilizzando la triango-

lazione del Lamarmora, traccia per la ` prima volta i confini dei comuni e da una minuziosa descrizione del territorio. ` Con l’unificazione del & DOPO L’UNITA Regno nel 1861 tutti gli uffici topografici dei vari stati italiani vennero fusi nell’Ufficio Tecnico dello Stato Maggiore Italiano. Nel 1872 questa struttura venne trasformata in Istituto Topografico Militare che poi, nel 1882, prese il nome di Istituto Geografico Militare. Nel 1872 venne istituito anche l’Ufficio Centrale Idrografico della Marina, che nel 1897 prese il nome di Istituto Idrografico della Regia Marina. Sono appunto queste due istituzioni geografi` delche a produrre, tra la seconda meta ` del Novel’Ottocento e la prima meta cento, tutta la cartografia ufficiale sulla Sardegna. Spesso, per completare queste grandi mappe ci vogliono decenni di lavoro: la carta generale d’Italia, in scala 1:100 000, iniziata nel 1875, venne completata solo negli anni Venti del Novecento (i fogli sulla Sardegna vengono pubblicati tra il 1903 e il 1921); la carta geologica d’Italia, sempre in scala 1:100 000, iniziata nel 1881, viene completata addirittura nel 1970; le carte idrografiche, iniziate con i primi rilievi della nave ‘‘Washington’’ del 1878, vennero continuamente aggiornate sino al ` stradale, 1973; le carte sulla viabilita curate dall’ANAS, dal 1928 al 1947; le diverse serie delle carte pubblicate dal Touring Club Italiano, dalla prima edita tra il 1906 e il 1913 a cura di Luigi Bertarelli per conto dell’Istituto Geografico De Agostini di Novara, sino a quella del 1972. Non bisogna dimenticare, inoltre, la bella Carta mineraria dell’isola di Sardegna del 1870, curata da Eugenio Marchese e da Quintino Sella, autore di un saggio per la commissione d’inchiesta Depretis sulle condizioni dell’industria estrattiva nell’isola. In questi ultimi

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Casabianca anni, grazie alle ricerche e alle realizzazioni cartografiche dei geografi che hanno studiato l’ambiente fisico e umano della Sardegna (Cossu, Alivia, Le Lannou, Mori, Baldacci, Pinna, Pelletier, Lo Monaco ecc.), la conoscenza ` nodell’assetto territoriale dell’isola e tevolmente migliorata, mentre l’evoluzione delle tecnologie cartografiche, attraverso l’aerofotogrammetria o l’elaborazione elettronica delle immagini trasmesse dai satelliti, ha fatto di re` imcente passi da gigante. Il lavoro piu ` pegnativo di questo dopoguerra e l’Atlante della Sardegna (1971-1980), curato da Roberto Pracchi e da Angela Terrosu Asole, con la direzione cartografica di M. Riccardi, che ha elaborato ` dedicato alla 83 carte: il primo volume e geografia, alla flora, alla fauna; il secondo affronta tutti gli aspetti storici, demografici e sociali; il terzo analizza le situazioni e i problemi dell’economia isolana. [ANTONELLO MATTONE]

Cartulare d’Arborea Manoscritto del ` consecolo XVII, del quale una copia e servata nella Biblioteca Universitaria ` il famoso manodi Cagliari e un’altra e ` scritto Sanjust che Enrico Sanjust dono alla Camera di Commercio di Cagliari. Si tratta di una raccolta di copie di documenti riguardanti il giudicato d’Arborea, collocabili tra il secolo XI e il XVI. In particolare sono di grande interesse quelli riconducibili agli anni 1390-1415, che riguardano la fase finale della guerra tra il giudicato d’Arborea e il Regno d’Aragona.

Carusillo, Angelo (detto Lucio) Veterinario, consigliere regionale (n. Oschiri 1941). Dopo essersi laureato in Medi` dedicato alla sua cina veterinaria si e ` impegnato anche nella professione. Si e vita politica nelle file della DC. A par` stato eletto consigliere tire dal 1975 e comunale di Ozieri e tra il 1980 e il 1985 ` stato sindaco della citta `. In seguito ha e

ricoperto cariche in diversi enti e nel ` stato eletto consigliere regionale 1989 e della DC per la X legislatura nel collegio di Sassari. Allo scadere della legi` , non si e ` ricandidato. slatura, pero

Caruso, Mimmo Fotografo (n. Messina 1954). Educato alla moderna tradizione dello ‘‘straniamento’’, comincia a esporre a Cagliari agli inizi degli anni Ottanta (presenza alla mostra Ad columnas. Antas e dintorni, 1987). L’impegno nella ricerca trova successivamente applicazione pratica nell’area dell’edito`; tra il 1992 e il 1994 ria e della pubblicita realizza per l’ISOLA, insieme a Nino Corona, la campagna pubblicitaria e le fotografie per il catalogo della tessitura. Nel 1996 cura le fotografie per la mostra e il catalogo di ‘‘Immagini di un passato perduto. Segni della presenza ebraica in Sardegna’’.

Carzanica Toponimo registrato nella Cosmographia dell’Anonimo Ravennate (sec. VII) e nelle cronache del geografo Guidone (secc. XI-XII). Si trovava lungo la direttrice che congiungeva Carales ´e ` alla costa orientale dell’isola; poiche citata subito dopo Sarpach (forse in ` di Santa Maria di Villaprossimita putzu), si presume una sua localizzazione nel tratto di strada che, risalendo lungo la costa, lasciava il Sarrabus. Il centro di C. potrebbe essere identificato, secondo Ignazio Didu, con Arzana, insediamento piuttosto decentrato, ma punto nodale di un incrocio di vie che garantivano, da una parte, il raggiungimento della costa, e, dall’altra, l’ascesa verso le zone impervie del Gennargentu. [ANTONELLO SANNA]

Casabianca, Antonio Maria Religioso ` sec. XVIII-Se(Genova, seconda meta stri Levante 1848). Vescovo di Galtellı`Nuoro dal 1819 al 1828. Ordinato sacerdote si fece notare per il suo dinamismo ` organizzative per cui e le sue capacita nel 1819 fu nominato vescovo di Gal-

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Casada tellı`-Nuoro. La nomina non lo entusia` ma, sebbene recalcitrante, prese smo possesso della diocesi, sia pure solo nel 1821; il primo impatto con Nuoro lo spa` , e rimase impressionato cosı` nevento gativamente che, dopo aver giurato, ` in Liguria. Nel nello stesso anno torno 1828 fu privato della giurisdizione, ma mantenne il titolo.

fredda, talvolta insaporita con piccoli pezzi di scorza di limone.

Casadina – Nome che viene dato, con molte varianti, ai diversi tipi di formaggelle.

Casadina Tipico dolce del periodo pa-

Antonio Maria Casabianca – Nominato vescovo di Galtellı`-Nuoro nel 1819, resistette tre anni prima di trasferirsi in Sardegna, ma dopo ` in Liguria. un anno se ne torno

Casada Tipica crema di latte colostro di capra o di pecora munto entro dieci giorni dal parto. Piatto tipico dei pastori delle zone interne, la cui memoria si perde nella notte dei tempi. Per otte` un latte giallonerlo, il colostro (che e gnolo ricco di sali minerali e di vitamine) viene riscaldato a fuoco lentissimo in un recipiente di terracotta e rimestato delicatamente con un cucchiaione di legno di corbezzolo fino a ottenere una crema densa che si rap` ancora prende e si solidifica. La c. e preparata negli ovili: si consuma

squale molto usato nel Logudoro (equi` rdula, in itavale al campidanese pa ` una piccola foliano ‘‘formaggella’’). E caccia di forma quadrangolare o rotonda, costituita da una sfoglia di pasta che avvolge il pecorino fresco e cotta al ` il ripieno e ` di forno. In diverse localita ricotta fresca (il che ha dato luogo al neologismo gastronomico ‘‘ricottella’’). ` bassa ma molto larga e, In Goceano e cosparsa di prezzemolo, esalta il gusto e il profumo del formaggio.

` Nata a Cagliari nel Casa Editrice Abba febbraio 2000, si rivolge in particolare a lettori e autori cattolici e loro estimatori, interessati a studiare, divulgare e confrontare la loro dottrina, tradizione, storia, architettura, arte, vita privata di fedeli. [MARIO ARGIOLAS]

Casagia Famiglia sassarese (secc. XVXVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XV; i suoi membri erano prevalentemente mercanti, che nel corso del secolo raggiunsero un’eminente posi`. zione in seno all’oligarchia della citta Nel 1466 un Nicola ottenne il cavalierato ereditario e i suoi discendenti nel 1588 furono ammessi allo Stamento militare durante il parlamento Madrigal. In seguito presero parte ai successivi

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Casalabria parlamenti ed estesero i propri interessi anche in altri centri dell’isola. Nel corso del secolo XVII la famiglia si divise in alcuni rami, uno dei quali fu interessato all’amministrazione del sale a Cagliari. Si estinsero nel corso del secolo XVIII.

Casagia, Antonio Uomo d’armi (Sas` sec. XVI-Cagliari?, dopo sari, meta 1609). Arruolatosi nell’esercito reale, prese parte alla guerra di Fiandra agli ordini di suo cugino Antonio Pilo Casa´ anche in Italia; gia. In seguito combatte tornato in patria agli inizi del Seicento, fu nominato nel 1609 saliniere minore di Cagliari.

diata batteriologicamente e nel riguardo del suo valore igienico, ‘‘Annali d’igiene sperimentale’’, XXII, 1912; Relazione per l’inaugurazione dell’anno accade` degli studi di Camico della R. Universita gliari, anno 1913-1914, ‘‘Annuario della ` di Cagliari’’, 1914; RelaR. Universita zione per l’inaugurazione dell’anno ac` degli studi cademico della R. Universita di Cagliari, anno 1914-1915, ‘‘Annuario ` di Cagliari’’, 1915; della R. Universita La malaria, 1923.

Casa Guarino Palazzo di Sassari, tradizionalmente (ma erroneamente) detto ‘‘Casa di re Enzo’’. Apparteneva proba˜ ans. bilmente ai Montan

Casagia, Michelangelo Teologo (Sas-

Casalabria Famiglia sassarese (secc.

sari 1578-ivi, dopo 1615). Ordinato sacerdote, per completare i suoi studi si trasferı` a Madrid, riuscendo a integrarsi bene negli ambienti della capitale. Negli anni del suo soggiorno in ` Spagna fu nominato sindaco della citta natale a corte e seppe ben rappresentare gli interessi dei concittadini. Tornato a Sassari ebbe un ruolo nella polemica con Cagliari sul primato; di questa sua esperienza rimangono tre memoriali, pubblicati nel 1615.

XVI-XVII). Le sue notizie risalgono agli ` tradizione che inizi del secolo XVI; e ` del secolo i suoi memnella prima meta bri si distinguessero nella difesa delle coste dalle incursioni dei pirati barbareschi. Furono ammessi allo Stamento militare nel 1558 e tennero viva la loro tradizione fino all’estinzione, avvenuta nel corso del secolo XVII.

Casagrandi, Oddo Igienista (Lugo di Romagna 1872-Milano 1943). Conseguita la laurea in Medicina nel 1896 e la libera docenza nel 1901, intraprese la carriera universitaria. Nel 1904 ottenne l’insegnamento di Igiene presso ` di Cagliari dove continuo `a l’Universita operare fino al 1915. Negli anni della sua permanenza a Cagliari fu anche ` di Medicina e retpreside della Facolta `. Si impegno ` nell’otore dell’Universita pera di prevenzione della malaria. Nel ` all’Universita ` di Padova 1915 passo ` a operare fino al collocadove continuo mento a riposo. Tra i suoi scritti: La malaria nella provincia di Cagliari nel 1908, 1909; L’acqua potabile di Cagliari, dalle origini alla distribuzione urbana stu-

Casalabria, Francesco Uomo d’armi ` sec. XVI-?, se(Sassari, prima meta ` sec. XVI). Ricopriva l’ufficonda meta cio di capitano delle marine di Gallura ` nella difesa delle coste due si segnalo rante un tentativo di sbarco guidato da Ferdinando Sanseverino nel 1554, sul finire delle guerre tra Carlo Ve Francesco I. In altre occasioni accorse con la sue truppe a contrastare gli sbarchi di corsari barbareschi.

Casalabria, Gavino Uomo d’armi (Sassari, sec. XVI-?, 1603). Figlio di Francesco, nel 1588 divenne capitano delle marine di Gallura. Difese con valore le coste a lui affidate e costruı` a sue spese la torre di Longone; morı` lasciando moglie e figli in condizioni economiche disagiate.

Casalabria, Giorgio Uomo d’armi (Sas455

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Casaleras ` sec. XVI-Longonsardo sari, prima meta 1588). Fratello di Francesco, ebbe l’ufficio di capitano delle marine di Gallura ` per il suo valore. Morı` come si segnalo battendo contro i Turchi a Longonsardo.

Casaleras Famiglia algherese (secc. XVII-XVIII). Le sue notizie risalgono al secolo XVII. Nel 1698 ottenne il cavalie` con i fratelli rato ereditario e la nobilta Luca e Pietro, governatore delle armi di Alghero fin dal 1681. Nel 1698 i suoi membri ottennero l’ammissione allo Stamento militare durante il parlamento Montellano. Si estinsero nel corso del secolo XVIII.

Casalini, Martino Insegnante, giornalista (Adelfia 1936-Cagliari 2000). Dopo aver conseguito la laurea si stabilı` a Ca` Filosofia e gliari, dove per anni insegno ` . GiornaStoria in alcuni licei della citta lista pubblicista dal 1975, fu animatore di alcuni periodici diocesani e di alcune emittenti private.

Roberto Casalini – Sassarese, giornalista, direttore editoriale di riviste di musica, ha dedicato due libri alla storia del cinema.

` di Giurisprudenza e Scienze policolta ` trasferito a Milano dove ha tiche) si e fatto le sue prime esperienze giornalistiche nel periodico ‘‘Fronte popolare’’. ` Dal momento della fondazione (1996) e stato redattore-capo centrale di ‘‘Io donna’’, supplemento femminile del ` ‘‘Corriere della Sera’’, ma nel 2006 e passato a dirigere una serie di nuove riviste di musica. Ha scritto anche due libri, ispirati alla sua passione per il cinema: Suonale ancora, Sam (1999) e L’avventurosa storia degli Oscar (con Maria Grazia Ligato), 2002.

Casalis, Goffredo Storico ed erudito (Saluzzo 1781-Torino 1856). Nacque da una famiglia povera; solo con grandi sacrifici riuscı` a essere ordinato sacer` all’insegnamento. Nel dote e si dedico 1810 ottenne il diploma di professore di Retorica e si diede agli studi e alla ricerca, concependo la realizzazione del suo smisurato Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di ` S.M. il Re di Sardegna che lo impegno per tutta la vita e che fu pubblicato dall’editore Marzorati tra il 1833 e il 1856 in 31 volumi. Per avere le notizie necessarie a scrivere le voci relative alla Sardegna egli si rivolse al Manno che – su una successiva segnalazione di Lodovico ` a Vittorio Angius. Baylle – lo indirizzo ` cosı` una collaborazione Tra i due inizio durata una vita e che consentı` all’Angius di provvedere alla redazione di quasi tutte le voci sarde del Dizionario ` un (soltanto alla fine l’Angius accuso qualche ritardo nella consegna delle voci, che furono aggiunte redazionalmente).

Casanova, Carlo Francesco Reli-

Casalini, Roberto Giornalista, scrittore (n. Sassari 1953). Dopo aver compiuto gli studi a Sassari (Liceo ‘‘Azuni’’ e Fa-

gioso (Genova, inizi sec. XVIII-Sassari 1763). Vescovo di Alghero dal 1741 al 1751 e arcivescovo di Sassari dal 1751 al 1763. Era vicario generale della diocesi di Rimini quando nel 1741 fu nominato vescovo di Alghero. Negli anni

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Cascant ` di abdel suo episcopato si preoccupo ` e albellire la cattedrale della citta cune altre chiese; dopo dieci anni fu nominato arcivescovo di Sassari. ` l’organizzaNella nuova sede rinnovo zione del Capitolo e quella del Seminario, rendendo possibile un aumento ` anche dei posti disponibili. Si adopero per restaurare il pavimento del Duomo.

Casanova, Giovanni Religioso (Barcellona 1368-Elna 1436). Vescovo di Bosa dal 1424 al 1425. Entrato giovanissimo nell’ordine domenicano, dopo essere diventato sacerdote, si ` in Teologia. Raggiunse una nolaureo tevole considerazione per la sua cultura; fu nominato confessore di Alfonso V e maestro dei sacri palazzi. Nel 1424 fu nominato vescovo di Bosa, ma l’anno dopo fu trasferito nella diocesi di Elna.

Casartelli Novelli, Silvana Storico dell’arte (n. Genova 1933). Conseguita la laurea ha intrapreso la carriera universitaria. Nel 1990 ha insegnato Sto` ria dell’Arte medioevale nella Facolta ` di Cagliari; di Lettere dell’Universita ` trasferita a Roma successivamente si e ` ‘‘La Sapienza’’. presso l’Universita Tra i suoi scritti: Il decoro geometrico delle inedite emergenze scultoree a pietra fitta individuate nella Sardegna centro-occidentale, in Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina, 1989; Le nuove pietre fitte sarde a decoro geometrico e astratto e il testo della croce monumentale quale albero della vita di apocalisse, ‘‘Arte medioevale’’, III, 2, 1989; Inediti monumenti scultorei della Sardegna centro-orientale, in Le sepolture in Sardegna dal IV al VII secolo. IV Convegno sull’Archeologia tardoromana e medioevale, Cuglieri 1987, 1990.

Casas Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Cagliari, compreso nella cura-

toria del Sigerro. Caduto il giudicato di Cagliari, nella divisione del 1258 il villaggio fu compreso nel terzo assegnato ai Della Gherardesca, che per insanabili contrasti familiari poco tempo dopo dovettero procedere a un’altra ` al ramo del divisione. C. cosı` tocco conte Ugolino e venne amministrato dai funzionari dei nuovi signori con precisione fiscale; la sua struttura sociale fu conservata e i suoi abitanti continuarono a eleggere annualmente il majore e, nel complesso, furono coinvolti nel processo di sviluppo dell’atti` mineraria. Quando il conte Ugovita lino, che si era impadronito del potere a Pisa, fu assassinato, probabilmente col concorso dei cugini dell’altro ramo, per vendicarlo i figli, nel 1289, dichiararono guerra al Comune. Il conflitto ebbe per teatro i territori iglesienti e C. fu investito dalle operazioni, subı` dei danni e, quando i Della Gherardesca furono sconfitti, dal 1295 ` sotto il controllo diretto di Pisa, passo che lo fece amministrare da suoi funzionari. Con l’arrivo degli Aragonesi, ` a far parte nel 1324, il villaggio entro del Regnum Sardiniae e fu assegnato ai Della Gherardesca del ramo gherardiano, che si erano dichiarati vassalli del re d’Aragona e che continuarono ad amministrarlo fino al 1353, quando fu sequestrato al conte Gherardo. Poco dopo C. fu concesso in feudo a Francesco Marsell, ma scoppiata le guerra tra Mariano IV e Pietro IV decadde e si `. spopolo

Cascant Famiglia catalana (secc. XVXVI). Le sue notizie risalgono al secolo XV. Il primo personaggio conosciuto fu una Giovanna con la quale Pietro Maza de Lic ¸ ana ebbe una relazione dalla quale nacque Giovanni Maza, che morı` improvvisamente senza discendenza. Allora Giovanni Cascant, fratello di Giovanna, pretese la succes-

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Caschetta ` del patrimonio feusione per la meta dale dei Maza, entrando in conflitto con Brianda Maza de Lic ¸ ana, zia del defunto, che si era impadronita dell’intero asse ereditario. Nelle complesse vicende successorie che seguirono Giovanni ottenne il feudo di Ter´ , pero ` , la contesa contiranova. Poiche ` i suoi diritti nuava, egli, nel 1547, dono alla figlia Beatrice e al cugino Francesco Sala e pochi anni dopo morı`. Nel 1561 Beatrice cedette a sua volta i propri diritti a Federico di Portugal.

le citazioni che Dante fa della Sardegna, in particolare nella Commedia, orientandosi per l’ipotesi che il poeta avesse realmente visitato l’isola. Nel ` che per costruire le 1905 dimostro Carte d’Arborea erano state utilizzate antiche copertine di registri provenienti dai monasteri di Oristano. Tra gli altri suoi scritti: Sulle iscrizioni sarde del Medio Evo, in ‘‘Atti e memorie della R. Accademia di Modena’’, s. III, V, 1902, e Le iscrizioni sarde del Medio Evo, ‘‘Archivio storico sardo’’, I, 1905.

Caschetta Dolce tipico della Barbagia, di origini antichissime (forse bizantine), un tempo molto diffuso nelle ` importanti. Si tratta di ricorrenze piu delicati involucri di sfoglia a forma di ´rbula) o di serpenbasso cestinetto (co tina (caschetta), autentici piccoli capolavori della ‘‘plastica effimera’’ sarda, ripieni di un impasto di nocciole tritate e miele di corbezzolo insaporiti con un liquore locale e cucinati al forno tiepido. Il segreto per la buona riuscita, oltre che nell’impasto, sta ` della sfoglia, la cui base nella qualita ` necessariamente essere costidovra tuita dal fior di farina (su scetti).

Casilis Famiglia cagliaritana (sec. XVI). Le sue notizie risalgono al secolo XVI; nel 1564 ottenne il cavalierato ereditario con un Tommaso e presumibilmente si estinse entro la fine del secolo.

Casini, Tommaso Filologo (Pragatto di Crespellano, Bologna, 1859-Bazzano 1917). Dedicatosi all’insegnamento, divenne professore presso l’U` di Bologna. Ma prima aveva niversita insegnato nel Liceo ‘‘Azuni’’ di Sassari, dedicando alcuni saggi alla Sardegna. In particolare, in due ampi studi pubblicati sulla ‘‘Nuova Antologia’’ nel 1895 (Ricordi danteschi di Sardegna, ora anche nella raccolta di Scritti danteschi, 1913), aveva inventariato tutte

Casizolu – Tra i formaggi prodotti in Sardegna ` diffusi. il casizolu e` uno dei piu Particolarmente ricercato quello del Montiferru.

Casizolu Tipo di formaggio il cui nome, corruzione del vocabolo latino caseolus (piccolo formaggio), richiama ` antila sua origine, che risale alle piu che tradizioni della fabbricazione del ` ottenuto formaggio in Sardegna. E

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Cassani dalla pasta filata e ha una caratteri` molto diffuso in stica forma a pera; e diverse regioni dell’isola dove viene indicato con nomi diversi (in Barbagia come gurguzzolu, panedda o taedda; nel Logudoro e nel Goceano titti` ha ragghedda). Particolare notorieta giunto, di recente, quello di Santu Lussurgiu, entrato a far parte della produzione gastronomica del luogo fino a diventarne una sorta di marchio di fabbrica.

Cassa ademprivile Istituzione di credito costituita con legge del 1897. Suo compito doveva essere quello di avviare la distribuzione e la divisione in ` dei quote dei beni ex ademprivili, cioe terreni provenienti dal demanio dei disciolti feudi, sottoposti a diritti di uso pubblico (pascolo, legnatico, acque), che esistevano ancora molto numerosi in Sardegna dai tempi dell’abolizione dei feudi. Altro scopo delle Casse sarebbe dovuto essere quello di finanziare le opere di miglioramento agrario; le Casse avrebbero dovuto essere finanziate dalle Amministrazioni provinciali con fondi ottenuti da mutui agevolati. In effetti la legge ebbe scarso successo: infatti solo nel 1902 fu istituita la C.a. di Cagliari, dalla quale in ` per scissione quella di seguito si formo Sassari. La C.a. ebbe l’amministrazione di tutti i beni ex ademprivili con l’obbligo di dividerli in categorie a seconda della loro natura; di consegnare all’amministrazione forestale quelli da rimboschire e di dividere gli altri in quote da concedere in enfiteusi; altro compito che le venne attribuito fu una mo` di credito agrario a favore desta attivita degli enfiteuti. Con legge del 1907 alle ` di Casse ademprivili fu data la facolta ` di creutilizzare per le proprie attivita dito le Casse dei Consorzi agrari e i Monti frumentari; nel 1920, infine, assorbirono le Casse provinciali trasfor-

mandosi in Casse provinciali di credito agrario, da cui sarebbe nato, alla fine degli anni Venti, l’ICAS (Istituto di Credito Agrario per la Sardegna).

Cassada Famiglia di probabile origine gallurese (sec. XIV). Le sue notizie risalgono al secolo XIV quando vivevano due fratelli, Folco e Antonio, che, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IVe Pietro IV, si schierarono col re d’Aragona. Folco fu naturalizzato aragonese e nel 1375 ottenne le signorie di Villasor, ` non Posada e Siniscola, delle quali pero ´ erano ocriuscı` a impossessarsi perche cupate dalle truppe giudicali. Antonio invece, nel 1380, ebbe la signoria di Mamoiada, ma anche lui non riuscı` a impadronirsene per lo stesso motivo. Della famiglia si perdono le tracce entro la fine del secolo.

Cassa di risparmio di Alghero Piccolo istituto di credito fondato nel 1845 dal Comune di Alghero, con il concorso del `. vescovo e di alcuni nobili della citta ` circoscritta al territoEbbe un’attivita ` di operare dopo il rio algherese e cesso 1860.

Cassador, Guglielmo Religioso (Vic, ` sec. XV-BarcelSpagna, seconda meta lona 1530). Vescovo di Alghero dal 1525 al 1527. Laureato in Legge, per la sua grande preparazione fu nominato uditore della Sacra Rota e nel 1525 vescovo di Alghero. Il suo soggiorno in Sardegna fu di breve durata; infatti fu trasferito a Barcellona nel 1527.

Cassanello, Achille Atleta (Cagliari 1928-Santa Margherita 1979). Dotato di ` numerose notevoli mezzi fisici pratico discipline e nel secondo dopoguerra fu primatista sardo di tuffi, di salto con l’asta e di salto in alto. Fu anche campione italiano di salto con l’asta.

Cassani, Cleto Religioso (Vailate 1866Roma 1939). Arcivescovo di Sassari dal 1917 al 1929. Sacerdote impegnato nel

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Cassani sociale, nel 1911 ebbe il titolo di vescovo ` in Sardegna di Tacia Montana e arrivo come delegato all’amministrazione della diocesi turritana. Nel 1917 fu nominato arcivescovo di Sassari; negli anni del primo dopoguerra, con padre Manzella e altri, fu strenuo difensore ` sindacali e prodelle nascenti liberta motore dell’associazionismo cattolico. ` anche per lo sviluppo della Si impegno diocesi e per il miglioramento del Seminario. Seriamente ammalato, nel 1929 ` a Roma. si dimise e si ritiro

Cassani, Giovanni Religioso (Sara` sec. XIV-Iglesias?, gozza, seconda meta 1441). Vescovo di Sulci dal 1417 al 1441. Entrato nell’ordine degli Eremitani di Sant’Agostino, fu ordinato sacerdote. Ebbe fama di uomo colto e pio; fu nominato vescovo di Sulci nel 1417 dall’antipapa Benedetto XIII, ma quando lo Scisma d’Occidente fu sanato papa Mar` e lo nomino ` collettino V lo confermo tore apostolico per la Sardegna e la Corsica.

Cassano, Gavino Raimondo Impiegato, consigliere regionale (n. Ossi 1948). Interessato da giovane alla vita ` stato politica, ha esordito nella DC. E ripetutamente consigliere comunale e sindaco del suo paese natale, e consigliere provinciale di Sassari. Dopo lo ` stato tra i primi scioglimento della DC e aderenti al movimento dei Riformatori ` stato Sardi di Mario Segni e nel 1999 e eletto consigliere regionale per il Patto dei Riformatori Sardi nel collegio di Sassari per la XII legislatura. Nel corso della legislatura ha ricoperto l’ufficio ` stato rieletto di questore. Nel 2004 e per la XIII legislatura nella lista dei Riformatori Sardi nel collegio di Sassari.

Casse comunali di credito agrario Istituti di credito nati nel 1924 dalla trasformazione degli antichi Monti frumentari o Monti di soccorso. La stessa legge prevedeva infatti che tutti gli enti

morali operanti un uno stesso comune per il credito agrario avrebbero dovuto confluire in questo unico istituto, chiamato Cassa di Credito Agrario, il cui funzionamento venne regolamentato entro il 1927. Nello stesso anno le Casse comunali furono poste sotto la sorveglianza dell’ICAS (Istituto di Credito Agrario per la Sardegna) nato nello stesso anno dalla fusione delle Casse provinciali di credito agrario. In Sardegna operavano 229 casse, di cui 178 nelle province di Cagliari e di Nuoro; rimasero sotto la vigilanza dell’ICAS fino al 1953, quando il compito fu trasferito al neonato Banco di Sardegna. Il ` a crescere, arriloro numero continuo vando nel 1990 a 284; nello stesso anno furono istituiti gli Uffici di corrispondenza del Banco di Sardegna, molti dei quali presero a coesistere con le Casse comunali. Queste ultime operavano a Gonnosfanadiga (patrimonio 298 000 000 di lire); Ruinas (patrimonio 249 000 000 di lire); Arbus (patrimonio 181 000 000 di lire); Ulassai (patrimonio 175 000 000 di lire); Ollolai (patrimonio 141 000 000 di lire); Villasalto (patrimonio 139 000 000 di lire); Berchiddeddu (patrimonio 137 000 000 di lire); Usellus (patrimonio 127 000 000 di lire); Siurgus Donigala (patrimonio 118 000 000 di lire); Arzana (patrimonio 117 000 000 di lire); Orani (patrimonio 114 000 000 di lire); San Vito (patrimonio 114 000 000 di lire); Arborea (patrimonio 109 000 000 di lire); Serramanna (patrimonio 106 000 000 di lire); Orune (patrimonio 101 000 000 di lire); Dorgali (patrimonio 94 000 000 di lire); Gairo (patrimonio 80 000 000 di lire); Laconi (patrimonio 75 000 000 di lire); Mara (patrimonio 69 000 000 di lire); Pozzomaggiore (patrimonio 68 000 000 di lire); San Pantaleo (patrimonio 65 000 000 di lire); Giba (patrimonio 64 000 000 di lire); Villagrande (patrimonio 64 000 000 di lire);

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Casse comunali di credito agrario Galtellı` (patrimonio 62 000 000 di lire); ` (patrimonio 61 000 000 di lire); Torpe Baressa (patrimonio 58 000 000 di lire); Sant’Antioco (patrimonio 56 000 000 di lire); Nurri (patrimonio 55 000 000 di lire); Villacidro (patrimonio 53 000 000 di lire); Burcei (patrimonio 51 000 000 di lire); Osini (patrimonio 51 000 000 di lire); Esporlatu (patrimonio 50 000 000 di lire); Monastir (patrimonio 50 000 000 di lire); Orroli (patrimonio ` 49 000 000 di lire); Nughedu San Nicolo (patrimonio 48 000 000 di lire); Anela (patrimonio 47 000 000 di lire); Genoni (patrimonio 47 000 000 di lire); Austis (patrimonio 45 000 000 di lire); Carloforte (patrimonio 44 000 000 di lire); Irgoli (patrimonio 44 000 000 di lire); Sadali (patrimonio 44 000 000 di lire); Budoni (patrimonio 43 000 000 di lire); Lula (patrimonio 43 000 000 di lire); Monti (patrimonio 42 000 000 di lire); Nuraminis (patrimonio 39 000 000 di lire); Uri (patrimonio 38 000 000 di lire); Loceri (patrimonio 37 000 000 di lire); Narbolia (patrimonio 37 000 000 di lire); Perfugas (patrimonio 35 000 000 di lire); Cossoine (patrimonio 34 000 000 di lire); Teti (patrimonio 34 000 000 di lire); Seneghe (patrimonio 33 000 000 di lire); Ilbono (patrimonio 32 000 000 di lire); ` (patrimonio 31 000 000 di Budduso l i r e ) ; Fo r d o n g i a n u s ( p a t r i m o n i o 31 000 000 di lire); Mores (patrimonio 31 000 000 di lire); Silius (patrimonio 31 000 000 di lire); Milis (patrimonio 29 000 000 di lire); Collinas (patrimonio 28 000 000 di lire); Sini (patrimonio 27 000 000 di lire); Usassai (patrimonio 27 000 000 di lire); Villanova Monteleone (patrimonio 27 000 000 di lire); Busachi (patrimonio 26 000 000 di lire); Masullas (patrimonio 26 000 000 di lire); Ovodda (patrimonio 26 000 000 di lire); Riola Sardo (patrimonio 26 000 000 di lire); Cannigione (patrimonio 25 000 000 di lire); Ortueri (patrimonio

25 000 000 di lire); Posada (patrimonio ` dei Sardi (patri25 000 000 di lire); Ala monio 24 000 000 di lire); Dualchi (patrimonio 24 000 000 di lire); Donori (patrimonio 24 000 000 di lire); Gesico (patrimonio 24 000 000 di lire); Talana (patrimonio 24 000 000 di lire); Fertilia (patrimonio 23 000 000 di lire); Montresta (patrimonio 23 000 000 di lire); Oliena (patrimonio 23 000 000 di lire); Senis (patrimonio 23 000 000 di lire); Serri (patrimonio 23 000 000 di lire); Tertenia (patrimonio 23 000 000 di lire); Bonarcado (patrimonio 22 000 000 di lire); Bortigali (patrimonio 22 000 000 di lire); Guasila (patrimonio 22 000 000 di lire); Ittiri (patrimonio 22 000 000 di lire); Villaurbana (patrimonio 22 000 000 di lire); Nurallao (patrimonio 21 000 000 di lire); Serdiana (patrimonio 21 000 000 di lire); Villaputzu (patrimonio 21 000 000 di lire); Paulilatino (patrimonio 20 000 000 di lire); Pimentel (patrimonio 20 000 000 di lire); Bono (patrimonio 19 000 000 di lire); Padria (patrimonio 19 000 000 di lire); Santa Maria La Palma (patrimonio 19 000 000 di lire); Valledoria (patrimonio 19 000 000 di lire); Silanus (patrimonio 18 000 000 di lire); Sindia (patrimonio 18 000 000 di lire); Telti (patrimonio 18 000 000 di lire); Uta (patrimonio 18 000 000 di lire); Vallermosa (patrimo` (patrinio 18 000 000 di lire); Gonnosno monio 17 000 000 di lire); Meana Sardo (patrimonio 17 000 000 di lire); Ussana (patrimonio 17 000 000 di lire); Villanovafranca (patrimonio 17 000 000 di lire); Aggius (patrimonio 16 000 000 di lire); Solarussa (patrimonio 16 000 000 di lire); Bottidda (patrimonio 15 000 000 di lire); Bultei (patrimonio 15 000 000 di lire); Guamaggiore (patrimonio 15 000 000 di lire); Lotzorai (patrimonio 15 000 000 di lire); Olzai (patrimonio 15 000 000 di lire); Ottana (patrimonio 15 000 000 di lire); Ploaghe (patrimonio 15 000 000 di lire); Santadi (patrimonio

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Casse comunali di credito agrario 15 000 000 di lire); Urzulei (patrimonio 15 000 000 di lire); Bari Sardo (patrimonio 14 000 000 di lire); Burgos (patrimonio 14 000 000 di lire); Escolca (patrimonio 14 000 000 di lire); Gonnesa (patrimonio 14 000 000 di lire); Sant’Antonio di Gallura (patrimonio 14 000 000 di lire); Ardauli (patrimonio 13 000 000 di lire); Bassacutena (patrimonio 13 000 000 di lire); Decimoputzu (patrimonio 13 000 000 di lire); Gergei (patri´ (patrimomonio 13 000 000 di lire); Lode nio 13 000 000 di lire); Mamoiada (patrimonio 13 000 000 di lire); Samassi (patrimonio 13 000 000 di lire); Samugheo (patrimonio 13 000 000 di lire); Sarule (patrimonio 13 000 000 di lire); Siligo (patri` monio 13 000 000 di lire); San Nicolo Gerrei (patrimonio 13 000 000 di lire); Tramatza (patrimonio 13 000 000 di lire); Bonnanaro (patrimonio 12 000 000 di lire); Gonnostramatza (patrimonio 12 000 000 di lire); Osilo (patrimonio 12 000 000 di lire); San Vero Milis (patrimonio 12 000 000 di lire); Benetutti (patrimonio 11 000 000 di lire); Chiaramonti (patrimonio 11 000 000 di lire); Domusnovas (patrimonio 11 000 000 di lire); Lunamatrona (patrimonio 11 000 000 di lire); Sedilo (patrimonio 11 000 000 di lire); Villamassargia (patrimonio 11 000 000 di lire); Berchidda (patrimonio 10 000 000 di lire); San Teodoro (patrimonio 10 000 000 di lire); Tiana (patrimonio 10 000 000 di lire); Bulzi (patrimonio 9 000 000 di lire); Desulo (patrimonio 9 000 000 di lire); Escalaplano (patrimonio 9 000 000 di lire); Florinas (patrimonio 9 000 000 di lire); Fluminimaggiore (patrimonio 9 000 000 di lire); Ossi (patrimonio 9 000 000 di lire); Samatzai (patrimonio 9 000 000 di lire); San Basilio (patrimonio 9 000 000 di lire); Settimo San Pietro (patrimonio 9 000 000 di lire); Simaxis (patrimonio ` d’Agultu (patri9 000 000 di lire); Trinita monio 9 000 000 di lire); Abbasanta (pa-

trimonio 8 000 000 di lire); Aglientu (patrimonio 8 000 000 di lire); Barumini (patrimonio 8 000 000 di lire); Baunei (patrimonio 8 000 000 di lire); Mandas (patrimonio 8 000 000 di lire); Morgongiori (patrimonio 8 000 000 di lire); Narcao (patrimonio 8 000 000 di lire); Martis (patrimonio 8 000 000 di lire); Onanı` (patrimonio 8 000 000 di lire); Sorradile (patrimonio 8 000 000 di lire); Santa Giusta (patrimonio 8 000 000 di lire); Sant’Andrea Frius (patrimonio 8 000 000 di l i r e ) ; Vi l l a n o v a t u l o ( p a t r i m o n i o 8 000 000 di lire); Villa speciosa (patrimonio 8 000 000 di lire); Armungia (patrimonio 7 000 000 di lire); Buggerru (patrimonio 7 000 000 di lire); Laerru (patrimonio 7 000 000 di lire); Luras (patrimonio 7 000 000 di lire); Nule (patrimonio 7 000 000 di lire); Nuragus (patrimonio 7 000 000 di lire); Pabillonis (patrimonio 7 000 000 di lire); Sennori (patrimonio 7 000 000 di lire); Suni (patrimonio 7 000 000 di lire); Tresnuraghes (patrimonio 7 000 000 di lire); Villasimius (patrimonio 7 000 000 di lire); Aidomaggiore (patrimonio 6 000 000 di lire); Baratili San Pietro (patrimonio 6 000 000 di lire); Bessude (patrimonio 6 000 000 di lire); Illorai (patrimonio 6 000 000 di lire); Ittireddu (patrimonio 6 000 000 di lire); Maracalagonis (patrimonio 6 000 000 di lire); Nuraghi (patrimonio 6 000 000 di lire); Nuxis (patrimonio 6 000 000 di lire); Ollastra Simaxis (patrimonio 6 000 000 di lire); Sardara (patrimonio 6 000 000 di lire); Teulada (patrimonio 6 000 000 di lire); Torralba (patrimonio 6 000 000 di lire); Tratalias (patrimonio 6 000 000 di lire); Tuili (patrimonio 6 000 000 di lire); Aritzo (patrimonio 5 000 000 di lire); Ballao (patrimonio 5 000 000 di lire); Belvı` (patrimonio 5 000 000 di lire); Perdasdefogu (patrimonio 5 000 000 di lire); Perdaxius (patrimonio 5 000 000 di lire); Sedini (patrimonio 5 000 000 di lire); Siliqua (patri-

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Cassio Longino monio 5 000 000 di lire); Tonara (patrimonio 5 000 000 di lire); San Giovanni Suergiu (patrimonio 5 000 000 di lire); Tula (patrimonio 5 000 000 di lire); Uras (patrimonio 5 000 000 di lire); Usini (patrimonio 5 000 000 di lire); Bortigiadas (patrimonio 4 000 000 di lire); Borutta (patrimonio 4 000 000 di lire); Decimomannu (patrimonio 4 000 000 di lire); Domus de Maria (patrimonio 4 000 000 di lire); Furtei (patrimonio 4 000 000 di lire); Gadoni (patrimonio 4 000 000 di lire); Gesturi (patrimonio 4 000 000 di lire); Nuchis (patrimonio 4 000 000 di lire); Oschiri (patrimonio 4 000 000 di lire); Sarroch (patrimonio 4 000 000 di lire); Segariu (patrimonio 4 000 000 di lire); Suelli (patrimonio 4 000 000 di ` d’Arcidano (patrimolire); San Nicolo nio 4 000 000 di lire); Triei (patrimonio 4 000 000 di lire); Arbatax (patrimonio 3 000 000 di lire); Ardara (patrimonio 3 000 000 di lire); Cheremule (patrimonio 3 000 000 di lire); Elmas (patrimonio 3 000 000 di lire); Giave (patrimonio 3 000 000 di lire); Monserrato (patrimonio 3 000 000 di lire); Musei (patrimonio 3 000 000 di lire); Ortacesus (patrimonio 3 000 000 di lire); Palau (patrimonio 3 000 000 di lire); Quartucciu (patrimonio 3 000 000 di lire); Siamanna-Siapiccia (patrimonio 3 000 000 di lire); Scano di Montiferro (patrimonio 3 000 000 di lire); Siddi (patrimonio 3 000 000 di l i r e ) ; S a n Pa s q u a l e ( p a t r i m o n i o 3 000 000 di lire); Zeddiani (patrimonio 3 000 000 di lire); Zerfaliu (patrimonio 3 000 000 di lire); Asuni (patrimonio 2 000 000 di lire); Atzara (patrimonio 2 000 000 di lire); Barrali (patrimonio 2 000 000 di lire); Bolotana (patrimonio 2 000 000 di lire); Calasetta (patrimonio 2 000 000 di lire); Codrongianos (patrimonio 2 000 000 di lire); Cortoghiana (patrimonio 2 000 000 di lire); Esterzili (patrimonio 2 000 000 di lire); Flussio (patrimonio 2 000 000 di lire); Lei (patri-

monio 2 000 000 di lire); Luogosanto (patrimonio 2 000 000 di lire); Magomadas (patrimonio 2 000 000 di lire); Monteleone Rocca Doria (patrimonio 2 000 000 di lire); Neoneli (patrimonio 2 000 000 di lire); Olmedo (patrimonio 2 000 000 di lire); Osidda (patrimonio 2 000 000 di lire); Selegas (patrimonio 2 000 000 di lire); Seulo (patrimonio 2 000 000 di lire); Ula Tirso (patrimonio 2 000 000 di lire); Ussaramanna (patrimonio 2 000 000 di lire); Allai (patrimonio 1 000 000 di lire); Assolo (patrimonio 1 000 000 di lire); Banari (patrimonio 1 000 000 di lire); Bauladu (patrimonio 1 000 000 di lire); Borore (patrimonio 1 000 000 di lire); Cargeghe (patrimonio 1 000 000 di lire); Golfo Aranci (patrimonio 1 000 000 di lire); Nureci (patrimonio 1 000 000 di lire); Oniferi (patrimonio 1 000 000 di lire); Palmas Arborea (patrimonio 1 000 000 di lire); Putifigari (patrimonio 1 000 000 di lire); Romana (patrimonio 1 000 000 di lire); Semestene (patrimonio 1 000 000 di lire); Tissi (patrimonio 1 000 000 di lire); Turri (patrimonio 1 000 000 di lire).

Cassio Longino, Gaio Uomo politico romano (sec. I). Pretore nel 27, console suffectus nel 30, governatore dell’Asia nel 40-41 e di Siria tra il 45 e il 49. Sveto` la vita durante nio racconta che rischio ` a causa il governo dell’Asia, ma si salvo della morte di Caligola. Sotto Nerone fu esponente di spicco del circolo dei Silani Torquati; Pomponio dice di lui che plurimum in civitate auctoritatis habuit. Odiato da Nerone per le grandi ricchezze familiari, il carattere austero e ´ sua moglie, Iuprobabilmente poiche nia Lepida, era pronipote di Augusto, C.L. divenne oggetto dei suoi attacchi nel 65. Inizialmente gli fu vietato di partecipare ai funerali di Poppea, quindi lo stesso Nerone, in un discorso inviato al Senato, si sarebbe espresso sulla ne` di allontanarlo dalla vita policessita

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Cassitta ´ tica in quanto possibile ribelle, poiche in casa tra le imagines degli antenati ne aveva una del cesaricida C. Cassio provvista dell’epigrafe «duci partium». Infine C.L. fu esiliato in Sardegna, dove ci si attendeva che morisse; egli tuttavia, vecchio e cieco, sopravvisse a Nerone, fu richiamato a Roma e riabilitato da Vespasiano. La probabile datazione della cosiddetta Grotta della Vipera di Cagliari nei decenni centrali del secolo II. impedisce di stabilire un collegamento tra C.L. e L. Cassius Philippus, autore del complesso funerario. C.L. fu anche un famoso giurista, fondatore di un’importante schola di diritto e autore di non meno di dieci libri di diritto civile. [PIERGIORGIO FLORIS]

Cassitta, Antonio Avvocato, senatore della Repubblica (Calangianus 1898-ivi ` fin da studente nelle 1971). Si impegno organizzazioni socialiste; allo scoppio ` della prima guerra mondiale manifesto apertamente idee neutraliste, per cui nel 1917 fu arrestato e nel 1918 condannato per propaganda sovversiva. Scontato un anno e mezzo di segregazione, nel 1919 fu amnistiato e riprese l’atti` politica, stabilendosi a Roma dove vita ` i suoi studi di Legge (negli continuo anni sassaresi era stato iscritto a Medicina). Fortemente critico nei confronti del suo partito, nel 1921 prese parte alla scissione di Livorno e aderı` al Partito Comunista. Dal partito fu inviato a Mosca al primo Congresso dell’Internazionale comunista e quindi al II Congresso dell’Internazionale giovanile; tornato in Italia diresse il periodico della Federazione giovanile comunista ‘‘L’Avanguardia’’ e nel 1923 fu nuovamente ar` in restato. Liberato, nel 1927 si laureo ` di Sassari e traLegge all’Universita scorse gli anni successivi dedicandosi alla professione di avvocato. Caduto il ` con Giovanni fascismo, nel 1944, fondo Antioco Mura il Partito Comunista

Sardo, con tendenze separatiste. Immediatamente fu sconfessato dal PCI e costretto a rientrare nei ranghi dopo il primo Congresso regionale del partito ` nel proprio im(Iglesias 1944). Continuo pegno politico, fu eletto consigliere provinciale di Sassari e nel 1952, durante la I legislatura repubblicana, su` a Giuseppe Cavallera nel Senato bentro della Repubblica. Al termine della legi` a inslatura non fu rieletto ma continuo ` di partito. Tra i teressarsi dell’attivita suoi scritti del secondo dopoguerra: I comunisti e la Sardegna, ‘‘Il Lavoratore’’, 1945; Costituente, ‘‘Il Lavoratore’’, 1945; Autonomia, ‘‘Il Lavoratore’’, 1947.

Cassitta, Giampaolo Scrittore (n. Ori` stano 1959). Algherese di adozione, e stato educatore nel carcere dell’Asi` attualmente nara dal 1985 al 1998 ed e direttore coordinatore di area pedagogica presso la casa di reclusione di Alghero; laureato in Pedagogia, collabora con l’Istituto Superiore di Studi penitenziari e con la Scuola di Formazione del Ministero di Grazia e Giustizia. Ha esordito col romanzo Asinara. Il rumore del silenzio (2001), cui hanno fatto seguito i racconti di Supercarcere Asinara. Viaggio nell’isola dei dimenticati (2002), scritto con l’ispettore della polizia penitenziaria Lorenzo Spanu, e La zona grigia. Cronaca di un sequestro (2005).

Cassola Zuppa di carne arricchita da ortaggi (principalmente zucchine, patate, melanzane), legata alle tradizioni contadine e tipica principalmente del Logudoro, del Marghine e della Planargia.

Cassola de pisci Nome campidanese della zuppa di pesce, tipico piatto della ` antica tradizione dei centri costieri. piu I pescatori di Cagliari la preparavano con i pesci che a seconda delle stagioni riuscivano a pescare nel Golfo. L’ele` costimento principale della c. de p. e

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Castagno tuito dal sugo, che viene ottenuto facendo soffriggere in un tegame di coccio l’olio, le cipolle, il prezzemolo e i pomodori secchi tritati. Una volta portato a cottura, si aggiungono acqua, peperoncini e sale in modo da ottenere un liquido denso che viene portato a ebollizione e arricchito con frutti di mare, seppiette e aragoste. Il tutto si lascia bollire per circa dieci minuti, aggiungendovi gradualmente i pesci e le patate. La zuppa cosı` ottenuta viene fatta bollire ancora per dieci minuti e poi servita in piatti fondi foderati di civra` preparata anche xiu (=). Attualmente e in altri centri costieri dell’isola (in molti dei quali si chiama zimino di pesce), con qualche variante specialmente in Gallura e in Ogliastra.

Cassutto, Umberto Studioso di storia degli ebrei (Firenze 1883-Gerusalemme ` nel Collegio rab1951). Dal 1906 insegno binico italiano e divenne rabbino maggiore di Firenze. Dal 1925 fu professore ` di Fidi Ebraistica nell’Universita renze; successivamente si trasferı` a ` Roma e infine presso l’Universita ` autore ebraica di Gerusalemme. E della voce Cagliari nella Enciclopedia Judaica, V, 1971.

` a farsi conoscere prendio e comincio dendo parte alle prime mostre d’arte, con olii, tempere e disegni di vario soggetto. Contemporaneamente tenne viva ` antiquaria e fu animatore un’attivita ` ; il suo della vita culturale della citta studio divenne un punto di riferimento per gli amanti dell’arte in un periodo in cui spregiudicati traffici di mercanti e speculatori fecero sı` che molte opere d’arte antiche lasciassero l’isola. Fu chiamato a decorare con affreschi alcune case della emergente borghesia ` l’arredamento delcagliaritana e curo l’appartamento reale in occasione della visita dei sovrani a Cagliari nel 1899; una parte considerevole della sua produzione finı` all’estero in conseguenza di un contratto con la casa d’arte pari` gina Gouphil. Dopo il 1902 si ammalo gravemente.

Casta, Franc ¸ ois J. Studioso di storia moderna (n. sec. XX). Fa parte dell’Associazione dei ricercatori di Scienze umane della Corsica. Collaboratore ´ tudes Corses’’, si e ` occudella rivista ‘‘E pato dei rapporti tra Corsica e Sardegna nel periodo della Rivoluzione fran´s cese. Ha pubblicato il saggio Mentalite ´sistance a ` la Revolution religieuses et re franc¸aise en Corse et en Sardaigne 17891793, ‘‘Archivio sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 29-31, 1990.

Castagnino, Enrico Pittore e antiquario (Cagliari 1856-ivi 1918). Dopo aver viaggiato a lungo, nel 1881 si stabilı` ` natale dove aprı` uno stunella sua citta

Castagno – I fiori del castagno sono unisessuali, protetti da un involucro che ` in riccio, dentro il quale si trovano maturera normalmente due frutti (acheni). Fiorisce in giugno e fruttifica in autunno.

Castagno Pianta arborea della famiglia delle Fagacee (Castanea sativa Miller). ` raggiunLongeva e molto vigorosa, puo ` eretto, gere i 40 m di altezza; il fusto e spesso cavo alla base, la corteccia, li` rugosa e screpolata scia da giovane, e nelle piante adulte, con tipica squamatura spiralizzata bruno-rossastra. Le fo-

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Castagnola glie sono ellittiche, con margine dentato, alterne con breve picciolo, lucide nella pagina superiore, di colore verde scuro. I fiori sono unisessuali, protetti `a da un involucro verde che diventera ` il riccio, dentro il quale si tromaturita vano normalmente due frutti (acheni). Fiorisce in giugno e fruttifica in autunno. Il legno ha diversi impieghi nell’industria mobiliera e cartaria, dalla corteccia si ricava tannino. In Sardegna viene utilizzato per costruire le tradizionali cassapanche e le culle per neonati (su barzolu), e per ottenere botti particolarmente aromatiche. Col legno di c. sono realizzate le maschere del Carnevale barbaricino (mamuthones di ´ les di Ottana e thurMamoiada, merdu pos di Orotelli). Proveniente dall’Oriente e diffuso in Europa in epoca ro` stato introdotto in Sardemana, il c. e gna in tempi remoti e in molte zone costituisce l’elemento dominante del paesaggio vegetale. Nei territori alle falde del Gennargentu si trovano castagneti di vaste proporzioni, mentre nelle zone montane di Ogliastra, Montiferru e Gal` sporadica. A Delura la loro presenza e sulo, Tonara e Santu Lussurgiu si tro` vano i castagni, tutti ultrasecolari, piu grandi dell’isola. Ai primi di novembre ad Aritzo si tiene la sagra delle castagne, con degustazioni e vendita di questo frutto prelibato, che tanta importanza ha avuto nel passato anche per la sopravvivenza delle genti di montagna; tra i prodotti, ottimo il miele di c. Nomi sardi: astanza (nuorese); castangia (campidanese); castanza (barbaricino). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Castagnola = Zoologia della Sardegna Castagnola, Bartolomeo Pittore (Na` sec. XVI-ivi?, prima meta ` poli, meta ` a Cagliari dal 1598 al sec. XVII). Opero 1611. Profondamente inserito negli ambienti artistici isolani, seppe ottenere numerose commissioni e si fece apprez-

zare per il suo stile tradizionale e la sua ` tecnica. A lui vanno consumata abilita attribuite numerose opere tra cui due scomparti di polittico con San Matteo e San Giovanni Battista, tempera a olio su fondo d’oro, che facevano parte dell’ancona di Sant’Anna, dipinta nel 1602 per la chiesa di San Francesco di Oristano; l’ancona del crocifisso per la chiesa di San Biagio di Quartucciu, dipinta nel 1610; una tela con Santa Barbara, dipinta nel 1611 e collocata dal Perez nella chiesa di Sant’Agostino di Ca` nota e piu ` digliari. Ma l’opera sua piu ` il Ritratto di Donna Eleonora, scussa e un olio su tavola che fu rintracciato nel 1842 da Giovanni Spano nella ‘‘botteguccia’’ di un rigattiere cagliaritano; il dipinto fu ritenuto dall’illustre stu` alla Biblioteca Unidioso che lo dono versitaria di Cagliari il ritratto di Eleo` si iponora d’Arborea. In seguito pero ` (Benveduti, 1980) che raffigurasse tizzo piuttosto la regina Giovanna la Pazza. ` , non si sa con certezza chi sia In realta la donna raffigurata nel dipinto. Dopo il ` notizie relative 1611 non si hanno piu alla presenza di C. in Sardegna.

Castagnoli = Iris Castaldi, Editta Archeologa (n. Roma, sec. XX). Allieva del Puglisi, in Sardegna ha studiato la cultura di Monte Claro scoprendo il sacrario di Biriai ` occupata anche presso Oliena. Si e della preistoria della Gallura; tra il 1959 e il 1965 ha scavato il villaggio nuragico di Pilastru e ha studiato altri siti ` autrice di numerosi saggi dell’area. E che riguardano le esperienze e gli studi da lei condotti in Sardegna: Aspetti dell’accantonamento culturale nella Gallura preistorica e protostorica (con S.M. Puglisi), ‘‘Studi sardi’’, XIX, 1966; Nuove osservazioni sulle tombe dei giganti, ‘‘Bullettino di Paletnologia italiana’’, n.s., XIX, 77, 1968; Tombe di giganti nel Sassarese, ‘‘Origini’’, III, 1969;

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Castaldi La datazione con C14 della Grotta del guano o Gonagosula (Oliena-Nuoro). Considerazioni sulla cultura di Ozieri, ‘‘Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia’’, CII, 1972; Domus nuragiche, 1975; Il culto del toro nella preistoria della Sar` suldegna ed il problema delle tre cavita l’alto dei prospetti delle tombe di giganti, ‘‘Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia’’, CVI, 1976; Una particolare rappresentazione zoomorfa in ipogei sardi, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XXXIII, 1978; Biriai: il villaggio di cultura di Monte Claro, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XXXIV, 1-2, 1979; Cultura calcolitica del Monte Claro nel sito di Biriai (Oliena), in The Deya conference of Prehistory. Early settlements in the western Mediterranean Islands and the Peripheral Areas, ‘‘British Archeological Report International Series’’, 229, 1984; ` Biriai e La necropoli di Li Oliena localita Muri, in I Sardi. La Sardegna dal Paleo` romana, 1984; tre schede su litico all’Eta La necropoli di Li Muri, La tomba di giganti di Li Lolghi, La tomba di giganti di Coddu Vecciu, in Arzachena. Monumenti archeologici. Breve itinerario, 1984; L’architettura di Biriai, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XXXIX, 1-2, 1984; Biriai e le fortezze prenuragiche: per una valutazione socio-culturale, ‘‘Studi urbinati’’, serie B3, LVIII, 1985; Idoletti sardi quale prova di contatti est ovest, ‘‘Origini’’, XV, 1992; Il santuario di Biriai, Monte d’Accoddi. 10 anni di nuovi scavi, 1992.

Castaldi, Luigi Studioso di anatomia umana (Pistoia 1890-Firenze 1945). Scienziato di larga fama, fu allievo del ` nel 1914 e poco dopo Chiarugi. Si laureo prese parte alla prima guerra mondiale segnalandosi in diverse azioni di guerra; nel 1917 fu fatto prigioniero e nel campo di concentramento in Au` nella cura dei prigiostria si prodigo nieri italiani. Finita la guerra riprese i suoi studi dedicandosi all’insegna-

mento universitario. Dopo aver insegnato a Messina e a Perugia giunse a Cagliari nel 1926. Nel 1927 fu incaricato anche della direzione dell’Istituto di Zoologia e di Anatomia comparata a San Bartolomeo (Cagliari). Negli anni che seguirono diede un grande impulso all’Istituto facendogli raggiungere no` internazionale; nel 1933 con F. torieta ` un’ampia biFontana e Z. Musio curo bliografia zoologica sarda. Nel 1936 divenne direttore dell’Istituto di Anatomia umana e fu maestro di molti studiosi sardi. Tra i suoi scritti: A proposito del significato di alcune ricerche statisti` di pesce commestibile che sulla quantita introdotto in Cagliari, ‘‘Bollettino della pesca, piscicoltura e idrobiologia’’, V, 1929; L’Istituto anatomico di Cagliari, ‘‘Scritti biologici’’, IV, 1929; L’Istituto di biologia marina del Tirreno in San Bartolomeo (Cagliari), ‘‘Scritti biologici’’, IV, 1929; Il soma dei protosardi, osservazioni d’un morfologo costituzionalista sui bronzi nuragici del Museo archeologico di Cagliari, ‘‘Rivista della Storia delle Scienze mediche e naturali’’, XXI, 3-4, 1930; Bibliografia zoologica sarda (con F. Fontana e Z. Musio), ‘‘Scritti biologici’’, VI, 1930.

Castaldi, Nino (noto con lo pseud. Nino Castrovir) Uomo politico (sec. XX). Caduto il fascismo, prese parte come aderente al partito della Democrazia del Lavoro al dibattito politico sul futuro ` della Sardegna. Nel 1945-46 polemizzo con l’Alto Commissario Pietro Pinna. Nel 1946 fece parte della commissione istituita dalla Consulta regionale per lo studio delle forme dell’autonomia finanziaria della nascente amministrazione regionale. Tra i suoi interventi giornalistici, apparsi sull’organo dei demolaburisti sardi ‘‘Sardegna democratica’’: Governare democraticamente, 1945; Ancora dell’alto commissario,

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Castaldi 1946; La X sessione della Consulta regionale, 1946.

Castaldi, Tommaso Religioso (Alghero 1596-Bruges 1676). Vescovo di Bruges dal 1672 al 1676. Entrato nell’ordine domenicano, vi compı` i suoi studi e fu ordinato sacerdote. Ebbe fama di buon teologo e si trasferı` nella penisola, dove fu nominato reggente degli Studi generali di Bologna. In seguito divenne vicario generale del suo ordine in Lombardia e infine fu chiamato a Roma come consultore della Santa Inquisizione. Nel 1672 fu nominato vescovo di Bruges. Di lui restano alcuni trattati di teologia.

Castaldi, Venturino Avvocato, consigliere regionale (Cagliari 1889-ivi ` 1974). Laureatosi in Legge, si dedico alla professione di avvocato. Cattolico impegnato, dopo la caduta del fascismo fu tra i fondatori della DC nel Cagliaritano e tra i protagonisti della ripresa della vita democratica nel secondo dopoguerra. Fece parte della Consulta regionale dal 1945 al 1949; nel 1946 ela` , su incarico del suo partito, la boro prima ipotesi di statuto autonomistico ` il successivo disulla quale si sviluppo ` alla elaborabattito politico che porto zione del progetto finale. Nel 1949 fu eletto consigliere regionale per il suo partito nel collegio di Cagliari per la I legislatura e successivamente riconfermato nella II e nella III legislatura. Tra i suoi scritti giornalistici, quasi tutti legati alla stagione dell’animato dibattito sugli strumenti organizzativi e istituzionali della Regione sarda: L’autonomia della Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1943; Lussu, il Psd’Az e l’anticlericalismo, ‘‘Corriere di Sardegna’’, 1945; I sardisti al bivio, ‘‘Corriere di Sardegna’’, 1945; Non bendiamoci gli occhi, ‘‘Corriere di Sardegna’’, 1945; Tramonto di un partito, ‘‘Corriere di Sardegna’’, 1946; I grandi problemi della Sardegna all’e-

same della Consulta regionale, ‘‘L’Unione sarda’’, 1946; Problema di classe dirigente nell’istituto regionale sardo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1948; Carbonia problema nazionale, ‘‘L’Unione sarda’’, 1948; Dobbiamo respingere l’autonomia?, ‘‘L’Unione sarda’’, 1949; Perche´ in ` ricco Sicilia la regione ha un bilancio piu di quello sardo, ‘‘L’Unione sarda’’, 1953; Polemica sulla IV provincia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1955; La costituzione della zona industriale e l’istituzione del punto franco, ‘‘L’Unione sarda’’, 1955; Polemica sul Banco di Sardegna, ‘‘L’Unione sarda’’, 1956; Un tradimento della Sardegna. Sicilia e Sardegna di fronte allo stato, ‘‘L’Unione sarda’’, 1957; Sull’autonomia regionale in Italia, ‘‘L’Unione sarda’’, 1957; Il caldo estivo e i serpenti di mare. La crisi regionale, ‘‘L’Unione sarda’’, 1958.

˜ ans Famiglia catalana (secc. Castan XIV-XV). Trasferitisi a Cagliari nella se` del secolo XIV, agli inizi del conda meta secolo XV, grazie al matrimonio di Ber˜ olas, nel 1421 i nardo con Paola Ros Ban C. entrarono in possesso del feudo di Capoterra. I loro discendenti nel 1432 ebbero trasformato il feudo in allodio. A causa di un tracollo finanziario, nel 1464 vendettero all’asta il feudo, che fu ` di Cagliari per esacquistato dalla citta sere utilizzato come territorio di allevamento del bestiame destinato ai mercati cittadini. La vendita fu annullata, ma quando la discendenza maschile della famiglia si estinse e Capoterra fu ereditato da Isabella C., il feudo fu nuovamente venduto all’asta nel 1494.

˜ ans, Antonio Signore di CapoCastan ` sec. XV-?, terra (Cagliari, prima meta ` sec. XV). Ottenne la traseconda meta sformazione del feudo in allodio, ma a ` del secolo si trovo ` coinvolto in una meta crisi finanziaria per cui nel 1464 fu costretto a farlo vendere all’asta.

˜ er Famiglia sassarese (secc. Castan

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Casteddu de sa fae XVI-XVIII). Le sue notizie risalgono ` del secolo XVI, alla seconda meta quando viveva il dottor Giacomo, giudice della Reale Udienza, che nel 1607 `. ottenne il riconoscimento della nobilta I suoi figli nel 1626 furono ammessi allo Stamento militare durante il parlamento Bayona. La loro discendenza si estinse nel corso del secolo XVIII.

˜ er, Giacomo Giureconsulto Castan ` sec. XVI-Ca(Sassari, seconda meta ` sec. XVII). Termigliari?, prima meta ` nella carriera giudinati gli studi entro ziaria e fu nominato proavvocato fiscale di Sassari. Nel 1607 ottenne il riconosci` e nel 1608 divenne mento della nobilta giudice della Reale Udienza.

˜ er, Marco Gentiluomo catalano Castan (Catalogna, ?-Sassari, sec. XIV). Era Scriptor reale ai tempi di Pietro IV, che ` governatore del Lonel 1371 lo nomino gudoro e lo investı` del feudo di Gerito nella Nurra. Giunto in Sardegna nel 1372, ebbe il cavalierato ereditario e ` anche il feudo di Tanel 1373 acquisto niga, ma non riuscı` a entrarne in pos´ il territorio era in mano sesso perche alle truppe del giudice d’Arborea.

Castangia Antico villaggio di origini medioevali, sorgeva nelle campagne di Silius e faceva parte del giudicato di Cagliari compreso nella curatoria del Gerrei. Dopo lo smembramento del giudicato, nella divisione del 1258 fu compreso nei territori assegnati ai conti di Capraia che lo trasmisero al giudice d’Arborea. Il giudice Mariano II, entro ` al Cola fine del secolo XIII, lo lascio mune di Pisa che lo fece amministrare da suoi funzionari. Terminata la prima fase della conquista aragonese, nel 1324 ` a far parte del Regnum il villaggio entro Sardiniae ma la sua popolazione conti` a mantenere un atteggiamento di nuo potenziale ribellione e a rendere insicuro tutto il territorio; per questi motivi nel 1333 fu compreso nei territori con-

´ pacicessi a Raimondo Zatrillas perche ` ficasse il territorio. La situazione pero ` a essere precaria e, scoppiata continuo la guerra tra Mariano IV e Pietro IV, il `. villaggio decadde e si spopolo

Castangia, Antonio Giornalista (Calasetta 1930-Cagliari 1996). Fece le sue prime esperienze a Sassari nell’ufficio di corrispondenza dell’‘‘Unione sarda’’. Iscritto all’albo dei giornalisti come professionista nel 1964, si trasferı` a Cagliari dove fu redattore dell’‘‘Unione sarda’’ fino alla sua morte, nel 1996.

Castangia, Isabella Studiosa di diritto internazionale (n. sec. XX). Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza ` dedicata alla ricerca e ha fatto nusi e merose esperienze negli USA, a Lon` eurodra, all’Aia e presso la Comunita ` consulente. Attualmente e ` pea, di cui e ordinaria di Diritto internazionale ` di Cagliari. Autrice presso l’Universita ` occupata in pardi numerosi lavori, si e ticolare di storia del diritto internazionale e di diritti umani nelle monografie ` , contiguita ` territoriale e isole Sovranita in una controversia internazionale del XVIII secolo, pubblicata a Napoli nel 1988, e Il regime giuridico internazionale delle Bocche di Bonifacio, edito a Padova nel 2000.

Casteddu de sa fae Concorso letterario riservato a opere in prosa scritte in sardo; fu istituito nel 1979 a Posada dal pittore e organizzatore culturale Mauro Deledda per favorire la scrittura in prosa, ritenuta poco coltivata nella produzione letteraria sarda. Dopo essere stato riservato alla misura breve del racconto, alla fine degli anni Ottanta fu aperto al romanzo in lingua sarda, che proprio in quegli anni veniva diffondendosi a partire da S’arvore de sos tzinesos di Larentu Puxeddu. In questa seconda fase il concorso fu vinto da Sos sinnos di Michelangelo Pira e Po cantu Biddanoa di Benvenuto Lobina.

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Casteddu Etzu

Casteddu Etzu Con questo nome e` conosciuto il castello che sorge a Fordongianus. Di origini antichissime, proba` cobilmente il suo nucleo originario e stituito da un nuraghe polilobato riutilizzato con l’aggiunta di cortine murarie dai Bizantini per difendere il territorio dalle incursioni dei Barbaricini. Opportunamente modificato, fu forse utilizzato in epoca giudicale, ma successivamente se ne perse memoria.

bellarono al re, il villaggio divenne teatro della guerra e nel 1330 fu occupato dalle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona. Sebbene devastato, rimase tuttavia in possesso dei Doria. Nel ` la guerra tra Ara1353, quando scoppio gona e Arborea, fu occupato dalle truppe aragonesi. Negli anni successivi ` a decadere, ma torno ` in poscontinuo sesso degli antichi signori; nel 1363, durante la seconda guerra tra Aragona e Arborea, fu occupato dalle truppe arborensi e di fatto annesso al giudicato d’Arborea. Caduto il giudicato, dopo la parentesi dell’occupazione del vi` in possconte di Narbona, nel 1420 torno sesso degli Aragonesi, ma era ormai in piena decadenza e in poco tempo si spo` completamente. polo

Casteldoria – Il centro abitato ai piedi del colle su cui sorge il castello dei Doria, signori del luogo, ha preso il nome dagli antichi dominatori.

Casteldoria Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Torres. Sorgeva nell’Anglona, in ottima posizione strategica, a poca distanza dall’abitato attuale di Viddalba. ` nel secolo XII, negli anni in Si sviluppo cui i Doria fecero costruire l’omonimo castello per difendere i confini del giudicato dagli attacchi dei galluresi. Dopo l’estinzione della dinastia giudicale, lo inclusero nel piccolo stato feudale che avevano formato riunendo tutti i territori in loro possesso. Essi seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio, che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Allora i Doria nel 1323 si dichiararono vassalli del re d’A` a far parte del Reragona, cosı` C. entro gnum Sardiniae. Quando nel 1325 si ri-

Casteldoria – L’elegante torre dei Doria, di recente restaurata, in una incisione dell’Ottocento, firmata da Alberto Lamarmora.

Castellaccio, Angelo Storico del Medioevo (n. Sassari 1946). Allievo di Francesco Cesare Casula, conseguita la lau` dedicato allo studio rea in Lettere si e ` della Sardegna medioevale. Nel 1984 e diventato professore associato; attual` professore ordinario e insegna mente e ` di LetStoria medioevale nella Facolta ` di Sassari. Tra i tere dell’Universita suoi scritti: Il castello medioevale di Osilo, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del primo Convegno internazionale di studi geografico-storici Sassari 1978, 1981; Alghero e le sue mura nel

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Castell d’Asens libro dei conti di Bartolomeo Clotes (14171419), 1981; L’amministrazione della giustizia nella Sardegna aragonese, 1983; Moneta e monetazione giudicale: la scoperta dei denari d’Arborea (con Mariano Sollai), in ‘‘Medioevo. Saggi e Rassegne’’, 11, 1983; Note sull’amministrazione aragonese della Sardegna 1390, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del secondo Convegno internazionale di Studi geografico-storici, Sassari 1981, 1984; La storiografia e la storia della produzione monetaria sardo-aragonese, in ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 12, 1985; L’amministrazione della giustizia a Sassari nel periodo aragonese, ` , istituin Gli Statuti sassaresi. Societa ` zioni a Sassari nel Medioevo e nell’Eta moderna. Atti del Convegno di studi Sassari 1983 (a cura di Antonello Mattone e Marco Tangheroni), 1986; Note sul castello della Fava, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 15, 1990; Note sull’ufficio del veguer in Sardegna, in Sardegna, Mediter` moraneo e Atlantico tra Medioevo e Eta derna. Studi in memoria di A. Boscolo, I, 1993; Il periodo medioevale, in Asinara. Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente, 1993; Le fortificazioni e le strutture difensive di Alghero XIV-XV secolo, in Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994; I regni giudicali, in Studi in onore di Massimo Pittau, II, 1995; I regni giudicali. Nuove testimonianze attraverso una fonte catalano-aragonese, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 20, 1995; Doria e Aragona: lettura e interpretazione di un’istruttoria giudiziaria anno 1346, in Atti del XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1995; La figura del veguer in Sardegna. Alghero in ´n (siEl poder real en la Corona de Arago glos XIV-XVI), Atti del XV Congresso di storia della Corona d’Aragona, I, 1996; Olbia nel Medioevo. Aspetti politico-istituzionali in Da Olbı`a ad Olbia. 2500 anni

` mediterranea, II (a di storia di una citta cura di Giuseppe Meloni e P. Simbula), 1996; Sassari medioevale, 1996; La pesca nel Medioevo, in Pescatori e pesca in Sardegna (a cura di Gabriella Mondardini), 1997.

Castellaccio, Antonio (detto Nino) Insegnante, uomo politico (Sassari 1925-superstrada ‘‘Carlo Felice’’ 1990). Consigliere regionale, senatore della Repubblica. Fin da giovane fu impegnato in politica nel PSI, divenendo uno dei protagonisti della vita politica della sua ` . Fu eletto piu ` volte consigliere e citta assessore comunale di Sassari; nel 1968 fu eletto senatore per la VI legislatura repubblicana nel corso della quale fu designato a rappresentare il Senato nell’Assemblea consultiva europea. In seguito non fu riconfermato, ma nel 1979 fu eletto consigliere regionale nel collegio di Sassari per l’VIII legislatura; al termine della legislatura si ri` dalla scena politica e fu nominato tiro presidente dell’ESIT (Ente sardo industrie turistiche). Nel luglio 1990 morı` in un incidente automobilistico sulla superstrada ‘‘Carlo Felice’’.

Castellani di Castel di Castro Magistrati istituiti dal Comune di Pisa nel Castello di Cagliari (secc. XIII-XIV). Avevano poteri civili e militari ed erano posti al vertice dell’amministrazione ` . Duravano in carica un anno della citta e la loro funzione era regolamentata dal Breve Castellanorum Castelli Castri, il ` andato perduto. cui testo e

Castellano Funzionario militare che nel Regnum Sardiniae gli Aragonesi ponevano a capo di un castello o di una ` fortificata. Il suo compito era di citta comandare la guarnigione della fortezza affidatagli, di provvedere al suo sostentamento e di organizzarne la difesa in caso di attacco nemico.

Castell d’Asens, Berengario Cavaliere catalano (sec. XIV). Appartenente

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Castellet ` a una nobile famiglia, nel 1350 acquisto dagli eredi di Raimondo Desvall la ` della signoria di Gesico nella cumeta ratoria di Siurgus. Morı` senza eredi nel 1355.

Castellet, Gisperto Gentiluomo catalano (sec. XIV). Subito dopo la conquista di Alghero nel 1353 fu nominato ca` , ma quando questa pitano della citta nell’ottobre dello stesso anno fu assalita da contingenti del giudice di Arborea e dei Doria, non seppe resistere loro e fu costretto a fuggire per mare rifugiandosi a Cagliari.

Castelletti, Lanfredo Archeologo (n.

grado di sottotenente nei ‘‘Cacciatori di Sardegna’’; viene promosso capitano dei ‘‘Cavalleggeri di Sardegna’’. Nel 1840 gli viene conferita la medaglia d’oro al V.M. con questa motivazione: «Per l’importante spedizione da Lui diretta il 15 luglio 1840 nelle montagne di Orgosolo (Sassari) contro facinorosi banditi, nella quale circostanza si distinse con intrepidezza e valore facendo cadere sotto la forza quattro di ` famosi, compreso Salquei banditi i piu vatore Tuffu, che diventato era il terrore di quelle contrade e che nella zuffa rimase ucciso».

Lecco 1942). Ha fatto parte del gruppo di specialisti che nel 1980 ha studiato il Neolitico sardo nella Grotta Rifugio presso Oliena e ne ha scritto in due articoli, I resti di legni carbonizzati e La grotta Rifugio di Oliena: caverna ossario neolitica, ‘‘Rivista di Scienze preistoriche’’, XXXV, 1-2, 1980.

Castelli Famiglia cagliaritana (sec. XVIII-esistente). Di origini lucchesi, si trasferı` in Sardegna nel 1760 ca. con un dottor Antonio. I suoi discendenti esercitarono le professioni liberali e si di` cagliaristinsero in seno alla societa tana: nel 1804 uno di essi, un Luigi, ottenne il cavalierato ereditario e la no` . Nel corso del secolo XIX il prestibilta ` , sia per gli gio della famiglia aumento importanti uffici che alcuni dei suoi ´ alcuni membri ricoprirono, sia perche altri parteciparono alle guerre del Risorgimento distinguendosi per il loro ` tuttora fiorente a valore. La famiglia e Cagliari.

Agostino Castelli – Cagliaritano, capitano dei Cavalleggeri, nel 1840 fu decorato di medaglia d’oro al V.M. per una spedizione contro un gruppo di banditi di Orgosolo.

Castelli, Agostino Militare (Cagliari

Castelli, Carlo Ufficiale di carriera (Ca-

1799-Bosa 1848). Capitano dei Cavalleggeri, medaglia d’oro al V.M. nella lotta contro il banditismo sardo. Discendente da nobile e illustre famiglia, nel 1817 si arruola volontario nella compagnia della ‘‘Guardia del Corpo del Re di Sardegna’’. Nel 1823 viene trasferito col

gliari 1833-ivi 1905). Prese parte alle campagne del 1860-1861 e nel 1866 alla terza guerra di indipendenza, ottenendo diverse decorazioni e la com` menda mauriziana. In seguito comando la Legione dei Carabinieri di Cagliari. ` a riposo col grado di generale. Ando

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Castelli della Sardegna

Castelli, Luigi Ufficiale di carriera (Cagliari 1818-Palestro 1859). Percorse una brillante carriera e prese parte alle guerre del Risorgimento. Morı` in battaglia a Palestro durante la seconda guerra d’indipendenza.

Castelli, Pietro Ingegnere (n. sec. XX). ` dedicato alConseguita la laurea, si e ` dol’insegnamento universitario. E ` di Ingegneria cente presso la Facolta ` di Cagliari. Tra i suoi dell’Universita scritti: La progettazione del sistema territoriale di difesa, in Arte e cultura del ’600 e ’700 in Sardegna, 1984; Storia della pianificazione urbanistica del comune di Quartu S. Elena (con G.L. Pisano), in ‘‘Temi annuali dell’Istituto di Urbani` di Cagliari’’, 1997. stica dell’Universita

Castelli, Raimondo Teologo (Cagliari 1777-ivi 1831). Divenuto sacerdote, ebbe fama di valente oratore; dopo essere stato per alcuni anni parroco di Villaputzu fu nominato canonico della cattedrale di Cagliari. A partire dal ` per anni Filosofia presso 1799 insegno ` di Cagliari e fu nominato l’Universita preside del Seminario. Di lui rimangono alcune orazioni e altri scritti, tra cui una Orazione sacra nel solenne triduo per l’avvenimento al sardo trono di S.M. il Re Carlo Felice di Savoja, 1821.

