Fascismo di pietra
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EMILIO GENTILE

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FINO AL COMPLESSO DELLEUR. EMILIO GENTILE RACCONTA LA STORIA DEL CONNUBIO FRA ROMANITÀ E FASCISMO, DALLA TRIONFALE ASCESA ALLA TRAGICA DISFATTA.

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Non si comprende il fascismo, e tutto

quello che ha significato in Italia, [Vico]efe MSN RIESI)

se non si comprende il mito fascista della romanità e dell'impero. La nuova civiltà del duce, che aveva la pretesa di essere universale quanto quella romana nel mondo antico,

ha lasciato la sua impronta, vistosa e indelebile, nelle strade e nelle piazze. La monumentalità del regime

rappresentava la visione fascista

del passato, del presente e soprattutto

del futuro. Consacrare nella pietra un

esperimento totalitario per trasformare

gli italiani nei Romani della modernità. Non fu la Roma antica a romanizzare il fascismo, quanto il fascismo a fascistizzare la Roma antica e la sua storia. Rimodellando la pietra, il duce manipolava l'esistenza e l'identità di una città e di un popolo, e ne seppelliva insieme la libertà, sacrificandola alla propria ambizione.

FL III. CI=t ALI LEMS

(O) iietogie Mii Celtale

internazionale, insegna Storia contemporanea all'Università di Roma La Sapienza. Nel 2003 ha ricevuto dall'Università di Berna il Premio Hans Sigrist per i suoi

studi sulle religioni della politica. Tra le sue opere più recenti, SR AE

Lo storico e il personaggio (2003, trad. in francese); La Grande Italia.

Il mito della nazione nel XX secolo (2006, trad. in inglese); La democrazia di Dio. La religione americana nell'era dell'impero e del terrore (2006?, Premio Burzio 2007, trad. in inglese); Le religioni

della politica. Fra democrazie e totalitarismi (2007?, trad. in

inglese, francese, ceco); Fascismo.

Storia e interpretaziane (2007°,

trad. in francese, spagnolo, greco); Il culto del littorio (2007'', trad. in inglese, francese, spagnolo). In copertina: La fontana della Sfera nel Foro Italico, opera di Mario Paniconi

e Giulio Pediconi. Foto dall'album Il viaggio del Fihrer in Italia, 1938. © Museo di Storia della

Fotografia Fratelli Alinari, Firenze.

Progetto grafico: www.mekkanografici.com

Di Emilio Gentile nelle nostre edizioni: Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell'Italia fascista La democrazia di Dio. La religione americana nell'era dell'impero e del terrore Fascismo. Storia e interpretazione Il fascismo in tre capitoli La Grande Italia. Il mito della nazione nel XX secolo Il mito dello Stato nuovo. Dal radicalismo nazionale al fascismo Le origini dell'ideologia fascista.

1918-1925

Le origini dell'Italia contemporanea. L'età gioiittiana Le religioni della politica. ·Fra democrazie e totali carismi Renzo De Felice. Lo storico e il personaggio Stor-ta del partito fascista. 1919-1922. Movimento e milizia

A cura di Emilio Gentile nelle nostre edizioni: L'Italia giolittiana. La storia e la critica

EMILIO GENTILE

FASCISMO DI PIETRA

Editori

. Laterza

© 2007, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2007 Progetto grafico di Silvia Placidi l Graficapunroprinr Consulenza iconografica di Manuela Fugenzi

L'Editore è a disposizione di rurri gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte, là dove non è stato possibile rinrracciarli

per chiedere la debira autorizzazione.

Proprietà letteraria riservata

Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di scampare nell'ottobre 2007 SEDlT - Bari (lraly) per conro della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-8422-8

PROLOGO

PAROLE, PI ETR E, MITI

Il «fascismo di pietra>> è la vistosa e indelebile impronta che il re­ gime di Benito Mussolini ha lasciato sul suolo italiano per i seco­ li futuri. Nei monumenti, negli edifici, nelle strade, nelle piazze di antiche città d'Italia, come nelle città nuove fondate dal duce, si è materializzata una concezione dell'uomo, della vita e della politica che negli anni fra le due guerre mondiali sembrava pros­ sima a diventare, nel mondo moderno, il modello di una nuova civiltà imperiale, che pretendeva di essere universale come uni­ versale era stata la civiltà romana nel mondo antico. Il fascismo condensava nel mito di Roma e dell'impero la sua visione del passato, del presente e del futuro. Pertanto, non si comprende il fascismo e la storia del fascismo, per tutto quello che ha signifi­ cato in Italia, in Europa e nel ventesimo secolo, se non si com­ prende l'origine e la natura del mito fascista della romanità e del­ l'impero. Analizzare questo mito e ricostruirne la storia nei suoi aspetti essenziali, è stato lo scopo dell'autore di questo libro. Roma e impero furono le parole più frequentemente usate nella retorica fascista. Furono espressione di miti che sedussero laici e cattolici, civili e militari, menti semplici e menti elette, spe­ cialmente durante i mesi della guerra d'Etiopia e nelle giornate della >; e insultavano con i loro motteggi i governanti : >. Questo diceva Mussolini nel marzo 1921 a un suo collaboratore, il quale gli fece osservare beffandolo che a Piazza Montecitorio non c'era spazio di atterraggio. Seccato, Mussolini replicò: > 2 • E ancora, il 26 maggio 1922, Mussolini espresse su > . Introdotto da Mussolini nel 1923, l'uso di indicare l' an­ no dell'era fascista accanto all'anno dell'era cristiana fu adottato ufficialmente nel l 9277• L'anno fascista era scandito da un calen­ dario di ricorrenze, riti e cerimonie, deliberato annualmente dal Gran Consiglio; tre giornate erano riservate alla celebrazione de­ gli awenimenti storici del regime e del partito: il 23 marzo, data di fondazione dei Fasci di combattimento, fu dedicato alle forze giovanili organizzate dal partito, con lo svolgimento del rito della Leva fascista; il 21 aprile, per celebrare le forze del lavoro e della produzione, e il 28 ottobre, inizio dell'anno fascista, per rievoca­ re ed esaltare l'awento al potere delle camicie nere. Durante il re­ gime, altre ricorrenze entrarono a far parte del calendario, come la conquista dell 'Etiopia (5 maggio) e la proclamazione dell'im­ pero (9 maggio) . Le cerimonie più solenni per la celebrazione delle giornate fasciste si svolgevano a Roma, alla presenza del du­ ce o del segretario del partito. Nuovi spazi e nuove costruzioni fu­ rono create nella capitale per ospitare i riti del culto del littorio: le esigenze della liturgia di massa furono parte importante nei progetti di trasformazione della vecchia Roma e di costruzione della nuova Roma mussolinea. Tutta la vasta area compresa fra il Colosseo, i Fori imperiali, l'Altare della Patria e Piazza Venezia divenne lo scenario per le celebrazioni del fascismo e le grandi adunate di massa per ascol­ tare la parola del duce dal balcone di Palazzo Venezia. L'ampio spazio aperto fra l'Altare della Patria e Palazzo Venezia, dopo le demolizioni dei quartieri esistenti, fu denominato Foro italico e successivamente Foro dell'impero fascista. Piazza Venezia assun­ se così, nella simbologia e nella liturgia del regime, il carattere del della religione fascista, dove erano celebrati i riti più solenni del culto del littorio: ciò conferì allo stesso Palaz­ zo Venezia, divenuto dal 1 6 settembre 1929 la residenza di lavo-

