Enciclopedia apologetica della religione cattolica

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Enciclopedia apologetica della religione cattolica

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ENCICLOPEDIA APOLOGETICA DELLA RELIGIONE CATTOLICA

A cura d'un gruppo di Specialisti

QTJINTA EDIZIONE

EDIZIONI PAOLINE

TITOLO ORIGINALE DELL'OPERA

APOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objections Librairie Bloud & Gay, Paris 1948

Traduzione di T. lJragone

IMPRIMATUR

Lutetiae Parisiorum, die 16 aprilis 1948 PETRUS BROT, v. G. VISTO PER LA CURIA GENERALIZIA

Roma, 6 febbraio 1953 SAC. G. ALDERIONE NJHIL

OBSTAT

Alba, IO febbraio 1953 SAC. L. ZANONI IMPRIMATUR

Alba, 17 febbraio 1953

CAN. P. GJANOLIO, v. G.

PROPRIETÀ RISERVATA PIA SOCIETÀ S. PAOLO

- ALDA

(CUNEO)

PRESENTAZIONE

La presente opera, nata dalla collaborazione di una quarantina di specialisti in apologetica, uscì la prima volta a Parigi nel 1 937 sotto la direzione di M. Brillant e di M. Nedoncelle professore alla Facoltà Teo­ logi ca di Strasburgo. Dopo la guerra, e precisamente nel 1 948, i medesimi Direttori, aiutati da G. Coppens dell'Università di Lovanio, la ripresen­ tarono al pubblico rifusa e con l'aggiunta di nuove trattazioni. Da questa

edizione fu curata la traduzione italiana, che veramente non è solo tradu­

zione pura e semplice, ma anche adattamento e aggiornamento alla no­ stra cultura. Una trattazione, quella sulla testimonianza della moderna

letteratura, è completamente nuova.

Il piano dell'opera è semplice nella sua grandiosità. La prima parte

comprende le. principali questioni concernenti, direttamente o indiret­ tamente, la rivelazione cristiana in generale. Dopo l'introduzione, che imposta il problema apologetico nel mondo contemporaneo, vengono studiati il fatto e il bisogno religioso, le grandi affermazioni spirituali­ stiche che stanno alla base della religione, ossia l'esistenza di Dio e l'im­ mortalità dell'anima, l'origine e la natura della religione, le varie cate­ gorie di religioni, i più notevoli surrogati odierni della religione e, a parte, il principale di essi, cioè la teosofia; quindi i temi centrali della rivelazione e della fede per concludere con lo studio del miracolo, che costituisce il più importante motivo di credibilità.

La seconda parte presenta l'apologetica propriamente detta ossia

le prove della rivelazione cristiana concentrate nel fatto miracoloso della Chiesa Cattolica. La preparazione della Chiesa nell'A. Testamento, la sua nascita con Gesù Cristo e il suo messaggio, il suo prodigioso consoli­ damento con gli Apostoli, la sua eccellenza e i suoi caratteri, la coesione, la stabilità e la pienezza della sua dottrina, la sublimità e ricchezza della sua morale, la sua mirabile azione di rinnovamento spirituale attraver­ so venti secoli di storia, la sua santità eminente, i miracoli che in essa continuano; poi la sua trascendenza e pienezza di fro11te alla parzialità

VI

PRESE!'ITAZIONE

delle eresie e delle Chiese separate, protestanti, orientali anglicana e il problema della reintegrazione di queste nel seno della Chiesa madre; inoltre il suo atteggiamento di fronte alle grandi religioni non cristiane, l'induismo e l'islamismo; finalmente il fatto della incredulità contem­ poranea, la testimonianza dei convertiti

con la psic ologia e la metodo­

logia della conversione, la testimonianza della moderna letteratura su Dio, Gesrì Cristo e la Chiesa. Conclude un sommario storico dell'a­ pologetica. La terza parte espone e risolve le principali obiezioni odierne con­ tro la Bibbia in generale, l'Antico e il Nuovo Testamento, lo studio scien­ tifico del dogma, i singoli dogmi in particolare, la morale cattolica, la storia della Chiesa e tratta dei mpporti tra le scienze e la fede. Basta questo breve panorama della materia per comprendere quale sia la ric­ chezza del volume. Le trattazioni, elaborate da specialisti qualificati, non offrono co­ muni ripetizioni, ma sono l'espressione di un pensiero personale e vigo· roso, un'attualissima messa a punto dei problemi e delle .loro soluzioni, in cui l'erudizione più scrupolosa e la più schietta lealtà, la probità scien­ tifica e l'integrità della dottrina vanno di

pari passo e in modo felicis­

simo. Data la moltiplicità dei collaboratori è naturale che si incontri qualche ripetizione e qualche divergenza di

vedute, che però verte su

punti controversi e di secondaria importanza.

Oggi, forse più che mai, la vita cristiana è minacciata da tante in­

sidie nella sua stessa radice che è la fede. Necessita pertanto, con rinno­ vata urgenza, giustificare e difendere sul piano filosofico, storico, esege­ tico, psicologico e morale l'adesione al Credo che professiamo. L'Enciclo­ pedia apologetica della religione cattolica vuole appunto essere un va­ lido aiuto per si necessario e si nobile compito.

La traduzione è tutta quanta opera di G. T. Dragone della Pia So­

cietà S. Paolo, l'adattamento del sottoscritto e di alcuni collaboratori, Angelo Stella, Luigi Morstabilini, Giacinto Scaltriti, Pierino Rossano, Giovanni Castaldi, ai quali esprimo il più vivo ringraziamento. NATALE BUSSI

Insegnante di Dogmatica nel Seminario di Alba

AVVERTENZA PER LA QUINTA EDIZIONE

La qumta edizione della Enciclopedia Apologetica esce notevol­

mente migliorata

nei confronti delle precedenti. Oltre l'aggiMnament�

della bibliografia e le aggiunte aHo studio sulla testimonianza della mo­

derna Lettecratura, sono state inserite due nuove trattazioni, la prima

di C. Colombo, professore alla Facoltà teologica di Mz'lano, sullo St'ilup­

po del dogma,

la seconda di D. Dubarle sulle teorie cosmologiche mo­

demt- e il dogma della creazione.

N. B.

INDICE DELLE

- Impostazione de l problema apologetico, di

MATERIE

INTRODUZIONE.

G.

RABEAU

Che cos'è ca?

l.

Il.

l'apologeti-

La fede soprannaturale e la possibilità dell'apologetica

!l

4 III.

4

§ l. - Tesi protestan-

IV.

te: la fede, incontro di Dio con lo spirito solo § 2. - Tesi cattolica: la fede incontro di Dio con tutto l'uomo Oggetto dell'apologetica Metodo dell'apologetica

4

8

12

16

PARTE PRIMA.- PRIME POSIZIONI DELL'APOLOGETICA CRISTIANA

I. - Il fatto religioso. Il bisogno religioso, di Y. de MoNT­ CHEUIL l.

II. II.

Il fatto religioso e il suo significato apolo­ getico § l. - Universalità della religione § 2. - Diversità quali­

tative del fatto reli­ gioso § 3. - Il fatto religio­ so è specifico. Ten­ tativi di riduzione Il bisogno religioso

II.

2!1 III.

2!1 27

Dio e dell'anima Conclusioni III.- Natura

!IO !l !l 39

50

La metafisica spiritualistica di fronte alla spiritualità cristiana

50

di

Teoria sociologista § l. - Esposizione della teor i a dur kheimiana § 2. - Critica del sistema di Durkheim Il. L'animismo. Esposizione e critica § l. - La psicologia dei primitivi § 2. - Le divinità dei primitivi III. Il magismo

l.

52

57 65

e origine della re-

S. MAGNIN l. l DATI DELL'ETNOLOGIA ligione,

- Le grandi affermazioni spiritualistiche. L'esistenza di Dio e l'immortalità del­ l'anima, di S. BoRNE I.

Valore apologetico della prova. Ci sono prove di esperienza? Le prove razionali di

69 69 69

69

74 81

84 87 91

IX

INDICE DELLE MATERIE

§ I. - Esposizione § 2. - Critica Il. l DATI DELLA PSICOLOGIA l. Psicologie del subcosciente

§ I. - Il subcosciente patologico : Esposi­ zione della teoria di Pietro Janet § 2. - Il subcosciente patologico : critica della teoria di P. Janet § 3. - Il subcosciente d'ordine puramente naturale : esposizione della teoria di Delacroix § 4. - Critica della teoria di Delacroix II. Alcune psicologie realiste § I. - Boutroux § 2. - M ax Scheler § 3. - Girgensohn § 4. - 0tto § 5.- Bergson Conclusioni generali § I. - Che cos'è la religione? § 2. - Dio, vera origine della religione Appendice. Le fonti della reli­ gione secondo Marx e Freud di S. Borne § I.- Il marxismo § 2. - Il freudismo

IV.

§ 4. - Le civiltà terziarie 111. Tipologia culturale e religiosa di G. Montandon IV. La preistoria Conclusioni generali sul val� re delle religioni

91 92 94 94

94 V.

-

97 100

Q UÉDEC

116

Origine e fondatori della teosofia II. Dottrine della teosofia III. Pratiche della teosofia IV. Apprezzamento Conclusione

VII. - La rivelazione, di E. RoLl.

LAND

l. 119 l l9 123

Le varie categorie di religioni, di S. MAGNIN 128

Metodo Tipologia religiosa del P. Schmidt § l . - Le civiltà primitive § 2. - Le civiltà primarie § li. - Le civiltà secondarie

128 129 129 129 132

145 147 154

158 158 162 169 171 175

1 78

COME SI PONE IL PROBLEMA 178 DELLA RIVELAZIONE

-

I. II.

1 45

I.

lll

113

138

VI. - La teosofia, di G. de ToN-

103 103 l 09 109 111 113

135 136

l surrogati della religione,

di P. ARCHAMBAULT l. Impostazione del pr� blema II. Alcuni casi tipici III. Interpretazione apol� getica

96

134

II.

Nozioni del soprannaturale § I. - Che cos'è il soprannaturale? § 2. - Il soprannaturale conviene alla natura umana § 3. - Il soprannaturale supera la natura umana Nozione di rivelazione § I. - Natura della rivelazione § 2. - Due grandi forme di rivelazione § 3. - Necessità della rivelazione

178 178

179

ISO 181 181

IR3 184

x::

I NDICE Dl!:LLE MATERlE

Il.

RAPPORTI TRA LA NATURA E IL 185 SOPRANNATURALE RIVELATO

I.

II.

Le filosofie chiuse § I . - Gli anteceden­ ti del razionalismo moderno § 2. - Il razionalismo di Leibniz § 3. - Il razionalismo di Kant § 4. - Le negazioni contemporanee La filosofia aperta § I. - Perchè la filo­ sofia deve rimanere aperta al sopranna­ turale § 2. A quali condi­ zioni la filosofia può accogliere la rivela­ zione § 3. - Relazione pre­ cisa della natura e della sovrannatura Il punto di vista stori­ co : la vocazione so­ prannaturale dell'u­ manità § I. - Elevazione pri­ mitiva e caduta § 2. - Il cristianesimo rivelò all'uomo una nuova forma d'in­ quietudine § 3. - La natura u­ mana è ormai • tra­ snaturata »

185 185

186 187 189 192

192

-

III.

III. LE ESIGENZE DELLA 'RIVELA· ZIONE

I.

Le conseguenze morali della rive1azion·e . § I. - La riv elazione salvaguarda la vera autonomia umana § 2. - La natura uma­ na non può . e non deve disinteressarsi del problema della rivelazione Il. La posiziOne :attuale del problema Conclusione

VIII.

- L'atto di fede, HouoARD

193

195 195

196 197

M.

Come concepire la fede soprannaturale La fede ossequio ragioII. nevole § I. - Compito del­ l'intelligenza nell'atto di fede § 2. - La preparazione intellettuale alla fede § 3. - La ragione che si nutre della fede III. Le disposizioni morali IV. Carattere soprannaturale dell'atto di fede Conclusione l.

193

di

199 ' .

199 199

200 202 206 208 208 210 210 212 2U 214 216 218

La testimonianza del miraco1o, di G. RADEAU 220

IX. -

PARTE SECONDA.- L'APOLOGETICA PROPRIAMENTE DETTA PRIMA SEZIONE: L'ANTICO TESTAMENTO I.

L'Antico Testamento come preparazione evangelica, di S. MAGNIN 231 l. CONSIDERAZIONI GENERALI 23 1 -

I.

Necessità di uno studio d'insieme 23 1 § I. - L'educazione progressiva del popolo di Dio 23 1 § 2 . ...:... Utilità ·di un metodo sintetico 231

·

INDICE

DELLE

La cornice geognfica e storica condiziona lo sviluppo religioso 232 III. Le quattro grandi tappe della religione d'Israele 234 235 11. LA RELIGIONE PATRIARCALE Quadro storico I. 235 § l . - Sguardo d'in2!15 sieme § 2. - La storia dei patriarchi inserita . nella storia generale dell'Oriente 236 II. La religione patriarca· le 237 ?37 § l. - È un inizio § 2. - Lineamenti es­ senziali della religione patriarcale 237 § 3. - Imperfezioni della religione patriarcale 242 Ili. LA RELIGIONE MOSAICA 243 I. Quadro storico 243 § l. - Storia generale dell'Oriente 24ll § 2. - Storia d'Israele 243 La religione in se stes11. sa 244 § l. I fatti essen244 ziali § 2. - Profondo signi­ ficato dei due fatti cardinali 246 § li. - Preparazione della fede nell'Incarnazione 250 § 4. - Co:1Servazione del Mosaismo 251 IV. LA RELIGIONE PROFETICA 253 l. Quadro politico 253 § l. - Storia generale dell'Antico Oriente 253 § 2. - Storia degli Israeliti 255 II. Vita religiosa 257 § l. - Prima dei pro-

MATERIE

Xl

feti scrittori (l045745) 257 § 2. - I profeti scrittori dal 750 al 536 261

II.

V. IL GIUDAISMO

l.

II.

V l.

Quadro storico § l. - Gl'imperi § 2. - Storia del popolo giudaico La religione giudaica in se stessa § l. - La conservazione del passato § 2. - Le acquisizioni spirituali

TRASCENDENZA GIONE n'ISRAELE L

. li.

III.

-

lV.

DELLA

272 27?. 272 273 275 275 277

RELI·

282 La superiorità d'Israele è d'ordine puramente spirituale 2�2 Nell'ordine religioso non ci sono derivazioni essenziali 28ll § l. - Le religioni dell'Iran 283 § 2. - La Caldea 284 285 § 3. - L'Egitto § 4. - La Grecia 286 Elementi di trascendenza 288 § l. - Il monoteismo morale 288 § 2. - La speranza messianica 289 § 3. - Conservazione . e progressi della religione d'Israele 291 La religione d'Israele e l'avvenire 293 § l. - Preparazione della mentalità cristiana 293 § 2. - Compimento delle profezie 293 § 3. - Carattere in­ coativo della religione d'Israele 294

XII

II.

INDICE DELLE MATERIE

Come utilizzare l'argo­ mento profetico, di J. R. TOURNAY 297

-

!10!1

Conclusione

SECONDA SEZIONE: LA CHIESA DI GESU' CRISTO III. - Gesù Cristo e il suo Van!104 gelo, di C. LAVERGNE Prel iminari !104 l.

AUTENTICITÀ E VALORE DEI DO­ CUMENTI CHE PER NOI SONO I N· !108 SIEME FONTI E GUIDE

I. II.

IV.

Le fonti non cristiane Le fonti cristiane: gli scritti neotestamentari § l. - La conservazione degli scritti neotestamentari § 2. - Gli scritti di S. Paolo in generale § 3. - Le lettere in particolare § 4. - I Vangeli § 5. - Altri scritti del Nuovo Testamento

Il. IL VERO MESSIA I. razionalisti Tentativi per spiegare il meJsianismo giudaico Il. Il vero Messia promesso e inviato § l. Gesù si rivela come il vero Messia promesso § 2. - Dottrine contrarie e loro confutazione III. L'I NSEGNAMENTO DI GESÙ I. Generalità Il. L'insegnamento di Gesù : sua novità e tra­ scendenza in con­ fronto del giudaismo III. Originalità e superio­ riorità del Cristiane­ simo di fronte ai mi-

!108 !109 !109 !112 3111 !121 !1112 !1!17 !1!18 345

IV. LA PERSONA DI CRISTO. LA SUA INCOMPARABILE SANTITÀ

Introduzione. - La fede I fatti I. Il. La spiegazione dei fatti § l. - Il Cristo Dio. Il Cristo Dio e uomo § 2. - La santità di Cristo in opera V. I MIRACOLI DI GESÙ l. Il problema fondamen· tale II. I miracoli del Vangelo § l. - Il fatto : i miracoli del Vangelo § 2. - Valore dei mi­ racoli del Vangelo § 3. - I miracoli pro­ vano che Gesù disse solo e sempre la verità

V l. LA l.

II.

-

!145

III.

!14.6 !149 !149

!151

steri pagani L'aspetto positivo dell'insegnamento di Gesù § l. - Caratteri generali dell'in segnamento di Gesù § 2. - L'insegnamento di Gesù

IV

RISURREZIONE

Gli apocrifi Le testimonianze canoniche Immenso influsso della risurrezione sulle pri­ me generazioni cristiane § l. - I testi patristici sulla risurrezione § 2. - Influsso del giorno della risurre­ zione sulla liturgia Dottrine contrarie alla Loro risurrezione. confutazione § l. - Riduzione dei testi

!15!1 !156 !156 !158 362 !162 !163 !166 !166 368 !172 372 !176 376 378

!183 !185 !185 386

!189 389 392 !19!1 !19!1

INDICE DELLE MATERIE

§ 2. - Natura delle opposizioni § 3. - Infiltrazioni pa· gane VII. IL CRISTO SEMPRE VIVEN'IE § I. - La sua vita d'un tempo ha ripercussioni mondiali § 2. - La sua vita di oltretomba è visibile a chi ha occhi per vedere IV. - Le origini cristiane, di G. BARDY Introduzione § l . - L'interesse di questo studio § 2. - Alcune note sulle fonti I fatti I. § l . - Prime predicazioni § 2 . - L a vita dei primi cristiani § 3. - Conversione di Saulo § 4. - Il messaggio rivolto ai pagani § 5. - Che cosa sap­ piamo riguardo agli altri apostoli II. I risultati § l . - L'universalità del cristianesimo § 2. - L'unità del cristianesimo § 3. - La Chiesa, rea­ lizzazione del Regno di Dio III. I ten tativi di spiegazione § l . - La preistoria del cristianesimo § 2. - San Paolo in­ ventore del cristianesimo § 3. - Cristianesimo ed ellenismo

ll96 398 400 400

IV.

402 413 413 41!1 414 418 418 420 422 424 426 427 428 429 4ll 3 43ll 434 436 4!19

V.

§ 4. - L'Oriente: il mandeismo § 5. - Le religioni mi· steriche § 6. - Conclusione : impossibilità di spie• gare umanamente il segreto della Chiesa Il miracolo delle origini cristiane § l . - I fatti § 2. - Le condizioni della Chiesa nascente § 3. - Ricchezza e pie­ nezza del fatto cristiano

XIII

443 447

454 455 455 45 6 462

- La dottrina della Chiesa, 464 di F. VERNET 464 Introduzione l. La coesione della dot· trina della Chiesa 467 § I. - Le armonie del 467 domma § 2.- Il domma e le conoscenze umane 470 La stabilità e il proII. gresso della dottrina 474 della Chiesa § l. - La verità cattolica permane identica a se stessa 474 § 2. - La verità catto· 476 lica progredisce La pien ezza della dot· Hl. trina della Chiesa 480 § l. - Il domma illu­ mina tutto il problema del destino 480 § 2. - Il domma si ri­ volge a tutti gli uomini 486 IV. Il trionfo dell'impro4R9 babile § l . - Di!Jìcoltà uma­ namente insuperabili 489 § 2. - Di!Jìcoltà divi491 namente risolte Conclusione 494

INDICE

XIV VI.

- L'eccellenza e i c)lratteri della Chi esa di E. MAsuiU: Introduzione. - Perchè i Cat­ tolici amano la loro Chiesa Conforme a Dio I. § l . - La Chiesa fu concepita e voluta da Cristo § 2. - Le quattro no­ te che autenticano la missione della Chiesa § 3. - Solo la Chie­ sa attua il possesso di queste quatu"o note e la sua in­ transigenza è soltanto fede! tà ad esse Il. Simile a noi § l. - Il problema dei riti § 2. - Le speranze u­ mane e l'istituzione dei sacramenti § 3. - Come i sacra­ menti rispondono alle speranze umane ,

VII.

-

DELLE

497 497 497 498

498

500 502 502 505 507

La morale della Chiesa,

di E. MASURE Introduzione. - La Morale cristia na non esaurisce il Cristianesimo I. La Morale cristiana nelle sue fon ti § l.- La Morale portata dal Cristo § 2. - La Morale nella Chiesa di Cristo II. Struttura della Morale cristiana § l . - L'ordine n aturale § 2. - L'ordine sopran naturale Conclusione. - I !rutti della morale cristiana

MATERIE

- L'azione della Chiesa, di G. MADAULE Introduzione § l . - La trascendenza della Chiesa nel mondo § 2. - L'idea di civiltà cristiana I. La Chiesa dei primi secoli § l. - La Chiesa e il Giudaismo § 2. - La Chiesa e la civiltà antica Il. L'Impero cristiano § l . - Il rinnovamento dei valori antichi § ?. - Fondamenti dì un ordine nuovo III. L'alto Medioevo § l . - Attuazione dell'ordine nuovo § 2. - Lo slancio missionario § 3. La lotta contro l'Islam Il Medioevo cristiano IV. § l . - Ricostruzione e riforme interne § 2. Le Crociate e loro conseguenze per la civiltà V. Il tramonto del Medioevo § l . - L'emancipazione dell'Europa § 2. - L'espansione della fede in Oriente § 3. - L'epoca del grande scisma VI. Le grandi scoperte, il Rinascimento e la Riforma § l . - Il Rinascimento § 2. - La Chiesa e la Riforma

VIII.

522 522

522 52!1

5 25 525 525 528 528

529

531

531 533

-

535 536

5!16

-

513

513 51!l 513 514 515 515 51R 520

538 542 542

54!1

544 546 546

541)

INDICE DELLE MATERIE

vii.

L'età moderna 548 § I. - I grandi Ordini del secolo XVII 548 § 2. - L'epopea missionaria 549 § 3. - L'an ticristianesimo del secolo XVIII 551 Vlll. La Chiesa contempo· ranea 551 § I. - La ricostruzione dopo la torme:lta 552 § 2. - Salutare resi­ stenza della Chiesa al rinascen te paga553 nesimo § 3. - Verso una nuova civiltà cristiana 554 554 Conclusione § I. - L'umanesimo dell'azione cristiana 554 § 2. - Il ritorno ai compiti puramente spirituali 555 IX.

III.

IV.

II.

V.

558 558 559

VI.

562 56 3

.....,..

563

-

. .

564

568 56�

571 574 574 576

-

- La santità della Chiesa,

Il segno divino della santità § I. - Nozione della santità § 2. - I segni della santità § 3. - Il santo per eccellenza La Santità voluta da Cristo per la sua Chiesa § l. Cristo per la sua Chiesa volle una santità manifesta ed eminente La Chiesa offre § 2. a tutti i principi e i .mezzi di santità? § 3 :- Gli effetti di questi principi e

56 5

-

di F. R. GARRJGOU·LAGRANGE 558 I.

mezzi di santificarione La santità della Chiesa e la testimonianza dei martiri § I. - La testimonianza dei martiri § 2. La testimo­ nianza dei martiri prova la santità della Chiesa La Chiesa cattolica produce sempre dei santi § I. - I Santi canonizzati § 2. - Le istituzioni che sono una scuola di santità § 3. La diffusione delle virtù cristiane La vera santità cristiana e altre forme di perfezione § I. - L'eroe e il santo § 2. - Il saggio e il santo § 3. - Le diverse forme della vera santità § 4. - L'armonia su­ periore della santità La testimonianza dell'esperienza mistica § l. - Che cosa domina nella vita dei mistici cristiani? § 2. - Che con ferma dà l'esperienza mistica? § 3. - Le altre forme d'esperienza interiore

X.

-

l

577 578 578 5 79 582 582 5 8! 584 586 588

miracoli nella Chiesa,

di G. RABEAU

591

lCVI

INDICE DELLE MATERIE

In troduzione. - La Chiesa, grande motivo di credibilità 591 I. I santi ci fanno risalire fino al passato e­ vangelico e ci aiutano a comprenderlo 592 li. La vita dei santi e i loro miracoli sono una prova diretta dell'origine divina della Chiesa 593 § l. - Santa Bernar­ detta e i fatti di 593 Lourdes § 2. - La presenza dei santi tra noi è una prova della verità 597 cristiana § 3. - La continuità dei miracoli della Chiesa 602 lll. L'esistenza dei cristia­ ni ferventi costituÌ· sce pure un argomento? 6 13 § I. - Problema posto dalla loro vita 6 1 3 § 2. - I tentativi di spiegazione naturalista 614 § 3 . - Soluzione cri­ stiana unica pienamente razionale 6 1� Conclusione 619 TERZA SEZIONE: L E ERESIE E LE CHIESE SEPARATE XI.

- Eresie d'altri tempi di G.

BARDY

622 § I. - Errori sulla natura dell'insegnamento tradizionale 622 § 2. - Errori sul con­ tenuto dell'insegna­ mento tradizionale 627 § 3. - Conclusione: la lezione del passato 630

XII. - D Protestantesimo lute­ rano e calvinista, di G. DEDIEU 631 631 Introduzione. - Le cause I. Sviluppo del Luteranesimo fino a Les6 32 sing II. Sviluppo del Luteranesimo da Lessing ai nostri giorni 633 § l . - Lessing. Una 633 vita movimentata § 2. - Schleiermacher 635 § 3. Alberto Ritschl 637 III. Sviluppo del Calvini­ smo fino alla forma­ zione del Protestantesimo liberale 640 § I. - Da Calvino a Jurieu 640 § 2. Sviluppo del protestantesimo liberale 641 IV. Verso una nuova ri644 forma XIII. - L'Anglicanesimo e le Chiese non conformiste, di G. TRÉsAL e M. NEDONCELLE 647 l. LE SUE ORICINJ. ( 15321603) 647 L'Anglicanesimo sotto I. Enrico VIII ( 1 532647 1547) Il. L'Anglicanesimo fu or­ ganizzato durante il regno d'Edoardo VI ( 1547-1553) 649 III. Effimero ristabilimento Cattolicesimo del sotto la regina Maria ( 1553-1558) 651 IV. L'Anglicanesimo si afferma sotto il regno d'Elisabetta - ( 1558� 1603) 6 53 I primi inci­ § I. denti del regno d'E65S lisabetta -

-



-

XVII

INDICE DELLE MATERIE

§ 2. - L'Atto di su­ premazia e l'Atto di un iformità § 3. - Esecuzione del­ l'Atto di supremazia e dell'Atto d'un iformità § 1. - Il governo e l a Chiesa anglicana contro i cattolici § 5. - Il governo e la Chiesa anglicana contro i riformati estremi o puritani

li.

Mutilazione dei dommi fondamentali § l. - L'Incarnazione § 2. - La Santissima Trinità III. Concezione incompleta della vita della grazia § l. - I Sacramenti § 2. - La vita futura Conclusione

654

655 657 XV.

DO

l

SUOI DOCUMENTI UFFICIALI

I XXXIX

I. II.

III.

articoli di re-

II.

III. CRISI DOTI"RINALI E CULTUA· LI NELL A CHIESA ANGLICANA

I.

II.

III.

IV. V.

Puritani e latitudinari I l rin novamento della Chiesa anglicana nel­ la seconda metà del secolo XVIII Il movimento d'Oxford ( I 833- 1 890) Un tentativo abortito di revisione del Prayer Book ( l 927- 1 928) Le assemblee di Lambeth

663 663

664 IV. 665

666 668 Tentativo di definizione 668 I gruppi principali 670

IV. LE CHIESE NON CONFORMISTE I.

II.

XIV.

Le Chiese separate d'O­ riente, di C. de LE CLERCQ 678 -

l.

III.

664

Ecclesiologia particolarista 678 § l . - Le Chiese non bizantine 678 § 2. - Le Chiese bizantine 681

697 Le divisioni cristiane 697 § l . - Lo scisma 697 § 2. - Gli effetti dello scisma nella Chiesa 698 § 3. - Gli effetti dello scisma fuori della Chiesa cattolica 700 Il lavoro per la riunione cristiana 701 § l . - Il movimento ecumenico 701 § 2. - Il lavoro cattolico per la riunione 702 cristiana Il lavoro cattolico per l a riunione nell'in­ sieme dell'apostolato cattolico 707 La Chiesa e la Sinagoga 708

LIALINE

65R

ligione 658 Il libro della preghiera pubblica (Prayer Book) 660 I giuramenti del clero 662

690 69 1 693 694

La Chiesa Cattolica e le Chiese cristiane separate, di

l.

Il. LA CHIESA STABILITA SECON·

689

-

C.

657

686 6R6

QUA R TA SEZIONE: LE GRANDI RELIGIONI NON CRISTIANE XVI. l.

Il fascino delle Religioni 711 asiatiche, di G. WILnms -

712 713 71 5 Che cos'è § l . - Gfi dèi e il culto 7 1 3 § 2 . - Elementi in tel­ lettuali e spirituali 7 15 dell'induismo L'attrattiva dell'induismo su alcuni cri719 stiani

LE RELIGIONI IRANICHE II. L'INDUISMO

I.

II.

INDICE DI;:.LLE MATERIE

XVIII

§ I. - Ciò che sepat:a l'induismo dal cristianesimo § 2. - Inefficacia delle confutazioni § 3. - Ciò che alcuni cristian i chiedono all'induismo § 4. - Che cosa biscr gna rispondere a queste quattro specie di anime § 5.- Dalla bhakti in­ duista alla carità cristiana

719

XVII. - Lo scandalo dell'lslam, di G. WILBOIS Che cos'è l'Islam I. II. L'Islam e i cristiani § I. - L'Islam e ]a sua attrattiva per alcuni cristiani § 2. - L'Islam è impe­ netr� bile al aistianesimo? .

721

72!1

738 738 741 741

III.

IV. v.

NE

l.

Il.

BaR-

753

754 754 755 755

764 767 770

l. DEFICIENZE DEGLI AMBIENTI

RE·

LIGIOSI IN CUI VIVEVANO I FU·

745

I NOSTRI FEDE

XVIII. - L'incredulità, di S.

752

XIX. - La testimonianza del convertiti, di P. HUMBERT e N. Bussi 773 775 Introduzione

TURI CONVERTITI

I. QUINTA SEZIONE: TEMPI E LA

752

-

720

727 III. IL BuDDISMO 729 l. Che cosa fu nell'India 729 § l. - Il Buddismo primitivo. Chi è Budda? 729 § 2.- Il grande scisma 731 Il Buddismo fuori delII. l'India 7!1!1 III. L'attrattiva del Buddismo per certi cristiani 7!14

tempo. Le sue ragie> ni immutabili § I. La potenza del­ la libertà umana e l'i nevidenza della verità religiosa § 2. - La verità reli­ giosa è una verità e­ sigente che scoraggia la debolezza umana § 3. - L'insufficienza della testimonianza resa a Cristo dal mondo cristiano § 4. - Il mistero dell'incredulità L'in credulità odierna § l. - Le forme in tel­ lettuali dell'incredulità moderna § 2.- L'in credulità di­ venuta fatto storico; la irreligione delle masse Alcuni tipi concreti di increduli Ancora il peccato d'incredulità

751

Alcune definizioni. Lo scandalo dell'incre­ dul ità. L'in credulità nel Vangelo 751 L'incredulità di ogni

II. III. IV. V.

Carenza del protestantesimo : Von Ruville Carenza dell'angl icane­ simo: Ugo Benson e Ilario Knox Care"nza dell'ateismo: Adolfo Retté Carenza del socialismo: Jllemo Camelli Carenza · dell'immanentismo: M. F. Sciacca

771

774 777 782 783 785

INDICE DELLÉ MATERIE

II.

guardano la conver­ sione al cristianesi­ mo delle istituzioni 832 civili d'un popolo § 5. - Saggio ·d'appli­ cazione ai vari casi possibili di conversione 834 Conclusione R37

L'lRRACCIAMENTO DI ANIME

CRISTIANE

I. II.

794

L'azione di una santa: 794 Vernon Johnson L'azione di un'anima cristiana : Leopoldo 797 Levaux

111. ALCUNE VIE SPECIALI DEL·

LA

I. II. III.

GRAZIA

800

L'artista che tro:va Dio : 801 J. K. Huysmans Il soldato che trova Dio: Ernesto 'Psichari 804 Il fascino della Chiesa R07

- La testimonianza della moderna Letteratura, di A.

XXI.

STELLA

--'- Psicologia e metodologia della conversione, di G. 814 WILBOlS

xx.

Rl4 Introduzione Psicologia individuale I. e collettiva del fedele 816 .§ l. - La credenza interessa tutto quanto l'uomo 816 § 2. - Aspetto indivi­ duale e aspetto col­ lettivo della vita re816 ligiosa § 3. - Forme e gradi della conversione 818 II. Psicologia individuale e collettiva del non fedele 820 § l . - I cristiani sepa821 rati § 2. - I non cristiani 821 III. Metodologia della còn; · R26 versione § l . - Fatti di conversione interiore 826 § 2. - Fatti che accoro· pagnano l'ingresso 829 nella Chiesa § 3. - I fatti posteriori che caratterizzano una conversione con830 tinua § 4. - Fatti che ri-

XIX

\

l'

838

R38 Introduzione 839 I. I L VUOTO DI D IO 840 L"assalto all'Assoluto I. § l. - Wolfgang Goe­ the (1749-1832): L'avventura dell'uomo moderno 840 § 2. - Giacomo Leo­ (17!JR-1837). pardi Il cadere delle illusioni 841 § 3. - Carlo Baudelaire (1821-67). Il male del secolo 845 845 Il. Il superuomo § l. - Arturo Rim­ baud (1854-91). Lo 845 Angelo ribelle § 2. - Enrico Ibsen (1828-1906). L'uomo proteso all'Assoluto R48 § 3. - I moderni Ulissldi 850 III. . La tragedia dell'uomo 855 § l . - Luigi Piran­ dello (18 67-1936). L'uomo chiuso in R55 se stesso § 2. - Marcello Proust ( !R71-1922). Alla ricerca del tempo perduto 858 § 3. - Alberto Moravia (1907). L'uomo "

xx

INDICE DELLE M:ATERIE

in preda agl'istinti 859 4. - Franz Kafka (188 3-1924). L'uomo 862 in sospeso § 5. - André Mal­ raux. La disperata condizione umana 864 § 6. - Alberto Camus. L'uomo assurdo 866 § 7. - Cesare Pavese (1908-50). Il mestiere d i vivere 869 § R. - J e�n Paul Sartre. L'uomo nausea871 to Conclusione 874 II. LA RICERCA DI DIO 876 La prtsenza di Dio 877 I. § I. - Alessandro (1785Manzoni 1873). L'epopea delIa Provvidenza 877 § 2. - Ada Negri (1870-1945). La vita 881 dono di Dio § 3. - Angelo Gatti (1875-1948). Per la 1183 strada del dolore § 4. - Franz Werfel (1890-1945). Ascolta886 te la voce § 5. - A. J oseph Cro­ nin (1896). A Dio, per le vit' del mondo 888 Il. L'incontro con Cristo 891 § I. - Fjodor Dosto­

§

jewski

(1821-1881).

L'uomo fra due a891 bissi

III.

§ 2. - Giovanni Pa­ pini ( 1881). La rina­ scita di un uomo fi896 n ito § 3. - François Mau­ riac (1906). L'Amo­ re che tormenta fin· chè non sia posseduto 899 § 4. - Riccardo Bac· chelli (1891). Lo sguardo di Gesù 902 § 5. - Graham Greene (1904). Il nocciolo della questione 905 § 6. - La voce dei poeti 908 § 7. - Diego Fabbri. Processo a Gesù 917 La scoperta della Chiesa

922

§ l. - Gilbert K. Che­ sterton (18 74-1936). La scoperta dell'Or922 todossia § 2. - Paul Claudel (1869-1955). La San· ta realtà 924 § 3. - Gertrud von Le Fort (1876). Dal Fiat al Magnificat 928 § 4. Georges Berna­ nos (1888-1948). La comunione dei santi 930 e dei peccatori ___,

Con clusione

934

- Smnmario storico del· l'Apologetica, di R. AcRAIN 937

XXII.

PARTE TERZA.- SOLUZIONI DI PARTICOLJ\Rl OIFFICOLTÀ I. - La Bibbia, di L. CERFAUX 949 I. Obiezioni desunte dal·

II.

la storia delle reli949 gioni Obiezioni contro l'ispi· 951 razione

Obiezioni con tro l'iner954 ranza 961 Conclusione III.

II, - L'Antico Testamento, di G.

COPPENS

963

INDICE. DELLE MATERIE

Obiezioni desunte dalle scienze naturali 963 § L - I pretesi dati scientifici erronei della Bibbia 964 § 2. - La pretesa i­ gnoranza delle leggi della natura 965 Obiezioni desunte dai II. pretesi errori storici della Bibbia 967 § L - Considerazioni 967 generali § 2. - Esposizione del.. le principali obie969 zioni III. Obiezioni contro la Re­ ligione e la Morale dell'Antico Testa993 mento § L -'- Le pretese for­ me elemen tari della religione e della mo­ rale anticotestamentaria 994 § 2. - Le dottrine re­ ligiose morali del­ l'Antico Testamen­ to dette con trari e al cristianesimo 997 § 3. - La dottrina mo­ noteistica del V. Testamento 998 § 4. - Il Messianesi1003 mo § 5. - L'origine del 1005 decalogo IV. Obiezioni contro la scienza cattolica del­ l'Antico Testamen­ to desunte dalle di­ rettive pontificie ed ecclesiastiche in ma1008 teria 1010 Conclusione I.

III.

Il Nuovo Testamento, di 1012 B. RIGAUX l. Possiamo credere ai te-

·-

Il.

III.

IV. V.

VI.

XXI

sti del Nuovo Testamento? 1012 Storicità del Vangelo 1017 dell'Infanzia § L - L'autenticità l O17 dei racconti § 2. - La storicità dei fatti 1019 La concezione verginale 1025 La perpetua verginità 1034 di Maria Esame di alcune dichiarazioni sinotti­ che sulla divinità di Gesù 1036 § l. - La confessione 1038 di Cesarea § 2. - Il logion gio1041 vanneo § 3. - La confessione davanti al Sommo 1042 Sacerdote Lo scandalo dell'incre1043 dulità giudaica

IV.-

Il domma cattolico. Obie­ zioni generali contro la Teo­ logia dommatica, di W. GoosSEN 1049 L

II.

III.

Obiezioni contro il u dato " della Teolo1050 gia Obiezioni contro i u metodi » della Teologia 1053 § I. - Obiezioni contro il • metodo positivo » 1053 § 2. - Obiezioni contro u il metodo speculativo » 1057 Obiezioni contro il va­ lore scie n tifi co e pratico della Teologia 1064 § L - Obiezioni ·Con­ tro il valore scien­ tifico della Teologia 1064

XXII

INDICE DELLE MATERIE

§ 2. - Obiezioni sul valore pratico della 1069 Teologia V. -

Lo sviluppo dei Dogmi, di C. CoLoMBo 1073

PARTE PRIMA l. La dottrina del Magi· 1075 stero § l. - La conclusio­ ne della Rivelazio· ne alla morte degli I 075 a postoli § 2. - Il modo della rivela­ rivelazione : zione esplicita e ri­ velazione implicita 1078 § 3. - Significato del u deposito della fe1080 de » II. La storia del problema e le sue soluzioni 1081 § l. - Il problema dello sviluppo della Rivelazione nella Teologia scolastica 1081 § 2. - Il problema nel secolo XIX: New1083 man e Franzelin § 3. - Dal periodo del Modernismo alla de­ finizione dell'Assunzione IOR7 PARTE SECONDA I.

Il problema teologico 1091 § l . - La natura della Rivelazione e del1091 Ia fede § 2. - Il dato rivela­ to nella mente degli apostoli e nella Chie1095 sa § 3. - I fattori dello sviluppo dogmatico 1099 e le sue vie § 4. - Sviluppo dog­ matico, formule dog-

pensiero filosofico l I 04 § 5. - Il duplice pia. no dello sviluppo l 105 dogmatico Il problema apologeI 106 tico § l. - L'identità tra l a Rivelazione apo­ stolica e I' insegna­ mento dogmatico I 106 § 2. - La pos.sibilità di verificare gli svi­ luppi dogmatici autentici I l 07 Problema metodolqgico 1109 § l. - Studio stori­ co e studio teologi­ co della storia dei 1109 dogmi § 2. - Rapporto tra studio storico e studio teologico dello sviluppo dogmatico I I I I § 3. - La storia teo­ logica dello sviluppo 1111 dogmatico · ma tiche e

II.

III.

VI. ---,- l

Dommi cattolici in par­ ticolare, di G. DE BRANDT

e G.

PHILIPS

1114

I. L'ECONOMIA DELLA REDENZio­ NE CRISTIANA . LA REDENZio-

NE - LA GRAZIA Novissn1n l.

II.

- l

1115

Esposizione delle difficoltà I 1115 § - La Redenzio1116 ne I l l7 � 2. - La Grazia § 3. - I Novis.simi l I 18 Risposte alle d ifficoltà I 120 § l. - La Redenzione l122 I 127 � 2. - La Grazia § !1. _:_ I Novissimi 1130

XXIII

INDICE DELLE MATERIE

OBIEZIONI .CONTRO ALCUNI DOMMI IN PARTICOLARE 1133 § l. - Obiezioni sulla Santissima Trinità 1134 § 2. - Obiezioni contro la creazione 1140 § 3. - Il peccato originale l148 � 4. - La Cristologia 1154 § 5. - I Sacramenti 1159

11.

-

II. La morale cattolica, di A. VII. .JANSSEN 1164 1164 Morale e casistka I. I fondamenti della moII. 1169 ralità III. Questioni di morale generale l I 78 Questioni di morale IV. 1192 speciale Questioni di morale sav. cramen tale 1207 Conclusione 1215 -

la storia della Chiesa, 1216 di G. VIEUJEAN VIEUJEAN 1216 1216 Introduzione Obiezioni contro l'inI. 1Z22 fallibilità § l . - La «caduta D del Papa Liberio 1223 § 2. - La questione 1225 d'Onorio § 3. - L'anima delle donne 1226 § 4. - Il • terrore » 1227 dell'anno mille § 5. Giovanni XXII e la visione beatifi1228 ca § 6. La condanna 1229 di Galileo II. I grandi scandali 1234 § l. - La Chiesa nel 1235 secolo X § Z. - La papessa 1237 Giovanna -

-

§ 3. - I papi di Avi1238 gnone § 4. - Lo scisma di 1240 Occidente § 5. - La Chiesa e il 1242 Rinascimento § 6. - l papi del Ri1243 nascimento Il nepo tismo § 7. 1245 nella Chiesa Gli abusi dell'autorità 1245 § l. - L'Inquisizio1245 ne § 2. - Le grandi vit· time 1250 I. I Templari 1250 II. Giovanna d'Arco 1Z52 III. Giovanni Hus 1252 IV Savonarola 1253 § 3. - La notte di S. 1257 Bartolomeo L'in transigenza disciplinare della Chiesa I 259 §- l. - La cremazio1259 ne § Z. L'indice 1261 Le ingiustificate con­ cessioni della Chiesa 1262 ai potenti § l. - Il divorzio dei principi e dei ric1263 chi § 2. - La Chiesa e i 1265 regimi politici § 3. - La Chiesa e i ricchi 1267 .

IV.

-

V.

XI.

Scienza e religione, del P. DunARLE O. P. 1271 1271 Introduzione I. La scienza e lo scientismo di fronte al­ l'aiTermazione reli1272 giosa Il. Scienza e religione di fronte all'avvenire 1279 dell'uomo

-

INDICE DELLE MATERIE

XXIV

I.

Teorie cosmologiche mo­ derne e il dogma della creazione, di D. DuBARLE 12!14 I. Stato sommario delle teorie cosmologiche 1285 odierne Il. Concezione scientifica dell'universo e dogma religioso 1296

X.

-

XI.

-

-

II.

Preistoria. c natura. dell'uomo, di A. F. DE LAPPA· RENT 1304 1304 Introduzione 1304 I. L'industria 1305 Il fuoco II. II sentimento religioIII. 1306 so 1307 L'arte IV. 1308 Conclusione

XII.

J.

Dipendenza dello spirito 1310 L'influsso del § l. 131O fisico sul morale § 2. - Le localizzazio1312 ni cerebrali § 3. Il determini1315 smo Le incoerenze della 1317 personalità § l. Il tema delle variazioni personali 1317 nella lettera tura § 2. Le alterazioni patologiche della personalità 1319 Le interruzioni della corrente psichica 1321 -

-

III. II.

IL

MATERIALISMO

Le scienze psicologiche e storico-sociali, di M. NEDONCELLE 1309 IL MATERIALISMO IN PSICOLo1310 GIA -

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI D. A. F. C.

=

C.

=

E.

=

E. I. T.

=

ed. 28.a, Herder, Friburgo in Brisgovia, 1952.

PG.

=

Dictionnaire de Théologie

PL.

=

Dictionnaire apologétique de la foi catholique.

E.

Beau-

chesne, Paris 1925·28. D.

B.

S.

=

Supplt!ment

au

Diction·

naire de la Bible,

Letou-

. zey et Ané, Paris 1928 DENZ.

=

Denzinger,

E.

Enchiridion

·

Enciclopedia .

Città

Cattolica,

del Vaticano, 1949 ss.

Enciclopedia Ecclesiastica,

F. Vallardi, Milano 1942 segg.

ss.

symbolorum, definitionum

NELLE

SCIENZE STORICO·SOCIALl 1323 Il materialismo nella I. 1323 storia II. Il determinismo sociale 1326 1327 Conclusione Appendice 1331 1363 Indice analitico

Enciclopedia !tal. Trecca­ ni, Roma 1929-1937.

et dec/arationum de rebus (idei et morum,

D. T. C.

catholique,

né, Paris

Letouzey et

1898-1950.

A-

Greca di Mi· gne, Paris 1857-1866.

Patrologia

Patrologia Latina di Mi­ gne, Paris 1844-1855.

