Governanti e intellettuali. Popolo di Roma e popolo di dio

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Governanti e intellettuali. Popolo di Roma e popolo di dio

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PASSATOPRESJo:NTE Collana per lo studio e l'insegnamemu delb storia dirella da GIORGIO CRACCO

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PETE R BROWN LELLIA CRACCO RUGGlNI MARIO MAZZA

GOVERNANTI E INTELLETTUALI POPOLO DI ROMA E POPOLO DI DIO (1- VI secolo)

Giappichel/i Editore

�RO�RII·.I.-\ ll·.rl �. R . \1>, con i quali la divinità enfatizza i propri interventi nella storia o, in ogni caso, significa assenso, riserva o ripulsa sulle scelte politiche dei governanti. Sono gli omina imperii alla nascita, durante la fanciullezza o alle soglie del trono, quali i miracula che accompagnano la parabola ascendente di Ottaviano in Svetonio e in Paolo Orosio; i segni e i sogni premonitori che incoraggiano Setti· mio Severio ad assumere la porpora (la cui raccolta costituì il primo nucleo della

Storia di Cassio Dione); i molteplici prodigi con ì quali la Historia Augusta colori· sce le sue biografie imperiali; le ricorrenti espressioni del favore celeste che prelu· dono al regno di tanti imperatori bizantini ( 6). Sono omina dì vittoria o di sciagura. segni di adesione o di repulsione cosmica in momenti decisivi per la stabilità del potere, come le visioni oniriche dì Costantino e di Teodosio alla vigilia degli scon· tri con i rivali al Ponte Milvio e al Frigido; il ornJEìov Toù oTauQOù nel cielo di Ge· rusalemme che accompagna la vittoria di Costanzo Il su Magnenzio; i 9òQu�Ot (maremoti e terremoti) che riflettono nella natura il turbamento della situazione politica mentre Valente perseguita i Niceni; i cataclismi che secondo la storiografia

lO

ariana segnano le affermazioni del «persecutore» Teodosio sui rivali; ovvero gli in­ numerevoli prodigi funesti che scandiscono la drammatica anabasi di Giuliano da Antiochia a Ctesifonte in un convergere di premonizioni tanto pagane quanto cri­ stiane (7). Sono avvertimenti soprannaturali che orientano il sovrano verso una saggia gestione del potere o ne censurano l'operato politico, come ad esempio le vi­ sioni di Aureliano all'assedio di Tiana, di Shapur durante l'assalto a Nisibis, di Chosroe sotto le mura di Sergiopolis, oppure i frequenti da parte degli imperatori romani: ba.�ti pensare alle iniziazioni eleusine di Augusto, Claudio, Adriano, Marco, Lucio Vero. Setti mio Severo. Giu­ liano ( 18).

2. Clero uispiraton e uomini santi: una gara per il monopolio del potere Fu il Serapeo di Alessandria, tramite il suo clero di sacerdoti-teurghi in­ fluenti, attivi e «tecnicamente>> preparati da un'esperienza millenaria ( 19), a svol­ gere una più sottile, avvolgente e continuativa politica di cattura degli imperatori, mettendone per cosi dire a partito la conscia debolezza carismatica e la supersti­ ziosa ricerca di garanzie soprannaturali non meno che pubblicistiche. Lo speciale rapporto istituzionale fra l'Egitto e gli imperatori romani (di esso considerati di­ retti signori, eredi dei faraoni e dei Lagidi) indubbiamente contribui a rafforzare questo «filo rosso» peculiarissimo. Al tempo di Caligola alcune iniziative imperiali, riguardanti per lo più la po­ litica interna, denotarono le accentuate propensioni egittizzanti di questo principe. Ma soltanto nella monetazione provinciale di Gaiba, Otone e Vitellio si affacciano riferimenti cultuali nuovi,

introducendo per la prima volta l'immagine di

Iside (20). Il primo atto di una vera e propria politica serapista - in ogni caso il più vistoso- fu peraltro quello che diede vita alla serie ben concertata dei «mira­ coli>> di Vespasiano in Alessandria, allo spirare del 69 d.C.: in un momento quindi politicamente fragilissimo, dopo che le legioni, proprio in Alessandria, avevano proclamato Vespasiano Augusto e mentre i Vitelliani incendiavano il Campido­ glio (2 1 ). Uno storpio e un cieco si fanno incontro all'imperatore nelle vie di Ales-

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sandria e, dicendosi ammoniti in sogno da Serapide (dunque in seguito a una incu­ balio notturna nel Serapeo al Canopo, ove la iatromantica veniva praticata come negli Asclepiei) ( 2 2), lo supplicano di guarirli n e l n o m e d i S e r a p i d e , me­ diante il tocco del suo piede e il contatto con la sua saliva ( 23). I sacerdoti egiziani presenti incoraggiano Vespasiano a vincere le esitazioni iniziali; ed

ecco

la folgo­

rante rivelazione dei suoi poteri guaritori, debitamente accertati da due medici (presenti- guarda

caso - fra

il suo séguito: forse due medici del Serapeo stesso,

quali se ne incontravano allora anche nei più celebrati Asclepiei del mondo ro­ mano-ellenistico?) (2 4). Ne consegue ( 25) la visita dell'imperatore al Serapeo, ove subito gli capita un incontro prodigioso e profetico: quello con Basilide (forse un membro dell'alto clero del tempio) (26), che i sacerdoti assicurano trovarsi invece a molte miglia di distanza, e la cui funzione precipua- sia nel nome che porta, sia nei gesti di omaggio che compie, ispirati alla tradizione delle investiture faraoniche -

è quella di omen imperii vivente, a rincalzo della auctoritas et quasi maiestas

neonate di Vespasiano (27). L'episodio è stato studiato a fondo, alcuni anni or sono, da Ph. Derchain, J. Hubaux e J. Gagé. Al di là di possibili dissensi più marginali, da tali contributi è chiaramente emerso il nucleo originale sottostante a questa tradizione vespasianea, probabilmente fatta circolare dalla pubblicistica flavia ma plasmata dalla stessa propaganda serapista, assai per tempo schieratasi in favore del generale stermina­ tore degli Ebrei (28). L'ispirazione aretalogica alessandrina- ancora leggibile nel racconto agiografico di Svetonio (29)- appare invece oscurata e > di un superiore volere divino. Questa concorrenza fra clero istituzionalizzato e uo­ mini divini sì incontra in molteplici occasioni. in àmbito pagano e, più tardi, in àmbito cristiano; motivo rico rrente - pur nelle sue cangianti manifes tazioni della dialettica eterna fra Chiesa e domanda religiosa spontanea 06). Per quanto si riferisce all'effettivo svolgimento dei fatti, non par dubbio il peso operativo che l'intervento serapista dovette rivestire presso l'esercito e nelle province greche, e che l'imperatore sicuramente non mancò di apprezzare: non di­ mentichiamo infatti come proprio nell'Iseo del Campo Marzio in Roma Vespa­ siano e Tito trascorressero la notte precedente al solenne trionfo per la vittoria giu­ daica (l'immagine dell'/seum Ca mpense compare anche in una serie commemora­ tiva di sesterzi coniati dalla zecca dell'Urbe nel 71 d.C.) 07). Conscio della propria totale mancanza di ��stile regale» e assenza di carismi sia personali sia gentilizi (38) Vespasiano, nel momento più cruciale della carriera, non disdegnò affatto di muo­ vere alla loro ricerca; né i ceti sacerdotali negarono tale soddisfazione al campione vincente. Lo prova anche la sua visita al santuario del dio Carmelo in Giudea, ove un oracolo di grandezza gli venne dal sacerdote-indovino del tempio, un altro Basi­ lide; lo provano le investiture profetiche ebraiche di lol:lanan ben Zakkai (secondo la tradizione rabbinica) e di Giuseppe Flavio a Iotapata, entrambe nel solco del messianismo giudaico per quanto forse diversamente motivate (questa «concor ­ renza>> fra clero egizio e giudaico nel conferimento di carismi al capo vincitore si ripeteva già

dai tempo di Alessandro Magno)(39); lo prova l'incremento massimo

del culto imperiale nelle province proprio sotto il regno di Vespasiano(40). Del re­ sto il principe, se fu bonariamente scettico sui rituali romani dell'apoteosi impe­ riale (41), credette invece fermamente nella scienza astrale(42); e, una volta salito al potere, si tenne accanto l'astrologo Seleuco, con funzioni ufficiali di consigliere e indovino (43). Ma gli interventi del clero alessandrino presso la corte imperiale non si fer­ marono qui (44). Per quanto Domiziano, in opposizione alla tradizione giulio­ claudia, accentuasse in seguito la devozione capitolina(45), non cessò mai di rico­ noscere che l'inizio delle sue fortune imperiali era stato legato a un miracolo isiaco,

pendam romano a quello serapista che, contemporaneamente, aveva avuto per protagonista il padre suo in Alessandria(e non è forse casuale, in parallelo, l'accen-

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tuata ostilità di questo imperatore nei confronti del giudaismo, il grande nemico­ rivale del culto serapista). Domiziano fece restaurare sia l'Iseo di Benevento (ove egli venne rafftgurato come faraone), sia quello romano in Campo Manio co­ struito da Caligola e poi distrutto da un incendio; volle associare l'imperatore a Horus nelle iscrizioni dell'obelisco eretto a Roma in Campo Marzio e degli altri due elevati nell' 8 8/89 a Benevento; fece coniare monete con l'effigie di Sera­ pide (46). Può forse risalire alle cerchie serapiste anche quella Zoothaumaturgie che caratterizzò un po' tutta l'età flavia, dando fra l'altro vita alla leggenda della di­ vinità di Domiziano riconosciuta dal mondo animale, cui accenna Marziale (47). Pertanto, una tradizione «fùoapolloniana» concorrente - di cui ci è giunta eco at­ traverso uno scritto attribuito ad Anastasio Sinaita (fine VII secolo) - esaltò in­ vece l'umiliarsi di Domiziano dinnanzi ad Apollonio di Tiana per ottenere la libe­ razione di Roma da un'epidemia (48). Caduti i Aavi, in clima d'imperante rivincita dell'intellettualità stoico-cinica (già perseguitata), gli A lli dei martiri alessandrini (49) ci fanno assistere, sotto Traiano, a una scena curiosa: un processo a Roma alla presenza dell'imperatore, nel corso del quale i delegati greco-alessandrini protestano per la presenza di Ebrei nel consilium imperiale e inscenano un miracolo serapista (il busto di Serapide che si mette bruscamente a sudare), impressionando grandemente principe, senatori e popolo. Parrebbe dunque che una politica alessandrina antigiudaica - coagulata attorno al Serapeo - soggiacesse ai reiterati tentativi d'influenza sacerdotale a corte, dall'età di Vespasiano a quella degli imperatori «adottivi». In verità, potrebbe essere questa una chiave di lettura anche per alcuni fram­ mentari indizi attinenti ad Adriano come teurgo e devoto di teurghi. Gli ambienti sacerdotali egizi sicuramente avallarono il culto postumo di Antinoo, il favorito di Adriano scomparso durante il prolungato soggiorno egi­ ziano dell'imperatore nel 130/ 1 31 d.C. : lo afferma la Historia A ugusta, accen­ nando agli oracoli che avrebbero dato fondamento alla sua eroizzazione (50); e lo confermano alcune iscrizioni dedicatorie in greco, nonchè l'epigrafe geroglifica del­ l'obelisco eretto da Adriano ad Antinoupolis nella quale il giovane «dio» bitinico - assimilato a Osiride - è detto ascoltare preghiere e curare malattie grazie a messaggi onirici ( 5 1 ). La celebre lettera pseudoepigrafa di Adriano - che la Hi­ storia A ugusta pretende attingere al nfQÌ Sau11aaiwv del Iiberto adrianeo Ae­ gonte ( 52), citandola per suffragare il suo implacabile disprezzo (tutto romano) per la religiosità degli Ebrei (53) - appare più che altro parte di una tradizione (proba­ bilmente al fondo veritiera e in ogni caso assai precoce) che volle Adriano preoccu ­ pato della purezza del culto serapico, inquinato da commistioni cultuali allotrie,

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perfino giudaiche e cristiane: dunque nel medesimo spirito con cui - sempre

se­

condo la Historia Augusta(54)- Marco Aurelio si sarebbe adoperato poco più tardi per purgare i sacra di Serapide a vulgaritate Pelusiae, vale a dire da infiltra­ zioni d'altri culti di Pelusio (ove Adriano stesso aveva devotamente sostato, anni prima). la monetazione alessandrina sembra pertanto collegare l'imperatore al Se­ rapeum della città; Iside e Serapide compaiono per la prima volta sulle monete im·

periali di Roma nella serie commemorativa del viaggio di Adriano e Sabina in Egitto; mentre altre più tardive emissioni (posteriori al 134) effigiano curiosa­ mente l'imperatore in armi, nell'atto di calcare con il piede sinistro un coccodrillo (simbolo forse della Palestina domata? Oppure implicita assimilazione del principe al dio solare Horus, sgominatore delle forze del male'') (55). Parimenti certo fu l'interesse che Adriano (nemico degli Ebrei ben più di Vespasiano) nutri per la teurgia, di cui l'Egitto era culla e alta scuola(56). Al dire della Historia Augusta- che qui riferisce Mario Massimo, sottolineando compia· ciuta gli aspetti deteriori dell'imperatore-stregone- il principe fu perilus mathe· seos(quella mathesis di cui, sempre secondo la Historia Augusta, Severo Alessan­

dro avrebbe addirittura istituito una cattedra a Roma, oltre mezzo secolo dopo) (57); e ammirò la «divina magia» di Pancrates di Memphis, un allora rino­

ÌEQÒç :YQIAO> del culto di Serapide a Pelusio. Resta il fatto che se da una parte Marco coltivò l'ideale filosofico, sobrio e bellissimo, di un

Sfioç àvitQ

in cui ogni uomo non dovrebbe disperare di ricono­

scersi (tale , pacifico, socievole, os­ sequente al divino) (64), quando l'impero parve vacillare sotto l'urto dei barbari transdanubiani e l'imperversare «divino>> della pestilenza (65) egli non trascurò nessun «messaggio>> che apparisse latore di certezze soprannaturali. Già s'e detto del voto d'iniziarsi ai misteri eleusini - come del resto Augusto, Claudio, Adriano - da lui formulato «quando la guerra era più accesa>>, al dire di Filo­ strato (il quale cita una sua lettera a Erode Attico, forse autentica): sono d'altra parte ben note, per l'età imperiale romana, le valenze e le connessioni fra misteri eleusini, dionisiaci e isiaci (66).

