Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell'irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento 9788820732950

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Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell'irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento
 9788820732950

Table of contents :
Copertina
Frontespizio
Copyright
Indice
Prefazione
Abbreviazioni
Introduzione
1 – Europa magica
2 – La biblioteca filosofica di Firenze
3 – Idealismo e idealismi
4 – Croce e la cultura irrazionalistica
5 – Positivismo e positivismi
6 – Uomo-Dio e uomo moltiplicato
7 – Un precursore: Luigi Capuana
8 – Marinetti gran mago
9 – La ricostruzione futurista dell'universo
10 – Poeti e narratori «esoterici» futuristi
11 – Il gruppo di «Italia futurista»
12 – Iconografia dell'occulto
13 – Conclusioni
Bibliografia
Indice dei nomi
Quarta di copertina

Citation preview

CRITICA E LETTERATURA 33

Simona Cigliana

FUTURISMO ESOTERICO Contributi per una storia dell’irrazionalismo italiano tra Otto e Novecento

ISSN 1972-0645

Liguori Editore

Questa opera è protetta dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni. L’utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consultabile sul sito dell’Editore all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/ebook.asp/areadownload/eBookLicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati. La duplicazione digitale dell’opera, anche se parziale è vietata. Il regolamento per l’uso dei contenuti e dei servizi presenti sul sito della Casa Editrice Liguori è disponibile all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/politiche_contatti/default.asp?c=legal Liguori Editore Via Posillipo 394 - I 80123 Napoli NA http://www.liguori.it/

© 2002 by Liguori Editore, S.r.l. Tutti i diritti sono riservati Seconda edizione italiana Marzo 2002 Cigliana, Simona : Futurismo esoterico. Contributi per una storia dell’irrazionale italiano tra Otto e Novecento/Simona Cigliana Critica e letteratura Napoli : Liguori, 2002 ISBN-13 978 - 88 - 207 - 6055 - 7 ISSN 1972-0645 1. Letteratura 2. Avanguardia

I. Titolo

II. Collana

III. Serie

Aggiornamenti: ————————————————————————————————————––—————— 13 12 11 10 09 08 07 06 05 04 03 02 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

INDICE

1

Prefazione di Walter Pedulla`

5

Abbreviazioni

9

Introduzione

17

I. Europa magica

47

II. La Biblioteca Filosofica di Firenze

67

III. Idealismo e idealismi

91

IV. Croce e la cultura irrazionalistica

103

V. Positivismo e positivismi

121

VI. Uomo-Dio e Uomo moltiplicato

149

VII. Un precursore: Luigi Capuana

169

VIII. Marinetti gran mago

207

IX. La ricostruzione futurista dell’universo

239

X. Poeti e narratori «esoterici» futuristi

viii

INDICE

269

XI. Il gruppo di «Italia futurista»

297

XII. Iconografia dell’occulto

327

XIII. Conclusioni

333

Bibliografia

355

Indice dei nomi

A Sarah

PREFAZIONE

Futurismo esoterico. Coppia ben strana ma questo insolito matrimonio s’ha da fare, secondo Simona Cigliana. I due sposi rispondono di sı` a tutti gli interrogativi posti dalla studiosa che officia la cerimonia. Una tesi prolifica. Fra i tanti modi di essere futuristi c’e` pure quello esoterico, c’e` un po’ di esoterismo in ogni futurista. Il futurismo forse esalta la velocita` anche con la marcia indietro? Simona Cigliana corre avanti e indietro per dimostrare che il futurismo ha costruito una nuova macchina montando con quelli appena usciti di fabbrica pure pezzi vecchi. Il futuro ha un cuore antico, per dirla con un titolo d’uno scrittore ostile al futurismo: che ebbe il torto di sposare anche il fascismo. Il riciclaggio di materiali non e` invenzione futurista, ma il futurismo non solo ha il merito d’aver creato e utilizzato materiali sconosciuti: ha messo insieme una struttura che da quasi un secolo sembra reggere il mondo. E` esagerato? E` un’invenzione futurista l’esagerazione come strategia della conoscenza. Per la quale i futuristi hanno avuto bisogno di allearsi con gli esoterici, cultori di un aldila` che non e` solo territorio di spiritualisti. Non scomunicate insomma l’esoterismo dei materialisti: stanno allargando i confini della materia. Anneghi l’io in lei e torni a raccontarci la sua si avventura dentro l’atomo, dio nascosto del Novecento. Il materico e` l’io del nostro secolo? Non gridate all’eventuale errore di sintassi: si preannuncia il ritorno al caos originario. Come mai si sono incontrati all’altezza di un titolo un sostantivo cosı` nuovo e un aggettivo cosı` antico? L’esoterismo, che viene da lontano, dai secoli piu` remoti, puo` davvero far coppia con il primo movimento d’avanguardia del nostro secolo? Si puo` essere all’avanguardia coi linguaggi “occulti” delle scienze esoteriche? Il futurismo affonda forse le sue radici nella notte dei tempi? Bisogna gettar luce su questo singolare fenomeno culturale che si e` nutrito del passato per far germogliare qualcosa che consentisse di affrontare con ottimismo il Novecento, secolo malato, secolo

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FUTURISMO ESOTERICO

malformato che inizia la giornata con il crepuscolo della poesia. Non poteva essere cosı` rovesciata la natura, venisse l’alba di un nuovo giorno, in fretta, ovvero con la massima velocita`: quella dell’automobile o dell’aeroplano, non quella della Vittoria di Samotracia. Si facesse concepire alla Vittoria un mito con cui accelerare l’avvento futuro. Furono chiamati a consulto maghi, alchimisti, chiromanti e tricomanti, nonche´ ovviamente psicanalisti. Gli furono messi accanto i pionieri delle nuove scienze fisiche: gli scopritori della particella atomica, gli interpreti di una inaudita materia che si e` ribellata alle leggi di causa ed effetto. L’energia dell’atomo parve comportarsi come quella dell’energia liberata dalla psiche, dal suo inconscio, dal suo profondo. Il futuro era all’interno dell’uomo. Finita e` l’era di una cultura che, come il piu` ortodosso positivismo, si limitava a guardare in superficie: dove aveva trionfato il meccanicismo, dio sconfitto di fine Ottocento. La materia faceva ballare i tavolini per rendere evidente la propria intollerabilita` nei confronti di un sistema culturale troppo razionalista. C’era da impazzire dentro tale prigione. Se non la follia, ci fu la nevrosi, male invisibile ma devastante. Si desse voce a tale squilibrio. Se ci sei batti, batti un colpo. Mille colpi tambureggiarono alle orecchie dell’uomo nuovo, del neonato decennio del Novecento. Era in atto una rivolta del soggetto, o meglio, del suo inconscio e preconscio. E allora morte all’intelligenza che non capisce cio` che contrasta con il proprio codice gnoseologico. Ora toccava scendere nel profondo: da dove arrivano segnali per i quali serve l’indovino o macchine mai viste prima. Furono inventate l’automobile, il velivolo, la radio, il telefono, il cinema, ecc. e all’immaginazione fu dato il permesso di creare a proprio assoluto libero arbitrio, cioe` “senza fili”. Semmai i fili ci sono per collegare la materia e l’anima. Stabilito il contatto, fu illuminata una nuova fantastica stagione della vita umana. Se ci fu qualche corto circuito, si approfitto` del buio, procedendo a tentoni. C’erano nell’oscurita` dei punti d’appiglio, ma era ignoto dove ormai erano collocati. Non c’erano piu` certezze, bensı` solo congetture, ipotesi, proiezioni statistiche. Bravo chi indovina dove ci porta l’onda di probabilita`! C’e` della magia nella capacita` dei futuristi di capire dove sarebbe andato il nuovo secolo. Molte loro profezie infatti si sono avverate: a cominciare dalla societa` e dalla cultura di massa, con quelle loro scandalose manifestazioni con cui ora conviviamo, come dire? tranquillamente. Non pensava a Marinetti Alberto Savinio quando parlava di “stato scemo del genio” ma possedeva sicuramente genio quello “scemo” del capo dei futuristi. Un mistero. Come avra` fatto Marinetti a immaginare quelle cose che nei decenni futuri si sarebbero toccate con mano, come realta` effettuali?

PREFAZIONE

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Facendo la guerra al positivismo, avvio` un processo per il quale ora e` pronto il verdetto: il futurismo e` all’origine di molto del nostro presente, positivo e negativo. Il bilancio consuntivo e` attivo, anche se risulta sempre piu` certo che il futurismo ha verso l’Ottocento tutti i debiti che Simona Cigliana, mentre segnala i crediti del Novecento, illustra con perentorieta` di documenti e con precisione di calcolo, analisi e commento. Il futurismo, che e` padre di ogni altra avanguardia, e` figlio del positivismo? Simona Cigliana e` andata a far l’analisi del sangue ai futuristi e ha scoperto che si erano nutriti di sostanze cresciute ai margini del naturalismo ma non proibite da esso. Chi le aveva coltivate in Italia era proprio il maestro e corifeo del verismo, quel Luigi Capuana che scriveva racconti sui vampiri (doveroso a questo punto ricordare l’eccellente volume di Simona Cigliana sul grande critico e narratore siciliano) e che difese Marinetti, quando il caposcuola futurista fu processato per Mafarka. C’e` dunque forse continuita` far il futurismo e il suo acerrimo nemico, il positivismo? Evidentemente no, anzi la frattura non potrebbe essere piu` radicale col passato, con l’oggettivita` e l’impassibilita` del racconto verista, con l’unita` dell’io e con la legge di causa ed effetto. E tuttavia va detto che fra i naturalisti era sempre piu` forte la consapevolezza che il loro sistema culturale scricchiolava pericolosamente. L’avevano intuito e scritto D’Annunzio, Svevo, Pirandello, nonche´ De Roberto, per limitarsi ai narratori e non coinvolgere Pascoli o Croce e tanti altri che ai primi del Novecento sono in guerra violentemente (pure per l’influenza della polemologia di Sorel) con la cultura ereditata dall’Ottocento. Non bastavano pero` “i cavalieri dello spirito”, che facevano verismo dell’anima: era cambiata l’anima umana, come avvertı` Freud. Ne´ bastava il simbolismo, che si limita a “suggerire” l’esistenza di un’altra realta`. Meglio fare andare in tilt la vecchia ragione, si smettesse di aver paura dell’irrazionale. E naturalmente non bastava nemmeno il vecchio esoterismo. Altro che far ballare i tavolini. Bisognava far ballare ogni cosa della societa` delle Bella E´poque. Non i suoi ballabili ma il saltare in aria di un sistema che esplode perche´ e` lievitato dall’interno. Il futuro pretendeva un esoterismo diverso, un esoterismo futurista: che ha immagini e metafore assolute e surreali ma non perde mai d’occhio la realta` creata dalla scienza e dall’industria. Il futurismo, oltre che esoterico, e` stato anche essoterico. Nascita, trionfo e dacadenza di una cultura. Quando una ha completato il proprio tratto di strada come ha fatto il naturalismo, tocca passare il testimone alla cultura che merita di succederle. Chi avrebbe strappato il bastoncino per portare alla vittoria la propria squadra? Sarebbe stato

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FUTURISMO ESOTERICO

l’idealismo di Croce e Gentile o le avanguardie che corrono in direzioni o con intenti opposti, come futuristi fascisti o cubofuturisti bolscevichi? Servira` a tutti l’estremismo dei futuristi. C’e` sempre tempo per diventare moderati se si e` indovinato il sistema radicalmente innovativo che si e` meritato di vincere. Arriva sempre poi il momento in cui una cultura che tramonta chiedera` aiuto ai maghi per essere mantenuta al potere. Succedera` anche al futurismo di assistere al proprio tramonto e di provare a bloccarlo. Simona Cigliana ha raccontato con ricchezza e luminosita` di particolari la notte che precede la nascita del futurismo. Questo e` il “sostantivo” cui tende la sua ricerca e in effetti ora si sa molto di piu` sull’avanguardia di Marinetti e seguaci, eretici e ortodossi, ma a lungo la vera sostanza del volume e` l’esoterismo come fenomeno non marginale dell’Ottocento. I capitoli che ad esso la studiosa dedica in vista dell’appuntamento col futurismo sono aurore di ipotesi, prove, interpretazioni che fanno chiaro non solo sui rapporti del futurismo con l’occultismo del XIX secolo ma anche sugli albori della cultura e della letteratura del Novecento. Walter Pedulla`

ABBREVIAZIONI*

MF Fondazione e manifesto del futurismo (F. T. Marinetti; in francese sul «Figaro», Parigi, 20 febbraio 1920; poi in «Poesia», V, 1-2, febbraio-marzo 1909). UC Uccidiamo il chiaro di luna (F. T. Marinetti; in fr.: Tuons le clair de lune!; «Poesia», V, 7-8-9, agosto-settembre-ottobre 1909). MP Manifesto dei pittori futuristi (volantino s. d., con firma di Boccioni, Carra`, Russolo, Bonzagni e Romani. Poi, sempre su v., 11 febbraio 1910: le firme di Balla e Severini sostituiscono quelle di Bonzagni e Romani). MTP Manifesto tecnico della pittura futurista (in v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 febbr. 1910; firme: Balla, Boccioni, Carra`, Russolo, Severini. Ma esiste altra ed. prec. dove la firma di Bonzagni e` al posto di quella di Balla). CA Contro l’amore e il parlamentarismo (F. T. Marinetti; in Guerra sola igiene del mondo, Milano, Edizioni futuriste di «Poesia», 1915 [da ora in poi: GSM]; succ. ripublicato con la data «giugno 1910»). VF La volutta` di essere fischiati, in GSM, cit. (anche in v., con il titolo, Manifesto dei Drammaturghi futuristi, 11 gennaio 1911; sotto la firma di Marinetti: 1. poeti: G. P. Lucini, Paolo Buzzi, Enrico Cavacchioli, Aldo

* Indichiamo solo le prime edizioni. Per ulteriori notizie, rimandiamo a F. T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a c. di L. De Maria, Milano, Mondadori, 1968, 19903; C. Salaris, Bibliografia del Futurismo (1909-1944), Con una lettera inedita di C. Govoni a F. T. Marinetti, s. l. (Roma), Biblioteca il Vascello, Stampa Alternativa, 1988, e L. Scrivo, Sintesi del futurismo. Storia e documenti, Roma, Bulzoni, 1968.

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FUTURISMO ESOTERICO

Palazzeschi, Corrado Govoni, Libero Altomare, Luciano Folgore, G. Carrieri, M. Be`tuda, G. Manzella-Frontini; 2. pittori: Umberto Boccioni, C. D. Carra`, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini; 3. musicisti: Balilla Pratella). CP Contro i professori (F. T. Marinetti; in GSM, cit.; succ. rist. con la data «maggio 1910»). UM L’Uomo moltiplicato e il regno della Macchina (F. T. Marinetti; in GSM, cit.; succ. rist. con la data «maggio 1910»). MTSF Manifesto tecnico della scultura futurista (Boccioni; v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 aprile 1912). MTL Manifesto tecnico della letteratura futurista, (F. T. Marinetti; introd. all’antologia I poeti futuristi, Milano, Edizioni futuriste di «Poesia», 1912; anche in v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 maggio 1912). SMTL Supplemento al Manifesto tecnico della Letteratura futurista (F. T. Marinetti; come il prec.; in altre edd., anche con il titolo: Risposta alle obiezioni). IP Distruzione della sintassi – Immaginazione senza fili – Parole in liberta` (F. T. Marinetti; v., 11 maggio 1913; poi in «Lacerba», I, n. 12, 15 giugno 1913 e n. 22, 15 novembre 1913; ed. definitiva in Manifesti del Futurismo, cit.). SRO La pittura dei suoni, rumori, odori (C. D. Carra`; v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 agosto 1913). TV Il Teatro di varieta` (F. T. Marinetti; in «Lacerba», I, n. 19, 1 ottobre 1913). SG Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilita` numerica (F. T. Marinetti; in «Lacerba», II, n. 6, 15 marzo 1914 e n. 7, 1 aprile 1914). PSF Pittura scultura futuriste. Dinamismo plastico (raccoglie vari scritti di Boccioni: Milano, Edizioni futuriste di «Poesia», 1914; poi Firenze, Vallecchi, 1977).

ABBREVIAZIONI

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TFS Il teatro futurista sintetico (Atecnico-dinamico-simultaneo-autonomo-alogicoirreale) (Marinetti, Settimelli, Corra; v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 gennaio 1915 – 18 febbraio 1915). RF Ricostruzione futurista dell’universo, (Balla, Depero; v., Milano, Direzione del Movimento Futurista, 11 marzo 1915). RM La nuova religione-morale della velocita` (F. T. Marinetti; in «L’Italia futurista», I, n. 1, 1 giugno 1916). SF La scienza futurista (antitedesca-avventurosa- capricciosa-sicurezzofoba-ebbra d’ignoto), (B. Corrai, A. Ginanni, R. Chiti, E. Settimelli, M. Carli, Oscar Mara, N. Nannetti; in «L’Italia futurista», I, n. 2, 15 giugno 1916). DD La declamazione dinamica e sinottica (F. T. Marinetti; con la data 11 marzo 1916, in F. Cangiullo, Piedigrotta, Milano, Edizioni futuriste di «Poesia», 1916). CF La cinematografia futurista (F. T. Marinetti, Corra, Settimelli, Ginna, Balla, Chiti; in «L’Italia futurista», I, n. 10, 15 novembre 1916). GM F. T. Marinetti, La grande Milano tradizionale e futurista e Una sensibilita` italiana nata in Egitto, a c. di L. De Maria, Pref. di G. Ferrata, Milano, Mondadori, 1969. MEP Milano, Edizioni futuriste di «Poesia».

Dalla mentalita`, liscia come l’olio, del diciannovesimo secolo, era insorta improvvisamente in Europa una febbre vivificante. Nessuno sapeva bene cosa stesse nascendo; nessuno avrebbe potuto dire se sarebbe stata una nuova arte, un uomo nuovo, una nuova morale o magari un nuovo ordinamento della societa`. Percio` ognuno ne diceva quel che voleva. Ma dappertutto si levavano uomini a combattere contro il passato... uomini pieni di intraprendenza pratica s’incontravano con uomini pieni di intraprendenza spirituale... Si amava il superuomo, e si amava il sottouomo... Certo erano contraddizioni e gridi di guerra molto antitetici, ma avevano un afflato comune... in realta` tutto si era amalgamato e aveva un senso baluginante. Quell’illusione, materializzata nella magica svolta del secolo, era cosı` forte che gli uni si gettavano entusiasmati nel secolo nuovo... mentre gli altri si attardavano nel vecchio... senza pero` che i due atteggiamenti apparissero molto diversi. (Robert Musil, Der Mann ohne Eigenschaften)

INTRODUZIONE Completamente aperta, secondo il mio concetto, sarebbe una societa` nella quale le forme di comportamento fossero determinate esclusivamente da una scelta razionale fra possibili alternative, e dove gli adattamenti fossero tutti coscienti e meditati [...] Tale societa` non e` mai esistita e mai esistera`. (Eric Robertson Dodds, I Greci e l’irrazionale)

Questo lavoro e` nato dal desiderio di approfondire un’ipotesi intravista, ormai qualche anno fa, nel corso di uno studio che aveva tutt’altro oggetto. Rileggendo, in quell’occasione, uno dopo l’altro, i manifesti futuristi, fui colpita dalla frequente ricorrenza di alcune parole, dal tono profetico di certe allusioni, dal ricorso insistito ad immagini e simboli che sembravano tratti dal grimoire di un mago cinquecentesco. Sparsa disordinatamente nel magma di quella prosa aggressiva e declamatoria, una nutrita serie di indizi sembrava rinviare ad un ambito di significati «esoterici», ad una Weltanschauung che pareva avere molti punti in comune con una visione del mondo occultistica e perfino magica. Ciascun riferimento, preso a se stante, poteva passare inosservato o essere recepito in chiave iperbolica e paradossale: il piglio declamatorio, l’evidente desiderio di scandalizzare il lettore, l’estrema disinvoltura con la quale Marinetti e compagni amano accostare riferimenti diversissimi e lontani tra loro, lo stile stesso di questa prosa, tutta programmaticamente orientata verso la conquista di una sintetica modernita`, potevano facilmente far credere che quegli accenni fossero incidentali o meramente provocatori. Ma tutti insieme, accostati gli uni agli altri e fatti collidere, davano l’impressione di un preciso orientamento, di un retroterra ideologico-culturale tinto di magismo, di cui, fatte salve le debite verifiche, sarebbe stato stimolante scoprire le fonti e l’articolazione interna. Gia` a partire dalla fine degli anni ’60, in piu` di una occasione, la critica ha accennato ai rapporti intrattenuti dal futurismo con l’esoterismo

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FUTURISMO ESOTERICO

1 2 fin-de-sie`cle. Maurizio Fagiolo dell’Arco , Maurizio Calvesi , Germano Ce3 4 5 lant , Luciano De Maria , Ruggero Jacobbi e Mario Verdone6, si sono in diverse occasioni soffermati sull’argomento. Tuttavia, la maggior parte dei contributi ha preso in esame l’interferenza di suggestioni esoteriche soprattutto in riferimento al campo pittorico o artistico (Balla, Boccioni, Russolo, la fotodinamica di Bragaglia) o in relazione a un autore o a un testo specifici. Negli anni, nonostante il moltiplicarsi degli studi, nonostante l’allestimento di numerose ed importanti mostre e la riedizione critica di testi dimenticati e anche minori, l’indagine e` rimasta pero` inconclusa e questa possibilita` di approfondimento interpretativo non e` stata in realta` mai esaurita. Persino la piu` interessante e recente rilettura del panorama europeo alla luce delle suggestioni occultistiche, realizzata in Germania nell’ambito di una grande mostra intitolata Okkultismus und Avantgarde. Von Munch bis Mondrian. 1900-1915 7, pur inserendo a pieno titolo il futurismo tra i movimenti artistici che, tra Otto e Novecento, si accostarono a tematiche attinenti alla ricerca psichica e spiritualista utilizzandone in sede estetica numerosi spunti, ha finito con il concentrarsi quasi esclusivamente sulle arti figurative. La nostra indagine prende avvio dallo studio delle caratteristiche della cultura irrazionalistico-esoterica diffusasi in Europa, soprattutto in Italia e in Francia, a cavallo tra i due secoli (ricerca psichica, occultismo di stampo magico e pragmatista, spiritualismo teosofico e antroposofico), nell’intento di valutare la diffusione e l’incidenza di questi specifici interessi sulla poetica futurista, con particolare – ma non esclusiva – attenzione all’area letteraria, alle formulazioni teoriche e agli scritti creativi. Per quel che riguarda il futurismo, di cui non si sottolineera` mai abbastanza il carattere sincretistico, si e` proceduto sul duplice piano dell’analisi dei testi e della ricerca delle fonti. Certamente non ha facilitato il

1

Cfr. M. Fagiolo dell’Arco, Futurballa, Roma, Bulzoni, 1970 (ma anche: Balla prefuturista, Le Compenetrazioni iridescenti, Ricostruzione futurista dell’universo, ivi, 1968). 2 Le due avanguardie, Milano, Lerici, 1966 e Il Futurismo, Milano, Fabbri, 1967; ma cfr. anche gli interventi in A. G. Bragaglia, Fotodinamismo futurista, Torino, Einaudi, 1970. 3 Futurismo esoterico, «Il Verri», nn. 33-34, 1970. 4 Introduzione a Teoria e invenzione futurista, a c. di L. De Maria, Milano, Mondadori 1968. 5 Per una rilettura della poesia futurista, in Poesia futurista italiana, Parma, Guanda, 1968. 6 M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, Roma, Edizioni Bianco e Nero», 1968; Teatro del tempo futurista, Milano, Lerici, 1969; pref. a B. Corra, Sam Dunn e` morto, Torino, Einaudi, 1970. 7 Schirn Kunsthalle, Frankfurt, 1995.

INTRODUZIONE

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compito la complessita` della poetica futurista, contraddittoria e polemica, provocatrice e in continuo fieri, la cui originalita` deriva dall’essersi saputa immediatamente catapultare sul terreno dell’avanguardia, dove sono permessi, e persino incoraggiati, tutti i furti e tutte le contaminazioni. Uno degli aspetti piu` interessanti della modernita` avanguardistica del movimento consiste proprio nella sua forza di stravolgimento, nella spregiudicata capacita` di utilizzare ogni riferimento in modo assolutamente disinibito, a prescindere dalla sua eventuale provenienza, piu` o meno «culta», come si utilizza del materiale grezzo. Da qui e` derivata, per i futuristi, la possibilita` di rivendicare un primato di novita` assoluta e di ripudiare ogni parentela: l’elenco dei nomi che Marinetti, riconoscendo qualche debito di gratitudine, cita (Zola, Verhae8 ren, Wuthman, Paul Adam, Gustav Kahn, Rosny aıˆne´ ), quello delle personalita` che sono state naturalmente menzionate dalla critica per la loro evidente influenza (Nietzsche, Bergson, Sorel, D’Annunzio, Pascoli e i grandi simbolisti francesi); quello dei nomi suggeriti da coincidenze terminologiche o polemiche (Saint-Georges de Bouhe´lier, fondatore del naturismo; Jules Romains per le tematiche dell’unanimismo; Mario Morasso, per l’estetica della macchina; Gian Pietro Lucini, per l’incitamento al verso libero; lo stesso riferimento, piu` volte fatto, al «Leonardo»), alla luce della ricerca che abbiamo svolto, sembrano lacunosi non solo riguardo al numero ma anche, soprattutto, rispetto all’entita` dei debiti contratti dal futurismo. Proprio riguardo a Marinetti, e` stato fatto osservare, piu` di una volta, che «il suo filoneismo assoluto lo portava a nascondere gli influssi piu` profondi e rilevanti», non soltanto col negare i propri debiti, ma anche mascherando i «prestiti» col ricorso sistematico ad un espediente diversivo che accosta riferimenti diversi e citazioni disparate senza soluzione di continuita`, privando cosı` il lettore – e talvolta anche il critico – di ogni possibilita` di sicuro orientamento. Gli «indizi» contenuti nei testi appaiono infatti sottoposti ad un processo di equiparazione semantica, che ne ha uniformato le proporzioni, smussandone le diversita` nel grande calderone della fucina marinettiana. Da questo, risulta anche la difficolta` di stabilire parallelismi e confronti filologicamente attestabili e spesso di risalire con certezza alle fonti. Ma il futurismo, ancor piu` di altri movimenti artistico-letterari, esclude 8 In Noi rinneghiamo i nostri maestri simbolisti amanti della luna, in Guerra sola igiene del mondo, MEP, 1915; ora in Teoria e invenzione futurista, cit., p. 305

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FUTURISMO ESOTERICO

interpretazioni semplici: esso, che ambisce ad investire con un nuovo soffio di creativita` tutti i campi dell’attivita` umana, dalla letteratura alla pittura, dalla moda al cinema, dall’arte culinaria alla politica, si compiace di presentare aspetti contraddittori e molteplici chiavi di lettura. La stessa forza polemica che pervade la prosa dei manifesti, la lotta ingaggiata contro ogni forma di passatismo, la smania dissacratoria e l’ardente desiderio di sovversione da cui sono animati coloro che vollero essere i protagonisti di una nuova era contribuiscono a vanificare ogni tentativo di riduzione del futurismo entro uno schema interpretativo univoco e lineare. Tuttavia, la frequenza con cui Marinetti e compagni, tra le righe dei manifesti e dei loro scritti, insistono sulle possibilita` inesplorate della mente, sulla realta` dei fenomeni spiritici, sulla necessita` di «rendere l’invisibile che 9 si agita e vive al di la` degli spessori» , l’abbondanza delle allusioni e gli espliciti riferimenti contenuti nei testi creativi rimandano ad un interesse per il paranormale che non fu ne´ episodico ne´ passeggero. I futuristi credono «alla possibilita` di un numero incalcolabile di trasformazioni umane» e dichiarano «senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono delle ali»; attendono con impazienza «Il giorno in cui sara` possibile all’uomo di esteriorizzare la sua volonta` in modo che essa si prolunghi fuori di lui come un immenso braccio invisibile»; si dichiarano convinti che «il Sogno e il Desiderio [...] regneranno sovrani sullo Spazio e sul tempo domati». E aggiungono rivolti ai lettori: «Potete facilmente concepire queste ipotesi apparentemente paradossali, studiando i fenomeni di volonta` esteriorizzata che si manifestano continuamente nelle sedute spiritiche» (UM). «Chi puo` credere ancora all’opacita` dei corpi – esclamano – mentre la nostra sensibilita` acuta e moltiplicata ci fa intuire le oscure manifestazioni dei fenomeni spiritici?». «Bisogna rendere l’invisibile che si agita e vive al la` degli spessori... Tutti gli oggetti, secondo cio` che il pittore Boccioni chiama felicemente trascendentalismo fisico, tendono verso l’infinito mediante le loro linee-forze, delle quali la nostra intuizione misura la continuita`»10. «Questo affioramento di forze appare gia` in certi nuclei-individui piu` potenti quali i medium, gli artisti, i Santi»11. Compito dell’arte futurista sara` appunto quello di rendere evidenti «queste linee-forze per ricondurre l’opera d’arte alla vera

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Boccioni, Carra`, Russolo, Balla, Severini, Prefazione al Catalogo delle Esposizioni di Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Vienna, ecc., febbraio 1912. 10 Ibidem. 11 Benedetta, Le forze umane, ora in Benedetta, I tre romanzi. Le forze umane, Viaggio di Carra` , Astra e il sottomarino, a c. di S. Cigliana, Roma, Edizioni dell’Altana, 1998.

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pittura... Perche´ la folla goda del nostro meraviglioso mondo ... spirituale che le e` ignoto». «Un nuovo mondo piu` grande esiste dietro a quello che vediamo comunemente tutti i giorni» e le sue bellezze sono «rispondenti non alle visioni ma alle sensazioni nate dai suoni, dai rumori, dagli odori, e da tutte le forze sconosciute che ci avvolgono». «Vogliamo rendere cio` che superficialmente non si vede – dicono i futuristi – [...] vogliamo dire e afferrare 12 queste trascendentali qualita` del reale...» . «Fuori dall’atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi futuristi ascendiamo verso le vette piu` eccelse e piu` radiose, e ci proclamiamo Signori della Luce, poiche´ gia` beviamo alle vive fonti del Sole» (MP). Di fronte a queste dichiarazioni, non dobbiamo lasciarci sviare dal fatto che Marinetti e i futuristi, pur ossessionati dalla modernita`, abbiano voluto salvare dallo sterminio dei passatismi ipotesi e tradizioni che affondano le loro radici nella piu` remota antichita`. L’apparente incongruenza si chiarisce alla luce della ricostruzione storica: alla luce, in particolare, della epistemologia tardo-positivista, grazie alla quale, come vedremo, il recupero futurista dell’occulto pote´ avvenire in una chiave avvenirista, sull’estrema frontiera della ricerca psichica e delle indagini sui poteri della mente condotte in quegli anni dalla scienza. E` percio` ben vero, come gia` sottolineava Germano Celant13, che «Tentare, o meglio rischiare, una lettura in chiave esoterica del fenomeno futurista significa verificare [...] quei rapporti ammantati di scetticismo, labili ed evanescenti, accennati e mai approfonditi» che gli stessi futuristi intrattennero con una serie di fenomeni (dalla metapsichica all’occultismo, dall’antroposofia alle ricerche medianiche) ascrivibili, tutti, ad un’area di scarsa consistenza scientifica e difficilmente delimitabile a causa del suo stesso, endogeno, eclettismo». E` pero` altrettanto sicuro che l’indagine in questa direzione acquista spessore e peculiarita` proprio se situata entro le sponde, sia pure incerte, delle coordinate ideologiche dell’occultismo tardoottocentesco, i cui estremi sono rintracciabili, in primo luogo, nella svolta «razionalistica» operata, in ambito magico, da Mesmer e da Eliphas Le´vi e nell’evoluzionismo spiritualista di Kardec e di Rudolf Steiner; in secondo luogo, nelle esplorazioni di confine della stessa scienza contemporanea (in tutto l’ambito che va dalla ricerca psichica alla psicologia sperimentale); infine, nella deriva «idealistica» di tanta reazione antipositivista. La pletora di pubblicazioni pseudoscientifiche e occultistiche dell’e12 13

A. G. Bragaglia, Fotodinamismo futurista, Torino, Einaudi, 1970, par. 7. In apertura del suo breve saggio cit., in «Il Verri», cit., p. 108.

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poca, che spazia dalla storia delle religioni alla psicologia sperimentale, dalla speculazione magico-teosofico-visionaria allo spiritismo, con grande confusione di argomentazioni e di fonti, rende ragione, almeno in parte, della cortina di disinteresse calata un po’ troppo in fretta, come un velo di pudore, su questo versante della cultura tra i due secoli, e giunta fino a celare le compromissioni di personaggi insospettabili. Il secondo Ottocento, pur essendo stato negli ultimi cinquant’anni al centro degli studi storici e critico-letterari, presenta ancora molte zone d’ombra, principalmente per quel che riguarda il volto contraddittorio del positivismo e l’eredita` irrazionalististica trasmessa dal positivismo stesso agli anni che iniziano il nuovo secolo. Queste zone d’ombra investono sia la valutazione del ruolo di alcune figure sia, su un piu` ampio fronte, l’esame delle tematiche, delle suggestioni, delle correnti che confluirono, appunto, nel variegato bacino dell’irrazionalismo, non solo nei suoi aspetti «alti», che fanno capo allo spiritualismo cattolico o all’irrazionalismo gnoseologico di stampo pragmatista o intuizionistico, ma anche in quelli, assai piu` sfumati e imprevedibili, che rientrano, appunto, nell’ambito dell’irrazionalismo occultistico ed esoterico, il quale pure ebbe, nei gruppi del «Leonardo» e della «Voce», nelle formulazioni delle prime avanguardie, dal simbolismo al futurismo, dal dadaismo al surrealismo, una eco non passeggera. Sicuramente, la storiografia e la critica del secondo dopoguerra, cosı` profondamente impregnate di crocianesimo, non sono state senza responsabilita` nell’aver perpetuato quella censura che Croce aveva gia` decretata all’epoca, quando molti irrazionalisti e non pochi spiritualisti vollero qualificarsi «idealisti» avallando, agli occhi della pubblica opinione, un fraintendimento che mirava a porre le loro posizioni all’ombra del maestro. Allora, Croce non manco` di ribadire le distanze e di scagliarsi contro le «aborrite» deformazioni misticheggianti o spiritualistiche dell’idealismo, o contro i sedicenti idealismi che nulla avevano a che fare con una filosofia la quale, se pure auspicava «un ponderato ritorno a tradizioni di pensiero [...] nelle quali rifulgeva l’idea della sintesi spirituale», nello stesso tempo, proclamandosi «seguace dell’idealismo», voleva essere intesa, nelle intenzioni del fondatore, come «idealismo critico, o come idealismo realistico e perfino (ove per metafisica si intendano le forme arbitrarie del pensiero) come idealismo antimetafisico». In realta`, nel clima di rigoglio e irrequietezza spirituale che caratterizzo` il quindicennio precedente la prima guerra mondiale, le confusioni si generarono l’una dall’altra, all’insegna di uno scarso approfondimento delle

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posizioni e perfino di una tendenziosa commistione di idee. Mentre Croce, «antipositivista e antimetafisico» nella sua grande battaglia contro «le diverse e opposte schiere [... ] dei positivisti, empiristi, filologisti da una banda, dei genialoidi e mistici e dilettanti dall’altra», s’era adoperato soprattutto a colpire i positivisti, che andavano corretti e riportati alla loro verita`, la schiera dei «mistici» e degli «spiritualisti» aveva ripreso vigore, traendo non poco vantaggio dalla battaglia antipositivistica crociana. Croce vide cosı` «L’unita` del [suo] pensiero [...] frantumata e presa a pezzi, e questi pezzi stessi stravolti sovente a un senso che non era il loro». La sua risposta non fu la sistematica confutazione di questi irrazionalismi (tra i quali rientravano «il misticismo [...] francescano o slavo o buddistico [...], il teosofismo, il magismo e cosı` via»), ma un silenzio che li additava come sacche di «stravaganza» nella vita culturale dell’epoca, tanto piu` deprecabili quanto piu` dimostravano fino a che punto si era «fiaccato o indebolito il sentimento della distinzione». Croce si limito` dunque, seppure in numerose occasioni, a additarli come fautori di confusione, come segni e cause di quell’«intorbidimento» che «dalla vita s’insinuava nella filosofia del tempo», a bollarli con secche frasi di sprezzo, nella speranza o nella convinzione che veramente l’«idealismo dialettico delle forme spirituali» costituisse «una filosofia severamente e sicuramente formatrice contro il misticismo e l’irrazionalismo prevalenti nella cultura contemporanea». La convinzione si rivelo` soltanto parzialmente fondata: il crocianesimo non valse allora a spazzare il campo della cultura dagli «irrazionalismi» e dalle loro varie filiazioni, anche se, a distanza di pochi decenni, riuscı` a far apparire irrilevanti, nel quadro della cultura dell’epoca, buona parte di quelle tendenze, sia pur filosoficamente inconsistenti ed eticamente «prive di centro». In mezzo, pero`, c’era stata la Grande guerra, e poi il fascismo e poi ancora una nuova guerra: altri problemi avevano agitato le coscienze, altri drammi le avevano lacerate. La guerra – scrisse Prezzolini – fu l’occasione per riflettere e per liquidare l’avventura futurista. Dopo il cannone vero, nessuno poteva sentire il 14 Zang-tumb-tumb di Marinetti. L’aria d’Italia era cambiata... .

D’altra parte, se il trionfo del crocianesimo aveva, ai tempi, determinato la convalida di un giudizio di valore negativo nei confronti di quegli aspetti

14 G. Prezzolini, La cultura italiana, Firenze, Ed. «La Voce», 1923 (ma cito dalla ed. Milano, Corbaccio, 1938, p. 28).

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eccentrici della vita intellettuale, di conseguenza cancellandoli quasi dalla ricostruzione del dibattito culturale, la critica di stampo marxista, lo strutturalismo, la semiologia, un interesse prevalentemente appuntato sugli aspetti linguistici e stilistici dei testi, contribuirono, negli anni ’50 e ’60, a ribadire per altri versi una sorta di censura ideologica, sviando l’attenzione da tematiche che pure avevano agito come fermenti attivamente operanti in un determinato periodo della nostra storia. Ora sembra giunto il momento di tornare ad occuparsene. Facilmente confutabile appare infatti, soprattutto oggi, la tesi crociana che, del «negativo» non c’e` storia: alla luce del secolo che si chiude, dobbiamo riconoscere che «anche l’inconscio e l’irrazionale fanno parte della storia e sono forse la chiave nascosta di essa»15.

15 Cosı` G. Cambiano, nella Introduzione a E. R. Dodds, Parapsicologia nel mondo antico, Roma-Bari, Laterza, 1991.

1 EUROPA MAGICA Ogni insegnamento metodico deve procedere dal cognito all’incognito; per il materialista, il cognito e` la materia. Procedete dunque dalla materia e cercate prima di tutto, facendogliela osservare, di convincerlo che vi e` qualcosa in lui che sfugge alle leggi di essa; in una parola prima di renderlo spiritista, cercate di renderlo spiritualista (Allan Kardec, Il libro dei medium)

A Firenze. «La Voce» e il futurismo. Miscuglio di nazioni e di interessi. Il caffe` delle Giubbe Rosse e il circolo scacchistico. Papini conosciuto al lume di una lampada a olio, ad un terzo piano di Costa S. Giorgio. E Marinetti. Il tango. La scepsi appassionata di Mario Calderoni e l’ultimo anfanare di Carducci e del positivismo. Miscuglio. Perentorio, il cranio lucido di Soffici; trotterellava, sorridente e fanciullesco, Giannotto Bastianelli, spinto dal suo triste destino, tra un entusiasmo wagneriano ed una contemplazione ironica di Pizzetti in abito da sera. Nel tumulto, ogni tanto, qualche tenebrosa illuminazione. Ora, la grassa canizie della Besant alle Giubbe Rosse. Ora, l’astrologia scientifica di un anglo-americano chiamato Dodsworth. Vicino alla teoria matematica dei gruppi di un tedioso polacco ed ai fagiolini al caviale del Paoli, la minacciosa poesia di Dau¨bler: un enorme poema sull’aurora boreale sperduto nella libreria del povero Ferrante Gonnelli. Su tutto, l’alta statura, il viso da bonzo, la generosita` signorile ed infantile del mago Reghini, che fu forse il mio miglior amico – e questo libro gli dara` un dispiacere. Allora, dopo qualche decina di ponci (Lebrecht offriva, non so perche´) il grosso Tavolato perseguitava, per tutta una notte e per tutte le strade, il povero Dino Campana, chiedendogli come mai avesse chiamato “orfici” i suoi canti. Ed io ascoltavo, molto serio, un vecchio inglese che raccontava ad Hoffmann, buon papa` spiritista e grammatico del dialetto manciu`, di aver visto bene, una volta, in Hyde Park, passare le nuvole seguite ciascuna dalla sua silfide. La Biblioteca Filosofica accoglieva vicino a

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Pavolini (lo spirito piu` elegante che mai navigasse nell’oriente) una serie di mistici: che sono oggi mistici cattolici. Mille strade per il Mistero. In via Masaccio, all’angolo di via degli Artisti, un salotto lungo lungo, poco illuminato, con tante vecchie nere lungo le pareti e odor di catacomba elegante: la Societa` Teosofica. Ci si andava il Giovedı`, di preferenza con le studenti del Magistero. E piombava al Lyceum il precettore (credo) licenziato di Krishnamurti a parlare della donna in India. Ma poi... Fin d’allora, il mistero mi circondava. Mi addormentavo coscienziosamente sui «Sacred Books of the East» ma non riuscivo a scegliere una religione abbastanza esotica. Piano piano, l’Oriente mi ripugnava: tantoche` Puini, il piu` scettico fra gli studiosi di religioni, voleva bocciarmi all’esame. Il Mistero non mi ha mai lasciato, nemmeno dopo. Dietro Reghini ho conosciuto i piu` curiosi ebraicisti e i fenomeni meno quotidiani. Passo` la guerra, e dovetti occuparmi dello 1 scandalo Vannuccini . Poi «Atano`r», il rinnovato movimento iniziatico, l’idealismo magico di Evola... Prendo congedo. Sono troppo vecchio per provare ancora. Ho visto e non ho creduto. Ho avuto orecchie ma non ho udito. Questo e` il mio congedo dall’occultismo. [...] Pero`, mi rincresce...2.

Con queste parole, che aprono lo Spaccio dei maghi, Mario Manlio Rossi, nel 1929, salutava un’epoca oramai trascorsa: gli anni di inizio secolo, che avevano visto l’ascesa del gruppo del «Leonardo» e della prima «Voce», il fervore delle discussioni, il desiderio di fare, della cultura, uno strumento attivamente operante nel tessuto sociale, in grado di cambiare il mondo o di trovare una strada per evadere dal mondo, spesso in una prospettiva affatto particolare. E` significativo che il primo quadro del libro, colpo d’occhio sui tavolini del “Caffe` delle Giubbe Rosse”, intrecci intenzionalmente la presenza di studiosi e intellettuali fiorentini con quella di personaggi tutti variamente implicati, come anche vedremo via via, in studi 3 o speculazioni attinenti al campo esoterico e spiritualista . 1 Il «caso Vannuccini», sul quale l’autore si sofferma poco oltre (pp. 8-10) coinvolse, sulla fine del 1921, la buona societa` fiorentina. Accusata da una signora dell’alta borghesia per truffa, la medium Vannuccini fu tratta in arresto; le indagini che seguirono rivelarono, tra i personaggi assai in vista che formavano la sua clientela, la presenza di alcuni sottosegretari di stato. «Le solite rettifiche sulla stampa fecero dilagare una polemica [l’ennesima... !] sullo spiritismo» (p. 8). 2 Mario Manlio Rossi, Spaccio dei maghi, Roma, «Doxa» editrice, 1929-VII, pp. 3-5. 3 Mario Calderoni (Ferrara 1879-1914), filosofo, fu, con Vailati, il maggiore responsabile della penetrazione di James – come di Peirce e di Mach – nella cultura italiana; assiduo frequentatore della Biblioteca Filosofica e collaboratore delle riviste fiorentine, dal «Leonardo» a «L’Anima», fu avverso tuttavia al pragmatismo morale e filosofico propugnato da Papini (cfr. Il pragmatismo, ed. Papini, Lanciano 1918, scritto in coll. con Vailati). Di lui, oltre agli Scritti, a c. di O. Campa (2 voll., Firenze 1924), si ricordano le indagini sul diritto penale

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Nel 1929, quando Rossi scriveva la sua nostalgica eppure polemica rievocazione delle intemperanze spiritualistiche della Firenze di inizio secolo, le cose erano gia` profondamente cambiate. Nell’anno VII dell’era fascista, l’Ottocento era davvero lontano e le illusioni coltivate dalla generazione che aveva vent’anni attorno al 1900 avevano mostrato i loro limiti. La Grande Guerra prima e la combattuta pace poi avevano suscitato ben altri fantasmi e il fascismo aveva gia` provveduto a respingere nella clandestinita` non solo gli oppositori politici, i critici e i detrattori del regime, ma anche i propagatori di fumisterie, gli incauti ed esaltati portatori di possibili malattie

e la morale (M. Calderoni, Disarmonie economiche e disarmonie morali. Saggio di una estensione della teoria ricardiana della rendita, Firenze 1906). Giannotto Bastianelli (S. Domenico di Fiesole 1883 – Tunisi 1927), musicologo, compositore e poeta, sostenitore di una teoria della musica di sostanza etica e religiosa (cfr. la raccolta L’Opera e altri saggi di teoria musicale, Firenze 1921) fu collaboratore de «La Voce», de «Il Marzocco» e fondatore (nel 1914, con il piu` noto compositore e musicista Ildebrando Pizzetti, in quegli anni insegnante e poi direttore del Conservatorio di Firenze) di «Dissonanza»; amico di E. Cecchi, di Rodolfo Paoli, musicologo e germanista, morı`, suicida, a Tunisi. Theodor Da¨ubler (Trieste 1876 – St. Blasien 1934) «monumentale barbaro dalle chiome naziree» [Hermet, La ventura delle riviste (1903-1949), Firenze, Vallecchi, 19872, p. 85], tradusse in tedesco Palazzeschi (L’incendiario) e fu ammiratore di Boccioni, nonche´ autore di una epopea cosmogonica (Das Nordlicht, 1910), ove in una atmosfera di religioso panteismo, si ripropone il mito dell’umanita` che traformera` la terra in un «sole» spirituale. Ferrante Gonnelli, noto libraio fiorentino, amico del gruppo vociano e lacerbiano, di cui ospito` talvolta le riunioni, fu editore del pamphlet di Italo Tavolato Contro la morale sessuale (prima in «Lacerba, I, 3, 1 febbr. 1913, poi Gonnelli, Firenze 1913); Tavolato, che Hermet [La ventura delle riviste (1903-1949), cit., p. 104] definisce «ex anarchico tergestino», futurista «krausiano» secondo la Salaris, difese Valentine de Saint-Point (Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria, in «Lacerba», I, 6, 15 marzo 1913; Elogio della prostituzione, ivi, I, 9, 1 maggio 1913), attirandosi una denuncia per oltraggio al pudore che coinvolse anche «Lacerba» (cfr.: U. Contri, In difesa di Italo Tavolato, Firenze, Vallecchi, 1914); redattore, con Folgore, Papini, Palazzeschi e Soffici, de L’almanacco purgativo 1914, collaboratore di «Valori plastici» di Broglio, si ritiro` a Capri, dove pubblico` Eros (1918). Danilo Lebrecht (ps. Lorenzo Montano, Verona 1893 – Milano 1958) lacerbiano, narratore e poeta, esordı` con Discordanze (Firenze, ed. «La Voce», 1914) e Ariette per piffero (La Spezia, Moderna, 1917); collaboro`, negli anni successivi, a «La Ronda» (gli articoli furono poi raccolti ne Il perdigiorno, Bologna, L’Italiano, 1928); di lui, si ricordano anche: Viaggio attraverso la gioventu` (Milano, Mondadori, 1923) e la raccolta di poesie A passo d’uomo e altri ritagli (Padova, Rebellato, 1957). A Paolo Emilio Pavolini (Livorno 1864 – Quattordio 1942), professore di sanscrito a Firenze, poi accademico d’Italia, padre di Alessandro e di Corrado, si deve la traduzione e il commento di alcuni tra i piu` importanti libri sacri dell’induismo (Crestomazia del Mahabarata, 1895; Mahabarata. Episodi scelti, 1902). A Carlo Puini (Livorno 1839 – Firenze 1924), orientalista all’Istituto di Studi Superiori, si ascrivono oltre un centinaio di pubblicazioni riguardanti la lingua, la storia, la religione della Cina e del Tibet. Per altri nomi, cfr. infra.

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degenerative che avrebbero potuto mettere in pericolo la “naturale” e mediterranea salute della razza latina. Tra questi, almeno ufficialmente, figuravano pure gli eredi delle tenebrose e nordiche tradizioni occulte: teosofi, maghi, ricercatori psichici che, solo qualche anno prima, avevano potuto vantare, anche in Italia, numerosi 4 seguaci . Mussolini aveva infatti imposto la chiusura dei circoli, delle associazioni, delle riviste di metapsichica e aveva determinato la messa al bando delle ricerche sul paranormale. Le tentazioni demiurgiche e il velleitarismo magico che avevano percorso in profondita` la cultura italiana dell’Ottocento, sconfinando, per vie insospettate, per il tramite cioe` della cultura positivista prima e della opposizione ad essa poi, fino nel Novecento, avevano assunto ormai un’altra connotazione: si erano rivolte verso altri orizzonti di gloria, tutta guerriera e nazionalistica. Il mondo dei maghi studiosi e degli esoteristi utopisti aveva concluso il suo tempo: perfino i massoni erano ormai, dal 1925, perseguitati a norma di legge. Neppure l’eroico entusiasmo del futurismo ottenne, di fatto, maggiore approvazione. Anche se Mussolini, su una comune matrice soreliana, non disconobbe una certa convergenza tra i suoi obiettivi “rivoluzionari” e quelli «degli oltranzisti, dei diffusori di violenza, degli anatemizzatori in servizio permanente effettivo, dei suscitatori di fantasmi da abbattere»5 che il futurismo esaltatore della Guerra sola igiene del mondo o il tradizionalismo spiritualista e antidemocratico di un Evola esaltavano, lo spirito di fronda degli uni e l’individualismo dell’altro li resero, di fatto, sostanzialmente invisi al regime. 4

Cfr. l’analisi condotta da M. David, in La psicanalisi nella cultura italiana, Torino, Boringhieri, 1966, nella Introduzione (pp. 3-9) e alle pp. 13-23. Alcune delle osservazioni sul mito della razza latina, considerata, per definizione, razza «solare», aliena da tenebrosi psicologismi, avanzate da David in relazione alla resistenza opposta alla penetrazione di Freud e della psicanalisi in Italia, sono riferibili anche all’atteggiamento ufficiale tenuto dal fascismo nei confronti dell’occultismo. Ricordiamo che buona parte dei testi di occultismo circolanti in Italia proveniva dalla Francia, dall’Inghilterra e dalla Germania. Basti per questo consultare i cataloghi della Biblioteca Filosofica di Firenze, le bibliografie pubblicate in apertura di ciascuno dei due voll. di Enrico Morselli, Psicologia e «spiritismo», Torino, Bocca, 1908, o, piu` recente, il vol. di Emilio Servadio, La ricerca psichica, Roma, Cremonese, 1930 – VIII, alle pp. 137-145. Sulla penetrazione dell’esoterismo nei milieux culturali italiani, cfr. D. Cofano, Il crocevia occulto, Lucini, Nazariantz e la cultura del primo Novecento, Fasano, Schena Editore, 1990, pp. 9-56. 5 Y. De Begnac, Taccuini mussoliniani, a c. di F. Perfetti, Bologna, 1990, p. 406; cfr. anche Marco Rossi, L’avanguardia che si fa tradizione: l’itinerario culturale di Julius Evola dal primo dopoguerra alla meta` degli anni Trenta, in «Storia contemporanea», a. XII, n. 6, dic. 1991, p. 1051.

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Di questo particolare aspetto della vita culturale italiana, che pure fu ricco di fermenti poetici e innovativi, di questa generazione di “apprendisti stregoni” che vissero la loro giovinezza a cavallo tra Otto e Novecento, da ora in poi si perdera` in buona parte la memoria storica, per conservare, invece, solo un pittoresco e sfumato ricordo. Su questo sostanziale annichilimento peso` l’accavallarsi di gravi eventi politici, ma anche, sicuramente, quella singolare forma di iattanza intellettuale perpetuata dalla storiografia crociana, la quale, sin dal primo dopoguerra, volle liquidare le intemperanze irrazionalistiche della generazione precedente come una parentesi, breve e circoscritta, di “follia”. La politica culturale fascista rafforzo` questa idea di episodicita` e di irrilevanza culturale, contrapponendo all’incertezza, allo sbando, all’irrequietezza di quegli anni “malati” le granitiche certezze dello stato presente. Del resto, «L’Italia era cambiata...» e tante cose che avevano fatto discutere nel 1913, sembravano gia`, nel 1918, del tutto irrisorie. Come ebbe a scrivere proprio in quegli anni Prezzolini: «Dopo il cannone vero, nessuno poteva sentire il Zang-tumb-tumb di Marinetti»6. Anche la ricostruzione di M. M. Rossi, impregnata della malinconia che si accompagna al ricordo delle cose trascorse, intrisa dal senno ironico della maturita`, sembra prendere congedo da una “insania” giovanile, mostrando di condividere, forse in modo non del tutto inconsapevole, un punto di vista sul quale l’interpretazione di Croce e la condanna di Mussolini finivano, proprio in quegli anni, per coincidere7. Cio` non toglie che la rievocazione, pur condotta sul filo della memoria e leggermente falsata da qualche semplificazione cronologica8, rappresenti un documento di particolare importanza, capace di restituirci il sapore di un’epoca, di un milieu culturale: quello delle speranze, dei miti, dei fraintendimenti coltivati dai «nati dopo il ’70». Nei libri, nelle riviste, al centro delle cronache letterarie e mondane di quegli anni che aprivano il secolo, troviamo spesso gli stessi protagonisti – Papini, Calderoni, Soffici, Campana, la Besant – ma soprattutto rileviamo il ripetersi degli stessi temi: le prime voci di una poesia finalmente novecentesca si affiancano agli ultimi sussulti del positivismo (che dureranno pero` ancora a lungo), a Wagner, al 6

G. Prezzolini, La cultura italiana, Firenze, Ed. «La Voce», 1923 (ma cito dalla ed.: Milano, Corbaccio, 1938, p. 28). 7 Ricordiamo che la prima edizione laterziana della Storia d’Italia dal 1871 al 1915 e` del 1928. 8 Gli eventi citati da M. M. Rossi non sono esattamente contemporanei: in particolare, non lo sono la morte di Carducci (1907), il primo numero de «La Voce» (dicembre 1908) e la comparsa del Manifesto di fondazione del Futurismo («Figaro», 20 febbraio del 1909).

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pragmatismo, e, grazie all’equivoco di un ambiguo «idealismo», all’interesse per le religioni orientali, per la teosofia, per l’esoterismo occultistico elargito a piccole dosi dagli iniziati, per lo spiritismo e i poteri della mente... Ma questi argomenti, lungi dall’essere recenti, costituivano, agli inizi del secolo, il volto moderno di un interesse da tempo radicato nella mondo della cultura, che gia` aveva diviso aspramente psichiatri e filosofi, uomini di fede e scienziati per oltre mezzo secolo, da quando lo spiritismo aveva fatto il suo ingresso nei salotti e nei gabinetti scientifici, riaccendendo una dibattuta questione che la complessa fenomenologia del magnetismo aveva sollevato sin dalla fine del Settecento. Certo, dell’intensita` e dell’estensione del dibattito che si svolse nel corso del XIX secolo, ed in particolare in eta` positivistica, quando una sete del “meraviglioso” soprannaturale, in tutto l’arco che va dagli stati alterati della coscienza alla fenomenologia del sonno magnetico e della trance medianica, sembro` quasi universalmente diffondersi in tutti i ceti sociali; della passione con la quale la scienza positivista si dedico` a «sonnambule» e a «tavole giranti», ad «apporti» ed ectoplasmi, alternando episodi da pochade a spettacolari conversioni, drammi privati ad accanitissimi dibattiti pubblici, e` difficile, oggi, rendersi conto con piena cognizione. E` cruciale tuttavia, ai fini dell’intelligenza dei tempi, ricostruire il composito panorama delle tensioni, talvolta antagoniste talaltra segretamente convergenti, che, dalla fine degli anni ’40, sull’onda dei cosiddetti «fenomeni di Hydesville», sconvolsero l’America e l’Europa. Proprio nel 1848, negli Stati Uniti, per opera di Margareth e Katie Fox, due sorelle appena adolescenti, orchestratrici o vittime di una inquietante storia di Poltergeist, aveva avuto origine lo spiritismo moderno, quello delle tables tournantes e delle catene magnetiche, in cui “entita`” intelligenti non meglio definite pretendevano di comunicare, da un aldila` altrettanto incerto, per mezzo di medium caduti in trance9. Il fenomeno, a detta delle protagoniste iniziato con leggeri colpi «battuti dentro» le pareti10, si era spontaneamente evoluto verso forme di “comunicazione” basate su un codice tiptologico: con questo mezzo, si era manifestato un sedicente 9

Scrive A. Pappalardo, in un libro che ebbe una serie di fortunate ristampe (Spiritismo, Milano, Hoepli, 1898 e sgg., p. 1): «La manifestazione dei fenomeni spiritici ha turbato l’umanita` fin quasi dall’origine del mondo [...]. Cio` nonpertanto, quello che e` lo spiritismo propriamente detto data da ieri, cioe` dallo scorcio della prima meta` del secolo decimono, e fu dall’America, e piu` propriamente dal piccolo villaggio di Hydesvilles, importato in Europa, in seguito agli straordinari fenomeni, che sconvolsero quegli abitanti, verificatisi in casa di certi Fox». 10 «Raps» o «picchi», come piu` familiarmente si preferira` chiamarli in Italia.

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«spirito disincarnato», che aveva raccontato numerosi particolari di una trascorsa esistenza, dimostrando di saper leggere nel pensiero e di poter compiere altre imprese straordinarie. Per facilitare le comunicazioni, aveva inoltre suggerito alle sorelle Fox di sedersi attorno a un tavolo, e di concentrarsi silenziosamente in attesa. Il fatto aveva assunto ben presto in America, dove il terreno era stato preparato dalla larga diffusione della dottrina di Swedenborg, le dimensioni di un caso nazionale. Prima di tutti il giudice Edmonds [che rappresentava l’autorita` pubblica chiamata a intervenire] pubblico` un volume di ricerche spiritiche; scopo del lavoro, The american spiritualism, era quello di dimostrare l’inesistenza dei fenomeni ma, contro le intenzioni dell’autore, il libro ne fu invece una affermazione. Poi il chiaro chimico professor Mapes conchiuse che i fenomeni spiritici ‘non hanno nulla di comune col caso, la frode o l’illusione’. Un altro dotto, il professor Robert Hare, raccolse nel volume Experimental investigation of the spirit manifestation una serie di esperienze che precorrono quelle di Crookes. Assodo` cioe` vari fenomeni col controllo esatto di strumenti di precisione. Cio` nonostante, le dispute fervevano piu` che mai accanite11.

Nel ’52, mentre le sorelle Fox riuscivano a convincere della loro sincerita` alcuni membri della Commissione governativa nominata per smascherarle12, gia` si riuniva a Cleveland il primo di una lunga serie di congressi dedicati allo spiritismo, e migliaia di cittadini si rivolgevano alla Camera dei Rappresentanti di Washington chiedendo l’istituzione di un organo permanente preposto «allo studio di questa forza occulta quasi improvvisamente manifestatasi all’umanita`»13. Poco dopo, nel ’55, un censimento segnalava, nella sola Filadelfia, l’attivita` di circa trecento circoli medianici14, cui la predicazione del 11

Cosı` Pappalardo in Spiritismo, cit. pp. 5 sg. Anche se piu` tardi le Fox confessarono «che qualche volta esse stesse producevano i raps anche con un certo movimento del ginocchio» (M. M. Rossi, Spaccio, cit. p. 18). 13 E. Morselli, Psicologia, cit., vol. I, pp. 19 sgg. 14 Tra i tanti medium operanti in America, ricordiamo i due fratelli Ira Erastus (1839-1911) e William (1841-1877) Davenport. Giunti alla celebrita` giovanissimi, nel periodo immediatamente successivo all’exploit spiritico delle sorelle Fox, quando un’ondata di medianita` spontanea sembro` investire il Nord America, al centro dell’interesse scientifico sin dal ’55, iniziarono nel ’64 una serie di fortunate tourne´es, esibendosi come illusionisti nei principali teatri europei. Sebbene offrissero i loro prodigi come risultato di abili trucchi di prestidigitazione, i Davenport furono considerati, da una folta schiera di seguaci, dotatissimi medium (cfr. la bibl. cit. nei Comptes rendu du Congre`s spirite et spiritualiste, cit., p. 28 e Th. L. Nichols, A Biography of the Brothers Davenport, London 1864). 12

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“veggente” Andrew Jackson Davis cominciava a fornire una prima sistematiz15 zazione dottrinale . In quello stesso anno, un periodico diffusissimo nelle buone famiglie europee, l’«Univers» di Parigi, annunziando e commentando il movimento spiritistico transatlantico, coinvolse il vecchio continente in una discussione che sarebbe durata per piu` di mezzo secolo. Nel ’53, si era convertito allo spiritismo il chimico americano Robert Hare, incurante dello scetticismo di Faraday, che, interpellato, aveva ufficialmente dichiarato che i fenomeni della table-tourning erano da attribuirsi semplicemente alla somma delle impercettibili vibrazioni delle dita dei partecipanti alla catena medianica16; nel ’54, l’astronomo Jacques Babinet spiegava il movimento della table tournante con i «moti iniziali»; nel ’55, il fisico ginevrino Antoine Thury rispondeva chiamando in causa una nuova ed ignota «forza ectenica», alla quale il biologo Durand de Gros opponeva il suo «elettro-dinamismo vitale», affine per molti versi alla «forza odica» con la quale il barone Reichenbach aveva gia` cercato di spiegare Tischru¨chen e fenomeni magnetici17. Nato per caso, lo spiritismo divenne in breve, anche in Europa, una sorta di liturgia domestica, una passione, un gioco e un rito di societa`18, destinato a riscuotere un successo formidabile, a ispirare nuove religioni e appassionate ricerche scientifiche, a dar vita a circoli, riviste, associazioni, e all’attivita` di un numero impressionante di medium che, un po’ per denaro, un po’ per spirito di proselitismo e spesso su invito di circoli occultistici o istituti scientifici, intraprendevano vere e proprie tourne´es, presentando a un pubblico sbigottito fenomeni di portata sempre piu` sconcertante. Certa15 Andrew Jakson Davis (Blooming Grove, N. Y., 1826 – Watertown, Mass., 1910), facendosi magnetizzare, detto` in trance una quantita` di rivelazioni sul mondo degli spiriti (The Great Harmonia. Being a Philosophical Revelation of the Natural, Spiritual and Celestial Universe, 5 voll, Boston 1850-52). 16 Michael Faraday, Experimental Investigation of Table-Moving, in «Atheneum», 2 luglio 1853; le esperienze di Hare sono raccolte in R. Hare, Experimental Investigations of Spirits manifestations, New York 1858. 17 A. Thury, Les tables tournantes considere´es au point de vue de la question de physique ge´ne´rale, Gene`ve 1855; Joseph Pierre Durand, Electrodynamisme vital, Paris 1855; di F. Ch. von Reichenbach, Odisch-Megnetische Briefe, Stuttgart 1852 (1) 1856; Der Sensitive Mensch und sein Verhalten zur Ode, Stuttgard 1854-55 e Aphorismen u¨ber Sensivita¨t und Od, Wien 1866. 18 Cfr., a titolo di esempio, Giorgiana Houghton, Evenings at Home in Spiritual Seance, London 1881; Evenings at Home in Spiritual Seance, Second series, London 1882; Chronicles of the Photographs of Spiritual Beings and Phenomena, London 1882; Parker (ps.), Confessions of a Medium, London 1882.

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mente, come accennavamo poco sopra, la predisposizione a credere ai fenomeni dello spiritismo era stata preparata dalla vasta popolarita` che il magnetismo aveva acquistato in Europa sin dal primo ventennio dell’Ottocento, quando gia` l’attivita` di alcune sonnambule aveva favorito «strane ed ibride mescolanze della dottrina magnetica colle troppo chiare pazzie dello spiritismo»19. Tuttavia, esso costituiva soprattutto il corrispettivo razionalistico della fede perduta, il recupero, sul piano dell’empiria, di una possibilita` metafisica o almeno ultrafisica di cui il determinismo positivista aveva dichiarato l’illegittimita`: il dispendio di energie e di risorse economiche che tanti scienziati elargirono in proprio, mettendo a repentaglio la propria reputazione scientifica, l’impegno di organismi accademici e governativi, sono rivelatori di motivazioni che trascendono la semplice necessita` di sfatare superstizioni o smascherare «ciurmerie». Gli ultimi anni ’50, videro l’attivo interesse di Victor Hugo, le sedute medianiche dell’accademico di Francia Rene´ Taillandier e di Victorien Sardou, tenute presso un circolo spiritico parigino tra i piu` famosi, di cui fara` parte l’editore Didier e, di lı` a qualche anno, l’astronomo Camille Flammarion. Dai verbali di quelle sedute, Hippolyte Le´on Denizard Rivail, pedagogo dalla vita avventurosa, ex allievo di Pestalozzi, piu` noto con il nome «druidico» di Allan Kardec, avrebbe tratto il materiale per due “manuali” destinati a divenire best-sellers, Le livre des Esprits e Le livre des Mediums: il primo, edito nel 1857, a Parigi, era giunto nel 1908 alla 51˚ edizione; il secondo, del ’61, aveva raggiunto la 35˚20. Il kardecismo fornı` allo spiritismo una sistematizzazione dottrinaria che gli permise di divenire, in breve, una specie di religione ‘‘rivelata’’, i cui insegnamenti, impartiti

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Enrico Morselli, Il magnetismo animale. La fascinazione e gli stati ipnotici, Torino, Roux e Favale, 1886, p. 15. 20 Di Allan Kardec (Hippolyte-Le´on Rivail, 1804-1869), cfr.: Le livre des Esprits, contenant les principes de la doctrine spirite, Paris 1857 (trad. it. di Niceforo Filalete [ps. di Vincenzo Scarpa; segretario di Cavour], Torino, Unione Tipografica, 1894); Le livre des mediums, Paris 1861 (trad. it di Ernesto Volpi, Guida dei medıˆ e degli evocatori, Torino 1887; La Gene`se, les miracles et les pre´dictions selon le Spiritisme, Paris 1868; Oeuvres posthumes avec discours de Camille Flammarion, Paris 1868. Di Kardec, importante anche: Qu’est-ce que le Spiritisme?, Paris 1855 (trad. it. di Giovanni Hoffmann: Che cos’e` lo spiritismo. Introduzione alla conoscenza del mondo invisibile per mezzo delle manifestazioni spiritiche, contenente il riassunto dei principii della dottrina spiritica e la risposta alle principali obbiezioni per cura di Allan Kardec, Torino 1884). Per l’eccezionale e durevole diffusione nei piu` diversi milieux culturali, l’influsso esercitato dalle opere di Kardec – cui Camille Flammarion dedico` un commosso discorso funebre (poi in A. Kardec, Oeuvres posthumes, Paris, Livr. Spirite, s. d.) e la cui tomba, al «Pe`re Lache`se» e` ancor oggi coperta di fiori – non crediamo possa essere sottovalutato.

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dagli spiriti, investivano tutti i campi dell’attivita` umana: morale, estetica, sociale, scientifica. Suo punto di forza era, tra l’altro, l’idea che lo spiritismo non dovesse essere fede cieca ma «scienza sperimentale» convalidata da verifiche sistematiche, sulla cui base si potesse pervenire alla “dimostrazione” di un piano di esistenza supersensibile, anche se precluso alla percezione sensoriale ordinaria. La popolarita` dei testi di Kardec fu tale da influenzare poeti e artisti ben oltre la fine del secolo: ne troveremo traccia nella pensione di Anselmo Paleari del Fu Mattia Pascal come tra i futuristi. Gia` nel 1879, Luigi Capuana scriveva che sebbene fosse ancora impossibile decidere se lo spiritismo fosse «una nuova forma religiosa di qualche valore» era «fuori di dubbio pero` che per parecchie centinaia di migliaia di uomini, in Francia, in Inghilterra, in Germania ed in America esso costituisca una vera religione e abbia grandissima influenza sulla loro condotta indivi21 duale» . La moda della danza tiptica – ribadiva nel 1908 Enrico Morselli in un monumentale studio dedicato a Psicologia e “spiritismo” – fu per alcuni anni, e massime dal ’52 al ’55, una vera generale frenesia [...] Tutta Europa si raccoglieva la sera attorno al tavolino e lo si faceva battere e girare” cosı` che “la questione [...] attrasse l’attenzione dei maggiori scienziati e li obbligo` a intraprenderne l’esame”. Dal 1850 in poi, “La corrente investigatrice dei fenomeni psichici venne ingrossando anno per anno: un numero sempre maggiore di Societa`, di periodici, di sperimentatori, – costituisce a tutt’oggi la prova materiale della sua vitalita`; ed i risultati delle sue indagini, delle sue inchieste, delle sue sperienze [...] sono ormai tali da prometterci una messe sempre piu` ricca e feconda”. Io ho davanti a me l’elenco degli illustri – continuava Morselli –, che videro e annuirono; e lo trovo, sotto l’aspetto epistemologico e metodologico di un valore formidabile. Vi figurano almeno due o tre centinaia di personaggi di prim’ordine: [...] tutta una [schiera] eletta per l’ingegno, per la bravura, per la condizione sociale, per la nascita, per la ricchezza, per il potere. Come buttare da una banda un insieme sı` imponente di affermazioni decise, di testimonianze disinteressate, di convinzioni sincere? [...] Gli spiritisti annunziano d’essere ormai in 12-14 milioni disseminati in tutti i paesi civili [...] la credenza e` diffusissima in Europa e in America, massime nelle classi sociali alte e medie, e spinge larghe propaggini anche nelle classi inferiori. I circoli, i gruppi spiritici sono numerosissimi ed 21

L. Capuana, La religione dell’avvenire, «Corriere della Sera», 10 nov. 1879, poi in Studii sulla letteratura contemporanea, Seconda serie, Catania 1882; ora in Mondo occulto, a c. di Simona Cigliana, Catania, Edizioni del Prisma, 1995, pp. 217-23.

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operosissimi [...] Abbondano le pubblicazioni a stampa destinate alla propaganda e alla difesa delle dottrine spiritiche; le decine di grossi volumi si avvicendano alle centinaia di opuscoli; aumentano i periodici della materia, e trovano dovunque migliaia di collaboratori spontanei e lettori appassionati. Si radunano Congressi nazionali e internazionali, ed accolgono adesioni entusiastiche da ogni parte, e non trovano aule abbastanza spaziose per le loro frequentatissime assemblee. Ricchi mecenati aiutano con somme ingenti le “ricerche psichiche”, sotto cui in generale si ammantano per ora, salvo poche eccezioni di investigatori veramente liberi, le preformate tendenze neo-spiritualistiche degli adepti”. “Siamo dunque di fronte ad un avvenimento importantissimo di psicologia sociale, che deve colpire l’attenzione anche dei meno veggenti; che deve anche preoccuparci per le sorti della Civilta` avvenire, qualunque sia il nostro modo di pensare22.

Tra il ’60 e il ’70, ci assicura Morselli, aderirono allo spiritismo numerosi personaggi di spicco: il politico Robert Dale Owen (figlio del socialista utopista Robert) e il naturalista Alfred Russel Wallace, lo zar di Russia, Vittoria d’Inghilterra e Napoleone III, nonche´ numerosi membri della Dialectical Society di Londra, che, incaricati dal governo di sventare l’«imbroglio del secolo», attesteranno invece quei fenomeni che erano stati chiamati a sfatare, pubblicando, contro il parere del presidente J. Lubbock e del governo stesso, dopo quasi due anni di esperimenti, un Report on Spiritualism of the Committee of the London Dialectical Society23, che, per la sua «osservazione scientifica seria ed imparziale», tradotto subito in francese e in tedesco, divenne uno «tra i titoli piu` preziosi in appoggio della fenomenologia fisico-spiritica»24. In esso, si affermava che, durante le sedute, i commissari avevano assistito: 1. Alla produzione di rumori e vibrazioni apparentemente prodotti da cause non identificate; 22

Enrico Morselli, Psicologia e «spiritismo», cit., I. p. 10. Il trattato, preceduto da un vasto saggio storico e documentario sugli studi psichici, assai utile per una panoramica degli studi psichici in Italia e in Europa a cavallo tra i due secoli:, e` per la maggior parte costituito dalla relazione delle sedute spiritiche con la medium napoletana Eusapia Paladino: contiene, oltre ad una interessante biografia ricca di dati, di notazioni psicologiche nonche´ di ampi inserti di anamnesi famigliare e neurologica (I vol. alle pp. 118-133), anche una vasta e accurata bibliografia aggiornata al 1907 (I, pp. 11, 85-86 e 134-170; II pp. XVII-XVIII). 23 Longmans, Green, Reader & Dyer, London, 1871; rist. anastatica Arno Press, New York 1976. 24 Traiamo queste notizie da E. Morselli, Psicologia, cit., vol. I, p. XXXVI e pp. 23 sgg.; cfr. anche l’articolo di Villiers de l’Isle-Adam, riprodotto in App. II di L. Capuana, Spiritismo?, ora in Mondo occulto, cit., pp. 140-46.

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2. A spostamenti di corpi pesanti senza azione muscolare; 3. A rumori che per mezzo di segni convenzionali, rispondono in modo coerente a domande formulate verbalmente o mentalmente; 4. A comunicazioni di fatti sconosciuti a tutti i presenti; 5. All’influsso favorevole o sfavorevole di alcuni sui fenomeni, senza che la differente influenza potesse essere messa in relazione con le convinzioni e le opinioni professate da queste persone circa i fenomeni.

Quasi contemporaneamente alla conclusione dell’inchiesta promossa dalla Dialectical Society, uno scienziato che aveva fatto parte della Commissione, William Crookes25 annuncio` di voler, per parte sua, sottoporre a sistematica investigazione i fenomeni fisici dello spiritismo, dedicandosi allo studio di due medium, a suo dire alquanto potenti, Florence Cook e Daniel Dunglas Home26. Nonostante la riprovazione della Royal Society, di cui era membro effettivo, Crookes pubblico` i risultati delle sue ricerche in una serie di articoli27, qualificandosi, sia tra gli scienziati che tra gli spiritisti, come la maggiore autorita` internazionale nel campo della ricerca psichica (che comincio`, grazie a lui, ad assumere una veste scientifica sistematica). In 25

Sir William Crookes (Londra 1832-1919), fisico e chimico, premio Nobel per la chimica nel 1907. Ad una prestigiosa carriera nel campo della scienza «ortodossa», affianco` una intensa attivita` di ricerca nel campo della fenomenologia supernormale. A partire dal 1867 circa, anche in seguito alla morte di un fratello molto amato, si dedico` agli studi psichici, e in particolar modo allo spiritismo, applicandosi con rigore scientifico alla verifica e alla «misurazione» dei fenomeni luminosi, acustici e cinetici constatati nel corso delle sedute. Nel 1882 fu tra i fondatori della Society for Psychical Research, di cui sara` presidente nel 1897; dal 1883 e per un certo periodo aderı` al Movimento Teosofico della Blavatski. 26 Daniel Dunglas Home (Edimburgo 1833 – Auteil 1886), medium scozzese-americano, conosciuto presso le corti d’Europa, soprattutto per le sue levitazioni, fu all’epoca, fino alle vicende del suo dibattuto e mai appurato «smascheramento», al centro di numerose indagini sperimentali, tra le quali, soprattutto, ebbero risonanza quelle di William Crookes. Di Home, cfr. Incidents in my Life, London 1862 (tr. fr.: Re´ve´lations sur ma vie surnaturelle, Paris 1864); Lights and Shadows of Spiritualism, London 1877; tra le varie biografie: Mrs. D. D. Home, Daniel Dunglas Home: His Life and Mediumship, London 1888; Ead., The gift of D. D. Home, London 1890. Numerosissimi sono gli studi monografici. Il Dictionary of National Biography (London 1891) scriveva di lui che «his history presents a curious and as yet unsolved problem». 27 Cfr. Notes on an Enquiry into the Phenomena Called Spiritual (during the years 1870-1873), in «Quarterly Journal of Science», genn. 1874, poi in Research in the Phenomena of Spiritualism, London 1874. I suoi scritti furono piu` volte tradotti e ristampati, anche in Italia (cfr. Guglielmo Crookes, Indagini intorno allo spiritualismo, Locarno 1877; II ed. Indagini sperimentali intorno ai fenomeni dello Spiritismo, Bellinzona 1891; A. Pioda, Memorabilia: traduzioni di scritti di Crookes, Thury e d’altri intorno ad argomenti di spiritismo e magnetismo, Bellinzona 1881).

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particolare, Crookes formulo` una teoria che avrebbe avuto larga diffusione e successo, point de repe`re non solo per i successivi studi di metapsichica ma anche per le formulazioni di tanto spiritualismo “scientifico”: a fronte di quanti pensavano ad un intervento degli spiriti, egli (accostandosi, in questo, a Kardec, il quale affermava che «Lo Spiritismo non e`... altro fuorche´ un Magnetismo spirituale, e il Magnetismo altro non e` che uno Spiritismo umano») sostenne l’esistenza di una «forza psichica», energia tangente il campo delle forze fisiche, simile al fluido che si diceva entrasse in gioco nel mesmerismo e di cui tutti gli uomini sarebbero dotati, a diversi gradi: forza capace di essere sviluppata e di agire, sia a insaputa del 28 soggetto agente che dietro suo impulso volitivo, nel mondo esterno . Nel 1876, il fisico William Barrett, ad una riunione della British Association, lesse un suo rapporto sui fenomeni che avvengono in condizioni alterate di mente, finendo per avallare, in quella prestigiosa sede, l’esistenza della medianita` e della trasmissione del pensiero. Proprio tra il 1870 e l’80, mentre in Germania si consumava tra Wilhelm Wundt e Hermann Ulrici un’acre polemica sui fenomeni spiritici29, mentre in Inghilterra, per opera di validi filosofi si costituiva la “Metaphysical Society”30, mentre in Francia Charcot iniziava a studiare la fenomenologia paranormale nell’ambito della sindrome isterica (riconducendo la presunta trance medianica ad una condizione ipnopatologica), si apriva la fase dello «spiritualismo sperimentale» («ponte di passaggio tra il vecchio spiritismo e la scienza metapsichica»31): la medianita` comincio` ad essere oggetto di verifiche strumentali, entrando di fatto nel campo di studio della scienza positivista (di cui costituira`, in un certo senso, il banco di prova). Si inserivano in questo filone le osservazioni di Crookes, quelle dell’astronomo Friedrich Zo¨llner sul medium Slade, le ricerche del fisiologo Charles Richet (che, nel 1890, fondera` gli “Annales des sciences psychiques”) e, dal 1882, l’attivita` dell’angloamericana ‘‘Society 28

Tra le fortunate ristampe del libro, segnaliamo: La force psychique. Recherches sur le phe´nome`ne du Spiritualisme, Paris, 1884, sulla quale cfr. anche la rec. sul «Fanfulla della Domenica», 1 giu. 1884, nella rubrica «Bricciche». Su questi contenuti, cfr. anche G. Vailati, Il pensiero di Crookes sulle ricerche psichiche, in «Arch. di Psich., Sc. penali e Antr. crimin.» XVIII, 1897, fasc. IV (ora in Scritti di G. Vailati, a c. di M. Quaranta, 3 voll., Sala bolognese 1987, III vol., pp. 120-22). 29 Wilhelm Wundt, Der «Spiritismus». Eine sogenannte wissenschaftliche Frage, Liepzig 1879 ed Hermann Ulrici, Die sogenannte Spiritismus. Eine wissenschaftliche Frage. Antwort auf Hr. Prof. Wundt, Halle, 1879. 30 Cfr. D. G. James, Henry Sidgwick. Science and Faith in Victorian England, Oxford University Press, London 1970. 31 Morselli, Psicologia, cit., p. 48.

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for Psychical Research’’. Di questa importante associazione, che si proponeva di indagare con la massima severita` «i fatti» e che avrebbe raggiunto con i suoi Proceedings tutti coloro che si interessavano di spiritismo e di ricerca psichica, fecero parte i massimi nomi della scienza e della cultura: oltre a Crookes, che fu tra i fondatori, O. Lodge, M. me Curie, J. J. Thomson, W. Ramsay, lord Rayleigh, A. R. Wallace, A. A. Lie´bault, H. Bernheim, T. Ribot, F. Myers, P. Janet, C. G. Jung, C. Lombroso, H. Sidgwick, W. James, E. Bergson, R. L. Stevenson, C. L. Dodgson (L. Carroll), Tennyson, J. Ruskin, Conan Doyle, L. Stephen (il padre della Woolf), e perfino eminenti uomini di Stato, quali Gladstone e Balfour: un «elenco di soci veramente formidabile» come scriveva nel 1911 Sigmud Freud a Jung, considerando l’eventualita` di porre la sua «candidatura per l’elezione a membro corrispondente» (lettera del 17 febbraio 1911). La Societa` godette di tale stima, anche da parte accademica, da vedersi affidato, nel corso del Congresso internazionale di Psicologia tenutosi a Parigi nel 1889, sotto la presidenza di Ribot, l’incarico di compiere una statistica delle allucinazioni subite da persone in stato di salute normale; la commissione, presieduta dal filosofo Sigdwick, giunse alla conclusione, che Vailati raccolse nel corso del successivo Congresso32, che tali allucinazioni esistono e sono, in qualche modo, la prova di una corrente telepatica esistente tra gli uomini33. La fase di avvio dell’indagine scientifica corrispose pero`, in Francia e in una parte d’Europa, ad un momentanea battuta d’arresto nella formidabile ascesa della fede spiritistica. Un articolo della «Revue politique et litte´raire», commentato da Luigi Capuana nel «Fanfulla della Domenica»34 e poi ripreso nel 188435, sottolineava che sul calo di popolarita` dell’ipotesi spiritica, in un’epoca che ormai reclamava a gran voce leggi e fatti positivi, influiva, da una parte, l’inafferrabilita` di un oggetto di indagine che sem32

Tenutosi a Monaco di Baviera nel ’96. Cfr. G. Vailati, La discussione sulla telepatia al III Congresso internazionale di psicologia, in «Rivista di studi psichici», settembre 1896, ora in Scritti di G. V., a c. di Mario Quaranta, 3 voll., Forni ed., 1987, vol. III, pp. 109-13. 33 Professor Sidgwick’s Committee, Report on the Census of Hallucinations, in «Proceeding of the Society for Psychical Research», X (1894), pp. 25-422. Ma alcuni membri della S. P. R. si erano gia` occupati di questa tematica, in un fortunatissimo libro dalle molte ristampe: E. Gurney – F. W. H. Myers – F. Podmore, Phantasms of the Living, (London 1886, 2 voll.). Su tutta la questione, cfr. G. Pareti, La tentazione dell’occulto. Scienza ed esoterismo nell’eta` vittoriana, Milano, Bollati-Boringhieri, 1990. 34 N. 26, 25 giu. 1882. 35 In Spiritismo?, cit. L’articolo, Les spirites anglais en 1882, di Le´o Quesnel, apparve in «Revue politique et litte´raire», n. 24, 17 giu. 1882.

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brava sistematicamente negarsi ad ogni tentativo di descrizione empirica; dall’altra, l’insofferenza per il fumoso visionarismo, per l’irrigidimento dogmatico, per l’intrinseca debolezza e l’esasperato sincretismo delle dottrine che infiammavano i proseliti; infine, i sospetti di frode che avevano colpito alcuni dei medium piu` in vista, dai Davenport alle stesse sorelle Fox. A questo proposito, aveva destato particolare scalpore il rapporto finale della Commissione istituita, nel maggio 1875, per l’indagine sull’attendibilita` dei 36 fenomeni spiritici, dalla Societa` di Fisica dell’Universita` di Pietroburgo , commissione di cui facevano parte, tra gli altri, il fisico D. I. Mendeleev, il matematico N. G. Egorov, il biologo S. I. Kovalevskij e alcuni studiosi dichiaratamente credenti, come il chimico A. M. Butlerov, N. P. Vagner (redattore della rivista scientifica «Svet») e A. N. Aksakov (autore di numerosi trattati sullo spiritismo apprezzati anche in sede scientifica e fondatore della rivista «Psychische Studien» [1874-1926]). Nonostante lo scioglimento della Commissione, causato da vivaci contrasti metodologici, Mendeleev, opponendosi a Butlerov, diede risalto al presunto «smascheramento» dei medium convocati (i fratelli Petty e la signora Clery)37. Questo fatto fu ampiamente pubblicizzato dalla stampa internazionale, la quale arrivo` ad affermare: «Si le spiritisme se rele`ve du coup dont il vient d’eˆtre frappe´, c’est qu’il aura la vie dure»38. Tuttavia, «fatta la parte della patologia e del ciarlatanismo» (come scrisse Luigi Capuana, citando Wallace) e scartate, in mancanza di prove, le ipotesi trascendenti, di fronte ad alcune facolta` della mente la cui esistenza sembrava ormai indubitabilmente confermata, restava la convinzione di trovarsi di fronte ad un universo ancora in gran parte sconosciuto, il quale induceva ad una grande cautela di giudizio. In questa situazione, gli aiuti piu` promettenti sembravano poter provenire dall’ambito dell’indagine psicologica, la quale si era gia` avventurata sul campo della ricerca psichica nel corso degli studi sul magnetismo e sul sonnambulismo provocato. In un’ottica psicologica o neurologica, la fenomenologia del paranormale poteva essere agevolmente collocata tra le attivita` inconsce, tra le facolta` latenti o «subliminali» della mente39, essere cioe` considerata una manifesta36

Pubblicati sul quotidiano «Golos», in piu` riprese, dal 25 marzo 1876. Di tutta la vicenda, e` possibile trovare eco anche in Fe¨dor Dostoevskij, Diario di uno scrittore (trad. it. Firenze 1981, pp. 352-54) e nelle conferenze di D. M. Mendeleev (ora in Sullo spiritismo, a c. di S. Tagliagambe, Torino 1992). 38 «Le Temps» di Parigi, 18 aprile 1876. 39 Cosı` la definira` uno dei piu` autorevoli studiosi della materia, F. W. H. Myers, The Subliminal Consciousness, in «Proceedings of the Society for P. R.» VII (1891-92), pp. 289-355. 37

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zione del mondo materiale, investigabile con i mezzi a disposizione della fisica e della fisiologia: a questa conclusione aveva portato anche lo studio di un caso particolarmente interessante di glossolalia, studiato da Th. 40 Flournoy e F. de Saussure per l’Universita` di Ginevra . Per questa, via, appunto, si era mossa, con Charcot, la scuola neuropatologica francese, che intendeva studiare i fenomeni supernormali in relazione alle malattie nervose e la trance medianica – che tanti punti in comune sembrava avere con la trance ipnotica – come una manifestazione della «gran nevrosi isterica». A questo indirizzo aveva aderito, in Italia, Cesare Lombroso, il quale, anche dopo essersi arreso alla realta` dei «fatti» paranormali, aveva continuato a considerare esauriente la spiegazione che «la causa dei fenomeni mediani risiede nelle condizioni patologiche del medium stesso, appunto come dimostrato per i fenomeni ipnotici» (Studi sull’ipnotismo, terza edizione)41; lo stesso Morselli non manco` di sottolineare che il «mediumnismo» e` frequentemente unito con la ineducabilita` e colla refrattarieta` alla istruzione scolastica, nei giovani portanti le stimmate organiche e mentali della degenerazione e[...] ha un substrato psico-neuropatico, come ormai resta provato dalla sua quasi costante associazione con l’isterismo, col sonnambulismo e coll’ipnotismo42.

Il supernormale finiva cosı` per configurarsi come una manifestazione abnorme della normalita`, come una malattia che, dira` Giuseppe De Roberto, muta e stravolge «le funzioni ordinarie della vita»43. L’ipotesi rappre40

G. Lepschy, Saussure e gli spiriti, in R. Amacker, T. de Mauro, L. J. Prieto, Studi saussuriani per R. Godel, Bologna, Il Mulino, 1974, pp. 181-200. 41 Per Lombroso la fenomenologia prodotta dalla Paladino si spiega col fatto che la medium e` «una nevropatica [...] soggetta ad accessi epilettici, catalettici, isterici; [...] Altrettanto nevropatici erano gli altri medii veramente abilissimi come Home, Slade». «Ma... perche´ quel dato medium, Eusapia, puo` tanto, e gli altri no? Da questa differenza nasce il sospetto... dell’inganno, che e` la spiegazione piu` semplice[...]e che risparmia di pensare e di studiare. Questo sospetto scompare davanti al psichiatra maturato da anni nello studio delle isteriche e dei simulatori, che abbia preso le sue precauzioni [...] Posto cio`, i fatti spiritici, se fossero sempre simulati, dovrebbero essere moltissimi e non cosı` rari». Cio` non toglie che «qualche volta i fenomeni propri degli ipnotici e dei medium avvengono nei normali, ma in istato di profonda passione [...] come nei moribondi». (C. Lombroso, Esperienze spiritiche, in L. Capuana, Mondo occulto, cit., pp. 74-82). 42 E. Morselli, Psicologia, cit., p. 119. 43 De Roberto, sicuro della realta` dei poteri psichici, nel recensire Spiritismo? per il «Fanfulla della Domenica», portava l’interpretazione patologica alle piu` estreme conseguenze: «L’energia psichica – scriveva – potra` un giorno trasformarsi in forza fisica, e, come

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sento` per qualche tempo l’unica ipotesi della scienza ufficiale sull’inquietante interrogativo. Una risposta tautologicamente rassicurante ma sostanzialmente elusiva: tutta una serie di stati mentali morbosi e di alterazioni psichiche inconsuete, dalla chiaroveggenza all’autoscopia, dal nirvana all’estasi religiosa, e perfino «le piaghe sanguinanti e le sacre stimmate alle mani, ai piedi, alla fronte, al costato che alcuni santi e celebri estatiche istero-epilettiche presentarono alla venerazione dei creduli», potevano essere spiegate, secondo gli psichiatri, alla luce «positiva» degli studi sull’isteria, i quali avevano finalmente chiuso «l’epoca della superstizione», chiarendo che tra «molti fenomeni straordinari, fuori del comune, impreveduti ed oscuri» «non ve n’e` alcuno di origine extra-biologica, e percio` di natura extra-scientifica», salvo poi a ammettere, riguardo agli aspetti piu` strettamente fenomenologici, che pero` «in fondo vi e` forse una certa verita` non 44 ancora bene illuminata dalla scienza» . Di fronte a questa aporia, ricomincio` a crescere, di pari passo con il numero dei periodici di stampo scientifico dedicati alla ricerca psichica, la mole delle pubblicazioni di stampo spiritualistico e esoterico. Il partito degli occultisti non aveva mai cessato di essere presente: tuttavia, in questa fase, grazie all’interesse per il soprannaturale dimostrato dalla scienza e all’attenzione con la quale gli esperimenti erano generalmente seguiti (essendo in causa il fondamento “positivo” della fede), lo si vide rilanciare la propria offensiva, attraverso un moltiplicarsi di sette e di circoli e una pletora di riviste, dirette a un pubblico molto vasto. In quelle pagine, le scienze occulte – come allora si compiacquero di essere chiamate –, cercavano di dimostrare le proprie argomentazioni, accreditando manifestazioni spiritiche e gnoseologie della trascendenza, credenze trasmesse da una bimillenaria tradizione e novissime sintesi esoteriche, con una terminologia “tecnica” largamente debitrice alla scienza ufficiale. La contaminazione linguistica e la confluenza di argomenti, da una parte e dall’altra, potevano in certi casi far addirittura pensare che scienza e occultismo parlassero lo stesso lin-

questa, produrre o modificare il movimento; se il pensiero altrui potra` percepirsi senza alcuna comunicazione diretta, per virtu` di una specie di vista mentale, con la stessa facilita` con cui si legge un libro aperto; se intime relazioni verranno a stabilirsi tra le anime, e le menti acquistare nuove e piu` grandi facolta`, e i sensi pervenire ad un grado di finezza non ancora sospettato, cio` non sara` impunemente. I processi che, per virtu` di agenti misteriosi, si svolgeranno nei nostri organismi, saranno dei processi patologici; noi soffriremo realmente e le funzioni ordinarie della vita saranno profondamente mutate» (in «Fanfulla d. D.», 22 giugno 1884). 44 E. Morselli, Il magnetismo, cit., p. 61.

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guaggio e perseguissero, entro un determinato orizzonte, gli stessi obiettivi conoscitivi. Ne´ mancavano casi in cui il medium si preoccupava di trasmettere nuove informazioni alla scienza, dettando trattati completi sul calore, le luce, la fisiologia vegetale, l’elettricita`, il magnetismo, l’anatomia umana. Il ventennio sul finire del secolo vide dunque un’insolita fioritura dell’associazionismo di stampo spiritico e iniziatico, accompagnato da una straordinaria produzione di libri e di riviste che, pur avendo in genere vita molto breve, riuscirono in qualche caso a varcare le soglie del secolo. E` impossibile fornire i dettagli di un elenco che, ancora nel ’29, dava di che stupirsi a M. M. Rossi, il quale annotava: «Sembra, questa nostra vita, cosı` moderna, cosı` chiara da non ammettere misteri: e cio` rende piu` impressionante la rivelazione dell’esistenza, della diffusione di religioni strane e di sette segrete. La “Cyclopedy of Fraternities” del 1907 ne elenca 600 solo in 45 America!» . Tra le piu` importanti, ricorderemo, prima tra tutte, la Societa` Teosofica, che derivava forse il suo nome dalla londinese societa` degli “Illuminati Teosofi”46 (ma si e` pensato anche alla Teosofia di Rosmini, pubblicata in cinque volumi, tra il 1859 e il ’74): fondata nel 1875, a New York, caratterizzata da una forma di sincretismo cristiano-induista in cui confluivano elementi misteriosofici e occulti e una vena di anticattolicesimo anglosassone, essa si proponeva di gettare un ponte tra l’Oriente e l’Occidente, predicava la fratellanza universale e la Verita` come unica religione. Nonostante la loro volonta` di distinguersi dagli spiritisti, i teosofi furono spesso loro assimilati, in quanto, per illustrare le esperienze di veggenza dei mondi soprasensibili, si servivano di una terminologia che aveva molti punti in comune con il kardecismo. 47

La Societa` Teosofica – scriveva nel 1909 Guido Ferrando su «La Voce» – sorse quando il materialismo nella filosofia e nella scienza aveva raggiunto il suo grado piu` alto; e quando gia` cominciavano le prime e isolate proteste contro la novissima dottrina che riduceva tutta la vita a un meccanismo e negava ogni libera attivita` dello spirito. I fondatori [...], la signora Blavatski e il colonnello Olcott, si resero interpreti di queste tendenze e aspirazioni [...], proclamarono ogni individuo immortale, pa45

M. M. Rossi, Spaccio, cit., p. 7. Sorta attorno al 1770-80, per opera di un profugo francese protestante, Be´ne´dict Chastanier, discepolo di Swedenborg, la setta conobbe attorno al 1860 un nuovo periodo di fioritura in America, e, riesportata in Inghilterra, dove ebbe tra i suoi affiliati il pastore spiritista W. Stainton Moses, intrattenne buoni rapporti con la Societa` Teosofica stessa. Attorno ai primi anni del Novecento, fu attiva in Francia, per opera di Papus. 47 Del 18 marzo, n. 14, pp. 1-2; 8 aprile, n. 17, pp. 1-2. 46

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drone del proprio destino e dotato di poteri divini [...] e asserirono che il loro insegnamento proveniva direttamente da Esseri supremi, [...], nostri fratelli piu` evoluti48.

Nonostante gli scandali in cui la Societa` era stata coinvolta agli inizi del secolo, sotto la presidenza di Annie Besant, Ferrando, nel suo articolo, le riconosceva di «essere stata una grande ispiratrice ed eccitatrice di energie» che a lungo, «col suo ideale altissimo ha saputo esercitare un’influenza notevole su molte anime di pensatori e di artisti»49. I teosofi furono instancabili promotori di conferenze, ebbero sedi in tutte le principali citta` d’Europa e d’Italia (a Milano, a Firenze, a Bologna, a Roma, a Taormina – dove soggiorno` anche Krishnamurti bambino) e una loro casa editrice, che pubblico` riviste e testi di larga diffusione. Dalle fila della sezione tedesca della Societa` Teosofica, si stacco`, poi, nel 1913, un filosofo, Rudolf Steiner, «le cui idee – scrive Stefan Zweig50 – dovevano esser decisive per la formazione di innumerevoli esistenze» e avere sensibile risonanza in tutti i campi. Le opere di Steiner, che annovero` tra i suoi seguaci Kandinski, Mondrian, Rilke e Schure´51, e che costruı` in 48

Cfr. Letters from the Masters of Wisdom, Paris 1925. Dopo la morte di Helena Petrovna Blavatski (Ekaterinoslav 1831 – Londra 1891) e del colonnello Henry Steel Olcott (Orange, New Jersey, 1832 – New York 1907), la presidenza della Societa` Teosofica passo` ad Annie Besant (Londra 1847 – Adyar 1933), che, coadiuvata da Charles Leadbeater e da A. P. Sinnet, porto` la sede della Societa` in India, iniziando a porre l’accento sull’acquisizione dei poteri psichici e presentando il giovane Krishnamurti come incarnazione dell’atteso nuovo Istruttore del mondo. Jiddu Krishnamurti (1897-1985) nato a Madras, in India, fu adottato dalla Besant ma, dopo aver completato la propria formazione, nel 1929, si allontano` dalla Societa` Teosofica, proseguendo la propria ricerca e il proprio insegnamento fuori da ogni setta. Della Blavatski, medium e scrittrice eclettica e di grande ascendente, figura assai discussa, descritta ora come straordinaria personalita` di veggente ora come avventuriera priva di scrupoli (cfr. lo sfavorevole rapporto di H. S. Hodgson, stilato per conto della Society for Psychical Research): Isis Unveiled, New York 1877; The Secret Doctrine, London 1888; The Key of Theosophy, London – New York 1890; Theosophical Glossary, London 1892. Per uno studio sulla Societa` Teosofica, e sulla sua intensa attivita` editoriale, di libri e di riviste, cfr. R. Hack (presidente della S. T. in Italia dal 1962 al 1971), Le origini del movimento teosofico e l’influenza dei maestri, Trieste 1971; Theosophical Movement, being the Jubilee Convention Lectures delivered at Adyar at the Fiftieth Anniversary of the Theosophical Society, Adyar 1926 e A. P. Sinnet, The Early Days of Theosophy in Europe, London 1922. 50 Die Welt von Gestern. Erinnerungen eines Europa¨ers, Stockholm 1944; trad. it.: Ricordi di un europeo, Catania, Ed. del Prisma, 1995, p. 129. 51 Rilke, a Berlino, collaboro` con il «Magazine fu¨r Literature», diretto dallo stesso Steiner, allora impegnato anche in una serie di conferenze sulle concezioni esoteriche di Goethe e sull’esoterismo cristiano (cfr. S. Rioux-Coroze, Qui e´tait R. Steiner. Une e´pope´e de l’e´sprit au 49

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Svizzera, a Dornach, un “Goetheanum” che divenne sede di una libera Universita` di studi spirituali, furono tradotte in Italia da Laterza, quando la collana filosofica era diretta da Croce. Le lessero i leonardiani, i vociani (ricordiamo l’influenza di Steiner sulla poesia di Onofri52) e, tra le fila dei futuristi, sicuramente i fratelli Ginanni. Anche lo scettico M. M. Rossi riconosceva che, seppure «lo Steiner vada oltre la teosofia e sia gia` in piena magia», la forma da lui proposta «per lo sviluppo delle facolta` superiori» gli «ha dato modo... di giungere... a principi educativi di valore indiscutibile»53. Il mondo anglosassone, dove una lunga tradizione di letteratura gotica e orrorifica (da Walpole alla Radcliffe, da Lewis a Lefanu) e l’interesse degli scrittori (a cominciare da Byron, Polidori e Mary Shelley, da Dickens, L. Stevenson, E. Bulwer-Lytton, O. Wilde, H. G. Wells, M. R. James fino a Conan Doyle54) per le storie di tombe, spiriti e vampiri (le “ghosts stories”) avevano gia` largamente sensibilizzato un pubblico particolarmente recettivo alla tematica dell’occulto, fu particolarmente attento alle tematiche dell’occulto, sia sul versante scientifico (dove gli scienziati britannici diedero il maggior contributo) sia sul versante spiritualistico. Tra le numerose le societa` segrete a carattere iniziatico che vi si costituirono, la piu` famosa tra

XXeme sie`cle, Paris, Triade, 1976; trad. it.: Firenze 1989, p. 78); su Schure´, cfr.: G. Burrini, Le metamorfosi di Tristano: E. Schure´ e il suo tempo, in E. Schure´, Evoluzione divina – Dagli antichi ai nuovi misteri, Roma, Tilopa, 1993 e G. Jeanclaude, E. Schure´ – Sa vie, son oevre, Paris 1968. Su Kandinski, che seguı` le conferenze di Steiner a Monaco, cfr. cap. 12. 52 Sulla riflessione antroposofica di Arturo Onofri, cfr. Nuovo Rinascimento come arte dell’Io, Bari, Laterza, 1925. 53 M. M. Rossi, Spaccio, cit., p. 63. 54 Sulla «competizione» svoltasi tra i tre sulle rive del lago di Ginevra, dalla quale nacquero The Burial di Byron (edito nel 1819 come A Fragment) The vampire di Polidori e Frankenstein or the modern Prometeus di Mary Shelley dove il mito dell’homunculus alchemico viene riletto in chiave scientifico-moderna, sostituendo alle magie e agli alambicchi la chimica e il galvanismo), cfr. Il gotico inglese, a c. di M. Billi, Bologna, Il Mulino, 1986; J. Briggs, Visitatori notturni. Fantasmi, incubi, ossessioni nella letteratura inglese, Milano 1988; J. Polidori, Il vampiro, seguito da «Frammento» di G. G. Byron, a c. di A. Lanzoni, Roma-Napoli 1984. Tra i nomi citati, sottolineiamo quello di H. G. Wells (1866-1946), per la frequenza con la quale, nei suoi racconti, compaiono riferimenti a fatti e a persone reali: da A. Besant (The Math) alla Paladino (The Plattern Story), dalla Blavatski alla Society for Psychical Research. Nella folta letteratura a sfondo esoterico, ricordiamo anche l’opera di Gustav Meyrink (Vienna, 1868-1932), i cui racconti (Orchideen, 1904; Wachsfigurenkabinett, 1907; Des Deutschen Spiessers Wunderhorn, 3 voll. 1913; Goldmachergeschichte, 1925) ebbero, come i romanzi (Der Golem, 1915; Das Gru¨ne Gesicht, 1916; Walpurgisnacht, 1917; Der weisse Domenikaner, 1921), larga diffusione.

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tutte, l’“Hermetic Order of the Golden Dawn”, fondata nel 1888, enumero`, 55 tra i suoi adepti, Bram Stoker, T. S. Eliot e il poeta irlandese W. B. Yeats , che se ne allontano` solo nel 1923. Una branca scismatica della “Golden Dawn”, frequentata anche da Crookes, fu invece fondata dal ‘mago’ MacGregor Mathers, cognato del filosofo Henri Bergson, mentre il medium spiritista Stainton Moses era stato affiliato della setta segreta denominata “Societas Rosicruciana in Anglia”, creata con il patrocinio di Bulwer Lytton. Altro suo membro importante fu Alistair Crowley, sinistro ierofante teorizzatore di una magia sessuale che non fu priva di influenze su Evola e che, attraverso l’affettuosa amicizia di quest’ultimo con Sibilla Aleramo56, ebbe altre, ulteriori ripercussioni. Crowley, dopo un tormentato percorso occultistico, fondo` a Cefalu`, in Sicilia, verso il 1920 (mentre Keyserling, fondava a Darmastadt la sua “Scuola della Saggezza’’), un centro di formazione di esoteristi, la “Abazia di Thelema”, di rabelaisiana memoria, contraltare della piu` celebre “Abazia” di Monte Verita`, sorta nei primi anni del ’900, ad Ascona, in Svizzera57, come colonia vegetariana e naturista e ben presto divenuta polo internazionale di incontro tra teosofi, occultisti di varie scuole e provenienze e seguaci del movimento della Lebensreform, della riforma della vita (frequentata, tra gli altri, da Hermann Hesse, da Isadora Duncan, da Martin Buber e, piu` tardi da Jung e da Gropius). Tuttavia, nel periodo a cavallo tra i due secoli, la vera capitale dell’occultismo fu Parigi, dove, come scrisse Somerset Maugham (che a Crowley si ispiro` per il suo romanzo The Magician58), era scoppiata una vera e propria “mania” per l’occultismo, e dove l’attivita` di personaggi come Papus, Pe´ladan, Stanislav de Guaita, Saint-Yves d’Alveydre creo` una straordinaria concentrazione di circoli iniziatici. Uno dei piu` noti fu la “Societa` 55 Yeats comincio` ad occuparsi di occultismo ancora molto giovane, attorno al 1885-87, iscrivendosi dapprima alla Societa` Teosofica, indi entrando a far parte della «Hermetic Students of the Golden Dawn», di cui fu a capo per un certo periodo. Oltre ai riferimenti esoterici presenti numerosi nelle sue poesie, ricordiamo, tra i suoi scritti di esplicito contenuto occultistico: A Vision, (1925; tr. it.: Milano, Adelphi, 1972). Su di lui: A. G. Stock, W. B. Yeats. His Poetry and Thought, Cambridge University Press, 1961. 56 Cfr.: S. Aleramo, Amo dunque sono, Milano, Mondadori, 1927, e B. Conti e A. Morino, S. Aleramo e il suo tempo, Milano, Feltrinelli, 1981. 57 Cfr.: Monte Verita`: Antropologia locale come contributo alla riscoperta di una topografia sacrale moderna, Milano, Electa, 1978, e R. Landmann, Ascona Monte Verita`, Frankfurt 1979 e 1985. 58 W. S. Maugham, The Magician, London, Heinemann, 1908; tr. it.: Roma, Corbaccio, 1913. L’affermazione di Maugham si trova nel Frammento di autobiografia ed e` cit. da P. Faini, nell’Introd. a Il mago, Roma, Newton Compton, 1995, p. 5.

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teosofica d’Oriente e d’Occidente”, fondata dalla contessa Maria De Mariategui (1832-1895), animatrice di uno straordinario “salotto” magicooccultistico parigino, da cui si stacco` un “Circolo della Stella Celeste” di cui 59 fecero parte, tra gli altri, Ch. Richet , Edouard Schure´ e Louis Dramard, quest’ultimo, a sua volta, iniziatore di una loggia francese della Societa` Teosofica che teneva le sue riunioni nella redazione della «Revue Socialiste», di cui il Dramard fu fondatore e direttore. Grande influenza ebbe anche l’“Ordre Cabalistique de la Rose+Croix”, fondato, nel 1890, da Stanislav de Guaita, occultista che fu compagno di scuola di Maurice Barre`s (altro intellettuale legato ad ambienti occultistici), amico di Huysmans e di Paul Adam ed egli stesso poeta (pubblico`, nel 1883, un volumetto di versi La Muse Noire dedicato a Leconte de Lisle e creo` una rivista, «Le Symbolisme», sulla quale scrissero noti poeti del tempo)60. Nel 1891, il poeta Paul Adam fondera`, insieme ai suddetti e al “papa iniziatico” Ge´rad Encausse, detto Papus, un “Ordine Martinista”, ispirato alle dottrine di Claude de Saint-Martin, che ebbe un numero estremamente elevato di affiliati (si parla di circa ventimila61) e del quale fecero parte Rene´ Guenon, Arturo Reghini, animatore della Biblioteca Filosofica di Firenze, e... Gabriele D’Annunzio (con il nome iniziatico di Ariel)62. A Parigi, in particolare, il milieu artistico e letterario spesso si mescolava, sin dai tempi di Nodier e della Seraphita di Balzac, a quello esoterico.

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Charles Richet (Parigi 1850 – ivi 1935; pr. Nobel, 1913; acc. di Francia dal ’14) fisiologo, effettuo` importanti studi sul sistema nervoso e la fisiologia degli stati alterati di coscienza. Considerato da Morselli (Psicologia, cit., I, pp. 70-71) l’iniziatore della metapsichica, conio` numerosi termini poi largamente utilizzati in campo scientifico ed occultistico (da criptestesia a «sesto senso»), fu membro della Society for Psychical Research e ne divenne presidente nel 1901. Tra i suoi scritti: Du sonnambulisme provoque´, in «Journal de l’Anat. et de la Phys.» XI, 1875, pp. 348-378, poi in «Revue philosophique» X, 1880; L’Homme et l’Intelligence, fragments de philosophie, Paris 1884. 60 Stanislav de Guaita (1861-1898) «curioso rampollo d’un incrocio di sangui tedesco, italiano e lorenese», allievo di Jose´ph Pe´ladan e discepolo di Eliphas Le´vi, morfinomane, occultista (cfr. gli Essais de Sciences Maudites, 3 voll., Paris 1890-97, varie edd.) fu al centro di un’oscura leggenda, in bilico tra agiografia e satanismo Cfr. M. Barre`s, Un renovateur de l’Occultisme, Stanislav de Guaita (1861-1898), Paris 1898. Interessanti note in M. Praz, La carne, la morte, il diavolo nella letteratura romantica, Firenze 1948 (1966 alle pp. 288 e 295-96). 61 Sul panorama occultistico francese, cfr, soprattutto: A. Faivre – S. Hutin – J. Se´guy, Histoire des re´ligions, Paris Gallimard, 1970-79, vol. II (tr. it.: Esoterismo, spiritismo, massoneria, a c. di H. C. Puech, Bari, Laterza, 1990, cap. 6) e anche, M. Introvigne, Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, Milano, Sugarco, 1990. 62 Cfr. M. Introvigne, Il cappello, cit., p. 229 e A. Mazza, D’Annunzio e l’occulto, Roma, Ed. Mediterranee, 1995, lacunoso da un punto di vista scientifico, ma tuttavia interessante.

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Gia` Victor Hugo si era interessato di spiritismo, alla tavola di Guernesey; Nerval e Villiers de l’Isle-Adam avevano avuto contatti con l’ambiente iniziatico e con il martinismo; alchimisti affiliati al martinismo, come Jollivet-Castellot, poterono vantare, tra i loro amici, scrittori della levatura di August Strindberg, la cui Sylva sylvarum, rivela una spiccata propensione esoterica. La nuova generazione, simbolista e decadente, amo` ancor di piu` i 63 turbamenti e le esaltazioni dell’occulto . Jose´phin Pe´ladan, fecondo compositore di romanzi64 dove l’estetismo si mescola al misticismo occultistico e di opere teatrali che conobbero larga notorieta`65, riuscı` a radunare attorno a se´, in un circolo che chiamo` della “Rosa+Croce Estetica” – di cui fece pubblicare il Manifesto sul «Figaro» (il 2 settembre 1891) e che presiedette con il nome di Saˆr Me´rodack –, artisti come Gustave Moreau, Odilon Redon, Fe´licien Rops, Georges Rouault, che esposero nei Salon de la Rose+Croix (Gaetano Previati, nel 1892, era presente con Maternita`), poeti come Saint-Pol Roux e musicisti della levatura di Erik Satie. Maurice Barre´s, Jules Bois, Charles Maurras, negli anni in cui Marinetti conseguiva il suo baccalaure´at e`s lettres, si radunavano, con Le´on Bloy, convinto assertore della corrispondenza invisibile tra gli esseri, attorno a Papus, instancabile organizzatore di occasioni di incontro e di studio esoterico. Sempre a Parigi, proprio sul finire del secolo, si svolsero tre Congressi spiritici internazionali, che videro un’ampia partecipazione di investigatori e operatori dell’occulto: il primo, nel 1889, presieduto da Papus (al quale assistette una folta rappresentanza di italiani), ebbe luogo in concomitanza con il gia` citato Congresso di psicologia e con il Primo congresso internazionale di ipnotismo sperimentale e terapeutico; il secondo, ancor piu` nutrito di “osservatori” esterni, nel 1900, presidenti onorari Sardou, Wallace 63 A. Viatte, Les sources occultes du Romantisme, 2 voll., Paris, Champion, 1962; A. Mercier, Les sources e´sote´riques et occultes de la poe´sie symboliste, 2 voll., Paris, Nizet, 1969, 1974; K. R. Kanters – R. Amadou, Anthologie litte´raire de l’occultisme, Paris, Seghers, 1950, 19752; J. Prieur, L’europe des medium et des initie´s. 1850-1950, Paris, Perrin, 1987; G. Poulet, Nerval, in Le metamorfosi del cerchio, Milano, Rizzoli, 1971, pp. 245-64; G. Cattaui, Orphisme et profe´tie chez les poe`tes franc¸ais. 1850-1950. Hugo, Nerval, Baudelaire, Mallarme´, Rimbaud, Valery, Claudel, Paris, Plon, 1965. 64 Riuniti poi in cicli narrativi, alla moda di Balzac: La de´cadence latine (1885-1907) e Amphite´aˆtre des sciences mortes (1892-1911). 65 Oedipe et la Sphinx, 1897; Semiramis, 1897. Larga diffusione ebbe il suo trattato Comment on devient mage (1892). 66 Cfr.: Compte rendu du Congre`s Spirite et Spiritualiste International tenu a` Paris du 9 au 16 septembre 1889, Paris 1890 (ma cfr. anche il «Fanfulla della Domenica», 25 ottobre 1989). Compte rendu du Congre`s International Spirite et Spiritualiste tenu a` Paris du 16 au 27 sept. 1900,

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66 e Aksakov; il terzo si tenne nel 1908 . Nel corso dei lavori, soprattutto dei primi due, si procedette a un censimento delle “scuole” e a un riordino della materia dottrinaria, per settori e per indirizzi. Il risultato ebbe, naturalmente, larga diffusione soprattutto sulla stampa specializzata, la quale vantava un numero sorprendente di testate: Adriano Pappalardo, nel suo fortunato libro sullo Spiritismo (pubblicato tra i manuali Hoepli nel 189867, recensito da Vailati68 e da Gentile e arrivato alla quarta edizione nel 1910) afferma che «Fra l’America e l’Europa si pubblicano ben 87 riviste spiritiche» – e anche una fonte ben piu` severa, lo psichiatra Enrico Morselli, ci conferma questi dati. Secondo l’alienista «al Congresso [spiritista] dell’89 (a Parigi) erano rappresentati ben 88 periodici della materia», numero che si era ulteriormente ampliato, fino a raggiungere, a suo dire, nel 1907, le 158 pubblicazioni tra «Efemeridi spiritistiche pure o affini» e «Efemeridi metapsichiche, o parzialmente dedicate alla psicologia supernormale», e senza contare «quelle esclusivamente occultistiche, teosofiche, ermetiche, ecc. » (tra le quali erano particolarmente diffuse «Urania», «Lumen», «Stella», «Ultra»). A queste, bisogna ancora aggiungere le riviste che, pur in veste parascientifica, davano largo spazio all’indagine dei fenomeni paranormali (come «Lo Spiritismo» di Palermo; il «Giornale di psicologia sperimentale», di Giuseppe Vassallo Paleologo e del prof. Paolo Morello, storico e filosofo della locale universita`, lo «Psicologo» di Milano, «Psiche» di Napoli), nonche´ il gran numero di articoli dedicati alla ricerca psichica, ai poteri latenti della mente, alle apparizioni, ecc. da periodici scientifici di tutto rispetto (la «Revue philosophique», l’«Anne´e psychologique» di Binet, il «Journal du magne´tisme», la «Rivista di freniatria» di Morselli, l’«Archivio di Psichiatria e Antropologia criminale» di Lombroso,

Paris 1901; Compte rendu complet des Travaux du Congre`s et du Couvent mac¸onique Spiritualiste, Paris 1910. 67 I manuali Hoepli, collana di cultura popolare, comprendente nel 1908 circa 900 titoli, costituivano in quegli anni un importante canale divulgativo, di ampia diffusione e di discreto livello «scientifico», che si proponeva di fornire informazioni aggiornate sugli argomenti, le tecniche e i mestieri di generale interesse. Non a caso, a cavallo tra i due secoli, vi comparvero alcuni titoli di impronta spiritualistico-esoterica, evidentemente rispecchianti le richieste del pubblico. Tra di essi, il manuale di Nigro Lico` sull’ Occultismo (1905); quello di Pappalardo su La telepatia (1902); quello di Pavolini sul Buddismo; di Lombroso sulla Grafologia; di G. Belfiore su Magnetismo e ipnotismo (1898; 1914 4); di J. Finzi sulla Psichiatria (comprendente una sezione dedicata alla «psicologia sperimentale»); di Giordano sulla Teosofia. 68 Pappalardo, Spiritismo, in «Archivio di Psichiatria, Scienze penali ed Antropologia criminale», vol. XIX, fasc. 5-69, ora in G. Vailati, Scritti, cit., III, p. 135.

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il quale, per qualche anno, dedico` una rubrica speciale ai fenomeni di medianita` e di “psichismo”), dalle riviste letterarie (dalla «Revue des Deux Mondes» al «Mercure de France», dalla «Nuova antologia» a «Scena illu69 strata») e dalla stampa quotidiana . Se in Francia non disdegnarono trattare di spiritismo il «Figaro» e dal «Temps», in Italia, i quotidiani non furono da meno: il «Corriere della Sera», alimento` la notorieta` della medium Eusapia Paladini ospitando sulle sue pagine un’aspra polemica tra il direttore Torelli-Violler e gli scienziati che la esaminarono70; «La Stampa», «Il Giornale d’Italia» e il «Il Mattino» riservarono molto spazio alle vicende della medium napoletana ai tempi della “conversione” di Cesare Lombroso e degli esperimenti di Morselli (sui quali Morselli fu intervistato da Matilde Serao). Molto spazio fu riservato a questi fenomeni anche dal «Caffaro» e dal «Secolo XIX» di Genova, il cui direttore, L. A. Vassallo (Gandolin) era presidente del locale “Circolo Scientifico Minerva” (insieme al «prof. Francesco Porro, direttore dell’Osservatorio astronomico nella R. Universita` [...]; dott. G. Venzano, distinto medico-chirurgo e perito nei Tribunali; Ernesto Bozzano, studiosissimo ed eruditissimo psichicista»71), dove, tra il 1901 e il 1907, si svolsero gli esperimenti di «spiritismo scientifico» di Morselli con la Paladino. Vassallo partecipo` anche ad alcune sedute spiritiche del medium romano Augusto Politi – che, noto a Luigi Capuana e a Pirandello, contribuı` anche alla “conversione” del direttore del «Messaggero», Luigi Cesana – e pubblico`, nel 1902, sui fatti spiritici un libro divenuto famoso72. Di Politi (come della Paladino, di Linda Gazera e altri noti medium), si occuparono molto anche il «Vessillo spiritista» di Roma, diretto da Ernesto Volpi (1895-1902), e molte altre riviste. La produzione dei libri non e` niente in confronto alle nasce di interessanti riviste di pensiero cui abbiamo assistito negli ultimi anni – scriveva Papini sul «Leonardo», nel 1907 –. I metapsichisti, dopo il volontario esilio degli «Annali di scienze psichiche» hanno avuto il loro organo in «Luce e Ombra» (1901) – i teosofi nella «Nuova Parola» (1902) – in cui pero` la teosofia era mascherata da molta letteratura spiritualista, e ora hanno anche la piccola rivista «Ultra» (1907). La prima rivista d’idee, nel senso di 69

Ivi, I, pp. XLIII-XLVII. Cfr. «Corriere della Sera», 25 settembre – 12 ottobre 1892: A proposito di esperimenti spiritici, Lo spiritismo a Milano, Gli esperimenti spiritici di Eusapia Paladino, ecc. 71 E. Morselli, Psicologia, cit., pp. 174-5. 72 Cfr. L. Capuana, Mondo occulto, cit., p. 240 e n. Il libro di L. A. Vassallo si intitola Nel mondo degli invisibili (Editoriale Insubria, s. l., 1902) ed e` incentrato sulle prestazioni di medium famosi, da Home alla Paladino. 70

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libera ricerca in ogni direzione, senza l’intenzione di fare ne´ della filosofia tecnica ne´ della religione piu` o meno camuffata e` stata il «Leonardo» (1903) di cui sono sorte recentemente due imitazioni: il «Coenobium» (1907) e «Prose» (1907)73.