INTRODUZIONE

GENERALE

IMPOSTAZIONE

DEL

PROBLEMA

APOLOGETICO

Convenienza dell'apologetica. È noto a tutti che una conoscenza appro­ fondita del Cristianesimo esige l'apologetica. Forse non tutti i cristiani colti hanno Ietto per intero i frammenti di Pasca!, ma sanno che l'opera principale della sua vita fu una dimostrazione della verità del Cristianesimo condotta in guisa tale che all'empio ed all'indilierente essa lascia soltanto la scelta tra l'adesione al Vangelo e l'ammissione della propria follia; essi sanno pure che l'impegno di Pasca! nel provare che Gesù Cristo è Dio, non è un atto isolato, ma che altri lo avevano già fatto prima di lui e altri continueranno a farlo. Probabilmente i più trovano ciò tanto naturale che non riescono nemmeno a concepire una religione che non presenti le prove della propria verità. Siamo tanto abituati a vivere in un'atmosfera di ragione e di scienza da sembrarci naturale e indispensabile che ogni pretesa di dominio sugli uomini presenti i titoli giustificativi. Al catechismo o nelle prediche abbiamo inteso argomenti che miravano a provare che Dio esiste, che Gesù Cristo autenticò la sua mis­ sione con i miracoli. Chi non frequenta la Chiesa, anche se non avrà letto in qualche libro, avrà almeno sentito alla radio, da qualche predicatore che conosce bene la storia e la filosofia, l'esposizione del Cristianesimo in modo da soddi· sfare le esigenze critiche. In definitiva l'apologetica non è una questione per nessuno di noi, che vediamo in essa una funzione necessaria della religione. Ma la maggior parte della gente non se ne occupa e dice che « i preti n difendendo la loro religione fanno il loro mestiere, e, supponendo che i teologi con tinuino a servirsi di argomenti invecchiati, non hanno mai scorso una sola pagina di un libro d'apologetica. La più grande tragedia odierna è vedere come il mirabile risveglio scientifico dei cattolici resta completamente ignorato dall'uomo della strada e anche da quasi tutta la borghesia. Si resta completa­ mente ignoranti in fatto di religione, perchè ci si contenta della spiritualità profana distribuita a buon mercato dalla scienza, dalle riviste e dai giornali; però si considera naturale che la religione si difenda con argomenti che non ci si dà la pena di studiare. Si dovrebbe ammirare stupiti questo fatto: il primo argomento apologetico è che la religione cattolica, unica tra tutte le religioni, abbia ·un'apologetica. Cerchiamo pertanto di rispondere a questi interrogativi: -

che cos'è propriamente un'apologeti ca? perchè il cattolicesimo ne ha una7 e qual' è il suo compito esatto?

4

IMPOSTAZIONE DEL PROBLEMA APOLOGETICO

CAPITOLO I - CHE COS'È L'APOLOGETICA? Tutti sanno che l'apologetica è una preparazione alla fede; chi ne ha un'idea un po' più distinta, sa anche che l'apologetica consiste nel provare che si deve credere. Dio si è comunicato agli uomini volendoli elevare fino a sè ed essere la loro ricompensa; si è comunicato non con l'azione comune che mantiene nel­ l'esistenza sia il mondo materiale e sia l'uomo, ma si è comunicato con la parola. Egli si è rivelato, e perciò vuole che l'uomo ascolti la sua parola. Anche il lettore più superficiale nel Vangelo incontra ovunque l'idea della fede. Gesù guarisce i malati perchè essi e gli spettatori credano; manda gli apostoli a predicare la buona novella e ad annunciare che chiunque crederà sarà salvo. Il libro degli At ti racconta quello che fecero e insegnarono gli Apostoli per diffondere la fede; le lettere di San Paolo, specialmente quella ai Romani, spiegano la necessità, la natura e le opere della fede, che è alla base della vita cristiana. La fede era già richiesta nell'Antico Testamento, dove appare soprat­ tutto come obbedienza, poichè, per obbedire agli ordini che Dio dava per mezzo dei profeti, era necessario credere alla sua potenza, alla sua bontà e alle sue promesse. Anche l'lslam, avendo attinto il più della sua dottrina dall'An­ tico Testamento, è una religione della fede. Credere in Dio è un fatto che si compie nell'anima dell'uomo e non c'è fatto o stato più profondo, perchè mette l'uomo in rapporto con le condizioni eterne della sua esistenza e interessa la sua salute. D'altronde, dice Gesù, 11 nes­ suno viene a me se non lo attira il Padre » (Gv., 6, 44), poichè la fedt: è l'opera di Dio e nello stesso tempo è anche l'azione dell'uomo, che impegna tutte le facoltà della sua anima e tende ad assicurargli il possesso di Dio che Egli stesso attua nell'uomo. La fede è quindi un incontro tr(J Dio e l'uomo. Fin qui, tutti i cristiani sono indistintamente d'accordo. Ma questo non è tutto. Della fede religiosa, definita cosi imprecisamente, sono possibili due interpretazioni : quella cattolica, che, come vedremo, include la nozione di apologetica; e quella protestante, che la esclude. Sarà possibile capire meglio la natura della fede cattolica nella luce del contrasto, che sorge dal previo esame della natura della fede protestante. CAPITOLO Il LA FEDE SOPRANNATURALE E LA POSSIBILITÀ DELL'APOLOGETICA -

§ l . - Tes i protes tante: la fede, incontro di Dio con lo spirito solo. Dottrina dei primi riformatori. Com'è noto, la Chiesa, per i riforma­ tori, non è un'istituzione sacra, dotata di autorità divina, ma una società profa­ na, certamente voluta da Dio, dal momento che per sua volontà il Vangelo deve essere annunciato, ma che, come lo Stato o qualsiasi altra associazione puramente umana, non ha il diritto di legare le coscienze. Perciò, non è la maestra che precede la fede, ma l'espressione che la segue. Tra l'anima del -

' POSSIBILITÀ DELL APOLOGETICA

5

protesta nte e Dio, non ci deve essere alcun in termediario, perchè il fedele, ri ceven do i libri ispirati e comprendendoli secondo ciò che gli insegna il testim onium Spiritus Sancti internum, crede che Gesù Cristo è il Salvatore e che per Lui possiede la salute inamissibile. Questa concezione luterana e calvinista in realtà pone come i nterme­ diario indispensabile i Libri Santi, ritenuti come verità assoluta. Per secoli i teologi della riforma insegnarono anche l'ispirazione letterale della Scrittura, finchè la critica storica e la filosofia idealistica tedeS (nuovi programmi). In seguito, praticando le altre due regole, e specialmente la terza, avranno la possibilità di diventare veri teosofi » (ivt). • Nessuno è escluso dalla Società perchè non crede agli insegnamenti teo­ sofici. Si può perfino respingerli tutti, eccetto il principio della fraternità umana... » (ivi). Il terzo scopo esprime in termini generali le pratiche necessarie alla formazione del vero teosofo, pratiche che ora studieremo (2). del

" L'aspirante teosofo deve assoggettarsi alla disciplina La disciplina. Karma Yoga ( 3), del Sentiero della prova, poi del Sentiero del discepolo -

propriamente detto (4), che lo condurranno progressivamente fino allo stato di pieno sviluppo e di attitudine al Nirvana. Qui, non possiamo pensare di descrivere tappa per tappa la lunga formazione, che può anche continuare per molte incarnazioni successive (5). Indichiamone almeno le tendenze general i. Un controllo delle passioni : collera, amore, avidità dei beni materiali, ecc. Bisogna imparare a essere moderati, calmi, puri, e soprattutto combattere l'egoismo e sviluppare la bontà estesa a tutti gli esseri, che deriva dalla convin­ zione che tutti quanti formano unità nel Sè unico ( 6).

(1) Programma ufficiale posto nell 'Appendice del libro della BLAVATSKy, The Key, p. 3 7 1 . Programma uffici ale 1 9 1 2, ne La Sociéti Théosophique: son objecte et son utiliti, (au­ si ège de la Soc. Théos. de France) . Lo stesso prog-ramma alla fine delle opere della

Besant e altri. Sulle variazioni della stesura cfr. MARTINDALE, o. c., p. 32. (2) Seguiremo le indicazioni date dalla EESANT nel libretto : Le Sentier du dirciple. (3) lvi, p. 1 8 : Yoga : unione ; Karma : azione. È l'« unione con la Legge divina il Sè umano e il Sè cosmico » raggiunta con « l'azione » metodica. (4) Cfr. A. BESANT, La Sagesse Antique, p. 447·

(s) BEsANT, Le Sentier, p. ' ' 3 . (6) lvi, p . 2 0 s., p . 44, e l'art. cit. dell'Encyclopnedia ofreligion and Ethics, p . 300, col.

2.

170

LA

TEOSOFIA

Questa riforma dei costumi e del carattere è accompagnata e condizionata da una disciplina dello spirito. Bisogna imparare « a controllare il mentale tur­ bolento n, a combattere la dispersione dello spirito negli eventi del mondo sensibile. Viene esplicitamente raccomandata la pratica della u meditazione » come « concentrazione n del pensiero sopra un unico oggetto e lotta contro le distrazioni, come pure la sorveglianza sulla condotta, che assomiglia molto al· l'esame di coscienza (7). Compiute tutte queste preparazioni, il discepolo è maturo per ricevere l' insegnamento di un mahatma : gli si apre il Sentiero del discepolo; è degno di trovare il Maestro e lo troverà (R). E il Maestro. con la sua chiarovveggenza superiore lo distinguerà in mezzo alla folla degli uomini (9). Potrà accadere che il discepolo non veda fisicamente il suo Maestro e, « nello stato normale di veglia n, forse immaginerà di calcare da solo il sentiero, ma il Maestro sarà là, e in certe circostanze, in certi stati, come nel sonno fisico, ne percepirà e 6enti­ rà la presenza » ( l 0). Sotto l'influsso e la direzione del Maestro, si compirà I'iniziazione vera e propria, che farà cadere le « illusioni capitali n : prima quella di credere alla realtà del mondo empirico; poi " l'illusione della personalità » e l'iniziato fini­ rà col dirsi : " Io sono Quello; io sono Brama » ( I l). L'illuminazione. - Allora « sarà giunto al contatto assoluto con la real­ tà n ( 12) e non conoscerà più teoricamente, ma per esperienza, a come fatti reali n ( 1 3), « come fenomeni della natura verificati da lui stesso ,, ( 14) gl'in­ segnamenti della teosofia, quali a la grande verità della reincarnazione », quel­ la del Karma, l'esistenza dei mahatma, ecc. In che modo? Mediante lo svilup­ po di quelle « facoltà latenti n di cui parla il programma teosofico e che fu perseguito in tutto il corso della formazione del discepolo ( 15). Il termine sarà uno stato di « onniscienza n che si estende a tutta la realtà conoscibile nell'uni­ verso, al quale appartiene l'in iziato, con poteri corrispondenti e proporzionati, cioè l'« onnipotenza n nel medesimo universo ( 1 6). D'altronde, questi poteri saranno esercitati soltanto per il bene degli altri e per il progresso dell'umani­ tà, poichè l'individuo perfetto non può avere altri scopi. A questo punto su­ premo, l'uomo sarà divenuto un budda e potrà entrare nel Nirvana quando vorrà ( 1 7). I teosofi non finiscono di parlare delle varie specie di a chiaroveggenza •

(7) Le Sentin', pp. 75-85. (8) /vi, p. 85 ; LEADBEATER, De la Clairvoyance, p. 2 1 . ( 1 0) lui, pp. 9 1 , 462, 463. (g) A . BESANT, lvi, e p . s. { 1 2) lvi, p. 1 1 5. ( 1 1 ) lvi, pp. 1 14 e 1 24. ( 1 4) La Sagesse Antique, p. 468. ( 13) lvi. ( 1 5) Cfr. Le Stmtin', p. 1 2 1 ; v. pure in L'évolution de la vie et de la forme, della BESANT, un curioso parallelo tra la scienza moderna, che osserva dei fatti esteriori dai quali trae le 'ue induzioni, e la scienza antica, che la teosofia si propone di restaurare, in cui l'uomo cono­ sce le cose attraverso il proprio interno, attraverso • la vita che è in lui stesso... poichè solo la vita può rispondere alle vibrazioni di ciò che vive : la sua opera consiste nello sVi­ luppare se ste'ISo, nell'estrarre dagli abissi della propria natura i poteri divini che vi sono .c;elati ... Basta fare degli strumenti • (p. 25\. ( 16) lui, p. 129. ( 1 7) lvi, p. 1 30. Processo analogo e sostanzialmente concorde in Steiner, G.· T., p. 143 s., 1 73, 183.

171

APPREZZAMENTO

acquistate durante l a formazione, poichè con l e intuizioni dei piani 11 eterico • e 11 astrale " si vede attraverso gli oggetti opachi, si sente attraverso i muri, si percepisce l'aura che avvolge i corpi viventi come una bruma luminosa e che, con le sue piccole varietà, permette di diagnosticare a colpo sicuro i pen­ sieri e i sentimenti d'una persona e penetrare i segreti delle coscienze ( 1 8). A queste altezze, si fa la conoscenza degli " spiriti della natura » : gli elfi e le fate del folklore; s'incontrano anime disincarnate, ecc. ( 19). In una zona ancor più ele vata, chiamata > tra questo Dio supremo e una comunità di eletti con la mediazione dei profeti che rappresentano Dio; esigenza di una giustizia rigorosa, d'una purificazione morale, d'una certa carità che manifesta già le sue linee essenziali. Si riassume cosi il giudaismo spirituale, che però si può dire che per essenza deve superarsi, aprirsi a qualcos'altro e universaliz­ zarsi; ma in questo caso non si può fare a meno di vederne l'autentica continua­ trice nella religione di Gesù. Oppure si terrà conto del contenuto, per cosi dire, materiale del giudaismo con quanto rappresentò riguardo alle speranze nazionali e temporali, e del suo dinamismo naturale, e si constaterà, senza pregiudizi razzistici e senza partiti presi, la meravigliosa vitalità di questo popolo che, in tutta la sua storia, fu asservito, ma che con tante vigorose individualità manifestò cosi spesso e in tanti tempi una splendida rivincita. Però, dal punto di vista religioso, in cui noi ci mettia­ mo, quest'interpretazione della speranza messianica che, bisogna ammettere, è più conforme alla mentalità giudaica, rappresenta solo più un interesse molto -

204

LA RIVELAZIONE

secondario, facendoci concludere in ogni modo che il còmpito religioso del giu­ daismo appare finito. L'Islam. L'islamismo che, nello stesso tempo, com'è noto, subi influssi giudaici e cristiani, potè nel passato e può ancora oggi pretendere di offrire un vero asilo alle anime? Pare opporvisi perfino la sua origine, poichè è fondato sulla violenza. Da quando Maometto si stabilisce a Medina, l'Islam assume il carattere di una conquista militare e man terrà questa tradizione, che spiega certamente la sua sterilità civilizzatrice. Non si può certo negare la sapienza politica di alcuni capi musulmani di fronte a popoli cristiani loro asserviti; sep­ pero servirsi intelligentemente della conquista temporale, che in realtà fu con­ siderata come un fine e la guerra santa venne eretta a sistema. Solo da questo possiamo trarre la conclusione. Se ci limitiamo al contenuto dommatico dell'islamismo, notiamo prima di tutto che ci rivela un'innegabile eredità proveniente dalla tradizione giudeo­ cristiana, p oichè predica un Dio unico e rimuneratore e un'anima immortale, ponendosi chiaramente al di sopra del politeismo pagano; il che però non è pun­ to una creazione originale. Quindi, di fronte al cristianesimo, non c'è progresso, ma regresso e il realismo soprannaturale, se pure non scompare, non si affina. Maometto escluse tutto il mistero cristiano, razionalizzò il domma, semplificando anche la nozione di Dio e specialmente quella della sua azione sull'anima che egli ispira, limitandosi a trasmettere una rivelazione esteriore. La materializza­ zione è visibile anche su altri punti, come la rimunerazione dell'aldilà, che viene pensata in un aspetto piuttosto rudimentale. Pare che l'Islam prima di tutto mirasse a organizzare violentemente una società terrestre sul piano politico e militare, riducendo necessariamente e semplificando quindi l'elemento religioso, pur senza trascurarlo, ma tendendo ad assorbirlo in una realtà esteriore e pura­ mente umana. Si potrebbe perfino dire che la vitalità civilizzatrice fu diminuita dallo spirito musulmano, che lavorò per secoli per giungere alla dominazione temporale sui popoli cristiani, servendosi delle loro acquisizioJ?. i scientifiche e artistiche, senza riuscire ad accrescerle. Di quest'inferiorità dev'essere indubbia­ mente ritenuta in gran parte responsabile la sua notoria insufficienza morale. L'Islam non è una vera patria delle anime; esso non sazia nè approfondisce, d.m· do una semplice organizzazione religiosa rudimentale in vista d'un ideale terre­ no, che si prolunga e si proietta in un aldilà molto materiale. -

Le religioni orientali. La mancanza d'interiorità in senso profondo, dopo l'Islam ci conduce a ricordare il bramanesimo e il buddismo, il cui influsso mo­ rale, come si sa, è ancora considerevole. Queste a religioni '' possono attribuirsi il vanto di essere una patria per le anime avide di vita religiosa? Rispondiamo di no e diciamo il perchè. Ammettiamo che queste tendenze che dànno grande importanza alla rinuncia, all'ascetismo e alla vita cenobitica, hanno qualcosa d'elevato, ed è noto che il Budda suscitò un grande movimento di discepoli entusiasti che egli diresse alla ricerca della perfezione. Non è difficile ammettere che, nel bramanesimo e nel buddismo, vi sono innegabili aspirazioni mistiche che offrono alcune risorse per una soddisfazione morale e per un approfondi· mento delle anime. Soprattutto il buddismo presentò agli uomini bisognosi di ideale una formula di vita capace di attirarli e organizzarli nei loro sforzi di pro· gredire interiormente. L'apporto ascetico e mistico di queste « religioni n si di· mostra molto apprezzabile. -

POSIZIONE ATTUALE DEL PROBLEMA

205

Ma su più d'un punto s'impongono riserve essenziali. Bramanesimo e bud­ prima di tutto, hanno un domma molto deficiente, poichè il primo pare o, m d is is tin tivamente rivolto a una forma di panteismo in cui il mondo viene assai naturalmente assorto nel dio come esso lo concepisce; il secondo poi, che la scia un posto ancora meno importante alla persona, ci manifesta una certa tendenza morale assai più che una concezione religiosa o anche metafisica, poichè pare considerare molto secondarie le incoerenze dottrinali, cioè quello che la nostra l ogi ca rigorosa qualifica con questo termine, dando una vera importanza solo a una specie di « slancio » dell'anima verso il nirvana. In realtà, in fondo alla tendenza braminica e buddistica, troviamo l'idea e d'una trasmigrazione delle anime e di una retribuzione degli atti; il un om c giudizio pessimistico sul mondo e sulla vita; l'aspirazione a spersonalizzare l'esse­ re che, forse in mancanza di sfumature, possiamo apprezzare solo come aspira­ zion e al nulla. Questa è la più grave debolezza di tali formule religiose, in cui la somma delle sofferenze supera assolutamente quella delle gioie. Le successive trasmigr azioni, con le morti e le rinascite che implicano, sono il grande male da cui bisogna ottenere la liberazione, e l'ascesi ha lo scopo di distaccarsi dall'io e prepararci all'assorbimento beatificante nella sostanza universale. Quest'aspira­ zione più o meno accentuata, più o meno sincera, pare assolutamente basilare e ci rivela una nota fondamentale del buddismo nell'importanza annessa all'estin­ zione del desiderio. Il nirvana, o a immortalità n, a cui prepara l'ascesi negativa, se pure non è il nulla, non è una forma immaginabile di esistenza; è un vero nichilismo morale, che talvolta accompagna il nichilismo antologico, che ha in se stesso la propria condanna. L'ideale morale elevato che l'accompagna e la pratica benefica in cui sbocca sono solo attenuanti che lo rendono meno dan­ noso ed è evidente che, per quanto siano complesse le loro tendenze religiose, questi sistemi nè dottrinalmente e metafisicamente, nè moralmente hanno la necessaria consistenza per poter offrire un appoggio alle anime bramose di vita, avendo bisogno d'un pensiero solido che ne rassicuri la ragione e di una realtà che ne sazi il vuoto interiore. Soltanto la Chiesa cattolica offre ciò che è loro necessario e indispensabile. Non è còmpito nostro esaminare a ex professo » le risorse delle altre confessioni cristiane, ma è noto che le Chiese ortodosse hanno una morale ristagnante e abitudinaria, con gravi alterazioni dommatiche. I cristiani dissidenti. - A prima vista, può sembrare che le sette protestanti qua e là conservino qualche vitalità, avendo attività sociali e missionarie alle volte fiorenti. Ma se uno spirito esigente esamina il loro contenuto dottrinale, resta certamente impressionato non solo dalle loro antiche, evidenti ed enormi variazioni, ma anche dalla dimenticanza delle verità cristiane più necessarie, poichè credono, e certamente a torto, di poter pensare diversamente sull'Euca­ ristia e restare cristiani; ma quando comincia ad attenuarsi il realismo sopran­ naturale, non sappiamo dove finirà la decadenza e tutte le deviazioni diven tano possibili. Sotto questo punto di vista, la storia delle Chiese protestanti è molto istrut­ tiva. Ci sono tuttora protestanti veramente credenti, cioè aderenti al Cristo come a vero Uomo-Dio, ma ci sono anche molti che oggi hanno dimenticato o sfigura­ to questa verità essenziale. Di contro a questa dissoluzione intellettuale, dovuta evidentemente alle origini della Riforma, nella Chiesa cattolica c'è un realismo soprannaturale sempre e intransigentemente conservato contro le varie specie di

206

LA RIVELAZIONE

modernismi e, nello stesso tempo, un senso mirabilmente esatto e profondo di tutti i diritti della ragione, di tutti i valori naturali, oggi rappresentati e difesi nella loro integrità dal solo realismo metafisica. La Chiesa cattolica, maestra del soprannaturale e del divino, ha difeso la ragione contro la ragione, perchè è integralmente colonna di verità e perchè c'è una sola verità, che ha la sua sorgente in Dio, autore della ragione e della rive­ lazione, della natura e della grazia, in Dio autenticamente presente nella Chiesa cattolica. Bisogna scegliere tra la Chiesa cattolica e il nichilismo religioso.

-

Ecco perchè la Chiesa cattolica diventa l'unico rifugio degli spiriti avidi di verità; ecco perchè chiunque voglia sfuggire al nichilismo religioso, quando si sia posta seriamente la questione, si rivolge a lei come alla rocca incrollabile su cui potrà costruire la propria vita; ecco perchè sempre sono in gioco proprio il tutto o il nulla, cioè aderire alla disciplina soprannaturale del cattolicesimo, a costo d'una rinuncia ampiamente compensata, o rinnegare ogni aspirazione a una vita interiore, ogni bisogno di una divina realtà.

CONCLUSIONE Fra poco, lo studio dell'atto di fede permetterà di riprendere gli elementi della nostra analisi, perchè la rivelazione soprannaturale diviene reale e vitale per l'uomo solo nel momento in cui egli vi aderisce e vi aderisce con la fede. Occorreva notare il carattere specifico del soprannaturale propriamente detto, che è soprarazionale e diviene accessibile alla ragione umana solo attra­ verso una rivelazione divina. Abbiamo cercato di indicare le linee essenziali per risolver� quali atteggia­ menti metafisici si constatino di fronte al soprannaturale rivelato, quale sia il vero atteggiamento che s'impone, e come nel nostro ordine concreto s'imponga la questione dell'appello alla fede, preludio necessario della grazia. Bisognava quindi esaminare il dovere umano di accogliere il sopranna· turale e giustificarlo razionalmente e dimostrare che l'anima moderna è sempre più di fronte al tutto o al nulla. Di conseguenza, l'atto di fede apparirà qual'è, con un carattere essenziale, il più spesso misconosciuto, quello di essere som­ mamente ragionevole, giustificato dall'analisi della struttura umana, ragione e natura; e quindi, eminentemente latore di ricchezza. Il credente che ha maggiormente coscienza dei fondamenti della sua fede, pensi soltanto che, in virtù della fede soprannaturale, la sua ragione entra in una immediata continuità con la verità divina mediante un'adesione concettua­ le, che supera qualsiasi concetto; pensi che, in virtù della grazia, il suo essere, con tutta la sua vitalità, si trova immediatamente a contatto con l'amore divino che sazia. Allora apprezzerà giustamente il dono divino e ineffabile che viene ad attuare tutte le risorse della spiritualità umana nell'intelligenza e nell'amore. E. R.

B IBLIOGRAFIA

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BIBLIOGRAFIA. - Si può consultare N. jUNG, Rlvélation nel D. T. C., t. XIII, coli. 2 58o- 2618, come pure i noti manuali di GARRIGOU-LAGRANGE, BARTMANN, DmCK­ J&A.NN, ecc. e l'art. di CARLO CoLOMBO, Rivelazione, nella E. C. vol. x, coli. I 0 1 8-1025. Utile per conoscere le posizioni della filosofia italiana nei confronti della rivelazione : M. CoRD OVANI, Il Rivelatore, 3·a edizione, Studium, Roma 1945· pp. 53-1 74· J. GUITToN, R,zTIIJn et Newman, Aubier, Paris 1938, espone le due tipiche possibili mentalità, l'una chiu sa l' altra aperta, di fronte alla rivelazione. Per il pensiero di Newman si vedano le sue significative opere : Grammar of Assent, trad. in ital. col titolo Filosofia della religione, Guanda, Modena, 1943, specie il capo X ; Apologia, trad. it. col titolo : Il Card. Newman sua vita e sue opinioni religiose, Soc. Ed. Pontremolese, Piacenza 1909, specie il capo V. Con le dovute riserve, segnaliamo alcune opere di autori protestanti sul concetto di rivel azione : C. GoRE, Beief in God, Londra 192 1 (anglicano) ; H. WHEELER Ro­ JiiNSON, Redemption and Revelation, Londra 1942 (battista) ; assai più notevole il contributo di K. BARTH nella sua Dogmatik, della quale è in corso una trad. francese. Sul concetto Ba1 thiano di rivelazione : G. HAMER, K. Barth, Desclée, Paris 1949, pp. 1 7-68 ; E. Ri­ VERSO, Intorno al pensiero di K. Barth, Cedam, Padova, 1 95 1 , ambedue cattolici. Il volume di G. MIEGGE, Per una fede, Ed. di Comunità, Milano 1 952, è di ispirazione barthiana. Circa la nozione di soprannaturale e i rapporti tra natura e soprannatura, pro­ ble ma che sta alla base di questo trattato sulla rivelazione, si veda, oltre i citati ma­ nuali di GARRIGOU-LAGRANGE e di B BARTMANN : A. VERRIELE, Il soprannaturale in noi e il peccato originale, Ed. Vita e Pensiero, Milano, 1 936 ; J. V. BAINVEL, Nature et sur­ naturel, 5 ed., Beauchesne, Paris 1 920 ; H. DE LUBAC, Surnaturel, Aubier, Paris 1 946 . Questo libro ha suscitato vivaci discussioni. Per una messa a punto giovano : CH. BoYER, Nature pure et surnaturel d.ans « Surnaturel » du P. De Lubac, in Gregorianum, 1947, pp. 379-395 e M. I. LE GUILLON, Surnaturel, in Revue deo Sciences philosophi­ ques et théologiques, 1 950, pp. 226-243. .

VIII L'ATTO

DI

FEDE

. L'apologetica non è una scienza disinteressata, perchè l'apologista è un discepolo o un ricercatore o un combattente in difesa d'una causa e al servizio di qualcuno. Chi difende e chi serve? Prima di tutto, Dio-Verità che testimoniò di se stesso; poi le anime, che bisogna portare alla Verità perchè vi aderiscano. Un'opera apologetica potrebbe benissimo terminare con la dichiarazione finale del Vangelo di san Giovanni: • Tutte queste cose furono scritte perchè crediate e abbiate cosi la vita eterna n. L'evangelista si guardò bene dallo scrivere : " Voi ora dovete essere con. vinti », oppure : '' Dovreste essere convinti n, sottintendendo : a Ma non lo siete ancora tutti n. Aveva affermato l'obbligo di credere e la responsabilità dell'uomo al quale è stata offerta e ha parlato la verità; eppure, al momento di concluder e, dice soltanto il suo intento e lascia Dio giudice del problema morale e pe�so­ nale del lettore. Manifesta il suo disegno al momento di concludere e non al principio del suo scritto, non perchè dubiti della verità che comunica, ma perchè aveva il diritto di dubitare del modo con cui sarebbe stata ricevuta, non sapendo che cosa ci sia nell'uomo. Gli evangelisti di un tempo e gli apologisti di oggi sanno certamente di non essere i padroni, ma semplicemente i servi della verità; sanno pure che gli uomini, .che essi cercano d'indurre a riconoscere e seguire la verità, vi aderiscono liberamente, mai passivamente spinti dalla forza delle cose e di un'esatta espo­ sizione; le si donano quando si rivela loro. In un'opera d'apologetica, occorre quindi una breve analisi dell'atto di fede, che senza toccare lo sviluppo scientifico degli argomenti, comiglierà un'ar· te più sottile delle altre, perchè non mira soltanto al senso o all'intelligenza, ma a tutta l'anima.

CAPITOLO

l.

-

COME CONCEPIRE LA FEDE SOPRANNATURALE

Questa parola può avere diversi sensi. La nozione di fede è alla base di ogni religione, nascondendo un fondo comune con sfumature varie non tutte superficiali. La fede mette l'uomo in relazione col mondo invisibile, al quale talvolta egli si attacca come a una ferma realtà, talvolta si sente portato o verso di esso da un istinto più o meno potente, o in esso come uno degli elementi che lo compongono. Quando chi non è cristiano o anche non è cattolito parla della sua fede, non dobbiamo aver fretta di applicare a questa fede le idee chiare che abbiamo della nostra, poichè la stessa parola serve a indicare una -

NOZIONE DI FEDE SOPRANNATURALE

209

vaga religiosità, convinzioni irrazionali e insieme potenti, un sentimento di confidenza nel destino o in qualcuno, l'affermazione delle verità estranee al­ l'esperienza, come pure l'adesione a un essere supremo ritenuto come rivelatore. Neppure gl'increduli hanno paura della parola e vantano la loro fede scienti­ fica o patriotti ca, nè sempre hanno torto; però, finiscono col creare confusione. La nozione sarà completa quando alle diverse accezioni della parola u fede • avremo aggiun to quelle della parola « credenza ». Si crede che a farà bello » ; si crede a all'avvenire n della scienza, a alla parola n d i qualcuno, all'u autenti­ cità del vasellame di Glozel n; si crede che u Dio esiste e che l'anima è immor­ tale n; e infine che a Dio si è incarnato ed è morto per noi D. Di tutti questi esempi, uno solo è autentico nel linguaggio religioso e per un cattolico : quello in cui la parola « fede n o a credenza n indica un'adesione dello spirito a una verità non evidente, ma rivelata da Dio, alla parola di Colui al quale ci si rimette totalmente. L'uso profano si scosta più o meno da questa definizione, ma ne ritiene sempre qualche cosa : sia il carattere di certezza dell'adesione, sia il dono di sè che comporta, sia la mancanza di evidenza della verità, sia la. fiducia accordata a un teste o data a qualcuno. Lo stesso Vangelo non si serve sempre della parola a fede n nel nostro senso rigoroso. San Pietro non ha la stessa fede quando proclama Gesù Figlio di Dio vivo e sulla sua parola accetta il mistero dell'Eucaristia, e quando segue Gesù per la prima volta o quando sulla parola di Cristo getta la rete o cammi­ na sulle acque, pur passando dall'una all'altra fede. Un al tro esempio ci viene dato dagli uomini ai quali Gesù rimprovera di non credere, ma che non sono increduli poichè credevano in Dio, al Dio che si era rivelato a Mosè, !sacco e Giacobbe. Guardiamoci bene dal datare la fede a partire dalla rivelazione cristiana e di accaparrarla solo per noi. L'accezione ritenuta dalla Chiesa cattolica. Fatta questa riserva pru­ denziale, i cattolici hanno il grande vantaggio di potersi riferire per ciò che riguarda la natura della fede alla definizione ufficiale del Concilio Vaticano, che precisa una nozione già accettata dalla Chiesa : u La fede è una virtù sopran­ naturale per la quale, mossi e aiutati dalla grazia di Dio, riteniamo come vere le verità rivelate da Lui, non per averne percepito la verità intriseca col lume naturale della ragione, ma per l'autorità di Dio stesso rivelatore, che non pùÒ ingannarsi nè ingannarci n. Lungi dal pensare a cavillare sulle parole, proviamo un vero piacere nel vederci definiti cosi chiaramente e cosi ben ritratti rome credenti. Anche i protestanti hanno cercato di definire l'atto di fede, preconrzzan­ do la fede-fiducia. La loro fede vuoi essere un sentimento di fiducia. Fiducia nel Cristo? Non proprio, ma fiducia che ci sia un incontro spirituale, e vorremmo poter scrivere : « fiducia che D i meriti di Cristo ci siano applicati e che per questo veniamo salvati. La Chiesa cattolica però non ha ammesso questa nozione restrittiva, poi­ chè la fede non è semplicemente un sentimento. Questo non significa che la Chiesa escluda la fiducia dalla sua nozione dell'atto di fede, perchè occorre cer­ tamente la fiducia per accettare la testimonianza. La Chiesa non nega che i protestanti e gli altri credenti possano fare un atto di fede autentico come il suo, cioè aderendo a un Dio rivelatore e accettando delle verità sulla sua te­ stimonianza; essa chiede soltanto che, se la loro fede non coincide con la sua -

210

LA FEDE

per l'oggetto, la riduzione dell'una relativamente all'altra sia dovuta solo a un'ignoranza invincibile. Nella definizione del Concilio Vaticano, emergono nettamente tre idee : l .o l'atto di fede è un atto dell'intelligenza, che ritiene come vere le verità ri­ velate da Dio; 2.o l'atto di fede è un'atto di virtù, e quindi interessa la volon­ tà e le disposizioni morali; 3.o è un atto soprannaturale e ha bisogno dell a grazia. Dobbiamo esamin are attentamente questi tre punti senza dimenticare che chi crede è un uni-co e identico spirito, in cui sono distinte intelligenza, volontà e grazia, ma con operazioni indivise. CAPITOLO II.

-

LA

FEDE OSSEQUIO RAGIONEVOLE

Occorre cogliere la funzione dell'intelletto nello stesso atto di fede, nella preparazione ad essa e nel susseguente sforzo di comprensione. § l.

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Compito dell'intelligenza nell'atto di fede.

Adesione fondata su Dio stesso. Essendo un atto conoscitivo, l'atto di fede proviene dalla facoltà conoscitiva, cioè dall'intelligenza; esso però supera la semplice conoscenza, perchè comporta un giudizio di verità. L'incredulo che studia il cristianesimo può saperne quanto e più di un fedele, ma non vi ade­ risce e non giudica che è vero. L'incredulo potrebbe certamente accettare alcune verità che fanno parte del deposito rivelato e che nello stesso tempo rientrano nei limiti dello spirito umano, come l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima, ma non per que­ sto fa un atto di fede, perchè il suo giudizio e quello del fedele non hanno la stessa natura. Tutti e due dicono : '' Io credo all'immortalità dell'anima n; ma quell'" io credo n non è lo stesso per tutti e due e comporta la stessa ambigui­ tà che hanno i termini « credenza n e " fede >>. Uno crede in segJlito a riflessio­ ni e in forza di un ragionamento, l'altro crede sull'autorità di Dio rivelatore. Nei due casi l'atto non è lo stesso e differisce nel motivo, tanto che in un cam­ po dove l'evidenza è cosi tenue la credenza del cristiano, poggiando sulla suprema e assoluta autorità di Dio, raggiunge una certezza assai superiore a quella dell'incredulo. Il cristiano è assolutamente « certo » e non c'è argomen­ to o arguzia che per sua natura sia capace di scuoterlo, perchè attinge la ve­ rità nella sua fonte, in Dio che è la Verità prima, e aderendo a una verità rivelata sull'autorità di Dio Rivelatore in realtà aderisce a Dio stesso. -

Lo sguardo della fede. L'atto di fede consiste dunque in un giudizio, caratterizzato dal suo motivo, che è l'autorità di Dio. È un atto semplice, che può essere preparato da ragionamenti destinati a trarre dalla rivelazione que­ sta o quella verità, o a dare un fondamento all'autorità di Dio, ma è sempre distinto da tali ragionamenti, che non gli sono necessari, anche se legittimi. L'atto di fede consiste nel prendere possesso d'un'idea per mezzo dell'intelli­ genza e nell'aderire alla verità di quest'idea. È un atto diretto, che non implica necessariamente nè la riflessione sulla verità ammessa cercando di approfondirla, nè la riflessione su noi stessi, che ci renda coscienti di quello che crediamo. Può accadere che difficoltà d'ordine -

LA FEDE OSSEQUIO RAGIONEVOLE

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·ntelle ttuale o d'altro genere inducano un'anima a dubitare della sua fede rofonda, ma questo non significa che dubiti di Dio e di ciò che Egli rivela, � co n la pratica della preghiera, con l'esercizio della carità, e camminando nel­ la direzione della fede, fa implicitamente atti di fede. È sempre utile e talora anche obbligatorio fare atti espliciti di fede, che essere preparati e facilitati, ma anche complicati dai ragionamenti, no sso po che talvolta invece di aprire l'accesso lo ostruiscono. Brunetière e Newman se­ guendo questo metodo, l'uno per giungere alla fede primitiva, l'altro alla fe­ de nella divinità della Chiesa romana, provarono quanto fosse lento questo processo, da cui furono dispensati Paolo Claudel e san Paolo. Ma che cosa im­ porta questo se la ragione deve abbandonarsi e affidarsi a Dio? Perciò !a ra­ gione abbandona i ragionamenti che poterono servirle e ora non servono più, perchè essa scopre la novità di Dio che viene a lei, che con i suoi passi ha avanzato molto poco e d'improvviso scopre che ha superato una distanza in­ finita. Essa ha così una specie di rivelazione, quella del fatto della Rivelazione. Gli elementi della ricerca sono sempre gli stessi, ma la vista è molto diversa e le s'impone un nuovo modo di vedere. Questa spiegazione non deve stupire, perchè anche nell'ordine sensibile avvengono fatti analoghi. Il nostro sguardo pratico sugli oggetti non è quello specializzato del pittore e dell'artista, che di uno stesso spettacolo hanno una visione più ricca della nostra. Potremmo fare molti esempi; ci bastino due, in cui le impressioni ricevute dall'esterno restano identiche e cambia solo la vi­ sion e. Uno stesso individuo fissando un pavimento a losanghe di d iverso colo­ re, le vede comporsi successivamente in figure diverse. Guardando un gruppo roccioso un amico ci fa vedere figure che non avevamo notate. Così gli stessi dati della rivelazione e gli stessi ragionamenti colpiscono l'uno e lasciano l'altro indifferente; l'uno vede solo fatti e argomenti dove l'altro coglie segni e prove, e non per questo siamo nel soggettivismo, perchè i dati sono oggettivi e reali. Nell'atto di fede scopriamo la novità del fatto del­ la Rivelazione, la testimonianza di Dio, l'autorità di Dio che sollecita la no­ stra adesione. 1

L'oggetto della fede è la parola divina. La fede può prendere pos­ sesso di tutte le verità rivelate, e quando prende possesso di una a,cquista im­ plicitamente tutte le altre, poichè tutta la difficoltà consiste nel farsi sensibili al motivo per ammetterle, cioè all'autorità di Dio, alla divina veracità, che è motivo eguale per tutte le verità. Chi deliberatamente rigetta una verità rive­ lata, pecca contro la fede; chi pecca contro la fede corre pericolo di mt:ttere in dubbio l'autorità di Dio e di perdere la fede. Chi perde la fede su di un punto, non salvando il modo, perde la fede su tutti gli altri, qualunque cono­ scenza ne conservi. Tra tutte le verità rivelate, quella che Dio è amore che si è abbassato su di noi e ci attira, è la verità centrale che raccoglie e domina tutte le altre e pare servirsene per trasmettersi come verità essenziale attraverso di esse. Attraverso tutti i dommi, la fede ci fa giungere a Dio stesso, Verità prima che si rivela a noi, e promette di essere il nostro fine ultimo soprannaturale. Infatti proprio qui è il punto di partenza, il termine e la base di tutta la Ri­ velazione. Perchè Dio rivela se non perchè ci ama e la sua condiscendenza è prova di amicizia? Perchè si rivela e si fa conoscere se non perchè lo amiamo com'è in se stesso? Che cosa ci rivela di se stesso se non che Egli è amore e -

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LA FEDE

che, sempre per amore, s'incarna, redime e agisce per noi? A questo riguardo la testimonianza di san Giovanni è formale. Questa verità non contiene tutte le altre verità rivelate, ma vi è contenuta in tutte. Volendo trattarci da amici e figli, Dio ci manifesta un amore, ci riserva doni che superano infinitamente ciò che deve alla nostra natura per la sua giustizia e sapienza. Si accederebbe quindi alla fede scoprendo quest'aggiunta, questo sopran­ naturale, quest'amicizia offerta da Dio, prendendo l'offerta sul serio e accet­ tandola realmente. Credidimus caritati scrive San Giovanni; noi crediamo al­ l'amicizia di Dio, anzi crediamo la stessa amicizia in modo che la fiducia, che, credendo dimostriamo a Dio non si rivolge solo alla sua Veracità, ma anche alla sua suprema Bontà, e crediamo sulla parola, perchè Egli, specialmente quando ci scopre il suo Amore, non può nè ingannarsi nè ingannarci. Chi crede ai doni sublimi dell'amicizia divina, dell'Incarnazione, della Redenzione, dell'Eucaristia, della nostra divina adozione, della Chiesa, della visione beatifica, ecc., coglie implicitamente quest'oggetto essenziale della fe­ de; si può anzi pensare che quelli i quali non sono stati toccati dalla rivela­ zione cristiana siano capaci di fare il vero atto di fede se aderiscono a Dio e ne scoprono l'amore : " Credere che Dio esiste e che rimunera quelli che con diligenza lo cercano " (Ebr. I l, 6). Data la natura, il motivo e l'oggetto della fede considerato come un atto dell'intelligenza, si comprende così che non è un atto della sola intelligenza, ma un atto morale, religioso, effetto della grazia; e che per l'adulto è di neces­ sità di mezzo per la salute, perchè è la prima risposta possibile che condizio­ na tutte le altre all'offerta di salute che ci viene fatta da Dio. § 2.

·

La preparazione intellettuale alla fede.

l segni di credibilità. La ragione può verificare l'origine divina del messaggio rivelato con una verifica che è logicamente anteriore alla fede, e che psicologicamente la può accompagnare o seguire. Il cred�nte che si ac­ cinge a giustificare la sua fede non abbandona per questo la sua credenza, ma fa una cosa perfettamente legittima e possibile. La Chiesa ha sempre rivendi­ cato per sè il diritto di giustificare la propria fede e per la ragione umana la possibilità di riuscirvi. Il Concilio Vaticano insegna che ci sono realmente a segni o argomenti esterni della rivelazione, cioè fatti divini, soprattutto miracoli e profezie, che mostrando oovrabbondantemente l'onnipotenza e l'infinita scienza di Dio, sono segni certissimi della divina rivelazione, appropriati all'intelligenza di tutti • (Denz. 1790). Tra i compiti principali l'apologetica ha quello di studiare questi segni. Veramente l'apologetica accoglie soltanto le ragioni di credere ( o segni di credibilità) che hanno un valore generale e possono essere offerti a tutti, per­ chè le ragioni personali ordinariamente non sono comunicabili, ma non sono meno valide, poichè la grazia può far scoprire un segno dell'azione di Dio in un'esperienza privata, ed è una fortuna per quelli che non hanno potuto essere raggiunti dalla predicazione evangelica. -

l segni di credibilità si adattano a tutti gli spiriti. Non tutti gli uomini sono egualmente sensibili alle stesse prove; chi preferisce atteneni ai -

LA

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miracoli, chi alle profezie, chi alla coerenza e alla stabilità della dottrina; gli spiriti moderni infine saranno impressionati dal miracolo permanente della Chiesa, che ripete l'ascendente personale che Gesù esercitava al suo tempo. San Matteo scriveva il suo Vangelo per i Giudei e insisteva soprattutto sulle rofezie; San Marco invece, scrivendo per il lettore romano proveniente dal aganesimo insisteva sui miracoli. Possiamo dire che ci sono prove per tutti i gusti e per tutti i temperamenti. D'altronde i vari segni si rafforzano a vi· cenda e l'uno spesso implica l'altro, come i miracoli evangelici e la dottrina sono uniti da tal vincolo che il miracolo, segno della rivelazione, essendo quasi sempre un miracolo tanto della bontà quanto della potenza, trasmette a suo modo la dottrina e diviene segno rivelatore. « Andate e riferite a Giovanni ciò che avete veduto e udito : ... gli zoppi camminano, ecc. ». Gesù nello stesso tempo manifestò la sua potenza, rivelò la sua bontà e adempi una profezia. Non occorre filosofare per giungere ad ammettere la trascendenza dei se­ gni, cioè per riconoscere in essi o per essi la presenza e l'azione d'una sa­ pienza, d'una potenza e d'una bontà che supera le forze create; nè occorre ini­ ziazione scientifica perchè ordinariamente bastano attenzioni, buon senso e quella logica naturale di cui ci serviamo tutti i giorni senza bisogno di analizzarne le leggi, che ci dà certezze e convinzioni ragionevoli, anche se non sempre ragion ate. " " . . Non è pror"b rto ragwnare; l o f accra ch 1" vuol e e può ; è anz1 constg . l 1a " b 1l e che lo si faccia. L'apologetica è appunto la scienza delle ragioni di credere. Si potranno anche volgarizzare per le masse le ricerche erudite, ma non oc­ corre possederle appieno e in tutti i particolari. Per offrire ai fedeli buoni ele­ menti di apologetica basta la conoscenza anche succinta purchè esatta, della fede e della pratica cristiana. Per acquistare delle certezze non è nemmeno necessario essere adusati agli esercizi della logica formale in cui può anche errare la ragione di molti, non trovandovisi più la duttilità d'un pensiero vissuto; nè occorre cominciare col dubbio che nega ogni valore alla logica naturale, perchè il dubbio nè illu­ mina nè offre il punto di partenza per la certezza. D'altronde non si tratta di dubitare, ma di esaminare e chi non dubita non è meno intelligente.



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§ 3.

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La ragione che si nutre della fede.

