Figli della terra e del cielo stellato. Testi orfici con traduzione e commento 9788870922691, 8870922693

Il volume comprende testimonianze dirette della religione orfica, distinte secondo la tipologia del materiale (lamine d&

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Figli della terra e del cielo stellato. Testi orfici con traduzione e commento
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S P E C U L U M

CONTRIBUTI DI FILOLOGIA CLASSICA collana diretta da

ANTONIO GARZYA

MARISA TORTORELLI GHIDINI

FIGLI DELLA TERRA E DEL CIELO STELLATO Testi orfici con traduzione e commento

M. D 'AURIA EDITORE IN NAPOLI

Volume pubblicato con i contributi del Dipartimento di Discipline Storiche Ettore Lepore dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e del Centro Interdipartimentale per gli Studi sulla Magna Grecia

ISBN 97 8-88-7092 -269 - 1

© 2006 M. D'AURIA EDITORE

Calata Trinità Maggiore 52-53 80 134 Napoli tel 08 1 .55 1 8963 fax 08 1 . 1 9577 695 www.dauria.it [email protected] -

PREMESSA

Dai miei primi contributi sull'orfismo, conservo la convinzione della qualificazione orfica di questi documenti, rafforzata ora grazie alle recenti scoperte di nuove lamine auree e al diffondersi, in questi ultimi anni, di studi ed edizioni del papiro di Derveni. Il presente volume comprende testimonianze dirette della religione o rfica, distinte secondo la tipologia del materiale (lamine d'oro, tavolette d 'osso, papiri) , disposte in ordine cronologico, nel caso di più documenti appartenenti alla stessa classe. I testi originali sono citati dalle edizioni più aggiornate di autorevoli studiosi, corredati di un apparatus, limitato alle p rincipali letture discusse nel commento o a congetture mie e di altri, non recepite nelle edizioni seguìte. Nella silloge delle lamine d'oro, i cui testi sono citati dall'edizione di G . Pugliese Carratelli, Le lamine d'oro or/iche (200 1 ) , la scelta della dispo­ sizione cronologica, al posto della classificazione secondo il formulario, ge­ neralmente proposta dagli altri studiosi, ha messo in evidenza una singola­ re correlazione tra topografia e cronologia e una non casuale specularità tra testi con formulari diversi, mnemosynii e persephonei, sia in Magna G recia che in Tessaglia. L'omogeneità nella diversità e la particolarità dell'uso fu­ nerario di seppellire l'iniziato con la lamina aurea, sembrano confermare che le lamine d'oro appartengono, in ogni caso, a devoti legati da una co­ m une esperienza misterica. Per il papiro di Derveni di cui, solo recentemente, è stata pubblicata l'attesa edizione ufficiale a cura di K. Tsantsanoglou, G. M. Parassoglou e Th. KQuremenos, ho seguito per lo più il testo greco dell'edizione prowi­ soria di R. Janko, pubblicato in ZPE 14 1 (2002 ), opportunamente correda­ to di un apparato critico che dà conto di quasi tutte le congetture relative ai passi lacunosi del papiro.

6

Premessa

Nel commento ai testi orfici presi in esame, siano essi incisi su lamin e , tavolette o papiri, mi sono generalmente limitata a i problemi p i ù complessi suscitati dai documenti, e alle principali questioni emergenti dall' esperien­ za religiosa che in essi si riflette. Nel caso di Derveni, ho cercato di inda­ gare soprattutto sugli dèi presenti nel papiro e sul messaggio escatologico rivolto all'iniziato. Le riproduzioni fotografiche, eseguite o fatte cortesemente eseguire da colleghi e amici nei vari Musei, in cui gli originali sono conservati, sono predisposte su di un cd-rom allegato al volume. Per le fotografie originali di alcune lamine molto devo alla cortese sollecitudine di Michail Sakellariou, Aimilios D. Mavrudis, Georgios Tzartzas, Yanis Tzifopoulos. Per la ripro­ duzione fotografica del papiro di Gurob sono grata alla collega Gabriella M esseri e all'Accademia toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria» che ha concesso di riprodurre la copia in suo possesso. L'originale è conservato al Trinity College di Dublino. Rivolgo, infine, il mio sincero ringraziamento al prof. Antonio Garzya per aver accolto questo volume nella collana da lui diretta, e rinnovo l'espres­ sione della mia gratitudine all'amica Giuliana Leone, che con i suoi prezio­ si consigli ha contribuito all'edizione del papiro di Derveni.

Marisa Tortorelli Ghidini

a Giovanni Pugliese Carrate/li

SIGLE AION

Apx .

.:1tÀriov

ASNPisa BCH BICS ClAn t CPF CPh CQ CEre DELG DK

EPh FGrHist GRBS IG ]HS LIMC NSe OF OH PCG PdP

Annali dell'Istituto Universitario Orientale di Napoli.

ApxawÀO}'IKÒV .:1tÀriov.

Atti della Scuola Normale Superiore di Pisa. Bulletin de Correspondance Hellénique. Bulletin o/ tbe lnstitut o/ Classica/ Studies o/ tbe University o/ London. Classica/ Antiquity. Corpus dei papirifiloso/ici greci e latini, Accademia Tosca­ na di Scienze e Lettere «La Colombaria>> di Firenze. Classica/ Philology. Classica/ Quarterly. Cronache Ercolanesi. P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la langue grecque. Histoire des mots, Paris 1968. H. DIELS , W. KRANZ, Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlin 1 974. Études Philosophiques. F. J ACOBY, Die Fragmente der griechischen Historiker, Lei­ den 1 950- ss. Greek and Roman Byzantine Studies. Inscriptiones Graecae. ]oumal o/ Hellenic Studies. Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae, Zi.irich­ Mi.inchen 1981 -ss. Notizie di scavi. O. K ERN, Orphicorum Fragmento, Berolini 1922, rist. Du­ blin-Zurich 1972>. Orphei Hymni, ed. G . Quandt, Berolini 1 972. Poetae Comici Graeci, edd. R. K ASSEL, C. A usnN Berolini et Novi Eboraci 1984 - 1 995 . La Parola del Passato. ,

IO

PEG PGM PMG QUCC RB RE

REA REG RFIC RHR RhM SDP SEG SMSR Symb. Osi. TrGF VDI WSt ZPE

Sigle

Poetae Epici Graeci, ed. A. BERNABÉ , pars II, fasc. 1 e 2, Monachii et Lipsiae 2004, 2005. Papyri Graecae Magicae, hrs. v. K. PREISENDANZ et alii, Stut­ tgart 1 973 - 1 9742• Poetae Me/ici Graeci, ed. D . L. PAGE, Oxford 1 962 . Quaderni Urbinati di Cultura Classica. Revue Bib/ique. Pau/ys Realencyc/opi:idie der c/assichen Altertumswissen­ scha/t, hrs. v. G. WISSOWA , W. KROLL, K. MIITELHAUS und K. ZIEGLER , Stuttgart-Miinchen, 1 893 ss. Revue des Études Anciennes. Revue des Études Grecques. Rivista di Filologia e di Istruzione classica. Revue de /'Histoire des Religions. Rheinisches Museum. Studies on the Derveni Papyrus, ed. by A. LAKS, G. MosT, Oxford 1997. Supplementum Epigraphicum Graecum. Studi e materiali di storia delle religioni. Symbo/'il! Os/oenses. Tragicorum Graecorum Fragmenta, III, ed. S. RAor, Giittin­ gen 1 985 . Vestnik Drevnej lstorii. Wiener Studien. Zeitschri/t /ur Papyrologie und Epigraphik.

INTRODUZIONE

Da Orfeo agli or/ici

A differenza degli altri culti greci, la religione orfica deve il suo nome a un theologos di nome Orfeo1 , nativo della Tracia2, regione celebrata già nell' epos come patria di asceti e sciamani'. I seguaci di questo movimento religioso dal forte carattere dionisiaco, distinto sia dai ritualismi menadici che dai misteri bacchici divenuti popolari nel mondo ellenistico e romano, assunsero come loro guida spirituale l'eroe tracio e gli attribuirono le dottrine in cui essi cre­ devano e gli insegnamenti ch'essi praticavano4•

1 Sul nesso tra poesia e teologia, cfr. PLAT., resp. 2, 3 64 c-e; ARIST., metaph. J, 983 b ; 2 , 1 000 a; 13, 1 09 1 a. Per la raccolta di testimonianze letterarie s u Orfeo, è ancora fon­ damentale l'edizione di O. KERN, Orphicorum Fragmento, Berolini 1 922, pp. 1 -79; una nuova edizione di Orphica è stata da poco pubblicata nella Bibliotheca Teubneriana in Poe­ tae Epici Graeci. Testimonia et fragmento (a cura di A. BERNABÉ), pars Il, fase. l, Monachii et Lipsiae 2004 ; pars II, fase. 2, Monachii et Lipsiae 2005 . U n'anticipazione di tale edizione è pubblicata nel volume Tra Orfeo e Pitagora, pp. 43 -80. 2 Sull'origine tracia di Orfeo, cfr. K. ZIEGLER, s. v. «Orpheus», in RE XVIII 2 ( 1 939), eli. 1322- 1 4 1 7 ; D. SABBATUCCl, «Orfeo secondo Pausania», in Orphisme et Orphée, pp. 7 1 1 ; M . DI MARCO, «Thracius Orpheus», in Dall'Indo a Thule: i Grea� i Romani, gli altri, a cura di A. ALONI e LJA DE F!N!S, Trento 1 996, pp. 39-7 1 . ' I l problema di Orfeo «Sciamano», posto da K . M EU Ll , Gesammelte Schri/ten, a cura di TH. GELZER, II, Basel-Stuttgart 1 97 5 , pp. 8 1 7 -879, fu ripreso da E. R. Dooos, I Greci e l'i"azionale, tr. it. Firenze 1 969', pp. 1 86-209; W. Bu RK ERT , Lore and Science in Ancient Pythagoreanism, Cambridge Mass. 1 972, pp. 1 62- 1 65 ; M. L. WEST, I poemi or/ici, tr. it. N apoli 1 993 , pp. 1 6 - 1 8 . ' Per l e più antiche menzioni dell'orphikos bios, cfr. ARIST., ran. 103 2 ; EuR., Hzpp. 952-954; PLAT. , leg. 6, 7 82c.