Castelli della Sardegna A differenza di quanto avvenne in altre regioni, i castelli sardi ebbero una funzione prevalentemente militare. Sorsero in diverse ` dell’isola, a partire dal periodo localita bizantino. Durante il Medioevo, quando nell’isola si svilupparono i quattro regni giudicali, il loro numero crebbe sen` in sibilmente; la loro dislocazione e parte conseguenza della partizione po´i litica del territorio dell’isola, perche quattro giudicati, spesso in guerra tra loro, li collocarono in posizioni strategicamente utili alla difesa del territorio o al controllo delle grandi vie di comunicazione. Il numero dei castelli crebbe

ulteriormente a partire dalla seconda ` del secolo XIII, quando si svilupmeta parono nell’isola gli stati feudali dei Doria, dei Malaspina e dei Della Gherardesca. Quando nel 1323 ebbe inizio la conquista aragonese, l’isola si presentava ormai ricca di c. che ebbero un ruolo importante durante il lunghissimo periodo di guerre che si concluse con la battaglia di Sanluri nel 1409. Unificata l’isola, essi persero progressivamente la loro funzione e nel corso dei secoli successivi andarono in rovina. ` IMPORTANTI Qui di seI CASTELLI PIU guito vengono elencati seguendo l’ordine alfabetico della loro denominazione toponomastica: 1. Castello di Acquafredda. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Sigerro; situato su un colle roccioso a circa 253 m sul livello del mare, sorgeva a 3 km dall’attuale abitato di Siliqua. Fu costruito in periodo imprecisato e dopo la caduta del giudicato di Cagliari venne compreso nella parte toccata ai Della Ghe` in rovina. rardesca; attualmente e 2. Castello di Arcuentu. Compreso nel giudicato di Arborea, faceva parte della ` curatoria di Monreale; era posto a piu di 700 m sul livello del mare sulla som` dell’omonimo monte in territorio mita di Arbus. Fu costruito dai giudici probabilmente nel secolo XI; attualmente ` in rovina. e 3. Castello di Ardara. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria dell’Oppia; sorgeva nell’abitato di Ardara. Fu costruito dai giudici di Torres agli inizi del secolo XI e per lungo tempo fu la loro residenza principale; attualmente rimangono solo i resti di una torre poligonale, ma la vicina basilica di Nostra Signora del Regno sarebbe sorta sulle fondamenta della cappella palatina. 4. Castello di Balariana. Compreso nel

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Castelli della Sardegna giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria omonima e sorgeva a circa 300 m sul livello del mare sul colle di ` di LuogoSan Leonardo in prossimita santo. Fu costruito dai giudici di Gallura nel secolo XI; se ne conservano pochi avanzi. 5. Castello di Baratuli. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria di Dolia; sorgeva in cima al monte Olaridi a 235 m sul livello del mare, a poca distanza da Monastir. Fu costruito dai Pisani dopo il 1258 per controllare la grande strada tra Cagliari e Torres; attualmente le sue strutture in rovina sono completamente interrate e attendono un’adeguata ricognizione archeologica. 6. Castello di Barumele. Compreso nel giudicato di Arborea, faceva parte della curatoria di Usellus; sorgeva a poca distanza dalla periferia meridionale di Ales su un colle che domina l’abitato. Di probabili origini bizantine, fu utilizzato dai giudici d’Arborea per controllare l’accesso alla Marmilla; successi` ai conti di Quirra; atvamente passo ` in rovina, ma il sito contualmente e serva la romantica memoria della contessa Violante II Bertran Carroz. 7. Castello di Bonvehı` (Bonuighinu). Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Cabudabbas. Sorgeva sul colle omonimo a pochi chilometri dall’abitato attuale di Mara; fu costruito probabilmente nel secolo XII dai giudici di Torres, in seguito ` ai Doria e fu compreso nel loro passo ` completapiccolo stato. Attualmente e mente in rovina: se ne conservano i resti di una torre alta 15 m. 8. Castello di Bulzi. Compreso nel giudicato di Torres faceva parte della curatoria dell’Anglona. Sorgeva in cima al monte Maltu a 300 m sul livello del mare, poco a sud dell’abitato di Bulzi. Fu costruito nel secolo XII dai Mala-

spina, che all’estinzione della dinastia giudicale di Torres lo compresero nel loro piccolo stato. Attualmente se ne conservano pochi ruderi malamente identificabili. 9. Castello di Capu Abbas (Civita). Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Fundimonte. Sorgeva su un colle a 240 m sul livello del mare, pochi chilometri a nord dell’attuale abitato di Olbia. Fu costruito dai giudici di Gallura nel corso del secolo XIII e abbandonato nel secolo XVI; ` in rovina e se ne possono attualmente e individuare ancora solo poche vestigia non chiaramente leggibili. 10. Castello di Capula. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria del Meilogu. Sorgeva alla ` del monte Sant’Antonio nella sommita ` di 700 m catena del monte Pelao, a piu sul livello del mare, a poca distanza da Siligo. Fu costruito dai Doria nella se` del secolo XIII per controlconda meta lare la grande strada che andava da Cagliari al porto di Torres. Con l’estinzione della dinastia giudicale essi lo compresero nel loro stato; attualmente ` completamente rovinato e se ne pose sono individuare soltanto pochi resti. 11. Castello di Casa di Regno (Mar’e Pontis). Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria del Campidano Maggiore. Sorgeva a poca distanza dalla chiesa parrocchiale di Cabras. Fu probabilmente costruito in periodo bizantino a difesa del territorio circostante e riutilizzato in seguito dai giudici d’Arborea che ne fecero una loro residenza. Attualmente la sua antica bellezza e la sua imponenza sono scomparse: se ne conservano poche tracce che non consentono di ricostruirne la struttura. 12. Castello di Casteddu Etzu. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria del Barigadu. Sorgeva a

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Castelli della Sardegna poca distanza da Fordongianus; era una costruzione di origini antichissime: probabilmente il suo nucleo originario era costituito da un nuraghe polilobato riutilizzato con l’aggiunta di cortine murarie dai Bizantini per difendere il territorio dalle incursioni dei Barbari` improbabile che il castello, cini. Non e opportunamente modificato, sia stato utilizzato in epoca giudicale, ma suc` in rovina e se ne cessivamente ando perse la memoria. 13. Castello di Castel Pisano. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria della Nurra; allo stato ` citata solo in alcune attuale la fortezza e ` possibile defonti dalle quali non e durre con certezza in quale sito fosse costruito. 14. Castello di Castel Rosso. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria dell’Anglona; sorgeva in cima a un colle a poca distanza dall’abitato di Perfugas. Fu costruito nel secolo XII dai Doria che, all’estinzione della famiglia giudicale, lo inclusero nel loro piccolo stato. Andato in rovina, ` completamente scomattualmente e parso. 15. Castello di Casteldoria. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria dell’Anglona; sorgeva non lontano dall’attuale abitato di Santa Maria Coghinas in posizione strategica a ovest di Monte Ruju: controllava il corso del fiume Coghinas e la vallata attraverso la quale passava l’antica strada romana, mentre poteva dominare dall’alto gran parte del golfo dell’Asinara nella costa che andava da Castelgenovese all’attuale Badesi. La fortezza fu fatta costruire dai Doria nel secolo XII e nel corso del secolo XV de` in rovina; attualmente ricadde e ando ` di mane una torre pentagonale alta piu 15 m e pochi resti di una cortina mura-

` stato fatto ogria. A partire dal 2003 e getto di un attento restauro.

Castelli della Sardegna – La torre costruita nel secolo XII dai Doria, signori dell’Anglona, domina il corso finale del Coghinas.

16. Castello di Castro. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Montacuto. Sorgeva in prossi` dell’omonima chiesetta in cima a mita un colle, a pochi chilometri da Oschiri. Fu costruito dai Bizantini con lo scopo di proteggere i territori circostanti e la grande strada che andava da Torres a Olbia; successivamente fu riutilizzato ` giudicale. Andato in rovina, atin eta tualmente conserva estesi ruderi, oggetto di alcune recenti campagne archeologiche. 17. Castello di Castrum Sulcitanum. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Sulcis. Sorgeva alle porte dell’attuale abitato di Sant’Antioco a protezione dello stretto e dell’isola. Fu costruito in periodo bizantino per difendere il territorio dalle incursioni arabe, e successivamente riutilizzato dai giudici che ne fecero una delle loro residenze. Andato in rovina, fu completamente demolito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.

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Castelli della Sardegna 18. Castello di Cheremule. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria del Cabudabbas. Sorgeva a 670 m sul livello del mare lungo il versante settentrionale del monte Cuccureddu a poca distanza dall’abitato di Cheremule. Fu costruito dai Doria, probabilmente dopo che essi organizzarono il loro stato; andato in rovina, i suoi ruderi erano ancora visibili nella ` dell’Ottocento. seconda meta 19. Castello di Chiaramonti. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria dell’Anglona. Sorgeva in cima al colle che domina l’attuale abitato di Chiaramonti. Fu costruito ` del secolo dai Doria nella seconda meta XIII; andato in rovina nel corso del secolo XV fu trasformato in chiesa. Attualmente le sue rovine, ancora piene di fascino, consentono di intuire l’imponenza dell’edificio. 20. Castello Corallo. Con questo nome sono indicati i resti di un castello che ` Miridde ´ lungo le sorgeva in localita rive del fiume Gusana in agro di Gavoi. La mancanza di fonti lo rende difficilmente identificabile; probabilmente fu costruito dai giudici d’Arborea e compreso nella curatoria della Barbagia di Ollolai, ai confini col giudicato di Torres. 21. Castello di Crasta. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Montacuto. Sorgeva in loca` Stazzu Casteddu nei pressi di punta lita Sa Persona a poca distanza dall’attuale abitato di Monti. Fu costruito dai giudici di Torres per difendere i confini del giudicato che si affacciavano sulla Gallura; andato in rovina, attualmente se ne conservano solo pochi ruderi di difficile interpretazione. 22. Castello di Cugato. Compreso nel giudicato di Torres, era una fortezza che ` imprecisata nelle sorgeva in localita campagne di Oschiri: molti lo confon-

dono erroneamente con il castello di ` detto. Castro di cui si e 23. Castello di Erguri. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria del Montacuto. Probabilmente sorgeva sulle falde del Monti Nieddu `. Fu fatto conon lontano da Budduso struire dai giudici di Torres a difesa dei confini dei loro territori con la Gallura. Andato in rovina nei secoli successivi, attualmente non se ne conserva traccia. 24. Castello di Essola. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della cu` ratoria della Nurra. Sorgeva in localita imprecisata e probabilmente fu costruito dai Doria quando entrarono in possesso della curatoria. Andato in seguito in rovina, non se ne conserva attualmente traccia. 25. Castello della Fava. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Posada. Sorge sulla som` del colle che domina l’attuale abimita tato di Posada. Fu costruito dai giudici di Gallura per difendere il territorio circostante e vigilare dall’alto i movimenti di uomini e navi sulla costa e il mare sottostanti. Rimasto complessivamente in buone condizioni, le eleganti strutture conservano la memoria della sua lunga storia e sono perfettamente integrate con l’antico borgo medioevale, inglobato nell’abitato attuale. 26. Castello di Figulinas. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Figulinas. Sorgeva su un colle a nord dell’attuale abitato di Florinas. Di origini antichissime, fu utiliz` giudicale; nel corso del sezato in eta ` ai Malaspina che, all’ecolo XII passo stinzione della dinastia giudicale, lo inclusero nel loro stato. Andato in rovina, fu progressivamente smantellato. Attualmente non si conserva nessuna traccia della costruzione originaria. 27. Castello di Funtana Menta. Com-

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Castelli della Sardegna preso nel giudicato di Arborea, faceva parte della curatoria di Parte Valenza. Sorgeva nella parte settentrionale dell’attuale abitato di Senis. Fu costruito dai giudici d’Arborea per difendere il territorio circostante dalle incursioni delle popolazioni delle zone interne. Andato in rovina, attualmente ne sopravvive una torre di notevoli proporzioni e di suggestiva fattura. 28. Castello a donjon di Ghilarza. Situato ` perfettanell’abitato di Ghilarza, e mente conservato; fu costruito dagli Aragonesi nel corso del secolo XVe adibito a sede amministrativa e giurisdi` con il castello di Laconi, un zionale. E raro esempio di architettura tardomedioevale di derivazione catalana. Un documento del 1698 attesta che in quell’anno, andata perduta l’abitudine all’uso militare, era stato adibito a carcere baronale, per diventare nell’Ottocento un carcere mandamentale. Negli anni Ottanta del Novecento fu sottoposto a un intelligente restauro che ha permesso di farne la sede di importanti eventi culturali. 29. Castello di Gioiosaguardia. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Sigerro. Sorgeva in cima al monte Exi a 418 m sul livello del mare, pochi chilometri a sud di Villamassargia. Fu probabilmente costruito dai giudici di Cagliari e riutilizzato dai Della Gherardesca nella se` del secolo XIII, quando con conda meta i borghi fortificati di Villamassargia e Domusnovas, il castello di Acquafredda ` murata di Iglesias costituiva e la citta una formidabile cerniera a difesa dello sbocco della valle del Cixerri e della retrostante area mineraria. Nel XV fu abbandonato; ricoperto nel corso dei secoli da una fitta macchia, in parte `. crollo 30. Castello di Girapala. Compreso nel giudicato di Arborea, faceva parte della

curatoria del Guilcier. Sorgeva su un colle lungo la valle del Tirso in territorio di Paulilatino. Fu costruito dai giudici d’Arborea per controllare le vie di accesso alle zone interne. Nel secolo ` ; attualXV fu abbandonato e crollo mente non ne rimane traccia.

Burgos – Il castello del Goceano, costruito nei primi decenni del secolo XII da Gonario giudice di Torres, domina ancora oggi il borgo sottostante.

31. Castello del Goceano. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della omonima curatoria. Era situato in cima a un colle che domina l’abitato di Burgos a 650 m di livello sul mare. Il ca` pittoresche rocche stello, tra le piu della Sardegna, fu costruito nel 1127-29 dal giudice Gonario di Torres, in un punto chiave per la difesa del Logudoro e dei pendii meridionali (Sa Costera) del Marghine di Goceano. Per questa sua posizione-chiave fu teatro di una drammatica serie di eventi storici: nel 1193 il giudice di Cagliari Guglielmo di ` il giudice di Torres CoMassa vi assedio stantino e, espugnato il castello, ne fece prigioniera la moglie Prunisinda (usandole anche violenza, secondo la tradizione); intorno al 1255 vi morı`, dopo aver vissuto in solitudine, probabilmente guardata a vista come una prigioniera, l’ultima giudicessa di Torres e di Gallura, Adelasia di Torres; nel 1478 qui ` con i suoi uomini, alla vigilia si rifugio

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Castelli della Sardegna della battaglia di Macomer, il figlio di Leonardo Alagon, Artaldo. Estinta la di` ai giunastia giudicale la fortezza passo dici d’Arborea. Nel corso dei secoli suc` parzialcessivi fu abbandonato e ando mente in rovina; oggi si accede al castello passando attraverso i ruderi dell’imponente cinta muraria. 32. Castello di Gulana. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria della Barbagia di Ollolai. Sor` Casteddu in cima al geva in localita monte Gulana a 650 m sul livello del mare, a qualche chilometro a ovest di Olzai. Allo stato attuale, sulla base dell’unica descrizione che ce ne ha la` possibile sciato Vittorio Angius, non e determinare quando e da chi sia stato costruito. 33. Castello di Laconi. Compreso nel giudicato di Arborea, faceva parte della curatoria di Parte Valenza. Sorgeva a poca distanza dall’attuale abitato di Laconi. ` biFu probabilmente costruito in eta zantina e successivamente riutilizzato dai giudici di Arborea e dai feudatari aragonesi. Attualmente le sue imponenti e romantiche rovine sono comprese nel parco dei marchesi Aymerich. 34. Castello di Longonsardo. Compreso nel giudicato di Gallura, fu costruito ` del secolo XIV dagli nella seconda meta ` la Turraccia nel Aragonesi in localita promontorio di Terravecchia che delimita a est il porto di Longone, ai piedi del breve altipiano su cui sorge l’abitato di Santa Teresa Gallura. Fu edificato per difendere la Gallura dal pericolo di invasione dei Corsi di Bonifacio, e fu sede di numerose operazioni militari; fu demolito nel 1423. Attualmente se ne conservano pochi labili avanzi, ma nella moderna sede della stazione ma` vedere un’intellirittima se ne puo gente, simpatica ricostruzione. 35. Castello di Osilo (o dei Malaspina). Compreso nel giudicato di Torres, fa-

` ceva parte della curatoria di Montes. E situato su un colle che domina l’abitato di Osilo. Fu costruito nella seconda ` del secolo XIII dalla famiglia dei meta grandi signori sardo-liguri quando questi, con l’estinzione della dinastia giudicale, formarono il loro piccolo stato. At` stata tualmente la sua costruzione e parzialmente restaurata e imponente domina la parte alta del moderno abitato. 36. Castello di Malvicino. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Sarrabus. Sorgeva sul colle di Cuccuru Perd’e Pau a 60 m sul livello del mare, a poca distanza dall’abitato di Villaputzu. Fu costruito dai Visconti nel corso del secolo XIII per controllare e difendere la vallata del Gerrei. Attualmente se ne conservano i ru` sono difficilmente leggideri, che pero bili.

Castelli della Sardegna – Su un colle dalla forma perfettamente conica svettano le rovine del castello di Las Plassas, detto anche castello di Marmilla.

37. Castello di Marmilla. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte dell’omonima curatoria. Sorgeva su una caratteristica collina conica isolata posta a breve distanza da Las Plassas. Costruito in quattro fasi a partire dal secolo X dai giudici d’Arborea per difen` dere i confini del loro stato, era la piu avanzata opera difensiva del giudicato lungo la linea di confine col territorio

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Castelli della Sardegna del giudicato di Cagliari. Attualmente si conservano imponenti rovine delle mura perimetrali che in tempi recenti hanno avuto accurati restauri. 38. Castello di Medusa. Compreso nel giudicato di Arborea, faceva parte della curatoria del Mandrolisai. Sorgeva in ` Sa Conca ’e su Casteddu a 215 localita m sul livello del mare su una rupe posta a una decina di chilometri da Asuni. La fortezza fu costruita in tempi diversi a ` romana e succespartire dalla tarda eta sivamente riutilizzata dai Bizantini e in ` giudicale. Attualmente le sue rovine eta imponenti, che recentemente sono state studiate a fondo, coprono una considerevole superficie. 39. Castello di Mondragone. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria della Nurra. Con ogni ` sorgeva in prossimita ` di probabilita Porto Torres. Fu costruito in data non precisabile dai Doria e utilizzato per la difesa del territorio. Attualmente non si trova alcuna traccia della fortezza. 40. Castello di Monreale. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria del Bonorcili. Sorgeva a 280 m sul livello del mare in cima all’omonima collina a pochi chilometri da Sardara. Fu costruito dai giudici d’Arborea nel secolo XIII e dominava la grande strada che andava da Cagliari al porto di Torres; col tempo divenne un costruzione imponente. Attualmente le sue considerevoli rovine sono state sottoposte a un radicale restauro e attendono ulteriori scavi nell’area dove sorgeva il contiguo borgo fortificato. 41. Castello di Montacuto. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte dell’omonima curatoria. Sorgeva in cima al colle di Montacuto a 480 m sul livello del mare nelle vicinanze di Berchidda. Fu costruito probabilmente nel secolo XI dai giudici di Torres, che vi inglobarono una precedente costruzione mili-

tare bizantina; fu abbandonato dopo il ` in rovina. Attualmene si 1420 e ando conservano numerosi ruderi, che consentono di comprendere quale fosse l’impianto della fortezza, di recente studiato e ricostruito dal medievista Giuseppe Meloni. 42. Castello di Monteforte. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria della Nurra. Sorgeva a 460 m sul livello del mare in cima all’omonimo colle che si eleva a nord dell’Argentiera. Fu costruito dai giudici di Torres per difendere l’adiacente zona mineraria e successivamente riutilizzato dai Doria. Attualmente le sue rovine sono coperte da un’imponente macchia che ne rende difficile la lettura. 43. Castello di Monteleone. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Monteleone. Era situato a 760 m sul livello del mare su un rilievo che domina l’abitato di Monteleone Rocca Doria. Fu costruito dai Doria a ` del secolo XIII e divenne una meta delle loro residenze; fu distrutto nel 1436 dopo un lungo assedio. Attualmente della grande fortezza rimangono solo pochi ruderi. 44. Castello di Montesanto. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria dell’Oppia. Sorgeva sull’omonimo colle a 760 m sul livello del mare poco distante da Mores. Fu costruito dai Doria nel secolo XIII e successivamente abbandonato; attual` possibile individuare almente non e cun resto della fortezza, salvo che non si vogliano attribuire alla costruzione i resti di alcuni muri affioranti accanto alla chiesetta dei Santi Elia ed Enoch edificata sul breve altipiano in cima al colle. 45. Castello di Montezuighe. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria del Montacuto. Sorgeva a 500 m sul livello del mare in cima al-

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Castelli della Sardegna l’omonimo colle a pochi chilometri da Ittireddu. Fu costruito dai giudici di Torres in epoca imprecisata e alla fine ` ai giudici d’Arbodel secolo XIII passo rea. Attualmente rimangono della fortezza pochi ruderi quasi completamente sepolti dalla vegetazione e difficilmente leggibili. 46. Castello di Montiferru (Casteddu Ezzu). Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria omonima. Sorgeva a 769 m sul livello del mare sul colle di Monte Tuvonari pochi chilometri a sud di Cuglieri. Fu costruito nel secolo XI dai giudici di Torres per difendere i confini dei loro territori dall’Arborea; quando la dinastia di Torres si ` a far parte del estinse, la fortezza entro giudicato d’Arborea. Attualmente si conservano alcuni resti delle mura perimetrali e di una delle torri. 47. Castello di Murgunulis. Di incerta origine, probabilmente sorgeva a 300 m sul livello del mare in cima al colle di Santa Reparata, a poca distanza da Usellus. Probabilmente fu distrutto da un’incursione delle popolazioni dell’interno; attualmente non ne rimane traccia. 48. Castello di Narbolia. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria del Campidano di Milis. Sorgeva a poca distanza dall’attuale cimitero di Narbolia. Fu costruito in epoca imprecisata dai giudici d’Arborea, attualmente non ne rimane traccia. 49. Castello di Nora. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria di Nora. Sorgeva a 65 m sul livello del mare su un roccione che si eleva alla periferia di Pula. Fu costruito in periodo bizantino per difendere, con `, la rada di Nora e sucogni probabilita cessivamente riutilizzato dai giudici di Cagliari. Abbandonato in epoca impre` in rovina; le sue ultime vecisata, ando ` stigia furono demolite nella prima meta del Novecento.

50. Castello di Ogliastra (Medusa). Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria dell’Ogliastra. Sorgeva tra Girasole e Lotzorai su un roccione che si eleva a poca distanza dalla strada Orientale sarda. Fu costruito con ` sui resti di una fortezza ogni probabilita punica dai giudici di Cagliari per difendere i territori circostanti dalle incursioni arabe e successivamente venne uti` parzialmente lizzato dai Visconti. Oggi e in rovina e i suoi ruderi attendono un’accurata opera di restauro. 51. Castello di Oliena. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Orosei. Sorgeva alle falde del monte Corrasi, dominando l’abitato di Oliena. Fu costruito probabilmente nel secolo XI dai giudici di Gallura per difendere il territorio da eventuali attacchi provenienti dal giudicato di Cagliari. Fu smantellato in epoca imprecisata. Attualmente non si conserva traccia dell’edificio. 52. Castello di Olomene. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria di Montacuto. Sorgeva in lo` Casteddu a 700 m sul livello del calita mare sull’omonimo altipiano, qualche chilometro a nord di Pattada. Fu costruito in fasi distanziate su un antico nuraghe riutilizzato dai giudici di Torres per difendere il territorio; attualmente le sue numerose rovine sono in pessimo stato di conservazione. 53. Castello di Olova. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Gemini. Sorgeva in cima al colle di La Turritta in territorio di Luras. Fu costruito dai giudici di Gallura per difendere il territorio da eventuali attacchi provenienti dal Montacuto. ` in rovina probabilmente prima Ando della conquista aragonese. Attualmente se ne conservano alcuni resti, da ` possibile identificare la pianta. cui e 54. Castello di Orsetto (Barigadu). Com-

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Castelli della Sardegna preso nel giudicato di Arborea, faceva parte della curatoria di Barigadu. Sor` di Montesanto, dove geva nella localita si trovava l’omonimo villaggio ora scomparso, a pochi chilometri da Neoneli. Fu costruito in periodo bizantino per difendere i territori dalle incursioni delle popolazioni dell’interno e riutilizzato dai giudici di Arborea. Attualmente si conservano pochi resti e un ricordo delle tre torri di cui il castello era munito. 55. Castello di Oristano. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della ` . Sorgeva cinta delle mura della citta ` ubicato il carcere dove attualmente e di Oristano. La costruzione era imponente e inglobava la grande torre di San Filippo; fu edificato dai giudici in epoca imprecisata. Attualmente non se ne conserva alcuna traccia. 56. Castello di Orosei. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte dell’omonima curatoria. Sorgeva al centro dell’abitato di Orosei, inglobato nel sistema di mura che lo cingevano. Fu fatto costruire dai giudici di Gallura in epoca imprecisata per difendere il villaggio dalle incursioni dei corsari; nel ` andato in rovina. Atcorso dei secoli e tualmente se ne conserva la torre del mastio fortemente modificata. 57. Castello di Orvei. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria del Montacuto. Sorgeva su uno sperone a poca distanza dall’attuale villaggio di Tula. Fu costruito da Mariano d’Arborea dopo che il Montacuto era passato nelle sue mani, ma successiva` in rovina. Attualmente mente ando sono visibili i resti di alcuni ambienti della fortezza, ma in cattive condizioni. 58. Castello di Ozula. Si tratta di un edificio conosciuto come Palattu ezzu, costruito a Sennori in epoca imprecisabile e trasformato nel 1638 in casa baronale: se ne vede, oltre la facciata abbastanza anonima, il cortile interno.

59. Castello di Padulaccia. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Fundimonte. Sorgeva su un colle detto Mont’a Telti a mezza strada tra Olbia e Telti. Fu probabilmente costruito in periodo bizantino e riutilizzato dai giudici di Gallura per difendere il territorio da eventuali attacchi. Attualmente sono visibili imponenti rovine della cinta muraria, ma in pessime condizioni. >60. Castello di Palmas. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della ` curatoria di Sols. Sorgeva in prossimita di San Giovanni Suergiu. Fu fatto costruire dai giudici di Cagliari che lo inclusero nella cinta fortificata dell’antico villaggio di Palmas; attualmente ne rimane solo una torre in non buone condizioni di conservazione.

Castelli della Sardegna – Il castello di Pedreso, ai bordi della piana di Olbia, fu costruito con ` dai Visconti, giudici di ogni probabilita Gallura.

61. Castello di Pedreso. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte

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Castelli della Sardegna della curatoria di Fundimonte. Sorgeva a 80 m sul livello del mare sul ` Casteddu a monte d’Aspe in localita pochi chilometri da Olbia. Fu co struito probabilmente dai Visconti, giudici di Gallura, nel secolo XIII. Attualmente se ne conservano imponenti resti della cortina muraria e le mura possenti di alcune torri. 62. Castello di Pontes. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria di Galtellı`. Sorgeva in cima al monte Tuttavista a mezza strada tra Orosei e Galtellı`. Fu costruito dai giudici di Gallura nel secolo XII, probabilmente riutilizzando un antico insediamento romano. Inutile baluardo contro la conquista aragonese, appartenne in seguito a Eleonora d’Arborea. Attualmente se ne conservano alcuni tratti della cinta e i resti di una torre; i ruderi sono romanticamente inglobati in una rigogliosa macchia. 63. Castello di Quirra. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte dell’omonima curatoria. Era situato a quasi ` 300 m sul livello del mare in localita Arcu Genna Scodias sul monte Castello nel cuore del salto di Quirra. Fu costruito dai giudici di Cagliari, riutilizzando probabilmente una vecchia for` in parte tezza bizantina. Attualmente e crollato e i suoi resti sono molto mal ridotti. 64. Castello di Re Baldo. Compreso nel giudicato di Gallura, faceva parte della curatoria della Balariana. Sorgeva in ` Santu Stevanu a circa 270 m sul localita livello del mare a poca distanza dall’abitato di Luogosanto. Fu costruito dai giudici di Gallura nel secolo XI e probabilmente era destinato a loro residenza; attualmente si conservano significativi ` possibile intuire la sua resti dai quali e forma originaria. 65. Castello di Roccaforte. Sorgeva in lo` Planu in prossimita ` di Giave. Fu calita

` Doria nei primi costruito da Bernabo decenni del secolo XIV per difendere i suoi territori dai giudici d’Arborea. Attualmente non si conserva alcuna traccia della fortezza, i cui ultimi resti furono demoliti qualche decennio fa. 66. Castello della Rosa. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria dell’Ogliastra. Sorgeva su un colle a 420 m sul livello del mare in loca` Quadassonis a breve distanza da lita Jerzu. Fu costruito dai giudici di Cagliari probabilmente nel secolo XI a guardia della strada che collegava il Sarrabus con i villaggi interni dell’Ogliastra. Attualmente ne rimangono pochi avanzi di difficile lettura. 67. Castello di Salvaterra. Compreso nei domini dei Della Gherardesca, sorge su un colle che domina Iglesias e un tempo era integrato nella cinta di mura della ` . Fu costruito nella seconda meta ` citta del secolo XIII dai Della Gherardesca ` parziale nel corso dei secoli ando mente in rovina. 68. Castello di San Michele. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Campidano di Cagliari. Sorge a 120 m sul livello del mare su un colle isolato, ormai inglobato nel perimetro urbano. Fu costruito dai giudici di Cagliari per difendere Santa Igia, probabilmente riutilizzando un edificio bizantino; in seguito fu uti` lizzato dagli Aragonesi. Attualmente e stato restaurato completamente e inse` divenuto un rito in un parco urbano e importante centro culturale, che mette a frutto anche l’ampiezza del panorama che si domina dalla cima. 69. Castello di Sanluri. Situato al confine tra il giudicato d’Arborea e quello di Cagliari fu forse costruito nel secolo XI per assolvere a compiti di carattere militare probabilmente dai giudici d’Ar` di mano borea. Successivamente passo ` diverse volte e fu utilizzato anche in eta

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Castelli della Sardegna aragonese. Sorge al centro di Sanluri; in passato le sue strutture erano collegate alla cinta fortificata che difendeva ` perfettamente conservato e il borgo; e curato dagli attuali proprietari, che ne hanno fatto anche la sede di un importante museo. 70. Castello di Sant’Isidoro. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria di Sols. Sorgeva su un ` omonima a 3 km dall’acolle in localita bitato attuale di Teulada. Fu costruito probabilmente dai Bizantini per difendere il territorio dalle incursioni arabe e successivamente riutilizzato dai giudici di Cagliari; attualmente ne rimangono poche tracce, tra le quali gli avanzi di un edificio quadrangolare che farebbe pensare a una torre. 71. Castello di Santisconata. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria di Nora. Sorgeva su un colle che domina l’attuale abitato di Do` possibile stabilire mus de Maria. Non e con certezza chi lo abbia costruito e quando; certamente fu utilizzato per ` giudicale. scopi militari anche in eta ` ; attualmente Andato in rovina, crollo se ne intuiscono pochi ruderi, probabilmente parte della cinta muraria. 72. Castello di Sa Prisoni Bezza. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria del Marghine. Sorgeva non lontano dal centro storico di Macomer, nei pressi della chiesa di San Pantaleo. Fu costruito dai giudici di Torres nel secolo XII per difendere il territorio dall’Arborea; estinta la dinastia turritana, alla fine del secolo XIII ` nelle mani dei giudici d’Arborea. passo Attualmente della fortezza non rimane ` traccia. piu 73. Castello di Sassai (o di Orguglioso). Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Gerrei. Sorgeva su una cima del gruppo del monte Ixi a pochi chilometri da Silius.

` imprecisata dai giuFu costruito in eta dici di Cagliari per difendere il territorio dalle incursioni dei Barbaricini; andato completamente in rovina dopo che fu assalito durante le guerre tra Ara` stato gona e Arborea, recentemente e completamente restaurato. 74. Castello di Sassari. Fu costruito nella ` del secolo XIV dagli Araseconda meta gonesi a Sassari, pochi metri all’esterno ` , con del sistema delle mura della citta la quale forse comunicava attraverso un tunnel. Nei secoli successivi divenne la sede dell’Inquisizione della Sardegna; fu demolito nella seconda ` dell’Ottocento e sulla sua area fu meta ` costruita la caserma che attualmente e sede del comando della Brigata ‘‘Sassari’’. 75. Castello di Segariu. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria della Trexenta. Sorgeva in lo` Su Casteddu a breve distanza dalcalita l’abitato di Segariu. Fu costruito dai giudici di Cagliari nel corso del secolo ` in rovina nei secoli succesXII; ando sivi; attualmente se ne conservano pochi ruderi scarsamente significativi. 76. Castello di Serla. Compreso nel giudicato d’Arborea, faceva parte della curatoria del Guilcier. Sorgeva a sud di ` omoDomusnovas Canales in localita nima. Fu costruito dai giudici d’Arbo` imprecisata per difendere il rea in eta territorio dalle incursioni delle popolazioni delle zone interne; nel corso dei ` in rovina e attualmente secoli ando non se ne conserva traccia. 77. Castello di Serravalle. Compreso nel giudicato di Torres, faceva parte della curatoria della Planargia. Sorge sul ` di Bosa. Fu cocolle che domina la citta struito dai Malaspina nel secolo XII e ` in possesso dei successivamente passo giudici d’Arborea. Nel corso dei secoli ` in rovina; attualdecadde, ma non ando ` stato restaurato accuratamente e

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Castellino ` con la sua elemente e domina la citta gante mole. 78. Castello di Sorra (Sorres). Era una bastita costruita nel secolo XIV dagli ` di Torralba duAragonesi in prossimita rante le guerre con i Doria. Assolse il ` aspre del consuo compito nelle fasi piu flitto e fu fatto demolire nel corso del secolo. Attualmente non se ne conserva alcuna traccia. 79. Castello di Tissilo. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria della Barbagia di Seulo. Sor` su Casteddu sul monte geva in localita Ioni a 1000 m sul livello del mare non ` lontano da Ussassai. Fu costruito in eta non precisabile e utilizzato per controllare la via d’accesso alle zone montane dell’Ogliastra; probabilmente fu distrutto durante le guerre tra Aragona e Arborea. Attualmente se ne conservano pochi resti di difficile interpretazione. 80. Castello di Tului. Compreso nel giudicato di Cagliari, faceva parte della curatoria del Sols. Sorgeva alle falde del colle di San Michele a poca distanza da Tratalias. Fu costruito dai giudici di Cagliari su un precedente edificio bizantino per difendere il territorio dalle incursioni arabe. Nel corso dei secoli de` ; i suoi pochi resti erano cadde e crollo ancora visibili agli inizi dell’Ottocento, ` persa traccia. ma attualmente se ne e ` non 81. Castello di Uras. Costruito in eta precisabile, sorgeva al centro dell’abitato attuale di Uras ed era caratterizzato da una grande torre. Presumibilmente fu demolito agli inizi del secolo XVI durante un’incursione barbaresca. 82. Castello di Villasor. ‘‘Casa forte’’ che sorge nell’abitato di Villasor. Fu costruita agli inizi del secolo XV per porre un freno alle frequenti incursioni dei ` ai feudaBarbaricini; in seguito passo tari che successivamente ebbero la signoria del villaggio. Attualmente ap-

partiene al Comune, che lo utilizza come centro culturale.

Castellino, Anna Archivista (n. Cagliari ` entrata 1953). Laureata in Lettere, e nella carriera degli Archivi di Stato. Dal 1983 lavora presso la Soprintendenza archivistica per la Sardegna, di ` ora funzionaria. Tra i suoi scritti: cui e L’edilizia privata cagliaritana nei secoli XVII e XVIII dai documenti dell’Archivio Storico Comunale di Cagliari in Arte e cultura del ’600 e del ’700 in Sardegna, 1984; L’istituzione della Confraternita di S. Efisio nel villaggio di Quartu (con Linda Garavaglia), in Francia e Italia negli anni della Rivoluzione, 1996; L’Archivio comunale di Ardauli (con Maria Luisa Di Felice), L’Archivio comunale di ´ s Carboni), Samugheo (con M. Valde L’Archivio comunale di Ula Tirso (con A.P. Loi), tre schede in Gli Archivi comunali della provincia di Oristano, 1999.

Castelsardo Comune della provincia di Sassari, incluso nel Comprensorio n. 2, con 5410 abitanti (al 2004), posto a 114 m sul livello del mare su un complesso trachitico che domina il golfo dell’Asinara. Regione storica: Anglona. Diocesi di Tempio-Ampurias.

Castelsardo – Il paese sorge su un possente promontorio, quasi al centro dell’ampio arco di costa del golfo dell’Asinara.

TERRITORIO Il territorio comunale, dalla forma approssimativa di un’ellisse, si estende per 45,48 km2 e con-

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Castelsardo fina a nord col mare del golfo dell’Asinara, a est con Valledoria e Sedini, a sud con Nulvi e Osilo e a ovest con ` totalmente collinoso, in gran Sorso. E parte ricoperto di macchia mediterranea e privo di alberi d’alto fusto. I terreni sono composti in massima parte di trachite, tufo e argilla. Una piccola ` coltivata a vite (Li Paddimi, Lu parte e Padru); a grano la piana di Leni e la ` valle di San Giovanni e il restante e ` alto, lasciato a pascolo. Il monte piu ` il Tudspesso battuto dal maestrale, e deri (435 m) che si trova al confine con il territorio comunale di Nulvi. Inte` la costa, in genere alta e rocressante e ciosa, mentre le spiagge sono poche e piccole (Lu Bagnu, Baia Ostina). Lo stesso centro abitato, dominato dal ca` posto su una fortificazione nastello, e turale, interamente in trachite e domina, verso sud, la valle di Ilpighia, sede degli orti dei castellanesi.

Castelsardo – La Roccia dell’Elefante. Il nome viene dalla forma che il robusto masso trachitico ha assunto nel tempo. Ospita al suo interno una piccola domus de janas.

STORIA Il centro abitato fu fondato nel 1102 dai Doria col nome di Castelgenovese e crebbe rapidamente, grazie ai privilegi concessi ai primi abitatori che fin dall’origine possedevano uno status particolare, in seguito recepito come te-

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` di sto degli statuti (=). Dopo che la citta ` Castelgenovese diAmpurias si spopolo venne il capoluogo dell’Anglona, crebbe di importanza e fu cinta da poderose fortificazioni. Con l’estinzione della dinastia giudicale i Doria inclu` nel piccolo stato feudale sero la citta che avevano formato riunendo tutti i territori in loro possesso. Essi continuarono a tenere un buon rapporto con gli abitanti che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista arago` nel 1323 si dichiaranese. I Doria pero rono vassalli del re d’Aragona, cosı` la `, almeno formalmente, entro ` a far citta parte del Regnum Sardiniae. Quando ` nel 1325 si ribellarono, C. divenne pero uno dei capisaldi della resistenza dei Doria agli Aragonesi, mantenendo questa funzione anche nel periodo successivo, durante le guerre tra Aragona e Arborea. Seppe resistere nel 1330 alle truppe aragonesi guidate da Raimondo Cardona e quando, nel 1347, i Doria si ` contiribellarono nuovamente, la citta ` ad assolvere alla sua funzione mennuo tre il territorio circostante subiva altri danni. Nel 1350 sembrava che potesse essere raggiunta la pace tra gli Aragonesi e i Doria, ma le tribolazioni della ` non ebbero fine; nel 1357 infatti C. citta era passato nelle mani di Brancaleone, figlio illegittimo dell’ultimo dei Doria. Il nuovo signore, uomo molto ambizioso ` poter divenire un fee capace, sembro dele alleato del re d’Aragona; per questo motivo, scoppiata la seconda guerra tra Mariano IV e Pietro IV, nel 1366 la ` fu assediata dalle truppe di Macitta riano IV ma seppe resistere, mentre il territorio circostante continuava a essere teatro di guerra. Il destino di C. ` improvvisamente quando nel cambio ` Eleonora d’Ar1376 Brancaleone sposo borea. Rotto l’accordo col re d’Aragona, ` con il cognato Ugone III proprio si alleo

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Castelsardo ` aspra del conflitto tra i nella fase piu ` divenne fino al 1382 residue. La citta denza della coppia, il cui legame fu allietato dalla nascita di Federico e di Mariano; in seguito, negli ultimi anni del giudicato e della vita di Branca` a svolgere una funzione leone, continuo importante. Pare che lo stesso Brancaleone sia morto prima del 1408 proprio ` quindi nelle mani di Nia C., che passo ` Doria, suo figlio naturale; questi ne colo ` che restava del fece la capitale di cio ` di piccolo stato dei Doria. Egli tento conservarne il possesso e nel 1417 la ` fu assediata da Guglielmo di Narcitta bona ma resistette. Quando poi il vi` defisconte di Narbona nel 1420 lascio `a nitivamente la Sardegna, C. continuo ` e dopo rimanere in possesso di Nicolo la caduta di Monteleone divenne l’ultimo rifugio fino alla sua morte; subito ` passo ` sotto il controllo didopo la citta retto del re assumendo il nome di Ca` reale. stellaragonese e lo status di citta Il sovrano provvide a ripopolarla e la ` crebbe rapidamente nuova comunita ` sperimentando gli ordinamenti di citta regia e dal 1505 divenne sede della diocesi di Ampurias. Grazie alla sua posizione strategica, nel corso del secolo XVI la rocca fu utile alla difesa delle coste dagli attacchi dei nemici del regno e nel 1527, nel periodo delle guerre tra Carlo Ve Francesco I, resistette a un attacco di truppe francesi guidate da Andrea Doria. Poco tempo dopo, purtroppo, la sua popolazione fu decimata ` decadendo dalla peste e da allora ando anche come centro urbano. La deca` manifesta nel corso denza fu ancora piu del secolo XVII, quando le fortificazioni andarono in rovina fino alla perdita della tradizionale funzione militare. Nel 1767, dopo che la Sardegna era passata ai Savoia, C. prese l’attuale nome e la sua funzione militare fu rilanciata. Le fortificazioni furono restau-

rate e migliorate, e vi fu stabilito un pre` fino al 1848. Di sidio che vi soggiorno ` la preziosa testimoquesto periodo e nianza di Vittorio Angius: «La figura ` irregoche determinano le muraglie e larissima per li molti angoli salienti e ` rassomirientranti. Alla grossa puo gliarsi a un triangolo scaleno con l’an` [strade] golo minimo spuntato. Le piu sono selciate da che il V.R. Des-Hayes vi si trasferı` a visita. Delle quali la pri` frequentata dicesi ‘‘la maria e piu piazza’’, nome che in tutto il Logudoro vale strada del corso. Procede da le´ non per vante a ponente, comecche una giusta retta. Superiormente muovonsi tre altre, ed esse per linee meno regolari; inferiormente ne corron due ` tortuose. Delle traversali la ancor piu ` la ‘‘cantonata’’, che apmeglio diretta e poggiasi a mezza piazza. Il luogo ha naturali difese cosı` formate che basti poc’arte e forza a che sia la posizione ine` un’erta assai spugnabile. Dall’austro e repente, dove per agevolarvi lo salimento conviene di spezzar la linea stradale in tre branche, sviluppo che tutto non toglie l’affanno: da ponente a levante rupi stagliate quasi imminenti sul mare; da tramontana la scogliosa falda del monte su le quali ruota il vento e frange onde vaste. Le mura sono tali quali nel Medio Evo si solevano costruire, e cosı` condotte come voleva la condizione del luogo, e consigliava una maggior sicurezza. Esse quasi in ogni parte sorgean sul ciglio di scoscendimenti precipitosissimi, e non permetteranno a un nemico nessun luogo sotto di ´ . Delle antiche torri due ne apparise scono ancora presso al castello in contro a sirocco, e cinque nella gran linea contro il mare; l’altre cadute per propria debolezza o per ostili percosse non ` furono restituite. Tra citta ` e conpiu tado somma ad anime 2000 in famiglie ´ siedono tra le mura anime 1815 200; che

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Castelsardo in famiglie 165, e anime 185 in famiglie 35 ne’ rispettivi distretti pastorali. Si ` celebran all’anno matrimoni 17, e si da ´ sache nascano 60 e muojano 40; sicche rebbero 20 anime di annuo incremento, e si potrebbe sperare in assai meno d’un ` scorsecolo il raddoppiamento. Ma gia sero 77 anni, da che il Mattei (Sardinia sacra, stampata l’anno 1758) notava la ´ piu ` ne ´ meno che popolazione di C. ne ` lo spirito ora sia. Ragion di questo sara di vendetta che costantemente assottiglia e riduce a zero il numero d’aumento. Quante [professioni] rispon` dono ai primi bisogni, e nessun’arte piu delle altre commendevole. Le femmine non travaglian tanto, che provvedano in pannilani e lini alla propria famiglia ` di 83 telai, dei quali non avendosi piu ` senza imiben pochi per le lane. Resto tazione l’esempio d’una signora che si ` alla coltura dei bachi e al lavoro applico della seta. Alcune lavorano certa sorta di biscottelli d’una pasta assai gustosa. Il contado stendesi in lungo per quattr’ore, in largo per una e mezzo. Si seminano starelli di grano 1900; d’orzo 500; di lino 60; di fave, lentiche, ceci, fagiuoli, piselli, ecc. 90. I grani fruttificano al 15, e 20; gli altri semi si moltiplicano in modo, che tengasi per contento il coltivatore, se il cielo non sia contrario alla vegetazione. Si coltiva 25 va` d’uve, e si ottiene dai frutti caririeta che 1500, che eguagliano quartieri 22 500. Nelle vigne sono sparse moltissime specie di fruttiferi, meli, peri, aranci, limoni, fichi, peschi, meli cotogni, in breve quasi quante si coltivano nel contado di Sassari. I fichi d’India fanno belle siepi ai poderi. Ecco le specie [di bestiame] e i rispettivi numeri. Cavalli 280, buoi 710, porci 550, pecore 5500, capre 3200. Hannosi pochi giumenti, da che i castellanesi usano di macinare il grano con una macchina a mano. Dalle greggie si ha ottimo cacio, e

burro. Nuotano pure in questi mari quelle specie che guizzano negli altri del littorale sardo, e ne partecipano i circostanti popoli. Si salano i gronghi e le lamprede, si affuman i gattucci, le mussole, le uova, ecc. Per la dogana [del porto] vi ha un ricevitore, e alcuni altri uffiziali minori. Si esporta grano, formaggio, sughero, e pietre di macina pel continente, per la Maddalena, e per le tonnare. Nel gran banco ai paraggi ` il piu ` bel corallo della dell’Asinara e Sardegna, e forse di tutto il Mediterraneo; ma per la troppa lontananza dalla costa pochi vi amano travagliare. Ecco ´ rarissimi battelli ora approdano perche a C.».

Castelsardo – Ai piedi dell’antica rocca dei ` del Doria si e` sviluppato, nella seconda meta Novecento, un borgo marino moderno.

Nel corso del secolo XIX C. divenne capoluogo di mandamento e fu incluso

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Castelsardo nella provincia di Sassari. Nella se` del secolo la sua economia conda meta ` riprendersi grazie alle attivita ` sembro della pesca e dell’agricoltura; un deciso mutamento della propria condizione C. ` lo ebbe a partire dalla seconda pero ` del Novecento quando divenne meta una delle mete preferite del turismo. & ECONOMIA La fonte principale della ` il turismo, specialsua economia e mente quello estivo. Nonostante la ` di spiagge, i turisti trovano C. scarsita interessante per la bellezza del castello e delle chiese e per alcune manifestazioni a carattere religioso molto coinvolgenti. Discretamente svilup` pate vi sono anche la pesca e l’attivita portuale. Soprattutto la prima, di antica tradizione – rara in Sardegna – soprattutto per l’uso delle nasse per la cattura delle aragoste. Il porto turistico, realizzato sfruttando l’insena` dotato di tutti i sertura di Frigiano, e vizi necessari e dei collegamenti col centro urbano e la S.S. 200. Di qualche ` l’agricoltura, in particoimportanza e lare la produzione di cereali e la viticoltura. Un certo peso ha la pastorizia con una rinomata produzione di formaggi pregiati. Artigianato. Di note` la produzione dei vole importanza e cestini artisticamente decorati e intrecciate dalle donne del luogo che un tempo utilizzavano la palma nana, di cui il territorio era ricchissimo. Oggi usano la rafia, spesso di origine sintetica, per motivi ecologici: infatti la palma era in pericolo di estinzione. ` Servizi. C. dista da Sassari 32 km ed e collegata da autolinee anche agli altri ` sede di guarcentri della provincia; e dia medica, di farmacia, di scuole di ogni ordine e grado e di servizi bancari. Possiede il porto, la Biblioteca comunale, un museo, 13 alberghi con 1102 posti letto; 1 campeggio con 351

posti letto; 19 ristoranti e il porto turistico con oltre 400 posti barca. & DATI STATISTICI Al censimento del 2001 la popolazione contava 5282 ` , di cui stranieri 28; maschi 2609; unita femmine 2673; famiglie 631. La tendenza complessiva rivelava una diminuzione della popolazione, con morti per anno 48 e nati 30; cancellati dall’anagrafe 119; nuovi iscritti 105. Tra gli indicatori economici: depositi bancari 54 in miliardi di lire; imponibile medio IRPEF 13 808 in migliaia di lire; versamenti ICI 2754; aziende agricole 555; imprese commerciali 331; esercizi pubblici 45; esercizi all’ingrosso 5; esercizi al dettaglio 136; ambulanti 33. Tra gli indicatori sociali: occupati 1330; disoccupati 419; inoccupati 327; laureati 21; diplomati 277; con licenza media 1739; con licenza elementare 1806; analfabeti 230; automezzi circolanti 2054; abbonamenti TV 1287.

Castelsardo – La parte nuova dell’abitato sorge ai piedi del castello dei Doria, la cui costruzione fu iniziata nel secolo XII.

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il suo ` ricco di domus de janas tra territorio e

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Castelsardo cui quella detta dell’Elefante, che si trova all’incrocio tra la strada per Santa Teresa e quella per Sedini. Nel suo ventre, scavate nella trachite, si trovano alcune cellette di varie dimensioni che riportano il bassorilievo di due corna (protomi taurine), simbolo di un culto prenuragico. Vi si trovano anche numerosi nuraghi tra cui quelli di Araodda, Cuncali, Franzesu, l’Eni, Li Colti, Lu Colbu, Monti Carrigiu, Monti La Rodda, Monti Ussoni, Multeddu, Paddaggiu, Spighia, Tinteri, Valcheru, Violantu; sono stati individuati anche resti di epoca romana ` di Tibula. riferiti da molti alla citta

struite in tempi diversi a partire dal secolo XII a seconda delle esigenze della piazzaforte e hanno assunto la forma complessiva di un triangolo scaleno.

` alta della rocca, Castelsardo – Nella parte piu l’antico centro storico conserva ancora suggestive architetture e la struttura urbanistica del Medioevo.

Castelsardo – La cinquecentesca torre di Frigiano, di recente restaurata, guarda il porto turistico in continuo sviluppo. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il centro storico conserva ancora quasi intatto il suo carattere medioevale: il Sistema delle mura racchiude ancora l’antica rocca dai tre lati che ` costituito da un guardano la terra ed e insieme di poderose fortificazioni co-

Di particolare rilievo sono i bastioni spagnoli costruiti nel corso del secolo XVI per rinforzare l’antica fortezza e renderla adatta a sopportare eventuali attacchi di artiglieria. L’insieme delle mura fu inoltre rinforzato nel secolo ` alta della rocca XVIII; nella parte piu si trovano i resti del castello di Bellavista perfettamente integrato nel resto della cinta murarie. La costruzione conserva elementi databili tra il secolo XII e il XIV e una torre nella quale si apre una porta d’ingresso alla piazza` stato forte. Al suo interno, restaurato, e realizzato il Museo dell’intreccio medi-

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Castelsardo ` anche centro di ricerca terraneo che e sull’artigianato dell’intreccio di fibre ` uno dei centri vegetali nel quale C. e ` attivi. La cerchia delle mura propiu tegge una fitta rete di stradine, di scalinate e di piazzette lungo le quali si affacciano, creando suggestive scenografie, le antiche case e gli altri monumenti `. In particolare la Casa comudella citta nale, un palazzotto costruito nel secolo XVI e attualmente inserito in questo caratteristico tessuto urbanistico. Era la ` sede amministrativa dell’antica citta regia e nel corso dei secoli ha subı`to numerose ristrutturazioni. Nel Settecento al piano terra fu aggiunto un portico e uno stemma in marmo di gusto barocco `. Nelle virecante le insegne della citta cinanze si trova la chiesa di Sant’Antonio Abate, costruita in forme romaniche nel secolo XIII come sede di un priorato di monaci benedettini e trasformata nel corso dei secoli successivi. Nel 1503 divenne cattedrale della diocesi di Ampurias e Civita. Assunse le forme attuali tra il 1586 e il 1607: ha un impianto a una navata scandita da campate e completata dal presbiterio. Que` sopraelevato rispetto all’aula, in sto e posizione panoramica, e con la sua mole domina i bastioni e il mare. La ` arricchita da un campanile chiesa e con cupola maiolicata, al suo interno conserva elementi di architettura tar` ricca di arredi e decoradogotica ed e zioni. Il coro e molti degli altari sono in legno intagliato e riccamente decorato: tra questi il grandioso altare del transetto, datato 1738; l’altare maggiore in ` in marmo poliforme neoclassiche e cromo di grande effetto scenografico, arricchito da una tavola quattrocentesca del Maestro di Castelsardo di cui si trovano altri dipinti nella sacrestia. Al` la chiesa tro importante monumento e di Santa Maria delle Grazie costruita nel Medioevo e radicalmente trasfor-

mata nel corso del secolo XVII. Ha l’impianto a una navata composta da tre campate e completata da cappelle laterali. All’interno si conservano alcuni altari in legno intagliato del secolo XVII, alcune statue lignee dello stesso periodo e il Cristo nero, un crocifisso ligneo del secolo XIV di notevole fattura. Fuori dalla cerchia delle mure si trova la torre di Frigiano che sorge sul mare, ` davanti al porto, nell’omonima localita alla base del colle di Castelsardo. Ha una forma cilindrica e fu costruita nel corso del secolo XVI con la funzione di difendere il porticciolo dei pescatori e dei commercianti. Aveva un piano con copertura a cupola cilindrica. Lasciata ` stata andare in rovina per tanti anni, e restaurata qualche anno fa con un intervento radicale, per evitarne la di` anche la chiesa struzione. Suggestiva e di San Giovanni Battista situata in loca` Salasciu, a qualche chilometro dallita l’abitato: fu costruita nel secolo XVII su ` antica; ha un imuna chiesetta piu pianto a una navata e la copertura in legno; al suo interno sono conservate due belle statue in legno del secolo XVII.

Castelsardo – La processione del Lunissanti, il lunedı` che apre la Settimana santa, e` una delle ` caratteristiche della religiosita ` espressioni piu isolana.

FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Lo ` e la sua lunga storia spirito della citta si possono apprezzare durante i Riti di

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Castelsardo Lunissanti. Si tratta di un insieme di manifestazioni che si svolgono nel centro storico all’inizio della Settimana santa e hanno mantenuto intatti i loro caratteri medioevali.

All’alba del lunedı` viene celebrata una messa sull’altare del Cristo nero nella chiesa di Santa Maria. Subito dopo gruppi di persone incappucciate dette dei ‘‘cori’’, che hanno il compito di intonare canti funebri e di trasportare le statue dei Misteri, si recano in pellegrinaggio alla chiesa di Tergu (=). Qui i Misteri vengono presentati alla Madonna con suggestivi canti funebri in latino (attitidu) che preannunciano la passione e la morte del Signore. Nel pomeriggio la processione torna a C. dove giunge all’imbrunire ed entra nel cuore ` . Qui, al lume medioevale della citta delle fiaccole che illuminano le suggestive scenografie degli antichi vicoli, si forma la processione generale che segna la parte finale delle cerimonie di Lunissanti. Apre la processione il primo coro (detto del Miserere) con le insegne del teschio, al canto dell’antichissimo Miserere che si tramanda per tradizione orale, seguito dai primi cinque Misteri trasportati da cinque Apostoli incappucciati che indossano una tunica bianca e sono seguiti dalle donne della confraternita in tunica nera. Segue il secondo coro (dello Stabat) con la statua dell’Ecce Homo e i simboli della passione. La processione viene chiusa dal coro de Jesu, formato dai cantori ` anziani ed esperti. La processione piu percorre le stradine antiche e si conclude nella chiesa di Santa Maria da dove era partita e dove i Misteri vengono presentati al popolo.

Castelsardo, statuti di Insieme delle

Castelsardo – I riti religiosi di Lunissanti (il lunedı` della Settimana santa) durano un’intera giornata.

leggi e dei regolamenti che disciplinavano ogni aspetto della vita di Castelgenovese ai tempi dei Doria. Probabilmente recepiscono antiche prassi consuetudinarie che arrivarono ad aver forza di legge quando i Doria, dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, formarono il loro stato feudale. Nel testo sono contenute norme di ca-

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Castelvell rattere amministrativo, civile e penale, ` possibile ricostruire in base alle quali e non solo l’organizzazione della vita ` ma anche quella dell’intero della citta Stato dei Doria. L’amministrazione fa` , rappresentante ceva capo al podesta del signore, che era affiancato nella sua azione amministrativa dalle corone, organismi collegiali con funzioni politiche e giudiziarie, il cui funzionamento ` regolato negli statuti, nei quali sono e definiti anche i principali negozi giuridici e le regole che li disciplinano. I testi erano raccolti in un codice del 1336 di cui sono rimasti purtroppo solo alcuni fogli in cattivo stato di conservazione.

Castelvell, Berengario Cavaliere reale catalano (sec. XIV). Discendente da un’antica famiglia feudale, prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso; subito dopo il termine delle operazioni ebbe la signoria di Frongia nel Sigerro e quella di Fanari nel Gippi. Nel 1326, `, quando fu raggiunta la pace defipero ´ il nitiva col Comune di Pisa, poiche Gippi era stato riconosciuto come feudo del Comune, fu costretto a rinunciare alla seconda signoria. Alcuni anni dopo con Alberto Blanes contribuı` alla pacificazione definitiva dei territori che si stendevano a nord di Iglesias. Nel 1331 ottenne la signoria di Sepassi nel Sigerro, ma poco tempo dopo cedette il ` in patria. suo patrimonio e torno

Castelvı` Famiglia feudale valenzana (secc. XV-XVIII). Di antichissime origini, le sue notizie risalgono agli inizi del secolo XI, quando viveva un Guglielmo che nel 1011 era familiare del conte di Barcellona. La tradizione vuole che egli avesse radici borgognone e che i suoi antenati avessero posseduto il castello di Rosanes che sorgeva vicino a Barcellona. Nei secoli successivi i suoi discendenti rimasero fedeli alla dinastia barcellonese e diedero vita a

numerosi rami della famiglia. Da uno di questi venne un Ponzalo, morto nel 1391, che fu il primo signore di Carlete; da lui discesero in linea diretta i Castelvı` che si stabilirono in Sardegna ` del secolo XV con nella seconda meta due fratelli, Luigi e Perot, pronipoti di Ponzalo. I due presumibilmente giunsero nell’isola dopo che Pietro Maza de ` la figlia di Nicolo ` Carroz. I Lic ¸ana sposo due seppero inserirsi in seno alla so` cagliaritana, occupandosi prevacieta lentemente del commercio del sale. Presero parte alla battaglia di Uras schierati nell’esercito del Carroz e subirono danni al loro equipaggiamento; nel 1479 acquistarono i feudi di Laconi, Sanluri, Nureci e Asuni, che negli anni successivi passarono completamente nelle mani di Luigi. Questi morı` nel 1504 lasciando erede un altro Pietro figlio di Alberto, uno dei suoi fratelli che si era trasferito a Cagliari dedicandosi agli affari. Oltre a Pietro egli aveva lasciato Francesco. Entrambi lasciarono discendenza. ` Ramo di Francesco. Francesco continuo ` di suo padre a Cagliari e grazie l’attivita a un fortunato matrimonio con una ˜ ans ebbe i feudi di Ploaghe, CoMontan drongianos e Bedos, spostando i suoi interessi a Sassari. Fu il capostipite di un ramo che si stabilı` a Sassari acquistando anche i feudi di Giave e Cossoine ` del e che si estinse nella seconda meta secolo XVI facendo passare i feudi ai Cardona. ` il ramo Ramo di Pietro. Pietro continuo principale di Laconi e Sanluri e nel 1507 ebbe il titolo di visconte di Sanluri; ` di furono suoi figli Francesco, podesta Sassari, Giacomo e Gerolamo che lasciarono a loro volta discendenza. Giacomo fu personaggio di rilievo, capostipite di una seconda linea sassarese che ` il feudo di Sorso e che si estinse eredito nel 1607, con un Antonio. Gerolamo con-

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Castelvı` ` la linea principale dei visconti di tinuo ` la sua residenza a CaSanluri; egli fisso gliari; fu padre di Ludovico, governatore di Cagliari e padre di Emanuele e di Artale, che a loro volta formarono altri due rami. Ramo di Emanuele (Samassi). Emanuele fu il capostipite della linea dei signori di Samassi e di Serrenti, di Asuni e di Nureci. Egli tra l’altro fu padre di Francesco, Angelo e Giovanni che a loro volta ebbero discendenza, dando vita ad alcune linee; da Francesco e da Angelo derivarono due linee collaterali di cavalieri di Castelvı` che vissero e si estinsero nel secolo XVIII. ` la linea feuGiovanni invece continuo dale, dato che i figli avevano ereditato dalla madre Anna Cavaller nel 1594. Ebbe diversi figli, tra i quali Giovanni Battista e Antonio: lasciarono una discendenza, che si estinse nel 1736 con un Salvatore, motivo per cui i feudi furono devoluti. ` Ramo di Artale. Artale invece continuo la linea principale: nel 1559 fu creato conte di Laconi e con il suo matrimonio con Anna Castelvı` De Flors raccolse ` del primo ramo una parte dell’eredita ` visto discensassarese, che come si e deva da Francesco. Da questo matrimonio nacquero Luigi e Giacomo, entrambi con discendenza; da Luigi che ` i feudi discese un ramo natueredito rale, che si estinse nel secolo XVIII a ` i Cagliari. Da Giacomo, che eredito feudi alla morte del fratello, discesero i marchesi di Laconi e i marchesi di Cea, che nel corso del secolo XVII assunsero ` dello un ruolo primario nell’attivita Stamento militare rivaleggiando con gli Alagon. Furono coinvolti nella drammatica situazione che seguı` all’assassinio del marchese Agostino di Laconi e ` in quello del vicere ´ marche culmino chese di Camarassa e dovettero andare in esilio. Riabilitati in seguito, nel 1704

ebbero il titolo di Grande di Spagna, ma si estinsero nel 1723 con un Francesco, ` Gala cui nipote Maria Caterina sposo briele Aymerich.

Castelvı`, Agostino Uomo d’armi e politico (Cagliari, inizi sec. XVII-ivi 1668). Marchese di Laconi, figlio di Francesco, nel 1642 si distinse alla presa di Monzon e nel 1648 nella repressione dei moti di Palermo. Tornato a Cagliari seppe continuare la tradizionale politica della famiglia nello Stamento militare e ` i feudi, una quando nel 1666 eredito volta aperto il parlamento Camarassa, ` con prestigio le sue funzioni di esercito ‘‘prima voce’’ dello Stamento militare e di capo dello schieramento che voleva imporre al sovrano il patteggiamento del donativo. Nel 1667 fu mandato come sindaco dello Stamento a Madrid, ` con coraggio di indurre il godove tento verno ad accogliere le richieste formulate dagli Stamenti subordinando la votazione del donativo al loro accoglimento. Per l’opposizione di Cristoforo `, non ottenne Crespi di Valldaura, pero quanto chiedeva e fu costretto a tornarsene in Sardegna dove fu accolto come un ‘‘padre della patria’’. A Sassari fu protagonista di alcuni incidenti, che sembrano testimoniare un carattere irascibile e vendicativo, insofferente alle regole. Fu assassinato in circostanze misteriose il 21 giugno del 1668. La sua morte aprı` un tormentato periodo della vita politica sarda.

Castelvı`, Anastasio Barone di Samassi (Cagliari 1644-ivi 1669). Nacque da un ramo collaterale della famiglia; gio` di opporsi alla sucvane brillante, tento cessione della cugina Caterina nei feudi di famiglia, ma dopo una lunga ` di lite per sostenere la quale si carico debiti, finı` per sposarla acquisendo i feudi; durante il conflitto tra i cugini del ramo primogenito e gli Alagon si

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Castelvı` tenne in disparte. Morı` a Cagliari ancora giovanissimo nel 1669.

Castelvı`, Antonio Uomo d’armi, barone ` sec. XVI-ivi di Sorso (Sassari, meta 1607). Percorse una brillante carriera militare, giungendo al grado di maggiordomo dell’Artiglieria del Capo di Logudoro. Per tutelare gli interessi di ` sua madre Marchesia Marongio, entro nella lite per il feudo di Sorso in atto da tempo con i De Sena e nel 1596, grazie a una sentenza del Supremo Consiglio d’Aragona, ottenne la baronia. Morı` senza discendenti nel 1607, lasciando ` del feudo alla sorella Maddal’eredita lena, sposata con Cristoforo Deliperi.

Castelvı`, Artale Uomo d’armi (Cagliari, ` sec. XVI-?, seconda meta ` prima meta sec. XVI). Visconte di Sanluri, conte di Laconi, figlio di Gerolamo, intraprese la carriera delle armi e dopo la morte ` i feudi di Sanluri e di suo padre eredito di Laconi. Nel 1559 ebbe il titolo di ` Maria conte di Laconi e nel 1560 sposo Castelvı` De Flors del ramo sassarese della famiglia.

Castelvı`, Baldassarre Gentiluomo sas` sec. XVI-?, sarese (Sassari, prima meta ` sec. XVI). Abile politico, seconda meta nel 1561 fu inviato come sindaco straor` a corte; in seguito dinario della sua citta fu giurato capo di Sassari dal 1569 al 1572.

Castelvı`, Caterina Baronessa di Samassi e di Serrenti (Cagliari, fine sec. XVII-?, 1728). Figlia di Giovanni Battista, sposata col conte Manca di San Gior` i gio, quando suo padre morı` eredito feudi di famiglia, ma la successione le fu contestata dal cugino Anastasio. Nelle more della lite rimase vedova e ` proprio col cugino ponel 1663 si sposo nendo fine alla controversia.

Castelvı`, Emanuele Uomo d’armi (Cagliari 1524-ivi 1604). Figlio di Gerolamo, ´a fu un valoroso uomo d’armi. Combatte

lungo negli eserciti di Carlo V e di Fi` Anna Cavaller lippo II. Nel 1547 sposo erede delle baronie di Samassi, Ser´ la sua renti, Asuni e Nureci, e poiche successione era contestata dal fisco, ne sostenne giudizialmente le ragioni facendole ottenere l’investitura nel 1549. Tornato in patria fu nominato capitano delle marine di Cagliari e nel 1568 divenne cavaliere di Santiago. Morı` ottan`. tenne nella sua citta

Castelvı`, Francesco I Gentiluomo (Ca` sec. XV-Sassari, gliari, seconda meta ` le dopo 1530). Figlio di Alberto, eredito ` commerciali di suo padre a Caattivita gliari ma, avendo sposato Giovanna ` le si˜ ans, che nel 1500 eredito Montan gnorie di Ploaghe, Florinas, Codrongianos e Bedos, si trasferı` a Sassari, dove ` . Morı` nel 1530 fu nominato podesta poco dopo.

Castelvı`, Francesco II Uomo d’armi (Cagliari, inizi sec. XVII-?, dopo 1650). Marchese di Laconi, figlio di Giacomo, fu valoroso uomo d’armi. Nel 1637 contribuı` alla cacciata da Oristano degli invasori francesi; in seguito raggiunse il grado di comandante della cavalleria miliziana della Sardegna. Prese parte ` dei parlamenti come ‘‘prima all’attivita voce’’ dello Stamento militare e proseguı` nella tradizionale politica della fa` di conmiglia sostenendo l’opportunita trattare preventivamente col re il pagamento del donativo. Per il prestigio di cui godeva fu riconosciuto capo della fazione che in seno allo Stamento soste` neva questa linea e pertanto accentuo ` con gli Alagon, tradizionali la rivalita nemici della sua famiglia e sostenitori della linea opposta.

Castelvı`, Francesco III Gentiluomo ` sec. XVI-ivi (Cagliari, seconda meta 1617). Era figlio naturale del conte Luigi di Laconi. Valoroso uomo d’armi, nel 1598 fu nominato capitano delle milizie del Capo di Logudoro e nel 1602

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Castelvı` castellano di Castellaragonese. Da lui discese una linea secondaria, estinta a Cagliari nel secolo XVIII.

Castelvı`, Gaspare Uomo d’armi (Sas` sec. XVII). sari, fine sec. XVI-ivi, meta Figlio di Alessandro e di Marchesia Marongio, intrapresa la carriera militare, per 35 anni servı` in Lombardia, in Borgogna e in Belgio e fu nominato governatore di Minorca; tornato in patria fu nominato capitano della cavalleria del Capo di Sassari e del Logudoro. In seguito fu nominato commissario generale della cavalleria miliziana del regno.

Castelvı`, Gerolamo Signore di Ploaghe ` e di Codrongianos (Sassari, prima meta ` sec. XVI). Fu sec. XVI-ivi, seconda meta personaggio di primo piano nella so` sassarese della prima meta ` del secieta colo. Fece un matrimonio fortunato con Michela De Flors erede dei feudi di Giave e di Cossoine. Quando morı`, nella ` del secolo, lascio ` tre fiseconda meta glie: Anna, sposata con Federico Cardona, alla quale dopo lunga lotta col fisco andarono i feudi; Maria, sposata con Artale Castelvı` del ramo cagliaritano della famiglia, e Francesca, sposata con un Fabra.

Castelvı`, Giacomo I Uomo d’armi (Sas` sec. XVI-Napoli, sari, prima meta ` sec. XVII). Figlio di Pietro, prima meta intrapresa la carriera militare, com´ a lungo negli eserciti di Carlo V e batte ` finı` per stabilirsi a Napoli, dove formo una famiglia. Morı` a Napoli nei primi decenni del secolo, lasciando erede il ` in Sardegna. figlio Giacomo che torno

Castelvı`, Giacomo II Primo marchese ` sec. di Laconi (Cagliari, seconda meta XVI-Sassari 1619). Figlio di Artale, era il secondogenito e sembrava destinato a svolgere un ruolo secondario, quando nel 1577 inaspettatamente morı` il fratello primogenito Luigi, facendogli cosı` ereditare i feudi di famiglia. Il suo ca-

rattere violento e le sue indubbie capa` politiche, pero ` , gli consentirono di cita porsi in evidenza durante il Parlamento ´ fu mandato a corte del 1583, sicche come sindaco dello Stamento militare per difendere gli interessi del suo Stamento, riuscendo a bloccare una nuova tassa sui formaggi. Nel 1590, dopo la morte di Gioacchino Cardona, unitamente a sua sorella Alfonsa si inserı` nella lite tra il fisco e gli eredi del Cardona rivendicando con forza i propri diritti sui feudi del defunto appartenuti al ramo sassarese della famiglia, cui apparteneva sua madre Caterina. Fatal` mente la lite fece nascere una rivalita con gli Alagon, designati eredi dal Cardona, destinata a durare nel tempo. G. chiuse abilmente la controversia nel 1597, riuscendo a entrare in possesso di Ploaghe, Siligo e Banari; al culmine della potenza nel 1605 ottenne il titolo di marchese, accentuando cosı` la riva` con gli Alagon. lita

Castelvı`, Giacomo III Artale Marchese di Cea (Cagliari 1605-ivi 1671). Figlio di ` combatte ´ nelle FianPaolo, in gioventu ` a far parte del Consiglio dre, dove entro di guerra, nella Guerra di successione del Monferrato e nella Guerra dei Trent’anni. Tornato in patria, nel 1637 fu nominato comandante del tercio di Sardegna. Poco dopo, catturato dai corsari di Biserta, fu fatto liberare da suo padre. Durante il parlamento Avellano, rientrato in Sardegna, seguı` con attenzione le vicende politiche del tempo e, conformemente alla tradizionale linea politica della famiglia, fu attirato dalle idee di suo cognato Bernardino Mattia di Cervellon. Alla morte di suo padre ` il feudo e l’ufficio di procuraeredito ` a occuparsi attivatore reale e continuo mente di politica; nel 1656 fu nominato governatore di Sassari, nel difficile mo´ conte di Lemos mento in cui il vicere ` di convocare il Parlamento in tento

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Castelvı` `. Negli anni successivi contiquella citta ` a rimanere legato al Cervellon e nuo dopo l’assassinio di suo cugino, Agostino Castelvı`, marchese di Laconi, ca` la congiura che un mese dopo peggio l’assassinio si concluse con l’omicidio ´ Camarassa, ritenuto il mandel vicere dante politico della morte di Agostino. `a Costretto a fuggire da Cagliari, si ritiro ` Ozieri e poi in Anglona, da dove sembro potersi mettere a capo di una ribellione generale dei sardi con l’obiettivo di costituire un governo autonomo in Sarde` giunse nell’isola il gna. Quando pero ´ duca di San Germano, fu nuovo vicere costretto a fuggire rifugiandosi in Fran` una spedicia. Di qui nel 1671 organizzo zione che fallı` per il tradimento di Giacomo Alivesi; dopo lo sbarco, fu catturato all’Isola Rossa, condotto in catene a Cagliari e qui decapitato.

alla carriera militare e, dopo aver combattuto nelle Fiandre e nella Guerra ` in Sardegna, dove dei Trent’anni, torno fu nominato anche lui comandante del tercio. In seguito fu nominato ammiraglio delle flotte spagnole e reggente del Supremo Consiglio d’Aragona. Nel 1667 ` di sostenere le richieste di suo cutento gino Agostino Castelvı`, marchese di Laconi, quando questo fu inviato a corte come sindaco dello Stamento militare per contrattare il donativo, scontrandosi con Cristoforo Crespi di Valldaura. ` Dopo l’assassinio del Camarassa tento inutilmente di difendere il fratello accusato di essere il capo della congiura ´. Destituito dalle ordita contro il vicere ` a Cagliari dove si sue cariche, si ritiro fece sacerdote; morı` pochi mesi dopo la decapitazione di Giacomo Artale.

Castelvı`, Giovanni Marchese di Laconi (Cagliari 1619-ivi 1660). Figlio primogenito di Francesco, abile politico e uomo ´ valorosad’armi, nel 1642 combatte mente in Catalogna. Tornato in Sardegna, svolse un ruolo importante durante il parlamento Avellano, per cui fu inviato dagli Stamenti a trattare il ` donativo a Madrid. In seguito si occupo con successo degli interessi economici della famiglia. Morı` senza lasciare discendenza nel 1660.

Castelvı`, Giovanni Francesco Mar-

Giacomo III Artale Castelvı` – Marchese di Cea, considerato il Nestore dell’aristocrazia sarda, accusato di aver organizzato l’assassinio del ´ Camarassa fu giustiziato a Cagliari nel vicere 1671.

Castelvı`, Giorgio Fratello di Giacomo ` Artale (Cagliari 1606-ivi 1671). Si dedico

chese di Laconi (Cagliari 1660-Madrid 1723). Figlio di Agostino e di Francesca Zatrillas, dopo la morte di suo padre fu costretto a fuggire in Spagna senza prendere l’investitura dei feudi di fami` di sequestrarli. glia per cui il fisco tento ` alla carriera Divenuto adulto si dedico militare e riuscı` a evitare il sequestro del patrimonio. Scoppiata la guerra di successione spagnola, fu tra i principali sostenitori di Filippo V, che nel 1704 lo ` Grande di Spagna. Quando la Sarcreo ` nelle mani di Carlo d’Adegna passo ` nell’organizzazione sburgo si impegno

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Castiadas della spedizione per la sua riconquista. ´ e posto Cosı` nel 1710 fu nominato vicere ` si cona capo delle operazioni che pero clusero con un insuccesso.

Castelvı`, Ludovico Gentiluomo caglia` sec. XVIritano (Cagliari, prima meta ivi?, dopo 1561). Fratello di Artale e di Emanuele, uomo brillante, fu cavaliere di Malta. Nel 1561 fu nominato governatore del Capo di Cagliari e Gallura.

Castelvı`, Lussorio Uomo d’armi, marchese di Laconi (Cagliari 1615-ivi 1666). Figlio di Francesco, fu un valente uomo d’armi e nel 1652 fu nominato commissario generale della cavalleria miliziana del Capo di Cagliari e Gallura. Alla morte del fratello Giovanni, nel 1660, divenne marchese di Laconi, ma morı` senza lasciare figli nel 1666.

al collegio omonimo destinato a dive` di Sassari. Come tale nire l’Universita era effigiata in abito da monaca, mentre pregava, nella stessa chiesa (il bassorilievo fu poi trasferito nell’atrio del pa` ). Nel lazzo centrale dell’Universita 1618 offrı` 500 lire sarde per restaurare sos organos della basilica di San Gavino a Porto Torres; nel 1627 fece testamento ` lasciando tutti i suoi beni all’Universita di Sassari. Dopo la sua morte anche la ` erede universale sorella Isabella lascio il collegio di San Giuseppe.

Castelvı`, Paolo Marchese di Cea (Ca` sec. XVI-ivi, dopo gliari, seconda meta 1649). Figlio di Giacomo, fu abile uomo ` con una delle figlie del d’armi e si sposo procuratore reale, ottenendo nel 1610 da suo suocero la promessa della suc` cessione nell’ufficio. Nel 1619 eredito il feudo del Cabudabbas e nel 1620 si ` difendendo Quartu dai Turchi. segnalo Pochi anni dopo divenne procuratore reale e nel 1636 ottenne la nomina a comandante del tercio di Sardegna. Nel 1649 fu creato marchese di Cea.

Castiadas Comune della provincia di

Margherita Castelvı` – La gentildonna sassarese fu benefattrice della Chiesa e delle ` istituzioni culturali. Morendo nel 1638 lascio ` di Sassari. tutti i suoi beni all’Universita

Castelvı`, Margherita Gentildonna, be` sec. nefattrice (Sassari, seconda meta XVI-ivi 1638). ‘‘Margherita di Castelvı`, ` ricorFrancisco Ledo e Cedrelles’’, e data con questo nome come fondatrix della chiesa di San Giuseppe annessa

` Cagliari, compreso nella XXI Comunita montana, con 1310 abitanti (al 2004), composto di nuclei sparsi posti a un’altitudine che va da 0 a 800 m sul livello del mare in zona collinare lungo le coste del Sarrabus, a nord-est della capitale. Regione storica: Sarrabus. Archidiocesi di Cagliari. & TERRITORIO Il territorio comunale si estende per 102,70 km2 e confina a nord con San Vito e Muravera, a est col mare Tirreno, a sud con Villasimius e a ovest ` occupato con Maracalagonis e Sinnai. E per la maggior parte da una piana costiera cui fanno da corona le propaggini del gruppo montano dei Sette Fratelli e, a nord, le piccole alture a ridosso del capo Ferrato e altri piccoli rilievi, a volte aspri e rocciosi, nei pressi del lito` alto di tutto il territorale. Il punto piu

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Castiadas ` il monte Melas (839 m), posto nella rio e parte occidentale. Il principale corso ` il Corr’e Pruna che scorre da d’acqua e sud verso nord e sfocia nei pressi dei due stagni costieri di Colostrai e Feraxi. ` ricca di macchia meLa zona costiera e diterranea, mentre le falde dei Sette Fratelli sono in parte ricoperte da una folta foresta di lecci con corbezzoli e filliree; vi abitano il cinghiale, la martora e il gatto selvatico.

Castiadas – Un piccolo borgo e` sorto intorno all’antica colonia penale, dismessa di recente. & STORIA Il salto di C. era una distesa disabitata, boscosa e acquitrinosa situata a sud della foce del Flumendosa e degli stagni di Muravera. Nel 1875 fu individuata dalla direzione delle carceri come zona idonea per istituirvi una casa di pena per i detenuti da impiegare in opere di bonifica. Portata a termine la rilevazione cartografica, fu scelta la zona di Gutturu Frassus dove ebbero inizio i preparativi per la costruzione degli edifici necessari a ospitare carcerati, guardie e tecnici. Nel 1877 l’impianto centrale era terminato, nel 1882 fu costruito l’acquedotto e fu possibile trasferire a C. i primi detenuti che giunsero via mare. Solo nel 1890 fu costruita una strada d’accesso, l’unica. Nello stesso periodo fu iniziata la bonifica di 1000 ha dei terreni della piana ed entro la fine del secolo, il primo podere

` in produzione. Con gli di 250 ha entro anni seguirono quelli di Pardu, Pardixeddu e altri. Vi fu introdotto bestiame ovino e nel 1903 fu costruito un caseificio; ben presto la colonia si distinse per un’agricoltura moderna e produttiva e nel 1908 vi fu condotta con successo una campagna antimalarica mediante la radicale bonifica delle zone acquitrinose. Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale nel territorio ai mar` il villaggio di gini della colonia si formo Camisa (=) popolato da contadini e pastori che avevano ottenuto il permesso di lavorare nei territori dello stabilimento. Nel dopoguerra furono aperte altre strade d’accesso e nel comprensorio prese a operare l’ETFAS. Furono cosı` formati lotti di 8-10 ha in pianura e di 30-40 ha in montagna, distribuiti ad agricoltori che rimasero definitivamente a popolare la regione. Nel 1956 la colonia penale fu chiusa e gli agglomerati degli agricoltori furono in grado di svilupparsi ulteriormente. Il 30 giugno 1985, attraverso un referendum popolare, C. divenne comune autonomo e ` in pieno sviluppo economico con oggi e notevoli prospettive turistiche. & ECONOMIA La sua economia, che ri` calca quella della ex colonia penale, e basata sull’agricoltura, in particolare la viticoltura con produzione di ottimo Cannonau nella Cantina sociale (74 ` importante soci su 280 ha di vigne). E anche l’allevamento, con la presenza di ` suini, ovini, caprini e polli. Di recente e stata avviata anche l’olivicoltura con la conseguente apertura di un attivo oleificio privato. Da qualche anno si sta sviluppando anche il turismo, specialmente quello estivo, incentrato sulla bellezza della costa, ma anche sulla pos` di escursioni naturalistiche che sibilita vengono organizzate per far conoscere i panorami, la flora e la fauna del complesso montano dei Sette Fratelli. Arti-

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Castiadas ` argianato. Sono presenti varie attivita tigianali, specialmente di tipo artistico (del rame, della ceramica, della pietra). Sono praticate anche la tessitura e la lavorazione dei pani tipici. Servizi. C. ` collegato dista da Cagliari 65 km ed e ` e con gli altri centri della con la citta provincia con linee automobilistiche. Sono presenti i servizi di medicina, di farmacia, di scuola dell’obbligo e di servizi bancari. Sono anche presenti la Biblioteca comunale, 6 alberghi con 1278 posti letto, due camping, 13 agriturismi con 124 posti letto e 2 ristoranti. Si pratica anche il turismo equestre. Il co` suddiviso in vari centri abitati mune e originati dagli insediamenti della colonia penale. Il palazzo del Comune si trova nella frazione di Olia Speciosa, cosı` come le scuole elementare e media. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1309 unita di cui stranieri 22; maschi 687; femmine 622; famiglie 440. La tendenza comples` siva rivelava una sostanziale stabilita della popolazione, con morti per anno 11 e nati 12; cancellati dall’anagrafe 23; nuovi iscritti 23. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 10 301 in migliaia di lire; versamenti ICI 459; aziende agricole 198; imprese commerciali 61; esercizi pubblici 13; esercizi al dettaglio 17; ambulanti 7. Tra gli indicatori sociali: occupati 369; disoccupati 82; inoccupati 60; laureati 15; diplomati 80; con licenza media 449; con licenza elementare 309; analfabeti 48; automezzi circolanti 390; abbonamenti TV 309. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Le te` antiche sono alcuni stimonianze piu singolari raggruppamenti di menhir: il ` noto e ` quello di Cuili Piras, nella piu vicina penisola di capo Ferrato. Nella ` parte settentrionale del territorio e presente un esempio di domus de janas

nel Monte de Sirbonis, mentre i resti della torri nuragiche si trovano numerosi in tutto il territorio: ricordiamo per tutti Sa Domu ’e s’Orcu. Si tratta di un edificio polilobato con annesso villaggio che meriterebbe di essere scavato e ´ vicino alla aperto alla visita, perche strada costiera, poco a sud di Costa Rei. Di particolare interesse le Tombe di giganti di Pranu Camisa.

