Francesco Bacone. Vita, pensiero, opere scelte [Vol. 7]

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l GRANDI FILOSOFI Opere scelte da Armando Massarenti

l GRANDI FILOSOFI Opere scelte da Armando Massarenti

7- Bacone © 200611 Sole 24 ORE S.p.A Edizione speciale per Il Sole 24 ORE

2006 Il Sole 24 ORE Cultura Direttore responsabile: Ferruccio De Bortoli Il Sole 24 ORE S.p.A Via Monterosa, 91- 20149 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 542 del 08-07-2005 Settimanale- n.2/2007

A cura di: Armando Massarenti Per "La vita", il glossario,le schede di approfondimento,la cronologia

Testi di: Paola Pettinotti Per "Il pensiero" e "La storia della critica"

Testi di: Marta Fattori, Introduzione a Francis Bacon

© 1997,2002 Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Su licenza di Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Per "l testi"

Bacone - Uomo e natura. Scritti filosofici Paolo Rossi e Enrico De Mas (a cura di)

© 1994, Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Su licenza di Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Progetto grafico copertine:

Marco Pennisi & C.

Opera realizzata da ANIMABIT S.r.l. Coordinamento editoriale: Elena Frau, Paolo Parlavecchia Coordinamento redazione: Lorenzo Doretti, Bruno Facciole Redazione: Giulio Belzer, Cinzia Emanuelli Progetto grafico: Serena Ghiglino, Marcella Paladino Impaginazione: Marcella Paladino Ricerca iconografica ,fotolito: Alessandro Ravera Richiesta arretrati: i numeri arrettati possono essere richiesti

direttamente al proprio edicolante di fiducia al prezzo di copertina Finito di stampare nel mese di dicembre 2006 presso: Officine Grafiche Calderini S.p.A. Via Tolara di Sotto, 117 (Ponte Rizzoli) 40064 Ozzano Emilia (80)

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Il pollo di Bacon di Armando Massarenti

Il Lord Cancelliere Francis Bacon era uno scrittore di talento. C'è addi­ rittura chi sostiene, adducendo prove stilistiche e di matematica testua­ le, che è lui il vero autore delle opere di Shakespeare. Qualche volta però la sua magli/oquenza lo tradiva. Una sua opera si intitola «Il parto masco­ lino del tempo». Una metafora potente, concepita tra il 1603 e il 1608. Ancora oggi ecologisti, femministe e anti-capitalisti di varia natura pensano di trovare lì le loro ragioni migliori per attaccare in toto la civil­ tà industriale e la scienza che sta alla base di ogni suo malefico progres­ so. Se la scienza è descritta come . Da quell'episodio non si riebbe più. La carriera politica erafinita e si dedi­ cò interamente alla ricerca. ln un giorno molto freddo del marzo del 1626, lo ritroviamo nei dintorni di Londra sostenere con il medico regale, dottor Wìtherborne, che ilfreddo impedisce la putrefazione. Confare deci­ so scese dalla carrozza, comprò da una contadina un pollo, in quanto stec­ chito, non razzolava né bene né male, e lo seppellì nella neve. Si prese un gran freddo e, anziché tornare alla propria residenza si rifugiò nel palazzo del Conte di Arundel, che si trovava altrove. Gli scrisse dopo qual­ che giorno raccontandogli della perfetta riuscita dell 'esperimento . Magniloquente come al solito, fece un paragone sopra le righe . Si descrisse nell 'atto di recuperare il pollo nella neve, coraggioso come Pli­ nio il Vecchio, che morì mentre osservava l 'eruzione del Vesuvio . Morì anche lui, infatti, soffocato dalla bronchite, i/ 9 aprile del 1626. Fino ad allora la morte poteva aver colto dei pensatori dopo che avevano inge­ rito del veleno o del cibo . Per la prima volta un grande filosofo moriva nel tentativo di conservarlo . La scienza moderna e l 'industria frigorife­ ra muovevano insieme i loro primi passi.

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La vita L'I N GHI LTERRA ELISABETIIANA Nella seconda metà del millecinquecento, l' invocazione "Dio salvi la Regi­ na" che riecheggia per l ' I nghilterra non è una vuota formula cortigiana ma esprime l 'approvazione di ogni classe sociale e la generale devozio­ ne alla sovrana. Elisabetta l, salita al trono nel 1558, nei suoi quarantacinque anni di regno riuscirà infatti ad istaurare un lungo periodo di relativa pace e di svilup­ po, contrassegnando un 'epoca, quella 'elisabettiana', che può essere definita il rinasci mento inglese . Momento d'oro per l'ar­ te e la letteratura, e soprattutto per il teatro, che annovera in questi anni fra i suoi massimi esponenti Marlowe e Shak.espea­ re; d'oro altresì - ben più concre­ to e tangibile - in campo econo­ mico : la politica di El isabetta segna la data d'avvio della poten­ za commerciale inglese, grazie alla creazione di compagnie di mercanti uniti in società per azio­ ni - di cui anche la sovrana è accorta azionista - finali zzate sia al commercio internazionale che alle attività di produzione industriale. Contrariamente alle dottrine protezionistiche che si stanno affermando sul continen­ te, la politica commerciale della

Una giovane dell'epoca Tudor (tela di Eleanor Fortescue-Brickdale, inizio XX secolo). Dopo la crisi

segnata dalla Guerra delle Due Rose, l'epoca dei sovrani Tudor segnò un momento di decisa ripresa del regno d'Inghilterra.

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Elisabetta l Tudor con l'abito dell'incoronazione (tela anonima, 1 559 ca.). // regno di

Elisabetta fu cosi importante da dare il nome a un periodo della storia inglese.

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regina non si basa sull 'immobilizzo di capitali nelle casse dello stato, bensì è tesa a stimolare la circolazione monetaria e il reinvestimento in ulte­

riori iniziative, favorendo così non solo le importazioni dalle colonie d'ol­ tremare ma anche le prime industrie inglesi destinate a lavorare i prodot­ ti grezzi , in primis la lana. Per far prosperare arte ed economia è però necessaria la pace: Elisabetta la ricerca ad ogni costo - anche se non in modo assoluto, basti pensare alle continue rivolte irlandesi - destreggian­ dosi fra numerosi compromises . Compromesso fra l ' assolutismo della corona e la volontà popolare , fra protestantesimo e cattolicesimo , fra gli interessi delle varie classi sociali: una politica di equilibrio grazie alla quale riesce non solo a difendere l' indipendenza dell'Inghilterra. ma a situare il paese al centro di uno schieramento di alleanze internazionali. consen­ tendogli un' influenza mai riscontrata prima - e arrivando addirittura a proporre un proprio candidato al trono francese .

La regina Elisabetta e la sua corte durante una caccia alla volpe (tela di Dean Wol­ stenholme, XIX secolo). Al di là del fasto (e degli intrighi}, la corte di Elisabetta era costituita

da persone di grande capacità politica come il ford tesoriere, William Ceci/ e l'arcivescovo di Canterbury, Regina/d Pale.

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Per la nazione, è un momento di euforia collettiva: navi che battono il vessillo di san Giorgio salpano verso terre lontane tomandone con le stive cariche di ogni ricchezza; nuove fortune nascono in modo quasi prodigioso; nei teatri di Londra vengono cantate le grandezze delle anti­ che e delle nuove albioniche imprese; Spencer, riprendendo nel Fae­

rie Queene gli stilemi del poema cavalleresco italiano, esalta la glo­ ria i mperitura della regina. Luci, ma anche ombre: ogni corte ha i suoi scandali, i suoi intrighi. Eli­ sabetta, ostinata nel rifiutare un matrimonio di stato, non fa mistero della sua amicizia con Lord Dudley, la cui moglie viene ritrovata in fondo alle scale della sua casa di Cumnor, vicino Oxford, col collo spezzato. Per quanto dali' inchiesta ufficiale risulti che : "Amy Robsart è morta per incidente cadendo dalle scale", nessuno crede alla disgrazia, e voci infa­ manti corrono dal palazzo alle strade, giungendo ad insinuare che la stes­ sa regina abbia incoraggiato l 'omicidio per liberarsi della rivale.

IL "PICCOLO LORD G UARDAS I G I LLI" È in quest' atmosfera che il 22 gennaio 1 5 6 1 Franci s B acon nasce a Londra, e più esattamente nella York House sullo Strand, che all 'epo­ ca non era una strada ma- come dice il nome - una spiaggia affac-

La città di Westminster nel

1 593. La York House - dove nacque Bacon- si trova sulla sponda sinistra (in alto), in corrispondenza dell'ansa del Tamigi.

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Sir Nicholas Bacon (tela anonima, XVI secolo). Ottenuto un titolo nobiliare grazie all'entità

delle sue ricchezze fondiarie, Nicholas Bacon riuscì poi ad arrivare fino alla carica di Lord Guar· dasigilli nel 1558. c iata sul Tamig i . M algrado i suoi centocinquantam ila abitanti , la Londra di metà secolo è ancora sostanzialmente un borgo medieva­ le , dove fatiscenti baracche di legno si affiancano a chiese i m ponen­ ti e a sontuosi palazzi , come quello per l ' appunto dei B acon . Un ' ac­ quisizione recente, per la famigl ia, così come la posizione sociale: il nonno di Francis infatti apparteneva ad un ceto estremamente modesto - si occupava delle greggi dell ' abbazia B ury St. Edmund­ ma era nondi meno riuscito a dare al figlio N icholas la possibilità d i studi are di ritto a Cambridge, dove questi ebbe l a fortuna di stringe­ re opportune amicizie con William Ceci!, di lì a poco primo m i n i stro di Elisabetta, e con il futuro arcivescovo di Canterbury. Conoscen­ ze , come vedremo, estremamente utili, ma sopratutto fu il momen­ to congiunturale a consentirgli l ' ascesa sociale: Enrico VIII , con l a riforma antipapale e l a creazione di u n a chiesa nazionale, aveva fra l ' altro tolto le p i ù i mportanti cariche del l ' ammini strazione dalle mani degl i ecclesiastici trasferendole i n quelle di una nuova c l asse di uomini politici laici, e di questo passaggio Nicholas aveva appro­ fittato riuscendo ad entrare in politica ed acquisendo il titolo di sir - equi valente al nostro caval iere . La riforma succitata aveva anche incluso la soppressione degli ordini monastici, con la conseguente ven­ dita dei loro possedi menti , cosicché sir N icholas Bacon aveva potu­ to acqui stare si gnorie e terre deli ' abbazia per cui i l padre aveva lavorato come balivo, creandosi una solida ricchezza fondiaria. Con

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l ' avvento al trono di Elisabet­ t a , forte d el l e amic i z i e c h e aveva a corte, Nicholas era riu­ sc ito a ragg i u ng ere l ' i mpor­ tante carica di gu ardas i g i l l i della regina, e ad acqui sire l a dimora d i York per i soggiorni londi nesi della famiglia, che oltre al neonato Francis com­ prendeva

il

p r i m o g en i t o ,

Anthony, e la mog l i e , Anna Cooke. Matrimonio, quello con Anna, avvedutamente combinato , in quanto l a donna era so rel l a della moglie del suo amico e Sir William Cecil, primo barone di Burghley (tela anonima del XVI secolo). Lord tesoriere di Elisabetta,

Ceci/ appoggiò inizialmente la carriera politica di Bacon.

nume tutelare Ceci!. Figlia di uno dei precettori di Edoardo VI, Anna era una donna istrui­

ta - scriveva in latino e in greco e aveva nozioni di ebraico - ma al tempo stesso di un calvinismo ai l imiti dell ' intransigenza più assolu­ ta . Infatti la divisione religiosa in Inghilterra non era solo riassumi bi­ le nel contrasto fra cattolici e protestanti: anche nel seno di questi ulti­ mi si era creata una frattura fra anglicani e puritani , i qual i , forti della lezione di Calvino e della lettura diretta della B ibbia, si opponevano alla struttura episcopale e statalizzata del l a Chiesa inglese. Una frat­ tura anche sociale, che da un lato contrapponeva la gaudente classe diri­ gente 'italianizzata' formatasi sulla l ettura di Petrarca e di Orazio, e dali 'altra la gentry delle campagne e la borghesia cittadina, sostenitri­ ci di correnti rigoriste e moralistiche più radical i . Anna, pur appartenendo per natali alla prima classe, aveva abbrac­ ciato la fede asci utta e dura dei puritan i , di mostrandosi poi una madre opprimente e rigida, che tempesterà per tutta la vita Francis di lettere piene di vibrata di sapprovazione e "consigli" imperiosi. Ascoltando le dotte di scussioni dei genitori sulla Bi bbia e sui clas-

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sici, Francis sviluppa presto un'acuta intelli genza e uno spirito viva­ ce, che lo fa l odare dalla stessa regina, quando il padre lo introduce a corte ancora fanciullo. "Il piccolo Lord guardasigi lli· l o c h iama scherzosamente Elis abetta, per quanto in q uel periodo abbia proble­ mi ben più gravi che trastullarsi con un ragazzino. Il papa infatti l'ha appena scomunicata , creando una conseguente tensi one i nterna fra

Sir Thomas Lucy e la sua famiglia (tela di Cornelius Johnson, XVII secolo). Nel Seicento, la piccola nobiltà terriera aveva abbracciato in massa le dottrine rigoriste del puri­ tanesimo.

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Maria Stuart al campo di Crookstone (tela di Giovanni Fattori, XIX secolo).

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Regina di Scozia e pretendente al trono inglese, Maria Stuart avrebbe ispirato numerosi artisti del periodo romantico: Fattori trasse spunto dalle pagine di Alessandro Dumas per raffigurare la sconfitta che costò a Maria l'esilio dalla Scozia.

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anglicani e cattolici, che culmi­ na nel 1 5 7 1 in una congiura manovrata da Roma che coin­ volge anche il duca di Norfolk e la reg i n a di scozia Maria Stuart , cugina di Elisabetta ed aspirante al trono inglese. La loro colpevolezza è palese, Eli­ sabetta esita per non esacerba­ re gli animi , ma infine cede, Ritratto di Thomas Howard, quarto duca di Norfolk (tela di Hans Eworth, 1 563). Implicato

anche sotto la pressi one del primo ministro Ceci), e la testa

nelle trame spagnole per mettere Maria Stuart sul trono

di Norfolk , il primo gentiluo­

inglese, Howard venne giustiziato ne/15 72.

mo del regno, cade.

CAMBRIDG E l

torbidi di questo clima politico sfiorano soltanto l ' infanzia di Francis,

indirizzato a seguire l e tracce paterne verso la carri era politica, e pertan­ to invi ato a studiare a Cambridge insieme al fratelJo maggiore. Cambrid­ ge, e non la più antica e prestigiosa Oxford, a ragion veduta. lnfatti , ben­ ché con la riforma religiosa di Enrico VIII le università avessero dovuto chiudere le facoltà di diritto canonico e sospendere l' insegnamento della filosofia scolastica orientandosi verso lo studio dei classici e della mate­ matica, Oxford era ancora eccessivamente legata a parametri d' inse­ gnamento medievali e rel igiosi, mentre a Cambridge si formavano in modo più laico i futuri dirigenti dello stato. Fondata nel 1 209 da alunni e professori fuggiti da Oxford - secondo una versione per salvarsi da11a peste, secondo altre a causa di divergenze con i decani - solo nel 1 3 1 8 ottenne dal papa Giovanni XXII il diritto di rila­ sciare diplomi , per quanto il primo collegio, la Peterhouse, - ancor 'og­ gi esistente - risalga al 1284. Questi colJegi, in cui gli universitari vive­ vano seguendo regole comunitarie e associative, erano fondati e sovvenzionati da ricchi benefattori affinché gli studenti che li frequen­ tavano potessero pregare per le loro anime, situazione che spiega come

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LA vita

Il King's Gate del Trinity College di Cambridge. Nato nel 1546 dalla fusione di due

precedenti istituzioni (King's Hall e Michaelhouse), il Trinity College deve gran parte dei suoi edmci all'opera di Thomas Nevi/le, divenuto rettore nel 1593.

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mai siano sovente associati a cappelle o chiese. Come il Trinity Colle­ ge appunto, in cui Francis entra nell 'aprile del 1 573, a poco più di dodi­ ci anni . Un' età decisamente precoce, ma bisogna tenere conto che all'epo­ ca le università fornivano anche corsi preparatori, rapportabili ai nostri studi secondari . Senza per questo voler sminuire la vivace intelligenza del fanciullo, che infatti termina gli studi per il natal e del 1 575, a nem­ meno quindici anni. Un excursus breve ed evidentemente intenso, che non si limita ad imbot­ tirgli la mente di nozioni, ma lo aiuta a sviluppare facoltà critiche e di ragionamento personale. Facoltà che Francis non esita a rivolgere con­ tro l ' università stessa, o per lo meno contro alcune delle nozioni ivi apprese, in primi�· lo studio della filosofia, che all'epoca coincideva con la conoscenza di Aristotele, reinterpretato in chiave cristiana .

Una delle costruzioni all'interno del Trinity College. Oltre a Francis Bacon, hanno frequentato il Trinity College anche lsaac Newton, Char/es Babbage, Alfred North Whithead, Bertrand Russe/, Ludwig Wittgenstein e, in tempi recenti, Jared Diamond, John Pople e Amartya Sen.

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La vita

Le insegne delle quattro lnns of court londinesi. Ogni barrister (awocato secondo il diritto anglosassone) inglese deve ancora oggi far parte di una delle quattro lnns of court le cui sedi si trovano in prossimità della Corte di Giustizia di Londra.

Come riporta il suo segretario e biografo Rawley "lo prese l ' antipatia per Aristotele: non che gli sembrasse privo di meriti quest'autore, al quale era pronto a prodigare le più alte lodi, ma perché il seguirlo non porta­ va a niente". Carte steril i insomma,flatus vocis. Molti anni dopo, nel primo libro del Advancement of Learning, l'ormai maturo filosofo riprenderà questa sua giovanile critica analizzando le tre ' vane dottrine' allora in voga. La prima è quella ' litigiosa o cavillosa', in breve la Scolastica ortodossa, che continuava a costituire la base del­ l ' insegnamento inglese, stigmatizzata per il suo carattere vacuo sostenu­ to da un gergo incomprensibile ed autoreferenziale. La seconda è l a ' scienza schifi! tosa' ovvero la scienza dei dotti umanisti c h e s i oppongo­ no alla Scolastica non per i contenuti ma perché ne criticano la forma lati­ na barbara e non ciceroniana, e non si interessano alla conoscenza della natura, sedotti da un classicismo aulico di maniera. La terza ad essere con­ dannata è la ' scienza chimerica' , ovvero quella ispirata al neoplatonismo, di cui Bacon vede solo i risvolti mistico alchemici, volutamente occul­ ti della ' magia natural e' , che brillano ai suoi occhi per ciarlataneria. Tornando ora al Francis fanciullo, quello che realmente lo affascina è il mondo vero, vibrante e brulicante che lo circonda. Le opere dell'uomo

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Un ballo (acquerello di Abraham Bosse, 1635). Al fasto della corte faceva da contraltare il rigore dei puritani: questa situazione avrebbe finito per alimentare le tensioni che sarebbero sfociate nella guerra civile.

-mini ere, cantieri naval i, fabbriche di birra e di vetro, 'affinerie di zuc­ chero, tutto il nuovo, fervido sviluppo protoindustriale che sorge in ogni parte sul suolo inglese - lo interessano molto di più di una filosofia fatta di parole. Spirito di concretezza che può esser fatto risalire anche all' esem­ pio paterno, pragrnatico, di un lucido speculatore e politico, nonché all'in­ fluenza del calvinismo materno. Per quanto Francis per tutta la sua vita non si mostri mai particolarmente interessato all' aspetto strettamente religioso, ha senz'altro assorbito lo spirito sotteso all ' educazione ricevu­ ta fra le mura domestiche, ovvero la santificazione delle opere secolari: quello che conta non sono tanto i sacramenti , la teoria, quanto le azioni -compiute con spirito retto, certo, ma in ogni caso concretizzabili.

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Lo. vita

Proprio per seguire le tangibili orme paterne, nel giugno del 1575 entra al Gray 's Inn per dedicarsi allo studio del diritto, convinto che gli avreb­ be aperto la porta di un luminoso successo. Otti mistica fiducia nel futu­ ro di un ragazzo poco più che quindicenne , ma specchio e riflesso della fiduciosa gioventù di una intera nazione - non più di quattro milioni di individui - in pieno sviluppo e rinnovamento, che vede ampliarsi intor­ no possibilità e confini.

L"'ECONOMIA MON DO" Per questi anni, gli storici hanno coniato l'espressione "economia mondo". così da sottolineare la nascita di un pensiero-nei fatti non soltanto eco­ nomico- che, per la prima volta nella storia, ha una portata autentica­ mente mondiale.

La Golden Hind di Francis Drake. A bordo del galeone Golden Hind (la ·cerva d'oro·}, Drake compi la circumnavigazione del globo tra il15 77 e il 1580.

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Bacone La vita

Nel 1 57 7 , la flotta di Francis Drake parte col dichiarato scopo di fare il giro del mondo per sco­ prire un ipotetico nuovo conti­ nente . In realtà è un' imponente spedizione finalizzata alla guer­ ra di corsa, e quello che richiedo­ no i finanziatori, fra i quali c'è la regina stessa, non è tanto una scoperta geografica quanto nuovi tesori per le casse private e pub­ bliche. La flotta che parte da Ply­ mouth fra il tripudio popolare è composta da cinque vascelli , di cui solo la nave ammiraglia, la Francis Drake (incisione anonima, 1580). Prota­

"Golden Hind" farà ritorno dopo

gonista delle più importanti imprese della marineria

quattro ann i , avendo in effetti

elisabettiana, Francis Drake proveniva da una famiglia

compiuto la circumnavigazione

abbastanza povera, lontanamente imparentata con i duchi di Bedford.

terrestre e carica di un bottino tale da ripagare sessantasette

volte il costo della spedizione. l mari ormai si sono spalancati a commer­ ci leciti e illeciti , da isola marginale l ' Inghilterra è diventata il centro di una rete potente; personaggi come Francis Drake - volgare, caparbio, cru­ dele, ma al tempo stesso intelligente, astuto e a modo suo leale verso la patria - assurgono al ruolo di eroi , selfmade man a cui tutto è possibi­ le; come possibile appare poter dilatare ulteriormente i propri confini­ mentali prima che geografici - ipotizzando nuovi continenti. nuovi mondi per il mondo nuovo che si sta formando. Illusioni collettive che si rispecchiano e si in verano in migliaia di singo­ li individu i , fra cui Francis Bacon, che, sulla scia di un' onda sempre più favorevole, ha la possibilità di sospendere gli studi appena intrapresi per compiere un viaggio di due anni e mezzo al seguito di sir Amias Paulet, ambasciatore inglese in terra di Francia. Il giovane , per quanto avvezzo alla corte londinese , rimane ben altrimen­ ti affascinato da quella parigina di Enrico 111. L'ambiguo, raffinato sovra-

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La vita

Elisabetta l Tudor (tela di Federico Zuccari, XVI secolo). Per combattere gli spagnoli,

Elisabetta autorizzò la guerra di corsa lungo le rotte atlantiche, favorendo così lo sviluppo della rete commerciale inglese.

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Ritratto di sir John Hawkins (tela anonima, 1576 ca.). Corsaro e mercante di schiavi, Hawkins

fu uno dei più capaci navigatori dell'epoca elisabettiana. Prese con sé nei suoi viaggi il cugino Francis

Orake e, una volta divenuto tesoriere e controllore della flotta reale, ne favorì le imprese dall'alto della sua posizione.

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La vita

no, effeminato e al tempo stesso cupamente cattolico, ha ereditato le gran­ diosità della madre, Caterina de' Medici, e governa in una drammatica luce di splendori e miserie un regno sfavillante di lusso e cultura, di insen­ sati sperperi, devastato dalle guerre di religione . Francis rimane sedotto dai circoli culturali che proprio in quegli anni pro­ sperano e si diffondono nelle principali città francesi, dove uomini colti, ma al tempo stesso impegnati nell' amministrazione o negli affari. si ritrovano per discutere le novità in campo scientifico e filosofico- e non a caso trent' anni dopo ambienterà il suo Redargutio Philosopha rum proprio in uno di questi circoli parigini. Incanto destinato a non durare a lungo. Nel febbraio del 1579 viene richia­ mato d'urgenza in patria: suo padre è morto, l'età dei sogni sta finendo.

Bambina inglese e paggio (tela anonima, 1628 ca.). Nell'età eliSdbettiana, il commercio inglese ottenne enormi profitti dalla vendita di schiavi destinati principalmente alle piantagioni di zucchero; alcuni bambini erano invece portati in lnghilteffa e impiegati nella servitù.

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LA F I N E DI U N 'EPOCA In base alla legge del maggiorascato, le ricchezze fondiarie paterne vanno a suo fratello, il primogenito, come anche la trasmissibilità della carica. Se non privo di mezzi, tuttavia sensibil mente depaupe­ rato e soprattutto senza nulla di concreto fra le mani , Francis ripren­ de gli studi interrotti. Nel 1 5 82 è avvocato, e due anni dopo membro della Camera dei Comuni - nel sistema parlamentare bicamerale, la Carnera dei Comuni, o Carnera Bassa, si contrapponeva alla Carnera Alta, o Carnera dei Lords - come rappresentante di Melcornbe Regis, un centro della contea del Dorset. Magra prebenda , per un giovane ambizioso, ma in fin dei conti Francis ha solo vent' anni , ed è ancora convinto che quello sia un primo gradino da cui in breve salirà , gra­ zie alla rete di conoscenze e clientele nonché al suo ingegno persona­ le. Purtroppo per lui, i tempi stanno per cambiare . Durante quello stesso 1 584 viene scoperta u n ' altra congiura ai danni di Elisabetta, di cui fareb­ be nuovamente parte Maria Stuart. Il popolo, temendo un ritorno del cattolicesimo, preme sulla regina, e questa si vede costretta ad allontanare tutti i preti cattolici e i gesuiti, abban­ donando così la linea di com­ promesso che fino ad allora aveva cercato di seguire, ed ina­ sprendo il contrasto con la catto­ licissima Spagna di Filippo I I . L'anno successivo, una lettera William Cedi presiede la Court of Wards (tela anonima, XVI sec:olo). La Court of Ward an d liveries

autografa di Maria - in cui con­ ferma la sua partecipazione al

si occupava di amministrare le rendite feuddli dovute alla

complotto - finna la sua con­

corona.

danna, ed Elisabetta è obbligata

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Elisabetta l riceve gli ambasciatori olandesi (tela anonima, 1 585 ca.). La presenza della flotta inglese nella Manica impedì agli spagnoli di far affluire velocemente truppe e denaro alla volta delle province olandesi in rivolta, favorendo il successo della ribellione.

ad avallarne la sentenza di morte, che verrà eseguita il 1 7 febbraio 1 587. La Spagna coglie al volo il pretesto per cercare di mettere fine alla stra­ potenza inglese sul mare e alle continue guerre di corsa che ormai più che una spina nel fianco sono diventate un grave problema. La Spagna infat­ ti era la più colpita - benché anch'essa agisse di pari maniera - i n quan­ to le colonie americane riversavano in patria ricchezze degne di nota: nel sedicesimo secolo sono stimate importazioni pari a 1 6.000 tonnellate d'ar­ gento , il secolo successivo si toccano le 26.000. Di queste, si calcola che solo fra il 1 587 e il 1 592, i corsari inglesi ne 'dirottarono' nel porto di Londra il quindici per cento. Cifre che spiegano la fretta con cui Filip­ po II si affanna a preparare la sua "lnvencible armada": 1 30 navi, 30.000 uomini , 240 pezzi di artiglieria, una flotta mai vista pronta a salpare verso l' Inghilterra per la distruzione definitiva della rivale - nel nome di Dio e della Santa Vergine che campeggiano sui vessilli spiegati . Il sovrano ha però tralasciato alcuni particolari: i 30.000 uomini vengono da tutte le parti del suo enorme regno, e parlano sei lingue diverse, condizione che rende alquanto difficile la reciproca comprensione; funzionari diso­ nesti hanno lucrato sulle furerie e le stive sono piene di razioni i mman-

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Bacone La vita

La regina Elisabetta in uno dei cosiddetti "Armada Portraits".

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Per celebrare la sconfitta dell' lnvencible Armada, Elisabetta si fece ritrarre mentre, alla sue spalle, le navi spagnole venivano colate a picco al largo dell'Inghilterra; di questa tela esistono oggi numerose versioni coeve.

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La battaglia di Gravelines (tela di Philippe-Jacques de Loutherbourg, 1797). La battaglia di Gravelines segnò la fine dell' lnvencible Armada; in quell'occasione, gli inglesi fecero un largo uso di brulotti incendiari che scompaginarono la formazione awersaria.

giabili; le galere a remi, possenti nelle acque tranquille del mediterraneo, sono inadatte ad affrontare le correnti della Manica. Infine, il comandan­ te dell'armata, il duca di Medina Sidonia, è stato scelto - secondo la men­ talità spagnola- in base agli illustri natali , ma benché abbia sangue blu da vendere non si intende minimamente di marineria né di guerra nava­ le e soffre terribilmente il mal di mare . La flotta inglese al confronto è modesta, ma le sue navi , per quanto di dimensioni più ridotte, sono adatte alle acque dello scontro, e soprattutto ha completamente rinnova­ to lo stesso concetto di battaglia navale, sostituendo all' abbordaggio il cannoneggiamento da lontano. Lo scontro del 1 588 è la fine delle spe­ ranze spagnole: l'Armada, ormai non più invincibile, già malconcia per le tempeste. affonda sotto le ardite manovre e i cannoni di Drake . Vittoria i ncond izionata, ma è pur sempre l' inizio di una guerra che destabili zzerà profondamente la nascente economia inglese: dal 1 5 88 in poi , solo per farvi fronte, l ' esborso sarà di 1 .700.000 sterl ine , una ci fra spropositata - basti pensare che il gettito fiscale in tempo di pace arrivava a coprire 1 44.000 sterline all ' anno - che ricade sulle spalle dei contribuenti. lnol tre la chiusura delle frontiere dell ' i mpero spagno­ lo significa un duro colpo per le esportazioni commerciali inglesi, facen­ do regredire l' espansione industriale. Pestilenze e carestie si susseguo­ no, creando una congiuntura se mpre meno flori d a : per quanto l ' Inghi lterra rimanga una potenza, il periodo d ' oro elisabettiano ormai può dirsi concluso.

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La vita

TRA CA RRIERA E FILOSOFIA Torniamo a Franc is , che si accinge ad intraprendere la propria c arrie­ ra esattamente in questo momento di contrazione delle possibilità e di recessione generalizzata. Come aveva fatto suo padre. cerca di sfrut­ tare le buone relazioni della famiglia, ed in primi.\ lo zio. William Cecil. che dal 157 2 era assurto al la prestigiosa carica di Lord Gran Tesorie­ re. Ma costui ha già da pi azzare il proprio figlio. Robert,ligio ma non geniale, e teme che il ben più intelligente nipote possa oscurarlo in qual­ che modo. Nel 159 1 . Francis riesce a stringere una nuova amicizia. all'apparenza assai promettente, con Robert Devereaux, conte di Essex. all'epoca appena ventitreenne, l'ultimo dei favoriti dell'onnai sessantenne regina.

Francis Bacon nelle vesti di consigliere legale della regina in un'incisione settecen­ tesca. L'aver ricoperto un ruolo paragonabile a quello del Pubblico Ministero nel processo contro il conte di Essex, avrebbe costituito motivo di biasimo nei confronti del filosofo da parte di numerosi commentatori dei secoli successivi.

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Bacone

La vita

Ritratto di Robert Devereaux, secondo conte di Essex (tela anonima del XVI secolo). Eroe della battaglia di Cadice, Devereaux cadde in disgrazia a causa delle difficoltà incontrate nel reprimere la rivolta irlandese.

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La vita

Il Globe Theater all'inizio del Seicento. Il teatro era stato costruito nel 1599, sulla riva meridionale del Tamigi, nello stesso quartiere in cui sorgevano anche altri importanti teatri, come lo Swan, il Rose e lo Hope; tutti si trovavano al di fuori della giurisdizione delle autorità civili londinesi.

Benché la fortuna di questi aumenti di giorno in giorno, soprattutto dopo la vittoria riportata a Cadice nel 1594 che lo fa assurgere a ruolo di eroe nazionale, nemmeno le sue impetuose raccomandazioni riescono ad assicurare a Francis il desiderato posto di procuratore generale. Anzi. gli viene rifiutata anche la ben più modesta carica di vice procuratore. forse anche a causa di un suo errore 'politico' , ovvero l'essersi opposto in Par­ lamento alla richiesta di nuove tassazioni fatta dalla regina, e suscitan­ do così il suo risentimento. Le promesse, naturalmente, si sprecano, fra cui quella di un seggio alla Camera Stellata - con uno stipendio di mil­ leseicento sterl ine - non appena si fosse liberato il posto; ma la longe­ vità del suo predecessore gliene vieterà l'accesso per altri vent'anni . Nel 1 594 vede svanire il ruolo di procuratore generale, nomina conferita inve­ ce a Coke; e anche la carica di avvocato generale che questi lascia vacante gli viene rifiutata. Tale è il suo sconforto , che I' Essex cerca di ricompensarlo 'privatamente' donandogli una proprietà valutata mille-

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Bacone La vita

ottocento sterline a Twinckenham Park , ma per quanto il regalo sia munifico, non serve a compensare i debiti sempre più ingenti del filoso­ fo, il cui reddito annuo non basta a coprire le spese.

È in questo periodo che scrive il primo dei suoi Essays, saggi pubblica­ ti per la prima volta nel 1 597 in numero di dieci, per arrivare a cinquan­ totto nel l ' ultima edizione del 1625. Soddisfazione letteraria oscurata da ben altri problemi: il suo amore per il lusso , e l'esigenza sociale di ostentare un alto tenore di vita lo spingo­ no ad accumulare altri debiti, che nel 1 578 culminano addirittura in un breve periodo di reclusione per insolvenza. Finché, nel 1 60 1 - anno in cui Shakespeare rappresenta al Globe l 'Am­ leto, e nella lontana Roma il Caravaggio dipinge la Conversione di san Paolo -l ' Essex non gli torna finalmente utile, anche se in un modo ben diverso da quanto aveva precedentemente ipotizzato . Il conte infatti, dopo tante vittorie, si era trova­ to a dover sostenere una spedi­ zione contro l 'Irlanda, con esito disastroso. Da un giorno all'altro il suo astro a corte era tramonta­ to, e sul suo capo cominciavano a pendere accuse informati di cattiva amministrazione e disob­ bedienza agli ordini della regina. La quale arriva a schiaffeggiar­ lo pubbl icamente . Il carattere impetuoso ed orgoglioso del gen­ t i l u o m o , che fino a que sto momento l ' aveva favori to , si rivela d' ora in avanti deleterio, s p i ngendolo ad architettare Ritratto senile di Elisabetta I (tela di Marcus Gheeraerts il giovane, prima metà del XVI secolo). Per motivi essenzialmente politici, l'ultima sovrana Tudor rifiutò fino all'ultimo di sposarsi, sia per

un' insurrezione contro la sua ex protettrice. Il complotto viene scoperto, I ' Essex processato, e

evitare di dover condividere il potere sia per vagheggiare

contro di lui si schiera proprio

possibili matrimoni come arma diplomatica.

colui che credeva suo amico e

Bacone

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LA vita

La conversione di San Paolo (tela di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, 1 60 1 ).

Con i suoi improwisi tagli di luce e con la sua rivoluzionaria concezione iconografica, la pittura di Caravaggio avrebbe rappresentato un punto di svolta per tutta l'arte europea.