12

Introduzione

Generalmente, le fonti più antiche presentano Orfeo come figlio di Eagro', un fiume della Tracia, e di una Musa6; altre invece, introducendolo negli orizzonti culturali della Grecia, ne fanno il figlio di Apollo e di una Musa7• In tutta la tradizione poetica dell'antichità, Orfeo è un incantatore con i tratti caratteristici dei vati arcaici8 che, con la magia del suo canto, rende docili le fiere, ammalia i pesci, muove le pietre9 e commuove persino Persefone, la sovrana degli inferi, quando, sceso all'Ade, chiede di riportare indietro la sposa10• Come altri famosi eroi della tradizione greca, Orfeo è annoverato tra gli Argonauti: un Orphas citaredo, raffigurato in piedi sulla prua della nave Argo nel celebre fregio del tesoro dei Sicioni a Delfi, datato all'inizio del VI secolo a. C . , è la testimonianza iconografica più antica della partecipazione dell'eroe alla spedizione argonautica 1 1 . A tale impresa allude probabilmente ' OF t 23, t 7 7 . 'OF t 24-26. 7OFt 22. 1 Su Orfeo e la fortuna del mito in Occidente, cfr. CH . SEGAL, Orfeo. Il milo dd poeta, tr. it. Torino 1 995 ; C. RIEDWEG, «Orfeo>>, in l Greci, a cura di S. SEITIS , II l, Torino 1 996, pp. 125 1 - 1280; Orfeo. Variazioni sul mito, a cura di MARIA GRAZIA CIANI e A. RODI· GHIERO, Venezia 2004, e alcuni articoli in Orfeo e le sue metamorfosi. Mito, arte, poesia, a cura di G. GumORIZZI e MARXIANO MELOITI, Roma 2005 . ' Cfr. BACCH . , fr. *29 Maehler; PINO., Pyth. 4, 1 76-77 ; SIMON . , PMG 567 ; AESCH . , Agam. 1 629- 1 630; EuR. , Aie. 962-972; Bacch. 560; Cycl. 646-648; lphig. Aul. 1 2 1 1 - 1 2 1 4 ; Med. 543 . 10 L' episodio è accennato in EuR . , Aie. 357-362 e PLAT., symp. 1 7 9 d, dove però l'im· presa non ha successo . Sull'interpretazione platonica del mito, cfr. D. SANSONE, >, Annali Istit. It. per gli Studi Storici, 13 ( 1 995-6), pp. 1 27 - 134 . =

Introdu�ione

19

Il legame dei bacchoi con Dioniso è confermato nelle laminette di Pélinna, in cui compare il nome Bacchios, e traspare dal confronto sia con il � E � axxn>}LÉvoc; della celebre epigrafe cumana del V secolo a. C .'\ in cui l'accenno a un'area sepolcrale riservata presuppone l'aspetto comunitario del culto, sia con le parole scritte da un devoto dionisiaco in nome di Orfeo sulle tavolette d'osso di Olbia pontica". In una di queste, accanto al teonimo �tov (= �tovuaoc;} e al termine òpcptKo't, compare l'espressione �\.oc; 87rtiotat KaÌ nu­ tayopEiolat, in cui non si può escludere una interpolazione; l'altra breve ÒJ.lOÀoyÉ o \lat OÈ taUta tolO\ '0MlKOlO\ KaÀEOJ.lÉVOlO\ KaÌ nu9ay optiotm " Un'ampia documentazione criùca è in MARIA MICHELA SASSI, «Alla ricerca della filoso­ fia italica. Appunti su Pitagora, Parmenide e l'orfismo», in Un secolo di ricerche in Magna Grecia. Alli del XXVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1988, pp. 23 1 -264. Cfr. W. BuRKERT, Lore and Science tn Ancient Pythagoreanism, cit., pp. 120- 165 ; >, in Tra Cadmo e Orfeo, p p . 461 -462 , Eschilo esalterebbe la trasformazione, operata nella scuola pitagorica, del cantore barbaro in eroe ellenico, archetipo dei mystai kai bacchoi che accolgono in sé l'entusiasmo dionisiaco e la sapienza apollinea ; al contrario, M . DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, tr. it. Roma-Bari 1 98 1 , p . 1 5 3 , parla di opposizione radicale tra misticismo apollineo , co· mune a orfici e pitagorici, e comportamento dionisiaco . Sull'episodio, cfr. anche F. GRAF, «Orpheus: a Poet among Men», in Interpretations o/ Greek Mythology (ed. } . BREMMER), London-Sydney 1 987 , pp. 80- 1 06; } . BREMMER, EOl: ATIANTA, Orphei Argonautica Hymni Libellus de lapidibus et Fragmento cum notis H. Stephani et A. C. Eschenbachii, curante C. Cb Hambergero, Lipsiae 1 764 . • G. HERMANN, Orphica eu m notis H. Stephani A. C. Eschenbachii I. M. Gesneri Th. Tyrwhitti ree., Lipsiae 1 805. ' Sui Lithica, un'operetta datata verso la prima metà del II secolo, cfr. l'edizione di R. HALLEUX - ]. ScHAMP, Les Lapidaires grecs, Paris 1 985 , e la traduzione italiana curata da LUDMILLA BIANCO, Le pietre mirabili, Palermo 1 992 . 6 F. CREUZER, Symbolik und Mythologie der alten Volker, besonders der Griechen , voli . 4 , II ed., Leipzig- Darmstadt 1 8 1 9- 1 82 1 . 7 E . A BEL, Orphica, Lipsiae et Pragae 1 885 . 1 Cfr. W. BURKERT, Da Omero ai Magi. La tradizione orientale nella cultura greca, Venezia 1 999, pp. 5 9-86.

Le lamine d'oro or/t'che

27

aveva dedicato all'orfismo un capitolo, sostanzialmente ancora insuperato, in cui si affermava il carattere settario del movimento e lo stretto legame con il dionisismo9• Qualche anno dopo, Otto Gruppe, autore della voce «Orpheus», nell'Aus/uhrliches Lexikon der griechischen un d romischen Mythologie di W. H. Roscher10, dimostrò che l'orfismo era una corrente mi­ stica greca in nome di Orfeo, e Jane Harrison, quasi contemporaneamente al Gruppe, nei Prolegomena to the Study o/ Greek Religion presentò l' orfismo come una forma di dionisismo riformato in cui vecchi riti agrari preindoeu­ ropei s 'intrecciavano con la religione olimpica 1 1 • I n questo clima culturale, Domenico Comparetti, non insensibile ad esso, né ignaro del dibattito in atto, svolse un ruolo non marginale nella storia dell'orfismo in Magna Grecia, pubblicando la prima edizione italiana delle laminette auree. Giustamente, Gianfranco Maddoli gli riconobbe il ruolo di protos euretes, che lo studioso orgogliosamente aveva rivendicato nell'Appendice alla sua edizione, dimostrando che «attraverso gli interessi epigrafici transitò in Comparetti e, attraverso Comparetti, in Italia quell'at­ tenzione per l'orfismo che rappresenta il primo vero nucleo di riflessione sulla religiosità dei G reci d'Italia, o quanto meno su uno degli aspetti fon­ damentali della loro religiosità»12• Nel1876, la scoperta di un gruppo di laminette d'oro in tombe dell'agro sibaritico stimolò l'interesse epigrafico del filologo che, per primo, affrontò la lettura e illustrò, con grande perizia, le cinque lamine d'oro scoperte da Silvio Cavallari. Lettura e commento delle singole laminette, pubblicate a mano a mano che venivano alla luce durante le esplorazioni archeologiche, confluirono - insieme alla tarda lamina d'oro romana e alle tre laminette ' E. RoHDE, Psiche. Culto delle anime e fede nell'immortalità presso i Greci, tr. it. Bari 1 97 0, pp. 435 -467 . 10 O. GRUPPE, ..Orpheus», in W. H. RoscHER, Ausfiirliches Lexicon der griechischen und riimischen Mytho/ogie, III, l, Leipzig- Berlin 1884 ss. (rist. Hildesheirn 1 965 ) , coU. 105 8-1207 . 1 1 }ANE E. HARRISON, Prolegomma to the Study o/ Greek Religion, Cambridge 1 903 , soprattutto pp. 454-65 8 . 12 G . MADDOLI, «Religione e culti in Magna Grecia: u n secolo di studi», in Un secçlo di ricerche in Magna Grecia, cit., pp. 32-45 .