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ro del duce, un valore di predominanza simbolica e politica nel­ la rappresentazione dello Stato fascista, rispetto al Palazzo del Quirinale dove risiedeva il reH. Il monumento a Vittorio Emanuele II, il massimo luogo di culto patriottico realizzato dall'Italia liberale, per il quale il du­ ce e i fascisti non nutrivano simpatia, fu relegato in una dimen­ sione simbolica ausiliaria rispetto a Palazzo Venezia. Margherita Sarfatti lo derideva come «un nuovo falso altare di ricostruzione pergamea)) o >. Quale che fosse il loro diverso modo di intendere l 'arte e il fascismo, essi misero al servizio dello Stato fascista il loro talento e la loro perizia per­ ché aderivano politicamente al fascismo, erano affascinati dall'e­ sperimento totalitario, che incitava intellettuali e artisti a costrui­ re una nuova civiltà, ed erano essi stessi, con la loro opera, arte­ fici della cultura e dell'arte del fascismo: creatori e interpreti dei miti totalitari del fascismo, quanto lo era Mussolini, e forse, per

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molti aspetti, lo erano molto più del duce stesso. Se le massime ideologiche del duce, impresse nelle strade, nelle case e nelle piazze, sono state cancellate dall'antifascismo e dal tempo, la pietrificazione dell'ideologia fascista, realizzata dagli architetti e dagli artisti, è rimasta indelebile a rappresentarne i miti e gli ideali. Pur ispirandosi alle idee e alle direttive del duce, essi contri­ buirono in modo personale, secondo il loro talento e la loro ca­ pacità, e talvolta con polemico spirito di indipendenza, a dare espressione ai miti fascisti materializzandoli nelle loro opere1 2• Consapevoli del significato e della funzione politica della loro opera, architetti e artisti collaborarono con entusiasmo alla at­ tuazione dell'esperimento totalitario, nel campo delle loro com­ petenze, convinti di partecipare con Mussolini alla creazione di una nuova civiltà italiana, che avrebbe rinnovato nel ventesimo secolo la missione universale della civiltà romana. Il fu il risultato di un eclettico sincretismo stilistico, espres­ sione della varietà di interpretazioni della romanità fascista, se­ condo differenti e talvolta opposte concezioni estetiche, fra tra­ dizione classicista e innovazione razionalista. Tuttavia, anche se fra loro, gli artisti e gli architetti fascisti, non diversamente dagli intellettuali e dai filosofi fascisti, non erano unanimi nel modo di intendere e interpretare il rapporto fra tradizione e moder­ nità, lavorarono tutti nella stessa direzione, alla ricerca di uno sti­ le estetico adeguato a rappresentare la nuova civiltà fascista 1 3• Il duce si schierò pubblicamente in favore dell'architettura razionale e incitò gli artisti a creare uno stile fascista cfie fosse as­ solutamente moderno, anche se spesso cedette, specialmente dopo la conquista dell'impero, alle pressioni dei sostenitori del classicismo. Questi ultimi, capeggiati da Piacentini, furono abba­ stanza abili nel temperare la retorica decorativa del loro classici­ smo romaneggiante, per adeguarsi all'esigenza di apparire mo­ derni, semplificando e irrigidendo l 'imitazione della romanità classica. Tuttavia, per esplicita volontà di Mussolini, non ci furo­ no direttive coercitive per definire lo stile unico di un'arte o ar­ chitettura di Stato. Ciò che maggiormente appassionava il duce non era il dibattito sulla scelta di un autentico stile fascista, ma la prosecuzione decisa, costante e celere della costruzione della