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Bacone La vita

La morte di Elisabetta (tela di Paul Delaroche, 1828). Elisabetta morì all'età di sessan· tanove anni nel Richmond Palace, residenza reale edificata dal padre Enrico VII, senza aver ancora indicato con precisione il nome del successore.

che da lui aveva ricevuto tanti benefici, non ultimo il dono di una pro­ prietà di grande valore. Francis, in qualità di learned counsel to the Queen -consulente legale della corona-partecipa infatti all'accusa, pro­ nunciando due discorsi altamente significativi. L'accusa vince, e la testa di Essex cade. Se però il nostro aveva sperato di conquistarsi così il favo­ re della regina, ha fatto male i suoi calcoli, perché Elisabetta continua a diffidare di lui e a non provare nei suoi confronti la minima simpatia. Quest' episodio ha pesato a lungo negativamente sull'immagine del filo­ sofo; ma bisogna tener conto , oltre che dello spietato ambiente cortigia­ no in cui è obbligato a muoversi, soprattutto del fatto che il conte era vera­ mente colpevole , e che il compito di Francis era di difendere il regno e la sovrana. Che ormai non è più la giovane donna dal volto affilato sot­ tolineato dalla rigida gorgiera di pizzo dei primi ritratti, il corpo snello costretto nel rigido busto coperto di ricami d'oro e pietre preziose, bensì

Bacone

La vita

un'anziana matrona sovrappeso che non si arrende all'avanzare dell'età, e che cerca di spianare le rughe con sublimato di mercurio e succo di limo­ ne, alternando strati di biacca e tocchi di allume per colorire le gote, fmo ad ottenere una maschera quasi teatrale. Che, malgrado l'età e la salute malferma, non rinuncia alla compagnia dei suoi giovani 'favoriti', né tanto meno a governare con la consueta energia. Finché, la notte del 25 Marzo

1 603 , spira nel sonno senza aver indicato il nome del suo successore. La mattina stessa, messaggeri cavalcano a rotta di collo verso il nord per por­ tare la notizia del decesso a Giacomo di Scozia, figlio della defunta Maria Stuart, il più probabile erede. Con la sua incoronazione, Giacomo I unifica i regni d'Inghilterra e di Se� zia con grandi vantaggi politici ed economici, ciononostante non sarà mai amato dai suoi sudditi, che continuano a rimpiangere Elisabetta. Della precedente regina infatti non ha né l'intelligenza né il fascino né l'acu­ me politico, e per quanto anch'egli cerchi strenuamente di condurre il regno verso una duratura pace, la sua pedanteria, bigottismo e presun­ zione gli alienano le simpatie di nobili e popolani. Fra le altre cose, Gia­ como si atteggia a dotto teologo e filosofo, giungendo a scrivere due libri in cui sostiene le teorie più estreme dell'assolutismo regio, diretta ema­ nazione del volere di Dio.

È però proprio su questo aspetto culturale del sovrano che Francis punta per farsi prendere in considerazione.

IL PADRE DELLA SCI ENZA EMPI RICA Le preoccupazioni contingenti per la propria carriera in questi anni non hanno assorbito

in toto i pensieri e le energie del filosofo, che nel frat­

tempo si è anche dedicato a speculazioni ben più elevate. Fermo restan­ do l'interesse per il conseguimento del benessere personale, la sua rifles­ sione si è allargata ad altri campi, e la sua ambizione ora è lavorare per il conseguimento di un benessere collettivo, finalizzato al miglioramen­ to e al progresso dell'umanità intera. È ormai giunto alla conclusione che le speculazioni dei dotti, fine a se stesse, non portano a nulla; applicate in modo pratico invece possono essere la fortuna delle nazioni. Lungi dal respingere la sapienza, auspica che questa sia resa feconda mettendola

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Bacone w

vita

in contatto con il mondo con­ creto deli 'industria e della natu­ ra. Una grande riforma del sape­ re e delle sue applicazioni, che il filosofo comincia ad esporre nel

1603 nella prefazione alla futu­ ra opera De interpretarione natu­ rae, mai data alle stampe in quanto i l libro prev isto non venne mai ultimato, ma purtutta­ via importante in quanto illustra il discorso programmatico che egli porterà avanti in altri scrit­ ti, e che gli varrà il titolo di padre Walter Raleigh in un'incisione seicentesca. Grande navigatore - partecipò alla sconfitta dell' lnvencible Armada e contribuì alla fondazione della prima colonia inglese nelle Americhe - scrittore capace ed influente uomo politico, Raleigh cadde in disgrazia sotto il regno di Giacomo l e venne decapitato nella Torre di Londra.

della nuova scienza empirica, nonché precursore e fondatore della rivoluzi one industriale . "Fra i benefici che possono esse­ re fatti ali 'umanità - scrive non ne ho trovato nessuno che

sia maggiore della scoperta di nuove arti e strumenti grazie ai quali si possa ottenere il miglioramento delle condizioni dell 'umana vita. ( ...) Se un uomo riuscisse non già soltanto a scoprire qualche nuova invenzione partico­ lare, per utile che essa sia, ma ad accendere una luce nel mondo della natu­ ra ( . . . ) che potesse svel are e mettere a nudo quanto c'è di più segreto nel mondo , quest'uomo sarebbe il vero benefattore del genere umano, il pro­ pagatore del dominio dell' uomo sull'universo, il campione della libertà, il soggiogatore della necessità" . Franci s ormai medita di abbandonare la carriera politica, che non gli ha dato finora altro che preoccupazioni, per dedicarsi appieno agli studi, fidan­ do nell'appoggio del re. Anche qui, però, la strada non è semplice: il sovra­ no è colto, ma aggrappato ad un sapere tradizionalistico, e nulla lascia supporre che sia disposto ad incoraggiare una nuova visione delle cose. Inoltre, Francis, all'età di quarantadue anni, ha pubblicato solo dieci brevi Essays, un po' poco come curriculum di presentazione.

Bacone

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La vita

Ciononostante tenta di ingraziarsi il sovrano, e nel

1 605 - anno

in cui

nell'aborrita Spagna un altro grande, Miguel de Cervantes, pubblica la prima parte dell'/ngenioso dedica una nuova opera, il

hidalgo Don Quijote de la Mancha - gli

The two Books of Proficience and Advan­

cement of Learning (''Sulla dignità e progresso del sapere") in cui , par­ tendo dall'i mportanza della conoscenza, che non a caso deve essere ricercata dagli uomini di stato , arriva all'indagine delle mancanze insite nelle conoscenze attual i , suggerendo infine come parvi rimedio. Senonché in quel momento Giacomo ha ben altri problemi che non dedi­ carsi ad un interessante nuovo saggio speculativo: le congi ure e i complotti che avevano segnato negativamente il regno di Elisabetta non si sono estinti , ma hanno avuto una recrudescenza sotto il nuovo, non troppo amato, sovrano. Già due complotti erano stati sventati gli anni precedenti - facendo finire nella cupa prigione della Torre addirittura sir Walter Raleigh, eroe di guerra, corsaro ed ex favorito di Eli sabetta - quando nel

1 605

viene scoperta la ' congiura delle polveri ' . Nel

1 604, Giacomo

aveva

s i glato un trattato di pace con la Spagna ed aveva soppresso le leggi persecutorie contro i cat­ tol i c i , azioni che avevano infuso nuove speranze ed energie nei sostenitori di un ritorno al cattolicesi­ mo. Per accelerare il pre­ sunto processo in corso,

,,

Guy Fawkes, ex ufficiale delle

truppe s p agnole

nelle Fiandre, progetta di far saltare in aria il Parlamento stesso: scoperta la

Ritratto di Francis Bacon in un'incisione ottocentesca.

Negli anni a cavallo tra il regno di Elisabetta e quello di Giacomo, Bacon iniziò la pubblicazione di una serie di testi che avrebbero dovuto costituire la nuova metodologia ("Novum Organum ·) sia per la scienza sia per la filosofia.

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Bacone La vita

Don Chisciotte all'osteria (tela di Charles Antoine Coypel, XVIII secolo).

Bacone

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La vita

Apparso all'inizio del Seicento, Don Chisciotte - con la sua nostalgia dell'antica cavalleria - ra,r presentava l'irruzione del progresso non meno delle opere di Bacon.

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Bacone La vita

trama e scongiurato il pericolo, il re si lancia in una dura repressione anticattolica, a cui ne affianca un'altra contro i puritani più integrali­ sti , che volevano abolire la struttura episcopale della chiesa d'Inghil­ terra. "No bishop no king" è la risposta di Giacomo: senza i vescovi non c'è il potere regio. Due anni dopo, nel

1607 ,

Francis si sposa con Alice Barnham, di cui

si limita a scrivere che era "una bella fanciulla" e "di suo gusto". Non­ ché fornita di un ' ottima dote , che allevia momentaneamente le ristret­ tezze finanziarie dello sposo. Che anzi ora può largheggiare li beramen­ te: una lettera privata coeva riporta infatti come "lo sposo era coperto da capo a piedi di porpora e aveva su di sé e sulla moglie un tale sfog­ gio di panni intessuti d'oro e d'argento da far pensare che abbia pesca­ to molto nella sua dote". Lo stesso anno, Giacomo I gli concede la carica di avvocato genera­ le della corona , che gli era stata rifiutata da Elisabetta, ri nfocolando così le sue quasi accantonate speranze di carriera. L'ormai tardivo raggiungimento delle sue aspettative giovanili non lo allontana però dalla speculazione filosofica.

È

in questo periodo che

comincia a prendere forma l 'Instauratio Magna, un'opera divisa in sei parti che doveva esprimere appieno tutta la sua ricerca. Una di que­ sta part i , il Novum organum era già a quella data presente in forma di abbozzi , ma Francis si rende conto della portata rivoluzionaria delle sue proposte, e ritiene più prudente anteporre pubblicazioni di mino­ re peso alla futura summa , in modo da consolidare preventivamente la propria fama e credito. Nel

1 609 quindi

dà alle stampe il De sapien­

tia veterum, e il fatto che scriva in latino fa supporre che voglia indi­ rizzarsi direttamente alle ristrette élites culturali da cui ambisce farsi accettare , nonché farsi conoscere fuori dell'Inghilterra, usando una lin­ gua franca comprensibile dall'intellighenzia internazionale. Quello stesso anno, in Virginia viene creato il primo nucleo inglese di colonizzazione stabile: è la nascita del colonialismo inglese, che tanta importanza avrà per il futuro della nazione, per quanto questo sia da ascriversi più al dinamismo dell' iniziativa privata che non al gover­ no di Giacomo, che se ne disinteressa lasciando tutto in mano a sin­ goli intraprendenti individui . Espansioni geografiche e nuove conqui-

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La vita

ste che vanno in ogni direzione , fino alle stelle: sempre nel

1 609 esce

l ' Astronomia nova di Johannes Kepler, e l ' anno successivo Galileo fa conoscere al mondo con il Sidereus nuncius le sue scoperte in campo astronomico che andavano decisamente nella direzione indicata dalle teorie eliocentriche copernicane. Nel

1612

Francis pubblica una nuova edizione degli Essays, che sono

di ventati trentotto, ma le sue energie sono nuovamente indi rizzate verso la vita politica. La carriera tanto attesa finalmente gli si offre in un crescendo di cariche : nel

16 1 3

è procuratore generale della Coro­

na; nel nel

1 6 1 6 - anno in cui muore Shakespeare - consigliere pri vato; 16 1 7 Lord Guardasigilli e nel 16 1 8 - mentre a seguito della "defe­

nestrazione" di Praga scoppia la Guerra dei Trent ' anni - diviene Lord Cancelli ere , ricevendo fra l ' altro il titolo di barone di Verulamio. Riconoscimento tardivo del suo valore , certo, ma sopratutto merito di un nuovo, potente protettore: il duca di B uckingham, favorito del re.

C�rta cinquecentesca della Virgina. Chiamata ·virginia in onore della ·Regina vergine · w

Elisabetta, la regione iniziò ad ospitare insediamenti stabili a partire dal

1607.

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Bacone La vita

I l REG NO DI GIACOMO STUART A seguito della pacificazione con la Spagna e del conseguente riaprirsi

di rapporti diplomatici , Giacomo I ha accolto a corte in qualità di amba­ sciatore il conte di Gondomar, che riesce ad entrare nelle grazie del sovrano conquistandosi la sua piena fiducia, e, sfruttandone le aspirazio­ ni assolutistiche, cerca di convincerlo dell 'utilità strategica di una fusio­ ne fra le due corone - previa ovviamente la conversione al cattolicesi­ mo di Giacomo e di tutto il paese . Oltre al re, Gondomar manovra astutamente i dignitari . utili zzando a piene mani l ' oro delle ricche casse spagnole, acuendo così fenomeni di corruttela e malgoverno già ende­ mici a corte . Imitando la splen­ dida nobiltà spagnola, anche i maggiorenti inglesi si lanciano in lussi insostenibili , il bilancio finanziario va verso il tracollo, e il re è obbligato a convocare il Parlamento, che se da un lato limita il suo potere , dall' altro è l'unico mezzo per ottenere l ' im­ posizione di nuove tasse, sempre più necessarie per coprire il disa­ vanzo della corte . E infatti il Parlamento, appena convocato, prima di cedere alle richieste finanziarie chiede ragio­ ne al re della sua politica, richie­ sta che al sovrano pare un' inam­ missibile limitazione alle proprie prerogative. A partire dal 1 6 1 4 , Giacomo s i rifiuta d i convocare Giacomo Stuart VI di Scozia e l di Inghilterra (tela anonima, 1618 ca.). Giacomo Stuart fu il primo

nuov amente i l Parlame nto , governando per alcuni anni in

sovrano a regnare su Inghilterra, Scozia e Irlanda, dando

modo assolutistico: imponendo

così origine al "Regno Unito ".

direttamente i tributi e facendo

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La vita

Ritratto di Henry Wotton (tela di Michiel van Miereveld, 1 620 ca.). Henry Wotton fu

uno dei più capaci diplomatici della corte di Giacomo 1: ambasciatore inglese a Venezia, fece in modo che la corona britannica sostenesse le ragioni della Serenissima contro il papato durante il caso di Paolo Sarpi.

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Ritratto di George de Villiers, primo duca di Buckingham (tela di Pieter Paul Rubens, 1625). Favorito sia di Giacomo l sia di Carlo l, Buckingham dominò la scena politica inglese fino al momento del suo assassinio.

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giustiziare i sudditi che si rifiutano di pagarli, in patente violazione dei diritti ormai secolari sanciti dalla Magna

Charta .

Messa a tacere la voce della rappresentanza nazionale , Giacomo ascol­ ta quella ben più suadente dei suoi favoriti, e in particolare di George Vil­ liers, da lui fatto duca di Buckingham solo perché lo trova meraviglio­ samente bello, che in breve tempo diventa il reale padrone del regno. Buckingham , che quando si reca in veste di ambasciatore alla corte di Fran­ cia, vi si presenta con un abito completamente ricoperto da fili di perle scuciti ad arte, in modo che le perle cadano al suo passaggio, per diver­ tirsi a vedere cortigiani e dignitari affannarsi a contendersele sul pavimen­ to. George de Villier è l'esempio vivente del malcostume generalizzato a corte, della corruttela e della malversazione: entrato , senza particola­ ri meriti che non fossero un certo fascino personale , nelle grazie del re. sarà da questi creato marchese e quindi duca nel

1 623, diventando primo

ministro e dispensatore di ogni favore. Per anni , utilizzerà sfacciatamen­ te i suoi ampi poteri per arricchirsi, nonché soddisfare i desideri del sovra-

Un processo (tela di William Powell Frith, 1848). Durante il regno di Giacomo t, il Lord

Cancelliere Ellesmore e Francis Bacon (che gli sarebbe succeduto) promossero un decreto che stabiliva la prevalenza delle procedure di corte - per certi versi simili al funzionamento del diritto romano - rispetto alle corti di common law, rafforzando il potere regio rispetto a quello parlamentare.

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Lady Elizabeth Style of Wateringbury (tela anonima, 1 620). Nonostante lo sfarzo dell'abito, Lady Elizabeth stringe nella mano destra un piccolo libro di preghiere, chiaro segnale della larga presa della predicazione puritana sulla piccola nobiltà inglese.

no, grazie anche alla connivenza di vari membri della cancelleria, fra cui non ultimo sir Bacon. Tasse inique, vendita dei privilegi; ma soprattut­ to trascinerà il regno in guerre disastrose a causa della sua inettitudine diplomatica e della sua insolenza. Per quanto il Parlamento cerchi a più riprese di allontanarlo, o di colpirlo indirettamente, la sua influenza sul re rimarrà tale da renderlo intoccabile, finchè , nel 1 628 , non verrà ucci­ so a tradimento da un fanatico, tale John Felton, convinto con questo gesto di salvare la sua patria dal male .

SAPERE È POTERE Nel l620, mentre la Maytlower salpa dal porto di Plymouth portando verso la 'nuova Canaan' americana un centinaio di puritani da cui nascerà un nuova nazione e una nuova storia, Francis inizia la stesura definitiva del­ l' lnstauratio magna , dando per il momento alle stampe la seconda parte dell'opera, il Novum Organum. L'Jnstauratio infatti doveva, secondo il suo progetto, comporsi di sei sezioni: analisi dello stato delle scienze; il

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nuovo metodo; repertorio di fatti e osservazioni; come applicare il meto­ do alle i nformazioni raccolte; i risultati provvi sori del metodo; i risul­ tati definitivi e filosofici . Di queste, solo tre vedranno la l uce: la prima, il De dignitate et augmentis scientiarum è in realtà una riela­ borazione e traduzione in latino del trattato del 1 605 ; la seconda per l' appunto è il Novum Organum del 1 620; la terza sarà pubblicata in vari trattati di scienza naturale, quali l 'Historia vitae et mortis e l 'Histo­ ria ventorum del 1 622, il Sylva Sylvarum - uscito postumo nel 1 627 - e l 'Historia densi et rari - uscita postuma nel 1 65 8 . Delle altre sezio­ ni, non restano che degli abbozzi . Francis concepisce l 'Instaurario magna non solo come un' opera di spe­ culazione filosofica, ma come un progetto concreto finalizzato a rivolu­ zionare la conoscenza in generis e la produzione in particolare, grazie all' esperienza empirica della natura coniuga­ ta allo sviluppo delle arti meccaniche. Il fine stesso della scienza viene riformulato: non più pura contemplazione intellettuale, ma "il fine vero e legittimo della scienza consi­ ste nell' arricchire la vita umana di nuove scoperte e nuovi poteri "; e questo può esse­ re conseguito solo con un nuovo metodo, che allontanandosi dalle teorie accademiche arrivi ad indagare e piegare al proprio vole­ re la natura tramite l' esperienza e l ' azione diretta. La contingente condizione dell' uomo può venire modificata e migl iorata grazi e all ' ausilio della sci enza qualora venga con­ cretamente applicata nell 'industria; ma que­ sto, !ungi dall'essere un processo indipenden­ te e autonomo, avverrà solo grazie all ' azione dell' uomo stesso. La sua idea profetica è di formare una classe di scienziati e sperimen­ tatori , dei tecnocrati in grado di gestire il potere in vista del bene comune. Con tali teo­ rie, Francis esprime appieno lo spirito intra-

Frontespizio di un'edizione postuma (1 640) del Novum Organum.

Presentato come •terzo principe della filosofia dal tempo di Platone ·, Bacon sta scrivendo la parola •conubio • (tra scienza e filosofia) sulla prima pagina dell' lnstauratio Magna.

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Bacone

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Velieri in navigazione (tela di Abraham Janszoon Storck, 1690). l progressi della navigazione erano visti da Bacon come uno dei più chiari simboli del progresso.

prendente , dinamico del suo paese e della sua epoca: quella che propo­ ne è per il momento null 'altro che un' utopia, simile a molte altre, ma, a differenza di quelle, non spostata in un passato ideale , o in auliche lon­ tananze , bensì lì, a portata di mano, realizzabile da un momento all'al­ tro. Come aveva già affermato nel 1 597 , Nam et ipsa scientia potestas

est. "Sapere , è potere". Una proposta concreta quindi , offerta al re nella speranza che segua i sug­ gerimenti contenuti vi , ma da questi non particolarmente apprezzata: Giacomo infatti osservò che la filosofia di Bacon era "come la pace di Dio , che sorpassa la comprensione umana". Disprezzo che ritroviamo anche nel giudizio dello scopritore della circolazione sanguigna, il medi­ co di corte Harvey, che dichiara che Francis "scrive di filosofia come un Lord Cancelliere". Senza rendersi conto che è proprio quel deprecato prag­ matismo a fame la grandezza, allontanandolo dall'empireo astratto della speculazione pura per calarlo invece in un contesto pratico di azione con­ creta e inverabile.

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LA CADUTA DEL LORO CANCE LLIERE L'anno successivo , nel gennaio del 1 62 1 , Francis riceve anche i l titolo di visconte di Sant'Albano, giungendo così al punto più alto della sua asce­ sa sociale; e da qui cade rovinosamente quello stesso febbraio. Dopo sette anni di governo assolutistico, Giacomo si è visto obbligato a riconvocare il Parlamento, il quale porta in luce e denuncia la corrut­ tela in cui era degenerato Io stato in quel periodo. Fra gli altri , anche Fran­ cis si trova indagato per abusi e peculato. All ' inizio pare accogliere tali accuse con disprezzo, appellandosi al suo nuovo protettore , il ben più com­ promesso duca di Buckingham; poi però, messo di fronte ai fatti , capi­ tola ed ammette appieno la propria colpevolezza. Malgrado la scalata sociale ed economica degli ultimi anni, Franc is aveva ormai accumula­ to ingenti debiti . e il suo tenore di vita era superiore ai proventi delle cari-

Sir Francis Bacon, Lord Cancelliere e visconte di Sant'Albano (tela di Paul van Soren, 1620 ca.). Con la nomina a visconte di Saint Albans, Bacon raggiunse il più alto livello

della sua carriera a corte.

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Bacone La vita

che. spi ngendolo ad accettare doni prima e dopo le sentenze emesse in qualità di giudice, nonché a chi udere un occhio se non due sull 'operato del Bucki ngham e di altri potenti benefattori . Confessa , ma conclude con un monito: "le vostre signorie non vorranno dimenticare che oltre ai

vitia

hominis ci sono anche i viti a temporis". Se io sono corrotto, la colpa è della società corrotta che mi circonda: sgradevole scaricabarile, certo, ma al tempo stesso ineccepibile lettura di un dato di fatto . Viene quindi all ontanato dalla corte , escluso da ogni carica pubblica e dal Parlamento, gravato di un 'ammenda di 40 .000 sterl ine e rinchiuso nella torre di Londra . Più esattamente nella Torre B i anca , parte d i un imponente complesso di vari edifici affacciati sul Tamigi , che servivano da fortezza , arsenale, tesoro , zecca, e, per l ' appunto, prigione. Costruita nel

1 078 da

Guglielmo il Conquistatore per difendere i Normanni dalla popolazione lon­ dinese, la Torre nasce come un imponente edificio in pietra - a differen­ za dei forti di legno che in origine la circondavano - munita di un fossa­ to riempito dalle acque del Tamigi. Per quanto non sia l ' unica prigione della città. la sua destinazione d' uso e gli ill ustri ospiti che l ' hanno, loro mal-

La Torre di Londra. l prigionieri venivano rinchiusi nella cosiddetta "Torre Bianca", un'antica

fortificazione di origine normanna al centro della cinta di mura.

Bacone

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La vita

La York Water Gate di fronte alla York House (tela anonima, 1150 ca.). Per ovviare alla

proprie difficoltà economiche, Bacon fu costretto a vendere stesso duca di Buckingham.

il

palazzo della York House allo

grado, frequentata - nonchè l' inquietante vicinanza della piazza delle impiccagioni e decapitazioni - ne hanno profondamente radicata l ' imma­ gine, al punto che ancor oggi l'espressione inglese sent to the Tower, man­ dato alla torre, equivale genericamente ad essere incarcerato. Lugubre luogo, che ancora risuona dei sospiri di Anna Bolena e Maria Stuart, dove però Francis non rimane che due o tre giorn i , venendo subi­ to graziato dal re, che gli revoca pure la pesante ammenda di

40.000 ster­

line. Non però l'interdizione alla pubbliche cariche, né il divieto di avvi­ cinarsi alla corte per un raggio di diciotto chilometri. Una sentenza severa, fin troppo , visto lo stato generale delle cose; ma il Parlamento , più che sir Francis Bacon, vuole colpire tramite lui il poten­ te Buckingham, di cui il filosofo-cancelliere è una creatura. Per quel che concerne l 'integrità di Francis come giudice, bisogna ricor­ dare che, per quanto sottoposte a revisione, nessuna delle sue sentenze viene cassata. Ha sì accettato doni a piene mani , ma, a quanto pare, il suo giudizio finale è sempre risultato equo.

Le sue affermazioni , di essere stato

"il più giusto giudice che ci sia stato in Inghilterra da cinquant'anni" , e che "la mia fu la condanna più giusta pronunciata dal Parlamento" non sono in realtà in contraddizione fra di loro , ma dipingono chi aramente il barcamenarsi di un' intera società fra i stanze di relativa probità e cor­ ruzione generalizzata. O tempora, o mores - ma quando i tempora tra­ boccano di vitia , i mores, anche quelli dei migliori, fanno fatica a non sci­ volare nel fango della palude.

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Bacone La vita

Al rovescio politico fa seguito quello finanziario, e per fronteggiarlo Fran­ cis si trova costretto a vendere i l fastoso palazzo di York , dove era nato; l ' acquirente è proprio il suo ex protettore duca di Bucki ngham , che lo aspettava al varco con l ' eleganza di uno sciacallo affamato. Con i soldi ricavat i , i l filosofo può comprarsi l a revoca del suo allontanamento dalla corte e i l perdono reale: dopo l a breve bufera ' mani pulite ' . sciolto i l Par­ lamento, si è ritornati allo stato di cose

ante quem, ovvero alla consue­

ta commercializzazione della g i usti zia. alla vendita laica di i ndulgenze e favori .

G LI U LTIMI STU DI Non più in di sgrazia, ma pur sempre interdetto alle pubbliche cariche, Fran­ cis si ritira nel palazzo di Gorhambury immergendosi nel lavoro intellet­ tuale. e in pochi mesi dà alle stampe nel

1 622 History of the Raigne of

Paesaggio invernale (tavola di Denis van Alsloot, XVI secolo). La morte di Bacon venne causata dagli improwisati esperimenti sulla surgelazione dei cibi che gli erano stati ispirati dalla vista del paesaggio invernale.

Bacone

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La vita

Le rovine del palazzo dei Bacon a Gorhambury. Dopo la caduta in disgrazia presso

la corte, Bacon si ritirò nella residenza fatta costruire dal padre a Gorhambury {"Verulam ·) nell'Hertfordshire.

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Bacone La vita

Carlo Stuart duca

di Yon e Albany (tela di Robert Peake, 161 1 ca.). Carlo sarebbe divenuto

principe di Galles soltanto nel 7612, alla morte del fratello Henry.

Bacone

59

La vita

King Henry the seventh, un saggio di storia politica non scevro da fili­ steismi cortigian i , ma purtuttavia tappa basilare per la storiografia moderna inglese, in quanto trascende la semplice elencazione agiogra­ fica cercando invece di risalire scientificamente dai fatti alle cause che li hanno ingenerati . Lo stesso anno fa apparire I 'Historia Ventorum , che avrebbe dovuto essere la prima parte di u n ' enciclopedia di tutto lo scibile, per la quale pianifica la stesura di ben dodici capitoli all ' anno. In realtà solo il secondo saggio, l ' Historia Vitae et Mortis, vede la luce . poi­ ché nel frattempo egli si è totalmente immerso in un altro pro­ getto, già iniziato da tempo: completare l' lnstauratio

magna, la sua opera più significativa. Purtroppo non raggiungerà questo obiettivo: la curiosi­ tà ' scientifica' , che, a dispetto dell'età, è ancora vivissima, gli sarà fatale. In una gelida giorna­ ta di fine marzo del 1 626 , passando in carroz­ za nei pressi di Highgate - all 'epoca sobbor­ go fuori della cerchia urbana - la neve e il ghiaccio che lo circondano gli suggeriscono un' idea; senza metter tempo in mezzo, abbandona il riparo relativo della carrozza e si precipita in una fattoria poco distante per comprarvi delle galline. Avendo infatti notato come il freddo tenda a conservare i corpi , mette in pratica l' osservazione teorica riempiendo di neve i polli svi­ scerati. A esperimento finito, sente ser­ peggi are brividi sempre più forti, e, temendo di non riuscire a tornare a casa, chiede ospitalità nella più vicina dimora di Lord Arundel . Il padrone è assente: i servi, pensando di fare un onore ali ' ospite , lo sistemano nella stanza più lussuosa del palazzo, ma che era rimasta chiusa da lungo tempo,

La tomba di

Frands Bacon nella chiesa di Saint Michael a Saint Albans. l.iJ statua,

commissionata da Thomas Meautys -segretario del filosofo -, rappresenta Bacon nella tradizio­ nale iconografia del filosofo.

60

Bacone

La vita

quindi gelida ed oltremodo umida. L'infreddatura diventa subito bron­ chite, e Francis spira all'alba del 9 aprile 1 626, all'età di sessantasei anni, mentre le campane risuonano a festa per il giorno pasquale. La moglie, diseredata in extremis per motivi non noti , si risposerà feli­ cemente l 'anno successivo con un suo maggiordomo di palazzo, in con­ comitanza con la pubblicazione postuma della Sylva sylvarum sive histo­ ria naturalis a cura del suo cappellano. È una raccolta di osservazioni su vari soggetti , sia desunte da opere precedenti , che dai racconti di viag­ giatori e artigiani con cui si era intrattenuto. L'idea originaria di coordi­ nare quella massa bruta di nozioni in una si lloge ordinata rimase incom­ piuta; tuttavia alla fine della Sylva sylvarum appare un breve saggio a se stante: la Nova atlantis, o Casa di Salomone . Un'opera utopica, in cui si profetizza un'istituzione preposta alla "conoscenza delle cause dei movi­ menti segreti delle cose , per estendere i limiti dell' umano potere verso il raggiungimento di ogni possibile obiettivo." Un sogno, a cui però si ispirerà di lì a poco la Royal Society di Londra, e tutte le altre Società fmalizzate al progresso delle scienze e alla loro appli­ cazione nella vita concreta. Un sogno che apre la via alla rivoluzione industriale , divenendo in parte la realtà in cui noi oggi viviamo. Nel bene e nel male.

Bacone

I l pe n sie ro ABBREVIAZIONI* AC

Aphorismi et consilia

AL

Advancement of learning (ingl.)

ANN

Abecedarium novum naturae

CDNR

Cogitationes de natura rerum

CF

Calar et frigus

es

Commentarius solutus

cv

Cogitata et visa

DAS

De augmentis scientiarum

DFRM

De jluxu et rejluxu maris

DG/

Descriptio globi intellectualis

DINS

De interpretatione naturae sententiae Xl/

DO

Distributio operis

DPAO

De principiis atque originibus

DSV

De sapientia veterum

DVM

De vijs mortis

FL

Filum labyrinthi si ve formula inquisitionis (ingl.)

HNE

Historia naturalis et experimentalis

HV

Historia ventorum (pubbl . in HNE)

HVM

Historia vitae et martis

/M

/nstauratio magna

INP

De interpretatione naturae prooemium

MedS

Meditationes Sacrae

ML

Maxims of the Laws (ingl.)

NA

New Atlantis (ingl.)

NO

Novum organum

PA

Prodromi sive anticipationes philosophiae secundae

PHN

Parasceve ad historiam naturalem

PhU

Phaenomena universi

P/D

Partis instaurationis secundae delineatio et argumentum

POK

Praise of knowledge (discourse) (ingl.)

RPh

Redargutio philosophiarum

SI

Scala intellectus sive filum labyrinthi

ss

Sylva sylvarum (ingl.)

61

62

Bacone

Il pensiero

TC

Thema coeli

TDL

Topica inquisitionis de luce et lumine

TPM

Temporis partus masculus

VT

Valerius Terminus (ingl.)

De Mas i

Opere filosofiche, a cura di E. De Mas, 2 voli ., Laterza, Bari 1 965.

De Mas2

Scritti politici giuridici e storici di Francesco Bacone, a cura di E.

De Mas, 2 voli., Utet, Torino 1 97 1 . FBTF

Francis Bacon . Terminologia e fortuna nel XVII secolo. Seminario internazionale (Roma, 11-1 3 marzo 1984), a cura di M. Fattori,

Edizioni dell ' Ateneo, Roma 1984. Rossi SHE

Scrittifilosofici di Francesco Bacone, a cura di P. Rossi, Utet, Torino 1975. The works of Francis Bacon, a cura di J. Spedding-R. Leslie-Ellis

e D. Denon Heath, 7 voli., Longman, London 1 859-64. LL

J. Spedding, The letters and /ife of Francis Bacon,

7 voli., London

1 861 -74. OFB

The Oxford Francis Bacon, nuova edizione critica delle opere di

Francis Bacon ( 156 1 - 1 626), IV: The advancement of learning , edited with introduction, notes and commentary by Michael Kieman, Cla­ rendon Press, Oxford 2000 ; VI: Philosophical Studies c. J611-1619, edited with introduction, notes and commentaries by Graham Rees, with facing-page translations by Graham Rees and Michael Edwards, Clarendon Press, Oxford 1 996; XIII: The ) ·,l H:fo�ccushr , ft cutby hitn in t ine , lte " mi ht tJl c , h e poifo!l quit< a11"ay ,

T (\ A

J t.

. • • ·-

...- a

-L . . . .

_,

••

r

Una pagina dalla Minerva Britanna di Henry

Peacham (1612). 1n questa pagina - dedicata espli­ citamente a Francis Bacon - Peacham interpreta in senso morale una favola tradizionalmente attribuita ad Esopo: alcuni pensano che, in realtà, proprio Bacon ne sia anche l'autore.

sottolineato come il Bacon filoso­ fo si serva del linguaggio foren­ se non tanto - o meglio, non sol­ tanto - per una forma di vezzo intellettuale, ma soprattutto per dare al proprio pensiero una pre­ cisa valenza oggettiva mediante l'uso delle formule giuridiche; precorrendo l'illuminismo (che

Bacone

203

Ritratto di Francis Bacon come barone Verulamio di Verulamio e viscollte di Sant'Albano (tela di Paul van Somer, XVII secolo). L3 arriera politiGJ e fomrse

di Bacon ne avrebbe influenzato lo stile retorico.

2 04

Bacone

Sir Francis Bacon, barone di Verulamio e visconte di Sant'Albano (tela di Paul van Soren, 1620 ca.). Parlamentare e Bencher (membro anziano del Gray's /nn), Bacon

era uno degli awocati più rinomati dell'Inghilterra elisabettiana.

avrà in Bacon uno dei suoi eroi) il filosofo inglese contrappone il diritto alla tradizione, facendo implicitamente un distinguo tra un tempo antico, epoca di arbitrii, e uno moder­ no, era di giustizia. Il titolo completo del saggio è infatti Temporis Partus Masculus sive lnstauratio Magna

lmperii Umani in Universum, owero Il parto mascolino del tempo o la grande instaura­ zione dell'impero dell'uomo sull'universo; da esso emerge la peculiare concezione baco­ niana del progresso - filosofico, scientifico e sociale - visto letteralmente come un frut­ to (parto) del proprio tempo. Partendo da una traccia lasciata dallo stesso Bacon nelle sue corrispondenze, la critica moderna ha potuto individuare nel Temporis Partus Masculus il saggio con cui il filoso­ fo intendeva aprire la sua monumentale opera di riorganizzazione del sapere (1'/nstau­

ratio Magna per l'appunto, titolo che Bacon avrebbe ripreso anche altre volte); è proba­ bile che, nelle intenzioni dell'autore, lo scritto avesse dovuto chiamarsi Temporis Partus

Maximus (Il massimo parto del tempo), rinforzando l'accezione "progressista " del tito­ lo. Al posto di · Massimo", aggettivo ritenuto forse troppo pretenzioso, Bacon ha poi pre-

Bacone

205

ferito l'epiteto " mascolino·, forse per evidenziare i l contrasto con una sde nza attiva ·viri­ le" e una natura passiva e "femminea ·, oppure per richiamare il m ito della nascita della saggezza (Minerva), partorita dalla testa Giove. l'interesse di Bacon per il mito, d'altra parte, è evidente i n un'opera di poco posteriore: il De Sapientia veterum (Della sapienza degli antich�. piccolo saggio in cui il filosofo inter­ pretava i miti classici alla luce della cultura moderna. Questo breve testo, che comunque conobbe una grande fortuna nell'Inghilterra del tempo, contiene un interessante passo che ci aiuta a mettere meglio a fuoco le idee di Bacon sulla filosofia classica: ·1 tempi più remoti sono sepolti nell'oblio e nel silenzio, se si eccettua quanto ci è stato traman­ dato nelle Scritture; a questo silenzio hanno fatto seguito le favole dei poeti: a queste favole, le testimonianze scritte che sono giunte fino a noi. Così, fra i riposti abissi del­ l'antichità e i giorni delle tradizioni e delle testimonianze che seguirono, si stende, per così dire, il velo delle favole, velo il quale ricopre la regione intermedia che separa dò che

è perito da ciò che soprawive". Se la filosofia degli antichi, per Bacon, appartiene indubbiamente a ·dò che è perito·, "il velo delle favole" possiede ancora una sua vitalità intrinseca che vale la pena inda­ gare, secondo una concezione che - nel corso del

XX secolo -

sarà fatta propria anche

dalla critica di matrice strutturalista.