28

Le lamine

d'oro orfiche

d'oro trovate a Creta - in quella prima edizione critica italiana delle Lami­ nette or/iche, pubblicata da Domenico Comparetti a Firenze nel 1910. Delle due lamine d'oro trovate nel Timpone Grande vicino ai resti cremati di un personaggio importante, racchiuse una nell'altra, la più grande era risulta­ ta a Comparetti 'intenzionalmente inintellegibile'll; sulla più piccola, 'rawolta sopra se medesima, secondo l'altezza, per nove volte', lo studioso aveva nota­ to che il testo inscritto era probabilmente desunto 'da quei carmi orfici che si possono dire apocalittici, rivelanti la mistica dottrina delle anime dopo la morte'. Qualche anno dopo, nel Timpone piccolo, furono trovate altre tre la­ minette, appartenenti a persone sepolte in tre tombe distinte. La prima, scritta probabilmente a memoria da mano 'perita e ferma' e con grafia chiara e regolare, conteneva un testo simile a quello delle altre due lamine e, solo in piccola parte, parole che ricorrono anche nella lamina piccola del Timpone grande (Thu Il). Il testo delle altre due laminette, in gran parte identico, forse copiato da uno stesso esemplare da scribi poco esperti, 'doveva essere stato composto da un orfeotelesta locale di quel tempo per uso dei mystae', e lo speciale formulario, usato nelle epigrafi, doveva far parte o essere estratto da quel �l�Ài.wv &!lllÒOv Moucrai.ou Kaì. 'OJ>41éwo;; nella formula «cadesti nel latte» (Thu II 4, Thu III 10), dovuta forse a contrasti tra co­ munità orfico-pitagoriche o all'influenza di usi rituali localF4 , conferma il nesso tra lamine di Pélinna e lamine thurine. Il toro e l'ariete, soggetti ri­ spettivamente di (8opEKÀ.cx; yr.vé­ or.wv è avvertita come un 'esperienza negativa, cui si è costretti dall'in­ sondabile decisione dei numi, o dall'oblio della vera origine, mentre l'idea di una beatitudine oltremondana si riflette sia nelle formule thurine: «m'im­ mersi nel grembo della regina degli inferi», «nume sarai invece che mortale», «capretto cadesti nel latte»94 , sia nella genealogia mistica delle lamine mnemosynie: «sono figlio della Terra e del Cielo stellato» o nell'assunzione di un nuovo nome: 'Acn:éptcx;. a Pharsalos, �!lxxot, a Hipponion. Ma occorre precisare che la nozione di rinascita subisce un'evidente modificazione, a seconda del formulario91: a Thurii e a Pélinna la speranza

" Cfr. Et. Mag. s.v. 1\Mlxw. OTIIJ.!ltVEt liuo. tò çwoxotw tE, ou Knt 1ji\JXJ\, Ka't tò 4>UOEìs; Cteavat�. Riguardo alla produzione epigrafica dell'Italia antica, il confronto si limita a due lamine d'oro etrusche da Caere 1 1\ datate all'inizio del V secolo a. C., che condividono con le lamine orfiche datazione e provenienza, ma sono totalmente estranee al carattere religioso dei testi orficim. Un confronto più suggestivo potrebbe venire da una lamina d'oro da Perugia Pe 7 . 2 , datata a l I I secolo a. C . , s u cui sono inscritti i teonimi Apulu Fu/luns, que­ st'ultimo associato a Pachies (= Bacco) in iscrizioni vascolari da Vulci di V secolo a. C. (= Ve 4 . 1 - 4 .4 ) 1 16 • 111 G. PuGL!ESE CARRATELL!, «Un sepolcro di Hipponion e un nuovo testo orfico», cit., p. 124. Cfr. anche G . PUGL!ESE CARRATELL!, «Sulla lamina orfica di Hipponion», PdP, 30 ( 1 97 5 ) , p. 228; A . BERNA&!\, «El poema 6rfico de Hiponion», in Estudios actuales sobre textos griegos. II ]ornadas internadonales, UNED, 25-28 oct. 1 989, ( para J. A. LOPEZ F!\REz), Mad rid 1 99 1 , p . 233 . 1 1 2 R. KorANSKY, «lncantations and Prayers for Salvation on Inscribed Greek Amulets», in Magika Hiera. Ancient Greek Magie and Religion, (by C. A. FARAONE D. O&&INK), Oxford 1 99 1 , pp. 1 07 - 1 3 7 , soprattutto pp . 1 14-6. L'uso indifferenziato dei termini amuleto e talismano, consapevolmente segnalato da Kotansky alla p. 1 24 nota 5, rende più difficile la classificazione di questi oggetti. '" Cfr. M . GIULIA AMADAS! Guzzo, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in Occidente, Roma 1 967 , Sard. 38: iscrizione fenicia su lamina aurea proveniente dai tophet di Sulcis (VII sec. a.C.) contenente un'invocazione a Basi Ammon. '" Cfr. H. Roe, Etruskische Texte, II, Tiibingen 1 99 1 . 1 1 ' Cr 4 . 4 , opistografa, riporta sul ree/o e sul verso un testo in versione etrusca e punica relativo alla consacrazione di un tempio da parte del re locale; Cr 4. 5 fa riferimento a un 'offerta dello stesso re allo stesso tempio. 1 1 6 Cfr. P. PoccETTI , «Per un dossier documentario dei riflessi di dottrine m isteriche ·

50

Le /4mine d'oro or/iche

Recentemente la scoperta di una grande quantità di lamine d'oro in lingua greca, databili al IV secolo a. C . 1 17 , ha consentito un netto amplia­ mento del materiale epigrafico aureo di confronto. Le lamine, per lo più inscrine con l'appellativo mystes, forma abbreviata di un messaggio salvifico più esteso, sono state trovate in tombe a Egion 1 18, Metone 1 19, Peonia 120 e Pella121 • Tra quelle di Pella è stata ritrovata una lamina d'oro con iscrizione disposta SU tre righe122 : nEpaE4>6V11l nOOEtOurn:oVTJC, Tjp\.ov come formula epitafica con il valore metaforico di sepolcro che custodisce tà ypaflflata, cioè le istruzioni scritte per il mystes126 • L'idea che la lamina sia un «sepolcro di parole dedicate a Mnemosyne», non con­ t rasta con il senso che emerge dalla nuova lettura di Pugliese Carratelli: «Il testo scritto sulla lamina è sacro a Mnemosyne». In entrambi i casi, ciò che è scritto sulla lamina prevale sulla preziosità dell'oggetto, consacrando l'i­ niziato a Mnemosine e sottraendolo all'oblio degli uomini127 • Sin dal primo ritrovamento di lamine d'oro, che fu quello di Petelia nel 1 83 4 , gli studiosi pensarono che i formulari inscritti sulle lamine fossero orfici (malgrado il nome di Orfeo mancasse). Comparetti che, come abbiamo visto, fu tra i primi a studiare la preziosa laminetta, propose infatti di sottintendere alla linea 13 il nome 'Op!>ru;/28 come soggetto di t68 eypa['!IEV, dan­ do così al testo il suggello dell'autorità del mitico cantore. Anche se non tutti condividono l'ipotesi che i testi delle lamine d'oro risalgano a uno hieros /ogos la cui diffusione andava sotto il nome di Orfeo129, tuttavia il riconoscimento che le lamine appartengono ad ambiente orfico in «Progressi nella lettura della lamina orfica di Hipponion», PdP, 57 (2002), p. 229, lo studioso oscilla tra 'u:p6v e fpov, proposto da Gil e accettato da molti altri studiosi. '" Cfr. ]. FREL, «Una nuova lam inella 'orfica'», Eirene, 3 0 ( 1 994 ) , pp. 1 83 - 1 84 . 12' G . PuGLlESE CARRATELLI, Le lamine d'oro 'orfiche', cit., p. 2 0 , appone il punto dopo 9avdmlat, ritenendo che alla linea l sia riportata l'intitolazione' del memorandum. 126 G. GIANGRANDE, «La lamina orfica di Hipponion», in Orfeo e l'Orfismo, pp. 235-248. 127 Cfr. OH 7 7 , 9- 10. 1 2 1 D . COMPARETTI, Lamine/le orfiche edite e illustrate, Firenze 1 9 1 0, p. 32. 1 29 Cfr. C. RIEDWEG, «Poésie orphique et rituel initiatique. É léments d'un 'Discours sacré' dans !es lamelles d 'or», RHR , 2 1 9 (2002) , pp. 459-4 8 1 tenta un 'audace ricostruzione dello hieros logos originario.

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Le lamine d'oro or/iche

si è ormai consolidato dopo la pubblicazione delle tavolette d'osso di Olbia pontica che documentano l'esistenza di orphicoi dionisiaci che credono che la vera vita inizi con la mone del corpo, associando dottrina dell'immonalità e metempsicosill0• Anche per questi pezzi d'osso dagli angoli arrotondati, la tipologia è incena e oscilla, nell'interpretazione degli studiosi, tra membership tokens, simbolizzanti la panecipazione a rituali comuni, sortes che l'officiante orfico traeva da una kiste o da un kalathos, symbola rituali, del tipo di quelli men­ zionati nel PGurob 1H . Quest'ultima ipotesi, sembra più adatta al tipo d'og­ getto, soprattutto per i grammata iscritti, tra cui il termine «'ù..iJ9tla, graffito su tutte e tre le tavolette, che suggerirebbe il trasferimento del symbolon dal piano concreto dell'oggetto a quello concettuale di XPÒV u&wp 1tpOpÉov· cpuÀaKEC, ÒÈ tlti>1tEp9ev fam,

l. ip6v Di Benedetto, 'lrpKaÀlJ.Ullat & t n Ò È E�EpÉEl(, Ai.òo., aK6to., p6Evto.,. Eh:ov· «fiìç, ltal< (,> El!ll KaÌ. Oùpavou aatEp6EV'tO(,. Òi.1jfat 8 Ei.fÌ aÙO(, Kaì. cilt6UuJ.Lat' lillà Òot' CÒ[Ka] 'l"li(pÒV Uòwp ltlÉvat tÌÌ\, MVTJJ.lOOÌ>VTJ(, ciltò Ài.Jl[VTJ!:,]». KaÌ. Ò1'j toÌ. ÈÀ.EoUmV ÙltÒ xSovi.Cùl �amÀÌÌt' Kaì. &t t m òwao'llm ltlÈv tar, Mvaf1Dm'>va-. ciltò Ài.Jlvaç,· KaÌ. Ò1'j KaÌ. OÌ> ltlC.ÒV ÒÒÒV �PXEa c'iv tE KaÌ. ID.À.Ol JlOOtal KaÌ. �p0[Vtoc; Cassio , Pugliese Carratelli 1 993 , ÒpoÉ[VtoKlÌV èat"lK'I>l!lV K'U1t!iptaaov·

5

lQ

taUt"lc; tftc; KPflVT\J!Wv yÉvoc, oÀ�tOv EUxOJ.lilt EÌ�v. àÀa � Movv. KUKÀ.ou O' È�Ém:av �apt>1tEV8Éoc, àpyaì.éow, i.�pt où O' bti�av atEcj>avou 1too\. Kap1taÀlf10tot. 0E001toivac, OÈ U1tÒ K6À1tov fcSuv xeoviac, �aoù..Eiac,, i.�pt o'Ù O' àltÉ�av OtEaVO\l 1tOOÌ. Kap1talfl.Ol0l. oÀ�tE Kaì. J.UIKaptmÉ, 8Eòc;, O' fOTtt àvtì. �pot o'i.o l:ptcpoc, te, yaX f1tEtoV. ..