Castiadas – Gli spazi intorno agli edifici dell’antica colonia penale sono occupati da testimonianze della vita rurale d’un tempo.

PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il tessuto urbanistico di questa ` e ` conseguenza delrecente comunita l’intensa opera di trasformazione avviata dall’ETFAS a partire dal 1953 quando fu abolita la colonia penale; in ` la rete di strade quegli anni si sviluppo e di fattorie e il caratteristico centro di Olia Speciosa con caratteristiche urbane molto singolari. Ma gli edifici di maggior pregio che rappresentano la testimonianza del passato si trovano a Castiadas e sono costituiti dal complesso del vecchio carcere costruito nel

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Castiglia 1875 e ancora perfettamente conser` stato trasformato in un cenvato: oggi e tro polifunzionale di sicuro richiamo per i turisti. Altro interessante docu` la mento della storia del territorio e torre di capo Ferrato in buono stato di conservazione, situata a qualche chilometro dall’abitato. Di forma troncoco` alta circa 8 m e ha un diametro nica e di circa 5 m; costruita nel 1590, aveva la funzione di controllo sul mare ed era provvista di una piccola guarnigione di armati. Nel corso dei secoli successivi ` volte restaurata e nel 1838 fu utifu piu lizzata dal Lamarmora come punto di rilevazione trigonometrica (nell’ambito della costruzione della nuova Carta `a geografica della Sardegna) continuo rimanere in funzione fino al 1843. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Le tradizioni del nuovo centro, oltre che nelle feste religiose di San Giovanni Battista (24 giugno) e dell’Assunta (15 agosto, con processione a mare), si esprimono compiutamente in quella ‘‘laica’’ della sagra del vino e dell’uva, che si svolge nei giorni intorno al Ferragosto in concomitanza con la festa religiosa dell’Assunta.

Castiglia, Tommaso Antonio Docente di Filosofia del Diritto (Sassari 1897-ivi ` 1988). Dopo la laurea in Legge, esercito per breve periodo la libera professione e fece anche esperienza giornalistica. ` , ad approfondire la Interessato, pero ` a sua preparazione giuridica, si reco Vienna e successivamente a Berlino, ` in Filosofia dove nel 1922 si specializzo ` in Italia stadel Diritto. Nel 1923 ritorno bilendosi a Roma, dove nel 1926 conse` a inseguı` la libera docenza; continuo gnare a Roma fino al 1934, anno in cui vinse il concorso alla cattedra di Filoso` di Urfia del Diritto presso l’Universita bino, dove fu anche preside della Fa` di Giurisprudenza. Nel 1935 si tracolta sferı` a Sassari, succedendo a Giuseppe

` a insegnare Capograssi. Qui continuo per altri venti anni. Come suo assistente ` la carriera uniAntonio Pigliaru inizio versitaria. Nel 1958 gli fu conferita la medaglia d’oro di benemerito della Scuola. Fu anche direttore della rivista ‘‘Studi Sassaresi’’. Tra i suoi scritti: Sulla filosofia dell’als-ob nel diritto, ` del diritto, 1925; 1925; Imperativita L’opera di Giorgio Del Vecchio e la rinascita dell’Idealismo in Italia, 1932; L’esperienza giuridica e il concetto di ` giuridica, Stato, 1938; Studi sulla realta ‘‘Rivista internazionale di Filosofia del ` di Sassari diritto’’, 1957; L’Universita ` , ‘‘Studi culla del sapere e della liberta sassaresi’’, XXX, 2, 1966.

Castoldi, Alberto Ingegnere, numismatico, deputato al Parlamento (Cagliari 1848-ivi 1922). Dirigente minerario, di idee liberali, fu legato a Francesco Cocco Ortu. Divenne comproprietario della miniera di Montevecchio e si inte` della vita politica del Sulcis. Nel resso 1880 fu eletto deputato di Iglesias e successivamente rieletto fino al 1913; schierato con la Sinistra zanardelliana, ` dei problemi delle miniere. Si si occupo ` di numismatica diventando interesso uno dei maggiori esperti della storia delle monete in Sardegna, su cui scrisse, tra gli altri, un articolo sulle Varianti inedite di monete medioevali della Sardegna, ‘‘Rassegna numismatica’’, IX, 3-6.

Castra (o Crasta) Antico centro di origine romana. Sorgeva a pochi chilometri da Oschiri lungo la via tra Olbia e Tibula. Sorse nel secolo I a.C. per venire incontro a esigenze di carattere militare, in particolare per ospitare un reparto che aveva il compito di controllare le scorrerie delle popolazioni delle zone interne. Nel periodo bizantino assunse il ´ carattere di centro fortificato perche per la sua posizione strategica garantiva le comunicazioni da e per Olbia;

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Castra ` a far parte del giunel Medioevo entro dicato di Torres compreso nella curatoria del Montacuto e col tempo divenne ` sede di diocesi un’importante comunita e capoluogo della curatoria. Estinta la dinastia dei giudici di Torres, il villaggio fu lungamente conteso tra i Doria, gli Arborea e i giudici di Gallura; alla fine del secolo XIII venne occupato dalle truppe arborensi che sembrava dovessero arrivare a controllare l’in` tero Montacuto. La situazione muto quando i Doria, sfruttando abilmente il bisogno che Giacomo II d’Aragona aveva di trovare alleati per l’imminente conquista della Sardegna, nel 1308 ne ottennero l’investitura. Gli Arborea, anche loro alleati del re, presero atto della cosa ma non rinunciarono alle proprie rivendicazioni. Quando nel 1325 i Doria si ribellarono ai loro alleati, il villaggio fu nuovamente occupato dalle truppe del giudice d’Arborea e formalmente annesso al Regnum Sardiniae. Negli anni che seguirono l’esercito giudicale e quello dei Doria si combatterono aspramente per il controllo del territorio e nel 1339 fu compreso nei territori che il re d’Aragona concesse in feudo a Giovanni d’Arborea. Quando divenne giudice, Mariano IV pretese che il fratello gli prestasse l’obbedienza feudale, ma questi, avendo ottenuto il Monta` e fu percio ` fatto cuto dal re, si rifiuto arrestare da Mariano. Negli anni che seguirono, scoppiata la guerra tra Mariano IVe Pietro IV C. subı` continue de` spopolandosi. vastazioni per cui ando Dal 1366 fu occupato dalle truppe arborensi che lo tennero fino alla caduta del giudicato nel 1409; nello stesso anno ` al visconte di Narbona che lo passo tenne fino al 1420, quando cedette i ` suoi diritti al re d’Aragona. Cosı` C. entro a far parte del Regnum Sardiniae e nel 1421 fu compreso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles; il villaggio

` era ridotto a ben poca cosa e l’espero sere sede di un’antica diocesi non ne ` il destino: i suoi ultimi abitanti inmuto fatti entro il 1468 si trasferirono in massa nella vicina Oschiri.

Castra, diocesi di Diocesi la cui prima ` del 3 settembre 1127: il attestazione e vescovo Adamo sottoscriveva la cessione in usufrutto della chiesa di San Michele di Plaiano da parte dei canonici di Santa Maria di Pisa a favore dei Vallombrosani. Nel 1163 Attone di Castra donava ai monaci di Camaldoli la chiesa di Santa Maria di Anela, insieme con San Giorgio di Aneleto e con San Saturnino di Usolvisi. Il 2 giugno 1168 consacrava la chiesa di San Demetrio di Oschiri. Nel 1170 assentiva alla remissione di censi e oneri vari a favore delle chiese di San Giorgio di Baratz e di Santa Maria di Gennor, de´pendances del monastero cassinese di San Pietro di Nurki nella Nurra. Nel 1176 era presente alla donazione della chiesa di San Giorgio de Oleastreto, presso Usini, all’Ospedale di San Leonardo di Pisa. Il primo vescovo di Castra attestato per il secolo ` un tale Raimondo, che aveva deXIII e ciso di partecipare alla Crociata ma dovette rinunciare per problemi di salute. Dal 1230 era vescovo un sardo, Torchitorio o Dorgotorio, coinvolto in una contesa contro l’Opera di Santa Maria di Pisa per la domus di Bosove presso Sassari: nel 1233 Gregorio IX lo ` presso la Sede apostolica per convoco aver pagato delle tasse indebite al giudice di Torres Barisone III; tra il marzo e l’aprile del 1237 assistette agli atti che Adelasia di Torres firmava sottomettendosi feudalmente alla Sede apostolica. Tra l’altro, ella donava alla stessa Sede apostolica il castello di Monteacuto. Il pontefice, stranamente, ne affidava la custodia al vescovo di Ampurias e non a quello di

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Castra Castra, nella cui diocesi il castello si trovava. Il vescovo Marzocco, l’11 agosto 1269, con l’arcivescovo di Torres e alcuni maggiorenti turritani concedeva – prescindendo dal parere del pontefice – il titolo di re di Sardegna a ` , figlio di quel Carlo I Filippo d’Angio ` che si era insediato da appena d’Angio tre anni sul trono del Regno di Sicilia. Non si possiedono ulteriori notizie sul tentativo, comunque fallito, di Filippo di farsi riconoscere re di Sardegna. L’ultimo vescovo conosciuto del secolo ` un tale Comita. Nel 1289 inXIII e sieme con gli altri suffraganei di Torres si era opposto al proprio arcive` scovo che, avendo trovato difficolta per pagare il censo dovuto alla Sede apostolica, aveva cercato di scaricarne il peso sui suoi sottoposti. Il vescovo, Bernardo, nel 1344, assieme al pievano di San Nicola di Sassari e al canonico di Galtellı` Martino di Santa Cecilia, veniva incaricato di citare in giudizio un certo Pietro Ghisu che, usando falsi documenti di elezione, era riuscito a farsi confermare vescovo di quella diocesi presso la Sede apostolica. Nel 1355 Bernardo dovette affrontare un’altra questione: in Sede apostolica era giunta la falsa notizia della sua morte e il pontefice aveva ` provveduto a nominare vescovo percio di Castra Guglielmo d’Aragona. Visto l’errore, la nomina di Guglielmo fu congelata in attesa che si liberasse una sede (nel 1356 fu assegnato a Terralba). Il 26 agosto 1362 Nicola de Vare diveniva vescovo succedendo al defunto Cornelio, il 25 aprile 1364 Ma` suo proriano IV d’Arborea lo nomino curatore nella stesura del contratto matrimoniale di sua figlia, Beatrice, con il visconte di Narbona, Amerigo. L’ottobre seguente Nicola portava a termine con successo l’incarico affida` legato un togli. Al vescovo Leonardo e

importante episodio della storia della diocesi: la convocazione, nel 1420, di ` il primo sinodo dioceun sinodo. E sano, in tutta la Sardegna, di cui siano pervenuti gli atti, in una duplice trascrizione. La prima, parziale, in sardo e la seconda, completa, in latino. Le disposizioni elaborate a Castra riguardano cinque argomenti: la disciplina del clero; i sacramenti e la vita cristiana; i benefici, la cura d’anime e l’amministrazione parrocchiale; i beni ecclesiastici; il foro ecclesiastico. Un elemento cronico della storia della d. di C. ma anche di altre nell’i` . A cio ` si aggiunga sola era la poverta ` acche lo spopolamento sempre piu ` centuato della zona, iniziato alla meta del secolo XIV e proseguito per tutto il XV, aveva portato alla scomparsa della maggior parte dei centri abitati, ivi ` raro compreso Castra, e al sempre piu permanere dei vescovi stessi nella diocesi. A nulla valsero i tentativi di porre un freno a questa situazione con iniziative nate sia in ambito pontificio, sia locale, sia reale. Su richiesta di Ferdinando il Cattolico, dopo lunghe trattative, nel 1503 Giulio pubblicava l’atto con il quale le 18 diocesi medioevali venivano ridotte al numero di 7, che valse per tutta l’epoca moderna. Tra le ‘‘vittime’’ del riordino fu anche la d. di C., il cui titolo sopravvisse almeno fino al 23 aprile 1509, quando il vescovo Antonio de Toro, in carica al momento della riorganizzazione del 1503, partecipava alla consacrazione della chiesa parrocchiale di Siamaggiore. Dal punto di vista territoriale e ` istituzionale, invece, la diocesi cesso di esistere contemporaneamente all’emissione della bolla dell’8 dicembre 1503. I vescovadi di Castra, Bisarcio e Ottana venivano trasformati in uno solo. La sede diventava quella di Alghero. La diocesi aveva la sua giu-

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Castra Felicia risdizione su una parte della curatoria del Goceano e sull’intera curatoria del Montacuto comprendendo le parroc` dei Sardi (= chie dei comuni di Ala Ozieri), Ariscoblas, Bacuri, Balamune, Balanotti, Bantine, Berchidda, Ber` , Cachiddeddu, Bidducara, Budduso stra, Ilani, Monti, Nulvara, Orveis, Oschiri, Osidda, Otti, Ozana, Padru, Pattada, Silva Nuri, Tula, Urra. VESCOVI DI CASTRA Le date tra parentesi indicano che l’episcopato potrebbe essere iniziato prima e/o finito dopo. 1. Adamo, 1127. 2. Attone (1163-1176). 3. Raimondo (inizi sec. XIII-1224). 4. Torchitorio (1230-1237). 5. Anonimo (12471248). 6. Marzocco (1259-1269). 7. Comita, 1289. 8. Bernardo, 1309. 9. Comita, 1330. 10. Bernardo, 1342-prima del 5 ottobre 1358. 11. Francesco di Giovanni, 13581359. 12. Comita de Olis, 1359. 13. Cornelio, prima del 1362. 14. Nicola de Vare (1362-1372). 15. Agostino, prima del 1388. 16. Rainerio (1388-1391). 17. Simone di Margens, trasferito a Civita, 1395-prima del 4 ap. 1402. 18. Antonio, 1402-prima del 26 agosto 1412. 19. Leonardo, 26 agosto 1412-1440 ca. o 1445. 20. Suanni (Giovanni)?, 1440? 21. Martino di Tergu?, 13 gennaio 1441? 22. Gavino?, prima del 12 dicembre 1442? 23. Ursino di Pisa?, 12 dicembre 1442? 24. Leonardo?, prima del 22 dicembre 1445? 25. Francesco, priore di Bonarcado, 22 dicembre 1445-prima del 3 luglio 1447. 26. Giovanni Gasto, 3 luglio 1447-prima dell’11 luglio 1455. 27. Tommaso Gilibert, di Poblet, 1445. 28. Leonardo (abate di San Michele di Salvennero), 14581464. 29. Lorenzo de Moncada, 1464prima del 14 ottobre 1478. 30. Cristoforo Mannu, canonico di Sassari, 1478-1483. 31. Bernardo Jover, di Tarragona, 14831490. 32. Giovanni Crespo, trasferito ad Ales, 1490-1493. 33. Melchiorre de Tremps, 1493-1496. 34. Giovanni, bene-

dettino di Gerona, 1496-1501. 35. Antonio de Toro, dall’8 dicembre 1503, a seguito della soppressione della diocesi di Castra, porta solo il titolo, fino alla morte, 1501-1509.

Castra Felicia Centro della Sardegna nominato in uno degli itineraria della Cosmographia dell’Anonimo Ravennate (V, 26), geografo bizantino vissuto nel secolo VII; lo stesso toponimo com` tarda Geografia di Guipare nella piu done (65). Si tratta evidentemente di un centro fortificato, di difficile localizzazione: in base a elementi di diverso tipo, tra i quali la stessa posizione che esso occupa nel percorso del Ravennate, i C.F. sono stati identificati con le ‘‘Rovine di Castro’’ nell’attuale territorio comunale di Oschiri, presso il centro romano di Luguidune. Quest’ultimo dovette la sua impor` di tanza alla posizione, in prossimita un importante nodo stradale, e soprattutto alle sue caratteristiche militari: nel centro infatti, nel corso del secolo I, venne stabilito un contingente militare, la Cohors III Aquitanorum, che forse fu successivamente sostituita da una coorte di Sardi. Ruderi di strutture difensive in opera a telaio che ` del colle di San Sicingono la sommita meone, corrispondenti alle ‘‘Rovine di Castro’’ della toponomastica, possono essere rapportate a tale stanziamento militare, come confermano i dati emersi dagli scavi archeologici condotti nell’area. Oltre al circuito murario principale, altri due tratti di mura concentrici difendono il lato ovest del colle, quello maggiormente esposto ai ` pericoli e rivolto verso la viabilita principale; magazzini, cisterne e altre strutture interne (tra cui un edificio termale) completano l’insediamento fortificato. Lo stanziamento in loco delle forze militari e la costituzione di un castrum, l’unico costruito in mate-

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Castro riale litico noto finora in Sardegna, possono giustificarsi con le esigenze di difendere il territorio dalle bellicose popolazioni indigene, in particolare quelle dei Balari, stanziate in aree non distanti da Luguidune. Il centro dovette avere ancora un importante ruolo strategico nell’organizza` i Bizanzione militare che preoccupo tini fin dalle prime fasi della loro presenza nell’isola (secolo VI): in tal caso i Castra Felicia rifletterebbero un mutamento di poleonimo da Luguidune a Felicia, che rientrerebbe nei nomi di augurio delle fortezze sia di fase romana, sia di ambito bizantino, al quale ultimo parrebbe appartenere il nuovo nome citato dall’Anonimo Ravennate. [PIERGIORGIO SPANU]

Castro1 Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato di Gallura, compreso nella curatoria di Unali. Sorgeva non lontano da ` Sant’Antonio di Gallura in localita Macciu Mannu, ed era probabilmente prossimo al villaggio scomparso di Scupetu. All’estinzione della dinastia dei Visconti fu amministrato direttamente dal Comune di Pisa con suoi funzionari; sostanzialmente man`a tenne gli antichi privilegi e continuo eleggere annualmente il majore e i suoi consiglieri. Dopo la conquista ` a far parte aragonese, nel 1323 entro del Regnum Sardiniae, ma la sua popolazione mantenne un atteggiamento ostile nei confronti dei nuovi venuti. Nel 1330 fu investito dalle truppe di Raimondo Cardona e subı` gravi danni; nel 1331 fu concesso in feudo allo ` morı` carico stesso Cardona, che pero di debiti. Nel 1337 i suoi eredi, per farvi fronte, lo restituirono al fisco. Dopo il 1340 il villaggio riprese a essere al centro di gravi tensioni e ` la seconda riquando nel 1347 scoppio bellione dei Doria gli abitanti del vil-

laggio vi presero parte: per pacificarli, C. fu concesso in feudo a Giovanni d’Arborea. Negli anni seguenti, mentre lo sfortunato principe languiva in carcere, il villaggio, nuovamente inve` complestito dalla guerra, si spopolo tamente.

Castro 2 Famiglia castigliana (secc. XVII-XVIII). Un suo ramo si trasferı` a Cagliari da Burgos agli inizi del secolo ˜ igo. Nel 1643 i suoi figli XVII con un In furono ammessi allo Stamento militare nel parlamento Avellano. La loro discendenza si estinse agli inizi del secolo XVIII.

Casu 1 Famiglia del Logudoro (secc. XIII-XVI). Le sue notizie risalgono al secolo XIII con diversi personaggi che compaiono nel condaghe di San Pietro di Silki in possesso di un discreto patrimonio nei territori di Sassari. Assurse a notevole importanza durante il periodo comunale, quando un Matteo fu tra gli ambasciatori che tratta` al re d’Arono la dedizione della citta ` a risieragona. La famiglia continuo dere a Sassari nei secoli successivi e nel 1439 ebbe il riconoscimento della ` con un Franceschino. generosita

Casu2 Famiglia di Budduso` (sec. XVIIesistente). Le sue notizie risalgono al secolo XVII. Nel 1652 ottenne il cava` con Anlierato ereditario e la nobilta tonio C. Sanna, capitano della cavalleria miliziana. Lo stesso nel 1653 fu ammesso allo Stamento militare durante il parlamento Lemos. Nel corso dei secoli successivi la famiglia si trasferı` a Berchidda ed espresse alcune rag`. guardevoli personalita

Casu 3 Famiglia di Mandas (secc. XVIII-XIX). Le sue notizie risalgono al secolo XVIII. Era in possesso di un notevole patrimonio terriero e nel 1747 ottenne il cavalierato ereditario ` con due fratelli, Efisio e e la nobilta

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Casu Bartolomeo, la cui discendenza si estinse agli inizi del secolo XIX.

vento di Monte Rasu, ‘‘Mediterranea’’, III, 10, 1929; Sant’Ignazio martire non e` sardo, ‘‘Mediterranea’’, III, 5, 1929.

Casu, Desiderio Commercialista, consigliere regionale (n. Sant’Andrea Frius 1924). Di famiglia povera, ha iniziato a lavorare come agricoltore e solo da adulto ha ripreso gli studi giungendo alla laurea in Economia e Commercio ` dedicato all’insenel 1959. Quindi si e gnamento nelle scuole secondarie superiori e alla professione di commer` imcialista; contemporaneamente si e ` stato pegnato in politica e nel 1994 e eletto consigliere regionale per Forza Italia nel collegio di Oristano per l’XI legislatura. Al termine della legislatura ` stato riconfermato. non e

Casu, Francesco Pittore (n. Cagliari

Casu – Arma. Famiglia originaria di Mandas, ` nel 1747. ottenne il cavalierato e la nobilta

Casu, Alfonso Storico della Chiesa (Mogoro 1883-Fonni 1948). Attirato dalla ` nell’ordine dei Mivita religiosa, entro nori conventuali e si fece sacerdote. Si ` con grande competenza alla ridedico ` cerca storica e divenne lo storico piu accreditato delle vicende del suo ordine in Sardegna. Morı` nel convento di Fonni. Tra i suoi scritti: La Basilica dei Martiri in Fonni secondo la guida del p. Ludovico Pistis, 1913; Las Plassas note e appunti, 1920; P. Gian Domenico Aresi di Arcidano, martire della fede, 1923; Il miracolo eucaristico di Mogoro, 1923; Il ven. Servo di Dio fra Antonio Licu di Samatzai laico professo dei frati Minori, 1923; Mogoro. Note e appunti, 1923; Gemme sarde, 1926; I frati minori in Sardegna. Note storiche, 1927; Pardubiori e Bangiu, ‘‘Sardegna’’, VI, 12, 1928; La missione apostolica in Sardegna di frate Pacifico da Cerano, ‘‘Mediterranea’’, II, 9, 1928; Il con-

1965). Un precoce interesse per i linguaggi tecnologici e la regia teatrale orientano la sua ricerca e gli studi. C. da alcuni anni presenta il suo lavoro con il nome di Codex Multimedia. Alla fine degli anni Ottanta fonda, con Massimo Sanna, il gruppo SUIFe realizza le sue prime videoinstallazioni – Kyklos e ` todos) – Il Giardino (per la mostra Ka dove la sintesi operata tra elementi scenografici, suono elettronico, immagine digitale, video e parola annuncia gli esiti degli anni successivi, quelli delle incursioni – elettroniche prima, multimediali poi – nella dimensione della vita e della natura. Nel 1992 realizza due videosculture: L’ombra del Silenzio, presentata nell’ambito del progetto internazionale Schatten Projektionen, e Beth-El (ArtEl, Galleria Comunale di Cagliari), la ricostruzione di una Tomba di giganti, con monitor installati tra rocce di granito, varchi virtuali che aprono la materia viva dei quattro elementi primordiali in continuo movimento tra le forme megalitiche; un’esplorazione sul sacro riportata alle origini del pensiero religioso. Successiva-

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Casu mente, C. consegue una specializzazione presso il dipartimento di Media Kunst della Kunsthochschule fu ¨ r Medien di Colonia, dove trascorre quasi tre anni realizzando video, mostre e performance.

Casu, Gesuino Pittore, scultore e grafico (n. Sassari 1951). A partire dal 1968 ha preso parte a numerose mostre in Italia e all’estero. Alcune tra le sue opere figurano in collezioni pubbliche in molti paesi europei.

Casu, Giangiorgio Esperto di economia agraria, consigliere regionale (Berchidda 1899-Sassari 1992). Laureato in Agraria, di idee sardiste, fu tra gli artefici della ripresa del PSd’Az nel secondo dopoguerra e ne divenne presto ` a far uno dei leader. Nel 1946 entro parte della Consulta regionale e nel 1949 fu eletto consigliere regionale nel collegio di Sassari per la I legislatura. In seguito fu continuativamente rieletto fino alla IV legislatura (1962-1966). Nel corso del suo mandato, dal giugno 1949 all’agosto 1951 fu assessore all’Agricoltura nella I giunta Crespellani. Ritiratosi dalla vita pubblica, si impe` a stimolare lo sviluppo economico gno del suo paese natale, mettendo a frutto le sue profonde conoscenze del mondo agricolo isolano.

Casu, Maria Vittoria Assistente sociale, consigliere regionale (n. Castelsardo 1949). Impegnata sin da giovane in poli` stata consigliere comunale e sintica, e ` natale. Nel 1989 e ` daco della sua citta stata eletta consigliere regionale per il PCI nel collegio di Sassari per la X legi` stata riconfermata. slatura. Non e

Casu, Pietro Sacerdote e scrittore (Berchidda 1878-ivi 1954). Uomo di profonda ` , fu ordinato sacerdote nel spiritualita ` in Teologia a Sassari 1900 e si laureo ` materie letnel 1901. In seguito insegno terarie nel Seminario di Ozieri dal 1901 al 1906, anno in cui divenne parroco di

Oschiri, dove rimase fino al 1908. Nel 1911 fu nominato parroco di Berchidda, dove risiedette per tutto il resto della sua vita, salvo una breve parentesi tra il 1919 e il 1921 in cui riprese l’insegnamento nel Seminario di Sassari. Narra` con grande maetore e poeta, utilizzo ` stria l’italiano e il logudorese; pubblico il suo primo romanzo, Notte sarda (che ha per sottotitolo Vecchia storia di Gallura), nel 1910. Ne seguirono presto altri che gradualmente gli fecero raggiun` nazionale. Dopo il 1922, gere notorieta per il carattere dei suoi scritti, nei quali, superando gli schemi narrativi deleddiani, descriveva una Sardegna dolente e non convenzionale e affrontava temi complessi della psicologia in` sarda contemdividuale e della societa poranea, fu invitato dal suo vescovo a lasciare la letteratura e a impegnarsi maggiormente nel suo compito di sacerdote, che peraltro non aveva mai trascurato. Scosso dal richiamo, in effetti, non ` romanzi che contenessero scrisse piu argomenti di carattere sociale. Prese quindi a coltivare prevalentemente la sua grande passione per la lingua sarda, che padroneggiava come pochi: veniva chiamato spesso a predicare nelle chiese sarde (specialmente in occasione delle feste padronali) e pronun` un’orazione nel suo classico logudocio rese anche in occasione del concilio plenario sardo del 1924. Dal 1925 co` a lavorare al Vocabolariu Sardu mincio ` alla Regione Italianu che nel 1950 dono ´ lo pubblicasse. Il che e ` avvenuto perche ` tardi, sotto il soltanto cinquant’anni piu patrocinio dell’IRSE (Istituto Regionale Superiore Etnografico): la nuorese Ilisso ne ha dato una bella edizione nel 2003. La sua grande passione per il sardo-logudorese, che seppe maneggiare forse come nessun altro nel Novecento, lo spinse a tradurre nella lingua regionale la Commedia di Dante, che

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Casu ` presso l’ozierese Niedda nel pubblico 1929. Nel 1950 ottenne il premio‘‘Grazia Deledda’’. Tra i suoi scritti: Spigolature storiche sulla Barbagia, ‘‘Rassegna bibliografica della Letteratura italiana’’, XIII, 3-5, 1904; Sulle spigolature storiche sulla Barbagia. Aggiunte, 1905; Ghermita al core, romanzo, 1920; Il voto, romanzo, 1921; Per te Sardegna, romanzo, 1922; Tra due crepuscoli, romanzo, 1924; Mal germe, romanzo, 1924; Lettera a Sebastiano Satta, in Albo Sattiano, 1924; Pregios, 1924; La voragine, romanzo, 1925; Littera de unu soldadu a sa familia sua, 1925; Avventura brigantesca, ‘‘Corriere di Torino’’, 1926; Prefiche; La diga del Tirso; Felici, novelle, in ‘‘Il Nuraghe’’, VII, 54, 1927; Da madre a schiava, Verso la luce, L’aratro, Capanna crollata, Al guado roccioso, Donna Brigida Temitutto, Su malauguriu, sette novelle pubblicate nella rivista ‘‘Il Nuraghe’’ fra il 1928 e il 1929; Ultimo bacio di mamma, novelle, 1929; Novelle I, 1935; Capanna crollata, novelle, 1937; Cuor veggente, `, 1938; La devozione al cuore di Gesu ‘‘Vita e pensiero’’, 1939; La vigna sterposa, romanzo, 1942; Caccia grossa, novella romanzata, 1943; Perdu Casu a Cicciu Piga, ‘‘S’Ischiglia’’, VI, 5-6, 1954; Il seminatore, poemetto, 1955. Morendo C. ` molti scritti inediti, anche per le lascio precarie condizioni di salute dei suoi ultimi anni. Di essi alcuni sono stati pubblicati a cura dei nipoti (Pre´igas, 1989) e altri (Due poemetti. Su resuscitadu, Sa cantada de sa cuba, 1994; Lettere in versi a poeti, artisti e amici, 1994; Versos de Sardigna, 1995), in particolare per l’impegno affettuoso di Giuseppe Ruju, che fu suo viceparroco a Berchidda. Allo stesso G. Ruju si deve un’ampia monografia, Pietro Casu fra Grazia Deledda e Max Leopold Wagner, che contiene anch’essa pagine inedite di C. (il nome del grande linguista tede` qui richiamato perche ´ il Wagner sco e

ebbe lunga e intensa corrispondenza ` spesso citato nel Dicon C., che infatti e zionario etimologico sardo dello stesso Wagner). Di recente sono stati riproposti i suoi romanzi Ghermita al core, con nota introduttiva di Susanna Paulis, ‘‘Bibliotheca sarda’’, 2003; e La voragine, con nota introduttiva di Paola Pittalis, ‘‘Bibliotheca sarda’’, 2003.

Casu, Salvatore (detto Deddu) Poeta (n. Berchidda 1902). Nipote di Pietro, scrisse in logudorese poesie di notevole livello. Fu uno dei maggiori collabora` intetori di ‘‘S’Ischiglia’’, dove pubblico ressanti articoli su diverse questioni della letteratura in lingua sarda. Prese parte a diverse edizioni del premio ` di Ozieri’’, ottenendo vari ricono‘‘Citta scimenti.

Casu, Serafino Ingegnere, storico dell’architettura militare (n. Arborea 1939). Conseguita la laurea in Ingegne` dedicato all’insegnamento uniria, si e ` diventato professore di Diversitario. E ` di Ingegneria delsegno nella Facolta ` di Cagliari. Tra i suoi l’Universita scritti, spiccano quelli curati insieme con A. Dessı` e R. Turtas sul sistema delle fortificazioni nella Sardegna spagnola, oltre Proposta per la classificazione di organismi ed elementi strutturali nell’architettura religiosa in Sardegna dal XIII al XVI secolo, ‘‘Atti della ` di Ingegneria’’, XIV, VIII, 2, Facolta 1980; Il disegno di Jacopo Paleario Fratino per il sistema fortificato di Cagliari 1563-1579 (con A. Dessı` e R. Turtas), in Atti del Convegno ‘‘Arte e cultura del ’600 e del ’700 in Sardegna’’, 1984; La difesa del regno. Le fortificazioni (con A. Dessı` e ` sarda in eta ` spaR. Turtas), in La societa gnola (a cura di Francesco Manconi), I, 1992; Le piazzeforti sarde durante il regno di Ferdinando il Cattolico 1479-1516 (con A. Dessı` e R. Turtas), in Atti del XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1995. Ha scritto anche due ca-

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Casuarina pitoli su Il potere. La cattedrale; La rocca. Mura e baluardi, in Storie di Castello. La rocca, il potere, la vita del cuore antico di Cagliari, 1995.

bonia, Villacidro e Oristano. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Casu axedu Formaggio acido ottenuto con caglio senza sale, principalmente in alcune zone dell’Ogliastra e della `, e ` tipico di tutto il Barbagia. In realta ` pasistema gastronomico della societa storale, in cui viene preparato con latte fresco di capra negli ovili di montagna. In passato era riservato dai pastori al consumo esclusivo delle loro famiglie. ` stato commerNel corso del secolo XX e cializzato in ambito locale e successivamente fatto conoscere in un ambito regionale soprattutto attraverso il menu agroturistico.

Casu ’e fitta (o Casu ’e murgia) Formaggio prodotto dai pastori dell’Ogliastra e della Barbagia. Il principio che ne ` molto simile a regge la lavorazione e quello del casu axedu; in questo caso al ` aggiunto il caglio di latte viene pero agnello o di capretto; dopo due ore il formaggio cosı` ottenuto viene tagliato a fette e lasciato per un giorno semisommerso nel siero (su soru). Subito dopo il prodotto viene immerso nella salamoia (sa murgia); si ottiene un formaggio forte che viene generalmente usato come condimento di piatti tipici.

Casuarina – Originaria dell’Australia, e` coltivata come pianta ornamentale.

Casula Famiglia di Nurri (secc. XVIICasuarina Pianta arborea sempreverde della famiglia delle Casuarinacee (C. cunninghamiana Miq.). Chioma piramidale, simile al pino, con foglie ridottissime, squamose. I fiori unissessuali sono su piante diverse, il frutto costituito da acheni riuniti in una piccola pigna arrotondata. Originaria dell’Au` stata introdotta nell’Orto Bostralia, e tanico di Cagliari nel 1870 per essere poi diffusa, ai primi del Novecento, in tutta la Sardegna, soprattutto nei pressi delle stazioni ferroviarie e lungo le strade ferrate. Siro Vannelli (1987) segnala ottimi esemplari a Iglesias, Car-

XVIII). Le sue notizie risalgono alla se` del secolo XVII, quando viconda meta veva un Antonio, ricco proprietario terriero, che nel 1701 ottenne il cavalie` per aver dorato ereditario e la nobilta ´ nato il suo patrimonio ai Gesuiti perche fondassero un collegio nel suo paese natale. L’edificio fu iniziato ma mai portato a termine. La famiglia si estinse nel corso del secolo XVIII.

Casula, Alma Storica dell’arte (n. sec. XX). Laureata in Lettere, specializzata ` entrata in Storia dell’Arte, nel 1979 e ` e Beni Artinella Cooperativa Antichita stici Sardi, collaborando fattivamente per molti anni con la Soprintendenza

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Casula ai Beni ambientali, architettonici e artistici di Cagliari. Tra i suoi scritti: I culti francescani e le immagini nei secoli XVII e XVIII in Sardegna (con G. Guarino, A. Pasolini e F. Porcella), in Arte e cultura del ’600 e del ’700 in Sardegna, 1984; La casa forte di Villasor, in Atti del XII Congresso di storia della Corona d’Aragona, 1985; La cinta muraria e alcune testimonianze del periodo romanico e gotico, in Sassari. Le origini, 1989; Testimonianze dell’architettura cistercense in Sardegna settentrionale, in I Cistercensi in Sardegna, 1990; Gli altari e i taberna` sarda in eta ` spacoli lignei, in La societa gnola (a cura di Francesco Manconi), II, 1993.

Casula, Antioco (noto con lo pseud. Montanaru) Poeta (Desulo 1878-ivi 1957).

` considerato il piu ` grande e insieme il E ` ‘‘classico’’ dei poeti in lingua sarda piu del Novecento. Abbandonati presto gli studi, fu carabiniere fino al 1905. Tornato a Desulo divenne ufficiale postale e, ottenuto il diploma della scuola normale (equivalente all’Istituto magistrale dei nostri giorni), fece l’inse` gnante elementare. Intanto aveva gia pubblicato la prima delle sue raccolte poetiche, Boghes de Barbagia; dopo un lungo periodo di silenzio segnato da ` nel 1921 la sventure familiari, pubblico seconda raccolta, Cantigos d’Ennargentu, illustrata da Filippo Figari. Nel ` la Sardegna 1925 a Milano rappresento al primo Congresso nazionale dei dialetti d’Italia. Entrato in contrasto con i dirigenti del fascismo nuorese, fu accusato di amicizia con alcuni banditi: incarcerato, venne assolto. Nel 1933 pub` a Cagliari la terza raccolta, Sos blico cantos de sa solitudine, con prefazione di Luigi Falchi, ma intanto era stato presente lungo tutti gli anni Venti sulle pagine dei periodici sardi con singoli componimenti: Una notte nell’ovile, ‘‘Sardegna nova’’, 1, 1922; A una comare

morta, sonetto, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 4, 1923; A una pizzinna bella, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 89, 1923; Comare a bos ’amentades, ‘‘Il Nuraghe’’, I, 8-9, 1924; A unu iscalzu rugiu, sonetto, ‘‘Il Nuraghe’’, II, 12, 1924; Luna de marzu, ‘‘Il Nuraghe’’, II, 19, 1924; Ora tristas, ‘‘La Regione’’, II, 4-5, 1925; «Montanaru» a Pedru Casu, terzine, ‘‘La Sardegna’’, IV, 16-17, 1926; S’umile opera manna, ‘‘La Sardegna’’, V, 2-3, 1926; Cantilena, cantilena, ‘‘Fontana Viva’’, II, 1927; A sos pizzinnos mios, ‘‘Sardegna’’, VII, 5, 1929. Ma la sua atti` e insieme la sua stessa popolarita ` vita contrastavano con la politica del re` regiogime nei confronti delle realta nali e in particolare dei dialetti. Proprio Sos cantos diede luogo a una polemica giornalistica con Gino Anchisi, che consigliava a C. di scrivere in italiano: siccome le leggi fasciste vietavano l’uso pubblico del dialetto, le ultime risposte di C. al suo antagonista non furono pubblicate. Caduto il fasci` alla milizia politica, adesmo, torno rendo al PSd’Az da posizioni separatiste. Nel 1949 vinse il Concorso nazionale di poesia dialettale, presieduto da Giuseppe Ungaretti, con il sonetto S’o` a Nuoro la sua lia. Nel 1950 pubblico quarta e ultima raccolta di versi, Sa lantia. Nel 1968 il cagliaritano Trois pub` tutta la sua opera in tre volumi, blico Montanaru, che comprendono anche le ultime poesie rimaste inedite, Sas ultimas canzones e Cantigos de amargura. Nel 1998 le quattro raccolte maggiori sono state riedite dalla nuorese Ilisso nella collana ‘‘Bibliotheca sarda’’, in 2 voll., a cura di Giovanni Pirodda. «La fisionomia stilistica ed espressiva di Montanaru – scrive Pirodda – si definisce (specie nella prima raccolta) in riferimento sia all’opera di Satta che ai testi ` piu ` presente l’imdi Carducci, in cui e pegno ideologico e la polemica civile. Correlati a quello dell’innovazione te-

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Casula matica sono gli esperimenti nell’uso delle forme metriche. Montanaru si serve spesso del sonetto, ma introduce una notevole ricchezza di metri che conferma la tendenza innovativa del poeta, anche con l’immissione nella tradizione sarda di forme analoghe a quella italiana». E ancora: «L’espe` caratterizzata rienza di Montanaru e sia da una notevole apertura culturale, sia da un rapporto vitale con un pubblico ampio, colto e popolare: una condizione specifica, che contribuisce a dare una fisionomia originale alla sua opera». Ma gran parte del fascino di questa poesia deriva dalla lingua: «Montanaru – ha scritto Michelangelo Pira – sentı` il sardo come volgare vivo, arricchendolo degli apporti nuovi che venivano dalla lingua italiana. La lingua sarda italianizzante fu rimproverata a Montanaru ma altri che dopo di lui hanno tentato la strada della lingua sarda si sono smarriti. Con Montanaru il sardo fu ancora una volta una lingua, ` nelle poesie nuoresi del mentre gia Satta aveva un sapore dialettale».

Casula, Antonangelo Uomo politico (n. Carbonia 1958). Dirigente del PCI, del ` stato consigliere comuPDS e dei DS, e nale e assessore di Carbonia, sindaco dal 1990 al 2001. Componente del Consiglio dei poteri locali e regionali d’Eu` sottosegretario ropa, dal maggio 2006 e all’Economia nel governo Prodi.

Casula, Duilio Scienziato (n. Cagliari 1916). Dopo aver conseguito la laurea si ` dedicato all’insegnamento universie tario. Studioso di medicina del lavoro, ha percorso la sua carriera accademica ` di Cagliari, della presso l’Universita ` stato anche rettore dal 1979 al quale e 1991. Autore di numerose pubblicazioni di notevole livello scientifico, dal 1970 ` stato presidente della Societa ` al 1982 e Italiana di Medicina del Lavoro. Attento osservatore dei problemi sociali,

` stato militante socialista da sempre, e anche eletto ripetutamente consigliere comunale di Cagliari e vicesindaco.

Casula, Efisio Teologo (Perfugas 1800Cagliari 1855). Divenuto sacerdote, si stabilı` a Cagliari dove a partire dal ` Teologia dogmatica presso 1828 insegno ` raggiungendo una quella Universita notevole fama. Nel 1842 fu designato ve` non senscovo di Alghero, ma rinuncio `a tendosi degno della carica e continuo ` alcune opere di noteinsegnare. Lascio vole livello scientifico, tra cui il manuale che aveva preparato per i suoi studenti, Istitutiones theologiae scholasticae dogmaticae ad usum Regi Archiginnasi Calaritani, 1842.

Casula, Emidio Ingegnere, uomo poli` 1939). Consigliere retico (n. Gonnosno gionale, deputato al Parlamento. Lau` impegnato in reatosi in Ingegneria, si e politica militando fin da giovane nel PSI. Consigliere comunale e sindaco del suo paese, nel 1979 fu eletto consigliere regionale nel collegio di Oristano per l’VIII legislatura e poi successivamente riconfermato fino alla X legislatura nel 1992. In Consiglio regionale si ` per la sua grande attivita ` e fino segnalo al 1980 fu capogruppo del suo partito; nel dicembre dello stesso anno divenne assessore ai Lavori pubblici nella giunta Rais. Quando nel marzo 1982 la ` l’incarico giunta cadde, egli conservo anche nella giunta Rojch fino al giugno ` in giunta nell’agosto del 1984; torno 1985 come assessore al Turismo e all’Ambiente nella seconda giunta Melis e nel 1987 fu riconfermato nell’incarico fino all’ottobre 1991 nella prima giunta Floris. Nel gennaio 1992 si dimise da consigliere regionale per candidarsi al Parlamento: fu eletto deputato per l’XI ` legislatura repubblicana che, come e noto, ebbe termine nel 1994. Ha contribuito alla fondazione del partito dei Socialisti Democratici Italiani. Nella con-

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Casula ` stato eletto sultazione dell’aprile 2006 e alla Camera dei deputati nella lista della Rosa nel Pugno per la compo` sottosegrenente SDI; dal maggio 2006 e tario alla Difesa nel governo Prodi.

Casula, Emma Pittrice (n. Cagliari 1937). Dopo aver completato gli studi si ` dedicata all’insegnamento nelle e ` impegnata nelscuole superiori e si e ` artistica ottenendo diversi ril’attivita conoscimenti a livello nazionale e internazionale. Alcune sue opere sono ospitate in collezioni pubbliche.

Casula, Francesco Insegnante, dirigente politico (n. Ollolai 1945). Di formazione sardista, dopo la laurea in Let` dedicato all’insegnamento tere si e ` impenelle scuole secondarie e si e ` sindacale, fondando gnato nell’attivita la Confederazione Sindacale Sarda, di ` stato segretario. Ha diretto ‘‘Il cui e Solco’’ e ha fondato l’associazione Professores pro sa limba sarda, promuovendo capillarmente lo studio del sardo e la conoscenza della cultura sarda. Uscito dal PSd’Az, ha fondato il Movimento dei sardi, di ispirazione nazionalista e federalista.

Casula, Francesco Cesare Storico (n. Livorno 1933). Allievo di Alberto Boscolo, laureato a Cagliari nel 1959, nel 1969 ha conseguito la libera docenza in Paleografia e nello stesso anno ha iniziato a insegnare Storia della Sardegna ` di Cagliari. Dopo alpresso l’Universita ` divenuto ordinario di Storia cuni anni e medioevale. Ha preso parte a numerosi seminari di studio in Italia e all’estero, ` membro della Deputazione di Storia e ` stato per dieci anni nel consipatria. E ` degli storici glio direttivo della Societa italiani; attualmente dirige a Cagliari l’Istituto di Storia dell’Europa mediterranea del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che oltre la sede di Cagliari ha sedi a Genova, Torino e Milano. Fa anche parte della commissione per-

manente per i Congressi di storia della Corona d’Aragona. Diversi suoi allievi ` sarde. insegnano nelle due Universita ` autore di numerosi lavori di notevole E livello scientifico di paleografia e di storia della Sardegna. Negli ultimi anni ha elaborato un’importante ipotesi interpretativa generale della storia della Sardegna conosciuta come dot` che offre un origitrina della statualita nale contributo alla rivisitazione dell’intera storia italiana. Nel 1984 ha individuato nelle sculture di una chiesa di San Gavino Monreale i ritratti degli ultimi giudici d’Arborea, tra i quali quello di Eleonora. Nel 2003 ha pubblicato, presso l’editore Carlo Delfino di Sassari, un vasto Dizionario storico sardo (indicato con la sigla DI.STO.SA), che sintetizza, in una serie di voci attente e documentate, i risultati della ricerca storica in Sardegna negli ultimi cento ` autore di numerosi scritti; la anni. E sua bibliografia, secondo l’inventario di Francesco Floris, comprende 76 ti`, per toli principali. Quella che segue e ragioni di spazio, una ulteriore selezione: Un bassorilievo sardo del sec. XVI, ‘‘Studi sardi’’, XVII, 1962; Profilo ` di Oristano, 1961; Lo storico della citta Zurita e il giudice Chiano d’Arborea, in Atti del VII Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1962; Barisone I d’Arborea e Barisone II di Torres, voci in Dizionario biografico degli Italiani, VI, ` completa genealogia 1964; Per una piu degli Arborea all’epoca di Pietro IV il Cerimonioso, ‘‘Studi sardi’’, XX, 1966; La datatio chronica nei documenti di cancelleria sardo-aragonesi del secolo XIV, ‘‘Studi sardi’’, XX, 1966; Sardegna e Spagna. Ricerche storiche 1947-1968, 1968; Carte reali diplomatiche di Alfonso III il Benigno re d’Aragona riguardanti l’Italia, 1971; Documenti inediti sui possessi sardi del monastero di S. Lorenzo ` moalle Rivolte di Pisa, in Medioevo Eta

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Casula derna. Studi in onore del prof. Alberto Boscolo, 1972; Il documento regio nella Sardegna aragonese, 1973; Sulle origini delle cancellerie giudicali sarde e Influenze catalane nella Cancelleria giudicale arborense nel sec. XII, in Studi di Paleografia e Diplomatica, 1974; La Cancelleria sovrana dell’Arborea dalla creazione del Regnum Sardiniae alla fine del giudicato, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 1977; Carte reali diplomatiche di Giovanni I il Cacciatore re d’Aragona, riguardanti l’Italia, 1977; Breve storia della scrittura in Sardegna, 1978; Cultura e scrittura nell’Arborea al tempo della Carta de Logu, in Il mondo della Carta de Logu, 1979; L’assetto politico territoriale della Sardegna basso-medioevale, 1981; Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese, 1982; Stato attuale della ricerca sulla Sardegna aragonese, in La ricerca storica sulla Sardegna, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIII, 1982; Ai margini della Guerra del Vespro. Gli Aleramici di Saluzzo in Sicilia e in Sardegna, in Atti dell’XI Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1983; La scoperta dell’effigie di Eleonora d’Arborea, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, X, 1984. Al suo attivo C. ha anche l’ampia collaborazione al volume Genealogie medioevali di Sardegna da lui curato insieme con L.L. Brook per la 2D Editrice Mediterranea di Cagliari nel 1984, in cui ha scritto insieme con L.L. Brook Genealogie dei giudici sardo-indigeni: giudici di Arborea (1-2), Genealogie dei giudici sardo-indigeni: giudici di Cagliari, Genealogie dei giudici sardo indigeni: giudici di Gallura, Genealogie dei Giudici sardo-indigeni: giudici di Torres (1-2), Genealogie dei giudici sardo indigeni: famiglia degli Athen, Genealogie dei giudici sardo-indigeni: famiglia dei Zori, Genealogie dei giudici sardo-indigeni: famiglia di Michele Zanche. Negli anni successivi ha pubblicato L’assetto politico e territo-

riale della Sardegna medioevale, in Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del secondo Convegno internazionale di Studi geografico-storici Sassari 1981, 1984; Il caso di Eleonora d’Arborea: in quelle immagini un pantheon?, ‘‘Ichnusa’’, 6, 1984; Pievi e parrocchie in Sardegna; premesse storiche (con V. Loi), in Atti del VI Congresso di storia della Chiesa in Italia, II, 1984; Il territorio medioevale di Villa di Chiesa, in Studi su Iglesias medioevale, 1985; La storia della Sardegna da Miezko I di Polonia a Ferdinando II d’Aragona, 1985; Ricerche archivistiche sulla battaglia di Sanluri nel 1409, in Studi in onore di G. Todde, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXV, 1986; Eleonora d’Arborea, in I personaggi della sto` della ria medievale, 1988; La statualita storia della Sardegna, in Ethnos. Le autonomie etniche e speciali in Italia e nell’Europa mediterranea. Processi storici e istituzioni, 1988; La politica del giudicato di Torres, ‘‘Rivista cistercense’’, V, 1, 1989; La Sardegna aragonese, voll. 2, 1990; Gli schiavi sardi della battaglia di Sanluri del 1409, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 15, 1990; La rivolta degli Alagon sardi in una serie inedita di ‘‘Lettres de battalla’’ del 1472-73, ‘‘Medioevo. Saggi e rassegne’’, 16, 1991; Partecipazione del regno sardo di Torres all’impresa pisana delle Baleari, in Atti del Colloquio internazionale sul Liber Majolichinus, 1991; I trattati diplomatici sardo-aragonesi del 1323-26, in Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra Medio` moderna. Studi in memoria del evo e Eta prof. Alberto Boscolo, I, 1993; Il Regnum Sardiniae et Corsicae nell’espansione mediterranea della Corona d’Aragona. Aspetti politici, in Atti del XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, I, 1993; La storia di Sardegna, voll. 3, 1994; La Carta de Logu del regno d’Arborea. Traduzione libera e commento storico, 1994; Storia di un regno 1324-1861, in Il regno

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Casu marzu di Sardegna, 1995; Cagliari capitale di un regno, 1995; Una spia arborense nel castello aragonese di Longonsardo, in Studi di geografia e storia in onore di A. Terrosu Asole, 1996; La terza via della storia. Il caso Italia, 1997; Considerazioni sul rapporto giuridico Arborea-Aragona da un memoriale del 1405, in Studi storici in memoria di Giancarlo Sorgia, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIX, 1998; Eleonora regina del regno d’Arborea, 2004.

Magnani – un’anticipazione di quello spirito di clarte´ intrecciato al gusto ` percettive che distindelle ambiguita ` il lavoro del pittore dopo la meta ` guera degli anni Sessanta». Ha esposto in Ita` autore di numerosi lia e all’estero ed e saggi di estetica e di opere divulgative della teoria e della pratica dell’arte molto apprezzati, come Impara l’arte, edito da Einaudi nel 1977.

Casula Floris, Antonio Teologo (Fonni ` a Cagliari 1798-Cagliari 1855). Studio ` dove fu ordinato sacerdote e si dedico all’insegnamento, facendosi notare per ` della sua preparazione. la profondita ` per molti anni Teologia morale Insegno ` di Cagliari e fu nopresso l’Universita minato canonico della cattedrale. Morı` lasciando alcune importanti opere, tra cui un manuale compilato a uso dei suoi studenti, Istitutiones theologiae moralis ad Calaritanae Accademiae leges exactae, 1840.

Casulli, Antonio Avvocato (Tempio, se-

Tonino Casula – Dopo aver aderito al movimento Studio 58 ha fondato il Gruppo transazionale, con il quale ha saputo innovare l’arte sarda.

Casula, Tonino Pittore e scrittore (n. Seulo 1931). Dopo aver completato i suoi studi ha esordito negli anni Cinquanta esprimendosi con un realismo ` di tipo espressionistico. Poco dopo si e trasferito a Cagliari, dove, dopo aver partecipato ad alcune mostre del gruppo Studio 58, nel 1966 ha fondato il Gruppo transazionale imprimendo ` e originalita ` all’ambiente arcreativita ` nelle prime prove tistico locale. Gia (personali alla Galleria ‘‘Belleconz’’ di Lione e alla ‘‘Cenacolo’’ cagliaritana, 1957-58) si «potrebbe rintracciare – hanno scritto Giuliana Altea e Marco

` sec. XIX-Roma, seconda conda meta ` sec. XX). Fece parte dell’Ufficio meta di presidenza del comitato che orga` il Congresso dei sardi a Roma nel nizzo ` con Attilio Deffenu alla 1914. Collaboro rivista ‘‘Sardegna’’. Tra i suoi scritti: I sardi in trincea. L’energia della terra e della stirpe, ‘‘Il Giornale d’Italia’’, 1915; Impostazione elettorale, ‘‘Rivista sarda’’, 1919.

Casu marzu Tipico prodotto della lavorazione del formaggio in Sardegna. Viene chiamato anche ‘‘formaggio con i ` vermi’’ o ‘‘formaggio marcio’’ (marzu). E ottenuto in ambiente adatto mediante l’intervento di una mosca che provoca il processo di marcescenza e che trasforma la pasta del formaggio in una crema dal gusto forte e aspro, spesso accompagnata da piccoli vermi. Questo tipo di formaggio, a suo modo ‘‘barba` molto apprezzato dai buongurico’’, e ` stai sardi, ma si va facendo sempre piu

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Catala` raro per evidenti ragioni igieniche: la stessa legge ne proibisce la produzione e la vendita. Negli ultimi decenni nei grandi caseifici si sono ottenute, mediante processi igienicamente ineccepibili, delle creme di formaggio piccanti che nel gusto ricordano il prodotto tradizionale e sono usate soprattutto per guarnire crostini o, meglio ancora, la ‘‘carta da musica’’.

` Famiglia feudale (secc. XIIICatala XIX). Di origine valenzana, una tradizione non documentabile la fa discendere dal mitico Ogerio Catalan, vissuto ` le sue notizie nel secolo VIII. In realta ` antiche risalgono al secolo XIII e piu nel corso dei secoli successivi si divise in diversi rami, tutti storicamente rilevanti. Uno di questi, che ebbe come capostipite Guglielmo, sposato a Giovanna figlia di Amerigo Centelles, finı` per legarsi alle vicende della contea di Quirra. Dal matrimonio discese una famiglia che ebbe un notevole prestigio nel Regno di Valencia, e quando nel 1674 morı` Gioacchino Centelles mar` chese di Nules e di Quirra ne rivendico la successione, opponendosi ai Borgia ai quali il vecchio Gioacchino aveva la` e i Borsciato i feudi. La lite fra i Catala ` , con alterne vicende, fino al gia duro ` , discen1695, quando Ogerio Catala dente diretto del primo Guglielmo, ottenne una sentenza che gli assegnava il ` poco dopo possesso di Nules. Egli pero ` la morı` e suo figlio Giuseppe continuo lite nell’intento di recuperare anche il marchesato di Quirra, appellandosi a un rescritto con il quale il primo marchese Cristoforo Centelles aveva stabilito che il possessore di Nules avrebbe dovuto avere anche Quirra, sancendo ` dei due feudi. Nel cosı` l’indivisibilita 1726 ottenne finalmente la sentenza a lui favorevole e cosı` fu investito anche di Quirra, ma i Borgia, che non volevano rinunciare al grande feudo, resistettero

con determinazione in giudizio, cercando di recuperarne il possesso. Giuseppe morı` nel 1728, lasciando erede il ` figlio Gioacchino, che non si interesso molto dell’amministrazione del marchesato, i cui abitanti avrebbero voluto volentieri liberarsi dalla dipendenza ` feudale. Quando poi nel 1744 scoppio la Guerra di successione austriaca il ´ il re di feudo gli fu sequestrato, perche Sardegna, Carlo Emanuele III di Savoia, temeva che gli stranieri possessori di feudi nel regno stessero tramando per fargli perdere il trono. Terminata ` la guerra, nel 1748 Gioacchino recupero Quirra ma dovette affrontare una nuova lite col fisco, che considerava il feudo devoluto. Con la morte di suo figlio Vincenzo, nel 1766, la discendenza maschile della famiglia si estinse; quest’ultimo, infatti, aveva lasciato erede la figlia Giuseppa che non riuscı` a conservare Nules, passata a Filippo Osorio marchese di Cervellon. Questi, in base ` invoal principio della indivisibilita ` , rivendico ` cato a suo tempo dai Catala il possesso di Quirra, coinvolgendo in un lungo processo Giuseppa. La lite tra ` per molto tempo assui due continuo mendo caratteri complessi per un nuovo intervento del fisco, intenzionato a sequestrare il feudo che considerava `, gli Osorio ebdevoluto. Nel 1798, pero ` bero riconosciuti i loro diritti: la Catala ` comunque a resistere, ottecontinuo nendo una sospensiva della sentenza favorevole agli Osorio, ma senza riuscire a evitare che il fisco proseguisse la causa di devoluzione. La questione fu risolta nel 1805 con un intervento del re di Spagna, che convinse il re di Sardegna a sospendere la devoluzione, con` sentendo cosı` un accordo tra la Catala e gli Osorio, che finalmente entrarono in possesso del grande feudo.

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Catani ` la ristrutturazione del Pasioni e avvio lazzo baronale.

` y Roca, Pere Storico catalano (n. Catala

Catalan – Arma. Famiglia di origine provenzale, ebbe come capostipite in Sardegna un Ognissanti che fece rapidamente fortuna nella capitale dell’isola.

Catalan Famiglia di origine provenzale (secc. XVII-XVIII). Si trasferı` a Cagliari agli inizi del secolo XVII con un Ognissanti, un mercante che fece fortuna in ` . Suo figlio Giovanni continuo ` ad citta aumentare il patrimonio della famiglia ` inserendosi bene in seno alla societa cittadina del tempo. Uno dei suoi figli, ` all’asta il Antonio, nel 1668 acquisto feudo di Teulada e nel 1676 fu ammesso allo Stamento militare durante il parlamento Las Navas. La sua discendenza si estinse nel 1736 con un altro Antonio, la ` Giovanni cui sorella Maria Grazia sposo Sanjust.

Catalan, Serafino Barone di Teulada ` sec. (Cagliari 1673-ivi, prima meta XVIII). Uomo intelligente e colto, si pre` di migliorare le condizioni di occupo vita nel suo feudo, dove favorı` lo svi` luppo della frutticoltura. Si preoccupo anche di far ricostruire la torre del porto per difenderlo da possibili incur-

Barcellona, sec. XX). Membro dell’Istituto di Studi tarraconensi ‘‘Raimondo ` autore di alcuni saggi Berengario IV’’, e sui rapporti tra la Sardegna e la Catalogna, che ha anche incoraggiato nella se` del Novecento, facendo coconda meta noscere scrittori e cultura di Alghero nel mondo catalano, a cominciare dall’articolo Alghero piccola Barcellona sarda, nella popolare rivista ‘‘San Jorge’’ del luglio 1958. Tra gli altri suoi scritti: Personaggio sconosciuto Carmen Dore, eterno innamorato della Catalogna Ideale, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1959; Cerden ˜ a, documento vivo de nuestra historia, ‘‘San Jorge’’, 46, 1962; Pena d’exili a Sardenya, in Sardegna, Mediterraneo e ` moderna. Atlantico tra Medioevo e Eta Studi in memoria del prof. Alberto Boscolo, I, 1993; Esitos de la bon ayre a la ´ illa de Sardenya, in Atti del noblesa d’este XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1995; L’avventura catalanista de La Palmavera (L’Alguer 1906), 1998.

Catani, Giuseppina Archivista (n. Cagliari 1951). Laureata in Filosofia, dal 1982 lavora presso l’Archivio di Stato di Cagliari. Insegna Archivistica e istituzioni nella Scuola di specializzazione in paleografia che opera presso l’Archivio cagliaritano. Ha anche curato, con ´ Carla Ferrante, Il Parlamento del vicere ´ bano conte di Giuseppe de Solı´s Valderra Montellano, 4 voll., n. 23 della collana ‘‘Acta Curiarum Regni Sardiniae’’, 2004. Tra i suoi scritti: Cagliari e il mondo atlantico nel ’400 (con Gabriella Olla Repetto), in ‘‘Rassegna degli Archivi di stato’’, XLVIII, 3, 1988; ‘‘Gazzettino ebdomadario di Sardegna’’. Il primo giornale isolano uscı` a Cagliari nel gennaio-febbraio 1793, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1996; Alcune note sulle carte catalano-aragonesi conservate nell’Archi-

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Catardi vio di Stato di Cagliari, in Milites. Saggi e contributi, 1996; I ponti della Scafa: una vicenda che si perde nei secoli, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1997.

Catardi, Carlo Scrittore (n. Alghero 1925). Impegnato prima nel lavoro di pescatore col padre, e poi come sottufficiale della Guardia di finanza di mare, ha trascorso lunghi anni a contatto con la marineria sarda, verso la quale nutre profonda passione e interesse, tanto da intraprendere il compito di raccontarne le storie, che trae sia dalla memoria personale che dai racconti dei pe` . Nel 2002 scatori anziani della sua citta ha pubblicato Nassaioli. Pescatori di ` stato tradotto in catalano aragoste, che e da Giovanni Ibba: Nassaiols. Pescadors de llagostes, 2005; e Pescatori algheresi del Novecento, 2005.

Catardi, Rafael Ufficiale di carriera, scrittore (Alghero, 1892-ivi 1974). Uffi` al grado di geciale di carriera, arrivo nerale di fanteria. Studioso dell’Alghero catalana e delicato poeta, nel secondo dopoguerra, con altri intellettuali algheresi, ha fondato il ‘‘Centro ` Catastudi algheresi’’ e l’‘‘Agrupacio lana d’Italia’’, concorrendo nel 1961 alla realizzazione dei Jocs Florals cata` natale. Tra i suoi scritti: lani nella citta Le antiche fortificazioni di Alghero, in Atti del VI Congresso internazionale di studi sardi, 1962; Matteo Luigi Simon e la crisi dell’isola di Sardegna, 1964; Un inedito diploma di Pietro IV il Cerimo` di nioso. Dalla pesca del corallo la citta Alghero traeva fin dal ’300 la sua ragione di vita, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1967; L’ordine di N.S. della Mercede in Alghero, 1970; Note di storia algherese, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1973.

Catasto in Sardegna Il problema della costituzione di un c. in S. assunse un rilievo particolare data la particolare situazione nella quale il regime fondiario dell’isola si trovava prima dell’Otto-

cento. Infatti i primi tentativi di istituire il catasto inteso come descrizione ` immoe classificazione delle proprieta biliari dei cittadini furono fatti in Sardegna agli inizi del secolo; dopo un primo tentativo di descrizione e di classificazione degli immobili urbani fatto nel 1807 mediante l’istituzione dell’Ufficio di perequazione, nel 1820 con il famoso editto delle chiudende fu nuovamente affrontato il problema della definizione dei limiti dei fondi mediante ` chiusure a siepe e a muro. Si tratto ` di provvedimenti parziali: per pero avere un primo intervento legislativo teso a porre in essere una classificazione sistematica e organica dei beni immobiliari bisogna aspettare al 1839 quando fu varato con carta reale un regolamento che consentisse l’avvio delle operazioni per la classificazione e la ` immobimisurazione di tutte le unita liari dell’isola. Grazie all’impegno di Carlo De Candia e dei suoi collaboratori furono compiute accurate rilevazioni geodetiche e planimetriche, che furono portate a termine entro il 1851, mettendo capo alla redazione di una vera e propria pianta generale dell’isola. Furono cosı` definiti i confini dei territori di tutti i comuni con relative mappe e fu redatta una carta generale dell’isola costituita da 49 fogli. Nello stesso 1851 furono fatti i primi passi per utilizzare il catasto al fine di determinare una nuova imposta fondiaria generalizzata abolendo le precedenti imposte di origine feudale o di derivazione dal vecchio donativo e dalle decime ecclesiastiche. L’operazione avrebbe dovuto essere portata a termine entro il 1853: per conseguire questo risultato si sarebbero dovute analizzare meglio le pro` private e classificarle secondo prieta parametri oggettivi che consentissero l’imposizione dei tributi in modo equo in relazione al valore degli immobili.

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Caterina d’Alessandria ` , che le Apparve subito evidente, pero carte ottenute erano difettose e carenti e che difficilmente avrebbero potuto essere usate per conseguire gli obiettivi che si volevano raggiungere in materia fiscale. Quando, quindi, nel 1861 si ` dal Regno di Sardegna al Regno passo d’Italia, il problema divenne uno dei ` rilevanti tra quelli che contribuipiu rono a far nascere la questione sarda.

Cataudella, Michele Storico (n. Chiavari 1940). Professore ordinario di Sto` di Lettere delria greca nella Facolta ` di Firenze, ha scritto il sagl’Universita gio La Sardegna. Pseudo Scilace e la geografia punica, in Sardinia antiqua. Studi storici in onore di P. Meloni per il suo 70º compleanno, 1992.

Gavino Catayna – Vescovo di Bosa dal 1663 al 1671, divenne poi arcivescovo di Sassari fino al 1679.

Catayna, Gavino Religioso (Sassari, 1608-ivi 1679). Vescovo di Bosa dal 1663 al 1671 e arcivescovo di Sassari dal 1671 al 1679. Entrato nell’ordine dei Carmelitani dopo aver conseguito la laurea, si ` come teologo. Fu chiamato a affermo ` a insegnarvi filosoRoma e in altre citta fia e teologia; nel 1641 fu nominato provinciale del suo ordine in Sardegna e

` nell’isola; in seguito, tornato a torno Roma, fu consultore del Santo Ufficio e segretario generale del suo ordine. Nel 1663 fu nominato vescovo di Bosa, qui ` un sinodo diocesano nel 1665 celebro del quale furono stampati gli atti. Nel 1671 fu nominato arcivescovo di Sassari, dove morı` nel 1679, lasciando molti scritti inediti. Negli anni del suo epi` di abbellire il scopato si preoccupo Duomo e di far restaurare la basilica di ` San Gavino a Porto Torres. Frequento scienziati e artisti e fu legato da grande amicizia al medico Gavino Farina, suo parente.

Caterina d’Alessandria, santa (in sardo, Santa Caterina, Santa Catalina, Santa Cadirina, Santa Cadenia) Santa (Alessandria d’Egitto 293-?, 312). Figlia di Costos re d’Alessandria o del re di ` di sposare Cipro, diciottenne rifiuto l’imperatore Massimino Daia, il quale ` a discutere «per punizione la obbligo `, con cinquanta filosofi pagani su Gesu che morendo in croce come un qualsiasi uomo non poteva essere Dio, tanto meno suo figlio». La principessa riuscı` a convertire non solo i filosofi, ma anche Porfirio, generale dell’esercito imperiale. Messa in carcere, per undici giorni fu lasciata senza cibo. Atroci furono le torture: legata a una ruota con punte di ferro per dilaniarne le carni, ` «la ruota per intervento divino si spezzo e i presenti si convertirono e chiesero di essere battezzati». Morı` decapitata il 25 novembre 312; «dal suo collo non uscı` sangue, ma latte, testimonianza di pu` dagli rezza, candore, fede», percio ` chiamata ‘‘sempre pura’’ (il orientali e ´s, significa suo nome, dal greco katharo ‘‘pura’’). Gli angeli trasportarono il suo corpo sul monte Sinai e i crociati le reliquie a Genova. Patrona dei filosofi e teologi, delle balie, delle ragazze da marito, delle ‘‘caterinette’’ ovvero le apprendiste sarte, delle parrucchiere, ma

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Caterina da Siena anche di quanti hanno a che fare con le ruote, come mugnai e prigionieri. Nel ` stata cancellata dal calendario 1969 e generale.

supplizio e la fuga degli sgherri pieni di confusione». [ADRIANO VARGIU] Festa Si festeggia il 25 novembre. Sagre estive e in altre date durante l’anno.

Caterina da Siena, santa Santa (Siena

Santa Caterina d’Alessandria – La santa in un celebre dipinto del Caravaggio. (Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid)

In Sardegna Patrona di Abbasanta e Santa Caterina di Pittinuri. Culto diffuso dai Bizantini, potenziato e soste` invocata anche nuto dai genovesi, e contro il malocchio. Chiesa vittorina a Elmas, costruita dove sorgeva la medioevale Villa di Semelia o Similia o Simbilia, oggi inserita in una fattoria privata. Quella di Cagliari, ai piedi di ` stata ricostruita nel monte Urpinu, e 1967 a forma di ogiva, in ricordo delle bombe che distrussero (1943) l’originaria cinquecentesca che sorgeva nella via Giuseppe Manno. Nella Cagliari del passato, il 25 novembre veniva portata in processione «un’enorme piattaforma che rappresentava teatralmente il martirio della santa, le spezzate ruote del

1347-Roma 1380). Dottore della Chiesa, nacque il 25 marzo 1347, ventiquattresima figlia (ne ebbero venticinque) di Jacopo Benincasa tintore di pelli e di Lapa Piagenti. A sei anni ebbe la sua prima visione, a sette fece voto di ca` e tento ` di scappare da casa «per stita andare nel deserto con li anacoreti». A quindici terziaria domenicana delle ‘‘mantellate’’ o ‘‘sorelle della penitenza’’, pur continuando a vivere nella propria casa. A venti «matrimonio mi` , che le infilo ` al dito l’astico con Gesu nello d’oro». Fu volontaria nell’Ospedale della Scala e nel Lebbrosario di San Lorenzo, instancabile nell’assistere poveri e carcerati, numerosi i suoi prodigi. Convinse Gregorio XI ad abbandonare «la corrotta corte papale d’Avignone» e a tornare a Roma, po` avignonendo cosı` fine alla ‘‘cattivita nese’’. Scrisse a tutti i governanti europei vibranti lettere invitandoli a mantenere la pace. Per il suo impegno sociale e politico dovette difendersi nel capitolo generale dei Domenicani (1347). A Pisa, nella chiesa di Santa Cristina, «cinque raggi sanguigni e ardenti trafissero il suo corpo, lasciandovi cinque dolorosissime piaghe» (1375), le stimmate invisibili conosciute solo dopo la morte. ` un convento (1377). DiA Siena fondo ` per l’unita ` della fese Urbano VI e lotto ` l’antiChiesa nello scisma che porto papa Clemente VII (1378). Morı` il 29 aprile 1380, sepolta nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Quattro anni dopo, con il permesso di Urbano VI, la sua testa fu recisa e portata a Siena nella chiesa di San Domenico. Canonizzata da Pio II (1461), dichiarata seconda patrona di Roma da Pio IX

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Catogno (1866), proclamata patrona d’Italia con San Francesco d’Assisi da Pio XII (1939) e dottore della Chiesa da Paolo VI (1970). Le trecentottantuno Lettere, det´ non sapeva tate ai suoi discepoli perche scrivere, testimoniano la sua espe` , l’ardore rienza mistica, la spiritualita religioso, la potenza del suo pensiero, ` in la sua grandezza. Nel 1378 detto estasi, sempre ai suoi discepoli, il Dialogo della Divina Provvidenza. Per il suo `e ` patrona matrimonio mistico con Gesu delle giovani, ma anche degli studenti, delle infermiere e delle scolte dello scautismo. [ADRIANO VARGIU]

` , la notte del 18-19 luFiglie della Carita glio 1830 le apparve la Madonna: «Con ` le le lacrime agli occhi le profetizzo sciagure che stavano per abbattersi ` che Dio vosulla terra e le preannuncio leva affidarle una grande missione». La volta successiva, 27 novembre 1830, le apparve incorniciata dalla scritta a lettere d’oro: «O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi», in piedi su d’un globo, schiacciando un serpente color verdastro, Satana e le forze del male; dalle mani aperte partivano raggi di luce. Volta` vedere due cuori, il suo e tasi, lascio ` , con sopra una M quello del figlio, Gesu ` l’origine sormontata da una croce. E della Medaglia Miracolosa. Canonizzata da Pio XII (1947). [ADRIANO VARGIU]

Cateura Benasser, Pablo Storico (n. Spagna, sec. XX). Professore nell’Uni` delle Baleari a Palma di Maversita jorca, ha preso parte al XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, svoltosi nel 1990 ad Alghero, con un contributo su El comercio del reino de Majorca con Cerden ˜ a a trave´s de los guiatges, in Atti del XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1995.

Cathala Famiglia cagliaritana di ori-

Santa Caterina da Siena – Particolare di un dipinto di Alessandro Franchi raffigurante la santa (1888).

´ , santa Santa (FainCaterina Laboure les-Moutiers, Francia, 1806-Enghier`, Reuilly, Francia, 1875). Suora di carita ` con passione ai bisognosi, fasi dedico vorita dal dono delle visioni della Madonna e del cuore di San Vincenzo de’ Paoli. Era novizia di tre mesi quando a Parigi, pregando nella cappella delle

gine catalana (secc. XV-XVII). Le sue notizie risalgono al secolo XV. Apparteneva alla borghesia, e alcuni dei suoi membri nel corso del secolo furono eletti tra i consiglieri del castello; nel ` ai Mora e ai Dedoni secolo XVI si lego in alcune sfortunate imprese finanziarie, per cui ne condivise il tracollo finanziario. Si estinse nel corso del secolo XVII.

Catogno, Giampaolo Fotografo (n. Alghero 1958). Ha studiato fotografia e grafica pubblicitaria. Ha partecipato a diversi workshop con Elliot Erwitt, Gianni Berengo Gardin e Francesco ` socio dell’associazione Cito. Dal 1998 e culturale OGROS Fotografi associati.

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Catone ` recente (2004) a ‘‘Su La sua mostra piu Palattu’’ di Villanova Monteleone era intitolata Riti di Passione (nel catalogo, testi di monsignor Pietro Meloni e Marcello Fois).

esempio del legame instauratosi fra i Sardi e il partito dei populares fra i secoli II-I a.C. [ANTONIO IBBA]

Catone Politico romano (Tuscolo, 234 a.C.-Roma, 149 a.C.). Esponente di punta del futuro partito dei populares, si presenta nell’agone politico come strenuo difensore delle tradizioni contro la corruzione morale prodotta dalla cultura ellenistica e si batte per un’ampia distribuzione dei proventi procurati dalle conquiste militari e per una gestione collettiva della res publica contro la deriva individualista di una parte dell’aristocrazia. Un primo viaggio in ` compiuto nel 203 o 202, al Sardegna e rientro dall’Africa, e qui conosce il poeta Ennio; colpito dalle sue doti let´ a Roma; questa terarie, lo porta con se ` fondamentale frequentazione risultera nella formazione del giovane senatore e nel suo approccio alle lettere greche. Nel 198 viene nominato governatore della Sardegna e come primo atto procede a un parziale avvicendamento delle truppe qui stanziate. Livio e Plutarco sottolineano la sua severa iustitia e la vita frugale, lontana dai lussi, i viaggi di ispezione a piedi, accompagnato dai collaboratori strettamente necessari (per non gravare sul bilancio ` che lo devono accogliere), la delle citta dura persecuzione degli usurai disonesti, costretti da lui ad abbandonare l’isola. Forse queste esperienze suggeriscono al pretore la proposta di due leggi: la prima (de sumptu provinciali) limitava il diritto di requisizione dei magistrati provinciali; la seconda (de tergo civium) estendeva anche ai cittadini romani nelle province il diritto di appello al popolo contro la fustigazione o, addirittura, l’abolizione della verberatio. Ammirato per questo suo atteg` il primo giamento dagli indigeni, e

Catone – Marco Porcio Catone il Censore in un’incisione.

Catoni Antica famiglia sassarese (secc. XIV-XV). Le sue notizie risalgono agli inizi del secolo XIV. Apparteneva a quella parte dell’oligarchia mercantile che non condivideva la dipendenza di Sassari da Genova. Cosı`, nel 1323, un Guantino contribuı` a cacciare i Geno` e si schiero ` col partito vesi dalla citta favorevole a una alleanza con gli Arago` giuro ` fedelta ` al nesi. Ma quando la citta ` atteggiamento a re d’Aragona, muto causa del malgoverno dei nuovi venuti e, scoppiata la ribellione del 1325, si ` con i Doria, per cui fu esiliato schiero con tutta la sua famiglia. I suoi discendenti, scoppiata la guerra tra Aragona e Arborea, si schierarono con quest’ultima. Si estinsero nel secolo XV.

Catoni, Bartolo Signore feudale (Sas-

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Cattaneo ` sec. XIV-?). Figlio di sari, prima meta Guantino, quando la sua famiglia fu esi` di curarne liata nel 1325, si preoccupo gli interessi e di tutelare i figli del suo infelice cognato Vinciguerra Doria. Dopo varie vicissitudini gli fu riconosciuto in feudo un vasto territorio nella curatoria della Balariana in Gallura e riuscı` a recuperare una parte del patrimonio dei suoi nipoti.

nato fiduciario e propagandista unico del PSI nell’isola. Dopo le elezioni del 1909, accusato dagli intransigenti di avere appoggiato il radical-repubbli` a ritirarsi cano Filippo Garavetti, inizio dalla vita politica. Morı` a Sassari nel 1914 dopo due anni di malattia.

Catoni, Guantino Gentiluomo sassa` sec. XIII-?, rese (Sassari, seconda meta ` sec. XIV). Nel 1323 sostenne la nemeta ` di cacciare i Genovesi da Sascessita sari e fu prescelto come ambasciatore ` presso l’infante Alfonso. della citta ` a Iglesias per giurargli Come tale si reco ` . Quando pero ` nel 1325 la citta `, fedelta stanca del cattivo governo aragonese, si ` , egli si pose a capo del partito ribello ` fu esiliato da antiaragonese e percio Sassari con tutta la famiglia.

Catta, Antonio Avvocato, uomo politico (Sennori 1857-Sassari 1914). Dopo le ` lauree in Farmacia e Legge si dedico all’esercizio dell’avvocatura. Di idee socialiste su posizioni riformiste, fu ` amico del Cavallotti, e nel 1889 fondo l’associazione operaia e contadina ‘‘Il popolo sovrano’’, che appena due anni ` di 500 soci. Nel 1895 fu dopo aveva piu eletto sindaco di Sorso, ma fu destituito dal Pelloux nell’ottobre 1898, con l’accusa di avere «demeritato del suo ufficio per la continua propaganda che egli ` imfa nel suo comune e nei centri piu portanti della provincia di Sassari». Per protesta il Consiglio comunale lo ` membro di diverse commisnomino ` e diresse il periosioni. Nel 1899 fondo dico ‘‘La voce del popolo’’. L’8 marzo 1900 venne inaugurata la Camera del Lavoro di Sassari, nata su sua inizia` la Sardegna al Contiva. Rappresento gresso di Imola (1902) e diresse i quindicinali socialisti ‘‘Il Risveglio operaio sardo’’ e ‘‘L’Aurora’’. Nel 1906 fu nomi-

Carlo Cattaneo – Ritratto dello storico e uomo politico milanese.

Cattaneo, Carlo Storico e uomo politico (Milano 1801-Castagnola, Svizzera, ` in Legge nel 1824. Nel 1869). Si laureo ` la rivista ‘‘Il Politecnico’’ e la 1839 fondo diresse fino al 1844, pubblicandone 47 fascicoli. Prese parte alle Cinque giornate di Milano, durante le quali fu alla testa del Consiglio di guerra, per cui al ritorno degli Austriaci fu costretto a rifugiarsi a Parigi. Tornato in Italia, dal 1860 al 1868 riprese la pubblicazione de ‘‘Il Politecnico’’ e fu eletto deputato. Prese parte con vigore al dibattito politico del suo tempo sostenendo il federalismo. Amico di molti sardi, e in partico` dell’ilare di Giorgio Asproni, si occupo

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Cattaneo sola e dei suoi problemi in alcuni scritti che ancora oggi sono considerati fondamentali per la comprensione della questione sarda: Di varie opere sulla Sardegna, ‘‘Il Politecnico’’, IV, 1841; Della Sardegna antica e moderna, in Alcuni scritti del dottor Carlo Cattaneo, 1846; Semplice proposta per un miglioramento generale dell’isola di Sardegna, ‘‘Il Politecnico’’, VIII, 1860; Un primo atto di giustizia verso la Sardegna, ‘‘Il Politecnico’’, XIII, 1862. I suoi scritti sono stati raccolti nel volume Geografia e storia della Sardegna (a cura di Gian Giacomo Ortu), edito a Roma nel 1996. Ai suoi rapporti con gli amici sardi e al suo in` stato teresse per i problemi dell’isola e dedicato a La Maddalena nel 2003 un convegno i cui atti sono raccolti nel volume Cattaneo e Garibaldi. Federalismo e Mezzogiorno (a cura di Assunta Trova e Giancarlo Zichi), edito a Roma nel 2005.