È

talora difficile dire quanta parte, in questa affan­

nosa ricerca di assicurazioni celesti, abbia avuto lo stesso enwurage dell'impera­ tore. Certamente ne ebbe. Per quanto infatti, ad esempio, Marco non risulti diret­ tamente implicato in alcuna delle celebri mistificazioni di Alessandro di Abono­ teichus (il nuovo Pitagora-Asclepio, discepolo di Apollonio e artefice del culto del serpente Glycon, che Luciano incontrò personalmente e del quale si compiacque poi di smascherare i trucchi in una corrosiva operetta) (6 7), da Luciano stesso ve­ niamo informati circa l'influenza non piccola esercitata da Alessandro a corte tra­ mite P. Mummius Sisenna Rutilianus, suo incondizionato ammiratore (68); e ap­ prendiamo che, nel momento stesso in cui Marco assumeva personalmente la dire-

l7

zione della guerra contro i Marcomanni, in obbedien7.a a un oracolo di Alessandro vennero compiuti in zona di operazioni strani rituali (due leoni vivi e rare spezie indiche gettati nelle acque del Danubio), per fatalita poi ritortisi in omen di sven­ tura per i Romani (69). Del resto, fu con una petizione presentata con successo a Marco che Alessandro ottenne due privilegi «politici>> di significato non seconda­ rio, che reperti numismatici hanno confermato: quello di mutare il nome della propria citta natale da Abonoteichus in lonopolis Onébolil. e quello di batteremo­ neta con le immagini di Glycon da una parte e di Alessandro stesso con i simboli di Asclepio dall'altra (70). Fu certo per rapporti analoghi intercorsi fra Giuliano Caldeo e la corte (forse per la profilassi della peste?) che potè formarsi la tradizione secondo la quale il celebre «miracolo della pioggia>> sarebbe stato opera di questo teurgo (71), assai noto a quel tempo, figlio di un famoso mago omonimo vissuto nell'eta di Domiziano e ancora menzionato da Anastasio Sinaita e da Psello come rivale di Apuleio e di Apollonio di Tiana nella purificazione di Roma durante una pestilenza (72). Il miracolo della pioggia diluviale, che avrebbe dissetato la Xli legione Ful­

minala in campagna contro i Quadi in Moravia, mentre le folgori tenevano a bada i nemici ridotti all'impotenza (172/174 d.C.) (7 3), si trova attestato da innumere­ voli fonti (pagane e cristiane, letterarie, numismatiche e monumentali), dalle quali

è possibile ricostruire un certo numero di versioni in contrasto fra loro. le fonti ufficiali (cioè il racconto visualizzato della colonna di Marco- eretta verso il 17 6 circa- nella scena XVI; con ogni verisimiglianza l'episodio raffigurato su di

un

medaglione del 173 d.C.; forse Marco stesso, e, oltre due secoli dopo, Qaudiano, musa di corte) inquadrano l'accaduto nella più rigida «Ortodossia>> romana, attri­ buendo la prodigiosa circostanza all'intervento di Giove Tonante ( 7 4). le fonti cri­ stiane da Tertulliano (qualche lustro dopo l'evento) a Prospero Tirone e aJ Chroni­ con Paschale- consapevoli che la Legio Xl/ Fulminala era originaria della Meli­

lene, regione fra le più cristianizzate dell'Asia Minore- non ebbero invece dubbi circa l'intervento della divina provvidenza sollecitato dalla preghiera dei soldati cri­ stiani, citando, a riprova, una pretesa lettera ufficiale di Marco al senato (75). Altri rivendicarono il miracolo alle arti occulte (oocpiq Tlvi) di Giuliano Caldeo, come si è veduto (il rapporto fra magia e miracoli pluviali è attestato anche dalla tradizione giudaica, che proprio nell'avanzata eta imperiale confluisce nel Talmud babilo­ nese) (76). Ma una tradizione più circostanziata e meglio documentata ricondusse il prodigio alla , quali ad esempio i monaci (più raramente i sacerdoti) imitatori dei profeti e

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degli apostoli che popolano la Hisloria fhilo1hea di Teodoreto (>; nell'avanzata età bizantina lo si venerò come benefattore dell'umanità e profeta di Cristo ( 1 28). Come che sia, né pagani né cristiani parvero nutrire alcun dubbio circa la natura autenticamente superumana degli "'l presso Tiro - che lo «sa» e pubblicizza il prodigio del ve­ scovo con il proprio prodigio ( 1 40); i vescovi nei cui sogni compare S. Eufemia, operatrice di miracoli straordinari nella sua chiesa di Calcedonia, a conferma della loro degnità ( l 4 1 ). b) Miracoli , o di defunti e reliquie. o di tutti questi generi fra loro commisti ( 1 4 8). Ma qualcosa è cambiato anche nel le biografie dei monaci santi. Nell'aneddotica del Pra/ U m Spiriluale di Giovanni Mosco, fra VI e VII se· colo, i monaci di Palestina, d'Egitto, del Sinai appaiono per lo piu inseriti nella vita delle laure e dei cenobi, lavorano manual mente, si recano in città per procurarsi l'indispensabile, talora intraprendono lunghi viaggi (per esempio verso Costanti· nopoli), sono in vari casi implicati nelle controversie teologiche del loro tempo (eresia nestoriana). Le loro vicende si snodano sullo sfondo di un miracoloso quo· tidiano di cui essi sono semplici fruitori e testimoni: le loro povere scorte si molti· plicano spontaneamente, le loro candele e lampade ardono senza venire mai né so­ stituite né alimentate, essi ricevono segni celesti, ritrovano corpi santi, venerano immagini miracolose, assistono a pioggie dissetatrici. l vescovi hanno ora un ruolo di spicco nella «recitazione pubblica» dei miracoli, come nel caso del patriarca di Antiochia Ephrem, che affronta un'ordalia gettandosi nel fuoco - senza subirne danno - per convincere uno stilita filonestoriano del suo errore ( 1 49). Sempre piu spesso, per l'appunto, nel VI secolo i monaci si fanno preti e vescovi, ricono­ scono cioè l'oggettività e la superiorità di un potere che viene dato per un tramite umano estraneo al loro rapporto diretto con dio (il sacerdotium conferito dal ve· scovo). Il monaco, anche quando continua a vivere isolato, può ora accettare di ve· nire mantenuto a spese della Chiesa cittadina, ove si reca ogni tanto per ritirare il proprio stipendio. Egli è disposto perfino a inchinarsi all'imperatore, sentito come sovrastante alla sua umile condizione di peccatore, in quanto «Unto>> del Signo­ re ( l 50). Nel contempo, dio si manifesta in un numero crescente di miracoli spon· tanei, talvolta del tutto gratuiti (ad esempio l'olio delle ampolle nella basilica Con· stantini a Gerusalemme, che si mette a bollire ogni anno nel giorno e nell'ora della crocefissione, secondo quanto riferisce Antonino di Piacenza nel suo ltinerarium), talaltra invece legati a un preciso messaggio politico (accettazione o ripulsa di dio nei confronti di suoi v icarii) ( 1 5 1 ). Ancora piu netta fu l'opzione dell'Occidente cristiano (radicato in una sua antica diffidenza romana, di matrice aristocratico-intellettuale, nei confronti del miracoloso) per un rifiuto dell'uomo divino come dei miracoli, privilegiato ed esclusivo. Il precoce disgregarsi politico della Pars Occi·

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dentis nel V-VI secolo lasciò infatti uno spazio d'eccezione all'emergere di grandi figure di vescovi che coagularono in sé - senza divaricazione di sorta - carismi divini e autorità mondana. Perfmo nell'esteriorizzazione del prestigio spirituale, furono le caratteristiche «iconografiche» del monaco orientale, nel suo aspetto più maestoso e quasi-imperiale, a venire assunte dall'agiografia dell'Occidente nei ri­ tratti dei suoi grandi vescovi, Ambrogio, Martino, Agostino. Accadde spesso, in­ vero, che la Chiesa avvertisse di non esaurire in sé tutta la «domanda del divino»: ripullulò, travolgendo più severi e «classici» modelli di santità (la santità miracoli della biograf.a agostiniana di Possidio, o quella «Stoica», quoti­ diana, degli asceti di l..érins, isolati in una secessio aristocratica che ben poco aveva da spartire con la vita dei clochards del deserto) ( l 52). Ma anche quando si senti il bisogno di anteporre l'operatività straordinaria del miracolo a più rassegnate accet­

ed

esso

senza

tazioni provvidenzialistiche di tipo agostiniano o orosiano, la Chiesa, i vescovi e i re attinsero fresche energie di speranza religiosa o politica a una esplosione di mi­ racoli sostanzialmente libera, inattesa e sconvolgente rispetto alla volontà del­ l'uomo (persino -talora - dello stesso operatore di questi miracula). La Vita A f!lbrosii di Paolina, come più tardi la Vita Germani di Costanzo di Lione, la Vita Caesarii o i tanti scritti agiografici e aretalogici di Gregorio di Tours, traboccano di miracoli: ma sono miracoli per lo più senz'altro regista e padre che non sia l'inizia­ tiva divina, oppure (secondo la tradizione cristiana già anteriore al IV secolo) ope­ rati dai sepulchra martyrum e confessorum, dalle reliquie dei santi. Spesso si tratta anche qui di miracoli «politici», che coinvolgono - ma sempre come attori di un mistero sacro che li trascende, pur privilegiandoli e aureolandoli - sia i senatori­ vescovi d'Italia e di Gallia nel IV-V secolo, sia i pii sovrani merovingi del VI se­ colo, che si atteggiano a vescovi e a monache sante e che già vagamente preludono, soprattutto a partire dal VII secolo, ai rois thaumaturges resi celebri da Mare Bloch ( l 53). Solo nei Dialogi di Gregorio Magno l'Italia tormentata da Lango­ bardi e Bizantini formicola di > che prevale in Occidente nel V-VI secolo e oltre. Lo stilita, in Occi­ dente, viene strappato a forza dalla sua colonna, come accade a Colonia all'eremita langobardo Wulfilach nel racconto di Gregorio di Tours; il pilastro dello stilita ­ in Oriente oggetto di una venerazione secolare nei monasteri sorti attorno al suo

martyrion (si pensi a quello di Qal'at Sim 'an-Telanissus per Simeone il Vecchio) -

si fa invece simbolo di magia demoniaca: tale e per esempio il suo ruolo nella Vita di Leone il Taumaturgo, vescovo di Catania alla fine dell'VIli secolo ( l S S). Il monaco-taumaturgo, l'asceta accettano ora per lo piu di venire inquadrati nella Chiesa, si fanno vescovi; e in quanto tali esercitano la loro fattiva protezione sulle comunità cittadine e rurali, spesso in collaborazione o in sostituzione delle su­ preme autorità dello stato, non dimentichi delle proprie tradizioni familiari di lati· fondisti-senatori-patroni o comunque di una prassi connaturata alla grande pro­ prietà fondiaria, ormai largamente fatta ecclesiastica: ne ritroviamo numerosi, elo­ quenti esempi tanto nella Gallia merovingia quanto nella Sicilia bizantina ( l S 6).

Lo Spirito si manifesta dove, come e quando vuole, da protagonista. Dio amministra in proprio il suo auxilium , la sua presenza vivificante, la

sua

prote·

zione o la sua condanna� d e u s Manini, eripe nos, invoca il mercante pagano d'E· gitto che scampa miracolosamente alla tempesta nel Tirreno, secondo il racconto di Sulpicio Severo ( 1 5 7). L'uomo si limita a «vivere>> i miracoli e ad esserne testi· mone, o tutt'al piu strumento, «mano» benefica o «martello» punitivo, sia o vescovo o romito, chierico o gran signore, ortodosso o miscredente.