5

.

10

l. ante Ko9apKÀE Kaì. Ei>�OUÀE'Ì> Kaì. eeoì. oa\.J.lO[V] E cill.ot' Kaì. yàp tywv ÙJ.lWV yévo ei)xo�t oÀ�to elvat. xoviÌ O' àvtaxÉtEtcr' Ì:pyCù hEKa oi>tt OtKaV 0' lKÉtlKCù lta

' clyvtÌ 6vEav ciSc., J.lE 1tp6cl>

Cù 1tÉ1JTTI< l> �opac., te, eooyÉCù .

l . ante Ko9apci. interp. Pugliese Carratelli 1 993

Thurii IV

5

Vengo pura tra puri, o sovrana degli inferi, o Eucle e Eubuleo e altri dèi demoni, ché anch'io dichiaro d'appartenere alla vostra stirpe beata. Pagai la pena di azioni non giuste, sia che la Moira mi assoggettò sia il Folgoratore tuonando. Ora vengo supplice alla santa Persefone, perché benevola mi mandi alle sedi dei puri.

77

78

Le lamine d'oro or/iche

7 . THURII V Thurii, Timpone Piccolo, metà IV secolo a. C . Napoli, Museo Archeologico Nazionale, n. 1 1 1 624 La laminetta, trovata nel 1 879 insieme alle altre due con testo analogo , m isura cm. 4,6 x 2 ,5 , ed è opistografa. Vi sono incisi sette versi di cui gli ultimi tre sono segnati sul verso. Il testo è quasi identico a quello di Thu IV, ma ancor più scor­ retto e lacunoso; vi sono versi incompleti, errori, deformazioni, lettere superflue.

5

EPXOlUll È Ka9ap Ka9apci, o �aa\Àa, Euw Ka Eu�oÀEi> Kaì. 9EOì. 6aot OJ.WvEc; ciÀÀ.m· K«Ì. yàp È oivvv temptaverim ; dlÒi11ova an dlc'illlOY Tsantsanoglou­ 7. tEÀi:oa.9J.ll Kaì. ' Opavc.O àcmp6Evtoç.

1 03

Eleuthema

e Di sete sono arso e mi sento morire; orsù !asciami bere alla fonte che sempre scorre, a destra, dov'è il cipresso. Chi sei? donde sei? Della Terra sono figlio e del Cielo stellato.

f Di sete sono arso e mi sento morire; orsù !asciami bere alla fonte perenne, a destra, dov'è il cipresso. Chi sei? donde sei? Della Terra sono figlio e del Cielo stellato.

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L e lamine d'oro or/iche

20. ELEUTHERNA Eleutherna. Il secolo a. C . Atene, Museo Archeologico Nazionale CEuU. ayyei.wv 63 5 )

Laminetta di cm . 4 x 1 , 1 databile a l I I secolo a. C . F u trovata a Eleutherna nella stessa zona tombale delle altre lamine cretesi a), b), c). Vi è inscritta una bre· ve formula di saluto rivolta all'anima.

[TIÀou] tWVl KaÌ. cf>[epo]o1tOVEl xai.pev

!05

Eleuthema

Di Plutone e Persefone rallegrati.

L e lamine d'oro or/iche

106

2 1 . SFAKAKI Sfakaki. 11-1 secolo a. C. Museo di Retimnon (M 289 1 ) Lamina d'oro rettangolare di cm . 3 ,6 x 1 ,3 , ritrovata a Sfakaki nel 1 995-96, databile al II-I secolo a.C., grazie agli unguentari ritrovati neUa tomba.

5

&\.1J1Ut (tot) «Diloc; 1tapltUutat· àÀÀ 1t(a)lÉv J.lOl Kp, metafora letteraria estranea all'originario contesto religioso, sono segni di una tarda contaminazione.

�PXEtat èK Ka9ap&lv Ka9apKÀw; Eò�ot>ì-.Eu tE, dtòc, tÉKoc,, ayÀaa. «exw ÒÈ MvruwcruvfJC, to&e &wpov >. KatKtÀI.a LEKO\lv&e'ì.va, VOJ.l.Cùt 'i9t &la yeywcra.

2. àyÀaa, ì:xw ÒÈ Pugliese Carratelli 1 974, à)..).à . ÒÉX�. Vincenzo Di Benedetto, in una recente nota sulla PdP, 59 (2004 ) , pp. 293-306, per superare il problem a metrico del verso posto da \Ep6v, apporta una lieve modifica alla lettura di Pugliese Carratelli 1 993 , supponendo che nel testo originario non ci fosse tEpOV ma \p6v, inteso comunque con valore sostantivato. Il problema esegetico di ftp'tov, che ha ossessionato gli studiosi sin dall' editio princeps, inizia dalla funzione grammaticale del pronome toÒE, se cioè esso debba ' Cfr. J . BRESLIN, A Greele Prayer, Pasadena 1 977; R.

MERKELBACH, «Ein neues 'orphisches'

Goldbl iittchen», ZPE, 25 ( 1 97 7 ) , p . 276.

' OF 5: w>, ha proposto di intendere la lamina, designata da t60E, come un metaforico sepolcro (Ty>\.ov) di ypalllul'ta , cioè un oggetto che custodisce le istruzioni rivolte al mystes. 6 Cfr. M. L. WEST , «Zum neuen Golbliittchen aus Hipponiom•, cit., pp. 229-236. 7 M . MARCOVICH , «The Gold Leaf from Hipponiom•, ZPE, 23 ( 1 976), pp. 22 1 -224 . 1 C. GALLAVOTTI, «ll documento orfico di Hipponion e altri testi affini», Mus. Cri/. , 1 3 / 1 4 ( 1 978- 1 979), p. 340. ' D. Musn , «Le lamine orfiche e la religiosità d'area locrese», cit., pp. 80 8 1 . 10 H . LLOYD }ONES, «On the Orphic Tablet from Hipponion », PdP, 3 0 ( 1 97 5 ) , pp. 225226. 1 1 G. ZuNTZ, «Die Goldlamelle von Hipponion», cit., pp. 129- 1 5 1 . 12 ] . GiL, «Epigraphica III», Cuadernos de filologia cldsica, 1 4 ( 1 978), pp. 83-85 . " W. BURKERT, «Le laminette auree: da Orfeo a Lampone», in Or/ismo in Magna Grecia, pp. 8 1 - 1 04 ; MARGHERITA GUARDUCCI, «Nuove riflessioni sulla laminetta orfica di Hipponion», RFIC, 1 13 ( 1 985 ), pp. 3 85 -397; A . BERNABt, «El poema 6rfico de Hiponion», in Estudios actuales sobre textos griego. II ]ornadas inlernacionales, UNED, 25-28 oc/. 1 989, ]. A. LéJPEZ F�REZ (ed. ) , Madrid 1 99 1 , 2 1 9-23 5 ; C. RIEDWEG , •, in Ansichten griechischer Rituale, pp. U9-398. Sembra difendere questa lezione anche G . PuGUESE CARRATELLI, «Progressi nella lettura della lamina orfica di Hipponion», cit., pp. 229-230. " G . GiANGRANDE, «La lamina orfica di Hipponion», in Orfeo e I'Or/ismo, pp. 235 -248.

1 16

Commento

A questa interpretazione potrebbe far da sostegno il lacunoso téc5t ypa[ . . . al verso 1 3 di Petelia. Malgrado i numerosi tentativi di risoluzione dell'enigmatico verso", il pro­ blema di TJpiov non può dirsi del tutto superato. La recente lettura \tpév di Pugliese Carratelli sembra la più convincente. Tuttavia , tenendo conto che nel testo non si parla mai direttamente della dea Mnemosine, bensì del lago o dell'acqua di Mne­ mosine, si potrebbe sospettare che \tpév designi il luogo sacro o l'acqua sacra. Nel primo caso, 'ttpév sarebbe una forma sostantivata, dipendente dalla voce verbale Ei>Éptta. Sottintendendo il sostantivo uc5wp, l'incipit della lamina confermerebbe la sacralità dell'acqua di Mnemosine. La recente pubblicazione della lam inetta di Entella ha rinnovato l'attenzione al verso, perchè alla linea 2 della col. I Frel17 trascrive ] q1.vruu: oc; i\pwc;, cioè ] t Mvrul{E}oa oc; i\pwc;. Poiché della laminetta, l a cui esistenza è fondata solo sulla trascrizione d i Frel, manca persino una ripro­ duzione fotografica, qualsiasi congettura risultante dal confronto tra Entella e Hipponion è al momento arbitraria, anche se i due testi, a meno che quello di Entella non sia un falso, risalgono a un modello comune . Nell'incipit del formulario mnemosynio, la centralità della Memoria giustifica, secondo Pugliese Carratelli, l'ispirazione pitagorica delle lamine18, distinguendole da quelle thurine in cui gli sembra più palese l'influsso eleusino19• Mnemosine, personificazione divina della memoria, interagisce con l'esperienza spirituale del " Cfr., tra le altre, la proposta di G A BR I F.I . I .A R I CC I ARDEI.I.I APICEI.I.A , «L'inizio della lamina di lpponio», Athenaeum, 75 ( 1 987 ) , pp. 501 -503 che congettura bnov, epigraficamente corretto, ma forse superfluo dopo toOE . " H. LLOYD ]ONES, «On the Orphic Tablet from Hipponion », cit., p. 225 pensa a una corruzione di Eùpljow;. 1 1 ]. FREI., «Una nuova laminella 'orfica'», cit., p. 1 8 3 . " G. PUGLIESE CARRATELI.I, « U n sepolcro di Hipponion e un nuovo testo orfico», ci t . , p. 1 1 7 ; G . PuGI.IESE CARRATELI.I , «Mnemosyne e l'immortalità», in Tra Cadmo e Orfeo, pp. 379-3 89; PUGLIESE CARRATEI.I.I, Le lamine d'oro 'orfiche', cit. , p . 26. " Cfr. G . PUGLIESE CARRATELLI , «Un sepolcro di Hipponion e un nuovo testo orfico», ci t., p . 120.