Cattaneo, Guido Religioso (Toscana, fine sec. XIII-Oristano 1339). Arcivescovo di Oristano dal 1312 al 1339. Domenicano, di profonda preparazione teologica e giuridica, fu nominato arcivescovo nel 1312. Resse la diocesi con ` , legandosi alla faminotevole capacita glia giudicale; nel 1322 fu inviato ad Avignone dove fu l’ispiratore dell’alleanza tra Ugone II d’Arborea e Giacomo II d’A` la conquista della ragona che preparo Sardegna, ottenendo dal re d’Aragona la garanzia del riconoscimento della so` del giudice nonostante la sua vranita professione di vassallaggio nei confronti dell’Aragona e l’impegno al pagamento annuo di 3000 fiorini. Negli anni successivi fu impiegato dai giudici in altre delicate missioni diplomatiche e fu chiamato dal papa a risolvere controversie teologiche di grande rilievo. In ` a dirimere la particolare si adopero ` evangelica controversia sulla poverta che divideva l’ordine dei Francescani. Di lui si conosce il trattato De usu bono-

rum temporalium Christi et discipulorum sui, s.d., collegato alla disputa francescana.

Cattaneo, Luigi Anatomo-patologo (?, 1925-Pavia 1992). Conseguita la laurea ` alla carriera uniin Medicina, si dedico versitaria. Nel 1963 fu chiamato a inse` di Cagliari, gnare presso l’Universita ` e provvide a cadove nel 1964 restauro talogare la collezione di cere anatomiche del Susini. Nel 1966 si trasferı` ` di Bologna e in sepresso l’Universita guito presso quella di Pavia. Sul suo soggiorno a Cagliari ha lasciato lo scritto Cere anatomiche di Clemente Su` di Cagliari (con A. sini dell’Universita Riva), 1993.

Cattas, Is Localita` abitata in territorio di Santadi a qualche chilometro dall’abitato principale lungo la strada per ` sviluppata in eta ` non preTeulada. Si e cisabile, e comunque non prima del se` colo XVII da un furriadroxiu che cesso di essere rifugio stagionale trasformandosi in agglomerato stabile.

Cattayna Famiglia sassarese (sec. XVII). Le sue notizie risalgono al secolo XVII; i suoi membri furono ammessi allo Stamento militare nel 1653, durante il parlamento Lemos, come discendenti in linea femminile dai Paliacio. Nei decenni successivi espressero alcuni distinti personaggi e si estinsero entro la fine del secolo.

Catte, Andreina Archeologa (n. Mamoiada 1960). Alla fine degli anni Ottanta ha preso parte alla ricognizione archeologica dei territori della Barbagia, dell’Ogliastra e del Sarcidano, contribuendo alla catalogazione dei reperti. Schede su: Ogliastra. Cardedu; Sarcidano. Nurri; Sarcidano. Orroli; Ogliastra. Lanusei, in I reperti: ricognizione archeologica in Ogliastra, Barbagia, Sarcidano, 1990.

Catte, Antonio Docente universitario,

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Catxa consigliere regionale (n. Oliena 1942). Di idee repubblicane, ha iniziato a fare ` enpolitica da giovane e fin dal 1971 e trato nel Consiglio comunale del suo ` stato anche sinpaese natale, di cui e ` stato daco per un breve periodo. E eletto nel 1975 consigliere provinciale di Nuoro, nel 1979 consigliere regionale per l’VIII legislatura nel collegio di Nuoro per il PRI e successivamente riconfermato fino alla X legislatura. Dal ` stato assesluglio 1982 al giugno 1984 e sore all’Ambiente nella giunta Rojch, nel 1989 assessore all’Agricoltura nella prima giunta Floris. Ha conservato l’incarico fino al novembre 1991. Nel 1992 ` dimesso da consigliere regionale si e per diventare assessore tecnico all’Industria nella seconda giunta Cabras, dove ha retto l’ufficio fino al termine della legislatura, nel 1994. In seguito, abbandonato il PRI, quando Cossiga ` l’UDR vi aderı` per qualche fondo tempo.

Catte, Efisio Coreografo (Cagliari 1806Milano 1876). Intraprese la sua carriera come mimo e come ballerino, raggiungendo notevole fama per la perfezione della sua arte e la sua inimitabile capa` mimica. Per anni lavoro ` alla Scala cita di Milano anche come scenografo; fu conteso dai maggiori teatri d’Europa e ` fama internazionale. conquisto

Catte, Giuseppe Insegnante, consigliere regionale (Oliena 1916-Nuoro 1975). Dopo la laurea in Lettere si de` all’insegnamento ed entro ` nella dico vita politica iscrivendosi al PCI. Dopo i fatti d’Ungheria dell’autunno 1956 uscı` dal partito e aderı` al PSI. Nel 1965 fu eletto consigliere regionale del suo partito nel collegio di Nuoro per la V legislatura; in seguito fu riconfermato ininterrottamente fino alla VII. Nell’agosto del 1974 divenne assessore all’Agricoltura nella seconda giunta Del Rio, ma

morı` prematuramente nel novembre del 1975.

Cattedre ambulanti di Agricoltura Istituzioni sorte tra il 1890 e il 1899 con lo scopo di diffondere tra i contadini e i pastori la pratica delle nuove tecniche agrarie che si andavano allora sperimentando. Il principio su cui si reggevano era di inviare nei diversi centri del territorio regionale uno specialista in grado di insegnare la nuova procedura direttamente tra i possibili fruitori, dando cosı` all’insegnamento un carattere eminentemente pratico. Le cattedre sostituirono i Comizi agrari: la prima cattedra ambulante in Sardegna fu istituita nel 1894 dalla Deputazione provinciale di Cagliari ed ebbe sede a Oristano, dove il Comune offrı` i locali. Successivamente, alla fine dell’Ottocento fu istituita anche la cattedra ambulante per la provincia di Sassari. Inizialmente le due istituzioni ebbero vita ` dei fondi, che difficile per la scarsita `; limitava notevolmente la loro attivita in seguito e fino alla fine degli anni Trenta nel Novecento ne furono istituite delle altre, che grazie a una mag` di fondi furono in giore disponibilita grado di adempiere ai loro compiti.

Catxa Famiglia cagliaritana (secc. XVXVI). Di origine catalana, le sue notizie risalgono al secolo XV, quando viveva un Giacomo che nel 1443 ottenne la scrivania della podesteria di Bosa e l’anno successivo la signoria della scrivania della Procura reale della Sardegna. Accumulato un notevole patrimonio, nel ` i feudi di Giba e di Pisci1449 acquisto ` del secolo i nas. Nella seconda meta suoi discendenti si imparentarono con potenti famiglie dell’aristocrazia e raggiunsero una posizione di grande rilievo. Agli inizi del Cinquecento arrivarono a controllare anche la scrivania della podesteria di Sassari, ma si estinsero poco dopo con un Giovanni.

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Catxa

Catxa, Giacomo Notaio (Cagliari, inizi sec. XV-ivi 1464). Nel 1440 ottenne in arrendamento da Matteo Serra la scriva´ e quella del procuratore nia del vicere reale di Cagliari, affari che gli consentirono di guadagnare grandi somme. Nel ` anche la scrivania della 1443 acquisto podesteria di Bosa e due anni dopo, nel 1445, ottenne l’enfiteusi perpetua della signoria della scrivania della Procurazione reale. Al culmine della potenza, ` i feudi spopolati di nel 1449 acquisto Giba e di Piscinas. Morı` lasciando i feudi ad Antonio de Lugo e le signorie delle scrivanie alla figlia Antonia, moglie di Francesco Alagon.

Cau, Eliano Scrittore (n. Neoneli 1960). Insegnante e cultore della poesia sarda, in particolare di quella di Bonaventura Licheri, del quale ha curato la raccolta Deus ti salvet Maria (2005), ha esordito nella narrativa col romanzo Dove vanno le nuvole, 2001, cui ha fatto seguito Adelasia del Sinis, 2003. In precedenza aveva anche scritto dieci racconti comparsi nel volume Balentias, 2000, preparato in collaborazione col fratello Tonino, leader del coro a tenore ‘‘Neoneli’’.

Cau, Ettore Docente di Paleografia (n. Borore 1940). Studioso di paleografia, ` dedicato all’inconseguita la laurea si e segnamento universitario. Formatosi ` di Pavia, dal 1976 ha innell’Universita ` di Sassari, dove e ` segnato all’Universita diventato professore ordinario di Pa` stato anche preside della leografia ed e ` di Magistero. Dopo alcuni anni Facolta ` trasferito a Pavia nella Facolta ` di si e ` stato anche preLettere, della quale e side. Animatore della vita culturale `, e ` attualmente della sua seconda citta presidente della Fondazione Pellizza da Volpedo, contigua al paesino di Rivanazzano dove, andato in pensione, abita ` stato anche con la famiglia e di cui e consigliere comunale. Tra i suoi scritti:

Politica culturale e alfabetizzazione nell’Alto Medioevo, ‘‘Quaderni storici’’, 6, 1978; Fulgenzio e la cultura scritta in Sardegna agli inizi del VI secolo, ‘‘Sandalion’’, II, 1979; Note e ipotesi sulla cultura in Sardegna nell’Alto Medioevo, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del primo Convegno internazionale di studi geografico-storici Sassari 1978, ` e scrittura nel Medioevo, in 1981; Oralita La Sardegna. Enciclopedia (a cura di Manlio Brigaglia), I, 1982; Pavia e la Sardegna. Suggestioni di un legame, in Gior` di Sasnata d’incontro tra le Universita sari e di Pavia, 1990.

Cau, Gian Gabriele Operatore culturale, scrittore e saggista (n. Sassari 1959). Laureato in Giurisprudenza, dal 1987 presta servizio presso il Civico Mu` impeseo archeologico di Ozieri. Si e gnato per alcuni anni nella direzione della rassegna internazionale di mu` sica jazz ‘‘Estiamo in Piazza’’, di cui e uno dei fondatori. Appassionato ma rigoroso ricercatore, ha scritto di storia del cinema in Sardegna e curato alcune monografie di storia locale. Numerosi i contributi di storia dell’arte del Cinquecento in Sardegna. Tra i suoi scritti: L’evoluzione del sistema elettorale amministrativo nel Comune di Ozieri 1836` (18361986, in Ozieri. Storia di una citta 1986) (a cura di Manlio Brigaglia), 1987; Maria Teresa Cau Sorrisu de un’istella, 1992; Pionieri del cinematografo in Sardegna 1897-1907, 1995; Cantadores, cantanti, musicisti e musicanti. Sessanta e ` anni di storia cittadina attraverso le piu incisioni discografiche in Otieri in coro. Il ` , 1999. Il retablo di S. coro e la sua citta Elena di Benetutti (1585) del pittore Andrea Sanna detto il Maestro di Ozieri, in ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XXIX, Cagliari 2003, pp. 197-244. Il retablo di S. Maria degli Angeli di Bortigali (post 1550) del pittore Andrea Sanna detto il Maestro di Ozieri, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XXX,

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Cau ` curatore di Nughedu San Nicolo `, 2004. E Muros 2001 e, con Manlio Brigaglia, di Ozieri e il suo volto, 2005. toscuso 1955). Autodidatta, si ispira ai grandi maestri del passato dipingendo con elegante realismo nature morte e paesaggi dai colori luminosi.

canzoni in logudorese, in genere scritte e musicate da lei stessa, innestando tematiche e melodie moderne sul tronco della grande tradizione popolare isolana. Ha lasciato molte incisioni discografiche, che restano a testimoniare la delicatezza e l’eleganza del suo canto.

Cau, Giommaria Funzionario, consi-

Cau, Paolo1 Studioso di storia (n. Ca-

` gliere di Stato (Nughedu San Niccolo ` il Liceo 1887-Roma 1963). Frequento ` in ‘‘Azuni’’ di Sassari, poi si laureo ` come seLegge a Roma. Nel 1914 entro gretario di IV classe al Ministero dell’Agricoltura. Dal 1922 fu presente come esperto alle conferenze internazionali di statistica del lavoro e alle conferenze annuali del lavoro di Ginevra. Nel 1930 fu trasferito al Ministero delle Corporazioni e assegnato alla Direzione generale dei problemi generali e internazionali del lavoro (che, insieme alle questioni previdenziali, furono il suo campo di studio e di azione). Dal 1926 ` alla pubblicazione del Codice partecipo del lavoro. Nel secondo dopoguerra fu, dal 1946, direttore generale del Ministero del lavoro e della Previdenza so` un importante stuciale dove coordino dio su La previdenza sociale alla fine del 1946. Passato alla Direzione generale dei rapporti di lavoro, nel 1948 fu nominato consigliere di Stato.

gliari 1950). Dopo aver conseguito la ` entrato nella carlaurea in Lettere, e riera degli Archivi di Stato. Attualmente lavora presso la Soprinten` denza archivistica per la Sardegna; e studioso di storia navale della Sardegna. Tra i suoi scritti: I rapporti tra i Longobardi e la Sardegna, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1986; Le prime navi d’alto bordo della marina sarda, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 7, 1987; Considerazioni su Giuseppe Manno storico militare: la ricostruzione degli sbarchi della flotta francese nella Sardegna del sud, in Giuseppe Manno politico storico e letterato, 1989; L’annessione di La Maddalena: la partecipazione e le operazioni, in ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 13, 1990; Storia navale sarda dal maggio 1769 all’ottobre 1771, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 1991; Alcuni messaggi in ci´ des fra tra il ministro Bogino e il vicere Hayes, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 16, 1992; Alcuni dati di storia navale in due carte geografiche sarde, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 18, 1994; Le giornate dei Savoia a Cagliari, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1995; Nel 1717 gli Spagnoli riconquistarono la Sardegna, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1996; Cenni sulla difesa navale di Cagliari durante l’assedio del 1793, in Francia e Italia negli anni della Rivoluzione (a cura di Luciano Carta e Gianni Murgia), 1996; Nel maggio 1798 tre navi inglesi, al comando di Orazio Nelson, trovarono rifu-

Cau, Gianfranco Poeta e pittore (n. Por-

Cau, Giovanni Pittore (n. Ortueri ` formato nell’Istituto d’Arte 1933). Si e di Sassari, dove ha avuto come maestri Costantino Spada e Filippo Figari. In grandi composizioni a fresco e negli oli rievoca con realismo le immagini della Sardegna tradizionale.

C a u , M a ri a T e r e s a C a n t a u t r i c e (Ozieri 1944-ivi 1977). Morta ancora ´ molto giovane, diede il meglio di se partecipando agli spettacoli di piazza in occasione delle feste di paese. Sulla musica della sua chitarra (e spesso con il noto quartetto ‘‘Logudoro’’) cantava

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Cau gio a Carloforte, ‘‘Sardegna fieristica’’, 2000.

Cau, Paolo 2 Archivista (n. Sassari 1962). Dopo aver conseguito la laurea ` entrato nella carriera dein Lettere e ` regli Archivi di Stato. Attualmente e sponsabile dell’Archivio storico del Comune di Sassari. Si occupa prevalentemente di ricerche sulla storia del Sassarese, animando con una serie di intelligenti iniziative l’interesse ` e dell’isola. per le vicende della citta Tra i suoi scritti: L’iscrizione greca di Porto-Torres, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 3, 1984; Il sacro e il profano nei registri dell’amministrazione del comune di Sassari, in Arte e cultura del ’600 e ’700 in Sardegna, 1984; Indice toponomastico delle zone irrigue sassaresi nei secoli XVI e XVII, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del primo convegno internazionale di studi geografico-storici, Sassari 1978, Sassari, 1981; La Frumentaria di Sassari. Origine costruzione e restauro del magazzino annonario di Sassari, 1993; Erbe e salute nelle carte dell’Archivio di stato di Sassari (con M. Demontis e Anna Segreti), in Atti della III Settimana della cultura scientifica, 1993; Diritto e cultura ad Alghero nel XVII secolo: tre biblioteche giuridiche a confronto, in Alghero, la Catalogna, il Mediterraneo (a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna), 1994; Andrea Vico Guidoni e la scienza medica sassarese del secolo XVII in L’anatomia umana in Sardegna nelle fonti archivistiche, nelle edizioni a stampa e nelle cere anatomiche (XVII-XIX secolo), 1994; Epide` a Sassari nella mie e crisi di mortalita ` del XVII secolo, ‘‘Archivio prima meta sardo del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 44-46, 1994; Il vino e i vigneti nel Sassarese (XIV-XX sec.) (con Anna Segreti), in Atti della V Settimana della cultura scientifica,

1995; Una fonte archivistica per la ricostruzione storica del territorio. Gli elenchi dei substantes e partidores delle acque irrigue sassaresi nei secoli XVI e XVII, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Atti del secondo convegno internazionale di studi geografico-storici, Sassari 1992; Prima del parco. Ambiente e risorse marine della Sardegna nord-occidentale nei secoli XVI-XIX (con M. Demontis e Anna Segreti Tilocca), in Atti della VI Settimana della cultura scientifica, 1996; Problemi della ` a Saspeste barocca. Crisi di mortalita ` del XVII secolo, in sari nella prima meta Fonti archivistiche e ricerca demogra` mofica, 1996; L’albero a Sassari in eta derna e contemporanea. Appunti per una storia del verde pubblico e privato in Atti della VII Settimana della cultura ` moscientifica, 1997; L’Asinara in Eta derna e contemporanea: storie di pastori e di pescatori, in L’isola dell’Asinara. La storia, l’ambiente, il parco, 1998; Prodromi della peste barocca: ` a Sassari nella prima crisi di mortalita ` del XVII secolo, in Fonti archivimeta stiche per la ricerca demografica, 1996; «Pinta justa» e «tazzitta». I luoghi e il consumo del vino a Sassari dal Medio ` contemporanea, 2001; La Evo all’Eta fontana di Rosello (a cura di Paolo Cau), Sassari, 2002; I segni della vita. Fonti e testimonianze per una storia demografica della Sardegna (a cura di Paolo Cau e L. Pozzi), 2003; Palazzo Ducale (a cura di Paolo Cau, Cristina Cugia, Mariangela Valentini), 2004.

Cau, Tonino Cantante folk (n. Neoneli 1950). Ha fondato e organizzato il gruppo Coro a tenores di Neoneli che ` esibito in tutto il mondo contrisi e buendo a far conoscere la tradizione ` genuina. Ha al suo attivo ansarda piu che numerosi dischi.

Cauladda Piatto tipico conosciuto fin ` remota antichita ` negli amdalla piu

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Cavallari ` una minebienti degli agricoltori. E stra di cavoli preparata in modi di` della Sardegna versi in alcune localita ` settentrionale. Di particolare gusto e quella cucinata a Sassari, espressione delle antiche tradizioni degli ortolani ` , spesso arricchita con saldella citta siccia e altre carni (ne ha dettato la ricetta in un simpatico sonetto in dialetto cittadino Pompeo Calvia nel suo Sassari mannu).

provinciale tra il 1695 e il 1698. Dopo ` in Spagna, e qui afalcuni anni ando ` con successo il problema dello fronto sviluppo dell’ordine. Successiva` in Sardegna e si stabilı` a mente torno Cagliari. Tra i suoi scritti: Verdadera ´lica que galaxia, 1679; Oracion evange dizo en Sacer el domingo de la Pasion, 1687; Ideas sacras panegiricas y morales, 1701.

Cautopates Divinita` persiana. Genio del tramonto e assistente del dio persiano Mitra. Era solitamente vestito con una tunica corta a maniche lunghe stretta in vita da una cintura, un paio di braghe aderenti, un mantello e un berretto frigio. Recava in mano una torcia abbassata, a differenza del compagno Cautes che la teneva sollevata. La civetta, uccello notturno, era un suo simbolo. Talvolta recava un bastone oppure una faretra e un arco, arma tipica dell’esercito persiano. Rappresentava il quinto dei sette gradi dell’iniziazione mitraica. Molti altri erano i suoi simboli: uno di questi era la brocca, che ricordava il miracolo compiuto da Mitra quando, in un periodo ` , fece sgorgare dalla roccia di siccita l’acqua, per mezzo di una freccia scoccata dal suo arco. Da Turris Lybisonis proviene un rilievo con la figura acefala di C.; esso doveva far parte di una rappresentazione della tauroctonia, il sacrificio del toro che veniva eseguito da Mitra. [ALBERTO GAVINI]

Cavada, Luigi Teologo e oratore (Orani 1631-Cagliari 1713). Entrato nell’ordine degli Scolopi, fu ordinato sacerdote nel 1655. Grande studioso e ` infaticabile organizzatore, acquisto fama di grande predicatore. Divenne provinciale del suo ordine in Sardegna una prima volta tra il 1674 e il 1680 e una seconda tra il 1686 e il 1689. Subito dopo si trasferı` in Sicilia, dove fu

Luigi Cavada – Teologo e sacerdote, fu un grande oratore religioso.

Cavaliere, Paola Archeologa (n. sec. XX). Specialista di archeologia punica, nel 1994 ha preso parte al convegno internazionale di studi sulla storia ` gallurese, di Olbia, svoltosi nella citta con un contributo sulle Anfore puniche dall’isola di Bocca, in Da Olbı`a a Olbia: ` mediter2500 anni di storia di una citta ranea, I (a cura di Attilio Mastino e Paola Ruggeri), 1996.

Cavaliere d’Italia = Zoologia della Sardegna

Cavallari, Francesco Architetto e archeologo (Palermo 1809-ivi 1896). Col` agli scavi del duca di Serradilaboro falco. In seguito fu nominato direttore

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Cavallari Murat degli scavi in Sicilia. Ebbe modo di interessarsi ai nuraghi contribuendo al dibattito sulla loro funzione con lo scritto Sui nuraghi della Sardegna, pubblicato nel ‘‘Bullettino della Com` e Belle arti di Simissione di Antichita cilia’’, 6, 1874.

tuito da quattro squadroni e da uno Stato Maggiore per un totale di circa settecento uomini; la sua disciplina interna, le sue competenze e le sue mansioni furono regolamentate con un editto del 1837.

Cavallari Murat, Augusto Architetto (n. Chiavenna 1911). Dopo aver conse` dediguito la laurea in Ingegneria si e cato alla carriera universitaria. Tra il ` stato professore presso 1958 e il 1959 e ` di Ingegneria di Cagliari, da la Facolta ` ` passato a quella di Padova. E dove e stato anche professore al Politecnico ` interessato agli archidi Torino; si e tetti piemontesi che operarono in Sardegna nel Settecento dedicando loro alcuni tra i suoi numerosi studi. Nel 1983 ha fatto parte del comitato scientifico che ha organizzato il convegno su ‘‘Arte e cultura nel ’600 e nel ’700 in Sardegna’’, svoltosi a Cagliari e a Sassari. I suoi scritti riguardanti la Sardegna: Architetti piemontesi in Sardegna, in Atti del X Congresso per la storia dell’architettura 1957, 1959; Giuseppe Viana architetto sabaudo in Sardegna, ` ‘‘Atti e Rassegna tecnica della Societa Ingegneri e Architetti di Torino’’, XII, 1960; Saverio Belgrano di Famolasco ingegnere sabaudo quale architetto in Sardegna, ‘‘Atti e Rassegna tecnica ` Ingegneri e Architetti di della Societa Torino’’, XIII, 1961; Indagini sull’espansione in Sardegna dell’architettura settecentesca piemontese, ‘‘Bollettino del Centro studi per la storia dell’Architettura’’, 1961; L’architettura del Settecento in Sardegna. Atti del XIII Congresso internazionale di storia dell’Architettura, I e II, 1966; Come carena viva. Arte in Piemonte, Savoia e Sardegna, 1982.

Cavalleggeri di Sardegna Corpo di polizia civile e giudiziaria a cavallo istituito in Sardegna nel 1832. Era costi-

Cavalleggeri di Sardegna – Cavalleggero in divisa (1826).

Cavaller Famiglia cagliaritana di origine valenzana (sec. XVI). Le sue notizie risalgono al secolo XVI, quando viveva un Mattia residente a Cagliari, che nel ` i feudi di Serrenti e di Sa1542 acquisto massi. La sua discendenza si estinse entro la fine del secolo.

Cavaller, Mattia Gentiluomo (Cagliari, ` sec. XVI-ivi 1547). Nel seconda meta 1540 fu nominato ricevitore del Riservato, ufficio che gli diede notevole potere e gli consentı` di entrare nelle fazioni politiche del suo tempo. Schierato con la consorteria degli Aymerich, amico di Salvatore Aymerich, grazie a lui nel 1542 riuscı` ad acquistare i feudi di Samassi e di Serrenti e nel 1545 quelli di Asuni e di Nureci da Bernardo

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Cavallera `. Morı` lasciando i feudi alla figlia Simo Anna, sposata a Emanuele Castelvı`.

Cavallera, Giuseppe Sindacalista, deputato al Parlamento (Villar San Costanzo 1873-Roma 1952). Di famiglia povera, compı` gli studi con grandi sacri` di Medicina, fici; si iscrisse alla Facolta ma nel 1895 fu costretto dalla polizia a ` trasferirsi nel Sulcis, dove si interesso ai problemi del mondo operaio organiz` considerato il zando i primi sindacati. E fondatore del Partito Socialista in Sardegna; nel 1897 fu protagonista del primo sciopero della Lega dei battellieri e stivatori di Carloforte. Nell’agosto del 1900 fu arrestato insieme a 18 lavoratori (altri 28 furono incriminati) per associazione a delinquere, eccitamento all’odio di classe, danneggia` mento, «sommersione di navi». Resto in carcere un anno, ma al processo (assolti tutti gli altri imputati) fu condan` a Carnato a 7 mesi di reclusione. Torno ` riuloforte e nel 1901 costituı` le Societa nite dei lavoratori del mare. «In questo primo scorcio del secolo – ha scritto Francesco Manconi – il prestigio di C., leader incontrastato del movimento operaio iglesiente, fu enorme, sebbene spesso le sue posizioni di cauto riformista contrastassero con lo spontaneismo e le tendenze ribellistiche di gran parte dei minatori». Dopo i fatti di Buggerru, fu eletto sindaco di Carloforte. Nel 1910 si trasferı` a Genova, ma nel 1913 fu eletto deputato nel collegio di Iglesias. Volontario durante la prima guerra mondiale, nel dopoguerra prese parte attiva alla vita politica fino all’avvento del fascismo: nel 1921 fu candidato al Parlamento, ma l’eletto fu Angelo Corsi. Durante il fascismo fece vita privata esercitando la sua professione di medico e dedicandosi a opere di sostegno per i bambini. Caduto il regime riprese la vita politica. Durante il primo ministero Bonomi fu commissario straordi-

nario dell’ONMI. Nel 1948 fu eletto senatore nel collegio di Iglesias per il Fronte Democratico Popolare. Tra i suoi scritti due ‘‘memorie’’ su L’eccidio dei minatori di Buggerru, ‘‘Sardegna socialista’’, 1945; Carloforte proletaria e socialista, ‘‘Sardegna socialista’’, 1945.

Giuseppe Cavallera – Piemontese, antagonista di Giolitti nel collegio elettorale, fu costretto a trasferirsi in Sardegna, dove divenne il ‘‘padre’’ del socialismo isolano.

Cavallera, Vindice Militante antifascista (Torino, inizi sec. XX-ivi 2005). Figlio di Giuseppe. Nel gennaio 1932, ancora studente, fu arrestato insieme con il gruppo clandestino torinese di Giusti` . Nel maggio 1935 sara ` nuozia e Liberta vamente arrestato insieme al gruppo di Michele Giua e Vittorio Foa, e condannato a 10 anni di carcere dal tribunale ` con speciale. Tra il 1941 e il 1942 avvio Alessandro Galante Garrone e Norberto Bobbio i contatti con elementi liberalsocialisti che portarono alla na-

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Cavalletta scita del Partito Italiano d’Azione. Sebbene vissuto lontano dalla Sardegna, contribuı` a far conoscere meglio la per` di suo padre e il periodo delle sonalita prime lotte sociali nel Sulcis (Primo socialismo in terra sarda, ‘‘Sardegna oggi’’, II, 20-21, 1963).

Cavalletta Denominazione comune di di insetti saltatori appartenenti all’ordine degli Ortotteri; alcune specie si raccolgono in grandi sciami che possono arrecare gravi danni alle coltivazioni. Le invasioni delle cavallette fanno parte integrante della storia della Sardegna fin da tempi antichissimi. In un’isola dove tutta l’economia ` basata sui frutti della terra (il grano e per l’agricoltura, l’erba per le greggi e le mandrie) la distruzione dell’elemento primario dell’approvvigionamento alimentare e del poco di esporta` derivare e ` danno inzione che ne puo calcolabile e temutissimo. (I sardi eleggeranno Sant’Isidoro a protettore delle campagne contro le cavallette, come mostrano le statue del santo con ai piedi cavallette ex voto, spesso d’argento). La prima legge che si conosca contro que` la Prammatica prima de ste invasioni e bruchis emessa l’8 ottobre 1562 dal vi´ di Napoli duca di Alcala ´. In Sardecere gna si ricordano i pregoni del 1772 del ´my e del 1775 del vicere ´ barone Saint-Re ` ne Bricherasio; ma Giorgio Aleo gia aveva parlato nella sua opera del 1652. `, la prima osservazione scientiIn verita fica del fenomeno data al 1864: e da quel momento non passa praticamente anno, per quasi un secolo, che non venga segnalata l’infestione (in genere limitata a singole zone, ma non di rado stesa all’intera isola). Gli anni ‘‘maledetti’’ sono il 1864-67, il 1869-70, il 187779, il 1903-1910 (con la sola eccezione di una breve remissione nel 1906: ma ` sara ` il 1910, l’anno di maggiore gravita ` – come diin cui il Campidano si trovo

cono le relazioni dei tecnici – «letteralmente invaso»). Nuova infestione nel 1916 e poi, durante il ventennio fascista (in cui pure erano cresciute le conoscenze del fenomeno e migliorate le tecniche per affrontarlo), l’intero periodo 1926-1934: nel 1933 furono distrutti i raccolti di 250 000 ha nella sola provin` terribile e ` cia di Cagliari. Il periodo piu il triennio 1944-1946: «L’infestione del ` Francesco Passino, uno 1946 – scrivera ` avveduti – restera ` medei tecnici piu morabile nella storia entomologica mondiale per il suo carattere di ecce` ». Intere popolazioni vennero zionalita mobilitate con ordinanze dei sindaci; potenti agenti chimici furono forniti dagli Alleati. Fu una vera e propria guerra: non per nulla uno dei responsabili di quella lotta, Antonio Melis, fu ` chiamato, sull’onda delle memorie piu vicine, ‘‘il Montgomery delle Cavallette’’.

Cavalletta – Quando sono in fase gregaria alcune specie possono causare gravi danni alle coltivazioni.

Cavallini della Giara Piccoli cavalli presenti in numero di circa 800 esemplari nei territori della Giara di Gesturi compresi nel Parco della Giara recentemente costituito. Sarebbero gli ultimi

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Cavallo cavalli selvaggi d’Europa (da altri sono considerati invece discendenti ‘‘degenerati’’ di cavalli inselvatichisi nella solitudine dell’altipiano), probabilmente importati nell’isola dai Fenici o dai Cartaginesi. Sono di piccola taglia e hanno una caratteristica lunga criniera, una coda altrettanto lunga e un ciuffo tra le orecchie, gli occhi a mandorla e il manto morello o baio, che nei ` villoso; lo mesi invernali diviene piu ` cilindrico e l’unghia molto rezoccolo e sistente. Sono vivaci, agili e molto resi` del stenti alle malattie e alle avversita clima. Dichiarati specie protetta, dal 1996 la Regione tende ad acquistarli dalle famiglie che originariamente possedevano le mandrie, immettendoli nel parco e avviandone la selezione.

Cavallini della Giara – Sul duro altipiano della Giara di Gesturi vivono mandrie di cavallini selvatici, che si pensa discendano dai cavalli di antichi conquistatori.

Cavallino, Guantino Scultore vissuto a Cagliari (sec. XIII). Nel 1282 fu l’artefice del pulpito (ora perduto) della cattedrale di Tratalias.

Cavallo Il c. e` uno dei protagonisti della vita sarda. Inesauribile mezzo di trasporto nel passato, attore delle grandi feste popolari, star delle stagioni ippi´ che sportive, il c. occupa un posto a se nelle tradizioni e nell’immaginario collettivo: come dice un proverbio citato da Salvatore Cambosu, «Riccu est an-

dare a caddhu, poveru a sa molentina», ` segno di ricchezza e di preandare a c. e stigio. Agli ospiti importanti si faceva festa, in passato, organizzando speciali ‘‘cavalcate’’ in costume tradizionale; la ` antiche del Sartiglia, una delle feste piu ` un palio a c. Carnevale sardo, e Le origini La discussione sulle origini ` durata a lungo. Una prima del c. sardo e tesi sosteneva il suo arrivo in Sardegna ` dalla lontana preistoria dall’Africa gia per ‘‘irraggiamento’’ diretto attraverso un ponte terrestre (lo stesso che avrebbe portato in Sardegna animali – il muflone, la pernice barbaresca – che sono esclusivi della Sardegna e comuni a specie africane). Oggi – come dice Lucio Gratani, per molti anni direttore dell’Istituto per l’Incremento ippico della Sardegna, nel suo libro Storia del cavallo sardo, 1992 – l’origine orientale, ` ariana, del c. sardo non e ` piu ` in cioe discussione, resta soltanto da rispondere alla domanda se sia autoctono o importato. Comunque il Sanson comprendeva la razza del c. sardo nella stirpe dell’Equus caballus asiaticus, con esclusione del ceppo mongolo. Nel ` 1949 si rinvennero, nella localita S’Adde di Macomer, denti e ossa di ca` eneolivallo con testimonianze dell’Eta tica (4500 anni fa). Il dato (ripetuto anche a capo Sant’Elia di Cagliari e in lo` dell’Oristanese) contrasterebbe calita con la tradizione secondo cui il c. sarebbe stato importato in Sardegna dai Fenici o, meglio ancora, dai Cartaginesi, nelle cui monete — coniate anche in Sardegna — domina l’immagine del c. Caratteri del c. sardo Tutti i naturalisti (ma anche i geografi e i viaggiatori venuti nell’isola) si sono occupati del c. sardo. Il tedesco Joseph Fuos cosı` li descriveva alla fine del Settecento: «Sono focosi, di piede leggero, un po’ bassi, ma, specie quelli della razza migliore,

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Cavallo ben fatti. Restano briosi, se rimangono in Sardegna, per oltre vent’anni: con poco foraggio possono sopportare grandi fatiche». E il Lamarmora, nel 1826: «Statura del c. andaluso, testa un po’ lunga e arcuata, orecchie un po’ lunghe, incollatura ricurva e ben arrotondata, petto largo, spalle un po’ cariche, corpo ben fatto, groppa un po’ corta, coda piantata un po’ troppo bassa, gambe robustissime e soprattutto molto nervose». Il Lamarmora ha dedicato una serie di osservazioni al ruolo del c. nella vita sarda, con particolare riguardo al passo chiamato ambio, cui il c. sardo veniva addestrato per rendere meno faticosi al cavaliere i lunghi viaggi. ` moderna La Carta Tra Medioevo ed Eta de Logu di Eleonora d’Arborea disciplina severamente, in alcuni suoi articoli, l’allevamento e la vendita del c., proibendone l’esportazione. Misure protettive e di stimolo alla produzione sono nella legislazione per l’isola di Alfonso V d’Aragona, Ferdinando il Cattolico (che fece importare in Sardegna degli stalloni andalusi per migliorare la ` nella razza), Filippo IV di Spagna. Gia ` del Quattrocento funzioseconda meta nava la Tanca Regia di Paulilatino, una struttura dedicata al miglioramento della popolazione equina dell’isola: vissuta attraverso un’altalena di cure e di abbandoni, la Tanca Regia ha svolto un ruolo importante prima della creazione delle strutture statali moderne. Il Deposito stalloni e l’Istituto per l’Incremento ippico Quando i Savoia ricevettero la Sardegna (1720) si calcola esistessero nell’isola circa 50 000 cavalli, di cui oltre 20 000 femmine. Durante l’Ottocento il c. sardo godette di particolare fama per le sue doti di resi` e di maneggevolezza: stenza, di velocita diverse nazioni (fra cui soprattutto la Francia) se ne servivano per approvvi-

gionare le proprie cavallerie. Nel 1860 fu istituito a Sassari un Deposito stalloni per la Sardegna, soppresso nel 1867, ma nel 1874 fu creato a Ozieri un nuovo Deposito, all’inizio come dipendenza di quello di Pisa, poi autonomo. A quel momento esistevano in Sardegna oltre 150 riproduttori privati, ci cui – sono ancora cifre di Gratani – 123 orientali puri e derivati, 15 purosangue inglesi e derivati, 22 di origine imprecisata, 11 prussiani e 7 anglo-normanni: un’autentica ‘‘insalata ippica’’, come fu scritto. Tra gli allevatori, prima ancora che in sede governativa, si veniva ponendo con sempre maggiore evidenza il problema della razza da usare per ‘‘insanguare’’ il c. sardo: due grandi imprenditori privati, il cagliaritano Benvenuto Pernis e l’inglese Benjamin Piercy, avevano dedicato all’allevamento equino parte della loro ricchezza e della loro passione. Pernis aveva creato a Milis un centro di riproduzione e Piercy si era impegnato nell’allevamento nella sua tenuta di Badde Salighes, presso Bolotana; tentavano entrambi le vie del miglioramento della razza equina sarda, Pernis attraverso l’importazione di cavalli arabi, Piercy con l’acquisto di purosangue inglesi. La creazione del Deposito ozierese ` a Foresta Burgos un Centro (che installo di rifornimento quadrupedi, destinato a durare nel tempo come ‘‘polmone’’ ` in ` del Deposito) trasformo dell’attivita polemica, spesso anche aspra, il dibattito sulla razza del purosangue da usare per gli accoppiamenti con il c. sardo. ` trent’anni – dice Gratani – a parDuro tire da quel 1910 in cui il direttore del ` un proDeposito, E. Grattarola, stilo gramma di miglioramento della razza sarda attraverso l’intervento di riproduttori che dovevano essere rigorosamente arabi. Il purosangue inglese fu ` nel primo decennio messo al bando. Gia

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Cavallo del secolo era cominciata una intensa importazione di purosangue arabi (Osmanie`, arrivato addirittura nel 1874 e attivo sino al 1892, Talata, importato da Aleppo nel 1906, attivo sino al 1927, Kamsa-U-Talatin, arrivato dalla Mesopotamia nel 1908, Tamania-U-Kamsin, presente dal 1908): nel 1918 fu eliminato dal Deposito ozierese Branchido, l’ultimo purosangue inglese. Il sangue ` sulla tadel solo c. arabo incideva pero ` modesta, del c. sardo, in un moglia, gia mento in cui, a partire dagli anni del primo dopoguerra, la diffusione dell’equitazione e gli stessi sport ippici ri` potenti. Solchiedevano esemplari piu lecitati da studiosi e allevatori (primo fra tutti Deodato Meloni, fiero antagonista della rigida linea ‘‘arabista’’ di Grattarola), diversi tecnici e lo stesso Consiglio d’amministrazione del Deposito si resero conto del problema, e finalmente ci si decise a riprendere la linea del purosangue inglese, nella pro` oggi la spettiva di creare quella che e razza del c. anglo-arabo-sardo. Riportato in Sardegna il purosangue inglese (l’arrivo di Rigogolo a Ozieri, nel 1937, fu salutato come un evento storico), la ` stata definitivamente consascelta e crata nel 1967 da una decisione dell’Istituto per l’Incremento ippico della Sardegna (creato con la legge regionale n. 30 del novembre 1956) che prevede, per la ‘‘nuova’’ razza sarda, una percentuale di sangue arabo non inferiore al 25%. «Attualmente – scriveva Gratani nel 1992 – il parco stalloni dell’Istituto ` certamente il piu ` qualificato di quanti e operano sul territorio nazionale, ma nel ` affermare settore del mezzosangue puo la sua autorevolezza anche a livello internazionale. Lo compongono riproduttori di purosangue, arabi, anglo-arabi, anglo-arabo-sardi delle migliori linee. A tutti gli appassionati sono noti i nomi dell’arabo Medar, degli anglo-arabi Fox

Trott e Clavelito, i cui discendenti continuano a onorare i nomi dei grandi padri». L’Istituto ozierese (confluito nel 2007, per decisione della Giunta regionale, in una delle tre grandi agenzie in cui sono stati ristrutturati gli enti strumentali della Regione = operanti in campo agricolo) ha anche sperimentato la creazione di nuove sottorazze dell’anglo-arabo-sardo, fra cui il Giarab, ` un pony che nasce dall’uso delle qualita proprie dei cavallini della Giara in fun` diffusa richiesta zione della sempre piu di esemplari per lo sport giovanile, mentre si amplia l’area di interesse per il trekking equestre, in un’isola dotata di straordinari paesaggi come la Sardegna. Nello stesso tempo, cavalli da competizione usciti dalla riproduzione selezionata dall’Istituto ozierese si fanno onore in importanti manifestazioni ippiche italiane ed europee. [M.B.] Il cavallo nella storia e nella cultura La presenza del c. in Sardegna, lo testimonia l’archeologia, data al secolo VIII ` nell’Eta ` del Ferro, alla fine a.C., gia ` nuragica. Secondo il mito, della civilta dove compaiono anche presaghi cavalli ` delverdi, fu quella dei nuraghi un’eta ` accaduta. Solo che non l’oro mai piu ` uno dei c’era il c., quello che poi sara ` rappresentativi per i sardi. simboli piu ´ storia ne ´ leggenda dove Non ci sono ne ` non figuri il c. Su caddu, la parola piu diffusa per appellarlo, entra in proverbi e filastrocche, in racconti e nenie infantili, in romanzi e trame cinematografiche, in fogli volanti e riviste specia` un c. agrestato, reverde (rilizzate. E belle), difficile da catturare e domare, identificato con i cavallini a stato semibrado della Giara di Gesturi, linea di confine tra Barbagia e Campidano. Poi tanti altri. Stanno in paesaggi campestri. Impastoiati, attendono che li si liberi per poter sprigionare tutta la loro energia. Tirano su l’aria con le froge. A

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Cavallo ` neppure necessario legarli volte non e alla lorica, l’anello murato all’esterno delle case, in vie e strettoie paesane. I ` loro cavalli sanno aspettare e ci si puo rivolgere con parole umane. Sono elemento della luce cosı` come attraversano la sera e il buio portando gente in preda a mille pensieri, al tormento, al fuoco devastante. Sono segno del grano verde e della vecchiaia. I ragazzi di tante guerre di vicinato inforcano ca` valli di ferula e canna e fanno ‘‘ptco ` ’’ sui selciati, battendo la mano ptco sulla coscia. Sono i bambini-c. di tutte le infanzie. I vecchi li osservano ricor` a loro passare da dando di quando tocco quel tempo di favola alla gagliardia della giovinezza. Furono balentes a ` caddu: in paese e in su campu, che e poi la campagna adiacente l’abitato, ` del salto. C’ecosı` come nell’immensita rano le fanciulle in fiore ad ammirarli, aspettando di salire anche loro in groppa. Non ci sono trama leggendaria ´ racconto dove insieme ai cavalli non ne compaiano le donne. Mogli, amanti, oggetto del desiderio, eroine e amazzoni, icone e impalpabili fantasmi. Ci sono cavalli del tempo ordinario e no. Reggono le stanghe di carrettones (carri). Quelli che portano alla festa lontana pellegrini e venditori ambulanti, torronai e ramai, penitenti e impuniti, puri di cuore e poveri di spirito, ancora fanciulle leggiadre e vecchie sagge. Al ` veloce, passo lento ne subentra uno piu annunciato da nuovi cadditeddos (cavallini), fortes e lanzos dice il poeta, forti e di resistente magrezza. Il c. rappresenta per i sardi una corsa perenne. Mette insieme la pazienza e l’ostinazione asinina, altro tratto caratteriale, con la baldanza, l’impeto, lo scalpitare, l’innikrare (nitrire). Nella sarditudine artistico-letteraria cosı` come nella storia dei sardi cavalcano banditi, bardaneris (grassatori), fucilieri in corsa sfre-

nata per ardie e lungo muri di santuari. Montano in sella al c. fantini di palio, sartiglianti a carnevale e acrobati di spericolate pariglie. Ci sono cavalli che alle feste aprono le processioni con incedere solenne, una selva di stendardi variopinti tenuti da cavalieri con la schiena dritta, impettiti, mentre agli ` astanti vengono emozioni da brivido. E come mettere in movimento il tempo fermo e ritessere la memoria di tanti cavalli di guerra, un continuato inno di ` , per molti aspetti, la vibattaglia. Tale e cenda millenaria dei sardi. Alla mitiz` dell’oro del Sardus Pater, zata eta quando le messi biondeggianti erano un mare dentro la terra, sono succedute le dominazioni. A c. Amsicora, principe sardo-punico, risalı` gli Insani Montes ` degli dove si annidavano le ostili tribu iliensi-barbaricini-pelliti. A loro Amsicora chiese aiuto per sconfiggere le le´ i cagioni romane. Non lo ottenne che valli, da sempre, sono pure segno di separazione, di divisione, di insanabile contrasto, di faida. Nel 215 a.C., a Cornus, Tito Manlio Torquato sconfisse l’esercito sardo-cartaginese. Lo comandava Josto, figlio di Amsicora. Il figlio cadde in battaglia. Il padre si uccise. Dopo la cavalleria romana, calpestarono il suolo dell’isola i cavalli dei Vandali e dei Goti, dei Bizantini, dei Genovesi, dei Pisani, degli Spagnoli, dei Piemontesi. E altre compagnie di ventura. Al tramonto del periodo giudicale, sul finire del secolo XIV, Eleonora d’Arborea comparve come una visione a molti sardi. Comandava la rivolta, la riscossa. Ma cavalcava un sogno. Ad Eleonora morta di peste succedettero per secoli e secoli i cavalieri dell’apocalisse, la fame, la guerra, la discordia. I sardi sono abili domatori di cavalli e sperico`, da sempre, circuilati corridori. Pero tano nel tempo del risentimento. Odiano e non dimenticano. Coltivano

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Cavallo la vendetta e la attuano: a volte rapidi, altre per estenuanti tempi lunghi. Riversano l’odio sugli uomini e sugli animali. Grave e terribile sfregio era rubare e ammazzare il c. del nemico. Ci sono pire di cavalli morti nella storia dei sardi, decapitati e sgarrettati. Per questo la sorte qui non si attua mai appieno e mai appare, totalmente, una aurorale facies. Ha ragione il proverbio quando recita che «fortuna corre e non c.». I sardi cavalcano a pelo, senza sella, arrivando all’estremo limite della bizzarria e del ‘‘pattume’’ – matto come un ´ c. si dice – ma non sanno chiedere ne ottenere la dovuta ricompensa. Sparsi tra reale e immaginario, circuitano gli stessi miti, le stesse leggende. Cadderis (cavalieri) scesero dalle Barbagie al Poetto per respingere gli invasori francesi, al tempo della Rivoluzione. Al ri´ ogni villaggio era torno in patria, che una nazione, si portarono dietro mandrie di vacche sottratte ai pacifici abitatori delle piane. Ci furono cavalli e cavalieri sardi anche nelle trincee del Carso, nelle sciagurate campagne di Grecia e Albania, in Jugoslavia e Russia. Affondarono nel fango e nella neve. ` la pace. Il c., e ` storia recente, Ritorno ` varca nuove linee d’orizzonte. Non e ` segno indispensabile del quotipiu diano. Lo si corre ancora ai palii e in altre gare sportive. Si parla di sport equestri e di ippoterapia. Entrano nuovi linguaggi in differenti alfabeti ` l’idea di equini. Manca ancora pero don Chisciotte. Solo a cavallo di Ronzi` possibile inventare nuovi sogni, nante e camminare e ancora camminare, correre e riprendere il cammino. [NATALINO PIRAS]

Cavallo, Giorgio Studioso di storia dell’architettura (n. Cagliari 1942). Figlio di Guido, laureatosi in Ingegneria nel 1970, ha insegnato presso il Liceo arti` stato nomistico fino al 1975, quando e

nato ispettore alla Soprintendenza dei Beni culturali. Dedicatosi in seguito alla carriera universitaria, dal 1986 in` di Ingegneria delsegna nella Facolta ` autore di al` di Cagliari. E l’Universita cuni lavori sull’architettura medioevale e di numerosi articoli dedicati a ` singoli monumenti in diverse localita dell’isola. Tra i suoi scritti: Il santuario di San Mauro a Sorgono, ‘‘Studi sardi’’, XXIII, 1975; Un edificio altomedioevale a Iglesias, ‘‘Aspetti delle Scienze, della Cultura e delle Arti, Iglesias’’, 1, 1975; Architettura a Giave nel secolo XVII tra ` popolare (con Salmodello aulico e realta ` di vatore Naitza), ‘‘Annali della Facolta ` di Lettere e di Filosofia dell’Universita Cagliari’’, XXXVII, 1976; La parrocchiale di Sorgono, ‘‘Critica tecnica’’, V, 2, 1978; La chiesa di San Leonardo in Masullas. Note al restauro e ai rilievi, ‘‘Atti ` di Ingegneria dell’Univerdella Facolta ` di Cagliari’’, 9, 1980; Il castrum bisita zantino di Medusa, ‘‘Archeologia sarda’’, 2, 1981; Nuove acquisizioni sulla chiesa ` di Quirra, ‘‘Studi ogliadi S. Nicolo strini’’, II, 1, 1984; Le fortificazioni di Cagliari e le fonti d’archivio, Atti del III Congresso di Architettura fortificata 1981, 1985; La parrocchiale di Bari Sardo. Appunti e ricerche, 1990; Il porto di Cagliari dal Medioevo alla fine del Settecento, in Via Roma tra memoria e progetto, 1997.

Cavallo, Guido Pittore (Cagliari 1911ivi 1992). Fu allievo del Rossino e del cagliaritano Felice Melis Marini, e nel 1935-36 dello scultore nuorese France` all’Accasco Ciusa. Nel 1937 si diplomo demia di Brera a Milano. Successiva` a Cagliari, dove si dedico ` mente torno all’insegnamento nelle scuole secondarie e per alcuni anni fu assistente nella ` di Ingegneria. Conoscitore di Facolta tutte le tecniche pittoriche, raggiunse ` nazionale come ritrattista e notorieta come incisore. A partire dal 1932 parte-

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Cavallotti ` a diverse mostre in Italia e all’ecipo stero.

rono raccolti nel libretto In Sardegna 1891 e 1896. Dieci discorsi, pubblicato dalla ‘‘Nuova Sardegna’’, 1896.

Cavanagh, William G. Archeologo inglese (n. sec. XX). Negli anni Ottanta ha studiato i rapporti tra le tecniche di edificazione delle tholos nuragiche e quelle dei monumenti micenei, di cui ha scritto in Corbeled vaulting in Mycenaean Tholos Tombs and Sardinian Nuraghi (con R.R. Laxton), ‘‘British Archaeological Reports Papers in Italian Archaeology’’, IV, 1985, e Notes on building tecniques in Mycenaean Greece and Nuragic Sardinia (con R.R. Laxton), in ‘‘Studies in Sardinian Archaeology’’, III, ‘‘British Archaeological Reports International Series’’, 387, 1987.

Cavanna, Stefano Commerciante (Sas-

Felice Cavallotti – Il politico milanese fece due viaggi in Sardegna nel 1891 e nel 1896.

Cavallotti, Felice Scrittore, deputato al Parlamento (Milano 1842-Roma 1898). Dopo una giovinezza moderata e filoca` il periodico vouriana, nel 1866 fondo politico e letterario ‘‘Gazzettino rosa’’, repubblicano e anticlericale. Dal 1873 venne eletto deputato della Sinistra, e ` la Lega della democranel 1879 fondo zia, ispirata a Garibaldi, e dal 1886 fu considerato il capo del Partito Radicale. In seguito assunse posizioni fortemente contrarie a Crispi in nome della ` con ‘‘questione morale’’, e denuncio violenza il trasformismo. Fu ucciso dal deputato Macola nel suo trentaduesimo duello. Fece due viaggi in Sardegna, la prima volta nel 1891 e la seconda nel ` citta ` e paesi accolto da 1896; visito grandi manifestazioni di entusiasmo. I discorsi pronunciati nei due viaggi fu-

` sec. XIX-ivi, prima sari, seconda meta ` sec. XX). Commerciante molto atmeta tivo, era di idee repubblicane, legato a Filippo Garavetti, a lungo deputato di Sassari. Fu eletto consigliere comunale di Sassari, ma si dimise per ragioni di salute nel 1902; fu rieletto nel 1910. Prestigioso amministratore della Camera ` di Commercio di Sassari, si interesso del problema dei trasporti in Sardegna, scrivendone in La Sardegna e le sue ferrovie complementari, 1885; Il ministro Genala e le ferrovie complementari della Sardegna, 1886; Sull’unificazione delle tariffe ferroviarie della Sardegna, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1905; La nostra politica commerciale e la revisione della tariffa doganale, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1910.

Cavara, Fridiano Botanico (Mongiar` a Bodino 1857-Napoli 1929). Si laureo logna nel 1885 e subito dopo intraprese la carriera accademica; nel 1901 fu nominato professore di Botanica presso ` di Cagliari. Insegno ` in Sarl’Universita degna per due anni, interessandosi ad alcuni aspetti della flora mediterranea; in seguito si trasferı` a Catania e nel 1906

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Cavaro fu nominato direttore dell’Orto Botanico di Napoli. Sulla flora sarda scrisse alcuni saggi: Index seminum in orto botanico calaritano ac per Sardiniae insulam collectorum anno 1899 (con S. Marchi), 1900; Nuovo acarocecidio della Suaeda fruticosa osservato in Sardegna, ` botanica Ita‘‘Bullettino della Societa liana’’, 1900; La vegetazione della Sardegna meridionale, 1901; Interessante forma di Narcissus papyraceus riscontrata in Sardegna, ‘‘Bullettino della so` botanica italiana’’, 1901; Dannegcieta giamenti della Liparis dispar alle sughere di Sardegna, ‘‘Rivista di patologia vegetale’’, III, 1903; Alcune osservazioni sulla Dunaliella salina delle saline di Cagliari, in ‘‘Rendiconti dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche’’ di Napoli, 1906; Escursione botanica in Sardegna, ‘‘Rendiconti dell’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche’’ di Napoli, 1908; Addenda ad floram sardoam, s.d.; L’orto botanico di Cagliari come giardino di acclimatazione e come istituto scientifico, s.d.

Cavaro Famiglia di pittori cagliaritani ` nel quartiere di (secc. XV-XVI). Opero Stampace a Cagliari a partire dal 1455 ` con un Antonio fino alla seconda meta del secolo XVI, esprimendosi ad alto livello per diverse generazioni. I C. ebbero bottega nel quartiere ed esercitarono professionalmente la loro arte, a tal punto che i vari personaggi della famiglia furono identificati dal nome di battesimo e dall’appellativo pintor (pittore).

Cavaro, Antonio1 Religioso (Cagliari, ` sec. XVI-Bosa 1572). Veprima meta scovo di Bosa dal 1556 al 1572. Fratello di Pietro, attirato dalla vita religiosa, fu ordinato sacerdote ed ebbe modo di ` . In porre in luce la sue grandi qualita seguito fu nominato canonico della cattedrale di Cagliari e nel 1556 vescovo di

Bosa, di cui resse la diocesi con grande equilibrio.

Cavaro, Antonio2 Pittore (Cagliari, ` sec. XV-ivi 1482). Puo ` essere prima meta ` pitconsiderato l’iniziatore dell’attivita torica della famiglia; probabilmente fu lui ad aprir bottega a Stampace, dove compare attivo dal 1455. Secondo alcuni avrebbe collaborato con Thomas e Joan Figurera a completare il Retablo di San Bernardino; secondo altri dovrebbe essere l’autore del Retablo della peste e di quello del Giudizio Universale, e pertanto sarebbe identificabile col Maestro di Olzai. Lo studioso Joan Ainaud de Lasarte li considera invece ` non attribuibili a C. per l’impossibilita di assegnare una data anteriore alla sua morte (1482): «Esiste un evidente rap` stilistica, che lega il porto di contiguita Maestro di Olzai a Lorenzo Cavaro, forse figlio di Antonio e quasi sicuramente padre di Pietro».

Cavaro, Lorenzo Pittore (Cagliari, se` sec. XV-ivi, prima meta ` sec. conda meta XVI). Forse figlio di Antonio, sentı` l’in`a fluenza del Maestro di Olzai e opero Cagliari nella bottega della famiglia dal 1500 al 1518. Eseguı` su commissione numerosi dipinti per diverse chiese dell’isola; di lui tra l’altro rimangono il Retablo di Gonnostramatza, firmato nel 1501, due frammenti del Retablo di Giorgino, eseguito nel 1508, e il Retablo di Sinnai, ` stato attribuito in occasione che gli e della mostra cagliaritana del 1983-84. Invece, secondo Renata Serra, non sembra possibile attribuirgli la tavola con San Girolamo penitente, a Cagliari nella chiesa della Purissima.

Cavaro, Michele Pittore (Napoli 1514Cagliari 1584). Figlio di Pietro, comin` a operare a Cagliari nella bottega cio di famiglia dipingendo nel 1538 un retablo per il Duomo di Iglesias al quale seguirono alcuni altri per diverse chiese, tra i quali vanno ricordati il Re-

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Cavaro tablo dei Calzettai, dipinto nel 1542 e quello per la parrocchiale di Decimomannu.

pittori della scuola di Stampace) si ` evince che la sua quotazione era la piu alta in assoluto, e che godette di una no` economica. tevole solidita

Cavaro, Pietro Pittore (Cagliari 1480-

Michele Cavaro – La Madonna che allatta il Bambino. Particolare dal Trittico della consolazione. (Pinacoteca Nazionale, Cagliari)

Tra il 1556 e il 1561 fu a Bosa presso lo ` zio Antonio; successivamente lavoro per il tribunale dell’Inquisizione fino al 1568. In questi anni dipinse il Retablo di Sant’Antonio Abate e quello della Madonna della Neve. In seguito dipinse un retablo per la chiesa di Sant’Anna a Cagliari e nel 1580 ne dipinse uno per la chiesa di Guspini. «A M.C. – ha scritto Renata Serra – arrise una fortuna pari all’apprezzamento di cui dovette godere in vita e che – in base a quanto si deduce da una ricca documentazione d’archivio – fu molto maggiore di quello ´ di finora riservato al padre, nonche quelli che risultano al vaglio critico i suoi meriti reali». Dal confronto fra questa documentazione d’archivio e quella relativa ad altri pittori sardi suoi contemporanei (compresi gli stessi

` il piu ` importante dei pittori ivi 1537). E della scuola di Stampace. Con ogni ` figlio di Lorenzo, completo ` probabilita la sua formazione a Barcellona, dove ` in contatto con gli ambienti artientro ` vivaci della citta ` . Presente stici piu ` catalana dal 1498 al 1508, fu nella citta ` a far parte molto considerato e arrivo del Gremio dei pittori di Barcellona. Successivamente si stabilı` a Napoli, ` una prima volta. Rimasto dove si sposo ` a Cagliari dove nel 1515 vedovo, torno ` una seconda volta. Nel 1518 si sposo eseguı` il grande Retablo di Villamar, commissionatogli dagli Aymerich, feudatari del villaggio. Nel 1520 dipinse il grandioso retablo della Madonna dei sette dolori, oggi smembrato; ` che negli anni seguenti, per la novita la sua pittura rappresentava in rapporto a quella degli altri pittori sardi contemporanei, la sua fama e la sua reputazione crebbero. In questo periodo dipinse il celebre Retablo dei Consiglieri e nel 1528 quello per la chiesa di San Giacomo. Infine il Retablo del Santo Cristo a Oristano, portato a termine nel 1533. «Rispetto ai tempi – ha scritto Renata Serra nel volume ` romanica Pittura e scultura dall’eta alla fine del ’500, nella fondamentale collana ‘‘Storia dell’arte in Sardegna’’, edita dalla nuorese Ilisso col patroci` pittore nio del Banco di Sardegna – C. e sotto diversi aspetti ‘‘fortunato’’, forse l’unico sardo ad aver avuto modo di ` artiplasmare la propria personalita stica in un ambiente come quello catalano fra Barcellona e Valencia, dove ´ fruire di prima mano di stimoli pote fecondi, provenienti dall’esperienza sia della pittura fiamminga che di

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Cavedoni quella italiana in terra iberica. Di que` egli riuscı` sta privilegiata opportunita ad avvalersi in proprio, per procurare un’apertura che diede frutti in Sardegna per ancora un secolo almeno e per tutto l’arco della pittura mediterranea da Barcellona a Napoli».

famiglia dei baroni di Ossi e pertanto ` . I figli furono fu assimilato alla nobilta ammessi allo Stamento militare e presero parte ai parlamenti successivi. ` del secolo il perNella seconda meta sonaggio di maggior spicco fu il dottor Giorgio, giudice della Reale Udienza, grande inquisitore del marchese di ` Cea. In seguito la famiglia si interesso ` tutalla gestione di alcune tonnare. E tora presente a Cagliari.

Cavedoni, Celestino Bibliotecario, fi-

Pietro Cavaro – San Francesco riceve le stimmate. Pannello centrale di polittico. (1533; Chiesa di San Francesco, Oristano)

Cavassa Famiglia cagliaritana di origine ligure (sec. XVII-esistente). Le sue notizie risalgono agli inizi del secolo XVII, quando un Paolo prove` deniente da Genova si stabilı` in citta ` dicandosi al commercio e alle attivita finanziarie. Nel 1648 un Giorgio, che era cassiere della Tesoreria generale ` una Gujo ` della della Sardegna, sposo

lologo (Levizzano 1795-Modena 1865). Abate, fu impiegato della Biblioteca di Modena dal 1821, nel 1828 divenne direttore del Museo reale. Uomo di vasta erudizione, fu socio corrispondente dell’Accademia di Francia e di quella di Berlino. Epigrafista di fama ` anche di numismaeuropea, si occupo ` della tica e di antiquaria. Si interesso Sardegna a proposito delle Carte d’Arborea e divenne amico di Pietro Mar` tini. Nel 1857 sostenne l’autenticita del Ritmo di Gialeto. Tra i suoi scritti: Annotazioni ai primi due anni del ‘‘Bullettino archeologico’’, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, III, 1857; Cippo greco di Tharros, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, III, 1857; Osservazioni sopra alcune antiche monete bizantine, 1857; Annotazioni al terzo anno del ‘‘Bullettino archeologico’’, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, IV, 1858; Ritmo di Gialeto (con Pietro Martini), ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, IV, 1858; Annotazioni al quarto anno del ‘‘Bullettino archeologico’’, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, V, 1859; Osservazioni sopra le iscrizioni delle diote greche di Tharros, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, V, 1859; Dichiarazione di altre due mensole sarde con epigrafi greche, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, VI, 1860; Annotazioni al catalogo della raccolta archeologica sarda del Can. Spano, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, VI, 1860;

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Cavolo di Sardegna Iscrizione greca di Mara, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, VII, 1861; Ripostiglio di Ossi, ‘‘Bullettino Archeologico sardo’’, VIII, 1862; Congetture intorno al ritmo in lode di Gialeto re sardo verso la fine del VII sec., in Pergamene e codici cartacei d’Arborea (a cura di Pietro Martini), 1863.

Cavolo di Sardegna Pianta perenne della famiglia delle Crocifere (Brassica insularis Moris). Ha fusti legnosi alla base ed erbacei nella parte superiore, che possono crescere sino a 1 m di altezza (viene chiamato, per le sue dimensioni, cavolo arboreo); le foglie, larghe e dentate, hanno un lungo picciolo; i fiori, bianchi, sono raccolti in ` una sı`liqua grappoli apicali; il frutto e ` frutto secco diviso internamente (cioe in due da una membrana a cui sono attaccati i semi). Fiorisce tra aprile e giugno. Endemismo sardo-corso, cresce spontanea soltanto nelle piccole isole del sud Sardegna, dove vegeta su terreni rocciosi e battuti dal vento; vegeta anche sui dirupi montani di Oliena e Dorgali e dell’Iglesiente. L’isola dei Cavoli, nell’area marina protetta di capo Carbonara, deve il suo nome alla presenza abbastanza massiccia di questo raro endemismo, iscritto nell’elenco di piante di interesse comunitario. Begli esemplari sono stati inseriti nella vegetazione dell’Orto Botanico di Cagliari. Nomi ´ ulu agresti, sardi: cali de arreca, ca ´ ulu aresti. [MARIA IMMACOLATA BRIGAca GLIA]

Cavour, Camillo Statista (Torino 1810ivi 1861). Dopo aver completato i suoi studi nell’Accademia Militare, nel 1831 fu nominato ufficiale del Genio. Dal 1836 fece parte della Commissione superiore di statistica; in seguito comin` a maturare la sua formazione policio tica e dopo l’entrata in vigore dello statuto fu candidato in Sardegna tra molte

polemiche nelle elezioni suppletive della I legislatura (giugno 1848) e fu eletto deputato di Iglesias. Divenuto ` presidente del Consiglio, si occupo spesso dei problemi dell’isola, ma assunse sempre posizioni che gli attira` negli ambienti rono grande ostilita sardi, in specie in quelli democratici (famose le polemiche dell’Asproni contro di lui).

` Camillo Cavour – Il celebre statista entro spesso in contrasto con gli ambienti sardi.

` Tra i suoi interventi che riguardano piu da vicino la Sardegna: Discorsi pronunciati nel Senato del Regno ai 3 e 5 dicembre 1851 in occasione delle interpellanze Musio e Alberto Lamarmora sulle condizioni della pubblica sicurezza di Sardegna, in Discorsi parlamentari, IV, 1865; Discorso detto nella Camera dei deputati il 10 gennaio 1852 in risposta alla interpellanza del deputato Asproni sul servizio postale nell’isola di Sardegna e sulla chiusura dell’ufficio di posta di Tortolı`, in Discorsi parlamentari, IV, 1865; Discorso alla Camera dei deputati il 19 gennaio

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Cecaro 1852 in occasione della discussione del bilancio del Monte di Riscatto dell’isola di Sardegna, in Discorsi parlamentari, IV, 1865; Discorso detto alla Camera dei deputati il 18 marzo 1852 a proposito della interpellanza del deputato Ferracciu al ministro sopra alcuni disordini avvenuti in Sardegna e sulla proclama` e zione dello stato d’assedio nella citta nella provincia di Sassari, in Discorsi parlamentari, V, 1865; Discorsi pronunciati alla Camera dei deputati il 18 maggio 1852 in occasione della discussione del progetto di legge per l’alienazione dei beni demaniali, in Discorsi parlamentari, V, 1866; Discorsi pronunciati al Senato del regno il 5 marzo 1853 sulla discussione del progetto di legge per la soppressione delle amministrazioni del Monte di riscatto del debito pubblico in Sardegna, in Discorsi parlamentari, VI, 1867; Discorsi detti nella Camera dei deputati ai 25, 26, 28 e 29 gennaio 1856 nella discussione del progetto di legge per lo stabilimento di una succursale della Banca nazionale a Cagliari, in Discorsi parlamentari, IX, 1870; Lettere su una banca sarda del 1855, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, 1888.

Cavour, Gustavo Deputato al Parlamento subalpino (Torino 1806-ivi 1864). Fratello di Camillo, dopo aver conse` alguito la laurea in Legge si dedico l’amministrazione del patrimonio di famiglia e agli studi di filosofia. Entrato in politica, fu eletto deputato di Tempio nella IV legislatura e ancora nella VI. Successivamente fu rieletto in collegi piemontesi; nella sua lunga carriera ` di alcuni proparlamentare si occupo blemi della Sardegna, in particolare di quello degli ademprivi: i suoi interventi in merito sono raccolti in Discorsi sugli ademprivi della Sardegna, pubblicati a Torino nel 1859.

Cazzella, Alberto Archeologo (n. Roma ` dedicato al1950). Dopo la laurea si e

l’insegnamento. Professore associato nel 1980, attualmente insegna Preisto` di ria e Protostoria presso la Facolta ` ‘‘La Sapienza’’ Lettere dell’Universita di Roma. Sulla Sardegna ha scritto Frontiers of neolisation in Italy and adjacent islands, ‘‘Berytus’’, 36, 1986.

Cea Centro romano che sorgeva nel Ger` Monte Arrubiu nelle camrei in localita pagne di Villasalto. In quel territorio erano stanziati gli Scapitani, una popolazione affine a quella dei Galilensi.

Cea, marchesato di Titolo che nel 1646 fu assegnato al feudo di Siligo e Banari pervenuto ai Castelvı` nel 1597 al termine di una lunga lite ereditaria con gli Alagon. Il nome derivava dalla chiesetta di Santa Maria di Cea, vicino a Banari, accanto alla quale nel Medioevo era sorto un monastero cistercense.

Cecaro, Anna Maria Economista (Sassari 1950-ivi 1995). Laureata in Giurisprudenza a Sassari nel 1973, nello stesso anno frequenta il Centro di specializzazione e ricerche economicoagrarie di Portici. Nel 1976 approfondisce i suoi studi a Cambrige, presso la ` di Economia. Nel 1992 diventa Facolta professore associato di Economia poli` di Giurisprudenza di tica nella Facolta Sassari. Negli ultimi anni, nonostante la malattia, coordina la ricerca sulle ricadute economiche conseguenti all’istituzione del parco a La Maddalena apparsa ne I luoghi dell’acqua e della terra, a cura di Vanni Maciocco, 1997. Tra gli altri suoi scritti: Problemi di controllo della domanda: in margine a un dibattito, ‘‘Quaderni sardi di economia’’, 1, 1980; Investimenti turistici e investimenti industriali in Sardegna: un commento, ‘‘Quaderni sardi di economia’’, 1-2, 1983; Tassi di interesse e aspettative inflazionistiche: un confronto tra diversi modelli interpretativi, ‘‘Quaderni sardi di economia’’, 3, 1984; La domanda di moneta di breve: revisioni critiche e

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Cecaro nuove formulazioni analitiche, ‘‘Rivista internazionale di Scienze sociali’’, 3-4, 1989; Le interdipendenze settoriali dell’economia sarda (con Alessandro Lanza e Antonello Paba), ‘‘Quaderni della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura della Provincia di Sassari’’, 1989; con Alessandro Lanza e Antonello Paba, Il mercato del lavoro femminile: tematiche e ipotesi di ricerca, ` in Sardegna, 1989; in Donne e societa Shock monetari e domanda di moneta in Italia, ‘‘Note economiche’’, 1, 1990; Disoccupazione femminile e processi di marginalizzazione nel Mezzogiorno, ` , domanda e 1990; Divari di produttivita tecnologia nelle piccole e medie imprese del Meridione, ‘‘Rivista internazionale di Scienze economiche e commerciali’’, 8, 1991.

Cecaro, Rita Bibliotecaria (n. Sassari 1947). Laureata in Giurisprudenza, dal 1976 lavora alla Biblioteca Universitaria di Sassari come responsabile del settore periodici. Ha tenuto numerose docenze sul trattamento dei periodici in ambito biblioteconomico. Tra le pubblicazioni sulla stampa periodica sarda: I giornali sardi dell’Ottocento: quotidiani, periodici e riviste della Biblioteca Universitaria di Sassari: catalogo (1795-1899) (con Giovanni Fenu e Federico Francioni), 1991, e I giornali sardi dell’Ottocento posseduti dalle biblioteche della Sardegna, in corso di pubblicazione; Da Caterina Berlinguer a Maria Manca. 1. Presenze femminili nelle riviste `, del secondo Ottocento, in Insularita 1996. In occasione delle Settimane della cultura scientifica ha scritto: L’invasione fillosserica attraverso i giornali sardi dell’Ottocento, 1995; Gli anni del supercarcere, in L’isola dell’Asinara, 1998; Cantones de sambene (con Salvatore Tola), 1999. Ha inoltre redatto la cronologia generale per gli anni 1988-

1994 ne La Sardegna. Enciclopedia (a cura di Manlio Brigaglia), 1992.

Ceccanti, Marco Archeologo (n. sec. XX). Nel 1978 prese parte ai lavori della XXII Riunione scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria che si svolse nella Sardegna settentrionale, presentando il contributo Evoluzione tipologica dell’ansa ad ascia in Sardegna, in Atti della XXII Riunione scientifica dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria 1978, 1980.

Cecchelli, Carlo Archeologo (Roma ` 1893-ivi 1960). Dopo la laurea si dedico all’insegnamento universitario. Nel 1942 divenne professore ordinario di Archeologia cristiana presso l’Univer` di Roma. Alcuni suoi scritti riguarsita dano la Sardegna: Tre deportati in Sardegna: Callisto, Ponziano e Ippolito, in Sardegna romana, II, 1939; Modi orientali e occidentali nell’arte del VII secolo in Italia. Note preliminari, in Atti della V Settimana di studio del Centro italiano di Studi altomedioevali, 1957.

Cecchini, Libero Architetto (n. Verona, sec. XX). Ha progettato con Paolo Gazzola la Cittadella dei Musei di Cagliari; il progetto, elaborato nel 1954, fu modificato nel corso dei lavori che durarono fino agli inizi degli anni Settanta. Di questo lavoro scrisse in La cittadella museale della Sardegna in Cagliari, ` il re1981. Negli stessi anni progetto stauro della torre aragonese di Ghilarza.

Cecchini, Moreno Gastronomo (n. Alghero 1937). Proprietario e gestore di ` antichi ristoranti dell’isola uno dei piu ` conqui(‘‘La Lepanto’’ di Alghero) si e stato fama non soltanto con la sua cucina e la sua presenza in manifestazioni internazionali, ma anche con i suoi libri dedicati in particolare alla cucina tipica algherese e alle suggestioni che ne ha tratto: ha pubblicato su questo tema La cucina del mare, 1991; Tuttope-

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Cecilia ` stato sce, 1993; I sapori del mare, 2000. E anche uno sportivo conosciuto e ha preso parte alla vita politica della sua ` come consigliere comunale. citta

Cecchini, Serena Maria Archeologa (n. Roma 1940). Dopo aver conseguito la ` dedicata all’insegnamento laurea si e ` diventata prouniversitario. Nel 1980 e fessore associato e attualmente insegna Archeologia del Vicino Oriente antico. Specialista del periodo punico, ha cominciato a interessarsi della Sardegna dal 1964, prendendo parte agli scavi di Monte Sirai. In seguito ha preso parte ` di scavo ad Antas e in altre ad attivita ` . Tra i suoi scritti: Il tophet, in localita Monte Sirai II. Rapporto preliminare della missione archeologica dell’Univer` di Roma e della Soprintendenza alle sita ` di Cagliari, ‘‘Studi semitici’’, Antichita 14, 1965; Sondaggi nel villaggio, in Ricerche puniche ad Antas, ‘‘Studi semitici’’, 30, 1969; I ritrovamenti fenici e punici in Sardegna, ‘‘Studi semitici’’, 32, 1969; Per un’identificazione di Monte Sirai, ‘‘Oriens antiquus’’, X, 3, 1971; Les steles `me du tofhet de Sulcis, in Actes du IIe ´tudes des CulCongre`s International d’e ´e occidentale, Altures de la Me´diterrane ger 1978, II, 1978; Motivi iconografici sulcitani: una scena cultuale e i personaggi con stola, ‘‘Vicino Oriente’’, IV, 1981.

Cece Pianta erbacea leguminosa della famiglia delle Leguminose (Cicer arieti` raggiungere i 60 cm d’alnum L.). Puo ` caratterizzata da foglie pentezza ed e nate, fiori solitari, retti da un lungo stelo inserito a livello dell’ascella fogliare, e baccelli rigonfi, con un piccolo rostro appuntito, contenenti ciascuno due semi. Simili a quelli di altre leguminose, questi ultimi vengono utilizzati in cucina per preparare svariate pietanze. Originaria delle regioni occidentali dell’Asia, la pianta del c. viene coltivata anche in Sardegna (quasi esclusivamente in provincia di Cagliari) e i

suoi semi sono l’ingrediente di base di una zuppa insaporita con il finocchietto ´ lu pitzu ´ du selvatico. Nomi sardi: baso (nuorese); chı´ghere (logudorese); cı´xiri ´lu tundu (gallu(campidanese); fasgio rese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Santa Cecilia – La santa in un particolare del retablo dei consiglieri, dipinto intorno al 1527 e attribuito a Pietro Cavaro. (Cagliari, Palazzo comunale)

Cecilia, santa (o Santa Gilla, Santa Gilia, Santa Igia) Santa (m. 230). Nacque da

una famiglia aristocratica romana, quella dei Cecilii. Cristiana, a nove ` . Su decisione anni fece voto di castita ` il patrizio Valeriano. dei genitori sposo «La prima notte di nozze – si legge in una delle tante leggende sulla sua vita ` al marito di essere cristiana e di – rivelo `: ‘‘Un angelo aver fatto voto di verginita difende sempre il mio corpo, rispet` anche te come ama tami, ed egli amera me’’. Valeriano, geloso, temendo che amasse un altro, chiese di poterlo vedere. ‘‘Convertiti e battezzati, cosı` potrai vederlo’’. Fu battezzato da Urbano I [papa dal 222 al 230] e vide l’angelo con

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Cecilia due corone in mano, una di rose per la moglie e l’altra di gigli per lui». Sorpresi mentre seppellivano martiri cristiani, nonostante una legge lo vietasse, Valeriano e Tiburzio suo fratello furono denunciati al prefetto Almachio. Incarcerati, torturati e decapitati, da C. seppelliti nelle catacombe di Pretestato. Anche C. venne denunciata, processata e torturata. Condannata a morire soffocata in un bagno pubblico, dopo due giorni era ancora viva. Chiamarono il carnefice per farla decapitare, ma i tre colpi vibrati non riuscirono a mozzarle il capo. C. per tre giorni rimase agoniz´ non riusciva a parlare, zante, «poiche con le dita fece il numero tre, esprimendo cosı` il suo credo in Dio uno e ` e la benedisse, trino. Urbano la consolo dopo di che Cecilia rese l’anima a Dio, accompagnata da un coro di angeli», il 22 novembre 230, sotto l’imperatore Alessandro Severo. Seppellita nel cimitero di San Callisto da Pasquale I, che fu papa dall’817 all’824, traslata nella chiesa di Trastevere, dove nel 1599 venne rinvenuta in stato di perfetta conservazione, adagiata sul fianco destro e con al collo il taglio, come l’ha scolpita Stefano Maderno (1601). Patrona della musica e dei musicisti. «Il culto di Cecilia come patrona dei musicisti – se` di condo Antonio Ferrua S.J. (1967) – e ` probabilmente data assai recente ed e nato dall’errata trascrizione di una frase contenuta negli Atti della santa [che sono del sec. VI]: Cantatibus organis Caecilia in corde suo decantabat Domino: fiat cor meum immaculatum. Parole che trascritte nell’ufficio senza l’in ` una corde suo fecero intendere non piu ` melodia interiore, ma una vera abilita musicale. Cosı` si prese a dipingerla con una cetra in mano e poi, premendo sulla parola organum, con un organo. Dall’i` fadea di una santa musicista si passo

cilmente a quella di protettrice di musici e cantori». In Sardegna Patrona di Escolca. Il suo culto risale al periodo dei giudicati. Compare in una carta campidanese del 1070-1080, che tratta d’una donazione al ` titolare giudice Orzocco-Torchitorio. E della cattedrale di Cagliari, fin da ` quando sorgeva nella medioevale citta fortificata di Santa Igia. Gilla, Gilia e Igia sono diminutivi o corruzioni di C., mentre Gilletta e Illetta sono diminutivi ` l’altro di Gilla. Sa Illetta o S’Illetta e nome dell’isola di San Simone, sullo stagno cagliaritano di Santa Gilla. [ADRIANO VARGIU]

Festa Si festeggia il 22 novembre.