Apollo e le muse (tavola di Hendrick van Balen. XVII secelo). Nel De sapientia veterum, Bacon dà una efficace interpretazione del signifiGJto dei soggt!tti mitoJogici, ;,

voga anche nel Seicento.

2 06

Bacone

Il pensiero

(geroglifici e gesti) , l'altro arbitrario (ad placitum) . Considera il primo «non inutile» per superare la torre di Babele della confusione linguisti­ ca e lo pone tra i desiderata: Ora i sistemi di notazione (che, senza il soccorso o l ' intromissione delle parole, riescono a significare le cose), sono di due ti pi: l'uno dei quali è fondato sull'analogia, l' altro è puramente arbitrario. Del primo tipo sono i geroglifici e i gesti; del secondo tipo sono i carat­ teri reali , di cui abbiamo fatto cenno. [ . . . ] I gesti sono una specie di geroglifici momentanei ; perché, come le parole volano, ma gli scrit­ ti restano, così i geroglifici dipinti restano, ma quelli espressi con i gesti svaniscono. [ . . .] Bisogna che geroglifici e i gesti abbiano sem­ pre qualche somiglianza con la cosa che vogliono rappresentare, e siano così dei simboli , e per questa ragione noi li abbiamo chiama­ ti notazioni per analogia. Invece i caratteri reali non hanno nulla di simbolico (e sono del tutto non figurabili, come le lettere dell ' alfa­ beto); sono stati costituiti ad arbitrio (ad placitum) e sono entrati poi nell 'uso per abitudine e quasi per un tacito accordo. Questo gene­ re di scrittura esige molti segni, tanti quante sono le radici delle paro­ le. Questa parte deli ' organo del discorrere, che si riferisce alle nota­ zioni , noi la collochiamo tra i desiderata6 I . Anche la riflessione sulle leggi e la giustizia, iniziata negli anni giova­ nili , presenta i risultati della sua matura riflessione . Nel libro VIII , che tratta della scienza civile (scienza della conversazione, degli affari , del governo e dello stato), per ampiezza e complessità del tutto nuovo rispet­ to al corrispondente paragrafo dell 'AL, il filosofo inserisce, come esem­ pio della scienza di estendere i confini dello stato (doctrina de proferen­

disfinibus imperii), il Saggio sulla vera grandezza dei regni e degli stati (l'ultimo dell'edizione 1 61 2 , e ventinovesimo dell' edizione 1 625) e l 'importante Trattato della giustizia universale, diviso in 97 aforismi , spes­ so

in seguito pubblicato come opera autonoma. In esso il filosofo appro­

fondisce l'origine del diritto privato con una forza teorica che ha fatto par­ lare gli interpreti di 'conformità' delle tesi baconiane con quelle del contratto sociale. E ancora una volta ritorna sul tema per lui angoscian-

Bacone Il pensiero

te della 'certezza' della legge: «Le leggi che compongono il diritto comune, poi quelle costituzionali o statuti, infine i giudizi scritti : ecco il solo materiale che deve costituire il corpo del diritto. Al di

fuori di que­

ste tre fonti non vi sono altri documenti autentici; o, se ve ne sono, devono essere accolti molto raramente>> 62 . Parallelo al metodo sull' interpretatio naturae è quello per dare certez­ za alla legge: accogliere i documenti antichi con grande parsimonia, sba­ razzandosi della enorme massa degli autori e dei giuristi , che dilacera la sentenza della legge, rende incerto il giudice, fa diventare lunghis­ simi i processi63, corrispondenti alle

vermiculate quaestiones e agli idoli

del teatro , di cui sbarazzarsi per cercare la verità nella fi losofia natu­ rale. Il

DAS è infatti

la prova più certa che i due grandi progetti paral­

leli, quello dell'1M e quello delle ML, vengono da B acon ripresi , nel tentativo di portarl i a termine, nell' incredibile produttività degli ulti­ mi anni della sua vita. Utile, per cogliere il progetto definitivo del filosofo, sarebbe analizzare con attenzione i 49 domini del sapere che Francis Bacon presenta, aU' in­ temo dei singoli libri e quindi delle singole discipline, come

ta, cioè come parti lacunose dell' orbe conoscitivo, e il cui fine del DAS, col titolo

rata. Dei

desidera­

elenco

dà alla

Nuovo mondo delle scienze o elenco dei deside­

più significativi si è parlato nei paragrafi precedenti: la storia

delle generazioni irregolari , la storia delle arti meccaniche, la filosofia secondo la poesia parabolica, la scoperta delle forme, la storia induttiva o naturale , la storia delle matematiche, la medicina, ecc. Non è possibi­ le ripercorrere qui i 49

desiderata, ma attraverso il valore esemplare che

il filosofo attribuisce loro si può cogliere il significato del DAS e di

rutta

la riflessione baconiana: le parti mancanti , carenti , insufficienti , i

desi­

derata

appunto , del globo intellettuale, infatti, sono

il

risultato dell'ar­

resto delle scienze e quindi dell'incessante e dannoso accumularsi su di esse di pregiudizi di ogni tipo (la confutazione degli

idola è uno dei desi­

derata) e contemporaneamente indicano i progressi , i risultati, le scoper­ te alle quali l' umanità potrà pervenire , una volta riconquistati, o per la prima volta acquisiti, tutti gli strumenti gnoseologici e operativi ; sofo non si stanca mai di ripetere l'esigenza di

il filo­

«purificare,. nomi, oozio.­

ni tramandate , dottrine , di indicare i modi e l' atteggiamento necessario

207

208

Bacone

Il pensiero

per la ricerca, di predisporre inventari e strumenti. L' astronomia, ad esempio, infarcita di illusori presagi e calcoli astrusi sulla natività, e di superstizioni di ogni genere, una volta radicalmente 'purificata' diven­ terà astronomia 'viva' , 'sana' (libro III, capp. 2 e 3, due desiderata). Man­ cano tutti i registri , gli inventari , le raccolte di esempi . Di quelli , pochi , tramandatici dall'antichità v a tolto quanto è inutile e dannoso, sovrab­ bondante e mistificante. Giova ricordare quanto, negli esempi che dà ­ in quelli solo accennati, in altri invece approfonditi e ripercorsi , inizia­ ti e interrotti - il filosofo si soffermi su una incessante ripetizione di quel­ li che egli considera gli aspetti fondamentali della ricerca: il dubbio prima di tutto. Nel porre , per la fisica, fra i desiderata, due appendici importanti 'per il modo della ricerca' , la Continuazione dei problemi natu­

rali, e la raccolta delle Opinioni degli antichi .filosofi (libro III, cap. 4), Francis Bacon ricorda che lo scopo di queste due appendici sarà quello di provocare il dubbio (dubitatio) , parte non disprezzabile del sapere. Ma ammonisce a considerare il dubbio nella sua duplice funzione: la prima positiva, che porta al certo, che difende la filosofia dell' errore, educa a sospendere il giudizio prima di aver soppesato tutto senza fretta e con dovuta cautela; l 'altra, fine a se stessa, che non cerca di risolvere il dub­ bio, ma se ne compiace. L'uso 'legittimo' dell 'intelletto sarà quello di giun­ gere dai dubbi al certo, non di rendere dubbiose le cose certe. L' uso legittimo della ragione umana è richiamato anche nel l ' ultimo libro, dove tratta brevemente dei tre desiderata della teologia, solo appendici, per non rubare il mestiere ai teologi: Sofrone, o de/ legittimo

uso della ragione umana nelle cose divine; /reneo, o dei gradi dell 'uni­ tà nella città di Dio, una sintetica esortazione a cercare l 'unità delle Chie­ se; Otri celesti, o emanazione delle Scritture, due paginette, nelle quali Bacon si scaglia contro impropri usi nel l ' interpretazione delle scritture, in particolare contro coloro che presuppongono nelle S acre Scritture una perfezione fittizia dalla quale dedurre tutte le filosofie, come se ogni altra filosofia che se ne discosti dovesse essere per forza irreligio­ sa o pagana: pessimo atteggiamento, «iniziato dai Rabbini e dai Caba­ listi», tipico della scuola di Paracelso. I desiderata baconiani , nei quali si condensano le confutazioni delle definizioni, delle dottrine, delle dimostrazioni , come primo momento per poter riscrivere , cercare e tro-

Bacone

Il pensiero

vare i nuovi domini delle scienze e della filosofia, costituiscono lo spa­ zio in cui il

Non ultra

andare oltre,

delle colonne d 'Ercole si apre alla possibilità di

Plus ultra.

IO. Il progetto della «Historia naturalis et experimentalis" ( /622). La

e la Si scardina di poco l 'ordine cronologico dei paragrafi, perché unitario sem­ bra il progetto della anticipato nel

HNE, perseguito nel

suo insieme negli ultimi

anni ,

NO e nella PHN, più volte ricordato nel DAS, e che com­

porta un accenno alla postuma SS, parte non secondaria del progetto. Oltre alla traduzione dell' AL, I' impegno scientifico dell 'ultimo periodo è la rea­ lizzazione della storia naturale e quindi della raccolta delle istanze.

Lo

sforzo veramente incredibile del filosofo mette in luce quanto gli scrit­ ti di filosofia naturale costituissero la parte più difficile, in quanto più fati­ cosa da realizzare, ma quella alla quale il filosofo affidava le più gran­ di speranze. Alla fine della vita, il filosofo mostra di aver sempre voluto seguire un filo conduttore preciso che si snoda senza fratture significa­ tive, ma con aggiustamenti voluti e precisi, fin dal Praise ofknowledge. Sia nelle parti nuove del re che i

DAS, sia in molte delle storie naturali si può nota­

desiderata appartengono al

campo delle nuove scoperte scien­

tifiche, nonché a quello della biologia, della medicina, della fisiologia, ecc ., così come si trovano nell ' HNE, per la prima volta, i nomi di Cam­ panella e Bruno64. Prima di descrivere brevemente le opere che costituiscono

Storia naturale e sperimentale, un za, alla Storia del regno di Enrico

gran parte della

cenno va fatto , per la sua importan­

VII, pubblicata (una delle poche opere

storiche complete pubblicate in vita) nel

1 622, un anno dopo la sua

«caduta» personale e politica. La storia del regno del primo Tudor, padre di Enrico Vlll, condotta da Bacon soprattutto sull ' opera Anglicae histo­

riae libri XXVII dell 'umanista urbinate Polidoro Vergilio65 e anche sulla Cronica di Edward Hall , trasse molta luce, come afferma l' autore , dalla biblioteca, ricca di libri e manoscritti , di Sir Robert Cotton, che gli per­ mise di frequentarla con amicizia, anche dopo la disgrazia politica.

Storia del regno di Enrico VII, che pur ottenne nel

La

suo secolo seguito e

209

21 O

Bacone

Il pensiero

successo, tanto che avutane una copia nel 1 622, a Venezia, l 'instancabi­ le Fulgenzio Micanzio si era riproposto di fame immediatamente una tra­ duzione italiana, fu relegata al ruolo di un'opera letteraria, nella quale Bacon aveva tratteggiato con sapiente psicologia il ritratto di Enrico VII ( 1 457 -1 509) e la personalità del giovane impostore Perkin Warbeck. Ma gli errori di data - non in realtà così gravi e così numerosi66 - river­ sarono sull' opera di Bacon la fama di «debolezza scientifica», di abuso di una «sbrigliata fantasia» sul dato storico. Giudizi più legati alle dif­ ferenziate posizioni teoriche, che non incidono sull' affresco tracciato da Bacon di una grande biografia politica, inserita nella storia particolare di un regno (Bacon parla soltanto di un Enrico VII già salito al trono, 1485). Già nel 1 623 Bacon si riproponeva di fame una traduzione lati­ na, apparsa per la prima volta postuma nei due volumi delle opere mora­ li e civili, pubblicati da W. Rawley nel 1638. Ritornando alla HNE, nel periodo che ha seguito la pubblicazione del NO, gli interessi di Bacon si concentrano sul dominio della storia naturale. È noto che spesso le opere di filosofia naturale del filosofo sono state poco studiate, considerate dal punto di vista del metodo e della classifi­ cazione della scienza come confuse e obsolete, o nel migliore dei casi come dei centoni cristallizzati delle tre grandi fonti baconiane (Aristotele, Pli­ nio e Acosta) . Per cercare di cominciare a colmare questo grande desi­

deratum, la raccolta delle istanze diventa prioritaria: Che importa - si chiede il filosofo - se nella descrizione delle istan­ ze

riempiamo volumi sei volte più grossi della storia di Caio Plinio?

Egli include però anche una quantità di notizie filologiche , favolo­ se , relative all ' antichità, e non alla natura. Invece la vera storia naturale non contiene altro che istanze, connessioni , osservazioni e canoni. Considerate , d'altro lato, gli immensi volumi di filosofia, e facilmente vi accorgerete che i più solidi sono i più lirnitati 67 . Se il Novum organum si confrontava, e rifondava, con l'organon aristo­ telico, la HNE, nell'aggiungere nel titolo e nel progetto l'aggettivo expe­

rimentalis , voleva confrontarsi e rifondare l ' Historia pliniana. Nel 1 622 Bacon pubblicò un volume intitolato Historia naturalis et experimenta-

Bacone Il pensiero

/is ad conderulmn philosophiam sive phaenomena universi, preceduto daUa lista dei titoli delle historiae previste per la pubblicazione: Storia tki venti;

Storia del denso e del raro, nonché della contrazione e tkll 'espansione della materia nello spazio; Storia del pesante e tkl leggero; Storia tklla simpatia e dell'antipatia delle cose; Storia tkl solfo, tkl mercurio e tkl sale; Storia della vita e della morte68. Dopo la Historia ventorum , pub­ blicata, il filosofo mise per ciascuna di esse un aditus, salvo che per la HVM, che non fu pubblicata nei previsti sei mesi, ma nel l 623 . Nella pre­

fazione, Bacon sottolinea di nuovo le regole e precetti della HNE, aggiun­ gendo ai titoli compresi nel catalogo delle 1 30 historiae particulares, posto alla fme del NO, che si riferivano solo ai 'concreti ' , i titoli del1e nature astratte: «Tali sono i diversi schematismi tklla materia, oforme della prima

classe; i movimenti semplici; le somme dei movimenti; le misure tki movi­ menti; e alcuni altri . Di essi abbiamo composto un nuovo alfabeto, e lo abbiamo posto alJa fine di questo volume»69. Significativamente, il fùosofo precisa che propone anche le opere e le cose

impossibili, o almeno non ancora scoperte70 , e che spesso sarà costret­ to a fermarsi alla sola «designazione» degli esperimenti e delle storie, dalo che «seguiamo questa via per la prima volta>•7 1 . Quale importanza e signi­ ficato egli ascrivesse ali' impresa, lo precisa poco prima della morte al bar­ nabita, amico di Galilei , Fulgenzio Micanzio: Quanto alla terza parte, che è la storia naturale, si tratta di un 'ope­ ra propria di un re , di un papa, di un colJegio, o di un ordine; e non può essere condotta a termine nel modo dovuto dalla attività di un privato. Ma quelle parti di essa che ho già pubblicato: Dei venti, DeUa

vita e della morte, non sono soltanto storia, perché qua e là

ho

aggiunto assiomi e osservazioni maggiori; si tratta quindi di un genere di scritti misto di storia naturale e di elaborazione intellet­ tuale, benché ancora rozza e imperfetta72. La Sylva Sylvarum, l'opera pubblicata postuma da Rawley, una colle� ne miscellanea nella quale il fùosofo aveva accumulato l 000 esperimen­ ti, tratti dai libri piuttosto che dalle osservazioni , è l'opera di storia naru­ rale - base, si ricordi, dell ' interpretatio naturae - che diede alla critica

21 1

212

Bacone

Il pensiero

Naufragio in Perù (tela di Andries van Eertvelt. XVII secolo). Bacon immagina l'inizio

della Nuova Atlantide con un naufragio al largo del Perù; riecheggiando tanto /' Utopia di More quanto la tempesta di Shakespeare. dei secoli successivi non poco materiale per decidere che B acon non era uno scienziato, anzi nemmeno un filosofo. Con la

SS fu pubblica­

ta l ' incompiuta NA . Nella breve paginetta che William Rawley premi­ se alla prima edizione inglese, il fedele segretario di Bacon fa delle affermazioni di non secondaria importanza: l . la definisce una «fable»;

2. si riferisce in particolare alla Casa di Salomone - o Collegio delle opere dei giorni - come a un ' istituzione per interpretare la natura e per produrre opere grandi e meravigl iose per il bene del l ' um anità; 3 . asserisce che Bacon pensava con quest' opera di aver composto u n fram­ mento di Leggi e che egli stesso aveva deciso di pubblicarla

dopo la

Sylva Sylvarum , per le «affinità» fra la NA e la precedente Storia naturale . Di quest' ultima decisione si ha l a sola testimonianza di Rawley (peraltro in genere molto corretto), sia nella lettera al lettore , sia nel l a

Vita . Ma la NA non era sicuramente fra le maggiori preoccu­

pazioni del filosofo inglese - correttamente nel frontespizio della prima edizione si ricorda , subito dopo il titolo, che è un 'unfinished work -

se nella già ricordata lettera a Fulgenzio Micanzio non ne fa cenno

alcuno . Il considerare la NA una favola, legata al l'opera precedente di

Bacone Il pensiero

storia naturale, ove si ricordi l'importanza attribuita dal filosofo alla poesia parabolica e all'interpretazione dei miti e delle favole, può far ritenere non casuale l'uso del termine «favola» , e rivela invece quan­ ta progettualità concreta sia insita nella sua interpretazione; e può anche in parte spiegare l'incompletezza dell'opera. Nella NA infatti Bacon si confrontava non con una nuova interpretazione di 'favole' preesistenti, come nel DSV, bensì con una 'favola' tutta da inventare, da costruire. La NA fu inserita con la Civitas Solis di Tommaso Cam­ panella e l' Utopia di Thomas More nel Mundus alter et idem del Mercurius Britannicus ( 1 643). Questo dato, legato alla fortuna e alla trasmissione del testo, permette certo di parlante, da un punto di vista storiografico, come di un' opera utopica, ma forse, a distanza di più di tre secol i, una più ' legittima' interpretazione potrebbe costituire un significativo omaggio al metodo del Lord Cancelliere. Ci sono tre cose certe: Bacon conosceva l ' Utopia di More , e la ricorda solo per criti­ carla, ma non la Civitas Solis, né riferimento alcuno nella NA permet­ te questo accostamento: del resto Campanella viene ricordato solo come autore di «favole pastorali», come uno dei novatores che aveva falli­ to la sua missione. Assai più importante mi sembra che in tutta l' ope­ ra di Bacon (edita e inedita, inglese e latina) mai, nemmeno una volta, ricorre il termine utopia: l ' isola che prefigura, «favola da decodifica­ re», la Royal Society non è certo Utopia di More e, aggiungo, nem­ meno la Nuova Atlantide. Credo che al titolo possa essere attribuito lo stesso valore emblematico di quello di Novum organum, contro il vecchio Organum aristotelico. L'altro punto importante della breve pre­ fazione di Rawley è che essa era considerata una sezione delle leggi. Questo parallelismo è stato recentemente colto da Martin: I

parallelismi con la riforma giuridica proposta da Bacone appai�

no straordinari . I fratelli della casa di Salomone sono assai simili ai giudici regi di Bacon: come i giudici , essi sono ufficiali dello stato;

il loro sontuoso abbigliamento ufficiale li distingue; sono oggetto di un grande rispetto; fanno viaggi , e danno alla gente consigli e «rimedi». I giudici dell'epoca di Elisabetta, inoltre, si riferivano a se stessi come a una ((fratellanza di saggi»73 .

213

214

Bacone

Il pensiero

Alla fine della vita, nella 'Casa di Salomone' della

Nuova Atlantide,

gli aforismi costituiscono il culmine nella scala ascendente del sape­ re e alla loro redazione presiedono i sacerdoti sommi, gli 'Interpreti della natura '74. I l . La Nel

terza edizione dei ( 1625)

1625, un anno prima della morte , Bacon interviene ancora profon­

damente sul suo libro prediletto: 58 saggi, con ordinamento e raggrup­ pamento mutati , con saggi nuovi, inversione d'ordine dei vecchi . L' edi­ zione si apre con un saggio nuovo,

Sulla verità,

che si ntetizza la sua

affannosa e costante ricerca del metodo: «Ma in qualsiasi modo accada che queste cose stiano nei giudizi pervertiti degli uomini, e nei loro sen­ timenti , tuttavia la verità che sola giudica se stessa, insegna che la ricer­ ca della verità - cioè corteggiarla o far l ' amore con essa, - la conoscen­ za della verità - cioè il suo possesso gioioso è il bene supremo dell'umana

natura» 75 . La terza edizione si chiude con il saggio Sulla

vicissitudine delle cose,

che costituisce quasi un testamento spirituale sulle vicende delle religion i , degli stati , delle guerre , delle scienze; né mancano saggi nuov i , con riflessioni che sono certo anche il risultato delle sue per­ sonali esperienze di vita: «Gli uomini in una grande posizione sono tre volte servi: servi del sovrano o Stato; servi della fama; e servi degli affari : così che non hanno libertà né nelle loro persone , né nelle loro azion i , né nel loro tempo.

È

uno strano desiderio cercare il potere e

perdere la l i bertà, o cercare il potere sugl i altri e perdere potere su se stess i » 76.

Bacone

Jl peruiero

I L PENS I E RO: NOTE

I. DAL TRINITY COLLEGE ALLA PRIMA EDIZIONE DEI «SAGGJ,. I JNP, in De Mas i , 1: 27-3 1 (SEH, III: 5 1 8-520). 2 Su questo cfr. NO, l, 55 (De Mas i , 1: 272-273), dove Bacon stabilisce la dif­ ferenza tra gli ingegni che si dedicano alla filosofia e quelli che si dedicano alle scienze: i primi sono più forti e adatti a notare le differenze , i secondi a notare le somiglianze delle cose. Ambedue tendono ali' ecce1110, gli uni cogliendo solo i gradi

(gradus rerum), gli altri le ombre delle cose (umbrae rerum). 3 Ove nel testo ci si riferisca al titolo dell'1M si mantiene la traduzione italiana di Grande instaurazione, ma si tenderà a tradurre con 'rinascita' il vocabolo

instaura/io, che in latino ha il duplice significato di 'restaurare, instaurare ' , ma anche di rinascita ex novo, ab imisfundmnentis. Quest'ultimo significato appare il più vici­ no alle teorie baconiane: cfr. C. Whitney, Bacon s «lnstauratio», in «.Joumal of the history of ideas)), L ( 1 989), 3, pp. 371 -390 e infra il capitolo terzo sulla /M.

4 J. Martin, F. Bacon, the state, and the reform ofnatura/ philosophy, Cambrid­ ge-New York-Sidney 1992, p. 169; cfr. anche D.R. Coquillette, Francis Bacon, Edinburgh 1992; M . Neustadt , The making ofthe instauration: science, politics

and law in the career of Francis Bacon, Ph.D. diss., Baltimore I 987, che presen­ ta la prima trascrizione degli Aphorismi de jure gentium maiore si ve de fontibus

justiciae et juris (mn. Hardwick 5 1 ), uno dei due manoscritti di Chatsworth House, scoperti da Peter Beai ( 1 980). Una recente rassegna su questi temi in B . Vickers , Francis Bacon and the progress of knowledge, i n «Joumal o f the his� ry of ideas>> , Lill ( 1 992), 3, pp. 485-5 1 8 .

5 B . a Baranzani, 3 0 giugno 1 622, in De Mas i , II : 660 . 6 Vickers , Francis Bacon and the progress ofknowledge, cit., p. 495. 7 NO,I,93,in De Mas i , 1:3 12 e DAS, II, IO, in De Mas i , 11: 1 15.Cfr. Vicker.;. Francis Bacon and the progress of knowledge, cit., pp. 495-496. 6 B .

8 B . a Fulgenzio, autunno 1 625, i n De Mas i , U : 664. Mas i , II: 654. IO Sul padre di Bacon, Nicholas, cfr. R . Ttttler, Nicho/as Bacon: the making of

9 B . a Giacomo I York-House, 20 ottobre 1 620, in De

a Tudor statesman, Athens (Ohio) 1976; E.G.R. Taylor, The mathernatical pra­ tictioners of Tudor and Stuan England, Cambridge University Press. Cambrid­ ge 1 954; P. Collinson, Sir Nicho/as Bacon and the Eliwbethan via media, in ..� rical joumal>> , XXIII ( 1 980), pp. 255-273.

I l Cfr. D. du M aurier, Golden lads. A study ofAnthony Bacon, Francis, and tlaeir

friends, London 1 975, pp. 1 7 e 27-28. Sulla madre di Bacon - anzi sulle famose. per la loro cultura, «sorelle Cooke» - cfr. M E . Lamb, The Coou sisters: attilli-

215

216

Bacone

Il pensiero des toward learned women in the Renaissance, in M.P. Hannay (a cura di), Silent butfor the word. Tudor women as patron, translators and writers of religious works,

The Kent State University Press, Kent (Ohio) 1985, pp. 107 - 1 25 . 1 2 CS, in De Mas2, 1: 663 . 13 Sul fratello di Francis, cfr. du Maurier, Golden lads, cit.

14 Su questo cfr. H .C. Porter, Reformation and reason in Tudor Cambridge, Cam­ bridge University Press, Cambridge 1958; P. Collinson, The Elizabethan puritan movement, London 1 967 e Id., The religion ofprotestants: the church in English society, l 559-1625, London 1982.

1 5 SEH, 1: 3- 18: la biografia, serina nel 1657 in inglese, viene quasi sempre pre­

messa a tutte le edizioni più importanti, sia in inglese che nella traduzione latina.

16 I vi: 5. La critica ad Aristotele è direttamente proporzionale e ali' ammirazio­ ne per lui e alla conoscenza delle sue opere, come testimoniato dal costante uso di un vocabolario aristotelico: cfr. N. Chronis, F. Bacon s adoption ofAristotelian terminology, in «Platon», XXXII ( 1 980) , pp. 1 36- 1 43.

1 7 L. Jardine, Francis Bacon: Discovery and the art of discourse, Cambridge

1974 (fondamentale sul curriculum di Cambridge); Id., Experientia literata ou «Novum organum » ? Le di/emme de la méthode scientifique de Bacon, in Fran­ cis Bacon. Science et méthode . Actes du colloque de Nantes, a cura di M. Mal­

herbe e J.M. Pousseur, Paris 1985, pp. 1 35- 1 57; W.S. Howell, Logic and rheto­ ric in England (l 500-1700), Princeton 1956. Sulla formazione di Bacon, importante

Martin, Francis Bacon, ci t., pp. 23-44.

1 8 Sul curriculum del Gray's cfr. W.R. Prest, The Jnns of Court under Elizabeth

l and the Early Stuart, 1590- 1640, London 1972.

1 9 Allbut T. Clifford, Palissy. Bacon and the revival ofnatura[ science, in «Pro­

ceedings of British Academy», 1 9 1 3- 14, pp. 233 sgg. La tesi è stata accettata anche da J. Huizinga in una conferenza, Renaissance et réalisme, tenuta nel 1 920 (cfr. Rinascimento e realismo, in J. Huizinga, Le immagini della storia, Torino, Einau­

di 1 993, p. 222), nella quale addirittura afferma: «Bacone ha imparato da lui>> . La tesi, pur plausibile, non ha prove definitive. 20 C. De Rémusat, Bacon : sa vie, san temps, sa philosophie et san injluence jusqu 'à nos jours, Didier, Paris l 858, pp. 18-19.

2 1 HNE, in De Mas i , D : 589. 22 Oeuvres philosophiques de Bacon, a cura di M .N. Bouillet, Paris 1 834, vol.

III, p. 494. 23 B. al Lord tesoriere Burghley ( 1 592), in De Mas2, 1: 1 86. Lord Burghley, Sir William Ceci! , era Io zio di Bacon. 24 lbid.

25 B . a Fulgenzio Micanzio, autunno 1625, in De Mas i , II: 662-664.

26 AL, in Rossi: 345 . 27 lbid.

Bacone Il pensiero

28 tbid. 29 lbid. 30 Epistola dedicatoria a ML, in De Mas2, II: 27-28. Sulle opere giuridiche, cfr.

la prefazione di De Mas a De Mas2 , 1 e II, in generale e alle singole opere, Ie note e i commenti. 31 Cfr. P. Stein, Regulae Juris: from juristic rules to legai rTUU:ims, Edinburgh

1966. Sul rapporto Bacon-Selden, grande storico e giurista a lui più o meno con­ temporaneo ( 1 584- 1 664), cfr. D. Berkowitz, John Selden 's formative years, Washington 1988. Sul rapporto tra Bacon e Mathew H aie, amico sia di Bacon che di Selden, cfr. R.M. Sargent, Scientific experiment and legai expertise: the way of experience in seventeenth-century England, in «Studies in history and philo­

sophy of science>> , XX ( 1 989), pp. 29-45; B. Shapiro, Sir Francis Bacon and the mid-seventeenth century movementfor law-reform, in «Arnerican Joumal of legai

history>>, 1 980, pp. 331 -362; Id., Probability and certainty in seventeenth-cenlll­ ry England, Princeton 1983, pp. 163-193.

32 Thomas Hobbes ( 1 588- 1 679) fu uno dei segretari di Bacon, e fu per vent'an­ ni tutore di William Cavendish, il secondo duca di Devonshire ( 1 59 1 - 1 628), e di William, il terzo duca ( 1 6 1 7- 1 684). J. Aubrey ( 1 626- 1 697) nel suo Aubrey s brief lives (cito dall'edizione it.: pp. 8 1 -90: 90, vita di Francis Bacon) attribuisce a Hob­

bes la descrizione della morte di F. Bacon. Nella biografia di Hobbes, Aubrey ricor­ da come il Lord Cancelliere, fra gli innumerevoli servitori e segretari che lo accompagnavano, privilegiasse l 'intelligenza e lo spirito di Hobbes, che lo aveva aiutato nella traduzione latina di molti saggi . G . Rees attribuisce un ruolo attivo a Hobhes nella consegna di manoscritti baconiani a Lord Cavendish, soprattutto l'Hardwick 72A, con il De vijs martis: per una serie di complesse ragioni, appa­ re probabile ritenere che tale manoscritto non sia mai venuto in mano dei due lega­ ti testamentari ufficiali dei manoscritti baconiani , Rawley e BosweU: «Sospetto che il manoscritto - scrive Rees - abbia viaggiato attraverso una strada più diret­ ta, e cioè che sia entrato in possesso della famiglia Cavendish via Thomas Hob­ bes. [ . .. ] Suppongo che Hobbes possa avere ottenuto da Bacon il manoscritto diret­ tamente o indirettamente. D'altro canto, al momento presente, le congetture , non possono restare che tali>> (G. Rees, con la collaborazione di C. Upton, Francis Boco­ n s natura/ philosophy: a new source, 1984, pp. 8-9). Cfr. J . Cropsey, lntrotiuc­ tion to Thomas Hobbes. A dialogue between a philosopher and a stutknt of the common law of England, Chicago 1 97 1 . 33 Cfr. Maxims ofthe laws, in SEH, VTI : 321 . 34 DAS, Vlll , 3 , in De Mas i , U: 500-501 . 3S Cfr. U, 1: 332-342. Una buona edizione dei Gesta Grayonun è quella a cura

di Bland, Liverpool 1 968. 36 Cfr. DINS, [6] e [7] , in De Mas i , 1: 72 (SEH, m: 785). 37 Cfr. DINS, [5], in De Masi , 1: 7 1 -72 (SEH, m: 785).

21 7

218

Bacone

Il pensiero

38 DINS, [4], in De Mas i , 1: 7 1 . 39 lbid. 40 A Padre Redento Baranzani[/o], da casa, Londra, 30 giugno 1622, De Mas i ,

II: 661 -662. Il corsivo è mio. Sarebbe interessante approfondire l'origine del rapporto col padre barnabita Redento Baranzano ( 1 590- 1622). La lettera di rispo­ sta pervenutaci - pubblicata per la prima volta da Jean Pierre Niceron (cfr. LL, 1:

374-377) - fa presumere che la lettera perduta del Baranzano al filosofo pones­ se domande significative, sulla metafisica, sul sillogismo, sulle filosofie moder­ ne, nello stile dell' epistolica quaestio. n Baranzano, nato a Vercelli, insegnava filo­ sofia e matematica ad Annecy. Scrisse, fra l'altro, I' Uranoscopia seu de Coelo

(1 617), nel quale si faceva fautore del sistema copernicano, successivamente e nello stesso anno ritrattato. Ma la morte precoce ci ha lasciato la sola lettera baconia­ na a testimonianza del loro scambio scientifico. 41 L'Advice, se autentico - alcuni interpreti lo attribuiscono al fratello Antho­

ny - inaugura la carriera di Bacon in quanto consigliere della Corona. 42 Sul rapporto con le opere di Machiavelli, importante N. Orsini , Bacone e

Machiavelli, Genova 1 936; V. Luciani, Bacon and Machiavelli, in «ltalica», XXIV ( 1947), pp. 26-40. I documenti da me pubblicati riguardanti la censura e la messa all'Indice donec corrigatur del De augmentis scientiarum nel 1668, con­

servati nell'Archivio della Congregazione della Fede (i documenti contengono la lettera di denuncia di Matteo Magnani e i tre voti censori di Giulio M. Bianchi, Tommaso Noce e Oliver Plunket), confermano quanto l 'approfondita conoscen­ za delle opere di Machiavelli e l'utilizzo delle sue teorie politiche abbiano pesa­ to sulla condanna del filosofo inglese (cfr. bibliografia). 43 Per i problemi filologici di questi discorsi cfr. U, 1: 1 1 9-123; De Mas i , 1: XIX­ xx.

Furono pubblicati per la prima volta dallo Stephens in Letters and remains,

1734. 44 Cfr. POK, in

ll, 1: 123; De Mas i , 1: 3 .

4 5 lbid. 46 lbid.

47 NO, l, 85. 48 Cfr. POK, in De Mas i , 1: 5. 4 9 lvi: 6. Il testo inglese dice: «the happy match between the mind of man and

the nature of things» (ll, 1: 1 25), che diverrà nella prefazione al NO il «commer­ cium mentis et rerum» (SEH, 1: 1 2 1 ) . 50 Jbid.

5 1 Jbid . 52 AC, in De Mas i , 1: 72-73. 53 Fondamentale per i Saggi è l'edizione critica, con ampia introduzione e

commento, di M. Kieman (a cura di), OFB, XV. 54 Bouillet (a cura di), op. cit.: Notice sur Bacon:

XII.