34

esso re

NOTE

( • l Questa indaaine è stata ogetto di un Rappono tenuto al Cona.uso della Commissione In­ ternazionale di Storia Ecclesiastica Comparata, svoltosi a Varsavia fra il 2S &iuano e il t• lualio 1 97 8 (Sezio ne 111: «l.e trasformazioni nella socieli cristiana del IV secolo»� esso verrà forse a suo tem po pubblicato neali Alli conpessuali , nella forma in cui venne redatto nel 1 978. Il presente testo - ap­ profondito e agiomàto - è peraltro il solo che io consideri definitivo. ( l ) Cfr. interessanti considerazioni più 8enerali in M. Meslin. l'our une science des religions, Paris 1 97 3 . (2) Cfr. spec . G. Herzoa-Hansen, v. Kaiserkult, in /'. W. • Suppl. I V ( 1 924), coli. 806-8 5 3 ; Lily Ross Tay lor, The Divln/1)1 of the Roman Emperor, Middletown Cono. 1 9 3 1 ; J. Gage, I,.. "')Òç Vl11D110«'>ç, La vieto/re lmpérla/e dans l 'empire ch�tien, uRev. d'hist. et phil. rei. » 4-S ( 1 9 3 3 ), pp. 3 70400; E. Peterson, Der Monotheismus a/s politisches l'roblem, Ein Beitrag zur Geschicllle der politische Theolog/e im lmperlum Romanum, Leipzig 1 9 3 S = Idem, Theo/ogisches Traktate, Miinchen 1 9S l . pp. 49- 1 47 ; W . Enssl in , Gotlkaiser und Kaiser von Gotles Gnaden, uS. B.A.W.» Phil.-hist. Abt. 6, Miinchen 1 943; A.D. Nock, Emperors Divine Comes. uJoum. Rom. Studies» 3 7 ( 1 947), pp. 1 02- 1 1 6: Idem, Deifìcation and Julian, lbid. 47 ( 1 95 7), pp. I I S- 1 23 ; Cb. Picard, l'rotohistoire de la thaumatur­ gie roya/e, uRev. Hist.» 38 ( 1 9S 1 ), pp. 68-69; H. Erkell, Augustus. Felicilas. Fortuna. Lateinische Wortstud/en, Diss. Gòtebofl 1 9S2; J. Béranaer, Recherches sur /'aspect idt!ulogique du l'rincipal, Bile 1 953. pp. 1 1 4- 1 3 1 ; Idem, L 'epression de la divinilé dans /es ul'anégyriquesn /alins. in Idem. l'rincipa ­ /us, Études de notions el d 'histoire poliliques dans /'antiquité g�co-romaine, Genève 1 9 73, pp. 429444; H . P . L'Qranae, Studies on the konography of the Cosmic Kingship in the Ancient Wor/d, Osio 1 95 3 ; L. Cerfaux, J. Tondriau, Le eu/te des souverains dans la civili>alion gréco-romaine. uBibl. de Theol.», sér. III,S, Paris-Toumai 1 957; K. Aland. Der Abbau des Herrscherkultes im Zeitalter Kon­ stantins, in La regalitti sacra. Contributi al tema de/l 'VII/ Congr. lnt. di St. delle Rei. (Roma. apr. / 955A Leiden 1 959, pp. 493- 5 1 2; D.M. Pippidi, Recherches sur le ,·ulte impérial. Bucu...Sti, s.d . ; F. Taqer. Charisma, Studlen zur Geschichte des antiken Herrscherkulte., Stunaan 1 960; F. De Manino. Storia della costituzione romana, IV, l, Napoli 1 962. pp. 259-26 1 ; A. La Penna. Ora:io e / "ideologia del l'rincipalo, Torino 1 963, pp. l S ss.; J. Straub, Vom Herrscherideal in der Spiitanlike, Stunaan 1 964, pp. 76- 1 45; R. Mac Mullen, Costantine and the Miraculous. «Gr. Rom. Byz. St.» 9 ( 1 968). pp. 8 1 -96; Chr. H. Habicht, GollmenS Spmlu in A n/l�u/1 ... New York 1 96 5 : M Smilh, froleKumenu IU Q DiS�."UMÌOn ul A rttttJioxt�. Dnmc.· .'tlt•n, tht: 6'mpd.\ und Jnus. uJourn. or 8Jbl l.it.» 90 ( l 9 7 1 ), pp. 1 74- 1 99: Tb. Klaw.er. Chmtl�th< Mllrtlf·. U n . o f California Press . Berkele)· &t lo5 Angeles 1 9 82. pp. 1 0 3- 1 5 2 : Idem. To•·n. Vii/alle and Holy Mllnc the Case o/ S)•ria. in Assimila­ tion et Mistance Q la culture greco·romaine dans le monde anden, Tral•aux du VIe Cungri's /tu. d'El

par D . M . Pippidi, Paris-Bucur.Su 1 9 76, pp. 2 1 3-220 = Idem, Societ)' cit. , pp. l 53- 1 6 5 : Idem, The Ma4ing of Late A nliquity, «Catl Newell Jackson Lectures», Huvanl Un. Press &t London. 1 978, spec. capp. I l i . pp. S4-80 ( The Rise of the Friends of Godi e IV, pp. 82- 1 0 l (From Heaven• l o t he Desert.- A uthorily and l'achomiu5), con ulleriore bilioar. ivi. (4) Cfr. Augustin. De civ. dei VI. S- 1 2 e spec. S. 1 - 3 . Su questa tnpan.zione dci contenuti reli­ giosi a seconda degli ulenti, le sue radici culturali ellemstiche (tuttavia non necessa riamente legale a una precisa scuola filosofica), il suo iter e frainlendimenti connessi (da Posidonio a Vatrone. Cicerone, Tertulliano, Dione di Prusa. Eusebio, Agostino. ecc . ). cfr. fonti e bibliografia spec. in R.A. Matkus. Saint A ugu51ine and Theo/ogia Naturali•. T. U. 8 1 («St. Patr. » V l l. Berlin 1 962, pp. 476-479: H.A. Stempel, Die heidnische Religion in der Th..r/ugie A ul(uslins. Diss. Heidelberg 1 964. pp. 1 85- 1 89: T. Orlandi, Sallu51io e Varrune in Axo51ino, De civita/e dei 1-11. «La Pat. del Pass. » 1 1 8 ( 1 968), pp. 1 9-44 e partic. 34-44: G. l.ieberg, Die ' Theoloxia tripertitu · in For:soo�ç Didimo di A lessan­ dria, a'\."'lpitosi sulla cattedra del suo b,ba;oKQÀt:iov: cavaiH bianchi trascorrono nel cielo montati da ca­ valieri che annunziano la morte del persecutore di Atanasio, cioè Giuliano (Atanasio era amico· di Di­ dimo); circa l'innuenza della leggenda dei Dioscuri su questi due racconti di Sozomeno - cosi come nella pretesa visione di Teodosio al Frigido. per la quale v d. n. 7 -, cfr. Cracco Ruggini, Simboli cit., pp. 27 1 ss.; Rufmo (H.E. V I , 45) e Teodoreto (H.E. 1 1 1 , 1 9 ; Idem Hist. Re/. I l , 1 4, S C 234, pp. 224226) riferiscono anche l'episodio dell'anacoreta deii'Osroene Giuliano Saba, che mentre è assorto in preghiera presenzia telepaticamente alla morte dell'imperatore a venti mansiones (�m�Spoi) di distanza =

40

(noD diversameDte da quanto era accaduto ad Apollonio per l'assassinio di Domiziano in Roma). Gio­ viaDO vemae avvertito deUa sua morte imminente da vari segni cosmici, nonché dal prodigio della sta­ tua di Massimiano nella regia di Antiochia, cui cadde fragorosamente di mano la sphaera (cfr. Amm.

Mare.

XXV, I O, 2-3). Il monaco lsaac predisse una morte punitrice a Valente che rifiutava di rendere

giustizia ai Niceni (cfr. Sozom. H.E. VI, 40; Theod. H. E. IV, S 2). Giovanni di Licopoli previde che Teodosio l (a lui personalmente lepto da specialissima devozione: vd. oltre, p. 22-23, con nn. relative) sarebbe morto nel proprio letto con l'aiuto del Signore, ma di malattia strana (si trattò infatti di idropi­

sia, come apprendiamo da Sozom. H.E. VII, 2 2 ; Philost. H.E. X l , 2): cfr. P. Peeters, Une vie copte de

S. Jean de Lyropo/is, «An. Boli.» 54 ( 1 936), pp. 359- 3 8 1 e spec. 367; P. Devos, Fragments roptes de /"H/storia Monachorum ' (Yie de S. Jean de Lyropo/is, BHO

5 15), «An.

Boli.» 8 7 ( 1 969), pp. 4 1 8-440 e

partic. 427-428; H/storia Monachorum in Aegypto, l, 2, ed. A.J. Festugière, «Subs. Hag.» 5 3 , Bruxel­ les 1 9 7 1 , pp. 9- I O (su Giovanni , cfr. pure Sozom. H.E. VI, 28- 29). Daniele stilita profetizzò la morte imminente di Zenone e la successione di Anastasio al potere: cfr. Vita cit. 9 1 , pp. 205-206 Delebaye =

4 3 , 9 1 , pp. 1 5 7- 1 5 8 Festugière; per l'imperatore Tibcrio, cfr. la testimonianza del contemporaneo

Theoph. Sim. Hist. l, 2, p. 43 ed. C. De Boo r, l..eipzig 1 887, rist. an. Stuttgart 1 9 7 2

=

Phot. Bibl.

Cod. 65, p. 80 ed. R. Henry, «Belles l..ettres» 1 969, l; per il suo successore Maurizio, cfr. Idem, lbid.

V I l i , 1 2, pp. 306-308

=

Pbot., p. 9 7 . Presagi analoghi continuano a comparire anche nella storiogra­

lia biz.antiDa più tarda (cfr. ad

esempio Theoph. Cont. VI, 30, CSHB p. 376: eclisse di luna che presa­

gisce la morte di Leone il Sagg io nel 9 1 2: ecc . ). (l 0) V d. oltre, n. 60. ( I l l Cfr. Amm. Mare. X X I . 6, 1 - 3 . Allo stesso modo. il miracolo che coinvolge Giustiniano ammalato, secondo Proc. De aedif. l, 7- 1 S (olio che trasuda dalle reliquie dei quaranta martiri della Melitene, inonda il manto purpureo dell'imperatore e lo guarisce: vd. n. 1 1 9), ha un valore di crisma politico.

Lo

stesso dicasi per l'angelo che guida tra le paludi del Ravennate il generale Aspare per di­

struggere il nemico di Teodosio luniore, l'usurpatore Giovanni (cfr. Socr. H.E. VII, 22� per il fulmine divino che colpisce il regulo degli Sciti nomadi Roilo, il quale razziava la Tracia e minacciava Costanti­ nopoli, sempre al tempo del pio Teodosio Il (cfr. Socr. H. E. V, 3 6 1: per la defezione miracolosa in fa­ vore dei Romani degli Sciri che scorrevano la Tracia al comando di Uldis, sempre in questo periodo (cfr. Sozom. H.E. IX, 5� per l'invenzione delle reliquie dei martiri di Sebaste in seguito a sogni rivela­ tori inviati da dio alla devota Pulcheria, m e n t r e e r a r e g g e n te in nome del fratello Teodosio Il, segno fra i tanti - annotano rispettivamente Socr. H.E. V, 36 e Sozom. H.E. I X , 1-2 (vd. n. 1 2 31 della 9tAJS. l.cipllg 1 9 1 1 . pp. 1 7-42 e p> 29-30, Paris­ Nancy 1 9 1 5- 1 9 1 6, pp. 260-263; F. Durrbach, Choix d 'inscriptions de Dtilos, Paris 1 9 22, l, 2, nr. 77, 1 1 6- 1 2 1 . (22) Cfr. Suet. Vesp. 1 , 2 (che parla di opem valetudinis demonstratam p e r q u i e t e m ; Cass. Dio LXV (LXVI), 8, 1 - 2 (l( o1 narra la punizione divllla del perfido vescovo di Calcedonia Cirynus - da oraganc egazaana. nemaco di Giovanni Crisostomo -. il quale mori di cancrena dopo che il sant'uomo Maruthas da Mesopotamaa ah ebbe calpestato uo piede. Per il corrispettivo della mano (destra) come emaraa tnce da potere apotropaico. salvifico. guari· tore oppure distruttivo, in varie religioni orientali o m"'teriche - ad esempio nel culto di Sabazio, di Asclepio, ecc . -. nelle pratiche magiche, nella dav anazione, nella simbolica del potere "cosmocratore•. ecc. , cfr. fonti in L'Oranae. Studit!S on the lconogrdphy cit .. pp. l H4 .,; . , l 39 !>S., l 59 s.s.; piil in gene· raJe C.J.S. Thompson, Magie and Healing, New York· Melboume-Sydney-Cape Town ( l 9 46 L pp. 39 s.s.

(24) Neii'Asclepico di Atene ad esempio. nel IV secolo a.C. , si svolgevano attività mediche; iscrizioni votive di Epidauro (ove, nel V -IV secolo, pare si riliuta,o;sc il connubio fra tecnica medica ­ considerata «empia» - e religione: cfr. R . M . Grani, Mirude a fili Natura/ Lu ..· in Graeco ·R oman and Ear/y Christian Though, Amsterdam 1 9 52. pp. 4 1 -60 e spec. 431 rammentano polemicamente medaci operanti invece neii'Aclepieo di Trezene, le cui cure si erano rivelate inefficaci; medici celebrati quali Galeno e Rufo di Efeso, in eta imperiale, ebbero rapporti con J' ..,sclepieo di Pergoomo; sempre duranlt l'impero, pare che ad Efeso venisse esercitata la medicina a paaamento; strumenti chiruraici sono stati rinvenuti neii'Asclepico di Coos : cfr. fonti letterarie. epigrafiche, archeologiche ciii. in R. Herzog, Die Wunderheilungen von Epidauros, Ein Beitrag zur Geschichte der Medizin und Religion, «Philologus» Suppl. B. X X I I , 3, Lcipzig 1 93 1 , pp. l 5 2 - l SJ, 1 4 5 ss.; Emma J. Edelstcin, L. Edelstein, A sclepius. A Co//ection and /nterpretation of the Testimonies, 2 voli ., Baltimore 1 945; da ultimo G. Marasco. l viaggi nella Grecia antica, Roma 1 9 78, pp. 1 45- 1 54 (l santuari di A sclepio; le scuole mediche). Il ruolo della volontà politica dci sacerdoti di Serapide nel predisporre il "miracolo» vespasianeo e Iii stato da tempo riconosciuto: cfr. H. Dieterich, Griechische und romische Religion, "Archiv fiir Reti· gionswiss». 8 ( 1 905), parlic. p. 500, n. l ; Bloch, l re taumaturghi cit., p. 44. (25) Questa, per lo meno, e la successione cronologica degli avvenimenti nel racconto di Ta· cito, che e forse, su questo punto, storicamente il piil fedele (altior . . . cupido adeundi sacram aedem in· dotta dal «miracolo>> serapista del quale, suo malgrado, il neo-imperatore si trova ad essere protagoni· sta); in Svetonio, invece, la visita al tempio precede il prodigio terapeutico, che viene a costituire il eli· max della aucroritas e maiestas di Vespasiano, acquisite attraverso la pietas: auctorilas et quasi maie· stas quaedam ut sci/ice/ inopinato ed adhuc novo principi deerat: . haec quoque accessit. scrive Suet. Vesp. 7, 4; e aggiunge un altro accadimento prodigioso: il rinvenimento a Tegea in Arcadia su indica· zione di vaticinantes, verso questa stessa epoca, di antichi vasi recanti l'eff111ie di un personaggio in tutto simile a Vespasiano. Di fatto Svetonio - come il Gagé, La propagande !Wrapiste cit., ha mo­ strato con argomenti persuasivi - assai piil fedelmente che non gli altri due autori a noi aiunti sembra conservare lo schema aretalogico della fonte edificante, di matrice serapista, soggiacente a tutti gli sto­ rici che parlano dell'episodio. (26) Anche su questo personaggio le fonti sembrano in certa misura divergenti; per Tacito si sarebbe trattato di un personaggio importante del luogo (e primoribus Aegvptiorum), per Svetonio di un liberto; vi e pertanto chi ha tentato di conciliare queste disparate caratterizzazioni, rammentando il ruolo preminente dei liberli nell'amministrazione dell' Egitto, a quest'epoca: cfr. P. Jouguet, L 'arrivf< de Vesposien ti Alexandrie, «Bull. de l'lnst. d' Égypte» 24 ( 1 94 1 - 1 94 2), pp. 2 1 -32; vd.inoltre L Herrmann, Basilidt!S, «latomus» 1 2 ( 1 95 3), pp. 3 1 2- 3 1 5 ; Derchain, Hubaux, Vt!SpQsien cit. Sembra comunque evidente che Basilide - o, meglio, l'immagine di Basilide che appare a Vespasiano nel tem· pio - anche in Svetonio agisce a guisa di alto dignitario del clero egizio, facendosi incontro all'impe· ratore con offerte rituali, secondo un modello tradizionale nelle investiture faraoniche (Basilide non

46

parla, ma il suo omen sta nel nomen, come del resto nel caso dell'altro Basilide, che secondo Tacito Ve­ spasiano avrebbe incontrato nel tempio del dio Carmelo in Giudea: vd. n. 401.