A Roma, oltre al il mensile «Lux» (dall’88) espressione della “Accademia Internazionale per gli studi spiritici e magnetici”, diretto da Giovanni Hoffmann, venivano stampate «Nova lux», «Ultra, rivista teosofica» (diretta da Decio Calvari); la «Nuova Parola» (dir. A. Carvesato; vi collaborarono De Amicis, Prezzolini, l’Aleramo), poi fusasi con «Coenobium» (1906-19), alla quale affluiranno, tra gli altri, interventi di G. Rensi e E. Bignami, di G. Amendola e G. Gentile: «indice internazionale – secondo G. P. Lucini – della piu` moderna metafisica che accoglie la cristologia e i dibattiti sulle religioni, sulla storia dei riti e dei dogmi, sulle manifestazioni spiritiche». A Torino, a partire dal 1866, ebbero una certa rinomanza gli «Annali dello Spiritismo» (Torino 1864-1898), organo della “Societa` torinese di Studi spiritici”, diretta da Vincenzo Scarpa – (che fu segretario di Cavour e conosciuto col nome massonico di Niceforo Filalete)74. Ma la piu` nota tra le riviste spiritiche fu senza dubbio «Luce ed Ombra», fondata a Milano, da Angelo Marzorati (nel 1894), frequentatore degli ambienti scapigliati dove, da Praga a Tarchetti, da Rapisardi a Butti, la “moda” dell’occulto aveva gia` seminato inquietudini e suggestioni75. «Luce ed Ombra», dopo una breve parabola letteraria, era destinata a divenire, grazie ad Aristide Brioschi, facoltoso proprietario di un’industria chimicofarmaceutica, uno dei piu` importanti e longevi organi di diffusione degli studi sul paranormale76; fu affiancata da una “Societa` di Studi Psichici”, di 73

Franche spiegazioni. (A proposito di rinascenza spirituale e di occultismo), in «Leonardo», V, aprile-giugno 1907, pp. 129-43. Su «Nuova Parola» e «Coenobium», cfr. D. Cofano, Il crocevia occulto, cit. 74 Sui primordi del nuovo spiritismo in Italia, cfr. P. Turiello, Lo spiritismo italiano e la Scienza, Napoli, Tip. Reale Universita`, 1897. 75 Che non mancarono di riflettersi variamente sulla contemporanea produzione letteraria: cfr. in particolare, i Racconti fantastici di Iginio Ugo Tarchetti, e, a c. di G. Finzi, Racconti neri della Scapigliatura, Milano 1980. Cfr. anche G. Mariani, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1967. 76 Ebbe vita assai lunga: dal 1901 al 1931 fu a Milano, diretta da Marzorati; edita a Roma dal gennaio del 1932, con un diverso nome: «La ricerca psichica», fu diretta da Antonio Bruers (1932-1934) e da Achille Brioschi (dal luglio ’34 al sett. ’39, quando fu soppressa dal fascismo). Dopo la guerra, riprese nel ’47 per opera degli editori Bocca, Gastone De Boni direttore, divenuta «Bimestrale di studi metapsichici e di problemi dell’anima e del pensiero». Sempre a Milano, dal 1895 al 1898, fu pubblicata la «Rivista di studi psichici» di

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cui Marzorati si occupera` a tempo pieno, avendo cura di mantenerne alto il livello: la societa` diede la presidenza onoraria ad Antonio Fogazzaro, che ne fu fervido sostenitore, e aprı` le sale ad un fitto programma di attivita` che videro la partecipazione di scrittori quali Luigi Capuana, Salvatore Farina, Arrigo Boito e Luigi Barzini; tra i soci, figuravano Lombroso e Morselli, e studiosi stranieri come W. Crookes, C. Flammarion, Th. Flournoy, O. 77 Lodge, Ch. Richet . Oltre ad essa, anche in Italia, vi furono altri centri di diffusione spiritualistica: la “Biblioteca esoterica napoletana”, il “Gruppo Roma” e la “Lega Teosofica indipendente” a Roma, il gia` menzionato “Circolo scientifico Minerva” di Genova e le Biblioteche filosofiche di Firenze e di Palermo, nel cui ambito gravitarono, come vedremo, importanti figure della nostra scena culturale. Similmente ad altre riviste di spiritismo, «Luce ed Ombra» lego` per un certo periodo le proprie vicende alla medium Eusapia Paladino, la quale, in Italia, diede un formidabile contributo al dibattito sul soprannaturale o «naturale superfisico», come i piu` accorti preferivano chiamarlo: a lei si interessarono un po’ alla volta i nomi piu` autorevoli nel campo della ricerca psichica e della cultura – da Crookes a Gibier, da Aksakov a Richet, da Schiaparelli a Flammarion da Oliver Lodge a Ochorowicz, da Hodgson a Sigdwick, da Sully-Prudhomme a Sardou – molti dei quali non tardarono a farsi avanti e a partecipare alle sedute. Dopo gli esperimenti con la Paladino, Morselli, nel 1908, scriveva: «I fenomeni spiritici sono stati accertati da un numero cosı` grande di testimoni che risulta ormai assurdo e ridicolo dubitare della loro realta`»; del medesimo suo parere si dichiararono, grazie alla Paladino, le personalita` intervistate nel corso della Inchiesta 78 internazionale sui fenomeni medianici . Sulla Paladino, comincio` a fiorire una vasta letteratura internazionale. Scorrendola ci si rende conto dell’ampio spettro di pubblico cui era indirizzata: dagli specialisti, interessati all’attesa formulazione di valide ipotesi scientifiche, al pubblico degli spiritisti, per i quali i fenomeni prodotti erano prova irrefutabile di realta` soprasensibili, fino al “grande” pubblico, incuriosito dal personaggio e dal gran parlare che se ne faceva, avido soprattutto di notizie e di pettegolezzi79. Ermacora e Finzi, che poi, sotto la direzione di Baudi di Vesme, si fondera` con la «Revue d’e´tudes psychiques» e gli «Annales des sciences psychiques». 77 E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 81 nota. 78 Edita a Milano, a c. di F. Jachini Luraghi, nel 1907. 79 Cfr. E. Morselli, Psicologia, cit., I, pp. 134-69; L. A. Vassallo, Nel mondo degli invisibili, cit., passim; L. Barzini, Nel mondo dei misteri con Eusapia Paladino, Milano, Baldini Castoldi & C., 1907.

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In questo quadro, anche l’occultismo, tornato in auge grazie alle ricerche psichiche, pote´ spesso non venir interpretato in opposizione all’indirizzo positivistico, bensı` come possibile campo di esplorazione della scienza stessa. Si credeva abbastanza correntemente, tra gli scienziati, che “le scienze occulte potessero dare un contributo alle scienze riconosciute, se non altro come l’alchimia aveva contribuito allo sviluppo della chimica e 80 l’astrologia a quello della astronomia” . Prova indiretta ne e`, anche, la somiglianza di impostazione tra la trattatistica sullo spiritismo e la ricerca psichica, tra i libri scritti da credenti, adepti o semplici divulgatori, e gli studi scientifici pubblicati da chi, a volte, aveva dedicato parte della sua carriera alla sperimentazione (valgano per tutti gli esempi di Crookes e di Morselli). Entrambi i “generi” muovono dai medesimi punti di partenza, estendendo a un campo eterodosso quel metodo comparativo che era entrato nello studio dell’uomo a partire da Vico. E` la ricerca di radici culturali che muove gli spiritisti, la ricerca di antecedenti antropologici che sollecita gli scienziati. Solo i piu` colti (come Morselli) condussero questa operazione su materiali di prima mano, ma essa non manca mai, anche nei manuali divulgativi: indice del significato culturale che si attribuiva alla constatazione della diffusione storica e geografica di questi fenomeni, tra i quali venivano inclusi il fachirismo, la telepatia, i riti di incubazione e di trance. Un vero lavoro di fondazione culturale, che, sull’esempio anche di quel monumentale lavoro di raccolta di dati e di compilazione che fu il Phantasms of the Living di Gurney Myers e Podmore (del 1886, ma ancora citato dal «Leonardo»), proponeva per la prima volta alla cultura moderna una problematica che solo recentemente e` stata recuperata dagli studi antropologici: quella della «realta` dei poteri magici» o della loro «efficacia simbolica». Secondo molta trattatistica, la possibilita` e finanche realta` di questi poteri sarebbero state provate storicamente dal rilievo che tutti i popoli, sia pure in modi e misure diverse, diedero a queste fenomenologie: molti, anche tra gli intellettuali, dimostrarono di credere che i poteri perduti fossero «privilegi adamitici», posseduti dall’uomo dell’eta` dell’oro e recuperabili grazie a un assiduo addestramento. Non occorreva essere occultisti, del resto, per capire, dalle nuove scoperte scientifiche, che accanto a un mondo visibile ne esisteva un altro invisibile, sui confini del quale la scienza cominciava appena a muoversi. 80

E. R. Dodds, Supernormal Phenomena in Classical Antiquity, in: The Ancient Concept of Progress, London, Oxford University Press, 1973 (trad. it.: Parapsicologia nel mondo antico, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. XXVII-XXVIII).

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Dal 1779, anno in cui Memsmer rese pubblica la sua scoperta del «magnetismo animal»”, agli inizi dell’Ottocento, quando Ernst Chladni, con l’ausilio di vibrazioni acustiche, riuscı` a creare bizzarre figure geometriche rispondenti alla frequenza delle vibrazioni, l’Ottocento si presenta come una galleria di “meraviglie” scientifiche. Gia` il barone Carl Ludwig von Reichenbach (1788-1869), chimico, aveva affermato che ogni corpo, organico o inorganico, possiede una debole radiazione luminosa, caratterizzata da un 81 polo positivo e uno negativo, che egli chiamo` «Od» ; nel 1888 Hertz dimostro` l’esistenza delle onde elettromagnetiche; nel 1895, Ro¨ntgen scoprı` i raggi X, in grado di rendere visibile l’interno di corpi solidi; nel 1905, Marie Curie rese pubblica la scoperta del radio e della radioattivita` e gia` nel 1902 Rutherford aveva scoperto la divisibilita` dell’atomo ed era riuscito a scinderlo, mentre Marconi procedeva agli esperimenti di trasmissione di “onde” immateriali oltre Atlantico. La discussione su simili temi dimostrava, al di la` di ogni distinzione, il potere operativo di forze invisibili e intangibili, della cui realta` non era tuttavia possibile dubitare. «La scoperta del fenomeno della radioattivita` – scriveva Maria Curie – aggiunge un altro gruppo al grande numero dei raggi invisibili che ora si conoscono. Dobbiamo riconoscere ancora una volta quanto e` limitata la nostra facolta` di percezione del mondo»82. In questo senso, anche Marinetti, scorgendo nei raggi X un fattore di ampliamento delle possibilita` umane, aveva esclamato: «Sia gloria al tuo nome Ro¨ntgen»83. Verso la fine del secolo, si comincio` anche a discutere di quarta dimensione. Ne parlo` per primo, intorno al 1880, l’astrofisico di Lipsia Friedrich Zo¨llner, il quale, sulla scorta di Immanuel Kant e della geometria non euclidea del matematico Riemann, postulo` la necessita` di dimensioni ulteriori, sicuramente esistenti anche se inconoscibili attraverso la normale attivita` dei sensi. Zo¨llner, che si occupava di ricerca psichica (ricordiamo i gia` menzionati esperimenti col medium Slade), si servı` del risultato delle

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C. von Reichenbach, Odisch-Magnetische Briefe, Stuttgart 1852 (1) 1856; Der Sensitive Mensch und sein Verhalten zur Ode, Stuttgard 1854-55 e Aphorismen u¨ber Sensivita¨t und Od, Wien 1866. 82 Cit. in L. D. Henderson, Die moderne Kunst und das Unsichtbare: Die verborgenen Wellen und Dimensionen des Okkultismus und der Wissenschaften, in Avantgarde und Okkultismus, cit., p. 193. 83 F. T. Marinetti, La grande Milano tradizionale e futurista, in La grande Milano tradizionale e futurista e Una sensibilita` italiana nata in Egitto, a c. di L. De Maria, Milano, Mondadori, 1969, p. 83.

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sue esperienze sulla penetrabilita` della materia per spiegare, attraverso 84 l’ipotesi dello spazio a n dimensioni, parte della fenomenologia medianica . Alle sue ipotesi, si associarono Carl du Prel e Hellenbach e, nel 1909, il russo Uspenski, che in Tertium organum, parlava della presenza, nei mistici, nei poeti e negli artisti, di una «coscienza cosmica» aperta alla quarta dimensione85. Questa «quarta dimensione» non solo occupera` per decenni il pensiero dei fisici e dei filosofi, da Minkowski a Einstein, ma nutrira` anche i romanzi utopici e l’espressione delle arti figurative, mentre una vasta produzione di opere divulgative e di letteratura fantastica a sfondo scientifico popolera` il mercato librario, opera, spesso, di noti studiosi, come Camille Flammarion. Sul versante degli «agenti causali» non visibili, delle azioni e degli psichismi incontrollati, si situava anche il lavoro di Sigmund Freud, che, destinato a ispirare elaborazioni scientifiche e letterarie che resteranno come pietre miliari nel nostro secolo, sara` tuttavia conosciuto, almeno in Italia, solo a partire dal 1910. Ancora piu` tarda, e dunque scarsamente significativa nel quadro del nostro discorso, fu, da noi, la penetrazione di Jung. In Italia, in campo psicologico, i maggiori organi di diffusione scientifica saranno infatti, ancora per molto tempo, influenzati dal clima positivistico-lombrosiano-darwiniano, come la «Rivista di Psicologia» che, diretta da Giulio Cesare Ferrari (professore di psicologia a Bologna, sperimentalista stretto e propagandista di William James in Italia) sara` improntata ad un pragmatismo tutto intriso di stanco positivismo86.

84 Di Zo¨llner: Wissenschaftliche Abhandlungen, 3 voll.: vol. III: Die trascendentale Physik und die sogenannte Philosophie, Liepzig 1878-79 (trad. ingl. 1882). 85 1911 (con il sottotitolo: A Key to Enigmas of the World, London 1922) e gli studi sulla quarta dimensione pubblicati in Russia nel 1909 e poi in ed. tedesca. Ricordiamo anche il libro di Edward Hinton, The Forth Dimension (1906). 86 M. David, La psicoanalisi cit., p. 156: «Ardigo`, Aliotta, Assaggioli, Binet, Levi-Bianchini, Lombroso, Morpurgo, Gemelli, De Sanctis, Papini, D. Provenzal, Prezzolini erano nomi che vi apparivano spesso».

2 LA BIBLIOTECA FILOSOFICA DI FIRENZE Assistiamo oggi, nella vita, nell’arte e nelle piu` alte sfere del pensiero a un cosı` inatteso risorgimento spiritualista, che gli osservatori spassionati non sanno ancora se giudicarlo naturale ma passeggiera reazione contro gli eccessi del positivismo scientifico, o pure nuova e piu` eccelsa rifioritura d’un concetto antico quanto il mondo. [...] Per ora il meglio che possiamo dire e` quel che dicono alcuni scienziati dinanzi a questi fatti che sconvolgono tutte le loro nozioni scientifiche, o che danno l’idea di forze ignorate, di misteri della Natura contro i quali si spunta ogni acutezza d’analisi positiva; il meglio e` dire: – Aspettiamo: qualche cosa verra` fuori. (Luigi Capuana, Mondo occulto)

Quando Luigi Capuana scriveva queste parole, nel 1896, discutendo di «fatti» relativi al Mondo occulto, non faceva che registrare uno degli aspetti, forse oggi troppo poco studiato, della crisi di identita` che aveva iniziato a minare, gia` da qualche anno, le fondamenta del sistema epistemologico tardo-ottocentesco. I primi sintomi di ribellione a quella che Croce chiamo` «dittatura» del positivismo, comparvero gia`, nella cultura italiana, alla fine degli anni ’80. Proprio allora, infatti, cominciarono a levarsi le prime voci che manifestavano un disagio diffuso e destinato a divenire sempre piu` profondo: si lamentava l’insoddisfazione di «doversene stare ai ritrovati delle scienze e rassegnarsi nel rimanente all’agnosticismo», mentre riprendeva vigore «un certo diffuso spirito tra romantico e mistico che rendeva intollerabile il 1 grossolano semplicismo positivistico» . Il sistema ideologico-culturale che aveva sostenuto la vita dell’Italia postunitaria, troppo fragile e limitato nelle 1

B. Croce, Storia d’Italia dal 1871 al 1915, cit., 1977 (3˚ed.), pp. 225-26.

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sue fondamenta, cominciava a dimostrarsi ora, in un panorama sempre piu` ricco di fermenti e di inquietudini, profondamente inadeguato a fornire chiavi di lettura di una realta` la cui descrizione non sembrava potersi esaurire nei ‘‘dati’’. L’affievolirsi delle vecchie certezze e la ricerca, talvolta spasmodica e incomposta, di nuovi punti di riferimento epistemologici, morali e intellettuali, saranno le caratteristiche di quella lunga crisi che travagliera` la cultura italiana fino allo scoppio della prima guerra mondiale, crisi della quale la ripresa di istanze irrazionalistiche e di studi occultistici rappresentera` uno, anche se non il minore, dei tanti volti. La crisi non derivo` tuttavia soltanto dal movimento di idee che si levo`, in funzione antipositivistica, a denunciare le strettoie di un determinismo soffocante: le sue radici affondavano nello stesso positivismo, nelle contraddizioni che questo aveva non consapevolmente coltivato anche negli anni del suo piu` incontrastato dominio, e dalle quali le nuove generazioni prendevano ora lo slancio per condurre la loro battaglia per lo svecchiamento. Coloro che dell’antipositivismo fecero la loro bandiera, seppure da una parte tesero, in parallelo a quanto si era verificato o andava verificandosi nel resto d’Europa, all’affermazione di nuove idealita`, dall’altra recuperarono infatti, sotto varie forme, quelle istanze spiritualistiche che il romanticismo non aveva esaurito e che il materialismo e il determinismo dell’eta` positivista non avevano del tutto soffocato. Nell’ambito di questo filone di «irrazionalismo positivista» possiamo annoverare non soltanto tutto quel vasto settore di esperienze sul paranormale in cui, come abbiamo visto, furono implicate le maggiori personalita` del mondo scientifico del secondo Ottocento; non soltanto le illazioni, le deduzioni e gli sviluppi speculativi che molti di quegli scienziati ne avevano tratto in sede pseudofilosofica, inoculando germi di contraddizione in una descrizione del mondo che pretendeva di essere esaustiva e coerente; ma anche le ambigue conseguenze che alcuni dei nostri filosofi positivisti fecero discendere da postulati apparentemente volti ad affermare il primato incontrastato di una ragione pratica e antimetafisica. Il modello meccanicistico proposto e sostenuto dalla scienza positiva, cosı` come il naturalismo filosofico cui pretendevano di attenersi i nostri pensatori, non escludevano, nella sostanza, il sussistere, ora esplicito ora in nuce, di tendenze spiritualistiche o addirittura misticheggianti, che, in varie forme, si camuffavano sotto un preteso agnosticismo formale. Era come se «l’uomo positivo», pur avendo accordato all’intelletto razionale ogni primato conoscitivo, non si rassegnasse a vedere l’orizzonte spirituale fatto vuoto e deserto; e allora,

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con l’apparenza di voler «scientificamente» e «positivamente» verificare tutti i «fatti» inerenti al mondo umano, si applicasse a studiare in particolare quelli passibili di rimandare a una dimensione trascendente: le differenti forme dell’esperienza religiosa, e le varie manifestazioni che possono rientrare nel campo del paranormale. Tra la cultura positivista e la «cultura della crisi», si possono cosı` riscontrare, nonostante le velleita` di rottura dei nuovi ceti intellettuali, numerosi elementi di continuita`, rappresentati proprio da quel penchant di irrazionalismo esoterico che, pur mutato di segno e con altre valenze, si trasmette dal vecchio al nuovo secolo, fino ad assumere nelle formulazioni estetiche delle avanguardie un ruolo di primo piano. Proprio l’intreccio di queste diverse componenti rende di fatto impossibili schematiche periodizzazioni: se dovessimo tracciare i limiti cronologici della lunga crisi che attraverso` la cultura italiana alla fine del secolo XIX, dovremmo constatare che al tramonto delle antiche certezze non corrisponde «l’alba di un nuovo mondo», ma che vecchio e nuovo, ora piu` che in altri momenti dalla nostra storia culturale, si mescolano tra molti fraintendimenti e confusioni, in un complesso intreccio dove l’antico si traveste di nuovo e il nuovo raccoglie e trasmuta i cascami del vecchio. Ma il movimento di reazione che si levo`, nei primi anni del nuovo secolo, di contro alla «dittatura» positivista non volle o non pote´ scorgere gli elementi di continuita` che collegavano le «nuove» istanze dello spirito all’epoca appena – e non del tutto – trascorsa. Scriveva, nel 1907, Papini: Da qualche anno, in Italia, l’aria spirituale e` cambiata. Si sente parlare di rinascite dell’idealismo e dello spiritualismo, di neo-idealismi e di nuovi spiritualismi, di risveglio mistico, di ricomparsa della fede, di avvento del regno dello spirito e dell’Uomo-Dio, del trionfo della vita interna, del valore e del dominio dello spirito e soprattutto si odono i funebri annunzi del «tramonto del positivismo» e della «morte del materialismo». E non basta; noi vediamo tutti i giorni gente che richiama la nostra attenzione sui problemi dell’anima, sui misteri dell’al di la`, sul mondo soprasensibile, sui fenomeni occulti e ormai non si trova piu` un medico o un fisiologo che si rifiuti di riconoscere come veri ed autentici i cosiddetti fatti medianici o spiritici. [...] E tutti questi movimenti di cui parlo non sono fatti soltanto di opinioni personali e di parole volanti ma si manifestano nelle forme piu` tangibili e anche piu` pratiche. La formazione di varie societa` per le ricerche psichiche; il ripetersi sempre piu` frequente di clamorose sedute medianiche; la diffusione, alcuni anni fa abbastanza grande, della Societa` Teosofica; la fondazione e lo sviluppo della Biblioteca Filosofica di Firenze (1905); l’apparizione, pure a Firenze, di una chiesa italiana della Christian Science; il tentativo di una colonia mistica e tolstoiana fatto alcuni anni fa

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presso Roma; la proposta recente di un Cenobio laico sono i fatti esterni che hanno accompagnato questo ritorno di bisogni spirituali e religiosi fra noi. ... Questa noiosa enumerazione da`, credo, un’idea della vastita` della rivoluzione intellettuale che si va compiendo in Italia2.

In effetti, il panorama fiorentino descritto da M. M. Rossi poteva allora ben rappresentare quanto stava accadendo un po’ dappertutto in Italia, dove Firenze occupava comunque un posto di singolare rilievo, per la fervida attivita` di ricerca e di sperimentazione che vi aveva luogo in quegli anni: «Furono tentativi, ricerche, opere, spesso incompiute, polemiche continue, spesso dispersive, ma sempre animose che non seppero produrre qualche singola personalita`, capace di imporsi a lungo termine, quanto un Croce – nel campo filosofico – o uno Svevo – nel campo letterario –, ma che riuscirono tuttavia a offrire una nuova struttura al ceto intellettuale e nuovi strumenti all’avanguardia borghese dell’Italia»3. Negli anni a cavallo tra i due secoli, il concorrere di studiosi e scrittori da altre citta` d’Italia e da altre nazioni, l’attivita` di un piccolo gruppo di intellettuali particolarmente aperto alla cultura internazionale e disponibile alle avventure intellettuali fecero di Firenze un punto di riferimento per tutta la penisola4, un importante centro di elaborazione di nuove idee e di nuovi programmi. Il gruppo fiorentino, in particolare, in parallelo all’intenso lavoro critico di Benedetto Croce, contribuı` a sprovincializzare la cultura italiana, aprendola alla circolazione della letteratura e del pensiero europeo, soprattutto contemporaneo, favorendo il contatto con dottrine piu` feconde e attuali, traducendo e facendo tradurre, importando libri e riviste dalla Francia, dall’Inghilterra, dalla Germania e dagli Stati Uniti, intraprendendo un’opera di diffusione di «filosofia scientifica e di letteratura internazionale»5. L’azione svolta da Giovanni Papini si dimostro`, a questo proposito, particolarmente efficace, proprio per la sua estensione «a largo raggio», che, pur nei disordinati entusiasmi, fu capace di cogliere le istanze dei tempi e di fornire suggestioni e interpretazioni che si riveleranno anticipatrici, nelle 2 G. Papini, Franche spiegazioni (A proposito di rinascenza spirituale e di occultismo), in «Leonardo», a. V, aprile-giugno 1907, pp. 129-43. 3 A. Abruzzese, Da Trieste a Firenze. Lavoro e tradizione letteraria, in L. Strappini, C. Micocci, A. Abruzzese, La classe dei colti. Intellettuali e societa` nel primo Novecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1970, p. 218. 4 Cfr. ivi, p. 270. 5 Vale anche in questo contesto, quanto affermato da E. Garin, in La cultura italiana tra ’800 e ’900, Roma-Bari, Laterza, 1962, pp. 150-60.

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forme e nei contenuti, di interessi e linee di tendenza che saranno poi piu` ampiamente condivisi, e che ritroveremo anche nelle elaborazioni del futurismo. Certamente, alla tensione tra positivismo, irrazionalismo e idealismo, si affiancarono, in quegli anni, altri elementi, culturali e politici, che interagirono profondamente con quelli, in una situazione di generale incertezza e di crisi. Tuttavia, quanto si registra a Firenze, e tra Firenze e Napoli, tra il gruppo del «Leonardo» e Croce, e` rappresentativo di una realta` che puo` essere estesa, come dato culturale, all’Italia, di cui ben rappresenta, in quel preciso torno di tempo, l’«irrequietezza spirituale» e il tentativo di «rinascita idealistica». Di questa situazione, a Firenze, come a Genova (dove operava il «Circolo Minerva»), come a Milano (ricordiamo il cenacolo di Marzorati e Brioschi), come a Torino, a Roma, a Palermo (dove sorgera` una «Biblioteca filosofica» analoga a quella di Firenze6), fu segnale, tra gli altri, il sorgere, in contrasto e spesso in polemica con i centri ufficiali della cultura – universita` e accademie, ancora fortemente abbarbicate alla vecchia «muraglia» del positivismo –, di associazioni e circoli culturali autonomi, nati con intenti molto precisi e destinati a svolgere un ruolo di informazione, aggregazione e promozione per l’edificazione di una cultura nemica del positivismo e apertamente sensibile ai problemi della ricerca religiosa e spirituale. La loro attivita`, lungi dal rinchiudersi in un ambito ristretto per pochi iniziati, si aprı` ad un pubblico ampio, offrendo un ventaglio di «novita`» culturali (che spesso saranno in realta` colti repeˆchages) e di opportunita` formative nuove rispetto a quanto tradizionalmente offerto dal «mercato» culturale ottocentesco. Essi seppero attirare nella propria orbita i nomi piu` significativi dell’e´lite intellettuale, avviando un circuito di discussioni e di produzione letteraria, artistica e perfino, in taluni casi, filosofica, che trovo`, nelle pubblicazioni da loro stessi promosse e sulle pagine delle riviste contemporanee, un mezzo di circolazione ancora piu` ampio ed efficace. Una di queste istituzioni, la Biblioteca Filosofica di Firenze, vide radunate attorno a se´, in veste di animatori o collaboratori, personalita` particolarmente attive. Nata nel 1905, sulla base di un fondo di origine teosofica, la «Biblioteca circolante di Scienza, Filosofia, Religioni» o, come snobisticamente amo` chiamarla Papini, anglicizzando, la «Philosophical Lending 7 8 Library» , offriva, nel 1906, piu` di 2000 volumi (divenuti 5000 gia` nel 1908 6

Sulla quale, cfr. A. Guzzo, La Biblioteca filosofica di Palermo e il Dottor Amato, in Storia della filosofia e della civilta` del Novecento, Padova, La Garangola, 1976, pp. 124-32. 7 Non e` fuor di luogo ricordare che, a Firenze, risiedeva da tempo una folta colonia di cittadini britannici (ne erano stati animatori, verso il 1850, i coniugi Elisabeth Barrett e

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di «filosofia, psicologia, teosofia, misticismo, storia delle Religioni, scienze psichiche, magia, occultismo, Christian Science, New Thought»; «grandi sale di lettura, di studio e di conferenze», «le migliori riviste filosofiche e religiose italiane e straniere»; prevedeva il prestito con consegna a domicilio a «condizioni mitissime», l’invio dei volumi in catalogo anche fuori Firenze e l’acquisto di libri su segnalazione; stampava bollettini, cataloghi, prospetti informativi per i soci. Piu` tardi si fece anche editrice, pubblicando i testi di alcune conferenze tenute nelle sue sale e vari libri in sintonia con la filosofia che le aveva ispirate. «Assolutamente indipendente», la Biblioteca Filosofica sottolineava di non avere «vincoli con altre organizzazioni, circoli 9 o societa` affini per intenti, ma di natura confessionale o settaria» . Ne fu fondatore, come era stato per la Societa` Teosofica di Firenze, Arturo Reghini, alias Pietro Negri, alias Alaya, alias Maximus, alias Rasena, alias «Fratello Terribile»10 e «Signore dell’Anima»11: «giovane matematico e mistico e mago», «erudito e gentile», teosofo con «un’espressione di sfinge bambina» secondo Augusto Hermet; neopitagorico con «un viso da bonzo» per M. M. Rossi; studioso di Cornelio Agrippa di Nettesheim, massone e collaboratore abituale di periodici dell’occulto, come «Salamandra», «Atano`r», «Ignis», occultista egli stesso, vagheggiatore di un ideale spirituale pagano e nazionalista – poi anello di congiunzione con l’esoterismo evoliano –, di cui Mario Manlio Rossi parla, da amico, nel suo libro. Senza cedere alle lusinghe del protagonismo, anzi celandosi spesso dietro uno dei suoi tanti pseudonimi, Reghini fu un personaggio importante nell’ambiente culturale fiorentino: «un’immagine ideale – dice Marino Biondi – per giovani incantati dal miraggio di elevarsi sopra le masse, ossessionati

Robert Browning R.), dediti all’arte e non alieni da interessi occultistici; su loro invito, nel Circolo spiritico radunato attorno alla casa dei Conti Passerini, si era esibito il medium D. D. Home (Cfr. G. Pareti, La tentazione dell’occulto, cit., passim e M. Biondi, Tavoli e medium, cit, pp. 26 sg.). 8 La «Voce», I, 1, 20 dic. 1908. 9 Da un annuncio sul «Leonardo», a. IV, febbraio 1906. 10 Cosı` si firma Reghini (1878-1946) in calce ad un articolo sul «Leonardo», a. III, 4, ott.-dic. 1905 (La massoneria come fattore intellettuale). Il nostro elenco non esaurisce la totalita` degli pseudonimi utilizzati da Reghini nel corso della sua lunga carriera. Essi, suggeriti talvolta da ragioni di anonimato, furono, in altri casi, nomi «iniziatici», coi quali era conosciuto nei circoli esoterici di cui entro` via via a far parte (massoneria, martinisti, Ordo Templis Orientalis di Theodor Reuss e Aleister Crowley) o che fondo` (Associazione pitagorica). Cfr.: Massimo Introvigne, Il cappello del mago. Nuovi movimenti magici, dallo spiritismo al satanismo, Milano, Sugarco, 1990, pp. 179-80 e passim. 11 Spaccio, cit., pp. 139-40.

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dall’idea di cedere alla media normalita` della vita». Come bibliotecario, si distinse soprattutto per la sua infaticabile attivita`, per il numero e la qualita` delle iniziative che riuscirono a trasformare in poco tempo la «Philosophical Lending Library», in un focolaio di discussioni, in un centro di elaborazione culturale che, tra la stima generale, ospito`, sotto la propria insegna, i migliori pensatori dell’epoca. Particolarmente significativa fu soprattutto la sua influenza sui giovani del «Leonardo» e della «Voce», su Papini e Prezzolini, su Amendola e Vailati, e sul gruppo piu` allargato che si riuniva appunto, nel 1905-13 circa, alle «Giubbe Rosse», «luogo di misteri abbordabili», attorno al quale si intravedevano «gli spazi chiusi dell’idealismo magico, dei movimenti iniziatici evoliani in cui si parlava di imperialismo pagano, di stirpi superiori e destinate al dominio e vibravano all’unisono tutte le manie nietzscheane 12 dell’esoterismo di tradizione» . Negli anni «fiorentini» del futurismo, Reghini ne sara` un sostenitore, pubblicamente poco loquace ma onnipresente: il giovanissimo Viviani lo conobbe alle «Giubbe Rosse», insieme a «Ardengo Soffici, Italo Tavolato [...], Giuseppe Vannicola, e alcuni altri», commensale abituale di Daubler, Tavolato e Papini; lo ricorda spettatore e partecipe alla serata futurista al Teatro Verdi e «tra coloro che fiancheggiavano con simpatia e intelligenza il movimento di «Lacerba»13. Un suo libro di stile futurista, che doveva essere stampato a Todi presso l’editrice «Atano`r», «grande volume d’aforismi, paradossi, sottintesi, sopraintesi e bisticci» rimase, sembra, in bozze14. Accanto a Reghini, circolava una variopinta tipologia di maghi, teosofi, spiritisti», ciascuno «caratterizzato ... da una fantasia analogica che annullava le distanze del tempo e ogni disciplina storica per avere tutto il passato nell’attimo scintillante dell’esperienza». Era, insomma,

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M. Biondi, Hermet, epica e liturgia delle riviste, in A. Hermet, La ventura delle riviste (1903-1940), Firenze, Vallecchi, 1941 (1987, p. 17). 13 A. Viviani, Giubbe Rosse. Il caffe` fiorentino dei futuristi negli anni incendiari 1913-15, Firenze 1933; 19872, pp. 36, 47, 66 e 73. 14 A. Hermet, La ventura delle riviste, cit., pp. 139-40. Anche Augusto Hermet (Trieste 1889 – Fiesole 1954), a Firenze dal 1907, fu una singolare figura di letterato e studioso: si occupo` di poesia e di filosofia mistica, tradusse e commento` nel 1912, per Carabba, gli Inni alla notte e i Canti spirituali di Novalis. Svolse una intensa attivita`, con Piero Marrucchi, il «Pietro Eremita», e con il convertito Papini, per riorganizzare l’editoria cattolica. Tradusse Meister Eckhart, Silesio, Nietzsche, studio` Cusano e Bruno. Per maggiori notizie, cfr. M. Biondi, Hermet, epica e liturgia delle riviste, in A. Hermet, La ventura delle riviste (1903-1940), cit., pp. 7-27.

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una Firenze di vitalita` esoterica, stranito e nervoso centro di ricerche non solo letterarie [...] dove si davano convegno tutte insieme le piu` variegate forme di ricerca, esplorazioni stravaganti sul fronte di cio` che non si sa e, per statuto, non e` dato sapere. [...] L’occultismo raccoglieva tutti questi sentieri verso i lidi della metapsichica, [...] della tradizione spirituale germanica, animata da esperienze teorico-speculative derivanti [...] dal neoplatonismo[...] e culminanti nella poesia filosofica del romanticismo15.

Nel 1906, G[iovanni] P[apini], dalle pagine del «Leonardo»16, salutava la «Philosophical Library» come «Uno dei segni migliori del risveglio intellettuale di Firenze e del crescente interesse dell’Italia per i problemi dello spirito» e in toni molto elogiativi forniva una prima panoramica delle conferenze che essa aveva patrocinato. Nel 1907, sempre Papini, sulle stesse pagine, richiamava l’attenzione dei lettori, ancor piu` esplicitamente di quanto il «Leonardo» non facesse d’abitudine con inserti ed annunci pubblicitari, segnalando che «La Biblioteca Filosofica diventa un centro sempre piu` importante ed attivo di agitazione e diffusione delle idee», «una delle cose piu` importanti che sian nate a Firenze negli ultimi tempi, per i suoi scopi e per il modo con il quale e` organizzata [...] ormai entrata a far parte della vita italiana»: la propaganda – scriveva la redazione del «Leonardo» – vi e` fatta con la massima larghezza e indipendenza. Sacerdoti cattolici, cabalisti ebrei, occultisti italiani, pensatori indipendenti si succedettero nella sala di Piazza Donatello dinanzi a un pubblico sempre numeroso e attento, nel quale apparvero, alcune volte, anche uomini illustri accanto a giovani ignoti17.

Secondo una prassi generalmente diffusasi negli ultimi anni del secolo precedente, l’attivita` della Biblioteca si focalizzo`, oltre che sul prestito dei libri, secondo il modello della «biblioteca circolante», su un intenso calendario di incontri pubblici. Il «Leonardo» del giugno 1907 fornisce un elenco e uno stringato sunto delle conferenze tenutesi nell’inverno del 1906: quella di I. M. Palmarini sulla Funzione della Bellezza nella vita e sul Significato delle Societa` per le Ricerche psichiche (conferenza, questa, che suscito` un notevole interesse ed aprı` la strada alla quasi immediata costituzione di una consimile Societa` 15 16 17

M. Biondi, in A. Hermet, La ventura, cit. pp. 18 e 8-9. A. IV, aprile 1906, p. 170. Biblioteca Filosofica, «Leonardo», a V, aprile-giugno 1907, pp. 240-43.

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fiorentina); quella di Papini sul Pragmatismo e sulla Volonta` di credere; di Prezzolini su Meister Eckhart e la mistica tedesca, di Guido Buti sui vantaggi del Vegetarianismo, di Senarega sui rapporti tra Il Cristianesimo e gli studi psichici, di Giovanni Vacca sopra I recenti progressi della Logica matematica. A queste prime, seguirono moltissime altre. Ricordiamo, per l’argomento che si iscrive a vario titolo entro il filone degli studi esoterici, le conferenze sui Rapporti tra M. me Blavatsky e la teosofia e sul Dominio dell’anima (Reghini), su Padre Tyrrel e sull’Enigma della Genesi (Salvatore Minocchi); sull’Unita` della coscienza e del sapere18 (Balbino Giuliano); sulla Coscienza Universale e sul Problema della Coscienza (Guido Ferrando); sulle Abitudini dell’Universo (Papini) e sull’Esoterismo biblico (dottor Soter [?]); e, infine, la conferenza Per un nuovo umanesimo ariano di Roberto Assagioli, che fu pubblicata sul «Leonardo»19 e divenne in seguito un libro20. Come si puo` desumere da alcuni estratti in seguito autonomamente stampati, aleggiava sulla Biblioteca, almeno agli inizi, una atmosfera platonizzante, probabilmente influenzata anche dalle intense letture di Vailati e Papini21 e poi largamente condivisa dai suoi frequentatori, che sfumava ora verso un cristianesimo intimistico (Marrucchi), ora (in Ferrando e Levasti) accentuava una nota mistica, venata, in alcuni, di spiritualismo religioso con reminiscenze teosofiche, in altri arricchita di una «non volgare conoscenza del pensiero orientale, soprattutto indiano»22; in Prezzolini, con la mediazione di W. James, capace di assumere il colore di «realismo mistico». Anche sul «Leonardo», del resto, si pubblicavano nel frattempo frammenti di Eckhart, di Silesio, di Suso, di Blake, delle Upanishad e di altri mistici, sotto il titolo Gli amanti di Iddio o I compagni della solitudine, mentre, nella collana dei Poetae philosophi et philosophi minores, si rieditavano, tra l’altro, a cura di Prezzolini, i Frammenti di Novalis, il poeta filosofo dell’idealismo magico e, a cura di A. De Rinaldis, scritti di Cl. de Saint Martin23. 18

Poi sulla «Nuova Parola», febbraio 1907. A. V, 2º, aprile-giugno 1907, pp. 162 sgg. 20 Per le edizioni della stessa Biblioteca Filosofica di Firenze (1907). 21 Cfr. Prezzolini, Il tempo della «Voce», Longanesi-Vallecchi, Milano-Firenze, 1961, pp. 72-77. Scrive, scherzando, Vailati (da Firenze, 29 marzo 1905): «Probabilmente Platone ha scritto per noi e ora che la sua opera e` giunta al suo indirizzo potrebbe anche perire avendo compiuto la sua missione» (p. 75). 22 E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Roma-Bari, Laterza, 2 voll. 1966, I, p. 39. 23 Cl. de Saint Martin (Amboise 1743 – Aulnay, Paris, 1803), teosofo francese nel quale si espresse la reazione mistica all’illuminismo. Massone, seguace di Martinez de Pasqually, traduttore e diffusore di Bo¨hme in Francia, da un’iniziale prospettiva magico-gnostica evolvette verso un concezione cristiana fortemente impregnata di misticismo. Tra le sue opere: Des erreurs et de la ve´rite´, ou les hommes rappele´s au principe universel de la science par un 19

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Il tono della Biblioteca fu dunque prevalentemente caratterizzato da «una propensione a vedere nel loro nesso i problemi della vita spirituale cogliendoli in una prospettiva religiosa. Gli uomini che [...] la vennero meglio alimentando della loro attivita` e che la terranno in vita per decenni, furono soprattutto anime religiose, inclini talora al misticismo» e talaltra 24 all’esoterismo piu` estremo . Essi segnarono anche, a dire di Augusto Hermet, l’inizio di una «moda», che fatalmente, in poco tempo, logoro` i contenuti: la parola «mistica, nel sostantivo e nell’aggettivo», «in quegli anni, di qua e di la` d’Arno» fu in breve «falsata e deviata dal suo originale significato terribile e sacro... sorgente delle piu` nebbiose confusioni di vita interiore e di cultura». Attorno al 1910, [...] si incontravano «mistici» d’ogni sorta: mistici esteti, mistici teosofi, occultisti, protestanti, mistici buddisti, mistici taoisti, mistici islamofili, mistici scriventi dipingenti e musicanti [...]; attraverso il mondo dannunziano, un altro elemento contribuiva a tale equivoco: l’intellettualistica superstizione wagneriana... Anche la pittura aveva le sue colpe: la pittura preraffaellita e il simbolismo pittorico di Segantini... Fare della poesia, della musica, della pittura, era, in tale caos, adorare, trovarsi nello stato perfetto di grazia e rapimento... leggere poesia, ascoltar musica, contemplare statue, architetture, pareva fosse veramente pregare, godere di un’estasi.

Proprio per questo, conclude Hermet, piu` tardi, presso i vociani, che, secondo Viviani, guardavano anche «con alta commiserazione alla futuristica baraonda marinettiana», la parola «mistico» divenne «sinonimo di 25 minorato intellettuale, di scemo» . Probabilmente in conseguenza della eco suscitata sia dalle diverse iniziative che dalla intensa pubblicita` di cui si fecero promotori Papini e Prezzolini, si ridesto` anche, a un certo momento, l’interesse delle autorita` accademiche, verso le quali pure tanto frequentemente si erano rivolti gli strali dei nuovi «filosofi» fiorentini, irati per «la guerricciola di freddezza e di silenzio» che veniva mossa contro di loro. Agli inizi del 1909, Papini denunciava sulla «Voce» alcuni tentativi di «trasformare la Biblioteca in un’appendice dell’universita`»: Philosophe Inconnu (1775), Tableau naturel des rapports qui existent entre Dieu, l’homme et l’univers (1782-83), Ecce homo (1792), Lettre a` un ami ou Conside´rations sur la Re´volution franc¸aise (1795), Le ministe`re de l’homme-esprit (1802). 24 E. Garin, Cronache di filosofia italiana, cit. 25 Ivi, pp. 73 sg.

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Oggi – scriveva – non v’e` persona mediocremente colta, in Firenze e si puo` dire in Italia, che non sappia dell’esistenza della Biblioteca Filosofica: e oggi, cosa ancor piu` notevole, i magnati della cultura fiorentina, che dapprima cercarono di ignorare questa nuova istituzione, o la considerarono come un luogo di ritrovo di vecchi spiritisti e teosofi o di giovani rammolliti, hanno cambiato parere, e cominciano benevolmente e non senza una certa degnazione, ad occuparsene, e quasi quasi a incoraggiarla e a lodarla [...]. L’indipendenza e l’intima vitalita` da essa dimostrate nel superare tutti gli ostacoli [...] ci fanno sperare che essa non sara` cosı` ingenua da gettarsi, ad occhi chiusi, nelle braccia aperte di coloro che [...] 26 l’hanno disprezzata fino a ieri .

La cosa non ebbe infatti seguito, e la Biblioteca, pur continuando ad avvalersi della collaborazione di molti accademici, seguito` ad operare per proprio conto, sotto la guida oculata di Reghini e con l’appoggio dei giovani intellettuali, di cui assecondava e talvolta anticipava gli interessi. Il «Leonardo» e «La Voce» non lesinarono appoggio e collaborazione alla Biblioteca, arrivando a farsi distributori dei materiali – opuscoli, bollettini e libri – da essa stampati. Sfogliando oggi quelle riviste, rileggendo talune pagine di coloro che ne furono collaboratori e che furono anche assidui frequentatori della Biblioteca, si finisce col chiedersi quale e quanta parte abbia avuto la Biblioteca Filosofica di Arturo Reghini nella circolazione di alcune idee che sembrarono poi radicarsi nella cultura italiana, sotto forma di parole o idee-chiave, le stesse che andarono a fecondare il substrato di tanto irrazionalismo e di tante confusioni «idealistiche», fino a costituire, da una parte, alcune delle linee ideologiche della involuzione politica italiana, dall’altra alcuni dei leitmotives della elaborazione letterario-avanguardistica del futurismo. A monte di questa comunanza di interessi, vi fu in particolare, tra la Biblioteca Filosofica e le riviste fiorentine, la naturale ed entusiastica convergenza sul tema dell’antipositivismo, e su tutti quei corollari che all’epoca facilmente vi si connettevano: un misto di spiritualismo e di aristocraticismo, la passione per l’occulto e per le religioni esoteriche, una esasperata volonta` di accrescimento del potenziale umano e una implicita tendenza, poi manifestatasi concretamente alla vigilia del Primo conflitto mondiale, 27 per le soluzioni autoritarie . 26 G[ian] [Falco], Firenze intellettuale. La Biblioteca filosofica, cit., «La Voce», I, 4, 7 genn. 1909, p. 4. 27 Del resto, l’entusiasmo con il quale il «Leonardo» e «La Voce» sostennero, durante l’intero arco della loro attivita`, tutte le iniziative avviate dalla Biblioteca Filosofica e i numerosi interventi che Reghini pubblico` su quelle loro pagine, celandosi spesso dietro

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L’antipositivismo costituiva un punto di partenza polemico e dunque particolarmente aggregativo; non a caso riuscı` ad accomunare, nei primi anni del secolo, l’ambiente della Biblioteca e i giovani del «Leonardo» con altre autorevoli voci che predicavano un ritorno allo spirito. Lo stesso Reghini aveva inaugurato il primo ciclo di conferenze della Biblioteca con un attacco contro il materialismo imperante, ed aveva in seguito condannato gli angusti limiti del determinismo positivista, indicando nelle dottrine e nelle scienze esoteriche – spiritismo, ricerche psichiche, occultismo e 28 teosofia – le Forze del nuovo rinascimento spiritualista . Non era il solo a scagliarsi contro «la mentalita` dogmaticamente materialista del XIX secolo», «notte oscura dell’anima» che ancora si opponeva ad una «rinascita spirituale»29. Da molte parti, e ormai da tempo, si levava un coro di voci contro quella che Croce chiamo` «barbarie positivista», vera «dittatura ideologica»30, «pseudoscienza»31 accusata di aver ridotto l’esperienza a mero feticismo del fatto e di risolversi in una paurosa mutilazione dell’uomo. «L’avventura spirituale dell’umanita` – scriveva Giovanni Amendola sul «Leonardo» – [ha prodotto] i suoi ultimi frutti nelle metafisiche positive (Comte, Spencer)» per perdersi «nella miseria ideale del positivismo spicciolo, come un fiume che sparisca sottoterra»32. Per quanto il partito degli antipositivisti fosse ben piu` differenziato, al suo interno, di quanto non apparisse in quei primissimi anni del ’900, tutti erano convinti che, come scrisse Croce interpretando il sentimento allora diffuso, per colpa del positivismo non solo ai valori umani, alle idee e agli ideali veniva a mancare la giustificazione che solo l’unita` del principio e la coerenza del sistema possono dare, ma quei valori stessi e quegli ideali erano sminuiti, inquinati, negati, perche´ [esso] li presentava e teorizzava come fatti di associazione psicologica, di riflessi fisiologici e patologici, di eredita`, tutti, il pensare e il volere, la fede e l’amore, la bonta` e la bellezza, e perfino l’anelito verso

fantasiosi pseudonimi, sono gia` di per se´ abbastanza indicativi di questa comunanza di interessi, e di questa convergenza psicologica, che il confronto sistematico dei temi puntualmente conferma. 28 Biblioteca Filosofica di Firenze, conferenza del 1º aprile 1906. 29 A. Reghini, cit., in Per una concezione spirituale della vita, Firenze, Ed. Biblioteca Filosofica, 1908, pp. 135 sgg. 30 In I letterati italiani e l’odio per la filosofia (1911), in Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, Bari, Laterza, 19553, pp. 106-7. 31 Scienza e universita` (1906), in Cultura e vita, cit., p. 73. 32 Giovanni Amendola, Ne´ ideale ne´ reale, in «Leonardo», a. V, agosto 1906, pp. 223 sgg.

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Dio; e nella nuova visione non c’era gia` l’uomo vero e intero, nel quale sia risoluto il dissidio di spirito e corpo, ma l’uomo animalizzato, sempre e solo corpo e carne, nonostante parvenze e illusioni d’impeti generosi e di rapimenti sublimi, che scrutati, si dimostravano fremiti di nervi o addirittura effetti di nevrosi. In lontananza si collocava non propriamente il mistero, il sacro mistero, che contiene in se´ tutti quei valori dei quali non svela l’enigma, ma il non sapere, l’ignoranza piu` o meno provvisoria, col sottinteso che forse un giorno si sarebbe trovata qualche combinazione di atomi, o altro simile, che avrebbe spiegato ogni cosa, e dato il modo di ottenere nei gabinetti il vivente e tutti quegli altri prodotti chimici che si chiamano volgarmente creazioni spirituali33.

In risposta a una atmosfera culturale divenuta ormai «irrespirabile», la Biblioteca di Firenze volle costituire un punto di risonanza per «le nuove tendenze idealistiche» il cui «generale e potente risveglio» rappresentava «il mutamento piu` importante e manifesto, avvenuto durante gli ultimi anni nella cultura europea e in quella americana»34. Svanito l’entusiasmo per i grandi progressi esteriori, materiali, meccanici, dei quali il secolo scorso e` stato cosı` fiero, e riconosciutili impotenti ad appagare le nostre piu` intime ed essenziali aspirazioni – scriveva Roberto Grego Assagioli – noi ci rivolgiamo ora pieni di fede e di ardore verso la nostra personalita` interiore [...] dopo aver riconosciuto l’assoluta insufficienza e meschinita` della spiegazione meccanica dell’universo, noi cerchiamo una concezione piu` larga, piu` complessa, piu` filosofica.

Ma in questo «ritorno alla filosofia», da piu` parti auspicato e tanto facilmente chiamato «idealistico», anche perche´ apparentemente consonante con quanto predicato da Croce, i componenti della Biblioteca vedevano un ritorno allo spiritualismo piu` che allo spirito, facendo della filosofia un punto di partenza per avventurarsi fino ai piu` remoti lidi dell’irrazionalismo metapsichico. Anche questa attitudine rispecchiava un atteggiamento largamente diffuso, che tendeva, in nome di un «ideale» invocato a risarcimento degli aridi «fatti», ad avallare le sintesi piu` stravaganti. Quando Reghini, argomentando gia` con spunti di derivazione pragmatista, sosteneva che «nella peggiore delle ipotesi bisognera` almeno filosofare per dimostrare che non bisogna filosofare», perche´ «la soluzione e quindi

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B. Croce, Storia d’Italia, cit., pp. 122-23. R. G. Assagioli, conferenza e opp. citt.; cfr. anche «Leonardo», a. V, aprile-maggio 1907, pp. 170-73. 34

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l’esame dei grandi problemi della vita e della morte, dell’io e di Dio, non soltanto corrisponde ad un bisogno naturale dello spirito umano ma anche 35 ad una necessita` pratica» , non faceva che allinearsi con una esigenza ormai condivisa da buona parte della cultura italiana. Lo stesso Croce, nel «ridestamento delle tradizioni speculative nazionali», nel «bisogno di andare a fondo di problemi trattati male o non trattati punto dal positivismo e dal filologismo storicistico», additava i primi e piu` importanti segni del «risveglio culturale»36: deve sorgere una nuova idea della filosofia, scriveva Croce, [...] che sia, come si suol dire, all’altezza dei tempi; cioe` mostri la capacita` di dominare e risolvere tutti i problemi che finora lo spirito umano si e` proposto, e di dominarli e risolverli meglio di ogni altro sistema del passato», senza cercare di «tenersi comicamente alle falde degli zoologi, fisiologi, fisici e matematici, dai quali mendicare luce37.

Certamente, l’«idealismo critico» del filosofo napoletano era lontano dalle tentazioni dell’occulto; tuttavia, in quei primi anni, Croce non volle sconfessare quei tentativi che direttamente o indirettamente miravano ad avvalorare indebite parentele, convinto che tutto quel fervore spiritualistico costituisse, comunque, una prima e, se non valida, almeno importante reazione contro il positivismo ancora ieri imperante. Dal canto suo, la Biblioteca, a partire dall’autunno del 1908 e principalmente per opera di Amendola e di Papini, in coerente risposta a questi «nuovi» bisogni, affianco` al fitto calendario di conferenze, l’attivita` di un Circolo di Filosofia, al quale aderirono «i migliori pensatori italiani, delle scuole e tendenze piu` varie: da Alessandro Chiappelli38 a Mario Calderoni... a Giovanni Papini e Giovanni Vailati»39, da Gentile, che terra` le sue lezioni su I problemi della Scolastica40, allo stesso Croce, il quale, in quei primi anni, non aveva ancora maturato il definitivo distacco da quei pericolosi «cavalieri dello

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A. Reghini, in Per una concezione spirituale, cit., pp. 114-15. B. Croce, Storia d’Italia, cit., p. 225. 37 Il risveglio filosofico e la cultura italiana, in Cultura e vita morale, cit., passim 38 A. Chiappelli (Pistoia 1857 – Firenze 1936), filosofo, erudito, accademico dei Lincei e senatore del Regno, fu professore di filosofia all’Universita` di Napoli, dove svolse un sistema basato sul kantismo che si venne svolgendo come idealismo teistico. Sui suoi interessi spiritualistici, cfr., ad es., Amore, morte, immortalita`, Milano, Dante Alighieri ed., 1913. 39 Cosı` Papini in Firenze intellettuale, cit. 40 Maggio 1911. 36

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41 spirito» , «ispirati veggenti o piuttosto artificiosi visionarıˆ», nei quali sembrava essersi «indebolito o fiaccato il sentimento della distinzione»42. Il Circolo filosofico, grazie all’opera di personalita` come lo stesso Amendola, come Guido Ferrando, Mario Calderoni, R. G. Assagioli, Pietro Marrucchi e grazie alla indiretta influenza di Vailati, il quale, morto nel 1909, lasciava tuttavia una feconda eredita` di scritti e di riflessioni sui quali Papini e gli altri amici lavorarono a lungo, «fu, per molti decenni, uno dei centri piu` attivi della vita filosofica italiana»43. Nell’ambiente che gravitava attorno alla Biblioteca Filosofica, ebbe una parte importante Giovanni Amendola, gia` animatore, insieme a Decio Calvari e a Giovanni Colazza, della prima societa` teosofica; collaboratore assiduo e «temporaneo compagno di viaggio» del «Leonardo», bibliotecario a fianco di Reghini (firmo` la premessa al secondo catalogo della Biblioteca Filosofica, edito nel 1910, con supplemento nel 1913), Amendola perseguı` i propri interessi spiritualistici animato da un autentico fervore religioso, che lo porto` a far voto di castita` e a divenire «un vegetariano convinto»44, mentre meditava un sistema suo fondato sul valore morale-metafisico della volonta`. Altrettanto importante, fu la presenza di Roberto Grego Assagioli, anche lui giovanissimo, i cui interessi psicologici si andavano gia` fondendo con quell’afflato spiritualistico che, dalle pagine del «Leonardo» e della rivista «Psiche» (1911-15) lo portera`, di lı` a qualche anno a fondare un suo originale metodo di intervento psicologico integrato, la «psicosintesi», in cui confluiscono diverse tecniche, sia di origine medico-clinica e psicanalitica che esoterica e «pragmatista»45. Eretta in ente morale nel gennaio 1908, la Biblioteca, «per colmare una grave lacuna nella cultura italiana», diede avvio ad altre attivita` di carattere piu` squisitamente didattico: «corsi di lezioni sul pensiero filosofico e religioso dei vari popoli, incominciando dai piu` antichi per venir su fino ai contemporanei», «Il primo corso – annunciava Gian Falco, su «La Voce» –, sara`, naturalmente, sulle religioni e sulle filosofie dell’India antica [...] le

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B. Croce, L’aristocrazia e i giovani (1911), in Cultura e vita morale, cit., p. 175. B. Croce, Storia d’Italia, cit., p. 229. 43 A. Guzzo, Storia della filosofia e della civilta`. Padova, «La Garangola», 1976, p. 90. 44 Cfr. E. Amendola Kuhn, Vita con Giovanni Amendola, Firenze, Parenti, 1960. Eva Kuhn, moglie di Amendola, partecipo` al futurismo con il nome di Magamal. Alcuni suoi testi sono raccolti nella antologia a c. di C. Salaris: Le futuriste (Milano, Edizioni delle donne, 1982, pp. 98-103 e 262-63). 45 Di Assagioli (Venezia 1888 – Capolona 1974), cfr.: Psicosintesi. Per l’armonia della vita, Roma, Ed. Mediterranee, 1990, con bibl. e nota biografica. 42

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lezioni saranno tenute ogni Lunedı` e ogni Venerdı` da valenti professori di una fama indiscussa come orientalisti»; «venti cinque per il Veda e le sue 46 derivazioni, cinque per i sistemi ortodossi del Sankhya e dello Yoga , e dieci per il Buddismo»47. Il successo ottenuto spinse poi Reghini ad organizzare altri seminari sulle Idee filosofiche dei dottori talmudici (A. F. Chajes) sulle Religioni iraniche e l’Avesta (Pavolini) sulla vita di Gesu` e il mito di Cristo (Mario Puglisi e Antonio di Soragna), sulla Bibbia modernista (Salvatore Minocchi). Contemporaneamente, lezioni e conferenze trovarono larga eco sulle pagine del «Leonardo» prima e della «Voce» poi, sia sotto forma di annunci pubblicitari, sia in veste di articoli che discutevano, riassumendoli o ampliandoli, i temi delle conferenze stesse. Papini e Prezzolini, in particolare, si dissero convinti che la Biblioteca Filosofica fosse «una delle istituzioni che piu` rispondono al programma della «Voce» [...] uno dei rarissimi centri di istruzione sorti per iniziativa privata, che si proponga soltanto un fine scientifico» e che svolga «per la diffusione della cultura un lavoro non certo inferiore a quello d’una universita`48». Il largo successo che arrise alla Biblioteca non era soltanto da mettersi in relazione agli entusiasmi di Papini e compagni, ma deve soprattutto essere ascritto alla indubbia capacita` di Reghini di inserirsi, tempestivamente e con grande lungimiranza, nel vivo delle questioni del momento, captando i bisogni e le problematiche che erano nell’aria e proponendoli alla riflessione, naturalmente entro l’orizzonte della prospettiva spiritualistica che gli era propria. A questa preoccupazione di attualita`, che trovava ampio riscontro nel numero e nella qualita` delle adesioni, vanno ascritte sia le lezioni di storia delle religioni, sia le conferenze sull’esoterismo, sia, non in ultimo, l’interessante tentativo fatto per recuperare sul piano dell’idealismo spiritualista alcuni dei valori ideologici di cui, in ben altra accezione, si faceva portatore, in quegli anni, il giovane socialismo italiano. A partire circa da meta` del 1910 (aprile maggio), la Biblioteca annuncio` infatti una serie di lezioni «sui movimenti sociali moderni», che «La Voce» «raccomandava caldamente» ai propri amici. Parlo`, tra i primi, Gaetano Salvemini su Mazzini, seguirono via via Roberto Michelis su I movimenti democratici in Europa, Felice Perroni sul Valore di una concezione spirituale del socialismo, Rodolfo Savelli sul

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A fronte di queste lezioni, la Biblioteca Filosofica pubblico`, l’anno seguente, il libro di Ferdinando Belloni Filippi e Carlo Formichi, Il pensiero religioso e filosofico dell’India. 47 G[ian] F[alco], Firenze intellettuale, cit. 48 «La Voce», II, 24 febbraio 1910, p. 4, trafiletto firmato: «La Voce».

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Socialismo di Carlo Pisacane, Alberto Caroncini sulle Organizzazioni operaie in Italia, Felice Momigliano su Il socialismo e il contenuto spirituale della vita, Giuseppe Rensi su Platone o Marx. I titoli, e l’accostamento eterogeneo dei conferenzieri, sono particolarmente interessanti come segnali di una tendenza, assai diffusa a quei tempi, che si estendeva ben oltre i confini della Biblioteca Filosofica, la quale pure contribuı` a darle voce: essa manifestava la risposta della classe intellettuale borghese di fronte ai bisogni espressi, in sede politica, dalle classi subalterne, e si traduceva nel tentativo, al tempo stesso autorassicurante e repressivo, di rileggere in chiave spiritualistica le istanze di rinnovamento ideologico evidenziate dai conflitti sociali in atto. Cosı` come, in passato, si era cercato di rispondere alla richiesta di giustizia sociale con l’assistenzialismo filantropico o confessionale, cosı` ora, in ambito teorico, alcuni pensatori cercavano di disinnescare il portato rivoluzionario del socialismo alla luce di uno spiritualismo paternalistico, che assimilava l’uguaglianza sociale alla fratellanza cristiana e assegnava alla classe dirigente borghese il compito di distribuire la giustizia e di farsi parte responsabile dell’elevazione delle masse49. Giustamente Giovanni Landucci ha osservato che, in questo scorcio di secolo, Darwin fu a volta a volta, catturato dagli spiritualisti per aggiornare la loro visione del mondo, dagli idealisti non credenti per giustificare la loro interpretazione della storia, dai materialisti dichiarati per corroborare la loro lotta contro lo spirito e la religione, dai teorici della rivoluzione e dai socialisti riformisti per giustificare la loro prassi politica e la loro visione della societa`, dai democratici radicali per sostenere il loro progressismo e perfino dai conservatori piu` reazionari per legittimare il diritto della forza 50 e del privilegio .

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Cfr. l’articolo di Papini sul «Leonardo», I, 5, pp. 1-4: Chi sono i socialisti?, dove si afferma che «Chiunque volesse trovare qualcosa che piu` sia prossimo e affine all’anima socialista dei nostri tempi, a chi potrebbe ricorrere se non alla borghesia e alla chiesa, che le hanno dato origine e nutrimento, contenuto e forme?» Papini, che gia` comincia implicitamente a prefigurare soluzioni autoritarie, condanna lo spirito «borghese» della lotta di classe [i socialisti chiamano i borghesi sfruttatori «ed essi a loro volta vorrebbero impadronirsi di tutto cio` che i proprietari hanno accumulato col proprio lavoro, o manuale (risparmio) o intellettuale (astuzia)»] «A nessuno – conclude – e` venuto in mente di alzare le maschere temute e di proclamare, come nelle commedie di Plauto, la sconosciuta fraternita` dei rivali. Questa volta, probabilmente, i fratelli non si vorranno riconoscere. Ma che importa? Questa bizzarra guerriglia fraterna sara` un episodio di piu` nella farsa mediocre della storia contemporanea. Per questa interpretazione autoritaria, leggasi anche, di Prezzolini, Decadenza borghese (ivi, pp. 7-8). 50 G. Landucci, Darwinismo e nazionalismo, in N. Bobbio, La cultura italiana tra ’800 e ’900

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Entriamo, seppure molto brevemente, nel merito di questo discorso, che necessiterebbe di ben altri approfondimenti, perche´ molte delle idee radicate in ambiente occultistico e sostenute dalla Biblioteca si prestarono particolarmente a questo tipo di operazione conservatrice e, recuperando perfino alcune idee care al positivismo, sembrarono in un primo tempo consentire una efficace mediazione tra verita` millenarie e nuovi fermenti sociali. La generale confusione di idee, l’acritico entusiasmo col quale, in Italia, certi ambienti scientifici avevano orecchiato dottrine di provenienza disparata, l’ingenuo desiderio di conciliazione tra scienza e fede, tra progresso e concordia sociale che animavano una parte della classe dirigente italiana, fecero sı` che l’idea dell’evoluzione della specie potesse incontrarsi, in ambito spiritualista, con le dottrine della reincarnazione, che il progresso materiale potesse essere considerato naturale e immediata conseguenza dell’evoluzione spirituale, che il neo-platonismo fosse interpretato, talvolta, come una specie di pendant metafisico ed esoterico dell’evoluzionismo darwiniano o spenceriano. Tale «ipotesi biologica di un’evoluzione animica trascendente le forme fisiche», avanzata da Wallace51, cara allo spiritismo di Allan Kardec e alla teosofia, in particolare ad Annie Besant, verra` a piu` riprese riproposta e discussa anche dai teosofi italiani52. Ma gia` il pensiero mazziniano aveva contribuito a far circolare, in Italia, suggestioni affini53, di cui lo stesso Reghini si era fatto divulgatore, arrivando, in una conferenza tenuta nel 1907 alla Societa` Teosofica, ad accreditare un’immagine di Mazzini santo ed «iniziato» alle scienze occulte54. L’incontro tra lo spiritualismo, di stampo anche spiritista, e i movie le origini del nazionalismo, Atti del Convegno. Firenze 9-11 novembre 1978, Firenze, Olschki, 1981, p. 106. 51 In Man’s Place in the Universe, New York 1903 e poi in The World of Life. A Manifestation of Creative Power, Directive Mind and Ultimate Purpose, London 1910. 52 Si veda, a questo proposito, l’interessante esposizione che ne fa Balbino Giuliano in: L’idea religiosa di Marsilio Ficino e il concetto di una dottrina esoterica, Cerignola, «Scienza e diletto», 1904, pp. 67-72. 53 Cfr. F. Quintavalle, Religione, vita terrena, oltretomba nel pensiero di Giuseppe Mazzini, Milano, Bocca, 1942, p. 109, e spec. pp. 113-14. Scriveva nei suoi appunti Mazzini: «il cielo e il dogma si modifichera` a seconda della legge di vita scoperta: progresso perenne. Quindi Purgatorio sostituito all’Inferno, ma progressivo: serie di esistenze, periodi successivi e progressivi della vita: riapparizioni in terra finche´ non si compie la legge morale data all’Umanita`: trasformazioni in esseri superiori appena e` soddisfatto alla legge». 54 Ancora diversi anni dopo, nella presentazione Al lettore del primo numero della rivista di filosofia mazziniana «L’Idealismo Realistico» (a. I, n, 1, dic. 1924, p. 2) di Vittore Marchi, collaboratore di Reghini nella redazione della rivista «Atano`r», leggiamo che «la Filosofia Mazziniana, essendo la risultante di quelle di Pitagora, di Roma Pagana, di Dante, dell’Uma-

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menti politici progressisti aveva poi generato ulteriori sincretismi: la corrente spiritica aveva avuto una sua parte nel sostenere, insieme alla massoneria, i bisogni spirituali del partito anticlericale e laico risorgimentale, favorendo l’indirizzarsi delle aspirazioni religiose verso un orizzonte trascendente non legato alla Chiesa. Tanti spiritisti del secondo Ottocento provenivano dalle fila dei garibaldini o dei ribelli che avevano animato il Risorgimento (Scifoni, Tanfani, Scarpa, Daviso, Coreni alias Giovanni Dalmazzo); molti personaggi politici di primo piano avevano dimostrato chiari interessi, quando non propensioni, per lo spiritismo, a cominciare da Vincenzo Scarpa, segretario di Cavour, fino a Massimo d’Azeglio, che si 55 diceva in contatto con lo spirito di Cavour e di Cesare Balbo , e a Terenzio Mamiani56. L’affermazione del principio della fratellanza tra i popoli, la caduta delle frontiere di fronte alla liberta` dello spirito, avevano trovato in particolare il loro momento di trionfale affermazione nella partecipazione dello spiritismo alla manifestazione anticlericale del secolo: l’Anticoncilio di Napoli del 1869, indetto dalle correnti laiche, socialiste, liberali e massoniche della penisola per contrastare il Vaticano. Lo sposarsi di queste tendenze libertarie e ugualitarie all’evoluzionismo, in una prospettiva non immune, nei tardi sviluppi teorici di alcuni pensatori, da contaminazioni spiritualistiche, una interpretazione edulcorata e tendenziosa di Darwin e di Spencer, e l’immagine di una forza di progressione iscritta nel destino umano che perfino Comte sembrava aver prospettato, contribuiranno a corroborare un pastiche ideologico in cui evoluzione morfogenetica, progresso sociale ed elevazione spirituale potranno sic et simpliciter conseguire gli uni dagli altri57. Quasi tutti gli occultisti – scriveva Papini nel 1905 – credono al perfezionarsi progressivo e all’evoluzione continua delle anime intesa in senso morale. Essi credono, anzi, alla sopravvivenza delle anime e alla loro reincarnazione col fine implicito di permettere il miglioramento indefinito nesimo, della Rinascenza e di Vico, e` la Filosofia Italiana, eppero` l’unica che possa, nell’atto stesso di determinare la rinascita spirituale dell’Umanita`, innalzare l’Italia al suo terzo primato nel mondo». (Dobbiamo questa citazione a Marco Rossi, L’avanguardia che si fa tradizione, cit., p. 1062, n. 55. Ma, per questo aspetto, cfr. anche A. Reghini, Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria, Mantinea [Messina], Furnari, 1986). 55 M. Biondi, Tavoli e medium, cit., p. 57. 56 Cfr. Terenzio Mamiani, Della religione positiva e perpetua del genere umano, libri sei, Milano, Treves, 1880. 57 Su questo tema, cfr., anche, G. Landucci, Darwinismo a Firenze. Tra scienza e ideologia (1860-1900), Firenze, Leo Olschki ed., MCMLXXVII, passim.

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dell’universo. Secondo loro, il mondo non ha altro scopo che di rendere le anime di un certo gruppo di animali terrestri piu` vicini ad alcuni ideali di carita`, di solidarieta`, di purita` che furon predicati da Buddha e da Cristo. S’immaginano l’universo come una grande scuola, dove si procede di classe in classe verso la laurea suprema attraverso esami successivi che si chiamano vite e attraverso apparenti vacanze che si chiamano morti58.

Neppure Marx, della cui dottrina si esalto` l’istanza umanitaria e la dimensione utopistica a scapito del contenuto scientifico ed economicopolitico, si salvo` dal processo di assimilazione selvaggia cui furono sottoposti, in certi ambienti, i piu` grandi pensatori. Renzo De Felice ed Emilio Gentile ci hanno dimostrato, del resto, quanto le stesse posizioni socialiste fossero segnate da riferimenti nietzscheani e spiritualisti59. In realta`, il cammino tra Platone e Marx, passava anch’esso, attorno al 1910, attraverso l’«idealismo», in quella «perversa» ed ambigua accezione che fu accreditata da una larga parte del vasto «partito» antipositivista; un «idealismo» al quale qualcuno riconosceva soprattutto, e dalle pagine di «Critica sociale», il merito di aver spezzato «il fatale cerchio incantato del materialismo storico», dando «nuovo alimento e nuovo conforto» al socialismo60! Ma Papini, e soprattutto Prezzolini, si tenevano distanti da propensioni troppo democratiche. In loro, che si dicevano facenti parte di una generazione «senza ideali», prevaleva, in mancanza di una lucida scelta politica, il desiderio di superare gli angusti limiti della letteratura attraverso l’acquisizione di alcuni strumenti, ora ideologici, ora speculativi, ora magicooperativi in grado di agire sul reale, e il loro confuso tentativo di favorire una trasformazione sociale, in senso antiborghese ed anticlericale, antipositivistico ed antiaccademico, era piuttosto intriso, come vedremo, di elementi aristocratici e antidemocratici61.

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G. Papini, I sette peccati degli occultisti, in «Leonardo», III, ott.-dic. 1905, pp. 186-87. Cfr. di R. De Felice, soprattutto, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino, 1965; di Gentile, Le origini dell’ideologia fascista, Roma-Bari, 1975. 60 G. Rensi, La rinascita dell’idealismo, in «Critica sociale» XV, 18, 16 sett. 1905. Per questa intima «confusione» di socialismo, idealismo, pragmatismo cfr., oltre alle annate della rivista, E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, Roma, Editori Riuniti, 1977, pp. 69-95. 61 Il valore frondista, di opposizione ideologica ed anticlericale della tradizione occultistico-esoterica risale a tempi molto remoti della storia europea. Rinverdita dalla scuola massonica e dal ruolo svolto all’epoca della Rivoluzione francese, essa raccolse e instrado`, in epoca Risorgimentale e postunitaria, le inquietudini religiose di molte coscienze scandalizzate dall’atteggiamento assunto dalla Chiesa nel corso delle vicende risorgimentali. 59

3 IDEALISMO E IDEALISMI Ma... che vogliono, che fanno e chi sono i neo-idealisti in Italia? (Luigi Pirandello, Il Neo-Idealismo, 1896)

A che cosa mena lo zelo che si manifesta ora da un capo all’altro d’Italia di fondare societa` e circoli, di promuovere conferenze e discussioni, d’indire congressi filosofici? Certamente [...] tutta la vita sociale ha bisogno di venire rischiarata dalla filosofia, che le impedisce di procedere a caso e nel buio. Ma la filosofia, nel tradursi in valore sociale, perde il suo carattere di filosofia; da problema si cangia in risultato, da dubbio metodico in fede. [...] Volete divulgare la filosofia? Pensate alla filosofia e non a divulgarla. – [...] E invece societa`, circoli, conferenze, discussioni, congressi sono di solito dominati da questo erroneo concetto: che si giovi alla filosofia col chiamare al lavoro della produzione di essa gl’ incompetenti e i dilettanti e con l’invitare ad assistere ai suoi dibattiti, alle faccende di casa sua, gli estranei svogliati o malamente curiosi. [...] Ci sarebbe un modo per rendere utili i circoli e le societa` filosofiche, e sarebbe per l’appunto di trasformarli in circoli e societa` di storia della filosofia. [...] Ma se si tentasse questa trasformazione, quei convegni si sfollerebbero rapidamente, perche´ ne partirebbero tutti i dilettanti naturalisti e matematici e tutte le anime 1 belle.. .

Quando Croce scriveva queste parole, nel 1912, la polemica contro il gruppo del «Leonardo», ora trasmigrato, con abbandoni e nuovi acquisti, verso i lidi de «L’Anima», sulle cui pagine vibravano le preoccupazioni religiose di Boine e di Marrucchi, era ormai in atto. Dopo un periodo di 1 B. Croce, Circoli, convegni e discussioni filosofiche (1912), in Cultura e vita morale, cit., pp. 132-38.

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incoraggiamenti diretti, in nome della comune battaglia antipositivista, ai giovani del cenacolo fiorentino, alla Biblioteca Filosofica e al Circolo di filosofia che essi sostenevano e animavano con la loro presenza, il direttore de «La Critica» cercava ora, anche se tardivamente, di ripristinare le distanze e di chiarire le distinzioni. Con tanto piu` vigore quanto piu` generale, a proposito di «idealismo», era divenuta la confusione. Il «Leonardo» (1903-1907), fondato e diretto da Papini e Prezzolini, nasceva, sotto la suggestione di F. Nietzsche, di Novalis e dell’idealismo 2 magico , dalla convergenza di intellettuali, letterati e pittori eterogenei tra di loro, sul motivo comune dell’antipositivismo e con intenti di rigenerazione antiaccademica della cultura italiana. Bona e Macinai, Costetti e de Karolis, collaboratori del «Marzocco», seguaci di Angelo Conti e di D’Annunzio, vi scrivevono accanto a Papini e a Prezzolini. Quei «giovini... vogliosi di universalita`, anelanti a una superior vita intellettuale», erano accomunati dalla volonta` di trasformare la realta` del loro tempo, di reagire alla crisi di valori, e a «la mancanza di ideali, di pensiero, di fede, di parametri d’azione». Si dicevano «Nella vita ... pagani e individualisti», «Nel pensiero... personalisti e idealisti», compiacendosi di proclamarsi pensatori piu` che esteti e vagheggiando la fondazione di un «partito intellettuale» capace di porsi, malgrado le contraddizioni del loro «personalismo» idealistico che si muoveva entro «la sfera misticheggiante dell’estetismo e dell’azione», all’inizio della cosiddetta «rinascita filosofica in Italia». Tuttavia, sin dall’iniziale programma contenente queste dichiarazione di intenti, i leonardiani mostravano di aver contaminato con elementi spuri il disegno di un idealismo di cui Croce, ben altrimenti, aveva definito le caratteristiche: il loro idealismo era nutrito di aspirazioni estetizzanti, venato di individualismo superomistico, intorbidito dal «disprezzo per le espressioni liberali e riformiste dell’eta` contemporanea»3. Nei primi articoli di Gian Falco (Papini) e di Giuliano il Sofista (Prezzolini), gia` era presente una sprezzante polemica antiborghese, e il positivismo era deprecato soprattutto come espressione dello spirito pratico e razionale della borghesia, l’odio per le masse si mescolava a quello per la citta` industrializzata. Nelle fasi successive della vita della rivista, la tendenza irrazionalistica di questo «idealismo» diventera` ancora piu` marcata, man mano che i direttori accoglieranno – come vedremo in una chiave del tutto particolare –, il pragmatismo di James e lo stimolo di altri autori che presentavano motivi 2 3

Programma sintetico, in «Leonardo», I, 4 gennaio 1903, p. 1. G. Papini, La Logica di B. Croce, in «Leonardo», III, giugno-agosto 1905, pp. 115-20.

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affini: in quegli anni, sia sulle pagine della rivista sia in parallele collane, come nella papiniana «Cultura dell’Anima», si pubblicavano James, Sorel, Bergson, la cui Introduction a` la me´taphysique, a cura di Papini, apriva un inedito spiraglio sulla vita profonda dell’anima, sul mondo interiore dell’artista, la cui opera e` capace di superare intuitivamente ogni schematizzazione concettuale data. La terza serie del «Leonardo», occultista e prevociana, condurra` a termine questo processo di indifferenziato me´lange, che sara` poi aspramente criticato da Croce. Sul primo momento, tuttavia, la polemica antipositivista sembrava poter ancora giustificare una bandiera comune, anche agli occhi di Croce. Da parte loro, i redattori fiorentini, che con tanto fragore sbandieravano un ritorno all’Ideale, consideravano, probabilmente, l’«idealismo» non solo un anelito e un «programma», bensı` anche uno strumento propagandistico: lo slogan aggregativo, l’insegna sotto la quale raccogliere tutto un vasto fronte di opposizione, che coinvolgeva, all’occasione, anche Croce. Nonostante Papini avesse accennato di voler prendere le distanze dal filosofo abruzzese, fu piu` infatti spesso evidente, da parte dei leonardiani, il desiderio di apparentarglisi, nobilitando cosı`, di riflesso, la «scuola filosofica anglofiorentina». Il fatto che quest’ultima si trovasse «in aperta opposizione per le origini, le tendenze e le teorie» con la scuola «tedesco-napoletana» non impediva a Papini, in nome della comune battaglia, di avvicinare sia il proprio idealismo di stampo pragmatista che i tanti «neo-idealismi» che percorrevano «l’aria spirituale» d’Italia all’idealismo crociano. Ancora nell’articolo intitolato Franche spiegazioni, apparso sul penultimo numero del «Leonardo e gia` sopra citato, Papini scriveva4: La filosofia, anche in Italia, accompagna questa specie di voltata brusca della pubblica opinione intellettuale [contro il positivismo]. Il contingentismo spiritualista del Boutroux, lo intuizionismo del Bergson e del Le Roy, il pragmatismo del Peirce, la volonta` di credere del James, l’umanismo di Schiller, l’idealismo religioso dell’Eucken hanno in Italia studiosi e seguaci. A Firenze si sta tentando di dare un fondamento pratico all’idealismo magico di Novalis; a Napoli si sforzano di far rivivere l’idealismo assoluto di Hegel.

Dopo aver ricordato la nascita di nuove societa` per le ricerche psichiche, Papini ancora continuava col ricordare che:

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Giuliano il Sofista, «La Critica», «Leonardo», IV, ottobre-dicembre 1906, pp. 361-64.

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Da pochi anni e` cominciata, soprattutto per opera di A. Costa e di G. De Lorenzo, la propaganda buddistica; Il Rensi la continua nel Coenobium; l’editore Laterza pubblica la traduzione dei discorsi di Gotama e quella di Kokoro di L. Hearn; il piu` serio giornale d’Italia, il «Corriere della Sera», ha consacrato tre colonne di prima pagina ad un articolo di Luzzatti sul Buddismo! Gli editori hanno seguito abbastanza rapidamente la formazione dei nuovi gusti del pubblico e nelle collezioni del Bocca, Hoepli, di Laterza, di Sandron, appaiono sempre piu` numerosi i libri di filosofia, di psicologia, di religione e perfino di vero e proprio occultismo. Intanto il Croce e il Gentile hanno iniziata la loro «Collana dei classici delle filosofia moderna»; G. Prezzolini e A. De Rinaldis riprendono quella dei «Poetae philosophi et philosophi minores» che fu gia` iniziata con Novalis, ed altre se ne preparano. Ma la produzione dei libri non e` niente in confronto alle nascite di interessanti riviste di pensiero [...] La prima rivista d’idee, nel senso di libera ricerca in ogni direzione, senza l’intenzione di fare ne´ della filosofia tecnica ne´ della religione piu` o meno camuffata e` stata il «Leonardo» [...] sono comparse due nuove riviste, una delle quali, la «Critica» (1903), rappresenta l’hegelismo, rinnovato e ripensato dall’ingegno alacre di Croce, mentre l’altra, la «Cultura filosofica» (1907) cerca a tentoni una sua strada, combattendo a destra gli hegeliani e a sinistra i positivisti. [...] Questa noiosa enumerazione da`, credo, un’idea della vastita` della rivoluzione intellettuale che si va compiendo in Italia. Io ho messo insieme, veramente, e ho fatto sfilare a due a due idealisti razionali e mistici, cercatori liberi e spiritisti come se facessero tutti parte di uno stesso esercito, ma in realta` non bisogna dar troppo peso alle uniformi e alle bandiere. Tutta questa gente ha dei nemici comuni – cioe` gli empiristi grossolani, gli pseudo positivisti, i metafisici materialisti, gli scienziati presuntuosi, scettici superficiali o sillogistici, vale a dire tutto quel pecorume che si riempie continuamente la bocca colla Scienza e la Ragione e fa della sua ignoranza un argomento contro cio` che non e` approvato dai suoi pastori. E tutta questa gente ha pure una tendenza comune: l’affermazione dei valori interni contro quelli esterni. Lo studio della vita intima, dei fenomeni religiosi, degli stati mistici, delle tradizioni occulte, mostrano la volonta` di riconoscere i problemi spirituali e morali come piu` importanti di tutti gli altri problemi.

Ci si perdoni la lunghezza della citazione, preziosa come spia di un modo di ragionare forse molto «papiniano», ma certo condiviso anche da molti intellettuali del tempo. E` evidente che l’intento dei leonardiani, che pure avevano gia` in altre occasioni rimproverato a Croce l’«antipatia [...] per il misticismo e la religione», il «disprezzo per le forme di critica fantastica, e per le tendenze religiose e mistiche che ammettono altra conoscenza che non la sensibile e intellettuale», era quello di attirare capziosamente in qualche modo Croce in un’orbita comune, o meglio

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quello di affiancarglisi e contrapporglisi al tempo stesso, nell’ottica di una medesima prospettiva di recupero dell’«ideale». Come altrimenti si potrebbe giustificare, in contraddizione con quanto affermato meno di sei mesi prima, la presenza di Croce tra coloro che si dedicano allo «studio [...] dei fenomeni religiosi, degli stati mistici, delle tradizioni occulte»? Proprio per via di simili semplificazioni frettolose e di facili sillogismi, avvennero anche le contaminazioni piu` significative, che avvicinavano all’idealismo crociano le invenzioni e i recuperi piu` peregrini, finche´ l’«idealismo divento` denominatore comune per le sintesi piu` stravaganti»5. In realta`, e` destino di tutte le parole alla moda quello di doversi prestare a una serie di travisamenti, di essere utilizzate, al di fuori del proprio contesto originario, per garantire inconsapevoli confusioni o tendenziose contraffazioni ideologiche. Alla parola «idealismo» tocco` proprio questa sorte, nonostante le primitive avvertenze in forza delle quali Croce aveva cercato, sin dall’inizio, di legarla, per quel che lo riguardava, ad un concetto di «idealismo critico». Gia` dal primo numero della «Critica», ad evitare ogni fraintendimento, egli aveva specificato che il ritorno alla filosofia, «a tradizioni di pensiero [...] nelle quali rifulge l’idea della sintesi spirituale, l’idea della humanitas», non poteva prescindere dal rispetto per metodi d’indagine scrupolosamente scientifici, e, proclamandosi «seguace dell’idealismo», aveva sottolineato che esso doveva essere concepito come «idealismo critico, o come idealismo realistico e perfino (ove per metafisica si inten6 dano le forme arbitrarie del pensiero) come idealismo antimetafisico» . Era, questo, il primo dei numerosi «distinguo» del filosofo, volti a sottolineare le differenze, a diversificare, e talvolta a isolare la sua posizione, e destinati a farsi via via sempre piu` polemici man mano che sempre piu` variegato si faceva lo schieramento degli «idealismi» nel panorama della cultura italiana. Un entusiasmo diffuso e spesso acritico sembrava infatti investire, tra la fine del secolo e agli inizi del ’900, la parola «idealismo». Esso nasceva proprio all’interno di quella crisi che aveva colpito i valori portanti dell’epistemologia tardo-ottocentesca, i quali mostravano adesso i segni di una lunga usura e rivelavano pienamente la loro incapacita` di esaurire l’interezza dell’orizzonte umano. Il sistema ideologico-culturale dell’Italia postu5

E. Garin, Cronache, cit., I, p. 43. «La Critica» I, 1; ora in «La Critica». Rivista di letteratura, storia e critica, diretta da B. Croce, vol. I (1903), Bari, Laterza, 19082. 6

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nitaria, troppo fragile da un punto di vista teoretico e limitato nelle sue fondamenta, si rivelava ora inadeguato di fronte alle inquietudini novecentesche che avanzavano in campo speculativo e intellettuale. Ai rigidi binari del razionalismo scientifico, all’angusto ambito descritto dal determinismo materialistico, si andavano sostituendo nuove aspirazioni esistenziali, pronte ad abbandonare le ferree leggi della causa e dell’effetto per ambire ad una maggiore liberta` di pensiero e di azione. Gia` sul finire del secolo, si erano levate le prime voci, che Pirandello non aveva mancato di rilevare con la consueta ironia. In un articolo su Il Neo-Idealismo, comparso sulla «Domenica Italiana», egli aveva osservato, dapprima assai seriamente, che il fenomeno rifletteva in se´ due reazioni: «quella, letteraria, al naturalismo; l’altra, filosofica, al materialismo» E` verissimo – scriveva – che il concetto materialistico del mondo e della vita non appaga piu` lo spirito moderno, rimasto per esso nel mistero e senza Dio [...] Abbiamo voluto quasi esprimere la terra dal vuoto che la circonda, popolato un tempo di deliziose fantasie e di paure, per considerarla come per se stessa esistente, piccola patria di piccoli enti, i quali dovrebbero intendere a procacciarsi quaggiu` la possibile felicita`, poggiando, non piu` in cielo, ma in terra i proprii ideali, senz’altro dimandare. Ma e` possibile che la domanda non sorga, se la terra rimane tuttavia circondata dal cielo?

Tuttavia, sottolineando «che e` quasi fatale che ad ogni eccesso debba sempre rispondere un altro eccesso», Pirandello finiva col ridicolizzare i «nuovi retori», che devono sempre [...] mostrar d’avere certe doglie oscure e segrete, certe ebbrezze come di vini immateriali bevuti in coppe invisibili, e certe smanie e certe ansie e certe aspirazioni e certi languori malinconici o languide malinconie, che solamente gl’iniziati possono intendere7.

Quasi contemporaneamente, nel 1894, Ugo Ojetti, in una inchiesta sulle 8 nuove tendenze della letteratura , raccoglieva, sul tema del «nuovo Risorgimento» della vita culturale italiana, i pareri di vari scrittori contemporanei. 7 Il Neo-Idealismo, in «La Domenica Italiana», Roma, anno I, n. 4, 27 dic. 1896; ora in L. Pirandello, Saggi, prose, scritti vari, a c. di M. Lo Vecchio-Musti, Milano, Mondadori, 19733, pp. 913-21. 8 U. Ojetti, Luigi Capuana, in Alla scoperta dei letterati, Milano 1895 (repr. a c. di N. Merola, Roma, s. d., Gela ed.).

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La maggior parte degli intervistati, nel corso dei colloqui, finiranno per parlare di «Idealismo» (termine che Ojetti trascrive con la «I» maiuscola) come del carattere necessario e preponderante dell’arte prossima ventura. Ne parlera` anche Enrico Annibale Butti, scrittore noto e spiritualista convinto, col quale Marinetti condivideva, al tempo, serate e sedute spiriti9 che nel salotto della signora Lida Brochon, a Milano . Butti affermo`, in quella occasione, che la parola, gia` divenuta «ambigua per il soverchio uso», sara` carattere centrale della nuova arte, stando principalmente a significare «due fatti»: la coscienza e la curiosita` che l’artista creatore ha dell’Inconoscibile, cioe` di quanto s’agita oscuramente dietro le semplici apparenze; la necessita` che a centro dell’opera d’arte si apposta un’idea eccelsa.

Anche Gabriele D’Annunzio, prendendo l’abbrivio da piu` lontano, indicava nell’«Ideale» il punto di approdo del sentimento contemporaneo: un’inquieta aspirazione ad escir fuori dalla realta` mediocre, un desiderio vago di trascender l’angustia della vita comune, una smania quasi incosciente di vivere una vita piu` fervida e piu` complessa [feconda di] un oscuro viluppo di germi nuovi, dei quali taluno gia` si va schiudendo e sta per invadere le piu` lucide sfere della coscienza [...] ove si producono ogni giorno forme di vita spirituale mirabili, mai viste prima, o almeno mai osservate e rivelate [...]. E sul fondo diffuso della sensibilita` organica, gia` rischiarata dai cinque sensi normali, vanno a poco a poco apparendo strani sensi intermedii le cui percezioni sottilissime scoprono un mondo finora sconosciuto. E nuovi misteri, che non sono soprannaturali e che noi sentiamo non assolutamente inconoscibili, ci avvolgono nella lor viva tenebra [...] [Il prossimo invocato Rinascimento derivera` percio` il suo] straordinario rigoglio da una magnifica forza: dal sentimento dell’energia e della potenza elevato al sommo grado [...]. E i nuovi artisti..., chiederanno alla scienza la facolta` di creare, [...] di manifestare per segni luminosi l’Ideale10.

Ed era vero: non solo l’«Imaginifico», ma anche tutta la vita culturale sembrava ora parlare un linguaggio nuovo, in cui le piu` diverse aspirazioni, indirizzate verso un obiettivo alternativo e dialetticamente contrapposto al

9

Cfr. F. T. Marinetti, La grande Milano tradizionale e futurista, a c. di Luciano De Maria, Milano, Mondadori, 1969, pp. 15 sg. 10 U. Ojetti, Luigi Capuana, cit., pp. 108-9 e 300-51.

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«reale» – ai «fatti» che avevano tenuto fino ad allora il campo – tendevano a chiamarlo «ideale» definendosi, percio`, «idealiste». 11 Il primo cambiamento – ricordava Prezzolini – comincio` ad avvenire verso il 1900 [...] Libri che si leggevano quindici anni prima non si conoscevano piu`. Chi aveva il coraggio di leggere Ardigo`? Chi citava l’autorita` di Spencer? Tutto quel modo di considerar la vita, tra positiva e materialista, che dominava in Italia verso il 1880, era scomparso quasi senza lasciar traccie ne´ residui. [...] Insomma la reazione idealistica aveva tutto spezzato, senza trovare resistenza. In pochi anni l’idealismo, che non aveva trovato veri contraddittori [...] aveva avuto vittoria piena [...] Leonardiani e vociani, democristiani, modernisti e futuristi, crociani e nazionalisti, gentiliani e sindacalisti, ecco i piccoli gruppi, che raccolti intorno a riviste, hanno operato il rinnovamento della coltura italiana.

Queste considerazioni, scritte nel 1923, danno bene la misura della confusa e spesso scomposta reazione che il primo ’900 chiamo` «rinascita spirituale». In essa, confluivano l’insoddisfazione per un metodo di pensiero e l’insofferenza per un habitus scientifico che, almeno in origine, voleva essere obiettivo, analitico, imparziale e rigoroso ma che aveva finito col risultare pedante e come asfittico, e che, nel concreto, non era stato in grado di elaborare un adeguato fondamento filosofico ne´, d’altra parte, si era dimostrato capace di attenersi coerentemente alle conseguenze logiche e speculative dei presupposti razionalistici dai quali era partita. Si rimproverava al positivismo di «non essere stato che la promessa di una filosofia», privo di impianto teorico e di respiro speculativo, presto scaduto in un facile «feticismo del fatto»; gli si rimproverava di aver assunto un carattere di «dittatura ideologica»12, di «moda» culturale e di aver avallato una generale attitudine di pressappochismo e di ignoranza, che aveva annichilito la vita dello spirito. «Per opera di qualche scienziato di mente angusta – scriveva Croce – e di molti eruditi e letterati e pubblicisti contenti di poter finalmente atteggiarsi a sapienti [...] secundum quid» ovvero «secondo l’ultimo portato del pensiero; secondo Spencer, che dichiarava di non aver mai letto e di non voler leggere gli autori della filosofia; secondo Ardigo`, che insegnava storia della filosofia, negandola», la cultura italiana si era convertita in massa al positivismo, il quale «anziche´ una dottrina

11

G. Prezzolini, La cultura italiana, Firenze, Ed. «La Voce», 1923 (ma cito dalla ed. Milano, Corbaccio, 1938, pp. 88-89). 12 I letterati italiani e l’odio per la filosofia, cit., pp. 106-7.

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discutibile, era uno ‘stato d’animo’, misto d’ignoranza e di baldanza: una rivolta di schiavi contro il rigore e la severita` della scienza». Come ogni uomo – insisteva il filosofo – ho fatto, o almeno scritto, anch’io parecchie corbellerie, delle quali mi dolgo e arrossisco, e che ho procurato e procuro di correggere. Ma [...] tra le corbellerie che nel corso della vita si possono commettere da chi pratica con la filosofia e con gli studıˆ in genere, ce n’e` una dalla quale mi compiaccio di essermi sempre tenuto puro, anche nei primi anni della mia giovinezza. Non sono mai stato positivista. Non era facile restare immune dal positivismo, particolarmente una ventina d’anni addietro, quando appunto frequentavo l’universita`, facendovi il mio corso di giurisprudenza. Professori e studenti, quasi tutti, erano allora positivisti: professori e studenti di discipline giuridiche, di scienze naturali, di filosofia, di letteratura. Rarissime le eccezioni; e anche coloro che non volevano essere propriamente tali, facevano di cappello al positivismo [...] Rifiutare allora d’iscriversi al gran partito positivista, prendere un altro titolo, come d’idealista o d’hegeliano o di herbartiano o di rosminianio, era il medesimo che rassegnarsi a esser considerato cervello balzano dai benevoli e questurino travestito dai positivisti esaltati e spadroneggianti, i quali erano per giunta tutti o repubblicani o democratici; [...] I soli filosofi riconosciuti legittimi, e circondati di rispetto, erano quelli che promettevano, con gesti da cavadenti arringanti alle fole sul biroccio carico di boccette e scatolini, di fare la filsofia nei «gabinetti», con gli «strumenti» e con le «macchine», e di costoro si nominava, non so perche´, quale rappresentante e modello, l’Ardigo`13.

«La filosofia non c’era all’inizio e non e` venuta poi»14, anzi, proprio «in quanto aveva promesso una filosofia, [il positivismo] era fallito miseramente e si era coperto di discredito». Croce rimproverava soprattutto, al positivismo, di aver fatto divenire [...] il nome di «filosofo», la parola «filosofia» [...] nome e parole di scredito, ora deprecati come segni di sviamento dei cervelli, ora fatti oggetti d’insipidi motti e di lazzi triviali. Quasi piu` nessuno osava dire che attendeva a indagini e meditazioni filosofiche, e tutti invece si vantavano 15 di fare «scienza» e di comportarsi da «scienziati» .

13

A proposito del positivismo italiano, in Cultura e vita morale, cit., passim. Intervista apparsa sul «Giornale d’Italia», 16 aprile 1911, ora in Pagine sparse raccolte da G. Castellano, serie prima, Napoli, Ricciardi, 1919, 2 voll., II, pp. 254-55. 15 Storia d’Italia, cit., pp. 225 e 124. 14

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Eroi del mondo mentale non appaiono piu`, come un tempo, i poeti, i filosofi, gli storici; ma di sopra, o ad esclusione di costoro, i fisiologi, i fisici, gli zoologi. E i personaggi autorevoli della vita sociale, chiamati a pronunziare parole direttive nei problemi dell’educazione, dell’istruzione, dell’amministrazione e della politica, non sono piu` ormai nemmeno gli avvocati (che pure una qualche conoscenza della vita morale possedevano, se non altro per ragione di antitesi) ma i medici e i chirurgi e gli alienisti e gli ostetrici e gli odontoiatri, i quali, con molta gravita`, si lasciano decorare o si decorano da se´ col titolo di «uomini di Scienza»16.

«Il risveglio filosofico e la cultura intellettuale a esso correlativa, scriveva Croce, dovra` riabbassare all’ufficio, che e` loro proprio, naturalisti e medici, fisiologi e psichiatri» che «Ora brancolano alla cieca tra problemi assurdi, e scompigliano e fracassano tutto cio` che toccano e urtano in quelle tenebre». Bisognera` «Che si abbia nuova produzione di pensieri e di idee» e che questa «si affermi come produzione di sistemi, poiche´ filosofare e` unificare, connettere, sistemare»: «deve sorgere una nuova idea della filosofia [...] che sia, come si suol dire, all’altezza dei tempi; cioe` mostri la capacita` di dominare e risolvere tutti i problemi che finora lo spirito umano si e` proposto, e di dominarli e risolverli meglio di ogni altro sistema del passato», senza cercare di «tenersi comicamente alle falde degli zoologi, fisiologi, fisici e matematici, dai quali mendica luce»: «la filosofia non e` mai vuota quando sia piena di filosofia; anzi, che tanto piu` essa sara` piena e ricca, quanto piu` essa si andra` liberando da elementi estranei e si riempira` solo di se` medesima»17. Contro questa temperie culturale angusta, nata «dal congiungimento tra l’impotenza spirituale dei letterati ed eruditi di vecchio stampo e la barbarie positivista»18, si era levata la «reazione», che Croce voleva condurre in nome di un ritorno alla grande tradizione filosofica, ma che molti riportavano a un «idealismo» il quale, pur continuando ad opporsi semanticamente al «materialismo» del secolo precedente, si riempiva di contenuti ambigui ed eterogenei. Sotto la sua insegna, pretesero di schierarsi la maggior parte di coloro che esprimevano il loro anelito verso piu` ampi orizzonti dello spirito; che si richiamavano a tradizioni neoplatoniche o metafisiche o mistiche o spiritualiste; che studiavano l’intuizionismo e il pragmatismo: tutti coloro, insomma, che, nell’ambito del pensiero, intende16 17 18

Il risveglio filosofico e la cultura italiana, cit., pp. 22-23. Ivi, passim. I letterati italiani e l’odio per la filosofia, cit., p. 107.

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vano opporsi al troppo abusato determinismo positivista. L’aria d’Italia era cambiata perche´, scriveva Papini, si sente parlare di rinascite dell’idealismo e dello spiritualismo, di neiidealismi e di nuovi spiritualismi, di risveglio mistico, di ricomparsa della fede, di avvento dell’uomo mistico e dell’Uomo-Dio... e soprattutto si odono i funebri annunzi del «tramonto del positivismo» e della «morte del materialismo». E non basta; noi vediamo tutti i giorni gente che richiama la nostra attenzione sui problemi dell’anima, sui misteri dell’al di la`, sul mondo soprasensibile, sui fenomeni occulti e ormai non si trova piu` un medico o un fisiologo che si rifiuti di riconoscere come veri e autentici i cosiddetti fatti medianici o spiritici. Perfino nella religione comincia a manifestarsi un insieme di movimenti quale da tempo non si vedeva. Moltissimi, anche non credenti, hanno finito col riconoscere l’enorme importanza del fatto religioso e [con lo] studiare non solo storicamente ma psicologicamente i miti, i santi, gli asceti19.

Ma lo stesso Croce, affermando che quella «rinascita» muoveva dal bisogno di un concetto «religioso» della vita e della realta`, che «senza religione, ossia senza questo orientamento non si vive, o si vive con animo infelice e perplesso, infelicemente»20, aveva in qualche modo prestato il destro a possibili fraintendimenti: si poteva, come in effetti da piu` parti si fece, sorvolare sulla precisazione che l’idealismo comporta sı`, la negazione del positivismo, ma anche, «insieme la negazione di ogni forma di trascendenza e di credenza»; che esso deve essere scevro da finalita` pratiche; che «non puo` non riconoscere e ripigliare la sua tradizione storica»; che «meglio [e`] quella religione che coincide con la filosofica»: in una parola ignorare che in Croce si assiste in realta` ad un «sostanziamento religioso della filosofia». Tuttavia, viene da pensare che neppure Croce fosse del tutto tetragono a questi interessi, visto che nel 1919 faceva recensire da Gentile La filosofia della liberta` di Rudolf Steiner21, appena edito, nella collana «Biblioteca di vita moderna», di Laterza, presso la quale, negli anni seguenti, fara` pubblicare altri testi steineriani, ancor piu` scopertamente esoterici. Per un mondo, a detta dello stesso Croce, «di nuovo in cerca di una religione», per un’epoca che «di positivismo, neocriticismo, agnosticismo non voleva piu` sentir parlare», in cui «il bisogno religioso si era risvegliato, 19 20 21

G. Papini, Franche spiegazioni, cit., pp. 129-43. Per la rinascita dell’idealismo (1908), in Cultura e vita morale, cit., pp. 34-5. In «La Critica», 20 nov. 1919, ora nella raccolta cit., vol. XVII, p. 369.

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tanto piu` pungente quanto piu` a lungo insoddisfatto», era facile venir meno al rigore dei concetti e affidare all’«Idea» il compito di spianare la strada verso orizzonti trascendenti. In piu`, c’era, nell’«Ideale», una grandezza che la razionalita` sembrava non avere; una promessa di liberta` e quasi di eroismo che poteva fungere da efficace contrappeso alle frustrazioni della vita borghese, ai toni dimessi della prassi parlamentare, ai tentennamenti del governo di fronte alle forti spinte sociali che dilaniavano la societa` italiana. In questa prospettiva, la lotta al positivismo poteva tingersi di polemica antidemocratica e rivelarsi atta ad accomunare, almeno provvisoriamente, «imperialisti, mistici, esteti»: secondo Croce, «tutti operai della 22 medesima grande industria: la grande industria del vuoto» . Come Reghini, come Borgese e il gruppo di «Hermes» – dichiaratisi «idealisti in filosofia» quanto «aristocratici in arte e individualisti nella vita»23 –, anche i giovani del «Leonardo» avevano confessato di essere degli «idealisti» «accomunati [...] piu` dagli odi che dai fini comuni», riuniti piu` dalle forze del nemico che dalle loro. E i loro odi avevano investito in misura indifferenziata «Positivismo, erudizione, arte verista, metodo storico, materialismo, varieta` borghesi e collettiviste della democrazia». Tutto questo puzzo di acido fenico, di grasso e di fumo, di sudor popolare, questo stridor di macchine, questo affaccendarsi commerciale, questo chiasso di re´clame – scriveva Giuliano il Sofista sul «Leonardo» –, son cose legate non solo razionalmente, ma che si tengon tutte per mano, strette da un vincolo sentimentale, che ce le farebbe avere in disdegno se fossero lontane, che ce le fa invece odiare perche´ ci son vicine24.

Era vero che ogni concetto, nelle pagine del «Leonardo», sembrava rivendicare la necessita` di una rivoluzione di valori che in primo luogo restituisse alla speculazione l’antica dignita`, anteponendolo persino alla sfera della realizzazione estetica, all’arte. Ma era evidente, al contempo, sin dall’inizio, che il loro «idealismo», desideroso «di liberazione e voglioso di universalita`», aveva una connotazione assai vaga e che gli sarebbe stato possibile imboccare le strade piu` diverse. Per comprendere questa disponibilita` alle semplificazioni, questa attitudine alla contaminazione utilitaristica che lega dapprima il positivismo alla democrazia e poi, nella reazione, certo «idealismo irrazionalista» a posizioni 22 23 24

B. Croce, Per la rinascita dell’idealismo, in Cultura e vita morale, cit. (1908), passim. «Hermes», 1904, I, p. 2. Giuliano il Sofista, Alle sorgenti dello spirito, «Leonardo», I, 19 aprile 1903, p. 4.

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francamente «di destra», oltre che a questa vaghezza ideologica, bisogna ancora far riferimento alle parole di Croce, quando ricorda che «la democrazia italiana era, non si sa perche´ (se non forse per la smania di popolarita`, che e` male quasi inevitabile di tutte le democrazie) positivistica»: il mio stomaco – scriveva il direttore de «La Critica» – ricuso` di digerirla, finche´ essa non prese qualche condimento dal socialismo marxistico, il quale, cosa ormai notissima, e` imbevuto di filosofia tedesca. Anche oggi la fraseologia positivistica di certi democratici italiani mi fa sorgere impeti di conservatore. [...] molti, certamente benemeriti, agitatori democratici opererebbero da savıˆ se lasciassero in pace scienza e filosofia...25.

Proprio scivolando su questo penchant, un certo esoterismo spiritualista, che pure aveva assunto, in periodo risorgimentale, anche se in una prospettiva paternalistica, coloriture democratiche e «socialistiche», pote´ evolvere, durante questo primo fatidico decennio del ’900, in senso antidemocratico, cosı` come accadde anche, a molti, in seno Biblioteca Filosofica. Reghini, ad esempio, convinto che «La mentalita` dogmaticamente materialista del XIX secolo ha costituito un tremendo ostacolo per l’espressione della vita spirituale», propugnava, nel 1908, un ritorno alla vita mistica; ma il «misticismo contemporaneo», affermava, non potra` essere contemplativo «come quello buddista o cristiano»: per armonizzarsi col «carattere di intensa attivita`» della vita moderna, dovra` connotarsi piuttosto come «misticismo dell’azione»: «una vita dello spirito che ha bisogno di un Coenobium e` ben poca cosa»: «la fiamma deve ardere con tale potenza da non sentire necessita` di riparo da vento o da acqua»26. Ancora nel 1912, su «La Voce», lo stesso Amendola, scriveva che: L’ascesi... la lotta contro la natura interna, la conquista del mondo dello spirito, richiedono all’individuo quelle virtu` di sacrificio, di fortezza e di audacia, che costituiscono il fondo del combattente, e che fanno dell’uomo di guerra, con tutti i suoi eccessi e le sue brutalita`, un tipo infinitamente superiore a quello dell’accorto sibarita che trova nel culto della pace la migliore espressione della sua concezione voluttuaria della vita27.

25 26 27

A proposito del positivismo italiano, cit. A. Reghini, La vita dello Spirito, in Per una concezione spirituale della vita, cit., pp. 135-36. G. Amendola, La grande illusione, «La Voce», III, 9, 21 marzo 1911.

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Affermazioni come queste, collegate intimamente da una continuita` tematica profonda, nonostante le polemiche con il nazionalismo di alcuni, costituirono l’inevitabile premessa dell’interventismo e agevolarono anche, in certi casi, lo «scivolamento» da un irrazionalismo contaminato di pragmatismo a posizioni decisamente autoritarie. Sappiamo bene come il «misticismo dell’azione» fosse destinata a divenire di lı` a qualche anno ispiratore dell’eroismo «patriottico» prima, poi di quello squadrista e guerrafondaio. Lo stesso Reghini ne dara` misura fin dal 1914, sulle pagine di «Lacerba», nell’articolo intitolato Sempre avanti, schierandosi, con accenti profeticamente sinistri, favore del partito interventista: se l’Austria si sfascia anche senza di noi [...] – scriveva –, questa e` una ragione in piu` per agire; e subito [...]. Ora o mai possiamo raddoppiare la nostra flotta commerciale e navale [sic], ingigantire la nostra influenza in Oriente e in Estremo Oriente, e rendere almeno l’Adriatico un mare nostro. Vede questo la grande maggioranza del popolo italiano [...]? E se il paese e` cieco, quale enormita` e` mai questa che il governo debba assecondare la cecita` universale? Aveva forse Cavour il consenso del paese quando mandava i bersaglieri in Crimea?28.

E` bene precisare che posizioni come queste non furono comuni a tutto l’esoterismo di inizio secolo. Esse appartengono piuttosto ad un filone di esoterismo paganeggiante e massonico, che attribuiva a una e´lite, spesso identificata con la razza latina o ariana, compiti di riscatto e di palingenesi universale. La questione dei rapporti tra il fascismo e questo spiritualismo occultista, «naturalmente» aristocratico, antiborghese e anticlericale, tendenzialmente rivoluzionario rispetto ad un ordine «malamente» costituito in cui primeggiano i valori del capitale rispetto ai valori dello spirito, teorizzatore della superiorita` di pochi eletti e pericolosamente vicina agli eccessi del nazionalsocialismo29, e`, per quel che riguarda l’Italia, assai complessa e ancora in parte da chiarire. Lo dimostrano le vicende politiche del Futurismo30 e di Reghini (che rimprovero` a Mussolini di non aver avuto 28

A. Reghini, Sempre avanti, in «Lacerba», II, 19, 20 sett. 1914. Su questo specifico tema, cfr. G. Galli, Hitler e il nazismo magico. Le componenti esoteriche del Reich millenario, Milano, Rizzoli, 1989. 30 Per una rapida sintesi, L. De Maria, Introduzione a Teoria e invenzione futurista, cit., pp. L-LXIII e bibl.; C. Salaris, Storia del futurismo, Roma Editori Riuniti, 1985; II ed. ampl. 1992. Per la polemica tra Reghini e Mussolini (che si firmava «Fermi»), cfr. M. Rossi, L’interventismo politico-culturale delle riviste tradizionaliste negli anni Venti: «Atanor» (1924) e «Ignis» (1925), in «Storia contemporanea», III, 3, giugno 1987, pp. 457-504. 29

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il coraggio di restaurare la vera religione, quella pagana), cosı` come la parabola di un altro protagonista che fu vicino ad entrambi: Julius Evola, che, all’interno di una sostanziale continuita` di ricerca, pote´ passare dalla militanza futurista al dadaismo; prendere le mosse dall’idealismo italiano per recuperare l’idealismo assoluto e magico di Novalis (sul quale anche i leonardiani avevano insistito); da un tradizionalismo integralista, largamente debitore a Rene´ Gue´non, evolvere verso una sorta di spiritualismo etico; e dall’opposizione al fascismo passare ad un «fiancheggiamento» critico, guardato con sospetto dal regime stesso31. Evola, convinto che l’idealismo e` «una posizione conquistata e consolidata», che «in nessun modo e` permesso trascurarla o ignorarla», poiche´ «ogni sviluppo ulteriore deve partire da essa come un presupposto, sotto pena che mentre crede di andar oltre, in realta` non riesca che a condurre indietro», riteneva tuttavia che l’idealismo «cosı` come finora si trova esposto nella filosofia, non e` tale che a meta`, e questo e` precisamente l’unico punto per cui si puo` andare di la` da esso»32. L’«idealismo» evoliano, pur confrontandosi con la rinascita idealistica predicata da Croce e da Gentile, 33 approdera` dunque al «solipsismo piu` integrale che si possa immaginare» , un solipsismo che, negando ogni realta` al di fuori dell’individuo, giungera` a negare la possibilita` di ogni filosofia che non sia azione34. Ma con cio` scivoliamo verso i primi anni ’30, verso gli estremi sviluppi di quelle premesse che erano gia` state poste, in qualche modo, all’inizio del secolo e del cui percorso puo` ben testimoniare l’opuscoletto di Arnaldo Ginna, L’uomo futuro (Roma, Edizioni futuriste di «Poesia», 1933), in cui evoluzionismo e ideale futurista, «marinettismo» e fascismo si fondono alla luce di un titanismo di stampo magico-occultistico. Come abbiamo osservato, anche l’ «idealismo» dei leonardiani, che si erano definiti «personalisti e idealisti [...] negatori di ogni altra esistenza fuor del pensiero», oltre ad avere una connotazione assai vaga, tendeva gia`, fin dal 1903, ad assumere una forte colorazione aristocratica, venata, da una parte, di velleita` autoritarie35, dall’altra di reminiscenze romantiche, capaci, attraverso la mediazione 31

Cfr. il saggio di M. Rossi, L’avanguardia che si fa tradizione, cit., in part. alle pp. 1065-1090. 32 J. Evola, Idealismo, occultismo e il problema dello spirito contemporaneo, in «Ultra», anno XVII, n. 6, dic. 1923. 33 M. M. Rossi, Lo spaccio, cit., p. 133. 34 Per lo studio di queste posizioni evoliane, cfr. J. Evola, Teoria dell’Individuo assoluto, Torino, Bocca, 1927 e Fenomenologia dell’Individuo assoluto, Torino, Bocca, 1930; ma, anche, L’individuo e il divenire del mondo, Roma, Bardi, 1926. 35 Cfr. anche l’articolo di Prezzolini gia` cit. alla n. 24.

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di James e di certo magismo, di operare nel senso di un artificioso ingigantimento dell’Io, di una enfatizzazione della dimensione individualistica e egocentrica, che giungera` fino a decretare la morte della filosofia36. Sin dai primi numeri del «Leonardo», era emersa una volonta` di dominio del reale, un desiderio di potenza indirizzato verso l’assolutizzazione dell’io, da realizzarsi attraverso «quell’ultima e piu` rigorosa forma dell’idealismo ch’e` nota nella storia della filosofia sotto il nome di solipsismo o monopsichismo». Non a caso, proprio Evola, autore nel 1925 di un saggio Sulle ragioni del Solipsismo37, estrema contaminazione dell’idealismo con tecniche magi38 che e suggestioni taoiste e occultistiche, ricordava, nella sua autobiografia , la stima allora nutrita per il giovane Papini. La filosofia, il cui «risveglio» era stato da Croce tanto auspicato, era risorta, anche in ambito leonardiano, sotto altre ed irriconoscibili spoglie, che finivano per farla diventare qualcosa di altro: le posizioni del «Leonardo», gia` abbastanza chiare fin dal 1903, rivelavano l’intento di aprire le porte della filosofia «ad un sogno magico», che avrebbe dovuto trasformare l’attivita` speculativa in «ricerca e creazione pratica del particolare e del personale». Come era immediatamente intuibile e come i successivi avvenimenti confermarono, il gruppo del «Leonardo», di contro al «pecorume» positivista, «Di fronte alla forma primitiva d’individualismo ch’e` quello incosciente ed animale, proprio a tutto cio` che vive», avvalendosi «di un’analisi profonda dei dati ultimi della realta`, cioe` dei fatti psichici», aveva scelto un personalismo «a base intellettuale e idealista», nel tentativo «di afferrare sotto i simboli, necessari ma illusori, l’io nascosto e profondo, nel 39 quale sta, se non la spiegazione, almeno l’origine di tutti i fenomeni» . Per questo motivo, per il ruolo che i «fatti psichici» sembravano poter rivestire ai fini di un intervento attivo nel mondo, per le prospettive che la magia, intesa come insieme di tecniche capaci di ampliare la sfera d’azione umana, sembrava offrire, Papini e i suoi pubblicarono sul «Leonardo» una grande quantita` di testi occultistici. Nonostante la critica, serrata e severa,

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Cfr. l’art. di Gian Falco [Giovanni Papini], Morte e resurrezione della filosofia, in «Leonardo», 1903, I, 11-12, pp. 1-7. 37 In «L’Idealismo Realistico», a. II, n. 6-7, mar.-apr. 1925. Ma cfr. i Saggi sull’idealismo magico, Roma-Todi, Atanor, s. d. (1920). Sul percorso evoliano, cfr. M. Rossi, L’avanguardia che si fa tradizione, cit. 38 Il cammino del cinabro, Milano, Scheiwiller, 1963; poi, ivi, ampl. 1972. 39 Gian Falco, Me e non me, «Leonardo», I, 14 gennaio 1903, passim, (c.vo nostro)

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40 che verra` rivolta contro le aporie del «pensiero esoterico» , la convinzione che in quei testi «forse ci sono anche delle grandi verita`» e «moltissime cose da utilizzare e che gli scienziati routiniers e i pensatori ordinari fanno male a disprezzarlo a priori», li spingera` a dare ampio spazio a speculazioni sull’efficacia delle tecniche e dei rituali a sfondo magico. Papini, in particolare, era convinto che l’occultismo potesse «allargare il pensiero», soprattutto

quando si fossero dissociate certe regole pratiche dalle chiacchiere poetiche che vi son mescolate, quando si separassero certe intuizioni e indicazioni profonde dalle cosmogonie poco verosimili che vi hanno costruito sopra si farebbe un utilissimo lavoro di sfruttamento che potrebbe avere una grande importanza per l’avvenire dell’uomo». «E` innegabile – aggiungeva – che molte cose affermate anticamente dagli occultisti e ch’eran ritenute fandonie sono oggi riconosciute da tutti ed e` certo che molte altre cose alle quali la scienza non crede ancora, appunto perche´ espresse male e mescolate a noiosa zavorra, si potranno trarre dalla buia miniera dell’occultismo. Esso ha il merito di essersi occupato dei modi coi quali si possono cambiar le cose e soprattutto ha fatto intravedere la necessita` di una radicale trasformazione dell’anima e sopra le sue traccie si puo` far molta strada. Se i pensatori e gli educatori sormonteranno la naturale diffidenza che ispirano alla maggioranza le scienze occulte e cercheranno di isolare le parti utilizzabili e di esprimerle con tutte le regole che richiede il pensiero nostro, non c’e` dubbio che faranno buoni affari41.

La «radicale trasformazione dell’anima» di cui parlava Papini, consisteva, come vedremo, nella possibilita` di inverare il possesso di poteri e di capacita` superiori, da utilizzare come mezzi per realizzare l’aspirazione faustiana al pieno dominio di se stessi e del mondo. Tutto cio`, era, sı`, espressione di una tendenza egotica, egocentrica, di una forma esasperata di egomegalia capace di condurre il gruppo fiorentino, dall’ «idealismo», direttamente ad un volontarismo magico che dava spazio e alimento al loro prepotente desiderio di dominio; ma, d’altra parte, trovava anche una sua forma di giustificazione in tutte quelle teorie che, in epoca tardo positivista, avevano prospettato l’origine naturale e la perfettibilita` dei fenomeni psichici, spiegando anche che il loro manifestarsi, in un numero sempre 40 Ovvero: «la mancanza quasi completa di senso critico accompagnata da uno sviluppo enorme dell’immaginazione... l’assoluta mancanza di metodo... la leggerezza delle osservazioni... la mancanza di citazioni precise... l’appello a fonti screditate... le citazioni incomplete... l’indeterminatezza del frasario», in Franche spiegazioni, cit. 41 G. Papini, Franche spiegazioni, cit.

