Esercizi di Termodinamica e Cinetica Chimica

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Esercizi di Termodinamica e Cinetica chimica Diego Frezzato

Dipartimento di Scienze Chimiche

` degli Studi di Padova Universita

(versione aggiornata al 01.02.2011)

La presente raccolta di esercizi di Termodinamica e Cinetica Chimica `e basata sul materiale che ho utilizzato per la didattica di supporto ai corsi di Chimica Fisica III (Vecchio Ordinamento, A.A. 2003/04, Prof. G. Moro) e Chimica Fisica I (Laurea Triennale, A.A. 2004/05, Prof. A. Polimeno) della laurea in Chimica. La prima versione `e stata compilata tra l’ottobre 2004 e il gennaio 2005; successivamente essa `e stata rivista ed integrata. I temi proposti provengono da varie fonti. Principalmente si tratta di una selezione dalle prove d’esame degli insegnamenti di chimica fisica per la lauree in Chimica e in Chimica Industriale (Vecchio Ordinamento) nell’arco di tempo 1992 - 2003 (prof. G. Moro e prof. G. Sandon`a, che ringrazio per la concessione); altre fonti sono costituite da prove d’esame del corso di Chimica Fisica I (Prof. A. Polimeno), pagine didattiche disponibili in Rete, testi didattici universitari, manuali di chimica industriale, e vecchi libri di Termodinamica e Cinetica di inizio ’900 salvati dal macero presso la biblioteca dell’Universit`a di Bristol. I testi originali sono stati riformulati, puntando alla coerenza in termini di linguaggio, notazione e unit`a di misura delle grandezze coinvolte. Inoltre, alcuni esercizi sono stati inventati all’occorrenza. I temi sono stati svolti argomentando la procedura in modo da evidenziare la logica dei passaggi e la necessit` a degli stessi, e cercando di fornire in modo autoconsistente gli strumenti formali e le nozioni richieste (ad esempio, mediante l’inserimento di note generali). Nello svolgimento, il simbolo ”•” introduce domande supplementari o spunti per riflessioni e approfondimenti. Lo svolgimento di molti esercizi pu`o risultare eccessivamente dettagliato e poco naturale, ma ho preferito insistere sull’aspetto formale per fornire una definizione (sperabilmente) precisa dei vari aspetti; agli studenti consiglio di consultare la soluzione solo dopo avere provato a risolvere da soli gli esercizi, e di soffermarsi sui punti pi` u tecnici solo se realmente interessati, tenendo presente che la soluzione proposta `e sempre una tra le possibili alternative. Mi scuso per le imprecisioni sicuramente presenti nel testo, promettendomi di aggiornarlo sotto segnalazione di refusi o errori e tenendo presente eventuali opinioni che verranno espresse; ringrazio anticipatamente chi vorr`a aiutarmi a migliorare il materiale contattandomi via e-mail all’indirizzo: [email protected] Dedico questa fatica a tutti gli studenti che ho seguito finora, ringraziandoli per la fiducia e per gli stimoli continui. Diego Frezzato

Costanti fisiche e conversioni ricorrenti, notazione Costanti fisiche ricorrenti: R = 8.314 J K−1 mol−1 (costante dei gas) F = 96485 C mol−1 (costante di Faraday) Conversioni ricorrenti tra unit` a di misura della pressione: 1 atm = 1.013 bar 1bar = 105 Pa 1 Torr ≡ 1 mmHg = (1/760) atm = 133.3222 Pa Valori nella specificazione di stati standard: p⊖ = 1 bar (pressione standard) m⊖ = 1 mol kg−1 (molalit`a standard) Grandezze di standard di formazione e di reazione, grandezze molari e parziali molari ∆E : variazione della generica grandezza termodinamica E per un determinato processo ∆Ef⊖ (i, T ) : grandezza standard di formazione per la specie i ∆r E ⊖ (T ) : grandezza standard di reazione Ei (T, p) : grandezza molare per la specie i pura E i (T, p, composizione) : grandezza parziale molare per la specie i in miscela Nei casi dubbi, le quantit` a molari sono specificate da ”m”. Frazioni molari xi : frazione molare del componente in miscela liquida o solida yi : frazione molare del componente in miscela gassosa Altro: γi : coefficienti di attivit`a o di fugacit`a (specificati di volta di in volta, indicando la convenzione sugli stati di riferimento). Keq : costante termodinamica di equilibrio (adimensionale) k : costante cinetica In alcuni esercizi la notazione pu` o differire leggermente (in ogni caso l’interpretazione ` e intuitiva), e tutte le altre grandezze sono introdotte nel testo.

Indice generale 1 Coefficienti di compressibilit` a ed espansione

3

2 Primo Principio

15

3 Secondo Principio

35

4 Grandezze Standard

57

5 Relazioni differenziali e loro applicazioni alle sostanze pure. Potenziale chimico di gas reali 69 6 Transizioni di fase per sostanze pure

105

7 Grandezze parziali molari, miscele ideali e reali, funzioni di eccesso

143

8 Soluzioni diluite

189

9 Equilibri di reazione in fase gassosa

207

10 Elettrochimica: equilibri in soluzione e celle elettrochimiche

241

11 Cinetica chimica

277

1

2

Capitolo 1

Coefficienti di compressibilit` a ed espansione

3

Esercizio 1.1 La compressibilit`a isoterma del rame a 293 K `e kT = 7.35 × 10−7 atm−1 . Si calcoli la pressione da applicare per aumentare la densit`a dello 0.08%. Dal valore di incremento di densit`a possiamo ricavare la conseguente variazione di volume. Denotiamo con ”0” e ”1” gli stati iniziali e finali del blocco di rame. Indicando con ρ0 la densit`a del rame nelle condizioni iniziali, la variazione `e ∆ρ = ρ1 − ρ0 = 8 × 10−4 ρ0 (incremento dello 0.08 %) e quindi ρ1 = 1.0008ρ0 . Tenendo presente che ρ = m/V , dove m `e la massa del blocco, si ricava che V1 = V0 /1.0008, e quindi la variazione relativa di volume risulta pari a ∆V /V0 ≃ −8 × 10−4 . Si vuole ora valutare la pressione p1 da applicare al blocco per ottenere tale aumento di densit`a; a tale scopo dobbiamo correlare la diminuzione del volume all’incremento di pressione. Utilizziamo il coefficiente kT fornito, definito come segue: 1 kT (T, p) = − V



∂V ∂p



T

∂ ln V =− ∂p 



T





∂ ln V ∂p



T

dp = −kT (T, p)dp

Assumiamo che kT sia costante nell’intervallo di pressione tra p0 e p1 ; integrando rispetto alla pressione si ottiene ln

V1 V0

= −kT (p1 − p0 ) = ln

∆V V0 + ∆V = ln(1 + ∆V /V0 ) ≃ V0 V0

dove per l’ultimo pasaggio si `e utilizzata l’approssimazione ln(1 + x) ≃ x per |x| 2V0 (il punto C deve trovarsi a destra del punto B), tale da soddisfare l’equazione scritta. Poniamo ǫ = VC /V0 e riscriviamo tale equazione nella forma  1  1−γ γ−1 2 ǫ − 1 = ln ǫ γ−1

e vediamo se ammette una soluzione per ǫ > 2. Assumendo che il gas ideale sia monoatomico si ha γ = 5/3. Gli zeri dell’equazione scritta sono determinabili numericamente, e si trova che ǫ ≃ 7 `e soluzione, e quindi la trasformazione rappresentata in figura avviene con lavoro totale nullo sotto la condizione che il primo tratto di espansione reversibile isoterma sia protratta fino a dilatare di (circa) sette volte il volume del gas. Secondo esempio Consideriamo la seguente trasformazione

pext

ciclo

A isobara

V0

B

2V0

Nel tratto orizzontale di espansione isobara A → B si ha wA→B,isob. = −p0 (VB − VA ) = −p0 V0 < 0 28

V

Per avere lavoro totale nullo, cio`e w = wA→B,isob. + wciclo = 0 deve essere wciclo = −wA→B,isob. = p0 V0 > 0 il che significa che l’ampiezza del ciclo deve essere scelta opportunamente in modo che l’area interna risulti uguale a p0 V0 . • Domanda: se inverto il senso di percorrenza del ciclo mostrato in figura il risultato `e lo stesso o cambia? Perch´e?

29

Esercizio 2.9 Un gas ideale monoatomico, inizialmente alla pressione p0 = 2 atm e volume V0 = 10 litri compie una trasformazione reversibile specificata da "

p = p0 1 +



V − V0 V0

2 #

fino a raddoppiare il volume. Calcolare il calore scambiato durante la trasformazione. Specifichiamo innanzitutto gli stati iniziale (A) e finale (B); per lo stato iniziale abbiamo A:

p0 , V0 , T0 =

p 0 V0 nR

Per specificare B sappiamo che Vf = 2V0 , e sostituendo tale valore nell’equazione della trasformazione determiniamo pf = 2p0 . Dall’equazione di stato del gas perfetto si deriva Tf = pf Vf /(nR) = 4p0 V0 /(nR) = 4T0 . Quindi B:

pf = 2p0 , Vf = 2V0 , Tf = 4T0

Applicando il Primo Principio si ha q = ∆U − w

(1)

e quindi per determinare il calore scambiato occorre stimare indipendentemente ∆U e il lavoro compiuto w. Per valutare ∆U teniamo presente che per il gas ideale l’energia interna dipende solo dalla temperatura, e la sua variazione tra due stati di equilibrio (indipedentemente dal tipo di trasformazione che avviene per il passaggio dall’uno all’altro) `e data da ∆U = ncv (Tf − T0 ) con cv = 3R/2 (gas ideale monoatomico nel caso specifico). Quindi si ha ∆U = 3ncv T0 Dobbiamo ora valutare il lavoro svolto. Per far questo dobbiamo necessariamente considerare la trasformazione che effettivamente avviene, in quanto il lavoro non `e funzione di stato e il suo ammontare dipende dal percorso seguito. Essendo la trasformazione reversibile poniamo pext ≡ p, quindi w=−

Z

VB

VA

dV pext (V ) ≡ −

Z

VB

VA

dV p(V ) = −p0

Z

2V0

V0

"

dV 1 +



V − V0 V0

Infine, l’equazione (1) fornisce 3cv 4 4 + q = 3ncv T0 + p0 V0 = p0 V0 3 R 3 



= 117 litri × atm = 11.8 kJ

30

2 #

4 = − p 0 V0 3

Esercizio 2.10 Si vuole produrre un getto continuo di vapore acqueo, alla temperatura di 200 ◦ C ed alla pressione di 1 atm, facendo fluire dell’acqua (introdotta a 1 atm e 20 ◦ C ) attraverso un condotto contenente una resistenza elettrica. Assumendo che i cp dell’acqua liquida e del vapore siano pari, rispettivamente, a 75 e 34 J/K mole, e che il calore latente di evaporazione dell’acqua ad 1 atm sia pari a 40.7 kJ/mole, determinare la potenza elettrica, W , del sistema riscaldante se si vuole generare un flusso di vapore di 1 kg/minuto. Il problema `e raffigurabile come segue:

H2O(l) 1 atm 20 0C

H2O(g) 1 atm 200 0C

Convertiamo la portata in massa in termini di portata in moli/s: ρ=

103 ∆n = 1 kg min−1 × = 0.92 mol s−1 ∆t 60 × PMH2 O

Consideriamo un intervallo di tempo ∆t arbitrario. Il numero di moli di acqua sottoposte a trasformazione in tale intervallo di tempo (il sistema) `e ∆n = ρ ∆t. Valutiamo la variazione di entalpia, pext = cost. ⇒ ∆H = q ≡ wel = W ∆t

(1)

dove wel `e il lavoro elettrico puramente dissipativo compiuto sulla resistenza elettrica e convertito interamente in calore ceduto al sistema. La variazione di entalpia ∆H `e data dalla somma delle variazioni di entalpia corrispondenti alle seguenti trasformazioni (tutte a pressione costante): (i) riscaldamento di acqua liquida fino all’ebollizione alla pressione di 1 atmosfera (Teb = 373 K), (ii) evaporazione a Teb , (iii) riscaldamento ulteriore del vapore prodotto; si ha ∆H = ∆ncp,l (Teb − T0 ) + ∆n∆Hev,m + ∆ncp,g (Tf − Teb )

(2)

dove si `e assunto che i calori specifici del liquido e del vapore siano essenzialmente costanti negli intevalli di temperatura in questione. Uguagliando le espressioni (1) e (2) di ∆H e dividendo per ∆t si ottiene W = ρ [cp,l (Teb − T0 ) + ∆Hev,m + cp,g (Tf − Teb )] = 46 kW

31

ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 2.11 Si consideri uno scaldabagno istantaneo di potenza P = 2.0 kW. Calcolare la portata ρ d’acqua che `e in grado di garantire se la temperatura entrante `e di 10 ◦ C mentre quella di utilizzo `e di 50 ◦ C . [cp = 4187 J Kg−1 K−1 ] Risultato: ρ = 1.2 × 10−2 kg s−1

Esercizio 2.12 Si consideri una pompa da bicicletta inizialmente nella posizione rappresentata in figura. La pompa, di volume iniziale V1 = 2 m3 , contiene aria in condizioni atmosferiche (pi = 1 bar e Ti = 20 ◦ C ). Si inizia quindi a spostare lo stantuffo in modo che tutta l’aria contenuta nella pompa venga compressa nella camera d’aria di volume V0 = 1 m3 . Ipotizzando che il processo di verifichi in condizioni quasi-statiche e che sia adiabatico, si valutino le condizioni termodinamiche finali dell’aria ed il lavoro speso. Si assuma comportamento ideale dell’aria e γ = cp /cv = 1.40.

V0

V1

inizio

fine

V0

Risultato: Tf = 455 K, pf = 4.6 bar, w = 414 kJ

32

Esercizio 2.13 Un gas ideale monoatomico, di volume iniziale V0 = 10−2 m3 alla temperatura T0 = 20 ◦ C contenuto in un recipiente diatermico (le pareti consentono gli scambi termici), viene compresso sottoponendolo alla pressione p = 2 MPa mantenuta costante. Una volta raggiunto l’equilibrio, la temperatura del gas risulta aumentata di 80 ◦ C ed il volume `e diventato V = V0 /10. Determinare la quantit`a di calore scambiata dal gas con l’ambiente esterno. Risultato: q = −17.3 kJ

Esercizio 2.14 Cinque moli di biossido di carbonio gassoso (cp = 37.11 J/K mol), inizialmente alla temperatura di 25 ◦ C e alla pressione di 1 bar, vengono compresse adiabaticamente sotto l’azione di una pressione costante pari a 5 bar. Quanto vale la temperatura finale del gas assumendo che esso si comporti come un gas ideale? Risultato: 292 ◦ C

Esercizio 2.15 Un gas ideale monoatomico `e contenuto in un cilindro munito di pistone mobile. All’interno del cilindro `e inserita una resistenza di 10 Ohm, e le pareti del contenitore non consentono scambio di calore con l’esterno. Il gas si trova inizialmente alla temperatura di 30 ◦ C , `e in equilibrio con una pressione esterna costante pari a 2 bar, e occupa un volume di 10 litri. Sulla resistenza viene fatta circolare una corrente elettrica di 1 Amp´ere per 100 secondi. Qual `e il volume del gas e quat’`e la sua temperatura dopo avere raggiunto il nuovo stato di equilibrio? Risultato: Vf = 12 litri, Tf = 90.6 ◦ C

Esercizio 2.16 A 2 kg di acqua liquida viene fornita una certa quantit`a di calore in modo da innalzarne la temperatura facendo espandere il volume dell’1%. Noti cp = 4187 J/K kg e α = 2.1 × 10−4 K−1 , quanto calore `e stato fornito? Risultato: 4.0 × 105 J

33

34

Capitolo 3

Secondo Principio

35

Esercizio 3.1 Un persona prende da terra un sasso di massa di 0.5 Kg, lo solleva di 1.5 metri e poi lo lascia cadere (accelerazione di gravit`a = 9.81 m/s2 ). Stimare la variazione totale di entropia dell’Universo (persona in questione esclusa). Il problema `e affrontabile in modi diversi. Ad esempio, schematizziamo il super-sistema globale come segue:

sistema

esterno

dove il sistema `e l’Universo (sasso incluso), e l’esterno `e la persona che interagisce con esso (senza farne parte). La persona compie lavoro sul sistema; precisamente, nel sollevare il sasso la persona compie lavoro contro la forza del campo gravitazionale (appartenente al sistema). Tale lavoro `e pari a w = mg∆h (ed `e positivo, in quanto lavoro fatto sul sistema). D’altro canto il sasso poi ricade, e alla fine si ritrova nello stesso stato iniziale dopo l’urto anelastico con il suolo: possiamo ritenere che il lavoro fatto dalla persona venga interamente dissipato in effetti termici; a tutti gli effetti, `e come se invece di compiere il lavoro w venisse direttamente fornita al sistema l’equivalente quantit`a di calore q ≡ w. Considerando l’ambiente come un termostato a temperatura Tamb. , la corrispondente variazione di entropia `e quindi pari a ∆Samb. =

mg∆h 0.5 kg × 9.81 m s−2 × 1.5 m = = 2.5 × 10−2 J K−1 Tamb. 298 K

dove si `e posto Tamb. = 298 K (25 ◦ C ). [Per un confronto calorimetrico, tale variazione di entropia corrisponde alla quantit` a di calore da fornire (reversibilmente) a circa 2 grammi di acqua per innalzarne ◦ la temperatura di 1 C a temperatura ambiente.]

36

Esercizio 3.2 Dimostrare in tutta generalit`a che (wvol )rev. < (wvol )irr. per trasformazioni isoterme (sia compressioni che espansioni o loro combinazioni). Ricorrendo al Secondo Principio, possiamo in realt`a dimostrare l’enunciato pi` u generale (w)rev. < (w)irr. per generiche trasformazioni isoterme, dove w indica lavoro generico. Consideriamo due stati di equilibrio del sistema, A e B, e due trasformazioni, una reversibile e una irreversibile, tra tali stati. Le variazioni di energia interna e di entropia devono essere identiche (sono variazioni di funzioni di stato, quindi indipendenti dal percorso seguito, purch´e gli stati iniziale e finale siano gli stessi nei due casi, e siano stati di equilibrio). Possiamo quindi stabilire che 1◦ Principio



(∆UA→B )rev = (∆UA→B )irr

(qA→B )rev + (wA→B )rev = (qA→B )irr + (wA→B )irr

e quindi (wA→B )rev − (wA→B )irr = (qA→B )irr − (qA→B )rev

(1)

Per dimostrare l’enunciato del problema, tale equazione deve essere trasformata in una diseguaglianza stabilendo una relazione tra i calori (qA→B )rev e (qA→B )irr ; il Secondo Principio `e utile allo scopo. Indichiamo con Text la temperatura del termostato a contatto con il sistema in trasformazione; le due situazioni sono raffigurabili come segue:

Text

Text

(δq)rev

(δq)irr

T = Text

sistema

sistema

termostato

termostato

rev.

irr.

dove nel caso della trasformazione irreversibile la temperatura del sistema non `e specificabile (esso non si trova in uno stato di equilibrio interno). Sfruttiamo la seguente forma della diseguaglianza di Clausius: Z

A→B

δq ≤ ∆SA→B (Clausius) Text 37

dove Text indica la temperatura dell’ambiente che scambia calore con il sistema; il segno = vale se la trasformazione del sistema `e reversibile (il che implica che la temperatura del sistema sia definibile e sia costantemente uguale a Text ), mentre il segno < vale nel caso di trasformazione irreversibile. Segue quindi che (qA→B )rev (qA→B )irr = ∆SA→B , < ∆SA→B ⇒ (qA→B )irr < (qA→B )rev Text Text e quindi (qA→B )irr − (qA→B )rev < 0 al secondo membro della relazione (1). Pertanto segue (wA→B )rev < (wA→B )irr che `e quanto si voleva dimostrare. • Dimostrare la forma particolare della disuguaglianza di Clausius usata sopra a partire dalla forma generale I

δq ≤0 Text

• Cosa occorre considerare per una corretta interpretazione della disuguaglianza (wA→B )rev < (wA→B )irr ? Provare a verificarla nel caso di espansione isoterma, reversibile e irreversibile, di un gas ideale.

38

Esercizio 3.3 Su una resistenza di 10 Ohm con capacit`a termica Cp = 8.4 J/K ed inizialmente alla temperatura di 25 ◦ C , viene fatta passare una corrente di 1 Ampere per un secondo. Calcolare la variazione di entropia della resistenza 1) se la resistenza `e termicamente isolata 2) se viene mantenuta a temperatura costante. 1) In primo luogo occorre specificare lo stato finale del sistema-resistenza, cio`e la sua temperatura finale Tf . A pressione esterna costante abbiamo pext = cost. ⇒ ∆H = q + wel

adiab.



wel = Ri2 ∆t

dove si `e utilizzata l’espressione del lavoro elettrico compiuto su una resistenza (Joule). Del resto, a pressione costante si ha anche ∆H = Cp (Tf − T0 ), e eguagliando le due espressioni si ricava Tf come Tf = T0 +

Ri2 10 Ohm × 1 A2 × 1 sec ∆t = 298.15 K + = 299.34 K Cp 8.4 J K−1

La trasformazione avviene in condizioni di irreversibilit`a [• Domanda: quali dovrebbero essere le condizioni operative per realizzare la trasformazione in modo reversibile?]. Tuttavia, essendo interessati alla variazione di una funzione di stato (l’entropia in questo caso), possiamo sostituire la trasformazione effettiva con una ipotetica trasformazione reversibile tra gli stessi stati (di equilibrio) iniziale e finale. Scegliamo quindi di seguire un virtuale riscaldamento reversibile a pressione costante tra T0 e Tf ; si ha pertanto ∆S =

Z

T0 →Tf



δq T



rev.



= Cp

Z

Tf

T0

dT /T = Cp ln

Tf 299.34 = 8.4 JK−1 ln = +0.035 JK−1 > 0 T0 298.15

dove per il passaggio ∗ si `e considerato che, a pressione esterna costante, vale δq ≡ dH = Cp dT ; inoltre si `e assunto che la capacit`a termica della resistenza sia essenzialmente costante nell’intervallo di temperature in questione. 2) La temperatura della resistenza viene mantenuta costante, quindi Tf = T0 . Inoltre anche la pressione `e costante (e pertanto sar`a invariato anche il volume della resistenza sulla base di una qualche equazione di stato V = V (T, p)). Essendo tutte le variabili di stato invariate, lo stato termodinamico finale `e identico a quello iniziale, quindi la variazione di generiche funzioni di stato `e nulla, e nel caso specifico si ha ∆S = 0. La resistenza `e quindi solo un ”tramite” che trasforma l’energia della pila in calore ceduto al termostato con il quale `e in contatto, senza mutare il proprio stato. • Domanda: quanto vale la variazione di entropia del termostato?

39

Esercizio 3.4 Con riferimento alla macchina termica descritta in figura, qual `e il massimo lavoro ottenibile da 1 m3 di acqua inizialmente alla temperatura T1 = 100 ◦ C e mantenuta a volume costante? Si supponga T2 = 20 ◦ C .

T1 iniziale V = cost.

H2O q1

w

M q2 T2 = cost.

Osserviamo che la macchina in esame `e definibile come complessa, in quanto la temperatura di una delle riserve termiche varia nel corso del funzionamento. Supponiamo che la macchina operi compiendo (n) un numero finito di cicli N , prima di arrestarsi quando T1 = T2 . Chiamiamo T1 la temperatura della (n) (n) riserva d’acqua alla fine del ciclo n-esimo, indichiamo con q1 e q2 l’ammontare di calore prelevato dalla sorgente calda e ceduto alla riserva fredda nel corso del ciclo n-esimo, e con w(n) l’ammontare di lavoro compiuto dalla macchina nello stesso ciclo. (Tutte queste quantit`a sono positive, quindi nei bilanci seguenti saranno inserite con i segni opportuni in accordo con la convezione sui segni). Consideriamo quindi la sequenza (0)

T1

1◦ ciclo

≡ T1



(1)

T1

2◦ ciclo



(2)

T1

3◦ ciclo



(3)

T1

4◦ ciclo



(N −1)

· · · T1

N◦ ciclo



(N )

T1

≡ T2

Il Primo Principio applicato al sistema-macchina stabilisce che (n)

(n)

(n)

∆UM = q1 − q2 − w(n) ma, funzionando la macchina ciclicamente, cio`e tornando nello stesso stato termodinamico alla fine del (n) ciclo, deve essere ∆UM = 0, e quindi (n)

(n)

w(n) = q1 − q2

(1) (n)

Per valutare il calore q1 consideriamo il Primo Principio applicato alla riserva di acqua. Tale riserva `e mantenuta a volume costante (non viene compiuto lavoro di volume), e pertanto (n)

VH2 O = cost. ⇒ ∆UH2 O ≡ −q1

40

(n)

A volume costante si ha inoltre ∆UH2 O = mcv (T1 (n)

q1

(n−1)

= mcv (T1

(n)

− T1 )

(n−1)

− T1

), e pertanto

(2)

(n)

Come valutare q2 ? Essendo richiesto il lavoro massimo ottenibile dalla macchina, ci poniamo nel limite di funzionamento ideale. Consideriamo il sistema globale macchina + riserve termiche adiabaticamente isolato, e imponiamo che la trasformazione dell’intero sistema nel corso di un ciclo sia reversibile. Il (n) Secondo Principio stabilisce che in tale situazione ∆Stot = 0, quindi (n)

(n)

∆Stot = 0 = ∆S1

(n)

(n)

+ ∆SM + ∆S2

(n)

(n)

Essendo ∆SM = 0, in quanto la macchina compie un ciclo, si ottiene ∆S2 (n) (n) subito correlare ∆S2 alla quantit` a di calore incognita q2 mediante (n)

∆S2

(n)

=

q2 T2

(n)

Per specificare ∆S1 (n) ∆S1

(n)

= −∆S1 . Possiamo

=

Z

ciclo n



consideriamo il raffreddamento della riserva d’acqua nel corso del ciclo,

δq1 T1



= mcv

rev.

Z

(n)

T1

(n−1)

T1

(n)

T1 dT1 = mcv ln (n−1) T1 T 1

Si ottiene quindi (n)

∆S2

(n)

= −∆S1

(n)

⇒ q2

(n)

= −mcv T2 ln (n)

Sostituendo le espressioni (2) e (3) per q1 n-esimo: w

(n)

= mcv

"

(n−1) T1



(n) T1

T1

T1

(n−1)

T1

(n)

e q2

(n)

+ T2 ln

(3)

(n−1)

T1

nell’espresione (1) si ricava il lavoro compiuto nel ciclo

#

Per ottenere il lavoro totale sommiamo i contributi su N cicli, N X

"

(N )

T1

#

T2 − + T2 ln (0) = mcv T1 − T2 + T2 ln w = w = mcv T1 T1 n=1   293 = 1000 kg × 4.187 kJ kg−1 K−1 × (373 − 293) K − 293 K × ln = 38.8 kJ 373 (n)



(0) T1

(N ) T1





• Si noti che sviluppando la sommatoria (passaggio ∗ ) tutti i termini intermedi si elidono, e il risultato `e indipendente dal numero di cicli N (ad esempio il lavoro massimo ottenibile `e lo stesso se la macchina compie un unico ciclo o molti cicli) e dipende solo dalla temperatura di partenza della riserva di acqua. Come si spiega?

41

Esercizio 3.5 Calcolare il lavoro minimo necessario per congelare 250 grammi di acqua liquida gi`a a 0◦ in una stanza alla temperatura di 20◦ C. Quale sarebbe il minimo tempo richiesto se il refrigeratore operasse con una potenza di 100 W ? [∆Hf us = 336 kJ kg−1 per la trasformazione di ghiaccio in acqua liquida]. Riformuliamo il problema in termici ”pratici”: si immagini di porre un bicchiere di acqua liquida, che gi`a si trova a 0◦ C, in congelatore. Che lavoro deve fare il congelatore per solidificare l’acqua, operando in modo reversibile e cedendo calore alla stanza a 20◦ C ? Consideriamo un refrigeratore funzionante in modo reversibile, cio`e ideale, in quanto il problema chiede di valutare il lavoro minimo necessario per l’operazione. Schematizziamo il sistema globale come segue:

ambiente T1 = 20 °C

q1 w refrigeratore

q2 H2O T2 = 0 °C A tutti gli effetti, la macchina `e definibile semplice, in quanto lavora tra due riserve termiche a temperatura costante (l’acqua si trova gi` a a 0 ◦ C e solidifica a tale temperatura costante). Il calore q2 e il lavoro w sono correlati dal coefficiente di rendimento del refrigeratore, definito come ǫR =

q2 w

dove nel caso specifico, operando in ambiente a pressione costante, si ha q2 = m∆Hf us . Si dimostra (vedere la nota alla fine dell’esercizio) che il rendimento del refrigeratore (ideale) operante tra riserve termiche a temperatura costante `e dato da ǫ0R =

T2 273 K = = 13.65 T1 − T2 20 K

Ponendo quindi ǫR = ǫ0R si ricava w=

250 × 10−3 kg × 336 kJ kg−1 m∆Hf us = 6.2 kJ = 13.65 ǫ0R

• Cosa cambierebbe nell’impostazione del problema se, invece di partire da acqua gi`a a 0◦ C, si partisse da acqua a 10◦ C ? 42

Rendimento (efficienza) del refrigeratore ideale Si vuole quantificare il rendimento ǫ0R = q2 /w della macchina refrigerante operante in modo ideale (reversibile) tra le riserve termiche a temperature costanti T1 > T2 . Partiamo dall’imporre la condizione di funzionamento reversibile, cio`e imponiamo che ∆Stot = 0 per il sistema globale (isolato) costituito dalle riserve termiche + Macchina refrigerante: ∆Stot =

q1 −q2 + ∆SM + T1 T2

dove le quantit`a q1 e q2 sono positive e la convenzione sui segni `e stata considerata per q2 ceduto dalla riserva fredda e q1 acquisito dalla riserva calda (si veda la figura del problema). Facendo riferimento ad un ciclo si ha ∆SM = 0, in quanto la macchina ritorna nello stesso stato termodinamico; pertanto, dall’equazione precedente segue q1 = q2

T1 T2

(∗)

che correla le quantit` a di calore prelevato/ceduto dalla macchina. Questa correlazione, che segue direttamente dall’avere imposto funzionamento ideale, consente di derminare univocamente l’ammontare di lavoro richiesto per asportare la quantit` a di calore q2 . Infatti, il Primo Principio applicato alla Macchina stabilisce che ∆UM = −q1 + q2 + w dove anche w `e preso positivo ed `e stata considerata la convenzione sui segni (il lavoro `e fatto sul sistema-Macchina). In un ciclo si ha ∆UM = 0, quindi w = q1 − q2 = q2



q1 T1 − 1 = q2 −1 q2 T2 





(∗∗)

dove `e stata utilizzata eq (∗). Sostituiamo le eqs (∗) e (∗∗) nella definizione di rendimento, ottenendo ǫ0R =

T2 1 = T1 /T2 − 1 T1 − T2

che `e la relazione utilizzata per risolvere il problema. Dal fatto che T1 > T2 segue ǫ0R > 1. Fissate le due temperature, il valore di ǫ0R `e quindi determinato, e ci consente di valutare il lavoro da dover compiere per prelevare una quantit` a di calore q2 fissata (ad es., per congelare i 250 grammi di acqua nel problema in esame); tale ammontare di lavoro `e il minimo necessario per compiere l’operazione, nel senso che operando in qualsiasi modalit`a non reversibile (funzionamento non ideale) il rendimento `e sempre inferiore, e per asportare lo stesso calore q2 occorre compiere un lavoro maggiore. Per verificare che il rendimento ǫR < ǫ0R nel caso di macchina non ideale basta imporre ∆Stot > 0, corrispondente a trasformazioni irreversibili all’interno del sistema globale. Questo porta immediatamente a macchina non ideale : q1 > q2

T1 T2

Dalla relazione w = q1 − q2 , sfruttando la disuguaglianza ottenuta stabiliamo che w = q1 − q2 > q2

T1 T1 − q2 = q2 −1 T2 T2 





q2 1 < w T1 /T2 − 1 43

Richiamando la definizione di rendimento e usando tale disuguaglianza otteniamo infine ǫR =

q2 1 T2 < = ≡ ǫ0R w T1 /T2 − 1 T1 − T2

cio`e ǫR < ǫ0R . Si noti inoltre che abbiamo ottenuto l’espressione di ǫ0R senza dover specificare la modalit`a di funzionamento tecnico della macchina (ad es., potrebbe sfruttare un ciclo inverso di Carnot, oppure trasformazioni del tutto diverse...), ma solo assumendo che essa funzioni in modo reversibile: il rendimento massimo risulta solo funzione delle temperature delle due riserve termiche tra le quali essa opera, e non dalla caratteristiche della macchina. Possiamo chiederci in quali condizioni si pu`o massimizzare il rendimento della macchina ideale. Dall’espressione di ǫ0R si nota che esso aumenta per T1 → T2 . Cosa significa? Ad esempio, nel caso del problema in esame questo significa che (lavorando in modo ideale) occorre compiere meno lavoro per congelare i 250 grammi di acqua in una stanza a 5 ◦ C rispetto a quanto ne occorre quando la stanza `e a 20 ◦ C ... • Si provi ad esplicitare il rendimento massimo di una macchina funzionante in modo ideale con ciclo diretto tra le due sorgenti a temperatura T1 e T2 , definito come η 0 = w/q1 , dove ora q1 `e prelevato dalla sorgente calda e il lavoro `e compiuto dal sistema-Macchina sull’esterno. Il risultato `e η 0 = 1 − T2 /T1 .

44

Esercizio 3.6 Tre chilogrammi di neve alla temperatura di 0 ◦ C sono gettati in un recipiente termicamente isolato contenente 3 Kg di acqua a 90 ◦ C . Determinare la variazione globale di entropia del sistema, se il calore di fusione del ghiaccio `e di 336 kJ/kg ed il calore specifico dell’acqua `e di 4.2 kJ/kg K. Rappresentiamo il problema in figura:

pareti abiabatiche

3 kg neve Tfus = 0°C 3 kg acqua liq. T0 = 90°C La trasformazione effettiva `e certamente irreversibile. Per valutare il ∆Stot del sistema `e per`o sufficiente specificare gli stati (di equilibrio) iniziale e finale, e scegliere una conveniente trasformazione reversibile tra di essi. Lo stato iniziale `e definito dal problema, mentre per definire lo stato finale dei 6 kg di acqua liquida dopo il mescolamento occorre determinarne la temperatura Tf . A tale scopo consideriamo il bilancio termico imposto dalla condizione di adiabaticit` a a pressione costante: pext = cost. ⇒ ∆Htot = qtot = 0 Immaginiamo (per convenienza) di potere idealmente distinguere, durante la trasformazione, i 3 kg di neve dai 3 kg di acqua liquida inizialmente separati. Si ha quindi ∆Htot = ∆Hneve + ∆Hliq.

pext =cost

=

{m∆Hf us + mcp (Tf − Tf us )} + mcp (Tf − T0 ) ≡ 0

da qui segue 1 Tf = [T0 + Tf us − ∆Hf us /cp ] = 278 K 2 Passiamo ora a valutare la variazione di entropia delle due parti del sistema, seguendo per ognuna una trasformazione reversibile tra gli stati iniziale e finale. Per i 3 kg di neve si ha neve : ∆Sneve

f us.

H2 O(s) 0◦ C → H2 O(l) 0◦ C → H2 O(l) Tf Z Tf ∆Hf us Tf ∆Hf us dT /T = m + mcp + mcp ln = +3.92 kJ K−1 =m Tf us Tf us Tf us Tf us 45

Per i 3 kg di acqua inizialmente liquida abbiamo invece H2 O(l) T0 = 90◦ C → H2 O(l) Tf Z Tf Tf dT /T = mcp ln ∆Sliq. = mcp = −3.36 kJ K−1 T0 T0 liq :

Infine, ∆Stot = ∆Sneve + ∆Sliq. = +0.56 kJ K−1 > 0 Si noti che la variazione di entropia del sistema globale risulta positiva, in accordo con il carattere irreversibile della trasformazione in condizioni di isolamento adiabatico.

46

Esercizio 3.7 Calcolare la variazione di U , H, A e G durante l’evaporazione di 20 gr. di etanolo (PM = 46.07) al suo punto normale di ebollizione (Teb = 351.4K) noto il calore latente di evaporazione di 837.4 kJ per chilogrammo di sostanza. A pressione costante, e con solo lavoro di volume, possiamo stabilire pext = cost. ⇒ ∆H ≡ q = m∆Hev = 20 × 10−3 kg × 827.4 kJ kg−1 = 16.7 kJ Per valutare la variazione di energia interna partiamo dalla sua relazione con l’entalpia, U = H − pV . A pressione esterna costante deriviamo pext = cost. ⇒ ∆U = ∆H − pext ∆V dove la variazione di volume conseguente all’evaporazione di ∆n moli di etanolo, ∆V , `e approssimabile al volume di vapore prodotto. Assumendo comportamento ideale dell’etanolo vapore stabiliamo ∆nRTeb ∆V = pext dove ∆n = m/P M = 0.434 moli `e il numero di moli passate allo stato vapore. Sostituendo otteniamo ∆U = ∆H − ∆nRTeb = 16.7 kJ − 1.3 kJ = 15.4 kJ Per valutare la variazione delle energie libere di Helmholtz e Gibbs, teniamo presente che una transizione di fase `e un processo reversibile in cui le variabili di stato del sistema, pressione e temperatura, sono specificabili e costanti (in questo caso si tratta di evaporazione del liquido all’ebollizione, cio`e ad una pressione esterna costante e costantemente uguale alla pressione del vapore alla temperatura fissa di ebollizione). Dato che la trasformazione `e reversibile e avviene a temperatura costante con solo lavoro di volume, si pone subito ∆A = wvol , dove wvol = −pext ∆V = −∆nRTeb = −1.3 kJ; quindi ∆A = −1.3 kJ. Tenendo presente che la trasformazione avviene a pressione esterna costante (oltre che a temperatura fissa), e con solo lavoro di volume, si ha anche che ∆G = 0.

• Variazioni delle energie libere e lavoro utile Riassumiamo le seguenti propriet`a generali che riguardano le variazioni ∆A e ∆G per un sistema che passa da uno stato di equilibio ”1” ad uno stato di equilibrio ”2” con modalit`a diverse: 1) Sistema a contatto con un termostato (T1 = T2 = Tterm ):

∆A ≤ w

1) Sistema a contatto con un termostato (T1 = T2 = Tterm ) e sottoposto a pressione esterna costante (p1 = p2 = pext ): ∆G ≤ w − wvol Le uguaglianze valgono solo se la trasformazione `e reversibile. Nel caso in cui il lavoro sia solo ”di volume” si ha, nelle stesse condizioni date sopra, che ∆A ≤ wvol e ∆G ≤ 0. Da queste ultime relazioni, prendendo l’uguaglianza, seguono subito le espressioni usate nel presente esercizio.

47

Esercizio 3.8 Una mole di gas perfetto `e contenuta in un cilindro munito di pistone mobile senza attriti, avente un diametro di 10 cm, in equilibrio termico e meccanico con l’ambiente esterno alla temperatura di 25 ◦ C ed alla pressione di 1 bar. Sul pistone viene istantaneamente appoggiata una massa di 100 kg che provoca la compressione del gas. Sapendo che l’accelerazione di gravit`a `e pari a 9.81 m/s2 , determinare il lavoro di volume fatto sul sistema e la corrispondente variazione di entropia del sistema e dell’ambiente.

m p0 , V0 , T0 pf , Vf , Tf

Specifichiamo innanzitutto gli stati iniziale e finale del gas. Sappiamo che il gas `e mantenuto in equilibrio termico con l’esterno, quindi la sua temperatura `e T = 298 K. Per lo stato iniziale si ha p0 = 1 bar , T0 = T = 298 K , V0 =

1 mole × 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K nRT0 = 0.0248 m3 = p0 105 Pa

Valutiamo ora la pressione finale del gas; essa deve eguagliare la pressione esercitata dal pistone (p0 ) + il contributo aggiuntivo dovuto alla massa applicata (forza peso / area della superficie): pf = p0 +

mg Area

Area=πR2

=

105 Pa +

Quindi, lo stato finale `e specificato da

100 kg × 9.81 m s−2 = 2.25 × 105 Pa (2.25 bar) 7.85 × 10−3 m2

pf = 2.25 bar , Tf = T = 298 K , Vf =

nRTf = 0.0110 m3 pf

Il lavoro di volume per la compressione (irreversibile) a pext = pf = cost `e quindi dato da w = −pf (Vf − V0 ) = 3.1 kJ Avendo specificato gli stati iniziale e finale, siamo in grado di valutare la variazione di entropia del gas. A tale scopo, sostituiamo l’effettiva trasformazione irreversibile con una conveniente compressione 48

isoterma reversibile da (T, p0 ) a (T, pf ). Applichiamo il Primo Principio, rev.

dUgas = T dSgas − pdV

T =cost

=

0

⇒ dSgas = pdV /T

dove `e stato posto dUgas = 0 in virt` u del fatto che il gas `e ideale, quindi la sua energia interna dipende solo dalla temperatura e non varia nel corso della trasformazione isoterma. Dall’equazione di stato V = nRT /p segue (dV )T =cost = −nRT (dp/p2 ), e sostituendo si ricava T = cost :

dSgas = −nR

dp pf ⇒ ∆Sgas = −nR ln = −6.7 J K−1 p p0

Per valutare la variazione di entropia dell’ambiente-termostato dobbiamo conoscere l’ammontare di calore da esso scambiato con il gas a temperatura costante T . Applichiamo il Primo Principio al gas ponendo ∆Ugas = 0; segue ∆Ugas = q + w = 0 ⇒ q = −w = −3.1 kJ La variazione di entropia dell’ambiente `e quindi data da ∆Samb. =

3.1 × 103 J −q = = 10.4 J K−1 T 298 K

dove −q `e l’ammontare di calore acquisito dall’ambiente se q `e il calore ceduto dal gas. La variazione di entropia del sistema globale (gas + ambiente) risulta ∆Stot = +3.7 J K−1 > 0, quindi c’`e aumento di entropia in quanto la trasformazione `e irreversibile. • Come si dovrebbe operare per realizzare ∆Stot = 0 ?

49

Esercizio 3.9 Un recipiente contiene una mole di elio alla temperatura di 20 ◦ C ed alla pressione di 10 bar. Un secondo recipiente contiene mezza mole di elio alla temperatura di 80 ◦ C ed alla stessa pressione. Ad un certo istante viene aperta una valvola che mette in comunicazione i due recipienti. Determinare lo stato di equilibrio finale e la variazione di entropia rispetto allo stato iniziale, supponendo che i recipienti siano termicamente isolati ed a volume costante, e che l’elio si comporti come un gas ideale. Raffiguriamo il problema come segue:

n1 = 1 mole T1 = 20°C

n2 = 0.5 moli T2 = 80°C

p1 = p2 = 10 bar Per valutare la variazione di una funzione di stato quale l’entropia dobbiamo innanzitutto specificare lo stato di equilibrio finale (lo stato iniziale del sistema `e noto). Possiamo subito stabilire che la pressione finale `e identica alle pressioni iniziali (uguali) dei gas separati, pf = p0 = 10 bar. Per determinare la temperatura di equilibrio dopo il mescolamento, Tf , applichiamo il Primo Principio imponendo la condizione ∆U = 0 in quanto le pareti esterne del contenitore sono rigide (non si compie lavoro di volume) e adiabatiche (nessun scambio di calore con l’esterno): ∆U

= 0 = ∆U1 + ∆U2

gas ideali

=

n1 cv (Tf − T1 ) + n2 cv (Tf − T2 )

Si ricava Tf =

n1 T1 + n2 T2 = 313 K (40◦ C) n1 + n2

Per valutare la variazione di entropia possiamo operare in modi diversi. Ad esempio, come utile esercizio possiamo ricavare la forma dell’entropia molare per il gas ideale in funzione di temperatura e pressione, indicata nel seguito con Sm (T, p), e utilizzarla per calcolare la variazione di entropia del sistema globale come segue: ∆S = Sf − Si = (n1 + n2 )Sm (Tf , pf ) − [n1 Sm (T1 , p1 ) + n2 Sm (T2 , p2 )] = (n1 + n2 )Sm (Tf , p0 ) − [n1 Sm (T1 , p0 ) + n2 Sm (T2 , p0 )]

(1)

Per derivare la funzione Sm (T, p) possiamo partire da dU = T dS − pdV , ponendo dU = ncv dT per il gas ideale. Si ricava quindi dS = ncv dT /T +pdV /T . Differenziando l’equazione di stato dei gas perfetti nella forma V = nRT /p si ottiene dV = nRdT /p − nRT dp/p2 , e quindi dS = ncv dT /T + nRdT /T − nRdp/p. 50

Raccogliendo i termini, e usando la relazione cp = cv + R tra le capacit`a termiche molari del gas ideale, si ottiene dS = ncp dT /T − nRdp/p. Integrando tra un generico stato di riferimento (ad esempio lo stato standard del gas ideale...) e lo stato termodinamico in esame, si arriva a S(T, p) = cost + ncp ln T − nR ln p. Dividendo per il numero di moli si ottiene la funzione cercata per l’entropia molare del gas ideale Sm (T, p) = cost + cp ln T − R ln p

(2)

dove nell’addendo cost sono inglobati i logaritmi della temperatura e della pressione dello stato di riferimento, e il valore dell’entropia per tale stato; essendo interessati a valutare differenze di entropia, tale costante additiva si elide e non occorre specificarla. Utilizzando la forma (2) nell’espressione (1) si ottiene ∆S = cp [(n1 + n2 ) ln Tf − n1 ln T1 − n2 ln T2 ] = 0.12 J K−1 > 0 dove si `e inserito cp = 5R/2 per il gas ideale monoatomico. Si osservi che l’entropia aumenta in seguito al processo irreversibile che avviene nel sistema adiabaticamente isolato, in accordo con il Secondo Principio.

51

Esercizio 3.10 Calcolare il lavoro di volume ed il calore assorbito da 5 moli di acqua durante l’ebollizione a pressione atmosferica, nota la corrispondente variazione entropica molare ∆Seb = 109.0 J/K mole. Alla pressione di una atmosfera, la temperatura normale di ebollizione dell’acqua `e Teb = 373 K. Il lavoro di volume compiuto dalle 5 moli di acqua evaporate contro la pressione esterna pext `e dato da w = −pext∆V dove ∆V `e la variazione di volume del sistema in seguito alla trasformazione. Trascurando la variazione di volume dell’acqua liquida, tale ∆V `e essenzialmente pari al volume del vapore prodotto; assumendo comportamento ideale del vapore acqueo abbiamo quindi ∆V =

∆nRTeb pext

e quindi w = −∆nRTeb = −5 moli × 8.314 J K−1 mol−1 × 373 K = −15.5 kJ Il calore assorbito `e ricavabile dalla conoscenza della variazione di entropia: ∆S =

q ⇒ q = Teb × n∆Seb = 203.3 kJ Teb

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ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 3.11 a) Si dia l’espressione di ∆S per n moli di gas ideale sottoposto alla trasformazione (p1 , V1 ) → (p2 , V2 ). Quanto vale ∆S per una mole di gas ideale sottoposta ad una espansione isoterma in cui il volume raddoppia? b) Quanto vale ∆S per una mole di gas ideale sottoposta a dimezzamento del volume e raddoppiamento della temperatura (assoluta)? Risultato: a) ∆S1→2 = ncp ln VV21 + ncv ln pp12 , ∆S = R ln 2 , b) ∆S = (cv − R) ln 2

Esercizio 3.12 Un pezzo di ferro di 2 Kg a 500 ◦ C viene gettato nell’acqua a 100 ◦ C in equilibrio con il suo vapore alla pressione di 1 bar. Quant’`e la variazione totale di entropia? (Il calore specifico del ferro `e pari a 450 J/kg K). Risultato: ∆Stot = 309 J K−1

Esercizio 3.13 Un campione di 10 kg di acqua a 20 ◦ C `e convertito in ghiaccio a −10 ◦ C ponendolo a contatto con un termostato a −10 ◦ C . Calcolare la variazione di entropia per il sistema costituito dal termostato e dal campione. Il calore di fusione del ghiaccio `e di 334 kJ/kg, mentre i calori specifici dell’acqua e del ghiaccio sono rispettivamente 4.18 kJ/kg K e 2.09 kJ/kg K. Risultato: ∆SH2 O = −15.97 kJ K−1 , ∆STerm. = +16.06 kJ K−1 , ∆Stot = +92 J K−1 > 0, 53

Esercizio 3.14 Calcolare la variazione di entropia quando 100 gr. di etanolo (cp = 111.46 J/K mol , PM = 46.07 gr/mole) a 60 ◦ C sono mescolati a 150 gr. di etanolo a 10 ◦ C in un recipiente termicamente isolato. Risultato: ∆S = 2.0 J K−1 .

Esercizio 3.15 Del ghiaccio immerso in acqua viene parzialmente fuso mettendolo a contatto per 10 minuti con una resistenza di 100 Ohm su cui passa una corrente di 0.1 Ampere. Quanto valgono le variazioni di entropia, di entalpia e di energia libera di Gibbs del sistema acqua + ghiaccio supposto essere a pressione costante? Risultato: ∆S = 2.2 J K−1 , ∆H = 600 J, ∆G = 0

Esercizio 3.16 Due campioni di 1 kg di acqua (cp = 4.18 kJ/ K kg) a temperature diverse vengono mescolati a pressione costante, e all’interno di un contenitore che non consente scambio di calore con l’esterno, per ottenere dell’acqua alla temperatura di 25 ◦ C . Qual `e la temperatura dei due campioni se la variazione di entropia nel mescolamento `e ∆S = 11.8 J/K ? Risultato: T1 = 9.2 ◦ C , T2 = 40.8 ◦ C (o viceversa)

Esercizio 3.17 Una mole di gas ideale monoatomico compie un ciclo di Carnot tra le temperature T1 = 400 ◦ C e T2 = 300 ◦ C . Nel ramo di espansione isoterma a temperatura superiore il volume iniziale `e di 1 litro e quello finale `e di 5 litri. Calcolare il lavoro compiuto durante un ciclo e le quantit`a di calore scambiato con le due riserve termiche. Risultato: w = 1338 J, q1 = 9005 J, q2 = 7667 J

54

55

56

Capitolo 4

Grandezze Standard

57

Esercizio 4.1 Dati i valori di ∆f H ⊖ e ∆f G⊖ di una sostanza, quali altre informazioni sono necessarie per derivare ∆f S ⊖ , ∆f U ⊖ e ∆f A⊖ ? Partiamo dall’entropia di formazione standard, ∆Sf⊖ . Essa `e correlabile ai valori forniti di ∆Hf⊖ e ⊖ ⊖ ⊖ ∆G⊖ f mediante ∆Gf = ∆Hf − T ∆Sf , da cui ∆Sf⊖

=

∆Hf⊖ − ∆G⊖ f T

Occorre quindi sapere a quale temperatura sono riferiti i valori forniti. Per l’energia interna di formazione standard si ha poi ∆Uf⊖ = ∆Hf⊖ − p⊖ ∆Vf⊖ Per valutarla dobbiamo quindi potere stimare il ∆Vf⊖ sulla base dei volumi standard delle specie coinvolte nella reazione di formazione alla temperatura in esame. Infine, = ∆A⊖ f = =

∆Uf⊖ − T ∆Sf⊖ ∆Uf⊖ − ∆Hf⊖ + ∆G⊖ f ⊖ ⊖ − p ∆V ∆G⊖ f f

Anche in questo caso occorre conoscere ∆Vf⊖ .

58

Esercizio 4.2 Derivare le forme esplicite di ∆r H ⊖ (T ) e ∆r G⊖ (T ), sulla base dei loro valori a T0 e per una generica dipendenza ∆r c⊖ p (T ) dalla temperatura. Stabilire una gerarchia di approssimazioni. Partiamo dalle relazioni basilari che specificano la variazione di ∆r H ⊖ e ∆r G⊖ con la temperatura a pressione costante p⊖ : d ∆r H ⊖ (T ) = ∆r c⊖ p (T ) dT ⊖ d( ∆r G /T ) = ∆r H ⊖ (T ) d(1/T )

(1) (2)

con ∆r c⊖ p (T ) =

X

νJ c⊖ p (J, T )

J

dove la somma `e effettuata sulle specie J-esime (prodotti e reagenti) coinvolte nella reazione, e νJ indicano i coefficienti stechiometrici con il segno opportuno... La sequenza di integrazioni rispetto alla temperatura `e quindi la seguente: ∆r H ⊖ (T ) ⇒

∆r c⊖ p (T ) ⇒

∆r G⊖ (T )

Deriviamo innanzitutto le forme generali, non approssimate, di ∆r H ⊖ (T ) e ∆r G⊖ (T ) sulla base dei loro valori noti ad una temperatura di riferimento T0 , e nota la dipendenza di ∆r c⊖ p nell’intervallo di temperatura T0 - T . Integrando eq (1) si ottiene ∆r

H ⊖ (T )

=

∆r H ⊖ (T0 )

+

T

Z

T0

′ dT ′ ∆r c⊖ p (T )

(3)

Riscriviamo ora eq (2) come segue: d( ∆r G⊖ (T )/T ) = ∆r H ⊖ (T )d(1/T ) = − ∆r H ⊖ (T )dT /T 2 e integriamo rispetto alla temperatura ottenendo ∆r G⊖ (T ) ∆r G⊖ (T0 ) = − T T0

Z

T

T0

dT ′

∆r H ⊖ (T ′ ) T ′2

Sostituendo nell’integrale la forma eq (3) per ∆r H ⊖ (T ′ ) si deriva ∆r G⊖ (T ) T

= =



T T T ∆r G⊖ (T0 ) 1 1 ′′ dT ′′ ∆r c⊖ − ∆r H ⊖ (T0 ) dT ′ ′2 − dT ′ ′2 p (T ) T0 T T T T0  ZTT0 Z T0 ′ 1 1 ∆r G⊖ (T0 ) ′′ ′ 1 ⊖ dT ′′ ∆r c⊖ − + ∆r H (T0 ) − dT ′2 p (T ) T0 T T0 T T0 T0

Z

Z

Z

e quindi la soluzione generale `e ∆r G⊖ (T ) = ∆r G⊖ (T0 )

T T + ∆r H ⊖ (T0 ) 1 − T0 T0 



−T

Z

T

T0

dT ′

1 T ′2

Z

T′

T0

′′ dT ′′ ∆r c⊖ p (T )

A questo punto possiamo operare alcune semplicazioni sulla base di assunzioni relative al ∆r c⊖ p.

59

(4)

1) ∆r c⊖ e un caso speciale che si realizza per compensazione reagenti/prodotti; ad esp (T ) ≃ 0. Questo ` empio, si pu`o invocare tale assunzione nel caso di reazioni in fase gassosa che avvengono senza variazione del numero di moli, se le specie hanno comportamento di gas ideale e se sono strutturalmente simili (ad es. se tutti i gas sono monoatomici, o tutti biatomici, ecc.) [• Perch´e ?]. Sotto tale assunzione, le equazioni (3) e (4) si riducono a ∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T0 )

∆r

G⊖ (T )

=

∆r G⊖ (T0 )

(5)

T T + ∆r H ⊖ (T0 ) 1 − T0 T0 



(6)

⊖ 2) ∆r c⊖ e nota come approssimazione di Kirchhoff, e presuppone che il ∆r c⊖ p (T ) ≃ ∆r cp (T0 ). Questa ` p sia debolmente dipendente dalla temperatura nel campo di interesse, e viene valutato alla temperatura di riferimento T0 . Sostituendo in eqs (3) e (4), con qualche passaggio si ottengono le seguenti approssimazioni

∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T0 ) + ∆r c⊖ T ) p (T0 )(T −  0    T T T ⊖ ⊖ ⊖ ⊖ + (T0 − T ) − ∆r cp (T0 ) T ln ∆r G (T ) = ∆r G (T0 ) + ∆r H (T0 ) 1 − T0 T0 T0

(7) (8)

Una relazione alternativa ad eq (2) `e la seguente: d ∆r G⊖ (T ) = − ∆r S ⊖ (T ) dT la cui integrazione rispetto alla temperatura conduce a ∆r G⊖ (T ) = ∆r G⊖ (T0 ) −

Z

T

T0

dT ′ ∆r S ⊖ (T ′ )

Seguendo questa via alternativa, occorre conoscere come ∆r S ⊖ dipende dalla temperatura. • Si dimostri ⊖ ⊖ che la precedente assunzione 1), cio`e porre ∆r c⊖ p (T ) ≃ 0, equivale ad assumere ∆r S (T ) ≃ ∆r S (T0 ) (debolmente dipendente dalla temperatura), e si ricavi la conseguente forma approssimata eq (6). A ⊖ ⊖ cosa corrisponde l’assunzione ∆r c⊖ p (T ) ≃ ∆r cp (T0 ) in termini di ∆r S (T ) ?

60

Esercizio 4.3 A 25 ◦ C l’energia libera standard di formazione dell’ossido di azoto NO gassoso `e di 86.55 kJ mol−1 , mentre le entropie standard di O2 (g), N2 (g), NO(g) sono rispettivamente 29.355, 20.125, 29.844 JK−1 mol−1 . Calcolare l’energia libera standard di formazione dell’ossido di azoto gassoso a 110 ◦ C . Consideriamo la reazione di formazione di una mole di ossido di azoto: 1 1 O2 (g) + N2 (g) = NO(g) 2 2 ◦ Il problema richiede di valutare ∆r G⊖ (T1 ) ≡ ∆G⊖ f (NO(g), T1 ) a T1 = 383 K (110 C ) per tale reazione. Partiamo dalla seguente equazione che definisce la variazione di ∆r G⊖ con la temperatura:

d ∆r G⊖ (T ) = − ∆r S ⊖ (T ) dT

(1)

In mancanza di informazioni specifiche assumiamo ∆r S ⊖ (T ) ≃ ∆r S ⊖ (T0 ) , T0 = 298 K

(2)

nell’intervallo di temperature tra 25 ◦ C e 110 ◦ C . Ci`o `e equivalente ad assumere che, per qualche effetto di compensazione tra reagenti e prodotti, si abbia ∆r c⊖ p (T ) ≃ 0 in tale intervallo. [• Data la reazione in esame, `e ragionevole tale assunzione? In quali condizioni si pu`o giustificare?] Integrando eq (1) rispetto alla temperatura facendo uso dell’approssimazione eq (2) otteniamo ⊖ ⊖ ∆G⊖ f (T1 ) = ∆Gf (T0 ) − ∆Sf (T0 )(T1 − T0 )

(3)

Il ∆Sf⊖ (T0 ) `e calcolabile dalle entropie standard fornite: 1 1 ∆Sf⊖ (T0 ) = S ⊖ (NO, g) − S ⊖ (O2 , g) − S ⊖ (N2 , g) 2 2 = (29.844 − 29.355/2 − 20.125/2) J K−1 mol−1 = 5.104 J K−1 mol−1 Sostituendo tale valore in eq (3) si ottiene −3 × 85) kJ mol−1 = 86.12 kJ mol−1 ∆G⊖ f (T1 = 383 K) = (86.55 − 5.104 × 10

61

Esercizio 4.4 Dai seguenti dati termodinamici per l’ozono gassoso, O3 (g), a 25 ◦ C : ⊖ ∆H⊖ f kJ/mol ∆Gf kJ/mol 142.7 163.2

S⊖ J/K mol 238.93

si valuti l’entropia standard di O2 (g) alla stessa temperatura. Consideriamo la reazione di formazione di una mole di ozono gassoso: 3 O2 (g) = O3 (g) 2 Alla temperatura di riferimento T0 = 298 K valutiamo ∆Sf⊖ (O3 (g), T0 ) come il ∆r S ⊖ (T0 ) per la reazione di formazione, cio`e ∆Sf⊖ (O3 (g), T0 ) = S⊖ (O3 (g), T0 ) −

3 ⊖ S (O2 (g), T0 ) 2

da cui si ricava S⊖ (O2 (g), T0 ) = Si ha poi che ∆Sf⊖ (O3 (g), T0 )

i 2h ⊖ S (O3 (g), T0 ) − ∆Sf⊖ (O3 (g), T0 ) 3

=

∆Hf⊖ (O3 (g), T0 ) − ∆G⊖ f (O3 (g), T0 ) T0

(1)

= −68.8 J K−1 mol−1

Sostituendo tale valore in eq (1), e usando il valore fornito per S⊖ (O3 (g), T0 ), otteniamo S⊖ (O2 (g), T0 ) = 205.1 J K−1 mol−1 .

62

Esercizio 4.5 Dai seguenti dati termodinamici standard a 25 ◦ C ⊖ ∆H⊖ f kJ/mol ∆Gf kJ/mol H2 (g) 0.0 0.0 O2 (g) 0.0 0.0 H2 O(l) −285.83 −237.13

S⊖ J/K mol 130.684 205.138 69.91

calcolare la variazione dell’energia libera di formazione (di Gibbs) di una mole di acqua quando viene riscaldata da 25 ◦ C a 35 ◦ C alla pressione standard. La reazione di formazione di H2 O(l) `e la seguente 1 H2 (g) + O2 (g) = H2 O(l) 2 ◦ e richiesto I dati del problema consentono di valutare ∆G⊖ f (H2 O(l), T0 ), per T0 = 298 K (25 C ), ed ` ⊖ ⊖ ∆Gf (H2 O(l), T1 ) a T1 = 308 K. Dai dati forniti non `e possibile dedurre come ∆r cp varia con la temperatura, n´e `e possibile valutarlo alla temperatura di riferimento T0 . Per procedere adottiamo l’approssimazione pi` u cruda, invocando effetti di compensazione tra i calori specifici di reagenti e prodotti ⊖ e ponendo ∆r cp ≃ 0. Tale assunzione `e equivalente (lo si dimostri) a porre ∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T0 ) (costante) e ∆r S ⊖ (T ) ≃ ∆r S ⊖ (T0 ) (costante) per temperature T comprese tra T0 e T1 . Su tali basi, il problema pu`o essere risolto in molti modi tra loro equivalenti. Ad esempio, possiamo partire dalla seguente equazione che definisce la dipendenza di ∆r G⊖ dalla temperatura:

d ∆r G⊖ (T ) = − ∆r S ⊖ (T ) ≃ − ∆r S ⊖ (T0 ) dT Integrando tra la temperatura di riferimento T0 (alla quale sono riferiti i dati tabulati) e la temperatura T1 si ottiene ∆r G⊖ (T1 ) ≃ ∆r G⊖ (T0 ) − ∆r S ⊖ (T0 )(T1 − T0 )

(1)

Valutiamo ora ∆r G⊖ (T0 ) e ∆r S ⊖ (T0 ) per la reazione di formazione di una mole di H2 O: −1 ∆r G⊖ (T0 ) ≡ ∆G⊖ f (H2 O(l), T0 ) = −237.13 kJ mol

e ∆r S ⊖ (T0 ) = S⊖ (H2 O(l), T0 ) − S⊖ (H2 (g), T0 ) −

1 ⊖ S (O2 (g), T0 ) = −164.43 J K−1 mol−1 2

−1 Sostituendo tali valori in eq (1) si ottiene ∆r G⊖ (T1 ) ≡ ∆G⊖ f (H2 O(l), T1 ) = −235.5 kJ mol .