(271 Cfr. Suet. Vesp. 1 , 4, cit. a n. 2S; cfr. Beranger, Recherches cit., pp. 1 1 4- 1 3 1 (Aucwritasl

e spec . 1 1 9. (281

Risale certo

alla propaganda flavia - per lo meno come canale di diffusione - la vo­

lontà di conferire a Vespasiano la auctorilas di una legittimazione poliùca provvidenziale e carisma­

tica, adcluandosi all 'ormai affermalo modello del monarca ideale. elaborato dalla rtlosofta greca. Si sa comunque

per certo che sia

Vespasiano sia Tito scrissero imOIJV�IJaTa, sull'esempio di Pirro, di Silla,

di Cesare, di Augusto. di Tiberio (cfr. loseph. Vita 342 e 3S8� W. Weber. Josephus und Vespusian, Stuttprt-Berlin 1 9 2 1 , pp. 2 S 7 e 2 8 6 , ha addiriuura ritenuto che fosseo gli imOIJV�IJam di Vespasiano la fonte oriainaria ed esclusiva a monte di tutù i racconù sui fatti di Alessand ria a noi pervenuù. Troppo noca e l'ostili!a (aperta o latentel degli ambienù greco�giziani di Alessand ria nei confronù de­

ali Ebrei perché metta conto di insistervi; in particolare il clero egizio si fece spesso portavoce atùvo di queslo cus gens ante alias colit� pari ostilità e

disprezzo Tacito manifestò del resto anche per le credenze degli Ebrei, alle acc use già ùpiche dell'anù­ semiùsmo alessandrino aiTtaneando la diffidenza suscitata dalla loro estraneita alle tradizioni politico­

reJ.iaiose dei Romani: cfr. l..e l lia Cracco Ruggini, Paxani. ebrei e cristiani, odio sociologico e odio teolo­

nel mondo antico, in XXVI Seu. di St. sull'Alto Medioevo (uG/i Ebrei nell'Alto Medioevon, Spoleto, 30 marzo 5 aprile 1 9 78), Spoleto 1 9 80, l, pp. 1 3- 1 0 1 . V d. pure Tac Hist. l, 22, là ove lo storico - a

gico

-

.

proposito de&li astroloai che circondavano Otone come già Nerone e Poppea - se la prende co n que­ sta genia di ciurmatori levanùtti ccdesùnata a esse re sempre cacc iata da Roma e a rirnanervi sempren, abietto contraltare aali àuguri e aruspici della religione avita. Diversamente da Svetonio ( Vesp. 7,41 e

da Filostrato ( Vit. A p. V, 2 71, Tacito non parla d'altra parte neppure delle festose accog lienze che gli A lessandrini riservarono a Vespasiano e ai suoi pretesi miracoli. Sulle acclamazioni nell'ippodromo di A lessand ria, attestale da Pap. Fouad 8, vd. n. 2 1 ; in esso si riscontrano curiosi parallelismi con il lesto filostraleO, là ove, all 'invocazione q>ulalov ���•iv aÙTÒv del papiro - rivolta, pare, a Serapide per Ve­ spasiano - fa riscontro l'invocazione che Apollonio rivolge a Zeus in Phil. Vit. Ap. V, 30: 'l'ulaTT
v;

la Yita Apollmrii co nserv a dunque un elemento originale dell'are·

talogia alessandrina. pur trasponendolo dalla devozione egiziana per Serapide a quella stoica per Zeus. in quanto intelligenza suprema o rd inatrice dell'universo: cfr. ad esempio Trasea Peto in Tac. A mi. X V I , 3S. (3 1 1 Cfr.

Cass .

miracolo di Vespasiano. tivo;

e comuDque

Dio L X V ( L X V II, 8 , il quale sollolinea la mancanza di reazione popolare al

E possibile che il transunto di

Xiftlino abbia fauo cadere qualcosa di significa­

nota l'ostilita personale di Dione a qualsiasi pretesa di div inizzazione imperiale, sia

in vita sia in morte (per quanto si riferisce alle apoteosi imperiali. cfr. ad esempio Cass . Dio L V l. 46.2 e LI X , I l ,4; Cracco Ruaini, Apot�usi

� politioano in A les.o;androa i

probabile che Diane si f�liie portan>cc ancht d1 un punto d1 " l'la s.enawno-provinciaJe che, in eli severiana. non aveva cessato di nu t nre senument1 concorren/tah nea co nfro nti d1 quegli ambienti

eli·

ziani, i quali effeuivamente 3\'C\'ano dato 11 lo ro appogl!liO prC-1,;(.� e dO.:ISJ\'0 al l 'affermazione dtlla casa Flavia, non desisl.endo neppure in segu1to h:omt si \ td r a ) da • loro t enta u v i di ucatturan deg h am­

bienti di corte. 0 21 Cfr. Phil. Vir. Ap. V , 2 7 - 3 6 :

\' espaMano g o unge

da l l a Palesoona ad Alessand ria , ove i fe­

steggialO da magistrati, rappresentanti dei no m i . r.losofi di ouote le scuole e popolo Ubid. 27-281. Chiede quindi d'incontrare Apollonio do Toan;o. ionc) affidalo al filosofo di TLana dall'ano­ nimo autore delle C'onsulluliunn Zuahu�i ,·hrislltrutu, Vita Ji APmttriam .fecil . . . ;

J. Straub. Se· in Bonner Historia ·A URUSta -Colloquiuin / 9h8- J 96 9, Bonn 1 9 70, pp. 247- 272 e (da un punto di vista un po' divergente rispetto a quello di Johannes Straubl Cracoo R11111in i, Simboli cit. , spec . pp. 246-247 con n. 1 4 3. Di fatto. nel 294. Diocleziano e MaChe Zaubf!rpupyrus von Pari.! und London.

«Osterr. Ak. d .

Denkschr.» 3 6 , Wien 1 888, n r . 2446 (nel grande papiro magico di Parigi Pan·

crates sperimenta le sue arti alla

presenza di Adriano);

J.

Guey. Encore la 'pluie miraculeuse ·• «Rev . de

Philol.» 22 ( 1 948), pp. 1 6-62 e spec . 38, n. 4. Sull'clv�Q IEQ•rannu.! egiziano Firmo. che in Egino soleva nuo­ tare fra i coccod ri lli, nonche cavalcare elefanti. ippopotami e struni - ad evidente alimento del pro· prio alone «carismatico» -. c fr . Hist. A ux. Firmus. Saturninu5. Proculu5 et Bmro511 5 6. 2. (59) Cfr. Cass. Dio LX I X , 22, l (ove l'autore descrive i vari incant esimi cui ricorse Adriano nel 1 3 8. la sua disperazione e volontà di suicidio� S. Mazzarino. Antico. turdr)Qnticn. ed era costanti­ niana, Bari 1 9 74, l , pp. 40 1 -404. La morte per ana.arca l idropisia) veniva spes.o;o anribuita all'inter­ vento di rorze demoniache e considerata VO"'f''' e

'louA•aYÒc; citt. a

n. 7 1 . Su Pancrates, l•t.>OYt.>a��a.,.ùç di lside, vd. n. 5 8 . (78) auvi>vra �· Màt.>"'\'· scrive Ca'-'· D i o LX X I ( L X X I I I. 8. 4: cfr. Guey, Encore la 'pluie mi­ ramleu!lIjllç l i•t.>OYt1Q��a'!IÌiç l Tijç A iyinnou

... ; l Tft1iVT (

'"' ) nt1fÌOWIA�ç

KaQQ�aia; egli si era anche incaricato di seppellire con grande cura il

militare Massi m o . dopo averne ricuperato il corpo). Non e chiaro chi sia il b.baamAoç e àQx•awaywyoç dei magi egiziani. che il Baronia a suo tempo propose d'Identificare con il �avTS"' optA.;.....,o • (cfr.

Job. Cbrys. D utatul!s Hom. X V I I , I'G 49, col. 1 7 3). Cfr. anche lren. Haer. J J , 26, l , ove si esalta la de8li i6uinat e deali 6Atyo,...S> l ( 1 97 1 ), pp. 2 3 5-270 e spec. 253; Croceo Ruggini, Pagani, ebrei e cristiani cit. , pp. 6 1 ss. ( I l S) Sugli laiwv di Artapano (ebreo alessandrino vissuto probabil­ mente nel l i secolo a.C., la cui opera venne cxcerpila nel secolo seguente da Alessandro Polistore nella sua scoria antologica}, questi affermava tra l'altro (GCS p. 5 20) che M osé fu onorato come un dio non

soltanto dal popolo (6xA�. ma anche dai sacerdoti, che lo assi milarono a Ermete ( . . . KaÌ ùnò '!Wv

iQ•ç i profeti, re e legislatori del popolo ebraico, cfr. esempi in Bieler. 9ii�rvoç. �·yàAa bi lvyatò�rvoç. come

Elia quando invocò la pioggia, come

Mosé contro ali Amalecili, come Pietro nel risuscitare i morti, liberarsi dal carcere, umiliare Simon Mago).

(



V d.

inoltre n. I I I , a proposito di Gregorio Mqno e della sua contrapposizione fra pottsta•

«forza>• autonomal e preahiera come mezzi a l t e r n a t i v i cui ricorre t'uomo santo per operare mi­

racoli. Cfr. inoltre una più specifica analisi in l.ellia Cracco Ruggini, Il miracolo nella cultura del tardo

impero: roncello e funzione, in Hagiographie. cultures er JOCietés cii., pp. 1 6 1 -204. ( 1 2 1 1 Cfr. Eunap. Vitae Soph. VI, I l , I l , p. 40 Giangrande. ( 1 2 2) C. Bonner ( Traces of Thaumaturgic Technique in the Mirac/es, «Harvard

Theol. Rev .»

20 [ 1 927) , pp. 1 7 1 - 1 8 1 ) ha sottolineato la minuta attenzione dedicata, anche nei Vangeli, qli atti compiuti da Cristo nell'operare miracoli, «trascrizione popolare» e residuo di tecniche taumaturgiche già diffuse nel mondo pagano. Sulla presenza di tecniche analoghe anche nei miracoli dei ScpiAo• del

IV- V

secolo, cfr. per eoempio Sozom. H. E. V I I , 26 (il vescovo-teurgo di Euroia nell'Epiro, Donato,

uccide con il segno della croce e uno sputo un bQàiCWv·che sterminava uomini e armenti; sul dfll3o come manifestazione demoniaca - a proposito di Theod. Hist. Re/. Il, 6, SC 2 3 4, pp. 208- 2 1 0, su Giuliano

Saba

cbe ne uccide uno con una invocazione e un segno di croce - cfr. Adnès, Canivet,

Guérisons miraculeuses cii., p. 62� Philost. H. E. IV, 27 (Teofilo Jndo guarisce la moglie di Costanzo

II con la Sria b òva � � delle sue mani «placatrici», ÌÀalm]Qiouç x•iQar;); Sozom. H.E. V I , 29 (miracoli di monaci operati con l'imposizione delle mani e con lo sputo); Theod. Hi51 . Re/. I X , 1 5 , SC 234, p. 4 3 4 ( l a madre di Teodoreto s i serve di mezza cintura di Pietro Galata per curare varie malattie del marito, del fJlllio, di amici) e

XXI, 1 5- 1 8,

SC 2 5 1 , pp. 9 2 - 9 8 (Teodoreto stesso , gia vescovo e impegnato nella

lotta contro i marciooili, afferma di avere udito un demone rimproverarlo in lingua siriaca perché ren­

inelfiCaci i suoi interventi contro di lui - sollecitati dai marcioniti con la mqia - mediante una fiala d'olio dei martiri custodita presso il suo letto e mediante una coperta donatagli dal sant'uomo

deva

Giacomo di Cirrestico, conservata sono il suo capo); Hisl . Mon. l, 1 2 e 1 6 ; IX, I l ; X X I , 1 7, pp. 1 2-

1 4, 74-75, 1 2 8 ed. Festugière cii. (miracoli operati con l'ausilio dell'olio benedetto); Callinicus

Hypatii 1 5,

Vira

l ; 22, I O; 28, 27, pp. 1 24, 1 4 2, 1 90- 1 9 1 ed. G .J . M . Bartelink, SC 1 1 1 , Paris 1 9 7 L guari­

gioni di uomini e di animali ottenute con massaggi di olio benedetto o di sale, e con segni di croce; Vira Sim.

/un.