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maggiore di individui, era il frutto conseguente dell’evoluzione della specie umana. Si trattava di un travisamento, generato dal coagularsi delle sparse inquietudini fermentanti in seno alla societa` italiana: origine poi di pericolosi pastiches ideologici che diverranno terreno di coltura per germi antiborghesi e antidemocratici al tempo stesso, quali poi appariranno in tutta la loro chiara evidenza sulle pagine di «Lacerba». A tali posizioni preludeva gia` Papini, dalla pagine del «Leonardo», sin dal 1903: le piu` gravi macchie hanno in comune, ai nostri occhi, socialisti e borghesi e sono l’inintellettualismo e l’antiindividualismo. L’attivita` libera ed esclusiva dell’intelletto non e` per loro: e l’accolgono negli altri con ironia o con indifferenza. Sono degli utilitari, dei positivisti: e non si vergognano a pregiar piu` dei brevetti per degli stantuffi che un poema dell’irreale o una teoria della conoscenza. Un borghese medio e un operaio son comuni anche in questo: che non capiscono ne´ una sinfonia di Wagner ne´ un paradosso di Nietzsche. [...] Tanto un banchiere che un fabbro ferraio si accordano a dire ch’e` perfettamente inutile studiare la metrica d’Omero o il problema dell’infinito. [...] In filosofia, quando si ricordano ch’esiste qualcosa di questo nome, hanno il rispetto scrupoloso del buon senso, cioe` della filosofia meno filosofica ch’esista e tutt’al piu` si elevano alle vette del positivismo, di questa timida dottrina da manovali, ch’e` divenuta, com’era naturale, la fede comune di gran parte de’ borghesi ed e` la filosofia ufficiale dei socialisti. Essi odiano, con esemplare concordia, la speculazione e il paradosso: chi non sa che si chiama metafisica cio` che non si riesce a comprendere e sofisma cio` che non si sa confutare? [...] La societa` borghese ha in odio tutto cio` che tenta di sollevarsi sulla signoreggiante mediocrita`, e tenta eliminare, come ospiti importuni, tutti coloro che rigettano le sua convenzioni e le sue offerte e vivono in solitudine sdegnosa, all’occasione dominatori e non mai dominati. [...] Questo odio dell’individuo, schiettamente borghese, e` passato al solito, e s’e` possibile esagerato, nel socialismo, il quale ha trovato l’espressione piu` perfetta di se´ nell’ideale della societa` collettivista42.

Potremmo meravigliarci che gli autori di queste parole potessero dirsi «idealisti» se non avessimo prima avanzato le necessarie premesse che spiegano anche, nel panorama generale fin qui disegnato, come Mussolini stesso potesse in un primo momento rientrare nel quadro e apparire, nel 1912,

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Gian Falco, Chi sono i socialisti?, «Leonardo», 1903, I, 5, pp. 1-4.

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un giovane aperto al pensiero contemporaneo che aveva procurato d’infondere nel socialismo una nuova anima, adoperando la teoria della violenza del Sorel, l’intuizionismo del Bergson, il pragmatismo, il misticismo dell’azione, tutto il volontarismo che da piu` anni era nell’aere intellettuale e che pareva a molti idealismo, onde anch’egli fu detto e si disse volentieri «idealista»43.

Ma, tra i tanti esempi di contaminazione che e` possibile estrapolare dalle pagine di quegli anni, vogliamo citare ancora alcuni esempi, per motivi diversi importanti all’interno del nostro percorso. Ricordiamo per primo, edito da uno dei collaboratori della Biblioteca Filosofica – Balbino Giuliano – , un interessante libretto il quale, apparentemente consacrato ad un’analisi espositiva dell’ideale pansofico di Marsilio Ficino, si riduceva a un malcelato tentativo di propaganda teosofica. Balbino Giuliano vi asseriva che l’importanza del pensiero ficiniano consiste proprio nell’essere «rinato a nuova vita nel nostro tempo nella concezione teosofica di Annie Besant», «questa scrittrice moderna, che non piccola importanza accenna ad acquistare nella scienza e nella vita del nostro secolo»: infatti, secondo Balbino Giuliano, «il risorgere di tale idea religiosa del Ficino e` un segno dei tempi, e` un sintomo di quel rinnovamento idealistico, che da tanti scrittori fu notato e nell’arte e nella filosofia di questi ultimi anni»: ben venga tale rinnovamento idealistico – concludeva –, se esso non sgorga da uno sforza di fantasia solitaria, ma rampolli dalla stessa scienza positiva, che pareva averlo cacciato come indegno della sua stima; ben venga in tal caso a rigenerare l’umanita` stanca, a purificare le nostre anime, a svelare nuovi orizzonti ai nostri sguardi al di la` dei limiti dogmatici, in cui la scienza parve volerci rinserrare, confondendo il reale col fisicamente sensibile, l’illusorio con l’ideale44.

La scienza stessa, agli occhi dei ricercatori occulti, sembrava infatti intenta a misurarsi con l’Ideale, ovverosia con quei fenomeni occulti che offrivano ricco pascolo all’immaginazione surreale e alle speranze di trascendenza, tanto che il partito tutto degli spiritualisti poteva dichiararsi compatto, nonostante i settarismi intestini, «chaque fois qu’il s’agit de livrer bataille pour la de´fense de l’Ide´alisme»45. 43

B. Croce, Storia d’Italia, cit., p. 252. Balbino Giuliano, L’idea religiosa di Marsilio Ficino e il concetto di una dotttrina esoterica, Cerignola, «Scienza e diletto», 1904, pp. 47 e 57 (c.vi nostri). 45 Compte rendu complet des travaux du Congre`s Spiritualiste e du Couvent mac¸onnique 44

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Con pari disinvoltura, P. Ruggero Radice, in un articolo comparso su «Luce ed Ombra» nel 1905, Il neo-idealismo nella filosofia contemporanea, indulgeva in simili accostamenti46. La rivista, consacrata agli studi psichici, non poteva, per le sue tradizioni, non rallegrarsi della rinascita, di contro al buio materialismo ottocentesco, dei nuovi e luminosi «ideali», ai quali Ruggero Radice, nel 1905, scioglieva un sentito peana, accostando James, Guyau, Brunetie`re, Ardigo`, Marchesini, Fogazzaro, tutti «idealisti», nella medesima resa di grazie. Ma certi equivoci non restavano confinati nelle pagine di riviste, che, seppure molto lette e diffuse, possono apparire oggi sospette di spirito «partigiano». A convincerci, tra le altre cose, della loro persistenza e diffusione culturale interviene il terzo esempio, che traiamo da «La Voce» del 1913. In un lungo articolo, Angelo Cecconi, all’indomani della mostra futurista organizzata da «Lacerba» a Firenze, tentava di definire i caratteri di questi nuovi pittori, che, per la loro «intransigenza», per il loro sprezzo del ridicolo, per «il temperamento di apostoli» sembrano fatti di quella stoffa «di cui si fanno i confessori, i martiri e gli eroi». Egli riconosce quanto, in quell’arte loro, vi e` di vitale e di interessante. Tuttavia ne critica il fondamento teorico ed anche «la pratica»: «tutta zavorra letteraria, di cattiva letteratura, di peggiore scienza, di pessima filosofia». «La pittura – continua – non e` fatta per uditivi o per estrattori di quintessenze, e` fatta per quelli per i quali il mondo visibile realmente esiste. Per questi tali, il mondo non e` nella creazione soggettiva [...] che il pittore, come un idealista qualunque, forma e deforma». Per questa mancanza di aderenza alla concretezza del reale, per questa attitudine di «estrattori di quintessenze» «quell’arte loro e` caduca». Tuttavia e` divertente, perche´ esemplifica a meraviglia l’estetica e la filosofia dell’ottimo amico Croce e d’altri esploratori d’ideale come lui. Indifferenza e confusione di generi e di mezzi tecnici d’esecuzione; autocreazione d’intuizioni e d’espressioni artistiche. Questi dogmi di una filosofia piu` audace che sensata non gli ho mai visti realizzati con tanta franchezza. La piu` parte di loro sono ferocemente anticrociani a parole. E` divertente vedere

spiritualiste: spiritualisme, christianisme e´sote´rique, magne´tisme et sciences annexes, mac¸onnerie spiritualiste, tenu a` Paris en 1908, Paris, Librairie herme´tique, 1910, p. 6. 46 Dobbiamo questi due esempi alla lettura di E. Garin, Cronache, II, cit., p. 43 e n. L’articolo di P. R. Radice riprende, probabilmente, il titolo di uno scritto di A. Chiappelli, Il nuovo idealismo, in «La Nuova Parola», luglio 1904.

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che non vi sono idealisti piu` assoluti di loro. Anche Croce e` un timido in confronto a loro47.

L’articolo non ha bisogno di molti commenti, e il doppio equivoco sul quale sembra fondarsi ci pare rafforzi la sua importanza. Riteniamo oltremodo significativo che Cecconi (alias Th. Neal, come talvolta preferiva firmarsi) abbia colto immediatamente la propensione «medianica» della pittura futurista, nonche´ l’inclinazione «idealista» di tutto il futurismo, rivelando cosı` di intendere il termine «idealismo» in una accezione molto ampia, che, pur assumendo Croce come punto di riferimento, lo travalica per sporgersi su altri orizzonti. Nell’indistinto diffondersi di «filosofie» e atteggiamenti chiamati «idealistici» in virtu` della marca mistica o spiritualistica, «piu` audaci che sensati», ci sembra anche interessante constatare che i futuristi potessero, proprio su questa base, essere apparentati a Croce. Ne´ deve stupirci che Cecconi non percepisca contraddizione tra l’orientamento «futuristico» dei futuristi e l’allusione ad operatori dell’occulto – gli alchimisti – la cui immagine rimanda ad una tradizione di secolare memoria. L’alchimia psichica era, abbiamo detto, argomento di grande attualita`, tale da far prefigurare, come vedremo, per l’arte, in futuro, la possibilita` di agire senza intermediari fisici, senza carta e senza pennelli, senza marmo e senza pentagramma. L’intrinseca modernita` di un interesse occultistico che si appoggia sulla ricerca psichica, che scaturisce sul territorio di frontiera della scienza contemporanea, costituisce il primo indizio delle vie di elaborazione ideologica dell’esoterismo marinettiano. Anche i leonardiani, a chi rimproverava loro di riproporre, come fossero nuove, antichissime filosofie, e di spacciarsi per innovatori riallacciandosi ad una tradizione di millenaria memoria, come se, ancora una volta, si potesse pensare di ricorrere all’«antico» per procurarsi quegli strumenti che l’immediato passato non sapeva o non poteva piu` offrire48, rispondevano, con Papini, che La novita` o antichita` delle dottrine [e`] cosa assai ambigua. Ciascuno sa ch’e` quasi impossibile dire cose che nessuno abbia dette mai, e d’altra parte ogni volta che un’idea viene riscoperta, ritrovata, vissuta, sentita,

47

Th. Neal (A. Cecconi), Alla pittura di domani, «La Voce», a. V, n. 50, 11 dicembre 1913, (c.vo nostro). 48 Enrico Morselli, Filosofi nuovi e idee vecchie. Lettera aperta a G. Papini (Gian Falco), sulla «Rivista ligure», poi, in estratto, Genova, F.lli Carlini, 1904.

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svolta, arricchita, imposta possiamo dire che si rifa` una giovinezza e una verginita`49.

Era un argomentare capzioso, certamente, e tuttavia motivato dal fatto che i sogni dei magi erano stati recentemente rinverditi alla luce delle recenti scoperte scientifiche; che l’immagine dell’Uomo-Dio fornito di sterminati poteri – quella che compare sulle pagine del «Leonardo» –, il miraggio di una comunicazione con il mondo dell’aldila`, la realta` degli stati «altri» della coscienza, la possibilita` di un infinito potenziamento dell’energia psichica – motivi, tutti, largamente presenti sia tra i «papiniani» che tra i futuristi –, costituivano il corrispettivo ideologico, visionario e poetico degli studi condotti nel campo della psicologia sperimentale e delle nuovissime prospettive che la fisica, all’inizio del secolo, sembrava avere aperto alla metapsichica. Per queste vie, anche la tradizione occulta, accreditata dalle indagini scientifiche sul paranormale, sulla costituzione energetica della materia, sui campi magnetici, ammodernata e laicizzata in una prospettiva pragmatista, sembrava poter contribuire a quel processo di rinnovamento del pensiero – in senso teoretico e pratico – e di corroborazione ideale ormai avvertito come necessita` improrogabile. Solo in questa prospettiva possiamo comprendere in che senso i leonardiani potevano affermare di essere dei filosofi che vogliono uscire dalla filosofia, dei filosofi che hanno sorpassato o stanno sorpassando la filosofia... E allora, poiche´ non possiamo esser soltanto giuocatori che si baloccano colle parole, ma siamo e dobbiamo essere uomini vivi, assetati di vita, di godimento, di comando [!!!] noi abbiamo lasciato la vecchia nave e ci siamo posti, nuotando soli pel mare, alla ricerca di una nave piu` rapida, piu` potente, piu` sicura perche´ non ci conduca solo in isole di Alcina a udire suoni melodiosi fra castelli incantati, ma anche nel gran porto ove si trovano tutte le bellezze, le forze e le ricchezze del mondo. Ma questa nave che voi cercate, Ella mi dira`, voi l’avete, essa e` accanto a voi, eppure la disprezzate: e` la scienza. Ella ha ragione ricordandomela, ma solo in parte. Perche´ e` bensı` vero che la scienza mi da`, molto piu` della filosofia, il dominio delle cose [!!!], ma non cosı` rapido, completo e immediato com’io voglio [...] Il mio sogno e` la soppressione degli intermediari, e` il dominio per cui per comandare agli uomini e alle cose non si abbia bisogno di parole, ne´ di ordigni, ne´ di

49 Gian Falco, Cosa vogliamo? Risposta a Enrico Morselli, in «Leonardo», II, novembre 1904, pp. 11 sg.

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macchine, ne´ di fili ne´ d’altra cosa che sia esterna ed esiga tempo per agire. Io voglio insomma la trasformazione fulminea della volonta` in atto, senza bisogno di tardi mezzi esteriori. Poiche´ la scienza non ci da` tutto quel che desideriamo e quel che ci da` lo da` imperfettamente bisogna a tutti i costi trovare una via per fare uno il sogno e l’atto, la volonta` e la realta`50.

Cosı` Papini, appena qualche anno piu` tardi, ricordando quel periodo, ammetteva: Io volevo spogliarmi e spogliare; tornare alla nudita` perfetta dell’ateo radicale e universale e [...] rifabbricarmi il mondo. In due maniere: colla potenza dello spirito e coll’evocazione del fantastico, colla volonta` e colla poesia. [...] In me sorgeva allora il sogno taumaturgico: il bisogno, il desiderio di purificare e rafforzare lo spirito per farlo capace d’agir sulle cose senza strumenti e intermediari e giunger cosı` al miracolo e all’onnipotenza. Attraverso la «volonta` di credere» tendevo alla «volonta` di fare». [...] Fingevo di partire da un precetto di logica (Pragmatismo) ma l’anima 51 piu` segreta mia era assetata e invidiosa della divinita` .

Come Papini e i suoi, tutta una parte della cultura del primo Novecento, sara` influenzata dall’illusione di poter trovare nella dimensione del paranormale e nelle tecniche dell’occultismo una risposta, anche empirica, alla crisi dei tempi. Ma, sul piano dell’elaborazione culturale, per poeti ed artisti, questa via rappresento` anche, oltre che un interesse vivo e concreto, una tecnica di esplorazione profonda dell’io, una sua modalita` di proiezione titanica, una specie di maieutica volta a favorire il dischiudersi di inedite «facolta` dell’anima». Insomma, uno dei tanti volti della sensibilita` decadente.

50 51

Ibidem. G. Papini, Un uomo finito, Firenze, Libreria della «Voce», 1913, pp. 117-18.

4 CROCE E LA CULTURA IRRAZIONALISTICA La povera filosofia subisce continuamente questo triste destino: di provocare eresie che trascolorano in una mistica od in una magia, le quali poi criticano la madre putativa e pretendono di sopraffarla. (Mario Manlio Rossi, Lo spaccio dei maghi)

Croce, tuttavia, per lungo tempo, lascio` fare, accettando, senza quasi contrattaccare, che da parte del «falso idealismo o irrazionalismo» si operasse una sorta di appropriazione indebita e che «L’unita` del suo pensiero» fosse «di solito frantumata e presa a pezzi» «per giustificare il piu` 1 scompigliato e decadente romanticismo» . Soprattutto nei confronti dei leonardiani, egli continuo` per anni a tollerare «confusioni» lesive del senso e dell’integrita` del suo indirizzo critico, e comunque pericolose ai fini di quell’opera di bonifica culturale che egli aveva in animo di compiere. Nel 1905, nei confronti di Papini che gli rivolgeva, in quanto «ingegnoso continuatore» dei «grandi sistemi dello spirito dei grandi metafisici tedeschi», una serie di critiche, a loro volta rivelatrici dello scarso rigore e del sincretismo insito nel suo «idealismo», Croce usava ancora toni interlocutori, blandendo l’orgoglio del giovane direttore del «Leonardo», e, come si stesse rivolgendo ad un fanciullo esuberante che va corretto ma non scoraggiato, gli diceva: Voi, in quelle obiezioni, non mi siete sembrato un avversario, che, o per invincibile temperamento o per condizioni di cultura, stia in tale posizione ed a tale distanza, che il dissenso e` inevitabile; ma, anzi, un cervello acuto, che scorge il punto giusto delle questioni, ma, non so poi perche´, non si 1

Storia d’Italia, cit., p. 233.

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risolve a fermarcisi. Voi non siete una di quelle pigre rozze, che e` impossibile far trottare verso un dato segno; ma un agile destriero, che corre di lancio fin presso al segno; senonche´, giuntovi presso, gli volta capricciosamente le spalle, per non toccarlo!2.

Era un invito a disciplinarsi, ad approfondire, rivolto a chi, nei modi estremi e scomposti della propria ricerca, aveva gia` mostrato di voler imboccare una tangente irrazionalistica. Ma davvero non crediamo che, agli occhi di Croce, l’esoterismo potesse essere confuso con una rinascita «idealistica», ne´ che i «sistemi» nati da ambigue commistioni tra dottrine orientali o orientaleggianti e «rivelazioni» esoteriche potessero sostituirsi all’indirizzo che egli, fin dal primo numero de «La Critica», mostrava di voler impartire alla sua indagine. Se la reazione di Croce si fece attendere, il motivo va ricercato, giustamente, nel fatto che egli era, agli inizi del secolo, davvero «piu` antipositivista, cioe` antimaterialista, che antimetafisico»3. In effetti, «Croce si trovo` nei primi anni del ’900 molto piu` vicino a certi fenomeni irrazionalistici di quanto non voglia ammettere venti anni piu` tardi; il suo atteggiamento benevolo nei confronti dei leonardiani, la fiducia in particolare a Papini e a Prezzolini proprio nel periodo in cui collaboravano piu` intensamente al «Regno», la rivalutazione di Oriani, sono tutti segni che contraddicono la recisa condanna a posteriori che degli uomini e dei movimenti si legge nella Storia d’Italia»4. In lui, sopra ogni altra cosa, prevaleva un «violento» «orrore contro il positivismo», «cosı` violento – scrisse – da soffocare per parecchi anni persino le tendenze democratiche che sono state sempre naturali nel mio animo»5. In un lungo articolo, sempre del 1905 (dunque dello stesso anno della gia` citata risposta a Papini), Croce elencava i motivi della sua «invincibile ripugnanza» nei confronti del positivismo, che aveva escluso la vita dello spirito dall’ambito della ricerca, e che gli appariva come una «innaturale» costrizione dell’umano, una barriera innalzata artificiosamente contro il progresso spirituale: il male maggiore, da cui liberarsi al piu` presto.

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B. Croce, Intorno alla «Logica», in «Leonardo», III, ott.-dic. 1905, pp. 77-80. D. Frigessi, Introd. a La cultura italiana del ’900 attraverso le riviste, vol. I, («Leonardo», «Hermes», «Il Regno»), a c. di D. Frigessi, Torino, Einaudi, 1960, p. 20. 4 L. Strappini, Cultura e nazione. Analisi di un mito, in: L. Strappini, C. Micocci, A. Abruzzese, La classe dei colti. Intellettuali e societa` nel primo Novecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1970, p. 46. 5 B. Croce, A proposito del positivismo italiano, cit., in Cultura e vita morale, cit., p. 45. 3

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I positivisti – ricordava – mi offendevano con la quantita` di evidenti spropositi storici di cui infioravano le loro pagine, [...], citavano di quarta o quinta o decima mano, e le loro citazioni di solito non si ritrovano nei testi, [...]scrivevano con fraseologia da mediconzolo di provincia, superbo di metter fuori i pretenziosi termini scientifici appresi nell’universita` della capitale [...], di solito, non bazzicavano che la letteratura francese di second’ordine, o tutt’al piu` i libercoli da dilettanti e per dilettanti che venivano fuori in gran copia presso gli anglosassoni [...] trattavano con grossolanita` barbarica i grandi pensatori del passato [...]; e quando, per avventura, si provavano a disegnare una successione storica, la loro storia era da cima a fondo convenzionale o immaginaria6. Non solo ai valori umani, alle idee e agli ideali veniva a mancare la giustificazione che solo l’unita` del principio e la coerenza del sistema possono dare, ma quei valori stessi e quegli ideali erano sminuiti, inquinati, negati, perche´ li presentava e teorizzava come fatti di associazione psicologica, di riflessi fisiologici e patologici, di eredita`, tutti, il pensare e il volere, la fede e l’amore, la bonta` e la bellezza, e perfino l’anelito verso Dio; e nella nuova visione non c’era gia` l’uomo vero e intero, nel quale sia risoluto il dissidio di spirito e corpo, ma l’uomo animalizzato, sempre e solo corpo e carne, nonostante parvenze e illusioni d’impeti generosi e di rapimenti sublimi, che scrutati, si dimostravano fremiti di nervi o addirittura effetti di nevrosi. In lontananza si collocava non propriamente il mistero, il sacro mistero, che contiene in se´ tutti quei valori dei quali non svela l’enigma, ma il non sapere, l’ignoranza piu` o meno provvisoria, col sottinteso che forse un giorno si sarebbe trovata qualche combinazione di atomi, o altro simile, che avrebbe spiegato ogni cosa, e dato il modo di ottenere nei gabinetti il vivente e tutti quegli altri prodotti chimici che si 7 chiamano volgarmente creazioni spirituali .

Tutto cio`, come e` stato giustamente osservato, giova a spiegare la condiscendenza di Croce, «che giunge ai limiti di una tacita intesa», nei riguardi dei leonardiani. Critica e distacco subentreranno in un secondo tempo, allorche´ il pensiero crociano «si fara` piu` rigorosamente storicistico, ed avra` da combattere l’irrazionalismo piu` del positivismo»8. Convinto che «Contro la pseudoscienza e le manifestazioni pseudoscientifiche e` necessario condurre, instancabilmente, la polemica» perche´ «Se si intermettesse, il male crescerebbe»9, Croce accetto` infatti in un primo 6 7 8 9

Ivi, pp. 43-44. B. Croce, Storia d’Italia, cit., pp. 122-23. D. Frigessi, Introduzione a La cultura italiana del ’900 attraverso le riviste, cit., p. 20. B. Croce, Scienza e universita`, cit., in Cultura e vita morale, cit., p. 73.

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tempo di buon grado di trovarsi affiancato a giovani di diversa levatura intellettuale, cui, in un primo momento, guardo` con «ammirazione e umilta`», nonostante perseguissero obiettivi gia` evidentemente divergenti dal suo «idealismo critico». Per lungo tempo, non muto` nei loro confronti quel tono di cordiale incoraggiamento che aveva assunto all’uscita della rivista, quando, accogliendo con favore l’adesione del «Leonardo» alla «filosofia della liberta` e dell’azione», non aveva lesinato le lodi, pur ammonendo a non indulgere con facilita` in «generiche professioni di fede», perche´ la vita, 10 «anche la vita quotidiana e ordinaria» non e` «giuoco», ma «cosa seria» . A Croce non dispiacque invece che nelle pagine del «Leonardo» abbondassero proponimenti e affermazioni che sembravano premessa di quel rinnovamento che era urgente intraprendere: ansia di liberta` ed esaltazione dell’ideale, negazione del determinismo e rivalutazione dell’io, curiosita` intellettuale e desiderio di confrontarsi coi grandi pensatori antichi e moderni, antintellettualismo e antiscientismo. Salutando con soddisfazione nei leonardiani la volonta` di tornare alla filosofia, incoraggiando, con l’intento di colpire i positivisti, il loro intraprendente idealismo, Croce lascio` tuttavia che essi si imbaldanzissero, imboccando indisturbati una strada ben diversa dalla ponderata controffensiva crociana: un ambiguo pragmatismo presto venatosi di suggestioni magiche, un individualismo esasperato, che i leonardiani porteranno fino alle conseguenze estreme, a raggiungere le quali giovarono ugualmente Nietzsche, D’Annunzio, Stirner, Bergson, William James e i critici dello scientismo («un ibrido connubio di tesi mal combinate», lo definı` Croce), e tutto un bagaglio di letture che esploravano, in un’affannosa ricerca, l’orizzonte culturale di una societa` instabile e inquieta. Ma nel pragmatismo, vi era, e neanche tanto implicita, una teorica della volonta`, una tendenza ad inserirsi creativamente, originalmente, nella realta`, una sorta di implicito titanismo, che facevano scoppiare i quadri delle posizioni positivistiche – in cui tutto, in quanto dipendente da cause e da leggi, era prevedibile. In questo senso, nei leonardiani, l’infatuazione pragmatista collaborava con l’idealismo meridionale non solo in vista di un rinnovamento della cultura filosofica: prospettando alla progettualita` umana possibilita` di immediata attuazione, sembrava anche prefigurare, ai loro occhi, dirette e non ipotetiche modalita` di trasformazione della vita sociale. Anche per questo, forse, Croce non volle, in un primo momento, 10 B. Croce, Una rivista giovanile, ora in Conversazioni critiche, serie seconda, Bari, Laterza, 19504, pp. 137 sgg.

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scorgere «il rovescio della medaglia: l’ipostasi dell’io e il soggettivismo [...], l’irrazionalismo integrale coltivato sotto le spoglie della liberta` e l’attivismo, che ne consegue; soprattutto la negazione – che proprio Croce avrebbe potuto avvertire e denunciare – di quello spirito che e` storia, ‘attuazione della ragione’, di quella filosofia ch’e` ricerca di concrete dimensioni umane»11; e tutti quei contenuti che piu` tardi dichiarera` «infetti dalla lue dannunziana»12. Egli preferı` sottolineare l’aspetto che piu` gli stava a cuore: gli esiti vivificanti di quella reazione al positivismo che finalmente levava la voce e contribuiva a dissipare l’aria chiusa dell’accademia e ad ampliare la distesa dell’orizzonte spirituale. Percio`, e nonostante dichiarasse poi, ex post, di essere partito in guerra, fin dal 1902, contro «le diverse e opposte schiere [...] dei vecchi e dei giovani, dei positivisti, empiristi e filologisti da una banda, dei genialoidi e mistici e dilettanti dall’altra»13, Croce pratico` a lungo nei confronti del «Leonardo», la politica del laissez faire, tollerando che la rivista si sbizzarrisse in una ricerca a tutto orizzonte, influenzata dall’ambiente teosofico-occultista della Biblioteca Filosofica di Firenze. Solo nel 1907, in un numero de «La Critica» che recensiva i fascicoli iniziali della III serie del «Leonardo», comparvero i primi segni di radicale disapprovazione. Nel n. 1, Papini aveva annunciato la ripresa e l’approfondimento degli argomenti «che sono stati di volta a volta il nucleo della rivista: l’idealismo monopsichista, la lotta contro il monismo e il positivismo vulgaris, la lotta contro la filosofia accademica ed ufficiale, il Pragmatismo, il rinascimento del Cristianesimo e l’Uomo-Dio, l’idealismo magico», promettendo di mantenersi fedele allo stato d’animo che aveva caratterizzato la rivista fin dai suoi esordi: a «quell’inquietezza interna, quella mobilita` di spirito, quella felice presunzione, quell’irriverenza ironica e violenta, quel desiderio insaziabile del grande e del nuovo che sono le piu` odiate e 14 invidiate qualita` della giovinezza» . Su quelle pagine, tuttavia, era facile riscontrare un deciso accentuarsi di tematiche magico-occultistiche, prospettate in chiave operativa: nel primo e nel secondo fascicolo del 1906, si tornava sul tema dell’Uomo-dio (Papini), sull’Arte di persuadere e sull’interpretazione magica del pragmatismo; ci si occupava, tra l’altro, di Istituzioni di scienza occulta e di Raja Yoga (a cura di

11 12 13 14

D. Frigessi, Introduzione a La cultura italiana del ’900 attraverso le riviste, cit., p. 20. B. Croce, Il «superamento» (1910), in Cultura e vita morale, cit., p. 119. Storia d’Italia, cit., p. 230. Gian Falco, Agli amici ed ai nemici, in «Leonardo», a. IV, 1, febbraio 1906, pp. 1-5.

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Reghini). E finalmente, sul 3º numero della III serie, Papini arrivava a puntualizzare i suoi obiettivi («Modificare gli uomini, amputare e ingrandire le anime, trasformare gli spiriti»), proclamandosi «risvegliatore» ed «educatore» e affermando l’urgenza di «Far sentire la necessita` di fare qualcosa di importante perche´ la nostra vita abbia un senso e qualche bellezza. Strappare le anime dai solchi della vita comune e portarle su in alto, a contemplare da lontano e in liberta` i possibili destini degli uomini e la terribile sciocchezza dell’esistenza ordinaria». A questi grandiosi quanto pindarici progetti, Croce rispondeva, sulla «Critica» con severita`: Gli scrittori del «Leonardo» reputano che bisogni proporsi grandi cose: per esempio, concepire una filosofia affatto diversa ed estraniata da quelle apparse finora nel corso della storia; [...] proporre ogni giorno «programmi di azioni», ai quali niuno ha mai pensato finora; discorrere come di cose irreali della filosofia di Kant, di Hegel o di Schopenhauer, e scoprire come reale la filosofia del prof. William James; assegnare all’Italia una «missione», che le sia affatto propria rispetto alle altre nazioni, e costringerla, voglia o non voglia, a caricarsela sulle spalle; e simili.

E osservava: [...] noi, per nostra parte, non abbiamo mirato mai ad effetti come questi, che tengono del prodigioso. Semplici lavoratori di vecchio tipo [...] Non taumaturghi, ma operai; e come operai costretti a delimitare prosaicamente il nostro campo di lavoro, a procedere con concordia d’intenti e d’intonazione, a sommergere la nostra individualita` nell’opera comune, la sola che ci sta a cuore15.

Ma il rimprovero era sfumato ancora dalla paterna convinzione che «Le esagerazioni, le fantasticherie, le velleita`, le pretese impossibili, passeranno con gli anni»16. Col persistere dei leonardiani in atteggiamenti massimalistici e titanici, la tolleranza di Croce comincera` ad assumere toni di rimprovero: nel 1908 (Il risveglio filosofico e la cultura italiana) Croce si scagliava, da una parte, contro coloro che «vagheggiano un risveglio che sia come un esercizio di pensiero senza pensieri, un fervore d’animo senza oggetto determinato, un filosofare che non si concreti in filosofie, una battaglia di nuvole che non si 15 16

Giovani e uomini, in Conversazioni critiche, cit., pp. 145 sgg. Ibidem.

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concreti mai in pioggia» e contro «quei tipi di riformatori, conquistatori ed eroi, che disdegnano tutte le conquiste particolari come meschine e inadeguate sempre alla loro brama insaziabile, e la cui attivita`, abbracciando l’universo, si avvolge in se stessa e magnificamente ozia»17; mentre dall’altra ammoniva: Chi da` diritto ai raffinatori della sensualita`, ai vagheggiatori della forza per la forza [...] di credersi aristocratici e idealisti, e porsi accanto a coloro che per la concretezza hegeliana non dimenticano la rigidita` kantiana, ne´ per Kant dimenticano Cristo? Chi da` il diritto ai signori occultisti e spiritisti d’introdursi nella societa` di persone che lavorano a tavolini diversi dai loro e che hanno purtroppo in comune con essi la parola spirito, ma allo stesso modo che l’hanno in comune coi venditori d’acquavite?18.

Man mano che sulla pagine del «Leonardo» prendevano piede le intemperanze magico-occultistiche, man mano che l’esaltazione dell’individualita` diveniva culto sfrenato dell’io, che la filosofia sfumava in magia operativa, che l’indagine sulla vita spirituale trascendendeva nell’occultismo, mentre i leonardiani mostravano di servirsi con disinvoltura del pensiero dei grandi, accentuando il colorito mistico di Bergson e interpretando James in chiave di volontarismo magico, lentamente, Croce maturava il suo distacco, che si mutera` in «condanna» definitiva quando, terminata l’avventura del «Leonardo», con l’esperienza de «L’Anima» e dei primi anni de «La Voce», con le intemperanze di «Lacerba» – dalle quali poi Prezzolini, ormai orientato verso Croce e il suo idealismo, si terra` da parte –, diverranno chiari quali potessero essere gli sviluppi dell’irrazionalismo assoluto e a quali pericolose evoluzioni potesse dar credito quella volonta` di potenza. «Come i savi si riconoscono tra loro –scriveva nella «Critica» – [...] cosı` anche gli stravaganti [...] si riconoscono, e si stringono tra di loro, nella varieta` e perfino nella stridente opposizione delle loro stravaganze. Cio` che a essi importa [...] e` far baccano». Dal canto loro, Papini e i futuristi risposero con un astio e una violenza, anche verbale che, nel papininano Discorso di Roma, trovarono una formulazione esemplare. Ne´ la Biblioteca Filosofica, il cui legame con gli ambienti culturali dell’irrazionalismo magico era tanto palese, sembrava restar fuori dalla polemica crociana: cio` che prima era salutato come sintomo della «rinascita» 17

B. Croce, Il risveglio filosofico e la cultura italiana, cit., in Cultura e vita morale, cit., p. 10. B. Croce, Letteratura e critica della letteratura in Italia. Due saggi, Bari, Laterza, 1908, pp. 30-31. 18

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spirituale, veniva ora additato come segno di un pericoloso dilettantismo, che rischiava di divenire vizio del pensiero. Certamente – osservava Croce – tutta la vita sociale ha bisogno di venire rischiarata dalla filosofia, che le impedisce di procedere a caso e nel buio. Ma la filosofia, nel tradursi in valore sociale, perde il suo carattere di filosofia; da problema si cangia in risultato, da dubbio metodico in fede19.

Ugualmente, anche se con argomenti piu` specifici, Croce si rivolgeva «agli amici» della Biblioteca filosofica di Palermo: [...] il vostro idealismo attuale non mi persuade. [...] E` chiaro che per gran parte mi persuade assai bene, perche´ vi ritrovo me stesso. [...] Quando accettate queste proposizioni, vi mettete sul mio stesso terreno; e, quando dite «spiritualismo assoluto», pronunziate un motto, che anche e` il mio. Ma allorche´ poi soggiungete «idealismo attuale», nasce il dissenso; e nasce dal modo in cui voi intendete l’attualita`. [...] Voi volete starvene immersi nell’attualita`, senza veramente pensarla; perche´ pensare e` unificare distinguendo o distinguere unificando, il che voi considerate come un trascendere l’attualita`. Perdonate; ma codesta e` la schietta posizione mistica, e si esprime, o piuttosto non si esprime, nell’Ineffabile. Il vostro atto puro, che voi chiamate Pensiero, si potrebbe del pari chiamarlo Vita, Sentimento, Volonta`, o in qualunque altro modo, perche´ ogni denominazione, importando una distinzione, e` qui non solo inadeguata, ma indifferente. Che voi non vogliate essere mistici, lo so bene [...] E da cio`, e soprattutto dalla personalita` del vostro duce, il misticismo dell’attualita` riceve un singolarissimo carattere: si atteggia a misticismo idealistico e storico. [...] E trovo un altro inconveniente nel vostro idealismo attuale: ed e` che esso mi sembra una filosofia la quale si propone di liquidare la filosofia, e di far tacere una volta per tutte le dispute filosofiche, che, fondate come sono tutte su distinzioni, sarebbero tutte per voi prive di fondamento, essendo tutte le distinzioni, per voi, astratte e arbitrarie20.

Ma il confronto Croce-Gentile, nonostante le consonanze che e` possibile rilevare tra queste parole e i rimproveri rivolti al gruppo fiorentino, era 19

Croce, Circoli, convegni e discussioni filosofiche (1912) in Cultura e vita morale, cit., pp. 133-38. La precedente citazione crociana e` tratta da Pagine sparse cit., II, p. 370. Il discorso di Roma fu letto da Papini al Teatro Costanzi, il 21 febbr. 1913; poi pubbl. in «Lacerba», I, 5, 1 mar. 1913 e distribuito in volantino dai futuristi, col titolo: Contro Roma e Benedetto Croce (ora, tra l’altro, in: L’esperienza futurista, cit., pp. 55 sgg.). 20 B. Croce, Intorno all’idealismo attuale, I, Misticismo e idealismo, in «La Voce», V, 46, 13 nov. 1913.

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destinato a svolgersi su un altro piano. Quel che ci preme, e` sottolineare che, tra il 1910 e il 1912, Croce cominciava a rendersi davvero conto che la sua era una posizione isolata, solitaria, nonostante il proliferare degli «idealismi». E che, nella grande battaglia contro «le diverse e opposte schiere [...] dei positivisti, empiristi e filologisti da una banda, dei genialoidi e mistici e dilettanti dall’altra», i secondi, da lui indirettamente cooptati per deprimere i primi, rischiavano di prendere il sopravvento e dovevano ora esser ridotti a ragione. E, soprattutto, i filosofi dovevano tornare a discutere «coi filosofi e non col profano volgo, che spesso non e` neppure preparato 21 ad accoglierne l’insegnamento» . Tuttavia, come rileva Lucia Strappini22, nel lento e tardivo distacco, come nel definitivo giudizio di Croce, emergeva un accento particolare, simile all’intonazione desolata di un medico che certifichi l’inarrestabile decorso di una malattia troppo a lungo incubata, ormai difficile da contrastare: Mai nulla di buono ho visto compiere dagli uomini perennemente aspiranti a qualcosa di oltreumano, o almeno di oltrepassante cio` che gli altri fanno o cio` che egli stesso dovrebbe fare. Ormai, nella mia esperienza di clinico, quando alcuno mi si mette a parlare del suo scontento e del disdegno e dei suoi sogni smisurati, formo subito una diagnosi di grave debolezza organica, con prognosi riservata23.

Nel 1910, sottolineando con quale frequenza comparisse negli scritti e nelle conversazioni degli intellettuali la parola «superamento», osservava che tanto in filosofia, «ove si usa a sproposito (perche´ dovrebbe essere riservata ai dibattiti circa la teoria del superamento)» che nella vita morale, «il pericolo e` tanto maggiore in quanto gli intellettuali di oggi sono quasi tutti [...] infetti dalla lue dannunziana»24. Il che significava: piu` propensi a

21

Il risveglio filosofico e la cultura italiana (1908), in Cultura e vita morale, cit., p. 16. L. Strappini, in Strappini, Micocci, Abruzzese, La classe dei colti, cit., p. 45. 23 B. Croce, Aspirazioni all’infinito e debolezza, in «La Critica», XIII, 162-63, ora in Pagine sparse, cit., I, p. 376 (c.vo mio). 24 B. Croce, Il «superamento» (1910), in Cultura e vita, cit., p. 119 (c.vo mio). Uno dei primi a sottolineare la necessita` di un «superamento», era stato proprio Papini. In particolare, nel 1906, presentando la rivista al filosofo, aveva scritto che «se sparisse quella forza intelligente e quella coltura ampissima che fanno di Benedetto Croce uno degli uomini eccezionali d’Italia, la ‘‘Critica’’ non potrebbe eccitare a un superamento, a nuove forme di attivita` intellettuale e morale, a nuove anime, a nuovi fini». («La Critica», in «Leonardo», IV, ottobre-dic. 1906, p. 362). 22

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porsi al di sopra delle parti che a cercare di essere all’altezza della situazione, piu` desiderosi di sopravanzare e dirigere i propri simili che di adoprarsi ad aiutarli nel compimento del loro destino storico e umano. Nel 1911, ancora lodando quei giovani che si mostravano «insensibili di fronte alle seduzioni positivistiche» e coltivavano «un trasporto vivo, sincero, un interesse veramente grande per la filosofia», rilevava con preoccupazione «una prevalenza di correnti mistiche, psicologiche, intuizionistiche» che sono «un indizio di debolezza», ma pur sempre lo attribuiva all’«incompleta preparazione delle menti giovanili», a «un momento [...] d’indecisione (chi avrebbe il coraggio d’imputarneli?) che con uno sforzo costante puo` essere 25 superato» . Contemporaneamente, tuttavia, cominciavano a profilarsi le prime conclusioni: il perturbamento «introdottosi» in quegli animi E` un male grave, perche´ ha attaccato le fibre piu` delicate e le radici della vita interiore; un male di rimedio difficile, e al quale, soprattutto, non si rimedia con la predica e con l’eloquenza e con le vivaci figurazioni letterarie e neppure con le migliori formule filosofiche, perche´ tutte queste cose, anche quando siano altamente ispirate in origine, si corrompono presto in quegli animi malati e alimentano la malattia, come puo` vedersi in tanti idealisti e mistici e romantici e «cavalieri dello spirito», che ora vanno comparendo, e che sono i medesimi attori che hanno gia` recitato sui teatri del Nietzsche, del Tolstoi, dell’Ibsen, del D’Annunzio, del padre Tyrrel, e su quanti altri se ne sono aperti e chiusi dagl’impresari di «novita`» spirituali negli ultimi anni26.

Mano mano, prendeva corpo nell’immaginario crociano la metafora di una malattia che avrebbe colpito «la coscienza morale d’Europa»: essa si chiamera` «decadenza» e i suoi segni esteriori saranno, secondo Croce, ravvisabili proprio nella tendenza all’irrazionalismo, sorta di debolezza o degenerazione organica che fiacca il «sentimento della distinzione» e obbliga l’uomo a vivere «fuori centro, fuori di quel centro che e` [...] la coscienza etica e religiosa»27. Ovviamente, attribuendo alla situazione un carattere di deviazione o di «insania», Croce presupponeva la possibilita` di uno stato precedente «felice», «sano», identificandolo con la piena maturazione della mente razionale. E come la malattia non rappresenta che una parentesi nella vita di un

25 26 27

B. Croce, Pagine sparse, cit., pp. 254-55. B. Croce, L’aristocrazia e i giovani (1911), in Cultura e vita morale, cit., p. 175. Storia d’Italia, cit., p. 229.

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uomo valido, cosı` il decadentismo, e soprattutto l’irrazionalismo, appariranno in questo quadro come una temporanea – e vergognosa – tabe (cosı` giudichera` anche il fascismo), che, del resto, sarebbe ben presto guarita, senza conseguenze, per opera di Croce stesso e di tutti coloro che, come lui, avessero serbato «nella dialettica spirituale e nell’interpretazione della realta`, il nerbo della logica, non certamente di quella empirica e formalistica, ma della speculativa e della dialettica». E` tuttavia naturale chiedersi, con Tilgher, come mai, se quegli estremismi furono, come altri, «semplici deviazioni letterarie e storture etiche, senza credito ne´ seguito fuorche´ in minime minoranze», essi ebbero «sı` gran peso e decisiva importanza in una nazione sı` saggia, sı` equilibrata, sı` 28 moderata e prudente quale l’Italia dal 1871 al 1915 sorta dal suo libro» . Ma non bisogna dimenticare che, per Croce, che volle essere «insieme, antipositivistico e antimetafisico; [...] avverso al prammatismo, all’intuizionismo, al misticismo e all’irrazionalismo di ogni sorta» e a quelle «concezioni etiche di cui l’irrazionalismo era prodotto e produttore, nietzscheane e variamente autoritarie e reazionarie», le conclusioni cui fu costretto a giungere nel ’29, con la Storia d’Italia, segnavano in qualche modo la sconfitta di un programma di «risanamento» della vita culturale, quel programma da lui iniziato e perseguito con determinazione per oltre un ventennio. Egli, che aveva voluto prima di tutto svecchiare la cultura italiana, riannodarla alle sue tradizioni piu` alte, di pensiero e rigore metodologico, doveva ora constatare che «In questa cosı` rigogliosa rinascita di fervore speculativo [...] si insinuava peraltro qualcosa di malsicuro e di poco sano» e che «anche nella semplice e sennata Italia, aliena da fanatismi d’ogni sorta», «la filosofia di reazione al positivismo», nella maggior parte dei casi, era andata «sotto molteplici e spesso ingannevoli forme, verso l’irrazionalismo, quantunque solesse e battezzarlo e crederlo ‘idealismo’, combinando un ‘idealismo irrazionalistico’ con uno ‘spiritualismo sensualistico’»29. Attribuendo al fenomeno un carattere di «malattia», e dunque di fatalita`, Croce si metteva in qualche modo al riparo, e declinava la propria responsabilita`30. Tuttavia, la metafora dell’irrazionalismo (e del decadentismo) come malattia riuscira` a divenire una categoria critica e contribuira` a 28 A. Tilgher, Storia e antistoria, Rieti 1928, cit. in Garin, Guerra e dopoguerra, in Cronache, cit., p. 288 e n. 29 Storia d’Italia, cit., pp. 22-28. 30 A proposito delle «responsabilita`» di Croce nei confronti del variegato panorama degli «idealismi» contemporanei, cfr. Garin, Guerra e dopoguerra, in Cronache, cit., pp. 275-344.

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determinare quel silenzio, quella rimozione operata nei confronti del cote´ irrazionalistico ed esoterico della nostra cultura: rimozione perpetrata soprattutto ad opera della storiografia idealistica, fino ai nostri giorni. A Croce non sfuggivano, come abbiamo gia` sottolineato, le sotterranee parentele e le prossimita` tematiche che accomunavano tanti «idealismi». Se, nella Storia d’Italia, egli riuniva in un unico fascio, come forme aberrate, «filosofie» di natura assai eterogenea, non e` soltanto perche´ esse tutte «furono chiamate ed amarono chiamarsi ‘‘idealistiche’’», bensı` perche´ «filosofie di tal fatta» avevano tutte, in comune, un fondo di irrazionalismo spiritualistico od occultistico: cosı` l’intuizionismo, il pragmatismo, il misticismo (e questo ora francescano o slavo o buddistico, ora modernistico o cattolicizzante, eroticodannunziano o erotico-fogazzariano) il teosofismo, il magismo e via dicendo, compreso il «futurismo», che era, anche quello una concezione o interpretazione della vita, e percio`, a suo modo, una filosofia.

Bergson e James, D’Annunzio e Fogazzaro, come Besant e Reghini, come Papini e Prezzolini, si erano del resto tutti occupati di spiriti e fantasmi dei viventi, di facolta` e di poteri occulti, lasciandosi sedurre dalla prospettiva che, nel superfisico, potesse trovarsi la chiave per un diverso e piu` consapevole approccio alla vita e, nella capacita` di accedervi, il segno di una aristocratica diversita`. Il futurismo non fu da meno in questo, anche se seppe celare meglio, sotto la veste tumultuosa e cangiante delle proprie declamazioni, il suo ancoraggio a un fondo di tradizioni magiche, le quali, grazie alle ricerche scientifiche sulle facolta` della mente, sembravano aprire all’uomo nuove «obiettive» prospettive di immensificazione e, all’artista, inedite possibilita` di leadership avanguardistica.

5 POSITIVISMO E POSITIVISMI La filosofia positiva rinuncia... alla conoscenza dell’uomo; anzi a tutte le conoscenze assolute, senza pero` negare l’esistenza di cio` che ignora... (Pasquale Villari, La filosofia positiva e il metodo storico) Les savants commencent comme Haeckel, le professeur de Jena, par e´crire une monographie des e´ponges calcaires; ils finissent par se faire les apoˆtres de la philosophie moniste; et, pour avoir convenablement parle´ des e´ponges, ils se croient en e´tat de re´soudre Les enigmes de l’Univers. (Ferdinand Brunetie`re, Discours de Combat)

Furono proprio il rigore critico e filologico, l’alto senso morale attribuito alla ricerca filosofica, l’avversione per ogni facile retorica, della parola come delle idee, il rifiuto, che arriva fino all’incomprensione, di ogni ingenuo fideismo, che impedirono a Croce di misurarsi concretamente con i portati dell’irrazionalismo – e di chiarire come, al di la` delle divergenze, alcuni aspetti della reazione antipositivista rappresentassero la naturale prosecuzione di fermenti che erano appartenuti al recente passato ottocentesco. Solo raramente, e di sfuggita, il filosofo abruzzese accenno` a quel «certo diffuso spirito, tra romantico e mistico, che rendeva intollerabile il grossolano semplicismo positivistico, particolarmente nelle cose dell’arte, della religione e della coscienza morale», osservando che «Il naturalismo, il positivismo, il filologismo, pur vantando il metodo delle scienze, continuavano a vivere di parecchi motivi dell’idealismo, diminuiti e impalliditi». A quel diffuso spirito «tra romantico e mistico», si dovevano tuttavia i fermenti piu` singolari del positivismo, quelli che in parte ne avevano alterato i connotati e che, soprattutto in Italia, avevano fornito alla reazione antipositivistica motivi di ispirazione e, al tempo stesso, di polemica.

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Proprio quel versante del positivismo che Croce disse «pessimistico su se stesso»1, aveva coltivato un cote´ esoterico, di studi occultistici e esperimenti eterodossi: studi diretti apparentemente a smascherare le superstizioni, in realta` a fornire prove scientifiche di un mondo metafisico. L’«epoca positiva», pur avendo accordato all’intelletto razionale ogni primato conoscitivo, non si era rassegnata a vedere l’orizzonte spirituale fatto vuoto e deserto e, protestando di voler scientificamente verificare tutti i fatti inerenti al mondo umano, si era anche applicato a studiare, talvolta con particolare interesse, quelli passibili di rimandare a una dimensione trascendente: le varie forme dell’esperienza religiosa e le diverse manifestazioni del paranormale. E` vero che molti esponenti della cultura positivista, al pari di Cesare Lombroso, praticheranno lo spiritismo vedendovi soprattutto un possibile campo di indagine e una sfida per la scienza, ma certamente, per molti, esso rappresento` pure una sorta di risarcimento della fede perduta. Gli studi sulla medianita` e sui fenomeni spiritici, e il diffondersi di sette e circoli esoterici, costituiranno inoltre, in Italia, il valido sostituto di una religiosita` ormai impossibilitata a canalizzarsi, dopo il ’70 e in particolare per i settori liberali e democratici, entro le sponde tradizionali della Chiesa di Roma. Gli studi sui fenomeni psichici, col loro pendant di interessi occultistici e esoterici, affiancati, come gia` abbiamo visto, da un revival di settarismo confuso e assai attivo, di religiosita` spiritualistica e al tempo stesso anticlericale, avevano costituito cosı` il lievito segreto di una parte, non marginale, della cultura italiana ed europea, e avevano reso il quadro complessivo dell’epoca «positiva» molto meno uniforme di quanto non si sia volentieri affermato. Uno dei principali apostoli dello spiritismo fra Ottocento e Novecento, Arthur Conan Doyle, dopo aver abbandonato il cattolicesimo e essersi accostato a altre religioni, antiche e moderne, dichiaro` di aver scelto lo spiritismo in quanto non gli chiedeva affatto di «credere» ma gli offriva «fatti» verificabili e «prove» dimostrate, tanto da poter essere qualificato come una New Revelation che elevava la religione «al livello di una scienza esatta attraverso il ragionamento»2. «I mali della religione – scriveva Conan Doyle – sono venuti tutti dall’aver accettato cose che non possono essere provate», a differenza dello spiritismo, che «offre prove tangibili delle sue tesi»3.

1

B. Croce, Storia d’Italia, cit., pp. 226 e 135. Cfr. A New Revelation, New York, G. H. Doran Co., 1918 (tr. it. a c. di A. Carboni, Palermo, Sellerio, 1993). 3 A. Conan Doyle, Memories and Adventures, Boston, Little Brown and Co., 1924, p. 27. 2

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Alcuni studiosi moderni, tuttavia, in forza di una inconfutabile continuita` di interessi4, hanno voluto riallacciare l’attenzione della scienza ottocentesca per il paranormale e il risveglio spiritualistico di inizio secolo ad un’unica, e piu` antica, tradizione culturale, a un filo rosso di «sapere romantico» che, in funzione antirazionalistica, come «rivoluzione epistemologica [...] mai teorizzata in modo organico»5, percorre il pensiero scientifico anche nel periodo del suo piu` incontrastato dominio. Sin dal Seicento, alla conoscenza quantitativa e descrittiva, fondamento di quell’epistemologia materialistica su cui riposano i principi del sapere scientifico moderno, si sarebbe contrapposto, in polemica costante con i maggiori responsabili di una lettura sensista della natura umana – contro Condillac, Locke, Hume, e anche contro gli Enciclopedisti, quali rappresentanti di tutto un indirizzo culturale –, un filone di ricerca riallacciantesi direttamente ai principi organicistici della magia naturale. Soprattutto a partire dal ’700, per tutto il secolo successivo e anche oltre, nella cultura europea, sarebbe operante una tradizione antimaterialista che propone metodi di conoscenza formulati in opposizione alla razionalita` illuministica. Il rinato interesse investigativo per il mondo occulto che si constata tra Otto e Novecento – interesse nel cui ambito possiamo includere gli esperimenti di magnetismo e di ipnotismo, le indagini spiritiche e i vari aspetti della ricerca psichica, nonche´ la rivalutazione culturale di alcuni elementi della tradizione occulta, come, ad esempio, quella operata delle riviste fiorentine o da molte delle avanguardie storiche –, potrebbe rappresentare, secondo questi autori, non solo una contraddizione interna al positivismo o una forma di opposizione al materialismo determinista, quanto, piuttosto, il riaffiorare dell’altra linea direttiva dello sviluppo scientifico, parallela a quella che, attraverso la pratica della sperimentazione empirica, conduce dall’alchimia alla farmacopea e alla chimica moderne. E` una interpretazione con la quale si puo` facilmente concordare, a patto che la si verifichi di volta in volta nel concreto delle circostanze storiche: questo filone di «sapere romantico», continuativamente presente nella cultura moderna, evidente ora nella poesia e nel romanzo, ora nei settori della ricerca filosofica e scientifica, assume volti e, soprattutto, 4

G. Gusdorf, Fonde´ments du savoir romantique, Paris, Payot, 1982, (spec. pp. 351 sg.); la tesi e` riproposta in modo critico e relativamente alle implicazioni culturali del mesmerismo e dello studio della trance ipnotica da C. Gallini, La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, Milano, Feltrinelli, 1983. 5 C. Gallini, La sonnambula meravigliosa, cit., p. 55; per la discussione di questo aspetto del sapere «parascientifico», pp. 53 sgg.

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valenze differenti in relazione al mutare dei caratteri della cultura dominante. Tale continuita`, renderebbe ragione anche dei ricorsi e delle persistenze che oggi impediscono schematiche periodizzazioni della crisi di fine secolo: se volessimo tracciare i limiti cronologici del processo di trasformazione che attraverso` la cultura italiana alla fine del secolo XIX e che in larga parte coincide con la crisi del positivismo, ci accorgeremmo che le difficolta` derivano dal fatto che vecchio e nuovo proseguono l’uno nell’altro, e si mescolano, tra molti fraintendimenti e confusioni, in un complesso intreccio in cui l’antico si traveste di nuovo e il nuovo, pur protestandosi in opposizione al vecchio, ne prosegue alcune tendenze. Lo studio scientifico dei poteri della mente e dei fenomeni connessi aveva presentato, nel secondo Ottocento, agli occhi di uomini al tempo stesso entusiasti della scienza e delle sue «infinite» possibilita` e poco inclini a rassegnarsi a un completo materialismo, un doppio interesse: era una sfida all’inconoscibile condotta sul piano degli strumenti empirici e, contemporaneamente, un modo per soddisfare malcelate esigenze di trascendenza. Molti dei positivisti italiani condividevano l’opinione di Andrea Angiulli che la metafisica possa «prendere le sue mosse dai dati sperimentali»6 e questa posizione si rifletteva, a livello sociale, nelle aspettative coltivate da gran parte di una generazione. Cosı`, nel 1896, Luigi Capuana, salutando l’«inatteso risorgimento spiritualista», ancora poteva demandare alla scienza il compito di esaminare l’autenticita` di quei fatti «contro i quali si spunta ogni acutezza di analisi positiva»7. Sempre nello stesso anno, Vailati, che fu uno dei pochi italiani membri della Society for Psychical Research, scriveva a Fogazzaro di essere tra quelli che «lungi dal considerare [la scienza] come la nemica ufficiale o la distruggitrice patentata delle «idee religiose», vedono anzi in essa «la perenne sorgente che fornisce a quelle il nutrimento indispensabile pel loro sviluppo e perfezionamento continuo», e la considerano fondamento necessario «su cui il sentimento possa edificare le sue costruzioni ideali»8. Qualche anno dopo, Vailati, che nel frattempo aveva avuto modo di occuparsi di ricerca psichica, in una lettera a Boine, tornava ancora ad insistere sulla possibilita` di una verifica sperimentale della sopravvivenza ultraterrena. Giovanni Vailati, infatti, pur 6

A. Angiulli, Gli hegeliani e i positivisti in Italia e altri scritti inediti, a c. di A. Savorelli, Firenze, Olschki Ed., MCMXCII, p. 114. 7 Mondo occulto, cit., p. 185. 8 G. Vailati, lettera a A. Fogazzaro del 15 giu. 1898 e a Boine del 17 giugno 1908, in G. Vailati, Epistolario, Torino, Einaudi, 1971, pp. 155 e 556. Cfr. anche: G. Semerari, Novecento filosofico italiano, Napoli, Guida, 1988.

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definito «uno sperimentalista ed un positivista» da chi intendeva valorizzare, del suo pensiero, il lato piu` vicino a Peirce9, si interesso` attivamente di scienze occulte, come testimonia oggi il terzo volume degli Scritti, dedicato alle «scienze umane», e come non manco` di ricordare Papini sulle pagine dell’«Anima»10. Tuttavia, per coloro che furono piu` intemperanti critici dello scientismo positivista e che, dei fenomeni paranormali, furono convinti e spesso acritici assertori, la ricerca psichica rappresento` il fatale banco di prova della scienza, la cartina al tornasole della sua inadeguatezza di fronte alla complessita` del reale: in una parola, significo` l’evidenza della sua sconfitta, da cui occorreva prendere le mosse per superare tutto un metodo di approccio al mondo fenomenico. In questo senso, ancora si esprimeva, ad esempio, il manifesto La scienza futurista, apparso su «L’Italia futurista», il 15 giugno 1916. La scienza, infatti, che aveva preteso di pesare l’imponderabile e si era attesa dai fenomeni occulti una regolarita` e una sistematicita` che difficilmente vi si sarebbe potuta riscontrare, era stata costretta, anche nei casi in cui non era in causa la veridicita` degli eventi, a fermarsi sulla soglia del fatto, nell’impossibilita` di giungere ad una spiegazione organica e convincente delle cause. Nonostante l’incredibile varieta` di tentativi e di sforzi dispiegati in questa direzione, quegli stessi scienziati che avevano contribuito a concentrare l’attenzione dei contemporanei sul paranormale, sanzionarono, col fallimento complessivo della propria impresa, la sconfitta della scienza di fronte al mistero e, ancor peggio, di fronte a «fatti» che, per quanto capricciosi e imprevedibili, per loro stessa ammissione, cadevano pur sempre nel dominio dell’esperienza. Tutto cio` ando` ad alimentare la polemica antiscientifica e antimaterialistica della «reazione», la quale pure non cesso` di pretendere dagli scienziati una risposta definitiva. Troviamo un valido esempio di questa prospettiva anfibologica nelle posizioni espresse, nel periodo del «Leonardo», da Prezzolini, nelle cui asserzioni appare con molta chiarezza un atteggiamento di ammirazione e nello stesso tempo di critica alla scienza, sulla base della sua sconfitta o renitenza assertiva sul terreno del paranormale. Prezzolini, infatti, paragona lo scienziato «a un poeta: un creatore, un immaginatore, un generatore di miti» moderni, capace «come un carnefice, un torturatore della natura» di co9

M. Calderoni, Giovanni Vailati, in Scritti, cit., a c. di O. Campa, Firenze, «la Voce», 1924, vol. II, p. 173. 10 N. 5, maggio 1911, dedicato a Vailati, dopo la sua prematura scomparsa (maggio 1909).

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stringerla «ad annuire al romanzo che egli si e` immaginato»11. La pretesa onniscienza dei «nuovi stregoni» nasconde tuttavia una sostanziale inadeguatezza: ne e` esempio «l’attitudine di molti scienziati verso lo spiritismo», nei confronti del quale essi avevano mostrato «una tale ristrettezza di idee, un tale bigottismo materialista, un siffatto dogmatismo, una stupefacente cecita` ostinata, da far perdere ogni speranza di trovare in loro qualcosa di differente dai preti aristotelici che condannarono Galileo»12. Convinto della veridicita` dei fatti, Prezzolini, come molti altri, rimproverava alla scienza non solo di non aver saputo spiegare l’origine di quei fenomeni, ma soprattutto di essere stata piu` incredula di Tommaso, il quale, dopo aver constatato, aveva pur creduto. Questo atteggiamento sara` poi condiviso anche dai futuristi, nei quali troveremo gli stessi motivi di polemica: basti pensare all’esaltazione dell’intuito e della conoscenza immaginativa che Marinetti proporra` in contrapposizione alla conoscenza logica e analitica. Ancora nel manifesto La scienza futurista, Corra, Ginna, Settimelli, Carli, Chiti, Mara e Nannetti invitavano la scienza a «Non avere piu` che uno scopo: ingigantire sempre di piu` l’ignoto precisando e frastagliando la zona di realta` che ci e` meno sconosciuta», per «approfondire la visione che gli uomini hanno del mondo in cui vivono, per arrichirla di nuovi sbocchi verso l’ignoto» (c.vo nel testo): La scienza – spiegavano – tende ad immobilizzarsi nello studio delle stesse zone di realta`, insistendo nella ricerca di nuove proprieta` di vecchie sostanze e di decrepite energie. Noi incitiamo invece i cervelli geniali a gettarsi nell’esplorazione delle nuove materie e delle nuove energie che vanno affacciandosi alla nostra conoscenza. Attiriamo l’attenzione di tutti gli audaci verso quelle zone meno scandagliate della nostra realta` che comprende i fenomeni del medianismo, dello psichismo, della rabdomanzia, della divinazione, della telepatia... Indubbiamente da questo lato si sta per affermare un qualchecosa che arricchira` di imprevedibile la nostra vita. Le energie che agiscono in questo campo sono certamente dotate di un grado di intelligenza superiore a quelle di tutte le altre: la complicatezza della loro azione ce lo dice in modo chiaro; mentre noi possiamo sempre prevedere per es. il modo di comportarsi di una forza come la gravita` (la quale non fa che ripetere all’infinito lo stesso ragionamento), non siamo in grado di indovinare sempre l’azione di queste energie piu` complesse che

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G. Prezzolini, Leggenda e psicologia dello scienziato, in «Rivista di Psicologia applicata alla Pedagogia ed alla Psicopatologia», Bologna, Stabilimento Poligrafico Emiliano, marzo-aprile 1907, pp. 94-5. 12 Ivi, p. 93.

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sanno passare dai regionamenti semplicissimi dei motori a fluido (Tromelin, Fayot) alle cerebrazioni intricate di un gabinetto medianico13.

Alle critiche che prendevano lo spunto dal fallimento empirico, si aggiungevano poi quelle, piu` radicali, che investivano le incongruenze teoriche della speculazione filosofica positivista, dove, in aggiunta ai limiti di ampiezza e di profondita` denunciati da Croce, il positivismo aveva infatti espresso, con inaspettati risvolti misticheggianti o immanentistici, l’inconfessata insoddisfazione per i presupposti del suo stesso sistema di pensiero, che riduceva l’universo a un coacervo di eventi privi di causa originale e di finalita` ultime trascendenti. E questo si era manifestato non soltanto nei tentativi teorici di «recupero» avanzati dalla «psicologia sperimentale», impegnata a rendere conto di quel vasto settore di esperienze sul paranormale – dal mesmerismo all’ipnosi, dalla telepatia alla scrittura automatica alla trance medianica – che aveva preso in esame; ma anche nelle ambigue conseguenze che alcuni scienziati positivisti avevano fatto discendere da postulati apparentemente volti ad affermare il primato di una ragione pratica e antimetafisica; nelle illazioni, deduzioni e sviluppi che, in sede speculativa quegli scienziati ne avevano tratto, e che si erano spesso tradotti in una assolutizzazione di principi di natura scientifica, in un recupero, sul piano di sistemi immanentistici, di stampo evoluzionista o energetista o vitalistico, di quei bisogni spirituali di cui, in altra sede, si era denunciato l’anacronismo: per dirla con Croce, in una «ingenua metafisica che voleva passar di contrabbando sotto panni scientifici»14. Papini, piu` polemico e meno elegante, parlera` di un «bestiale positivismo che dimenticava le sue origini per cascare in metafisicumi incoscienti da notari o da macellari»15. Il modello meccanicistico proposto e sostenuto dalla scienza positiva, cosı` come il naturalismo filosofico cui pretendevano di attenersi molti pensatori, non aveva escluso, insomma, il sussistere, ora esplicito ora in nuce, di tendenze metafisiche o addirittura spiritualistiche, che, in varie forme, si erano proposte dissimulandosi sotto un preteso agnosticismo formale. L’anello di congiunzione era costituito dal monismo, la cui piu` importante «applicazione» fu la corrente vitalistica di fine secolo, cui aderirono non solo 13

B. Corra, A. Ginanni, R. Chiti, E. Settimelli, M. Carli, Oscar Mara, V. Nannetti, La scienza futurista (antitedesca-avventurosa-capricciosa-sicurezzofoba-ebbra d’ignoto), in «L’Italia futurista» I, n. 2, 15 giugno 1916; ora in L. Scrivo, Sintesi del Futurismo. Storia e documenti, Roma, Bulzoni, 1968. 14 Cronache di filosofia italiana, cit., I, p. 8. 15 G. Papini, Discorso di Roma, cit., in G. Papini, L’esperienza futurista, cit., p. 62.

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filosofi del rango di Bergson, fisici e occultisti idealisti come Lodge e du Prel, ma anche naturalisti, come Haeckel, che avevano vissuto e operato nel periodo di ascesa del materialismo16. Alcuni, continuando ipotesi avanzate agli inizi dell’Ottocento, attribuirono alla materia la capacita` di sprigionare, se adeguatamente sollecitata, energie immateriali, cosı` come aveva fatto William B. Carpenter, il quale, riferendosi alle teorie avanzate da Tyndall, Clifford e soprattutto da Huxley, aveva ipotizzato che l’attivita` umana, tanto fisica che mentale, deriverebbe dalle «potenzialita`» insite nella materia. Tale indirizzo, costituiva, a ben vedere, uno sviluppo prevedibile della teoria del fluido, con la quale gia` si era cercato di spiegare il fenomeno del magnetismo e dell’influenzamento a distanza. Il fluido, concepito in termini di forza sottile, presente negli uomini ma anche negli animali e nei minerali (in misura potentissima nella calamita) e paragonato all’elettricita`, si diceva capace di manifestarsi in termini di luce e di calore, e di trasmettersi con facilita` attraverso il medium onnipervasivo del mondo fisico: l’etere. Tuttavia, a un esame appena un po’ critico, il fluido si caratterizzava piu` come un quid aggiuntivo che come un reale principio unificatore, segno delle gravi difficolta` teoriche incontrate dalla scienza nella costruzione di un modello onnicomprensivo del divenire della materia, non appagantesi ne´ della tradizionale dualita` di anima e corpo, ne´ delle riduttive ipotesi meccanicistiche portate aventi dalla fisica, a partire dall’eta` dei Lumi. Le ricerche di Faraday e di Maxwell sui campi elettrici ed elettromagnetici, piu` tardi la scoperta delle onde hertziane (1884-1888) e dei raggi Ro¨ntgen (1898) che ancora non si era in grado di descrivere ma di cui si potevano osservare gli effetti, e anche gli esperimenti di Marconi, contribuirono all’evoluzione del concetto di fluido, da «quid» emesso dalla materia su specifica sollecitazione, a quello di forza-energia, intrinseca alla costituzione della materia17. Anche quest’ultima formulazione non fu tuttavia immune da tentazioni irrazionalistiche e servı` a giustificare, da una parte, teorie energetiste in cui il concetto fisico di forza o energia diveniva punto

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E. H. Haeckel (Postdam 1834 – Jena 1919), fu un fervente darwinista e uno dei principali divulgatori della teoria evoluzionista. Egli concepı` una morfologia strettamente maccanicistica, che vede alla base del mondo fisico tre aspetti fondamentali: forma, materia e forza, quest’ultima diffusa a diversi gradi, come una sorta di psichismo, in tutti gli esseri animati e inanimati (Generelle Morphologie der Organismen, 1866; Natu¨rliche Scho¨pfungsgeschichte, 1868; Die Lebenswunder, 1904). 17 Su queste tematiche, cfr. P. H. Harman, Energy, Force, and Matter. The Conceptual Development of Ninenteenth-Century Physics, Cambridge, Cambridge University Press, 1982 (tr. it, Bologna, Il Mulino, 1984).

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di partenza per nuove dottrine di tendenza metafisica, dall’altro, nel campo delle ricerche psicologiche, a spiegare i modi di estrinsecazione di alcuni “poteri” psichici18. Questa forza-energia, cui Ostwald attribuira` il compito di presiedere a tutte le trasformazioni della materia, additandola come principio esplicativo non solo dei fenomeni fisici ma anche di quelli biologici19, si diceva capace di manifestarsi in maniera imprevedibile in casi eccezionali di medium particolarmente dotati, e si presto` a spiegare con successo, in maniera pseudorazionale, tutta una serie di fenomeni paranormali. Essa si adatto` anche a far da travestimento razionale a principi immanentistici di natura metafisica, cui era demandato il compito di tener in qualche modo le veci della divinita`: si chiamo` «forza vitale» per C. Bernard, «forza dominante» per J. Reinke, «entelechia» per H. Driesch, «slancio vitale» per Bergson. La tendenza a concepire una metafisica della forza non fu estranea, a ben vedere, neanche a Spencer, secondo il quale, al di la` delle forze «intrinseche» operanti nei fenomeni naturali, si potrebbero ipotizzare altre forze «estrinseche» e «inconoscibili». Le «scienze occulte», per parte loro, mostrarono ben presto di aver appreso ad argomentare utilizzando una terminologia “tecnica” largamente debitrice alla scienza ufficiale. Invano Faraday, fin dal 1853 aveva ammonito frenologi e mesmeristi dall’utilizzare con troppa disinvoltura concetti quali «elettrobiologia» o «elettrofisiologia» o «campo magnetico», per descrivere fenomeni difficilmente catalogabili20. La contaminazione linguistica, divenuta a cavallo tra i due secoli prassi consolidata (basti pensare ad espressioni come «campo magnetico», «vibrazione», «energia», «forza», che spesso entrarono a far parte del lessico delle avanguardie in questa accezione anfibologica), pote´ in certi casi far addirittura pensare che scienza ed occultismo parlassero il medesimo linguaggio e perseguissero, pur se entro orizzonti diversi, gli stessi obbiettivi conoscitivi. Angelo Marzorati, direttore di «Luce ed Ombra», in una conferenza largamente diffusa dalle edizioni della rivista, affermava che «il materialismo cresciuto come un fungo sul tronco tarlato di uno spiritualismo falso e decrepito» stava per essere sconfitto dalla nuova scienza, la quale aveva dimostrato che: 18

G. Landucci, Darwinismo a Firenze, cit., pp. 181 sgg. Per una sintetica panoramica di questa problematica in ambito psicologico, cfr. infra, cap. 6. 19 Di W. Ostwald (Riga 1853 – Grossbothen, Lipsia, 1932), rivestono interesse ai fini del nostro discorso le riflessioni relative a: L’energia e le sue trasformazioni (1888) e La crisi del materialismo scientifico (1895). 20 M. Faraday, Experimental Investigation on the Table-Moving, in «The Ateneum» (2 luglio 1853), p. 801

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Il pensiero e` qualche cosa di sostanziale, agente a se´ [...], una forma specifica dell’energia, sussistente nelle vibrazioni dell’etere, quand’anche generalmente nessuna condizione favorevole ce lo renda manifesto [...] La manifestazione fenomenica dell’energia non e`, ne´ puo` essere, che una diversa modalita` dell’energia stessa, che, in condizioni favorevoli d’ambiente passa dalla stasi al dinamismo, determinando tutti i fenomeni che per noi costituiscono la vita... la creazione non sarebbe possibile senza 21 Dio, potenza massima che contiene in se´ tutto il possibile dell’energia .

Vedremo in seguito come un simile argomentare fosse proprio non solo di teosofi e ricercatori dell’occulto ma anche di numerosi protagonisti dei movimenti all’avanguardia, come di un Marinetti o di un Boccioni. Sul piano filosofico, ebbero pure molto successo quei pensatori che, come Lotze, si sforzarono di conciliare le istanze dello spiritualismo con quelle del meccanicismo scientifico, attraverso una sorta di evoluzionismo spiritualistico che, pur partendo dall’atomo quale centro immateriale di forza e pur interpretando l’universo come un meccanismo naturale, trovarono a tutto cio` giustificazione e causa nel mondo dello spirito, dove operano il sentimento e l’intuizione religiosa22. Ugual seguito ebbero, in Italia, coloro che si dissero appartenenti alla scuola del «positivismo critico» (come Pietro Siciliani), che vollero perseguire «una serena imparzialita`», tra gli eccessi «dei positivisti del materialismo e quelli dei metafisici dell’idealismo». Una posizione che, se anche a taluni (per esempio a Luigi Capuana) pareva «equilibrata», non poteva non apparire a Croce frutto di una superficiale contaminazione23. 21

A. Marzorati, L’evoluzione dell’idea spirituale e la sintesi scientifica, Conferenza tenuta a Milano, nel Salone delle Conferenze Spiritualiste, il 7 dicembre 1902; Milano, Ed. di «Luce ed Ombra», 1903, pp. 6-8. 22 Rudolph Hermann Lotze (Bautzen 1817 – Berlino 1881), medico e filosofo, fu pensatore assai apprezzato da quanti cercarono di conciliare le verita` derivate delle scienze naturali con esigenze di natura spirituale e metafisica. Le opere di Lotze (Metaphysik, Leipzig 1841, Mikrokosmos, Ideen zur Naturgeschichte und Geschichte der Menschheit, 3 voll., Leipzig 1859; System der Philosophie, Leipzig 1874-79, ecc.) continuarono ad esercitare la loro influenza, anche in Italia, ben oltre gli anni ’80 e costituirono, nel panorama della cultura tardo-positivistica, un importante point de repe`re per materialisti inappagati e razionalisti con tendenze spiritualistiche. 23 L. Capuana, Mondo occulto, cit. p. 118. Pietro Siciliani (Galatina, Lecce 1835 – Firenze 1885), pedagogo e filosofo, fu positivista di non stretta ortodossia: nettamente orientato verso il positivismo, che considero` un estremo sviluppo della tradizione galileiano-vichiana, volle tuttavia interpretarlo in una «soluzione mediana» che, escludendo sia il riduzionismo fenomenologico che il ricorso alla metafisica, preservasse il carattere sacro della personalita` umana. Aspramente criticato da Spaventa per la sua pretesa di mediare i contrasti rimanendo ai margini delle posizioni, fu tuttavia apprezzato da tutti quei positivisti (in Italia

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Anche ad altri protagonisti, tuttavia, quelle asserzioni sembrarono incongrue, evidenti dimostrazioni di una contraddizione intrinseca. Si leggano, ad esempio, queste righe della Lettera molto aperta ai positivisti, prima puntata di un’aspra polemica avviata, dai direttori dell’«Anima», contro Erminio Troilo e contro tutti coloro che, in opposizione alla «rinascita idealistica» pretendevano di sostenere una «rinascita positivistica»: Quando, nel 1903 o 1904, incominciai anch’io a battagliare contro i positivisti – scriveva Papini –, una delle principali ragioni che mi mossero fu il vedere quanto poco fedeli al metodo positivista fossero i positivisti italiani. Cio` che mi irritava ne’ loro scritti era la mancanza di chiarezza, di precisione, di sicurezza, e soprattutto l’intrusione di metafisiche implicite che, dal punto di vista positivo, non erano piu` giustificate delle metafisiche religiose o spiritualiste. Io combattei dunque i positivisti perche´ tradivano il positivismo, perche´ non erano abbastanza positivisti. A questa ragione se ne aggiunse un’altra: il positivismo non soddisfaceva a tutte le aspirazioni dell’anima umana, oppur tentava di soddisfarle con mezzi grossolani e fittizi24.

Gia` al primo Papini, dunque, quello che scriveva sulla «Rivista di Psicologia» e ancora frequentava le lombrosiane sale di anatomia e degli ospedali, le aporie del positivismo, e, in particolare, del positivismo italiano, erano chiare, e tali critiche erano tanto piu` significative in quanto venivano mosse a posteriori, da chi, in fondo «era nato positivista» e «aveva cercato i propri maestri nel dibattito piu` aperto della cultura positiva», cosı` come letture e frequentazioni documentate dimostrano chiaramente25. Secondo Croce, furono proprio le «generiche illazioni» di filosofi che della scienza erano solo «modesti orecchianti» e di scienziati «del tutto digiuni di seria preparazione filosofica» a determinare «la sfiducia degli scienziati piu` avveduti e le critiche dei filosofi piu` accorti, che vennero travolgendo... l’ingenua metafisica che voleva passar di contrabbando sotto panni scientifici». Le tentazioni metafisiche cui il positivismo, anche a prescindere dalle ricerche condotte in campo psichico, aveva ceduto,

erano molti) cui ripugnavano prospettive di coerente e severo materialismo. Tra i suoi scritti: Critica del positivismo (Bologna 1868), Sul rinnovamento della filosofia positiva (Firenze 1871). 24 Giovanni Papini, Lettera molto aperta ai positivisti, in «L’Anima», I, 1, gennaio 1911, pp. 23-24 25 G. Papini, Diario 1900 e pagine autobiografiche sparse 1894-1902, Firenze, Vallecchi, 1981. La citazione e` di G. Luti, a p. XII della Prefazione.

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finirono poi per divenire vere e proprie concessioni all’irrazionale sotto i colpi dell’ «idealismo» avanzante. Giustamente Norberto Bobbio ha osservato che «A molti uomini di scienza e di cultura, che ebbero in sorte di vivere la prima meta` della loro vita alla fine del vecchio secolo e la seconda all’inizio del secolo nuovo, accadde di essere positivisti e magari evoluzionisti e deterministi nella prima, idealisti, irrazionalisti e spiritualisti nella seconda»26. Nel 1906, in piena moda «idealistica», in risposta ai sempre piu` scoperti e incalzanti tentativi di iscrivere in quella cornice le «burlette associazionistiche ed evoluzionistiche»27, Croce notava che ormai «i positivisti si fanno idealisti e offrono sul mercato un loro ‘positivismo idealistico’»28 e stigmatizzava ironicamente un certo atteggiamento di tolleranza, da tempo diffuso, che «e`, invece, debolezza, incapacita` di sintesi, tendenza alla combinazione e conciliazione estrinseca»29. Dopo il dominio durato alcuni decenni, e non senza grossi contrasti, del positivismo, [...] di positivismo, di neocriticismo, di agnosticismo non si vuol udire piu` parlare: e gia` si comincia ad assistere allo spettacolo dei militi del positivismo che voltano casacca e inalberano bandiere sulle quali e` scritto non so quale positivismo idealistico o psicologismo umanistico30. Voi, in piena buona fede, propugnate un nuovo ordine di idee e riuscite a farlo valere? ed eccovi attorniati da una folla di finti alleati, che compromettono le migliori cause. Sembra che prevalga l’idealismo? E i positivisti si fanno idealisti ed offrono sul mercato un loro «positivismo idealistico». Il prammatismo richiama l’attenzione? E i tomisti diventano prammatisti31.

Tra «i chiari documenti» di questo «filosofico malcostume», che, mutata l’atmosfera culturale, si mostrava ben felice di recuperare gli aneliti verso

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N. Bobbio, La cultura italiana tra ’800 e ’900 e le origini del nazionalismo, Atti del Convegno, Firenze 9-11 novembre 1978, Firenze Olschki, 1981, p. 5. 27 B. Croce, Contro i sistemi definitivi (1916), in Cultura e vita morale, cit., p. 205. 28 B. Croce, Scienza e universita` (1906), in Cultura e vita morale, cit., p. 72. 29 B. Croce, Il risveglio filosofico e la cultura italiana, cit., in Cultura e vita morale, cit. p. 31 30 B. Croce, Per la rinascita dell’idealismo (1908), in Cultura e vita morale, cit., p. 36 31 Altrove (Il risveglio filosofico e la cultura italiana, cit., p. 36) Croce ironizzava, scimmiottando gli «arrangiamenti» degli avversari: «“Idealismo, sı`, ma anche un po’ di naturalismo ci vuole; pensiero, sta bene, ma al pensiero non bisogna chiedere troppo, e un po’ di fede non va rigettata; fuori dello spirito non c’e` nulla, verissimo, ma la res, il dato, e` un elemento irriducibile e bisogna ammetterlo; l’apriori non si puo` negare, ma la formazione biologica dell’apriori e` un’idea luminosa.” E via discorrendo, perche´ son cose stampate e i nostri lettori le conoscono ormai perche´ ne abbiamo messo loro sott’occhio i chiari documenti». (Ibidem).

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l’«ideale» senza, per questo, sentirsi in contraddizione con i propri trascorsi, sintomatico era stato, certamente, l’intervento di Giuseppe Rensi sulle pagine di «Critica sociale». Egli aveva affermato che positivismo e idealismo [...] sono due ordini di idee paralleli, ciascuno dei quali procede per la propria via senza incontrare quella dell’altro e lascia all’altro il suo campo speciale: il positivismo il campo della metafisica all’idealismo, questo a quello il campo delle scienze concrete, i cui risultati l’idealismo non impugna. L’idealismo puo` benissimo coesistere accanto a questo positivismo come una spiegazione o una tentata spiegazione delle ragioni ultime delle cose, la quale il positivismo si rifiuta di cercare e di dare. Tutt’al piu` l’idealismo avra` diritto di dire che esso solo costituisce la filosofia e che il positivismo non e` coscienza. Questione di parole, come si vede, che non cambia i fatti ne´ il rapporto di mutua indipendenza, anziche´ di contrasto, in cui stanno fra loro questi due ordini di idee32.

I due «ordini di idee possono dunque coesistere» e anzi, poiche´ gia` da tempo «il positivismo e` venuto progressivamente e spontaneamente correggendo se stesso», esso e` giunto «ad incontrarsi con l’idealismo, il quale non puo` quindi erigerseli [sic] contro come la sua radicale negazione, perche´ invece le due correnti convergono manifestamente le loro acque verso un alveo comune». Secondo Rensi, il terreno di questa convergenza e`, nelle scienze umane, la psicologia. Dal momento che il positivismo venne scoprendo il valore della psiche, la sua azione sempre piu` autonoma, operativa, efficiente; dal momento che esso le riconosce la qualita` di fattore sociale sempre piu` importante e le accorda una grande forza di propulsione e, se cosı` e` lecito esprimersi, di iniziativa; da questo momento appare chiaro che e` scomparso l’abisso tra positivismo e idealismo anche sul campo delle scienze umane e che la Psiche del primo possiede ormai tutti gli attributi dello Spirito del secondo ed e` una sola cosa con questo33.

La citazione e` istruttiva, soprattutto per chi rammenti in quali ambigue e multiformi accezioni fosse allora interpretato l’«idealismo». Il partito antipositivista, d’altronde, nelle sue frange piu` scomposte e «decadenti», e nonostante la pretesa di rinnovamento, sembrava proprio ricalcare quella mancanza di

32 33

G. Rensi, La rinascita dell’idealismo, in «Critica sociale» XV, n. 18, 16 sett. 1905, p. 285. Seguito dell’art. cit. alla n. 32, ivi, a. XV, n. 19, 1 ott. 1905, p. 301.

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rigore speculativo, quel difetto di autocoscienza che avevano caratterizzato larga parte del positivismo; anzi, nel suo entusiasmo, nella farraginosa esplorazione di temi culturali, accentuo` quella tendenza denunciata da Croce alla «conciliazione estrinseca». Del positivismo eredito` inoltre anche gli interessi occultistici, senza voler riconoscere che l’epoca trascorsa, coltivando pure negli anni di piu` accreditato materialismo specifiche «curiosita`» metapsichiche, aveva dimostrato, sı`, di essere meno rigorosa di quanto avrebbe voluto ma anche di non tollerare quella sorta di deprivazione spirituale da cui lo stesso movimento di «reazione» aveva preso avvio. L’interesse per il mondo occulto, che aveva gia` fatto parte della cultura dei padri, si tinse pero`, nelle giovani generazioni, di nuove sfumature, destinate a trasformare l’interesse teorico in un coinvolgimento di natura pratica: la «volonta` di potenza», trasposta dal piano empirico-scientifico al piano psicologico-spirituale, trascolorava nell’ambizione di modificare il mondo sensibile mediante una studiata alchimia delle «forze sottili» e l’investigazione dei poteri della mente, anche con la mediazione del pragmatismo, additava, nell’idea, uno strumento non solo atto a postulare nuove dimensioni della realta`, ma anche a crearle. Questo paradossale rovesciamento del fare rispetto al conoscere lasciava intravedere anche la possibilita` di poter prescindere da ogni fondamento, sicurezza, barriera razionale, regola, legge. E questo a ben vedere gia` costituiva una premessa all’avvento del futurismo, soprattutto se coniugato con alcuni influssi mediati dal pensiero di Nietzsche, specialmentecon il senso di un’inadeguatezza ontologica radicale, con l’idea della necessita` di un rifiuto senza residui. Lo stesso Papini, che con tanta chiarezza aveva saputo intuire i limiti del positivismo, fomento` la confusione, affermando che il positivismo non va confuso «co’ sistemi positivi, ne´ con quelli di Comte o di Spencer o di Ardigo`»; dovranno bensı` essere definiti «positivisti» tutti coloro che hanno seguito un metodo di indagine basato sulla «obiettivita`», da Galileo a Descartes, da Hobbes a Hume, da Kant a Maine de Biran; nel positivismo, perfino, secondo Papini, «rientrano, oggi, il pragmatismo degli inglesi e l’intuizionismo dei francesi e il puro esperienzialismo de’ tedeschi» [!]34. Alla luce di queste osservazioni, non meraviglia che Papini stesso, come gran parte del movimento di reazione che si levo` di contro alla «dittatura» positivista, non riuscisse a cogliere il legame che collegava tanto moderno «idealismo» con le motivazioni profonde che avevano indotto il secondo 34 G. Papini, Seconda lettera a un positivista, in «L’Anima», I, 2, febbraio 1911, pp. 56 sgg.; vedasi anche, sempre di Papini, Troilate, ivi, I, 3, marzo 1911.

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Ottocento a spiare oltre la soglia dell’altro mondo. In particolare l’area piu` estremistica e meno critica della reazione antipositivista, lamentando le strettoie in cui il razionalismo scientista aveva ridotto la vita spirituale, non riuscı` a scorgere l’eredita` che, inconsapevolmente, essa stessa si portava dentro, quei contenuti emotivi che, in via sotterranea, la collegavano all’oggetto della sua polemica e che costituiscono il nucleo di quel residuo di «spirito romantico» delle avanguardie, di cui la critica, a partire da Croce, ha spesso parlato. La storiografia crociana, d’altra parte, che ha tanto insistito sull’idea di un’eta` dominata e mortificata dal positivismo, sembra aver perpetrato, di questo, una sistematica riduzione entro i limiti di una banalita` e di una angustia disperanti. Essa non soltanto non rilevo` appieno, e pour cause, che la fede nella scienza, nel «progresso», nell’ineluttabile futura ottimizzazione dei rapporti sociali aveva rappresentato per la borghesia un efficace contraltare al turbamento ingenerato dall’esacerbarsi dei conflitti di classe; ma sembra aver voluto minimizzare anche, per la maggior parte, i benefici effetti che il positivismo comunque ebbe, al suo sorgere, sulla societa` italiana, alla quale fornı` una prospettiva che la ripagava, almeno parzialmente, degli ideali delusi dopo il Risorgimento e nuove metodologie che, sul piano scientifico e culturale, furono fondamentali per uno sviluppo in senso moderno. Rispetto a questi aspetti, Croce preferı` sottolineare quelli negativi, anche quando il periodo caldo della polemica era ormai trascorso: rimprovero` al positivismo di aver ristretto in argini limitati la vita dello spirito; di aver voluto «fare la filosofia nei «gabinetti», con gli «strumenti» e con le «macchine», di aver concepito «il pensiero [...] come alterazione del fatto, la filosofia come tutt’uno col fattarello e con la chiacchiera della vita quotidiana, i libri dei vecchi filosofi come una letteratura da gettare nel fuoco», di aver insomma immiserito e perfino involgarito la vita intellettuale: «L’ignorante poteva [...] atteggiarsi a sapiente» e «i letterati e gli eruditi italiani, i professori e i giornalisti», convertiti tutti, «rumorosamente», al positivismo potevano «parlare dall’alto e con compassione della “metafisica”, delle “speculazioni”, dell’‘‘idealismo’’, dell’“a priori” come di forme sorpassate dello spirito umano», mentre si compiacevano di mutuare «dai cosiddetti uomini pratici [gli scienziati], le parole di scherno contro la filosofia, onde scoppiarono sulle loro labbra eleganti facezie, degne di commessi viaggiatori»35. La lettura di Croce, che riduce pressoche´ tutto il positivismo ad un 35

B. Croce, I letterati italiani e l’odio per la filosofia (1911), in Cultura e vita morale, cit., pp. 108.

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guazzabuglio di chiacchiere senza fondamento filosofico, ed i positivisti ad un’accolita di «preti da gabinetto» contrapposti ai «preti da altari»36, anche se non infondata, nasceva soprattutto dalla ferrea decisione di affrettare in tutti i modi e di rendere irreversibile la fine di una «dittatura ideologica» considerata esiziale per la crescita culturale della nazione37. Questo atteggiamento, che non lesino` attacchi al positivismo di maniera, riconducendolo sistematicamente entro uno schema sommario e, in fin dei conti, riduttivo, colpı` con l’arma del silenzio anche tutte quelle «degenerazioni» irrazionalistiche che Croce stimo` evidentemente tanto pericolose e tanto poco serie da non meritare esplicite smentite. Contro gli scienziati che si «impancano» a filosofi e innalzano arbitrariamente al rango di sintesi filosofiche frettolose generalizzazioni operate sul piano delle scienze naturali, Croce polemizzo` piu` volte in astratto con particolare acrimonia, ma, rifiutando di riconoscere a quei tentativi alcuna dignita` filosofica, preferı` non scendere a confutazioni e colpirle con l’arma del silenzio. Di fronte a quello che rappresentava, ai suoi occhi, il principale ostacolo all’evoluzione del pensiero, la fonte e il fomite della superficialita` e della stagnazione culturale, Croce sembra insomma aver elaborato una vera strategia, che comportava, da una parte, la riduzione del fenomeno entro termini drasticamente riduttivi, dall’altra, il ricorso al silenzio, sia con la tacita esclusione di alcuni aspetti dalla scena, sia con l’ausilio di premature dichiarazioni di morte: isolati o riassorbiti quei caratteri che avevano connotato il positivismo piu` semplicistico e pedissequo, si poteva anche, secondo Croce, accreditarne la definitiva scomparsa. Basta scorrere, sin dai primi anni, le pagine della «Critica», per trovare a ogni pie` sospinto un significativo annuncio funebre. Gia` nel 190538, Croce aveva scritto che «il positivismo... anche in Italia e` ora stremato e ridotto presso a morte»; e in termini simili si era espresso nel 1908 («Dopo il dominio durato alcuni decennıˆ, e non senza contrasti, del positivismo, il bisogno religioso si e` risvegliato [...]; di positivismo, di neocriticismo, di agnosticismo non si vuol udire piu` parlare»)39. Ma, a ben vedere, anche le dichiarazioni rilasciate nel 1911, all’indomani del IV Congresso filosofico internazionale che si tenne a Bologna, dal 5 all’11 aprile, erano premature. 36

B. Croce, Siamo noi hegeliani? (1904), in Cultura e vita morale, cit., p. 49. A salvare un margine di positivita` non bastava davvero, dopo tutte queste considerazioni, riconoscere che «Il lavoro eseguito in Italia, nelle universita` e fuori fu molto» e che «in quell’angustia mentale, c’era pure una sorta di entusiasmo». 38 B. Croce, A proposito del positivismo italiano, cit., in Cultura e vita morale, cit., p. 46. 39 B. Croce, Per la rinascita dell’idealismo, cit., in Cultura e vita morale, cit., p. 36. 37

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Il Congresso, che faceva parte delle manifestazioni celebrative del primo cinquantenario dello Stato unitario, aveva rappresentato una importante occasione di confronto e di scambio, nel corso della quale si era potuto assistere dal vivo all’esposizione delle nuove prospettive che si andavano aprendo in campo internazionale40. Il positivismo, certamente, era entrato da tempo in una fase di declino e mostrava ormai, sotto i colpi che da piu` parti gli venivano inferti, tutta la sua debolezza. Tuttavia, ancora allora, era presto per affermare che si fosse gia` ritirato dalla scena. Croce invece non esito`. Intervistato da Guido De Ruggiero per il «Giornale d’Italia»41, («Che azione ha esplicato [nel corso del congresso] il positivismo?»), asseriva che la novita` piu` importante era stata « la scomparsa del positivismo dai quadri della filosofia»42. Il che, se proprio menzogna non era, rappresentava almeno una forzatura, che mirava a «cancellare» il problema43. Vero e` che gia` si annunciavano, nel Congresso dell’11, quelle che saranno le successive evoluzioni «idealistiche» di alcuni tra i positivisti allora piu` in vista, come ad esempio di Giuseppe Tarozzi o di Erminio Troilo. Ma benche´ molti tra i positivisti italiani avessero gia` iniziato e condotto molto avanti la propria critica del determinismo, soltanto dopo la seconda guerra mondiale sara` possibile riconoscere, anche in Italia, un vero mutamento nei termini della discussione filosofica. Di fatto, se anche alcuni sintomi del cosiddetto «tramonto del positivismo», compaiono nella cultura italiana gia` alla fine degli anni ’80, il positivismo non potra` dirsi liquidato ancora per oltre mezzo secolo44. Se l’Italia umbertina, insoddisfatta di se´, cercava gia` nuove strade che potessero condurla fuori dalle «strettoie» spirituali nelle quali il positivismo sembrava costringerla, l’Italia di Giolitti ancora si affannava in una ricerca che vedeva, da una parte, le stanche riaffermazioni del primato della scienza, della razionalita`, del modello meccanicistico, e, dall’altra, una Erano presenti, tra gli altri, Emile Boutroux ed Henri Bergson (la cui E´volution cre´atrice, terza parte di quell’ideale trilogia iniziata quasi un ventennio prima con lo studio su le Donne´es imme´diates de la conscience, era uscita nel 1908, stesso anno in cui uscı` la crociana Filosofia della pratica, terzo volume della Filosofia dello spirito); e, inoltre, Hans Driesch, Henri Poincare´, Emile Durkheim, Hermann Keyserling e Rudolf Steiner; vi si era parlato di pragmatismo, commemorando la recente scomparsa di William James. 41 Del 16 aprile 1911. 42 Cit. in B. Croce, Pagine sparse, cit., I, pp. 254-55. 43 Cfr. A. Guzzo, Storia della filosofia e della civilta`, Padova, «La Garangola», 1976, vol. XI, Novecento, pp. 84 sg. 44 Basti pensare che, ancora nel 1928, potevano essere pubblicati, e riscuotere interesse, libri come l’Apologia del positivismo, di Giuseppe Tarozzi, il quale nella sua ambiguita` testimonia pero` di questa lunga vitalita` di un «positivismo» pieno di fraintendimenti. 40

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ripresa dell’idealismo e delle sue varianti, in un rigurgito di correnti irrazionalistiche (attivismo magico, misticismo teosofico, intuizionismo, ecc.) destinate a lasciare tracce durevoli nell’ambito della nostra cultura. Neppure in clima mussoliniano non si pote´, a rigori, dire che l’Italia avesse superato del tutto il proprio passato «positivista». L’affermarsi dell’idealismo, infatti, se da una parte contribuira` a sferrare l’ultimo attacco all’ideologia positivista, non sara` in grado dall’altro di arginare il proliferare di contaminazioni e di pseudoconversioni volte a recuperare sul terreno idealista persino il positivismo, confondendo le etichette e cercando di unificare gli opposti campi, con una conseguente confusione degli schieramenti su cui solo la prospettiva della distanza contribuira` nel tempo a fare, almeno parzialmente, luce. Il trapasso del positivismo non fu dunque indolore ne´ breve, fu piuttosto una sofferta agonia, determinata anche, come si e` visto, dall’entrata in circolo di germi di irrazionalismo troppo a lungo incubati. Guardando al di la` dell’interpretazione tendenziosamente tramandata da Croce, appare chiaro che i fenomeni fin qui descritti come segnali-spia dell’avviato processo di trasformazione della cultura italiana tardo-ottocentesca, lungi dal costituire la soluzione di continuita` tra i due «periodi», l’Ottocento positivista e il Novecento irrazionalista, rappresentano invece una conseguente e complessa evoluzione dell’Ottocento stesso, cosicche´ parlare di «risveglio spiritualista» per sottolineare lo stacco tra vecchia e nuova temperie culturale, ci pare, almeno, inesatto. Nonostante l’immagine stereotipa avallata dalla storiografia idealistica sulla scorta della censura crociana, sembra evidente, tra l’altro, che il rilievo assunto dagli studi occultistici e, in generale, dall’irrazionalismo esoterico e magico nei primi anni del ’900, non si delineo` all’improvviso, come fenomeno isolato, all’interno del movimento di idee facente capo all’area piu` variegata della reazione antipositivista, quella per intenderci capeggiata dai Papini e dai Prezzolini e dalla fazione piu` movimentata della generazione dei «nati dopo il ’70»; esso, al contrario, affonda le sue radici nello stesso positivismo, il quale, se pure volle essere naturalistico e deterministico, raramente riuscı` ad essere, anche in sede filosofica, genuinamente «laico» ed agnostico come si pretendeva. Piu` che di «nuove tendenze» si trattera` dell’affiorare, esplicito e prepotente, di un bisogno latente e per certi versi gia` manifesto, destinato ora a trarre nuovo vigore e a prosperare sulle ceneri di quella sconfitta delle scienze che, aggravata a sua volta dall’interno processo avviato dalla critica epistemologica, lo aveva visto in qualche modo protagonista.

6 UOMO-DIO E UOMO MOLTIPLICATO Il giorno in cui sara` possibile all’uomo di esteriorizzare la sua volonta` in modo che essa si prolunghi fuori di lui come un immenso braccio invisibile, il Sogno e il Desiderio, che oggi sono parole, regneranno sullo Spazio e sul tempo domati. (F. T. Marinetti, L’Uomo moltiplicato e il Regno della macchina)

Nonostante Papini, sulle pagine dell’«Anima», pretendesse di non essersi mai lasciato «sedurre, come altri, dal misticismo o da forme vaghe di spiritualismo misterioso, o dai pretesi neo-idealismi e neppure da quell’hegelismo che tante vittime ha fatto in una generazione che il cattivo positivismo aveva reso 1 disadatta a esaminare criticamente le formule offerte» , e` evidente che l’esperienza del «Leonardo» prima e quella della «Voce» poi avevano rappresentato il momento e l’occasione cruciale in cui alcune tematiche dell’occultismo – contaminate e arricchite con idee provenienti dalle fonti europee dell’irrazionalismo romantico e decadente, anch’esse fortemente impregnate di sentori esoterici e spiritualistici –, erano penetrate nella cultura italiana e si erano trasformate in fermenti operanti nel dibattito culturale. «Per aver combattuto non finte battaglie contro il positivismo barbaro e incompetente [...], per aver diffuso, esposto e accresciuto il Pragmatismo anglo-americano, per aver vagheggiato un nuovo tipo di Uomo-Dio, per aver sostenuto la possibilita` di utilizzare il potere della volonta`, per essersi interessato [...] delle estasi mistiche e delle teologie cattoliche, per aver dato, in Italia, i primi saggi di romanticismo autentico e aver fatto conoscere il recentissimo romanticismo neo-germanico», il «Leonardo» era realmente

1

«L’Anima» I, 1, 1911, p. 24.

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2 stato «rivelazione di nuove sorgenti» e «additamento di culture lontane» . La centralita` del suo impegno innovatore e` stata solo recentemente riconosciuta appieno dalla critica, ma forse ancora con troppo poca attenzione rispetto alla peculiarita` dell’influenza, diretta e indiretta, che esso esercito` sulla elaborazione delle tematiche poetiche e narrative novecentesche: il gruppo radunato attorno al periodico fiorentino fu davvero «un apritore di breccia», il quale, come ebbe gia` a sottolineare Evola, che con l’ideologia e l’etica del «Leonardo» si sentı` per molti versi solidale, recupero` alla cultura italiana, e in particolare alla nascente cultura novecentesca, le correnti allora piu` varie e interessanti del pensiero europeo3. Tutto questo avvenne pero` in una particolare prospettiva, di culto della personalita` (il cui precedente in Francia era rappresentato dalla concezione mistica e aristocratica di Maurice Barre´s4) di magismo operativo e di titanico orgoglio. Un’infarinatura di occultismo o di spiritualismo faceva parte della formazione culturale di quasi tutti gli intellettuali dell’epoca: pochi potevano affermare di non aver mai letto Schure´, di non essersi, neppure occasionalmente, interessati ai lavori di una delle tante commissioni scientifiche di inchiesta sui fenomeni paranormali, di non aver mai partecipato a una seduta spiritica. Ma le «nuove sorgenti» additate dal «Leonardo», nell’interpretazione che Papini e Prezzolini via via si rivelarono inclini a proporre, erano utilizzate per indicare, ora, un modo tutto particolare di porsi rispetto a quei fenomeni che venivano presentati come prefigurazione di capacita` iscritte nell’orizzonte umano e prossime a divenire patrimonio acquisito, se non per tutti, almeno per quell’aristocrazia del pensiero e della volonta` che sapesse conquistarsele. Riesaminando l’esperienza di quegli anni, Papini ammettera`:

Il famoso pragmatismo non m’importava gia` quale regola di ricerca, cautela di procedimento e raffinamento di metodi. Io guardavo piu` in la`. In me sorgeva allora il sogno taumaturgico: il bisogno, il desiderio di 2

G. Papini, Il clan del «Leonardo», in «Avanti della Domenica», 10 giu. 1906 ora in Tutte le opere di G. P., VII, Prose morali, Milano, Mondadori, 1959. 3 Scrive Evola (Il cammino del cinabro, cit., p. 15) che il periodo delle riviste fiorentine capitanate da Papini «fu il periodo dell’unico vero Sturm und Drang che la nostra nazione abbia conosciuto, dell’urgere di forze insofferenti del clima soffocante dell’Italietta borghese di primo Novecento. Capovolgendo il giudizio corrente, ritengo che un vero significato Papini l’abbia avuto proprio e soltanto in quel periodo. [...] A lui e al suo gruppo si deve il nostro venire a contatto con le correnti straniere piu` varie e interessanti del pensiero e dell’arte d’avanguardia, con l’effetto di un rinnovamento e di un ampliamento di orizzonti». 4 Quale si era espressa in Le culte du moi (1888-1891).

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purificare e rafforzare lo spirito per farlo capace d’agir sulle cose senza strumenti e intermediari e giunger cosı` al miracolo e all’onnipotenza. Attraverso la «volonta` di credere» tendevo alla «volonta` di fare» –alla possibilita` di fare. Se la volonta` potesse estendere il suo cerchio di comando dal corpo proprio alle cose che lo circondano – e far sı` che tutto l’universo fosse il suo corpo, obbediente in ogni sua parte a un ordine suo come ora son obbedienti questi pochi fasci di muscoli! Fingevo di partire da un precetto di logica [pragmatismo] ma l’anima piu` segreta mia era assetata e invidiosa della divinita`5.

Attingere a un potenziale di forze occulte, sfidare l’ignoto, immensificare l’Io: ecco la grande tentazione di questi giovani, che ambivano essere parte agente nel mondo, volevano ridestarne aspetti insondati e possibilita` segrete. Non per niente Papini sottolineava che l’opera piu` importante svolta dal «Leonardo» era stata «questa rieducazione degli italiani alla audacia, alla coscienza di se´, alla scoperta, alla temerarieta`», una temerarieta` che, secondo Prezzolini, doveva condurre al «misticismo della conquista, dell’Imitazione di Dio»6. Qualche anno piu` tardi, Marinetti fara` eco a quegli appelli, con parole straordinariamente simili. «Bisogna che gli uomini elettrizzino ogni giorno i loro nervi ad un orgoglio temerario», dira`, «che l’anima lanci il corpo in fiamme [...] contro [...] l’eterno nemico». Ma il «nemico» contro cui si scagliava il nascente futurismo, il «passatismo» «dei musei, delle biblioteche e delle accademie», non coincideva forse, ancora nel 1909, con «il positivismo barbaro e incolto»? «Noi insegnamo oggi l’eroismo metodico e quotidiano – continuava Marinetti –, il gusto della disperazione, per la quale il cuore da` tutto il suo rendimento, l’abitudine all’entusiasmo, l’abbandono alla vertigine [...] sotto gli occhi bianchi e fissi dell’Ideale» (UC): ma non era questo «Ideale», scritto con la «I» maiuscola, strettamente imparentato con la famiglia degli «idealismi» di cui anche il pensiero dei leonardiani riteneva di far parte? Come abbiamo gia` visto (cap. III), qualcuno, nel 1913, quando gia` il Futurismo aveva mostrato piu` d’uno dei suoi volti, aveva sostenuto questa tesi, significativamente rivelando, con la sua interpretazione, non tanto di fraintendere il Futurismo, quanto di equivocare sulla portata e sul significato dell’idealismo crociano, ancora una volta identificato con cio` che non 5

G. Papini, Un uomo finito, Firenze, Ed. «La Voce», 1913, p. 118. G. Papini, L’imitazione d’Iddio, in «Leonardo», II, aprile 1905; di Papini, vedasi anche Campagna per il forzato risveglio, in «Leonardo», IV, agosto 1906. 6

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era e che non voleva essere: uno pseudoidealismo di stampo irrazionalistico. Nel suo articolo, Cecconi, denunciando quelli che riteneva essere i limiti del Futurismo, additava i vezzi propri di tanti «filosofi» sedicenti «idealistici» che popolavano allora l’Italia: sul versante psicologico, esibito e ben riconoscibile, un atteggiamento da «uditivi», ovvero da ascoltatori dell’ineffabile, un’attitudine da «estrattori di quintessenze» – da «cercatori di 7 oro psichico», secondo una precedente definizione di Prezzolini –, un fare da «apostoli, da predicatori, da eroi»; sul piano intellettuale, una tendenza a ipostatizzare, fraintendendole spesso, ipotesi scientifiche mal orecchiate, a attribuire un valore assoluto alle proprie speculazioni o alle reˆveries poeticoletterarie, a confondere la realta` con una «creazione soggettiva» dello spirito8. Tutto cio`, sostituendo il desiderio alla realta`, le velleita` ai dati di fatto, offriva, come risultante, una immagine immensificata dell’uomo: quella di un superuomo, appunto, il cui immediato progenitore era piu`, forse, il mago ritratto da Eliphas Levi nei Rituali e nei Dogmi dell’Alta Magia che l’U¨bermensch di nietzscheana memoria. Fulcro ed asse del suo agire e del suo essere era la capacita` di volere, la marinettiana «onnipotenza di una volonta` metodica che modifica le forze umane» (TV ) e che le fa divenire forze agenti, operative, nel senso prefigurato, appunto, da Papini. Marinetti non fu dunque il primo, in Italia, a formualre un programma che pone l’accento sul tema della volonta`: essa si collocava anzi, gia` in ambito leonardiano, al centro di una indagine speculativa che traeva a sua volta alimento dalla rivisitazione di materiali ottocenteschi: dal pensiero di Schopenhauer – la cui penetrazione era agevolata dal numero sempre maggiore di traduzioni e di sillogi comparse in Inghilterra, in Francia, in Italia –, di Nietzsche – in Italia ancora non ben metabolizzato eppure in grado di esercitare potenti suggestioni –, di Stirner – la cui «volonta` di potenza» si situa nell’ambito di un eroismo radicale –, e, anche, delle ricerche svolte nell’ambito della fenomenologia del mesmerismo e della medianita`. Tutte queste disparatissime vie, come vedremo, convergevano almeno su un punto: la centralita` del volere nel processo di autodefinizione dell’uomo. Esse contribuivano, ognuna per la sua parte, a attirare l’attenzione sul principio della volonta` e sulla riserva di potere che vi e` racchiusa, favorendo in tal modo la fiducia in quel certo magismo operativo propa7

G. Prezzolini, Saggi sulla liberta` mistica, in Studi e capricci sui mistici tedeschi, Firenze, Quattrini, 1912, p. 24. 8 Cfr. cap. 3.

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gandato con entusiasmo dal «Leonardo» e da alcuni circoli occultistici (tra cui la Biblioteca Filosofica di Firenze, ove si parlava di pragmatismo e di New Thought, di yoga e di «idee-forza» che prefiguravano gia`, in un certo senso, il metodo della psicosintesi). L’interesse manifestato per la facolta` della volizione aveva rappresentato, attorno alla meta` dell’800, uno dei piu` intricati nodi della speculazione etico-filosofica e dell’indagine scientifica. Esso, da un punto di vista filosofico, si collocava coerentemente all’interno di una lunga tradizione speculativa e, d’ altro canto, rappresentava pure la prosecuzione di quel filone di polemiche e di esperimenti che avevano caratterizzato, da Mesmer in poi, gli studi sul mesmerismo e sul magnetismo animale. Per tutto il XIX secolo e oltre, la filosofia e le scienze dell’uomo, dalla frenologia fino alla psicologia sperimentale, portarono impresso il segno dell’influenza che il magnetismo aveva pervasivamente esercitato sulla cultura nel ventennio precedente la Rivoluzione francese. Tuttavia, il magnetismo non era una «invenzione» dell’epoca dei Lumi, anche se la sua propagazione era stata particolarmente intensa, soprattutto in Francia e negli ambienti aristocratici, verso la fine del XVIII secolo. Gia` Goclenio, nel 1608, aveva pubblicato un primo trattato di Medicina magnetica e Fludd, Sennert, Agrippa di Nettesheim, Bartolini, Van Helmont avevano chiamato magnetismo l’influenza occulta reciprocamente irradiata dai corpi, anche a distanza9. Per tutto il Sei e per buona parte del Settecento, fino a Gassner10, era stata esercitata, spesso segretamente, una terapeutica che si affidava agli effetti guaritori di quel «fluido» incorporeo che si diceva animare tutto l’universo e che si pensava fosse possibile trasmettere e potenziare attraverso particolari pratiche suggestive. In Italia, gia` nel 1745, Ludovico Antonio Muratori, nel suo trattato Della forza della fantasia umana, aveva dedicato ai «Sonnambuli detti anche Nottambuli» un intero capitolo (il VII), trattando anche della forza «Delle Estasi e delle Visioni» e dei «fantasmi giornalieri». Si dovette tuttavia a Mesmer11, e alle 9

Per una storia ottocentesca del magnetismo cfr. Jean Philippe Franc¸ois Deleuze, Histoire critique du magne´tisme animal, Paris, Schoele, 1810. 10 Padre J. J. Gassner (Braz 1727 – Pndorf 1779) pratico` la medicina magnetica prima di Mesmer, sotto forma di esorcismo. Su di lui, cfr. Henri F. Ellenberger, The Discovery of the Unconscious. The History and Evolution of Dynamic Psychiatry, New York 1970 (tr. it. La scoperta dell’inconscio. Storia della psichiatria dinamica, Torino, 1976, 19912, pp. 61-69. 11 Cfr. Franz Anton Mesmer, Me´moire sur la de´couverte du magne´tisme animal, Paris, 1779 e i Pre´cis historique des faits relatifs au magne´tisme animal jusque en avril 1781, London 1781). Per i risultati delle numerose Commissioni di inchiesta promosse fin dalla fine del XVIII sec., cfr.: Expose´ des expe´riences qui ont e´te´ faites pour l’examen du magne´tisme animal, lu a` l’Acade´mie des Sciences de Paris par m. Bailly, en son nom et au nom de MM. Franklin, Le Roy, de Bory et

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polemiche suscitate dalla sua «tinozza», se il magnetismo, pur tra acerrime dispute e reiterate smentite, finı` per imporsi come pratica terapeutica alla moda. Dopo l’inglorioso esilio di Mesmer e l’intervallo di oblio causato dagli sconvolgimenti della Rivoluzione e delle guerre napoleoniche, la medicina magnetica ritorno` in auge grazie ad un discepolo di Mesmer, il marchese di Puyse´gur, il quale ebbe il merito di liberare la pratica da troppo ingombranti apparati e fece compiere al magnetismo il balzo decisivo, dal «baquet» mesmerico al «sonnambulismo artificiale» provocato dalla sem12 plice imposizione delle mani e dai «passi» magnetici . Mesmer aveva attribuito i fenomeni nervosi che si manifestavano nei pazienti – insensibilita`, catalessia, esaltazione dei sensi, trance e stati «altri» della coscienza –, ad una forza fluidica, imponderabile ma attiva, il «magnetismo animale»; essa, diretta sul soggetto, attraverso corpi metallici e liquidi o mediante particolari manipolazioni, sembrava esplicare un’azione diretta e benefica, anche se difficilmente qualificabile e quantificabile, sul suo organismo. Puyse´gur, che rispetto a Mesmer riusciva a provocare nei suoi pazienti fenomeni ancor piu` complessi e fuori dalla norma – autoscopia, lettura del pensiero, trasposizione dei sensi13 –, aveva invece teorizzato che essi fossero da attribuirsi alla volonta` dell’operatore, veicolata all’esterno da un particolare fluido elettro-magnetico-umano. Con Puyse´gur, il motto «Veuillez et croyez» divento` la divisa di tutti i magnetizzatori, per i quali stava per aprirsi un’epoca d’oro: da questo momento in poi, il volere del magnetizzatore sara` considerato agente primo dell’assoggettamento e causa determinante della trasformazione psichica che permette il verificarsi di tante meraviglie14. Lavoisier, le 4 Septembre 1784, Paris, Impr. Royale, 1784; Rapport des commissaires qui ont e´te´ charge´s par l’Acade´mie des Sciences de l’examen du magne´tisme animal, Paris, Impr. Royale, 1784; e A. L. de Jussieu, Rapport de l’un de commissaires charge´s par le Roy de l’examen du magne´tisme animal, Paris, Impr. Royale, 1841. Per tutte queste vicende, cfr. anche: F. Rausky, Mesmer ou la re´volution the´rapeutique, Paris 1977 (trad. it. Milano 1980) 12 Sfioramenti che l’operatore compiva, dall’alto verso il basso, con lo scopo di sensibilizzare il soggetto, di ‘impregnarlo’ di fluido e di renderlo pronto ad accogliere e ad eseguire, in stato di trance, la volonta` dell’operatore. 13 Armand de Chastener de Puyse´gur (1751-1825) aveva attribuito gli straordinari fenomeni del magnetismo alla volonta` dell’operatore, veicolata all’esterno da un particolare fluido elettro-magnetico-umano (cfr. di Puyse´gur, Recherches, expe´riences et observations physiologiques sur l’homme dans l’e´tat de sonnambulisme naturel et dans le sonnambulisme provoque´ par l’acte magnetique, Parigi 1811). I suoi esperimenti avevano dato inizio alla medicina magnetico-sonnambolica, caratterizzata, oltre che dalla trasmissione terapeutica di fluido vitale, da pratiche di autoscopia e di chiaroveggenza (cfr. C. Gallini, La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, Milano 1983, p. 343).

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Varie istituzioni avevano piu` volte insediato, gia` dalla fine del ’700, commissioni di inchiesta che avrebbero dovuto far luce sulle controversie che laceravano il mondo scientifico a proposito del «magnetismo animale». Mentre Schelling ipotizzava che attraverso il sonno magnetico si potesse instaurare una connessione tra l’uomo e l’anima cosmica e porre le basi di una metafisica sperimentale, la prassi ora si ripeteva: tra le prime, in Germania, l’Accademia di Berlino bandı`, nel 1820, un concorso per uno studio esaustivo ed attendibile dei fenomeni magnetici: essa schiudera` alla psicologia supernormale inedite prospettive sul paranormale magico e medianico, che lo spiritismo poi esplorera` per vie limitrofe. A partire dagli anni ’50, la pratica magnetica, infatti, si era andata largamente popolarizzando anche in Italia: nel 1848, mentre l’abate Faria di Dumas accendeva la fantasia dei lettori, poco dopo la pubblicazione di quella Pre´face alla Come´die humaine (1842), in cui Honore´ de Balzac esprimeva la sua ammirazione per il magnetismo animale quale mezzo per entrare in contatto con il mondo spirituale, la Societa` di Incoraggiamento di Scienze, Lettere ed Arti di Milano bandı` un concorso a premi, presieduto da Cesare Cantu`, per una memoria avente per oggetto il magnetismo animale15; lo stesso Alessandro Manzoni, incuriosito dal pubblico dibattito, si convinse ad ospitare nella propria casa il magnetizzatore Zanardelli16, il cui figlio, parecchi anni piu` tardi, dara` spettacolo, di fronte a Cesare Pascarella e ad altri illustri personaggi, nella redazione del «Capitan Fracassa» a Roma17. La grande curiosita` suscitata dai fenomeni del sonno magnetico, il senso di onnipotenza che ad alcuni poteva derivare dall’esercizio del 14 Per una storia dell’ipnotismo in Italia, cfr. l’interessante libro di Clara Gallini, La sonnambula meravigliosa, cit. 15 Rapporto della Commissione nominata dalla sezione medica della Societa` di Incoraggiamento di Scienze, Lettere ed Arti in Milano per l’esame delle memorie di concorso al premio proposto pel 1855 sopra un argomento di Magnetismo Animale, Milano 1855. 16 E. Flori, Esperimenti di magnetismo in casa Manzoni, «La Nuova Antologia di Scienze, Lettere e Arti», 16 maggio 1935, pp. 284 sgg. 17 Cfr. D. Zanardelli, La verita` sull’ipnotismo. Rivelazioni, Roma 1886: «Alcune prove di chiaroveggenza le ottenni anch’io, e ultimamente nelle sale del giornale il Capitan Fracassa in Roma [...]. Nella seduta agli uffici del si tentarono le piu` bizzarre prove [...] Venne la volta di Pascarella, di quel simpatico matto, artista e poeta; smessa un momento la sua pipa leggendaria... / “Emma, vieni qua!” comando` alla sonnambula. / Questa si mosse, fece con difficolta` qualche passo, allungo` la mano.... ahi! mi pungo! esclamo` e portando un dito alle labbra lo succhio` vivamente. Interrogata ancora, rispose trovare da tutte le parti delle punte di acciaio. Il pensiero di quell’originale di Pascarella era che... Emma si trovasse in una selva di penne d’acciaio!!» (cit., in Gallini, La sonnambula meravigliosa, cit., p. 112).

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«fascino» sulla personalita` altrui, spinse molti, avventurieri e ciarlatani, ma anche intellettuali e dilettanti istruiti dalla lettura o dall’esempio, a cimentarsi in proprio. Mentre medici e laici si davano a pratiche di magnetizzazione «selvaggia», in campo scientifico si moltiplicavano le teorie sull’agente causale. Tra le tante enumerate dalla penna di Enrico Morselli18, oltre a quella del gia` menzionato Kerner – sostenitore di un’ipotesi «spiritica» poiche´ la sua «sonnambula» aveva mostrato di possedere spiccate facolta` medianiche –, ricordiamo l’ipotesi magica del Dupotet e quella elettrica di Pe´tetin il quale affermo` che gli spiriti piu` facilmente evocabili fossero quelli di coloro che si erano occupati, da vivi, di studi sull’elettricita`, Beniamino Franklin alla testa19; il fluido o «spirito vitale» di Lefe´bvre, Morin, Lafontaine; la «forza odica» del barone Reinchenbach; l’elettro-dinamismo di Philips e di Durand de Gros; il «neurismo raggiante» di Barety; l’«ondulazione eterea» di Perronet20. Tutti enfatizzavano il potere esercitato dal magnetizzatore sul corpo e sull’anima del soggetto, rappresentando la relazione tra il magnetizzatore e il soggetto come un rapporto tra due volonta`, di cui l’una si arrendeva alla superiore forza dell’altra: la trance magnetica, sia quando veniva giustificata dalla teoria dei fluidi che quando era spiegata con l’intervento di forze occulte, si diceva indotta dalla capacita` volitiva dell’operatore. Il magnetismo, dunque, suscitando diverse ma convergenti problemati18 In un ampio saggio intitolato: Il magnetismo animale. La fascinazione e gli stati ipnotici, Torino, Roux e Favale, 1886. Il libro si sofferma anche sulle vicende del magnetizzatore Donato, il quale riscuoteva grandi successi sui palcoscenici d’Europa. In Italia, i suoi spettacoli, accusati di corrompere la gioventu` e di attentare alla moralita` delle signore, furono vietati dal Consiglio Superiore di sanita`. 19 Cfr. A. Pappalardo, Spiritismo, cit., p. 4. 20 Morselli (Il magnetismo animale, cit., pp. 26 sgg.), ricorda che «negli ultimi otto anni la letteratura medica e` stata veramente inondata da scritti, opuscoli, memorie e libri sull’ipnotismo e sonnambulismo artificiale» e che «oggi non vi e` quasi neuropatologo che non abbia studiato l’argomento in teoria e in pratica» (pp. 26-27). Cita poi un lungo elenco di nomi, senza indicazioni bibliografiche («dovrei fare il catalogo di un’intera biblioteca»). A proposito degli studiosi citati nel testo, ci limitiamo dunque ad una compendiosa bibliografia, tratta da E. Servadio, La ricerca psichica, cit.: J. Du Potet, Cours de magne´tisme en sept lec¸ons, Paris, 1840; J. H. D. Pe´tetin, Electricite´ animale. Catalepsie hysterique ancestrale. De´couverte du transport des sens, dans l’e´pigastre, ecc., Lion, 1808; J. Kerner, Die Sonnambu¨len Tische, Stuttgart 1853; E. De Mirville, Pneumatologie. Des esprits et de leurs manifestations diverses, Paris 1854; F. K. von Reichenbach, opp. citt.; E. de Barety, Le magne´tisme animal e´tudie´ sous le nom de force neurique rayonnante et circulante, dans ses proprie´te´s physiques, physiologique et the´rapeutiques, Paris, 1887.