6. I l nuovo Serbatoio di Via Eleniana, 1 93 5 . 7 . La Casa Madre dei Mutilati, 1 92 8 .

Roma imperiale dell'era fascista, scegliendo di volta in volta lo stile che soddisfaceva la sua idea di monumentalità. Il sincretismo eclettico del «fascismo di pietra» appare evi­ den te se si mette a confronto, per esempio, lo stile massiccio, im­ perioso e militaresco di taluni edifici, come l'imponente e ruvi­ do Serbatoio, opera dell'architetto Raffaele de Vico, l 'arcigna se­ verità, da maniero medioevale, adottata da Piacentini nella Casa Madre dei Mutilati o nel ministero delle Corporazioni, da una parte, e dall'altra lo stile egualmente volitivo e deciso, ma nitido e solare, adottato da Moretti per la Casa del Balilla. La diversità di concezioni e di stile fu spesso motivo di aspre polemiche fra architetti e artisti, ma non impedì loro di coope­ rare in talune delle più importanti opere del > 15 aveva scritto il giovane Del Debbio nel 1918: dieci anni dopo, egli mise in pratica i suoi proposti nella costruzione del Foro Mussolini. Il nucleo centrale del Foro era l'edificio dell'Accademia Fasci­ sta di Educazione Fisica, composto di due blocchi simmetrici, con­ giunti da un blocco centrale trasversale, intonacati in colore rosso pompeiana, sul quale si stagliavano, con ritmica cadenza, alte fi­ nestre incorniciate da sottili colonne sormontate da timpani spez­ zati di marmo bianco. Attraverso un passaggio ad arco, sotto il blocco centrale dell'edificio, si accedeva allo Stadio dei Marmi, co­ stituito da dieci ordini di gradinate, che potevano contenere ven­ timila spettatori. Lo stadio era coronato da sessanta statue marmo­ ree alte quattro metri, raffiguranti, con nuda virilità, muscolosi atleti distinti secondo la loro specialità sportiva. Alle spalle dell'Ac­ cademia, era lo Stadio dei Cipressi, formato da terrazze tagliate nel fianco della collina, con una capienza di centomila spettatori.

Alle pagine precedenti. l O. Veduta aerea del Foro Mussolini, ca. 1 93 0. l l . Lo Stadio dei Marmi con le statue di atleti donate dalle province italiane. 1 2 . Mosaici di pavimentazione del Foro Mussolini.

5 . Roma mussolinea

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Nell'ampio piazzale antistante il complesso architettonico si ergeva il massimo simbolo monumentale del Foro Mussolini: un gigantesco monolite di marmo bianco, alto diciotto metri, dedi­ cato al duce, al quale era stato donato da un gruppo di industria­ li di Carrara nel 1927. Il taglio del monolite nella cava di Carrara e il suo trasporto nella capitale, per terra, per mare e per fiume, prima montato su un carro trainato da sessanta buoi, poi condot­ to per mare su un naviglio costruito appositamente, col quale fu risalito il Tevere fino ad approdare nei pressi del Foro Mussolini, furono rappresentati come un'impresa epica, che durò oltre tre anni, fra la partenza dalla cava nel 1928 e l'installazione nel Foro Mussolini, awenuta nel maggio del 1932. Sul monolite, opera del­ l'architetto Costantino Costantini, era inciso verticalmente, a grandi caratteri, . Inaugurato dal duce il 4 novembre 1932, il Foro Mussolini, sebbene ispirato alla romanità antica, era stato concepito e rea­ lizzato per essere un modello della nuova romanità fascista. Ol­ tre che essere «un complesso di edifici, di stadi e di campi sod­ disfacenti alle più moderne esigenze dello sport>> , spiegava nel 1933 Mario Paniconi, uno degli architetti che collaborarono al­ la sua costruzione, «Si è voluto che il Foro Mussolini avesse un significato più alto e più completo, quasi una celebrazione so­ lenne alla imperitura giovinezza e forza italica, quasi un inno al Fascismo che questa giovinezza ha inquadrata, organizzata, animata, per awiarla ai più alti , immancabili destini. Ne è sor­ to un insieme monumentale che si può riallacciare per ricchez­ za di marmi, per opere d'arte, per grandiosità di linee ai più so­ lenni monumenti dell'antichità romana>> 16• Dall'anno dell' inaugurazione fino agli anni della guerra mondiale, il Foro Mussolini continuò ad ampliarsi, con variazio­ ni che ne modificarono la struttura originaria, ma non alteraro­ no, anzi accentuarono la sua funzione simbolica e monumenta­ le per perpetuare nei secoli la nuova romanità fascista. Nuove opere furono aggiunte al complesso originario, come il Palazzo delle Terme, iniziato nel 1933 e ultimato nel 1937, con una gran­ de piscina coperta e decorazioni parietali a mosaico raffiguranti personaggi mitologici e atleti in attività ginnica e sportiva. I n asse con l ' obelisco Mussolini, fra il 1933 e il 1 935 fu rea-

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Fascismo di pietra

lizzata la Fontana della Sfera, opera degli architetti Mario Pani­ coni e Giulio Pediconi, simbolo cosmico di perfezione e di eter­ nità, costituita da un blocco di marmo con un diametro di tre metri, situata alla fine di un ampio viale, denominato Piazzale dell'Impero, pavimentato in marmo bianco e decorato con mosaici a tessere nere, raffiguranti eventi e opere del fascismo, personaggi della mitologia, scene bucoliche, arti e mestieri, flora e fauna, esercizi ed emblemi delle attività sportive, ac­ compagnate da stilizzate sagome di fasci littori e dalla sigla ONB, ripetuta frequentemente insieme alla parola