63

Esercizio 4.6 Si calcoli il calore di reazione del benzene a cicloesano dai seguenti valori per l’entalpia standard di formazione di benzene liquido ( ∆Hf⊖ = 49.0 kJ/mol) e di cicloesano liquido ( ∆Hf⊖ = -156.0 kJ/mol) a 25 ◦ C . Stimare la variazione di energia interna per la reazione. La reazione in esame `e la seguente: C6 H6 (l) + 3H2 (g) = C6 H12 (l) Per valutare il calore di reazione, cio`e il ∆r H ⊖ della reazione, applichiamo la legge di Hess: ∆r H ⊖

Hess

=

∆Hf⊖ (C6 H12 (l), T0 ) − ∆Hf⊖ (C6 H6 (l), T0 ) = −205 kJ mol−1

per T0 = 298 K. Consideriamo ora la variazione di energia interna nel processo di formazione di una mole di cicloesano a pressione costante (pari a p⊖ ) e a temperatura costante (T0 ), cio`e valutiamo ∆r U ⊖ (T0 ) per la rezione scritta. Dalla relazione generale U = H − pV , applicata al caso specifico, ricaviamo ∆r U ⊖ (T0 ) = ∆r H ⊖ (T0 ) − p⊖ ∆r V ⊖ (T0 )

(1)

dove ∆r V ⊖ (T0 ) `e il volume standard di reazione: ∆r V ⊖ (T0 ) = V ⊖ (C6 H12 (l), T0 ) − V ⊖ (C6 H6 (l), T0 ) − 3V ⊖ (H2 (g), T0 ) ∗ ≃ −3V ⊖ (H2 (g), T0 ) RT0 ∗∗ ≃ −3 ⊖ = −0.074 m3 p dove per il passaggio ∗ si `e assunto che i volumi di una mole di cicloesano e di benzene liquidi siano circa uguali e si elidano nella somma algebrica, o che comunque la loro differenza sia trascurabile rispetto al volume di tre moli di idrogeno gassoso; per il passaggio ∗∗ si `e invece assunto che l’idrogeno gassoso abbia comportamento ideale, adottando l’equazione di stato dei gas perfetti. Sostituendo in eq (1) si ottiene ∆r U ⊖ (T0 ) ≃ ∆r H ⊖ (T0 ) + 3RT0 = −197.6 kJ mol−1

64

Esercizio 4.7 Dati i seguenti valori per le grandezze standard dell’acqua (liquida e vapore) a 25 ◦ C , stimare la differenza del suo calore latente di evaporazione tra 0 ◦ C e 100 ◦ C ⊖ ∆H⊖ f kJ/mol ∆Gf kJ/mol H2 O(l) −285.83 −237.13 H2 O(g) −241.82 −228.57

−1 S⊖ J/K mol c⊖ p J/K mol 69.91 75.29 188.83 33.58

I dati tabulati sono riferiti alla trasformazione seguente H2 O(l) = H2 O(g) ⊖ (T ) alla pressione standard p⊖ . La variazione di entalpia standard della ”reazione” in esame `e il ∆Hev ⊖ (T ) per T = 298 ad una generica temperatura T . I dati del problema ci consentono di calcolare ∆Hev 0 0 ◦ ⊖ ⊖ ◦ K (25 C ), ed `e richiesta la differenza ∆Hev (T2 ) − ∆Hev (T1 ) con T2 = 373 K (100 C ) e T1 = 273 K (0 ◦ C ). Abbiamo quindi bisogno di una relazione che definisca come ∆H ⊖ (T ) dipende dalla temperatura. ev Utilizziamo la relazione ⊖ (T ) d∆Hev = ∆ev c⊖ p (T ) dT

(1)

con ⊖ ⊖ ∆ev c⊖ p (T ) = cp (H2 O(l), T ) − cp (H2 O(g), T )

Assumendo che i calori specifici standard dell’acqua liquida e vapore siano in prima approssimazione costanti nell’intervallo di temperatura tra 0 ◦ C e 100 ◦ C , allora possiamo porre ∆ev c⊖ p (T ) ≃ cost. e valutarlo alla temperatura T0 compresa in tale campo. Integrando eq (1) tra le temperature T1 e T2 si ottiene quindi ⊖ ⊖ (T1 ) + ∆ev c⊖ (T2 ) ≃ ∆Hev ∆Hev p (T0 )(T2 − T1 )

e pertanto ⊖ ⊖ ∆Hev (T2 ) − ∆Hev (T1 ) ≃ ∆ev c⊖ p (T0 )(T2 − T1 ) = (33.58 − 75.29) × 10−3 kJ K−1 mol−1 × 100 K = −4.17 kJ mol−1

65

Esercizio 4.8 Quando una miscela di aria e di vapore viene fatta passare su carbone avvengono le seguenti reazioni: (1) (2)

1 C(s, grafite) + O2 (g) = CO(g) 2 C(s, grafite) + H2 O(g) = CO(g) + H2 (g)

A 25 ◦ C le entalpie standard di formazione di CO(g) e H2 O(g) rispettivamente di -110.53 kJ/mol e di 241.82 kJ/mol. A tale temperatura, quale rapporto in volume deve esistere fra aria e vapore (considerati alla stessa pressione) affinch´e il processo sia isotermo? Si ricorda che nell’aria il rapporto in moli tra azoto e ossigeno `e circa 4. Rappresentiamo il processo nella seguente figura:

(p = costante) CO(g) + H2(g)

H2O(g) + aria

C

Fissiamo l’attenzione su una porzione di aria/vapore/carbonio in reazione (il sistema). Nelle condizioni stabilite il sistema subisce una trasformazione (chimica) a pressione costante, pertanto possiamo stabilire che pext = cost. ⇒ ∆H = q Nelle condizioni operative in cui la temperatura della miscela si mantiene costante senza termostatazione esterna, cio`e non si ha n´e assorbimento n´e cessione di calore da parte della massa in reazione, deve essere q = 0 e quindi ∆H = 0. Appare chiaro che tale condizione pu`o essere realizzata solo bilanciando opportunamente gli effetti esotermici ed entotermici delle due reazioni. Il problema chiede di considerare la reazione a pressione atmosferica, pertanto possiamo porre pext = 1 atm ≃ p⊖ , e alla temperatura T0 = 298 K. Per i bilanci entalpici possiamo quindi utilizzare le entalpie standard di formazione fornite. Indichiamo con x il numero di moli di CO(g) prodotto dalla reazione (1) per una mole di CO(g) prodotto dalla reazione (2). Si deriva la condizione ∆H = x ∆r H ⊖

(1)

+ ∆r H ⊖

(2)

≡ 0 ⇒ x = − ∆r H ⊖ 66

(2)

/ ∆r H ⊖

(1)

Le entalpie standard di reazione per (1) e (2) sono ottenibili applicando la legge di Hess: ∆r H ⊖

(1)

∆r H ⊖

(2)

≡ ∆Hf⊖ (CO(g), T0 ) = −110.53 kJ mol−1

= ∆Hf⊖ (CO(g), T0 ) − ∆Hf⊖ (H2 O(g), T0 ) = (−110.53 − (−241.82)) kJ mol−1 = 131.29 kJ mol−1

Inserendo tali valori nel bilancio precedente si ricava x = 1.2. Dalla stechiometria delle due reazioni si deduce che sono richieste 0.6 moli di O2 (g) per mole di H2 O(g) che reagisce. Assumendo che l’ossigeno e il vapore acqueo abbiano comportamento di gas ideali, al rapporto tra il numero di moli corrisponde il rapporto tra i relativi volumi immessi alla stessa pressione e temperatura, cio`e VO2 (g) /VH2 O(g) = 0.6 Dal rapporto VN2 (g) /VO2 (g) ≃ 4 nell’aria si ricava (considerando l’aria come costituita unicamente da ossigeno e azoto) Varia /VO2 (g) =

VO2 (g) + VN2 (g) VN2 (g) =1+ =5 VO2 (g) VO2 (g)

e quindi Varia /VH2 O(g) = (VO2 (g) /VH2 O(g) ) × (Varia /VO2 (g) ) = 0.6 × 5 = 3.0 Pertanto, affinch´e la temperatura si mantenga costante (e pari a 25 ◦ C ) nel corso della reaziane, `e necessario immettere aria con una portata volumetrica tripla rispetto al vapore d’acqua.

67

ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 4.9 Calcolare ∆r G⊖ a 375 K per la reazione 2CO(g) + O2 (g) → 2CO2 (g) dai seguenti valori tabulati sull’Atkins a 25 ◦ C : ⊖ ∆H⊖ f kJ/mol ∆Gf kJ/mol CO(g) −110.53 −137.17 O2 (g) 0 0 CO2 (g) −393.51 −394.36

Risultato: ∆r G⊖ (T = 373 K) = −501.05 kJ mol−1

68

Capitolo 5

Relazioni differenziali e loro applicazioni alle sostanze pure. Potenziale chimico di gas reali

69

Esercizio 5.1 Si dimostrino le seguenti identit` a: ∂S ∂T V   ∂S Cp = T ∂T p   ∂p Cp = V T α ∂T S 2 Cp − Cv = α T V /kT     ∂V ∂H = V (1 − αT ) =V −T ∂p T ∂T p     ∂T ∂p αT =− =− ∂V S ∂S V Cv kT     ∂V T αV ∂T = = ∂p S ∂S p Cp     ∂S ∂p = = α/kT ∂V T ∂T V     ∂V ∂S = −V α =− ∂p T ∂T p     1 ∂p/T ∂T = ∂V U Cv ∂1/T V

1) Cv = T 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10)





dove 1 kT = − V



∂V ∂p



1 α= V

,

T



∂V ∂T



p

sono il coefficiente di compressione isoterma (kT ) e di espansione isobara (α), e Cv =



∂U ∂T



,

Cp =

V



∂H ∂T



p

sono le capacit`a termiche a volume costante (Cv ) e a pressione costante (Cp ).

Relazioni 1) e 2) Per verificare la 1) possiamo procedere in modo conciso come segue: partiamo dal differenziale fondamentale per l’energia interna, dU = T dS − pdV da cui segue (dividendo m. a m. per dT ) dS dV dU =T −p dT dT dT

V =cost.





∂U ∂T



V

= T



≡ Cv

∂S ∂T



70

V

in cui nell’ultimo passaggio la derivata del volume `e sparita e le derivate totali sono state sostituite dalle derivate parziali (stiamo fissando il volume). In realt`a, per ricavare tale relazione in modo formale dobbiamo effettuare un cambio di variabili, passando dall’energia interna espressa come U (S, V ) alla forma U (T, V ). Per fare questo consideriamo l’entropia in funzione delle nuove variabili T e V , e inseri    ∂S ∂S amo il suo differenziale dS = ∂T dT + ∂V dV in quello fondamentale per dU . Raccogliendo poi i 

termini in dV si ottiene dU = T

V ∂S ∂T V

il differenziale di U (T, V ) nella forma dU

h T 

i

∂S − p dV . Del resto possiamo scrivere direttamente  ∂V    T ∂U = ∂U dT + ∂T V ∂V T dV . Uguagliando le due forme differen    ∂S otteniamo proprio Cv ≡ ∂U = T ∂T V ∂T V . Per la relazione

dT +

ziali per dU , e isolando i termini in dT , 2) si procede allo stesso modo. In modo conciso, partendo dal differenziale dH = T dS + V dp e dividendo per dT m. a m. si ottiene dS dp dH =T +V dT dT dT



p=cost.



∂H ∂T

∂S = T ∂T ≡ Cp 



p



p

Anche in questo caso la procedura formale prevede un cambio di variabili: da H(S, p) a H(T, p). Relazione 3) Abbiamo gi`a stabilito (vedere relazione 2)) che ∂S Cp = T ∂T 



(1)

p

Si nota che le variabili S, T e p entrano nella derivata parziale che appare nella relazione da verificare, ma occorre ”scambiarle” rispetto al loro ordinamento in eq (1). A tale scopo utilizziamo la relazione ciclica: 

∂S ∂T

  p

∂T ∂p

  S

∂p ∂S





−1 

T

= −1

da cui si ricava 

∂S ∂T



p

=−



∂T ∂p

S

∂p ∂S



T

−1

=−



∂p ∂T

  S

∂S ∂p



(2)

T

Inoltre, una delle relazioni di Maxwell (che si ricava dal differenziale di G = G(T, p)) `e 

∂S ∂p



T

∂V =− ∂T 



p

= −V α

(3)

dove, per l’ultimo passaggio, si `e utilizzata la definizione del coefficiente di espansione isobara. Sostituendo eq (3) in (2) otteniamo quindi 

∂S ∂T



p

=



∂p ∂T





S

e inserendo tale derivata parziale in eq (1) otteniamo infine la relazione cercata.

71

Relazione 4) Ricorriamo alle relazioni 1) e 2) gi` a verificate. Sottraendo l’una dall’altra otteniamo "

Cp − Cv = T

∂S ∂T



p





∂S ∂T

 #

(4)

V

Appare chiaro che, per verificare la relazione 4), la differenza in eq (4) deve essere convertita in un prodotto mediante l’elisione di uno dei due termini. A tale scopo torna utile la seguente relazione, 

∂S ∂T



=

V



∂S ∂T



+

p



∂S ∂p

  T

∂p ∂T



(5)

V

che si deriva uguagliando i differenziali dS per le funzioni S = S(T, p(T, V )) e S = S(T, V ). Sostituendo eq (5) in (4) l’addendo (∂S/∂T )p viene eliminato, ottenendo ∂S Cp − Cv = −T ∂p 

  T

∂p ∂T



(6)

V

Abbiamo gi`a dimostrato che 

∂S ∂p



T

= −V α

(7)

Inoltre, dalla relazione ciclica 

∂p ∂T

  V

∂T ∂V

  p

∂V ∂p



= −1

T

si ottiene 

∂p ∂T



V

∂V =− ∂T 

  p

∂V ∂p

−1 T

= αkT−1

(8)

dove sono state richiamate le definizioni dei coefficienti α e kT . Sostituendo le espressioni (7) e (8) in eq (6) si ottiene la relazione cercata. [• Si verifichi che per il gas ideale vale Cp − Cv = nR.] Relazione 5) La relazione da verificare `e 

∂H ∂p



T

=V −T

∂V ∂T





(9)

p

dato che l’ultima forma segue poi direttamente utilizzando la definizione del coefficiente α. Per dimostrare eq (9) partiamo dal differenziale dell’entalpia dH dS dH = T dS + V dp ⇒ =T +V dp dp

T =cost.





∂H ∂p



T

∂S =T ∂p 



+V T

Una delle relazioni di Maxwell (si ricava dal differenziale di G = G(T, p)) `e 

∂S ∂p



T

∂V =− ∂T 



p

72

(10)

che sostituita in eq (10) fornisce l’equazione (9). Relazione 6) La prima uguaglianza nella relazione 6) `e una delle relazioni di Maxwell (si ricava immediatamente dal differenziale di U = U (V, S)). Per verificare la seconda partiamo dalla derivata (∂T /∂V )S e applichiamo la relazione ciclica come segue: 

∂T ∂V

∂V ∂S

  S

  T

∂S ∂T



V

= −1

e ricordiamo (si veda la relazione 1)) che (∂S/∂T )V = Cv /T . Si ottiene quindi 

∂T ∂V



S

T ∂S =− Cv ∂V 



T

T ∂p =− Cv ∂T 



(11)

V

dove per l’ultimo passaggio si `e usata la relazione di Maxwell (∂S/∂V )T = (∂p/∂T )V . Dobbiamo ora ”produrre” i fattori α e kT−1 a partire da (∂p/∂T )V . A tale scopo usiamo ancora la relazione ciclica: 

∂p ∂T

  V

∂T ∂V

  p

∂V ∂p



T

= −1 ⇒



∂p ∂T



V

∂V =− ∂T 

  p

∂V ∂p

−1 T

= αkT−1

(12)

dove sono state richiamate le definizioni di α e kT . Sostituendo eq (12) in eq (11) si ottiene 

∂T ∂V



S

=−

T α Cv kT

che `e la forma cercata. Relazione 7) Si procede come per la relazione 6). La prima uguaglianza `e una delle relazioni di Maxwell (si ricava dal differenziale di H = H(p, S)). Per dimostrare la forma esplicitata partiamo dalla derivata (∂T /∂p)S e ricorriamo alla relazione ciclica come segue: 

∂T ∂p

  S

∂p ∂S

  T

∂S ∂T



p

= −1

Usando la relazione 2) gi` a dimostrata, cio`e (∂S/∂T )p = Cp /T , ricaviamo 

∂T ∂p



S

T ∂S =− Cp ∂p 



T

T ∂V = Cp ∂T 



p

=

T Vα Cp

dove si `e utilizzata la relazione di Maxwell (∂S/∂p)T = −(∂V /∂T )p , e per l’ultimo passaggio `e stata richiamata la definizione del coefficiente α. Relazione 8) La prima uguaglianza `e una delle relazioni di Maxwell (si ricava subito dal differenziale di A = A(T, V )); passiamo quindi a ricavare la forma esplicita. Dati i fattori che vogliamo mettere in evidenza (α e kT ) 73

appare conveniente partire dalla forma (∂p/∂T )V nella quale entrano gi`a le variabili di stato ”giuste”. Applichiamo le relazione ciclica, 

∂p ∂T

  V

∂T ∂V

  p

∂V ∂p



= −1

T

e ricaviamo 

∂p ∂T



V

∂V =− ∂T 

  p

∂V ∂p

−1 T

= αkT−1

dove per l’ultimo passaggio abbiamo richiamato le definizioni di α e kT . Relazione 9) La prima uguaglianza `e una delle relazioni di Maxwell (che si ricava facilmente dal differenziale di G = G(T, p)), e la forma esplicita segue direttamente richiamando la definizione del coefficiente α. Relazione 10) Partiamo dalla relazione ciclica, che ci consente di ”rimescolare” le grandezze coinvolte: 

∂T ∂V

  U

∂V ∂U

  T

∂U ∂T



V

= −1



,

∂U ∂T



= Cv

V

dalla quale ricaviamo 

∂T ∂V



U

=−

1 ∂U Cv ∂V 



(13)

T

A questo punto, per confronto con l’espressione alla quale vogliamo arrivare, appare evidente che dobbiamo lavorare sulla derivata (∂U/∂V )T . Possiamo procedere in vari modi. Il metodo pi` u diretto consiste nel prendere spunto dall’analogia tra la forma alla quale vogliamo arrivare ed una delle espressioni di Gibbs-Helmholtz:   ∂A/T U= (Gibbs − Helmholtz) ∂1/T V Derivando tale forma di U rispetto al volume otteniamo 

∂U ∂V



T

"

∂ = ∂V



∂A/T ∂1/T

 # V



=

T



∂ ∂1/T



∂A/T ∂V

 

T V

∂ 1 ≡ ∂1/T T ∗∗





∂A ∂V

 

T V

∂p/T = − ∂1/T

∗∗∗





V

dove per il passaggio ∗ abbiamo applicato la relazione di Schwartz scambiando l’ordine di derivazione rispetto alle variabili V e 1/T , mentre ∗∗ `e una semplice identit`a in quanto la variabile T `e stata portata fuori dalla derivata parziale rispetto a V a T fissata; infine, per il passaggio ∗∗∗ abbiamo utilizzato la relazione (∂A/∂V )T = −p che segue direttamente dal differenziale dA = −pdV − SdT dell’energia libera di Helmholtz A = A(T, V ). Sostituendo eq (14) in (13) otteniamo la relazione cercata. Se non si riconosce l’analogia strutturale con la Gibbs-Helmholtz, una via alternativa (anche se pi` u laboriosa) potrebbe essere la seguente... Partiamo dalla relazione U = A + T S e deriviamo rispetto al volume a temperatura costante, ottenendo 

∂U ∂V



= T



∂A ∂V



+T T



∂S ∂V



T

74

(14)

Sostituendo le seguenti relazioni (si derivano dal differenziale di A = A(T, V )), 

∂S ∂V



= T



∂p ∂T



(Maxwell)



,

V

∂A ∂V



T

= −p

si ottiene 

∂U ∂V



T

∂p = − p−T ∂T 



 

(15)

V

Sostituendo eq (15) in (13) arriviamo a 

∂T ∂V



= U

∂p 1 p−T Cv ∂T 



 

(16)

V

Consideriamo ora la seguente identit` a: 

∂(p u) ∂u



V

∂p =p+u ∂u 



V

∂p =p+u ∂T 



V

dT du

dove u(T ) `e una generica funzione della temperatura. Ponendo u(T ) = 1/T , si verifica che udT /du = −T , e sostituendo nell’identit` a precedente otteniamo l’uguaglianza 

∂p/T ∂1/T



V

=p−T



∂p ∂T



V

che, considerando eq (16), fornisce la relazione che volevamo ottenere.

• Il Quadrato di Maxwell Esiste una rappresentazione, nota come ”Quadrato di Maxwell”, che condensa in modo grafico i differenziali delle funzioni di stato e le relazioni di Maxwell (attenzione: si pu`o utilizzare il Quadrato di Maxwell per ottenere rapidamente tali relazioni ma bisogna sapere come esse si ricavano formalmente!). Il Quadrato di Maxwell `e rappresentato in figura:

V

A

U S

T G

H 75

p

Sui vertici sono disposte (in questo ordine preciso) le quattro variabili ”naturali” V , T , p e S rispetto alle quali vengono espresse le funzioni di stato. Al centro dei suoi lati, a partire da quello superiore, vengono posizionate le funzioni di stato A, G, H e U seguendo l’ordine alfabetico in senso orario. Vengono infine tracciate le diagonali, mettendo due frecce che puntano verso i vertici superiori. Come usare il Quadrato? 1) Differenziali delle funzioni di stato e derivate parziali fondamentali. Consideriamo il lato sul quale si trova la funzione di stato in esame. Agli estremi del lato ci sono gi`a le corrette variabili naturali che entrano nel differenziale. Per trovare le variabili moltiplicative basta seguire le diagonali che partono dalle variabili naturali: le variabili ad esse connesse vengono poi prese con il segno + se sono indicate da una freccia, con il segno − se non sono indicate da una freccia. Ad esempio consideriamo il differenziale di H. Il lato `e quello inferiore, e sugli estremi ci sono proprio le variabili naturali S e p per l’entalpia, quindi compariranno i differenziali dS e dp. Per trovare le variabili moltiplicative vediamo che il vertice con S `e connesso con il vertice T , e che tale variabile `e indicata dalla freccia (quindi comparir`a come +T ). Poi vediamo che il vertice con p `e connesso con V , e anche tale variabile `e indicata dalla freccia (quindi viene presa come +V ). Componendo il differenziale si avr`a quindi dH = T dS + V dp. Per ottenere le derivate parziali fondamentali, ad esempio (∂H/∂S)p = T e (∂H/∂p)S = V in questo caso, basta vedere quale variabile `e connessa (mediante una diagonale) a quella rispetto alla quale si sta derivando, e poi prendere segno + se la variabile indicata ha una freccia o segno − altrimenti.

2) Le relazioni di Maxwell. Si noti che in tutte le relazioni di Maxwell entrano derivate parziali solo della forma (∂v1 /∂v2 )v3 in cui le tre variabili sono disposte su tre vertici contigui con v2 nel mezzo, cio`e per seguire la sequenza v1 → v2 → v3 si rimane sempre sui lati senza effettuare salti (ad esempio, (∂V /∂T )p entrer`a in una delle relazioni di Maxwell, mentre (∂V /∂p)S no). Per ricavare una relazione di Maxwell si procede in questo modo. Supponiamo di volere trovare a cosa `e uguale la generica (∂v1 /∂v2 )v3 . Si considera la variabile v1′ che sta sullo stesso lato di v1 , poi si parte da tale variabile e si construisce (∂v1′ /∂v2′ )v′ seguendo il senso di rotazione opposto rispetto a quello della prima derivata. Infine si 3 prende il segno + se entrambe le variabili di arrivo v3 e v3′ sono indicate da una freccia oppure sono entrambe non indicate, mentre si prende il segno − se una delle due `e indicata da una freccia e l’altra no. Facciamo un esempio: a cosa `e uguale (∂V /∂T )p ? La variabile che sta sullo stesso lato di V `e S. Nella sequenza V → T → p si procedeva in senso orario, quindi a partire da S procediamo lungo i lati in senso antiorario: orreniamo (∂S/∂p)T . Vediamo che le variabili di arrivo p e T sono una non indicata e l’altra indicata da una freccia, quindi prendiamo il segno −. Si ottiene pertanto la relazione di Maxwell (∂V /∂T )p = − (∂S/∂p)T .

76

Esercizio 5.2 Dimostrare la seguente riduzione del coefficiente di Joule-Thomson, µJT ≡

∂T ∂p





=

H

V (αT − 1) Cp

e verificare che µJT = 0 per il gas ideale. Applichiamo la relazione ciclica come segue: 

∂T ∂p

  H

∂p ∂H

  T

∂H ∂T



p

= −1

dove identifichiamo, tra i fattori, (∂T /∂p)H = µJT e (∂H/∂T )p = Cp . Ricaviamo quindi µJT = −

1 ∂H Cp ∂p 



T

Si dimostra inoltre (vedere la relazione no. 5 nell’esercizio 1 del capitolo) che 

∂H ∂p



T

= V (1 − αT )

ottenendo quindi la forma cercata. Nel caso di gas ideale, dall’equazione di stato V = nRT /p segue α=

1 V



∂V ∂T



p

gas id.

=

1 T

⇒ αT − 1 = 0 ⇒ µJT = 0

77

Esercizio 5.3 Dimostrare la relazione Cv kT = 1/βs Cp dove Cp e Cv sono le capacit`a termiche a pressione e volume costanti, kT `e il coefficiente di compressibilit`a isoterma e βs = −V (∂p/∂V )S `e il modulo adiabatico di compressione. Riarrangiando l’espressione data, si tratta di dimostrare la seguente equivalenza: Cp ? = kT βs ≡ Cv



∂V ∂p

  T

∂p ∂V



S

dove per l’uguaglianza finale sono state richiamate le definizioni di kT e βs . Adottando le seguenti espressioni per le capacit`a termiche a pressione e volume costanti (si vedano le relazioni 1 e 2 nell’esercizio 1 del capitolo), Cp = T



∂S ∂T



,

Cv = T

p



∂S ∂T



V

segue che dobbiamo dimostrare se vale ∂S     ∂T p ? ∂V Cp ∂p   = = ∂S Cv ∂p T ∂V S ∂T V 



cio`e, riarrangiando, dobbiamo verificare la seguente uguaglianza 

∂S ∂T

  p

∂T ∂S



?

=

V

∂V ∂p



  T

∂p ∂V



(1) S

Concentriamoci sul termine (∂p/∂V )S al secondo membro, che scriviamo come prodotto di due fattori, 

∂p ∂V



S





∂p ∂T

  S

∂T ∂V



(2)

S

Il primo dei due fattori in eq (2) pu`o essere ulteriormente esplicitato applicando la relazione ciclica come segue, 

∂p ∂T

  S

∂T ∂S

  p

∂S ∂p





= −1 ⇒

T

∂p ∂T

∂S =− ∂T 



S

  p

∂p ∂S



T

Il secondo fattore in eq (2), analogamente, pu`o essere esplicitato come segue: 

∂T ∂V

  S

∂V ∂S

  T

∂S ∂T



V

= −1 ⇒



∂T ∂V



S

∂S =− ∂V 

  T

∂T ∂S



Sostituendo tali espressioni per i due fattori in eq (2) otteniamo 

∂p ∂V



= S



∂S ∂T

  p

∂p ∂S

  T

∂S ∂V

  T

∂T ∂S



(3)

V

Sostituendo infine eq (3) al secondo membro di eq (1) si ha 

∂S ∂T

  p

∂T ∂S



V

?

=



∂V ∂p

  T

∂S ∂T

  p

∂p ∂S

  T

∂S ∂V

  T

78

∂T ∂S



V

V

e semplificando i fattori uguali m. a m. ci si riduce a dovere verificare la seguente identit`a: 

∂V ∂p

  T

∂p ∂S

  T

∂S ∂V



?

=1

(4)

T

ma si nota subito, data la catena di derivate parziali tutte a temperatura fissata, che il primo membro coincide formalmente con (∂V /∂V )T ≡ 1. Quindi l’identit`a eq (4) `e verificata, e lo `e pertanto anche la relazione di partenza dalla quale `e essa stata dedotta per serie di equivalenze.

79

Esercizio 5.4 La variazione di entropia per una espansione isotermica `e data da ∆S =

Z

V2

V1



∂S ∂V



dV T

Valutare tale integrale per un gas ideale ricorrendo alla relazione di Maxwell opportuna. La relazione data dal problema `e del tutto generale, ed esprime la variazione di entropia S = S(T, V ) in seguito a variazioni di volume (espansioni/compressioni) isoterme. Infatti, a temperatura costante si ha (dS)T = (∂S/∂V )T dV , e integrando rispetto al volume tra i valori V1 e V2 si ottiene l’espressione data per il ∆S. Per risolvere il problema si tratta essenzialmente di sostituire (∂S/∂V )T nell’integrale con una derivata facilmente calcolabile dall’equazione di stato della specifica sostanza in esame. L’opportuna relazione di Maxwell che consente ci` o `e 

∂S ∂V



= T



∂p ∂T



V

(si ricava subito dal differenziale di A = A(T, V ) applicando l’identit`a di Schwartz), e quindi T = cost. : ∆S =

Z

V2

V1



∂p ∂T



dV

(1)

V

∂p dove l’integrando `e inteso come funzione di T e V . Si noti che l’eq (1) `e generale, e vale per ∂T V una sostanza generica. Se ora consideriamo l’equazione di stato del gas ideale abbiamo 



gas ideale , pV = nRT ⇒



∂p ∂T



= nR/V

V

e, sostituendo nell’integrale, si ottiene gas ideale , T = cost. : ∆S = nR ln

V2 V1

80

Esercizio 5.5 Trovare la relazione tra la quantit` a di calore assorbito da un liquido durante un’espansione isoterma reversibile, e la differenza ∆p tra la pressione iniziale e finale, dato il coefficiente   1 ∂V α= V ∂T p di espansione isobara. Possiamo schematizzare il problema come in figura:

p1

p0

T , V0

exp. rev. a T=cost.

T , V1

qrev Stiamo considerando un’espansione reversibile, quindi possiamo correlare la quantit`a di calore infinitesima scambiata dal sistema (in equilibrio termico con l’esterno) alla variazione infinitesima di entropia: dS ≡



δq T



rev

⇒ (δq)rev = T dS

(1)

Consideriamo l’entropia come funzione delle variabili di stato p e T ; a temperatura costante (l’espansione del liquido `e isoterma), il differenziale dS `e dato da T = cost. ⇒ dS =



∂S ∂p



dp

T

Una delle relazioni di Maxwell (ottenibile dal differenziale di G = G(T, p) applicando Schwartz) `e (∂S/∂p)T = −(∂V /∂T )p , pertanto otteniamo ∂V T = cost : dS = − ∂T 



p

dp = −V αdp

dove per l’ultimo passaggio abbiamo richiamato la definizione del coefficiente di espansione isobara α. Utilizzando eq (1) stabiliamo quindi T = cost , exp. rev. : (δq)rev = −T V αdp per una variazione infinitesima di pressione. Per ottenere la quantit`a totale di calore scambiato dobbiamo integrare rispetto alla pressione, tenendo presente che V (T, p) e α(T, p) dipendono da tale variabile. La soluzione generale `e quindi qrev = −T

Z

p1

dp V (T, p)α(T, p)

p0

81

Il sistema in esame `e per`o un liquido, pertanto possiamo assumere che il volume e il coefficiente α siano debolmente dipendenti dalla pressione applicata, e portarli fuori dall’integrale ottenendo qrev ≃ −T V α ∆p che `e la relazione richiesta dal problema.

82

Esercizio 5.6 Dare una forma esplicita per la dipendenza dalla pressione (a temperatura costante) dell’entropia di un solido caratterizzato da coefficienti di compressibilit` a isoterma kT e di espansione isobara α, assunti indipendenti dalla pressione. Il contesto del problema ci induce a considerare l’entropia come funzione di temperatura e pressione, S = S(T, p). A temperatura costante, il differenziale dS `e dato da T = cost. ⇒ dS =



∂S ∂p



dp

T

Integrando rispetto alla pressione abbiamo T = cost. : S(T, p) = S(T, p0 ) +

Z

p

p0

dp′



∂S ∂p′



(1)

T

dove S(T, p0 ) `e il valore dell’entropia ad una generica pressione di riferimento p0 . Una delle relazioni di Maxwell `e 

∂S ∂p



T

=−



∂V ∂T



p

= −V α

(2)

dove per l’ultima uguaglianza `e stata richiamata la definizione del coefficiente di espansione isobara α. Sostituendo eq (2) in (1) otteniamo S(T, p) = S(T, p0 ) − α

Z

p p0

dp′ V (T, p′ )

(3)

dove α `e stato portato fuori dall’integrale in quanto considerato indipendente dalla pressione (dato del problema). Dobbiamo ora esplicitare la dipendenza del volume dalla pressione a temperatura costante, V (T, p′ ). A tale scopo consideriamo il coefficiente di compressibilit`a isoterma kT , kT = −

1 V



∂V ∂p



T

=−



∂ ln V ∂p



T

Integrando m. a m. rispetto alla pressione, tra p0 di riferimento e il valore p′ , otteniamo ln V (T, p′ ) = ln V (T, p0 ) − kT (p′ − p0 ) dove kT `e stato assunto indipendente dalla pressione (dato del problema). Passando agli esponenziali, dall’equazione scritta segue ′

V (T, p′ ) = V (T, p0 )e−kT (p −p0 )

(4)

Sostituendo eq (4) nell’integrale di eq (3) otteniamo S(T, p) = S(T, p0 ) − αV (T, p0 )

Z

p p0



dp′ e−kT (p −p0 )

ed esplicitando l’integrale si arriva infine a 

S(T, p) = S(T, p0 ) − (α/kT )V (T, p0 ) 1 − e−kT (p−p0 )



(5)

che `e la soluzione cercata. Tale espressione pu`o essere semplificata sotto l’assunzione che il volume del solido sia debolmente dipendente dalla pressione, almeno per differenze di pressione p − p0 non 83

eccessive. In questo caso, ripartendo da eq (3) ponendo V (T, p′ ) ≃ V (T, p0 ), o in modo equivalente ponendo 1 − exp{−kT (p − p0 )} ≃ kT (p − p0 ) in eq (5), si deriva la seguente forma approssimata V ≃ indip. dalla pressione ⇒ S(T, p) ≃ S(T, p0 ) − αV (T, p0 )(p − p0 )

84

Esercizio 5.7 Il coefficiente di espansione termica α = (∂V /∂T )p /V dell’acqua `e negativo per temperature tra 0 ◦ C e 4 ◦ C . Dimostrare che in questo intervallo di temperatura l’acqua viene raffreddata da compressioni adiabatiche reversibili. Come affrontare un simile problema? Si sta parlando di trasformazioni adiabatiche reversibili, quindi possiamo specificare la variazione di entropia in questione. Inoltre si parla di ”compressioni” e ”raffreddamento”, quindi le variabili intensive da chiamare in causa sono p e T . Partiamo quindi dal considerare la dipendenza della funzione di stato entropia da p e T , cio`e S = S(T, p). Sulla base delle variabili scelte, il suo differenziale `e dS =



∂S ∂T



dT +

p



∂S ∂p



dp

(1)

T

Se la trasformazione alla quale il sistema `e sottoposto `e una adiabatica reversibile, allora `e anche isoentropica, (δq)rev = 0 ⇒ dS = 0 ⇒ S = cost e quindi, da eq (1), sotto tale condizione segue

dS = 0 , S = cost. ⇒

dT ≡ dp



∂T ∂p



S

∂S ∂p T  = − ∂S ∂T p 



(2)

Si noti che eq (2) non `e altro che la relazione ciclica che deriva dal porre dS = 0 per la funzione S = S(T, p).   ∂T Per dimostrare l’enunciato del problema occorre determinare il segno di . A tale scopo ∂p S dobbiamo convertire (in gergo: ridurre) la forma eq (2) ad una espressione nella quale entrino cofficienti valutabili sperimentalmente e ben caratterizzati. Una delle relazioni di Maxwell (ottenibile dal differenziale di G = G(T, p)) `e 

∂S ∂p



T

∂V =− ∂T 



p

= −αV

(3)

dove per l’ultimo passaggio `e stata richiamata la definizione del coefficiente di espansione isobara, α. Inoltre vale (si veda la relazione no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo) 

∂S ∂T



=

p

Cp T

(4)

con Cp la capacit`a termica dell’acqua a pressione costante. Sostituendo le espressioni (3) e (4) a numeratore e denominatore di eq (2) otteniamo 

∂T ∂p



S

=

αV T Cp

(5)

A questo punto osserviamo che la capacit`a termica `e sempre positiva, Cp > 0, e quindi tra 0◦ C e 4◦ C :

α 0, e la capacit`a termica a volume costante, Cv > 0. Pertanto, α 0 ⇒ se V ց allora T ց a S = cost.

• Osservazione importante: a differenza del coefficente α, possiamo stabilire kT > 0 ad ogni temperatura. Come si pu`o spiegare? • Domanda: se la trasformazione adiabatica non fosse reversibile, potremmo ancora affermare che `e isoentropica?

86

Esercizio 5.8 Tre chilogrammi di acqua inizialmente a 25 ◦ C e p = 1 bar vengono riscaldati di un grado a volume costante. Calcolare la pressione finale del sistema, noti il coefficiente di compressibilit`a isoterma kT = 5.0 × 10−5 bar−1 e di espansione isobara α = 2.1 × 10−4 K−1 . Traduciamo il problema in termini pratici: si sta riscaldando il liquido a volume costante, e si vuole valutare l’incremento di pressione necessario per contrastare la dilatazione. Intuitivamente, abbiamo bisogno di una relazione che ci fornisca il legame tra le variazioni di pressione e di temperatura a volume costante, cio`e, in termini matematici, dobbiamo esplicitare (∂p/∂T )V . Infatti, se consideriamo la pressione come funzione di T e V , cio`e p = p(T, V ), a volume costante il suo differenziale `e V = cost. : dp =



∂p ∂T



dT

V

da cui segue, integrando tra due temperature, ∆p = p1 − p0 =

Z

T1

T0



∂p ∂T



dT

(1)

V

Per esplicitare (∂p/∂T )V da inserire nell’integrale consideriamo la relazione ciclica che deriva dal porre dV = 0 per la funzione di stato V = V (T, p): 

∂V ∂T

  p

∂T ∂p

  V

∂p ∂V



T

= −1 ⇒



∂p ∂T



V

∂p =− ∂V 

  T

∂V ∂T



p

∂V =− ∂p 

−1  T

∂V ∂T



= α/kT

p

dove per l’ultimo passaggio sono state richiamare le definizioni dei coefficienti di compressione isoterma, kT , e di espansione isobara, α. Se assumiamo α e kT costanti data la piccola variazione di temperatura ∆T = T1 − T0 = 1 K, allora sostituendo in eq (1) otteniamo ∆p =

2.1 × 10−4 K−1 α ∆T = × 1 K = 4.2 bar kT 5.0 × 10−5 bar−1

Quindi, se i 3 kg di acqua vengono portati a 26 ◦ C mantenendo fisso il volume, la pressione finale applicata `e 5.2 bar.

87

Esercizio 5.9 Per il benzene (peso molecolare 78.12 gr/mole) a 20 ◦ C e 1 bar, la densit`a vale 0.987 gr/cm3 , il coefficiente di espansione isobara α vale 12.4 × 10−4 K−1 , ed il calore molare standard a pressione costante, c⊖ p , vale 136 J/K mole. Utilizzando le appropriate approssimazioni, calcolare la variazione di entropia di 2 moli di benzene se 1) la pressione viene triplicata a temperatura costante, o se 2) la temperatura viene aumentata di 10 K a pressione costante. Per risolvere il problema dobbiamo derivare un’espressione per la variazione dell’entropia del benzene liquido in funzione di pressione e temperatura. Partiamo quindi con l’idea di esplicitare la funzione S = S(T, p), e consideriamone il differenziale: dS =

∂S ∂T





dT +

p



∂S ∂p



dp

(1)

T

Utilizziamo ora le seguenti relazioni: 

∂S ∂T



p

Cp = T

,



∂S ∂p



T

∂V =− ∂T 



p

= −αV

(per la prima si veda la relazione no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo, mentre la seconda `e una delle relazioni di Maxwell che si ricava dal differenziale di G = G(T, p) applicando Schwartz, e in cui per ottenere l’ultima uguaglianza `e stata richiamata la definizione del coefficiente α). Sostituendo tali espressioni nel differenziale (1), e passando alle grandezze molari, otteniamo dS = n

cp (T, p) dT − nα(T, p)Vm (T, p)dp T

(2)

con n il numero di moli; il calore specifico molare a pressione costante, cp , il coefficiente α e il volume molare Vm sono funzioni di T e p. Consideriamo ora le due trasformazioni proposte, indicando con T0 e p0 la temperatura e la pressione iniziali. 1) Compressione a temperatura costante T0 . Il differenziale eq (2) si riduce a T = cost. ≡ T0 ⇒ dS = −nα(T0 , p)Vm (T0 , p)dp Integriamo la forma differenziale rispetto alla variazione di pressione tra p0 e p1 = 3p0 . Sotto l’assunzione che α e Vm siano costanti nell’intervallo di pressioni in esame, e riferendoli alla pressione p0 , cio`e ponendo α(T0 , p) ≃ α(T0 , p0 ) e Vm (T0 , p) ≃ Vm (T0 , p0 ), si ottiene ∆S = S(T0 , p1 ) − S(T0 , p0 ) = −nα(T0 , p0 )Vm (T0 , p0 )(p1 − p0 ) Valutiamo il volume molare dalla densit`a del liquido a T0 , p0 : Vm (T0 , p0 ) =

78.12 gr/mol PM = = 7.9 × 10−5 m3 mol−1 ρ 0.987 × 106 gr/m3 88

Sostituendo i valori numerici in unit`a S. I. si ha ∆S = −2 moli × 12.4 × 10−4 K−1 × 7.9 × 10−5 m3 mol−1 × 2 × 105 Pa = −0.0392 J K−1 2) Riscaldamento a pressione costante p0 . Il differenziale eq (2) si riduce a p = cost. ≡ p0 ⇒ dS = ncp (T, p0 )dT /T Integrando rispetto alla temperatura tra T0 e T1 = T0 + 10 K, e assumendo che cp sia essenzialmente costante in tale intervallo ponendolo pari a cp (T, p0 ) ≃ cp (T0 , p0 ), otteniamo ∆S = S(T1 , p0 ) − S(T0 , p0 ) = ncp (T0 , p0 ) ln

T1 T1 ≡ nc⊖ p (T0 ) ln T0 T0

⊖ dove cp (T0 , p0 ) ≡ c⊖ p (T0 ) dato che p0 = p . Sostituendo i valori numerici,

∆S = 2 moli × 136 J K−1 mol−1 × ln

303 = 9.12 J K−1 293

• Domanda: quanto vale ∆S nel caso di riscaldamento di 10 K e triplicazione della pressione?

89

Esercizio 5.10 L’energia interna U di una certa sostanza pu`o essere espressa in funzione del volume V , dell’entropia S e del numero di moli n come U = a n5/3 V −2/3 e2S/3nR dove a `e una costante. Dimostrare che la sostanza `e un gas ideale. Il problema `e certamente risolvibile in diversi modi, sfruttando le diverse definizioni (equivalenti!) di gas ideale. Una possibilit`a `e dimostrare che la forma data per l’energia interna `e compatibile con l’equazione di stato pV = nRT . Occorre quindi ricavare, ad esempio, le espressioni di p e T , e vedere se ?

U fornita ⇒ p, T ⇒

nR p = T V

Il problema fornisce la funzione U = U (S, V ). Consideriamone il differenziale, dU =



∂U ∂V



S

dV +



∂U ∂S



V

dS ≡ −pdV + T dS

da cui seguono le relazioni 

∂U ∂V



S

= −p

,



∂U ∂S



=T

V

che consentono di esplicitare p e T . Derivando la funzione U data dal problema otteniamo 2U 2 ∂U U ⇒ p= =− 3V 3V  ∂V S 2U 2 ∂U U ⇒ T = = ∂S V 3nR 3nR 



e osserviamo che il rapporto tra p e T `e proprio quello del gas ideale.

90

Esercizio 5.11 Esplicitare la dipendenza dal volume molare v dell’energia libera di Helmholtz (A = U − T S) a temperatura costante per il gas di van der Waals, (p + a/v 2 )(v − b) = RT

Partiamo dal differenziale di A = A(T, V ), dA = −pdV − SdT A temperatura costante si ha T = cost. : dA = −pdV dove p = p(T, V ) `e esplicitabile dall’equazione di stato fornita. Integrando rispetto al volume otteniamo A(T, V ) = A(T, V0 ) −

Z

V

V0

dV ′ p(T, V ′ )

V ′ →v′ =V ′ /n

=

A(T, V0 ) − n

Z

v

v0

dv ′ p(T, v ′ )

dove (T, V0 ) `e uno stato di riferimento arbitrario. Dall’equazione di van der Waals ricaviamo p(T, v ′ ) =

RT a − ′2 ′ v −b v

e sostituendo nell’integrale otteniamo v dv ′ dv ′ + na A(T, V ) = A(T, V0 ) − nRT ′ ′2 v0 v v0v − b   v−b 1 1 = A(T, V0 ) − nRT ln − − na v0 − b v v0

Z

v

Z

91

(1)

Esercizio 5.12 Esplicitare la derivata parziale (∂U/∂V )T per il gas di van der Waals: (p + a n2 /V 2 )(V − n b) = n R T

Dal differenziale fondamentale dU per la funzione di stato U = U (V, S) siamo in grado di stabilire subito dU = T dS − pdV ≡



∂U ∂S



dS + V



∂U ∂V



dV S





∂U ∂S



=T ,

V



∂U ∂V



S

= −p

(1)

mentre il problema richiede la derivata parziale (∂U/∂V )T . Per esplititare tale derivata `e utile uguagliare i differenziali delle funzioni U = U (V, S) e U = U (V, S(T, V )) (cambio di variabili). Questa operazione (si veda la dimostrazione data alla fine dell’esercizio) porta alla relazione 

∂U ∂V



= T



∂U ∂V



+ S



∂U ∂S

  V

∂S ∂V



(2) T

dove al secondo membro entrano le derivate parziali date in eq (1). Dobbiamo ora esplicitare la derivata dell’entropia sulla base dell’equazione di stato fornita. Una delle relazioni di Maxwell `e 

∂S ∂V



= T



∂p ∂T



V

[• si provi a ricavarla: dal differenziale di quale funzione di stato si parte?]. Pertanto, sostituendo in eq (2) arriviamo a 

∂U ∂V



T

∂p = −p + T ∂T 



(3)

V

[Si noti che si pu`o arrivare equivalentemente alla relazione (3) dividendo m. a m. il differenziale dU per dV , ottenendo dU dS =T −p dV dV Poniamoci ora a temperatura fissata, per cui le funzioni U = U (T, V ) e S = S(T, V ) diventano parametriche in T e le derivate totali rispetto al volume coincidono con le derivate parziali a T costante: T fissata :

dS dU =T −p ⇒ dV dV



∂U ∂V



T

=T



∂S ∂V



T

−p

che fornisce la eq (3) ricorrendo alla relazione di Maxwell gi`a richiamata.] Dall’equazione di stato fornita ricaviamo nRT an2 p= − 2 ⇒ V − nb V



∂p ∂T



V

nR an2 ≡ T −1 p + 2 = V − nb V

!

dove l’ultima equivalenza segue riarrangiando l’equazione di stato. Sostituendo tale espressione in eq (3) e semplificando, si ottiene infine 

∂U ∂V



= T

an2 V2 92

• Cambio di variabili Consideriamo una determinata propriet`a fisica rappresentabile come funzione di due variabili x e y (che determinano lo ”stato” al quale tale propriet`a `e riferita), e indichiamola con f = f (x, y), differenziabile; il suo differenziale `e dato da df =



∂f ∂x





dx +

y

∂f ∂y



dy

(∗)

x

Consideriamo ora y stessa come funzione y = y(x, z), coinvolgendo una terza variabile z. Il differenziale della funzione y `e dato da dy =



∂y ∂x



dx +

z



∂y ∂z



dz

x

e, sostituendolo in eq (∗) e raccogliendo i termini in dx, otteniamo df =

"

∂f ∂x



+

y



∂f ∂y

  x

∂y ∂x

 #

dx +

z



∂f ∂y

  x

∂y ∂z



dz

(∗∗)

x

In sostanza, esplicitando y in termini di x e z abbiamo effettuato il cambio di variabili (x, y) → (x, z) per la rappresentazione della propriet`a in esame. Del resto, tale propriet`a deve potere essere rappresentata anche direttamente sulla base delle variabili x e z mediante la funzione f ′ (x, z) (l’apice ′ `e introdotto per indicare la diversa forma di tale funzione rispetto a f (x, y)); differenziando si ha ∂f ′ ∂x

df ′ =

!

∂f ′ ∂z

dx + z

!

(∗ ∗ ∗)

dz x

Ovviamente, se il differenziale `e riferito al medesimo cambio (infinitesimo) di stato, esso deve essere indipendente dalla rappresentazione scelta, e pertanto dobbiamo porre df ≡ df ′ . Confrontando le eqs (∗∗) e (∗ ∗ ∗) e uguagliando i termini in dx e in dz otteniamo le relazioni ∂f ′ ∂x

!

= z



∂f ∂x



y

+



∂f ∂y

  x

∂y ∂x



∂f ′ ∂z

, z

!

x

=



∂f ∂y

  x

∂y ∂z



x

dove la prima `e la relazione comunemente utilizzata per esplicitare le derivate parziali di funzioni di stato rispetto a variabili non naturali (l’apice ′ `e generalmente sottointeso). Ad esempio, per la funzione energia interna le variabili naturali sono S e V (entrano nel differenziale fondamentale), mentre il problema chiedeva la derivata parziale a T costante. Per stabilire la connessione con il problema svolto, le variabili x e y erano V e S, mentre la variabile z era T , dove y = y(x, z) era S = S(V, T ) e il cambio di variabili per la rappresentazione della propriet`a energia interna `e stato (V, S) → (V, T ).

93

Esercizio 5.13 Dimostrare che la capacit`a termica a volume costante, Cv , per il gas di van der Waals (p + a n2 /V 2 )(V − n b) = n R T dipende solo dalla temperatura. Suggerimento: dimostrare prima, in tutta generalit`a, la seguente relazione: 

∂Cv ∂V



∂2P ∂T 2

=T

T

!

V

Il problema pu`o essere affrontato in vari modi. Ad esempio, consideriamo la capacit`a termica a volume costante (per un certo ammontare di sostanza) come funzione delle due variabili temperatura e volume, Cv = Cv (T, V ). Dimostrare che Cv dipende solo dalla temperatura equivale a dimostrare che 

∂Cv ∂V



?

=0

T

per la specifica sostanza in esame. Per verificare la relazione scritta partiamo dalla seguente forma di Cv (si veda la relazione no. 1 dell’esercizio 1 del capitolo): ∂S Cv = T ∂T 



V

e deriviamo rispetto al volume, 

∂Cv ∂V



T

∂ =T ∂V 



∂S ∂T

 

Schwartz



V T

∂ T ∂T 



∂S ∂V

 

T V

Grazie alla relazione di Maxwell (∂S/∂V )T = (∂p/∂T )V (che si ricava dal differenziale di A = A(T, V )) otteniamo l’espressione 

∂Cv ∂V



T

=T

∂2p ∂T 2

!

V

che ci consente di esplicitare la derivata in questione sulla base dell’equazione di stato del gas: an2 nRT − 2 ⇒ p= V − nb V



∂p ∂T



V

∂2p ∂T 2

nR ⇒ = V − nb

!

V

=0 ⇒



∂Cv ∂V



=0

T

e quindi Cv non dipende esplicitamente dal volume ma solo dalla temperatura. [In modo analogo, anche se la procedura `e pi` u elaborata, si pu`o partire dalla funzione Cv = Cv (T, p) e dimostrare che (∂Cv /∂p)T = 0.]

94

Esercizio 5.14 Determinare la dipendenza dell’energia interna dalla pressione per un gas che a pressioni moderatamente basse obbedisce all’equazione del viriale troncata al primo ordine Z≡

pV = 1 + Bp nRT

con B = costante. [Suggerimento: prima esplicitare (∂U/∂p)T ]. Consideriamo l’energia interna, per un certo ammontare di sostanza, come funzione di temperatura e pressione, U = U (T, p). La dipendenza di U dalla pressione (a temperatura fissata) data da Z

U (T, p) = U (T, p0 ) +

p

p0

dp′



∂U ∂p′



(1) T

` quindi necessario esplicitare la derivata (∂U/∂p′ )T dove p0 `e una generica pressione di riferimento. E sulla base dell’equazione di stato del gas. Partiamo dal differenziale fondamentale per l’energia interna, dU = T dS − pdV , da cui segue dU dS dV =T −p dp dp dp



T fissata



∂U ∂p



T

∂S =T ∂p 



T

∂V −p ∂p 



T

Ricorrendo alla relazione di Maxwell (∂S/∂p)T = −(∂V /∂T )p si ottiene 

∂U ∂p



T

∂V = −T ∂T 

∂V −p ∂p p







(2)

T

Per valutare le derivate parziali richieste esplicitiamo il volume dall’equazione fornita per il fattore di compressibilit`a Z, ottenendo V =

nRT + nRT B p

da cui segue 

∂V ∂T



p

nR + nR B = p

,



∂V ∂p



T

=−

nRT p2

e pertanto, sostituendo le due espressioni in eq (2), si ottiene 

∂U ∂p



T

= −nRT B

Inserendo tale forma nell’integrale eq (1) si deriva infine U (T, p) = U (T, p0 ) − nRT B (p − p0 ) che evidenzia una dipendenza lineare dell’energia interna del gas in esame dalla pressione. • Come dipende il coefficiente di fugacit`a dalla pressione (ad una data temperatura) per questo tipo di gas? • Qual `e la dipendenza di U dalla pressione per il gas ideale?

95

Esercizio 5.15 Calcolare la variazione di energia libera di Gibbs molare per l’idrogeno quando viene compresso isotermicamente da 1 atm a 100 atm alla temperatura di 298 K. Si assuma per l’idrogeno la seguente equazione di stato p(v − b) = RT dove v indica il volume molare, e con b = 2.661 × 10−2 l/mol. L’energia libera di Gibbs molare `e il potenziale chimico: µ ≡ G/n. Dobbiamo quindi valutare come esso varia in seguito alla compressione isoterma del gas. L’equazione di stato fornita ci consente di esplitare la dipendenza di µ dalla pressione a temperatura fissata. Infatti, 

∂G ∂p



T

=V





∂µ ∂p



=v

caso in esame



T

RT +b p

Per valutare la variazione ∆µ dobbiamo integrare la derivata parziale (∂µ/∂p)T tra i due valori di pressione, a T fissata: ∆µ = µ(T, p1 ) − µ(T, p0 ) =

Z

p1

p0

∂µ dp ∂p 



=

T

Z

p1 p0

p1 RT + b = RT ln + b(p1 − p0 ) dp p p0 



Sostituendo i valori numerici nelle unit`a forni te (R = 8.20578 × 10−2 l atm K−1 mol−1 ) otteniamo ∆µ = 2.661 × 10−2 l mol−1 × (100 − 1) atm + 8.20578 × 10−2 l atmK−1 mol−1 × 298 K × ln = 115.2 l atm mol−1 ≡ 11.7 kJ mol−1

dove si `e usato 1 l × atm ≡ 101.3 J per la conversione finale tra le unit`a di energia.

96

100 atm 1 atm

Esercizio 5.16 Derivare la funzione µ = µ(T, p) per la dipendenza del potenziale chimico dalla pressione a temperatura costante, nel caso di un gas che segue l’equazione di stato p(v − b) = RT con v il volume molare e b = b(T ). Come dipende il coefficiente di fugacit`a dalla pressione? Consideriamo il potenziale chimico (cio`e l’energia libera di Gibbs molare) come funzione di temperatura e pressione, µ = µ(T, p). Il suo differenziale a temperatura costante segue direttamente dalla forma differenziale di G: dG = V dp − SdT ⇒ dµ = vdp − Sm dT

T =cost.



(dµ)T = vdp

con v il volume molare. Integrando la forma differenziale tra una generica pressione di riferimento p0 e la pressione p otteniamo µ(T, p) = µ(T, p0 ) +

Z

p

p0

dp′ v(T, p′ )

dove v = v(T, p) si ricava dall’equazione di stato fornita, v(T, p) =

RT +b p

ottenendo infine µ(T, p) = µ(T, p0 ) + RT ln

p + b(p − p0 ) p0

(1)

Per determinare il coefficiente di fugacit` a, γ(T, p), richiamiamo la relazione nella quale esso entra, cio`e l’espressione del potenziale chimico di un gas reale, µ(T, p) = µ⊖ (T ) + RT ln γ(T, p)

p p = µ⊖ (T ) + RT ln ⊖ + RT ln γ(T, p) ⊖ p p

(2)

dove appare chiaro che γ(T, p) ha il significato di fattore correttivo che gode della propriet`a limite γ(T, p → 0) = 1 (condizione in cui il gas tende al comporamento ideale). [• Domanda: come `e definito lo stato standard del gas reale?]. Deriviamo eq (2) rispetto alla pressione a T fissata, ottenendo 

∂µ ∂p



T

1 + = RT p 



∂ ln γ ∂p

  T

D’altra parte, il nostro modello per il gas reale fornisce la seguente derivata (da eq (1)): 

∂µ ∂p



=

T

RT +b p

Uguagliando le due espressioni stabiliamo quindi che 

∂ ln γ ∂p



= b/RT T

e integrando tra due valori di pressione otteniamo ln γ(T, p) = ln γ(T, p0 ) +

b (p − p0 ) RT 97

da cui segue b

γ(T, p) = γ(T, p0 )e RT (p−p0 ) Del resto, possiamo sfruttare il comportamento limite del coefficiente di fugacit`a per pressioni tendenti a zero, e scegliere p0 = 0 alla quale corrisponde coefficiente di fugacit`a unitario; pertanto, b

γ(T, p) = e RT p

(3)

che denota una dipendenza esponenziale dalla pressione a temperatura fissata (il segno del parametro b determiner`a il ”tipo” di deviazione, se ”positiva” o ”negativa”, rispetto all’idealit`a). Allo stesso risultato si pu`o arrivare utilizzando la seguente relazione che correla direttamente il coefficiente di fugacit`a all’equazione di stato del gas (• come si ricava?): ln γ(T, p) =

Z

p

dp

0





Z(T, p′ ) − 1 p′



(4)

dove Z(T, p) `e il fattore di compressibilit` a definito come def.

Z(T, p) ≡

pv RT

caso in esame

=

1+

bp RT

Sostituendo tale forma per Z(T, p′ ) in eq (4) ed esplicitando l’integrale si ha ln γ(T, p) =

b p RT

da cui segue il risultato eq (3) gi` a ottenuto.

98

Esercizio 5.17 Supponendo che l’ammoniaca per temperature nell’intorno di 750 K segua la legge di stato v=

RT a +b− p RT

dove v = V /n `e il volume molare del gas, e dati a = 0.4052 m3 J mol−1 , b = 3.6 × 10−5 m3 mol−1 e −1 mol−1 , calcolare c⊖ p = 48.1 J K a) la variazione di H e cp molari per un aumento di pressione da 1 a 40 bar; b) il valore del coefficiente di Joule-Thomson, µJT , a 40 bar; c) la temperatura di inversione di NH3 . a) Per risolvere la prima parte del problema abbiamo bisogno di determinare come l’entalpia e il calore specifico dipendono dalla pressione a temperatura fissata. Abbiamo gi`a dimostrato (si veda la relazione no. 5 dell’esercizio 1 del capitolo) la seguente relazione: 

∂H ∂p



=V −T

T



∂V ∂T



p

Dividendo m. a m. per il numero di moli e passando quindi alle grandezze molari otteniamo 

∂Hm ∂p



T

=v−T



∂v ∂T



(1)

p

Derivando l’equazione di stato fornita dal problema ricaviamo 

∂v ∂T



=

p

a R + p RT 2

(2)

e sostituendo in eq (1) l’espressione (2) e la forma di v data dal problema otteniamo 

∂Hm ∂p



T

=b−

2a RT

(3)

A questo punto possiamo integrare eq (3) tra la pressione di pi = 1 bar e la pressione pf = 40 bar, ottenendo la conseguente variazione di entalpia molare: ∆Hm = Hm (T, 40 bar) − Hm (T, 1 bar) = =



3.6 × 10−5 −

= −366 J mol−1

2 × 0.4052 8.314 × 750



Z

pf

dp

pi



∂Hm ∂p



T



= b−

2a RT



(pf − pi )

× (40 − 1) × 105 J mol−1

dove tutte le grandezze sono state inserite in unit`a S. I. Per valutare la variazione di cp sfruttiamo la seguente relazione gi`a dimostrata (si veda la relazione no. 2 dell’esercizio 1 del capitolo): cp = T



∂Sm ∂T



p

dove cp `e la capacit`a termica molare (calore specifico) a pressione costante. Valutiamone la derivata rispetto alla pressione a temperatura fissata, 

∂cp ∂p



T

"

∂ ∂Sm =T ∂p ∂T 

 #

p T

∂ =T ∂T ∗





∂Sm ∂p

 

T p

99

∗∗

= −T

∂2v ∂T 2

!

p

dove per il passaggio ∗ abbiamo scambiato l’ordine di derivazione rispetto alle variabili p e T (identit` a ∗∗ di Schwartz), mentre per il passaggio abbiamo fatto ricorso alla relazione di Maxwell (∂S/∂p)T = −(∂V /∂T )p che, in termini di grandezze molari, diventa (∂Sm /∂p)T = −(∂v/∂T )p . Si vede quindi che possiamo esplicitare la derivata parziale di cp rispetto alla pressione a partire dall’equazione di stato fornita dal problema. Infatti, ∂2v ∂T 2

!

=−

p

2a RT 3

da cui segue 

∂cp ∂p



2a RT 2

=

T

(4)

Integriamo ora eq (4) tra le pressioni pi e pf , ottenendo ∆cp = cp (T, 40 bar) − cp (T, 1 bar) =

Z

pf pi

dp



∂cp ∂p



T

=

2a (pf − pi ) = RT 2

2 × 0.4052 × (40 − 1) × 105 J K−1 mol−1 = 0.68 J K−1 mol−1 8.314 × 7502

=

b) Partiamo dalla definizione del coefficiente di Joule-Thomson: 

µJT =

∂T ∂p



H





∂T ∂p



(5) Hm

che correla la variazione di temperatura alla variazione di pressione dovute a trasformazione (compressione/espansione) isoentalpica di un gas; l’ultima uguaglianza in eq (5) `e una semplice identit`a, in quanto fissare H implica che anche Hm = H/n sia fissata. Dobbiamo ora convertire la relazione differenziale eq (5) in termini di quantit` a calcolabili dall’equazione di stato fornita. A tale scopo applichiamo la relazione ciclica per ”rimescolare” le grandezze T , p e Hm che entrano in eq (5): 

∂T ∂p



Hm



∂p ∂Hm

  T

∂Hm ∂T



p

= −1

(6)

In eq (6) riconosciamo subito che (∂Hm /∂T )p = cp , e ricaviamo 

∂T ∂p



Hm

≡ µJT

1 ∂Hm =− cp ∂p 



T

Del resto, abbiamo gi` a valutato la derivata (∂Hm /∂p)T , che `e fornita da eq (3). Sostituendo otteniamo quindi la seguente relazione, µJT

2a 1 b− =− cp RT 



(7)

che ci consente di valutare µJT alla pressione di 40 bar: µJT (T, 40 bar) = −

b − 2a/RT cp (T, 40 bar)

(8)

dove cp (T, 40 bar) = cp (T, 1 bar) + ∆cp (T, 1 bar → 40 bar) 100

Il valore di cp alla pressione (standard) di 1 bar `e il c⊖ p dato dal problema, e il ∆cp conseguente alla compressione `e gi` a stato calcolato. Si ottiene cp (T, 40 bar) = (48.1 + 0.68) J K−1 mol−1 = 48.78 J K−1 mol−1 e sostituendo i valori numerici in eq (8) si valuta µJT (T, 40 bar) = 1.9 × 10−6 K Pa−1 = 0.19 K bar−1 . Si osservi che risulta µJT (T, 40 bar) > 0, cio`e una espansione isoentalpica raffredda il gas, e quindi l’ammoniaca (a tali pressioni) potrebbe essere utilizzata come refrigerante. c) Il coefficiente µJT `e funzione di temperatura e pressione. Fissata la pressione (ad esempio i 40 bar in questione) esso pu` o in generale assumere valori positivi e negativi al variare della temperatura. Si definisce temperatura di inversione (alla pressione in esame), Tinv , la temperatura alla quale il coefficiente di Joule-Thomson si annulla: Tinv tale che µJT (Tinv , p) = 0

(9)

Vediamo se l’equazione (9) ammette una soluzione nel nostro caso specifico (ammoniaca a 40 bar). Infatti l’equazione (7) esplicita µJT in funzione della temperatura alla pressione in esame, e vediamo che µJT si annulla per µJT = 0 ⇔ b −

2a 2a = 2707 K a p = 40 bar = 0 ⇒ Tinv = RTinv Rb

• La temperatura di inversione `e ovviamente funzione della pressione, e l’equazione (9) pu`o ammettere nessuna o pi` u soluzioni. In figura `e schematizzata la tipica partizione sul piano (T, p) delle regioni con µJT (T, p) > 0, µJT (T, p) < 0 e la curva dei punti con µJT (T, p) = 0.