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21 che , influenzo` larghi settori degli studi ottocenteschi sul cervello, mescolandosi al corredo della piu` accreditata sperimentazione scientifica. In particolare, esso contribuı` a porre al centro delle ricerche psicologiche il problema della volonta`, la quale veniva ad assumere, nel quadro della prassi mesmerica, alcune caratteristiche di «trasmissibilita`» e di «forza agente», che la collocavano in un ambito intermedio tra materialita` e immaterialita`. Il potere volizionale infatti sembrava comportarsi come un fluido, come una vibrazione o un’energia, invisibile e imponderabile ma capace di influenzare il mondo circostante. Perfino gli indirizzi piu` squisitamente anatomo-fisiologici, come la frenologia, non seppero esimersi dal concentrarsi per un lungo periodo sullo studio del meccanismo della volizione, la cui attivita`, oltre a costituire il limite della distinzione tra l’essere umano e il bruto si sarebbe riflessa, nell’uomo, in concomitanti e specifici mutamenti cerebrali. Anche questa impostazione, in cui le teorie di Gall e Spurzheim variamente si intrecciavano con i portati del materialismo darwiniano, accolse numerose suggestioni dal mesmerismo, utilizzando la teoria del fluido per spiegare fenomeni di suggestione ed effetti di alterazione della personalita` e per intervenire in campo terapeutico. Il frenomesmerismo, in particolare, asserı` che la terapia magnetica crea tra medico e paziente una «nervaura» che, irradiata da certi organi, si trasmette alle parti malate, andando ad aumentarne la forza vitale. Ugualmente, e a maggior ragione, si interesso` di magnetismo l’altro filone ottocentesco di studi sulla personalita` umana, di stampo piu` francamente psicologico e diretto ad elaborare una vera e propria «teoria dell’anima», in cui facolta` e poteri della mente erano investigati a prescindere dal rivestimento somatico; situandosi, con qualche difficolta`, al punto di incontro tra indagine medica, speculazione filosofica e riflessione metafisica, questo indirizzo, che ha evidenti collegamenti con le teorie energetiste, avrebbe attribuito alla volonta`, che sembrava essere la forza propulsiva di tutti i poteri umani, una natura intrinsecamente paragonabile a quella delle piu` stupefacenti «forze» esistenti in natura22. Ancora una volta, come molto lucidamente annotava Mendeleev, la via di scampo dal riduzionismo, per un’epoca controvoglia convinta di dover

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Vedasi, ad esempio, il complesso dibattito che ne scaturı` in ambito giuridico, attraverso gli scritti di J. Lie´geois (De la suggestion hypnotique dans ses rapports avec le droit civil et le droit criminel, Memoire lu a l’Acade´mie des Sciences Morales et politiques, se´ances du 5, 19, 26 avril et 3 et 10 mars 1884), Extrait du compte rendu, Paris 1888; De la suggestion et du somnambulisme dans leurs rapports avec la jurisprudence et la Me´decine legale, Paris 1888. 22 Cfr. M. Jannerod, Le cerveau-machine. Physiologie de la volonte´, Paris, Fayard, 1983.

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essere materialista, era rappresentata proprio da quella sorta di riavvicinamento tra fisica e metafisica che sembrava poter essere operato nel campo dei fenomeni sovranormali, laddove sembrava attivo una sorta di principio ultrafisico unificante. Scriveva Mendeleev: L’epoca che stiamo vivendo appare caratterizzata, in un modo che non puo` non destare preoccupazioni, da un eccessivo interesse e da una evidente sopravvalutazione del problema del «principio di tutti i principi», e dalla spasmodica aspirazione a trovare un qualcosa che possa soddisfare questa esigenza, partendo ora da un punto di vista del tutto soggettivo e indipendente, ora da una qualche unita` astratta, sia essa l’energia in generale, e quella elettrica in particolare, o qualsiasi altra cosa, diversa comunque da quel punto di partenza iniziale, chiamato dio, dal quale prendevano le mosse gli antichi. Il tentativo che viene compiuto e`, in particolare, quello di accorciare la distanza tra fisica e metafisica al punto da renderla, di fatto, insignificante. Cosı` dalla fisica, in particolare dopo la scoperta della radioattivita`, si cerca di passare direttamente alla metafisica, e ci si sforza di riformulare quest’ultima in modo da riuscire a farle raggiungere lo stesso grado di chiarezza e di obiettivita` della fisica. Le vecchie divinita` sono ormai ripudiate, e cosı` se ne cercano di nuove23.

Del resto, anche il filone neuropatologico che, per opera degli alienisti francesi (Richet, Charcot e i suoi allievi Regnard e Richer), riprese sul finire del secolo24 gli studi formulati senza troppo successo, attorno agli anni ’40, da James Braid25 (il quale aveva affermato che la causa del sonno indotto o ipnotismo non poteva risiedere nelle facolta` del magnetizzatore, ma in una debolezza nella psiche o nella fisiologia del soggetto) ando` incontro a numerose contraddizioni. Il magnetismo, chiamandosi ora braidismo o ipnotismo, sara` di scena nel grande teatro della clinica, avendo come protagoniste le ‘isteriche’ di Charcot, poi le pazienti di Janet, cosı` sottilmente impegnate nell’inseguimento di altri se´. Nel quadro degli studi sulla 23

D. I. Mendeleev, Zavetnye mysli (Pensieri intimi) in Socinenija (Opere), vol. 24, MoscaLeningrado 1954, cit. in D. I. Mendeleev, Sullo spiritismo, a c. di S. Tagliagambe, Torino, Bollati-Boringhieri, 1992, pp. LXX-LXXI. 24 Vi era stato soltanto una breve parentesi attorno agli anni ’60, poco prima della scoperta del cloroformio, quando il magnetismo era stato utilizzato in chirurgia. 25 James Braid (1795-1860) aveva dimostrato di poter provocare i fenomeni del «sonno artificiale» anche senza l’intervento di energie occulte o sforzi di volonta`: cfr.: Neurohypnology, or the Rationale of Nervous Sleep Considered in Relation with Animal Magnetism, London 1843; Magic, Witchcraft, Animal Magnetismus, Hypnotism and Elettrobiology, London 1843, 18523 e The Power of the Mind over the Body, London 1846.

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patologia mentale avviati alla Salpetrie`re di Parigi, la psicologia, nella sua appassionante veste «sperimentale» di disciplina volta all’esplorazione e alla scoperta di facolta` segrete della psiche, divenne, «nell’Ottocento, oltre che un ramo autonomo della medicina, una vera componente dello sviluppo 26 culturale sia dell’Europa che degli Stati Uniti» , capace di influenzare, con le sue formulazioni, anche il campo dell’arte. In realta`, anche in ambito scientifico, e ben oltre la fine dell’800, si continuera` ancora a parlare della volonta`, come di una forza in qualche modo tangente il campo della fisica, dotata di una sua concretezza e di un suo potere operativo sul mondo. E questo, soprattutto in Italia, dove di Freud si comincera` a parlare solo nel 1910, quando «La Voce» pubblichera` un saggio di Assagioli su Freud e dove attenti divulgatori come Papini, che pure scriveva sulla «Rivista di Psicologia», non sembrano essersi accorti della psicanalisi prima del 192027, ando` degenerando, sul piano delle idee – come previsto da Morselli –, verso forme di irrazionalismo nelle quali la volonta` – e il volontarismo – assumevano un ruolo sempre piu` preciso. Scriveva Papini, nel 1904: Si tratta di educare, di svolgere, d’intensificare questo lato dominatore della volonta` [...] Perche´ noi sappiamo che la potenza della volonta` non si manifesta soltanto con l’attenzione e la scelta, ma con altre forme piu` oscure e meravigliose. Ella sa che molti di quelli che si chiaman miracoli (guarigioni improvvise ecc.) non sono che risultati straordinari ottenuti da un’intensa volonta` e interpretati leggendariamente dalle moltitudini con l’intervento di elementi estraumani. Ella sa che tanto la suggestione ipnotica quanto l’autosuggestione possono far sembrare reali fenomeni che non sono reali per gli spettatori. [...] La volonta`, insomma non elimina soltanto, ma aggiunge e crea. E non basta, ma quando e` forte essa 28 comanda senza bisogno di ordini esterni .

Il mesmerista, l’ipnotizzatore, il mago, sembravano alle giovani generazioni indicare la strada per attuare una «immensificazione dell’anima», per dotarsi di poteri oggettivamente operanti, capaci di imporsi sugli uomini e 26

G. Filoramo, Religione e ragione tra Ottocento e Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 107 sgg. 27 I primi articoli su Freud, rivolti a un pubblico di medici specialisti, uscirono in Italia, ad opera di L. Baroncini e G. Modena, solo nel 1908, rispettivamente su «Rivista di psicologia applicata» (IV, 1908, 3) e «Rivista sperimentale di freniatria» (XXXIV, 1908, 3-4). Per l’articolo di Assagioli, cfr. Le idee di Freud sulla sessualita`, «La Voce», II, 9, 10 febbraio 1901. 28 Gian Falco Cosa vogliamo? Risposta a Enrico Morselli, cit., in «Leonardo», cit.

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sulle cose. Di fronte alle masse inconsapevoli, di fronte al borghese pavido e mediocre, a dispetto degli scienziati troppo prudenti, molti intellettuali, con in testa Papini e Marinetti, vollero proclamare che tali poteri sono alla portata di tutti, e che, come scrisse Severini, grazie alla «decouverte du magne´tisme, cette force initiale de la vie», «la vie intellectuelle et sociale rentraient dans une epoque nouvelle»29. Queste ultime parole, che riassumevano un entusiasmo largamente condiviso da tutti i futuristi, spiegano come uomini tanto ardentemente protesi verso il futuro potessero attingere senza remore a materiali che oggi ci appaiono cosı` datati. Nei primi anni del Novecento, concorrevano a sottolineare gli aspetti operativi, concreti, della volonta` umana il pensiero di Nietzsche e la rilettura di Schopenhauer, il ricordo di Stirner, ma anche di Novalis, il pragmatismo e il New Thought 30, la scoperta della filosofia indiana e perfino i successi ottenuti, «a tavolino», dagli evocatori di spiriti. «Mai come in questo momento, l’uomo ha sentito la grandezza paurosa della sua volonta`»31, scriveva nel 1905 Papini. Il senso di esaltazione e contemporaneamente di arcano timore si fomentava per influsso di diverse fonti, tutte concordi nel proiettare la volonta` di essere e di potere al di la` dell’orizzonte pratico e quotidiano, in un ambito di forti tensioni psichiche, dai risvolti, talvolta, «paurosamente» faustiani. In questo scorcio di secolo, il sogno ficiniano dell’uomo innalzantesi per sua scelta e volonta` sino al divino, aveva assunto un carettere luciferino, di sfida, e stava per risolversi in un nuovo sbilanciamento, mirante ad assicurare alla volonta` il predominio sul mondo e all’ego la realizzazione di ambizioni titaniche, come gia` annunciavano l’Unico di Stirner, l’Oltreuomo nietzscheano, lo Sperelli di D’Annunzio, come avrebbero testimoniato l’Uomo-Dio vagheggiato da Papini-Prezzolini e l’Uomo Moltiplicato di Marinetti. 29 G. Severini, Les arts plastiques d’avant-garde et la science moderne, in «Mercure de France», 1 febbr. 1916; in M. Drudi Gambillo – T. Fiori (a c. di), Archivi del Futurismo, Roma, De Luca, 1958-62, 2 voll., I, pp. 500 sgg. 30 Di «New Thought» si erano occupati Giovanni Amendola (Prentice Mulford, in «Nuova Parola», vol. IX, 1906, p. 361; R. G. Assagioli (L’arte della creazione, «Leonardo», III, febbraio 1906, p. 61 e Il «Nuovo Pensiero» americano, cit. infra); Guido Ferrando, Edward Carpenter, in «Nuova Parola», X, 1906, p. 306; Pietro Eremita (P. Marrucchi) (Il Vangelo della forza e della salute, «Leonardo», III aprile 1905, p. 69. Ne aveva parlato Prezzolini nel suo Arte di persuadere (Firenze, Lumachi, 1906, pp. 32 sgg.). Assagioli da` inoltre notizia di una serie di pubblicazioni «Vigor» «che ha per titolo comune: La Scienza della Salute e della Ricchezza» e che «deriva chiaramente dal ‘‘New Thought’’ americano». 31 Athena e Faust. Saggio di una metafisica delle metafisiche, in «Leonardo», III, febbraio 1905, pp. 8-14.

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Questi ultimi due, in confronto al letterario dandy dannunziano, la cui fisionomia psicologica e` chiaramente derivata da un illanguidimento del superomismo nietzscheano, avrebbero attinto caratteristiche e Weltanschauung da fonti eterogenee, convergenti nell’affermare le possibilita` di predominio, anche ultrasensibile, di una personalita` forgiata dall’esercizio strenuo e costante del volere. In questi superuomini primo Novecento, le pulsioni pratico-operative sopravanzano quelle conoscitive e spirituali e l’enfasi volontaristica relega in secondo piano – o addirittura cancella – le motivazioni etico-filosofiche, per una vocazione intrinseca ai tempi e alle personalita`. Non si dovra` dunque dimenticare l’influsso di Nietzsche (anche a proposito dell’Uomo-Dio di Papini-Prezzolini: «Un tempo si diceva Dio; 32 ora pero` io vi ho insegnato a dire: il Superuomo» , ne´ l’influenza, sulle teorizzazioni leonardiane e futuriste, di Schopenhauer, «quel filosofo amaro che tante volte ci porse il seducente revolver della sua filosofia» (Marinetti, L’Uomo moltiplicato ecc. ) ma neanche si dovranno sottovalutare le possibilita` interpretative offerte da altre fonti portatrici di suggestioni irrazionalistiche, provenienti dal seno stesso della cultura positivistica, che ormai da quasi mezzo secolo aveva contribuito a porre i problemi della parapsicologia e della metapsichica al centro della discussione scientifica e filosofica. Certamente l’enfasi commossa e declamatoria che sta alle radici del Cosı` parlo` Zarathustra e di altri testi nietzscheani – «il pathos di un illuminato dalla conoscenza suprema» secondo la felice definizione di Giorgio Colli33, non pote´, anche da un punto di vista stilistico, non esercitare un fascino profondo su Marinetti (basti pensare al Manifesto di fondazione), anche se questi si affretto` a rinnegare «violentemente l’ideale e la dottrina di Nietzsche», questo «passatista che cammina sulla cima dei monti tessalici, coi piedi disgraziatamente impacciati da lunghi testi greci»34. A lui, «nato nella polvere delle biblioteche», Marinetti opponeva «l’Uomo moltiplicato per opera propria, nemico del libro, amico dell’esperienza personale, allievo della Macchina, coltivatore accanito della propria volonta`» (UM ): modello di un «uomo futuro», assai prossimo all’Uomo-Dio dei leonardiani. Ma, presso una generazione in cerca di nuovi orizzonti, non poteva restare senza eco e senza conseguenze la particolare insistenza di Nietzsche sul tema della 32 F. Nietzsche, Cosı` parlo` Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, tr. di M. Montinari, in Opere di Friedrich Nietzsche, vol. IV, t. I, Milano, Adelphi, 19682, p. 100. 33 G. Colli, Cosı` parlo` Zarathustra in Scritti su Nietzsche, Milano, Adelphi, 1980, p. 119. 34 Il Superuomo nietzscheano, secondo Marinetti, e` «un miscuglio della Bellezza elegante, della forza guerresca e dell’ebbrezza dionisiaca, quali ci sono rivelate dall’arte classica» (CP).

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volonta`, insistenza che, nel filosofo tedesco, secondo un amplissimo arco tematico, va dal legame tra volonta` e genio alla identita` di volonta` e creazione; dai rapporti tra ascesi –necessaria palestra di autodominio e di immensificazione del Se´ – e forza di volonta` alla convergenza tra volonta` di potenza e vita, fino alla definizione di decadenza come illanguidimento della volonta` di potenza. Tutti aspetti che non mancano a loro volta di agganci con la tradizione esoterica ne´ di riflessi nell’opera di Marinetti. Per quel che riguarda Schopenhauer, sebbene non sia questa la sede per entrare nel merito dell’influenza che un’opera come Die Welt als Wille und Vorstellung ebbe sulla cultura italiana a cavallo tra i due secoli, crediamo importante ricordare almeno che la filosofia schopenhaueriana fu oggetto di attento riesame da parte dei gruppi intellettuali del primo Novecento, ai quali non sfuggı` che essa, pur negando alla volonta` una funzione positiva, la pose a fondamento del mondo fenomenico, attribuendole, in conformita`, il potere di suscitare tutto cio` che all’uomo appare erroneamente ‘‘reale’’. La volonta`, in Schopenhauer, e` sottratta a categorie di spazio, tempo e causalita` e si rivela capace di agire nel mondo fisico senza mediazioni, assumendo essa stessa la virtu` di agente causale. Richiamiamo a tale proposito l’attenzione sul saggio Animalischer Magnetismus und Magie, che ci sembra significativo come una delle piu` importanti fonti che, al di fuori della tradizione magico-esoterica strettamente considerata, avvicinarono le proprieta` del magnetismo alle virtu` magiche, attribuendo i fenomeni da ambedue provocati al medesimo principio operativo: la volonta`, appunto35. Schopenhauer parte qui dalla convinzione che le scienze esatte abbiano confermato, sul piano empirico, nel corso dei vent’anni trascorsi dalla pubblicazione del Die Welt, i postulati filosofici sostenuti in quella sede. Egli sottolinea che i fenomeni del magnetismo, i quali hanno per lungo tempo lasciato perplessi gli studiosi, non conservano ormai piu` segreti dopo la pubblicazione di alcune monografie36 che hanno rivelato la volonta` del magnetizzatore essere agente primo dei fenomeni osservati: «nessuna azione del magnetismo e` efficace senza la volonta` e [...] al contrario, e` sufficiente la sola volonta`, senza atto esteriore, per provocare l’azione del 35

Si tratta di uno scritto che compare nella terza edizione (Grisenbach, 1867, t. III, pp. 295-232) del libro U¨ber den Willen in der Natur (Sulla volonta` nella natura) pubblicato in prima edizione 1836. 36 Schopenhauer, che si dice convinto che ormai «non esista piu` alcun dubbio su questo punto» (sul fatto che «l’agente attivo, per mezzo del quale il magnetizzatore provoca quei fenomeni» «non e` nient’altro che la volonta`») stima «di conseguenza superfluo citare le numerose dichiarazioni dei magnetizzatori in questo senso».

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magnetismo». I vari gesti compiuti dal magnetizzatore, i «passi» magnetici, non sarebbero che mezzi per «fissare» la volonta`, «la volonta` pura, [...] 37 separata quanto piu` possibile da ogni rappresentazione» . Il potere della volizione, secondo gli studi citati da Schopenhauer, va ben oltre gli effetti meramente psichici della «suggestione»: se la sua azione sugli esseri umani e` stupefacente, poiche´ produce i fenomeni che tutti possono osservare nei soggetti magnetizzati, ancor piu` strabiliante – e probante ai fini delle tesi schopenhaueriane – e` la sua capacita` di «agire sui corpi senza vita», come avviene nei casi di telecinesi. Il filosofo tedesco cita una serie di esempi tratti dalla stampa del tempo, tedesca, inglese e francese e lunghi brani degli autori cari alla tradizione occulta o ad essa, in qualche modo, collegati: da Agrippa di Nettesheim a Ruggero Bacone, da Paracelso a Cesare Vannini, da Giovanni Battista von Helmont a Pomponazzi, da Jacob Bo¨hme a Campanella, fino ai contemporanei studi di antropologia, per giungere alla conclusione che il magnetismo animale, come la magia, non e` altro che una forma di «Metafisica pratica [...] empirica o sperimentale». In queste forme dell’attivita` umana, il magnetismo e la magia, la volonta` appare come cosa in se´: il principium individuationis (tempo e spazio) scompare come appartenente al semplice mondo dei fenomeni; le separazioni che esso eleva tra gli individui cadono [...], ci si trova al di fuori di quelle condizioni che appartengono al mondo dei fenomeni, che derivano dal tempo e dallo spazio e che si chiamano prossimita` e lontananza, presente e avvenire. [...] a dispetto dei [...] numerosi pregiudizi, si e` diffusa a poco a poco l’opinione che e` poi divenuta certezza, che il magnetismo animale e i suoi fenomeni sono in parte gli stessi dell’antica magia, quest’arte occulta e maledetta, della cui realta` sono stati convinti [...] in ogni epoca tutti i popoli del mondo intero.

E cosı` Schopenhauer conclude: Se dunque vediamo la volonta`, che io ho dimostrato essere la cosa in se´, il cuore della natura, produrre attraverso l’individuo, nel magnetismo animale e altrove, cose che non si potrebbero spiegare con le leggi dei legami causali, cioe` con le leggi ordinarie della natura; che sono perfino in un certo senso la negazione di queste leggi; che ce la mostrano esercitare una reale actio in distans; che dunque mettono in luce la realta` di un dominio 37 Cito dall’ed. franc.: A. Schopenhauer, Magne´tisme animal et magie, in Me´moires sur les sciences occultes, Paris, P. Leymarie ed., 1912, pp. 4-6.

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soprannaturale ovvero metafisico sulla natura; – se e` cosı`, non so piu` quale altra conferma alla mia dottrina si potrebbe esigere dai fatti.

All’importanza qualitativa di queste argomentazioni si affianchera`, nel corso di tutto l’800, il peso quantitativo delle numerosissime, simili, asserzioni divulgate da parte occultista. Le piu` risolute, e le piu` note, furono sostenute da un mago che, per ovvi motivi cronologici, non figura tra quelli citati da Schopenhauer: Eliphas Le´vi (1810-1875), che, insieme allo spiritista Allan Kardec, fu il piu` popolare, il piu` letto dagli esoteristi ottocenteschi e dai tanti «cultori della materia» dilettanti, da Huysmans a Capuana, da Papini a Marinetti a Ginna38; di lui e della Blavatsky, Papini scriveva «che son reputati, dagli occultisti moderni, come i codici sacri e inviolabili della sapienza occulta»39. Socialista, massone, poi «libero pensatore», Eliphas Le´vi, al secolo Alphonse-Louis Constant, fu infatti a suo modo un rinnovatore dell’occultismo: figlio della propria epoca, sorta di mago illuminista, volle «positivamente» sfatare alcune «superstizioni» dell’operare magico, riconducendo gli arcani ad una razionalita` che, per quanto eccentrica, non manca di coerenza40. Egli cerco` di dimostrare che la magia tutta non e` altro che un modo per canalizzare e indirizzare la volonta`, una tecnica severa che permette di intervenire direttamente sull’«agente universale», sul «fluido» onnipervasivo che costituisce il «mediatore plastico» di ogni operazione magica, di cui i

38 L’influenza degli scritti di Eliphas Le´vi fu capillare e pervasiva, in Francia e, in conseguenza della permeabilita` della nostra cultura alle influenze francesi, anche in Italia (cfr. M. Eliade, Occultism, Witchcraft and Cultural Fashions, University of Chicago, 1976; tr. it. Sansoni, 1982, pp. 53-58). Relativamente alla Francia, cfr. Christopher McIntosh, Eliphas Le´vi and the French Occult Revival, Londra, Rider and Co., 1972, e, per quel che riguarda, in particolare, la sua influenza su Huysmans e la sua cerchia, cfr. J. Bricaud, J.-K. Huysmans et le Satanisme, d’apre`s des documents ine´dits, Paris, Chacornac, 1913. Per quel che riguarda l’Italia, non esistono studi dettagliati. Segnaliamo: A. Reghini, Il punto di vista dell’occultismo, in «Leonardo», V, 2, aprile-giugno 1907, pp. 144 sgg. e M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, cit., p. 21. 39 Franche spiegazioni, «Leonardo», V, 2, aprile-giugno 1907, p. 139 40 Di E. Levi (Alphonse-Louis Constant, 1810-1875) sacerdote e professore di teologia, socialista, massone, diviso tra aspirazioni mistiche (L’Assomption de la femme ou Le Livre de l’amour, 1841 e La Me`re de Dieu, 1844), velleita` anarchico-rivoluzionarie (La Bible de la liberte´, 1841; La voix de la famine, 1846) e interessi magico-esoterici, ricordiamo il Dogme de la Haute Magie, e il Rituel de la Haute Magie, Paris 1855-56; la Histoire de la Magie, 1860 e i due volumi della Philosophie occulte [Fables et symboles e La Sciences des Esprits], 1862 (tutti: Paris, Ballie`re), che ebbero influenza capillare e pervasiva, in Francia e in Europa (cfr. C. McIntosh, Eliphas Le´vi, cit.).

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rituali, le formule, i pentacoli, i talismani non sono che catalizzatori: «strumenti di educazione per la volonta` di cui fissano e determinano le abitudini». Sul concetto, familiare alla scienza positivista, del fluido come «agente universale», sostegno della dottrina di Mesmer e dei suoi seguaci e non estraneo ai dibattiti sullo spiritismo, dovremo ancora ritornare. Per ora, sottolineeremo che Eliphas Le´vi considero` la volonta` come il «primo arcano dell’iniziazione magica», «il vero anello di Gige [...], la bacchetta delle trasformazioni»; affermo` che «saper volere» e` il requisito piu` importante per il mago, la cui «vita deve essere volonta` diretta dal pensiero e servita dalla natura assoggettata allo spirito». Le operazioni magiche consistono nell’esercizio di un potere naturale ma superiore alle forze ordinarie della natura; sono il risultato di una scienza e di un’abitudine che esaltano la volonta` umana al di sopra dei limiti consueti [...] Volete regnare su voi stesso e sugli altri? Imparate a volere. Per acquistare i poteri magici occorrono due cose: sbarazzare la volonta` da qualsiasi dipendenza e abituarla a dominare. La volonta` sovrana, nei nostri simboli, e` rappresentata dalla donna che schiaccia la testa al serpente [...] il Diavolo non e` una personalita`: e` una forza deviata [...], una corrente odica o magnetica, formata da una catena di volonta` perverse [...] Il Grande Agente, o mediatore naturale dell’onnipotenza umana non puo` essere asservito e diretto che da un mediatore extra naturale, quale e` una volonta` indipendente. [...] Molte persone diranno che sia difficile e magari impossibile giungere a una simile risolutezza, che la forza di volonta` e l’energia del carattere sono doni di natura ecc. ecc; non ne disconvengo ma riconosco anche che l’abitudine puo` rifare il naturale; la volonta` puo` essere rafforzata con l’educazione e tutto il cerimoniale magico non ha altro scopo che quello di provare, esercitare ed abituare la volonta` ad essere forte e perseverante.

«Il soprannaturale – secondo Le´vi – non e` altro che il naturale straordianario o esaltato» e la magia «e` scienza e religione»; sapienza magica e` «conoscere [...] l’alterna e simultanea proporzione delle forze» di cui «i fenomeni elettrici o magnetici» «sono rivelazioni perpetue ed irrecusabili»: «Cerchino e scoprano i fisici – ammonisce –: i cabalisti spiegheranno le scoperte della scienza»41.

41

E. Le´vi, Rituale dell’alta magia, Roma, Atano`r, s. d., pp. 19 sgg.; ma cfr. anche le prime pagine del Dogma dell’alta magia (Roma, Atano`r). Per il rif. al magnetismo, cfr., ad es., il cap. XX: La taumaturgia.

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A partire da questa concezione, Eliphas Le´vi insisteva dunque sulla necessita` di allenare la volonta`, di guidarla per mezzo dell’ascesi e della rinuncia, di imparare a proiettarla fuori di se´ condensandola in immagini agenti, in grado di acquistare vita propria: dedicava percio` ampio spazio a pratiche e rituali derivati dalle consuetudini della medicina magnetica, apparentando il magnetismo alla magia in pagine destinate ad imprimersi profondamente nell’immaginario dei lettori. Ma soprattutto sottolineava la necessita` di operare sul mondo, grazie a una ars volendi debitamente irrobustita: «Per essere – infatti –, si deve operare», «intraprendere [...] opere di una relativa onnipotenza»: «Ogni intenzione che non si manifesta per mezzo di atti e` vana e la parola che la esprime, e` parola inutile». Concetti simili, poi centrali in Marinetti, saranno divulgati, prima che dal fondatore del futurismo, da Papini, il quale, delineando la fisionomia spirituale del «nuovo pensatore», affermera` che questi «Non deve solo conoscere e accettare il mondo, ma deve salvarlo, trasformarlo ed accrescerlo [...] con la creazione di altri mondi», consapevole che «Molti problemi metafisici non si risolvono che con l’azione»42. Appena qualche anno prima delle asserzioni di Papini, il tema della natura fluidica della volonta`, capace anche di operare in senso magico, era stata utilizzata da un altro personaggio di importanza capitale nell’entourage esoterico-occultista, lo spiritista Allan Kardec43 il quale se ne era servito per spiegare l’azione dei medium e il fenomeno delle apparizioni spiritiche. Come abbiamo accennato nel primo capitolo, Le livre des Esprits (1857) pubblicato negli anni cruciali del risveglio spiritualista, conobbe un successo senza precedenti. La teoria spiritica di Kardec era basata sul concetto di «perispirito», sorta di involucro materiale di natura eterea, che rivestirebbe ogni corpo vivente, adempiendo ad una funzione intermediaria tra lo spirito e il corpo. Secondo Kardec, il perispirito «e` il filo elettrico conduttore che serve a ricevere e a trasmettere il pensiero [...], e` l’agente misterioso, impalpabile, designato col nome di fluido nervoso [...], e` l’agente o strumento dell’azione [dello spirito]» che «si presta a tutte le metamorfosi, secondo la volonta` che agisce su di lui». Lo spirito sarebbe in grado di agire sui corpi, attingendo dalla materia cosmica universale gli elementi necessari per formare a suo piacimento parvenze – e talvolta oggetti – in tutto simili a quelli esistenti in natura. 42 43

Morte e resurrezione della filosofia, «Leonardo», I, 11-12, 1903. Cfr. qui, cap. 1, n. 20.

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Ma Kardec non si arrestava alla enunciazione delle proprieta` del volere; come la scienza e la filosofia in quegli anni, si interrogava anch’egli sulla natura della facolta` volitiva. Si conosce la parte essenziale che rappresenta la volonta` in tutti i fenomeni del magnetismo; ma come spiegare l’azione materiale di un agente cosı` sottile? La volonta` non e` un essere, non e` una sostanza materiale, e neppure e` una proprieta` della materia piu` eterea; la volonta` e` l’attributo essenziale dello spirito, vale a dire dell’essere pensante; con l’aiuto di questa leva egli agisce sulla materia elementare e, di conseguenza, sopra i suoi composti, le cui proprieta` intime possono essere trasformate. La volonta` e` l’attributo dello spirito incarnato, come dello spirito errante; di la` proviene la potenza del magnetizzatore, potenza che si conosce essere in ragione della forza di volonta`44.

I libri di Kardec, «padre» dello spiritismo e fondatore di un periodico, la «Revue Spirite», che ebbe larga diffusione in Europa, furono tempestivamente divulgati, anche in Italia, attraverso sillogi e riassunti45, e, pubblicati in frequenti ristampe46, contribuirono alla circolazione di temi e idee: come non avvicinare, ad esempio, la volonta`/leva di Kardec alla volonta` che si prolunga «come un immenso braccio invisibile» di Marinetti? Il manuale che Armando Pappalardo scrisse sullo Spiritismo per la casa editrice Hoepli (1898, giunto alla quarta edizione nel 1910), pur utilizzando come fonti principalmente gli studi scientifici sull’argomento, dedicava ampio spazio alle teorie kardechiane, affermando che Le livre des e´sprits al suo apparire, «aveva tenuto [...] cosı` esclusivamente campo e colpito tanto le immaginazioni» che le sue teorie finirono per essere «quasi universalmente» accettate. Tra tutti i manuali Hoepli, il libro di Pappalardo – che nel frattempo, per 44

A. Kardec, Il libro dei medium, cit., loc. cit. Cfr., ad es., il Riassunto dei fenomeni spiritistici per Allan Kardec, Torino, T. De Giorgio, 1864; Lo spiritismo alla sua piu` semplice espressione. Esposizione sommaria dell’insegnamento degli spiriti e delle manifestazioni loro di Allan Kardec, Torino, s. e., 1865 (trad. italiana sulla IV ed. franc.). 46 Ancora nel 1910, a cura del Circolo Visani-Scozzi di Catania, usciva un libro di Filosofia spiritualista che altro non era che Il libro degli spiriti o i principi della dottrina spiritica sulla immortalita` dell’anima, la natura degli spiriti e i loro rapporti con gli uomini, le leggi morali, la vita presente, la vita futura e l’avvenire dell’umanita` secondo l’insegnamento dato dagli spiriti per mezzo di diversi medj, raccolti da Allan Kardec. Visani-Scozzi fu a sua volta un personaggio assai noto nell’ambito degli studi spiritici. Un suo libro su La medianita` (Bemporad, Firenze, 1901) varco` i confini italiani e fu conosciuto ed apprezzato anche in Francia (cfr. l’elogiativa recensione di Giovanni Vailati sulla «Revue des Etudes Psychiques», juin-juill. 1901). 45

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Hoepli, aveva scritto anche di Telepatia (Milano, 1902; 19123) –, era stato il piu` venduto e il piu` letto: se ne era occupato, in termini elogiativi, anche 47 Giovanni Vailati , piu` o meno nello stesso periodo in cui, sulle pagine del «Leonardo», scriveva sul pragmatismo. L’interesse di Vailati, che si sviluppava nell’ambito di una indagine psicologica su terre di confine, con l’intento – «neo positivistico» com’ebbe egli stesso a dire –, di insinuare fertili dubbi sui limiti delle facolta` umane, era condiviso anche da uno dei padri del pragmatismo, W. James, che, negli scritti e discorsi aveva sottolineato l’importanza che l’approfondimento dello studio dei fenomeni psichici rivestiva ai fini di un allargamento degli orizzonti della scienza, la quale, se avesse rifiutato di addentrarsi in questo campo: «simply falls back on the general non-possumus». James, formatosi «come altri suoi contemporanei nel clima del trionfante evoluzionismo scientifico, si trovo` a vivere, nella sua maturita`, in un periodo che doveva mettere radicalmente in discussione i presupposti fondamentali di quell’edificio culturale, alla cui demolizione egli stesso contribuı` in modo significativo»48. Nel 1896, in occasione del suo Address inaugurale, pronunciato dopo la nomina a presidente dalla Society for Psychical Research, James evidenziava, citando F. Myers, «inventore» dell’io subliminare49, insigne classicista e cultore di scienze psichiche, autore con E. Gurney e F. Podmore di un diffusissimo studio statistico sui Phantasms of the Living50, che «L’io si manifesta attraverso l’organismo; ma vi e` sempre una parte dell’io che non si manifesta» e una riserva di potere che resta celata: alla scoperta e alla valorizzazione di questo potenziale dovevano muovere le ricerche della metapsichica51, branca anch’essa della filosofia. Ancora nel

47

Pappalardo, Spiritismo, in «Archivio di psichiatria, Scienze penali ed Antropologia criminale», cit., ora in G. Vailati, Scritti, cit., p. 135: «L’intero libro e` scritto da un punto di vista abbastanza oggettivo e imparziale. Ha inoltre il merito, non piccolo ne´ frequente in libri di questo genere, di essere quasi interamente immune da quella barocca e nauseabonda fraseologia a base di antropomorfismo, che vizia le opere della maggior parte degli spiritisti propriamente detti». 48 G. Filoramo, Religione e ragione tra Ottocento e Novecento, cit., pp. 122-23. 49 The Subliminal Consciousness, in «Proceedings of the Society for Psychical Research», VII, (1891-92), pp. 298-355. 50 Society for Psychical Research, 2 voll., London, 1886. Di F. W. H. William Myers, fu anche molto letto il libro Human Personality and Its Survival of Bodily Death, London, Longmans & Green, 1903; trad. franc. rid.: Paris, Alcan, 1905. 51 W. James, What psychical research has accomplished, in «Proceedings of the Society for Psychical Research», XI (1896) e poi in The Will to Believe and other Essays in Popular Philosophy, New York, Longmans, Green & Co., 1897, pp. 299-327.

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1900, nel corso delle famose Gifford Lectures, tenute a Edimburgo sulla varieta` dell’esperienza religiosa, James tornava su questi temi sottolineando l’importanza, per la scienza e la filosofia moderne, di comprendere la reale 52 estensione dei poteri della mente . In un singolare saggio che il «Leonardo» pubblico` – e nel corso del quale peraltro Papini viene spesso citato53 –, James affrontava e sviluppava il tema gia` accennato nel 1896: il problema di quei «tesori di risorse» psichiche «che solamente pochi eccezionalissimi individui spingono all’estremo dell’utilizzabile». Il discorso, come sempre in James, si snoda attraverso una serie di esempi e di aneddoti che dimostrano come ogni individuo possieda riserve nascoste di potere alle quali non e` capace di attingere. Tuttavia, oggi, afferma James, «siamo appunto testimoni [...] di un copiosissimo schiudersi di energia per mezzo di idee nella persona di questi neofiti del “Nuovo Pensiero”, “Scienza Cristiana”, “Guarigione metafisica” o altre forme di filosofia spirituale che sono cosı` numerose fra di noi oggi. [...] Il tratto comune di queste fedi ottimistiche» e` il ricorso al pensiero positivo, e in particolare ad uno strumento che permette ad ognuno di valicare i confini dell’opacita` quotidiana: il volere, «Il normale scopritore di piu` e piu` profondi strati di energia». La difficolta` sta nell’adoprarlo; nel fare lo sforzo che implica la parola volizione. Ma se effettivamente lo facciamo [...] agira` dinamogenicamente su di noi. E` notorio che un singolo sforzo da volizione morale coronato di successo [...] trasportera` un uomo ad un piu` alto livello di energia per giorni e settimane e gli dara` una nuova estensione di potere. [...] Cominciando da compiti facili, passando ad altri piu` duri, ed esercitandosi giorno per giorno, e` [...] ammesso che i discepoli dell’ascetismo possono raggiungere altissimi livelli di liberta` e potere volitivo.

Le tecniche, secondo James, possono essere le piu` varie: dalle pratiche di digiuno agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola: «Ma il piu` venerabile sistema ascetico e quello i cui risultati hanno avuto la piu` grande riprova 52

G. Filoramo, Religione e ragione tra Ottocento e Novecento, cit., pp. 120-31. Le energie degli uomini, in «Leonardo», V, febbraio 1907, pp. 1-25; l’articolo e` una traduzione dell’Address che James rivolse il 28 dicembre 1906 alla Columbia University dinanzi all’ American Philosophical Association, poi pubblicato anche nella «Philosophical Review». A proposito di Papini, James scriveva (p. 24): «Il mio compagno in pragmatismo a Firenze, G. Papini, ha adottato un nuovo concetto di filosofia. Egli la chiama dottrina dell’azione nel senso piu` largo, lo studio di tutti i poteri e i mezzi umani (fra i quali figurano naturalmente in prima fila le verita` di qualsiasi genere)». 53

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sperimentale e` indubbiamente il sistema Yoga dell’Indostan». Ogni individuo «possiede poteri di varie specie che abitualmente non riesce ad adoperare. Egli adopera energia al disotto del suo massimo, e agisce al disotto del suo ottimo». «Per avere «un buon tono vitale, un alto flusso di spirito, un temperamento elastico» per riuscire a «vivere energicamente, lavorare facilmente, decidere fermamente», per ottenere «la liberta` e spesso un grande aumento di potere» occorre educare la volonta` e il pensiero. La fede, afferma James, e` infatti il «manometro della volonta`»; le idee sono «astratte suscitatrici di energie», dotate di un particolare «potere dinamico» sulla personalita`, e «I nostri pensieri hanno un potere plastico sul corpo». Tutto cio`, per quanto evidente, «non possiede oggi alcun grado di chiarezza scientifica». Per la filosofia, la quale, «da questo punto di vista ... e` una Pragmatica che comprende come dipartimenti tributari di se stessa le vecchie discipline della logica, della metafisica, della fisica e dell’etica», e per la scienza psicologica, obiettivo del futuro sara` dunque risolvere due problemi fondamentali: «quello dei nostri poteri» e «quello dei nostri mezzi». Si dovrebbe in qualche modo poter fare una ispezione topografica dei limiti del potere umano in ogni concepibile direzione, qualcosa di simile alla carta dell’oftalmologo dei limiti del campo della visione umana e dovremmo allora costruire un inventario metodico dei sentieri di accesso, delle chiavi, differenti secondo i diversi tipi di individui, alle differenti specie di potere.

E` un programma – concludeva James –, al quale «abbiamo tutti lavorato in un modo piu` o meno cieco e frammentario» ma che «colla cura necessaria si potrebbe estendere a coprire l’intero campo della psicologia»54. Queste parole facevano parte di una allocuzione ufficiale pronunciata dinnanzi a un congresso scientifico. Era il 1907 e il futurismo era alle porte: non a caso molte delle espressioni citate troveranno di lı` a poco assonanza in Marinetti, cui potrebbero tranquillamente essere attribuiti alcuni enunciati («temperamento elastico», «manometro della volonta`», le idee come «astratte suscitatrici di energie», il «potere dinamico» e il «potere plastico» delle idee). Il pensiero di James ebbe comunque un notevole ascendente gia` sui redattori del «Leonardo» e sui frequentatori della Biblioteca Filosofica, i quali si fecero divulgatori, in chiave polemica e «scandalistica», del suo pragmatismo. Il fascino che l’autore del Will to Believe esercito` su alcuni leonardiani consisteva nella possibilita`, per certi versi insita in James, per 54

Art. cit., pp. 11-12 e passim.

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altri arbitraria, di estendere la volonta` di essere e di credere oltre i confini di un’azione psicologica, oltre i limiti dell’economia psichica, fino nel campo operativo e magico, offrendo cosı` giustificazione a quel sogno di potenza che finı` col rappresentare la rivista piu` del «moderato» pragmatismo di Vailati. Giustamente e` stato sottolineato che i leonardiani «non partirono dal pragmatismo ma vi arrivarono; e vi arrivarono in una certa confusa maniera intinta di magia operativa, e vedendovi una presentazione rispettabile, e fino a un certo punto ragionata, delle loro malcerte aspirazioni. Il senso della plasticita` dell’esperienza cosciente, che il James sottolineo` cosı` bene, [...] e una centralita` in essa della volonta` umana, e una potenza operativa, e la rottura degli schemi razionali, visti non come presupposti inderogabili, ma come strumenti via via raffinati per costruzioni, anzi per invenzioni pressoche´ infinite; e il senso del miracolo a portata di mano, e le barriere tutte cadute; e il taumaturgo presente in ogni uomo; ecco il fondo del primo pragmatismo italiano»55. Del pastiche cruciale, come si e` gia` accennato, fu autore soprattutto Papini (del quale e` interessante rileggere, in questa chiave, il lungo articolo Morte e resurrezione della filosofia56), nel cui orizzonte trovo` adeguata collocazione anche il «New Thought», cui James accennava nel suo discorso. Novita` culturale importata dall’America, il New Thought contribuiva a precisare e a organizzare idee che gia` circolavano in un «programma» di sostegno e potenziamento della personalita`. Secondo Roberto Grego Assagioli, che del New Thought fu in Italia il principale divulgatore e che, ispirandosi a esso, mise a punto, in aperta polemica con la psicanalisi, un suo metodo terapeutico che chiamo` «psicosintesi»: «Carattere fondamentale del “Nuovo Pensiero” e` la convinzione della trasformabilita` infinita del mondo» – che «e` dinamico, non statico» – secondo «certe leggi spirituali». «Strumento meraviglioso [di questa trasformazione] e` la volonta` umana» che, «secondo il New Thought, ha dei poteri finora insospettati. [...] La volonta` e` una forza, e` dell’energia che si sprigiona». E qui Assagioli enuncia un principio di programma che, con poche varianti avrebbe potuto essere declamato da Marinetti: la volonta`, secondo Assagioli, deve essere canalizzata e potenziata «nella ripetizione regolare e metodica di frasi dinamogene; nella concentrazione su affermazioni di potenza, di coraggio, di energia; nell’enunciazione vibrata della fede nelle possibilita` infinite della propria volonta`». Si genereranno cosı` nuovi stati di coscienza, «ad un tempo piu` vasti, piu` 55 56

E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Roma-Bari, Laterza, 2 voll., 1966, I, p. 29. Art. cit., loc. cit.

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intensi e piu` alti di quelli ordinari», come «lo sviluppo dell’intuizione» e «l’acquisto di un crescente dominio sul corpo». «Allo sviluppo di stati di coscienza spirituale sempre piu` alti segue, inoltre, un corrispondente aumento generale di potenza» che permette di raggiungere un «fondamentale ottimismo dinamico» e di «ricreare tutta la nostra individualita`». Anche qui, il mezzo e` l’«annichilimento delle passioni le quali limitano la nostra coscienza e soggiogano la nostra volonta`»: «necessaria preparazione a piu` alti scopi [...] verso un indefinito allargamento ed intensificazione della nostra coscien57 za» . A questo uomo immensificato, Assagioli, come James, non aveva dato un nome: a meta` strada tra il mago e lo psicagogo, padrone del proprio destino e convinto di poter modificare il mondo a proprio piacimento, questo nuovo essere del futuro, caro ai leonardiani, lascera` in eredita` la maggior parte delle sue caratteristiche all’Uomo moltiplicato dei futuristi. Dal canto loro, i due direttori del «Leonardo», fin dal primo articolo di Prezzolini comparso nel 190358, andarono spesso preannunciando «con speranzose parole» la futura e imminente creazione di un Uomo-Dio. Ma la speranza divenne, nel tempo, qualcosa di piu` di una provocazione o di un mito letterario: se dobbiamo prestar fede alla dolorosa resa dei conti del papiniano Uomo finito, quell’essere superiore fu un progetto, un tentativo di immensificazione concretamente perseguito sotto la guida di Reghini, nell’ambito di quella cerchia che frequentava la Biblioteca di Firenze e che leggeva James e Eliphas Levi, Nietzsche e Kardec. Nel primo scritto di Prezzolini l’auspicato indiamento si produce soprattutto a livello psichico, concretizzandosi in un ampliando dei confini del sentire e del pensare. E` un evento che ha soprattutto connotazioni conoscitive e mistiche, coerentemente a quello che sara` il futuro percorso dell’autore: «Unico esistente (niente esiste al di fuori dell’io)», creatore del 57

R. G. Assagioli, Il «Nuovo Pensiero» americano. Il «New Thought, in «Leonardo», V, aprile-giugno 1907, pp. 201-13 (c.vo nel testo); in appendice, assai ricca, una «Lista delle piu` importanti opere di «New Thought» esistenti alla «Biblioteca Filosofica» di Firenze». Assagioli, allora giovanissimo (era nato nel 1888) diede un contributo notevole alla stesura degli ultimi numeri del «Leonardo»; su questo stesso fascicolo pubblicava il saggio Per un nuovo umanesimo ariano, in cui idealismo, pragmatismo, buddismo, si mescolano a concezioni e reminiscenze di origine induistica. Dopo la chiusura del «Leonardo», Assagioli collaboro` alla «Voce»: degno di nota un suo articolo del febbraio 1910, uno dei primissimi comparsi in Italia su Freud. Assagioli, sulle basi del suo primo apostolato freudiano, venne presto elaborando un suo personale metodo di intervento psicologico: la «psicosintesi», che applico` nell’Istituto omonimo da lui fondato nel 1926. 58 Giuliano il Sofista, L’Uomo-Dio, «Leonardo», I, gennaio 1903, pp. 1-3.

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mondo (cita dal Faust: «Prima di me il mondo non esisteva/esso e` mia creazione»), universale, infinito ed eterno («l’esistenza sola e` reale, il nulla non e`»), capace di miracoli («Siate San Francesco e pensate il Crocefisso e avrete le stimmate»), signore della verita` (cita Kant e James), padrone del mondo per mezzo della scienza e profeta della cose avvenire («precoscienza autogenerata») l’Uomo-Dio rappresenta «il tipo massimo e completo dell’esistenza, cui sacrificare nel presente le nostre forze, i nostri desideri, la nostra vita; [...] e` cosa presente o non e` [...] appena se ne ha piena coscienza e` raggiunto», poiche´ «nulla piu` manca a l’essere assoluto, a l’Uomo cosciente della propria divinita` per essere Dio». Come si vede si tratta una immensificazione prevalentemente interiore, che ancora si mantiene entro limiti umani, sia pure portando a estrema perfezione e assolutezza la «somiglianza» con Dio. Anche per Prezzolini, tuttavia, questo essere gia` eccezionale compira` un ulteriore cammino assumendo, nel giro di pochi anni, caratteristiche capacita` operative. Nell’articolo intitolato L’arte di persuadere, del 1906, Prezzolini tornera`, dopo tre anni, con maggior convinzione ad insistere sugli attributi che l’uomo potrebbe avere in comune con la divinita`, includendo in essi, come «future qualita`, per cui si distinguera` l’uomo o certi uomini», «La creazione arbitraria dell’io, la creazione e la trasformazione arbitraria del mondo», qualita` per cui, finalmente, «l’animale razionale cedera` il posto all’animale creativo»59. In una prospettiva ancor piu` scopertamente magica si muoveva intanto Papini, il quale, per il suo Uomo-Dio, aspirava, prima di tutto, all’onnipotenza; per Papini, «voler diventare uomo Dio significa cercare di ottenere la massima quantita` di potere diretto sugli uomini e sulle cose»60. Solo la piena realizzazione di se´, ovverosia la capacita` di possesso infinito, placa l’ansia di raggiungimento da cui derivano tutte le imperfezioni umane. Poteri eccezionali e meravigliosi sono gia` da oggi nelle possibilita` dell’uomo; alcuni «potenti spirituali»: «santi, yoghi, medium, fakiri, magnetisti, profeti, ecc.» hanno mostrato di poter compiere occasionalmente un certo numero «di fatti cosiddetti miracolosi per mezzo di poteri cosiddetti occulti»61. Questi esseri rappresentano lo specimen di un uomo infinitamente potente. «So bene – aggiunge Papini – che quei fatti [levitazione, apporti, apparizione di fantasmi, divinazione, chiaroveggenza, telepatia, taumaturgia, ecc.] da molti 59 60 61

Giuliano il Sofista, IV, febbraio 1906, p. 26 sgg. G. Papini, Dall’uomo a Dio, «Leonardo», IV, febbraio 1906, pp. 6 sgg. Art. cit. (c.vo nostro).

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non son creduti e vengono attribuiti alla frode o alla fantasia, ma le testimonianze son tante e cosı` diverse e indipendenti fra loro che [...] siamo costretti ad ammetterne la possibilita` e la realta`». «I semplici di spirito, quelli che non sono distratti dalle complicazioni dialettiche e dalle curiosita` molteplici degli intellettuali, i miserabili, i poveri [...] sono i chiamati fra i quali si scelgono piu` facilmente i pochi eletti al potere spirituale». Tuttavia i miracoli che essi compiono «sono il piu` delle volte piccoli e sporadici», perche´ l’Uomo-Dio non esiste ancora come realizzazione umana piena e perfetta: esso e` piuttosto una meta, un obiettivo da perseguire: e` l’uomo futuro, la realizzazione del domani, che riuscira` a ottenere miracoli «sempre piu` grandi, piu` straordinari, piu` abbondanti e a far sı` che non dipendano da una intuizione improvvisa o da una specie di grazia inconscia ma solo dal suo volere». La preparazione di questo essere straordinario e` dunque solo «un problema pratico». Benche´ infatti per realizzarlo si possano utilizzare tecniche e metodi dipinti «quasi con le stesse parole, dall’ascetica indiana di mille anni fa ai rituali magici del secolo XIX; dalla mistica cristiana del medioevo e dal New Thought dei nostri giorni», «manca, fino ad ora, una tecnica della creazione, un’Arte del miracolo» ossia un prontuario di regole da seguire «per chi muova alla ricerca dell’onnipotenza». «Eppure – osserva Papini – un’Arte del miracolo [...] non sarebbe difficile, ora che gli studi sulle antiche religioni, sui grandi mistici, sulle scuole occulte e sulla medianita` accennano a rifiorire e ogni giorno danno nuovi documenti e nuove teorie all’esploratore dell’anima». Tutte concordano sul fatto che Noi abbiamo delle forze in noi stessi che cercano di essere svegliate e dirette [...] Il loro massimo segreto e` stato la concentrazione dello spirito – raccogliere l’animo in un punto, tutte le potenze interiori verso un’idea [...] Bisogna isolarsi, sopprimere i sentimenti, ricacciare la sensualita` [...] Occorrono stati di esaltazione speciali di queste forze interne – gli stati di preghiera, di estasi, di trance, di rapimento, di comando in cui la fede crea la realta`, in cui l’amore ci fa unir colle cose, in cui la volonta` concentrata e potente plasma direttamente l’universo. Perche´ l’uomo Dio giunga realmente a disprezzare tutte le cose bisogna che passi attraverso a un’epoca di rifacimento, di trasformazione e creazione del mondo [...] prima di giungere al nirvana [...] deve sconvolgere l’universo, rifarlo a suo modo, produrre improvvisamente cambiamenti di grandezza e importanza non mai vedute62.

62

Art. cit., c.vo nostro.

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Non sfuggira` al lettore la consonanza di queste affermazioni con alcune successive formulazioni marinettiane, che e` facile ritrovare leggendo i vari manifesti, da Uccidiamo il chiaro di luna in poi. Il «Leonardo» chiuse i battenti poco dopo e i suoi direttori non fecero in tempo ad inventare quelle «scienze immaginarie» che avrebbero dovuto preparare una «nuova eta` plastica del mondo». Ci penseranno i futuristi a ricreare «l’espressione dinamica, simultanea, plastica, rumoristica della vibrazione universale», a «ricostruire l’universo rallegrandolo, cioe` ricreandolo integralmente» a dare «scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile». Quell’Uomo-Dio di Papini, uomo futuro, che vive idealmente nell’assoluto, che si sottopone ad un severo allenamento di ascesi e disciplina; quel mago onnipotente che crede di poter comandare alle forze dell’universo; quel sapiente che usa la conoscenza non per trascendere il mondo ma per agire su di esso, non e` altro, infatti, che il fratello un poco piu` anziano dell’uomo futurista, dell’Uomo Moltiplicato di Marinetti. Se ne differenzia per alcuni particolari e soprattutto per lo stile: quel che sa ancora di libresco nel primo e` vissuto come slancio vitale dall’altro. Marinetti infatti, nella sua ansia di saltare i passaggi e di abolire il tempo, da` come esperienza cio` che i leonardiani ancora pensano come progetto: cio` che e` ancora ottocentesco e predicatorio in Papini, diventa novecentesco e declamatorio in Marinetti. I materiali, tuttavia, sono gli stessi e provengono, in modo riconoscibile, dalle stesse fonti, in gran parte magico-occultistiche: enumerati da Gian Falco come strumenti e percorsi di un itinerario ancora da esperire, elettrizzati, messi in azione, metabolizzati dal nuovo uomo futurista – che gia` da oggi si sente campione dell’umanita` futura. «Per far cambiare qualcosa, bisogna avere un’idea, un disegno, un programma di quello che si vuol vedere apparire in luogo di quello che c’e`», – scriveva Papini, echeggiando le parole di Eliphas Levi («Quando attivamente si evoca l’idea, la forma diventa reale e si produce»63). L’atteggiamento dei futuristi incarno` questo insegnamento, nell’intento di renderlo in qualche modo operativo per forza di persuasione e di intima convinzione: per magia. L’Uomo Moltiplicato, che aspira a identificarsi con la Macchina, organismo «artefatto» e artificiale e percio` indefettibile, sembra ricalcato, quasi, sull’uomo Dio di Papini. Anche l’Uomo Moltiplicato, come ogni asceta, ha abolito, secondo Marinetti, «Il dolore morale, la bonta`, l’affetto e l’amore, 63

Eliphas Levi, Rituale, cit., p. 32.

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soli veleni corrosivi dell’inesauribile energia vitale»; e` pronto ad «un numero incalcolabile di trasformazioni» poiche´ sa «che nella carne dell’uomo dormono delle ali» e che «Il giorno in cui sara` possibile all’uomo di esteriorizzare la sua volonta` in modo che essa si prolunghi fuori di lui come un immenso braccio invisibile, il Sogno e il Desiderio, che oggi sono vane parole, regneranno sovrani sullo Spazio e sul tempo domati»; «non conoscera` la tragedia della vecchiaia» e vivra` una «forma di vita liberata dal sentimentalismo e dalla lussuria»; sara` «onnipresente, naturalmente crudele, onnisciente e combattivo», come accade oggi, con crescente facilita` in tanti «popolani, assolutamente privi di cultura e di educazione, ma dotati, nondimeno, di cio` che io chiamo la grande divinazione meccanica o il fiuto metallico»; come la «popolana» Eusapia Paladino, donna incolta capace di attirare attorno a se´ i piu` illustri uomini di scienza del suo tempo, sapra` probabilmente leggere nel futuro. «Potrete facilmente concepire queste ipotesi apparentemente paradossali, scriveva Marinetti, studiando i fenomeni di volonta` esteriorizzata che si manifestano continuamente nelle sedute spiritiche» (UM).

7 UN PRECURSORE: LUIGI CAPUANA Che miracolo e` questo che stupisce i migliori e i piu` forti di noi, e fuor dalla luce li induce a guardar nelle tenebre, ansiosi, temendo o sperando? Che aspettano essi? Che vedono? (Ugo Ojetti, Alla scoperta dei letterati)

Nello stesso periodo in cui i giovani del «Leonardo» esploravano i territori del magismo e le possibilita` offerte da discipline e religioni lontane, mentre Marinetti, a Milano, avviava l’esperienza di «Poesia», la «Gazzetta del Popolo» di Torino ospitava, a proposito di fenomeni paranormali, una polemica tra Luigi Capuana, ormai all’apice della propria carriera di scrittore, e Luigi Pirandello. Capuana rimproverava all’amico di non prendere 1 abbastanza sul serio alcune manifestazioni medianiche , nelle quali egli vedeva l’estrinsecarsi di facolta` naturali che sarebbero un giorno divenute acquisizione comune dell’umanita`. Nell’articolo, sottotitolato Credenti e miscredenti dello spiritismo, Capuana scriveva: Caro Pirandello, Probabilmente non ve ne ricordate, se mai li avete letti, ma tra i miei Semiritmi pubblicati da Treves nel 1888, ce n’e` uno che ha per titolo un punto interrogativo, ed e` rivolto agli Spiriti. [...] Da allora in poi, pero`, io mi sono ricreduto [...] ed ho la convinzione che un giorno o l’altro, tra qualche secolo, tra parecchi secoli – il tempo non fa nulla; la natura e` lentissima nella sua evoluzione – le facolta` medianiche, ora privilegio di

1

Si tratta dei Fenomeni spiritici di Ruvo di Puglia (cfr. art., sullo stesso quotidiano, s. f., 23 nov. 1905); per una rassegna della stampa sull’argomento, cfr. «Luce ed Ombra», 1905 e 1906. L’articolo di L. Pirandello di cui si fa menzione, e` intitolato Cronache stravaganti. Un fantasma, in «Gazzetta del Popolo», Torino, 24 dic. 1905.

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pochi, diventeranno comuni, per eredita`, per svolgimento organico, come accade agli Anfiossi dei laghi sotterranei, che hanno gli occhi in embrione vivendo nell’oscurita`, e che li aprono a poco a poco dopo di esser trasportati a vivere in acque illuminate dal sole; [...] non bisogna disperare, caro Pirandello, che cio` diventi – tra un secolo, tra parecchi secoli; e` circostanza di poco conto – una possibilita` comune; e allora, addio ferrovie, automobili, treni elettrici! Altro che le invenzioni della scienza attuale! [...] Il giorno in cui fosse dimostrato, con assoluta certezza scientifica le reincarnazione e continuazione della nostra esistenza spirituale (mi servo di questa parola per farmi intendere: materia e spirito sono vocaboli e concetti convenzionali [...]), quel giorno, caro Pirandello, s’inizierebbe tale trasformazione sociale da non potercene fare anticipatamente neppur un’idea approssimativa2.

Capuana ricordava le sedute medianiche cui avevano partecipato insieme3 e l’interesse che Pirandello piu` volte aveva dimostrato, anche in sede narrativa (ne Il fu Mattia Pascal e ne La casa del Granella), per le tematiche dello spiritismo. Allo scetticismo ora avanzato dall’amico, Capuana opponeva una profetica certezza: quella che l’esoterismo sarebbe presto o tardi divenuto essoterico e che le facolta` latenti della mente si sarebbero un giorno tramutate, per tutti gli uomini, in una oggettiva capacita` di interagire con il mondo fisico. A queste convinzioni, lo scrittore di Mineo era pervenuto dopo una lunga ricerca nei territori del «di la`»: ricerca che, pubblicamente, aveva preso avvio, nel 1884, con il saggio Spiritismo? e con la poesia ?, dedicata agli spiriti4, ma che, privatamente, era iniziata nella prima giovinezza, negli anni del collegio di Bronte (1853-56), con alcuni maldestri tentativi di 2

L. Capuana, Lettera aperta a Luigi Pirandello: a proposito di un fantasma. Credenti e miscredenti dello spiritismo, in «Gazzetta del Popolo», Torino, 2 genn. 1906; ora in Mondo occulto, cit., pp. 239-42. 3 «Io non ho dimenticato la seduta del medium Politi a cui assistemmo insieme, a casa di quel principe romano del quale in questo momento mi sfugge il nome. Vedemmo cose da far strabiliare: globi fosforescenti che erravano sotto la volta dello stanzone dove si facevano gli esperimenti; croci luminose che apparivano, sparivano, tornavano a apparire sui muri; il profilo di un fantasma su l’alto della tenda dietro cui stava il Politi in trance, mentre la tenda veniva spinta fin su le nostre teste quasi gonfiata da un forte vento. Io non ero nuovo a simili spettacoli: avevo assistito, a Napoli, in casa Chiaia, a piu` difficili prove con la Paladini (sic). [...] D’allora in poi che cosa e` avvenuto, caro Pirandello, da rendervi uggiosi gli spiriti?» Per uno studio sull’incidenza delle tematiche esoteriche nell’opera di Pirandello: A. Pupino, Pirandello. Maschere e fantasmi, Roma, Salerno, 2000. 4 Spiritismo? Catania, Niccolo` Giannotta Editore, 1884; ora in Mondo occulto, cit., pp. 55-146. Per la poesia ? , cfr. L. Capuana, Semiritmi, Milano, Treves, 1888.

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evocazione arrischiati nel desiderio di suscitare l’apparizione di qualche succubo compiacente, nel sembiante di «tre belle ragazze», ed era proseguita nel periodo fiorentino e poi ancora oltre, finendo per coincidere con l’arco dell’intera esistenza. I numerosi racconti dedicati all’esplorazione del «meraviglioso psichico» e perfino alcune delle piu` tarde ipotesi formulate da Capuana in sede di riflessione estetica, dimostrano, ad un attento esame, come l’interesse per il «mondo occulto» si sia riflesso via via in maniera sempre piu` evidente sulla attivita` dello scrittore e del critico: testimonianza non solo e non tanto di un «besoin presque maladif» quasi «tyrannique» «de pe´ne´trer certains secrets, de toucher a` certains anomalies de la nature dont 5 jusqu’au pre´sent on ne s’e´tait gue`re inquie´te´» , ma anche di uno studio che richiese ben piu` di qualche lettura occasionale6; repertorio tematico ricco di spunti narrativi ma anche banco di prova di un habitus che implicava – programmaticamente – l’osservazione spassionata del reale e l’impegno a risolvere o quanto meno affrontare in una prospettiva «scientifica» quegli interrogativi morali e quei casi umani che l’interesse per il paranormale proponeva allora, urgentemente, all’ordine del giorno. Gia` nel 1879, nella recensione al libro di Terenzio Mamiani Della religione positiva e perpetua del genere umano, libri sei, Capuana aveva avuto occasione di esprimersi, seppure in toni ancora assai dubitativi, a proposito di un tema sul quale sarebbe poi tornato, negli anni a venire, con maggiore convinzione. Dopo aver illustrato le posizioni spiritualiste di Mamiani, pur sottolineando che non era ancora possibile decidere se lo spiritismo fosse «una nuova forma religiosa di qualche valore», Capuana scriveva: una nuova religione e` gia` venuta al mondo e si dilata, si propaga coi mezzi e coi modi piu` propri della nostra civilta`. Non ha apostoli, ma giornali; non ha martiri, ma ha le sue vittime che vanno a popolare gli ospedali di teste sconvolte da esaltamenti nervosi. Derisa, combattuta, oppone ai ragionamenti la forza della sua convinzione, i suoi fatti, i suoi miracoli, giacche´ non e` religione per nulla e non puo` fare a meno del soprannatu-

E. Rod, Etudes sur le XIXe sie`cle, Paris, Didier, 1888, pp. 171 sgg. L’interesse per il paranormale fu il piu` costante tra tutti gli hobbies (quegli «scellerati passatempi» – dalla ceramica all’entomologia, dall’ archeologia all’acquaforte, dallo studio delle tradizioni popolari alla fotografia –, che Verga piu` volte e aspramente aveva rimproverato all’amico, considerandoli antagonisti alla scrittura e improduttivi), cui Capuana si dedico` nel corso della sua vita (su questo aspetto, cfr. C. Di Blasi, L. C. originale e segreto, Catania 1967). 5 6

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rale. Ma e` religione come puo` esserla nel secolo XIX, cioe` senza rito, senza prete, e con una certa apparenza scientifica7.

Anche gli articoli comparsi sul «Fanfulla della Domenica» agli inizi degli anni ’808, quando lo scrittore era neodirettore del periodico, affermano la necessita` di indagare con maggiore attenzione e con animo scevro da pregiudizi su quegli stati alterati della coscienza contro i quali si spuntano gli aculei «dell’indagine positiva». Quegli articoli erano destinati a formare, di lı` a poco, il nucleo costitutivo di Spiritismo?, libro in cui, finalmente, Capuana si decideva «forse primo in Italia [...] fra coloro che non erano apostoli o irragionevoli oppositori» «ad affrontare lo scabroso argomento» che gli era familiare, consapevole del fatto che esso rappresentava pure un tema di sicuro richiamo per i lettori, presentandosi, come scrisse Eugenio Checchi, con «un bel nome, che chiude in se´ la piu` ghiotta della moderne attrattive»9. Spiritismo?, per la sua attualita` e per il nome dell’autore atteso ancor prima della pubblicazione10, riscosse al suo apparire, nel giugno 1884, un apprezzabile successo, tale da indurre Giovanni Verga, sempre prodigo di incoraggiamenti, a formulare, gia` alla fine dell’84, ottimistiche previsioni di vendita11. Il libro, scritto da un autore affermato che sfidava «la diffidenza, la preoccupazione e [...] la presuntosa ignoranza di gran parte del pubblico»12, appariva comunque «un bell’atto di coraggio» e, nonostante quello che Checchi chiamo` «il parafulmine» del punto interrogativo, costituiva una 7

L. C., La religione dell’avvenire, «Corriere della Sera», 10 nov. 1879, poi in Studii sulla letteratura contemporanea, Seconda serie, Catania 1882, ora in Mondo occulto, cit., pp. 217 sgg. 8 Nella rubrica «Giornali e riviste», n. 26 del 25 giu. 1882; Da una domenica all’altra, n. 29 del 16 lu. 1882; Huaca! di C. Lombroso, n. 43 del 22 ott. 1882. 9 E. Checchi, Un interrogativo a Luigi Capuana, in «Fanfulla della Domenica», 7 sett. 1884. 10 Lettera di Cesira Siciliani Pozzolini a Capuana, da Bologna, 30 giugno 1884: «... tutti parlano di questo suo «Spiritismo». [...] Adesso questo suo libro fara` chiasso, e tutti parleranno di Luigi Capuana che dal mondo degli orchi e delle fate e` passato nel mondo degli spiriti, e che dopo aver divertito tutti i bambini grandi e piccini si compiace di guastare i sonni tranquilli della gente impressionabile e nervosa» (cit. in Di Blasi, L. C. originale e segreto, cit., p. 150). 11 G. Verga a L. Capuana, da Milano, 27 dicembre 1884: «Carissimo Luigi, Buone feste a te e ai tuoi e buon Capo d’Anno. Un anno laborioso e quattrinoso. Gia` vedo che promette bene, col nuovo contratto Treves [...], col successo di Spiritismo (sic), e con tutti quei lavori ben avviati» (da Carteggio Verga-Capuana, a c. di Gino Raya, Roma, Ed. dell’Ateneo, 1984). Cfr anche, lettera di C. a Neera (1884 [?]): «Il libro ha avuto una fortuna superiore a quella che il mio amor proprio gli aveva augurato» (cit. in Di Blasi, L. C. originale, cit., p. 147). 12 In Mondo occulto, cit., p. 69.

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pubblica presa di posizione rispetto a una spinosa querelle: Capuana, pur in 13 forma assai cauta, caratterizzata da un «prudente riserbo» sulla natura e sulla causa dei fenomeni, vi avanzava una risposta positiva a proposito della realta` della fenomenologia supernormale, e con tanto fervore da poter essere considerato da alcuni «un mistico» confesso14. Anche il punto interrogativo del titolo, che era stato aggiunto all’ultimo momento e che spesso non figura nei riferimenti dell’epistolario, finiva per non essere recepito come tale, cosı` che gli amici dello scrittore non mancarono di sottolinearne l’incongruenza15. Balzava invece in primo piano il fatto che Capuana avesse voluto corroborare con le proprie dirette esperienze le testimonianze affermative raccolte da quella branca recente della scienza sperimentale – che Richet battezzera` metapsichica –, e che si fosse pubblicamente esposto con il narrarle. Anche in ambiente spiritualistico, il libro raccolse giudizi positivi. Durante il Congresso Spiritico e Spiritualista Internazionale tenutosi a Parigi nel 1889, si espresse vivo compiacimento per il fatto che «l’illustre e´crivain Louis Capuana, dans son Spiritisme?» avesse preannunciato la possibilita` di una convergenza di materialisti e di spiritualisti sul campo della ricerca psichica, «a` l’aide d’une conception interme´diaire de l’esprit»16. Altre voci, rappresentanti della scienza positiva, e soprattutto quella di Paolo Mantegazza, rimproverarono invece a Capuana di essersi lasciato andare per una china ambigua, spacciando per comunicazioni «spiritiche» ricevute in prima persona o tramite presunti medium, momenti di semplice esaltazione fantastica: «nulla che non si possa spiegare colle leggi comuni della fisiologia»17. E mentre alcuni (Bonghi, Richet, Lombroso) emisero 13

Cosı` Capuana scrivera` nel 1896, in Mondo occulto, cit., p. 165. Cfr. «L’Illustrazione italiana», n. 34, 24 ag. 1884, dove il recensore afferma che C. «e` un mistico, e lo confessa. E` mistico a tal segno che non respinge l’idea che lo spazio sia popolato di creature piu` perfette di noi, invisibili a noi...». 15 Checchi, gia` nell’art. sopra cit. (sett. 1884) lo contestava («quell’interrogativo col quale hai fregiato il titolo del volume, non t’e` riuscito un secondo di perderlo di vista; t’ha inseguito e torturato di pagina in pagina»); cfr. anche De Roberto, da Catania 19 gennaio 1884: «gli spiriti, debbo dirglielo, sono irritatissimi per quel ‘‘?’’ messo dietro a Spiritismo». 16 Compte rendu du Congre`s Spirite et Spiritualiste International tenu a` Paris du 9 au 16 septembre 1889, Paris 1890, p. 11 e 224, ma cfr. anche le pp. 47 e 207, in cui si rendeva noto che Capuana era stato presente ad alcune sedute medianiche con la Paladino (poi da C. stesso menzionate nella Lettera a Pirandello, cit.). 17 Lettera aperta a L. Capuana su Spiritismo?, «La Nazione», Firenze, 7 sett. 1884: «Meta` del vostro libro e` creazione fantastica, cioe` e` la sincera descrizione di fenomeni del mondo fantastico [...] Per spiegare le vostre allucinazioni non occorre ricorrere ne´ al magnetismo ne´ allo spiritismo». 14

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18 giudizi favorevoli , non manco` chi volle insinuare l’idea che potesse trattarsi dell’ennesima burla nata dal gusto inveterato dello scrittore per la mistificazione letteraria. Del libro comunque si parlo` molto: ben aveva visto l’editore Nicolo` Giannotta di Catania, il quale, tramite Federico De Roberto, allora giovane consulente della casa editrice, aveva cercato di assicurarsi, con lunghe trattative, l’esclusiva di Spiritismo?. Accordi «per un volume dove Spiritismo avrebbe formato la parte piu` lunga e attraente» erano intercorsi anche con l’editore Sommaruga, presso il quale era uscita nel 1883 la raccolta di novelle Storia fosca19. Ma il progetto con Sommaruga non ando` a buon fine e Capuana finı` con l’accettare la proposta dell’editore catanese20. Indirizzato, in forma di lettera, a Salvatore Farina, sodale degli anni milanesi, degli ambienti scapigliati in cui la moda dell’occulto aveva gia` seminato inquietudini e suggestioni21, Spiritismo? conservava ancora il ricordo di quelle conversazioni nelle sue pagine oscillanti tra l’autobiografia e l’indagine documentaria, tra il tono distaccato dell’istruttoria e la calorosa perorazione, in cui l’ex studente di giurisprudenza, l’ateo sostenitore del metodo positivo, abbandonava talvolta la propria imparzialita` e si lasciava tentare dall’impeto oratorio in favore di «fatti» situati sul limitare del «maraviglioso». Nell’intento di fare il punto sulle proprie idee e sul dibattito in corso, Capuana alternava articoli di quotidiano, ampie citazioni da

18

R. Bonghi, in «La cultura» III (1884) 5, 15, pp. 619-22; lettere di Lombroso, da Torino, 2 luglio 1884 («Ho percorso, non studiato il suo bel libro, che voglio leggere in villa riposato... Mi pare che ella si sia messo nella strada giusta – cosı` lontana dal soprannaturale – come dallo scetticismo accademico [circa] questo fenomeno del sonnambulismo») e 20 luglio 1884, cit. da Di Blasi, L. C. originale, cit. 19 Capuana, lettera da Mineo del 26 ottobre 1883 (dal carteggio Verga, De Roberto, Capuana, a c. di A. Ciavarella, Catania 1955). Parte delle novelle pubblicate nel volume era gia` comparsa nella raccolta di Ottino, Milano 1881, per cui Storia fosca uscı` con l’indicazione «seconda edizione». 20 De Roberto aveva preso contatti con Capuana gia` nel 1881 (lettera a L. Capuana, da Catania, 3 luglio 1881) chiedendo allo scrittore ormai noto di affidare a «don Cola» (Nicolo` Giannotta) qualche suo testo in modo da aiutare «un po’ l’industria isolana». Presso Giannotta erano quindi usciti, nell’82, gli Studii sulla letteratura contemporanea, II serie. Il 25 ottobre del 1883, da Catania (lett. pubbl. da Di Blasi, L. C. originale, cit., pp. 167-68), De Roberto scriveva a Capuana: «io gli ho parlato del suo Spiritismo [...] Ho trovato Giannotta dolente di essersi lasciato sfuggire un’occasione, per concludere un nuovo affare con Lei disposto anche a fare qualche sacrifizio». A questa, Capuana rispondeva, accettando («ma per £. 500»), il 26 ottobre 1883. 21 Che non mancarono di riflettersi variamente sulla contemporanea produzione letteraria: cfr. quanto esposto al cap. 1.

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Hegel, da Lotze e da De Meis, brani delle relazioni scientifiche di Crookes e di Richet con il resoconto, talvolta ironico e discorsivo, talaltra drammatico, delle proprie disavventure. Lo scrittore prendeva in giro le proprie giovanili «velleita` di gran mago» e per prudenza, per non essere scambiato per visionario, taceva su alcuni particolari sui quali ritornera` invece in anni piu` maturi. Nelle pagine di Spiritismo? non vi era menzione, per esempio, delle visioni infantili, delle tenui apparizioni che saranno rievocate a distanza di oltre un cinquanten22 nio, con i toni incantati della fiaba, nei Ricordi d’infanzia e vi era appena qualche accenno degli studi del 1859 su «Il magnetismo – Le scienze occulte»23 e delle simpatie swedenborghiane coltivate nel periodo degli esperimenti magnetici compiuti a Firenze, dove aveva sede una associazione, diretta da Loreto Scocia, per la diffusione in Italia delle opere e della dottrina di Emanuel Swedenborg24. Dopo il lontano episodio di evocazione, lo scrittore si ripresentava, venticinquenne, deciso ad occuparsi di «Magnetismo e di Spiritismo» allo stesso modo in cui si era occupato di entomologia, da amatore, convinto che di fronte a «quest’inatteso problema, diciamo cosı`, del mondo invisibile che gia` picchia forte all’uscio dei laboratorii» e «Durante questo periodo di 22

«Avevo quattro o cinque anni. Nella stanzetta che aveva due lettini, uno per lo zio canonico e l’altro per me [...] ho fatto, notte per notte, lo stessissimo sogno. Oggi che fin la scienza comincia a occuparsi di visioni, forse non dovrei dire sogno, tanto piu` che anche allora lo credevo proprio una realta`... Si riprodusse, notte per notte per due anni o poco meno. / Una notte [...] sognai o vidi un luccicore che s’insinuava nella mia camera – quasi penetrasse pei pori delle tavole, diventando gradatamente piu` intenso; e poi, senza che l’uscio si aprisse, apparve una bellissima signora, vestita di raso bianco con galloni e ricami d’oro. I biondi capelli le splendevano attorno al capo come un’aureola, ma i lineamenti del viso e gli occhi suoi erano immobili; pareva ch’ella avesse il viso coperto da una maschera di cera. S’inoltro` lentamente fino alla sponda del mio letto, guardandomi fisso, mi prese ignudo su le braccia e mi porto` via, con se´, facendomi passare a traverso l’uscio chiuso, come era passata lei...». 23 Queste tappe sono attestate dagli appunti di Capuana, riportati in Ricordi d’infanzia, Milano-Palermo, Sandron, 1922, e nell«indice delle progettate Memorie d’infanzia e di gioventu`, stampate in app. ai Ricordi (peraltro apparsi per la prima volta sulla «Gazzetta letteraria» in quattro puntate settimanali consecutive, corrispondenti ad altrettanti capitoli, dal 30 settembre al 21 ottobre 1893). 24 Scocia era anche direttore de «La Nuova Epoca», periodico di propaganda de «La Nuova Chiesa». Sugli interessi swedenborghiani di Capuana, cfr., oltre all’intervista con Ugo Ojetti, cit., gli articoli: Misteri dello spiritismo e I pianeti abitati secondo un illuminato, comparsi sul «Giornale d’Italia» il 14 e il 26 maggio del 1906; ora in Mondo occulto, cit. e il cap. XIII de Il marchese di Roccaverdina (pubbl. a puntate sul quotidiano «L’Ora» di Palermo, in volume presso Treves, Milano 1901).

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bizza o di esitazione degli uomini di scienza, e` ben lecito ai dilettanti l’intervenire nella discussione». L’attitudine amatoriale, che si mescola, in Spiritismo?, a un intento di «scientificita`», generando talvolta, a livello saggistico, un bizzarro pastiche teorico-narrativo, potrebbe oggi sembrarci ingiustificabile, se non ricordassimo che la storia della scienza e dell’epistemologia ottocentesche, principalmente per quel che riguarda questi territori di confine, sono interamente pervase da una tendenza «democratica» che consente anche ai profani di dire la loro sulla fisica e sulla astronomia, sull’etere e sull’abitabilita` dei mondi. E` un’ottica tutta «sperimentale», entro la quale appare coerente anche la candida affermazione di Capuana, secondo cui pure a «un mezzo ignorante» e` permesso raccogliere «fatti» e arrischiare ipotesi, nella speranza che «una persona ragionevole e competente» possa un giorno trarne partito nel «crogiolo dell’analisi positiva». Oggi anche i dilettanti – scriveva Capuana – sentono [...] l’influsso del metodo positivo e si sforzano, alla loro maniera e secondo le scarse forze, di metterlo in pratica»: nonostante «la loro curiosita` un po’ bracona» e il loro «gusto di correre dietro all’ignoto» senza «un chiaro e definito intendimento scientifico qualunque», «i non scienziati hanno un vantaggio» comunque: infatti la «mezza ignoranza [...] permette [loro] delle arditezze che lo scienziato evita con cura», e mentre osano «tentare l’assurdo, senza essere «dominati dall’interesse di difendere ad ogni costo teoriche in voga», «il caso [...] spesso li favorisce, facendoli inciampare in fenomeni degni di non passare inosservati25.

I «fatti» narrati in Spiritismo? si presentavano pero` cosı` singolari che lo scrittore non nascose la preoccupazione di apparire vittima di qualche «soperchieria», «preda di illusioni ottiche», e premise al suo resoconto un solenne giuramento, col quale assicurava i lettori sulla propria sincerita` e buona fede. Nonostante la precauzione, la straordinarieta` dei fenomeni indusse tuttavia alcuni, all’apparire di Spiritismo?, ad insinuare che Capuana stesso fosse rimasto «allucinato» («succede che coloro i quali sono presenti alle altrui allucinazioni meravigliose, ne partecipino»26 – o che addirittura tutto lo scritto rappresentasse una falsificazione simile a quelle per cui lo scrittore si era gia` fatto conoscere27: tali erano state sulle prime le reazioni 25

Spiritismo?, cit., pp. 63-69. «L’Illustrazione italiana», n. 32, 10 ag. 1884. 27 Per Capuana «falsificatore», cfr. la vicenda dei «canti popolari» siciliani, spacciati come autentico folklore e pubblicati da Lionardo Vigo nella Raccolta amplissima di Canti popolari siciliani, (Tip. Galatola, Catania 1870-742); l’episodio delle parodie rapisardiane (edite, dopo varie vicende, con pref. di G. Salvadori: cfr. L. C., Parodie: Giobbe, Lucifero, Catania 1884, 26

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28 di Pietro Siciliani e quelle del recensore della «Illustrazione italiana» ; quelle di Carducci, che, interpellato attraverso la moglie di Siciliani per un esame filologico delle «visioni» mistiche di un spirito sedicente «Jacopo Todiano» e ricevute da un giovanissimo medium scrivente, si era dapprima schernito, «in sospetto perche´ sa che in certe mistificazioni il Capuana riesce a meraviglia»29. Altrettanto poco credibile era sembrato il resoconto dei tentativi di scrittura medianica nei quali Capuana stesso affermava di essersi cimentato. La verita`, attestata dai numerosi riferimenti dell’epistolario e dal Diario spiritico pubblicato nel 1916 da «Luce ed Ombra»30, non sembra pero` oggi da mettere in dubbio. Stupisce invece la dimestichezza di Capuana con la prassi e la dottrina magnetica, che emerge dall’episodio di assoggettamento mesmerico di Beppina Poggi, presso i cui genitori lo scrittore era a pensione negli anni del noviziato letterario fiorentino31. La fiducia che

sempre per Giannotta) e la «canzonatura» ai danni dei «tanti pretesi cultori di letterature straniera» legata alle poesie dei Semiritmi, che furono pubblicate come opera di un poeta danese contemporaneo a partire dal 1882 sul «Fanfulla della Domenica» (la «canzonatura» fu svelata da Capuana stesso, in una nota all’articolo introd. su «W. Getziier», ripubbl. nella racc. di saggi Per l’arte, Catania 1885). Per queste vicende, cfr. C. Di Blasi, L. C. Vita, amicizie, relazioni letterarie, Mineo, Biblioteca ‘‘L. Capuana’’, 1954, pp. 71-80; G. Salvadori, L. C. parodista, in Parodie, cit., poi in Scritti bizantini, a c. di N. Vian, Bologna 1963; E. Ghidetti, Introd. ai Semiritmi, Napoli 1972, pp. 12 sgg. 28 Pubblicazioni foscoliane, in «L’Illustrazione italiana», n. 32, cit.: «si sarebbe spinti a non credere al Capuana, se non lo sapessimo incapace di vendere fandonie». 29 Sull’intervento di Carducci, cfr. lettera di Cesira Siciliani Pozzolini a Capuana, da Bologna, 22 gennaio 1884: «Gli lessi la sua lettera, ed egli mi si mostro` prontissimo a farLe cosa grata. Gli diedi le bozze. Gli basto` un’occhiata per dare il suo giudizio [...] In primis voglio confessarle che quella comunicazione lo mise in qualche sospetto perche´ sa che in certe mistificazioni il Capuana riesce a meraviglia [...] e poi disse (son sue parole): «[...] La lirica di Iacopone e` mescolata di moltissime dizioni e frasi umbre. Nulla di dialetto umbro e` nelle prose di queste bozze [...] Ma l’invenzione delle visioni e` molto felice e quasi corrispondente e in armonia ai tempi mistici». 30 Diario spiritico. Comunicazioni ricevute dagli spiriti per medianita` intuitiva di Luigi Capuana, in «Luce ed Ombra», a. XVI (1916), nn. 7-8 (pp. 338-52), n. 9 (395-403), n. 19 (431-40) Si tratta di ventisei «comunicazioni» ricevute a Mineo dal 20 ottobre al 28 dicembre 1870 da parte di «entita`» diverse. Rimasto inedito per molti anni, questo diario fu pubblicato da Angelo Marzorati, il quale lo ricevette dallo stesso autore. Recentemente e` stato ripubblicato a c. di A. Capuana, pronipote dello scrittore in A colloquio con me stesso? Diario tra «Spiritismo?» e «Mondo occulto», Roma, «Centro Studi e Divulgazione Luigi Capuana», 1985. 31 Capuana, giunto a Firenze nell’aprile del 1864, vi restera` fino al 1868, frequentando gli ambienti letterari della capitale toscana e iniziando l’attivita` di critico (sulla «Rivista italica» e poi sulla «Nazione»). Proprio sulle colonne del quotidiano fiorentino comparve nel ’67 (in quattro puntate, dal 3 al 9 ottobre) la prima novella di Capuana, Il dottor Cymbalus (poi in Un

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Capuana, discorrendo col Farina, dimostra nei confronti del potere magnetico («Tu sai che basta dire ad una sonnambula: ecco un serpente! [...] 32 perche´ quella provi realmente il ribrezzo della vista del serpente» ecc.) , derivava, nel 1884, oltre che dalle esperienze di Firenze, anche dalla soluzione di un diverbio, per ovvi motivi censurato nei resoconti di Spiritismo?, tra Capuana e la sua amante contadina, Beppa Sansone, sulla quale, nel corso di una delle lunghe assenze dello scrittore da Mineo, erano corse alcune chiacchiere paesane: colto da dubbi, lo scrittore aveva cercato di accertare l’innocenza della Beppa ricorrendo al magnetismo affinche´ ella «si confessasse colla sua stessa bocca»33. Non sappiamo con precisione quali informazioni Capuana ottenne in quella occasione. Certo e` che, nel 1864-65, nel caso della Beppina Poggi, egli seppe ripercorrere puntualmente, passo dopo passo, come da manuale, le tappe previste dalla letteratura specializzata, conducendo la giovane verso una completa dipendenza magnetica, grazie alla quale, «man mano che col procedere dei trattamenti aumentava la ricettivita` del soggetto» si producevano fenomeni sempre piu` straordinari: dalla modificazione percettiva all’allucinazione indotta, dalla perdita dei processi volitivi alla ideazione spontanea, dalla telepatia alla trance medianica. Infine, ben sapendo che «Dai fenomeni magnetici agli spiritici il passaggio vien cosı` agevole che si avverte appena» (Spiritismo?, p. 78), Capuana aveva voluto mettersi in contatto, tramite la sua «sonnambula», con lo spirito di Ugo Foscolo, per chiarire alcuni episodi di una biografia che aveva in mente di scrivere34. A quel punto, la trance si era emancipata dal controllo del magnetizzatore, bacio e altri racconti, Milano, Ottino, 1881), incentrata su una figura di scienziato-demiurgo che incarna, agli occhi dello scrittore, il dilemma della scienza contemporanea. 32 Ma in Fatale influsso, ammettera` che «i soggetti, come li chiamano, possono mentire anche durante la inconsapevolezza del sonno magnetico». 33 Cfr. lettera all’amico Guzzanti, del 1879 (?), da Milano: «Beppa e` sicura di se´? A meta` d’ottobre sara` qui. Ma badi! Qui la sottoporro` all’esame che so io. Qui si confessera` colla sua stessa bocca e se risultera` colpevole per sua stessa confessione l’abbandonero` per sempre». E l’altra, dello stesso periodo: «Ho lavorato tutto il giorno, ho scritto otto pagine di lettera per la Beppa e quasi non ci veggo. Da essa capirai il mio stato d’animo. Questo fatto muta le mie soluzioni: la Beppa dovra` restare con me finche´ io non sapro` la certezza; e questa potro` saperla infallibilmente quando saro` costı`. [...] Il mezzo infallibile e` la magnetizzazione. Le magnetizzate rivelano tutti i misteri della loro vita perche´ credono di parlare con se stesse e non essere ascoltate. Appena saro` costı` magnetizzero` la Beppa...» (in Di Blasi, L. C. originale, cit., pp. 144-45. 34 C. nutriva da tempo questa intenzione: essa compare gia` nel 1857 tra i progetti imminenti. Cfr. C. Musumarra, Un carteggio giovanile di L. C. Lettere all’amico Giovanni Squillaci, in «Archivio storico per la Sicilia Orientale», a. LXVIII, fasc. II, 1972, pp. 461 e 458.

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evolvendo verso «una crisi quasi identica alla gran nevrosi dell’isterismo». Di fronte ad un «sonno» trasformatosi in una sorta di «invasamento» da parte di «entita`» che si manifestavano sovvertendo le «leggi della fisica», di fronte a quella che assumeva la parvenza di una possessione diabolica, in cui «lo spirito del cantor dei Sepolcri [...] fosco, fremente, iracondo» trasci35 nava la Beppina «per luoghi paurosi infliggendole pene e tormenti» , era ben difficile restare impassibili. Nel dubbio che questa crisi «magnetica, isterica o spiritica» fosse irreversibile, il Nostro, incapace di arginarla, finira` col ricorrere a metodi poco scientifici ma senz’altro efficaci, come documenta la lettera inviata da Firenze, il 25 settembre 1864, alle sorelle: Ho ricevuto le vostre letterine e ve ne ringrazio di vero cuore; soprattutto vi ringrazio del bell’abitino della Madonna che subitamente ho indossato invece di un altro che mi avevano regalato i padroni di casa. Lo Spirito non si e` fatti piu` ne´ vedere ne´ sentire36.

La paura di quei giorni, di cui rimarra` a lungo il bruciante ricordo, echeggia ancora nella chiusa del XIX dei Semiritmi, quello citato nella Lettera aperta a Luigi Pirandello, con tutta probabilita` scritto durante la prima ideazione di Spiritismo? : «Lasciateci in pace, ricoricatevi tosto / dentro le vostre tombe! / [...] Disperdetevi in atomi pel cielo azzurro! / Disperdetevi in atomi pel mare immenso! / Disperdetevi, disperdetevi, disperdetevi!», vero scongiuro di un’anima inquieta all’indirizzo delle «anime trapassate». Una soluzione piu` spiccia del complicato rapporto di reciproca seduzione magnetica proponeva, a posteriori, Giovanni Verga il quale, espresso il proprio scetticismo su «codesta scienza magnetico-spiritica» di cui si diceva «molto ignorante», si soffermava sulla «eccitabilita` della fantasia» e sul «bisogno e la sete di meraviglioso delle persone che posseggono una estraordinaria attivita` mentale che non e` fissata entro dati limiti da una occupazione definita»; e, dopo la frecciata all’amico troppo neghittoso di fronte ai «doveri» della scrittura, concludeva: Morale. Se tu mi scrivessi quella benedetta commedia sarebbe cento volte meglio per te e per me. Con quella tua Beppina che aveva urgente bisogno di andare in letto con lo spirito di Ugo Foscolo avresti fatto molto meglio

35 36

Cosı` «BAT» ne «L’Illustrazione italiana», n. 32, cit. Cit. in Di Blasi, L. C. originale, cit., p. 115.

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ad andare a dormire tu stesso in carne e in ossa per calmare gli isterismi del suo utero37.

L’autore dei Malavoglia non aveva previsto che la curiosita`, l’eccitazione, i dubbi, persino i rimorsi per la tragedia sfiorata a Firenze, avrebbero oltrepassato i confini della ricerca psichica e sarebbero diventati per Capuana stimolo e argomento per l’attivita` letteraria. L’incertezza che pervade Spiritismo? , in bilico tra scienza e esoterismo, tornera` infatti, nei racconti degli anni successivi, a turbare scienziati che operano sul limite sul sovrannaturale, e si riaffaccera` nei dubbi del marchese di Roccaverdina, incapace di decidere, a proposito delle «magherie» di don Aquilante, gran spiritista, «se si trattasse di operazioni diaboliche o di fantasticaggini e allucinazioni»38; la «crudelta`» dello sperimentatore riapparira` nel sembiante dei numerosi ricercatori intenti a compiere pericolosi esperimenti su un uomo, piu` sovente su una donna, come in anima vili (e` questo il titolo di una delle novelle del Decameroncino39); l’intera vicenda della Beppina, e il movente del dubbio amoroso affacciatosi a proposito della Beppa Sansone, saranno rielaborati, con esito tragico, nel racconto Fatale influsso, in cui l’abuso di magnetismo condurra` alla follia e alla morte; l’ossessione spiritica dara` corpo al terrore che pervade la novella Un vampiro; i grimoires che promettono ricchezze e tesori – motivo legato ovviamente anche al repertorio folkloristico – ricompariranno nelle Paesane40 e l’innamoramento per il Ritratto di ignota di van Dyck si trasfigurera` nel macabro esperimento della Redenzione dei capilavori 41. I casi eccezionali che ne Il Decameroncino sono occasione per dimostrare lo scacco della ragione scientifica, diventeranno, ne La volutta` di creare, argomento di episodi il cui epilogo tradisce una mutata considerazione della scienza, ormai in posizione di minorita` rispetto al fantastico e al sovrannaturale. Ma gia` in Spiritismo? , Capuana confessava che «Con questi benedetti fenomeni magnetici e spiritici [...] si brancica tuttavia nell’oscuri37

G. Verga a L. Capuana, da Milano, 31 luglio 1884, in Carteggio, cit. Il marchese di Roccaverdina, cit., cap. I. Nel romanzo (cfr. anche cap. XVII) sono assai frequenti i riferimenti alla pratica spiritica, per mezzo della quale don Aquilante, caratteristica figura di ricercatore dell’occulto, tenta di scoprire l’assassino di Rocco Criscione. 39 Catania, Giannotta, 1901. 40 Un vampiro, pubbl. in «La lettura», luglio 1904; poi nel vol. omonimo, con la novella Fatale influsso (Roma, Voghera, 1907), significativamente dedicato a Cesare Lombroso. Le Paesane furono edite a Catania, da Giannotta, nel 1894. 41 Comparsa in «Natura e arte», 1 aprile 1900, poi in Il benefattore, Milano, Aliprandi, 1911 e in La volutta` di creare, Milano, Treves, 1911. 38

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ta`», alla ricerca di un agente che puo` essere «il fluido magnetico, l’elettricita` o altro [...] ancora senza nome». La scienza al presente, ne sa – ne´ piu` ne´ meno – quanto noi due – scriveva rivolgendosi al Farina –; e le sue spiegazioni [...] non presentano certamente maggiore solidita` della mia». «Si tratta, probabilmente, di sfumature, forse; ma chi potrebbe dirci in questo momento dove il sonnambulismo finisca e la gran nevrosi incominci? Dove il sonnambulismo finisca e incominci lo Spiritismo?». Chi ci dice «che simili fatti non possano esser effetto di una legge semplicissima, fenomeno tanto naturale quanto l’emissione della voce? [...] Dove finisce il naturale e dove comincia quell’altro? chi ne ha segnato il confine?» La scienza [oggi] – scrivera` qualche anno piu` tardi a Pirandello – e` una scienza astratta[...] Come volete che essa possa dimostrarci «la necessita` di conformarci alle condizioni dell’esistenza, persuaderci che la norma direttrice della vita si deve cercare nell’adattamento e l’ideale di essa nello sviluppo perfettivo» se di quelle condizioni, di quelle norme, di quell’ideale perfettivo essa sa poco, assai poco e chiude gli occhi e si chiude le orecchie per non vedere e non udire quel che viene a dimostrarle la sua miseria attuale?42.

La ricerca psichica, anche per Capuana, rappresenta di fatto il banco di prova, fallimentare, della scienza. E, tuttavia, ai tempi di Spiritismo? , gli esperimenti medianici sembravano allo scrittore poter suggerire qualche risposta anche a una «grande interrogazione psicologico-letteraria» che gli stava a cuore: quella delle «communicazioni in forma artistica», riguardante la natura dell’ispirazione e la genesi dell’opera d’arte. Prendendo le mosse dal resoconto dell’attivita` di scrittura automatica di due ragazzi appena adolescenti, brevemente accennando ai tentativi fatti in proprio e dilungandosi invece su personali esperienze di indicibile facilita` creativa, Capuana arrivava ad affermare che l’opera d’arte, quando e` tale, scaturisce dalle «misteriose oscurita` dell’incoscienza» e assume il carattere di una «particolare allucinazione, la quale differisce dalle sonnamboliche unicamente per gradi, minimi o massimi, d’intensita` e non per la intima sua natura». «Per quanto sia vero che la riflessione entri oggi nell’opera di arte in maggior quantita` che non pel passato, c’e` sempre un punto, nell’atto della produzione, in cui la facolta` artistica agisce con completa incoscienza»: «Il mestiere, il tecnicismo giova, fino a un determinato grado», dichiarava lo 42 Le citazioni sono tratte da: Spiritismo? Mondo occulto, Lettera aperta a Luigi Pirandello in Mondo occulto, cit., pp. 77-78, 186 e 241.

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scrittore; «i dati piu` immediati della realta`» e quelli «condensati [...] dall’eredita`» «concorrono» alla produzione dell’opera d’arte, eppure «Non c’e` propriamente un vero sviluppo, una vera coordinazione, assimilazione, organizzazione di elementi personali recenti, remoti, ereditarii; ma bensı` una fioritura della immaginazione nella temperatura primaverile dello spirito, sotto una luce raggiante proveniente chissa` da dove. L’analogia delle produzioni che ne risultano colle communicazioni spiritiche e` spic43 catissima» .

Il vantaggio che il sovrannaturale, gia` nel 1884, dimostra di aver acquisito rispetto alla razionalita` empirica, oltre ad essere espressione di un mutato atteggiamento nei confronti della scienza, o per lo meno di una ambivalenza radicalizzatasi nel tempo, era in realta` anche intimamente coerente con l’evoluzione della concezione estetica capuaniana. Lo scrittore, dopo le incertezze che gia` si presentono in alcuni saggi poi raccolti nella seconda serie degli Studii sulla letteratura contemporanea cominciava ormai a travalicare i limiti del naturalismo giovanile, quale si era espresso negli scritti critici anteriori all’8044 e, sulle pagine di Spiritismo?, mostrava di essersi incamminato, in sede critica, sulla via che dall’ultimo De Sanctis?g lo condurra` a Croce. Il saggio Per l’arte confermera`, poco dopo, questa direzione, la quale, negli anni avvenire, portera` lo scrittore ad accentuare progressivamente, in sede teorica, la natura alogica dell’opera d’arte, la quale seppure desanctisianamente e` «Forma» tuttavia sempre piu` tende ad inverarsi come «miracolo», come «mistica autogenesi»45, manifestandosi per vie e in modi non diversi dalle facolta` occulte. Nel volume Per l’arte, l’immaginazione e la fantasia, «divine facolta`», sono ormai garanzia dello «spiraculum vitae» senza il quale non esiste capolavoro. Proprio a partire da queste posizioni, che i testi «paralleli» di Spiritismo? e di Per l’arte descrivono, Capuana insistera` sempre di piu` sulla componente «misteriosa» del processo creativo, sulla forma come «creatura viva» che si impossessa «dell’immaginazione dell’artista e non si lascia piu` guidare o comandare; lei comanda e guida [...] senza che l’artista possa disobbedirle»: infatti «Ogni opera d’arte, su per giu`, e` un sogno ad occhi aperti» non dissimile da un fenomeno sonnambolico, da una «possessione»,

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Spiritismo?, cit., pp. 119-21. Quelli poi raccolti in Il teatro italiano contemporaneo, Palermo, Pedone Lauriel, 1872 e negli Studii sulla letteratura contemporanea, prima serie (Milano, Brigola, 1880). 45 C. A. Madrignani, Capuana e il naturalismo, Roma-Bari, Laterza, 1970, p. 230. 44

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a causa della quale l’artista, alle prese con suoi i personaggi, rischiera` a un 46 certo punto di assomigliare ad un medium assediato dai suoi fantasmi . Verso la fine degli anni ’90, di pari passo con l’evoluzione delle posizioni teoriche, il ricorso alla dimensione «psichica» diverra` particolarmente insistito e il paranormale, o meglio il parapsicologico, finira` per diventare, nel Capuana novelliere, il luogo della conciliazione tra aderenza alla realta` e gusto per il fantastico, tra dato scientifico e immaginazione, tra «naturalismo» e «idealismo». Il compimento supremo dell’arte, la sua piu` perfetta realizzazione, coincidera` ormai d’altra parte, per il critico, con una assoluta autonomia, comprovata dall’analogia della ideazione creativa con facolta` solo apparentemente extraletterarie e appartenenti alla sfera extracosciente e magica dell’io. Ci sembra significativo, a questo punto, sottolineare il fatto che il passaggio si sia compiuto sull’onda di un evoluzionismo spiritualistico (caratteristico per altro anche delle contemporanee scuole esoteriche) che, per il tramite di De Meis e di una ambigua componente idealistica, era approdato alla estrema valorizzazione della psicologia supernormale. Sui fondamenti teorici di questa ideologia, configuratasi proprio sulle pagine di Spiritismo?, Capuana stesso, palesando il proprio imbarazzo con il ricorso al «dilettantismo», ci offriva allora la chiave, descrivendo lo «strano connubio» di idealismo, di positivismo, di spiritismo» e di misticismo che, attraverso De Meis e una Fenomenologia dello Spirito «mal masticata» e «mal digerita», cominciava gia` a indirizzarsi verso quello che pur gli sembrava «il giusto punto di vista [...] egualmente distante dalle dommatiche affermazioni dei positivisti del materialismo e dei metafisici dell’idealismo» e che Croce, quasi trent’anni piu` tardi, avrebbe chiamato una «tendenza alla combinazione e conciliazione estrinseca»47, capace di confondere la filosofia dello spirito con la filosofia degli spiriti. Le conclusioni di Spiritismo? 48, che identificano nella forza psichica di Crookes la causa agente dei fenomeni medianici e spiritici e, in generale, di tutte quelle facolta` di cui quelli sono espressione, confermano che questi 46 Cit. da: La crisi del romanzo, in Gli «Ismi» contemporanei, Catania, Giannotta, 1898 (rist. a c. di G. Luti, pp. 45 e 51). E` noto che la novella posta a Conclusione della raccolta Il Decameroncino, e` stata indicata come possibile fonte di ispirazione dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello: cosı` L. Tonelli, Il carattere e l’opera di L. C., in «Nuova Antologia», 1 maggio 1928 (poi in Alla ricerca della personalita`, Serie II, Catania 1929) e E. Scuderi, L. Capuana anticipa Pirandello, in «L’osservatore politico letterario» 1965, 2, pp. 67-72. 47 B. Croce, Cultura e vita morale, cit., p. 31 (1908). 48 Le citazioni da Spiritismo? sono tratte dalle pp. 89, 117-18 e 134-35.

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sviluppi erano nell’aria gia` attorno agli anni ’80 e stavano per trapassare dall’ambito ristretto della letteratura magico-occultistica, a quello piu` vasto della letteratura e delle «ideologie». Proprio in Spiritismo?, lo scrittore, che vediamo propendere per il riconoscimento di un agente causale identico alla «forza psichica» teorizzata da Crookes (citato nella II Appendice del libro), invochera` l’esistenza di «un qualcosa non semplicemente materia» ne´ «puro spirito immortale», alla luce del quale, dira` qualche anno dopo: il mondo naturale e il mondo soprannaturale accennano a confondersi insieme e formare una cosa sola, il mondo della realta`; realta` varia, infinita, che parte dall’atomo per elevarsi via via fino alla forma, diro` cosı` senza forma, alla spirituale, dove il fenomeno e il pensiero che lo studia si riconoscono identici49.

Quando, dodici anni dopo, Capuana pubblichera` Mondo occulto a Napoli, per l’editore Pierro, significativamente dedicandolo a Vittorio Pica e a Benedetto Croce, la ricerca psichica avra` conquistato strati molto piu` larghi del mondo scientifico e intellettuale, permettendo alla metapsichica di fare il suo ingresso ufficiale nei Congressi internazionali di psicologia. Alcune scoperte scientifiche (in particolare quella dei raggi Ro¨ntgen, avvenuta nel 1895), potevano, gia` nel ’96, essere invocate come «qualcosa che ci metterebbe in circostanza di concedere a tutti la ora rara facolta` dei medium veggenti, e ci aprirebbe le porte del cosiddetto di la`». La cautela ispirata a Capuana, nell’84, dalle persistenti diffidenze del mondo accademico era caduta definitivamente: grazie «alla savia spregiudicatezza di parecchi scienziati» «i fatti cosı` detti spiritici» avevano «assunto tale valore scientifico da permettergli di uscire dal riserbo». L’«immensa congerie di notizie [...], relegata nel limbo delle storie primitive, delle tradizioni, delle superstizioni popolari» iniziava ad essere considerata «una divinazione, o per lo meno un presentimento di fenomeni elevatissimi, troppo malaccortamente e troppo superbamente trascurati»: cominciamo anzi a non piu` meravigliarci – scriveva Capuana – che questa eta` di positivisti stia per essere compromessa dai tentativi di alcuni imprudenti lasciatisi attrarre dalla stranezza dei fenomeni fino a non peritarsi di studiarli come tutti gli altri fenomeni chimici, fisici, biologici, patologici, psicologici50.

49 50

Cfr. Mondo occulto, in Mondo occulto, cit., p. 168. Mondo occulto, in Mondo occulto, cit., pp. 194 e 165-67.

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Determinante, in questo mutamento, era stata soprattutto l’attivita` della medium Eusapia Paladino, la quale stava allora registrando, sia in Italia che 51 all’estero, i suoi maggiori successi : nel 1891, ispirato in buona parte agli «esperimenti» di Eusapia, era uscito il libro di Angelo Brofferio Per lo spiritismo52, notato e discusso anche da Gentile53; e a causa di Eusapia si era anche «convertito» allo spiritismo Cesare Lombroso54, il quale, per «debito di lealta`», aveva pubblicato la propria ritrattazione. Dalle colonne della «Tribuna Giudiziaria» di Napoli, Lombroso aveva dichiarato: Io sono molto vergognato e dolente d’aver combattuto con tanta tenacia la possibilita` dei fatti cosiddetti spiritici; dico dei fatti perche´ alla teoria sono ancora contrario. Ma i fatti esistono ed io dei fatti mi vanto di essere 55 schiavo .

Alla apostasia di Lombroso, Capuana dava ora grande risalto, pubblicando in appendice a Mondo occulto, il verbale, sottoscritto da Lombroso e da suoi illustri colleghi (tra i quali figuravano anche Aksakov, Richet, Schiaparelli, Brofferio) di una seduta svoltasi a Milano con la Paladino. Anche il suo libro, in qualche modo, era stato scritto per adempiere a una promessa non scritta. Dopo la pubblicazione di Spiritismo? Eugenio Checchi aveva infatti ammonito l’amico: 51

Su Eusapia Paladino, il cui nome e` da Capuana storpiato in «Paladini» (Minervino Murge 1854 – Napoli 1918), cfr. E. Morselli, Psicologia e «spiritismo», cit., interamente incentrato sulle osservazioni registrate da Morselli e dai suoi assistenti nel corso di varie sedute «sperimentali» con la medium tenute, a piu` riprese, negli anni 1901-1907. Cfr., qui, anche il cap. I. 52 Milano 1891, 19033. 53 G. Gentile in Le origini della filosofia contemporanea in Italia, Messina, Principato, 1921, 2 voll., II, pp. 377-410. 54 Cesare Lombroso, la cui «conversione» e` documentata anche dal resoconto di Capuana, era stato invitato ad esaminare i fenomeni prodotti dalla Paladino fin dall’agosto 1888 (da Ercole Chiaia, mentore della medium, proprio dalle pagine del «Fanfulla della Domenica [n. 34, 19 agosto 1888: Una sfida per la scienza. Lettera al Prof. Lombroso]); benche´ disponibile (cfr: l’Accettazione della sfida, in «Fanfulla della Domenica», n. 36, 2 sett. 1888) Lombroso aveva consentito ad assistere alle sedute solo nel 1891. In seguito a quell’esperienza, gia` nel giugno 1891 (fedele alla clausola che, se l’esperimento fosse riuscito avrebbe attestato «per debito di lealta`, [...] senza circonlocuzioni, senza reticenze e sottintesi [...] la serieta` del fenomeno, promettendo d’indagarne le cause segrete»: Chiaia, art. cit.), Lombroso pubblicava sulla «Tribuna Giudiziaria» una Lettera al Cav. Ciolfi in cui «arrossendo d’aver finora combattuto con tanta ostinazione la possibilita` dei fatti spiritici» scriveva di essere stato finalmente indotto a dubitare del proprio scetticismo. 55 Lettera al cav. Ciolfi, cit., giugno 1891.

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FUTURISMO ESOTERICO

quando tu otterrai, come le ho ottenute io, le prove di assoluta identita` [...]; quando al pari di me [...] parlerai con individui di tutti i secoli [...] allora tu, che ammetti la buona fede di coloro che sperimentano, dovrai ammettere molte altre cose, dovrai ammettere tutto: e scriverai forse allora un secondo libro, senza bisogno del parafulmine di quel punto interrogativo56.

Cosı` lo scrittore, che nel frattempo aveva acquisito alcune certezze e si era avvicinato allo studio delle religioni, si accingeva nel ’96 a spiegare le ragioni del suo mutato orientamento in un libro che derivava il titolo da chiare suggestioni teosofiche57 e che, con le sue dichiarazioni, segnava il passaggio dalla «crisi religiosa» della «prima giovinezza» e dal «vanitoso ateismo giovanile» alla fede in un mondo «di la`» (poi chiaramente attestata dal «testamento spirituale» ritrovato dopo la morte58 ma gia` espressa nel 1895, nell’intervista rilasciata a Ugo Ojetti). Mondo occulto non riusciva pero` ad avere il respiro saggistico di Spiritismo? Caduto l’assetto problematico, veniva meno la «tensione» compositiva del testo, che in qualche tratto finiva per essere troppo indulgente con una impostazione aneddoticodivulgativa, cui non mancavano momenti di enfasi «apostolica»: Chi non teme di trovarsi, un giorno o l’altro, in immediato contatto col diavolo; che non ha la mente cosı` piccina da non accorgersi che sarebbe assai grande presunzione il negare, in nome del pochissimo che oggi si sa, fin l’esistenza del moltissimo ignorato, e non bene accertato o attualmente inesplicabile; chi non si serve della propria diffidenza di uomo positivo come pretesto per non cimentarsi in ricerche lunghe e difficili, in prove e controprove di assai delicata natura; tutti, senza lasciarsi imporre [timore?] dalle sarcastiche malignita` degli ignoranti, dovrebbero spingersi, con modi diversi e per diverse vie, alla ricerca di questo Mondo occulto che e` fuori di noi e dentro di noi, e del quale ci arrivano oggi piu` che mai echi vicini e 59 lontani, rivelazioni improvvise, sprazzi di luce che abbagliano [...] . 56

Un interrogativo, cit. The Occult World era intitolato il libro del medium teosofico A. P. Sinnett (London 1881), che Capuana cita nel traduzione francese a p. 53 del suo testo. 58 Ritrovato tra le carte di Capuana dopo la sua morte e databile, secondo Di Blasi tra l’agosto e l’ottobre 1915, pochi mesi prima del decesso (avvenuto il 29 novembre 1915): «Testamento spirituale. Sono un credente! Forse faccio male a non essere un praticante nel miglior senso di questa parola. / A poco a poco, dal vanitoso ateismo giovanile la mia sincera riflessione mi ha convinto che come accettiamo tante ineluttabili leggi fisiche dobbiamo accettare anche le spirituali che non sono meno ineluttabili di quelle. / Il fatto religioso non e` una accidentalita`...» (in Di Blasi, L. C. originale, cit., pp. 288-89). 59 Mondo occulto, cit., pp. 192-93. 57

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Qui, come nella Prefazione alle Cronache letterarie e in numerosi passi degli articoli piu` tardi, la fede dava le ali alla fantasia, la prosa prendeva il volo e lo scrittore, abbandonate le reticenze, lasciava finalmente intendere, di fronte ai nuovi orizzonti del XX secolo, che «dovra` essere denominato 60 Secolo dello spiritismo» , l’intenzione di un monito e di un richiamo piu` profondo alla coscienza dei contemporanei. Il percorso si compira`, sul piano teorico, nel 1899, con un saggio, Nuovi ideali d’arte e di critica, pubblicato come Prefazione alle Cronache letterarie. Allora, divenuto membro onorario della milanese ‘‘Societa` per gli studi psichici’’ di Angelo Marzorati, lo scrittore non nascondera` quasi piu` di essere un convinto assertore di quel mondo «supernormale» che «gli spiriti fanno bene a venire, di tanto in tanto, a ricordarci» (Lettera aperta a Pirandello, cit.). In quella Prefazione, Capuana, prefigurando i modi di espressione dell’ «Arte in un lontano avvenire», tracciava il disegno di un’evoluzione progressiva di forme che approdava a delineare l’«opera d’arte futura» scaturita dal «continuo perfezionamento dei nostri sensi». Anticipando l’Uomo-Dio dei leonardiani e l’Uomo moltiplicato di Marinetti, Capuana immaginava un essere perfetto, estremo prodotto dell’evoluzione della specie, per cui la creazione si sarebbe risolta in un semplice atto di esteriorizzazione della volonta`: C’e` un altro mondo in questo mondo, c’e` un’altra natura dentro la nostra natura. S’intravedono facolta` incredibili, si scorgono bagliori di forze prima ignorate o trascurate. L’invisibile diventa visibile, l’occulto si manifesta; leggi, o quelle credute tali, da cui sembrava che il nostro organismo e la natura fossero ferreamente dominati, non appaiono piu` tali. Quel che ieri era tenuto per fantastico, per impossibile, per supernaturale, diventa realta`, o meglio viene scoperto realta` altrettanto naturale che quella comunemente chiamata cosı`. Tutti i limiti cedono; non si allontanano soltanto, ma spariscono.

Tra questi limiti destinati a recedere o a scomparire, vi sono anche i limiti delle facolta` umane, il cui indefinito ampliamento e` fin da oggi annunciato, secondo Capuana, da «una forza che il nostro imperfetto linguaggio si rassegna a chiamare psichica, perche´ la scienza non sa a chi addebitarla, ne´ come contrassegnarla» e di cui «ormai nessuno puo` dubitare».

60

Il Di la`, ora in Mondo occulto, cit., pp. 225-31.

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Questo nostro pensiero che finora si e` manifestato servendosi della materia, marmo, tavolozza, suono, parola scritta, pare abbia tanta potenza creativa in se stesso, da poter fare a meno di questi mezzi che non riescono a renderlo in tutte le sue sfumature. Ora, la forza psichica, dovra` produrre nel lontano avvenire un’Arte della quale non possiamo formarci neppure un’idea approssimativa, in corrispondenza delle nuove facolta` che avra` allora acquistato l’umano organismo [...] Sappiamo che un individuo [...] puo` con essa oggettivare, materializzare il pensiero, dargli forma visibile e tangibile, forse esplicando poteri intimi suoi propri, forse impossessandosi di elementi circostanti e ignoti alla scienza. S’intravede pero` che quel che ora e` accidentale potra`, anzi, dovra` essere normale, soggetto alla ragione, come son diventate normali e soggette alla ragione tante altre forze della natura; l’elettricita`, per esempio. Immagina dunque [...] cosa potra` essere l’opera d’arte quando il pensiero non incontrera` piu` ostacoli nel marmo, nella tela, nei colori, nei suoni, nella parola; quando l’opera d’arte si formera`, si esplichera` con la stressa rapidita` e la stessa nettezza dell’idea, cioe` quando il pensiero diventera` visibile, tangibile, quantunque fuggevole forse, e mutabilissimo, come la sua natura di pensiero comporta; quando insomma le creazioni dell’intelletto immaginativo vivranno, sia pure per qualche istante, realmente fuori di noi, quasi proiettate da un cinematografo infinitamente superiore a quello inventato dai fratelli Lumie`re... (pp. XXIX-XXXI).

Il tono profetico di queste parole, che in alcuni tratti ci ricorda le visionarie formulazioni di Marinetti (pensiamo, in particolare a quelle contenute ne L’Uomo moltiplicato e il Regno della Macchina del 1910), era smorzata da un pallido artificio, per mezzo del quale Capuana attribuiva le sue parole a una figura di scienziato «cui la serieta` degli studi filosofici, scientifici e anche teologici non ha ammortito la vivacissima fantasia» (p. XXV). Tuttavia Capuana, ribadendo la propria adesione alla frase di Shakespeare posta anni prima ad epigrafe di Spiritismo? confessava egli stesso di non aver potuto sorridere di fronte a quelle futuristiche ipotesi: «Ho visto diventare realta` tante cose giudicate da gran tempo impossibili – concludeva – che piu` non oso rimanere scettico neppure davanti l’assurdo».

8 MARINETTI GRAN MAGO Abbiamo finanche sognato di poter creare, un giorno, un nostro figlio meccanico, frutto di pura volonta`, sintesi di tutte le leggi di cui la scienza sta per precipitare la scoperta. (F. T. Marinetti, Contro l’amore e il parlamentarismo) Io sono, io sono, io sono, ritto come un chiodo piantato nel cerchione di una ruota... ritto come una freccia sulla corda di un arco teso... Ma chi dunque mi scocca?... E contro chi? (F. T. Marinetti, Mafarka il futurista)

Combinando evoluzionismo e idealismo, la teoria del fluido con l’ipotesi della forza psichica, osservando i fenomeni che alcuni dotatissimi medium provocavano alla presenza di accreditati testimoni, si poteva dunque anche arrivare a coltivare l’utopia di un’arte manifestantesi come pura emanazione psichica, come caleidoscopica performance della mente creativa, lampo, visione, effimera ma eccelsa realizzazione del pensiero. Si trattava di un sogno demiurgico, che pure, allora, sembro`, a qualcuno, avere fondamento e giustificazione in quanto si diceva potesse essere evocato, sotto gli occhi di tutti, da chi, per natura o disciplina, medium o mago, era capace di attivare alcuni poteri psichici latenti. Questa suprema ambizione, come intima tensione, era operante gia` nella forza visionaria e evocativa, nell’incanto musicale, nella potenza emblematica della poesia simbolista, in cui si possono ravvisare i primi e piu` immediati riflessi di quella atmosfera magica che si respirava allora in Europa e che Marinetti, che pure vi attinse abbondantemente ispirazione, non manco` di rilevare, sottolineando, nei versi di Mallarme´, quella «symphonie poe´tique... de´finitive et magique» derivante da «leur puissance

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e´vocatrice, leur prodigieuse harmonie et leurs innombrables sorcellerie 1 verbales» . Il simbolismo, com’e` noto, non aveva ottenuto in Italia la diffusione e la popolarita` che aveva avuto e di cui ancora godeva, in Francia, all’inizio del secolo. Ne´, tra i simbolisti italiani, gli interessi occultistici, benche´ presenti, erano stati cosı` evidenti come nel milieu simbolista francese2. Il simbolismo, in Italia, fu infatti rappresentato da personaggi appartati, che, come Lucini, Campana, Onofri e Romolo Quaglino, svilupparono la loro ricerca in direzioni diverse3; tuttavia, non risulta difficile, in molti casi, ricondurre ad un ambito comune di risonanza le immagini e le «figurazioni ideali» che popolano la loro produzione poetica. Poeti come Dal Molin Ferenzona, Cardile e Onofri, che potrebbero essere appropriatamente citati ai fini del nostro discorso, diedero relativamente tardi le loro prove piu` significative e riconoscibili. Nel panorama italiano, come gia` abbiamo accennato, le piu` spiccate, e inequivocabili, propensioni occultistiche si manifestarono in scrittori ancora legati all’ambito dell’ultimo romanticismo, scapigliato e non, come in Antonio Fogazzaro e in Salvatore Farina, in alcuni protagonisti del tardo realismo, come in Capuana, o, in personaggi eccentrici come Pirandello (con i limiti che abbiamo evidenziato4) e D’Annunzio, il quale, con esoterismo e occultismo intrattenne sicuramente legami non effimeri5.