Bacone Il peMiero

55 Progettata epistola dedicatoria al principe Enrico, in De Ma.s2, 1: 298 . 11 cor­

sivo è mio. La frase è famosa: la 'parola recente' è quasi sicuramente un riferi­ mento ai Saggi di Montaigne. Molto vicini appaiono i Moralia di Plutarco, che Bacon conosceva. 56 Cfr. MedS/2 , in De Mas l , 1: 23. 57 Cfr. MedSJ, in De Mas l , l: I l . Sull'importanz.a di questa meditazione e del­

l'AL, come fonti di Tuvili, cfr. J .L. Lievsay, Tuvill' s Advancement ofBacon 's lear­ ning, in «Huntington Library quarterly», 1945, pp. 1 1 -32 e D. Tuvill, Es.rays poli­ ..

tic and mora[» and «Essays mora[ and theological», a cura di J.L. Lievsay, lbe

Folger Shakespeare Library - The University Press of Vuginia, Charlottesvil.le l fTl l . Il. POESIA, SAPIENZA DEGLI ANTICHI E INTERPRETAZIONE DELLA NATIJRA: DIGNITÀ E PROGRESSO DEL SAPERE l Lettera di Rawley premessa al DAS, in SEH, J: 42 1 -422 (non pubblicata in De

Mas i ) . 2 AL , l, i n Rossi: 1 34. 3 V. Gabrieli, Bacone, la riforma e Roma nella versione hobbesian.a d'un car­

teggio di Fulgenzio Micanzio, in «English miscellany», n. 8, a cura del British Coun­

cil, Storia e letteratura, Roma 1 957, pp. 1 95-25 1 : 209. 4 AL , l, in Rossi: 1 37 (in SEH, III : 267). 5 Jbid. 6 «In terzo luogo, per le cose naturali affermo inoltre che poca filosofia natu­

rale, e uno scarso progresso (progressus liminaris) in essa, inclina le opinioni all ' atei­ smo; ma molta filosofia naturale, e un progresso approfondito (progressus pene­ trans) in essa, riconduce gli animi alla religione»: MedS, in De Mas i , 1: 20-21 (SEH,

VII: 240).

7 AL , in Rossi: 1 37-1 38; sul piacere della conoscenza come superiore a qual­

siasi altra passione cfr. AL, in Rossi: 1 9 1 - 193. Già nel POK Bacon aveva presen­ tato la stessa scalarità dei piaceri. 8 Cfr. AL , in Rossi: 1 38 (SEH, III : 268).

9 AL, in Rossi: 155.

I O AL , in Rossi: 1 59; SEH, III : 287.

I l AL , in Rossi: 166-167; SEH, III : 290-291 . Sull'omologo rapporto tra bootà

(bonitas) e verità (veritas) cfr. anche AL , in Rossi: 1 89. 1 2 Cfr. AL , in Rossi: 162- 1 63 . 1 3 Cfr. AL , i n Rossi: 203. I l Cfr. AL , in Rossi: 2 1 7 .

1 5 Cfr. AL , i n Rossi: 2 1 8 . 1 6 AL , i n SEH, III : 294, riga 2 e riguarda un uso generico; cfr. AL , in Rossi : 166. 17 AL , in SEH, IV: 395-397 (Rossi: 267-268).

219

220

Bacone

Il pensiero 1 8 Cfr. P. Rossi, Nota storica all'AL, in Rossi: 8 1 -82. 1 9 AL, in SEH, III: 362 (Rossi: 235, traduce 'introdurre'). 20 AL, in SEH, III: 439 (Rossi: 3 10) e cfr. anche ivi, 327. 2 1 Rees, Introduction, in OFB, VI, pp. XVII-XVIII. 22 Cfr. infra . 23 S/, in De Mas 1 , 1: 59. 24 SI, in De Mas i , 1 : 60. 25 lbid. 26 Sulla questione cfr. Rossi: 86-87; SEH, III: 557. La RPh fu pubblicata per la prima volta in inglese, con un importante commento, da B . Farrington, The phi­

losophy of Francis Bacon. An essay on its developmentfrom 1603 to /609, Liver­

poo l 1 964, pp. 103- 1 33. De Mas si è inserito nella complessa questione interpre­ tati va, considerandola una rielaborazione successiva matura del TPM e non un'opera autonoma.

27 Nella parte che riguarda la scienza del tramandare, o della comunicazione, Bacon scrive: «Allo stesso modo il metodo di tramandare (traditio) attualmente in uso presenta solo i tronchi delle scienze, belli quanto si vuole, ma privi di radi­ ci; utili certo al falegname, ma non al giardiniere . [ ..] 11 metodo per trasmettere .

le scienze di cui parliamo ha qualche analogia con quello dei matematici; ma in generale non trovo ch'esso sia in uso, né che qualcuno si sia dedicato alla sua ricer­ ca (inquisitio). Perciò lo collochiamo tra i desiderata, sotto il nome di tradizione della lampada (traditio lampadis) o metodo per i figli (methodum adfilios)>>: DAS,

VI, 2, in De Mas i , Il: 30 1 .

28 RPh , in Rossi: 4 1 1 -4 1 2 . 29 l vi : 4 1 6 .

30 Cfr. ivi: 4 1 7 e SEH, III : 568. 31 lvi : 4 1 7-41 8 e SEH, III: 569. 32 «Finire gli Aforismi, Chiave dell' Interpretazione, e poi far uscire il libro>>: CS, in De Mas2 , 1: 633.

33 AC, in

De Mas i , 1: 79.

34 AC, in De Mas i , 1: 80. 35 NO, l, 1 , in De Mas i , 1: 257. 36 NO, l, 3, in De Mas i , 1: 257. 37 NO, Il, 3, in De Mas i , 1: 345 . 38 Cfr. B. Gemelli , Aspetti dell'atomismo classico nella.filosofia di Francis Bacon e nel Seicento, Olschk.i , Firenze 1996, pp. 14 1 - 1 54.

39 Sir Thomas Bodley's letter to Sir Francis Bacon , about his Cogitata et Visa, wherein he declare his opinion freely touching the fame. Th. Bodley a Francis Bacon , 19 febbraio 1607, ed. Millar III , pp. 242-246: 242-243 . 40 Ibid. ll corsivo è mio.

4 1 CV, in De Mas i , 1: 85 .

Bacone Il pensiero 42 Jbid. 43 lbid. 44 CV, in De Mas i , 1: 87 .

45 CV, in De Mas i , 1: 89. 46 CV, in SEH, III: 599. 47 lbid.

48 CV, in De Mas i , 1: 1 1 4- I I 5 ; il passo viene ripreso nel NO, I, 1 29 (De Mas i , I: 340). La contrapposizione tra homo homini deus e homo homini lupus si trova nel DAS, VI, 20 e VIII, 2 e si riferisce a una buona o cattiva amministrazione (cfr. De Mas i , II: 344 e 435). Cfr. Erasmo, Adagia, I, l , 70. Sulla questione cfr. U. Pagai­

lo, Homo homini Deus, Cedam, Padova 1995.

49 CV, in De Mas i , 1: I09. 50 CV, in De Mas i , 1: I20. 5 1 CV, in De Mas i , 1: I I 6. Sul motto Veritasfilia temporis, oltre al saggio di E. Sa.xl , Veritasfilia temporis, in Philosophy and history. Essays presented to Ernst

Cassirer, Oxford I936, pp. 203 sgg., che ha dato origine a una vasta bibliografia sul tema, cfr. DJ. Gordon, « Veritas filia temporis»: Hadrianus Junius and Geof­

frey Whitney, in The Renaissance imagination, essays and lectures by DJ. Gor­ don, coli. and edited by S . Orgel, University of California Press, Berkeley - Los Angeles - London I980, pp. 220-232. 52 CV, in De Mas i , 1: 1 20- 1 2 1 . Cfr. P. Rossi, Ants, spiders, epistemologists, in

FBTF, pp. 245-260. 53 Sulle varie edizioni del DSV e sulle traduzioni cfr. Gibson, nn. 85-103. 54 Su questo, importante Paolo Rossi in tutti i suoi scritti baconiani, fm dal primo, significativo L'interpretazione baconiana delle favole antiche, Feltrinelli , Roma­ Milano I953 . 55 DSV, in De Mas i , 1: I 29. Il conte di Salisbury, al quale è dedicata l'opera, era Robert Cecil , cugino materno di Bacon.

56 Su Bacon e la tradizione rinascimentale sui miti allegorici e (iconografia, cfr. P. Rossi, Le favole antiche, in F. Bacone, dalla magia alla scienza, I....aterza, Bari

I957, pp. 206-33 1 . Su Cartari e Bacon cfr. The Renaissance imagination cit., in part.

Ben Jonson's «Haddington Masque»: the story and thefable, pp. 1 85-I93: 190.

57 La madre di Bacon conosceva l' italiano. Se Bacon non parlava l'italiano, ne conosceva tuttavia attraverso una lettura diretta i testi fondamentali: importante tramite della cultura italiana deve essere stato J. Florio (il traduttore degli Essa­

ies di Montaigne). Su questo tema ancora utile F.A.F. Dieckow, 1. Florio 's engli­ sche Obersetz.ung des Essais Montaigne's und Lord Bacon 's. Ben Jonson 's und Robert Bunon 's Verhiiltnis z.u Montaigne, Stra8burg 1903. 58 Cfr. Willey, The seventeenth century background, London 1950 (in partico­ lare pp. 209 sgg.) e anche G. Bush, English literature in the earlier sever�teerllh

century, Oxford 1962.

221

222

Bacone Il pensiero

59 E. Anderson, The philosophy of F. Bacon, Chicago 1 948, p. 57.

60 Cfr. AL, in Rossi: 2 1 9 .

6 1 DSV, in De Mas i , 1: 1 36. 62 Prometeo, ovvero lo stato dell 'umanità, in De Mas i , 1: 1 87- 197.

63 Dedalo o la meccanica, in De Mas l , 1: 1 75- 1 77. 64 Proserpina o lo spirito, in De Mas l , 1: 205 . Per il TPM, cfr. Rossi: 1 1 0- 1 14.

65 NO, II, 7, in De Mas i , 1: 35 1 . 66 Vico, riferendosi al DSV, definisce Bacon il nuovo Platone.

67 C.W. Lemmi , The classic deities in Bacon. A study in mythological symbo­ lism, Bai timore 1 933; Id., Mythology and alchemy in « The wisdom of the Ancients», in Essential articlesfor the study of Francis Bacon, a cura di B. Vickers, New York 1 990, pp. 5 1 -92; importante B. Carmen Gamer, Francis Bacon, Natalis Comes and the Mythological Tradition, in «JWCI», XXXIII ( 1 970), pp. 264-29 1 . 68 DSV, pref. , in De Mas i , I: 1 33.

69 G. Rees-C . Upton, Francis Bacon 's natura[ philosophy: a new source. A tran­

scription of manuscript Hardwick 72A, 1 984, ora in Rees, pp. 269-363. Tutte le introduzioni, le note, i commenti di questo volume costituiscono uno strumento ormai insostituibile per qualsiasi studioso baconiano. 70 Cfr. G. Rees, /ntroduction, in OFB, VI, pp. XIX-XX, n. I l .

7 1 SEH, III: Praef. PhU, 685-686. 72 Cfr. G. Rees, /ntroduction, in OFB, VI, pp. XXVII-XXXI.

73 «Atque alicui fortasse vix operae pretium videri possit, nos in philosophia Telesii arguenda tam diligenter versari, philosophia scilicet non admodum celebri aut recepta. Verum nos hujusmodi fastidia nil moramur. De Telesio autem bene sentimus, atque eum ut amantem veritatis et scientiis utilem et nonnul­ lorum placitorum emendatorem et novorum hominum primum agnoscimus. Neque tamen nobis cum eo res est tamquam Telesio, sed tamquam instaurato­ re philosophiae Parmenidis, cui multa debetur reverentia>> , DPAO, ora in OFB, VI, pp. 258 e 250.

74 G. Rees, Bacon 's philosophy: some new sources with special reference to the «Abecedarium novum naturae», in FBTF, pp. 223-244.

75 G. Rees, An unpublished manuscript by Francis Bacon: 'Sylva sylvarum ' drafts and other working notes, in , XXX VIU ( 1 98 1 ), pp. 377-4 1 2. 7 6 G. Rees, lntroduction, in OFB, VI, p. L. 77 G . Rees, lntroduction, in OFB, VI, pp. xxx vt-LXtx. Un' utile tavola riassun­ tiva sulla datazione di questi scritti e la loro collocazione nell'1M è a p. 78 Per la lista dei titoli cfr. bibliografia.

xxxv .

79 Sulla complessa questione di individuare con certezza il nome del tradutto­ re, cfr. l'introduzione di Spedding all'opera (SEH, VI: 367-376); S.W. Singer, Baco­ n 's Essayes, London 1 868 (in part. pp. XI-xm); A.V. Matthew-A. Calthrop, The Life of Sir T. Matthew, Bacon 's alter ego, London 1 907; A.M . Crinò, Nuovi documen-

Bacone Il pensiero ti rigUDrdanti w prima versione italiana dei «Saggi Morali» di Bacone, in «Biblio­

filia italiana», LVIII ( 1 956), pp. 3 1 -40. 80 Dell'ateismo, in De Mas 2, 1: 355. I corsivi sono miei. 8 1 Cfr. il paragrafo sulle opinioni in fatto di religione di F. Bacon nell ' introdu­ zione di Th. Fowler, Bacon 's >: Giov. 3, 8.

35 Apoftegmi nuovi e vecchi, in De Mas2, I: 876; 268: . 36 Dell'amicizia, in De Mas2, I: 392. Cfr. supra, cap. Il , p. 1 1 4 e nota 88.

37 Cfr. NO, I, 105, in De Mas i , I: 3 1 9. 38 NO, I, 39, in De Mas i , I: 264-265. 39 Cfr. Preface to DG/, in SEH, III : 720. Il riferimento a Lucrezio è però ampia­ mente mediato in Bacon: cfr. D.S. Brewer (Lucretius and Bacon on death, «Notes and Queries>> , CC [ 1 955] . pp. 508-5 10), che mette a confronto la citazione inizia­ le del saggio Sulla morte con l 'inizio del III libro del De rerum natura di Lucre­ zio. Cfr. B. Gemelli, Idola e simulacra, in Aspetti dell'atomismo classico nellafilo­ sofia di Francis Bacon e nel Seicento , Firenze 1 996, pp. 53-99.

40 DAS. SEH, I: 643.

41 Per una discussione sul tipo, numero e distinzione degli idoli, troppo com­ plessa da riassumere, cfr. Fowler, op. cit., p. 213, n. 45; J. Spedding, On some chan­ ges to Bacon :S treatment of his doctrine ofidols, in SEH, I: 1 1 3- 1 1 7, nota C; A. Levi, Il pensiero di F. Bacone considerato in relazione con lefilosofie della natu­ ra del Rinascimento e col raziona/ismo cartesiano, Torino 1925 , pp. 3 1 9 sgg. Cfr. anche Anderson, The philosophy cit., pp. 97-99. Per il TPM, cfr. Rossi: 1 1 7; per VT, cfr. SEH, III : 24 1 -242 dove parla di quattro idols orfictions.

42 DO, in De Mas i , I: 237.

Bacone Il pensiero

43 SEH, l: 643. 44 NO, l, 42, in De Mas i , 1: 266.

45 Cfr. NO, l, 59, in De Mas i , 1: 274. 46 NO, l, 60, in De Mas i , 1: 274-275.

47 NO, I, 60, in De Mas i , 1: 275-276. 48 Cfr. NO, I, 38, in De Mas i , 1: 264. 49 NO, 1 , 49, in De Mas l , l: 270. 50 NO, l, 5 1 , in De Mas i , 1: 27 1 . 5 1 Cfr. NO, l , 105, in De Mas i , I: 3 1 9. 52 Cfr. NO, I, 40, in De Mas l , 1 : 265. Sulla funzione dei due libri del NO, chia­ rificatore un passo della P/D (SEH, m , pp. 548, 550, 552). Cfr. M . Fattori, Intro­ duzione, in Lessico cit., p.

XVI

e nota 1 8 .

5 3 NO, l, 3 1 , in De Mas l , 1: 263. 54 NO, I, 60, in De Mas l , 1: 277-278.

55 Cfr. aff. 63-64, in De Mas l, 1: 279-280. Sui rapporti tra Bacon e Gilbert cfr. M. Boas, Bacon and Gilbert, in «.Joumal of the history of ideas», XI ( 1 950). pp. 466-467; C.B. Boyer, William Gilberr on the rainbow, in «American joumal of

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56 Cfr. TPM, i n SEH, ID: 533 (Rossi: I l i ) . 5 7 NO, II , 48, i n De Mas i , 1 : 474-475. I l corsivo è mio. 58 Cfr. NO, l, 65 , in De Mas i , 1: 280-28 1 . Cfr. ivi, n. l . Il riferimento ai para­ celsiani è più esplicito in DAS, IX, in SEH, 1: 835. U riferimento a R. Audd , e in particolare al suo Utriusque cosmi ... historia, London 1 6 1 7 , è indicato ancbe da Spedding, in due luoghi del DAS (SEH, 1: 526, 6 1 2). 59 NO, I , 92, in De Masi , 1: 3 1 1 . 60 NO, l, 78, in De Masi , 1: 295.

6 1 NO, I, 78, in De Mas i , 1: 295-296. U corsivo è mio. 62 NO, I, 79, in De Masl , 1: 296. 63 NO, I, 80, in De Mas i , L• 297. 64 NO, I , 8 1 , in De Masl , l: 298.

65 NO, I, 82, in De Masi , 1: 298.

66 NO. I , 82, in De Mas i , 1: 299. 70 NO, I, 85, in De Mas i , 1: 303 . 7 1 NO, I, 95 , in De Mas i , 1: 3 14 . 12 No. 1 , 99, in De Masi , I: 3 16- 3 1 7 . 73 NO, I , 104, in De Mas l , 1: 3 1 8-3 1 9. 74 NO, I, 1 05 , in De Mas l . l: 3 1 9. 75 NO, l , 1 1 3 , in De Mas i , 1: 324-325.

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Bacone

Il pensiero

76 NO, I, 1 1 5 , in De Mas i , I: 326. 77 Cfr. NO, I, 1 1 6, in De Mas i , I: 326. 78 Cfr. NO, I, 1 20, in De Mas i , I: 330. 79 Cfr. NO, I, 1 26, in De Mas i , I: 337. 80 NO, I, 124, in De Mas i , I: 334-335. La parte finale dell 'aforisma è un luogo controverso, in cui però le diverse traduzioni non cambiano, sostanzialmente, il significato del testo: io ho scelto la lectio di Spedding (SEH, I: 2 1 8 n. 1).

81 NO, II, l , in De Mas 1 , I: 343-344. 82 Cfr. NO, I, 3 e I, 124, in De Mas i , I: 257 e 335. 83 NO, II, 4, in De Mas l , I: 346. 84 NO, II, 2, in De Mas l , 1: 344. 85 DAS, II, 2, in DeMasl, 11:90. 86 HVM, in SEH, Il: 2 1 5 . 87 NO, I I , 48 , i n D e Mas l , I: 483. 88 NO, II, 48 , in De Masl , I: 482-483 . 89 Sulla dottrina della scoperta della forma si è confrontata tutta la critica baco­ niana: impossibile anche solo accennarne alcune posizioni . Spesso ad esempio la critica ha voluto vedere negli schematismi e meta-schematismi latenti e nel pro­ cesso latente un problema interpretativo che nega a Bacon l'inserimento nella scien­ za nuova (che presupporrebbe una natura concepita geometricamente e non qua­ litativamente) o viceversa lo inserisce intendendo per processo la legge (con accentuazione scientifica). Cfr. Fowler, Inrroduction, cit., paragrafi I O e I l , pp. 63-7 1 , le note dello stesso Fowler a commento dell'af. 2 del secondo libro (ivi, pp. 339-340). Cfr. anche le note in SEH, I: 228. La definizione di metaphysicus alchemista in P. Janet, B. Verulamius alchemicis philosophis quid debuerit, Bur­ din, Angers 1 889.

90 NO, II, 3, in De Mas l , I: 345 . Il corsivo è mio. 91 NO, 1 1 4, in De Mas i , I: 346-347 . Il corsivo è mio. ,

92 NO, Il, 5, in De Mas l , I: 347. 93 «In primo luogo, infatti, delle forme composte, che sono, come si disse, delle combinazioni delle nature semplici secondo il corso ordinario dell' universo, come il leone, l'aquila, la rosa, l'oro, e altrettali, per adesso non parliamo. Sarà tempo di trattarle quando arriveremo ai processi latenti, agli schematismi latenti e alla loro scoperta, in quanto si trovano nelle sostanze (come le chiamano), o noru­ re concrete>> : NO, Il, 1 7 , in De Mas 1 , I: 382.

94 NO, II, 5 , in De Mas i , I: 347 . 95 NO, Il, 5, in De Mas i , I: 348. 96 NO, II, 5, in De Mas i , I: 348-349.

97 NO, II, 6, in De Masi, I: 349. 98 NO, Il, 7, in De Mas l, 1: 350. 99 NO, II, 7, in De Mas i , I: 35 1 .

Bacone Il pensiero 1 00 NO, Il, 16, in De Mas i , 1: 38 1 . 1 01 Fowler, op . cit., p. 348 nota 40 e p. 349 nota 43. 102 Cfr. AL, in Rossi: 1 66- 167 (SEH, III: 290-291 ). Cfr. supra, cap. II, pp. 9394 e nota I l . 103 NO, Il, 9, in De Mas i , 1: 352. 1 04 Cfr. Fowler, op. cit., p. 20 1 nota 32. 105 Vocabularium jurisprudentiae romanae, Dir. civ. m, 5 , sub voce, U signifJCalo. 1 06 NO, Il, IO, in De Mas i , 1: 353. 107 lbid.

1 08 NO, Il, I l , in De Mas i , 1: 353-354.

109 NO, Il, 12, in De Mas 1 , 1: 356. 1 1 0 Cfr. NO, Il , 1 2, in De Mas i , 1: 356. 1 1 1 NO, Il, 1 3 , in De Mas i , 1: 370.

1 1 2 NO, Il, 1 3 , in De Mas 1 , 1: 37 1 . 1 1 3 NO, Il, 14, i n De Mas i , 1: 380. 1 1 4 NO, 11 1 17, in De Mas l , l: 383. 1 1 5 NO, Il, 15, in De Mas 1 , 1: 380-38 1 . 1 1 6 Jbid.

1 1 7 NO, Il, 20, in De Mas i , 1: 386-387. 1 1 8 NO, Il, 20, in De Mas i , 1: 392. 1 1 9 lbid.

1 20 C J. Ducasse (Francis Bacon s philosophy of science, in Structure, method and meaning , New York 195 1 , pp. 1 1 5- 1 44: 1 24) discute la tesi di Ellis, esposta nella Preface al NO, secondo il quale è metodologicamente corretto ipotizzare una prima vendemmia, dopo le tre tavole della comparentia e prima della reiezione. mentre in base a questo passo la vendemmia sembra possibile solo dopo la reie­ zione: per Ducasse la vendemmia della forma del caldo è solo un esempio. L' au­ tore giudica che il risultato più importante del nuovo metodo baconiano è la 'gradualità dell' induzione' (p. 1 30), che può dare luogo solo a un'ipotesi. 1 2 1 NO, Il , 2 1 , in De Mas i , 1: 393-394. 1 22 NO, Il, 52, in De Mas 1 1: 500-50 1 . Il corsivo è mio. 1 23 lbid. ,

1 24 NO, ll, 39, in De Masi, 1 : 437. 1 25 NO, Il, 39, in De Mas1 , 1: 438. Sia per microscopio che per telescopio, il

filosofo, nel descriverli, usa il generico tennine latino di perspicillum. 1 26 Cfr. NO, ll, 38, in De Mas i , 1: 436-437 . 1 27 NO, ll , 44, in De Mas i , 1: 453. 1 28 NO, Il, 48 , in De Mas 1 , 1: 463. 1 29 NO, II, 48 , in De Mas 1 , 1: 482.

1 30 NO, Il , 48, in De Mas i , 1: 485. 1 3 1 Cfr. NO, II, 50, in De Mas i , 1: 498.

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Il pensiero 1 3 2 NO, II, 50, in De Mas i , I: 496. 1 33 NO, II , 5 1 , in De Mas i , I: 499. Il corsivo è mio. 1 34 NO, II, 52, in De Mas i , I: 500-50 1 . 1 35 PHN, in De Mas i , I : 505 sgg. Cfr. NO, II, 2 1 . 1 3 6 PHN, in De Mas i , I : 505. 1 37 PHN, in De Mas l , I: 506. 1 3 8 PHN, l , in De Mas l , I: 509 sgg. 1 39 lbid. 140 NO, II, 52, in. De Mas i , 1: 502. 141 Catalogo delle storie particolari per titoli, in De Mas i , I: 521 -529: 529. IV. LA NUOVA CLASSIACAZIONE DELLE SCIENZE. I DESIDERATA l B. a Lancillotto Andrews, estate 1622, in De Mas i , II: 656. 2 Rawley, Vita auctoris, in Resuscitatio, pp. 8-9.

3 B. al re, 1623, in De Mas i , II: 665 . 4 Tra Francis Bacon e George Herbert, anche lui studente del Trinity College, si era instaurata una duratura amicizia che Kenneth Alan Hovey definisce 'letteraria' (K.A. Hovey, 'Divinitie and poesie, met': the Baconian context ofGeorge Herben's dini­ vity, in > . n. 1 70 l . EA. Abbott, Bacon and Essex. A sketch ofBacons earlier /ife, See1ey, Jack­ son and Halliday, London 1 877. Abbott è il primo editore del Promus e il curatore degli Essays. E .A. Abbott, Francis Bacon, an account ofhis life and works, Macmillan , London 1 885 . Classica biografia del XIX sec . F.H. Anderson, Francis Bacon: his career and his thought, University of

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nant l 'éditionfrançaise des ouvrages de Bacon, par M. La Saite [sic] ,

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Monografie e articoli. Si dà in ordine alfabetico la letteratura secondaria suUa filosofia di Bacon, sia generale sia su argomenti speciali: sarebbe troppo fram­ mentaria una bibliografia per specifici argomenti. a) Miscellanee Le miscellanee sonoindicate sono importanti a) perché pubblicano gli arti-

Bacone La storia della critica

coli più significativi sia classici sia degli studiosi moderni, b) per la esau­ stività della bibliografia generale (e all'interno dei saggi). BLT

=

W.A. Sessions (a cura di), Francis Bacon 's legacy oftexts, «lbe art

of discovery grows with discovery», Ams Press, New York 1990 (articoli di Le Doeuff, McCanles, Jardine, Malherbe, Whitaker, Pousseur, Mouton, Warhaft, Vickers, Hovey, Sessions, Whitney, Cardwell , Wheeler, Rees). Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni per autore. CCB

M. Peltonen, The Cambridge companion to Bacon, Cambridge

=

University Press, Cambridge 1996, con ampia introduzione dello stesso Pel­ tonen (pp. 1-24), che ripropone una scelta di essential articles degli studi baconiani (P. Rossi, Sachiko Kusukawa, M. Malherbe,A. Pérez-Ramos, G. Rees, R.M. Sargent, J. Channing Briggs, B . Vickers, J.F. Tinkler, J. Box). Bibliografia ampia e aggiornata (pp. 336-364). Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni per autore. EA

=

B . Vickers (a cura di), Essential articlesfor the study of Francis

Bacon , Sidgwick & Jackson, London 1 968 (articoli di Bullough, Crane, Dean, Harrison, Hesse, Jones, Kocher, Lemmi , Nadel, Prior, Righter, Tarselius, Wallace e Whitaker). Lo spoglio si trova sotto le varie sezio­ ni per autore. FBSM

=

Francis Bacon. Science et méthode. Actes du colloque de Nan­

tes, a cura di M . Malherbe e J .M. Pousseur, Vrin, Paris 1 985 (articoli di Deleule, Fattori , Geldsetzer, Jardine, Kremer-Marietti , Le Doeuff, Mal­ herbe, Margolin e Pousseur) . Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni per autore. FBTF

=

Francis Bacon . Terminologia efortuna nel XVII secolo. Semi­

nario internazionale (Roma, JJ-13 marzo 1984), a cura di M. Fattori , Edi­ zioni dell'Ateneo, Roma 1 984 (articoli di Abbri ., Clericuzio, Cocking, Deleule, De Mas, Dibon, Fattori , Gouk, Le Doeuff, Malherbe , Pousseur, Rees, Rossi, Torrini , Vickers e Walker). Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni. LFB

=

WA. Sessions (a cura di), The legacy ofFrancis Bacon, fascicolo

speciale di «Studies in the literary imagination», IV ( 1 97 1 ),

I , Atlanta

(Georgia). Contiene dodici saggi , dei quali tre ripubblicati, ampliati, in BLT. Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni per autore.

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La storia della critica

«Les études philosophiques)), 1985/3 (articoli di Blay, Cavazza, Deleule, Fat­ tori, Giard, Le Doeuff, Malherbe, Magnard e Robinet). Lo spoglio si trova sotto le varie sezioni per autore. ((Revue intemationale de philosophie)), XL ( 1 986), 1 59 (articoli di M. Le Doeuff, L'homme et la nature dans le jardin de la science, pp. 359-377; M. Malherbe, L'induction des notions chez Francis Bacon, pp. 427445; J.-M. Pousseur, De l 'interprétation: une logique pour l'invention, pp. 368-398; G. Rees, Mathematics and Francis Bacon 's natura/ philo­ sophy, pp. 399-426) . b) Letteratura secondaria Della bibliografia, in ordine alfabetico, non di questo secolo si danno solo le opere che hanno costituito un momento di dibattito. F. Abbri , Bacon, Boy/e e le forme della materia, in FBTF, pp. 5-27. C. Adam , La philosophie de Francois Bacon, Alcan, Paris 1 890. E Anchieri, Studi baconiani, in «Rivista di filosofia>), 1930, 2, pp. 1 69-174. E Anderson, The philosophy ofF. Bacon, University ofChicago Press, Chi­ cago 1948 (rist. Octagon Books, New York 1975). J. Barthélemy Saint-Hilaire, Étude sur F. Bacon suivie du rapport à l'Aca­ démie des sciences mora/es et politiques sur le concours ouvert par le prix Bordin, Paris 1 890.

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Bacone I testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

come bovi che tritano il grano e sminuzzano la paglia; ma Gesù fu l'agnello di Dio senza ira e senza giudizi. Tutti i suoi miracoli avvenne­ ro

per il bene del corpo, la sua dottrina per il bene dell'anima. Il corpo

umano ha bisogno di alimenti, di difesa dali'esterno, di medicamenti. Egli raccolse nelle reti la moltitudine dei pesci I O , per poter offrire agli uomi­ ni un vitto più abbondante. Egli cambiò l'alimento dell'acqua nell'ali­ mento del vino I l più atto a rallegrare il cuore dell'uomo. Egli comandò al fico, che non serviva più allo scopo per cui era destinato, di produrre cibo per l'uomo, di seccare12. Egli moltiplicò pochi pesci e pochi pani, per sostentare una massa di uomini 13. Egli respinse i venti che minacciavano i naviganti 14. Egli rese agli zoppi il movimento, ai ciechi la luce, ai muti la favella, ai malati la salute, ai lebbrosi la carne monda, agli indemoniati l'integrità dell'anima, ai morti la vita. Nessun miracolo fece in sèguito a un giudizio, ma tutti per bene­ ficenza e tutti per il corpo umano. E per la ricchezza non si è degnato di fare miracoli, salvo quello consistente nel dare il tributo a Cesare15.

[3 .]

DELL'I NNOCENZA DELLA COLOMBA E DELLA PRUDENZA DEL SERPENTE Non accoglie lo stolto le parole della prudenza, se non gli dirai ciò che alberga nel suo cuore16. Per un uomo di giudizio corrotto e depravato ogni istruzione e persuasio­ ne resta senza frutto e vien disprezzata, se non comincia con lo svelare e rappresentarsi la cattiva disposizione dell'animo da risanare; come è inu­ tile dare la medicina, se non si è cercata la ferita.

In vero i maliziosi, che

non pensano mai nulla di puro, sono prevenuti da questa opinione, che la bontà provenga dall'ingenuità dei costumi e da una certa inesperienza ed ignoranza della vita umana. Perciò, se non riescono a capire che ciò che alberga nel loro cuore, cioè i più intimi nascondigli della loro malizia, è stato penetrato da colui che cerca di persuaderli, volgono in ridicolo le paro­ le della prudenza. Per tal ragione, a chi aspira a conseguire, non una pru­ denza da solitario e buona solo per lui, ma capace di seminare e di

frutti-

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ficare17 in modo da attrarre gli alui; a costui debbono essere interamente note quelle cose che sono chiamate «le profondità di Satana» !8, affinché possa parlare con vera autorità e capacità. Di qui il detto: «tentate ogni cosa, ma conservate solo ciò che è buono», che fa risultare una scelta giudizio­ sa da un esame dal quale niente è escluso. Dalla stessa fonte viene quest'al­ tro detto: «Siate prudenti come serpenti e innocenti come colombe». Né dente di serpente, né aculeo, né veleno ci sia che non sia stato provato19; né si tema d'insudiciarsi, perché anche il Sole entra nelle latrine senza inqui­ narsi20; né si tema che sia il modo di tentar Dio, perché questo modo di fare proviene dal comando: «Dio basta a mantenervi immacolati».

[4.]

DELL'ESALTAZIONE DE LLA CARITA Se provai gioia alla rovina di chi mi odiava, e mi esaltai per il male che lo colpì21 . La maledizione di Giobbe; ricambiare l'amore degli amici è la carità dei pubblicani fatta per vincolo d'utilità; ma essere ben disposti verso i nemici è l'apice della legge cristiana ed è imitare la divinità. Ma di que­ sta carità molti sono i gradi: il primo è di perdonare ai nemici pentiti, e di questa carità si trova un'ombra e una traccia anche negli animali di buona razza; così, anche i leoni si dice che non incrudeliscano più, quan­ do i nemici si sottomettono e si atterrano davanti a loro. Il secondo è di perdonare ai nemici, anche se sono troppo ostinati e lontani dal sacrifi­ cio della riconciliazione. Il terzo è di prodigare ai nemici, non solo per­ dono e grazia, ma anche servigi e benefici. Questi gradi hanno però, o possono avere, un non so che di ostentazione, o almeno di grandezza d'ani­ mo, anziché di pura carità. Perché, quando uno sente che la virtù emana ed effluisce da lui, può accadere ch'egli s'inorgoglisca e si compiaccia del frutto della sua virtù, più che della salvezza e del bene del prossimo. Ma, se un qualche male viene a colpire un tuo nemico da un altro lato, e tu nell'interno del tuo cuore te ne addolori e te ne disperi, e non te ne rallegri come se fosse venuto il giorno della tua soddisfazione e della tua vendetta; questo io ritengo che sia il fastigio e l'esaltazione della carità.

Bacone l testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

[ 5.]

DELLA MI SURA NELLE SOLLECITUDINI A ciascun giorno basta l a sua malizia22 . Deve esserci moderazione nelle sollecitudini umane; altrimenti sono inutili, perché opprimono l 'animo e confondono il giudizio; e pro­ fane, perché rivelano un animo che si riprometta una certa perpetui­ tà nelle cose mondane. Noi dobbiamo essere di oggi a causa della bre­ vità della vita, e non di domani, ma (come dice il poeta) «afferrando il giorno»23; il futuro, infatti, sarà presente a sua volta; perciò basta esser solleciti delle cose presenti. Questa moderazione delle solle­ citudini, tanto nelle cose domestiche, quanto in quelle pubbliche ed in quelle affidateci, non è da riprovare; ma c'è un duplice eccesso: il primo è quando prolunghiamo troppo la serie delle sollecitudini fino a tempi lontani, come se potessimo legare la Provvidenza divina col nostro modo di predisporre le cose; e questo modo di comportarsi fu ritenuto sempre infausto ed insolente anche dai pagani. Quasi tutti coloro, infatti, che hanno lasciato largo margine alla fortuna e che sono stati vigili e pronti a cogliere le occasioni presenti, hanno goduto di una grande felicità; coloro, invece, che, facendo vasti progetti, hanno confidato di aver curato e meditato ogni cosa, hanno subito sventu­ re. Il secondo eccesso è quando ci arrestiamo nelle sollecitudini più a lungo di quanto è necessario per prendere una giusta deliberazio­ ne e decisione. Chi di noi si prende cura soltanto quanto basta a trar­ si d'impaccio, oppure a stabilire di non potere trarsi d'impaccio, e non s'arresta a rimeditar spesso le stesse cose, indugiando inutilmen­ te sempre nello stesso giro di pensieri, fino a perdervisi? Questo modo di darsi alle sollecitudini è contrarissimo, tanto alle divine quanto alle umane ragioni.