Il Concilio Vaticano insegna che « quando L'intelligenza dei misteri. la ragione, illuminata dalla fede, cerca con cura, pietà e moderazione, per do­ no divino acquista una certa intelligenza dei misteri molto fruttuosa, sia per l'analogia delle cose che conosce naturalmente, sia per il legame dei misteri tra di loro e col fine ultimo dell'uomo n . La religione non è tutto mistero, nè lo stesso mistero è tutto misterioso. È pacifico il principio che il mistero non si dimostra e di fatto esso sfugge a un'esauriente comprensione; ma ciò non implica che esso sfugga completamen­ te alla comprensione. Siccome Dio s'è degnato d'insegnare a noi non per ab­ bagliarci ma per istruirei, anche nel mistero si può cogliere qualcosa per sod­ disfare Io spirito, come pure per la condotta della vita. Il Concilio Vaticano ci avvia per la strada battuta dalla Chiesa nel suo lavoro teologico. -

LA FEDE

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Un primo processo, analitico, si fonda sull'analogia esistente tra il rive­ lato e il creato. Perfino le espressioni di cui si serve Dio per rivelare se stesso e la sua azione ( Padre, Figlio, Spirito, Verbo, Luce, Vita, Verità, Amore, Reden­ zione, Cielo, ecc.) sono prese dalla nostra esperienza umana e ci dànno quin di un'idea positiva dei misteri che esse rivelano. L'intelligenza le analizza e, dopo averle spogliate del loro antropomorfismo e liberate dalle tare inerenti alla natura creata, ne conserva il contenuto accettabile. All'analisi segue la sintesi. Tutti i misteri della rivelazione, che è un tutto, sono collegati con in cima l a Trinità, il grande Mistero, l'unico che rap­ presenta un Assoluto necessario; poi gli altri misteri, come la nostra vocazion e a partecipare alla vita intima di Dio, la grazia e, data la caduta dell'uomo col peccato, l'Incarnazione, la Redenzione, e una nuova economia della grazia nei Sacramenti e attraverso la Chiesa. I dommi sono così connessi che basta to­ glierne uno per scuotere tutti gli altri, come risulta dalla storia delle eresie, e per vederne l'armonia basta concatenare gli uni con gl i altri. ­

Per quanto interessante l'analisi La fede vissuta illumina Io spirito. di ciascun domma e soddisfacente la vista del loro insieme, è ancor possibile mi­ gliorare la conoscenza che ce ne dànno l'analisi e la sintesi, perchè dopo averli contemplati, dobbiamo ancora viv·erli. La dottrina cristiana illumina la no­ stra vita e, per una felice riversibilità, dalla pratica della vita cristiana riceve un supplemento di chiarezza. Per comprendere qualcosa dell'amore di Dio bi­ sogna amare : l'egoismo è d'ostacolo alla fede. Parallelamente non è possibile intendere bene il " dato rivelato n se non lo si riconosce teoricamente e prati­ camente nella verità che apporta la luce attesa per orientare la vita. Rileggen­ do con questo spirito il sesto capitolo di san Giovanni si nota come Nostro Si­ gnore, proponendo ai suoi discepoli l'idea, in quel tempo ancora sconcertante, che occorre mangiare il suo corpo, l'associa al progetto splendido a prima vi­ sta pazzesco della partecipazione alla vita di Dio; il Padre attira l'uomo e lo dà al Figlio; il Figlio lo riceverà dal Padre e non lo respingerà, anzi darà se stesso all'uomo per renderlo al Padre e assodarlo al loro divino amplesso: u Siccome il Padre, il vivente, ha mandato me e io vivo per il Padre, cosi pure colui che mangia di me, per me vivrà n. San Pietro non aveva capito più degli altri « come mai può costui darci da mangiare la sua carne », ma aveva tutta­ via percepito che cosi sarebbe avvenuto e poggia la sua fede su questa grande esperienza : « Tu hai parole di vita eterna » . -

CAPITOLO III.

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LE D-ISPOSIZIONI MORAU

La fede impegna tutta quanta l'anima. La Chiesa e i teologi inse­ gnano che vi sono disposizioni morali necessarie per credere. Ecco alcune te­ stimonianze. Il Concilio Vaticano afferma che quello della fede a è un atto lib ero e non è prodotto neo J. Tèoi; per indicare la pietà gli antichi Israe­ liti si servivano del termine « timore di Elohim D, anche parlando degli �tra­ nieri (Gn. 20, 11), e questo non significava che costoro temessero il Dio uni­ co, ma che tra loro ogni uomo pio temeva il proprio dio o i propri dèi. (1) A. Lons, Les prophAtes d'lsrail, pp. 81-82.

TRASCENDENZA DELLA RELIGIONE D'ISRAELE

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D'altra parte, quando affermano che la a divinità 11 favorisce i giusti e unis ce i cattivi, non fanno altro che proclamare un principio ammesso da utte le religioni antiche evolute, come quelle dell'Egitto, dell'Assiro-Babilonia 0 della Grecia, come pure quella dell'antico Israele. Però, conforme alle cre­ denze correnti, quest'affermazione di principio comportava numerose eccezio­ ni che ne restringevano considerevolmente la portata : si credeva che gli dèi fo�sero soggetti all'ignoranza o all'oblio, che tenessero conto dei sacrifici che si portano loro, dei loro legami con questo popolo o quella famiglia, che aves­ sero odi o simpatie inesplicabili, che spesso colpissero l'innocente per le man­ canze di qualcuno dei suoi, ecc. L'originalità dei grandi profeti su questo punto consiste nell'aver di­ chiarato che u la giustizia divina è assoluta, rigorosamente eguale per tutti, sen z'ombra e riserva; Jahvè è inaccessibile tanto al capriccio quanto all'inte­ resse; nè le offerte, nè i riti magici possono avere qualche potere su di lui • (2). Quindi, nonostante aspirazioni elevate, nei moralisti dell'antico Oriente non c'è nulla di paragonabile alla passione di giustizia « veramente eroica 11 dei profeti ebraici, le cui censure • hanno in comune l'assegnazione all'elemento morale e alla pietà d'un predominio che nessun popolo dell'antichità aveva loro riconosciuto. Un secolo prima di Confucio e di Budda, due secoli prima d'Eschilo e molto più categoricamente di questi riformatori o pensatori reli­ giosi, essi dichiarano che Dio domanda purezza di vita e non offerte, perchè Jahvè odia i sacrifici, disprezza le feste e i canti quando mancano la giusti­ zia e l'amore » (3) ( cfr. Am. 5, 21-25; Os. 6, 6; ls. l, 10-17). I filosofi greci, come del resto tutti gli altri, non professarono un mono­ teismo paragonabile a quello d'Israele, poichè il loro dio unico non è vivente, ma un'astrazione, e non è quello della religione nazionale, che essi attaccano 0 disprezzano. I filosofi greci non si fanno apostoli di questo dio davanti alla massa, che abbandonano alle sue superstizioni, contrariamente a quanto fan­ no le guide spirituali del popolo israelitico.

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§ 2. - La speranza messianica. Anch'essa fu unica nell'antichità. • La storia degli antichi regni contemporanei a quello d'Israele costringe a costatare che il regime monarchico, anche se da solo, risvegliava grandi spe­ ranze in fondo ai cuori, perchè appariva come il più adatto a stabilire la pace e a garantire la prosperità del regno, non solo in ciascuno dei regni presenti, ma anche in quelli futuri. Nel percorrere la letteratura degli Egiziani e degli Assiro-Babilonesi ci colpisce il fatto di scoprire anche qui questa speranza ar­ dente, quest'attesa inquieta, che troviamo tanto spesso nei libri degli Ebrei. In Egitto dall'epoca del Medio Impero a quella romana (circa duemila anni) molto raramente un faraone non trovava un poeta o un saggio il quale di­ cesse che egli era un monarca predestinato e protetto dagli dèi, che il suo re­ gno si era iniziato con la desolazione e con l'anarchia, ma che ben presto s'erano visti assicurati l'ordine e il benessere. In Babilonia il poeta, dopo aver descrit­ to l'ostilità accanita che gettava i popoli, le famiglie e perfino i fratelli l'uno contro l'altro, annuncia la venuta dell'Accadico che, sottomettendoli, li pa(2) lvi,

pp .

83-85.

(3) lvi,

pp. 67-68.

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L'A. T. PREI'ARAZIONE EVANGELICA

cifi cherà; l'eroe benefico, che aprirà cosi un'era di oro e di pace, sarà Ham. murabi, il quale nel protocollo del suo codice riferisce che gli dei Anu e Bel, avendo deciso di fondare a Babilonia un regno eterno, chiamarono lui ad es­ sere il re pio e giusto. Dopo una lunga serie di re, che si sanno anch'essi tutt i predestinati dagli dèi, di cui sono figli, Ciro, l'usurpatore persiano della co­ rona babilonese, se la porrà in capo solo perchè il dio Marduk, fortemen te affiitto per l'empietà di Nabonide, che attira le disgrazie sul paese di Sumer e di Accad, aveva volto lo sguardo sul mondo e aveva chiamato Ciro ad eserci­ tare la regalità sull'universo. In Assiria regnava la stessa credenza sulla pre. destinazione dei re, figli degli dèi. Così, venendo l'ora fissata dai benevoli de­ stini, i principi dovevano procurare non solo la pace e la prosperità nel loro regno, ma dovevano dare ai campi una fecondità edènica, alle famiglie una fecondità piena d'allegrezza, ai templi una pietà fervente e generosa. Cosi non soltanto in Israele, ma anche tra i popoli vicini, la regalità appariva fonte di benessere, il re un benefattore dei suoi popoli e l a Divinità dispensatrice dell'uno e dell'altro. Per questo si potè dire che le visioni mes­ sianiche interessano anche i pagani. In realtà, per dire l a cosa senz'attenuare la portata del raffronto, si stabi­ lisce, come accade molto spesso, una facile, ma superficiale e in gran parte falsa identificazione. Tra il preteso messianismo dei pagani e quello d'Israele vi sono molte e profonde differenze. Si può dire che tra i pagani la profezia rnessianica è prima di tutto e sempre retrospettiva, perchè il poeta e lo storico cantore del re, al quale serve, e il re, che si vanta d'essere stato scelto dagli dèi, alle lodi mescolano certamente il loro spirito di fede nei destini che la provvidenza ha fissato per il loro popolo; dicono più quello che dovette succedere nel consiglio divino, che non annunciarne in anticipo ciò che avverrà sulla terra; e l a pro­ messa che il regno incipiente sarà incomparabile non fa altro da quello che fu sempre fatto ad ogni cambiamento di re, abbandonandosi alla speranza che il nuovo monarca varrà di più del predecessore, e glielo si dice almeno perchè cerchi di non ingannare troppo crudelmente le speranze, forse un po' avventate, che sono state poste in lui. A Gerusalemme, come pure a Tebe o a Menfi, a Babilonia e a Ninive, oratori e poeti, con gli elogi iperbolici cari ai cortigiani e usati dall'Oriente, salutavano il re, che era meglio lodare smaccatamente, che criticare anche solo discretamente. Ma oltre quelli che, tra di essi, avendo coscienza dei futuri destini della loro regalità nazionale, sapevano sempre cam­ biare con le belle parole la trama delle preoccupazioni presenti e l a catena delle aspirazioni lontane, c'erano anche altri che ogni tanto proclamavano con voce ispirata la venuta d'un re magnifico e incomparabilmente più grande e più felice del re dei loro giorni. In secondo luogo tra i pagani le lodi, distri· buite compiacentemente ai re, miravano solo a ognuno di loro e mancava l'orizzonte che, nel popolo eletto, abbra,cciava insieme il passato, il presente e l'avvenire; orizzonte vasto e profondo, in cui il re individuale valeva meno per se stesso che come rappresentante effimero della regalità collettiva, che si avviava alla realizzazione della regalità ideale e definitiva. In terzo luogo la cosidetta idea messianica pagana rifletteva fatalmente la concezione poco morale degli dèi nazionali, obbligati a sostenere il loro popolo con tutti i mezzi; invece in Israele, fin dall'inizio della dottrina messianica, se J ahvè promette come gli altri dèi l a vittoria al re e ai sudditi il benessere, se annuncia maggior giustizia e maggiore pietà, minaccia anche, cosa che non fanno gli dèi, il re e i sudditi delle più severe rappresaglie, qualora trasgrediscano gli obblighi morali che

TRASCENDENZA DELLA RELIGIONE D'ISRAELE

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loro impone la religione. Infine i pochi accostamenti che i testi invitano a fare tra le aspirazioni nate dalla regalità tra i popoli pagani e la speranza che gli Ebrei potevano naturalmente concepirne, non possono farci chiudere gli occhi da va nti al di fferente destino degli uni e degli altri. Per quelli, con la rovina dei loro imperi svaniscono anche le lrJTo religioni e i loro sogni di durata; per que­ sti la decadenza politica coincide quasi con il principio del trionfo delle loro id �. e la rovina nazionale coincide con la realizzazione dell'attesa. Per questi fatti il cosidetto "prarumatismo", con la sola opposizione dell'attesa. Per questi be bastare a far vedere la divergenza fondamentale dei dati iniziali: due semi s'assomigliano fino a confondersi quando li tieni in mano; ma dopo che &ono germogliati e sono cresciute le piante nate da essi, la loro differenza, prima inavvertita. s'impone con forza agli sguardi più prevenuti " (4). § 3. - Conservazione e progressi della religione d'Israele. La religione israelitica, con un fatto unico nella storia dell'antichità, si è perpetuata malgrado gli ostacoli incontrati. Tutto il suo destino è una serie di seduz ioni, d'apostasie, di riforme : la vecchia alleanza, la berith, è spesso violata e sempre rinnovata. Le vicissitudini cominciano nel deserto con il vitello d'oro, culto infame dato a Baal-Fegor nelle piane di Moab e col duplice rinnova· mento per mezzo di Mosè. Al tempo dei Giudici si fa sentire in modo tremendo la tentazione cananea : Debora, i Giudici e Samuele, salvando Israele, gli ridan­ no ripetutamente l'indipendenza nazionale. La liberazione dal pericolo filisteo fu seguita dall'alleanza con la casa di Davide. Al tempo d'Acab e di Gezabele soltanto poche migliaia d'Israeliti non piegano il ginocchio davanti ai Baal della Fenicia; ma vengono Elia, Eliseo, e la riforma javistica di Jehu. Le stesse prevaricazioni e rifQTme estatiamo in Giuda : quelle di Asa e di Giosafat prima dei grandi profeti, poi quella d'Ezechia suscitata da Isaia al tempo del pericolo assiro; quella di Giosia, dopo l'apostasia di Manasse che installò gli dèi di Assur perfino nel Tempio. Geremia, che ispira Giosia, vigila contro il peri· colo babilonese e la seduzione dei vecchi culti della metropoli d'Oriente. Eze­ chiele e un'élite formano la comunità giudaica durante l'esilio. Al tempo del ritorno da Babilonia sorge il pericolo del sincretismo samaritano, da cui Esdra, seguendo Aggeo, Zaccaria e Malachia, salva il giudaismo e rinnova l'alleanza in occasione della grande assemblea del 398 (secondo altri del 444). Ecco l'elle­ nismo e la persecuzione d'Antioco Epifane; ma le ultime profezie del libro di Daniele e l'eroismo dei Maccabei liberano sia la nazione e sia la religione. Infine nel primo secolo avanti la nostra era, ad Alessandria l'autore della Sapienza combatte il paganesimo bastardo e tralignato del vecchio Egitto. Quindi nelle ore peggiori Israele trovò sempre le guide spirituali e, per rispon­ dere al loro appello, sempre s'adunò un'élite contro la massa degli apostati. Cosi tra le religioni antiche solo quella d'hraele sopnvvisse per la sua ostinata intransigenza. Non ci fu soltanto conservazione, ma anche progresso : si rinnovava sempre l'alleanza del Sinai, ma divenendo ognor più coscienti delle sue clausole e facendosi un'idea sempre più elevata del Dio col quale Israele si era alleato e delle relazioni dei suoi fedeli con Lui. L'élite religiosa d'Israele arricchiva (4)

L. DI!SNOYERS,

Histoire du peuple hébreu, t.

III, pp. 300-302.

292

L'A. T. PREPARAZIONE EVANGELICA

la tradizione con la fedeltà ad essa, perchè ispirata da una fede viva e non da un passivo conservatorismo. Nei capitoli precedenti abbiamo notato le tappe principali di questo progresso, ed è inutile ritomarci. Concludiamo, come faceva Loisy nel 1901, che il fatto ha un carattere • sovrumano » : • Nella religione giudaica e cristiana c'è un principio di vita che si può dire sovrumano, che malgrado le imperfezioni della cono9cenza, le apparenti illusioni della speranza, le resistenze dello spirito nazionale, dell'abitudine ritualista e dell'infiessibilità teologica, tende a un'espansione sempre più perfetta ed è una realtà formida. bile sotto un fragile esteriore. Era veramente la piccola pietra che veniva a col. pire la base della colossale statua degl'imperi e delle religioni terrene e le poi. verizzava trasformandosi in una grande montagna, che deve portare tutta quanta l'umanità n (5). Quest'elemento di trascendenza è messo bene in rilievo dal fatto che ( cou un'eccezione, d'altronde limitata e neppur certa, per la religione dei Per. siani) le religioni dell'antichità non furono progressiste, perchè le loro idee superiori, che vi si manifestano, erano soltanto l'appannaggio di circoli chiusi che, nel loro esoterismo, si disinteressavano della massa, abbandonandola alla superstizione e alla magia; e in ciò è tipico il caso dell'Egitto, la cui religione al tempo dei Tolomei, in cui vi·ene invasa dalla zoolatria, è meno pura che al tempo delle piramidi. Si è già visto come le concezioni magiche vi compromisero la credenza alle sanzioni d'oltretomba. Il culto astrale è identico sotto l'impero neobabilonese e all'epoca sumerica. Nelle religioni siriache i riti sanguinari e voluttuosi sono praticati sotto i Romani come sotto l'egemonia egiziana. La Persia conobbe la grande riforma di Zoroastro, sia essa del 1000 avanti Cristo o del primo secolo della nostra era, che però non riuscl a eliminare il fondo naturistico e magico dell'Avesta. In Grecia se i filosofi ebbero alte intuizioni sulla divinità, mescolate a molti errori, lasciarono tuttavia la religione alla 11ua teologia graziosa ma infantile e spesso immorale. I culti misterici (v. più avanti) contribuirono a spezzare le linee obbligate delle religioni nazionali, ma non riuscirono a unire intimamente la morale e la religione, come invece vi riuscl il popolo giudaico. Infine fu la sua religione a salvare il popolo giudaico, al quale procurò quella vitalità che dura tuttora, mentre tutti i suoi vicini dell'antico Oriente hanno perduto da molto tempo la loro spiccata personalità etnica. Tra le nazioni Israele resta una razza con lineamenti indelebili, nonostante sia stato assoggettato, perseguitato, abbia subìto massacri, spogliazioni continue e sia sempre stato esposto al pericolo ancor più grave di doversi adattare agli am­ bienti più diversi. Solo la fede nel Dio dei suoi padri spiega adeguatamente questa straordinaria perpetuità; fede che, pur essendo minorata per il rifiuto di riconoscere il suo compimento nel cristianesimo, conserva sufficienti energie primitive per tenere strettamente uniti i suoi seguaci, nonostantt> l'immensa diaspora. (s) La religion d'lsrail,

1 ed . , Picard, Parigi 1901, p. 88.

TRASCENDENZA DELLA RELIGIONE D' ISRAELE

CAPITOLO

IV. - LA

§ I.

-

293

RELIGIONE D'ISRAELE E L'AVVENIRE

Preparazione della mentalità cristiana.

Nei capitoli precedenti s'è visto che l'Antico Testamento annuncia quello Nuovo non solo con le predizioni, ma anche con la lenta elaborazione del tipo di pietà che accompagna una fede reale ed efficace nell'Incarnazione, cioè la stre tta unione con un Dio divenuto nostro fratello. Fin da principio si richie­ dono rapporti di fedeltà e di moralità tra Jahvè e i suoi, in virtù della stessa alleanza e delle sue clausole, delle iniziative da essa supposte e delle esigenze di giustizia che essa stipula. Da questo primo germe nacque la concezione della preghiera interiore, confidente, filiale; delle relazioni sempre più personali e intime tra Dio e ciascuno dei suoi fedeli : dai profeti scrittori agli ultimi sal­ misti, il progresso in questo senso è continuo. Ma notiamo bene che qui si tratta d'una preparazione, certamente sempre più immediata, m a che non fu mai la realizzazione completa, specialmente riguardo alla carità estesa anche ai nem ici. § 2.

-

Compimento delle profezie.

Fatte queste costatazioni, occorre riconoscere che l'Antico Testamento cont iene profezie e che esse si sono attuate. I profeti annunciarono in primo luog ò molti fatti della storia d'Israele, di cui citiamo solo alcuni esempi. Amos, sotto il brillante regno di Geroboamo 11 annunciò che Samaria sarebbe stata presa dagli Assiri, come avvenne circa venticinque anni dopo (722). Osea aggiunse le sue predizioni a quelle di Amos. Isaia predisse ad Acaz di Giuda (736-727) la rovina dei suoi nemici, Facea d'Israele (736-732) e Rasin di Dama­ sco; ora nel 735 Teglath-Falasar m (745-727) s'impadronl di Damasco, poi ridusse a pochi angoli il regno d'Israele; i saccheggi di Sennacherib ( 705-681) in tutto il regno di Giuda e il suo scacco finale davanti a Gerusalemme figurano egualmente nei suoi oracoli. La resurrezione d'Israele e la liberazione per opera di Ciro nel 536 furono predette da Ezechiele e dal deutero-Isaia. Incontriamo anche predizioni che hanno un orizzonte più vasto. I profeti dichiararono unanimi, fondando le dichiarazioni su rivelazioni divine e non su semplici deduzioni razionali, che un giorno, grazie a Israele, il monoteismo sarebbe stato la religione universale, e noi sappiamo con che forza si realizza­ rono queste predizioni. 11 Oggi la credenza monoteista distingue le nazioni civili dai popoli barbari ed è anche noto che delle tre forme con cui si presenta, cioè giudaismo, cristianesimo e islamismo, la prima è circondata da tutte le restri­ zioni capaci di chiuderla nei limiti d'una sola razza; la terza segnò un terribile regresso; solo il cristianesimo ha conservato la concezione del Dio unico, capace di farne il Dio di tutti i popoli avidi di progresso morale; infine è noto che il monoteismo universale, come lo vediamo con i nostri occhi, non è affatto il frutto della speculazione filosofica; il Dio venerato da tutti i popoli è il Dio di Gerusalemme, quello che un tempo gl'lsraeliti adoravano sul monte Sinai, il Dio del quale un gruppo di Giudei s'accinse a portare il nome in tutte le dire­ zioni dell'universo • (l).

(I) J. TouZAJtD, Comment utiliser l'argument prophltique, Bloud, Parigi 1911, pp. 52-53

L'A. T. PREPARAZIONE EVANGELICA

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I profeti dicono che bisogna accostarsi a questo regno universale di Dio attraverso il pentimento, la conversione, il divino perdono, il dono dello spirito di Jahvè, la creazione d'un cuore nuovo nell'uomo. Allora il Signore si com. piacerà di abitare in mezzo ai suoi per proteggerli, esaudirli, preservarli da nuove prevaricazioni. Questi favori fu:ono promessi al popolo nel suo insieme, poi, in Geremia ed Ezechiele, agli individui, aprendo cosi. il regno a tutte le ani me di buona volontà. a Il termint di tutto questo lavoro, nel quale lo sforzo del­ l'uomo e l'azione di Dio si compenetrano, saranno le nozze sublimi fondate sulla giustizia, la grazia, l2. tenerezza e la fedeltà eterna. Quest'alleanza non sarà più come quella antica, in cui Dio trattava in modo tutto esteriore con un popolo intero, ma un'alleanza totalmente intima di Dio con l'anima, nella quale egli scriverà la sua legge » ( 2). Ora il Vangelo fu la buona novella della grazia e della misericordia, l'ap­ pello alla penitenza e alla conversione; la sua predicazione da parte degli apo­ stoli e dei discepoli fu accompagnata dall'effusione dello Spirito e indirizzata a tutti gli uomini di buona volontà. I profeti generalmente di-cono che il re del regno futuro sarà Dio stesso, ma in oracoli caratteristici essi parlano del suo rappresentante, nato a Betlemme, di razza davidica, figlio di Dio, in un senso cosi. eminente che sarà chiamato il Dio forte, possiederà la pienezza dello spirito e instaurerà un regno di giu­ stizia e di pace. Questo appunto sarà il compito di Gesù e il monoteismo universale in tutta la sua verità non sarà altro che la sua opera e contemporaneamente il suo culto. A questo compito egli aggiungerà quello di Servo sofferente e sarà adorato come la stessa Sapienza di Dio. Egli regnerà su questa società o regno, per·chè l'individualismo religioso sarà un progresso acquisito; però i cristiani formeranno un nuovo Israele, un popolo di Dio, la Chiesa, realizzando cosi le promesse indirizzate alla collettività, mirando pure agli individui. § 3. · Carattere incoativo della religione d'Israele. Le promesse si sono compiute perchè la religione, che le conteneva, non era l'economia spirituale definitiva, ma era incompleta e parziale e attendeva una più piena realizzazione dei rapporti di Dio e dell'uomo. a La fede in Cristo, Figlio di Dio e Redentore del mondo, non può essere tratta nè dal giudaismo farisaico, nè dall'antica Scrittura per via di pura inter· pretazione letterale ... Invano si potrebbe tentare d'unire tutte le profezie mes· sianiche e trame un'immagine che sia in anticipo quella di Gesù Cristo... Il cristianesimo non è uscito, e non poteva uscire, dalla Rivelazione antica per via di pura interpretazione (diciamo per più chiarezza) razionale. Finchè San Paolo interpretò l'Antico Testamento da solo e come fariseo, restò fariseo, e per ben comprenderlo ebbe bisogno della nuova rivelazione di Gesù Cristo, il quale non solo realizzò le profezie, ma le illumina maggiormente; non è sol· tanto il punto terminale della Rivelazione, ma la completa e la rende efficace; si ricongiunge, superando il giudaismo, all'Antico Testamento e ne rivela il vero senso ancora velato. (2) lvi,

p.

55·

�SCENDENZA DELLA RELIGIONE D'ISRAELE

295

Non c'è qui una petizione di principio, alla quale il giudeo si rifiuta uiustamente? 0 No, perchè la sua Scnttura gli aveva detto di credere al Profeta che sareb­ be stato inviato da Dio, a colui che attendeva appassionatamente come Messia. Non gli resta che costatare se Gesù era un profeta accreditato da Dio e rice­ vere da l ui questo supplemento di luce, che dà t u t t o il suo valore alla luce antica. L'aurora servirebbe a poco se non culminasse nel giorno » (3). E. M. BIBLIOGRAFIA. - 1. Anzitutto occorre una buona edizione della Bibbia tradotta

dai testi originali. Ne segnaliamo alcune : La Sacra Bibbia, tradotta a cura del Pontificio

Isti tuto Biblico, in corso di pubblicazione presso Salani, Firenze ; La Sainte Bible, tradotta sotto la direzione della Scuola Biblica di Gerusalemme, presso Ed. du Cerf, Parigi. Queste due edizioni comportano anche brevi ed essenziali introduzioni critiche, con note illustrative del testo nei punti più difficili. Vi sono pure edizioni più grandi con ampie introduzioni e ricchi commenti come La Sacra Bibbia, in corso di pubblicazione sotto la direzione di Mons. Garofalo presso Marietti, Torino ; La Sainte Bible, in 12 volumi, a cura di L. Pirot e A. Clamer, Letouzey, Parigi. II poderoso e denso volume in collaborazione : A Catlwli& Commentary on Holy Scrip­ ture, Ed. Thomas Nelson, Londra 1953, è una ricca enciclopedia contenente introduzioni generali e particolari, studi di sintesi sulla storia e la religione biblica e commenti, ma non riporta il testo sacro. 2. Per le varie questioni di introduzione critica ai libri del Vecchio Testamento si vedano i noti manuali di LussEAU-COLLOMB (ed. Tequi, Parigi), di SIMON-PRAno, (ed. Marietti, Torino), di HoPFL-Gur-METZ1NGER (ed. D'Auria, Napoli), di J. RENrE, (ed. Vitte, Lione-Parigi), di L. MoRALD1-S. LYONNET (Marietti, Torino), ecc., i quali con­ tengono pure ricche bibliografie. Per l'aggiornamento dello studio critico dell'Antico Te­ stamento si può consultare il piccolo ma importante volume di J. COPPENS, L'histoire critique l'A. de Testament. Ses origines, ses orientations nouvelles, ses perspectives d'a venir, 3 ed., Desclée de Br., Paris 1942. 3· Generalità. S. MosCATI, L'Oriente Antico, F. Vallardi, Milano 1 952. Una delle migliori opere di sintesi sulle vicende dei popoli orientali antichi, la cui vita interessa l'ambiente biblico. Lo stesso autore ha scritto : Storia e civiltà dei Semiti, Laterza, Bari 1949, opera sintetica di solida volgarizzazione sui Babilonesi e gli Assiri, i Cananei, gli Ebrei gli Aramei, gli Arabi, gli Etiopi. G. R1CC10TTI , Storia d'Israele, 2 voli., 4 ed., S. E. I., To­ rino 1 943. Opera ormai classica in materia. J. ScHUSTER-G. B. HoLZAMMER, Manuale di storia biblica, vol. I : Il Vecchio Testamento, 2 ed., S. E. I., Torino 1952. BALDI-LEMA1RE, Atlante della Bibbia: Geografia, Storia, Archeologia, Cronologia, Marietti, Torino 1955· A. RoBERT-A. TRICOT, Initiation Biblique, Desclée, Parigi 1948. Contiene in sintesi notizie sull'ambiente biblico in genere, la storia, la civiltà e la religione dell'A. e N. Testamento. G. BuvsscHAERT, /sral!l et le Judarsme dans le cadre de l' Ancien Orient, Beyaert, Bruges 1 952. Opera di seria volgarizzazione. Utile la recente raccolta di testi extrabiblici relativi al V. Testamento : I. B. PR ITCHARD, Ancient Near Eastern texts relating to the Old Testament, Prin­ ceton University Press, New Jersey (U. S. A.) 1950. 4· La religione d'Israele. G. Rtcc10TTI, La religione d'Israele, nella Storia delle reli­ gioni di TAccm-VE NTVRI, 2 ed., U. T. E. T., Torino 1944, vol. II, pp. 1 3 1-2 15. E' lo studio più recente e più ampio che si abbia finora in campo cattolico sull'argomento. J. N1KEL, La religion d'Israel, in HusY, Christus, 5 ed., Beauchesne, Parigi, 1 927, pp. 841-98 1 . P. HE1N1SCH, Teologia del V. Testamento, trad. dal ted. di D. Pintonello, Marietti, Torino 1 950. Esposizione sistematica, non storica. Tra le molte opere protestanti in materia ci limitiamo a segnalare la più recente : O. PROCKSCH, Theologie des Alten Testamentes, Bertelsmann. Gu­ tersloh 1 950. L'autore parte dall'idea che Cristo è centro di tutta la rivelazione e che (3)

M. - j.

LAGRANGE, Le ]udarsme, pp . 588-589.

296

L'A. T. PREPARAZIONE EVANGELICA

quindi l'A. T. è preparazione a Lui nel quale la rivelazione si compie. La prima par te traccia la storia religiosa d'Israele (pp. 48-419), la seconda sintetizza la religione israel ita nei tre punti seguenti : Dio e il mondo, Dio e il popolo, Dio e l'uomo (pp. 420-7 1 3 ) . Per un'idea molto sintetica della religione d' Israele possono giovare : A. GEuN, Le idee domj. nanti del V. Testamento, E. Paoline, Roma 1953 ; S. DE DIETRICH, Le dessein de Dieu, 4 ed. Delachaux et Niestlé, Neuchatel 195 1 . Il primo volumetto è cattolico, il secondo prote� stante, ma eccellente e dimostra assai bene come l'A. Testamento sia preparazione al Nuovo. Sul tema dci rapporti dei due Testamenti, tema vivissimo oggi poichè implica il problema del come interpretare il V. Testamento e del suo valore, si veda : J. CoPPENS, Les Harmonies deJ Deux Testaments, Casterman, Tournai 1949, che, tra l'altro, informa di tutta la più recente letteratura in proposito ; Vom Chri>, è certamente il primo vescovo in ordine di tempo. Come il patriarca attuale, era aiutato da preti. San Paolo risolse di stabilire quest'episcopato monarchico nell'isola di Creta e ad Efeso. Tito go· verna la chiesa di Creta e si circonda di sacerdoti e di diaconi, che deve sce­ gliere con la massima prudenza; Timoteo agisce allo stesso modo per l'Asia proconsolare. Nella sua lettera ai Corinti (verso il 96) San Clemente parlerà del « Gran­ de Sacerdote n ( il vescovo) dei « preti D ( altre volte indicati con i termini « presbiteri n o « episcopi n) e dei « !eviti n ( i diaconi). Al principio del se­ condo secolo si fissa la terminologia attuale, che troviamo rielle lettere di Sant'Ignazio d'Antiochia. Le chiese primitive (Gerusalemme, Antiochia, Efeso, Tessalonica, Co· rinto, ecc.) non erano autocefale come le attuali chiese scismatiche orientali, preoccupate prima di tutto di conservare la loro autonomia, il loro rito e na­ zionalità (Greci, Siri, Copti, ecc.). I cristiani di tutto il mondo si sapevano uni­ ti e parte di un solo tempio, di cui Cristo era la pietra angolare, gli apostoli e i profeti il fondamento, ed essi altrettante pietre vive. Cosi riconoscevano l'au torità di tutti gli apostoli e specialmente di Pietro. Il decreto di Geru­ salemme è imposto ai cristiani di Siria e Cilicia; i Galati, cristiani evangeliz­ zati da Paolo, riconoscono l'autorità di Pietro e degli apostoli che sono a Ge­ rusalemme; anche per i Corinti Paolo è apostolo come lo sono i Dodici, che hanno vissuto col Cristo, e quindi riconoscono l'autorità di tutti gli apostoli. Gli apostoli non esitano a inviare messaggi a Chiese che non hanno fon­ dato, e perfino a tutte le Chiese, cioè a tutta la Chiesa. Giuda Taddeo si rivol­ ge alle Chiese della Siria e della Fenicia; Paolo scrive ai Romani una lettera dottrinale; Giacomo si rivolge alle « dodici tribi• n del nuovo Israele; Gio­ vanni alle « sette Chiese D dell'Asia e, in esse e per esse, a tutta la Chiesa uni­ versale, simbolizzata nel numero sette; Pietro manda la sua prima lettera alle

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Chiese del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell'Asia e della Bitinia. Nulla di tutto ciò può far meraviglia, poichè i cristiani ben sapevano che i loro capi immediati avevano ricevuto dagli apostoli una comunicazione d'autorità e che perciò questi capi locali restavano soggetti agli stessi apostoli e, per essi, a Cristo, che li aveva scelti, e a Dio stesso. Prendiamo un cristiano della fine del primo secolo. Egli vuoi essere uni to a Cristo, perchè Cristo viva in lui; perciò si preoccupa di restare unito al corpo di Cristo, cioè alla Chiesa; sta attento per non sbandarsi dal gregge a conservare la tradizione degli apostoli; quando viaggia s'informa del suc­ cessore legittimo degli apostoli, che governa la chiesa locale. Uno tra i cri­ teri più semplici consiste nell'informarsi sul nome del capo che è in comu­ nione con la Chiesa di Roma. Più passano gli anni e più diviene facile distin­ guere quest'amata gerarchia. Sempre vi furono intriganti, pseudoapostoli sen­ za mandato; San Paolo li smascherò con veemenza, e più tardi le Chiese pote­ vano facilmente condannarli. Costoro avranno dei discepoli; e il grande ar­ gomento che verrà loro opposto sarà il carattere gerarchico e apostolico della vera Chiesa. Quale dottrina bisogna scegliere? quale morale praticare? Il cristiano pri­ mitivo lo sa come il cattolico di oggi, non fidandosi delle sue ispirazioni in­ dividuali, ma consultando u il glorioso e venerabile canone della nostra Tra­ dizione n, come diceva Clemente romano, aggiungendo che questa Tradizione era custodita dalla Gerarchia ecclesiastica. Anche qui per i nostri liberi pensatori è indiffeTente che la dottrina pri­ mitiva si sia corrotta nel corso dei tempi, ma devono almeno ammettere che nella Chiesa primitiva nessuno condivideva la loro indifferenza. Perfino l'ere­ tico, perfino l'eresiarca era un fervente, un ardente, spesso un convinto. 8. La lettera agli Ebrei. La questione dell'origine paolina di questa lettera è troppo delicata per poterla esporre e tentare di risolverla nel breve sp·.tzio a nostra disposizione. La soluzione ci sembra vicina alla seguente posi­ :ione : Paolo, ancora prigioniero a Roma, incaricò un suo . discepolo di redige­ re la lettera che indirizzava alle chiese di Palestina. Chiunque sia il discepolo, Clemente, Luca, Barnaba, Apollo, Aristione o altri, resta il fatto che la garan­ zia apostolica fece accogliere la lettera come regolatrice della fede e riconosce­ re fin dall'origine come facente autorità. Solo più tardi in Occidente subi una eclissi, un momentaneo discredito, che si spiega con ciò che essa dice sull'im­ possibilità di rinnovarsi con la penitenza (6, 4-6) : la vera esegesi del passo di­ mostra che essa non nega la possibilità d'una conversione dopo l'apostasia, nè la legittimità del sacramento della penitenza; però l'autore, con lo stile fran­ co e assoluto abituale ai semiti, dice semplicemente che i ministri del Vange­ lo, �on i mezzi ordinari di conversione, non possono ricondurre gli apostati volontari. È quanto costatiamo purtroppo ogni giorno: l'empietà di questi infelici vorrebbe annientare quel Dio che essi hanno abbandonato. Ma quan­ do ritornano, la Chiesa li assolve e, se fanno penitenza, toglie loro la scomunica. -

§ 4.

-

l

Vangeli.

l Vangeli in generale. Del Vangelo « abbiamo più di 2.300 manoscritti greci, oltre quaranta dei quali hanno più di mille anni; inoltre vi sono oltre -

322

GESÙ CRISTO E IL SUO VANGELO

1.500 lezionari, che contengono la maggior parte del testo dei Vangeli di· sttibuiti in lezioni per l'anno; ci sono 1 5 versioni in lingue antiche, che te­ stimoniano per il testo greco letto dai traduttori. S'aggiungano innumerevoli cita· zioni dei Padri antichi, che in realtà sono frammenti di altri antichi mano­ scritti andati perduti. La massa dei materiali è schiacciante » ( I l). " I 7/8 del tenore verbale del Nuovo Testamento sono fuori discussione; l'ultimo ottavo in gran parte consiste in modificazioni nell'ordine delle parole e in varianti insignificanti. Infatti le varianti che toccano la sostanza del testo sono po­ chissime e si possono valutare a meno di 1 /1 000 del testo » ( Hort). E pos­ siamo dire che il testo critico pubblicato dal Nestle o dal P. Lagrange nella sua Synopsis evangelica ci dà quasi il perfetto testo redatto dagli evangelisti sui loro rotoli di papiro. Le scoperte della scienza in questi ultimi tempi han­ no ulteriormente confermato il valore del nostro testo critico. Perciò noi abbiamo il Vangelo in greco tale e quale fu scritto. Ma da chi venne scritto? II Vangelo venne scritto da quattro autori distinti, e su questo punto la tradizione è unanime, e lo conferma irresistibilmente Io studio diretto dei quattro libretti. II primo è composto con grande forza e non senza un'interessante sot· tigliezza da un semita, che si rivolge a semiti. Il secondo ad ogni pagina tradisce la mano d'un autore assolutamente inimitabile. II terzo ha un carattere letterario più visibile, lascia facilmente scoprire le sue intenzioni, segue un metodo che s'avvicina chiaramente a quello degli scrittori ellenistici. II quarto ha risonanze profonde, che suscitano emozioni intense e ri· produce solo a metà il pensiero troppo ricco. L'autore ha profuso sul suo pa· piro tutta l'animazione della vita reale e sublime di Gesù; i suoi sottintesi sono rivelatori quanto il testo. Egli è un teste oculare della prima ora. Ogni evangelista cammina senz'arresti verso uno scopo preciso, seguen· do un piano d'insieme. Luca inoltre possiede l'arte delle prepar azioni, che pia· ce tanto a un lettore attento. L'ordine, la scelta dei materiali in un disegno determinato « tradiscono giustamente un'opera personale. La potenza creatrice d'una collettività non è sempre negabile, ma non si deve invocare senza molta precauzione. Spesso viene introdotta come un attore compiacente e le si assegnano tutte le parti, ma uno studio attento l a riconduce alle attribuzioni che le sono proprie. Essa agisce certamente e potentemente in un movimento rel igioso come il cristia· nesimo primitivo, ma come un'atmosfera calda, eccitante, propizia all'esplosio­ ne di forti sentimenti e d'espressioni entusiastiche, ma non supplisce mai gli agenti personali nella creazione di grandezze definite e nella formulazione di determinati pensieri. La ricchezza della vita collettiva favorisce, ma non crea le opere intellettuali n ( 12). Gli autori del Vangelo non cercano affatto di attirarsi l'attenzione, sono costantemente soggetti al loro oggetto, sanno che dopo il passaggio di Gesù sulla terra a basta raccontare o riprodurre esattamente per ottenere l'effetto ( I I ) STREBTER, The Four Gospels, London 1924-o p. 33· ( 1 2) L. DE GRANDMAISON, o. c., t. I, p. 49·

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voluto, perchè le parole e gli atti del Signore valgono per se stessi e si mani­ festano come irreformabili. I Vangeli quindi, più che apologie, sono epifanie, che mirano a nutrire la fede, a comunicarla con il contagio vitale, a svilup­ pare il germe preesistente in coloro che ne sono capaci e degni. Non sono un' arringa, ma un'esposizione, un riassunto tradizionale e incompleto della Buona Novella » ( 1 3). Conformità dei Vangeli con il Vangelo degli apostoli. Lo stile ordi­ nario del primo e del secondo Vangelo è evidentemente quello della catechesi. Bisogna aggiungere che è uno stile da catechesi apostolica, e soprattutto questo li distingue dai vangeli apocrifi, eccetto il Van.l{elo di Pietro, che s'ispira co­ stantemente ai nostri Vangeli canonici e ne riproduce fatalmP.nte la m3niera. 1 racconti di Matteo e di Marco hanno una caratteristica sobrietà di forma, unita alla pienezza del contenuto, che rivela completa sicurezza e perfetta mo­ destia da parte dello scrittore. Questi è certo tanto della verità che racconta come dell'accoglienza fiduciosa che gli farà il lettore. La duplice certezza si basa evidentemente sull'eccezionale valore di testimonianza, la quale può solo essere quella degli apostoli, di coloro che hanno seguito Gesù e sono diven­ tati « ministri della parola "· Matteo si è tracciato un piano ordinato in vista di fini precisi; Marco in­ vece no, e possiamo dire che fu per lo stesso motivo, cioè per trasmettere fe­ delmente la catechesi apostolica e renderla facilmente trasmissibile ai neofiti. Marco era soltanto discepolo, ma discepolo del capo degli apostoli, ed è at­ tento a rendere fedelmente ciò che il suo maestro era solito dire; la sua de· scrizione è viva e vivente, alle volte ridondante, per il timore di non evocare abbastanza. Matteo da solo possedeva la maggior parte della catechesi, e la dispose in vista dell'effetto d'insieme che si riprometteva di produrre sullo spirito dei giudei o dei cristiani venuti dal giudaismo. Snaturare i fatti signi­ ficava esporli ai violenti contrattacchi dei farisei e del popolo, che resta loro attaccato. Abbiamo due conferme di questa fedeltà all'insegnamento apostolico : Lo l'accoglienza unanime fatta dalla Chiesa a questi Vangeli; 2.o la somiglian· za esistente tra essi e i discorsi di Pietro, riportati da Luca negli A tti. Anche il terzo Vangelo è l'eco fedele dell'insegnamento degli apostoli. Qui l'autore si sente obbligato a giustificare la sua opera, perchè si scusa di prendere la penna, pur non essendo nè apostolo, nè compagno abituale dei Dodici. Luca nella Chiesa è conosciuto e amato come l'aiutante e il medico di Paolo, e si sa che Paolo stesso ha « ricevuto » quello che ha insegnato ri­ guardo ai fatti e ai gesti del Salvatore, come dice e ripete specialmente nella prima lettera ai Corinti. Così Luca si è dato premura d'interrogare i « testi oculari », che in alcuni casi scelse nel seguito degli apostoli, e di cui nessuno pensa di mettere in dubbio la parola. Pare ad esem p io che Luca abbia cono­ sciuto la psicologia d'Erode Antipa da Susanna, la moglie di Cuza, intendente del tetrarca. Possiamo credere che Marta o Maria abbia raccontato l'episodio che localizza in un « certo borgo "• quasi non volesse scrivere Betania, per non tradire le confidenti del Maestro divino. Il quarto Vangelo poi è fatto unicamente dei ricordi d'un apostolo; ri-

( • 3) L.

D:&

GRANDUAISON, iDi, p. 53·

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cordi lontani nel tempo, ma cosi spesso evocati nel cuore e nello spirito dello scrittore, che uniscono la precisione di certi particolari all'imprecisione del­ l'insieme, avvolto nell'alone delle ricordanze. La cornice è un po' sconnessa, la tela qua e là è screpolata, ma il volto di Gesù ha conservato la sua mae­ stosa serenità. In sostanza i nostri quattro Vangeli scritti sono proprio conformi al Vangelo degli apostoli, a ciò che essi raccontavano e a quello che ordinaria­ niente non raccontavano ai catecumeni, ma meditavano lungamente dopo la dipartita del loro Maestro divino. l sinottici. IL VANGELO SECONDO SAN M ATIEO - Cer-chiamo di penetrare nell'anima dell'apostolo San Matteo quando cominciò a scrivere il libro ara­ maico, del quale abbiamo una traduzione greca anteriore all'anno 70. Personalmente sono propenso a riportare molto indietro (tra il 30 e il 44) la composizione di Matteo, che si mostra prepaolino e pregiudeocristiano. Ha unicamente lo scopo di a sostenere i discepoli di Cristo nella loro fede, sia difendendola contro gli attacchi dei giudei, sia mettendo in luce l'insegna­ mento di Gesù; in lui i fatti sono condotti solo per servire alla manifesta­ zione d'una dottrina n; conosce molto a fondo la catechesi orale, che ha pra­ ticato vari anni sotto la direzione di San Pietro. Forse ne ha già fissato qualche elemento per iscritto. Ora si è tracciato un vasto piano d'insieme, bene studiato, ben ragio­ nato; prevede cinque grandi discorsi del Maestro, dei quali ha il ricordo ge­ nerale e nei quali inserirà altre parole di Gesù riguardanti gli stessi punti di dottrina, per esempio la preghiera; raggrupperà dieci miracoli, che serviranno ad autenticare la dottrina, ecc. Come genere letterario adotterà quello dei detti: una frase di Gesù verrà messa nella sua cornice esplicativa, poi si passerà a un altro insegnamen­ to, avendo sempre cura di sottolineare il valore dimostrativo dei fatti, poichè si tratta di aiutare i catechisti di lingua aramaica. Matthaios è la forma grecizzata dell'ebraico Mattai o Mattnai, abbre­ viazione di Mattanyah, che significa dono di Ya, come Teodoro significa dono di Dio. San Matteo era un pubblicano (un agente delle dogane o del dazio) nell'importante città di Cafarnao; fu chiamato da Gesù mentr'era occupato nel suo lavoro. Dopo la resurrezione di Cristo evangelizzò i giudei di Palestina e redasse in lingua aramaica il riassunto della catechesi degli apostoli. Non si può determinare se egli si sia recato in Etiopia o in Persia, e ignoriamo la data della sua morte. Papia, vescovo di Gerapoli nell'Asia Minore, verso il 125 scriveva : " E l'Anziano (si tratta di Giovanni, l'Anziano, discepolo di Giovanni l'Evange­ lista) diceva anche questo : Marco, diventato l'interprete di Pietro, scrisse di­ ligentemente quanto ricordava, senza un piano prestabilito (scriveva puramt:n­ te e semplicemente), ciò che Cristo aveva detto o fatto. Egli infatti non aveva sentito, nè accompagnato il Signore, ma più tardi come già dissi, segui Pie­ tro, il quale faceva le sue didascalie secondo il bisogno del momento, senza la preoccupazione di mettere in ordine le parole del Signore. Quindi Marco non sbagliava scrivendo le singole cose come le ricordava, preoccupato com'era di non tralasciare nulla di ciò che aveva sentito (raccontare da Pietro) e di non introdurre alcun errore ... Quanto a Matteo, egli in lingua ebrai-ca coordi-

.