Hipponion

1 17

mystes che, pronunciando la formula «della Terra sono figlio e del Cielo stellato>>, proclam a l'identità originaria che gli consente di accedere alla verità oltremondana20• La ÀlJ.lVTt, il lago da cui scorre l'acqua salvifica21 , evoca la dèa della Memoria, mentre l'acqua di fonte22, vietata all'iniziato, che costringe alla penosa ripresa del ciclo, è anonima. Il valore positivo di ÀtJ.lVTJ, evidente già nell'associazione con Mnemosine, si percepisce anche nel legame etimologico tra ÀlJ.lVTt e )u:q.lWv, il pra­ to, che nell'immaginario omerico indica la sede dei morti23 e nel paesaggio m isterico caratterizza la sede dei beatF'. Il legame etimologico tra i due termini, fondato sul comune sematismo relativo all'acqua umida e fertilizzante in uno spazio circoscritto2', potrebbe suggerire un nesso anche tra i due sintagmi MVTtJ.lOaUVTt>, come è segnalato nell'Etym . Magnum , s. v. 11f\lxw· cnumi.vEt ooo· tò çoooxmw t� où Kaì. 'I'UX"'Ì Kaì. tò 4Juaw, si rafforza la relazione «anima/animarsi>> su cui si fonda l'espres­ sione 1jroXaÌ. 11f\lxovtat47 «le anime che discendono alla prim a fonte si animano», chiarendo il motivo della distinzione tra destino di reincarnazione dei morti com uni

4 1 V. PROPP, Le radici storiche dei racconti di /ate, cit . , pp. 3 1 4-3 1 7 . " Cfr. PLUT. , fr. 1 7 8 Sandbach. " C. GAI.I.AVOTTI, «Il documento orfico di Hipponion e altri testi affini», ci t., p. 342 so­ stiene che al verbo 1jn\x•mla1 inerisce la nozione di raffreddamento e non quella di refrigerio. Concordano con questa interpretazione: MARGHERITA GIIARDIJCCI, •, cit. , p. 343 , propone di leggere vtfrt../ovcalovt at. " La lettura 'IIUXOiivtat è messa ora in dubbio dalla lezione vtfrt..ovtat attestata a Entdla. '° Cfr. L. ALBINUS, The House o/ Hades. Studies in Ancient Greele Eschatology, Aarhus 2 000. " PLAT . , Phaed. 1 1 3 a ss. " Cfr. ao,oOtÀòvEc;, legati per lo più a figure fem m inili divine gravitanti nella sfera ctonia: Sirene, Arpie, Kere, Erinni, Moire, Ate, e indirettamente Persefone, collocata, nell'Inno omerico a Demetra, al suo primo apparire nella pianura di Nisa, ai confini dell 'Oceano su un prato carico di fiori1 17• de discours religieux», in Discours religieux dans l'Antiquitl Actes du colloque de Besançon 2728 janvier 1 995, par M ARIE-M�DELEINE MACTOUX et EVELYNE G EN Y , Anna/es Littéraires de /'Uni­ versité de Besançon, Paris 1 995 , p. 2 1 . '"' Cfr. F. GRAF, «Textes orphiques e t rituel bacchique. A propos cles lamelles d e Pélinna», i n Orphisme et Orphée, pp. 94-95 . 1 10 A. MOTIE, Prairies et jardins de la Grèce antique, Bruxelles 1 97 1 , pp. 247 ss. ritiene che i p rati fioriti dell'aldilà siano una tra le immagini più persistenti per materializzare la soprawivenza dell'uomo; cfr. anche M. H. VELASCO LOPFZ, E/ tema del prado verde en la escatologia indoeuropea, diss. Valladolid 1 993 . 1 1 1 Per il prato asfodelio come sede dei morti, cfr. Od. I l , 539, 5 7 3 ; 24, 1 3 ; h. ad Mere. 2 2 1 , 344; per il prato come dimora delle Sirene, cfr. Od. 1 2 , 45-46; 1 5 9 . 1 1 2 HoM . , Od. I O , 509. 1 1 ' P1., fr. 129 Snell-Maehler; 0/. 2 , 7 1 -74. 1 1 ' ARISTOPH. , ran. 448-449. '" [PLAT.) , Axzoch. 3 7 1 c. 1 16 HoM . , Od. I O , 509. Per la geografia oltremondana orfica, cfr. OH 1 8 , 2 in cui si parla di Taptaptov >-E•�va. 1 1 7 H . H om. ad Cer. 7; cfr. OH 18, 1 3 ; 29, 12 in cui la vicenda di Persefone è associata al MtJ.!ùlv.

Commento

132

Ma, se il paesaggio omerico dell'oltre ha subito una rifunzionalizzazione nelle lamine persephonie, occorre interrogarsi se la metafora omerica non si celi anche dietro le lamine mnemosynie, dove gli ciÀaEa sono ormai ridotti a una ÀEut>, concesso a coloro che hanno scontato la pena, sembra confermare il significato del termine a P, Thu I, E. '" G . ZUNTL, Persephone, ci t . , p. 86 ritiene oscuro il riferimento pindarico alla perdita da parte dell 'anima dello s/a/us divino; M. L. W EST, I poemi or/ici, cit., p. I l O nota 82 interpreta l'antico dolore come offesa originaria, cioè spergiuro o spargimento di sangue; altri , tra cui H. J. RosE, >, éit., pp. 87 - 1 02 ; G ABRIELLA RICCIARDELLI APICELLA , «Le lamelle di Pélinna», SMSR , 5 8 ( 1 992 ) , pp. 27-39; M. G IA NG IULIO, «Le laminette auree nella cultura religiosa della Calabria greca: continuità e innovazione», in Storia del/Q Calabria. La Caillbria antica, II, a cura di S. SETTIS, Roma-Reggio Calabria 1 994 , pp. 8- 1 02 .

140

Commento

con chiari elementi in comune: la rinascita dell'iniziato15•, la preghiera a Persefone, l'annuncio dell'awenuta liberazione (EÀOOE) 160• ab 2. llEpaE416val . . . �liJCXlO verso i quali s'avvia l'iniziato di Thu 11 182• Il prato è un'immagine persistente nella tradi­ zione oltremondana greca, pur nel variare delle concezioni escatologiche. Risale a Omero e appartiene agli spazi sacri a Persefonel8l, ma ricorre anche nell'immaginario m isterico'�>, cioè i moni sfuggiti all'oblio delle tenebre, ai quali - come si legge nell'ultimo verso della lamina di Pélinna sotto terra spettano telea come agli altri beati. Il titolo di heros compete probabilmente al mono che ha rispettato le regole del thiasos iniziatico e, dopo morto, lo qualifica come esemplare di un 'aristeia etico-religiosa. Fuori dell'epica, infatti, tutti o quasi tutti gli eroi hanno in comune l'aver compiuto in vita imprese illustri al servizio della comunità, e sono onorati con culto eroico conservando una straordinaria potenza vitale e in qualche caso raggiungendo lo status divino. 2. J.l] E!lVTlJ.IÉ< v>or,. L' potrebbe riferirsi al destinatario della la­ mina e coincidere con il soggetto m ancante alla linea l: ba:'t dJ.l p.ÉÀÀ.fllat 9avEimlaL L'espressione J.l]EJ.lVflp.Éor, richiama il nome della dea Mnemosine, ma riflette an­ che l'esortazione a 191 , rivolta all'iniziato in Thu II.

1 4 - 1 9 . ELEUTHERNA a, b, MYLOPOTAMOS d

C,

e, f

Il testo delle sei laminette, anche se molto ridotto, comprende gli elementi essenziali della serie mnemosynia: il defunto è arso di sete e, dopo aver pronunziato 1 90 P l . , fr. 133 Sneli-Maehler.

191 G. PUGLIESE CARRATELI.I, «InTorno alla lamina orfica di ·Entella», cit., p. 3 02 , suppone dopo crul'l3oÀ.a la voce di un verbo, +uMoow o �l'i. cioè il suggerimento al mystes di tenere bene a mente o pronunziare i symbola comunicatigli durante la llUTJOttKOlOt KQÀEO!lÉVOlOt KQÌ BaK)(tKOlOt, t o um lit AìyultttOlOt KQÌ nuea-yopdotm. Nel codice fiorentino ' Op4otKOlOt è maschile, mentre nel codice romano deve intendersi come neutro . " BuRKERT Jìa O mero ai magi, ci t . , p. 65 ritiene che il verso l di Pélinna possa essere un commento a P1 . , fr. 1 3 7 Sn.· Maehl. oÌÒE !lèv �l ou tEÀEutav, oÌOEv OÈ Ot60Òotov àPJ(dv. " PLAT . , Phaed. 65 c.