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Bacone l testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

[6 . ]

DELLA SPERANZA TERRENA24 Val più la vista degli occhi dell ' avanzamento della mente . Nelle cose singole il senso puro25 rende meglio la condizione e la strut­ tura della mente , di quanto non facciano le immaginazioni e le anticipa­ zioni della mente26. Infatti la natura dell'animo umano, anche negli ingegni più severi, è di passar sùbito e di saltare via dalla sensazione delle cose singole , e di immaginare che tutte le cose siano come quella che ora colpisce il senso27 . Se

è la sensazione di

una cosa buona, è facile ad una

speranza infinita; se è la sensazione di una cosa cattiva, è facile ad un timo­ re infinito; onde il detto: «spesso un buona speranza fallisce il desiderio)) , e I' altro opposto: «nelle incertezze il timore

è

un pessimo indovino ))28.

E tuttavia anche il timore dà il suo frutto , perché dispone alla tolleran­ za e accresce l' attività : Il compito non può mostrarmi alcun aspetto, o fanciulla, che sia nuovo

per me: ho tutto stabilito e già compiuto dentro di me nell'animo in precedenza29. Ma la speranza sembra inutile: a che pro codesta anticipazione del bene? Ascolta: se si verifica un bene minore di quello sperato, anche se

è

un

bene, tuttavia, perché inferiore , sembra dannoso anziché vantaggioso, a causa dell'eccessiva speranza. Se non è né maggiore né minore e l'even­ to pari alla speranza, tuttavia il fiore del bene è già stato colto con la spe­ ranza, e perciò esso sembra quasi logoro e più vicino alla noia. Se poi il successo

è maggiore

della speranza , sembra che sia stato fatto qualche

guadagno, ma non sarebbe stato meglio che la sorte traesse un guadagno dal non sperar niente, anziché un interesse30 dallo sperar meno? E se la speranza opera così nella prosperità , nell'avversità essa snerva la forza dell'animo. Perché non sempre è possibile offrir materia alla speranza, e per una diminuzione anche minima di speranza quasi tutta l a forza inte­ riore viene meno, e rende minore la dignità della mente; perché soppor­ tiamo i mali prodotti da una qualche distrazione mentale o da un errore,

Bacone I testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

ma non sopportiamo quelli prodotti dalla fortezza e dal giudizio . Fu una vana finzione quella dei poeti che immaginarono che la speranza fosse l ' antidoto delle malattie dell 'uomo, perché mitiga i suoi dolori; mentre è in realtà una recrudescenza e una esasperazione dei dolori, che essa rende più forti e più numerosi. Cionondimeno accade che molti si diano inte­ ramente alle immaginazioni della speranza ed a siffatte anticipazioni men­ tali, e che, ingrati verso il passato, e quasi dimentichi del presente, guar­ dino solo al futuro. Vidi tutti i mortali che camminano sotto il Sole andarsene con l 'ere­ de al trono che si preparava a succedere al re; la qual cosa è un pes­ simo morbo ed uno stato mentale insanissimo3 I . Cerca dunque s e non è forse meglio, quando l e cose poggiano su d i una dubbia attesa, indovinarle bene e aver più speranza che diffidenza, per­ ché la speranza concilia maggior tranquillità all'animo. lo giudico che in ogni indugio o attesa lo stato tranquillo e non fluttuante dell' animo, prodotto da una buona struttura e disposizione della mente, sia il massi­ mo fondamento della vita umana; ma rifiuto quella tranquillità che dipende dalla speranza, perché è leggera ed incerta . Non che non con­ venga prevedere sia i beni che i mali con sana e sobria congettura, in modo da adattare maggiormente le nostre azioni alla probabilità degli eventi; ma questo sia soltanto compito dell' intelletto e del giudizio, con una giu­ sta inclinazione del sentimento. Ma chi32 mai avrà tenuto a freno così bene le sue speranze che, quando sia giunto a prevedere con vigile e fermo ragionamento le cose migliori come più probabili, non si sia poi fermato in questa anticipazione del bene con compiacenza, secondando la sua riflessione come un placido sogno? Ora, è questo che rende l' animo leggero, gonfio, ineguale, vagante33. Perciò ogni speranza deve essere riservata alla futura vita celeste; ma quaggiù, quan­ to più puro è il senso delle cose presenti, senza infiltrazione o colorazio­ ne dell' immaginazione, tanto più saggia e perfetta sarà l'anima. La breve durata della vita ci impedisce di alimentare una lunga speranza34.

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Bacone l testi

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Uomo e natura Meditazioni sacre -

[ 7. ]

DEGLI IPOCRITI Voglio misericordia, non sacrificio35. Ogni ostentazione degli ipocriti è sempre confmata nelle opere della prima tavola della legge, che prescrive la venerazione che si deve dare a Dio. La ragione è duplice: sia perché queste opere hanno maggior pompa di santità, sia perché sono meno contrarie ai loro desideri . Perciò la confu­ tazione36 degli ipocriti è di rimandarli dalle opere di sacrificio alle opere di misericordia; onde il detto: «Una religione pura ed immacolata verso Dio e il Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribola­ zioni»37; e l ' altro: «Chi non ama il suo fratello che vede, come può amare Dio che non vede?»38 . Quelli poi di più profonda e più proterva ipocri­ sia, che ingannano se stessi col presumersi degni di una più stretta dime­ stichezza con Dio, trascurano i doveri della carità verso il prossimo come cose di minor conto. Questo errore, se non diede inizio alla vita monastica (i cui inizi furono buoni), la portò certamente all'eccesso. Giu­ stamente fu detto: «Il dovere di pregare è un grande dovere per la Chie­ sa»; e al servizio della Chiesa vi sia una classe di uomini liberi dalle sol­ lecitudini del mondo, che sollecitino Dio con frequenti e devote preghiere per il bene della Chiesa. Ma questa istituzione è vicina a quella ipocri­ sia di cui parlo: non è l'istituzione che si condanna, ma sono gli spiriti che si esaltano che devono essere trattenuti. Anche Enoch, che cammi­ nò con Dio, profetizzò (come si legge in GiucJa39) e il frutto della sua pro­ fezia egli lo donò alla Chiesa40. E Giovanni il Battista, che alcuni riten­ gono l'iniziatore della vita monastica, esercitò a lungo il suo ministero, sia nel profetizzare, sia nel battezzare. Infatti è a quegli altri che sono così riguardosi verso Dio che si rivolge la seguente domanda: «Se tu sei giu­ sto, che cosa darai a Dio, o che cosa riceverà Egli di tua mano?»4 I . Per­ ciò le opere della misericordia sono le opere per cui si distinguono gli ipo­ criti . Con gli eretici vale il principio opposto; perché, come gl'ipocriti con la loro simulata santità verso Dio nascondono le loro offese verso gli uomi­ ni, così gli eretici con una certa moralità verso gli uomini insinuano le loro bestemmie verso Dio.

Bacone I testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

[8.]

DEGLI IM POSTORI Se eccediamo è con Dio, se siamo sobri è con voi42.

Questa è la vera immagine ed il vero carattere di colui che ha la religio­ ne nel cuore ed è un vero operaio del Signore . ll suo colloquio con Dio è pieno di eccesso, di zelo, di estasi43. Di qui gemiti indicibili, esultan­

ze e rapimenti dello spirito, e lotte. Invece, il suo comportamento verso gli uomini è pieno di mansuetudine, di sobrietà, di morigeratezza, onde il detto: «lo sono tutto per tutti»44, e altri . Il contrario accade con gli ipo­ criti e gli impostori: costoro, infatti, s' infiammano e danno in eccessi, tanto dinanzi al popolo, quanto in chiesa, e, come se fossero posseduti da un sacro furore, tutto confondono. Ma se qualcuno li osserva quando sono soli e meditano o conversano con Dio, li trova, non solo freddi ed immo­ bili, ma pieni di malizia e di fermento; sobri con Dio, eccedono dinan­ zi agli uomini.

[9.]

DEl GENERI DELL'IMPOSTURA Evita le novità profane del parlare e le contraddizioni di quella che falsamente si chiama scienza45 . Evita le sciocchezze e le favole da vecchiereUe46 . Nessuno v ' inganni con l'elevatezza del suo parlare47 . Tre sono i modi di parlare e, per così dire , gli stili della impostura. n primo è quello di coloro che, appena s'imbattono in qualche argomento, subi­

to lo raccolgono in un' arte e gli impongono i termini dell 'arte, distribui­ scono tutto secondo le distinzioni , poi deducono affermazioni e teo­ rie48, e per domande e risposte formano le opposizioni: donde le vacuità e le controversie degli Scolastici. Il secondo è quello di coloro che per vanità, come alcuni poeti sacri, inventano una grande varietà d'esempi per allettare le menti umane: donde le vite dei Santi Padri e innumere­ voli fantasie degli antichi eretici. n terzo è quello di coloro che riempio-

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Bacone l testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

no ogni cosa di misteri, di grandi frasi, di allegorie e di allusioni: que­ sto stile mistico e gnostico è preferito da molti eretici.

Il primo genere

inganna il senso e la comprensione dell'uomo, il secondo li adesca, il terzo li stupefà; ma tutti seducono.

[ 1 0.]

DELL'ATEISMO Ha detto l'insipiente nel suo cuore: non c'è Dio49. Primo: «ha detto nel suo cuore», non dice: «pensò nel suo cuore», cioè non che egli pensi davvero così, ma questo egli vuoi crederlo. Poiché egli vede che sarebbe bene per lui se Dio non ci fosse, con tutte le sue forze egli vuoi persuadersi di ciò e tenta d'indursi a pensare così, e si studia di asserire, confermare e fissare ciò in una dottrina, o in una affermazio­ ne, o in una opinione convenuta. Cionondimeno resta in lui quello spraz­ zo della prima luce50, per mezzo del quale conosciamo la divinità, ed egli invano si sforza di estinguerlo completamente, sradicando dal suo cuore questo pungoJo5 1. Perché egli fa la sua supposizione indotto, non da un senso e da un giudizio spontaneo52, ma dalla malizia della sua volontà; come dice quel poeta comico : «Da allora il mio animo aderì alla mia opi­ nione»53, come se

il suo animo fosse una persona diversa da lui. Per que­

sto, l'ateo ha detto nel suo cuore, più che sentito nel suo cuore, che Dio non c'è. Secondo: «egli ha detto nel suo cuore», non «ha parlato con la bocca». Ma si deve considerare che questo avviene per timore della legge e della reputazione. Perciò è stato detto: « È difficile negare Dio in una pubbli­ ca assemblea, ma in una riunione familiare è abbastanza facile»54. Per­ ché, a parte questa difficoltà, non c'è eresia che si sforzi con più studio di diffondersi, di espandersi e di moltiplicarsi, dell'ateismo. Vedi colo­ ro che sono imbevuti di questa insania mentale che non fanno altro che respirare quasi e inculcare, anche se fuori luogo, le parole dell'ateismo; come accade in Lucrezio Epicureo, il quale fa delle sue invettive contro la religione quasi un ritornello, da infilare in ogni argomento.

La ragio­

ne è che l'ateo, non essendo abbastanza tranquillo entro di sé, ma dubi-

Bacone l testi - Uomo e natura Meditazioni sacre -

tando e non fidandosi a sufficienza di se stesso, e avvertendo spesso in cuor suo i difetti della sua opinione, desidera trovar conforto nel consen­ so degli altri. Giustamente è stato detto: «Chi desidera ardentemente di far approvare la sua opinione da un �tro, la distrugge da se stesso»55. Terzo: colui che ha detto così nel suo cuore è insipiente; e questo è verissimo, non perché egli non sappia le cose divine, ma anche perché ignora quelle umane. In primo luogo, infatti, quegli ingegni che sono più inclini all'ateismo sono per lo più leggeri, maldicenti, piuttosto arditi e arroganti; cioè sono fatti nel modo più avverso alla saggezza ed alla seve­ rità dei costumi . In secondo luogo, tra gli uomini politici, quelli che ebbe­ ro

più alto ingegno e cuore più nobile non si servirono della religione come

di un'arte qualunque per conciliarsi il popolo, ma la rispettarono nella loro intima opinione, attribuendo grande importanza alla Provvidenza ed alla fortuna. Al contrario, quelli che attribuirono tutto alla loro abilità e atti­ vità, cioè alle cause prossime

ed

apparenti, e (come dice il profeta)

«immolarono alle loro reti»56, furono politici inetti e ciarlatani , incapa­ ci di grandi azioni. In terzo luogo, per le cose naturali affermo inoltre che poca filosofia naturale, e uno scarso progresso in essa, inclina le opinio­ ni all'ateismo; ma molta filosofia naturale, ed un progresso approfondi­ to in essa, riconduce gli animi alla religione. Perciò l'ateismo sembra esse­ re convinto da ogni parte della sua stoltezza ed ignoranza, cosicché questo è veramente il detto degli stolti, che «Dio non c'è».

[1 1 .]

DELLE ERESI E Voi errate perché non conoscete né le Scrinure , né la potelml di J)io57. Questa è la matrice di tutti i canoni contro gli eretici. La causa degli erro­ ri è di due generi: l'ignoranza della volontà di Dio e l'ignoranza o la scar­ sa conoscenza della potenza di Dio. La volontà di Dio si rivela soprat­ tutto nelle

Scritture,

'scrutate' ; la potenza soprattutto nelle crearure

' contemplate' . Deve essere affermata la pienezza della potenza di Dio, affinché non ne sia macchiata la volontà; ma deve essere affermata la bonlà della volontà, affmcbé non sia diminuita la potenza. Perciò la vera reli-

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Bacone l testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

gione è posta nel mezzo tra le superstizione e le eresie superstiziose da un lato, e l'ateismo e le eresie profane dall' altro. La superstizione, ripu­ diata la luce delle Scritture e dandosi a tradizioni malvage e apocrife, non­ ché a nuove rivelazioni e a false interpretazioni delle Scritture, immagi­ na e tinge molte cose della volontà di Dio che sono al di fuori delle Scritture. L'ateismo e l'avversione a Dio58 insorge tumultuando contro la potenza di Dio, e non crede alla parola di Dio, che rivela la Sua volon­ tà , a causa dell' incredulità nella potenza di Lui, al quale tutto è possibi­ le. Le eresie che provengono da questa sorgente sono più gravi delle altre. Perché anche nelle cose politiche è maggior reato abbassare la potenza e la maestà del principe, che infamarlo. Delle eresie che abbassano la potenza di Dio (a parte l'ateismo puro) tre sono i gradi, ma hanno un solo e identico mistero (infatti ogni forma di anticristianesimo opera nel mistero, cioè sotto aspetto di bene), quello di liberare la volontà di Dio da ogni imputazione di male. Il primo grado è quello di coloro che ammettono due princìpi paritetici, e pur contrari e in lotta

fra loro: il principio del bene e il principio del male.

Il secondo grado è quello di coloro che ritengono che la maestà di Dio risulti troppo depressa, ammettendo contro di Lui un principio afferma­ tivo e attivo; e perciò respingono quella audacia, e ammettono contro Dio un principio negativo e privativa. Essi vogliono che esso sia opera inter­ na, originaria e sostanziale, della materia stessa e della creatura , in modo che essa si volga nuovamente e vada a ricadere nella confusione e nel nulla; non sanno che ci vuole la stessa potenza per ripristinare da qualche cosa il nulla, che per trarre dal nulla qualche cosa. Il terzo grado è quello di coloro che restringono la precedente opinione soltanto alle azioni umane, che partecipano del peccato , e che essi fanno dipendere sostanzialmen­ te senza alcuna connessione causale dalla interiore volontà e dall'arbi­ trio dell' uomo; e attribuiscono così una più ampia estensione alla scien­ za che alla potenza divina, o piuttosto a quella parte della potenza divina (anche la scienza è potenza) con la quale Dio conosce, anziché a quella parte con la quale Dio opera e muove; in modo tale che Dio abbia una prescienza, per così dire , oziosa di quelle cose sulle quali Egli non pre­ ordina né predestina59 . Non dissimile da questa è quella fantasia che Epi­ curo introdusse nella dottrina di Democrito, per eliminare il fato e lasciar

Bacone l testi - Uomo e natura - Meditazioni sacre

posto alla fortuna, voglio dire la declinazione dell' atomo, che fu sempre considerata dai più saggi come una finzione vanissima. Ma tutto ciò che non dipende da Dio come autore e principio, per nessi e gradi subordi­ nati, sarà sempre in luogo di Dio, come un altro principio e qualche cosa di usurpante60. Perciò giustamente questa opinione viene respinta, come una lesione e una diminuzione della maestà e della potenza divina. E tut­ tavia si dice molto giustamente che «Dio non

è

l' autore del male», non

nel senso che Egli non sia autore, ma nel senso che Egli non è autore del maie6' .

[ 1 2 .]

DE LLA C H I ESA E DELLE SCRITIU RE Proteggi coloro che sono nel tuo tabernacolo dalla confusione delle lingue62. Confusioni di lingue si vedono in ogni luogo, fuori del tabernacolo di Dio. Perciò dovunque ti volgerai, non troverai alcun esito alle controversie se non ti fermerai qui.

È vero - tu dirai - cioè nell' unità della Chiesa. Ma

osserva. L'arca era nel tabernacolo e nell' arca era il testimonio o le tavole della legge. Che mi vai parlando della cortina del tabernacolo, se manca. la sostanza del testimonio?63 D tabernacolo era ordinato a traman ­ dare e custodire il testimonio. Allo stesso modo, alla Chiesa

è affidata la

custodia e la tradizione delle Scritture, ma l'anima del tabernacolo testimonio64.

è il

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Bacone

DELLA INTERPRETAZIONE DELLA NATURA PRO E MIO *

[1603]

* De lnterpretatione Naturae: Proemium.

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Bacone I testi - Uomo e natura - Della interpretazione della natura. Proemio

Convinto di esser nato per servire l'umanità, e considerando la cura della umana repubblica tra quelle cose che sono di pubblico dominio e che sono aperte a tutti, come l'acqua e l'aria; mi accinsi a ricercare qual sia l 'impresa che più di tutte è atta a giovare alle sorti dell'umanità, e a qual compito sia io stesso per natura inclinato . Ho trovato allora che non c'è impresa che sia di tanto vantaggio per l'umanità, quanto la scoperta di nuove cose e il perfezionamento delle arti, dalle quali trae sviluppo l'esi­ stenza umana. Ho notato, infatti che, anche nei tempi rozzi de li ' umanità primitiva , gli scopri tori e gli inventori l delle prime rudimentali cose utili erano consacrati e annoverati fra gli dèi. Le azioni, invece, di coloro che erano glorificati quali eroi , come i fondatori di città, i legislatori, coloro che esercitarono con giustizia il pubblico potere , i debellatori di ingiuste dominazioni, le vidi circoscritte in angusti limiti di tempo e di spazio. Ma le scoperte delle cose naturali, sebbene accompagnate da minor chiasso, mi sembrarono più delle altre destinate alla universalità e alla immortalità. E soprattutto mi parve che, se un uomo riuscisse a compiere, non una invenzione particolare, anche se di grande utilità, ma ad accendere una nuova luce nella natura, una luce che col suo stesso sorgere illumini le regioni della realtà contigue a quelle già esplorate; e poi, a poco per volta innalzandosi, sveli e chiarifichi i segreti più riposti; costui sarebbe vera­ mente il propagatore del dominio umano sull'universo, il vero difenso­ re dell'umana libertà , il vincitore dei bisogni. Per parte mia, mi considero fatto apposta per dedicarmi allo studio della verità più che ad altri compiti, avendo una mente abbastanza agile per com­ prendere le somiglianze dei fatti naturali (che è la dote più importante), e al tempo stesso abbastanza ferma per osservare le sottili differenze che intercorrono tra essi; e animato come sono da un forte desiderio della ricer­ ca, capace degli indugi del dubbio, della gioia di meditare , della pruden­ za nel giudicare , della prontezza nel ricredermi, e della diligenza nell'or­ dinare; e d'altro canto incapace sia di affettare novità che di profonderrni in ammirazione per l'antichità, e dispregiatore d'ogni impostura. Per que­ sti motivi ritengo che la mia natura abbia una certa consonanza e fami­ liarità con la verità2.

Bacone 1 testi - Uomo e natura - Della interpretazione della natura. Proemio

Ciononostante, essendo stato avviato per nascita ed educazione a trat­ tare i pubblici affari, mosso anche dalle altrui opinioni (ero allora ancor giovane), e ritenendo di dovere qualche obbligo particolare alla mia patria piuttosto che a qualsiasi altra parte della terra, e infine per il pen­ siero di poter raggiungere lo scopo che mi ero destinato con un aiuto maggiore di ingegni e di attività, se avessi ottenuto qualche posto deco­ roso tra le pubbliche mansioni; volli apprendere le arti di ammini stra­ re lo Stato, e mi affidai ad amici alquanto influenti, per quanto lo con­ sentiva la modestia e la mia condizione di uomo libero3 . A tutto ciò aggiungevo anche che quelle imprese di cui ho parlato (grandi o pic­ cole che fossero) non andavano al di là della condizione e della cul­ tura della nostra vita mortale; mentre io nutrivo speranza di poter procurare un po' di bene per la salute delle anime, dato il periodo non prospero per lo stato della religione in cui io ero nato, se fossi riusci­ to ad ottenere qualche carica pubblica. Ma, poiché la mia attività era scambiata per ambizione, quando ormai il cammino della mia esistenza era già avanzato , e la salute malferma mi ammoniva di non appagarmi di un colpevole indugio; allora mi avvidi che non avrei potuto in alcun modo dire di aver soddisfatto all' impegno assunto, se avessi trascurato di dedicarmi a quelle imprese per le quali avrei potuto giovare da solo all' umanità, per dedicarmi invece a quelle che dipendevano dalla buona volontà degli altri. Abbandonai allora ogni altro pensiero e mi dedicai tutto intero a quest' opera, secondo il disegno primitivo. Non mi sono lasciato scoraggiare dal fatto che sullo stato della scienza e della cultura quale è attualmente in uso io vedo sopravvenire nel tempo nostro una certa decadenza e rovina. Infatti , sebbene non si temano incursioni barbariche (a meno che l' impero spagnolo non si rafforzi, e venga a opprimere gli altri popoli con le armi , gravando se stesso di

un

forte peso), tuttavia mi sembra che sulle lettere e sulle scienze incomba una tempesta non meno fatale a causa delle guerre civili (che son pros­ sime a diffondersi in molte regioni per certi costumi introdottisi non da molto tempo) , e della malvagità delle sètte4 e infine a causa di

tutti quei

compendi artificiosi e cautelativi che han preso il posto del vero sapere. Né può certo l' industria tipografica rimediare a mali di questo genere .

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Bacone l testi - Uomo e natura - Della interpretazione della natura. Proemio

Senza dubbio quella imbelle cultura che si alimenta con l'ozio, e prospe­ ra con gli onori e con i guadagni, e che non è capace di sostenere il calo­ re delle opinioni vive, ma cerca di eluderle con l'artificio e con l'impo­ stura, si piega sotto quegli ostacoli che ho indicato; ma ben diversa è , invece, l a natura della scienza, che s i consolida nella dignità delle opere e delle cose utili. Così, poiché mi sento pressoché tutelato dalle ingiurie del tempo, non mi preoccupo affatto delle ingiurie degli uomini. A chi mi vuoi considerare per tutto ciò immodesto, rispondo esplicita­ mente che la modestia è a suo luogo nelle imprese pubbliche; nella spe­ culazione è il luogo della verità. A chi mi chiede di produrre sùbito opere dichiaro senza infingimenti che per un uomo, che non è ancora un vecchio , di poca salute, e ancora legato alla vita politica, come io sono; dato l'argomento che ho preso a trattare senza alcuna guida umana o natu­ rale, e che è il più oscuro di tutti; è già molto aver costruito il meccani­ smo e il disegno dell'opera, pur senza averla finora iniziata e messa in atto. E con la medesima sincerità dichiaro che l 'interpretazione della natu­ ra , quella vera, fintanto che non sia pervenuta ad un certo grado di gene­ ralità negli assiomi, deve mantenersi pura e lontana da qualsiasi appli­ cazione alle opere. Anzi, tutti coloro che si sono affidati alle fluttuazioni dell 'esperienza , essendo instabili nei loro giudizi e propensi alla ostentazione, hanno cer­ cato di avere sùbito le opere, come garanzie del loro lavoro; con grande intempestività, perché, turbati da questa esigenza, si sono perduti ed han fatto naufragio. A chi mi chiede promesse particolari , rispondo che allo stato attuale del sapere gli uomini non si possono dire dotti abbastanza neppure per desi­ derare. In ultimo , sebbene sia questione di secondaria importanza , se qual­ che politicante ardisce mescolare il suo giudizio in questioni di questo genere, uno di quelli che stimano una persona dai suffragi e usano con­ getturare l'esito dai tentativi precedentemente compiuti in quella stessa impresa; a costui voglio ricordare quel vecchio detto che lo zoppo posto sulla via giusta arriva prima del corridore fuori strada, e che non biso­ gna badare ai precedenti, perché la mia impresa è senza precedenti. II mio modo di pubblicare l'opera è questo: dare in pasto ali' opinione pub­

blica e lasciare che vada di bocca in bocca solo quel tanto, che serve a

Bacone I testi - Uomo e natura - Della interpretazione della natura . Proemio

stabilire le reciproche relazioni tra le intelligenze umane, e allo

scopo di

purificare la mente; tramandare , per così dire , di mano in mano tutto il resto con discernimento e giudizio. Non si può dimenticare l' usato e onnai trito artificio di quei menzogneri, che trattengono dal la divulgazione certe inezie che non sono migliori di quelle che divulgano e lasciano correre. Ma nel caso mio non

è impostura, bensì

un sano equilibrio, quello che

mi dice che la formula dell'interpretazione sarà più sicura e più proficua se custodita, insieme alle scoperte fatte per mezzo di quella, tra ingegni scelti e menti elevate . Io poi penso questo per preservarlo dall 'altrui peri­ colo5: a me, infatti , non sta a cuore niente di ciò che si riferisce al suc­ cesso esteriore; ché io non sono un cacciator di fama; né desidero fon­ dare una setta, secondo il costume degli eresiarchi ; e reputo infine ridicolo e insensato cercar di profittare di una speculazione così alta per trame un lucro personale . A me basta la coscienza di aver meritato , e quel­ le realizzazioni per le quali non si può sperare neppure nella fortuna.

33 5

Bacone 337

IL PARTO M ASCOLINO DEL TEM PO o

LA GRANDE INSTAURAZIO NE

DE LL'IM PERO DE LL' U O M O SULL' U NIVERSO *

[1603 - 1608]

* Temporis Partus Masculus, sive Instaura/io Magna lmperii Umani in Universum .

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Bacone l testi - Uomo e natura - Il parto mascolino del tempo

A Dio Padre , Dio Verbo, Dio Spirito innalziamo preghiere umilissime e ardentissime affinché, memore dei travagli e delle peregrinazioni di questa nostra vita nella quale si sono logorati questi pochi e fastidiosi gior­ ni , faccia scendere nuovi refrigèri dalla fonte della Sua bontà a lenire le nostre miserie; tenendo presente che il nostro desiderio è che le volon­ tà umane non si mettano a contrastare con quella divina, e che dallo schiu­ dersi delle vie del senso e dal maggiore stimolo dato al lume naturale non abbia a sorgere nel nostro animo il germe dell'incredulità e della cecità verso i divini misteri; ma invece, come si addice ad un intelletto depu­ rato da tutte le fantasie e purgato dalle vanità, ma cionondimeno pronto esecutore e fedele ·servitore dei verdetti celesti, sia dato alla fede quello che spetta alla fede.

Bacone l testi - Uomo e natura

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Il parto mascolino del tempo

CAPITOLO PRIMO Ci sono molte persone, o figliol, che nella scienza che credono di aver acquistato, o per l'ambizione di diffonderla o anche per quella opposta di nasconderla2, non si comportano mai nel modo dovuto e con sinceri­ tà. Lo stesso danno, ma forse con minor colpa, producono anche quelli che hanno buone intenzioni, ma sono malaccorti e non osservano né l'ar­ te né i precetti con i quali

è da proporre ciascuna scienza. Ma non è il caso

di imbastire il processo sulla maniera di trattare la scienza, per sapere se essa deriva da malvagità d'animo o da ignoranza. Certo, se la portata del­ l'argomento dovesse rimanere annientata a causa dell'incapacità di trat­ tarlo, ognuno avrebbe il diritto di adontarsene; ma si deve ritenere giu­ stissimamente che l'inettitudine del loro modo di insegnare sia dovuta alla debolezza dei loro argomenti3. Ma io, ben lontano da tutto ciò, ti voglio impartire, o figlio, non escogitazioni mentali, non vanità di parole, non mescolanza di varie superstizioni, non osservazioni volgari, né certi esperimenti famosi congegnati in favole dottrinali; io mi propongo di offrir­ ti e consegnarti la natura stessa e i suoi frutti. Non ti sembra che questo che io ho fra le mie mani sia un argomento che non può essere macchia­ to per ignoranza, ambizione, o per qualunque altro vizio? Questo è il mio intento, o figlio, questo il mio unico voto: far avanzare verso i confini

pro­

posti il dominio dell'uomo sull' universo, le cui attuali angustie non saranno mai abbastanza deplorate. Possa io tramandarti la verità nel modo più legittimo possibile, con la massima fedeltà e la più alta previ­ denza di cui è capace la mia mente, e dopo avere bene indagato lo stato della realtà e dell'animo umano. «Qual

è dunque, dirai, questo modo legittimo? Abbandona gli artifizi

le discussioni, e mostraci nuda la verità, sì da poterla trarre fino

e

al nostro

giudizio». Volesse il cielo, figlio caro, che tali fossero davvero le tue dispo­ sizioni e che questo giudizio fosse possibile. Ma credi tu, poiché tutti gli accessi della mente umana sono occupati ed ostruiti da idoli oscurissi­ mi, che vi stanno avvinti strettamente e sembrano quasi impressi a fuoco, che restino ancora superfici libere e capaci di accogliere i veri e origi­ nari raggi delle cose? Ben diverso sarà il modo di penetrare entro menti tanto oscurate. Come i deliri degli ossessi si placano con l'arte e con l'in-

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Bacone l testi - Uomo e natura

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Il parto mascolino del tempo

gegno, con la forza e l'accanimento si eccitano ancor più; allo stesso modo ci si deve comportare dinanzi ad una follia universale come questa. Che più? Ti sembra poi tanto semplice e facile rispettare anche le più super­ ficiali condizioni che riguardano il legittimo modo di trattar la scienza? Seguire un metodo tanto innocente che non offra alcun appiglio od occa­ sione all' errore? un metodo che abbia tanta forza in sé, sia per conciliar­ si la fiducia, sia per rintuzzare le ingiurie del tempo, che la scienza così tramandata, ogni giorno più diffondendosi, s'accresca come una pianta piena di vita e di rigoglio vegetativo ? che sia capace di trovare il letto­ re adatto e opportuno, e di farlo suo ? Se io sarò riuscito davvero a superare tutte queste difficoltà, o no, io lo chiedo al giudizio del tempo che verrà.