IO l , 1 40, 1 63 , 2 20, 2 5 5 , ed. V an den Ven cit . , l, pp. 7 8 , 1 3 0, 1 4 5 , 1 90, 2 2 1 . e 11

(tr.

fr ),

pp. 99, 1 54, 1 6 9- 1 70, 2 1 5: guarigioni al contatto della saliva, delle mani, del bastone di Simeone del

Monte Ammirabile presso Antiochia, ovvero della polvere da lui benedetta. Sui miracoli attuati per il contano con le reliquie io senso lato, ovvero mediante rimedi suggeriti - in sogni. visioni, incubatio­ nes notturne nei santuari - dai santi guaritori defunti, cfr. molli esempi tratti dalle collezioni aretalo­

gicht! greche in Delehaye, Lts recueils anriques cii., passim: ad esempio pp. 8- 1 8 , miracoli dei SS. Co­ sma e

Damiano nel santuario di

Costantinopoli (K�Qu•Ti). olio delle lampade. addirinura veleno, colore

granato delle immagini dei due santi. sciolto nell 'acqua e ingerito - cfr. Mir. 1 5 -); lbid. pp. 1 9- 3 2 , miraroli operati da i

SS. Ciro e Giovanni nel loro celebre santuario di

Menoulhis i n Egino, ove s i prati­

cava anche la incubatio (cfr. H. Delehaye, Les sainrs d A baukir, « A n . Boli . » 30 ( 1 9 1 1 l pp. 448-450, e

J. Faivre, Canape, Ménouthis. A lxlukir, Alessandria d ' Egino 1 9 1 7 , pp. 34-5 6). riferiti da Sofronio, so­ fista e probabilmente patriarca di Gerusalemme verso la meLi del VI secolo, i due santi - che spesso comparivano ai malati vestiti da medici, in coppia come i due figli di Asclepio - pare vedessero di malocchio, talvolta punendolo (cfr. Mir. 67), chi preferiva i medici profani alle loro cure (per un aneg­ giamento analogo neii' Asclepieo di Epidauro, vd. n. 14� su certe posizioni di rifiuto verso la scien1.a

73

medica nel complesso rapporto malattia-miracolo-guarigione. nei Dia/ogi di Gregorio Maano, cfr. So­ fia Boesch Gajano, Demoni e miracoli nei 'Dialogi ' di Gregorio MaKno. in Hagiograph ie. cultur� et so· cieu!s cit., pp. 263- 2 8 1 ); Ciro e Giovanni prescrivevano rimedi in se inefficaci. quali gli impiastri di

·�t>W'"i e formaagio. acqua, vino. pepe, olio delle lampade sacre - cfr.

Mir. 70 --; lbid. pp. 3 2-38.

Acta del martire giulianeo A rtemio a Costantinopoli , ove alcuni dei 45 miracoli riferiti appaiono rea ­

lizzati con l'ausilio di olio. aceto. sale. imposizione delle mani ; lbid. pp. 3 8 -40. Encomio dei miracoli di S. Terapone, operati nella chiesa della S. Vergine a Costantinopoli , con u.a di pane, vino, olio.

·�QU>"li. balsamo colante dalle reliquie; miracoli operati in eta bizantina - anteriormente al secolo

Xli

- dalle reliquie d e l profeta Isaia nella chiesa di S. Lorenzo a Costantinopoli, grazie a olio santo, segni di croce,

ecc . ;

/bid. pp. 49-57, miracoli di S. Tecla a Seleucia d' lsauria, operati con l'applicazione di

polvere di marmo tratta dalla balaustra della chiesa. olio delle lampade sacre, acqua di fonte, sassol ini,

ecc . l. Sui riti di incubazione cristiani (in particolare quelli del santuario costantinopolitano di S. A rte­ mio) come travaso di quelli pqani di Apollo e di Asclepio a Epidauro. attraver.a la testimonianza de­ gli ia11aTll (linguaag i o, formulario, cliches aretalogici. modi delle epifanie. tipi di cure,

ecc . ), cfr. spec .

J. Tolstoi , Un pone({ areta/ogique dans /es miracle.s d 'A.sklepins et d'A rttmius. « Byzantion» 3 ( 1 9 26), pp. 5 3 - 6 3 . Per Teodosio Il che, dopo la morte del vescovo di Chebron. volle portarsi addosso la sua veste, vd. n. 1 2 3 . Fra gli esempi di cure miracolose a!;surde e scandalose. ricordiamo quelle prescritte

in sogno dai SS. Cosma e Damiano (medici e guaritori) ai malati incubanti nel loro santuario costanti­ nopolitano; il comando a un paralitico di violentare una donna muta, e a una donna ebrea di mangiare carne di porco (cfr. Delehaye, Les recueils antiques ci t .. pp. 8- 1 8 e spec. 1 3 ; nonostante tuno, peraltro, le fonti aaiografiche si rivelano spesso preziose miniere di informazioni sulla medicina antica. i vari tipi di malattie, le loro cure, i medici. gli ospedali. gli interventi chirurgici, ecc . ; cfr. H .J. Maaoulias, The Lives of the Saints as Sources of Data for the History of Byzantine Medicine in the Sixth and Se­ venth Century, «Byz. Zeitschr.» 57 [ 1 9641 pp. 1 2 7 - 1 50). Per quanto si riferisce ai miracoli operati da

immagini sacre, oltre a quello del colore grattato dai ritrani dei SS. Cosma e Damiano sopra ricordato, cfr. ad esempio Greg. Turon. In g/. mart. 2 1 , MGH. SS. R R . Mer. l, 2. p. SO ( ); l'immaaine di Cristo, profanata da un giudeo, sanguina a ruscelli sino a denunziare il profanatore; di analoga natura il mira­ colo dell'immqine della Vergine, gettata in una latrina da un ebreo di Costantinopoli, che tosto muore di dissenteria; ritrovata poi da un uomo pio, essa comincia a colare olio benedello (cfr. Adamnanus De loc. sane/. VII, S, CSEL 39. pp. 294-296, ver.a il 670 d.C.). Sul motivo dell'olio benedetto stillante

dalla tomba o dall'icona - che si va affermando soprallullo dopo la fine del VI secolo, parallelamente al ruolo delle immaaini nella pratica devozionale, cfr.

Évelyne Patlagean, Saintete et pouvoir, in The of Byzantine Studies, ed. by S.

Byzanline Saint, Un. of B irm ingh am Fourteenth Spring Symposium

Hackel. «Sobomost>> Special Number 3 ( 1 9 8 1 ), pp. 88- 1 0 5 e spec. 9 3 ; più in generale su questi mira­ coli di immagini in funzione polemica contro gli ebrei uiconoclastiu, cfr. B. Blumenkranz. Juden und Judisches in christlichen Wundererziihlungen, «Theol. Z.» l O ( 1 9 54), pp. 4 1 7-446 e partic. 430 ss.

Idem, Ju({s et ch reliens , Patristique et

Moyen A11e. «Variorum Reprints», L.ondon 1 9 7 7 ,

=

X I X . P.

Brown (A Dark-Age Crisis: Aspects of the Iconoclastie Controversy, «The English H ist. Rev . » 88 [ 1 9 7 3 1 pp. 1 - 34 = Idem, Socie(v and the Ho/v ci t . , pp. 2 5 1 -30 1 ), illustrando gli incunaboli della lotta fra iconoduli e iconoclasti nell' V I l i secolo. ha mostrato assa i bene le connessioni, nella mentalita col­ leniva bizantina del V I -V I I secolo. fra il culto dell 'uomo divino come «icona vivente», tangibile pre­ senza di dio nel mondo, il culto delle reliquie e il culto delle icone (venerate alla stregua di reliquie; vd. i miracoli dei SS. Cosma e Damiano sopracitt . ; e cfr. pure Vita Sim. /un. 1 1 8 , ed. V an den Ven ci!. l, p. 98. e I l [!r. fr.1 p. 1 2 1 , ove si parla d'una donna che. guarita dal santo. si porta a casa il suo ritrallo); vd. inoltre Theod. Hist. Rei. , Pro/. 3. SC 2 3 4 , pp. 1 2 8- 1 30. ove egli paragona i suoi scritti a la-

74

volette dipinte ma di queste pi il durature, nonché il Prologo premesso alla traduzione greca dei Dialogi di Gregorio Magno fatta eseguire da papa Zaccaria - 7 4 1 · 7 5 2 d.C. -. ove a sostegno della linea ico­

nodula si afferma che le vite degli uomini santi sono uimmaginì animate�• - da imitare - di come stare con dio; cfr. G. Cracco , Uomini di Dio e uomini di Chiesa nell'A/w Medioevo (per una reimerpre­ tazione dei 'Dialogi ' di Gregorio Magno), «Ric. di St. Soc. e Rei .» 1 2 ( 1 9 77 ), pp. 1 6 3-202 e partic. 1 6 4·

1 7 0; Craa:o Ruggini, Universtllità e cam{JQnilismo cit. , pp. 1 66 ss. Sul culto di statue apotropaiche e miracolose anche presso i pagani - a

parte la

celeberrima controversia legata forse alla statua, oltre

cbe all'ara, della Vittoria nella curia lulia a Roma negli ultimi decenni del IV secolo (cfr. Cracco Rug­ gini, Il {JQganesimo romano cit., n. 5) -, cfr. ad esempio Amm. Mare. X X V . l O, 2 - 3 , cit. a n. 9; Zos. IV, 1 8, 34 (statue di Atena e di Achille nel Partenone, che salvano l'Attica dal terremoto nel 3 7 2 � I de m V , 3 8 , 2 - 3 (Serena moglie di Stilicone punita per un suo ano sacrilego n e i confronti della statua di Rhea a Roma� Idem V, 4 1 , 6 (statua della Virtus considerata quasi alla stregua di un feticcio omeo· patico); Idem V, 24, 7 - 8 (statue po rtate da Lindo e Dodona a Costantinopoli, che scampano «miraco· losamente» all'incendio dei Giovanniti); Olympiod. l 5 e 27 (statue apotropaiche contro i barbari a Reggio sullo Stretto e in Tracia). Per le statue-talismano costruite (secondo la tradizione) da Apollonia di Tiana a Costantioopo li, Antiochia ed altre città , vd. n: l 2 3 (ove e citato pure un passo di Malalas su di una Sl8tua antisismica che sarebbe esistita un tempo ad Antiochia, opera di un ceno Debborios, filo­ sofo «iniziato» vissuto al tempo di Caligola). Tuno ciò spiega sia la gravilà delle offese rivolte alle sa· < rae imagines i mpe rial i (per la rivolta di Antiochia nel 3 8 7 vd. n. l 08), sia la furia distruttrice proprio dei monaci cristiani nei confronti delle statue pagane (cfr. ad esempio Socr. H. E. V , 1 6, a proposito della distruzione del Serapeo nel 3 9 1 d.C.l, sia la religiosa cura con la quale i pagani si sforzarono tal· volta di salvare queste imagines (per esempio seppellendole, come avvenne nell'Accademia di Atene dopo l'editto di cbiusura del 529: cfr. Alison Frantz, From Paganism to Christianity, «Dumbanon Oaks Papei"S>> 1 9 [ 1 9651 pp. 1 8 7- 205); in generale, cfr. Th. Pekàry , Die r6mische Bildstreit, «Fnihmit· telalterliche Studien» 3 ( 1 969), pp. 1 3-26; Idem, Statuen in der Historia A ugusta, in Bonner Historia · A ugusta -Colloquium / 968- 1 96 9 cit., pp. l 5 1 - 1 7 2; sulla posizione delle fonti filosofiche in merito alle i m magini sacre (ove si osserva un progressivo slinamento da una considerazione di esse come rappre· sentazioni popolari del divino - Varrone, Cicerone - a simboli e strumenti di sollecitazione per una religiosità autentica, per quanto «popolare» - Dione di Prusa, Massimo di Tiro, Filostrato -. e poi alla convinzione che esse costituissero invece un vero e proprio ccricettacolo•, del divino - Giamblico, Giuliano , Proclo -), cfr. V. Fazzo, La giustilìcatione delle immagini religiose dalla tarda antichità al cristianesimo, l (La tarda antichità, con un 'Appendice sul/'iconoclasmo bitontino), Napoli 1 9 7 7 ; ora P. Desideri, Religione e politica nell 'Olimpico di Dione), «Quad. Stor.» 43 ( 1 9 80), pp. 1 4 3- 1 6 1 . Ritor· nando ora aJ ruolo delle immagini e delle mediazioni materiali nella miracolistica cristiana, va detto che i miracoli nelle raccolte latine appaiono assai piu depurati da questo tipo di commistioni che non quelli riferiti dalle fonti bizantine: cfr. ad esempio i libelli miraculorum di S. Stefano a Uzalum, Ca· lama e Canagine, raccol ti da Agostino (cfr. Augustin. De ci>'. dei X X I I . 8) e poi le aretalogie di Mar· tino e di Giuliano in Gallia (da Sulpicio Severo a Gregorio di Tours: cfr. Delehaye, Les recueils anli· ques cii . . pp. 75 ss. e 305- 3 2 5 : sulla complessa funzione e significato del segno di croce in Gregorio di Tours, cfr. da ultimo P. Brown. Re/ics and Social Status in the Age o( Gregof)· o( Tours, «Stenton Lec­ tures» l O, Un. of Read ing 1 9 77

=

Idem, Society and the Holy cit., pp. 2 2 2 - 2 50). Peraltro, anche nella

miracolistica occidentale è tutt'altro che infrequente la presenza di trami ti materiali. ad esempio oggetti santificati dal contano con i sepulchra mar(1·rum e cm,{essorum (croci. cera, olio, terra, stoffa. ecc.: molteplici ne sono gli esempi soprattutto in Gregorio Turonensel, ovvero «tecniche operative» di santi v i venti . quali il contano della mano. ma.,,;ag gi. segni di croce. ecc . (cfr. ad esempio Su lp. Sev. Vira

75

Martini 7, 3; Ven. Fort. De •·ila .wnrtat· Radt·KunJi• J7 e 38 . .4f(iH. AA I V , p. 48). Sulla tra•forma­

zione - tipicamente occ i dentale - del concetto d1 reliquia da corpo santo (o rrammento di esso ) a brandeum consacrato dalla sola vicmanza del corpo veneralo, e relauvo sliltamento semantico, cfr. J . M . Mc Culloh, The Culi of Rdin in the Leifers and 'Dialr•Ku.s · offo,w Gregory the Great.- A Lexico· graphical Study, «Traditio» 32 ( 1 9 7 6). pp. 1 4 5 - 1 84.