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nò i detti (logia) del Signore e ciascuno li interpretò com'era capace di fare • ( in Eusebio, Hist. eccl., III, 39). Fino al principio del secolo XIX si disse unanimemente che Matteo aveva scritto il nostro primo Vangelo, o meglio, il libro aramaico, di cui il primo Vangelo canonico è la traduzione greca. Per primo Schleiermacher emise l'ipotesi che l'apostolo avesse soltanto composto una raccolta delle parole di Gesù. Ma l'ipotesi è inammissibile perchè : I .o Ireneo ed Eusebio, che possedevano l'opera di Papia, non fecero mai nes­ suna distinzione tra i a logia » del Signore e il nostro Vangelo integrale; 2.o Clemente Alessandrino, Origene, Tertulliano, che rappresentano una tradi· zion e indipendente da quella di Papia, attribuiscono tutto il Vangelo a Mat­ teo; 3.o non c'è traccia di sorta dell'esistenza d'una raccolta delle sole parole del Salvatore; 4.o Sant'Ireneo indica il Vangelo con l'espressione « i logia del Signore n ; Papia parla allo stesso modo, e per lui l'opera di Matteo è simile a quell a di Marco. L'unica differenza sensibile è quella di ordinare ciò che Marco si accontentava di riportare secondo che ricordava; però il contenuto è Io stesso e i a logia n del Signore indicano quello che il Signore « disse o fece n quand'era sulla terra. Tutto ciò non infirma l'ipotesi che esistesse una scelta di testi fatta in greco dopo il primo Vang·elo aramaico, conosciuta da San Luca e da colui che, più tardi, fece la traduzione completa dell'opera di San Matteo. Questo gra­ dino permette di spiegare certe somiglianze verbali tra il terzo e il primo Van­ gelo, e per questo esso ha autorità, anche se non interessò quelli che ci hanno assicurato dell'identità sostanziale del Matteo greco con l'originale che egli ave­ va n-elle mani. Più si legge il primo Vangelo e più ci colpisce lo stato d'animo di chi lo ha composto e redatto, poichè la composizione è un capolavoro e la reda­ zione è perfettamente conforme allo scopo dell'autore. Sono convinto che sia possibile dimostrare che l'autore fu testimonio oculare della maggior parte dei fatti che narr a, il che rende sempre più degna di nota la sua cura d'essere oggettivo, meglio ancora, la sua attenzione con­ centrata sul valore argomentativo dei fatti. Si direbbe che egli rinuncia al­ l'incanto della scena descritta e sacrifichi la maggior parte delle circostanze che non aiutano a sottolineare la portata dell'avvenimento. Scrivendo non conserva nei suoi ricordi la cornice pittoresca dell'episodio, ma ascolta il Cri­ sto, ascolta San Pietro, che narra l'episodio centinaia di volte e dà alla cate­ chesi la sua forma quasi ufficiale. Un tale atteggiamento è più psicologico di quanto si creda. Riguardo ai Luoghi Santi la Scuola Biblica a Gerusalemme aveva quello che potremmo chiamare una dottrina, che veniva trasmessa istintivamente, seguendo una for­ ma stereotipata; maestri e allievi tenevano ai visitatori un linguaggio quasi identico. Certe formule s'imponevano e chi le usava s'assicurava una maggior fedeltà a ciò che era creduto verità storica. Non importava che vi fossero pri­ ma di tutto scoperte individuali, poichè chi per primo aveva letto, ad esempio, un'iscrizione, non si fermava alle circostanze della scoperta, ma ne dava la tra­ duzione ricevuta e ne segnalava la relativa importanza. Allo stesso modo il Collegio apostolico si sentiva in possesso d'un tesoro dottrinale comune, de­ stinato ad arricchire tutti gli uomini di buona volontà; il catechista poneva tutto se stesso al servizio della catechesi; e tale docilità spiega la concordanza

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tanto frequente delle formule di Marco con quelle di Matteo, poichè en­ trambi si fanno eco di Pietro. Marco tuttavia scrisse con maggior semplicità e si è lasciato cattivare dall'incanto dei racconti; si rappresentò il divino Maestro, ne ritenne i gesti e gli atteggiamenti, nonchè le espressioni dei sentimenti; invece Matteo vuole stabilire con i fatti che Gesù ha adempiuto bene il suo compito di Cristo atteso e che i giudei ebbero il grande torto di non riconoscerlo.

IL VANGELO SECONDO SAN MARco. È un libretto cile, nell'edizione del Nuovo Testamento del Nestle, occupa una cinquantina di pagine e si può facilmente leggere in una sola mattinata. Chi è l'autore? « La tradizione della Chiesa primitiva è unanime nell'attribuire il secon­ do Vangelo a San Marco, e i critici moderni, compresi i più radicali, non con. testano l'attribuzione. La tradizione attesta anche lo stretto vincolo cht univa a San Pietro San Marco, il quale nel suo Vangelo ci ha trasmesso la cateches i del capo degli apostoli » (P. Huby). « San Luca scrisse dopo San Marco, che conobbe a Roma. D'altronde vi sono motivi, se non decisivi, almeno molto probabili per pensare che gli A tti degli Apostoli, composti dopo il terzo Vangelo, furono terminati verso il 63, e questo riporta a una data un po' anteriore l a redazione del secondo Vangelo • (id.), cioè a una trentina d'anni dopo i fatti. In questi racconti, « presi dal vivo » (Renan), troviamo a: la manifestazione di Gesù Messia e Figlio di Dio, quale si è rivelato con le parole e più ancora con la condotta » ( P. Huby). Questo Vangelo è come il diamante, che non si può intaccare nè dividere, e per conservarne una parte bisogna prenderlo tutto intero, e per rigettarne una riga è necessario rigettarlo tutto quanto. Tale unità gli è connaturale e gli viene dal suo stesso essere. Il s-e condo Vangelo è uno, come Marco che lo scrisse, come Pietro che l'aveva narrato, come Gesù che lo aveva vissuto. In apologetica è un punto strategico di valore primario; è il centro di resistenza che permette di riorganizzare tutto il fronte e di riprendere la con· troffensiva vittoriosa. Malgrado questo, il nemico dirà di non essere mai stato vinto; ma l'essenziale è che sia stato vinto. -

IL VANGELO SECONDO SAN LUCA. - Composto e pubblicato prima degli Atti degli Apostoli, quindi avanti la primavera del 63, il terzo Vangelo è il più « storico » o, se si vuole, il più storiografico di tutti; e questo sia detto come argomento ad hominem per quegl'increduli che sospettano della dialettica di Matteo, del natural-e di Marco, della profondità di Giovanni. Luca promette di scrivere con ordine, e l'ha cercato prima di scrivere : ordine dei fatti non solo nella successione cronologica, ma specialmente nella loro connessione, nel mutuo rapporto. Così il racconto dell'infanzia riposa « tutto quanto sulla concezione verginale e l" origine divina di Gesù D ( 14); e questo punto dell'insegnamento, ricevuto da tutti i catecumeni, meritava d'es­ sere presentato u con ordine n e non disordinato come le informazioni raccolte dallo storico. Luca, aiutato in ciò da Maria, studiò attentamente, confrontan· doli tra loro, tutti i fatti dell'infanzia del Salvatore. Com'è evidente, conobbe il Vangelo di Marco e lo accolse in quanto proveniva da Pietro; raccolse altre (14)

LAORANGE,

&vue biblique, 1895, p. 1 7 1

ss.

VALORI DEI DOCUMENTI

327

informazioni sulla missione in Giudea del secondo anno del ministero di Gesù. • In questo modo Luca ha tutta una parte propria, un tesoro inestimabile, ma meno circostanziato di quello che accadde sulle sponde del lago " ( 1 5). Per un momento avevo pensato che Luca avesse trovato questo nel Vangelo di Marco, oggi incompleto, ma ora vedo troppo bene che manca al lungo passo u quella visione dei luoghi, quella precisione sulle circostanze e gli attori del dramma, che erano il dono di San Pietro li ( 1 6). Valore storico dei Vangeli sinottici. - Nel suo libro L'Essenza del Cri· stianesimo, A. von Harnlllck scriveva: u I Vangeli non sono "scritti partigiani" ... Per l'essenza del contenuto appartengono an-cora al periodo primitivo od ebrai­ co del cristianesimo, a quel breve periodo che potremmo quasi dire paleontolo­ gico. È gran ventura che la storia ci abbia conservato notizia di quei tempi ... n carattere originale degli e vangeli è oggi con-cordemente riconosciuto dalla critica... È indubitabile che in quanto è sostanziale non abbiamo qui una tradi­ zione di prima mano D . La quale tradizione primitiva lasciava unite le parole e le azioni di Cristo e dei suoi contemporanei. Solo più tardi si penserà d'isolare gl'insegnamenti del Salvatore per farne oggetto d'uno studio particolare, che obbligherà a richia­ mare il fatto che servi di contesto o di pretesto all'insegnamento. E i verba Verbi sono intelligibili solo come parziale manifestazione della grande rivelazione, che era l'Incarnazione stessa del Verbo eterno di Dio. Le parole, specialmente quelle d'una persona amata, ordinariamente si riportano con più esattezza e con fedeltà più minuziosa delle azioni. « Insegnamenti come quelli di Cristo, per il loro rilievo, la novità, l ada­ mantina limpidezza, portano in se stessi la prova della loro origine li ( 17). « Aggiungiamo che la natura delle controversie, la posizione delle que­ stioni, le allusioni offrono legami sottili con tutto ciò che sappiamo dello stato degli spiriti, dei partiti e dei costumi d'una data epoca n ( 1 8). I fatti vengono presentati con tanta buona fede, che è impossibile imma­ ginare una trasformazione volontaria della loro sostanza. Malgrado lo stile molto uniforme, conservano una grande varietà, un forte sapore d'imprevisto, dovuto alla loro individualità concreta. Si trova la libertà umana e si scopre quella divina, che s'inserisce nella trama dei costumi locali e delle abitudini del tempo. " Gesù vivo tratta con uomini vivi; attorno a lui vediamo agitarsi un mondo reale; i personaggi disegnati hanno il rilievo della loro esistenza e del loro carattere individual·e; ovunque ivi è la vita e con essa l a verità della rap­ presentazione storica n ( 1 9). Come scriveva il P. Huby, « gli evangelisti non avevano pensato di scrive­ re una biografia come la concepiscono i moderni, con la cura scrupolosa delle precisazioni cronologiche e topografiche; essi erano soprattutto preoccupati di mettere in luce il valore religioso della vita di Gesù, scegliendo scene che aveva­ �o in se stesse il loro insegnamento li (20). Ciò non impedisce che questa vita Sia trascorsa tutta quanta sul suolo palestinese, sotto il governo di Ponzio Pilato. '

( 1 5) ID., L'Evangile de Jisus-Christ, p. 5· ( 1 7) L. DE GRANDMA!SON, o. c., t. I, p. 1 1 9( 1 9) A. Lmsv, Le quatrième lvangile, Parigi, 1 !}03.

( 16) ID., ivi. (18) ID., ivi, p. 1 20. (2ù) Études, 1932, p. 58.

GESÙ CRISTO E IL SUO VANGELO

328

Il ministero di Gesù seguì immediatamente quello di Giovanni e possiamo stabilirne i principali momenti e approssimativamente anche la tragica fine.

I. Il modernismo. Alcune teorie recenti sull'origine dei Vangeli. che dal P. de Grandmaison venne definito come una « transizione tra un .razio­ nalismo assoluto, ma non dichiarato, ed elementi di tradizione cristiana auten­ tici, ma abbandonati all"arbitrio incontrollato della critica soggettiva », vuoi vedere una distinzione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede che spesso giunge all'opposizione. La pretesa antinomia è un'invenzione di spiriti che sen­ tono un invincibile malessere nel constatare gli splendidi interventi di Dio nel succedersi dei fatti. Dicendo a splendidi " non indico soltanto i grandi miracoli, gli eventi capaci di commuovere i popoli, ma gli atti divini segnati da un'in­ concepibile condiscendenza, i fatti e i gesti del Verbo incarnato, che si mescola alla folla dei peccatori e riceve gl'insulti dei farisei, che sperimenta la fatica e la fame, agonizza nel Getsemani e riceve una corona di spine. La bellezza e il valore morale di tali meraviglie non sfuggivar.o ai modernisti, ma preferivano vedervi qualcosa di diversa dalle realtà accadute sul suolo palestinese, cioè simboli inventati dalle generazioni cristiane per esteriorizzare la loro fede. Rispondiamo che solo il Cristo della fede è quello della storia; e per pro­ vario non crediamo affatto che sia necessario leggere i documenti con gli occhi della fede del carbonaio. Leggiamoli pure salvando i diritti della critica; teniamo conto di tutti i dati storici e, se quest'affermazione dei documenti e quell'evo­ cazione dei monumenti è più povera o più ricca di quanto immaginavamo, inchiniamoci. 2. « I mitologi. ., non senza ragione, fanno osservare come la genesi della fede cristiana, in cosi breve lasso di tempo, satebbe inverosimile se, come sup­ pongono i liberali e gli escatologisti, G�ù fosse stata soltanto un semplice mor­ tale, innalzato alla dignità divina da alcuni discepoli illusi » (P. Braun). Essi conservano il Dio, ma dimenticano l'uomo; noi conserviamo l'Uomo-Dio e la manifestazione dell'Uomo-Dio. Questo è il Vangelo stesso, l'impareggiabile Buona Novella che spiega la genesi della fede cristiana in un tempo tanto breve. L'esistenza storica di Gesù al tempo di Tiberia, l a sua motte violenta, la resurrezien· sa all'Oriente ellenistico. (2) P. DE LADRIOLLE, La réaction paCenne, p. 53(3) L. GER!'IET ET A. BcULANGER, in Le génie grec dans la religion, p. J> l 5.

355

L'INSEGNAMENTO DI GESÙ

la fede monoteista » (P. Lagrange) ; lasciava tutti i suoi dèi e tutti �li d�i, e adorava il solo vero Dio e il suo unico Figlio, nato dal seno df'lla divinità pri­ ma del mondo e del tempo, e che si è fatto uomo per immolarsi sopra una croce, come vittima espiatrice d'ogni peccato commesso dagli uomini. Nei culti antichi fu invano cercata '' l'idea d'una morte divina subita volontariamente per la salute degli uomini "• e quella d'« una parteci p azione mediante la credenza e il cullo in una col dono interiore dell'anima, alla vita soffe rente e trionfante d'un salvatore ». Il domma di Gesù Cristo Figlio di Dio crocefisso è soltanto nostro; è un diamante che la punta della critica non può scalfire. Intanto diamo uno sguardo sulle miserie e sulle grandezze dei miste­ ri pagani. I misteri pagani. - l. l misteri di M itra. - Mitra è un dio persiano, com­ pagno del sole, che fu spesso identificato col dio Sole. Prima di creare il mon· do ha catturato e strozzato il Toro; però non è mai stato '' mediatore » tra Dio e gli uomini, ma solo tra il bene e il male; non è un dio sofferente, bcn­ chè abbia sofferto di essere obbligato dal Sole a sgozzare il Toro primordiale. Questo non era un sacrificio e il Cumont, specialista di questioni mi triache non crede che il culto riproducesse quest'immolazione. Non c'era nè battesimo nè comunione mitriaca, ma solo un'ablazione rituale c un'allerta di pane e acqua. 2. l misteri di Dioniso, l'orfismo, e la leggenda di Zagreus. '' Dopo uno studio minuzioso dei testi invocati, il P. Lagrange conclude che il nvelatore dei misteri non è D-ioniso, ma Orfeo, che la « passione ,, di Dioniso non è il principio della salute, ma il crimine originale, il più grande ostacolo alla sa­ lute; che il dio non è resuscitato e che i suoi adepti, da buoni Greci, non san­ no che farsene della resurrezione; che i riti orfici erano soltanto purificatori; che nell'orfismo l'unione con il dio si effettuava con una specie di possesso anteriore al rito dello squartamento, che quindi non era una teofagia, o forse anche mediante una ierogamia. Non c'è dubbio che l'orfismo abbia potuto preparare l-e anime all'idea della passione, al domma del peccato originale e alle pratiche dell'ascetismo cristiano (donde l'opinione dei Padri su Orfeo di­ scepolo di Mosè, e la rappresentazione catacombale di Cristo sotto le sem­ bianze d'Orfeo); però il cristianesimo non aveva allatto bisogno di cercare nessun dei suoi elementi nei misteri di Dionisio » ( 4). Il P. Festugière ha di­ mostrato che i misteri di Dioniso non esercitarono nessun influsso sul cri­ stianesimo (v. in particolare il riassunto della sua ricerca nella Revue bibliquc, 1935, p. 380s). -

3. l misteri d'Eleusi. - « Il mito di Demetra era una storia divina che ri­ guardava soltanto persone divine e in cui l' utilità per gli uomini non era nep­ pure intesa. Vedere nella "passione" della dea un fatto salutare per il mon­ do significa trasportare nei misteri un'idea cristiana ''· La ierogamia invece do­ veva essere considerata come un simbolo efficace. ... « Gl'iniziati circa la loro salvezza avevano una sicurezza religiosa, senza che fosse loro richiesto la con­ versione o una nuova vita » (5). I misteri d'Eleusi facevano sorgere speranze 1920,

(4)

E. MAGNIN,

p. 435· (5) lo.,

Cahiers de la Jlouvelle ]ournù, XVIII, p. 179 ; citato io Revue hihlique

ivi, p. 1 82 ;

cfr. &vue

bibliqut, 1 9 1 9, pp. 203 ss. e 208 ss.

GESÙ CRISTO E IL SUO VANGELO

356

per il dopo morte, ma la felicità promessa doveva attuarsi sulla terra. Nè ri­ nascita, n è resurrezione dei corpi, n è divina filiazione : l'iniziato rimarrà nel· l'Ade, mentre il cristiano, essendo figlio di Dio e coerede di Cristo, andrà in cielo vicino a Dio. 4. l misteri di Cibele e di A ttis. - L'esame dei testi dimostra che non è possibile parlare della resurrezione di Attis e che il taurobolio non è un rito di comunione sacramentale con Cibele o Attis. Un'iscrizione del 376 chiama renatus chi fu iniziato al taurobolio, ma è un prestito dell'idea cristiana di rigenerazione, preso quando i pagani formano un fronte comune con tro il cri­ stianesimo. " Non conosciamo nessun taurobolio 1Jene attestato anteriormP.nte al secondo secolo della nostra era; l'attribuzione d'un influsso diretto dei mi­ steri di Cibele sul cristianesimo primitivo dev'essere considerato come un sem­ plice scherzo di cattivo gusto. Se ne scorge forse una minima traccia nella gnosi cristiana di Clemente Alessandrino, che prima del battesimo era stata mista di Ci be le? n ( 6). 5. l misteri d'lside e di Osiride. - Distinguiamo il mito egiziano, le feste pubbliche, i misteri e il mito inventato dal Loisy, in cui l'iniziato sarebbe stato associato alla morte, alla sepoltura, alla resurrezione d'Osiride; ma niente è più falso. La morte di Gesù è un sacrificio al quale egli acconsenti e che fu accettato da Dio; la morte d'Osiride non è assolutamente acconsentita e non ha per nulla il carattere e il valore d'un sacrificio. Gesù fu sepolto, Osiride venne privato della sepoltura. Il battezzato è giustificato dai meriti del Dio sofferente; l'iniziato muore simbolicamente per godere simbolicamente drlla felicità degli eletti, ma la sua morte non lo unisce alla morte d'Osiride, che non è affatto salutare.

CAPITOLO IV. - L'ASPETTO POSITIVO DELL'INSEGNAMENTO DI GESù §

l.

- Caratteri generali dell'insegnamento di Gesù.

L'aurora è inutile se non conduce alla levata del sole. Diffondendo sul mondo la piena luce religiosa, il Figlio di Dio ha pienamente valorizzato le luci della ragione naturale e quelle dell'Antico Testamento. Non bisogna cercare nelle tenebre del paganesimo, e nemmeno nei bar­ lumi del profetismo, l'origine dell' insegnamento di Gesù, che gli proviene dal Padre suo. II divin Maes tro sulla terra non poteva trovare che dei discepoli. Insegnamento pubblico. - Nella notte precedente la passione, Gesù di Nazareth fu in terrogato dal sommo sacerdote " sui suoi discepoli e sulla sua dottrina n, cio � sulla dottrina che diede ai discepoli. Egli rifiutò di rispondere, non volendo npetere nella notte e come di nascosto un insegnamento essenzial­ mente pubblico e universale. u lo ho parlato in pieno giorno al mondo; ho (6) LEMONNYER,

in Le Christ,

Bloud

et Gay, Paris, p. 2 1 •

L'INSEGNAMENTO DI GESÙ

357

sem pre insegnato nelle sin agoghe _e nel te �pio, dove si raduna�o i giu �ei e nulla ho detto in s·egreto; perchè mterrogh1 me? Interroga quelh che ud1rono su che cosa ho loro parlato. Ecco, costoro sanno bene quello che ho detto n. Però Gesù ha dato ai su

  • potamia e che egli indicò col nome di cristiani di San Giovanni. Nel secolo XIX Petermann e Siouffi attirarono nuovamente l'attenzione degl'investigatori sui Mandei. M a si cominciò ad interessarsi realmente della setta specialmente quan­ do Lidzbarski ebbe studiato e tradotto in tedesco il testo dei vari trattati mandei. -

    Sono numerosi e vari: il più importante è il a) Gli scritti mandei. Ginza o Tesoro, a cui bisogna aggiungere il Qolasta, raccolta d'inni religiosi da recitarsi nelle cerimonie del culto, e il Libro di Giovanni, che in un'esposizione familiare riprende la dottrina del Ginza. Le tre opere sono compilazioni in versi e in prosa, di epoche diverse. Tempo fa si cercò rendere antichi questi scritti, riportandone la composizione attorno l'era cristiana, ma è dimostrato che in realtà sono molto più recenti di quanto si pensi e non anteriori ai secoli vn-VIII, anche se ciò non significa che la setta non esistesse in epoca ante­ riore; però diventa difficile, se non impossibile, utilizzare questi scritti per con�> scere l e credenze primitive. -

    b) La storia. Bisognerebbe inoltre intendersi sull'origine dei mandei. Reitzenstein considera i mandei come una setta precristiana abitante la Trans­ giordania, che professava un mito di salvezza iranico; da tale setta, che nei ·

    I TENTATIVI DI SPIEGAZIONE

    44 5

    primi secoli della nostra era avrebbe emigrato in oriente per continuare colà fino ai nostri giorni, sarebbe venuta la � redica�ione di Giovanni Batt!s�a; e il . cristianesimo, in quanto si collega a G1ovanm, troverebbe le sue ongm1 nel mandeismo. Ora, secondo Reitzenstein, Gesù avrebbe ricevuto da Giovanni la sua prima formazione : anzi, dal punto di vista letterario, gli stessi scritti cristia­ ni dipenderebbero dalle opere dei mandei. L'ultima conclusione è insostenibile, la prima è poco verisimile. J. Tho­ mas, al quale si deve uno degli ultimi studi sulla questione, cosi conclude le sue ricerche : u Secondo il nostro modo di vedere, i M an dei hanno un'origine assai lontana e sono partiti dall'Occidente. Siccome formano una setta battista, si porranno i loro inizi nell'epoca in cui fiorivano i battisti in Transgiordania e nell'Asia anteriore, quindi press'a poco quando nasceva il cristianesimo. Nella prima di queste circostanze un gruppo battista elchesaizzato lasciò la regione pa­ lestinese e allontanandosi dal Giordano, si diresse a tappe verso l'Alta Mesopo­ tamia e Babilonia, dove alla fine costitul il mandeismo, conosciuto attraver­ so una letteratura sacra, che risale al settimo ed ottavo secolo ... Attribuiamo ai numerosi influssi stranieri sublti dalla setta l'evoluzione progressiva che in fine la rese irriconoscibile : influssi gnostici, cristiani, nestoriani, persiani, babilonesi e anche arabi e forse altri ancora che aggiunsero elementi d'ogni specie al fondo giudaico battista elchesaizzato ... Con gli elementi cristiani entrò nel sistema man­ deo il personaggio Giovanni, sul quale, nell'epoca musulmana, s'insistette tanto onde presentare ai conquistatori un profeta da essi venerato, ma che effettiva­ mente ebbe un ruolo quasi insignificante, almeno fino all'ultima redazione degli scritti n ( .J. Thomas, Le mouvement baptiste en Palestine et en Syrie, Gembloux, 1935, p. 266·267). Si notino quanto queste conclusioni siano modeste e come siano presen­ tate in forma ipotetica. In realtà pare che si discuteranno ancora molti punti del sistema di J. Thomas, ma questo non c'interessa direttamente. Dal punto di vista delle origini cristiane il fatt capitale è l'incertezza assoluta sulle ori­ gini del mandeismo e della sua dottrina primitiva. Lo storico ha certamente il diritto di fare delle supposizioni, ma ha il dovere di darcele come tali e di non presentare in forma affermativa costruzion= campate in aria. c) La dottrina. - Secondo quello che pare il più antico testo circa la crea­ zione del mondo " il principio supremo è la vita, la grande Vita, l'eone o mana superiore, da cui emanano una seconda vita ( Iosamin) è una terza (Abathur); Ptahil, figl io di quest'ultima, è il creatore del mondo visibile; uno dei grandi mana, Manda d Haije, il figlio della Vita di Mana, che nei testi è spesso sostituito da Hibil-Ziwa o da altri, è l'intermediario tra la vita e gli uomini e appare nel mondo non come redentore (il mandeismo non conosce redentori), ma come un rivelatore, inviato divino, salvatore delle anime e psicopompo ... La dottrina primitiva è dualista : al mondo superiore, della luce e delle acque chiare, si oppone il mondo delle tenebre e dell'acqua nera; al mana creatore Ptahil, al rivelatore Anos-Uthra e all'opera di salvezza s'oppongono l'infer­ nale Ruha e i suoi discendenti; contro gli Uthra, mandati dall'alto vicino a ogni individuo, si accaniscono gli spiriti malvagi. Tutta l a religione consisterà nello sfuggire ai loro attacchi e salire loro malgrado verso la Vita e il regno , della Luce » (J. Thomas; o. c., p. 192). Il principale rito del mandeismo è il battesimo : al principio della sua vita religiosa il mandeo viene battezzato; egli rinnova il suo battesimo ogni dome-

    446

    LE ORIGINI CRISTIANE

    nica, nelle grandi feste e anche in tutte le circostanze importanti della vita; infine, prima della sua morte, riceve un'ultima volta il battesimo con cerimonie speciali. Il battesimo è seguito dalla presentazione d'un nutrimento e d'una bevanda rituale, in cui si vollero vedere analogie con l'Eucarestia cristiana. Infine aggiungiamo che il mandeo è tenuto a osservare le regole della morale, senza la quale non gioverebbero nulla tutti i battesimi del mondo : u Io ve lo dico, miei eletti, ve lo dichiaro, fedeli miei, fate il digiuno, non quello che consiste nell'astensione dal cibo e d alla be� anda. Sia �l vostro un _ _ digiuno degli occhi: non guardate e non fate mente d1 male; un d1gmno delle orecchie : non ascoltate alle porte dei vostri vicini; un digiuno della bocca : non fate nessun discorso perverso, evitate la menzogna e la doppiezza; un digiuno del cuore : non trattenete nessun sentimento di odio, di gelosia o di discordia; un digiuno delle mani : non rendetevi colpevoli di nessun assassinio o furto; un digiuno del corpo : non accostatevi a una donna che non sia la vostra; un digiuno delle ginocchia : non adorate Satana, non prosternatevi avanti ai falsi idoli; un digiuno dei piedi : non bramate una cosa che non vi appartiene. Fa­ te dunque questo grande digiuno e non rompetelo per tutto il tempo che re­ sterete in vita » ( Ginza, I, 109-1 18). Precetti certamente belli, ma non saprem­ mo in che cosa superiori a quelli della morale naturale. Punti d'accostamento. Ma in tutto questo che cosa richiama il cristia­ nesimo? Notiamo quale posto occupano nella cosmologia mandea la luce e la vita, che sono proprio i concetti fondamentali del Vangelo di San Giovanni, il quale mira a dimostrare come il Cristo è insieme luce e vita degli uomini. Ed eccoci quasi alla meta. Dopo tutto, che importa se il mandeismo insegna il dualismo? Con un po' di buona volontà è 'Possibile trovare il dualismo anche in S. Giovanni, perchè le tenebre vengono opposte alla luce, già nel prologo del quarto Vangelo, e l'opposizione è confermata anche nelle pagine successive. Il dualismo viene dall'Iran : non sono forse influssi iranici che hanno agito sui fondatori del mandeismo, proprio come sul Mani, tanto che manicheismo e mandeismo potrebbero avere un'origine comune? Impossibile fermarsi per una strada così bella: le idee iraniche verso il primo secolo della nostra era potevano essere diffuse in Galilea e in Siria, a Cafarnao come ad An tiochia, e quindi potevano essere note a Gesù attraveno i Mandei o altre sette battiste vicine. Non basta. Non solo i libri ermetici, Filone, i primi gnostici cristiani di lingua greca, ma già prima gli Orfici, i presocratici, Platone, in breve tutti i pensatori della Grecia si nu­ trirono delle idee d'un Oriente iranizzato; e sempre queste idee s'eclissavano nella religione dei persiani, sopravvissero sia in Palestina che in Siria e in Gre­ cia, e circondarono l'infanzia e l'adolescenza del cristianesimo, che non cessò di esserne permeato. -

    Quale giudizio merita la teoria ? Come costruzione è magnifica! per edificarla ci vollero prodigi d'erudizione e d'ingegnosità, e non ammireremo mai abbastanza lo sforzo degli studiosi che collaborarono alla costruzione. Di­ sgraziatamente basta un soffio per rovinarla. Nulla di sicuro sappiamo della diffusione delle idee iraniche in Occidente e neppure in Siria e in Palestina : ecco il primo punto. Che tale diffusione fosse possibile, anzi verosimile, nulla da ridir e : ma bisognerebbe cominciare a dimostrarlo. E dopo questo, non sarebbe ancora provato che il cristianesimo sia in qualcosa debitore alla Persia

    l TENTATIVI DI SPIEGAZIONE

    447

    o al mandeismo, che si ritiene esprimere le idee venute di là. Le opposizioni vita e morte, luce e tenebre sono troppo naturali, s'impongono tropp" per se stesse allo spirito quando si sono scoperti i t�r�ini che le esprimono. � a che _ cosa vi è di fatto sotto le parole? Quale spmto le amma? Quando SI leg�e il Vangelo di San Giovanni si vede subito apparire al primo piano la divina fisionomia di Gesù, il Verbo fatto carne; tra i Mandei c'è qualcosa capace d'in­ durre a pensarvi minimamente? È tempo di concludere e non sappiamo farlo meglio che servendoci delle formule del P. Allo : u Quando l'ipotesi (d'un contatto originale tra San Giovanni e la corrente mandeo-manichea) diventa tesi e le si attribuisce af­ frettatamente una portata cosi enorme da trovarvi la spiegazione del cristiane­ simo, mettendo quasi in seconda linea l'Antico Testamento e le idee originali di Gesù, o anche con Reitzenstein la spiegazione di tutto il misticismo greco, in virtù di non so che paniranismo, non sapremmo vedere altro in siffatta in­ fatuazione che un fenomeno d'epidemia critica, come il panbabilonismo e il panellenismo lo erano stati qualche anno prima. Temo che sia proprio que­ &to il caso in cui la critica messa alle strette debba cercare di salvarsi pescan­ do nel torbido e che il suo affrettato sfruttamento delle scoperte mamchee o mandee non sia uno dei più grandi abbagli per cui dovrà, forse fra poco, dire il suo mea culpa » ( P. Allo, Aspects nouveaux du problème joahannique, in Revue Biblique, 1 928, p. 2 1 8-2 1 9). Scrivendo queste ultime righe il P. Allo forse non pensava di essere cosi buon profeta; ormai il paniranismo è passato di moda; e per spiegare le ori­ gini cristiane bisogna cercare altro.

    §

    5.

    -

    Le religioni misteriche.

    Natura. Quando cominciò la diffusione del cristianesimo nel mondo greco-romano, fiorivano un po' dappertutto religioni o culti riservati a una speciale categoria di fedeli o iniziati. Sono i misteri. Essi assicurano ai loro iniziati la speciale protezione della divinità, protezione che ordinariamen­ te produce soltanto un benessere terreuo, ma che in certi casi può agire an­ che dopo morte e procurare ai fedeli un benessere che, in certo modo, li fa partecipi della stessa vita del dio. D'altra parte i benefici divini sono legati a riti speciali che basta compiere senza errori; non si parla mai d'un insegna­ mento teologico, d'una dottrina rivelata, d'una gnosi; tutt'al più l'iniziato ri­ ceve una parola d'ordine, con cui potrà entrare nell'altro mondo o trovare ac­ cesso ai benefici degli dèi. Infine questi riti, assieme ai conseguenti privilegi, sembra che prima siano stati proprietà esclusiva d'un piccolo numero di in­ divid� i, talvolta d'una famiglia o d'un clero, e I'iniziazione ha proprio lo sco­ po d1 far entrare un estraneo in questa famiglia o in questo clero; di conse­ guenza richiede il segreto più assoluto. -

    Estensione. I misteri s'incontrano ovunque, specialmente nelle città greche dell'Asia Minore, a Efeso, Smirne, Mileto, Panamara nella Caria, Sa­ motracia, Claros e altrove. Questi sono essenzialmente locali, celebrati in onore degli dèi propri della città e non mirarono mai a estendersi territorialmente; tutt'al più venivano invitati i cittadini delle città vicine per festeggiarli. È no-

    LE ORIGINI CRISTIANE

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    tevole però che il dio adorato nei misteri, da parte sua, pretenda estendere la propria benevolenza a tutti gli uomini. Origine. Altri misteri ebbero una fama mondiale o più propriamente erano celebrati in ogni luogo. Se per partecipare ai Misteri di Demetra biso­ gna sempre andare ad Eleusi, ovunque si può partecipare a quelli di Dionisio d'Iside, di Cibele, d'Attis, di Mitra. Soprattutto le religioni orientali prendo­ no la forma di misteri e, verso l'era cristiana, in certo modo invadono l'im­ pero romano. L'origine di tale invasione pare si debba riportare alla fine del terzo se­ colo prima della nostra era. Quando, nel 205 a. C., Annibale, vinto ma tuttora minaccioso, si tratteneva sulle montagne del Bruzio, ripetute piogge di pietre spaventarono il popolo romano. I libri sibillini che, secondo l'uso, furono con­ sultati ufficialmente al riguardo, promisero che il nemico sarebbe stato caccia­ to dall'Italia se la Grande Madre dell'Ida fosse stata condotta a Roma. Grazie all'amicizia del re Attalo di Pergamo, l'aeolito nero, presunto seggio della dea frigia, che il re da Pessinunte aveva portato a Pergamo, fu consegnato agli am­ basciatori del Senato e nell'aprile del 204 la dea fu solennemente intronizza­ ta sul Palatino. Per due secoli il suo culto restò confinato nel tempio a lei consacrato, ma dopo il regno di Claudio potè diffondersi liberamente, e da allora a ogni ritorno di primavera Roma vide i Galli, sacerdoti di Cibele, per­ correre le strade al suono dei flauti, in preda a una specie di frenesia, flagel­ landosi, incidendosi le braccia, per onorare la morte di Attis, l'amante della dea. -

    Riti. Per entrare nel collegio dei Galli bisognava subire l'evirazione, mutilazione odiosa, che ripugnò sempre al buon senso dei Romani. Era più facile entrare come semplici iniziati ai misteri della dea. Nel terzo e quarto secolo della nostra era sembra che l'elemento essenziale dell'iniziazione fosse il taurobolio cioè il sacrificio d'un toro, il cui sangue calava attraverso una gri­ glia sull'iniziato posto in una buca, credendosi cosi che l'iniziato, in virtù di questo bagno ripugnante, nascesse per l'eternità a una nuova vita. Però il tau­ robolio e la sua interpretazione è d'origine assai recente. Secondo Clemente Alessandrino il mista di Ci bel e pronunciava questa formul a: « Io ho man­ giato nel timpano, ho letto nel cembalo, ho portato il grande vaso d'argilla, sono disceso nella camera della (dea) " • indubbiamente compiendo nello stes­ so tempo azioni simboliche che dovevano ricordare gli antichi riti della vegetazione. -

    Misteri d'lside. In Italia e a Roma la grande Madre fu presto seguita d a altre divinità orientali. Dal principio del m secolo, e forse ancora alla fine del Iv, in Sicilia, Siracusa e Catania avevano ricevuto il culto d'Iside; il Sera­ peum di Pozzuoli, il porto allora più attivo della Campania, viene ricordato in un decreto municipale del 105 a. C. Sembra che verso la stessa data sia sta­ to fondato un lseum a Pompei. A Roma i misteri alessandrini contavano adepti fin dal secondo secolo e le violente misure adottate a più riprese nel primo se­ colo, per arrestarne lo sviluppo, si rivelarono completamente inefficaci, tanto �he alla fine, n �l 3� �ella nostra era, Caligol � fece costruire al campo Marzio Il gr�nde te� piO d Is1de �ampense! _la devoz1one a Iside continuò a fare pro­ . gressi notevoh sotto 1_ Flavi, e Dom1z1ano trasformò Il tempio della dea in uno -

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    I TENTATIVI DI SPIEGAZIONE

    dei monumenti più splendidi di Roma. Da allora lside e Serapide tbbero il favore di tutte le dinastie imperiali, e i Severi non furono ultimi nel testimo­ niare il loro rispetto. Soprattutto Apuleio ci fa conoscere l'iniziazione ai misteri isiaci, benchè resti volontariamente oscuro sui punti che interesserebbero di più. Sappiamo almeno che l'iniziazione comportava molti gradi, e che consisteva in una se­ rie di visioni, precedute o seguite da riti magici, che si credeva assimilassero il mista a Osiride, morto e poi resuscitato. Divenuto in certo modo un nuovo Osiride, l'iniziato era sicuro d'avere quaggiù una vita felice e di contemplare Iside nell'altro mondo. D'altronde per questo non c'era affatto bisogno di con­ durre una vita santa; bastava compiere fedelmente i riti tradizionali e conser­ vare la purezza esteriore voluta dalla dea. Misteri siriaci e iranici. Mitra. I culti siriaci seguirono un cammino analogo, e Atargatis fu presto conosciuta e onorata in Roma stessa. Sotto Ne­ rone la dea siriaca col suo compagno, l'Hadad del libano, aveva un tempio sul fianco del Gianicolo, presso una sorgente sacra. Tuttavia non prima del terzo secolo dell'era cristiana questi culti raggiunsero il loro apogeo, e il loro in­ flusso divenne preponderante quando salirono sul trono i Severi, e le prin­ cipesse intelligenti e ambiziose Giulia Domna, Giulia Mesa e Giulia Mamea si fecero protagoniste della loro religione nazionale. Infine nel 2 1 8 Eliogabalo pretese di dare al suo dio il primato su tutti gli altri e di farlo riconoscere co­ me divinità suprema da tutto l'impero; il suo tentativo allora non doveva ave­ re grande successo e sarà poi ripreso da Aureliano sotto altra forma. Gli Occidentali solo più tardi conobbero gli dèi persiani, e il loro culto restò quasi esclusivamente limitato nel mondo dei soldati. Pare che già nel 67 a. C. esistesse a Roma una comunità d'adoratori di Mitra, ma solo dalla dinastia flavia in poi il culto del giovane dio solare ebbe sviluppo. Nel se­ condo secolo San Giustino s'inquieterà per le somiglianze che scopre tra il cul­ to cristiano e certe cerimonie mitriache e accuserà il demonio d'aver così voluto ingannare le anime semplici. In ogni caso i misteri di Mitra s'imposero all'at­ tenzione del mondo romano troppo tardi per poter avere una parte qualsiasi nella preparazione delle anime al messaggio cristiano. -

    Ragione del successo delle religioni misteriche. Ci si è spesso chie­ sto quali furono le ragioni del successo che le religioni orientali ebbero un po' dovunque nell'impero romano. M. Cumont cosi le riassume : a Le religioni orientali che agivano insieme sui sensi, sulla ragione e su tutta la coscienza, afferravano tutto quanro l'uomo. In confronto a quelle del passato, pare avessero riti di maggior bellezza, più verità nelle dottrine, un bene superiore nella morale. Il cerimoniale imponente delle feste, gli uffizi ora pomposi e sen­ suali, ora lugubri e trionfanti, seducevano specialmente la folla dei semplici e degli umili; la rivelazione progressiva d'un'antica saggezza, erede dell'anti­ co e lontano Oriente, attirava gli spiriti colti. Le emozioni provocate da que­ ste religioni, le consolazioni che offrivano, attiravano specialmente le donne; i sacerdoti d'Iside e di Cibele trovavano nelle donne i loro adepti più ferven­ ti e generosi, le propagandiste più appassionate, mentre Mitra raggruppava attorno a sè quasi esclusivamente gli uomini, imponendo loro una rude disci­ plina morale. Infine tutte le anime erano conquise dalle promesse d'una pu-

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    LE ORIGINI CRISTIANE

    rificazione spirituale e dagli orizzonti infiniti d'una felicità eterna. Il culto de­ gli dèi di Roma era un dovere civico; quello degli orientali era l'espressione d'una fede personale. Questi sono l'oggetto non d'una adorazione tradizionale e, in qualche modo, amministrativa da parte dei cittadini, ma di pensieri, sen­ timenti, aspirazioni intime degl'individui. L'antica devozione municipale era legata a una folla d'interessi terrestri, che essa appoggiava e ne veniva appog­ giata. Era una forma dello spirito di famiglia e di patriottismo, e assicurava la prosperità delle comunità umane. l misteri orientali, che tendono la volontà verso uno scopo ideale ed esaltano Io spirito interiore, sono più incuranti del­ l'utilità sociale, ma sanno provocare quella scossa dell'essere morale che fa sca­ turire dalle profondità dell'inconscio emozioni più forti di qualsiasi ragiona­ mento. Con un'iiiuminazione subitanea danno l'intuizione d'una vita spiritua­ le la cui intensità fa sembrare insipidi e spregevoli tutti i beni materiali. È questo vibrante appello a un'esistenza soprannaturale in questo mondo e nel­ l'altro che rende irresistibile la propaganda dei loro sacerdoti ». Qui il Cumont s'esprime più da apologista che da storico, e i suoi termi­ ni superano di assai la portata delle realtà più modeste che i fatti ci fanno conoscere. Se all'avvicinarsi dell'era cristiana l'influsso delle religioni orientali è incontestabile, si può parlare sul serio di propaganda irresistibile? Le mi­ nuziose ricerche del Toutain sembra abbiano dimostrato bene che talvolta venne esagerato il numero dei loro iniziati, ed è notevole che gli apologisti cristiani del secondo e del terzo secolo, alla fede novella, oppongono sempre il paganesimo greco-romano, quello di Zeus o di Juppiter, oppure il culto de­ gli imperatori, più che non i misteri d'Eleusi o le pratiche del culto d'Iside. Per San Giustino, Taziano, Origene, il grande avversario del messaggio cristiano è l'attaccamento agli dèi dell'Olimpo e anche la religione dei Cesari. Se i cri­ stiani morirono, se per tre secoli l'impero vide in loro dei criminali, non fu per il loro rifiuto d'inchinarsi alle statue d'Iside, ma perchè non riconosceva­ no le religioni ufficiali e, come San Policarpo di Smirne, non volevano dare il titolo di Signore a Cesare. Però non è questo il punto Raffronto e rapporti col cristianesimo. più importante. Innanzitutto si tratta di sapere se di fatto cristianesimo sia un mistero come tutti gli altri e se debba il suo carattere proprio ai misteri orientali. Secondo l a descrizione di R. Will, ogni religione misterica sarebbe ca­ ratterizzata dai seguenti segni: u Nello sfondo è il mito del dio che muore e risorge; il mito è chiamato a diventare realtà viva attraverso l'unione mistica del dio e dell'uomo. Si crede che l'unione avvenga sia attraverso l'incarnazio­ ne del dio nell'uomo, sia attraverso l'apoteosi dell'uomo che acquista la gnosi, l'onnipotenza, la gioia dionisiaca e la natura divina ,,_ L'unione si attua me­ diante un insieme di riti che costituiscono un dramma e riproducono il mi­ to religioso. O. Casei in modo più conciso e più esatto definisce il mistero co­ me un'azione cultuale che, in un insieme di riti, rende presente un'economia di salvezza : compiendo i riti i credenti partecipano a quest'economia e opera­ no la loro salvezza. Fermandoci a queste formule generali, il cristianesimo è anch'esso una religione di salvezza, e per partecipare a questa bisogna essere iniziati, e l'ini­ ziazione comporta una specie di partecipazione alla morte e alla resurrezione -

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    del Dio. Dunque il cristianesimo non differisce dai misteri orientali? Bisogna osservare le cose più da vicino. Divergenze profonde. A prima vista l'essenziale dei misteri di Dioniso è proprio lo smembramento d'una vittima vivente, incarnazione del Dio, del quale gl'iniziati, in preda a un en tusiasmo delirante, mangiano la carne cruda e palpitante; cosi avevano fatto i Titani per il fanciullo divino, Zagreus, che era resuscitato in Dioniso; il Dio moriva ancora misticamente nella vittima, per risuscitare e vivere nel mista. A Eleusi l'iniziato partecipa al terrore di Core rapita dal re degli inferi, all'angoscia di Demetra che cerca la figlia, alla sua gioia quando la ritrova : anche qui si crede che i riti commemorino le sofferenze e le gioie, la passione e il trionfo delle dee che conferiscono l'im­ mortalità. La passione di Attis è come rinnovata al naturale nella consacra­ zione dei suoi sacerdoti, che si mutilano in trasporti orgiastici; è presente, al­ meno misticamente nei tauroboli e nei crioboli, mediante i quali i misti sono rigenerati, quando ricevono su di sè il sangue della vittima : cosi si diceva che morivano con il loro dio per resuscitare per lui e come lui. Cosi pure, nei mi­ steri d'lside, i riti si riferiscono alla morte, alla sepoltura e alla resurrezione d'Osiride, a cui in qualche modo partecipano gli iniziati. Infine non c'è dub­ bio che i misteri di Mitra erano conferiti in modo da rappresentare i miti del dio e che i riti, come i miti, comportavano una serie di prove e di trava­ gli e fors'anche la rappresentazione d'una specie di passione divina nel sacri­ ficio del toro, e terminavano con un'apoteosi mediante un'ascensione al cielo. Tuttavia non lasciamoci ingannare dalle apparenze. Troppo facilmente ci si parla di dèi che muoiono e risuscitano, mentre non c'è nulla di tutto ciò. Mitra non muore e quindi non può essere 1esuscitato : il toro che gli viene immolato è considerato sua incarnazione solo per un decreto arbitrario di al­ cuni storici contemporanei. Osiride muore e il suo cadavere viene tagliato a pezzi; la parte essenziale del mito consiste nella ricerca fatta da lside di que­ sti pezzi sanguinanti; ma dopo che li ha scoperti li seppellisce e Osiride ri­ suscita così poco, che diviene re degl'inferi. Attis muore solo nelle forme più re­ centi della sua leggenda; nella maggior parte dei racconti sopravvive all'ope­ razione che lo ha privato della virilità; e il mito pare fatto per spiegare la ca­ strazione dei Galli dediti al culto di Cibele. Dioniso cade sotto i colpi dei Ti­ tani, che dopo averlo ucciso, ne divoravano le membra, ma non resuscita, e dall'unione di Zeus e di Semelè nasce un nuovo Dioniso. Core infine non muo­ re, ma è solo rapita dal re degl'inferi, dove sua madre si accontenta di ritro­ varla. D'altronde non c'è difficoltà a spiegare i riti e i miti ricordando il si­ gnificato naturista dei misteri. Sotto forme diverse ci troviamo sempre di fron­ te alla vegetazione che muore nell' inverno per resuscitare in primavera; o del­ la vita che si trasmette mediante la generazione. Adone era il demone della vegetazione, bruciato dai primi calori del sole ardente; per ciò al principio del­ l'estate si seminavano grani che germinavano tosto, fiorivano per qualche ora per scomparire ben presto. I grani simbolizzavano il dio. Tale era la festa d'A­ done nel quinto secolo prima di Cristo, come ce ne parlano Tucidide e Ari­ stofane. Attis è il genio della vegetazione primaverile e le sue feste vengono celebrate al rinnovarsi della primavera, dal quindici al ventisette marzo; il loro punto culminante è segnato dalla processione nella quale viene portato un pino abbattuto di recente, legato con fasce come un cadaveT�, che T'.ppresen-