T

µJT > 0

µJT < 0

750 K

p

40 bar

Supponiamo che questo profilo tipico valga per l’ammoniaca. Si vede che, procedento in verticale per una certa pressione fissata, l’equazione µJT (T, p) = 0 ammette 2, 1 o nessuna soluzione. Avendo trovato che a 40 bar e 750 K il coefficiente di Joule-Thomson `e > 0, allora dovremmo attenderci due valori della temperatura di inversione a tale pressione (uno al di sopra e uno al di sotto dei 750 K), eppure dall’equazione di stato fornita ne abbiamo determinato solo uno. Come si pu`o spiegare?

101

ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 5.18 Stimare la variazione ∆H dell’entalpia di un litro di benzene a 25 ◦ C quando la pressione viene portata da 1 a 2 bar, conoscendo il coefficiente di espansione isobara α = 1.24×10−3 K−1 . [Suggerimento: prima esplicitare (∂H/∂p)T ] Risultato: ∆H = 63 J

Esercizio 5.19 Un gas obbedisce all’equazione di stato p (v − b) = R T con v il volume molare e b costante. Valutare     ∂H ∂U e ∂V T ∂p T

Risultato:   ∂U =0 ∂V T

,



∂H ∂p



= nb

(con n il numero di moli)

T

Esercizio 5.20 Per il ferro solido in condizioni normali i coefficienti di compressibilit`a isoterma e di espansione isobara valgono rispettivamente kT = 5.97 × 10−7 atm−1 e α = 3.54 × 10−5 K−1 . Quanto vale la variazione di entropia di 1 dm3 di ferro se viene compresso da 1 a 1000 atmosfere? Risultato: ∆S = −3.58 J/K

102

Esercizio 5.21 Derivare un’equazione esplicita per la dipendenza dalla pressione di cp (calore specifico a pressione costante) nel caso di un gas che obbedisce alla seguente equazione del viriale: p V = n(R T + B p)

,

B = b0 + b1 T + b2 T 2 /2

con b0 , b1 , b2 costanti. [Suggerimento: prima esplicitare (∂cp /∂p)T in termini di derivate del volume] Risultato: posto cp = Cp /n, con Cp la capacit`a termica a pressione costante, 

∂cp ∂p



T

= −T b2 ⇒ cp (T, p) = cp (T, p0 ) − T b2 (p − p0 )

con p0 una generica pressione di riferimento (ad esempio la pressione standard p⊖ ).

Esercizio 5.22 Il metano segue la legge pVm = A + Bp intorno a 0 ◦ C , dove A = 22410 cm3 atm/mol, B = −55.6 cm3 /mol e Vm `e il volume molare. Calcolare la variazione del potenziale chimico quando 1 mole di CH4 subisce una compressione isoterma da 1 a 80 atm. Risultato: ∆µ = 9503 J mol−1

Esercizio 5.23 Si sa che per CO2 a 273 K il fattore di compressibilit`a varia come Z = 1 − 2.38 × 10−3 p + 5.22 × 10−6 p2 per p espressa in atmosfere. Calcolare la fugacit` a f per CO2 a 273 K e 100 atm. [La fugacit`a di un gas reale `e f (T, p) = γ(T, p)p, con γ(T, p) il coefficiente di fugacit`a dipendente da temperatura e pressione] Risultato: γ = 0.81, f = 81 atm.

103

104

Capitolo 6

Transizioni di fase per sostanze pure

105

Esercizio 6.1 Pu`o la pendenza della linea di sublimazione essere minore di quella della linea di vaporizzazione in prossimit`a del punto triplo (per una generica sostanza) ? In termini grafici, il problema chiede se entrambe le situazioni sotto rappresentate sono plausibili:

a)

b)

p

p l

l s

s g

g

T

T

Per rispondere alla domanda consideriamo l’equazione di Clapeyron che specifica proprio la pendenza delle linee di coesistenza per entrambi i rami s ↔ g (sublimazione) e l ↔ g (evaporazione): dp∗ (T ) ∆Hm,trans = dT T ∆Vm,trans dove i pedici ”m, trans” indicano che le grandezze coinvolte sono molari e riferite alla specifica transizione. Applichiamo tale relazione per valutare la pendenza delle due linee di coesistenza alla temperatura del Punto Triplo, Tt , dove esse sono congiunte: ∆Hm,subl dp∗ (T ) = s↔g : dT Tt ∆Vm,subl  ∗  T =Tt dp (T ) ∆Hm,ev l↔g : = dT Tt ∆Vm,ev T =Tt 



Verificare l’asserzione del problema equivale quindi a verificare se ? ∆Hm,subl ∆Hm,ev < Tt ∆Vm,subl Tt ∆Vm,ev

(1)

Tenendo presente che il volume molare del gas `e molto maggiore rispetto ai volumi molari di liquido e solido (tra l’altro confrontabili), possiamo ragionevolmente assumere ∆Vm,subl ≃ ∆Vm,ev ≃ Vm,g

(2)

e semplificare i fattori a denominatore di eq (1). Dobbiamo quindi stabilire se ?

∆Hm,subl < ∆Hm,ev

(3)

106

Scomponendo il processo di sublimazione secondo il seguente schema (fusione + evaporazione),

g subl.

s

evap.

fus.

l

otteniamo ∆Hm,subl = ∆Hm,f us + ∆Hm,ev Tenendo presente che il calore latente di fusione `e una quantit`a positiva (per la fusione occorre fornire calore al sistema, tranne nell’esotica eccezione di 3 He ...), segue che ∆Hm,subl > ∆Hm,ev . Pertanto, la relazione (3) non pu` o essere verificata, e quindi la risposta al problema `e negativa e solo la situazione a) in figura `e realistica.

107

Esercizio 6.2 Il calore latente di evaporazione dell’acqua a 25 ◦ C vale 44 kJ/mole, e la tensione di vapore dell’acqua a questa temperatura `e di 23.8 Torr. Se la pressione parziale del vapore acqueo nell’atmosfera `e 22.2 Torr, calcolare: 1) l’umidit`a relativa in una giornata in cui la temperatura dell’aria `e 30 ◦ C ; 2) la temperatura alla quale si forma la rugiada. 1) L’umidit`a relativa `e espressa dal rapporto tra la pressione parziale dell’acqua nell’atmosfera e la tensione di vapore dell’acqua alla stessa temperatura, pH2 0 /p∗ ≤ 1. Il problema fornisce pH2 0 , e dobbiamo quindi valutare la tensione di vapore a 303 K (30 ◦ C ) noto il valore a 298 K (25 ◦ C ). Schematizziamo la situazione nel diagramma seguente:

p

l

s

p* a 303 K p H O= 22.2 Torr 2

g 303 K

T

Per valutare p∗ (303K) consideriamo l’equazione di Clausius-Clapeyron per la linea di coesistenza liquidovapore: d ln p∗ ∆Hm,ev p∗ (T2 ) ∆Hm,ev = ⇒ ln =− 2 ∗ dT RT p (T1 ) R



1 1 − T2 T1



∆Hev p∗ (303K) =− ⇒ ln ∗ p (298K) R



1 1 − 303 298



dove nell’integrazione tra le due temperature si `e fatta l’usuale assunzione che il calore latente di evaporazione molare sia costante al variare della temperatura stessa in tale intervallo. Sostituendo i valori forniti dal problema si ottiene p∗ (303K) = 31.9 Torr. L’umidit`a relativa `e quindi data da umidit`a rel. a 303 K = pH2 0 /p∗ (303K) =

22.2 Torr = 0.69 (69%) 31.9 Torr

2) Determinare la temperatura alla quale si forma la rugiada significa stabilire in quale punto del diagramma di fase pH2 0 uguaglia la tensione di vapore dell’acqua: in quel caso ci si trova sulla linea di coesistenza liquido-vapore e parte del vapore condensa. Chiamando Tx tale temperatura, la situazione `e schematizzata come segue: 108

p

l

s 22.2 Torr

p H O = p* a Tx 2

g Tx = ?

T

Per determinare Tx applichiamo ancora la forma integrata della Clausius-Clapeyron tra le temperature Tx e 298 K, imponendo p∗ (Tx ) = pH2 0 = 22.2 Torr: 22.2 Torr 44 × 103 J mol−1 ln =− 23.8 Torr 8.314 J K−1 mol−1



1 1 − Tx 298



K−1

da cui si ricava Tx = 296.8 K (23.7 ◦ C )

109

Esercizio 6.3 La tensione di vapore del mercurio liquido `e rappresentata nell’intorno di 25 ◦ C dalla relazione ln(p∗ /p⊖ ) = 11.90 − 7375/T Determinare l’energia libera standard di formazione, l’entalpia standard di formazione e l’entropia standard di formazione del mercurio gassoso a 25 ◦ C (il mercurio liquido essendo lo stato di riferimento). La situazione `e rappresentata in figura:

p

l

s p*(T0)

g T0 = 298 K

T

Dall’equazione fornita, relativa alla linea di coesistenza liquido-vapore, possiamo ricavare il calore latente di evaporazione. A tale scopo utilizziamo l’equazione di Clausius-Clapeyron: d ln p∗ d(1/T )

∆Hm,ev R −7375 K

Clausius−Clapeyron

=

dalla relaz. data





    

⇒ ∆Hm,ev = 61.3 kJ mol−1

Mettiamo ora in relazione tale calore latente (molare) con l’entalpia standard di formazione del mercurio gassoso alla stessa temperatura, relativa alla trasformazione Hg(l) = Hg(g) a T0 = 298K (25◦ C) , p⊖ Dobbiamo valutare ⊖ ⊖ (Hg(g), T0 , p⊖ ) − Hm (Hg(l), T0 , p⊖ ) ∆Hf⊖ (Hg(g), T0 ) = Hm

(1)

avendo invece a disposizione ⊖ ⊖ ∆Hm,ev (T0 ) = Hm (Hg(g), T0 , p∗ (T0 )) − Hm (Hg(l), T0 , p∗ (T0 ))

(2)

Assumendo che il mercurio gassoso si comporti come un gas ideale, stabiliamo subito che ⊖ ⊖ Hg(g) come gas ideale ⇒ Hm (Hg(g), T0 , p⊖ ) = Hm (Hg(g), T0 , p∗ (T0 ))

110

in quanto l’entalpia del gas ideale non dipende dalla pressione ma solo dalla temperatura. Per quanto riguarda l’entalpia della fase liquida, in mancanza di informazioni applichiamo l’approssimazione pi` u estrema, cio`e assumiamo che essa sia essenzialmente indipendente dalla pressione, quindi ⊖ ⊖ Hm (Hg(l), T0 , p⊖ ) ≃ Hm (Hg(l), T0 , p∗ (T0 ))

Nel fare questo si sta ricorrendo al cosiddetto ”modello a volume molare nullo” per la fase condensata (in merito si rimanda alla nota alla fine dell’esercizio). In accordo con le approssimazioni fatte, confrontando eqs (1) e (2) stimiamo ∆Hf⊖ (Hg(g), T0 ) ≃ ∆Hm,ev (T0 ) = 61.3 kJ mol−1 Valutiamo ora l’energia libera di formazione standard. A tale scopo partiamo dall’imporre la condizione di uguaglianza dei potenziali chimici di liquido e vapore all’equilibrio: Liquido : modello del volume molare nullo, µl (T0 , p∗ ) ≃ µ⊖ l (T0 ) p∗ (T0 ) Vapore : modello del gas ideale, µg (T0 , p∗ ) ≃ µ⊖ g (T0 ) + RT0 ln p⊖ dove per il liquido `e stato adottato il ”modello a volume molare nullo” che trascura completamente la dipendenza del potenziale chimico dalla pressione (si veda la nota alla fine dell’esercizio). Uguagliando i due potenziali otteniamo ⊖ µ⊖ l (T0 ) = µg (T0 ) + RT0 ln

p∗ (T0 ) p∗ (T0 ) ⇒ ln p⊖ p⊖

=







Hess

=

=

− −

⊖ µ⊖ g (T0 ) − µl (T0 ) RT0 ⊖ ∆Gl→g (T0 )

"

RT0 # ⊖ ∆G⊖ f (Hg(g), T0 ) − ∆Gf (Hg(l), T0 ) RT0

∆G⊖ f (Hg(g), T0 ) RT0

(3)

dove per l’ultimo passaggio si `e tenuto conto del fatto che ∆G⊖ f (Hg(l), T0 ) = 0 dato che il mercu∗ rio liquido `e lo stato di riferimento. Del resto, il logaritmo ln p (T0 )/p⊖ `e valutabile dalla relazione parametrica data dal problema: ln

p∗ (T0 ) = 11.90 − 7575/T0 = −12.85 p⊖

Quindi, da eq (3) ricaviamo ∆G⊖ f (Hg(g), T0 ) = −RT0 ln

p∗ (T0 ) = −8.314 J K−1 mol−1 × 298 K × (−12.85) = 31.8 kJ mol−1 p⊖

Infine, valutiamo l’entropia standard di formazione direttamente dai valori di ∆Hf⊖ e ∆G⊖ f ottenuti: ⊖ ⊖ ∆G⊖ f (Hg(g), T0 ) = ∆Hf (Hg(g), T0 ) − T0 ∆Sf (Hg(g), T0 )

⇒ ∆Sf⊖ (Hg(g), T0 ) =

∆Hf⊖ (Hg(g), T0 ) − ∆G⊖ f (Hg(g), T0 )

T0 (61.3 − 31.8) × 103 J mol−1 = 99 J K−1 mol−1 = 298 K 111

• Si confrontino i valori sopra stimati con dati delle grandezze standard di formazione reperibili negli Handbook di propriet`a chimico-fisiche.

Modelli per la dipendenza dalla pressione di grandezze termodinamiche per liquidi e solidi Partiamo dalle seguenti relazioni differenziali che definiscono la dipendenza dalla pressione delle principali funzioni di stato molari: ∂µ = Vm (T, p)  ∂p T ∂Hm = Vm (1 − αT )  ∂p  T ∂Sm = −Vm α  ∂p T ∂Um = Vm (pkT − T α)  ∂p T ∂Am = Vm p kT ∂p T 



dove α e kT sono il coefficiente di espansione isobara e il coefficiente di compressibilit`a isoterma. (• Si provi a ricavare tali espressioni utilizzando le propriet` a delle relazioni differenziali). Integrando rispetto ⊖ alla pressione, tra p di riferimento e un valore p, otteniamo ⊖

µ(T, p) = µ(T, p ) +

Z

p

dp

p⊖





∂µ ∂p′



T



= µ (T ) +

Z

p

p⊖

dp′ Vm (T, p′ )

p ∂Hm dp′ Vm (T, p′ ) [1 − α(T, p′ )T ] = H ⊖ (T ) + ′ ⊖ ⊖ ∂p  T  Z pp Z pp ⊖ ⊖ ′ ∂Sm = S (T ) − Sm (T, p) = Sm (T, p ) + dp′ Vm (T, p′ ) α(T, p′ ) dp ′ ⊖ ⊖ ∂p p p T   Z p Z p ∂Um ⊖ dp′ Vm (T, p′ ) [p′ kT (T, p′ ) − T α(T, p′ )] = U dp′ (T ) + Um (T, p) = Um (T, p⊖ ) + ′ ⊖ ⊖ ∂p T  Zp p Zp p ⊖ ⊖ ′ ∂Am = A (T ) + Am (T, p) = Am (T, p ) + dp′ p′ Vm (T, p′ ) kT (T, p′ ) dp ∂p′ T p⊖ p⊖

Hm (T, p) = Hm (T, p⊖ ) +

Z

p

dp′



Z

dove `e stata adottata la notazione convenzionale per le grandezze standard: F ⊖ (T ) ≡ Fm (T, p⊖ ) per una generica grandezza estensiva, e g⊖ (T ) ≡ g(T, p⊖ ) per generiche grandezze intensive (ad es. i coefficienti α e kT ). Le relazioni sopra scritte sono generali; consideriamo ora esplicitamente una fase condensata, solida o liquida. Possiamo assumere che il volume molare sia essenzialmente costante nel campo di pressioni considerato, ponendo quindi Vm (T, p′ ) ≃ Vm (T, p⊖ ) ≡ V ⊖ (T ). Coerentemente dobbiamo porre kT (T, p′ ) = 0 per il coefficiente di compressibilit`a isoterma, mentre α(T, p′ ) ≃ α(T, p⊖ ) ≡ α⊖ (T ) `e considerato indipendente dalla pressione. Portando tali quantit`a fuori dagli integrali, ed eliminando i termini in kT , giungiamo al seguente primo livello di approssimazione: 1) fase condensata, modello ”a volume molare costante” : µ(T, p) ≃ µ⊖ (T ) + V ⊖ (T ) (p − p⊖ ) Hm (T, p) ≃ H ⊖ (T ) + V ⊖ (T ) [1 − α⊖ (T )T ] (p − p⊖ ) Sm (T, p) = S ⊖ (T ) − V ⊖ (T ) α⊖ (T ) (p − p⊖ ) 112

Um (T, p) = U ⊖ (T ) − T V ⊖ (T )α⊖ (T ) (p − p⊖ ) Am (T, p) = A⊖ (T ) Possiamo procedere ulteriormente assumendo che tutti i contributi in V ⊖ (T ) siano trascurabili rispetto agli altri termini, ottenendo 2) fase condensata , modello ”a volume molare nullo” : µ(T, p) ≃ µ⊖ (T ) Hm (T, p) ≃ H ⊖ (T ) Sm (T, p) ≃ S ⊖ (T ) Um (T, p) ≃ U ⊖ (T ) Am (T, p) ≃ A⊖ (T ) in cui la dipendenza dalla pressione (supposta debole) viene completamente trascurata. L’espressione ”volume molare nullo” deriva dalla condizione nella quale tali forme approssimate sono (idealmente) esatte.

113

Esercizio 6.4 La tensione di vapore dell’ammoniaca solida nell’intorno del punto triplo, Tt = 195 K, `e data dall’equazione ln p∗ /p⊖ = 16.41 − 3754/T Derivare l’analoga equazione (ed i corrispettivi coefficienti) per la tensione di vapore dell’ammoniaca liquida in prossimit` a del punto triplo, noto il calore di fusione dell’ammoniaca pari a 351.6 J/mole. Nel seguente diagramma `e rappresentato il problema da risolvere: data l’equazione parametrica descrivente il tratto di linea solido-vapore (in prossimit`a del punto triplo), si tratta di ”costruire” il ramo liquido-vapore.

p

l

s equaz. data

equaz. incognita

g

T Osserviamo innanzitutto che le due linee di coesistenza, s ↔ g e l ↔ g, hanno la stessa forma parametrica se vengono derivate dall’equazione di Clapeyron sotto le stesse assunzioni (ovviamente cambiano i parametri). Partiamo dall’equazione di Clausius-Clapeyron differenziale come livello intermedio, ed integriamola tra una temperatura di riferimento T0 e la temperatura T sotto l’assunzione che il calore latente di transizione non dipenda sensibilmente dalla temperatura nell’intervallo considerato; arrangiando i termini otteniamo d ln p∗ d(1/T )

=−

 p∗ (T ) B   =A−  ln ⊖

∆Hm,trans p T ⇒ ∗ (T ) ∆Hm,trans p  0 R   A = ln + p⊖ RT0

,

B=

∆Hm,trans R

dove con ”trans” si intendono l’evaporazione o la sublimazione. Abbiamo quindi specificato il significato fisico dei parametri A e B. Osserviamo che per determinarne il valore occorrono le seguenti informazioni: (i) il calore latente di transizione e (ii) la tensione di vapore ad una generica temperatura sulla linea di coesistenza. Per risolvere il problema dobbiamo ottenere tali informazioni per la linea liquido-vapore sfruttando quelle relative alla solido-vapore. 114

Indichiamo con a e b i parametri che entrano nell’espressione per la linea di sublimazione, e con a′ e b′ i parametri per la linea di evaporazione. Dalla linea di sublimazione ricaviamo subito il corrispondente calore latente per temperature prossime al punto triplo: s↔g:

ln

p∗ (T ) b =a− ⊖ p T

, a = 16.41 , b = 3754 K−1 ⇒ ∆Hm,subl = R b = 31210 J mol−1

Noto il calore latente di fusione possiamo determinare il calore latente di evaporazione come segue: ∆Hm,ev = ∆Hm,subl − ∆Hm,f us = (31210 − 351.6) J mol−1 = 30858 J mol−1 e siamo quindi in grado di quantificare il parametro b′ : b′ =

∆Hm,ev = 3712 K R

Pes valutare a′ abbiamo bisogno di conoscere la tensione di vapore ad una temperatura sulla linea di coesistenza liquido-vapore. Sfruttiamo il fatto che le linee liquido-vapore e solido-vapore sono congiunte al punto triplo (Tt = 195 K), al quale siamo in grado di valutare la tensione di vapore usando l’equazione data per la linea di sublimazione. Quindi Al punto triplo : ln

p∗ (Tt ) b =a− = 16.41 − 3754/195 = −2.84 ⊖ p Tt

che porta a a′ = ln

p∗ (Tt ) ∆Hm,ev 30858 J mol−1 = 16.19 + = −2.84 + p⊖ RTt 8.314 J K−1 mol−1 × 195 K

Pertanto l’equazione cercata `e l↔g:

ln p∗ /p⊖ = 16.19 − 3712/T

115

Esercizio 6.5 Lungo la curva di coesistenza liquido-vapore di sostanze pure ed in prossimit`a del punto critico, la tensione di vapore e la differenza di volume molare tra gas e liquido sono descrivibili come p∗ = pc + a ln(T /Tc ) Vm,g − Vm,l = b(Tc − T )1/3 dove a e b sono delle costanti, mentre pc e Tc sono rispettivamente la pressione critica e la temperatura critica. Come dipende l’entalpia di vaporizzazione dalla temperatura nelle stesse condizioni? In figura `e rappresentato il tratto della curva di coesistenza liquido-vapore in prossimit`a del punto critico c:

p liq.

c equaz. fornita

vap. T Per determinare l’entalpia molare di vaporizzazione utilizziamo l’equazione di Clapeyron esatta: ∆Hm,ev (T ) dp∗ (T ) = dT T ∆Vm,ev (T ) da cui ricaviamo ∆Hm,ev (T ) = T ∆Vm,ev (T )

dp∗ (T ) dT

(1)

Dalle relazioni date dal problema otteniamo ∆Vm,ev (T ) = Vm,g − Vm,l = b(Tc − T )1/3

a dp∗ (T ) = dT T

,

e sostituendo in eq (1) si ottiene la relazione richiesta: ∆Hm,ev (T ) = ab(Tc − T )1/3 In particolare osserviamo il comportamento limite lim ∆Hm,ev (T ) = 0

T →Tc

cio`e anche l’entalpia di transizione, come il volume, si annulla al punto critico, in quanto perde di significato la distinzione tra vapore e liquido. 116

• Ci si pu`o chiedere perch´e, invece dell’equazione di Clapeyron, non `e stata utilizzata l’equazione di Clausius-Clapeyron usualmente adottata per descrivere la linea liquido-vapore. Occorre tenere presente che quest’ultima, a differenza della Clapeyron che `e esatta, vale sotto le seguenti condizioni: (i) che ∆Vm,trans ≃ Vm,g , e (ii) che il vapore abbia comportamento di gas ideale; entrambe tali assunzioni non sono valide per temperature prossime al punto critico (in particolare la prima, dato che ∆Vm,ev (T ) → 0). • Al punto critico possiamo ancora parlare di ”transizione del primo ordine” liquido-vapore? Si rifletta su questo punto dopo avere svolto l’esercizio no. 14 del capitolo.

117

Esercizio 6.6 Determinare la temperatura di ebollizione normale del bromo molecolare dai seguenti valori delle grandezze standard delle sue forme liquida e gassosa a 25 ◦ C ⊖ ∆G⊖ f (kJ/mol) S (J/K mol) Br2 (l) 0.0 152.23 Br2 (g) 3.110 245.46

Partiamo dall’equivalenza dei potenziali chimici di liquido e vapore all’equilibrio, µl (T, p∗ ) = µg (T, p∗ ), specificando i due termini in accordo al modello a volume molare nullo per il liquido (si veda la nota nell’esercizio no. 3 del capitolo) e al modello del gas ideale per la fase vapore: µl (T, p∗ ) ≃ µ⊖ l (T )

µg (T, p∗ ) = µ⊖ g (T ) + RT ln

,

p∗ (T ) p⊖

Uguagliamo i potenziali specificandoli alla temperatura normale di ebollizione Teb , ottenendo ⊖ µ⊖ l (Teb ) = µg (Teb ) + RTeb ln

p∗ (Teb ) p⊖

Sappiamo per`o che la temperatura normale di ebollizione `e riferita alla pressione di equilibrio p∗ (Teb ) = 1 atm = 1.013 bar, e quindi otteniamo ⊖ −1 mol−1 × ln µ⊖ l (Teb ) = µg (Teb ) + Teb × 8.314 J K

1.013 bar 1 bar

dalla quale si ricava la relazione ⊖ ⊖ Teb = −9.312 [µ⊖ g (Teb ) − µl (Teb )] ≡ −9.312 ∆Gf (Br2 (g), Teb )

(1)

Sulla base dei dati forniti dal problema dobbiamo ora esplicitare la dipendenza di ∆G⊖ f (Br2 (g), Teb ) dalla temperatura di ebollizione, per ottenere cos`ı un’equazione nell’incognita Teb . Partiamo dalla relazione generale ∆G⊖ f (T ) dT

= −∆Sf⊖ (T )

(dove `e sottointeso che ci si riferisce alla formazione di bromo gassoso), e integriamo rispetto alla temperatura tra T0 = 298 K (alla quale sono riferiti i dati tabulati) e Teb , sotto l’assunzione che ∆Sf⊖ (T ) ≃ ∆Sf⊖ (T0 ) sia costante in tale campo di temperature. [• In mancanza di informazioni dobbiamo necessariamente invocare tale condizione per procedere: su quali basi fisiche la si pu`o giustificare?] Otteniamo ⊖ ⊖ ∆G⊖ f (Teb ) ≃ ∆Gf (T0 ) − (Teb − T0 )∆Sf (T0 )

(2)

Dai dati tabulati si ricavano le grandezze di formazione standard del bromo gassoso a 298 K: 3 −1 , ∆Sf⊖ (T0 ) = S ⊖ (Br2 (g), T0 ) − S ⊖ (Br2 (l), T0 ) = 93.23 J K−1 mol−1 ∆G⊖ f (T0 ) = 3.110 × 10 J mol

Sostituendo i valori numerici in eq (2), e riarrangiando, si ottiene 3 −1 ∆G⊖ f (Teb ) = (30.9 × 10 − 93.23 Teb ) J mol

(3) 118

Inseriamo ora eq (3) in eq (1), ottenendo la seguente equazione Teb = −9.312 (30.9 × 103 − 93.23 Teb ) che ci consente di valutare la temperatura di ebollizione, Teb = 331.4 K (58.3 ◦ C ).

119

Esercizio 6.7 Sperimentalmente si trova che, entro un certo campo di temperature, la tensione di vapore del bromo liquido `e riprodotta dalla seguente relazione parametrica ln p∗ /p⊖ = −5090/T − 4.08 ln T + 39.02 Si esplicitino le dipendenze dalla temperatura di ∆U , ∆S, ∆H, e ∆G per l’evaporazione di una mole di bromo in condizioni di equilibrio. La temperatura normale di ebollizione del bromo liquido `e pari a 332.4 K. Verificare che la relazione data `e valida nell’intorno di tale temperatura, e valutare le variazioni sopra richieste in tali condizioni di equilibrio. Scriviamo la relazione data come ln p∗ /p⊖ = a − b/T + c ln T

(1)

con a = 39.02, b = 5090 K, c = −4.08. Osservando tale relazione si nota subito che si tratta di un’estensione rispetto all’usuale Clausius-Clapeyron integrata (che `e del tipo ln p∗ /p⊖ = A − B/T ): evidentemente qualche assunzione semplificatrice deve essere abbandonata. Supponiamo che la ClausiusClapeyron resti invece un punto di partenza valido, Clausius − Clapeyron :

∆Hm,ev (T ) d ln p∗ (T ) = dT RT 2

(2)

Per potere ottenere una forma integrata del tipo eq (1) dobbiamo ora abbandonare l’assunzione che il calore latente di evaporazione sia costante lungo la curva di coesistenza liquido-vapore, ammettendo cio`e una sua dipendenza dalla temperatura. Per ricavare tale entalpia di transizione deriviamo rispetto a T l’equazione di ln p∗ (T ) data dal problema, ottenendo d ln p∗ = b/T 2 + c/T dT

(3)

Confrontando eq (3) con (2) si ha quindi l’uguaglianza b/T 2 + c/T =

∆Hm,ev (T ) RT 2

la quale ci consente di stabilire che ∆Hm,ev (T ) = R(b + cT ) evidenziando una dipendenza lineare del calore latente dalla temperatura. Nell’adottare l’eq (2) derivandola dalla Clapeyron abbiamo gi` a fatto implicitamente le seguenti assunzioni sulle quali essa si basa: (i)

(ii)

∆Vm,ev (T ) ≃ Vm,g (T, p∗ ) ≃

RT p∗ (T )

(4)

cio`e che (i) il volume molare del liquido sia molto minore del volume molare del vapore, e (ii) che il vapore si comporti come gas ideale. Coerentemente con tali assunzioni procediamo nel valutare la variazione di energia interna alla pressione (costante) pari a p∗ (T ): ∆Um,ev (T ) = ∆Hm,ev (T ) − p∗ (T )∆Vm,ev (T ) ≃ ∆Hm,ev (T ) − RT = R(b + cT − T ) 120

Infine, dalla condizione ∆Gm,ev (T ) = 0 sulla linea di coesistenza (uguaglianza dei potenziali chimici all’equilibrio di fase) otteniamo ∆Hm,ev (T ) = R(b/T + c) T Raggruppiamo di seguito le espressioni ottenute, che esplicitano la dipendenza dalla temperatura delle funzioni termodinamiche molari in condizioni di equilibrio: ∆Sm,ev (T ) =

∆Hm,ev (T ) = R(b + cT ) ∆Um,ev (T ) = R(b + cT − T ) ∆Sm,ev (T ) = R(b/T + c) ∆Gm,ev (T ) = 0

(5)

Passiamo ora alla seconda parte del problema. Inserendo i valori Teb = 332.4 K e p⊖ (Teb ) = 1 atm = 1.013 bar nella relazione data dal problema otteniamo uguaglianza numerica tra primo e secondo membro, quindi deduciamo che tale relazione `e valida anche in prossimit`a del punto normale di ebollizione sulla curva liquido-vapore. Sostituendo nelle relazioni (5) i valori numerici di a, b, c e Teb otteniamo ∆Hm,ev (Teb ) = 31.0 kJ mol−1 ∆Um,ev (Teb ) = 28.2 kJ mol−1 ∆Sm,ev (Teb ) = 97 J K−1 mol−1 ∆Gm,ev (Teb ) = 0 • Si cerchi negli Handbook di dati chimico-fisici il valore tabulato di ∆Hm,ev (Teb ) per il bromo liquido, e lo si confronti con il valore ottenuto. • Rivediamo globalmente il problema svolto. Abbiamo dato una risposta al problema ammettendo che l’equazione di Clausius-Clapeyron, eq (2), fosse comunque corretta, e che semplicemente ∆Hm,ev (T ) fosse dipendente dalla temperatura. Tuttavia non possiamo escludere che l’eq (2) stessa sia una ”cattiva” approssimazione del sistema fisico, ad esempio se si invocano forti deviazioni dall’idealit`a per il bromo gassoso. Partiamo quindi da un punto ”pi` u a monte” rispetto alla Clausius-Clapeyron, cio`e dalla Clapeyron stessa (che `e esatta), posta nella seguente forma ad essa equivalente: Ω(T ) d ln p∗ (T ) =− 2 dT T

,

Ω(T ) =

∆Hev,m (T ) R∆Zev (T )

,

∆Zev (T ) =

p∗ (T )∆Vm,ev (T ) RT

dove Z(T, p) `e il fattore di compressibilit`a per le fasi liquida e vapore, con ∆Zev (T ) = Zg (T, p∗ ) − Zl (T, p∗ ) la sua variazione alla transizione. A questo punto, per integrare rispetto a T occorre modellare la dipendenza della funzione Ω(T ) dalla temperatura, il che equivale a modellare la dipendenza dalla temperatura di ∆Hm,ev (T ) e dei fattori di compressibilit`a di liquido e vapore. Adottiamo uno sviluppo di Ω(T ) in serie di Taylor rispetto ad un punto a temperatura T0 : 1 Ω(T ) = Ω(T0 ) + Ω′ (T0 )(T − T0 ) + Ω′′ (T0 )(T − T0 )2 + · · · 2 dove dΩ(T ) Ω (T0 ) = dT T0 ′



,



d2 Ω(T ) Ω (T0 ) = dT 2 T ′′

,

0

121

···

(6)

sono le derivate valutate in T0 . Sostituendo lo sviluppo eq (6) ed integrando tra T0 e la temperatura T generica, si ottiene un’espressione che pu`o essere posta nella seguente forma: ln

p∗ (T ) = a − b/T + c ln T + d T + · · · p⊖

(7)

con i seguenti parametri p∗ (T0 ) + b/T0 − c ln T0 − d T0 + · · · p⊖ 1 b = Ω(T0 ) − Ω′ (T0 )T0 + Ω′′ (T0 )T02 + · · · 2 c = Ω′ (T0 ) − Ω′′ (T0 )T0 + · · · d = Ω′′ (T0 )/2 + · · · ···

a = ln

che per essere specificati richiedono appunto un modello per Ω(T ). Ad esempio, una nota forma parametrica per la tensione di vapore determinata modellando Ω(T ) `e stata ottenuta da Riedel, dove entrano i primi tre termini di eq (7) pi` u un termine in T N con N intero usualmente compreso tra 1 e 6 (scegliendo opportunamente i parametri e aggiustando N l’equazione di Riedel `e in grado di riprodurre l’intera linea liquido-vapore di molte sostanze, tra punto triplo e punto critico, con deviazioni comprese tra 0.5 e 2 %)... Notiamo che l’equazione parametrica data dal problema non `e altro che la forma generale eq (7) troncata ai primi tre termini. Inoltre si osserva che adottando le condizioni di validit`a della ClausiusClapeyron, cio`e ponendo ∆Zev = 1 (per Zg (T, p∗ ) = 1 assumendo comportamento ideale del vapore, e Zl (T, p∗ ) = 0 nel limite di volume molare nullo del liquido), e poi ponendo ∆Hm,ev (T ) dipendente linearmente dalla temperatura, allora si ottiene una funzione funzione Ω(T ) essa stessa dipendente linearmente da T ; ci` o porta effettivamente ad una soluzione con solo a, b, c 6= 0, ma questa non `e l’unica soluzione possibile: sotto altre condizioni opportune potremmo arrivare ad una forma tipo eq (7) in cui solo i primi tre termini sono non nulli! A livello di procedura, vale comunque il principio della soluzione pi` u semplice e immediata, tenendo per`o presenti i limiti, le assunzioni semplificatrici, e le eventuali alternative.

122

Esercizio 6.8 La dipendenza dalla temperatura della tensione di vapore p∗ (espressa in Pascal), del freon liquido (CCl2 F2 ) `e data dall’equazione ln p∗ = 79.4 −

5540.2 − 9.26 ln T + 0.0085T T

Determinare il calore latente di evaporazione, e stimare la corrispondente variazione ∆cp dei calori specifici molari alla temperatura di 298 K in condizioni di equilibrio di fase. Per svolgere il problema adottiamo la stessa traccia presentata per l’esercizio no. 7 del capitolo (valgono qui le stesse considerazioni e discussioni). Per semplicit`a riscriviamo la relazione data come ln p∗ = a −

b + c ln T + d T T

con a = 79.4, b = 5540.2, c = −9.26, d = 0.0085. Derivando tale relazione rispetto alla temperatura, ed utilizzando l’equazione di Clausius-Clapeyron come modello interpretativo, otteniamo d ln p∗ (T ) dT

∆Hm,ev (T )   RT 2 ⇒ ∆Hm,ev (T ) = R(b + cT + dT 2 ) c b   + +d T2 T

Clausius−Calpeyron

=

equaz. data

=



(1)

Inserendo i valori numerici dei parametri, e ponendo T = 298 K come richiesto dal problema, otteniamo ∆Hm,ev (298 K) = 29.4 kJ mol−1 . Per valutare la variazione del calore specifico in condizioni di equilibrio partiamo dalla definizione cp (T, p) =



∂Hm (T, p) ∂T



p

che porta direttamente a ∆cp,ev (T ) =



∂(Hm (g, T, p) − Hm (l, T, p)) ∂T

 #

=

p p=p∗ (T )



∂∆Hm,l→g (T, p) ∂T

 #

(2)

p p=p∗ (T )

Osserviamo subito che l’avere adottato l’equazione di Clausius-Clapeyron, cio`e implicitamente assumere che la fase vapore abbia comportamento di gas ideale, ci consente di stabilire che Hm (g, T, p) `e indipendente dalla pressione. Inoltre, ai fini di una stima, per la fase liquida possiamo adottare il ”modello a volume molare nullo”, il che equivale a porre Hm (l, T, p) essenzialmente indipendente dalla pressione. Sotto queste assunzioni, la variazione di entalpia ∆Hm,l→g (T, p) diventa funzione solo della temperatura, e possiamo riferirla ad una generica pressione applicata; scegliendo la pressione di equilibrio possiamo sostituire ∆Hm,l→g (T, p) con ∆Hm,ev (T ) in eq (2), e quindi ∆cp,ev (T ) ≃

d∆m,ev (T ) = R(c + 2dT ) dT

dove per l’ultimo passaggio `e stata richiamata l’espressione eq (1). Inserendo i valori numerici si ottiene ∆cp,ev (298 K) ≃ −35 J K−1 mol−1 .

123

Esercizio 6.9 In un contenitore a volume costante sono inizialmente presenti mezza mole di vapore acqueo e mezza mole di acqua liquida, in equilibrio a 100 ◦ C . Quant’`e la pressione esercitata dal sistema ed il numero di moli di liquido se la temperatura viene innalzata di 5 gradi? (Assumere una densit`a dell’acqua liquida pari a 1 gr/cm3 costante al variare della temperatura, ed una entalpia di vaporizzazione di 40.7 kJ/mole). Il problema `e schematizzato in figura:

ng0 = 0.5

H2O (g)

ng = ?

+ 5 °C nl0 = 0.5

H2O (l)

nl = ?

Occorre determinare la pressione finale e la nuova ripartizione tra liquido e vapore conseguente alla trasformazione da T0 = 373 K a T1 = 378 K. Pressione finale La pressione finale `e pari a p∗ (378 K), dato che `e mantenuto l’equilibrio tra le fasi. Per determinarla utilizziamo l’equazione di Clausius-Clapeyron (assumendo comportamento ideale del vapore acqueo), tenendo presente che alla temperatura di 100 ◦ C (373 K) la tensione di vapore `e p∗ (373 K) = 1 atm. La forma integrata tra le due temperature `e ∆Hm,ev p∗ (378 K) =− ln 1 atm R



1 1 − 378 373



∆Hm,ev = 40.7 kJ mol−1

,

dalla quale si ricava p∗ (378 K) = 1.19 atm = 1.205 × 105 Pa (ricordare che 1 atm ≡ 1.013 × 105 Pa). Nuova ripartizione liquido/vapore Possiamo ragionevolmente assumere che il volume totale del contenitore (costante) sia interamente occupato dal vapore, sia a 373 K che a 378 K. Tale assunzione pu`o essere facilmente verificata nota la densit`a della fase liquida fornita dal problema; a 373 K il volume molare del liquido `e dato da Vm,l =

18 gr mol−1 PMH2 O = = 18 cm3 mol−1 = 1.8 × 10−5 m3 mol−1 ρH2 O(l) 1 gr cm−3 124

mentre per stimare il volume molare del vapore utilizziamo l’equazione di stato dei gas ideali: Vm,g =

8.314 JK−1 mol−1 × 373 K RT0 = = 3.1 × 10−2 m3 mol−1 p∗ (T0 ) 1.013 × 105 Pa

Si osserva che Vm,g ≫ Vm,l e quindi, dato che il numero di moli di liquido e gas a T0 `e identico, n0g = n0l = 0.5 moli, si ha anche Vg ≫ Vl e quindi V = Vg + Vl ≃ Vg . Tale approssimazione sar`a a maggior ragione lecita a 378 K, dato che parte del liquido `e evaporato. Imponiamo quindi la condizione che il volume del vapore sia identico alle due temperature, ottenendo n0g RT0 ng RT1 = ∗ ∗ p (T0 ) p (T1 ) dalla quale segue ng = n0g

373 K 1.19 atm T0 p∗ (T1 ) = 0.5 moli × × = 0.59 moli T1 p∗ (T0 ) 378 K 1.00 atm

Le moli di liquido si ottengono infine per differenza: nl = ntot − ng = (1 − 0.59) moli = 0.41 moli

125

Esercizio 6.10 Stimare il punto di fusione dell’acqua sotto la pressione di 100 atmosfere (le densit`a del ghiaccio e dell’acqua valgono 0.917 e 1.000 gr/cm3 rispettivamente, e l’entalpia di fusione `e 6008 J/mole). Per stimare il punto di fusione T1 alla pressione p1 = 100 atm conviene sfruttare l’evidenza che la linea di coesistenza solido-liquido `e approssimativamente una retta di elevata pendenza: grandi aumenti di presione realizzano piccoli abbassamenti del punto di fusione. In figura `e schematizzata tale situazione:

p 100 atm

l

s 1 atm

g T1 = ? T0 = 273.15 K

T

Per sfruttare tale informazione `e conveniente utilizzare l’equazione di Clapeyron nella forma-base seguente, ∆Sm,f us (T ) dp(T ) = dT ∆Vm,f us (T ) Ammettere una dipendenza lineare di p(T ) verso T equivale a porre costante la pendenza della curva, cio`e a stabilire che ∆Sm,f us (T0 ) ∆Sm,f us (T ) ≃ ∼ costante lungo la linea s ↔ l ∆Vm,f us (T ) ∆Vm,f us (T0 )) dove si `e scelta la temperatura T0 = 273.15 K alla quale possiamo intendere riferiti i dati forniti dal problema. Quindi, dp(T ) ∆Sm,f us (T0 ) = dT ∆Vm,f us (T0 ) e integrando tra le temperature T0 e T1 si ottiene ∆Sm,f us (T0 ) (T1 − T0 ) p(T1 ) − p(T0 ) = ∆Vm,f us (T0 ) 126

da cui ricaviamo T1 = T0 +

∆Vm,f us (T0 ) (p(T1 ) − p(T0 )) ∆Sm,f us (T0 )

(1)

La variazione di entropia alla transizione `e data da ∆Sm,f us (T0 ) =

∆Hm,f us (T0 ) 6008 J mol−1 = 22.0 J K−1 mol−1 = T0 273.15 K

e stimiamo il volume di transizione come ∆Vm,f us (T0 ) = Vm (l, T0 , p(T0 )) − Vm (s, T0 , p(T0 ))

≃ V ⊖ (l, T0 ) − V ⊖ (s, T0 ) in quanto p(T0 ) = 1 atm ≃ 1 bar PMH2 O PMH2 O 18 gr mol−1 18 gr mol−1 = − = − = −1.6 × 10−6 m3 mol−1 ρH2 O(l) ρH2 O(s) 1.000 × 106 gr m−3 0.917 × 106 gr m−3

Sostituendo tali valori in eq (1) otteniamo T1 = 273.15 K +

(−1.6 × 10−6 ) m3 mol−1 × [(100 − 1) × 1.013 × 105 ] Pa = 272.4 K 22.0 J K−1 mol−1

L’abbassamento del punto di fusione risulta pari a ∆Tf us = −0.73 K.

127

Esercizio 6.11 Dai seguenti dati termodinamici a 25 ◦ C relativi alle due forme cristalline di CaCO3 (s) (peso molecolare = 100.09 gr/mole) calcite aragonite (kJ/mol) −1128.76 −1127.71 densit`a (gr/cm3 ) 2.710 2.930 ∆G⊖ f

stimare la pressione a cui si instaura l’equilibrio tra le due fasi a 25 ◦ C . Sul piano pressione-temperatura, le zone di stabilit`a delle due forme appaiono ripartire come schematizzato in figura:

p aragonite ? calcite

T0 = 298 K

T

Per determinare la pressione di equilibrio incognita, p(T0 ), imponiamo l’uguaglianza tra i potenziali chimici alla temperatura T0 = 298K, µcalc (T0 , p(T0 )) = µarag (T0 , p(T0 )) Per entrambe le fasi solide adottiamo il modello del volume molare indipendente dalla pressione (si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 3 del capitolo), ottenendo ⊖ ⊖ µcalc (T0 , p(T0 )) ≃ µ⊖ calc (T0 ) + Vcalc (p(T0 ) − p ) ⊖ ⊖ µarag (T0 , p(T0 )) ≃ µ⊖ arag (T0 ) + Varag (p(T0 ) − p )

Uguagliando i potenziali ricaviamo la seguente relazione ⊖ ⊖ ⊖ ⊖ µ⊖ calc (T0 ) − µarag (T0 ) = −(Vcalc − Varag )(p(T0 ) − p ) ≡ ∆G⊖ arag→calc (T0 )

dalla quale segue ⊖

p(T0 ) = p −

∆G⊖ arag→calc ⊖ ∆Varag→calc

(1) 128

Valutiamo ora le variazioni richieste in eq (1). Per la variazione di energia libera standard della trasformazione aragonite → calcite applichiamo la legge di Hess, ⊖ ⊖ −1 = −1.05 kJ mol−1 ∆G⊖ arag→calc = ∆Gf (calc, T0 ) − ∆Gf (arag, T0 ) = [−1128.76 − (−1127.71)] kJ mol

Per la variazione del volume standard utilizziamo i valori delle densit`a fornite dal problema: PM 100.09 gr mol−1 = = 36.93 × 10−6 m3 mol−1 ρcalc 2.710 × 106 gr m−3 100.09 gr mol−1 PM = = 34.16 × 10−6 m3 mol−1 = ρarag 2.930 × 106 gr m−3

⊖ = Vcalc ⊖ Varag

da cui ⊖ = 2.78 × 10−6 m3 mol−1 ∆Varag→calc

Sostituendo i valori in eq (1) otteniamo p(T0 ) = 105 Pa −

(−1.05 × 103 J mol−1 ) = 3.8 × 108 Pa ≃ 3740 atm 2.78 × 10−6 m3 mol−1

Quindi, a 25 ◦ C la calcite `e la forma stabile del carbonato di calcio fino a pressioni di ∼ 3740 atmosfere. • Osserviamo il diagramma pressione-temperatura in figura. Sulla base dei dati forniti dal problema, e del risultato ottenuto, siamo in grado di giustificare la ”collocazione” dell’aragonite e la calcite su tale piano? Rispondere a tale domanda equivale a rispondere a quanto segue: dato un generico punto (T, p), qual `e la fase termodinamicamente stabile? Consideriamo un sistema chiuso costituito da na moli di aragonite e nc moli di calcite; l’energia libera di Gibbs `e data da G(T, p, na ) = na µarag + nc µcalc , ntot = na + nc = cost. dove i potenziali chimici delle due forme forme cristalline dipendono solo dalla temperatura e dalla pressione (sostanze pure). Se partiamo dal presupposto che il sistema non si trovi all’equilibrio, allora una delle due forme deve trasformarsi spontaneamente nell’altra in modo che da raggiungere l’equilibrio che corrisponde al minimo dell’energia libera di Gibbs a T e p fissate. Esprimendo l’energia libera in funzione di na (preso come grado di avanzamento), il suo differenziale `e (dG)T,p = (µarag − µcalc )dna ≤ 0 (si `e posto dnc = −dna ), dove la disuguaglianza con < vale fuori dall’equilibrio. Si osserva che, se µarag > µcalc , per avere una quantit` a negativa occorre che dna < 0, cio`e che l’aragonite si converta in calcite; tale processo proceder`a fino a totale scomparsa dell’aragonite, e la calcite risulta essere la fase termodinamicamente stabile. Se a T e p scelte risultasse invece che µcalc > µarag , allora l’aragonite sarebbe la forma stabile. In caso di uguaglianza dei potenziali chimici, ci si trova all’equilibrio tra le fasi. Tra i dati del problema abbiamo i ∆G⊖ f delle due forme cristalline; tali dati non sono altro che i potenziali chimici delle due forme riferiti a T = T0 = 298 K e p = p⊖ = 1 bar e ”shiftati” rispetto ad un comune riferimento (l’energia libera degli elementi chimici che formano lo stesso composto, nel loro ⊖ ⊖ stato standard). Quindi, dal fatto che ∆G⊖ f (arag, T0 ) > ∆Gf (calc, T0 ) deduciamo che µarag (T0 , p ) > µcalc (T0 , p⊖ ) e pertanto, sulla base delle considerazioni fatte sopra, stabiliamo che a 25 ◦ C e 1 bar la 129

calcite `e la forma stabile. Salendo lungo la verticale a T = 298 K, si deve quindi attraversare il campo di stabilit`a della calcite prima di arrivare al punto di equilibrio sulla curva di coesistenza alla pressione di 3740 atmosfere. Oltre tale pressione l’aragonite `e la forma stabile.

130

Esercizio 6.12 Sulla base dei seguenti dati per lo zolfo solido rombico, S(s, α), zolfo solido monoclino, S(s, β), e zolfo atomico gassoso, S(g) a 25 ◦ C , ⊖ ∆G⊖ f (kJ/mol) S (J/K mol) S(s, α) 0.0 31.80 S(s, β) 0.056 32.60 S(g) 238.25 167.62

determinare sotto quali condizioni termodinamiche si dovrebbe avere coesistenza delle tre fasi. Indichiamo con T3 e p3 = p∗ (T3 ) la temperatura e la pressione (incognite) che specificano le condizioni termodinamiche alle quali si ha coesistenza delle tre fasi. Si osservi che i valori di T3 e p3 sono unici: la copresenza delle tre fasi `e un ”punto triplo” a varianza zero per il sistema ad un solo componente. Per determinare le due incognite imponiamo l’uguaglianza dei potenziali chimici per lo zolfo nelle tre fasi: (a)

(b)

µs,β (T3 , p3 ) = µs,α (T3 , p3 ) = µg (T3 , p3 ) 1) Determinazione di T3 . Sfruttiamo l’uguaglianza (a), esplicitando i due potenziali chimici sulla base del ”modello a volume molare nullo” per le fasi condensate (si veda la nota nell’esercizio no. 3 del capitolo): µs,α (T3 , p3 ) ≃ µ⊖ s,α (T3 )

,

µs,β (T3 , p3 ) ≃ µ⊖ s,β (T3 )

da cui si ricava, in accordo con (a), che ⊖ ⊖ ∆G⊖ α→β (T3 ) = µs,β (T3 ) − µs,α (T3 ) ≃ 0

(1)

D’altro canto abbiamo anche ∆G⊖ α→β (T ) dT

⊖ ⊖ ⊖ (T ) ⇒ ∆G⊖ = −∆Sα→β α→β (T3 ) = ∆Gα→β (T0 ) − (T3 − T0 )∆Sα→β (T0 )

(2)

⊖ (T ) ≃ dove nell’integrazione rispetto alla temperatura tra T0 di riferimento e T3 si `e assunto che ∆Sα→β ⊖ ∆Sα→β (T0 ) sia essenzialmente costante, il che equivale ad assumere che i calori specifici standard delle forme α e β siano circa uguali tra loro nel campo di temperature in esame. Uguagliando eqs (1) e (2), cio`e ponendo uguale a zero l’espressione al secondo membro in (2), e risolvendo rispetto a T3 , si arriva a

T3 = T0 +

∆G⊖ α→β (T0 ) ⊖ (T0 ) ∆Sα→β

(3)

Dai dati tabulati alla temperatura T0 = 298 K otteniamo 3 −1 ⊖ (T0 ) = (32.60 − 31.80) J K−1 mol−1 = 0.8 J K−1 mol−1 , ∆Sα→β ∆G⊖ α→β (T0 ) = 0.056 × 10 J mol

Sostituendo tali valori in eq (3) si ottiene T3 = 368 K (95 ◦ C ). 2) Determinazione di p3 . 131

Per determinare la tensione di vapore `e necessario coinvolgere il potenziale chimico della fase gassosa. Utilizziamo il modello del gas ideale per tale fase, cio`e µg (T3 , p3 ) = µ⊖ g (T3 ) + RT3 ln

p3 p⊖

Utilizzando l’uguaglianza (b) tra i potenziali chimici del vapore e del solido nella forma α (analogamente potremmo scegliere la forma β...) otteniamo la relazione ln

⊖ ∆G⊖ µ⊖ p3 g (T3 ) − µs,α (T3 ) f (S(g), T3 ) = − ≡ − ⊖ p RT3 RT3

(4)

in cui si `e tenuto presente che la forma α `e lo stato di riferimento dello zolfo solido. Tra le quantit` a che entrano in eq (4) abbiamo gi` a determinato T3 ; occorre ora valutare l’energia libera standard di formazione dello zolfo gassoso a tale temperatura. Seguendo la stessa procedura applicata sopra abbiamo ∆G⊖ f (T ) dT

⊖ ⊖ = −∆Sf⊖ (T ) ⇒ ∆G⊖ f (T3 ) = ∆Gf (T0 ) − (T3 − T0 )∆Sf (T0 )

(5)

sotto l’ipotesi che ∆Sf⊖ (T ) ≃ ∆Sf⊖ (T0 ) sia costante nell’intervallo di temperature tra T0 e T3 . Ovviamente tale ipotesi pu`o essere discutibile, dato che ∆c⊖ e certamente non-nullo nella conversione di p,α→g ` zolfo solido in zolfo gassoso. Tuttavia, sulla base dei dati forniti dal problema, allo scopo di stimare p3 l’eq (5) `e la migliore approssimazione che ci `e consentito ottenere per ∆G⊖ f (T3 ). Dai dati tabulati a T0 ricaviamo 3 −1 ∆G⊖ f (S(g), T0 ) = 238.25 × 10 J mol ∆Sf⊖ (S(g), T0 ) = (167.62 − 31.80) J K−1 mol−1 = 135.82J K−1 mol−1

Sostituendo tali valori in eq (5) per valutare ∆G⊖ f (S(g), T3 ), e poi inserendo il risultato in eq (4), otteniamo ln

p3 = −74.8 ⇒ p3 = 3.4 × 10−33 bar p⊖

Le forme Sα , Sβ e Sg risultano quindi coesistenti alla temperatura di 95 ◦ C e alla pressione di 3.4 × 10−33 bar. Sperimentalmente si osserva che le due forme allotropiche dello zolfo e il vapore si trovano all’equilibrio alla temperatura di 95.5 ◦ C e alla pressione di 0.01 mmHg. Vediamo che la temperatura del punto triplo `e stata correttamente stimata, mentre le approssimazioni fatte per determinarne la pressione, evidentemente troppo radicali, hanno portato ad un risultato non realistico...

132

Esercizio 6.13 L’energia libera standard di formazione del diamante (peso atomico = 12.01 gr/mole, stato di riferimento: carbonio grafitico) dipende dalla temperatura secondo la relazione ∆G⊖ f (diam., T ) = 1895 + 3.363(T − 298.15)

(in J/mol)

Calcolare la pressione a cui si ha equilibrio di fase tra grafite e diamante a 25 ◦ C e le corrispondenti entalpia ed entropia di transizione, assumendo che le densit`a del diamante e della grafite, rispettivamente 5.51 gr/cm3 e 2.25 gr/cm3 , siano costanti (cio`e indipendenti dalla temperatura e dalla pressione). In figura `e rappresentato il diagramma di fase del carbonio (da F. P. Bundy, ”The P,T Phase and Reaction Diagram for elemental Carbon”, J. Geophys. Res., 85 (B12) 6930 (1980)), mentre sotto `e considerato il dettaglio di interesse nel problema specifico:

voi siete qui

133

p diamante p(T0) grafite

T

T0 = 298.15 K

Determinazione della pressione di coesistenza La prima parte del problema consiste nel determinare la pressione p(T0 ) sulla linea di coesistenza diamante-grafite, corrispondente alla temperatura T0 . A tale scopo sfruttiamo l’uguaglianza dei potenziali chimici per le due fasi all’equilibrio: µgr (T0 , p(T0 )) = µdiam (T0 , p(T0 )) Per risolvere tale equazione rispetto all’incognita p(T0 ) dobbiamo esplicitare le forme dei potenziali. Trattandosi di fasi solide, quindi in prima approssimazione incomprimibili (come dato del problema la densit`a delle fasi `e da assumersi indipendente dalla pressione), possiamo adottare il ”modello a volume molare costante” (si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 3 del capitolo): ⊖ ⊖ µgr (T0 , p(T0 )) ≃ µ⊖ gr (T0 ) + (p − p )Vgr ⊖ ⊖ µdiam (T0 , p(T0 )) ≃ µ⊖ diam (T0 ) + (p − p )Vdiam

(1)

Uguagliando i potenziali ricaviamo la pressione di coesistenza, ⊖

p(T0 ) = p −

⊖ µ⊖ diam (T0 ) − µgr (T0 ) ⊖ ⊖ − Vgr Vdiam



=p −

∆G⊖ f (diam, T0 ) ⊖ (T0 ) ∆Vgr→diam

(2)

dove `e stato considerato il fatto che la grafite `e lo stato di riferimento del carbonio. L’energia libera standard di formazione del diamante a T0 = 298.15 K `e valutabile direttamente dall’espressione parametrica data dal problema: −1 equaz. data ⇒ ∆G⊖ f (diam., T0 ) = 1895 J mol

Per valutare il volume standard della trasformazione grafite → diamante utilizziamo le densit`a delle due fasi: 12.01 gr mol−1 PA = = 5.34 × 10−6 m3 mol−1 = ρgr 2.25 × 106 gr m−3 12.01 gr mol−1 PA ⊖ = = 2.18 × 10−6 m3 mol−1 = Vdiam ρdiam 5.31 × 106 gr m−3

⊖ Vgr

134

        

⊖ (T0 ) = −3.16 × 10−6 m3 mol−1 ⇒ ∆Vgr→diam

Sostituendo i valori numerici in eq (2) otteniamo p(T0 ) = 105 Pa −

1895 J mol−1 = 6.0 × 108 Pa ≃ 5900 atm (−3.16 × 10−6 ) m3 mol−1

Entropia ed entalpia di transizione a 25 ◦ C L’entropia di transizione che dobbiamo valutare (in condizioni di equilibrio a T0 = 298.15 K e p(T0 )) `e data da ∆Sm,trans (T0 ) = S (diam., T0 , p(T0 ))#− Sm (gr., T0 , p(T"0 )) " m    # ∂µdiam (T, p) ∂µgr (T, p) = − − − ∂T ∂T p T =T , p=p(T ) p T =T 0

= −

"

∂(µdiam − µgr ) ∂T

0 , p=p(T0 )

0

 #

(3)

p T =T , p=p(T ) 0 0

Adottando le eqs (1) per i potenziali chimici si ha ⊖ ⊖ µdiam (T, p) − µgr (T, p) = ∆G⊖ gr→diam (T ) + (p − p )∆Vgr→diam (T ) ⊖ ⊖ ≡ ∆G⊖ f (diam., T ) + (p − p )∆Vgr→diam (T )

e sostituendo in eq (3) e derivando rispetto alla temperatura si arriva a ∆Sm,trans (T0 ) = −

∆G⊖ f (diam., T ) dT

#

T =T0

− (p(T0 ) − p⊖ )

⊖ ∆Vgr→diam

dT

#

(4)

T =T0

Il secondo addendo in eq (4) `e trascurabile dato che, per ipotesi del problema, la densit`a delle fasi viene assunta costante al variare della temperatura, quindi la derivata del volume di transizione rispetto a T `e praticamente nulla. Quindi, ∆Sm,trans (T0 ) ≃ −

∆G⊖ f (diam., T ) dT

#

da equaz. data

=

T =T0

−3.363 J K−1 mol−1

dove per l’ultimo passaggio `e stata utilizzata l’equazione parametrica fornita dal problema. Infine, dalla condizione ∆Gm,trans (T0 ) = 0 (siamo all’equilibrio, sulla linea di coesistenza) otteniamo ∆Hm,trans (T0 ) = T0 ∆Sm,trans (T0 ) = −1002 J mol−1 • Perch´e, pur essendo la grafite lo stato termodinamico pi` u stabile, in condizioni ordinarie (temperatura ambiente e pressione atmosferica) si trova anche il diamante?

135

Esercizio 6.14 Secondo la catalogazione di Ehrenfest (fisico austriaco, Vienna 1880 - Leiden 1933), una transizione di fase del 2◦ ordine di una sostanza pura `e caratterizzata da variazioni nulle di entropia, ∆Sm,trans = 0, e di volume, ∆Vm,trans = 0, mentre sono diverse da zero le variazioni delle derivate seconde del potenziale chimico, µ(T, p). Dimostrare che in questo caso valgono le seguenti relazioni (dette di Ehrenfest) per la pressione di coesistenza p(T ) delle due fasi: dp ∆α = dT ∆kT

,

dp ∆cp = dT T V ∆α

dove ∆α, ∆kT e ∆cp sono rispettivamente le variazioni del coefficiente di espansione isobara, del coefficiente di compressibilit`a isoterma e del calore specifico molare tra le due fasi alla transizione. Per una presentazione generale dell’argomento si rimanda ai testi didattici di Termodinamica (ad es., K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”); per approfondimenti, L. Landau, E. M. Lifˇsitz, ”Fisica Statistica”, 5◦ volume della collana ”Fisica Teorica”. Verranno qui richiamati solo i concetti basilari. Secondo l’originaria classificazione di Ehrenfest, si definisce transizione di n-esimo ordine una transizione di fase per la quale le prime derivate parziali del potenziale chimico (fatte rispetto ad una variabile termodinamica) ad essere discontinue alla transizione sono quelle di ordine n. Ad esempio, esprimendo il potenziale chimico in funzione delle sue variabili naturali T e p, possiamo discriminare tra primo e secondo ordine monitorando il profilo delle sue derivate parziali prime (∂µ/∂T )p = −Sm (T, p) e (∂µ/∂p)T = Vm (T, p) in funzione della temperatura a pressione fissata (come nelle figure seguenti), o viceversa. Le transizioni del primo ordine, per le quali gi`a le derivate prime del potenziale chimico sono discontinue, sono caratterizzate da 1◦ ordine :

    ∆Vm,trans 6= 0

∆S

6= 0

m,trans    ∆H m,trans 6= 0 ⇒ cp diverge alla transizione

dove la divergenza di cp `e legata all’esistenza di calore latente di transizione. Per le transizioni del secondo ordine abbiamo invece 2◦ ordine :

    ∆Vm,trans = 0

∆S

=0

m,trans    ∆H e discontinuo alla transizione ma non diverge m,trans = 0 ⇒ cp `

La continuit`a delle derivate prime del potenziale chimico nel passare da una fase all’altra in condizioni di equilibrio impone infatti ∆Vm,trans = 0 e ∆Sm,trans = 0, mentre la discontinuit`a delle derivate seconde si traduce nei cambi di pendenza nei profili del volume e dell’entropia (vedere la figura). L’assenza di calore latente alla transizione implica discontinuit`a ma non divergenza del calore specifico. La forma caratteristica dell’andamento di cp in prossimit`a della transizione ha indotto a chiamare le transizioni del secondo ordine ”transizioni lambda” (il profilo ricorda appunto la lettera greca λ). Un tipico esempio `e la transizione a circa 2.2 K tra le due fasi liquide di 4 He: 4 HeI e 4 HeII (superconduttore).