Le tavole/le d'osso di Olbùz pontica

157

e la conversione della morte in vita è necessaria perché altrimenti tutto sarebbe morto e niente più vivrebbe2'. Sulla tav. l, subito dopo l'affermazione vita-morte-vita, quasi a sigillo della speranza nell'immortalità, è graffita la parola àÀ1'J8na26, termine dalla forte valenza mistica, sinora documentato nel lessico orfico solo al v. 7 della laminetta di Pharsalos in una formula di stampo omerico27: àÀTJ8EI.TJV Kata­ ÀÉ�at. La rifunzionalizzazione della formula introduce una nozione di verità in cui il vero si coordina con memoria e salvezza, e conferma, nell'etimo stesso, che verità è assenza di oblio Uethe) 28, fondando «l'autoevidenza del vero sull'autoevidenza del pathema»29• Nella tav. 2, allineate simmetricamente, sono incise due coppie d'op­ posti: E\p1\VTJ 1t6ÀE� e àÀ1'J8eta 'lfEilòo�. Gli antonimi della prima coppia richiamano testualmente il frammento 67 DK di Eraclito, dove l'antitesi si risolve nell'unità del 8e6�: ò 8e6� ft!!ÉPTI eUtjlp6VTJ, xeq.Jrov SÉ�, 1tOÀEJ.lO� E\p1\VTJ, K6po� ÀtJ.U)�. La seconda coppia àÀ1'J8eta 'lfEilòo� non ha paralleli nel sistema eracliteo30. Potrebbe richiamare, più coerentemente, la dinamica

" PLAT., Phaed. 72 c, cfr. anche PLAT., Gorg. 492 e (= EuR., fr. 638 N') in cui Socrate afferma che Euripide dice la , EPh, 25 ( 1 970) , pp. 443 -455 . " A. LAKS, Diogène d'Apollonie. La dernière cosmogonie présocratique, Lille 1 983 , p . 4 8 nota l . " Cfr. R. ]ANKO, «The Physicist a s Hierophant: Aristophanes, Socrates a n d t h e Au­ thorship of the Derveni Papyrus», ZPE, 1 1 8 ( 1 997 ) , soprattutto pp. 70-94. " W. BuRKERT, «La genèse des choses et des mots. Le papyrus de Derveni entre Anaxagore et C ratyle», cit. , p. 450. " CH. KAHN, «Was Euthyphro the Author of the Derveni Papyrus?», in SDP, pp . .55-63 . 27 W. BuRKERT, «Der Autor von Derveni: Stesimbrotos TIEpt tEM:toov?», ZPE, 62 ( 1 986) , pp. 1 -5 . " D. SIDER, «Heraclitus in the Derveni Papyrus», in SDP, p . 129. L a proposta di Epigene come autore risale a una conferenza di Lebedev del 1 996. " M . ]. EowARDS, «Notes on the Derveni Commentator», ZPE, 87 ( 1 99 1 ) , pp. 203 · 211. •• R. ]ANKO, «The Derveni Papyrus (Diagoras of Melos, Apopyrgizontes logot? ) : a new translation», cit . , pp. 1 -32.

1 68

Il papiro di Derveni

zato da Eraclito' 1 • Recentemente, al Convegno internazionale di Palm a di Maiorca, si è ripresa anche la questione dell'affinità tra l'autore di Derveni e gli stoici'2, mettendo in luce significative analogie e coincidenze ter­ minologiche con Crisippo con il conseguente spostamento della datazione alla fine IV-inizio III secolo a. c.n. Malgrado le diverse prospettive di studio, gli interpreti moderni sono generalmente concordi nel riconoscere il carattere religioso del papiro'\ ricavando dalla specificità della pratica ermeneutica del commentatore le allusioni a uno hieros /ogos orfico" e dall'uso rituale del papiro, bruciato sulla pira insieme al morto16, la funzione di vademecum oltremondano per iniziati orficiH. Una prova a favore di questa ipotesi sembra venire anche dall'iconografia. Su un'anfora a pula a figure rosse, risalente al IV secolo a. C . , conservata a Basilea, è raffigurato un giovane Orfeo, con lira e copricapo frigio, che canta e suona dinanzi a un' aedicu/a in cui siede il defunto con un rotolo di papiro in mano'8• " A . LAKS- G. W. Mosr, ç,, MT]nv Ka['t �Krov ) . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..] . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ) . . [ . ]Eta . . . . .

5

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Col. II

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5

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Fr. 2 incertae sedis, coli. I-II

1 83

. Erinni . . .

.

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_

. . ciascuno

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delle Erinni

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.

. . . Erinni . delle Erinni . . . essi onorano sono anime . libagioni a gocce . . . porti onori . . . a ciascuno un sacrificio d'uccello (inni) adattati alla musica . . . .

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1 84

10

I l papiro di Derveni

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ) .tKç>u[at . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ]a &iKT�c;[ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ] �TivttaK[ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ] . . . . _tg. [ . . . . . . . . . . . . ..

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IV. 2 IJ.E:tc;tf;l [t!l[v� Tsantsanoglou SDP p. 1 07 , Ooiivat Tsa.- Paras. p. 128 3 ha scripsi, :rà }anko 2002, l'lM.a 9"ÒÒÈ tcilv ciÀÀW J.l ltjXlnuJ.twv �Ka� [ov] , c)tà xoi(!>v civ ltl,lpC;lÒEtyJ.l]xaì. Kaì. 9uo[i]c;u p.[EI.Àli(J(Jç>ucn � (Ì [!:, 'lfUXtou àd] J.lÉXPl oil. [tEÀE]u:rçr,iou PfiJ.L«toc;, c!'>[c. ÒflÀ.Oi.] Kaì. tv toot E"Ì>K]ptvr'\tOO (l f1tEl 9]y� yàp bt.9ta(9at KEÀ]EOO«C. tO�ç_ cboì]v aùt [oiJc. ou n voJ.LOW!!:tEi.J.l cllfl [crt toi.c.] xoUoiç,, àÀÀà Òtbclmmv toiJc. tfl]v àKoTjv [àyveu]ovtac., Ka:r [à ] c;JEl:t ( .. ] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ] oot t [ .. ]Ey . [ . . . ] .. [ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . tv b]È toot txo J.L[Évoot ÀÉyEL· .. . . . . l :r .. !!.ty. [ . . . .

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VTI. J t [E Tsantsanoglou SDP p. 95 , t' [l'tv Janko 2002 4 [Àu]my Tsantsanoglou SDP p . 95 , 9É]my Janko 2002 ; Kait [ot] Tsantsanoglou SDP p . 95 , Kal t [à] Janko 2002 5 aut [ijt Tsantsanoglou SDP p. 95 , auw [ic; Janko 2002 9 EUK]ptv'l\tCol[t Tsantsanoglou SDP p. 95 , Eu9]puÀlltCol[t Janko 2002

Col. VII

1 93

. . . un inno che dice cose salutari e lecite; infatti egli faceva un discorso sacro con il componimento poetico, e non è possibile dire la soluzione delle parole anche se sono state pronunziate. Il componimento poetico è qualcosa di estraneo ed enigmatico per gli uomini; ma Orfeo con esso non voleva dire enigmi incredibili bensì grandi cose in enigmi. Dunque egli fa un discorso sacro, e sempre dalla prima parola fino all'ultima, come chiarisce anche nel ben noto verso; infatti avendo ordinato loro di mettere porte alle orecchie dice che non dà precetti al volgo, ma insegna a quelli che sono puri di udito . . . e nel verso seguente dice . . .

Il papiro di Derveni

1 94

Col. VIII

. . . . . . . . . . ]�Oijì-.ro[crt:v tv twt]OE twt �?t[ Et o]'i A� è�eytvo�o ["Òlu!pJI.Ev]éoc; Pwn>.:iloc;.

ISn:� &' UpxEtat, tv w ru"YOE Ofi]Àol: 5

lO

Zeùç, p..ÈV èn:ì. &t [:mtpò� èo] ù mpa �t [o]+atov cipx1'tv à) À.ICI'jV t' èy XE\peoO {t} ! [À)ap [ey K)UÌ. &l:tJWV(a) JCUÒpOV.

ta]Utu tà fltfl ùn:Ep�atà M[v]:t:u Àa�c;i[vEl. fa]ttv OÈ oo&' fxovta" ZE\>c; J.LÈV tn:E.Ì. t [1'tv l'ù..] KftV n:u]pà n:atpòc;, tou fÀa�EY Kaì. &ai.JWyçx [ KUÒp] c)v. XP'i oo]&' EXOVtU O"ÒK àKOUElV tòv �[va w c; tntKt6ç," O'Ò y(àpj Ò{)VEl oo (a)1tEp �Ò +wç,, àÀÀci vtV tv tWl a'ÒtWl Jl.É[vo]y aÙ'fl'l Kc;m;t[À]a�VEl. XP'iaal OÈ Kaì. QpKÉOal ta'Ò�ç) [&u]vatat. aKbjtaa9al OÈ XPI'I, t+' OOl KEttc;t[ l tò] QpKÉaal, 1tç, t&:l�roaEv, B[t]l o[ ............]. �[ . ..... ..... ..tà] t6v�a .l[ ..... .. ... ..... ..... ..... ..... M.9y �� ..... ..... ..

Xl. 10ft ÒÈ] ZPE 47, Tj o't] West 1 993 , Janko 2002 ; Hp]yO'Il autòv Kaì. tilla Katà [tòv a'Òtòv À]9yov. tc.i'>v è] 6vteù"f yàp évtavt [Cù]y [oi\1tCù Kp'llO!J.É]vCùv ... ..Mç, op[ .. . . ]v cj�Umv [ . . .... . . . . . ... ]v . . .... ]o. . à4>at.p[tl.]a9at 8 a-j>(top. cpfJm tl'Jp. tJamÀ] �iav Kpo'llO] !livCùv :r[c.i'>v] è[o]y:r(Cùv, .. ... . .tà M]vta

XIV. l tòv ZPE 47, tò{v} Rusten, Janko 2002 J 'HÀlou ZPE 47, ftÀlou Rusten, }an· ko 2002 1 1 oii1rc.> KpOOOf!.É:}vc.>v Tsantsanoglou ap. Laks-Most in adn . 12 Mc, op[ . . . . ]v ZPE 47, �c, òp[at ti)]v Janko 2002 14 tà tò]vta vel tà o]vta }anko 2002 in adn .