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    ta il dio morto, e col ritorno immaginario del dio, che si crede risvegliarsi il venticinque marzo, giorno delle Hilaria. I culti mistici ad ogni passo hanno cerimonie che ricordano la generazione, che ben presto degenerano in scene immorali. Il fondo dei riti, anche se non è immorale, è esclusivamente naturista. Caratteri del cristianesimo. Si vorrebbe far derivare l'adorazione di Ge­ sù da questi culti, fondati sulla divinizzazione delle forze naturali. La diffe­ renza balza subito agli occhi. Non bisogna stancarsi di ripetere che Gesù è un personaggio storico; e San Paolo, al quale viene attribuita una parte pre­ ponderante nella costituzione del mistero cristiano, non si stanca di moltipli­ care le allusioni alla vita storica del Signore. Come si può accostare Cristo ad Attis, Osiride, Adone, Mitra, Dioniso, che sono semplici simboli? Cristo non è assolutamente un personaggio mitico, con una storia inventata per giustifi­ care i riti; Egli visse realmente e realmente mori, realmente resuscitò, e i cri­ stiani lo adorano perchè Egli ha detto di essere il Figlio di Dio. C'è di più : l'adorazione di Gesù è esclusiva : non si può bere il calice del Signore e quello del demonio; partecipare alla mensa del Signore e a quella del demonio. Niente di comune tra Cristo e Belial. Chi vuole essere cristiano deve cominciare colla rinuncia a tutti i culti idolatrici di qualsiasi specie. I misteri pagani non hanno nulla di quest'esclusivismo, anzi le anime più re­ ligiose del paganesimo cercano di farsi iniziare al più gran numero possibile di misteri, per essere sicure di avere molti protettori. Vezzio Agorio Pretestato e sua moglie collezionano sacerdoti e iniziazioni; Petronio Apollodoro è gran­ de pontefice, decemviro dei sacrifici, pater sacrorum di Mitra, iniziato dal tau­ robolio e dal criobolio, e nel 370 dedica un altare a Cibele e ad Attis; nel 374 Clodio Ermogeniano Cesario consacra un altare alla Mater deum magna, e ad Attis Menotiranno, dopo aver ricevuto il taurobolio e il criobolio; nel 376 Vul­ pio Ignazio Faventino è augure, padre hieroceryx, archibucolus di Libero, ge­ rofante d'Ecate, sacerdote d'Iside; Rufo Cernio, del quale abbiamo una dedi­ cazione del 377, è anch'egli insignito di numerosi sacerdozi. Specialmente per la fine del quarto secolo abbondano i documenti che ci fanno conoscere la pie­ tà superstiziosa dei pagani, insieme alle loro cure per assicurarsi la salvezza ini­ ziandosi a ogni specie di misteri. Che valore hanno le iniziazioni? Un testo del 376 parla di un uomo tau­ robolio criobolioque in aeternum renatus. Ammiriamo questa formula che ha un suono cristiano e, in realtà, in quel tempo era tutt'altro che impossibile che i misteri pagani fossero più o meno trasformati sotto l'influsso del cristia­ nesimo. I critici parlano volentieri, come se fosse dimostrato una volta per tut­ te, che soltanto il cristianesimo fu permeabile ad ogni sorta d'influssi esterni. Invece non bisogna dimenticare che potè e dovette prodursi il fenomeno in­ verso. A mano a mano che procedevano le sue conquiste, la nuova religione contribui a modificare i paganesimi tradizionali, a dare loro una portata mo­ rale che prima non avevano, a ispirare desideri di salvezza spirituale ai qualj prima erano estranei. Per sua natura a l'iniziazione pagana dona meccanicamente l' immortalità, poichè vale una volta per tutte e ha il senso, nè più nè meno, dell'amuleto che dall'esterno protegge chi lo porta. L'iniziazione cristiana rinnova tutto l'uomo dall'interno e non basta averla ricevuta una volta; bisogna diportarsi conforme a questo dono di Dio, che è la grazia. Essa insomma è una vita, una -

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    vita spirituale e divina che s'innesta sull'uomo e lo trasforma. I misteri pagani non sono nè morali nè immorali perchè non hanno nulla da spartirt! con la morale. Invece San Paolo non si stanca di dire che la qualità di cristiano, di figlio di Dio per la grazia, obbliga a nuove virtù. La differenza balza agli occhi, ma si fonda su un'opposizione più nascosta ed essenziale. L'inizio pagano non è mosso dall'amore del suo dio; prima di tutto ten­ de ad essere felice dopo la sua morte, come gl'immortali; quindi gli è necessa­ rio entrare nel loro corteggio. La teletè (perfezione) gliene dà i mezzi, io affran­ ca dalla morte, gli garantisce le gioie postume, con balli giochi e festini in un giardino sempre fiorito. Il cristiano ha solo un intento : unirsi definitivamente a Cristo, esse cum Christo. L'unione comincia nella pena di quaggiù e si compie nella gloria del cielo. Configurato a Cristo sofferente, a Cristo morto, il cristia­ no avrà parte anche a Cristo resuscitato. L'incorporazione non sarebbe comple­ ta se non portasse qui. Queste divergenze quanto allo scopo e allo spirito dei riti sono dovute a una diversità di natura delle divinità salvatrici. Bacco e gli dèi d'Oriente, Attis, Adone, Osiride, possono morire e rinascere, come muoiono e rinascono ogni anno le erbe dei campi, ma non sono morti per noi, per liberare l'anima umana; come salvatori hanno potere soltanto contro i mali terrestri, o contro il gioco fatale che viene dagli astri; la loro azione è d'ordine cosmico e mate­ riale, e non mirano alla salute morale dell'anima; come non sono venuti quag­ giù per amore dell'uman ità, cosi le loro gesta e passioni terrestri non si colle­ gano in nessun modo al nostro destino spirituale » (A. J. Festugière, Le monde gréco-romain au temps de Notre-Seigneur, Parigi, 1935, t. Il, p. 1 82- 1 83). Tutte le somiglianze tra le due religioni sono materiali. - Dopo tutto è innegabile che si possono riscontrare alcune somiglianze materiali tra il cri­ stianesimo e i misteri pagani. Gli uomini non hanno abbastanza parole e gesti per poter esprimere i pensieri nuovi senza ricorrere a parole usate o a vecchi riti. Ma si tratta di sapere che cosa ci sia sotto i vocaboli e dietro i gesti. Cle­ mente Alessandrino, che prima di convertirsi al cristianesimo era stato proba­ bilmente iniziato ai misteri Eleusini, usa volentieri un vocabolario che ha l'im­ pronta delle religioni misteriche : specialmente alcuni capitoli degli Stromata, paiono sconcertanti; ma non sorge neppure l'idea di porre in dubbio la profon­ dità della sua fede cristiana. Sant'Ireneo di Lione, press'a poco suo contempo­ raneo, ed Origine suo discepolo s'esprimono diversamente e bisogna ammette­ re che con loro ci troviamo più a nostro agio. Ma Clemente non cessa d'interes­ sarci e forse esprime meglio che non si fosse fatto prima certi stati della vita mistica. Alle origini, San Paolo fa lo stesso. Era vissuto in un modo familiare alle religioni misteriche, e perchè non ne avrebbe tolto qualche vocabolo? Gesù è il Salvatore e questo è anche il significato del suo nome; Attis, Osiride, Mitra lo erano pure. Ma di che salute si tratta? Non bisogna dimenticare che in fondo la vera questione è qui. Ora la salute cristiana è quella dell'anima, che mediante il battesimo riceve l'adozione dei figli di Dio e mediante l'Eucarestia si unisce al Cristo sempre vivente. L'Apostolo suppone una completa trasformazione del fedele che, dopo essere stato sepolto con Cristo nella morte mediante il batte­ simo, resuscita con Lui per camminare in una nuova vita. Qui non si tratta di possedere una parola d'ordine con cui si potranno superare vittoriosamente

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    LE ORIGINI CRISTIANE

    tutti gli ostacoli disseminati sulla via del viaggiatore, che ascende per le sfere celesti. Non ha importanza nemmeno la conoscenza di dottrine straordinarie, saper spacciare interminabili genealogie di eoni, conoscere i segreti di questo e dell'altro mondo, secondo le formule proposte da tutti gli gnosticismi : al cristiano basta conoscere la croce di Gesù Cristo. Possiamo essere gra ti ai ricer­ catori che precisano l'origine di questa o di quella parola usata da San Paolo, che indicano certi rapporti tra il suo vocabolario e quello delle religioni miste­ riche; ma non ci sentiamo in diritto d'affermare con loro che il cristianesimo è soltanto uno dei tanti misteri; è certamente un mistero, e San Paolo u:.a volen­ tieri questa parola per indicarlo, ma è da notarsi che l'Apostolo indica con tale termine una verità che non può essere conosciuta senza rivelazione divina, e non un insegnamento esoterico riservato a un piccolo gruppo d'iniziati. § 6. - Conclusione: Impossibilità di spiegare umanamente il se,f!;Teto della Chiesa. Non pretendiamo di aver esaurito la rivista dei sistemi proposti dai critici razionalisti per spiegare le origini cristiane. Affermeremo piuttosto il contrario, perchè ogni generazione vede nascere e scomparire una folla di sistemi, che dovrebbero risolvere il problema della Chiesa nascente e della sua meravigliosa espansione. Abbiamo successivamente dimostrato che il cristianesimo non è l'erede d'una religione del dio Gesù, che avrebbe avuto adoratori in Palestina fin dai tempi più remoti o che, a poco a poco, avrebbe sostituito Iahvè nello spirito di alcuni Giudei desiderosi di salvezza. Abbiamo visto che non è l'opera personale di San Paolo; non è una trasposizione del pensiero greco; non è il prodotto d'un sincretismo d'origine orientale; che non deve nulla dei suoi ele­ menti costitutivi ed essenziali alle religioni misteriche. Quante rovine accumulate su la via che abbiamo percorso! quante fragili ipotesi abbiamo dovuto rovesciare ! quanta erudizione sprecata o con risultati quasi insignificanti! Si rimane stupiti davanti all'immenso sforzo tenta to e conti­ nuato dai critici per spiegare umanamente il segreto della Chiesa nascente. E intanto il cristianesimo resta inintelligibile finchè si rifiuta di legarlo al suo vero autore, Nostro Signore Gesù Cristo. Solo Gesù ha fondato la Chiesa, della quale è la pietra angolare e gli apostoli sono la base irremovibile; Egli solo le ha dato la dottrina di cui essa vive e che predicò fin dai primi giorni. Lo Spirito di Gesù non ha cessato di vegliare sullo sviluppo del cristianesimo, onde preser­ varlo da tutti i pericoli che lo minacciavano, per aiutarlo a crescere nella fedel­ tà alla tradizione e nell'allontanare novità profane. Lo Spirito Santo si servi certamente di strumenti umani, che chiamò a collaborare alla sua grand� opera; utilizzò tutte le risorse del tempo e dell'ambiente in cui doveva crescere la Chiesa. Come non ammirare in particolare la meravigliosa trasformazione che di Saulo, il persecutore fariseo, ha fatto l'apostolo Paolo, il modello incompa­ rabile del missionario cristiano? Ma anche questo è sempre un qualcosa di meraviglioso; e possiamo stu­ pirci di vedere che una religione capace d'operare tante conquiste nel mondo greco-romano del primo secolo, resti ancor oggi una delle forze più possenti, quando si tratta d'elevare l'umanità al di sopra di se stessa? Se la Chiesa non si spiega umanamente, una sola conclusione resta possibile : siamo davanti a un segno, il segno della sapienza e della potenza di Dio.

    IL MIRACOLO DELLE ORIGINI

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    CAPITOLO IV. - IL MIRACOLO DELLE ORIGINI CRISTIANE § l.

    -

    I fatti.

    Ricordiamo brevemente i fatti. Verso l'anno !IO un uomo, che si è presen­ tato come Messia e più ancora come il vero Figlio di Dio, muore crocefisso a Gerusalemme, dopo essere stato condannato dalle autorità giudaiche e dal procuratore romano Ponzio Pilato; resuscita il terzo giorno dopo l a morte, ma non tarda a scomparire definitivamente dalla storia. Per continuare la sua opera, cioè predicare in tutto il mondo la buona novella del regno di Dio, lascia alcuni discepoli, umili pescatori di Galilea o di bassa condizione, che hanno l'unica arma nell'ardore della loro fede. Simon Pietro è il capo di questi disce­ poli. Dopo l'arresto del suo Maestro, Pietro si è dimostrato vile, non si è peri­ tato di rinnegarlo; poi s'è rialzato; la resurrezione gli ha restituito tutta la fidu­ cia ed ha una sicurezza irremovibile. Ma che cos'è tutto questo per vincere il mondo e la sua indifferenza? Tuttavia il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo discende sugli apostoli, ed allora essi inaugurano la loro missione : annunciano a Gerusalemme Gesù Messia e Figlio di Dio e riescono a convertire un gran numero di Giudei. Ma subito i sinedriti s'inquietano, interrogano gli apostoli, li arrestano, proibiscono di predicare. Tuttavia la Chiesa nascente ha continuato la sua strada e a poco a poco s'organizza con le sue riunioni liturgiche e con le distribuzioni caritative. Passano alcuni anni in cui pare non si faccia ancora propaganda fuori di Gerusalemme; gli apostoli spendono tutte le loro cure attorno alla comunità che si sono riuniti intorno e nella quale già si manifestano segni di discordia. L'elezione dei diaconi permette loro di risolvere il problema sollevato dalla presenza di convertiti ellenisti accanto ai fedeli di lingua aramaica; permette pure a uno dei diaconi, Stefano, di farsi notare per l'ardore della sua fede. In seguito a un tumulto popolare, Stefano viene lapidato e i cristiani ellenisti devono lasciare Gerusalemme. Questa dispersione segna un momento capitale nella storia della Chiesa nascente. Grazie ad essa, il Vangelo viene annunciato non solo fuori di Gerusa­ lemme, ma anche fuori della Palestina : l'isola di Cipro, la Siria, AntioLhia sen­ tono allora parlare di Gesù; ovunque il nome del Salvatore viene accolto con favore, ovunque avvengono conversioni, che accrescono l'irraggiamento della Chiesa. Anche la conversione di San Paolo, avvenuta poco tempo dopo il marti­ rio di Stefano, è un avvenimento decisivo, perchè il neoconvertito ha un'ani­ ma di fuoco; il Cristo impossessandosi di lui lo conquista interamente. Si noti intanto che tra la grande visione nella via di Damasco e l'inizio dei viaggi mis­ sionari di San Paolo passano parecchi ann i : sono anni di preparazione, di riflessione, d'attesa, e sarebbe a noi infinitamente prezioso conoscere dettagliata­ mente come li impiegò. Del resto, anche quando cominciò a predicare il Vange­ J.o, Paolo restò un predicatore tra molti altri, dei quali non conos­ stra infine la perseveranza della volontà, del progetto, dell'ideale, dell'obbe­ dienza alla parola del Fondatore? La cattolicità della Chiesa. La cattolicità che è la gloria della Chiesa romana è pure il suo fardello, perchè è peso; ed è il suo tormento, perchè è una preoccupazione. Essa è un'esigenza che obbliga a una perpetua riforma in· teriore al pari di ogni vero arricchimento. Acquistare nuovi clienti e convertir· li in fedeli, significa prima comprenderli, poi vedere che cosa dell'eterna ere· dità li seduce, preparare l'incontro del loro legittimo umanesimo, della loro civiltà e lingua, delle loro belle arti, e anche del clima in cui si preparano a recitare a loro volta questo Credo unico. Neppure nei confronti delle Chiese se­ parate l'unione suppone l'uniformità. Il rispetto per i riti liturgici è soltanto un simbolo d'un'ospitalità intellettuale che accoglie le loro tradizioni, le loro teologie anteriori alla separazione, la loro sensibilità religiosa di ogni tempo. Come carattere o nota, il cattolicismo è soprattutto comprensione. Una quarantina d'anni fa in alcune pagine mirabili del Christus i com­ pianti Padri gesuiti Rousselot e Grandmaison traducevano in questo stile le quattro no�e clte vedevano realizzate nella Chiesa romana. I quattro agge-ttivi sotto la loro penna prendevano un rilievo prima sconosciuto : la vera Chiesa, essi dicevano, dev'essere in transigente, eroica, comprensiva, gerarchica. I due primi titoli, e forse an che l'ultimo farebbero paura a certi legittimi pudori se non venisse il terzo a spiegarli con sfumature e dare loro il vero riflesso. -

    La santità nella Chiesa è legata all'apostolicità. Perciò non resta che unire la santità con l'apostolicità per dimostrarne il reale equilibrio. La Chiesa romana non può allineare i suoi titoli storici alla successione di Pietro e degli apostoli che alla condizione di santificarsi perpetuamente, per mostra­ re di aver ereditato tanto dal loro spirito come dai loro poteri. La Chiesa prima ancora di essere dei Santi e dei mistici, risiede anzitutto nel papa e nei vescovi, però a condizione che papi e vescovi, che nessuno ha il diritto di giu­ dicare ( d'altronde i n nome di chi e di che cosa?), giudichino perpetuamente se stessi per divenire uomini di preghiera e di santità; altrimenti la loro apo­ stolicità diverrebbe uno scandalo. Questa grande inquietudine interiore costi­ tuisce la tragedia della storia della Chiesa : siamo apostoli, ma siamo santi? si ch_iedono i capi; le membra poi, vol�en_dosi ai propri pastori, li interroga­ no nspettosamente per domandarne lezwm ma anche l'esempio. Tutta la stt>­ ria della vera riforma della Chiesa cattolica è qui; non ha nessuna data, per· chè è di tutti i tempi e non è mai alla fine. -

    CAPITOLO II. - SIMILE A NOI § l.

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    Il problema dei riti

    La celebrazione del sacrificio e la pratica sacramentale con i loro inde· finiti prolungamenti, le devozioni, la salmodia, il culto delle immagini e del-

    SIMILE A NOI

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    le reliquie, l'uso delle indulgenze, i riti e i formulari saranno eternamente il sostegno o lo scoglio, la cornice o la caricatura della religione in spirito e della verità rivelata da Cristo alla Samaritana. « Io ho forse bisogno del san­ gue dei capri e delle giovenche? n, protestava già il Dio d'Israele per bocca dei profeti; il salmista gli rispondeva : a Se tu avessi voluto sacrifici, te ne avrei offerti; ma tu non ti compiaci degli olocausti : l'unica vittima gradita a te e un cuore contrito e umiliato ». Sarebbe pertanto più facile cancellare la natura umana dalla faccia del­ la terra, che impedire all'animale ragionevole d'incarnare in gesti e simboli le sue volontà profonde, che proibirgli di chiedere a segni corporali o materiali, a oggetti sensibili, a parole sacre, d'appagare la sua immensa inquietudine di fronte al peccato, all'avvenire, all'infinito. Donde viene a noi questa strana mania rituale che nulla può estinguere? Sarà un ultimo vestigio dell'istinto, abituato a ottenere risultati infallibili da un riflesso monotono o fatidico( O, al contrario, non sarà già la prima spinta vitale del conoetto che vuole fissa­ re in lineamenti definiti la fluidità delle cose, e, come dice la Scrittura, dare ad esse un nome, fissare il moto innumerevole in una definizione precisa, accolta, tradizionale, socialmente efficace? O non sarà piuttosto che il rito, il sacra­ mento - un tempo la magia e il feticismo - provengono dal fatto che in un solo essere s'incontrano due elementi d'origine diversa, cioè un corpo animale ancora tutto permeato d'istinti appena liberati, e un'anima spirituale, in cui l'intelligenza appare sotto la forma ragionevole dell'idea concettuale? Il rito è un gesto stilizzato, che ha in sè una sapienza e una religione interiori; è una volontà efficace concretata in una formula consecrata; è insomma la firma del­ l'uomo, essere strano e dolorante, che non è bestia nè angelo, perchè è l'uno e l'altro, è fra i due, ai confini di due mondi; essere diviso ed insieme uno, con l'evitabile e duplice tentazione, mortale per lui, di proseguire separata­ mente i due compiti estremi anzichè contemporaneamenbe per restare se stesso. Resti. dunque quello che è, animale ragionevole, spirito incarnato; e ac­ cetti dunque il sacramentalismo con tutti i suoi pericoli anche nella sua vita più spirituale, nei rapporti più intimi con l'invisibile; consenta di far posto alla propria carne, splendida e debole, muscolosa e sofferente, che si nutre d'immagini concrete, di suoni e colori, di ritmo e moto, di simboli o sogni, di visioni anticipate e di ricordi registrati; e al momento d'incontrare Dio pensi ancora di gettarsi ai suoi piedi, o nelle braccia, o sul cuore, come se Dio avesse piedi, braccia, bocca e orecchie . L'atavismo qui è più forte di tutte le teorie cartesiane sulla a canna pen­ sante » o sull'a intelligenza servita da organi ». Tutta la nostra eredità è ri­ tuale e non lo fu mai più brutalmente che nel secolo presente che si crede laicizzato, e in cui le ricette di felicità, gli amuleti, i feticci, le mascottes, i por­ tafortuna, i totem, i tatuaggi, le divinazioni, gli spiritismi, non avevano mai raccolto tanti fedeli prima che gli altari del Dio vivo, le balaustre della co­ munione, le grate dei confessionali, e perfino i fonti battesimali fossero abbandonati. L'uomo s'ostina nella speranza di trovare una soluzione definitiva, che unifichi tutto il suo essere di fronte al Dio sconosciuto senza nulla sacrificare delle potenze animali e spirituali che ci compongono. Questa tenacia ci segue ovunque, ombra instancabile e mobile, replica visibile di tutto il nostro es­ sere. Dare forma in questo mondo sensibile, dove ii nostro corpo pronuncia

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    ECCELLENZA E CARATIERI DELLA CHIESA

    le sue parole e agita le sue membra, a un simbolo che esprima una sensazione, poi dargli il valore d'una idea e un potere spirituale; oppure, con processo inverso, incarnare nell'esperienza un pensiero astratto, creare così un valore materialmente carnale ma tutto permeato d'intelligenza, mettere queste due ricchezze l'una nell'altra in nome della nostra duplice natura, fatta di carne e di spirito; poi per mezzo di questo gesto, avere la formidabile pretesa d'agire sul mondo invisibile, tracciare un segno che permetta alla nostra volontà d'en­ trare nei disegni infiniti, collaborare così alla divina potenza, affermando in questo modo che l'ordine intellettuale, così bello ma così duro, così chiaro ma così fatale, non ci ha ancora svelato i misteri supremi, perchè dietro gli effetti, le cause e le leggi che lo definiscono, c'è un altr'ordine, che si serve del primo per altri scopi supremi : ecco l'uomo con la sua impotenza e la sua preghiera, i suoi limiti ridotti e le speranze illimitate; ecco l'uomo che geme e piange, supplica e sogna convinto che dietro la spiegazione scientifica del mondo ve ne sia un'altra, quella vera, che la ragione non conosce, ma che si augura pen­ sando all'immenso e regale progetto d'un'Onnipotenza benefica e feconda, che al di là dei nostri poveri schemi concettuali, che tuttavia non nega, attua un altro disegno di bontà, di amore e di gloria. Un'intelligenza fatta per la caccia e per la pesca, nella ricerca delle cau­ se ha trovato D-io, al di là delle sue reti e delle frecce ! Poi, sentendosi incapace di andare più oltre da sola, ha prostrato la sua carne davanti all'Invisibile per superarsi; mettendo i lineamenti del suo corpo al s·ervizio dell'idea, cercò di entrare tutta quanta, assieme e per mezzo della sua carne nelle regioni dello spirito e della grazia... Ma di chi dunque io ho raccontato questa storia? Sono io quest'essere; ad ogni modo è il mio antenato troglodite delle caverne .e delle città lacustri; è il mio fratello del Sudan e delle Indie millenarie! siamo tutti noi, quando in un momento di sofferenza e di speranza, ricominciamo il gesto umano per eccellenza, con la sensazione al principio e alla fine del mondo spi­ rituale; è la storia della mia oscura infanzia, in cui ho fatto incon!lciamente i miei primi segni di mago, per soddisfare i miei primi desideri; è la Grecia, la madre di noi tutti, con la sua fatalità; è il console romano, che al principio del­ la giornata di una probabile battaglia, ritornava indietro con le truppe, perchè una lepre gli aveva tagliata la strada. Dietro queste superstizioni, anzi sopra, sul piano superiore, è tutta la storia religiosa dell'umanità. Il sacramento è il sensibile spiritualizzato, la natura sublimata. Esso sup­ pone, come il miracolo, ma senza nessuna sorpresa o stupore, che la materia non sia impermeabile allo spirito. Anche il mira:colo sarebbe un incatenamento della materia da parte delle correnti spirituali; ma essendo un fatto anormale e quasi rivoluzionario, la carne viene scossa e si accascia per obbedire a una brusca decisione. Nel sacramento lo spirito trionfa in silenzio e più efficace­ mente, e la grazia s'inserisce soavemente nella natura senza modificarne visibil­ mente il corso. Sicchè il miracolo, che è un argomento per gli occhi del corpo divenuti occhi della fede, per sè è meno perfetto del sacramento, in cui Dio spiritualizza la materia senza sconvolgerla. Spingendo al massimo l'effetto della sua onnipotenza, compie il suo capolavoro nell'ordine visibile. La Chiesa quin­ di al miracolo preferisce il sacramento ( l ). Anticamente miracolo e sacramen( 1 ) Le vecchie magie delle religiorù primitive non li distinguono, ma il cristianesimo li ba dissociati su due piarù diversi ; da entrambe le parti viene stabilito un con-

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    to spesso si confondevano, come nella Pentecoste; ma presto il rito sacro si emancipò per opera di San Paolo che fece la critica vittoriosa del carisma in­ feriore alla carità. Però è troppo forte per noi parlare questo linguaggio cristiano, doven­ dosi ancora intrattenere alquanto sul piano delle ipotesi generali. § 2.

    -

    Le speranze umane e l'istituzione dei sacramenti.

    In queste inevitabili condizioni, imposte dalla nostra stessa natura, alla quale nessuno di noi pensa sul serio di rinunciare, una religione veramente di­ vina si riconosce prima di tutto dal modo con cui essa potrà risolvere il diffi­ cile problema del sacramentalismo, poi dal carattere semplice e artistico, eppu­ re commovente, dei riti che sceglierà e delle rubriche che imporrà; da una certa somma eleganza con cui affronterà la delicata questione dell'impiego della materia in un'opera divina; infine forse anche da una certa audacia che non esiterà ad essere realista di fronte al contatto con gli elementi della natura vi­ sibile e con le membra del corpo umano; si aggiunge pure un certo universali­ smo sobrio e puro, che permetterà ·:ai gesti rituali di essere validi per tutti i tempi e tutti i luoghi, di non urtare nessuna legittima suscettibilità, nessun pu­ dore ragionevole, nessuna sensibilità di razza nè di clima. Infine questa reli­ gione dovrà soprattutto trovare il mezzo per far circolare in queste istituzioni un'immensa corrente di spiritualità, che attraversando tutti questi poveri og­ getti materiali, li trasfigurerà al momento dell'unione o dell'assoluzione, della purificazione o della consecrazione e quasi permetterà di dimenticarli proprio mentre svolgono il loro compito essenziale di segni e di mezzi. Insomma per restare uomini nel momento in cui si diventa divini, l'uni­ versale dev'essere fatto e lo spirituale dev'essere evocato e realizzato non col nulla, ma con qualcosa di semplice e perciò visibile e corporeo. E Dio stesso in questo grande sistema va reso non proprio visibile, perchè è Spirito, ma to­ talmente prossimo e vicino a noi, anzi, sentito, sperimentato almeno in noi, dove la nostra carne, cioè la nostra immaginazione, la memoria, i sentimenti siano tutti trasfigurati dalla sua presenza provata, in ogni caso dal provato sentimento della sua presenza. Questo è tutto? non abbiamo dimenticato nulla riguardo agli elementi di questo problema in cui sappiamo Impegnato tutto il nostro essere? Forse ab­ biamo omesso l'essenziale. Infatti, se la religione perfetta, d i cui parliamo, è stata fondata da qualcuno che, attraverso la sua persona, incarnata nella no­ stra razza ma trascendente la nostra umanità, uni in sè la spiritualità più alta con la carne più reale; se egli, per questo privilegio unico, è per noi l'unico intermediario ormai possibile tra il cielo e la terra; se le istituzioni storiche, di cui egli è l'autore, si confondono con i suoi interventi e attività personali; &e il suo regno s'identifica con la sua autorità reale; se, per dire tutto, la sua retatto tra la materia e lo spirito e vi è mutua penetra7ione, senza che i due valori siano dosati nella stessa misura nei due casi. Nel miracolo l'elemento soprannaturale è meno ricco e non è necessariamente santifìcatore, essendo soltanto preternaturale, come dicono i teologi moderni ; invece nel sacramento il gesto sensibile come tale ha apparenza più debole, non presentando alla vista nulla d'anormale ; però in realtà è molto più permeato dalla grazia, poichè • contiene quello che rappresenta e produce ciò che significa •·

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    ECCELLENZA E CARATI"ERI DELLA CHIESA

    ligione è lui stesso, bisognerà che i gesti sacramentali nati dalla sua volontà, designati da lui prima d'affidarli a noi, ci permettano di raggiungere lui stes­ so, e quindi Dio attraverso l'umanità del Figlio suo. Cosi la Chiesa, che ha tutti i poteri non potrà istituire sacramenti; avendo solamente il compito di con­ servarli, amministrarli, e circondarli di una liturgia conforme, adattata ai tem­ pi e alle circostanze, ma altrettanto rispettosa dell'iniziativa originale di Cristo. Fatta questa riserva, i sacramenti propriamente detti saranno fino alla fine dei tempi, secondo le modalità speciali di ciascuno, i gesti di Cristo ereditati dal­ la Chiesa e compiuti dalle sue membra, per le sue membra, nelle sue membra. Poichè c'è u n corpo mistico, i sacramenti saranno come i grandi ritmi di re­ spirazione, di circolazione, d'energia nervosa, che indicano l'es�;ere vivente, lo mantengono sano, ne spiegano l'azione, ne esprimono la potenza, ne causano e sviluppano l'influsso. Si capisce come in queste condizioni i sacramenti abbiano un valore so­ ciale, sian gesti di tutto quanto il corpo della Chiesa, mentre sono compiuti da un ministro designato in favore di determinati fedeli. Non è concepibile un regime sacramentale �;emplicemente individualista. Sottomettendosi al si­ stema, o piuttosto accettando questo dono come una soluzione perfetta e to­ talitaria delle esigenze della nostra natura integrale, il soggetto aderisce alla società, se ne dichiara il membro, rinnova il suo contatto con lei, mentre ne accresce la vita e ne prolunga l' irraggiamento. Che cosa mai potrebbe essere un sacramento privato o mentale? Si parla d'orazione mentale, di vita persO­ nale o privata, di religione spirituale, e questi sono valori insostituibili e sem­ pre presupposti, però al momento del sacramento questi valori prendono un aspetto sociale e visibile che, però renza mutare la loro essenza, dà loro un al­ tro carattere, ancora più umano nella loro stessa divmità. A motivo dell'apparato sociale ed esteriore, del necessario intervento della Chiesa e del suo ministero, il sacramento può sempre essere sostituito, in caso d'impossibilità, dalla religione interiore che il sacramento doveva incarnare. Tutti i sacramenti, necessari alla salvezza, hanno come dicono i teologi i loro supplementi. Ma la vera vita del cristiano, vita normale e sociale, · umana fino alla fine, diventa perfetta, almeno nel tempo fissato dall'istituzione, dalla tra­ dizione e dalla legge, solo nella pratica sacramentaria, vero tentativo ufficiale di vita mistica in comune. Qui sarebbe fuori posto dimostrare che i sette sacramenti furono istituìti da Cristo, il che venne fatto altrove (2). I vangeli, se bene consultati, a questo riguardo rispondono affermativamente e sono d'accordo col Concilio di Tren­ to; però a condizione che, come dice l'autore dell'Imitazione, siano letti lOn quello spirito che presiedette la loro redazione primitiva : omniS scriptura sa­ cra eo spiritu debet legi quo facta est (3). Pensando ai sette sacramenti, ce li rappresentiamo volentieri, come Roger de la Pasture al museo d'Anversa, nel decoro della nostra Chiesa cattolica, già da lungo tempo separata dalla Sinagoga, in cui tenne le prime riun ini, o come il pittore fiammingo in una cappella gotica, le cui linee sono tra le più (2) Cfr. E. MAsURE, L'institution des sacraTMnts et de I'Eglise, in Le Redempteur opera pubblicata in collaborazione con G. Bardy e M. Brillant presso Bloud et Gay, 1933, 1 291 58, e in Le sacri/ice du chef, ed. 1 944, presso Beauchesne. (3) De Imitatione Christi, lib. I, c. V. De lectione sacramm &ripturarr1m..

    �.

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    familiari; però dimentichiamo che Gesù di Nazareth parlava e agiva sulle spon­ de del lago di Tiberiade, davanti a gente che aveva una cultura religiosa limi­ tata all'Antico Testamento e alle promesse dei profeti; e che egli doveva crea­ re le sue istituzioni in quest'atmosfera messianica. Inoltre per rispondere al­ l'attesa degli uditori Gesù doveva cominciare a compiere le profezie re;,liz­ zando la propria missione : gli si chiedeva meno di fondare una nuova reli­ gione che di tener gl'impegni di quella antica. I sacramenti, prima d'essere i se­ gni della nuova alleanza, furono anzitutto la prova della verità delle predizioni e delle speranze della Legge, e i segni della presenza del dito di Dio. I sacramenti sono, d'altra parte, l'annuncio dei beni eterni: sono pegni e poteri lasciati da Gesù ai suoi apostoli. D'altronde la grazia, che ci devono dare i sacramenti, ha valore soltanto se prepara in noi i doni definitivi della visione e del possesso di Dio. Il messaggio in cui Gesù racchiude le sue volon­ tà, la Chiesa alla quale affida le sue istituzioni, che perpetuamente la definisco­ no e la ricreano, terminano solo nelle visuali illimitate che si aprono davanti a noi : non si concepisce un Vangelo che nello stesso tempo non sia un'escato­ logia, cioè un abbozzo, un'inaugurazione, un'attesa dei novissimi. Infine, nonostante il loro valore immediato per le nostre anime di oggi, o anche a causa di questa ricchezza di grazia inclusa nei loro riti e nelle loro formule, i sacramenti sono istituzioni che si protendono nel lontano passato, per trovarvi il loro punto d'agganciamento, e nell'avvenire eterno, per cercarvi la suprema ragion d'essere : commemoratio praeteriti, demonstratio praesentis, prognosticum futuri (4). Gli apologisti che dimenticassero queste verità elementari, s'esporrebbero al pericolo d'indebolire singolarmente la prova scritturate dell'istituzione dei sacramenti da parte di Cristo, e di non trovare più testi sufficienti per stabilirla in tutte le sue parti. I documenti, in tal caso, non permetterebbero più di scor­ gere creazioni di cui si sarebbe cominciato a misconoscere il .carattere, tanto più che queste istituzioni oggi non hanno ormai più il nome o i nomi che avevano allora. Si restituisca ai gesti di Cristo la loro portata e la loro volontà messiani­ che, si considerino come l'armatura d'una Chiesa destinata a tracciare in anticipo le linee della nostra vita eterna, e i sacramenti riappariranno talmente visibili agli occhi, ·che diverrà impossibile non vederli più, come certi disegni tracciati sulla carta in mezzo ad altri : prima di distinguerli è impossibile riconoscerli; quando si sono distinti, fosse pure per un solo istante, è impossibile non perce­ pirli più : essi scavano gli occhi. §

    3.

    -

    Come i sacramenti rispondono alle speranze umane.

    Adattamento generale alla nostra natura. Stando al programma premes­ al principio di questo capitolo, ci basterà sottolineare il perfetto accordo tra l'istituzione sacramentaria con le speranze umane precedentemente analizzate. Com'è possibile negare che i sacramenti siano eccellentemente adattati alla nostra natura? Da parte delle materie usate, l'acqua, l'olio, il pane e Il vino : gli elementi più puri e più certi della vita corporea dell'uomo su tutta la faccia della terra. Da parte dei gesti compiuti, gli atteggiamenti più carichi di sane reazioni religiose: l'imposizione delle mani, segno di protezione consentita, di so

    -

    (4) Cfr. (in

    senso

    un

    po' diverso) S. TorrunaJO, S11111111a Theologica,

    III,

    6o.

    a. 3 ·

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    supplica esaudita, simbolo di trctsmissione di poteri, di discesa di bendizioni; l'unzione con l'olio, che rievoca la dolcezza del rimedio, la forza dei combatti­ menti nell'arena, l'elemento sacro dei profeti e dei re, e quindi insieme l'am­ bulanza, lo stadio, il trono, l'altare, tutti gli alti luoghi dell'umanità, tutte le sommità eroiche o benefiche. Dal lato del decoro e della messinscena, il batti­ stero, la tavola del banchetto, ancora l'altare sul quale vengono offerte le vittime, dove i sacerdoti si santificano, dove si segn ano i contratti d'amore. Al centro c'è il corpo dell'uomo, così debole e così bello, la carne, come diceva Tertulliano, che sopporta tutto il mistero dei riti, la carne che, esorcizzata e completamente consecrata, si spoglia attraverso le abluzioni purificatrici, s'abbandona alle imposizioni dello Spirito, si nutre e si disseta, infine s'abbandona all'estreme unzioni, mentre l'anima sovrabbonda di tutti i favori spirituali simbolizzati e contenuti nei sacramenti divini. Esempio del Battesimo. Il Battesimo, assieme all'Eucarestia, e anche in modo diversissimo, è il sacramento nel quale Cristo ha maggiormente impegnato la sua carne, perchè volle per primo sottomettersi al rito prima d'introdurci in esso. Agendo cosi, egli faceva suo uno dei gesti religiosi più abituali all'uomo : chiedere all'acqua pura il simbolo e il mistero della purificazione dell'anima, trovare nelle fonti della natura il principio d'una vita nuova, d'una seconda nascita, d'un'iniziazione alle realtà celesti. E indubbiamente il Figlio di Dio, passando attraverso le acque, conferiva loro un valore inaudito e singolare. Egl i però partiva da un gesto profondamente umano, non inventato da Lui, perchè i discepoli comprendessero fino a che punto egli comprendeva e rispettava la loro natura di uomini. Vi sono autori che si scandalizzano nel vedere i cristiani comunicare su questo punto e su tanti altri con gli antichi atteggiamenti dell'umanità, e che, non si sa perchè, vogliono vedere in tale accordo delle obiezioni, mentre invece è una meraviglia. Costoro vorrebbero che la religione divina non fosse anche umana, che non fosse fatta per l'uomo. Se cosi non fosse sarebbe ancora divina?... Nel suo stesso rito il battesimo è la gloria del cristiano e tutti i sacramenti, fino all'Eucarestia in cui culminano, sottolineano l'ammirabile umanesimo della Chiesa cattolica. -

    La Penitenza e l'evoluzione della sua disciplina. - L'adattabilità è an cor pru visibile nella storia degli altri sacramenti, come ad esempio la Penitenza. L'istituzione penitenziale per il suo carattere psicologico e giudiziario fu in grado di adottare costantemente, nel corso dei secoli, la procedura voluta dalla durezza dei costumi oppure dalla sensibilità religiosa del tempo. Il diritto d i rimettere o di ritener·e i peccati, d i a·ccordare o rifiutare al fedele la partecipazione all'Eu­ carestia attuò ancora una volta la legge, che si verifica tanto spesso nel cattolici­ smo, della continuità del principio nel multiforme sviluppo della vita feconda e generosa. Certamente il potere delle chiavi è rimasto quale lo aveva istituito Cristo; e tuttavia, salvando tale sostt.nza, come dice il Concilio di Trento. si conformò ai diversi bisogni delle anime, ai diversi climi e alle successive civiltà. Diventò un metodo, un'educazione, un'ascesi; e, ogni volta che fu necessario, assunse una forma nuova, imprevista, utile, benefica. E per aver dato la pace a tante e cosi varie coscienze, non è invecchiato e continua a piegarsi alle nostre esigenze spirituali al fine di soddisfarle.