136

Transizioni del 1°° ordine

µ

Sm

Vm

T

Ttrans.

Ttrans.

T

Ttrans

T

.

cp

Hm

Ttrans

Ttrans

T

.

T

.

Transizioni del 2°° ordine

µ

Vm

Sm

T

Ttrans.

Ttrans.

T

Ttrans .

cp

Hm

Ttrans

Ttrans

T

.

.

137

T

T

Per dimostrare le relazioni di Ehrenfest relative alle transizioni del secondo ordine `e possibile procedere in diversi modi. Il metodo pi` u diretto consiste nel ricorrere ad una costruzione analoga a quella che si adotta per derivare l’equazione di Clapeyron per le transizioni del primo ordine, solo che in questo caso la continuit`a lungo la curva di coesistenza viene imposta non sul potenziale chimico ma sulle sue derivate prime. Consideriamo la generica transizione del 2◦ ordine trans.

A → B con ∆Vm,trans (T, p(T )) = 0 e ∆Sm,trans (T, p(T )) = 0 per un generico punto (T, p(T )) di equilibrio. Le uguaglianze [Sm,A (T ′ , p′ )]T,p(T ) = [Sm,B (T ′ , p′ )]T,p(T ) [Vm,A (T ′ , p′ )]T,p(T ) = [Vm,B (T ′ , p′ )]T,p(T )

(1) (2)

devovo valere spostandosi sulla curva di coesistenza, e questo impone le seguenti restrizioni sui rispettivi differenziali: [dSm,A ]T,p(T ) = [dSm,B ]T,p(T )

,

[dVm,A ]T,p(T ) = [dVm,B ]T,p(T )

Sviluppando i differenziali si ottiene "

∂Sm,A ∂T ′

 #

dT +

p′ T,p(T )



∂Sm,A ∂p′

 

dp(T ) =

T ′ T,p(T )

"

∂Sm,B ∂T ′

 #



dT +

p′ T,p(T )

∂Sm,B ∂p′

 

dp(T )

T ′ T,p(T )

(3) e "

∂Vm,A ∂T ′

 #

dT +

p′ T,p(T )



∂Vm,A ∂p′

 

dp(T ) =

T ′ T,p(T )

"

∂Vm,B ∂T ′

 #

dT +

p′ T,p(T )



∂Vm,B ∂p′

 

dp(T )

T ′ T,p(T )

(4) Consideriamo ora le seguenti relazioni ′ ′ ∂Sm,A I cp,A (T , p ) , = ′ ′ T ∂T p′   ∂Vm,A = Vm,A (T ′ , p′ )αA (T ′ , p′ ) ∂T ′ p′







∂Sm,A ∂p′



II

T′



,

≡−



∂Vm,A ∂p′

∂Vm,A ∂T ′ 

pT ′



p′

III

= −Vm,A (T ′ , p′ )αA (T ′ , p′ )

IV

= −Vm,A (T ′ , p′ )kT,A (T ′ , p′ )

dove (I) deriva dall’identit` a cp ≡ (∂Hm /∂T )p = T (∂Sm /∂T )p (si veda la relazione 2 dell’esercizio no. 1 nel Capitolo sulle relazioni differenziali); la (II) `e una delle relazioni di Maxwell (si ricava dal differenziale dell’energia libera di Gibbs applicando l’identit`a di Schwartz); le relazioni (III) e (IV) seguono direttamente dalle definizioni dei coefficienti di espansione isobara (α) e di compressibilit`a isoterma (kT ). Le stesse identit` a valgono ovviamente anche per la fase B. Sostituendo tali espressioni, le eqs (3) e (4) diventano cp,B cp,A dT − Vm,A αA dp(T ) = dT − Vm,B αB dp(T ) T T Vm,A αA dT − Vm,A kT,A dp(T ) = Vm,B αB dT − Vm,B kT,B dp(T ) 138

(5) (6)

dove tutte le quantit` a sono implicitamente riferite a T, p(T ) sulla curva di coesistenza. Da eq (5) ricaviamo dp(T ) cp,B − cp,A = dT T (Vm,B αB − Vm,A αA ) Questa espressione si riduce alla seconda delle relazioni di Ehrenfest considerando che Vm,A = Vm,B ≡ V (alla transizione del secondo ordine non si ha variazione di volume), e ponendo ∆α = αB − αA , ∆cp = cp,B − cp,A . Dalla eq (6) otteniamo invece dp(T ) Vm,B αB − Vm,A αA = dT Vm,B kT,B − Vm,A kT,A che porta immediatamente alla prima delle relazioni di Ehrenfest raccogliendo e semplificando i volumi molari, e ponendo ∆kT = kT,B − kT,A . • Si osservi che, formalmente, anche per le transizioni del 2◦ ordine si pu`o derivare l’equazione di Clapeyron ∆Sm,trans (T ) dp(T ) = dT ∆Vm,trans (T )

(Clapeyron)

solo che ora ci si imbatte in una forma [0/0] quando si tenta si valutare l’espressione al secondo membro. Tuttavia, tale forma pu`o essere trattata mediante un passaggio al limite (tale limite deve esistere, dato che esiste la curva di coesistenza!): ∆Sm,A→B (T ′ , p′ ) dp(T ) = ′ ′ lim dT (T ,p )→(T,p(T )) ∆Vm,A→B (T ′ , p′ ) con le variazioni ∆Sm,A→B (T ′ , p′ ) = Sm (B, T ′ , p′ ) − Sm (A, T ′ , p′ ) e ∆Vm,A→B (T ′ , p′ ) = Vm (B, T ′ , p′ ) − Vm (A, T ′ , p′ ) che si riducono a ∆Sm,trans (T ) e ∆Vm,trans (T ) quando il punto (T ′ , p′ ) viene portato sulla curva di equilibrio. Si provi a risolvere il problema seguendo questa procedura, ricordando come vengono trattate le forme indeterminate [0/0] in Analisi Matematica (Regola di de L’Hospital).

139

ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 6.15 La tensione di vapore del cloroformio a 20 ◦ C `e 161 mmHg, ed aumenta del 5.4 % per un incremento di un grado della temperatura. Determinare la temperatura di ebollizione normale ed il calore latente di evaporazione del cloroformio. Risultato: ∆Hev = 37.73 kJ mol−1 , Teb = 326 K (53 ◦ C ).

Esercizio 6.16 L’entalpia di vaporizzazione dell’acqua pura in condizioni di equilibrio dipende dalla temperatura secondo l’equazione ∆Hm,ev (kJ/mole) = 57.433 − 0.045T Calcolare la tensione di vapore dell’acqua a 0 ◦ C , noto che 100 ◦ C `e la sua temperatura normale di ebollizione. Risultato: p∗ (273 K) = 6.1 × 10−3 atm.

Esercizio 6.17 La dipendenza dalla temperatura delle tensioni di vapore dell’Argento solido e liquido, espresse in Pascal, `e data dalle seguenti espressioni: solido) liquido)

ln p∗ = 31.988 − 3.228 × 104 /T

ln p∗ = 30.733 − 3.072 × 104 /T

Si determinino temperatura e pressione al punto triplo, e i calori latenti di evaporazione, di sublimazione e di fusione in corrispondenza di tale punto. Risultato: Tt = 1240 K, pt = 385 Pa, ∆Hm,ev = 255.4 kJ mol−1 , ∆Hm,subl = 268.4 kJ mol−1 , ∆Hm,f us = 13.0 kJ mol−1

140

Esercizio 6.18 Date le grandezze standard a 25 ◦ C per l’alluminio solido e liquido ⊖ ∆H⊖ f kJ/mol ∆Gf kJ/mol Al(s) 0.0 0.0 Al(l) 10.56 7.20

S⊖ J/K mol 28.33 39.65

stimare la temperatura di fusione dell’alluminio alla pressione atmosferica ed il calore latente di fusione. Risultato: Tf us = 934 K, ∆Hm,f us ≃ 10.6 kJ mol−1

Esercizio 6.19 Il punto di fusione del bismuto (peso atomico = 208.98 gr/mole) quando la pressione applicata `e pari a 1 atmosfera `e di 271 ◦ C . La variazione di volume alla transizione `e pari a −0.00345 cm3 /gr, e il calore latente di fusione vale 8.92 kJ/mole. Si determini il punto di fusione alla pressione di 5000 atmosfere. Risultato: Tf us = 249 ◦ C

Esercizio 6.20 Alla pressione di 1 atmosfera e alla temperatura di −43 ◦ C le due forme cristalline del carbonato di calcio (peso molecolare = 100.09 gr/mole), aragonite e calcite, si trovano in equilibrio. In tali condizioni, la variazione di volume per la transizione aragonite → calcite `e pari a 2.75 cm3 /mole, e il calore latente vale 125 J/mole. Sotto quale pressione l’aragonite `e la forma termodinamicamente stabile alla temperatura di 0 ◦ C ? Risultato: per pressioni maggiori di 78 atmosfere.

141

142

Capitolo 7

Grandezze parziali molari, miscele ideali e reali, funzioni di eccesso

143

Esercizio 7.1 A 25 ◦ C i coefficienti di compressibilit`a del cicloesano e del normal-esano sono rispettivamente 11.4 × 10−10 Pa−1 e 16.7 × 10−10 Pa−1 . Calcolare il coefficiente di compressibilit`a isoterma del liquido ottenuto mescolando 0.2 litri di cicloesano con 0.4 litri di normal-esano, assumendo un comportamento ideale della miscela. La soluzione `e ideale, pertanto non si ha variazione di volume in seguito al mescolamento, ∆Vmix = 0, e quindi V = Vc + Vn

(1)

dove V `e il volume totale, Vc e Vn sono rispettivamente i volumi di cicloesano e n-esano mescolati. Abbiamo quindi V = 0.6 litri. Il coefficiente di compressibilit`a isoterma della miscela `e dato da 1 kT = − V



∂V ∂p



T

Sostituendo eq (1) per il volume totale nella derivata parziale otteniamo Vc 1 ∂Vc Vn Vn 1 ∂Vn Vc kT = − kT,n − = kT,c + V Vc ∂p T V Vn ∂p T V V   0.2 0.4 = × 11.4 × 10−10 + × 16.7 × 10−10 Pa−1 = 14.9 × 10−10 Pa−1 0.6 0.6 







144

Esercizio 7.2 Un contenitore cubico del volume complessivo di 1 m3 `e diviso in otto comparti uguali, anch’essi cubici. Ogni comparto contiene un gas alla temperatura di 273 K e alla pressione di 105 Pa. Se si eliminano tutte le pareti interne del contenitore, qual `e la variazione di entropia del sistema? La variazione di entropia del sistema `e nulla. Infatti il gas nei vari comparti si trova nelle stesse condizioni termodinamiche (temperatura e pressione), che quindi non vengono alterate in seguito al mescolamento quando le pareti vengono rimosse: il gas finale occupa tutto il volume, ed ha la stessa temperatura e pressione dei gas inizialmente isolati. L’entropia finale del sistema `e quindi pari a quella iniziale (che data dalla somma dei contributi delle singole parti inizialmente isolate che lo componevano). In altri termini, sulla base dell’estensivit`a dell’entropia, avere un gas che occupa il volume di 1 m3 a 273 K e 105 Pa, oppure avere il gas in otto scomparti isolati ognuno a 273 K e 105 Pa, `e equivalente sul piano di una qualsiasi funzione di stato del sistema. • Il testo contiene dei dati superflui. Quali sono e perch´e sono superflui? • Quanto vale invece la variazione di energia interna del sistema? • Cambia qualcosa (e, se s`ı e in quali casi, cosa cambia?) se il gas nei vari scomparti `e diverso ma sempre alla stessa temperatura e pressione in ognuni di essi?

145

Esercizio 7.3 Miscele di C6 H5 Cl e C6 H5 Br sono considerabili sostanzialmente ideali. A 136.7 ◦ C la tensione di vapore di C6 H5 Cl `e di 1.137 bar, mentre quella di C6 H5 Br `e di 0.604 bar. Determinare la composizione della miscela la cui pressione di vapore totale `e di 1 bar. L’assunzione di comportamento ideale della miscela ci consente di adottare la legge di Raoult per le pressioni parziali dei componenti in fase vapore, ed ottenere quindi l’equazione ptot in funzione della composizione: Raoult :

pφCl = p∗φCl xφCl pφBr = p∗φBr xφBr

)

=⇒

ptot = pφCl + pφBr = p∗φCl + xφBr (p∗φBr − p∗φCl )

dove si `e posto xφCl = 1 − xφBr per ottenere la pressione totale in funzione della variabile indipendente xφBr . Ponendo ptot = 1 bar, e sostituendo i valori dati dal problema per le tensioni di vapore dei componenti puri, ricaviamo xφBr = 0.257.

146

Esercizio 7.4 Un campione costituito da due liquidi immiscibili A e B viene distillato a T = 350K ed alla pressione di 1 bar, ottenendo una fase vapore con una frazione molare yA = 0.62. Qual `e tensione di vapore dei due componenti A e B a T = 350K ?

vap.

A+B A

A

liq.

B

In figura `e rappresentato il sistema in forma pittorica. I due liquidi immiscibili hanno aree esposte alla superficie, e sono in equilibrio con il rispettivo vapore in fase gas. Essendo i due liquidi immiscibili (quindi si trovano in fase liquida come componenti puri separati) non possiamo ovviamente applicare la legge di Raoult per correlare le pressioni parziali alle tensioni di vapore! Partiamo invece dalla condizione di equilibrio tra le fasi liquida e vapore per i singoli componenti, cio`e imponiamo uguaglianza dei potenziali chimici µA,l (T, p) = µA,g (T, p)

,

µB,l (T, p) = µB,g (T, p)

(1)

dove T, p sono la temperatura fissata e la pressione totale. Per il potenziale chimico dei componenti in fase liquida adottiamo il ”modello a volume molare nullo”, quindi ne trascuriamo la dipendenza dalla pressione. Ad esempio, per A possiamo porre §



µA,l (T, p) ≡ µA,l (T, p∗A ) ≡ µ⊖ A,g (T ) + RT ln

p∗A p⊖

(2)

dove per il passaggio § abbiamo convenientemente scelto di sostituire p con la tensione di vapore di A puro, p∗A ; per il passaggio ‡ abbiamo sostituito il potenziale chimico del liquido puro con il potenziale del suo vapore puro alla pressione di equilibrio p∗A (sotto l’assunzione che quest’ultimo si comporti come gas ideale). Analoga espressione si ottiene per il compomente B. Per i potenziali chimici dei componenti in fase vapore adottiamo il modello del gas ideale, ponendo quindi µA,g (T, p) = µ⊖ A,g (T ) + RT ln

pA p⊖

(3) 147

e analogamente per B. Inserendo le espressioni (2) e (3) nelle uguaglianze (1), e semplificando i termini, otteniamo ln

p∗A pA = ln ⊖ p⊖ p

,

ln

p∗B pB = ln ⊖ p⊖ p

dalle quali seguono p∗A ≡ pA

,

p∗B ≡ pB

Sulla base delle approssimazioni fatte, abbiamo quindi stabilito che se A e B sono immiscibili allo stato liquido, allora la loro tensione di vapore coincide con la pressione parziale. Per valutare p∗A e p∗B basta quindi valutare pA e pB , note la pressione totale e le frazioni molari in fase vapore: p∗A ≡ pA = yA p = 0.62 × 1 bar = 0.62 bar p∗B ≡ pB = yB p = 0.38 × 1 bar = 0.38 bar

148

Esercizio 7.5 Una miscela liquida `e costituita da una mole di benzene e da una mole di toluene e viene mantenuta alla temperatura di 25 ◦ C . In queste condizioni la tensione di vapore del benzene puro ed il suo calore latente di evaporazione sono rispettivamente 0.0427 bar e 30.8 kJ/mole, mentre le analoghe quantit` a per il toluene sono 0.1373 bar e 34.0 kJ/mole. Mediante un pistone la pressione esterna viene lentamente diminuita (a temperatura costante) da quella atmosferica fino ad un valore di 0.08 bar. Si verifichi che in tali condizioni il sistema `e ripartito tra fase liquida e fase vapore, e si risponda alle seguenti domande: 1) qual `e la composizione finale delle due fasi?, 2) quant’`e la variazione di volume ed il calore scambiato nel processo? (Assumere comportamento ideale sia per la miscela liquida che per quella gassosa) In figura `e rappresentato il processo in esame:

pi B+T

T costante liq.

p li del a v cur

a

pf

pf

f

p*T

o qui d

ore ap v l e ad v r cu

c

p*

B

vap.

B+T 0.0

B+T

liq.

y 0.5 T fraz. molare in Toluene xT

1.0

Nel contenitore raffigurato abbiamo i due componenti, benzene e toluene, che possono essere variamente ripartiti (in condizioni di equilibrio a temperatura fissata) tra fase liquida e fase vapore, in base alla pressione applicata. Definiamo innanzitutto le variabili del problema facendo riferimento al caso generale in cui ci sia separazione di fase. Indichiamo con nT,l e nT,g il numero di moli di toluene rispettivamente in fase liquida e in fase vapore, con nT = nT,l + nT,g le moli totali di toluene nel contenitore, con nB,l , nB,g e nB le analoghe quantit` a per il benzene, e con ntot il numero totale di moli dei due componenti. 149

Indichiamo inoltre con nl = nT,l + nB,l le moli totali in fase liquida, e con ng = nT,g + nB,g le moli totali in fase vapore. Infine, scegliamo di esprimere la composizione globale del sistema liquido + vapore nel contenitore in termini di frazione molare totale di toluene, zT , data da zT =

nT 1 mole = 0.5 = ntot 2 moli

Ovviamente, dato che il sistema `e chiuso, tale valore di zT rimane costante durante la trasformazione. Inizialmente viene applicata al sistema la pressione atmosferica pi = 1 atm e la miscela di benzene + toluene si trova completamente allo stato liquido. La pressione agente sul pistone viene poi gradualmente diminuita, il che equivale a discendere la verticale a zT = 0.5 in figura; ad un certo punto (indicato con (a) in figura), quando si interseca la curva del liquido, la pressione `e tale che si forma una prima bolla di gas in seno al liquido (la composizione della miscela liquida `e praticamente xT ≡ zT , mentre la composizione della bolla di gas `e ottenibile tracciando la retta orizzontale passante per (a) fino ad intersecare la curva del vapore e leggendo in ascissa yT ). Diminuendo ulteriormente la pressione si entra nel campo in cui il sistema `e macroscopicamente ripartito tra miscela liquida e miscela vapore, fino al punto (c) quando la retta verticale interseca la curva del vapore; in questa situazione la pressione `e tale che il sistema si trova interamente allo stato gasssoso, ed `e presente una ”goccia” miscroscopica di miscela liquida in equilibrio con esso (la composizione del vapore `e praticamente yT ≡ zT , mentre la composizione della goccia di liquido `e ottenibile tracciando la retta orizzontale passante per (c), intersecando la curva del liquido e leggendo il valore xT in ascissa). Nel caso specifico, la pressione viene arrestata al valore pf = 0.08 bar, intermedia tra p∗B e p∗T . Dobbiamo per prima cosa verificare di trovarsi tra il punto (a) e il punto (c) in figura, cio`e di avere il sistema ripartito tra liquido e vapore. Curve del liquido e del vapore. Deriviamo innanzitutto le relazioni che descrivono la pressione totale del sistema in funzione delle variabili indipendenti xT (curva del liquido) e in funzione di yT (curva del vapore), assumendo comportamento ideale per le miscele liquida e vapore. La curva del liquido si ottiene applicando la legge di Raoult per le pressioni parziali dei due componenti: Raoult :

pB = p∗B xB pT = p∗T xT

)

=⇒

curva del liquido :

p(xT ) = pB + pT = p∗B + xT (p∗T − p∗B )

(1)

dove si `e posto xB = 1− xT . La curva del vapore pu`o essere ricavata partendo dalle seguenti uguaglianze per le pressioni parziali dei componenti  p ) xB = ∗ y B  ∗  p B = p y B = p B xB p p xB +xT =1 pB =⇒ yB + ∗ yT = 1 =⇒ p ∗ ∗  pB pT pT = p yT = pT xT xT = ∗ y T  pT

Dall’ultima relazione ricaviamo l’equazione della curva del vapore in funzione di yT yT 1 yB 1 = ∗ + ∗ = ∗ + yT p pB pT pB

1 1 − ∗ ∗ pT pB

!

dove si `e posto yB = 1 − yT . Invertendo tale relazione e riarrangiando si ottiene curva del vapore :

p(yT ) =

p∗B p∗T p∗T − yT (p∗T − p∗B )

(2) 150

Valutiamo ora le pressioni pa e pc corrispondenti ai punti (a) e (c) in figura. In corrispondenza di (a) poniamo xT ≡ zT = 0.5 in eq (1) (abbiamo ancora solo fase liquida: la composizione della miscela liquida coincide con la composizione totale), e sostituendo i valori p∗B = 0.0427 bar e p∗T = 0.1327 bar otteniamo pa = 0.0877 bar. Se vogliamo determinare la pressione in (b) dobbiamo invece utilizzare la curva del vapore eq (2) e inserire yT ≡ zT = 0.5 (solo fase vapore), ottenendo pc = 0.0646 bar. Notiamo che pc < pf < pa , quindi alla pressione finale di 0.08 bar il sistema che ha la composizione globale zT = 0.5 si trova effettivamente ripartito tra fase liquida e fase vapore. Determiniamo ora la composizione di tali fasi. Composizione delle fasi a pf = 0.08 bar Per determinare la composizione del liquido utilizziamo eq (1) per la curva del liquido, ponendo p(xT ) = 0.08 bar; risolvendo rispetto a xT otteniamo A p = 0.08 bar :

xT = 0.394 , xB = 0.606

Per determinare la composizione della fase vapore consideriamo l’equazione eq (2) ponendo p(yT ) = 0.08 bar, e ricaviamo A p = 0.08 bar :

yT = 0.677 , yB = 0.323

Si osserva che, effettivamente, abbiamo trovato xT < 0.5 < yT come in figura. Variazione di volume e calore scambiato nel processo Finora abbiamo ragionato in termini di composizione (globale e delle fasi), e le considerazioni fatte valgono indipendentemente dall’estensione del sistema a composizione globale zT = 0.5 fissa. Per valutare la variazione di una grandezza estensiva quale il volume, o per valutare l’ammontare di calore scambiato dal sistema con l’esterno durante la trasformazione (si immagini di mantenere costante la temperatura termostatando il contenitore) dobbiamo ora quantificare il numero di moli dei componenti che passano allo stato vapore. Lo stato iniziale `e la miscela liquida a pressione atmosferica, mentre lo stato finale `e il sistema in cui si trovano nT,g moli di toluene nB,g moli di benzene allo stato vapore in equilibrio con la soluzione. Consideriamo la variazione di volume; l’assumere comportamento ideale della fase gassosa ci consente di stimarne il volume nelle condizioni finali usando l’equazione di stato dei gas ideali: Vg,f =

(nB,g + nT,g )RT pf

(3)

La variazione di volume `e quindi data da ∆V = Vtot,f − Vtot,i = (Vg,f + Vl,f ) − Vl,i ≃ Vg,f

(4)

dove la variazione di volume della fase liquida, Vl,f − Vl,i , `e stata assunta trascurabile rispetto al volume di vapore sviluppato (tale assunzione `e ragionevole, ma la verificheremo a posteriori...). La determinazione del calore scambiato nel processo richiede una trattazione complessa; si tratta infatti di una trasformazione in cui solo la variabile temperatura `e fissata, mentre variano notevolmente sia la pressione del sistema, sia la composizione delle fasi in cui esso si trova ad essere ripartito. In una 151

trattazione formale del problema occorre introdurre una quantit`a denominata ”calore latente differenziale di evaporazione”, che sostituisce il concetto di calore latente di un componente puro; mediante una procedura di integrazione si correla tale grandezza (differenziale) al calore totale scambiato. Per dettagli si rimanda a K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”, Cap. 7 dell’edizione italiana (1977). In modo informale, possiamo comunque dare una risposta al problema scomponendo il processo globale in due stadi: 1) stato iniziale −→ punto (a) in figura 2) punto (a) −→ stato finale Nello stadio 1) la composizione del liquido rimane inalterata, e si ha solo la sua de-compressione a temperatura costante; possiamo quindi ritenere che gli effetti termici siano trascurabili [• sotto quali assunzioni per la fase liquida questo `e accettabile?], e quindi lo scambio rilevante di calore con il termostato avviene solo nello stadio 2) della trasformazione. Dato che pf ≃ pa , possiamo approssimare l’evaporazione di parte della miscela liquida ad un processo a pressione costante. Pertanto, p ≃ cost. ⇒ q ≃ ∆H2) = (Hl,f + Hg,f ) − Hl,a

(5)

dove Hl,f e Hg,f sono le entalpie della miscela liquida e vapore nello stato finale, e Hl,a `e l’entalpia del liquido nel punto (a) quando inizia l’evaporazione. Dato che la miscela liquida `e ideale, la sua entalpia `e esprimibile sulla base delle entalpie molari dei componenti puri (di seguito contrassegnate dagli asterischi) ∗ Hl,a (T, pa ) = nB HB (l, T, pa ) + nT HT∗ (l, T, pa ) ∗ Hl,f (T, pf ) = nB,l HB (l, T, pf ) + nT,l HT∗ (l, T, pf )

Analogamente, per l’entalpia della miscela vapore ideale abbiamo ∗ Hg,f (T, pf ) = nB,g HB (g, T, pf ) + nT,g HT∗ (g, T, pf )

Sostituendo tali relazioni in eq (5) e utilizzando le scomposizioni nB = nB,l + nB,g , nT = nT,l + nT,g , otteniamo ∗ ∗ q ≃ nB,l [HB (l, T, pf ) − HB (l, T, pa )] + nT,l [HT∗ (l, T, pf ) − HT∗ (l, T, pa )]+ ∗ ∗ nB,g [HB (g, T, pf ) − HB (l, T, pa )] + nT,g [HT∗ (g, T, pf ) − HT∗ (l, T, pa )]

(6)

Se per i componenti puri allo stato liquido trascuriamo la dipendenza dell’entalpia dalla pressione, possiamo sostituire entrambe pa e pf con p∗B per il benzene, e con p∗T per il toluene. Inoltre, considerando i componenti puri allo stato vapore come gas ideali, le loro entalpie sono indipendenti dalla pressione, e anche in questo caso `e lecito sostituire pf con le tensioni di vapore. Quindi eq (6) si semplifica portando a ∗ ∗ q ≃ nB,g [HB (g, T, p∗B ) − HB (l, T, p∗B )] + nT,g [HT∗ (g, T, p∗T ) − HT∗ (l, T, p∗T )] ≡ nB,g ∆Hm,ev,B (T ) + nT,g ∆Hm,ev,T (T ) (7)

In definitiva abbiamo dimostrato un risultato solo apparentemente ovvio: che il calore assorbito dalla miscela ideale `e essenzialmente dato dalla somma dei calori di evaporazione dei singoli componenti puri alla stessa temperatura. 152

Vediamo ora che in eqs (3)-(4) e (7) dobbiamo inserire il numero di moli di benzene e toluene sviluppatesi in fase vapore. Le variabili connesse le une alle altre sono per`o quattro: nT,l , nB,l ,nT,g , nB,g , tutte riferite alle condizioni finali del sistema. Per ricavare nT,g e nB,g che ci occorrono dobbiamo quindi impostare e risolvere un sistema di 4 equazioni per le 4 incognite. Una prima equazione `e costituita dal bilancio di materia relativo alla conservazione del numero totale di moli dei singoli componenti; ad esempio scegliamo il toluene: nl zT − yT ntot zT ≡ (ng + nl )zT = ng yT + nl xT ⇒ = (8) ng xT − zT Sostituendo zT = 0.5 e i valori gi` a determinati xT = 0.394 e yT = 0.677 otteniamo nl /ng = 1.67. Eq (8) `e nota come ”Regola della leva”, ed esplicita il rapporto tra le moli totali nella fase liquida e le moli totali nella fase gassosa, date le composizioni delle due fasi e la composizione globale. Altre due equazioni del sistema riguardano l’ammontare del numero di moli dei due componenti: nB,l + nB,g = 1 nT,l + nT,g = 1

(9) (10)

Infine, come ultima equazione possiamo scegliere l’assegnazione della composizione della fase liquida: nT,l xT = = 0.394 (11) nT,l + nB,l (avremmo potuto scegliere, equivalentemente, di assegnare xB , o yT , oppure yB ). Raggruppiamo le equazioni (8)-(11) nel sistema seguente:  nT,l + nB,l   = 1.67   nT,g + nB,g    

nB,l + nB,g = 1

  nT,l + nT,g = 1    nT,l   = 0.394 

nT,l + nB,l

Risolvendo il sistema algebrico ricaviamo le quattro incognite: nT,l = 0.493 moli nB,l = 0.758 moli nT,g = 0.507 moli nB,g = 0.242 moli Sostituendo i valori ottenuti di nT,g e nB,g in eq (3) valutiamo Vg,f = 0.23 m3 , e con eq (4) stabiliamo quindi che ∆V = 0.23 m3 Dato che Vg,f = 230 litri, possiamo ritenere lecito l’avere trascurato la variazione di volume della fase liquida in eq (4). Inserendo i valori di nT,g e nB,g in eq (7) stimiamo infine il calore assorbito dal sistema: q = 24.7 kJ

• Un’informazione del problema `e che la pressione viene abbassata lentamente fino al valore pf , cio`e 153

la trasformazione `e quasi-statica ed `e idealizzabile come processo reversibile. Su tale base, e sempre trascurando gli effetti termici dovuti alla de-compressione del liquido fino al punto (a) in figura, si provi a derivare una approssimazione migliore di eq (5) in cui non venga invocata la condizione p ≃ cost durante l’evaporazione. ∗ (g, T, p ) e H ∗ (g, T, p ) , H ∗ (l, T, p ) e H ∗ (l, T, p ), • Osservazione. In eq (6) compaiono le entalpie HB a a f f B T T riferite al benzene e al toluene puri nelle condizioni specificate. Tuttavia, considerando i valori delle rispettive tensioni di vapore alla temperatura T in esame, alle pressioni pa e pf il benzene puro `e liquido e il toluene puro `e gassoso! Quando si parla di funzioni di stato (potenziali chimici, entalpia, entropia, ecc...) occorre tenere presente che queste sono definibili anche nel campo di parametri (T e p in questo caso) in cui la fase specificata non `e quella termodinamicamente stabile.

154

Esercizio 7.6 Si consideri il mescolamento di due liquidi A e B a pressione e temperatura costanti. Diagrammando il calore assorbito, ∆Hmix,m per mole di soluzione, verso la frazione molare xA , in corrispondenza di xA = 0.4 si hanno ∆Hmix,m = 1000 J/mole ed una pendenza della curva pari a 25 J/mole. Calcolare la differenza tra l’entalpia parziale molare e l’entalpia molare di A a questa composizione. Supponiamo di effettuare esperimenti di mescolamento di A e B creando miscele liquide a diversa composizione (specificata da xA ) a T, p costanti, e di valutare gli effetti termici (ad esempio misurando il calore calore scambiato con il termostato, pari a ∆Hmix ). Rappresentando ∆Hmix,m (per mole di miscela) contro xA potremmo ottenere un profilo del seguente tipo:

∆Hmix,m

T , p costanti

HB – HB*

0.0

HA – HA*

25 J/mol

1000 K/mol

0.4

xA

1.0

Il problema fornisce (∂∆Hmix,m /∂xA )T,p (pendenza del profilo) nel punto xA = 0.4, e il corrispondente ∗ , con H l’entalpia parziale valore di ∆Hmix,m; da tali dati dobbiamo valutare la differenza HA − HA A ∗ l’entalpia molare del componente puro. molare del componente nella miscela a tale composizione e HA Deriviamo innanzitutto un’utile relazione valida per generiche grandezze parziali molari Ei (T, p, comp.), dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Partiamo dalla definizione di grandezza di mescolamento generica in un sistema a molti componenti, ∆Emix =

X i

ni (Ei − Ei∗ )

e dividendo per il numero di moli totali otteniamo la corrispondente grandezza molare: ∆Emix,m =

X i

xi (Ei − Ei∗ )

(1) 155

Differenziamo tale espressione ottenendo d∆Emix,m =

X i

dxi (Ei − Ei∗ ) +

X

xi dEi

(2)

i

Tenendo presente la propriet`a generale T, p = cost. :

X

xi dEi = 0

i

[• come si ricava ?], eq (2) si semplifica portando a T, p = cost. :

d∆Emix,m =

X i

dxi (Ei − Ei∗ )

Per una miscela binaria A/B la relazione scritta diventa esplicitamente T, p = cost. :

∗ ∗ ) − (EB − EB )] d∆Emix,m = dxA [(EA − EA

e quindi 

∂∆Emix,m ∂xA



T,p

∗ ∗ ) − (EB − EB ) = (EA − EA

(3)

Esplicitiamo anche eq (1) per tale miscela binaria, ∗ ∗ ∆Emix,m = xA (EA − EA ) + xB (EB − EB ) ∗ ∗ ∗ )] ≡ EB − EB + xA [(EA − EA ) − (EB − EB ∗ ∗ ∗ ≡ EA − EA − xB [(EA − EA ) − (EB − EB )]

(4) (5)

Sostituendo eq (3) in eq (4) otteniamo ∗ ∆Emix,m = EB − EB + xA



∂∆Emix,m ∂xA





∂∆Emix,m ∂xA



T,p

dalla quale ricaviamo EB −

∗ EB

= ∆Emix,m − xA

(6)

T,p

In modo analogo, sostituendo eq (3) in eq (5) si arriva a EA −

∗ EA

= ∆Emix,m + xB



∂∆Emix,m ∂xA



(7)

T,p

Le relazioni (6) e (7) valgono per generiche grandezze E in miscele binarie (volumi, entalpie, energie libere, ecc.); adattiamo ora eq (7) al caso specifico, in cui E viene identificata con l’entalpia, ottenendo l’espressione per la grandezza richiesta dal problema: HA −

∗ HA

∂∆Hmix,m = ∆Hmix,m + (1 − xA ) ∂xA 



(8) T,p

Inserendo in eq (8) i seguenti dati forniti xA = 0.4 :

  ∆Hmix,m = 1000 J mol−1    ∂∆Hmix,m  = 25 J mol−1 

∂xA

T,p

156

∗ = 1015 J mol−1 . In modo analogo si pu` ∗ = otteniamo HA − HA o procedere per ricavare HB − HB 990 J mol−1 .

• Si dimostri che le relazioni eqs (6) e (7) possono essere utilizzate per ricavare graficamente le differenze ∗ e E − E ∗ , ad una composizione specificata, direttamente dal profilo di ∆E EA − EA B mix mediante la B procedura nota come metodo grafico o metodo delle intercette per le grandezze parziali molari; in figura `e illustrato il metodo nel caso specifico: le differenze di entalpia richieste corrispondono alle intercette ∗) della retta tangente al profilo sugli assi-ordinata in corrispondenza di A puro (dove si legge HA − HA ∗ ). e B puro (dove si legge HB − HB • Indicando con Vm il volume molare della miscela, e identificando in eq (7) la grandezza E con il volume, si ricavi la relazione VA = Vm + xB



∂Vm ∂xA



T,p

157

Esercizio 7.7 L’entalpia di mescolamento a temperatura e pressione costanti (per mole di soluzione) di due liquidi A e B `e data dalla relazione ∆Hmix,m = a xA xB (xA − xB ) deve xA e xB sono le frazioni molari dei componenti, ed a `e una costante. Esprimere la dipendenza dalla composizione delle entalpie parziali molari dei due componenti. Il problema si pu`o svolgere in pi` u modi equivalenti; nel seguito ne vengono proposti due. Primo svolgimento Procediamo come nell’esercizio no. 6, al quale si rimanda per la derivazione delle seguenti relazioni che correlano le grandezze parziali molari HA e HB alla funzione ∆Hmix,m : 

∗ HA = HA + ∆Hmix,m + (1 − xA ) ∗ HB = HB + ∆Hmix,m − xA



∂∆Hmix,m ∂xA

∂∆Hmix,m ∂xA





(1) T,p

(2) T,p

Riscriviamo ∆Hmix,m fornita dal problema in funzione della variabile indipendente xA , ∆Hmix,m (xA ) = a xA (1 − xA ) (2xA − 1) e inserendola nelle espressioni (1) e (2) otteniamo subito ∗ HA = HA + a(4x3A − 9x2A + 6xA − 1) ∗ HB = HB + a(4x3A − 3x2A )

(3) (4)

Secondo svolgimento Partiamo dalla definizione di grandezza di mescolamento a T e p costanti per una generica funzione E, ∆Emix =

X i

ni (Ei − Ei∗ )

e differenziamo m. a m. tenendo presente che in tali condizioni vale il vincolo T, p = cost. :

d∆Emix =

X i

dni (Ei − Ei∗ )

P

i

ni dEi = 0; si ottiene

dalla quale segue 

∂∆Emix ∂ni



T,p,n′i

= Ei − Ei∗

e quindi ricaviamo l’importante propriet`a generale Ei (T, p, comp.) = Ei∗ (T, p) +



∂∆Emix (T, p, n1 , n2 , · · ·) ∂ni



(5)

T,p,n′i

dove ”comp.” sta per composizione della miscela, e la notazione n′i nelle derivate parziali indica che la derivazione `e effettuata rispetto al numero di moli ni del componente i-esimo tenendo fisso il numero 158

di moli di tutti gli altri componenti. Nel caso specifico in cui E `e l’entalpia e la miscela `e binaria A/B, eq (5) diventa Hi = Hi∗ (T, p) +



∂∆Hmix ∂ni



T,p,n′i

, i ≡ A, B

(6)

Per ottenere la funzione ∆Hmix (T, p, nA , nB ) moltiplichiamo la grandezza molare per il numero di moli totali n = nA + nB : §

∆Hmix = n∆Hmix,m = a nA xB (xA − xB ) = a

nA nB (nA − nB ) (nA + nB )2

dove nel passaggio § sono stati moltiplicati numeratore e denominatore per n2 allo scopo di eliminare le frazioni molari ottenendo una funzione dei numeri di moli. Applichiamo ora la relazione (6) per ottenere l’entalpia parziale molare del componente A: ∗ HA = HA +



∂∆Hmix (T, p, nA , nB ) ∂nA



T,p,nB

∗ = HA +a

n2B (3nA − nB ) (nA + nB )3



∗ ∗ = HA + ax2B (3xA − xB ) = HA + a(1 − xA )2 (4xA − 1)

dove per il passaggio ‡ si `e diviso a numeratore e denominatore per il numero totale di moli ritornando cos`ı alle frazioni molari. Sviluppando l’espressione si trova che tale risultato `e equivalente ad eq (3). In modo analogo, applicando eq (6) per il componente B si ottiene ∗ ∗ HB = HB + axA [(xA − xB )2 − xB ] = HB + ax2A (4xA − 3)

equivalente al risultato in eq (4).

159

Esercizio 7.8 Secondo il modello di Margules l’energia libera di eccesso per una miscela binaria `e espressa come GE = nx1 x2 (Ax1 + A2 x2 ) M e con n = n1 + n2 il numero totale di moli. Si esprimano i coefficienti A1 e A2 in termini di gE xM 1 , che rappresentano rispettivamente il massimo di energia libera di eccesso molare e la corrispettiva composizione.

Supponiamo di rappresentare l’energia libera di eccesso molare, GE,m = GE /n, contro la frazione molare del componente 1. Un possibile andamento `e schematizzato in figura:

GE,m

T , p costanti

gME

0.0

x1

x1M

1.0

M Dobbiamo correlare A1 e A2 al punto di massimo xM 1 e al valore ad esso corrispondente, gE . Dividendo per n l’espressione di GE fornita otteniamo la grandezza molare

GE,m = x1 x2 (Ax1 + A2 x2 ) = x21 (1 − x1 )A1 + x1 (1 − x1 )2 A2 Derivando rispetto a x1 otteniamo dGE,m = (2x1 − 3x21 )A1 + (1 + 3x21 − 4x1 )A2 dx1 e quindi possiamo costruire il seguente sistema per le due incognite A1 e A2 , (

M M 2 M 2 [2xM 1 − 3(x1 ) ]A1 + [1 + 3(x1 ) − 4x1 ]A2 = 0 M M 2 M 2 M (xM 1 ) (1 − x1 )A1 + x1 (1 − x1 ) A2 = gE

160

dove la prima equazione `e la condizione di annullamento della derivata prima nel massimo, e la seconda M `e la specificazione del valore GE,m (xM 1 ) = gE . Risolvendo rispetto ad A1 e A2 otteniamo A1 = con

M gE α′ β M − gE α α(αβ ′ − α′ β)

,

M A2 = gE

2 M α = (xM 1 ) (1 − x1 ) M 2 β = xM 1 (1 − x1 ) M 2 α′ = 2xM 1 − 3(x1 ) 2 M β ′ = 1 + 3(xM 1 ) − 4x1

161

α′ α(αβ ′ − α′ β)

Esercizio 7.9 La dipendenza dalla composizione a p e T costanti dell’energia libera di Gibbs delle miscele di due particolari liquidi `e data dall’equazione G = Gid + (a + bT )

n1 n2 n1 + n2

con a e b parametri dipendenti solo dalla pressione, n1 e n2 il numero di moli dei due componenti, e Gid l’energia libera della corrispondente miscela ideale. Si ricavino le espressioni per la variazione di entalpia e di entropia quando si mescolano n1 e n2 moli dei componenti puri a p e T costanti. Il problema ci fornisce in pratica l’energia libera di eccesso, identificabile come la variazione di energia libera di Gibbs nella creazione della miscela a partire dallo stato (ipotetico) di miscela ideale, cio`e proprio GE = G − Gid = (a + bT )

n1 n2 n1 + n2

(1)

ed `e richiesta la valutazione del ∆Hmix e del ∆Smix nel processo di mescolamento. Il ∆Hmix pu`o essere posto nella forma id + HE ≡ HE ∆Hmix = ∆Hmix id = 0 per definizione di miscela ideale. Quindi dobbiamo valutare l’entalpia di eccesso dato che ∆Hmix dalla forma di GE . A tale scopo utilizziamo la relazione di Gibbs-Helmholtz nella forma

HE (T, p, n1 , n2 ) =



∂GE /T ∂1/T



p,n1 ,n2

Da eq (1) otteniamo GE /T =

a n1 n2 n1 n2 +b T n1 + n2 n1 + n2

e derivando rispetto a 1/T (tenendo conto che a e b sono considerati indipendenti dalla temperatura) si arriva a HE ≡ ∆Hmix = a

n1 n2 n1 + n2

In modo analogo a quanto fatto per l’entalpia di mescolamento, scriviamo il ∆Smix come id ∆Smix = ∆Smix + SE

(2)

In generale, per un sistema a molti componenti l’entropia di mescolamento nella creazione della miscela ideale `e data da id ∆Smix = −R

X

ni ln xi

(3)

i

[• Come si ricava?], mentre l’entropia di eccesso `e correlabile all’energia libera di eccesso mediante la seguente relazione differenziale per il sistema chiuso ∂GE SE = − ∂T 



(4)

p,ni

162

Nel caso specifico di miscela a due componenti, eq (3) diventa id ∆Smix

n1 = −R[n1 ln x1 + n2 ln x2 ] = −R n1 ln n1 + n2 





n2 + n2 ln n1 + n2 



e derivando GE data in eq(1), eq(4) fornisce SE = −b

n1 n2 n1 + n2

Sommando i contributi in eq (2) otteniamo quindi ∆Smix

n1 = −R n1 ln n1 + n2 





n2 + n2 ln n1 + n2 



−b

n1 n2 n1 + n2

• Osservazione: una miscela binaria che ha un profilo di GE,m ∝ x1 x2 (con costante di proporzionalit`a dipendente solo dalla pressione), simmetrico contro la composizione di uno dei due componenti, e per la quale SE = 0 e quindi HE = GE , `e definita ”regolare” (K. Denbigh, ”I principi dell’equilibrio chimico”, Cap. 14 dell’edizione italiana (1977)). Si verifichi che la miscela trattata nel problema `e ”regolare” se b = 0.

163

Esercizio 7.10 Dato il seguente modello per la dipendenza dalla composizione, dalla temperatura e dalla pressione dell’energia libera molare di eccesso di una miscela liquida binaria, GE,m = (a + bT + cp)x1 x2 dove a, b e c sono delle costanti, determinare come il volume e l’entalpia di mescolamento dipendono dalla composizione. Il problema chiede di valutare ∆Hmix e ∆Vmix nella creazione della miscela a T e p costanti a partire dai componenti puri. Possiamo scomporre tali quantit`a immaginando di creare la miscela ideale come id e stadio intermedio della trasformazione (le conseguenti variazioni di entalpia e volume sono ∆Hmix id ∆Vmix ), e da questa ottenere poi la miscela effettiva (i contributi ”extra” sono i termini di eccesso HE e VE ). Quindi abbiamo id ∆Hmix = ∆Hmix + HE ≡ HE id ∆Vmix = ∆Vmix + VE ≡ VE id = 0 e ∆V id = 0. Partendo dalla forma di G dobbiamo dove si `e tenuto conto del fatto che ∆Hmix E mix pertanto valutare HE e VE . Esplicitiamo innanzitutto l’energia libera di eccesso in termini di numero di moli dei componenti:

GE (T, p, n1 , n2 ) = (a + bT + cp)

n1 n2 n1 + n2

(1)

Per valutare HE utilizziamo la Gibbs-Helmholtz nella forma 

∂GE /T ∂1/T



= HE

(2)

p,n1 ,n2

Da eq (1) si ottiene subito GE /T = (a/T + b + cp/T )

n1 n2 n1 + n2

che sostituita nella derivata in eq (2) porta a HE ≡ ∆Hmix = n(a + cp)x1 x2 con n = n1 + n2 . Il volume di eccesso `e ottenibile dalla relazione differenziale 

∂GE ∂p



= VE

(3)

T,n1 ,n2

Sostituendo eq (1) in eq (3) si ottiene VE ≡ ∆Vmix = n c x1 x2

164

Esercizio 7.11 Due particolari liquidi sono completamente miscibili in tutte le proporzioni; supponiamo di poter rappresentare i coefficienti di attivit`a della miscela binaria come ln γ1 = a1 + b1 x2 + c1 x22 ln γ2 = a2 + b2 x1 + c2 x21 Quali vincoli devono essere imposti ai coefficienti aj , bj , cj ? I coefficienti di attivit`a in una miscela a molti componenti sono correlati. Partendo dall’equazione di Gibbs-Duhem per il sistema a T, p costanti, cio`e T, p = cost. :

X

xi dµi (T, p, comp.) = 0

i

(Gibbs − Duhem)

e sostituendo la forma esplicita per il potenziale chimico dei componenti in fase liquida µi (T, p, comp.) = µ∗ (T, p) + RT ln[xi γi (T, p, comp.)] (µ∗ (T, p) `e il potenziale del componente i-esimo allo stato puro), si deriva il seguente vincolo sui coefficienti di attivit`a γi : T, p = cost. :

X

xi d ln γi (T, p, comp.) = 0

i

Per la miscela binaria in esame abbiamo quindi x1 d ln γ1 + x2 d ln γ2 = 0 Considerando γ1 (T, p, x2 ) e γ2 (T, p, x1 ), e differenziandoli a T e p fissati, la relazione precedente fornisce x1



∂ ln γ1 ∂x2



dx2 + x2

T,p



∂ ln γ2 ∂x1



dx1 = 0

T,p

dalla quale segue (tenendo conto che dx2 = −dx1 ) un primo vincolo che deve essere soddisfatto: x1



∂ ln γ1 ∂x2



= x2

T,p



∂ ln γ2 ∂x1



(1)

T,p

Dalle espressioni fornite dal problema valutiamo le derivate 

∂ ln γ1 ∂x2



= b1 + 2c1 x2

T,p

,



∂ ln γ2 ∂x1



= b2 + 2c2 x1

T,p

Inserendole in eq (1), sostituendo x2 = 1 − x1 e raccogliendo i termini si ottiene b2 + (2c2 − b2 − 2c1 − b1 )x1 + 2(c2 − c1 )x21 = 0

(2)

Dato che i due liquidi sono miscibili in tutte le proporzioni, allora tale uguaglianza deve essere soddisfatta per ogni valore di x1 ; affinch´e ci` o si realizzi dobbiamo porre uguali a zero tutti i coefficienti dell’equazione algebrica (2) ottenendo il sistema     b2 = 0

2c − b − 2c1 − b1 = 0

2 2    c −c =0 2 1

165

il quale fornisce i vincoli b1 = 0 , b2 = 0 , c1 = c2 ≡ c Un ulteriore vincolo deriva infine dal comportamento limite dei coefficienti di attivit`a quando la frazione relativo molare del componente t ende a uno (componente puro): lim γ1 = 1 =⇒ ln γ1 = 0 per x2 = 0 =⇒ a1 = 0

x1 →1

lim γ2 = 1 =⇒ ln γ2 = 0 per x1 = 0 =⇒ a2 = 0

x2 →1

I vincoli imposti portano quindi a stabilire che se i logaritmi dei coefficienti di attivit`a in miscela binaria vengono modellati come forme quadratiche nelle frazioni molari, queste devono essere del tipo ln γ1 = c x22

,

ln γ2 = c x21

• Scrivere l’espressione dell’energia libera di eccesso, GE , sulla base di tali espressioni per i coefficienti di attivit`a. Sotto quali vincoli ulteriori si ha miscela binaria ”regolare”? (vedere la nota finale nell’esercizio no. 9).

166

Esercizio 7.12 Derivare i coefficienti di attivit`a di una miscela binaria secondo il modello di Margules. Si ricorda che tale modello si basa sulla seguente forma dell’energia libera di eccesso GE = nx1 x2 (A1 x1 + A2 x2 ) con n = n1 + n2 il numero totale di moli e A1 , A2 parametri dipendenti dalla temperatura e dalla pressione della soluzione. Dimostriamo innanzitutto una relazione generale molto utile. L’energia libera di eccesso `e definita come GE = G − Gid dove G `e l’energia libera effettiva della miscela e Gid `e l’energia libera della miscela se questa si comportasse in modo ideale. Passando alle grandezze parziali molari tale relazione `e riscritta come GE =

X i

ni (µi − µid i )

(1)

dove µid i sono i potenziali chimici nella soluzione ideale. I potenziali chimici sono espressi da µi (T, p, comp.) = µ∗i (T, p) + RT ln xi γi (T, p, comp.) ∗ µid i (T, p, comp.) = µi (T, p) + RT ln xi dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Sostituendo tali relazioni in eq (1) e semplificando i termini otteniamo GE (T, p, n1 , n2 , · · ·) = RT

X

ni ln γi (T, p, comp.)

i

Differenziando tale relazione a T, p costanti, e tendendo presente che della Gibbs-Duhem, si ottiene T, p = cost. :

dGE = RT

X

P

i ni d ln γi

= 0 come conseguenza

dni ln γi

i

dalla quale segue subito l’importante relazione RT ln γi (T, p, comp.) =



∂GE (T, p, n1 , n2 , · · ·) ∂ni



(2) T,p,n′i

Eq (2) stabilisce che nota la funzione GE possiamo determinare i coefficienti di attivit`a dei componenti. Consideriamo ora il caso specifico della miscela binaria in esame. In primo luogo trasformiamo la forma data per GE in una funzione esplicita del numero di moli dei componenti: GE = nx1 x2 (A1 x1 + A2 x2 ) ×

n2 n2

=⇒ GE =

n1 n2 (A1 n1 + A2 n2 ) (n1 + n2 )2

Inserendo tale espressione in eq (2) e derivando rispetto a n1 otteniamo RT ln γ1 =



∂GE ∂n1



T,p,n2

=

n2 (2A1 n1 + A2 n2 ) 2n2 (A1 n21 + A2 n1 n2 ) − (n1 + n2 )2 (n1 + n2 )3 167

= 2A1 x1 x2 + A2 x22 − 2x2 (A1 x21 + A2 x1 x2 ) che fornisce il coefficiente γ1 . In modo analogo, per il secondo componente otteniamo RT ln γ2 =



∂GE ∂n2



T,p,n1

= · · · = 2A2 x1 x2 + A1 x21 − 2x1 (A2 x22 + A1 x1 x2 )

• Verificare che le espressioni ottenute soddisfano alla condizione x1 d ln γ1 + x2 d ln γ2 = 0, e quindi che il modello di Margules per GE `e compatibile con i vincoli imposti dalla relazione di Gibbs-Duhem. • Sotto quali condizioni il modello di Margules descrive una miscela ”regolare”? (vedere la nota finale nell’esercizio no. 9).

168

Esercizio 7.13 Ad una data temperatura le tensioni di vapore di due liquidi puri sono p∗1 = 0.08 bar e p∗2 = 0.12 bar, mentre nelle loro miscele il coefficiente di attivit`a del primo componente `e dato dalla relazione ln γ1 = 0.2(1 − x1 )2 A quale pressione si ha ebollizione della soluzione equimolare nei due componenti? Immaginiamo di costruire il diagramma pressione-composizione (ad una certa temperatura fissata) per il sistema binario in esame; il profilo potrebbe essere del tipo rappresentato in figura,

T costante

p ido del liqu curva

peb

p*1

0.0

p*2

pore a v l a de curv

0.5 fraz. molare comp. 2

1.0

dove la curva del liquido esprime la pressione totale in funzione della composizione della miscela liquida, p(x2 ), e la curva del vapore esprime la pressione in funzione della composizione della fase vapore, p(y2 ). Immaginiamo di termostatare il sistema alla temperatura T e di partire da miscela liquida sottoposta ad elevata pressione, e poi di diminuire gradualmente la pressione discendendo la verticale corrispondente alla composizione globale nel componente 2 pari a z2 = 0.5 (miscela equimolare) costante (sistema chiuso). Quando si interseca la curva del liquido si ha la formazione di una prima ”bolla” di vapore: in queste condizioni si ha l’ebollizione del liquido a composizione x2 ≡ z2 = 0.5. Il problema chiede quindi la valutazione di tale pressione peb = p(x2 = 0.5). Tenendo presente che la soluzione non `e ideale, le pressioni parziali dei due componenti sono espresse dalla legge di Raoult generalizzata includente i coefficienti di attivit`a: p1 = p∗1 x1 γ1

,

p2 = p∗2 x2 γ2 169

dove γ1 e γ2 stessi dipendono dalla composizione. La pressione totale `e quindi data da p(x2 ) = p∗1 (1 − x2 ) γ1 (T, p, x2 ) + p∗2 x2 γ2 (T, p, x2 )

(1)

che `e l’equazione della curva del liquido. Chiaramente dobbiamo disporre della dipendenza di entrambi i coefficienti di attivit`a da x2 , mentre il problema fornisce tale dipendenza solo per il componente 1. Occorre per`o tenere presente che i due coefficienti sono tra loro correlati. Infatti, una conseguenza dell’equazione di Gibbs-Duhem in miscele binarie a T, p costanti `e il seguente vincolo al quale i coefficienti di attivit`a devono soddisfare: x1 d ln γ1 + x2 d ln γ2 = 0 Differenziando ln γ1 e ln γ2 a T, p costanti segue ∂ ln γ1 (1 − x2 ) ∂x2 



dx2 + x2 T,p

∂ ln γ2 ∂x2





dx2 = 0

T,p

dalla quale 

∂ ln γ2 ∂x2



T,p

=−

1 − x2 ∂ ln γ1 x2 ∂x2 



T,p

e integrando tra una frazione molare x02 di riferimento e il valore generico x2 otteniamo ln γ2 (T, p, x2 ) =

ln γ2 (T, p, x02 )



Z

x2

x02

1 dx′2

− x′2 ∂ ln γ1 (T, p, x′2 ) x′2 ∂x′2

!

T,p

In particolare, scegliamo convenientemente x02 = 1, composizione alla quale corrisponde il componente 2 allo stato puro, e quindi γ1 (T, p, x02 = 1) = 1; pertanto ln γ2 (T, p, x2 ) = −

Z

x2

1

1 dx′2

− x′2 ∂ ln γ1 (T, p, x′2 ) x′2 ∂x′2

!

(2) T,p

La correlazione eq (2) vale in generale per miscele binarie (le sue varianti equivalenti si ottengono facilmente...); applichiamola ora al caso specifico, riscrivendo ln γ1 dato dal problema in funzione di x2 : ln γ1 = 0.2

x22

=⇒



∂ ln γ1 ∂x2



T,p

= 0.2 × 2x2 = 0.4x2

Inserendo tale derivata in eq (2) otteniamo ln γ2 = −0.4

Z

x2 1

dx′2

1 − x′2 ′ x2 = −0.4 x′2

Z

x2 1

dx′2 (1 − x′2 ) = 0.2(1 − x2 )2

Valutiamo quindi i coefficienti di attivit`a per x2 = 0.5, x2 = 0.5 =⇒ ln γ1 = ln γ2 = 0.05 =⇒ γ1 = γ2 = 1.05 e inseriamo infine tali valori in eq (1) ottenendo peb = p(x2 = 0.5) = (0.08 × 0.5 × 1.05 + 0.12 × 0.5 × 1.05) bar = 0.105 bar che `e la pressione alla quale il liquido inizia a bollire.

170

• Se la miscela liquida fosse ideale, bollirebbe ad una pressione minore o maggiore? • Se anzich´e esprimere i due coefficienti di attivit`a in funzione si x2 li si esprime in funzione di x1 , si dimostri la seguente relazione equivalente ad eq (2): ln γ2 (T, p, x1 ) = −

Z

0

x1

dx′1

x′1 ∂ ln γ1 (T, p, x′1 ) 1 − x′1 ∂x′1

!

T,p

• Esplicitare le espressioni di GE e ∆Gmix per la miscela in esame. • Si impostino le equazioni per determinare la pressione massima alla quale la miscela equimolare `e interamente gassosa (e si provi a stimare tale pressione).

171

Esercizio 7.14 In una data soluzione liquida binaria, la tensione di vapore del primo componente dipende dalla composizione ad una data temperatura secondo la relazione p1 = p∗1 x1 exp{a(1 − x1 )2 } dove p∗1 `e la tensione di vapore del componente puro, ed a una costante. Descrivere la dipendenza dalla composizione della tensione di vapore del secondo componente. Osservando la relazione fornita ci rendiamo conto che la soluzione non `e ideale, bens`ı vale la legge di Raoult ”generalizzata” p1 = p∗1 x1 γ1 con γ1 (T, p, comp.) = exp{a(1 − x1 )2 } =⇒ ln γ1 (T, p, comp.) = a(1 − x1 )2 = ax22 A partire da questa informazione dobbiamo determinare come il coefficiente di attivit`a del secondo componente, γ2 , varia con la composizione, in modo tale da potere esplicitare p2 = p∗2 x2 γ2 (T, p, comp.) , γ2 (T, p, comp.) = ? Quale variabile di composizione, per entrambi i coefficienti di attivit`a scegliamo x2 . A T e p costanti, l’equazione di Gibbs-Duhem relativa i potenziali chimici dei componenti porta al seguente vincolo sui coefficienti di attivit`a: x1 d ln γ1 + x2 d ln γ2 = 0 Differenziando ln γ1 (T, p, x2 ) e ln γ2 (T, p, x2 ) a T, p costanti, tale vincolo si traduce in ∂ ln γ1 ∂x2



(1 − x2 )



+ x2 T,p



∂ ln γ2 ∂x2



=0

(1)

T,p

Del resto, abbiamo gi` a stabilito che ln γ1 (T, p, x2 ) = ax22 , quindi 

∂ ln γ1 ∂x2



= 2ax2

(2)

T,p

Inserendo eq (2) in eq (1) ricaviamo 

∂ ln γ2 ∂x2



T,p

= −2a(1 − x2 )

Integrando tale espressione tra x2 = 1 e un valore di composizione generica otteniamo ln γ2 (T, p, x2 ) = ln γ2 (T, p, x2 = 1) − 2a

Z

x2 1

dx′2 (1 − x′2 ) = a(1 − x2 )2

dove si `e tenuto conto del fatto che γ2 (T, p, x2 = 1) = 1 per il componente 2 puro. Segue quindi che γ2 (T, p, x2 ) = exp{a(1 − x2 )2 }, e pertanto p2 = p∗2 x2 exp{a(1 − x2 )2 } `e l’espressione cercata. • Qual `e l’espressione per la costante di Henry del componente 1?

172

Esercizio 7.15 A 65 ◦ C etanolo e toluene formano una miscela azeotropica con frazione molare 0.82 in etanolo, e che bolle alla pressione di 460 mmHg. Note le tensioni di vapore di 160 mmHg e 440 mmHg di etanolo e toluene puri, determinare i coefficienti di attivit`a dei componenti e l’energia libera di eccesso (per mole di soluzione) della miscela azeotropica. Si assuma comportamento ideale della miscela gassosa. Dal fatto che paz > p∗T > p∗E (dove E e T indicano etanolo e toluene, ”az” l’azeotropo), si pu`o dedurre il seguente profilo per il diagramma pressione-composizione a temperatura fissata:

T costante

p

azeotropo

paz iqu del l a v cur

p*T

id o

curva del vapore

p*E az

xE = yEaz= 0.82 1.0

0.0

fraz. molare etanolo

Il punto di partenza `e la determinazione dei coefficienti di attivit`a dei componenti alla concentrazione dell’azeotropo. Per l’etanolo, ad esempio, sotto l’assunzione che la miscela gassosa sia ideale, possiamo utilizzare l’uguaglianza pE = p∗E xE γE ≡ p yE per la sua pressione parziale. Applicandola al punto azeotropo stabiliamo az az az p∗E xaz E γE = p yE

az xaz E =yE

=⇒

az γE =

paz 460 mmHg = 2.875 = p∗E 160 mmHg

dove si `e utilizzata la condizione di uguaglianza della composizione della fase liquida e vapore all’azeotropo (le curve del liquido e del vapore sono congiunte in tale punto). In modo analogo si procede per il toluene, stabilendo che 460 mmHg paz = 1.045 γTaz = ∗ = pT 440 mmHg 173

I coefficienti di attivit`a quantificano le deviazioni dall’idealit`a della miscela, e quindi consentono di determinare l’energia libera di eccesso GE interpretabile come il contributo ”extra” dell’energia libera di mescolamento a pressione e temperatura costanti, rispetto al caso ipotetico di creazione di miscela ideale. Nel caso particolare occorre per`o cautela... Infatti abbiamo gi`a osservato che paz > p∗T , p∗E , quindi alla pressione costante di mescolamento p = paz entrambi i componenti puri si trovano allo stato liquido, e la non-idealit`a `e la causa della separazione di fase quando essi vengono mescolati. Pertanto, il processo di mescolamento che porta alla creazione dell’azeotropo pu`o essere schematizzato come segue:

T = 338 K , p = paz = 460 mmHg p vap.

E+T p

liq. liq.