1

F. T. Marinetti, J’aime entre tous le poe`te Ste´phane Mallarme´, in Les poe`tes et leur poe`te, «L’Ermitage», XIII, 2 (febb. 1902), pp. 121-22. Ricordiamo che a Marinetti si deve la prima significativa antologia di scritti di Mallarme´ tradotti in italiano (S. Mallarme´, Versi e prose, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1916. L. De Nardis nel suo Mallarme´ in Italia, MilanoRoma-Napoli-Citta` di Castello, Soc. Editoriale «Dante Alighieri», 1957, p. 79, segnala la pubblicazione della trad. di He´rodiade e di Les feneˆtres in «Le lettere», 31 mar. 1920). Cfr., ancora, M. D’Ambrosio, Introduzione a Le «commemorazioni in avanti» di F. T. Marinetti, Napoli, Liguori, 1999, pp. 19 sg. e nn. 2 Cfr. A. Viatte, Les sources e´sote´riques et occultes de la poe´sie symboliste, cit. 3 Cfr. M. Luzi, L’idea simbolista, Milano, Garzanti, 1959; G. Viazzi e V. Scheiwiller, Poeti simbolisti e liberty in Italia, Milano, Scheiwiller, 3 voll., 1967-72; G. Viazzi (a c. di), Dal Simbolismo al De´co, Torino, Einaudi, 1981; e S. Giovanardi, La presenza ignota, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1982. G. Viazzi, in G.P. Lucini, Le Antitesi e le Perversita`, Parma, Guanda, 1970, pp. XXX sg.; D. Cofano, Il crocevia occulto, cit. 4 Ma cfr., a questo proposito, G. Macchia, Pirandello o la stanza della tortura, Milano, Mondadori, 1981, pp. 46-62. 5 Cfr. Anonimo, D’Annunzio e Mattia Corvino, in «L’Eroica», giu. lu. 1938, cit. in G. Lista, Futurismus und Okkultismus, in Okkultismus und Avantgarde, cit.; «La Stampa», 7 apr. 1907; «Luce ed Ombra», 5 maggio 1907; e A. Mazza, D’Annunzio e l’occulto, Roma, Mediterranee, 199l, che, pur con qualche lacuna documentaria, pone questioni che varrebbe la pena di approfondire ulteriormente. Per Ferenzona, cfr. al cap. 12.

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In campo artistico, dopo Segantini e Medardo Rosso, le cui sculture in 6 cera vennero da De Chirico apparentate ad ectoplasmi , le piu` forti suggestioni spiritualistiche furono esercitate da Previati, che sui pittori futuristi, in particolar modo su Boccioni e su Balla, ebbe sicura influenza. Con cio` non vogliamo dire che in Italia il simbolismo non abbia trovato una via d’espressione e che non abbia influito sul gusto e sulle poetiche, anche attraverso la letteratura francese. In realta`, come ha scritto Antonio Gramsci, «tutta la vita intellettuale italiana fino al 1900 (e precisamente fino al formarsi della corrente culturale idealistica Croce-Gentile) [...] e` semplicemente un riflesso francese»: e` infatti perfettamente vero che «Se non si studia la cultura italiana ... come un fenomeno di provincialismo francese, se ne comprende ben poco»7. La poesia e la letteratura di oltralpe, impregnate di suggestioni simboliste e magiche, riverberandosi per via indiretta sulla produzione letteraria italiana, d’avanguardia e non, vi immisero cosı` inquietanti fermenti che, seppure non diedero direttamente vita a scuole o a correnti riconoscibili come tali, giunsero a gettare i loro bagliori fin sulla poesia ermetica. Ma in Francia, e in particolare a Parigi, l’ambiente intellettuale era saturo di esoterismo, di curiosita` spiritiche e perfino alchimistiche. In considerazione di questo fenomeno, che aveva assunto, tra i letterati, le proporzioni di un dato culturale generalizzato, Anatole France, nel 1890, aveva scritto che «per la comprensione di un gran numero di opere letterarie, si rende oggi necessaria una certa conoscenza delle scienze occulte»: «La magia infatti occupa largo spazio nell’immaginazione dei nostri poeti e romanzieri: li ha colti la vertigine dell’invisibile, li ossessiona l’idea dell’ignoto»8. Percio`, lo stesso France, riferendo sul «Temps» di una intervista avuta con Ge´rard Encausse, meglio conosciuto tra gli esoteristi come Papus, aveva auspicato per lui, in chiave paradossale ma non troppo, l’istituzione di una Cattedra di magia presso il Colle`ge de France. Papus, sebbene in fama di archimagus, esercitava allora la professione di medico all’ospedale della Charite´ e insegnava ipnosi alla Scuola della ‘‘Socie´te´ Pratique de Magnetisme’’ di H. Durville. Contemporaneamente, scriveva sulla rivista «Lotus rouge», organo della Societa` teosofica, teneva conferenze di occultismo seguite da membri dell’alta societa`, e dirigeva, dal 1889, un Gruppo indipendente di studi esoterici che sara` frequentato da perso6

Cfr. G. Lista, Medardo Rosso, destin d’un sculpteur, Paris, Ed. L’Echoppe, 1994. A. Gramsci, in Letteratura e vita nazionale, Roma, Ed. Riuniti, 1971, pp. 88-89. 8 A. France, «Revue illustre´e» 15 febbr. 1890, cit. da M. Eliade, Occultism, Witchcraft and Cultural Fashions, cit. 7

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naggi dell’intellighenzia parigina e da molti degli artisti che si riunivano nei 9 cenacoli della Butte . Proprio nell’89, in occasione del Congresso spiritico internazionale, Papus, nominato presidente, era stato anche incaricato di redigere, sulla base dei lavori, una sintesi «des rapports qui existent entre toutes les branches du Spiritisme, Spiritualisme, The´osophie, Occultisme, Swedenborgisme», opera di sistematizzazione del complesso intreccio di teorie, indirizzi, congregazioni e sette, che completera` il lavoro da lui gia` svolto nel Traite´ e´lementaire des Sciences occultes10. In quello stesso periodo, in linea diretta con Parigi, «prodigioso centro internazionale di civilta`», dove, come riconobbe Piet Mondrian, «sono nati o si sono sviluppati tutti i movimenti dell’arte moderna»11, Marinetti terminava i suoi studi e compiva i primi passi dell’apprendistato letterario. Pienamente padrone della lingua, (per aver frequentato, ad Alessandria d’Egitto, un Collegio di gesuiti francesi dove aveva anche fondato una «Revue bimensuelle litte´raire, artistique, fantaisiste et mondaine», «Le Papyrus»12), vi conseguiva nel 1895, il baccalaure´at e`s lettres e, tornato in Italia, continuava a collaborare, in francese, con numerose riviste, in una «eletta Parigi vestita da Milano nuova sartoria di civilta`»13. A Milano, studente pendolare (prima a Pavia, poi, dopo la morte del fratello, a Genova), Marinetti e` frequentatore instancabile dei caffe` letterari, dove ancora si respira qualche sentore di scapigliatura ma dove gli interessi simbolisti e decadenti sono argomento del giorno. Si lega d’amicizia con Luigi Capuana (il quale si schierera` a fianco dei futuristi nei momenti 9

G. Encausse (1865-1916), iniziato al martinismo con il nome iniziatico di Papus, si lego` a Stanislav de Guaita e a Pe´ladan per formare con loro il Supremo Consiglio della Rosacroce cabalistica. Fondo` numerose riviste di ricerche esoteriche e di occultismo («L’Initiation», «L’Union occulte», «Le Voile d’Isis»). Nel 1897, con Jollivet-Castellot e Se´dir, aprı` una Scuola di Scienze ermetiche. Considerato, dagli occultisti, il rinnovatore della medicina occulta, ha lasciato un’opera di oltre duecento titoli. 10 Paris, 1888. Di Papus, cfr., anche: Conside´rations sur les phe´nome`nes du spiritisme (1890); La Science des Mages (1892); Martine´sisme, Willermosisme et Franc-Mac¸onnerie (1899); Martinez de Pasqually (1895); L’Occultisme contemporain (1897); L’occultisme et le spiritualisme (1902); La Cabbale. Tradition secre`te de l’Occident (1903). 11 Piet Mondrian, in «Cahiers d’art», Parigi, gennaio 1931; ora in Tutti gli scritti, a c. di H. Holtzmann, Milano, Feltrinelli, 1975, p. 271. 12 «Era, Fantaisiste, parola abbastanza recente, entrata nell’uso intorno al 1865 per indicare ‘chi segue la propria immaginazione’. Parola scelta bene, se si pensa soltanto a quello che sara` il libero corso dell’immaginazione marinettiana» (P. A. Jannini, Introduzione a F. T. Marinetti, Scritti francesi, Milano, Mondadori, 1983, I, p. 13). 13 F. T. Marinetti La grande Milano tradizionale e futurista e Una sensibilita` italiana nata in Egitto, a c. di L. De Maria, Milano Mondadori, 1969, p. 43 (da ora in poi GM).

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difficili, prendendo le difese di Marinetti in occasione del processo contro Mafarka per oltraggio al pudore14. E` amico e ammiratore di E. A. Butti (lo scrittore di Anima, di cui gia` conosciamo gli interessi spiritistici), che gli appare «come scrittore esemplare, impegnato in una letteratura di idee e di ideali che lo affascinava almeno quanto le sperimentazioni liriche di Romolo Quaglino»15; di Paolo Buzzi, narratore e poeta, come vedremo, dalle forti valenze spiritualiste, che entrera` a far parte del battaglione futurista; di Gian Pietro Lucini, il cui stranito simbolismo non era scevro di influssi ermetici e occultistici16. L’ambiente milanese viveva allora tutti i sintomi della crisi di fine secolo. A Marinetti gia`: «il Determinismo... sembra un orizzonte africano a sporadici fiati torridi». La Filosofia positivista – scrivera` – scarsamente mi attira come semicupio per i fiacchi e mi fondo con la Poesia questa instancabile eroica elevazione esploratrice. Con Ermete Zacconi studentescamente la mia anima mescolo` la vita milanese alle gelate filosofie nordiche della fatalita` della rinuncia mistica del diabolismo delle donne fatali fino al punto che i drammi di Ibsen divengono pulsanti [...] Nel salotto della signora Linda Brochon[...] ambiente di spiritualita` avvenirista e cortesia dominato dal romanziere drammaturgo E. A. Butti [...] La scultura e la letteratura dominano le discussioni e si parla molto di Ibsen Segantini Previati Bracco Giacosa Butti [...] Riprendere le esperienze spiritiste nei salotti a tendaggi meditanti di E. A. Butti quella notte stessa rileggendo Maeterlink.

14

Il romanzo di Marinetti Mafarka il futurista uscı` in prima edizione a Parigi (Sansot, 1909), poi a Milano, nella traduzione di Decio Cinti, per le Edizioni futuriste di «Poesia», nel 1910. Sulle vicende legali, cfr. E. Settimelli, I processi al futurismo per oltraggio al pudore, Rocca San Casciano, Cappelli, 1918. Dei rapporti di reciproca simpatia tra Capuana e i futuristi (di cui parla anche Francesco Cangiullo nel V cap. de Le serate futuriste. Romanzo storico vissuto, Napoli, Tirrena, 1930; poi: Milano, Ceschina, 1961, pp. 67-73), testimonia pure l’indirizzo agli studenti catanesi con cui Capuana aprı` le sue lezioni sul futurismo all’Universita` di Catania: «Se avessi vent’anni sarei con voi alla ribalta dei vostri teatri in sommossa» (cfr.: Fortunato Bellonzi, Le studentesche, Pisa, Ed. futuriste Pacini, MCMXXX (VIII); ora in: Collaudi futuristi, a c. di G. Viazzi, Napoli, Guida, 1977, p. 63). 15 P. A. Jannini, Introduzione a Scritti francesi, cit., p. 17. A proposito degli interessi spiritici di Butti e dell’ambiente milanese, cfr. P. Valera, Milano sconosciuta, Milano, Editrice Bietti, 1879 (rist. 1931, pp. 163. sgg) e Id., Milano sconosciuta e Milano moderna. Documenti umani illustrati, Milano 1898 (rist. Milano, Longanesi, 1976). 16 Per le relazioni tra Marinetti e Lucini e per i contributi di quest’ultimo alla poetica futurista, cfr. l’interessante saggio di L. De Maria, Lucini e il Futurismo, nel numero monografico de «Il Verri», cit., pp. 249-75.

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In questa Grande Milano tradizionale e futurista, in cui i tendaggi meditanti sono quelli del «gabinetto spiritico» dietro i quali i medium sogliono nascondersi e la «spiritualita` avveniristica» e` quella delle ricerche di confine sui territori del paranormale, Marinetti vive a stretto contatto con situazioni e temi legati all’ occultismo e alla ricerca esoterica. Tra le pareti domestiche Alto s’innalza il rapinante ciclone che porta il nome di Storia delle Religioni [...] I profili austeri dell’Imalaya del Mahabarata e del Bramaputra allagano la stanza colle origini indiane della Civilta` europea Estasi buddista cloroformizzante

La figura del padre, «sublime scogliera dell’infanzia» che ora «valuta ritarda discute e vinto accoglie il Divino» diviene punto di riferimento, «maestro di spiritualita`»: La Storia delle Religioni parla come i poeti della Lussuria [...] «Dans la beˆte assouvie un ange se re´veille» Vi sono Princı`pi comuni di Male e Bene Carne da castigare sacrifici da offrire a Dio. Attraente a largo si gonfia di elegante pubblicita` la vela di spiritualita` religiosa che porta il nome di Vita di Gesu` di Renan [...] Piu` Renan scolpisce in splendore la figura di Gesu` piu` diventa vano lo sforzo di negarne la divinita` poiche´ sublime eccezione puo` significare Divino e ne constata l’esistenza Sul tavolo policromato di Bukara e cuoricini elettrici di lampada da moschea palpitare di libri o flutti carichi di alto mare o paraggi inesplorati La vie des Apoˆtres L’Histoire d’Israe¨l Dante La Preghiera sulla Acropoli Les Pense´es di Pascal Le memorie di Guido Petruccelli della Gattina Delirante dibattito fino alla sera delle lampade [...] Uragano di obiezioni urla la Vita di Gesu` di Strauss Fiera dei miracoli pesati e ripesati in laboratorio – Se sono cosı` numerosi e` certo che sono molte le fratture operate da Gesu` nel mondo fisico17.

Anche qui, e` chiara l’allusione alla ricerca psichica, in forza della quale i miracoli possono essere interpretati come «frattura nel mondo fisico»: cosı` come, del resto, affermavano teosofi e maghi, e, in particolare, un autore molto letto ai tempi del giovane Marinetti, il quale spiegava che il Cristo, operando, manifestava il suo potere attraverso la volonta`, «alla maniera ben nota di tutti gli occultisti avanzati» («un avvenimento cosı` semplice che tra

17 Tutte le citt. sono tratte da: GM, cit., pp. 11-60. Di E. Renan, Vie de Jesus, Paris 1863; D. F. Strauss, Das Leben Jesus, Tu¨bingen 1835.

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18 gli Indu` avrebbe dato luogo a ben pochi commenti» . Marinetti tornera` su queste riflessioni in anni piu` tardi, durante la stesura delle memorie de La grande Milano, quando, esaurita almeno in parte la baldanza degli anni di assalto, rievochera` «la devozione a Gesu` impressami da mia madre», la giovanile tendenza a un misticismo che si vela di morbida sensualita` («o bellezza perfetta del corpo della donna conducimi per la mano delicatamente fino ai piedi di Gesu` Certamente debbo accettare simili concetti liturgici ed esercizi di dedizione da qualche manuale di pieta` [...] O arcate sopracigliari di una ideale Principessa insegnatemi a arrotondare preghiere di volte di conventi sopra vetrate in lacrime»19, rivelando la propensione a un panteismo mistico che non risparmia neanche i ritrovi campestri che accompagnano la nascita del Futurismo:

Si va in campagna [...] O buon Gesu` che tante navate verdi di boschi inseguono e molleggiando adorano di speciali genuflessioni siamo qui artisti romantici offrendo il poco che abbiamo cioe` arte versi pitture sogni preghiere di ruscelli sculture d’incenso e scappamenti di nafta bruciata [...] dobbiamo bene esaltare i fluidici contatti dei migliori paesaggi italiani [...] Dovunque cercare Iddio. [...] E tu Gesu` Gesu` Gesu` soccorri con la tua presenza parlante le nostre povere erranti incerte rampicanti parole in liberta` O Gesu` genio della Poesia cosmica e delle arti celestiali Quando fummo tutti prosternati e` giocoforza livellare ancor meglio la nostra materialita` Intorno alle teste consanguinee dei sassi alpestri un gemebondo strisciar di preghiere [...] Sollevandoci poi purificati sereni offrendo 20 al cielo fronti tinte di turchino .

Lo stesso senso di mistica estasi permea, in quelle pagine, il ricordo del pellegrinaggio compiuto casualmente a Lourdes, molto tempo prima, in compagnia della bella Yvette, incontrata durante un viaggio turistico verso la costa atlantica. Dopo aver rammentato il piazzale su cui «sembra che il Divino regni», «dove fuggono come fiammelle disprezzate dall’incendio i visi i peccati i diavolismi», Marinetti ricorda: tremavo dalla testa ai piedi. Nella gola un dolce straziante singhiozzo mi inebriava dell’aspettazione dell’impossibile. 18

Yogi Ramacharaka, Cristianesimo mistico, p. 96, cit. da M. M. Rossi, Spaccio dei maghi, cit., pp. 44-46; per la diffusione, all’epoca, del pensiero di Yogi Ramacharaka, cfr. Catalogo della Biblioteca filosofica di Firenze, cit., p. 153. 19 Una sensibilita` italiana nata in Egitto in GM, cit., p. 202. 20 Dove il «turchino» ha valore equivalente all’«azzurro» di Mallarme´. La cit. e` tratta da Una sensibilita`, cit., in GM, cit. pp. 155-60.

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E rievocando l’avvenuta guarigione, (che gli «commuove le... vene al solo pensiero»), annota: ad alcuni l’affocamento della giornata spiega molto e ad altri la sovreccitazione delle anime trasformatesi in calorie e onde vibratorie spiega ancor di piu` ma io trovo che si tratti di autentico miracolo, cioe` di autentica frattura nel mondo fisico21.

Certamente «L’atmosfera studiosissima ... gravida dell’importanza vitale dei nomi celebri e ripetuti fino ad una incarnazione delle sillabe» che si respira nella casa paterna avra` avuto la sua importanza nel radicarsi di una tendenza verso l’assoluto e di una sorta di misticismo sui generis che non abbandonera` mai Marinetti, e che finira` con l’investire il ruolo stesso dell’artista, sotto forma di vocazione all’entusiasmo, al sacrificio del proprio tornaconto e perfino della propria vita. Nelle memorie de La grande Milano, Marinetti, dopo averlo affermato insistentemente nei manifesti, palesava infatti, ancora una volta, la sua propensione ad attribuire all’arte una funzione conoscitiva in chiave mistico-ascetica («La Poesia e le Arti sono efficaci preghiere») e, all’artista, una missione educativa e pedagogica, ravvisando ex post, in quei lontani anni milanesi, le premesse di un discorso che gia`, nelle asserzioni dei manifesti, si era rivestito di richiami all’ascetismo (eroismo quotidiano, rifiuto del sentimentalismo, del successo e del guadagno come premesse all’esercizio della «missione» dell’artista). Ancora nel 1943-44, alla vigilia della morte, Marinetti scrivera`: L’Arte e` una preghiera originale che non vuole intermediari sale in diretto rapporto con Dio Padre Le fatiche eroiche dell’artista poeta trovano ristoro nel seno di Dio [...] l’Idea supera la realta` L’Arte puo` quindi fare a meno del peso terrestre e della sensualita`22.

Ma a Milano, attorno al 1900, anche i riti mondani, tra il palco all’Opera e i salotti che contano, sono scanditi da ultrafisiche meditazioni, che assumono spesso toni poco ortodossi: O mia sconfinata ammirazione per Wagner suscitatore di deliranti calorie nel mio animo e cosı` amico dei miei sensi che volentieri mi coricherei

21

GM, pp. 220 e 71. In L’aeropoema di Gesu`, a c. di C. Salaris, Montepulciano, Editori del Grifo, 1991, pp. 44-45. 22

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d’amore con lui su un letto di nuvole tanto ne sono innamorato fin dentro le piu` nascoste corde delle mia vita23 Dopo Wagner e la cenetta gli spiriti impongono l’abituale seduta spiritica ed e` il pittore Melina barbuto napoletano che la conduce da reali fenomeni ad illusori o trucchi poiche´ divenuto medium milanese ufficiale dei salotti spiritisti decisi a risolvere l’arduo problema Una notte verso l’alba l’ex bellissima dama Guaita che aveva la mano destra intrecciata col critico drammatico della «Perseveranza» Buonaspelti si sente strappare dal seno il mazzo di violette mentre un batuffolo caldo sfiora il viso di Emma Gramatica e un ceffone letterario colpisce il critico e piomba sul tavolo Pippo bofonchiante. Risatine scherzi discussioni pro e contro.

Persino la seduzione si tinge, talvolta, di brividi d’oltretomba Resteremo al buio qui sulla mia pelliccia accanto a questo buon fuoco di carbone coke che ci guarda coi suoi occhi rossi e ora tu ripetimi la tua poesia sugli abitanti di Marte ed io evochero` mio zio il cui spirito viene a visitarmi ogni notte e voglio che mi apprezzi anche lui. Evocammo accovacciati sulla pelliccia lo spirito del poeta Lord ed io che credo all’intervento terrestre degli spiriti ebbi la schiena ghiacciata da un fragore 24 che ci ammutolı` .

Queste immagini, che torneranno, molto simili, nel racconto Una notte ben impiegata25, dove certa signora Paola Bordoni, alterna catalessi medianiche a movimentate scene di seduzione, forniscono una importante indicazione riguardo alla continuita` con la quale il milieu intellettuale milanese frequentato da Marinetti indulgeva in pratiche spiritiche, deciso «a risolvere l’arduo problema». Non meraviglia poi tanto, dunque, se anche il precisarsi della vocazione letteraria, sulle pagine della Grande Milano, si collega a un bizzarro episodio di medianita`, a una evocazione che ha come protagonista... il fantasma di Stendhal: Dimmi dimmi ombra letteraria cristallizzata che sento pulsare di calda vita umana dimmi rispondimi se vuoi in ginocchio perche´ ti sia piacevole il 23

GM, p. 35. Ma Marinetti piu` tardi rinneghera` il suo appassionato e sensuale amore per Wagner, con un atteggiamento che «e` sintomatico di quel volontario e lucido refoulement che subirono tutta la cultura, la sensibilita` e il gusto simbolisti nel futurismo marinettiano» (L. De Maria, in GM, cit., p. 338, n. 5.). 24 Una sensibilita` italiana, cit., in GM, cit., p. 299. 25 In F. T. Marinetti, dell’Accademia d’Italia, Novelle con le labbra tinte. Simultaneita` e programmi di vita a scelta, Milano, Mondadori, 1930.

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sentirti finalmente glorioso e immortale rispondimi su quanto di realta` contenga l’ambizione del poetare [...] e anche il problema del verbalizzare in modo trasparente i pudori dell’anima26.

Certo e` che, per Marinetti, la missione poetica si connota anche in questa circostanza con toni di assoluto: Tengo ad essere una alata incongruenza o una superiore realta` Anche un radioso incastro nel sopraterreno.

Di questa aspirazione ad essere «radioso incastro nel sopraterreno» la produzione di Marinetti mostrera` d’ora in avanti i segni palesi, nella tensione di una prosa che mira ai vertici espressivi di un fulminante «sintetismo» intuitivo, nella gnomica e aforismatica sentenziosita`, nelle ricorrenze che, sia sul piano lessicale sia su quello delle metafore, testimoniano di uno slancio verso l’alto ai limiti della sfida agli dei (o alle stelle, che nel linguaggio marinettiano e` quasi la stessa cosa), in linea con quell’«assalto al firmamento» di cui parla Carrouges27: dal pugno teso verso le stelle con cui si chiude La Mendiante d’au-dela` a Etoiles! Etoiles! (che fa parte delle cinque poesie pubblicate nel 1900 con il titolo, appunto, L’Amant des e´toiles); da La Conqueˆte des e´toiles28 (poema tutto costruito sulla metafora dell’anelito verso l’ignoto, verso il sublime, il superno, di una prova iniziatica volta a temprare il poeta che aspira all’ascesa), fino a la «sfida alle stelle» da parte delle «anime ... stellate» dei firmatari del primo Manifesto, dove ormai e` delineato, gia` in chiara misura, il mito dell’eroe futurista, «Uomo-Guida» dal «cuore elettrico», animato, per dirla con lo Zarathustra di Nietzsche, da «L’amore del piu` lontano»: poeta la cui arte, affermera` Marinetti, «non puo` avere [...] altro scopo che quello di strappare l’anima del pubblico alla bassa realta` quotidiana e di esaltarla in un atmosfera abbagliante di ebbrezza intellettuale» (VF ). La collaborazione con l’ «Anthologie-Revue de France et d’Italie» – su cui viene pubblicato, nel marzo 1898, il poemetto in versi liberi «Vieux marins»29, che varra` a Marinetti il primo premio al concorso di poesia dei «Samedies populaires» diretti da Catulle Mende`s e Gustav Kahn, poi suo 26

GM, pp. 39 sgg. M. Carrouges, La mystique du surhomme, Paris, Gallimard, 1948. 28 In «Anthologie Revue», I, n. 9, giugno 1898; sulla «Revue Blanche», n. 195, 1 luglio 1901. 29 Pubbl. in «Anthologie-Revue de France et d’Italie», n. 12, 20 sett. 1898. 27

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«patrono e iniziatore a Parigi»; le collaborazioni a «La Vogue», a «La Revue Blanche», a «La Plume», a «La Re´novation esthe´tique», a «Vers et Prose», la 30 pubblicazione dei poemi in francese , stimolano discussioni e scoperte e rinsaldano ulteriormente i rapporti con la capitale francese, che, da questo momento, spalanchera` le porte al nostro poeta. L’attenzione critica di Marinetti si muove da scrittori italiani come Butti, Quaglino, Pica (che, nel 1898, ha pubblicato Letteratura d’eccezione), Lucini, D’Annunzio ad altri, francesi, di esplicite tendenze decadenti come Kahn, Klingsord, Rachilde. Con il francesista Gustavo Botta condivide la lettura di autori nutriti di fermenti simbolisti e anche prettamente esoterici: da Villiers de Lisle-Adam a D’Aurevilly, da Baudelaire e Rimbaud a Marcel Schwob, da Saint-PolRoux a Yeates31. I frequenti viaggi a Parigi gli consentono di stringere nuove importanti amicizie: nel giro della «Revue Blanche» conosce Verhaeren, che nel 1896 pubblica Les villes tentaculaires e che tanta parte avra` nella produzione prefuturista di Marinetti; tra gli «abitue´s» del «Lapin agile», incontra Andre´ Salmon, Guillaume Apollinaire, forse Robert e Sonia Delaunay, sicuramente Jean More´as, Paul Fort, che con Salmon ha fondato la rivista «Vers libre» dove l’innovazione grafica abolisce ogni distinzione tra poesia e prosa, riempiendo tutta la pagina. Frequenta la «Closerie de lillas», dove vanno Apollinaire, Picasso, Le´ger, Severini, Modigliani, Claudel32. Molti dei

La Conqueˆte des e´toiles, Poe`me epique (Paris, La Plume, 1902; poi: Paris, Sansot, 19042 e 19093; tr. it. di D. Cinti: Milano, Sonzogno, 1920); Gabriele D’Annunzio intimes (Milano, Ed. del giornale «Verde e azzurro», s. d., ma 1903); Destruction, Poe`mes lyriques (Paris, VenierMassein, 1904); La Momie sanglante (Milan, Ed. du journale «Verde e azzurro», s. d. ma: 1904); Le roi Bombance, Trage´die satiryque en 4 actes (Paris, Soc. Mercure de France, 1905; tr. it. di D. Cinti: Milano, Treves, 1910); Les Dieux s’en vont, D’Annunzio reste, (Paris, Sansot & C., 1908); La Ville Charnelle (Paris, Sansot & C., 1908; tr. it.: Lussuria-velocita`, Milano, Modernissima, 1921); Poupe´es e´lectriques, Drame en trois actes... (Paris, Sansot & C., 1909; tr. it. ampl.: Elettricita` sessuale, Milano, Facchi, 1920). 31 Ma G. Mariani (Il primo Marinetti, Firenze, Le Monnier, 1970. pp. 23 sgg.) ha sottolineato giustamente anche l’influenza di Laforgue, la cui lettura avrebbe determinato in Marinetti «una particolare sensibilizzazione alla poesia cosmica», mentre il «costante protendersi» «verso l’Oriente, ma soprattutto verso l’Africa», oltre a rispondere a motivi biografici e a una moda diffusa in quegli anni, sarebbe da mettere in relazione con la diretta influenza di Tristan Klingsor. 32 Su Verhaeren e Marinetti, cfr. M. Raymond, De Baudelaire au surre´alisme, Paris, 1947 (tr. it.: Torino, Einaudi, 1948; 19815); G. Mariani, Il primo Marinetti, cit.; B. Romani, Dal simbolismo al futurismo, Firenze, Sandron, 1969; G. Baldissone, Filippo Tommaso Marinetti, Milano, Mursia, 1986, pp. 20-21 e nn. Per le frequentazioni: G. Agnese, Marinetti, una vita esplosiva, Milano, Camunia, 1990. 30

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personaggi che ruotano attorno alla cerchia frequentata da Marinetti, a cominciare dai succitati Apollinaire e Delaunay, sono variamente legati a interessi o attivita` di natura esoterica. Marinetti ricorda, in particolare, quanto il suo «ingegno ansioso di nuove forme letterarie era carezzato dalla affettuosa amicizia di Paul Adam» – affiliato, come si e` visto (cap. 1), all’«Ordre Cabbalistique» di Stanislav de Guaita e egli stesso fondatore di una setta martinista –, il quale sara` poi collaboratore di «Poesia» e a cui Marinetti dedichera` Roi Bombance. Dei rapporti con Saint-Pol-Roux, simbolista esoterico, membro del gruppo della «Rose+Croix esthe´tique pour l’art transcendantal» di Pe´ladan, «magnifico» fondatore dell’Ideorealismo, che, anticipando il sogno futurista di una «ricostruzione dell’universo», auspicava «Le renouvellement inte´gral ou partie de la face du monde... par l’oeuvre du 33 poe¨te», testimoniano – oltre a due lettere apparse nel 1905 su «Poesia» –, il poema Le poe¨te au vitrail, da Saint-Pol-Roux dedicato a Marinetti, e la dedica autografa, ancor oggi inedita, di una copia della terza edizione de La Conqueˆte des e´toiles: «A mon cher maıˆtre / et ami / Saint-Pol-Roux / Hommage d’une profonde admiration / litte´raire / F. T. Marinetti / Poesia / Rue Senato 2 / Milano»34. Nel vasto panorama di amicizie, c’e` anche Jules Bois, «amico e letterato illustre» (GM, p. 215), in compagnia del quale Marinetti assistera` all’attentato contro Dreyfus: Bois, giornalista e ricercatore fortemente attirato dall’occultismo, nel 1893, e` stato coinvolto in una corrusca «guerra di maghi», condotta, si disse, per mezzo di sortilegi a morte e «coup de poings fluidique» (!), tra Stanislav de Guaita e un certo abate Boullan, accusato di necromanzia (nella storia, erano coinvolti anche V. E. Michelet, Maurice 33

La prima, datata «Roscanvel, 28 avril 1905», saluta la nascita della rivista: «Mon bien che`re Poe¨te j’arrive de Paris; d’ou` mon retard. Tre`s heureux de joindre mon enthousiasme a` celui de mes amis Paul Adam, Stuart Merrill, Camille Mauclaire, Gustave Kahn, Rachilde, Paul Fort, Catulle Mendes, Henri de Re´gnier, Vie´le´-Griffin... Le grandiose succe`s de vos confe´rences en Italie m’e´tait connu, et voici que vous ouvrez “Poe´sia” aux poe¨tes franc¸ais, fiers d’avoisiner avec leurs grands fre`res italiens!... J’augure un infini bien pour nous tous d’une fondation due au prestigieux poe¨te de Destruction et de La Conqueˆte des e´toiles, e´clatants volumes dont d’ailleurs j’avais savoure´ de´ja` maintes pages en des Revues notres. Tre`s a` vous Saint-Pol-Roux»; nella seconda, sul n. 8, rispondendo a Marinetti a proposito di una inchiesta su «la beaute´ inspiratrice de la femme italienne», S. P. Roux firmava «Tibi». 34 La poesia, comparsa sul n. 7 di «Poesia», entro` poi a far parte della raccolta Les fe´eries inte´rieures (1885-1906), III vol. dei Reposoirs de la Procession, Paris, Mercure de France, 1907. La dedica di Marinetti a Saint-Pol-Roux, ancora inedita, e` apposta ad una copia della Conqueˆte (Paris, Bibliothe`que Nationale d’Edition, E. Sansot et C., 7 rue de l’Eperon, 1909) facente parte del fondo scampato al rogo che distrusse il «manoir» del poeta francese in Bretagna e ora in possesso di M. Rougerie, che delle opere del poeta francese e` oggi editore.

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Barre`s e Huysmans, il quale, come segnala Mario Praz riferendo sulla vicenda, si era ispirato a Boullan per il romanzo La`-Bas, che «esplora le 35 province piu` tenebrose e remote del satanismo e del sadismo» . Jules Bois, i cui articoli mordaci avevano suscitato le ire di Guaita, fu sfidato a duello da quest’ultimo e da Papus. Uscitone illeso, si ispirera` a sua volta a questa esperienza e alle sue frequentazioni del mileu occultistico parigino, per il romanzo-inchiesta intitolato Le Satanisme et la Magie, uscito nel 1895, con prefazione di Huysmans36. In Una sensibilita` italiana nata in Egitto, Marinetti da` un rilievo particolare al suo incontro con «Schure´ autore de Les Grands Initie´s» (libro che, pubblicato nel 1889, non sara` senza influenza nella futura elaborazione poetica e letteraria del Nostro), sottolineando come, alla presentazione di Roi bombance a Palazzo Stern (Parigi, 1905), Schure´ annotasse osservazioni preziose da rivolgermi alla fine della lettura ma che tuttora ignoro. Infatti Schure´ alle ultime parole del primo atto dichiaro` alla severa e elegante giuria: – Mes amis je vous engage a` ne pas rompre le charme et prenez des notes pour conclure sur la valeur de cette oeuvre... Le ultime immagini del poeta l’Idiot e di Sainte Purritude declamate da me con una veemenza travolgente fecero scattare Schure´ che abbracciandomi grido` a tutti – Tre`s beau, tre`s beau mon che`re poe`te vous avez e´crit un poe`me immortel (ed. cit., p. 246).

Roi Bombance, che poi, sempre a Parigi, in occasione della fondazione del futurismo, sara` rappresentato con la scenografia del pittore teosofico 37 Paul E. Ronson , aveva molte caratteristiche per essere apprezzata da Schure´: con Roi Bombance, Marinetti aveva creato, a suo modo, servendosi di immagini simboliste – ma gia` dissolvendole per enfasi paradossale –, contaminando i campi e dissimulando per interpolazione fonti e miti, un’allegoria basata sull’idea della reincarnazione38, in cui politica e temi 35 In La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze, Sansoni, 1945 (1966, p. 288 e n. 46, che fornisce ampia bibl. sull’argomento). 36 Paris, Le´on Chailley, 1895. 37 Fonte: G. Lista, Futurismus und Okkultismus, cit., pp. 431-58 e Id., La sce`ne futuriste, Ed. du Centre National de la Recherche Scientifique, Paris 1989. C. Salaris, Storia del futurismo, Roma, Editori Riuniti, 1985 (II ed. ampl. 1992), parla di un «fascicolo di presentazione con disegni a colori di P. Ronson»; Calendoli attribuisce a Ronson solo i costumi. 38 Scriveva Marinetti in GM, cit., p. 136: «O Reginella non temere di sfiorire che il tuo corpo mirabile rinascera` tale e quale in una altra vita». Cfr. anche Il bacio turrito, in Novelle con le labbra tinte: «Contro il mio petto, voi, rannicchiandovi, cercherete la grande croce bianca del crociato che fui nell’anno mille...».

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esoterici si intrecciavano con effetti da Grand Guignol: i rivoluzionari affamati, preso il potere, divorano i cadaveri del re e dei cortigiani crapuloni, che, attraverso di loro, rinascono a nuova vita, chiudendo il circolo divorante\ divorato. La vita, nutrita di insaziabili appetiti, si distrugge e si rigenera dalle proprie spoglie: la sfida e` quella di «spaventare la Morte e imporre al Tempo di arrestarsi», secondo un’utopia «filosofale» che ritornera` poi, come una ossessione, in Marinetti e nel futurismo, che del passato e dei passatisti non amavano sentir parlare – e per i quali il futuro, coerentemente ad una ideologia che esaltava l’attualita` e l’eterna gioventu`, non poteva non rappresentare, a livello personale, una incombente minaccia. I piu` anziani fra noi hanno trent’anni – declamera` nel Manifesto di Fondazione –: ci rimane dunque almeno un decennio, per compiere l’opera nostra. Quando avremo quarant’anni, altri uomini piu` giovani e piu` validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili – Noi lo desideriamo!

Non a caso, Marinetti arrivera` ad affermare che «L’Uomo moltiplicato [...] non conoscera` la tragedia della vecchiaia» e, addirittura, a promettere (nel Manifesto tecnico della letteratura futurista): «Noi [...] libereremo [l’uomo] dall’idea della morte, e quindi dalla morte stessa, suprema definizione dell’intelligenza logica». Scongiurare il passato, significo`, per i futuristi, anche cercare di porsi fuori del tempo, nella consapevolezza dei danni che l’immersione nella temporalita`, veste di Maya, comporta. Gia` in Roi Bombance, «Santa Putredine», in funzione di ammonizione e memento mori, domina percio` le scene principali in sembianza di luna (il sole dei morti), ora bianca, ora cadaverica, ora rossa: simbolo che rimanda sia alla «putredo» e alle diverse fasi dell’opera alchimistica, sia alla trasmutazione, che e` veste della ciclica perennita` sottesa alla morte, di fronte alla quale ogni rivoluzione non e` che momentaneo soprassalto, futile e provvisorio rivolgimento. I Citrulli, gli ignari, «eterni Affamati dagli occhi grifagni e dal ventre sfondato come la botte delle Danaidi [...] dalle lingue veementi e dardeggianti [...] la cui bocca calcinata dalla sete fumiga di perpetuo Desiderio», sono sottoposti alla «legge superna»: «Disfarsi in una morte illusoria, per ricomporsi e rinascere identici!... E` la legge di decomposizione che governa i mondi!». Io – dice Santa Putredine – presiedo al prodigioso parto delle terre grasse, gonfie di escrementi [...] O gialla linfa dalle uova lungamente covate, in cui

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si cuoce il corpo implume di un pulcino vivo! [...] Io sono la vita incessante, che pullula nella morte successiva delle cellule esauste [...] Io sono la vita delle folle, che si rinnova nella morte degli individui!39.

In tutto cio` , Marinetti gia` prefigurava, nel rapporto vita-morte, distruzione-vitalita`, le fondamenta del vitalismo futurista, quell’idea di inarrestabile flusso distruttivo-creativo che sta alla base pure dell’idea «metafisica» del dinamismo, la quale si affianca a quella, piu` terrena, di matrice darwinista, del dinamismo come lotta, guerra per l’autoaffermazione. Per i futuristi, infatti, «Movimento e` vita spirituale, intellettuale, materiale. E` una parola cosı` vasta ... come l’intuı` anche Bergson nella sua Filosofia dell’intuizione, da dove poi i futuristi trassero gran parte dei concetti che svolsero in poesia e in arte»40. Come nella futurolatria futurista e` ravvisabile il tentativo di annullare una dimensione del tempo – il passato – rimovendo cosı`, di fatto, il concetto stesso di temporalita` come flusso, cosı` nella aspirazione alla «simultaneita`» e nel dinamismo dell’uomo e moltiplicato dobbiamo riconoscere, parallela alla concezione di Bergson41, la trasposizione fantasmatica di un concetto alchimistico e esoterico, il quale promette, all’uomo che abbia portato a termine la propria trasmutazione, l’acquisizione di alcuni poteri e il superamento dei limiti terreni della vecchiaia e della morte (il cui determinismo e` gia` esorcizzato in Gazurmah, «eroe senza sonno»). Non a caso uno dei punti programmatici del Manifesto di Fondazione affermera`: Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perche´ dovremo guardarci alle spalle se vogliamo sfondare le porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo gia` nell’assoluto, perche´ abbiamo gia` creata l’eterna velocita` onnipresente.

Nel quadro di questa «velocita` onnipresente», di questa «simultaneita`», rientreranno anche, piu` tardi, «Le comunicazioni telefoniche con l’anima 39

Re Baldoria, in Teatro, a c. di G. Calendoli, 3 voll., Roma, Vito Bianco Ed., 1960, II, pp. 180-81 e 245. 40 Prampolini in una lettera del 3 febbraio 1917 a Bino Sanminiatelli in Archivi del Futurismo, Roma, De Luca, 1958, II, p. 53 41 Espressa non solo nell’Essai sur les donne´es imme´diates de la conscience, del 1889, dove il «flusso», la «continuita`» caratterizzano la coscienza dell’io, ma anche in Matie`re et me´moire, del 1896, dove si afferma che il mondo fisico e` costituito da una continuita` dinamica, da un immenso gioco di magnetismi: «sans nombre, tous lie´s dans une continuite´ interrompue, tous solidaires entre eux et qui courent en tout sens comme autant de frissons».

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delle bestie delle piante delle pietre delle stelle»: una sorta di telepatia universale (il «telegrafo celeste» dei magnetizzatori) che i futuristi si propongono di perfezionare «mediante gli apparecchi sintetici simultanei dina42 mici inventati dai paroliberi futuristi» . Il dinamismo, infatti, non e` visto da Marinetti solo come movimento, velocita`, ma soprattutto come capacita` di captare simultaneamente diversi piani di esistenza («coscienze molteplici e simultanee in uno stesso individuo», IP), di sincronizzarsi con il «divenire perpetuo» delle cose, di muoversi in armonia con il movimento delle forze cosmiche, in linea con una posizione irrazionalistica che ben sara` espressa dai fratelli Corradini Ginanni (Bruno Corra e Arnaldo Ginna)43, e che, comunque, aveva anche un antecedente nelle affermazioni dell’antroposofo Rudolf Steiner, il quale aveva osservato che «e` un tratto caratteristico dell’anima umana il fatto di poter agire come cosa eterna e di potersi dinamizzare fino a divenire una potenza indistruttibile»44. In questo senso, Marinetti potra` parlare (in Noi rinneghiamo i nostri maestri simbolisti, cit.) di «tragico lirismo dell’ubiquita` e dell’onnipresente velocita`» e potra` affermare che la velocita`, «ascensione spiralica dell’Io verso il Nulla. – Dio», «avendo per essenza la sintesi intuitiva di tutte le forze in movimento, e` naturalmente pura», e puo` essere detta «divina»: l’uomo domo` i cavalli [...] per manifestare la sua autorita` divina mediante la velocita` [...] rubo` l’elettricita` dello spazio e i carburanti per crearsi nuovi alleati nei motori [...] la divinita` da` finalmente alla vita umana uno dei caratteri della velocita`: la linea retta (RM).

L’idea trovera` successivi sviluppi in questi e altri scritti, dove, con il consueto amore per il paradosso e mischiando conoscenze scientifiche relative alla luce e alle onde elettromagnetiche, evocazioni cosmiche e reminiscenze di origine esoterica, Marinetti terra` a precisare: Velocita`=sintesi di tutti i coraggi in azione. [...] disprezzo degli ostacoli, desiderio di nuovo e di inesplorato. Se pregare vuol dire comunicare con 42

F. T. Marinetti, prefazione a G. Gerbino, Telegrafo e telefono per l’anima, Milano, Morreale, 1926, ora in AA.VV., Marinetti futurista. Inediti, pagine disperse ecc., Napoli, Guida, 1977, p. 39. 43 A. B. C. Metodo, Tipo-lito Ravegnana, Ravenna, 1910, p. 68. 44 R. Steiner, Das Christentum als Mystische Tatsache und die Mysterium des Altertums, Berlin 1902; che citiamo dall’ed. franc.: Le myste`re chre´tien et les myste`res antiques, Paris, Perrin & C., 1908, p. 105.

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la Divinita`, correre a gran velocita` e` una preghiera. [...] Bisogna rapire agli astri il segreto della loro velocita` stupefacente, incomprensibile. [...] L’Ebbrezza delle grandi velocita` non e` che la gioia di sentirsi fusi con l’unica divinita` (RM) Esigo [...] una forza perenne di sintesi che abolisca dovunque il gia` visto, il gia` esplorato, il gia` espresso e ci dia la sorpresa rallegrante [...] e infine la meravigliosa simultaneita` che fonde il tempo e lo spazio, il lontano e il vicino, il ricordo e la speranza, la concretezza e l’astrazione; cioe` la grande morale futurista della velocita`, che sogna e prepara l’ideale ubiquita` che gli uomini raggiungeranno certamente un giorno45.

Einstein, nel 1905, nella seconda memoria sulla Elettrodinamica dei corpi in moto, aveva gia` introdotto la nozione di simultaneita`, su cui si basa la concezione relativistica dello spazio e del tempo, ma questa reminescenza si fonde qui, evidentemente, con fonti di altra natura. Il primato attribuito da Marinetti alla intuizione lo portava del resto a considerare spazio e tempo dimensioni «elastiche», alla stregua di quanto si affermava in campo esoterico. Ne L’aeroplano del Papa, ad esempio, del 1912, Marinetti non esitava ad affermare che «tutti i chilometri / non sono lunghi ugualmente... / Alcuni sono di trecento, ed altri di ottocento metri... / E vi sono delle ore che si slanciano / mentre altre si addormentano». Nel 1916, dopo la formulazione einsteniana della relativita` generale, Marinetti sara` pronto ad accoglierne l’eco nel manifesto La nuova religione-morale della velocita`. Anche in campo artistico, come vedremo, «il dinamismo assoluto» vagheggiato dai futuristi, che assumera` forme diversificate, esprimendosi come «simultaneita` di ambiente», pittura degli «stati d’animo» e delle forme in movimento, «vibrazione», «compenetrazione di ambienti e di tempi diversi», «non va inteso limitatamente al movimento delle linee e delle forme ma anche alla funzione attivizzata della luce e alla violenta espansione del colore», che sono altre forme di superamento della materia, di smaterializzazione e dunque di ascesa verso quel dominio dello spazio e del tempo che si connota esotericamente come ubiquita` ed eterna contemporaneita`46. In Roi Bombance, alla figura dell’Idiota, santo asceta che appare folle in 45 In Una lezione di futurismo tratta dall’«Orlando furioso», Lettura tenuta... il 7 luglio 1929, in AA.VV. L’ottava d’oro. La vita e l’opera di Ludovico Ariosto. Letture tenute in Padova per il Quarto *Centenario della morte del Poeta. Con due messaggi di Gabriele D’Annunzio, Milano, Mondadori, MCMXXXIII – XI; ora in AA.VV., Marinetti futurista, cit., p. 43. 46 M. Calvesi, Le due avanguardie, Milano, Lerici, 1966 (Roma-Bari, Laterza, 1971, p. 132).

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un mondo di affamati e di divoratori, e` affidato il messaggio della salvezza. L’Idiota, alter ego poetico e immagine cristologica, e` affamato solo di Ideale, e come Parsifal e` munito di una spada scintillante; il suo cuore, «possente e profondo come un oceano», lo spinge ad annunciare con impeto giovanneo: Son disceso dal cielo, recando fuoco astrale, e sono, tra i vostri stomachi impuri, un’Idea vagabonda e guerriera!... Un santo!... Un interprete del Divino! Non di carni sanguinolente, ne´ di pane avete bisogno, ma di Stelle [...] di tenere stelle, tutte di miele e d’oro, soavi alle vostre labbra! [...] Poveri amici miei non mi capite?... Sono Idee, che io vi offro!... Idee vestite di immagini e di simboli! (Roi Bombance, cit., p. 74 e 72).

A questo singolare «idealista», Marinetti conferisce tratti da eroe solare: la sua morte iniziatica e` contrassegnata dalla sparizione dell’astro diurno mentre il suo corpo, come quello di Osiride, come quello di Dioniso Zagreo, smembrato in offerta sacrificale, si reintegra miracolosamente, fra le braccia di una figura femminile che rimanda alla madre-amante-sorella dei miti. Al di sopra delle parti, il fantasma o meglio lo spirito della natura, nel suo lungo monologo, parafrasa un famoso passo della Bhagavadgita, in cui Krishna spiega ad Ardjuna le dottrine basilari dell’unita` cosmica («io sono la morte nella vita uniti insieme di fronte alla realta` eterna della natura, sono la forza unica e assoluta che e` sempre identica a se stessa»). Con Roi Bombance, Marinetti intendeva mettere in scena «la faillite du socialisme, la gloire de l’anarchie et la comple`te ridiculisation des bonimenteurs, re´formistes et autres ‘marmitons du Bonheur universel’», e, come in una satira, ammetteva di aver delineato, nei personaggi di Be´chamel e Estomacreux, Turati e Labriola: in una parola di aver voluto «y demontre[r] burlesquement la victoire tragique et fatale de l’individualisme ide´aliste sur la masse brutale». Egli aveva di fatto realizzato una messa in scena grottesca, in cui la parte positiva e` rappresentata dall’Idiota, ovverosia dal personaggio che incarna quell’«idealismo» individualista di stampo irrazionalistico di cui gia` vedemmo i prodromi nell’ambito del «Leonardo» e che Schure´ non poteva non apprezzare. Nel 1905, nello stesso anno di Roi Bombance, Marinetti conduceva anche a buon fine l’iniziativa di «Poesia», «rassegna internazionale» italofrancese. A Borgese, la rivista – per la cui copertina Alberto Martini, gia` illustratore di Poe, si era ispirato a temi iconografici di origine alchemica – appariva come una «strana pubblicazione di formato bislungo, che esce ad intervalli capricciosi, ed ove qualunque parto di cervello umano, sia d’Italia,

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o di Germania o della Terra del Fuoco, ha diritto di asilo, purche´, almeno 47 nelle apparenze tipografiche, si distingua dalla prosa» . Ma, sulle sue pagine, illustrate da Enrico Sacchetti, Ugo Valeri e Romolo Romani (un artista, quest’ultimo, i cui legami con l’occultismo spiritualista sono stati piu` volte indagati48), convergevano, dall’area francese e italiana, voci che, anche per la scelta del «verso libero», avranno maggiori ripercussioni sulle future sperimentazioni poetiche, futuriste e non. «Poesia», nel panorama italiano, portava un contributo davvero peculiare, di cui Glauco Viazzi ha sottolineato piu` volte l’impatto49. Ma alla conoscenza e all’elaborazione del nuovo, Marinetti contribuiva anche con i suoi poemi in francese, fortemente impregnati di un simbolismo sensuale e esoterico, tendenti all’allegoria (come saranno, spesso, anche alcuni dei suoi posteriori romanzi, come Gli Indomabili, del 1922) affollati, tutti, di reˆvenants, di evocazioni, di presenze che, simili a personificazioni di spiriti elementari (come gli «elementali» cari all’immaginario teosofico: entita` della luce, delle acque, delle montagne, degli astri), popolano quelle pagine intrise di animismo. Essi, sebbene pubblicati in Francia, avranno una estesa circolazione anche in Italia: Destruction (pubblicato con un’epigrafe tratta da Nerval: «l’imagination humaine n’a rien invente´ qui ne soit vrai ou dans ce monde ou dans les autres»); La momie sanglante (che lascia presumere una conoscenza del Libro dei Morti egiziano); La Ville Charnelle e Le dieux s’en vont, D’Annunzio reste (dedicato quest’ultimo «Aux ombres goguenards de Cagliostro et de Casanova»); Les Poupe´es electriques (del 1909), ove ci si imbatte in una scena assai simile a una seduta spiritica. Les Poupe´es e´lectriques (il cui titolo si trasformera`, poi, in Elettricita`, poi ancora in Elettricita` sessuale) attestano, probabilmente per la prima volta, una caratteristica fondamentale del «dinamismo elettrico» che permea la poetica futurista: pensiamo, tra l’altro, alle Poesie elettriche di Govoni, agli Archi voltaici di... Volt; ai versi di Soffici («Conosco il simbolo, la cifra, il 47

A. Borgese, La vita e il libro, Torino, Bocca, 1911 (seconda serie), p. 133. Ultimamente da S. Evangelisti, Romolo Romani, Brescia, Edizione Nuovi Strumenti, 1994; Ead., Geometrien der Psyche im Werk Romolo Romanis, in Okkultismus und Avantgarde, cit., pp. 81-91. 49 Ricordando che «il simbolismo italiano, osteggiato e battuto dalla cultura ufficiale, sia positivista che idealista (Croce non ammettera` neppure Baudelaire e Mallarme´, e figurarsi allora i simbolisti nostrani) [...] era sospinto energicamente ai margini [...] rifiutato e costretto all’isolamento. [...] L’unico foglio che a questa situazione reagisca davvero, nel primo decennio del secolo, e con una certa sua qual autorevolezza, e` appunto «Poesia» (G. Viazzi, Introduzione a G. P. Lucini, Le Antitesi e le Perversita`, a c. di G. Viazzi, Parma, Guanda, 1970, pp. XXXI sg.). 48

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legame / Elettrico / la simpatia delle cose lontane»), a Marinetti che prega «ogni sera... la lampadina elettrica, – poiche´ una velocita` vi si agita furiosa50 mente» . Qui, come in Frankenstein della Shelley, come in The Magician di Maugham, secondo quanto aveva anche teorizzato Charcot nei suoi studi sul ruolo della elettricita` nelle azioni neurofisiologiche, e anticipando in certo senso Bergson51, l’elettricita` era assimilata a una forza vitale, a un «fluido» eterico capace di suscitare forme ed eventi, della medesima natura delle energie chiamate in causa per spiegare la produzione di ectoplasmi e apporti, fenomeni magnetici e radioattivita`: una forza da poco nota, invisibile, e tuttavia capace di operare al limite del mondo fisico e di suscitare la vita. Anche in questo senso va inteso l’entusiasmo futurista, e in particolar modo marinettiano, per l’elettricita`, per tutti i tipi di «elettricita`», compresa quella che si manifesta sotto forma di simpatia e quella «sessuale, che si manifesta sotto forma di attrazione»: in ogni caso essa e` una energia polimorfa, capace di vivificare le facolta` sensoriali e intellettive, di energizzare il soggetto, di trasmettergli un «di piu`», «medianico», di sensitivita`. E` significativa di questa connotazione anche l’incertezza che, fino alla vigilia della pubblicazione del manifesto, turbo` Marinetti sul nome del suo movimento: Elettrismo, Dinamismo, Dinamoelettrismo? Infatti, come piu` sopra accennavamo, il «dinamismo universale» non e` altro che una delle manifestazioni di quell’energia inesauribile che permea l’universo e dunque anche l’uomo, e che la scienza contemporanea e i futuristi apparentano all’elettricita`: in questo senso i futuristi si vantano di avere «un cuore elettrico» (MF), di avere una «inesauribile elettricita` fisiologica» (UM). Il proclama di Fondazione e il primo Manifesto, uscirono, come sappiamo, annunciando sul «Figaro», nel febbraio del 1909, la nascita del «Futurismo»: compendio e anticipazione di una poetica la quale, in nome della modernita`, fondeva idee, intuizioni e reminiscenze di diversa natura, dalla teosofia a Einstein, sotto l’egida di Schopenhauer, di Nietzsche, di Bergson. La accentuata contaminatio ha autorizzato, a posteriori, una quantita` di interpretazioni, nessuna delle quali puo` essere detta del tutto esauriente. La nostra lettura dichiaratamente orientata non si sottrarra` a questa condizione e tuttavia, giustificata e sorretta dagli indizi testuali e dalla 50

C. Govoni Poesie elettriche, MEP 1911; Volt (M. Fani Ciotti), Archi voltaici Parole in liberta` e sintesi teatrali, MEP, 1916; A. Soffici, Arcobaleno, in Bif zf+18 Simultaneita` e Chimismi lirici, Firenze, Vallecchi, 1919 (ma la prima ed. rid. e`: «La Voce», 1915); L. Folgore (Omero Vecchi), L’Elettricita`, da Il canto dei motori, MEP, 1912; F. T. Marinetti, RM. 51 Cfr. L’energie spirituelle, Paris, 1919: «Nous produisons de l’e´lectricite´ a` tout moment, l’atmosphe`re est costamment e´lectrise´e, nous circulons parmi des courantes magne´tiques».

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premesse storiche elencate nei precedenti capitoli, approfondira` alcune prospettive interpretative. Del carattere iniziatico delle prime pagine ufficialmente dettate dal 52 Futurismo, altri hanno gia`, piu` o meno diffusamente, parlato : la veglia notturna «sotto lampade di moschea... stellate come le nostre anime», la lotta contro il peso della natura umana («l’atavica accidia» che accomuna i passatisti), la sfida «all’esercito delle stelle nemiche» (custodi del segreto di cui l’iniziato deve impadronirsi), la morte rituale, introdotta da quello stendersi sotto il volante «come un cadavere nella bara»; l’esaltazione orgiastica della lotta, del coraggio, dell’impeto guerriero, per «scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli», «per inseguire la Morte, dal pelame maculato di pallide croci, che corre su nel vasto cielo, vivo e palpitante»; la «fatalita`» del deragliamento, quell’«uscita di strada» della ragione che ha dovuto arrestarsi «davanti ai confini estremi della logica» e che ora esalta la creativita` dell’ intuito e dell’immaginazione; la catabasi nell’acqua putrida del fossato – primordiale, materna e battesimale a un tempo, la cui «melma fortificante» rimanda alle tenebre dell’inconscio –; la «rinascita» a nuova, avveniristica, vita. Tutto il testo e` concepito come una sfida non solo contro il «passatismo» e i suoi vari emblemi («i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie» ecc.) ma anche, su un registro analogico, contro «l’Impossibile», «contro le stelle», «contro le forze ignote»: i poeti sono pronti a darsi «in pasto all’Ignoto, non gia` per disperazione, ma per colmare i profondi pozzi dell’Assurdo». Questo primo testo esprimeva, insomma, una volonta di «indiamento», di immensificazione dell’umano (e in esso vi era, anche, la probabile, lontana, eco di quell’articolo di Papini, intitolato Dall’uomo a Dio, dove si parlava di conquista dell’Impossibile). «La mitologia e l’ideale mistico sono superati». Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!...» affermava Marinetti, seriamente convinto, «senza sorridere», come spieghera` poi in altri manifesti, che «nella carne dell’uomo dormono delle ali» (UM). «Vogliamo ali!», si legge in Uccidiamo il chiaro di luna (dove poi ironicamente si conclude: «Facciamoci... degli aeroplani. – Saranno azzurri! [...] per confonderci con l’azzurro del cielo!»); la sintassi tradizionale e` «attaccata al suolo, senza ali, perche´... soltanto intelligente» (MTL) (ma gia` La Conqueˆte des e´toiles portava a epigrafe Dante: «O insensata cura dei 52 Cfr. L. De Maria, in Introduzione a Teoria e invenzione futurista, cit., p. XXIII; ma anche G. Baldissone, Filippo Tommaso Marinetti, cit., pp. 54 sgg.

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mortali / Quanto son difettivi sillogismi / Quei che ti fanno in basso batter l’ali». [c.vo nel testo]). Di questo anelito al potenziamento della sostanza umana, di questa tensione a superare i limiti della logica in favore della «divina intuizione», anche il Centauro era un simbolo evidente: doppia natura di animale e di uomo, di ragione e di istinto, di volonta` cosciente e di intuito [come l’Uomo moltiplicato «munito di fiuto felino, di fulminei calcoli, di istinto selvaggio, d’intuizione, di astuzia e di temerita`» (CF)], esso va ora inquadrato fuori «della mitologia», esattamente come gli «Angeli» vanno visti fuori de «l’ideale mistico». I sistemi del passato, infatti, che obbligavano l’uomo a affidarsi agli dei, hanno esaurito la loro funzione, non hanno piu`, per l’uomo moderno, alcun valore attuale. Il progetto prometeico dei futuristi va d’accordo col titanismo faustiano dei leonardiani: si tratta di «concludere la creazione» (secondo quanto predicato da Steiner), di portare a perfezionamento, con le proprie forze, le facolta` umane. «L’uomo e` qualcosa che deve essere superato», aveva scritto Nietzsche. E anche in questo senso, il Futurismo si sentira` impegnato in una azione di avanguardia: nel tendere a promuovere e a realizzare, il piu` concretamente possibile, uno stadio ulteriore dell’ evoluzione, fiducioso nella «possibilita` di un numero incalcolabile di trasformazioni umane». A questo fine, come ben intese Lucini, il Futurismo elaboro` anche una propria ascetica, fatta di «amor del pericolo, abitudine all’energia e alla temerita`», di esaltazione della guerra, di «coraggio, audacia, ribellione», «di entusiastico fervore [...] e di disprezzo per la donna». Di queste asserzioni marinettiane, molte, per il loro estremismo e per il tono aggressivo, offrirono a Lucini occasione e argomento di allontanamento. Tuttavia, anche nel distacco, avvenuto attorno al 1910, e pubblicamente argomentato ancora nel ’1353, le parole di Lucini continueranno a manifestare, oltre

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G. P. Lucini, Come ho sorpassato il Futurismo, in «La Voce», V, n. 15, 10 aprile 1913: «Tutto, oggi, ripugna in me contro le avventure che questo declama: non voglio che sotto specie di liberta`, si concedano i privilegi della ferocia e del brigantaggio, che, colle fisime alla maggiore virilita` di carattere, si insulti la donna, e, col pretesto della patria, si faccia l’Italia croata; nego il sofisma della gloria, perche´ con cio` si instaura il dispotismo; non credo che, colle parvenze del far nuovo, si possa interrompere l’equilibrio, l’equilibrio che produce, che si fa arte, che rispetta coscienze ed azioni. E poi quale enorme sciocchezza odiare il passato! Non commettetela, Giovani...». Ma le critiche erano indirizzate, oltre che alle teorie, alla persona stessa di Marinetti «F. T. Marinetti aggiunse alla erotomania e alla rigatteria [di D’Annunzio] l’audacia, la violenza, la responsabilita` dell’aperto ingiuriare, dalla ribalta, le platee». Cfr. anche: Diffida contro certo «Futurismo», in Revolverate e Nuove revolverate, Torino, Einaudi, 1975.

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54 all’affetto per l’amico e il patrocinatore di Revolverate , l’ammirazione per l’esuberanza vitale, per la libera espansivita` di Marinetti, che «e` stato sempre un felice, od ha creduto di esserlo sempre», al quale, comunque, Lucini riconosce alcune virtu` di « generosita`», «di costanza e di volonta`» e di cui ricorda, soprattutto, «l’impeto, l’ardire e la vocazione messianica». «Con cio` – proseguiva –, attesto che egli e` uno delli ultimi asceti; che del mondo si e` fatta una concezione trascendente, metafisica; che crede alla potenza taumaturga del suo verbo» anche se «difetta di ogni logica, di ogni ragionamento». Quale logica, del resto si poteva riconoscere a chi concepiva l’artista come un santo guerriero, come un eroico alchimista capace di cavare dalla psiche gli elementi della trasformazione? A chi affermava di concepire l’arte come una «santa milizia», che impone il sacrificio di se´, in costante prossimita` con l’Assoluto? (MF). Molte delle asserzioni del caposcuola del Futurismo sembravano riecheggiare le istruzioni di Eliphas Le´vi agli aspiranti maghi («Un pigro non sara` mai un mago. La magia e` esercizio di tutte le ore e di tutti gli istanti. Bisogna che l’operatore sappia vincere l’allettamento del piacere, la fame e il sonno, che sia insensibile al successo come all’insulto. La sua vita dev’essere volonta` diretta da un pensiero»55):

«Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali», scriveva Marinetti, dichiarando che il Futurismo voleva esaltare «Il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile», «combattere con accanimento questi tre nemici irriducibili e corruttori dell’Arte: l’Imitazione, la Prudenza, il Denaro, che si riducono a uno solo: la Vilta`. Vilta` contro il bisogno d’amore e contro la paura della miseria che minacciano la vita necessariamente eroica degli artisti. Poeti, scrittori, musicisti, dovete lottare, dovunque lottare dentro e fuori di voi, come avete lottato stamani nel lasciare il vostro letto, contro un principio di inerzia e di sonno» (CP); «noi insegnamo innanzi tutto agli autori il disprezzo del pubblico, [...] l’orrore del successo immediato» (VF); bisogna «distruggere l’ossessione della ricchezza» per dedicare all’Arte «che merita ed esige il sacrificio dei migliori» «un amore assoluto»,

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In realta`, dal 1908 al ’10, Lucini pubblico`, per le Edizioni futuriste di «Poesia»: Ragion poetica e Programma del Verso libero, Grammatica, ricordi e Confidenze per servire alla Storia delle Lettere contemporanee, 1908; Carme di Angoscia e di Speranza, 1909; Revolverate, con una Prefazione futurista di F. T. Marinetti, 1909; La Solita Canzone del Melibeo, 1910. 55 E. Le´vi, Ritue´l de la Haute Magie, cit.; trad. it. cit., p. 22. In tutto il primo capitolo, vi sono passi in questo senso significativi.

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disinteressato, «non confortato dall’obbrobriosa speranza dell’immortalita`, sogno d’anime usuraie»; «occorre per questo, rinunciare a essere compresi. Essere compresi non e` necessario» (MTL); percio` «L’arte e` un [...] grande innaffiatoio di eroismo che inonda il mondo» (MTL); e` «disinteresse, eroismo, disprezzo dei facili successi»56.

Per Marinetti, Il Futurismo e` un gran masso di metalli incandescenti, che abbiamo con le nostre mani divelto dalle profondita` di un vulcano, e con le nostre mani sollevato verso il cielo. Ed ora camminiamo [...] reggendolo fra le nostre mani carbonizzate, su per l’ascesa scabra [...] Solo ci esalta il pensiero di non lasciar cadere a terra il gran masso rovente che vogliamo portare sulla cima eccelsa del pensiero umano (La «Divina Commedia» e` un verminaio di glossatori ). 57 Certo, nonostante Marinetti affermasse che «Contraddirsi e` vivere» , non poteva non apparire quantomeno bizzarro che questo empito ascetico, questo desiderio di purezza e di assoluto, potessero sfociare, in nome dell’esaltazione dell’azione, nell’elogio della guerra, della lotta, della aggressivita` e finire per magnificare anche «il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno», «la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari». Ma, per la comprensione di queste posizioni, che, comunque, per la loro tensione eroica, obbligano chi le condivida a un punto di percezione piu` alto, puo` esserci d’aiuto la storia delle religioni, e in particolar modo l’epopea del Mahabharata che Marinetti ben conosceva, anche attraverso la volgarizzazione che, del Mahabharata e del suo nucleo speculativo, aveva dato Schure´. In alcune pagine de Les grands Initie´s, Schure´ ricordava come Ardjuna, capo dei Pandava, i figli del sole, un attimo prima di intraprendere la battaglia decisiva, che avrebbe dovuto portare alla vittoria del suo popolo, il quale incarna i principi della luce, contro i Kurava (figli della luna),

fu sommerso da un’ondata di compassione e [...] prostrato dallo scoramento disse: «Non combattero`». Rispose allora Krishna, signore degli spiriti, con un breve sorriso: «O Ardjuna! Ti ho chiamato sovrano del sonno perche´ il tuo spirito perennemente veglia. Ma il tuo spirito ora si e` 56 57

GS.

F. Balilla Pratella, nel Manifesto dei musicisti futuristi, 11 gennaio 1911. Discorso futurista agli Inglesi pronunciato al Lyceum Club di Londra (giugno 1910) ora in

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addormentato, e il tuo corpo ha vinto la tua anima. Tu piangi per coloro che non conviene piangere [...] Coloro che sanno non lamentano ne´ i vivi ne´ i morti. Io, tu e quei condottieri siamo sempre esistiti e mai cesseremo di esistere in futuro. [...] Fa’ il tuo dovere senza batter ciglio; nulla di meglio c’e`... che un giusto combattimento. Felice il guerriero che vede la 58 battaglia come una porta aperta sul cielo .

Nella Bhagavadgita e` spiegato infatti che due sono i metodi per giungere all’illuminazione, quella speculativa e quella attiva, la via della conoscenza e la via dell’azione: La ruota cosmica gira – dice Krishna al figlio di Prita –. Colui che, quaggiu`, non la fa girare a sua volta, conduce una vita empia e la sua vita scorre invano. [...] Anche a te si addice l’azione [...] In verita`, se io non fossi instancabilmente impegnato nell’agire [...] se non compissi la mia opera, i mondi sprofonderebbero.

Anche Marinetti, come si e` visto, raccomandava ai suoi il dovere di agire, predicava «l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerita` [...] l’audacia»; se fino ad oggi «furono esaltati l’immobilita` pensosa, l’estasi e il sonno» ora il futurismo dichiara che «non v’e` piu` bellezza se non nella lotta» (MF) e insegna «l’eroismo metodico e quotidiano [...] l’abitudine all’entusiasmo [...] la sfida alla morte in nome dell’Ideale» (UC). Cosı`, anche Krishna spiegava ai suoi: La rinunzia e la disciplina dell’azione procurano entrambe il bene supremo. Ma, tra le due, la disciplina dell’azione prevale sulla rinunzia ad agire [...] L’atteggiamento di rifiuto [di un’azione] proviene dallo smarrimento. [...] Colui il cui comportamento non e` egocentrico e il cui pensiero non e` impuro, anche se uccidesse tutti i mondi, non uccide e non e` incatenato [dal karma]. Colui che agisce libero da attaccamento, che e` libero dall’«Io», e` dotato di fermezza, di coraggio, non e` toccato ne´ da successo ne´ da insuccesso [...] Eroismo, fermezza, abilita`, rifiuto di fuggire il combattimento, liberalita`, autorita`: tali sono, a causa della loro natura, i 59 doveri degli ksatriya .

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E. Schure´, Les Grands Initie´s, cit., tr. it. di N. Rosati Buzzotto, Roma, Newton Compton, 1991, pp. 86-87. 59 Bhagavadgita, tr. it. di B. Candian, Milano, Adelphi, 1976, passim. Gli ksatriya appartengono alla casta dei guerrieri.

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Dopo aver ricevuto questo insegnamento (rispetto al quale gli insegnamenti di Marinetti sono in linea anche per quel che riguarda l’invito a coltivare un supremo «disinteresse», un profondo distacco dall’azione), Arjuna abbandona gli indugi e si lancia in quella cruenta battaglia che il seguito del Mahabharata ampiamente descrive: essa ha come posta «il dominio del mondo» e portera` alla vittoria dei Pandava, i figli del sole, contro i figli della luna, i Kurava. Non puo` sfuggire, a questo punto, l’analogia della situazione affabulata da Marinetti nel manifesto successivo, Uccidiamo il chiaro di luna!, anch’esso del 1909, tradizionalmente considerato il manifesto del superamento del simbolismo, con questo sfondo mitico. Pur nell’empito di un intento polemico che intende sgombrare il campo dai debiti nei confronti della vecchia poesia («Noi rinneghiamo i nostri maestri simbolisti, amanti della luna!»), l’immaginazione di Marinetti continua a muoversi entro l’ambito geografico del mito: l’avanzata dei futuristi, richiama qui infatti l’avanzata mitica dell’esercito di Rama – condottiero della razza bianca –, dalle porte dell’Himalaya al cuore dell’India. In Uccidiamo il chiaro di luna!, le orde dei futuristi, moderni «figli del sole» («Sı`, noi sapremo riscaldarti tra le nostre braccia, o vecchio sole, decrepito e freddoloso, che tremi sulla cima del Gorisankar») che, come gli antichi Pandeva, rappresentano l’avanguardia dell’avvenire, partono alla conquista degli altopiani dell’«Imalaya» (come scrive Marinetti), centro del culto ariano delle divinita` solari. Essi hanno nei cuori l’«immensa ebbrieta` del vecchio sole europeo» eppure si propongono la «fusione di un nuovo globo solare» («che presto vedremo risplendere») e l’uccisione del chiaro di luna, opaco e sensuale sole dei morti, emblema di un vecchio mondo in declino, cioe` delle pavide schiere di Podagra e di Paralisi. Ancora una volta, Marinetti predica qui il coraggio, la disciplina, l’«eroismo metodico e quotidiano», «Il tuffo nella morte tenebrosa sotto gli occhi bianchi e fissi dell’ Ideale» (e non sfugga come questo «Ideale» abbia lo sguardo di un medium in trance!): «Bisogna che gli uomini elettrizzino ogni giorno i loro nervi a un orgoglio temerario! ». Il manipolo dei «discepoli» di Marinetti (Buzzi, Palazzeschi, Cavacchioli, Govoni, Altomare, Folgore, Boccioni, Carra`, Russolo, Balla, Severini, Pratella, D’Alba, Mazza) vive ancora una volta i riti dell’iniziazione alla lotta, della regressione e della rinascita («Io ritorno, d’un passo sempre piu` infantile, verso la mia culla... Presto, rientrero` nel ventre di mia madre! Tutto dunque mi e` lecito!»), dell’investitura («Alzati, Paolo! – gridai allora. – Afferra quella ruota!... Io ti proclamo guidatore del mondo!»); acquista potere sulle fiere, sugli elementi della natura; si rispecchia e riconosce nella legione dei pazzi: «quei Puri,

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60 lavati... da ogni sozzura di logica», gia` lodati da Nietzsche , che in queste pagine e` ben presente, benche´ Marinetti stesso provveda a «rinnegarlo violentemente», di lı` a poco (nel manifesto Contro i professori), poiche´ gli sembra presupporre «un ritorno appassionato verso il paganesimo e la mitologia» cioe` verso la dipendenza dalla tradizione. L’esercito dei «puri folli», scortati dalle fiere come santi pagani e guerrieri, va ad attingere coraggio, e pour cause, alle rive del Gange, ad «abbeverarsi» sulle sponde dell’Oceano Indiano, cosı` come l’ispirazione stessa di Marinetti ha fatto, e rapisce «mantelli turchini alla gloria dei Budda [...] per costruire macchine volanti». In questi due primi documenti ufficiali del Futurismo, vi e` dunque gia` sufficiente materiale per alcuni collegamenti assai significativi. In essi, tuttavia, vi sono ancora solo pochi accenni a quella prerogativa che diverra`, di qui a poco, gia` a partire dal primo romanzo di Marinetti, una caratteristica fondamentale dell’eroe futurista: la capacita` di volere. In Mafarka il futurista, «roman africain», scritto nel 1909, nel quale sono illustrati, sotto forma di fabula, i miti sottesi al programma e alla poetica futurista, Marinetti dispiega estesamente, in forma teorica e pratica, i fondamenti di una spiccata attitudine stregonesca che ha i suoi presupposti nella «coltivazione accanita della volonta`». Tutto il romanzo, infatti, anticipando motivi che saranno ripresi e sviluppati successivamente, e in particolare nel manifesto L’uomo moltiplicato e il Regno della Macchina, ruota attorno al motivo dell’uomo artificiale, dell’automa composto di vari pezzi e animato dalla forza di volonta`, allo stesso tempo golem, homunculus e creazione interiore di un «uomo» spirituale diverso e migliore: impavido, insensibile alle debolezze della carne e assorto nella realizzazione di un progetto sovrumano. Marinetti intreccia uno degli antichi sogni degli alchimisti con reminiscenze della letteratura gotica, con ricordi delle teogonie orientali e con varie suggestioni dell’esoterismo occidentale, che proprio in quegli anni andava tessendo, sull’antica trama, nuovi motivi. Vi erano, in tutto il romanzo, frequenti pagine di ispirazione cosmica e cosmogonica, in cui la vita di Mafarka pulsa in sintonia coi fenomeni celesti, dialoga col Sole e con la Luna, con Aldebaran, Betelgeuze, Sirio, Vega, stelle «nuove», che hanno «negli occhi il fuoco della prima giovinezza» e a cui il vecchio Sole dovra` un giorno cedere lo scettro, nel ciclo perenne delle trasformazioni («le infinite trasformazioni che la materia immortale attraversa): gia` da ora, la prosa di Marinetti mira ad effetti lirici, secondo la convinzione, espressa poi

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In Also sprach Zarathustra, cit., passim.

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nel 1914, che «La poesia delle forze cosmiche» debba del tutto soppiantare «la poesia dell’umano». Dalle forze cosmiche, e soprattutto dal Sole (come anche Zarathustra, il cui nome significa «splendore del sole», sacerdote di Ahura Mazda), Mafarka trae la propria inesauribile onnipotente energia Sole! Cratere di vulcano!... Eccomi davanti a te! Avvicinati... che io senta sul mio petto il tuo largo e torrido bacio!... Versami sul cuore la tua lava! [...] Da te, da te aspetto l’abbagliante ispirazione61.

Ma qui, come nella religione vedica, secondo quanto ricorda ancora Schure´ (Les Grands Initie´s, cit., pp. 49 sg.), il sole-fuoco non e` «solo il fuoco terrestre della folgore e del sole. La sua vera patria e` il cielo invisibile, mistico, dimora [...] dei principi fondamentali di tutte le cose [...] Esso genera gli Dei, organizza il mondo, produce e conserva la vita universale; in breve, e` la forza cosmica [...] l’Eterno Mascolino, l’Intelletto creatore»62. Cosı`, Marinetti-Mafarka spiega: Come vi sono innumerevoli frammenti di materia organica che turbinano intorno al Sole, dal quale ricevono luce e al quale rimangono attaccati da vincoli indistruttibili, e da una fedelta` filiale, cosı` ognuno di noi riceve dall’universo una incessante luce e si arricchisce di ricordi e di sensazioni, nel suo pellegrinaggio, durante le infinite trasformazioni che la sua materia immortale ha attraversate!... Il nostro spirito, che e` la manifestazione suprema della materia organizzata e vitale, accompagna in tutti i suoi mutamenti la materia medesima, conservando nelle sue nuove forme le sensazioni del suo passato, le tenui vibrazioni della sua energia anteriormente esercitata... Divinita` e continuita` individuale dello spirito volontario e onnipotente, che bisogna estrinsecare per modificare il mondo!... Ecco 63 l’unica religione!... .

Dal Sole-forza cosmica tutto l’universo riceve vita e potenza e ricava energia materiale e spirituale. Ma soprattutto energia creatrice, forza di volonta`: Non lasciarmi ancora! diceva egli; non lasciarmi andare, Sole selvaggio, Sole d’energia e di Potenza crudele! Ecco che tu stacchi dalle mie membra, a uno a uno, gli artigli di volonta` che mi si erano conficcati nella

61 62 63

Citiamo da: Mafarka il futurista, Milano, Sonzogno, 19202, p. 27. Les Grands Initie´s, trad. it. cit., pp. 49 sgg. Mafarka il futurista, cit., pp. 210 sgg.

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carne [...] O mare di fuoco, non fuggire lungi da me!... Io non saro` piu` che un gran porto insabbiato, io non saro` piu` nulla, se tu mi esci dal petto, o Sole! Poiche´ lo vedi: la mia anima e` tutta timida!64.

La concezione di Mafarka, come innumerevoli verifiche testuali possono ulteriormente confermare, sembra insomma inserirsi a pieno titolo nel quadro di quello «spiritualismo materialistico» di cui abbiamo gia`, nei precedenti capitoli, esaminato le caratteristiche, anche relativamente alle posizioni di un Papini e di un Capuana, evidenziando come esso sia tipico della conversione in senso irrazionalistico di certo scientismo positivista, tendenzialmente affamato di «ideale». Ma, in Marinetti, l’idea di un collegamento della vita umana con le forze cosmiche (divulgata d’altra parte da illustri astronomi che, come Flammarion e Schiaparelli, avevano proprio in quegli anni pubblicato i risultati dei loro studi sull’influsso dei corpi celesti sul comportamento 65 umano) era, forse, qualcosa di piu` che il frutto di una fredda convinzione «scientifica» o di una semplice enfasi poetica: se dobbiamo attenerci alla lettera di appunti scritti successivamente dalla sua stessa mano, egli credeva davvero all’esistenza di forze immateriali che interferiscono psichicamente con la vita umana: io spingo sempre piu` a velocita` pazza la mia vita senza quiete ne´ riposo! Ma ogni mattina ringrazio le Forze che mi hanno dato un buon stomaco e l’orgoglio di essere e di sentirmi italiano. Libro delle Forze. Gratitudine mia per le Forze che favorivano la nostra 66 offensiva .

Ancora nel 1930, nelle Novelle con le labbra tinte67, scriveva: Vi sono magnetismi imposti dalle Forze Cosmiche che vogliono ad ogni costo legare insieme, completare, perfezionare l’assurdo e il fantastico. Un veggente quale io sono pensa che scendendo dal treno voi dovevate necessariamente prendere proprio quell’automobile [...] Sono sempre le Forze che impongono al volantista di aspettare il tempo utile...

Al collegamento con quelle «forze» – che, aveva detto (in MF) devono 64 65 66 67

Ivi, p. 111. Cfr., ad es., C. Flammarion, Les forces naturelles inconnues, Paris 1907. Da F. T. Marinetti, Taccuini 1915-21, a c. di A. Bertoni, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 407. In Matrimonio ad aria compressa, cit., p. 371.

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essere indotte a «prostrarsi davanti all’uomo», Marinetti attribuiva la propria proverbiale energia, il proprio fascino da «grande sirena incantatrice»68, quella «irruenza che non tollerava ristagno». La visita a «una specie di chiromante apprezzatissimo che gli «predice un sacco di fortuna» sara` per lui una semplice conferma: Penso che una persona porta su di se´ una parte delle forze che maneggia, parte invisibile a tutti ma sensibile e avvertibile per coloro che sono allenati a studiare le persone chiromanticamente. Io porto su di me i miei 69 viaggi da fare il mio dinamismo .

Ed e` vero che Marinetti saltava di entusiasmo in entusiasmo, di motto in motto come il camoscio salta di rupe in rupe. Aveva gusto ed ingegno; ma, nella foga precipitosa con cui viveva e parlava, era impossibile distinguere tra il bello e il brutto, tra il falso e il vero. Pareva quasi che dalla superficie glabra del suo cranio emanassero crepitando miriadi di fugaci scintille come da una parete liscia contro la quale si fosse strofinato un fascetto di zolfanelli70.

Forse alla fiducia nel potere di certe «forze», che da piani superiori possono scendere a influenzare anche eventi minimi e quotidiani, forse alla credenza nella possibilita` di una influenza reciproca a distanza tra gli oggetti e le persone si puo` far risalire anche il fatto che Marinetti... era molto superstizioso. Credeva sinceramente agli amuleti, ai portafortuna, agli jettatori, e portava sempre in tasca un assortimento 68

Viviani, Giubbe Rosse, cit., p. 26. Taccuini 1915-21, cit., pp. 480-82. 70 Cosı` lo descrive Borgese: «Ha perso gli ultimi capelli e ha guadagnato, in compenso, qualche chilogrammo di peso [quando si sposa con Benedetta?]; ma nelle linee essenziali della persona fisica e spirituale e` rimasto fedele a se stesso: tutto impeti disordinati e scatti fulminei, ricco di un eloquio precipitoso ove i termini piu` succulenti dell’argot parigino si mescolano a un italiano telegrafico, incapace di discorrere senza colorir le parole di una mimica cosı` fortemente accentuata che sembra di momento in momento dover degenerare in una prodigiosa danza del ventre; tutto ebbro di felicita` quando, in compagnia di festevoli amici, ha potuto vagabondare per ore e ore lungo le vie deserte delle citta` notturne, destando gli echi insonnoliti con la declamazione spasmodica di un macabro poema decadente [...] raramente mi avvenne in seguito di conoscere un uomo in cui, pur senza vizii volgari, la vita sembrasse cosa naturalmente piacevole e gioconda, egualmente benigno e spontaneo all’accoglienza affettuosa e nell’ingiuria polemica, straricco di forze fisiche e intellettuali» (Gli allegri poeti di Milano, in La vita e il libro, cit., pp. 127-28). 69

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magnifico di mani di Fatma, corni di corallo e di avorio, e altri eloquentissimi simboli per lo scongiuro, che quando parlava non abbandonava mai con la mano. Proprio a proposito della jettatura – scrive Alberto Viviani – appena cominciammo a parlare di poesia e di poeti, io – ancora inesperto di quella scienza – dovetti piu` volte toccare gli amuleti di Marinetti perche´ ignorando la trista fama del tale e del talaltro, nominavo gente segnata senza appello nel libro nero degli innominabili71.

A queste basi di energetismo irrazionalista, alla convinzione che l’universo sia permeato di forze e che ogni essere sia, a sua volta, una emittente di energia, dobbiamo attribuire forse anche altre manie del fondatore del Futurismo, come l’ossessione del numero 11, cui Marinetti attribuiva proprieta` magiche e propiziatorie, tanto da forzare in piu` occasioni la datazione dei manifesti, pur di trasmetterli alla storia con la data dell’11 del mese. In un bizzarro e poco noto appunto, Marinetti cosı` giustifica le sue superstizioni: Scopro per intuizione che tutte le ondate di sensibilita` vissute da noi non possono spegnersi e morire subito. Certamente si staccano da noi totalmente o in parte e rimangono, piu` o meno legate a noi, intorno a noi. Formano l’alone della nostra vita, come una speciale massa gazosa segue un astro. Sono l’atmosfera nostra. Alcuni la portano dolorosamente poiche´ sono o porosi o regolarmente crivellati o bucati qua e la` da buchi slabbrati. Questi sono alla merce` dei capricci di queste sensibilita` erranti. Invasi ogni momento. Sono nostalgici abulici indecisi quelli che hanno varchi regolari e normali. Gli altri sono nevrastenici. Gli uomini che hanno una vita intensa sono avviluppati da una infinita` di sensibilita` proprie. Gli uomini che vivono poco sono insidiati dalle sensibilita` erranti degli uomini d’azione. Queste sensibilita` irritate dall’impossibilita` di penetrare il loro generatore si staccano da lui e vagano cercando di penetrare nei varchi aperti da altri esseri vivi. Obbediscono cosı` alla legge che li governa: agganciarsi su un nucleo di intensita` e fasciarlo fino alla soffocazione. Cosı` avviene che molti esseri vivi sono in pericolo per le sensibilita` erranti che li assediano. I filosofi come Bergson non hanno mai intuito questa esistenza fuori di noi intorno a noi delle sensibilita`-sensualita` quasi materiali erranti, perche´ non vivono intensamente passionalmente la vita. I Filosofi hanno dei giorni – cataloghi astratti – freddi di idee. Essi non sentono i nuclei brucianti di vita dinamica72. 71 72

A. Viviani, Giubbe Rosse, cit., p. 18. Dai Taccuini 1915-1921, cit.; appunto del 5 maggio 1919, p. 482.

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Avra` pensato a queste «sensibilita` erranti» Marinetti, quando definı` l’arte un «prolungamento della foresta delle nostre vene, che si effonde, fuori del corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo»? (MTLF). Mafarka, come Marinetti convinto che «bisogna avere la gioia e la volonta` di darsi tutti interi al prodigio», si lancera` dunque nell’avventura suprema: «procreare dalla propria carne senza il concorso e la complicita` della donna un gigante immortale dalle ali infallibili». Pur appartenendo ad una societa` «primitiva», che pratica riti orgiastici (per la cui descrizione il romanzo, come si e` detto, fu citato in giudizio) Mafarka, ricalcando, nelle intenzioni e nei risultati se non nei metodi, l’operato del protagonista di 73 una novella dello stesso Capuana (Creando) , decide di «moltiplicarsi, senza ricorrere alla matrice della donna». Nasce cosı` Gazurmah, primo uomo «moltiplicato per opera propria» (quale e` teorizzato in CP), che, novello Icaro, tentera` l’ascesa verso il Sole. Ma colui che Mafarka (doppio fantasmatico di Marinetti stesso) chiama figlio, e` un alter ego di Mafarka, nato dall’ampliamento delle sue stesse facolta`: Io trasfondero` la mia volonta` nel corpo nuovo di mio figlio! – dice Mafarka – Egli sara` forte di tutta la sua bellezza, che non fu mai torturata dallo spettacolo della morte!... Gli trasmettero` la mia anima in un bacio; abitero` nel suo cuore, nei suoi polmoni e dietro i vetri dei suoi occhi; mi affaccero` alle rosse terrazze delle sue labbra... Egli e` piu` bello di tutti gli uomini e di tutte le donne della terra! La sua statura colossale e` di venti cubiti, e le sue braccia onnipotenti possono agitare per una giornata intera due ali piu` vaste che le tende dei Beduini e che i tetti delle vostre capanne...

Due cose sono importanti da sottolineare, oltre l’aspirazione prometeica verso quel Sole che e`, non solo per Marinetti, uno dei topici travestimenti dell’Ideale e che Gazurmah, prefigurazione di un uomo moltiplicato e indefettibile (cioe` meccanico), vuole rendere schiavo («per saziare... la sete immemorabile di forza assoluta e d’immortalita`»), forte di ali che lo rendono «padrone del firmamento» e nelle quali si realizza «il grande sogno della musica totale [...] Divina brama della Poesia!». In primo luogo il progetto di «generare un figlio senza il concorso e la complicita` della donna», di «uccidere l’amore, sostituendogli la sublime volutta` dell’eroismo». Dunque una riaffermata volonta` di potenza, una reiterata «attitudine all’eroismo quotidiano» (come dira` in IP) che da ora in 73 La novella Creando e` inclusa nella raccolta Il Decameroncino, Catania, Giannotta 1901; in essa un adepto dello yoga crea, con la sola potenza del pensiero, la sua donna ideale.

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poi continuera` a percorrere ossessivamente i proclami dei manifesti: «Disprezziamo la tirannia dell’amore [...] Combattiamo il rancido sentimentalismo, l’ossessione dell’adulterio» (Discorso ai triestini, 1909). «Cio` che scava un fossato ancor piu` profondo tra la concezione futurista e la concezione anarchica e` il gran problema dell’amore, la grande tirannia del sentimentalismo e della lussuria, dalla quale noi vogliamo liberare l’umanita`» (Trieste, la 74 nostra polveriera) . La smitizzazione provocatoria dell’amore diverra` cosı` in Marinetti frequente spunto di ispirazione e provocatorio propellente della sua macchina narrativa. L’amore, «sentimentalismo e lussuria», «ossessione romantica e volutta`», deve divenire, secondo Marinetti, una «semplice funzione corporale, come il bere e il mangiare». Per questo, come moderni yogi, «i giovani maschi contemporanei» devono imparare «metodicamente a distruggere in se´ tutti i dolori del cuore, lacerando quotidianamente i loro affetti e distraendo infinitamente il loro sesso con contatti femminili rapidi e disinvolti» (UM ). «I nostri nervi disprezzano la donna – scrive Marinetti in Uccidiamo il chiaro di luna! – poiche´ noi temiamo che braccia supplici si intreccino alle nostre ginocchia la mattina della partenza!». Noi disprezziamo l’orribile e pesante Amore che ostacola la marcia dell’uomo, al quale impedisce di uscire dalla propria umanita`, di raddoppiarsi, di superare se stesso, per divenire cio` che noi chiamiamo l’uomo moltiplicato. [...] Noi siamo convinti che l’amore – sentimentalismo e lussuria – sia la cosa meno naturale del mondo. Non vi e` di naturale e di importante che il coito il quale ha per scopo il futurismo della specie (Contro l’amore e il parlamentarismo).

Questo esercizio di atarassia prevede addirittura l’abolizione del «dolore morale, la bonta`, l’affetto e l’amore, soli veleni corrosivi della nostra possente elettricita` fisiologica», il rifiuto della donna, «divenuta il simbolo della terra che si deve abbandonare» (Contro l’amore e il parlamentarismo). L’ascesi, come si vede, riguarda, piu` che la vita dei sensi, quella del sentimento e della psiche, che Marinetti vuole intrepide e libere da debolezze sentimentali. La predicazione percio` non prescrive l’astinenza, ma il distacco, e, del tutto in linea con la via «rossa» del tantrismo, non vede alcuna contraddizione tra l’abolizione dell’amore e una intensa attivita` amatoria, cosa che la biografia di Marinetti, la sua sensuale prosa e la sua 74

Questo concetto sara` ancora ribadito in VF: «Sulla scena, l’amore e il triangolo dell’adulterio devono essere ridotti al valore secondario di episodıˆ o di accessorıˆ, cioe` allo stesso valore a cui sono ormai ridotti nella vita per effetto del grande sforzo futurista».

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facilita` per il genere erotico e la novella libertina (da Come si seducono le donne a Gli amori futuristi 75 fino a Le novelle con le labbra tinte) per altri versi, confermano. Il controllo degli impulsi sessuali e` del resto da sempre considerato, nella tradizione magica e esoterica, un mezzo per giungere alla padronanza del se´ e quindi a una potenza creatrice di natura psichica. Questo controllo pero`, che, in ambito giudaico-cristiano, viene identificato con la castita`, puo` essere vissuto, in altre tradizioni, sotto forma di pratica sessuale «a freddo», attraverso la quale attuare un controllo delle energie psichiche, utilizzabile poi anche in sede magica. A questa tradizione va forse ricondotto il senso di un appunto del 1918, dove, a chi «interessandosi di occultismo e di Forze [...] crede che la castita` serve a centuplicare le forze psichiche per giungere all’esteriorizzazione della volonta` in creazione diretta», Marinetti risponde: « La creazione diretta – credo io – si otterra`, 76 ma non con la castita`» . A una certa conoscenza delle tecniche di magia «rossa» sembra ispirarsi anche un racconto del 1930, Un confessionale carico d’odio, incentrato sulle vicende di un prete che aizza le sue due amanti l’una contro l’altra e le istiga a compiere incantesimi a morte, utilizzando come «propellente magico» la forza deviata di eros77. Il controllo degli istinti richiede, d’altro canto, l’esercizio costante di una ferrea volonta`, come anche Assagioli sottolineava in un saggio del 1911, ricordando che «per una speciale affinita` di natura, le energie sessuali possono essere facilmente sublimate in energie creatrici» e che, a questo, «la creazione artistica si presta in modo speciale»78. In effetti, ed e` questo il secondo punto che vorremmo sottolineare, l’idea che il prodigio, in tutte le sue forme, possa scaturire da una disciplina della volonta`, capace di estrinsecarsi al di fuori dell’uomo come «un immenso braccio invisibile» e` motivo centrale di tutto il romanzo e trova, non casualmente, la sua piu` compiuta formulazione in un capitolo che, nel titolo, Il discorso futurista, rimanda alla duplice accezione di «futurismo della specie» e di «evoluzione della razza».

75

Ricordiamo gli estremi bibl. delle opere ancora non citt. di Marinetti: Come si seducono le donne, pref. di B. Corra e E. Settimelli, Firenze, Edizioni da Centomila copie, 1917; Gli amori futuristi, programmi di vita con varianti a scelta, Cremona, Ghelfi, 1922. 76 Taccuini 1915-1921, cit., 26 dic. 1918, p. 399. 77 In Novelle dalle labbra tinte, cit. Tra gli altri, si occupo` di tantrismo e di magia sessuale soprattutto Julius Evola, di cui ricordiamo Lo Yoga della potenza. Saggio sui tantra, Milano, Bocca, 1949 e Metafisica del sesso, Roma, «Atanor», 1958. 78 R. G. Assagioli, Trasformazione e sublimazione delle energie sessuali, estratto dalla «Rivista di Psicologia Applicata», a. VII, n. 3, magg.-giu. 1911.

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Io v’insegno a spingere fuori dai vostri muscoli, fuori dalle vostre bocche la volonta` come il rosso alito di un forno, come una forza soprannaturale, cosı` che ella padroneggi, trasformi e sollevi il legno, il granito e tutti i metalli!... [...] – proclama Mafarka – io sprigiono adesso la mia volonta`, ancor giovane e possente, dal mio corpo gia` logoro per troppi sforzi inutili. Voi dovete credere alla potenza assoluta e definitiva della volonta`, che bisogna coltivare, intensificare, seguendo una disciplina crudele, fino al momento in cui essa sprizzi dai nostri centri nervosi e si slanci oltre i limiti dei nostri muscoli con una forza e una velocita` inconcepibili. [...] La nostra volonta` deve uscire da noi, per impossessarsi della materia e modificarla a nostro capriccio. Cosı` noi possiamo plasmare tutto cio` che ci circonda e rinnovare senza fine la faccia del mondo... Presto, se pregherete la vostra volonta`, farete figli anche voi, senza ricorrere alla matrice della donna79.

L’esaltazione della volonta`, affacciatasi in Marinetti, in forma chiara ed estesa, per la prima volta in Mafarka, tornera` ancora, elaborata in modi diversi, nei successivi manifesti, in cui la volonta` assumera` sempre piu` precisamente le caratteristiche di una forza capace di modificare il mondo. Il concetto, che, come si e` visto nei precedenti capitoli, aveva profonde radici nella tradizione magica, sara` pietra angolare dell’edificio di pensiero del futurismo, che e` dottrina dell’utopia e insieme dottrina della fede nell’azione: un’azione che muove dall’aspirazione a cambiare il mondo, a trascendere i limiti della realta` fisica e alla quale si tende a riconoscere la facolta` di estrinsecarsi come «forza» capace di attuare il futuro; che trae il proprio potere di convincimento dall’essere fortissimamente voluta; che, nel suo proiettarsi immaginativamente e dinamicamente nell’avvenire, intende sintonizzandosi con le leggi dell’universo, le quali si esprimono come movimento, trasformazione, superamento; che, nell’intensita` delle asserzioni, mira a sopprimere l’intervallo tra il progetto e la sua attuazione e considera operative la forza dell’intenzione e l’efficacia declamatoria; che, nella sua assolutezza, nella rinuncia ai «frutti» contingenti, esprime una tensione, magica e utopica, appunto, a porsi fuori dal Tempo e dallo Spazio, in una condizione «intuitiva», di sintetica «velocita`, che realizzi, nell’attimo presente, l’eterno e l’ognidove. Anche queste affermazioni avevano le loro basi nella conoscenza che Marinetti aveva delle religioni orientali, le cui concezioni, pur legate strettamente all’idea della reincarnazione, mirano al superamento dell’attacca79

Mafarka, ed. cit., pp. 210 sgg. Si noti, nel primo brano, il particolare della forza creatrice che si estrinseca attraverso l’alito; per questa idea magica, ampiamente documentata in quasi tutte le tradizioni religiose, cfr., ad es., Genesi 2, 7.

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mento alla vita, alla realizzazione suprema come «risveglio» dal ciclo di Maya, ovvero dall’illusione del tempo come flusso del divenire e dello spazio come localizzazione del particolare e del personale. Non a caso i teosofi poterono affermare che «I Futuristi sono i mistici 80 dell’azione» . Ma agli occhi di Marinetti tutto cio` aveva anche una giustificazione scientifica. In effetti, Marinetti, legando strettamente materia e energia, realta` e forza vitale, dimostrava di concepire il mondo come campo di un persistente mischiarsi di energie, suscettibili di essere a loro volta influenzate dal «campo di forza» umano, dal gioco dei «magnetismi elettrici» messi in azione dal volere. Da queste convinzioni, traeva alimento anche l’inguaribile ottimismo di Marinetti e dei futuristi, «quell’ottimismo messianico», come lo chiamo` Papini81, basato sulla fiducia nelle possibilita` operative della facolta` volitiva e sul conseguente convincimento che la volonta` possa determinare il movimento verso l’alto delle «forze» del destino individuale e collettivo, rendendo l’uomo protagonista e beneficiario di un divenire nel quale il mondo si perfeziona in un palingenetico rinnovamento. Secondo Marinetti, infatti, il Futurismo e` «l’ottimismo artificiale opposto a tutti i pessimismi cronici, e` il dinamismo continuo, il divenire perpetuo e la volonta` istancabile....»82. Una simile concezione, che contaminava evoluzionismo e spiritualismo, era stata rinverdita e riportata all’attualita`, in quel torno di secolo, anche dalla teosofia e, con particolare autorevolezza, dalla antroposofia di Rudolf Steiner, il quale, dal 1905, aveva affrontato questo argomento in una serie di conferenze83 ma era comunque gia` nell’aria almeno dalla data di pubblicazione de Les Grands Initie´s. Si legga, a questo proposito, il brano citato da Schure´, confrontandolo, anche nelle coincidenze lessicali, con gli excerpta di Mafarka, fin qui trascritti: Abbiamo raggiunto con Pitagora il vertice dell’antica iniziazione. Da quella sommita` – scriveva Schure´ – la terra appariva sommersa all’ombra come un astro morente. Di lassu` si spalancano le prospettive siderali e si snoda, come un tutto ineffabile, il panorama aereo, l’epifania dell’universo. Ma

80

Cit. in M. Verdone, Manifesti futuristi e scritti teorici di Arnaldo Ginna e Bruno Corra, Ravenna, Longo, 1984, p. 237. 81 G. Papini, Futurismo e Marinettismo, in «Lacerba», III, 14 febbraio 1915, firmato anche da Palazzeschi e da Soffici; ora in L’esperienza futurista, ed. cit., p. 144. 82 1915. In quest’anno futurista. 83 Aus der Akasha-Cronik, in «Luzifer-Gnosis», nn. 14-35, 1904-08; trad. it.: Dalla cronaca dell’Akasha, Roma, ed. Bontempelli e Invernizzi, 1913.

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scopo dell’insegnamento non era quello di assorbire l’uomo nella contemplazione o nell’estasi. [...] All’iniziazione della mente, doveva seguire l’iniziazione della volonta`, la piu` difficile di tutte, in cui il discepolo doveva far discendere la verita` nei recessi dell’anima e applicarla alla sua pratica di vita. [...] L’anima [...] deve acquistare il coraggio, l’abnegazione, la dedizione e la fede [...] Si aprono allora i sensi interiori dell’anima; la volonta` illumina i sensi materiali. Il suo magnetismo corporeo, penetrato dagli effluvi dell’anima astrale, elettrizzato dalla sua volonta` acquista un potere in apparenza miracoloso. [...] Il vero destino dell’uomo e` quello di salire sempre piu` in alto con le sue sole forze [...] Piu` si sale, piu` il cerchio della liberta` si dilata fino all’infinitamente grande [...] Il Destino regna sul passato, la Liberta` sul futuro, e la Provvidenza su entrambi, e cioe` sul presente che e` sempre e che potremmo chiamare Eternita`84.

Con questo iniziato ai misteri pitagorici, l’eroe futurista annunziato da Marinetti sembrava avere molti punti in comune, condividendone, sia pure a suo modo, aspirazioni e obiettivi, strategie e pratiche conoscitive.

84

E. Schure´, Les Grands Initie´s, cit., pp. 246-49.

9 LA RICOSTRUZIONE FUTURISTA DELL’UNIVERSO L’Infinito ci vuole tutti per lui, tutti in lui quindi abbassa il limite assurdo. (F.T. Marinetti, La grande Milano tradizionale e futurista)

L’ideale di un uomo «moltiplicato per opera propria», capace, attraverso l’ascesi dei sentimenti e l’allenamento della volonta`, di raffinare i propri sensi e di ampliare il proprio orizzonte d’azione, animato da aspirazioni demiurgiche e sorretto da un amore per l’assoluto simile, nelle sue espressioni, a quello che anima l’iniziato descritto da Schure´, pur contaminandosi con altri motivi, prendera` sempre piu` corpo nei successivi manifesti, conferendo ulteriormente al futurismo i tratti di una «religione» che prevedeva l’immensificazione dell’uomo, o meglio di una e´lite di uomini, ben determinati, per mezzo di una strenua disciplina, a inverare fin da ora l’avanguardia di una razza futura, di una umanita` «immensificata» per effetto del coraggio, dell’intuizione e della volonta`. In un’ottica religiosa, Marinetti poteva affermare, senza tema di essere smentito, che il Futurismo: non e` sottoposto alle leggi della moda e al logorio del tempo... e` un grande movimento solidale di eroismi intellettuali, nel quale l’orgoglio 1 individuale e` nulla, mentre la volonta` di rinnovare e` tutto .

Inverare il futurismo, significava, in qualche modo, portare a termine l’evoluzione umana: a questo fine, Marinetti, si sforzo` di mettere a punto

1 F. T. Marinetti, voce «Futurismo» in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XVI, MCMXXXIII – XI [1933].

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obiettivi e procedure adeguate, che alludevano alla liberazione di facolta` superiori e miravano ad attuare gia` da adesso il futuro. In questo, pur senza esplicitarlo, Marinetti e i suoi, in forza di un tipico sincretismo che permetteva di accogliere e fondere ogni sorta di materiali in modo assolutamente disinibito, si servirono di spunti frequentemente tratti dalla «scienza occulta» o da quel ramo delle piu` moderne indagini scientifiche che investiva, appunto, le manifestazioni del paranormale, iscrivendola in un orizzonte laico. Il «meraviglioso scientifico» futurista, in quanto prefigurazione utopica e strategia poetica, poteva anzi sfruttare ai propri fini l’incertezza epistemologica che aveva caratterizzato la scienza tardo-ottocentesca, superando, senza imbarazzi, ogni contraddizione interna. Ispirati dalle piu` recenti scoperte nel campo della fisica, ma anche alla luce della messe di studi sulla medianita`, i futuristi potevano davvero aspirare a realizzare «l’ideale di una grande e forte letteratura scientifica, la quale... magnifichi le piu` recenti scoperte»2, auspicando al tempo stesso l’avvento del regno della macchina e l’esteriorizzazione della volonta`. Molti elementi di contraddizione erano inoltre gia` risolti, in nuce, in quel concetto di dinamismo cosmico, di eterno movimento, ciclico e progressivo a un tempo, che e` alla base della visione futurista: collegandosi ad esso, l’uomo si accorda alle leggi evolutive dell’universo, consegue il proprio progresso spirituale e tecnologico e realizza attimo dopo attimo il futuro, un futuro che gli richiede di accogliere senza riserve la modernita` e le sue invenzioni, di combattere nell’arena del divenire e di portare cosı` a compimento la creazione, a cominciare dal perfezionamento della sua stessa «sensibilita`». Su questi presupposti, oltre che su una grande disinvoltura avanguardistica, si giustifica l’apertura a tutto orizzonte del futurismo, il quale si destreggia tra coppie di opposti apparentemente incompatibili: tra aspirazione all’assoluto, «idealismo», «spiritualita` avveniristica» e modernismo, realismo grottesco e persino goliardico, sensualita`. Dando concreta attuazione al pensiero di Papini e alle profezie di Capuana e trasponendo entro una cornice laica e talvolta esplicitamente atea idee di matrice spiritualistica e occultistica, il futurismo ideo` dunque una poetica – e una Weltanschauung – che traevano dal campo della ricerca psichica e della tradizione esoterica la forza profetica, i simboli, la mitologia, talvolta perfino le tecniche psicagogiche, volgendole a fini letterari ed artistici. Dello sfondo mitico di quelle utopie, esso si servı` per cercare di 2 Marinetti, Discorso ai Triestini, marzo 1909, in Sintesi del futurismo, a c. di L. Scrivo, Roma, Bulzoni, 1968.

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dare coesione ideologica alle proprie aspirazioni, e per propagandare il miraggio di una evoluzione psico-fisiologica che, in un avvenire piu` o meno lontano, gia` da ora anticipato dai comportamenti e dalla fede di una avanguardia, avrebbe moltiplicato le forze umane e trasformato i modi e i contenuti dell’opera d’arte, chiamata a rappresentare, gia` da ora, «un soggetto nuovo scaturito dalla lirica esaltazione di una religiosita` nuova»: 3 quella, appunto, futurista . Di questa deriva ideologica e` esemplificativa proprio la vicenda dell’adesione e poi dell’allontanamento di Papini dal futurismo. Nel 1913, chiusa ormai da tempo l’esperienza dell’«Anima», Papini spiegava di essersi deciso «ad accettare in blocco – malgrado i parziali dissentimenti – gli ideali e le tendenze degli amici futuristi», perche´ «le qualita` stesse del suo ingegno e le direzioni del suo lavoro lo conducevano a intendersi coi futuristi». «Io sono stato, in un certo senso – affermava –, un futurista prima del Futurismo»4. I motivi della convergenza erano da ravvisarsi, in primo luogo, nella condivisa convinzione di dover distruggere per costruire, di dover azzerare il passato per lasciar posto al nuovo; motivo sul quale Papini, futuristicamente, si era espresso gia` nel 1903: [...] di tutti gli strumenti del lavoro umano preferisco l’ascia e il piccone. Non ci puo` essere, per me, una verace e bella creazione, se non si crea prima, col distruggere, lo spazio e la liberta` onde innalzarla superba al cielo [...] Troppe cattedrali d’idoli vecchi e nuovi, di feticci ufficiali e clandestini, si assiepano sulla nostra strada perche´ possiamo cosı` tosto dismettere le nostre vesti d’iconoclasti e di scorridori. [...] Per chi sappia vedere al di la` di formulette scolastiche, la nostra distruzione e` una rivelazione»5.

Egli esplicitava cosı` un tema destinato a divenire centrale nella polemica culturale di quegli anni, in particolare in ambito leonardiano, e che, lungi dall’esaurirsi nel tempo, assumera` toni sempre piu` accesi, fino ad assumere pericolose valenze politiche. Il pragmatismo leonardiano e la modernolatria futurista collaborarono in questo senso, dando luogo, con

3

Cit. in M. Calvesi, Le due avanguardie, cit., p. 134. Perche´ son futurista, in «Lacerba», I, 23, 1 dicembre 1913, poi in L’esperienza futurista, cit., ed. 1981, pp. 39-51, con il titolo Accettazione (ma per le vicende di pubblicazione di questi articoli sul futurismo in «Lacerba», cfr. la Nota ai testi di G. Nicoletti in Opere di G. Papini, cit. infra alla n. 14, pp. 764 sgg.). 5 Gian Falco, Me e non me, in «Leonardo», I, 14 gennaio 1903, pp. 2-4. 4

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l’apporto di Sorel, a pastiches ideologici che rappresentano l’organico svolgimento delle «esplorazioni» di inizio secolo. Dell’ideologia futurista, Papini condivideva, per averle anticipate, la volonta` di svecchiamento, anche violento, della cultura italiana, lo spirito di avventura e di conquista, una certa anarchica spregiudicatezza che a molti, in quegli anni, sembrava necessaria per distruggere una vecchia forma di civilta`. Papini si proclamo` [...] futurista perche´ Futurismo significa liberta` assoluta [...], il tracciamento di nuove strade verso l’avvenire e l’esasperato inseguimento di nuove sensazioni ed emozioni di nuove forme di espressione [...] accettazione completa della civilta` moderna, con tutte le sue meraviglie gigantesche, le sue fantastiche possibilita`, e le sue tremende bellezze [...] amore del rischio, del pericolo, del non tentato, del non provato, dell’altezza non 6 raggiunta e dell’abisso non scandagliato .

In quelle altezze e in quell’abisso, doveva esserci pero` anche una reminiscenza delle aspirazioni dell’Uomo-Dio, se ex post, nel descrivere le linee portanti del suo tormentato percorso intellettuale – e percio` anche della sua adesione al futurismo –, Papini elencava, tra le principali: [...] la sete del divino, la fame dell’assoluto e di piu`, costante, insistente, la fede nel primato dello spirito sulla materia, dell’anima sul corpo.

Concludendone che «Le sue giravolte, piaccia o non piaccia ai laudatori delle rupi e dell’ostriche, erano state dunque assai meno di quelle che gli addossava l’interessato sfringuellamento dei rammendatori d’anime...»7. Papini intravide dunque una via di convergenza con il movimento di Marinetti anche sulla base di una «fame d’assoluto» e di una «fede nel primato dello spirito». Queste caratteristiche, che a lui sembrarono proprie anche del futurismo, troveranno particolari sviluppi, qualche tempo dopo, nel gruppo del secondo futurismo «fiorentino»: quello che, allontanatosi Papini e cessata l’esperienza di «Lacerba», si raduno` attorno a «L’Italia futurista», che fu significativamente soprannominato, con omaggio a Mallarme´ e, forse, al «Blaue Reiter», «pattuglia azzurra», e che coltivo` «esplicite

6

Accettazione, cit. G. Papini, Stroncature (1904-1931), Firenze, Ed. «La Voce», 1916 (Firenze, Vallecchi, 1942, pp. 11-15). 7

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posizioni occultiste e spiritualiste, del resto comuni a gran parte dell’avan8 guardia storica» . Ma, nell’iniziale adesione al futurismo, non era stato neanche ininfluente il fondo di comune consonanza con Bergson, del quale Papini (e pure Prezzolini) ai tempi del «Leonardo», avevano confusamente accolto, al pari di quanto fara` poi Marinetti, alcuni temi fondamentali, quali: Liberta` e spontaneita` dell’io, eterogeneita` radicale dei fatti psicologici profondi, vita che si vuol sottratta alla trascendenza e al determinismo, ed e` principio immanente nel dato, nel fatto immediato, continuita` del divenire che e` re´alite´ vivante; di qui, celebrazione dell’intuizione, che sa percepire il reale immediatamente e porsi nel cuore delle cose, di contro all’intelligenza, ossia all’analisi per concetti, che opera sulla materia bruta, inorganica, inerte,

e soprattutto, come sottolinea Delia Frigessi, «una concezione della realta` come slancio, tensione, direzione vitale»9. A tutto cio` si sovrapponeva l’accoglimento di suggestioni derivate da James, piu` profonde nei leonardiani, ma destinate a divenire centrali negli sforzi «operativi» dei futuristi: nella loro accentuazione del primato dell’azione, in quella tensione magico-operativa che si sforzava in tutti i modi di promuovere «una piu` diretta efficacia sulle cose e sullo spirito»10 e di fare di «ogni enunciazione teorica un programma, un’aspettativa, una revisione che dovra` verificarsi nel futuro»11. Ma nel voler rendere presente il futuro, nel voler trasformare il cuore della natura umana per superarne i limiti, nel desiderio di vivere in consonanza con «le forze cosmiche», traendone l’energia per «ricreare l’universo», dei futuristi, vi era, anche, l’eco di quella «Imitazione di Dio», la prefigurazione di quell’uomo «piu` perfetto... che si accostera` di piu` allo stato divino, cioe` che diverra` piu` onnipossente»12, che Papini aveva invocato, scrivendo che: 8

M. Verdone, Futurismo fiorentino, in Qui non si canta al modo delle rane. Marinetti e il Futurismo a Firenze, Catalogo della Mostra, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, 19 dic. 1994-21 gen. 1995, Roma, Edizioni De Luca, 1994, p. 12. 9 D. Frigessi, Introduzione a La cultura italiana del ’900 attraverso le riviste, I, cit., p. 17. 10 A. Viviani, Gianfalco. Storia e vita, Firenze, G. Barbe`ra editore, 1934, p. 223. 11 G. Preti, cit. in L. Baldacci, senza titolo, in Introduzione a: G. Papini, L’esperienza futurista, cit., pp. IX-X. 12 Il Gentiluomo malato [Giovanni Papini], L’imitazione d’Iddio, «Leonardo», III, aprile 1905, pp. 63-64.

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l’Uomo-Dio, prima di giungere al nirvana [...], deve sconvolgere l’universo, rifarlo a suo modo, produrre improvvisamente cambiamenti di grandezze e importanza non mai vedute [...] Per cambiare qualcosa bisogna avere un’idea, un disegno, un programma di quello che si vuol vedere apparire in luogo di quello che c’e` [...] bisogna immaginare altri mondi [...] cio` che non esiste ma potrebbe esistere [...] Quelli che vogliono preparare una nuova eta` plastica – che vogliono rifare e trasformare il mondo [devono] scegliere tra i vari mondi possibili e percio` bisogna che creino tante fisiche, tante biologie, tante psicologie quanti sono i cambiamenti possibili, sia pure attualmente fantastici, che noi possiamo fare nei corpi, negli organismi, nelle anime13.

Giustamente e` stato sottolineato che quel desiderio di onnipotenza, quella fiducia nelle capacita` operative del volere danno ragione non semplicemente della distinzione tra il «pragmatismo logico» di Calderoni e di Vailati e il «pragmatismo psicologico o magico» di Papini («non nel senso di una deviazione di quest’ultimo dal pensiero di James, anzi, al contrario, nel senso di una maggiore fedelta`»14) ma, anche, della «comunanza di prospettiva e di metodo che Papini vedeva tra pragmatismo e futurismo», e che Papini stesso rilevava, affermando che il suo saggio del 1906, Il crepuscolo dei filosofi, avrebbe potuto benissimo chiamarsi «saggio di filosofia futurista». Del resto, se il futurismo di Papini si poneva come «lo sviluppo logico del suo stesso pragmatismo» magico (cosa che Sorel stesso osservo`15), il pragmatismo di James, come gia` rilevammo, era tutt’altro che alieno da compromissioni irrazionalistico-esoteriche, non solo sul versante degli interessi denunciati nel campo della ricerca psichica16, ma anche per quell’esaltazione della volonta` in chiave gia` operativa, evocativa, ideoplastica; per quella prospettiva che diverra`, in altri contesti, scopertamente aristocratica e autoritaria e che gia` nel 1903 faceva vagheggiare a Papini l’avvento di uno di «quegli uomini dai quali par che si diffonda un certo prestigio, un’autorita` tacita e muta, una forza coercitiva che non richiede ne´ gridi ne´ gesti per essere obbedita».

13

G. Papini, Dall’uomo a Dio, in «Leonardo», IV, febbr. 1906, pp. 6 sgg. Su questi problemi, cfr. anche: L. Rossi, G. Papini e il futurismo «fiorentino», in «Il Verri», nn. 33-34, 1970 e L. Baldacci, Introduzione, G. Papini, Opere. Dal «Leonardo» al Futurismo, Milano, Mondadori, 1977, pp. XI-XXVI. 15 Cosı` in E. Garin, Storia della filosofia italiana, cit., III, p. 1307. Di Papini, Il Crepuscolo dei filosofi, Milano, Societa` Editrice Lombarda, 1906. 16 Sui quali, per un’interessante panoramica, si veda: W. James, Expe´riences d’un psychiste, tr. de l’anglais par E. Durandeau, Paris, Payot, 1972. 14

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Tutti s’inchinano alla loro silenziosa volonta` come dinanzi a un re, [...] della loro stoffa si fanno i grandi capi, i grandi generali, i grandi organizzatori: dalla [...] loro immediata e interiore potenza prenderanno le mosse i nuovi dominatori17.

Queste parole suonano oggi gravide di presagi. Ma certo allora, anche in Marinetti, nel suo instancabile entusiasmo, nella sua irruente inventiva, nel suo attivismo organizzativo, Papini dovette intravedere un uomo siffatto, capace di scuotere «l’aria stagnante d’Italia», «uno di coloro che mettono su nuove strade gli uomini». Il sodalizio era pero` destinato a infrangersi presto, in un certo senso proprio per i motivi per i quali era stato possibile: nelle idee propagandate dal «capo» del futurismo, pur nella loro asserita novita`, Papini non poteva non vedere la continuazione e lo svolgimento di temi da lui stesso e da altri anticipati. L’antichita` del futurismo finı` per sembrargli evidente: Ritengo quasi disperata l’impresa di trovare un’idea o un’invenzione dei futuristi che non abbia riscontri piu` o meno precisi nei tempi che corsero prima del 1909 [...] tutte le scoperte si riducono [...] a semplici imitazioni esagerative. La questione del valore artistico del Futurismo rimane impregiudicata, [ma poiche´] a loro preme piu` di tutto far credere che sono stati i primi a creare le parole in liberta`, la poesia delle macchine, il teatro sintetico, ecc. viene troppo naturale la voglia di mostrare che la novita` del Futurismo e` piuttosto antica e che i futuristi sono stati tutt’al piu` i secondi o i terzi o addirittura i dissepellitori di anticumi dimenticati. La loro 18 originalita` e`, molto spesso, soltanto quantitativa .