Cecilia, Suinua e Ginia, sante Sante. A Cagliari, negli scavi della chiesa sotterranea di San Lucifero, il 15 aprile 1615 furono riportare alla luce due tombe sovrapposte. Una conteneva tre corpi, su un frammento di lastra tombale l’iscrizione: «ORIE CECILIA-NO SUINUA GINIA XIII CALEN-DAS SEIEMBRES». L’altra recava l’iscrizione in mosaico: «OPTANTIUS». Serafino Esquirro, cagliaritano, teologo e predicatore cappuccino, autore dell’opera Santuario de Caller, y verdadera historia de la invencion de los cuerpos santos hallados en la dicha ciudad y su arzobispado (1624), con molta disinvoltura e fantasia tradusse: «Optantius e Cecilia, genitori di Suinua e Ginia, martirizzati insieme e insieme sepolti. Di cinquantadue ` essere raffianni Optantius, che dovra gurato con in mano la palma del marti` rio e nell’altra il libro della fede, avra un pugnale nel petto, abito da cavaliere. Cecilia, quarantacinque anni, palma in una mano, crocifisso nell’altra, ferita al ´ collo da un pugnale. Suinua di ventitre anni e Ginia di venti: in una mano avranno la palma e nell’altra il giglio, vestite di lino bianco, cinta bianca in vita, il capo ornato da una ghirlanda di

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Cedrelles ` , un pusmeraldi, tutti simboli di castita gnale nella gola». Studi recenti hanno dimostrato che l’iscrizione va riferita a un’unica deposizione, quella di Cecilia, vissuta anni cinquanta: nos suinuaginia ovvero quinquaginta, ‘‘cinquanta’’. Decimoputzu venera Santa Suinua, detta anche Santa Suina e Santa Suia: «Morı` ` di quindici anni, sotto Diocleall’eta ziano, martire insieme con le vergini Cecilia e Ginia». A Cagliari, nell’area della chiesa di San Mauro, il 7 febbraio 1626 venne ritrovata la tomba di un’altra Santa Cecilia e il 5 dicembre 1627 quella di una Santa Asuina. [ADRIANO VARGIU]

Cecilio Metello Generale romano e governatore della Sardegna (sec. II a.C.). Terzo figlio di Metello Macedonico, eletto console nel 115 a.C. fu inviato nella provincia di Sardegna e Corsica ` per domare una rivolta dei Sardi o piu verosimilmente per porre fine alle scorrerie perpetrate ai danni dei latifondisti italici. Rimase probabilmente nell’isola come proconsole sino al 111, ` il trionfo ex Sarquando a Roma celebro dinia. Grazie alla Tavola di Esterzili possiamo localizzare alcune di queste operazioni militari nella Barbagia meridionale: il documento ci informa, infatti, che M. divise le terre dell’ager pu` probabilblicus fra i Galillenses, tribu mente del Gerrei, e i coloni di origine campana legati alla gens Patulcia, risiedenti forse nel Parteolla. [ANTONIO IBBA]

Cecilio Semplice Governatore della Sardegna nel 67-68. Ricordato nella Tavola di Esterzili. La presenza di un proconsole alla guida della provincia conferma la notizia di Pausania del passaggio della Sardegna sotto il controllo del ` di Nerone, in un Senato, per volonta momento posteriore al 28 novembre del 66 d.C. [ANTONIO IBBA]

Cedac Sigla del Centro di Diffusione ` Culturali, costituito nel delle Attivita

1986 dalla Cooperativa Teatro di Sardegna su suggerimento del regista Marco Parodi, quando il Ministero dello Spet` di produtacolo chiese che le attivita zione venissero distinte da quelle di di` il nuovo stribuzione. Con la sua attivita ente ha consentito che in Sardegna si costituisse un circuito teatrale di alto livello nazionale, appagando cosı` un’esigenza diffusa tra il pubblico che abitualmente segue le rappresentazioni teatrali. La crescente presenza di spettatori ha indotto alcuni centri sardi a restaurare vecchi teatri in disuso, per` teatrale di mettendo cosı` all’attivita estendersi su gran parte del territorio dell’isola.

Cedracca Pianta erbacea perenne della famiglia delle Aspleniacee (Ceterach officinarum DC.). Piccola felce comune sui muri e nelle fessure delle rocce, ha foglie consistenti, lunghe e composte, pennate con foglioline arrotondate, verdi nella pagina superiore con squame brune in quella inferiore, dove si trovano le spore raccolte in sori ` strutture riproduttive tipiche (cioe delle felci) lineari. Nella medicina po` polare si utilizza per le sue proprieta diuretiche, sedative ed emollienti. ´ dila (logudorese); doNomi sardi: dora radı´lla (nuorese); erba de ferru (campidanese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cedrelles Famiglia valenzana (secc. XV-XVI). Un suo ramo si stabilı` a Sas` del secolo XV sari nella seconda meta con un Pietro che, sposata Antonia Cano nel 1469, ebbe i feudi di Usini, Muros, Tissi, Ossi, Ittiri e Uri. I suoi discendenti, per conservarne il possesso, furono costretti a sostenere una costosissima lite con i Fabra, per cui nella ` del secolo XVI si trovarono prima meta ` economiche e fuin grandi difficolta rono costretti, tra il 1541 e il 1545, a disfarsi gradualmente dei feudi. La famiglia si estinse nel corso del secolo XVI.

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Cedrelles

Cedrelles, Galcerando Barone di Usini, Ittiri, Uri, Tissi e Muros (Sassari, ` sec. XVI-ivi, dopo 1545). Fiprima meta ` la glio di Gerolamo Vincenzo, continuo lite con i Fabra con un enorme dispendio di risorse finanziarie, che lo costrinsero a indebitarsi. Nel 1512 ottenne finalmente dal Supremo Consiglio d’Aragona la sentenza che riconosceva i suoi diritti e la definitiva estromissione dei Fabra dalla successione. Ma i suoi cre` che ditori, capeggiati da Bernardo Simo era legato a Giacomo Manca e a Bernardo Viramunt, gli chiesero di essere soddisfatti dei loro crediti e Galcerando fu costretto a disfarsi gradualmente dei feudi. Cosı` nel 1543 vendette `; negli anni Uri e Ittiri a Bernardo Simo successivi fu poi costretto a cedere Usini, Ossi e Muros. Quando morı` gli ri` a sua maneva il feudo di Tissi che lascio figlia Isabella, sposata con Andrea Manca.

Cedrelles, Gerolamo Vincenzo Barone di Usini, Ittiri, Uri, Tissi e Muros (Sassari, fine sec. XV -?, inizi sec. XVI). Figlio di Pietro, quando suo padre morı`, dopo il secondo matrimonio di sua madre con Giovanni Fabra, corse seriamente il rischio di perdere i feudi a vantaggio del fratellastro Gaspare Fabra. Dovette resistere giudizialmente da condizioni di estrema debolezza a causa del prestigio e della potenza della famiglia Fabra. Morı` quando la lite non era ancora conclusa.

Cedrino – Una diga, realizzata nel 1983, forma un lago artificiale di grande importanza per l’approvvigionamento del Nuorese.

` lungo Cedrino Fiume. Il quinto piu della Sardegna. Nasce nel versante settentrionale del massiccio del Gennargentu a 1316 m sul livello del mare, tra il monte Funai e il monte Novo. Con un percorso inizialmente molto tortuoso si dirige alla pianura delle Baronie e dopo 80 km sfocia nel golfo di Orosei. In passato le sue piene rappresentavano un pericolo per le popolazioni della Baronia fino a quando, nel 1984, la diga sul ` Pedra ’e Otfiume costruita in localita toni su un progetto elaborato nel 1962 ` un lago e disciplino ` il flusso delle formo acque nella pianura circostante.

Cedrelles, Pietro Gentiluomo sassa` Antonia rese (sec. XV). Nel 1469 sposo Cano, erede della baronia del Coghinas che comprendeva i villaggi di Usini, Muros, Tissi, Ossi, Ittiri e Uri. Dal suo matrimonio nacquero Giovanni Tommaso e Gerolamo Vincenzo. Poco dopo ` morı` ancor giovane e Antonia si risposo con Giovanni Fabra, dal quale ebbe un altro figlio.

Cedrino – La Marina di Orosei alla foce del fiume.

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Cefalantera

Cedro Genere di piante arboree della famiglia delle Pinacee, originarie delle regioni montuose del nord Africa e dell’Asia, presenti in Sardegna soltanto tra la flora coltivata. I cedri possono raggiungere i 50 m di altezza. Hanno foglie aghiformi e sempreverdi, riunite in ciuffi portati da brevi rametti laterali: i frutti sono coni formati da squame su cui sono inseriti i semi della pianta. Il ` molto resistente e legno, rossastro, e profumato, e viene utilizzato per fabbricare matite e articoli di ebanisteria. Nelle regioni a clima temperato vengono spesso piantati nei giardini a scopo ornamentale. Per questo motivo ne sono state sviluppate numerose va` , che si diversificano l’una dall’alrieta tra per il portamento e il colore del fogliame: 1. il c. del Libano (Cedrus li` la bani), originario dell’Asia Minore, e ` nota. Raggiunge un’altezza specie piu media di 30 m e sviluppa grandi e forti rami, simili a fusti secondari, che si staccano quasi dalla base della pianta e continuano lungo tutto il tronco. Gli aghi sono lunghi circa 2,5 cm, i coni, eretti, 10 cm; 2. il c. atlantico (Cedrus ` un grande albero originaatlantica L.) e rio della catena dell’Atlante, in nord Africa, con chioma piramidale, maestosa, espansa; i rami sono a palchi orizzontali, le foglie piccoli aghi raccolti in mazzetti folti; le infiorescenze sono a sessi separati, vistose e allungate quelle maschili, piccole e poco evidenti quelle femminili.Le pigne, orizzontali sul ramo, allungate, hanno semi alati. ` segnalato Un bellissimo esemplare e da Siro Vannelli (1989) nella foresta demaniale di Montes, in territorio di Orgosolo: si tratta di un albero piantato circa 70 anni fa che ha superato i 30 m di altezza e i 3 m di circonferenza; 3. il c. dell’Himalaya (Cedrus deodora G.Don), originario della regione himalayana, viene coltivato per il legname pregiato;

a differenza delle altre specie, che presentano rami orizzontali e coni con l’apice appiattito, presenta rami pendenti e coni dall’apice arrotondato.

Cedro – Un cedro del Libano a Laconi.

Nel giardino del castello Aymerich di Laconi crescono esemplari di c. del Libano e di c. dell’Himalaya di quasi 200 anni, che si stagliano, con i loro 30 m di altezza, nel verde intenso di questo parco, ricco di presenze vegetali interessanti. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cefalantera Genere di piante appartenenti alla famiglia delle Orchidacee, caratterizzate da fusti lunghi sino a 50 cm, con foglie alterne, ovate e allungate su tutto il fusto, fiori, in ‘‘spighe’’ alternate, a forma di casco, con labello corto e poco evidente. In Sardegna sono presenti tre specie: 1. la Cephalanthera rubra (L.) L.C.M.Richard, molto rara, dai fiori rosa intenso e il fusto ricoperto di peluria: cresce, in areali ristrettissimi, su terreni calcarei centro-orientali; 2. la Cephalanthera longifolia (L.) Frisch, ` diffusa: ha lunghe e numerose fola piu glie, fiori bianchissimi con labello

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Cefalo giallo intenso; fiorisce a fine primavera in luoghi ombrosi, tra la macchia e nel sottobosco oltre i 400 m; 3. la Cephalanthera damasonium (Miller) Druce, che ` larghe e piu ` diradate sul ha foglie piu fusto rispetto alla precedente, i fiori leggermente aperti, bianchi, con sfuma` intense nel labello; ture gialline, piu non molto diffusa, fiorisce per un breve periodo a fine primavera, in luoghi freschi, nella macchia e nei boschi oltre i 200 m, con preferenza per substrati calcarei. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cefalantera – Cephalanthera rubra durante la fioritura.

rabile). Il cippo presenta ciascuna delle facce inscritta con l’etnico di due diverse civitates sarde: da una parte i Celes(itani) e dall’altra i Cusin(itani), che il ` rispettivamente Mommsen identifico ` noi e i Kounousita ` noi enucon i Celsita merati dal geografo Tolomeo tra i populi ` della Sardinia. Piero Meloni ha pero fatto notare, sulla base dei dati tolemaici, la distanza geografica intercor` etniche e ammirente tra le due entita nistrative, che sarebbero dunque diverse da quelle citate dal cippo di Fonni. Il territorio abitato dai C. si estendeva verso occidente nei territori del Barigadu e del Mandrolisai mentre quello dei Cusin(itani) verso oriente, anche se, allo stato attuale della docu` possibile avanzare mentazione, non e ` precisa. un’ipotesi di localizzazione piu I territori dell’attuale Barigadu e del Mandrolisai, e dunque dell’estrema fa` ria, nel scia sud-occidentale della Barba corso dei secoli I e II dovettero essere interessati da assegnazioni di terre da ` romana, che riguarparte dell’autorita darono principalmente la gens Valeria, che risulta essere quella maggiormente attestata in quest’area. In questo senso ` indicativa l’iscrizione funeraria da e Cagliari di una donna Valeriae L(a)urenti (filiae) Caelesitan(a)e, incola (domiciliata) di Carales. [PAOLA RUGGERI]

Celidonia Pianta erbacea perenne della

Cefalo = Zoologia della Sardegna Celes(itani) Popolo non urbanizzato ` ria (Barbagia) sarda. Era della Barba compreso all’interno di un’organizzazione, quella delle civitates Barbariae, articolata in aggregati cantonali. I diversi ‘‘cantoni’’ erano dotati di una qualche struttura politico-sociale, probabilmente ereditata dalla gestione amministrativa di epoca nuragica. I C. sono noti attraverso un cippo terminale (di confine) in granito rinvenuto presso la fonte di Turunele di Fonni (antica So-

famiglia delle Papaveracee (Chelidonium majus L.), detta anche chelidonio. Ha fusto eretto, pelosetto, con foglie grandi, alterne di colore verde nella pagina superiore, biancastre in quella inferiore; i fiori gialli, primaverili, sono ` riuniti in ombrelle semplici; il frutto e una capsula allungata. Poco diffusa, cresce sulle rive dei ruscelli e in zone umide e ombrose in genere delle zone centrali dell’isola. Conosciuta nella medicina popolare per l’azione caustica del suo latice giallo intenso, efficace

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Censimenti per eliminare porri e verruche. Nomi sardi: erba de inzerras (Sardegna meridionale); erba de ranas (Sardegna centrale).

Cellino, Massimo Imprenditore (n. Cagliari 1956). Appartenente a una famiglia tradizionalmente dedita al commercio dei cereali. Interessato al mondo del calcio, nel 1991 ha rilevato ` del Cagliari Calcio divenenla societa done presidente. Uomo dalla forte per` , ha proceduto alla trasformasonalita zione dell’assetto societario, con l’obiettivo di fare del Cagliari una azienda moderna; ha creato il centro sportivo di ` ora un punto di riferiAssemini, che e ` sportiva; ha curato mento per l’attivita il vivaio giovanile avvalendosi di tecnici di grande valore. Nell’estate del 2005 ha lasciato la presidenza della squadra, pur restandone proprietario.

Cenami, Elena Architetto (n. Sassari ` trasferita 1960). Compiuti gli studi, si e a Sassari, dove ha aperto uno studio di Architettura con Piersimone Simonetti, ` stata anche responsabile suo marito. E dell’Ufficio del Piano regolatore del Comune di Sassari. Ha scritto di problemi di storia dell’architettura in Sardegna, fra cui: Forme di insediamento ed evoluzione della pianificazione, in Il territorio ` (a cura di Vanni Maciocco), della citta ` (con P. Simo1985; Architettura e citta ` (a netti), in Sassari tra Liberty e deco cura di Francesco Manconi), 1987; Sassari. Pianificazione e relizzazione tra le ` due guerre (con P. Simonetti), in Le citta di fondazione in Sardegna, 1998; Sassari, ` (a cura di Gianni Mura e Anin Le citta ` della tonello Sanna), II, ‘‘Paesi e citta Sardegna’’, 1999.

Censimenti Il censimento e` una complessa operazione statistica di rilevazione della popolazione di un determinato territorio in un determinato mo` avere fini diversi. In Sardemento. Puo gna i primi tentativi di censire la popo-

lazione risalgono al secolo XIV con la costituzione del Regno di Sardegna: furono sviluppati a fini fiscali per conoscere l’esatto ammontare degli abitanti residenti nelle diverse ‘‘ville’’ e determinare sulla base di questi dati il carico fiscale di ciascuna. A promuovere il ` civili censimento furono sia autorita (con l’intento di definire l’esatta divisione dei carichi relativi al donativo da ` ecversare al sovrano), sia le autorita clesiastiche (con l’intento di individuare l’esatto ammontare delle de` di rilevazione utilizzata cime). L’unita era generalmente il ‘‘fuoco’’, vale a dire il nucleo familiare, che si calcolava mediamente composto da tre, quattro persone (nei secoli XV e XVI era di sei ` permetteva di avere elepersone); cio menti di riferimento abbastanza attendibili sulla ripartizione del carico fiscale ma indicazioni largamente approssimative circa l’effettivo ammontare della popolazione nei diversi centri dell’isola. Il sistema di rilevazione ` della popolazione per fuochi continuo ` civili a essere utilizzato dalle autorita fino al censimento del 1688 e da quelle religiose fino al censimento del 1751. Nel censimento del 1688 per la prima volta, accanto al numero dei fuochi, fu indicato il numero degli abitanti residenti nei diversi centri dell’isola distinti per sesso. Nel periodo sabaudo la definizione delle caratteristiche strutturali del censimento proseguı`: gradualmente l’operazione assunse, oltre che caratteri fiscali, anche caratteri ` direttamente statistici, scientifici e piu sociali, e fu finalizzata quindi allo studio dello stato della popolazione. A partire dagli inizi dell’Ottocento scomparve l’indicazione dei fuochi e fu riportato solo il numero degli abitanti distribuiti nei diversi centri nelle circoscrizioni amministrative nelle quali era diviso il regno. L’ultimo censimento

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Censimenti generale riferito al Regno di Sardegna fu quello del 1857; in seguito, quando fu proclamato il Regno d’Italia, la Sardegna venne censita periodicamente secondo i criteri utilizzati per le altre regioni. La storia A parte il primo parziale tentativo di rilevazione contenuto nel noto Compartiment de Sardenya che risale al 1358, i c. conosciuti effettuati nel Regno ` civili sono: di Sardegna da autorita 1. Censimento del 1485, relativo al parla´ Xime ´n Pe ´rez Escriva ´ mento del vicere ` 26 263 fuochi, de Romanı´ che individuo per cui calcolando ciascun fuoco sulla base di sei persone la popolazione della Sardegna di quegli anni ammonterebbe a 157 578 abitanti, dei quali 13 936 fuochi per 83 616 abitanti residenti nel Capo di Cagliari e 12 327 fuochi per 73 972 abitanti nel Capo di Sassari. I dati ottenuti continuarono a essere usati anche nei parlamenti successivi ´ Moncada fino al parlamento del vicere nel 1583. 2. Censimento del 1583, relativo al parla´ Michele Moncada, che mento del vicere ` 65 540 fuochi, per cui calcoindividuo lando ciascun fuoco sulla base di quattro persone la popolazione della Sardegna ammonterebbe a 262 160 abitanti, dei quali 44 114 fuochi per 176 456 abitanti residenti nel Capo di Cagliari e 22 771 fuochi per 91 089 abitanti nel Capo di Sassari. I dati ottenuti continuarono a essere usati anche nei parlamenti successivi fino al parlamento del ´ Coloma nel 1603. vicere 3. Censimento del 1603, relativo al parla´ Antonio Coloma, che mento del vicere ` 66 696 fuochi, per cui calcoindividuo lando ciascun fuoco sulla base di quattro persone la popolazione della Sardegna ammonterebbe a 266 676 abitanti, dei quali 38 210 fuochi per 152 840 abitanti residenti nel Capo di Cagliari e

28 459 fuochi per 113 836 abitanti nel Capo di Sassari. 4. Censimento del 1627, relativo al parla´ marchese di Bayona, mento del vicere ` 77 397 fuochi, per cui calche individuo colando ciascun fuoco sulla base di quattro persone la popolazione della Sardegna ammonterebbe a 309 588 abitanti, dei quali 11 997 fuochi per 47 918 ` reabitanti erano residenti nelle citta gie; 41 038 fuochi per 164 052 abitanti residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 24 362 fuochi per 97 448 abitanti nei villaggi del Capo di Sassari. 5. Censimento del 1655, relativo al parla´ conte di Lemos, che mento del vicere ` 58 085 fuochi, per cui calcoindividuo lando ciascun fuoco sulla base di quattro persone la popolazione della Sardegna ammonterebbe a 232 340 abitanti, dei quali 8634 fuochi per 34 536 abitanti ` regie; 33 877 erano residenti nelle citta fuochi per 135 508 abitanti residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 15 574 fuochi per 62 196 abitanti nei villaggi del ` possibile veCapo di Sassari. Dai dati e dere quali effetti devastanti ebbe la peste del 1652 sulla popolazione della Sardegna. 6. Censimento del 1678, relativo al parla´ Santisteban, che indimento del vicere ` 74 844 fuochi, per cui calcolando viduo ciascun fuoco sulla base di quattro persone la popolazione della Sardegna ammonterebbe a 299 376 abitanti, dei quali 8179 fuochi per 34 516 abitanti residenti ` regie; 444 871 fuochi per nelle citta 179 484 abitanti residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 20 094 fuochi per 80 376 abitanti nei villaggi del Capo di Sassari. 7. Censimento del 1688, relativo al parla´ Monteleone, che indimento del vicere ` 61 655 fuochi, calcolando una poviduo polazione complessiva di 229 956 (114 475 uomini, 110 492 donne). Di questi 9831 fuochi e 3644 abitanti (19 134 uo-

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Censimenti mini, 19 510 donne) erano residenti ` regie; 35 457 fuochi e 134 992 nelle citta abitanti (68 153 uomini, 66 139 donne) residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 16 369 fuochi con 56 331 abitanti (27 189 uomini, 29 143 donne) nei villaggi del Capo di Sassari. 8. Censimento del 1698, relativo al parla´ Monteleone, che indimento del vicere ` 66 798 fuochi, calcolando una poviduo polazione complessiva di 259 157 (uomini, donne). Di questi 9864 fuochi e 43 794 abitanti (21 505 uomini, 22 982 ` regie; donne) erano residenti nelle citta 38 629 fuochi e 150 923 abitanti (70 040 uomini, 74 883 donne) residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 18 285 fuochi con 73 140 abitanti (37 189 uomini, 32 951 donne) nei villaggi del Capo di Sassari. 9. Censimento del 1728, ordinato dal re al ´ marchese di Cortanze, che indivicere ` 75 134 fuochi, indicando una poviduo polazione complessiva di 311 902 abitanti. Di questi 12 363 fuochi e 51 442 ` reabitanti erano residenti nelle citta gie; 48 625 fuochi e 182 744 abitanti residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 21 326 fuochi con 75 798 abitanti nei villaggi del Capo di Sassari. 10. Censimento del 1751, ordinato dal re ´ Emanuele Valguarnera, che al vicere ` una popolazione complesindividuo siva di 360 805 abitanti, di cui 180 770 uomini e 179 622 donne. Di questi 55 844 (27 234 uomini e 28 610 donne) ` regie; erano residenti nelle citta 204 685 (103 905 uomini e 100 776 donne) residenti nei villaggi del Capo di Cagliari e 99 867 (49 631 uomini e 50 236 donne) nei villaggi del Capo di Sassari. 11. Censimento del 1771, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 360 785 abitanti. Di questi 116 879 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 97 553 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 86 705

nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 59 647 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 12. Censimento del 1776, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 422 647 abitanti. Di questi 135 433 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 109 246 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 102 964 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 75 004 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 13. Censimento del 1781, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 431 897 abitanti. Di questi 133 976 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 120 091 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 105 021 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 72 809 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 14. Censimento del 1821, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 461 931 abitanti. Di questi 158 142 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 125 856 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 107 913 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 70 020 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 15. Censimento del 1824, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 469 831 abitanti. Di questi 155 240 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 133 471 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 108 987 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 72 133 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 16. Censimento del 1838, ordinato dal re ` una popolazione comche individuo plessiva di 525 485 abitanti. Di questi 171 975 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 152 199 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 118 822 nei centri dell’attuale provincia

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Censini di Nuoro e 82 489 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 17. Censimento del 1844, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 544 253 abitanti. Di questi 179 322 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 155 467 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 123 428 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 86 036 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 18. Censimento del 1848, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 554 717 abitanti. Di questi 181 789 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 158 429 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 126 846 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 87 653 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. 19. Censimento del 1857, ordinato dal re, ` una popolazione comche individuo plessiva di 573 243 abitanti. Di questi 193 841 residenti nei centri dell’attuale provincia di Cagliari; 157 532 nei centri dell’attuale provincia di Sassari; 129 582 nei centri dell’attuale provincia di Nuoro e 92 288 nei centri dell’attuale provincia di Oristano. ` Nei c. fatti tra il 1861 e il Dopo l’Unita 2001 la popolazione della Sardegna ebbe le seguenti variazioni: abitanti 609 015 (1861); abitanti 636 413 (1871); abitanti 680 450 (1881); abitanti 795 793 (1901); abitanti 868 811 (1911); abitanti 885 467 (1921); abitanti 983 760 (1931); abitanti 1 034 206 (1936); abitanti 1 276 023 (1951); abitanti 1 419 362 (1961); abitanti 1 473 800 (1971); abitanti 1 594 175 (1981); abitanti 1 648 248 (1991); abitanti 1 599 511 (2001).

Censini, Gianfranco Architetto (n. La ` divenuto ricerSpezia 1940). Nel 1980 e catore di Urbanistica. Attualmente in` di Architettura segna presso la Facolta ` di Firenze. Ha al suo atdell’Universita

tivo uno scritto sulla Sardegna, Il nucleo antico, in Osilo, 1992.

Censorato generale Termine con cui veniva indicato l’ufficio del censore generale dei Monti frumentari, che era preposto al governo di tutti i Monti che operavano nei vari villaggi dell’isola. Fu istituito nel 1770 e soppresso nel 1851, quando i Monti furono affidati al ` amministrative governo delle autorita locali.

Censor de la Laurera (lett. ‘‘censore dei seminati’’) Figura delineata nel 1624 tra i Capitoli di grazia richiesti a conclusione del parlamento Vivas e approvati da Filippo IV. Si trattava di un esperto (chiamato anche sindaco o padre censore) scelto dai vassalli di ogni villaggio del regno e preposto al miglioramento della cerealicoltura e dell’olivicoltura. Egli avrebbe dovuto ricevere la nota dei terreni coltivabili, dei gioghi di buoi e di quant’altro fosse utile alle ` agricole nel territorio del villagattivita gio; compiuto questo censimento, ` avrebbe dovuto valutare le potenzialita di sviluppo delle produzioni, potendo arrivare anche a obbligare i singoli agricoltori in possesso di mezzi ad acquistare gli strumenti necessari a pro` individuate; muovere le potenzialita avrebbe potuto anche acquistare i mezzi necessari a far lavorare i conta`. dini indigenti con fondi della comunita Di fatto i primi censori cominciarono a operare nel 1633. Venivano eletti annualmente dagli abitanti, che sceglievano tra persone particolarmente esperte e che conoscevano la natura dei terreni del villaggio. Ad essi era af` agricole fidato il governo delle attivita del villaggio nell’arco dell’anno. Il C. de ` sparendo alla fine del Seila L. ando cento.

Censore agricolo Figura, introdotta nel 1741, che in qualche modo si rifaceva a quella del Censor de la Laurera.

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Centaurea Era una persona esperta, eletta dagli abitanti del villaggio, che godeva dello status di funzionario regio. Gli fu attribuita una serie di funzioni che ne fecero un vero e proprio soprintendente ` agricole nel villaggio. di tutte le attivita Infatti egli doveva raccogliere le dichia` di tutti gli razioni delle potenzialita agricoltori del suo villaggio; doveva individuare gli agricoltori che pur avendo ` di lavorare non ne avevano le capacita gli strumenti; effettuare sopralluoghi ` sui terreni da coltivare e in quelli gia coltivati; utilizzare le compagnie barracellari per proteggere e difendere i territori coltivati; sorvegliare lo sviluppo delle messi; promuovere il rimboschimento, l’incrocio delle pecore sarde con pecore di altre razze, incoraggiare la produzione del formaggio, sorvegliare i macelli e infine promuovere l’introduzione di nuove colture. Era coadiuvato nelle sue funzioni, oltre che dai barracelli, da un ufficiale di giustizia. Ai censori doveva annualmente essere consegnato un inventario di tutte le terre coltivabili e il c.a. provvedeva annualmente a dare tutti i suggerimenti pratici a migliorare e sostenere la produzione e a disciplinarla. (= Monti granatici).

Centaurea Genere di piante arbustive della famiglia delle Composite. Le spe` comuni in Sardegna sono tre. 1. cie piu Il cardo stellato (C. calcitrapa L.), pianta spinosa con foglie a rosetta fitta, allungate e profondamente incise in segmenti laterali; l’infiorescenza poco vi` sostenuta da stosa, giallo-verdastra, e brattee allungate che le conferiscono ` mel’aspetto di una stella; ha proprieta dicamentose, con azione tonica e febbrifuga. 2. Il fiordaliso delle spiagge (C. sphaerocephala), pianta perenne, con fusti anche striscianti; le foglie, ricoperte di peluria simile a una ragnatela, sono divise in segmenti appuntiti e

ispidi; i fiori sono in capolini solitari all’apice degli steli, piumosi, viola, su un grosso ricettacolo spinoso; fiorisce in tarda primavera soprattutto sulle sabbie costiere.

Centaurea – Il promontorio di capo Caccia `e ` ricco di endemismi vegetali, fra i quali il piu caratteristico e` il pulvino della Centaurea horrida.

` im3. La C. horrida Bad., la specie piu ` arportante: cespuglio a pulvino (cioe rotondato e raccolto come un cuscino), ha rami intricati e spinosissimi, ricoperti di una fitta peluria bianca; i fiori sono capolini rossi, molto ridotti, circondati da lunghe brattee stellate.La c. ` un paleoendemismo esclusivo della e Sardegna, un vero fossile vivente che cresce soltanto sulle rupi costiere e sulle garighe battute dal maestrale delle coste del nord-ovest dell’isola (capo Caccia, Stintino, isola dell’Asi-

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Centelles ` stata inserita nell’elenco di nara). E piante di importanza comunitaria in quanto rappresenta un importante campione genetico dell’evoluzione della flora sarda. Nome sardo: spina razza. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Centelles Famiglia feudale valenzana (secc. XIV-XVII). Di origini catalane, i genealogisti hanno avanzato ipotesi tra cui quella che discendesse da un Cataldo di Craon venuto con Carlo Magno alla conquista della Marca Ispanica e ` receninvestito di Centelles nel 792. Piu ` detto che iniziatore della temente si e famiglia fosse Everardo di Koenigseck, un conte svevo, arrivato in Catalogna nel secolo XII e morto nel 1203. Di certo i Centelles seguirono la dinastia dei conti di Barcellona nelle loro imprese mediterranee, cosı` Pietro e Gilaberto, che discenderebbero in linea diretta da Everardo, seguirono il re Pietro in Sicilia nel 1282; i loro discendenti si divisero in molti rami e quello che si tra` in Sardegna discende da un Gipianto laberto, primo signore di Nules. Furono suoi figli Pietro e Amerigo la cui figlia ` Guglielmo Catala `. PieGiovanna sposo ` Raimonda Ruysech, tro invece sposo appartenente a una grande famiglia imparentata con i Carroz. Dal loro matrimonio nacque Raimondo che prese il cognome materno, come successivamente fecero i suoi discendenti. Assieme ai suoi figli Pietro, Bernardo e Gilaberto fu coinvolto nelle fazioni che ` valenzana, ridilaceravano la nobilta manendo comunque fedele alla dinastia. Alla fine del secolo XIV Bernardo e Gilaberto furono costretti a lasciare Valencia e a seguire Martino il Vecchio in Sicilia, Pietro invece rimase in Spagna; tutti ebbero discendenza. Da Gilaberto discese il ramo siciliano che si estinse nel secolo XV, da Bernardo e da Pietro discesero i rami legati alla storia sarda.

Centelles – Sedini. Il peduccio di un’arcata della parrocchiale raffigura lo stemma della famiglia degli antichi feudatari.

Ramo di Bernardo (conti d’Oliva). Bernardo, abile uomo politico, nel 1421 fu ´ di Sardegna e nel 1421 nominato vicere ebbe in feudo da Alfonso V il Marghine, il Montacuto, l’Anglona e la baronia di Osilo. I suoi discendenti furono insigniti del titolo di conte d’Oliva e si estinsero nel 1569 con Giovanni Cherubino, da cui i feudi passarono ai Borgia. Ramo di Pietro (marchesi di Quirra). Pie` il tro, rimasto in Valencia, continuo ramo dei signori di Nules; da lui disce` Toda Bertran Carsero Luigi, che sposo roz, sorellastra della contessa Violante di Quirra e fu padre di Guglielmo Rai` la contea di Quirra mondo che eredito nel 1520. La sua discendenza si estinse con il nipote Gioacchino, che nel 1589 ` il feudo all’unica sua figlia Aladono manna. Costei aveva sposato Cristoforo Centelles, anche lui discendente di Pietro, acquistando cosı` lo smisurato feudo. Nel 1604 ottenne il titolo di marchese. La sua discendenza si estinse nel ` Quirra ai 1675 con Girolamo che lascio Borgia.

Centelles, Bernardo Vicere´ di Sardegna dal 1421 al 1433 (Valencia, seconda ` sec. XIV-ivi 1433). Fu costretto a meta lasciare il Regno di Valencia e a seguire Martino il Vecchio in Sicilia nel 1406. ` la signoria Martino il Giovane gli dono ` camerlengo reale; di Naso e lo nomino

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Centelles contribuı` all’organizzazione della spedizione in Sardegna e prese parte alla battaglia di Sanluri. Tornato in Spagna fu coinvolto nelle fazioni dell’aristocra` a lottare asprazia valenzana e si trovo mente con i Vilaragut, nemici da sem` lepre della sua famiglia; seppe pero garsi alla nuova dinastia dei Trastamara, facilitando l’elezione di Ferdinando I a re d’Aragona. In seguito Al` fonso V, per ricompensarlo, lo nomino siniscalco d’Aragona e di Sicilia; nel ` in Sardegna con il re. Fu no1421 torno ´ ed ebbe in feudo il Monminato vicere tacuto, il Marghine, il Meilogu, l’Anglona e la baronia di Osilo. Nel 1422, lasciata la Sardegna, seguı` il suo signore nell’impresa napoletana; tornato in Sardegna nel 1424 ebbe un duro scontro col marchese d’Oristano, che pretendeva di occupare Macomer e buona parte del Marghine; negli anni seguenti, pur continuando a tenere l’uffi` spesso dall’isola per secio, si allontano guire il sovrano nelle sue imprese; unitamente a suo figlio Francesco Gilaberto definı` i confini del grande feudo, operando pragmaticamente scambi di territori con i feudatari vicini e dando ` e compattezza all’imcosı` continuita menso territorio.

Centelles, Cristoforo Signore di Nules e marchese di Quirra (Sardegna, se` sec. XVI-ivi 1624). Sposo ` conda meta una sua lontana cugina, Alamanna Centelles, contessa di Quirra. All’atto delle nozze il padre della sposa, il conte Gioacchino di Quirra, dispose che per il futuro la contea rimanesse sempre unita al possessore del feudo di Nules, determinando cosı` una situazione destinata ad avere il suo peso nella successione del feudo. Nel 1604 fu creato marchese.

Centelles, Francesco Gilaberto Figlio ed erede di Bernardo (Sardegna, inizi sec. XV-ivi 1480). Da giovane prese

parte alle operazioni militari contro Ni` Doria, invadendo i territori del Cocolo ` suo ghinas. Negli stessi anni affianco padre nell’amministrazione del grande feudo, ma dopo la sua morte seguı` Alfonso Ve prese parte alle guerre nel Napoletano. Per tenersi al passo col re fece una vita sfarzosa al di sopra delle ` finanziarie, per cui si casue possibilita ` di debiti. Le sue condizioni econorico miche lo costrinsero a vendere alcune parti del grande feudo per far fronte ai debiti e per pagare la dote delle sorelle Violante, sposata con Angelo Cano, e Caterina, sposata con Salvatore Cubello. Cosı` nel 1438 cedette al Cano la baronia di Osilo e nel 1439 al Cubello il Marghine e il Costavall, compromet´ tendo l’esistenza del suo feudo; poiche ` le sue condizioni non migliorapero vano, nel 1442 fu costretto a vendere il Meilogu con Siligo e Banari a Cristoforo Manno. Dopo l’improvvisa morte del ` , la sua situazione miglioro `e Cano, pero nel 1447 fu in grado di riprendere dal nipote buona parte della baronia di Osilo e addirittura di acquistare la baronia del Coghinas. Nel 1449 fu creato conte di Oliva e nel 1453 nominato castellano di Castellaragonese e camerlengo di Sassari. Dopo la morte della ` una sorella Caterina, nel 1460 inizio lite con Salvatore Cubello per recuperare il Marghine, che riuscı` a riavere solo nel 1478 dopo la fine della guerra contro Leonardo Alagon.

Centelles, Gioacchino Marchese di Quirra e di Nules (Catalogna, inizi sec. XVII-Sardegna 1675). Si trasferı` in Sardegna e prese a occuparsi dell’amministrazione del feudo; una volta convocato il parlamento Avellano, nel 1645 ebbe un contrasto con il marchese di Villasor che aveva svolto le funzioni di ‘‘prima voce’’ dello Stamento militare, funzioni alle quali lui pensava di aver diritto come marchese di Quirra. Le sue

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Centelles ` non furono appagate aspirazioni pero ` in Spagna. La ed egli allora se ne torno sua situazione finanziaria frattanto era diventata molto precaria a causa del suo dispendioso tenore di vita, per cui fu costretto a cedere a Benedetto Nater, senza chiedere il consenso reale, un vasto territorio che comprendeva i vil´ laggi di Sinnai e Maracalagonis. Poiche ` di nominon aveva figli, nel 1663 penso nare suo erede Francesco Borgia, che ` morı` nel 1664. Allora Gioacchino pero ` di designare come erede Carlo, penso figlio del defunto Francesco, scate` la reazione di un suo lonnando pero tano parente, un Antonio Giovanni che pretendeva di essere nominato erede in ` di un testamento fatto nel 1375 da virtu `, un comune antenato. L’anziano G., pero non tenne conto delle sue pretese: anzi, quando nel 1670 anche Carlo Borgia ` erede Pasquale Franmorı`, egli nomino cesco Borgia.

Centelles, Guglielmo Raimondo Si` sec. XVIgnore feudale (?, prima meta Sardegna 1565). Figlio di Toda Bertran Carroz e di Luigi Centelles, pupillo della zia, la contessa Violante II, fu da lei nominato erede della contea di ` , considerando il Quirra. Il fisco, pero feudo devoluto, si oppose alla successione; egli resistette e nel 1520 ottenne una sentenza favorevole dal Supremo Consiglio d’Aragona, entrando cosı` in possesso del grande feudo.

Centinodia Pianta erbacea annua o perenne della famiglia delle Poligonacee (Polygonum aviculare L.), detta anche correggiola. Molto ramificata, ha i fusti interrotti da nodi molto ravvicinati (da cui il nome), su cui si inseriscono le foglie oblunghe e lanceolate; i fiori sono rosa o bianchi, solitari o a piccoli gruppi, all’interno dell’ascella fogliare; ` un achenio a sezione triangoil frutto e lare, di colore bruno-rossiccio, con striature longitudinali. Questa pianta,

che cresce spontanea nei campi sassosi del centro-sud della Sardegna, ha importanza per le sue applicazioni in fitoterapia e nella medicina popolare: tutte le sue parti possono essere utiliz` cicazate per fare decotti con proprieta trizzanti e antisettiche nell’uso esterno, astringenti, purgative e vaso-costrittrici nell’uso interno. Nomi sardi: e´iba di zentu nodi (sassarese); erba de centu ` us (campidanese); erba de chentu nonu ´rria (Sarcidano). dos (nuorese); erba ste [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Centolani e Polo Tipografia di Sassari (sec. XVIII). Fu fondata nel 1748 da Giuseppe Centolani, direttore della tipografia dei Serviti. Quando i frati deci` tutto il masero di chiudere, egli rilevo teriale e le attrezzature, si pose in so` con Simone Polo e aprı` la tipogracieta ` a lavorare fino al 1765, fia, che continuo anno della morte di Centolani.

Centonchio = Anagallide Centro di Cultura Democratica Centro culturale della Sinistra cagliaritana, costituito negli anni Sessanta del Novecento. Era articolato in due sezioni, una artistica e una culturale, che esercitarono un importante ruolo negli am`. bienti intellettuali e politici della citta La sezione culturale promosse diverse ` finirono per essere iniziative, che pero condizionate dalle esigenze e dalle strategie dei partiti di sinistra, cui molti dei ` vivace fu suoi aderenti erano legati. Piu ` invece la sezione artistica, che si formo nel 1967 come conseguenza della fusione dei pittori del Gruppo transazionale, tra i quali spiccavano Tonino Casula, Ermanno Leinardi, Ugo Ugo e Italo Atzeni e quelli del Gruppo di Iniziativa, tra i quali erano Gaetano Brundu, Primo Pantoli, Mauro Staccioli, Franco Caruso e altri. La sua co` la nascita di un fronte stituzione segno unico di tutti gli artisti della Sinistra

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Cereali impegnati in esperienze di avanguardia.

Centro Universitario Teatrale Centro culturale fondato a Cagliari nel 1959 da un gruppo di studenti culturalmente impegnati nell’ambito del programma elaborato dall’ORUC (Organismo rappresentativo universitario ca` gliaritano). Svolse la sua attivita presso la LAUC (Libera Associazione Universitaria Cagliaritana) e si se` con un ciclo di letture di testi gnalo teatrali francesi e in seguito con l’allestimento di alcune rappresentazioni di livello dignitoso e apprezzato. Il nucleo originario, del quale fecero parte Mario Faticoni, Giovanni Sanna e altri, ` incisivamente nel mondo cultuopero ` , contribuendo alla narale della citta scita delle moderne espressioni tea` le attivita ` nel trali in Sardegna. Cesso 1967.

Cereali – La pianura del Campidano era cosı` propizia alla coltivazione del grano che i Cartaginesi proibirono che vi si piantassero alberi.

Cereali Denominazione comune di varie specie appartenenti alla famiglia delle Graminacee, coltivate per il loro seme, largamente utilizzato nell’alimentazione umana.

Centurione, Alberto Maria Archeologo (sec. XIX). Sacerdote gesuita, nel 1886 ` alcuni nuraghi della Giara, scristudio vendone in Studi recenti sopra i nuraghi ` Cattoe la loro importanza, ‘‘La Civilta lica’’, IX, 1886. Alla fine dell’Ottocento condusse un’indagine di carattere topografico sui nuraghi.

Ceraglia, Marco Fotografo (n. Sassari 1960). Diplomato in fotografia pubblicitaria all’Istituto Europeo di Design di Roma, nel quale ha anche svolto at` di docenza per diversi anni, nel tivita 1984 apre a Sassari lo studio Punto & Basta, che si occupa prevalentemente di fotografia pubblicitaria e industriale. Gestisce laboratori fotografici nella scuola statale e corsi di formazione professionale e per diplomati; ` dedicato con in questi ultimi anni si e ` allo studio della fotografia intensita digitale.

Cereali – Nelle case contadine sa luscia, un contenitore di canne intrecciate, serviva per la conservazione del grano.

Il termine deriva dalla dea romana Cerere, protettrice della terra e dell’agri` comuni, coltivati fin dalcoltura. I c. piu ` , sono il grano, l’orzo, la sel’antichita

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Cere anatomiche dell’Universita` di Cagliari gale, l’avena, il riso, il mais, il miglio e il sorgo; sono tutti originari di Asia, Eu` naropa e Africa, tranne il mais, che e tivo del continente americano, e derivano da selezioni operate dall’uomo sulle specie selvatiche, che crescono nei campi, spesso infestandoli. In Sardegna sono molti i c. coltivati, soprattutto nelle pianure: la produzione an` di circa 2 000 000 di nua complessiva e q. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

` di Cere anatomiche dell’Universita Cagliari Collezione costituita dal grande studioso di anatomia Francesco Antonio Boi, che ebbe modo di raccogliere e ordinare i pezzi fabbricati appositamente dal grande artista toscano Clemente Susini tra il 1802 e il 1805. Il Boi, che era professore di Anatomia ` di Cagliari, la racpresso l’Universita colse durante il suo soggiorno a Firenze tra il 1801 e il 1805; fu autorizzato all’acquisto dallo stesso Carlo Felice, che aveva messo a disposizione somme cospicue da destinare all’arricchimento del museo e delle collezioni dell’Uni`. I pezzi sono fissati in 23 tavole: versita ` probabilmente frutto della maturita dell’artista, rappresentano i soggetti con grande realismo; in un primo tempo, una volta giunte a Cagliari, furono esposte al pubblico per un certo periodo nella sede del museo. In seguito furono trasferite in locali dell’U` . Attualmente sono ospitate niversita nell’apposito museo allestito nel complesso della Cittadella universitaria.

Ceresa, Massimo Bibliotecario (n. sec. XX). Sacerdote, assistente della Biblioteca Apostolica vaticana e profondo conoscitore dei suoi manoscritti, nel 1991 fece parte del comitato scientifico organizzatore della mostra La Sardegna in Vaticano. In quella occasione scrisse per il catalogo il contributo La Sardegna nei manoscritti della Biblioteca apostolica vaticana, 1990.

Cerina, Giovanna Storica della letteratura italiana, consigliere regionale (n. Nuoro 1932). Studiosa di letteratura ita` dedicata all’inliana, dopo la laurea si e segnamento universitario. Professore associato di Letteratura italiana presso ` di Lettere dell’Universita ` di la Facolta Cagliari; aderente al Progetto Sarde` stata gna di Renato Soru, nel 2004 e eletta consigliere regionale per la XIII legislatura nel ‘‘listino’’. Tra i suoi scritti: Un episodio della vita culturale in Sardegna: ‘‘Vita sarda’’ 1891-1893, ‘‘Archivio del movimento operaio contadino e autonomistico’’, 20-22, 1984; La leggenda del muflone o ‘‘iniziazione al racconto’’ di Grazia Deledda, ‘‘Nuova Ri` e pecunascita sarda’’, I, 1986; Identita ` letteraria della Sardegna, ‘‘La liarita Grotta della Vipera’’, XVI, 50-51, 1990; Deledda e altri narratori. Mito dell’isola ` , 1992. Nel e coscienza dell’insularita 1966 ha curato per la Ilisso di Nuoro, nella collana ‘‘Bibliotheca sarda’’, sei volumi dedicati alle 18 raccolte di novelle (quasi 300).

Cerioni, Agostino Insegnante, presidente del Consiglio regionale (Cagliari 1908-Roma 1968). Cattolico, fece esperienze antifasciste nell’Azione Catto` alla lica e tra il 1933 e il 1937 collaboro rivista ‘‘La Lampada’’. Conseguita la ` nelle scuole laurea in Filosofia, insegno secondarie superiori. Combattente nella seconda guerra mondiale, parte` alla Resistenza come partigiano e cipo nel 1943 fu tra i fondatori della DC in Sardegna. Fu eletto consigliere regionale per la I legislatura nel collegio di Cagliari e in seguito riconfermato per altre quattro legislature. Alla fine della II legislatura, nel luglio del 1955, fu nominato assessore ai Lavori pubblici nella prima giunta Brotzu e ricoprı` l’incarico fino al termine della legislatura, 1958. Nella III legislatura fu riconfermato assessore dall’inizio fino all’otto-

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Cervellon bre del 1958 nella seconda giunta Brotzu. Il 14 novembre 1958 fu eletto presidente del Consiglio regionale, e rimase in carica fino alla fine della legislatura, nel 1962. Fu successivamente riconfermato presidente anche per la IV e per la V legislatura con crescente consenso anche da parte dell’opposizione, che per la V legislatura non gli contrappose un antagonista. Di grande rilievo politico il suo impegno per la di` di una fesa dell’autonomia, che in piu ` di considerare come occasione affermo un arricchimento del processo di unificazione nazionale. Tra i suoi scritti: Una pagina del Risorgimento in Sardegna, ‘‘Annali del Liceo scientifico ‘Asproni’’’, 1934; Una figura del Risorgimento in Sardegna: G.B. Tuveri, ‘‘Frontiera’’, I, 10, 1968.

dati un Raimondo Berengario che morı` in battaglia e un Guglielmo che nel 1328 fu nominato governatore generale dell’isola. Dal suo figlio primogenito Guglielmo Raimondo discese il ramo della famiglia che si trasferı` in Sardegna. Fu padre di Gerardo Alamanno, governatore della Catalogna negli anni in cui la ` agli estinti nuova dinastia subentro conti di Barcellona. Il nipote Arnaldo Guglielmo fu padre di quel Gerolamo Urbano che si stabilı` in Sardegna nella ` del secolo XV dopo aver seconda meta sposato Benedetta Alagon. Un Filippo, ` la suo discendente, nel 1543 acquisto baronia di Samatzai; nella seconda ` del secolo i nipoti Guglielmo e Fimeta lippo, figli di Gerolamo, formarono due rami della famiglia.

Cernia = Zoologia della Sardegna Cervellon Famiglia feudale catalana (secc. XIV-XVIII). I suoi membri presero parte alla conquista della Sardegna con l’infante Alfonso e furono per molti secoli tra i protagonisti della sto` una delle famiglie piu ` ria dell’isola. E antiche e importanti della Catalogna, sulle cui origini, nel secolo XVII, i genealogisti si sono sbizzarriti facendoli discendere da principi tedeschi o da una stirpe franca giunta in Catalogna nel secolo VIII. Il primo personaggio ` un Certaldo Alastoricamente certo e many, signore di Cervellon, vissuto nel secolo IX. Era seguace della famiglia dei conti di Barcellona, ma non se ne ` notizia dopo l’817; uno dei suoi ha piu discendenti, un Asulfo ricordato in documenti del 941, fu il primo a utilizzare il nome di Cervellon. I suoi discendenti ` proseguirono nella tradizionale fedelta alla dinastia barcellonese e con essa si ` volte, accrescendo imparentarono piu cosı` il loro feudi e le loro fortune. Tra questi alcuni presero parte alla spedizione dell’infante Alfonso: vanno ricor-

Cervellon – Arma. I membri dell’illustre famiglia catalana presero parte nel 1323 alla conquista della Sardegna sotto le bandiere dell’infante Alfonso d’Aragona.

Ramo di Filippo. Filippo ebbe la baronia di Samatzai e fu valoroso uomo d’armi; i suoi nipoti Giovanni e Filippo ebbero entrambi discendenza. Gio` la linea dei baroni di Savanni continuo

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Cervellon ` del matzai; i suoi discendenti a meta Seicento ereditarono anche il feudo di Tuili e alcuni altri territori vicini a Oristano. Si estinsero nel 1702 con un altro ` la discenGiovanni. Filippo II continuo ` la baronia e denza, che nel 1702 eredito si estinse nel 1826 con un Pietro che la` erede sua sorella Maria Rita, moscio glie di Francesco Flores d’Arcais. Ramo di Guglielmo. Guglielmo, sposata Marchesia Torresani, ebbe la contea di Sedilo. La sua discendenza espresse al` nel corso del cune eminenti personalita secolo XVII e si estinse nel 1725 con un altro Guglielmo.

Cervellon, Bernardino Conte di Sedilo (Cagliari, sec. XVI-ivi 1600). Figlio di Guglielmo e di Marchesia Torresani, quando nel 1599 suo nonno Girolamo Torresani morı`, divenne conte di Sedilo, ma la successione fu contestata dal fisco che considerava il feudo devoluto. Riuscı` a ottenere il riconoscimento.

Cervellon, Bernardino Antonio Si` gnore di Sedilo (Cagliari, seconda meta sec. XVII-?, 1725). Figlio di Guglielmo II, alla morte di suo padre ne raccolse ` continuando a rivendicare la l’eredita ´ successione del feudo di Sedilo. Poiche era difficile proseguire la lite a Vienna, dove il Supremo Consiglio d’Aragona si era spostato, sottoscrisse una transazione con sua zia Isabella. Finalmente cosı` riuscı` a entrare in possesso di Se` venne dilo, mentre il resto dell’eredita ` nel riconosciuto a Isabella. Morı` pero 1725 senza lasciare discendenza.

Cervellon, Bernardino Mattia I Gover´ intenatore del Capo di Cagliari, vicere rino (Cagliari 1599-?, 1676). Figlio del conte Bernardino, ufficiale di carriera, ´ nelle Fiandre raggiungendo il combatte ` in grado di capitano generale. Torno Sardegna nel 1640 e nel 1641 fu nominato luogotenente delle Armi del Capo di Sassari; fautore della politica del vi-

´ Avellano, dopo la morte di Diego cere Aragall, nel 1646 fu governatore del Capo di Cagliari e Gallura. Negli anni ` del suo ufficio, diseguenti, in virtu ´ interino in diverse occavenne vicere sioni; una prima volta nel 1649, in as´ il cardinale Trivulzio. senza del vicere ` Al suo ritorno il cardinale lo fece pero arrestare e riuscı` a tornare libero solo ` tra grazie all’intervento del re. L’ostilita ` e quando nel 1651 il Trii due continuo vulzio, giunto al termine del suo man` interino il visitatore Mardato, nomino ` tinez Rubio al suo posto, C. si presento armato in cattedrale mentre Rubio giu` con la forza, assumendo rava e lo caccio ` fino alil governo dell’isola. Governo ´ Velez de Guel’arrivo del nuovo vicere ` lo mando ` in esilio per puvara, che pero nirlo del suo ‘‘colpo di stato’’. Tornato ` confinato in dopo breve tempo, fu pero Gallura dallo stesso Velez. Fu riabilitato dal conte di Lemos e quando quest’ultimo, accusato di non aver preso le misure adeguate per fronteggiare la peste del 1652, fu costretto a recarsi a Madrid ` nuoper discolparsi, nel 1656 esercito vamente funzioni interine fino all’ar´ marchese di Castel Rorivo del vicere ` nuovamente al condrigo, che lo mando fino in Gallura. Ricomparve a Cagliari dopo l’assassinio del Camarassa (1668) e assunse nuovamente il governo, evitando con grande equilibrio che la situazione degenerasse. Ma il duca di ´, credendolo San Germano, nuovo vicere coinvolto nella congiura che aveva condotto alla morte il suo predecessore, lo ` ancora una volta in esilio. Morı` mando lontano da Cagliari nel 1676.

Cervellon, Filippo I Barone di Samatzai (Cagliari, fine sec. XV-ivi 1566). Figlio di Gerolamo Urbano, dedicatosi alla car´ valorosariera delle armi, combatte mente nell’esercito di Carlo V e nel 1525 prese parte alla battaglia di Pavia. Tornato in Sardegna, nel 1528 fu al co-

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Cervellon mando della cavalleria leggera durante la spedizione contro i francesi che avevano espugnato Sassari e la occupavano. Nel 1535 seguı` l’imperatore nell’impresa di Tunisi, segnalandosi per il ` a Salvatore valore dimostrato; si lego Aymerich e nel 1543, grazie a lui, acqui` il feudo di Samatzai. Fu coinvolto sto nelle fazioni dell’aristocrazia cagliaritana negli anni successivi.

Cervellon, Filippo II Gentiluomo (Cagliari 1570-ivi 1646). Figlio del barone di Samatzai Gerolamo IV, uomo d’armi e abile politico, fu capitano della cavalleria leggera e nel 1617 divenne governatore di Cagliari. In seguito fu nominato capitano degli alabardieri del re.

Cervellon, Gerolamo II Conte di Sedilo ` sec. XVI-ivi (Cagliari, seconda meta 1634). Figlio di Bernardino, fu valente ´ in Lombardia uomo d’armi e combatte e nelle Fiandre raggiungendo il grado di maresciallo di campo. Nel 1606 ere` dalla famiglia di sua moglie il dito feudo di Bonvehı` e quello del venteno di Alghero. Tornato in patria nel 1630, fu nominato governatore di Novara.

Cervellon, Gerolamo III Conte di Se` sec. XVII-ivi dilo (Cagliari, prima meta 1681). Figlio di Matteo, molto legato al prozio Bernardino Mattia che avrebbe voluto farlo sposare con Francesca Za´ duca di trillas, dopo l’arrivo del vicere San Germano fu sospettato di aver avuto intese con il marchese di Cea e fu mandato in esilio. Tornato in Sardegna dopo alcuni anni, morı` senza lasciare figli, nominando erede la sorella Isabella, sposata col marchese di Albis.

Cervellon, Gerolamo IV Barone di Sa` sec. XVImatzai (Cagliari, prima meta ivi 1599). Figlio di Filippo, fortemente influenzato dal padre, nel 1535 lo seguı` nell’impresa di Tunisi, distinguendosi per il suo valore. Una volta ereditato il ` con perizia. feudo, lo amministro

Cervellon, Gerolamo V Barone di Sa` sec. XVIImatzai (Cagliari, prima meta ivi, fine sec. XVII). Figlio di Francesco ` poliLussorio, uomo di grande abilita tica, prese parte attiva alle fazioni che divisero lo Stamento militare durante i parlamenti del suo tempo, schierato nel partito dei Castelvı`. Dalla moglie Ma` il feudo di Tuili rianna Martin eredito ` ulteriormente il suo patrie incremento monio feudale acquistando alcuni salti ` di Oristano. in prossimita

Cervellon, Gerolamo I Urbano Gentiluomo (Catalogna, sec. XV-Cagliari, fine sec. XV). Si trasferı` in Sardegna nella ` del secolo e sposo ` Beneseconda meta detta Alagon, una delle figlie di Salvatore Alagon, ma non si fece coinvolgere nelle vicende che determinarono la rovina degli Alagon. Morı` ancor giovane prima della fine del secolo.

Cervellon, Giovanni Barone di Samat` sec. zai (Cagliari, inizi sec. XVII-?, meta ` XVII). Figlio di Gerolamo IV, fu tra i piu accesi sostenitori delle idee del Vives. Morı` ancora giovane.

Cervellon, Goffredo Gentiluomo (sec. XV). Figlio di Gerolamo Urbano, fu va` nel 1528 loroso uomo d’armi e si segnalo ` aiuto a Sassari contro i quando porto francesi che l’avevano saccheggiata.

Cervellon, Guglielmo I Governatore generale della Sardegna (Catalogna, fine sec. XIII-Sardegna, dopo 1347). Gentiluomo catalano, prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso segnalandosi alla battaglia di Lutocisterna. Nel giugno 1328 fu nominato governatore generale della Sardegna e provvide a realizzare il popolamento del castello di Cagliari. Tenne l’ufficio fino al maggio del 1329, quando il Boixadors ` in Sardegna; trasferitosi in Spatorno gna, visse a corte. Nel 1339 fu nominato riformatore generale della Sardegna, ma riuscı` a tornare nell’isola solo nel 1341, assumendo nuovamente funzioni

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Cervellon ` in un periodo di governatore. Governo ` le conseguenze della difficile e pago nuova guerra contro i Doria, vedendo morire due dei suoi figli nella battaglia di Aidu ’e Turdu, nel 1347. Morı` per il dolore pochi mesi dopo.

Cervellon, Guglielmo II Signore feudale (Cagliari 1651-ivi?, dopo 1708). Figlio di Bernardino Mattia, nel 1681, all’estinzione del ramo dei conti di Sedilo, si intromise nella causa tra il fisco e sua cugina Isabella rivendicando il diritto di succedere nella contea come unico maschio della famiglia. La causa ` molti anni, sicche ´ quando, scopduro piata la guerra di successione spagnola, ` agli Asburgo, era nel 1708 l’isola passo ancora pendente davanti al Supremo Consiglio d’Aragona. Egli morı` poco dopo.

Cervellon, Matteo Conte di Sedilo (Cagliari, inizi sec. XVII-ivi 1661). Fratello di Gerolamo II, dotato di buone capa` politiche, molto legato al cugino cita Bernardino Mattia, fu nominato gover´ natore di Sassari. Quando il vicere ` l’intenzione conte di Lemos manifesto di celebrare il Parlamento a Sassari, gli si oppose adducendo il pretesto `, egli era stato ispidella peste. In realta rato dal cugino; per questo fu processato e condannato.

Cervellon, Michele Marchese di Las Conquistas (Cagliari 1660-ivi 1716). Figlio di Bernardino Mattia, scoppiata la guerra di successione spagnola si ` nel partito favorevole agli schiero Asburgo e nel 1708 fu uno dei maggiori sostenitori del passaggio dell’isola agli Asburgo. Fu nominato procuratore reale e ottenne il titolo di marchese di Las Conquistas, un feudo che comprendeva la baronia della Crucca, lo stagno di Platamona, alcune peschiere e le isolette nello stagno di Santa Gilla di Cagliari. Morı` lasciando erede sua figlia

Vincenza, moglie di Francesco Zonza Vico.

Cervi, Annunzio Poeta (Sassari 1892monte Grappa 1918). Esordı` giovanissimo collaborando in modo promettente alla rivista ‘‘Diana’’ che si pubblicava a Napoli ed era vicina ad ambienti che si collocavano a cavallo tra i crepuscolari e le avanguardie del Novecento. Scoppiata la prima guerra mondiale, vi prese parte e morı` in combattimento sul ` due racmonte Grappa nel 1918. Lascio colte di versi, che mostrano, in un poeta ` che ventenne, una straordinapoco piu ` il tempo di ria ispirazione, cui manco ` maturare liberandosi dai modelli piu celebrati della giovane poesia del suo tempo. Poco prima di partire per il ` a Napoli la raccolta Cafronte pubblico denze di un monello sardo, 1915 (che richiama anche nel titolo certe atmosfere corazziniane, fra l’ironico e il dolente). Una seconda raccolta, Le liturgie dell’anima, fu pubblicata postuma a Lanciano nel 1922.

Cervo = Zoologia della Sardegna Cesaraccio, Aldo Giornalista e scrit` la tore (Sassari 1913-ivi 1991). Inizio ` nei primi anni sua lunga carriera gia Trenta, quando terminava gli studi di giurisprudenza, nel quotidiano ‘‘L’Isola’’, di cui nel 1941 divenne vice` di notevole redattore capo. Godeva gia prestigio tanto per la scrittura chiara ed elegante quanto per l’equilibrio con cui trattava i problemi cittadini nelle rubriche di cronaca. Caduto il fascismo ` (con tutti gli imbarazzi che la necessita di dare la notizia dovette creare a un ` del PNF e di rigogiornale di proprieta rosa osservanza delle parole d’ordine del regime: C. lo ha raccontato in una serie di brevi memorie, poi raccolte col titolo Diario del ’43, a cura di Manlio Bri` nel giornale ‘‘defagaglia, 1992), resto scistizzato’’, rispondendo alla fiducia che il Comitato di Concentrazione anti-

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Cesare fascista gli aveva accordato. Dopo la chiusura de ‘‘L’Isola’’ (dicembre 1946), fu assunto come redattore-capo della rinata ‘‘Nuova Sardegna’’ (aprile 1947), diretta dall’antico direttore e proprietario Arnaldo Satta. Dopo la vendita del giornale all’ingegner Nino Rovelli, ne fu direttore dal 1970 al 1974. Negli anni del rilancio del giornale fu l’artefice del suo successo, ideando tra l’altro la ru` ’’, firmata con brica quotidiana ‘‘Al caffe lo pseudonimo ‘‘Frumentario’’, che lo rese notissimo.

giorni, salvo il lunedı`, dal 1948 al 1973; Sassari uno e due nella storia e oggi, ‘‘La Fiera illustrata’’, 1959; La voce della Sardegna nel mondo dell’arte, ‘‘Echi d’Italia’’, 1, 1959; I castelli della Sardegna centro-orientale (con Enzo Espa), 1978; Il Santuario delle Grazie in San Pietro di Silki, 1980; La tradizione musicale a Sassari, in La Sardegna. Enciclopedia, 1 (a cura di Manlio Brigaglia), 1982; Mussolini in Sardegna (con Antonello Mattone e Giuseppe Melis Bassu), 1983; Sassari e il suo volto (con Vico Mossa), 1983; Vada ` abbasso la sardaggine, ‘‘Liper la sardita ` ’’, 1984; Una citta ` a teatro. Cento berta anni di storia di Sassari davanti e dietro le quinte del ‘‘Verdi’’, 1986; Una raccolta dei primi corsivi di ‘‘Frumentario’’ fu edita dal sassarese Chiarella nel 1979, `’’ 1948-1957. ‘‘Al Caffe

Cesarano, Carmine Religioso (Nocera dei Pagani 1869-Conza della Campania, dopo 1919). Vescovo di Ozieri dal 1915 al 1919. Entrato nell’ordine dei Redentoristi, fu ordinato sacerdote e si distinse ` organizzaper le sue grandi capacita tive. Fu nominato vescovo di Ozieri nel ` per restaurare il Pa1915: si adopero lazzo episcopale e per ottenere che la sua diocesi, fino a quel momento chiamata Ozieri-Bisarcio, assumesse il titolo di Ozieri. Nel 1919 fu nominato arcivescovo di Conza.

Cesare Politico, generale e scrittore ro-

` Aldo Cesaraccio – Giornalista fra i piu autorevoli dell’isola, direttore della ‘‘Nuova Sardegna’’, ha lasciato un libro di ricordi sulla fine del fascismo a Sassari.

Tra i suoi scritti: Qualcosa di nuovo per le industrie, ‘‘Sardegna Industriale’’, VI, `, che compilo ` tutti i 6, 1954; Al Caffe

mano (100 a.C. ca.-44 a.C.). Caio Giulio C. apparteneva all’antichissima e nobile stirpe della gens Iulia, che si voleva far discendere da Iulo, il mitico Ascanio, figlio di Enea. Sospettato di aver preso parte alla congiura di Catilina, nel 60 a.C. diede vita al cosiddetto primo triumvirato con Pompeo e Crasso, diventando console l’anno dopo. Nel 58 a.C. partı` per la Gallia, dove fino al 51 a.C. condusse una campagna militare da lui stesso descritta nel suo commentario De bello gallico. Morto Crasso, uc-

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Cesareo ciso a Carre dai Parti, il triumvirato si sciolse e nel 52 a.C. Pompeo assunse ` pieni poteri. All’inizio del 49 a.C. rifiuto di obbedire agli ordini di Pompeo, che pretendeva la sua rinunzia al comando dell’esercito e il rientro a Roma come ` in armi il un semplice cittadino: varco fiume Rubicone (che delimitava l’area interdetta alle legioni) e in brevissimo tempo si impadronı` della penisola (la cosiddetta guerra civile dal 49 al 45 a.C., raccontata da C. nel De bello civili). ` allora l’Italia traPompeo abbandono sferendosi nei Balcani mentre C. si ` in Spagna. In questa fase della reco ` in gioco anche la guerra civile entro ` infatti nell’isola, a Sardegna. C. mando quel tempo governata da Aurelio Cotta, fedele a Pompeo, Valerio Orca al comando di una legione. Gli abitanti di Carales insorsero in favore del lugotenente di C. ancor prima che questi partisse dall’Italia, cacciando Cotta dalla ` . Di fatto, la maggior parte delle citta ` sarde abbracciava in quel modo la citta causa dei populares e, stando a Cassio ´ prendere possesso della Dione, C. pote Sardegna senza combattere. Nel no` i governatori vembre del 49 a.C. nomino per le diverse province; per la Sardegna la scelta cadde su Sesto Peduceo. Sia prima che dopo la vittoria su Pompeo a Farsalo (48 a.C.) i pompeiani si erano resi protagonisti di numerose scorrerie con la flotta lungo le coste `. della Sardegna, saccheggiando le citta Dopo Farsalo C. trasferı` le sue forze in Africa e da qui, alla fine del 47 a.C., ri` sarde e alle altre chiese aiuti alle citta ´ gli mandasprovince vicine affinche sero truppe ausiliarie, vettovaglie e frumento. Il 6 aprile del 46 a.C. sconfisse l’esercito pompeiano a Tapso e dopo avere costituto una nuova provincia, alla quale diede il nome di Africa Nova, partı` da Utica alla volta di Carales, dove ` il 15 giugno del 46 a.C.. Qui egli sbarco

` i Sulcitani (dimostratisi gecondanno nerosi con i pompeiani in occasione di una delle loro incursioni del 49 a.C.) a pagare un’ammenda di dieci milioni di sesterzi. Pretese inoltre la consegna di un ottavo delle rendite come decima e ` i beni di alcuni maggiorenti loconfisco cali, venduti poi all’asta. Salpato da Carales il 27 giugno, fece rientro a Roma il 25 luglio. Qualche tempo dopo Carales assunse lo stato giuridico di municipum e Turris Lybisonis quello di colonia. [ANTONELLO SANNA]

` augustea del celebre Cesare – Busto di eta condottiero romano.

Cesareo, Giuseppe Studioso di mineralogia (Napoli 1849-Comblain, Belgio, ` i suoi studi in Belgio 1939). Completo ´ cole des Mines di Liegi, citta ` presso la E nella quale finı` per stabilirsi. Rag` internazionale per i giunse notorieta suoi studi sui cristalli del Belgio e dal 1891 fu nominato professore di Minera` di Liegi. Fu anlogia presso l’Universita che direttore del Museo di mineralogia ` ed ebbe esperienze didattidella citta

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Cespujades ` di Oxford. Leche presso l’Universita ` minerarie belghe che gato alle societa operavano in Sardegna, ebbe modo di studiare alcuni minerali del bacino sulcitano. Tra i suoi scritti: L’Angle´site de Sardaigne. Formes nouvelles ou rares, ´ Ge ´ ologique de ‘‘Annuaire de la Societe Belgique’’, XXXIX, 1912; Description des differentes types presente´s par les cristaux de Angle´site de Sardaigne, 1912; Formes nouvelles dans la Phosfogenite de San Giovanni (Sardaigne), «Bulletin de la Association Royale de Belgique», 1912; Sur un feldspath de Portoscuso (Sardaigne), «Bulletin de la Association Royale de Belgique», 1912.

gna, inizi sec. XIV-Cagliari 1352). Arcivescovo di Cagliari dal 1348 al 1352. Apparteneva all’ordine dei Cistercensi ed era anche abate di Benifazano nella diocesi di Tortosa quando nel 1348 fu nominato arcivescovo di Cagliari. Nella ` con grande prusua nuova sede opero denza in anni politicamente difficili; fu nominato collettore papale delle decime biennali e riuscı` a consolidare il primato di Cagliari sulle diocesi suffraganee, in particolare su quelle di Sulci e di Suelli.

` Cristo. Benche ´ fosse fanciullo e Gesu ` pagana piena di vivesse in una citta ` smuovizi e di seduzioni, non si lascio vere dalla vera credenza, in cui era stato segretamente allevato. Risaputasi la sua religione, dai soldati di Delasio, preside romano che governava la Sardegna sotto l’Impero di Diocleziano, fu condotto al suo tribunale ed eccitato ad abiurarla. Resistette il santo fanciullo alle lusinghe del tiranno. E quando riusciva vana ogni blandizie, sottoposto ai tormenti, li sostenne con meravigliosa costanza. Iddio fece conoscere in lui quanto possa nei veri credenti la grazia celeste. Non potendo Delasio rimuovere Cesello dalla fede cristiana, fecegli troncare il capo nel 21 agosto del 304 o 305. Ebbe compagni nel martirio i Santi Lussorio e Camerino». Secondo la tradizione i tre santi sarebbero stati arrestati a Cagliari, presso la porta Ca˜ a, nel quartiere di Villanova. Relivan quie rinvenute nella chiesa sotterranea di San Lucifero il 14 gennaio 1615. Storicamente le reliquie furono traslate a Pisa tra il 1080 e il 1088, con quelle dei Santi Efisio, Potito, Lussorio e Camerino. Nel 1702 la Compagnia degli scaricatori di vino costruı`, davanti alla porta ˜ a, la chiesa in suo onore. Sopra Cavan l’altare maggiore, di legno dorato, due tele di scuola spagnola: in quella di de` dipinta la cattura di San Lussorio, stra e in quella di sinistra la sua decollazione davanti ai Santi C. e Camerino, i quali legati aspettano il martirio. Al presente la chiesa appartiene alle suore sacramentine, in adorazione perpetua del SS. Sacramento. Il nome cagliaritano ` diventato codi Cesello, Sesselegu, e gnome, Sesselego. [ADRIANO VARGIU]

Cesello, san (in sardo, Santu Sesselegu,

Cespujades Famiglia feudale catalana

Santu Sizzelicu) Santo (Cagliari, ?-304/ 305, ?). «Cesello, santo martire – la nota ` di Pasquale Tola (1837-1838) – nacque e e fu educato a Cagliari nella fede di

(sec. XIV). Di antiche origini, uno dei suoi membri, l’ammiraglio reale Bernardo, prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso. Subito dopo la con-

Cesari, Joseph Archeologo corso (n. sec. XX). Dirige la ‘‘Circoscription des ´ s’’ di Ajaccio. Studioso dei Antiquite rapporti tra la preistoria della Corsica e quella di Sardegna, nel 1996 ha preso parte al II Convegno di studi sulla ci` di Ozieri presentando un contrivilta buto su Influences de la culture d’Ozieri dans les productions ce´ramiques des Calanchi et d’autres sites du sud de la Corse, ora in La Cultura d’Ozieri. La Sardegna tra il IVe il III millennio a.C., 1997.

Cescomes, Pietro Religioso (Catalo-

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Cespujades quista gli furono concessi i feudi di Donnicello nella curatoria della Trexenta e quelli di Villacidro e Serramanna nella curatoria del Gippi, dei ` perdette la disponibilita ` nel quali pero 1326 quando il Gippi fu concesso in feudo a Pisa. Come compensazione, nel 1329, ebbe il grande feudo di Teulada nella curatoria di Sols. I suoi discendenti continuarono a possedere il feudo di Teulada; nel 1353 ebbero anche quelli di San Sperate, Fraixilis e Separa nella curatoria di Decimomannu e nel 1355 quello di Santa Maria de Paradiso nella curatoria del Campidano di Cagliari. Nel 1362, infine, ereditarono la signoria di Santa Maria de Claro, anch’essa nel Campidano di Cagliari. Tutti questi feudi furono devastati durante le guerre tra Mariano IV e Pietro IV. La famiglia si estinse nel 1392 con un Berengario.

Cespujades, Bartolomeo I Luogotenente del governatore di Cagliari (Catalogna, fine sec. XIII-Cagliari, dopo 1326). Fratello dell’ammiraglio Bernardo, anche lui prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso e si trasferı` con la famiglia a Cagliari dopo il 1326. Fu nominato luogotenente del governa`. tore della citta

Cespujades, Bartolomeo II Signore di Teulada (Cagliari, inizi sec. XIV-Alghero 1354). Figlio di Bartolomeo I, nel ` dallo zio il grande feudo di 1333 eredito Teulada. Scoppiata nel 1353 la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, contribuı` validamente alla difesa di Cagliari contro le truppe giudicali, ottenendo come ricompensa i feudi di San Sperate, Fraxilis e Separa nella curatoria di Decimomannu. Poco dopo partı` alla volta di Alghero, dove morı` prema` turamente durante l’assedio della citta nel 1354.

Cespujades, Berengario Signore di Teulada e San Sperate (Cagliari, prima

` sec. XIV-ivi 1392). Figlio di Bartometa lomeo II, al termine della prima guerra tra Mariano IVe Pietro IV, nel 1355, ebbe anche il feudo di Santa Maria de Paradiso nel Campidano di Cagliari. Nel ` da Francesco di Sant Cle1362 eredito ment anche il feudo di Santa Maria de Claro, sempre nel Campidano. Ripresa ` la guerra tra Mariano IV e Pietro pero IV, i suoi feudi furono occupati dalle truppe giudicali e ne perdette la dispo` . Morı` senza lasciare discennibilita denti.

Cespujades, Bernardo Ammiraglio ` sec. reale (Catalogna, seconda meta XIII-Cagliari, dopo 1333). Prese parte alla spedizione dell’infante Alfonso e subito dopo il termine delle operazioni, nel 1224, ebbe in feudo Donnicello nella curatoria della Trexenta e Villacidro e Serramanna nella curatoria del Gippi. Quando poi i rapporti con Pisa si deteriorarono e apparve chiaro che stavano ` , nel 1325 traper riprendere le ostilita ` in Sardegna consistenti rinforzi sporto che consentirono di affrontare con tran` il nuovo conflitto. Quando nel quillita 1326 le operazioni militari si conclusero, egli dovette cedere i suoi feudi della Trexenta e del Gippi, che risultavano inclusi nei territori che furono dati in feudo dal re al Comune di Pisa, venendo indennizzato col feudo di Teulada nel Sols. Nel 1330 prese parte alla campagna contro i ribelli di Cagliari. ` di Nella sua azione di governo mostro possedere doti di equilibrio e riuscı` a comporre numerosi contrasti tra la ` di Cagliari e alcuni feudatari vicitta ` anche di comporre alcune cini. Cerco controversie tra gli assegnatari delle case del castello; scoppiata la guerra tra Genova e Aragona, vi prese parte e nel 1333 ebbe la concessione dello stagno di Cagliari. Morı` pochi anni dopo senza figli.

Cessi, Roberto Storico, deputato al

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Cetti Parlamento (Rovigo 1885-Padova 1969). Dopo aver conseguito la laurea si de` alla carriera universitaria a Padico dova dal 1922 al 1955 e nel 1947 fu nominato accademico dei Lincei. Fu eletto deputato al Parlamento dal 1948 al 1953. Al VI Congresso internazionale di ` un contributo su studi sardi presento Venezia e la Sardegna nel Tirreno e nel Mediterraneo, ora in Atti del VI Congresso internazionale di Studi sardi, 1962.

Cestani Famiglia majorchina (secc. XIV-XV). Giunse in Sardegna durante la spedizione dell’infante Alfonso con un Bernardo. Nel 1324 fu nominato saliniere di Cagliari; i suoi discendenti continuarono a risiedere a Cagliari e ricoprirono altri importanti uffici nell’amministrazione reale. Finite le guerre tra Arborea e Aragona, nel 1416 uno di essi, un altro Bernardo, ebbe il feudo di Santu Venuci, ma morı` alcuni anni dopo senza discendenti.

Ceterum Nome con cui viene indicata una carta reale attraverso la quale, il 25 agosto del 1327, Giacomo II d’Aragona concesse a Cagliari, fresca capitale del Regnum Sardiniae, un insieme di privilegi di varia natura, in base ai quali ai suoi abitanti e a quelli dei villaggi del suo distretto furono ricono` sciuti gli stessi diritti e le stesse liberta di cui godevano gli abitanti di Barcellona. La denominazione della carta deriva dalla corruzione dell’avverbio coeterum, che in latino significa ‘‘d’altronde’’, termine con cui iniziano i capoversi del documento; i principali tra i privilegi concessi erano: 1. il diritto di eleggere annualmente un collegio di 5 consiglieri, che aveva il compito di am` assistito da un’asministrare la citta semblea di 50 giurati; 2. la concessione del diritto di caccia, di pascolo, dell’uso delle selve e delle acque per il Comune nei villaggi di Santa Gilla, Pirri, San Ve-

trano, Pauli, Palmas, Selargius, Quarto Tocho, Quartu Jossu, Quarto Donnico, Cepola, e sui terreni del capo Sant’Elia e di Bonaria; 3. l’esenzione da ogni pre` di stazione alla Curia regia e la facolta rifornirsi gratuitamente di sale; 4. l’esenzione dalla decima, dal laudemio e dalla fatica per i territori che il re aveva ` ; 5. l’econcesso agli abitanti della citta senzione da ogni obbligo di esercizio e di cavalcata per gli ufficiali regi della `. Come si vede, si tratta di una serie citta di privilegi finalizzati a favorire lo stan` di consistenti ziamento nella citta gruppi di colonizzatori di origine iberica. Dopo la morte di Giacomo II, nel settembre dello stesso anno il C. fu confermato dal nuovo re Alfonso IV.

Cetriolo Pianta annuale della famiglia delle Cucurbitacee (Cucumis sativus L.). Ha fusto erbaceo, flessibile e strisciante o rampicante, lungo sino a 4 m. Le foglie sono cordiformi, larghe e opposte, i fiori, a sessi separati sulla stessa ` pianta, sono gialli-verdastri; il frutto e allungato, con buccia provvista di pic` soda e cole protuberanze; la polpa e croccante, i semi sono distribuiti in tre file sull’asse centrale. Coltivato per l’alimentazione umana, viene utilizzato come ortaggio fresco, in insalata, o conservato sott’aceto. In Sardegna la sua ` maggiormente diffusa in coltivazione e provincia di Sassari. Nomi sardi: cuci´ ne (nuorese); cucu ´ mmaru (gallume ´ maru rese); cugromba (algherese); cugu ´ mbiri, cugu ´ mini (cam(sassarese); cugu ´ mere (logudorese); cupidanese); cugu ´ rumu (Marghine); faccussa gumiri, cugu (c. allungato, Carloforte-Sulcis). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cetti, Francesco Matematico e naturalista (Mannheim 1726-Sassari 1777). ` i suoi studi a Monza e nel Completo ` nell’ordine dei Gesuiti. Ne1742 entro gli anni seguenti si fece notare per le ` didattiche e per la sue grandi capacita

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Cettolini ` la sua preparazione. Nel 1760 completo sua formazione gesuitica e nel 1764, su richiesta del governo sabaudo (e in particolare del ministro G.B. Lorenzo Bogino, che aveva curato personalmente, con una fitta corrispondenza, la scelta dei docenti della ‘‘restaurata’’ Univer` turritana) si stabilı` in Sardegna per sita ` di insegnare Matematica all’Universita ` con grande passione Sassari. Si dedico ` nel 1767 all’insegnamento, tanto che gia i suoi allievi furono in grado di dare una pubblica dimostrazione del livello di preparazione cui erano giunti. Molti borghesi sassaresi, impegnati nella pubblica amministrazione e nelle professioni liberali, assistevano alle sue lezioni per il puro piacere della sua ele` dedico ` una ganza espositiva. Egli pero parte del suo tempo a studi di carattere naturalistico che ebbero grande importanza per la conoscenza della flora e della fauna sarda. Visitando diverse lo` della Sardegna, segnalava al Bocalita gino minerali e altre risorse dell’isola. Autore di importanti studi di carattere naturalistico, morı` all’indomani della ` importante, sua pubblicazione piu uscita per la prima volta in un unico volume in Germania qualche anno dopo col titolo Naturgeschichte von Sardinien (Storia naturale della Sardegna), Lipsia, 1783. Scritti principali: I quadrupedi di Sardegna, 1774; Storia naturale di Sardegna, voll. 3, 1774-1777; Anfibi e pesci di Sardegna, 1777; Appendice alla Storia naturale dei quadrupedi in Sarde` . Al gna, 1777; Uso della propria nobilta commendator D. Silvio Alli Maccarani, prendendo egli l’abito di cavaliere di Santo Stefano in Pisa l’anno 1777, 1977; ` stata la Storia naturale di Sardegna e pubblicata nel 2000 fondendo insieme i tre volumi sui quadrupedi, gli uccelli, i pesci e gli anfibi e l’Appendice, nella ‘‘Bibliotheca sarda’’, a cura di Antonello Mattone e Piero Sanna.