Col. XIV

207

. . . sprizzi fuori !'(etere) più luminoso e più caldo, separatosi da se stesso. Dice dunque che questo Crono nacque dal Sole alla Terra perché, tramite il sole, causò lo scontrarsi delle cose tra loro. Perciò dice: lui che fece una cosa grande. Quanto al verso successivo: Ura­ no, figlio di Euphrone, il quale per primo regnò, chiamando Crono l'intelletto perché fa scontrare gli elementi uno contro l'altro, (Or­ feo) afferma che fece una cosa grande contro Urano. Infatti gli tolse il regno. E lo chiamò Crono dall'azione, e le altre cose secondo lo stesso ragionamento. Infatti non scontrandosi ancora tutte le cose che sono . . . la natura . . . Ma dice che gli tolse il regno scontrandosi le cose che sono . . . le cose che sono . . .

Il papiro di Derveni

208

Col.XV Kp [o] \>EV aùtà xp9[c; cill ] llÀa, Kc;tft] ltoTJO'Tll tò[v tjÀt]ov xwpto9Évta �mçnf]vat Oi.x' àll:r'JÀ.wv tà è(>ym. xwp(t]ço�VO'Il yc',tp tOV ftÀ.lO'\l K(ll WtOÀ.afll3avo�vou èJ.l �OUll, m'J�ac; l!JXEl K(lÌ. taVUl9E toV ftÀ.lO'\l Kaì. tà K K«Ì. � ÈKÀ:r')lhl, OE&r')Ào>tat l:v toi.poòi.tT] c.l!v[o]�a9Tj. I1El9c.ò 8 , on el�ev tà t [6]vta ill.ijM> (l] 9'-Y· �[i.]KElV ÒÈ KaÌ. m;ffiElV tÒ am!)v. 'ApJ.Wvi.a ÒÉ, Bn lto[À.À.à crovij]pJ.lOOE twv t6vtcov Èl(aatV t1'lJ.14jn'xnv, lhl OU ltto tò exoc, Ò�EtEv civ ne; ciÀÀCùto ÀÉ'(Et ljlaivEtv a'imìv· E't yàp toi>to EÀE'(E, OUK ciJ.l ltOÀÀoÌ.c; f.P'l .paivElV autflv àÀÀ.à ltamv, àÀÀ.à 10Ì. ò N [ç>iJ]ç, fouv tci>v allcùy,

èéi.ç, ÒÉ, �tl aya9Jiç,. ÒflÀOl ÒÈ KaÌ. tv toi.OÒE toi.ç, fltEgt, �tl aya9fty OfiJ.l'llVEl. EpJlft, MatV ytvmto, u\.òç, eS' ]autftç, c'iv E['ifl . . . . . cS]ftÀDv, �u u[\òç, . . ] . . . . . ] tv tftl 0\l . [ . . . . . . . . ]liJlc!lotEp[ . . . . . . . . . . . a]yaSfl. [ . . . . . . . . . ] .a . . . . . [ .... . .. . . . . . . ).EV(J,l ( . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ·

5

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15

XXVI. 13 urtò.; Janko 2002 in adn.

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Col. XXVI

231

.. . madre, perché l'Intelletto è madre delle altre cose, sua, perché è buona. E chiarisce anche in questi versi che indica buona: «Hermes, figlio di Maia, messaggero, dispensatore di benP». E rivela anche in questo verso: «due vasi infatti sono piantati sulla soglia di Zeus, dei doni che danno, uno li dà cattivi, l'altro buonF». Ma quelli che non comprendono l'espressione, ritengono che si tratti della sua propria madre. Ma se veramente (Orfeo) avesse voluto dimostrare che il dio desiderava unirsi in amore con la propria madre, gli era possibile dire, alterando le lettere, con la madre di sé; così infatti sarebbe di­ ventato (madre) di se stesso; ed egli sarebbe figlio di lei . . . chiaro, perché figlio . . . entrambi . . . buona . . .

1 2

HoM., Od. VIII 335. HoM., Il. XXIV 527.

COMMENTO

I 7. n 3. IV 9.' Eptvl>EE>'7 • Nel frammento eracliteo, l'uso di dJ«!»p6VT\ al posto di Wl; tradisce il riferimento a una teogonia orfica in cui la Notte, a differenza di quanto è attestato nel mito di successione esiodea, noto anche a O mero" , non s'e­ splica come realtà notturna e privativa che presiede alla discendenza da Caos,., ma è l'entità cosm ica, che genera U rano e si manifesta come intelligenza (eu-phrone) ordinatrice del cosmo60• A tale tradizione fa esplicito riferimento il verso orfico ci­ tato nel papiro a XIV 6: Oòpavòy E-òc!»pov\.Òf\Y, l>c; 1tpWtl�9'0 PamM:uaEv. La de­ signazione di U rano con il m atronim ico E-òc!»pov\.Òf\c; e la sua qualità di ltpcbncrtoco Puaù..Et>c; contrastano con il modello cosmogonico esiodeo in cui U rano nasce da Gaia aup c!»I.À6tfltoc; tc!»q.I.Épou61 e solo Zeus diviene re alla fine62• Il verso orfico p resuppone la discendenza di U rano dalla Notte, d alla quale il dio erediterebbe il governo del mondo. Pur rispettando l'ordine teogonico esiodeo che procede in successione da U rano ( p rimo re nella teogonia di Derveni) a Crono (primo re nella teogonia di Esiodo)6J e quindi a Zeus, la teogonia di Derveni rivela differenze e deviazioni non solo da Esiodo m a anche dalla teogonia rapsodica in cui la successione procede da Erichepeo: >, in L'ùtcidenza dell'Antico. Studi in memoria di El/ore Lepore, I II , Napoli 1 996, pp. 32 1 ·330. 66 Il verso si legge anche in Hymn. ad Heracl. 7 . " Cfr. EusTH., a d Il. ! , 1 8 Katà t 'Ì V nÀÀ'l'fOplav ·oÀ.UJ.l"O ÒÀ.oÀ.aJ.l"'Ì>76 è formata da uovo, tunica e nuvola, e che le tre nozioni, cui i termini rinviano, esplicano una medesima funzione cosmogonica, proba­ b ilmente di involucro o di occultamento, si può ipotizzare, sulla base del legame fonetico e semantico tra vEcjlÉÀfl e vtcjl6El> citando come parallelo la spiegazione di Proclo ( OF 1 1 2 ) delle frase ltpCI)uato.; yallCJpéx;107 e con i jl.TJ0Ea108• L'ampiezza del consenso nei confronti dell'etimologia esiodea è evidente nel Crati/o109 in cui Platone dice che «non val la pena di contraddire Esio­ do>>, concordando sull'etimologia di Afrodite per essere la dea nata dall'cicl>péx;. In li­ nea con questa etimologia, anche Diogene d'Apollonia spiega tà ac!>poO'tma come esi­ to di un processo biologico secondo il quale lo spenna che, per effetto del calore , si agita e schiumeggia, è l ' aphros del sangue che detennina i rapporti sessuali""·

1 04

Ps. -ARIST, de mundo 401 b, 1 6 - 3 3 . "" Cfr. A. BERNABÉ, «Una forma embrionaria de reflexiòn sobre el lenguaje: la etimologia de nombres divinos en los 6rficos», in Revista espanola de linguirtica, 22 ( 1 992 ) , pp. 25-54. 106 Cfr. GABRIELLA PIRONTI , p6c; nel mare prima di raggiungere Dione ( = OF 183). "" PLAT., Crat. 406 d. Cfr. G. GENETTE, Mimologiques. Voyage en Cratylie, Paris 1 976, pp. 1 1 37 ; T. M . S. BA XTER, The Cratylus. Plato's Critique o/ Naming, Leiden 1 992 , pp. 130- 1 3 9. 1 10 DIOG. APOLL. , A 24 DK; cfr. anche A 1 9 ; B 6 DK. Cfr. A. LAKS, Diogène d'Apol/onie , cii . , pp. 44, 4 8 .