( 1 2 3 ) Cfr. Socr. H.E. V I I , 22 (il vescovo di Xt i!Qwv muore a Costantinopoli, Tcodosio I l si procura il suo lurido cmiy1ov e lo indos..a. conv1nto che, nel contatto, un poco di quella santita sarebbe pa�ta alla sua perwna, 7uan:Uoaç JJna�aAflv n h. TIÌt. S, la ove afferma che la resurrezione di t:risto è vera !'('rché è impossibile). Gregorio di N issa concepiva i miracoli cristiani (ad esempio l'immacolata concezione e la resurrezione) «al ùi la della natura» in chiave apologetica (Qriaeoe, più equivocamente, si era )i mitalO a considerarli «sopra-naturali»; cfr. Grailt, Mirac/e cit. , pp. 209 ss.: Naturrt Mirac/es in Later Patri>tic Thought). Giovanni Crisostomo considerò a sua volta i miraalli non contro, ma al di fuori della natura, più belli e benefici di quelli che si realizzano per suo tramite (cfr. loh. Cbrys. Hom. X X l i , 3, PG S9, coli. I J S- 1 36); cfr. pure Theod. Hist. Rei .. Pmi., SC 234, pp. 1 24 ss.; lbid. XXV, 23, SC 2 S 7 , p. 207 (un clv�p anoul>aioç viene da Ravenna - o da Rab 'in in Germanicia presso l'Eufrate? - e si arrampica fmo al rifugio di Simeone stilita per domandar­ ali: èiv9Qomoc; ri ij cloWI"''IDC; ipUcnç;l; Idem Or. de sancta choritate, PG 8 2 , col. 1 4 97 (sul monaco che tnlvalica i limiti naturali); Adnès, Canivet, Guèrisons miraculeuses cit., spec. p. 66. Per Gregorio Mapo, vd. n. 1 3 3 con bibliogr. ivi cit. Per Beda ( me.a V I I secolo), cfr. J. T. Rosenthal, Bede 's Use of Miracles in the Ecclesiastica/ History, ccTraditio» l i ( 1 9 7 S ), pp. 3 2 8 - l l S (Beda vede nei miracoli del tempo suo un rinnovarsi di queUi antiq ui - apostolici -. senza rouura delle leggi naturali). Sull'irru­ zione dello pseudo-scientifiCO nella mentalita dell'antichiiOi tarda e sul gusto ormai imperante per i m i ­ rahiiia, cfr. da ultimo J. Fontaine, Unitè et diversitt! du mt!iange des genres et t/es 1011s che: quelques écrivalns latins de lafln du /Ye siecle: A usune, A mbroise. Ammien, in Chri5lianism�: el.fflrtlrt:.� liuàui­ res de /'Anliqulté tardive en Occident, in ccEntreliens sur J'Antiquitè Classique» X X I I I , Vandoeuvres­ Genève 1 977, pp. 42S-482 e spec. 462-463 (con ulteriore bibliogr. a p. 463, n. I l.

( 1 32) Cfr. Auaustin. In lohann. Ev. Tract. CXXIV. Tract. X X I V , 2, CC. Ser. Lat. 36, pp. 244-24S; vd. pure nn. 1 20 e 1 3 7 . ( 1 3 3 ) S u Porfirio, Girolamo, Agostino, vd. nn. 1 1 2 , 1 2 0, 1 3 7: cfr. inoltre La.:t. Di••. /nst. V,

3, CSEL 1 9, p. 409 (Cristo è dio non perché ha fallo miracoli - non si crede infaui a un dio solo p•r

exigua pcJrlenta, come fanno i pagani -. ma perche le profezie si sono compiute in lui l: Ps. -Ambr. Comm. In Ep. l ad Cor. Xli, 3 1 e Xlii, 1 - 1 0, PL 1 7 , coli. 264-266; Greg. Hom. in E•·· Il, 24. 4. fL 76, col. 1 2 1 6 (no/ile ergo, fratres charissimi. amare signa. quae possum eu m reprobis haberi conmw ­ nla: !ed hoec quae modo diximus charitatis atque pietatis miranda amale .. J; Idem Mor . 20, 7. 1 7 ; Idem Dia/. l, 2, SC 260, p. 2 3 , e I, S, p. 4 1 , e l, 1 2 , pp. 69-70: P. Boglioni, Miracle et nature che: Grli­

goirrt le Grand, in Epopees, /egendes et miracles, «Cahiers d'et. méd.» l , Montreai-Paris 1 9 74, pp. 1 1 1 0 2 e spec. 54 ss., 66, 70 ss. ; C. Dagens, Saint Gr�goire le Grand, Culture et expàietrce clrn!liemJes. Paris 1 977, pp. 228-233

(Jià Eusebio di Cesarea, a proposito di Cristo in antitesi alla figura del santo-

XJ

stregone, a\le\la insistito sulruso non egoL"iliCO che ta111ino Mag11o e Giu>ti11ia11o l (riass . ), in XXVI Corso di Culrura sull 'arte ravenna/e e bizan tina (Ra••emta, 6 - / 8 maggio 1 9 79), Ravenna [ 1 9 7 91 pp. l S l · l SS. Sul fenomeno di raccoglimento di tutle le forze e le risorse verso la città, di pari passo alla lenta recessione urbana nel mondo bizantino dopo la meia del VI secolo, cfr. Evelyne Patlagean, Pa111·relti ticmwmique el pau••rett! sociale à Byzatl("e, 4e· le >iècle>, Paris 1 9 7 7 ; Cracco Ruggini, Ut� iversa lità e campanilismo cii. , pp. 1 92 ss. lnleressanti considerazioni su questo «shift in urban life towards the ecc lesiastical and the defen· sive» in Averi l Cameron, lmages of A uthorily cit., spec. p. 3 l . ( l 3 8 ) Sul uprovincializzan;i» della prospettiva universale delle Srorie Ecclesiastiche in una di· mensione locale e folklorica (con esempi tipici in Teodoreto e, soprattutto, in Evagrio), cfr. Cracco Ruggini, Th,• EcdesitJslical Historif!s cit.: Eadem, Uni�·ersaliui e campa11ilismo cit. La progressi va ridu­ zione del ruolo del demoniaco (pur tuttaltro che sconfessato) nella cultura bizantina dei secoli sesuenti

è staiA collA specialmente - come assenza sisnificativa - nelle Vite dei martiri e di moltissimi ""nti nel liiOCOio Xl, quando Psello scrive a Sllll vollA il De o�raticme daemonum, da P. Joannou. Lrs cmyan­ ces dt!monologiques au X/e siede à Byzance, in Actes du VIe Congres Int. d 'Et. B.vz. (faris. } 7 Juillet 1 Aoùt

1 9-18},

l, Paris l 950, pp. 245-266. Gia Tertulliano. i montanisti. Jreneo, Eusebio avevano rer­

marnente creduto nello spirito di Cristo che ancora viveva nella Chiesa e poteva manirestarsi altra­ verso OT)pria ..,;

tiQpu/isl. eu m videremus ami­ quis similia divinarum si'gna virtutum eliam nostris lemporibus frequentari . . . ; Idem Sermones 3 1 4- 3 2 4

e partic. 3 2 2 , fL 3 8 , co l . 1 443; H . Delehaye, Les lt!gendes hagiographiqut!S, Bruxelles 1 9062• p p . 5660; Idem, Les premiers 'libelli miraculorum · cii.; D. P. De Vooght, La noticm philosoph ique du mirade chez Saint A uguSiin, dans le 'De Trinitate' et le 'De Genesi ad lilleram ·, «Rech. de Tbéol . A ne. et

Méd.»

l O ( 1 9 3 8), pp. 3 1 7- 3 4 3 ; Idem, Les miracles dans la vie d> 33 ( 1 972). pp. 1 9 3-2 1 3 . Questa tradizione

m i racol istica ccpoliticizzata)) continua nella storiogralia bizantina: cfr. ad esempio Theop h . Cont. V I , 1 2 e 2 3 e 3 0 , CSHB p p . 36 1 , 3 7 0 . 376, sui prodigi coinvolgenti la famiglia del pio imperatore Leone il Saggio , sua moglie Theophanò (celebre per miracoli dopo la morte). suo figlio Costantino Porfiroge­ nito; Idem VI, 4 e l S- 1 6 , pp. 43 8-440 e 405-409. su Romano l.acapeno detronizzato il quale. ammo­ nito in sosno che l'inferno lo attende. convoca trecento monaci dalle laure e dai monaliiteri deJI"Oriente. da Gerusalemme e da Roma, affidando alle loro preghiere un libello con l'elenco dei suoi peccati (iv xaQTl� 7Um:i:�ttoç), finché nel monaoçtero del monte Olimpo una visione annuncia il perdono: si noti in q uesta valutazione quantificata della santità - l'(cinflazionaton numero dei monaci neces.Qri per ot· te nere l"efTetto desiderato, là dove. a questa stessa epoca, il vescovo Nicolao di Costantinopoli aveva osato da solo minacciare l'inferno a Simone czar di Bulgaria, tosto indotto a fare la pace con Bisanzio e

con l'imperatore Romano per i buoni uffici di Nicolao stesso. aiutato da reliquie (pal/iolum) della Ver­ gine Maria: cfr. pure Nic. Ep. 5, f'G I l i . coli . 4 S - S 6 .

( 1 49) Cfr. l o h . Mosch. frat. Spir. . f'G 8 7 , 3

=

tr. fr. M . -J. Rouet d e Journel , S C 1 2 . Paris

1 9 46, spec. capp. 76 (una voce misteriosa avvia la uordaliaH çhe consente di punire una donna colpe-

S7

vole, e quindi di riprendere una navisazione interrotta in mare aperto dalla caduta del vento� 84; 8 7 ;

89; 9 2 : 1 20; 1 2 1 (invenzioni miracolose di co rp i di monaci� 8 1 (miracolo di un'im mqine� 1 74 (l'a­ bate Gregorio, durante una traversata di ritorno da Bisan1io, a s s i s t e a l miracolo di una pio88ia ri­ storatrice. in sesuito alla preshiera rivolta a Gesu d a l c o m a n d a n te della nave� 36 («ordalian del ve=vo Ephrem di Antiochia. pres. (in senso burckhardtiano), tra l'uomo della religione e l'uomo dello Stato, in quel mondo semplificato, e «polariz­ zato», ci si passi il termine, che si apprestava a divenire il I II secolo, all'inizio della Tarda Antichità (82).

104

In effetti, l'incontro del protagonista, filosofo e tau maturgo, dell' , per dirla in breve, con il potere regale è un leir-moriv della . I n se stesso, esso costituisce un tema fu nzionale allo svolgi mento del rac­ conto, il lettore viene condotto in lontani am bienti regali: alla corte di Vardane il M edo, re dei Parti (83), in quella di Phraotes, re di Taxila, fra l'lndo e l'lda�pe (84) -e Filostrato coglie l'occa.'>ione per parlare anche del celebre re Poro, dell'antago­ nista di Alessandro Magno. Ancora, Apol lonio è fatto incontrare con un altro re indiano, che viene a far visita ai saggi brah mani, mentre Apollonio è ospite di Phraotes (85)- e, per la verità, questo re non sembra dare una buona impres­ sione di sé, amante com'è del fasto, orgoglioso, avventato nei suoi giudizi, opposi­ tore della filosofia e purtuttavia ossequente ai saggi ed al loro capo !arca, che egli intende sfruttare a suo vantaggio come oracoli (86)- e qui tralascio di trattare, per il momento, dei rapporti con gli imperatori romani. Ma, chiaramente, il tema non è in funzione soltanto della tecnica narrativa; esso in realtà pertiene all'ideologia. Nei fatti, il problema dei rapporti con il mo­ narca-che era anche il problema della legittimazione ideologica della monarchia - era estremamente sentito nell'am biente sociale e cultu rale cui Filostrato appar­ teneva (87). Il solista si muove pertanto in più direzioni. In primo luogo, eg li cerca di determinare in positivo la figura del sovrano ideale: a questo servono le frequen­ tazioni di Apollonio con i favolosi sovrani orientali, nei quali si è realizzata quella sintesi di virtù morali e di regalità che costituisce il modello del perfetto prin­ cipe (88). Quindi Filostrato cerca di delineare, in funzione ed in contrapposizione alla degenerazione nella tirannide, i caratteri della monarchia che egli e l'è/ile intel­ lettuale delle oligarchie urbane di cultura greca erano andati elaborando, abbando­ nando ormai ogni ipotesi di reg ime aristocratiCO-, fondato sul pre­ dominio delle oligarchie urbane nelle città-stato dell'im pero, e sul governo parite­ tico con l'imperatore dell'aristocrazia senatorio-equestre. Poiché la monarchia ere­ ditaria ed assoluta appare ormai come un fatto inevitabile, che la si accetti, purché nello stesso tempo se ne precisino i caratteri ed i lim iti. Questo è in sostanza il ragionamento polit ico di fondo sotteso dalla narra­ zione filostratea della vicenda di Apollonio con gli imperatori ro mani, sia che si tratti di , come Nerone e Domiziano, che di un >. Da qui anche il ruolo di mediatore via via assunto dall'intellettuale come sog­ getto sociale, prima come filosofo, come solista, nel 1-11 secolo - e come «Uomo divinO>> nel 111 secolo, quando incom inciano a dissolversi le ligure-tipo della cul­ tura classica. Ma lino a che punto un Apollonio(-Filostrato), un «uomo divino>> creato da un solista, poteva mediare situazioni che andavano evolvendo in dire­ zione contraria a quella auspicata? Non a caso Filostrato accentua, come è stato os-

IlO

servato ( 1 1 9), i tratti ((politici» della figura di Apollonia. Gli spazi di manovra an­ davano sempre più restringendosi e diventavano sempre più ridotti per gli intellet­ tuali di cultura classica; quando l'istituto monarchico evolverà verso le forme asso­ lutistiche del Dominato e gli intellettuali cristiani, specie in Occidente, si impadro­ niranno degli strumenti di mediazione, allora a mediare con il principe saranno i vescovi come Ambrogio.