Cettolini, Sante Studioso di agronomia (Conegliano Veneto 1858-Cagliari 1933). Giunse in Sardegna nel 1882 per dirigere la Scuola enologica di Cagliari, ` fino al 1909. Negli anni della che guido ` sua permanenza in Sardegna studio quasi tutti i problemi dell’agricoltura sarda, dedicandosi in particolare all’enologia. Di fronte alle vaste distruzioni ` provocate dalla fillossera si occupo della ricostituzione dei vigneti sardi, favorendone la diffusione degli innesti ` anche la con vitigni americani. Studio ` della diffusione della colpossibilita tura della barbabietola e fece alcune proposte per la bonifica dei terreni. I suoi suggerimenti furono accolti nella legge speciale del 1897 grazie soprattutto a Francesco Cocco Ortu, di cui era amico. Lasciata Cagliari nel 1909, diresse le scuole enologiche di Alba e di ` Catania, ma, andato in pensione, torno a Cagliari e vi si stabilı` definitivamente. Tra i suoi scritti, molti sono compresi in opuscoli e agili volumetti, da cui traspare la vocazione didattica dell’autore: Apprezzamenti di vini sardi, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, nn. 119, 165, 166, 167, 169, 170, 173, 305 del 1892; Provvedimenti antifillosserici in Sardegna, ‘‘Avvenire di Sardegna’’, 1892; Annuario della regia scuola di viticoltura e di enologia di Cagliari, 1893; Relazione sui lavori del consorzio antifillosserico di Cagliari, 1893; L’adattamento delle viti americane al terreno della provincia di Cagliari, ‘‘Annuario del consorzio antifillosserico di Cagliari’’, II, 1894; La distillazione in Sardegna. Esperienza sulla preparazione del cognac e sul suo invecchiamento, 1894; Per promuovere la piscicoltura in Sardegna, 1894; Cantine sociali in Sardegna, 1895; Chiacchierata sulle viti americane, 1895; I monti frumentari in Sardegna. Aspetti storico-critici, 1896; Profili di enotecnica sarda, 1896; Ampelografia sarda, ‘‘Annuario della R.

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Chareun Corrias Scuola di viticoltura ed enologia di Cagliari’’, III, 1897; Malattie delle viti in Sardegna nel biennio 1894-1895, 1897; Una nuova malattia del frumento in Sardegna: Sphaerodermae damnosus, ` Agraria di Ca1897; La Reale Societa gliari, 1897; Elenco delle principali uve sarde, ‘‘Annuario della R. Scuola di viticoltura ed enologia di Cagliari’’, III, 1897; La questione sarda e i provvedimenti governativi, 1898; Coltivazione della barbabietola in Sardegna, 1900; Cooperative agrarie in Sardegna, 1901; Barbabietole in Sardegna, ‘‘Annuario della R. Scuola di viticoltura ed enologia di Cagliari’’, VI, 1904; Questione forestale sarda, 1904; Discorso per l’inaugurazione del 17º corso di agraria ai soldati del presidio di Cagliari, 1907; In Sardegna, ‘‘Sicilia industriale e agricola’’, 1927.

egittologi europei dell’Ottocento. Tradusse per primo i testi ieratici e pub` molti testi demotici. Sulla Sardeblico gna scrisse una scheda, Notice sur un ` que e ´gyptoloscarabe´e sarde, ‘‘Bibliothe gique’’, 1877.

Chabot, Jean-Baptiste Semitista (Vou` la racvray 1860-Parigi 1948). Organizzo colta del Corpus Inscriptionum Semiti´pertoire d’e´pigraphie se ´micarum e il Re tique. Nel 1927 fu nominato socio straniero dell’Accademia del Lincei. Sulla Sardegna scrisse un articolo, L’inscription judeo-latine de Sardaigne, ‘‘Le Mu´ langes e ´pigraphique et arche ´oseon me logique’’, 1921.

Chachon, Gonzalo Funzionario reale ` aragonese (Catalogna, seconda meta sec. XVII-Spagna, dopo 1720). Quando la Sardegna fu riconquistata dalle truppe di Filippo V, fu nominato governatore e capitano generale dell’isola; prese possesso dell’ufficio nel marzo del 1717. Quando nel novembre dello stesso anno il Regno di Sardegna fu trasformato da stato sovrano e autonomo ` in provincia spagnola, egli si adopero per riformarne le secolari istituzioni e omologare l’amministrazione dell’isola a quella della terraferma iberica. ` , nell’agosto del 1718, con Quando pero il trattato di Londra il Regno di Sarde` autonoma fu ripristigna come entita ` a governare la Sarnato, egli continuo degna come luogotenente interino del nuovo re Vittorio Amedeo II di Savoia. ` il primo A lui nel maggio 1720 subentro ´ sabaudo Filippo Guglielmo Palvicere lavicino.

Chareun Corrias, Raoul (noto con lo Franc ¸ois-Joseph Chabas – L’egittologo ritratto ironicamente nel 1858 da Jules Chevrier.

Chabas, Franc ¸ ois-Joseph Egittologo ´ guignie ´ , Francia, 1817-Versailles (Re ` considerato uno dei maggiori 1882). E

pseud. Primo Sino`pico) Pittore e illustratore (Cagliari 1889-Milano 1949). Autodidatta, fece studi di ingegneria a Cagliari fino al 1909, anno in cui la sua famiglia si trasferı` a Padova. Nella nuova ` i suoi studi e cominresidenza continuo ` a farsi conoscere come caricaturista cio

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Checchi e come vignettista di buon livello; fu poi ` all’Accadea Milano, dove si diplomo mia di Brera nel 1917. Negli anni suc` soprattutto come carcessivi si affermo tellonista pubblicitario e prese parte a numerose mostre in Italia e all’estero ` . Dal raggiungendo notevole notorieta ` alla Biennale di 1928 al 1936 partecipo Venezia; i suoi impegni artistici e la sua ` vita ‘‘continentali’’ non gli fecero pero mai dimenticare le sue radici. Nel 1929 prese parte alla I Mostra regionale sarda a Cagliari e successivamente alle mostre sindacali degli artisti sardi.

Checchi, Eugenio Scrittore, giornali` sta (Livorno 1838-Roma 1932). Insegno per molti anni Letteratura italiana in una scuola di Roma. Nel 1866 fu volontario garibaldino; lasciato l’insegnamento divenne giornalista. Diresse ‘‘Il Fanfulla della Domenica’’ e fu critico musicale del ‘‘Fanfulla’’ e del ‘‘Giornale d’Italia’’. Sulla Sardegna scrisse un articolo, Il marchese Francesco d’Arcais, ‘‘Il Fanfulla della Domenica’’, 1890.

Checchia Rispoli, Giuseppe Geologo e paleontologo (San Severo 1877-Roma 1947). Dopo aver conseguito la laurea ` come in Scienze naturali a Roma, entro volontario nell’Ufficio geologico nazio` la carriera accadenale. Nel 1905 inizio ` di Palermo ocmica presso l’Universita cupandosi prevalentemente di Paleontologia. Tornato a Roma, divenne geologo dell’Ufficio geologico ed entro il 1925 fu nominato Geologo capo. Nello stesso anno fu incaricato dell’insegnamento di Paleontologia presso l’Univer` di Roma. Nel 1926 vinse la cattedra sita ` di Cadi Geologia presso l’Universita ` in Sardegna per due gliari. Insegno anni, occupandosi prevalentemente dello studio dei fossili. Tornato a Roma ` a insegnare Geologia nel 1928 continuo e Paleontologia. Tra i suoi scritti: ‘‘Trachyspatangus Lamberti’’, nuovo echinide del Miocene sardo, ‘‘Bollettino della So-

` geologica italiana’’, XXXIX, 3, cieta 1920; Sopra due clipeastri del Miocene medio della Sardegna, ‘‘Bollettino del Regio Ufficio geologico’’, LIII, 3, 1928; Sopra alcuni ‘‘stolonoclypus’’ del Miocene medio della Sardegna, ‘‘Bollettino del Regio Ufficio geologico’’, LIII, 3, 1928.

Checchini, Teobaldo Storico (Campodarsego 1885-?, dopo 1963). Dopo la lau` all’insegnamento univerrea si dedico sitario. Fu professore di Storia del Di` di ritto dal 1922 al 1955 nelle Universita Camerino, Cagliari, Pisa, Firenze e Padova. Dal 1963 fu socio corrispondente dei Lincei. Scrisse sulla Sardegna un volume di Note sull’origine delle istituzioni processuali della Sardegna medievale, 1927.

Chelo, Giuseppe Archeologo (Osilo, 1924 ca.-Sorso, 2000 ca.). Dopo aver con` dedicato seguito la laurea in Lettere si e allo studio dell’archeologia. Ha studiato e definito la ‘‘cultura litica’’ scoperta nel 1865 dal Mantovani. Tra i suoi scritti: Grotticelle funerarie artificiali nel Sassarese, ‘‘Studi sardi’’, XII-XIII, 1955; Castelsardo. Tomba romana in lo` Lu Rumasinu, ‘‘Notizie degli calita ` ’’, XV, 1961; Testimoscavi di antichita nianze archeologiche osilesi, Osilo, 1992.

Chelo, Mariano Pittore (n. Bosa 1958). Sin da piccolo mostra uno spiccato estro creativo. Abbandona gli studi classici per intraprendere quelli artistici, trasferendosi a Cagliari dove si diploma al Liceo artistico. Continua gli studi a Firenze presso l’ISIA e la libera Univer` Europea di Macerata. La produsita zione artistica pittorica ha inizio nel 1969: i soggetti dei suoi dipinti figurativi sono i paesaggi, le nature morte e la figura umana nei suoi aspetti picareschi. Dal 1981 al 1990 interrompe con la pittura per dedicarsi alla grafica pubblicitaria e alla fotografia. Riprende ` pittorica con una impostal’attivita

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Cherchi zione nuova, trovando nel surrealismo, nel cubismo e nell’astrattismo il linguaggio col quale affrontare le tematiche. Nel 1991 si ripropone al pubblico con una mostra personale a Bosa, che ` il via a una lunga serie di esposidara zioni personali e collettive in Italia e all’estero (18 personali fra il 1991 e il 2003). Nel 2003 fonda il MAP, ‘‘Movimenti Artistici Periferici’’, con sede a Bosa. Opera anche nel campo delle installazioni e performance, utilizzando varie tecniche tra le quali la pittura computerizzata. Attualmente vive e lavora a Bosa.

rier); L’Archivio comunale di Sorradile (con G. Perrier).

Cherchi, Gavino Insegnante, patriota (Ittireddu 1911-Casalmaggiore 1945). Laureato in Lettere e Filosofia a Roma, insegna negli istituti superiori ` italiane (Macerata, Piadi diverse citta ` cenza, Ragusa) e a Lubiana. Dal 1941 e professore nel Liceo classico ‘‘G.D. Romagnosi’’ di Parma. Dopo l’8 settembre entra nelle file della Resistenza col nome di battaglia di ‘‘Stella’’ e, mantenendo l’insegnamento, diventa il responsabile del Servizio informazioni politiche e militari del CLN. In seguito a una delazione nel marzo 1945 viene arrestato e torturato, quindi ucciso il 28 dello stesso mese sulla riva del Po. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Aveva pubblicato un romanzo, Cuore di donna, e due ne ha lasciato inediti, Quercia solitaria e Il campanaro di San Giacomo.

Cherchi, Giovanni Maria Insegnante,

Mariano Chelo – Pittore di piacevole estro fantastico, e` tornato a Bosa dopo lunghe esperienze negli Stati Uniti e in America Latina.

Cherchi, Anna Archivista (n. Cagliari 1951). Laureata in Lettere, ha vinto il concorso per gli Archivi di Stato. Attualmente lavora presso la Soprintendenza archivistica per la Sardegna. Ha fatto parte del gruppo di ricercatori che hanno messo a punto l’inventario degli archivi comunali nella provincia di Oristano, e nel volume collettaneo Gli archivi comunali della provincia di Oristano ha scritto le schede L’Archivio comunale di Cabras (con L. Garavaglia); L’Archivio comunale di Ghilarza (con R. Ambu); L’Archivio comunale di Nuraghus (con C. Campanella); L’Archivio comunale di Palmas Arborea (con G. Per-

poeta, consigliere regionale (n. Uri 1922). Antifascista, militante della Sinistra, tra il 1944 e il 1946 faceva parte del gruppo di giovani intellettuali che ` intorno alla rivista democratica ruoto sassarese ‘‘Riscossa’’. Laureato in Lettere a Cagliari nel 1946, poeta lirico raf` stato eletto consigliere finato, nel 1954 e regionale per il PCI nel collegio di Sassari per la II legislatura e riconfermato per la terza. Non rieletto per la IV, nel 1968, dopo le dimissioni di Nino Marras ` subentrato. Piu ` volte consigliere gli e ` stato comunale di Sassari in seguito e eletto presidente dell’Amministrazione provinciale di Sassari. Accanto ai saggi storici (fra i quali fu molto apprezzato quello sugli anni sassaresi di Palmiro Togliatti) ha pubblicato raccolte di liri` che a partire dal 1961, e negli anni piu recenti ha dato alle stampe raccolte di versi nel dialetto natale, il logudorese, e nel dialetto di Sassari, dove vive. Tra i suoi scritti: Una stagione d’amore, poe-

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Cherchi sie, 1961; Una voce e silenzio, poesie, 1962; Una vicenda un’isola, poesie, 1965; Prolungare il giorno, poesie, 1967; Togliatti a Sassari 1908-1911, 1972; La collaborazione di A. Deffenu al settimanale socialista ‘‘La Via’’, ‘‘Movimento operaio e socialista’’, 1-2, 1975; Appunti per un esame del dibattito sul problema sardo nel primo decennio del ’900, in ‘‘Sardegna’’, la rivista di A. Deffenu (a cura di Manlio Brigaglia), 1976; Sassari ` , poesie in sassarese, 1984; Il dibatd’aba tito sulla crisi economica e sull’arretratezza della Sardegna tra protezionismo e liberismo nel 1913-14, ‘‘Quaderni sardi di Storia’’, 5, 1985-86; Sempr’andendi, poesie in sassarese, 1986; La poesia di l’althri, traduzioni in sassarese, 1989; Sassari giolittiana. Una provincia sarda ` la riedinel primo Novecento, 1994 (e zione del libro su Togliatti del 1972, con l’aggiunta di una corrispondenza epistolare con Maria Cristina Togliatti); ` -poesia. Note sulla letteratura a SasCitta sari tra cronaca e storia, 1998; S’ora de sa chı`gula, poesie in logudorese, 2001.

Cherchi, Luigi Sacerdote, storico e giornalista (San Sperate 1910-Cagliari 1993). Entrato in Seminario, fu ordinato sacerdote. Trascorse la sua vita impegnandosi in ricerche di storia della Chiesa e di tradizioni popolari. Fu parroco e canonico capitolare del Duomo di Cagliari e autore di numerose e accurate pubblicazioni. Tra i suoi scritti: Il culto della Vergine nell’archidiocesi di Cagliari, ‘‘Sardegna isola mariana’’, 1954; Il sinodo di mons. Francesco Perez del 1576-1577, ‘‘Nuovo Bollettino bibliografico sardo’’, 1960; Presa di possesso del feudo di Villaspeciosa 1752, ‘‘Nuovo Bollettino bibliografico sardo’’, 196566; La madonna di Bonaria patrona dei naviganti e della gente di mare, ‘‘Frontiera’’, 6, 1970; Lepanto, ‘‘Orientamenti’’, 1971; Storia delle parrocchie ` di Cagliari, ‘‘Sardegnavanti’’, della citta

1973-1974; I santi venerati dai cagliaritani. Sant’Agostino, ‘‘Almanacco di Cagliari’’, 1974 (negli anni successivi si sono susseguiti articoli su S. Ignazio da Laconi, 1975; San Giacomo, 1977; S. Eulalia, 1980; San Lucifero, 1983; San Mauro, 1984; Sant’Avendrace, 1985; Sant’Elia, 1986); La cappella di Santa Barbara di Nicomedia nella cattedrale di Cagliari, 1980; I vescovi di Cagliari 3141983, 1983; Un altro vescovo ausiliare nella diocesi di Cagliari. Isidoro Masones Nin, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 3, 1984; La sagra di Sant’Antioco martire del Sulcis, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 5-6, 1986; Il paese di San Sperate e il suo patrono, 1987; Devozionario poetico sardo. Una raccolta di Pregadorias antigas, 1987; Il Seminario cagliaritano poi Collegio dei nobili ora Convitto nazionale, ‘‘Bollettino bibliografico della Sardegna’’, 10, 1988; Storia e leggenda. La traslazione di Sant’Agostino dall’Africa a Cagliari, in Sant’Agostino e la tradizione agostiniana a Cagliari e in Sardegna, 1987; Santi dei nostri tempi in terra di Sardegna, 1989; Raccolta popolare di 1720 dicius in lingua sarda meridionale tradotti e spiegati in italiano, voll. 3, 1990.

Cherchi, Maria Francesca Impiegata, consigliere regionale (n. Portoscuso 1952). Militante della Sinistra, dopo il ` entrata nella carriera ammidiploma e ` nistrativa della scuola e attualmente e direttore amministrativo di un istituto superiore. Impegnata in politica fin da ` stata eletta consigiovane, nel 1997 e gliere regionale per il PDS nel collegio ` di Cagliari per l’XI legislatura. Non e stata riconfermata.

Cherchi, Maria Giovanna Cantante folk (n. Bolotana 1978). Divenuta popolare con le sue performance sui palchi delle feste isolane, ha pubblicato nel 2006, dopo quattro anni di silenzio, il ` cd Mediterranea (il brano del titolo e

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Cherchi stato scritto da Gino Martelli), «un mix di tradizioni, preghiere e allegre atmosfere», ha scritto Marco Mezzano, arrangiato da Uccio Soro e con testi e musiche di numerosi artisti sardi, fra cui Benito Urgu, Paolo Pillonca, Franco Madau e Maria Luisa Congiu.

Cherchi, Oscar Salvatore Consigliere

` umana, 1987; Risenza alla comunita cordo di Giorgio Princivalle, ‘‘La Grotta della Vipera’’, XVI, 50-51, 1990; Pittura e mito in Giovanni Nonnis, 1990; Etnos e apocalisse, 1999; Brescianino Celestina, un passaggio verso l’altrove, 2000; Il recupero del significato, 2001; Odilia. ‘‘Oltre lo sguardo’’, 2003.

regionale (n. Sassari 1965). Militante ` stato eletto considell’UDS nel 2004 e gliere regionale per la XIII legislatura per il collegio di Oristano.

Cherchi, Paolo Docente, scrittore (n. Oschiri 1937). Conseguita la laurea in ` trasferito negli Lettere a Cagliari si e USA, dove ha proseguito negli studi di romanistica. Dal 1965 insegna Letteratura italiana e spagnola preso l’Univer` di Chicago. Nel 1992 ha vinto il presita mio letterario ‘‘Geraci’’ con un racconto, inserito poi nella raccolta Herostraticon. Medaglioni di astripeti ovvero dall’osco-umbro al logudorese, 2000, con la quale ha vinto il premio speciale della giuria al ‘‘Dessı`’’ di Villacidro.

Cherchi, Pietro Poeta logudorese (n. Tissi, sec. XIX). Cieco, giunse alla poesia da autodidatta. Fu poeta di grande talento e di notevole eleganza. Suoi inediti furono pubblicati sulla rivista ‘‘Il Nuraghe’’ di Raimondo Carta Raspi nel 1926: Nara cale seu coro; Regalos ti relitto; Daghi sa mala solthe.

Placido Cherchi – Studioso di antropologia e critico d’arte, autore di importanti saggi, e` uno dei protagonisti del dibattito culturale in Sardegna.

Cherchi, Placido Antropologo (n. Oschiri 1939). Allievo di Ernesto De Martino, dopo la laurea ha insegnato per molti anni nelle scuole secondarie ` autore di numerosi saggi di superiori; e notevole livello scientifico nei quali affronta in maniera originale le temati` . Critico e teorico delche dell’identita l’arte, ha al suo attivo saggi di grande finezza. Tra i suoi scritti: Pittura e mito in Giovanni Nonnis, ‘‘La Grotta della Vipera’’, III, 1978; Paul Klee teorico, 1978; De murali eloquentia, ‘‘La Grotta della Vipera’’, V, 1980; Dalla crisi della pre-

Cherchi, Salvatore (detto Tore) Ingegnere, uomo politico (n. Banari 1950). Deputato al Parlamento, senatore della Repubblica. Laureato in Ingegneria mineraria, ha militato fin da giovane nel ` stato anche segretario rePCI di cui e gionale dal 1983 al 1987, partecipando ` delle istituintensamente all’attivita ` stato eletto deputato zioni. Nel 1983 e per la IX legislatura repubblicana, ri` stato confermato per la X. Nel 1992 e eletto senatore della Repubblica. Riconfermato senatore nelle elezioni del

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Cherchi ` stato ricandidato depu1994, nel 1996 e tato e rieletto ancora una volta. Dal 2001 ` sindaco di Carbonia. e

Cherchi, Silvio Sindacalista, consigliere regionale (n. Portoscuso 1951). Militante nella Sinistra come sindacalista e nel settore della cooperazione, dal ` presidente regionale della Lega 1994 e ` delle cooperative della Sardegna ed e tra i fondatori della Banca di Cagliari. ` stato eletto consigliere regioNel 2004 e nale del PDS per la XIII legislatura nel collegio di Cagliari.

Cherchi Paba, Felice Storico dell’agricoltura (Solarussa 1901-Cagliari 1983). ` in Agronomia all’Istituto di Si diplomo Enotecnica di Cagliari nel 1920. Negli anni successivi visse di rendita, per quanto poteva permetterglielo il patrimonio di famiglia. Nel 1925 aderı` al fa` a collaborare scismo e dal 1930 inizio con ‘‘Mediterranea’’ e con altre riviste. Dal 1932 mise a frutto il suo diploma lavorando come tecnico agrario nelle organizzazioni sindacali del partito. Nel 1933 si trasferı` a Roma dove, nel 1937, fu nominato segretario della Federazione del latte. Caduto il fascismo, fu ` costretto a tornare a Cagliari dove tento inutilmente di inserirsi in qualche ` a stabilirsi a Manuovo impiego. Ando comer e poi a Oristano, dedicandosi ai suoi studi, alle sue ricerche e a iniziative di promozione editoriale. Nel 1961 si trasferı` a Cagliari dove visse dignito` imsamente e morı`. La sua opera piu ` Evoluzione storica dell’attiportante e ` industriale, agricola, caccia e pesca vita in Sardegna, edita tra il 1974 e il 1977 a Cagliari in 4 densi volumi, ricchi di no` tizie e di suggestioni: come del resto e tutta la sua opera, anche quando alcune tesi – soprattutto sulla storia della Sardegna giudicale e della cosiddetta Chiesa ‘‘autocefala’’ sarda – non appaiono del tutto convincenti. L’impostazione fortemente ‘‘sardista’’ della sua

produzione lo avvicina al Carta Raspi, ` di con il quale ha in comune la volonta mettere la propria erudizione al servizio della Sardegna. Tra gli altri suoi scritti: Problemi agrari sardi. Il fraziona` , ‘‘Mediterranea’’, mento della proprieta III, 7, 1929; Il credito agrario in Sardegna, ‘‘Mediterranea’’, IV, 2, 1930; La Sartilla. Storia, tradizioni, folklore, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Arborea’’, 1956; Santulussurgiu e San Leonardo di Siete Fuentes, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Arborea’’, 1956; Il Duomo di Oristano, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Arborea’’, 1956; La vernaccia della Valle del Tirso, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Arborea’’, 1956; Il carnevale ugonotto ad Oristano nel 1637, ‘‘S’Ischiglia’’, 1956; Lineamenti storici dell’agricoltura sarda del secolo XIII, in Studi Storici in onore di F. Loddo Canepa, II, 1959; La chiesa greca in Sardegna, 1963; La Tuva. Un rito agrario protosardo di propiziazione nella festa di S. Antonio Abate, in Atti del Convegno di studi religiosi sardi, Cagliari, 1963; Quartu Sant’Elena e il suo litorale, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1965; Il litorale centro-meridionale sardo, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1965; Il centro punico di Monte Sirai e Portoscuso, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1966; Carloforte, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1966; Il carnevale di Oristano, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1969; Don Michele Obino e i moti antifeudali lussurgesi, 1969; Villacidro e Guspini, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1969; Il Poetto, 1970; La repubblica teocratica sarda nell’Alto Medioevo, 1971; Le torri e i bastioni di Cagliari, 1971; Difendo Giovanni Maria An-

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Cheremule gioy, ‘‘Frontiera’’, IV, 1971; L’Angioy e` sempre da difendere, ‘‘Frontiera’’, V, 1971; La vernaccia della valle del Tirso, 1972; Il reale monastero di Santa Chiara a Oristano, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1973; L’Anfiteatro, l’Orto botanico, via Tigellio di Cagliari, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici della Sardegna’’, 1973; Solarussa e il Campidano maggiore, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici della Sardegna’’, 1978; La crisi agraria del giudicato d’Arborea del secolo XIV, in Il mondo della Carta de Logu, 1979; Macomer, nella collana ‘‘Quaderni storici e turistici di Sardegna’’, 1980; Sinnai, Mara, Settimo, Selargius, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici della Sardegna’’, 1980; Parteolla e Trexenda, vol. della collana ‘‘Quaderni storici e turistici della Sardegna’’, 1980.

Cherchis, Is Localita` abitata in territo` sviluppata in eta ` non rio di Narcao. Si e precisabile e comunque non prima del secolo XVII da un furriadroxiu costruito ` in un territorio che con ogni probabilita fu concesso in enfiteusi a una famiglia Cherchi, che finı` per dare il nome al piccolo centro quando divenne stabile dimora dei pastori prima nomadi.

Cherchi Tidore, Lina Scrittrice (n. Arzachena 1929). Insegnante in pensione, risiede a Sassari. Ha pubblicato diverse opere di narrativa, tra le quali: Natale a Orgosolo, 1976; Mulino a vento, 1985; Ill’anni di la gherra. Negli anni della guerra, in duplice versione gallurese e italiana, 2004. Bilingue anche la raccolta di poesie Ill’ea lalga e silena, 1993.

Cheremule Comune della provincia di ` Sassari, compreso nella V Comunita montana, con 527 abitanti (al 2004), posto a 540 m sul livello del mare, sui fianchi di un rilievo di origine vulcanica che domina la piana di Cabu Abbas, fer-

tile pianura del Meilogu. Regione storica: Logudoro. Archidiocesi di Sassari. & TERRITORIO Il territorio comunale, dalla vaga forma di un triangolo, si estende per 24,13 km2 e confina a nord con Thiesi, a est con Borutta e Torralba, a sud e a ovest con Giave. La maggiore ` rappresentata dal monte altitudine e Cuccuruddu (676 m) che divide a nord il territorio di C. da quello di Thiesi; sul suo fianco orientale si trova appunto il centro abitato, circondato da una folta pineta e da una rigogliosa foresta di lecci e querce: il bosco di Su Tı`ppiri. I terreni di C., tutti di origine vulcanica, non sono adatti alle colture, se non quella piccola parte che si trova nella piana di Campu Giavesu e Masu Sena. ` destinato a pascolo di ovini e Il resto e bovini. & STORIA L’attuale centro abitato e ` di origine medioevale, apparteneva al giudicato di Torres ed era incluso nella curatoria del Cabudabbas. Dopo l’estinzione della famiglia giudicale i Doria se ne impadronirono e lo unirono ai loro possedimenti del Monteleone. Dopo la conquista aragonese ne fecero una delle basi della loro resistenza: di conseguenza C. subı` continue devastazioni fino alla caduta del castello di Monteleone. Subito dopo, unitamente a Thiesi e Bessude, il villaggio fu incluso nel feudo di Montemaggiore che fu acquistato dai Manca di Sassari. Agli inizi del secolo XVI, per il matrimonio di Erilla Manca, i tre villaggi passarono ai Cariga, che si estinsero nel 1604. Allora ` ai Ravaneda, discendenti da C. passo Elena Cariga, i quali ottennero nel 1365 il titolo di marchesi di Montemaggiore. Questo fu un periodo di relativa tran`: i nuovi baroni si interessarono quillita del villaggio facendovi costruire nel 1620 la parrocchiale dedicata a San ` si estinsero Martino. I Ravaneda pero nel 1726 e, dopo una complessa vicenda

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Cheremule ereditaria, C. e gli altri villaggi circostanti tornarono in possesso dei Manca, ma di un altro ramo, discendente dai primi feudatari. Il rapporto di C. con i nuovi feudatari fu presto burrascoso e nel 1795 il paese prese parte ai moti antifeudali e soffrı` per la successiva repressione; nel 1839 finalmente ottenne il riscatto e subito dopo fu incluso nella provincia di Alghero. Di questo periodo ` la descrizione di Vittorio Angius che e fra l’altro dice: «Le case (ancora) sussistenti non sono meno di 170. Molte di esse hanno de’ cortili. Dalla sunnotata ` intendere che il esposizione si puo luogo soggiace a’ venti di ponente e tra` un po’ montana e che nell’inverno e freddo, massime se spiri il vento dalla parte del Polo. Ne’ primi mesi dell’anno 1847 si numeravano in Queremule anime 805, distinte in maggiori di anni 20 maschi 225, femmine 215, e in minori, maschi 170, femmine 195, distribuite in famiglia 170. Quasi tutti i queremulesi sono agricoltori, e pochi per mezzo altrui, coltivando ciascuno il proprio terreno, quelli eccettuati che nol possono o nol vogliono fare con la propria fatica. I pastori tra grandi e piccoli non sono ` di 30. I mestieri piu ` necessari forse piu hanno pochi pratici, i quali in altre ore sono coloni lavorando sul proprio o a mercede. Le donne lavorano in 120 telai le tele e il panno necessario a’ bisogni della famiglia. La scuola elementare ` di dieci accorrenti. non suole avere piu Non sono 20 in tutto il paese che sappiano leggere e scrivere, comprese pure le persone che han fatto gli studi in qualche ginnasio. Godesi general` in questo paese, e mente buona sanita se si sapessero tutti preservare dalle vicende atmosferiche o dalle troppo sentite variazioni termometriche il dolor laterale non opprimerebbe tante vite. Non sono rari i longevi, massime in quelle case dove vivesi con qualche

` poco curata, agiatezza. L’orticoltura e sebbene come vedesi, il terreno sia favorevole, e sono piccoli gli spazi prossimamente al paese dove si coltivino certi ` comuni. Si semina meliga, e generi piu alcuni coltivano i pomi di terra. Il vi` piuttosto esteso perche ´ occupa gneto e un’area di circa 800 starelli; ma bisogna dire che una gran porzione delle mede` dei tiesini. Il sime sono di proprieta ` ottimo per le viti, e potrebbesi clima e avere molta copia di buoni vini. Nel manso si possono enumerare 130 buoi per l’agricoltura, vacche mannalite 30, cavalli e cavalle 60, majali 45, giumenti 70. Nel rude vacche 200 in tre segni, cavalle 100 in nove segni, pecore 700 in ` sette segni, porci 200 in tre segni. Se e maggior numero di greggie e armenti ` apparnei pascoli queremulesi il di piu tiene a’ tiesini o a’ giavesi. Le donne ` di pollame. Veneducano gran quantita dono i queremulesi quello che loro sovrabbonda ne’ vari articoli a’ negozianti che passano; e di rado vanno essi stessi a portarli in vendita a’ mercati di Alghero, di Sassari, o di Bosa». C. rimase incluso nella provincia di Alghero fino ` a far al 1859 e successivamente entro parte della provincia di Sassari. & ECONOMIA La sua economia e ` basata sull’agricoltura, in particolare la pro` duzione dei cereali e la frutticoltura; e ben sviluppato anche l’allevamento del bestiame. Discreta, anche se in diminu` l’attivita ` di estrazione della zione, e cheremulite dalle cave del monte Cuc` una specie curuddu. La cheremulite e di lava piena di soffiature e leggerissima, residuo del vecchio vulcano, che, ridotta in ghiaia, viene usata nell’edilizia per isolare solai e soffitti. Tutta la ` ricchissima di questo materiale zona e del tutto esclusivo. Servizi. C. dista 4 km dalla superstrada ‘‘Carlo Felice’’ e 39 da Sassari: i collegamenti sono garantiti attraverso Thiesi e anche per la ferro-

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Cheremule via Sassari-Chilivani-Cagliari se si raggiunge la stazione di Torralba, distante ` sede di medico, di scuola del8 km. E l’obbligo e di servizi bancari.

Cheremule – Visto dall’alto, il Nuraghe Majore rivela la perfezione della sua struttura architettonica.

DATI STATISTICI Al censimento del `: 2001 la popolazione contava 522 unita maschi 246; femmine 276; famiglie 214. La tendenza complessiva rivelava un lieve aumento della popolazione, con morti per anno 9 e nati 3; cancellati dall’anagrafe 2; nuovi iscritti 18. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 15 701 in migliaia di lire; versamenti ICI 270; aziende agricole 135; imprese commerciali 39; esercizi pubblici 3; esercizi al dettaglio 8. Tra gli indicatori sociali: occupati 149; disoccupati 16; inoccupati 35; laureati 3; diplomati 85; con licenza media 145; con licenza &

elementare 198; analfabeti 20; automezzi circolanti 192; abbonamenti TV 170. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` ricco di domus de janas: in torio di C. e particolare sono interessanti quelle situate nella regione di Sos Furrighesos e quelle di Baddicciu, Matarigozza, Monte Sulos e Tennero. Di particolare importanza sono quelle di Moseddu, gruppo situato nei pressi dell’abitato e databile al periodo della cultura di Abealzu-Filigosa. Alcune di esse hanno al loro interno pareti decorate con graffiti che riproducono forme umane sti`. lizzate, alcune delle quali a testa in giu Nella tomba Branca i graffiti, oltre che le figure umane, rappresentano uccelli stilizzati. Una di queste tombe fu utilizzata anche nel periodo bizantino tra i secoli VII e VIII: nel 1880 vi furono trovati 15 scheletri con un ricco corredo di gioielli in oro e argento e di armi in ferro, che fanno pensare a una inumazione di soldati. Nel territorio sono identificabili anche alcuni pozzi sacri e numerosi nuraghi: Baddicciu, Coroneddu, Cunzadu, Iscala Manduzzu, Marinzana, Martarigozza, Ministras, Monte Sa Domu, S’Alvaru Ladu, S’Aspru, San Pietro, Scala Crabiles, Monti Code, Rocca Manna, Culzu, Giganti, Maraturiu, Nuraghe Majore, Rocca Manna, Tippiri, Trogliu. Alla periferia del paese sono stati identificati i resti di ` romana ascrialcune costruzioni di eta vibili probabilmente a una villa rustica. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE Il centro abitato ha conservato l’impianto originario del suo centro storico con strade strette sulle quali si affacciano le case dalla tipica architet` piani. tura logudorese in pietra e a piu Al centro di tutto l’insieme si trova la chiesa di San Gabriele Arcangelo, parrocchiale costruita nel secolo XVI in forme gotico-aragonesi: ha l’impianto a

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Cheri una sola navata completato dal presbiterio dalle volte a crociera; la facciata ` decorata da un rosone e da in arenaria e un portale delimitato da un arco; a fianco dell’edificio sorge il campanile con una cupoletta a cipolla. Al suo interno si conservano l’altare maggiore in legno riccamente intagliato e alcuni altri altari in stucco. A poca distanza dall’abitato, sul monte Cuccuruddu, si trovano i resti del castello, una fortezza costruita nel secolo XIII dai Doria. Essi la fecero edificare dopo l’estinzione della famiglia giudicale di Torres, nel momento in cui entrarono in possesso del territorio dell’intera curatoria Monteleone. Nel periodo successivo conti` a rimanere in loro possesso e dopo nuo la conquista aragonese ne fecero uno dei capisaldi della resistenza contro gli invasori. Dopo la caduta del giudicato d’Arborea nel 1409, il castello rimase in ` Doria, ma quando possesso di Nicolo nel 1436 questi fu sconfitto e costretto a lasciare il Monteleone, il castello fu abbandonato e decadde. Ancora nella se` dell’Ottocento era possibile conda meta osservare le sue rovine. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI Momenti di particolare importanza per il richiamo alle tradizioni pastorali del piccolo centro sono le due feste che si svolgono il 13 e il 14 giugno in onore di Sant’Antonio da Padova e di San Sebastiano.

Cheri, Mario Notaio, senatore della Repubblica (Sarule 1934-Nuoro 1986). Militante nel PSI, fu sindaco del suo paese ` al PCI tra il 1960 e il 1964. Nel 1967 passo e dal 1970 fu eletto consigliere provinciale di Nuoro. Sempre riconfermato fino al 1983, tra il 1977 e il 1983 fu anche presidente di quella Amministrazione provinciale. Nel 1983 fu eletto senatore ` per la IX legislatura repubblicana; gia ` cogravemente ammalato, egli accetto

munque di essere nuovamente eletto sindaco di Sarule.

Cherry, John F. Biogeografo inglese, esperto di demografia archeologica (n. sec. XX). Interessato alla preistoria della Sardegna, a partire dalla Deya Conference del 1984 ha sempre studiato il problema delle origini del popolamento della Sardegna, e ne ha scritto in alcuni saggi: The initial colonisation of the West Mediterranean Islands in the light of island biogeography and paleogeography, in The Deya conference of Prehistory. Early Settlements in the Western Mediterranean Islands and the Peripheral Areas, ‘‘British Archaeological Reports’’, 229, I, 1984; The first colonisation of the Mediterranean Islands. A review of recent research, ‘‘Journal of Mediterranean Archaeology’’, 2-3, 1990; Paleolithic Sardinians? Some question of evidence and metod, ‘‘Sardinian Archaeology’’, 1992.

Cherubini Famiglia di musicisti (secc. XVIII-XIX). Presente a Cagliari dalla fine del secolo XVIII a tutto il secolo XIX. Iniziatori dell’ascesa della famiglia furono Gaetano e i suoi fratelli Giuseppe e Francesco. Nel corso del secolo XIX espressero diversi concertisti e compositori di buon livello, alcuni dei ` nazionale. quali ebbero notorieta

Cherubini, Gaetano Musicista (Cagliari 1790-ivi 1867). Compiuti i suoi ` nel Reggimento Guarstudi, si arruolo die come suonatore di corno. Divenne violinista di ottimo livello e dal 1835 ` nell’orchestra civica di Cagliari; suono compose numerosi pezzi molto apprez` e considezati, che gli diedero notorieta razione. Negli ultimi anni di vita aprı` a Cagliari una scuola che fu frequentata da molti allievi.

Chessa Famiglia di Ozieri (secc. XVIIIXIX). Le sue notizie risalgono al secolo XVIII. Apparteneva alla borghesia agraria ed era in possesso di un note-

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Chessa vole patrimonio fondiario; i suoi membri esercitavano tradizionalmente la professione di avvocato. Nel 1793 il dottor Giacomo, subdelegato patrimoniale, per i meriti acquisiti nella difesa della Gallura durante il tentativo di sbarco dei francesi, chiese il riconoscimento dei privilegi del cavalierato ereditario ` . Riuscı` a ottenerli nel e della nobilta 1805, ma fu chiamato a pagare i diritti dovuti per la convalida della concessione; nei decenni successivi i suoi figli tentarono di evitare il pagamento, ma nel 1835 dovettero adempiervi.

Chessa, Amedeo Antiquario (n. Tempio Pausania 1952). Figlio di Antonio Chessa Sole, laureato in Scienze politiche, ha scelto il mestiere dell’antiquario. Le sue botteghe ‘‘Michelangelo Due’’ hanno avuto sede a Sassari, Aosta e Foggia. Dirigente della Confcommercio di Sassari, consigliere d’amministrazione della Banca di Sassari; giornalista pubblicista, ha curato per alcuni anni sulla ‘‘Nuova Sardegna’’ la rubrica settimanale ‘‘L’Angolo dell’antiquario’’.

Chessa, Angelo Maria Filosofo (Sassari 1734-Messico 1780). Entrato nell’ordine dei Gesuiti, dopo aver fatto profes` missionario in Messione solenne ando sico, dove si stabilı` definitivamente. In` per anni a Guadalajara raggiunsegno gendo una notevole considerazione e scrivendo alcune opere filosofiche di buon livello.

Chessa, Antonio (o A. Chessa Sole) Insegnante, consigliere regionale (Osilo ` fu al1922-Sassari 1992). All’Universita lievo di Gentile e di Volpe. Dopo essersi ` laureato in Scienze politiche si dedico all’insegnamento nelle scuole secondarie e al giornalismo. Militante nella Destra, esordı` giovanissimo contribuendo a fondare a Sassari il movimento dell’‘‘Uomo qualunque’’. Nel 1946 fu eletto consigliere comunale del suo paese natale; in seguito aderı` al MSI, fu consi-

gliere comunale di Tempio (dove insegnava e dove si era sposato) fino al 1980 e consigliere provinciale di Sassari tra il 1970 e il 1980. Attivissimo, nel 1962 divenne anche consigliere regionale per il suo partito durante la IV legislatura, subentrando a Gavino Pinna nel collegio di Sassari; al termine della legislatura non fu rieletto, ma nel 1972, ` andurante la VI legislatura, subentro cora una volta a Gavino Pinna destinato a candidarsi al Senato. Successivamente fu riconfermato ininterrottamente per la VII, l’VIII e la IX legislatura nello stesso collegio fino al 1989.

Chessa, Carlo Pittore e illustratore (Cagliari 1855-Torino 1912). Dopo aver ` natale compiuto i suoi studi nella citta sotto la guida del Loffredo segnalandosi come ottimo disegnatore e litografo, nel 1879 si trasferı` a Torino. Nella sua ` lavoro come litonuova residenza trovo grafo e approfondı` i suoi studi all’Accademia Albertina sotto la guida del Gamba. Si impose rapidamente come paesista e vigoroso disegnatore, collaborando a ‘‘L’illustrazione Italiana’’ e divenendo direttore del settimanale umoristico-satirico ‘‘Pasquino’’. Favorı` alcuni giovani disegnatori sardi e colla` con Giovanni Saragat. Dopo il 1898 boro si trasferı` a Parigi, dove visse per alcuni anni lavorando per il Goupil e raggiun` internazionale per la gendo notorieta finezza dei suoi disegni. Fu anche cri` all’arte il figlio Gigi. tico d’arte e inizio

Chessa, Federico Economista (Sennori 1882-Genova 1960). Laureatosi in ` a studi di economia e Legge si dedico ` i suoi primi saggi. Nel 1927 inipubblico ` a insegnare all’Universita ` di Sassari zio ` e nel 1930 fu chiamato presso la Facolta di Economia e Commercio di Genova, avviando un periodo di studi lungo e fe` per trent’anni e tra il 1950 lice. Insegno e il 1957 divenne preside della sua Fa` . Tra i suoi scritti da ricordare colta

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Chessa quelli legati ai problemi della Sardegna: Credito e usura in Sardegna, in Atti del primo congresso regionale fra Agricoltori e Economisti sardi, 1898; Il rinnovamento della Sardegna e l’attuale movimento agricolo economico, ‘‘La Nuova Sardegna’’, 1905; Ademprivi e loro funzione economica in Sardegna, ‘‘Bollettino di Agricoltura italiana’’, 7-9, 1906; Condizioni economico-sociali dei contadini dell’agro di Sassari, 1906; Usura e sue forme in provincia di Sassari, ‘‘Archivio giuridico Serafini’’, serie 3, V, 1906. Tra le opere di carattere generale: La trasmissione ereditaria delle professioni, 1912; L’industria a domicilio nella costituzione economica odierna, 1917; Costo economico e finanziario della guerra, 1920; La concentrazione delle industrie e la guerra delle nazioni, 1920.

Gigi Chessa – Nudo seduto (1932).

Chessa, Gigi Pittore e acquafortista (Torino 1898-ivi 1935). Figlio di Carlo, ` l’infanzia a Parigi durante gli passo anni della permanenza di suo padre nella capitale francese e fu da lui av` a Toviato alla pittura. Nel 1909 torno

` la sua formazione rino, dove completo presso l’Accademia Albertina. Nel 1929 fu tra i fondatori del gruppo dei ‘‘Sei pittori’’ che si proponeva di svecchiare le arti figurative italiane accusate di provincialismo con l’immissione delle ` stimolanti esperienze europee. piu ` e una stima inRaggiunse una notorieta ternazionali affermandosi anche come valente critico d’arte e collaborando a prestigiose riviste specializzate.

Chessa, Ignazia Archeologa (n. Ca` gliari 1956). Laureata in Lettere, si e ` dedispecializzata in Archeologia e si e cata all’insegnamento negli istituti superiori. Collaboratrice esterna della Soprintendenza archeologica, specialista del periodo punico, ha preso parte ad alcuni importanti scavi tra i quali, nel 1984-85, quello di via Brenta, in cui ha collaborato con il Tronchetti, col quale aveva lavorato nel Cronicario di Sant’Antioco. Ha concorso a impiantare e attualmente dirige il Museo ar` autrice di numecheologico di Nora; e rosi lavori sulla ceramica, come mostra la sua bibliografia: Ceramiche fenicie da Cagliari, ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 3, 1986; Nora. Ceramica sigillata, ‘‘Quaderni archeologici del comune di Pula’’, 1987; Anfore fenicie da Nora, ‘‘Quaderni della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 5, 1988; Lo scavo di via Brenta, ‘‘Nuovo Bullettino archeologico sardo’’, 1989; diversi suoi contributi sono nel volume Archeologia urbana a Cagliari: Lo scavo dei piloni 7 e 10; La ceramica corinzia; La ceramica greco-orientale; La ceramica attica a figure nere; La ceramica arcaica di importazione; La ceramica attica a figure rosse; Considerazioni generali; Le forme aperte. Varia; La ceramica fenicia e punica: considerazioni generali (con L. Cappai), in supplemento ai ‘‘Quaderni

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Chia della Soprintendenza archeologica per le province di Cagliari e Oristano’’, 9, 1992.

Chessa, Lorenzo Antonio Biologo (n. Porto Torres 1949). Conseguita la lau` dedicato all’insegnamento unirea, si e ` diventato profesversitario. Nel 1988 e sore associato; attualmente insegna ` di Agraria Zooculture presso la Facolta ` di Sassari, con particodell’Universita lare attenzione alla vita e ai problemi dei parchi marini isolani. Tra i suoi scritti: Appunti di storia, biologia e pesca del corallo rosso, in La VI Settimana della cultura scientifica (Sassari), 1966; Acque marine costiere e parchi marini, in L’ambiente naturale in Sardegna, 1986; L’acquacultura, in Pesca e pescatori in Sardegna (a cura di Gabriella Mondardini), 1997.

Chessa, Salvatore Poeta (n. Ozieri, sec. XX). Autodidatta, fu lungamente consi`. Si fece gliere comunale della sua citta conoscere come poeta in logudorese quando ormai era pensionato; di particolare efficacia furono i suoi sonetti satirici e spesso polemici sui fatti della cronaca cittadina; tra il 1956 e il 1968 ottenne diverse menzioni e segnala` zioni nelle edizioni del concorso ‘‘Citta ` stabilmente a ‘‘La di Ozieri’’. Collaboro Nuova Sardegna’’.

Chessa Sole, Antonio = Chessa, Antonio

Chessa, Pasquale Giornalista, saggista (n. Alghero 1943). Dopo gli studi di let` tere a Roma con Alberto Asor Rosa, e entrato nella carriera giornalistica collaborando in RAI con Maurizio Costanzo; passato alla carta stampata con ‘‘L’Espresso’’ (1975), ha poi lavorato in ` nei maggiori maruoli di responsabilita gazine italiani (‘‘L’Espresso’’, ‘‘Epoca’’). ` a ‘‘Panorama’’, dove e ` viceDal 1991 e direttore. Vicino alla Sinistra sin dalle prime esperienze politiche giovanili, ha sviluppato nell’ultimo decennio una ` precisa attenzione alla politica e piu alla ricerca storica: ha curato la raccolta dei discorsi di Francesco Cossiga (Il torto e il diritto, 1993-94) e collaborato a un suo volume di riflessioni sulle vicende italiane tra fine Novecento e ini` di patria, 2003); zio Duemila (Per carita dopo un libro-intervista a Renzo De Felice (Rosso e nero, 1995), ha pubblicato nel 2005 un libro documentario, Guerra civile. 1943-1945-1948. Una storia fotografica (ma non solo fotografica), che ha suscitato polemiche ma anche interesse.

Chia – Torre di Chia. La piccola sentinella seicentesca si leva dal promontorio a guardia ` belle della delle dune di una delle spiagge piu Sardegna.

Chia Centro abitato della provincia di Cagliari, frazione di Domus de Maria (da cui dista 10 km), con circa 200 abitanti (nella stagione invernale), posto a 13 m sul livello del mare in una piana, sulla costa meridionale della Sardegna, a fianco dell’omonimo stagno e delle rovine dell’antica Bithia (=). Regione storica: Sulcis. Archidiocesi di Cagliari. & TERRITORIO Il territorio e ` rappresentato dalla bassa valle del rio Mannu che proviene dai monti di Domus de Maria e termina con le belle spiagge della costa, oggetto di interesse turistico per i numerosi insediamenti di re` della cente costruzione, in prossimita

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Chia torre costiera e a pochi chilometri dal capo Spartivento, limite occidentale del golfo di Cagliari. & STORIA Il centro abitato trae origine da un villaggio medioevale che sorgeva non lontano dalla torre; faceva parte del giudicato di Cagliari ed era compreso nella curatoria di Nora. Nel 1258, dopo la caduta del giudicato, fu incluso nei territori toccati ai Della Gerardesca, i quali alcuni anni dopo fecero una nuova divisione tra loro. C. fu assegnato al ramo dei discendenti del conte Gherardo e in breve tempo divenne un grande villaggio importante per la sua posizione strategica. Quando, in seguito alla conquista aragonese fu incorporato nel Regno di Sardegna, non fu reso ai Della Gherardesca ma concesso in feudo ai Boixadors. Questi lo amministrarono male creando uno stato di tensione tra gli abitanti, molti dei quali negli anni successivi cominciarono ad abbandonarlo. Conclusa la prima guerra tra Mariano IV e Pietro IV, C. fu tolto ai Boixadors e concesso nel 1355 a France` alcuni anni dopo sco Marsell che pero cedette il villaggio a Emanuele Entenc ¸ a. Alla ripresa della guerra, i discendenti di quest’ultimo non riuscirono a conservarne il possesso e il villaggio fu occupato dalle truppe arborensi continuando a spopolarsi. Nei se` decoli successivi il suo territorio resto serto, comodo rifugio per le navi dei corsari barbareschi e meta di pastori ` sicuro nel solitari. Il sito fu reso piu 1639 quando vi fu costruita una torre per la difesa costiera. Nel corso del secolo XVIII nelle vicinanze della torre cominciarono a risiedere periodicamente alcuni pescatori e gli Scolopi vi impiantarono un’azienda agraria. Nel corso del XIX vi si stabilirono anche alcune famiglie di agricoltori che curavano i fiorenti orti e giardini, rinomati per la produzione di fichi. Nel secolo

XX il centro fu definitivamente ripopolato grazie alle opere di bonifica. Le bellezze naturali e il crescente interesse per le rovine di Bithia, ne hanno fatto ` turistica. Puruna rinomata localita ` vi si e ` sviluppato un introppo pero sieme di complessi turistici residenziali costituito da villette dalla discuti` architettonica e cresciuto bile validita in modo disordinato.

Chia – Dal piccolo centro la costa si snoda in un alternarsi di spiagge, stagni e lagune litoranee.

PATRIMONIO ARTISTICO, CULTURALE ` domiE AMBIENTALE Il centro abitato e nato dalla torre di Chia. Destinata alla difesa pesante, fu costruita nel 1639 in ` in buono stato di forma troncoconica. E conservazione: al primo piano ha un lo` raggiungicale a cupola; la terrazza e bile da una scala interna. L’edificio domina buona parte delle spiagge circostanti; a suo tempo era munito di due cannoni, di due spingarde ed era servito da una adeguata guarnigione. Con` a svolgere funzioni militari anche tinuo ` sede della dopo il 1867, e attualmente e Guardia di finanza. La zona di C., con le ` punica di Birovine dell’antica citta thia, la stessa torre, gli stagni e le bianche e larghe spiagge, offre una grande ricchezza di beni ambientali che hanno favorito la sua Economia. Infatti al vecchio centro si sono aggiunti vari insediamenti turistici. Il litorale fra la torre e capo Spartivento, compresi i retro&

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Chiappe stanti stagni con una superficie di 400 ` una delle Riserve naturali istituite ha, e dalla legge regionale sui parchi. Tutto questo, assieme al turismo di massa, sta portando C. a un avvenire economico che sostituisce le vecchie tradizioni agricole di questa parte del comune di Domus de Maria. Servizi. C. si trova lungo la S.S. 195 e dista dal suo comune 10 km, 19 km da Pula e 49 km da Cagliari. Sono presenti anche i servizi essenziali, come la guardia medica, il servizio bancario, alberghi e ristoranti.

Chiano, Giovanni2 Giudice di Cagliari ` sec. XIII-Cagliari 1256). (?, prima meta Probabilmente figlio del giudice Guglielmo Salusio V della famiglia dei Lacon Massa, salı` al potere dopo la morte di suo padre, quando le sorti del giudicato erano ormai assai incerte a causa ` della crescente ingerenza pisana. Tento di rovesciare l’egemonia pisana alleandosi con i genovesi e con il loro aiuto ` un disperato assalto al caorganizzo ` fallı`. Morı` assassinato stello, che pero ` il trono a Guglielmo da sicari e lascio Salusio VI.

Chiano di Cagliari Giudice di Cagliari ` sec. XIII-ivi 1256). (Cagliari, prima meta Incoronato dopo la morte di Guglielmo Salusio II, quando le sorti del giudicato ` di roveerano oramai traballanti, tento sciare l’egemonia pisana alleandosi con i Genovesi; con il loro aiuto assalı` il Castello, ma fu fermato dalla resistenza degli occupanti. Morı` in battaglia, lasciando il trono a Guglielmo III. Chia – Tutti i dintorni di Chia hanno conosciuto un importante sviluppo turistico grazie alla bellezza delle spiagge ricche di dune di sabbia.

Chiappe Famiglia sassarese di origine

Chiano, Giovanni1 Giudice d’Arborea (Oristano, 1280 ca.-ivi, 1307 ca.). Figlio di Mariano II, gli succedette nel 1297, quando era ancora minorenne, proprio nell’anno in cui Giacomo II d’Aragona veniva investito del Regnum Sardiniae. ` sotto la tutela di Tosorato degli Governo ` la dipendenza del Uberti che accentuo giudicato d’Arborea da Pisa. In particolare egli fu costretto a dare esecuzione al patto stipulato nel 1295 da suo padre con il quale era stato ceduto al Comune dell’Arno il terzo del Regno di Cagliari, assegnato ai conti di Capraia e poi passato agli Arborea. Questa debole poli` le simpatie del popolo e tica gli alieno ` oristanese, che si ribello `e della nobilta lo condusse a morte quando era ancora giovane.

corsa (sec. XVIII-esistente). Le sue notizie risalgono al secolo XVIII, quando ottenne il cavalierato ereditario e la no` con un Luigi (1820). Lo stesso nel bilta 1834 chiese il titolo comitale, ma non ` tuttora riuscı` a ottenerlo; la famiglia e fiorente.

Chiappe, Giuseppe Teologo (Cagliari 1750-ivi 1806). Divenuto sacerdote ebbe modo di farsi notare per la sua vasta cultura e per le doti di oratore. Scriveva anche delicati componimenti in latino che lo fecero apprezzare da Francesco Carboni. Dopo alcuni anni divenne canonico e fu nominato vicario capitolare dall’arcivescovo Melano di Portula. Fece costruire a sue spese la cappella del crocifisso nel Duomo. Tra i suoi scritti: Nell’arrivo di mons. Vittorio Melano di Portula nella sua sede arcivescovile di Cagliari, sonetti, 1778; Nell’esaltamento di mons. Vittorio Melano di Por-

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Chiara tula alla sede arcivescovile di Cagliari, 1778; Orazioni panegiriche, 1787; Arringhe a nome dello Stamento ecclesiastico in occasione del consentimento per la proroga triennale del donativo, 1793; Riportandosi con religiosa pompa dalla cattedrale di Cagliari alla sua chiesa il simulacro di Sant’Efisio dopo il solenne rendimento di grazie per la gloriosa liberazione dall’armata francese, 1793; Arringa detta a nome del capitolo di Cagliari nella prestazione dei pubblici solenni omaggi al re e alla famiglia reale, 1799; Raccolta di poesie per la promozione alla sacra porpora dell’arcivescovo di Cagliari mons. Diego Cadello di San Sperate, 1803.

Santa Chiara – La santa in un affresco di Simone Martini nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi.

Chiara, santa Santa (Assisi 1192-ivi 1253). Nacque dalla nobile e ricca famiglia dei conti Scifi. Per sottrarsi al ma` la protrimonio voluto dai suoi, lascio ` all’ideale francepria casa e si dedico ` i capelli, scano. San Francesco le taglio la rivestı` d’un ruvido saio, le fece pro-

` nunciare i tre voti, obbedienza, poverta ` , e le preparo ` il poverissimo e castita convento di San Damiano. Ebbe inizio cosı` il secondo ordine francescano (1212), detto ‘‘delle povere dame di San Damiano’’, le Damianiste, le Clarisse. Ottenne da Innocenzo III il privilegium paupertatis, che la privava anche della ` di avere qualcosa per se ´. possibilita ` Assisi dall’assalto dei saraceni Salvo (1240), sotto Federico II, «facendo esporre l’ostia santa davanti ai nemici». La leggenda vuole che sia stata la stessa santa «a prendere l’ostensorio dalla chiesa e portatasi sul balcone del convento con il preziosissimo corpo di Cri` con la croce i nemici che susto, segno bito fuggirono». Ebbe il privilegio di vedere ‘‘proiettate’’ nella propria cella le immagini della morte e del funerale di ` il corpo San Francesco, del quale veglio nella clausura (1226). Morı` a San Damiano l’11 agosto 1253, riposa ad Assisi nella basilica a lei dedicata. Canonizzata da Alessandro IV (1255), dichiarata patrona della televisione da Pio XII, su suggerimento di Ugo Gregoretti. Protegge vetrai, lavandaie e stiratrici. In Sardegna Patrona di Cossoine, Igle` titosias, San Gavino Monreale e Sini. E lare della cattedrale di Iglesias; portano il suo nome il villaggio della centrale elettrica e la diga sul fiume Tirso ` il monastero delle Cla(1923). Del 1711 e risse di Cagliari, le monache cappuccine che fino agli anni Cinquanta di quel secolo comunicavano fra loro in spagnolo. [ADRIANO VARGIU] Festa Si festeggia l’11 agosto a Cossoine, Iglesias e San Gavino Monreale, il 12 agosto a Sini.

Chiaramonti Comune della provincia di ` Sassari, compreso nella II Comunita montana, con 1915 abitanti (al 2004), posto a 430 m sul livello del mare su una cresta che domina da una parte la vallata di Martis e dall’altra la regione del

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Chiaramonti Sassu e i dintorni di Ozieri. Regione storica: Anglona. Archidiocesi di Sassari. & TERRITORIO Il territorio comunale, di forma pressappoco di un’ellisse con due propaggini a oriente e a meridione, si estende per 98,76 km2 e confina a nord con Martis e Perfugas, a est con Tula, a sud con Ozieri e Ardara e a ovest ` prevalentecon Ploaghe e Nulvi. E mente collinoso, un tempo ricco di bo´ distrutti dagli inschi ora pressoche cendi e dal taglio indiscriminato. I corsi d’acqua, a regime torrentizio, si snodano tra canaloni a volte stretti e profondi attraversando zone ricche di macchia per confluire nel Riu Battana, verso Perfugas. Nei terreni, a tratti argillosi e friabili, abbondano il calcare e la trachite, quest’ultima soprattutto nella zona di Su Sassu.

Chiaramonti – Il nuraghe Nieddu, a pochi metri dalla direttissima Sassari-Tempio, e` uno dei meglio conservati dell’isola. & STORIA L’attuale centro e ` di origine medioevale: apparteneva al giudicato di Torres ed era incluso nella curatoria dell’Anglona; sorse quando nel secolo XIII i Doria vi fecero costruire il ca` rapidastello il cui borgo si sviluppo mente sui fianchi del colle. C. deve con ` il suo nome al ricordo ogni probabilita del casato della madre di Brancaleone Doria. Dopo l’estinzione di quella dinastia, i Doria inclusero C. nel piccolo stato feudale che avevano formato riu-

nendo tutti i territori in loro possesso. Essi seppero instaurare un buon rapporto con gli abitanti del villaggio che mantennero i loro privilegi e la loro autonomia e vissero sostanzialmente in pace fino alla conquista aragonese. Quando i Doria, nel 1323, si dichiararono vassalli del re d’Aragona, il villag` a far parte del Regnum Sardigio entro niae. Nel 1325 I Doria si ribellarono agli Aragonesi e il villaggio divenne teatro di guerra e nel 1330 fu occupato dalle truppe di invasione guidate da Raimondo Cardona che devastarono il castello. Nonostante subisse gravi danni, C. riuscı` a riprendersi e a rimanere nelle mani dei Doria. Quando nel 1347 questi si ribellarono nuovamente, il villaggio subı` altri danni e poco dopo fu occupato dalle truppe di Rambaldo di ` dovette quasi subito Corbera che pero cederlo a Giovanni d’Arborea, fedele alleato del re. Di lı` a poco lo sfortunato principe fu fatto arrestare dal fratello ` ai DoMariano e cosı` C. nel 1350 torno ria. Le tribolazioni di questo villaggio non ebbero fine: scoppiata la seconda guerra tra Pietro IV e Mariano IV, nel 1366 fu occupato dalle truppe di que` a essere teatro st’ultimo e continuo della guerra fino alla battaglia di Sanluri. Caduto il giudicato d’Arborea i Doria tentarono di conservarne il possesso ma nel 1412 furono sconfitti dal visconte di Narbona che se ne impadronı` ` a far fino al 1420, anno in cui C. torno parte del Regnum Sardiniae. Nel 1421 il villaggio fu incluso nel grande feudo concesso a Bernardo Centelles, ma le condizioni di vita degli abitanti peggiorarono, tanto che nel 1458 si ribellarono ´ esasperati dal peso dei tributi. perche ` a modificare la Non riuscirono pero loro situazione per cui dovettero pie` garsi nuovamente. Nella seconda meta del secolo, quando i Centelles organizzarono l’amministrazione del vasto

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Chiaramonti feudo dividendolo in circoscrizioni, inclusero C. nell’incontrada dell’Anglona e il villaggio, pur conservando il suo majore, prese a essere amministrato da un regidor residente a Nulvi. Il regidor era coadiuvato da una burocrazia di funzionari baronali che gradualmente finirono per limitare l’autonomia del majore. I Centelles si estinsero nel 1569 e per la loro successione si accese una lite tra un ramo collaterale della famiglia e i Borgia. Negli anni nei quali la lite rimase pendente il feudo fu sequestrato e il villaggio fu amministrato da funzionari reali, ma nel 1591 la lite fu ` ai Borgia. Col definita e cosı` C. passo ` , le condizioni governo di questi, pero ` non mutarono: anzi, nel della comunita corso del Seicento il potere del feudata` a controllare rio crebbe ed egli arrivo direttamente l’elezione del majore esautorando completamente la comu` . Nel corso del secolo inoltre la bunita rocrazia baronale fu interamente formata da rappresentanti di alcune famiglie di notabili locali che gestirono il potere in modo sostanzialmente clientelare e ingiusto. Questa situazione fu soprattutto evidente nel modo di procedere all’esazione dei tributi feudali: le liste feudali dei contribuenti furono gestite da questa burocrazia con criteri spregiudicati sia nella determinazione del carico fiscale che nell’individuazione delle categorie degli esenti. In genere questi ultimi erano proprio gli stessi notabili locali che finirono per formare delle e´lite vassallatiche legate al feudatario. Quando i Borgia si estinsero nel 1740, il villaggio aveva circa 1200 abitanti e cominciava a sentire un profondo bisogno di liberarsi dalla dipendenza feudale. Dopo una lunga serie di vicende ereditarie, nel 1767 C. fu incluso nel principato dell’Anglona che ` a Maria Giuseppa Pimentel, tocco erede dei Borgia e moglie di Pietro Tel-

lez Giron. C. non ebbe un rapporto facile nemmeno con i nuovi feudatari che dalla Spagna facevano amministrare il feudo a funzionari senza scrupoli, cosı` tra il 1774 e il 1785 gli abitanti si rifiutarono apertamente di pagare i tributi e nel 1795 presero parte ai moti antifeudali. Nel 1821 il villaggio fu incluso nella provincia di Sassari, e il suo tempestoso rapporto con i feudatari si chiuse nel 1843 quando il feudo fu finalmente riscattato. Di questo periodo sono le impressioni raccolte da Vittorio Angius con puntigliosa precisione e accuratezza: «Componesi questa villa di circa 390 case separate in molti gruppi da strade poco regolari, delle quali tre sono principali e molto frequentate. ` gran riunione in sulla Ne’ dı` festivi e piazza, che dicono ‘‘su salone’’ dove i giovani prendonsi diletto nelle danze all’armonia di quattro voci, che ripetono le canzoni dei poeti logudoresi. Le principali [professioni] sono l’agricoltura e la pastorizia. Vedrai come la ` prevalendo sulla prima va sempre piu seconda da questo che a quella sono ap` di quattrocento persone, a plicate piu questa circa 300. Nelle arti meccaniche non si affaticano meno di cento persone, i quali servono ai bisogni della gente del luogo e delle vicine. La co` mune arte donnesca della tessitura e pochissimo esercitata, non adoperan` di 50 telai. Non so di quali altre dosi piu cose lavorino. Popolazione. Consta questa (anno 1834) di anime 2100, in famiglie 385. Avvengono per anno matrimoni 30, nascite 80, morti 60. Le ordinarie malattie sono le periodiche e i do` di inverno gran morlori laterali, onde e ` , massime da che fu quasi generale talita il disuso del cojetto. L’ordinario corso ` limitarsi all’anno sessandella vita puo ` , quantunque non siano tesimo dell’eta rari gli esempi d’una lunga vita maggiore in persone temperanti, e che si

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Chiaramonti sanno con le antiche vesti sarde ben munire contro i tradimenti atmosferici, se lice cosı` dire. Il territorio di C. cre` di Bisarcio sciuto con quello che era gia presenta un’area sufficiente per lo meno a una popolazione quadrupla. La coltivazione va maravigliosamente dilatandosi, e pare debba poscia non poco crescere. Crescesse parimente la cognizione dell’arte, e si prendessero migliori metodi, si adottassero nuovi ` utili instrumenti, si riformassero i gia usati, e si desse opera a quelle altre ` parti di coltura che promettono piu certo lucro. In argomento de’ rapidissimi progressi vedi il numero de’ gioghi che s’impiegavano nel 1812, e quanti presentemente. In quello non erano ` di 60, in questo forse piu ` di 275, e si piu seminarono starelli di grano 1400, d’orzo 200, di granone 20, di fave 140, di ceci 70, di fagiuoli che dicon cornuti 40, di veccia 30, di lenticchie 35, di fagiuoli moreschi e piselli 20. Le vigne sono felicissime sulla falda, e nelle vallette del monte contro austro e levante. Le viti dell’uva bianca sono distinte in dicias` , della nera in 12, della sette varieta `; rossa in 2. I vini hanno fama di bonta ` tanto la loro quantita ` che se ne puo ` ed e e suole somministrare ai vicini vil` dell’Ottolaggi». Nella seconda meta ` svilupcento la sua economia sembro parsi e la popolazione crebbe; alla fine ` la decimazione dei videl secolo pero gneti a causa della fillossera e la crisi nei rapporti con la Francia compromisero gravemente il villaggio. La crisi ` superata nel Novecento, ma sembro nel secondo dopoguerra anche C. fu progressivamente abbandonato dalla popolazione che emigrava alla ricerca di condizioni di vita migliori. & ECONOMIA L’economia di C. e ` basata sull’agricoltura, in particolare la produzione dei cereali, la frutticoltura e la viticoltura. Vi sono discretamente svi-

` dell’allevaluppate anche le attivita ` mento, con produzione di buone qualita di latticini e formaggi e del commercio. ` Servizi. C dista da Sassari 36 km ed e collegato da autolinee al capoluogo e ` sede agli altri centri della provincia; e di medico, di farmacia, di scuola dell’obbligo e di servizi bancari. Possiede la Biblioteca comunale, 1 agriturismi con 7 posti letto e 1 ristorante. & DATI STATISTICI Al censimento del `, 2001 la popolazione contava 1920 unita di cui stranieri 4; maschi 947; femmine 973; famiglie 768. La tendenza complessiva rivelava una lievissima diminuzione della popolazione, con morti per anno 19 e nati 18; cancellati dall’anagrafe 22; nuovi iscritti 20. Tra gli indicatori economici: imponibile medio IRPEF 13 640 in migliaia di lire; versamenti ICI 807; aziende agricole 237; imprese commerciali 71; esercizi pubblici 11; esercizi all’ingrosso 8; esercizi al dettaglio 35; ambulanti 7. Tra gli indicatori sociali: occupati 574; disoccupati 116; inoccupati 112; laureati 4; diplomati 226; con licenza media 611; con licenza elementare 565; analfabeti 126; automezzi circolanti 807; abbonamenti TV 534. & PATRIMONIO ARCHEOLOGICO Il terri` ricchissimo di nuraghi: Alzala de torio e Coghalzos, Aspru, Attalzu, Badde Cheja, Baddu, Bantine Pira, Castras, Conca Zuighe, Derosa, Elighia, Ena Longa, Frades Contones, Furros, Giunturas, Is Padulas, Ispiene, Ladrone, Longu, Maschile, Massedda, Ortos, Pinzetta abrujada, Pubattu, Puligosu, Rispidu, Ruju, Sa Toa Sanu, Scala de Malta, Scala Lampadas, Scanneddu, S’Ena, Sos Castias, Spiena, Su Agantinu, Su Cadalzu, Su Casteddu, Su Castru Cavacadu, Su Lizzu, Su Ostia, Su Puddu, Su Re, Tanca Bezza, Teti, Truddariga, Turturina, Tuvuleddu, Ui. Vi

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Chiaramonti ` sono anche domus de janas in localita Su Murrone e Baldedu.

Chiaramonti – Del castello costruito dai Doria nel secolo XIII restano pochi ruderi: nel Seicento, abbandonato, fu trasformato in chiesa. & PATRIMONIO ARTISTICO E CULTU` domiRALE Il centro storico del pese e nato da un colle dove si erge il castello. L’edificio fu fatto costruire dai Doria ` del secolo XIII; nella seconda meta quando essi, nel 1325, si ribellarono agli Aragonesi, fu il teatro delle operazioni militari. Nel 1348 fu occupato da Raimondo Cardona ma nel 1350 fu restituito ai Doria, che ne perdettero nuova-

` nel 1366 quando mente la disponibilita fu occupato dalle truppe giudicali. In occasione della celebrazione del matrimonio tra Brancaleone Doria ed Eleonora d’Arborea il castello fu incluso nella dote; dopo la caduta del giudicato ` nelle mani del visconte di Narpasso bona che nel 1420 lo cedette. In seguito, ` in persa la sua funzione militare, ando rovina e nel Seicento fu trasformato in chiesa. Attorno al colle si sviluppa la rete delle strade scoscese tutte dirette verso una grande piazza dove si affaccia la chiesa di San Matteo, parrocchiale costruita nel 1888; ha tre navate scandite da colonne di trachite, la copertura ` a volta a botte sorretta da archi a tutto e sesto. La facciata, coronata da un tim` arricchita da un portale e da pano, e due grandi finestre. Nella sua sacrestia ` custodita una tela di Antonio Paglietti e raffigurante Santa Lucia. A poca distanza sorgono la chiesa di Santa Giusta de Orria costruita nel secolo XIII in forme romaniche e donata ai Camaldo´ vi lesi da Maria de Lacon Zori perche edificassero un monastero. L’impianto ` a una navata completata dal presbitee rio sotto il quale si trova una fonte protetta da un’inferriata. Nel corso dei se` stata piu ` volte restaurata; della coli e donazione faceva parte anche la vicina chiesa di Santa Maria Maddalena de Orria Piccinna, in forme romaniche, originariamente con l’impianto a una navata completata dall’abside semicircolare ` coperta con volte in legno; la facciata e in conci di trachite e di arenaria rossi e bianchi. Nel 1300 il suo impianto fu modificato: l’aula fu ampliata e completata con due cappelle laterali che fecero assumere alla chiesa una pianta a croce commissa; la copertura fu modificata con volta a botte. A poca distanza dall’abitato si trova la chiesa di San Giovanni Battista, costruita probabilmente nel Settecento e restaurata entro la

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Chiarella ` del secolo XIX. Ha l’imprima meta pianto a una navata e la copertura in legno. & FESTE E TRADIZIONI POPOLARI In passato il paese era ricco di tradizioni antiche che rendevano singolari alcuni momenti importanti della vita. Cosı` era usanza per i matrimoni che lo sposo durante la cerimonia donasse al parroco alcuni pani in un canestro, che si facesse una veglia con banchetto e danze prima della nascita di un bambino, che il giorno della ricorrenza del Corpus Domini i parenti di un morto ammazzato giurassero, al passaggio del Santissimo, vendetta di fronte a un altare domestico. Di queste e di molte altre singolari tradizioni sono rimaste solo l’abitudine di salutare gli sposi prima o dopo la cerimonia con la rottura del piatto con grano, sale e fiori e quella di fare al novello sacerdote doni particolari nel giorno in cui celebra la sua prima messa in paese. Le feste popolari in onore di San Giovanni Battista e del patrono San Matteo che un tempo erano `, non occasione di particolari solennita differiscono oggi da quelle che si svolgono nei paesi vicini.

Chiarella, Giacomo Editore-tipografo ` sec. XIX-ivi 1900). (Sassari, prima meta ` , con il socio Andrea Nel 1847 impianto Ciceri, una stamperia ‘‘Tipografia so` tipografica’’. Due anni ciale e Societa dopo i due soci si divisero. A. Ciceri mantenne la gestione della ‘‘Tipografia sociale’’, ma nel 1855 morı` nella grande `; la epidemia di colera che colpı` la citta ` sotto il nome di ‘‘Vedova ditta continuo Ciceri’’ (che era Anna Maria Chiarella) sino al 1858. Secondo Enrico Costa, ` molti libri scolastici e curo ` «stampo specialmente la collezione delle opere dei Gesuiti, interrotta nel 1848 dopo la loro cacciata». Fra le altre opere, una Antologia in 5 volumi destinati alle scuole gesuitiche in Sardegna. Nel

` Giuseppe 1859 la vedova Ciceri sposo ` grande dei tipografi-editori Dessı`, il piu sardi di ogni tempo. Anna Maria Chiarella nel breve periodo della sua ge` ‘‘L’Osservatore’’, diretto stione stampo dall’avvocato Antonio Manunta (185758), e ‘‘Il Credente’’, diretto da Giuseppe Giordano (1857-58), ambedue di orientamento repubblicano. Intanto nello stesso 1849, dopo la separazione da Ciceri, C. aveva impiantato una tipografia propria «fornita – scrive Tiziana Olivari – di 3 macchine azionate da un motore di 2 cv. e un torchio a leva». Impiegava 14 operai, «di cui 4 al di sotto ` circa 120 volumi, dei 14 anni». Pubblico tra cui una Storia popolare della Sardegna di Antonio Camboni, 209 pagine con 12 tavole e una litografia a due colori che rappresentava Eleonora d’Arborea. `, «Fu il tipografo della locale Universita della prefettura e della provincia, stampando annuari, annunzi legali, atti dei Consigli (provinciale e comunale) e pubblicazioni periodiche». Dopo la sua morte, nel 1900, la tipografia fu gestita dai figli, che la dotarono di nuove macchine, mantenendo il nome del fondatore. Il nome rimase anche quando, nei primi decenni del Novecento, la tipografia fu ceduta al tipografo Gio. Maria ` gestiva una tipografia Baiardo, che gia a La Maddalena. Dopo la sua morte l’azienda, in continuo sviluppo (specializzata soprattutto nella fornitura della modulistica ai comuni e ad altri enti), fu ereditata dai figli Francesco e Bruno, e dopo la morte di Francesco diretta, oltre che da Bruno, da Gio. Maria, figlio di Francesco. Alla fine degli anni Sessanta la tipografia diede impulso all’at` editoriale, a partire dalla collana tivita Storia della Sardegna antica e moderna, diretta da Alberto Boscolo. Purtroppo ` rimasta interrotta prima dell’opera e l’ultimo (e dodicesimo) volume per la crisi che ha colpito l’azienda costrin-

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Chiari gendola a dichiarare fallimento nel 2002.

Chiari, Antonio Patriota (Sassari 1905Pollenzo 1945). Capitano del Genio, partigiano combattente, medaglia d’argento al V.M. alla memoria. Sorpreso dall’armistizio in Croazia, riuscı` a rien` a far parte di una trare in Italia ed entro banda partigiana: con alcuni compagni distrusse i porti di Cherasco e Pollenzo. Catturato e torturato, fu condannato a morte. Davanti al plotone d’esecuzione `: «Chi per la patria muor vissuto e ` grido assai».

` noto viaggiatori e degli stessi artisti, e per il suo soggiorno ad Atzara, dove ` nel 1901 allo scopo di comprenabito dere i caratteri del mondo sardo. In Barbagia egli rimase colpito dalla ricchezza dei costumi e dipinse alcuni olii; si introdusse anche negli ambienti culturali nuoresi stringendo amicizia con Antonio Ballero. Tornato in patria ` come grande pittore della si affermo scuola dei ‘‘costumbristi’’.

Chieffi, Francesco Dirigente d’azienda, deputato al Parlamento (Ittiri 1906-Roma 1968). Aderı` giovanissimo al Partito Popolare Italiano, ma dopo l’av` a vita privento del fascismo si ritiro ` a far parte del Covata. Nel 1943 entro mitato di Liberazione Nazionale di Roma e contribuı` alla nascita della DC. Fu eletto alla Costituente e poi riconfermato deputato per la I legislatura repubblicana. Esperto di miniere, nel 1945 fu nominato presidente della Carbonifera Sarda e nel 1948 presidente del Consiglio superiore delle Miniere. Terminato il mandato parlamentare en` a far parte del CNEL. tro

Chiera, Giovanna Semitista (n. Alba,

Eduardo Chicharro Aguera – Garden party (1909).