CAPITOLO SECONDO Non voglio nascondere a nessuno, o figlio, che io devo gettar lo scom­ piglio tra tutti quei filosofastri più fantasiosi dei poeti stessi, stupratori degli animi, falsatori della realtà; e ancor più tra i loro satelliti e paras­ siti, cioè la turba dei professori e dei profittatori. Chi mi suggerirà il carme per votare tutti costoro alla dimenticanza? Quale sarà il silenzio della veri­ tà in mezzo allo strepito dei loro discorsi dissennati e sconclusionati?4. Forse sarà meglio condannarli uno per uno, chiamandoli per nome, per­ ché non sembrino eccettuati quelli che non sono stati nominati, anche se hanno tanta autorità; e nessuno creda che io sia stato mandato in soccor­ so di una parte di costoro nelle battaglie di larve e di ombre che si com­ battono fra loro con tanto odio, con grande furia distruttiva, e con gravi e aspre contese. Venga dunque alla sbarra5 Aristotele, il peggiore dei Sofi­ sti, stordito da un'inutile sottigliezza, spregevole ludibrio delle parole. Ha osato persino, se la mente umana si fermasse per caso e quasi spin­ ta da un buon vento sulla spiaggia di qualche verità, stringerle attorno durissimi ceppi, e mettere insieme una specie di arte fatta di pazzia per asservirci alle parole 6. Nel suo seno sono stati generati e di lui si sono nutriti quegli astutissimi spacciatori di nuvole i quali, tenendosi ben lontani dalla luce della storia e delle singole cose e senza curarsi di intraprendere la descrizione del mondo7, ci hanno propinato le innume-

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revoli sciocchezze delle Scuole, ricavandole con l' irrequieto agitarsi della loro mente dalla duttile materia dei precetti e delle affermazioni di AristoteleB. Ma il loro dittatore è da riprovare più di loro, perché, pur essen­ dosi rivolto alle libere ricerche della storia, ha conservato intatti gli idoli più oscuri di qualche caverna sotterranea9, e ha costruito sopra la sua sto­ ria delle cose particolari una specie di tela di ragno, che vuoi far appa­ rire come la trama della cause, mentre è affatto priva di forza e di pre­ gio. Un intrico del genere ha combinato ai nostri giorni Girolamo Cardano, con suo grande affanno, perché in disaccordo con la realtà e con se stesso 10. Non mi auguro però che, per questa sentenza che io scaglio contro Ari­ stotele, tu, o figlio, mi accomuni con quel cospiratore , con quel suo detrattore moderno che è Pietro Ramo! I . Non voglio aver niente a che fare con codesto ricettacolo di ignoranza, tignola perniciosissima delle lettere, padre di compendi , che quando si mette a premere e a torcere qual­ che argomento nei vincoli del suo metodo e del suo compendiare, se ne lascia sfuggire la sostanza (se pur ve n'era una), ma continua a stringe­ re vane e insulsissime frottole. L'Aquinate, con Scoto e i suoi compagni, si è immaginato di vedere la varietà delle cose anche là dove le cose non c'erano; ma costui persino nella realtà ha introdotto la solitudine dell 'ir­ reale. Questo errore è umano, ma egli ha anche nel modo di parlare abi­ tudini da sfacciato, sì che mi sembra prendere la parte dei Sofisti. Ma !asciamoli da parte. Si chiami ora alla sbarra Platone, sofista sfacciato, gonfio di poesia, tutto preso da folli questioni teologiche. È vero che tu hai raccolto e rimes­ so a nuovo tante chiacchiere filosofiche, e sei riuscito a farti credere sapien­ te dissimulando la scienzal2; è vero che hai allettato le menti umane con vaghe induzioni riscuotendole dal loro torpore, e che hai avuto il meri­ to di aggiungere grazia e piacevolezza ai discorsi che fanno a tavola i let­ terati e gli uomini colti, e anche alle conversazioni quotidiane. Ma quan­ do tu hai asserito falsamente che la verità abita dalle sue origini nella mente umana e non viene dall'esterno, quando hai allontanato le nostre menti dalle osservazioni della storia e delle cose, alle quali, invece, non si può mai dire di aver prestato sufficiente attenzione e sb.ldio; quando ci hai inse­ gnato a guardare solo in noi stessi, e ad avvolgerci sempre più negli oscu-

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ri e confusissimi idoli della nostra mente, col pretesto di darci alla con­ templazione; allora tu hai commesso la colpa capitale. Né va dimentica­ to che tu hai commesso una colpa non minore di questa quando hai osato far l' apoteosi della tua follia e hai cercato nella religione l'appog­ gio per i tuoi pensieri spregevoli. Più leggero danno è che ti sei fatto gene­ ratore di filologi, e che sotto la tua guida e con i tuoi auspici molti uomi­ ni , divenuti popolari per la loro cultura e per la fama del loro ingegno, tutti presi dalle facili piacevolezze e di esse solo desiderosi, hanno cor­ rotto gli studi e menomato la severità della ricerca dal vero. Tra i quali fu Marco Cicerone, Anneo Seneca, Plutarco di Cheronea, e molti altri infe­ riori ad essi. E veniamo ai medici. Ecco Galeno, uomo di vedute assai corte , diserto­ re de li' esperienza e inetto patrocinatore di cause 13. Non sei proprio tu, o Galeno, che cerchi di sottrarre l'insipienza e la pigri­ zia dei medici all'infamia e li porti in salvo, stabilendo nel modo più pigro i confini della loro arte e del loro dovere? Non sei tu che, dichiarando tante malattie incurabili , condanni a morte tanti amm alati, e togli loro ogni spe­ ranza, e ai medici ogni zelo? O cane, o peste ! Tua è la trovata che la mesco­ lanza è prerogativa della natura; tu , impossessandoti con avidità della distinzione tra il calore del Sole e quello del fuoco, la vai sbandierando ai quattro venti; tu dovunque maliziosamente comprimi la umana poten­ za e mediti il modo di confermare in eterno l ' ignoranza, inducendo alla disperazione di poterla vincere 14. Ti lascio alla tua indegnità per non aver più ad occuparmi di te. E portati via anche i tuoi amici e seguaci arabi 1 5 , fondatori d i libri contabili, i quali, pari agli altri nella stoltezza delle teo­ rie, misero insieme una grande quantità, non di rimedi, ma di promesse, che ricavarono con sciocche congetture dalle medicine volgari. E vatte­ ne in compagnia della fuggevolissima turba dei moderni. Vieni, sugge­ ritore, a dirmi i loro nomi; ma egli risponde che di nessuno di loro è degno che sia ricordato il nome. Pure fra questi spacciatori di frottole esistono vari gradi, il peggiore e il più irragionevole dei quali

è quello di

coloro

che rinchiudono tutta l'arte in un metodo e in un sistema, e che posseg­ gono il modo di far si applaudire dal volgo per l'ordine e lo stile dei discor­ si; come Fernelio 1 6. Di minor danno sono quelli che ci fanno vedere una maggiore varietà di osservazioni e di esperimenti, ma diluita e immersa

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nelle più stupide proposte 1 7 come Arnaldo da Villanova 1 8 , e altri dello stesso genere 19. Vedo dall'altra parte la setta degli Alchimisti, tra i quali s i f a avanti Para­ celso,20 che per la sua audacia ha meritato di essere rintuzzato separata­ mente. Coloro cui più sù abbiamo accennato hanno prodotto menzogne, tu mostri. Quali oracoli di Bacco vai rintracciando nel cielo, o emulo di Epicuro?2 1 . Egli almeno si comportava in tutto ciò come uno che son­ necchia o che ha altro da fare, e affidava al caso le sue opinioni. Ma tu, più stolto di qualsiasi caso, ti mostri disposto a giurare sulla parola del più menzognero e irragionevole imbroglione. E passiamo alle altre tue malefatte. Quali somiglianze hai creduto di scorgere tra i prodotti degli elementi? quali corrispondenze, quali cervellotiche relazioni vai sognan­ do, o fanatico collegatore di idoli? Hai ridotto l'uomo a un pantomimo! Come sono belle quelle tue separazioni, con le quali ha rotto l' unità della natura, voglio dire le tue specie naturali ! Arrivo anche a sopportare Galeno quando pondera i suoi elementi, ma non posso sopportare te quan­ do ti metti ad abbellire i tuoi sogni. Egli si sente invaso dalle qualità occul­ te delle cose, tu invece dalle più comuni e banali. Miseri noi, che intan­ to siamo costretti a perdere il tempo in sì odiose inezie ! Persino la famosa triade dei princìpi22, che non è del tutto inutile e si avvicina alquan­ to alla realtà, quanto inopportunamente vien presentata da chi, come te,

è ben addentro

nell'arte dell'impostura! Ascolta ora altri tuoi delitti più

gravi. Tu, impostore sacrilego, hai macchiato tanto la verità umana quan­ to quella della religione, mescolando le cose divine con quelle della natura, il sacro con il profano, le eresie con le favole. Il lume della natu­ ra (il cui nome venerabile tu insulti tante volte con la tua bocca impura) tu non l'hai solo nascosto, come i sofisti, ma l'hai spento . Essi sono i diser­ tori dell'esperienza, tu il traditore. Tu hai fissato la regola di assogget­ tare l'evidenza delle cose ancora cruda e apparente, alla speculazione e, occupandoti delle trasformazioni delle sostanze, invece che delle misu­ re dei movimenti, hai tentato di inquinare le sorgenti della scienza e di spogliare la mente umana; e hai accresciuto con modi nuovi ed estranei la difficoltà c la noia degli esperimenti, rispetto ai quali i sofisti sono avver­ si, gli empirici inetti; tanto lontano sei dall'aver seguìto l' immediatezza dell'esperienza, o dall'averla riconosciuta. E hai reso maggiore in ogni

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campo la fantasticheria dei maghi, per quanto potevi, provocando rifles­ sioni inopportunissime con la speranza che dai, e appoggiando tale spe­ ranza con le tue promesse; tu sei, così, ora artefice, ora prodotto di impostura . Dei tuoi seguaci, o Paracelso, compatisco il solo Pietro Severino23, uomo non degno di occuparsi di queste inezie. E tu, o Paracelso, devi molto a lui; ché quello che tu, figlio adottivo di asini, eri abituato a ragliare, egli, con una certa intonazione o modulazione di suoni, e con gradevolissima emissione di voce, ha reso armonioso e piacevole, e ha tradotto ripugnan­ ti menzogne in favolette leggiadre. Per questo a te faccio grazia, o Seve­ rino, se disgustato della dottrina di questi sofisti, che non è solo incapa­ ce di opere, ma pretende erigere a suo principio la disperazione di riuscire, hai cercato altri appoggi per il nostro vacillante sapere. E poi­ ché la affermazioni di Paracelso si erano presentate munite dei panegi­ rici dell'ostentazione, dei sotterfugi delle tenebre, del parentado della reli­ gione, e di altri orpelli; tu ti sei dedicato con lo slancio dello sdegno a questo, cioè non alle sorgenti della realtà , ma agli abissi della speranza. Avresti condotto la cosa con ordine e con metodo, se fossi passato dalle opinioni della mente ai decreti della natura, che ti avrebbe fornito non solo un'arte breve, ma anche una vita lunga24. Ma vedo già tutti gli altri Alchimisti sbigottiti della sentenza che ho pronunciato contro Paracel­ so. Ben conoscono le sue leggi, ch'egli ha l'aria di promulgare più che di proporre, rafforzandole con l'arroganza, invece che con le precauzio­ ni (e non certo secondo il sistema antico); nelle quali concordano per la reciproca forza del mentire, ostentando dovunque larghe speranze, e vagando a caso nel campo dell'esperienza, dove qualche volta s'imbat­ tono per caso e non per metodo in qualche scoperta utile. Ma nelle teo­ rie non si sono allontanati dalla sua arte (veri discepoli della fornace). E come un ragazzino capriccioso, che abbia trovato sulla spiaggia uno scalmo, già pensa di costruire la nave intera25; così questi carbonai, da pochi esperimenti di distillazione han preteso di ricavare una filosofia, sempre sottomessa a codesti lontanissimi idoli delle separazioni e delle liberazioni26. Ma neppure costoro io li metto tutti nello stesso mazzo. Fra loro c'è qualcuno che ha reso dei servigi, perché non ha curato soltanto la teoria, ma ha compreso con la perspicacia della meccanica la portata

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delle scoperte fatte; e tra questi è Bacone27. Ma sono scellerati ed ese­ crabili coloro che raccolgono in ogni luogo il plauso delle loro teorie e che portano attorno a mendicare per loro anche la religione, Ja speranza e l'impostura. Di questi è Isaac I'Olandese28 e la maggior parte della turba degli Alchimisti. Sia citato ora in giudizio Ippocrate29, creatura dell 'antichità e vendito­ re di anni. Quando Galeno e Paracelso contendono fra loro per rifugiar­ si sotto l 'autorità di costui, cioè sotto l'ombra di un asino, chi non ci fareb­ be una grossa risata? Egli sembra star sempre con lo sguardo fisso all'esperienza, ma non ha gli occhi del ricercatore ed è imbambolato e stupito. Poi , riavutosi un poco dalla stupefazione, cava fuori degli idoli, non quelli mostruosi delle teorie, ma quelli più eleganti che stanno alla superficie della storia; gonfio di simili panzane e sofista a metà, protet­ to dalla brevità (secondo il metodo di esporre del suo tempo)30, spande i suoi oracoli come piace a coloro che ambiscono farsene interpreti; ma in realtà non fa altro che riferire affermazioni sofistiche, esposte in sen­ tenze precipitose e sospese per sottrarle ad ogni confutazione, oppure ci dona con grande alterigia osservazioni popolari. Si avvicina molto ai suoi propositi , più inutili che malvagi, Cornelio Gelso3 1 (come anche volgar­ mente si crede), ma, sofista più attento, si tiene più vicino alla storia rie­ laborata e getta sulla scienza e sui suoi progressi una moderazione mora­ leggiante, che arriva a tagliar via gli ultimi errori , ma non a estirpare i primi . E tutto questo è la verità su costoro. A questo punto mi sembra di sentirti chiedere, o figlio, se è possibile che, come suole accadere , siano rimaste in vigore le cose peggiori, special­ mente per il fatto che lo stato della scienza è quasi sempre nelle mani del popoJo32. Non potrebbe darsi che il tempo, come un fiume, abbia traspor­ tato fino a noi le cose più superficiali e gonfie, e abbia fatto affondare quel­ le più profonde e solide? Come mai quegli antichi ricercatori della veri­ tà Eraclito, Democrito, Pitagora, Anassagora, Empedocle, e gli altri, ci sono noti attraverso gli scritti d'altri e non per i loro propri? Che si deve pensare del silenzio e dei misteri dell' antichità? Per risponderti secon­ do il mio costume, cioè secondo l' utile tuo, o figlio, ti dirò che accetto dell' antichità alcuni frammenti sparsi, di scoperte (dico), non di libri; e questi stessi li ho come documenti più della diligenza e della sincerità che

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della scienza dell' autore. Di quanto poi è scomparso senza lasciar trac­ cia, se accennassi che una caccia alle congetture è impresa troppo labo­ riosa e che non sarebbe opportuno che io mi volgessi indietro a fare studi di filologia antica proprio ora che mi accingo a preparar cose utili per il genere umano nel futuro, so bene che tu per la tua modestia te ne accon­ tenteresti. Tuttavia, perché tu possa vedere quanto il presente sia un profeta bifronte, cioè quanto sia il futuro che il passato ci stiano dinan­ zi, ho stabilito di farti dono delle tavole di ciascun tempo, che compren­ dano non solo il cammino della scienza già trascorsa, ma anche le pre­ visioni per l' avvenire. Ma tu non cercare d 'indovinare come sian fatte, prima di averle vedute; perché non sta in te la vera anticipazione di que­ sto; e se non ti verranno fra le mani, non ricercarle. Dico che voglio fame dono a qualcuno di voi, o figlio, e così tranquillizzare l' animo dei più timi­ di. Ma in ogni caso la scienza si deve cercare nel lume della natura, non nelle tenebre dell' antichità. Non importa quello che è stato fatto; biso­ gna considerare quello che si può fare. Se ti venisse offerto un regno sog­ giogato con le

armi in una guerra vittoriosa, faresti tu questione se i tuoi

antenati lo avessero posseduto o no, andando a sollevare la polvere delle genealogie? E questo basti per i misteri dell' antichità. Per quei capi di sètte che tu hai nominato poco fa, e per molti altri simili a loro, la sen­ tenza sarà sbrigativa. La diversità è il carattere dell'errore, l' unità della verità; e se le condizioni dei tempi e i provvedimenti non fossero stati avversi alle peregrinazioni mentali di questi ingegni, sarebbero state toccate anche molte altre spiagge negli errori. Un mare immenso circon­ da l ' isola della verità, e si verificano ancora nuove dispersioni e danni prodotti dai venti degli idoli. Proprio l' altr'ieri Bernardino Telesio33, salì sulla scena e rappresentò una nuova favola, che non è divenuta celebre per il plauso, e non è nean­ che elegante per il soggetto. Non ti accorgi, o figlio, che sia coloro che van tracciando ingegnosamente nel cielo moti eccentrici ed epicicli, sia quegli altri che si mettono a fare i guidatori della Terra nel suo supposto cammino34, invocano egualmente a loro difesa i fenomeni celesti? Così accade anche nelle teorie universali .

È

come se uno (sta bene attento, o

figlio, ché l' analogia è manifesta), che conosce solo la lingua materna, pos­ segga uno scritto di una lingua straniera; egli nota qua e là alcune parole

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prossime alla sua lingua per il suono e le lettere, le identifica sùbito nel significato alle proprie con la massima sicurezza (sebbene più spesso se ne allontanino molto) , e poi cerca con gran fatica d' indovinare dal loro collegamento il senso del resto del discorso, con molta libertà. Proprio allo stesso modo si comportano questi interpreti della natura. Ciascuno getta nella storia della natura i suoi idoli (non quelli della scena35, ma special­ mente quelli del foro e della spelonca), che sono come tante lingue mater­ ne differenti; sùbito scorge qualche punto che ha una certa consonanza con essi, e spiega tutto il resto in conformità con questi punti . Ma è ormai tempo che noi ci ritraiamo a fare ammenda di aver maneggiato cose profane e sozze, anche se con lo scopo di biasimar­ le. Quello che ho detto contro tutti costoro è assai meno di quanto meritino le loro colpe ignobili. Ma tu forse, o figlio, sei quello che meno comprende questi rimproveri, e pensi che le sentenze che ho pronunciato siano né più né meno che semplici ingiurie. Tieni pre­ sente , però , che io non mi sono comportato come quel Velleio di cui parla Cicerone36, vero declamatore e filologo, che in tutta fretta tocca qua e là le opinioni altrui , piuttosto disdegnandole che affron­ tandole; o come Agrippa il moderno37 , che in un discorso come questo non si dovrebbe neppur nominare , perché è un buffone trivia­ le, che torce ogni cosa e la dà in preda al giuoco (misero me, che in mancanza di uomini , sono costretto ad avere a che fare con i bruti ! ) . S e t u avrai i n seguito l a pazienza di rivedere i miei giudizi troverai , sotto il velo dell' ingiuria, quanto è mirabile lo spirito delle mie accuse. Vedrai con quale cura speciale ho fatto in modo che quasi ogni parola contenesse contratta e raccolta in se stessa la ragione de li' ac­ cusa, e con quale acuta penetrazione ho diretto e vibrato i miei stra­ li proprio nelle piaghe dei loro reati . E benché essi fossero tutti uniti e stretti insieme dai loro delitti e reati, li ho invece accusati e condannati uno per uno, portando per ciascuno le prove più oppor­ tune, e sufficienti per una sentenza capitale. La mente umana, o figlio, gravida delle incursioni e delle osservazioni delle cose, mac­ china e produce varie specie di errori . Aristotele è la pianta più alta di una di queste specie; così Platone e gli altri . Ma tu chiedi confu­ tazioni particolari. Certamente quel vizio sarebbe largamente contra-

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rio all ' «aurea fortuna» del genere umano, pegno di dominio, se io mi volgessi a inseguire fuggevolissime ombre. O figlio, bisogna collo­ care nel mezzo il solo lume della verità, radioso e chiaro , che illu­ mina ogni cosa e dissipa in un istante tutti gli errori; e non mettersi a perlustrare ciascun angolo del l 'errore e ciascuna insenatura della menzogna tenendo in mano una debole e pallida lampada. Perciò quel­ lo che tu chiedevi lo devi detestare , o figlio, come cosa profana. Ma mi sembra di sentirti chiedere: dunque tutto ciò che costoro han detto è in teramente falso e vano ? E già, o figlio, cominci a parlare di sfortuna, di una sfortuna davvero strana, non di ignoranza; perché , dici , non è possibile che nessuno si sia imbattuto una volta tanto in qualche verità. Ti dirò allora che Eraclito, quando dice che gli uomi­ ni cercano la scienza nei loro mondi privati e non nel mondo comu­ ne, ha dato certamente dei buoni presagi ali ' inizio del filosofare . E Democrito38 , quando attribuisce alla natura un' immensa varietà e un 'infinita successione di fatti e si presenta in giudizio fuori dalle vie battute da quasi tutti gli altri filosofi (tutti dediti alle opinioni vol­ garP9 e schiavi dell ' abitudine); e con la sua opposizione disperde l ' uno e l ' altro errore facendoli cozzare insieme, e si apre nel mezzo una via alla verità; allora io credo che egli abbia filosofato con buon successo. Anche i numeri di Pitagora tengo a considerarli di buon augurio. E approvo quello che disse l' Indo Dindami quando parlò di un costume innaturale40. Né ascolto malvolentieri anche Epicuro quando disputa, benché ingenuamente e da filologo, contro l ' esplicazione delle cause (come son chiamate) con le intenzioni e con i fini . E mi valgo anche di Pir­ rone e degli Accademici per l ' arguzia ironica del loro conservare; sem­ pre oscillanti, come se parlassero da una barca ondeggiante, essi si comportano verso gli idoli come amanti capricciosi, che accusano sempre di cattiveria i loro innamorati , e non li abbandonano mai . Gli altri infatti si muovono direttamente verso gli idoli, costoro invece vi girano attorno; e ciò è più divertente . Infine considero miei ban­ ditori Paracelso e Severino, quando convocano con tanto clamore gli uomini alla tribuna dell'esperienza. Ma posso dire per questo che tutti costoro si sono impossessati della verità? Per null' affatto. Ci sono,

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o figlio, alcuni proverbi popolari che si addicono molto acconciamen­ te alla verità. Se un maiale ha tracciato per caso con il muso sulla terra la lettera A, penserai tu per questo che esso possa scrivere, come quel­ la lettera, un 'intera tragedia? Ben diversa è (o figlio) la condizione della verità che nasce dalla ana­ logia della scienza da quella che nasce dalla divisione dell ' idolo4 1 . La prima è costante e uniforme, l ' altra discordante e isolata. Questo si vede dalle opere. Se la polvere da sparo fosse stata inventata con metodo, e non per caso o per incontro fortuito (come dicono), non sarebbe restata un invenzione isolata, ma sarebbe venuta alla luce •

insieme con molte e frequenti altre nobili invenzioni che cadono sotto lo stesso ordine di ricerca42. Così anche per le altre cose; siano opere o asserzioni. Perciò t' avverto che se per caso un idolo qualun­ que di uno di costoro fosse venuto a dividere in qualche punto la mia verità (anzi , l a verità delle cose), non devi pensare per questo male di me e bene di quelli che io ho criticato, essendo chiaro che essi hanno parlato ignorando tutto il resto e non per l ' analogia della scienza. Insisti ancora (o figlio) perché tutte la carte di costoro divengano alimento del fuoco degli incensi e degli aromi? Non direi. C ' è infatti ancora un uso che se ne può fare , misero ed esile e ben diverso da quello a cui eran destinate , ma pur sempre un uso . Resta­ no anche molti altri scritti noti per la celebrità, ma molto più utili di quelli che ho citato. Si ammirano tanto gli scritti morali di Platone e di Aristotele . ma Tacito ci offre osservazioni più vivaci sui costu­ mi. Ma de li' utilità che si può ricavare da questi scritti , di quali pre­ cedano gli altri per utilità, e di quale sia quella minima parte di essi che ci può ancora offrire servigi , che giovino ali ' interpretazione della natura; di tutte queste cose io parlerò a suo luogo. Infine mi sem­ bra di sentirti dire: dunque basti tu solo in luogo di tutti costoro? Ti risponderò , e senza infingimenti, ma secondo l ' intimo mio parere . Carissimo figlio, io stabilirò per te il santo, il casto e legittimo con­ nubio con la realtà. Da questo connubio (superiore a tutti i voti degli epitalami) vedrai sorgere una felicissima progenie di eroi, che sottometterà gli infiniti bisogni de li ' uomo, più esiziali di tutti i giganti, i mostri , i tiranni, e che assicurerà alle vostre sostanze pia-

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cevole sicurezza e abbondanza. Ma se io, o figlio, ti affidassi alle dif­ ficoltà vertiginose del l ' esperienza senza averti prima purgato la mente dagli idoli, ti lascerei in modo tale che tu avresti bisogno di chiedere ben presto aiuto. E d' altra parte non potresti spogliarti degli idoli per il semplice mio comando, e senza la conoscenza delle cose, neppure se tu lo volessi . In un foglio non puoi scrivere niente di nuovo, se prima non hai cancellato lo scritto precedente; ma nella mente, se tu non scrivi altre nozioni, non riesci a cancellare le vec­ chie. E quand'anche potesse accadere che tu riuscissi a spogliarti degli idoli della dimora43 , rimarrebbe però sempre il pericolo che tu , ancora ignaro, rimanessi vittima degli idoli della via44. Ti sei trop­ po abituato ad avere una guida. Anche a Roma, una volta conferma­ ta la tirannide, sempre poi fu vano il giuramento fatto nel nome del senato e del popolo romano. Abbi fiducia, o figlio; datti a me, ed io ti renderò a te stesso.

Bacone

SCALA DELL' INTELLETTO o

FILO DE L LABIRINTO *

[1607 - 1609]

*Scala lntellectus sive Filum Labyrinthi.

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Sarebbe difficile condannare coloro che hanno sostenuto che nulla si può sapere, se costoro avessero temperato la loro rigida sentenza dandone una spiegazione più mite. Infatti a chi afferma che questo sapere , rettamen­ te inteso , è un sapere per causel , e che la conoscenza delle cause, accre­ scendosi, si solleva verso le cose notissime alla natura2 , seguendo una serie continua o una concatenazione tale, che non resti propriamente posto per la conoscenza delle cose particolari al di fuori della comprensione esat­ ta della natura tutta3; a costui niente si può obiettare con ragione. Così pure si deve giudicare un' affermazione non appropriata, che si possa avere vera scienza di qualcosa, prima che la mente si sia fermata interamente sulla spiegazione causale; e in qualche modo temerari o o di animo intemperante si può ritenere chi osa attribuire e arrogare alla natura umana la conoscenza perfetta dell'universo. Ma costoro4, invece di temperare con spiegazioni o limitazioni di que­ sto genere il loro giudizio, non han temuto di profanare le testimonian­ ze dei sensi, facendo precipitare tutto nella più grande disperazione. E , per dire tutta la verità, anche s e costoro non avessero buttato l à questa calunnia , sembra che quella stessa questione eh'essi sollevano sia intem­ pestiva e mossa unicamente da un grande ardore di polemica; dal momen­ to che, prima di giungere alla verità in sé ch'essi sembrano intendere \ si apre un campo tanto sterminato per l'attività umana, che è proprio di una persona malaccorta e quasi di una mente sconvolta e confusa trascu­ rare tutte quelle utilità che si trovano nel bel mezzo del campo per la pre­ occupazione di cercarne sùbito i confini. E questa è la ragione per la quale anche costoro han cercato di apparire eversori della certezza, ma non distruttori di ogni utilità; e si sono trincerati dietro alla distinzione del vero e del probabile , volendo far credere con ciò di aver lasciata inalterata la possibilità di distinguere tra le cose alla parte operativa della scienza. Eppu­ re , una volta distrutta la speranza di raggiungere la verità, essi hanno sicu­ ramente spezzato la ragione stessa della ricerca umana; e, rendendo arbitraria la scelta degli esperimenti da fare, hanno mutato la fatica del ricercare in una esercitazione d'ingegno ed in uno sfoggio di abilità nel disputare. Tuttavia non si può negare che, se intercorre qualche comu­ nanza tra noi e gli antichi , essa sta proprio nel nostro avvicinarci a que­ sta filosofia; perché noi approviamo molte delle opinioni di costoro

Bacone l testi - Uomo e natura - Scala dell'intelletto

intorno alla mutevolezza dei sensi, alla debolezza del giudizio umano, alla necessità di frenare e trattenere l'assenso. Anzi, a queste noi potre­ mo aggiungere moltissime altre affermazioni riferentisi al medesimo fine; e così tra noi e loro corre - si può dire - questa sola differenza: che essi hanno decretato che nulla si può sapere assolutamente, noi invece sosteniamo che non si può sapere nulla seguendo quella via di ricerca nella quale il genere umano si è cacciato. E non c'è motivo per cui noi dob­ biamo vergognarci di questa comunanza. Perché basta che si mettano insie­ me con quelli che sostengono questo come principio e come loro opinio­ ne anche quegli altri autori che mettono in evidenza le stesse difficoltà con le stesse domande che si pongono e con le stesse obiezioni che si fanno; o che si lamentano della oscurità delle cose, e ne parlano sdegna­ ti Jevandone aspri clamori; o che tengono celati questi pensieri nel loro animo e gettano solo qua e là poche e oscure parole, quasi sussurrando; ed ecco che fra questi ultimi si troveranno i più grandi ingegni dell'an­ tichità, i principi della speculazione, e nessuno potrà pentirsi di essere annoverato tra costoro. Forse, qualcuno degli antichi ha esagerato nella fiducia nei propri giudi­ zi , ma questa fiducia non è divenuta una regola se non da non molto tempo nei secoli barbari6 , regola che ora continua ad esser riconosciuta per faziosità, abitudine, trascuratezza. Inoltre, a nessuno sarà sfuggito che, se noi ci sentiamo congiunti con quegli antichi nell'inizio del filosofare , poi ce ne distacchiamo immensamente nei risultati . E anche se a prima vista sembra che non ci sia molta diversità tra le nostre opinioni e le loro, in real­ tà gli antichi asserirono la inettitudine dell 'intelletto umano senza limiti; noi facciamo la stessa asserzione, ma sotto certe condizioni; e perciò la dif­ ferenza affiora nel fatto che essi, non trovando né sperando alcun rimedio a questo male, desistono dall' impresa, e smantellando la certezza dei sensi , evertono fin dalle fondamenta l'edificio della scienza; noi invece, affer­ mando l'esistenza di una nuova strada, cerchiamo di correggere gli erro­ ri dei sensi e della mente. Così, mentre gli altri, pensando di aver tratto il dado senza possibilità di scampo, si dànno, per così dire, ad una divaga­ zione libera e piacevole; noi, seguendo la nostra opinione, ci apriamo faticosamente la via attraverso una regione remota ed impervia, e ci augu­ riamo che essa divenga felice e fausta per il genere umano in perpehlo.

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Bacone l testi - Uomo e natura - Scala dell 'intelletto

Gli inizi delle vie li abbiamo già descritti nel secondo libro e, seguendo­ li di continuo, siamo pervenuti nel terzo libro7 alla descrizione dei Feno­ meni dell ' Universo e della storia, sforzandoci di penetrare attraverso la infinita varietà degli esperimenti, che sono come le selve della natura, rese opache e oscure dalla vegetazione; e tutte intricate dalla profondità delle osservazioni; che sono come tanti virgulti e sterpi. Ora siamo arrivati forse ad una regione più libera, ma anche più ardua; dalle selve siamo passati alle pendici dei monti . Noi ci solleviamo infat­ ti dalla storia agli universali secondo una via nuova e mai tentata prima, ma sicura e continua. E certamente non starebbe male applicato alle vie della speculazione quel celebre bivio che gli antichi riferivano alla vita attiva; l 'una via infatti , piana e facile al suo ingre5$0, conduceva poi a dirupi ed a regioni impervie; l' altra invece ardua e difficile dapprima, con­ cludeva poi nella pian uraS . Allo stesso modo, chi afferra sùbito all'ini­ zio della ricerca i princìpi immutabili delle scienze9, e arrestandosi ad essi si occupa del resto quasi per passatempo; costui , quando voglia prose­ guire e desistere dalla ricerca senza essere, né troppo contento di sé, né troppo scontento, infilerà a caso la prima via. Chi invece consentirà a sospendere il giudizio, e a salire prima per gradi sui gioghi dei monti , cioè delle cose, superandoli uno per volta con infaticabile pazienza; costui si troverà facilmente alle sommità e ai vertici della natura, dove potrà serenamente riposarsi e godere della vista bellissima delle cose, per discendere poi placidamente verso tutta la pratica I O . Perciò il nostro proposito è d i presentare qui gli esempi della vera e legittima indagine della realtà (come nel secondo libro abbiamo dato i precetti), e descriverli secondo la diversità dei soggetti, e ciò facciamo con quella forma che riteniamo che abbia la massima consonanza con la verità, perché scelta e comprovata. Noi non riserviamo a questa formula d'interpretazione e alle sue parti una necessità assoluta (secondo l'abitudine che è invalsa fin qui), come se fosse unica e insuperabile . Sarebbe ciò un voler legare l'attività e la fortu­ na degli uomini alla colonna della necessità I I . Non c'è quindi da parte nostra nulla in contrario a che altri che hanno maggior tempo disponibile, e che natu­ ralmente saranno liberi dalle difficoltà che l' iniziatore di un'impresa trova sem­ pre innanzi a sé, possano far progredire l'opera, che noi ci siamo contentati d'in­

dicare . Anzi, noi riteniamo che la vera arte debba crescere continuamentel2.

Bacone

PRODROMI o

AN TICIPAZIO NI DELLA FILOSO FIA SECO N DA*

[1 607 - 1620]

* Prodromi sive Anticipationes Philosophiae Secundae.

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Bacone I testi - Uomo e natura - Prodromi

PREFAZIONE Noi riteniamo che abbia sostenuta la parte di uomo prudente e insieme di buon cittadino colui che, alla domanda se avesse dato le leggi miglio­ ri ai suoi concittadi ni, rispose: «Le migliori tra quelle che essi potesse­ ro accettare)) I . lnvero, coloro che non si contentano solo di aver pensa­ to il bene (cosa che non

è molto diversa dal fare un buon sogno), ma

vogliono anche raggiungerlo e mandarlo ad effetto; costoro non scelgo­ no il bene assoluto, ma il migliore fra quelli che possono comunque esse­ re apprezzati . A noi invece, benché celebriamo con grande amore la repubblica umana che è la patria comune, non è consentito di seguire que­ sto stesso modo di legiferare e di fare una libera scelta . Noi non diamo all 'intelletto e alla realtà leggi arbitrarie, ma ci limitiamo a descrivere con fedeltà e con cura quelle leggi che ci sono presentate e offerte dalla voce della natura stessa. Perciò, sia che esse piacciano , sia che debbano venir respinte dai suffragi delle opinioni, la nostra fedeltà deve essere del tutto fuori causa. E non abbiamo perduto la speranza che si possano tro­ vare o che sorgano in futuro tra i posteri alcuni che possano studiare e meditare tutte e solo le cose migliori, e che si prendano cura di elaborar­ le e perfezionarle. Perciò noi non desi steremo mai , per tutta la durata della nostra vita, di tendere a esse, che aprono la sorgente delle cose e delle utilità2, e di ricercare da ogni lato gli indizi delle vie per arrivarvi ; dopo aver invocato l ' aiuto di Dio. Ma noi, da parte nostra, solleciti di tutto ciò che riguarda il bene comune e che può giovare a tutti , mentre tendiamo al più , non trascuriamo il meno (il primo è lontano, ma il secondo è vici­ no); e non presentiamo cose migliori (a nostro parere), ma intercediamo per quelle vecchie e già accolte, affinché esse valgano per i più; anzi , noi desideriamo che quelle stesse cose siano emendate, accresciute e rimes­ se in onore . Non pensiamo, infatti , di poter allontanare gli uomini dalle verità credute e universalmente accolte , né tutti insieme, né completamen­ te, né in un momento solo. Come un dardo o un proiettile procede sicu­ ro sul suo cammino, e tuttavia non cessa di compiere delle conversioni , e mentre procede in linea retta ruota anche su se stesso; così anche noi, mentre tendiamo a nuove verità, ci muoviamo ancora attorno a quelle già note e uni versalmente accolte .

Bacone l testi - Uomo e natura - Prodromi

Per questo ci serviamo onestamente della ragione comune e delle dimostrazioni volgari (anche se non crediamo più alla loro autorità assoluta); e proponiamo, allo stesso diritto delle altre, anche quelle scoperte che abbiamo fatto secondo la ragione comune e che abbia­ mo giudicate secondo quelle dimostrazioni, soprattutto quelle che pos­ sono avere grande verità e utilità. Con ciò non crediamo di aver dero­ gato minimamente da quanto si è detto a proposito della incompetenza della ragione nel suo stato naturale e delle antiche dimostrazioni . Anzi, se noi ora aggiungiamo queste cose per un certo tempo , lo facciamo per I' opportunità e a tutto vantaggio di coloro che, attardatisi per una giusta ragione , come la debolezza delle loro forze e le loro occupa­ zioni , vogliono fermarsi sulle vecchie regioni e province del sape­ re, spingendosi tutt'al più fino agli ultimi confini di esse. Ma per colo­ ro che aderi scono alla vera interpretazione della natura secondo le nostre indicazioni , e si sforzano di metterla in atto, questi nuovi pensieri possono tenere il posto di quei rifugi o alberghi che si offro­ no lungo il cammino per risollevare le forze e lenire le fatiche; e nel frattempo possono giovare in qualche modo all ' umanità e a riempi­ re la mente umana di quelle riflessioni che hanno un legame un po' più stretto e saldo con la natura. Ma non ci auguriamo affatto che ciò si faccia per mezzo di qualcuna delle nostre facoltà, e stando alla fidu­ cia di essa. Noi non dubitiamo affatto, però , che se qualcuno, anche se di inge­ gno mediocre , purché maturo di senno, voglia e possa deporre gli idoli della sua mente e ricominciare completamente la ricerca, dopo aver studiato con attenzione e diligenza, e con libertà di giudizio, le veri­ tà della storia naturale e i suoi calcolj3; che costu i , dico, chiunque egli sia, possa penetrare molto più a fondo nella natura da se stesso, e con le sue proprie e spontanee forze mental i , cioè con le sue sole anticipazioni; che non con la lettura di autori di ogni genere, o con una meditazione astratta e infinita, o con discussioni assidue e ripe­ tute; e ciò anche se non avrà fatto uso di macchinari e non avrà seguì­ to la forma dell ' interpretazione4. Perciò non disperiamo che qualcosa di simile possa accadere anche a noi , specialmente per il fatto che in noi si aggiunge l ' esperienza e

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Bacone l testi - Uomo e natura - Prodromi

l ' esercizio dell ' interpretazione, che con tutta probabilità corregge e muta l 'abito stesso della mente . In ogni caso, però, non vogliamo che le cose contenute in questa parte siano accolte per l ' autorità nostra, quasi che noi volessimo attribuirci quella fiducia che abbiamo nega­ to alle opinioni degli antichi. Anzi , noi attestiamo e dichiariamo che noi stessi non vogliamo essere minimamente vincolati alle cose che qui proporremo , quali che esse siano, tanto da doverle conser­ vare tutte e per intero per la nostra filosofia seconda e induttiva. Ci è sembrato bene di distribuire sparsamente queste riflessioni , e non di legarle con metodo5 . Questo è il modo che si deve tenere con le scienze che si fanno adulte, quasi rinnovandosi interamente e fin dalle radic i , esso è proprio di colui che per il momento non vuole costi­ tuire un' arte con tutte le sue connession i , ma condurre soltanto una ricerca libera sui singoli particolari .