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    a) A l principio intervenne nella vita della comunità cristiana in modo breve e sommario, a rari intervalli. La Chiesa, forse un po' spaventata dai pro­ pri diritti, forse un po' stupita che « Dio avesse dato un tale potere agli uomi­ ni », pare esitasse a servirsi troppo spesso d'un'arma nuova e tagliente. Le co­ scienze d'allora, tanto fervide quanto semplici, forse non avevano ancora biso­ gno di cure troppo speciali. Venivano dal mondo giudaico e da quello romano e nessuno dei due era pronto per fare esomologesi particolareggiate. La reli­ gione giudaica più fedele che tenera, più esatta che inquieta, conosceva « il cuore contrito e umiliato ,,, ma ne esponeva i dettagli solo a Dio; riposava più sopra un largo fondamento di speranze nazionali e religiose, su un dommati­ smo duro e irriducibile, un proselitismo implacabile ·che non sopra delicatezze mistiche e confessioni precise, e se soffriva di scrupoli eran troppo spesso scru­ poli d i farisei. Quanto ai Gentili, Greci o Romani, nulla li disponeva diretta­ mente a quello che noi chiamiamo la confessione. Gli an tichi, che mostravano cosi volentieri il loro corpo in pubblico, solo a stento manifestavano le loro anime, che d'altronde conoscevano appena. In confronto delle nostre, le loro intimità erano molto superficiali, le amicizie molto avare. Il cristianesimo non aveva ancora iniziato il grande lavoro per far rientrare le anime nella loro in­ teriorità. La religione rimaneva un dovere o un'estasi, una fede o una morale; sotto la pressione del Vangelo essa doveva anche divenire un'ascesi e una con­ fidenza, un esame e una confessione. Il sacramento avrebbe attuato il grande cambiamento, e finchè non fosse 'compiuto, s'accontentava di abituare il fedele a rendere conto davanti alla comunità delle grandi linee della sua coscienza. In quell'epoca la Penitenza è soprattutto una liturgia, lunga e austera, monotona e un po' teatrale; colpiva soprattutto i sensi esteriori. I padri parla­ no dell'esomologesi per evocare lo spettacolo dei penitenti prosternati e anche per insegnare il potere della Chiesa e rinsaldare i legami della comunità. Tri· bunale rituale e vendicatore, raro, pubblico e umiliante, il sacramento è un'ar­ ma riservata ai casi gravi e di cui la Chiesa si serve il meno possibile. L'atten­ zione è diretta specialmente altrove, al Battesimo, la cui preparazione si chia­ ma catecumenato e quaresima, le due grandi istituzioni del tempo. Si dice vo­ lentieri (ad ogni modo lo dicevano i Giansenisti) che era l'epoca delle vere au­ sterità e che poi l a disciplina e la severità si rilassarono, ma si dimentica che la Penitenza era usata parsimoniosamente e solo in extremis, e che quasi tutti i fedeli, certamente tutti i chierici, durante la loro vita, non si sottoponevano mai ai suoi esercizi. b) Nei secoli seguenti. Nei secoli successivi soprattutto il progresso del­ l'ascetismo volgarizzò ed estese l'uso dell'istituzione penitenziale: medicina se­ vera per i peccatori, diventò a poco a poco un rimedio preventivo per le ani­ me ferventi. Da sanzione disciplinare qual'era e rimase, divenne un esercizio ascetico. L'evoluzione probabilmente è dovuta ai monaci. Crebbe il numero di coloro che si accostavano al sacramento, che però dovette farsi più discreto; per essere più frequen tato, dovette farsi meno visibile. Era l'epoca in cui la spiritualità occidentale, erede delle esperienze religiose che avevano sovvertito e poi pacificato la grande anima d'Agostino, si metteva per sempre alla scuola d � que �t� gran � e peni te� te il quale ave�a avuto il sentimento del peccato più _ di tutti � Padn antenon : Tradu�e �do m latino la dottrina spirituale dei Pa­ . dri greci, al loro morahsmo ottimista e oratorio egli aveva mescolato il me­ glio dei pentimenti e delle umiliazioni dei Salmi, spingendo nello stesso tempo ·

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    ECCELLENZA F. CARATTERI DELLA CHIESA

    l'anima cr1st1ana sempre più dentro se stessa. Il sacramento della Penitenza portava una soluzione ai rinn �v.ati bis_ogni e perciò dovette _ trasfor�arsi, �a­ dagnando in frequenza e precisione c1ò che aveva perduto m amp1ezza htur· gica. Fattosi meno umiliante e più discreto, l'uso della Penitenza cessò per sempre d'essere un ostacolo per i deboli. In questo tempo la Chiesa aveva pre­ so maggior coscienza dei propri poteri, aveva imparato a conoscersi meglio, conoscendo meglio il cuore dei suoi figli. Siamo all'epoca delle prime analisi dell'anima cristiana. L'antenato dei futuri Rodriguez si chiamava allora Cas­ siano, che nelle sue Collationes si dimostra moralista eccellente. Non dimentichiamo però d'essere ancora in pieno periodo delle invasi(). ni dei barbari; la notte s'estende sull'Europa, e la Chiesa deve lasciar passare la tempesta. Da un clero ignorante e spesso molto alla buona non si potevano esigere sentenze sottili. La Penitenza s'è volgarizzata e individualizzata, ma con­ serva una grande semplicità. Tutti i casi sono ridotti a pochi tipi, si fissano ta­ riffe, come si dettano sentenze. L'antico diritto germanico conosceva questo processo che non era quello del taglione, bensl delle sanzioni. La Penitenza, affidata a questo clero alla buona e posta al servizio d'un popolo rozzo, sarà prima di tutto una punizione, poi anche una lezione, che l a regolarità e la chiarezza rendono eloquenti. La Penitenza come qualsiasi efficace disinfettante opera presto e bene, sobria ed energica organizza e santifica la Chiesa meglio di qualsiasi predicazione. Perciò non ci deve stupire che in questo tempo il sacramento diventi definitivamente parrocchiale e organizzato : di esso la Chie­ sa si serve, come l'operaio si serve del suo strumento quotidiano, senza deli· catezze inutili e anche senza timori puerili. Ciascuno si confessi una volta al· l'anno al suo parroco, dice la Chiesa nel quarto Concilio Laterano, e tutto an­ drà bene; cosi vedrò chiaro negli affari dei miei numerosi figli e anche nei miei. Tale educazione produceva intanto i suoi frutti affinando le anime che diventano più delicate e anche più esigenti per se stesse e, in una società ri­ masta dura e brutale, c'era ormai una cristianità, cioè uno spirito, con costumi, istituzioni, stati di vita, ordini e terz'ordini, dove si viveva amorosamente la vita cristiana. I filosofi restano ancora dei logici ma d a molto tempo i mistici s'intenerivano : dall'Areopagita a San Francesco d'Assisi molta strada è sta­ ta fatta! c) Nel R inascimento. Quando questa civiltà occidentale divenne coscien­ te di se stessa e senti nettamente che non era più barbara, franca o germanica, ma era diventata latina e umana, si verificò la crisi del Rinascimento. Si vide allora la cristianità del medioevo prendere due atteggiamenti opposti e irre· conciliabili tra loro in una guerra che non è ancor finita. Gli uni attribuirono al loro genio umano le conquiste ottenute sulla barbarie degli antichi, s'in­ chinarono davanti alla natura dei risultati acquisiti, rigettarono il cristianesi­ mo tradizionale come ormai inutile, e, affondandosi nella cultura razionale ri­ tornarono a Roma e alla Grecia e pretesero aumentare ancora il loro valore di pensiero, di gioia e di vita. Gli al tri credettero che i successi ottenuti e la per­ fezione raggiunta accrescessero i loro doveri e responsabilità, per conseguenza li rendessero meno pari ai loro nuovi compiti e quindi dover cercare in un rafforzamento di vita cristiana e cattolica la crescita ulteriore delle energie morali richieste dallo· stesso accrescimento delle conquiste intellettuali e ci­ vilizzatrici. Vennero creati nuovi ordini religiosi, che chiedevano di meno al­ l'ascetismo corporale e di più allo sforzo spirituale. Grande epoca fu quella, -

    SIMILE A NOI

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    in cui l a Chiesa sotto un'apparente reazione e riforma si decise realmente a far concorrere i progressi della cultura psicologica e morale alla santità dei suoi membri. Ed era proprio necessario. Dai resti della cristianità medioevale smem· brata era nata l'Europa moderna; anime nuove con aspirazioni sconosciute chiedevano nuovi costumi. La spinta verso una vita più larga, più alta, più estetica, infine più umana non risale solo al secolo XVI, poichè il movimento intellettuale dell'occidente, di cui viviamo ancora, e da cui nacque il rinasci­ mento continuandolo, ebbe le sue origini nel secolo XIII e nella Scolastica, an­ zi risale ancor più indietro, ai tempi di Carlomagno e oltre, quando i barbari, usciti dalle foreste della Germania e divenuti padroni dello spogliato impero romano, assieme alle terre più calde e più gaie, incontrarono costumi più dolci e scoprirono come grande educatrice la Chiesa. Questa, mentre tutto il mondo circostante le crollava attorno, davanti all'invasione rimase in piedi, decisa a mantenere accesa la fiamma e a tentare, loro consenzienti, la formazione reli­ giosa, intellettuale e morale dei nuovi arrivati. Da quel giorno esiste, in prin­ cipio, l'Europa moderna. Nel secolo xvi i desideri, i bisogni o ambizioni si fecero sentire più che mai, e allora comparve un uomo nuovo che discuteva, interrogava la natura per domarla, un uomo più che mai inquieto, agitato, curioso di se stesso e degli altri, indipendente e ricercatore, artista e avveduto, che aveva il suo pu· dore e i suoi segreti, individualista e critico, amante dell'antichità per meglio giudicare dell'avvenire. Quest'essere sofferente aveva anch'esso bisogno d'essere fatto cristiano. I sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia, che venivano ricevuti as­ sieme e spesso, unitamente ad altre ricchezze furono i grandi mezzi che por­ tarono al buon esito. Scopo era la comunione discreta, ma fervente, forse breve ma fatta con raccoglimento, bramata, personale, profonda e quindi efficace. Mezzo principale un serio esame di coscienza che fa rientrare in se stessi, fatto abitualmente, severamente, quasi implacabilmente per scandagliare anche le minime pieghe dell'anima, esaminarle, verificarle, purificarle, rimetterle final­ mente in ordine; e soprattutto la confessione particolareggiata, in cui !ungi dal limitarsi all'a-ccusa dei peccati mortali, della quale tuttavia si accontenterebbe la Chiesa, il fedele non esita a svelare le imperfezioni, le piccole miserie umi­ lianti, e a cercare il consiglio intimo e preciso. Tali furono alcuni fra i meto­ di spirituali, quasi esagerati, -che servirono ai cristiani dell'epoca barocca per avvicinarli a Dio. Il sacramento divenne sempre più un esercizio della vita cristiana e il grande mezzo psicologico del progresso spirituale. Le anime conobbero me­ glio se stesse e praticarono meglio l'abbandono confidente; il confessore divie­ ne moralista e direttore; l'uso dei confessionali, che si diffuse in quel tempo, testimonia a suo modo l'intervento sempre più intimo del potere delle chiavi nel foro della coscienza. Questo mobile misterioso e scomodo, dove i due attori sono tanto vicini e a un tempo lontani tra loro, suggella materialmente una grande trasformazione psicologica e spirituale. La Penitenza restava sempre il potere giudiziario d'assolvere o di ritenere i peccati; adattabile e insieme in­ flessibile, conserva il principio delle sue origini; dall'esomologesi antica con il suo apparato di supplicanti prosternati, fino al confessionale a due sportelli del periodo moderno, è sempre lo stesso potere, evidente, formidabile, benefico.

    512

    ECCELLENZA E CARATfERI DELLA CHIESA

    Gli altri sacramenti. Lo sviluppo liturgico o canonico della maggior parte degli altri sacramenti segue, con passo più celere o più lento, la stessa curva segnata dalla storia della Penitenza. Gli altri sacramenti, nati da un ri­ to evangelico molto semplice e quasi nudo, si arricchirono a mano a mano, nel periodo patristico e nell'alto Medio Evo, con cerimonie supplementari o istituzioni accessorie, ampliarono assai il loro apparato esteriore e la loro am­ ministrazione. L'epoca seguente e i secoli moderni abbandonarono spesso par­ te della solennità, per ritrovare, se non la semplicità e la povertà primitiva, al­ meno una certa sobrietà, guadagnando però in intimità, frequenza e influsso, ciò che avevano perduto quanto alla maestà, perchè, dice il Concilio di Trento, « nel dispensare i sacramenti, la Chiesa ebbe sempre il potere, salva la loro sostanza, di stabilire o mutare quanto giudicava più conveniente al­ l'utilità dei fedeli e alla venerazione dovuta ai sacramenti stessi, tenendo con­ to della varietà delle cose, dei tempi e dei luoghi n (Sess. xxi, c. 2; Denz. 93 1). A sua volta l o sviluppo sacramentario liturgico è conforme allo svilup· po del sentimento rel igioso in seno al cattolicesimo, come fa vedere in modo eccellente il P. Rousselot in Christus (c. xv). La Chiesa di Cristo, sorta da modeste origini, nata umilmente sulle sponde del lago di Galilea, parte per la conquista del mondo greco romano. Essa accetta per molto tempo la civiltà ellenista declinante, alla quale i Padri greci devono lo splendore del loro ver­ bo, la visione così chiara della natura, le espressioni letterarie del loro genio cristianQ. A partire da S. Agostino, e grazie soprattutto a lui, il pensiero cat­ tolico s'interiorizza maggiormente per trovare più intimamente Dio nel se­ greto del cuore. La l iturgia, sempre un po' in ritardo, come l'arte, sul moto delle idee e dei costumi, segue, anche se da lontano, la spinta, e con essa la vita sacramentale. Il medioevo continua questo lavoro d'in timità; è l'umanità di Cristo che ora seduce queste anime, che la devozione francescana ha fatto più umane, più tenere e anche più profonde. Il vigoroso slancio, che il secolo XVI dà agli esel'cizi spirituali, continua il processo di interiorizzazione dell'uomo. La Chiesa cerca, per così dire, di definire maggiormente la sua inquietudine, di calmarla senza spegnerla; così vicina all'uomo come una Madre, · così vicina a Dio, come una Sposa, come diceva San Paolo, essa unisce in sè, non solo i contrasti, ma tutti gli elementi della complessa istituzione che chiamiamo reli­ gione, incontro del cielo e della terra, ritrovo dell'uomo e di Dio. -

    E. Ma. BIBLIOGRAFIA. C. Ar>AM, L'essenza del cattolicesimo, Morcelliana, Brescia 1938. ID., Teologia della storia della Chiesa, in BARTMANN, Manuale di teologia dogmatica, 3 ed. , Ed. Paoline, Alba 1952, vol . Il. pp. 509-5 16; nella 4 ed, si trova a pp. 466-472. M. BLON· DEL, La filosofia e lo spiriw cristiano, vol Il, trad. it., La Scuola, Brescia 1 952. MAsuRE, BAR· DY, BRJLLANT, Le Redempteur, Bloud et Gay, Paris 1933. E. DE LUBAc, Il cattolicismo, Stu· dium, Roma 1949· SERTILLANGES, L a Chiesa, 2 voli. Ed. Paoline, Alba, 1 947·48. G. LE· CLERCQ., La vita di Crisw nella sua Chiesa, ivi 1951. R. Gu.-utDINI, Lo spirito della liturgia, Morcelliana, Brescia 1930. ID., I santi segni, ivi 193 1 . E. WALTER, Sorgenti di ocqua viva, Ed. Paoline, Alba 1 957. M. PmLIPPON, I 5acramenti nella vita cristiana, Morcelliana, Brescia 1 948. J. PASCHER, L'évolution des rites sacrammtals, contribution à une morphologie des signh sacres, Ed. du Cerf, Paris 1 952. •

    .

    VII

    LA MORALE

    INTRODUZIONE.

    ·

    DELLA CffiESA

    LA

    MORALE CRISTIANA NON ESAURISCE IL CRISTIANESIMO

    « Noi amiamo certamente Gesù Cristo, ma assolutamente nulla ci potrà far amare la morale cristiana n ( l). Se prendessimo alla lettera questo parados­ so di Claudel sarebbe pregiudicato il disegno propostoci, cioè di portare la nostra testimonianza in favore della morale cattolica e di scoprirvi il segno della divinità della Chiesa. Da un certo punto di vista Claudel ha ragione e sono con lui i mistici di tutti i tempi e il pensiero religioso contemporaneo. Il cristianesimo innanzitutto è una religione non una morale, è unione a Dio nel Cristo, una sommissione allo Spirito, una vita eterna, cominciata in noi già in questa terra attraverso la conoscenza attiva che abbiamo del Padre e del Figlio; è un atteggiamento filiale. Non è in primo luogo un'educazione della volontà, nè una cultura dell'anima, tanto meno un semplice codice, un ma· nuale di atti permessi o proibiti protetti da sanzioni. Nondimeno è innegabile che questa vita spirituale contiene anche un'etica e un'ascesi e costringe a certe posizioni proibendone altre, poichè il cristianesimo si riconosce dai suoi frutti, cioè dalle sue opere; e lo Spirito ci obbliga a praticare le virtù che ci suggerisce. Il presente trattatello ha lo scopo di studiare come e in quali condizioni questa morale s'aggancia alla spiritualità, come abbia cercato di definirsi, e for­ se anche di costituirsi a parte, come a sua volta ha in sè i segni del dito di Dio, e offre a suo modo uno speciale argomento apologetico, di cui il cristianesimo va fiero.

    CAPITOLO I. ·

    LA

    § I.

    MORALE CRISTIANA NELLE SUE FONTI ·

    La M orale portata dal Cristo

    U moralismo giudaico. Quando Cristo cominciò a predicare il Van­ gelo in Israele non mancavano certo le prescrizioni sul bene e il male; i casi di coscienza erano familiari ai rabbini contemporanei, come sono familiari alla leggerezza del nostro tempo le parole incrociate, e il valore dei credenti si misu· rava dall'austerità delle loro osservanze, con un sistema che, seguendolo, gli uomini corrono sempre il rischio di cercare in se stessi la propria legge e misura. -

    (1)

    P. CLAUDEL, Feuilles des Saints, Ed. della Nouuelle &uue Fr011faise, p. 6g.

    ·

    LA MORALE DELLA CHIESA

    514

    La rivoluzione di Cristo. La grande rivoluzione di Gesù fu quella d'insegnare a trovare in Dio l'ideale della loro azione, e a spingere i limiti del dovere, che ai suoi occhi erano le frontiere della perfezione, fino all'infini­ to. « Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste » . Cosi di colpo di­ ventava impossibile materializzare la morale, incarnarla una volta per tutte i n atti definiti, a l d i qua dei quali comincerebbe i l peccato e a l di l à trionfereb­ be un altro regime, inaccessibile agli uomini, quello di Dio. Il cielo era disce­ so sulla terra nella persona del Figlio, che attirò i discepoli alla sua sequela; d'ora in poi non ci sarà più morale umana distinta dai costumi divini, e la vita spirituale ormai consisterà nell'imitazione di Cristo e nel pos!iesso di Dio. Invece d'un codice, un modello; invece d'una legge, un'adesione; oltre la let­ tera, uno spirito. È noto l'entusiasmo di San Paolo di fronte a questa traspo­ sizione di tutti i valori religiosi, e come la Lettera ai Galati e la Lettera ai Ro­ mani, trent'anni dopo, avrebbero registrato per sempre questa rivoluzione. Anche il Vangelo esprime questo, in formule più calme, e d'altronde anche forti, dove solo la squisita tenerezza del Maestro tempera le sue straordinarie esigenze. Il Discorso della montagna è il testimonio per eccellenza di quest'at­ teggiamento inaudito : le sue opposizioni tra la legge antica e lo spirito nuovo inaugurano il primo corso di teologia morale cristiana che abbia inteso l'uma­ nità : Voi sapete quello che fu detto agli antichi ...; ma io vi dico, non certo il contrario, ma talmente di più che ormai nulla più esaurirà il contenuto del Vangelo da credersi e da attuarsi nell'azione e nella vita pratica. Intanto un nome doveva riassumere tutto questo contenuto : il termine amore che fu tradotto ben presto con carità, per distinguerlo, nella lingua gre­ ca e latina, meno religiose di quella ebraica, da tutte le categorie inferiori della sensibilità umana. Dio ci aveva amati fino a darci il proprio Figlio; cosi il suo vero nome è Carità, e la dilezione riassume tutte le sue iniziative tem­ porali ed eterne i n nostro favore. Il Figlio ci ha amati all'esempio del Padre, fino a dare la sua vita per noi. In virtù di tutto il dinamismo spirituale, ri­ cordato più sopra, gli uomini a loro volta, dovevano amare Dio con tutto il loro cuore, con tutta la loro anima e tutte le forze, e il prossimo 'come se stes­ si per amore e nell'amore di Dio. In questi due comandamenti è racchiusa tutta la morale cristiana. Il resto sarà sempre e soltanto commento e corollario. -

    § 2.

    -

    La Morale nella Chiesa di Cristo

    Compito della Chiesa. Intanto non si poteva fare a meno d'un com­ mentario e per offrirei anche questo fu istituita la Chiesa, la quale, a sua volta, è realmente animata dallo Spirito Santo, è figlia di Dio, Sposa di Cristo, e i suoi costumi, la sua vita di santità, le sue istituzioni, servono a tradurre in le­ zioni e in esempi la morale evangelica. Ma la Chiesa è indefinitamente diffe­ renziata circumdata varietate; essa lungo la storia non fa che sminuzzare quello che il Discorso della montagna e il Discorso dopo la Cena avevano insegnato una volta per tutte. D'altronde Gesù aveva cominciato per primo questo lavoro di sviluppo; per rispondere a domande insidiose o per darne l'esempio in circo­ stanze decisive, aveva tratto egli stesso le conseguenze più importanti della grande legge della carità. -

    STRU'JTURA

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    Non è nostro compito dire dettagliatamente come l a Due idee-poli. nostra teologia latina, erede a suo modo dello spirito giuridico dell'impero ro­ mano e dell imperatori a brevitas, e come la nostra anima occidentale, alla qua­ le Sant'Agostino aveva inculcato per sempre il profondo senso della miseria del peccato, ispirandosi a questi principi, abbiano a poco a poco costruito se­ paratamente una morale conforme alle esigenze del Vangelo. Basterà ricorda­ re che le linee maestre della costruzione sono organizzate attorno alle due idee della natura umana e del fine dell'uomo : non la natura limitata alle sole sue forze, (il che avrebbe condotto unicamente a sostituire una specie di stoicismo cristiano al giudaismo antico), ma la natura voluta dal nostro Padre a sua pro­ pria immagine, una natura di figli adottivi di Dio, quindi con tutte le esigen­ ze evangeliche di cui parleremo fra poco, e tuttavia con un costante riferimen· to all'intelligenza ragionevole, che comincia fin dalla creazione a farci assomi­ gliare al nostro Autore. Noi siamo insieme creature ragionevoli e figli di Dio secondo lo Spirito : in quanto creature ragionevoli non abbandoniamo nulla della morale naturale; per la nostra seconda e più alta vocazione di figli di Dio mettiamo nell'ordine razionale un'anima nuova, che eleviamo fino .alle vette del Vangelo. La morale cattolica deriva da questi due principi; si rin­ fresca ad ambedue queste fonti : grazie alla prima fonte, sotto la penna dei teologi si è fatta cosi chiara, limpida e sempre umana; grazie alla seconda fon­ te continua ad essere una spinta verso una perfezione di cui è impossibile in astratto disegnare i contorni, e di cui ciascuno di noi a ogni istante scoprirà nella sua coscienza i limiti provvisori e mobili. La parola ragione, che troviamo in San Paolo e che nella forma greca è scritta al principio del prologo di San Giovanni, non la cogliamo dalle labbra del Signore, che in pratica p arlava solo aramaico e usava unicamente il voca­ bolario religioso d'Israele, dove la natura umana non viene mai definita a parte, ma è sempre percepita attraverso la sapienza divina, che la istruisce. Le due idee di creazione e di salute sono però presenti in ogni pagina del Vangelo : la prima fonda la trascendenza divina e nello stesso tempo la gran­ dezza umana, l'idea d'un ordine primitivo da rispettare, da stabilire o da ri­ stabilire, insomma un concetto di natura e un programma di dignità. La sal­ vezza o il regno, nel vocabolario messianico, è un'opera d'amore, cui deve cor­ rispondere una vita di carità. A queste due esigenze, che non si contraddicono, perchè ci spingono a distanze differenti nella stessa direzione, è agganciato quello che, infine possiamo chiamare, dopo averne spiegata e legittimata la nascita, il moralismo cristiano. D'altronde non è sempre facile e nemmeno ne­ cessario (come nella morale coniugale) distinguere le prescrizioni del diritto naturale e le obbligazioni del diritto evangelico. -

    '

    •.

    CAPITOLO Il. - STRUTTURA DELLA MORALE CRISTIANA § l.

    -

    L'ordine naturale

    Dignità della persona umana. - Grazie alle osservazioni precedenti possiamo cercare di delineare i doveri del cristiano partendo anzitutto dalla sua natura corporea e intelligente. Per l'anima ragionevole, che c'imparenta con gli spiriti e con Dio, c'è in noi una dignità umana che non consiste tutta

    516

    LA MORALE DELLA

    CHIESA

    quanta nella ragione, come si diceva in Francia nel secolo xvn, ma prima �i tut­ to nel dominio della ragione sulla carne, su una carne che non è nè dimen­ ticata, nè soppressa, nè ridotta in schiavitù, ma elevata al livello dello spirito che l'informa e la dirige interamente. C'è dunque una morale del composto umano, che non è una legge nel senso giudaico, imposta dal di fuori sotto for­ ma di prescrizioni materiali e complicate, ma è una legge interiore, definizione perfetta dell'uomo, e che si oppone, per sostituirla, a quest'altra legge di vio­ lenza carnale, insita unicamente nelle membra del nostro corpo in rivolta. Rapporti degli uomini tra loro. Questo principio della dignità uma­ na s'applica dapprima alle relazioni degli uomini tra loro, nella divisione e nello scambio dei loro beni materiali : si chiama, in tal caso, giustizia, non nel senso biblico o paolino dove il nome indica tutta la vita relgiosa e l'unione a Dio, ma nel senso comune e latino della parola., quello che si riduce al set­ timo comandamento del decalogo. Approfondendo quest'idea scorgiamo subito che, se la morale cristiana distingue l'ordine umano dai regni inferiori, deriva dal fatto che esso è costi­ tuito da relazioni tra persone e non tra cose, da relazioni cioè che formano una società, con i suoi diritti, le sue leggi, la sua autorità. Ma la natura ra­ gionevole dell'uomo in ciascuno di noi si realizza appieno nella nostra pro­ pria personalità, la quale, benchè non si trovi nel Vangelo con questo preciso termine, tuttavia è ovunque sottintesa nella dottrina della nostra responsabi­ lità di fronte a Dio, nell'obligazione della salute eterna imposta a ciascuno, o semplicemente nel fatto che siamo individualmente chiamati all'amicizia di Cristo. Perciò i rapporti vicendevoli degli uomini sono rapporti tra persone che sono le une di fronte alle altre : nessuno di noi ha il diritto di considerarsi una cosa, che si sopprime o si trasforma a piacimento, e soprattutto nessuno ha il diritto di considerare i propri fratelli quali vili strumenti, di ridurli alla schiavitù o alla mendicità, d'irregimentarli in formazioni di guerra e di assalto, ove la personalità verrebbe sacrificata al primato della razza o alla volontà assoluta del dittatore. -

    Morale sessuale e coniugale. Perfino il povero corpo umano, carne mortale, umile e dolorante, entra nel sistema e vi trova un posto cui nulla nei costumi antichi lo aveva preparato. Un tempo serviva a tutto : sangue, vo­ luttà e morte, vessazioni, servitù e crudeltà. D'ora in poi appart·errà solo più allo spirito che lo abita, allo spirito dell'uomo e allo spirito di Dio. Questo non significa che potrà fare quanto gli piace e che sia esatta la formula : il tuo corpo è tuo; perchè la carne dipende dalla legge di dignità, in cui il composto uma­ no trova l'equilibrio interiore e quell'unità dei suoi due elementi gerarchizza­ ti, a cui dopo tutto esso aspira assai più che alla voluttà. Qui, assai più che altrove, s'è esercitata la morbosa curiosità degli uomi­ ni e, purtroppo anche la sagacia dei moralisti. na quando i farisei interroga­ rono Cristo sul libello del divorzio, fino alle recenti controversie sul metodo Ogino, quante questioni indiscrete e inevitabili furono poste alla Chiesa, qua­ si fosse stata istituita solo per studiare questi problemi. La dottrina sessuale della Chiesa è molto semplice : l'uomo è un animale ragionevole, è una per­ sona. In quanto composto d'un'anima e d'un corpo, non deve mai permettere -

    STRUTTURA

    5 17

    volontariamente che un'azione corporea oltrepassi il proprio contenuto spiri­ tuale, che qui è l'amore, l'amore d'una donna al servizio dell'amore del figlio. La sensazione, o meglio il gesto che la provoca, dev'essere il segno efficace, l'in­ carnazione adeguata d'un legittimo sentimento. Questa è la legge della nostra creazione, secondo San Tommaso, per il quale l'ideale di Dio non era l'asten­ sione, ma la perfetta equivalenza dei valori psicologici e delle pratiche car­ nali. a Nello stato d'innocenza, egli aggiunge, il piacere sarebbe stato tanto più forte quanto più la natura era pura e il corpo sensibile » (l, q. 48, a. 2). L'uomo è una persona. Specialmente la donna cessa d'essere una cosa e ha il diritto a un amore degno di lei, per cui sarà trattata come compagna, non come strumento. Tutto il regime matrimoniale fu cosi trasformato, da una rivoluzione nel cuore dell'uomo, nel letto coniugale, nella legislazione, che pone nel mondo l'unità e l'indissolubilità come un ideale da raggiungere, una legge da rispettare, una barriera di protezione, un santuario dov'è santificato l'amore. Infatti la Chiesa persegue il folle sogno di stabilire lo spirituale nel carnale tanto bene da combaciare perfettamente e da salvare l'unità interiore dell'uomo. A questa concezione la Chiesa ha legato tutta la sua morale fami­ liare, organizzandola sulla metafisica della natura e su quella della persona, che d'altronde qui sono una sola. Infatti un animale ragionevole per sentirsi amato come una persona, ha bisogno d'essere sicuro che il suo corpo non sarà mai cercato soltanto per la sensazione proveniente dall'unione. Per salvare que­ sto progetto di alta spiritualità �ensibile, per incarnare questa metafisica in una psicologia conseguente - quella del vero amore - la Chiesa sopportò e impose tutti i sacrifici, interdisse costantemente il divorzio e, sul piano del­ l'ascesi, organizzò il celibato religioso ed ecclesiastico. Morale sociale e internazionale. .\mmessa la dottrina della dignità umana, la legge della persona e delle persone s'insinua ovunque : nei contratti per apportarvi un nuovo valore, molto superiore al valore eventuale della for­ za, dell'interesse o anche della volontà dell'uomo; nelle relazioni sociali, per cambiarne lo spirito, quindi trasformare le civiltà e rinnovare la faccia della terra; nella concezione dello Stato, riconducendolo alle 3Ue vere e grandi fun­ zioni di servire la giustizia e l'ordine subordinatamente al valore dei sudditi o cittadini; infine nelle relazioni internazionali, poichè nella nostra Europa sconvolta, caotica, o nelle nostre imprese coloniali compiute in vista di fini im­ mediati e con facili mezzi, cominciamo a capire che la morale cristiana a chi le dà ascolto offre finalmente la pace. che tutti desideriamo, senz'osarc di cre­ dervi o senza voler sempre lavorare per tssa. -

    La virtù di religione. - Ma la concezione cnstlana dell'uomo ha mo­ dificato per sempre i nostri atteggiamenti soprattutto di fronte a Dio, portan­ doci lo spirito nuovo di religione, ptr riempircene tutti quanti. S'è detto che l'uomo aveva pensato la divinità a sua propria immagine; perchè non dob­ biamo ammetterlo se Dio con la rivelazione ha dato dapprima all'uomo la vera idea che l'uomo deve formarsi di se stesso? Le due immagini dipendono in­ contestabilmente l'una dall'altra. La virtù di religione nel cristianesimo con la visione di Dio che la sostiene, con la vita interiore che esige, con l'inquietu­ dine e la sicurezza che genera, con i gesti che detta, infine col sentimento r.he ispira all'uomo di fronte a se stesso, considerata nei suoi riti, nei suoi templi,

    518

    LA MORALE DELLA CHIESA

    nella sua liturgia, nella sua spiritualità, sarebbe già da sola uno dei più alti spettacoli che uno storico e un pensatore possano ammirare. E non è che il primo capitolo della morale che studiamo, quello riguardante i nostri doveri verso Dio. § 2.

    -

    L'ordine soprannaturale.

    Abbiamo aspettato fin qui a esaminare i comandamenti che riguardano il culto e l'amore di Dio, perchè proprio qui passa la corrente vitale che tra­ sforma di colpo senza distruggerlo, l'ordine razionale e umano di vita morale. Finora si trattava solo di spingere all'estremo le esigenze pratiche della nostra natura, che cioè l'uomo partendo dalla sua natura ben compresa, adori e ser­ va Dio come l'uomo deve adorare e servire il suo Creatore, che ami Dio nel modo che gli è proprio, tutto umano e ragionevole. Vocazione all'amor filiale. Ma improvvisamente gli viene comandato e quindi dato il potere d'amare Dio alla maniera di Dio, in ogni caso alla ma­ niera del Figlio di Dio, e si inizia cosi un ordine nuovo ben al di sopra di quello anteriore. I due ordini non si c�ntraddicono, perchè la morale evan­ gelica non distrugge quella razionale, ma la anima, la eleva, la perfeziona, la supera senza negarla. Il doppiamento o meglio l'incontro è una delle meravi­ glie del cristianesimo, in cui tutte le prescrizioni anteriori sono trasferite, subli­ mate, penetrate dallo Spirito nuovo ed eterno. La rivelazione soprannaturale con tutte le sue conseguenze pratiche, viene a inserirsi qui e, con essa, la morale specificamente cristiana, e le virtù « riservate » , come si diceva all'epoca roman· tica sul pulpito di Notre-Dame. -

    a) Rinuncia preventiva. Quest'aggiunta che non è una tirannia, ma un dono gratuito conforme a desideri (che non sono diritti) profondi, e questo prolungamento, che è un baluardo alle fragili costruzioni sempre precarie del­ la morale naturale, si possono ottenere solo con una certa rinuncia preventiva. a Chi vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso " (M t., 1 6, 24; Le., 9, 23), cioè rinneghi non la propria natura, ma i limiti della sua natura, non il suo uma­ nesimo interiore, ma l'egocentrismo, che è una visuale errata, un errore che disgraziatamente ci è caro. Occorre qui passare d a un piano a un altro, a cau­ sa dei dommi del peccato originale e della grazia, che sono l'inverso e il diritto d'una stessa verità. Noi siamo obbligatoriamente chiamati a un ordine superio­ re di realtà, (d'altronde conformi a desideri naturali inefficaci in se stessi) il che è una gloria e una gioia, ed è anche un dovere che interessa la nostra vita morale. A questo titolo i due dommi suddetti sono parte necessaria del no­ stro soggetto. Sollevandoci tanto in alto, il cristianesimo ci ha onorati con l'invito a sforzi maggiori; c'impone privazioni solo apparenti, poichè sacrificare i no­ stri limiti naturali per portarli più lontani, in realtà significa accrescere le pos­ sibilità di vita. I mezzi poi che si devono usare per raggiungere questo scopo, come esercizi ascetici, mortificazioni e anche penitenze, rendono il centuplo di quanto costarono in principio; il ramo tagliato rimette più vigoroso per dare frutti più abbondanti. Certo, la morale cristiana è alquanto severa e per­ ciò è difficile predicarla, o meglio è facile esagerarla, trasformando i mezzi prov·

    STRU'ITURA

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    vison m fini ultimi, facendo del peccato originale il princtpto d'una diminu­ zione della nostra natura, mentre al contrario arrichisce il nostro programma morale primitivo superandolo. Però la parola superare ci atterisce, poichè mentre dovrebbe evocare l'immagine d'una vittoria da riportare per un migliore risultato, sembra obbli· garci a lasciare posizioni legittime, facendoci vittime d'una metafora che serve a scusare la nostra pigrizia e l a nostra rivolta. In realtà siamo invitati a restare uomini, pur divenendo figli di Dio. È una rivoluzione che non suppone nes­ suna abdicazione preventiva, ma è una rivoluzione. Nel passato quando si trat· tava di relazioni dell'uomo con se stesso o col suo prossimo era possibile con· servare per qualche tempo l'illusione d'una semplice morale, fatta sulla n ostra misura. Ma di fronte al Dio di Abramo, d'Isacco, di Giacobbe e dei profeti; di fronte al Padre del Nostro Signore Gesù Cristo, è ormai definitivamente impos­ sibile. Con la redenzione del Figlio suo, Dio si è talmente dato agli uomini, che un atteggiamento puramente ragionevole verso di lui appare ormai un'in­ gratitudine, un anacronismo, una mostruosità. Tempo fa col pretesto dei pro­ gressi spirituali dovuti allo stesso cristianesimo, si tentò di sostituirgli una reli­ gione puramente filosofica e naturale; nel secolo xvm, durante la grande ri­ voluzione francese e i n seguito, siffatta religione cercò d'organizzarsi a sè con nomi diversi, ma in realtà mai nessuno volle servirsene nella vita pratica, non ebbe mai templi, sacrifici o martiri, e fu soltanto un capitolo morto nei program­ mi dell'esame di filosofia. h) Sviluppo di questa vocazione : le tre virtù teologali. · Bisogna dunque amare Dio com'Egli permise e volle che lo amassimo. Disgraziatamente l'uomo di fronte a questo comandamento rimane troppo spesso distratto, o pigro, o carnale. Quest'amore, come si sa, ha contro di sè le apparenze perchè ai no­ stri occhi miopi pare che Dio non ci ami, perchè non conosciamo i suoi misteri, non comprendiamo la sua opera, che ci sembra dura, o crudele o contraddito· ria. E tuttavia dobbiamo amare Dio, credere che Egli è nostro Padre e provare per lui sentimenti di figli, che non cessano d'essere sue creature, la cui unica tragedia consiste proprio nel fatto d'essere creature elevate alla dignità di figli. La fede, la speranza e la carità sono le tre virtù che hanno il compito di tradurre nei fatti e nei gesti quest'inaudita posizione, e tutte e tre assieme de­ finiscono la morale cristiana, che in esse tocca i vertici più belli. Le altre virtù partecipano allo slancio o se si vuole, alla linea di queste altezze principali. La virtù della religione, non abolita ma sublimata, è tutta vivificata dallo spirito delle tre virtù teologali; la religione cristiana praticamente non assomiglia a nessun'altra, benchè risponda alle aspirazioni umane più incoercibili. I n questa atmosfera di carità paterna e d'amore filiale, i tre primi comandamenti della legge di Mosè, senz'essere soppressi, vengono animati da un dinamismo nuovo, e si trasfigurano assai più della faccia del grande legislatore ebreo quando discen­ deva dal Sinai. Si tratta sempre di rispettare il nome di Dio, i suoi templi e sacerdoti, e anche il suo giorno, però con uno spirito tutto nuovo, cioè per amore. Per l'amore infatti adoriamo Dio a motivo delle sue infinite perfezioni, la prima delle quali è proprio la carità : Deus caritas est. Conseguenze di questa vocazione. a) La preghiera ininterrotta. · Il di­ slivello tra queste posizioni sovrumane e le nostre naturali possibilità non fa che sottolineare la nostra strana situazione di fronte a questi doveri, sicchè noi -

    520

    LA MORALE DELLA CHIESA

    siamo fortunatamente condannati alla perpetua preghiera di domanda. Tale stato tinge sempre la morale cristiana con colori che appartengono veramente e solo ad essa : di fronte a D�o siamo debitori incorreggibili, inferiori al no· stro compito se non interviene un aiuto e se, conforme alla forte formula ago· stiana, Dio stesso non ci avrà dato i mezzi per obbedire ai suoi comandamenti. La preghiera del cristiano è d'una qualità particolare, ed ha una fiducia fatta d'umiltà, una certezza fondata sull'abbandono alla misericordia più che alla giustizia : Se delle colpe tieni conto, o Signore, Signor mio, chi potrà sostenersi? È la prima parola che la liturgia cattolica fa dire al sacerdote che entra nella casa ove giace morto il cristiano; ma quest'atteggiamento non è esso pure dettato dall'amore, c dal miglior amore? b) Perfezionamento dell'ordine morale. La carità verso il prossimo, da cui riconosceranno, diceva Cristo, che voi siete miei discepoli, riprende anch'essa e a modo suo, tutte le soluzioni già date dalla morale naturale, portandole a un'esigenza di grado indefinito che però rispetta e non altera i lineamenti ante­ riori. Rimane la rigorosissima giustizia, ma la carità vi s'aggiunge come l'olio agli ingranaggi d'acciaio, onde permettere di girare più veloci senza spezzarsi. C'è sempre l'obbligo di dire la verità alla persona che ne ha il diritto; ma vi s'aggiungeranno tutte le verità di cui essa è capace, e sarà tanto di guadagnato per la dignità umana. A questo regime della mutua fiducia, si stabilisce la lealtà sulla terra e nei costumi, la civiltà s'addolcisce. E così di seguito : a tutte le an ti· che virtù dello stoico viene ad aggiungersi una qualità complementare che, senza distruggerle, dà ad esse un aspetto e anche un nome specific:ltamente cristiano. Il regime dell'esercizio dell'autorità familiare e sociale, e reciprocamente dell'obbedienza degl'inferiori, viene migliorato nel senso della duttibilità, del· l'eleganza e specialmente della bontà. Ormai esiste un rispetto dei superiori riguardo ai loro subordinati, che non sono semplicemente dei soggetti, nè dei puri e semplici sudditi timorosi; il che sul piano di governo, distingue le società aperte da quelle chiuse. La violenza e la forza sono sempre meno necessarie e finiscono coll'apparire mostruose, mentre ben sappiamo che posto avessero un tempo tra gli uomini. Su questo largo orizzonte sociologico, dalle grandi linee visibili da !ungi, è forse più facile cogliere i risultati della morale cristiana e le trasformazioni che essa opera ovunque. Ed è pure su questo terreno che la scomparsa del suo influsso riconduce al più presto l'umanità verso forme di civiltà che si credevano estinte e che ora rivivono dappertutto : l'uomo ridiviene per l'uomo un animale da strozzare. -

    CONCLUSIONE. - I FRUTTI DELLA MORALE CRISTIANA Quali furono nella storia e nella civiltà i frutti della morale della Chiesa cattolica nel passato, oggi Io sappiamo fin troppo bene, meglio che compulsando gli archivi del passato, guardando il vuoto immenso scavato nel mondo dal suo abbandono. Sono noti i tre esempi tracciati da Ippolito Taine ai suoi lettori

    BIBLIOGRAFIA

    521

    per fare loro apprezzare l'apporto morale e spirituale del cristianesimo : il Rina­ scimento in Italia, la Restaurazione in Inghilterra, la Convenzione e il Diret­ torio in Francia, in cui l'uomo ritorna pagano, voluttuoso e duro, e la società ridiviene un mattatoio e un inferno. Ora possiamo aggiungere l'Europa dopo le due guerre, in cui a poco a poco, per una veloce decadenza la morale delle società chiuse, fatta di forza, di dittatura, di dominio degli uni o di qualcuno sopra gli altri, di ritorno ai valori materiali, e quantitativi, oro, sensazioni, chilometro, si sostituisce alla magnifica morale aperta, generatrice d'a-nore e, per estensione, di libertà inaugurata dal cristianesimo sulla terra. Non soltanto la faccia del mondo ma anche quella dell'uomo è devastata : i nostri lineamenti ricominciano ad essere cattivi, sconvolti, urtati, sterilmente sensuali, inutilmente ironici, dopo che dalla nostra anima fu espulsa la divina carità. Ogni tanto una grande luce, proveniente dalla Chiesa, attraversa il nostro cielo cupo e tormentato : si chiama Rerum Novarum, Casti Connubii, Quadra­ gesimo Anno. In quei giorni gli uomini dovrebbero accorgersi che tra loro c'è ancora una vecchia morale fedele a se stessa, logica e mistica insieme, ragionevole e divina, che fa loro onore, perchè è offerta a tutta l'umanità e che potrebbe salvarli. Ed essi dovrebbero confessare che, se certi cristiani non traducono sem­ pre queste lezioni in esempi, la Chiesa, la grande Chiesa continua sempre ad essere fedele alla legge di Gesù Cristo. E. Ma. BIBLIOGRAFIA. 1. Sulla struttura della morale cattolica. G. LECLERCQ, L'insegnamento della morale cristiana, Ed. Paoline, Alba 195 1 . G. GILLEMAN, Lt primat de la charité en théologie morale, Desclt'e de Brouwer, Paris 1952. Sono finora i due migliori libri sull'argomento. Qualche riserva per il Leclercq. -

    2. Esposizioni sintetiche della morale cattolica. F. T!LLMANN, Il maestro chiama, Morcelliana, Brescia I940. G . MAURBACH, TeolJgia morale, voli. 3, Ed. Paoline, Alba I956-57· B. HAERINO, La Legge di Cristo, Morcelliana, Brescia I 957· G. LECLERCQ, Sag­ gio di morale cattolica, Ed. Paoline, Alba I 954· MASSIMO MASSIMI, La nostra legge. Lt basi e la sintesi della morale cattolica, 3 cd., Libreria Vaticana, Roma I 953· F. 0LGIATI, Il si/la­ bario della morale cristiana, Vita e Pensiero, Milano I943· A. D. SERTILLANGES, Vita catt9lica, 2 voli., Queriniana, Brescia I938-39. Da un punto di vista scolastico-pratico : E. joNE, Compendio di Teologia mora!e, 3 ed. Marietti Torino 1952. Nè van dimenticate Lt osserva­ zioni sulla morale catlfllica, di A. MANZONI, benchè siano di indole piuttosto apologetica.

    VIII L 'AZIONE

    DELLA

    CHIESA

    INTRODUZIONE Il problema che ora s'impone è di sapere se la dottrina affidata da Cristo alla sua Chiesa portò all'umanità i frutti di salvezza che si potevano attendere. Sappiamo che il regno di Dio non è di questo mondo; quindi misurare i progressi del regno di Dio su quelli di questo mondo è un errore. Anzi, tale giudizio non ci appartiene affatto, perchè è fra quelle cose che, per loro natura, sfuggono alla percezione e alla verifica dei nostri sensi. Però non possiamo fare a meno di porci la questione che, su un certo piano, è legittima. Infatti tra il mondo della Grazia e quello della natura non c'è separazione assoluta e radicale. L'uomo stesso di cui ci occupiamo qui è un composto di materia e di forma, di carne e di spirito, tale che non si può rinnovare spiritualmente senza che sia accompagnato da alcuni effetti visibili. La Redenzione di fatto non è fallita per il fatto che il mondo resta malvagio; sarebbe fallita se nel senso di questo mondo malvagio non constatassimo Io sviluppo di qualcosa di migliore. Paragonare il mondo cristiano a quello non cristiano, e dal paragone concludere oggettivamen­ te che quello in definitiva vale più che questo, è impresa legittima e che deve finire col rafforzare la nostra fede. § I.

    ·

    La trascendenza della Chiesa nel mondo.

    Occorre fare alcune distinzioni quado si parla dell'azione della Chiesa in un campo non precisamente suo. La Chiesa è una società spirituale, il cui fine è di rendere i suoi membri capaci di godere della beatitudine eterna e perciò, per la sua stessa definizione, trascende l'ordine del tempo; opera nel tempo, ma in vista dell'eternità. La distinzione dello spirituale dal temporale è un apporto essenziale del cristianesimo, che dobbiamo mettere qui come premessa. L'anti­ chità ignorò questa distinzione; per essa il sacro e il profano si compenetravano talmente che non v'era gesto profano che non fosse suscettibile d'un significato religioso e qualsiasi funzione sacra comportava effetti profani. La religione era talmente legata alla città, che la rovina dell'una trascinava necessariamente quel­ la dell'altra. Legate nella durata, non lo erano meno nello spazio. Gli dèi della città perdevano forza e credito andando oltre frontiera; non c'era magistrato che non fosse anche sacerdote, e ogni volta che compariva un impero riducente sotto un unico dominio popoli diversi, si sentiva il bisogno d'una religione comune a tutti, tanto che un faraone cerca di sostituire al culto egiziano di Amon l'ado-

    INTRODUZIONE

    523

    razione universale di Aton; Alessandro volle farsi riconoscere figlio di Zeus, meno per un eccesso d'orgoglio che per assicurare, con la propria divinità, la coesione d'un stato immenso; tutti i regni ellenistici erano fondati sull'adora­ zione del sovrano; infine il culto di Roma e d'Augusto fu il legame religioso che riuniva attorno a Roma tutti i popoli dell'impero. Il cristianesimo è la prima religione e in fondo l'unica che fin dalle origini non è legata a nessuna forma temporale. La cattolicità della Chiesa non s'oppo· ne alla diversità degli stati; e la sua stabilità non soffre col declino e la caduta delle civiltà. La distinzione dello spirituale e del temporale delimita perfino nel cuore una zona di libertà che non si può perdere. Lo stato teocratico s'im­ padronisce di tutto l'uomo e tutto lo controlla, cercando di assoggettare non solo il corpo, ma anche l'anima. Invece non c'è tirannia che possa fare presa sopra un cristiano, il quale, a motivo della parte più nobile di se stesso, appar­ tiene sempre ad una città che non è di questo mondo. Anche se la Chiesa non avesse recato all'uomo che l'unico beneficio di garantirgli la libertà più essen­ ziale, questo solo fatto basterebbe a porre il mondo cristiano incomparabilmente più in alto di tutti quelli che lo hanno preceduto o che sussistono accan­ to ad esso. §

    2.

    -

    L'idea di civiltà cristiana.