Chicharro Aguera, Eduardo Pittore ` essere con(Madrid 1873-ivi 1952). Puo siderato uno dei massimi rappresentanti della pittura folclorica europea e in qualche misura anche uno dei ‘‘padri’’ della pittura sarda del primo Novecento. Dopo aver iniziato a studiare ` natale, completo ` la sua fornella citta ` in rapmazione a Roma, dove entro ` porto con gli ambienti culturali piu avanzati della capitale. Attirato dal mondo sardo, del quale agli inizi del secolo si parlava molto nelle opere dei

` diventata ricerCuneo, 1953). Nel 1983 e catrice. Attualmente insegna nella se` di Roma. Dal 1984 ha conda Universita collaborato agli scavi del tofet di Monte Sirai, conclusosi nel 1986. Tra i suoi scritti: Testimonianze su Nora, 1968; Frammenti eburnei da Nora, ‘‘Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei’’, XXXIII, 1978; Una maschera silenica da Sulcis, ‘‘Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei’’, XXXV, 1980; Quarthadash = Tharros?, ‘‘Rivista di Studi fenici’’, X, 1, 1982; Osservazioni su un testo punico di Olbia, ‘‘Rivista di Studi fenici’’, XI, 2, 1983; Una protome maschile da Sulci, ‘‘Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei’’, XXXVIII, 1983; Progetto e creazione di una banca dati delle stele puniche di

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Chiesa in Sardegna Monte Sirai, ‘‘Rivista di Studi fenici’’, supplemento XII, 1984. ` di doChiesa in Sardegna La scarsita cumentazione relativa ai primi secoli ` tale del Cristianesimo in Sardegna e che solo per la fine del secolo VI e gli inizi del VII siamo in grado di tracciare un quadro sufficientemente ampio e articolato della situazione della Chiesa ` preziose, nononell’isola. Tanto piu `, sono perstante la loro frammentarieta ` le notizie pervenuteci dai secoli cio precedenti. I PRIMI SECOLI Il primo dato sicuro, dovuto a un presbitero greco della comu` romana nei primi decenni del senita colo III (fino ad alcuni decenni fa era indicato come Ippolito, ma la sua iden` molto dibattuta; sicuratificazione e mente non riconobbe nel 217 l’elezione di papa Callisto e istituı` una Chiesa rivale), si riferisce a una lettera con cui, verso il 190, l’imperatore Commodo di` sponeva che venissero posti in liberta tutti i cristiani precedentemente deportati in Sardegna e condannati a scontarvi la pena ad metalla a motivo della loro fede. Siccome la lista dei deportati acclusa alla lettera imperiale era stata preparata dal vescovo romano Vittore – e la cosa non sorprende, per´e ` noto che da qualche decennio la che Chiesa di Roma aiutava i cristiani con` dannati alle miniere nelle varie localita ` ritenere che una dell’Impero – , si puo buona parte di essi provenisse dalla co` romana: fra i graziati, non communita ` nella lista precedente perpreso pero ´ condannato alle miniere per cattiva che amministrazione dei beni del suo padrone, vi era anche lo schiavo Callisto, il futuro pontefice romano. Un’altra notizia sicura, ricavata questa volta dal Catalogo Liberiano (una lista di ponte` fici romani redatta nella seconda meta del secolo IV con brevi biografie di ciascuno, l’ultimo dei quali era, appunto,

papa Liberio), ci informa che attorno al 235 venne relegato in Sardegna, ‘‘un’isola malsana’’, il pontefice romano Ponziano insieme con il presbitero Ippolito – quest’ultimo da non confondersi probabilmente con il precedente omonimo scrittore –: entrambi vi trovarono presto la morte. La Sardegna entra quindi nella storia del Cristianesimo come ` dura conluogo di deportazione o di piu danna alle miniere. Non disponiamo, purtroppo, di dati sicuri sul numero e sulla posizione sociale o ecclesiale della maggior parte dei condannati, ` sulla loro provenienza, sulle localita dove essi scontavano la pena (anche se il villaggio minerario di Metalla, nel sud-ovest dell’isola, presenti buone ` ), come pure non sappiamo probabilita se, in periodi diversi da quelli menzionati, la Sardegna sia stata terra d’esilio per altri cristiani; meno ancora siamo informati sulle circostanze in cui, per ` dalla seconda lo meno a partire gia ` del secolo III, nei centri piu ` immeta portanti dell’isola, si formarono le ` cristiane. Certo e ` che a prime comunita Cagliari doveva essercene una assai fiorente se, poco dopo la pace costantiniana del 313, il vescovo cagliaritano Quintasio e il suo presbitero Ammonio vennero convocati dall’imperatore Costantino per partecipare al concilio di Arles (314), insieme con una cinquantina di altri vescovi della pars Occidentis dell’Impero. Una conferma dell’esi` cristiane, oltre stenza di altre comunita ` desumere quella di Cagliari, la si puo dal fatto che la grande persecuzione di ` direttamente anDiocleziano interesso che la Sardegna. Nonostante la laconi` del Martirologio Geronimiano e la cita ` di gran parte degli eleinattendibilita menti narrativi contenuti nelle tardive ` ritepassiones dei martiri sardi, si puo nere storicamente sicuro il martirio di Gavino, Lussorio, Simplicio e Saturno e

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Chiesa in Sardegna sufficientemente probabile quello di Antioco e di Efisio; come luoghi della ` antiloro passione o del loro culto piu camente attestato (entro il secolo VI) vengono indicati, oltre Cagliari, i centri di Turris Lybisonis, di Forum Traiani (le attuali Porto Torres e Fordongianus), di Sulci (Sant’Antioco) e di Nora; fino ad ` tardiva l’attestazione per Simora piu plicio a Olbia. LUCIFERO VESCOVO DI CAGLIARI La ` del Sardegna ricompare verso la meta secolo in una lettera dei padri del con`rdica (attuale Sofia, nel 343), cilio di Se ` dedurre con una buona da cui si puo ` che nell’isola vi fossero alprobabilita tre sedi episcopali oltre quella di Ca` soprattutto per il tramite di gliari. Ma e Lucifero, vescovo di Cagliari per circa vent’anni, che la Sardegna entra in modo clamoroso nella grande storia della Chiesa antica. Lo incontriamo per la prima volta nel 353, insieme con un altro sardo di nascita, Eusebio vescovo di Vercelli. Entrambi furono inviati dal pontefice romano Liberio presso l’imperatore Costanzo per tentare di flettere la politica imperiale fa` vorevole alla dottrina ariana che, com’e ` di Cristo. Due noto, negava la divinita ` di rappreanni dopo, sempre in qualita sentante di Liberio, Lucifero partecipava al concilio di Milano convocato da Costanzo: dei circa trecento vescovi intervenuti, solo Lucifero, Eusebio e Dionigi di Milano rifiutarono di piegarsi alle pressioni dell’imperatore che esigeva, pena l’esilio immediato, anche la condanna di Atanasio, patriarca di Alessandria e prestigioso difensore dell’ortodossia formulata a Nicea (325) nel primo dei grandi concili della Chiesa antica. Vennero tutti e tre inviati in esilio; per Lucifero esso trascorse successivamente nella Siria, nella Palestina e in Egitto. Liberato da Giuliano l’Apostata nel 361, l’anno seguente era ad An-

tiochia, dove il suo atteggiamento, lungi dal favorire la conciliazione delle varie fazioni che dilaniavano quell’importante sede patriarcale, favorı` quella ` intransigente indicatagli peraltro piu dal concilio di Alessandria e che da lui ` tutt’altro prese il nome: i luciferiani; e che sicuro, tuttavia, che quell’iniziativa sia partita da lui. Nei mesi seguenti dovette far ritorno a Cagliari, dove morı` attorno al 370. Malauguratamente, tanto i suoi scritti quanto le altre fonti letterarie che pure documentano abbondantemente le sue posizioni dottrinali, la sua coraggiosa lotta a favore dell’ortodossia contro l’invadente cesaropapismo di Costanzo contengono solo informazioni scarse sulle condizioni religiose dell’isola e della sua stessa diocesi. Tuttavia, il fatto che egli, vescovo sardo, fosse stato designato come rappresentante del pontefice romano insieme con Eusebio – che prima di essere eletto vescovo di Vercelli aveva ` fatto parte del clero romano – , non e forse del tutto casuale: sulla Sardegna infatti, come sulle altre province dell’Italia suburbicaria (Italia centro-meridionale e isole), il vescovo di Roma esercitava allora le funzioni di metropolita. Di questi rapporti tra la Chiesa romana e quella sarda, che vedremo saldamente affermati sul finire del secolo VI con Gregorio Magno, costituisce ` citata forse un ulteriore indizio la gia `rdica, lettera dei padri del concilio di Se fra i quali vi era sicuramente un vescovo sardo, che pregavano papa Giulio di notificare le decisioni conciliari agli altri vescovi residenti ‘‘in Sicilia, in Sardegna e in Italia’’. In questo contesto non desta sorpresa la elevazione alla sede romana di altri due ecclesiastici di origine sarda, Ilaro (461-466) e Simmaco (498-514), quello stesso di cui si conosce la sollecitudine nel fornire puntuali aiuti in vesti e soldi ai vescovi

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Chiesa in Sardegna africani esiliati in Sardegna da Trasamondo re dei Vandali. LA DEPORTAZIONE DEI VESCOVI AFRICANI L’occupazione dell’isola da parte dei Vandali (466-534), tenacemente attaccati all’Arianesimo, non pare abbia comportato, nei confronti della Chiesa sarda, misure coercitive analoghe a quelle adottate in Africa e tendenti a imporre con la forza l’adesione al ` che il re Unnerico dogma ariano. Vero e fece intervenire anche i vescovi sardi a un dibattito teologico da lui convocato a Cartagine nel 484 allo scopo di favorire l’affermazione della dottrina ariana in tutti i territori del regno vandalico; non consta tuttavia che su di essi fossero ` invece esercitate violenze, come tocco ai loro colleghi africani, per indurli ad abbandonare l’ortodossia. Ne conosciamo i nomi e le rispettive sedi: Lucifero (un omonimo del suo grande predecessore) di Cagliari, Martiniano di Forum Traiani (Fordongianus), Bonifacio di Sanafer (probabilmente Cornus, presso Santa Caterina di Pittinuri, dove recenti scavi archeologici hanno portato alla luce importanti complessi cultuali e cimiteriali), Vitale di Sulci (Sant’Antioco) e Felice di Turris (Porto Torres). L’ubicazione di queste sedi non fa che confermare gli scarsi indizi dei secoli precedenti sul processo di diffusione e di insediamento del Cristianesimo nell’isola. Verso la fine del secolo V, quindi, la nuova religione doveva essersi ormai saldamente impiantata e or` importanti ganizzata nei centri piu della costa occidentale e meridionale, nelle adiacenti pianure del Campidano e della Nurra e nell’isola di Sant’Antioco, mentre la parte centro-orientale dell’isola rimaneva ancora largamente pagana; quanto alla sede di Forum Traiani, ubicata nella regione collinosa del medio Tirso, una zona dove si svolgevano intensi contatti non sempre pa-

cifici tra le popolazioni romanizzate delle pianure e quelle barbaricine, non pare si sia dimostrata molto attiva nel favorire la penetrazione cristiana verso il centro montagnoso dell’isola. Un apporto notevole per il consolidamento ` del Cristianesimo nelle regioni gia evangelizzate, soprattutto in quelle che gravitavano attorno a Cagliari, si ebbe con l’arrivo, nel 507, di una sessantina di vescovi africani (in seguito crebbero fino a oltre 100) deportati in Sardegna a seguito dell’intollerante politica filoariana del re Trasamondo. Fra essi emergeva Fulgenzio, da poco eletto vescovo di Ruspe. Il confronto con questi coraggiosi rappresentanti della Chiesa africana, erede di Tertulliano, di Cipriano e di Agostino, dovette essere quanto mai stimolante per la Chiesa sarda. I cenni lasciatici da Ferrando, discepolo e biografo di Fulgenzio, parlano della fondazione a Cagliari di due cenobi; meglio conosciuto il secondo, costruito presso la basilica del martire locale Saturno (anche qui recenti scavi hanno individuato forme architettoniche risalenti al secolo VI e di sicura derivazione africana); nel precedente cenobio si` il vescovo tuato all’interno della citta di Ruspe, insieme con molti dei suoi confratelli esiliati, aveva potuto svolgere liberamente un’intensa e artico` pastorale e culturale facililata attivita tata anche dagli eccellenti rapporti con il clero locale – conosciamo anche il nome del vescovo di Cagliari, Brumasio – con predicazione, commento pubblico della Bibbia, dibattiti sulle questioni ` scottanti del dogma cattolico, elabopiu razione di importanti trattati teologici ispirati ad Agostino, corrispondenza con le Chiese africane e con i suoi confratelli esuli in altre parti dell’isola, responsi su problemi teologici che gli venivano sottoposti persino da vescovi e monaci dell’Oriente. Per oltre un de-

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Chiesa in Sardegna cennio, come osserva E. Besta, verso la Sardegna si volsero «con simpatia e quasi con invidia gli sguardi della Cri` ». Alla loro presenza si deve prostianita babilmente anche la fondazione delle nuove sedi vescovili di Tharros, di cui si conosce un vescovo destinatario di una lettera di Fulgenzio, e di Fausiana, poco distante da Olbia, del cui vescovo Vittore si hanno interessanti testimonianze nel Registrum epistolarum di Gregorio Magno. L’AZIONE DI GREGORIO MAGNO Poco sappiamo delle immediate ripercussioni intervenute nella Chiesa sarda in seguito alla conquista dell’isola da parte dei Bizantini nel 534. Il quadro che, sul finire del secolo, ce ne offre l’epistolario (39 lettere su oltre 850 dell’intero Registrum) di Gregorio Magno (590` certamente molto lusin604) non e ghiero: vi si parla di abituali e preoccu` politica panti interferenze dell’autorita nella vita ecclesiastica oltre che della cattiva amministrazione da parte di una burocrazia imperiale troppo ` che spesso oppressiva e venale; cio ` preoccupava maggiormente il pero grande pontefice era la scarsa attenzione del clero nell’opera di evangelizzazione. Senza contare le popolazioni della fascia centrale e orientale dell’isola, ancora tenacemente attaccate ai loro culti ancestrali – adoratrici di alberi e di pietre, scriveva Gregorio, esse vivevano come insensata animalia, espressioni mutuate dalla letteratura biblica in polemica contro il politeismo ` antica cristia– , anche nelle zone di piu nizzazione rimanevano numerose sacche di paganesimo e di superstizione senza che gli ecclesiastici se ne preoccupassero molto; la condotta morale di questi, poi, non era sempre esemplare, se persino qualche vescovo – si trattava addirittura del metropolita di Cagliari ` intraprenGianuario – si mostrava piu

dente nel perseguire con ogni sorta di vessazioni i propri debitori che nell’impegno pastorale: in una parola, debole con i forti e prepotente verso i deboli. Vi era, inoltre, soprattutto a Cagliari, un pullulare troppo caotico di monasteri e cenobi sia maschili sia – soprattutto – femminili, alcuni dei quali riccamente dotati, mentre venivano trascurati gli ospizi per i viandanti e per i poveri (xenodochia). La stessa mancanza di organizzazione e di subordinazione si notava nei rapporti tra i sei vescovi della provincia ecclesiastica sarda e il loro metropolita cagliaritano (l’epistolario gregoriano parla di 7 vescovi, compreso il metropolita, ma indica soltanto i nomi di tre sedi episcopali: Cagliari, Turris e Fausiana). L’azione di Gregorio ` si svolse contemporaneamente su piu direzioni, anche se solo nel quarto anno del suo pontificato egli venne informato della presenza di numerosi pagani nell’isola; a questo scopo aveva inviato in Sardegna il vescovo Felice e l’abate Ciriaco per organizzare la predicazione del Vangelo tra i Barbaricini e, ` missionaria, per secondarne l’attivita egli aveva presto sollecitato, oltre che il concorso del pigro (torpentes) corpo episcopale locale, quello del generale bizantino Zabarda che aveva costretto alla pace quelle irrequiete popolazioni e poi anche l’aiuto e la protezione dello ´spiton, stesso capo dei Barbaricini, Ho che era stato inaspettatamente – ne ignoriamo del tutto le circostanze – convertito al Cristianesimo. Un metodo analogo venne seguito da Gregorio per ridurre le sacche di paganesimo nei ter` cristianizzati: non si contento `, ritori gia ` , di scuotere l’inerzia degli ecclecioe siastici che vennero anche invitati a ricorrere a mezzi coercitivi per affrettare ` renitenti, la conversione dei pagani piu ` anche la collaborazione ma si assicuro dei grandi possessores e dei funzionari

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Chiesa in Sardegna governativi, senza esitare tuttavia a denunciare le frequenti malversazioni di questi ultimi al prefetto del pretorio e allo stesso imperatore. Una parte consistente dell’epistolario gregoriano si occupa di questioni riguardanti la riforma del clero, la disciplina dei numerosi monasteri, il comportamento degli stessi vescovi (e, in particolare, del metropolita Gianuario, sul conto del quale il pontefice appare sempre informatissimo), la corretta amministrazione del cospicuo patrimonio che le Chiese locali possedevano in Sardegna: un interessamento incalzante che arrivava ` fino ai piccoli dettagli e che sovente da l’impressione di passare sopra la testa di una gerarchia locale, a dire il vero tutt’altro che all’altezza della situa` proprio per elevarne il lizione. Ed e vello e per stimolarla a una gestione ` responsabile della Chiesa che Grepiu gorio raccomandava una maggiore collaborazione tra vescovi e metropolita e con quest’ultimo insisteva sulla pun` della celebrazione semestrale tualita dei sinodi provinciali a cui gli altri vescovi (i suffraganei) erano tenuti a intervenire. L’INFLUSSO BIZANTINO Il ruolo svolto da Gregorio nelle vicende isolane sia ecclesiastiche che civili (su 72 documenti emanati dai pontefici romani tra il 355 e il 1064 su questioni interessanti la Sardegna e regestati nel vol. X di Italia pontificia, ben 52 si collocano nei 14 anni del suo pontificato) non poteva essere facilmente dimenticato dai suoi immediati successori: cosı`, ad esempio, verso il 626-629, Onorio I intervenne in un conflitto tra il praeses Teodoro e il metropolita di Cagliari e tra quest’ultimo e numerosi ecclesiastici della `. I legami con la Chiesa rostessa citta mana dovevano essere ancora molto ` del secolo VII se, in forti verso la meta pieno svolgimento di un altro dibattito

teologico – quello sul Monotelismo – che ebbe anche notevoli ripercussioni politiche, al vescovo Diodato di Cagliari venne riservato il terzo posto (dopo il pontefice Martino I e il patriarca di Aquileia) fra i quasi 100 partecipanti al sinodo Lateranense del 649. Altrettanto ` dire a proposito di Giovanni V, si puo che attorno al 685-686 rivendicava al pontefice romano l’ordinazione del vescovo di Torres, indebitamente ordinato da Citonato di Cagliari. Dopo questo episodio, se si eccettua una lettera di Leone III a Carlo Magno nell’813 nella quale si parla di un fallito tentativo di invasione saracena in Sardegna, per oltre un secolo e mezzo non si hanno ` notizie di interventi romani nella piu Chiesa sarda. La ripresa dei contatti, ` di documentata soltanto per poco piu un quarto di secolo tra l’847 e l’873, di` una tale vivacita ` da renmostra pero dere difficilmente proponibile l’ipotesi di un completo assorbimento della Chiesa isolana nell’orbita di quella bizantina: di questi 28 anni restano infatti ben 9 lettere di pontefici (Leone IV, Ni` I e Giovanni VIII), dirette al vecolo scovo di Cagliari indicato anche come episcopus Sardiniae o allo iudex, ma talvolta anche agli iudices o principes Sardiniae; oltre a questioni attinenti la disciplina ecclesiastica e la riforma dei costumi (proibizione di nozze fra consanguinei), esse hanno per oggetto anche la richiesta di uomini e di armi per difendere Roma dalle incursioni saracene e persino di tessuti molto ricercati, necessari per confezionare gli indumenti liturgici del pontefice. D’altra parte, anche sui rapporti con la Chiesa bizantina le fonti letterarie rimasteci sono piuttosto esigue: esse si limitano quasi esclusivamente a documentare la partecipazione di vescovi sardi o di loro rappresentanti ad alcuni concili celebrati in Oriente tra il 680 e il 787

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Chiesa in Sardegna (Citonato di Cagliari intervenne al concilio Costantinopolitano III del 680-681, mentre al concilio Niceno Il del 787 Tommaso di Cagliari fu rappresentato da Epifanio, diacono di Catania); quanto basta, comunque, per testimoniare la partecipazione della Chiesa sarda, almeno a livello di gerarchie, ad alcuni importanti dibattiti teologici che ` interessarono soprattutto la Cristianita orientale. Purtroppo le stesse fonti ci dicono ben poco sull’influsso della reli` bizantina in Sardegna; un ingiosita flusso che invece ha lasciato tracce significative con edifici di culto, sculture, iscrizioni dedicatorie o celebrative e ` negli strati piu ` profondi che penetro ` sarda contribuendo a modella societa dellarne molti aspetti della vita religiosa: basti citare l’adozione di usi liturgici, il culto di numerosi santi orientali alcuni dei quali tuttora venerati, soprattutto i penitenti e gli eremiti. Non va tuttavia dimenticato che questa reli` , nonostante l’evangelizzazione giosita proseguita anche dopo Gregorio Ma` a conservare, soprattutto gno, continuo ` marginali, nelle zone e negli strati piu usi, credenze e riti pagani, a volte appena sommariamente cristianizzati; ` nei secoli secontro di essi si esercitera guenti e non sempre con successo l’azione pastorale di molti vescovi riformatori. DALLA SCONFITTA DEGLI ARABI A BONIFACIO VIII Nel frattempo, fin dalla se` del secolo VII, a seguito delconda meta l’espansione araba nel Mediterraneo (Cartagine viene conquistata nel 698), la Sardegna si era venuta a trovare ai margini occidentali dell’Impero bizan` grave nei primi tino. La situazione, gia decenni del 700 dopo la conquista musulmana della penisola iberica e delle Baleari, si fece drammatica quando gli Arabi riuscirono a installarsi in Sicilia ` (827). Per alcuni secoli l’isola si trovo

pertanto completamente esposta alle intermittenti incursioni dei pirati sara` , attorno al 1015, fallirono ceni, che pero nel tentativo di impadronirsene defini` in questa situazione, setivamente. E gnata da un’obiettiva e crescente diffi` di comunicare con il mondo colta esterno e soprattutto con la lontana ca` che tuttapitale dell’Impero – difficolta ` mai completamente i via non blocco ´ con Bisanzio ne ´ con Roma, contatti ne ` ricordato, ma neancome abbiamo gia che con i Longobardi e persino con al` cristiane della Spagna cune comunita islamizzata e con l’Impero franco – che si elaborarono lentamente quelle strut` consoliture politiche che appaiono gia ` del secolo XI date nella seconda meta quando, finalmente, la documentazione ricompare (1064) continua e relativamente abbondante. Il quadro organizzativo della Chiesa sarda si presenta, in questo momento, notevolmente diverso da quello attestato nell’epistolario di Gregorio Magno: cosı`, ad esempio, in luogo di un’unica provincia ecclesiastica con sei vescovi suffraganei facenti capo al metropolita di Cagliari, ve n’era certamente una seconda, ` estremaquella di Torres. Se, com’e mente probabile, durante il pontificato di Alessandro II (1060-1073) fu costituita, insieme con quella di Torres, anche la provincia di Oristano, si do` alla fine di quel sevrebbe dire che gia colo la Chiesa sarda aveva ormai acquisito quella suddivisione territoriale che, almeno nelle grandi linee, si sarebbe conservata anche nei secoli se` certo, comunque, che nel seguenti. E colo XII vi erano in Sardegna tre sedi metropolitane: quella di Cagliari, con le suffraganee di Suelli, Dolia e Sulci; quella di Torres, con Bisarcio, Castra ` la dizione giusta), (questa e non Castro e Ottana, Ampurias, Bosa, Sorres e Ploaghe; quella di Oristano, con Usellus,

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Chiesa in Sardegna Terralba e Santa Giusta. Direttamente dipendenti dalla Santa Sede erano invece le sedi di Civita e Galtellı`, sebbene per alcuni decenni a partire dal 1138 esse sarebbero state sottoposte al metropolita pisano. Una straordinaria proliferazione di diocesi, di cui non siamo ancora in grado di indicare le tappe di formazione o le spinte che la ` azzardeterminarono; non sembra pero dato supporre che su questo fenomeno, peraltro tardivo, abbia avuto un peso notevole il nuovo contesto sociale, culturale e politico venutosi a creare in seguito al progressivo affievolimento dei legami con Bisanzio e al contemporaneo emergere di interessi e di forze, dentro e fuori dell’isola, che tentarono di prenderne il posto; insomma, quello stesso contesto che, in campo politicoamministrativo, dette origine a quelle ` territoriali indipendenti che fuentita rono i giudicati; non pare invece probabile un intervento diretto in questo campo da parte della Chiesa romana; ancora nel 1073, infatti, Gregorio VII lamentava la scarsa attenzione dei suoi predecessori nel curare i rapporti con i giudici sardi. Il grande papa riformatore non appariva, per parte sua, minimamente intenzionato a meritare lo ` che la orstesso rimprovero, tanto piu mai consolidata indipendenza dei giudici sardi da Bisanzio e il definitivo allontanamento della minaccia musulmana a seguito della crescente attenzione che dimostravano per l’isola le repubbliche di Genova e di Pisa rende` facile il totale ricupero vano molto piu della Chiesa sarda nell’orbita della Cri` latina. A questo scopo, Gregorio stianita VII si rivolse direttamente ai quattro giudici esortandoli a riannodare gli antichi vincoli di devozione della gente sarda verso la Sede apostolica (1073); in attesa dell’arrivo di un suo legato, potevano indirizzarsi all’arcivescovo di

` tardi, nel 1080, Torres. Alcuni anni piu ´ aveva notato in loro una forse perche certa resistenza nei confronti della sua politica di riforma ecclesiastica, egli non esitava a far balenare la minaccia di concedere la Sardegna in feudo ad ` arrendevoli alle altri pretendenti piu sue richieste. Questo atteggiamento intransigente fu mantenuto, anche se non con la stessa determinazione, dai suoi successori; uno di essi, Urbano II (1088` i destini dell’isola a Pisa, 1099), lego concedendo al suo presule – elevato nel 1092 al grado di arcivescovo – l’ufficio di legato perpetuo della Santa Sede sulla Sardegna, col potere di celebrarvi sinodi generali; altri privilegi gli vennero concessi da altri papi che lo fecero primate delle province ecclesiastiche sarde, facilitando in tal modo la penetrazione religiosa, culturale, commerciale e politica del comune toscano in Sardegna. Non sembra tuttavia che i papi abbiano avuto inizialmente mire politiche sull’isola se non dopo la se` del secolo XII, come reaconda meta zione alla politica ‘‘insulare’’ di Federico Barbarossa (1164-1165). Nonostante gli ostacoli che si frapposero a questa nuova linea politica papale da parte dei giudici, delle repubbliche di Genova e Pisa, degli stessi imperatori svevi, essa avrebbe finito per trionfare determinando cosı` il destino della Sardegna: fu infatti papa Bonifacio VIII che, nel 1297, concesse a Giacomo II di Aragona l’investitura della Sardegna, ` lunga dominadando cosı` inizio alla piu zione subı`ta dall’isola dopo quella romana. L’ARRIVO DEGLI ORDINI MONASTICI Uno ` efficaci per inserire degli strumenti piu maggiormente la Sardegna nell’orbita della Chiesa latina – dalla quale per al` largatro non era mai uscita – , e percio mente incoraggiato dalla Santa Sede, fu ` dal l’arrivo dei monaci benedettini. Gia

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Chiesa in Sardegna 1063 il giudice Barisone di Torres si era rivolto a Montecassino; qualche anno ` tardi agli stessi Cassinesi venivano piu fatte promesse di donazioni di chiese e di terreni da Orzocco Torchitorio di Cagliari che, poco prima della sua morte (1081), aveva chiamato i Vittorini di ´ le precedenti proMarsiglia giacche messe erano state disattese dai Cassinesi. Nel giro di alcuni decenni altri ordini monastici – Camaldolesi, Vallombrosani e Cistercensi – giunsero in Sardegna fondandovi chiese, abbazie, priorati, dipendenze periferiche per lo sfruttamento dei numerosi terreni – si trattava talvolta di interi salti – ricevuti in donazione. Una scorsa anche rapida ai pochi superstiti condaghes (i registri sui quali venivano meticolosamente annotati i contratti di acquisto, di vendita, di permuta, di donazione relativi a ter` quanto mai illumireni, case, servi) e nante per avere un’idea sulla gestione patrimoniale e sui negozi giuridici di questi stessi monasteri: un inventario dei beni del priorato vittorino di San Saturnino di Cagliari, compilato nel ` non solo i monaci 1338, quando cioe marsigliesi, precedentemente e a lungo osteggiati da pisani e genovesi, ma anche quelli degli altri monasteri erano ormai in piena decadenza economica e organizzativa, fa menzione di oltre 80 appezzamenti di terra situati nelle vicinanze di Cagliari, di quasi 100 distribuiti in 28 ‘‘ville’’ appartenenti per lo ` ai territori dell’ex giudicato di Capiu gliari, senza contare 13 chiese e 36 schiavi. Una presenza monastica cosı` massiccia, specie nel giudicato di Torres, non poteva alla lunga non provocare reazioni risentite da parte del clero locale: direttamente dipendenti dal papa, i monaci sfuggivano alla giurisdizione vescovile; chiamati espressamente dai giudici e da loro colmati di donazioni, esenzioni e privilegi – oltre a

quelli ricevuti dalle famiglie aristocratiche locali – , essi detenevano parte del patrimonio ecclesiastico pur senza esercitare ordinariamente la cura animarum diretta, abbandonata nelle mani di un clero rozzo e poco istruito. Il malcontento di quest’ultimo era inoltre aggravato dalle larghissime concessioni a beneficio delle ‘‘Opere’’ di Santa Maria di Pisa e di San Lorenzo di Genova, fatte dai giudici nell’intento di assicurarsi il favore delle due potenti repubbliche marinare. Di qui tutta una serie di liti per questioni di competenza giurisdizionale o per interessi economici, di ricorsi ai papi, di numerosi privilegia protectionis emanati da costoro a favore dei monasteri, di decisioni di sinodi convocati espressamente per riportare la pace tra monaci e clero diocesano: il sinodo ‘‘nazionale’’ di Santa ` persino a interdire Giusta (1226) arrivo il conferimento di qualsiasi beneficio a ecclesiastici pisani. Eppure, nonostante queste frizioni, l’arrivo dei mo` un fattore di primaria naci rappresento importanza per il rinnovamento della Chiesa sarda. Dopo un lungo periodo di isolamento, essa veniva posta a contatto, anche se in maniera alquanto bru` vive correnti religiose sca, con le piu ` latina sulla emerse nella Cristianita ´ va discia della riforma gregoriana. Ne menticato il fondamentale contributo dei monaci – provenienti da aree abbastanza diversificate – allo sviluppo dell’arte, della cultura, dell’economia isolane e della codificazione della stessa lingua sarda: si deve anche a loro se ` essere considerato questo periodo puo ` vivaci e creativi di come uno dei piu tutta la storia sarda. LA SITUAZIONE DEL CLERO DIOCESANO ` GIUDICALE Meno floride, inNELL’ETA vece, erano le condizioni del clero diocesano. Sebbene alcune sedi vescovili – quelle di Cagliari e di Oristano, ad

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Chiesa in Sardegna esempio – fossero straordinariamente ricche, buona parte di esse non pote` importanti vano competere con i piu ` solidamente orgamonasteri, ben piu nizzati e ramificati. In compenso, i vescovi godevano solitamente di un maggiore potere politico: soprattutto i metropoliti, che figuravano tra i consi` influenti nelle corti dei giuglieri piu dici e spesso venivano da questi designati come loro ambasciatori per trattare questioni di politica estera. Ma proprio questa posizione di prestigio esponeva la loro nomina, come del resto ` imquella dei titolari dei benefici piu portanti, alle ingerenze del potere politico, fosse questo detenuto dai giudici o, come avvenne in seguito, da Pisa o da Genova, che sottolineavano cosı`, anche nell’ambito ecclesiastico, la loro pene` invadente ed egetrazione sempre piu monica in campo economico e politico. Anche i beni dei capitoli, delle parrocchie delle altre chiese, non cosı` ben protetti come quelli dei monasteri, dovevano costituire una preda facile e allettante, se si tiene conto della frequenza con cui venivano rinnovate le sanzioni canoniche contro gli attentati al patrimonio ecclesiastico; comunemente praticata dai notabili locali era, ad esempio, l’utilizzazione a loro proprio vantaggio dei mezzi di produzione (schiavi, animali di lavoro, strumenti ´ agricoli) appartenenti alle chiese. Ne le insidie al patrimonio ecclesiastico venivano soltanto dai laici; assai indicativo, a questo proposito, un canone del sinodo di Santa Giusta che non rico` al testamento fatto da nosceva validita un beneficiato a favore dei propri congiunti se prima egli non avesse dimostrato davanti al vescovo che i beni di cui intendeva disporre non appartenevano alla Chiesa: quasi dovesse in precedenza liberarsi di un pesante pregiudizio in suo sfavore. Lo stesso sinodo,

celebrato nel 1226 sotto la presidenza di Goffredo, legato della Santa Sede per Sardegna e Corsica, e con l’intervento di tutti i vescovi e degli altri pre` abati) allo scopo di lati sardi (per lo piu estendere all’isola i deliberati del concilio Lateranense IV (1214-1215), denunciava altri aspetti preoccupanti nella vita del clero: assenza quasi totale di selezione nel reclutamento, ignoranza, comportamento anche esteriore poco dissimile da quello dei laici, concubinato diffuso, frequente abitudine ` accentuata di portare armi, litigiosita dal ricorso ai tribunali civili anche quando l’oggetto della contesa era di competenza di quelli ecclesiastici. Non si trattava, certo, di fenomeni che riguardassero solo il clero sardo; tuttavia, i frequenti richiami dei canoni alle situazioni locali lasciano intendere che questi abusi erano profondamente radicati nella vita ecclesiastica isolana: un ‘‘colore locale’’ che emerge anche da alcune disposizioni adottate per correggerli, come ad esempio la impietosa determinazione nell’eliminazione del concubinato tra il clero, riducendo in ` i figli degli ecclesiastici conschiavitu cubinari, e persino le donne che rifiutavano di separarsene, mentre il Lateranense IV si limitava a irrogare contro quei clerici soltanto la sospensione a divinis e la perdita del beneficio; altret` dire a proposito dell’adattanto si puo tamento alle condizioni della cultura scritta nell’isola di quanto il concilio aveva prescritto sull’istruzione del clero: mentre, secondo il Lateranense, non solo le chiese cattedrali ma anche tutte le altre che ne avessero avuto i mezzi economici erano tenute a stipendiare un maestro che istruisse il clero in gramatice facultate ac aliis, e quelle metropolitane venivano obbligate ad avere almeno anche un dottore in Teologia, le esigenze del sinodo di Santa

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Chiesa in Sardegna ` modeste: ci si Giusta erano molto piu contentava di prescrivere la presenza di un maestro di grammatica nelle sole sedi metropolitane; in compenso, si consentiva a coloro che desideravano frequentare uno ‘‘studium’’ teologico fuori della Sardegna di continuare a percepire le rendite del beneficio durante questa assenza giustificata, a condizione di stipendiare un sostituto. Il sinodo non ci offre, purtroppo, molte informazioni sulle condizioni religiose della popolazione. Senza dubbio, il rispetto per la vita umana non doveva essere molto alto, se il sinodo sentiva il bisogno di denunziare la preoccupante frequenza con cui persino l’uccisione di ecclesiastici ‘‘si verifica[va] in Sarde` che altrove, col ferro, col veleno gna piu o in altri modi’’; nulla veniva detto, invece, sulle cause del fenomeno. Ugualmente problematici restavano i motivi della sorprendente prescrizione dell’ultimo canone del sinodo che faceva obbligo a tutti gli uomini liberi, tam maiores quam minores, di consentire alle loro mogli e sorelle di recarsi in chiesa almeno nelle domeniche e nelle ` orationis causa vel penialtre solennita ` sorprendente, infine, tentie. Ancora piu ` il fatto che la piu ` famosa disposizione e del Laterano (l’obbligo della confessione una volta l’anno e della comunione pasquale per tutti i fedeli giunti ` della ragione) non avesse risconall’eta tri espliciti nel sinodo nazionale sardo; sarebbe tuttavia imprudente concluderne che l’obbligo del precetto pasquale fosse del tutto sconosciuto nell’isola: esso era invece sicuramente atte` , costato nel secolo seguente. Certo e munque, che la diffusione generaliz` chiarazata della pratica pasquale e mente documentata dai cosiddetti sinodi del Logudoro nel secolo XV, sui ` avanti. quali torneremo piu LA CHIESA SARDA E IL POTERE ARAGO-

NESE L’investitura della Sardegna che, nel 1297, Bonifacio VIII concedeva a Giacomo II d’Aragona non si inseriva ` vasto disegno delsolamente nel piu l’ambizioso pontefice che voleva pacificare tra loro i principi cristiani in vista di una nuova crociata, ma indicava anche la determinazione, da parte della Santa Sede, di riprendere risolutamente in mano il controllo della situazione politica ed ecclesiastica sarda ormai radicalmente mutata in seguito alla lunga lotta tra Genova e Pisa per la supremazia sull’isola. Dei quattro giudicati, solo quello di Arborea era rimasto indipendente, mentre il resto della Sardegna era ormai sotto la sfera di influenza o il diretto controllo di Pisa e, in misura minore, di Genova. Anche la Chiesa aveva subito i contraccolpi della secolare contesa: la decadenza dei monasteri, la dispersione del loro cospicuo patrimonio, la presenza di ecclesiastici pisani o genovesi alla testa delle ` imporsedi vescovili o dei benefici piu ` evidenti. Intanti ne erano i segni piu vano i pontefici avevano tentato di contrastare questa invadenza politica, commerciale e religiosa; la rivendica` si era zione della loro alta sovranita ` espressa sovente con le stesse modalita temporalistiche di coloro che essi in´ l’arrivo dei tendevano combattere; ne Francescani e dei Domenicani fu in grado di sostituire, soprattutto nelle campagne, la presenza religiosa dei monasteri che si andavano spopolando. Ma il ricorso ai sovrani aragonesi, giustificato anche dalla speranza che essi ` rispettosi verso le risi mostrassero piu chieste della Santa Sede, non fece che aggravare la situazione. Se, da una ` vero che essi non si opposero parte, e esplicitamente all’estensione del sistema centralistico e fiscale pontificio a tutti i benefici ecclesiastici – come dimostra, per gli anni 1341-1359, il volume

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Chiesa in Sardegna sulle Rationes decimarum Italiae relativo alla Sardegna – e si dimostrarono osservanti – almeno inizialmente – del pagamento del tributo feudale (2000 marchi d’argento annui, circa 500 kg) ` di vassalli, dovevano che, in qualita alla Santa Sede, dall’altra, mediante la dilatazione della loro politica di distribuzione dei feudi, essi contribuirono a scardinare quasi completamente l’organizzazione patrimoniale dei monasteri e, con la nomina di sudditi della Corona alle sedi vescovili, intendevano ` strettamente la controllare sempre piu vita della Chiesa; l’istituzione dei parlamenti e la presenza in essi di un braccio ecclesiastico, che diventava cosı` componente essenziale del nuovo ordinamento statale, non poteva che facilitare il raggiungimento di questo obiettivo. LA GUERRA E LO SCISMA Due altri fat` tori contribuirono, nella seconda meta del secolo XIV e nei primi decenni del XV, ad accelerare la decadenza della Chiesa sarda: la guerra tra Aragona e Arborea e lo scisma d’Occidente. Gli ef` la fetti di quest’ultimo, che interesso ´ essa Sardegna solo di riflesso, perche doveva necessariamente seguire le scelte d’obbedienza tra i papi rivali decise dai sovrani aragonesi orientati verso il papa avignonese mentre il giudice d’Arborea era legato a quello di Roma, si sarebbero alla lunga concretizzati in forme giuridiche (diritto regio di placet e di exequatur) che avrebbero ` avviato sancito definitivamente il gia controllo dello Stato sulla Chiesa. Di ` gravi, non solo sulla gran lunga piu Chiesa ma anche sull’intero tessuto sociale dell’isola, furono le conseguenze ` tra i re d’Aragona e della lunga ostilita ´ con essa si i giudici di Arborea, perche cumularono gli effetti devastanti di successive ondate di carestie e di pestilenze. Basti pensare che nell’arco di un

secolo e mezzo (1318-1484) la percentuale dei villaggi abbandonati, secondo i calcoli di Carlo Livi (La popolazione della Sardegna nel periodo aragonese, ‘‘Archivio storico sardo’’, XXXIV, 2, 1984), raggiunse il 73% (475 su un totale di 825): una catastrofe demografica che, come afferma Marco Tangheroni, sconvolse la tipologia degli insediamenti abitativi sul territorio e che non poteva non ripercuotersi sull’organizzazione ecclesiastica, sul suo patrimonio anzitutto, fondato quasi esclusivamente sulla rendita fondiaria ormai scompaginata a causa dei guerrarum turbines, mortalitates et alii sinistri eventus. Furono proprio questi motivi che condussero, verso la fine del secolo XVe i primi anni del XVI, alla drastica riduzione delle sedi vescovili da 18 a 7: Cagliari rimase senza sedi suffraganee, inglo` i territori delle diocesi bando pero unite di Suelli (fin dal 1420), Galtellı`, Dolianova e Sulci; Oristano, ingrandita con la diocesi di Santa Giusta, ebbe come sede suffraganea solo Ales, a sua volta costituita con i territori di Terralba e Usellus; infine, Sassari, dove fin dal 1434 si era definitivamente trasferito l’arcivescovo di Torres, con le diocesi unite di Ploaghe e Sorres, aveva come suffraganee Bosa, Civita e Ampurias – unite, queste ultime due, sotto lo stesso vescovo – e la nuova diocesi di Alghero, formata dai territori di quelle unite di Ottana, Castra e Bisarcio. La ` politica, sociale persistente instabilita ed economica conseguente a questa situazione non incoraggiava certo i vescovi o i grandi beneficiati a risiedere nell’isola: molti di loro, in maggioranza iberici ma spesso anche impiegati presso la curia pontificia, erano abitualmente assenteisti, quando pure non cumulavano anche rendite di parrocchie il cui servizio religioso veniva abbandonato, dietro un miserabile

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Chiesa in Sardegna ` compenso, agli ecclesiastici locali. Cio si traduceva in continui conflitti all’interno della categoria. I cosiddetti ‘‘sinodi del Logudoro’’ (cosı` chiamati per´ celebrati tutti nel ‘‘Capo’’ di Sassari che e del Logudoro: a Castra nel 1420, a Bisarcio nel 1437, a Sassari nel 1442, a Sorres nel 1463 e a Ottana nel 1474) testimoniano sia la decisa opposizione del clero locale alla concessione di benefici a ecclesiastici extradiocesani, sia l’emergere di una tendenza contrattualista nei rapporti tra vescovo e clero, analoga a quella che cominciava a manifestarsi nei parlamenti nell’ambito delle relazioni tra la Corona e i ceti pri`, che povilegiati. Questa conflittualita ` dei gravi problemi alla discineva gia plina ecclesiastica, poteva diventare ` acuta in alcuni casi particolari piu come nella parte alta di Cagliari (il quartiere di Castello) o ad Alghero, abitate quasi esclusivamente da sudditi originari della Corona di Aragona: il ` , esso pure di oriclero di queste citta gine iberica, non soddisfatto della riserva ottenuta sui benefici cittadini, spesso contendeva al clero locale anche ` cospicui nel restante territoquelli piu rio diocesano. VITA E COSTUMI DEL CLERO In questo contesto le condizioni culturali e morali del clero erano tutt’altro che bril` vero che molti vescovi avevano lanti. E fatto studi superiori di filosofia, diritto ` non era di grande e teologia, ma cio aiuto a motivo dell’assenteismo di cui ` gia ` parlato. Quanto al clero dei casi e pitoli o in cura d’anime, i pochi ecclesiastici che avessero conseguito gradi accademici erano quasi tutti iberici; nessuna notizia abbiamo di persone o di istituzioni che provvedessero d’ufficio all’istruzione del clero, la cui formazione culturale doveva essere quanto mai rudimentale. I sinodi del Logudoro si limitavano a esigere dagli ecclesia-

stici aspiranti al presbiterato che fossero in grado di leggere il breviario e, da quelli in cura d’anime, che tenessero aggiornato il registro di amministrazione dei sacramenti (purtroppo, nes` pervenuto suno di questi documenti e fino a noi); solo per quelli di Bisarcio si richiedeva che, oltre al breviario, i futuri presbiteri sapessero bene cantare, legere et ad minus Donatum cum suo sensu capire: ma, con quali risultati? Si ignora ugualmente se la decisione dell’arcivescovo di Sassari Pietro Spano (1432) di applicare le rendite di alcuni monasteri soppressi a beneficio di uno ` magistri ad instructionem pueroo piu rum in gramaticalibus et aliis scientiis sia stata realizzata. Curiosamente, tra i sinodi sopra ricordati, solo quello di Sorres prevedeva un canone contro gli ecclesiastici che mantenevano presso ´ una concubinam seu focariam aut di se ` fa quasi pensare che l’oamantem; cio missione equivalesse alla tacita tolleranza verso un costume molto radicato presso il clero dei villaggi. Ancora nel 1560, stando alla relazione di un gesuita giunto da quasi un anno a Sassari, la maggior parte degli ecclesiastici della zona erano «pubblicamente accasati con le loro concubine e con la casa piena di figli»; egli riferiva anche l’opinione diffusa, secondo la quale «nei villaggi del regno non vi sia ecclesiastico che non sia pubblicamente accasato; iniziano anzi la loro pubblica convivenza con speciali cerimonie, tra le quali quella dei genitori e parenti della donna prescelta che la accompagnano ` fino alla sua casa, facendola con cio ` onorata stesso diventare la donna piu (honrada) del villaggio». Per quanto si debba fare una tara sulla generalizzazione di quel costume descritto dallo zelante gesuita – ma una notizia relativa al 1568 ci informa che quell’anno l’arci` costrinse 60 vescovo di Sassari Segria

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Chiesa in Sardegna ecclesiastici concubinari a fare penitenza pubblica – va notato che la sua testimonianza si pone nella stessa linea ` note dell’arcivedi quelle coeve e piu scovo di Cagliari Antonio Parragues de Castillejo e di Sigismondo Arquer, l’infelice magistrato cagliaritano condannato al rogo a Toledo nel 1571. ` NEL PERIODO CLERO E RELIGIOSITA ARAGONESE E NELLA PRIMA PARTE DI QUELLO SPAGNOLO Eppure, nonostante tutto questo, dalla lettura dei sinodi del Logudoro si ha l’impressione ` che alcune fra le pratiche religiose piu ` largamente seimportanti fossero gia guite dalla popolazione. Quella del precetto pasquale anzitutto, per la cui osservanza era previsto un controllo articolato attraverso una serie di fasi che andavano dall’inizio della Quaresima fino al termine del periodo pasquale, con relative ammonizioni e sanzioni canoniche. Un particolare obbligo incombeva sul clero in cura d’anime per l’amministrazione degli ultimi sacramenti ai moribondi, la cui negligenza doveva essere severamente punita; anche la celebrazione del matrimonio era oggetto di varie prescrizioni tendenti soprattutto a sradicare l’inveterata abitu` condannata dai papi fin dine sarda, gia ` del secolo IX, di dalla seconda meta contrarlo nonostante l’impedimento di parentela tra i futuri sposi. Non minore ` , anche al cura veniva prestata, pero controllo del pagamento delle decime o delle altre contribuzioni a favore del clero; il ricorso alla scomunica contro gli inadempienti era piuttosto frequente: a questo proposito, il clero non faceva che applicare ai laici la prassi che la curia pontificia seguiva senza troppi riguardi nei confronti degli stessi ecclesiastici, fossero anche vescovi, quando si dimostravano poco ` puntuali in questo campo. Quanto si e ` un quadro comdetto finora non ci da

pleto della pratica religiosa in Sardegna e, ancor meno, consente di esprimere una valutazione sul grado di penetrazione del messaggio evangelico nelle coscienze. Forse, l’elemento dominante ` preoccupante e allo stesso tempo piu delle condizioni religiose del popolo – in questo l’isola non si discostava gran´ dalle zone piu ` marginali della Criche ` latina alla vigilia della Riforma stianita protestante – era la straordinaria e generalizzata ignoranza delle nozioni fondamentali del Cristianesimo. Come sottolineava Sigismondo Arquer, le stesse pratiche religiose rischiavano di ridursi sovente a mera esecuzione di gesti che un controllo fiscale rendeva inevitabili ma che nella coscienza popolare assumevano un carattere magico non molto dissimile dalle altre pratiche superstiziose che continuavano a coesi` ufficiale; stere a lato della religiosita sul finire del secolo, nel 1594, il gesuita Olivencia informava il suo superiore generale delle condizioni religiose in cui i suoi confratelli andati in missione «nella zona montagnosa dell’isola» avevano trovato quelle popolazioni: «Sono pronti a ricevere sia la dottrina di Mao´ non metto che la legge di Cristo perche ´ dell’una ne ´ dell’altra sanno niente ne ma credono soltanto in incantesimi e ¨ eros)». Di presagi (hechizerı´as y agu scarsa efficacia, nella lotta contro que` sti residui di paganesimo, si dimostro l’istituzione dell’Inquisizione, operante in Sardegna con una certa conti` gia ` dalla seconda meta ` del secolo nuita XV e che, verso la fine dello stesso se` sotto il controllo dell’omocolo, passo nimo tribunale spagnolo (1492; inizialmente il tribunale ebbe sede a Cagliari, ma dal 1563 fu trasferito a Sassari dove rimase fino al 1708). Il suo ruolo, invece, fu decisivo nello scoraggiare e nel perseguire con estrema durezza ogni tenta-

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Chiesa in Sardegna tivo di penetrazione protestante nell’isola. IL RINNOVAMENTO POSTRIDENTINO Questo atteggiamento di inflessibile chiusura alle idee protestanti – presenti soltanto attraverso isolati e marginali tentativi di infiltrazione presto individuati ed eliminati – non costituisce ` l’aspetto caratterizzante della pero Chiesa sarda nel periodo postridentino. Anzi, nonostante le numerose ombre, essa conobbe per circa cento anni, fino ` del secolo XVII, un vivace pealla meta riodo di rinnovamento religioso. Alcuni modesti tentativi di riforma non erano ` poco prima del concilio di mancati gia Trento e durante la sua celebrazione, come quelli intrapresi a Sassari su mandato dell’arcivescovo Salvatore Alepus e sulla scia dei precedenti si` soprattutto nodi del Logudoro; ma e dopo la conclusione del Tridentino e nei decenni seguenti che prende avvio un vasto movimento di riforma che tra` il volto della Chiesa sarda. Le sformera stesse denunce fatte da ecclesiastici e ` laici contro i disordini e gli abusi piu evidenti – esse si infittiscono e si fanno ` precise man mano che ci si addenpiu ` del secolo XVI – tra nella seconda meta costituiscono un indizio significativo di ` di cambiamento. questa nuova volonta Fra le condizioni che resero possibile il moto rinnovatore dobbiamo ricordare ` politica e un certo migliorala stabilita mento delle condizioni economiche dell’isola durante questo periodo; due fattori che trovano un puntuale riscontro sia nella forte ripresa demografica – tra il 1485 e il 1603 si ebbe un balzo del 153,9% nel numero dei ‘‘fuochi’’ fiscali ` a tassazione), che passa(sottoposti cioe rono da 26 263 a 66 639; la popolazione ` certamente ad aumentare ancontinuo che nel cinquantennio seguente per´ , nonostante le disastrose ondate che epidemiche agli inizi della seconda

` del secolo, nel 1678 si contavano meta ancora ben 74 839 fuochi – sia nella mag` di risorse finanziagiore disponibilita rie che furono di fatto destinate, da ` e delle parte di privati o delle citta ‘‘ville’’, per la realizzazione di una sorprendente serie di iniziative gestite in tutto o in parte dalla Chiesa e che comprendevano la costruzione e dotazione di numerosi edifici di culto, di conventi (circa un centinaio) e altre residenze religiose maschili e femminili, di scuole, ` , ospedali, collegi, seminari, Universita confraternite religiose e gremi profes` persino azzardare che un sionali; si puo eventuale inventario dei beni artistici e culturali dell’isola sarebbe probabilmente occupato, per oltre il 50%, da manufatti risalenti a questo periodo. I VESCOVI RIFORMATORI Altro importante fattore per il successo della riforma fu il deciso appoggio che ad essa venne garantito dai monarchi spagnoli, soprattutto attraverso la sollecita designazione alle sedi episcopali – in forza del loro diritto di patronato sulla Chiesa sarda, che era stato formalmente concesso da Clemente VII a Carlo V (1531) – di un notevole numero di vescovi culturalmente preparati e profondamente consapevoli del loro ruolo di guide religiose. Fra coloro che, ` nominato Alepus, parteinsieme al gia ciparono ai lavori del concilio di Trento e si distinsero poi per la loro opera riformatrice, ricordiamo Baldassarre de Heredia, prima a Bosa e poi a Cagliari (1541-1558), Antonio Parragues de Castillejo, anch’egli a Cagliari (1558-1573) dove era stato trasferito dopo un tempestoso soggiorno nella sede di Trieste, Pietro Frago, ad Ales e ad Alghero (1562-1572), autore dei primi sinodi postridentini e primo nel servirsi del sardo come strumento linguistico della sua pastorale (un esempio che invece fu disatteso da quasi tutti gli altri vescovi

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Chiesa in Sardegna del periodo). Non meno importanti alcuni altri presuli che operarono sul fi` del nire del secolo e nella prima meta seguente, come Alfonso de Lorca a Sassari (1576-1603), Andrea Bacallar ad Al` Caghero e Sassari (1578-1612), Nicolo nyelles (1577-1585) e Giovanni Francesco Fara (1591) entrambi a Bosa: il primo aveva introdotto l’arte della stampa nell’isola, l’altro fu l’iniziatore dello studio sistematico della sua storia e geografia, Giovanni Sanna ad Ampurias e Civita (1586-1607), il sassarese Antonio Canopolo (1588-1621) a Oristano, ` che fu anche mecenate della sua citta natale dove introdusse la stampa, co` struı` la sede dell’omonima Universita ` un Seminario come collegio e vi fondo universitario con oltre una decina di borse gratuite, Gavino Manca Cedrelles a Bosa, Alghero e Sassari (1605-1620), Francesco de Esquivel a Cagliari (16051624), Ambrogio Machı´n ad Alghero e Cagliari (1621-1640), Gerolamo Passamar ad Ampurias e Civita e a Sassari (1613-1640), Bernardo de la Cabra a Cagliari (1641-1655). Nonostante le note` in cui essi operarono – voli difficolta spesso gli ostacoli maggiori venivano proprio dal clero e in particolare da influenti membri dei rispettivi capitoli – si deve alla loro determinazione se alcuni decreti riformatori del Tridentino vennero applicati in Sardegna con un certo successo. Innanzitutto la residenza dei vescovi – ma si tratta ormai di un obbligo col quale ogni ecclesia` fare i conti stico in cura d’anime dovra – come condizione indispensabile per ` della diocesi e, conoscere le necessita poi, visite pastorali minuziosamente programmate e continuate con periodi` costante anche se non con la frecita quenza voluta dal Tridentino. La visita di ciascuna parrocchia viene solitamente conclusa con un decreto che indica con precisione i disordini da rifor-

` da introdurre; la prosmare e le novita sima visita ne avrebbe controllato l’esecuzione, che nel frattempo sarebbe stata stimolata da altre istanze interme` solenni e pertanto ridie. Momenti piu ` spaziate nel correnti a scadenze piu tempo sono i sinodi diocesani e provinciali – a questi ultimi dovevano partecipare anche i vescovi e i maggiori dignitari delle sedi suffraganee e delle diocesi unite – in cui si discutevano e decidevano i problemi comuni alle rispettive circoscrizioni ecclesiastiche. Il funzionamento di questo complesso meccanismo, di cui ci siamo limitati a indicare soltanto alcune strutture fondamentali, poteva essere assicurato solo dalla presenza di un clero culturalmente preparato e non troppo difforme, nella sua condotta morale, dagli ideali evangelici proposti nella predicazione. I seminari fondati a Cagliari (1577), ad Alghero (1586) e a Sassari (1593) non ebbero vita lunga; soprattutto avevano ` di accoglienza e dotascarse possibilita ` tenue; rapzione finanziaria ancora piu ` comunque un tentativo di supresento peramento seppure ancora parziale del precedente sistema di ordinazioni indiscriminate; venne inoltre incoraggiata e poi imposta una sorta di formazione permanente del clero attraverso la pratica di incontri periodici di aggiornamento e di controllo dottrinale per gli ecclesiastici in cura d’anime – ma anche gli altri erano obbligati a parteciparvi – , allo scopo di ottenere il ricupero di quelli meno preparati e il mantenimento di un livello accettabile in ` frequentato requelli che avevano gia golari corsi di studio (conferenze foraniali). Parallelamente si diffondevano e moltiplicavano tra i laici confraternite e sodalizi con varie denominazioni e fi` : si trattava di associazioni volonnalita tarie, dotate di una certa autonomia nei confronti del clero, con un’organizza-

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Chiesa in Sardegna zione interna a carattere latamente democratico, i cui membri si impegnavano, oltre che a una partecipazione ` intensa ai sacramenti e ad altre prapiu tiche religiose peculiari, anche a intervenire concretamente sia a favore dei membri dell’associazione sia nei confronti di determinati problemi sociali particolarmente rilevanti nell’ambiente in cui esse erano state costituite (assistenza ai poveri, ai malati, ai carcerati, ai trovatelli, alle fanciulle da maritare, pacificazione tra individui o gruppi rivali, riscatto di schiavi catturati dai barbareschi ecc.). In tal modo, ` popolare raggiunse una la religiosita ` fino ad allora sconosciuta, intensita non solo per quanto riguardava la partecipazione agli atti di culto obbligatori, ma anche attraverso manifesta` popozioni collaterali di carattere piu lare (cerimonie della Settimana santa, teatro religioso, solenni funzioni di pacificazione tra famiglie rivali, processioni, feste popolari sia nei centri abitati sia nelle numerose chiese campestri, canti religiosi in lingua sarda, gosos o goccius ecc.), nei quali venivano assorbiti e riadattati anche numerosi apporti ` spagnola. della religiosita L’OPERA DELLE CONGREGAZIONI RELIGIOSE NELLA SARDEGNA SPAGNOLA In questo sforzo di far penetrare il messaggio evangelico nelle coscienze e nella ` il clero diocesano venne aiutato societa e stimolato – pur fra gli immancabili e frequenti attriti – dalle congregazioni ` stabilite in religiose, sia da quelle gia Sardegna (Francescani conventuali e osservanti, Domenicani, Agostiniani, Mercedari, Carmelitani e Serviti) che ora sperimentavano un rifiorimento e una diffusione straordinaria, sia dalle nuove, specialmente Gesuiti, Cappuccini e Scolopi. Conventi e residenze con relative chiese vennero costruiti anche in piccoli centri – al momento

della loro soppressione, nel 1855, se ne contavano ancora 91, ma almeno una trentina erano stati chiusi nei decenni precedenti – dove i religiosi svolgevano ` specifiche ai loro rispettivi le attivita ordini. Un apporto del tutto nuovo rispetto a queste forme tradizionali fu ` si distinsero dato dai Gesuiti – che pero anche nella predicazione, nelle missioni popolari e, in seguito, nell’invio di missionari, soprattutto nell’America spagnola – nel campo dell’istruzione pubblica, fino ad allora quasi del tutto trascurata in Sardegna. Il loro primo collegio di Sassari (1559), che poi si sa` di direbbe sviluppato in Universita ritto pontificio e regio nei primi decenni del secolo seguente, fu presto seguito da quello di Cagliari (1564), an`, ch’esso alla base di quella Universita Iglesias (1578), Alghero (1588), dai due seminari di Sassari e Cagliari dotati di borse di studio i cui allievi erano obbligati a seguire i corsi delle locali Univer` e dai collegi di Oliena, Ozieri e Bosa sita ` del Seicento. In nella seconda meta questo contesto di vivaci interessi culturali si verificava anche l’introduzione della stampa, quasi a sottolineare, come scrive Luigi Balsamo, «lo stretto legame tra l’insegnamento pubblico e ` editoriale: quest’ultima entra l’attivita ` scoin funzione nell’isola dopo l’attivita lastica», per opera soprattutto del cano` Canyelles (1566) a nico d’Iglesias Nicolo Cagliari e di Antonio Canopolo a Sas` gia ` parlato. sari (1616), dei quali si e CITTA` E VILLAGGIO Nonostante questo notevole sforzo di rinnovamento, continuavano a sussistere numerosi problemi tutt’altro che secondari. Se il livello culturale e morale del clero delle ` era stato decisamente migliorato citta ´ poteva essere piu ` agevolanche perche ` che riguarda mente controllato, per cio quello dei villaggi esso lasciava ancora molto a desiderare; di qui il crescente

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Chiesa in Sardegna divario tra il clero urbano che tendeva a adottare modelli culturali spagnoli e ` inquello dei villaggi, solitamente piu ` vicino ai modi di colto ma anche piu pensiero e di comportamento delle popolazioni rurali. Questo fenomeno di` macroscopico ventava ancor piu quando l’enorme estensione di qualche diocesi – come quella di Cagliari, che comprendeva i territori di altre quattro diocesi medioevali, ivi incluse alcune ` impervie ed emarginate zone fra le piu della Sardegna, con una estensione di ` oltre 10 000 km2, poco meno della meta di tutta l’isola – limitava drasticamente ` d’intervento dei vescovi e le possibilita i loro contatti diretti con le parrocchie ` distanti. Inoltre, l’accresciuto prepiu stigio del clero e il suo potere economico e politico (alcuni prelati non esitarono a scomunicare le massime auto` civili dell’isola per difendere i pririta ` vilegi ecclesiastici, senza dire che piu di una volta la stessa presidenza del re´ , venne affigno, in assenza del vicere data a ecclesiastici, i quali furono anche solitamente incaricati di svolgere il delicato ufficio di ‘‘visitatore del regno’’) facevano accorrere fra le sue file un gran numero di aspiranti che i pochi Seminari non erano in grado di formare e che pertanto venivano ammessi agli ordini dopo una preparazione piuttosto sommaria: per questi motivi si aggra` , a partire dal secolo vava sempre piu XVII, il problema dei clerici coniugati, ` che dopo aver ricevuto la persone cioe tonsura e aver indossato per qualche tempo l’abito ecclesiastico ritornavano ` i alla vita secolare conservando pero privilegi del clero e sfuggendo in tal modo alla giurisdizione civile; ancora ` del Settecento, quando verso la meta l’amministrazione sabauda ne aveva ` ridotto fortemente il numero, se ne gia ` preoccontavano ben 1657. Ancora piu ´ toccava un aspetto escupante, perche

senziale della funzione stessa della Chiesa, vale a dire la cura animarum, era il fenomeno dei vicarii ad nutum. A motivo della perdita dei notevoli patrimoni terrieri delle loro mense vescovili durante il processo di feudalizzazione catalano-aragonese, i vescovi e i canonici dei capitoli – soprattutto quelli di ` si Ales, Oristano e Cagliari, dove pero contavano non meno di 250 parrocchie delle circa 350 di tutta l’isola – si erano indennizzati impadronendosi delle decime sacramentali di buona parte delle ` loro parrocchie; risultando per cio stesso obbligati ad assicuravi la cura animarum, essi assolvevano quel compito incaricandone appunto i vicarii ad nutum, ecclesiastici che lo svolgevano ` esin maniera precaria (potevano cioe sere rimossi in qualsiasi momento) e che venivano scelti non tanto per la ` o preparazione culturale loro idoneita ´ si contentavano di un tozzo ma perche ´, di pane per quel lavoro che, di per se ` importante che la Chiesa poera il piu tesse svolgere e che ne giustificava per´ , una volta insino l’esistenza. Benche formato di quel fenomeno, Pio V fosse intervenuto ordinando che i vicarii ad nutum fossero promossi vicarii perpetui e ricevessero un compenso decoroso e sicuro (non doveva superare i 100 ducati annui ma non essere inferiore ai 50: tra 260 e 130 lire sarde), in modo tale che quei poveri manovali della cura animarum non potessero essere rimossi arbitrariamente e diventassero ` motivati nel loro lavoro, di fatto piu non se n’era fatto nulla; i vescovi si giustificavano con Roma dicendo che il ` mantenimento di quella precarieta consentiva loro di controllare tutti gli anni la decorosa preparazione di quei loro vicarii. Si dovranno aspettare le riforme boginiane per vedere il superamento di questo abuso. LE RIVALITA` TRA SASSARI E CAGLIARI

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Chiesa in Sardegna Durante i primi decenni del secolo XVII la Chiesa sarda conobbe due fenomeni che non si possono ridurre a semplici manifestazioni della sempre vi` tra le citta ` di Cagliari e di vace rivalita Sassari, ma che sono anche aspetti significativi della vita religiosa isolana: la disputa sul primato ecclesiastico e la ricerca dei ‘‘corpi santi’’. Il primo vide la focosa contrapposizione tra l’arcivescovo di Cagliari e quello di Sassari – ma in seguito anche il loro collega di ` per qualche tempo Oristano accampo le stesse pretese – che tentarono di accaparrarsi il diritto al titolo primaziale sulla Chiesa sarda (a dire il vero, il titolo del quale si fregiavano era quello di ` ‘‘primate di Sardegna e Corsica’’), gia esercitato effettivamente dall’arcivescovo di Pisa durante il secolo XII ma ora soltanto nominale; sollecitata anche da quest’ultimo prelato, intervenne ´ quella finalmente anche Roma, perche futile contesa aveva ulteriormente avvelenato i rapporti tra il clero dei due ‘‘Capi’’ dell’isola per il fatto che a Sassari – sede del tribunale sardo dell’In` sospetti quisizione – si formulavano gia precisi sull’ortodossia del grande ve` che in scovo cagliaritano Lucifero, cio quei tempi equivaleva a lanciare un’ac` infamanti. Due furono le cusa delle piu decisioni romane emesse verso la fine anni Trenta-inizi anni Quaranta di quel secolo: con la prima si riconosceva la ` della Chiesa di Camaggiore antichita gliari rispetto a quella di Torres della quale quella di Sassari si considerava l’erede (1638-1640), ma si lasciava impregiudicata la questione del primato; con la seconda si imponeva il silenzio assoluto su Lucifero: non si poteva ´ bene ne ´ male (1641). Il secondo dirne ne ` come riaspetto, invece, si manifesto cerca frenetica quanto ingenua di reliquie di improbabili martiri sardi: iniziata prima come una gara tra le due

` rivali, si propago ` ben presto a tutta citta ` al ‘‘ritrovamento’’ di nul’isola e porto merosi corpi di martiri di cui vennero anche fantasiosamente ricostruite vita, miracoli e martirio. Entrambi questi fenomeni mettevano in luce sia il coinvolgimento del clero in una contesa di prestigio che comportava la fabbricazione, di sana pianta, di falsi grossolani sia il ricorso ingenuo e superstizioso dello stesso clero non meno che del popolo a ` viforme di devozione sicuramente piu cine alle credenze magiche ancestrali che alle esigenze evangeliche di conversione interiore. Il panorama religioso sardo durante i cento anni che ` del sevanno grosso modo dalla meta ` quindi colo XVI a quella del XVII e molto complesso, sebbene la caratteristica prevalente sia quella del progresso della riforma tridentina. Sembra invece di poter dire che, a partire dalla ` del secolo XVII e quasi in seconda meta ` coincidenza col periodo di instabilita politica, di crisi economica, sociale e ` gli ultimi demografica che caratterizzo sessant’anni del dominio spagnolo nell’isola, si assiste a un esaurimento della spinta riformatrice, nonostante la presenza di alcune notevoli figure di ve` educativa scovi e la fervida attivita esplicata ora anche dagli Scolopi, che tra il 1660 e il 1687 aprirono istituti di istruzione a Cagliari, Isili, Tempio, Oristano e Sassari; notiamo qui la deca` denza dei Seminari e delle Universita fondate da pochi decenni, l’abbassamento di livello nella formazione del clero i cui effettivi, come pure quelli dei conventi, continuavano a crescere (ancora verso il 1755 si contavano circa 7480 ‘‘esenti’’ equamente ripartiti tra clero secolare e regolare, su una popolazione di appena 360 392 abitanti: oltre il 2,25% dell’intera popolazione), il preoccupante aumento dei clerici coniu-

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Chiesa in Sardegna gati, la cui condotta moltiplicava le oc` civile. casioni di conflitto con l’autorita DALLA SPAGNA AI SAVOIA Il passaggio della Sardegna dalla Spagna ai Savoia ` un arresto di questo (1720) non segno processo di deterioramento della situazione religiosa; anzi, nei primi decenni del periodo sabaudo vi fu da parte del clero una diffusa insofferenza verso la nuova amministrazione dovuta anche al rigido giurisdizionalismo dei sovrani sabaudi, esplicantesi nella frequente e non sempre giustificata utilizzazione delle rendite ecclesiastiche a beneficio dell’erario regio, nella piemontesizza` zione dell’episcopato forse ancor piu marcata di quanto non fosse stata la sua precedente iberizzazione, nel tentativo di frenare gli abusi derivanti dal` ecclesiastica e, piu ` in genel’immunita rale, in un atteggiamento sospettoso o quanto meno di sufficienza verso una Chiesa che sembrava continuare a ` alla Spagna che al Pieguardare piu ` distesi monte. I rapporti divennero piu dopo il 1726, quando si conclusero le trattative tra la Santa Sede e il re di Sardegna, Vittorio Amedeo II, per il conferimento al sovrano sabaudo dei diritti di patronato e di presentazione sulla ` persino a noChiesa sarda; incomincio tarsi, soprattutto per effetto delle riforme del periodo boginiano (17591773), una notevole ripresa in diversi settori della Chiesa sarda: costituzione di nuovi Seminari e rinnovamento di ` esistenti, tutti posti in condiquelli gia ` sicure e dotati di zioni economiche piu ` di accoglienza quasi quauna capacita druplicata rispetto ai precedenti isti`, tuti, rifondazione delle due Universita drastica diminuzione fino all’eliminazione del fenomeno dei clerici coniugati – nel solo anno 1737 il vescovo di Ampurias ne depose oltre 200 – , costituzione dei Monti frumentari e ‘‘nummari’’ e poi delle ‘‘giunte di agricoltura’’ in

quasi tutti i paesi sotto la gestione del clero, istituzione di nuove parrocchie in Gallura, nella Nurra e nel Sulcis e, soprattutto, definitiva soluzione dell’annoso problema dei vicarii ad nutum, trasformati – finalmente – in vicarii perpetui, ripristino di alcune diocesi, buona parte delle quali erano state precedentemente inglobate in quella di Cagliari (Iglesias nel 1765, Galtellı`-Nuoro nel 1779, Bisarcio-Ozieri nel 1804, Ogliastra-Tortolı` nel 1827), obbligo fatto ai vescovi di sedi colpite dalla malaria di costruirsi un Episcopio in luogo salubre in modo che non fossero costretti ad allontanarsi dalla diocesi durante il semestre malarico, impulso alla predicazione e alle missioni popolari in cui si distinse il gesuita Giovanni Battista Vassallo. LA SOPPRESSIONE DEI GESUITI E LA ‘‘SARDA RIVOLUZIONE’’ Questo movimento di ripresa subı` tuttavia un brusco arresto nel campo dell’istruzione pubblica, in seguito alla soppressione dei Gesuiti (1773) che allora contavano in Sardegna nove istituti di istruzione medio-superiore e che, anche dopo la riforma boginiana, continuavano a mantenere posizioni di rilievo nelle due ` isolane (vi insegnavano, tra Universita gli altri, uomini come Francesco Gemelli, Angelo Berlendis, Francesco Cetti, Giuseppe Gagliardi); la loro as´ essere facilmente sostisenza non pote ´ dall’effimero motuita dagli Scolopi ne vimento di fondazioni di scuole rurali affidate al clero diocesano. Gli avvenimenti che sconvolsero l’isola durante l’ultimo decennio del secolo XVIII consentono di osservare alcuni aspetti significativi della situazione della Chiesa sarda. Anzitutto la perdurante e forte presa del sentimento religioso sulla popolazione: i ‘‘miliziani’’ che accorsero per contrastare la temuta invasione dei ‘‘senza Dio’’ francesi marciavano al se-

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Chiesa in Sardegna guito di stendardi sacri e al canto di inni nei quali la componente religiosa non era meno sentita di quella patriottica. I vescovi che avevano presentato la Rivoluzione come nemica della religione, ora invitavano a celebrare il fallimento del tentativo d’invasione come un segno dell’intervento divino. Il prestigio del clero, inoltre, doveva essere molto alto se, in occasione della sollevazione popolare contro i piemontesi – vennero ´ cacciati dall’isola a partire dal vicere fino all’ultimo artigiano – , non uno dei numerosi prelati ed ecclesiastici piemontesi venne molestato: «Il ministero sacro – scrive Damiano Filia – li collocava al di sopra delle contese politi` del clero alla che». Questa estraneita lotta politica sembrava trovare un riscontro nel fatto che gli ecclesiastici ‘‘giacobini’’ che appoggiarono Giovanni Maria Angioy nel suo estremo tentativo rivoluzionario furono meno numerosi dei membri del basso clero che avevano partecipato entusiasticamente alla sollevazione antifeudale: la vicinanza agli ` umili della popolazione, di strati piu cui spesso condividevano le precarie condizioni di vita, li portava a giustificare quella lotta con motivazioni evan` li poneva in congeliche, anche se cio ` conservatrici trasto con le direttive piu dei loro vescovi. Qualcosa di analogo si sarebbe verificato anche durante la sollevazione contro le chiudende negli anni Trenta del secolo XIX. IL TRONO E L’ALTARE Il ristabilimento dello status quo ante, facilitato oltre che dalla rapida repressione anche dal lungo soggiorno della corte sabauda nell’isola durante i primi decenni dell’Ottocento, contribuı` a rafforzare i legami del clero con il potere politico e a creare un clima di intesa che si mantenne inalterato per tutta la prima ` del secolo: «La religione e il gometa verno si debbono scambievole aiuto e

favore», scriveva nel 1814 Carlo Felice, ´ di Sardegna; se, percio ` , da allora vicere una parte il governo si dichiarava disposto a «concorrere con i mezzi che ci ` ad avvisomministra la nostra autorita ` efficaci le cure di chi vare e rendere piu ` tutta spirituale», esercita una potesta ` dall’altra la Chiesa, con la capillarita della sua organizzazione, continuava a mettere a disposizione del potere politico uno strumento unico per far giungere a tutti i sudditi ordini e direttive ` remoti villaggi dell’interno: fin nei piu editti, pregoni, circolari provenienti da Torino o da Cagliari venivano regolarmente comunicati ai vescovi che a loro volta li trasmettevano ai parroci affin´ questi li notificassero ai fedeli. Ne ´ che il clero si limitava a far conoscere gli ordini ricevuti: esso inculcava il rispetto e la devozione per il sovrano, ` che re’’, e l’obbedienza alle ‘‘padre piu ` legittime. L’apparenza era autorita quella di una ossequiosa sottomissione: di fatto questa era sempre condizionata dal rispetto, da parte del potere politico, per quell’insieme di ordinamenti e di privilegi per cui il clero continuava a costituire una componente essenziale ` , molti del Regnum Sardiniae. In realta di questi privilegi erano stati ridimen` citato sionati durante gli anni del gia riformismo boginiano, come pure si ` frequente il ricorso dell’eera fatto piu rario alle rendite ecclesiastiche, specialmente durante il primo quindicennio dell’Ottocento, quando le spese di tutto lo Stato gravarono sulle scarse finanze dell’isola: tra il 1805 e il 1816 il clero fornı` un gettito straordinario di quasi mezzo milione di lire sarde per il finanziamento del solo ‘‘Monte di riscatto’’, un fondo istituito per l’estinzione del debito pubblico. Malauguratamente, queste contribuzioni vennero troppo spesso ottenute prolungando oltre misura i tempi di vacanza dei bene-

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Chiesa in Sardegna ` fici ecclesiastici di nomina regia, cio che consentiva al governo una notevole ` nel gestirne le relative entrate: liberta dal concilio di Trento a questa parte, mai le diocesi sarde furono per cosı` lunghi periodi private dei loro vescovi, ` dell’Ottocome durante la prima meta cento. Il sistema delle vacanze, anzi, venne mantenuto addirittura fino al 1871, anche se, a partire dal 1848-52, per motivi derivanti dal clima conflittuale ormai dominante nei rapporti tra ` non poteva non riStato e Chiesa. Cio percuotersi negativamente nel funzionamento dell’organizzazione ecclesiastica e si manifestava tra l’altro nella maggiore irrequietezza del clero, nella decadenza dei Seminari, nell’abbandono religioso delle parrocchie; alcune diocesi rimasero prive di visite pastorali per decine d’anni: nel 1865, ben 20 000 persone nella sola diocesi di Ozieri, che ne contava appena 33 000, aspettavano di ricevere il sacramento della cresima; a Bosa esso venne amministrato, nell’agosto 1870, a oltre 7000 fedeli. LA CHIESA SARDA ALLA FINE DELL’‘‘AN´ GIME’’ Non si possono tralaCIEN RE sciare altri due aspetti importanti della storia della Chiesa sarda sul finire del´gime nell’isola. Su una popol’ancien re lazione di circa 550 000 abitanti si contavano non meno di 2000 preti diocesani, uno su ogni 270 abitanti: di essi, quelli impegnati nelle parrocchie non superavano gli 800; circa 500 erano i canonici e i beneficiati nelle cattedrali e nelle collegiate; altri 700 svolgevano i ` svariati, dall’insegnamestieri piu mento nelle scuole ‘‘normali’’ all’allevamento di cavalli. Meno numerosi invece erano i membri delle congregazioni religiose, per effetto sia delle prime riforme boginiane sia delle numerose chiusure di conventi disposte dall’arcivescovo di Oristano Giovanni

` di delegato apostoMaria Bua in qualita lico per i regolari negli anni Trenta dell’Ottocento: al momento della loro soppressione, nel 1855, ce n’erano ancora 578, di cui 139 monache. Oltre i tre quarti delle risorse economiche necessarie per l’esercizio del culto e il mantenimento di un clero cosı` numeroso erano forniti dalle rendite decimali il cui ammontare, esageratamente gonfiato fino a 8-10 milioni annui quando ` a discutere della loro sopsi incomincio pressione, venne poi accertato in poco ` di un milione; una cifra comunque piu considerevole, ma che era distribuita in modo quanto mai arbitrario (agli 11 vescovi – ma anche fra di essi vi erano delle sperequazioni scandalose – andava una somma uguale a quella percepita dai circa 400 viceparroci messi in` ricca, sieme): «L’aristocrazia clericale e `», affermava nel Parma il clero non lo e lamento subalpino il deputato algherese Francesco Guillot. Gravi e complessi erano quindi i problemi che si ponevano alla Chiesa sarda verso la ` del secolo, quando l’isola, nonometa stante le riforme degli ultimi trent’anni (legislazione sulla privatizzazione della terra, costituzione delle scuole ‘‘normali’’ in tutti i villaggi, introduzione del nuovo Codice feliciano, abolizione del feudalesimo mediante riscatto), rimaneva ancora costituzionalmente legata all’ancien re´gime, anche se esso aveva ormai i giorni contati. I CONTRASTI COL PIEMONTE Per la Chiesa, che sembrava non possedere nel suo interno le energie per uscire da questa situazione, la transizione venne imposta dall’alto e fu recepita in maniera traumatica. E non tanto per gli episodi pur clamorosi di restrizione ` personale imposta anche della liberta ad alcuni prelati (quello di Sassari, Domenico Varesini, fu condannato a un mese di arresti domiciliari e quello di

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Chiesa in Sardegna Cagliari, Emanuele Marongiu Nurra, venne addirittura esiliato dal regno) o per le singole disposizioni legislative cui la Chiesa venne sottoposta, quanto ` generale: molte di per un fenomeno piu ` ’’ (abolizione della cenqueste ‘‘novita sura, del foro ecclesiastico, delle decime pur con le previste contribuzioni a favore del clero parrocchiale, anche se, di fatto, esse si dimostrarono sempre ` inadeguate e insicure) non mirapiu vano che a inquadrarla nell’ambito del diritto comune e, come per il passato, essa vi si sarebbe probabilmente accomodata accettando il fatto compiuto, ma a condizione di non scorgere nella controparte un atteggiamento fondamentalmente ostile; essa, invece, si ` sempre piu ` confermando nella ando convinzione che il delicato equilibrio che aveva regolato fino a quel punto i suoi rapporti col potere politico fosse irrimediabilmente infranto a suo danno e che la si volesse ricacciare ai ` civile. A questo margini della societa contribuı`, anche emozionalmente, la crisi e poi la rottura delle relazioni tra lo Stato e la Santa Sede, come pure tutta una serie di leggi tutt’altro che liberali (soppressione delle corporazioni religiose nel 1855, inaugurata fin dal 1848 con la cacciata dei Gesuiti tornati pochi decenni prima, incameramento progressivo e sistematico dei beni ecclesiastici, mantenimento dell’exequatur e del placet per la provvisione delle sedi vescovili e persino per l’avvicendamento del clero parrocchiale). I tentativi per arginare questo processo col ricorso da parte di alcuni vescovi alle sanzioni canoniche e con la partecipazione di non pochi ecclesiastici alle competizioni elettorali e alle discussioni parlamentari si dimostrarono inutili: la Chiesa sarda, le cui vicende si ` ampio inserivano ormai nel quadro piu di quelle della Chiesa italiana, sem-

brava accettare di fatto la situazione di emarginazione in cui si sentiva costretta; poco efficace, anzi dannosa nel ` anche la polungo periodo, si dimostro lemica contrapposizione alle sfide lanciatele dallo Stato liberale, a cui si rispose con la consegna dell’astensione ´ eletti ne ´ data ai cittadini cattolici: ‘‘ne elettori’’. ` costrutLA RIPRESA POST-UNITARIA Piu tivo, invece, fu il movimento di ripresa iniziato dopo il 1870 quando, in seguito alla messa a punto di un modus vivendi tra lo Stato italiano e la Santa Sede, si ´ procedere alla nomina dei vescovi pote nelle sedi vacanti. Era tempo: nel 1866, una sola delle 11 diocesi sarde era provvista del titolare e appena tre lo erano nel 1871. Risolto in qualche modo questo problema, moltissimi altri ne rima` urgenti era nevano aperti: uno fra i piu quello del reclutamento del clero; alcuni Seminari erano rimasti chiusi per anni, tutti si dibattevano in gravi ristret´ le loro rendite tezze finanziarie perche erano state dirottate verso il Monte di riscatto; nella diocesi di Cagliari durante il decennio 1860-1870 si erano contati circa 100 decessi di ecclesiastici ma vi erano stati ordinati soltanto due nuovi sacerdoti; sempre a Cagliari, nel triennio 1873-1876 c’erano state appena 7 ordinazioni contro 55 decessi: da notare che tra il 1840 e il 1870 il clero dio` sceso da 424 a 227 unita `. cesano era gia Sebbene non cosı` drammatica, la situazione non era molto diversa nelle altre diocesi. Non meno urgente appariva il problema della formazione degli aspiranti a una ‘‘carriera’’ che, come scriveva forse un po’ enfaticamente l’arcivescovo di Cagliari Giovanni Antonio Balma nel 1872, altro non offriva che «pane d’angustia e acqua di tribola` di zione»; alla chiusura delle Facolta ` isolane si riTeologia nelle Universita ` nel 1876 ottenendone la ricostimedio