Commento

25 1

Nelle Rapsodie è attestata una doppia nascita di Afrodite, dai genitali recisi di U rano e dal seme di Zeus 1 1 1 , in ogni caso, attraverso il nesso semantico con a4>p6ç,. Non è im probabile che anche la teogonia di Derveni faccia riferimento alla doppia nascita di Afrodite, figlia di U rano, come si ricava dall'epiteto Oùpavi.a, generalmente designante la discendenza dal dio, e prima dea che nasce o rinasce da Zeus 1 12 accompagnata da A rmonia e Peithò. La coppia divina sembra svolgere lo stesso ruolo attribuito a Eros e Himeros nella Teogonia esiodea e a Zelos e Apa­ te nelle Rapsodie. I loro nomi confermano la relazione con la flt�lC,: Armonia, fi­ glia di Afrodite nella Teogonia di Esiodo l l l , è legata alla funzione armonizzatrice dell'accoppiamento, analoga a quella della mescolanza di cose affini durante il processo cosm ogonico; Peithò, di cui m anca il legame con Afrodite nella Teogonia esiodea114, indica il cedimento delle particelle nel cosmo e dei corpi nell'unione se­ condo un ordine, retto da misura e proporzione. Il commentatore, aggiungendo che alla dea «fu dato il nome di Afrodite, quando tutte le cose ora esistenti si mescolarono l'una all'altra>>, ribadisce il legame tra nome e azione, tra Afrodite e f.Lt> rifunzionalizzando probabilmente Il. 2 1 , 1 94 - 1 95 in cui O mero sot­ tolinea che né il gagliardo Acheloo nè il JlÉYa aElévoc; ' 0KEavoi.o possono competere con il sommo Zeus 1 2 1 • N e l papiro Acheloo, u n o dei figli di Oceano nella tradizione esiodea (Hes., th. 337 -340 ) , è una tappa successiva nella genealogia delle acque. Il commentatore, evidenziando la natura acquatica di Acheloo negata a Oceano, rifunzionalizza il verso, associando la forza grande di Oceano al vigoroso corpo del fiume per riba­ dire che «Zeus concepì una grande forza per se stesso>>. XXIV 10; XXV l. LEÀ1\V11 · Con l'aggettivo \.aop.Eì-..Tjc; il com mentatore fa ri­ ferimento probabilmente al disco lunare nella fase del plenilunio. Infatti, Selene, figura mitica che la tradizione esiodea presenta come figlia di Theia e lperione122, IZ, CEre, 24 ( 1 994 ) , pp. 1 2 4 , n. 4 8 . 7 Nei Cretesi di Euripide (fr. 3 Cantarella) l'iniziato ai misteri di Zeus Ideo, bovaro di Zagreus nottivago, è «santificato nel novero dei Cureti» e assume il titolo di �ci:K)(Ov8EJ.l« · civw KMaaoo o cl>ll!Jl, favorendo l'interpretazione di symbo/a come parole propiziatorie o salvifiche, comunicate all'iniziato durante la �u11mc;9, da tenere a mente o pronunziare durante il rito. Bernabé, invece, integrando la lacuna cp[ del v. 19 e cpE [ del v. 20 con il nome della dèa Perse­ fone, introduce Un inatteSO riferimentO a cru�OÀa (EpaEcpoVT\t10, problema­ ticO in una lamina con pieno formulario mnemosynio. Nelle altre lamine d'oro orfiche il termine cru�oÀa manca, ma le la­ mine stesse, su cui sono iscritte istruzioni destinate al morto per guidarlo nel viaggio oltremondano o invocazioni dirette a divinità infere per ortenerne la benevolenza, si presentano come segni dell'appartenenza del defunto a una comunità di devoti dionisiaci, cui sono riservati una particolare zona sepolcrale1 1 e uno speciale destino oltremondano. La rarità di questa tipologia di documenti e la mancanza di iscrizioni in lingua greca su oggetti d'oro nella produzione epigrafica dell'Italia antica in epoca anteriore al V secolo a. C. - data a cui risale la più antica lamina d'oro magnogreca, che è quella di Hipponion - ha costretto gli studiosi a confronti con materiale aureo d'origine e ispirazione molto diverse 12• G. Zuntz, al quale si deve un'ampia classificazione del materiale aureo inscrittoll ad allora ritrovato, ha sostenuto che le lamine sono oggetti sin­ golari, talvolta riutilizzati come talismani o amuleti, non associabili né alle

' G. PuGLIESE CARRATELLI, «Intorno alla lamina orfica di Entella», cit. , p. 302. 10 A. BERNAB�. «La laminetta orfica di Entella», cit., pp. 58-59. 11 Cfr. l'iscrizione cumana del V secolo a. C. oi> 6ÉtJ1S Èvtoiiea KE1a6at 't I1'Ì tòv �Ej3aJO(E\IfJÉVOV: L. DUBOIS, Inscrzptions grecques dialectales de Grande Grèce, cit., n. 19. Sull'iscrizione, cfr. FLAVIA FRISONE, Leggi e regoÙJmenli funerari nel mondo greco. l. Le fonti epigrafiche, Lecce 2000 , pp. 45-55. 12 Sulla funzione delle lamine d'oro, cfr. M. TORTORELLI GHIDINI, ptKEltatc; civE �IDtaKpivw l>uiKtOpoc, l>taÀilw l>tattÀÉw l>t&imcw l>il>w111 l>tflYÉO IUll l>tlat fllll l>iKatoc,

PGURÒB

Thu III 4; Thu IV 5 Thu I 4

OalW.Vfl

I>Etvc)ç I>EE,tc}ç

PDERVENI

E 13, 17; H I l , 14 ; P 8, IO; Ph 9; Phe l

XXII 13 XXII 1 2 , 1 3 XV 1 2 ; XXV, 6 ; XXVI 1 3 VII 8; VIII ! , 3 ; XI I l ; XIII 2, 3 ; XVI l, 9, 13; XVII 4 , 9; XXI l, 14; XXII 13; XXIV 2 ; XXVI 2, 5 XXII 9, 1 2 V, 7 ; IX 7 ; X 4 ; XIV, 4 , 5 ; XVII, 3 , I O ; XVIII IO, 1 2 ; XXV 6 XXI 1 4 , 15 XXVI 4 x 12 XVII 7 VII 1 1 ; X, 3 , 4, 5 , 6, 8, I O I V 2 ; XXVI 7

xv 8; xxv 12 xv 2, 9 Thu IV 4; Thu V 4

I 3 , 6 , 2 1 , 24

I 27

OLBIA

Vocabolario or/t·co

286

LAMINE D'ORO

t.iKT) fll6VllOOC, &oc, c'iixa c'ii'Vtl

I 23 R4 C a-/. h i ; E 1 3 ; H I l ; P 8; Ph 9; The l

xv 2

XXVI 6 VIII 1 1 , 12; IX 3 ; XII 3 ; X X .5; XXIII 6; XXIV 4; XXVI 8 E 4; H 2; P l ; Ph l

&uva l'm c'i1lvaf11C, c'iuvatÉw Mvw/&uw c'ic.ipov c'ic.itwp !:autoii/!:wuwii

Thu III 7 R3

!:ciw ÉyyLVOfJQl tyy1\8tv tyKataÀÉyw !: yclJ

H5

�boe, [ c'ipa

PGuROB

OLBIA

IV 9, 12

c'iol6c, bOKÉW

c'i6J.UX,

PDERVENI

VI 2; X 3 , 8; XI 5 ; XXII l XII I l ; XXV 9 XXIII 9 Xl 3 XXVI 7 XXVI 4 IV 7, 8; IX 3; XIV 2; XX 14; XXIII 5, 7; XXVI 9, 12 IV 4 XXIII 13

I Il

XXIII I l , 1 3 1 5 , 2 1 , 22

C a, b, c, d, e, /, l; c b, /. h, 2; c h, 5; E 1 3 ; P 7 ; P h 9; Th e l , 2, 6 ; Thu I 4; Thu III 3, 4 ; Thu IV 3, 5, 7; Thu V 3 , 5 , 7 XII 2 Thu IV 7; Thu V 7

tav.

l, 2, 3

Vocabolario or/ico

287

LAMINE D'ORO

tefl..w/BfÀw d6oc; Ei.Kaçw ElK(i) Ei. !ll

Etf.U

Etttp E'i1tOV

C a, b, c, d, e, 3 ; C d, f , h, 4; E 9, 1 2 ; H 2, 7 , IO, 1 1 ; P 5 , 6, 8; Ph 5, 8, 9; The 4 ; Thu I 5 ; Thu I I I 3 , 9 ; Thu I Y 3 ; Thu V 3

PDERVENI

PGURÒB

OLBIA

VII 6; XII 8; XXII 3 , 5 ; xxv l O; XXVI 9, I O XVII 8 XIII 9; XIX 8 XXI IO, 1 1 II 5 ; III 8; I V 7 ; V IO, 1 1 ; VI, 3 , 8, IO, 1 3 ; VII 4 ; VIII 6, 7 ; IX l, 2 , 6, 7 , 8; X 2, 6, IO; XI 1 2 ; XII 4 , 6, I O , 1 2 ; XIII 8, l O, 1 1 ; XIV I l , 1 4 ; XV 2 , 8 ; X V I l , 2 , 6, 7 , 8, IO, I l , 1 2 , 1 3 , 1 4 ; X V I I l , 2 , 3 , 6, 7 , 8, 9, I O , 1 3 ; XVIII l, 2 , 4 , 6, 8, 9, I l , 1 3 ; XIX 1 , 6, 7 , I l ; XXI 9 , IO, 12, 1 3 ; XXII 1 1 ; XXIII 2 , 3 , 6, 1 3 ; XXIV l , 2 , 5 , IO; XXV 3 , 4 , 5 , 6, 9, I O ; XXVI l, 8

H 2; R 4 E 1 2 ; H IO; P 6; Pe a 2; Pe b 2 ; Ph 8

Elpll VT) ElpoiUll

E IO; H 8; Ph 6

tic;

Pe a, 3 , 4 , 5

Elpwv 7rov9avoJ.Uit ri>p xw patòlwc;

XXIII 2; XXIV 3 , 7 Vl 7 XVI 5; XXlll 6 IV 7 V 7; IX I l ; XIII 5 XVII l ; XVlll 9; XX 7 , I l ; XXIV 5 XX 9 Vl 9

Thu Il l E 9, 1 4 ; H 7; P 5 , 9; Ph 5

1tpp6 V!1atilÀII� 4>uÀaoaw

PGURÙB

XXV1 4 VII 2; XXII I l

Thu III 3 ; Thu IV 3; Thu V 3

E 16; H, 1 3 ; Pe o, 7; Thu III 7

ilatatoc; 'UlVOf!UI 'aivw

4lwvtw xaipw xEip xOovlOç,

PDERVENI

E 6; H 4; Thu II l E 9, 1 4 ; H 7, 12; P 5 , 9; Ph 5 E 6; H 4

tav.

II 5; VI l, 4, 8, lO, 13

XII 1 2 ; XXI l x 12 IV 6; VIII 7 , 9; XII l ; XIII 3; XIX 9

H ll XXIII 3, 6 I2 Thu IV 7; Thu V 7

XXIV IO, l l VII 8; VIII 9; XII 2; XIV 1 2 ; XX 8, 1 5 ; XXII l; XXIII 12; xxv 7 IX l l ; XI 3 ; XX 7 ; XXII 1 0 VI 5; IX 2, 1 4 ; XVI 1 1 ; XVII 5 IX 7; XXI 1 5

2, 3 3

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