DUCE,

come

a voler rappresentare visivamente le grida scandite di un coro. Ai lati del viale furono collocati, allineati in due sequenze, squadrati blocchi di marmo, su ciascuno dei quali era incisa una epigrafe che ricordava un evento fondamentale del fasci­ smo, sin dalla fondazione del «Popolo d'Italia>>. Nell'aprile 1936 fu inaugurata da Mussolini la Casa delle Armi, opera di Luigi Moretti, un architetto di venticinque an­ ni, chiamato da Ricci nel1933 a sostituire Del Debbio nella di­ rezione dell'ufficio tecnico dell'oNB e nella pianificazione ur­ banistica del Foro Musso lini17• La Casa delle Armi, in puro sti­ le razionalista, con bianche e nitide superfici marmoree, intro­ dusse un elemento innovativo nella fisionomia originaria del Foro Mussolini. Il Foro, affermava Moretti nel 1936, > 24• Tutto l'imponente lavoro di demolizione e di costruzione compiuto dal regime fascista, awenne sotto lo sguardo auto­ ritario e vigile del duce, che voleva occuparsi personalmente di ogni cambiamento, riservandosi sempre e su ogni cosa la decisione finale . 1 !,, Il verso dantesco , citato dall'arcivesco­ vo di Milano per esaltare la missione provvidenziale della Roma an­ tica rinata nella romanità fascista, ebbe grande fortuna nella nuo­ va Italia imperiale. Divenne il motto dei cattolici che nel mito del­ la nuova Roma votevano fondere più intimamente cattolicesimo e fascismo, a maggior gloria della fede cattolica e della Chiesa. Con lo stesso motto e lo stesso proposito, l'Istituto di studi romani - fon­ dato nel 1925 con lo scopo di elaborare e diffondere, insieme con gli studi scientifici, il culto della romanità cattolica e fascista - or­ ganizzò nei primi mesi del 1936 un ciclo di conferenze sulla roma­ nità, al quale parteciparono alti prelati della Chiesa. Il ciclo iniziò il 6 febbraio con una conferenza intitolata tenuta dal cardinale Eugenio Pacelli, all'epo­ ca segretario di Stato di Sua Santità. Roma, disse il cardinale, era 20. Forse era solo una coincidenza, ma parlando del mistero di Ro­ ma e del suo destino provvidenziale, il cardinale Pacelli pareva fa­ re eco ad analoghe parole . Infine, concludeva il duce, «Roma ha un carattere sacro, anche perché qui fu portato il Fante Ignoto, simbolo di tutti i sacrifizi di quattro anni della nostra guerra vittoriosa e ancora bisognerà ricordare che sul Campidoglio, sul colle sacro dell'umanità, c'è un'Ara che ricorda i caduti della nostra rivoluzione!>>22• E alla nuova Roma mussolinea, il duce rivendicava un nuovo attributo di sacralità, derivato dal fa­ scismo stesso, come espressione di una terza epoca della romanità, dopo la Roma dei Cesari e la Roma dei Papi. Per il duce, la sacralità conferita a Roma dal cristianesimo era un elemento aggiuntivo, e neppure predominante, nella sacralità intrinseca della romanità. La consacrazione della continuità spirituale fra la Roma antica e la Roma fascista, fra i grandi imperatori e il duce imperiale, fra l'impero romano e l'impero fascista, una continuità entro la qua­ le era inserita anche la Roma dei Papi, fu suggellata solennemen­ te un anno dopo la riapparizione dell'impero a Roma, con una grandiosa mostra aperta nella capitale il 23 settembre 1937 per ce­ lebrare il bimillenario della nascita di Augusto, alla vigilia del viag­ gio del duce in Germania su invito del Fiihrer. L'annuncio della visita in Germania, in coincidenza con l'inau­ gurazione della mostra augustea, aveva messo in grande ambascia l'archeologo Giglioli, direttore generale della mostra: il 4 settem­ bre egli aveva chiesto al sottosegretario alla Presidenza del Consi­ glio di anticiparne l'apertura per assicurare la presenza del duce. > , sotto la guida del duce, aveva ripreso cela sua fa­ tale missione». Dedicata ad Augusto e alla romanità, la mostra era in realtà do­ minata dalla onnipresenza del duce imperiale. Per merito Vostro, per la prima volta è stato raccolto tutto il più insigne patrimonio di memorie d 'arte e di storia a noi giunto dal tempo Romano; ciò non potevafarsi che in Roma e d(J,l/1talia Fascista. [ . . . ] Due sezioni vo­ glio espressamente ricordare. Una è quella della Chiesa Cristiana, studiata nei primi cinque secoli, quando a Roma ebbe il suggello della sua universa­ lità. L'altra è quella che ricorda il tramandarsi dell'Idea Imperiale Roma­ na attraverso gli spiriti magni, fino alla risurrezione deU1talia come Na­ zione unita e indipendente e alla risurrezione, dopo quindici secoli, dell 1m­ pero stesso di Roma, per opera Vostra, o DUa�.

l l . Mostra Augustea della Romanità, Sala di Augusto. 1 2 . Mostra Augustea della Romanità, Sala dell' Esercito.

Perciò - permettetemi di ricordarlo - in tutta la Mostra l'opera Vostra di civis romanus èpresente e animatrice; non solo in Vostri detti, ma nello spon­ taneo inevitabileriavvicinamento di tante Vostre azioni a quelle deipiù gran­ di Romani di duemila e più anni fa, Romani dei quali, come dice lo stesso nome Romagna, la Vostra regione natale conseroa più di altra inalterati il sangue e lo spirito. [ ] Come nei templi Roma e Augusto divennero un bi­ nomio inscindibile, e noi, nella luce radiosa dell'a/ha del nuovo Impero di Ro­ ma, possiamo e dobbiamo rievocare ifasti dell'antica nobiltà della stirpe. ...