E+T

p

E

+

T

=

liq.

in cui p = paz e T vengono mantenute costanti, e si immagina di immettere nel sistema il numero esatto di moli nE e nT che produce l’azeotropo. Indichiamo con ni,l e ni,g il numero di moli del componente i-esimo nella fase liquida e nella fase vapore, e con ni = ni,l + ni,g il suo numero totale di moli nel sistema. Il ∆Gmix `e dato da ∆Gmix

= = ni,l =ni −ni,g



G # " miscela − Gcomp. puri separati X

ni,l µi,l +

i

X i

ni [µi,l −

X i

ni,g µi,g −

µ∗i,l ] +

X i

X

ni µ∗i,l

i



ni,g [µi,g − µi,l ] =

X i

ni [µi,l − µ∗i,l ]

(1)

dove per il passaggio ‡ abbiamo tenuto conto del fatto che i potenziali chimici dei componenti nelle miscele liquida e vapore all’equilibrio sono uguali, µi,l = µi,g . Quindi, anche nel caso in cui la miscelazione avvenga con separazione di fase ritroviamo la relazione usuale ∆Gmix =

X i

ni [µi,l − µ∗i,l ]

(2) 174

dove entrano i numeri di moli totali dei componenti mescolati. Ricaviamo ora l’espressione generale di GE in termini dei coefficienti di attivit`a. Esplicitando i potenziali dei componenti nella miscela liquida come µi,l = µ∗i,l + RT ln xi γi

(3)

e sostituendo in eq (2) semplificando poi i termini, otteniamo ∆Gmix = RT

X

ni ln xi γi

(4)

i

Possiamo ora scomporre tale ∆Gmix come segue ∆Gmix = ∆Gid mix + GE

(5)

dove ∆Gid e l’energia libera di mescolamento che si avrebbe in caso di comportamento ideale, mentre mix ` GE `e il contributo di eccesso cercato. Per ottenere il contributo ideale basta porre i coefficienti di attivit`a pari a 1 in eq (4), ottenendo ∆Gid mix = RT

X

ni ln xi

i

Sottraendo tale quantit` a a ∆Gmix otteniamo quindi la relazione cercata: GE = RT

X

ni ln γi

i

Nel caso specifico di miscela E/T all’azeotropo tale relazione diventa az GE = RT [nE ln γE + nT ln γTaz ]

e dividendo m. a m. per il numero totale di moli otteniamo l’energia libera di eccesso molare az az GE,m = RT [zE ln γE + zTaz ln γTaz ]

(6)

az e z az = 1 − z az sono le dove tutte le quantit` a sono riferite alla composizione dell’azeotropo, e dove zE T E frazioni molari totali di etanolo e di toluene nel sistema. Ci si convince facilmente che, all’azeotropo, az = xaz = y az ; basta infatti considerare il seguente bilancio di materia: vale zE E E az az ntot zE = nl xaz E + ng yE

az xaz E =yE

=

az az az (nl + ng )xaz =⇒ zE = xaz E = ntot xE E (= yE )

dove ntot `e il numero di moli totali nel sistema, e nl , ng sono le moli totali in fase liquida e vapore. Inseriamo quindi i valori numerici in eq (6), tenendo presente il dato fornito dal problema: xaz E = 0.82; otteniamo GE = 8.814 J K−1 mol−1 × 338 K × [0.82 ln 2.875 + (1 − 0.82) ln 1.045] = 2456 J mol−1 • Come sar`a fatto il diagramma isobaro T contro composizione in toluene? • Si provi a scrivere l’espressione per ∆Hmix a T e p fissate nel processo in esame in cui si ha separazione di fase (facendo le ragionevoli approssimazioni). Che dati mancano per potere valutare tale quantit`a?

175

Esercizio 7.16 Quattro moli di cloroformio liquido e una mole di etanolo liquido vengono mescolate a 35 ◦ C e a pressione costante, ottenendo una soluzione sopra la quale la pressione del vapore `e pari a 304.2 Torr. Sapendo che nella fase vapore il cloroformio `e presente con frazione molare 0.862, e note le tensioni di vapore dei liquidi puri a tale temperatura pari a 295.1 Torr per il cloroformio e 102.8 Torr per l’etanolo, si determini l’energia libera di mescolamento. Assumere comportamento ideale solo per la fase vapore. Indichiamo con la lettera ”C” il cloroformio, e con ”E” l’etanolo. Vediamo che la situazione in esame `e simile a quella trattata nell’esercizio no. 15. Infatti, la pressione del sistema (mantenuta costante nel mescolamento) `e maggiore sia di p∗E che di p∗C , quindi la non-idealit`a del sistema fa s`ı che etanolo e cloroformio liquidi mescolati diano luogo a separazione di fase liquido/vapore. Esprimiamo coerentemente l’energia libera di mescolamento come ∆Gmix =

" X

ni,l µi,l +

X i

i

#

ni,g µi,g −

X

ni µ∗i,l

(1)

i

dove µ∗i,l (T, p) `e il potenziale chimico dei componenti allo stato liquido, puri e separati, mentre µi,l e µi,g sono i potenziali chimici dei componenti nelle miscele liquida e vapore nel sistema finale. Ponendo ni = ni,l + ni,g il numero di moli totali del componente i-esimo nel sistema, e utilizzando l’uguaglianza µi,l = µi,g all’equilibrio, eq (1) diventa ∆Gmix =

X i

ni (µi,l − µ∗i,l )

(2)

e sostituendo in essa la forma esplicita dei potenziali chimici in miscele liquide non ideali, cio`e µi,l = µ∗i,l + RT ln xi γi si ottiene ∆Gmix = RT

X

ni ln xi γi

(3)

i

La legge di Raoult generalizzata fornisce xi γi = pi /p∗i , con pi la pressione parziale del componente e p∗i la sua tensione di vapore. Quindi, sostituendo in eq (3) otteniamo ∆Gmix = RT

X

ni ln

i

X pi ‡ p yi ni ln ∗ = RT ∗ pi pi i

(4)

dove per il passaggio ‡ si `e posto pi = pyi in quanto la miscela gassosa `e ideale per assunzione. Esplicitiamo ora eq (4) per la miscela binaria C/E: ∆Gmix

"

pyC p(1 − yC ) + nc ln ∗ = RT nE ln ∗ pE pC

#



= 8.314 J K−1 mol−1 × 308 K × 1 mole × ln = −3500 J

304.2 × 0.138 304.2 × 0.862 + 4 moli × ln 102.8 295.1

• Cosa significa, in generale, avere ∆Gmix < 0 nel mescolamento a T e p costanti?

176



Esercizio 7.17 Dimostrare che sotto opportune condizioni i coefficienti di attivit`a γA e γB della soluzione azeotropica dei componenti A e B soddisfano alle relazioni γA = p/pA e γB = p/pB , con pA e pB le pressioni parziali dei due componenti all’azeotropo. Specificare esattamente le condizioni di validit`a. All’azeotropo vale la condizione di uguale composizione per fase vapore e fase liquida. Assumendo comportamento ideale per la miscela gassosa, ricaviamo subito le relazioni seguenti az az az ∗ az az az az p∗A xaz A γA = p yA , pB xB γB = p yB

az γA =

=⇒

paz paz az , γ = B p∗A p∗B

(1)

dove le quantit`a sono riferite all’azeotropo (”az”). Il problema chiede di provare che sotto opportune condizioni (quali?) valgono anche le seguenti relazioni az γA =

paz paz A

,

az γB =

paz paz B

In quali condizioni ?

(2)

az e le tensioni di vapore dei componenti dove paz A e pB sono le pressioni parziali all’azeotropo, anzich´ ∗ puri. Affinch´e le relazioni (1) e (2) per i coefficienti di attivit`a siano equivalenti deve valere paz A = pA ∗ az az az az az az e paz B = pB , il che equivale ad avere γA xA = 1 e γB xB = 1. In sostanza, devono valere γA = 1/xA az = 1/xaz . Quindi, per continuit` e γB a delle funzioni in un intorno del punto azeotropo, la condizione B cercata `e

γA (T, p, xA ) ≃ 1/xA γB (T, p, xB ) ≃ 1/xB

)

per xA ≃ xaz A

(3)

dove la pressione p alla quale `e sottoposta la miscela dipende essa stessa dalla composizione del liquido, ed `e descritta dalla curva del liquido p = p(xB ) (vedere la figura). Dobbiamo per`o stabilire se le condizioni (3) sono accettabili su base fisica, cio`e verificare che esse siano compatibili con i legami esistenti tra i coefficienti di attivit`a in miscela liquida binaria. Partiamo dalla condizione che l’azeotropo sia corrispondente ad un punto di estremo (massimo o minimo) delle curve del liquido e del vapore nei diagrammi pressione-composizione (in merito si veda la nota finale). Considerando ad esempio la curva del liquido, in corrispondenza dell’estremo si ha (dp/dxA )az = 0, quindi in un intorno dell’azeotropo possiamo ritenere che la pressione sia costante (si veda la figura). Essendo anche la temperatura fissata, siamo quindi nel limite di applicabilit`a della relazione di Gibbs-Duhem, la quale comporta il seguente vincolo sui differenziali dei coefficienti di attivit`a: T, p cost. ⇒ xA d ln xA + xB d ln xB = 0

(4)

Sostituendo γA = 1/xA e γB = 1/xB vediamo che eq (4) `e soddisfatta, quindi in un intorno dell’azeotropo tali dipendenze dei coefficienti di attivit`a dalla composizione della miscela liquida sono accettabili. Manca infine una interpretazione fisica delle relazioni (3). Considerando la seguente correlazione generale tra coefficiente di attivit`a di un generico componente in miscela liquida e i potenziali chimici del componente puro e in miscela ad una data composizione, 1 γi (T, p, comp.) = exp xi

(

µi,l (T, p, comp.) − µ∗i,l (T, p) RT 177

)

vediamo subito che si ha γA ≃ 1/xA e γB ≃ 1/xB quando le interazioni tra A e B nel liquido sono tali che i due componenti si comportano come se a quella temperatura e pressione fossero puri e separati (µA,l ≃ µ∗A,l e pA ≃ p∗A , µB,l ≃ µ∗B,l e pB ≃ p∗B ).

T costante

p paz p*A

p ≈ costante id l liqu e d a curv

(

o

)

curva del vapore

p*B 0.0

az

az

az

az

xB = yB , xA = yA

1.0

fraz. molare di B

Azeotropo come punto stazionario nei diagrammi p contro composizione. az e Dimostriamo nel seguito che il punto azeotropo in miscela binaria A/B, per il quale vale xaz A = yA , ` un punto stazionario per entrambe le curve del liquido e del vapore; si parler`a di punto stazionario in generale, senza specificare se si tratta di un massimo o minimo. Partiamo dal problema generale in cui pi` u componenti sono ripartiti tra fase liquida (non ideale) e fase vapore (per la quale assumiamo comportamento ideale), a temperatura T fissata. Facciamo riferimento alla fase liquida sottoposta alla pressione p. A T costante, le variazioni di pressione p e dei potenziali chimici sono legate dalla seguente relazione T = cost. :

X

ni,l d ln µi,l = Vl dp

(5)

i

dove Vl `e il volume della fase liquida, ed ni,l sono le moli dei componenti in tale fase; la relazione (5) si ridurrebbe alla Gibbs-Duhem se la pressione fosse costante, ma nel caso in esame variazioni di composizione delle fasi liquida e vapore determinano un cambiamento della pressione di equilibrio nel sistema chiuso. All’equilibrio imponiamo uguaglianza dei potenziali chimici dei singoli componenti 178

ripartiti tra fase liquida e fase vapore, ⊖ µi,l ≡ µi,g = µ⊖ i,g (T ) + RT ln pi /p

con pi le pressioni parziali dei componenti in fase gas. Sostituendo µi,l in eq (5) otteniamo RT

X

ni,l d ln pi = Vl dp

(6)

i

e dividendo m. a m. per il numero di moli totali in fase liquida, nl = RT

X

xi d ln pi = Vm,l dp

P

i ni,l ,

si ha

i

dove Vm,l = Vl /nl `e il volume molare del liquido. Sostituiamo ora pi = p yi , ottenendo RT

X

xi d ln p + RT

i

X

xi d ln yi = Vm,l dp

i

da cui, tenendo presente che RT d ln p + RT

X

P

i xi

= 1, si deriva subito

xi d ln yi = Vm,l dp

i

Dividiamo m. a m. per la pressione p, considerando che dp/p = d ln p, e tenendo poi presente che il comportamento ideale della fase gassosa implica Vg RT = = Vm,g p ng con ng le moli totali in fase gas, Vg il volume, e Vm,g il volume molare di tale fase. Riarrangiando l’espressione che si ottiene arriviamo a X i

xi d ln yi ≡

X xi i

yi

dyi =

Vm,l 1− Vm,g

!

d ln p

La relazione ottenuta `e generale per un sistema a molti componenti; esplicitiamola ora nel caso specifico di due componenti A/B per il quale dyB = −dyA : 

Vm,l xA − yA xA 1 − xA dyA = − 1 − − dyA = yA 1 − yA yA (1 − yA ) Vm,g 

!

d ln p

(7)

Da eq (7) otteniamo subito la relazione 

∂ ln p ∂yA



=

T

xA − yA yA (1 − yA )(1 − Vm,l /Vm,g )

(8)

az che definisce la pendenza della curva del vapore p(yA ) al variare di yA . Dal fatto che xaz A = yA all’azetropo, segue



∂ ln p ∂yA

 

=0

T az

e quindi tale punto `e stazionario per la curva del vapore. Dobbiamo ora verificare che la stazionariet`a in tale punto vale anche per la curva del liquido (se cos`ı non fosse, all’azeotropo le due curve si incrocerebbero...). A tale scopo possiamo ancora utilizzare eq (7), effettuando il cambio di variabile da yA 179

a xA . Consideriamo il seguente vincolo relativo alla conservazione di materia per il componente A nel sistema chiuso, ntot zA = nl xA + ng yA dove zA = nA /ntot `e la frazione molare totale di A nel sistema, con ntot = nl + ng . Tenendo presente che zA `e fissa, differenziando tale relazione segue yA dng + ng dyA + xA dnl + nl dxA = 0 e sostituendo dnl = −dng (dal fatto che ntot = cost.) si ottiene (yA − xA )dng + nl dxA + ng dyA = 0 dalla quale ricaviamo il differenziale dyA = (xA − yA )d ln ng −

nl dxA ng

Sostituendo tale forma per dyA in eq (7) si arriva a Vm,l (xA − yA )2 xA − yA nl d ln ng − dxA = − 1 − yA (1 − yA ) yA (1 − yA ) ng Vm,g

!

d ln p

dalla quale otteniamo subito la derivata cercata, 

∂ ln p ∂xA



T

(xA − yA )2 ∂ ln ng =− yA (1 − yA )(1 − Vm,l /Vm,g ) ∂xA 



T

+

(xA − yA )(nl /ng ) yA (1 − yA )(1 − Vm,l /Vm,g )

dove p = p(xA ) descrive ora la curva del liquido. Vediamo ancora che al punto azeotropo tale derivata az si annulla in quanto xaz A = yA . Concludendo, abbiamo dimostrato che se la miscela A/B presenta un azeotropo, allora per entrambe le curve del liquido e del vapore tale punto `e stazionario. Non abbiamo indagato la natura di tale punto, per stabilire le condizioni sotto le quali esso `e un massimo, o un minimo, o per stabilire se sono possibili punti del tipo ”flessi orizzontali”...

180

Esercizio 7.18 Bismuto e cadmio non formano leghe, e dal loro fuso si ottiene un eutettico. Noti i punti di fusione dei metalli puri, Tf∗us,Cd = 594.0 K e Tf∗us,Bi = 544.5 K, e i rispettivi calori latenti di fusione ∆Hm,f us,Cd = 6.07 kJ/mol e ∆Hm,f us,Bi = 10.88 kJ/mol, si stimino la composizione e la temperatura di solidificazione dell’eutettico. Assumere comportamento ideale della miscela dei metalli fusi. Nel caso di Bi e Cd, praticamente immiscibili allo stato solido (non formano leghe), l’eutettico `e definito ”eutettico semplice”. In tale contesto, ricaviamo in primo luogo una relazione generale che definisce come la temperatura di solidificazione dei componenti in miscela liquida binaria dipende dalla composizione della stessa, ed applichiamola poi al caso specifico del sistema Cd/Bi per risolvere il problema: determinare la temperatura di solidificazione (fusione) dell’eutettico equivale infatti a determinare a quale temperatura (comune) entrambi i componenti solidificano. In figura `e idealizzato il sistema binario A/B e il relativo diagramma di fase isobaro:

p p costante miscela liquida

A+B

T

* Tfus,B liquido

A

solido

B

solido

2 * Tfus,A Te

1 liquido + A solido

e

liquido + B solido

A e B solidi

xBe x B

0.0

1.0

Nel diagramma, la composizione della miscela liquida `e descritta dalla frazione molare del componente B, e i punti xeB , Te indicano la composizione e la temperatura di solidificazione (fusione) dell’eutettico alla pressione costante p. Come interpretare tale diagramma? Partendo da una miscela liquida a composizione xB < xeB , e abbassando progressivamente la temperatura come raffigurato, ad un certo 181

punto (indicato con 1 in figura) inizier`a la solidificazione del componente A in eccesso rispetto alla composizione dell’eutettico; tale separazione di A dal liquido determina un arricchimento della miscela nel componente B, e pertanto un progressivo abbassamento del punto di solidificazione (fusione) di A, indicato con Tf us,A (xB ), fino a quando si raggiunge la composizione xB = xeB e Tf us,A (xeB ) = Te : in pratica, abbiamo ”disceso” il tratto di curva dal punto 1 al punto ”e” in figura. Al punto ”e” il liquido ha la composizione dell’eutettico, e solidifica a temperatura costante con formazione di A e B solidi e separati. In modo analogo, partendo da una composizione del liquido xB > xeB e abbassando la temperatura, ad un certo punto (indicato con 2 in figura) solidifica il componente in eccesso B, e il progressivo arricchimento in A fa s`ı che la temperatura di solidificazione di B diminuisca progressivamente discendendo la curva fino al raggiungimento dell’eutettico a Tf us,B (xeB ) = Te , che solidifica a temperatura costante con separazione di A e B puri. Un problema generale `e specificare come Tf us,A (xB ) e Tf us,B (xB ) dipendono da xB , cio`e derivare l’equazione delle due curve noti i punti di fusione Tf∗us,A , Tf∗us,B e i calori latenti di fusione ∆Hm,f us,A , ∆Hm,f us,B dei componenti puri alla pressione p. Consideriamo ad esempio il componente A, e poniamoci in corrispondenza del punto 1 in figura quando esso inizia a solidificare alla temperatura Tf us,A . Imponiamo l’uguaglianza tra i potenziali chimici di A in miscela liquida e A puro allo stato solido: µ∗A,s (Tf us,A , p) = µA,l (Tf us,A , p)

(1)

Esplicitiamo ora il potenziale chimico di A nella miscela liquida come µA,l (Tf us,A , p) = µ∗A,l (Tf us,A , p) + RTf us,A ln aA (Tf us,A , p)

(2)

dove aA (T, p, comp.) = xA γA (T, p, comp.) `e l’attivit` a di A nella miscela (la dipendenza dalla composizione in eq (2) `e implicitamente contenuta in Tf us,A (xB )). Inserendo eq (2) in (1) segue subito ln aA (Tf us,A , p) = −

µ∗A,l (Tf us,A , p) − µ∗A,s (Tf us,A , p) ∆Gm,A,s→l (Tf us,A , p)/Tf us,A =− RTf us,A R

(3)

dove ∆Gm,A,s→l (Tf us,A , p) `e la variazione di energia libera di Gibbs nella trasformazione solido → liquido per A puro riferita alla temperatura Tf us,A e alla pressione p. Richiamando la relazione differenziale di Gibbs-Helmholtz abbiamo ∂∆Gm,A,s→l (Tf us,A , p)/Tf us,A ∂1/Tf us,A

!

= ∆Hm,A,s→l (Tf us,A , p)

(4)

p

Derivando eq (3) rispetto a 1/Tf us,A a p fissata e tenendo conto di eq (4) si ha quindi ∂ ln aA (Tf us,A , p) ∂1/Tf us,A

!

p

=−

∆Hm,A,s→l (Tf us,A , p) R

(5)

Trattandosi di fasi condensate, possiamo ritenere che le entalpie di A solido e liquido siano debolmente dipendenti dalla pressione; pertanto `e ragionevole sostituire l’effettiva pressione p con la pressione p(Tf us,A ) alla quale si ha equilibrio di fase solido/liquido per A puro alla temperatura Tf us,A : ∆Hm,A,s→l (Tf us,A , p) ≃ ∆Hm,A,f us (Tf us,A ) dove ∆Hm,A,f us(Tf us,A ) `e il calore latente di fusione di A puro a Tf us,A . Inoltre, possiamo fare l’ulteriore approssimazione di ritenere il calore latente di fusione sostanzialmente indipendente dalla temperatura, 182

immaginando di spostarsi lungo la curva di coesistenza solido/liquido tra Tf us,A (xB ) e Tf∗us,A ; quindi poniamo ∆Hm,A,f us (Tf us,A ) ≃ ∆Hm,A,f us (Tf∗us,A ) dove ∆Hm,A,f us (Tf∗us,A ) `e il calore latente di A alla pressione p. Sostituendo in eq (5) otteniamo quindi ∂ ln aA (Tf us,A , p) ∂Tf us,A

!

p



∆Hm,A,f us (Tf∗us,A ) RTf2us,A

e integrando rispetto alla temperatura considerando Tf∗us,A come riferimento, si arriva a ln aA (Tf us,A , p) =

ln aA (Tf∗us,A , p)

∆Hm,A,f us(Tf∗us,A ) + R

1



Tf∗us,A

1 Tf us,A

!

(6)

Tenendo per`o presente che in corrispondenza di Tf∗us,A abbiamo il componente A puro in fase liquida, allora aA (Tf∗us,A , p) = 1, e quindi eq (6) diventa ∆Hm,A,f us (Tf∗us,A ) ln aA (Tf us,A , p) = R

1 Tf∗us,A



1 Tf us,A

!

(7)

Eq (7) fornisce quindi il legame tra (i) la composizione del liquido A + B, (ii) il calore latente di fusione di A puro alla pressione p, e (iii) lo scostamento del punto di solidificazione di A rispetto al valore Tf∗us,A . Una analoga equazione vale ovviamente anche per il componente B. Eq (7) pu`o essere semplificata sotto le assunzioni che la miscela liquida abbia comportamento ideale (quindi aA ≡ xA ), e che Tf us,A (xB ) ≃ Tf∗us,A . Sotto tali assunzioni deriviamo la seguente forma approssimata ∆Tf us,A ≡ Tf us,A − Tf∗us,A ≃

RTf∗us,A 2 ln xA ∆Hm,A,f us

(8)

frequentemente utilizzata per descrivere le due curve che si congiungono all’eutettico, ed `e proprio questa utilizzeremo per determinare temperatura e composizione dell’eutettico Cd/Bi. Torniamo al problema della miscela Cd/Bi, il cui comportamento `e assunto ideale. Applichiamo quindi la relazione approssimata eq (8) riferendoci direttamente alla composizione dell’eutettico specificata da xCd ≡ xeCd incognita: Te − Tf∗us,Cd =

RTf∗us,Cd 2 ln xeCd ∆Hm,Cd,f us

(9)

Analogamente per il bismuto vale Te − Tf∗us,Bi =

RTf∗us,Bi 2 ln(1 − xeCd ) ∆Hm,Bi,f us

(10)

Ricavando Te da eqs (9) e (10), ed uguagliando le espressioni, otteniamo Tf∗us,Cd

RTf∗us,Cd 2 RTf∗us,Bi 2 e ∗ + ln xCd = Tf us,Bi + ln(1 − xeCd ) ∆Hm,Cd,f us ∆Hm,Bi,f us

e sostituendo i valori numerici dati dal problema si arriva all’equazione ln xeCd − 0.469 ln(1 − xeCd ) + 0.1024 = 0 183

Per ispezione numerica si trova che xeCd ≃ 0.6 `e soluzione. Sostituendo tale valore in eq (9) o in eq (10) ricaviamo infine la temperatura dell’eutettico Te ≃ 350 K. • Si noti che Te stimata `e molto inferiore sia a Tf∗us,Cd che a Tf∗us,Bi , quindi l’utilizzo della forma approssimata eq (8) pu`o essere critico! Si provi a ricalcolare Te ripartendo dalla relazione (6) sotto la sola assunzione che la miscela liquida abbia comportamento ideale.

184

ESERCIZI DA SVOLGERE

Esercizio 7.19 Le tensioni di vapore di benzene e toluene puri sono rispettivamente 0.0417 bar e 0.1373 bar a 25 ◦ C . In quali intervalli di pressione il sistema contenente 3 moli di benzene ed una mole di toluene `e costituito da a) solo fase liquida, b) solo fase gassosa ? (Assumere comportamento ideale della miscela).

Risultato: per p > 0.0656 bar si ha solo fase liquida; per p < 0.0505 bar si ha solo fase gassosa; per pressioni intermedie il sistema `e ripartito tra miscela liquida/miscela gassosa.

Esercizio 7.20 Una soluzione di cloroformio e acetone con frazione molare di acetone pari a 0.713 ha una tensione di vapore di 220.5 Torr a 301.3 K, e presenta una frazione molare di acetone nel vapore pari a 0.818. Alla stessa temperatura la tensione di vapore del cloroformio puro `e di 221.8 Torr. Calcolare l’attivit`a del cloroformio nella soluzione, ammettendo che il vapore sia una miscela gassosa perfetta.

Risultato: aCHCl3 = 0.181.

Esercizio 7.21 A 25 ◦ C le tensioni di vapore di toluene, cicloesano e benzene sono rispettivamente 0.05 bar, 0.13 bar e 0.16 bar. Quale deve essere la composizione (in frazioni molari) della miscela dei tre liquidi in equilibrio con la fase gassosa avente un rapporto 1:1:1 nel numero di moli dei tre composti? (assumere comportamento ideale della soluzione e della fase vapore)

Risultato: xbenz. = 0.184, xtol. = 0.589, xcicl. = 0.227

185

Esercizio 7.22 Calcolare l’energia libera di Gibbs, l’entropia e l’entalpia di mescolamento quando si miscelano 100 gr di n-esano (PM=86.06 gr/mole), 100 gr di n-eptano (PM=100.07 gr/mole) e 100 gr di n-ottano (PM=114.08 gr/mole) alla temperatura di 273 K (assumere comportamento ideale della miscela). Risultato: ∆Gmix = −7.54 kJ, ∆Smix = 27.6 J/K, ∆Hmix = 0.

Esercizio 7.23 Il benzene (peso molecolare 78.06 gr/mole, densit`a 0.884 gr/cm3 ) ed il toluene (peso molecolare 93.07 gr/mole, densit`a 0.867 gr/cm3 ) formano una soluzione che soddisfa la legge di Raoult a tutte le composizioni. Calcolate l’entalpia, l’energia libera di mescolamento ed il volume totale di una soluzione ottenuta mescolando 1 litro di benzene con 0.5 litri di toluene a 300 K. Risultato: ∆Hmix = 0, Vtot = 1.5 litri, ∆Gmix = −24 kJ.

Esercizio 7.24 Il coefficiente di attivit`a dello zinco in ottone liquido, per temperature comprese tra 1000 e 1500 K, `e dato (in J) dall’espressione RT ln γZn = −38399xCu , dove xCu `e la frazione molare del rame. Calcolare la pressione parziale dello zinco in equilibrio con una lega contenente 40% di moli di zinco a 1200 K, sapendo che a tale temperatura la pressione di vapore dello zinco puro `e pari a 1.17 atm. Risultato: pZn = 0.046 atm.

186

Esercizio 7.25 L’energia libera di eccesso di una particolare miscela ternaria liquida `e espressa da GE /n = A(x1 x2 + x1 x3 + x2 x3 ) con n il numero di moli totali, x1 , x2 , x3 le frazioni molari dei componenti, e A un fattore dipendente da temperatura e pressione. Qual `e la dipendenza del coefficiente di attivit`a del componente 1 dalla composizione? Risultato: RT ln γ1 = A(x22 + x23 + x2 x3 )

Esercizio 7.26 Per una miscela binaria liquida A/B si ha che il volume parziale molare del componente A dipende dalla composizione secondo VA = VA∗ + a x2B con a costante a temperatura e pressione fissate. Qual `e la dipedenza del volume parziale di B dalla composizione? Risultato: VB = VB∗ + a x2A

Esercizio 7.27 Per una data miscela liquida binaria si ha che l’energia libera di eccesso dipende dalla pressione secondo GE = (a + b p)

n21 n2 + n22 n1 (n1 + n2 )2

con a e b dipendenti solo dalla temperatura. Qual `e la variazione di volume (rispetto ai componenti puri separati) quando si mescolano n1 moli del componente ”1” e n2 moli del componente ”2”? Se b > 0 si ha aumento o diminuzione del volume in seguito al mescolamento? Risultato: ∆Vmix = b(n21 n2 + n22 n1 )/(n1 + n2 )2 e si ha aumento di volume.

187

Esercizio 7.28 Mescolando 2 moli di un componente ”A”, 3 moli di un componente ”B” e 0.5 moli di un certo ”C” a 320K si ha ∆Gmix = −17500 J. La miscela in questione `e ideale? Risultato: no...

Esercizio 7.29 Per una miscela binaria liquida si trova, empiricamente, che il coefficiente di attivit`a del componente ”1” 2 dipende dalla composizione secondo γ1 (T, p, comp.) = ea(T )x2 in cui a(T ) = 0.3+350/T per temperature nell’intorno di 300K e a pressione atmosferica. Qual `e la quantit`a di calore scambiata con un termostato quando si mescolano 1 mole del componente ”1” e 3 moli del componte ”2” alla temperatura di 300K e a pressione atmosferica? Risultato: q = 2182J

188

Capitolo 8

Soluzioni diluite

189

Esercizio 8.1 A 40 ◦ C i coefficienti di attivit`a di benzene e cicloesano nelle loro miscele liquide binarie risultano esprimibili, in tutto l’intervallo di composizione, mediante la relazione ln γi = 0.458 (1 − xi )2 per i = 1, 2 Determinare il valore della costante di Henry per il cicloesano in benzene a tale temperatura, sapendo che la corrispondente tensione di vapore del cicloesano puro vale 0.246 bar.

T = cost.

pC

KC

Henry: pC = KC xC

p*C Raoult: pC = p*C xC 0.0

1.0

xC

I coefficienti di attivit`a dati per benzene e cicloesano quantificano le deviazioni dall’idealit`a rispetto al modello delle miscele liquide ideali, ed entrano nelle seguenti espressioni per i potenziali chimici µi,l (T, p, comp.) = µ∗i,l (T, p) + RT ln xi γi (T, p, comp.)

(1)

dove ”comp.” sta per composizione della miscela. Eq (1) `e valida a tutte le composizioni della miscela, sotto la condizione limite lim γi = 1 (componente puro)

xi →1

190

Corrispondentemente, la pressione parziale dei componenti in fase vapore segue la legge di Raoult generalizzata: xi generica :

pi = p∗i xi γi

(Raoult generalizzata)

(2)

Tale relazione si riduce alla legge di Raoult per il componente i-esimo quando si tende allo stato di componente puro (γi → 1), cio`e xi → 1 :

pi = p∗i xi

(Raoult)

mentre nel caso opposto in cui tale componente `e presente nel liquido solo in tracce (xi → 0) le deviazioni dalla legge di Raoult possono essere molto pronunciate, e la legge sperimentalmente osservata `e quella di Henry: xi → 0 :

pi = Ki xi

(Henry)

(3)

Nel caso specifico, questi comportamenti sono rappresentati in figura per la pressione parziale del cicloesano (”C”). Dato che eq (2) deve valere per ogni composizione xC , possiamo applicarla nel limite in cui `e valida anche eq (3), cio`e per xC → 0, e imporre l’uguaglianza tra le due espressioni: xC → 0 :

p∗C xC γC = KC xC

da cui segue KC = p∗C γC (T, p, xC = 0)

(4)

Il valore limite del coefficiente di attivit`a del cicloesano nella sua soluzione infinitamente diluita `e ottenibile direttamente dalla relazione data dal problema, ln γC (T, p, xC = 0) = 0.458 =⇒ γC (T, p, xC = 0) = 1.58 e sostituendo in eq (4) si ottiene KC = 0.246 bar × 1.58 = 0.389 bar

191

Esercizio 8.2 La costante di Henry per l’ossigeno in acqua vale 4.15 × 104 bar a 25 ◦ C , e a 30 ◦ C aumenta dell’8%. Quanto valgono l’entalpia e l’energia libera standard di formazione dell’ossigeno disciolto in acqua a 25 ◦ C ? Partiamo dalla condizione di uguaglianza dei potenziali chimici di ossigeno gassoso e solvatato all’equilibrio: µO2 (acq) = µO2 (g)

(1)

Dobbiamo ora esplicitare tali potenziali secondo gli appropriati modelli e convenzioni. Per l’ossigeno gassoso adottiamo il modello della miscela gassosa ideale (nella quale sono presenti ossigeno e vapore acqueo): miscela gassosa ideale :

µO2 (g) (T, p) = µ⊖ O2 (g) + RT ln

p O2 p⊖

(2)

dove pO2 `e la pressione parziale dell’ossigeno. Per la specie solvatata in soluzione sicuramente molto diluita esprimiamo il potenziale chimico secondo il modello delle soluzioni diluite ideali, adottando la scala delle molalit`a per esprimere la concentrazione: soluzione diluita ideale :

m O2 µO2 (acq) (T, p, mO2 ) = µ2 O2 (acq) (T, p) + RT ln m⊖ ‡ m O2 ⊖ ≃ µO2 (acq) (T ) + RT ln ⊖ m

(3)

dove µ2 e identificato come il potenziale chimico di ossigeno solvatato in acqua in soluzione O2 (acq) (T, p) ` 1 molale ideale; per il passaggio ‡ si `e trascurata la dipendenza di tale potenziale dalla pressione, sostituendo p con p⊖ e passando quindi al potenziale standard µ⊖ O2 (acq) (T ). Sostituendo eq (2) e (3) in eq (1) otteniamo µ⊖ O2 (acq) + RT ln

m O2 pO = µ⊖ + RT ln ⊖2 O (g) ⊖ 2 m p

(4)

Essendoci posti nel limite di soluzioni diluite ideali, la pressione parziale di ossigeno deve essere coerentemente espressa dalla legge di Henry: §

pO2 = KO2 (acq) xO2 ≃ KO2 (acq) MH2 O mO2

(5)

dove KO2 (acq) `e la costante di Henry di ossigeno in acqua; per il passaggio § `e stata utilizzata l’approssimazione xO2 ≃ MH2 O mO2 valida per soluzioni diluite, con MH2 O la massa molare del solvente espressa in kg/mole. Sostituendo eq (5) in (4) e riarrangiando si ottiene ln

m⊖ MH2 O KO2 (acq) p⊖

= =

⊖ µ⊖ O2 (acq) − µO2 (g)

=

∆G⊖ O2 (g)→O2 (acq)

RT RT ⊖ (O (O (acq), T ) − ∆G ∆G⊖ 2 (g), T ) 2 f f RT





∆G⊖ f (O2 (acq), T ) RT

(6)

dove per il passaggio ∗ si `e tenuto conto del fatto che per l’ossigeno gassoso (stato di riferimento) si ha ∆G⊖ f (O2 (g), T ) = 0. I valori numerici da inserire in eq (6) sono m⊖ = 1 mol kg−1 192

MH2 O = 18 × 10−3 kg mol−1 p⊖ = 1 bar KO2 (acq) = 4.15 × 104 bar T = 298 K e si ricava il seguente valore dell’energia libera di formazione standard per l’ossigeno solvatato in acqua: −1 ∆G⊖ f (O2 (acq), 298 K) = 16.4 kJ mol

Per valutare l’entalpia standard di formazione della specie solvatata teniamo presente che essa `e correlata all’energia libera standard di formazione mediante la relazione differenziale di Gibbs-Helmholtz nella forma seguente: ∆Hf⊖ =

d(∆G⊖ f /T ) d(1/T )

Del resto, la derivata richiesta `e valutabile nota la variazione della costante di Henry con la temperatura; infatti, da eq (6) ricaviamo ∆G⊖ f /T = R ln

m⊖ MH2 O KO2 (acq) p⊖

e derivando rispetto a 1/T si ottiene d(∆G⊖ f /T ) d(1/T )

=

dKO2 (acq) RT 2 dKO2 (acq) =− ≡ ∆Hf⊖ (O2 (acq), T ) KO2 (acq) d(1/T ) KO2 (acq) dT R

(7)

Data la variazione percentuale della costante di Henry nel ristretto intervallo di temperatura di soli 5 ◦ C , possiamo approssimare dKO2 (acq) /dT a 298 K al rapporto incrementale: ∆KO2 (acq) KO2 (acq) (303 K) − KO2 (acq) (298 K) dKO2 (acq) ≃ = = 664 bar K−1 dT ∆T 5K dove `e stato inserito il valore KO2 (acq) (303 K) = KO2 (acq) (298 K) × (1 + 0.08) corrispondente ad un aumento dello 0.08%. Da eq (7) otteniamo infine ∆Hf⊖ (O2 (acq), 298 K) = −

8.314 J K−1 mol−1 × (298 K)2 × 664 bar K−1 = −11.8 kJ mol−1 4.15 × 104 bar

193

Esercizio 8.3 A 25 ◦ C la costante di Henry dell’azoto `e di 6.51 × 107 Torr per la sua dissoluzione in acqua (PM = 18.02 gr/mole), ed `e di 1.79 × 106 Torr per la dissoluzione in benzene (PM = 78.12 gr/mole). Quanto vale il coefficiente di ripartizione dell’azoto tra acqua e benzene, espresso come rapporto delle molalit`a? Consideriamo la fase liquida costituita da benzene e acqua immiscibili tra loro, ed esposta ad una atmosfera di azoto il quale si scioglie ripartendosi tra i due solventi (la situazione `e idealizzata in figura).

vap.

N2

+

acqua

+

benz.

benz. + N2 acqua + N2

Possiamo ragionevolmente assumere che l’azoto sia presente in tracce in entrambe le soluzioni, cos`ı da poterle considerare soluzioni diluite ideali. Coerentemente, la relazione tra la pressione parziale dell’azoto e la sua frazione molare nelle due soluzioni `e esplicitata dalla legge di Henry; non disponendo del valore di pN2 non siamo in grado di determinare le frazioni molari dell’azoto nelle due soluzioni, ma possiamo valutarne il rapporto (la ”ripartizione” richiesta): pN2 = KN2 (benz.) xN2 (benz.) pN2 = KN2 (acq.) xN2 (acq.)

)

=⇒

KN2 (benz.) xN2 (acq.) = = 0.0275 xN2 (benz.) KN2 (acq.)

Dobbiamo ora convertire il rapporto tra le frazioni molari in rapporto tra molalit` a. Tenendo presente che in soluzione diluita `e lecita l’approssimazione xi ≃ mi M0 dove M0 `e la massa molare del solvente espressa in kg/mole, si deriva subito mN2 (acq.) Mbenz. PMbenz. 78.12 = 0.0275 × ≡ 0.0275 × = 0.0275 × = 0.1192 mN2 (benz.) Macq. PMacq. 18.02

194

Esercizio 8.4 Da dati termodinamici su amminoacidi risulta che il coefficiente di attivit`a di una soluzione acquosa satura (3.33 molale) di glicina a 25 ◦ C vale 0.729. Nota l’energia libera standard di formazione della glicina solida pari a ∆G⊖ f = −370.7 kJ/mole, calcolare l’energia libera standard di formazione della glicina in soluzione acquosa ideale. Il problema si riferisce ad una soluzione satura di glicina (”gl” nel seguito) in acqua (”acq”), quindi tale composto `e presente sia in soluzione che allo stato solido come corpo di fondo. In condizioni di equilibrio imponiamo quindi la seguente uguaglianza dei potenziali chimici: µgl(s) = µgl(acq)

(1)

Per il potenziale chimico del solido assumiamo trascurabile la sua dipendenza dalla pressione applicata (”modello a volume molare nullo”), e quindi poniamo µgl(s) (T, p) ≃ µgl(s) (T, p⊖ ) ≡ µ⊖ gl(s) (T )

(2)

Esprimiamo ora il potenziale chimico della glicina solvatata in acqua secondo il modello delle soluzioni diluite adottando la scala delle molalit`a per esprimere la concentrazione: 2 µgl(acq) (T, p, mgl ) = µ2 gl(acq) (T, p) + RT ln γgl

mgl m⊖

(3)

e idenin cui mgl `e la molalit`a della glicina, m⊖ = 1 mol/kg `e la molalit` a standard, e dove µ2 gl(acq) (T, p) ` tificato con il potenziale chimico di una soluzione ideale 1 molale di glicina, alla temperatura e pressione 2 ` specificate. Infine, γgl e il coefficiente di attivit`a dato dal problema, che quantifica la deviazione rispetto alla condizione di soluzione diluita ideale secondo la convenzione scelta. Trascurando la dipendenza di ⊖ 2 2 ⊖ µ2 e il potenziale standard gl(acq) dalla pressione, poniamo µgl(acq) (T, p) ≃ µgl(acq) (T, p ) ≡ µgl(acq) (T ), che ` della soluzione ideale 1 molale di glicina in acqua. Quindi, sotto questa approssimazione, eq (3) assume la seguente forma comunemente adottata per le soluzioni diluite: 2 µgl(acq) (T, p, mgl ) = µ⊖ gl(acq) (T ) + RT ln γgl

mgl m⊖

(4)

Inserendo eqs (2) e (4) nell’uguaglianza eq (1) ricaviamo ⊖ 2 µ⊖ gl(acq) − µgl(s) = −RT ln γgl(acq)

≡ ∆G⊖ gl(s)→gl(acq)

mgl m⊖ Hess

=

⊖ ∆G⊖ f (gl(acq), T ) − ∆Gf (gl(s), T )

Da eq (5) otteniamo infine il dato richiesto: mgl m⊖ − 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K × ln(0.729 × 3.33)

⊖ 2 ∆G⊖ f (gl(acq), T ) = ∆Gf (gl(s), T ) − RT ln γgl(acq)

= −370.7 × 103 J mol−1 = −372.9 kJ mol−1

195

(5)

Esercizio 8.5 Si consideri la soluzione costituita da 68.4 grammi di zucchero (PM = 342 gr/mole) in 1 kg di acqua (PM = 18 gr/mole). Calcolare la tensione di vapore della soluzione a 100 ◦ C e la sua temperatura di ebollizione, noto il calore latente di evaporazione dell’acqua pari a ∆Hm,ev = 40.7 kJ/mole. L’abbassamento della tensione di vapore dell’acqua dovuto alla presenza dello zucchero non volatile `e direttamente correlabile alla molalit`a del soluto, pH2 O = p∗H2 O xH2 O = p∗H2 O (1 − xi )

soluz. diluita



p∗H2 O (1 − MH2 O mi )

dove MH2 O `e la massa molare dell’acqua espressa in kg/mole, e per l’ultimo passaggio si `e utilizzata l’approssimazione xi ≃ MH2 O mi per soluzioni diluite (xi ≪ 1). Valutiamo la concentrazione molale del soluto: mi = 68.4 gr/PMi = 0.2 moli soluto per 1 kg solvente Quindi, sapendo che a 100 ◦ C la tensione di vapore dell’acqua pura `e pari a 1 atmosfera, determiniamo pH2 O = 1 atm × (1 − 18 × 10−3 kg/mole × 0.2 moli/kg) = 0.9964 atm Tale abbassamento della tensione di vapore determina un innalzamento del punto ebullioscopico, proporzionale alla molalit`a dello zucchero secondo la relazione ∆Teb = Keb mi

(1)

dove Keb `e la costante ebullioscopica del solvente: Keb =

∗ 2M RTeb H2 O ∆Hm,ev

∗ il punto di ebollizione del solvente puro. Sostituendo i valori numerici otteniamo con Teb

Keb =

8.314 J K−1 mol−1 × (373 K)2 × 18 × 10−3 kg mol−1 = 0.512 kg K mol−1 40.7 × 103 J mol−1

e inserendo tale valore in eq (1) si ha infine ∗ ∆Teb = Teb − Teb = 0.512 kg K mol−1 × 0.2 mol kg−1 = 0.102 K

196

Esercizio 8.6 La temperatura di solidificazione di un dato solvente `e di 21.0 ◦ C quando `e puro, e diminuisce di 3.0 ◦ C quando la sua frazione molare `e ridotta a 0.98 per aggiunta di un composto insolubile nella fase solida. Determinare l’entalpia di fusione del solvente. L’abbassamento del punto di congelamento di un solvente (abbassamento crioscopico), a causa di soluti disciolti in fase liquida, `e correlato alla molalit`a del soluto, mi , mediante |∆Tf | = Kf mi

(1)

con Kf la costante crioscopica del solvente, Kf =

RTf∗ 2 ∆Hm,f us

M0

dove Tf∗ indica il punto di congelamento del solvente puro, ∆Hm,f us `e il suo calore latente di fusione, e M0 indica la massa molare del solvente in kg/mole. Sostituendo tale espressione in eq (1) otteniamo |∆Tf | =

RTf∗ 2 M0 mi ∆Hm,f us



=

RTf∗ 2 (1 − x0 ) ∆Hm,f us

(2)

dove per il passaggio ‡ si `e tenuto conto del fatto che per soluzioni diluite (xi ≪ 1) vale M0 mi ≃ xi = 1 − x0 . Da eq (2) ricaviamo quindi il calore latente di fusione come ∆Hm,f us = =

RTf∗ 2 (1 − x0 ) |∆Tf | 8.314 J K−1 mol−1 × (294 K)2 × (1 − 0.98) = 4790 J mol−1 3K

197

Esercizio 8.7 Quant’`e l’abbassamento della temperatura di congelamento di una soluzione di un polimero in acqua, data la pressione osmotica Π = 38 mmHg a 25 ◦ C ? (la costante crioscopica dell’acqua `e Kf = 1.86 K kg mol−1 ). Le informazioni di cui disponiamo, abbassamento crioscopico e valore della pressione osmotica, sono correlate alla concentrazione del soluto mediante le relazioni |∆Tf | = Kf mi RT ni Π= V

(1) (2)

dove mi `e la molalit` a del soluto, mentre in eq (2) ni `e il numero di moli di soluto in un volume di soluzione V . Notiamo subito che per determinare l’abbassamento crioscopico dobbiamo valutare mi . Per soluzioni acquose diluite a 25 ◦ C , dato che la densit`a dell’acqua `e pari a 1 kg/litro, `e lecito assumere che, numericamente, valga mi ≃ ci con ci la concentrazione molare del soluto. Per ricavare ci utilizziamo eq (2), convertendo prima la pressione osmotica in unit`a S. I.: Π = [(38/760)atm × 1.013 × 105 ] Pa = 5065 Pa Quindi, ni /V =

5065 Pa Π = = 2.04 moli/m3 = 2.04 × 10−3 moli/litro ≡ ci ≃ mi RT 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K

Sostituendo tale valore di mi nell’espressione (1) otteniamo infine |∆Tf | = 1.86 kg K mol−1 × 2.04 × 10−3 moli kg−1 = 3.8 × 10−3 K cio`e Tf − Tf∗ = −3.8 × 10−3 K `e la variazione della temperatura di congelamento rispetto al solvente puro.

198

Esercizio 8.8 Su una soluzione di saccarosio a frazione molare 0.001 `e misurata una pressione osmotica Π = 1.34 bar a 25 ◦ C . Quant’`e la variazione del potenziale chimico del solvente puro quando la pressione viene incrementata di Π? In figura `e schematizziamo un possibile esperimento di misura della pressione osmotica:

A p

B H2O

H2O + saccarosio

p+Π

In condizioni di equilibrio meccanico (annullamento del flusso netto di solvente dallo scomparto A dove si trova il solvente puro allo scomparto B dove si trova la soluzione) si ha uguaglianza dei potenziali chimici del solvente specificati a due pressioni diverse: §

µ∗H2 O (T, p) = µH2 O(sol) (T, p + Π) = µ∗H2 O (T, p + Π) + RT ln xH2 O

(1)

dove µ∗H2 O (T, p) indica il potenziale del solvente puro nelle codizioni di temperatura e pressione specificate; per il passaggio § il potenziale chimico dell’acqua in soluzione `e stato esplicitato adottando il modello delle soluzioni ideali per il solvente in largo eccesso (xH2 O → 1). Da eq (1) ricaviamo subito la differenza ‡

µ∗H2 O(sol) (T, p + Π) − µ∗H2 O (T, p) = −RT ln xH2 O = −RT ln(1 − xi ) ≃ RT xi dove xi dica la frazione molare del soluto, e per ‡ `e stata adottata l’approssimazione ln(1 − xi ) ≃ −xi lecita per xi ≪ 1. Sostituendo i valori numerici si ottiene µ∗H2 O(sol) (T, p + Π) − µ∗H2 O (T, p) = 2.48 J mol−1 che `e proprio la quantit` a richiesta, cio`e la variazione del potenziale chimico dell’acqua pura quando la pressione viene incrementata di Π. Vediamo quindi che misure di pressione osmotica in soluzioni a concentrazioni variabili possono essere utilizzate per determinare sperimentalmente come il potenziale chimico di un liquido-solvente varia in funzione della pressione.

199

Esercizio 8.9 La pressione osmotica dell’acqua di mare a 25 ◦ C `e di 25 bar. Stimare la concentrazione di soluti nell’acqua del mare noto il volume molare dell’acqua pura pari a 0.018 l/mole. Quant’`e la pressione parziale del vapore sopra l’acqua di mare se la tensione di vapore dell’acqua pura nelle stesse condizioni `e di 4.6 Torr? Calcoliamo in primo luogo la concentrazione molare dei soluti nell’acqua marina applicando l’equazione di van’t Hoff per la pressione osmotica: Π=

RT X ni V i P

dove V `e un generico volume di soluzione e i ni `e il numero totale di moli di specie disciolte in tale volume. Inserendo i valori in unit`a S. I. ricaviamo X

ni /V =

i

25 × 105 Pa = 1009 moli/m3 ≡ 1.009 moli/litro 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K

Valutiamo ora la frazione molare del solvente (acqua) corrispondente a tale concentrazione. Assumendo trascurabile la differenza di densit`a tra acqua pura e acqua marina, dal volume molare dell’acqua fornito dal problema stabiliamo la corrispondenza 1 litro di acqua marina

↔ ∼ 55.5 moli di H2 O

da cui ricaviamo la frazione molare globale dei soluti come rapporto tra numeri di moli riferiti ad 1 litro di soluzione: X

xi =

i

1.009 moli = 0.018 (55.5 + 1.009)moli

e quindi xH2 O = 1 −

X

xi = 0.982

i

Utilizziamo tale risultato per determinare la pressione del vapore dell’acqua marina applicando la legge di Raoult sotto l’assunzione che la soluzione abbia comportamento ideale rispetto al solvente-acqua: pH2 O = p∗H2 O xH2 O = 4.6 Torr × 0.982 = 4.5 Torr

200

Esercizio 8.10 L’albumina nel siero umano ha un peso molecolare di circa 69 kg/mole. Quant’`e a 25 ◦ C il dislivello della colonna d’acqua in equilibrio, attraverso una membrana impermeabile all’albumina, con una soluzione a 20 gr/litro? (assumere densit`a dell’acqua pari a 1 kg/litro). Rappresentiamo l’esperimento nella seguente figura:

patm

H2O + albumina

∆h

H2O

hsin

hdx

In primo luogo giustifichiamo il disegno fatto. In condizioni di non-equilibrio, sia meccanico che chimico, l’acqua tende a fluire spontaneamente dallo scomparto del solvente puro a quello della soluzione; infatti in tal modo la soluzione di albumina viene progressivamente diluita e i potenziali chimici dell’acqua nei due scomparti tendono ad uguagliasi. Questo flusso di solvente `e contrastabile applicando una pressione pari alla pressione osmotica, Π, dalla parte dello scomparto con la soluzione. Ci`o pu farlo un operatore esterno, ad esempio mediante azione su di uno stantuffo; nel caso in esame, invece, con il ”trucco” del tubo ad U avente entrambi i lati aperti all’atmosfera, `e il sistema stesso che blocca il flusso portandosi all’equilibrio meccanico (ma non chimico) grazie alla creazione del dislivello sinistra-destra: l’eccesso di peso della colonna di destra (scomparto della soluzione) rispetto alla colonna di sinistra (solvente puro) fornisce da s`e al livello della membrana quell’extra-pressione (che `e appunto la pressione osmotica) necessaria per constrastare il flusso di solvente. In termini formali, con riferimento al livello posto in corrispondenza della membrana semi-permeabile possiamo scrivere patm + pidr.,sin + Π = patm + pidr.,dx dove Π `e la pressione osmotica della soluzione, e pidr.,sin , pidr.,dx sono le pressioni idrostatiche a sinistra e a destra valutate allo stesso livello in corrispondenza della membrana. Semplificando i termini ed 201

esplicitando le pressioni idrostatiche (legge di Stevino) otteniamo ρH2 O g hsin + Π = ρsol. g hdx con ρH2 O e ρsol. le densit`a dell’acqua pura e della soluzione, e g = 9.81 m/s2 l’accelerazione di gravit`a. Ponendo ρsol. ≃ ρH2 O per soluzioni diluite, ricaviamo quindi l’espressione per il dislivello incognito ∆h = hdx − hsin : ∆h =

Π ρH 2 O g

(1)

in cui entra la pressione osmotica ancora da stimare. A tale scopo utilizziamo la relazione di van’t Hoff Π=

RT n V

(2)

con V un volume di soluzione e n il numero di moli di soluto in esso contenute. Dai dati del problema valutiamo n/V in unit`a S. I.: soluzione a 20 gr/litro

PM=69×103 gr/mole

=⇒

n/V = 2.9 × 10−4 moli/litro = 0.29 moli/m3

Sostituendo tale valore di concentrazione in eq (2) otteniamo il valore della pressione osmotica Π = 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K × 0.29 moli/m3 = 718 Pa (≡ 0.007 atm) Inserendo il valore di Π in eq (1) otteniamo infine ∆h =

103

718 Pa = 0.07 m = 7 cm × 9.81 m s−2

kg m−3

202

Esercizio 8.11 Noto che a 25 ◦ C il coefficiente di espansione isobara dell’acqua pura, α, vale 2.1 × 10−4 , stimare la variazione percentuale della pressione osmotica di una soluzione diluita di saccarosio in acqua quando la temperatura viene aumentata di un grado. Il punto di partenza `e l’equazione di van’t Hoff per la pressione osmotica: Π=

RT n V

in cui n sono le moli di saccarosio dissolte. Derivando membro a membro rispetto alla temperatura a pressione p fissata (alla quale `e sottoposto il solvente puro) si ottiene 

∂Π ∂T



=n p

RT R −n 2 V V



∂V ∂T



p

Tenendo presente la definizione di coefficiente di espansione isobara, α = V −1



∂V ∂T



p

e usando ancora l’espressione di Π data sopra, la precedente relazione prende la forma 

∂Π ∂T



=Π p



1 −α T



Da questa relazione differenziale, dato che il cambio di temperatura `e piccolo (il problema chiede infatti la variazione percentuale di Π quando T aumenta di un grado), `e la seguente approssimazione sulle differenze finite: 

∆Π Π



p





1 −α T



∆T

Inserendo i valori a 25 ◦ C si ricava ∆ΠΠ = 3.1 × 10−3 , e quindi la pressione osmotica aumenta dello 0.3% quando la temperatura `e innalzata di un grado; notare che il risultato `e indipendente dalla concentrazione del soluto.

203

ESERCIZI DA SVOLGERE Esercizio 8.12 A 30 ◦ C una soluzione di uno zucchero non volatile in acqua ha una tensione di vapore di 31.207 Torr, mentre l’acqua pura ha una tensione di vapore di 31.824 Torr. Calcolare la pressione osmotica della soluzione (peso molecolare dell’acqua = 18 gr/mole , densit`a = 1 gr/cm3 ). Risultato: Π = 27 bar.

Esercizio 8.13 Per una data soluzione acquosa si misura un abbassamento crioscopico pari a 0.39K. Inoltre, alla temperatura di 10 ◦ C si misura una pressione osmotica di 4.96 bar. Quant’`e la costante crioscopica dell’acqua? Assumere una densit`a di 1 kg/litro per l’acqua. Risultato: Kf = 1.85 K kg mol−1 .

Esercizio 8.14 0.1 kg di etere (PM = 74.0 gr/mole) contengono 0.01 kg di un composto non volatile. La pressione di vapore `e di 426 mmHg a 20 ◦ C , mentre quella dell’etere puro alla stessa temperatura `e di 442 mmHg. Calcolare il peso molecolare del soluto. Risultato: PM = 204 gr/mole

Esercizio 8.15 Una membrana permeabile al solo solvente separa due soluzioni di zucchero in acqua con concentrazioni 0.03 moli/litro (scomparto A) e 0.01 moli/litro (scomparto B). Sotto quali condizioni il sistema a 25 ◦ C `e all’equilibrio? Risultato: Occorre applicare una pressione di 0.496 bar dalla parte dello scomparto A per arrestare il flusso di acqua dalla soluzione pi` u diluita (in B) a quella pi` u concentrata (in A).

204

Esercizio 8.16 Sul numero 4, Vol. 226, pag. 106 della rivista Scientific American del 1972, all’interno della rubrica ”The Amateur Scientist”, viene discusso il progetto della cosiddetta ”fontana osmotica”.

he< he0

he> he0

hi

mare

mare

membrana permeabile all’acqua

Si immagini di disporre di un lungo tubo, un’estremit`a del quale `e aperta all’atmosfera mentre l’altra `e chiusa da una membrana permeabile solo all’acqua. Si immagini di immergere il tubo in un punto dell’oceano e di raggiungere una profondit`a he rispetto alla superficie come illustrato in figura; acqua pura entra nel tubo attraverso la membrana, raggiungendo un’altezza interna pari a hi tale da avere bilanciamento di pressione al livello della membrana (vedere la figura): pe = pi + Π dove pe e pi sono le pressioni idrostatiche esterna ed interna, e Π `e la pressione osmotica dell’acqua marina. Indicando con ρe e ρi rispettivamente le densit`a dell’acqua marina e dell’acqua pura (con ρe > ρi ), e considerando che pe = ρe ghe e pi = ρi ghi con g l’accelerazione di gravit`a, si verifichi che se he > h0e =

Π g(ρe − ρi )

allora hi > he

e quindi, se il tubo viene immerso ad una profondit`a he sufficiente e poi segato al livello del mare, allora da esso dovrebbe zampillare acqua pura come illustrato. Si realizzarebbe cos`ı un dispositivo che, a costo nullo, consentirebbe di estrarre acqua potabile dal mare! (Ovviamente la situazione descritta `e idealizzata, ad esempio si assume che non ci siano cadute di pressione nel tubo dovute ad attriti, e molte altre complicazioni...). Dai seguenti valori medi, Π = 25.9 atm, ρmare = 1.025 gr/cm3 , ρH2 0 = 1.000 gr/cm3 , e considerando g = 9.81 m/s2 , si stimi la profondit`a minima per fare funzionare la ”fontana osmotica”.

205

Sia esperti di Termodinamica che dilettanti continuano a confrontarsi sulla questione, sostenendo o ponendo in discussione la realizzabilit`a del dispositivo e la sua consistenza con i Principi Primi (molti siti Internet sono dedicati al dibattito...). Immaginate che un imprenditore visionario vi assuma come consulente scientifico in merito al progetto; argomentate criticamente sul problema. Si consideri inoltre l’esperimento descritto nella seguente figura:

acqua pura

acqua marina

Tale dispositivo consentirebbe di realizzare un de-mixing dell’acqua marina a costo nullo (realmente nullo?).

206

Capitolo 9

Equilibri di reazione in fase gassosa

207

Esercizio 9.1 Si consideri la miscela gassosa costituita da 5 moli di PCl5 (g), 3 moli di PCl3 (g) e 2 moli di Cl2 (g). Per quali valori della pressione la reazione PCl5 (g) = PCl3 (g) + Cl2 (g) `e all’equilibrio a 25 ◦ C , date le energie libere standard di formazione (alla stessa temperatura) di -305.0 kJ/mole per PCl5 (g) e di -272.3 kJ/mole per PCl3 (g) ? Valutiamo la costante di equilibrio della reazione mediante ⊖ (T )/RT

Keq (T ) = e− ∆r G

Dai dati termodinamici forniti, applicando la legge di Hess otteniamo ⊖ ⊖ −1 ∆r G⊖ (T ) = ∆G⊖ f (Cl2 (g), T ) + ∆Gf (PCl3 (g), T ) − ∆Gf (PCl5 (g), T ) = 32.7 kJ mol

da cui (

32.7 × 103 J mol−1 Keq (T ) = exp − 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K

)

= e−13.2 = 1.85 × 10−6

Dobbiamo ora esplicitare tale costante di equilibrio in funzione della pressione totale p nell’ambiente di reazione, e stabilire per quale valore il sistema contenente i numeri di moli stabiliti si trova all’equilibrio. Assumendo comportamento ideale della miscela gassosa abbiamo (pCl2 /p⊖ )(pPCl3 /p⊖ ) pCl2 pPCl3 1 Keq (T ) = = ⊖ pPCl5 /p pPCl5 p⊖

pi =pyi

=

yi =ni /ntot

=

yCl2 yPCl3 p yPCl5 p⊖   nCl2 nPCl3 1 p nPCl5 ntot p⊖ 



dove nelle espressioni precedenti pi , yi e ni indicano rispettivamente la pressione parziale, la frazione molare e il numero di moli della specie i-esima, mentre ntot `e il numero di moli totali nel sistema. Dall’ultima uguaglianza ricaviamo la pressione totale come p = p⊖ Keq (T ) ntot

nPCl5 nCl2 nPCl3

e sostituendo i valori p⊖ = 1 bar, nPCl5 = 5 moli, nPCl3 = 3 moli, nCl2 = 2 moli, ntot = 10 moli, e il valore di Keq gi` a determinato, si ottiene p = 1.5 × 10−5 bar

208

Esercizio 9.2 La costante di equilibrio della reazione H2 (g) + I2 (g) = 2HI(g) assume il valore 50 a 693 K. Calcolare l’energia libera di reazione, ∆r G, per una miscela con concentrazioni 2, 5, 10 moli/litro rispettivamente di H2 , I2 e HI. In quale direzione procede la reazione? Partiamo dalla forma dell’energia libera di reazione, ∆r G(ξ) =

X

νi µi (T, p, ξ)

(1)

i

dove ξ `e una variabile che specifica la composizione attuale della miscela, µi sono i potenziali chimici delle specie nelle condizioni specificate, e νi sono i coefficienti stechiometrici della reazione scritta (presi positivi se riferiti ai prodotti e negativi se riferiti ai reagenti). Esplicitando i vari µi secondo il modello della miscela gassosa ideale, cio`e inserendo in eq (1) le forme pi µi (T, p, ξ) = µ⊖ i (T ) + RT ln ⊖ p otteniamo subito ∆r G = ∆r G⊖ (T ) + RT ln Πi (pi /p⊖ )νi

(2)

Dal valore della costante di equilibrio (Keq = 50) alla temperatura in questione (T = 693 K) possiamo ricavare ∆r G⊖ (T ): ∆r G⊖ (T ) = −RT ln Keq (T ) = −22.5 kJ mol−1 Valutiamo ora il secondo contributo in eq (2): 2 ∗∗ ∗ (pHI /p⊖ )2 102 yHI p2HI ≡ = = = 10 (pH2 /p⊖ )(pI2 /p⊖ ) pH2 pI2 yH2 yI2 2×5 dove per il passaggio ∗ `e stata adottata la relazione pi = p yi , mentre per ∗∗ le frazioni molari sono state valutate dai numeri di moli nel volume di 1 litro (yi = ni /ntot , nH2 = 2 moli, nI2 = 5 moli, nHI = 10 moli). Inserendo i due contributi in eq (2) otteniamo

Πi (pi /p⊖ )νi =

∆r G = (−22.5 × 103 + 8.314 × 693 × ln 10) J mol−1 = −9.2 kJ mol−1 Per rispondere alla seconda domanda del problema osserviamo che, nelle condizioni specificate, si ha ` ovvio che non siamo in condizioni di equilibrio (in tal caso si avrebbe ∆r G = 0), e si tratta ∆r G < 0. E di stabilire se la reazione procede spontaneamente verso i reagenti oppure verso i prodotti (rispetto a come `e scritta). Il segno negativo di ∆r G implica che la reazione procede verso la formazione del prodotto HI. Come si dimostra? Consideriamo il differenziale dell’energia libera a T e p fissate,   ∂G T, p fissate : dG = dξ ≡ ∆r G(T, p, ξ)dξ ∂ξ T,p in cui ξ `e il grado di avanzamento della reazione. La condizione di reazione spontanea a temperatura e pressione costanti richiede dG < 0 e quindi, avendo determinato ∆r G(T, p, ξ) < 0, segue che deve essere dξ > 0; quindi il parametro ξ aumenta e la reazione avanza spontaneamente verso la formazione del prodotto.