Ili

110on: (•) Riprodotto. per gentile con�C! 8 6 ( 1 966), pp. l 5- 1 6. ( 2 4 ) lsocr. X l i i l , I l ; XV 2 7 0- 7 L cfr. Jones, The Reliabilily of Philoslratus cit., p. 1 3. ( 2 5 ) Su Secondo di Atene, cfr. Bowersock. Greek SophisiS in 1he Roma n Empire cit. , Appendix l, pp. 1 1 8- 1 1 9 - contro i dubbi di B. E. Perry, Secundus 1he Si/eli/ Philosupher, «Amer. Philol. Ass. Monograph.>> X X I I , Philadelphia 1 964. ( 2 6 ) Per Aristide, cfr. De rhet. 46 ( 1 , 1 9 7 3 , 4 3 1 Behr); per Erode Attico , Dialexeis l (rétore); Vit. Soph. X 564 (Erode era chiamalo dai suoi ammira!Ori «Uno dei Dieci>>, vale a dire, 01no dei dieci re!Ori classi ci); si cfr. Jones, The Re/iabili/.1' of Philoslralus cit., pp. 1 3- 1 4. ( 2 7 ) Jones, The Reliabilily of Philoslralus cit. , p. 1 4. ( 2 8 ) /bid.; cfr. anche Bowersock, Greek Sophisls in the Roman Empire cii., pp. 2 ss. e J.S. Traill, «Hesperia>> 40 ( 1 97 1 ), pp. 3 2 4 - 3 2 5 (vd. infra). (29) L. Cracco Ruggini, S0/ìsti greci nell'impero romano, « Aihenaeum>> 49 ( 1 97 1 ), pp. 402425. (30) F. Dvornik, Early Christian wrd Byzallline Politica/ Philosophy. Origitrs and Background 1-11, «Dumbanon Oaks Studies» I X , Washing!On 1 966. ( 3 1 ) P. Desideri, Dione di Prusa. Un imel/euuale greco nell'impero romano, Messina-Firenze ( 1 8)

sock,

Si crr. J'ul!ima

parte

Gr�:ek Soplri!jfl in /h(• Roman Empm:

1 978. ( 3 2 ) Desideri, op. cii., p p . 2 2 - 2 3 e 2 8 3 ss. (relativamente a Dione di P ru sa come «COnsigliere del principe»). ( 3 3 ) In posizione analoga mi sembra essere Dione di Prusa, nella cui opera complessiva le due tematiche, per quanto. non sempre completamente unificate, hanno particolare rilievo. ( 3 4 ) Philoslr. Vit. Ap. l 3. Su qu.,lo celebre k#los di Julia Domna, cfr. K. Miinscher, «Phi­ lologus>> Suppl. B. X 1 90 7 , pp. 4 7 7 - 8 ; F. Solmsen, s.v. Philoslra/Os, in P. W. XX l , 1 94 1 , coli. 1 37 ss.; J. Bidez, in Cambr. A nc. His/01')', X l i 1 9 39, pp. 6 1 3-6 1 4 (della piu antica letteratura, particolar­ mente suggestivo, anche se forse un po' troppo idealizzante, J. Reville, La religion li Rome sous /es Sé­ veres, Paris 1 8 86. pp. 200 ss.; vd. anche G. W. W illiams, Studies in the Li/e ofthe Roman Empresses: Julia Dunura, «Am. Journ. Arch .>> [ 1 90 2 ). pp. 2 5 9- 3 0 5 ; A .J . Oliver, in Alhen. Stud. Ferguson [ 1 9501 pp. 5 2 1 ss. ). Sceuicismo sulla reale consistenza del kJ'klos esprime Bowersock, Greek Sophisls in the Roma n Empire cit., pp. l O l ss. 0 5 ) Philoslr. Vit. Soph .. Pra4 480. 0 6 ) Dio Or. LX X I X , 2 3-4. (37) Solmsen, s. v. Phi/oS/ratos cit. , col. 1 3 8 . 0 8 ) J . S . Trai l i , Gr�ek lmaiplions Hmwring Prylaneis, «Hesperia>> 40 ( 1 9 7 1 ) , p p . 3 0 8 - 3 2 9 (n. 1 3 . lnv. n. l 7 1 7 9 , pp. 3 2 1 - 3 2 6).

1 14

(39) U. 4-5. (40) Cfr , per la elatazione, A.E. Raubitschek, fiQa� 'Avtwviou KEQ 4 4 ( 1 9 70), 3-4 1 (partic. 35 ss. e 3 7 ss.), che cerca acutamente di spiegare la tendenza dell'arcaismo nel mondo (43)

pp.

greco del l e del Il secolo non solo come moda e fenomeno di gusto - si pensi all'inOusso di per.;ona­ lità come UD Adriano o un Erode Attico - ma anche come riOesso di una insoddisfazione nel pre­ sente,

fuga e al tempo stesso rifugio eia una realtà politica oppressiva che lasciava sempre meno spazio, con l'accentuani dell'illl!erenza romana nelle autonomie locali, alla politica municipale; cfr. anche l'importante saggio di F. Millar, P. Herennius Dexippus: The Greek World and the Third-Cemury lm•a­ sions ( 1 969), pp. 1 2-29, e le osservazioni di J . Touloumakos, Zum Geschichtsbewussl! dn der Griechen in der Zeit der romischen Herrschaft, Gòttingen 1 97 1 , pp. 46 ss., S l ss. e 55 ss. (45) Cosi Bowie, art. cii., p. 1 7. (46) T.D. Bames, Philostratus and Gordian, .clatomus» 27 ( 1 968), pp. 5 8 1 ss. (e gia prima prospettata da A .R. Birley, The Origins of Gordian l, in Essay Pres. to E. Birley 011 his 60th BirthdtJy, ed. M. G. Jarret & B. Dobson, KenclaJ 1 966, pp. 56 ss., partic. 58-59, e R. Syme, A m mia1111s and the HA , Oxford 1 968; Idem, Emperors and Biography, Oxford 1 9 7 1 , pp. 1 6 7 - 1 68). (47) Si cfr. il recentissimo articolo di l. Avotins, The Date and the Redpielll of the VittJe So­ ..

phistarum of Philostratus, «Hermes» 1 06 ( 1 97 8), pp. 242-247, che tenta di dimostrare, a nostro parere con successo , che le «Vite dei SoflSii » sono state dedicate eia Filostrato a Gordiano l durante il suo pro­

consolato africano del 2 3 7 - 2 3 8 .

(48)

Cfr. da ultimo:

X.

Loriot, Les premieres annt't-s de la grande crise d u

/Il' siècle: De l 'avè­

nement de Maximin le Thrace (]35) ti la mort de Gordien 111 (JU), in A . N. R . W. Il 2. Berlin-New York

1 975,

pp. 657-786, spec. 6 9 1 ss.; M . Mazza, Il prindpe e il potere. R ivolu:io11e e legillimismo costi/li·

zionale nel /l/ sec. d.C., in Istituzioni giuridiche e realtti politiche ne/ tardo impero (VII/ Sllonio di Tiana, Milano 1 978, pp. 25 ss. (56) Reardon, Courants lillt!rair Del Corno. lntrodu:ione cit. , p. 29. (6 1 ) Baur. Apol/onius m n Tyana und Chrislus cit. . passim. (62) Desideri, Dicme di Prusa cit., p. 3 2 . ( 6 3 ) Philostr. Vit. Ap. l 3. (64) D i o Or. L X X V 1 5. 6-7 (LX X V I I 1 8. 3). Su Plauziano (cfr. PIR' F 554) cfr. F. Grosso, Riasien au St!rapeum d'A iexandrie. «Chronique d'Egypte» 28 ( 1 953), pp. 26 1 -279, e ancora J. Gagé, La propagande "'rapiste er la lui/e dcs empereursf/aviens a••ec /es phi­ /osophes !Swicien.• et Cyniques), .. Rev. Philos.» 1 49 ( 1 959), pp. 7 3- 1 00 e Idem, Basi/eia ? Les Césars. le.• mi.• d 'Orient er /es maxes. Paris 1 968. pp. 1 2 5- 1 7 2 ; sul P. Fouad l 8. i n partic. si cfr. A. Henrichs. Vespasian ·., Vi.lit ro A lexundria, .,zeitschr. Papyr. u. Epigr.» 3 ( 1 968), pp. 5 1 -80. Sulle aspettazioni messianiche dell'epoca e sugli oracoli di Flavio Giuseppe e di Johanan ben Zakkai, si cfr. l'ampia ri­ cerca di A. Schalit. Die Erhehung Ve.•pa..ians nach Fla•·ius Josephus. Talmud und Midrash. Zur Ge· .\chicllte ciner mes.•ianisdren Prophetie. in A.N R . W. cit . . I l . 2. 1 97 5 , pp. 208- 327 ed il capitolo Va­ riallli dei/'Apocali.l.lt: nel bel libro di P. Vidal-Naquet. Il buo11 uso del tradimento. (trad. it.) Roma

1 9 8 0, pp. l 09 ss.

1 18

(95) Su questo W/X>S caratteristico della cultura antica, si cfr. ex. gratia, R. Reitzenstein, Hel/e­ nistische Wunderer:iihlungen, Stungart 1 906. pp. 55 ss.; A . - J . Festugiere. La rt!vèlation d 'Hermrs Tri­ smegiste l, Paris 1 950, pp. 324 ss. Nel papiro greco di Ginevra (c.a meta del li secolo) e contenuto, fra l'altro, il dialogo fra Alessand ro e il saggio indiano Dandamis. poi connuito nel c.d. Commonitorium

Poi/adii (



Ps. Cali. I I I 1 4- 1 6); cfr. V. Martin, Un recueil de diotribes cyniques. « M us. Helv .» 1 6

( 1 959), pp . 7 7 - 1 1 S e L. Cracco Ruggini, Leg11enda e realtà de11li Etiopi nella cultura tordo imperiale, in Alli fV Congr. lnt. Studi Etiopici, Roma / 0 - 1 5 Apr. / 9 72. Ace. Naz. dei Lincei, Problemi alt. di

ScieiWl e di Cultura. Quaderno 1 9 1 , Tomo l, Roma 1 9 74, p. 1 5 3 e n. 59; e in generale R. Hoistad. Cynic Hero ond Cynic King, Uppsala 1 948.

(96) Ma. come osserva Lellia Ruggini, Po1ere e carismi in elà im,wriale cii., con un program­ rnatico capovolgimento nella (eversione ideologizzata)) che della visita di Vespa�iano rornisce appunto Filostrato (p. 59 1 ).

(97) Grosso , La ' Vita di AIX>IIonio di Tiana ' come fonte swrico cit. , p. 5 2 5 (sulla base di W . Weber, Josephus ond Vespasian. Berlin 1 92 1 . pp. 47 ss . ; p . 1 6 2, n. l ; p . 1 65, n. l l; pe r l a storicita del­ l'episodio è P. Grimal. Deux fìgures dJ 1 4 ( 1 955), pp. 3 7 3 - 3 7 5 (che non si pone il problema critico della fonte).

(98) Chiaramente il tempio d i Serapide. il Serapeo, come sembra desumersi dal confronto con Tac. Hist. I V 82 e Suet. Vesp. V I I l .

(99) Philostr. Vit. Ap. V 28. I n Tacito ed in Svetonio Vespasiano si reca al Serapeo per otte­ nere una conferma divina al suo potere - come ha giustamente indicato Henrichs. Vespasian 's Visit w

A lexandrio cit. . pp. 55 ss . . il modello era la visita di A le.'-'Mindro Magno al tempio di Ammone. nell'o­ asi di Siva.

( 1 00) Sulla

�•imJç come

virtu impanante del buon principe, cfr. il commento di L.J. Swift.

«G r. Rom. Byz. Studies» ( 1 966), pp. 26 7 ss. . al l'orazione Eiç

flaotAia, di incerto autore.

ma introdot­

tasi nel corpus dei discorsi di Elio Aristide Wrolio X X X V KeiU, od loc.; (si cfr. anche C.P. Jones. Ae­

lius A ristides. Eiç

flaotAia, 64 ( 1 976), pp. 43-58, esamina (pp. 5J ss.) il dibattito della «Vita di A pollo­ nia•,, prospettando l'ipotesi di un lien intime rntre /e.ç tendences JXJ/itiqm:s Jes Acta A lexandrinorum et

/es rè{lexions thèoriques prèsent> ALLA «PLEBS DEI»: ASPETII DELLA CRISTIANIZZAZIONE DI ROMA *

Scriveva San Gerolamo nel 403: >. E aggiungeva acutamente: «queste e simili cose impediscono che a Roma avvenga alcunché di memorabile o serio>> ( 3 6). Vedendo come il resoconto di Ammiano prosegua, nel capitolo successivo, con una descrizione da far rizzare i capelli di rivolte, linciaggi, epurazioni e incendi nella città di Antiochia (3 7), l'attenzione riposta nel mantener viva la «cerimonia­ lizzazione>> dell'aristocrazia e del popolo di Roma dovrebbe apparire giustificata. Data la natura esplosiva della vita urbana tardoromana, « felice era la città senza storia>> ( 3 8). Gli imperatori e la nobiltà residente erano ben decisi a far si che tale fosse il caso di Roma.

1 27

Le relazioni tra i membri pagani e quelli cristiani dell 'aristocrazia romana, e l'impatto del Cristianesimo sulla vita pubblica di Roma, dovrebbero essere consi­ derati in questo contesto. Vivendo in una citta in subbuglio, il cui controllo era stato attribuito ad essi da un imperatore lontano, i senatori di Roma, per tutto il IV e V secolo, erano in primo luogo una classe di governo e solo secondariamente pagani e cristiani. Possiamo cogliere bene l'enorme, benché in gran parte inespresso , peso della situazione, il cui influsso si esercitava in eguale m isura sui nobili cristiani e su quelli pagani, osservando brevemente le ininterrotte testimonianze di apparente di­ stacco tra fede privata e contegno pubblico dei senatori cristiani, dal i V secolo fino alla fine del V . Non solo è noto che le fam iglie pagane e quelle cristiane combina­ vano matrimoni tra di loro con apparente disinvoltura nel corso del I V secolo e an­ cora agl i inizi del V (39). Esse agivano in tal modo perché si sentivano accomunate da uno stesso elhos, in gran parte determinato da una comune interpretazione del loro ruolo nella città. Per gli aristocratici cristiani come Valentino queste cerimo­ nie, benché ereditate tangibil mente e direttamente da un passato pagano (40), e benché investite dai loro colleghi pagani di un massiccio carico di religiosità pa­ gana (4 1 ), non parlavano di dei: parlavano invece di loro stessi. Esse ratificavano la speciale posizione di Roma come la città in cui le classi dirigenti dell'impero - a prescindere dalla loro fede - potevano partecipare con imperturbato entusiasmo alla grande rappresentazione del IV secolo della securilas saeculi - l'ininterrotta sicurezza del loro mondo. lnvicla Roma, Felix Senalus. . . (42) - le parole incise sulle medaglie che circolavano a Roma in occasione dei giochi - erano ciò che la loro posizione sociale li portava a prevedere e a desiderare che continuasse . Le dif­ ferenze di fede religiosa vennero perciò a scomparire in un comune linguaggio di s/a/us sociale. Cosi, i contorniati, medaglie com memorative distribuite dai sena­ tori ai giochi, hanno un'iconografia tanto strettamente connessa al passato pagano da essere stati interpretati come «strumenti trascurati della propaganda senatoria (pagana)>> (43). Ma questi contorniati recano i nomi di famiglie cristiane non meno che di quelle pagane (44).