Il giorno dopo aver inaugurato la Mostra della Romanità, Mus­ solini intraprese il viaggio nella Germania hitleriana. La visita durò dal 25 al 29 settembre. Il mito di Roma accompagnò il duce impe­ riale nelle giornate trascorse fra gli osannanti festeggiamenti nazi­ sti. Fino all'inizio degli anni Trenta, anche dopo l'ascesa di Hitler al potere, Mussolini aveva ridicolizzato pubblicamente il nazional­ socialismo per le sue dottrine razziste e neopagane. La pubblicisti­ ca fascista lo aveva assecondato impegnandosi a dimostrare l 'in­ compatibilità fra nazionalsocialismo e fascismo, fra germanesimo e romanità. La diffidenza verso la Germania nazista non scompar­ ve neppure quando, nella seconda metà degli anni Trenta, i due regimi si scoprirono affini e solidali. ((Basterà la solidarietà di Regi-

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me a tenere veramente uniti due popoli che razza, civiltà, religio­ ne, gusti respingono ai poli opposti?>>24, si domandava nel suo dia­ rio, al ritorno dal viaggio in Germania, Galeazzo Ciano, che aveva accompagnato il suocero come ministro degli Esteri, da poco no­ minato, ed era fautore di una politica filo-tedesca. Tuttavia, conso­ lidata l'alleanza, le affinità fra i due regimi e la solidarietà fra ger­ manismo e romanesimo furono celebrate come l'inizio di una Nuova Civiltà, di una Nuova Europa e di un Ordine Nuovo. Ai milioni di tedeschi che il 28 settembre si erano assiepati nel­ lo Stadio di Berlino e nelle sue adiacenze per ascoltare i discorsi dei due capi, pronunciati sotto una pioggia torrenziale, il duce dis­ se, in tedesco, che fascismo e nazionalsocialismo erano due rivolu­ zioni accomunate da posizioni storiche e da molti elementi della loro concezione della vita, dalla fede alla esaltazione del lavoro e della giovinezza, alla quale entrambi i regimi additavano >, ha scritto n elle sue memorie Giuseppe Bastianini, un fasci­ sta della prima ora e uno dei gerarchi che forse meglio di altri com­ prese la psicologia di Mussolini, l'interiore rovello della sua ambizio­ ne e la sua ossessione per la rigenerazione degli italiani. , di una lotta che aveva «qualcosa di epico>> e trascendeva i confini dell'Italia coinvolgendo «la cultura di vari popoli>> . Tra noi, la Chiesa cattolica oggi si trova difronte, non tanto ad un nuo­ vo Stato fascista, giacché questo esisteva già nell'anno del Concordato, ma difronte ad un imperante sistema filosofico-religioso, nel quale, per quanto non lo si dica a parole, è implicita la negazione del Credo apostolico, della trascendenza spirituale della religione, dei diritti dellafamiglia cristiana e dell'individuo [ . . . ] . Di fronte ad un credo apostolico e ad una Chiesa cat­ tolica di origine divina, abbiamo dunque un credofascista ed uno Stato to­ talitario il quale, appunto come quello hegeliano, rivendica per sé degli at­ tributi divini. Sul piano religioso il Concordato è vaporizzato. [ . . . ] Ora, se in filosofia vale ancora il principio di non contraddizione, ognun vede che tra il cristianesimo imperniato sul Decalogo e sul Credo di origine divina e codesto nuovo Stato hegeliano, totalitario, autoritario, so­ vrano, fonte di eticità e di spiritualità cattolica - di quel cattolicesimo ro­ mano, s 'intende, che preesisteva allo stesso cristianesimo - c 'è una irriduci­ bile antinomia. Il cristianesimo è essenzialmente soprannaturale, ed è spi­ rito. Codesto Stato hegeliano, invece, èforza materiale ed è tutta cosa politi­ ca. Il cristianesimo vuole amare, temere e servire a Dio; codestaforma inve­ ce di statolatria usurpa i diritti di Dio ed a lui si oppone. [ . . . ] Per il cristianesimo, gerarchia, sacramenti, fede, Paolo, Cefa, tutto è per l'uomo [ . . . ] l'uomo, a sua volta, è di,Gesù Cristo poi, per dirla con Paolo, è di Dio. Nello Statofascista, al contrario, c'è un unico assoluto, totalitario, interamente sovrano il quale non fa posto ad altri, né cede lo scettro ad alcuno. È lo Stato, il quale penetra negli stessi spiriti e nelle coscienze. [ . . . ] Sorgete, o martiri santi, o antichi dottori della Chiesa, o primi apostoli del Vangelo! Voi che di fronte alle imposizioni del sinedrio di Gerusalemme e sui campidogli delle varie città che già appartenevano a Roma imperiale,

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affermaste colla vita santa, coll'eloquenza dello Spirito Santo, e poi final­ mente col proprio sangue la trascendenza dello Spirito, la libertà di coscien­ za, la soprannaturalità della Chiesa. Sorgete, o santi tutti, a scagionarvi dall'accuse che vi sifa adesso d 'essere stati degli immorali, perché non par­ tecipaste alla eticità dello Stato pagano. Sorgete, o martiri, a liberare la Patria nostra ed il mondo stesso dal pe­ ricolo pagano che nuovamente minaccia. Dico: minaccia e lo dico soprat­ tutto ai pastori di anime qui convenuti al Sinodo; in quanto voi, o ven. sa­ cerdoti, meglio di me sapete come lo Stato totalitario attraverso le sue molte­ plici istituzioni va sempre più avocando a sé la formazione della giovinez­ za, dichiarando ormai inutili gli oratori e le associazioni dell'Azione Catto­ lica giovanile, tanto più che la Gli, è già provveduta dei suoi cappellani4".