    La Chiesa e la civiltà cristiana. Di qui dobbiamo desumere il nostro metodo, per studiare l'azione della Chiesa in campi non propri. Nelle pagine seguenti dovremo parlare spesso di civiltà cristiana. Essa, ricordiamolo bene, non è la Chiesa; designa infatti uno sviluppo, ispirato al cristianesimo, della vita propriamente umana nei suoi elementi materiali e i ntellettuali, estetici e morali; o, più brevemente, una civiltà, una cultura (quindi appartenente per sua natura al dominio temporale) d'ispirazione cristiana. C'è e ci sarà sempre una sola vera Chiesa, con una giurisdizione, che, se non di fatto almeno di diritto, s'estende a tutto l'universo e scomparirà solo con la scomparsa di questo mondo. Invece possono esserci più civiltà cristiane che si succedono nel corso della storia oppure, anche questo è possibile, coesistono in una medesima epoca storica. Parlando di civiltà cristiana sarebbe dunque forse meglio usare il plura­ le, non foss'altro che per rispettare le diversità di legittime e possibili rea­ lizzazioni. Quindi le civiltà cristiane, per essere tali, avranno in comune certi prin­ cipi essenziali; ma, salvaguardati questi, le civiltà potranno differire tra loro quasi all'infinito, secondo la diversità dei tempi e dei luoghi, poichè la Grazia perfeziona e continua la natura senza distruggerla. Ancora una volta troviamo l'ammirabile rispetto dell'uomo, che, come abbiamo visto sopra u n altro piano, è il primo apporto del cristianesimo. Perciò studiare l'azione della Chiesa non significa seguire nel tempo lo sviluppo e le vicende d'una civiltà; ma significa piuttosto studiare sotto cieli storici differenti, attraverso il mondo e i secoli, la espansione d'uno stesso principio trascendente. È un grave errore legare il temporale e lo spirituale tanto strettamente da non poterli più dissociare; ma sarebbe un errore non meno grave separarli talmente, che non appaia normale e legittima nessun'azione dello spirituale sul temporale. Basta il più comune esercizio d'introspezione per convincerci che, nel composto umano, la forma non cessa d'agire sulla materia, e reciprocamente. -

    L 'AZIONE DELLA CHIESA

    524

    Proprio lo stesso avviene nella storia : i cuori non sarebbero stati mutati se non fossero stati anche modificati i gesti o gli atti. Il mondo dopo Cristo non potrebbe essere simile a quello prima di C�isto, neppu�e esteriormente. L'esi­ . . stenza della Chiesa interessa la struttura degh stati e lo sviluppo della stona. SeogU da evitare. Questa a prima vista potrebbe sembrare una verità ovvia, che non occorre dimostrare e basta appena esprimere. Alcuni però, nel oompito storico e temporale della Chiesa, vedono �n 'usurpazione che ric�ied� una giustificazione; altri invece s'accaniscono nel dimostrare che questo mevr­ tabile compito fu nefasto. I primi scavano un abisso tra lo spirituale e il tem­ porale e sono luterani, calvinisti, barthiani d'ogni setta, per i quali la natura decaduta non conserva più nessun valore in se stessa e, sopra l'abisso che si è aperto, solamente la magnificenza di Dio può gettare un ponte. Ogni opera dell'uomo è quindi sempre assolutamente malvagia e la Chiesa, ogni volta che si è associata a quest'opera umana, usci dal suo compito alleandosi al male. Costoro non negano il compito storico della Chiesa, ma lo condannano in blocco. Il cattolicesimo ha un altro concetto dei rapporti tra la natura e la grazia. La natura i n sè è impotente m a non m alvagia, e la Grazia ha il compito di realizzarne le virtualità latenti. Gli altri invece che sono razionalisti, per poco che abbiano di buona fede, non d iscutono sul compito provvidenziale della Chiesa in alcune circostanze storiche; però, negando la trascendenza della Chiesa, credono che questo com­ pito abbia fatto il suo tempo ed oggi sia finito. Ciò che fu uno strumento di progresso, ora sarebbe solamente un ostacolo. Costoro identificano la Chiesa con una delle tante forme transitorie della civiìtà umana e precisamente con la civiltà medioevale al suo apogeo. Applicano all"eterno la categoria del cadù­ co; per essi il cattolicesimo non sarebbe più adatto alla civiltà moderna, come il paganesimo nei primi secoli dell'età cristiana non era più in grado di rispon­ dere alle aspirazioni dell'anima umana. Lottando contro la Chiesa, credono quindi di lottare contro un passato che sopravvive a se stesso. Dobbiamo procedere tra errori contradditori. Nello svolgimento seguen­ te, cercheremo di non perdere mai di vista la trascendenza della Chiesa ; e, per quanto ci sembri importante la sua azione temporale, cercheremo di non dimenticare che quest"azione non è la principale; che la Chiea per se stessa non è ordinata alla civiltà e molto meno a questa o quella forma di civiltà; che la sua storia, la quale si confonde con la storia stessa dell"uomo, non è finita e che forse, nonostante le apparenze fallaci, è solo agl'inizi. Se Il passato risponde dell'avvenire, è nel senso che una certa visione dell'uomo, specifica­ mente cristiana, non può essere cambiata nel suo fondo. Però l'avvenire è imprevedibile, e se dalle rovine del mondo moderno deve nascere una nuova civiltà cristiana, questa non sarà la riprodu1.ione di quella medioevale, ma sarà qualcosa di diverso e di nuovo. Nel corso di questa storia vedremo giu­ stamente che una delle grandi forze della Chiesa, sulla quale dovremo maggior­ mente insistere, è il suo potere d'adattarsi alle situazioni storiche più diverse. Essa è quello che rimane in seno a ciò che passa, la presenza dell'eterno nel cuore dell'effimero; e questo carattere per lo storico è senza dubbio il segno più eviden­ te della sua divina istituzione. Qui sta il miracolo della Chiesa. -

    l PRIMI SECOLI

    CAPITOLO I.

    LA

    ·

    52.1

    CHIESA DEI PRIMI SECOLI

    Secondo il Concilio Vaticano u la Chiesa è, per se stessa, un grande e perpetuo motivo di credibilità � un'irrefragabile testimonianza d�lla sua div�na missione u. La Chiesa fu tale m tutte le epoche della sua stona; ma special­ mente in quella primitiva, quando il divino Fondatore l'aveva piantata ·nella terra apparentemente più ingrata e dov'era più difficile germogliare. Che cos'è la Chiesa l'indomani dell'Ascensione se non quei dodici uomini e quelle donne nel Cenacolo di Gerusalemme? Attorno c'è il giudaismo ostile; più lontano il vasto mondo romano, erede di tutta l'antichità, che fa regnare la pace su tutte le terre attorno al Mediterraneo; più lontano an cora la marea immensa e poco nota dei barbari ai confini della terra, della quale s'ignorano le vere dimensioni. Il comandamento di Cristo ai suoi apostoli, prima di !asciarli per tornarsene al Padre, era stato questo : « Andate, ammaestrate tutte le nazioni. Io sono con voi fino alla fine dei secoli ». Nessun comandamento era sembrato più irrealizzabile. § l.

    -

    La Chiesa e il Giudaismo.

    Sorge subito la domanda : quale atteggiamento bisognava prendere di fronte ai Giudei e ai Gentili? Cristo vivendo sulla terra aveva obbedito a tutte le prescrizioni della Legge mosaica, e tuttavia era venuto per abolire la Legge e a sostituirla con una Legge nuova, con una Legge di amore. La Chiesa nascen­ te doveva rimanere nell'inquadratura del giudaismo oppure spezzarla? Tutto l'avvenire della Chiesa dipendeva da questa scelta. È noto che a tal riguardo Pietro e Paolo per un momento si trovarono in contrasto. La Chiesa aveva già fatto numerosi adepti tra i Gentili; in particolare Paolo, il convertito sulla via di Damasco, aveva già operato molte conversioni tra i Gentili specialmente ad Antiochia, città cosmopolita, punto d'incontro di tutto l'Oriente. Ora era necessario circoncidere costoro o bastava il Battesimo? Nel 5 1 il Concilio di Gerusalemme risolse la questione nel senso voluto da Paolo, dicendo che l a circoncisione non è obbligatoria. F u u n atto capitale, di cui non s i potrà mai sopravalutare l'importanza. Fin dalle sue origini la Chiesa afferma in questo modo la sua trasrendenza. Essa era nata in un ambiente affatto giudaico; gli apo­ stoli erano tutti quanti giudei; più ancora, l'Antico Testamento era stato solo la preparazione alla nuova Legge che la doveva compiere. La Chiesa tuttavia si libera di questo passato, senza rinnegarlo; ed eccola pronta a cominciare la conquista del vasto mondo, conquista che sarebbe stata assolutamente impos­ sibile qualora si fossero mantenute le prescrizioni mosaiche. L'antico Israele era un popolo scelto fra tutti per compiere una grande missione; questa era ormai compiuta e non c'era più motivo che il nuovo Israele restasse fedele a una legge di separazione. Ma evitato un pericolo, ne sorgeva un altro, parimenti grave e di natura molto diversa : che atteggiamento doveva assumere la Chiesa verso la cultura greco-latina? §

    2.

    ·

    La Chiesa e la civiltà antica.

    Contro la Chiesa nascente, sorge non più il Sinedrio, ma la potenza assai più formidabile dell'impero romano e della civiltà millenaria della quale esso è portatore ed espressione.

    526

    L'AZIONE DELLA CHIESA

    La Chiesa e l'Impero. Le persecuzioni. E' risaputo che l'antichità fu tollerante in fatto di religione, ammettendo tutti i culti. Gli Ateniesi avevano eretto un altare al Dio ignoto, Roma era piena di divinità orientali. Però l'anti­ chità non aveva mai concepito la distinzione tra lo spirituale e il temporale; la religione era l'anima stessa della città cui doveva coesistere; al punto che, quando Roma ebbe esteso il dominio su tutto quanto il bacino del Mediterraneo e su tanti popoli diversi, dovette preoccuparsi di sovraimporre a tutte le loro religioni particolari una religione imperiale, cioè il culto di Roma e d'Augusto, cui nessuno poteva sottrarsi, senza commettere grave mancanza contro lo Stato. Cristo dicendo : . cristiano var­ rà a far cadere le armi dell:t lotta di classe e le cortine di ferro che oggi divi­ dono il mondo. Il destino dell'uomo, di tutto l'uomo, non fu mai cosi dirtttamente in gioco come nell'ora attuale; ma c'è la Chiesa che combatte per la sua salvez­ za, con la voce autorevole del suo Capo (si pensi ai messaggi di Pio xn), col sacrificio silenzioso dei suoi martiri, con !'opera dei nuovi apostoli del clero e del laicato. Ogni epoca di martirio ha preparato il sorgere di una nuo­ va cristianità. Il passato della Chiesa c'insegna in modo sfolgorante che essa si dimo­ strò sempre capace, in qualsiasi circostanza e senza mai abbandonare nulla del suo deposito sacro, di compiere la missione ricevuta, la più sublime in que­ sto mondo. Questa rettitudine e questa duttilità non sono soltanto un pegno per l'avvenire, qualunque esso sia; ma sono pure una prova d'importanza non tras �urabile. Per ogni spirito libero da pregiudizi c'è qualcosa più che umano e. d1 cui la stori� non offre altr? esempio. Studiando i particolari degli anna­ _ h della Chiesa, SI constata, quasi come altrove, una pesante massa di debolezze umane. Ciò non deve essere motivo di scandalo, ma piuttosto una prova so­ vrabbondante dell'esistenza divina. In fondo solo Dio poteva rivelare l'uomo

    BIB LIOGRAFIA

    557

    all'uomo, come ha fatto la Chiesa. Che l'uomo abbia abusato di questo sapere, di quest'inalienabile l �bertà che gli è �ata in. appan � aggio, n on prova nulla contro la Madre che l ha tenuto sulle gmocch1a bambmo, che l'ha nutrito col a;uo latte, guidato nei primi passi, che infine gli ha aperto il mondo intero per cantare la lode di Dio. Questo dimostra soltanto che nell'ord ine spirituale, il più elevato di tutti, noi avremo sempre bisogno della Madre, che non cessa di pregare per noi e di avvertirci con una tenerezza che nessuna ingratitudine vale a scoraggiare. G. M. BIBLIOGRAFIA. I . Anzitutto le più recenti storie della Chiesa come quelle di FuCHE et MARTIN, 24 voll., in corso di pubblicazione presso la S. A. I. E. di Torino ; di L. TonEsco, 5 voll., rifusa a cura di Daniele Ireneo, Marietti, Torino I 952 ; di DA­ NIEL RoPs, 6 voll. ivi; di BIHLMEYER , 3 voll., Morcelliana, Brescia. Grandiosa e redatta da molti specialisti la prima ; di facile lettura la seconda ; di viva attualità per la sua im­ postazione la terza ; di riconosciuto valore scientifico la quarta. -

    2. Ma più ancora giovano le opere di sintesi tra le quali ci sembrano migliori le seguenti : DE PUNVAL-PriTET, Storia illustrata della Chiua, Marietti, Torino I954 ; L. STEFANTNI, La Chiesa Cattolica, 2 ed., Brescia, Morcelliana I952 ; J. LORTZ, Ge­ schichte der Kirche in ideengeschichtlicher Betrachtung, I 6 ed., Aschendorff, Miinster in W. I952 ; trad. ital. presso Ed. Paoline, Alba 1 958. B. RID DER Manuale di Storia Eccles., ivi 1 958. Ro ussELOT, HUBY, Bao u, GRANDMAISON, Christus. La religion chrétienne, Beauchesne, Paris I 932 ; G. KURT, La Chiesa nelle ore decisive delle storia, Fiorentina, Firenze I945· ,

    3· Sui principi. G. MARITAIN, Religione e cultura, Guanda, Modena I938 ; Primato dello spirituale, Ed. La Cardinal Ferrari, Roma s. d. ; Umanesimo integrale, Studium, Roma I947· P. FERNESSOLE, De la civilisation chritienne, Beauchesne, Paris I 945· A. BRUCCUERRI, La Chiesa e la cioiltà, 4 ed., Civiltà Cattolica, Roma I943· R. SPIAzzi, I! cristianesimo perfezione dell'uomo, 2 ed., Ed. Paoline, Alba I953· H. W. RussEL, Profilo di un umanesimo cristiano, Einaudi, Torino • 945· P. BREZZI, Cristianesimo e civiltà, Caletti, Roma I944· Soprattutto le enci­ cliche, i discorsi e i messaggi degli ultimi Pontefici. Cfr. Encicliche sociali dei Papi da Pio IX a Pio XII, a cuca di G. Giordani, Studium, Roma I9�·

    IX LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    Tratteremo il presente soggetto dal punto di vista apologetico dividen­ dolo in questo modo : l .o Il segno divino della santità considerata in generale. 2.o La santità voluta da Cristo per la sua Chiesa. 3.o La testimonianza dei mar­ tiri. 4.o La Chiesa cattolica genera continuamente dei santi. 5.o Differenze tra i santi canonizzati dalla Chiesa e gli eroi o saggi delle altre religioni. 6.o La te­ stimonianza dell'esperienza mistica e quella del semplice cristiano. CAPITOLO I. - IL SEGNO DIVINO DELLA SANTITA' La santità eminente e manifesta del fondatore, degli apostoli e dei mar­ d'una religione è segno della sua origine divina? Tutta la tradizione ri­ sponde affermativamente, perchè la santità, se è davvero eminente e manife­ sta, non può esistere senza uno speciale intervento di Dio : essa è un miracolo morale e il suggello di Dio sulla sua opera. Questa conclusione deriva dallo stesso concetto di santità. un

    § l. - Nozione della Santità. I due caratteri essenziali della santità. La santità, come dimostra San Tommaso (11-11, q. 81, 8) ha due caratteri essenziali: prima di tutto im· munità da ogni macchia, da qualsiasi peccato direttamente o indirettamente volontario e anche da qualsiasi imperfezione morale; in secondo luogo unio­ ne saldissima con Dio. Il secondo carattere è il principale, perchè l'anima è fermamente unita a Dio in quanto evita ogni deviazione volontaria o negli­ genza. Questi aspetti della santità furono spesso espressi dicendo che essa esi­ ge la separazione da tutto ciò che è impuro, da ciò che è terreno nel senso peg­ giorativo della parola, e una consecrazione spirituale totale e immutabile del­ l'anima a Dio. Secondo la fede cristiana la separazione e l'unione sono perfet­ te e inamissibili solo nella beatitudine celeste; ma esistono, in un grado infe­ riore, anche quaggiù, in quanto la vita cristiana è il germe della vita del cielo, semen gloriae. La santità cosi definita ordina tutti gli atti di virtù a Dio. -

    La santità suppone un aiuto speciale di Dio. I due caratteri del­ la santità possono realmente esistere senza uno speciale intervento divino? Se il principio di finalità ha un senso e una portata, se ogni agente agisce per un fine e se l a subordinazione degli agenti o delle cause corrisponde alla subordi­ nazione dei fini (S. th. 1 - 1 1 , q. 109, a. 6), bisogna rispondere : non ci può es-

    IL SEGNO DIVINO DELLA SANTITÀ

    fi59

    sere vera santità senza il soccorso di Dio, nè può esistere la santità eminente, fulgida, straordinaria, senza un intervento straordinario di Dio, che è un m !­ racolo d'ordine morale, come la resurrezione d'un morto è un miracolo d'ordi­ ne fisico. Le due forme d'intervento divino s'illuminano e si confermano sen­ za circolo vizioso : ciò che c'è d i luminoso nella santità conferma il miracolo già manifesto ed esclude assolutamente l'ipotesi della co.ntraffazi�ne diaboli­ _ ca; ciò che nella santità resta oscuro, è confermato dal miracolo già ammesso. Cosi, senz'alcun circolo vizioso le nostre due proposizioni si aiutano a vicenda. § 2.

    - l segni della santità.

    L'eroicità delle virtù. - La santità si manifesta specialmente nell'eser­ cizio eroico delle varie virtù. Come dice San Tommaso (In Matthaeum, c. V, in princ.), " la virtì1 comune perfeziona l'uomo in modo umano; la virtù eroi­ ca in modo sovrumano. Quando l'uomo forte teme ciò che è da temersi, vi è la virtù e, se non temesse, sarebbe temerità; ma se, appoggiandosi sull'aiuto di Dio, non teme più nulla, l a virtù è sovrumana o divina ,,_ La virtù cristiana, di cui qui parliamo, supera manifestamente quella descritta dai migliori saggi pagani. Essi raccomandavano di vivere da uomini, secondo la retta ragione; Gesù invece dice : " Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste ,, ( M t., 5, 48), perchè noi siamo chiamati a partecipare alla sua vita intima, a vederlo immediatamente com'egli vede se stesso, ad amarlo com'egli si ama, e la grazia che ci viene data è il germe della vita eterna. Questa grazia santificante è sempre accompagnata dalla virtù più alta, la carità, che corrisponde al precetto supremo. La grandezza della carità è espres­ sa nelle otto beatitudini evangeliche (Mt. c. 5), che ce ne fanno conoscere i frutti. Essa suppone l a fede e l a speranza, e anima o ispira le virtù cristiane morali, che sotto il suo influsso superano di molto il livello delle virtù morali descritte da un Platone, da un Aristotele o un Seneca. San Tommaso ci fa conoscere l'altezza cui devono giungere queste ulti­ me virtù quando scrive a proposito delle virtutes purgatoriae (l-Il, q. 61, a. 5) : « La prudenza disprezza tutte le cose terrene per la contemplazione di quelle divine; dirige tutti i pensieri dell'anima a Dio. La temperanza abbandona, per quanto la natura può sopportare, tutto quello che il corpo esige. La fortezza impedisce all'anima di spa�entarsi di fronte alla morte c all'incognito delle cose superiori. Infine la giustizia ci fa entrare pienamente in questa via tutta divina ,,_ Nello stesso luogo egli dice che le virtù dei grandi santi quaggiù so­ no quelle dell'anima pienamente purificata, virtutes jam purgati animi. Da che cosa si riconosce l'eroicità delle virtù. - Secondo Benedetto XIV ( l ) la Chiesa per riconoscere l'eroicità delle virtù richiede quattro con­ dizioni: l .o La materia su cui la virtù si esercita, cioè il suo oggetto, dev'essere difficile, superiore alle forze comuni degli uomini; 2.o i suoi atti devono essere compiuti prontamente,· 3.o con una certa gioia, quella del sacrificio; 4.o non ùna volta sola o raramente, ma spesso, quando se ne presenta l'occasione. Un San Luigi Bertrando restò tranquillissimo in mezzo a pericoli molto

    ( x)

    Duervorum Dei beati.ficatione, li b. III,

    c. 2 r s.

    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

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    gravi; quando seppe di aver bevuto un veleno preparato da una mano crimi­ nale, restò calmo, mettendo la sua confidenza in Dio solo; colpito da sofferen­ ze atroci non si lamenta, ma dice : cc Signore, su questa terra brucia e taglia quello che dev'essere bruciato, purchè sia risparmiato in eterno "- San Vincen­ zo martire, messo sul cavalletto e poi arso vivo, rimprovera ai carnefici la loro lentezza e, gli occhi volti al cielo in un'ultima preghiera, accetta con gioia i tormenti. D martirio. Tra tutti gli atti eroici quello che più di ogni altro ma­ nifesta la santità e l'intensità dell'amore di Dio è evidentemente il martirio. Infatti per mostrare che amiamo qualcuno non c'è modo migliore che privarci per lui di ciò a cui teniamo maggiormente c sopportare per lui i peggiori tor­ menti. Ora tra tutti i beni della vita presente, quello cui siamo più attaccati è la vita stessa; abbiamo una ripugnanza naturale per la morte, specialmente se violenta, e per i supplizi che ci possono essere inflitti per farci rinnegare la fede. Per questo il martirio è il più grande segno della carità perfetta, secondo il detto del Salvatore : u Non c'è amore più grande che dare la vita per i pro­ pri amici n (Gv. 1 5, 13). Così u martire significa testimonio della fede cristia­ na, che porta a disprezzare i beni visibili per quelli invisibili ed eterni » (S. th. II-II q. 1 24, a. 4). « Nessuno può disprezzare i beni presenti se non per la speranza di quelli futuri; e siccome la fede ci mostra le cose invisibili, per le quali dobbiamo disprezzare il mondo, le sue attrattive e le sue minacce, si dice che la fede riporta la vittoria sul mondo e che lo ha vinto • (S. Tomm., In Ep. ad Haebr., xr). -

    L'armonia e la connessione delle virtù. Ma per meglio distinguere la virtù eroica da quella che le può assomigliare e specialmente dall'ostinazio­ ne dell'orgoglio, bisogna considerare la connessione delle virtù, che si devono unire sotto la direzione della vera prudenza e sotto l'impulso della carità, del­ l'amore di Dio e del prossimo (S. th. I-Il, q. 65). Questa varietà e connessione delle virtù non può essere frutto soltanto del temperamento, che è ·determina­ to più in un senso che nell'altro. Chi per natura è portato alla fortezza, non lo è alla mansuetudine, nè viceversa. I forti devono lavorare per diventare dol­ ci e i dolci devono imparare a divenire fermi : gli uni e gli altri salgono alla stessa altezza, ma per versanti opposti. Perciò se qualcuno ha insieme e in modo eminente le diverse virtù, anche quelle che s'assomigliano di meno, una grande fortezza e una perfetta dolcezza, un grande amore della verità e della giustizia e una misericordia inesauribile per quelli che errano, ciò non può essere senza un aiuto specialissimo di Dio. Egli solo infatti nella semplicità emi­ nente della sua vita intima unisce le perfezioni più diverse e può quindi unirle nell'anima umana, fatta a sua immagine. Insegnamento di San Paolo. In questo nesso delle virtù c'è un'ammira­ bile armonia che fa dire a San Paolo: u La carità è paziente, è benigna; la ca­ rità non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio interesse, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra con la verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta » (l Cor. 13, 4-7). In altri termini la carità suscita, ispira, anima o vivifica le virtù che rende meritorie, ordinandone tutti gli atti a Dio, amato effettivamente sopra tutte le cose. -

    -

    IL SEGNO DIVINO DELLA SANTITÀ

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    Benedetto XIV. A questo riguardo Benedetto XIV (op. cit., lib. III, c. 2 1 ) scrive : u Tra i pagani è possibile trovare vere virtù morali e pare che nulla possa impedi.r loro d i �iunge� e � un �ado eroic? � per es�mp�o � i for�ezza). . . . Ma per 1'er01otà s1 nch1ede l umone d1 tutte le vntu morali, d1 cu1 parliamo; ora poichè quei pagani, che furono chiamati eroi per l'eccellenza di questa o di quella virtù morale, erano generalmente privi di altre virtù e restavano schiavi di questo o di quel vizio, non possono essere chiamati eroi in sen­ so stretto ». L'armonia tra le virtù più diverse appare, ad esempio, nel predicatore della fede, quando egli parla in nome di Dio con un'autorità sovrana, " tam­ quam potestatem habens n ( Mt. 7, 29), senza ricorrere a al linguaggio persua­ sivo della sapienza umana » ( l Cor., 2, 4), mostrando nello stesso tempo, pro­ fonda umiltà, grande carità verso il prossimo, fortezza invincibile nella perse­ cuzione, grande dolcezza, fino a pregare per i suoi carnefici (2). San Francesco di Sales. San Francesco di Sales riguardo a questa unio­ ne delle virtù apparentemente contrarie nota : « L'unione di un'altissima carità con una profondissima umiltà è molto ammirabile, perchè queste due virtù sono così lontane l'una dall'altra, che sembrano non potersi mai incontrare in una stessa persona. Infatti la carità quanto più aumenta tanto più innalza l'a­ nima sopra tutto ciò che non è Dio mentre l'umiltà, all'opposto, abbassa l'ani­ ma al di sotto di se stessa e di tutte le creature, perchè è proprio di questa vir­ tù, quanto più è grande, di abbassare l'anima in cui si trova. Com'è dunque possibile, unire questi due estremi, ·congiungere cioè l'umiltà con la carità? Certo, è cosa naturalmente impossibile; solo Nostro Signore poteva unire que­ ste due virtù, ed Egli dimostrò la grandezza incomparabile del suo potere, unen­ do due cose tanto lontane n (Sermon sur la Visitation). L'unione di queste due virtù è naturalmente impossibile, ma nella vi­ ta della grazia, che il Vangelo ci fa conoscere, l'una non può esistere senza l'altra, perchè crescono insieme. La radice dell'albero in crescita si spinge sempre più profonda nel suolo, mentre il ramo più alto s'eleva verso il cielo; così l'umiltà ricorda sempre più al cristiano che da solo non è nulla e non può nulla nell'ordine della salvezza, mentre la carità lo eleva sempre più ver­ so Dio e lo rende sempre più docile alla grazia divina. Pascal. La connessione delle virtù più diverse giunte a un grado eroico, è un segno della speciale presenza di Dio in un'anima, perchè egli solo può riunire cosi intimamente perfezioni tanto differenti. È ciò che fa pure notare Pasca! in uno dei suoi profondi Pensieri : a lo non ammiro affatto l'eccesso d'una virtù, ad esempio del valore, se nello stesso tempo non vedo l'eccesso del­ la virtù opposta, come in Epaminonda, che possedeva l'estremo valore e l'estre­ ma benignità. Perchè agire altrimenti non è salire, ma cadere. Non si dimo­ stra già la propria grandezza col porsi a un estremo, ma raggiungendoli insie­ me tutte e due e occupandone tutto l'intervallo ». -

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    (2) Cfr. SAN ToMMASO. Quodlibet, IV, a. 1 9 : • Nell'atto delle virtù bisogna distinguere tra ciò che si f� e il modo di fa�l?. Così il fatto di sopp �rtare le torture del martirio non sup­ . po �e necess �namente la. �anta perfe�ta, e anche chi è pnvo della carità può sopportare t ali to �entJ., ma . la car�ta perfetta li fa sopport_are prontamente e con gioia (la gioia dei . sacnfic10) , come s1 vede m San Lorenzo e San Vmcenzo, che dimostrarono una santa esul­ tanza nel loro supplizio ; cosa che non possono compiere quelli che non hanno 1a carit'a e quelli che l'hanno solo imperfetta ».

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    §

    3.

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    Il santo per eccellenza.

    Le testimoDianze evangeliche. Questi princìpi hanno la loro appli­ cazione più evidente riguardo alla santità di Gesù stesso, che, anche per con­ fessione di molti increduli, ci appare il perfetto modello della santità e delle virtù più diverse. Colui che San Giovanni Battista mostrò a dito dicendo : « Ecco l'a�nello di Dio che toglie i peccati del mondo » (Gv. l, 29. 36) può rispondere ai suoi avversari che cercano di confonderlo: « Chi di voi mi può accusare di peccato? ... Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; ecco perchè voi non le ascoltate, perchè non siete da Dio n (Gv., 8, 46). In lui Pilato non trova nessun delitto e lavan­ dosi le mani dichiara : " Io sono innocente del sangue di questo giusto; ri· spondetene voi D (Mt. 27, 24). -

    Gesù modello d'ogni santità. - Gesù appariva immune da ogni pecca­ to; ma la sua santità, specialmente nella Passione, brillò come l'armonia più alta delle più diverse virtù e mentre l'odio contro di lui cresceva fino al pa­ rossismo, sempre più si manifestò il suo amore a Dio e alle anime, fino al consummatum est. In Lui s'armonizzano la sapienza più sublime, che non perde mai di vi­ sta il fine ultimo, la vita eterna, e il più acuto senso pratico, manifestato spe­ cialmente nelle risposte alle questioni più insidiose. In Lui s'univano la perfetta giustizia e l'inesauribile misericordia, men· tre in noi la giustizia degenera spesso nell'inflessibilità e !a misericordia in de­ bolezza. Nel perdono del Salvatore alla donna adultera quanta fermezza e in­ sieme quanta bontà! In Lui s'armonizzano pure la somma dignità e la più profonda umiltà. Non fu mai cosi grande come nelle umiliazioni della Passione, accettata per nostro amore. A Pilato risponde : " Tu l'hai detto; io sono re. Per questo sono io nato e per questo sono venuto al mondo, per rendere testimanianza alla verità; chiunque ama la verità, ascolta la mia voce n (Gv. 18, 37). In Gesù si conciliano la fortezza più eroica e la più grande dolcezza nel sorriso del Crocefisso che prega per i carnefici : u Padre, perdona loro, perchè non sanno quel che fanno n (Le. 23, 34). Molti santi nei loro tormenti ripe­ teranno questa preghiera, che permette di distinguere il vero martire da quel­ lo falso. È impossibile trovare armonia morale più alta e più profonda, che ab­ bia un irraggiamento più esteso e uno splendore più abbagliante con un'e­ spressione più nobilmente sobria. È la santità del buon pastore, che potè dire di se stesso : « Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecorelle. Per questo il Padre mi ama; perchè io dò la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la può to­ gliere, ma da me stesso io l a dò : è in mio potere il darla ed è pure in mio potere il riprenderla di nuovo. Tale è il precetto che ho ricevuto dal Padre mio D (Gv. 1 0, 1 1 . 1 7-18). Conclusione: le disposizioni interiori che dimostrano maggiormen­ santità. - La testimonianza della santità diventa tanto impressionante e convincente quanto più ci sforziamo di seguire la stessa sua via, poichè cosi,

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    SANTITÀ VOLUTA DA CRISTO

    nella luce dei doni dello Spirito Santo, i segni di cui abbiamo parlato, acqui­ stano tutto il loro valore. Vedendo dal di fuori la vetrata d'una chiesa è molto se riusciamo a distinguere che cosa rappresenta; se invece la guardiamo dal di dentro, nella luce interna tutto s'illumina. CAPITOLO II. - LA SANTITA' VOLUTA DA CRISTO PER LA SUA CHIESA Dopo aver parlato della nozione della santità e dei segni che la manife· atano, dobbiamo vedere quale santità Cristo volle per la sua Chiesa e quali prin· clpi e mezzi di santificazione si trovano in essa. § I.

    -

    CTisto peT la sua Chiesa volle una santità manifesta ed eminente.

    Poichè la santità esige esenzione da ogni macchia morale e stabile unione con Dio, una società è visibilmente ed eminentemente santa se ha in se stessa i principi e i mezzi efficaci per produrre nei suoi membri una santità insigne, e se di fatto essa mostra continuamente .�li effetti di questa santità, cioè produ­ ce in molti suoi membri virtù superiori e, in alcuni, virtù eroiche, che supe­ rano evidentemente le forze morali naturali dell'umanità. Queste virtù possono essere visibili nei loro effetti, per esempio in un grande amore di Dio, unito ad assoluta abnegazione e grande carità verso il prossimo. Gesù volle che la sua Chiesa fosse eminentemente santa. Ora Cristo volle che questa sublime santità fosse una proprietà e una nota della sua Chiesa, perchè essa continuamente faccia vedere alle anime il fine divino ver­ so il quale le conduce. Il Salvatore espresse costantemente questa volontà parlando del regno di Dio, e facendo conoscere la sua missione agli apostoli. Pregando per loro, prima della Passione disse : u Padre, ... consacrali nella verità; la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, cosi io pure li ho mandati nel mondo; e per loro io consacro me stesso, affinchè anch'essi siano consacrati nella verità. Non prego soltanto per essi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola, affinchè tutti siano una sola cosa, siccome tu, o Padre, sei in me ed io in te, anch'essi siano uno in noi n (Gv. 1 7, 17-21). Già dall'inizio del suo ministero, Gesù aveva detto nel discorso della mon­ tagna: a Se la vostra virtù non sorpasserà quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli n (Mt. 5, 20); e nello stesso momento, facendo co­ noscere tutta la sublimità della legge nuova e predicando le beatitudini evan­ geliche, aveva esortato tutti i suoi discepoli a un alto grado d'umiltà, di pu­ rezza, d'abnegazione, di carità, d'amore per i nemici. Per produrre e conser­ vare questa santità nelle anime promise l'Eucarestia dicendo : « Io sono il pane vivo disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane, che io darò, è la mia carne per l a salute del mondo » (Gv. 6, 51}. Inoltre promise e mandò lo Spirito santificatore : • Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, perchè resti sempre con voi; lo Spirito di verità. . e dimorerà con voi e sarà in voi » (Gv. 1 4, 1&-17). -

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    Gesù volle che la santità fosse manifesta. La santità voluta da Cristo per la sua Chiesa è quindi eminente. Inoltre dev'essere visi? ile, per �è disse ai discepoli : « Voi siete la luce del mondo. Non può una Città, che sia posta sopra un monte, restar nascosta; nè si accende una lucerna per riporla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, e cosl fa lume a quanti sono in casa. Risplenda allo stesso modo la vostra luce agli occhi degli uomini, affinchè ve· dendo le vostre buone opere diano gloria al Padre vostro che è nei cieli • (M t. 5, 1 4- 16). Gesù dice ancora : a Così ogni albero buono porta buon frutto » (Mt. 7, 17); e agli apostoli : u Non voi avete scelto me; sono io che ho scelto voi e vi ho costituiti affinchè andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia durevole, affinchè tutto ciò che domanderete al Padre mio in nome mio ve lo conceda. Questo io vi comando: che vi amiate gli uni gli altri » (Gv. 15, 16-17). La ca­ rità fraterna è il grande segno dell'amor d i Dio : u Da questo vi riconosceran­ no che siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro )) (Gv. 1 3, 35). Infine ai predicatori della fede promette segni straordinari, che mostre­ ranno la santità e la divina origine del Vangelo : « Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi uede e si fa battezzare si salverà; chi non crede sarà condannato. E i miracoli sono questi che accompagneranno i credenti : nel nome mio scacceranno demoni; parleranno lingue nuove; prende­ ranno in mano serpenti, e se berranno qualche veleno mortifero, non avranno danno; imporranno le mani agli ammalati e guariranno » (Mc., 1 6, 15-18). San Paolo esprime mirabilmente la volontà di Cristo relativa alla santità della Chiesa, nella Lettera agli Efesini : a Voi, o mariti, amate le vostre mogli come il Cristo ha amato la Chiesa, e per essa ha dato se stesso, a fine di santi­ ficarla, purificandola col lavacro dell'acqua, mediante la parola, per far com­ parire dinanzi a sè questa Chiesa, rivestita di splendore, senza macchia nè ruga o altro di somigliante, ma tutta santa e immacolata n (Ef., 5, 25-27). -

    Cristo previde anche la presenza dei peccatori nella sua Chiesa - N el pensiero del Salvatore questa santità sarà consumata in cielo, ma sulla terra, anche se la Chiesa dev'essere visibilmente santa per la sua dottrina, per i mezzi e i frutti di santificazione, vi sono tuttavia in essa dei peccatori, come emerge dalla parabola del loglio : a Un nemico ha seminato la zizzania in mezzo al buon grano... Non raccoglietela perchè con la zizzania non sradichiate anche il buon grano. LaKiateli entrambi crescere fino alla mietitura n (Mat., 13, 30). Del resto la presenza dei peccatori nella Chiesa è occasione delle virtù insignì della pazienza, della misericordia, dello zelo, della riparazione : u Amate i vostri nemici, benedite quelli che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano l• (Mt., 5, 44). �uesta volontà, che è certamente quella costantemente espressa da Cristo, è realizzata? § 2. - La Chiesa offre a tutti i principi e i mez.zi di santità? La Chiesa conservò i principi di santità nella sua dottrina e nella sua prassi . - La Chiesa cattolica propone oggi come nei primi secoli, tutta la dottri­ na di Cristo, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, e non ne ha rigettato nessun punto, per quanto misterioso e difficile possa apparire alla debolezza

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    umana. E questo si può constatare leggendo gli scritti degli antichi Padri apo­ stolici, i quali contengono molti dommi negati dai protestanti, specialmente quello del sacramento e sacrificio eucaristico, che suppone il sacerdozi(). La Chie­ sa difende l'integrità della dottrina cristiana come la pienezza della verità al di sopra degli errori spesso opposti tra loro : il mistero dell'Incarnazione fu difeso ora dal monofisismo ora dal nestorianismo, quello della Trinità contro l'arianesimo e il sabellianismo, quello della grazia contro il pelagianismo e il predestinazionismo; anche la morale cristiana è preservata dalle deviazioni opposte tra loro del rigorismo e del lassismo. Praticamente poi la Chiesa lotta di continuo per conservare l'integrità della legge evangelica sotto tutti i suoi aspetti, specialmente sull'unità e l'indi1r solubilità del matrimonio. Invece la pseudoriforma nega il libero arbitrio, non­ chè la bontà divina e la volontà salvifica universale; insegna la giustificazione me­ diante la sola fede, senza le buone opere e accetta il divorzio dei principi. Infine mentre la Chiesa invita molte anime alla pratica dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, gli pseudoriformatori portano le anime consecrate a rinunciare alla verginità e agli altri consigli. Cosi la Chiesa cattolica nella sua dottrina dommatica e morale conserva i principi della santità. La Chiesa conserva i mezzi di santificazione istituiti da Gesù Cristo. La Chiesa per mezzo del suo culto custodisce anche la fonte e i mezzi di santi­ ficazione; conserva il sacrificio della Messa, in cui, secondo la Scrittura (Le., 22, 19; I Cor., I l, 24; Ebr., 9, 28; I O, 1 4 ; 7, I l ) e la Tradizione, è « realmente conte­ nuto e incruentemente immolato Io stesso Gesù Cristo, che sull'altare della croce immolò se stesso una sola volta in modo cruento ». (Conc. trid., sess. xxn, c. 2), applicandoci cosi i meriti della Passione, onde riceviamo i frutti della redenzione. Secondo le stesse testimonianze, i sette sacramenti contengono e conferiscono la grazia che significano : l'assoluzione sacramentale giustifica i pe ccatori e li riconcilia con Dio; la comunione eucaristica nutre spiritualmente le anime, cui è pegno di vita eterna. Invece i protestanti hanno respinto il sacrificio de!Ia Messa e quasi tutti i sacramenti. Anche quando conservano il battesimo e la cena, in essi non vedo­ no altro che segni della fede, non le fonti di grazia. Il culto propriamente detto, dopo la soppressione del sacrificio della Messa, resta freddo e non attira prìt i fedeli, che a poco a poco si dividono in varie denominazioni o cadono nel natu­ ralismo. Alcune sette però, vedendo i difetti del culto protestante, imitano quello cattolico. I precetti della Chiesa poi ci aiutano evidentemente a compiere bene l a legge divina, come quello d i sentire l a Messa alla domenica, d i comunicarsi a Pasqua, quello del digiuno e dell'astinenza. -

    § 3.

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    Gli effetti dz q uesti principi e mezzi di santificazione.

    La Chiesa, proponendoci questi principi e mezzi di santificazione, ha tra­ sformato la vita individuale dell'uomo, la vita familiare e quella sociale. Santificazione dell'individuo. La Chiesa liberò l'uomo e sempre lo libera dagli errori riguardanti Dio, il mondo, l'anima e la vita morale; trionfò sul politeismo e strappa le anime al materialismo e al determinismo, alla morale -

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    del piacere e dell'interesse, che della moralità conserva soltanto il nome; predica il Vangelo e i mezzi di salute a tutti, ai più poveri e ai meno istruiti, trascurati dai filosofi; ha sempre condannato e combattuto le tre concupiscenze, quella della carne, quella degli occhi e l'orgoglio della vita; porta incessantemente a praticare le virtù naturali e le virtù cristiane, insegnando come si devono unire. Santificazione della famiglia. - Restaurò la famiglia proteggendo la don· na, i bambini e i servi contro il dominio -crudele e licenzioso dell'uomo; non cessò di combattere la poligamia, il ripudio, tollerato dalla legge di Mosè, e il divorzio. Nella Chiesa cattolica il culto della Santissima Vergine, anch'esso respinto dai protestanti, rianima sempre l'amore della verginità e quello della perfetta castità coniugale. Il Padre Lacordaire nella sua 34.a conferenza potè dire : u Gesù Cristo volle nascere da una donna vergine e madre, modello ineffabile della dedizione materna e della dedizione verginale ... La donna, in diciotto seco­ li, non cessò mai di spe-cchiarsi in questo sublime esemplare, che è quello della sua rigenerazione, e, attingendovi il doppio coraggio della castità e dell'amore, si rese degna di quel rispetto che il mondo aveva bisogno di tributarie... Al cui to della carne e del sangue successe il culto degli affetti. Vi sono sulla terra tre debolezze : la debolezza di proprietà : è il povero; la debolezza di sesso : è la donna; la debolezza di età : è il fanciullo. Queste tre debolezze sono però la forza della Chiesa, la quale, mentre strinse insieme alleanza prendendole sotto la sua protezione, si mise a sua volta sotto la loro. Tale alleanza cambiò la fa-ccia del mondo, perchè fino allora il debole era sacri­ ficato al forte, il povero al ricco, la donna all'uomo e il fanciullo a tutti... Alla donna cristiana, per una speciale delegazione, sono stati affidati tutti i poveri ... Tra il mondo pagano e il mondo cristiano c·è la stessa differenza che tra la sacerdotessa di Venere e la suora di San Vincenzo de' Paoli . » . L a Chiesa protegge ancora la nascita e l a vita del fanciullo; raccoglie i bambini abbandonati, vigila sulla loro formazione intellettuale, morale e reli­ giosa; e a quanto fa per loro, e anche per i malati e i vecchi, non si può para­ gonare quello che fanno le sette protestanti dove domina sempre più il natu­ ralismo e dove a poco a poco scompare la vita veramente cristiana. . ..

    Santificazione della società. La Chiesa non ha fatto di meno per un profondo rinnovamento della vita sociale. Fu essa che liberò progressivamente la schiavitù, ricordando che tutti gli uomini sono figli di Dio e fratelli in Cristo. Essa rafforzò l'autorità civile ricordando che ogni potere viene da Dio in vista d'un bene generale della società; nobilitò anche l'obbedienza. dicendo che obbe­ dire alle legittime autorità costituite e alle leggi giuste significa infine obbedire a Dio stesso; lottò contro tutte le tirannie, per salvaguardare ogni leaittima libertà, specialmente quella di fare il proprio dovere e di far regnare l� pace. Conviene ricordare qui ciò che diceva il Padre Lacordaire nella 35.a con­ ferenza : a La società cattolica aperse al mondo due fonti inesauribili d'obbe­ dienza e di venerazione. L'una è pubblica : l'autorità della sua gerarchia, che dura da milleottocento anni ... e, con la sola persuasione, sa farsi obbedire e venerare i n modo cbe, in nessun tempo e luogo, nessuna autorità umana fu cosi obbedita e venerata. L'altra, che è segreta, è la confessione » , che s'impone a tutti, ai forti e ai deboli. -

    LA SANTITÀ VOLUTA DA CRISTO

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    La Chiesa lavora continuamente per far regnare nella società la giustizia e la carità. Se contro il comunismo difende il diritto di proprietà individuale, contro gli abusi del capitalismo cerca di migliorare il più possibile la condizione degli operai e delle loro famiglie. (Cfr. le Encicliche u Rerum novarum » del 1 891 e a Quadragesimo anno • del 193 1). Infine vediamo la santità della La pace di Cristo nel regno di Cristo. Chiesa nella pace che essa cerca di mantenere o di ristabilire tra le nazioni, proscrivendo ogni guerra ingiusta, e affermando la necessità e l'eccellenza della legge di carità e di fraternità cristiana, al di sopra degli speciali interessi dei diversi popoli. Cosi nel medioevo si ebbe un'unità cristiana dell'Europa. Vladimiro Soloviev (La Russia e la Chiesa universale, ed. it., p. 39) dice che u la filosofia rivoluzionaria ha fatto sforzi... per sostituire a quest'unità quel­ la del genere umano, e si sa con che risultati. Militarismo universale ispirato da un odio nazionale quale il medioevo non ha mai conosciuto e che trasforma interi popoli in eserciti nemici; antagonismo sociale profondo e irriconciliabile; lotta di classi, che minaccia di mettere tutto a fuoco e a sangue; decadenza pro­ f!.Tessiva della forza morale negli individui manifestata dal crescente numero di follia, di suicidi e delitti " · Sono i segni d'una società che si separa da Dio, e dimostrano in modo singolarmente urgente la necessità di ritornare a lui, come non cessa di dire il Vicario di Gesù Cristo, ricordando che la pace di Cristo si trova soltanto nell'instaurazione del suo regno di verità, di giustizia, di carità nella vita degl'individui e dei popoli. In questo doloroso stato di cose si vede come opere profondamente cristia­ ne, con risorse materiali minime, abbiano un immenso rendimento spirituale come l'opera di un Padre Chevrier, amico del Curato d'Ars, nei sobborghi di Lione, mentre opere non cristiane con immense risorse materiali abbiano un risultato morale minimo. -

    Conclusione: la Chiesa ofl're sempre al mondo la santità capace di gua­ rirlo dai suoi mali. La santità della Chiesa ha segni non equivoci. È la santità che Cristo volle per la Chiesa, quella che deriva d ai principi e dai mezzi di salute che essa offre a tutti, col sacrificio eucaristico e con i sacramenti; principi e mezzi di santificazione trasformano la vita individuale, familiare e sociale di coloro che non si sottraggono al loro influsso. I mali presenti sono quelli d'una società che vuole separarsi dalla Chiesa e, a loro modo dimostrano come il suo influsso santificatore è necessario più che mai. Solo il ritorno al Vangelo, alla luce della vita, come non cessano di ripetere i Sommi Pontefici, può salvare la società, ricordando come al di sopra dei beni materiali che dividono, perchè non possono appartenere simultan ea­ mente e integralmente a tutti e ad ognuno, vi sono i beni spirituali, la verità, la virtù, Dio stesso, che ciascuno possiede quanto più li dona agli altri e che, unendoci profondamente, solo essi possono darci l a pace e la gioia, facendo pregustare la beatitudine promessa dal Salvatore ai suoi discepoli. -

    LA SAI'.'TITÀ DELLA CHIESA

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    CAPITOLO III. - LA SANTITA DELLA CHIESA E LA TESTIMONIANZA DEI MARTIRI La santità della Chiesa si manifesta non solo negli effetti generali prodotti nella vita individuale, familiare e sociale, ma anche in fatti eccezionali, che manifestano in modo impressionante l'eroicità delle virtù, e particolarmente nel· la costanza dei martiri. La testimonianza dei martiri ha un valore speciale, dato che la loro cost�n­ za supera evidentemente le forze naturali dell'uomo e suppone uno straordinario aiuto di Dio. Ora questo è evidente quando si considera il grande numero dei martiri, la loro condizione ed età, il mo tivo per cui solfersero, la qualità dei loro tormenti fisici e morali, e infine la loro pazienza eroica, unita alle altre virtù. § l.

    .

    La testimon ianza dei martiri.