In piu`, Papini additava, nella «vocazione messianica» che anche Lucini aveva riconosciuto in Marinetti, nella sua pretesa di aver trovato la verita`, un fattore limitativo, che lo stesso Lucini deplorera`, osservando che Marinetti «non ha mai lasciato porte aperte sull’azzurro firmamento dell’avvenire, pur protestandosi futurista»: «Quanti disinganni inutili si sarebbe risparmiato – aggiungeva –, se egli non avesse creduto necessario alla sua fama essere un capo scuola!»19. I medesimi limiti rilevava Gian Falco, gia` nel febbraio del ’14, nel corso della polemica con Boccioni (Il cerchio si chiude) dalla quale prendera` avvio il suo distacco: 17 18 19

Gian Falco, Cosa vogliamo? (Risposta a Enrico Morselli), cit. G. Papini, L’esperienza futurista, cit., pp. 160-62. G. P. Lucini, Come ho sorpassato il Futurismo, cit.

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Il futurismo si avviava a diventare una ricetta precisa, un metodo imposto sotto pena d’eresia, una marca di fabbrica [...] una scuola, una setta, una chiesa con grandi sacerdoti riconosciuti che soli hanno il diritto di dettar le formule e segnar le strade20.

Papini, invece, insieme a Soffici, rivendicava il diritto a una ricerca individuale, che lasciasse «il cerchio dello spirito creatore» aperto ad accogliere il nuovo, mentre invece «il carattere autoritario, accentratore, formale e religioso del Futurismo si andava sempre piu` accentuando»21. Il sodalizio si era stretto sulla base della volonta` «di creare e diffondere valori sostanzialmente nuovi», che avrebbero dovuto essere individuati previo «un approfondimento dei piu` azzardosi problemi filosofici, estetici, psicologici, morali, operato mediante una sensibilita`... precorritrice, non solo strana ma acuta fino allo spasimo»; dunque sull’ipotesi di un «futurismo programmatico» che il «Marinettismo» aveva invece negato, «mancando assolutamente di... basi teoriche, incapace di approfondimenti» e esauritosi di fatto «in trovate programmatiche superficiali»22. Papini non era il solo a credere che a Marinetti mancasse «la serieta` del sentimento». Anche Borgese affermo` che «il futurismo e` una meravigliosa facezia» in cui «il poeta ha assunto un atteggiamento da buffo shakespeariano: fa ridere gli altri, ma ride anche lui». Insieme al cote´ clownesco, alla «leggerezza» della provocazione paradossale, c’era invece in Marinetti, che fondo` e promosse il suo movimento con grande dispiegamento di energie e di mezzi finanziari, che ne fu anima e animatore, un intento pedagogico che muoveva da altri propositi. Non crediamo che il futurismo possa essere considerato semplicemente, sulla scia di cio` che affermava Borgese, «una burla gigantesca». «La sua forma abituale» non e` «lo scherzo», quanto piuttosto il paradosso, l’iperbole, il nonsense, utilizzati, con un fondo di serieta` – addirittura, talvolta, di seriosita` –, in funzione maieutica, per «spezzare le vecchie pastoie logiche e i fili a piombo della comprensione antica». Anche le famose serate futuriste, abitualmente culminanti in risse e «scazzottature», erano considerate un mezzo per scuotere il pubblico dall’atavico torpore. E, in questo senso, e` vero che «Gl’insuccessi del futurismo comincerebbero quando il pubblico cominciasse a sbadigliare per necessita` e ad applaudire per convenienza, come fa in quasi tutte le serate di 20

In «Lacerba», II, n. 4, 15 febbr. 1914, poi in L’esperienza futurista, cit., pp. 115-19. Il Futurismo e «Lacerba», in «Lacerba», III, n. 24, 1 dic. 1914, p. 131. 22 G. Papini, Futurismo e Marinettismo, in «Lacerba», III, n. 7, 14 febbraio 1915, ora in L’esperienza futurista, cit., pp. 141-45. L’art. era sottoscritto anche da Soffici e Palazzeschi. 21

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conferenze e recitazioni» e che «nel tumulto e nell’insulto il futurismo 23 prospera e cresce» . L’«ingegnosissima fantasmagoria» creata da Marinetti, il cui carattere eccessivo finiva certamente anche per avere effetti pubblicitari non disdegnabili ne´ disdegnati, nasceva dal precipuo intento di favorire il «risveglio», e inaugurava un tipo di intervento culturale in cui il paradosso e la provocazione metodica saranno praticate con l’obiettivo di mantenere desto il senso della meraviglia e dell’inaspettato: considerati da una lunga tradizione – che possiamo far risalire al Timeo di Platone – indispensabili veicoli della conoscenza intuitiva, utilizzati, dai futuristi, come elementi cruciali di una «rivoluzione» creativa, volta a «elevare il pubblico a una piu` alta comprensione della vita»24. Era, anche questo, un insegnamento riportato alla luce dei teosofi, i quali, in numerose conferenze, avevano sostenuto che «ogni sapere che speri di accostarsi agli enigmi dell’Universo deve procedere dal seme della meraviglia»25. Il desiderio di produrre una letteratura che genera stupore, «senza altra preoccupazione che quella di una assoluta originalita` novatrice» (VF), la volonta` di «andare contro corrente» (CP), saranno sempre presenti negli artisti futuristi, che inventeranno, a questo fine, anche un loro peculiarissimo stile letterario. Infatti: Quanto piu` le immagini contengono rapporti vasti, tanto piu` a lungo conservano la loro forza di stupefazione. Bisogna – dicono – risparmiare la meraviglia del lettore. Eh! via! Curiamoci piuttosto della fatale corrosione del tempo, che distrugge non soltanto il valore espressivo di un capolavoro, ma anche la sua forza di stupefazione. [...] Bisogna dunque abolire nella lingua tutto cio` che essa contiene in fatto d’immagini stereotipate, di metafore scolorite, e cioe` quasi tutto (MTL). Quando, quando si finira` di castrare gli spiriti che devono creare l’avvenire? Quando si finira` di insegnare l’abbrutente adorazione di un passato insuperabile? [...] Presto verra` il momento in cui noi non potremo piu` accontentarci di difendere le nostre idee con degli schiaffi e dei pugni, e dovremo allora inaugurare l’attentato artistico, l’attentato letterario, contro la crosta glorificata e contro il professore tirannico (CP).

23

Le citazioni sono tratte da A. Borgese, Gli allegri poeti di Milano, in La vita e il libro, Torino, Bocca, 1911 (seconda serie), pp. 130 sgg. 24 1915. In quest’anno futurista, cit. 25 R. Steiner. Citiamo dalla trad. it. di una serie di conferenze tenute ad Hannover tra il 1909 e il 1911 (via via tradotte in Europa e pubblicate su rivista) intitolata Mondo dei sensi e mondo dello Spirito, Milano, Ist. Tip. Ed., 1936, p. 30.

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L’arte drammatica non puo` avere, come tutte le arti, altro scopo che quello di strappare l’anima del pubblico alla bassa realta` quotidiana e di esaltarla in una atmosfera abbagliante d’ebbrezza intellettuale (VF); di produrre espressioni sintetiche di energia cerebrale le quali abbiano valore assoluto di novita` (TF).

Uno dei maggiori pregi del Teatro di Varieta` e` quello che «esso genera naturalmente cio` che io chiamo» – dice Marinetti – [...] il meraviglioso futurista (TV ). Ma anche l’esaltazione della «divina follia», che gia` abbiamo visto praticata nel Manifesto di fondazione e che tornera` ancora piu` volte nei testi futuristi, rientra a pieno titolo tra i topoi mitici e esoterici, come promozione di un sapere «altro», alieno ai canoni della «tribu`», come valorizzazione della attivita` intuitiva e analogica della psiche, capace di varcare i limiti del pensiero razionale e «oggettivo». «Noi siam gli astrali, i santi, i demoniaci», dicono Dai manicomi, i folli di Buzzi (in Versi liberi, cit.). Cosa dite?... Siamo pazzi?... Evviva! Ecco finalmente la parola che aspettavamo! ... Ah! Ah! Bellissima trovata!... Prendete con cautela questa parola d’oro massiccio, e tornatevene in processione, per celarla nella piu` gelosa delle vostre cantine! Con quella parola sulle dita e sulle labbra, potrete vivere ancora mille secoli... (UC). [...] e` tempo che della pazzia si faccia un’arte cosciente e evoluta – scriveranno Corra e Settimelli nel manifesto Pesi e misure del genio artistico –. Un buon pazzo puo` valere migliaia di franchi.

In questa chiave sara` bene leggere ancora, nel marinettiano manifesto Il Teatro di Varieta`, la celebrazione di «tutta la gamma della stupidaggine, dell’imbecillita`, della balordaggine e dell’assurdita`», «qualita`» che, come in un allenamento zen, fatto di koan al limite dell’insensatezza, «spingono insensibilmente l’intelligenza fino all’orlo della pazzia», preparando quel «deragliamento» da cui i futuristi si aspettano lo scaturire di un nuovo atteggiamento conoscitivo: la fisicofollia che esalta la sorpresa, l’imprevisto, che aiuta a superare il pregiudizio e le viete abitudini mentali e che prepara alla rivelazione del nuovo, dell’inusitato, dell’impensabile, all’«eroico furore» che e`, anche, premessa all’azione, alla lotta. A un atteggiamento di gioconda follia, tipico di certa saggezza immemore di se´ e percio` vicina alle fonti della verita`, alla «illuminazione» (non parlera` forse Palazzeschi di «luce della risata»?); a un capovolgimento di prospettiva che rende importante cio` che sembra futile e futile cio` che viene considerato importante; alla leggerezza che accomuna i saggi ai bambini, sembra alludere anche il

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manifesto del Controdolore (del 29 dicembre 1913), documento princeps della provvisoria adesione di Palazzeschi al futurismo: La nostra terra non e` [...] che uno dei tanti giocattoli [di Dio] fatto precisamente cosı`: un campo diviso da una fittissima macchia di marruche, spini, pruni, pungiglioni. [Dio]a` posto l’uomo da un lato dicendo ad esso: attraversale, la` e` la gioia, e` il largo, la vita degli eletti, vivrai coi pochi coraggiosi che come te l’attraverseranno. [...] L’uomo che attraversera` coraggiosamente il dolore umano godra` dello spettacolo divino del suo Dio. Egli si fara` simile a lui, attraversando questo purgatorio di spine ch’egli gli a` imposto [...] Vili! Paurosi! Poltroni! Incerti! Ritardatari! Passate la macchia! Se credete che sia profondo cio` che comunemente s’intende per serio siete dei superficiali. [...] Maggiore quantita` di riso un uomo riuscira` a scoprire dentro il dolore, piu` egli sara` un uomo profondo [...] Fissate bene in viso la morte, ed essa vi fornira` da vivere per tutta la vita.

Dio stesso del resto, guarda l’uomo «ridendo a crepapelle»: ridendo a crepapelle. La sua faccettina rotonda eternamente ride come incendiata da una risata infinita ed eterna, e la sua pancina tremola, tremola in quella gioia [...] nella sua bocca divina si accentra l’universo in una eterna motrice risata.

Come Palazzeschi ammoniva a «Ridere quando se ne ha voglia, quando il nostro ingegno ce ne suggerisce il diritto», a «sviluppare questa...facolta` divina dell’essere umano» (da lui stesso esemplificata nei divertissements di quegli anni, dal Lasciatemi divertire! de L’Incendiario al Codice di Perela`), cosı` Marinetti era giocosamente serio nella sua negazione della logica, nella pratica del paradosso, nell’affermazione dell’onnipotenza del Desiderio, che richiamano gli artisti a quella puerile verginita` del sentire, cui anche il «fanciullino» pascoliano, qualche anno prima, si era appellato: l’arte infatti dev’essere «gioiosa, ottimista, divinamente spensierata» (DD). Irriverenza, originalita`, spirito di indipendenza, sono tutti aspetti della poesia palazzeschiana che Marinetti dimostrera`, non a caso, di apprezzare al massimo grado nel manifesto Il poeta futurista Aldo Palazzeschi, stampato e diffuso nel ’13 a sostegno della seconda edizione de L’incendiario. Regressione infantile e desiderio di onnipotenza si fondono nella attitudine stregonesca di Marinetti anche nel senso di una indifferenza alle proprie interne contraddizioni. Ponendosi entro un sistema di sapere sincretico e frammentario, largamente attinto dalla tradizione esoterica, alludendo costantemente a una verita` che si pone oltre la ragione degli altri

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(dei passatisti, dei «loici»), Marinetti, come un «mistico del sapere astratto», un «Padrone del Sı` e del No» (Evola), pretese di creare, per virtu` di superiore conoscenza, un sistema di credenze e di procedure cha ha come collante la fantasia magica. La polemica condotta da Marinetti contro i passatisti e` infatti, nei principi, lotta per affermare, anzi per creare una verita`, per dar forma a un ordine nel quale le contingenze materiali svaniscono e in cui domina la volonta`. Tutto il «metodo» del quale il Manifesto di fondazione pone le basi, iniziatiche e aristocratiche, e` incentrato su una tensione volta a superare l’umanita` degli altri e a negare la propria, a creare non soltanto immagini e neanche solo pensieri, bensı` un nuovo mondo di significati, retto da leggi metarazionali che hanno superato la necessita` logica e che promettono una immensificazione, quando non concessa per nascita, conquistata per ascesi e disciplina. La realizzazione di questi obiettivi si fonda, secondo Marinetti, sulla speranza di poter portare a compimento l’evoluzione, cambiando l’uomo, nella mente come nel corpo: Certo e` che ammettendo l’ipotesi di Lamarck devesi riconoscere che noi aspiriamo alla creazione di un tipo non umano nel quale saranno aboliti il dolore morale, la bonta`, l’affetto e l’amore, soli veleni corrosivi dell’inesauribile energia vitale, soli interuttori della nostra inesauribile elettricita` fisiologica. Noi crediamo a un numero incredibile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono delle ali (UM).

Questo superuomo, capace di guardare oltre i limiti fisici, si distingue dal superuomo nietzscheano, «nato nella polvere delle biblioteche», perche´ le sue facolta` sono state intensificate attraverso uno sforzo e una ricerca personali. Egli e` un Uomo moltiplicato per opera propria, nemico del libro, amico dell’esperienza personale, coltivatore accanito della propria volonta`, lucido nel lampo della sua ispirazione, munito di fiuto felino di fulminei calcoli, d’istinto selvaggio, d’intuizione, di astuzia e di temerita` (CP). Sara` dotato di organi inaspettati [...] Possiamo prevedere fin d’ora uno sviluppo a guisa di prua della sporgenza esterna dello sterno, che sara` tanto piu` considerevole, inquantoche´ l’uomo futuro diventera` un sempre migliore aviatore. Uno sviluppo analogo si nota appunto, fra gli uccelli, nei migliori volatori (UM).

Certamente, l’immagine di un uomo modificato nel fisico dall’ambi-

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zione di volare, quella di un «uomo meccanico dalla parti cambiabili», «dotato di organi inaspettati: organi adatti alle esperienze di un ambiente fatto di urti continui»; l’affermazione: «Noi crediamo alla possibilita` di un numero incalcolabile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono delle ali» (UM) suonano paradossali e, per questo loro carattere estremo, non si esauriscono forse soltanto, per quel che riguarda le fonti e l’ispirazione, nell’ambito della teoria lamarckiana, anche per il successivo addurre a riprova argomenti esplicitamente «psichici». D’altronde, nell’ambito di quell’evoluzionismo spiritualistico di cui si diceva al cap. 3 e che trova in quegli anni una delle sue piu` prestigiose e complete formulazioni nelle conferenze e nei libri di R. 26 Steiner , si parlava pure di una evoluzione umana psicofisica determinata dall’azione congiunta di adattamento all’ambiente e di forze spirituali. Scriveva Steiner che: L’osservazione scientifico-spirituale degli organi umani ci mostra che questi si trovano a gradi molto diversi di evoluzione. Esistono nel corpo umano organi che, nella loro forma attuale, stanno compiendo un’evoluzione discendente, altri invece che stanno compiendo un’evoluzione ascendente. I primi, in avvenire, andranno perdendo sempre piu` la loro importanza; altri [...] molto contengono ancora allo stato di germe e si svilupperanno in avvenire verso forme piu` perfette, atte a compiti piu` elevati . Tutto cio` che dal mondo spirituale fluisce verso l’io esercita un’azione non soltanto di miglioramento ma anche di riorganizzazione. [Nel corso della sua evoluzione] l’essere umano divenne l’immagine dei processi della sua coscienza. Gradatamente la forza che emana dalle immagini della coscienza... estende la sua azione sull’intera corporeita` dell’uomo. [...] [Un tempo] la forma fisica umana era ancora tutta diversa da oggi [...] Gli uomini che apparivano dotati d’una forza potente di riproduzione... si paragonavano al toro [...] altri [...] erano gli uominiaquila; altri ancora [...] mostravano una forma piu` umana. [...] Le cose stavano diversamente per coloro che, gia` molto avanzati, erano discepoli dei Misteri [...] La` il dominio del pensiero influiva sul corpo fisico e lo

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Theosophie, Wie erlangt man Erkenntnisse der ho¨heren Welten; Aus der Akasha-Cronik; Die Geheimwissenschaft im Umriss; Aegyptische Mythen und Mysterien. Il primo, fu edito a Berlino nel 1904; il secondo, risultante da una serie di conferenze via via pubblicate, dal 1904 al 1905, in «Luzifer-Gnosis», (poi: Berlino 1909; prima trad. it.: Bontempelli e Invernizzi, 1913); il terzo, in «Luzifer-Gnosis» 1904-08, poi Lipsia, 1908; il quarto, Lipsia 1910 (tr. it.: Bari, Laterza, 1924). Il quinto, composto da conferenze tenute a Lipsia dal 2 al 14 sett. 1908, fu pubblicato a Lipsia nel 1931.

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modificava in un tempo relativamente breve. Il discepolo [...] doveva volere questo pensiero: «il mio corpo fisico deve divenire pari a questa immagine». Con le forze emananti da questa immagine, si agiva sul corpo del discepolo in modo che... talune parti ne venivano modificate27.

Pensiamo che queste idee, che Marinetti certo conobbe, per la loro ampia circolazione, se non tramite la biblioteca del padre, tramite Schure´ (che fu discepolo di Steiner), tramite i contatti con il gruppo fiorentino, possano aver influito sulle sue formulazioni e agevolato quella deriva parossistica che, contaminandosi con il mito della macchina e della sua indefettibilita` meccanica, generera` l’idea dell’«uomo meccanico dalle parti cambiabili», immagine, attigua a quella del manichino-robot, gia` preannunciata dalle Poupe´es e´lectricques, che poi influira` profondamente anche sulla iconografia delle correnti «metafisiche», «non soltanto attraverso una desunzione polemica o letteraria, ma anche in qualcuno dei suoi attributi iconografici». Essa influenzera` «gia` la tipologia delle sculture di Boccioni» incarnante il modello dell’uomo-macchina [...], con i suoi ingranaggi a trazione, con quegli elementi geometrici e meccanici incastrati nelle teste, cui cosı` fortemente si richiamano... le squadre della metafisica»28. Ma il passo visionario del manifesto L’uomo moltiplicato e il Regno della macchina che abbiamo citato e` corredato da altre estreme affermazioni: Il giorno in cui sara` possibile all’uomo di esteriorizzare le sua volonta` in modo che essa si prolunghi fuori di lui come un immenso braccio invisibile, il Sogno e il Desiderio, che oggi sono vane parole, regneranno sovrani sullo Spazio e sul Tempo domati. Potrete facilmente concepire queste ipotesi apparentemente paradossali, studiando i fenomeni di volonta` esteriorizzata che si manifestano continuamente nelle sedute spiritiche. E` certo inoltre, e voi potete facilmente constatarlo, che si trovano oggi, con crescente facilita`, dei popolani, assolutamente privi di cultura e di educazione, ma dotati, nondimeno, di cio` che io chiamo la grande divinazione meccanica o il fiuto metallico (UM).

Anche qui, e` evidente il rimando all’ambito della ricerca psichica e alle

27 Citazioni rispettivamente tratte da: Aus der Akasha-Cronik (tr. it.: Milano, Editrice Antroposofica, 1990, pp. 172-73); Geheimwissenschaft im Umriss, (La scienza occulta nelle sue linee generali, tr. it Milano, Editrice Antroposofica, 1985, pp. 95); Aegyptische Mythen und Mysterien (I misteri dell’antico Egitto, Genova, Fratelli Melita Editori, 1988, pp. 48-52). 28 M. Calvesi, Le due avanguardie, cit., p. 160.

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teorie che vedevano nella «potenzialita` esteriorizzante» della volonta` l’ori29 gine della fenomenologia paranormale . Oltre che a Crookes, e a Morselli, il quale aveva ripreso queste teorie nell’imponente saggio del 1908 sulla Paladino (la «popolana» cui certamente anche Marinetti pensa), questo braccio volitivo che si estroflette per realizzare il Desiderio, rimanda, come possibile fonte, al libro, uscito nel 1896, e piu` volte ristampato, ad opera di A. de Rochas, uno dei piu` quotati ricercatori dell’occulto. Si tratta de L’exte´riorisation de la motricite´. Recueil d’expe´riences et d’observations (Paris, Chamuel), in cui l’autore, discutendo dei fenomeni che si producono nel corso delle sedute spiritiche, in particolare di quelle della Paladino, alle quali ha personalmente assistito, li attribuisce «positivamente» a processi di esteriorizzazione della motricita`, prodotti volontariamente, e sui quali vi sarebbe «le meˆme degre´ de certitude que l’on a des ceux sur lesquels s’appuient nos sciences physiques» (p. III). Gli oggetti che si muovono senza intervento fisico visibile dimostrano che des mouvements peuvent se produire dans des corps solides, sans contact mate´riel, par une force inconnue jusqu’au pre´sent, agissant a` une distance inde´termine´e de l’organisme humain et tout a` fait inde´pendante de l’action musculaire» (p. 338).

Similmente, si esprimera` Lombroso, affermando che, nei fenomeni di medianita`: [...] l’eccitazione di alcuni centri, che sorge potente per la paralisi di tutti gli altri, da` luogo ad una trasformazione in forza luminosa o in forza motoria; [...] ed allora si capisce come la forza, diremo, corticale e cerebrale di un medium, possa, per esempio, sollevare un tavolo, tirare la barba, battere, accarezzare, che sono poi i fenomeni piu` generali in questi casi,[...] avendo per intermedio non il muscolo [bensı`] quello che serve a tutte le altre energie, luminose, elettriche, ecc., e che si chiama, con ipotesi ammessa da tutti, etere. [...] Qui il moto assume una forma piu` simile alla volitiva, piu` intelligente, perche´ parte da un motore, che e` nello stesso tempo un centro psichico, la corteccia, cioe` cerebrale. [...] del resto, in fisica non vi e` difficolta` ad ammettere che le energie si trasformino l’una nell’altra e che una data energia motoria diventi luminosa, calorifera30.

La medianita`, interpretata dalla scienza come espressione dell’energia 29 30

Cfr. E. Morselli, Psicologia, cit., II, p. 41. C. Lombroso, Esperienze spiritiche, in L. Capuana, Mondo occulto, cit., pp. 74 sgg.

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psichica, assumera`, nella mentalita` futurista, la connotazione di un equivalente della carica vitale, il cui potenziale puo` essere intensificato e portato dalla volonta` alle massime realizzazioni. La fonte del potere e` ricondotta nelle profondita` della psiche, dove risiede l’origine dell’energia del quale l’artista si fa tramite. Non a caso, i futuristi parleranno di «forze mal definite» che provengono da regioni misteriose del subcosciente, forze che, come ben sottolinea Michel David e come date e citazioni confermano, vanno ricondotte, «piu` che al campo della psicanalisi [...] a quello della 31 metapsichica» . Queste realizzazioni, per chi non le possieda come dono di natura, come «i popolani assolutamente privi di cultura» devono essere conseguite mediante allenamento e disciplina, abitudine al coraggio, ascesi e sfida all’ignoto. L’educazione che Marinetti prospetta in Contro i professori mira percio` a combattere con accanimento «questi tre nemici irriducibili e corruttori dell’Arte: l’Imitazione, la Prudenza e il Denaro, che si riducono a uno solo: la Vilta`»: «il mondo ha bisogno soltanto d’eroismo». Per preparare la formazione del tipo non umano e meccanico dell’uomo moltiplicato mediante l’esteriorizzazione della sua volonta` – insegna Marinetti –, bisogna singolarmente diminuire il bisogno d’affetto, non ancora distruttibile, che l’uomo porta nella sue vene. L’uomo futuro ridurra` il proprio cuore alla sua vera funzione distributrice. Il cuore deve diventare, in qualche modo, una specie di stomaco del cervello [...] S’incontrano oggi degli uomini i quali attraversano la vita quasi senza amore, in una bella atmosfera color d’acciaio. Facciamo sı` che il numero di questi uomini esemplari vada sempre crescendo32.

A questo fine, si chiede Marinetti: Che ne dite, per esempio, di quel progetto futurista che consiste nell’introdurre in tutte le scuole un corso regolare di rischi e di pericoli fisici? I ragazzi sarebbero sottoposti [...] alla necessita` di affrontare continuamente una serie di pericoli sempre imprevisti come: l’incendio, l’annegamento, il crollo d’un soffitto o altri simili disastri... Ora, il coraggio e` precisamente la materia prima perche´, secondo la grande speranza futurista, tutte le

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M. David, La psicanalisi nella cultura italiana, cit., pp. 348-63. F. T. Marinetti, UM, cit. Anche il richiamo al valore dell’»esperienza personale» di contro al sapere librescamente acquisito puo` essere ricondotto a un insegnamento esoterico, riscontrabile in una lunga tradizione, da E. Le´vi fino a R. Steiner. 32

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autorita`, tutti i diritti e tutti i poteri siano brutalmente strappati ai morti e ai moribondi (CP). Presso i Lemuri – aveva scritto Steiner – si mirava alla sviluppo della volonta` e del coraggio [...] L’educazione dell’infanzia era tutta diretta in questo senso. I ragazzi [...] dovevano imparare a affrontare pericoli, a superare dolori, a compiere atti di coraggio, sopportare le vampe piu` ardenti di calore, trafiggere il corpo con strumenti appuntiti... Chi non era capace di sopportare martiri, di affrontare pericoli, era considerato un membro inutile alla societa` e lo si lasciava morire di fatica33.

L’Uomo moltiplicato futurista respinge da se´ «il bisogno d’amore e la paura della miseria» che «minacciano necessariamente la vita dell’artista» (CP); e` «fusione dell’istinto col rendimento del motore e colle forze addomesticate» (IP), e` un uomo radicalmente trasformato, prima che al livello dei comportamenti, a livello del pensiero. E, in effetti, la ricostruzione futurista dell’universo ha inizio proprio dalla trasformazione dell’uomo, la cui sensibilita` dovra` essere del tutto modificata, la cui percezione del tempo e dello spazio sara` del tutto alterata, cui la velocita` del pensiero intuitivo e dei motori consentiranno ubiquita` e onniscienza, e l’infinita evoluzione, alla quale la volonta` deve coperare attivamente, aprira` orizzonti di «indefettibilita` meccanica». In questo ordine di idee, e` stato fatto notare, «la macchina appare [...] al tempo stesso come mezzo [...] e come simbolo di una nuova sensibilita`». Il mito della macchina, infatti, che pure «esprime un’adesione talora acritica alle mitologie della modernita`», svela anche «il desiderio di realizzare il sogno dell’eterna giovinezza» e rimanda «a un messaggio piu` profondo, cifrato, allegorizzante [...] a un progetto prometei34 co» . Non a caso, Lucini sottolineo` che a Marinetti aveva fatto «comodo, in ogni punto della sua vita, la rinata parola, vuota di contenuto: “Intuizione”, uscita dalla patristica di San Tommaso, raccolta da Bergson, disseccatasi in Benedetto Croce, buon amico»35. Gia` ne La Conqueˆte des E´toiles, Marinetti aveva posto a epigrafe la condanna dantesca dei sillogismi e l’esaltazione della analogia tratta dal Colloquio di Monos e Una di Poe («...puisque des ve´rite´ de la plus haute importance ne pouvait nous eˆtre re´ve´le´es que par cette ‘analogie’ dont l’e´loquence, irrecusable pour l’immagination, ne dit

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Dalla cronaca dell’Akasha, cit., pp. 47-48. L. De Maria, in Teoria e invenzione, cit., p. LXIV e C. Salaris, in Marinetti e il Futurismo, cit., p. 31. 35 G. P. Lucini, Come ho sorpassato il Futurismo, cit. 34

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rien a` la raison infirme et solitaire») e aveva poi piu` volte sottolineato che «Assai prima di Bergson», Dante e Poe coincidevano con il genio futurista, affermando nettamente il loro odio per l’intelligenza strisciante» (SMTL). Il pensiero logico, razionale, scientifico, consequenziale, e` condannato da Marinetti in ogni formulazione del suo programma. Se Marinetti invita a diffidare della «fallace matematica dei nostri occhi perituri» (MF), i futuristi aspirano a essere, come dichiareranno i pittori nel loro manifesto (1910), «i Primitivi di una sensibilita` completamente trasformata». Secondo Marinetti, «guardando gli oggetti da un nuovo punto di vista», «le intuizioni profonde della vita, congiunte l’una all’altra, parola per parola, secondo il loro nascere illogico, ci daranno le linee generali di una psicologia intuitiva della materia» (MTL). Poeti futuristi! Io vi ho insegnato a odiare le biblioteche e i musei, per prepararvi a odiare l’intelligenza, ridestando in voi la divina intuizione. Mediante l’intuizione, vinceremo l’ostilita` apparentemente irriducibile che separa la nostra carne umana dal metallo dei motori (MTL).

La morte stessa non e` che la «suprema definizione dell’intelligenza logica», da cui l’intuizione ci puo` liberare. Bisogna disprezzare, odiare «l’intelligenza strisciante, inferma e solitaria, e accordare tutti i diritti all’immaginazione intuitiva e divinatrice» (MTL): parole, queste ultime, dove forse ancora risuonava l’eco degli insegnamenti di Assagioli, il quale aveva piu` volte insistito su «l’immenso potere che hanno l’immaginazione e il pensiero [...] vere energie creatrici [...] capaci di infinite possibilita`... se usate in modo cosciente [e sostenute dalla] educazione della piu` alta e insieme piu` pericolosa facolta` umana: la volonta`»36. Per Marinetti, l’ambizione a entrare «nei domini sconfinati della libera intuizione» non poteva non coinvolgere, viste anche queste premesse, le tecniche della produzione artistica, a cominciare dalla letteratura («Liberazione delle parole, ali spiegate dell’immaginazione, sintesi analogica della terra abbracciata da un solo sguardo») e dal cinematografo (la cui piu` significativa peculiarita`, per i futuristi, consisterebbe nella sua capacita` di offrirci «i movimenti della materia fuori dalle leggi dell’intelligenza e quindi di una essenza piu` significativa»), fino all’arte figurativa. Tuttavia, dell’intuizione, Marinetti non seppe dare altra definizione che una goffa tautologia 36

R. G. Assagioli, Il valore pratico e umano della Cultura Psichica, Roma, Istituto di Cultura e Terapia Psichica, 1929, p. 8. Queste tesi, esposte qui con particolare concisione, erano gia` state diversamente esposte da Assagioli, sulle pagine del «Leonardo».

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(«Per intuizione, intendo [...] uno stato del pensiero quasi interamente intuitivo e incosciente. Per intelligenza, intendo uno stato del pensiero quasi interamente intellettivo e volontario», Risposte alle obiezioni, cit.) e una spiegazione che riecheggia il Capuana di Spiritismo?: E` impossibile determinare esattamente il momento in cui finisce l’ispirazione incosciente e comincia la volonta` lucida. Talvolta quest’ultima genera bruscamente l’ispirazione [...] Dopo parecchie ore di lavoro accanito e penoso, lo spirito creatore si libera a un tratto dal peso di tutti gli ostacoli [...] La mano che scrive sembra staccarsi dal corpo e si prolunga in liberta` assai lungi dal cervello, che, anch’esso in qualche modo staccato dal corpo e divenuto aereo, guarda dall’alto, con una inattesa lucidita`, le frasi inattese che escono dalla penna37.

Il discorso era pero` intessuto di riferimenti alla scrittura automatica (poi ripresi da Bre´ton), modo di un ascolto intimistico del profondo e delle energie cosmiche, di apertura di quelle «facolta` dell’anima» che, dalla tecnica futurista delle «parole in liberta`» e degli accordi onomatopeici psichici («espressione rumorosa e incosciente dei moti piu` complessi e misteriosi della nostra sensibilita`») fino alle tecniche dei surrealisti, rappresenteranno in letteratura, negli anni immediatamente a venire, la negazione del pensiero razionale e il trionfo dell’inconscio (dello «spirito») su di esso. Rispetto alle difficolta` espressive di Marinetti, sara` piu` esplicito e chiaro qualche anno piu` tardi Arnaldo Ginna, che dell’«automatismo psichico», della produzione intuitiva, fara` una sua tecnica costante, chiamandola, piu` propriamente, «subcoscienza cosciente»38. Ma di Ginna e degli altri parleremo piu` in la`. Per ora ci interessa approfondire quanto Marinetti teorizza a proposito delle tecniche della scrittura. In coerenza con il primato assegnato all’intuito e all’immaginazione, egli rigetta la costruzione tradizionale, logico-sintattica della frase: secondo Marinetti, la sintassi tradizionale, e` «pesante, ristretta, attaccata al suolo, senza braccia e senza ali perche´... soltanto intelligente [...] Il periodo latino [...] era un gesto pretensioso col quale l’intelligenza tracotante e miope si sforzava di domare la vita multiforme e misteriosa della materia». La letteratura deve ora congiungere l’una all’altra «le intuizioni profonde della vita»; oltrepassare «il piombo della logica». Marinetti ora aspira 37

Per Capuana, cfr. supra, cap. 7. Arnaldo Ginna Pittura dell’avvenire, 1915 (ried. con pref. di B. Corra, Edizioni di «L’Italia Futurista», Firenze, 1917, p. 198). 38

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«a dare il susseguirsi illogico [...] intuitivo, dei secondi termini di molte analogie [...] Le parole liberate dalla punteggiatura irradieranno le une sulle altre, incroceranno i loro diversi magnetismi, secondo il dinamismo ininterrotto del pensiero. Uno spazio bianco [...] indichera` al lettore i riposi piu` o meno lunghi dell’intuizione» (SMTL). 39 Gia` Bergson, nella Introduction a` la Metaphysique , aveva indicato nell’intuizione il mezzo per entrare direttamente a contatto con l’essenza delle cose, che la letteratura, secondo Marinetti, deve essere capace di carpire e di suggerire. Il mezzo e` il linguaggio: un linguaggio che Marinetti vuole ora trasfigurare per adattarlo agli obiettivi massimi che il futurismo si propone. I maghi cinquecenteschi, che credevano nelle potenza del verbo, che vedevano nell’immaginazione una forza ideoplastica e nell’ordine delle parole lo strumento primo dell’incantesimo, avevano compreso il potenziale «magico» contenuto nelle forme linguistiche, che altri, dopo di loro, soprattutto tra i poeti, seppero cogliere e valorizzare. In modo particolare, uno tra i poeti piu` amati da Marinetti in gioventu`, Mallarme´, era perfettamente consapevole «qu’existe, entre le vieux proce´de´s et le sortile`ge, que restera la poe´sie, une parite´ secre`te», e che anche «la litte´rature [...] syste`me agence´ comme spirituel zodiaque, implique sa doctrine propre, abstraite, e´sote´rique comme quelque the´ologie»40. L’antropologia culturale, la psicanalisi e la critica letteraria hanno piu` volte rilevato come la magia operativa si serva dei meccanismi del linguaggio per veicolare la ‘‘forza’’ mentale dal livello dell’immaginario a quello del reale (poiche´, citando Foucault, «tutto il linguaggio sta con il mondo in un rapporto di analogia»41) e come, per converso, il linguaggio, e in particolar modo il linguaggio poetico, con tutto il suo corredo di commutatori di senso, sia un deposito potenziale di incantesimi verbali. Mauss, gia` ai tempi di Marinetti, aveva notato che «nel momento in cui giungiamo alla rappresentazione delle proprieta` magiche, veniamo a trovarci alla presenza di fenomeni molto simili a quelli del linguaggio»42: l’analogia sarebbe, secondo lui, un mezzo – mentale, prima che linguistico – per scoprire i legami di simpatia «attraverso cui passa la forza magica», per veicolare la dynamis dell’incantesimo, per raggiungere l’essenza delle cose e modificarne le 39

In «Revue de Metaphysique et de Morale», febbraio 1903; poi in La pensee´ et le mouvement, Paris, Alcan, 1934. 40 S. Mallarme´, Magie, in Oeuvres Comple`tes, Paris, Gallimard, 1945, p. 400. 41 Les mots et les choses, Paris, Gallimard, 1966; tr. it., Milano, Mondadori, 1967. 42 Cfr., ad es., M. Mauss e H. Hubert, Esquisse d’un the´orie ge´ne´rale de la magie, «Anne´e sociologique», VII (1902-03).

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43 forme. Dal punto di vista della linguistica, Jakobson , ha piu` recentemente sottolineato quali siano le «risorse dissimulate dalla struttura morfologica e sintattica del linguaggio [...] dalla quale gli scrittori hanno tratto magistrale partito», quanto, del resto, gli stregoni e i maghi, che si sono da sempre serviti del potere della parola e della forza eidetica insita nelle figure del linguaggio per veicolare l’incantamento. In questo senso, e` vero, come ha affermato Richards che, in ambito poetico, le parole sono strumenti per «rimettere in ordine la vita stessa», per creare nuove prospettive di senso, come ben seppe Rimbaud che vedeva, nella «alchimia del verbo», uno strumento per svelare il segreto del mondo e un mezzo per impartirgli un nuovo ordine44. L’uso che Marinetti e i suoi fanno dei procedimenti linguistici e` volto a determinare una modificazione della percezione da parte del lettore e rappresenta, da parte del poeta, un intervento attivo sul mondo, a sua volta riposante sulla fiducia nella potenza magica e lirica del nome propria gia` del simbolismo, il quale, dell’analogia, aveva fatto uno dei suoi strumenti eletti. Non a caso Marinetti pose l’analogia a fondamento della sua strategia linguistica e metalinguistica di «ricostruzione dell’universo». Nell’analogia si attua, sul piano del linguaggio, quella «corrispondentia rerum» che «naturalmente si traduce in immagini» (Le´vi). Essa si sintonizza sul piano della conoscenza intuitiva per la sua diretta adesione alla percezione immediata, generale, concreta; mettendo in relazione due segmenti eterogenei della realta`, «ne fa scaturire un conflitto strutturale, per risolvere il quale la coscienza elimina i tratti discordi dei due elementi per far emergere quelli concordi»: «cosı` facendo distilla la realta` facendone restare la verita` profonda», secondo un tipico percorso «mistico»45. Essa opera infine come un trasformatore poetico la cui azione creativa, partendo dal piano sintagmatico, approda a quello paradigmatico, attuandosi pienamente e conclusivamente a livello semantico e coprendo l’ampiezza di uno scarto che ha per fine una commutazione di senso. L’analogia, insomma, «opera sulla lingua

43

Essai de linguistique ge´ne´rale, Paris, E. de Minuit, 1963 (tr. it. Milano, Feltrinelli 1966; 19816, pp. 24 sgg.). 44 Su questo tema, varie digressioni in I. A. Richards, C. K. Ogden, The Meaning of Meaning, London 1923 (tr. it.: Il significato del significato. Saggi sull’influsso del linguaggio sul pensiero, Milano, Il Saggiatore, 1966); e Id., The Philosophy of Rethoric, London-New York 1936 (tr. it.: Milano, Il Saggiatore, 1966). 45 R. Arnheim, Toward a Psychology of Art, by the Regents of the University of California, 1966 (tr. it.: Verso una psicologia dell’arte. Espressione visiva, simboli e interpretazione, Torino, Einaudi, 1977).

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per ottenere una metamorfosi mentale» ovvero, a livello di una magica 46 «onnipotenza dei pensieri», per attuare un mutamento del reale . Con i contenuti del Manifesto tecnico della letteratura futurista, si entra dunque nel cuore del grimoire marinettiano, nel vivo del problema degli incantesimi, di una «metafisica del linguaggio poetico», ove la lingua, con tutti i suoi strumenti, e` tesa non piu` a rappresentare le cose, ma a rivelarne e possederne l’essenza per giungere a agire su di esse («bisogna che la letteratura entri direttamente nell’universo e faccia corpo con esso»). A questo fine, occorre, secondo Marinetti, allenare le due facolta` visionarie per eccellenza: la conoscenza intuitiva (capace, secondo «la legge universale dell’analogia» enunciata da Eliphas Le´vi, di giungere, «attraverso i legami 47 della simpatia e dell’antipatia», «dal noto all’ignoto» ) e l’immaginazione, facolta` eidetica e magica per eccellenza. Ma l’analogia non deve essere una «analogia immediata»: Marinetti vuole che si crei «una gradazione di analogie sempre piu` vaste», capace di rendere percepibile «L’amore profondo che collega le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili»: vuole insomma che, attraverso l’analogia, si realizzi una sorta di ubiquita` mentale, di «simultaneita`» intuitiva. «Per avviluppare e cogliere tutto cio` che vi e` di piu` fuggevole e di piu` inafferrabile nella materia, bisogna formare «strette reti di analogie, che verranno lanciate nel mare misterioso dei fenomeni». «Solo per mezzo di analogie vastissime, uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo, puo` abbracciare la vita della materia». «Lo stile analogico e` dunque padrone assoluto di tutta la materia e di tutta la sua intensa vita». Il fine e` quello di «impadronirsi della realta` con un atto volitivo che soggioga e deforma» i vari aspetti del mondo (SG), secondo la pratica dell’onnipotenza gia` prospettata da Papini demiurgo e «Uomo Dio». In letteratura bisognera` dunque abbandonarsi al flusso psichico: e percio` «distruggere la sintassi, disponendo i sostantivi a caso, come nascono», «abolire la punteggiatura», essere aperti a tutte quelle «scoperte per quanto inverosimili, bizzarre e antiteatrali che la nostra genialita` va facendo nel subcosciente, nelle forze mal definite» (TFS). Bisognera` tendere a porsi nell’assoluto, a superare le determinazioni di tempo e di spazio: e dunque «abolire l’avverbio»; usare il verbo all’infinito che «puo`, solo, dare il senso della continuita` della vita e l’elasticita` dell’intuizione che la percepisce», che 46

J. Cohen, Structure du langage poe´tique, Paris, Flammarion, 1971 (tr. it.: Bologna, Il Mulino, 1978, p. 130)) 47 E. Le´vi, Introduction a Histoire de la Magie, Paris, 1860.

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«esprime l’ottimismo stesso, la generosita` assoluta e la follia del Divenire [...], l’irradiamento universale della vita che corre e di cui siamo una particella cosciente». Bisognera` utilizzare i nomi nella loro pura significazione per porsi a diretto contatto con l’essenza della cosa che significano: e quindi «abolire l’aggettivo», superare l’invadenza dell’io, rinunciare al resoconto soggettivo dell’esperienza della percezione e tendere a dare l’essenza dell’oggetto attraverso qualcosa che lo equivalga («Ogni sostantivo deve avere il suo doppio»). Infine occorrera` valorizzare il metodo conoscitivo e rappresentativo analogico, per «fondere direttamente l’oggetto con l’immagine che esso evoca». Tra tutte queste tecniche, «il verbo all’infinito», in particolare, esprimera` la «passione dell’io che si abbandona al divenire del tutto», la «continuita` eroica, disinteressata dello sforzo e della gioia di agire», tanto che, per Marinetti: «Verbo all’infinito = divinita` dell’azione» (SG). L’immaginazione senza fili e le parole in liberta` c’introdurranno nell’essenza della materia. Collo scoprire nuove analogie tra cose lontane e apparentemente opposte, noi le valuteremo sempre piu` intimamente. Invece di umanizzare animali, vegetali, minerali (sistema ormai sorpassato) noi potremo animalizzare, vegetalizzare, elettrizzare o liquefare lo stile, facendolo vivere in certo modo della vita stessa della materia. [...] Allo scopo di dare la massima quantita` di vibrazioni e una piu` profonda sintesi della vita, noi aboliamo tutti i legami stilistici (IP).

Per questa via sara` immediato l’approdo alle «parole in liberta`», alle «analogie disegnate» (riproduzioni grafico-alfabetiche di fenomeni e cose), le «tavole sinottiche di valori lirici» (espressioni grafico-visive di sensazioni, emozioni, pensieri): tutti metodi di scrittura automatica, a presa diretta sull’inconscio, capaci, diranno i futuristi, di dar voce a «tutte le scoperte (per quanto inverosimili, bizzarre e antiteatrali) che la nostra genialita` va facendo nel subcosciente, nelle forze mal definite, nell’astrazione pura, nel cerebralismo puro, nella fantasia pura (TFS): «valutazione essenziale dell’universo come somma di forze in moto che si intersecano al traguardo cosciente del nostro io creatore e vengono simultaneamente notate con tutti i mezzi espressivi a nostra disposizione»: «prolungamento lirico e trasfigurato del magnetismo animale» (SG). Come queste trasparenti espressioni dimostrano, dietro la tecnica letteraria futurista delle parole in liberta`, che Carra` definiva «divagazioni medianiche», e` facile intravedere la scrittura dei sensitivi, via impervia sulla quale proseguiranno Masnata con i suoi grafopoemi, Benedetta con gli Stati

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48 d’animo disegnati, Giuseppe Steiner con i disegni psichici : esperimenti e tentativi che, tutti, devono davvero molto alla psicografia, tecnica sulla quale, dalla Pneumatografia di Giovanni Damiani (1857) e da Spiritismo? di Capuana fino agli scritti di Francesco Rossi Pagnoni (una delle penne piu` prolifiche dello spiritismo italiano e grande divulgatore di Kardec in Italia) esisteva una vastissima bibliografia. Di qui all’«accordo onomatopeico psichico, espressione sonora ma astratta di una emozione o di un pensiero puro», «espressione rumorosa e incosciente dei moti piu` complessi e misteriosi della nostra sensibilita`», che ha «la facolta` di colorare il mondo coi colori specialissimi del nostro io mutevole» (PS), come le forme-pensiero astrali di cui parla la Besant e su cui ci soffermeremo nel prossimo capitolo; di qui all’uso simbolico e geroglifico «dei numeri che non hanno significato ne´ valore diretto» ma che «esprimono le varie intensita` trascendentali della materia e le rispondenze incrollabili della sensibilita`» (SG); di qui all’«onomatopea astratta» non c’era che un passo, ma esso aprira` la strada un lungo percorso di sonorita` grafica, cifrata e rumoristica. L’idea di una correlazione tra «sensi interiori» e sensi fisici, tra stato d’animo e corrispettivi visivi (forme-colori) e sonori intensifichera` inoltre l’uso della sinestesia, non solo in chiave di artificio retorico, ma anche come veicolo conoscitivo e strumento di espressione visivo-artistica. Cosı` Carra` potra` affermare, sulla scia di Rimbaud e dei simbolisti, ma anche con parole che ricordano Eliphas Le´vi e Agrippa di Nettesheim, i quali pure avevano influenzato quei poeti, che:

Dal punto di vista della forma: vi sono suoni, rumori e odori concavi e convessi, triangolari, elissoidali, oblunghi, conici, sferici, spiralici, ecc. Dal punto di vista del colore: vi sono suoni, rumori e odori gialli, rossi, verdi, turchini, azzurri e violetti (La pittura dei suoni, rumori e odori )

e realizzare tutto questo in pittura. Queste asserzioni avrebbero potuto comunque valere a Carra` l’encomio

48

Cfr., delle Edizioni futuriste di «Poesia»: C. Carra`. Guerrapittura (Futurismo politico. Dinamismo plastico. Disegni guerreschi. Parole in liberta`), Milano 1915; G. Steiner, Stati d’animo disegnati, Milano 1923; P. Masnata, Tavole parolibere, Roma 1932 e, soprattutto, Poemi grafici, Roma-Milano, 1961. Di Benedetta (Cappa Marinetti), Le forze umane, cit. Su questi aspetti, cfr. M. Calvesi, L’e´criture me´diumnique comme source de l’automatisme futuriste et surre´aliste, in «Europa» 551, Parios, mar. 1975 e A. Cioni, Teoria e pratica della scrittura esoterica nel futurismo, in «Critica letteraria», 9, Napoli, settembre 1957.

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dei teosofi, i quali insegnavano che «il discepolo non potra` far a meno di sentire [...] per ogni sapore, per ogni odore, un’attivazione interiore; tutto parla e parla in modo che l’uomo sente la necessita` di rispondere [...] con 49 una mobilita` interiore» . Da un certo punto di vista, a proposito degli espedienti stilistici escogitati da Marinetti per «smaterializzare» il verso e la prosa, si potrebbe parlare di «trascendentalismo lirico», nello stesso senso in cui Boccioni parla di «trascendentalismo fisico». In letteratura, esso tocchera` il suo apice con i temi della «distruzione dell’io» e della «ossessione lirica della materia», attraverso i quali Marinetti sembra voler aprire la via dell’ascolto di forze sovrindividuali». Egli infatti dichiara di voler «Distruggere nella letteratura l’io cioe` tutta la psicologia». L’uomo completamente avariato dalla biblioteca e dal museo, sottoposto a una logica e a una saggezza spaventose, non offre assolutamente piu` interesse alcuno. Dunque, dobbiamo abolirlo nella letteratura, e sostituirlo finalmente colla materia di cui si deve afferrare l’essenza a colpi di intuizione, la qual cosa non potranno mai fare i fisici ne´ i chimici. Sorprendere attraverso gli oggetti in liberta` e i motori capricciosi, la respirazione, la sensibilita` e gli istinti dei metalli, delle pietre, del legno, ecc. Sostituire la psicologia dell’uomo, ormai esaurita, con l’ossessione lirica della materia (MTL).

«Noi distruggiamo sistematicamente l’io letterario perche´ si sparpagli nella vibrazione universale, e giungiamo ad esprime l’infinitamente piccolo e le agitazioni molecolari», scrive Marinetti: nell’afflato lirico, l’io «brucia e si distrugge nella grande vibrazione cosmica» (DD) e «La poesia delle forze cosmiche soppianta... la poesia dell’umano» (SG). Come maghi, i futuristi dichiarano: «L’universo sara` il nostro vocabolario» (CF ), «Siamo scesi nell’essenza profonda dell’universo, e padroneggiamo gli elementi». La materia fu sempre contemplata da un io distratto, freddo, troppo preoccupato di se´ stesso, pieno di pregiudizi di saggezza e di ossessioni umane. L’uomo tende a insudiciare della sua gioia giovane o del suo dolore vecchio la materia, che possiede una ammirabile continuita` di slancio verso un maggiore ardore, un maggior movimento, una maggiore suddivisione di se stessa. La materia non e` ne´ triste ne´ lieta. Essa ha per essenza il coraggio, la volonta` e la forza assoluta. Essa appartiene intera al poeta divinatore che sapra` liberarsi dalla sintassi tradizionale [che e`] 49

R. Steiner, Mondo dei sensi, cit.

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soltanto intelligente. Solo il poeta asintattico e delle parole slegate potra` penetrare l’essenza della materia e distruggere la sorda ostilita` che la separa da noi (MTL).

Certamente e` bizzarro rilevare qui come un’eco desanctisiana («Dateci le lacrime delle cose e risparmiateci le vostre»). Ma questo richiamo alla spersonalizzazione della poesia non muove, evidentemente, da un’istanza realistica. Al contrario, e` forte, qui, una valenza irrazionale che ci richiama alla mente altre fonti. Prima di tutte, ancora una volta, la Bhagavadgita. Tuttavia, gia` Papini, nel 1905, aveva predicato «l’odio dell’io»: Sopprimete l’ultimo idolo – aveva scritto –, sopprimete l’io [...] Tutta la mistica e` l’arte di immergere il proprio io nelle acque senza fondo dell’essere universale [...] L’io significa opposizione, contrasto ed esso e` annientato tanto mettendo l’io in tutto come ottenendo che tutto divenga io. L’io sparisce in tutti e due i modi: non resta di lui, nel secondo modo, che la parola50.

E lo stesso Mallarme` aveva sottolineato che l’io del poeta deve scomparire dietro la poesia, lasciare libero campo alle parole. I teosofi, dal canto loro, nella loro vasta letteratura, piu` volte avevano ammonito di «lasciar parlare le cose [...] lasciare che le cose pronunzino i loro segreti; sempre piu` dobbiamo contenerci passivamente di fronte alle cose». Una volta «sradicata quella strana superbia della ragione che tutto vuol comprendere razionalmente», l’iniziato puo` accorgersi che «al di la` degli spessori noi non abbiamo a che fare se non con azioni di forze», «con un mare di volonta` differenziato nel modo piu` vario»51. La visione «oggettiva» dell’universo che scaturisce dalla distruzione dell’io aprira` poi la strada alla «ossessione lirica della materia». Di questa, bisognera` «afferrare l’essenza a colpi di intuizione,» la qual cosa non potranno mai fare i fisici ne´ i chimici», i quali, non ne «possono conoscere che le reazioni fisico-chimiche»(MTL): «Guardatevi dal prestare alla materia i sentimenti umani», ammonisce Marinetti, «non si tratta di rendere i drammi della materia umanizzata» quanto, piuttosto, di indovinare «i suoi differenti impulsi direttivi», «le sue forze di compressione, di dilatazione, di coesione e di disgregazione, le sue torme di molecole in massa o i suoi turbini di elettroni [...] l’alleanza incomprensibile e inumana delle sue 50 51

G. Papini, L’imitazione d’Iddio, cit.; Bhagavadgita, tr. cit., XIII, 7-11. R. Steiner, Mondo dei sensi, cit., pp. 49 e 95 sg. (c.vo nostro).

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molecole». «Le intuizioni profonde della vita congiunte l’una all’altra, parola per parola, secondo il loro nascere illogico, ci daranno le linee generali di una psicologia intuitiva della materia». Si deve esprimere l’infinitamente piccolo che ci circonda, l’impercettibile, l’invisibile, l’agitazione degli atomi, il movimento Browniano [...] non gia` come documento scientifico, ma come elemento intuitivo... (IP).

Queste prescrizioni, congiunte alle considerazioni che riguardano la «vita del motore», «la tastiera di un pianoforte meccanico» e l’accelerazione «tecnologica» della quotidianita` potrebbero trarre in inganno il lettore e far pensare ad una prospettiva squisitamente scientifico-razionale. Ma Marinetti legge tutti questi fenomeni come il risultato di un gioco di forze, che rivela nuove possibilita` insite nella vita e nella vita della materia. Il tutto si presenta infatti strettamente legato ad una acre polemica contro la scienza. Marinetti parla di elettroni e di movimento browniano ma attribuisce al «poeta divinatore» il compito di comprendere «intuitivamente» le forze nascoste, di «penetrarne l’essenza», «i movimenti, fuor dalle leggi dell’intelligenza e quindi di una essenza piu` significativa». Il punto di vista non e` quello dell’indagine obiettiva, quanto, piuttosto, quello della conoscenza del «veggente». I teosofi, del resto, affermavano con tutta tranquillita` di poter spingere lo sguardo «intuitivo» oltre l’apparenza della materia. In un testo assai noto di Leadbeater, ad esempio, si afferma che La molecola e l’atomo, ipotetici per la scienza, sono in realta` visibili per gli studiosi di occultismo. [Guardando ad esempio una roccia se ne vedono simultaneamente i vari lati e l’interno]; 2. le vibrazioni delle sue particelle fisiche sono percettibili; [...]; 4. si vede la vita circolare dentro e irradiarsene; 5. si vede la roccia permeata della sua essenza elementare... sempre attiva e in fluttuazione costante52.

A questa prospettiva di «osservazione intuitiva» della materia, le considerazioni piu` su riportate di Marinetti ci sembrano non del tutto estranee, anche in considerazione del fatto che, all’epoca del MTL, i rapporti con alcuni dei futuri estensori dell’«Italia futurista», che furono, nel gruppo, i piu` convinti cultori di esoterismo, erano gia` avviati (cfr. cap. 9). Assai 52

Ch. Leadbeater, The Astral Plane. Its Scenary, Inhabitants and Phenomena, London, Theosophical Publishing Society, 1897 (tr. fr.: Paris, 1899; tr. it.: Il piano astrale. Suo aspetto, suoi abitanti e fenomeni, Roma, Societa` Teosofica Ed., 1905, p. 29).

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evidente e`, d’altra parte, il ricordo delle sedute spiritiche nella ideazione dei «drammi di oggetti», che dovranno rappresentare: «oggetti animati, umanizzati, truccati, vestiti, passionalizzati, civilizzati, danzanti – oggetti tolti dal loro ambiente abituale e posti in una condizione anormale che, per contrasto, mette in risalto la loro stupefacente costruzione e vita non umana» (CF), come nella pie`ce Vengono: «primo dramma d’oggetti di F.T. Marinetti, nuovo filone di sensibilita` teatrale scoperto dal Futurismo». Marinetti vuole inoltre «introdurre nella letteratura tre elementi che furono finora trascurati: 1. Il rumore (manifestazione del dinamismo degli oggetti); 2. Il peso (facolta` di volo degli oggetti); 3. L’odore (facolta` di sparpagliamento degli oggetti)»: caratteristiche tutte che facilmente si presentano, all’immaginazione del lettore che conosca i resoconti delle sedute medianiche, come «naturali» espressioni di oggetti di uso comune animati, dinamizzati grazie all’intervento «psichico» del medium. Nel piu` volte citato libro di Morselli sulla Paladino, ad esempio, si legge che nella seduta del 13 dicembre 1901 furono osservati: Movimenti e trasporti di varii oggetti a un tempo, dalla tavola grande al tavolo medianico. Questo fenomeno, assolutamente raro, costituı` una vera ridda: una bottiglia d’acqua, un’armonica, un timbro, una trombetta ci arrivano da lontano [...] la trombetta fa uno sbalzo, vola per l’aria e suona; [...] la bottiglia si stappa da se´, si inclina, spande un po’ d’acqua sul piano del tavolino [...] va a versare altra acqua fuori della catena, e quindi ritorna in mezzo a noi. Le espressioni mimiche del tavolino (come chiamarle altrimenti?) furono svariatissime: il mobile rise, sussulto` di piacere, rise di collera, mostro` simpatia e antipatia, attrasse e respinse, pianse, sghignazzo`, punı` colpendo e accarezzo` soffregando, fece dispetti, tenne il broncio, si risentı` dei nostri dubbıˆ, si compiacque dei nostri elogi, ci chiamo`, ci comando` con aria imperiosa. Sembra che il tavolino abbia un’anima. [...] Il tavolo ride a crepapelle e mena colpi come farebbe un popolano ai motti salaci o agli 53 scherzi maneschi .

Da queste fantastiche prospettive, e sulla base, probabilmente, di quel progetto di immensificazione dell’umano di cui si e` detto, Marinetti traeva anche la fiducia nella possibilita` di creare un’arte del futuro avviata alla rappresentazione dell’invisibile. Tutti i generi e le espressioni artistiche avrebbero dovuto essere ricreati, a questo fine, secondo «la sfuggente e misteriosa sensibilita` futurista» (SG). Cosı` Il Teatro di varieta` sara` «scuola di 53

E. Morselli, Psicologia, cit., I, pp. 47-48, II, p. 327.

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sincerita` istruttiva», perche´ «deprezza sistematicamente l’amore ideale e l’ossessione romantica [...] meccanizza bizzarramente il sentimento, deprezza e calpesta igienicamente l’ossessione del possesso carnale, abbassa la lussuria alla funzione naturale del coito»; esso ricerchera`, tra le altre cose, le «analogie profonde fra l’umanita`, il mondo animale, il mondo vegetale e il mondo meccanico»; riprodurra` «tutte le nuove significazioni della luce, del suono, del rumore e della parola, coi loro prolungamenti inesplicabili nella parte piu` inesplorata della nostra sensibilita`», «sensibilita` nuova che ora si prepara». Il teatro di varieta` e` teatro futurista per eccellenza perche´ «distrugge tutte le nostre concezioni di prospettiva, di proporzione, di tempo e di spazio»; perche´ esalta «l’azione, l’eroismo [...] l’autorita` dell’istinto e dell’intuizione»; spiega «luminosamente le leggi dominanti della vita moderna» e in particolare «l’onnipotenza di una volonta` metodica che modifica le forze umane». Applicando immaginativamente questi stessi principi, il futurismo giungera` addirittura a progettare una Ricostruzione futurista dell’universo, quale era stata vagheggiata anche dagli occultisti (che avevano annunciato dalle colonne del «Matin», il 10 giugno 1908, all’indomani del Congresso tenutosi a Parigi sotto la presidenza di Papus: «Le Congre`s de´finit son ide´al: il veut re´ge´nerer l’Univers»54, da Saint-Pol-Roux (il quale, imbevuto anch’egli di suggestioni esoteriche, osava affermare che «Le renouvellement inte´gral ou partie de la face du monde caracte´rise l’oeuvre du poe`te: par la forme, il s’affirme de´miurge et davantage, par la ciselure dont il reveˆt l’or sublime, le poe`te corrige Dieu»55) e dal Papini «esoterico» e «pragmatista». Balla e Depero ne prefigurarono una nel loro stile, magico e giocoso, ricco di trovate e di invenzioni esilaranti: La valutazione lirica dell’universo, mediante le Parole in liberta` di Marinetti, e l’Arte dei Rumori di Russolo, si fondono col dinamismo plastico per dare l’espressione dinamica, simultanea, plastica, rumoristica della vibrazione universale. Noi [...] vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioe` ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. [...] Col Futurismo, l’arte diventa arte-azione, cioe` volonta`, ottimismo, aggressione possesso, penetrazione, gioia, realta` brutale [...] splendore geometrico delle forze, proiezione in avanti. Dunque l’arte diventa presenza, nuovo Oggetto, nuova realta` creata con gli elementi astratti dell’universo (RF). 54 55

In Compte rendu complet des travaux du Congre`s Spiritualiste [...] tenu a` Paris en 1908, cit. Cit., senza rif., in Th. Briant, Saint-Pol-Roux, Paris, Seghers, 1961, p. 21.

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Di questa nuova realta`, il «complesso plastico» futurista, costruito con oggetti disparati, al fine di produrre meraviglia e di agevolare il salto intuitivo, era pura evocazione e simbolo, oltre che oggetto-feticcio: cosı` come «l’animale metallico», perfettamente in linea con il progetto giocoso e «infantilistico» di Depero e Balla, era pendant dell’uomo artificiale e moltiplicato per «fusione di arte+scienza». Il «complesso plastico», nella teoria prescrittiva del manifesto, al di la` di quelle che saranno le realizzazioni concrete, ha anch’esso singolari caratteristiche fantasmatiche. Esso dovra` essere: 1. Astratto; 2. Dinamico [...]; 3. Trasparentissimo [...] apparire e scomparire, leggerissimo e impalpabile; 4. Coloratissimo e luminosissimo (mediante lampada interne); 5. Autonomo, cioe` somigliante solo a se stesso; 6. Trasformabile; 7. Drammatico; 8. Volatile; 9. Odoroso; 10. Rumoreggiante [...]; 11. Scoppiante, apparizione e scomparsa simultanea con scoppi (RF).

Con l’ideazione del «complesso plastico», l’utopia futurista aveva chiuso il suo cerchio. Progetto ambizioso e globale, essa sara` cosı` compendiata nella sintesi che ne fara` lo stesso Marinetti, nel 1933: Arte vita esplosiva. Italianita` parossista. Intuizione e incoscienza creative [...] Trascendentalismo fisico. Pittura astratta di suoni, rumori, odori, pesi e forze misteriose. Compenetrazione e simultaneita` di tempo-spazio, lontano-vicino, esterno-interno, vissuto-sognato [...] Dramma di oggetti. [...] Alla ricerca dei nuovi sensi56.

Il programma avrebbe dovuto travolgere il mondo dei passatisti, agire come «microbi necessari alla vitalita` dell’arte [...] che si effondono, fuori dal corpo, nell’infinito dello spazio e del tempo» (MTL). Marinetti era infatti convinto di poter contagiare il resto degli uomini, in virtu` della forza di persuasione e perche´ «l’arte e la letteratura esercitano un’influenza determinante su tutte le classi sociali, anche sulle piu` ignoranti che ne sono abbeverate per via di infiltrazioni misteriose» (UM). Il processo di osmosi che, gradualmente, per divulgazione, fa penetrare le nuove acquisizioni nelle classi meno acculturate e` infatti rafforzato e completato, secondo Marinetti, dal fatto che:

56 Voce «Futurismo» in Enciclopedia Italia, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XVI, MCMXXXIII – XI; ora in AA.VV., Marinetti futurista, cit., p. 51.

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Le idee hanno una vita personale, magnetica, suggestiva, endemica che vince sovente le forze coalizzate dei bisogni materiali.

Questa convinzione, unitamente all’esplicito riferimento alla lettura de L’energie spirituelle di Bergson, fara` ammettere a Marinetti l’esistenza di effluvi animici che vengono da altre coscenze ci avviluppano e tentano di invadere la nostra coscenza. Normalmente i nostri meccanismi inibitori di forze del nostro cervello bastano a respingere nell’incoscente le immagini forze cosı` introdotte. Ma avviene che queste approfittano d’un indebolimento momentaneo della nostra attenzione alla vita per entrare. Cosı` avviene per certi grandi oratori che passano da una vita vile tremante floscia a una stupenda vitalita` aggressiva. Eccezionalita` di certi temperamenti come il mio che passa dallo stato di forza + forze estranee oratorie e liriche allo stato di battaglia-cazzotti ecc.57.

Marinetti crede nella teoria della «sensibilita` errante», per cui «ondate di sensibilita` vissute [...] si staccano da noi» per influenzare l’atmosfera psichica entro la quale vivono altre persone. E` una bizzarra idea di «contagio psichico collettivo» delle idee nella quale, ancora una volta, si riverberavano concetti esposti nei contemporanei testi teosofici.

57

Dai Taccuini, cit., p. 480.

10 POETI E NARRATORI «ESOTERICI» FUTURISTI Identita` di volonta` e di materia nello spirito divenuto realta`. (Benedetta, Le forze umane) Acquaviva nello studiare le origini letterarie del Futurismo deve tener conto di quelle giornate eccezionalmente affocate dalla doppia vampa del divino e del sole terrestre. (F. T. Marinetti, Una sensibilita` italiana nata in Egitto)

«Nella prima fase futurista, che va dal 1909 al ’12, i sodali di Marinetti continueranno a muoversi in un’atmosfera ancora densa degli umori che 1 provengono dal simbolismo e dalla scapigliatura» , umori «filtrati», come le notti di Mario Carli, da una sensibilita` «intuitiva» e percio` stesso eccentrica, ribelle, che nei modi alogici, arazionali, visionari, ereditati dall’arte tardoromantica trovava una confacente via di ribellione a una koine´ culturale ancora in buona parte ancorata, come si e` visto, al clima positivista. Dichiarando di voler sostituire l’intuizione al ragionamento, il culto del futuro allo studio e alla venerazione del passato, l’«Ideale» al reale, le ragioni del sogno e dell’utopia a quelle della veglia, i futuristi si ponevano sulla medesima linea di quegli «idealisti» che, pur senza chiari programmi, spesso senza solide basi e attingendo a un composito irrazionalismo, avevano costituito, gia` alla fine del secolo, la variopinta falange dell’antipositivismo, intrisa di intuizionismo, pragmatismo, superomismo e suggestioni esoteriche. Alle due schiere, le recenti scoperte della fisica nel campo dell’invisibile, le indagini della scienza sulle facolta` dell’anima e nell’ambito della ricerca psichica fornivano anche, come gia` sottolineavamo, un sapore 1

C. Salaris, Storia del futurismo, Roma, Editori Riuniti, 1992, p. 24.

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– e un valore – di modernita` e, nello stesso tempo, un ulteriore obiettivo polemico, volto ad esecrare i limiti di una episte´me che tentava di fatto di eludere i rischi e le incertezze della sfida all’ignoto, e che, per volonta` di coerenza e di acribia, si era immobilizzata «nello studio delle stesse zone di realta`, insistendo nella ricerca di nuove proprieta` di vecchie sostanze e di vecchie energie», «cieca di fronte alla imminenza colossale ed assillante del mistero che pullula nella nostra realta`» (SF). 2 «Uccidete la scienza inutile», aveva gia` scritto Cavacchioli , nonostante dimostrasse di non disprezzare gli orizzonti «meccanici», del volo e della velocita`, che la tecnica andava dischiudendo. E il manifesto La scienza futurista, emanato dal gruppo dei futuristi fiorentini, rifiutava, apertamente, «con disgusto» la «scienza passatista», «pedantesca professorale seria seccatrice sicura meticolosa pachidermica», per esaltare «una scienza futurista audacemente esploratrice, sensibilissima, vibratile, influenzata da intuizioni lontanissime, frammentaria, contraddittoria, felice di scoprire oggi una verita` che distrugge la verita` di ieri, tutta inzuppata di ignoto»: attratta da «quella zona meno scandagliata della nostra realta` che comprende i fenomeni del medianismo, dello psichismo, della rabdomanzia, della divinazione, della telepatia», dove «indubbiamente [...] si sta per afferrare qualcosa che arricchira` di imprevedibile la nostra vita». Quel che la scienza era incitata a fare con il manifesto, relativamente tardo, del 1916, la letteratura e l’arte futurista erano state chiamate a intraprenderlo da subito: Marinetti, infatti, aveva immediatamente messo in atto, sin dai primi testi programmatici e poetici, un linguaggio che mirava a scardinare ogni rapporto di referenza logica, e rifiutava, – almeno in via di principio –, persino le chiavi del simbolo e dell’allegoria, che costituiscono quasi sempre un rimando codificato, vincolato alla tradizione. Proprio in nome di una esplorazione «a tutto orizzonte», egli si era proposto «di sfidare le forze ignote», di creare per l’assoluto, senza niente voler trattenere, e di concepire la vita e l’arte come una milizia da compiere «sotto lo sguardo... fisso dell’Ideale» (MF). Da queste iniziali premesse, l’arte e la letteratura futuriste avrebbero dovuto prendere le mosse per incamminarsi verso uno sperimentalismo integrale, capace di spingere l’immaginazione oltre i limiti della verosimiglianza, di esplorare il mondo oltre i confini della logica e della apparenza materiale dei fenomeni, capace, anche sul piano dell’espressione stilistica, di «rendere e magnificare la vita odierna, incessantemente e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa» (ecco di 2

Rivoluzione, in «Lacerba» II, 6, 15 marzo 1914.

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nuovo l’altro termine dell’ambivalenza), che dischiude nuovi orizzonti e aiuta la vita umana a sintonizzarsi sul ritmo, dinamico e vertiginoso, dell’universo. Tuttavia, le dichiarazioni di principio non impedirono ai poeti che aderirono al movimento di continuare a misurarsi con forme e stilemi del passato, ne´ impedirono a Marinetti, di accogliere, nelle Edizioni di «Poesia» (che, a partire da L’Incendiario di Palazzeschi, divennero, dal 1910, Edizioni futuriste di «Poesia»), anche dopo la nascita del movimento, testi ancora in gran parte ascrivibili ad area simbolista: dai «carmi» di Lucini, alle fantasie dei «canti alati» di Buzzi, fino a Cavalcando il sole di Cavacchioli3, in cui spesso le tematiche sociali, di rottura, calate nei luoghi tipici della decadenza scapigliata e tardo romantica – il manicomio, il lupanare, l’ospedale, l’officina – sono impregnate ancora da una forte attrazione per il disfacimento, la malattia, il putridume. In quegli anni, inoltre, con una etichetta editoriale che recita «Poesia, organo del futurismo», circolarono anche libri prefuturisti. Ad esempio, Le fiale di Govoni (Firenze, Lumachi, MCMIII) – i cui componimenti, tra il simbolista e il crepuscolare, si adagiano in versi e forme metriche debitrici alla tradizione –, o i Riflessi di Palazzeschi, pubblicati in autoedizione con l’etichetta «Cesare Blanc» (che era il nome del gatto di casa) nel 1908, i quali pero`, nel disgregarsi conclusivo della prosa in funzione di parodia autoreferenziale, si iscrivevano piu` chiaramente nella «nuova» tendenza4. Immagini datate e nuovi miti, stilemi logori e aggressivita` verbale di «scapigliata» memoria si alternavano ancora nell’antologia de I poeti futuristi del 19125, dove, a fianco di temi e personaggi topici come La donna del trivio, di Mario Be´tuda, troviamo le prime celebrazioni del nuovo eroe moderno (l’aviatore) e dove il massimo dello sperimentalismo e` rappresentato ancora dal verso libero. Quelle pagine, in realta`, sotto l’etichetta di 3

P. Buzzi, Aeroplani. Canti alati. Col II proclama futurista di F. T. Marinetti, MEP, 1909; E. Cavacchioli, Cavalcando il sole, MEP, 1914. 4 A. Palazzeschi, Riflessi, Firenze, Editore Cesare Blanc, 1908. 5 I poeti futuristi (Libero Altomare, Mario Be´tuda, Paolo Buzzi, Enrico Cardile, Giuseppe Carrieri, Enrico Cavacchioli, Auro D’Alba, Luciano Folgore, Corrado Govoni, G. ManzellaFrontini, F. T. Marinetti, Armando Mazza, Aldo Palazzeschi), con un proclama di F. T. Marinetti, e uno studio sul Verso libero di Paolo Buzzi, MEP, 1912. Segnala P. Echaurren (Le Edizioni futuriste di «Poesia» studio bibliografico, Roma 1981, p. 22) che «avrebbe dovuto essere una rassegna periodica ma non ne seguirono altri numeri, benche´ nel 1915 fosse annunciato il volume dal titolo I paroliberi futuristi che peraltro non fu mai pubblicato». Mentre «una ripresa del progetto puo` essere considerato il volume I nuovi poeti futuristi, presentato da F. T. Marinetti, nel 1925, Roma, Edizioni futuriste di «Poesia».

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«poeti futuristi», raccoglievano personalita` e esiti assai disomogenei, il cui minimo comune denominatore era forse, unicamente, l’eccesso e la cui aspirazione complessiva era quella verso un «oltre» (o «un piu` profondo», o «un piu` vasto») che deforma la scrittura e, «portando al rifiuto del referente oggettivo, scrive immagini referenti a se stesse o significanti altro, visioni, incubi, ossessioni [...]: che non solo poggia su di una intelaiatura di metafore, ma e` scrittura che si pone come metafora essa stessa»6. Di componimenti di quei poeti, emergeva insomma vivissima, in quegli anni, l’istanza fantastica, l’empito metafisico, l’attrazione per un «oltre» («desiderio dell’impossibile, sete di infinita`, febbre di quel che diverremo domani»7 che «futuristicamente», per essere espresso «Bisogna un canto di corsa,/bisogna un canto d’ascesa». «Anch’io ho amato le donne e i cimiteri», confessava Paolo Buzzi, «La poesia fu/gustare i dolci veleni anemici dell’anima. [...] Ora mi sento un nuovo sole sovra il cuore,/un canto stranissimo nel profondo [...] della [...] cella carnale». Ora, dopo l’incontro col futurismo, di cui e` stato uno dei primissimi adepti, Buzzi afferma di non temere piu` «le troppo veementi parole,/i soffi che sanno di sale, di tossico e lava». La nuova poesia, alla quale egli scioglie il suo inno, «Non mente, non conta i suoi passi. E` senza misure/come la Vita fuori dalla carne/come l’adorabile Nulla»: «Ama il ritmo» con cui il poeta «sposa» il suo cuore «al cuore del mondo», per cui «La vita diventa vertigine»8. Tradotta in poesia, e chiamata «futurista», la posizione di Buzzi coincideva con quella da lui stesso espressa, qualche anno prima, in risposta alla Inchiesta internazionale sul verso libero promossa dalla rivista «Poesia», dove si magnificava «quel fenomeno di accelerazione o di rallentamento», il quale produce una poesia che «consente ad ogni poeta, d’ogni lingua, di concepire il suo verso, o, piuttosto, la sua strofe originale: di scrivere il suo ritmo tipico, personale»: «il ritmo che governa il suo stesso universo interiore»9. Alla ricerca di questo «ritmo» libero, il Buzzi poeta, pur «sovrabbondante e contraddittorio», produrra` «forse i versi migliori apparsi da noi dopo l’Alcyone»10, anche se, a livello di immagini, si trattera`, non sempre ma 6

Cosı` G. Viazzi, a proposito di Cavacchioli, in Dal Simbolismo al De´co, a cura di G. Viazzi, Torino, Einaudi, 1981, pp. 461-62. L’antologia ospita significativamente opere che al loro apparire vollero collocarsi invece in area futurista. 7 Cosı` Cavacchioli, Maledetta la luna, in Cavalcando il sole, cit. 8 P. Buzzi, Inno alla poesia nuova, in Versi liberi, Milano, Treves, 1913. 9 Enqueˆte international sur le Vers libre et Manifeste du Futurisme par F. T. Marinetti, MEP 19809, pp. 142-48. 10 R. Jacobbi, Per una rilettura della poesia futurista, in Poesia futurista italiana, Parma, Guanda, 1968, p. 19.

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sovente, di versi intrisi, come spesso i romanzi, di visionarismo liberty, di accessi e di eccessi «gotici». Con simili accenti, ma con minore perizia tecnica, il Cavacchioli che, ne L’incubo velato (sulla cui copertina era apparsa una delle prime inquietanti maschere psichiche di Romolo Romani), aveva esasperato una predilezione per il grottesco macabro, di stile «tarchettiano», dando tuttavia sfogo a un temperamento aggressivo e pronto all’invettiva che merito` il 11 patrocinio di Marinetti , canta ora, in stile futurista, «l’estasi divina del libero canto; quella che il dervis trova/nella vertigine della sua danza infernale»: «I pazzi urlino! E gli uomini che dicon di pensare si addormentino»12. Anche in lui, come accade frequentemente tra i futuristi, il volo e` avventura fisica e metafora di avventura spirituale, di scoperta che varca i limiti terrestri e esalta il senso dell’io individuale, espansione verso l’infinito, quale, per restare nei limiti della prima antologia di Poeti futuristi del 1912, ritroviamo anche nei versi di Libero Altomare, che, nella poesia A un aviatore, esalta uno dei piu` sentiti miti futuristi: Oh uomo che bevi a gran sorsi/l’azzurro liquido del cielo,/mentre t’avventi nel vuoto/.../saettando circoli magici/nella tua corsa fatale/ch’e` insieme inno e danza.../Uomo dalle pupille magnetiche/.../mentre t’innalzi a spirali sul formicaio umano/.../L’anima mia, canora/.../ti precede fulminea13.

Piu` preciso equivalente psicologico abbiamo nelle brevi notazioni poetiche di Fillia, contenute nella seconda antologia ufficiale, quella del ’25, dove la proiezione fantastica nello spazio celeste e` vissuta come dilatazione dei confini psichici: – padrone della mia atmosfera ho alzato il capo per cercare, nei piani del cielo, l’allargamento della sensibilita`:/o respiro puro del vuoto del largo dell’illogico! il liquido blu del cervello e del cuore mi sale alla bocca:/azzurro azzurro colore di me stesso – altalena sospesa/[...]/non c’e` lontananza quando manca la prospettiva (tentativo di superare almeno me stesso: unica sensazione che si nutre d’assoluto)/vuoto vuoto azzurro

11

Cfr. E. Cavacchioli, Le ranocchie turchine, Versi, col manifesto del futurismo di F. T. Marinetti, MEP, 1909; L’incubo velato, versi, MEP, 1907. 12 Tempo di tamburo e Fuga in aeroplano, in Cavalcando il sole, cit. 13 L. Altomare, A un aviatore, in I poeti futuristi, cit.; ma leggasi anche, ivi, la poesia Proiezioni.

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[...]/anima: ti offro in ginocchio la mia prima constatazione: il vuoto e l’azzurro assumono l’esatto valore di un cielo infinito14.

Questa tensione, in anni piu` tardi, velandosi talvolta di aspirazione superomistica, talaltra assumendo una coloritura «cosmica», andra` a nutrire le prospettive della aeropoesia e le immagini dell’aeropittura15, la quale rappresentera` un filone tematico ben individuato in seno al futurismo degli anni Trenta, fonte di una visionarieta` elastica e simultanea, capace di manifestarsi come proiezione nell’infinito, tipica dell’«idealismo cosmico» di Prampolini (e di Fillia e di Oriani), come favola (tra gli altri, in Dottori e Benedetta) e, anche, come documentario areonautico, fitto di avvenirismi meccanici. Lo stesso Marinetti, intuite le potenzialita` di questa tematica, volle avocarne a se´ la paternita`, e, negli anni ’30, non esito` ad antedatare, a questo fine, Le monoplane du Pape – che era stato pubblicato a Parigi (Sansot & C.) nel 1912 e solo nel 1914 in italiano (MEP), al 1908 e, addirittura, al 1907 (rispettivamente nel Manifesto dell’Aeropittura e ne Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina). Alcuni, come in particolare Prampolini, videro, nella «sensibilita` aerea», «una nuova spiritualita` extraterrestre», «il desiderio latente di vivere le forze occulte dell’idealismo cosmico», pronto a «lanciarsi verso l’equilibrio assoluto dell’infinito e in esso dare vita alle immagini latenti di un nuovo mondo di realta` cosmiche», esprimentesi attraverso «l’analogia plastica, cioe` nella metamorfosi del mistero, fra realta` concreta e realta` astratta»16. Altri, come Benedetta, trovarono nell’aeropittura una dimensione espressiva lirica, luogo di espansione dell’io attratto dall’alto, da un azzurro senza confini che attira la terrestrita`. Per Benedetta, il cielo e` «una grande calamita che attira», «la meta lontana, magicamente nitida e solitaria», aperto alla conquista, punto di partenza di 14

Fillia, Primitivismo, da I nuovi poeti futuristi, cit. ora in R. Jacobbi, Poesia futurista italiana, cit., pp. 233-34. 15 Cfr. F. T. Marinetti, L’aeropoesia. Manifesto futurista ai poeti e a gli aviatori, in «Futurismo», a. I, n. 4, Roma, 2 ottobre 1932. Ma il Manifesto del teatro aereo futurista. Il volo come espressione artistica degli stati d’animo di Azari e` dell’11 aprile del ’19 (poi su «Roma futurista», gennaio 1920) e propone l’aereo come mezzo artistico per realizzare «voli dialogati», pantomime, danze e parole in liberta` aeree. 16 Nel Catalogo della mostra di aeropittura e scenografia, tenutosi alla Galleria Pesaro di Milano, nel 1931. Ma il tema del volo era stato introdotto da Marinetti nel ’29. Egli aveva auspicato «Stati d’animo e forze misteriose espresse plasticamente. Prospettive aeree, architetture degli spessori d’atmosfera. Simultaneita` e compenetrazione di tempo e spazio, lontano vicino ricordato-sognato esterno-interno» (su questo argomento e sulla genesi del successivo Manifesto della aeropittura, cfr. C. Salaris, Storia del futurismo, cit., p. 194).

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una contemplazione ideale che astrae dalle forme terrestri un’immagine sintetica ed essenziale, serena e trasfigurata. Nel 1912, a sanare le contraddizioni di un’antologia «futurista» dove pure non mancavano accenti crepuscolari e simbolisti, interveniva la considerazione, contenuta nel Manifesto tecnico della letteratura futurista premessovi da Marinetti, che «il genio ha raffiche impetuose e torrenti melmosi» e che, nell’indirizzo di ricerca del futurismo, «le cellule morte sono commiste alle vive», perche´ «Nessuno puo` rinnovare improvvisamente la propria sensibilita`». Era, di fatto, una giustificazione, volta a sostenere un’azione di «recupero» indirizzata a dar consistenza di sperimentalismo alle esperienze poetiche degli adepti del nuovo movimento, il quale rivelava, in questa prima fase, una discrasia tra il «totalitarismo» dei proclami e la disponibilita` ad accogliere adesioni disparate, e dava prova, sul piano letterario, di una «elasticita`» pari a quella dimostrata sul piano ideologico. Il libro che piu` di tutti, forse, mostra le diverse fasi di questo difficile passaggio dall’immaginario tardoromantico allo stile sintetico parolibero, quale era auspicato dal fondatore del futurismo, e` L’ellisse e la spirale di Buzzi, su cui avremo occasione di tornare, ma di cui ci preme mettere ora in evidenza il lirico e spesso faticoso attardarsi, per oltre duecento pagine, nelle paludi di una fabula tra l’allegorico (ripreso persino nel titolo: la forma «chiusa» dell’ellissi e la forma-sintesi, aperta e dinamica, della spirale) e il romantico; con figurazioni di ascendenza liberty (pensiamo a certe descrizioni di Deliria) e tensioni verso stati d’animo ineffabili e risonanze musicali, dove solo l’intervento di qualche aereo e il titolo dei capitoli introduce una nota futuristica. A meno che non si vogliano giudicare ispirate alla poetica futurista le «misurazioni» (espresse in metri) dei capitoli o quell’«abisso di cerebralita` sensitiva» da cui, secondo Buzzi, sono «emerse le estreme figure politiche, ieratiche, estetiche, erotiche ed eroiche... scatenate nelle pagine del libro». Esse, in realta`, per la maggior parte, si riducono ad allegorismi (cui anche Marinetti, nonostante le dichiarazioni di principio, mostro` di cedere spesso), a sensazioni di «materializzazione medianica», a richiami al destino, a «oceani entusiastici d’anima», a eventi che hanno del miracoloso, al tentativo (di Naxar) di «aprire... una via qualunque di vita verso l’Impossibile». Sul piano stilistico, l’innovazione si limitava, piu` che altro, all’uso frequente della sinestesia e di una contaminazione lessicale che genera, nella prosa, qualche stridore, coll’accostare arcaismi e termini piu` recentemente coniati dalla modernita`: un pastiche stilistico di ascendenza tardosimbolista che Boine non esito` a definire «diabolismo liricodescrittivo». Un esempio chiarira` meglio il senso del nostro discorso:

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La frenesia organica e psichica determinata dall’inalazione delle ceneri di Deliria raggiunse un tale limite estremo che parve eccedere le stesse leggi del tempo e dello spazio [...] le viscere della terra furono trapanate da un nuovo polo ad un altro. [...] Oh, ti accerto, Naxar, che l’uomo, affacciandosi disperato all’Impossibile, sublima carne ed anima al punto da poter vivere il millennio in un minuto! Io non ti so dire se la nostra colossale opera siasi compiuta per forza di queste sole nostre misere braccia esercitate allo sforzo supremo, ovvero dal brivido cinematografico dei miliardi e miliardi di braccia che a migliaia e migliaia di secoli abbiano concretato e trasmesso l’un l’altro, per via ereditaria, sulla pellicola ultrasensibile dell’universo.

Ma, improvvisamente, il racconto era interrotto dall’irrompere di una formula matematica: i sottotitoli dei capitoli cominciavano a assumere forma di equazioni; la narrazione si rivestiva di un afflato cosmico; e finalmente, a p. 221, senza soluzione di continuita`, irrompevano le prime tavole parolibere, riformulanti, in sintesi visiva, i motivi fino a quel punto trattati: [...] in un paesaggio ideale grande coscienza dinamica febbre gelida torrida come di metallo in tempra e fusione continua colorazione violacea (sangue e etere = rosso azzurro) delle atmosfere degli oggetti assorti spettralita` ma scultorio delle forme umane ascese (pp. 226-27).

Anche Boine, recensendolo, era costretto ad ammettere che, nel libro di Buzzi: Un anelito leviathanico di metamorfosi manipola gli spazi in scenografie del miracolo, le figure si gonfiano fino al portento, i mondi si mescolano come mari di stelle, la logica e` abolita [...] Quando arrivi a quegli scarabocchi di parole in cerchio... eh, sı`, concedi che a un certo punto dir le cose in sintassi non e` piu` possibile17.

L’epilogo, dopo una ripresa delle forme tradizionali, era infatti tutto futurista, e segnava la transumanazione dei personaggi e della prosa: sentimenti ed eventi erano rappresentati per equivalenti grafici e simbolismi psichici, racchiusi da forme geometriche dalle quali, pure, le loro tensioni interiori tentano di evadere: i «profili» di Oten, di Fanio, del Pontefice, delle 17

G. Boine, Frantumi seguiti da Plausi e botte, Firenze, Libreria della Voce, 1918 (ora: Milano, Garzanti, 1933, pp. 198-200). Cfr. anche: AA. VV., Omaggio a Paolo Buzzi, Milano, L’Impronta, 1958.

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situazioni in cui sono implicati, emergono in forma «astratta», sotto forma di disegno psichico sinottico. «Noi eravamo dei veggenti costituiti in uno stato maggiore di febbri sull’Europa» assicura Buzzi nella dedica A Marinetti, ma egli stesso doveva non essere ignaro della promiscuita` del romanzo, poiche´ ammetteva, con questo tentativo, di aver dovuto affrontare, nello scrivere, «quei terribili problemi d’avanscoperta che debbono, oggi piu` che mai, essere nell’istinto d’ogni soldato d’arte». «Non mi fermero` – prometteva a Marinetti – deciso 18 a vincere l’io rettorico che mi ossessiona tuttora» . Lo stesso, Marinetti, del resto, nonostante la fantasia analogica e l’amore per lo sperimentalismo, dopo Zang Tumb Tumb e Dune (1914), dopo 8 anime in una bomba (1919), tornera` ancora, in romanzi come Gli indomabili o in prose teatrali come Il tamburo di fuoco (1922), all’allegoria, senza riuscire, spesso, a evitare effetti di ridondanza «passatista»19. Dal canto suo, Buzzi non potra` far a meno di continuare a coltivare, seppur camuffandola, la sua vena romantica, calandosi in stilemi futuristici di cui, pero`, smussera` via via i contorni. Dopo la Cavalcata delle vertigini, in cui vedremo Russolo raffigurato attraverso successive incarnazioni, nel 1927, Buzzi si cimentera` nel «romanzo misticolirico» Gigi di purita`20, «biografia futuristica» di san Luigi Gonzaga dove, lasciate alle spalle le intemperanze parolibere, di futurista resta, all’interno di una leggenda che sa di miracolo e di predestinazione, l’eccezionalita` di un eroe – «Gigi» – attorno a cui, sin dalla nascita, si e` materializza in un’aureola di fuoco dai colori cangianti, luce rappresa di «elettroni psichici», che, secondo quanto insegnato dai teosofi, cambia di nuance a seconda dello stato interiore. In quel cerchio di luce arcana che cinge le tempie del fanciullo, qualcuno vede «l’irradiazione fosforica dell’ingegno», qualcun altro «la grazia» o «la gloria». In realta`, sia pure in forma santificata o angelicata, «Gigi» e` depositario di poteri futuristicamente immensificati dalla «dedizione fisica e spirituale al Mistero», che gli consentono di aprire, come avrebbe detto Marinetti, delle «fratture nel mondo fisico». Gigi 18

A F. T. Marinetti, in L’ellisse e la spirale, MEP, 1915, pagine senza numerazione. Sull’interpretazione del romanzo, cfr. anche M. Verdone, Cinema e letteratura, cit., pp. 133 sgg. 19 Zang Tumb Tumb, Adrianopoli, Ottobre 1912, MEP, 1914; Dune, Parole in liberta`, in «Lacerba», II, n. 4, 15 febbraio 1914; 8 anime in una bomba, MEP, 1919: Gli Indomabili, Piacenza, Edizioni Futuriste di «Poesia» della Societa` Tipografica Editoriale Porta, 1922; Il tamburo di fuoco, dramma africano di calore, colore, rumori, odori, ecc. Milano, Sonzogno, 1927. 20 Paolo Buzzi, Cavalcata delle vertigini, Foligno, Campitelli, 1924 e Gigi di purita`. Romanzo mistico-lirico, ivi, 1927.

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pei gradi di rapimento della preghiera e per la totale macerazione intima ed esteriore di se´, congiunta all’annichilamento assoluto del proprio io [...] intendeva [...] volare deciso allo zenit, [...] tuffarsi nell’oceano dell’Assoluto, [...] perdersi nella luce di un Mistero rivelato a forza di sogno e di fede, [...] esercitazione maravigliosa nella quale i termini, pur eterodossi ma meno antipodici di che non sembri, di Santita` e di Eroismo, sembravano inalberati ad orifiamma sui due poli estremi del suo vascello ideale (p. 156).

«Gigi», sintonizzato su livelli di assorto misticismo, conosce «elevazioni» simili alla trance, che accomunano uomo e messaggero divino: [...] un fluido li prende alle viscere e, nello stato medianico, li accomuna. Sentono i prolungamenti delle loro anime nell’infinito. E, con le loro anime, i loro sensi avvertono il brivido dell’ali tese nella deliziosa vertigine d’un’ascensione incorporea. Hanno degli smarrimenti fisici improvvisi. Chiunque li veda passar tra i fiori, fiori malati, non puo` non accorgersi che i loro passi procedono come turbati dalle sorprese dello spazio. Vi sono degli uccelli e delle farfalle che subiscono la suggestione inconscia delle loro librazioni eteree: si vedono dei torneamenti e dei saettii, degli altalenamenti e degli oscillii, nel volo di quelle creature d’azzurro (pp. 179-80).

Lo sperimentalismo verbolinguistico, come e` facile constatare, si era affievolito, rivelando, tra le righe, la persistenza di tendenze antecedenti. In realta`, come all’interno del primo romanzo di Buzzi, anche sulle opere di altri aderenti al futurismo, il dirigismo marinettiano aveva avuto il suo peso, imponendo regole stilistiche piuttosto rigide che, a molti, sembreranno, nel tempo, troppo anguste. La stessa antologia del ’12, accompagnata da un manifesto tecnico dai toni autoritari e direttivi, punteggiato da «Bisogna» e «Si deve», contribuira` a impartire un’energica svolta alla ricerca letteraria di stampo futurista, aprendo la strada, pur nella varieta` di risposte connessa alle interpretazioni e alle sensibilita` individuali, all’esplorazione delle possibilita` insite nell’immaginazione senza fili e nelle «Parole consonanti vocali numeri in liberta`»21, mentre la raccolta di saggi, manifesti e discorsi di Guerra sola igiene del mondo22 effettuera` altre correzioni sul piano ideologico. Le precisazioni metodologiche e stilistiche del Manifesto tecnico della 21

Cfr. il manifesto del 1915, che premette alle tavole parolibere di Marinetti Cangiullo Govoni Buzzi, l’annuncio della prossima pubblicazione del volume I paroliberi futuristi, sopra cit., destinato a accogliere «tavole» di un cospicuo numero di vecchi e nuovi aderenti. 22 MEP, 1915; gia` apparsa in francese con il titolo Le futurisme, (Paris, Sansot, 1911).

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letteratura, con l’accento posto sulla attivita` «incosciente» del «poeta divinatore», con l’esortazione a scendere nell’essenza della «divina» materia, a esplorare nuove forme di conoscenza e di rappresentazione lanciando «strette reti di analogie... nel mare misterioso dei fenomeni», saranno raccolte e messe attivamente in pratica da molti scrittori, i quali, trovandole consone alla propria ispirazione, tradurranno quelle indicazioni in una pratica di de´re`glement intellettuale e sensoriale, in ascolto medianico, in abbandono al fantastico e al «metafisico», in esplorazione di geografie utopiche, in onirica creativita`. Gli echi «misteriosofici» di cui lo stesso capo del futurismo aveva disseminato i suoi proclami, d’altronde, oltre a essere raccolti, elaborati, ampliati e fantasiosamente applicati, daranno luogo a un filone di esplorazioni che rimane ben riconoscibile, nonostante i diversi, ulteriori apporti tematici, e che si affianchera`, con reciproche contaminazioni, ad altri, nutritissimi, «sottogeneri», i quali svilupperanno con maggiore evidenza temi modernistici, efficientistici, funambolici o goliardico-paradossali. Fatalmente, pero`, gli spunti esoterici e irrazionalistici finiranno per attrarre nell’ambito del futurismo personalita` che, come Enrico Cardile (la cui adezione fu di brevissima durata), come i Corradini-Ginanni, gia` nutrivano interessi occultistici, mentre contribuiranno a instradare altri verso questo tipo di sensibilita` e di esplorazioni. Dalla folta falange futurista, dalla vasta produzione contrassegnata da eclettica varieta`, trarremo alcuni casi, che ci sembrano esemplari, nell’esplicitare la tensione esoterico-spiritualistica insita in alcune delle formulazioni del futurismo. In primo luogo, sara` opportuno spendere qualche parola sulle sperimentazioni grafiche e tipografiche delle tavole parolibere, la cui produzione, sostenuta dalle Edizioni futuriste di «Poesia», conobbe, negli anni successivi al 1912, un’improvvisa impennata. Uno dopo l’altro, erano stati infatti pubblicati i manifesti in cui Marinetti dettava i criteri delle innovazioni tecnico-stilistiche futuriste: al Manifesto tecnico della letteratura futurista, e al suo Supplemento esplicativo, era seguito, l’11 maggio 1913, L’immaginazione senza fili e le parole in liberta`, (diffuso poi anche tramite «Lacerba», in due puntate nel 1913); il 15 marzo 1914 era stata la volta de Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilita` numerica (ma, in mezzo, l’11 agosto 1913, c’era stato l’importante manifesto La pittura dei suoni, rumori, odori, di Carra`). In questi due anni, oltre alle parole in liberta`, Marinetti aveva introdotto una quantita` di tecniche rivoluzionarie: il lirismo multilineo (resa simultanea di «molti fasci di sensazioni e analogie»), l’ortografia libera

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espressiva, le tavole sinottiche di valori lirici, le analogie disegnate, i numeri «che non hanno significato ne´ valore diretto», un repertorio prescrittivo di onomatopee che va dalla «onomatopea imitativa elementare realistica» all’«accordo psichico»: tutti espedienti che vogliono dare «le diverse atmosfere del racconto e i toni che lo governano», esprimere «le varie intensita` trascendentali della materia» e giungere «naturalmente alla multiforme prospettiva emozionale» (SG). Gli scrittori futuristi, a partire da Marinetti stesso, che nel 1914 ha pubblicato Zang Tumb Tumb, libro parolibero ispirato alla guerra, utilizzeranno questi mezzi in chiavi diversificate, rispondenti alle differenti sensibilita`, che privilegiano ora il lato materico della scrittura, ora il gioco della sintesi grafica e del design verbovisivo, e altre volte esaltano, invece, l’effetto di trascrizione intuitiva dello stato d’animo. In queste ultime prove, spesso assai interessanti, il nuovo stile sinottico futurista mira, attraverso l’intreccio visivo delle analogie sinestetiche, a rendere sensibilmente apprezzabile la realta` «concreta» degli stati d’animo, ovverosia a restituirne linguisticamente e graficamente il corrispettivo rumoristico, olfattivo, dinamico, coloristico, dinamico-vibratorio, secondo una corrispondenza psichica soggettiva. In cio`, sebbene fosse ancora per certi versi operante la lezione dei simbolisti francesi, e quella di Rimbaud e di Mallarme´, intervengono altre suggestioni, dando maggiore concretezza e possibilita` di sviluppo fantastico, grafico e pittorico a quelle intuizioni. La marinettiana Carta sincrona dei suoni rumori colori immagini odori speranze voleri energie nostalgie di un aviatore che sorvola Adrianopoli sembra gia` rappresentare, nelle intenzioni, e anche nei risultati, un cospicuo raggiungimento in questa direzione23. Come in altre tavole parolibere realizzate da Marinetti negli anni 1912-16 (Anche noi, Bombardamento, Irredentismo, Azione), il grafismo supera qui il livello descrittivo della scena evocata per sconfinare nella resa del dinamismo psichico e la sintetica aggettivazione sorpassa il grado denotativo per divenire «immagine» dei sentimenti (anche se Marinetti, in generale, si dimostrera` piu` propenso alla «analogia disegnata», sul tipo di quella che conclude 8 anime in una bomba). Altri preferiranno indirizzarsi verso l’astrattismo «psicologico». Prototipi in linea con «la nuova sensibilita` futurista», che si sforza di cogliere in un solo atto percettivo la complessa stratificazione dei diversi piani del reale, quello visibile e quello invisibile, espressione di una tensione alla 23 Cfr. Pontus Hulten (a c. di), Futurismo & futurismi, catalogo della mostra tenuta a Palazzo Grassi di Venezia, Milano, Bompiani, 1986, pp. 192-95.

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simultaneita` che vuol rendere in un complesso sinottico impressioni sensoriali e appercezioni intuitive, molte delle tavole parolibere prodotte dai futuristi affiancheranno notazioni fisiche e suggestioni psichiche, sinestesie, linee dinamiche di stati d’animo, analogie coloristiche e onomatopee astratte. Il paroliberismo, dira` Marinetti recensendo il libro di Armando 24 Mazza, Firmamento , rappresenta i «tentativi eroici dello spirito che si proietta al di fuori di tutte le sue norme di logica e comodita`»25. Anche Francesco Meriano, ringraziando Marinetti di aver «collaudato» il suo Equatore notturno, sottolineava di non aver scelto quelle «forme piu` libere per incapacita` o debolezza»: sebbene in un primo momento esse gli fossero apparse «fredde e stilizzate», «giochi associativi e dissociativi da dilettante in poltrona», ora, sperimentandole, vi aveva trovato «un modo nuovo [...] per rendere stati d’animo finissimi [...] e altri complicatissimi [...], quell’insieme di sentimenti sensazioni idee che e` la vita spirituale di un uomo». Insomma, caro Marinetti – concludeva – non v’e` idealismo piu` schietto del tuo26.

Le potenzialita` di rappresentazione alogica e psichica insite nel paroliberismo e nella «rivoluzione tipografica» che lo accompagnava andavano infatti incontro a una precisa tendenza dei tempi. Dai primi tentativi di poesia asintattica alle prime tavole pubblicate su «Lacerba», queste tecniche decolleranno, in un esponenziale crescendo di audacia sperimentalistica, fino a fecondare, oltre il milieu futurista italiano, la ricerca di altre avanguardie, che ne amplificheranno ora la risonanza psichica, ora l’aspetto grafico e «costruttivista»: dai Calligrammes di Apollinaire alla poesia fonetica di Hugo Ball, dalla lingua «zaum» del transmentalismo alle contaminazioni del cubofuturismo. In ambito italiano, vi furono sviluppi in molteplici direzioni: piu` giocosi, ad esempio, in Cangiullo27, la cui linea, dopo un’amplissima gamma di innovazioni grafiche, approdera` a un vivace sintetismo illustrativo e verbovisivo di stile «modernista», che avra` efficaci applicazioni in pubblicita` (vedasi, come retroscena teorico, il manifesto Il futurismo e l’arte

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MEP, 1920. Ora in Collaudi, cit., p. 29. 26 F. Meriano, A Marinetti, poeta italiano, in «L’Italia futurista» I, 3, 10 luglio 1916. 27 Cfr. Piedigrotta. Parole in liberta` col manifesto sulla declamazione sinottica di Marinetti, MEP, 1916; Caffe` concerto. Alfabeto a sorpresa, ivi, 1916 (Cangiullo le chiama «lettere umanizzate multicolori»). 25

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28 pubblicitaria di Depero ); oscillanti tra la semplice trascrizione lirica di stati d’animo e la «presa oggettiva diretta», come nel Folgore di Ponti sull’Oceano29. Tra tutti, i risultati di piu` chiaro indirizzo psichico, si erano avuti nel romanzo di Paolo Buzzi, L’ellisse e la spirale30. Qui, «per meglio intonare alle sue progressive trascendenze enarmoniche il metraggio pellicolare della fantasia», Buzzi aveva chiamato in aiuto «le formule del calcolo sublime, dall’algebra alla chimica, alla meccanica all’astronomia», corredando la prosa di forme geometriche astratte, «forme magiche: prismi, sfere, spirali», fitte di iscrizioni, «legate a certi esiti decorativi simbolisti» ma anche ai «Rosa Croce ed alle loro implicazioni esoteriche»31. L’estremo sviluppo, in bilico tra esiti ludici e ambizioni «universalistiche», tra verbalita` analogica, nonsense e lallazione espressiva, sara` l’onomalingua di Depero, nuova forma di comunicazione verbale «derivata dall’onomatopea dal rumorismo dalla brutalita` delle parole in liberta`»: suoni che dovevano «fondere in un linguaggio universale le voci della natura, delle macchine, delle emozioni e delle sensazioni»32. La rappresentazione dello stato d’animo, ossessione futurista, agevolata dalla liberta` espressiva e grafica, d’altra parte, arrivera` al disegno psichico puro con Giuseppe Steiner, Benedetta, Arnaldo Ginna (ma ricordiamo anche Pietro Illari e Osvaldo Bot), dietro cui c’era, ancora una volta, la chiara suggestione di letture teosofiche; in particolare del libro di Besant e Leadbeater, che tanto influenzera` anche il gruppo degli artisti, alcuni dei quali vorranno tradurre coloristicamente e spazialmente le forme-pensiero che i teosofi dicevano proiettate dalle emozioni e dai sentimenti nello spazio astrale, quelle forme invisibili a tutti tranne che al sensitivo33. E` facile leggere nelle «sintesi grafiche» de Le forze umane di Benedetta34, dove le

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In Numero unico futurista Campari 1931, Rovereto, Tip. Mercurio, 1931; ma gia` in Depero futurista, nel Manifesto agli industriali, l’artista aveva proposto l’uso dell’arte grafica parolibera per la pubblicita`. 29 Versi liberi (Lirismo sintetico) e parole in liberta`, MEP, 1914. Nel corso del libro, si avverte il passaggio dal verso libero al paroliberismo, praticato, per altro, in forme assai moderate. 30 Film+parole in liberta`, MEP, 1915. 31 C. Salaris, Storia del futurismo, cit., p. 47. 32 F. Depero, L’onomalingua. Verbalizzazione astratta, 1916 in F. Depero, Depero futurista, Milano, Dinamo Azari, 1927. 33 Si tratta del libro sulle Forme-pensiero, cit. 34 Foligno, Franco Campitelli Editore, 1924; ora in: Benedetta, I tre romanzi. Le forze umane, Viaggio di Garara`, Astra e il sottomarino, a c. di S. Cigliana, Roma, Edizioni dell’Altana, 1998.

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energie psichiche si visualizzano in fasci piu` o meno contorti, in forme angolose o elicoidali, negli stati d’animo disegnati di G. Steiner, la resa di quelle entita` di natura psichica (materializzazioni «sottili» di «magnetismi umani»), le quali, secondo la Besant, aleggiano non viste nello spazio che ci circonda, assumendo forme dinamiche e sfumature. La riproduzione grafica di queste «vibrazioni» sinestetiche, «le vibrazioni dell’io» che, aveva detto Marinetti, colorano «il mondo coi colori specialissimi del nostro io mutevole» (IP), non mira infatti all’astrazione simbolica bensı` alla resa «oggettiva» di forze e di realta` sovrasensibili (qualcosa di simile, sul piano della caratterizzazione psichico-cromatica di atmosfere, tentera` anche Marinetti nel Tamburo di fuoco e, tra l’altro, nella poesia Successivement, inserita dell’antologia del ’25). In questo senso, il confronto materiale tra alcune sintesi di Benedetta e le illustrazioni del libro su le forme pensiero di Besant e Leadbeater, uscito in edizione francese nel 1905 e` assai istruttivo. E lo e` ancora di piu` il modo in cui vengono prodotti i «precipitati psichici» di Giuseppe Steiner: quando «si e` librati sul libero campo dell’astrazione, quando la mano e` staccata dal cervello [...], quando la volonta` lucida ha ceduto alla immaginazione intuitiva e divinatrice». «E` terribile ed estremamente difficile sapersi frenare – scrive Steiner – quando l’ispirazione incosciente cessa per lasciare il posto ad una ispirazione artificiale», cosı` da impedire alla mente razionale di sostituirsi alla voce dell’inconscio. Percio`, Marinetti, affermava che Gli stati d’animo disegnati o precipitati psichici non si possono spiegare a parole perche´ appunto l’insufficiente espressione delle parole essi sono venuti a soccorrere; non possono e non devono essere capiti, devono invece Essere sentiti accordando naturalmente tutti i diritti all’immaginazione intuitiva e divinatrice. Essi non sono il frutto di presuntuosi tentativi di esprimere con piu` efficacia e maggior fedelta` cio` che fu gia` espresso con parole. Il loro scopo sarebbe superfluo, vano e inutile. Essi vogliono esprimere quello che fino ad ora era rimasto inespresso, perche´ 35 ritenuto inesprimibile .

Ulteriori tentativi «per continuare genialmente le ricerche» furiono compiuti da Armando Giordano, il quale, «con un metodo assolutamente opposto a quello di Steiner e di Benedetta, vuole scientificamente precisare 35

La presentazione al libro di G. Steiner, comparsa in «L’Italia futurista» nel 1919 si legge ora, insieme a quella di Autoritratto futurista, di Osvaldo Bot, in Collaudi futuristi, cit., p. 58. Marinetti riprendeva qui molte espressioni dall’art. di Steiner: Stati d’animo disegnati, apparso in «Simun», a. I, n. 1, Palermo, aprile 1921, da cui e` tratta anche la nostra cit.

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una legge che governa tutte le manifestazioni della psiche ed il graduale 36 passaggio da uno stato d’animo all’altro» . Questo eclettico futurista dell’area campana, in un suo bizzarro libro, Psicopatografia (Psicoscopia del microcosmo e cromatologia patologica)37, che con le formulazioni dei teosofi ha molti punti in comune, soprattutto per quel che riguarda la corrispondenza colori-stati d’animo, volle rappresentare, secondo Marinetti, «una vera topografia dell’anima con una misurazione probante delle piante, delle masse e degli spaccati delle passioni umane». Passioni che l’Autoritratto futurista di Bot38 illustrava come una galleria di stati d’animo astratti. Benedetta, nel presentare le sue sintesi grafiche e nel puntualizzare gli aspetti teorici che vi erano sottesi, colando nel suo personalissimo linguaggio sintetico un magma dai bagliori papiniani, evidenziava lo slancio medianico della sua ispirazione: L’adagiarsi della vita nel tempo e delle cose nello spazio forma un immenso arco che tende a moltiplicarsi in differenziazioni infinite. L’arte dev’essere l’angolo di questo arco. Angolo sintesi che, nel proprio sviluppo potenziale, abbraccia tutto l’arco, lo sorpassa immensificandolo, contiene il valore delle intensita` raccolte. Le nostre forze intelligenti sono lampade chiuse dallo spazio e dal tempo che obbligano la luce-espressione ad una lentezza-falsita` di successioni: minuti atomi. Spacco tempo e spazio. Voglio creazione miracolo: Identita` di volonta` e di materia nello spirito divenuto realta`. I particolari di punti e le superfici scompaiono nel fondersi e nel trascendere delle forze, cosı` che fra la nostra essenza e l’Universo vi e` meno densita` e la materia puo` divenire veggente. Questo affioramento di forze appare gia` in certi nucleiindividui piu` potenti quali i medium, gli artisti, i Santi. [...] Manifestano questo sforzo di creazione immediata le mie Sintesi grafiche. Sono l’espressione diretta delle forze dell’universo senza nessuna preoccupa39 zione plastica .

36 Cfr. M. D’Ambrosio, Futurismo a Napoli. Indagini e documenti, Napoli, Liguori, 1995, pp. 149-190 e passim. 37 Apparso in «Atena. Rivista quindicinale di letteratura varia», a. I, n. 1, 31 marzo 1929. «Atena» di cui A. Giordano fu direttore, si stampava a San Giuseppe Vesuviano. 38 Piacenza, Edizioni Futuriste Rebecchi, 1929. 39 Benedetta, L’essenza e la sua attuazione immediata: l’arte, in Le forze umane, cit., in I tre romanzi, cit., pp. 116-118. Su tutta la questione dell’astrattismo lirico di Benedetta e della sua matrice spiritualista, cfr. S. Cigliana, Il seme e la rosa. Benedetta o la poesia delle forze cosmiche, in I tre romanzi, cit., pp. 9-42 e Ead., Benedetta e la forma dei sentimenti, in Fughe e ritorni. Presenze futuriste in Sicilia, Catalogo della Mostra, Palermo, 27 novembre-24 gennaio 1999, Napoli, Electa, 1998, pp. 40 sgg.

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Per esprimere l’urgenza o la sovrabbondanza degli «psichismi», anche le parole potranno e dovranno graficamente modificarsi, caricandosi di maggiore e piu` immediata pregnanza espressiva. Spiegava Marinetti: Noi non vogliamo che l’ebrieta` lirica perda tempo nel combinare sintatticamente le parole prima di lanciarle fuori coi fiati da noi inventati. La nostra ebrieta` lirica puo` anche liberamente deformare, riplasmare le parole, tagliandole, allungandole, rinforzandone il centro o l’estremita`, aumentando o diminuendo il numero delle vocali o delle consonanti40.

D’altro canto, anche la lettera, in quanto segno grafico, puo` assumere risonanze trascendentali, come Soffici, nei Primi princı`pi di un’estetica futurista41, faceva notare, riassumendo i capisaldi della invenzione futurista in una serie di corollari, molti dei quali validi sia in campo artistico che letterario. Gia` per se stessa – scriveva Soffici –, la pura lettera, nella sua astrazione di antichissimo segno ideografico (raffigurazione, insieme di esseri e cose viventi, sugli obelischi, le stele, le magiche foglie di papiro) degenerato in tipo meccanico di alfabeto, ha una virtu` emotiva. [...] Animata poi di colori e di luci, in combinazioni sorprendenti [...] la sua efficacia diviene ancora piu` evidente. Efficacia di suggestione e di complemento figurativo. Non piu` muto segno di convenzione, ma forma viva fra forma vive, la lettera puo` far corpo con la materia della rappresentazione. Gli artisti bizantini [...] mescolavano caratteri e parole alle figure degli esseri e delle cose delle loro sublimi composizioni [conferendo loro] quell’aspetto di misticita` che e` fra i requisiti piu` singolari. Similmente in qualche antichissimo codice si puo` vedere il principio applicato nella pagina religiosa e poetica. Gli artisti moderni, la cui vita si svolge in un ambiente dove questo elemento acquista ogni giorno maggiore importanza, perche´, spinta piu` avanti l’esperienza, non dovrebbero nei loro quadri e nei loro scritti domandare allo spettralismo delle scritture meccaniche il suo soccorso legittimo per l’espressione di stati lirici assai piu` complessi e inusitati?

Gli «spettralismi» varcheranno presto anche i limiti della pagina e andranno a invadere la scena teatrale. Non aveva forse additato Marinetti, al teatro, il fine «di strappare l’anima del pubblico alla bassa realta` quotidiana e di esaltarla in una atmosfera abbagliante di ebbrezza intellettuale» 40

Presentazione a Nelson Morpurgo, Il fuoco delle piramidi, MEP, 1923; cit. da Collaudi, cit., p. 34. 41 Firenze, Vallecchi, 1920, pp. 88-89.

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(VF)? Da quando, con il manifesto omonimo, egli aveva rilevato, nel teatro di varieta`, la capacita` di generare il «meraviglioso futurista», che scaturisce, tra l’altro, dalla rappresentazione «delle analogie profonde fra l’umanita`, il mondo animale, il mondo vegetale e il mondo meccanico» e di «tutte le nuove significazioni della luce, del suono, del rumore e della parola, coi loro prolungamenti misteriosi nella parte piu` inesplorata della nostra sensibilita`» (TV ); da quando, con Corra e Settimelli, aveva proclamato che «bisogna porre sulla scena tutte le scoperte (per quanto inverosimili bizzarre e antiteatrali) che la nostra genialita` va facendo nel subcosciente, nelle forze mal definite, nell’astrazione pura, nel cerebralismo puro, nella fantasia pura, nel record e nella fisocofollia», portando ad esempio il suo «dramma di oggetti» Vengono (di cui abbiamo parlato al cap. 9), sempre piu` i testi drammaturgici dei futuristi, pur fulminei e provocatorii, si ispireranno al «meraviglioso psichico». Sulla linea di Vengono, seguiranno, di Marinetti, altri drammi di oggetti, come Il teatrino dell’amore e Cocktail; sintesi ove entrano metafisiche presenze, come Un chiaro di luna, casi miracolosi, come Le mani del miracolo (scritto in collaborazione con Cangiullo), di telepatia (Il soldato lontano), o dove e` evidente il ricordo di sedute medianiche, come in Le mani, che, scritto in collaborazione con Corra, mette in scena le azioni di mani staccate dai corpi, fluttuanti a mezz’aria, simili alle mani evocate o materializzate dalla Paladino, di cui il libro di Morselli riproduceva, fotografati, i calchi in gesso. Anche altre pie`ces, come Simultaneita`, entrarono all’epoca, forse perche´ comunque incentrate su argomenti che potevano indurre alla meditazione, nel programma del parigino ‘‘The´atre Ide´aliste’’ di Carlos Larronde, che, nel 1918, prometteva agli spettatori: «dialoghi subcoscienti, sur-realismi» e teatro fantastico. Altri autori futuristi proseguiranno sull’esempio del caposcuola, producendo drammi sintetici in cui l’occulto e il paranormale ricoprono un ruolo importante. Ricordiamo, in particolare: Abiti neri addormentati e Tre momenti di L. Folgore (realizzata da Prampolini al ‘‘The´atre de la Madelaine’’ di Parigi, con musiche di Casavola e intonarumori di Russolo) e Il terremoto di Balilla Pratella, in cui vuoti abiti e manichini si animano come metafisiche presenze; La scienza e l’ignoto di Corra e Settimelli, che mette in scena un tipo di meraviglioso surreale, o, degli stessi, Grigio+rosso+violetto +arancione, «sintesi di sensazioni» dove il titolo indica il corrispettivo colore «animico» degli stati d’animo; di Settimelli e Ginna, Uno sguardo dentro di noi, che sceneggia «Il fondo del nostro “Io” interiore» e Dalla finestra, con personaggi sonnambuli; (ma, di Ginna, ricordiamo ancora Alchimia occulta

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e Il paradiso artificiale); Il corpo che sale di Boccioni, strano caso di «levitazione psichica»; Il cambio di Auro D’Alba, variazione sul tema della «forza del destino»; il Teatro degli istanti dilatati, di Casavola, sovrapposizione «simultanea» di reale e irreale; Forze di Jannelli, in cui la semplice vibrazione di un nome evoca «strani fluidi che agiscono sulla sensibilita` dei protagonisti»; la raccolta Vostro marito non va?... Cambiatelo, di Mario Dessy (MEP, 1919), che, sebbene oltrepassi il sintetismo dei precedenti, e` ricca di incursioni nel fantastico spiritico e spirituale42. Citiamo ancora Fantasmi di Pocarini, Costruzioni, di Remo Chiti, Il pesce d’aprile e Parallelepipedo di Paolo Buzzi che vedono, in scena, l’intervento di veri e propri fantasmi; Dramma di luci sempre di Buzzi, fortemente ispirato a un animistico simbolismo, cosı` come Colori, dramma di «individualita` astratte» di Depero, di cui ricordiamo anche il manifesto del Teatro magico («Il teatro deve interpretare sintetizzare ricreare all’infinito tutti i cerchi visivi-uditiviolfattivi-drammatici-elettrici-ipnotici e magici della nostra vita»); infine, Sensualita` di Fillia, che mette in scena figure geometriche e luci colorate, una spirale rossa (che rappresenta «lo spirito»), un cubo bianco («La materia»), personaggi e danzatori che interagiscono in una «compensazione spirituale di azione/movimento/ambiente/luce/colore/rumore/temperatura»43. Ma gia` Prampolini, nel Teatro Magnetico, presentato a Parigi nel ’25, aveva «animato» le luci o, se si preferisce, smaterializzato i personaggi, rappresentandoli come fasci luminosi di diversa intensita` e colore, ispirandosi, probabilmente, anche ai globi luminosi che la Paladino produceva durante le sue sedute. Sul palcoscenico vuoto, dove solo di tanto in tanto echeggiava la voce umana, si realizzava l’utopia di un teatro del tutto antipsicologico e astratto, incorporeo, e, nello spazio vuoto e variegato di luci colorate, i moti dello spirito erano interpretati mediante il «fluido suggestivo» delle astrazioni luminose colorate e sonore. Prampolini voleva addirittura creare «la scena illuminante; espressione luminosa che irradiera` con tutta la sua potenza emotiva i colori richiesti dall’azione teatrale». Come forme disincarnate, 42

Interessanti spunti e approfondimenti, a questo proposito in U. Artioli, La scena e la dynamis, Immaginario e struttura nelle sintesi futuriste, Bologna, Patron, 1975. 43 I testi delle pie`ces citate, comparse, per la maggior parte, tra il 1915 e il 1927 su riviste quali «Vela Latina», «Teatro», «Italia nova», «Procellaria» ecc.; molte delle quali raccolte nei Supplementi nn. 10 e 11, del 2 e 9 aprile 1916, a «Gli avvenimenti» (Teatro futurista sintetico), sono oggi in Teatro italiano d’avanguardia – Drammi e sintesi futuriste, a c. di M. Verdone, Roma, Officina Edizioni, 1970 e, anche The´aˆtre futuriste italien, Lausanne, L’age d’homme, 1976, 2 voll.