Cosa era mai accaduto, nel giro di soli due anni, per provocare un così radicale cambiamento nell'animo del cardinale, fino a ca­ povolgere drasticamente il suo atteggiamento verso il fascismo? La risposta risiede unicamente nel comportamento del duce e del fa­ scismo dopo la proclamazione dell'impero. La conquista dell'Etiopia, come abbiamo detto, esasperò nel du­ ce il desiderio di grandezza e la volontà di accelerare l'esperimento totalitario per creare una nuova razza di italiani, degna del nuovo impero, che egli aveva voluto e conquistato, arrivando vittorioso al­ la meta, sfidando cinquantadue Stati e la potenza imperiale inglese. La proclamazione dell'impero e tutto quello che ne seguì in politi­ ca interna e in politica estera - la partecipazione militare alla guer­ ra civile in Spagna, l'accrescimento della concentrazione del pote­ re nel duce e nel partito fascista a scapito della monarchia, la cam­ pagna antiborghese per la riforma del costume, l'introduzione del­ le leggi razziali e antisemite, l 'alleanza con la Germania nazista, e in­ fine l'intervento dell'Italia nella Seconda guerra mondiale- furono le tappe decisive dell'ultima fase dell'esperimento totalitario per la rigenerazione degli italiani e l'espansione imperiale, in nome della nuova civiltà nata dal connubio fra romanità e fascismo.

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lA CAPITALE DEL FUTU RO E il duce imperiale volle una nuova Roma imperiale. Aveva già fondato cinque città, volendo dimostrare anche con queste ope­ re di essere un grande emulo dei Romani, grandi costruttori: un autentico romano della modernità, che ardiva gareggiare in mo­ numentalità con i Romani dell'antichità. Ma le città nuove che aveva fondato non bastavano ad appagare la sua ambizione di es­ sere ricordato nei secoli come l'artefice di una grande Roma mo­ derna. Il duce imperiale voleva ora una nuova Roma interamen­ te e integralmente fascista, mussoliniana fin dalle fondamenta: negli edifici, nelle piazze, nelle strade, nei monumenti, come in­ tegralmente mussoliniane e fasciste erano le città nuove create nell'Agro pontino, dopo averlo rigenerato dalle paludi. E soprat­ tutto: una nuova Roma fuori da Roma, protesa verso il mare, pie­ trificazione simbolica monumentale della romanità moderna del fascismo, libera dalla coabitazione forzata con l'ingombran­ te maestosità delle vestigia antiche. Il progetto di costruire una nuova Roma distaccata dall'antica era stato già concepito, dopo il l 870, da quanti erano convinti che non fosse possibile conciliare le esigenze di una capitale moder­ na con la vecchia struttura urbanistica. Essi paventavano, non a torto, che sarebbe stato un danno irreparabile incuneare la nuo­ va Roma nel corpo della città vecchia, con sventramenti e distruA fianco. l « Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensotori di scienziati di navigatori di trasmigratori•, Palazzo della Civiltà, Eur. .

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Fascismo di pietro

zioni che avrebbero lasciato comunque irrisolti molti problemi di funzionalità e di traffico o ne avrebbero creati di nuovi, come ef­ fettivamente accadde, nella città in continua crescita ed espansio­ ne1 . In regime fascista, rimase saldo in questa convinzione, ma meno nella determinazione a farla valere, l'architetto Gustavo Giovannoni, fondatore e preside della facoltà romana di architet­ tura, riconosciuto maestro degli urbanisti italiani, e membro di tutte le commissioni incaricate del piano regolatore per la capita­ le, dal l916 al l941 . Ne1 1939, in una conferenza all' Istituto di stu­ di romani, egli deplorò con franchezza la costruzione di grandi edifici pubblici entro la cinta della Roma antica e >; solo nel Sacrario dei Martiri provò un brivido d'emozio­ ne, presto smorzato dal sarcastico pensiero della «Nuova Italia che indica la strada verso un Nuovo Mondo [ ... ] . Così, negli an­ ni avvenire, tutte le nazioni libere e forti guarderanno oltre le vuote chiacchiere di Ginevra, ad un concilio del mondo fasci­ sta>>. Ma una squadra disordinata di giovani fascisti in visita in­ dusse il visitatore i nglese a lasciare la mostra : �w. Louis Gil­ let uscì dalla mostra , domandandosi: > 2 1 . La rappresentazione estetica della mostra era stata consapevol­ mente concepita per emanare una forte suggestione mitica e mi­ stica. E come se non bastasse l'effetto sacrale che scaturiva imme­ diatamente dalla visione e dalle immagini, ad esaltare il significa­ to religioso della mostra contribuì molto la parola scritta dei pro­ pagandisti del regime. La mostra, scrisse Ottavio Dinale, che ne fu il massimo cantore in prosa in un libro a essa dedicato, illustrato da Sironi, era , con una perché 22. La trasfigurazione mitica di Mussolini fu il motivo dominante della Mostra della Rivoluzione Fascista. E attraverso l'e­ saltazione del duce come romano della modernità, la mostra glo­ rificava il mito di Roma, >27• E nel novembre dello stesso anno, al congresso fascista tenuto a Roma, Mussolini aveva affermato: >, cioè il se­ colare «fenomeno curioso di un disquilibrio fra l'altezza, la finez­ za e l'energia della nostra civiltà e l'insufficienza della nostra edu­ cazione civile>> , Era sua convinzione, aggiunse Mussolini, «che si debba creare qualche cosa che distrugga il disquilibrio fra la ci­ viltà italiana e la vita politica italiana, questo male che ha turbato la nostra storia attraverso tutte queste generazioni>>36• Nel 1925, al congresso del partito fascista, il duce precisò me­ glio il suo programma rigeneratore: «Noi creeremo, attraverso un 'opera di sele�ione ostinata e tenace, la nuova generazione, e nella nuova generazione ognuno avrà un compito definito. Talvol­ ta mi sorride l'idea delle generazioni di laboratorio: creare cioè la classe dei guerrieri, che è sempre pronta a morire; la classe degli inventori, che persegue il segreto del mistero; la classe dei giudi­ ci, la classe dei grafldi capitani d'industria, dei grandi esploratori, dei grandi governatori. Ed è attraverso questa selezione metodica che si creano le grandi categorie, le quali a loro volta creeranno l'Impero. Certo questo sogno è superbo, ma io vedo che a poco a poco sta diventando realtà>>37. E ancora, l'anno successivo, cele­ brando il settimo anniversario della nascita dei Fasci, il duce ribadì con maggior vigore la sua volontà di «correggere gli italiani da qualcuno dei loro difetti tradizionali. E li correggerò [ ] . Se mi riuscirà, e se riuscirà al fascismo di sagomare così come io voglio il carattere degli italiani, state tranquilli e certi e sicuri che quando la ruota del destino passerà a portata delle nostre mani, noi sare...