209

Esercizio 9.3 Per la reazione A(g) + B(g) = C(g) condotta in fase gassosa a p = 0.2 bar e T = 298 K (costanti) si ha la seguente variazione dell’energia libera del sistema contro il grado di avanzamento ξ della reazione G(ξ) − G(0) = −aξ + bξ 2

, a = 12.0 kJ mol−1 , b = 15.0 kJ mol−2

rispetto alla miscela iniziale contenente 1 mole di A, 1 mole di B, e C assente. Quanto vale la costante di equilibrio della reazione? Riscriviamo la relazione data dal problema come G(ξ) = G(0) − aξ + bξ 2 che definisce l’energia libera della miscela in reazione in funzione del grado di avanzamento ξ (a temperatura e pressione fissate). Derivando rispetto a ξ otteniamo l’energia libera di reazione, ∆r G(ξ) ≡



∂G ∂ξ



T,p

= −a + 2bξ

Ponendo ∆r G(ξeq ) = 0 all’equilibrio, ricaviamo il corrispondente grado di avanzamento della reazione ξeq =

a = 0.4 moli 2b

Note le condizioni di partenza possiamo ricavare il numero di moli delle specie all’equilibrio: def.

ξ =

 eq 0    nA = nA − ξeq = (1 − 0.4) moli = 0.6 moli

ni − n0i eq 0 0 =⇒ neq i = ni + νi ξeq =⇒  nB = nB − ξeq = (1 − 0.4) moli = 0.6 moli νi   neq = n0 + ξ = (0 + 0.4) moli = 0.4 moli eq C C

All’equilibrio abbiamo in totale ntot = 1.6 moli nel sistema; possiamo ricavare le frazioni molari dei singoli componenti in miscela, e quindi determinare le loro pressioni parziali: ntot

ni = 1.6 moli , yi = =⇒ ntot

(

eq eq yA = yB = 0.375 eq yC = 0.250

pi =pyi , p=0.2 bar

=⇒

(

eq peq A = pB = 0.075 bar peq C = 0.050 bar

Note le pressioni parziali otteniamo infine il valore della costante di equilibrio assumendo comportamento ideale della miscela gassosa: ⊖ peq 0.050 C /p Keq (T ) = Πi (pi /p ) = eq ⊖ = = 8.9 ⊖) /p (pA /p )(peq 0.075 × 0.075 B ⊖ νi

210

Esercizio 9.4 L’energia libera standard per la reazione di idrogenazione dell’etilbenzene a etilcicloesano C6 H5 C2 H5 (g) + 3H2 (g) = C6 H11 C2 H5 (g) dipende dalla temperatura T secondo la relazione ∆r G⊖ (T ) = −a + bT con a = 184 kJ/mole e b = 0.345 kJ/mole K. In quale campo di temperatura si ha formazione di etilcicloesano a partire da una miscela alla pressione di 1 bar avente la seguente composizione (in moli): 10 % di etilbenzene, 50 % di idrogeno, 40 % di etilcicloesano? Per semplificare la notazione indichiamo con A l’etilbenzene, con B l’idrogeno e con C l’etilcicloesano; la reazione in fase gassosa `e quindi A + 3B = C Affinch´e la reazione proceda spontaneamente verso la formazione del prodotto etilcicloesano deve essere ∆r G < 0 [• Perch´e ?]. Adottando il modello della miscela gassosa ideale, ∆r G assume la forma ∆r G = ∆r G⊖ (T ) + RT ln Πi (pi /p⊖ )νi

(1)

dove pi sono le pressioni parziali delle specie nel sistema (a reazione ”bloccata”), e νi i rispettivi coefficienti stechiometrici (presi positivi per i prodotti, negativi per i reagenti). Il contributo ∆r G⊖ (T ) `e fornito dal problema, mentre il contributo di concentrazione `e esplicitabile come segue: Πi (pi /p⊖ )νi =

∗ yC pC (p⊖ )3 = (p⊖ /p)3 3 3 pA pB yA yB

p=p⊖ =1 bar

=



0.4 = 32 0.1 × 0.53

dove per il passaggio ∗ si `e fatto uso di pi = pyi per passare alle frazioni molari, ottenibili dalla composizione percentuale data dal problema (yA = 0.1, yB = 0.5, yC = 0.4). Inserendo i due contributi in eq (1), e imponendo la condizione ∆r G < 0, si ottiene −a + bT + RT ln(32) < 0 Risolvendo rispetto alla temperatura stabiliamo quindi che la miscela in esame reagisce producendo etilcicloesano per temperature formazione di C6 H11 C2 H5 (g) ⇔ T < 492 K A T = 492 K la miscela, alla composizione e alla pressione date, si troverebbe invece all’equilibrio, mentre a temperature superiori si avrebbe decomposizione spontanea del prodotto con formazione dei reagenti.

211

Esercizio 9.5 Quale ossido di ferro `e stabile (dal punto di vista termodinamico) a contatto con l’aria a 25 ◦ C : l’ematite Fe2 O3 (s) (∆f G⊖ = −742.2 kJ/mol) o la magnetite Fe3 O4 (s) (∆f G⊖ = −1015.4 kJ/mol)? Si giustifichi la risposta. Assumere pO2 = 0.2 bar. Il problema della stabilit`a relativa dei due ossidi pu`o essere tradotto nello stabilire in quale verso procede la seguente reazione di interconversione tra di essi in un’atmosfera con pO2 = 0.2 bar: 6Fe2 O3 (s) = 4Fe3 O4 (s) + O2 (g) Tale analisi richiede di partire dal differenziale dell’energia libera a T e p fissate: T, p fissate : dG =



∂G ∂ξ



T,p

≡ ∆r G(ξ)dξ

dove ξ `e il grado di avanzamento della reazione a partire da certe condizioni iniziali sulle moli delle specie coinvolte. Considerando il fatto che i due ossidi sono presenti allo stato solido in forma pura, e assumendo comportamento ideale dell’ossigeno in fase gas, l’energia libera di reazione ha la forma ∆r G = ∆r G⊖ + RT ln

p O2 p⊖

(1)

(per la derivazione generale di eq (1) si veda la nota alla fine dell’esercizio). Ponendo dG < 0 per avere un processo spontaneo, il verso della trasformazione (cio`e il segno di dξ) `e determinato dal valore di ∆r G(ξ): se nelle condizioni specificate risultasse ∆r G(ξ) < 0 la reazione procederebbe verso la formazione del prodotto (dξ > 0); se risultasse ∆r G(ξ) > 0 si avrebbe invece conversione della magnetite in ematite (dξ < 0); nel caso ∆r G(ξ) = 0 le due specie si troverebberero all’equilibrio nell’atmosfera di ossigeno alla pressione stabilita (dξ = 0). Per la reazione scritta, applicando la legge di Hess otteniamo ⊖ −1 ∆r G⊖ (T ) = 4 ∆G⊖ f (Fe3 O4 (s), T ) − 6 ∆Gf (Fe2 O3 (s), T ) = 391.6 kJ mol

e sostituendo tale valore in eq (1) si ha ∆r G = (391.6 × 103 + 8.314 × 298 × ln 0.2) kJ mol−1 = 388 kJ mol−1 > 0 Sulla base delle premesse fatte possiamo stabilire quindi che la magnetite posta in atmosfera di ossigeno a 0.2 bar a 25 ◦ C dovrebbe convertirsi interamente in ematite, che risulta essere la forma termodinamicamente stabile in tali condizioni. • La cinetica di tale conversione `e tuttavia molto lenta, consentendo l’esistenza della magnetite in uno stato metastabile. Sul testo ”Chimica Inorganica” di Cotton & Wilkinson si afferma che effettivamente la magnetite si trova in Natura sotto forma di cristalli neri, ottaedrici. Si afferma inoltre che tale ossido pu`o essere ottenuto per arrostimento di Fe2 O3 sopra i 1400 ◦ C . Dai seguenti dati termodinamici, ∆Hf⊖ (Fe2 O3 (s), 25◦ C) = -1118.4 kJ/mole e ∆Hf⊖ (Fe3 O4 (s), 25◦ C) = -824.2 kJ/mole, e facendo le opportune approssimazioni, si verifichi infatti che per temperature superiori ai 1400 ◦ C e alla pressione pO2 = 0.2 bar la magnetite `e termodinamicamente pi` u stabile dell’ematite.

212

Reazioni in fase eterogenea. Consideriamo una generica reazione (−νR1 )R1 + (−νR2 )R2 + · · · = νP1 P1 + νP2 P2 + · · · in cui i reagenti e i prodotti sono distribuiti tra pi` u fasi. Vogliamo esplicitare ∆r G(T, p, ξ) e la costante di equilibrio per tale reazione. Applichiamo la relazione generale ∆r G(T, p, ξ) =

X

νi µi (T, p, ξ)

(2)

i

dove T, p, ξ specificano le condizioni istantanee del sistema in reazione (immaginando di bloccarlo in uno stato di equilibrio con l’esterno), con ξ il grado di avanzamento a partire da certe condizioni iniziali sui numeri di moli, e µi (T, p, ξ) i potenziali chimici delle varie specie. Tali potenziali sono esplicitabili in generale come segue, ‡

fase solida o liquida : µi (T, p, ξ) = µi (T, p)∗ + RT ln ai (T, p, ξ) ≃ µ⊖ i (T ) + RT ln ai (T, p, ξ) ⊖ fase gassosa : µi (T, p, ξ) = µi (T ) + RT ln ai (T, p, ξ) in cui µi (T, p)∗ sono i potenziali chimici dei solidi/liquidi puri, µ⊖ e il potenziale chimico standard dei i (T ) ` ‡ gas, e ai (T, p, ξ) sono le attivit` a delle varie specie. Per il passaggio `e stata trascurata la dipendenza del potenziale chimico dalla pressione per le fasi condensate (”modello a volume molare nullo”), sostituendo i potenziali alla pressione effettiva p con i potenziali standard. Inserendo tali relazioni in eq (2) otteniamo quindi ∆r G(T, p, ξ) = ∆r G⊖ (T ) + RT ln Πi ai (T, p, ξ)νi

(3)

con ∆r G⊖ (T ) =

X

νi µ ⊖ i (T )

i

Hess

=

X

νi ∆G⊖ f (i, T )

i

Ponendo ∆r G(T, p, ξeq ) = 0 corrispondente alla condizione di equilibrio dG = 0 a T e p fissate, otteniamo la forma generale della costante di equilibrio termodinamica ⊖ (T )/RT

Keq (T ) = Πi ai (T, p, ξeq )νi = e− ∆r G

(4)

che risulta essere adimensionale (talvolta vengono utilizzate altre forme della costante, non adimensionali, quali Kp = Πi pνi i ...). Nelle relazioni scritte, le attivit`a dei componenti vengono specificate sulla base di modelli per le varie fasi: fi (T, p, ξ) pi γi (T, p, ξ) = ⊖ p p⊖ miscela liquida o solida : ai (T, p, ξ) = xi γi (T, p, ξ) mi γi2 (T, p, ξ) soluti in soluzione diluita : ai (T, p, ξ) = m⊖ miscela gassosa :

ai (T, p, ξ) =

in cui entrano i coefficienti di attivit`a/fugacit`a coerenti con gli stati di riferimento adottati. Quando si esplicita la produttoria eq (4) per Keq , quindi, occorre anche specificare quale modello si sta adottando per descrivere il comportamento delle varie specie nel sistema. 213

In particolare, nei casi in cui (i) i componenti in fase condensata si trovino allo stato puro (non si formino miscele), e (ii) i componenti in fase gas costituiscano una miscela perfetta, allora le relazioni precedenti si riducono a miscela gassosa ideale :

pi p⊖ ai (T, p, ξ) ≡ 1

ai (T, p, ξ) =

componenti liquidi/solidi puri :

Sotto queste assunzioni, nelle equazioni (3) e (4) per ∆r G e Keq entrano solo le pressioni parziali all’equilibrio delle specie in fase gassosa. Applicando ad esempio tali modelli al problema specifico (in cui i due ossidi sono solidi e allo stato puro, e l’ossigeno `e in fase gassosa assunta ideale) da eq (3) si ottiene subito l’eq (1).

214

Esercizio 9.6 Si consideri la sintesi dell’ammoniaca in fase gassosa, N2 (g) + 3H2 (g) = 2NH3 (g) assumendo comportamento ideale della miscela. 1) Si dimostri che la concentrazione massima di ammoniaca nel reattore `e realizzata quando il rapporto tra azoto e idrogeno all’equilibrio `e 1:3. 2) Si supponga di partire da n0H2 = 3n0N2 moli iniziali dei reagenti, e ammoniaca assente; si discuta come la resa in ammoniaca dipende dalla pressione applicata.

Prima parte) Sotto l’assunzione di comportamento ideale della fas gas, la costante di equilibrio della reazione `e esplicitata come Keq

p2NH3 (pNH3 /p⊖ )2 = (p⊖ )2 = (pN2 /p⊖ )(pH2 /p⊖ )3 pN2 p3H2

pi =[i]RT

=

[NH3 ]2 [N2 ][H2 ]3

p⊖ RT

!2

(1)

dove [i] indicano concentrazioni volumetriche delle specie. Da eq (1) segue [NH3 ]2 = βT [N2 ][H2 ]3

(2)

con βT ≡ keq (T )(RT /p⊖ )2 dipendente solo dalla temperatura (fissata). Altra equazione che lega le concentrazioni delle tre specie `e pNH3 = p − (pN2 + pH2 ) = p − RT ([N2 ] + [H2 ]) dalla quale, dividendo m. a m. per RT , segue [NH3 ] = p/RT − ([N2 ] + [H2 ])

(3)

Introducendo il rapporto r=

[N2 ] [H2 ]

le eqs (2) e (3) diventano  2 4    [NH3 ] = βT [H2 ] r

(4)

   [NH ] = p/RT − [H ] (1 + r) 3 2

(5)

Ricavando [H2 ] da eq (4) e sostituendo in eq (5) otteniamo la seguente equazione per [NH3 ] in funzione del rapporto r: [NH3 ] + f (r)[NH3 ]1/2 − p/RT = 0

,

f (r) = 215

1+r (βT r)1/4

Risolvendo eq (6) come equazione di 2◦ grado nell’incognita [NH3 ]1/2 , otteniamo la seguente radice significativa: 1/2

[NH3 ]

f (r) =− + 2

s 

f (r) 2

2

+

p RT

Determiniamo ora i punti stazionari della funzione [NH3 ]1/2 verso r imponendo d[NH3 ]1/2 /dr = 0; tale condizione porta a d[NH3 ]1/2 =0 dr

df (r) dr



(

)

f (r) p −1 2 (f (r)/2)2 + p/RT

=0

Si verifica facilmente che il termine tra parentesi graffe `e sempre < 0, e quindi l’annullamento della derivata prima `e realizzato per df (r) 4r 1/4 − r −3/4 (1 + r) d[NH3 ]1/2 1 =0 ⇔ = =0 ⇔ r= 1/2 dr dr 3 4r Con qualche passaggio algebrico si verifica inoltre la seguente condizione sulla derivata seconda valutata nel punto stazionario,

d2 [NH3 ]1/2 < 0 dr 2 r=1/3

pertanto r = 1/3 `e un punto di massimo per la funzione [NH3 ]1/2 e, quindi, lo `e anche per la funzione [NH3 ] [• si verifichi questa affermazione]. Riassumendo, abbiamo stabilito che la massima concentrazione di ammoniaca nel reattore `e ottenuta quando r = 1/3, cio`e per [H2 ] = 3[N2 ] all’equilibrio.

Seconda parte) Poniamo n0 = n0N2 , e consideriamo il bilancio di moli tenendo presente che si parte dal rapporto stechiometrico azoto/idrogeno 1:3 in assenza di ammoniaca, N2 (g) + 3H2 (g) = n0 − x 3n0 − 3x

2NH3 (g) 2x

Ponendo pi = p yi , la costante di equilibrio in eq (1) viene esplicitata in termini di frazioni molari: y2 Keq (T ) = NH33 y N2 y H2

p⊖ p

!2

(7)

Dal numero totale di moli pari a ntot = 4n0 − 2x ricaviamo le frazioni molari come yi = ni /ntot , e sostituendole in eq (7) dopo qualche passaggio algebrico si ottiene 16 x2 (2n0 − x)2 Keq (T ) = 27 (n0 − x)4

p⊖ p

!2

(8)

Ponendo y = n0 − x, eq (8) viene convenientemente trasformata in 16 Keq (T ) = 27

n20 − y 2 y2

!2

p⊖ p

!2

216

dalla quale si ricava facilmente l’incognita y 2 , estraendo poi da questa la radice positiva "

y = n0 1 +

p⊖ p

!r

16 Keq 27

#−1/2

≡ n0 − x

Da tale relazione ricaviamo infine la resa in ammoniaca come 1 resa ≡ x/n0 = 1 − h i1/2  ⊖q 16 K 1 + pp eq 27

(9)

che esprime il grado di conversione di N2 in NH3 partendo dal rapporto stechiometrico tra i reagenti (cambiando tale rapporto cambia la resa!). A 450 ◦ C la costante di equilibrio della reazione scritta `e dell’ordine Keq ≃ 4 × 10−5 ; inserendo tale dato in eq (9) otteniamo il seguente profilo della resa in funzione della pressione applicata: 100

resa %

80

60

40

20

0 -1 10

0

10

1

10

2

10

3

10

4

10

10

5

p /bar Notiamo che un incremento di pressione determina un aumento della resa, ma che la maggiore sensibilit`a rispetto a tale parametro di controllo `e limitata al campo di pressioni tra 102 ÷ 104 bar, dopodich´e per realizzare incrementi anche minimi della resa occorre aumentare di molto la pressione. Tenendo presente che la reazione `e esotermica, sarebbe pi` u conveniente operare a basse temperature per avere un valore pi` u elevato di Keq . Tuttavia la forza intrinseca del legame N ≡ N comporta elevata energia di attivazione e conseguente cinetica lenta, quindi lavorare a bassa temperatura diventa proibitivo. In sede industriale il processo di sintesi viene effettuato in presenza di catalizzatori. Nel processo Haber si utilizza un catalizzatore a base di Fe metallico + allumina + sali di potassio, attivo alle temperature dell’ordine di 450-500 ◦ C ; a tali temperature, come visto, per incrementare la resa `e necessario applicare elevate pressioni di esercizio, dell’ordine di 200 atm. Importante: tutte le considerazioni sopra fatte valgono rigorosamente sotto l’assunzione che la miscela gassosa abbia comportamento ideale; ci`o non `e verificato nel caso in esame, se non a pressioni sufficientemente basse. Il diagramma presentato sopra ha quindi solo importanza qualitativa...

217

Esercizio 9.7 L’ossido di argento, che pu`o decomporsi come 2Ag2 O(s) = 4Ag (s) + O2 (g) ha una energia libera standard di formazione di -11.20 kJ/mole a 25 ◦ C . Quanto argento metallico (PA= 107.87 gr/mole) si potr`a formare a partire da un grammo di ossido di argento (PM = 231.74 gr/mole) posto in un contenitore chiuso contenente una mole di azoto, il tutto mantenuto a pressione costante di 1 bar ed alla temperatura di 25 ◦ C ? In figura rappresentiamo lo stato iniziale del sistema: l’ossido di argento in atmosfera inerte di azoto nel contenitore chiuso a pressione e temperatura mantenute costanti.

Stato iniziale: T = 298 K (fissata) p = 1 bar (fissata)

1 mole N2 (g)

1 gr. Ag2O (s)

Grazie ai rapporti stechiometrici della reazione, la quantit`a di argento prodotto `e correlabile alla quantit` a di ossigeno sviluppato fino al raggiungimento dell’equilibrio nel sistema chiuso. Allo scopo di determinare il numero di moli di ossigeno sviluppato, calcoliamo innanzitutto la costante di equilibrio della reazione alla temperatura T = 298 K: ⊖ (T )/RT

Keq (T ) = e− ∆r G dove

⊖ ⊖ ∆r G⊖ (T ) = ∆G⊖ f (O2 (g), T ) + 4 ∆Gf (Ag(s), T ) − 2 ∆Gf (Ag2 O(s), T ) = −2 × (−11.20) kJ mol−1 = 22.40 kJ mol−1

e quindi (

22.4 × 103 J mol−1 Keq (T ) = exp − 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K

)

= 1.2 × 10−4 218

Assumendo comportamento ideale della miscela gassosa, e considerando che Ag e Ag2 O solidi si trovano nell’ambiente di reazione allo stato puro, abbiamo inoltre (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 5 per le reazioni in fase eterogenea): Keq (T ) =

p O2 p⊖

=⇒ pO2 = 1.2 × 10−4 bar

Sapendo che la pressione totale `e fissata al valore p = 1 bar, ricaviamo la frazione molare dell’ossigeno in fase gas all’equilibrio p = 1 bar , pO2 = p yO2 =⇒ yO2 = 1.2 × 10−4 e quindi ne determiniamo le moli generate: y O2 =

n O2 n N2 + n O2

nO2 ≪nN2



n O2 n N2

=⇒ nO2 ≃ yO2 nN2 = 1.2 × 10−4 × 1 mole = 1.2 × 10−4 moli

Dalla stechiometria della reazione ricaviamo quindi la corrispondente quantit`a di argento prodotto nAg = 4nO2 = 4.8 × 10−4 moli

PAAg =107.87 gr/mole



0.05 grammi di Ag

Occorre per`o fare una verifica finale: c’`e ossido di argento a sufficienza per raggiungere l’equilibrio oppure la quantit` a di argento che si forma `e limitata dall’ammontare iniziale dell’ossido? Per rispondere alla domanda determiniamo le moli iniziali di Ag2 O nel sistema: n0Ag2 O =

1 gr = 4.3 × 10−3 moli 231.74 gr/mole

Dalla stechiometria 1:2 tra ossido e argento vediamo che tale ammontare di ossido pu`o produrre fino a 8.6 × 10−3 moli di argento metallico, quindi viene raggiunto l’equilibrio prima che l’ossido si esaurisca.

219

Esercizio 9.8 I gradi di dissociazione del vapore acqueo 1 H2 O(g) = H2 (g) + O2 (g) 2 e dell’anidride carbonica 1 CO2 (g) = CO(g) + O2 (g) 2 alla stessa temperatura, T = 1500 K, ed alla stessa pressione, sono rispettivamente 2.2×10−4 e 4.8×10−4 . Determinare la costante di equilibrio per la reazione CO(g) + H2 O(g) = CO2 (g) + H2 (g) a 1500 K. Esplicitiamo innanzitutto le costanti di equilibrio relative alle due reazioni di dissociazione: 1/2

1/2

pH2 pO2 ⊖ −1/2 y H2 y O2 (pH2 /p⊖ )(pO2 /p⊖ )1/2 = (p ) = (p/p⊖ )1/2 KH2 O = ⊖ (pH2 O /p ) p H2 O y H2 O 1/2 1/2 pCO pO2 ⊖ −1/2 yCO yO2 (pCO /p⊖ )(pO2 /p⊖ )1/2 KCO2 = = (p ) = (p/p⊖ )1/2 (pCO2 /p⊖ ) pCO2 yCO2

(1) (2)

Osserviamo che la reazione data `e la sottrazione delle due reazioni di dissociazione; formalmente vale ∆r G⊖ = ∆r G⊖ H2 O − ∆r G⊖ CO2 e poich´e ∆r G⊖ H2 O = −RT ln KH2 O

∆r G⊖ CO2 = −RT ln KCO2

,

,

∆r G⊖ = −RT ln Keq

segue subito che Keq =

KH2 O KCO2

(3)

dove tutte le costanti sono riferite alla stessa temperatura. Per valutare Keq dobbiamo quindi determinare KH2 O e KCO2 dai gradi di dissociazione αH2 O e αCO2 forniti. Per la dissociazione dell’acqua a partire da n0 moli abbiamo il seguente bilancio stechiometrico H2 O(g) n0 − n0 αH2 O

=

H2 (g) n0 αH2 O

+

1 O2 (g) 2 n0 αH2 O /2

da cui segue ntot = n0 (1 + αH2 O /2), e quindi otteniamo le frazioni molari 1 − αH2 O ≃1 1 + αH2 O /2 αH2 O = ≃ αH2 O = 2.2 × 10−4 1 + αH2 O /2 1 αH2 O /2 ≃ αH2 O = 1.1 × 10−4 = 1 + αH2 O /2 2

y H2 O = y H2 y O2

220

dove le approssimazioni fatte sono lecite in quanto αH2 O ≪ 1. Sostituendo tali valori in eq (1) si ottiene KH2 O = 2.31 × 10−6 (p/p⊖ )1/2 Procedendo allo stesso modo per la decomposizione di CO2 si ricava KCO2 = 7.44 × 10−6 (p/p⊖ )1/2 Inserendo tali espressioni nel rapporto eq (3) le pressioni incognite si elidono (i gradi di dissociazione forniti sono riferiti alle stesse condizioni di temperatura e pressione), e quindi ricaviamo Keq = 0.31

• Avrei potuto risolvere il problema se il grado di dissociazione del vapore acqueo fosse stato dato alla temperatura di 1000 K e quello dell’anidride a 1500 K? • Si verifichi che la varianza del sistema all’equilibrio `e pari a F = 4.

221

Esercizio 9.9 Quant’`e la concentrazione di ozono, O3 , nell’aria in assenza di fonti inquinanti? Fare una valutazione sulla base dell’energia libera di formazione ∆f G⊖ (O3 (g), 25◦ C) = 163.2 kJ/mole. (La frazione molare dell’ossigeno nell’aria `e pari a 0.2). Consideriamo la reazione di formazione dell’ozono dall’ossigeno (produzione di 1 mole): 3 O2 (g) = O3 (g) 2 Stabiliamo subito che, essendo l’ossigeno gassoso lo stato di riferimento, per tale reazione si ha ∆r G⊖ (T ) ≡ −1 a T = 298 K. Da tale dato valutiamo la costante di equilibrio ∆G⊖ f (O3 (g), T ) = 163.2 kJ mol ⊖ (T )/RT

Keq (T ) = e− ∆r G

= 2.5 × 10−29

che ci consente di determinare la frazione molare di ozono nell’aria: Keq =

pO3 /p⊖ (pO2 /p⊖ )3/2

pi =pyi

=

(p/p⊖ )−1/2

y O3 3/2 y O2

3/2

=⇒ yO3 = yO2 (p/p⊖ )1/2 Keq = (0.2)3/2 × (1.013)1/2 × 2.5 × 10−29 = 2.2 × 10−30

dove si `e posto p = 1 atm = 1.013 bar. Vediamo quindi che l’ozono `e fortemente sfavorito termodinamicamente rispetto all’ossigeno; tuttavia, in assenza di catalizzatori della sua decomposizione, esso `e ”cineticamente stabile” e pu`o accumularsi negli strati elevati dell’atmosfera tra i 15 e i 25 km di altitudine, dove la sua concentrazione raggiunge anche il 27% in peso...

222

Esercizio 9.10 In un recipiente vuoto, termostatato alla temperatura di 400 K, viene introdotto del n-pentano gassoso che si trasforma parzialmente sia nell’isomero isopentano che nell’isomero neopentano, entrambi gassosi. Sapendo che l’energia libera standard di formazione di n-pentano, isopentano e neopentano alla temperatura di 400 K vale, nell’ordine, 40.2, 34.4 e 37.6 kJ/mole, determinare la composizione del sistema in condizioni di equilibrio supponendo che le deviazioni dal comportamento ideale delle tre specie gassose siano simili. Per semplificare la notazione, stabiliamo le seguenti associazioni: n − pentano ↔ A

,

i − pentano ↔ B

,

neo − pentano ↔ C

Nel contenitore si hanno simultaneamente due reazioni di isomerizzazione (indipendenti) in fase gas 1) A(g) = B(g) 2) A(g) = C(g)

↔ KAB ↔ KAC

con KAB e KAC le rispettive costanti di equilibrio. Dalle energie libere di formazione standard date dal problema ricaviamo le costanti di equilibrio a T = 400 K come segue −RT ln KAB = ∆r G⊖ AB (T ) = −5.8 kJ mol−1 ⇒ KAB = 5.720 −RT ln KAC = ∆r G⊖ AC (T ) = −2.6 kJ mol−1 ⇒ KAC = 2.185 Dobbiamo ora mettere in relazione tali costanti con la concentrazione delle specie in fase gas. Esplicitiamo le due costanti di equilibrio in termini delle fugacit`a delle specie gassose: pB γB ∗ pB yB yB fB /p⊖ = ≃ = = ≡ 5.720 ⊖ fA /p pA γA pA yA 1 − yB − yC fC /p⊖ pC γC ∗ pC yC yC = = ≃ = = ≡ 2.185 fA /p⊖ pA γA pA yA 1 − yB − yC

KAB = KAC

dove per i passaggi ∗ abbiamo semplificato i coefficienti di fugacit`a assumendoli circa uguali: la deviazione dal comportamento ideale `e simile per le tre specie (dato del problema). Disponiamo quindi di un sistema di due equazioni per le due incognite yB e yC che, risolto, porta al seguente risultato: yB =

KAC KAB = 0.642 , yC = = 0.245 , yA = 1 − yB − yC = 0.113 1 + KAB + KAC 1 + KAB + KAC

dove sono stati inseriti i valori delle costanti di equilibrio determinati in precedenza. All’equilibrio la miscela `e quindi formata dall’11.3 % di n-pentano, 64.2 % di i-pentano e 24.5 % neo-pentano. • Qual `e la varianza del sistema?

223

Esercizio 9.11 La pressione dell’ossigeno nell’equilibrio di dissociazione del biossido di manganese 4MnO2 (s) = 2Mn2 O3 (s) + O2 (g) `e di 0.729 bar a 836 K, e di 0.259 bar a 791 K. Quant’`e il calore assorbito per mole di biossido di manganese dissociato? Immaginiamo di fare avvenire la decomposizione del biossido in ambiente termostatato e mantenuto a pressione costante; a pressione costante il calore scambiato con il termostato `e pari alla variazione di entalpia tra lo stato iniziale (grado di avanzamento 0) e lo stato finale (grado di avanzamento ξ). In generale vale p = cost. : q = ∆H =

Z

ξ

0

dξ ′



∂H ∂ξ ′



T,p



Z

0

ξ

dξ ′ ∆r H(ξ ′ )

Nel caso in cui la miscela gassosa sia ideale si verifica facilmente che ∆r H(ξ ′ ) ≡ ∆r H ⊖ , consentendo di portare tale grandezza fuori dall’integrale ottenendo miscela gassosa ideale :

q = ξ ∆r H ⊖

(1)

Per determinare il calore scambiato dobbiamo quindi stabilire di quanto `e avanzata la reazione, cio`e ξ, e quanto vale ∆r H ⊖ alla temperatura in questione. Nota la quantit`a di biossido dissociato otteniamo il corrispondente grado di avanzamento della reazione: ξ=

nMnO2 − n0MnO2 −1 mole = 0.25 moli = νMnO2 −4

(2)

Per valutare il ∆r H ⊖ utilizziamo i valori della pressione di equilibrio dell’ossigeno alle due temperature, correlati l’un l’altro dall’equazione di van’t Hoff integrata, d ln Keq (T ) ∆r H ⊖ (T ) van t Hoff : = dT RT 2 ′

Keq (T2 ) =⇒ ln Keq (T1 ) ∗

∆r H ⊖ 1 1 = − R T1 T2 0.729 pO (T2 ) ∗∗ = ln = 1.035 ≡ ln 2 pO2 (T1 ) 0.259 



dove per il passaggio ∗ si `e assunto che ∆r H ⊖ sia essenzialmente costante nell’intervallo di temperature tra T1 = 791 K e T2 = 836 K, mentre per ∗∗ sono state esplicitare le costanti di equilibrio per la reazione in fase eterogenea, Keq =

Πi aνi i

=

a3Mn2 O3 (s) aO2 (g) a4MnO2 (s)

=

p O2 p⊖

dove ai sono le attivit` a delle specie coinvolte: aMn2 O3 (s) = aMnO2 (s) = 1 in quanto sono specie solide ⊖ pure, e aO2 (g) = pO2 /p assumendo comportamento ideale dell’ossigeno gassoso (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 5). Ricaviamo quindi il valore di ∆r H ⊖ , ∆r H ⊖ 1 1 − K−1 = 1.035 ⇒ ∆r H ⊖ = 126.4 kJ mol−1 (3) −1 −1 8.314 J K mol 791 836 e sostituendo eqs (2) e (3) in eq (1) otteniamo q = 31.6 kJ > 0. Per la dissociazione del biossido di manganese `e quindi necessario fornire calore dall’esterno. 



224

Esercizio 9.12 Bromo molecolare si sviluppa da bromuro rameico secondo la reazione 2CuBr2 (s) = 2CuBr(s) + Br2 (g) Per temperature nel campo 50 ◦ C - 110 ◦ C , la pressione del bromo gassoso all’equilibrio `e descritta dalla relazione ln(p/p⊖ ) = 21.03 − 11642/T Estrapolare la costante di equilibrio, ∆r G⊖ , ∆r S ⊖ e ∆r H ⊖ per la reazione a 25 ◦ C . Il problema fornisce in pratica l’equazione per ln Keq in funzione della temperatura; infatti, per la reazione in esame si ha Keq =

pBr2 p⊖

(i bromuri sono entrambi puri allo stato solido, quindi non entrano nell’espressione di Keq ; si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 5), e quindi l’equazione data dal problema `e riscrivibile come ln Keq (T ) = a − b/T

,

a = 21.03 , b = 11642 K

Tale equazione vale nel campo di temperature tra 50 ◦ C e 110 ◦ C , nel quale si suppone essere stata ricavata sperimentalmente; tuttavia, essendo richiesta una estrapolazione della costante di equilibrio a 25 ◦ C , e in mancanza di ulteriori informazioni, `e lecito applicarla al di fuori di tale campo, assumendo che per temperature non troppo lontane dagli estremi dell’intervallo essa sia ancora valida con buona approssimazione. Quindi, inserendo T = 298 K stimiamo Keq (T = 298 K) = 1.5 × 10−8 Correliamo Keq all’energia libera di reazione standard mediante ∆r G⊖ (T ) = −RT ln Keq (T ) = (−aT + b)R e alla temperatura di 298 K otteniamo il valore ∆r G⊖ (T = 298 K) = (−21.03 × 298 + 11642) K × 8.314 J K−1 mol−1 = 44.7 kJ mol−1 Valutiamo ∆r S ⊖ (T ) derivando l’espressione di ∆r G⊖ (T ) rispetto alla temperatura: ∆r S ⊖ (T ) = −

d ∆r G⊖ (T ) = aR = 175 J K−1 mol−1 dT

Infine, ∆r H ⊖ (T ) = ∆r G⊖ (T ) + T ∆r S ⊖ (T ) = bR = 96.8 kJ mol−1

225

Esercizio 9.13 A 25 ◦ C l’energia libera e l’entalpia standard di formazione di HBr(g) valgono rispettivamente -53.45 kJ mol−1 e -36.40 kJ mol−1 ; alla stessa temperatura, le analoghe quantit`a per Br2 (g) valgono 3.110 kJ mol−1 e 30.907 kJ mol−1 . Si calcoli la costante di equilibrio della seguente reazione di decomposizione a 1000 K 1 1 HBr(g) = Br2 (g) + H2 (g) 2 2 Assumendo comportamento ideale della fase gassosa, si valuti la percentuale di HBr che risulta dissociato alla temperatura di 1000 K, all’interno di un contenitore in cui sia stato inizialmente introdotto solo l’acido. Indichiamo con T1 = 298 K la temperatura alla quale sono riferiti i dati termodinamici forniti, e con T2 = 1000 K la temperatura alla quale viene instaurato l’equilibrio. La costante di equilibrio richiesta `e ottenibile mediante ⊖ (T )/RT 2 2

Keq (T2 ) = e− ∆r G

(1)

e quindi dobbiamo in primo luogo valutare ∆r G⊖ (T2 ). A tale scopo ricorriamo alla relazione di GibbsHelmholtz nella seguente forma d( ∆r G⊖ (T )/T ) = ∆r H ⊖ (T ) d(1/T ) e integriamo tale relazione tra le temperature T1 e T2 , assumendo (in mancanza di informazioni ulteriori) che ∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T1 ) sia essenzialmente costante in tale intervallo; si ottiene quindi 1 ∆r G⊖ (T1 ) 1 ∆r G⊖ (T2 ) − = ∆r H ⊖ (T1 ) − T2 T1 T2 T1 



e riarrangiando ∆r G⊖ (T2 ) = ∆r G⊖ (T1 )

T2 T2 + ∆r H ⊖ (T1 ) 1 − T1 T1 



(2)

Dai dati forniti, applicando la legge di Hess otteniamo 1 ⊖ −1 ∆G⊖ f (Br2 (g), T1 ) − ∆Gf (HBr(g), T1 ) = 55.005 kJ mol 2 1 ∆r H ⊖ (T1 ) = ∆Hf⊖ (Br2 (g), T1 ) − ∆Hf⊖ (HBr(g), T1 ) = 51.854 kJ mol−1 2 ∆r G⊖ (T1 ) =

in cui si `e tenuto conto del fatto che l’idrogeno gassoso `e lo stato di riferimento a 298 K. Sostituendo tali valori in eq (2) ricaviamo ∆r G⊖ (T2 ) = 62.428 kJ mol−1 e inserendo in eq (1) si ha infine (

62.428 × 103 J mol−1 Keq (T2 ) = exp − 8.314 J K−1 mol−1 × 1000 K

)

= e−7.51 = 5.5 × 10−4

226

Per determinare il grado di dissociazione dell’acido consideriamo il seguente bilancio stechiometrico, sapendo che nel sistema sono inizialmente presenti solo n0 moli di HBr: 1 1 HBr(g) = Br2 (g) + H2 (g) 2 2 n0 − n0 α n0 α/2 n0 α/2 dove α indica il grado di dissociazione. Il numero totale di moli presenti nel sistema `e quindi costante, ntot = n0 , e le frazioni molari risultano yHBr = 1 − α , yBr2 = yH2 = α/2 dalle quali otteniamo le pressioni parziali pHBr = p(1 − α) , pBr2 = pH2 = pα/2 con p la pressione totale. In condizioni di equilibrio le pressioni parziali devono soddisfare al vincolo imposto dalla costante di equilibrio, cio`e 1/2 1/2

Keq (T2 ) =

p p α/2 (pBr2 /p⊖ )1/2 (pH2 /p⊖ )1/2 = Br2 H2 = ≡ 5.5 × 10−4 ⊖ pHBr /p pHBr 1−α

dove si `e assunto che la miscela abbia comportamento ideale (fugacit`a ≡ pressioni parziali). Dall’ultima uguaglianza ricaviamo il valore di α Equilibrio a 1000K :

α = 1.1 × 10−3

cio`e l’acido risulta dissociato per lo 0.11 %. • Si verifichi che, per tale sistema preparato partendo da HBr(g) puro, la varianza `e pari a F = 2. Quanti e quali vincoli sulle variabili di composizione entrano nel conteggio dei componenti indipendenti?

227

Esercizio 9.14 Calcolare la pressione parziale dell’idrogeno atomico a 2000 K e 1 bar di pressione in presenza della reazione H2 (g) = 2H(g). Sono noti i seguenti dati: ∆r H ⊖ (298 K) = 0.21799 kJ mole−1 , ∆r S ⊖ (298 K) = 49.35 J K−1 mole−1 ; la capacit`a termica di H2 gassoso si stima costante con la temperatura e pari a 31 J K−1 mole−1 ; la capacit`a termica di H gassoso si stima costante e pari a 3R/2. Per la reazione in esame la costante di equilibrio `e data da Keq =

p2H (pH /p⊖ )2 ≡ pH2 /p⊖ (p − pH )p⊖

dove per l’ultimo passaggio si `e considerato che pH2 = p − pH . Da tale espressione otteniamo l’equazione di algebrica di secondo grado p2H + pH (p⊖ Keq ) − pp⊖ Keq = 0, per la quale si ha la seguente radice significativa: pH = −

1q ⊖ p⊖ Keq + (p Keq )2 + 4pp⊖ Keq 2 2

(∗)

Per determinare pH dobbiamo prima valutare la costante di equilibrio, alla temperatura T = 2000 K, mediante Keq (T ) = e−∆r G

⊖ (T )/RT

,

∆r G⊖ (T ) = ∆r H ⊖ (T ) − T ∆r S ⊖ (T )

I dati termodinamici a disposizione sono per`o riferiti alla temperatura T0 = 298 K. Per valutare ∆r H ⊖ (T ) e ∆r S ⊖ (T ) adottiamo l’approssimazione di Kirchhoff (vedi esercizio 4.2) che consiste nel ⊖ porre ∆r c⊖ p (T ) ≃ ∆r cp (T0 ) costante al variare della temperatura. Integrando rispetto alla temperatura tra T0 di rifeimento e T , si ottiene ∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T0 ) + (T − T0 )∆r c⊖ p (T0 ) T ∆r S ⊖ (T ) ≃ ∆r S ⊖ (T0 ) + ∆r c⊖ p (T0 ) ln T0 Dai dati forniti ricaviamo il valore 

⊖ ⊖ ∆r c⊖ p (T0 ) = 2cp (H(g), T0 ) − cp (H2 (g), T0 ) = 2 ×

3 × 8.314 − 31 2



J K−1 mole−1 = −6.1 J K−1 mole−1

con cui stimiamo ∆r H ⊖ (T ) = [217.99 + (2000 − 298) × (−6.1)]J mol−1 = −10164 J mol−1 e ∆r S ⊖ (T ) = [49.35+(−6.1)×ln(2000/298)]J K−1 mol−1 = 37.74 J K−1 mol−1 . Da questi valori si ottiene ∆r G⊖ (T ) = (−10164 − 2000 × 37.74) J mol−1 = −85644 J mol−1 , e quindi Keq (T ) = exp[85644/(8.314 × 2000)] = 172.5. Inserendo questo valore nell’espressione (∗), con p = p⊖ = 1 bar, si arriva al risultato pH = 0.994 bar all’equilibrio (cio`e l’idrogeno `e essenzialmente presente in forma dissociata alla temperatura di 2000 K).

228

Esercizio 9.15 A 1 bar di pressione e 25 ◦ C i calori di combustione di grafite, idrogeno e benzene liquido sono rispettivamente pari a 94.20, 68.31 e 783.4 kcal per mole. L’entropia molare a 1 bar e 25 ◦ C `e pari a 1.36 cal K−1 mol−1 per la grafite, 31.23 cal K−1 mol−1 per l’idrogeno, e 41.50 cal K−1 mol−1 per il benzene liquido. A quale fugacit`a dell’idrogeno sarebbero in equilibrio benzene liquido e grafite a 25 ◦ C in presenza di un catalizzatore in grado di decomporre il benzene esclusivamente in grafite e idrogeno? Consideriamo l’equilibrio al quale siamo interessati (nell’ipotesi che un opportuno catalizzatore consenta che esso si instauri): C6 H6 (l) = 6C(s) + 3H2 (g)

(∗)

La fugacit`a dell’idrogeno entra nell’espressione della costante di equilibrio alla temperatura in esame T0 = 298 K:   ⊖ f H2 3 Keq = ≡ e− ∆r G (T0 )/RT0 ⊖ p Per ottenere fH2 dobbiamo quindi valutare ∆r G⊖ (T0 ) dai calori di combustione e dalle entropie molari standard delle tre sostanze. Il calore di combustione di una sostanza `e definito come la quantit`a di calore che si sviluppa dall’ossidazione di 1 mole della sostanza con produzione di H2 O(l) e CO2 (g) (ed eventualmente anche N2 (g) se `e presente azoto nella sostanza); la reazione si intende in condizioni di temperatura/pressione standard. Il segno del calore di combustione `e quindi determinato dal punto di vista dell’ambiente esterno che lo assorbe: per ottenere l’entalpia standard di combustione, cio`e il ∆r H ⊖ della reazione, si prende il calore di combustione con il segno invertito. Su tali premesse, consideriamo le tre reazioni di combustione e le rispettive entalpie di reazione standard a T0 in unit`a di misura del Sistema Internazionale (ricordare che 1 cal corrisponde a 4.186 J): C(s) + O2 (g) = CO2 (g) ∆r H ⊖ 1) = −394.32 kJ mol−1 1 ∆r H ⊖ 2) = −285.94 kJ mol−1 H2 (g) + O2 (g) = H2 O(l) 2 15 C6 H6 (l) + O2 = 6CO2 (g) + 3H2 O(l) ∆r H ⊖ 3) = −3279.31 kJ mol−1 2 Si vede che l’opportuna combinazione di tali reazioni fornisce la (∗): si inverte la prima reazione moltiplicandone i coefficienti per 6, si inverte la seconda moltiplicando i coefficienti per 3, e si somma la terza; questo porta ad avere il ∆r H ⊖ della reazione in esame espresso come ∆r H ⊖ (T0 ) = −6 ∆r H ⊖ 1) − 3 ∆r H ⊖ 2) + ∆r H ⊖ 3) = −55.57 kJ mol−1

Valutiamo ora ∆r S ⊖ (298 K) per la reazione in esame dalle entropie molari fornite: ∆r S ⊖ (T0 ) = 6S ⊖ (C(s), T0 ) + 3S ⊖ (H2 (g), T0 ) − S ⊖ (C6 H6 (l), T0 ) = 252.62 J K−1 mol−1

Da questi dati si ottiene ∆r G⊖ (T0 ) = ∆r H ⊖ (T0 ) − T0 ∆r S ⊖ (T0 ) = (−55570 − 298 × 252.62) J mol−1 = −130.9 kJ mol−1 , da cui ricaviamo Keq = 8.7 × 1022 . Estraendo la radice cubica si ottiene infine la fugacit`a dell’idrogeno gassoso all’equilibrio con grafite e benzene, pari a fH2 = 4.4 × 107 bar.

229

Esercizio 9.16 In un recipiente munito di pistone mobile, su cui agisce una pressione esterna costante di 1 bar, vengono introdotti ferro solido e acqua e viene aspirata l’aria inizialmente contenuta. Tale sistema viene quindi termostatato prima a 900 ◦ C e successivamente a 1025 ◦ C , attendendo in entrambi i casi che si instauri l’equilibrio di reazione Fe(s) + H2 O(g) = FeO(s) + H2 (g) L’analisi della miscela gassosa rivela che, all’equilibrio, la pressione parziale di idrogeno vale 427 Torr a 900 ◦ C e 450 Torr a 1025 ◦ C . Ricavare il ∆r S ⊖ per tale reazione a 1025 ◦ C . Esplicitiamo la forma della costante di equilibrio per la reazione in esame, Keq (T ) =

p H2 p H2 pH2 /p⊖ ∗ = = ⊖ pH2 O /p p H2 O p − p H2

dove si `e assunto comportamento ideale della miscela gassosa, e in cui le attivit`a del ferro e dell’ossido sono state poste uguali a 1 (solidi allo stato puro); per il passaggio ∗ si `e tenuto conto del fatto che la pressione totale `e fissata, quindi pH2 O = p − pH2 . Inserendo i valori delle pressioni parziali dell’idrogeno alle due temperature T1 = 1173 K (900 ◦ C ) e T2 = 1298 K (1025 ◦ C ), e facendo la conversione p = 1 bar ≡ 760 Torr/1.013 = 750 Torr, ricaviamo Keq (T1 ) = 1.322 , Keq (T2 ) = 1.500 Correliamo tali valori alle energie libere standard di reazione come segue ∆r G⊖ (T1 ) = −RT1 ln Keq (T1 ) = −2722 J mol−1 ∆r G⊖ (T2 ) = −RT2 ln Keq (T2 ) = −4376 J mol−1 Per valutare l’entropia standard di reazione sfruttiamo la seguente relazione differenziale ∆r S ⊖ (T ) = −

d ∆r G⊖ (T ) dT

che, sotto l’assunzione che ∆r S ⊖ (T ) sia debolmente dipendende dalla temperatura tra T1 e T2 , porta a stimare ∆r S ⊖ (T2 ) ≃ −

∆r G⊖ (T2 ) − ∆r G⊖ (T1 ) = 13.2 J K−1 mol−1 T2 − T1

230

Esercizio 9.17 Riportare il numero C dei componenti indipendenti, il numero F dei gradi di libert`a (varianza) e proporre un gruppo conveniente di variabili interne indipendenti per ciascuno dei seguenti sistemi: a) H2 e O2 sciolti in acqua ed in equilibrio con la fase gassosa; b) vapore d’acqua riscaldato a temperature molto alte, ove sono presenti anche le specie H2 , O2 , O e H; c) una miscela arbitraria di idrogeno e ossigeno alla stessa temperatura di b). La Regola delle Fasi Prima di considerare i tre casi specifici definiamo la ”varianza” di un sistema, F , in termini generali, e poi consideriamone il calcolo per la categoria particolare di sistemi in cui tutte le specie chimiche sono ripartite tra le varie fasi coesistenti. La varianza `e il numero di variabili intensive che posso variare indipendentemente le une dalle altre (entro certi limiti) senza alterare lo stato fisico del sistema; le rimanenti variabili risultano univocamente fissate. La varianza `e quindi sinonimo di ”gradi di libert`a” del sistema. Nei casi generali (si veda ad esempio l’esercizio no. 18) per determinare F occorre una analisi dettagliata del sistema. Qui trattiamo la situazione in cui tutte le specie sono presenti in ognuna delle fasi, e ricaviamo la cosiddetta ”Regola delle Fasi” dovuta a J. W. Gibbs: F = C + 2 − P

(1)

dove: C ... numero di componenti indipendenti; P ... numero di fasi presenti; Nella relazione (1) il termine difficile da quantificare `e C; per dargli un significato non ambiguo nel caso in cui siano presenti equilibri di reazione e/o vincoli stechiometrici ricaviamo eq (1) nel caso generale, sotto l’unica assunzione che N specie chimiche siano ripartite tra tutte le P fasi. Identifichiamo il gruppo minimo di variabili intensive necessarie per specificare lo stato del sistema: Variabili intensive :

T , p, (N − 1) × P frazioni molari

dove T e p vanno intese come variabili intensive controllabili dall’esterno, mentre le frazioni molari sono considerate variabili interne; per definire la composizione del sistema occorre specificare N − 1 frazioni molari per ogni fase, quindi in totale sono necessarie (N − 1) × P variabili di composizione. [Occorre tenere presente che le variabili intensive possono essere combinate tra loro per ottenere la rappresentazione pi` u conveniente; ad esempio, `e equivalente specificare p + il set di frazioni molari in fase gas, e specificare p + il set di pressioni parziali...]. In totale abbiamo • n◦ di variabili intensive = 2 + (N − 1)P Per determinare la varianza dobbiamo sottrarre da tale numero di variabili il numero di equazioni che le correlano (vincoli); il risultato `e pari al numero delle variabili specificabili indipendentemente dalle altre (gradi di libert`a del sistema). Le equazioni alle quali le variabili devono soddisfare sono le seguenti: ♦ N specie ripartite tra le P fasi =⇒ N × (P − 1) equilibri di ripartizione che implicano altrettante uguaglianze tra i potenziali chimici; 231

♦ R equilibri chimici indipendenti tra le specie =⇒ R equazioni (costanti di equilibrio); ♦ S vincoli stechiometrici relativi alle variabili di concentrazione =⇒ S equazioni (bilanci stechiom.). Sommando i numeri di vincoli otteniamo • n◦ di vincoli = N (P − 1) + R + S e quindi F = n◦ di variabili intensive − n◦ di vincoli = (N − R − S) + 2 − P Per confronto con eq (1) possiamo dare quindi il seguente significato al numero di componenti indipendenti C = N −R−S

(2)

e vediamo che esso si riduce al numero delle specie chimiche solo in assenza di equilibri chimici e di vincoli stechiometrici tra di esse. Rimane da specificare l’espressione usata sopra ”equilibri chimici indipendenti” a proposito di R: nel loro conteggio vanno esclusi gli equilibri associati a reazioni date da combinazioni di altre. Negli esempi seguenti verranno chiariti i vari punti.

Caso a) In figura `e rappresentato il sistema in questione.

a) gas

H2 (g)

O2 (g)

H2O (g)

O2 (acq)

H2O (l)

liq.

H2 (acq)

Identifichiamo subito N = 3 per le specie chimiche presenti: H2 , O2 e H2 O (ripartite tra le due fasi); inoltre si ha R = 0 (non si hanno reazioni chimiche tra le specie) e S = 0 (nessun vincolo stechiometrico sulle concentrazioni). Pertanto da eq (2) otteniamo il seguente numero di componenti indipendenti N =3 , R=0 , S=0

⇒ C=3 232

Essendo P = 2 il numero delle fasi (liquida e gas), da eq (1) segue F = 3+2−2 = 3 Che significato dare a tale risultato? Elenchiamo in primo luogo le variabili intensive necessarie per specificare lo stato del sistema: variabili intensive :

T , p, xH2 , xO2 , yH2 , yO2

(3)

Avere determinato F = 3 implica che solo a 3 di tali variabili possiamo assegnare un valore arbitrario (entro certi limiti). In particolare, possiamo variare indipendentemente al massimo 3 variabili interne; ad esempio, queste potrebbero essere le seguenti frazioni molari variabili interne indipendenti :

(

fase liquida : xH2 , xO2 fase gassosa : yH2

Attribuendo ad esse dei valori, risultano univocamente determinate le rimanenti frazioni molari e i valori di T e p. Oppure: se fissiamo T , p e una delle variabili interne, ad esempio xH2 nella fase liquida, allora le rimanenti variabili intensive del gruppo eq (3), cio`e xO2 , yH2 e yO2 , risultano univocamente determinate. Proviamo a renderci conto di tale fatto cercando di impostare un sistema di equazioni che consenta di ricavare tali incognite da T , p e xH2 dati. Per semplicit`a facciamo l’ipotesi che la fase gassosa abbia comportamento ideale, e che per la fase liquida siano applicabili la legge di Raoult per il solvente H2 O e la legge di Henry per i soluti diluiti H2 e O2 . Alla temperatura scelta risultano specificate la tensione di vapore dell’acqua pura, p∗H2 O (T ), e le due costanti di Henry, KH2 (acq) (T ) e KO2 (acq) (T ). Consideriamo le espressioni delle pressioni parziali delle tre specie in fase gassosa, pH2 = KH2 (acq) xH2 pO2 = KO2 (acq) xO2 pH2 O = p∗H2 O xH2 O = p∗H2 O (1 − xH2 − xO2 ) Sommando le pressioni parziali otteniamo la pressione totale, che risulta essere una funzione p = p(xH2 , xO2 ). Avendo assegnato anche il valore di p, nota xH2 ricaviamo da tale equazione l’incognita xO2 . Disponendo ora delle tre frazioni molari in fase liquida possiamo valutare le tre pressioni parziali utilizzando le relazioni date sopra, e valendo pi = p yi ricaviamo anche le tre frazioni molari in fase gas.

Caso b) Nella seguente figura `e rappresentata la preparazione del sistema in questione:

233

b) gas

gas H2O (g)

H2O (g)

stato iniziale a T bassa

H2 (g)

O2 (g)

H (g)

O (g)

stato finale a T elevata

Identifichiamo subito N = 5 specie chimiche. Inoltre, nel sistema si hanno i seguenti equilibri chimici indipendenti 1 H2 O(g) = H2 (g) + O2 (g) 2 H2 (g) = 2H(g) O2 (g) = 2O(g) e quindi R = 3. Alle tre reazioni scritte potremmo pensare di aggiungere, ad esempio, anche la seguente H2 O(g) = 2H(g) + O(g) ma questa reazione `e ottenibile come combinazione lineare delle tre precedenti, quindi non porta nuovi vincoli e non deve essere considerata (come altre simili che potremmo scrivere) nel conteggio di R. Infine, tenendo presente che si parte da H2 O(g) pura che poi si decompone (vedere la figura), dobbiamo considerare anche il vincolo stechiometrico sulle quantit`a totali di idrogeno e di ossigeno (quantit` a espresse in termini di moli totali di atomi H e O presenti come tali o in forma di idrogeno e ossigeno molecolari) da essa generate in rapporto 2:1, e pertanto S = 1. Volendo tradurre il vincolo stechiometrico in forma di equazione si parte dal bilancio di materia sopra esposto, cio`e 2nH2 + nH = 2 (2nO2 + nO ) e dividendo per il numero totale di moli presenti si ha 2yH2 + yH = 4yO2 + 2yO che `e l’equazione cercata. Da quanto stabilito, il numero di componenti indipendenti risulta pari a N =5 , R=3 , S=1

⇒ C=1

ed essendo P = 1 (solo fase gassosa) si ottiene infine F = 1+2−1 = 2 Tale risultato implica che solo due delle variabili intensive, scelte tra T , p e le frazioni molari delle specie, possono essere variate indipendentemente (entro certi limiti...). In particolare possiamo stabilire 234

indipendentemente il valore di due frazioni molari al massimo. Quali variabili interne possiamo ad esempio scegliere variabili interne indipendenti :

y O2 , y H2

• Si rifletta su quanto determinato: C = 1 e F = 2. La presenza dell’equilibrio chimico e del vincolo stechiometrico rende le concentrazioni delle specie fortemente correlate, e il sistema si comporta come se fosse un’unica specie gassosa ”H2 O” nonostante la dissociazione (C = 1). Tale sistema ha inoltre varianza 2, proprio come una sostanza pura in fase gas.

Caso c) Il sistema `e rappresentato in figura:

c) gas

H2O (g) H2 (g)

O2 (g)

H (g)

O (g)

La temperatura `e la stessa del caso b), quindi sono presenti le stesse stesse specie chimiche in equilibrio, ma a differenza di b) il sistema non `e preparato partendo da H2 O pura bens`ı da idrogeno e ossigeno in quantit`a arbitraria; ci` o significa che non si ha pi` u il vincolo stechiometrico eq (4) e pertanto N =5 , R=3 , S=0

⇒ C=2

Essendo P = 1 risulta quindi F = 2+2−1 = 3 Al massimo sono quindi variabili indipendentemente 3 tra le frazioni molari; quale gruppo di variabili interne indipendenti possiamo convenientemente adottare le frazioni molari delle specie molecolari: variabili interne indipendenti :

y O2 , y H2 , y H2 O

• Si `e pi` u volte affermato che i valori di F variabili intensive sono assegnabili (indipendentemente) entro certi limiti. Che significato ha questo ”entro certi limiti”? Si diano alcuni esempi...

235

• Cosa cambia, nella derivazione della Regola delle Fasi data sopra, se non tutte le N specie chimiche sono ripartite tra le P fasi? Si immaginino dei sistemi che rispecchiano tale situazione, e si provi a determinarne la varianza e il set opportuno di variabili interne indipendenti (si veda in merito anche l’esercizio no. 18).

236

Esercizio 9.18 Del carbonato di calcio viene posto in un contenitore, e poi portato ad elevata temperatura instaurando l’equilibrio CaCO3 (s) = CaO(s) + CO2 (g) Si determini la varianza del sistema nei casi in cui a) nel contenitore venga inizialmente fatto il vuoto, e b) nel contenitore sia presente N2 (g) inerte. Si osservi in primo luogo che la Regola delle Fasi di Gibbs non `e applicabile al caso in esame, in quanto le tre specie chimiche non sono presenti in tutte le fasi, anzi siamo nel caso limite in cui ogni specie forma una fase a s´e stante e non c’`e mescolamento: CaCO3 (s) e CaO(s) costituiscono due fasi solide immiscibili (pure) e CO2 (g) `e presente solo in fase gassosa. Per determinare la varianza del sistema possiamo ignorare i due solidi puri (purch´e siano presenti nel sistema!), in quanto ad essi non viene associata una variabile di composizione. Consideriamo i due casi. a) CO2 (g) pura in fase gas. Le variabili intesive necessarie per specificare il sistema sono solo due: T e p ≡ pCO2 ,eq . Tenendo presente la condizione di equilibrio chimico, se viene specificata la temperatura allora la pressione `e determinata (e viceversa); pertanto il sistema ha varianza 1. Infatti, assumendo comportamento ideale della fase gas la costante di equilibrio `e data da pCO2 ,eq Keq (T ) = p⊖ e correla in modo univoco pCO2 ,eq a T . Applicando una pressione maggiore si sposta la reazione verso la formazione irreversibile del carbonato (quindi viene soppressa la fase gassosa o si consuma tutto l’ossido se `e presente in difetto), mentre se il sistema viene mantenuto costantemente ad una pressione inferiore tutto il carbonato si decompone: in entrambi i casi, mantenendo una pressione diversa da pCO2 ,eq (T ) il sistema viene alterato sopprimendo una fase. Per convincersi di ci`o in altro modo si pu`o esprimere l’energia libera di reazione per il processo: ∆r G = ∆r G⊖ + RT ln(p/p⊖ ) in cui si `e gi`a tenuto conto del fatto che in fase gas c’`e solo la CO2 . Se realizzo la condizione p = pCO2 ,eq si `e all’equilibrio in quanto ∆r G = 0, se invece mantengo p > pCO2 ,eq si ha che ∆r G > 0 e il processo procede irreversibilmente con formazione del carbonato, mentre se mantengo p < pCO2 ,eq risulta ∆r G < 0 e il processo procede irreversibilmente con decomposizione del carbonato. b) CO2 (g) + N2 (g) in fase gas. Le variabili intensive necessarie per specificare il sistema sono ora tre: T , p e yCO2 (oppure yN2 ). L’equilibrio chimico impone che, scelta T , sia determinata pCO2 . Dato per`o che pCO2 ,eq = p yCO2 , posso variare indipendentemente p oppure yCO2 per realizzare il valore di pCO2 ,eq imposto. Quindi il sistema ha varianza 2: scegliendo ad esempio T e p si ha che yCO2 risulta automaticamente determinata.

237

ESERCIZI DA SVOLGERE Esercizio 9.19 Determinare la temperatura alla quale la pressione di equilibrio pCO2 dell’anidride carbonica sopra CaCO3 (s) `e di 105 Pa, noto che essa `e 13332 Pa a 1035 K, e che il calore della reazione CaCO3 (s) = CaO(s) + CO2 (g) `e di 167.91 kJ/mole. Risultato: 1154 K.

Esercizio 9.20 Una certa quantit` a di PCl5 gassoso, introdotta in un recipiente vuoto alla temperatura di 200 ◦ C , `e dissociata per il 40% in PCl3 e Cl2 gassosi quando la pressione totale `e di 1 bar. Calcolare la percentuale di PCl5 dissociato, a tale temperatura, quando la pressione totale `e di 0.5 bar. Risultato: 52 %

Esercizio 9.21 In un cilindro munito di pistone viene fatto il vuoto e poi introdotta 1 mole di N2 O4 gassoso, che si decompone secondo la reazione N2 O4 (g) = 2NO2 (g) In condizioni di equilibrio, alla temperatura di 298.15 K e alla pressione di 0.5 bar sono presenti 0.525 moli di NO2 . Supponendo che il comportamento della miscela gassosa sia ideale, calcolarne la composizione se il sistema viene compresso isotermicamente fino a portare la pressione a 1 bar. Risultato: 32 % di NO2 , 68 % di N2 O4 . Suggerimento: si ricavi e si utilizzi la seguente espressione per la costante di equilibrio, 4α2 p Keq = 2 1 − α p⊖ in cui α `e il grado di dissociazione di N2 O4 . Mentre Keq (T ) dipende solo dalla temperatura, e quindi rimane invariata, il valore di α dipende dalla pressione applicata... Qual `e la varianza di tale sistema? 