È

più che probabile che Alipio, il prefetto della città che

ordinò l'immediata esecuzione di Al machio, il monaco cristiano che nel 3 9 1 aveva tentato di interrompere i giochi gladiatori, fosse egli stesso un cristiano e un corri­ spondente di S. A mbrogio; certamente, un senato nella maggioranza cristiano tenne in vita queste truci manifestazioni fi no al 4 3 0 circa (45). E ancora nel 496 i senatori cristiani celebravano i L upercalia ( 46). Tutto sommato, nel linguaggio

pubblico del ceto patrizio a Roma non risuonano accenti cristiani fino a quando questo ceto stesso viene ad estinguersi. Ciò che essi credevano in privato era un al­ tro discorso. Un buon senatore cristiano della fine del V secolo, Turcio Rufio

1 28

Aproniano Asterio, console per il 494, nel chiuso del suo studio poteva scrivere «non confidando in me stesso , ma in Lui al Cui volere io sono soggetto in tutte le cose». Eppure, ciò che egli produce è un'edizione di lusso delle Egloghe di Virgilio, da donare ai suoi amici in occasione dei giochi consolari in cui orgogliosamente annuncia di aver dissipato una fortuna «come prezzo della fama>> ( 4 7). lnsediato al Colosseo tra i suoi pari, acclamato dalla plebs Romana, Asterio non apparteneva né a Cristo né agli dei pagani, bensì, senza alcuna remora, a Roma.

Alla luce di tali testimonianze sulla sopravvivenza a Roma di una vita ceri· moniale lasciata intatta dal Cristianesimo, non si può affermare che Roma cessò di essere «pagana>> quando la magg ior parte dei senatori, individualmente presi, di­ vennero cristiani. Ciò di cui ci occupiano, piuttosto, è la tenace sopravvivenza di un particolare modo simbolico di esprimere l'identità di Roma, ed il continuo, quasi pressante attaccamento ad esso, come ad un ben collaudato strumento di controllo sociale. Il simbolismo della comunità urbana continuò senza fratture ad attingere al passato pagano anche quando, nel V secolo, esso passò sotto il con· trollo di nobili notoriamente cristiani. Il reale cambiamento nella vita pubblica di Roma si verifica quando questa particolare forma di espressione della comunità urbana viene a scontrarsi e, in larghe aree della vita quotidiana, ad essere sostituita da un'alternativa. Nel 354, quando il cristiano Valentino leggeva il suo Calenda· rio, era difficile pensare che le celebrazioni associate alla plebs Dei cristiana potes­

sero mai assumere una valenza simbolica atta ad esprimere la natura della comu­ nità romana nel suo insieme, e ancor meno che potessero svolgere una qualche funzione di controllo sociale simile a quella associata alle antiche cerimonie della città. Dentro Roma, la popolazione respirava ancora l'aria di un mondo antico che si manifestava nelle immagini pagane, cosi come noi abitanti della terra respiriamo ossigeno. Non c'erano alternative. Si può dire anche di più: un «vuotO>> enorme nella cristianizzazione della città venne reso quasi inevitabile dal fatto che i dirigenti della Chiesa (in Occidente, almeno fuori di Roma, molto rigoristi di fronte alle cose del saeculum) non vole· vano offrire ai credenti medi una vita rituale atta ad esprimere preoccupazioni per il destino collettivo di qualsiasi comunità fuori della Chiesa stessa - né dell'im­ pero, né dell' Urbs. La lunga storia del cattolicesimo medioevale non dovrebbe farci dimenticare questa lacuna straordinaria della mentalità cleri­ cale del IV secolo, né la lentezza con cui questa lacuna venne colmata. I nostri Ro­ mani Io sentivano bene. Reazioni quasi viscerali che si scatenarono nel corso del V

ed anche del VI secolo in ogni momento di vera minaccia alla città (reazioni che abbiamo tendenza a designare sommariamente come «pagane>>, guardando di so­ lito a nuclei aristocratici pagani) erano spesso, in realtà, confusamente «collettive>>

1 29

in quanto coinvolgevano credenti cristiani e forse anche membri del clero (4 8). Quando bisognava pensare alla comunità urbana nel suo insieme, cioè alla salus

Urbis, si pensava ancora, istintivamente, alla pagana. Gradualmente, però, il senso stesso della comunità divenne sempre piu cristianizzato. Nel 494, quando il cristiano Asteria presiedeva nel Colosseo all'antico dialogo con la plebs Romana, a questo dialogo si era affiancata e, in larga misura, sostituita una forma assai di­ versa di relazione, espressa dalla distribuzione di elemosine alla plebs Dei, in luoghi .

assai diversi: le basiliche cristiane. Per capire come la Chiesa cristiana locale non avesse alcun impatto su di uno stile di vita pubblica tanto indifferente e puntigliosamente preservato, dob­ biamo prendere in considerazione la seconda parte del Calendario di Valentino. I n questo Calendario, è l a totale disgiunzione tra l a Roma pagana e quella cristiana che balza agli occh i. I centri di celebrazioni cristiane non coincidono infatti in nes­ sun caso con i tradizionali punti d'incontro dei senatori tra di loro e con la plebs

R omana. Per assistere alle feste dei martiri, Valentino avrebbe dovuto allontanarsi non poco dal Foro, dal Colosseo, dal Circo Massimo. Avrebbe dovuto attraversare il pomerium, i sacri confini della città, uscendo fuori dalle Mura Aureliane, per ar­ rivare alle aree cimiteriali che si distendevano lungo le principali direttrici d'uscita

dalla città ( 49). Ma lo stesso vale anche per la grande Basilica del Laterano, che Co­ stantino aveva dato al vescovo di Roma quale base residenziale e di culto all 'in­ temo della città. La Basilica sorgeva su di un'antica proprietà imperiale che non si sovrapponeva affatto alle aree dove si celebravano le rappresentazioni dell'imma­ gine pubblica di Roma. Tutti i luoghi ecclesiastici all'interno di Roma, nel IV se­ colo, continuavano a recare evidente il segno di un fastoso isolamento dalla vita del Foro e del Circo, che contraddistingueva la privilegiata «cintura verde)) snodantesi lungo i bordi della città all'interno delle Mura Aureliane (50). Come le tombe dei martiri tanto generosamente patrocinate da Costantino e dalla sua famiglia - essi si ergevano nel mezzo di cimiteri considerati l'antitesi della città dei vivi (5 l ). Il fluire ad essi del popolo di Roma, secondo la descrizione di Gerolamo, era dav­ vero, per la città, un «cambio di indirizzo>>. Eppure la cristianizzazione di Roma è dovuta in gran parte a questo «cam­ bio di indirizzo>>. Infatti, paradossalmente, era proprio la collocazione periferica dei santuari cristiani che lavorava a favore della Chiesa. Ciò che a uno straniero avrebbe potuto apparire come un'area esterna alla città tradizionale, riservata a commemorazioni funebri strettamente private, si affermò come lo scenario in cui celebrare una nuova, più flessibile definizione della comunità romana. Le folle che si raccoglievano in questi nuovi luoghi di aggregazione sperimentavano infatti in modo fortunatamente indolore il brivido di oltrepassare un'invisibile frontiera so-

1 30

ciale: lasciavano un mondo dalle strutture fortemente marcate per una condizione più cdiminale». Come ci ha fatto capire Victor Turner, l'abbandono di strutture note per una situazione in cui esse sono largamente asse nti, e il conseguente fiorire di sentimenti di comunanza - di communilas -, è parte rilevante del fascino co­ stantemente esercitato dall'esperienza del pellegrinaggio nelle società fortemente stabilizzate ( 5 2). Era un fascino cui i Cristiani romani furono eccezionalmente sen­ sibili. Infatti, in confronto con le cerimonie che si tenevano all'interno della città, dove la scala gerarchica veniva intenzionalmente esibita, le feste dei martiri costi­ tuivano un'occasione in cui la gerarchia veniva a smorzarsi ( 5 3). Al santuario di S. lppolito, il poeta cristiano Prudenzio poteva presentare una Roma spoglia, per un magico istante, delle sue vistose distinzioni sociali e topografiche: «L'amore della loro religione riunisce in un sol corpo Latini e stranieri. . . L'augusta città riversa a fiumi i suoi Romani; con eguale ardore, i patrizi e la folla plebea si confondono in­ sieme spalla a spalla, poiché la fede bandisce ogni distinzione per nascita>> ( 5 4). Prudenzio, naturalmente, era un poeta. In realtà, la comunità cristiana ro­ mana dava ancora importanza alle sue distinzioni. Era disposta ad accogliere i membri laici dei ceti superiori come un gruppo privilegiato di donatori completa­ mente pubblici ( 5 5). Ma la gerarchia di donatori e beneficiari consolidata all'in­ temo della comunità cristiana venne utilizzata per delineare una differente imma­ gine della città. Per mezzo di relazioni cerimoniali pienamente comprensibili a tutti i Romani del IV secolo, beneficiari significativamente diversi poterono essere messi in relazione con significativamente diversi donatori. Bisogna essere precisi: non si può parlare di una continuità diretta tra muni­ ficenza tradizionale ed elemosine cristiane. Si tratta piuttosto di una in gran parte inaspettata di due sistemi paralleli nello stretto senso geometrico. Formalmente i due sistemi erano inconciliabili: da un lato, troviamo somme sba­ lorditive, accumulate in un lungo periodo (normalmente, per un decennio intero), e versate in momenti solenni da un solo donatore alla volta, come segno dell 'appar­ tenenza a un gruppo privilegiato di padroni della città (5 6); dall 'altro, le elemosine cristiane consistevano in un sistema di dono quasi privo di struttura: som me pic­ cole o medie ( 57) venivano versate, in teoria, in qualsiasi momento, da credenti di qualsiasi ceto sociale, senza distinzione di sesso o di ricchezza, non come emblema di privilegio ma, al contrario, come segno della solidarietà di ogni membro del ge­ nere umano per un bisogno spirituale comune ( 5 8). Da un lato, dunque, i benefi­ ciari formavano una classe specifica che potrebbe incl udere ricchi o umili, ma che consisteva, nella maggior parte, di cittadini validi ed occupati, simbolo del vigore • 84 0 979), pp. 3 - 3 5 .

( 2 3 ) B. Pullan, Rich and l'oor i n Renaissance Venice, Cambridge Ma.-.s. 1 97 1 ; E. M uir, Ima· ges of l'ower, A rt and l'ageantry in Renaissance Venice, «A m. Hist. Rev. » 84 ( 1 97 9), pp. 1 6-52; R . C .

Trexler, Ritual Behavior i n Renaissance Florence, «Medievalia e t Humanistica» n . s . 4 ( 1 97 3), pp. 1 2 5 -

1 44; A . M . Lecoq, La ucillil festeggiante», «Revue de l'Art» 3 3 ( 1 976), pp. 8 3- 1 00. (24) A . Chastagnol, Le St!nat sous le règne d 'Odoacre (Antiquitas 3 , 5), Bonn 1 966, pp. 2 2 3 4 . Cfr. C . Nicolet, L e mt!tier de ciloyen dans la Rame rt!pub/icaine, Roma 1 9 76, p. 485. (25) Bisogna sottolineare q u esta funzione di localizzazione. Dissidenti c h e potrebbero riunirsi in qualsiasi luogo e poi scomparire nelle viuzze della citta - per varia Urbis membra: Amm. Mare. XV, 7,

5 - erano molto piu difficili da

controllare di una folla solennemente riunita nel Colosseo:

cfr. in proposito Nicolet, Le mt!lier de citoyen cit., pp. 479-484.

(26) Vd. la corrispondenza di Simmaco sui giochi di suo figlio, the one subiect on which he shows enthusiasm: cfr. A . H . M . Jones, The Later Roman Empire Il, Oxford 1 965, p. 560. Però tal i espressioni di entusiasmo erano obbligatorie per un senatore residente (cfr. S y m m . Ep. IV, 6 0 , 3 : scis

enim pro tua sopientia, magnae urbis magistralibus angustos animos non convenire. Hoc enim Tullius IUUS praecepit. luxum in privatls negotiis arguens. in pub/icis magnf{ìcentiam probo.ns). Tuttavia ras­

senteismo di tanti senatori era notorio, e le spese delle editiones vennero considerate da molti una im·

posta

rovinosa: vd. Zos. I l , 38. Io sono, però, meno convinto dello Chas�nol, Observations cit., p.

25 l, che si trattava di una vittimizzazione cosciente della nobiltà tradizionale di Roma ad opera degli imperatori cristiani favorevoli a Costantinopoli: i giochi e le cerimonie ad essi relative erano essen ziali alla sicurezza della città, e perciò il loro allestimento venne severamente mantenuto. Senatori residenti, come Simmaco, lo capivano meglio di senatori assen ti, meno sensibili ai problemi della communis pa­

tria: cfr. per es. Symm. Ep. IX, 1 26, scritta nel 398, dopo una crisi di approvvigionamento particolar­ mente grave.

(27) Symm. Ep. 111, 78, l : me votiva delectat expen.•io. ltaque a>•idus civicae gratiae. Si tratta, in realtà, di uno dono assai meschino - parecch i schiavi comprati a buon mercato. Le aspettative della p/ebs si concentravano sui doni speciali elargiti dall'editor alle celebrità dei giochi ( venatores, au­

rigae. etc.): essi esprimevano il suo benvolere verso la p/ebs intera. Tali doni vennero spesso visti di malocchio dai senatori (cfr. Symm. Ep. V, 59: inepta est enim mun(ficenlia, quae praestatur indignis). Tuttavia la situazione rimaneva ambigua: praticati dagli altri, allestimenti fastosi vennero spesso consi­ derati foeda iactantia (Symm. Re/. 8 , l ; cfr. Hist. Aug. Vita Aure/. 1 5, 4-6� praticati a proprie spese, erano naturalmente una ••otiva expensi