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vedremo cosı` le dinamiche architetture della scena emanare incandescenze cromatiche che, inerpicandosi tragicamente o voluttuosamente esibendosi, desteranno ... nello spettatore nuove sensazioni, nuovi valori emotivi. Guizzi e forme luminose (prodotte da correnti elettriche+gas colorati) si divincoleranno contorcendosi dinamicamente; veri attori-gas di un teatro incognito dovranno sostituire gli attori viventi44.

Prampolini e` convinto che: Il valore della riforma scenica futurista consiste appunto nell’aver inquadrato la propria concezione scenica [...] in relazione alle nuove correnti estetiche, spirituali e di pensiero [...] I principi fondamentali che animano l’atmosfera scenica futurista, sono l’essenza stessa dello spiritualismo, dell’estetica e dell’arte futurista [...] Il teatro, inteso nella sua piu` pura espressione, e` infatti un centro di rivelazione del mistero, tragico comico, al di la` dell’apparenza umana.

«Ne abbiamo abbastanza di vedere tutt’ora questo pezzo di umanita` grottesca agitarsi sotto la volta del palcoscenico in attesa di commuovere se stessa», aggiungeva Prampolini, tornando alla poetica della «distruzione dell’io» di Marinetti. L’apparizione dell’elemento umano sulla scena rompe il mistero dell’al di la` che deve regnare nel teatro, tempio di astrazione spirituale. Lo spazio e` l’aureola metafisica dell’ambiente. L’ambiente la proiezione spirituale delle azioni umane. Il teatro dovra` abbandonare quel carattere di eccezione sperimentale, di estemporaneita` episodica nella vita del singolo, per assumere la funzione di un organismo trascendente di educazione spirituale nella vita collettiva [...] Il teatro poliespressivo futurista sara` una centrale ultrapotente di forze astratte in gioco. Ogni spettacolo, sara` un rito meccanico dell’eterna trascendenza della materia, una rivelazione magica di mistero spirituale e scientifico. Una sintesi panoramica dell’azione, intesa come rito mistico del dinamismo spirituale. Un centro di astrazione spirituale per la nuova religione dell’avvenire 45.

Non sappiamo che cosa Prampolini intendesse per «religione dell’avvenire»: se quella futurista, o piu` in generale, quella scientifica e materialista, 44 E. Prampolini, Principi di emotivita` scenica novissima, in «Procellaria», a. I, n. 1, Mantova, aprile 1917. 45 L’atmosfera scenica futurista. Scenosintesi-Scenoplastica-Spazioscenico polidimensionaleL’attore-spazio-Il teatro poliespressivo, Manifesto Tecnico, in «Artecrazia», Suppl. di «Futurismo», a. I, 2, 15-30 giugno 1932 – X; ora in L. Scrivo, Sintesi del Futurismo, cit.

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che vedeva nel «meraviglioso psichico» un nuovo tipo di religiosita`. Sicuramente dobbiamo sottolineare, perche´ chiarissima nel contesto, l’accezione dell’aggettivo «meccanico», che significa qui, come in molti altri passi futuristi, «spersonalizzato», «oggettivo», «esatto» ed e` contrapposto a «umano», nel senso di «sentimentale», «confuso», «inaffidabile». Ugualmente significativo, ancora una volta, ci sembra il binomio, «mistero spirituale e scientifico», sul cui valore ci siamo gia` soffermati in altra parte. Sempre a proposito di rappresentazioni sceniche, vorremmo in ultimo ricordare un esperimento singolare, ma pur tuttavia «idealmente» allineato agli altri: quello del «teatro visionico» di Pino Masnata, il cui manifesto fu 46 pubblicato nel 1920 . Esso prevedeva l’azione di «personaggi» evocati o creati da un protagonista «creante», mediante il pensiero e la memoria, nel «bellissimo dinamico disordine cronologico della ricordanza»: dunque l’azione di «immagini psichiche» o, se vogliamo, un teatro in qualche modo «bergsoniano», nato dalla spettacolarizzazione della continuita` della coscienza e della «proiezione psichica» dei ricordi. Nelle Anime sceneggiate, Masnata introduceva poi linee, luci e velari colorati, quasi in funzione di corrispettivi oggettivi degli stati d’animo e degli psichismi dei personaggi. «Il futurista Pino Masnata – osservava Marinetti – ha forse molto ammirato gli stati d’animo del grande Boccioni e concluso la sua contemplazione col dirsi che, talvolta, e` teatralmente piu` palpitante l’invisibile stato d’animo dell’assassino prima di uccidere, che il delitto stesso conseguente. Una grande difficolta` pero` rimaneva: quella di sceneggiar lo stato d’animo». Ma grazie alla felice, «astrattizzante» intuizione di Masnata, «ora appaiono cosı` incarnati, parlanti e dialoganti i pensieri, i calcoli, i desideri, le immagini dell’assassino: [...] sono blocchi, grandi macchie, scorci che appaiono incarnati sul palcoscenico»47. La passione per le esplorazioni subliminali, congiunta alla vocazione astrattizzante, cosmica e simultanea, ispireranno inoltre a Masnata e a Marinetti il manifesto de La radia o del teatro radiofonico48, i cui punti rimandano a un’arte nuova (l’arte della «radia», «senza tempo ne´ spazio; senza ieri e senza domani») che, oltre alla «immensificazione dello spazio

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Su «La Testa di Ferro», Fiume, 14 novembre. Ma vedasi anche: Il teatro visionico. Nota ed esempio, in «Roma futurista», III, n. 71, 22 febbr. 1920. 47 Cfr. anche: P. Masnata, Anime sceneggiate, Roma, Edizioni futuriste di «Poesia», 1930. La cit. di Marinetti proviene dal relativo «collaudo» in Collaudi, cit., p. 70. 48 F. T. Marinetti, Pino Masnata, La radia, Manifesto futurista, «Gazzetta del Popolo», 22 sett. 1933; ora in Teoria e invenzione futurista, cit., pp. 205 sgg.

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(non piu` visibile ne´ incorniciabile, la scena diventa universale e cosmica)», prevede: Captazione amplificazione e trasfigurazione di vibrazioni emesse da esseri viventi, da spiriti viventi o morti, drammi di stati d’animo... Captazione amplificazione e trasfigurazione di vibrazioni emesse dalla materia. Come oggi ascoltiamo il canto del bosco e del mare domani saremo sedotti dalle vibrazioni di un diamante o di un fiore. [...] Arte umana universale e cosmica come voce con una vera psicologiaspiritualita` dei rumori delle voci e del silenzio [...] infinite varieta` di concreto-astratto e fatto-sognato, mediante un popolo di rumori.

Tutte queste prefigurazioni attingevano, evidentemente, a tematiche specificamente connesse con il meraviglioso medianico, con il paradosso «spiritico», con il coesistere simultaneo di diversi piani di realta`, con il manifestarsi inatteso di sconosciuti poteri della mente o con la vita segreta degli oggetti: temi che ritroveremo, parallelamente, anche nella narrativa, che dara` esiti spesso molto vicini a questa atmosfera dalla forte componente occultistica. Il percorso di Benedetta Cappa Marinetti, di cui abbiamo gia` illustrato il romanzo Le forze umane, «astratto», perche´ tendente a rappresentare, attraverso le sintesi grafiche affiancate a una scrittura assieme analitica e filosofica, il dispiegarsi delle «potenze magnetiche» dei sentimenti («forze – dira` Marinetti – fracassanti come terremoti o delicate come il sospiro di un bimbo»), proseguira` deciso proprio in questa direzione, sia sul piano artistico, con la produzione di quadri (ricordiamo Le forze di un bosco), disegni e opere grafiche (Amore, Fede, Sforzo differenziatore, Ribellione dell’io), il cui obiettivo e` quello di rendere visivamente la dinamica delle forze universali e psichiche; sia sul piano letterario, dove un «romanzo cosmico» come Viaggio di Garara`49, testimonia del tentativo di rendere allegoricamente e teatralmente, in forma di cosmogonia fantastica e simbolica, «la concezione futurista della vita universale che si svolge fuori dalle sue fumanti matrici con un dinamismo cieco di materia informe feconda ingorda distruttrice». Fortemente influenzato da una sensibilita` pittorica abituata a tradurre i «concetti» in colori, questo «romanzo per teatro» ha come protagonista «astratto» una vecchia deforme, «vestita dei brandelli di una ricchezza sciupata», zoppicante «su gambe imprestate che sembrano 49 Benedetta, Viaggio di Garara`, Romanzo cosmico per Teatro. Con una presentazione di F. T. Marinetti, Morreale, Milano, 1931 – IX; ora in Benedetta, I tre romanzi, cit.

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stampelle e sono in realta` compassi misuratori»: e` la Logica inferma che i futuristi esecrano tuttora, la quale «assiste allo spettacolo cosmico reprimendo sotto i cenci e i compassi la vana moneta dei ragionamenti e dei sillogismi». Essa stentatamente esplora un universo di materia magmatica in continua trasformazione, la cui personificazione, Mata, inghiotte senza fine e senza profitto la fatica di Sisifo dei Dinici. E` un mondo «basso» e senza orizzonte, che tuttavia confina con un regno di luce, il «regno delle Volonta`-Tensioni», ove l’atmosfera e` animata da sfumature smaglianti e dove gli oggetti naturali si colorano per esprimere «le infinite possibilita` di evasione, offerta religiosa, aggressivita` crudele, prestigio spavaldo, umile dolcezza, passione o rinuncia». Qui, «sulla spiaggia delle Liberta` Creatrici fra splendori melodie esaltanti», vivono i Piccoli Allegri (che rappresentano «l’immortalita` dell’Arte, essenza infantile dell’Universo»), «colle loro mobili e staccabili teste-lampade, piramidi di gioia assoluta», i quali «preparano l’avvento di Fuoco e Luce, protagonisti del Poema». Questi, principi complementari dell’equilibrio universale, che potremmo chiamare con terminologia taoista lo yin e lo yang «cosmici», «nell’orizzonte immensificato [...] intersecano l’abbraccio torrido e soave dei loro desideri di furore scarlatto e di soavita` bianca», destinati a scontrarsi eternamente in un «amplesso vampante [...] per la felicita` di tutte le anime liriche della terra» che sanno contemplarne l’eterno conflitto creativo50. Il libro, in bilico tra parabola cosmologica e allegoria, conteneva pagine di allucinata surrealta`, non molto dissimili da quelle che caratterizzeranno, di lı` a poco, Gli Indomabili di Marinetti, tutto incentrato sul tema della Poesia redentrice. Gli indomabili sono uomini-belva che vivono in una landa desertica, sotto il dominio dei Cartacei, personaggi di luce e carta che hanno edificato una civilta` in cui il sapere e` strumento di oppressione. Di tanto in tanto, gli indomabili sono condotti dai loro carcerieri ad abbeverarsi al Lago della Poesia, che spegne la loro «Sete piu` forte d’ogni Sete», lenisce le ferite e trasforma la loro indole ferina in attitudine umana. Ma, dell’immersione, essi, solitamente, non serbano memoria e ricadono ogni volta nello stato di soggezione. Occorrera` che si scateni la rivolta contro l’oppressione passatista dei Cartacei, occorrera` che si rompano le dighe della logica, che gli Indomabili si innalzino a contemplare l’alba artificiale del futurismo, perche´ qualcuno, tra di loro, incominci a ricordare e a comprendere il senso di quel nettare e, tornato alle catene e al deserto, rammenti «la divina dolcezza che il Lago di Poesia contiene». Allora, 50

Le citazioni sono tratte dalla prefazione di Marinetti, ora in Collaudi futuristi, cit.

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finalmente, piu` forte dell’istinto, si risvegliera` il pensiero e «la sovrumana 51 frescalata Distrazione dell’Arte operera` la metamorfosi degli Indomabili» . Nonostante alcune incoerenze narrative, ascrivibili alla ridondante fantasia marinettiana, il libro non e` privo di un suo fascino, soprattutto in certe surreali descrizioni di luoghi e atmosfere che riscattano il peso di una prosa narrativa animata da intenti «alti» e tesa a sviluppare la tematica dell’arte come ascesi e conoscenza, come strumento di riscatto, ma pur sempre prigioniera di una complicata «macchina» allegorizzante. Nell’ambito di un descrittivismo astratto, in spazi ben piu` ampi di movimenti cosmologici e psichici, si muove invece l’ambiziosa «parabola cosmica» di Bruno Sanzin, Infinito52, che, salutata da Marinetti con calde parole laudatrici, descrive le lotte e gli equilibri «di espressioni energetiche per le vie polidimensionali dell’infinito»: forze che si dispongono e «materializzano» in figure geometriche e linee direttrici, passando dall’eternita` del senza Tempo alla dimensione spazio-temporale. Disquisizioni sintetiche sull’esistenza dei fantasmi, sulla dimensione psichica dell’io, sul potere della volonta`, si intrecciano a pagine parolibere di stile «aeropoetico», tra entita` emittenti e riceventi che echeggiano frasi standard del credo futurista. Credo nell’infinito – scriveva Sanzin – poiche´ in esso si riflette l’insaziabilita` dell’aspirazione attiva [...], appunto perche´ il desiderio non potra` essere colmato da possesso alcuno, [...] L’infinito e` l’atmosfera idealistica del divenire, a quello aspira la benefica ansiosa tensione ad un crescendo positivo senza soste. [...] non scoprire soltanto, creare anche il nuovo, costruendo piramidi d’idee rivolte in su, a simboleggiare: stabilita`, con la 53 quadrata base, e tensione ascensionale con l’acuto vertice mirante in alto .

Intanto, dall’orizzonte cosmico ai sussulti dell’anima, i referenti di Benedetta non avevano mutato le loro coordinate. Anche in anni piu` maturi, la narrativa della compagna di Marinetti continuera` ad essere fortemente attratta dal fantastico paranormale, come dimostra il romanzo Astra e il sottomarino54, tutto intessuto di visioni e presentimenti. Offrendolo a Marinetti, Benedetta scriveva: 51

F. T. Marinetti, Gli Indomabili, in Teoria e invenzione, cit., p. 1012. Roma, Edizioni futuriste di «Poesia», 1933. 53 Intermezzo, in Infinito (ora in Zig-zag. Il romanzo futurista, cit., pp. 536-37). Ricordiamo, per inciso, che la piramide e la forma triangolare del vertice rivolto verso l’alto sono simboli esoterici che rimandano alla vita spirituale. Cfr. qui, al cap. 12, quanto detto a proposito di Balla e di Kandinskij. 54 Napoli, Casella, 1935; ora in Tre romanzi, cit., pp. 171-215. 52

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Le audacie gli sconfinamenti spirituali le intuizioni delle forze misteriose ti appartengono – quale capo del Futurismo. Sono certa che questa e` opera futurista e ne sono fiera. E` nata carica d’anima.

E, in effetti, questo romanzo, di «vita trasognata» perche´ tutta assorta nella reˆverie psichica, nel sogno di una realta` metafisica, piu` vera nell’allucinazione e nella rivelazione onirica che tra gli sbiaditi contorni di un mondo materiale assai poco consistente rispetto all’incombenza massiccia di ulteriori realta`, e` incentrato sulla relazione amorosa di due esseri assolutamente permeabili «alle misteriose forze che l’universo nasconde». Impostato su rapide sequenze di straniamento che giustappongono momenti e situazioni talvolta slegate, il romanzo trova continuita` lungo il filo di un contatto spirituale che si dipana, tra i due, oltre il tempo e la distanza. Le basi di questo eccezionale rapporto sono poste dai protagonisti, ad apertura di romanzo, dall’unico dialogo in praesentia, durante il quale essi scoprono la similarita` delle loro visioni del mondo e allacciano un legame indissolubile. Eccone qualche stralcio (la prima battuta e` di Astra, cui risponde, in regolare alternanza, Emilio): – Di una cosa ho certezza: nessun essere e` chiuso dai limiti del corpo. Il mistero del subcosciente invade la vita e la sommerge [...] Minuziosamente cerco sempre di carpire tutte le vibrazioni, intensificandole con la mia atmosfera. – La scienza le da` ragione [...] vorrei mostrarle i risultati di alcune mie ricerche. Per esempio i grafici delle forze dell’Universo e le unioni bizzarre di potenzialita` nello spazio, – Una delle maggiori preoccupazioni artistiche e` rendere l’opera probante [...] Questa preoccupazione risponde ad un bisogno dello spirito umano che vuole un fantastico [...] vero. Vuole una vita illusoria totale senza caratteri di caducita`. Non ha ugualmente il reale due facce che si avvicendano? E` verita`-realta` il cosciente o il subcosciente ? [...] E` verita`-realta` il sogno? [...] Dopo una lunga pausa la fanciulla continua: – Sono convinta che ogni minuto, sia esso illusione sonno desiderio e` vero. [...] Vedo il tempo come una potenza a raggiera simile a una tela di ragno [...] La terra e` l’insieme delle infinite realta` materiali... I vertici delle infinite realta` immateriali sono le stelle. Nel centro della terra bollono le anime staccate dai corpi per virtu` del sonno. L’uomo affermo`: – La nostra sensibilita` e` ancora molto rozza [...]. Le vite dei combattenti uccisi, non consumate lentamente ma esplose gravitano senza dubbio con un rigurgito di forze intorno a noi, comunicandoci il loro spasimo... – Come pure e` assurdo credere vuoti di vita i due terzi di cio` che

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tocchiamo. Da ogni materia si sprigiona una forza. Ogni forma ha la sua influenza...55.

Con Astra e il sottomarino, siamo gia` nel pieno degli anni ’30, cioe` nel pieno di una parabola «involutiva» del futurismo, in cui «si assiste a un lento e progressivo ‘recupero del rimosso’, connotantesi come «recupero sia dei contenuti sentimentali e culturali, [...] sia d’una prosa in cui l’infrazione sintattica e il paroliberismo si attenuano»56 e in cui la spiritualita` panica, anticlericale e magico-volitiva dei primi anni tende a incanalarsi negli alvei piu` smussati di una religiosita` che non disdegna punti di riferimento istituzionali. Sono gli anni in cui Marinetti e Fillia pubblicano il Manifesto dell’arte sacra futurista57, in cui Fillia e Dottori, dalle pagine della rivista «Futurismo» discutono di architettura sacra58, in cui ha luogo la mostra Aeropittura, arte sacra futurista59, e in cui gli architetti e i pittori del movimento cominciano a misurarsi con soggetti religiosi. In questo quadro, vedranno la luce San Francesco in aeroplano di Spiridigliozzi, mistica e fantastica ascesa di un «io» in cerca di se stesso e, tardo omaggio alla «devozione» impressagli dalla madre, L’aeropoema di Gesu` di Marinetti60. Tuttavia, anche uno dei piu` riusciti romanzi futuristi, opera di un transfuga della prima ora, era stato incentrato su una parabola allegorica dai tratti, sia pur burlescamente, cristologici. L’«uomo di fumo» del Codice di Perela` di Palazzeschi (MEP, 1911) esprimeva infatti in forma narrativa e esasperata le convinzioni poi elaborate nel Controdolore e ruotanti attorno ad un assurdo mistico: la leggerezza della coscienza, il distacco dalla vita come premessa a una condizione felice, prossima al cuore del divino. Quasi scaturito dall’opera «annichilatrice» de L’incendiario, la cui «anima di fuoco»61 distrugge e trasforma «la gelida carcassa di questo vecchio mondo», 55

Astra e il sottomarino, cit., in Tre romanzi, cit., pp. 174-76. C. Salaris, Il futurismo e il sacro, in L’aeropoema di Gesu`, cit., p. 84-85. 57 Pubblicato su «La Gazzetta del Popolo», Torino, 23 giugno 1931; ora in Teoria e invenzione futurista, cit., pp. 201-05. 58 G. Dottori, Pittura religiosa e futurismo; Fillia, L’architettura sacra futurista (predominio del vetro e dell’alluminio); Id., A proposito di pittura religiosa futurista, ecc. in «Futurismo» I, nn. 2,3,12, usciti tra giugno e novembre del 1932. 59 Cfr. catalogo omonimo: La Spezia, Casa d’arte, 1932; per l’argomento: E. Crispolti, Il secondo futurismo. 1923-1938, Torino, Pozzo, 1961. 60 F. Spiridigliozzi (Spiry), San Francesco in Aeroplano, Roma, Editrice «Roma 900», s. d. (ora in Zig Zag, cit.); L’aeropoema di Gesu`, scritto tra il gennaio e il marzo del 1944, e` ora pubbl. per gli Editori del Grifo, Montepulciano 1991. 61 A. Palazzeschi, L’Incendiario, MEP, 1910; Il controdolore, Manifesto futurista, Direzione del Movimento Futurista, Milano, 29 dicembre 1913. Palazzeschi uscı` dal futurismo nel 56

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Perela` incarna la quintessenza della vita purificata dal fuoco: un principio di aerea saggezza, sciolta dai vincoli della materialita`. «Quell’uomo e` il Signore!» dice il poeta-incendiario («che non puo` bruciare», le cui parole sono «incendio non vero [...] seppure per dolo»): Il Signore tu sei [...] Quando tu bruci/tu non sei piu` l’uomo/il Dio tu sei! [...] Santo!/Santo! Santo!

Il poeta stesso invoca di essere raggiunto dal fuoco, «fiamma che aspetta» il rogo in cui arderanno «passatismi» e prospettive troppo terrene. Perela`, personaggio di fumo, e` un «dio» sceso dal cielo, all’eta` di trentatre´ anni, per lo scandalo e la salvezza degli uomini: «figlio della fertile vecchiezza di tre vergini», non nato dal sangue, ma «sopra tutte le stirpi, sopra tutti i sangui»; non mangia, non beve, non dorme, non fa «nulla di quanto fanno gli altri uomini», eppure e` «un uomo come tutti gli altri [...] soltanto infinitamente piu` leggero degli altri»; «d’una materia diversa da quella di tutti gli altri uomini», della stessa sostanza di Dio («il fumo non e` nulla, come Dio, che e` il nulla») ma di forma umana. «E` la sublimazione del corpo e dello spirito umano»; frutto di «un’accurata purificazione compiuta dal fuoco sopra la carne», e` stato mandato dalla «divina Provvidenza [...] per stabilire una misura atta a pesare e giudicare la coscienza di ognuno». «Da lui – dicono gli uomini della corte di Re Torlindao – non possiamo attenderci altro che opera di purezza e di equilibrio, opera di assoluta giustizia sociale, materiale e spirituale»: «dopo Cristo: Perela`». Alla sua presenza, uomini e donne si confessano; qualcuno, come la marchesa Oliva di Bellonda (una Maddalena che «non amo`») si converte all’amore («dare... donare sempre»), qualcun altro «brucia» per seguire il suo esempio; dappertutto egli suscita speranze e semina scompiglio, finche´, presenza troppo scomoda, non viene citato in giudizio e condannato ad essere «sepolto», vivo, in un carcere. Ma Perela`, che ha dimorato tra gli uomini solo perche´ ha accettato il dono delle sue genitrici, Pena, Rete e Lama, ovvero gli stivali che lo tengono «attaccato al suolo», si libera da quella zavorra e, cosı` facendo, si scioglie da quel residuo di prospettiva umana che ancora lo teneva: libero dalla Pena dei sentimenti, dalla Rete delle cose materiali, dalla Lama del dolore, ascende, leggerissimo, al cielo: «et ultra»62. Suo maggio del 1914 (vedasi anche Dichiarazione, in «La Voce», IV, n. 8, 28 apr. 1914) e lettera di Carra` a Soffici in Archivi del futurismo, cit., I, p. 337). 62 Su questo tema, vedasi l’Introd. di L. De Maria a: Il codice di Perela`, Milano, Mondadori, 1974, pp. XII sgg.; da questa ed., passim, sono tratte tutte le citt.

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ultimo insegnamento sara` «una risata. L’uomo di fumo ride, ricomincia a 63 ridere – scrive Walter Pedulla` – [...] cominciando a fare una cosa seria» . Certamente l’irriverenza dell’invenzione palazzeschiana era in consonanza con lo spirito iconoclasta del primo futurismo, ma lo era anche con un certo «idealismo» che abbiamo visto serpeggiare nella poetica futurista, sempre tesa verso un massimalismo espressivo e ideale, e, in funzione antiborghese, almeno a parole, tutt’altro che scevra da aspirazioni ascetiche. Palazzeschi, «pur non avendo quei caratteri che per futurismo comunemente s’intese», non poteva dunque non incontrare l’approvazione di Marinetti, per quella sua scelta di «allegria» e di aerea giocosita` che, per ammissione stessa del poeta, «segna il punto piu` alto della sua fantasia». Il sorriso del saggio, il sorriso di Palazzeschi, in qualche modo riecheggia il motto ficiniano «iocari serio et studiosissime ludere»: Marinetti stesso, non «usava spesso dire di Palazzeschi che egli sapeva «trarre futurismo dal passatismo piu` deprecabile»64? La tematica esoterica e spirituale, del resto, non esclude, per i futuristi, il registro ironicoo giocoso. Ne e` esempio L’avviamento alla pazzzzia del musicista Franco Casavola, intimo colloquio tra l’io narrante, diviso tra aspirazioni massime e basse tentazioni, con la sua Anima in cerca di Conoscenza (nel racconto vi e` anche l’intervento di un Maestro Illuminato); riflessione morale e espressione di ambizioni spirituali, tutta racchiusa entro una cornice provocatoria («Questo libro e` dedicato al grandissimo imbecille che riuscira` a prendero sul serio»)65. Ma che le posizioni palazzeschiane fossero in profonda sintonia con l’ideologia e l’estetica dei futuristi e` testimoniato anche dalla eco che esse ebbero negli anni successivi, anche a livello teorico. Il capitolo Acrobatismo clownistico, contenuto nei Primi princı´pıˆ di una estetica futurista di Ardengo Soffici, sembra, appunto, la trasposizione assertiva dell’allegorismo di Palazzeschi. Scrive Soffici: Arrivati a considerare l’arte come un’attivita` semplice dello spirito immaginativo, senza finalita` alcuna, senz’altro scopo che la perfezione del proprio giuoco: [...] non s’incontreranno piu` grandi difficolta` per riconoscere che l’arte stessa tende a una liberazione suprema, col divenire 63

Cosı` Walter Pedulla`, Il ritorno dell’uomo di fumo. Viaggio paradossale con Palazzeschi in un paese allegro e innocente, Venezia, Marsilio, 1987, pp. 237-38. 64 A. Palazzeschi, Premessa a Opere giovanili, Milano, Mondadori, 1958, p. 4. 65 F. Casavola, L’avviamento alla pazzzzia. Preparazione graduale attraverso i luoghi comuni, MEP, 1924.

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nient’altro che un divertimento. Confessiamo subito che [...] per giungere a una conclusione cosı` radicale... sara` necessario [...] lo stesso coraggio, lo stesso eroismo press’a poco che occorrevano a S. Francesco e ai suoi primi compagni per abbandonarsi «giullari di Cristo», alle loro buffonate [...] al fine di dimostrare il candore delle loro anime. [...] Per cio` che riguarda i valori, diciamo cosı`, filosofici, metafisici, dell’arte futurista, mi sembra che una buona indicazione [...] ci venga fornita [...] dal clown [...] Per me, guardando queste creature deliziose, sono arrivato a concludere ch’essi hanno raggiunto uno stato di saggezza, il colmo della perfezione spirituale. E difatti, se si considera il clown [...] come un operatore simbolico le cui parole e i cui atti possono rappresentare una attitudine dello spirito, tradurre visibilmente un principio metafisico, chi meglio di lui puo` destare l’ammirazione e magari l’invidia di un vero pensatore? [...] «L’universo non ha alcun significato all’infuori della pirotecnia dei fenomeni, dicono [...] i frizzi del clown. I vostri problemi, i vostri sistemi sono assurdi, signori cari; tutto e` uguale, e nulla conta se non il giuoco dell’immaginazione. [...] Divertiamoci in questo splendore dell’immaginazione». Saggezza suprema. [...] Il significato occulto di quelle buffonate sara` il substrato stesso metafisico, scettico (scetticismo attivo) e ironico dell’opera futurista66.

Senso della meraviglia, attesa del miracolo e registrazione di forze misteriose, andranno a nutrire, di lı` a qualche anno, una nuova maniera del narrare, il «realismo magico» di Massimo Bontempelli, che aveva pure fatto le sue prove in ambito futurista, scrivendo per un certo periodo («1916-1918»), e pubblicando per la collezione de «L’Italia futurista», «liriche [...] derivanti da disposizioni sensitive come da persuasioni letterarie totalmente opposte allo spirito e al gusto» delle prime «egloghe» di stampo classicista67. Ma la maniera bontempelliana, nella quale molti videro la prosecuzione di un avanguardismo che era stata anticipato da Marinetti e dagli scrittori fiorentini, superato un periodo di «eccessi», di avventure giocose e futuristicamente «savie», di Vita intensa e di Vita operosa68, esplorate le possibilita` del favolistico e del surreale puro (da La scacchiera davanti allo specchio a Eva ultima69) si assestera`, con poche eccezioni, su un tono di 66

A. Soffici, Primi princı´pıˆ di un’estetica futurista, Firenze, Vallecchi, 1920, cit., pp. 53 sgg. La citazione e` tratta dalla Avvertenza dell’autore premessa a M. Bontempelli, Il Purosangue, Collezione diretta da M. Ginanni, Facchi Editore, Milano, 1919 (il libro contiene anche L’Ubriaco, poesie della guerra). Presso Facchi, sempre nel ’19, usciva pure la III ed. della raccolta di racconti Sette savi di Bontempelli. 68 Cfr. Sette savi, Baldoni, Firenze, 1912; La vita intensa. Romanzo dei romanzi e La vita operosa. Nuovi racconti d’avventure, entrambi Firenze, Vallecchi, 1920 e 1921. 69 Firenze, Bemporad, 1922; Roma, Stock, 1923. 67

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stranito iperrealismo, sempre teso a captare l’eco di eventi segreti da cui gli 70 avvenimenti umani sembrano derivare : il magico bontempelliano, presto esaurita la parabola futurista, conseguira` dalla convinzione che l’arte debba «oscillare sui limiti tra il mito e l’affermazione semplice» e insinuare «il dubbio che le cose... siano simboli»71: un equilibrio distaccato sul filo del miracolo, un funambolismo «metafisico».

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Di cui testimoniano, ad esempio, oltre alle varie raccolte di racconti, Il figlio di due madri, Roma, Sapienza (Ediz. di «900»), 1929 e Gente nel tempo, Sesto S. Giovanni, Borion, 1937. 71 M. Bontempelli, Il Bianco e il Nero, a c. di S. Cigliana, Napoli, Guida, 1987, p. 123.

11 IL GRUPPO DI «ITALIA FUTURISTA» Lo stato in cui io mi metto, per lo piu` volontariamente, non e` medianico e sonnambolico, perche´ io non cado in trance. La definizione di questo stato esatto, ma difficile da comprendere e`: subcoscienza cosciente. (Arnaldo Ginna, Pittura dell’avvenire) Siamo infine degli occultisti. (Irma Valeria, Occultismo e arte nuova)

Il 1 giugno del 1916 vedeva la luce, a Firenze, un nuovo periodico, «L’Italia futurista», che avrebbe rappresentato la voce di una tendenza particolare e riconoscibile nel panorama dei periodici nati dalle fila del futurismo. Ne erano direttori Emilio Settimelli e Bruno Corra, il quale sara` poi sostituito dal fratello Arnaldo Ginna (appartenevano entrambi alla famiglia dei conti Corradini Ginanni). La critica, che solo in tempi relativamente recenti ha cominciato a rivolgere l’attenzione a questo gruppo, nucleo del cosı` detto secondo 1 futurismo fiorentino , ha riconosciuto che esso, privilegiando «una sorta di prosa poetica d’avanguardia, di tipo astratto-onirico-riflessivo, con puntate costanti nello ‘psichico puro’, nell’assurdo e nell’irreale», rappresento` «non

1

Soprattutto a partire dal libro, a c. di M. C. Papini, «L’Italia futurista» (1916-1918), Ediz. dell’Ateneo & Bizzarri, 1977. Cfr., in tempi piu` recenti, il capitolo «L’Italia futurista» (1916-1918), in C. Salaris, Storia del futurismo, Roma, Editori Riuniti, 1985; II ed. ampl., 1992, pp. 91 sgg. e M. Verdone, Futurismo fiorentino, in Qui non si canta al modo delle rane. Marinetti e il futurismo a Firenze, Catalogo della mostra, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, 19 dic. 1994 – 21 genn. 1995, Roma, De Luca, 1994, pp. 11-16.

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solo all’interno della storia futurista, ma proprio nell’ambito della cultura 2 italiana», l’avanguardia di «una corrente post-simbolista e pre-surrealista» . L’interesse per il paranormale e per l’occulto accomuno` infatti le maggiori personalita` che contribuirono alla nascita de «L’Italia futurista» e oriento` le loro ricerche letterarie e artistiche verso una linea, decisamente surreale, di esplorazioni «medianiche» che li spinse a pubblicare, gia` dal secondo numero, come equivalente di una collettiva dichiarazione di poetica, quel manifesto de La scienza futurista (su cui abbiamo gia` avuto occasione di soffermarci), con il quale la «pattuglia azzurra», cosı` chiamata nella felice definizione di Raffaello Franchi, motivava ufficialmente le proprie esplorazioni nell’ultra sensibile. Sulle pagine della rivista firmavano regolarmente, oltre a Corra, a Ginna e a Settimelli, Remo Chiti, Maria Ginanni, Irma Valeria e Mario Carli, ma vi comparvero anche proclami di Marinetti (che vi pubblico` La nuova religione-morale della velocita`, La danza futurista e il Manifesto del Partito politico futurista3, numerose sintesi teatrali, scritti e tavole parolibere di Francesco Meriano, di Armando Mazza, di Vann’Anto`, di Jannelli, di Giuseppe Steiner, di Nelson Morpurgo, Dinamo Correnti e molti altri. Molto spazio era riservato alla componente grafico-parolibera e pittorica, esprimentesi non solo con la presenza, ufficializzata nel n. 36, del «Gruppo pittorico futurista fiorentino» ma anche attraverso la riflessione sulla Pittura dell’avvenire di Ginna, che uscı` a puntate a partire dal 13 giugno del ’17, e nella particolare sensibilita` coloristico-simbolista, di matrice esoterica, degli scrittori. Sempre numerosi saranno inoltre gli articoli dedicati a temi bellici e al nazionalismo. Tuttavia, l’«interesse per i fenomeni dello psichismo» finı` spesso per risultare preponderante e per emergere, sia nei testi teorici che in quelli creativi, come asse portante delle ricerche letterarie e artistiche. Esso nasceva, per alcuni, non da una generica curiosita` ma da specifiche «posizioni occultiste e spiritualiste», derivate esplicitamente dall’esoterismo teosofico e steineriano, e «del resto comuni – come sottolinea Mario Verdone – a gran parte dell’avanguardia europea». Queste tendenze trovarono nell’ambito del futurismo una possibilita` di espressione, teorica e artistica e, allo stesso tempo, portarono al movimento un peculiare contributo, evidenziatosi, ancor prima della nascita della rivista, nella collaborazione in ambito teatrale e nel gia` citato Manifesto del teatro futurista sintetico di 2 3

C. Salaris, Storia del futurismo, cit., p. 92. Sul n. 1, 11 maggio 1916; II, n. 21, 8 luglio 1917; III, n. 39, 11 febbr. 1918.

IL GRUPPO DI «ITALIA FUTURISTA»

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Marinetti, Corra e Settimelli. Mario Verdone, il quale si e` occupato diffusa4 mente di alcune delle personalita` che furono animatrici della testata , sottolinea giustamente che «Le prove letterarie dei fratelli Corradini e dei loro amici partecipavano del supersensibilismo, dell’occultismo, della telepatia, del sogno»5; che i propositi letterari da loro espressi nei precedenti esperimenti de «La difesa dell’arte» e de «Il centauro» formulano «le prime enunciazioni... che coincidono (ma anzi le precedono di gran lunga) con quelle del surrealismo, quasi ufficializzato in Francia da Andre´ Breton nel 1924»; che il Manifesto della scienza futurista firmato da Corra, Ginna, Chiti, Settimelli, Oscar Mara, Neri Nannetti, e` il documento piu` evidente e esplicito di quello spiccato interesse per i «fenomeni del medianismo, dello psichismo, della rabdomanzia, della divinazione, della telepatia» tradottosi, nelle loro pagine, in «senso dell’onirico, dell’occulto, dello spiritico, del telepatico, del visionario». Ma il gruppo de «L’Italia futurista» piu` che «portare nel futurismo italiano» una sensibilita` medianica, sembra esplicitare una tendenza o vocazione gia` insita nella poetica futurista, far emergere in piena luce, spingendo alle estreme conseguenze, una caratteristica «supersensibilista» che il futurismo, sin dai primi manifesti marinettiani, gia` conteneva. In realta` – ed e` importante ai fini della nostra ricerca sottolinearlo – le convinzioni di questi scrittori incontrarono del tutto naturalmente il patrocinio e l’appoggio di Marinetti e del tutto fisiologicamente trovarono una collocazione in seno al futurismo: fatto, questo, da attribuire non tanto a una occasionale confluenza o alla «ecumenica» disponibilita` da parte della «caffeina d’Europa», quanto piuttosto alla dinamica di una precisa sinergia, le cui premesse erano insite nella stessa poetica del futurismo. «L’Italia futurista», prima quindicinale poi settimanale, inizio` le sue pubblicazioni all’indomani della chiusura di «Lacerba», rivista militante che aveva esasperato il versante dell’interventismo culturale, adottando un piglio polemico e talvolta feroce: i suoi chiassosi fascicoli videro infatti la luce in un momento della vita politica in cui, dappertutto, sul tema dell’entrata dell’Italia in guerra e del nazionalismo, i toni si erano fatti particolarmente aggressivi, dunque consoni allo stile linguaiolo e sboccato che e` in quegli anni peculiare ad alcuni dei futuristi fiorentini, Papini e

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Cfr. di M. Verdone, soprattutto, Cinema e letteratura del futurismo, cit.; postfazione a Sam Dunn e` morto, Torino, Einaudi, 1970, pp. 73-80; Introduzione a Manifesti futuristi e scritti teorici di A. Ginna e B. Corra, a c. di M. Verdone, Ravenna, Longo, 1984. 5 M. Verdone, Futurismo fiorentino, cit., p. 12.

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Soffici in testa. Non mancano, in «Lacerba», presenze e articoli che si collocano entro la linea degli interessi filosofico-irrazionalistici gia` coltivati dal «Leonardo» (tra gli altri, articoli di Reghini, Boccioni, Russolo, Carra`, di alcuni rappresentanti della cultura europea, da Dau¨bler e Max Jacob fino a Apollinaire) ma l’episodio lacerbiano e`, nella sostanza, massicciamente assorbito da obiettivi di interventismo ideologico e culturale. Poco prima della fine delle pubblicazioni, inoltre, nel febbraio 1915, con l’articolo a firma di Papini, Soffici e Palazzeschi Futurismo e Marinettismo (cit.), vi era stato l’atto di rottura ufficiale tra «Lacerba» e il movimento di Marinetti, rottura che ribadiva la demarcazione che distingueva il «futurismo fiorentino» o lacerbiano da quello «milanese». All’interno dell’«Italia futurista» si incontravano personalita` che avevano gia` avuto modo di provarsi in esperienze giornalistiche e letterarie, con le riviste fiorentine «La difesa dell’arte» (novembre 1909 – dicembre 1910, diretta da Virgilio Scattolini) e il «Il centauro» (novembre 1912 – febbraio 1913) e con una «Rivista settimanale d’arte, di scienza e di vita» dove, in polemica con Croce e D’Annunzio e almeno in parte in linea con la poetica simbolista, era emersa la formulazione di un’arte come «cerebralismo» (espressione riconoscibile che tornera` nei manifesti, in particolare in quello del Teatro sintetico, il quale esalta le scoperte fatte «nel subcosciente, nelle forze mal definite, nell’astrazione pura, nel cerebralismo puro»). «Cerebralismo» significava per questi giovani il rifiuto di ogni conoscenza «che non poggi sulla realta` e non sia quindi scientifica»6 anche se, entro i confini dell’indagine scientifica verranno fatte rientrare ricerche di natura assai particolare. L’impostazione del «Centauro» e della «Rivista» era, agli esordi, decisamente antifuturista: il movimento di Marinetti era definito, sulle pagine di quest’ultima, «una esplosione di idee vaghe, confuse, vecchie in gran parte, anormali e ascientifiche»7. E` stato percio` osservato che «niente sembra collegare il futurismo a questo gruppo di giovani che tende a ribadire la propria autonomia» e a respingere, della conoscenza, «ogni definizione che non poggi sulla realta` e non sia quindi scientifica»8. Certamente, il contrasto con Papini e con «Lacerba» da una parte; il «bellicismo» nazionalista dall’altra, poterono costituire, in seguito, una base d’intesa con Marinetti.

6

E. Settimelli, A proposito di futurismo, in «Centauro», n. 1, 12 gennaio 1913. E. Settimelli, Scienza crociana e scienza (pardon!) mia, in «Rivista», n. 18-19, 10 agosto 1913. 8 Da M. C. Papini, Introduzione a «L’Italia futurista» (1916-1918), cit., pp. 44 sg. 7

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Ma non sara` inutile ricordare che l’interesse per l’occulto dei giovani intellettuali de «L’Italia futurista» (interesse gia` manifestatosi sulle pagine del «Centauro» e condiviso dal primo nucleo dei futuristi fiorentini) muove proprio da una prospettiva scientifica. Lo dimostra la polemica nei confronti della «scienza passatista» iniziata da Corra, Settimelli e compagni nel manifesto del ’16. Essa era fondata sulla convinzione «razionale» dell’esistenza di un «superfisico naturale», che la nuova scienza «ignotofila» avrebbe dovuto dedicarsi ed esplorare. Il futurismo marinettiano, d’altro canto, era gia` avviato verso gli stessi orizzonti, con il suo richiamo all’intuito, con l’invito a esplorare i territori dell’invisibile, a confrontarsi con «ipotesi paradossali» e tuttavia verosimili alla luce dei «fenomeni che si manifestano continuamente nelle sedute spiritiche» (UM). Tutto il mio sforzo – scriveva Ginna in Pittura dell’Avvenire – mi porterebbe a parlare della scienza, diremmo cosı`, non ufficiale: dell’occultismo. E` evidente che questa sara` la scienza del domani. [...] Pero` non credo di sbagliarmi nel pronosticare assai vicina l’epoca in cui nuove scoperte in campo inaspettato dai piu` porteranno la scienza e l’arte in un nuovo e piu` largo ordine di idee. I fenomeni chiamati occulti (spiritismo, medianismo, telepatia, alchimia, rabdomanzia, astrologia, magia, divinazione, ecc.) sono studiati scientificamente all’Ecole de Psychologie di Parigi che ne pubblica periodicamente i risultati. Si e` arrivati a provare assolutamente l’esistenza del fluido magnetico chiamato da Tromelin force-biologique; forza capace, per il solo avvicinamento di qualunque mano a qualunque parte del corpo, di far girare un moteur a` fluide. Questo risultato e` gia` molto importante, ma ancora restano molti misteri da delucidare. E per cio`, malgrado le mie credenze personali, non posso parlare che di leggi-forze gia` ammesse da tutti e che non 9 escono dalle constatazioni fisico-chimiche .

Alcuni dei redattori de «L’Italia futurista», Arnaldo e Bruno Corradini Ginanni, in particolare, provenienti da una specifica tradizione culturale, «emiliano-romagnola», caratterizzata da frequentazioni esoteriche e teosofiche (aveva in quest’area acquistato una larga notorieta` il medium Franco Passi)10, si erano interessati, fin da giovani, di teosofia e di filosofie orientali, 9

A. Ginna, Pittura dell’Avvenire, 1915, riedito con pref. di B. Corra, Firenze, Edizioni de «L’Italia futurista», 1917, ora in Manifesti futuristi e scritti teorici, cit. 10 Cosı` G. Lista, I caratteri specifici del futurismo emiliano-romagnolo, in Futurismo in EmiliaRomagna, Modena, Ediz. Artioli, 1990 e Futurismus und Okkultismus in Okkultismus und Avantgarde, cit. Informa Lista che «A Bologna, Athos Casinari e Piero Illari si interessavano di teosofia. A Mantova Gino Cantarelli eseguiva i suoi disegni astratti, spintovi da visioni

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e, anche su questa base, avevano in seguito stretto amicizia con Balla e con Evola. Ci rifornivamo di libri spiritualisti e occultisti, mio fratello ed io – scrive Arnaldo Ginna –, presso gli editori Durville e Chacornac. Leggevamo l’occultista Elifas Le´vi, Papus, teosofi come la Blavatsky e Steiner, la Besant, segretaria della Societa` Teosofica, Leadbeater, Edouard Schure´. Seguivamo le conferenze della Societa` Teosofica a Bologna e a Firenze. Quando Steiner fondo` la Societa` Antroposofica restrinsi la mia attenzione a Steiner. C’erano anche le discussioni con Evola. Ma a lui interessava specialmente il «superuomo» nietzscheano; l’occulto veniva appreso per magia. Con Steiner l’occultismo si elevava in senso spirituale: lasciarsi andare verso le forze occulte dell’Universo11.

Gli scritti di «coltura umana» degli anni ravennati di Corra e Ginna, sebbene partano da postulati non certamente identificabili, tout court, con posizioni futuriste, sembrano fare eco, in chiave occultistica, quanto veniva contemporaneamente formulato nei proclami dei primi manifesti. A detta dei protagonisti, e nonostante il polemico antifuturismo di gruppo esibito sulla «rivista», quegli scritti costituirono, insieme alla prima edizione di Arte 12 dell’avvenire , la «base di intesa» di Ginna e Corra con Marinetti (col quale i contatti iniziali vennero presi proprio in quel torno di tempo, attraverso Paolo Buzzi e la rivista «Poesia») e con il gruppo dei pittori, Boccioni, Carra` e Russolo, con i quali si intrecciarono «scambi di reciproca ammirazione»13. Metodo e Vita Nova14 si collocavano in una prospettiva di «sviluppo e rinnovamento della individualita` umane» ed enunciavano un «programma di Coltura Umana», che sarebbe stato ulteriormente approfondito, nel ’19, in un altro libretto, scritto dal solo Corra e futuristicamente intitolato: O rinnovarsi o morire (dove era annunciato anche un seguito, dal titolo: Futuriste e Futuristi). Quei testi, animati da forte intento pedagogico, prendevano le mosse dalla illustrazione dei poteri della volonta`, traendo gli medianiche. A Ferrara, Corrado Govoni e De Pisis si erano entusiasmati per la magia e l’esoterismo». 11 Cosı` Ginna in M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, cit., pp. 21-22. 12 A. e B. Ginanni Corradini, Arte dell’avvenire, Ravenna, Tip. Mazzini, 1910. 13 A. Ginna, Memorie sul futurismo, in M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, cit., p. 266. Ginna scrive: «Appena uscita la prima edizione di Arte dell’avvenire (1910), la spedimmo al gruppo futurista di Milano. Subito Boccioni si interesso` in modo speciale alle mie idee sui miei quadri di “musica cromatica” (astrattismo)». 14 A. B. C., Metodo, Ravenna, Tipo-lito Ravegnana, 1910; X X X, Vita Nova, Pesaro, Stab. Nobili, 1910, senza indicazione di autore.

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esempi da Mesmer e da Puyse´gur, dallo yoga di Patanjali e dai testi dell’occultismo teosofico e corroborando le proprie affermazioni con citazioni da poeti e filosofi di tutti i tempi e di tutte le latitudini (da Goethe a Schopenhauer, da Aristotele a Montaigne, da Rousseau a Wordsworth, da Lucini a Withman). Il Metodo mirava, mediante l’autosuggestione cosciente (o «autoterapia suggestiva»), ad ampliare il potere di autodominio e di intervento sul mondo e, a questo fine, raccomandava ginnastica, fisica e mentale, igiene spirituale, esercizi per lo sviluppo della volonta`, della memoria e delle facolta` psichiche. Ammonendo i lettori a sentirsi parte dell’ordine dell’universo, e tutt’uno con esso, Ginna e Corra, spiegavano, indirettamente, i fondamenti della loro adesione ai corollari del «dinamismo» e la loro prefigurazione della simultaneita`: In Natura – scrivevano – e` sparsa una forza che e` in tutto. Questa forza e` in vibrazione perenne; questa vibrazione e ondulazione degli atomi che costituiscono la materia si manifesta a noi sotto diverse forme, come ad esempio: luce, calore, elettricita`, attrazione, ripulsione, armonia, stonatura, magnetismo, pensiero ecc. ecc. Se il nostro pensare, il nostro agire non sono in armonia con le leggi a cui tutti indistintamente ci dobbiamo attenere, e` chiaro che ne risentiremo i malefici effetti. Il caso, la fortuna, le disgrazie ecc. ecc. non esistono se non come effetti derivanti dal vostro sbagliato comportamento. Al contrario, armonizzando voi stessi con la Natura e le sue forze, voi disporrete tutte queste forze in vostro favore ed indirettamente anche per gli altri. [...] In natura tutto e` movimento; la materia e` essa stessa movimento, volete dunque voi rimanere inerte? Questo, e` indubitabile, sarebbe il primo disaccordo che esisterebbe tra voi e le leggi di cui voi siete la creazione.

Bisognera` dunque che l’uomo sproni la volonta`, che «deve essere libera... dalle passioni e dai vizi», per apprendere a dominare gli organi e le facolta`, poiche´ essa «e` lo strumento di realizzazione degli ordini della... intelligenza»15 («la volonta` puo` plasmare come le piace meglio il mio corpo e il mio spirito», scrivera` poi Settimelli16). Il praticante, cosciente di voler ottimizzare la propria natura e di voler correggere «la debolezza spirituale della nostra epoca», non temera` di veder mutare i propri punti di riferi15

Metodo, in Manifesti futuristi e scritti teorici, cit., pp. 68-69, da cui sono tratte anche le precedenti citt. 16 E. Settimelli, Il proposito di mascherarsi, in Mascherate futuriste (Travestimenti lirici), Firenze, Edizioni de «L’Italia futurista», 1917, pp. 17-19.

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mento: «Molte volte il distruggere e` altrettanto proficuo che il creare – Chi distrugge le idee false dell’oggi fa opera grande: prepara il terreno alla creazione di domani – Taglia via la cancrena». «Uomo superiore e` chi sa utilizzare tutte le proprie energie» che normalmente sfrutta «solo in minima parte». La «qualita`» nasceva dunque, secondo i Ginanni, gia` nel 1910, dalla quantita` di «energie» che si e` capaci di sviluppare. Ma l’energia personale appare, nella loro concezione, strettamente apparentata ad una forza della fisica (come se elettricita`, «simpatia» e «antipatia», magnetismo, partecipassero della stessa natura); il suo carattere dominante e` il movimento, il dinamismo costante; nell’uomo, essa si esprime, tra l’altro, come volonta` e come capacita` creativa: fedelmente ad una visione organicistica dell’universo, che vede l’energia individuale intrinsecamente connessa con l’energia cosmica, se ne dedurra` che il valore di un’opera sara` tanto maggiore quanto maggiore sara` l’«energia cerebrale» in essa contenuta, ovvero quanto piu` stretto sara` il suo legame con il dinamismo della «vita universale». Questa idea tornera` nel 1914, in tutt’altro contesto, quando gia` si saranno rinsaldati i rapporti con Marinetti, nel manifesto di Corra e Settimelli Pesi, misure e prezzi del genio artistico17, essenzialmente incentrato su una concezione dell’arte come analogia e dell’opera come frutto di alchimia psichica. Partendo dall’affermazione che un «organismo umano assume tanta maggiore importanza quanto piu` grande e` la quantita` di energia di cui dispone, quanto piu` potente e` la sua facolta` di modificare l’ambiente in cui agisce», si arrivera` ad affermare che, anche nel campo dell’arte, il giudizio dovra` essere determinato dalla «quantita` di energia cerebrale necessaria a produrre un’opera». «La combinazione di elementi (tratti dall’esperienza) piu` o meno dissimili e` la materia prima, necessaria e sufficiente, di ogni creazione intellettuale»; e siccome «l’energia, agendo [sulle] particelle di conoscenza, non puo` far altro che scoprire dei rapporti e istituire delle relazioni tra di esse, cioe` accozzarle, disgiungerle, crearne delle combinazioni, «la quantita` di energia cerebrale necessaria alla produzione di un’opera e` direttamente proporzionale alla resistenza che separa gli elementi prima della sua azione e della coesione che li unisce dopo». Dunque: Misurazione futurista di un’opera d’arte vuol dire determinazione esatta, scientifica, espressa in formule, della quantita` di energia cerebrale rappre17

Volantino, 11 marzo 1914, con l’intestazione di «Lacerba».

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sentata dall’opera stessa, indipendentemente dalle impressioni buone, cattive o nulle che dall’opera possa ricevere la gente.

Ma la quantita` di energia si rivela nella quantita` di rapporti scoperti o «inventati», nella capacita` metaforica che il testo rivela. Arte, dunque, e` ars combinatoria ed ha per veicolo l’analogia. Come si vede, siamo nel cuore di una concezione assolutamente magica del fare arte, della quale la prospettiva della modernita` e l’efficientismo delle misurazioni non cambiano la sostanza. Non ci induca in errore il fatto che il manifesto, preoccupato di essere «moderno» e inconsapevolmente pronto ad accogliere il punto di vista della psicologia sperimentale, cioe` incline a «misurare» e a pesare le manifestazioni della energia psichica, proponga l’abolizione di ogni vocabolo «infetto di snobismo passatista» («anima, spirito, artista») e la sua sostituzione con «denominazioni esatte come: cervello, scoperta, energia, cerebratore, fantasticatore»: espressioni, tutte, che entreranno a far parte della terminologia dei «collaudi» e delle «misurazioni» futuriste. Ne´ che il tutto, esposto nell’ottica della modernita` e della demistificazione letteraria, sia abbondantemente condito di pimenti e provocazioni. A questa concezione medianica dell’arte, si collega anche il richiamo costante alla «abolizione di tutte le forme di illusione sul proprio valore, di superbia e di vana modestia». L’artista, nella prospettiva dei firmatari, infatti, non e` altro che un tramite, un veicolatore di energie sovrindividuali: «ragionamento e intuizione – scrivono gli autori del manifesto – sono fenomeni cerebrali spiegabili e seguibili [...] mediante un’analisi futurista del contenuto della conoscenza sino nelle sue profondita` medianiche». Ugualmente sara` da sottolineare come questo concetto di «misurazione» sia relato alla «distruzione dell’io» in letteratura predicata da Marinetti («Discutere su un quadro o su un poema, fondandosi sull’emozione che se ne riceve, e` come studiare astronomia, scegliendo come punto di partenza il proprio ombelico [...] Sparizione immediata di tutto il sentimentalismo individuale – corrispondente al sentimentalismo amoroso nel campo della sessualita`»). La convinzione che il reale sia un campo di forze – da «divinare», «captare», intensificare – continuera` a fermentare nel gruppo e diverra` centrale nella concezione di Bruno Corra, il quale, oltre a illustrarla in Sam Dunn e` morto, «primo romanzo sintetico», che apparve, a puntate, proprio su «L’Italia futurista», vi tornera`, appunto, nel ’19, affermando che la volonta` del singolo agisce «non solo per forza propria ma anche raccogliendo attorno a se´ la collaborazione attiva di energie ancora ignote sparse ovunque nella realta`».

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L’opuscolo di Corra, O rinnovarsi o morire, usciva, poco dopo la 18 cessazione delle pubblicazioni de «L’Italia futurista» , presso l’editore Facchi, che aveva assunto un ruolo di primo piano nell’editoria del movimento, pubblicando la collana dei «Libri di valore» diretta da Maria Ginanni, presso la quale erano uscite anche le poesie di Bontempelli. Corra esordiva annunciando che in natura «Si lasciano indietro i ritardatari e si scansano i cadaveri» e, facendo eco a Marinetti, affermava che «non ci resta altro che lavorare attivamente a creare quella perfetta fusione di istinto e coscienza che ci dara` la chiave e il segreto dello sviluppo». L’individuo, come l’umanita`, non puo` che «rinnovarsi o morire»; solo esercitando «il coraggio», «lo sforzo costante e cosciente», «la volonta`», gli uomini possono costruire a poco a poco attorno a loro «un vortice di magnetismi nel quale vengono attirati quegli amici ignoti che provocano, agendo sulla realta` tangibile, i fenomeni della simpatia e della Fortuna»19. Secondo Corra, «non possiamo non ammettere che esistono delle forze mal definite le quali esercitano una azione importante sulla nostra vita». Con l’aiuto di queste forze, l’uomo realizzera` «la piu` grande conquista moderna»: quella «di inserire nel processo evolutivo l’azione incrementatrice della coscienza». «Non verso la riproduzione tende la Natura», infatti, «ma verso la produzione di esseri piu` perfetti»: «l’Umanita` marcia costantemente verso la creazione di un tipo umano superiore»: un «Uomo moltiplicato per opera propria», aveva detto Marinetti (in UM), coltivatore accanito della propria volonta`», ecc. La deriva evoluzionistica sulla quale spiritualismo e futurismo si ritrovavano ancora una volta a convergere, sarebbe stata ripresa, in un contesto fortemente ideologizzato, da Arnaldo Ginna, nella Investigazione futurfascista intitolata L’uomo futuro20, dove l’autore, trascinato, sembra, da un sincero entusiasmo per Mussolini, accomuna futurismo e fascismo sulla base della «spinta verso un continuo divenire». Non e` questa la sede per discutere le posizioni politiche di Ginna, il quale, nel 1933, vede il fascismo come un «movimento novatore, rivoluzionario» e identifica, fin troppo facilmente, Mussolini con l’«uomo nuovo», «volitivo ardito costante ed instancabile21 [...] pieghevole ed elastico». Vogliamo invece sottolineare l’esplicitarsi di

18

Milano, Facchi, 1919. L’«Italia futurista» interruppe le pubblicazioni nel febbraio 1918. B. Corra, O rinnovarsi o morire, cit., passim. 20 A. Ginna, L’uomo futuro. Investigazione futurfascista, Prefazione di S. E. Marinetti, Roma, Edizioni futuriste di «Poesia», anno XI [1933], pp. 37, da cui traiamo le citazioni. 21 Nel testo e` scritto instabile, ma si tratta evidentemente di un refuso (o di un lapsus). 19

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quella linea di tendenza cui avevamo gia` accennato, e cioe` di quella spinta utopica e universalistica del futurismo che pretende di inserirsi nel processo evolutivo per promuoverlo coscientemente. Chi ha pensato che il futurismo e` una rivoluzione voluta dalla natura nella linea imprescindibile dell’evoluzione? – scrive Ginna – Che cosa e` dunque questo futurismo se non la coscienza della legge formidabile del progresso, di questa occulta spinta in avanti a cui partecipano gli atomi e le stelle, l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande? [...] Il movimento futurista puo` definirsi un complesso movimento psicologico e filosofico [...] un trasporto dell’istinto evolutivo subcosciente nella ragione cosciente [...] una presa di possesso cosciente della legge evolutiva, di quella forza che spinge ineluttabilmente verso una me`ta avveniristica posta infinitamente lontana perche´ il fenomeno essenziale del rinnovarsi possa essere eterno.

Secondo Ginna «cio` che sempre fu fatto malgrado, oggi si fara` per mezzo [del]la conoscenza futurista che sospinge coscientemente in una linea evolutiva», «non solo nel senso politico e artistico, ma in ogni altra manifestazione di pensiero e di azione». Quasi come la forza dell’evoluzione, insita nella formidabile Natura sempre presente e trattenuta dagli uomini a tavolino, dovesse sollevarsi come una tremenda ondata e trasformarsi in impetuoso torrente che tutto trascina.

Con impulso evangelico, Ginna annuncia ora l’avvento dell’ «Uomo futuro», «individuo ideale che ancora va formandosi», «grande forza latente» nella storia: «una specie di ‘Omunculus’, sorto dalla piu` grande rivoluzione intellettuale che la storia ricordi, dotato di un senso nuovo: la coscienza della legge di evoluzione». Il richiamo all’homunculus, la prospettiva evoluzionistica dell’esoterismo teosofico, gli studi occultistici di Ginna, le anticipazioni marinettiane (e papiniane) sull’Uomo Moltiplicato (o UomoDio) e sul dovere di «ricostruire l’universo», l’anelito verso un uomo «immensificato» per «moltiplicazione di energie» sembrano ora costituire il denominatore comune di un’aspirazione utopica largamente diffusa, che a qualcuno, nel ’33, poteva pur sembrare inverata, nonostante tutto, nel «Duce». Cio` che Corra, nei testi di «Cultura umana», chiamava «energia cerebrale», aveva frattanto assunto, nei testi letterari elaborati in quel torno di anni dai sodali de «L’Italia futurista», l’accezione piu` precisa di facolta` psichica, capace di adire a nuove forme di conoscenza ultrasensibile: tra le

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Proposte lanciate da Corra, c’era, non a caso, quella di utilizzare la volonta` per costituire «il ponte lanciato tra i due regni [veglia-sonno] per il 22 passaggio del pensiero» : ponte che dovrebbe poter superare quell’elemento «troppo umano» che l’apologo crudele di Lapa Bambi raffigura grottescamente23, exemplum amaro di una condizione in cui non solo «virtu` non luce in disadorno ammanto» ma dove anche finisce per essere ostacolata e vinta dall’eccesso di «materialita`». Dei ponti delle cose parlera` pure Maria Ginanni in Montagne trasparenti 24, come lamentandosi di un dono penoso di veggenza: Io vedo al di la`... sempre al di la` di tutte le cose, di tutti i sentimenti... di tutte le anime... non posso fermarmi spiritualmente ... vedo al di la`... sempre al di la`... Non incontro mai una parete opaca, una parete definitiva dinanzi alla quale debba fermarmi, un’altezza dalla quale non possa vedere altri orizzonti... Toglimi, o vita, lo strazio di questa trasparenza infinita!...

A partire da questo carisma visionario, le prove letterarie dei Ginanni, e di quasi tutti i componenti del gruppo, dimostreranno una particolare propensione a captare l’ineffabile: quelle «stranissime architetture di avvenimenti che sanno di follia e di mistero», che «si scoprono a un tratto nella banale realta` quotidiana e sembrano invadenze buffe e meravigliose di altri mondi nel nostro»25. Ancora Bruno Corra, nella raccolta Con mani di vetro (cit.), affiancava alla polemica contro i «muti profeti della putredine», contro i continuatori del passato, contro i «vecchi sfiniti, pallidi spettri di eternita`», l’intento di cercare «uno spiraglio verso l’ultranaturale» (Attimo) e si diceva disposto a sacrificare, per questo, tutte le cose inutili e superflue della vita26. La nostra realta` – scriveva – e` fasciata da milioni di altre realta` che tendono a scardinarla... c’e` ragione di credere che da un momento all’altro il nostro mondo venga disgregato da un altro che ha gia` le sue propaggini incuneate nella nostra materialita`. 22

Proposte, Pesaro, Nobili, 1910, ora in Manifesti e scritti teorici, cit. Note biografiche su Lapa Bambi, apparso dapprima nella raccolta Con mani di vetro (Milano, Studio Editoriale Lombardo, 1910), poi in Madrigali e grotteschi, Milano, Facchi, 1919 (insieme a Sam Dunn e` morto, I zig-zag della realta`, Parole scritte su fogli inzuppati di origan). 24 Firenze, Edizioni de «L’Italia futurista», 1917. 25 I zig-zag della realta` (1916) in Madrigali, cit., p. 191. 26 Nel Talismano Giallo. 23

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Ho sentito la vita formidabile delle cose immote, rigide, silenziose [...] Ho intuito altri mondi, altre realta`, altre vite, armonie oscure, equilibri sottilissimi (Una rosa). Esistono raffinamenti spirituali che si svolgono in arabeschi inafferrabili entro sfere di un nulla completamente estraneo a tutto cio` che e` materiale... e io intuisco in queste sfuggevoli meraviglie una vibrazione di germogli irreali che maturano una potenza di liberazione totale (Per l’onnipotenza).

Su questi temi, Corra ritornera`, quasi con le stesse parole in Sam Dunn. Ma gia` ora, nelle pagine di queste brevi «folgorazioni», l’esistenza (cosı` come la descrive il fratello Arnaldo, che ricorda quanto essi vivessero «isolati dal mondo circostante, ... concentrati nei... pensieri», senza «ostacoli nei nostri voli di fantasia creatrice»), appare assorta nell’esplorazione dell’invisibile, proiettata verso altre forme di conoscenza e di vita: ho fissato un attimo una stella, ed e` bastato questo perche´ mi sentissi di colpo completamente estraneo a ogni cosa terrestre. Il cielo mi ha afferrato come un vortice. Ho sentito il mio corpo sgretolarsi, in cadute successive di ingranaggi di forze e di astri. [...] Il mio corpo, divenuto una nuvola d’atomi gonfia d’anima, vagava per l’universo [...] Poteva essere un’allucinazione, ma niente, in fondo, m’impediva di credere che io mi trovassi di fronte ad una realta`. E ci ho creduto. Mi son sovvenuto di altri fenomeni occorsimi: altre volte mi era accaduto di sentirmi afferrare dalle braccia fluidiche della materia [...] la mia vita strana, diversa da quella di tutti gli altri, generava degli squilibri di forze nell’oscuro substrato invisibile su cui si regge la vita visibile; queste forze onnipotenti, deviate, reagivano su di me, disgregandomi e ricomponendomi, transumanandomi, rivelandomi lembi di vite nuove, scorci di spazıˆ ignoti, abissi, vuoti (Avventure).

Come nella precedente «divagazione», intitolata Accordi medianici, ogni facolta` era intesa a captare le forze cosmiche, a lasciarsi rapire da inusitate visioni: da «attimi sintetici», come Corra li definisce, in cui l’essere si apre all’infinito, a una percezione «simultanea» di tutte le forze in gioco nell’universo, privilegiando, secondo le prescrizioni di Marinetti, facolta` squisitamente intuitive. Gia` sulle pagine de «Il centauro», lo stesso Corra aveva spiegato: Saro` completamente sincero, cioe` non pensero`: chiudero` la porta al mio spirito e diro` alla mia penna: Adopera come vuoi il tuo inchiostro e la mia mano. Chi non ha provato [...] l’illusione del sentire la penna destarsi a una vita piu` forte della propria e correre per il foglio bizzarramente, trascinando il pugno [...] l’esser costretti a far le lettere inclinate a un buffo di vento o a farle allungate, languide, stanche, come disciolte, a un canto

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lungo, languido, stanco, lontano, dai campi? Nessun’altri che me forse. Ma non importa. Oggi faro` cosı`: daro` la mia penna in mano all’atmosfera stramba del mio studio: sara` una cosa quasi spiritica27.

E il caso di Corra non era, come dicevamo, isolato. Va afferrato questo segreto universale ben altrimenti che con delle parole scritte – spiegava Settimelli. Lo spasimo di tutto me stesso puo` solo ghermire questa luce, questo segreto della vita, quest’anima della totalita`, questo contatto con Dio! Ah! voglio, voglio viverlo questo attimo superiore in cui tutto mi apparira` chiaro, logico, divino! Voglio sentirmi in diretta comunicazione con l’Universo. Un foro, un piccolo foro magico, fissato in aria e attraverso il quale si slancera` una corrente d’infinito mi dara` la spiegazione del fenomeno: Esistenza. [...] l’Ignoto mi seduce irresistibilmente. E io voglio, voglio ammirare il suo volto almeno una volta, a costo 28 di rimanerne fulminato! .

Questa linea dai toni decisamente «medianici», ampiamente condivisa dai collaboratori della rivista, in alcuni, come nella Ginanni e in Settimelli, si innesto` su una particolare sensibilita` simbolico-coloristica che brani tratti, ad esempio, dai Frammenti di novelle colorate (segnaliamo quella dedicata Alla genialita` di Bruno Corra29 rivelano strettamente collegata all’immaginario teosofico. L’anima a sfondo bianco – scriveva la Ginanni –, cerchietti di verde – come le iridi di uccelli fantastici che vogliono bucare la monotonia del cielo [...] filettature di oro e di argento che si attaccano al sonno della nebbia... coni di viola lunghi-lunghissimi – che montano montano – respirano oltre la nebbia oltre la vita [...] E rosso-rosso del mio sangue [...] rosso che serpeggia sul fondo bianco – su cui galleggiano i cerchietti verdi iridati d’oro-appuntano stelline sui gran coni viola come cappelli di fate [...] Gran folate di azzurro sull’anima. Per essa ogni cosa interiore vibra forte forte. E` forza della mia giovinezza – e` vita – e` riso – sonoro – come cascata di oro liquefatto [...] L’oro trasportato dalla folata improvvisa sprizza sui cerchietti verdi – spalanca i coni viola – inonda le arterie di rosso [...] Tutto e` scoppio di luce formidabile. Ho per capelli i fulmini.

27

Chantacler, in «Il centauro», 8 dic. 1912; poi in ... il pastore il gregge e la zampogna (Divagazione sul libro del Thovez), Bologna, Libreria L. Beltrami Editrice Internazionale, 1912. 28 E. Settimelli, Il proposito di mascherarsi, cit. 29 In «L’Italia futurista», I, 2, 15 giu. 1916, poi in Montagne trasparenti, cit.

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30 Naturalmente, la dedica a Bruno Corra, autore di Musica cromatica , non era casuale. Alla Ginanni, Settimelli faceva eco, dedicando a Ginna questo «mistero cromatico»:

Bigio di velluto; stagione fatta di velluti, inanellati di trine vaporose ([...] la bellezza delle donne si e` sparpagliata sul grigio, screziandolo di fiocchi bianchi); rosa! rosa! rosa! cola sul bigio e non e` che fuso rosa (pennacchi di vulcani paradisiaci); [...] cascata di sangue nel cielo...31.

Simili fantasie coloristiche, corrispondenze tonali di sentimenti e sensazioni, che Corra aveva detto poter essere ispirate anche dalla musica e poter trovare espressione pittorica e perfino cinematografica (in una forma di cinematografia «astratta» di «sinfonie cromatiche»32), avevano preciso riscontro nel libro di Besant e Leadbeater, Le forme pensiero, gia` piu` volte citato, e che Ginna esplicitamente prendeva a riferimento in Pittura dell’avvenire (1915). Secondo la Be´sant, Ogni pensiero ben definito produce un doppio effetto: una vibrazione colorata luminosa ed una forma capace di fluttuare nell’aria. [...] La qualita` dei pensieri determina il colore; la natura dei pensieri determina la forma; la precisione dei pensieri determina la precisione dei contorni. Le forme e le linee-forze rappresentano infatti esteriormente cio` che vi e` – in termine di pensieri, sentimenti, potenzialita` –, all’interno del soggetto. Prendiamo un esempio: quando un uomo e` sotto l’impressione di una brusca emozione, il suo corpo astrale e` violentemente agitato e i suoi colori ordinari sono per un momento interamente oscurati da un afflusso di carminio, di blu, di scarlatto, corrispondente al grado vibratorio di quell’emozione particolare. [...] Si potra` avere una grandissima varieta` nei colori e nell’aspetto di queste forme-pensiero, perche´ ogni pensiero attira attorno a se´ la materia appropriata alla sua espressione e la trasforma all’unisono con la propria forza. Cosı` il carattere del pensiero ne decide il colore, e lo studio delle variazioni e delle combinazioni che puo` produrre e` del piu` grande interesse33. 30

Pubblicato nel vol.: ... il pastore, il gregge e la zampogna, cit., pp. 156-182, ora in Manifesti e scritti teorici, cit., pp. 154-66. 31 E. Settimelli, La poltrona goldoniana, in Avventure spirituali, Milano, Editoriale Lombardo, 1916; sez. IV, pp. 129-32. 32 Esperimenti del genere, cortometraggi di colori animati ispirati alla musica (Mendelssohn e Chopin) e alla poesia (Les fleurs di Mallarme´) furono davvero realizzati dai fratelli Ginanni: cfr. M. Verdone, Cinema e letteratura, cit., pp. 26 sgg. 33 Dal libro Thought-forms, cit. di Besant e Leadbeater. Questo libro, che ebbe grandissima diffusione, fu tradotto in francese nel 1905 (Paris, Publications The´sophiques); citiamo, traducendo, da questa edizione, pp. 16-20.

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Lo studio occulto della realta` rivela dunque, all’occhio del veggente, forme e colori ricorrenti: un «forte sentimento religioso», la «consacrazione a un nobile ideale», il «senso di devozione» si manifestano ad esempio, secondo la Besant, come un cono azzurro violetto, compagno di quello descritto, per l’appunto, dalla Ginanni. La quale, ne Il gambo del mondo, sembra addirittura rievocare le sensazioni di un viaggio astrale, simile a quelli descritti talvolta nella letteratura dell’occulto, in cui il veggente si innalza, trattenuto al corpo solo da un sottile «cordone ombelicale»: Mi sono sollevata esilmente nell’aria fino al limite massimo dell’atmosfera. L’ultimo strato di essa sfiorava tangenzialmente il mio capo. Avrei potuto sporgermi nel vuoto [...] ho preferito far capolino nell’Universo con la piu` ironica fragilita`; sporgere il mio piccolo indice immergendolo e agitandolo nell’etere, con un smorfia sul naso di tutti i Segreti. E intanto ho dato al mondo il piu` minuscolo gambo possibile34.

In queste fantasmagorie («colori di un mondo di ciechi... colorazioni che scivolano sugli occhi chiusi dell’anima... e pure visibilissime», le definira` la Ginanni in Montagne trasparenti), sembra verosimile poter ravvisare una ispirazione che fortemente tende a realizzare una sorta di «veggenza eterica», come credettero anche di riconoscere alcuni di coloro che scrissero sulla Ginanni, esaltandone l’ingegno. Nel Sondaggio di «Montagne trasparenti», recensione sintetica e parolibera, Armando Mazza riconosceva in lei una «medium del lirismo universale», la cui prosa aveva caratteri di «radioscopia liricocerebrale», capace di rendere il trascendentale vibratilizzato fisionomizzato realizzato [...] percezioni visive olfattive acustiche tattili auditive dell’ermetico, eterizzazione del reale [...], ipersensibilita` fisio-chimica esoterica, interplanetarieta` umana e astrale [...] intrisione dell’io nell’oceano molecolare, immensificazione della 35 volonta` ultraveggente [...] dissodamento dell’infinito .

Per questi artisti, in realta`, il linguaggio dell’arte coincideva globalmente con un registro di ultra sensibilita`, decisamente iscrivibile in una maniera «futuristica» di sentire, di vedere e di descrivere. Cio` non impediva ai temi occultistici di assumere talvolta, per esempio in certi scritti di Settimelli o dello stesso Ginna, quel tono paradossale e ironico che sara` tipico del 34

In «L’Italia futurista», I, 7, 1 ottobre 1916, poi in Montagne trasparenti, cit. A. Mazza, Sondaggio di «Montagne trasparenti», di Maria Ginanni, Parole in liberta`, in «L’Italia Futurista», II, 4, 11 marzo 1917. 35

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surrealismo puro e del gioco dadaista. Vedasi, ad esempio, del primo, la Prodigiosa profezia di un futurista russo sull’esito della guerra L’altra notte un incubo verde mi assalı` [...] Ricordi, abbozzi di visioni, volti che si imbronciavano a un tratto, volti che si allargavano fino all’inverosimile [...] Dormendo, la nostra interiorita` si rovescia fuori di noi come un sacco. Dormiamo fra i rottami del nostro io interiore che l’alba [...] ricompone e fa rientrare dentro di noi [...] una telefonata turchina di telepatia partita da Pietroburgo colpı` la mia testa angosciata...

O, del secondo, Il ritratto del mio Guru`, dove il fantasma dell’elastico santone finisce per schiaffeggiare il discepolo, in una ridda di «parole luminose disegnate in forma di serpenti: nerissimo, bianchissimo, extravioletto, giallo, giallo, giallo-arancio», e per materializzare un «cartello-re´clame»: «Praticate l’Hata Yoga Pradipikan»36. Anche Carli, talvolta, vestira` giocosamente i panni del mago: 1˚ Operazione – Tre febbraio: ho lasciato navigare nell’aria 7 piume di nebbia, intrise del sudore degli amanti [...] 2˚ Operazione – Sedici febbraio: ho succhiato dalla finestra con due gru di luce le palpebre del poeta [...] ho gettato un pizzico di smania nel vento [...] 4˚ Operazione – Cinque aprile: disteso a terra, ho soffiato nelle radici, e subito: grandi alberi si sono 37 gonfiati di verde... .

La stessa linea ironica prevarra` nel campo cinematografico: sia negli esperimenti filmici avviati, nell’estate del ’16, da Marinetti, Corra, Balla, Ginna, Chiti e Settimelli, quando a Firenze fu girato il pionieristico film Vita futurista; sia nel manifesto La cinematografia futurista, pubblicato sulla rivista il 15 novembre del 1916, a firma di Marinetti, Corra, Settimelli, Ginna, Balla, Chiti, gli stessi che, con l’aiuto di qualche altro amico futurista, erano stati produttori, scenografi, sceneggiatori e attori del film38. Il manifesto esprimeva l’intento del gruppo di servirsi del nuovo mezzo per una «deformazione gioconda dell’universo, sintesi alogica e fuggente della 36

E. Settimelli, Prodigiosa profezia di un futurista russo sull’esito della guerra, in in «L’Italia futurista», II, 4, 11 marzo 1917; A. Ginna, Ritratto del mio Guru`, ivi. 37 M. Carli, Ho fabbricato la Primavera, in «Vela Latina», Napoli, 16 febbraio 1916, poi in La mia divinita`, Roma, Berlutti, 1923, pp. 75-76. 38 Un ruolo centrale in tutta la vicenda ricoprı` tuttavia Ginna, che del film detto` il soggetto e che ne fu regista e produttore. Cfr. M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, cit., pp. 103 sgg.

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vita mondiale»: il cinematografo futurista, innanzi tutto, «acutizzera`, sviluppera` la sensibilita`, velocizzera` l’immaginazione creatrice, dara` all’intelligenza un prodigioso senso di simultaneita` e di onnipresenza»; contribuira` al nascere di una «nuova arte» (quasi attuazione di quella prefigurata da Capuana), di cui saranno «attori»: «dal brano di vita reale alla chiazza di colore, dalla linea alle parole in liberta`, dalla musica cromatica e plastica alla musica di oggetti». Come in una forma di «telepatia» per immagini, il dialogo sara` realizzato «dando velocemente e simultaneamente ogni immagine che attraversi i cervelli dei personaggi... In tal modo [essi] saranno perfettamente comprensibili come se parlassero». Vi saranno «stati d’animo sceneggiati», «drammi d’oggetti», «drammi potenziali e piani strategici di sentimenti», «equivalenze lineari plastiche, cromatiche, ecc., di uomini, donne, avvenimenti, pensieri, musiche, sentimenti, pesi, odori, rumori». Il cinema futurista, insomma, sara` un’ arte della visione, sommamente «sintetica» e fantastica e realizzera` un astrattismo in movimento, animistico e spiritualistico, senza tuttavia perdere di vista l’aspetto comico e clownesco («oggetti animati, umanizzati, truccati, vestiti, passionalizzati, civilizzati, danzanti», «congressi, firts, risse e matrimoni di smorfie, di mimiche», «drammi di sproporzioni», ecc.). Protagonista, sara` dunque l’Universo stesso, agente e agito sulla pellicola in forma astratta, in immagini di forze. «L’Italia futurista», comunque, nonostante alcune evasioni ironiche, nonostante l’estroversione parolibera – e il costante riferimento alla guerra –, restera` fedele a una convinta militanza nel dominio di una letteratura «seria», «futuristicamente» ispirata alle ricerche esoteriche. Ginna e Irma Valeria sottolinearono espressamente in almeno due occasioni (ma Ginna vi si soffermera` anche in Pittura dell’avvenire) l’importanza delle ricerche di occultismo e per la creazione di un’«Arte nuova»39. «Chi mi consiglia la semplicita` – scriveva Ginna – forse ancora non sa che la vera e sola felicita`, il solo inevitabile compito e` quello di provare nuovi brividi per incastrarne gemme perenni nella corona di Dio». E la seconda, senza esitazioni, dichiarava: Siamo infine degli occultisti. Sfoderiamo come un acutissimo stile, elegante, portato con noncuranza [...] la sensibilita` nuova del nostro cervello che sorvola sugli accozzi comuni, sulle sensazioni rumorose, volgari, chiacchierone, e si accende soltanto nei tremiti impercettibili del mondo circostante [...] Indubbiamente siamo degli occultisti. Le nostre sensazioni 39 A. Ginna, Il coraggio nelle ricerche di occultismo, in «L’Italia futurista», II, 12, 6 maggio 1917 e Irma Valeria, Occultismo e arte nuova, ivi, II, 17, 10 giu. 1917.

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sono troppo nuove perche´ possano essere subito afferrate da uno spirito impreparato, e la maggioranza e` pronta a colpire velenosamente, come ha sempre fatto con i profeti, gli iniziati, tutti coloro che sembravano vagare in mondi superiori a loro sconosciuti. [...] Credo che la nuova arte sia profondamente legata ai misteri tormentosi dell’universo, e che essa possa essere o divenire un portentoso mezzo fra i mondi dell’occultismo e quelli limitatissimi della realta`. Infine tutti i nostri sforzi tendono in campi che nessuno ha arato, sondato, misurato, mercanteggiato – il nostro orizzonte e` luminoso di fosforescenze e illimitato; le nostre anime si tendono e si cercano nello spazio come quelle dei veggenti [... E`] lo stesso legame che unisce l’arte novissima con l’anima delle cose, cercando di penetrarla e di farla vivere non attraverso sensazioni personali, ma della vita propria dell’oggetto (Sintesi teatrale di Marinetti Vengono ... Maria Ginanni: Inconsistenze profumate... atteggiamenti delle cose soggette a fluidi magnetici superiori) [...] L’occulto non dira` mai la sua parola alla scienza inabile e volgarmente scettica: ma forse riallaccera` le sue dita sottilissime a quelle di un’arte fatta di fremiti interiori, musicali, finissimi, complessi e misteriosi.

Era un compito ambizioso e difficile, per il quale, scriveva Ginna, «ci vuole molto coraggio». L’esperienza dell’occulto puo` infatti aprire lo sguardo anche su orride visioni, come accade a Settimelli: In fondo, al centro del bosco, una testa diafana e` comparsa, in questo momento. E` una testa di donna [...] E` una testa diafana dai capelli biondi, lunghissimi, che s’irraggiano per tutta la foresta, e` trasparente, un dio del mattino le ha battuto sul volto una frusta di rugiade...E` silenziosa, e` immensa, ha gli occhi della fresca costituzione delle meduse che sono cartilagine [...] ha labbra rosse intensissime40.

A pericoli di natura non definita sembra riferirsi anche Mario Carli, rivolgendosi «A Irma Valeria», nelle Notti filtrate41, a lei dedicate: Tu devi comprendere, amore mio, che il tuo cuore inutilmente alato non potra` sostenere a lungo il peso che lo investe, che lo preme, che lo costringe a cedere [...] amore mio, amore mio, ti ammonisco di cedere senza perdere tempo, raccogliendoti sulle radici, affrettandoti, prima che il verde ceda nel giallo, prima che il rosa ceda nel rosso, prima che l’azzurro piombi pesantemente nel viola.

40

E. Settimelli, Sinfonia, in Avventure spirituali, cit., sez. IV, pp. 142-46. Su foglio volante, dedicato «al genio spiralico di Irma Valeria», s. e., s. d., ma 1917; poi con disegni di Rosa Rosa`, Firenze, Edizioni de «L’Italia futurista», 1918. 41

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Irma Valeria, dal canto suo, nelle Morbidezze in agguato, si auspicava di «risvegliarsi» dall’«incoscienza della ... vita scientifica, perfettamente nuova ai fenomeni naturali», per sentirsi «scagliata nell’ineffabile e paurosa bel42 lezza di un mondo fantastico e divino» . La sua vocazione tradiva pero` un immaginario piu` tetro, e un istinto fantastico letterariamente piu` scaltrito, che, nel cozzo di immagini surreali, nell’accostamento incongruo di oggetti e realta` allucinate, sembra quasi prefigurare Dalı`: La mia epidermide, sensibilizzata al tocco rapidissimo di mille aghi di cristallo, e` divenuta trasparente, affinche´ la mia anima possa evadere attraverso caleidoscopi mostruosi, e le mie mani, raggricchiate di spasimo, toccano qualcosa di viscido e di enorme, che talvolta mi frantuma la gola con un bacio terribile43.

L’opuscolo che Carli le dedicava, conteneva invece prose poetiche sognanti, «dieci momenti di lirico sonnambulismo, nei quali i ricordi e le immagini si coagulano in essenza». Marinetti apprezzo` grandemente quei frammenti, e li lodo` come «canti del subcosciente» che anticipavano le sue Dune44. Con accenti soavemente macabri, si esprimeva Mario Dessy, assorto in visioni di morte (che torneranno spesso anche nella gia` citata raccolta teatrale): Il portone di questo immenso edificio e` sempre chiuso – scriveva Dessy – Ma io vi sono entrato ugualmente, nel sogno, ed ora mi trovo qui, sperduto in questi corridoi lunghi come sospiri, dove ogni porta e` un’ombra, e` una domanda che non ha risposta, e` un momento di attesa, e` un piccolo mistero. [...] Rifare il cammino? ...No! Apro la porta pesante come una lastra d’ardesia, entro in una notte nera ancor piu` della notte e richiudo dietro di me la tomba. (La casa delle porte chiuse).

Ma la raccolta Uno (Milano, Facchi, 1919) era anche tesa verso realta` «parallele», percorsa da presentimenti inquietanti: Camminai per realta` favolose. Me ne volli costruire altre che m’apparvero vere, le uniche esistenti nella vita e nel tempo... 42 Mendicanti d’azzurro, in Morbidezze in agguato, Firenze, Edizioni de «L’Italia futurista», 1917. 43 Quel sorriso, in Morbidezze in agguato, cit. 44 Cfr. AA.VV., Mario Carli (In memoriam), raccolta di testimonianze a c. di M. Dessy, Roma, Modernissima, 1937 – XVI.

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Entro nella mia camera e sento che una persona invisibile e` sdraiata sulla poltrona vicino al mio letto, fumando tranquillamente un sigaro finissimo, mentre i mobili e le cose parlano animatamente sottovoce (Certezze).

L’applicazione letteraria dei corollari teorici discussi all’interno del gruppo, non poteva, del resto, non dar luogo a esperimenti di scrittura complessi, contraddittori, tesi allo sregolamento dei sensi e incentrati sulla scoperta di dimensioni squisitamente «interiori». Nutrirsi di se stessi – scriveva la Ginanni – Assorbimento necessario della sostanza-spirito addensata e raccolta via via. Necessita` assoluta a un certo momento di stasi esteriori che si trasformano al di dentro in profondita` spirituali. Necessita` assoluta di certe stasi spirituali che si trasformano in lucentezze preziose45.

La tendenza, evidente nelle pagine della rivista, si riverbero` naturalmente nella collana dei «Libri di valore» che presto le si affianco`, diretta da Maria Ginanni. Vi comparvero, tra gli altri, le «misure e gli straripamenti spirituali» del giovanissimo Primo Conti, appena diciassettenne, Imbottigliature che raccoglievano «distillati» lirici che entusiasmarono Corra e Marinetti46: «limiti: barattoli senza pareti ne´ fondo: il limite dell’illimitato». Primo Conti, in un susseguirsi di intense prose poetiche interrotte da «titoli semaforici» (come li avrebbe chiamati Marinetti), descriveva, piu` che i contenuti, le linee di fuga dell’anima: «noi dobbiamo arrivare, sosteneva, al di la` di dove potremo andare». Infatti, «semplicita` spirituale vuol dire rendere equivalenti fra loro molti misteri interiori affinche´ possa esserne facilitata l’immediata relazione cogli oggetti elementari»: E` illusione tutto cio` che il mio dito puo` accennare – e` realta` tutto il resto, l’indescrivibile: perche´ piu` grande e piu` aderente quindi all’esistenza dell’umanita`47.

Prospettive distorte, girali che si interpenetrano, disegni onirici e straniti illustravano le Imbottigliature, come pure il contemporaneo libro di Corra, ove era tra l’altro raffigurato un essere la cui volonta` si «esteriorizza» in lunghe braccia per cogliere stelle. Ne era autrice Rosa Rosa`, al secolo Edith 45

Assorbimenti, in Il poema dello spazio, Milano, Facchi, 1919. Cfr. S. Lambiase, G. B. Nazzaro, Marinetti e i futuristi, Milano, Garzanti, 1978, p. 94. 47 I componimenti da cui sono tratte le citazioni si intitolano, rispettivamente: Metto i limiti, Tedescheria, Imbottigliature. 46

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von Haynau, la quale, oltre a dare il proprio contributo grafico a diversi 48 libri , firmo`, sulle pagine della rivista, vari articoli di interventismo femminista. Essi si iscrivevano in quel «piano» di rivalutazione della figura e del ruolo femminili che si era reso necessario per ridimensionare e chiarire gli obiettivi della polemica scaturita dalle marinettiane asserzioni di «disprezzo per la donna». Tra le prose di Rosa Rosa`, riveste particolare interesse il «romanzo futurista» Una donna con tre anime49, trasposizione narrativa dell’invito a rappresentare «Coscienze molteplici e simultanee di uno stesso individuo» (MTL). Il romanzo, che ricorda le ricerche di Azam e di Janet sui misteri di «sdoppiamento» di personalita`50, sembra basarsi, se non e` una coincidenza, su uno studio di Morselli, apparso nel 1917 per le edizioni di «Luce ed Ombra» (Sull’origine subcosciente delle cosı` dette «personalita` spiritiche»), ove vengono descritti i modi di manifestazione delle «personalita` medianiche». Queste si distinguerebbero dalle personalita` isteriche e da quelle ipnotiche in quanto sono «costanti e coerenti» e «manifestano una volonta` propria, e spesso qualita` intellettuali e morali diverse da quelle normali dei medi». Secondo l’alienista, il subcosciente del medium in questi casi «gioca con se stesso e con i presenti una commedia che ha tutte le caratteristiche della verosimiglianza»51. Nel racconto di Rosa Rosa`, un’anonima Giorgina Rossi, in seguito a un incidente elettromagnetico e chimico, subisce una alterazione psichica che le fa sperimentare in un breve spazio di tempo tre personalita` diverse tra loro e diversissime dalla sua abituale natura [...] Nella prima sono evidenti i sintomi di amoralita` [...] La seconda [...] piu` maschile che femminile. La terza [ci trasporta] in un futuro remotissimo nel quale, attraverso vertiginose evoluzioni, si sara` giunti ad un superamento della sensibilita` materiale e alla nascita di nuovi sensi irradiati immaterialmente nell’Infinito... una vita femminile tesa in uno sforzo mistico di irrealta`.

48

Tra l’altro, per la edizione del 1915 di Sam Dunn e` morto e per Madrigali e grotteschi di Corra; per Notti filtrate di Carli, per Le locomotive con le calze di Ginna. 49 Edito per lo Studio Editoriale Lombardo, Milano, 1918. 50 Cfr. E. E. Azam, Hypnotisme, double conscience et alte´ration de la personnalite´, Paris 1887 (Pre´face di J.-M. Charcot) e P. Janet, Les actes inconscients et le de´doublement de la personnalite´ pendant le somnambulisme provoque´, «Revue philosophique», vol. 22, pp. 577-92 (1886). 51 E. Morselli, Sull’origine subcosciente delle cosı` dette «personalita` spiritiche», estratto dalla rivista «Luce ed Ombra», Roma «Luce ed Ombra» ed., 1917, pp. 7 sg.

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Potrebbe essere – ed e` – un garbato racconto di orrore quotidiano, ma contiene, come una scatola cinese, altri, brevi, episodi di irrealta`, filtrati da un ricordo o da una fantasia sensibili al medianico. Da sottolineare, ci sembra anche la conclusione del romanzo, su cui dovremo tornare, che esprime, indirettamente, la convinzione che «il raddoppiamento, la moltiplicazione e l’alternazione della personalita` saranno considerati come fenomeni usuali» nell’avvenire: queste anticipazioni «capitate nella nostra epoca, costituiscono un fenomeno continuativo progressivo, che andra` svolgendosi» nel domani e che «produrra` su certe zone del nostro globo come una nevicata continua di quelle astrazioni di tempo in ognuna delle quali sara` contenuto l’abbozzo di un ‘tipo’ futuro». Anche Rosa Rosa`, insomma, come la maggior parte degli scrittori della «pattuglia azzurra» (che si lasciava «distrarre» quasi soltanto dagli eventi della guerra), sembra, al pari dell’eroe di Corra, Sam Dunn, interamente proiettata nel futuro, interessata «ai fatti della realta` ... solo in quanto... sintomi di un sommovimento vitale ancora inesplorato», convinto che «Tutti gli avvenimenti attingono le energie prime necessarie al loro sviluppo da un’atmosfera complessissima che avvolge e compenetra la nostra vita» e che «ogni oggetto, ogni fatto, contengono in se´ una possibilita` di infinite rivelazioni». La nuova realta` che Sam Dunn ci ha rivelato – si legge nella Nota con la 52 quale si apre il romanzo – sapra` bene domani mettere alla porta la vecchia scienza idiotamente presuntuosa, che sino ad oggi ha preteso di incarcerarci in una tutela di minorenni ai quali si impedisce di lanciarsi nell’orgia di possibilita` che l’ignoto offre [...] Una nuova era incomincia. Un orizzonte e` crollato: se n’apre un altro. Evviva! Io non esito a dire: finalmente!

Sam Dunn e` l’esempio di un personaggio totalmente astratto, assorto in uno stato continuativo di «medianita`»: egli, benche´ conservi, fino alla fine, una palazzeschiana leggerezza, vive in un mondo di surrealta`, governato da leggi incomprensibili. Nel romanzo di Corra, fatte salve alcune veloci denotazioni d’ambiente

52 Sam Dunn e` morto, scritto nel 1914, vide una prima ed. nel 1915 (MEP); una seconda, a puntate, su «L’Italia futurista» (a partire dal n. 1, I giu. 1916); una terza: con sei illustrazioni di Rosa Rosa`, Milano, Studio Editoriale Lombardo, 1917; una quarta in Madrigali e grotteschi, cit.; una quinta Milano, Alpes, 1928. La sesta, a c. di M. Verdone, e` Torino, Einaudi, 1970; da quest’ultima, citiamo.

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– le strade di Parigi, la hall dell’hotel Portorosa – tutto e` descritto come gioco di energie, come intersecarsi di correnti fluidiche che determinano i comportamenti individuali e collettivi («Ogni oggetto, ogni fatto, contengono in se´ una possibilita` di infinite rivelazioni [...] Chi riuscira` primo a rivelare quale caotica intricatezza di vibrazioni sia alla base di un pensiero?»). Parigi stessa, la cui «atmosfera» e` stata preparata, in vista di una «rinascita della vita e del mondo», dall’azione occulta di Sam Dunn, non e` piu` che «un colossale vortice di energie capricciose»: «le vecchie apparenze materiali crollavano [...] la decrepita vita della materia era sul punto di venir sostituita da una viva elasticita` multiforme, zampillante di fenomeni». Il tentativo di rinnovamento fallira`, a causa di un fatale scontro di opposti magnetismi: all’energia fantastica, smaterializzante di Sam Dunn, si oppone la forza prosaica, la «magica carnosita`» di Peppona, trascendentale materialita` che, ancora una volta, l’avra` vinta sulla rivoluzione spirituale, «sullo slancio lirico di una realta` che stava per levarsi ad un superiore piano di vita»53. La delusione dei lettori, che hanno partecipato all’attesa dell’evento straordinario e che assistono invece allo scatenarsi della «piu` idiota frenesia che si potesse immaginare» (tutti i maschi di Parigi si sentono costretti a pizzicare per ore il posteriore delle loro dame), assomiglia a quella di una generazione che, essendosi attesa dalle comunicazioni con il di la` la rivelazione di verita` trascendenti, si era dovuta accontentare di fenomeni tanto «inspiegabili» quanto banali, a cui gli spiriti non avevano rivelato le verita` dello Spirito ma spesso solo gli aspetti troppo umani della psichicita` (cfr., ad es., il breve resoconto tratto da GM, al cap. 9). E tuttavia, a detta dell’io narrante, l’ultima parola ancora non e` pronunciata. Anzi, Dopo lo stadio di evoluzione cui siamo giunti, non sara` possibile evitare che la compagine della nostra vita venga, a breve scadenza, sgretolata, fluidificata e liricizzata da una invasione di energie fantastiche. Questa che io faccio e` una facile profezia. La rivoluzione di Sam Dunn non e` stata che un’avvisaglia. Noi viviamo sopra una polveriera di fantasia che non tardera` a scoppiare. [...] chissa`? Forse [Sam Dunn] non ha voluto affaticarsi per tramandarci delle verita` che erano in cammino e che si sarebbero per forza rivelate da sole.

Il romanzo, all’epoca, piacque, e la prima edizione si esaurı` rapidamente. A Magamal (ovvero a Eva Kuhn Amendola, che ne scrisse su 53

Sam Dum e` morto, cit., p. 60.

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«L’Italia futurista», in termini entusiastici) il racconto di Corra sembro` il frutto di «un coraggio futurista [...] di una psiche ‘cosmica’ (=futurista)»54 e qualcuno, in relazione alla sua coerenza surreale, volle piu` tardi farlo rientrare, senza tener conto delle date, in un novecentismo di stampo bontempelliano. Ma Corra, che aveva gia` maturato da qualche anno il suo distacco dal futurismo55 e, in un’atmosfera gia` fascista, si avviava a rientrare nella «normalita`» di «uno scrittore qualsiasi», facente parte della «buona societa` editoriale e giornalistica», volle minimizzare, a posteriori, le bizzarrie di Sam Dunn riconducendole a quelle di un «racconto inconsueto»56. Nella militanza futurista, ma anche nella pratica di un’arte esoterica, fu piu` costante Ginna, «radiologo, elettrotecnico, indagatore dell’ultima psicologia», «spavaldo demolitore di ogni passatismo, intento a sezionare acutamente gli illustri filosofi d’allora, e insieme preciso alchimista d’infinite ricerche scientifiche e medianiche». Marinetti lo considero` «certamente il piu` elastico» «fra gli ingegni futuristi», e magnifico` «La [sua] sensibilita` liricamente scientifica e scientificamente lirica», la sua «sorprendente elasticita` spirituale» e il «realismo di stantuffi matematici e la fantasia pazza dei... fumi e camini inerpicantisi allo zenit delle piu` astruse indagini del pensiero» del volume Le locomotive con le calze57: «non novelle ma veri poemi in prosa o, meglio ancora, battaglie contro le metriche della vecchia poesia per cadenzare sogno e realta` in assoluta liberta`»58. Il personaggio centrale di quella raccolta, «Arnaldaz», alter ego superlucido di Arnaldo, ben conosce l’effetto dei «cataclismini» che devastano di tanto in tanto la quotidianita`. E rispondendo al fratello Corra che aveva intitolato Cataclismini una sottosezione dei Zig-zag della realta`, spiega che essi devono essere addebitati a quella «grande Potenza subcosciente e occulta che ha forza infinita [e] getta all’aria d’un colpo tutti gli avvenimenti della vita pure non esistendo ai nostri occhi»: sono «intermittenze della coscienza», potremmo dire parafrasando Proust, ricercate e provocate alla maniera «spiritica», come nello stranito racconto d’apertura («Life! we’ve been long together») o che pure capitano, manifestandosi, come nel racconto Arnaldaz, sotto forma di inaspettato sdoppiamento. 54

Magamal, Sam Dunn e` morto, in «L’Italia futurista», I, 28, 9 sett. 1917. In seguito a uno screzio con Marinetti, narrato da Corra stesso in L’affare della Baracca, in «L’Impero», Roma, gennaio 1924; cfr. M. Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, cit., pp. 150-51. 56 Cfr. Corra, nella pref. alla quinta ed. di Sam Dunn, cit. 57 Milano, Facchi, 1919. 58 Prefazione a L’uomo futuro. Investigazione futurfascista, Edizioni futuriste di Poesia, Roma, Anno XI [1933], pp. 2-3. 55

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Queste cose che dico cosı` avrebbero bisogno di essere spiegate in un grosso volume, e poi forse non mi spiegherei del tutto; son cose che non si capiscono ma si intuiscono. E si devono intuire cosı`: guardando di sottecchi con indifferenza per non farsi accorgere dalla forza occulta la quale crede di darla a intendere. Non entrero` piu` a fondo per spiegare questa forza occulta che ogni giorno ne fa una delle sue...

In Ginna narratore, la vena occultistica prende tuttavia una forma prevalentemente grottesca e ironica, dissacrante; si camuffa sotto forma di favola surreale costellata di messaggi e intuizioni: io ti daro` un fiore-stella, lo poserai sugli occhi quando saranno pieni di lacrime, il pianto si ghiaccera` istantaneamente ... col ghiaccio sugli occhi sarai cieco al mondo esteriore [...] Rattieni nel tuo cuore il prezioso liquore e donane alla forza della tua volonta` il prezioso magnetico fluido. Quando tu vuoi conoscere veramente il tuo animo e la tua coscienza [...] non hai altro che guardare questo quadretto: se vi vedi un solo viso e` segno che tu sei certamente buono; se ne vedi due e` segno che tu hai commesso azioni scorrette. Sentivo un dito occulto che mi indicava rapidamente in silenzio le strade, le svolte, indicandomi gli scalini e le pozzanghere...59.

Il carattere di convinto studioso dell’occulto emergeva d’altro canto in piena luce negli scritti teorici di Ginna, da Arte dell’avvenire all’«investigazione futurfascista» de L’uomo futuro. La riflessione, in lui mai disgiunta dalla pratica artistica, lo condurra`, ancor prima di Kandinky, a produrre il primo dipinto astratto, Nevrastenia (1908) scaturito da quello stato di «subcoscienza cosciente» nel quale egli suole sprofondarsi per dipingere. Come per Kandinsky, come per Kubin e Klee, come per Mondrian, l’approdo di Ginna all’astrattismo aveva precise matrici teosofiche e antroposofiche60 ; come in Capuana, la riflessione sulle possibilita` di espressione di «forze» spirituali tramite l’arte, giungera` alla prefigurazione di un’«arte dell’avvenire» che, se non arriva ancora a smaterializzare del tutto i mezzi espressivi, secondo quanto si era augurato lo scrittore di Mineo, certo giunge a «spiritualizzare» i contenuti e le forme. In questo sforzo di smaterializzazione, Ginna vide il fine e il fondamento di un’arte del futuro, 59 Le citazioni sono tratte da: Racconto in cui si parla del vecchio senza coda; Storia della scatola col nastro rosso donataci dal vecchio senza coda; «George» ovvero «L’occulto cameriere», tutti in Le locomotive con le calze, cit. 60 Cfr., ad es. J. Cassou, Acquarelli di Kandinsky, in Contrappunti. Acquarelli e disegni di W. Kandinsky, Milano, Il Saggiatore, 1961.

IL GRUPPO DI «ITALIA FUTURISTA»

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che avrebbe dovuto scaturire da capacita` visionarie, quali Ginna affermava 61 di possedere auspicando che potessero un giorno divenire patrimonio comune per tutti gli uomini. Secondo Ginna, infatti, «con l’espressione di pure forme e colori si possono dare stati d’animo profondi-subcoscienti e tali da scoprire lo psichico occulto». «La potenza della linea colore forma e` nella loro natura occulta»; essi «hanno una potenza in loro stessi, al di fuori di qualsiasi potenza acquisita»; l’artista, che «fu sempre l’esploratore formidabilmente potente dei segreti della natura» conosce che si tratta di «forze non ipotetiche ma vere» le quali informano delle loro «leggi meccaniche» «anche lo stato d’animo umano e la forza psichica». Le passioni umane «sono anch’esse dei movimenti, ma movimenti interni, fissati in un groviglio di leggi piu` complicate non considerate ancora dalla scienza ufficiale». Ma «l’arte antidiviene la scienza» e puo` dunque azzardarsi a riprodurre «questo quadro invisibile agli altri... formato di colori per lo piu` vivacissimi, in vibrazione velocissima nell’aria... (o nell’etere)», «forza simile all’elettricita` o all’onda herziana». «Le forme viventi create da questa forza vibratoria sono l’essenza dei nostri fremiti. Io – affermava Gina – dipingo quindi non gli atteggiamenti di un umano, contorto dolore, ma le vibrazioni dell’anima dolorante o il dolore stesso». «E` giunto dunque il momento – concludeva Ginna – in cui i poeti della parola del colore e della musica possono evocare nella realta` piu` reale le visioni che fin’ora furono sogno»62: infatti, come era detto in Arte dell’avvenire «l’essenza delle arti e` una». Ci domandiamo a questo punto quanto le formulazioni di Carra`, espresse nel manifesto La pittura dei suoni, rumori e odori, del 1913, debbano all’Arte dell’avvenire di Ginna (del ’10) e alla Musica cromatica di Corra (del ’12). Quando Carra` raccomandava agli artisti di «cogliere la continuita` e la simultaneita` delle trascendenze plastiche del regno minerale, del regno vegetale, del regno animale e del regno meccanico», per costruire «insiemi plastici astratti, rispondenti non alle visioni [non cioe` a quel che sensibilmente cade sotto il dominio degli occhi] ma alle sensazioni nate dai suoni, dai rumori, dagli odori e da tutte le forze sconosciute che ci avvolgono» (sensazioni che hanno una forma e un colore per «lo spirito plastico»

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Cfr. Pittura dell’Avvenire: «Dal primo giorno in cui cominciai a vedere, come dicono i teosofi e gli occultisti, volli disegnare e fermare sulla carta e sulla tela queste visioni». 62 Da A. Ginna, Pittura dell’avvenire, 1915; poi Edizioni «Italia futurista», Firenze 1917; ora in M. Verdone, Cinema e letteratura, cit.

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dell’artista), non stava forse cercando di tradurre in un linguaggio «tecnico», di cui peraltro si avverte l’impaccio, questi nuovi concetti di «trascendentalismo pittorico»? I dipinti di Ginna furono sempre coerenti con questa «visione» e addirittura, in qualche caso, arrivarono a rendere le «rappresentazioni» scaturite dagli «esercizi» che la letteratura dell’occulto proponeva ai discepoli63. Altre opere, come l’Accordo cromatico del 1909, anticipavano le piu` tarde visioni cosmiche di Kupka (cfr. Newton-Scheiben, 1912) e i ritmi circolari di Delaunay; altre ancora, come l’Autoritratto animico del ’41, raffiguravano, su carta o tela, quella sinfonia cromatica di sentimenti e stati d’animo che i poeti tentavano di evocare nei loro scritti: «conseguenza di una ricerca oltre il limite ordinario della esteriorita`», scrisse Massimo Scaligero, cultore di Steiner in Italia, nella prefazione ad una monografia su Ginna64. Ma altri artisti futuristi, in quel torno di anni, cercavano di varcare quel limite, in un accavallarsi di ricerche e sperimentazioni, destinate a lasciare traccia indelebile nel campo dell’arte.

63

Interessante e` il paragone tra alcune opere di Ginna, ad es. Forza di un seme sulla terra (1914) o Forze eteriche nella natura (1944) e gli esercizi prescritti da R. Steiner, in Wie erlangt man Erkenntnisse der ho¨heren Welten? (comparso su «Luzifer-Gnosis» 1904-05; poi Berlin 1910; tr. it.: L’iniziazione. Come si consegue la visione dei mondi superiori, Bari, Laterza, 1923), ai quali sembra si sia ispirato anche Mondrian per i Girasoli, dipinti tra il 1907 e il 1908. 64 Arnaldo Ginna. Un pioniere dell’astrattismo, con scritti di A. Ginna, M. Scaligero, G. Sprovieri, Roma, 1961, pp. 235-36.

12 ICONOGRAFIA DELL’OCCULTO L’astrattismo e` espressione di forze occulte. (Arnaldo Ginna, Astrattismo) Nell’arte non si tratta di elementi formali, ma di una aspirazione (=contenuto) che determina in modo imperioso la forma. (Wasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte)

In questo ultimo capitolo, sia pure per accenni sommari, vorremmo completare la prospettiva del quadro sin qui tracciato, soffermandoci brevemente, senza presunzione di completezza, sulle ripercussioni che il diffuso interesse per il paranormale ebbe sulla ricerca pittorica degli artisti futuristi. Sul tema, e sulla sua influenza presso le maggiori personalita` che si espressero in campo pittorico e figurativo, esiste una vastissima bibliografia, della quale, per ovvi motivi, non sara` possibile rendere conto in questa sede. A complemento di quanto accennato nelle prime pagine di questo libro, ci limiteremo a sottolineare che, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, l’immaginario pittorico subı` potentemente il fascino dei nuovi orizzonti che la ricerca psichica sembrava aver aperto, tanto da essere sospinto, dalle sue sollecitazioni, verso nuove forme espressive. Dal mondo astrale dei teosofi, al «mediatore plastico» di E. Le´vi fino al «perispirito» di Kardec, dall’etere dei fisici alle prime discussioni sulla quarta dimensione, le questioni che dominarono all’epoca la letteratura occultistica e scientifica, vertevano tutte sull’esistenza di un mondo invisibile, parallelo e nascosto ai nostri sensi, dal quale le cose traevano energia e sul quale i fenomeni del reale si riflettevano in forme-forza sovrasensibili. Libri come l’Iside svelata della Blavatski e come tutta la letteratura che ne derivo` erano in realta` compendi in cui le scoperte delle scienze moderne erano chiamate a

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confermare i dati di un sapere antichissimo che «dimostrava» l’esistenza di un universo invisibile – presto identificato nella «quarta dimensione» – situato al di la` della ristretta visuale della percezione fisica: prima che la teoria di Einstein sviluppasse l’idea della relativita` in senso temporale (1920), la sua prefigurazione in senso spaziale si era gia` da tempo affacciata ed era stata ampiamente discussa. Nella Prefazione del suo libro sulle Forme-pensiero la Be´sant scriveva: Man mano che la conoscenza si accresce, l’atteggiamento della scienza nei confronti del mondo invisibile subisce sensibili modificazioni... L’etere fa ormai parte integrante del territorio scientifico, e non e` piu` una semplice ipotesi... I raggi Ro¨ntgen hanno trasformato alcune delle antiche idee a proposito della materia, mentre il radio le ha rivoluzionate ed ha trascinato la scienza vera al di la` delle frontiere dell’etere fino ai confini del mondo astrale1.

Universo visibile e universo invisibile sembravano coesistere l’uno a fianco dell’altro, sembravano interpenetrarsi l’un con l’altro come diversi piani coesistenti, collegati da un mediatore impalpabile, l’etere, invisibile legame tra le cose. La nostra materia, secondo la scienza e secondo le scienze occulte, diveniva «semplicemente» un involucro o, anche, il confine del mondo invisibile, fatto coincidere ora con il mondo astrale dei teosofi ora con la quarta dimensione: la dimensione dell’infinito, che l’occhio umano non sa cogliere, se non nei casi di soggetti particolarmente sensibili o sensitivi. Oggi, i sapienti – scriveva Apollinaire nel presentare la pittura cubista – non si attengono piu` alle tre dimensioni della geometria euclidea. I pittori sono stati portati naturalmente e, per cosı` dire, intuitivamente, a preoccuparsi di nuove misure possibili dello spazio che, nel linguaggio figurativo dei moderni, si indicano tutte insieme brevemente col termine di quarta dimensione [...]: essa rappresenta l’immensita` dello spazio, che si eterna in tutte le dimensioni in un momento determinato. E` lo spazio stesso, la dimensione dell’infinito, che da` plasticita` agli oggetti [...] questa astrazione, «la quarta dimensione» non e` stata che la manifestazione delle aspirazioni, delle inquietudini d’un gran numero di giovani artisti, che s’interessarono alle sculture egiziane, negre e oceaniche, meditarono le opere scientifiche, sperando in un’arte sublime [...]. Volendo raggiungere proporzioni ideali, non accontentandosi di quelle umane, i giovani pittori ci offrono opere piu`

1

A. Besant, Les formes-pense´es, cit., pp. 3-4.

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cerebrali che sensuali. Si allontanano sempre di piu` dall’antica arte d’illusioni ottiche e di proporzioni locali per esprimere la grandezza delle forme metafisiche. E` per questo che l’arte attuale, pur non essendo l’emanazione diretta di credenze religiose determinate, presenta molti caratteri della grande arte, vale a dire dell’arte religiosa2.

Questa aspirazione, tendenzialmente religiosa ma anticlericale, trovava, nella ricerca psichica, un fertile campo per l’immaginazione artistica e, nelle idee della teosofia, una formulazione particolarmente accattivante, capace, come aveva scritto Ferrando, su «La Voce»3, di «essere... una grande ispiratrice ed eccitatrice di energie» e, «col suo ideale altissimo», di «esercitare un’influenza notevole su molte anime di pensatori e di artisti». Anche una sinteticissima panoramica da` ragione di queste affermazioni. Sappiamo, ad esempio, che, attorno al 1904, mentre si teneva ad Amsterdam una grande mostra internazionale di pittori teosofici (mostra che concludeva un lungo ciclo di conferenze sull’arte tenute in tutta Europa) il gruppo di Hilma af Klint produceva gia`, attribuendoli a forme di ispirazione medianica, quadri di un simbolismo fortemente astrattizzante. Sappiamo che Munch, a Berlino, studio` il libro di Aksakov, Animismus und Spiritismus (cit.) e che questa lettura lascio` tracce profonde sui suoi quadri: linee ondulate e filamenti e aure che avevano un immediato significato psichico. Sappiamo che Kandinskij, a Monaco e a Berlino, frequento` le conferenze di R. Steiner; che, a Parigi, ebbe contatti con la rivista esoterica «Tendences nouvelles» e che, dalle esperienze maturate in quegli anni, trasse l’ispirazione per dipingere, nel 1910, il primo acquarello astratto e per scrivere un libro che avra` grandissima influenza sulle formulazioni artistiche degli anni a venire: U¨ber das Geistige in der Kunst, del 1911. Kupka, occultista e medium, lettore di Steiner, di Besant e Leadbeater (citati nei suoi taccuini) sara` uno dei primi artisti che cerchera` di rendere pittoricamente le realta` invisibili della dimensione soprasensibile. Nel 1908, entro` a far parte della Societa` Teosofica Piet Mondrian, che si ispiro` agli insegnamenti teosofici per dipinti come Girasoli, Calle, Giglio tigrato, Evoluzione, Devozione4. Tra il 1910 e il 1912, si costituiranno due gruppi dalle forti ascendenze esoteriche 2

Da G. Apollinaire, Me´ditations esthe´tiques. Les peintres cubistes, Paris 1913. Traiamo la citazione da M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 345 sgg. 3 G. Ferrando, La Societa` Teosofica, in «La Voce» I, n. 14, 18 marzo 1909, pp. 1-2; e n. 17, 8 aprile s. a., pp. 1-2. 4 Cfr. F. Menna, Mondrian. Cultura e poesia, Roma, Ed. dell’Ateneo, 1962, passim e Okkultismus und Avantgarde, cit., con vasta bibliografia.

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e, spiritualistiche: il Blaue Reiter e la Section d’or. Il primo, fondato a Monaco da Kandinskij e da Franz Marc (di cui fecero parte anche Macke, Jawlenski e piu` tardi, Feininger e Klee), volle praticare un’arte dell’interiorita`, basata sul contatto con le potenze rigeneratrici della natura, sulle affinita` tra musica e pittura. Il secondo, nato a Parigi, fu una sorta di declinazione esoterica del cubismo, attorno alla quale, per un certo periodo, ruotarono Kupka e Metzinger, Picabia e La Fresnay, Le´ger e Duchamp. Con intenti panteistici e spiritualistici, evolveva intanto la pittura di Delaunay, quel cubismo definito «orfico» da Apollinaire5, che produrra` gli studi sulla dissoluzione della forma nella luce e, attorno al 1912, la serie delle Formes circulaires, volte a rappresentare nell’archetipo del cerchio, attraverso il contrasto dei colori dello spettro solare, il ritmo e il dinamismo delle forze che animano l’universo6. Nel 1911, infine, in un manicomio di Varsavia, moriva Konstantinas Ciurlionis, l’artista lituano che forse era stato il vero, isolato precursore di una pittura che da matrici simboliste (Le ore del giorno e Il pensiero, 1905) aveva puntato decisamente verso l’astrattismo «metafisico» (L’estate, 1907 e Sonata delle stelle, 1908). L’influsso della teosofia e dell’antroposofia, dello yoga, delle dottrine rosicruciane e massoniche, si faceva sentire anche nel campo della fotografia, del cinema e della danza (da Loı¨e Fu¨ller a Rudolf von Laban, da Mary Wigman a Isadora Duncan, dalla euritmia di R. Steiner alla me´tachorie di Valentine de Saint-Point7). E anche dell’architettura, nella progettazione di edifici «ideali», che rispecchiavano un anelito utopico (non estraneo neppure a Sant’Elia) e, talvolta, una rappresentazione teosofica del mondo: Wenzel Hablik, Hermann Obrist, e anche piu` noti architetti come Berlage e Bruno Taut si servirono di proporzioni numeriche, di volumi e forme spaziali suggerite dall’occultismo8. 5

Nel 1919, in occasione della mostra tenuta da Duchamp alla Galleria Sturm di Berlino. La teoria di Delaunay fu polemicamente contrastata da Boccioni, che rivendicava a se´ l’introduzione del «dinamismo» nella pittura europea. 7 Che pero` Marinetti considero` un insieme di «astrazioni danzate ma statiche, aride, fredde e senza emozione», dichiarando di preferire, alla me´tachorie, «Loı¨e Fuller e il cake-walk dei negri», piu` aderenti a «quell’ideale di corpo moltiplicato dal movimento che noi abbiamo sognato da molto tempo» (Manifesto della danza futurista, 8 luglio 1917). 8 Cfr. G. Lista, Loı¨e Fuller oder die Macht des Geistes e P. Witzman, ‘‘Dem Kosmos zu geho¨rt der Tanzende’’ – Der Einfluss des Okkulten auf den Tanz, in Okkultismus und Avantgarde, cit., pp. 588 sgg.; E. Casini Ropa, La danza e l’agitprop. I teatri non teatrali nella cultura tedesca del primo Novecento, Bologna, Il Mulino, 1988; B. M. Wolter, ‘‘Die Kunst ist eine Auffu¨hrung des kosmischen Dramas”. Architekturvision und Bu¨hnenreform 1900-1915 e B. Apke, “Gehe hin bilde dieses!” Die Bedeutung der Visionen Herman Obrists fu¨r sein ku¨nstlerisches Werk, in Okkultismus und Avantgarde, cit., pp. 654 sgg. 6

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Gia` gli esordi simbolisti di alcuni pittori futuristi – di Boccioni, di Romani, di Russolo, di A. Martini e di Ferenzona (il quale si autodefiniva «pittore dei rosacroce» e, fra il 1906 e il 1909, era stato in amicizia con Severini e Boccioni9, – recavano traccia di simili aspirazioni, destinate a segnare in maniera determinante alcune biografie. Pensiamo, per esempio, a Luigi Russolo, compositore, musicista, inventore di originali strumenti (gli «intonarumori») e last but not least, anche pittore. Il suo percorso ci sembra esemplare di una parabola che dalle estreme propaggini del simbolismo tardoromantico porta nella modernita` un talento visionario, una sorta di vocazione negromantica e decadente. Russolo, nelle prime acqueforti, inizio` col rappresentare i temi del misticismo gotico e demoniaco (Trionfo della morte, Nietzsche e la pazzia e Tentazione), ispirandosi spesso a Ensor a Rops come a Huysmans (Maschere, Citta` addormentata, e Carezza/morte). Nell’Autoritratto con teschi, del 1909-10, meditazione sulla soglia di un incubo infestato dai demoni, il suo viso terrorizzato appare in mezzo a orribili visioni, nelle quali si e` voluto 10 vedere il risultato di una prassi occultistica volta alla veggenza . Ma gia` nell’olio L’uomo morente, ne I vinti, nel pastello Luce si affacciano raggi luminosi che rimandano alla rappresentazione di forze astrali, mentre le pennellate si fanno lunghe e sinuose come a evocare onde e vortici. Buzzi, di cui conosciamo l’attitudine spiritualista, cosı` descriveva Russolo e i suoi quadri in uno scritto del gennaio 1918, Russolo ferito: Donde passava, co’ suoi scarponi chiodati, era uno scroscio di faville che somigliava a un alone. Ma gli e` che il suo cervello ci metteva l’aureola delle scintillazioni geniali. [...] Chi avrebbe indovinato nell’ufficiale portentoso, irrigiditosi lassu` in una robustezza di barba e membra ciclopiche, il flessibile Russolo elettrico di quaggiu` che dipingeva atmosfere azzurre concentriche di musica con guizzi di penello inafferrabili e dirigeva orchestre di «intonarumori» in teatri mondiali con gesti che richiamavano quegli degli Spiriti evocati dalla lingua di Swedenborg?11.