238

Esercizio 9.22 ` possibile che nei polmoni Chi fuma al bordo di una piscina inala sia ossido di carbonio che cloro. E avvenga la reazione che porta alla formazione di fosgene? (CO + Cl2 = COCl2 ). Assumere pCO = pCl2 = 10−5 atm; le energie libere di formazione in kJ/mole valgono -164.1 per l’ossido di carbonio e -288.7 per il fosgene. Risultato: la risposta `e affermativa. Per convincersene, si provi a verificare che per tale reazione a 25 ◦ C risulta ∆r G < 0 fino a pressioni elevatissime di fosgene, quindi la sua formazione del composto tossico `e possibile nell’ambiente polmonare.

239

Esercizio 9.23 In un serbatotio introduco 3 moli di H2 e 3 moli di Br2 gassosi, e porto la temperatura a 1000 K instaurando l’equilibrio con l’acido bromodrico. Qual `e la varianza del sistema?

240

Capitolo 10

Elettrochimica: equilibri in soluzione e celle elettrochimiche

241

Esercizio 10.1 A 25 ◦ C la solubilit`a in acqua di AgCl(s) espressa in molalit`a `e di 1.3× 10−5 moli/kg. Di quanto varia la solubilit`a dell’argento cloruro in seguito all’aggiunta di 0.1 moli di NaNO3 per kilogrammo di solvente? Stimare i coefficienti di attivit`a degli ioni secondo l’equazione di Debye-H¨ uckel √ log10 γ± = −0.509|z + z − | I dove I =

1 2

P

2 i mi zi

`e la forza ionica della soluzione.

La reazione di dissociazione del sale `e la seguente, AgCl(s) = Ag+ (acq) + Cl− (acq) alla quale `e associato il prodotto di solubilit`a ⊖ /RT

Ks (T ) = e− ∆r G

= aAg+ (acq) aCl− (acq)

A temperatura fissata, la costante termodinamica Ks (T ) `e invariante rispetto al cambio di forza ionica della soluzione, mentre ne risentono le due attivit`a. Per gli ioni, secondo la convenzione sui soluti in soluzioni diluite, abbiamo aAg+ (acq) =

mAg+ m γ± ≡ ⊖ γ± m⊖ m

,

aCl− (acq) =

mCl− m γ± ≡ ⊖ γ± m⊖ m

dove γ± `e il coefficiente di attivit`a medio associato alla coppia di ioni, e m `e la concentrazione molale di 0 la solubilit` a e il coefficiente di attivit`a in acqua, AgCl in soluzione (solubilit`a). Indicando con m0 e γ± l’invarianza di Ks implica 

m γ± m⊖

2

=

m0 0 γ m⊖ ±

!2

m0 0 m γ± = ⊖ γ± ⊖ m m

=⇒

e quindi m = m0

0 γ± γ±

(1)

0 utilizziamo il modello di Debye-H¨ Per deterninare γ± e γ± uckel:

γ± = 10−0.509 |z

+z − |

√ I

, I=

1X mi zi2 2 i

in cui z + e z − sono le cariche degli ioni (in unit`a di carica |e|) della coppia alla quale `e riferito γ± , e I `e la forza ionica del mezzo nella cui espressione entrano le molalit`a e le cariche di tutti gli ioni in soluzione (compresi quelli della coppia in esame). Per i due casi (dissoluzione in acqua pura e in soluzione di NaNO3 ) abbiamo Acqua pura : I =

√ 1 0 0 × 2 × (m0 × 1) = m0 =⇒ γ± = 10−0.509 m ≃ 1 2

1 × 2 × (mNaNO3 × 1) + 2 + contributo di Ag+ e Cl− trascurabile ≃ mNaNO3 √ =⇒ γ± = 10−0.509 mNaNO3 = 0.69

Soluz. NaNO3 0.1 molale : I =

242

Inserendo tali valori in eq (1) otteniamo infine m = 1.3 × 10−5 moli kg−1 ×

1 = 1.9 × 10−5 moli kg−1 > m0 0.69

Vediamo quindi che l’aumento di forza ionica dovuto all’aggiunta di nitrato comporta un incremento della solubilit`a del cloruro di argento; tale effetto `e noto come effetto sale. • Cosa cambia, nella derivazione e nel risultato, se invece di NaNO3 si aggiunge NaCl ? (effetto ione comune).

243

Esercizio 10.2 Si consideri una soluzione acquosa di NaCl nelle condizioni in cui vale la seguente espressione per il coefficiente di attivit`a medio ln γ± = −a m1/2 dove a `e una costante e m `e la molalit`a del sale nella soluzione. Determinare la dipendenza da m del coefficiente di attivit`a dell’acqua. Le specie in soluzione sono Cl− (acq), Na+ (acq) e il solvente H2 O(l). A temperatura e pressione fissate, i loro coefficienti di attivit`a (riferiti alle rispettive convenzioni sui potenziali chimici) sono correlati dalla relazione di Gibbs-Duhem: X

ni dµi = 0

i

con ni i numeri di moli dei componenti; estesamente, nNa+ (acq) dµNa+ (acq) + nCl− (acq) dµCl− (acq) + nH2 O(l) dµH2 O(l) = 0

(1)

Esplicitiamo i potenziali chimici da inserire in eq (1): mNa+ µNa+ (acq) = µ⊖ Na+ (acq) + RT ln m⊖ γ± mCl− µCl− (acq) = µ⊖ Cl− (acq) + RT ln m⊖ γ± µH2 O(l) = µ⊖ H2 O(l) + RT ln xH2 O γH2 O dove per gli ioni `e stata adottata la convenzione sui soluti in soluzioni diluite, con γ± il coefficiente di attivit`a medio associato alla coppia Na+ e Cl− , mentre per H2 O `e stata adottata la convenzione del componente in largo eccesso (solvente) in soluzione. Adottando tali forme nei differenziali in eq (1), e tenendo presente che valgono le relazioni mNa+ = mCl− ≡ m (molalit`a del sale completamente dissociato) e nNa+ = nCl− ≡ nNaCl , si arriva a m 2nNaCl d ln γ± m⊖ 



+ nH2 O d ln(xH2 O γH2 O ) = 0



+ xH2 O d ln(xH2 O γH2 O ) = 0

e quindi 2xNaCl d ln



m γ± m⊖

(2)

La frazione molare del sale e del solvente sono correlate l’una all’altra dalla seguente relazione (esatta) xNaCl = m xH2 O MH2 O

(3)

dove MH2 O `e la massa molare del solvente espressa in kg/mole. [• Come si ricava eq (3)?]. Sostituendo eq (3) in eq (2), e semplificando xH2 O , otteniamo 2mMH2 O d ln



m γ± m⊖



+ d ln(xH2 O γH2 O ) = 0

da cui d ln(xH2 O γH2 O ) = −2m MH2 O d ln



m γ± m⊖



(4) 244

Notiamo che, a T e p fissate, le grandezze xH2 O , γH2 O e γ± dipendono solo dalla molalit`a m del sale. In particolare, possiamo sviluppare il differenziale al secondo membro di eq (4) differenziando rispetto a m ottenendo T, p fissate :

m d ln γ± m⊖ 



dm = + m



∂lnγ± ∂m



dm

T,p

e sostituendo in eq (4) si ha d ln(xH2 O γH2 O ) = −2 MH2 O

∂ ln γ± 1+m ∂m





dm

(5)

Integriamo ora i due membri di eq (5) tra il valore m = 0 (solvente puro), al quale corrispondono xH2 O (m = 0) = 1 e γH2 O (m = 0) = 1, e un valore generico di molalit`a; si ottiene ln(xH2 O γH2 O ) = −2 MH2 O m − 2 MH2 O

Z

0

m

dm′ m′

∂ ln γ± ∂m′

(6)

Per esplicitare la derivata di ln γ± nell’integrale ricorriamo alla relazione data dal problema, ln γ± = −a (m′ )1/2 =⇒

a ∂ ln γ± =− =⇒ ′ ∂m 2(m′ )1/2

Z

0

m

dm′ m′

a ∂ ln γ± = − m3/2 ′ ∂m 3

Sostituendo tale risultato in eq (6), e adottando l’approssimazione xH2 O ≃ 1 (soluzione diluita) nel logaritmo al primo membro, si arriva al risultato ln γH2 O ≃ MH2 O



2 −2m + am3/2 3



Si osservi che, correttamente, ln γH2 O tende a 0 (cio`e γH2 O tende a 1) per m → 0.

245

Esercizio 10.3 Nel processo di disinfezione delle acque superficiali con cloro gassoso si sfrutta la formazione dell’agente disinfettante acido ipocloroso, HOCl, grazie all’equilibrio Cl2 (g) + H2 O(l) = HOCl(acq) + H+ (acq) + Cl− (acq) Sulla base dei seguenti dati termodinamici riferiti a 25 ◦ C , Cl− (acq) HOCl(acq) H2 O(l)

∆G⊖ f (kJ/mole) −131.23 −79.05 −237.13

si verifichi che il processo `e realizzabile insufflando cloro alla pressione di 1 bar in un’acqua a pH = 7 mantenuto costante, e con concentrazione di cloruri inizialmente presenti pari a 10 mg/litro (il P.A. del cloro `e 35.45 gr/mole). Assumere comportamento ideale di tutte le specie nel sistema. Il problema `e traducibile nel verificare che, nelle condizioni specificate, la reazione di formazione dell’acido ipocloroso avviene spontaneamente (fino a produrre concentrazioni rilevanti dell’agente). Dobbiamo verificare quindi che sia ∆r G < 0 fino a concentrazioni sufficientemente elevate di HOCl per garantire la disinfezione; la relazione da utilizzare `e ∆r G = ∆r G⊖ + RT ln Πi aνi i

(1)

Dai dati termodinamici forniti valutiamo in primo luogo ∆r G⊖ a T = 298 K: ∆r G⊖ (T )

Hess

=



− + ⊖ ⊖ ∆G⊖ f (HOCl(acq), T ) + ∆Gf (H (acq), T ) + ∆Gf (Cl (acq), T ) ⊖ −[ ∆G⊖ f (Cl2 (g), T ) + ∆Gf (H2 O(l), T )] ⊖ ⊖ −1 − ∆G⊖ f (HOCl(acq), T ) + ∆Gf (Cl (acq), T ) − ∆Gf (H2 O(l), T ) = 26.85 kJ mol

dove si `e tenuto conto che il cloro gassoso costituisce lo stato di riferimento termodinamico per le + grandezze di formazione, e che ∆G⊖ f (H (acq), T ) = 0 (convenzione sullo ione idrogeno). Consideriamo ora il contributo di concentrazione in eq (1): Πi aνi i =

aHOCl(acq) aH+ (acq) aCl− (acq) aCl2 (g) aH2 O(l)

in cui le attivit`a delle varie specie vanno esplicitate in accordo con le rispettive convenzioni sui potenziali chimici, ∗

aH2 O(l) = γH2 O xH2 O ≃ xH2 O pCl ∗ pCl aCl2 (g) = γCl2 ⊖2 ≃ ⊖2 = 1 p p m H+ ∗ m H+ aH+ (acq) = γH+ ⊖ ≃ m m⊖ mCl− ∗ mCl− aCl− (acq) = γCl− ⊖ ≃ m m⊖ mHOCl ∗ mHOCl aHOCl(acq) = γHOCl ≃ m⊖ m⊖ 246

dove per H2 O(l) `e stata adottata la convenzione sui solventi, per H+ (acq), Cl− (acq) e HOCl(acq) la convenzione sui soluti in soluzioni diluite, e per Cl2 (g) l’attivit`a di specie gassose; tutti i coefficienti di attivit`a/fugacit`a sono implicitamente riferiti alle deviazioni rispetto agli stati standard nelle rispettive convenzioni, e sono stati posti uguali ad 1 nei passaggi indicati con ∗ (si assume comportamento ideale di tutte le specie). In primo luogo possiamo porre xH2 O ≃ 1, data la diluizione dei soluti. Poi, l’attivit`a dello ione idrogeno solvatato `e direttamente ottenibile dal pH dato e mantenuto costante: pH = − log10 aH+ (acq) = 7 =⇒ aH+ (acq) = 10−7 Nota la concentrazione iniziale dei cloruri nell’acqua da depurare pari a 10 mg/litro, corrispondenti a [Cl− ]0 = 2.8 × 10−4 moli/litro, dal rapporto stechiometrico 1:1 tra acido ipocloroso e cloruri deduciamo che la concentrazione finale di cloruri sar`a pari a [Cl− ] = [Cl− ]0 + [HOCl] = 2.8 × 10−4 moli/litro + [HOCl] Per valutare l’attivit`a del cloruro teniamo presente che, in soluzioni acquose diluite a 25 ◦ C aventi densit`a circa pari a 1 kg/litro, la concentrazione molare e quella molale coincidono numericamente; quindi, dalla precedente relazione tra le molarit`a, stabiliamo mCl− mHOCl ≃ 2.8 × 10−4 + =⇒ aCl− (acq) ≃ 2.8 × 10−4 + aHOCl(acq) ⊖ m m⊖ Inserendo i valori di ∆r G⊖ e delle attivit`a in eq (1), e imponendo la condizione di processo spontaneo, si ottiene la seguente disuguaglianza in cui solo aHOCl(acq) rimane come parametro libero 3

26.85 × 10 + 8.314 × 298 ln

(

aHOCl(acq) × 10−7 × (2.8 × 10−4 + aHOCl(acq) ) 1×1

)

< 0

e che `e soddisfatta, dal punto di vista numerico, per valori aHOCl(acq) < 14 (il che significa, in termini pratici, per tutte le concentrazioni di HOCl realizzabili...). Abbiamo quindi stabilito che, nelle condizioni di esercizio, si forma acido ipocloroso. • Si ripeta il calcolo nel caso in cui il pH dell’acqua sia inizialmente 7 ma non venga tamponato, e poi nel caso di acqua molto acida a pH = 1 costante. Come cambia l’efficacia del processo abbassando il pH?

247

Esercizio 10.4 Calcolare il prodotto di solubilit`a di AgCl dai seguenti valori dei potenziali standard a 25 ◦ C : E⊖ (Ag+ /Ag) = 0.80 V, E⊖ (AgCl/Cl− ) = 0.22 V. Consideriamo l’elettrodo di 2a specie Ag(s) | AgCl(s) | KCl(acq) per il quale possiamo scrivere le semireazioni di riduzione (convenzione europea) 1) AgCl(s) + e− = Ag(s) + Cl− (acq) 2) Ag+ (acq) + e− = Ag(s) Secondo 1), l’equilibrio redox si instaura tra l’argento metallico e Ag(I) del cloruro di argento depositato su di esso; secondo 2) l’equilibrio redox si instaura invece tra l’argento metallico e gli ioni Ag+ (acq) in soluzione. I corrispondenti potenziali di elettrodo, esplicitati secondo l’equazione di Nernst, sono RT ln aCl− (acq) F 1 RT 2) ⊖ ln E = EAg + /Ag − F aAg+ (acq) 1)

⊖ E = EAgCl/Ag −

dove F = 96585 C mol−1 `e la costante di Faraday, e in cui le attivit`a delle specie solide (presenti allo stato puro) sono state poste uguali a 1. Trattandosi del potenziale riferito allo stesso elettrodo, le due espressioni devono essere equivalenti; uguagliandole e riarrangiando si arriva a −

RT ⊖ ⊖ ln[aCl− (acq) aAg+ (acq) ] = EAg + /Ag − EAgCl/Ag F RT ln Ks ≡ − F

con Ks = aCl− (acq) aAg+ (acq) il prodotto di solubilit`a del sale. Segue quindi F ⊖ ⊖ [EAg + /Ag − EAgCl/Ag ] RT ( ) 96485 C mol−1 = exp − × [0.80 − 0.22] V = e−22.57 = 1.57 × 10−10 8.314 J K−1 mol−1 × 298 K 

Ks = exp −



Osserviamo che i due potenziali standard sono correlati l’uno all’altro mediante il prodotto di solubilit`a.

248

Esercizio 10.5 Note l’energia libera standard di formazione, ∆G⊖ f = 77.11 kJ/mole, e l’entalpia standard di for⊖ + mazione, ∆Hf = 105.58 kJ/mole, dello ione Ag (acq) solvatato in acqua a 25 ◦ C , calcolare il potenziale standard dell’elettrodo Ag+ (acq)/Ag(s) a 0 ◦ C . Per risolvere il problema dobbiamo determinare come il potenziale standard dell’elettrodo dipende dalla temperatura. Nella nota alla fine dell’esercizio sono ricavate due forme generali (equivalenti) che esplicitano tale dipendenza; consideriamo nel seguito il caso specifico della semireazione di riduzione in esame in cui `e coinvolto un solo elettrone, Ag+ (acq) + e− = Ag(s) per la quale ⊖ EAg + /Ag (T )

∆r G⊖ (T ) ∗ ≡ =− F

+ ∆G⊖ f (Ag (acq), T)

(1)

F

dove per il passaggio ∗ si `e tenuto conto del fatto che Ag(s) `e lo stato di riferimento per le grandezze di formazione. Dividendo m. a m. eq (1) per la temperatura si ha + ∆G⊖ f (Ag (acq), T)/T

⊖ EAg + /Ag (T )/T =

F

e derivando rispetto a 1/T si ottiene ⊖ d[EAg + /Ag (T )/T ]

d(1/T )

=

⊖ + 1 d[ ∆Gf (Ag (acq), T)/T ] F d(1/T )

Gibbs−Helm.

=

∆Hf⊖ (Ag+ (acq), T) F

Integrando tale forma tra le temperature T1 = 298 K e T2 = 273 K sotto l’assunzione che la grandezza ∆Hf⊖ sia con buona approssimazione costante in tale intervallo, si ottiene ⊖ EAg + /Ag (T2 )

T2

=

⊖ EAg + /Ag (T1 )

T1

 ∆Hf⊖ (Ag+ (acq), T1 )  1 1 + − F T2 T1

(2)

dove ∆Hf⊖ (Ag+ (acq), T1 ) = 105.58 kJ mol−1 `e il dato fornito dal problema, mentre per determinare il valore del potenziale a T1 = 298 K utilizziamo eq (1): ⊖ EAg + /Ag (298 K) =

77.11 × 103 J mol−1 = 0.80 V 96485 C mol−1

Inserendo i valori numerici in eq (2) otteniamo infine ⊖ EAg + /Ag (273 K)

273 K

0.80 V 105.58 × 103 J mol−1 = + 298 K 96485 C mol−1

249



1 1 − 273 298



K−1 =⇒ E ⊖ (273 K) = 0.82 V

Dipendenza del potenziale standard di elettrodo dalla temperatura Partiamo dalla relazione che correla il potenziale standard di elettrodo al ∆r G⊖ della generica semireazione di riduzione (secondo la convenzione europea): Ox + νe− = Red , E⊖ Ox/Red (T) = −

∆r G⊖ (T) νF

Da questa si ricavano immediatamente le relazioni a) b)

⊖ dEOx/Red (T )

dT

=−

⊖ d(EOx/Red /T )

d(1/T )

1 d ∆r G⊖ (T ) 1 ∆r S ⊖ (T ) =− (− ∆r S ⊖ (T )) = νF dT νF νF

=−

1 d( ∆r G⊖ /T ) ∆r H ⊖ (T ) =− νF d(1/T ) νF

dove alla base di a) c’`e la relazione differenziale (∂G/∂T )p = −S, mentre per ottenere b) si `e fatto ricorso alla Gibbs-Helmholtz. Integrando a) e b) tra due temperature si ricavano le relazioni generali ⊖ ⊖ A) EOx/Red (T2 ) = EOx/Red (T1 ) + ∗

1 νF

Z

T2

T1

⊖ ≃ EOx/Red (T1 ) +

dT ∆r S ⊖ (T )

∆r S ⊖ (T1 ) (T2 − T1 ) νF

T2 T2 ∆r H ⊖ (T ) T2 + dT T1 νF T1 T2   ⊖ T2 ∆r H (T1 ) T2 ∗ ⊖ ≃ EOx/Red (T1 ) − 1− T1 νF T1

⊖ ⊖ B) EOx/Red (T2 ) = EOx/Red (T1 )

Z

dove le approssimazioni ∗ valgono sotto l’ipotesi che ∆r S ⊖ (T ) ≃ ∆r S ⊖ (T1 ) e ∆r H ⊖ (T ) ≃ ∆r H ⊖ (T1 ) siano essenzialmente costanti nell’intervallo di temperatura tra T1 e T2 . Le due relazioni differenziali a) e b), o le corrispondenti forme integrate A) e B), sono ovviamente equivalenti tra loro: le une sono preferibili alle altre in base ai dati termodinamici disponibili ( ∆r S ⊖ o ∆r H ⊖ ) per la semireazione. • Per un elettrodo in condizioni standard (ad esempio l’elettrodo standard a idrogeno, SHE) si ha ⊖ ⊖ EOx/Red (T ) ≡ EOx/Red (T ), e il parametro dEOx/Red /dT `e detto coefficiente di temperatura dell’elettrodo standard. Un buon elettrodo di riferimento da utilizzare in misure di f. e. m. deve avere elevato o basso coefficiente di temperatura?

250

Esercizio 10.6 La pressione di ossigeno O2 (g) in equilibrio di dissociazione con Ag2 O(s) `e di 5.0 × 10−4 bar a 25 ◦ C . Scrivere la reazione per la seguente cella galvanica: Ag(s)|Ag2 O(s)|NaOH(acq)|O2 (g, p = 0.2 bar), Pt e calcolarne la forza elettromotrice alla stessa temperatura. Partiamo dalle semireazioni di riduzione per i processi agli elettrodi Sin : Ag2 O(s) + H2 O(l) + 2e− = 2Ag(s) + 2OH− (acq) Dx : O2 (g) + 2H2 O(l) + 4e− = 4OH− (acq) Prendendo, per convenzione, ossidazione a sinistra e riduzione a destra, e bilanciando le semireazioni (ν = 4), la reazione di cella che corrisponde alla scrittura data `e O2 (g) + 4Ag(s) = 2Ag2 O(s) In merito alle convenzione sulla scrittura della reazione di cella si rimanda alla nota alla fine dell’esercizio. Applicando la legge di Nernst, la f. e. m. (la cella funziona come pila) `e data da RT 1 E = E⊖ − ln (1) 4F pO2 /p⊖ dove le attivit`a dei solidi puri sono poste unitarie, e per l’ossigeno `e stato assunto comportamento ideale (fugacit`a ≡ pressione parziale). Per valutare E ⊖ sfruttiamo l’informazione supplementare data dal problema: la pressione di ossigeno in equilibrio con l’ossido alla stessa temperatura di esercizio della cella. Con riferimento alla reazione scritta, la costante di equilibrio `e data da 1 Keq = eq ⊖ = 2 × 103 pO2 /p −4 bar. Da K ⊖ in cui `e stato inserito il valore peq eq risaliamo al ∆r G per la reazione di cella O2 = 5.0 × 10

∆r G⊖ = −RT ln Keq = −8.314 J K−1 mol−1 × 298K × ln(2 × 103 ) = −18832 J mol−1

e quindi arriviamo a valutare E ⊖ come (−18832) J mol−1 ∆r G⊖ =− = 0.049 V 4F 4 × 96485 C mol−1 Equivalentemente, per arrivare al valore di E ⊖ basta immaginare di lasciare che la pila si scarichi, cio`e che la pressione di ossigeno all’elettrodo di destra si riduca progressivamente dai 0.2 bar iniziali fino al valore peq O2 corrispondente all’equilibrio chimico. In tali condizioni E = 0, e da eq (1) si ricava direttamente RT 1 E⊖ = ln eq ⊖ 4F pO2 /p E⊖ = −

Infine, inserendo i valori numerici in eq (1) si ottiene E = 0.049 V −

8.314 J K−1 mol−1 × 298K × ln(1/0.2) = 0.038 V 4 × 96485 C mol−1

• Se avessimo bilanciato le semireazioni con ν = 2 (cio`e dividendo la semireazione a Dx per due), oppure ad esempio con ν = 8 (moltiplicando la semireazione a Sin per 4 e quella a Dx per 2) cosa sarebbe cambiato? Avrei ottenuto un diverso valore di E? Perch`e? 251

Scrittura delle celle, reazione di cella e convenzioni La scrittura convenzionale di una cella elettrochimica (pu`o trattarsi indifferentemente di una pila o di una cella elettrolitica) `e del seguente tipo: specie elettrodo di sinistra | specie del contatto interno | specie elettrodo di destra Ad esempio, Pt, H2 (g) | HCl(acq) | O2 (g), Pt

(‡)

Secondo la convenzione europea, le semireazioni ai due elettrodi vengono scritte come riduzioni. Nel caso dell’esempio: Sin : 2H+ (acq) + 2e− = H2 (g) Dx : O2 (g) + 4H+ (acq) + 4e− = 2H2 O(l) Sempre per convenzione, la reazione di cella viene ottenuta assumendo che la cella funzioni come pila, cio`e che all’elettrodo di sinistra avvenga l’ossidazione (anodo), che a quello di destra avvenga la riduzione (catodo), quindi che il passaggio di elettroni avvenga da sinistra verso destra e la reazione sia spontanea; bilanciando e sommando le due semireazioni si ottiene la redox globale. Nel caso dell’esempio: Reaz. di cella :

O2 (g) + 2H2 (g) = 2H2 O(l)

Corrispondentemente, la caduta di potenziale misurabile tra gli elettrodi di destra e sinistra (chiudendo esternamente il circuito con una resistenza) `e data da ∆V = VDx − VSin . In particolare, il suo valore E ”a circuito aperto” (nel limite di resistenza esterna infinitamente elevata e quindi corrente tendente a zero) `e dato da E = EDx − ESin dove EDx e ESin sono i potenziali di riduzione ai due elettrodi (valutati rispetto ad un comune riferimento). Essendo in condizioni di reversibilit`a (corrente i → 0), la connessione tra il lavoro elettrico effettuato per trasferire di un certo ammontare di carica da sinistra a destra, e il ∆G, consente di esplicitare E in termini di attivit`a delle specie agli elettrodi (equazione di Nernst). La distinzione tra cella galvanica (pila) e cella elettrolitica viene fatta sulla base della spontaneit`a o meno della reazione di cella. Dalla relazione ∆r G = −νF E segue che se E > 0 risulta ∆r G < 0, e la reazione di cella avanza spontaneamente verso i prodotti: in tal caso la cella funziona come pila, E `e la sua f. e. m., e il flusso spontaneo di elettroni da Sin a Dx `e utilizzabile per compiere lavoro sull’esterno; se invece dalla differenza tra i potenziali di elettrodo risulta che E < 0, allora rispetto alla reazione scritta il dispositivo `e una cella elettrolitica: la reazione non `e spontanea, e per farla avvenire occorre intervenire sul sistema applicando un opportuna d. d. p. ∆Vext tale da ”vincere” quella opposta della cella. Nel caso dell’esempio, supponiamo di operare con gli elettrodi in condizioni standard; da ⊖ ⊖ = +1.23 V a 25 ◦ C risulta E ≡ E ⊖ = +1.23 V > 0, e quindi = 0 V e EO EH + + 2 (g),H (acq)/H2 O(l) 2 (g)/H (acq) la scrittura (‡) corrisponde ad una pila.

252

Esercizio 10.7 Si consideri la seguente cella galvanica a 773 K Cd(l) | KCl, CdCl2 (l) | amalgama Cd, Bi(l, xCd = 0.423) in cui la fase elettrolitica `e formata da una miscela di sali fusi dissociati, mentre gli elettrodi sono costituiti da cadmio metallico liquido e da una miscela di Cd e Bi. Nota la f.e.m. della cella pari a 0.0329 V, si determini il coefficiente di attivit`a del cadmio nella miscela Cd,Bi(l). Inoltre, valutare la pressione del cadmio sopra tale miscela, tenendo conto che a 773 K la tensione di vapore del cadmio puro `e di 14.84 mmHg. Rispetto alla scrittura della cella, le semireazioni di riduzione agli elettrodi di sinistra (Sin) e destra (Dx) sono le seguenti: Sin : Cd2+ + 2e− = Cd(l) Dx : Cd2+ + 2e− = Cd(mix) dove Cd(mix) indica il cadmio in amalgama (miscela) con il bismuto. La reazione globale di cella, ottenuta per convenzione considerando l’elettrodo Sin funzionante come anodo (ossidazione) e l’elettrodo Dx come catodo (riduzione), risulta essere la semplice reazione di dissoluzione del cadmio nel bismuto: Cd(l) = Cd(mix) Del resto il problema afferma che si tratta di una pila, e infatti si ha E > 0: l’elettrodo di sinistra `e effettivamente l’anodo, quello di destra `e il catodo, E `e la f. e. m. (forza elettromotrice) della cella, e la dissoluzione del cadmio nel bismuto avviene spontaneamente. Applicando la relazione Nernst, la f. e. m. `e esplicitata da E = E⊖ −

aCd(mix) RT RT ln ln aCd(mix) = E⊖ − 2F aCd(l) 2F

(1)

dove si `e posto attivit`a unitaria del cadmio liquido (puro). Valutiamo in primo luogo E ⊖ per tale cella: −2F E ⊖ = ∆r G⊖ =⇒ E ⊖ = −

∆r G⊖ 1 ∗ ≡ − [µ⊖ − µ⊖ Cd(l) ] = 0 2F 2F Cd(mix)

⊖ dove per il passaggio ∗ si `e considerato il fatto che µ⊖ Cd(mix) = µCd(l) (infatti, per il potenziale chimico del cadmio in miscela si adotta la forma µCd(mix) = µ∗Cd(l) +RT ln aCd(mix) ≃ µ⊖ Cd(l) +RT ln aCd(mix) , e lo stato ⊖ standard `e riferito ad attivit`a unitaria). Un altro modo per stabilire che E = 0 `e osservare che il sistema tende all’equilibrio mediante la continua riduzione e miscelazione di cadmio al catodo, con progressiva diluizione del bismuto. Ci`o corrisponde al limite di due elettrodi identici: Cd(l) sia a sinistra che a destra, con xCd(mix) = 1 e quindi aCd(mix) = 1. Inserendo in eq (1) tale valore limite di attivit`a, e ponendo E = 0 corrispondente alla condizione di equilibrio, si ottiene appunto E ⊖ = 0. Tenendo presente questo risultato ed esplicitando l’attivit`a del cadmio in amalgama come aCd(mix) = xCd(mix) γCd(mix) , eq (1) diventa

E=−

RT ln[xCd(mix) γCd(mix) ] 2F

dato del problema



0.0329 V 253

(2)

Nota la composizione alla quale `e riferita tale f. 96485 C mol−1 e T = 773 K in eq (2) ricaviamo

e.

m., cio`e xCd(mix) = 0.423, inserendo F =

γCd(mix) = 0.88 Infine, per determinare la pressione parziale del cadmio sopra un amalgama che ha la composizione di quella all’elettrodo, applichiamo la legge di Raoult generalizzata per miscele non ideali: pCd = p∗Cd xCd(mix) γCd(mix) = 14.84 mmHg × 0.423 × 0.88 = 5.53 mmHg

254

Esercizio 10.8 Determinare la forza elettromotrice a 25 ◦ C della cella galvanica Pt, H2 (g, p = p⊖ ) | HCl(acq, m = 0.1 mol/kg) | Cl2 (g, p = p⊖ ), Pt − nota l’energia libera di formazione ∆G⊖ f = −131.23 kJ/mole per il Cl (acq), ed avendo stimato γ± = 0.796 come coefficiente di attivit`a medio dell’acido cloridrico nella soluzione a molalit`a m = 0.1 mol/kg.

Scriviamo le semireazioni di riduzione per i processi ai due elettrodi: Sin : 2H+ (acq) + 2e− = H2 (g) Dx : Cl2 (g) + 2e− = 2Cl− (acq) Prendendo, per convenzione, ossidazione a sinistra e riduzione a destra, la reazione di cella risulta essere H2 (g) + Cl2 (g) = 2H+ (acq) + 2Cl− (acq) e la d. d. p. ”a circuito aperto” `e valutabile applicando la relazione di Nernst, a2H+ (acq) a2Cl− (acq) RT E=E − ln 2F aH2 (g) aCl2 (g) ⊖

(1)

dove le varie ai sono le attivit`a delle specie coinvolte, esplicitabili secondo le rispettive convenzioni sui potenziali chimici. Per le specie gassose agli elettrodi assumiamo comportamento ideale, quindi aH2 (g) = pH2 /p⊖ ≡ 1 e aCl2 (g) = pCl2 /p⊖ ≡ 1 (entrambe le pressioni agli elettrodi sono pari a p⊖ ). Per le specie ioniche adottiamo la convenzione dei soluti in soluzioni diluite, mH+ (acq) mCl− (acq) aH+ (acq) = γ± , aCl− (acq) = γ± ⊖ m m⊖ dove γ± = 0.796 `e il coefficiente di attivit`a medio della coppia di ioni, e mH+ (acq) = mCl− (acq) = mHCl = 0.1 mol kg−1 . Risulta quindi aH+ (acq) = aCl− (acq) = 0.0796. Per valutare E ⊖ da inserire in eq (1) determiniamo il ∆r G⊖ della reazione di cella a 298 K dal dato termodinamico fornito, ∆r G⊖

Hess

= ≡

⊖ ⊖ ⊖ + − 2 ∆G⊖ f (Cl (acq), T ) + 2 ∆Gf (H (acq), T ) − ∆Gf (H2 (g), T ) − ∆Gf (Cl2 (g), T ) − −1 2 ∆G⊖ f (Cl (acq), T ) = −262.46 kJ mol

dove si `e tenuto conto del fatto che le grandezze di formazione degli elementi gassosi sono nulle, e che l’energia libera di formazione di H+ (acq) `e posta uguale a zero a tutte le temperature (convenzione sullo ione idrogeno). Quindi, ∆r G⊖ = 1.36 V 2F Inserendo i valori numerici in eq (1) si ottiene E⊖ = −

8.314 J K−1 mol−1 × 298 K (0.0796)2 × (0.0796)2 × ln = 1.49 V 2 × 96485 C mol−1 1×1 Come afferma il problema, vediamo che la scrittura data corrisponde effettivamente ad una cella galvanica (pila) in quanto risulta E > 0. E = 1.36 V −

255

Esercizio 10.9 Una cella in cui avviene la reazione Pb(s) + Hg2 Cl2 (s) = PbCl2 (s) + 2Hg(l) ha una f.e.m. di 0.5357 V a 25 ◦ C , e questa aumenta di 1.45 × 10−4 V/ ◦ C . Calcolare a 25 ◦ C : a) il lavoro massimo ottenibile dalla cella per mole di Pb sciolto; b) il calore di reazione; c) la variazione di entropia; d) il calore assorbito dalla cella per mole di Pb disciolto reversibilmente. Il problema fornisce la reazione di cella Pb(s) + Hg2 Cl2 (s) = PbCl2 (s) + 2Hg(l) e implicitamente stabilisce che si tratta di una pila; infatti E > 0 `e la f. e. m. della cella, e la reazione scritta avviene quindi spontaneamente. Le semireazioni agli elettrodi, scritte per convenzione come riduzioni, sono le seguenti Sin : PbCl2 (s) + 2e− = Pb(s) + 2Cl− (acq) Dx : Hg2 Cl2 (s) + 2e− = 2Hg(l) + 2Cl− (acq)

(←− , anodo) (−→ , catodo)

dove tra parentesi sono indicati i versi effettivi dei processi. Vediamo subito che la f. e. m. `e costante e pari a E ⊖ anche se la reazione di cella avanza; infatti tutte le specie sono presenti in forma condensata allo stato puro (attivit`a unitarie). Consideriamo ora i vari punti del problema. a) Lavoro massimo ottenibile per mole di Pb sciolto Possiamo prevedere che wel < 0, in quanto il sistema-pila compie lavoro elettrico sull’esterno. Il lavoro massimo `e ottenibile facendo lavorare la pila in modo reversibile, e la derivazione formale delle relazioni che lo esplicitano `e fornita nella nota alla fine dell’esercizio. Nel caso specifico esso `e ricavabile anche intuitivamente come il elettrico nel trasferimento della quantit`a di carica ∆Q = (−2F ξ), con ξ il grado di avanzamento della reazione, dall’elettrodo di sinistra a quello di destra sotto la d. d. p. costante pari a E ⊖ , wmax = (wel )rev = (−2F ξ)E ⊖ Inserendo ξ = 1 mole (corrispondente alla dissoluzione di 1 mole di piombo) e E ⊖ = 0.5357 V, si ottiene wmax = (−2 × 96485 C mol−1 × 1 mole) × 0.5357 V = −103.4 kJ b) Calore di reazione Il calore di reazione a T e p fissate `e il ∆H del processo, e corrisponde al calore scambiato con il termostato se la cella viene cortocircuitata (si veda l’eq (I) nella nota finale). Per un generico grado di avanzamento ξ, esso `e dato dall’integrale qreaz = ∆H =

Z

ξ 0

dξ ′ ∆r H(T, p, ξ ′ ) 256

con ∆r H(T, p, ξ ′ ) riferito alla reazione di cella. Se tutte le specie coinvolte hanno comportamento ideale, oppure se tutte le specie sono presenti in forma pura allo stato condensato, si ha che ∆r H(T, p, ξ ′ ) ≡ ∆r H ⊖ (T ) [• lo si dimostri]. Nel caso specifico siamo nella seconda situazione, quindi qreaz ≡ ξ ∆r H ⊖ (T )

(1)

Il ∆r H ⊖ a 25 ◦ C `e ottenibile nota la variazione della f. e. m. con la temperatura. Infatti, partendo dalla Gibbs-Helmholtz applicata alle grandezze standard di reazione, con alcuni passaggi si deriva Gibbs−Helmholtz

∆r H ⊖

=

d( ∆r G⊖ /T ) d(1/T )

∆r G⊖ =−νF E ⊖

=

−νF

d(E ⊖ /T ) "d(1/T )

dE ⊖ −νF E − T dT

(...)



=

#

(2)

in cui poniamo ν = 2. Dal fatto che E ≡ E ⊖ , il coefficiente di temperatura fornito dal problema `e proprio il dE ⊖ /dT da inserire in eq (2). Quindi, ∆r H ⊖ = −2 × 96485 C mol−1 × [0.5357 V − 298 K × 1.45 × 10−4 V K−1 ] = −95.03 kJ mol−1 Inserendo tale valore in eq (1) si ottiene qreaz = 1 mole × (−95.03 kJ mol−1 ) = −95.03 kJ c) Variazione di entropia Per un grado di avanzamento ξ la variazione di entropia `e data da ∆S =

Z

0

ξ

dξ ′ ∆r S(T, p, ξ ′ )

ma, tenendo presente che tutte le specie sono in fase condensata allo stato puro (attivit`a unitarie), si ha che ∆r S(T, p, ξ ′ ) ≡ ∆r S ⊖ (T ) [• lo si dimostri], e portando tale quantit`a fuori dall’integrale si ottiene ∆S = ξ ∆r S ⊖ (T ) ≡ −ξ

d ∆r G⊖ dT

∆r G⊖ =−νF E ⊖

=

= =

dE ⊖ dT 1 mole × 2 × 96485 C mol−1 × 1.45 × 10−4 V K−1 28.0 J K−1

ξνF

d) Calore scambiato dalla cella per scioglimento reversibile del piombo Nella nota alla fine dell’esercizio (vedere l’equazione (L)) si dimostra che se la cella opera in modo reversibile allora il calore scambiato con l’esterno `e dato da Funzionamento reversibile : qrev = ∆H − (wel )rev ≡ T ∆S Avendo gi`a determinato sia ∆H = −95.03 kJ mol−1 e (wel )rev = −103.4 kJ che ∆S = 28.0 J K−1 , possiamo utilizzare indifferentemente l’una o l’altra delle due forme equivalenti, ottenendo q = 8.4 kJ > 0 257

La pila assorbe quindi calore (dal termostato che la mantiene a temperatura costante). • Quanto vale il calore scambiato se la cella viene cortocircuitata?

Lavoro massimo e calore scambiato da una cella galvanica Consideriamo una cella galvanica, termostatata ed esposta a pressione esterna costante, che passa da uno stato (di equilibrio) iniziale ad uno stato (di equilibrio) finale. La trasformazione tra tali stati pu`o essere reversibile o irreversibile; ci proponiamo di stabilire le condizioni in cui la cella compie il massimo lavoro elettrico sull’esterno (e di valutarlo), e di determinare l’ammontare di calore scambiato con il termostato. In generale, un sistema compie lavoro massimo se la trasformazione alla quale `e sottoposto `e reversibile; questo principio si applica anche al lavoro elettrico compiuto dal sistema-pila: wmax ≡ (wel )rev . Nel caso specifico, la condizione di trasformazione reversibile si realizza se (i) la cella `e in equilibrio termico e meccanico con l’esterno, cio`e se la temperatura e la pressione interne sono definibili e T ≡ Text = cost., p ≡ pext = cost., e (ii) se la reazione di cella `e un processo quasi-statico; in tale limite la corrente che circola `e infinitesima (i → 0) e il verso delle semireazioni pu`o essere invertito (invertendo quindi la reazione globale) alterando infinitesimamente i parametri interni del sistema. Gli elettroni vengono trasferiti dall’anodo al catodo sotto una d. d. p. pari alla f. e. m. della cella, E(T, p, ξ), che dipende dalle condizioni interne ”attuali” specificate dal grado di avanzamento ξ della reazione (a partire da certe condizioni iniziali). A T e p costanti l’unico parametro libero `e ξ, e l’ammontare infinitesimo di lavoro elettrico compiuto reversibilmente sotto tale d. d. p. `e dato da T , p costanti : (δwel )rev = −νF E(T, p, ξ) dξ

(A)

dove (−νF dξ) rappresenta la quantit` a infinitesima di carica trasferita dall’anodo al catodo, con ν il numero elettroni scambiati nella redox. Fissati gli stati iniziale e finale della cella, la quantit`a di lavoro massimo ottenibile si ricava integrando rispetto a ξ: wmax ≡ (wel )rev = −νF

Z

0

ξ

dξ ′ E(T, p, ξ ′ )

(B)

Esplicitando la f. e. m. secondo l’equazione di Nernst abbiamo E(T, p, ξ ′ ) = E ⊖ (T ) −

RT ln Πi ai (T, p, ξ ′ )νi νF

(C)

con ai (T, p, ξ ′ ) e νi le attivit`a e i coefficienti stechiometrici delle specie coinvolte nella reazione di cella. Inserendo eq (C) in eq (B) otteniamo → Relazione generale : (wel )rev = (−νF ξ)E ⊖ + RT

Z

0

ξ

dξ ′ ln Πi ai (T, p, ξ ′ )νi

(D)

Tale relazione `e generale. Vediamo ora alcune semplificazioni. Usualmente si `e nel caso in cui la composizione agli elettrodi non cambia durante il funzionamento della pila, quindi le attivit`a delle 258

specie sono costanti e la f. e. m. E non dipende dal grado di avanzamento. Questo si realizza, ad esempio, se tutte le specie sono in fase condensata allo stato puro, oppure se le varie specie vengono continuamente ripristinate (ad es. mantenendo costante la pressione degli eventuali gas agli elettrodi). In tale limite eq (B) diventa → E costante : (wel )rev = −νF E ξ = (−νF ξ)E ⊖ + ξ RT ln Πi ai (T, p)νi

(E)

In particolare, se tutte le specie sono presenti in forma pura in fase condensata allora le attivit`a sono pari a 1, ed eq (E) viene ulteriormente semplificata: → Specie pure in fase condensata : (wel )rev = (−νF ξ)E ⊖

(F )

Si noti che nelle eqs (D), (E), (F), la quantit`a (−νF ξ) rappresenta la carica (in Coulomb) trasferita dall’elettrodo di sinistra a quello destra sotto la differenza di potenziale VDx − VSin ≡ E; il segno − specifica che si tratta di elettroni trasferiti dall’anodo al catodo. Per quanto riguarda il calore scambiato con l’esterno, q, quando il sistema-cella passa dallo stato iniziale a quello finale (in modo generalmente irreversibile), utilizziamo la relazione ∆H = q + wel valida in quanto si opera a pressione esterna costante; quindi q = ∆H − wel

(G)

Possiamo ottenere un’equivalente espressione per q, ma in termini di variazione entropica anzich´e entalpica, osservando che il ∆H `e lo stesso sostituendo l’effettiva trasformazione (generalmente irreversibile) con una trasformazione reversibile tra gli stessi stati iniziale e finale; quindi ∆H = q + wel ≡ qrev + (wel )rev , con qrev = T ∆S per una trasformazione isoterma reversibile, da cui ricaviamo q = T ∆S + [(wel )rev − wel ]

(H)

Nelle espressioni (G) e (H), equivalenti tra loro, wel `e il lavoro effettivamente eseguito, operando in modo reversibile o irreversibile, mentre (wel )rev `e il lavoro eseguito (o che verrebbe eseguito) se la trasformazione `e (o fosse) reversibile. Osservando eq (G) notiamo che il calore scambiato pu`o differire dal calore di reazione qreaz ≡ ∆H. Analizziamo due casi opposti... → La cella viene cortocircuitata. In tal caso non viene compiuto alcun lavoro, in quanto i due elettrodi vengono direttamente connessi senza porre alcuna resistenza tra essi e il trasferimento di carica avviene sotto una d. d. p. nulla; quindi wel = 0 e da eq (G) segue che il calore scambiato con l’esterno `e pari a Pila cortocircuitata : q ≡ ∆H = qreaz

(I)

Il processo `e ovviamente irreversibile. → Funzionamento reversibile della cella. In tal caso wel ≡ (wel )rev e le equazioni (G) e (H) si riducono subito a Funzionamento reversibile : qrev = ∆H − (wel )rev 259

(L)



≡ T ∆S

(M )

Rimangono infine da esplicitare le quantit`a (wel )rev , ∆H e ∆S che entrano nelle espressioni (G)-(M). Il lavoro (wel )rev `e gi` a stato discusso. Usualmente si si `e nel caso in cui la f. e. m. della cella rimane costante, quindi (wel )rev = −νF E ξ

E costante :

(N )

Le quantit`a ∆H e ∆S vengono esplicitate come precedentemente fatto per ∆G, ∆H = ∆S =

Z

Z

ξ

0 ξ

0

dξ ′ ∆r H(T, p, ξ ′ )

(O)

dξ ′ ∆r S(T, p, ξ ′ )

(P )

Esplicitiamo ∆r S in eq (P) correlandola al ”coefficiente di temperatura” della cella: ∂∆r G ∆r S = − ∂T 



∆r G=−νF E

=

p,ξ

∂E νF ∂T 



(Q)

p,ξ

Richiamando l’equazione di Nernst per E, RT ln Πi ai (T, p.ξ)νi νF

E(T, p, ξ) = E ⊖ (T ) −

ed inserendola nella derivata parziale in eq (Q), con qualche passaggio si ricava ∂ ln Πi aνi i dE ⊖ E(T, p, ξ ′ ) − E ⊖ + − RT ∆r S(T, p, ξ ) = νF dT T ∂T #

"







(R)

p,ξ ′

che `e la forma da inserire nell’integrale in eq (P). Possiamo per`o fare ulcune semplificazioni sotto le seguenti assunzioni: (i) la composizione delle specie agli elettrodi rimane costante durante il funzionamento, quindi E non dipende dal grado di avanzamento della reazione; (ii) le specie agli elettrodi hanno comportamento ideale, oppure sono in fase condensata allo stato puro: in tal caso la derivata parziale rispetto a T in eq (R) si annulla. Sotto tali assunzioni si ottiene che il ∆r S non dipende da ξ ′ , ed `e dato da "

dE ⊖ E − E ⊖ + ∆r S = νF dT T

E costante, specie comp. ideale o condensate :

#

Inserendo tale espressione in eq (P) si ottiene ∆S = ξ∆r S nella forma → E costante, specie comp. ideale o condensate :

"

dE ⊖ E − E ⊖ ∆S = νF ξ + dT T

#

(S)

Esplicitiamo infine ∆r H da inserire in eq (O). Utilizzando la relazione di Gibbs-Helmholtz otteniamo ∆r H =



∂(∆r G/T ) ∂(1/T )



∆r G=−νF E

=

p,ξ

∂(E/T ) −νF ∂(1/T ) 

e applicando l’equazione di Nernst per E si ricava ∂ ln Πi aνi i d(E ⊖ /T ) +R ∆r H(T, p, ξ ) = −νF d(1/T ) ∂(1/T ) ′





p,ξ ′

260



p,ξ

Sotto le stesse assunzioni (i) e (ii) fatte per approssimare ∆r S arriviamo a E costante, specie comportamento ideale o condensate :

d(E ⊖ /T ) " d(1/T ) # dE ⊖ ⊖ = −νF E − T dT

∆r H = −νF

che, inserita in eq (O), fornisce → E costante, specie comp. ideale o condensate :

"

d(E ⊖ /T ) dE ⊖ ∆H = −νF ξ = −νF ξ E ⊖ − T d(1/T ) dT

#

Le relazioni (S) e (T) sono poi utilizzabili, se `e nota la variazione di E ⊖ con la temperatura, per determinate il calore di reazione secondo eq (I), o il calore scambiato secondo le eqs (G) o (H). • Si verifichi che le eqs (N), (S), (T), ottenute sotto le stesse assunzioni, soddisfano all’uguaglianza tra le forme (G) e (H).

261

(T )

Esercizio 10.10 Nella seguente cella costituita da due elettrodi di 2a specie Pb(s) | PbSO4 (s) | Na2 SO4 (acq) | Hg2 SO4 (s) | Hg(l) vengono fatti passare, in condizioni reversibili, 500 Coulomb di carica dall’elettrodo di sinistra a quello di destra a 25 ◦ C . Calcolare il lavoro elettrico ed il calore assorbito dalla pila, note le seguenti grandezze standard di formazione: PbSO4 (s) Hg2 SO4 (s)

∆Hf⊖ (kJ/mole) −743.12 −919.94

∆G⊖ f (kJ/mole) −625.81 −813.14

In forma na¨ıf rappresentiamo la cella come in figura:

∆Q = 500 C

Sin

Dx Pb

Pt

PbSO4(s) SO42-(acq)

Na+(acq)

Hg(l) / Hg2SO4(s)

I processi agli elettrodi, scritti come riduzioni, sono Sin : PbSO4 (s) + 2e− = Pb(s) + SO2− 4 (acq) − Dx : Hg2 SO4 (s) + 2e = 2Hg(l) + SO2− 4 (acq) e la reazione di cella corrispondente alla scrittura data si ottiene assumendo ossidazione a sinistra e riduzione a destra: Pb(s) + Hg2 SO4 (s) = 2Hg(l) + PbSO4 (s) 262

Dobbiamo valutare (wel )rev e qrev per il trasferimento reversibile di carica positiva da sinistra a destra. Per determinare il lavoro elettrico (wel )rev stabiliamo in primo luogo sotto quale d. d. p. avviene il trasferimento di carica. Notiamo che la reazione coinvolge solo specie pure in fase condensata, quindi nell’equazione di Nernst le loro attivit`a sono unitarie e la d. d. p. tra gli elettrodi rimane costante durante il funzionamento della cella, e pari a ∆r G⊖ (1) 2F con ∆r G⊖ valutabile dai dati termodinamici forniti riferiti alla temperatura in esame (298 K): Specie pure in fase condensata :

Hess

∆r G⊖

= =

E ≡ E⊖

,

E⊖ = −

⊖ ∆G⊖ f (PbSO4 (s), T ) − ∆Gf (Hg2 SO4 (s), T ) [−625.81 × 103 − (−813.14 × 103 )] J mol−1 = 187.33 × 103 J mol−1

Inserendo tale valore in eq (1), con F = 96485 C mol−1 , si ottiene E ≡ E ⊖ = −0.97 V < 0 Il fatto che risulti E < 0 significa che la cella, cos`ı come `e scritta, non pu`o funzionare da pila, cio`e la reazione di cella non avviene spontaneamente: la reazione spontanea `e quella opposta, in cui gli elettroni (carica negativa) vanno da destra a sinistra, il che equivale a dire che da sinistra a destra va spontaneamente una quantit` a di carica positiva. Da quanto detto, il processo in cui vengono trasferiti +500 C da sinistra a destra `e quindi spontaneo, e pu`o essere utilizzato per compiere lavoro sull’esterno; pertanto dobbiamo attenderci (wel )rev < 0. Avendo stabilito che la d. d. p. tra gli elettrodi `e costante, il lavoro elettrico `e ottenibile semplicemente moltiplicando tale quantit`a di carica trasferita, ∆Q, per la d. d. p. stessa: (wel )rev = ∆Q × (∆V )rev ≡ ∆Q × E = 500 C × (−0.97) V = −485 J < 0 Per determinare il calore scambiato teniamo presente che a pressione costante vale la relazione q = ∆H − wel (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 9), che in condizioni di reversibilit`a diventa qrev = ∆H − (wel )rev

(2)

Per ottenere qrev rimane quindi da determinare il ∆H corrispondente all’avanzamento ξ della reazione, ed espresso da ∆H =

Z

0

ξ



dξ ′ ∆r H(T, p, ξ ′ ) = ξ ∆r H ⊖ (T )

(3)

dove per il passaggio ∗ si `e tenuto conto del fatto che ∆r H(T, p, ξ ′ ) ≡ ∆r H ⊖ (T ) in quanto la reazione coinvolge specie pure condensate [• si dimostri tale uguaglianza]. Valutiamo ∆r H ⊖ (T ) dalle entalpie standard di formazione fornite alla temperatura in questione, ∆r H ⊖

Hess

= =

∆Hf⊖ (PbSO4 (s), T ) − ∆Hf⊖ (Hg2 SO4 (s), T ) [−743.12 × 103 − (−919.94 × 103 )] J mol−1 = 176.82 × 103 J mol−1

(4)

Per valutare il grado di avanzamento ξ dobbiamo essere coerenti con la reazione di cella scritta, che assume che da sinistra a destra vengano trasferiti elettroni; poniamo quindi ∆Q = −νF ξ, da cui segue ξ=−

∆Q 500 C = = −2.6 × 10−3 moli < 0 νF 2 × 96485 C mol−1 263

(5)

che risulta correttamente negativo in quanto la reazione procede invece nel senso opposto rispetto a come `e scritta. Inserendo i valori eqs (4) e (5) in eq (3) si ha ∆H = (−2.6 × 10−3 moli) × 176.82 × 103 J mol−1 = −460 J Inserendo in eq (2) tale risultato e il valore gi`a determinato di (wel )rev si ottiene infine qrev = [−460 − (−485)] J = +25 J > 0 La cella assorbe quindi calore dall’esterno (termostato).

264

Esercizio 10.11 In una cella galvanica che utilizza la seguente reazione Pb(s) + H2 S(g) = PbS(s) + H2 (g) viene misurata una f.e.m. dipendente dalla temperatura secondo l’equazione E(in Volt) = 0.28501 − 0.3325 × 10−3 (T − 298.15) quando la pressione parziale di ambedue i gas `e mantenuta costante e pari a 10 bar. Calcolare la costante di equilibrio della reazione a 100 ◦ C , ed il calore sviluppato a tale temperatura per mole di Pb che ha reagito, facendo funzionare reversibilmente la cella. Quant’`e il calore sviluppato (per mole di piombo ossidato) se invece la pila viene cortocircuitata? Applichiamo l’equazione di Nernst per valutare la f. e. m. della pila; ponendo attivit`a unitaria per le specie solide pure, e assumendo comportamento ideale dei due gas agli elettrodi, si ha E = E⊖ −

p H2 RT ln 2F p H2 S

pH2 =pH2 S



E⊖

dove ν = 2 `e il numero di elettroni scambiati nella redox. Avendo stabilito che E ⊖ concide con E, possiamo valutarne il valore a 100 ◦ C usando la relazione data dal problema, E ⊖ (373.15 K) = [0.28501 − 0.3325 × 10−3 × (373.15 − 298.15)] V = 0.26012 V dalla quale ricaviamo la costante di equilibrio della reazione di cella a 100 ◦ C passando attraverso la valutazione di ∆r G⊖ a tale temperatura: ∆r G⊖ (T )

−2F E ⊖ (T ) = −2 × 96485 C mol−1 × 0.26012 V = −50196 J mol−1 −RT ln Keq (T )

= ≡ =⇒

Keq (373.15 K) = exp

(

50196 J mol−1 8.314 J K−1 mol−1 × 373.15 K

)

= 1.1 × 107

Valutiamo ora gli effetti termici associati al funzionamento della pila. Nella nota alla fine dell’esercizio no. 9 sono state ricavate le seguenti espressioni (tra loro equivalenti) per il calore scambiato, q, messo in relazione alle variazioni entalpiche ed entropiche della cella: q = ∆H − wel = T ∆S + [(wel )rev − wel ]

(1) (2)

dove wel `e il lavoro elettrico effettivamente eseguito (reversibilmente o irreversibilmente), mentre (wel )rev indica il lavoro compiuto se la trasformazione avviene reversibilmente tra gli stessi stati iniziale e finale della cella. Volendo determinare il calore scambiato operando in modo reversibile poniamo wel = (wel )rev ; le eqs (1) e (2) si riducono a qrev = ∆H − (wel )rev = T ∆S

(3) (4) 265

Sotto la condizione che la composizione agli elettrodi sia mantenuta costante, e quindi che E non vari nel corso del funzionamento della cella (nel caso specifico `e vero perch´e abbiamo due fasi solide pure e le pressioni dei gas sono mantenute costanti), si ha che (wel )rev = −νF E ξ

(5)

Sotto la stessa condizione, ma con l’ulteriore assunzione che le specie abbiano comportamento ideale (in questo `e verificato in quanto abbiamo due specie pure e due gas che abbiamo gi`a assunto avere comportamento ideale), nella nota alla fine dell’esercizio no. 9 si `e dimostrato anche che "

d(E ⊖ /T ) dE ⊖ ∆H = −νF ξ ≡ −νF ξ E ⊖ − T d(1/T ) dT # " ⊖ ⊖ E−E dE + ∆S = νF ξ dT T

#

(6) (7)

[• Si derivino tali equazioni]. Tutte le quantit`a dipendono ovviamente dal grado di avanzamento ξ della reazione. Per determinare il qrev richiesto possiamo adottare indifferentemente eq (3) con (5) e (6) oppure eq (4) con (7), ottenendo l’espressione qrev

"

dE ⊖ + E − E⊖ = νF ξ T dT

#

(8)

Nel caso specifico abbiamo gi` a stabilito che E = E ⊖ , e derivando rispetto a T la relazione data dal problema otteniamo dE ⊖ = −0.3325 × 10−3 V K−1 dT Quindi, eq (8) porta a qrev = 2 × 96485 C mol−1 × 1 mole × 373.15 K × (−0.3325 × 10−3 ) V K−1 = −23.9 kJ in cui `e stato inserito ξ = 1 mole corrispondente ad una mole di piombo che reagisce. Risulta quindi che la cella cede calore all’esterno (termostato). Per ottenere invece il calore scambiato cortocircuitando la pila basta porre wel = 0 in eq (1): la pila non compie alcun lavoro. In tal caso il calore scambiato coincide con il calore di reazione, ed `e pari al ∆H. Per valutarlo utilizziamo ad esempio la prima forma di eq (6), valutando dall’equazione data dal problema il termine E ⊖ /T = −0.3325 × 10−3 + 0.38414/T

=⇒

d(E ⊖ /T ) = 0.38414 V d(1/T )

e quindi q ≡ ∆H = −2 × 96485 C mol−1 × 1 mole × 0.38414 V = −74.1 kJ Vediamo che la quantit` a di calore ceduto dalla pila all’esterno risulta maggiore rispetto al caso di funzionamento reversibile: la pila non compie lavoro e l’intera variazione ∆H tra gli stessi stati iniziale e finale `e data da effetti termici.