21 l

9. l Romani della modernilò

mo pronti ad afferrarla e a piegarla alla nostra volontà>>311• Il fasci­ smo, aggiunse Mussolini il 24 maggio 1926 parlando a Pisa, avreb­ be dovuto foggiare il carattere italiano «scrostando dalle nostre anime ogni scoria impura, temperandolo a tutti i sacrifici, dando al volto italiano il suo vero aspetto di forza e di bellezza»39• E anco­ ra, il 30 ottobre, al popolo di Reggio Emilia, il duce proclamò: >, aveva detto di recente all'amico Ottavio Dinale, uno dei pochissimi am­ messi a colloquiare con lui nella solitudine di Palazzo Venezia. «Accettando e favorendo la rivoluzione la borghesia ha premedi-

Fascismo d i pietra

232

tatamente ingannato sé stessa e il Fascismo, fidandosi un po' trop­ po della sapienza volgare del suo trasformismo, misurato sul me­ tro familiare dei pregiudizi individuali e degli egoismi di classe. Ha la sensibilità di un barometro perfezionato. Appena sta per mutare il tempo o si appanna il cielo, torna a mostrarsi quale è sempre stata, meschina, sorniona, avida e vile. [ .. ] Gentucola che non guarda che al proprio ombelico>>4• È dal 1938 che ho dichiarato guerra alla borghesia italiana, pensa il duce. La meno fascista e la più subdola fra le classi socia­ li degli italiani, ed è quella che dal regime ha avuto i maggiori be­ nefici! Il duce sente rinfocolare dentro l'odio che nutriva negli anni della militanza socialista, e che non si era mai veramente so­ pito in lui neppure negli anni del regime, quando aveva corteg­ giato ed era stato corteggiato dalla borghesia. Non sono bastati i quattro cazzotti che ha già sferrato allo stomaco dei borghesi con l'adozione del , l'abolizione del , la legisla­ zione razziale, l'uniforme per gli impiegati civili. Tutte misure per combattere e distruggere lo . , aveva detto al Consiglio naziona­ le del partito il 25 ottobre 1938, dando il via alla campagna anti­ borghesé. Quasi quattro anni sono trascorsi, le sono scoccate, ma lo continua la sua azione dissolvitrice. > . E dopo l'ascesa di Mussolini al potere, divenuto il più focoso esponente del fascismo totalitario, aveva persino minacciato di defenestrare il duce, accusandolo di essersi lasciato irretire negli intrighi corruttori della capitale, invece di procedere col ferro e col fuoco alla conquista integrale dello Stato in nome della rivo­ luzione fascista. Ora, non più fascista, mentre si accingeva a mar­ ciare nuovamente-su Roma con i nemici del fascismo, dall'alto dei Colli Albani, Mal aparte contemplava con mortificata pietà la capitale che «percossa dal riflesso abbagliante del sole nelle nu­ vole bianche, appariva di un livido candore di gesso>>. La mattina del 5 giugno 194;4 Roma fu liberata. I primi a en­ trare furono gli americani, in gara con gli altri eserciti alleati. , disse il comandante americano Mark Wayne Clark25• Il mito di Roma esercitava ancora il suo fascino. Ma ogni traccia di fascino era scomparsa dalla Roma reale. La

l

O. Gli italiani non sano Romani

255

città e i suoi abitanti erano precipitati in una degradazione socia­ le e umana, quale non conoscevano probabilmente dall'epoca delle invasioni barbariche e del saccheggio di milizie mercenarie. «Roma è dawero e dappertutto paese>> scriveva Libero Bigiaretti il l 2 novembre 1944. >, davanti al complesso sportivo costruito dal regime ai piedi di Monte Mario, ribattezzato Foro l tali co. Dopo la liberazione di Ro­ ma, i romani avrebbero voluto abbatterlo, ma furono impediti dai soldati americani, che nell'ex Foro Mussolini avevano installato il loro centro di riposo. Sopravvissuto alla defascistizzazione per in­ tervento americano (forse un'altra simbolica ironia della storia) , l'obelisco Mussolini continuerà probabilmente a esistere nel fu­ turo, così come rimarrà indelebile l'eredità del fascismo nelle strade e negli edifici costruiti per volontà del duce malato di ro­ manità, che volle rivaleggiare in grandezza monumentale con i Cesari e i Papi. Il «fascismo di pietra>> , nelle parole, nei miti, nei monumenti, nacque dal connubio fra Roma e fascismo. Il mito di Roma fu l 'es-