Bacone

Xl i SENTENZE SULLA INTERPRETAZIONE DELLA NATU RA* [1608 - 1 620]

* De lnterpretatione Naturae Sententiae Xl/.

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Bacone I testi - Uomo e natura XII sentenze sulla interpretazione della natura -

DELLA CONDIZIONE DELL'UOMO [ l ].- L'uomo, mini stro e interprete della natura, tanto fa o intende quan­ to osserverà del l ' ordine della natura con l ' osservazione della cosa o con l'opera della mente , mentre egli stesso è asservito alle leggi della natura l .

[2] . Perc iò

il limite della potenza e della scienza umana sta nelle doti

delle quali egli

è stato fornito dalla natura per muovere e percepire ,

anche nello stato presente. Oltre queste basi, infatti, quegli strumenti2 non giovano .

[3].- Benché queste doti siano per sé deboli e inette, tuttavia amministra­ te in modo legittimo e ordinato, tanto possono da riuscire a fermare dinanzi al giudizio e all'uso anche quelle cose che sono lontanissime dal senso e dall' agire, e a vincere anche la maggiore difficoltà di opere e la maggiore oscurità di scienza, che mai alcuno abbia finora desiderato di vincere.

[4] .- Una sola verità, una sola interpretazione:

il senso

è storto, l ' animo

è alterato , la realtà è senza fine3 , e tuttavia l' opera stessa dell' interpre­ tazione è più fuori strada che difficile4.

DEGLI IMPEDIMENTI DELL'I NTERPRETAZIONE [5].- Chiunque, incapace d i dubitare e avido d i affermare, stabilirà infi­ ne dei princìpi provati (a quanto crede), concessi e manifesti , alla cui immobile verità ricondurrà tutto il resto per accettarlo

se

concorda e respin­

gerlo se discorda; costui scambierà la realtà con le parole, la ragione con la follia , il mondo con una favola, e non potrà fare interpretazione.

[6].- Chi

non avrà sconvolto, confuso e riammucchiato ogni distinzio­

ne di cose che affiora nelle specie costituite dal volgo o anche nei nomi imposti , non arriverà a scorgere l ' unità della natura e i legittimi confini delle cose, e non potrà fare interpretazione.

[7 ] .- Chi in primo luogo e prima di ogni altra cosa non avrà esplo­ rato interamente i movimenti del l ' animo umano , e non avrà descrit­ te colà le sorgenti della scienza e le sedi degli errori con grandissi­ ma accuratezza; costui troverà ogni cosa mascherata e quasi incantata,

Bacone 1 testi

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Uomo e natura XII sentenze sulla interpretazione della natura -

e se non sciogl ierà l ' incantesimo, non potrà fare interpretazione.

[8]. - Chi si volgerà a indagare le cause delle cose ovvie e composte, come della fiamma, del sogno, della febbre, senza risalire alle nature sempli­ ci; in primo luogo a quelle che sono tali per comune riconoscimento, poi anche a quelle che dall'arte sono ridotte a una più vera semplicità e come sublimate5; costui forse, se non pecca in qualche altra cosa, aggiungerà cose non spregevoli alle cose scoperte, e prossime alle cose scoperte . Ma non farà niente contro le maggiori opinioni popolari sulla reaJtà6, e non si dovrà dire interprete.

DEl COSTU MI DELL'INTERPRETE [9] .- Chi si accingerà all ' interpretazione, si prepari e si disponga così. Non deve essere seguace né della novità, né della consuetudine e del­ l' antichità; non abbracci né la licenza del contraddire, né la servitù del­ l'autorità. Non deve essere pronto a affermare, né dubbioso senza cri­ terio, ma conduca innanzi le singole cose che siano insignite di un certo grado di dimostrazione. La speranza del lavoro, non dell' ozio, sia il suo autore. Deve giudicare le cose non dalla rarità, dalla difficoltà, o dalla lode, ma dalla loro vera importanza. Deve amministrare gli affa­ ri privati mascherato?, rispettando tuttavia le previsioni delle cose. Pru­ dentemente deve avvertire la presenza nascosta degli errori nelle veri­ tà e delle verità negli errori , senza disprezzare o ammirare alcunché. Conoscerà i vantaggi della sua natura. Obbedisca alla natura degli altri , purché nessuno s'adiri per una sassata. Vaghi continuamente con un occhio (per così dire) alle nature delle cose, con un altro alle abitudini umane. Conosca distintamente la natura mista delle parole, e anzitutto partecipe di giovamento e di nocumento. Tenga per fermo che l'arte della scoperta cresce con le scoperte8 . Anche nella scienza che ha acquista­ to non deve essere vano , né nell' occultarla, né nel propalarJa9. ma sin­ cero e prudente, e tramandi le scoperte senza ambizione o malignità, ma in modo massimamente vivace e vigoroso, cioè il più preservato dalla ingiurie del tempo ed il più efficace a propagare la scienza, e infine anche il più innocente nel provocare errori e soprattutto capace di riserbarsi un lettore legittimo.

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Bacone l testi - Uomo e natura

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XII sentenze sulla interpretazione della natura

DELL'U FFICIO DELL'I NTERPRETE [10]. - Così preparato e di sposto , l ' interprete proceda in questo modo: ripenserà alla condizione dell 'uomo, rimuoverà gl' impedimen­ ti del l ' i nterpretazione, poi , accintosi all' opera, preparerà la storia e ordinate sequele di carte , e ins ieme istituirà usi, coordinazion i , occorrenze e schede i O . Rappresenterà la solitudine delle cose e la somiglianza di sé I l . Anzi, farà anche una scelta tra le cose, e preor­ dinerà Ejuelle cose che sono maggiormente primi ti ve o instanti 12, cioè quelle che conducono o alla scoperta delle altre cose o precipuamen­ te alle umane necessità. Osserverà inoltre le preminenze delle instan­ ze 1 3 , che possono molti ssimo ad abbreviare l ' opera. Così , dopo avere disposto ancora altri ordinamenti e nuove carte , aggredirà infine più celermente e felicemente l ' i nterpretazione stessa, che seguirà facile e spontanea, anzi quasi prevenuta dalla mente. Fatto ciò, continuamente vedrà ed enumererà con una luce pura ed origi­ naria i veri , eterni, e semplicissimi movimenti della natura, dal cui ordinato e calcolatissimo processo sorge questa infinita varietà, sia nel presente che in ogni tempo. Frattanto e fino dal l' inizio dell ' ope­ ra non trascuri di raccogliere con cura molte cose e incognite, come garanzie per le sostanze umane. Ma dipoi , volgendosi e dedicando­ si di nuovo tutto alle umane !Jtilità ed allo stato delle cose presenti , ordinerà e disporrà tutte le cose secondo una via diversa e indiriz­ zandole all' azione14. Assegnerà alle nature segretissime alcune cose capaci di chiarirle e a quelle assentissime altre cose capaci di intro­ durle 15. E in ultimo costituirà quasi in una seconda natura le cose più frequenti 16, gli errori delle quali siano come mostruosità, facendo tut­ tavia anche salva in se stessa la prerogativa del l' arte ! ? . _

Bacone 1 testi

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Uomo e natura XII sentenze sulla interpretaziofU! della natura -

DELLA PREVI SIONE D ELLE COSE [ I l ] . - Ma tu apprendi queste cose con scarsa speranza e attenzio­ ne, o figlio, e ti meravigli che ci sia ancora tanta abbondanza di opere fruttuosissime e interamente incognite, e che esse non siano state sco­ perte prima d ' ora o che possano essere scoperte così all ' improvvi­ so; e insieme vuoi sapere di quale specie esse siano una per una e vuoi che ti sia promessa o l ' immortalità, o l ' insensibilità al dolore , o la voluttà che trasporta. Tu, o figlio, concediti largamente il vero , e avrai dalla scienza la speranza, come hai preso la di sperazione dali 'igno­ ranza l 8 . Non è forse vero che anche l 'opera deve esser scelta con arte?l 9 . Ma io soddisferò il tuo dubbio e ti darò retta, per quanto pos­ sibi le. Che queste cose siano conosciute così al l' improvviso, non ti meravigliare, o figlio. La scienza è parto del celere, il tempo del lento20 . Anche le cose nobili che sono state scoperte prima di que­ ste, non sono state scoperte a poco a poco per la luce di una prece­ dente cognizione, ma per caso (come si dice) in abbondanza. In meccanica certo c ' è qualche estensione di una cosa già scoperta, ma non merita il nome di nuova scoperta. Non lungo, o figlio, ma ambi­ guo è il cammino. Quanto a ciò che tu dici che non è venuto alla luce prima di questo tempo, sei forse a conoscenza di tutto ciò che in tutta l ' antichità, in tutte le region i , e anche nei singoli uomini è stato noto?21 . Ma sono quasi d ' accordo con te , o figlio, e ti condurrò per mano più in fondo. Tu non dubiti che, se gli uomini non ci fossero , molte cose di quelle che sono state fatte (come si dice) con l ' arte ver­ rebbero a mancare , come una statua di marmo o una coperta da letto. Ma, bada bene, gli uomini non hanno forse anch'essi i loro movi­ menti ai quali obbediscono?22 Certo , o figl io, più sottili e più diffi­ cilmente compresi dalla scienza, ma egualmente certi . Sicuramente, dirai, gli uomini ubbidiscono alla volontà. Ti ascolto, ma questo è niente. Quale causa è la fortuna nell' universo,23 tale è la volontà nel­ l'uomo. Se qualcosa dunque si produce, e non senza l ' uomo, e si trova al di fuori delle vie percorse dall' uomo, non è forse eguale al nulla? Anche l ' uomo s ' imbatte in certe cose che, per così dire, gli capita­ no davanti, ma ne esegue altre per un fine previsto e con la conoscen-

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Bacone l testi - Uomo e natura

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XII sentenze sulla interpretazione della natura

za dei medi . Tuttavia egli ricava la conoscenza dei medi dalle cose ovvie. Nel cui numero , dunque, si metteranno quelle che non hanno un effetto ovvio, né traggono dalle cose ovvie24 il modo e la luce dell' operazione. Tali opere si chiamano Epistemidi, cioè figlie della scienza, che non vengono in atto altrimenti che per la scienza e la mera interpretazione, perché non contengono niente di ovvio. Tra queste e quelle ovvie quanti gradi credi che siano enumerati? Tieni, o figlio, e suggella25 .

[12].

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In ultimo, o figlio, ti consiglio ciò che di fatto è necessario

prima di ogni altra cosa, cioè di distinguere con mente illuminata e sobria l ' interpretazione delle cose divine da quella delle cose natu­ rali, e non permettere che esse vengono tra loro confuse in nessun modo. Troppo si è errato in questo genere . Quaggiù niente si appren­ de se non per le somiglianze esi stenti tra le cose. Le qual i , anche se sembrano diversissime, offrono tuttavia una somiglianza strettissi­ ma nota all ' interprete. Ma Dio è simile soltanto a sé26 senza meta­ fora. Perciò non ti aspettare alcuna sufficienza della luce di quaggiù per la conoscenza di Dio . Dà alla fede ciò che spetta alla fede.

Bacone

AFORISMI E CONSIGLI SU GLI AIU TI DELLA MENTE E SU LL' ACCENSIONE DEL LU ME NATU RALE* [ 1608 - 162 o ]

* Aphorismi et Consilia, de Auxiliis Mentis et Accensione Luminis Naturalis.

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Bacone I testi - Uomo e natura - Aforismi e consigli

[ 1 ] . - L'uomo, ministro e interprete della natura, tanto fa e intende quan­ to avrà osservato dell' ordine della natura con l 'operazione o con l' ope­ ra della mente; non sa né può di più I .

[2] . - La mano nuda dell'uomo, per quanto robusta e ferma, basta a com­ piere poche opere e facilmente eseguibili; ma essa con l'aiuto degli stru­ menti vince molte cose e recalcitranti . Simile è anche l 'ordine della mente2.

[3 ] . - Gli strumenti della mano provocano o dirigono il movimento: anche gli strumenti della mente estendono o trattengono il movimento dell'in­ telletto3 .

[4] . - Su di una data base materiale introdurre una qualche natura, entro i limiti del possibile, questo è l'intento della potenza umana. Allo stes­ so modo , conoscere le cause di un dato effetto in un soggetto qualunque, questo è l' intento della scienza umana: i due intenti coincidono in uno. Infatti quello che nella teoria fa da causa, nell'operazione pratica fa da medio4.

[5] . - Chi conosce la causa di qualche natura, come della bianchezza o del calore, solamente in certi soggetti , ha una scienza imperfetta; e chi può produrre un effetto solamente sopra una certa materia, fra quelle che ne sono suscettibili, ha parimenti un potere imperfetto5 .

[6] . - Chi conosce le cause di qualche natura solamente in alcuni sog­ getti , conosce la causa efficiente o quella materiale6 che sono cause instabili?, e niente altro che veicoli o cause che portano la forma. Ma chi abbraccia l 'unità della natura anche nelle materie più dissimili, conosce le forme delle cose.

[7].- Chi conosce le cause efficienti e materiaJiB compone o divide, tra­ sferisce o protrae cose già prima scoperte; e giunge anche a fare nuove scoperte in una materia alquanto simile ed a ciò predisposta; ma non può penetrare entro i termini più profondi e stabiJi9 delle cose.

Bacone 36 7 I testi - Uomo e natura - Aforismi e consigli

[8] . - Chi conosce le forme scopre e produce ciò che ancora non si è veri­

ficato, come quelle cose che né l 'evoluzione della natura, né le attività sperimentali han mai fatto venire in atto né sottoposto alla riflessione umana. [9] . - La via e la perfezione della verità e della potenza è la stessa I O ; que­

sta, che siano scoperte le forme delle cose: dalla loro cognizione deriva la verità nella speculazione e la libertà nell 'operare l l . [ l O] . - La scoperta delle forme è semplice e unica, se procede per esclu­ sione o reiezione di nature. Infatti tutte quelle nature che sono assenti quan­ do una data natura è presente , o sono presenti quando una data natura è assente, non sono proprie della forma; e dopo la reiezione o negazione completa resta la forma e l' affermazione. Per es.: se cerchi la forma del calore, e trovi che l'acqua calda non è chiara, respingi la luce; se trovi l ' aria tenue e non calda, respingi la tenuità. Tutto ciò è breve a dirsi, ma si ottiene solo con un lungo giro 12 . [ I l ] . - L'espressione delle parole nella parte speculativa non differi­

sce dall'espressione delle parole nella parte operativa. Infatti, quan­ do dici che «la luce non è propria della forma del calore», è lo stesso che se tu dici che «per produrre il calore non è necessario produrre anche la luce» 1 3 . IL RESTO È INCOMPIUTO. E neppure queste cose vengono dal nostro nume. Tu, o Padre , volto alle

opere che hanno fatte le tue mani , hai visto che erano tutte straordina­ riamente buone; ma l'uomo, voltosi alle opere che hanno fatte le sue mani, ha visto che era tutto vanità e vessazione dello spirito. Perciò se sudere­ mo nelle tue opere, facci partecipi della tua grazia e del tuo sabato. Noi Ti chiediamo supplici che questo sia il nostro proposito, e che per mano nostra il genere umano venga dotato dei tuoi nuovi benefici. Noi racco­ mandiamo tutto ciò al tuo eterno amore, per Gesù nostro, Cristo tuo, Dio con noi 14 .

Bacone

PENSIERI E CONCLU SIONI SU LLA INTERPRETAZIONE DELLA NATU RA o

SULLA SCIE NZA OPERATIVA*

[16 07 -9]

* Cogitata et Visa de lnterpretatione Naturae, sive De Scientia Operativa .

GRUTER: Francisci Baconis de Verulamio, Cogitata et \lisa de ln­ terpretatione Naturae, sive de lnventione Rerum et Operum.

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Bacone l testi - Uomo e natura - Pensieri e conclusioni

[ 1 .] Questo ha pensato Francesco B acone: la scienza che trovasi attualmen­ te in possesso del genere umano non

è in grado di produrre opere gran­

di e solide. I medici dichiarano incurabili molte malattie1 e sbagliano o non riescono molto spesso nella cura delle altre , senza riuscire a guarir­ le; gli Alchimisti invecchiano e muoiono abbracciando le loro speranze; le opere della magia sono instabili2 e non dànno frutto; le arti meccani­ che non cercano molta illuminazione dalla filosofia, ma mettono insie­ me a poco a poco il tessuto dell'esperienza, con lentezza e umiltà; il caso, fonte di utili scoperte senza dubbio, ha però tal natura che sparge i suoi doni fra gli uomini solo con lunghe ambagi e dopo molti avvolgimenti. Da tutto ciò concluse che le scoperte , delle quali ci serviamo, sono assai imperfette ed incomplete; che nuove scoperte, dato lo stato delle scien­ ze, potranno in verità essere attese per secoli; e che gli stessi risultati fino­ ra raggiunti dali' operosità umana non si possono in alcun modo attribui­ re alla illuminazione della filosofia.

[2.] Anche questo ha pensato: in siffatta scarsezza di sostanze, una cosa soprattutto deve essere deplorata ognora, perché di triste presentimento per il futuro: che gli uomini , contro il loro stesso i nteresse, cerchino di sottrarre la loro ignoranza all' ignominia che la ricopre, per compiacer­ si della loro stessa povertà. Il medico, infatti , oltre a tutte le cautele proprie della sua pratica3 (con le quali contribuisce non poco a difendere la reputazione della sua stes­ sa arte), invoca ancora questa cautela generale, e propria di ogni arte : le conseguenze della sua incapacità le fa cadere sulla natura, e la calunnia presupponendo che sia impossibile ottener dalla natura per mezzo del­ l ' arte quello che la sua arte non riesca a dare . Né accadrà mai che un'ar­ te sia condannata, finché

è lei stessa che giudica.

Anche la filosofi a , dalla quale questa medicina - che noi abbiamo pre­ sentato4 - è ricavata, ha e coltiva in sé certi postulati o convenzioni5 , che vogliono portare a questa conclusione, se ben si considerano: che nien­ te di arduo o di imperativo sulla natura si deve attendere ragionevolmen­ te dall'arte e dall' opera dell 'uomo. Da questo pregiudizio viene I ' affer-

Bacone l testi - Uomo e natura - Pensieri e conclusioni

mazione che il calore del Sole e il calore del fuoco differiscono per genere, e quella che la composizione è opera dell'uomo, la mescolanza opera della natura soltanto6, e simili; tutte affermazioni che, se ben si con­ siderano, tendono soltanto a circoscrivere con malizia il potere dell 'uo­ mo, ed a produrre una disperazione voluta e artificiosa, che induce gli uomini a rifiutare, non solo la speranza del futuro, ma anche le possibi­ lità7 della esperienza, e recide gli stimoli e i nervi di tutta l 'operosità. Di questo solo sono solleciti i filosofi, che l'arte sia ritenuta perfetta, e si fanno vanto così di una gloria quanto mai vana e inutile, cioè che tutto ciò che non sia stato ancora scoperto, si ritenga impossibile a scoprire per l'av­ venire. Invece l' Alchimista, per scolparne la sua arte, incolpa se stesso degli erro­ ri; accusandosi di non aver inteso abbastanza i vocaboli dell'arte o degli autori, e perciò va dietro ai bisbigli delle tradizioni e dei discorsi solo pro­ nunciati8 ; o di aver lasciato qualcosa di vacillante nelle misurazioni9 , nelle comparazioni e nei momenti della pratica, e perciò ripete ali' infinito gli esperimenti per rintracciare migliori occasioni, come egli crede . Se poi, in mezzo alle complicazioni caotiche degli esperimenti, l'Alchimista s'im­ batte in qualche scoperta che abbia o un aspetto nuovo o una non disprez­ zabile utilità, si contenta di questi risultati , e li ostenta celebrandoli come cose più grandi , e lascia il resto affidato alla speranza. Il mago, che vede accadere molte cose al di sopra dell'ordine naturale (e certamente sono tali rispetto alla sua comprensione) , quando ha veduto una volta forzata la natura, sbriglia le ali alla fantasia, e a stento pone dei limiti alle sue pretese, perché si ripromette di compiere le imprese più spet­ tacolose 10 , senza accorgersi che sono soggetti di un genere certo e quasi definito quelli sui quali la magia e la superstizione hanno avuto potere e giuoco in tutti gli Stati e in tutti i tempi. Il meccanico poi, quando riesce a raffinare opere già inventate o ad omarle con più eleganza, o a congiungere cose che ha veduto separata­ mente per presentarle unite, o a collegare le cose con il loro uso con mag­ giore semplicità e successo, oppure quando gli riesce di presentare un'opera con maggiore ed anche con minor mole di quella che di solito occorre; si colloca allora senz'altro tra gli scopritori. Da tutto ciò ben gli risultava che gli uomini hanno a noia la scoperta delle

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cose come un tentativo vano I I ; oppure ritengono che vi siano anche sco­ perte nobil i, ma che siano coltivate da pochi con assoluto silenzio e con gelosa cura; oppure si abbassano fino al punto di stimare le minori atti­ vità dell ' industria, che sono le appendici delle scoperte, come nuove sco­ perte; le quali cose tutte convergono ad un fine, quello di stornare l ' ani­ mo degli uomini dal giusto e costante lavoro e dalle nobili fatiche delle scoperte, le sole veramente degne del genere umano.

[3 .] Anche questo ha pensato: chiunque si metta sotto gli occhi la varietà e l' immenso apparato di opere che le arti meccaniche hanno apprestato per l ' umana civiltà, si sentirà spinto a parlare più di dovizia che di penuria del nostro patrimonio; senza accorgersi , però, che i primi risultati dell'os­ servazione e le prime operazioni della natura, che sono quasi l ' anima e il movimento propulsore di tutta quella varietà di prodotti, non sono molti né ben fondati; il resto è solo opera della pazienza dell 'uomo, ed è stato messo insieme dai movimenti ordinati della mano e degli strumenti. Sotto questo aspetto, anzi, l ' officina singolarmente concorda con la biblioteca, che ostenta anch'essa tanta varietà di libri , i quali poi , vedu­ ti negli scritti che portano, non presentano altro che infinite ripetizioni di una stessa cosa, dove solo lo svolgimento l2 è nuovo, ma la sostanza

è costituita di scoperte già note. Di qui la conclusione: che l ' illusione della ricchezza è una delle cause della povertà, e che mentre a prima vista le opere e le dottrine sembra­ no numerose, ad un esame si riducono a poche.

[4.] Anche questo ha pensato: le dottrine che possediamo ci vengono presen­ tate con una particolare ambizione, e affettazione, che le rende deforma­ te e quasi mascherate, quella di far apparire le singole discipline in ogni loro parte già perfette e condotte a compimento. Ci sono pòrte, infatti , in una esposizione così vasta e con tutte le partizioni della materia dispo­ ste in modo che sembra addirittura che la trattazione debba contenere ed esaurire tutto ciò che può cadere in un soggetto . E, per quanto quelle mem­ bra siano mal riempite e prive assolutamente del vivido succo del reale,

Bacone I testi - Uomo e natura - Pensieri e conclusioni

fanno bella mostra, tuttavia, di una forma e di una distribuzione sistema­ tica del tutto. E si arriva a tal punto da ritenere pochi luoghi di autori , e neppur scelti con il migliore dei criteri , valevoli in luogo delle intere e proprie arti . I primi e più antichi ricercatori del vero, con maggiore sincerità e suc­ cesso, solevano racchiudere quel sapere, che essi ricavavano dalla osser­ vazione delle cose e che volevano utilizzare 1 3 , forse in aforismi , cioè in brevi sentenze, varie e non riunite con metodo sistematico; indicando in

tal modo ad un tempo le scoperte fatte con immagini disadorne, e con lacu­ ne il vuoto di ciò che manifestamente era ancor da scoprire; così facen­ do s'ingannavano meno e stimolavano l' ingegno ed il pensiero umano a giudicare e, al tempo stesso , alla ricerca ulteriore. Ora, invece, le scienze son presentate con tali mezzi che vogliono usurpare la buona fede, non già stimolare il giudizio, e con pessima autorità vogliono impedire i lieti tentativi di nuove scoperte. Cosicché ogni successione e passag­ gio nelle discipline scientifiche si personifica nelle figure del maestro e dello scolaro, non in quelle dello scopritore e di colui che accresce le sco­ perte fatte; e di necessità accade che le scienze restano avvinte alle trac­ ce da loro stesse lasciate, senza mai scostarsene; situazione questa che si protrae già da molti secoli, tanto che ancor oggi noi siamo fermi alle affermazioni del passato, lasciando i problemi senza soluzione, e conti­ nuando a vegetare sempre nel medesimo stato. Da tutto ciò ha concluso che le colonne del non poter passare oltre sono più che mai fisse14, né c'è da meravigliarsi che non si faccia ciò che nes­ suno ha la volontà o la speranza di fare.

[5 .] Anche questo ha pensato: la disperazione di riuscire e la credenza di aver già trovato tutto per la maggior parte dei discepoli delle varie scienze sono ragioni già troppo elevate per poterle addurre come causa dello scarso progresso del sapere. La gran massa si propone ben altri scopi. Il sapere è desiderato , invero, o per cultura e per diletto, o per fame inse­ gnamento e trame guadagno, o anche per ornamento e decoro della pro­ pria reputazione. Ed è evidente che chi propone tali fini alla scienza, è ben lontano dal desiderare che l' insieme delle dottrine subisca un vero

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37 4

Bacone l testi - Uomo e natura

-

Pensieri e conclusioni

progresso, dal momento che al suo stesso sapere non chiede più di quan­ to può essere utilizzato e adibito a uno scopo prefisso. E se fra tanti c'è ancora chi cerca la scienza con sincero desiderio e per quel che essa vale, si potrà giurare che costui è attratto più dalla varietà che dalla verità delle cose. E se poi è un ricercatore più severo della verità, questa per lui con­ sisterà nel chiarire maggiormente ciò che è già venuto alla luce, non nel ricercare ciò che produce nuova luce. Supposto infme che lo studio di qual­ cuno si approfondisca tanto da spingersi a cercar nuova luce, s'intende che egli preferirà quella luce che si ostenta da lontano con osservazioni spettacolose, non quella che da vicino indica scoperte nobili e opere. Si torna dunque alla stessa conclusione: non c'è meraviglia che non si tennini la corsa, giacché gli uomini si sviano in tali sciocchezze15; tanto più che la mèta stessa non è stata ben predisposta da nessuno - che egli sappia -, mèta che consiste nel dotare il genere umano di nuove opere e di crescente potere.

[6.] Anche questo ha pensato: in questa situazione disastrosa per il progres­ so delle scienze in generale, la sorte della filosofia naturale è la più infelice di tutte; tanto che si può dire la scienza che ha suscitato il mino­ re interesse nell'ingegno umano, trascurata com'è con tanta facilità o col­ tivata con scarsa assiduità. Dacché, infatti, la fede cristiana fu accolta universalmente e si diffuse per il mondo, la maggior parte degli ingegni umani si rivolse alla teologia, e ad essa furono riservati gli studi migliori, i premi più ricchi e una infi­ nità di aiuti d'ogni genere . Anzi , anche nei secoli antichi , I' attenzione dei filosofi si esauriva tutta nella filosofia morale, che presso i pagani 16 tene­ va il posto della teologia; ed in ogni tempo i sommi ingegni si applica­ rono numerosi ai pubblici affari , specialmente durante la grandezza di Roma, che per l'ampiezza del suo impero richiedeva I' opera di molti ammini stratori . E nemmeno quel periodo in cui presso i Greci la filosofia naturale parve maggiormente fiorire, fu di lunga durata, perché sùbito dopo si corrup­ pe per le contraddizioni delle scuole, e l'ambizione di opinioni nuove la rese

inutile. Da quel tempo in poi, non vi è più nessuno che coltivi la filo-

Bacone 3 7 5 I testi - Uomo e natura - Pensieri e conclusioni

sofia naturale ex professo e si travagli nelle sue ricerche, sì che questa scienza non ha interessato da allora più alcun uomo interamente libero da altre occupazioni; se non forse qualche monaco che si dava alle sue elucubrazioni nel chiuso della sua cella o qualche nobile entro la sua villa. assai raramente in ogni modo . Così , abbassata all'ufficio di servire da bat­ tistrada alle une e da ponte di passaggio alle altre discipline, questa gran madre delle scienze vien degradata indegnamente al posto di ancella, e se ne è fatta un' introduzione alla medicina o alla matematica, costringen­ dola a dare una prima infarinatura alle

menti

impreparate dei giovanet­

ti, perché essi si applichino poi con maggior facilità e comodità ad altra disciplina. Da ciò ne concluse che la filosofia naturale giace priva di chi se ne occupi, perché troppo pochi di numero, frettolosi o ancora inesper­ ti sono i suoi cultori . E gli apparve sùbito che questo stato ha ripercus­ sioni sulla situazione di tutte le discipline, perché tutte le arti e le scien­ ze, staccate dalla loro comune radice, potranno tutt'al più abbellirsi o adattarsi ad usi pratici , ma non mai progredire.

[7 .] Anche questo ha pensato: un avversario molesto e in ogni caso difficile della filosofia naturale è la superstizione e lo zelo religioso cieco e

smo­

dato . Noi vediamo, infatti , che presso i Greci coloro che per primi rese­ ro note le cause naturali del ful mine e dei temporali agli uomini che ne erano ancora del tutto ignari , furono a tal titolo condannati sotto accusa di empietà; né migliore accoglienza, poiché incorsero nella stessa con­ danna capitale, se non nella persona, almeno nella fama, ebbero

i cosmo­

grafi. che con argomenti così evidenti , che nessun uomo assennato al gior­ no d'oggi oserebbe contraddire, sostennero la rotondità della Tena. asserendo come conseguenza l'esistenza degli antipodi. E loro

accusa­

tori furono alcuni padri della fede cristiana 17. Anzi , allo stato attuale delle cose , la situazione della scienza naturale è divenuta più difficile a causa della temerarietà dei teologi scolastici e dei loro seguaci, i quali , per ordinare la teologia (ed era abbastanza per il potere) , l' hanno ridotta alla struttura di un'arte, e

loro

hanno osato per di più

mescolare la filosofia di Aristotele, contenziosa e confusionaria, a1

corpo

della religione . Si consideri anche, al riguardo. che nei tempi attuali

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Bacone l testi - Uomo e natura - Pensieri e conclusioni

non si trova un'opinione 18 che spira con maggior favore di quella che cele­ bra, con molta pompa e solennità, le nozze della teologia e della filoso­ fia, cioè della fede e del senso, come se fossero legittime, e mescola intan­ to senza buoni auspici il divino e l ' umano, solleticando l ' animo con lo spettacolo della varietà infinita delle cose. In realtà, basta considerare bene addentro la cosa, per scorgere che da questo iniquo e fallace connubio provengono altrettanti pericoli per la filosofia naturale quanti dalle aper­ te ostilità. Infatti per tal patto o connubio sono comprese solo quelle dot­ trine che sono accolte nella filosofia: le novità, le aggiunte , i migliora­ menti restano esclusi con maggior severità e pervicacia. Infine, verso il progresso, e l' allargamento dei confini e delle regioni della filosofia, si levano da parte della religione sospetti vergognosi e traboc­ ca un fastidio prepotente. Alcuni , con la massima buona fede, temono che una più approfondita ricerca naturale vada al di là del termine dato e con­ cesso alla sua sobrietà; costoro riferiscono , torcendone falsamente il senso, ciò che si dice dei misteri divini, che molti di essi sono chiusi dal divino suggello, ai misteri della natura, che non sono affatto interdett i. Altri più scaltramente ritengono che, se s' ignorano le cause intermedie, si possono riferire più facilmente i singoli eventi alla mano ed alla bac­ chetta magica di Dio, cosa che reputano interessi sommamente alla reli­ gione; e vogliono far cosa grata a Dio con la menzogna 1 9 . Altri temono che, per analogia, i progressi ed i mutamenti della filosofia finiscano per abbattersi sulla religione; altri infine sembrano desiderosi di evitare che nella investigazione sulla natura si trovi qualche fatto capace di rovescia­ re la religione. Questi due ultimi timori sanno di una certa incredulità e di una sapienza da bestie; l 'ultimo senza empietà non può essere neppu­ re immaginato e sospettato. Per tutto ciò giustamente pensava che in siffatte opinioni c ' è molta debolezza, invidia e fermento d ' i ncredulità. Infatti la filosofia naturale, dopo la parola di Dio, è il rimedio più salutare contro la superstizione, e alimento nutrientissimo per la fede; giustamente, quindi è stata attri­ buita come ancella fedelissima e bene accetta alla religione, poiché l 'una rende manifesta la volontà di Dio, e l'altra la sua potenza, e non ha certo errato chi ha detto: > sono le abitudini agli aspri conflitti dottrinali pro­ pri del tempo. Lo Spedding scorge nelle parole di B. una profezia delle guerre civi-

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li che dovevano abbattersi sull 'Inghilterra, e il suo giudizio è accolto anche da J. M . ROBERTSON nella sua introduzione al volume unico The Philosophical Works of Fr. B. (London, 1905). 5 lpse vero alieno periculo ista molior; espressione molto succinta e quasi da epitome, il cui significato è chiarito dal contesto. Errate le interpretazioni di altri traduttori . IL PARTO MASCOLINO DEL TEMPO l Questo 'figlio' non è una persona reale, neanche un discepolo. La «methodus ad filios>> è quella che, avendo presente il progresso continuo del sapere, trasmet­ te le sue opere ancora incompiute alle generazioni dei posteri. B . riponeva que­ sto metodo fra i desiderata, come si ricava da DAS VI, 2, qui Il, p. 30 1 . 2 II vero interprete (DINS [9], qui l , p. 360). 3 rerum vero ineptiis docendi importunitatem ve/ iure deberi. 4 quod enim veritati silentium, si isti brutis suis et inarticulatis rationibus

obstrepant? 5 citetur, il verbo è proprio del linguaggio forense, judicia/e verbum [CALEPI­ NO]. 6 Per ben capire il senso di questa accusa, si leggano gli aforismi 54 e 63 del Libro I del NO . 7 mundana perambulatio, espressione tipica in B., che soleva paragonare il pro­ gresso scientifico a una continua esplorazione geografica. 8 Il pensiero di B. corre sùbito agli Scolastici, i cui trattati pseudoscientifici sono responsabili della cattiva fama del filosofo nel Rinascimento. Nel testo i praecep­ ta sono distinti dalle positiones come, le regole dai loro presupposti affermativi (contr.: privationes). 9 Per quest'altro rilievo si legga I'Af. 98 del Libro I del NO. I O Girolamo Cardano ( 1 50 1 - 1 567), celebre medico, fisico, matematico di Pavia, autore del De rerum varietate ( 1557), vera miniera di notizie sulla scienza del tempo, miste a curiose affermazioni di magia naturale, incantamenti e superstizioni, mescolanza di osservazioni geniali e fantastiche. È criticato anche in CV, [ 1 3], qui p. 369 ma è risparmiato nel NO. I l Pierre de la Ramée ( 1 5 1 5 - 1 572}, lettore alla Sorbona e professore al Colle­ gio di Francia. La sua avversione ad Aristotele gli procurò molti nemici e forti pole­ miche; divenuto calvinista, perl nella strage della notte di S. Bartolomeo. Fu autore di un nuovo metodo, che B. discute alquanto neii'ADV. (cfr. l'Appendice al DAS). Su di lui si possono vedere le due recenti monografie di R. HOOYKA­ AS e di W. J. ONG con ampia bibliografia (entrambe del 1 958). !2 scientiam dissimulando simulares, allusione al metodo socratico dell' igno-

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ranza consapevole; che B. interpretava come un espediente per far credere che si sapesse anche ciò che invece si ignorava. Questo capovolgimento del significa­ to è evidente in DAS V, 2, dove l'espressione vien riferita a Socrate, il quale «Scien­ tiam dissimulando simulavi t, renunciando scilicet iis quae manifesto sciebal ut eo modo ea etiam quae nesciebat scire putaretur» . 13 causator è chiamato chi fa da difensore in una causa. 14 Cfr. per queste critiche i luoghi analoghi in CV [2), qui p. 86, e NO I, 75, qui p. 292. L'opera incriminata è il De naturalibusfacultatibus (ed. Kuhn, vol. II, p. 82). 1 5 Galeno per la sua autorità di sommo medico e di filosofo peripatetico godet­ te di grande fama presso gli Arabi e le sue opere furono testi fondamentali nella cultura di quel gruppo di medici, astronomi e dotti cristiani, siriaci, caldaici, che troviamo alla corte dei Califfi. Uno di questi , il nestoriano Hunain ibn Ishàq, nato a Hira fra 1'809 e 1'8 10 e morto a Bagdad nell'877 (il Johannitius dei latini), tra­ dusse in arabo le opere di Galeno e di Ippocrate. 16 Jean François Femel, medico e matematico, nato a Clermont nel 1497 o a Mont Didier nel 1485, morto a Parigi il 26 aprile 1558, ebbe il titolo di Galeno moder­ no. Tra le sue opere ricordo: Monalosplwerium (Parisiis, 1 526), Comwtheoria (Pari­ siis, 1 554). A lui si deve una delle prime descrizioni del «morbo gallico» ( 1 534). 17 causationibus, propriamente: scuse, pretesti.