266

Esercizio 10.12 ⊖ Determinare l’energia libera standard di formazione, ∆G⊖ f , e l’entalpia standard di formazione, ∆Hf , di AgCl(s) a 25 ◦ C , sapendo che l’equazione

E = 1.138 − 0.59 × 10−3 (T − 298) descrive la dipendenza dalla temperatura (in K) della f.e.m. E (in Volt) della seguente cella galvanica Ag(s) | AgCl(s) | HCl(acq, m = 0.23 mol/kg) | Cl2 (g, p = 1 bar) | Pt

Scriviamo i processi agli elettrodi come riduzioni, Sin : AgCl(s) + e− = Ag(s) + Cl− (acq) Dx : Cl2 (g) + 2e− = 2Cl− (acq) Considerando i processi a sinistra e destra rispettivamente come ossidazione e riduzione, bilanciando (ν = 2) e sommando le semireazioni otteniamo la reazione di cella corrispondente alla scrittura data: Cl2 (g) + 2Ag(s) = 2AgCl(s) Applicando la relazione di Nernst otteniamo la f. e. m. (viene affermato che la cella `e una pila) nella forma E = E⊖ −

1 RT ln 2F pCl2 /p⊖

in cui si `e assunto comportamento ideale del cloro gassoso (fugacit`a ≡ pressione parziale) e le attivit`a delle specie solide e pure sono state poste unitarie. Inoltre, dalle specifiche condizioni all’elettrodo di destra otteniamo pCl2 = 1 bar =⇒ E = E ⊖ A 298 K l’equazione data da problema fornisce E ⊖ (298 K) ≡ E(298 K) = 1.138 V, e quindi ricaviamo ∆r G⊖ = −2F E ⊖ = −2 × 96485 C mol−1 × 1.138 V = −220 kJ mol−1 Mettiamo in relazione tale ∆r G⊖ con le grandezze standard di formazione, ∆r G⊖ (T )

Hess

=

⊖ ⊖ ⊖ 2 ∆G⊖ f (AgCl(s), T ) − 2 ∆Gf (Ag(s), T ) − ∆Gf (Cl2 (g), T ) ≡ 2 ∆Gf (AgCl(s), T )

(argento e cloro sono nei rispettivi stati di riferimento rispetto alle grandezze di formazione), da cui −1 ⊖ ∆G⊖ f (AgCl(s), T ) = ∆r G (T )/2 = −110 kJ mol

a T = 298 K. Valutiamo ora ∆r H ⊖ mediante la relazione di Gibbs-Helmholtz, ∆r H ⊖ =

d(E ⊖ /T ) d( ∆r G⊖ /T ) = −2F d(1/T ) d(1/T )

(1) 267

Dalla relazione fornita per E ≡ E ⊖ ricaviamo E ⊖ = 1.314 − 0.59 × 10−3 T =⇒ E ⊖ /T = −0.59 × 10−3 + 1.314/T =⇒ e sostituendo tale fattore in eq (1) si ottiene ∆r H ⊖ = −2 × 96485 C mol−1 × 1.314 V = −253.5 kJ mol−1 Applicando la legge di Hess si arriva a stabilire che ∆Hf⊖ (AgCl(s), T ) = ∆r H ⊖ (T )/2 = −127 kJ mol−1

268

d(E ⊖ /T ) = 1.314 V d(1/T )

Esercizio 10.13 Dai seguenti dati termodinamici a 25 ◦ C ∆Hf⊖ (kJ/mole) −285.83 −217.32

H2 O(l) PbO(s)

∆G⊖ f (kJ/mole) −237.15 −187.89

determinare la f.e.m. E ed il suo coefficiente di temperatura dE/dT per la seguente cella galvanica: Pt | H2 (g, p = 1 bar) | NaOH(acq) | PbO(s) | Pb(s) | Pt Quant’`e il calore sviluppato dalla cella galvanica, facendola lavorare reversibilmente o cortocircuitandola, per mole di biossido di piombo reagito? Agli elettrodi abbiamo i seguenti processi (scritti come riduzioni), Sin : 2H2 O(l) + 2e− = H2 (g) + 2OH− (acq) Dx : PbO(s) + H2 O(l) + 2e− = Pb(s) + 2OH− (acq) e la reazione di cella corrispondente alla scrittura data `e quindi PbO(s) + H2 (g) = Pb(s) + H2 O(l) Applicando la legge di Nernst otteniamo la f. e. m. della cella (che funziona come pila), E = E⊖ −

1 RT ln 2F pH2 /p⊖

(1)

in cui si `e assunto comportamento ideale dell’idrogeno, e le attivit`a delle specie solide e pure sono poste unitarie. Nota la pressione di esercizio dell’idrogeno all’elettrodo di sinistra pari a 1 bar, segue pH2 = 1 bar =⇒ E ≡ E ⊖

(2)

Dai dati termodinamici a 298 K determiniamo E ⊖ , e quindi E: E⊖ = −

∆r G⊖ 2F

Hess

=



=



i 1 h ⊖ (PbO(s), 298 K) (H O(l), 298 K) − ∆G ∆G⊖ 2 f f 2F

[−237.15 − (−187.89)] × 103 J mol−1 = 0.255 V ≡ E 2 × 96485 C mol−1

Per valutare il coefficiente di temperatura, propriamente (∂E/∂T )p,ξ , avendo stabilito che E ≡ E ⊖ si ha 

∂E ∂T



p,ξ



dE ⊖ dT

(3)

che `e ottenibile come dE ⊖ dT

E ⊖ =−∆r G⊖ /2F

=



∆r S ⊖ 1 d ∆r G⊖ = 2F dT 2F

(4)

in cui ∆r S ⊖ =

[−68.51 − (−49.26)] × 103 J mol−1 ∆r H ⊖ − ∆r G⊖ = = −64.6 J K−1 mol−1 T 298 K 269

e sostituendo tale valore nella relazione (4) si ottiene dE ⊖ = −3.35 × 10−4 V K−1 dT Per determinare il calore scambiato in caso di pila cortocircuitata teniamo presente che esso coincide con il calore di reazione (si veda la nota alla fine dell’esercizio no. 9), cio`e Pila cortocircuitata : q ≡ ∆H ≡

Z

ξ 0



dξ ′ ∆r H(T, p, ξ ′ ) ≡ ξ ∆r H ⊖

= 1 mole × (−68.51) kJ mol−1 = −68.51 kJ

dove per il passaggio ∗ si `e tenuto conto del fatto che PbO(s), Pb(s) e H2 O(l) sono specie pure in fase condensata (attivit`a unitarie) e per l’idrogeno si assume comportamento ideale: in tali condizioni ∆r H non dipende dal grado di avanzamento della reazione e coincide con ∆r H ⊖ [• lo si dimostri]. Infine (si rimanda alla nota nell’esercizio no. 9), il calore scambiato in condizioni di funzionamento reversibile `e ottenibile mediante Funzionamento reversibile : qrev ≡ T ∆S ≡ T

Z

ξ 0

∗∗

dξ ′ ∆r S(T, p, ξ ′ ) ≡ T ξ ∆r S ⊖

= 298 K × 1 mole × (−64.6) J K−1 mol−1 = −19.25 kJ

dove per il passaggio ∗∗ si `e tenuto conto del fatto che ∆r S coincide con ∆r S ⊖ nelle condizioni specifiche. Verifichiamo questa affermazione. Partendo da ∆r G = ∆r G⊖ + RT ln Πi aνi i e utilizzando la relazione fondamentale ∆r S = −(∂∆r G/∂T )p,ξ , otteniamo ∆r S = ∆r S ⊖ − R ln Πi aνi i − RT



∂ ln Πi aνi i ∂T



(5)

p,ξ

Nelle condizioni specifiche la derivata rispetto a T si annulla, in quanto PbO(s), Pb(s) e H2 O(l) hanno attivit`a unitaria (costante), e per l’idrogeno gassoso (per il quale abbiamo assunto comportameto ideale) si ha aH2 (g) = pH2 /p⊖ indipendente dalla temperatura. Inoltre, si annulla anche il secondo addendo in eq (5), cio`e −R ln Πi aνi i , ma solo per un caso fortuito: dato che pH2 = 1 bar allora anche aH2 (g) = 1 e la produttoria vale 1; risulta quindi ∆r S = ∆r S ⊖ .

270

Esercizio 10.14 Il processo Hall per la produzione di alluminio si basa sull’elettrolisi di Al2 O3 fuso tra elettrodi di carbone. Calcolare, dai seguenti dati, la tensione minima che deve essere applicata alla cella per produrre alluminio a 1300 K, supponendo che la cella operi reversibilmente e che Al e Al2 O3 non si mescolino. Inoltre, per la stima della tensione si assuma che le pressioni parziali dei gas coinvolti siano costanti e pari ad 1 bar. I)

C(s) + O2 (g) = CO2 (g) 3 II) 2Al(l) + O2 (g) = Al2 O3 (s) 2 III) Al2 O3 (s) = Al2 O3 (l)

∆r G⊖ 1300 K = −395 kJ/mol

∆r G⊖ 1300 K = −1260 kJ/mol

∆r G⊖ 1300 K = 16 kJ/mol

Secondo la schematizzazione convenzionale, costruiamo una cella elettrolitica in cui all’elettrodo di destra facciamo avvenire il processo di riduzione (catodo), mentre all’elettrodo di sinistra avviene ossidazione (anodo); tale cella avr`a una d. d. p. a circuito aperto negativa (E < 0), in quanto sappiamo che il processo non `e spontaneo bens`ı occorre intervenire applicando una tensione. Il problema chiede di valutare la tensione minima, cio`e la differenza di potenziale in grado di controbilanciare esattamente il valore di E: in assenza di sovratensioni, in tali condizioni si ha elettrolisi reversibile con passaggio di corrente infinitesima. Sul processo catodico non ci sono incertezze: deve essere (`e questo che si vuole ottenere!) la riduzione dell’alluminio dall’ossido fuso: Dx : Al2 O3 (l) + 6e− = 2Al(l) + 3O2− All’elettrodo di sinistra si hanno invece due possibili processi anodici: Sin :

CO2 (g) + 4e− = C(s) + 2O2− O2 (g) + 4e− = 2O2−

A) B)

Occorre individuare quale processo anodico richiede la pi` u bassa tensione da applicare per consentire la deposizione di alluminio al catodo. Consideriamo il processo A); bilanciando le semireazioni con ν = 6 la reazione di cella `e 3 3 =⇒ Al2 O3 (l) + C(s) = 2Al(l) + CO2 (g) 2 2

Caso A)

Applicando la legge di Nernst, la d. d. p. ”a circuito aperto” `e data da EA =

⊖ EA

RT pCO2 − ln 6F p⊖ 

3/2

dove le attivit`a delle specie condensate (assumendo che non si formino miscele) `e posta uguale a 1, e per CO2 (g) si `e assunto comportamento ideale. Ponendo pCO2 = p⊖ (dato del problema) si ottiene ⊖ EA ≡ EA , con ⊖ EA =−

1 ∆r G⊖ A =− 6F 6F



3 ⊖ ∆G⊖ f (CO2 (g), 1300 K) − ∆Gf (Al2 O3 (l), 1300 K) 2



271

(1)

⊖ e ossigeno gassoso e alluminio in cui si `e posto ∆G⊖ f (O2 (g), 1300 K) = 0 e ∆Gf (Al(l), 1300 K) = 0 perch´ liquido costituiscono gli stati stabili di tali elementi alla temperatura di 1300 K. Se all’anodo avviene invece il processo B) la reazione globale `e

3 =⇒ Al2 O3 (l) = 2Al(l) + O2 (g) 2

Caso B)

alla quale corrisponde EB =

⊖ EB

p O2 RT ln − 6F p⊖ 

3/2

⊖ Pondendo pO2 = p⊖ (dato del problema), si ha EB ≡ EB , dove ⊖ EB =−

i ∆r G⊖ B 1 h =− (Al O (l), 1300 K) − ∆G⊖ 2 3 f 6F 6F

(2)

Dai ∆r G⊖ forniti dal problema per i tre processi elencati ricaviamo le grandezze di formazione da inserire in eqs (1) e (2). Dalla reazione I) ricaviamo −1 ⊖ ∆G⊖ f (CO2 (g), 1300 K) ≡ ∆r G I) = −395 kJ mol

(3)

”Sommando” le reazioni II) e III) otteniamo 2Al(l) + 3/2 O2 (g) = Al2 O3 (l), in cui l’ossido allo stato solido non compare. A tale reazione corrisponde un ∆r G⊖ dato dalla somma ∆r G⊖ II) + ∆r G⊖ III) , e da esso ricaviamo −1 ⊖ ⊖ = −1244 kJ mol−1 ∆G⊖ f (Al2 O3 (l), 1300 K) = ∆r G II) + ∆r G III) = (−1260 + 16) kJ mol

(4)

Inserendo i valori (3) e (4) in eqs (1) e (2), con F = 96845 C mol−1 , otteniamo ⊖ EA ≡ EA = −1.12 V ⊖ EB ≡ EB = −2.15 V

Vediamo quindi che, applicando una tensione ∆Vext = +1.12 V tra l’elettrodo di destra e quello di sinistra, si fa avvenire l’elettrolisi in condizioni reversibili (corrente i → 0). In tali condizioni all’anodo avviene il processo A) con sviluppo di CO2 (g). A tensioni minori l’elettrolisi non avviene (non c’`e alcun processo anodico che lo consenta), mentre se la tensione `e sufficientemente elevata, oltre a CO2 (g) all’anodo si sviluppa anche O2 (g): avvengono entrambi i processi anodici.

272

ESERCIZI DA SVOLGERE Esercizio 10.15 Un processo ampiamente utilizzato per la rimozione di Mn2+ dalle acque primarie ne prevede l’ossidazione a Mn(III) nella forma di idrossido complesso MnOOH poco solubile e, quindi, separabile per precipitazione. La reazione `e la seguente: 4Mn2+ (acq) + O2 (acq) + 8OH− (acq) = 4MnOOH(s) + 2H2 O(l) Dai seguenti dati termodinamici a 25 ◦ C Mn2+ (acq) O2 (acq) OH− (acq) H2 O(l) MnOOH(s)

∆G⊖ f (kJ/mole) −228.32 16.32 −157.24 −237.13 −558.80

si valuti l’applicabilit`a del processo, a 25 ◦ C , per un’acqua a pH = 7 tamponato e contenente Mn2+ in concentrazione 1.5 mg/litro (il P. A. di Mn `e pari a 54.94 gr/mole), se nel reattore viene continuamente insufflata aria (pO2 = 0.2 bar). La costante di Henry per l’ossigeno disciolto in acqua (PM = 18 gr/mole) vale KO2 (acq) = 4.4 × 104 bar a 25 ◦ C . Si assuma comportamento ideale delle specie. Traccia e risultato: il problema `e simile a quello trattato nell’esercizio no. 3: si tratta di stabilire se ∆r G della reazione `e negativo per avere processo spontaneo. Dai dati termodinamici si determina ∆r G⊖ = −554.58 kJ mol−1 a 298 K; poi si valuta il contributo di concentrazione esplicitando le attivit`a delle specie secondo le opportune convenzioni e assumendone comportamento ideale. Per ottenere l’attivit`a di OH− (acq) si considera che Kw = aOH− (acq) aH+ (acq) = 10−14 , e dal valore di pH si ricava aH+ (acq) . Per determinare la molalit`a dell’ossigeno solvatato (necessaria per valutarne l’attivit`a) si applica la legge di Henry ∗

pO2 = KO2 (acq) xO2 ≃ KO2 (acq) MH2 O mO2 (acq) dove per ∗ si `e adottata l’approssimazione xO2 ≃ MH2 O mO2 (acq) valida per soluzioni diluite, con MH2 O la massa molare dell’acqua in kg/mole. Infine risulta che, nelle condizioni iniziali, si ha ∆r G = −110 kJ mol−1 < 0 e quindi la precipitazione di MnOOH(s) avviene spontaneamente. Inoltre si verifica che il processo avanza fino a concentrazioni residue di Mn2+ dell’ordine di 4 × 10−10 moli/kg, pertanto si pu`o ritenere che la rimozione del manganese sia quantitativa.

273

Esercizio 10.16 Dai seguenti dati termodinamici a 25 ◦ C ,

CaF2 (s) Ca2+ (acq) F− (acq)

∆G⊖ f (kJ/mole) −1167.3 −553.58 −278.79

si determini il prodotto di solubilit`a del fluoruro di calcio in acqua a 25 ◦ C . ⊖ Risultato: Ks = aCa2+ (acq) a2F− (acq) = e− ∆r G (T )/RT = 1.4 × 10−10 , a T = 298 K, per la reazione di dissociazione CaF2 (s) = Ca2+ (acq) + 2F− (acq).

Esercizio 10.17 Dai seguenti dati termodinamici a 25 ◦ C Cl− (acq) Hg2 Cl2 (s)

∆Hf⊖ (kJ/mole) −167.16 −265.22

∆G⊖ f (kJ/mole) −131.23 −210.75

determinare il potenziale standard a 50 ◦ C dell’elettrodo a calomelano Hg2 Cl2 (s) | Hg(l), Cl− (acq)

⊖ = 0.260 V a 50 ◦ C Risultato: EHg − 2 Cl2 (s)/Hg(l),Cl (acq)

274

Esercizio 10.18 Dai seguenti valori dei potenziali di riduzione standard a 25 ◦ C , ⊖ E⊖ Cu+ /Cu = 0.52 V , ECu2+ /Cu = 0.34 V.

determinare la costante di equilibrio per la reazione 2 Cu+ (acq) = Cu2+ (acq) + Cu(s)

Traccia e Risultato: indichiamo con 1) la semireazione di riduzione Cu+ + e− = Cu, e con 2) Cu2+ + 2e− = Cu. Per la reazione di dismutazione scritta si ha −RT ln Keq = ∆r G⊖ , in cui ∆r G⊖ = 2 ∆r G⊖ Red,1) − ∆r G⊖ Red,2) . Introducendo i potenziali standard di riduzione abbiamo ∆r G⊖ Red,1) = ⊖ ⊖ ⊖ ⊖ = −2F (E ⊖ ⊖ −F ECu + /Cu e ∆r G Red,2) = −2F ECu2+ /Cu , da cui ∆r G Cu+ /Cu − ECu2+ /Cu ). Il risultato `e Keq = 1.2 × 106

Esercizio 10.19 Calcolare la f.e.m. a 25 ◦ C della cella galvanica Fe(s) | FeSO4 (acq, m = 0.01 mol/kg) | Hg2 SO4 (s) | Hg(l) ⊖ date le energie libere standard di formazione, ∆G⊖ f (Hg2 SO4 (s)) = −625.81 kJ/mole e ∆Gf (FeSO4 (acq)) = −823.43 kJ/mole, alla stessa temperatura. Assumere un coefficiente di attivit`a medio γ± = 0.80 per gli ioni in soluzione.

Risultato: E = 1.148 V

Esercizio 10.20 La forza elettromotrice della seguente pila `e 0.0324 V a 483 ◦ C : Cd(l) | KCl − NaCl − LiCl − CdCl2 (soluzione liq.) | Cd − Sn(soluzione liq.) Calcolare l’energia libera di formazione del Cd nell’amalgama Cd-Sn. Risultato: −6.25 kJ mol−1 (nelle specifiche condizioni di temperatura e composizione) 275

Esercizio 10.21 Quanto vale la varianza di una soluzione ottenuta sciogliendo completamente del cloruro di sodio e del cloruro di potassio in acqua? Risultato: −F = 4

276

Capitolo 11

Cinetica chimica

277

Esercizio 11.1 La concentrazione di atomi di trizio (isotopo radioattivo dell’idrogeno) nell’aria `e circa di 5 × 10−15 moli/litro. Il suo tempo di dimezzamento t1/2 `e circa 12 anni. Quanto tempo `e richiesto affinch´e si abbia una riduzione del 90% della concentrazione di trizio in assenza di processi di formazione dello stesso? [Nota: il decadimento radioattivo segue una cinetica del primo ordine] Partiamo dall’espressione per la velocit` a di decadimento del trizio (primo ordine): v≡−

d[3 H] dt

1◦ ord.

=

k[3 H]

dalla quale otteniamo d ln[3 H] = −k dt che integrata tra l’istante iniziale, al quale corrisponde la concentrazione [3 H]0 , e il tempo t generico fornisce ln

[3 H] = −kt [3 H]0

(1)

Ponendo la concentrazione pari a [3 H]0 /2 otteniamo subito la ben nota relazione tra costante cinetica e tempo di dimezzamento per le rezioni del primo ordine: ln

1 ln 2 ln 2 = −kt1/2 =⇒ k = = = 0.0578 anni−1 2 t1/2 12 anni

Dobbiamo determinare a quale tempo t il decadimento ha raggiunto il 90% , cio`e quando [3 H]/[3 H]0 = 0.10. Inserendo tale rapporto in eq (1) otteniamo ln 0.1 = −kt =⇒ t = −

ln 0.1 = 39.8 anni 0.0578 anni−1

278

Terminologia: velocit` a di reazione e velocit`a di trasformazione (formazione o scomparsa) di specie Il contesto generale nel quale si collocano tutti i casi trattati negli esercizi proposti `e il seguente: reazioni chimiche tra specie in miscela omogenea (ad es. tutte in fase gassosa o in soluzione), in un reattore a volume fissato e a temperatura costante. Condideriamo la generica reazione (−νR1 )R1 + (−νR2 )R2 + · · · −→ νP1 P1 + νP2 P2 + · · · Secondo la convenzione IUPAC, adottiamo la seguente definizione di velocit` a di reazione basata sulle concentrazioni volumetriche [i] delle specie nel reattore: velocit`a di reazione :

v=

1 d[i] 1 dξ ≡ νi dt V dt

in cui ξ = (ni − n0i )/νi `e il grado di avanzamento della reazione. Secondo tale definizione, v `e una quantit`a positiva che dipende dalla stechiometria della reazione ma non dalla scelta della specie alla quale riferirsi. Definiamo inoltre la velocit` a di trasformazione della specie i-esima: velocit`a di trasformazione :

vtrasf. =

d[i] dt

che viene ad essere indipendente dalla stechiometria ma dipendente dalla specie in esame; si noti che vtrasf. pu`o essere positiva se si ha formazione della specie o negativa se si ha scomparsa. Infine, supponiamo che la reazione globale sopra scritta non sia elementare bens`ı risulti scomponibile in un meccanismo a pi` u stadi, e che la generica specie i-esima compaia in alcuni di essi. Allora, si assume che ogni stadio elementare contribuisca indipendentemente alla velocit`a di trasformazione netta della specie, cio`e d[i] X d[i] = dt dt n 



n

in cui l’indice n corre sugli stadi elementari nei quali `e coinvolta la specie in esame (che pu`o apparire tra i prodotti e/o reagenti), e (d[i]/dt)n indica il contributo alla velocit`a di trasformazione dato solo dallo stadio n.

279

Esercizio 11.2 Il potassio in natura contiene 0.0118 % dell’isotopo radioattivo 40 K che ha un tempo di dimezzamento di 1.27 × 109 anni. Quante disintegrazioni radioattive avvengono mediamente in un secondo in un grammo di KCl? (I pesi atomici di K e Cl sono rispettivamente 39.10 e 35.45, mentre il numero di Avogadro `e 6.022 × 1023 ). Indichiamo con N40 K il numero di atomi dell’isotopo presenti in un dato istante in un grammo di KCl solido. Tenendo presente che il decadimento radioattivo segue una cinetica del primo ordine, la velocit` a di decadimento `e data da vdecad. = kN40 K

(1)

Dato che il tempo di dimezzamento `e dell’ordine del miliardo di anni, nell’intervallo di tempo ∆t = 1 sec. il numero di atomi di 40 K rimane praticamente inalterato e quindi in tale intervallo di tempo la velocit` a di decadimento `e a tutti gli effetti costante, ed esprimibile come rapporto incrementale −∆N40 K /∆t dove −∆N40 K `e il numero di disintegrazioni avvenute nel tempo ∆t = 1 secondo. Quindi, no. disintegrazioni al secondo = vdecad. Per valutare vdecad. secondo eq (1) dobbiamo determinare N40 K e k. Valutiamo N40 K dalla percentuale dell’isotopo N40 K = 0.0118 × 10−2 × n◦ moli KCl per grammo × NAv 1 gr × 6.022 × 1023 = 9.53 × 1017 atomi di 40 K per grammo di KCl = 0.0118 × 10−2 × PMKCl dove NAv `e il numero di Avogadro e PMKCl = 74.55 gr mol−1 . Per determinare k utilizziamo il tempo di dimezzamento fornito, t1/2 = 1.27 × 109 anni ≃ 4.00 × 1016 s =⇒ k =

ln 2 ln 2 = = 1.73 × 10−17 s−1 t1/2 4.00 × 1016 s

Inserendo i valori in eq (1) otteniamo vdecad. = 9.53 × 1017 atomi/grammo × 1.73 × 10−17 s−1 = 16 disintegraz. al secondo in 1 grammo

280

Esercizio 11.3 La costante di velocit` a per la decomposizione di SO2 Cl2 (g) `e di 6.09 × 10−5 min−1 a 552.3 K. Calcolare la costante di velocit` a a 600 K noto che l’energia di attivazione per il processo `e di 210 kJ/mole. Consideriamo la relazione di Arrhenius (vedere la nota alla fine dell’esercizio), che descrive fenomenologicamente la dipendenza della costante cinetica dalla temperatura: Arrhenius :

k(T ) = A e−Ea /RT

dove Ea rappresenta l’energia di attivazione. Applicando tale relazione alle temperature T1 = 552.3K e T2 = 600K, assumendo che l’energia di attivazione sia la stessa, il rapporto tra le costanti cinetiche risulta − Ea k(T2 ) =e R k(T1 )



1 − T1 T2 1



Inserendo i valori k(T1 ) = 6.09 × 10−5 min−1 e Ea = 210 × 103 J mol−1 ricaviamo k(T2 ) = 2.3 × 10−3 min−1 • Dai dati del problema si deduca l’ordine della reazione in questione, SO2 Cl2 (g) = SO2 (g) + Cl2 (g)

L’equazione di Arrhenius L’equazione di Svante Arrhenius (Zeit. phys. Chem., 4, 226 (1889); 28, 317 (1899)) `e una relazione empirica dedotta osservando che in un certo intervallo di temperature esiste una correlazione lineare tra ln k(T ) e 1/T . Matematicamente ci` o `e traducibile nella nota forma esponenziale Arrhenius :

k(T ) = A e−Ea /RT

in cui entrano solo due parametri indipendenti dalla temperatura (entro l’intervallo in cui la legge vale): il fattore pre-esponenziale A (che ha le dimensioni della costante cinetica stessa) e l’energia di attivazione Ea . Per dare un significato fisico a tali parametri `e necessaria una teoria interpretativa dell’evento reattivo. Particolarmente efficace `e la Teoria dello Stato di Transizione (TST) proposta indipendentemente da Eyring (J. Chem. Phys., 3, 107 (1935)) e da Evans & Polanyi (Trans. Faraday Soc., 31, 875 (1935)). In tale modello si invoca l’esistenza di uno stato di transizione, o complesso attivato (convenzionalmente indicato con il simbolo ‡), in equilibrio con i reagenti dai quali esso si forma e che evolve irreversibilmente a prodotti. Dal confronto tra l’espressione di kT ST (T ) e la forma empirica di Arrhenius si deduce che A e Ea sono rispettivamente correlati a ∆S ‡ e ∆H ‡ , le variazioni di entropia ed entalpia per la creazione dello stato di transizione a partire dai reagenti.

281

Esercizio 11.4 Il tempo di dimezzamento di una data sostanza, a causa di una reazione di dissociazione del primo ordine, `e di 100 minuti a 323.2 K e 15 minuti a 353.2 K. Calcolare l’energia di attivazione della reazione di dissociazione. Dalla seguente relazione tra il tempo di dimezzamento t1/2 e la costante cinetica del primo ordine k, t1/2 =

ln 2 k

[• si derivi tale relazione] ricaviamo le costanti cinetiche alle due temperature date, T1 = 323.2 K e T2 = 353.2 K : ln 2 = 6.93 × 10−3 min−1 100 min ln 2 k(T2 ) = = 0.0462 min−1 15 min k(T1 ) =

Per valutare l’energia di attivazione Ea consideriamo l’equazione di Arrhenius nella quale essa entra: Arrhenius :

k(T ) = A e−Ea /RT

Esplicitando la costante cinetica alle due temperature, sotto l’assunzione che Ea sia la stessa, segue ln

k(T2 ) Ea = k(T1 ) R



1 1 − T1 T2



Inserendo i valori numerici per le temperature e per le costanti cinetiche gi`a valutate ricaviamo Ea = 60.02 kJ mol−1

282

Esercizio 11.5 L’equilibrio di interconversione in fase gassosa A=B `e caratterizzato da una entalpia standard di reazione di ∆r H ⊖ = −12.0 kJ/mol a 25 ◦ C , e la sua cinetica segue un meccanismo del primo ordine in ambedue le direzioni k′

k

A→B

B→A

Alla stessa temperatura viene misurata una energia di attivazione Ea = 20 kJ/mole per la costante cinetica k. Quant’`e l’energia di attivazione per k′ ? Poniamoci nella situazione di equilibrio in fase gassosa; le velocit`a di interconversione sono date da k

eq = k[A]eq vA→B

1◦ ordine A → B : k′

eq vB→A = k′ [B]eq

1◦ ordine B → A :

eq eq e devono essere uguali, vA→B = vB→A . Da tale uguaglianza otteniamo

k[A]eq = k′ [B]eq =⇒

k [B]eq = k′ [A]eq

[i]=pi /RT

=

=

peq B = Keq peq A

dove Keq `e la costante di equilibrio se si assume comportamento ideale dei gas. Abbiamo cos`ı ottenuto la correlazione tra costante di equilibrio e costanti cinetiche, k Keq = ′ (1) k Per coinvolgere le energie di attivazione della reazione diretta e inversa richiamiamo l’equazione fenomenologica di Arrhenius nella quale esse entrano: Arrhenius :

k(T ) = A e−Ea /RT ′ k′ (T ) = A′ e−Ea /RT

=⇒

A k(T ) ′ = ′ e−(Ea −Ea )/RT ′ k (T ) A

=⇒ ln

k(T ) A Ea − Ea′ = ln − k′ (T ) A′ RT

in cui A e A′ sono i fattori pre-esponenziali per le reazioni diretta e inversa. Derivando rispetto alla temperatura (poniamo le energie di attivazione costanti) si ha d ln(k/k′ ) Ea − Ea′ = dT RT 2 Da eq (1) segue d ln Keq dT



d ln(k/k′ ) dT

(2)

=

Ea − Ea′ RT 2

∆r H ⊖ (T ) RT 2 e arriviamo pertanto a van′ t Hoff

=

Ea − Ea′ = ∆r H ⊖

(3)

da cui Ea′ = Ea − ∆r H ⊖ = (20 − (−12)) kJ mol−1 = 32 kJ mol−1

283

Esercizio 11.6 La reazione 2 NO(g) + Cl2 (g) → 2 NOCl(g) `e del secondo ordine in NO e del primo ordine in Cl2 . 5 moli di NO e 2 moli di Cl2 sono poste in un recipiente termostatato di volume 2 litri, e si misura una velocit`a iniziale di reazione pari a 2.4 × 10−3 moli/litro sec. Quale sar`a la velocit` a di reazione quando met`a del cloro ha reagito? Dalle informazioni sugli ordini di reazione parziali otteniamo la seguente espressione per la velocit` a di reazione: v = k[NO]2 [Cl2 ]

(1)

Le concentrazioni iniziali delle specie chimiche sono [NO]0 = 5 moli/2 litri = 2.5 moli/litro , [Cl2 ]0 = 2 moli/2 litri = 1 mole/litro Dalla stechiometria della reazione stabiliamo che le concentrazioni al tempo t sono [Cl2 ] = [Cl2 ]0 − x(t) [NO] = [NO]0 − 2x(t) [NOCl] = 2x(t) con x(t) le moli di Cl2 per litro che hanno reagito. Ponendo x(t) = [Cl2 ]0 /2 ricaviamo le concentrazioni delle specie quando met`a del cloro ha reagito [Cl2 ] = 0.5 moli/litro , [NO] = 1.5 moli/litro

(2)

da inserire in eq (1) per ottenere la velocit` a di reazione a tale stadio. Rimane ancora da determinare k; dato il valore iniziale della velocit` a di reazione, v0 = 2.4 × 10−3 moli litri−1 s−1 , e note le concentrazioni iniziali, applicando eq (1) otteniamo v0 = k[NO]20 [Cl2 ]0 =⇒ k =

v0 = 3.84 × 10−4 litri2 mol−2 s−1 [Cl2 ]0

[NO]20

Inserendo i valori di k e delle concentrazioni eq (2) in eq (1) otteniamo v = 3.84 × 10−4 litri2 mol−2 s−1 × (1.5 moli/litro)2 × 0.5 moli/litro = 4.3 × 10−4 moli litri−1 s−1 • Quanto vale l’ordine globale della reazione? • Data la reazione 2 NO(g) + Cl2 (g) → 2 NOCl(g) `e superfluo specificare che la cinetica `e del secondo ordine rispetto ad NO e del primo ordine rispetto a Cl2 oppure `e necessario? Perch´e?

284

Esercizio 11.7 Per la reazione A + 3 B → Prodotti a partire dalle concentrazioni [A]0 = 1.5 mol/litro e [B]0 = 1.0 mol/litro si misura una velocit` a di reazione iniziale v0 = 0.03 moli/litro s, che incrementa di un fattore 2 se la concentrazione iniziale di A `e raddoppiata, e di un fattore 4 se invece la concentrazione iniziale di B `e raddoppiata. Determinare l’ordine di reazione e calcolare la costante cinetica corrispondente. Partiamo dall’espressione della velocit` a di reazione, v = k[A]a [B]b in cui k e gli ordini di reazione parziali a e b sono le incognite. Per determinare a e b utilizziamo le informazioni relative a come cambia la velocit`a di reazione variando selettivamente la concentrazione dei singoli reagenti. Indicando con v0 la velocit`a di reazione quando [A] ≡ [A]0 e [B] ≡ [B]0 stabiliamo [A] ≡ 2[A]0 , [B] ≡ [B]0 =⇒ v = k {2[A]0 }a [B]b0 = 2a v0

dato del problema

[A] ≡ [A]0 , [B] ≡ 2[B]0 =⇒ v = k [A]a0 {2[B]0 }b = 2b v0

dato del problema



2v0

⇒a=1

4v0

⇒b=2

e ≡

L’ordine globale della reazione `e quindi a + b = 3. Avendo determinato a e b, per ottenere la costante cinetica utilizziamo il valore di v0 relativo alle concentrazioni [A]0 e [B]0 : dato del problema

= 0.03 moli litro−1 s−1 v0 = k[A]0 [B]20 = k × 1.5 moli litro−1 × (1.0 moli litro−1 )2 da cui ricaviamo k = 0.02 litri2 moli−2 s−1

285

Esercizio 11.8 La reazione A + B → Prodotti ha una cinetica del secondo ordine (primo ordine rispetto ad A e rispetto a B). Con i reagenti alla stessa concentrazione iniziale pari a 0.1 moli/litro, essa impiega 40 minuti per completarsi al 20%. Quale valore deve avere la costante cinetica k ? L’equazione cinetica per tale reazione (1◦ ordine rispetto ad A e 1◦ rispetto a B, 2◦ ordine globale) `e v≡−

d[A] = k[A] [B] dt

(1)

Tenendo presente la condizione iniziale [A]0 = [B]0 , dalla stechiometria segue che [A] = [B] durante l’intero il decorso della reazione. Sotto tale vincolo, eq (1) si riduce ad un’equazione nella sola funzione [A], [A]0 = [B]0 =⇒ −

d[A] = k[A]2 dt

da cui −

d[A] ≡ d(1/[A]) = k dt [A]2

e integrando tra il tempo 0 e il tempo t generico si ottiene 1 1 = + kt [A] [A]0

(2)

Inserendo [A]0 = 0.1 moli/litro, [A] = 0.8[A]0 = 0.08 moli/litro (corrispondente all’avanzamento della reazione pari al 20%) e t = 40 × 60 = 2400 sec, da eq (2) ricaviamo k = 1.04 × 10−3 litri moli−1 s−1

286

Esercizio 11.9 La cinetica irreversibile del secondo ordine in fase gassosa A(g) + B(g) → C(g) (primo ordine rispetto ad A e rispetto a B) viene condotta isotermicamente ed a volume costante a partire da una miscela equimolare dei due reagenti. Descrivere l’evoluzione temporale della pressione p del sistema di reazione, in termini della costante cinetica k e della pressione p0 e temperatura T0 iniziali. La velocit`a di reazione `e data da d[A] = k[A] [B] (1) v≡− dt Tenendo presente che [A]0 = [B]0 e C `e inizialmente assente, dalla stechiometria della reazione segue che [A] = [B] e [C] = [A]0 − [A] ad ogni istante. Inserendo [A] = [B] in eq (1) otteniamo l’equazione di evoluzione per [A]: [A]0 = [B]0 =⇒ −

d[A] d[A] = k[A]2 =⇒ − 2 ≡ d(1/[A]) = k dt dt [A]

che integrata tra l’istante iniziale e il tempo t porta a 1 1 = + kt [A] [A]0 da cui [A] =

1 1/[A]0 + kt

(2)

Assumendo comportamento ideale delle specie in fase gassosa, le loro concentrazioni volumetriche sono legate alle pressioni parziali mediante [i] = pi /RT ; la pressione totale al tempo t `e quindi data da p(t) = pA (t) + pB (t) + pC (t) = RT ([A] + [B] + [C])

[A]=[B] , [C]=[A]0 −[A]

=

RT ([A]0 + [A])

e inserendo l’espressione di [A] data in eq (2) otteniamo 

p(t) = RT [A]0 1 +

1 1 + kt[A]0



(3)

All’istante iniziale nel sistema sono presenti solo le specie A e B, e la pressione p0 `e quindi data da p0 p0 = RT ([A]0 + [B]0 ) = 2RT [A]0 ⇒ [A]0 = 2RT Sostituendo tale forma per [A]0 in eq (3) otteniamo l’equazione cercata per l’evoluzione temporale della pressione totale a partire dal valore iniziale p0 : p0 p(t) = 2

(

1+

1 1+

p0 2RT kt

)

Si noti che per t → ∞, cio`e a completamento della reazione, la pressione totale tende a p0 /2. Ci`o `e attendibile in quanto da due moli di reagenti si forma una mole di prodotto, e a volume fissato la pressione finale risulter`a la met`a di quella iniziale.

287

Esercizio 11.10 La reazione di idrolisi basica dell’acetato di etile in soluzione acquosa, CH3 COOC2 H5 + OH− → CH3 COO− + C2 H5 OH avviene con cinetica del secondo ordine (primo ordine rispetto ad entrambi i reagenti). Con costante cinetica pari a 5.4 litri/ mol min, calcolare il tempo richiesto per l’idrolisi del 90% di estere in presenza di una soluzione tampone a pH=12. La reazione in esame `e del secondo ordine; tuttavia, dato che il pH `e tamponato al valore 12 (pOH = 2) si ha che la concentrazione di ossidrili `e fissata al valore [OH− ] = 10−2 moli/litro, quindi v≡−

d[Acet.] = k[Acet.][OH− ] dt

[OH− ] cost.

=

k′ [Acet.]

dove k′ = k[OH− ] = 5.4 litri mol−1 min−1 × 10−2 moli litro−1 = 0.054 min−1 `e la cosiddetta costante osservata della reazione di pseudo-primo ordine. Segue quindi d[Acet.] [Acet.] = −k′ dt =⇒ ln = −k′ t [Acet.] [Acet.]0 Ponendo la concentrazione residua di estere pari a [Acet.] = 0.10 × [Acet.]0 , corrispondente all’idrolisi del 90%, ricaviamo il tempo richiesto come t=−

ln 0.10 = 43 min k′

288

Esercizio 11.11 La reazione A + B → Prodotti `e caratterizzata da un ordine di reazione frazionario, con velocit`a di reazione data da v = k[A]1/2 [B] Determinare la dipendenza temporale delle concentrazioni quando il loro valore iniziale `e identico: [A]0 = [B]0 . Tenendo presente la condizione iniziale [A]0 = [B]0 e la stechiometria 1:1 per i reagenti, si verifica che [A] = [B] ad ogni istante. Sfruttando tale condizione otteniamo l’equazione cinetica per la sola concentrazione [A] v≡−

d[A] = k[A]1/2 [B] dt

[A]=[B]

=

k[A]3/2

e separando le variabili si ha d[A] = −kdt [A]3/2 Integrando tra l’istante iniziale e il generico tempo t si ottiene 2 1/2 [A]0



2 = −kt [A]1/2

da cui si ricava [A] = [B] =

1 1/2

[A]0

kt + 2

!−2

289

Esercizio 11.12 La conversione del reagente A nel prodotto P `e catalizzata dal prodotto stesso secondo la reazione A + P = 2P e segue una cinetica del secondo ordine v = k[A][P ] Dopo quanto tempo si dimezza la concentrazione del reagente, se k = 10−2 litri/ mol sec, e se le concentrazioni iniziali sono [A]0 = [P ]0 = 0.01 mol/litro ? Considerando la stechiometria della reazione stabiliamo che [A] = [A]0 − x(t) [P ] = [P ]0 − x(t) + 2x(t) = [P ]0 + x(t) dove x(t) sono le moli/litro di A che hanno reagito. Rispetto a tale variabile, l’equazione cinetica risulta essere v = k([A]0 − x)([P ]0 + x)

[A]0 =[P ]0

=

k([A]0 − x)([A]0 + x)

d[A] dx = dt dt Separando le variabili otteniamo dx = kdt ([A]0 − x)([A]0 + x) ≡ −



≡ =

([A]0 − x) + ([A]0 + x) dx × ([A]0 − x)([A]0 + x) 2[A]0 1 2[A]0



dx dx + [A]0 + x [A]0 − x



1 {d ln([A]0 + x) − d ln([A]0 − x)} 2[A]0 dove il passaggio ∗ `e una semplice identit` a che consente di eliminare l’uno o l’altro fattore a denominatore, ∗∗ mentre per si `e considerato d ln(a ± x) = ±dx/(a ± x). Riarrangiando abbiamo ∗∗

=

d ln([A]0 + x) − d ln([A]0 − x) = 2[A]0 kdt e integrando tra il tempo 0 (con condizione iniziale x(0) = 0) e il tempo t generico si ha [A]0 − x [A]0 + x − ln = 2[A]0 k t (1) ln [A]0 [A]0 Per ottenere il tempo di dimezzamento del reagente A, poniamo x(t1/2 ) = [A]0 /2 in eq (1); semplificando i fattori segue 3 1 ln 3 ln 3 ln − ln = 2[A]0 k t1/2 =⇒ t1/2 = = 2 2 2[A]0 k 2 × 0.01 moli litro−1 × 10−2 litri moli−1 s−1 = 5493 sec = 91 min • Si risolva il problema senza la condizione [P ]0 = [A]0 .

290

Esercizio 11.13 La reazione A + 3 B → Prodotti segue una cinetica del secondo ordine v = k[A][B] con k = 2 litri/ mol min. Determinare il tempo di dimezzamento della concentrazione di A se le concentrazioni iniziali sono [A]0 = 0.1 moli/litro, [B]0 = 0.4 moli/litro. Introduciamo la funzione x(t), corrispondente alle moli/litro di A che hanno reagito al tempo t; dalla stechiometria della reazione segue [A] = [A]0 − x(t) [B] = [B]0 − 3x(t) e l’equazione cinetica per x(t) risulta essere v = k[A][B] = k([A]0 − x)([B]0 − 3x) dx d[A] = ≡ − dt dt Separando le variabili si ottiene dx ([A]0 − x)([B]0 − 3x)

= kdt ∗

≡ = ∗∗

=

3([A]0 − x) − ([B]0 − 3x) dx × ([A]0 − x)([B]0 − 3x) 3[A]0 − [B]0 1 3[A]0 − [B]0



3dx dx − [B]0 − 3x [A]0 − x



1 {−d ln([B]0 − 3x) + d ln([A]0 − x)} 3[A]0 − [B]0

Il passaggio ∗ `e una identit` a (il fattore moltiplicativo vale infatti uno) che consente di eliminare l’uno o l’altro dei due fattori a denominatore come mostrato. Per il passaggio ∗∗ si `e fatto uso di d ln(a − bx) = −bdx/(a − bx). Riarrangiando si ha d ln([B]0 − 3x) − d ln([A]0 − x) = −k(3[A]0 − [B]0 )dt e integrando m. a m. tra l’istante iniziale, con x(0) = 0, e il generico tempo t si ricava ln

[B]0 − 3x(t) [A]0 − x(t) − ln [B]0 [A]0 [A] [B] − ln ln [B]0 [A]0 [B] [A]0 ln [A] [B]0

= −k(3[A]0 − [B]0 )t = =

(1) 291

Essendo interessati a valutare il tempo di dimezzamento del reagente A poniamo x(t1/2 ) = [A]0 /2, al quale corrispondono le concentrazioni [A] = [A]0 /2 = 0.05 moli litro−1 [B] = [B]0 − 3x(t1/2 ) = (0.4 − 3 × 0.05) moli litro−1 = 0.25 moli litro−1 Sostituendo tali valori in eq (1) otteniamo ln

0.25 × 0.1 = −2 litri mol−1 min−1 × (3 × 0.1 − 0.4) moli × t1/2 0.4 × 0.05

da cui si ricava il valore t1/2 = 1.11 min

• Come si semplifica la procedura se i reagenti sono immessi in rapporto stechiometrico? Fare il calcolo 1 per [A]0 = 0.1 moli/litro e [B]0 = 0.3 moli/litro. Si verifichi che in tal caso risulta t1/2 = = 3k[A]0 1.67 min.

292

Esercizio 11.14 Si consideri la reazione in fase omogenea A+B=C+D descritta da un meccanismo bimolecolare in ambedue le direzioni k

A+B→C+D k C+D→ A+B con la medesima costante cinetica k. Derivare la dipendenza temporale delle concentrazioni nell’ipotesi che inizialmente ci siano solo le specie A e B ad eguale concentrazione. Esprimiamo la velocit` a della reazione con riferimento alla trasformazione netta del reagente A. Per esplicitarla sommiamo i contributi indipendenti dei due stadi: nel primo si ha scomparsa di A mentre nel secondo si ha formazione della specie (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 1), quindi: v≡−

d[A] = = k[A][B] − k[C][D] dt

(1)

dove le reazioni diretta e inversa hanno la stessa costante cinetica k. Indicando con x(t) le moli/litro di A trasformatesi in prodotti, dalla stechiometria della reazione globale segue [A] = [A]0 − x(t) , [B] = [B]0 − x(t) , [C] = [D] = x(t)

(2)

e partendo da [A]0 = [B]0 si ha quindi che [A] = [B] = [A]0 − x ad ogni istante. Inserendo tali condizioni in eq (1) si ottiene l’equazione cinetica per x(t) dx = k([A]0 − x)2 − kx2 = k([A]20 − 2x[A]0 ) dt Separando le variabili abbiamo [A]20

dx = kdt − 2x[A]0

e tenendo presente che d ln([A]20 − 2x[A]0 ) = −2[A]0 dx/([A]20 − 2x[A]0 ), tale equazione diventa d ln([A]20 − 2x[A]0 ) = −2[A]0 k dt Integrando tra l’istante iniziale, al quale corrisponde x(0) = 0, e il tempo t generico, si arriva alla relazione ln

[A]20 − 2x[A]0 = −2[A]0 k t [A]20

dalla quale ricaviamo x(t) =

o [A]0 n 1 + e−2[A]0 k t 2

Noto x(t) determiniamo infine le concentrazioni di tutte le specie secondo le eqs (2): [A] = [B] =

o [A]0 n 1 − e−2[A]0 k t 2

293

[C] = [D] =

o [A]0 n 1 + e−2[A]0 k t 2

• Si osservi che per t → ∞ si deve raggiungere lo stato di equilibrio; in effetti le concentrazioni delle specie tendono asintoticamente allo stesso valore [A]eq = [B]eq = [C]eq = [D]eq = [A]0 /2, e pertanto la costante di equilibrio vale Keq = 1. Perch´e la costante di equilibrio vale proprio 1? Se fossimo partiti da concentrazioni qualsiasi delle specie A, B, C, D il valore di Keq sarebbe stato diverso?

294

Esercizio 11.15 k La reazione 2 A + B → 2 D procede secondo il seguente meccanismo I) II)

k′

A+B→C k′′ C + A → 2D

Applicando l’ipotesi dello stato stazionario all’intermedio labile C, determinare l’ordine di reazione e la costante di velocit` a k. k

Per potere definire l’ordine della reazione globale, 2 A + B → 2 D, deve essere possibile esplicitare la velocit`a della reazione in una forma del tipo v≡−

1 d[A] = k[A]a [B]b 2 dt

in cui a e b sono gli ordini di reazione parziali, a + b `e l’ordine di reazione globale, e k `e una costante cinetica effettiva correlata a k′ e k′′ . Non sempre la velocit`a di una reazione `e riconducibile alla forma data sopra; vediamo se sotto opportune condizioni ci`o `e possibile nel caso specifico. Per ogni specie consideriamo la velocit`a di variazione della concentrazione, ottenibile sommando i contributi di formazione/scomparsa dati dai singoli stadi elementari. Dal meccanismo dato ricaviamo d[A] = −k′ [A][B] − k′′ [C][A] dt d[B] b) = −k′ [A][B] dt d[C] c) = k′ [A][B] − k′′ [C][A] dt d[D] d) = 2k′′ [C][A] dt Il fattore 2 nella relazione d) si spiega tenendo presente che la costante cinetica k′′ `e riferita alla velocit` a 1 ′′ di reazione dello stadio II), cio`e vII = 2 d[D]/dt = k [C][A], da cui segue che il contributo dello stadio II) alla velocit`a di variazione della concentrazione di D `e proprio la relazione d). In merito alla convenzione sulle espressioni per le velocit` a di reazione e di trasformazione delle specie si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 1. Sotto l’ipotesi dello stato stazionario per il componente C, la concentrazione di tale intermedio raggiunge rapidamente un valore che si mantiene poi costante nel tempo (e molto inferiore alle concentrazioni delle altre specie), che indichiamo con [C]ss ; corrispondentemente imponiamo d[C]/dt = 0 nella relazione c), ottenendo cos`ı a)

[C]ss =

k′ [B] k′′

(1)

Sostituendo eq (1) nella relazione a) ricaviamo d[A] = −2k′ [A][B] dt da cui v=−

1 d[A] = k′ [A][B] 2 dt 295

Possiamo quindi affermare che, sotto l’ipotesi di raggiungimento dello stato stazionario per la specie C, la reazione risulta del primo ordine rispetto ad A e a B, quindi del secondo ordine globale, e che la costante cinetica effettiva coincide con la costante del primo stadio, k′ .

296

Esercizio 11.16 La decomposizione dell’etere dimetilico in fase gassosa avviene in due stadi consecutivi a) b)

k

CH3 OCH3 →a CH4 + HCHO kb CO + H2 HCHO →

A 770 K, ka = 8.5 × 10−3 s−1 e kb = 4.5 × 10−2 s−1 . Se la concentrazione iniziale dell’etere `e 10−4 moli/litro, qual `e la massima concentrazione raggiunta da HCHO, ed a quale tempo `e raggiunta? Nel seguito, abbreviamo con ”Et” l’etere dimetilico. Indichiamo inoltre con [HCHO]∗ e con t∗ le incognite del problema: la massima concentrazione raggiunta di aldeide f`ormica e il tempo. Per risolvere il problema dobbiamo in primo luogo esplicitare [HCHO] in funzione del tempo, poi imporre la condizione di estremo d[HCHO]/dt = 0 dalla quale ottenere le incognite, e verificare infine che tale punto corrisponda ad un massimo per la funzione in questione. Partiamo dall’equazione per l’evoluzione temporale della concentrazione di aldeide, ottenibile dal meccanismo dato tenendo presente che la specie si forma nel primo stadio e viene decomposta nel secondo: d[HCHO] = ka [Et] − kb [HCHO] dt

(1)

Per ridurci ad un’equazione differenziale nella sola funzione [HCHO] dobbiamo eliminare [Et] in eq (1). A tale scopo scriviamo l’equazione cinetica per [Et] (che si decompone solamente, secondo una cinetica del primo ordine): d[Et] = −ka [Et] dt Integrandola tra l’istante iniziale, al quale corrisponde la concentrazione di partenza [Et]0 data dal problema, e il tempo t generico, otteniamo [Et] = [Et]0 e−ka t

(2)

Inseriamo ora eq (2) in eq (1), ottenendo d[HCHO] + kb [HCHO] = ka [Et]0 e−ka t dt

(3)

Tale equazione differenziale `e del primo ordine (solo derivata prima rispetto alla variabile t), lineare (la funzione incognita entra al massimo con potenza 1), e non-omogenea (la quantit`a al secondo membro non `e nulla). Equazioni differenziali del tipo in esame sono risolvibili utilizzando, ad esempio, il ”metodo del fattore integrante” (si veda la nota generale alla fine dell’esercizio). Nel caso specifico ci`o si concretizza moltiplicando m. a m. per la funzione ekb t (che `e il fattore integrante dell’equazione), e poi scrivendo il termine al primo membro come unica derivata d{ekb t [HCHO]} = ka [Et]0 e(kb −ka )t dt 297

Integrando m. a m. tra l’istante iniziale, al quale corrisponde [HCHO]0 = 0, e il tempo t generico, si ottiene ekb t [HCHO] = [Et]0

i ka h (kb −ka )t e −1 kb − ka

da cui ricaviamo la funzione cercata [HCHO] = [Et]0

 ka  −ka t e − e−kb t kb − ka

(4)

La derivata prima rispetto al tempo `e  ka  d[HCHO] = [Et]0 −ka e−ka t + kb e−kb t dt kb − ka

(5)

e imponendo la condizione di estremo si ottiene la seguente unica soluzione per t∗ : ∗ ∗ ∗ kb ln(kb /ka ) d[HCHO] = 0 ⇔ ka e−ka t = kb e−kb t =⇒ e(kb −ka )t = =⇒ t∗ = dt ka kb − ka t∗



Inserendo i valori delle costanti cinetiche ka e kb otteniamo t∗ =

ln(4.5 × 10−2 /8.5 × 10−3 ) = 45.7 s (4.5 × 10−2 − 8.5 × 10−3 ) s−1

e sostituendo tale valore di t∗ in eq (4) ricaviamo la concentrazione di aldeide corrispondente: ∗

[HCHO]

!

  8.5 × 10−3 −4.5×10−2 s−1 ×45.7 s −8.5×10−3 s−1 ×45.7 s × × e − e = 10 moli/litro × 4.5 × 10−2 − 8.5 × 10−3 = 1.3 × 10−5 moli/litro −4

Rimane infine da verificare che l’estremo individuato `e effettivamente un punto di massimo. Derivando ulteriormente eq (5) otteniamo la derivata seconda, e valutandola in t = t∗ con qualche passaggio si arriva a

d2 [HCHO] ∗ = −ka2 [Et]0 e−ka t < 0 ∗ dt2 t

il che significa che a t∗ si raggiunge effettivamente il massimo della concentrazione della specie (del resto, intuitivamente, non pu`o essere altrimenti partendo da un ambiente di reazione nel quale l’aldeide `e assente).

298

Integrazione di equazioni differenziali del primo ordine, lineari, non-omogenee. Metodo del fattore integrante L’equazione da integrare sia dy(t) + y(t) α(t) = β(t) dt

(A)

che descrive la dipendenza della funzione y dalla variabile t (in questo esempio si tratta di un’evoluzione temporale, ma il metodo `e generale), con condizione iniziale y(0) = y0 Siano α(t), β(t) funzioni date. Moltiplichiamo m. a m. eq (A) per il fattore integrante I(t) = exp

Z

t

0



dt′ α(t′ )

(B)

ottenendo I(t)

dy(t) + I(t)y(t)α(t) = I(t)β(t) dt d [I(t)y(t)] ≡ dt

(C)

L’uguaglianza tra le due forme al primo membro in eq (C) si verifica facilmente a posteriori derivando; infatti: d R t dt′ α(t′ ) e 0 y(t) dt 



d R t dt′ α(t′ ) + y(t) e 0 = e dt dt Rt ′ ′ Rt ′ ′ dy(t) + y(t)α(t)e 0 dt α(t ) = e 0 dt α(t ) dt dt′ α(t′ ) dy(t)

Rt 0





Rinominiamo ora la variabile temporale nell’equazione (C) (t diventa t′ ), ed integriamo m. a m. in t′ tra i tempi 0 e t: Z

0

t

Z t d  ′ ′  dt ′ I(t )y(t ) = dt′ I(t′ )β(t′ ) dt 0 I(t′ )y(t′ ) |t0 ≡ I(t)y(t) − y(0) ≡ ′

dove si `e utilizzato I(0) = 1. Ricavando y(t) si ottiene la soluzione −1

y(t) = y(0)I(t)

−1

+ I(t)

Z

0

t

dt′ I(t′ )β(t′ )

(D)

In conclusione, sono richieste due integrazioni successive: la prima per esplicitare il fattore integrante I secondo eq (B), e la seconda per integrarne il prodotto con la funzione β in eq (D).

299

Esercizio 11.17 Per la reazione in fase gassosa 2 NO + O2 → 2 NO2 `e stato proposto il seguente meccanismo k

2 NO →1 N2 O2 k′

N2 O2 →1 2NO k N2 O2 + O2 →2 2NO2 Derivare la velocit` a di formazione di NO2 in funzione delle concentrazioni di O2 e NO applicando l’ipotesi dello stato stazionario alla specie labile N2 O2 . Sotto quali condizioni si ottiene una cinetica del secondo ordine? Consideriamo innanzitutto le velocit` a di trasformazione delle varie specie, sommando i contributi di formazione e di scomparsa dati dai singoli stadi del meccanismo: d[NO] = −2k1 [NO]2 + 2k1′ [N2 O2 ] a) dt d[O2 ] b) = −k2 [N2 O2 ] [O2 ] dt d[NO2 ] = 2k2 [N2 O2 ] [O2 ] c) dt d[N2 O2 ] d) = k1 [NO]2 − k1′ [N2 O2 ] − k2 [N2 O2 ] [O2 ] dt Per spiegare i fattori 2 nelle relazioni a) e c) si tenga presente che le costanti cinetiche k1 , k1′ e k2 sono riferite alle velocit` a di reazione dei tre stadi, mentre nelle relazioni a) e c) entrano i contributi di formazione e scomparsa delle specie; in merito alla convenzione sulle espressioni per le velocit` a di reazione e di formazione/scomparsa delle specie si veda la nota generale alla fine dell’esercizio no. 1. Ricorrendo all’ipotesi di stato stazionario per la specie labile N2 O2 poniamo d[N2 O2 ]/dt = 0 nella relazione d), ricavando la concentrazione costante della specie [N2 O2 ]ss =

k1 [NO]2 + k2 [O2 ]

k1′

Inserendo tale espressione nella relazione c), che definisce proprio la velocit` a di formazione di NO2 richiesta, otteniamo vformaz. NO2 ≡

d[NO2 ] 2k1 k2 [NO]2 [O2 ] = 2k2 [N2 O2 ]ss [O2 ] = dt k1′ + k2 [O2 ]

(1)

Vediamo ora sotto quali condizioni la cinetica diventa del secondo ordine (globale). Con riferimento alla reazione netta 2 NO + O2 → 2 NO2 , ci` o significa individuare le condizioni sotto le quali eq (1) si riduce a vformaz. NO2 = k[NO]a [O2 ]b con a + b = 2. Possiamo individuare due situazioni in cui questo si realizza: 1) Se la concentrazione [O2 ] `e costante nell’ambiente di reazione, ad esempio se l’ossigeno `e continuamente immesso oppure se `e presente in largo eccesso rispetto ad NO. Indicando con [O2 ]0 tale concentrazione costante, allora da eq (1) segue vformaz. NO2 = k[NO]2

,

k=

2k1 k2 [O2 ]0 k1′ + k2 [O2 ]0 300

2) Se k2 [O2 ] ≫ k1′ , cio`e se la concentrazione dell’ossigeno `e tale che [O2 ] ≫ k1′ /k2 . A partire da una opportuna concentrazione iniziale di ossigeno, sulla base dei valori delle due costanti cinetiche tale condizione pu`o risultare soddisfatta entro una certa finestra temporale, nella quale la cinetica appare del secondo ordine. Infatti, eliminando k1′ al denominatore in eq (1) e semplificando [O2 ] si ottiene vformaz. NO2 = k[NO]2

,

k ≡ 2k1

301

Esercizio 11.18 La reazione A + 2 B → Prodotti `e descritta dal seguente meccanismo cinetico k

A + B →1 I k′ I →1 A + B k I + B →2 Prodotti dove I `e un intermedio estremamente labile. Sotto quale condizione la cinetica della reazione `e globalmente del secondo ordine? Si vuole vedere se, e sotto quali condizioni, la velocit`a di reazione `e riconducibile alla forma v≡−

d[A] = k [A]m [B]n dt

(1)

con m + n = 2 (secondo ordine globale). Partiamo dalle velocit` a di trasformazione delle singole specie, tenendo presente i contributi di formazione e scomparsa dati indipendentemente dai vari stadi: d[A] = −k1 [A][B] + k1′ [I] dt d[B] b) = −k1 [A][B] + k1′ [I] − k2 [I][B] dt d[I] c) = k1 [A][B] − k1′ [I] − k2 [I][B] dt a)

Per semplificare il problema invochiamo l’ipotesi di stato stazionario per quanto riguarda la specie labile I, cio`e assumiamo che ad un certo tempo, grazie al bilanciamento tra formazione/scomparsa, la concentrazione di I raggiunga il valore [I]ss e si mantenga (con buona approssimazione) costante. Corrispondentemente imponiamo d[I]/dt = 0 nella relazione c) ottenendo l’espressione per [I]ss : [I]ss =

k1 [A][B] k1′ + k2 [B]

(2)

Sostituendo eq (2) nella relazione a), con qualche passaggio si ottiene la velocit`a di reazione espressa come v=−

d[A] k1 k2 = ′ [A] [B]2 dt k1 + k2 [B]

(3)

Si osserva che sotto le seguenti condizioni `e effettivamente possibile ridursi ad un’espressione del tipo eq (1) con ordine globale pari a 2: 1) Se k2 [B] ≪ k1′ (quindi se in un certo intervallo temporale vale [B] ≪ k1′ /k2 ) e [A] ≃ [A]0 costante (ad esempio se tale reagente viene continuamente reimmesso nel reattore, oppure se si parte da un suo largo eccesso). Sotto tali condizioni eq (3) si semplifica portando a v = k[B]2

,

k=

k1 k2 [A]0 k1′

del secondo ordine rispetto a B.

302

2) Se k2 [B] ≫ k1′ , quindi se in un certo intervallo di tempo si realizza [B] ≫ k1′ /k2 . In tale limite, eq (3) si approssima a v = k[A][B]

,

k ≡ k1

per una cinetica osservata del primo ordine sia rispetto ad A che a B.

303

Esercizio 11.19 k Si consideri il seguente schema cinetico per la reazione globale A → B in fase omogenea: k

A + X →1 2X k X + Y →2 2Y k Y →3 B Applicando l’ipotesi dello stato stazionario ai due intermedi X e Y si determini l’ordine della reazione globale, la sua costante cinetica, e l’espressione per la concentrazione di [A] nel tempo. [Osservazione: tale schema a tre stadi `e noto come modello di Lotka-Volterra, studiato indipendentemente dal chimico fisico Lotka (1925) e dal matematico Volterra (1926). Non sono note reazioni chimiche che seguono tale meccanismo, ma `e molto applicato nel campo delle dinamiche in ecosistemi. Ad esempio, esso descrive (sufficientemente) bene la dinamica delle popolazioni preda-predatore; in questo caso specifico, A rappresenta il cibo disponibile nell’ecosistema, X `e l’intermedio-preda, Y `e l’intermedio-predatore, e B `e la biomassa nella quale si converte infine il predatore che si trova al vertice della catena alimentare. L’aspetto interessante `e che se il sistema viene mantenuto lontano dall’equilibrio tenendo costante la concentrazione di A (mediante un continuo flusso di tale reagente nel sistema), lo stato stazionario per gli intermedi X e Y non viene raggiunto, bens`ı le loro concentrazioni oscillano nel tempo in modo accoppiato. Lo schema di Lotka-Volterra costituisce quindi un semplice modello di reazione oscillante. Caratteristica comune di tali reazioni `e la presenza di pi` u stadi auto-catalitici accoppiati, quali i primi due nel caso in esame...]. Esprimiamo la velocit` a della reazione riferendoci alla scomparsa del reagente A (equivalentemente potremmo considerare la formazione del prodotto B): d[A] v≡− = k1 [A] [X] (1) dt Vediamo che, per ridurci ad un’equazione cinetica nella sola concentrazione [A], dobbiamo eliminare la concentrazione dell’intermedio X. A tale scopo partiamo dall’espressione della velocit`a di trasformazione di Y , tenendo presente i contributi di formazione e scomparsa: d[Y ] = −k2 [X][Y ] + 2k2 [X][Y ] − k3 [Y ] = k2 [X][Y ] − k3 [Y ] (2) dt Applicando l’ipotesi dello stato stazionario a tale intermedio, quindi ponendo d[Y ]/dt = 0 in eq (2), otteniamo la concentrazione allo stato stazionario per l’altro intermedio: k3 [X]ss = k2 (analogamente per l’intermedio Y , partendo dell’espressione della velocit`a di scomparsa di X si arriva a [Y ]ss = kk12 [A]). Sostituendo [X]ss in eq (1) otteniamo la seguente velocit`a di reazione k1 k3 d[A] = [A] dt k2 che corrisponde ad una cinetica del primo ordine con costante effettiva pari a k1 k3 /k2 . Integrando rispetto al tempo si ha infine v≡ −



[A] = [A]0 e

k1 k3 t k2

304

ESERCIZI DA SVOLGERE Esercizio 11.20 Per la reazione di formazione di acido bromodrico in fase gas, H2 + Br2 → 2HBr, si osserva sperimentalmente la seguente legge cinetica: v=

k[H2 ][Br2 ]3/2 [Br2 ] + k′ [HBr]

Il meccanismo proposto, di tipo radicalico, `e il seguente: k

Br2 + M →1 2Br + M k Br + H2 →2 H + HBr k H + Br2 →3 Br + HBr k−2

H + HBr → Br + H2 k−1

2Br + M → Br2 + M

(iniziazione) (propagazione) (propagazione) (terminazione) (terminazione)

in cui M `e una specie inerte immessa nella fase gas. Sulla base di tale meccanismo, e applicando l’assunzione di stato stazionario agli intermedi, si ricavi la legge cinetica e si esprimano k e k′ in termini di costanti cinetiche dei vari stadi elementari. Risultato: k = k2 (k1 /k−1 )1/2 , k′ = k−2 /k3

Esercizio 11.21 Per la reazione di formazione di acido iodidrico in fase gas, H2 + I2 → 2HI, si osserva sperimentalmente una legge cinetica del secondo ordine: v = k[H2 ][I2 ] Il meccanismo proposto `e il seguente: k

I2 →1 2I k−1 2I → I2 k I + H2 →2 H2 I k−2 H2 I → I + H2 k H2 I + I →3 2HI dove H2 I `e un complesso stabilizzato da forze di van der Waals. Sulla base di tale meccanismo, si derivi la legge cinetica e si interpreti la costante cinetica ”osservata” k in termini di costanti cinetiche degli stadi elementari.

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