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Chiesa in Sardegna tuzione dalla Santa Sede presso i seminari di Cagliari e di Sassari: esse avrebbero assicurato la formazione superiore di quasi tutto il clero sardo fino al 1927, quando venne fondato da Pio XI il Seminario regionale di Cuglieri con le ` di Filosofia e di Teoloannesse Facolta gia. La presenza dei vescovi, la cui figura aveva ormai perduto molti dei connotati del ‘‘signore’’ ecclesiastico, si fece sentire anche con la regolare ripresa delle visite pastorali, la celebra` frequente di sinodi diocesani zione piu e provinciali e l’avvio di conferenze episcopali regionali che furono tenute a ` regolari a partire scadenze sempre piu dal primo decennio del Novecento nel tentativo di elaborare una linea d’azione comune. Fu incoraggiata la fondazione di giornali e periodici cattolici – battaglieri e intransigenti, dalla vita solitamente breve ma pronti a rinascere sotto altri nomi – per controbattere la stampa anticlericale e, in seguito, quella socialista; vennero costituite nuove istituzioni caritative, circoli di formazione e di istruzione religiosa, so` operaie di mutuo soccorso: iniziacieta tive, queste ultime, che intendevano occupare gli spazi lasciati vuoti dalle antiche confraternite ora decadute e assicurare una presenza nuova di fronte ai problemi posti alla Chiesa dalle mutate ` . Se e ` vero che condizioni della societa questi tentativi ottennero un certo suc` , dove piu ` efficace si facesso nelle citta ceva sentire lo stimolo dei vescovi, e in alcuni paesi in cui operavano sacerdoti particolarmente sensibili e attivi (salvo il rischio per questi ultimi di venire energicamente richiamati all’ordine ` semtutte le volte che la loro attivita brava oltrepassare le direttive vescovili o offriva il fianco anche al semplice sospetto di ‘‘modernismo’’), essi si scon` delle volte con la resitrarono il piu stenza passiva del clero e delle popola-

zioni rurali ancora fortemente attaccate a forme di associazionismo cul` tradizionale, che tuale e di religiosita le poneva non di rado in contrasto con ` ecclesiastica; eppure, anche l’autorita da questo sentimento religioso le stesse popolazioni avrebbero attinto notevoli risorse morali per superare le terrificanti lacerazioni di una guerra, quella del 1915-1918, solo geograficamente lontana. L’ASSOCIAZIONISMO CATTOLICO E IL SEMINARIO REGIONALE Maggiore rispondenza incontrarono invece le iniziative dei vescovi nell’immediato dopo guerra, durante il quale il moltiplicarsi delle associazioni cattoliche (molte di ` e interessi sociali oltre esse con finalita che religiosi) venne indubbiamente favorito dall’ormai aperta partecipazione dei cattolici alla vita politica. Uno degli ` importanti della gerarchia obiettivi piu ` era quello di arrivare a un controllo piu serrato della vita religiosa, soprattutto di quelle forme tradizionali che continuavano a offrire una certa resistenza, ` in tutte le parrocimpiantando percio chie nuovi tipi di associazionismo (so` conprattutto di Azione Cattolica) piu formi ai modelli nazionali. Questa linea d’azione, chiaramente delineata nel concilio plenario sardo del maggio 1924, offriva indubbiamente il vantaggio di una maggiore concentrazione di potere nelle mani dei vescovi: se ne sa` quando, durebbe constatata l’utilita rante il ventennio fascista, essa consentı` di resistere in qualche modo alla presa totalitaria entro cui il regime tentava di inquadrare tutte le manifestazioni della vita pubblica; comportava ` numerosi inconvenienti, fra i pero quali ricordiamo la progressiva eliminazione della lingua sarda dalla predicazione, la messa al bando, come ‘‘abuso manifesto’’, delle ‘‘cantilene tradizionali’’ durante le funzioni litur-

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Chiesa in Sardegna ` di scogiche, in una parola, la volonta raggiare indiscriminatamente tutte o quasi le forme specifiche della religio` isolana. Efficace strumento di quesita sto disegno si sarebbe dimostrato il Seminario regionale di Cuglieri fondato, ` gia ` detto, nel 1927 e affidato come s’e fin dall’inizio ai Gesuiti, sotto la diretta dipendenza della Santa Sede; va tuttavia riconosciuto il decisivo contributo di questa istituzione all’elevazione del livello culturale del clero sardo e, per il fatto che in esso si sarebbero trovati a contatto per lunghi anni seminaristi e chierici provenienti da tutte le diocesi dell’isola, anche al superamento di ri` e diffidenze di campanile tutt’alvalita tro che sopite. LA CHIESA SARDA E IL FASCISMO I rapporti tra Chiesa e fascismo in Sardegna ` non sembrano presentare peculiarita rilevanti rispetto al quadro nazionale, soprattutto a quello del Meridione. Si ` , cosı`, osservare anche nell’isola puo `, una certa diffidenza iniziale che pero in seguito al mutato atteggiamento fascista di rispetto formale verso la ‘‘religione dello Stato’’ (crocifisso e insegnamento religioso nelle scuole, lotta contro la bestemmia, la massoneria e il so` il posto a cialismo), ben presto lascio una crescente soddisfazione che, in determinate circostanze (Concordato, sanzioni e ‘‘conquista dell’Impero’’, guerra ‘‘antibolscevica’’ di Spagna), raggiunse punte di notevole consenso. D’altra parte, non mancarono neanche ricorrenti momenti di frizione, talvolta anche aspra, come nel 1931 (per la chiusura dei circoli cattolici) e nel 1937-1939 (a motivo del progressivo avvicinamento del regime fascista al nazismo che si spinse fino all’emanazione delle leggi razziali anche in Italia): essi invariabilmente si ripercuotevano, persino nei centri minori, con vessazioni nei confronti delle associazioni giovanili

di Azione Cattolica – buona parte di quelle non comprese sotto questa deno` soppresse minazione erano state gia ` degli anni durante la seconda meta Venti, col pretesto che la loro ragione sociale (ad esempio di quelle scoutistiche) esorbitava dal campo strettamente religioso e cultuale – , ai cui iscritti si contestava persino il diritto di esibirne ` rari, invece, i casi di il distintivo. Piu coloro, come il vescovo di Nuoro Giuseppe Cogoni e il gruppo di cattolici che militavano attorno al suo foglio quindicinale ‘‘L’Ortobene’’, che scelsero una linea di coerente ‘‘afascismo’’: ancora nel 1938 il prefetto locale lamentava con Starace che il vescovo Cogoni «continua a ignorare sistematicamente che viviamo in regime fascista, sotto l’alta egida del Duce». Questa situazione di difesa nella quale la Chiesa si sentiva costretta, ma che lei stessa si era addossata durante il concilio plenario sardo del 1924 imponendosi, ad esempio, quell’incredibile autocensura secondo cui non era consentito ad alcun ecclesiastico di predicare sulla dottrina sociale della Chiesa tracciata da Leone XIII se non in termini di massima cautela e comunque non prima di averne ricevuto esplicito permesso dal proprio vescovo, quasi che le encicliche di quel papa fossero pericolosi opuscoli sovversivi, di fatto spingeva i vescovi a calibrare meglio la loro pastorale che in ` colletal modo assunse un carattere piu giale; centro animatore dell’azione dei vescovi furono le annuali conferenze episcopali che dal 1927 si tennero nel ` Seminario regionale di Cuglieri, piu d’una volta precedute o seguite da un breve corso di esercizi spirituali in comune: la consuetudine di ritrovarsi e lavorare insieme veniva in tal modo ` salda e profonda dalla parteciresa piu pazione a una comune esperienza spirituale; in questo clima furono ideati e

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Chiesa in Sardegna promossi vari congressi regionali (eucaristici, missionari, della FUCI, dei maestri cattolici, eccetera; si giunse persino, in un momento in cui la se` conda guerra mondiale era ancora di la da venire, a programmare per il 1944 la celebrazione del secondo concilio plenario sardo) anche per mostrare che, nonostante l’onnipotenza del regime, i cattolici sardi continuavano a esistere come forza organizzata; un notevole impegno venne ugualmente profuso per favorire la ripresa dei Seminari e delle vocazioni sacerdotali: di tutto questo il ‘‘Monitore ufficiale dell’episcopato sardo’’, l’organo di collegamento dei vescovi, dava ampia informazione. Fu cosı` che le associazioni cattoliche, specie quelle di Azione Cattolica, riuscirono a sopravvivere; anzi, proprio per effetto del disegno totalitario di ‘‘chiuderle in sacrestia’’, il loro legame con la gerar` piu ` saldo, la chia ecclesiastica risulto loro istruzione e formazione religiosa ´ essere meglio curata, fino a farle pote diventare un serbatoio di vocazioni ecclesiastiche e religiose sia maschili che femminili: un fenomeno, quest’ultimo, che si protrasse anche nel dopoguerra, fino agli inoltrati anni Sessanta. Venne pure molto sviluppato il movimento delle missioni popolari che si tennero ` piccole parrocchie: in quefin nelle piu ` si era ritagliato un posto di sta attivita ` di trent’anni, il primo piano, per piu vincenziano Giovanni Battista Manzella (1855-1937), che era stato anche tra i fondatori del settimanale dioce` !’’ (1910) e aveva sano sassarese ‘‘Liberta dato vita a numerose istituzioni caritative, molte delle quali si mantennero attive durante i decenni seguenti. I PROBLEMI DI OGGI: LE PARROCCHIE Un ´ il punto di osservazione, non l’unico ne ` importante ma certamente molto piu ` le istruttivo, per cogliere in profondita vicende della Chiesa sarda durante

questi ultimi quarant’anni – vicende, ` che in passato e nonostante ancor piu gli inevitabili sfasamenti, strettamente legate a quelle della Chiesa italiana: ` vauna ulteriore conferma di quel piu sto processo di integrazione dell’isola ` nazionale – , e ` offerto dalnella realta l’andamento statistico del clero e soprattutto dall’aumento o dal decremento delle nuove ordinazioni presbiterali. Limitandoci pertanto a questo aspetto, ci serviremo ampiamente dei dati e di alcune osservazioni contenute nelle quattro edizioni (1971, 1973, 1979, 1995) dell’annuario su L’organizzazione della Chiesa in Sardegna, curato da don Piero Marras per conto del ‘‘Centro sardo di ricerche socio-religiose’’ del Collegium Mazzotti e l’ultimo sponso` teolorizzato dalla Pontificia Facolta gica della Sardegna; utilizzeremo an` che altri dati attinti da altre fonti piu antiche, non senza ricordare che durante questi decenni la popolazione sarda passava dagli 864 000 abitanti del 1921 al 1 651 902 del 1995, con un aumento del 91%. Secondo i dati di Sardinia sacra del 1929, nell’isola vi erano 398 parrocchie; diventarono 404 nel 1937, 435 nel 1948, 461 nel 1958, 563 nel 1970, 617 nel 1991, una cifra che durava ancora nel 2005. Il fenomeno appare ` significativo se si riflette che di quepiu ste 218 nuove parrocchie istituite nello spazio di 74 anni, ben 128, quasi il 59%, lo furono in soli 22 anni tra il 1948 e il ` soprat1970. L’incremento si verifico ` importanti e tutto nei centri urbani piu nei nuovi insediamenti turistici. I PROBLEMI DI OGGI: IL RECLUTAMENTO DEL CLERO Quanto alla situazione del clero, solo tra il 1905 e il 1915 la Chiesa sarda aveva registrato una certa inversione di tendenza rispetto al progressivo calo dei suoi effettivi; quel breve e debole ricupero si era nuovamente invertito con la Grande guerra: all’inizio

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Chiesa in Sardegna degli anni Venti il numero dei sacerdoti ` basso di quello degli diocesani era piu inizi del secolo. La vera ripresa coincise con l’entrata in funzione del Pontificio Seminario regionale di Cuglieri: tra il 1930 e il 1950 il saldo tra le nuove ordinazioni e le morti dei presbiteri se` . Nel 1951 si gnava un attivo di 161 unita contavano in Sardegna 873 sacerdoti diocesani, quelli religiosi erano 228, per un totale di 1101; a questi si affiancavano 31 religiosi non sacerdoti e 1321 religiose. Vent’anni dopo, nel 1970, i sacerdoti diocesani registravano un incremento del 24% (da 873 a 1087; contemporaneamente, in campo nazionale vi era stato invece un decremento del ` marcato era stato l’au5,2%); ancor piu mento dei religiosi sia sacerdoti (da 228 a 394) sia non (da 31 a 121) e delle religiose (da 1321 a 2944, ripartite in 487 case). I dati disponibili per il 1977 presentano soltanto un leggero calo (rispettivamente 1052, 383, 109, 2847), al punto da far pensare che la crisi del periodo postconciliare fosse stata riassorbita `. La realta ` , pero `, e ` con relativa facilita ben diversa se si raffrontano questi dati con quelli relativi all’andamento delle nuove ordinazioni presbiterali: 268 nel decennio 1940-1950 (in quello precedente erano state 236), 284 negli anni Cinquanta (che sarebbe stato un decennio record con oltre 300 ordinazioni, se nel 1958 non si fossero sentiti gli effetti dell’allungamento del periodo di formazione con un altro anno di studio) e 288 negli anni Sessanta; il biennio 1970-1971 mantiene ancora ritmi alti (rispettivamente 28 e 21 ordi` subiscono un crollo nazioni); essi pero improvviso (solo 8 ordinazioni nel 1972) e durante il decennio 1972-1981 il ritmo `: una annuale supera di poco le 10 unita media preoccupante se si pensa che tra il 1940 e il 1970 essa si era mantenuta ` per anno. C’e ` da attorno alle 26 unita

aggiungere che, tenuto conto delle attuali presenze nei Seminari diocesani e regionale (questo venne trasferito a Cagliari dal 1971 sotto la diretta dipendenza dell’episcopato sardo, mentre i Gesuiti conservavano la sola gestione ` teologica), il ritmo delle della Facolta 10 ordinazioni annue non dovrebbe subire variazioni significative durante i prossimi 10-12 anni. Queste previsioni che avanzavo nella prima edizione di questo lavoro stampato nel 1982 si sono dimostrate abbastanza vicine alla ` : i dati offerti da L’organizzazione realta della Chiesa in Sardegna 1995 dicono infatti che nel decennio 1982-1991 le ordinazioni sacerdotali furono 97. Informazioni fornite da Efisio Spettu, rettore del Seminario regionale, mostrano che ` mantenuta ancora quella media si e fino ai giorni nostri: tra il 1991 e il 2004 quelle ordinazioni furono 147. Le conseguenze di questa progressiva diminuzione del personale ecclesiastico (tra il 1973 e il 1977, in appena 4 anni, a fronte di 83 decessi e di 19 secolarizzazioni ci furono solo 52 ordinazioni; leggermente migliorata la situazione tra il 1978 e il 1991, un spazio di 13 anni nei quali, a fronte di 198 decessi, di 35 secolarizzazioni e altre escardinazioni, gli ordinati furono 141 con un saldo nega` ) e del suo conseguente tivo di 98 unita invecchiamento (al 1977, la quota del clero diocesano sardo compresa nella ` del 40%, ` tra i 50-70 anni e fascia di eta ` salita al nel 1991, questa percentuale e ` rappresenta il 47% 46,4%); essa pero nella diocesi di Ogliastra (50% nel 1991), il 49% per quella di Ozieri e di Bosa, il 54% per quella di Alghero e il 56% per quelle di Ampurias e Tempio incominciano ormai a essere chiaramente percepite anche se non ancora lucidamente affrontate. Per quanto riguarda la situazione attuale (in mancanza di dati affidabili forniti dalla

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Chiesa in Sardegna Conferenza episcopale sarda, per il ` fatto ricorso all’Annuario pon2005 si e tificio), la Chiesa sarda conta su 844 preti diocesani, 362 religiosi e 2020 religiose, a fronte di una popolazione di 1 680 350 abitanti, cifre non molto diverse – salvo l’invecchiamento fisiologico – da quelle del 1991: 880, 358 e 2403, per una popolazione di 1 651 902. ` dire che la crisi vocazionale, veSi puo rificatasi dopo il Vaticano II ma con un certo ritardo rispetto a quella nazionale ` da una media di 27 ordinazioni (si passo all’anno tra il 1940 e il 1970 – durante alcuni anni, il totale dei preti diocesani era stato di 1074 nel 1968 e di 1087 nel 1970 – a circa 10 nel decennio seguente; ` mantenuta da allora, questa media si e costante fino al 2004 compreso), si sia in qualche modo stabilizzata. I PROBLEMI DI OGGI: TENTATIVI DI RISPOSTA Si incominciano tuttavia, e malgrado non poche incertezze e reticenze, a intravedere tentativi di risposta a questa situazione: anzitutto la riscoperta della «importanza dei ministeri ` larga base eccleaccessibili ad una piu siale nel campo dell’evangelizzazione, del culto, della catechesi e della anima` territozione religiosa nelle varie unita riali o di ambiente e in seno ai nuclei ` , poi, la minimi come la famiglia». C’e ` maturo e piu ` ripresa di un dialogo piu serio tra la base – ivi compresa molta parte del clero – e la struttura gerarchica; si tratta di un atteggiamento di cui si sentı` acutamente la mancanza soprattutto negli anni dell’immediato postconcilio quando, nonostante il crescente disamoramento verso forme di ` , di disciplina ecclesiastica e religiosita di associazionismo ufficiali, si assistette a un pullulare molto vivace di gruppi spontanei variamente interessati al discorso religioso, reclamanti, a volte in maniera polemica, una maggiore autonomia nei confronti della ge-

rarchia. Forse proprio per questo e, comunque, in modo indiscriminato essi vennero spesso guardati con diffidenza ` . Vi e ` , infine, una se pure non con ostilita certa presa di coscienza sulla funzione ` scientifica ed ecclesiale della Facolta ` teologica che teologica: «Una facolta non voglia ridursi ad un specie di corpo estraneo che ripete nell’isola moduli e formule proprie di altri contesti, come ` stata, puo ` essere uno in gran parte e ` strumento forse insostituibile e percio irrinunciabile nonostante i costi che impone, per avere finalmente una elaborazione teologica corrispondente ` con l’atalla cultura sarda, in linea cioe tenzione prestata dal concilio alle cul` recenti e ture locali e insieme con i piu validi orientamenti delle scienze socioantropologiche», scriveva Piero Marras nel 1979, registrando fermenti e tendenze a cui non sembra siano seguiti i frutti promessi. IL RUOLO DEI VESCOVI Prima di conclu` mancare in queste pagine dere, non puo un rapido accenno al ruolo dei vescovi ´ come corpo collegiale, anche perche tanto gli ultimi due decenni del secondo millennio quanto gli inizi del terzo sono in qualche modo segnati dal secondo concilio plenario sardo (1986` gia ` accennato al fatto che du2001). Si e rante il ventennio fascista ci fu una ri` tra i presuli scoperta della collegialita isolani, un fenomeno il cui effetto si protrasse anche durante gli anni dell’immediato dopoguerra, con la celebrazione, tra l’altro, di alcuni congressi regionali e la fondazione del primo quotidiano cattolico, il ‘‘Quotidiano sardo’’ ` a lungo: vi (1947). Questo clima non duro influirono probabilmente l’inaspettata morte di Giuseppe Cogoni di Oristano (1947), che di quel giornale e della collaborazione tra i vescovi era stato uno ` convinti sostenitori, e del venedei piu rato decano dell’episcopato sardo, Er-

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Chiesa in Sardegna nesto Maria Piovella di Cagliari (1949). A partire da quest’ultimo anno i resoconti delle conferenze episcopali o non ` pubblicati nel ‘‘Monitore vengono piu ` accade, sono ufficiale’’ o, quando cio quasi sempre ridotti a disposizioni sulla condotta esteriore del clero, estese anche a minuzie gratuitamente vessatorie: nel 1959 esso avrebbe cessato di esistere; due anni prima era stata la volta del ‘‘Quotidiano sardo’’, nel 1963 sarebbe stata la fine del calendario liturgico comune che, fino ad allora, aveva regolato lo svolgimento delle preghiere e delle funzioni liturgiche in tutta l’isola; le due ultime pubblicazioni vennero sostituite da altre analoghe ma per le singole diocesi o gruppi di diocesi; quelle di Cagliari, in particolare, si contraddistinguevano per il loro carattere isolazionistico, fino al punto da non dare notizia neppure della nomina o della morte dei vescovi di altre diocesi. In effetti, i vescovi erano convinti di essere fin troppo impegnati nei problemi delle proprie diocesi (basti pensare che tra il 1948 e il 1970 vennero fondate nell’isola 120 nuove parrocchie), per accorgersi della drammatica situazione comune a tutta l’isola, diven` del malestata ormai una vera ‘‘societa sere’’. Era inevitabile che l’episcopato sardo, in questo non dissimile da quello italiano, si presentasse al concilio Vaticano II non solo in ordine sparso ma anche con attese e richieste quasi sempre fuori misura rispetto a quelle che emergevano dalla Chiesa universale e dalle aspirazioni profonde della stessa so` nella quale si voleva testimoniare cieta il Vangelo; anzi, a mano a mano che il concilio procedeva nelle sue varie fasi e si entrava nei decenni dell’immediato postconcilio si aveva l’impressione che, fatto salvo l’impegno e la genero` dei singoli, la consapevolezza della sita

` nel corpo episcopale si ancollegialita ` affievolendo. dasse sempre piu IL SECONDO CONCILIO PLENARIO SARDO Fu pertanto una notizia del ` grande intutto inaspettata e che desto teresse e molte speranze non solo all’interno della Chiesa ma anche in molti ` sarda, quella ambienti della societa che venne data in contemporanea da tutti i vescovi il Giovedı` santo 16 aprile 1987: nell’approssimarsi del terzo millennio, essi si impegnavano a celebrare il secondo concilio plenario sardo, in modo che la Chiesa avesse l’opportu` di rinnovarsi nell’appassionata denita dizione all’annuncio e alla pratica vissuta del Vangelo. In effetti, fino al giugno 1990 il lavoro procedette con buon ritmo: venne costituita la segreteria generale e formate le 10 commissioni antepreparatorie, che si sarebbero incontrate in assemblea plenaria nel marzo del 1989; l’anno seguente, 30-31 marzo 1990, d’intesa con la conferenza episco` teologica della Sardepale, la Facolta gna organizzava a Cagliari un convegno ` sarde tra di studio su ‘‘Chiesa e societa due concili regionali (1924-1990)’’. Ben ` , sulla tabella dei lavori si presto, pero ` una serie di ritardi a ripetiabbatte zione, alcuni inevitabili, come quelli derivanti dal trasferimento di alcuni presuli, fra cui quello dello stesso Giovanni Canestri di Cagliari dal quale era partita l’idea del concilio, altri derivanti dalla scarsa convinzione che sembrava serpeggiare all’interno dello stesso corpo episcopale: passarono infatti quasi otto anni senza che si facessero significativi passi avanti fino al dicembre 1998. Difficile non pensare che sia stato l’avvicinarsi dell’imminente visita ad limina, durante la quale i vescovi avrebbero dovuto dare qualche spiegazione a Giovanni Paolo II su tutti questi ritardi, a convincerli di stringere i tempi per concludere il concilio ple-

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Chilivani ` nario entro la fine del millennio, al piu tardi entro le prime settimane del 2000. Gli impegni vennero effettivamente rispettati e nel 28-29 febbraio del 2000 si teneva a Sassari la sessione finale del concilio con l’approvazione definitiva dei testi conciliari che vennero inviati a Roma, dove la Pontificia congrega` (9 febbraio zione dei vescovi li trovo 2001) «di elevato livello dal punto di vista sia teologico che pastorale e giuri` (18 maggio 2001); in dico» e li approvo data 1º luglio 2001, nella basilica di Bonaria a Cagliari, l’episcopato sardo li ` solennemente decretando promulgo che entrassero in vigore a partire dal 2 dicembre 2001. Da questo momento ` fu come se essi, dati alle stampe pero nel giugno 2001, fossero stati d’incanto assorbiti dal silenzio; anzi, la Chiesa ` dimenticare di colpo sarda sembro quella breve ma preziosa esperienza di collaborazione appena riscoperta per tornare alla situazione dei decenni precedenti, durante i quali il compianto vescovo di Oristano Francesco Spanedda l’aveva dolorosamente definita «un arcipelago di diocesi». [RAIMONDO TURTAS]

sta fu poi pubblicata in un volumetto a ´ col titolo Intervista a tre banditi. Colse labora anche a ‘‘La Nuova Sardegna’’. Vicino alle posizioni federalistiche del Ghisleri, invia numerose corrispondenze estere alla rivista l’‘‘Educazione politica’’ e alla ‘‘Nuova Antologia’’. Tra gli scritti sui problemi sardi In Sardegna: note ed impressioni di un delegato della Cooperativa agricola italiana. [RITA CECARO]

Chilivani Centro abitato della provincia di Sassari, frazione di Ozieri (da cui dista 8 km), con circa 600 abitanti, posto a 226 m sul livello del mare nella piana ` situato l’innesto del tronco ferrodove e viario Sassari-Olbia in quello della linea Sassari-Cagliari. Regione storica: Logudoro. Diocesi di Ozieri.

Chiesi, Gastone Giornalista (Arena Po 1868-Intra, Verbania, 1923). Fratello del giornalista e deputato Gustavo, lavora prima nella redazione de ‘‘La Sera’’, il quotidiano milanese diretto da Alfonso Rossi, e quindi ne ‘‘L’Italia del popolo’’, diretto da Dario Papa. Questa esperienza si riflette nella conduzione del quotidiano sassarese ‘‘L’Isola’’ (30 novembre 1893-31 luglio 1894), caratteriz` della veste tipozato dalla modernita grafica e dall’immediatezza dell’informazione. L’intervista ai banditi Pier Giovanni ‘‘Pera Zuanne’’ Angius, Luigi ‘‘Luisu’’ Delogu e Francesco ‘‘Cicciu’’ Derosas, fatta insieme a Sebastiano Satta, anche egli redattore dell’‘‘Isola’’, ` uno dei primi esempi di scoop nel pae norama giornalistico isolano. L’intervi-

Chilivani – L’ippodromo, realizzato nella piana di Ozieri all’inizio degli anni Venti del ` frequentato della Sardegna. Novecento, e` il piu & TERRITORIO Il territorio e ` pianeggiante e fertilissimo, ricco di foraggere e circondato dalle alture di Ozieri da una parte e di Tula dall’altra. & STORIA Il centro sorse nel 1880 ca. nel momento di maggiore sforzo per la realizzazione della rete ferroviaria della Sardegna e divenne punto di riferimento degli operai che lavoravano lungo la linea. In seguito il piccolo cen` la sua esistenza e divenne tro continuo un borgo di contadini stanziati nella pianura circostante, dipendente ammi-

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Chiner Gimeno nistrativamente da Ozieri di cui di` crebbe cirvenne frazione. La comunita condata da un alone di leggenda circa il ` solo una leggenda) suo nome che (ma e ricorderebbe quello di una principessa indiana amata dall’ingegnere costruttore della linea ferrata, morta giovane lasciando l’innamorato profondamente addolorato. & ECONOMIA Negli anni il villaggio assolvette alla sua funzione di riferimento dei passeggeri del treno Cagliari-Sassari che intendevano recarsi ` le attivita ` nel a Olbia. Col tempo pero piccolo centro si moltiplicarono e negli anni Venti del Novecento vi sorse un Ippodromo che ben presto divenne il maggior centro di sport equestri dell’isola e ` punto di riferimento di tutta l’attivita ippica regionale. Negli anni Cinquanta, grazie alla sua felice posizione, dopo che fu costituito il complesso di bonifica ‘‘Chilivani’’, cominciarono a essere impiantati sul suo territorio alcuni insediamenti manifatturieri e in partico` . Le lare caseifici di grande produttivita ferrovie vi costruirono anche una grande officina per il ricondizionamento e le riparazioni dei vagoni con l’assunzione di numerosi operai. Ma le ` tradizionali del territorio sono attivita rimaste la pastorizia e l’allevamento intensivo di ovini e bovini, con l’aggiunta ` intorno al di una notevole attivita mondo dei cavalli.

` Studioso Chiner Gimeno, Jaime Jose di storia valenzana (n. Valencia 1963). ` di Valencia. Insegna nell’Universita Nel 1990 ha preso parte al XIV Congresso di storia della Corona d’Aragona svoltosi ad Alghero. Tra i suoi scritti ´ Valles sequesulla Sardegna: Don Jose stratario regio della contea di Oliva e gli stati sardi della famiglia Centelles 15701594, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XVII, ´ don An1991; La prammatica del vicere tonio de Cardona che disciplina le tariffe

delle scrivanie delle governazioni di Cagliari e del Logudoro, ‘‘Quaderni bolotanesi’’, XVIII, 1992; Los estados en Cerden ˜ a de la casa de Oliva durante el siglo XVI, in Atti del XIV congresso di storia della Corona d’Aragona, II, 1995.

Chirico, Aldo Medico, studioso di storia (Tempio Pausania 1904-La Maddalena, ` sec. XX). Di cultura sarseconda meta dista, nel primo dopoguerra fu il fondatore della sezione del Partito Sardo d’Azione a La Maddalena, di cui fu a lungo ` . Caduto il fascismo, dal 1943 podesta prese parte al dibattito sull’autonomia della Sardegna. La sua esperienza ` in(giornalistica, ma anche umana) piu ` legata al breve soggiorno di teressante e Mussolini a La Maddalena subito dopo il 25 luglio. In uno dei trasferimenti predisposti dal governo Badoglio per sottrarre Mussolini ai tentativi di liberazione messi in opera dai tedeschi, l’ex dittatore fu tenuto prigioniero per 21 giorni, dal 7 al 28 agosto 1943, a Villa Webber, nell’immediata periferia dell’abitato maddalenino. Guardato a vista, Mussolini era rigorosamente isolato: solo con il parroco don Capula intrattenne un minimo di dialogo. C., ` di medico e mosso dalla sua solidarieta ` di giornalista, cerco ` di dalla curiosita entrare in contatto con lui, inviandogli dei bigliettini per mezzo della donna incaricata di lavare la biancheria. Tutto ` prima in un artiquesto C. lo racconto colo del quotidiano ‘‘Il Tempo’’ di Roma (Mussolini prigioniero a La Maddalena) ` in un opuche poi raccolse e amplio scolo (Mussolini a La Maddalena). Di recente sarebbe stata ritrovata una lettera di Mussolini che indicava al destinatario il dottor C. come l’uomo che avrebbe collaborato a un suo tentativo di fuga dall’isola.

Chironi Famiglia nuorese (secc. XIXXX). Le sue notizie risalgono al secolo XIX; apparteneva alla borghesia colta e

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Chironi i suoi membri esercitavano tradizionalmente le professioni forensi. Nel 1914 ` ottenne il riconoscimento della nobilta con un Gonario.

Chironi, Giampietro Giurista, uomo politico (Nuoro 1855-Torino 1918). Deputato al Parlamento, senatore del Regno. Compı` gli studi fra Nuoro, Sassari e Ca` in gliari. Ancora giovanissimo, si laureo Giurisprudenza. Nel 1881 vinse la cattedra universitaria di Diritto civile a Siena, dove fu anche preside della sua ` . Nel 1885 si stabilı` a Torino. I Facolta ` subalpina fusuoi legami con la citta rono particolarmente felici: infatti di` di Giurivenne preside della Facolta sprudenza e rettore di quella Univer` . Circondato dalla stima generale fu sita ` . Nel 1892 fu anche sindaco della citta eletto deputato di Nuoro, schierandosi con la Sinistra e operando in favore della Sardegna che non aveva dimenticato; cattolico convinto, in Parlamento condusse anche grandi battaglie contro i divorzisti. Nel 1908 fu nominato sena` che considetore. Morı` a Torino, citta rava sua seconda patria, nel 1918. Della sua sterminata bibliografia, si ricor` . Questioni e ridano: Intorno alle servitu cerche del diritto romano, 1880; Della collazione. Studi del diritto romano e diritto civile italiano, 1881; Studio intorno alle assicurazioni sulla vita, ‘‘Archivio giudiziario’’, XXVIII, 1882; Il diritto civile nella sua ultima evoluzione, 1882; Della ` del padrone del fondo serresponsabilita vente per danno dato al conduttore, ‘‘Rivista critica’’, I, 1882; Il Darwinismo nel diritto, 1882; Il riordinamento universi` e la scienza, tario, 1884; Le Universita ` dei padroni ri1884; Della responsabilita spetto agli operai e della garanzia contro gli infortuni sul lavoro, ‘‘Studi senesi’’, I, 1884; La colpa nel diritto civile odierno, I. Colpa contrattuale, 1884; Della non re` della legge, 1884; Natura giutroattivita ridica del contratto di assicurazione sulla

vita, ‘‘Archivio giuridico’’, XXXI, 1885; Sociologia e diritto civile, 1886; La colpa extracontrattuale, voll. 2, 1886-1887; Pos` servitu ` , ‘‘Rivista critica sesso proprieta della giurisprudenza civile italiana’’, 2, 1886; Cinque ‘‘voci’’ sulle obbligazioni, in ‘‘Rivista critica della giurisprudenza civile italiana’’, 3, 1886; Privilegi e ipoteche: trascrizione, 4, 1886; Successioni, 5, 1886; Matrimonio, filiazione, interdizione, inabilitazione, 6, 1886; Possesso ` , servitu ` , 1, 1887; Colpa contratproprieta tuale, 1887; Istituzioni di diritto civile italiano, voll. 2, 1887; Efficacia della legge notarile 29 maggio 1879 in ordine alla forma del testamento pubblico, ‘‘Foro Italiano’’, VII, 1888; Concetto e origine del diritto di successione, 1888; Dell’obbligo dell’erede apparente alla restituzione dei frutti, ‘‘Foro Italiano’’, XIII, 1888; Se il patrocinatore della parte ammessa al gratuito patrocinio possa agire contro il suo cliente riuscito vittorioso per il pagamento degli onorari, ‘‘Foro Italiano’’, XIII, 1888; Delle cose costituenti il pubblico demanio, ‘‘Foro Italiano’’, ` degli edifici desti1889; Dell’alienabilita nati al culto, ‘‘Foro Italiano’’, 1889; La teoria generale del diritto di pegno, 1889; ` degli amLa teoria della responsabilita ` anonima, ministratori della societa 1890; Se e sotto quali condizioni si possa introdurre l’istituto del divorzio, 1891; Teoria della colpa nel diritto civile odierno, 1892; Trattato dei privilegi, delle ipoteche e dei pegni. Parte generale, 1894; Se il privilegio fiscale spetti ai comuni per l’esazione dei capitali, 1894; L’opera musicale e la legge sul diritto d’autore, 1895; ` degli amministraDella responsabilita tori delle casse di risparmio, 1895; Il ‘‘Parsifal’’ e il ‘‘Barbiere di Siviglia’’ nel ` letterecente movimento sulla proprieta raria e artistica, ‘‘Rivista musicale ita`, liana’’, 3, 1896; La lotta per l’equita 1896; Del pegno del sequestro dei titoli nominativi del debito pubblico, 1897; Della

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Chironi culpa in contraendo rispetto alle garan` della zie precedenti dalla non mutabilita causa litis e dal doppio grado di giurisdizione, ‘‘Giurisprudenza Italiana’’, 1897; Del diritto di palco in teatro e della dote teatrale, ‘‘Rivista musicale italiana’’, 34, 1897; I monti di famiglia in Sicilia, 1897; L’individualismo e la funzione sociale del diritto, 1898; L’estimazione dei danni per colpa contrattuale in confronto ai danni per colpa aquiliana, 1900; Trattato dei privilegi, delle ipoteche e dei pegni. Parte speciale, 1901; Di una petizione intorno al divorzio presentata alla Camera francese, 1902; Del matrimonio celebrato all’estero fra cittadini italiani davanti agli agenti diplomatici o consolari, 1903; Trattato di diritto civile italiano. Parte generale, 1904; Studi e questioni di diritto civile, 1914; Di alcune riforme sociali nella legislazione e dell’antico diritto sardo, in Studi giuridici in onore di Carlo Fadda, II, s.d.

mento operaio in Sardegna (Nuoro 1902-ivi 2002). Attivissimo, dopo la scis` nella sione di Livorno, nel 1924 fondo ` la prima sezione del Partito sua citta Comunista d’Italia. Molto popolare per il suo entusiasmo e insieme per il suo rigore, trasferito nel Lazio tra il 1927 e ` la il 1928, diresse ormai in clandestinita federazione di Roma; fu quindi arrestato e condannato a sette anni di reclusione dal tribunale speciale «per aver in Roma e altrove, in epoca imprecisata, ma anteriore e prossima al Maggio 1928, ricostituito gruppi del partito co` disciolti per ordine della munista gia ` » e per avere «fatto pubblica Autorita propaganda delle dottrine, dei programmi e dei metodi d’azione del disciolto partito comunista cercando gregari e diffondendo clandestinamente fogli del partito stampati alla macchia». Mentre era detenuto nel carcere di Alessandria fu nuovamente denunciato (ma senza seguito) al tribunale speciale per offese al re e al capo del governo. ` a Nuoro dove Caduto il fascismo torno fin dal 1944 riprese a fare politica.

Chirra, Giuliano Medico, scrittore (n.

Giovanni Agostino Chironi – Ferroviere, fu uno ` rigorosi antifascisti sardi: perseguitato dei piu ` volte davanti al dalla polizia, comparve piu tribunale speciale.

Chironi, Giovanni Agostino (detto Diddino) Ferroviere, figura storica del movi-

Bitti 1958). Pure dedicandosi alla sua professione (lavora presso l’Ospedale civile di Sassari), ha realizzato negli ultimi anni una serie di volumi che si di` stinguono non soltanto per la qualita dell’informazione ma anche per lo stile popolare e insieme raffinato delle sue illustrazioni (che rimandano alla tecnica dei fumetti ma anche alla icastica ` dei murales). A due libri espressivita dedicati alla Brigata ‘‘Sassari’’ (Trattare ke frates, kertare ke inimicos, e, con Antonio Pinna, La Brigata ‘‘Sassari’’ alla battaglia dei Tre Monti – quest’ul` ‘‘storiografico’’) ne ha fatto timo piu ` popolare precedere uno sulla civilta ` ru e-i su karru) delle zone interne (Su gu e seguire uno sul capolavoro del canonico-poeta nuorese Antonio Giuseppe

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Chiudende Solinas (Su contu de Noe`, 2003), che si raccomandano anche per la forza della variante bittese della lingua sarda che vi viene impiegata.

Chisu, Antonio = Mastinu, Martino Chiudano, Mario Studioso di storia del commercio (Roma 1889-Torino 1973). ` all’insegnaDopo la laurea si dedico mento universitario. Dal 1931 fu professore ordinario di Storia del Diritto ` di Genova. Ha presso l’Universita scritto la voce Breve portus Kallaritani, nel Nuovissimo Digesto Italiano, 1958.

Chiudende, editto delle Editto emanato dal re Vittorio Emanuele I l’8 ottobre del 1820 per regolare lo status delle terre aperte private e comunali. Fu concepito per venire incontro all’ipotesi avanzata in molti ambienti dell’isola ` di abolire gli usi comusulla necessita nitari della terra molto diffusi in Sardegna e trasformare le terre (private o comunali), fino ad allora usate comunita` di singoli cittariamente, in proprieta ` perfetta), che avrebdini (la proprieta bero potuto, sviluppando lo spirito imprenditoriale attraverso l’interesse per il guadagno, favorire la rinascita dell’agricoltura in Sardegna stimolando quei miglioramenti nella coltivazione e nella produzione che la mancanza di chiusure impediva in terre aperte al passaggio (e in particolare al passaggio devastante delle greggi). In base all’editto ogni proprietario avrebbe potuto liberamente chiudere con siepi o con muri o con un vallo i terreni di sua pro` non soggetti a servitu ` di pascolo o prieta di passaggio. Inoltre i proprietari avrebbero potuto chiudere territori di uso comune facendone domanda al prefetto, che avrebbe dovuto autorizzare e realizzare l’operazione secondo un re` di chiudere golamento; la possibilita veniva estesa anche ai comuni, che avrebbero potuto inoltre vendere o cedere in locazione i terreni cosı` ottenuti;

infine, avrebbero potuto essere chiuse e assegnate anche le terre reali. Per favorire il diffondersi della procedura, ` a essere posta in essere che comincio nell’isola in base al pregone viceregio 2 febbraio 1823 che «pubblicava» l’editto (di due anni prima), il re consentı` la coltivazione del tabacco nei terreni chiusi. ` , in un’isola che gia ` conosceva In realta ` perfetta, il in diverse zone la proprieta diffondersi della pratica fu piuttosto li` soprattutto i grandi mitato e riguardo proprietari che avevano i mezzi e le protezioni politiche necessarie per impadronirsi di molte terre dove venivano da sempre esercitati i diritti di pascolo, di legnatico e l’abbeveraggio comuni. L’applicazione dell’editto finı` per creare un grave conflitto tra proprietari e pastori che nel diffondersi del sistema videro minacciato il loro modello di pastorizia transumante. Nelle zone pastorali, infatti, l’editto fu visto come una misura di espropriazione dei pastori rispetto all’uso tradizionale dei pascoli; nel 1832 ne nacque una vera e propria insurrezione che, nel Nuorese e nel Goceano, vide l’abbattimento delle c. e scontri fra individui e gruppi. Il governo viceregio reagı` inviando nella zona soldati e giudici che, con la forza, con processi «economici» e dure condanne, repressero il moto. Della violenza con cui era stata compiuta la vasta serie di operazioni di chiusura delle terre soprattutto da parte dei prinzipales dei villaggi (gli unici ad avere i mezzi materiali per costruire i muri a secco – non di rado messi insieme con le pietre di qualche nuraghe vicino – e gli uomini per difenderli con le armi dal tentativo di abbatterli) resta memoria nella famosa quartina attribuita da Giovanni Spano al frate ozierese Gavino Achena: «Tancas serradas a muru / fattas a s’afferra afferra, / si su chelu fit in terra / lu dizis serrare puru...» (Tanche chiuse col

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Chiurlo muro, fatte all’arraffa arraffa, se il cielo fosse in terra, non esitereste a chiuderlo...); cosı` Salvatore Tola in Giovanni Spano, Canzoni popolari di Sardegna, I, 1999).

Chiurlo = Zoologia della Sardegna Chuquet, Arthur Maxime Storico (Rocroi 1853-Parigi 1925). Membro dell’Institut de France dal 1890, nel 1892 fu no` ge minato professore di Storia nel Colle ´on et de France. Tra i suoi scritti: Napole ´dition de La Maddalena, ‘‘Cosmol’expe polis’’, 1896.

Fausta Cialente – La scrittrice cagliaritana vinse il Premio ‘‘Strega’’ nel 1977.

Cialente, Fausta Scrittrice (Cagliari 1898-Pangbourne, Regno Unito, 1994). Nel 1921 si trasferı` ad Alessandria d’Egitto, dove risiedette fino al 1947 partecipando al movimento di propaganda antifascista dei nuclei di Giustizia e Li`. Tornata in Italia si affermo ` come berta scrittrice di talento, autrice di romanzi nei quali con eleganza descrisse soprattutto la decadenza del suo ambiente. Ottenne diversi riconoscimenti, tra i quali il Premio ‘‘Strega’’ nel 1977. Le sue ` conosciute, i romanzi Pamela opere piu o bella estate, 1935; Un inverno freddissimo, 1966; Cortile a Cleopatra, 1966; Ballata levantina, 1968; Le quattro ragazze Wisenberger, 1976; Interno con figure, 1976.

Ciampi, Adolfo Studioso di mineralo` sec. XIX-sec. XX). gia (seconda meta ` Dopo la laurea in Ingegneria si dedico allo studio del settore minerario. Compı` interessanti studi sui minerali della Nurra, dell’Ogliastra e dell’Iglesiente, interessandosi per primo alla ` di sfruttare le ligniti sarde possibilita come combustibile di centrali termoelettriche. Tra i suoi scritti: Ancora sui calcescisti di Oridda, ‘‘Rassegna di mineralogia, metallurgia e chimica’’, XXXI, 5, 1909; La miniera Perda Niedda in Sardegna, ‘‘Rassegna di mineralogia, metallurgia e chimica’’, XXXII, 1910; Fossili della Nurra in Sardegna, ‘‘Resoconti dell’Associazione mineraria sarda’’, 1913; Note neolitico-minerarie sui giacimenti cupriferi della regione di Alghero, ‘‘Resoconti dell’Associazione mineraria sarda’’, 1922; Giacimenti cupriferi della regione di Alghero, ‘‘Bollet` geologica italiana’’, tino della societa XLI, 1923; I giacimenti ramiferi di Calabona presso Alghero, ‘‘Bollettino della ` geologica italiana’’, XLI, 1923; societa Utilizzazione delle ligniti mediante centrali elettriche e problemi finanziari relativi, ‘‘Resoconti dell’Associazione mineraria sarda’’, 1926; Commemorazione dell’ingegner Adriano Racach, ‘‘Resoconti dell’Associazione mineraria sarda’’, 1929.

Ciampi, Carlo Azeglio Economista, uomo politico (n. Livorno 1920). Presidente della Repubblica Italiana dal 1999 al 2006. Fu studente dell’Univer` di Sassari. Nel marzo 1944, come sita ufficiale del Corpo Italiano di Liberazione, venne trasferito in Sardegna, ` si trovava, presso l’Ospedale dove gia militare di Thiesi, il fratello ufficiale ` laureato in Lettere alla medico. Gia Normale di Pisa, il tenente C. si iscrisse ` di Giurisprudenza di Sasalla Facolta sari, ma poche settimane dopo fu trasfe-

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Ciancilla rito a Bari, senza aver frequentato le lezioni sassaresi.

Ciampoli, Domenico Bibliotecario, scrittore e studioso di letteratura slava (Atessa 1852-Roma 1929). Giunse in Sardegna come bibliotecario dell’Universitaria di Sassari. Vi si trattenne per alcuni anni occupandosi del suo riordino; nel corso delle sue ricerche scoprı` anche i frammenti degli statuti medioevali di Castelgenovese (l’attuale Ca` stelsardo). Lasciata la Sardegna passo all’insegnamento presso alcuni licei e ` . Fu autore di alcuni roall’Universita manzi di successo. Nel periodo sardo aveva pubblicato pregevoli ricerche di argomento storico, tra cui: Frammenti degli statuti di Galeotto Doria per Castel Genovese diplomaticamente riprodotti per cura di D. Giampoli, bibliotecario dell’Universitaria di Sassari, 1899; Notizie storiche, bibliografiche e statistiche sulla Biblioteca Universitaria di Sassari nel MDCCCXCVIII, 1900; Gli statuti di Galeotto Doria per Castel Genovese, ‘‘La Bibliofilia’’, VIII, 6, 1906.

Cian, Vittorio Filologo, storico della let` di Piave teratura italiana (San Dona 1862-Val di Lanzo 1951). Dopo la laurea ` all’insegnamento presso il Lisi dedico ceo ‘‘Cavour’’ di Torino; ottenuta la libera docenza, intraprese la carriera ` presso l’Univeruniversitaria. Insegno ` di Messina, tra il 1900 e il 1908 fu a sita Pisa, successivamente tra il 1908 e il 1913 a Pavia. Nello stesso anno succe` di dette ad Arturo Graf nell’Universita Torino, dove percorse la restante carriera accademica. Agli inizi della sua ` scientifica aveva stuintensa attivita diato la poesia popolare e in questo contesto tenne stretti contatti per alcuni anni con la Sardegna e con il filologo `, da solo o in colPietro Nurra; pubblico laborazione con lui, quattrocento volumi e saggi, tra cui: Mazzetto di ninnenanne logudoresi, 1889; Per la poesia po-

polare sarda, ‘‘Vita e pensiero’’, I, 1889 [i tre capitoli contengono molti canti popolari della provincia di Sassari, con la traduzione italiana]; Saggio di canti popolari logudoresi, 1890; Canti popolari sardi raccolti ed illustrati (con P. Nurra), voll. 2, 1893-1896 (sono 868 canti amorosi, raccolti a Pozzomaggiore, Thiesi, Olmedo, Norbello, Ittiri, Macomer, Florinas, Ozieri).

Cianchi, Katia Pittrice, narratrice, scrittrice di teatro (n. Cagliari 1947). Ha coniugato la sua passione per la pittura con quella della narrativa. Ha pubblicato un romanzo e collaborato a lungo con quotidiani e periodici, e nello stesso tempo ha allestito le sue prime personali a Cagliari, Nuoro e Macomer riscuotendo un certo consenso di critica e di pubblico. Verso gli anni Ottanta ` dedicata al teatro. Ha fondato una si e compagnia e prodotto dieci spettacoli, ` scenografa, costumista e audei quali e trice dei testi. Dopo una collaborazione ` tornata a con l’Ente Lirico di Cagliari e dedicarsi alla pittura; pur avendo sciolto la compagnia, continua ad allestire scenografie per balletti e commedie di altri autori. Attualmente insegna acquerello nella scuola privata ‘‘Artemisia’’ a Quartu Sant’Elena. [PAOLO CABRAS]

Ciancilla, Damiano Agricoltore, mili` , Africa Orientale tare (Bono 1894-Cirmu Italiana, 1939). Iº Capo Squadra MVSN, medaglia d’oro al V.M. Emigrato in Tunisia ancora quattordicenne, quando scoppia la prima guerra mondiale si arruola volontario in fanteria. Col 151º Reggimento della ‘‘Sassari’’ combatte sul Carso e sugli Altipiani. Ferito e fatto pri` prigioniero nei gioniero nel 1917, e campi di concentramento per circa due anni. Congedato col grado di caporalmaggiore, partecipa volontario alle operazioni per la riconquista della Libia con i ‘‘Cacciatori Guide della Sardegna’’. Dal

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Cianfarra 1925 al 1935 torna a Bono. Nella primavera del 1935, volontario per la terza volta, si arruola per l’Abissinia, dove nel 1937 merita la Croce di Guerra al V.M. durante una spedizione in soccorso di un presidio e di un treno attaccati e assediati dai ‘‘ribelli’’ della Resistenza etiopica. Destinato al comando di una banda di irregolari, partecipa alle operazioni di polizia contro le bande dei ribelli. Il 22 maggio 1939 durante un attacco viene colpito a morte.

prodigava tutte le sue energie per mantenere la posizione occupata. Ferito gravemente, mentre con pochi uomini fronteggiava il nemico sostituendosi al tiratore di una mitragliatrice posto fuori combattimento, impavido al suo posto rifiutava ogni soccorso ed incitava con la parola gli uomini alla lotta fino a quando non si abbatteva al suolo, immolando gloriosamente la sua vita sul campo. ` , 22 maggio 1939)». (Cirmu

Cianfarra, Camilla Giornalista italoamericana (n. sec. XX). Nel dopoguerra compı` alcuni viaggi in Sardegna e con i suoi reportage di grande effetto fece conoscere i problemi dell’isola all’opinione pubblica americana (tra gli altri, La Sardegna si crede dimenticata, ‘‘The New York Times’’, 27 marzo 1951).

Ciarella Famiglia di probabile origine

Damiano Ciancilla – Caposquadra della MVSN, cadde in Africa orientale in un’azione di repressione della resistenza abissina. Medaglia d’oro al V.M.

La medaglia d’oro al V.M. concessagli alla memoria ha questa motivazione: «Combattente della grande guerra e volontario in A.O. partecipava a numerose azioni di grande polizia coloniale confermando le sue preclare doti di combattente ardito e coraggioso. Al comando di una banda irregolare di nuova formazione, durante un aspro combattimento

piemontese (secc. XVIII-XIX). Comparve a Cagliari nel corso del secolo XVIII, dedicandosi allo sfruttamento delle peschiere nello stagno di Santa `. In poco tempo Gilla e ad altre attivita raggiunse una posizione di rilievo in seno alla borghesia cagliaritana; alcuni suoi membri si segnalarono anche nell’esercizio delle libere professioni e ottennero rappresentanze consolari. Nel 1796 un Michele fu insignito del titolo di conte pontificio, per cui nel 1799 ebbe il ` cavalierato ereditario e la nobilta ` del secolo XIX sarda. Nella prima meta i suoi discendenti ottennero anche il riconoscimento del titolo comitale, ma si estinsero nel corso del secolo e il loro ` ai Ballero. titolo passo

Ciarella, Michele Imprenditore (Cagliari, fine sec. XVIII-ivi, inizi sec. XIX). Dopo essere stato per anni con` l’attisole pontificio a Malta, sviluppo ` delle peschiere che la famiglia posvita sedeva nello stagno di Santa Gilla. Nel 1796 ottenne il titolo di conte pontificio e nel 1799 il riconoscimento della no` e del cavalierato ereditario.bilta

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Ciasca

Ciarlo, Pietro Giurista, consigliere regionale della Campania (n. Napoli ` dedicato alla 1951). Dopo la laurea si e ricerca e alla carriera universitaria. Specialista di Diritto costituzionale, ha ` insegnato dapprima presso l’Universita ` di Napoli e dal 1990 presso l’Universita ` stato anche preside di Cagliari, dove e ` di Giurisprudenza dal della Facolta ` stato coordinatore del 1994 al 2000. E gruppo di consulenza giuridica della Regione della Sardegna. Ricopre an` che altri incarichi di consulenza ed e attualmente assessore nella giunta Bas` ausolino della Regione Campania. E tore di numerosi lavori di carattere scientifico e fa parte del comitato di redazione delle riviste ‘‘Diritto pubblico’’ e ‘‘Nuova autonomia’’. Tra i suoi scritti: Enti dipendenti dalla Regione sarda: forme organizzative e modelli di rapporto con la Regione, 1990; Lo statuto della Sardegna al tempo del federalismo. Lo Statuto speciale della Sardegna, 1997. Ciasca, Antonia Archeologa (n. sec. XX). Allieva di Sabatino Moscati, dal 1960 prese parte a una campagna di ` scavi a Ramat Rahel e nel 1974 lavoro al tofet di Tharros di cui ha dato conto in Lo scavo del 1974, in Tharros I, ‘‘Rivista di Studi fenici’’, III, 1975. Attualmente insegna presso il Dipartimento di Scienze storiche e archeologiche del` ‘‘La Sapienza’’ di Roma. l’Universita

Ciasca, Raffaele Storico (Rionero in ` in Vulture 1888-Roma 1975). Si laureo Giurisprudenza a Napoli, ma presto si ` alla ricerca storica. Divenuto aldedico lievo di Gaetano Salvemini, nel 1913 si ` in Lettere a Firenze; dopo la palaureo rentesi della prima guerra mondiale, alla quale prese parte con valore, ri` scientifica e collaboro ` prese l’attivita ` ’’ del suo maestro. Nel 1923 con ‘‘l’Unita conseguı` la libera docenza in Storia mo` presso derna, disciplina che insegno ` di Messina fino al 1925. l’Universita

` a Cagliari, dove insegno ` Quindi passo fino al 1931; nella nuova sede si ado`, tra l’altro, ideando e guidando la pero raccolta dei dati della Bibliografia ` a Roma (Collezione sarda, che pubblico meridionale editrice) in cinque volumi usciti tra il 1931 e il 1934. La Bibliografia ` stata, ed e ` ancora, uno strumento fone damentale per gli studi sulla Sardegna. Realizzata con la collaborazione di un gruppo degli studenti di C. negli anni ` dedicato il libro: 1928-1931 (cui infatti e tra loro, Angela Mari, Ines Acquas, Elisa Mundula, Maria Dessı`, Dolores Ghiani, Flavia Piredda, Elena Vita, Fernanda Nadia, Vera Pirodda, Badora Virdis, Maria Loy e Francesco Alziator) raccoglie – con il supplemento-aggiornamento – 21 449 titoli, frutto di una ricerca che partendo dall’Universitaria cagliaritana si estese alle principali biblioteche e collezioni pubbliche e private dell’isola. Pure con qualche imprecisione e qualche lacuna (ineliminabili ` ), la Bibliograin opere di questa vastita fia resta un autentico caposaldo della ` cultura sarda. Di recente (2002) ne e stata curata dall’editore Delfino di Sassari una edizione in cd che, attraverso ` l’incrocio degli indici, permette una piu esaustiva esplorazione del patrimonio librario isolano (si arresta al 1934: ci sono altri settant’anni di produzione culturale isolana, ma i diversi progetti per ‘‘continuare’’ la Bibliografia di C. non sono andati in porto). Negli stessi anni C. suggerı` all’allora ministro dell’Istruzione, Pietro Fedele, di avviare una vasta ricerca sulle fonti della storia italiana negli archivi spagnoli. Pur es` di sendosi trasferito presso l’Universita Genova, rimase legato agli ambienti culturali dell’isola e dal 1935 fu nominato socio corrispondente della Deputazione di Storia sarda. A Genova si av` a Giuseppe Bottai e collaboro `a vicino ` coinvolgere ‘‘Primato’’, ma non si lascio

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Ciavardello ` nel fascismo. Dopo l’8 settembre riparo a Roma, dove visse appartato fino alla `; in seguito collaliberazione della citta ` con ‘‘Il globo’’, prendendo parte al boro rinato dibattito democratico. Nel 1948 fu eletto senatore per la DC, e nel 1951 ` accademica presso riprese l’attivita ` di Roma fino al 1958. Nello l’Universita stesso anno divenne presidente dell’Istituto storico italiano e nel 1953 fu rieletto senatore; collocato fuori ruolo nel ` a operare intensamente 1958, continuo nella ricerca storica. Molti suoi scritti riguardano la Sardegna: Ripercussioni in Sardegna del fallimento della compagnia fiorentina dei Peruzzi nel 1343, ‘‘Archivio storico sardo’’, XVI, 1927; Momenti della colonizzazione in Sardegna ` nel secolo XVIII, ‘‘Annali della Facolta ` di di Lettere e Filosofia dell’Universita Cagliari’’, I-II, 1928; Corsi colonizzatori della Sardegna nel secolo XVIII, ‘‘Archivio storico di Corsica’’, I, 1928; Il problema dell’incremento demografico sardo nel XVIII secolo, ‘‘Atti del Comitato italiano per lo Studio della Popolazione’’, VIII, 1932; Ancora di alcuni momenti della colonizzazione in Sardegna, ` di Lettere e di Fi‘‘Annali della Facolta ` di Cagliari’’, IV, losofia dell’Universita 1933; Momenti della colonizzazione sarda nei secoli XVIII e XIX. Alle porte della Corsica: la fondazione di S. Teresa di Gallura, ‘‘Archivio storico di Corsica’’, XIX, 1933; Fra quali contrasti sorsero i borghi di Sassari nell’epoca carloalbertina, ‘‘Congresso di Studi popo` di lari’’, I, 1933; L’opera di italianita casa Savoia in Sardegna avanti il Bogino, ‘‘Rassegna storica del Risorgimento’’, XXII, 1, 1935; La lotta per la pro` della terra nell’Italia meridionale prieta e in Sardegna due secoli fa, ‘‘Economia e Storia’’, I, 1954.

` aver delle condizioni ambientali puo portamento arbustivo o raggiungere i 15 m di altezza. Le foglie sono alterne, con lunghi piccioli, espanse e con 3-4 lobi dal margine seghettato; i fiori bianchi sono riuniti in corimbi e i frutti sono ovoidali e di colore bruno. Fiorisce in primavera, e in autunno colora con il rosso porpora delle sue foglie i boschi del Marghine-Goceano e del Gennargentu. Dai frutti (sorbe), commestibili, si distilla una gradevole bevanda alcolica. Il legno duro, compatto, rossiccio, ` utilizzato per costruire piccoli utene sili artigianali e come combustibile. Nome sardo: morichessa. [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Ciboddo, Giacomo Sacerdote, professore di filosofia (Tempio Pausania 1905-ivi 1970). Studioso di storia della Chiesa, canonico della cattedrale di Tempio, fu uomo di grande cultura (aveva conseguito altrettante lauree in ` ), fu per molti quattro diverse Facolta anni professore di filosofia presso il Liceo classico ‘‘G.M. Dettori’’ della sua `. Nel 1962 scrisse un contributo, La citta Chiesa gallurese dall’alba del cristianesimo ai giorni nostri, per il volume miscellaneo Gallura (a cura di A. Murineddu) edito dal cagliaritano Fossataro, 1962.

Ciboddo, Pasquale Insegnante, poeta (n. Tempio Pausania 1936). Poeta e narratore, ha pubblicato raccolte di versi in italiano (Gente d’altura, 1995; Conti di Gallura, 1997; Antichi stupori, 1997) e in gallurese (Come la tarra nostra, 1990; ´ cana, 2005), racconti e memorie In La (Tre racconti di fine Secondo Millennio, 2000, e Teatro agli stazzi della Gallura, 2004). Ha pubblicato anche, nel 2003, un Dizionario fondamentale gallureseitaliano.

Ciavardello Pianta arborea caducifo-

Ciccarelli, Romualdo Giornalista, av-

glia della famiglia delle Rosacee (Sorbus torminalis (L.) Crantz). A seconda

vocato (n. sec. XX). Era amico di Gaetano Salvemini, del quale condivise

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Cicerone l’impostazione politica profondamente ` da sempre una meridionalista. Mostro grande attenzione ai problemi della Sardegna e in particolare a quello della distribuzione della terra. Negli anni della polemica tra protezionisti e anti` di schierarsi nel protezionisti, rifiuto gruppo antiprotezionista; in seguito divenne amministratore de ‘‘Il giornale d’Italia’’. Tra i suoi scritti: Colonizzazione nell’isola. Protezione della piccola ` , emigrazione, in Atti del primo proprieta congresso regionale sardo, 1898; La Sardegna e lo Stato italiano, ‘‘Il Corriere dell’Isola’’, 1912; Agro romano e Sardegna, ‘‘Pro Sardegna’’, 1920.

ramificati con foglioline ellittiche, infiorescenze rade con fiori di due tona` di rosa e viola; fiorisce a fine primalita vera; 3. la c. bastarda (Lathyrus aphaca L.), detta anche fior galletto, ha fusti sottili e rampicanti, foglie allargate, fiori giallo chiaro, con lunghi piccioli; fiorisce dalla fine dell’inverno all’inizio dell’estate e cresce, come le altre, nei campi e ai bordi delle strade. Nomi sardi: che´ rigu (logudorese); letı´tera (Sardegna centrale); piseddu, pisu de coloru (campidanese); pisu de coloru (Sardegna meridionale). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Ciccotti, Francesco Giornalista (Palazzo San Gervasio 1880-Buenos Aires ` nelle orga1937). Fin da giovane milito nizzazioni socialiste, sviluppando originali tesi politiche e lavorando come `. Negli anni giornalista in diverse citta successivi assunse una posizione antiriformista e di sinistra e dal 1912 fu redattore dell’‘‘Avanti!’’ durante la direzione di Benito Mussolini. Nel 1919 fu eletto deputato e concorse alla fondazione del quotidiano ‘‘Il Paese’’, schierandosi su posizioni antifasciste. Dopo ` a vita prila ‘‘marcia su Roma’’ si ritiro vata e nel 1924 fu costretto a riparare ` sull’‘‘Uall’estero. Nel 1900 pubblico ´ba ` cle econione sarda’’ l’articolo La de nomica della Sardegna, in due puntate.

Cicerchia Genere di piante erbacee perenni della famiglia delle Leguminose, rappresentato in Sardegna da diverse specie, caratterizzate da fusti lunghi, spesso rampicanti: 1. la c. a foglie larghe (Lathyrus latifolius L.) cresce sino ad 1 m di altezza, ha fusti appiattiti e membranosi, foglie composte da foglioline lanceolate, fiori purpurei in folte spighe all’apice del fusto; fiorisce tra maggio e agosto. Nomi sardi: basoleddu, pisu de culoru; 2. la c. porporina (Lathyrus articulatus L.) ha fusti alati, viticci

Cicerchia – Fiori di cicerchia a foglie larghe.

Ciceri, Andrea = Chiarella, Giacomo Cicerone, Marco Tullio Oratore, scrittore e uomo politico (Arpino, 106 a.C.` alla SardeFormia, 43 a.C.). Si interesso gna tra il 57 e il 54 a.C., in concomitanza con l’incarico conferito al fratello M. Quinto da Pompeo, finalizzato alla requisizione del frumento nell’isola, poi con il processo celebrato contro il governatore della Sardegna M. Emilio Scauro nel 54 a.C. (nell’orazione Pro

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Ciclamino Scauro vengono ricordati da C. anche due precedenti processi per concussione contro i governatori della Sardegna T. Albucio, nel 105-104 a.C., e G. Megabocco, forse tra il 59 e il 55 a.C.). Nell’orazione i Sardi sono alquanto strapazzati, anche se C. afferma di non avere idee preconcette sulla Sardegna: i rapporti e le amicizie che suo fratello Quinto aveva stretto durante la sua permanenza a Olbia lo porterebbero ad apprezzarli. Nelle lettere al fratello, inviate durante la sua missione in Sarde` benevolo nei confronti delgna, C. non e l’isola, anzi si coglie nelle sue parole un moto di fastidio, anche solo a parlare della Sardegna, considerata luogo remoto e dimenticato. Nell’epistolario, ricordando che Cesare non aveva ancora visitato la Sardegna, la descrive come il ` mediocre e, lasuo possedimento piu mentandosi del comportamento del sardo Tigellio, lo definisce «hominem pestilentiorem patria sua», con un preciso riferimento al problema della malaria, o ancora, criticando il comportamento di Famea, zio di Tigellio, cita il famoso proverbio «Sardos venalis alium alio nequiorem». Nell’arringa difensiva a favore di Scauro C., per screditare i centoventi testimoni sardi dell’accusa, non esita a dipingere i Sardi come inaf`e ` cosı` fidabili e disonesti, la cui vanita grande da indurli a credere che la li` si distingua dalla servitu ` solo per berta ` di mentire. La loro inaffila possibilita ` viene da lontano, dalle loro dabilita stesse radici che sono rappresentate dai Fenici e dai Cartaginesi, nemici storici dei Romani. Proprio per questo mo` piu ` volte usato tivo l’appellativo Afer e come equivalente di Sardus, e l’espressione Africa ipsa parens illa Sardiniae viene adottata da C. per affermare che dai Fenici sono discesi i Sardi, formati da elementi africani misti, razza che non aveva niente di puro e che dopo

tante ibridazioni si era ulteriormente ` guastata, rendendo i Sardi ancora piu selvaggi e ostili verso Roma. Trasportato dall’impeto oratorio C. arriva ad affermare che i sardi, mescolati con sangue africano, non strinsero mai con i ´ patti Romani rapporti di amicizia ne d’alleanza e che la Sardegna era l’unica ` amiche del poprovincia priva di citta polo romano e libere. [ESMERALDA UGHI]

Marco Tullio Cicerone – Testa di epoca romana ritraente il celebre oratore.

Ciclamino Pianta erbacea della famiglia delle Primulacee (Cyclamen repandum S. et S.). Ha un tubero rotondeggiante, radicato alla base, le foglie sono dalla classica forma di cuore, con cen` scuro. tro chiaro e margine, dentato, piu I fiori, su lunghi steli ricurvi, hanno una corolla rosa intenso, con 5 petali appun` una bacca titi uniti alla base. Il frutto e con molti semi: il peduncolo si arrotola sino a toccare il terreno quando il frutto ` maturo, deponendo direttamente i e semi nel suolo. Fiorisce a primavera inoltrata nei boschi di leccio e nella macchia di alta collina, colorando con

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Cicu le sue fioriture il sottobosco, spesso in associazione con orchidee e viole corsiche. Nomi sardi: cicciu cujuatu (gallurese); ciclaminu aresti, cuccheddu (campidanese); faa de porcus (logudorese).

(Planargia e Campidano); lattiedda proceddina (Sarcidano); zicoria (nuorese e sassarese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

[MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Cicoria – Cicoria selvatica.

Cicu, Antonio Giurista (Sassari 1879-

Ciclamino – Ciclamini sul monte Limbara.

Cicogna = Zoologia della Sardegna Cicoria Pianta erbacea perenne della famiglia delle Composite (Cichorium intybus L.). Le foglie basali, a rosetta, sono ricoperte di leggera peluria, lanceolate, con margine dentato, quelle superiori profondamente incise in lobi dentati. I fiori sono capolini celeste-azzurro con pochi lunghi petali (scient. ligule). Cresce nei campi incolti e nei bordi delle strade; fiorisce per tutta l’estate. Le foglie, amarognole ma saporite, vengono raccolte per essere mangiate sia crude che cotte. Dalla sua radice, tostata, si ottiene una polvere usata come ` (ai tempi della sesuccedaneo del caffe conda guerra mondiale era l’unico ` ’’ bevuto in Sardegna). In medi‘‘caffe cina popolare la c. viene usata per le ` diuretiche, depurative e sue proprieta lassative. Da questa specie selvatica de` coltivate di radicrivano tutte le qualita chio. Nomi sardi: erba fintu prangiu

` sec. XX). ConseBologna, prima meta guita la laurea in Giurisprudenza, si de` all’insegnamento. Fu professore dico nell’Istituto tecnico di Reggio Emilia ` all’indal 1904 al 1911, anno in cui passo ` la sua segnamento universitario. Inizio carriera accademica presso l’Univer` di Macerata, come professore di Disita ritto civile fino al 1916; tra il 1916 e il ` presso l’Universita ` di 1918 insegno Parma e dal 1918 fu professore di Di` di Boloritto civile presso l’Universita gna. Per la sua grande fama fu anche nominato componente della commissione per la riforma del diritto agrario; ` numerose opere di grande livello lascio scientifico. Tra i suoi scritti: L’offerta al pubblico, 1902; Estinzione di rapporti giuridici di compensazione, 1908; Teoria generale del diritto di famiglia, 1915.

Cicu, Salvatore Avvocato, deputato al Parlamento (n. Palermo 1957). Esercita ` la libera professione a Selargius, dove e ` stato impegnato nel sociale. Nel 1994 e ` eletto deputato della Casa delle Liberta per la XII legislatura repubblicana e riconfermato nel 1996, nel 2001 e nel 2006 ` stato sottosenella stessa coalizione. E gretario di Stato nel governo Berlusconi. Nella consultazione dell’aprile

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Cicuta ` stato rieletto alla Camera dei de2006 e putati nella lista di Forza Italia.

gli acquitrini. Sia le radici che le foglie (queste ultime in misura minore) contengono una sostanza in grado di provo` care convulsioni. L’apparato radicale e costituito da un rizoma di circa 5 cm, irregolare e con numerose strozzature; ` suffil’ingestione di pochi rizomi e ciente a provocare la morte. Le foglie che si formano per prime sono indivise e lanceolate, le altre sono bipennate o tripennate e hanno bordi seghettati. Nomi sardi: bidduri (logudorese); buddaru (nuorese); feruledda (Sardegna settentrionale); feruloni, zicuta (gallurese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Ciliegio Nome comune delle numerose

Cicuta – Cicuta acquatica.

Cicuta Genere di piante erbacee perenni o biennali della famiglia delle Ombrellifere: 1. la c. maggiore o c. macchiata (Conium maculatum L.) ha fusti eretti, cavi e ramificati, macchiati di rosso; le foglie sono divise in segmenti sottili e lineari, a gruppi di tre; le infiorescenze a ombrella sono formate da piccoli fiori unisessuali bianchi; i frutti sono arrotondati con costole pronunciate. Fiorisce per tutta l’estate nelle zone ombrose dei campi incolti e dei bordi delle strade. Pianta velenosa in ` anche detta c. di Soogni sua parte: e ´ si ritiene sia stata l’erba crate, perche velenosa con cui il filosofo greco si ` della pianta diede la morte. La tossicita deriva dalla presenza di alcuni alcaloidi che agiscono sul sistema nervoso, provocando tremore, perdita della coordinazione e paralisi respiratoria; ` an2. la c. acquatica (Cicuta virosa L.) e ` particoch’essa una specie velenosa. E larmente insidiosa per il bestiame per´ in primavera, quando la pianta e ` che ` appena percegiovane e il suo odore e pibile, trae facilmente in inganno gli animali al pascolo. Cresce spontaneamente in Sardegna, dove predilige le zone umide, lungo i fossi, i ruscelli e ne-

` di alberi da frutto appartenenti varieta alle specie Prunus avium e P. cerasus della famiglia delle Rosacee. La prima produce le ciliegie propriamente dette; ` piccole la seconda, generalmente di piu dimensioni, produce frutti amarognoli, meglio noti come amarene. Gli alberi della specie P. avium, progenitrice dei ciliegi dolci, non superano i 15 m di altezza e presentano foglie pendule e piccoli frutti retti da lunghi peduncoli. Gli ` piccoli, caratamareni sono invece piu terizzati da foglie erette, lisce e lucenti ` succosi. Entrambi gli alberi, e frutti piu originari dell’Europa centrale e meridionale, producono fiori bianchi, riuniti in infiorescenze a grappolo o a ombrella, quasi prive di picciolo. I ciliegi vengono ampiamente coltivati per i loro frutti gustosi e come alberi ornamentali, vista la magnifica fioritura di fiori bianchi o rosati, che ricoprono l’albero prima della fogliazione. Crescono rapidamente e producono un legno forte e liscio, utilizzato in ebanisteria o per la produzione di pipe e strumenti musi` coltivate sono numerocali. Le varieta sissime e presentano frutti molto diversi per dimensioni, colore e sapore. In Sardegna alcuni toponimi (punta Sa Ceraxa sui monti dei Sette Fratelli) te-

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Cilocco stimoniano la presenza del c. selvatico, ancora diffuso in tutta l’isola, su cui furono in passato innestati gli alberi delle ` coltivate, tipici delle zone frequalita ` carrufale e ` inserita dal sche (la qualita Ministero delle Politiche agricole nell’elenco dei prodotti tipici regionali). Rinomati i frutti di Burcei e Villacidro nella provincia di Cagliari, Desulo e Belvı` in provincia di Nuoro, Bonnanaro in provincia di Sassari e Bonarcado in provincia di Oristano: in ognuna di que` nel mese di giugno si tiene ste localita una sagra delle ciliegie. Nomi sardi: cariasa, cariasgia (Sardegna settentrio´nale); cherasa (Sardegna centrale); cria xia (gallurese). [MARIA IMMACOLATA BRIGAGLIA]

Ciliegio – Amareni.

Cilixia Antico villaggio di origine medioevale che faceva parte del giudicato d’Arborea, compreso nella curatoria della Marmilla. Sorgeva tra Sini e Baradili. Nel secolo XIV, nel corso delle guerre tra Mariano IV e Pietro IV, de` e fu abbandonato cadde, si spopolo prima della fine del secolo.

Cilocco, Francesco Patriota (Cagliari 1769-Sassari 1802). Notaio della Reale Udienza, nel 1793 prese parte alla difesa di Cagliari e negli anni successivi fu un protagonista delle vicende politiche isolane. Amico di Giovanni Maria Angioy, durante i moti antifeudali ne sostenne con passione le idee; nel 1795

fu inviato dagli Stamenti a diffondere nei villaggi il pregone contro il tentativo secessionista dei baroni, che avevano la loro roccaforte a Sassari, e divenne l’anima dei moti e la figura di riferimento della marcia su Sassari. Egli infatti, unitosi agli insorti di Semestene e di ` sulla citta ` ‘‘ribelle’’: a Bonorva, marcio Florinas si unirono a lui e a Gioacchino Mundula altri gruppi provenienti da Osilo, Ossi, Thiesi, Mores. Entrato in ` il 29 dicembre dopo un duro comcitta battimento, unitamente a Mundula procedette all’arresto dell’arcivescovo Della Torre e del governatore Santuc` prigionieri a Cagliari. cio, che riporto ` il vicere ´ Ma a poca distanza dalla citta ` un manipolo di guardie a prenmando dere in consegna i due personaggi: era il segnale della svolta moderata che stava maturando negli Stamenti e che avrebbe di lı` a poco provocato la caduta dell’Angioy. E quando l’Angioy, fallita la sua marcia su Cagliari, dovette andare in esilio, C. lo seguı`, passando in Francia per spostarsi poi in Corsica nel 1802. ` col sacerdote Francesco Qui collaboro Sanna Corda al progetto di uno sbarco in Gallura che avrebbe dovuto provocare la sollevazione della Sardegna. Un primo tentativo, nel maggio 1802, fallı`. Ripetuto in giugno con un manipolo di uomini, prevedeva lo sbarco del Sanna Corda ai piedi della torre di Longonsardo (l’attuale Santa Teresa Gallura) e di C. presso la torre dell’Isola Rossa. La spedizione ebbe un esito tragico: il Sanna Corda, che aveva espugnato la torre e alzato la bandiera della ` , inviando alle autorita ` galluresi liberta lettere in nome della Repubblica Francese, fu attaccato da un piccolo corpo di spedizione inviato da La Maddaena e cadde combattendo sotto le mura della torre (19 giugno); C., tradito da un Pietro Mamia, bandito gallurese cui si era affidato per la conoscenza dei luoghi, fu

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Cima narcotizzato (con un vino oppiato) o, comunque, sorpreso nel sonno e consegnato ai soldati inviati da Sassari. Qui fu incarcerato, lungamente torturato e infine giustiziato. Aveva 33 anni.

Cima, Antonio Medico e professore di Fisica (Cagliari 1812-Udine 1877). Fratello di Gaetano e di Pasquale, dopo essersi laureato in Filosofia e in Medicina nel 1833, si fece notare per i suoi studi ` , per cui fu mandato a sull’elettricita Pisa a completare i suoi studi di fisica. Tornato a Cagliari, nel 1843 fu nominato professore di Fisica sperimentale; nel 1851 divenne professore di Filosofia positiva a Torino. Nel 1860 si trasferı` a Bologna, dove fu preside di quel Liceo, ma ` a Torino; nel 1867 fu nonel 1865 torno minato provveditore agli studi di Parma; da qui nel 1871 si trasferı` a Venezia e infine a Udine. Autore di importanti lavori scientifici, fu incluso in numerose accademie e ricevette molti riconoscimenti e onorificenze.

Cima, Gaetano Architetto (Cagliari 1805-ivi 1878). Fratello di Antonio e di ` presso l’Accademia di Pasquale, studio ` fino al San Luca a Roma dove soggiorno ` impor1834. Tornato a Cagliari, elaboro tanti progetti, tra cui quello per il rinnovo del Teatro civico, quello per l’Ospedale civile e quello di molti palazzi di Castello, che le famiglie nobili gli commissionarono (i palazzi Cao di San Marco e De Candia nell’attuale via dei Genovesi, Grixoni e Lostia in via Canel´ le ville di altre famiglie les), nonche ` nelle campagne e nei vildella nobilta laggi intorno a Pula, il Casino Tola a San Sperate, la grande Villa Aymerich a Laconi (1846). Ma fu soprattutto Cagliari il ` e che piu ` di ogni luogo in cui C. opero altro abitato della Sardegna risentı` dell’influsso delle sue teorie architettoniche, proposte e realizzate «prima dal

suo ufficio del Genio Civile, poi – ha scritto Salvatore Naitza – , dopo le dimissioni da questo corpo nel 1836, come architetto responsabile del settore tecnico del Comune, ma anche, se non soprattutto, nella sua veste di docente universitario, vero e proprio fondatore di una scuola d’alto livello tecnico e culturale». Nelle case di civile abitazione, poi, introdusse uno stile – scrive ancora Naitza – , «che si impone come maniera moderna anche nel volto delle nuove zone d’espansione almeno fino all’avvento del Liberty». «Questo dato – conclude – ci dice che chiamare ` del Cima questo lungo e accidenl’eta ` tato tratto di secolo in cui egli opero [praticamente, i cinquanta anni cen` non solo possitrali dell’Ottocento] e bile, ma utile ad indicare gli elementi qualificanti di questo importante momento di storia della Sardegna». Furono suoi anche il progetto della chiesa di San Francesco a Oristano, quello della parrocchiale di Guasila, il Palazzo Corrias-Carta a Oristano e molti altri. Fu anche eletto consigliere provinciale di Cagliari tra il 1867 e il 1870.

Cima, Pasquale Insegnante (Cagliari 1816-ivi 1896). Fratello di Gaetano e An` nell’ordine degli tonio, nel 1831 entro Scolopi e dopo aver conseguito la lau` all’insegnamento. Visse rea si dedico ` e nel 1862 fu sempre con grande umilta nominato preside del Ginnasio Comunitativo (l’attuale ‘‘Siotto’’), che resse ` la bella per molti anni. Morendo lascio casa paterna all’Ospedale civile costruito dal fratello. Di lui si conservano due scritti scolastici: Breve relazione sull’insegnamento dato nel ginnasio comunitativo di Cagliari affidato ai Padri delle Scuole Pie, 1863, e Brevissimo rapporto sul ginnasio comunitativo di San Giuseppe in Cagliari, 1868.

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