18 Arnaldo da Villanova, catalano, nato nei pressi di Valencia verso il 1 238, morto nel I 3 I I . Ebbe fama di grande medico e alchimista. Studiò a Napoli in un con­ vento domenicano, con Giovanni Calamida, e scrisse opere assai celebrate in quel tempo: Rosarius philosophorum, Capitula astrologiae, De improbation.e malefi­ ciorum; per avere annunziato prossima la venuta dell'Anticristo, fu sottoposto a un processo presso il Santo Uffizio e tenuto in carcere: riacquistò la fiducia di Boni­ facio Vlll che aveva curato e venne poi riabilitato da Clemente V. Scrisse anche un commentario al Regimen sanitatis scholae salernitanae. 19 Forse anche Rogero Bacone, del quale però B. non aveva una cattiva opi­ nione. 20 Per Paracelso cfr. la nota 2 a DAS, ill , 4. 2 1 Il testo è corrotto e difficilmente intelligibile: Quae tu novis Bacchi oracula in meteoricisfundis, aemule Epicuri?

22 I principi alchemici erano tre: sale, zolfo e mercurio. 23 Pietro Soerensen ( 1 542- 1602), danese; la sua unica opera conosciuta è l'Idea medicinae philosophicae continens fondmnenta totius doctrinae paracelsicae, hip­ pocraticae et galenicae (L'Aia, 1660) a cui B. si riferisce. Cfr. la nota 2 all'AL

1 16 del Libro I del NO. 24 B. pensava che nella scienza della natura fosse la chiave della prolungazio.. ne della vita, che i ciarlatani andavano vanamente prospettando. Si veda, fra i desi­ derata il decimo del Libro IV del DAS.

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25 Cfr. CICERONE, Brutus si ve De claris oratoribus, I 96, dove è Io stes­ so esempio. 26 A maggior chiarimento del passo, cfr. CV [ 1 3] . § I 9, qui p. 400. 27 Rogero Bacone ( 1 2 1 4- 1 292), francescano inglese, filosofo e naturalista insi­

gne, per il suo spirito aperto alle indagini fisiche è annoverato fra i precursori di B., il quale conosceva e (come appare dal luogo presente) stimava le sue opere fisiche che erano state pubblicate da poco: De prolongatione vitae (Oxford , 1 590), Epistola de secretis operibus artis et naturae (Basilea, 1 593), Thesaurus chemicus (Francoforte, 1 603), Perspectiva (Francoforte, 1 6 1 4), Breve brevia­ rium de dono Dei, Verbum abbrevwtum de Leone Viridi, Secretum secretorum natu­ rae, Tractatus trium verborum, Alchimista major (editi nel 1 620) . Non si sa inve­ ce se lo conoscesse anche come filosofo, dato che le opere filosofiche non vennero pubblicate prima del sec. XVIII (benché egli possa averle lette manoscritte). 28 Isaac Hollandus, poco noto, considerato come uno dei precursori di Paracel­ so. Secondo il Suertius (Athenae belgicae), pubblicò un 'opera intitolata Abdita quae­ dam de opera animali et vegetabili. Altre sue opere sono nel vol. II del Theatrum chymicum: «Taluni credono che due individui, padre e figlio, abbiano portato lo stesso nome e che entrambi abbiano ridotto a una gran perfezione i lavori di smal­ to e di pietre preziose false. Si distinsero soprattutto nel descrivere i loro proces­ si con attenzione ed esattezza senza pari . Si dice che Paracelso abbia assai appro­ fittato dei loro lavori>>. Cosl SPRENGEL, Historia medicinae, Venezia, 1 8 1 3, t. VI, p. 1 23 . Su Hollandus cfr. «Révue philosophique>> , 1 927, pp. 379-391 . 29 Ippocrate, famosissimo medico dell'antichità. Una raccolta di suoi pensieri sono gli Aforismi. Vedili in Corpus medicorum graecorum. 30 Gli Aforismi sono brevi sentenze. 3 1 Cornelio Celso, medico romano, visse al tempo dell' imperatore Tiberio, scrisse una specie di trattato enciclopedico, diviso in 4 parti , intitolato Artes, di cui ci restano gli 8 libri De medicina, un trattato completo di medicina e chirur­ gia secondo le norme ippocratiche. 32 Cfr. CV [9]. qui p. 378. 33 Bernardino Telesio (1 509- 1 588), di Cosenza, celebre autore del De rerum natu­ ra iuxta propria principia, che B . tiene presente in quasi tutte le sue opere, ma esa­ mina a lungo solo nel De principiis et originibus, secundumfabulam Cupidinis et Coeli, un'opera rimasta incompiuta. 34 Terrae aurigas, sono i copernicani . 35 Gli «idola scenae» diverranno gli idola theatri» del NO. 3 6 Cfr. CICERONE, De nat. deor, I, 8, § 1 8 che caratterizza l' Epicureo Velle­ io come un dogmatico, sprezzante di tutte le opinioni altrui. 37 Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim ( 1 486- 1 535 ?) autore di un sistema in cui entrano in ibrida mescolanza motivi cristiani, neoplatonici e cabalistici con

Bacone l testi

-

Uomo e natura

De occulta philosophia ( 1 5 1 0) , cui qui B.

il

sua opera, intitolata De incenitudine et

intende riferirsi criticamente. L'altra

vanitate omnium scientiarum et artium liber,

lectu piane jucundus et elegans ( 1 527),

presenta un disegno di revisione critica

di tutte le scienze e le arti del tempo , che può avere influito sul piano e sull'idea dell'Ad v. Nel Cap. I di quest 'opera, che tratta «delle scienze in generale" si nota il seguente pensiero: «Ma io ... ritengo che non possa esserci niente di più perni­ cioso, di più pestilenziale per la vita e l ' anima degli uomini, quanto le stesse arti e scienze. E perciò ritengo che si debba seguire l'ordine inverso a quello inval­ so, e, invece di esaltare le scienze con tanti elogi, prendere a vituperarle in gran parte, non essendovene alcuna che manchi di un giusto rimprovero... » . A parte le conseguenze fideistiche che l' Autore vuoi dedurne, asserzioni come queste non potevano suonar male alle orecchie di un critico del sapere del tempo come

3 8 La propensione d i B.

B.

per Democrito e l ' atomismo deriva dal fano che tale

sistema esclude le cause finali e lascia la natura nella sua indeterminata moltepli­ cità o infinità di avvenimenti. Cfr. DAS III, 4.

39 secularitatibus deditissimorum; le secularitates (sic) sono le opinioni del tempo. 40 Citato da PLUTARCO, Vita di Alessandro, 65 e da STRABONE, XV, 1 5 col nome di Mand.ani ; cfr. DAS IX, l . Né l' uno né l'altro testo, però , riportano la paro­ la 'Antiphysis'. [antinatura] .

41 Longe alia est ratio (jili) veritatis quae ex scientiae analogia, alia quae ex idoli sectione enuntiatur. Il

termine sectio è qui usato ad indicare la divisio­

ne del l ' indivisibile: la verità è una e non si può dividere. Detto termine nel dirit­ to romano significava, infatti , l ' atto di divisione della proprietà dei cittadini pro­ scritt i, effettuato allo scopo di rivenderla poi a lotti e ricavarne in tal modo più che dalla stessa indivisa. «Bona condemnatorum semel h. e. aversione ernebant; ac postea pro compendio suo singulas quasque res pecunia populo venditabant, hoc erat sectione vendere, quasi res secando et dividendo, al minuto» [FOR­ CELLINI ] .

42 quae sub eundem meridianum cadunt. 43 idola hospitii. 44 idolis viae.

SCALA DELL'INTELLETTO

1 Cfr. ARISTOTELE, Anal. post., l, 2 all'inizio, 71 B . 2 ad notissima naturae. 3 absque exacta universae naturae comprehensione. Il

termine comprelu>nsio.

usato anche in CV. [ 1 8] per «concetto», è qui accompagnato dall' aggettivo exac­

ta ad indicare una conoscenza integrale, completa, di tutti re

i fenomeni nablrali. Occor­

avvertire che lo stesso termine, con lo stesso significato estensivo, era stalo usa10

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Uomo e natura

dal medico portoghese Francesco Sanches ( 1 550 ?- 1 632); del suo celebre libro De multum nobili et prima universali scientia quod nihil scitur (Lione, 1 5 8 1 ) B. sem­

bra qui ricalcare la linea argomentativa principale, nascente dalla definizione (più sotto ripetuta) che scientia est rei perfetta cognitio. 4 Cioè gli Scettici antichi. 5 citra istam quam intelligere videntur ipsissimam veritatem; cioè la verità assoluta come condizione di ogni scienza particolare. B. pensava che non fosse necessario salire tanto in alto. 6 Pronuntiandi enim conjidentiam fortasse unus aut alter ex antiquis usur­ pavit; neque tamen invaluit ea ipsa, nisi haud ita pridem barbaris saeculis; cfr.

NO I , 77. 7 Questa ripartizione del piano dell' I .M . in libri , anziché in parti, costituisce il disegno primitivo della DO, come è indicato anche nelle Partis secundae instau­ rationis delineatio et argumentum ( 1 607). 8 ESIODO, Opera et dies, 287. 9 qui jam inde a prima inquisitione immobilia quaedam in scientiis principia prensabit.

I O ad omnes practicas. II

Cfr. la favola di Prometeo nel DSV, qui p. 453. 12 Sentenza forse corrotta: per il significato di essa cfr. NO

l,

1 30.

PRODROMI l Risposta di Solone, riferita da PLUTARCO, Vita di Solone, 15; cfr. DAS I, [ 13]. 2 fontes rerum et utilitatum . 3 vera historiae naturalis et ejus calculos. 4 etsi machinas non admoverit, nec interpretandiformam secutusfuerit. 5 spargere non methodo devincire; cfr. NO I, 86.

XII SENTENZE SULLA INTERPRETAZIONE DELLA NATURA 1 ipse interim naturae legibus obsessus, che è un 'altra forma del celebre: . Per la prima parte di questo aforisma, cfr. NO I , l , da cui differisce solo per il tempo del verbo osservare. 2 illa instrumenta, cioè le doti di cui l'uomo è fornito. 3 res importuna, cioè senza porto, infinita. 4 magis declinans quam difficile, dove declinans sta per devia, fuori strada; cfr. CV [ 1 7], qui p. 394: > (NO I, 60). 24 ex obviis [le cose che s'incontrano per via] . 25 Come se fosse una lettera da sigillare. Curioso esempio, questa undicesima sentenza, di aforisma dialogato e procedente per obiezioni e risposte, unico esem­ pio della methodus adfilios in questo senso (cfr. anche l'ultima parte del TPM). 26 Deus autem sibi [tibi nell'originale] tantum est absque tropo. AFORISMI E CONSIGLI SUGLI AIUTI DELLA MENTE E SULL' ACCENSIO­ NE DEL LUME NATURALE 1 Cfr. DO [VI], qui p. 497, dove ricorre la stessa variante: opere, anziché re. O!e fa pensare che la Distribuzione dell 'opera sia stata scritta prima del NO e poco dopo la presente raccolta di aforismi.

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2 Cfr. NO l, 2. 3 Cfr. ivi . 4 Quasi alla lettera in NO II, l , qui p. 343, e NO I, 3, qui p. 257. 5 Quasi identico in NO Il, 3, che corrisponde anche ai quattro successivi Aforismi. 6 materiatam, insita nella materia. 7 causaejluxae; cfr. DFRM. 8 materiatas, anche qui. 9 altiusjixos, contrapposti ajluxae. I O Cfr. NO MI, 4, dove l'asserzione è attenuata. I l Cfr. NO MM, 3 . 1 2 Cfr. NO MI, 16. 1 3 lumen, propriamente ciò che dà splendore; cfr. NO II, 18. 1 4 Per questa preghiera cfr. la fine della DO (ciò che conferma la supposizione della quasi contemporaneità dei due scritti). PENSIERI E CONCLUSIONI SULLA INTERPRETAZIONE DELLA NATURA l Il pensiero di B., parlando dei medici , corre a Galeno; cfr. TPM, 2, qui p. 340. 2 jluxa . 3 GRUTER: . 4 FL: «wich now is in use>>; quatti in manibus habemus, ha il testo. 5 posita aut placita; cfr. DAS IX, l. 6 Cfr. GALENO, De naturalibusfacultatibus, Vol . Il, p. 82, ed. Kiihn; cfr. NO I, 75. 7 aleas . 8 Cioè non discorsi scritti , come quelli trasmessi dalla tradizione. 9 in scrupulis, da 'scrupulum' o 'scripulum' , una misura equivalente alla ven­ tiquattresima parte di un'oncia [CALEPINO] . I O maximarum rerum sibi adeptionem spondet. I l GRUTER: «gli uomini hanno a noia la scoperta di nuove cose ed arti, come un tentativo vano e dubbioso>> . 1 2 GRUTER: «i modi di trattare e la particolare disposizione>> . 1 3 Cfr. note all' Af. 86 del Li b. I del NO. 1 4 GRUTER: «e quasi fatali>>. Le columnae non ultra progrediendi sono quel­ le raffigurate nel quadro che precede l'I.M. (cfr. in Works). l 5 Nel FL c'è un breve richiamo al pomo di Atalanta (cfr. la Favola omonima) che svia dalla corsa, che qui è stato soppresso; ma il ricordo di esso è presente in queste ultime parole. 1 6 GRUTER: «in gran parte>> .

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1 7 Cfr. LATIANZIO, Divinarum institutionum libri, IU, 24 e FROMONDUS (LIBERT FROIDMONT (0 FROIMONT) teologo belga, 1 587- 1 653), Anti-Ari­ starchus, sive De orbe terrae immobili, adversus Philippum Lansbergium

(Anversa, 1 63 1 ) , opera di polemica an ti-copernicana, che difende (tra l 'altro) la condotta di S. Bonifacio, vescovo di Magonza nel 74 1 verso Virgilio vesco­ vo di Salisburgo, il quale sosteneva, tra le altre proposizioni di dubbia ortodos­ sia, l'esistenza degli antipodi. Vedi anche T. CAMPANELLA , Theologicorum libri, l, Pref. Ma la fonte di B. è certamente Keplero, che nell'Introduzione alla sua Astronomia nova, distinguendo la filosofia naturale dalla teologia, cita Lat­ tanzio per la negazione della rotondità della Terra e Agostino (De civitate Dei, XVI, 9) per la negazione degli antipodi. Il passo è istruttivo: «Ad placi­ ta vero sanctorum de his naturalibus, uno verbo respondeo. In Theologia qui­ dem autoritatum , in Philosophia vero rationum esse momenta ponderanda. Sanctus igitur Lactantius, qui terram negavi t esse rotundam; sanctus Augusti­ nus qui , rotunditate concessa, negavit tamen Antipodas; sanctum Officium hodiernorum, qui exilitate terrae concessa, negant tamen eius motum; at magis sancta veritas, qui terram et rotundam et antipodi bus circumhabitatam, et con­ temptissime parvitatis esse, et denique per sidera ferri , salvo Doctorum Eccle­ siae respectu, ex Philosophia demonstro>> (J. KEPLERUS, Astronomia nova, seu Physica coelestis tradita commentariis de motibus stellae Martis, plu­ rium annorum pertinaci studio elaborata, Pragae. MDCIX, lntroductio, p. 6 (non

numerata). 18 GRUTER: «e una discussione>> . 19 Cfr. DAS I, [3] , dove è citato Giobbe, 1 3 , 7. 20 MATTEO, 22, 29. 2 l Qui, come in passi analoghi, il linguaggio di B. è misurato e preciso: la volon­ tà

divina non può essere discussa, ma deve essere ubbidita; di essa noi abbiamo perciò non meditationes, ma solo informationes. 22 Allusione alle opinioni di Roberto Fludd e di altri teosofi del tempo. 23 Cfr. DAS VIII, 2, Parabola XXX , dove è citato Tacito, che è invece LMO,

Ab urbe cond., 35, 32.

24 GRUTER: . 25 pravae verborum signaturae. 26 inter internas causas errorum . 27 M a ali' esistenza storica di re Artù B. credeva: cfr. l a Storia di re Enrico VII. 28 Ad una valutazione realistica del mito ci riconduce il DSV. 29 et in materia terminatis

30 Nel FL cita esplicitamente Platone e la reminiscenza per l'innatismo, e Ari­ stotele come colui che corresse l'errore in teoria, attribuendo al senso ciò che gli è dovuto, ma vi ricadde in pratica ancor più di Platone, al quale dà almeno il vanto

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Bacone l testi - Uomo e natura di aver fano ricerche nel particolare e per mezzo dell'induzione. Cfr. anche il TPM, 2, qui p. 340. 31 mundana perambulatione. 32 GRUTER: «razionale>> . 33 ARISTOTELE, Met., Lib. I soprattutto. 34 CICERONE,Acad. quaest. e De nat. deor. GRUTER: . 35 Pseudo-PLUTARCO, De placitis philosophorum, in Opera moralia. 36 DIOGENE LAERZIO, Vitae philosophorum antiquorum. 37 LUCREZIO, De rerum natura . 38 quadam in orbem demonstrationem . 39 B. pensa qui, senza dubbio, al neopitagorismo mistico e platonizzante, che gli si presenta come la matrice del manicheismo religioso e della filosofia araba di Avicebron. 40 Ecco l'origine degli idola theatri. 41 Copernicani e anti-copernicani, fra i quali, in quanto alle teorie, B. non vede alcuna differenza sostanziale. Le teorie dell'eccentricità e degli epicicli sono anteriori alla sistemazione tolemaica, nella quale confluirono. Secondo la testi­ monianza di Sirnplicio (In Aristotelis libros de Coelo commentaria, II, 1 2 , ed. Kar­ sten, p. 227, col. a; ed. Heiberg, p. 507) furono alcuni tardi Pitagorici a far muo­ vere il Sole su di un cerchio eccentrico alla Terra e ad inventare l'ipotesi degli epicicli , che doveva servire a spiegare le variazioni del moto solare all'apogeo e al perigeo. Poiché non si pensava che in cielo potesse esservi altro genere di movi­ mento oltre quello circolare e uniforme, bisognava accordare con tale supposizio­ ne i dati dell'osservazione astronomica. Le variazioni nel movimento erano giu­ dicate conseguenze della diversa posizione in cui veniva a trovarsi l'osservatore, ora più lontana, ora più vicina all'astro osservato. Venne perciò abbandonato il siste­ ma delle sfere omocentriche e fu introdotta l 'eccentricità del movimento e con essa l' ipotesi dei cerchi epicicli. Cfr. l'ampia discussione che ne fa P. DUHEM , Le systè­ me du monde, Paris, 1 9 1 3 , vol. I, pp. 427-496. 42 Di Bernardino Telesio ( 1 508- 1 588), cosentino, autore del De rerum natura iuxta propria principia, B . è disposto ad approvare la scelta dell'argomento da trat­ tare, i fenomeni naturali, più che il modo con cui è stato trattato, che gli pare ancor troppo aprioristico e filosofico. La sua opera è plausibile più per le intenzioni che per il successo. 43 Di Gerolamo Fracastoro ( 1 478- 1 553), veronese, medico e poeta, B. conosce­ va e apprezzava le opere naturalistiche, come il De contagionibus et contagiosis morbis, et eorum curatione (Venezia, 1546), il De vini temperatura (Venezia, 1534), il De sympathia et antipathia rerum libri, e il Homocentricorum sive De stellis liber unus. Una ediz. di Opera omnia, comprendente anche i Dialoghifilosofici, venne stampata a Venezia nel 1 555.

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44 Gerolamo Cardano ( 1 50 1 - 1 576), medico, fisico e matematico di Pavia, divi­ de con Tartaglia il merito di aver trovato la formula di risoluzione delle equazio­ ni di terzo grado (contenuta neii Ars magTUl, Norimberga, 1 545), autore di nume­ '

rose opere naturalistiche: De subtilitate (Basilea, 1 547); De rerum varietate (Basilea, 1 557); De TUltura. Gli si riconosce comunemente il merito di avere usato, benché aristotelico, di una certa libertà nei giudizi e di non avere escluso l 'esperienza dalle sue ricerche. 45 William Gilbert, medico e naturalista inglese, autore del De magnete ( 1 600), cui frequentemente B. si riferisce nel NO Come dice nella S .V.M. (in Works, vol. Il, p . 1 36), la sua inclinazione per Senofane (o forse Senomane

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maniaco di novità) si manifesterebbe nel De mundo nostro subluTUlri philoso­ phia nova , pubblicato postumo nel 1 65 1 dal Gruter, ma che B. aveva certamen­ te letto nel manoscritto (faceva parte delle carte da lui affidate a William Boswell e da questi passate nelle mani dell'editore olandese lsacco Gruter). L'al­ lusione è solo un detto ironico . 46 Cfr. VIRGILIO, Ecl., V I , 75. 47 de placitorum rejectione; le teorie filosofiche sono placita, mere convenzioni logiche. 48 Ecco l'origine degli idola specus. 49 pau/o notiora.

50 l penetralia antiquitatis corrispondono alla «antiquitas primaeva>>, di cui parla nella prefazione al DSV qui p. 406. 51 PLATONE, Tim., 24 E - 25 D; SENECA, Medea, atto U, vv. 374-379. 52 GRUTER: «nobili». 53 l tre celebri elementi alchemici: sale, solfo e mercurio. 54 Nella Historia Sulphuris, Salis et Mercuris, di cui abbiamo solo I'Aditus. B. spiega che i quattro elementi per gli Alchimisti erano: terra, acqua, aria, etere; ma questi elementi non erano per loro materia, giacché la materia era costituita dalla triade dei princìpi. Di essa B. accetta il solfo e il mercurio, ma non il sale. Cfr. 55 Cioè, per l'atto del suo apparire (actu). 56 Anche qui placitis . 57 spectris, ha il testo, ed è l'unico punto in cui B. non si serve della parola 'idola' . ,

Ma credo che la differenza, già notata da Fowler, sia accidentale. 58 acatalessia, incomprensibililà delle cose (scetticismo) . 59 GRUTER: «testimonianze». 60 Filocrate di sé e di Demostene, in DEMOSTENE, Defalsa legalione, 46 .

6 1 Con la dialettica. Cfr. NO I, 1 23. 62 Per una maggiore esplicazione di questo passo cfr. DAS, 2. 63 Probabile allusione al carattere anapodittico dei princìpi delle scienze nella logica di Aristotele, donde la qui rilevata indeducibilità secondo gli schemi della dialettica (Top., I, l , 100 B, 1 8).

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64 scopae so/utae, metafora proverbial e per indicare cosa che val nulla; cfr. CICE­ RONE, Ad Att., VII , 1 3 . 65 La forza di coesione. 66 Anche qui ricorre l' idea sottintesa del pomo di Atalanta, che alletta e fa devia-

re dalla retta strada anche il più assiduo ricercatore. 67 GRUTER: «libera l ' anima umana dal suo cercare, e le apre una via>>. 68 L'uso della bussola divenne frequente solo al principio dell'età moderna. 69 Proverbi, 25, 2. 70 GRUTER: . 7 1 È la famosa frase hobbesiana, capovolta e usata in senso esaltativo. Le due frasi, derivanti da proverbi latini (in Plauto e Cecilio Stazio), si trovano con­ giunte in un verso degli Epigrammata ( 1 6 1 2) di J. Owen, poeta inglese. Al riguar­ do cfr. anche SPINOZA, Ethica , IV, Prop . XXXV, Scholium. Per B . e la sua netta preferenza per l'emistichio di Stazio: «Homo homini deus>>, cfr. DAS VI, 3 , Ant. XX. 72 Luogo comune del tempo (era divenuto perfino il motto di una casa editrice). Per l'origine della frase, cfr. A. GELLIO, Noctes att., XII, I l . 73 GRUTER: «e di pusillanimità>> . 74 praerogativa. 75 Cfr. per questo rapido accenno alla condizione politica del tempo il D.l., cioè il frammento autobiografico. 76 imaginationes et commentationesfugiant et fallant. 77 GRUTER: «e della natura>>; e sopprime le due parole susseguenti . 7 8 geminas, parola inserita nel Ms per mano di B . tra le righe; manca in Gruter. 79 DEMOSTENE, Philipp., I, 2 e III, 5; cfr. NO l, 94. 80 comprehensiones, come sempre qui; nel NO userà invece notiones e a.xio­ mata . 8 1 GRUTER: «e consentire questo solo all ' intelletto naturale. Ma insieme>> . 82 GRUTER: «delle arti e delle cose, e spiegare il resto discendendo ai concet­ ti mediani>> . 8 3 GRUTER: «È vero, infatti , che le vie della speculazione e dell'intelletto coin­ cidono quasi completamente con quel celebre bivio, tanto decantato dagli antichi

nella morale: l'una via infatti, piana e facile al suo ingresso, conduceva poi in luo­ ghi impraticabili; l 'altra via invece, ardua e incerta dapprima, conduceva poi nella pianura>> . Cfr. ESIODO, Opera et dies, 287; cfr. SI e Preamb. 84 GRUTER: «per evitare di pronunziare il giudizio sulla scorta di un minor nume­ ro di argomenti di quello che sarebbe giusto, ed in base alle cose comuni; caden­ do così nell'errore, che uno degli antichi ha denunciato, di cercare la scienza nei mondi individuali , non in quello comune>> ; cfr. ERACLITO,.frg., l ; la frase è più volte ricordata da B.

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85 GRUTER: «per evitare di star attaccati al già noto, o di abbracciare forse con più debole amplesso ombre e forme astratte» . 86 Cfr. TPM, l , qui pp. 339 ss. 87 Di questa vedasi l'unica parte che fu scritta, cioè il D.I. In GRUTER c'è solo: «intorno alla natura>> . 88 GRUTER: > , mancano nel Gruter. 92 Questo paragrafo manca nell'edizione di Gruter e in quelle successive, ma trovasi nel Ms del Queen 's College; trova riscontro invece in un passo della MedS (cfr. qui p. 3 1 7); e questo dimostra, con sufficiente certezza, che esso fu aggiunto nel rimaneggiamento successivo (forse nel 1 609), prendendolo quasi di peso dall'ultimo paragrafo della SI, che nel frattempo era stata scritta. DELLA SAPIENZA DEGLI ANTICHI l L'opera è dedicata a Robert Ceci), conte di Salisbury, e cugino per parte di madre di B . 2 aliquid etiam ad vitae ardua et scientiarum arcana conferam. 3 Crisippo, filosofo stoico, nato a Soli o a Tarso tra il 28 1 e il 277 a.C., morto ad Atene tra il 208 e il 204. Scolarca della Stoa, dette allo Stoicismo quella gran­ diosa sistemazione che poi rimase definitiva nei secoli successivi. L'opera cui qui B. si riferisce è il nEpi 9Eoov, il II libro del quale, secondo le concordi testimo­ nianze di Cicerone e di Filodemo. era un'interpretazione filosofica delle favo­ le intorno all'origine degli dèi. Ma il libro è andato perduto, e non sappiamo come fosse impostata la dimostrazione. Cfr. E. BREHIER , Chrysippe, Paris, Alcan, 1 9 I O , p. 38. Per le fonti: CICERONE, De nat. deor., l. 1 5 , § 4 1 ; FILO­ DEM O , De pietate, 1 3 . 4 Tra l e favole contenute nell'opera nessuna narra questo fatto. 5 Faciunt enim parabolae ad involucrum et velum, per celare esotericamente dot­ trine che non devono essere ascoltate da orecchie non addottrinate ( «sedulo suam

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vulgus celabant sapientiam>> dirà il Vico nel Diritto Universale, svolgendo que­ sto motivo). 6 faciunt etiam ad lumen et illustrationem, per comodità didascalica o di espo­ sizione di verità (sono le vichiane «commodità che le favole diedero ai filosofi d'in­ nalzarsi a meditare e insieme spiegare le loro scienze risposte>>). 7 modus iste docendi, queste parole mancano nell'ed. 1 609. 8 Cassandra, sive Parrhesia . 9 CICERONE, Ad An.; Il, 16; cfr. Vico, Scienza nuova seconda, Lib. I, Degnità 6; 1 3 1 .

I O Narcissus, sive Philautia. I l ab huiusmodi spectro et simulacro. 12 Cfr. FR. BACON, Apophtegms, 144, in Works, VII, p. 145. 13 L'interpretazione naturalistica di questa favola era già nota agli antichi, come registrano Sesto Empirico e MACROBIO, Saturn., I , 22, che identifica Pan e il Sole. 14 VIRGILIO, Ecl., VI, vv. 3 1 -34. 15 Le parole tra parentesi non si trovano nell'ed. del 1 609. 16 summitates naturae, sive ideae universales. 1 7 Cioè i sette pianeti; 1tAaVT]'tcX astri erranti. 1 8 Una tappa del metodo baconiano di ricerca scientifica è intitolata appunto Vena=

rio Panis. 19 VIRGILIO, Ecl., II, 63. 20 OVIDIO, Rem. Am., 344. 21 Salmi, 18, 2. 22 L'inciso manca nell'ed. del 1 609. 23 Endymion, sive Gratiosus. 24 VIRGILIO, Aen., IV, 1 78. 25 Il testo di questa favola, che è forse una delle più antiche dell'opera, compa­

re anche, con la soppressione della citazione virgiliana e di poche altre parole, in un frammento, pubblicato da Spedding come sesto di quella raccolta cui egli diede il titolo di Cogitationes de scientia humana. Esso corrisponde, altresì , alla prima parte del frammento di saggio sulla fama , poi rifuso in Saggi, 1 5 . 26 VIRGILIO, Aen., IV, 469. 27 per excelsa naturae et philosophiae fastigia. 28 LUCREZIO, De rer. nat., V, 1 98. 29 11 testo di questa favola compare, con lievi diversità, come il settimo dei fram­

menti delle Cogitationes de scientia humana. 30 abdita naturae.

31 Il testo di questa favola compare, quasi immutato, come l'ottavo dei fram­ menti delle Cogitationes de scientia humana. 32 Questa favola trovasi rifusa e ampliata nell'operetta distinta col titolo De prin­ cipiis et originibus secundum Fabulam Cupidinis, etc. (incompiuta).

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33 Cfr. PLATONE, Conv., specialmente i discorsi di Fedro e di Pausania. Inoltre ARISTOFANE, Aves, 650, parla dell'uovo espulso dalla Notte . 34 neque aliquid naturae notius. 35 modum eius intra inquisitionem humanam sisti aut comprehendi. 36 Ecclesiaste, 3, I l . 37 Lex summaria naturae... cogitationem mortalium perstringere potest, subi­ re vix potest. 3 8 Infatti per Aristotele il divenire ha origine dal sostrato e insieme dalla priva­

zione: ad es. l'uomo, che è malato, divien sano (Met. VII, 7, 1033 A). La priva­ zione è ciò che dà al sostrato (materia) l' impulso al divenire. Qui B. critica la con­ cezione potenziale della materia, che urta contro il principio dinamico (simboleggiato in Cupido). 39 Ecclesiaste 3, I l . 40 Le parole in parentesi mancano nell'ed. del 1609.

4 1 theomachum. 42 TACITO, Hist., I, 22. 43 Cfr. l'ultimo dei Saggi (LVIfl): Della vicenda delle cose , le cui ultime paro­ le sono scettiche circa la possibilità di dare un'interpretazione filosofica ai miti intorno alla vicenda delle cose umane [ «philology of vicissitude>>], che non sono altro che un ((ciclo di leggende» [((a circle of tale»] . 44 PLINIO, Nat. hist., VII, 45. 45 VIRGILIO, Aen., I l , 42. 46 CICERONE, Epist. ad Brutum, Xl, 2 1 ; non alla lettera.

47 VIRGILIO, Aen., VIII, 696-7. 48 .6.t6vuaoc; è composto di .ò.tòc; e del verbo vuaaw, e vale . 49 Cfr. le due favole di Penteo e Orfeo. 50 antiperistasis. 5 1 Ed. 1609: «le tenne vicine» . 52 OVIDIO, Metam., X, 667. 53 Cfr. anche il quindicesimo dei Saggi, che nella sua parte centrale parla di que­ sto mito. Per la fonte di esso v. APOLLOOORO, Bibliotheca, II, 5 , IO; OMERO. Il., l, 396; ESIODO; Teog., 633 . 54 instauratio iuventutis, cioè la facoltà di ringiovanire. 55 Per questa parte cfr. Saggi, 5; dove in Prometeo è identificata, però, la natura umana. 56 llpoJ.1ft9E'Ilç S, da 1tp6 (prae ] e J.Lav&avw [video] . 57 providentia

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previdenza e quindi saggezza.

5 8 scopae dissolutae, metafora proverbiale per indicare cosa che non val nulla. Cfr. CICERONE, Ad Att., VII, 1 3 . 5 9fidens et pronuntiatrix; cioè dogmatica.

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60 Nella SI, qui p. 35 1 , questo tema della necessità del dubbio, asserita dai Presofisti, è svolto più ampiamente e ne sono chiariti i limiti . 61 Isaia, 58, 5. 62 VIRGILIO, Georg ., II, 490-92. 63 Cfr. APOLLODORO, De deor. orig ., II, 5, IO; MACROBIO, Saturn., V, 2 1 . 64

SENECA, Epist., 53. 65 Da questo particolare delle gare in onore di Prometeo B . ha tratto l'immagi­ ne per la traditio lampadis o methodus adfilios, di cui parla in DAS VI, 2, qui II, p. 301 . 66 Scilla e Icaro, o la via mediana (ed. 1 609). 67 Manca in ed. 1 609. 68 ERACLITO,.frg ., 1 1 8. La frase era nota nel Seicento, e viene usata anche da autori italiani: « ... si può apprender che il dissimular ha del secco, perché si ritien nel proprio termine, ... ed a questo par che corrisponda quella sentenza di Eracli­ to: «Lux sicca anima sapientissima»: TORQUATO ACCETTO, Della dissimula­ zione onesta, cap. VIII (sta in Politici e moralisti del Seicento, Laterza, Bari, 1 930, p. 1 55). 69 Ecclesiaste, 12, 1 1 - 1 2; cfr. DAS I, [44] . qui Il, p. 67.

70 VIRGILIO, Aen., VI, 85 1 -52. 7 1 Augusto adoperava la Sfinge come anello-sigillo per segnare le sue episto­ le. (V. MILANI in , II, p. 1 72-80). B . ha trova­ to la notizia in SVETONIO, Vita di Augusto, 50; DIONE CASSIO, Historia romana, LI, 3, 6; PLINIO, Nat. hist., XXXVII, 4. 72 OVIDIO, Metam., I, 80-8 1 . 73 NapKtaaoç, dà vapKòoo = intorpidisco; cfr. la Favola omonima. 74 La pietra filosofale, o pietra alchemica, dotata del magico potere di trasformare i metalli in oro. 75 Cfr. anche il ventesimo dei Saggi; dove la favola è inserita quasi intatta. 7 6 lllittc; (gen. attico: �Llinlìoc;) = consiglio. 77