258

Epilogo. Ouel che resto del mito

senza del fascismo. Ma, come abbiamo cercato di dimostrare in questo libro, la Roma del fascismo era molto diversa dalla Roma antica e dalla Roma reale, anche se la sua azione ebbe effetti sul­ l'una e sull'altra. Diversamente da quel che molti pensano, non fu la Roma antica a romanizzare il fascismo, ma fu il fascismo a fa­ scistizzare la Roma antica, la sua storia, il suo mito, e persino le sue vestigia monumentali, valorizzandole e utilizzandole secondo le esigenze della nuova Roma fascista. La Roma fascista non era fe­ dele alla Roma antica più di quanto lo sia la Roma antica immagi­ nata dai registi di Hollywood. La romanità fascista ha lasciato un ' impronta indelebile anche sulla immagine della Roma antica. I fascisti non furono i Romani della modernità, come sognava il duce, ma molti oggi pensano che i romani della Roma antica fu­ rono i fascisti dell'antichità. La romanitàdel fascismo fu essenzial­ mente una proiezione del suo mito totalitario dello Stato, col qua­ le il mito fascista di Roma si identificò per tutto il percorso della parabola del regime, dall'ascesa graduale, ma decisa e consapevo­ le verso la potenza e la gloria del trionfo, all'apice della proclama­ zione dell'impero, e nella fase della discesa, inconsapevole ma sempre più precipitosa, verso una fine ingloriosa. Dell'ambizione mussoliniana di creare, nel laboratorio totalitario, i Romani della modernità, sono svanite le parole, sono svaniti i miti: restano solo i monumenti del .

NOTE

CAPITOLO l 1 B. Mussoli n i , Disciplina, in «Il Popolo d' Italia», 1 5 novembre 1 92 1 .

2 U . Igliori, La colonna Igliori, in ••Gerarchia», ottobre 1 927, p. 999. 3

Ci t. in V. Vidotto, Roma contem­

poranea, Roma-Bari 2006, pp. 1 69-

1 2 lvi, p. 202. 13 lvi, pp. 198-199. 14 Cfr. E . Gentile, Storia del partito fascista.

1 91 9-1922. Movimento e mili­

:z;ia, Roma-Bari 1 989, pp. 387 sgg.

15 Signoretti, Come diventai cit., pp. 1 1 9-120.

Dalle trincee all'Altare della Patria, in

1 6 lvi, p. 1 20. 17 B. Mussolini, opera omnia, a cu­ ra di E . e D. Susmel, 44 voli., Firen­

Gli occhi di Alessandro. Potere e sacra­

ze 195 1 -63, vol. XVII, p. 292.

1 70.

4 Cfr. V. Labita, Il Milite Ignoto.

lità del corpo da Alessandro Magno a

18

CeaU§escu, a cura di S. Berteli i e C.

200.

Grottanelli, Firenze 1 990, pp. 1 20 sgg.

l!l E. Ponti, Roma sparita tra la Pe­

dacchia e Macel de' Corv� in «Capito­

5 M. Piazzesi, Diario di uno squadri­ sta toscano

I 9I 9-I 922, Roma 1 980,

p. 20 1 . " G. Bottai, Nel ventennale della marcia. Roma contro Roma, i n «Capi­

tolium», 1 942, p. 332.

7 A. Signoretti, Come diventai fasci­ sta, Roma 1967, p. 1 1 8. 8

Piazzesi, Diario cit., pp. 20 1 -202.

9

Signoretti, Come diventai ci t., p.

1 20.

lium » , 1 9 3 1 , pp. 477-478.

2° Cfr. Storia di Roma dall'antichità a oggi. Roma capitale, a cura di V. Vi­ dotto, Roma-Bari 2002.

21 G. Prezzolini, La cultura italia­ na, Firenze 1 923, pp. 21-24.

22 A.C. Jemolo, Anni di prova, Fi­ renze 1 99 1 , p. 52.

23 lvi, p. 53. 24 I. Taine, V� in Italia, a cura di Attilio Roggero, Torino 1966, p. 2 1 .

10 Piazzesi, Diario ci t., p. 20 l . Il

Piazzesi, Diario cit., pp. 1 99-

Ibid.

25

G. D'Annunzio, Le V�ni delle

Rocce ( 1 895) , Milano 1 978, p. 56.

260

26

Note

Cit. in E . Gentile, Il culto del lit­

torio. La sacraliz.zazione della politica nell1taliafascista, Roma-Bari 2005, p. 23; cfr. C. Brice, Il Vittoriano. Mo­

27 Cfr. Gentile, Storia del partito fa­ scista ci t. , p. 384. 28

Cfr. ivi, p. 235.

numentalità pubblica e politica a Roma, Roma 2005.

CAPITOLO 2 1

C. Rossi , Mussolini com 'era, Ro­ Mussol ini, opera omnia ci t., vol.

XVII , p. 292. 3 4

5 Id., Delitto di lesa-nazione, in «Il Popolo d ' I talia•• , 27 maggio 1 922. A. Gramsci, La funzione storica

della città, in >, 1928.

Colini, Roma 1 932.

8. Da «Capitolium » , 1 927.

4, 5 , 7, 1 0. Da «Capitoliu m » , 1 932.

9. Da «Capitol ium», 1 929.

5.

ROMA MUSSOLINEA

3, 1 4. Da « National Geographic Ma­

6. Da «Capitolium » , 1935.

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9. Da «National Geographic Maga­

4. Da «Capitol ium», 1927, arch. R.

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27 1

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LA CAPITALE DEL FUTURO

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5. Da