Adepto dell’occultismo ed astronomo, in verita` Russolo amava essere 9

Roul Dal Molin Ferenzona (1879-1946), pittore e incisore, fu anche poeta simbolista e scrisse «Innografie, relazioni di esperienze, trascrizioni di situazioni mitologico-religiose, testi tutti riferiti a una ritualita` ermetica»: tra l’altro, La Ghirlanda di Stelle (Roma, Concordia, 1912); Zodiacale, (Roma, Ausonia, 1919); A o B. Enchiridion notturno (Livorno, Bottega d’Arte, 1923). Su di lui, G. Viazzi, in Dal Simbolismo al De´co, cit., pp. 267 sgg. 10 G. Lista, Okkultismus und Avantgarde, cit., p. 435 e G. Maffina, L’opera grafica di Russolo, Varese, 1977. 11 Lettera del gennaio 1918, in Archivi del Futurismo, cit., I, pp. 377.

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12 considerato un artista scienziato. Nel libro Al di la` della materia , egli spiega, citando De Rochas, Morselli, Mesmer, Charcot, le sue convinzioni, ispirate alla filosofia indiana e alle scienze segrete. Le linee, le aure, le visioni che animano i suoi quadri, non possono essere confuse con semplici simboli, ma alludono a realta` ulteriori. In Ricordi di una notte (1911), egli rappresenta un momento di ipermnesia, in un affollarsi di immagini mnemoniche ossessive; in Solidita` nella nebbia (1912), materializza le onde di un campo energetico; in Linee-forza di una folgore, visualizza i turbini dell’energia elettrica nell’etere; si dipinge in un Autoritratto con doppio eterico nel 1910, e, anche, in ulteriori autoritratti (ora dispersi) ove le fattezze si dissolvono ormai in Volumi dinamici di forze totalmente astratte13. Quadri come La rivolta (1911), ma soprattutto il Senza titolo del 1912 e Case+luce+cielo mostrano un succedersi di piani, un dipanarsi di percorsi attraverso luoghi «astratti» della memoria e dell’immaginazione metafisica. Il grande quadro del 1911, La Musica, nel quale Carra` volle vedere le maschere medianiche degli spiriti dei grandi compositori, ha comunque la suggestivita` di un’evocazione, in cui la musica appare, sinuosa spirale, come un elemento di fascino occulto. Dal manifesto L’arte dei rumori e dal libro omonimo14 fino all’invenzione della grafia enarmonica15, dai concerti al The´aˆtre des Champs Elise´es (contestati pero` dai dadaisti) a quelli presso il Teatro della Pantomima futurista, le sue idee e i suoi concerti furono salutati con entusiasmo da Stravinskij, da Ravel, da Diaghilev, da Casella e De Falla. A Parigi, tra gli estimatori, potra` contare Edgar Varese, che presentera`, nel 1929, un suo importante concerto. Dopo allora, Russolo fara` pero` perdere le sue tracce. Si trasferira` in Spagna, per dedicarsi agli studi di occultismo «sempre piu` attratto da ricerche esoteriche e da studi sul paranormale, tanto che gli si attribuira` anche la qualifica di guaritore»16. Segnaliamo qui, per inciso, che anche la vita di Valentine de Saint-Point, altro personaggio di spicco tra i futuristi, conoscera` un simile epilogo: dopo essersi convertita all’Islam, posta la residenza al Cairo, la Saint-Point, attorno agli anni Trenta, dive-

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Milano, Bocca, 1938. Cfr. Archivi del Futurismo, cit., II, pp. 299 sgg. 14 Il primo, in volantino con la data: 11 marzo 1913; il secondo, MEP, 1916. 15 L. Russolo, Grafia enarmonica per gl’intonarumori futuristi, in «Lacerba», II, n. 5, 1 marzo 1914. 16 C. Salaris, Storia del futurismo, cit., p. 55. 13

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nuta discepola di Gue´non, trascorrera` gli ultimi anni dedicandosi alla 17 radioestesia e all’agopuntura . Anche in ambito artistico, non era dunque fuor di luogo parlare di «idealismo», nel senso indicato da Apollinaire e come aveva fatto Angelo Cecconi, in occasione della mostra fiorentina del 1913. Di fronte a quell’arte innovativa «fatta per uditivi», «per estrattori di quintessenze», per la quale il mondo visibile sembrava quasi non esistere, se non «nella creazione soggettiva», (tanto da far dire «che non vi sono idealisti piu` assoluti»18), si finisce per pensare che, agli stessi pittori, quella definizione non dovesse poi dispiacere. Infatti, lo stesso Boccioni, qualche mese prima dell’articolo di Cecconi, proprio dalle pagine di «Lacerba» aveva parlato dell’arte futurista come di un «idealismo plastico costruttivo», nato «dalle nuove certezze dateci dalla scienza». L’ideale artistico dei futuristi, spiegava Boccioni: vive di puri elementi plastici ed e` illuminato dall’intuizione di una ultrasensibilita` sorta con le nuovissime condizioni di vita createci dalle scoperte scientifiche, dalla rapidita` della vita moderna e dalla simultaneita` di forze e di stati d’animo che ne risulta19.

Ma il richiamo «idealistico» era gia` presente, in lui, almeno dal 1907: Tutto il passato – meravigliosamente grande – mi opprime, io voglio del nuovo – aveva annotato, venticinquenne, nel suo diario. – E mi mancano gli elementi per concepire a che punto si e`, e di che cosa si ha bisogno. Con che cosa far questo? col colore? o col disegno? Con la pittura?... Con tendenze veriste che non soddisfano piu`; con tendenze simbolistiche che mi piacciono poco e che non ho mai tentato? Con un idealismo che mi attrae e che non so concretare? Mi sembra che oggi, mentre l’analisi scientifica ci fa vedere meravigliosamente l’universo, l’arte debba farsi interprete del rigore poderoso, fatale, d’un nuovo idealismo positivo. Mi sembra che l’arte e gli artisti oggi sono in conflitto con la scienza. C’e` un 20 malinteso? E` vero questo che dico o mi sbaglio? . 17

Cfr. M. F. James, Esote´risme, occultisme, franc-mac¸onnerie et christianisme au XIX et XX sie`cle, Paris, Ed. Latines, 1981, pp. 231 sgg. e A. Verdier, Une e´trange arrie`re-petite-nie`ce de Lamartine: Valentine de Saint-Point (1875-1953), in «Annales de l’Acade´mie de Mac¸on», III s., t. 50, 1970-71. 18 «Lacerba», V, 50, 11 dicembre 1913. 19 Boccioni, Fondamento plastico della pittura e scultura futuriste, in «Lacerba», I, n. 65, 15 marzo 1913; poi in Pittura Scultura futurista (Dinamismo plastico, MEP, 1914; ora: Firenze, Vallecchi, 1977; p. 70). 20 Frammento del diario, 14 marzo 1907, in Archivi del Futurismo, cit., I, p. 225.

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Proprio a partire dal presupposto di un «idealismo positivo» e da quello di una ultrasensibilita` che sta per essere conquistata, basandosi sui risultati degli esperimenti effettuati per fotografare l’invisibile, Boccioni dara` forma a una concezione pittorica in cui la forma si smaterializza per effetto del movimento. L’idea che gli artisti dovessero eminentemente concentrarsi a rendere l’invisibile «che si agita dietro gli spessori» era del resto in un certo senso consequenziale in un’epoca in cui la pittura era gia` stata ampiamente superata dai mezzi tecnici di riproduzione del reale. Non a caso, da Balla e dagli artisti sopra citati, Gaetano Previati, che aveva esposto nel 1892 al «Salon della Rose+Croix» di Pe´ladan, fu considerato «il precursore in Italia della rivoluzione idealista che oggi sbaraglia il verismo e lo studio documentato del vero». Il suo divisionismo spiritualistico, le cui deformazioni e astrazioni erano in contrasto netto con la sensualita` dell’impressionismo, assumera` un’importanza basilare per la formazione della pittura futurista, e specialmente per Boccioni, il quale vide in lui il primo esempio italiano di una pittura dello stato d’animo. Anche Prampolini, avrebbe, piu` tardi, elogiato la pittura di Previati, ove la luce trionfa come musica, e la forma diviene immateriale, veste trasparente dell’anima cosmica21. Previati, scriveva Boccioni: ha intuito che lo stile incomincia quando sulla visione si costruisce la concezione [...] Si potrebbe dunque chiamare Previati un impressionista cerebrale che costruisce quadri in cui il materiale quasi completamente tradizionale (cristi, vergini, eroi, episodi storici, ecc.) si rinnova nell’unita` impressionistica della sua forma-stato d’animo e colore-stato d’animo. [...] Oggi, di fronte all’idealismo plastico verso il quale e` febbrilmente tesa tutta la forza artistica della nostra gioventu`, Previati si erge come un grande maestro del passato22.

Le valenze visionarie di questo «idealismo plastico» condurranno in breve lasso di tempo al «trascendentalismo fisico» di Boccioni, corrispettivo del «superfisico naturale» della metapsichica. 21

E. Prampolini, La X Esposizione Internazionale di Belle Arti a Venezia, in «L’Orifiamma», 12, Ferrara, 7 luglio 1912 (cfr. G. Lista, Futurismus und Okkultismus, cit., pp. 432. sgg.). 22 U. Boccioni, Esposizioni collettive di Gaetano Previati e Carlo Fornara, in «Gli avvenimenti», II, n. 14, 26 marzo – 2 aprile 1916, nella rubrica di “Arti plastiche”, ivi tenuta da Boccioni; ora in Archivi del Futurismo, cit., pp. 22-23. Qualche cosa di simile scriveva Prampolini, quando dichiarava che bisogna apprezzare Picasso per la «prevalenza dell’elemento psichico (cubismo) anziche´ fisico (impressionismo)» per la volonta` di dare una «arte di concezione, non di rappresentazione» (Picasso, in «Noi», giugno 1917; ora Archivi del Futurismo, cit., I, p. 223).

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Di tutti questi temi, troviamo gia` accenno nel primo Manifesto dei pittori futuristi, ove si annuncia che: il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanita` mutamenti tanto profondi da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro [...]. Come i nostri antenati trasmisero materia d’arte dall’atmosfera religiosa che incombeva sulle anime loro, cosı` noi – dicono i futuristi –, dobbiamo ispirarci ai tangibili miracoli della vita contemporanea,

dunque «alla ferrea rete di velocita` che avvolge la Terra, alle Dreadnought, ai voli meravigliosi» – ma anche «alla lotta spasmodica per la conquista dell’ignoto». Queste riflessioni diverranno piu` chiare nel Manifesto tecnico della pittura futurista, che svela chiaramente a partire da quali assunti si muovesse l’«ultrasensibilita`» futurista: La nostra brama di verita` non puo` piu` essere appagata dalla Forma ne´ dal Colore tradizionali. Lo spazio non esiste piu`: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non appare forse incastonata nel disco solare? Chi puo` credere ancora all’opacita` dei corpi, mentre la nostra acuı`ta e moltiplicata sensibilita` ci fa intuire le oscure manifestazioni dei fenomeni medianici? Perche´ si deve continuare a creare senza tener conto della potenza visiva che puo` dare risultati analoghi a quelli dei raggi X? [...] I vostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle piu` radiose visioni di luce. Le ombre che dipingeremo saranno piu` luminose delle luci dei nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei musei, saranno il giorno piu` fulgido contrapposto alla notte piu` cupa.

Il richiamo all’occulto era qui esplicitato in maniera diretta e riconoscibile, attraverso l’allusione alle sedute spiritiche, il riferimento a una «potenza visiva che puo` dare risultati analoghi a quelli dei raggi X», a «radiose visioni di luce», a «ombre [...] piu` luminose delle luci dei nostri predecessori». Anche il passo relativo all’interpenetrazione degli oggetti e delle loro atmosfere, che ha fatto tanto discutere23, diviene comprensibile se proiettato su un piano di realta` «sottili», di emanazioni vibratorie (luminose, coloristi23

«I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, cosı` come il tram che passa entra nelle case, le quali a loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano».

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che, di linee dinamiche) che si espandono nell’«astrale». «Vogliamo cercare nelle inconsce necessita` della vita, affermera` Boccioni, nel come esse si manifestano, le leggi per una nuova – completamente nuova – coscienza plastica»24. Il retroterra di tali convinzioni costituira`, in ambito visivo, il punto di partenza di ricerche assai diversificate, alcune delle quali lontane dalla pratica artistica «pura». Tra le piu` interessanti, e` quella avviata, nel campo della «fotodinamica», da A. G. Bragaglia, il quale, come Balla e come Russolo, «come Severini e come Boccioni», nutrı` interesse per «il pensiero neo-ermetico tanto diffuso nell’avanguardia storica»25. Il volume Fotodinamismo futurista26, nato dagli esperimenti condotti da Anton Giulio insieme al fratello Arturo, a partire dal 1910, con l’aiuto finanziario di Marinetti, esponeva le basi teoriche di quella che avrebbe dovuto essere una nuova forma d’arte, la «fotodinamica», appunto, la quale intendeva esplicitamente collocarsi entro il solco del futurismo27. L’attivita` fotografica di Bragaglia, che in seguito si sarebbe occupato anche di cinema e di teatro, fu particolarmente intensa nel periodo 1911-13, e incontro`, ai suoi inizi, il favore dei futuristi, i quali presenziarono alle sue conferenze e alla mostra allestita a Roma, nel marzo del 1913. Alla terza ristampa, sebbene annunciato su «Lacerba» e patrocinato da Marinetti, il libro fu pero` sconfessato dal gruppo dei pittori, e soprattutto da Boccioni28, il quale sosteneva che la 24

U. Boccioni, Che cosa ci divide dal Cubismo, in Pittura scultura futuriste, MEP, 1914 (Firenze, Vallecchi, 1977, p. 66). 25 Cosı` M. Calvesi nel volume di A. G. Bragaglia, Fotodinamismo futurista, con un regesto di Antonella Vigliani Bragaglia, saggi di M. Calvesi, M. Fagiolo, F. Menna e un’Introduzione di G. C. Argan, Torino, Einaudi, 1970, p. 179. 26 Nalato, Roma, s. d., con sedici tavole: la prima ed. e` del 1911, come confermato anche da C. L. Bragaglia (La fotodinamica, ora in Intorno al futurismo, a c. di A. Borghese e S. Illuminato, Catalogo della Mostra, Roma 16 nov. – 31 genn. 1992, Roma, De Luca, 1991, p. 57); seconda e terza edd. 1912 e ’13. Ora in Fotodinamismo futurista, Torino 1970 cit. (a questo ci riferiamo nelle nostre citt.). 27 Scrive Bragaglia: «Il concetto della Fotodinamica mi fu ispirato dal Manifesto tecnico dei Pittori Futuristi» (La fotodinamica, cit., par. 1). 28 L’annuncio della pubblicazione venne dato su «Lacerba» (I, n. 13, 1 luglio 1913 e successivo). L’attivita` di Bragaglia sembra aver avuto l’appoggio di Marinetti – che presento` la mostra alla sala Pichetti di Roma (nel 1912) – e dei futuristi fino all’estate del ’13 (cfr. regesto di A. Vigliani Bragaglia, in Fotodinamismo, cit. e lettera di Marinetti a Soffici, luglio 1913, in Archivi del Futurismo, cit., II, pp. 283-84). Il 1 ottobre 1913, usciva pero` su «Lacerba» un AVVISO: «Data l’ignoranza generale in materia d’arte, e per evitare equivoci, noi Pittori futuristi dichiariamo che tutto cio` che si riferisce alla fotodinamica concerne esclusivamente delle innovazioni nel campo della fotografia. Tali ricerche puramente fotografiche non hanno assolutamente nulla a che fare col dinamismo plastico da noi inventato, ne´ con

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fotografia non poteva essere considerata arte, in quanto prodotto di un mezzo meccanico che avrebbe ridotto l’intuizione poetica del dinamismo a 29 una riproduzione schematica degli stati del movimento . Il lavoro di Bragaglia, (come egli stesso si premurava di chiarire30) presentava tuttavia alcune sostanziali differenze rispetto agli studi cronofotografici di Marey e Muybridge, che vertevano sulla scomposizione del moto in sequenze di fotogrammi: ispirandosi piuttosto a Bergson, con intenti e moventi piu` spiritualistici che tecnici, Bragaglia insisteva sul tema della riproduzione del «flusso», sul «movimento come sublimazione della corporeita` attraverso la visualizzazione dell’incorporeo», preoccupato di «rendere cio` che superficialmente non si vede [...], le trascendentali qualita` del reale»31. I problemi di datazione relativi ai testi e all’attivita` di Bragaglia32, interessanti soprattutto se messi in relazione con la produzione pittorica di Balla, sono, dal nostro punto di vista, secondari rispetto alla peculiarita` di una ricerca che volle soprattutto rendere «lo spirito del gesto», il «mistero» della realta`, «ricca di magnifiche, riposte profondita` e di molteplici fonti emotive per le quali e` fatta indicibile e inafferrabile». La Fotodinamica [...] compie opera trascendente la condizione umana, cosı` da divenire essa stessa una fotografia trascendentale del movimento. [...] Noi ricerchiamo la pura essenza delle cose: il puro movimento e preferiamo tutto in moto, perche´, nel moto, le cose dematerializzandosi, si idealizzano, pur possedendo ancora, profondamente, un forte scheletro di verita`33.

Ancora una volta, l’idealizzazione del reale sembrava andare di pari qualsiasi ricerca dinamica nel dominio della pittura, della scultura e dell’architettura». Firmato: «I pittori futuristi Boccioni Balla Carra` Severini Russolo Soffici». L’azione era probabilmente ispirata da Boccioni, il quale gia` aveva raccomandato a Sprovieri (cfr. lettera del 4 sett. 1913, in Archivi, cit., I, pp. 287-88) di escludere «qualsiasi contatto con la fotodinamica di Bragaglia», definendo il libro «grafomania di un fotografo positivista del Dinamismo sperimentale». 29 Molti degli articoli apparsi su periodico immediatamente prima della pubblicazione del libro di Bragaglia, insistevano nell’apparentare la fotodinamica a quanto andava contemporaneamente sperimentandosi, in campo fotografico, in Inghilterra e in America (cfr., ad es., N. Pascazio, Che cos’e` il fotodinamismo, in «Humanitas», 25 maggio 1913, in Fotodinamismo, cit., p. 141). 30 Cfr. Fotodinamismo, cit., par. 23 sgg. 31 Ivi, pp. 16-17. 32 Cfr. M. Calvesi, Dinamismo e simultaneita` nella poetica futurista, Milano, 1967, poi ripreso in Le fotodinamiche di Anton Giulio Bragaglia, in A. G. Bragaglia, Fotodinamismo, cit., pp. 167 sgg. 33 Fotodinamismo, cit., par. 7 e 28 (c.vo nostro).

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passo con la sua «spiritualizzazione». In polemica con il metodo cronofotografico, Bragaglia specificava dunque che il suo concetto di dinamismo – malcompreso da Boccioni – vedeva nel dipanarsi del movimento la «sintesi di tutto il gesto e la significazione del tempo in cui questo... visse» (par. 18): dunque non le «cento braccia che composero il gesto», non «la precisa, meccanica, glaciale ricostruzione della realta` » ma la sintesi spaziotemporale che la traiettoria del movimento rappresenta. Lo smaterializzarsi delle figure sulla pellicola o sulla lastra, non aveva dunque come fine la semplice «suggestione» spiritica o la dimostrazione dell’essenza immateriale del movimento. Esso era, soprattutto, il riflesso di una realta` invisibile, colta e manifestata dalla fotografia: visualizzava lo sprofondare delle figure in una dimensione parallela, non immobile ma fluente, come lo e` quella del tempo, in cui gli oggetti sono risucchiati, a loro insaputa, man mano «smaterializzandosi» per effetto della loro intrinseca deperibilita`. In questo senso, l’evanescenza della traiettoria («segno» dell’incontro dello spazio con il tempo) manifestava la progressiva separazione della figura «dalla propria materia» e il suo «divenire sempre piu` diafana, imprecisa», coincidendo con il suo divenire «quasi [...] spirituale». La fotodinamica, nelle migliori realizzazioni (il Ritratto polifisionomico del poeta futurista Luciano Folgore, 1913; Un gesto del capo, 1911; L’inchino, 1911; Salutando, 1911; L’uomo che cammina, 1911 e L’uomo che si leva, 1912; Facendo un giro, 1912; Mano in moto, 1911), in opposizione alla cronofotografia, testimoniava lo sprofondare delle cose nel tempo, e cosı` si apparentava, non tanto per analogia visiva quanto per il suo consapevole situarsi in una «zona» in bilico tra due dimensioni, alle fotografie di fantasmi di cui a lungo la ricerca psichica si era occupata34. Di fantasmi, Bragaglia stesso aveva parlato in un articolo pubblicato su

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Per quel che riguarda la fotografia spiritica, le “apparizioni” di spiriti e anche l’impronta energetica impressa nell’‘‘etere” dalle emozioni umane, cfr. la ricca documentazione in E. Morselli (Psicologia, cit., passim), che riferisce dei «ritratti spiritici» di Katie King ottenuti da Crookes e dei primi esperimenti compiuti in Italia ad opera di Damiani. La fotografia di fantasmi fu un genere diffuso, all’inizio del secolo. Si incontrano articoli sul tema, accompagnati da prove di impressionamento su lastra, in riviste come «La fotografia artistica» o «Il dilettante di fotografia» e in molti periodici di scienza divulgativa. Per uno studio della fotografia spiritica e “animica”, cfr. H. Baraduc, L’aˆme humaine, ses mouvements, ses lumie`res et l’iconographie de l’invisible fluidique, Paris, Ed. Carre`, 1896, e E. Santini, Photographie des effluves humaines, Paris, 1906 (discussione storica e teorica). Ultimamente: M. Marchesi, Occultismo e fotografia in Italia 1839-1913 (tesi di laurea in Psicologia dell’arte al DAMS di Bologna, 1993).

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35 «Humanitas», I fantasmi dei vivi e dei morti , in cui citava le piu` note fonti della letteratura occultistica e scientifica (Aksakov, De Rochas, Flammarion, la Blavatski, Papus), per spiegare la costituzione dei corpi invisibili dell’uomo (eterico, astrale, mentale), e riproduceva, a fianco di «trucchi» fotografici da lui stesso realizzati, numerose fotografie «spiritiche»36, «le quali, spesso, son meno convincenti dei trucchi». Tuttavia, Bragaglia credeva alla possibilita` di quelle apparizioni, credeva nella reincarnazione, non nascondeva la sua vocazione panteista (che si tradurra`, nel ’15, nella rivista «La Ruota»37) e pubblico` anche articoli e brevi testi di carattere astrologico e di argomento esoterico38. A un registro magico, arricchito di valenze surreali, ironiche e giocose, si ispirera` anche per film come Thaı¨s (il cui titolo francese era Les Posse´de´s), Il mio cadavere, Perfido incanto e Mimodramma di moderna magia39. Nel 1930, dimenticata la polemica del ’13, morto ormai da tempo Boccioni, che della fotodinamica era stato il piu` acceso oppositore, Marinetti «rilancera`» alcune delle idee ispiratrici di Bragaglia nel manifesto La fotografia futurista40, con l’intento di «far sempre piu` sconfinare la scienza fotografica nell’arte pura e favorirne lo sviluppo nel campo della fisica, della

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Sul quale la datazione e` incerta: Verdone, Cinema e letteratura, cit. lo datava al 1910; la Vigliani Bragaglia e Calvesi all’aprile del 1914; la copia da noi visionata alla Nazionale di Roma e` siglata, dalla Biblioteca, “nov. 1913”. Cfr. anche l’art. La fotografia dell’invisibile, ivi, 21 dic. 1913. 36 E tratti, per la maggior parte, dal libro di E. Imoda, allora fresco di stampa: Fotografie di fantasmi, Torino, Bocca, 1912. 37 «La Ruota. Rivista mensile illustrata per la gioventu`», «periodico mensile panteista degli animali, delle piante, dei cieli, delle cose sommerse, delle cose sepolte, delle montagne, delle acque, delle nuvole, delle stelle, della luce, della notte», fondata e diretta da A. G. Bragaglia. La testata, disegnata da Prampolini, portava il fregio di un pavone con la coda spiegata: «summa ermetica dei colori unificati nella luce» (cosı` M. Fagiolo in Fotodinamismo, cit., p. 202). Tra i collaboratori: D’Annunzio, Maeterlinck, Pirandello, la Serao, Kilpling, Prampolini, Cambellotti, Sartorio. 38 Cfr. Alcune grandi invenzioni moderne nel 1600 e nel 1770 e Nell’anno 2000, in «La Patria», rispett. 26 gennaio e 2 febbraio 1913, in cui Bragaglia sostiene che cio` che e` magia oggi sara` scienza domani. Si ha notizia inoltre di un «libretto di profezie» pubblicato nel ’15 in veste di «contessa Aurelia» (M. Fagiolo, loc. cit.). 39 Per una breve sintesi delle trame, cfr. il regesto cit., in Fotodinamismo, cit., pp. 144-45. Ricordiamo che queste pellicole rivelano spunti spiritualistici anche dal punto di vista della ricerca formale, per i viraggi di colore che rispondono a situazioni emotive, per le scenosintesi astratte di luci, forme e colori che poi diventeranno una componente fondamentale degli allestimenti teatrali di Bragaglia. 40 F. T. Marinetti-Tato, La Fotografia Futurista, Manifesto (11 aprile 1930), in «Futurismo», n. 22, 11 gennaio 1931.

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chimica e della guerra». Egli invochera` percio` la realizzazione di drammi di oggetti «immobili e mobili», drammi «di ombre di oggetti», «la spettralizzazione di alcune parti del corpo umano», «la sovrapposizione trasparente e semitrasparente di persone e oggetti concreti e dei loro fantasmi semiastratti con simultaneita` di ricordo sogno», «la composizione di paesaggi assolutamente extraterrestri, astrali o medianici mediante spessori, elasticita`, profondita` torbide, limpide trasparenze, valori algebrici o geometrici senza nulla di umano ne´ di vegetale ne´ di geologico», collegando ancora una volta «lo sviluppo della fisica e della chimica» con la capacita` di captare le forze invisibili o quanto meno di ricrearne la suggestione. Bragaglia, dal canto suo, dopo l’esperienza cinematografica, proseguira` le proprie ricerche in campo teatrale, teorizzando e praticando una «riforma del palcoscenico» che prevedeva scenografie cromatiche non dipinte e luci «psicologiche», sulla scia di quanto era stato preannunciato nel manifesto del Teatro di Varieta`41. Il suo Teatro degli Indipendenti, a Roma, ospito` allestimenti d’avanguardia che daranno largo spazio all’astrattismo teatrale e agli esperimenti di traduzione visiva della musica: tentativo di realizzare l’«idealismo» attraverso l’abolizione del personaggio umano e la valorizzazione di forme, atmosfere, colori, suoni, ai quali, come a «equivalenti emotivi», veniva affidata la rappresentazione di pensieri e di stati d’animo. Il nome di Bragaglia, ormai non piu` «futurista» ma pur sempre strettamente legato al movimento di Marinetti, si collega pure, nell’ambiente romano degli anni Venti, a due singolari personaggi, dei quali egli fu attivo sostenitore: Vinicio Paladini e Achille Ricciardi, che svilupparono entrambi, in direzioni diverse, la spiritualita` avvenirista dei futuristi. Il primo e` ricordato come fondatore dell’immaginismo (1927), corrente di derivazione futurista e di tendenze apertamente rivoluzionarie e surrealiste, la quale, nei testi teatrali e narrativi, diede largo spazio alle tematiche del sogno e dell’inconscio. Il secondo, sempre in ambito teatrale, sulla scia di Depero e del Marinetti di Lotta di fondali (pie`ce di atmosfere astratte), realizzo`, con la collaborazione di Prampolini, il Teatro del Colore: drammatizzazione cromatica, dinamica e sintetica di «puri» stati interiori, in linea con le teorie di Ginna. Nell’ambiente romano, si era applicato al teatro anche Giacomo Balla, 41

Cfr. il manifesto Sintesi visivo-musicali, pubblicato da A. G. Bragaglia con Casavola e Luciani in «Noi» (a. I, 2˚ serie, 1924) e il saggio Le sinopsie in Sottopalco. Saggi sul teatro, Osimo, Barulli e figlio ed., 1937 – XV.

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di cui fece epoca la realizzazione della scenografia e della partitura luminosa dei Feux d’artifice di Stravinskij, rappresentato nel 1917 al teatro 42 Costanzi, per i «Ballets Russes» di Sergei Diaghilev . I rapporti tra Balla e Bragaglia furono intensi, di reciproca stima e di stimolo, e anzi Bragaglia volle sempre riconoscere al maestro piu` anziano la priorita` negli studi sul movimento, benche´ quadri come Bambina che corre sul balcone, Le mani del violinista, Dinamismo di un cane al guinzaglio (tutti del 1912) siano probabilmente debitori alla fotodinamica43. L’interesse di Balla per la tecnica fotografica e per il divisionismo, una viva curiosita` per le scienze positive44, per l’astronomia e per l’ottica, si tradurranno pittoricamente in una accentuata sensibilita` per le mutazioni della luce e del colore, per le loro scomposizioni e «compenetrazioni», utilizzate, insieme al moto, come elementi di smaterializzazione degli oggetti e come «segni» di un alfabeto simbolico ed emotivo. Gia` il polittico Villa Borghese. Parco dei Daini (del 1910), collocabile ancora in periodo prefuturista, fa pensare a un tentativo di rendere la vibratilita` dell’etere, l’elemento vitale dell’aria che gli indiani chiamano prana, nella fitta trama di minuscoli cerchi chiari, mobili e sospesi dell’atmosfera. L’adesione di Balla al movimento pittorico futurista coincidera`, piu` che con la firma del Manifesto dei pittori e del Manifesto tecnico della pittura45, con il quadro, contemporaneo o di poco successivo46, Lampada ad arco, ove, facendo eco al manifesto marinettiano, Balla rappresentava la luce di un lampione, la cui sfavillante, prismatica, espansione, «uccide» il chiaro di 42

Ma Balla fu autore anche di sintesi drammatiche, tra le quali ricordiamo: Sconcertazione di stati d’animo, Per comprendere il pianto (entrambe 1916), Funerale a Piazza Termini (1918). 43 Cfr. C. L. Ragghianti, Fotodinamismo futurista, in «Selearte», n. 39, Firenze, gennaiofebbraio 1959, e Balla e la fotodinamica di Bragaglia, in «Critica d’arte», Firenze, sett 1965. Tra le fotodinamiche pubblicate da Bragaglia ce n’e` una che rappresenta Il pittore Giacomo Balla accanto al suo dipinto di un cane al guinzaglio. 44 I Taccuini attestano che negli anni torinesi (soggiorno` nel capoluogo piemontese dal 1871, anno della nascita, fino al ’95, quando si trasferı` a Roma), Balla seguiva le lezioni di Lombroso e studiava le applicazioni dei raggi Ro¨ntgen. Tra le sue letture figurano i “manuali Hoepli” e il compendio di psichiatria di Finzi, cit. 45 Su queste vicende, cfr. G. Lista, Balla, Modena, Galleria Fonte d’Abisso Edizioni, 1982 e G. De Marchis, Giacomo Balla. L’aura futurista, Torino, Einaudi, 1977. 46 Anche in questo caso, si e` a lungo discusso sulle priorita`: se il quadro di Balla abbia ispirato Marinetti o, viceversa, Marinetti si sia ispirato a Balla. M. Calvesi (Penetrazione e magia nell’opera di Balla, in Il futurismo, Milano, Fabbri, 1967) propende per anteporre il manifesto di Marinetti e data il quadro al 1911; M. Fagiolo dell’Arco (Omaggio a Balla, Roma, Bulzoni, 1967) situa la realizzazione del quadro nel 1909.

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luna. Sui manifesti, la firma di Balla era stata apposta in seconda battuta, e 47 sostituiva quella di Romolo Romani (gia` collaboratore di «Poesia»), che aveva quasi subito ritirato la propria. Su Romani, temperamento ombroso e bizzarro, frequentatore del circolo occultistico di Marzorati48, fortemente segnato dall’atmosfera del simbolismo nordico (presente peraltro anche nel Boccioni dell’incisione Beata solitudo, sola beatitudo e dei dipinti 1908-10: Il Profumo, Maestra di scena, Il lutto, Idolo moderno), non potremo soffermarci, vista anche la sua fugace adesione al movimento. E` pero` interessante ricordare il suo tentativo di fondare un’arte spirituale, ove l’immagine vale come espressione di pure sensazioni e la realta` non e` descritta ma evocata. Le sue maschere sembrano materializzazione di ectoplasmi al centro di campi di energia psichica, le cui onde occupano fisicamente tutto l’ambiente del quadro. Dai cicli dei Simboli e delle Sensazioni (1903-06) alle soluzioni geometriche di Libidine, costruito come un mandala su una simmetria a raggera, Romani arrivera` all’abbandono di ogni elemento figurativo. Ma la sua pittura psichica non sara` senza influenza su Boccioni, il quale, secondo Carra`, ne avrebbe tratto certamente ispirazione49. Nell’ambito dell’espressione del sovrasensibile, Balla non sara` da meno di Romani. Personalita` delle piu` poliedriche tra i futuristi, egli si impegno` a fondo in quell’opera di «ricostruzione dell’universo», che prevedeva la riformulazione giocosa, svincolata da troppo pressanti preoccupazioni di funzionalita`, di tutti gli aspetti e gli oggetti della vita: dal teatro al cinema, dall’arredamento, alla moda, ai «complessi plastici». In pittura, sin dal periodo tra il 1910 e il ’13, anno della mostra romana della Secessione, si dedichera`, con le «compenetrazioni iridescenti», allo studio della luce e dell’iride, in una chiave affatto particolare, non diminuita dalle evidenti ascendenze Jugendstil, che danno a queste minute «tessere» colorate, per lo piu` triangolari, una grande resa decorativa. Si e` detto, al loro proposito, che, per la forma e per l’intreccio, le compenetrazioni iridescenti rimandano all’idea, ermetica e teosofica, della coniunctio mercuriale, adombrata anche nell’iride, equivalente della coda di pavone, altro simbolo ermetico della totalita`, dell’universale legge di simpatia e di attrazione che lega gli oggetti e i fenomeni. Le «compenetrazioni» costituirebbero un discorso 47

Su queste vicende, cfr. C. Salaris, Storia del futurismo, cit., p. 34. Cfr. G. Lista, Futurismus und Okkultismus, cit. e S. Evangelisiti, Geometrien der Psyche im Werk Romolo Romanis, in Okkultismus und Avantgarde, cit. 49 «Alcuni discorsi che facevamo con Romolo Romani prendendo il caffe` ispiravano Boccioni nei suoi dipinti Quelli che vanno, Gli addii e Quelli che restano» (cfr. C. Carra`, Segreto professionale, Firenze, 1962, cit. in S. Evangelisti, Geometrien der Psyche, cit., p. 83). 48

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metafisico per «equivalenti astratti», come il manifesto del 1915, firmato da Balla e Depero, prescriveva. Ma esse possono senz’altro essere messe in relazione allo studio del movimento (cos’e` il prisma, se non un «movimento» della luce?) e degli effetti delle «vibrazioni» della luce sul colore (come nella tempera Compenetrazione iridescente radiale-vibrazioni prismatiche, del 1913), e essere lette come «accordi cromatici» con riferimento alla musica e alla trasposizione sinestetica. E` certo, comunque, che, nell’impostazione analitica di quelle composizioni, era ben presente uno spirito scientifico-positivista, attratto dal fenomeno e portato a cercare la «soluzione» su un piano confinante con l’invisibile. I contemporanei appunti dei Taccuini, echeggianti i temi dell’evoluzionismo spiritualistico e delle forze occulte, rendono conto, con sufficiente chiarezza della direzione di queste ricerche. Scriveva Balla nel 1913: L’audacissimo e temerario pittore non conosce riposo, la sua mente ricca d’esperienze, vivissima di indefinibili energie e di insaziabili ricerche sente i nostri tempi idealizzanti, evolutivi; una luce nuova, un risverglio spontaneo idealizzano il suo spirito. [...] Ma il volgo non comprendera` mai quali occulte forze alimentano la resistenza delle divine forze di colui che ha fede ideale. Non comprendera` mai la resistenza che danno le divine forze dell’ideale e della fede50.

Proprio nel 1913, il pittore intraprendeva la serie delle velocita` astratte (Velocita` d’automobile+luce, Studio per materialita` di luci+velocita`, Velocita` d’automobile+luci rumore), e dei Voli di rondine, quadri generalmente monocromi incentrati sulla scomposizione del movimento e sull’individuazione delle «linee andamentali» delle forze. Contemporaneamente, dagli studi astronomici, nasceva il ciclo Mercurio passa davanti al Sole visto col cannocchiale (1914), serie di meditazioni sulla traiettoria della luce e visualizzazione di forze cosmiche: temi che saranno trattati ancora, negli anni successivi, con le Orbite celesti (ma gia` alcuni lavori su velocita`+spazio e sugli Spessori d’atmosfera facevano pensare a ritmi planetari) e con gli studi sul Dinamismo astrale. Dal 1915, Balla iniziera` poi una serie di quadri astratti dai colori squillanti, intitolati a stati d’animo o a situazioni cariche di emotivita`. I primi erano ispirati, allora, all’interventismo, e erano pervasi da un impeto declamatorio al quale non doveva essere estranea la vicinanza di Marinetti: Forme grido viva l’Italia, Canto patriottico in piazza di Siena, Dimostrazione 50

In Archivi del Futurismo, cit., II, pp. 49-50.

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interventista in piazza del Quirinale, Sbandieramento+folla. Col tempo, tuttavia, il pittore si distacchera` sempre piu` dagli eventi contingenti, per dipingere stati psichici o conflitti interiori, secondo un «astrattismo» psicologico. Pensiamo a quadri come Composizione astratta di stati d’animo e Sensazioni d’ametista (1918), Idealfiamma (1925), Un mio istante (1928), dove il messaggio e` affidato a campiture omogenee, all’interpenetrarsi di forme convesse, concave e acute, con una corrispondenza sentimento-colore che ci sembra talvolta straordinariamente coincidente con la «campionatura» proposta da Besant e Leadbeater. Piu` contemplativi e idealizzanti saranno senz’altro i bozzetti per i costumi e le scene del balletto Primavera. Ma e` attorno al 1918-20, con dipinti come Trasformazione forme spiriti o Sensibilita` che si trasforma nello spazio spiritico, che la «maniera» di Balla diviene dichiaratamente aderente a un immaginario di stampo spiritualistico e teosofico: forme triangolari, eteree (simili a quelle «visualizzate» da Dottori in Forze ascensionali, del ’23 o nella Famiglia Marinetti del ’32, dove alludono a influenze planetarie di tipo «astrologico), si proiettano verso lontananze celesti ove gravitano mondi spirituali (non aveva scritto Kandinskij che la vita spirituale «si prospetta come un gran triangolo acuto [...] con la parte piu` acuta e piu` piccola rivolta in alto»?). Altri quadri e disegni, dedicati alle stagioni (Primaverilis, Estate, Morbidezze primaverili, Risveglio di primavera, Verso la notte, Dissolvimento d’autunno), si orchestrano su motivi cosmici di forze lineari o nembiformi che riempiono quasi tutto lo spazio del quadro. Lavori come Ispirazione del poeta o Sorge l’idea (1920), Pessimismo e ottimismo (1923), Vortice della vita (1929) e L’idea, La passione, E` rotto l’incanto, Scienza contro Oscurantismo, rappresentano ormai realta` invisibili, oggettivate in trasparenti forme-colore la cui dialettica, formale e coloristica, tende verso un assoluto spirituale. Anche gli autoritratti, sempre numerosi in Balla, sono intrisi di questa sensibilita`: da Auto-stato d’animo, del ’20, forma imbozzolata, ectoplasmatica, fino a Autobis del ’35, in cui il pittore si ritrae insieme a un suo «doppio». In quest’ultimo, era ormai acquisito il tardo ritorno entro una figurativita` «verista», che delle sperimentazioni formali conservava solo lo spessore di una «materia plasticamente sfaldata», un effetto flou che, scrive Calvesi, aveva ereditato dalla concezione futurista «l’identificazione ectoplasmatica di dinamismo-energia-materia-luce»51. Era sparita, tuttavia, l’ambientazione tipica dei quadri spiritualizzanti 51 Voce Balla in P. Hulten (a c. di), Futurismo & futurismi, Catalogo della mostra di Venezia, Palazzo Grassi, 1986, Milano, Bompiani, 1986, p. 426.

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degli anni ’18-’20: quell’atmosfera rarefatta e quasi vuota, quel «cielo» non siderale ne´ atmosferico, «astrale», piuttosto, o eterico, in cui le vibrazioni psichiche e gli eventi spirituali si riflettevano come in un magico specchio. Anche l’atmosfera dei quadri di Boccioni, del resto, non era, come nei quadri «metafisici» di Balla, limpido spazio vuoto ma, piuttosto, simile a un affollato deposito di vibrazioni intersecantisi, dominato da un colorismo e da un luminismo esasperati, attraversato da linee forza e sovrapposizioni di forme in movimento: immagine-simbolo del dinamismo universale e della simultaneita`. Alla base della resa boccioniana della simultaneita`, vi era pero` non tanto il principio scientifico della persistenza delle immagini nella retina, quanto piuttosto il postulato bergsoniano della persistenza dei contenuti nella coscienza e quello, teosofico, della loro proiezione psichica nello spazio astrale: uno spazio che l’immaginario teosofico considerava, oltre che cassa di risonanza delle vibrazioni emotive e fisiche, anche deposito di impressioni, pensieri, avvenimenti: «memoria» eterica della storia. La continuita` plastica del dinamismo boccioniano si sintonizzava con questi contenuti, in quanto riproduzione di una permanenza spaziale – nonche´ immagine di una continuita` psicologica e, in un certo senso, spirituale. E` ovvio che cio` significava, prima di tutto, sconvolgimento della visione prospettica tradizionale: sorta di «misurazione scientifica dell’apparenza», che, secondo Boccioni, arresta, «nella linea realista di costruzione freddamente razionale, letteraria e oggettiva, la linea lirica del corpo, [...] la sua linea-forza, il suo moto assoluto». La «prospettiva dell’apparenza» deve, secondo Boccioni, trasformarsi in prospettiva assoluta: cio` che normalmente e` esterno deve essere riprodotto nel suo riflettersi nella coscienza dell’ «artista veggente» e il quadro deve divenire sintesi plastica dell’oggetto («della sua espansione, della sua forza, del suo manifestarsi... nel moto delle sue forze e non nelle sue apparenze accidentali»), del moto della coscienza e del moto dell’universo. Secondo Boccioni: La costruzione plastica dell’oggetto considera il moto che l’oggetto ha in se´, sia esso in riposo o in movimento... [Ma] in realta`... esiste solo il moto, non essendo il riposo che un’apparenza o una relativita`. La costruzione plastica ubbidisce ad una legge di moto che caratterizza il corpo. E` la potenzialita` plastica che l’oggetto porta in se´ strettamente legata alla propria sostanza organica... questa potenzialita` plastica dell’oggetto e` la sua forza, la sua psicologia primordiale... Cosı` noi giungiamo ad una scomposizione dell’oggetto che non e` piu` lo schema intellettivo cubista,

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bensı` l’apparizione dell’oggetto, la sua interpretazione attraverso una sensazione infinitamente raffinata52.

Percio`, in primo luogo, Boccioni si applichera` a definire che cosa si debba intendere per «dinamismo» e come realizzarlo in pittura. Se per i futuristi l’opera d’arte non puo` limitarsi a riprodurre «l’immobile, l’agghiacciato e tutti gli aspetti statici della natura» (PCE), per Boccioni essa non puo` neanche fermarsi a registrare le diverse fasi di un movimento apparente (proprio su questo punto si basa la polemica con Bragaglia). Rifiutando la «riproduzione schematica o successiva della statica e del moto», praticata da Balla nella serie delle «velocita`» e dei «voli», egli avrebbe mirato a sorpassare la visione, in definitiva elementare, del «tempo spazializzato», cioe` ridotto a successione di attimi, per realizzare, invece, un’opera d’arte che fosse «la sintesi di quello che si ricorda e quello che si vede». Confrontando queste affermazioni con quadri come La citta` che sale (1910, con i vari bozzetti preparatori), La risata, Visioni sumultanee e La strada entra nella casa, possiamo comprendere cio` che l’artista voleva significare: mentre Balla tendeva a descrivere il moto in relazione a uno sfondo statico, Boccioni cercava di realizzare, con la sintesi plastica, una sorta di epifania assoluta, in cui l’oggetto, colto nell’insieme di tutte le implicazioni, interne ed esterne alla coscienza, fosse rappresentato nel suo profondo e intimo legame con l’universo. In questo senso, Boccioni scriveva che il dinamismo plastico, «formula astratta che comprende tutta l’idealita` del nostro tempo»53 va inteso essenzialmente come «legge generale di simultaneita` e di compenetrazione», «che fa vivere l’oggetto nell’universale»54, cioe` «nella durata», e sa «rendere plastico, concreto, attraverso un raffinamento della sensibilita`, quello che finora era considerato incorporeo, impalpabile, invisibile»55. Noi vogliamo modellare l’atmosfera – scrive Boccioni –, disegnare le forze degli oggetti, le loro reciproche influenze, la forma unica della continuita` nello spazio. Questa materializzazione del fluido, dell’etereo, dell’imponderabile; questa trasposizione nel concreto di quello che si potrebbe chiamare il nuovo infinito biologico e che la febbre dell’intuizione illumina, e` forse letteratura? [...] La nostra sensibilita` deve essere l’esponente di questi

52 53 54 55

Boccioni, Moto assoluto e moto relativo, in Pittura Scultura, cit., pp. 80-81. Cosı` Boccioni in Il cerchio non si chiude, in «Lacerba», II, n. 5, 1 marzo 1914. Boccioni, Dinamismo, in Pittura Scultura, cit., pp. 86-88. Linee-forza, in Pittura Scultura, cit., p. 95.

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sconfinati intrighi di energie: dimentichiamo percio` tutti i miserabili valori morali ed estetici [...] La teoria elettrica della materia, secondo la quale la materia non sarebbe che energia, elettricita` condensata e non esisterebbe che come forza, e` un’ipotesi che ingigantisce la certezza della mia intuizione56.

Per virtu` della nuova sensibilita`, oggetti, persone, ambienti, si riveleranno, oltre ogni apparenza, per quel che realmente sono: «simboli persistenti della vibrazione universale» (MTP)57. Descrivere un oggetto secondo il suo dinamismo, significa infatti rendere la sua essenza profonda: quella sua «forma unica della continuita` nello spazio» che rimanda alla sua realta` assoluta e ideale, alla sua forma archetipica (dira` in Dinamismo: «la formatipo che fa vivere l’oggetto nell’universale»). Queste concezioni si rifletteranno anche sulla scultura di Boccioni, convinto che si debbano far «simultaneamente agire sulla figura umana o sugli oggetti» il paesaggio e l’ambiente, ma anche che si debba partire dal nucleo centrale dell’oggetto «per scoprire le nuove leggi, cioe` le nuove forme che lo legano invisibilmente ma matematicamente all’infinito plastico apparente e all’infinito plastico interiore». «Rendendo sensibile, sistematico e plastico il prolungamento [...] degli oggetti nello spazio», la scultura trovera` nuova sorgente di emozione, quindi di stile, estendendo la sua plastica a quello che la nostra rozzezza barbara ci ha fatto fino ad oggi considerare come suddiviso, impalpabile, quindi inesprimibile plasticamente (La scultura futurista, 11 aprile 1912).

D’altra parte, ogni l’oggetto, vibrando di moto proprio e in risposta all’ambiente, «attrae» l’ambiente nella propria danza, ed entrambi, in questa visione, si rivelano partecipi della danza cosmica, la quale altro non e` che la risultante di infiniti moti vibratori. Questa visione fluida e caleidoscopica del mondo, di frammenti coinvolti in una danza perenne, magnificamente resa in dipinti come Materia, Costruzione nello spazio, Ritratto della madre (tutti del 1912), sapientissimi incastri di piani e atmosfere, di luci, ricordi, forme-colore e linee-forza in vibrazione, fu suggerita a Boccioni dalle nuove aperture della scienza, ma anche, dicevamo, dalle formulazioni dell’esoterismo teosofico. La «forza interna» degli oggetti, cui egli tanto spesso fa 56

Trascendentalismo fisico e stati d’animo plastici, in Pittura Scultura, cit., p. 140. I concetti di “vibrazione” e di vibrazione colorata erano stati gia` utilizzati da Seurat e da Signac, attorno al 1899, per spiegare il risultato pittorico del divisionismo. 57

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riferimento, non e` identificata a partire da un lucido razionalismo cartesiano, non si riduce al movimento degli atomi ne´ alla pura, essenziale armonia di un universo materiale che raggiunge nel movimento il suo punto cruciale di equilibrio quanto, piuttosto, a partire da un entusiasmo proclive a sfociare in pampsichismo («Non dimentichiamo che la vita risiede nell’unita` dell’energia, che siamo dei centri che ricevono e trasmettono, cosicche´ siamo indissolubilmente legati al tutto»). Di questo, Boccioni ci da` indizi certi. La maggior parte dei suoi scritti, 58 raccolti poi da Marinetti nell’Opera completa , pur se stilisticamente allineati con l’impostazione polemico – propagandistica inaugurata dal capo del futurismo, rispondono infatti all’ambizione di formulare un discorso che, esulando in cio` dal genere «manifesto», e` sempre comunque caratterizzato da uno sforzo di sistematizzazione, intento a definire le motivazioni teoriche e il senso della ricerca, a rintracciare i precursori e a smascherare i cattivi maestri. Nell’importante articolo pubblicato nel 1913 su «Lacerba» (Fondamento plastico della scultura e pittura futuriste59) Boccioni scriveva: bisogna considerare l’opera d’arte pittorica o scultoria come costruzione di una nuova realta` interna che gli elementi della realta` esterna concorrono a costruire per una legge di analogia plastica [...], modellare l’atmosfera come una materialita` che vive tra oggetto e oggetto, ne varia il valore plastico [...] io la sento, la cerco, l’afferro, l’accentuo nelle variazioni che le imprimono le luci, le ombre e le correnti delle forze dei corpi [...] il nostro trascendentalismo fisico e` un... primo passo verso la percezione di... fenomeni finora occulti della nostra sensibilita` ottusa, quali la percezione dell’emanazione luminosa del nostro 60 corpo di cui parlo nella mia prima conferenza a Roma e che la lastra fotografica gia` riproduce. Ora questa misurazione sensibile di cio` che sembra un vuoto, questa sovrapposizione sensibile di strati su quelle che chiamiamo cose [...] chiarisce... perche´ dal nostro oggetto partono linee o correnti infinite che lo fanno vivere nell’ambiente creato dalle sue vibrazioni. Perche´ le distanze tra un oggetto e un altro non sono degli spazi vuoti ma delle continuita` di materia di diversa intensita` che noi riveliamo con linee sensibili che non corrispondono alla verita` fotografica. Ecco perche´ nei nostri quadri non abbiamo l’oggetto e il vuoto ma solo una maggiore o minore intensita` e solidita` di spazi.

58

Opera completa, a c. e con prefaz. di F. T. Marinetti, Foligno, Campitelli, 1927. In «Lacerba», I, n. 6, 15 marzo 1913. 60 Si riferisce, probabilmente, alla «Conferenza sulla Pittura futurista al Circolo artistico di Roma» del maggio 1911, citata anche nel manifesto La scultura futurista (11 aprile 1912). 59

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Nel cap. 17 di Pittura Scultura futuriste (Trascendentalismo fisico e Stati d’animo plastici), Boccioni illustrera` la genesi di quelle affermazioni, motivandole in un’ottica «scientifica» tutta particolare: Le ultime ipotesi scientifiche – egli scriveva –, le incommensurabili possibilita` offerteci dalla chimica, dalla fisica, dalla biologia e da tutte le scoperte della scienza, la vita dell’infinitamente piccolo, l’unita` fondamentale dell’energia che ci da` la vita, tutto ci spinge a creare delle analogie nella sensibilita` plastica con queste nuove e meravigliose concezioni naturali. Intorno a noi vagano energie che vengono osservate e studiate; dai nostri corpi emanano fluidi di potenza, di attrazione o di repulsione (le categorie: simpatia, antipatia, amore, non ci interessano); le morti sono prevedute a distanza di centinaia di chilometri; i presentimenti ci animano di forza o ci annientano di terrore. Le onde hertziane portano a migliaia di chilometri attraverso gli oceani, attraverso i deserti, il febbrile pulsare delle razze. Il microbo e` inseguito nelle profondita` della materia, studiato nelle sue abitudini, fotografato e fissato nella sua infinitesima individualita`. Gli elettroni roteano nell’atomo a decine di migliaia, separati gli uni dagli altri come i pianeti del sistema solare e come questi aventi un’orbita e una velocita` inconcepibili alla nostra mente, e l’atomo e` gia` visibile ai nostri occhi e ai nostri strumenti ottici [...] Convinciamoci che se questo infinito, questo imponderabile, questo invisibile, diventa sempre piu` oggetto d’indagine e di osservazione e` perche´ nei moderni qualche senso meraviglioso va destandosi nelle profondita` sconosciute della coscienza. La nostra audacia futurista ha gia` forzato le porte di un mondo sconosciuto. Noi andiamo creando qualche cosa di analogo a quello che il fisiologo Richet chiama eteroplastica o ideoplastica. Per noi il mistero biologico della materializzazione medianica e` una certezza, una chiarezza nell’intuizione del trascendentalismo fisico e degli stati d’animo plastici61.

Fedele ancora a quella visione organicista che riconduceve l’origine dei fenomeni fisici e di quelli psichici ad un’unica forza vitale, nel solco di quanto sostenuto dai teosofi e dalla scienza tardo-positivista, Boccioni accosta e pone sullo stesso piano le «onde psichiche», sulle quali viaggiano i presentimenti, e le onde hertziane, le fotografie dell’infinitamente piccolo (i microbi) e quelle dell’infinitamente «sottile» (i «fluidi di potenza, di attrazione o di repulsione» emanati dai nostri corpi), fa «cortocircuitare» le letture scientifiche con le ricerche della Society for Psychical Research, 61

Pittura Scultura, cit., pp. 142-43. Anche M. David (La psicoanalisi nella cultura italiana, cit., pp. 351-52), ricorda che «Boccioni aveva creduto alla materializzazione degli ectoplasmi, secondo A. Besant e C. W. Leadbeater».

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delle quali si intuisce l’eco in quelle «morti prevedute a distanza di centinaia 62 di chilometri» ; fa riferimento, citando Richet, alla capacita` plasmatrice del pensiero, senza nascondere il ricordo della lettura del libro di Ginna sulla Pittura dell’avvenire63. E, anche lui, ritorna su quell’idea di una evoluzione psichico-spirituale su cui abbiamo gia` avuto occasione di soffermarci per spiegare il sorgere, nei «moderni», di una nuova sensibilita` percettiva, molto piu` sottile64. Per Boccioni, la separazione tra conoscente e conosciuto, tra Se´ e Altro da Se´ deve essere cancellata: l’artista-soggetto, nella sua concezione spiritualista, e` un ricettore di vibrazioni, una «individualita` che scompare non gia` per umilta` o per terrore, ma perche´ il suo spirito si identifica con la realta` per mostrarsi in un tutto, attraverso pure forme e puri colori divenuti simboli del dinamismo universale»65. Queste sue concezioni, del resto, si

62 Argomento che da, Phantasms of the Living di F. Myers, E. Gurney e F. Podmore, cit., fino all’allora recente libro di Pappalardo sulla Trasmissione del pensiero (Milano, Hoepli, 1902, 19133) era ancora ampiamente discusso. 63 Si confronti la citazione qui sopra con le frasi di Ginna, cit. al cap. XI tra le quali una («dipingo... il dolore stesso»), trova preciso riscontro in una lettera di Boccioni a N. Barbantini (settembre 1910): «Se potro` (e spero) l’emozione sara` data ricorrendo il meno possibile agli oggetti che l’hanno suscitata. L’ideale per me sarebbe un pittore che volendo dare il sonno, non corresse con la sua mente all’essere (uomo, animale, ecc.) che dorme, ma potesse per mezzo di linee e di colori suscitare l’idea del sonno, cioe` il sonno universale al di fuori delle accidentalita` di tempo e di luogo» (ora in da Archivi del Futurismo, cit., II, p. 37). 64 L’attenzione di Boccioni agli argomenti dell’esoterismo teosofico sembra anche confermato dal confronto dei testi. In Moto assoluto e moto relativo (Pittura Scultura, cit., pp. 80 sgg.) Boccioni scrive: «La costruzione plastica dell’oggetto considera il moto che l’oggetto ha in se´ [...] In realta`, non esiste un riposo; esiste solo il moto, non essendo il riposo che un’apparenza o una relativita`. La costruzione plastica [...] e` la potenzialita` plastica che l’oggetto porta in se´, strettamente legata alla propria sostanza organica [...] e` la sua forza [...] la sua interpretazione attraverso una sensazione infinitamente raffinata». Altrove «la sensazione dinamica» sara` definita come «il ritmo particolare di ogni oggetto, la sua tendenza, il suo movimento, o per dir meglio la sua forza interna», con rif. al suo essere «simbolo persistente della vibrazione universale» (PCE). Si confrontino queste parole con quanto si legge nell’Introd. di A. Besant a Les formes-pense´es (1905, cit.): «Il moto e` la radice di tutto: la vita e` moto; la coscienza e` moto; e quel moto che investe la materia e` vibrazione. [...] Quando l’Uno diviene i Molti, allora nasce il moto; esso e` salute coscienza, vita, quando e` ritmico e regolare, cosı` come e` infermita`, incoscienza, morte, quando e` aritmico e irregolare [...] Quest’infinito moto appare in guisa di movimenti ritmici, vibrazioni, nella materia che lo manifesta». (Parole gia` echeggiate da Corra e Ginna nel Metodo, cit. del 1910: «In natura tutto e` movimento; la materia e` essa stessa movimento, volete dunque voi rimanere inerte? Questo, e` indubitabile, sarebbe il primo disaccordo che esisterebbe tra voi e le leggi di cui voi siete la creazione»). 65 Trascendentalismo fisico, cit., in Pittura Scultura, cit., p. 137.

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possono proficuamente paragonare con quanto esposto dalla teosofia, la quale sosteneva che il pensiero: e` una [...] raffigurazione determinata da una combinazione di onde-moto, e` letteralmente una immagine. Una parte del Non-Se´ vibra, e quando il Conoscente vibra in risposta, quella parte diviene il Conosciuto; la materia palpitante tra di loro rende possibile il conoscere, mettendoli reciprocamente in contatto. [...] In questa serie di vibrazioni [...] abbiamo il concatenamento di vibrazioni attraverso il quale uno conosce l’altro. [...] Cosı` il mentale [...] ci presenta, attraverso immagini alterate, soltanto 66 combinazioni di se stesso con l’oggetto esterno .

Non vi e`, qui, una possibile spiegazione, o comunque un complemento di spiegazione, per la «compenetrazione» di oggetti e stati d’animo, di paesaggi e atmosfere? Ogni oggetto, ogni uomo, si comporta nei quadri boccioniani come un’emittente di forze, non solo perche´ le sue potenzialita` si irradiano idealmente nel prolungamento di contorni e movimenti, ma anche nel senso che le sue componenti interne e psicologiche si espandono e si ripercuotono all’esterno sotto forma di forma-colore e di linee-forza. Boccioni e` convinto che la conoscenza logica e analitica, la visione prospettica e volumetrica, devono, nella nuova pittura, lasciare spazio alla conoscenza intuitiva e alla rappresentazione dinamico-trascendentale: trascendentale perche´ dinamica, perche´ volta a riprodurre la vibrazione perenne, la simultaneita` dell’essere e del conoscere, «l’invisibile che si agita e che vive al di la` degli spessori». Le linee-forza [...] caratterizzano la potenzialita` dell’oggetto, cioe` l’intuizione della vita. [...] Le linee e i contorni esistono come forze sprizzanti dall’azione dinamica dei corpi. Sono quindi direzioni di forze plastiche (linee-forza) che fluttuano tra l’ossatura concreta del reale (intelligenza) e 67 la sua azione variabile infinita e mobile (intuizione) .

«La nostra – spiegava Boccioni – e` una ricerca del definitivo nella successione di stati d’intuizione», veramente convinto che le linee-forza e il trascendentalismo fisico esprimessero, in pittura, una verita` che nessuno, prima [...], ha scoperto: Non si tratta come tutti credono di fare una pittura astratta, intellettuale. Si tratta oltre a cio` di attuare e 66 67

A. Besant, Les formes-pense´es, cit. Che cosa ci divide dal cubismo, cit.

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rendere plastico, concreto, attraverso un raffinamento della sensibilita`, quello che finora era considerato incorporeo, implasmabile, invisibile. Con questa concezione della pittura, estrema conclusione di una sensibilita` che progredisce da millenni, l’antitesi tra idealismo e realismo pittorico e` finita. Attraverso le linee, le forme e i colori-forze l’oggetto vive nel dinamismo che e` l’intuizione evolutiva del dramma plastico. Mai la sensazione giunse a sı` alto grado da poter creare dalla visione esterna una interpretazione interna dell’oggetto, la quale, scoprendo una apparenza immanente e immobile, lo fa vivere nella durata68.

Le emanazioni, gli aloni colorati, il turbinio di forze che circondano gli oggetti, sono dunque la riproduzione intuitiva di quelle forze e forme di natura «sottile» che si muovono nello spazio (nell’etere) che circonda ad ogni essere vivente. Si possono notare nei nostri quadri – avevano spiegato i pittori futuristi –, delle macchie, delle linee, delle zone di colore, che non corrispondono a nessuna realta` ma, secondo una legge della nostra matematica interna, 69 preparano musicalmente ed aumentano l’emozione dello spettatore . Noi creiamo, cosı` in qualche modo, un ambiente emotivo, cercando a colpi di intuizione le simpatie e gli attaccamenti che esistono fra la scena esterna (concreta) e l’emozione interna (astratta). Quelle linee, quelle macchie, quelle zone di colore apparentemente illogiche e inesplicabili sono appunto le chiavi misteriose dei nostri quadri (PCE).

Infatti, chiariva Boccioni: Nello stato d’animo plastico la sensazione e` la veste materiale dello spirito. E con cio` finalmente l’artista creando non guarda, non osserva, non misura, non pesa; egli sente, e le sensazioni che lo avvolgono gli dettano le forme e i colori che susciteranno le emozioni che lo hanno fatto agire plasticamen70 te . Nella mia teoria degli Stati d’animo plastici – ribadiva – affermai che «i colori e le forme devono esprimere in se´ [...] e devono creare nel pittore degli stati di forma e degli stati di colore». Nell’affermare cio` mi basavo su questa intuizione: Ad ogni emozione sensoria corrisponde una analoga formacolore. 68

U. Boccioni, Linee-forza, in Pittura Scultura futuriste, cit., pp. 95-96. E` vero che esse, come afferma L. De Maria (in Marinetti e il futurismo, cit., p. 65, n. 1) «corrispondono alle onomatopee astratte», ma e` vero anche che, nella connotazione “musicale” e` insito un concetto di vibrazione che rimanda, oltre che al suono, anche al colore e al concetto di “forza”, concreta e immateriale, di cui si e` parlato. 70 U. Boccioni, Trascendentalismo fisico, cit. 69

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E spiegava come «su questa intuizione», si fondasse il manifesto di Carra` (La pittura dei suoni, rumori e odori ) e come egli stesso vi si fosse ispirato per la serie degli Stati d’animo. Era, ancora una volta, la rielaborazione di idee esposte nel libro sulle Forme-pensiero, la raffigurazione di cio` che accade in quel «territorio che si estende tra il mondo fisico e il mondo astrale»: la riproduzione delle «immagini astro-mentali [...] che, da un punto di vista materialistico, sarebbero il risultato delle vibrazioni della sostanza grigia del cervello», «per mezzo delle quali l’anima... cerca di esprimersi», delle «correnti invisibili che – scriveva la Besant – hanno la stessa natura della luce e di cui l’anima si serve per produrre le forme che hanno potute 71 essere colte dalla fotografia» . Questo tipo di visione non trovava forse, proprio in Boccioni, la sua piu` compiuta realizzazione? Nella serie degli Stati d’animo, (1911) alcuni quadri ripropongono la medesima scena, una stazione, animata, di volta in volta, dagli stati d’animo dei personaggi che vi transitano: Quelli che partono, Quelli che restano, Gli addii. E` stato detto che, in questi quadri, si manifesta la tendenza al simbolismo psicologico di Boccioni, il quale compie un’operazione nient’affatto nuova, limitandosi ad applicare le teorizzazioni di Signac ed a ripetere quanto gia` realizzato da Munch, il quale, ne Il grido, aveva trasposto una sensazione sonora con un espediente visivo-simbolico (linee curve sfuggenti verso l’orizzonte)72. In piu`, Boccioni avrebbe aggiunto, alla pura trasposizione simbolico-sinestetica, la riproduzione intuitivo-simbolica degli stati d’animo, nella loro successione psicologica, coerentemente a quanto ispiratogli da Bergson e proposto anche da Kandinskij, che su questo tema si era soffermato nel libro del 1911. Molto presente ci sembra pero` anche l’influsso teosofico, sia rispetto all’uso dei colori (e` interessante ricordare ancora una volta la tavola di corrispondenze pubblicata nel libro della Besant), sia rispetto alle linee che percorrono i quadri: «fili ritorti che si intersecano» per rendere «il flusso emozionale», «forte turbine» di linee nell’etere, per un «profondo sentimento di tristezza» animano la tessitura delle varie versioni degli Stati d’animo, e dei vari, 71

Si riferisce alle ricerche di H. Baraduc, pubblicate in quegli anni a piu` riprese. In particolare, de L’aˆme humaine. Ses mouvements, ses lumie`res et l’iconographie de l’invisible fluidique, gia` cit., che segnaliamo per l’interesse del materiale iconografico riprodotto, in relazione alle contemporanee elaborazioni pittoriche. 72 D’Euge`ne Delacroix a`u ne´o-impressionisme, 1899: «La dominante delle linee sara` orizzontale per la calma, ascendente per la gioia, discendente per la tristezza, con tutte le linee intermedie per rappresentare l’infinita varieta` di tutte le altre sensazioni», cit. in Calvesi, Il Futurismo, cit., pp. 68 sgg.

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interessantissimi bozzetti preparatori, attraversati da linee violentemente 73 contorte che sconvolgono, come turbini affettivi, tutta la scena . Erano, quei quadri, il risultato dei primi seri tentativi di Boccioni per una «pittura degli stati d’animo» («certe linee perpendicolari, ondulate e come spossate, qua e la` attaccate e forme di corpi vuoti, possono facilmente esprimere il languore e lo scoraggiamento. Linee confuse, sussultanti, rette o curve [...] esprimono un’agitazione caotica di sentimenti»74. Non crediamo a questo punto di esagerare se, a partire da quanto analizzato fin qui, azzardiamo l’ipotesi che l’arte concepita da Boccioni nutra una speciale ambizione alla chiaroveggenza. Lo confermerebbe anche il fatto che Boccioni era convinto che la piena realizzazione del trascendentalismo fisico, nelle arti, dovesse ancora attuarsi. Dopo la presente epoca di transizione, in cui solo qualcuno ha avuto il coraggio di rischiare i primi tentativi di pittura «futuristica»: Verra` un tempo in cui forse il quadro non bastera` piu`. La sua immobilita`, i suoi mezzi infantili saranno un anacronismo nel movimento vertiginoso della vita umana! Altri valori sorgeranno, altre sensibilita` di cui noi non concepiamo l’audacia. L’occhio umano percepira` il colore come emozione in se´. I colori moltiplicati non avranno bisogno di forme per essere compresi e le forme vivranno per se stesse al di fuori degli oggetti che le esprimono. Le opere pittoriche saranno forse vorticose architetture sonore e odorose di enormi gas colorati, che sulla scena di un libero orizzonte elettrizzeranno l’anima complessa di esseri nuovi che non possiamo oggi concepire. Usciamo forse dai concetti tradizionali di pittura e scultura che imperano da quando il mondo ha storia? Giungiamo alla distruzione dell’arte come e` stata intesa fino ad oggi? Non lo so! non importa saperlo! 75 L’essenziale e` marciare in avanti! .

Tutto cio` ci sembra rivelatore della direzione sulla quale gli artisti 73 «Tre persone che pensano all’affetto che le unisce proietteranno un pensiero paragonabile ad una massa ondulata di forma oblunga. Un ragazzo che si dispera sul corpo di un uccello morto e` circondato da un flusso emozionale di fili ritorti che si intersecano. Un profondo sentimento di tristezza si riconosce da un forte turbine. Osservando con attenzione la serie di queste riproduzioni cosı` particolarmente interessanti, ci si rende chiaramente conto che cio` che si ottiene non e` l’immagine della forma-pensiero, ma l’effetto causato nella materia eterica dalle vibrazioni che l’accompagnano» (Besant, Les formespense`es, cit., pp. 5-7). 74 PCE. Le frasi si riferiscono chiaramente agli Stati d’animo. Le si confronti con quanto alla n. prec. 75 U. Boccioni, Trascendentalismo fisico, cit.

ICONOGRAFIA DELL’OCCULTO

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futuristi si sentivano in fondo impegnati, tesi nella sfida di rendere manifesta una visione occulta del mondo, oggi celata ai piu` ma un domani, forse, evidente per tutti, o almeno per coloro che avranno saputo sviluppare la lucida visione: dunque, per l’umanita` futura, secondo quanto era gia` prefigurato dal prototipo-simbolo dell’Uomo Moltiplicato, in linea con le predizioni della tradizione ermetica e della scienza fine ’800, con le speranze prometeiche di Papini e di Capuana. Superata la concezione fotografica, i nuovi artisti vollero esprimere lo spirito del mondo contemporaneo, nel quale il dinamismo della macchina rispecchia il moto intrinseco dell’universo, in cui la religione della velocita` esalta l’eterno flusso di energia che permea tutti gli esseri e tutti i fenomeni: un dinamismo immanente, di cui il ritmo della «modernita`» non era che l’immagine finalmente esteriorizzata. L’astrattismo futurista si poneva in questo ambito come la forma di arte futura, che avrebbe finalmente conciliato «ideale» e reale, fisico e metafisico: «pittura pura» caratterizzata, secondo la felice definizione di Boccioni da «elementi oggettivi spiritualizzanti»76. Verso tale dimensione utopica, cui non furono estranee neanche le formulazioni di Carra`, ne´ le riflessioni e i quadri di Severini77 e di Prampolini (Maternita` cosmica, del 1930; Ritratto di Benedetta, del ’3178), ne´ i dipinti aerei e spirituali di Dottori79, ne´ l’arte giocosa, fiabesca e magica di Depero (pensiamo anche a Temporale patriottico, del ’24), ne´ le Tendenze spirituali di Fillia80 e di tanti altri artisti (fino a Tayaht), molta parte dell’arte futurista ci sembra evidentemente protesa.

76

Lettera di Boccioni a N. Barbantini, Parigi, 12 febbraio 1912, in Archivi del Futurismo, cit., II, p. 40. 77 Pensiamo Le analogie plastiche del dinamismo (1913), e, anche, ad alcuni scritti apparsi in Francia:, Les arts plastiques d’avant-garde et la science moderne, La peinture d’avantgarde (1917) (apparsi entrambi sul «Mercure de France» tra il 1916 e il ’17); ora in Archivi del futurismo, I, pp. 76 sgg. e 200 sgg.; II, pp. 210 sgg. 78 Ma ricordiamo i suoi numerosi manifesti: La Cromofonia. Il colore dei suoni (1913), Atmosferastruttura (1914), Scultura dei colori e totale e Scenografia e coreografia futurista (1915), Pittura assoluta. Manifesto tecnico (1922), Architetture spirituali e Scenotecnica futurista (1924), La nuova architettura (1928), L’atmosfera scenica futurista (1932). 79 Si legga il suo Manifesto futurista umbro dell’aeropittura del 1941. 80 Cfr. Alfabeto spirituale del 1925 e Spiritualita` futurista del 1931, apparso in Fillia pittore futurista, Torino, A. R. S., 1931.

13 CONCLUSIONI Noi affermiamo invece come principio assoluto del Futurismo il divenire continuo e l’indefinito progredire, fisiologico e intellettuale, dell’uomo. (F. T. Marinetti, Trieste, la nostra polveriera) Coloro che detengono il senso diretto delle cose e della vita e del pensiero hanno per vero nome quello di mistici. Soltanto, questa parola e` talmente sviata dal suo senso [...] che sembra difficile farsi capire quando si dichiari che il futurismo e` una forma nuova dell’antico misticismo. Eppure, questo non vi sembra evidente, ormai? [...] Marinetti [...] segue l’esempio degli orgiastici sacri di una volta. (A. Joly, Il Futurismo e la filosofia).

Tutto cio` che abbiamo fin qui esposto e analizzato dimostra che, al fondo dell’invenzione futurista, alle origini della sua prefigurazione di un’arte dell’avvenire, giace un substrato di materiali assai antichi. L’ambizione avanguardista di aprire la strada al futuro, di creare del nuovo – che si traduce, nel futurismo, in una militanza volta ad ampliare i confini dell’arte –, implica non solo l’invenzione di moderne mitologie e di nuovi canoni estetici ma pure lo sforzo di dar voce ed immagine a cio` che, invisibilmente, esiste gia`: forze, energie, vibrazioni cosmiche – sulle quali andava investigando la scienza contemporanea –, e anche stati d’animo, ‘‘sentimenti della materia’’, colori dell’Io gia` intravisti e descritti dagli autori di una letteratura parascentifica e visionaria, tutta affissa su dimensioni psichiche e metapsichiche. Da questa propensione verso l’invisibile occulto nasce, tra i futuristi come in molti altri artisti europei, quella spinta fortissima verso l’astrattismo che caratterizza tanta arte e tanta letteratura di inizio secolo. Dare spazio all’intuizione, oltrepassare i confini della materia, aprire la strada ad una

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nuova ‘‘oggettivita`’’, tutta visionaria: queste mete, gia` prefigurate da una antichissima Tradizione, traggono nuovo vigore dai dubbi e dagli studi di illustri scienziati che, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, si sono occupati a lungo di ‘‘psicologia supernormale’’. Certo, sui metodi e sugli oggetti preferenziali di indagine, la scienza accademica e le scienze di frontiera restavano sostanzialmente distanti. E proprio dal contrasto tra i due volti della scienza contemporanea, la scienza «pedantesca, professorale, ... sicura, meticolosa, pachidermica» e la scienza «agile, ... ignotofila, sicurezzofoba, avventurosa, scopofoba» (SF), scaturiva l’ambivalente atteggiamento dei futuristi, i quali, da una parte, rimproveravano alla ricerca scientifica di restare ancorata a metodi e prospettive del passato, di farsi ostacolare, nella sua avanzata, dalle pastoie della logica e della razionalita`, mentre, dall’altra, la magnificavano come creatrice di miracoli moderni e come prefiguratrice di nuovi orizzonti tecnologici e spirituali: dunque come la piu` valida ispiratrice dell’arte nuova, che doveva essere tutta tesa alla conquista dell’«ignoto»1. In questo «ignoto», sul quale sembrava essersi finalmente aperto uno spiraglio, rientrava tutto un mondo di fenomeni ancora non ben compresi, che si situavano, anche per i futuristi, nel punto di intersezione tra fisica e metafisica, in un ambito, di materie e di energie «sottili», che potremmo chiamare «superfisico». Sulla descrizione di questo mondo, lo scienziato e l’esoterista parevano, a un «sintetico» sguardo, non essere del tutto in disaccordo. Entrambi, spiegando la Natura in termini di forze, aprivano alla fantasia inedite possibilita` di rappresentazione del mondo e, richiamando l’attenzione sull’incessante trasformazione delle energie, sulla dinamica -e drammatica- vita della materia, prospettavano la necessita` di un’arte «oggettiva», aperta a una visione sovrindividuale e, in un certo senso, pampsichista, per la quale «Il dolore di un uomo e` interessante quanto quello di una lampada elettrica, che soffre e spasima» (MTP). In questa prospettiva, riteniamo coerentemente estendibile all’insieme della poetica futurista le convinzioni espresse da Ginna nel tardo manifesto Scienzarte (che, peraltro, riprendeva, con maggiore sistematicita` i temi dell’Arte dell’avvenire), ove si chiariva come l’arte futurista avesse, da sem1

«Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanita` mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato [...] e noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro. [...] E` vitale solo quell’arte che trova i propri elementi negli elementi che la circondano. Come i nostri antenati trassero materia d’arte dall’atmosfera religiosa che incombeva sulle anime loro, cosı` noi dobbiamo ispirarci ai tangibili miracoli della vita contemporanea [...] alla lotta spasmodica per la conquista dell’ignoto» (MP).

CONCLUSIONI

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pre, il precipuo intento di allontanarsi sia da una «estetica sensoriale» che da un’arte «simbolica»: La nostra preoccupazione maggiore, dopo aver sorpassato tutti [...] i canoni estetici antichi e moderni, e` quella di scoprire e rendere palesi le forze psichiche, chimiche, fisiche, matematiche per mezzo delle linee. [...] Queste linee [...] non devono pero` essere considerate [...] sotto l’aspetto di simboli. Noi affermiamo che la linea tracciata ha un valore di reale esistenza, piu` reale della forza stessa che ne e` soltanto l’effetto. Queste linee sono la causa, l’anima stessa delle forze universali2.

L’investigazione «scienzartistica» di cui parlava Ginna muoveva da una dichiarata fede occultistica (anche se non dobbiamo dimenticare che Ginna, come altri, considerava l’occultismo una «scienza», sia pure «dello spirito», al modo steineriano); tuttavia, il suo punto di vista non era che l’estremo sviluppo di quegli stessi presupposti che erano stati alla base dei primi manifesti, dove ci si richiamava a un «meraviglioso mondo spirituale» (PCE), oggettivamente osservabile per chi avesse saputo sviluppare i propri sensi spirituali, e che l’arte avrebbe potuto scoprire e rappresentare con i mezzi piu` «astratti» messi a disposizione dall’intuito, dalle diverse tecniche artistiche e dalla sintassi. D’altra parte, la possibilita` di intuire e finanche intravedere «l’invisibile che si agita e vive al la` degli spessori»3, l’idea che «l’opacita` dei corpi» possa essere penetrata fino a scorgere le «forze direttive» della materia, sembrava a questi artisti confermata proprio dalle «oscure manifestazioni dei fenomeni spiritici» (MTP), da quell’«affioramento di forze», come lo chiamera` Benedetta, gia` da oggi palese in «certi nuclei-individui piu` potenti quali i medium, gli artisti, i Santi»4. I futuristi, i quali, non diversamente dai leonardiani, credevano «alla possibilita` di un numero incalcolabile di trasformazioni umane» (UM), insisteranno dunque principalmente, piu` che sulla trasformazione del mondo, sulla trasformazione dell’uomo, delle sue capacita` percettive e intellettuali, sullo sviluppo di una «sensibilita` acuı`ta e moltiplicata» (MTP), «completamente rinnovata»5 a partire da presupposti intuitivi e alogici:

2

A. Ginna, Scienzarte, in «Futurismo», II, n. 1, Roma, 1 genn. 1933. Boccioni, Carra`, Russolo, Balla, Severini, Prefazione al Catalogo delle Esposizioni di Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Vienna, ecc., febbraio 1912. 4 Benedetta, Le forze umane, cit. 5 Prefazione al catalogo, cit. 3

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strada maestra non solo ai fini del conseguimento di un’arte dell’avvenire ma anche per l’attuazione del futuro, per accelerare il raggiungimento dei piu` lontani lidi dell’evoluzione. Come uomini nuovi, appena usciti dall’acqua «materna» del fossato marinettiano, i futuristi trasformeranno in oggetto artistico cio` che «l’anima», ridiventata «pura» dopo lo sterminio dei pregiudizi, puo` cogliere e riflettere: «alle immobili oscurita` del dogma» dovra` subentrare «l’illuminata ricerca individuale». Per questo, riattualizzando un mito romantico, i futuristi affermeranno che l’umanita` deve riandare alle fonti, liberare «l’occhio [...] dal velo di cui l’hanno coperto l’atavismo e la coltura», tornare ad avere come ispiratrice «la Natura, non gia` il Museo!» (MP). Bisognera` «sentire e cantare con l’anima rivolta all’avvenire, attingendo ispirazione ed estetica 6 dalla natura, attraverso tutti i suoi fenomeni umani e extraumani» , interpretandoli con «sincerita` e verginita`» (MTP). A partire da questi presupposti, i futuristi parleranno di se stessi come dei «primitivi di una sensibilita` completamente trasformata», dimostrando di considerarsi, prima che un’avanguardia artistica, l’avanguardia, talvolta disorientata ma entusiasta, dell’umanita` di domani. Uno dei caratteri della sensibilita` futurista, anzi il piu` importante – scriveva Boccioni –, e` il suo entusiasmo. Il simultaneo apparire della sintesi nella analisi, dell’affermazione nella negazione, della fede nella critica. Noi ci siamo chiamati i primitivi di una sensibilita` completamente trasformata, perche´ sentiamo alle volte in noi l’incertezza dei primitivi nella ricerca [...] del mezzo adeguato per esprimerlo e lo stupore per lo spettacolo che ci circonda7.

Consapevoli della difficolta` di realizzare di un’arte dell’invisibile aperta alle suggestioni del «superfisico», nell’intento di «elevare il pubblico a una piu` alta comprensione della vita8», di convincerlo «che per comprendere sensazioni estetiche alle quali non e` abituato, deve dimenticare completamente la propria cultura intellettuale, non per impadronirsi dell’opera d’arte, ma per abbandonarsi a questa» (PCE), i futuristi non mancheranno di attribuirsi un compito pedagogico, che si estrinsechera` nel piglio declamatorio, nella maieutica della provocazione sistematica, attraverso la formulazione teorica reiterata: 6 7 8

F. Balilla Pratella, Manifesto dei musicisti futuristi, 11 gennaio 1911. U. Boccioni, Trascendentalismo fisico stati d’animo plastici, cit. F. T. Marinetti, 1915. In quest’anno futurista, cit.

CONCLUSIONI

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Ci si rimproverera` di voler troppo definire ed esprimere in modo evidente i legami sottili che uniscono il nostro interno astratto con l’esterno concreto. Come volete, d’altronde, che noi accordiamo un’assoluta liberta` di comprensione ad un pubblico che continua a vedere come gli fu insegnato, con gli occhi falsati dall’abitudine? Noi andiamo distruggendo ogni giorno in noi e nei nostri quadri, le forme realistiche, e i dettagli evidenti che ci servono ancora a stabilire un ponte d’intelligenza fra noi e il pubblico. Perche´ la folla goda del nostro meraviglioso mondo spirituale che le e` ignoto, noi siamo ancora costretti a darle delle indicazioni materiali (PCE).

L’opera di educazione non sara` tuttavia ne´ sistematica ne´ continuativa e, soprattutto, tendera` a occultare i punti di riferimento culturale cui gli stessi futuristi facevano comunque ricorso. La necessita` di suscitare nuove aspettative, di riplasmare la sensibilita` su nuovi presupposti, la volonta` di modificare la percezione del tempo e dello spazio in vista di un’arte ispirata all’Ideale e tesa verso l’«universale», richiedeva, secondo Marinetti, il distacco da tutta la tradizione culturale, considerata di ostacolo alla realizzazione del futuro. Confusi e rifusi in un nuovo stampo, i documenti e le idee del passato funsero da materiale grezzo: scorie pronte ad essere rifuse in un nuovo stampo. Nel crogiolo di Marinetti confluirono cosı`, senza imbarazzo, reminiscenze mitiche e suggestioni orientaleggianti, elementi dannunziani e fantasie tardoromantiche; i cascami della cultura scientifica ottocentesca si amalgamarono con il mito della modernita`, la storia della religioni con il linguaggio «meccanico» della velocita`. Tematiche ed esperienze gia` dibattute e finanche esaurite si fusero nella temperatura da altoforno della prosa marinettiana e tutti gli elementi fecero lega in una poetica che, per la tensione avanguardistica e sperimentale, finiva per avere una sua, singolare, compattezza ideologica. La tradizione cosı` era stata, di fatto, felicemente saccheggiata, e i suoi contenuti erano stati utilizzati con geniale spregiudicatezza: ogni parentela era stata nascosta, occultata, deviata dalla fonte, mascherata con il ricorso sistematico a un espediente diversivo che, accostando differenti riferimenti senza soluzione di continuita`, generava spaesamento e un assoluto effetto di novita`. Questo procedimento, da Marinetti costantemente messo in opera, sin dai primi manifesti, fa pensare a un vero e proprio «sistema della diversione», a una strategia ben definita. In esso, come nel «terrorismo» marinettiano9, andrebbe riconosciuto non solo uno stilema o il risultato di una 9 G. Guglielmi, Dialettica del futurismo, in Ironia a negazione, cit. e, soprattutto, L. De Maria, F. T. Marinetti, Teorie e invenzione futurista, Mondadori, Milano, 1990, cit., p. xx.

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disinvolta attitudine ludica, quanto il frutto di una premeditata inclinazione all’ambivalenza, nella quale dovremmo ravvisare, sia a livello stilistico che semantico, un intrinseco e non secondario carattere della modernita`, diremmo meglio: della post modernita` futurista, il cui nocciolo sta proprio nell’assoluta spregiudicatezza, nella disinvoltura priva di remore con cui la tradizione viene interamente rivisitata e riutilizzata. Di questo carattere di modernita`, oggi forse lo si vede con maggiore chiarezza, la poetica della macchina e il culto della metropoli, la modernolatria e l’esaltazione dei tecnicismi costituiscono solo un aspetto, importante ma in un certo senso estrinseco. Tuttavia, uno studio sul futurismo non puo` prescindere dalle proporzioni che assume l’aspetto irrazionalistico di questa modernita`, fondata su una Weltanschauung e su una poetica intenzionate a restituire all’arte quella funzione, tra mitica e religiosa, tra profetica e pedagogica, che nutriva l’antica poesia. E` il tratto visionario e utopistico dell’arte futurista, tesa verso l’ultrafisico «astratto», intenta a «rendere cio` che superficialmente non si vede», a «dire e afferrare le trascendentali qualita` del reale»10. Esso e` sostenuto da una tensione verso l’assoluto che cancella il sentimentalismo e deforma la psicologia del soggetto, rappresentandolo, oltre i confini dei suoi limiti fisici, come caleidoscopica espansione di stati d’animo e sensazioni, di forme astratte e analogie, di suoni e onomatopee, di sinestesie e colori, mossi dalla inarrestabile giostra del dinamismo universale, che essi stessi pure alimentano. Dal cuore stesso di un empito romantico, l’arte e la letteratura futuriste riuscirono cosı` a oltrepassarne il soggettivismo e finirono per frammentare e disperdere «modernamente» l’io nella descrizione di un mondo, raffigurato, a sua volta, come insieme astratto di forze «umane e extraumane» in perpetuo movimento, che si fondono e trascolorano le une nelle altre: «ombre», avevano detto i pittori» che « saranno piu` luminose delle luci dei nostri predecessori» (MTP).

10

A. G. Bragaglia, Fotodinamismo futurista, cit., par. 7.

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* Per la bibliografia degli autori, per le prime edizioni delle opere e per gli articoli rinviamo alla note a pie` di pagina nel testo; per le abbreviazioni, alla Legenda ad inizio del volume. Dei titoli stranieri, forniamo la traduzione quando essa si discosta molto dall’originale; altrimenti ci limitiamo a indicare gli estremi della traduzione italiana. I titoli citati in questa bibliografia sono quelli sui quali principalmente ci siamo basati per l’estensione del presente volume. Al momento della sua II edizione, rimandiamo, per un aggiornamento bibliografico generale, all’esauriente lavoro di Gu¨nter Berghaus in: International Futurism. Art and Literature, Berlin-New York, Walter de Gruyter, 2000, pp. 488-596.

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INDICE DEI NOMI

Riviste «Anne´e sociologique», 40, 226 «Anthologie-Revue de France et d’Italie», 178 «Archivio di Psichiatria, Scienze penali ed Antropologia criminale», 40, 140 «Archivio storico per la Sicilia Orientale», 158 «Atano`r», 80, 202 «Atena. Rivista quindicinale di letteratura varia», 254 «Atheneum», 24 «Avanti della Domenica», 122 «Cahiers d’art», 172 «Caffaro», 41 «Il centauro», 271, 272, 281 «Coenobium», 41, 42, 69, 79 «Corriere della Sera», 26, 41, 70, 152 «Critica letteraria», 230 «Critica sociale», 66, 115 «Dissonanza», 19 «Europa», 230 «Fanfulla della Domenica», 29, 30, 32, 39, 152, 157, 165 «Figaro», 5, 21, 39, 41, 188 «Futurismo», 190, 207, 236, 244, 258, 264, 329 «Gazzetta del Popolo», 149, 150, 259, 264 «Gazzetta letteraria», 155 «Giornale d’Italia», 41, 75, 119, 155 «Gli avvenimenti», 257, 304 «Hermes», 78, 92 «Humanitas», 307 «Il Marzocco», 19, 68 «Il Messaggero», 41 «Il Regno», 92 «Il Vessillo spiritista», 41

«Il Verri», 10, 173, 212 «Journal de l’Anat. et de la Phys.», 38 «Lacerba», 19, 53, 80, 84, 86, 97, 204, 209, 210, 214, 240, 247, 249, 251, 271, 272, 276, 302, 303, 306, 316, 318 «La critica», 68, 69, 71, 77, 79, 92, 95, 99 «La cultura», 154 «La difesa dell’arte», 271, 272 «La lettura», 160 «La Nazione», 153, 157 «La Nuova Antologia di Scienze, Lettere e Arti», 127 «La Nuova Epoca», 155 «La Plume», 179 «La Ronda», 19 «La Re´novation esthe´tique», 179 «La ricerca psichica», 20, 42, 128, 161 «La Ruota», 309 «La Testa di Ferro», 259 «La Voce», 19, 57, 61, 62, 79, 86, 97, 98, 123, 131, 188, 265, 299 «La Vogue», 179 «Leonardo», 11, 14, 18, 41, 42, 44, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 57, 58, 59, 61, 62, 63, 66, 67, 68, 69, 70, 78, 82, 84, 91, 92, 94, 95, 96, 97, 99, 121, 122, 123, 125, 136, 138, 140, 141, 142, 144, 145, 147, 149, 186, 209, 211, 212, 224, 272 «Le Temps», 31, 41, 171 «Le Voile d’Isis», 172 «L’Anima», 18, 52, 67, 97, 113, 116, 121 «L’Ermitage», 170 «L’Idealismo Realistico», 64, 82 «L’Illustrazione italiana», 153, 156, 157, 159 «L’Impero», 293 «L’Initiation», 172 «L’Italia futurista», 107, 210, 225, 233, 251, 253, 267, 269-296

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INDICE DEI NOMI

«L’Union occulte», 172 «Lux», 41 «Luzifer-Gnosis», 204, 219, 296 «Magazine fu¨r Literature», 35 «Mercure de France», 41, 132, 325 «Natura e arte», 109, 160 «Nuova Antologia», 40, 163 «Nuova Parola», 41, 42, 55, 86, 132 «Poesia», 5, 6, 7, 149, 173, 180, 186, 187, 191, 230, 241, 242, 247, 249, 259, 262, 274, 278, 312 «Procellaria», 257, 258 «Quaterly Journal of Science», 28, 341 «Revue Blanche», 178, 179 «Revue de Metaphysique et de morale», 226 «Revue d’e´tudes psychiques», 30, 43 «Revue philosophique», 38, 40, 290 «Re´vue politique et litte´raire», 30 «Rivista di psicologia applicata», 108, 204 «Rivista settimanale d’arte, di scienza e di vita», 272 «Rivista di studi psichici», 30, 42 «Rivista italica», 157 «Rivista ligure», 87 «Rivista sperimentale di freniatria», 131 «Roma futurista», 244 «Storia contemporanea», 20, 80 «Teatro», 257 «Tendences nouvelles», 299 «Vela Latina», 257, 285 «Vers et Prose», 179 «Annales des sciences psychiques», 29, 43 «Critica d’arte», 311 «La Patria», 309 «L’Orifiamma», 304 «Luce e Ombra», 41, 42, 43, 86, 111, 112, 149, 157, 170, 290 «Noi», 304, 310 «Selearte», 311 «Ultra», 40, 41 «L’osservatore politico letterario», 163 Autori Abruzzese A., 50, 92, 99 Adam P., 11, 27, 38, 180 Agnese G., 179 Agrippa di Nettesheim, 52, 125, 135, 230 Aksakov A.N., 31, 40, 43, 165, 299, 309 Aleramo S., 37, 42 Alighieri D., 60, 170

Aliotta A., 46 Altomare Libero (R. Mannoni), 6, 194, 241, 243 Amacker R., 32 Amadou G., 39 Amendola G., 42, 58, 61, 79, 132 Amendola Kuhn E. (Magamal), 53, 60, 61, 79, 292 Angiulli A., 106 Apollinaire G. (W.A. de Kostrowitzky), 179, 180, 251, 272, 298, 299, 300, 303 Ardigo` R., 46, 74, 75, 86, 116 Argan G.C., 306 Ariosto L., 185 Arnheim R., 227 Assagioli R.G., 55, 59, 61, 131, 132, 143, 144, 202, 224 Azam E.E., 290 Balbo C., 65 Baldacci L., 211, 212 Baldissone G., 179, 189 Balfour A.J. conte di, 30 Balla G., 5, 6, 7, 10, 12, 171, 194, 235, 236, 262, 274, 285, 304, 306, 307, 310, 311, 312, 313, 314, 315, 316, 329 Ball H., 251 Balzac H., 38, 39, 127 Baraduc H., 308, 323 Barbantini N., 320, 325 Baroncini L., 131 Barrett W.F., 29, 51 Barre`s M., 38, 181 Barzini L., 43 Bastianelli G., 17, 19 Baudelaire C., 39, 179, 187 Begnac Y. De, 20 Belfiore G., 40 Belloni Filippi F., 62 Benedetta (Benedetta Cappa Marinetti), 12, 198, 229, 230, 239, 244, 252, 253, 254, 260, 262, 325, 329 Bergson H., 11, 30, 37, 69, 85, 94, 97, 102, 110, 111, 119, 183, 188, 199, 211, 223, 224, 226, 237, 307, 323 Berlage H.P., 300 Bernard C., 111 Bernheim H., 30 Besant A., 17, 21, 35, 36, 64, 85, 102, 230, 252, 253, 274, 283, 284, 298, 299, 314, 319, 320, 321, 323, 324 Bignami E., 42

INDICE DEI NOMI

Billi M., 36 Binet A., 40, 46 Biondi M., 52, 53, 54, 65 Blake W., 55 Blavatsky E.P., 55, 136, 274 Bloy L., 39 Bobbio N., 63, 114 Boccioni U., 5, 6, 10, 12, 19, 112, 171, 194, 213, 220, 231, 257, 259, 272, 274, 300, 301, 303, 304, 306, 307, 308, 309, 312, 315, 316, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 323, 324, 325, 329 Boine G., 67, 106, 245, 246 Bois J., 39, 180, 181 Boito A., 43 Bona A., 68 Bonghi R., 153, 154 Bontempelli M., 204, 219, 267, 268, 278 Borgese A., 78, 186, 187, 198, 214, 215 Borghese A., 306, 311 Bot Osvaldo (Osvaldo Barbieri Terribile), 252, 253, 254 Botta G., 179 Boullan (Abate), 180, 181 Boutroux E., 69, 119 Bracco R., 173 Bragaglia A.G., 10, 13, 306, 307, 308, 309, 310, 311, 316, 332 Braid J., 130 Briant T., 235 Bricaud J., 136 Briggs J., 36 Brioschi A., 42, 51 Brofferio A., 165 Broglio M., 19 Bre´ton A., 225 Bruers A., 42 Brunetie`re F., 86, 103 Bruno G., 7, 53, 109, 184, 204, 262, 269, 273, 277, 280, 282, 283, 300 Buber M., 37 Bulwer-Lytton E.G., 36 Buti G., 55 Butlerov A.M., 31 Butti E.A., 42, 73, 173, 179 Buzzi P., 5, 173, 194, 216, 241, 242, 245, 246, 247, 248, 252, 257, 274, 301 Byron G.G., 36 Cagliostro A., 187 Calderoni M., 17, 18, 19, 21, 60, 61, 107, 212

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Calendoli G., 181, 183 Calvari D., 42, 61 Calvesi M., 10, 185, 209, 220, 230, 306, 307, 309, 311, 314, 323 Cambellotti D., 309 Campana D., 17, 21, 170 Cangiullo F., 7, 173, 248, 251, 256 Cantu` C., 127 Capuana L., 3, 26, 27, 30, 31, 32, 41, 43, 47, 72, 73, 106, 112, 136, 149, 150, 151-170, 172, 173, 197, 200, 208, 221, 225, 230, 286, 294, 325 Cardile E., 170, 241, 249 Carducci G., 17, 21, 157 Carli M., 7, 108, 109, 239, 270, 285, 287, 288, 290 Caroncini A., 63 Carpenter W.B., 110, 132 Carroll L. (C.L. Dodgson), 30 Carrouges M., 178 Carra` C. Dalmazzo, 5, 6, 12, 194, 229, 230, 249, 265, 272, 274, 295, 302, 307, 312, 323, 325, 329 Casanova G., 187 Casavola F., 256, 257, 266, 310 Casella A., 262, 302 Casini Ropa E., 300 Cassou J., 294 Cavacchioli E., 5, 194, 240, 241, 242, 243 Cavour C.B. Conte di, 25, 42, 65, 80 Cecchi E., 19 Cecconi A. (ps. Th. Neal), 86, 87, 124, 303 Celant G., 10, 13 Cesana L., 41 Chajes A.F., 62 Charcot J.M., 29, 32, 130, 188, 290, 302 Chastanier B., 34 Checchi E., 152, 153, 165 Chiaia E., 150, 165 Chiappelli A., 60, 86 Chiti R., 7, 108, 109, 257, 270, 271, 285 Chladni E., 45 Chopin F.F., 283 Cigliana S., 1, 3, 4, 26, 252, 254, 268 Cinti D., 173, 179 Cioni A., 230 Ciurlionis K., 300 Claudel P., 39, 179 Clifford W.K., 110 Cofano D., 20, 42, 170 Cohen J., 228 Colazza G., 61

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INDICE DEI NOMI

Colli G., 133 Comte A., 58, 65, 116 Conan Doyle A., 30, 36, 104 Condillac E.B., 105 Conti A., 37, 52, 68, 289 Contri U., 19 Cook F., 28 Corra B. (Bruno Corradini Ginanni), 7, 109, 184, 204, 269, 271, 273, 274, 275, 276, 277, 278, 279, 280, 281, 282, 283, 285, 289, 290, 291, 293, 295 Correnti Dinamo (Renato Santamaria), 270 Corvino M., 170 Costa A., 17, 70, 98, 311 Costetti G., 68 Crispolti E., 264 Croce B., 3, 4, 14, 15, 21, 36, 39, 47, 50, 51, 58, 59, 60, 61, 67-102, 103, 104, 109, 112-120, 145, 162, 163, 164, 171, 187, 223, 252, 272 Crookes W., 23, 28, 29, 30, 37, 43, 44, 155, 163, 164, 221, 308 Crowley A., 37, 52 Curie M., 30, 45 Cusano (Nikolaus Krebs), 53 Dalı` S., 288 D’Ambrosio M., 254 Damiani G., 230, 308 Darwin C., 63, 65, 111 Daubler T., 53 Davenport (fratelli), 23, 31 David M., 20, 46, 222, 319 Davis J., 24 Daviso V., 65 De Amicis E., 42 De Chirico G., 171 De Felice R., 66 De Karolis A., 68 Delaunay R., 179, 180, 296, 300 Deleuze J.P.F., 125 De Lorenzo G., 70 De Marchis G., 311 De Maria L., 5, 7, 10, 45, 73, 80, 172, 177, 189, 223, 265, 322, 331 De Mariategui M., 38 De Meis C., 155, 163 De Micheli M., 299 De Mirville E., 128 De Nardis L., 170 Depero F., 7, 235, 236, 252, 257, 310, 313,

325 De Pisis F., 274 De Rinaldis A., 55, 70 De Roberto F., 3, 32, 153, 154 De Ruggiero G., 119 De Sanctis F., 162 Descartes R., 116 Dessy M., 257, 288 Diaghilev S., 302, 311 Dialectical Society, 27, 28 Di Blasi C., 151, 152, 154, 157, 158, 159, 166 Dickens C., 36 Didier (editore), 25, 151 Dodds E.R., 9, 16, 44 Dostoevskij F., 31 Dottori G., 244, 264, 314, 325 Dramard L., 38 Dreyfus A., 180 Driesch H., 111, 119 D’Alba Auro (Umberto Bottone), 194, 241, 257 D’Alveydre Saint-Yves A., 37 D’Annunzio G., 3, 11, 38, 68, 73, 94, 102, 170, 179, 185, 187, 190, 272 D’Azeglio M., 65 Duchamp M., 300 Dumas A., 127 Duncan I., 37, 300 Du Potet J., 128 Durand de Gros J.P., 24, 128, 212 Durkheim E., 119 Durville H., 171, 274 Dyck A. van, 160 Echaurren P., 241 Eckhart J., 53, 55 Egorov N.G., 31 Einstein A., 46, 185, 188, 298 Eliade M., 136, 171 Eliot T.S., 37 Ellenberger H.F., 125 Ensor J., 301 Ermacora G.B., 43 Eucken R., 69 Evangelisti S., 187, 312 Evola J., 18, 20, 37, 81, 82, 122, 202, 218, 274 Fagiolo dell’Arco M., 10, 306, 309, 311 Faini P., 37

INDICE DEI NOMI

Faivre A., 38 Falla M. de, 302 Faraday M., 24, 110, 111 Farina S., 43, 154, 158, 161, 170 Feininger L., 300 Ferenzona Dal Molin R., 170, 301 Ferrando G., 34, 35, 55, 61, 132, 299 Ferrari G.C., 47 Ficino M., 64, 85 Fillia (Luigi Colombo), 243, 244, 257, 264, 325 Filoramo G., 131, 140, 141 Finzi G., 40, 42, 43, 311 Flammarion C., 25, 43, 46, 197, 228, 309 Flori E., 127 Flournoy T., 32, 43 Fogazzaro A., 43, 86, 102, 106, 170 Folgore Luciano (Omero Vecchi), 6, 19, 188, 194, 241, 252, 256, 308 Formichi C., 62 Fort P., 179, 180 Foscolo U., 158, 159 Foucault M., 226 France A. (F.A. Thibault), 171 Franklin B., 125, 128 Freud S., 3, 20, 30, 46, 131, 144 Frigessi D., 92, 93, 95, 211 Fuller L., 300 Galli G., 80 Gallini C., 105, 126, 127 Garin E., 43, 50, 55, 56, 66, 71, 86, 101, 143, 212 Gazera L., 41 Gemelli A., 46 Gentile G., 4, 40, 42, 60, 66, 70, 77, 81, 98, 165, 171 Gerbino Giovanni (G. Girbino), 184 Ghidetti E., 157 Giacosa G., 173 Giannotta N. (editore), 150, 154, 157, 160, 163, 200 Gibier P., 43 Ginanni A., 109 Ginna A. (Arnaldo Corradini Ginanni), 7, 81, 108, 136, 184, 204, 225, 252, 256, 269, 270, 271, 273, 274, 275, 278, 279, 283, 284, 285, 286, 287, 290, 293, 294, 295, 296, 297, 310, 320, 328, 329 Giolitti G., 119 Giordano A., 40, 253, 254

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Giubbe Rosse, 17, 18, 53, 198, 199 Giuliano B., 55, 64, 68, 69, 78, 85, 144, 145 Gladstone W.E., 30 Goethe G.W., 35, 36, 275 Gonnelli F., 17, 19 Gonzaga L., 247 Govoni C., 5, 6, 187, 188, 194, 241, 248, 274 Grammatica E., 191 Gramsci A., 171 Gropius W., 37 Guaita S. de, 37, 38, 172, 177, 180, 181 Guglielmi G., 331 Gusdorf G., 105 Gue´non R., 81, 303 Guzzo A., 51, 61, 119 Hablik W., 300 Haeckel E.H., 103, 110 Hare R., 23, 24 Hegel G.W.F., 69, 96, 155 Hellenbach L.B., F. von Paczolay, 46 Henderson L.D., 45 Hermann P.H., 29, 37, 112, 119, 300 Hermet A., 19, 37, 52, 53, 54, 56 Hesse H., 37 Hinton E., 46 Hobbes T., 116 Hodgson H.S., 35, 43 Hoepli (edizioni), 22, 40, 70, 139, 140, 311, 320 Hoffmann G., 17, 25, 42 Home D.D., 24, 28, 32, 41, 52 Hubert H., 226 Hugo V., 25, 39, 251 Hulten P., 250, 314 Hume D., 105, 116 Hutin S., 38 Huysmans J.-K., 38, 136, 181, 301 Ibsen H., 100, 173 Illari P., 252, 273 Illuminato S., 266, 306 Imoda E., 309 Jacobbi R., 10, 242, 244 James D.G., 29 James M.F., 303 James M.R., 36 James W., 18, 30, 46, 55, 68, 69, 82, 86, 94, 96, 97, 102, 119, 130, 140, 141, 142, 143, 144, 145, 211, 212

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INDICE DEI NOMI

Janet P., 30, 130, 290 Jannerod M., 129 Jannini P.A., 172, 173 Jawlenski A., 300 Jeanclaude G., 36 Jollivet-Castellot F., 39, 172 Joly A., 327 Jung C.G., 30, 37, 46 Jussieu A.L., 126 Kahn G., 11, 178, 179, 180 Kandinskij W., 262, 297, 299, 300, 314, 323 Kant, 45, 96, 97, 116, 145 Kanters K.R., 39 Kardec A. (H. Rivail), 13, 17, 25, 26, 29, 64, 136, 138, 139, 144, 230, 297 Kerner J., 128 Keyserling H., 37, 119 Kipling R., 309 Klee P., 294, 300 Klingsor T., 179 Klint, Hilma af, 299 Kovalevskij S.I., 31 Krishnamurti J., 18, 35 Kubin A., 294 Kupka F., 296, 299, 300 Laban R. von, 300 Labriola A., 186 Lafontaine C., 128 Laforgue J., 179 La Fresnay R. de, 300 Lambiase S., 289 Landucci G., 63, 65, 111 Larronde C., 256 Laterza (editore), 16, 36, 38, 44, 50, 55, 58, 70, 71, 77, 92, 94, 97, 131, 143, 185, 219, 296 Leadbeater C.W., 35, 233, 252, 253, 274, 283, 299, 314, 319 Lebrecht Danilo (Lorenzo Montano), 17, 19 Leconte de Lisle C.-M., 38 Lefe´bvre, 128 Lepschy G., 32 Le Roy E., 69, 125 Levasti A., 55 Lico` N., 40 Lista G., 170, 171, 181, 273, 301, 304, 311, 312 Lie´bault A.-A., 30

Locke J., 105 Lodge O., 30, 43, 110 Lombroso C., 30, 32, 40, 41, 43, 46, 104, 152, 153, 154, 160, 165, 221, 311 Lotze R.H., 112, 155 Loyola, Ignazio di, 141 Le´ger F., 179, 300 Le´vi E., 13, 38, 136, 137, 138, 191, 222, 227, 228, 274 Lubbock J., 27 Lucini G.P., 5, 11, 42, 170, 173, 179, 187, 190, 191, 213, 223, 241, 275 Luti G., 113, 163 Macchia G., 170 MacGregor M., 37 Mach E., 18, 300 Macinai E., 68 Macke A., 300 Madrignani C.A., 162 Maeterlinck M.-P.-M.-B., 309 Maine de Biran, 116 Mallarme´ S., 39, 169, 170, 175, 187, 210, 226, 250, 283 Mamiani T., 65, 151 Mantegazza P., 153 Manzoni A., 127 Mara Oscar (Attilio Franchi), 7, 108, 109, 271 Marc F., 300 Marchesini M., 86 Marchi V., 64 Marconi G., 45, 110 Marey E., 307 Mariani G., 42, 179 Marinetti F.T., 2-15, 17, 21, 39, 45, 73, 108, 112, 121, 123, 124, 132-134, 136, 138, 139, 142, 143, 147, 148, 149, 167, 168, 169-206, 208, 211, 213, 214, 216, 217, 218, 220, 221, 222-237, 239, 245, 247-256, 260, 261, 262, 264, 266, 267, 269, 270, 271, 272, 274, 276, 277, 278, 281, 285, 287, 288, 289, 293, 300, 306, 309, 310, 311, 313, 314, 318, 322, 327, 330, 331 Marrucchi P. (ps. Pietro Eremita), 53, 55, 61, 67, 132 Martini A., 38, 186, 301 Marx K., 63, 66 Marzorati A., 42, 43, 51, 111, 112, 157, 167, 312 Masnata P., 229, 230, 259

INDICE DEI NOMI

Mauclaire C., 180 Maugham W.S., 37, 188, 346 Maurras C., 39 Mauss M., 226 Maxwell J.C., 110 Mazza A., 38, 170, 194, 241, 251, 270, 284 Mazzini G., 62, 64, 274 McIntosh C., 136 Mendeleev D.I., 31, 129, 130 Mende`s C., 178 Menna F., 299, 306 Mercier A., 39 Meriano F., 251, 270 Merrill S., 180 Mesmer F.A., 13, 125, 126, 137, 275, 302 Metaphysical Society, 29 Metzinger J., 300 Michelet V.E., 180 Michelis R., 62 Micocci C., 50, 92, 99 Minkowski E., 46 Minocchi S., 55, 62 Modigliani A., 179 Momigliano F., 63 Mondrian P., 10, 35, 172, 294, 296, 299 Morasso M., 11 Moreau G., 39 Morello P., 40 Morselli E., 20, 23, 25, 26, 27, 29, 32, 33, 38, 40-44, 87, 88, 128, 131, 165, 213, 221, 234, 256, 290, 302, 308 More´as J., 179 Munch E., 10, 299, 323 Mussolini B., 20, 21, 66, 80, 84, 278 Musumarra C., 158 Muybridge E., 307 Myers F.W.H., 30, 31, 44, 140, 320 Nannetti N., 7, 108, 109 Napoleone III, 27 Nazzaro G.B., 289 Neera (Anna Radius Zuccari), 152 Nerval Gerard de (G. Labrunie), 39, 187 Nietzsche F., 11, 53, 68, 84, 94, 100, 116, 124, 132, 133, 144, 178, 188, 190, 195 Nodier C., 38 Novalis (G.F. von Hardenberg), 53, 55, 68, 69, 70, 81, 132 Obrist H., 300 Ochorowicz J., 43

361

Ojetti U., 72, 73, 149, 155, 166 Olcott H.S., 34, 35 Onofri A., 36, 170 Oriani A., 92, 244 Ostwald W., 111 Owen R.D., 27 Paladini V., 41, 150, 165, 310 Paladino E., 27, 32, 36, 41, 43, 148, 153, 165, 221, 234, 256, 257 Palazzeschi A. (A. Giurlani), 6, 19, 194, 204, 214, 216, 217, 241, 264, 266, 272 Palmarini L.M., 54 Paoli R., 17, 19 Papini G., 17, 18, 19, 21, 41, 46, 49, 50, 51-56, 60-66, 68, 69, 77, 82, 83, 84, 87, 89, 91, 92, 95, 96, 97, 98, 99, 102, 107, 109, 113, 116, 120, 121-124, 131, 132, 133, 136, 138, 141, 143, 145, 146, 147, 189, 197, 204, 208-214, 228, 232, 235, 269, 271, 272, 325 Pappalardo A., 22, 23, 40, 128, 139, 140, 320 Papus (G. Encausse), 34, 37, 38, 39, 171, 172, 181, 235, 274, 309 Pareti G., 30, 52 Pascal B., 26, 150, 174 Pascarella C., 127 Pascazio N., 307 Pascoli G., 3, 11 Pasqually Martinez de, 55, 172 Passerini (conti), 52 Passi F., 273 Pavolini P.E., 18, 19, 40, 62 Pedulla` W., 4, 266 Peirce C.S., 18, 69, 107 Pe´ladan J. (ps. Saˆr Me´rodack), 37, 172, 180 Perroni F., 62 Pestalozzi J.H., 25 Pe´tetin J.-H.D., 128 Petruccelli della Gattina G., 174 Pica V., 164, 179 Picabia F., 300 Picasso P., 179, 304 Pirandello L., 3, 41, 67, 72, 149, 150, 153, 159, 161, 163, 167, 170, 309 Pitagora, 64, 204 Pizzetti I., 17, 19 Platone, 55, 63, 66, 215 Podmore F., 30, 44, 140, 320 Poe E.A., 186, 223, 224

362

INDICE DEI NOMI

Poggi B., 157, 158 Poincare´ H., 119 Polidori J., 36 Politi A., 41, 150 Poulet G., 39 Pozzolini Siciliani C., 152, 157 Prampolini E., 183, 244, 256, 257, 258, 304, 309, 310, 325 Pratella F.B., 6, 192, 194, 256, 330 Praz M., 38, 181 Prel C. du, 46, 110 Preti G., 211 Previati G., 39, 171, 173, 304 Prezzolini G., 15, 21, 42, 46, 53, 55, 56, 62, 63, 66, 68, 70, 74, 81, 92, 97, 102, 107, 108, 120, 122, 123, 124, 132, 133, 144, 145, 211 Prieto L.J., 32 Prieur J., 39 Proust M., 293 Provenzal D., 46 Puech H.C., 38 Puini C., 18, 19 Quaglino R., 170, 173, 179 Quintavalle F., 64 Rachilde (M. Eymer), 179, 180 Ragghianti C.L., 311 Ramacharaka Yogi, 175 Ramsay W., 30 Rapisardi M., 42 Ravel M., 302 Raya G., 152 Raymond M., 179 Redon O., 39 Reghini A., 17, 18, 38, 52, 53, 55, 57, 58-65, 78, 79, 80, 96, 102, 136, 144, 272 Reichenbach K. von, 24, 45, 128 Reinke J., 111 Renan J.-E., 174 Rensi G., 42, 63, 66, 70, 115 Reuss T., 52 Ribot T., 30 Ricciardi A., 75, 310 Richards I.A., 227, 347 Richet C., 29, 38, 43, 130, 153, 155, 165, 319, 320 Rilke R.M., 35 Rimbaud A., 39, 179, 227, 230, 250 Rioux-Coroze S., 35

Rochas d’Aiglun A. de, 221, 302, 309 Rod E´., 151 Romani B., 5, 179, 301, 312 Romani R., 187, 243, 312 Ronson P.E., 181 Rops F., 39, 301 Rosa` Rosa (Edith von Haynau), 287, 289, 290, 291 Rosmini A., 34 Rosny aıˆne´ (J.H.H. Boe¨x), 11 Rossi F., 230 Rossi G., 290 Rossi L., 212 Rossi M., 20, 65, 80, 81, 82 Rossi M.M., 18, 19, 21, 23, 34, 36, 50, 52, 81, 91, 175 Rosso M., 171, 345 Rouault G., 39 Rougerie M., 180 Royal Society, 28 Ruggero Radice P., 86 Ruskin J., 30 Russolo L., 5, 6, 10, 12, 194, 235, 247, 256, 272, 274, 301, 302, 306, 307, 329 Rutherford of Nelson E., 45 Sacchetti E., 187 Saint-Georges de Bouhe´ lier (S.G. de Bouhe´lier-Lepelletier), 11 Saint-Martin, Claude de, 38, 55 Saint-Point, Valentine de (A.J.V.M. Desglans de Cessiat-Vercell), 19, 300, 302, 303 Salaris C., 5, 19, 61, 80, 176, 181, 223, 239, 244, 252, 264, 269, 270, 302, 312 Salmon A., 179 Salvadori G., 156, 157 Salvemini G., 62 Sanminiatelli B., 183 Sansone B., 158, 160 Sant’Elia A., 300 Santini E., 308 Sanzin B.G., 262 Sardou V., 25, 39, 43 Sartorio A., 309 Satie E., 39 Saussure F. de, 32 Savelli R., 62 Scaligero M., 296 Scarpa V., 25, 42, 65 Scattolini V., 272

INDICE DEI NOMI

Schelling F.W.J., 127 Schiaparelli G., 43, 165, 197 Schiller F., 69 Schure´ E´., 35, 36, 38, 122, 181, 186, 192, 193, 196, 204, 205, 207, 220, 274 Schwob M. (A. Mayer), 179 Scocia L., 155 Scrivo L., 5, 109, 208, 258 Scuderi E., 163 Segantini G., 56, 171, 173 Semerari G., 106 Serao M., 41, 309 Servadio E., 20, 128 Settimelli E., 7, 108, 109, 173, 202, 216, 256, 269, 270, 271, 272, 273, 275, 276, 282, 283, 284, 285, 287 Seurat G., 317 Severini G., 5, 6, 12, 132, 179, 194, 301, 306, 307, 325, 329 Shelley M., 36, 188 Siciliani P., 112, 152, 157 Sidgwick H., 29, 30 Signac P., 317, 323 Silesio A. (J. Scheffler), 53, 55 Sinnett A.P., 166 Slade (medium), 29, 32, 45 Societa` Teosofica, 18, 34, 35, 37, 38, 49, 52, 64, 233, 274, 299 Society for Pychical Research, 28, 30, 35, 36, 38, 106, 140, 319 Soffici A., 17, 19, 21, 53, 187, 188, 204, 214, 255, 265, 266, 267, 272, 306, 307 Sommaruga (editore), 154 Sorel G., 3, 11, 69, 85, 210, 212 Spencer H., 58, 65, 74, 111, 116 Spiridigliozzi F. (Spiry), 264 Squillaci G., 158 Steiner G., 230, 252, 253, 270 Steiner R., 13, 35, 36, 77, 119, 184, 190, 204, 215, 219, 220, 222, 223, 231, 232, 253, 274, 296, 299, 300 Stendhal (H. Beyle), 177 Stephen L., 30 Stevenson R.L., 30, 36 Stirner M., 94, 124, 132 Stock A.G., 37, 267 Stoker B., 37 Strappini L., 50, 92, 99 Strauss D.F., 174 Stravinskij I., 302, 311 Strindberg A., 39

363

Se´dir P., 172 Se´guy J., 38 Sully-Prudhomme (R.F.A. Prudhomme), 43 Suso E. (H. Seuse), 55 Swedenborg E., 23, 34, 155, 172, 301 Tagliagambe S., 31, 130 Tayaht (Ernesto Michahelles), 325 Taillandier R.G.E., 25 Tanfani G., 65 Tarchetti I.U., 42 Tarozzi G., 119 Tato (Guglielmo Sansoni), 309 Taut B., 300 Tavolato I., 17, 19, 53 Tennyson A., 30 Thury A., 24, 28 Tilgher A., 101 Tolstoi L., 100 Tonelli L., 163 Torelli-Violler E., 41 Troilo E., 113, 119 Turati F., 186 Turiello P., 42 Tyndall J., 110 Tyrrel G., 55, 100 Ulrici H., 29 Uspenski G., 46 Vacca G., 55 Vagner N.P., 31 Vailati G., 18, 29, 30, 40, 53, 55, 60, 61, 106, 107, 139, 140, 143, 212 Valera P., 173 Valeria Irma (Irma Valeria Gelmetti Zorzi), 269, 270, 286, 287, 288 Valeri U., 187 Vannicola G., 53 Vann’Anto` (Giovanni Antonio Di Giacomo), 270 Varese E., 301, 302 Vassallo L. (Gandolin), 40, 41, 43 Verdone M., 10, 136, 204, 211, 247, 257, 269, 270, 271, 274, 283, 285, 291, 293, 295, 309 Verga G., 151, 152, 154, 159, 160, 338 Verhaeren E., 11, 179 Viatte A., 39, 170 Viazzi G., 170, 173, 187, 242, 301 Vico G.B., 44, 65

364

INDICE DEI NOMI

Vigo L., 132, 156 Villari P., 103 Villiers de Lisle-Adam P. conte di, 38, 179 Visani-Scozzi P., 139 Vie´le´-Griffin F., 180 Vittoria d’Inghilterra, 27 Viviani A., 53, 56, 198, 199, 211 Volpi E., 25, 41 Volt (Vincenzo Fani-Ciotti), 187, 188 Wagner R., 21, 84, 176, 177 Wallace A.R., 27, 30, 31, 39, 64 Wells H.G., 36

Wigman M., 300 Wilde O., 36 Wolter B.M., 300 Woolf V., 30 Wundt W., 29 Yeats W.B., 37 Zacconi E., 173 Zanardelli D., 127 Zola E., 11 Zo¨llner F., 29, 45, 46 Zweig S., 35

Critica e letteratura

1. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28.

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29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57.

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