    1. D numero dei martiri. - Dal 64, sotto Nerone, fino all'editto di Costan­ tino (313) infuriarono le grandi persecuzioni. Abitualmente se ne contano dieci , che Lattanzio riduce a sei; vi furono pure molte persecuzioni locali. Secondo la tradizione e la storia, innumerevoli furono i martiri, e solo nel 1 684 apparve il primo contraddittore in H. Dodwell, secondo il quale gli antichi martiri sarebbero stati pochissimi. Egli fu confutato dal Ruinart (A cta primorum maT· tymm sincera et selecta, Parigi 1689), e i documenti più recenti trovati nelle catacombe, confermano le antiche testimonianze dei Padri e quelle dei pagani, come riconoscono gli stessi razionalisti. G. Boissier nel libro La fin du paga­ nisme (t. I, p. 393) dice: u Anche supposto che ogni volta e in ciascun luogo particolare siano perite poche vittime, queste riunite devono formare un numero considerevole ». Stando al martirologio romano, solo in Roma vi furono 13.825 martiri. Secondo Tacito (Annal. xv, 43-45) nel 64 sotto Nerone fu mes�a a morte una " grande moltitudine di cristiani n. Eusebio (Stor. eccl. m, 33; v, l; VI, l; vii, I l) riferisce che vi fu un gran numero di martiri anche sotto Traiano, Mar­ co Aurelio, Severo, Decio e Diocleziano. La stessa testimonianza troviamo in Lattanzio, Sulpicio Severo, San Cipriano. Nelle catacombe furono trovate iscri­ zioni latine come questa : Marcella et Cristi martyres CCCCCL (550). Inoltre, per confessione degli stessi razionalisti, i cristiani che allora non perirono ebbero bisogno d'una grandissima forza d'animo per abbracciare la fede e perseverare. Infine ci furono numerosi martiri in Persia; secondo Sozomeno (Hist. eccl. II, c. 4) sotto il re Sapore ne morirono 190.000, come pure nei paesi maometta· ni e più recentemente in Giappone, in Cina, nell'Annam, nell'Uganda, nel Messico, in Spagna. Nella Chiesa la testimonianza del sangue non è mai ve· nuta meno.

    Z. La condizione dei martiri. Si deve pure considerare la condizione dei martiri che non furono soltanto rozzi plebei, ma anche nobili e dotti, come San Giustino, Sant'Ireneo, San Cipriano; donne, come Santa Perpetua, Santa Cecilia, Sant'Agnese, Santa Blandina; fanciulli, come Tarcisio, Quirico, Eulalia; vecchi come San Policarpo. -

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    I MARTIRI

    3. D motivo per col tutti quanti soffersero. Fu ed è sempre la religione e l a fede in Cristo Figlio di Dio. Ogni altro motivo è escluso. Non fu l'amore del mondo, delle sue gioie, ricchezze e onori, poichè essi disprezzarono tutto quanto per essere fedeli alla religione cristiana, in cui il paganesimo voleva vedere la causa di tutte le calamità. I cristiani non cospiravano affatto contro l'impero; obbedivano alle leggi giuste, servivano valorosamente nell'esercito, come gli altri; ma erano cristiani e rifiutavano d'offrire sacrifid agli dèi del paganesimo. -

    4. L'oggetto della loro testimonianza. È la verità della fede cristiana e dei segni divini che la confermano. I martiri, come dice il loro nome, sono testimoni che preferiscono subire il supplizio della morte piuttosto che rinne­ gare la fede ( 1). Lo si vede dalle parole che dicono davanti ai loro giudici e ai carnefici, parole che davvero realizzano la predizione di Gesù : « Guardatevi dagli uomini, poichè vi tradurranno in tribunale e nelle loro sinagoghe vi Hagelleranno; e sarete per cagion mia condotti davanti a governatori e a re per render testimonianza a loro e ai Gentili " (Mt., IO, 1 7). a Vi cacceranno dalle sinagoghe, anzi verrà il momento che chiunque vi uccide penserà di rendere culto a Dio (2). E tutto dò faranno perchè non hanno conosciuto nè il Padre n è me » (Gv., 1 6, 2). Gesù avfva anche detto : u Ecco io vi mando pro­ feti, sapienti e maestri; di essi alcuni ucciderete e crocifiggerete e altri Hagelle­ rete nelle vostre sinagoghe e perseguiterete di città in città n (Mt., 23, 34). -

    5. l tormenti. l Persecutori ricorsero a ogni specie di tormenti fisici e morali, come dice anche Tacito (A nnal. xv, 14) : la croce, il ferro, il fuoco, le bestie feroci; tormenti che furono sopportati anche da bambini, da infermi, non solo per pochi minuti, m a per lunghe ore e giorni, perchè il supplizio veniva prolungato per vincere i cristiani col dolore e indurii a rinnegare la fede. Non minori erano i tormenti morali. Venivano privati delle loro cariche e dignità e dei loro beni, con tutta la famiglia ridotta alla miseria; spesso dovettero pure lottare contro gli affetti naturali più profondi; contro le lacrime dei genitori, delle spose, dei figli ( cfr. DoM LEcLERCQ, Les Martyrs, t. 1, p. 126 Passione di santa Perpetua). Allora si avverò alla lettera la predizione di Gesù : • Io sono venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre ... cosi che i nemici dell'uomo saranno i suoi di casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me ... Chi fa risparmio della sua vita, l a perderà; chi invece ne fa getto per cagion mia, la ritroverà " (M t., IO, 35). Molti, come Sant'Erme­ negildo, furono traditi dai loro genitori; il Salvatore aveva detto : a Il fratello consegnerà il fratello perchè sia messo a morte e il padre il figlio e i figli insorgeranno contro i loro genitori e li faranno morire ... ; ma chi avrà perse­ verato sino alla fine sarà salvo » (Mt., IO, 21 ). Infine le vergini cristiane conob­ bero un altro tormento moral e : furono spesso trascinate in luoghi infamati che esse detestavano più della morte. -

    ...

    ( 1 ) Cfr. SAN ToMMASo, 11-11, q. 1 24, a. 1 e 2 : il martirio è un atto della virtù della fortezza, ispirato dall'amor di Dio, per attestare la verità della fede e dei segni che la con­ fermano . (2) Queste parole, come dice San Tommaso (In Matth., X, 1 7) riguardano le pene­ cuzioni da parte dei giudei che, nella loro cecità, non intendono rettamente il culto dd vero Dio ; non quelle dei pagani, preoccupati di difendere il culto thgli cDi.

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    6. La loro pazienza eroica unita alle altre loro virtù. La fortezza eroica dei martiri brilla tanto più se si considera che l'atto principale della fortezza non è aggredire, in cui bisogna moderare l'audacia, ma stare fermi nei pericoli, il che richiede reprimere la paura (S. th. n-n, q. 123, a. 6). Cosi. il giusto mezzo della fortezza è il culmine in mezzo e sopra i due vizi contrari, della viltà e della temerità ( ivi, q. 1 25-127). Inoltre la virtù della fortezza dev'essere connessa con le altre virtù morali sotto la direzione della vera prudenza; cosi. essa rafforza l'uomo nel perseguire il vero bene e non nell'ostinazione dell'orgoglio. Infine, per essere veramente eroica, la fortezza deve compiere atti difficili, che superano la forza comune degli uomini e deve compierli con prontezza, con una certa gioia, quella del sacrificio, quando se ne presenta l'occasione, anche spesso se occorre, e con costanza (3). Cosi i martiri sopportano atroci tormenti pregando Dio di soste­ nerli. Prima del supplizio provarono, come aveva voluto provare Cristo stesso, il timore naturale della morte, ma pregarono per reprimerlo. Non andavano al supplizio spinti dall'audacia, ma con calma; invece alcuni presuntuosi, che avevano temerariamente denunciato se stessi, all'ultimo momento tremarono e rinnegarono la fede (4). Inoltre la fortezza dei martiri è connessa con le altre virtù, unita cioè alla carità, alla fede, alla speranza, alla religione, alla prudenza, alla giustizia, alla castità, all'umiltà, e anche alla dolcezza, come si vede dalle loro risposte e quan­ do pregano per i loro carnefici (5), sull'esempio del Salvatore e di Santo Stefano protomartire. Infine vanno al supplizio con la gioia del sacrificio compiuto per amore; la loro costanza dura spesso più giorni. Il racconto della loro morte ricorda ciò che è detto negli A tti degli apostoli (5, 4 1 ) : « Gli apostoli uscirono dal sinedrio pieni di gioia per essere stati giudicati degni di soffrire obbrobri per il nome di Gesù u. Questo si vede specialmente nel martirio di Sant'Ignazio d'Antiochia, di San Policarpo (6), San Cipriano, San Felice, Sant'Ireneo, San Vittore, San Vin­ cenzo ( 7), Santa Perpetua, Santa Felicita (8), Santa Blandina e tanti altri. Santa Perpetua, lanciata più volte in aria da una vacca inferocita, fu rapita in estasi e non senti nulla (9). Non mancarono certamente cristiani che, vinti dal dolore, rinnegarono la fede; ma questo non fa che illuminare maggiormente la costanza dei moltissimi che furono fedeli. Infine occorre notare che i martiri potevano sottrarsi ai tormenti con molta facilità, bastando una sola parola d'abiura alla quale tenta­ vano indurii con ogni specie di promesse. Agli onori promessi essi preferirono l'ignominia, alle voluttà il supplizio, alle ricchezze ia povertà e lo spogliamento, a tutti i beni terreni la morte crudele. ·

    (3) BENEDETTO XIV, De canoni;:atione Sanctorum, l. III, c. 2 1 . (4) Cfr. DoM LECLERCQ., Les martyrs, t. l, p. 68 ss. (5) P. ALLARD, Dix le;ons sur le martyre, p. 330. (6) DoM LECLERCQ., ivi, t. I, p. so, 67 ss. (7) RUINART, Acta martyrum (ed. di Verona, 1 73 1), pp. 310, 357, 260, 325, 327. (8) lvi, p. 327· (g) Dou I...ECLERCQ., O. c., t. l, pp. 137 ss., 95-

    57 1

    I MARTIRI

    § 2. - La testimonianza dei martiri prova la santità della Ch1esa. Tutto considerato, questa eroica fortezza non è un miracolo d'ordine mo· rale e non suppone un aiuto straordinario d1 Dio, che viene cosi a confermare la fede cristiana con un nuovo segno? È molto difficile negarlo. Tale fortezza, connessa con le altre virtù, in realtà è il principio degli atti eroici ripetuti spesso, compiuti da una innumerevole moltitudine di uomi­ ni, di donne, d i fanciulli, con gioia e costanza, in mezzo a grandi tormenti fisici e morali, senza nessuna speranza di retribuzione temporale e nonostante le promesse -più seducenti. Ora gli atti eroici delle principali virtù, cosi connesse, non possono essere compiuti in siftatto modo, spesso e con gioia, da persone cosi diverse, in circo­ stanze tanto dolorose, senza un aiuto straordinario di Dio. In realtà non si può spiegare il fatto con cause naturali, come il fana­ tismo o il desiderio della gloria umana. l. La fortezza eroica dimostrata non è spiegabile col fanatismo. Il fana· tismo è l'illusione di chi si crede ispirato e che ha uno zelo eccessivo per una religione, un'opinione o un partito. Esso genera una cieca ostinazione, che rifugge dalla discussione, esclude la saggezza, la prudenza, l a modestia e la dol­ cezza. Ora i martiri non fuggivano la discussione, ma rendevano volentieri ragio­ ne della loro fede; molti erano dotti, come San Giustino, Sant'lreneo, San Ci­ priano, e scrissero apologie del cristianesimo. Le loro risposte erano piene di sapienza e di prudenza, e avveravano la predizione di Gesù : u Quando vi avranno tradotti davanti a loro, non vi date pensiero del come p:ulerete o di quel che direte; poichè in quel momento vi sarà dato quel che dovrete dire, non essendo voi quelli che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi ,, (Mt., I O, 1 9-20). La vergine alessandrina Potamiena rispose al giurlice che ordinava di spogliarla e di gettarla in una vasca piena di pece bollente : • Ti prego di !asciarmi le mie vesti, e ordina di immergermi a poco a poco in questa vasca bollente, per vedere che pazienza mi ha dato Cristo, che tu ignori D ( l 0). I martiri cristiani non dimostrarono l'entusiasmo insensato, lo zelo truce. ma la calma e la modestia; basti ricordare la morte di Santa Perpetua ii Carta· gine, quella di Santa Lucia di Siracusa, di Sant'Agnese, di Santa Cecilia. Il fanatismo non produce la dolcezza. Infine il fanatismo produce l'in· dignazione, la collera, mentre nei martiri cristiani si nota la mansuetudine e in loro si attua l'ammirabile unione della fortezza eroica e della più grande dolcezza. Solo Dio può unire questi estremi. L'ingiustizia provoca naturalmen­ te la collera, e la massima ingiustizia, quella di infliggere un crudele suppli­ zio all'innocente, eccita naturalmente l'irritazione e l'odio contro il persecu­ tore. Ora i martiri cristiani, lungi dall'odiare i loro carnefici pregavano per essi. Il protomartire Santo Stefano esclama : u Signore, non imputare loro que­ sto peccato D (At. 7, 59), come il Salvatore che aveva detto : u Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno D (Le. 23, 34). La stessa dolcezza tro­ viamo nella maggior parte dei martiri, come in quelli di Lione, in San Cipria-

    -

    (ro) RUINART, Op.

    e

    ed. cit., p. 103.

    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    572

    no, San Massimo, il Centurione Marcello, ecc. ( I l). Essi praticarono fino al­ l'estremo quello che Gesù aveva richiesto : « Pregate per quelli che vi perse­ guitano e vi calunniano », e avrebbero potuto dire come San Paol o : u Male­ detti, noi benediciamo; perseguitati, sopportiamo; ingiuriati, supplichiamo; sino ad ora siamo trattati come la spazzatura del mondo, come la lordura di tutti » (I Cor. 4, 12-13). Il fanatismo non è perseverante. Del resto l'impulso del fanatismo non avrebbe potuto durare tre secoli ininterrottamente. Alcuni fanatici disprezza­ no i tormenti, ma raramente, per poco tempo e quando il supplizio si prolun­ ghi la fermezza del fanatico deriva dalla collera, dall'odio che si rivela nei suoi lineamenti : di qui si vede che è privo della virtù della fortezza, ed è solo osti­ nato. Nel fanatismo manca evidentemente la connessione delle virtù. -

    2. La fortezza dei martiri non proviene nè dalla vanità, nè dal­ l'orgoglio. - Non si può neppure dire che i martiri cristiani abbiano sofferto per amore della gloria umana, perchè furono umili quanto magnanimi; tanto umili che, dopo aver sofferto tormenti per la fede, non permettevano ai fede­ li di dare loro il nome di martiri. Del resto molti furono uccisi lontano da ogni sguardo. Infine come Cristo morente tra due !adroni, erano considerati come infami malfattori. La loro grande umiltà era congiunta alla magnanimi­ tà ben evidente nelle risposte, che essi davano con la più grande certezza in nome di Dio, autore della rivelazione. L'unione di virtù così differenti e praticate in un grado cosi alto mani­ festa uno speciale soocorso dell'Altissimo, senza il quale all'orgoglio avrebbe potuto seguire la pusillanimità. Nei martiri vediamo che si verifica in modo profondo quello che San Tommaso dice dell'unione di queste due virtù : « La magnanimità fa si che l'uomo si porti verso grandi cose, considerando i doni che ha ricevuto da Dio; l'umiltà lo porta a fare poco caso di se stesso, conside­ rando i propri difetti ,, (11-11, q. 1 29, 3, ad. 4). In realtà i martiri si basavano non sulle proprie forze, ma sull'aiuto di Dio, che non cessavano di chiedere. 3. II mariirio manifesta un aiuto straordinario di Dio. Infine nel­ la costanza dei martiri assieme alle altre virtù più diverse, vediamo il se­ gno della santità, effetto proprio di Dio nell'anima, poichè la santità è assenza di ogni macchia morale e unione molto salda con l'autore della salvezza. L'or­ dine degli agenti deve corrispondere all'ordine dei fini. La santità non può esi­ stere senza l'aiuto di Dio e non c'è santità straordinaria senza aiuto eccezionale. a Tra tutti gli atti delle virtù, il martirio è quello che più di ogni altro ma­ nifesta la perfezione della carità o dell'amor di Dio » (11-11, q. 124, 3). E la manifesta tanto più quando il martire mostra fra i tormenti la gioia del sa­ crificio e la riconoscenza a colui che gli dà la forza di sopportare. Che il martirio manifesti un intervento divino straordinario lo conferma anche il fatto che i martiri dichiarano di non poter sopportare la loro soffe­ renza senza l'aiuto di Dio. Santa Felicita dice : • Un altro soffrirà in me e per me quello che non potrei sopportare io » . Cosi San Policarpo, Sant'Andronico, San Vincenzo ( 12). -

    (u)

    ar. Dm&

    L l, p. 1 05 ; L I l, pp. 1 o6, 1 55, 158 . Id. eit., pp. 86, 32 5, 103, 1 35· 363 .

    LECLERCQ., Op. eit.,

    (1 2) RUINART, op.

    e

    l MARTIRI

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    Non poche volte, poi, autentici miracoli fisici mostrarono ad evidenza tale aiuto divino, che in certe circostanze giunse fino a sopprimere il dolore o a guarire immediatamente le ferite. Infine, come dice Tertulliano (A pol., c. 50) il sangue dei martiri fu un seme. Alle persecuzioni segui subito una prodigiosa diffusione del cristianesimo. Cristo aveva detto : 11 Se il chicco di frumento mes­ so sotterra muore, porta frutto abbondante » (Gv. 1 2, 24); e San Paolo : « Io mi compiaccio nelle deboloezze, negli obbrobri, nelle angustie per il Cristo; per­ chè quando io sono debole, allora sono potente » (2 Cor. 1 2, 10). Il Salvatore aveva annunciato questa vittoria : « Beati siete voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno per cagion mia. Rallegratevi, per.chè la vostra ricompensa è grande nel regno dei cieli ,, (Mt. 5, 1 1-12). San Giovanni potè dire ( l Gv. 5, 4) : a Tutto ciò che è nato è! a Dio è vittorioso sul mondo, e la vittoria che ha vinto il mondo è la nostra fede ». Cosi negli Atti degli apostoli si legge ( 7, 55) che Santo Stefano, mentre veniva lapidato, vide Gesù alla destra del Padre e disse : 11 lo vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo stare alla destra dJ Dio n. 4. Risposta a un'obiezione. - Le morti coraggiose per una causa er­ ronea. - I razionalisti obbiettano dicendo che la costanza dei martiri si spiega con cause naturali, come l'eroismo del soldato che muore per la sua patria, come quella dei babisti in Persia, dei montanisti, degli anabattisti, che muoio­ no piuttosto di rinnegare le loro idee religiose. Secondo Gastone Boissier, « da­ vanti alla morte coraggiosa dei valdesi, degli ussiti, dei protestanti ... la Chiesa deve certamente rinunciare a sostenere che si muore soltanto per una dottrina \'era " (La fin du paganisme, 5 ed. t. 1. p. 344). La Chiesa non afferma che si muore soltanto per una dottrina vera, ma che la costanza dei martiri cristiani, unita alle altre virtù da essi dimostrate, differisce essenzialmente dall'ostinazione del fanatico, in cui manca la connes­ sione delle virtù; e aggiunge che siffatta costanza manifesta uno speciale aiuto di Dio confermante la fede per la quale quei cristiani morirono, specialmente quando si considera il loro numero e le loro varie condizioni. Alla luce di que­ sti principi, spiegati da Benedetto xrv riguardo ai falsi martiri ( op. cit., lib. m. c. 20), si vede che alla virtù dei martiri canonizzati non potremmo paragona­ re l'ardore dei babisti, dei montanisti, degli anabattisti, i quali, come ammet­ tono molti razionalisti, diedero segni non equivoci di fanatismo, d'orgoglio, di durezza; la fortezza in loro non si mostrò unita alla mansuetudine e alla preghiera per i carnefici.

    Il caso dei protestanti dell' Uganda. - Si ricorda senza dubbio che nell'D­ ganda nel 1 885-1 886, alcuni protestanti diedero la vita per la loro religione; ma pare proprio che fossero molto in buona fede, e che morissero per la re­ ligione che essi ·consideravano come quella di Cristo. Cosi poterono essere aiu­ tati in modo speciale dalla grazia di Dio e dare la loro vita per la verità cri­ stiana, che era stata loro esposta in modo incompleto, e non per il protestante­ simo in quanto s'oppone alla Chiesa cattolica. Questo principio viene ammes­ so da Benedetto xrv (op. ci t., lib. III, c. 20, n. �). La testimonianza dei martiri conserva intatto il suo valore, purchè si consideri l'eroicità della loro costanza, unit�ment: alle al n:e �irtù; eroicità che non può essere spiegata senza uno . speciale amto dJ D10, Il quale, appunto dando tale aiuto, conferma la fede per cui i martiri sono morti.

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    CAPITOLO IV LA CHIESA CATTOUCA PRODUCE SEMPRE DEI SANTI -

    La santità della Chiesa viene manifestata non solo dalla testimonianza dei martiri, ma anche da quella dei confessori, delle vergini, di tutti i santi, che essa fin dalle sue origini non ha cessato di dare alla luce. Possiamo cosi conside­ rare sia i santi canonizzati sia le istituzioni che costituiscono una scuola di santità. § l.

    -

    l

    Santi canonizzati.

    Prima della Riforma. Siccome i protestanti riconoscono che la Chiesa romana fu la vera Chiesa di Cristo fino a Costantino, cioè fino al quarto secolo. devono pure ammettere che a lei appartengono tutti i santi che fiorirono in quel tempo. Non si può certo affermare che appartenessero a un'altra Chiesa San­ t'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gerolamo, San Cirillo, San Giovanni Crisosto­ mo, e i numerosi papi che furono canonizzati. A lei appartengono anche i diversi santi che portarono il Vangelo nelle diverse parti del mondo, dove fon­ darono delle Chiesa, come San Patrizio in Irlanda, Sant'Agostino di Cantorbery in Inghilterra, San Metodio in Russia, San Bonifacio in Frisia, San Willebaldo in Germania. Nel suo seno si formarono i fondatori degli ordini, come San Benedetto, patriarca dei monaci d'Occidente, San Bernardo, San Norberto, San Domenico, San Francesco; i grandi dottori, come Sant'Anselmo, San Bonaventura, Sant'Al­ berto Magno, San Tommaso; i grandi predicatori della fede, come San Vincenzo Ferreri, San Bernardino da Siena; le vergini il cui nome è noto a tutti : Santa Geltrude, Sant'Ildegarda, Santa Chiara, Santa Caterina da Siena, ecc.; i re e i principi, come Santo Stefano, San Luigi, Sant'Enrico, San Leopoldo, San Stanislao. -

    ·

    Dopo la Riforma. Dopo la separazione dei protestanti, la Chiesa catto­ lica non cessò affatto di produrre grandi servi di Dio. Poco dopo la comparsa del protestantesimo apparvero nuovi fondatori di ordini, santi riformatori, grandi missionari : Sant'Ignazio, Santa Teresa, San Giovanni della Croce, San Francesco di Sales, San Francesco Saverio, San Luigi Bertrando, San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, San Vincenzo de' Paoli, San Paolo della Croce, Sant'Alfonso dei Liguori, ecc. Così, dopo la rivoluzione francese, gli ordini reli­ giosi non tardarono a rifiorire, vennero fondate nuove congregazioni e special­ mente società missionarie. Per questo periodo basta ricordare i nomi del Santo Curato d'Ars, di San Giovanni Bosco, di San Giuseppe Cafasso, di Santa Teresa del Bambino Gesù, del beato Pio X, di Santa Cabrini. Canonizzazioni molto numerose hanno posto recentemente sugli altari servi di Dio che vissero, in quest'ultimi tempi, negli ambienti più diversi. Possia­ mo renderei conto della cura con cui, nei processi di beatificazione e di canoniz­ zazione, furono esaminati l'eroicità delle loro virtù e i miracoli che le confer­ marono, consultando sia le norme stabilite da Benedetto XIV nella sua opera De seroorum Dei beatificatione, sia gli atti stessi dei processi. Cosi si vede che, dalle origini ad oggi, la Chiesa cattolica non ha cessato -

    l SANTI

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    mai di produrre dei santi, che sono i testimoni viventi dell'efficacia della parola del Salvatore. Le Chiese separate non hanno grandi santi. Il protestantesimo non può pretendere di generare grandi santi, perchè deprezza i consigli evangelici, la verginità, la mortificazione, sopprime il sacrificio della Messa, snerva il dinami­ liJDO sacramentale. Non si può tuttavia negare che esso annoveri molte anime nobili. Lo stato di dissidenza non è la notte profonda, il regno del male assoluto. Lo Spirito Santo, secondo la felice distinzione del card. Manning, opera nelle chiese dissidenti, ma non per mezzo_ di esse. Aggiungiamo che, se talvolta si osserva in esse anche qualche raro esempio di santità superiore, ciò deriva dagli elementi del domma e della morale cattolica che ancora vi sussistono. E resta sempre vero che il protestantesimo non è di per sè generatore di grandi santi. Le chiese scismatiche invece, avendo mnservato moltissimi elementi del cattolicesimo, hanno p iù mezzi di santificazione e anche più santi di quelle protestanti. Al fatto che uomini, nati nel protestantesimo o nello scisma e viventi in buona fede, abbiano virtù soprannaturali, è un effetto della misericordia di Dio, che non rifiuta la sua grazia a coloro che fanno quanto possono per ottener­ la; ma non si può concluderne che la società religiosa, di cui essi fanno parte in buona fede, sia una porzione della vera Chiesa di Cristo. Del resto queste anime di buona volontà per l'eroicità delle virtù non possono venire paragonate ai santi canonizzati dalla Chiesa cattolica! Giovanni Papini, scrivendo della sua conversione alla Chiesa cattolica, afferma : « Tra le Chiese innumerevoli che si dicono fedeli interpreti di Cristo, scelsi quella cattolica, sia perchè essa rappresenta veramente il tronco maestro dell'albero piantato da Gesù ma anche perchè, a dispetto delle debolezze e degli errori umani di tanti suoi figli, essa è quella, a parer mio, che ha offerto all'uo­ mo le condizioni più perfette per una integrale sublimazione di tut•o l'esser suo e perchè in essa soltanto mi parve che fiorisse abbondante il tipo d'eroe che ritengo il più alto : il Santo » (La Pietra infernale, Morcelliana, Brescia 1934, pp. 162-163. Questo tratto sulle chiese separate è dovuto all'ed. it.).

    Nella Chiesa cattolica anche le epoche sconvolte sono ricche di esempl di santità. Bisogna poi notare che nella Chiesa cattolica vi furono pleiadi di 11anti proprio durante e dopo le grandi prove d a essa attraversate. Cosi si vide nelle persecuzioni di Nerone, Diocleziano, Giuliano l'apostata che il sangue di migliaia di martiri faceva germogliare migliaia di ferventi comunità cristiane. Cosi, durante l'imperversare delle grandi eresie ariana e pelagiana, sorsero subli­ mi genii del pensiero e della santità, quali Sant'Atanasio e Sant'Agostino. Nell'alto Medioevo i Barbari seminarono ovunque la desolazione. ma la Chiesa seppe domarli e convertirli. Nel secolo xn gli Albigesi vollero rinnovare il manicheismo, ma ecco sorgere nuovi grandi ordini religiosi, quello di San Norberto, di San Domenico, di San Francesco, e il secolo xm fu l'età aurea della teologia. Nei secoli xv e xVI alcuni poterono credere che la Chiesa stesse per mori­ re sotto i colpi della rinascenza pagana e del protestantesimo. Essa perdctte una gran parte della Germania e dell'Inghilterra, ma nello stesso tempo sorgeva in Europa una pleiade di santi, di fondatori d'ordini, di missionari, ad opera dei -

    576

    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    quali si stabiU nelle Indie, dove San Francesco Saverio rinnovò i prodigi dell'era apostolica; in America, dove San Luigi Bertrando e Las Casas facevano cono­ scere la carità di Cristo. Intanto il Concilio di Trento organizzava la vera riforma. La Rivoluzione francese si mise anch'essa all'opera per distruggere la Chiesa: massacrò i sacerdoti, gettò le basi per un nuovo mondo e una nuova religione. Ma nel 1801 era firmato il Concordato, nelle chiese ricompariva il culto, si ristabilivano gli ordini dispersi, le missioni facevano meravigliosi pro­ gressi in Oriente, in Africa, in America e nuovi martiri le illustrarono.

    § 2. . Le istituzioni che sono una scuola di santità. N ella Chiesa non basta considerare lo splendido eroismo dei santi cano­ nizzati, ma bisogna anche vedere le istituzioni permanenti che formano le anime alla perfezione. l) D sacerdozio cattolico. - Tra queste istituzioni primeggia il sacerdozio cattolico, i membri del quale in occidente si obbligano al celibato perpetuo, per consecrarsi totalmente al servizio di Dio e all'apostolato. Questa perpetua con­ tinenza, osservata fedelmente da molti sacerdoti, suppone atti eroici, �uperiori alle forze comuni. Giuseppe de Mais tre potè dire del clero cattolico : « Vi sono nel cristiane­ simo cose si alte e sublimi, vi sono tra il sacerdote e le sue pecorelle relazioni si sante e sì delicate, che non possono appartenere se non a uomini assoluta­ mente superiori agli altri. Basta la confessione ad esigere il celibato ... Chi potrebbe credere che in un paese (protestante) dov'è sostenuta gravemente l'·eccellenza del matrimonio dei preti, l'epiteto di figlio di prete sia un'ingiuria formale? ... Che cos'è un ministro del così detto culto rtformato? È un uomo vestito di nero, che tutte le domeniche sale sulla cattedra, per tenervi onesti sermoni. Ogni uomo onesto può riuscire in tale mestiere, che non esclude nessu­ na debolezza dell'uomo onesto ... Da loro non si richiede altro che la probità. Ma che cos'è dunque questa virtù umana, per il terribile ministero che esige la probità divinizzata, cioè la santità? (Du Pape, lib. m, c. 3, 2). Ora da venti secoli, nella Chiesa cattolica, la grazia divina non ha forse sempre suscitato vocazioni sacerdotali, spesso molto generose, perchè il Vangelo sia sempre pre­ dicato, celebrato il sacrificio eucaristico, siano assolte le anime e rimesse inces­ santemente sulla via dell'eternità? 2) Gli ordini religiosi. - Nella Chiesa cattolica vi sono inoltre gli ordini religiosi, vere scuole di perfezione per arrivare alla santità mediante Ja pratica ' dei tre consigli evangelici e l'imitazione di Gesù Cristo. Mediante i tre va ti di povertà, castità e obbedienza sono combattute le tre concupiscenze della carne, degli occhi, dell'orgoglio. Lo stato religioso è cosi uno stato di consecrazione a Dio, dove l'anima che non indietreggia offre tutta la sua vita, il suo corpo, il cuore, la volontà, il giudizio in un sacrificio perfetto, che merita il nome d'olo­ causto ( cfr. S. Tommaso n-n a. 186 a. 7; 188, a. 6). La varietà di questi ordini manifesta la santità della Chiesa negli ambienti più diversi. Alcuni, come i Fratelli di San Giovanni di Dio e le Suore della carità, si dedicano ai malati; altri. come i Fratelli delle Scuole cristiane e i

    I

    577

    SANTI

    Salesiani, ecc., si votano all'educazione della gioventù; vi sono poi gli ordini di vita contemplativa e riparatrice come i Certosini, i Trappisti, il Carmelo; infine gl'Istituti che si consacrano alla predicazione del Vangelo, come i Frati Predica­ tori, i Frati Minori, i diversi Chierici Regolari, che lavorano per la salute delle anime fino alle più lontane missioni. Confronto con le chiese separate. Il protestantesimo in forza dei suoi principi, non offre nulla di simile, poichè Lutero cominciò con l'abolire i voti religiosi e sopprimere anche il principio della santità, insegnando che per la giustificazione basta la fede senza le opere. La sua famosa espressione : Pecca fortiter et crede fortius, senz'essere un'esortazione al peccato, è però la sovversio­ ne dei principi della santità. Il cristiano che ha peccato molto deve certamente avere una grande fede nei meriti infiniti del Salvatore, ma accusandosi delle sue mancanze, deve anche chiedere la grazia d'un vero pentimento e del propo· sito fermo d'evitare in avvenire il peccato mortale, deve lavorare generosamente per osservare sempre meglio i precetti dell'amor di Dio e del prossimo, sostanza della morale cristiana. La dottrina di Lutero misconosce la necessità e la grandezza dell'an1ore, quindi toglie alla morale cristiana tutto il suo slancio; cosl, sopprimendo il sacrificio della Messa, toglie ciò che è centrale nel culto cristiano. Quando per esempio in Svizzera si visita un'antica cattedrale cattolica, trasformata in tempio protestante, si resta vivamente impressionati da questo fatto : il tabernacolo è scomparso, e con esso la presenza reale del Salvatore; si ha un'impressione di freddezza e di tristezza, l'impressione che manchi il focolare spirituale che illumina. riscalda le anime e le attira a sè. -

    §

    3.

    -

    La diffusione delle virtù cristiane.

    La santità della Chiesa Romana si manifesta infine in modo permanen· te non solo nei migliori membri del sacerdozio e degli ordini religiosi, ma anche nelle virtù cristiane, incessantemente rinnovellate nel popolo cristiano. Tre virtù caratteristiche. Seguendo il Padre Lacordaire (Conferenze del 1 844), occorre sottolineare soprattutto tre virtù che sono come il privilegio del cristiano e che s'oppongono alla a concupiscenza della carne, a quella degli occhi e all'orgoglio della vita » (l Gv. 2, 16): la castità, l'umiltà e l a carità. La castità, reprimendo la lussuria, che corrompe le fonti della vita, conser­ va la santità del matrimonio facendone rispettare l'unità e indissolubilità. Invece, fuori della Chiesa, il divorzio viene sempre più accolto. L'umiltà, opponendosi all'orgoglio che fa desiderare tutto quello che c'innalza agli oc­ chi degli uomini, ricchezze e onori, libera dalla iattanza, dall'arroganza, dal­ l'ambizione, che sono la causa dì tanti dissensi e querele. La carità trionfa dal­ l'egoismo e non solo rende a ciascuno ciò che gli è dovuto, come la giustizia, ma dà più di quello ch'è dovuto, specialmente all'infermo e all'indigente; per­ dona anche le offese e le ingiurie, e pone fine alle discordie sociali, che la giu­ stizia da sola non riuscirebbe ad eliminare. -

    Queste virtù sono veramente proprie della Chiesa. Ora non c'è socie­ che più della Chiesa cattolica inculchi queste virtù con la parola e con l'esempio, come si vede non solo dal confronto del cattolicesimo col pagane-



    LA

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    SANTITÀ

    DELLA CHIESA

    simo, che permette la poligamia, ma anche dal confronto con il protestantesimo. Gli pseudo-riformatori non hanno raccomandato tali virtù cristiane : disprezzarono la verginità consecrata a Dio, sopprimendo i voti religiosi; si allontanarono dall'umiltà e dall'obbedienza, facendo del libero esame e del­ l'ispirazione personale la regola suprema della fede; infine dissero che, anche senza la carità e le buone opere, basta la fede per la salute. Lutero scriveva : «Il mondo diviene sempre più cattivo; ora gli uomini sono più vendicativi, più avari, più duri, più immodesti e indisciplinati, molto più cattivi di quanto non fossero sotto il papismo, multoque deteriores quam fuerunt in papatu o ( I ). Allo stesso modo parlava Melantone (2). Questo era il risultato della dottrina protestante sulla sufficienza della fede senza l'amor di Dio e del prossimo. Negli ambienti protestanti resta certamente ancora molto bene, ed è quanto conservano di cristiano, ma non si vede in loro quell'influsso speciale dello Spirito Santo che si manifesta con la grande fecondità della Chiesa nelle opere di carità. La santità che si nota in molti protestanti e nella loro istitu­ zione è o naturale oppure ordinaria, e non raggiunge l'eroi.cità che vediamo nei santi canonizzati. In mezzo a loro non si trovano apostoli come San Vincen­ zo de' Paoli, dottori simili a San Tommaso d'Aquino, re o principi che ricor­ dino la virtù d'un san Luigi.

    CAPITOLO V.

    -

    LA VERA SANTITÀ CRISTIANA E ALTRE FORME DI PERFEZIONE Mirabilis Deu.s in sanctis suis

    Le varie concezioni della perfezione umana. - Per completare quanto s'è detto della santità della Chiesa, conviene paragonare la vera santità cristia­ na ad altre forme della perfezione umana che tendono sempre a ricomparire. I barbari dall'antichità facevano consistere la perfezione dell'uomo spe­ cialmente nella fortezza; la maggior parte dei filosofi greci specialmente nella saggezza, frutto della riflessione; il vangelo e la Chiesa pongono la perfezione essenzialmente nella carità o nell'amore di Dio e del prossimo. Forza, saggezza umana e carità esprimono ciò che è dominante in queste tre diverse concezioni della vita. Ora il prevalere della carità può elevare consi­ derevolmente le altre due forme dell'attività, ordinandole a Dio e al bene delle anime, com'è facile constatare.

    § I.

    -

    L'eroe e il santo.

    La forza è la virtù suprema dei popoli barbari. La forza in cui gli eroi dei popoli barbari riponevano la perfezione umana, era il coraggio e la bravura nel combattimento, come ricordano le leggende, specialmente •

    (1)

    1904,

    LUTHERUS, PostUla in Evang. dom. I adv. Cfr. A. BAUDRJLLART, L'Eglise catholiljue, la Conf. VIII.

    (2)

    Renaissance, le Prole.stanlism6,

    Paris

    ' IL SANTO, L EROE, IL SAGGIO

    579

    que lla dei Nibelungi. L'orgoglio nazionale dei popoli talvolta tende a ricon· durre a questo ideale, esaltando la forza fisica, l'audacia, la costanza ostinata e la fiducia di sè, cui spesso s'uniscono l'ingiustizia e l'orgoglio. M a questa conce­ zione non basta certamente a porre l'uomo al suo vero posto di fronte a Dio e al prossimo. La forza non è la virtù suprema del cristianesimo, ma può venir trasfigurata dalla carità. -Invece la fortezza messa umilm�:nte al servizifl della fede cristiana e della carità, ci appare trasfigurata nei martiri cristiani, che pre­ gavano per i loro carnefici. È chiaro che la fortezza e la pazienza sono virtù molto necessarie e indispensabili alla perfezione; ma più in alto c'è la giustizia verso gli altri, la prudenza, che dirige tutte le virtù morali, e specialmente vi sono le virtù teologali, che hanno Dio per oggetto. Per questo il martirio, che è un atto della virtù della fortezza, trae il suo principale valore dal fatto che è il segno d'un grande amore di Dio. Evidentemente la fortezza non è la perfezione della nostra intelligenza riguardo alla verità suprema, nè quella della nostra volontà riguardo al sommo bene; è soltanto una virtù che reprime il timore in mezzo alle difficoltà e ai pericoli, per rimanere nella linea della ragione umana. Gli eroi, che ebbero soprattutto il culto della fortezza e della bravura, non possono quindi essere affatto paragonati ai santi che la Chiesa ci propone come modelli. § 2.

    -

    Il saggio e il santo.

    L'ideale greco. La maggior parte dei filosofi greci pensava che l'auten­ tica perfezione dell'uomo fosse quella della sua intelligenza, per cui egli si distin­ gue dalla bestia, e che consistesse soprattutto nella saggezza umana, o conoscen­ za eminente di tutte le cose mediante la causa suprema, e nell'amore del vero, del bello e del bene. Tale concezione ricompare più o meno alterata nei filo­ sofi che pongono la cultura intelleltuale al vertice di tutto, quasi bastasse per rettificare la volontà verso il vero bene. -

    La scienza e anche una certa La perfezione cristiana è un'altra cosa. sapienza speculativa possono realmente esistere senza l'amore di Dio e del pros­ simo. La perfezione del professore o del dottore, come tale, non è quella del­ l'uomo in quanto uomo. Non si può confondere la perfezione dell'intelligenza speculativa con quella di tutto quanto l'uomo, la quale richiede la profonda rettitudine della volontà. Questa a sua volta non può esistere se non si ama efficacemente il Bene sommo, Dio, più di noi stessi e sopra tutto, e se non amia­ mo realmente il prossimo, che ha lo stesso nostro destino. Ora questa eminente carità, che supera di gran lunga la sapienza dei filosofi e che comporta una ben più alta sapienza, è proprio ciò che meglio caratterizza i santi canonizzati dalla Chiesa. I saggi dicevano solo come Socrate : Conosci te stesso, sii uomo, la misura del bene è l'uomo buono, che vive secondo la retta ragione. I santi invece cercarono di conformarsi all'ideale proposto dal Salvatore : Siate per­ fetti com'è perfetto il Padre celeste (Mt. 5, 4B). Essi penetrarono ognor più la verità .che noi siamo chiamati a vedere Dio come egli vede se stesso e ad amarlo come egli si ama, e l'irradiarono nel loro ambiente. -

    580

    LA

    SANTITÀ DELLA CHIESA

    I saggi dell'antichità dicevano con orgoglio: • L'uomo alle prese con l'avversità è uno spettacolo divino». I santi invece vissero quello che Gesù diceva con semplicità e profondità : a Beati quelli che piangono (le loro man­ canze); beati quelli che soffrono persecuzione per la giustizia, perchè di loro è il regno di Dio ». I filosofi parlano delle virtù Ciò che il santo aggiunge al saggio. acquisite d'ordine umano e spesso instabile; mentre le virtù che vediamo nei santi sono d'ordine superiore. Essi infatti praticarono in modo eminente la temperanza fino alla castità assoluta, la verginità, la fortezza e la pazienza fino al martirio, la giustizia fino a trasformarla in «fame e sete della giustizia di Dio n, la prudenza fino alla perfetta dolcezza allo Spirito Santo, loro ospite interiore. Tutti, assieme alla dolcezza, praticarono eminentemente l'umiltà ignota ai saggi, perchè fondata su due misteri che i medesimi saggi ignoravano: il mistero dell'atto creatore, che d produsse liberamente dal nulla e ci conser­ va nell'esistenza, e il mistero della grazia, necessaria al minimo atto salutare, al minimo passo in avanti nel cammino verso l'eternità. Cosi vediamo che i santi, quando il Signore si degnava di servirsi di loro per compiere le più grandi cose, si ritenevano «servi inutili». E non solo accettarono, ma anche giunsero a desiderare d'essere trattati come persone spregevoli. Ma quello che soprattutto si sente in loro, e nien t'affatto nei saggi, è il grande soffio delle virtù teologali e dei doni dello Spirito Santo : una fede soli­ dissima e penetrante, che è come una contemplazione dell'invisibile; una spe­ ranza fiduciosa, che diventa abbandono perfetto; un amore di Dio e delle ani­ me sempre più puro e forte, che trascina e converte gli erranti, rivelando loro l'infinita bontà e la misericordia di Dio. -

    Confronto tra l'efficacia della saggezza e quella della santità. - Mentre i filosofi più sinceri si riconoscono impotenti a mutare le disposizipni interiori degli uomini, Gesù con alcuni pescatori della Galilea nonostante tre secoli di persecuzione, riusd a mutare l'ideale dell'umanità, diede a moltissime ani­ me l'amore del bene, a molti lo slancio soprannaturale per il sacrificio, sparse in tutti i popoli meravigliosi fiori di santità. La sua opera resta sempre .viva nelle nazioni moderne attraverso apostoli, come un santo Curato d'Ars, un San Giovanni Bosco e coloro che nell'ora presente lottano e soffrono là dove infuria la persecuzione, specialmente nei paesi slavi e nella Cina. La differenza tra il saggio e il santo Donde proviene tale diJferenza. fu messa bene in rilievo in un saggio del Festugière, in cui si legge questa bella pagina riguardo ai primi cristiani : per essi " il Cristo non era, come Ercole o Pitagora, l'eroe d'un passato favoloso, raggiungibile solo attraverso il ricordo e che bisognava imitare con le sole risorse della volontà. No, Egli era invece una persona sempre viva, più presente all'intimo del fedele di quanto il fedele lo fosse a se stesso. Il cristiano se ne sentiva posseduto e sentiva che Qualcuno agiva in lui. Ora questo fatto doveva condurre alla rivoluzione del­ l'etica e ormai l'atto ha meno valore dell'intenzione. Discepoli di Zenone, di Epicuro, di Pitagora e di Gesù potevano compiere lo stesso atto d'ascesi, dandosi per esempio al digiuno. L'uno pensava a fortificare la sua volontà, a darsi -

    581

    IL SANTO, L'EROE, IL SAGGIO

    un'anima di atleta; l'altro cercava soprattutto di evitare anche il minimo ec­ cesso che turbasse la sua quiete; il terzo si asteneva per allontanarsi il più pos­ sibile dalla materia e conservare libero il proprio spirito imparentato con l'etere; il cristiano digiuna per amore. Mangiare o non mangiare sono per lui solo mezzi di amare. L'essenziale è avvicinarsi al Maestro, sentirlo in sè, fuoco che consuma, voce che rianima, calma, biasima: presenza, sussurro d'un Amico. Egli è qui, io lo ascolto. Tutte le virtù sono trasfigurate, e valgono solo in quanto rivestite, per cosi dire, del mantello dell'amore. Ma l'immagine non è ancora esatta, perchè l'amore rinnova di dentro, e così il principio di tutta l'attività umana viene a trovarsi mutato. II bel nome di Renato allora aveva il suo pieno significato. Si rinasceva in Cristo. S'era veramente un altro. Gesù 5tesso s'era sostituito alla nostra infermità • (Le Sage et le Saint, in Vie Intel­ lectuelle, 25 marzo 1934, p. 405). La santità esige una rinuncia a se stessi e alla propria saggezza In modo tutto particolare il santo differisce dal saggio perchè è morto a se stesso per vivere di Dio. Egli dice con San Paolo: M ihi vivere Christus est (Filip. l, 21). La mia vita non è l'attività personale, esteriore o intellettuale, è il Cristo, e la morte per me è un guadagno. Il santo ha davvero compreso che l'autentico sviluppo della personalità consiste nel perderla in qualche modo in Dio, nel morire a se stessi, perchè Dio viva in noi. Cosi il santo si arma di un odio santo contro il proprio io, fatto d'amor proprio e di sottile egoismo o di orgoglio; nella sua intelligenza, cerca di sosti­ tuire alle sue piccole idee personali il pensiero di Dio ricevuto con la fede, nella sua volontà si sforza di sostituire al proprio volere quello di Dio, del quale si fa servo, come la mano è serva della nostra volontà. II santo comprende che Dio deve divenire per lui un altro io, più intimo a lui che il proprio io, e in certi momenti può dire : « Io vivo, ma non sono più io che vivo, è Gesù Cristo che vive in me » (Gal. 2, 20). •



    La personalità soprannaturale e la sua forza di irradiamento. - Moren­ do a se stesso per lasciare vivere Dio in sè, il santo acquista una per;onalità che domina Io spazio e il tempo; diviene lo strumento di Dio per trasmettere alle anime di molte generazioni la vita eterna. Mentre quasi nessuno attinge alimen­ to spirituale dalle lettere di Seneca, migliaia d'anime ancor oggi vivono delle Lettere di San Paolo, come se fossero state scritte ieri e proprio per noi. I grandi fondatori di ordini religiosi conservano una paternità spirituale con effetti con­ statabili per molti secoli. San Vincenzo de' Paoli diviene il padre dei poveri per tutta una serie di generazioni in vari paesi. Pasca!, ricordando la distinzione dei tre ordini, nota questa cosa nei suoi Pensieri: « La distanza infinita dai corpi agli spiriti figura la distanza infinita­ mente più infinita dagli spiriti alla carità, perchè questa è soprannaturale ... La grandezza della gente intellettuale è invisibile ai re, ai ricchi, ai capitani, a tutti i ?Ta��i nell'o�dine c�rnale. �a grandezza �ella saggezza (unita alla carità)... . _ carnali e alla gente mtellettuale. Sono tre ordini diffe­ è mvmbtle agh uomm1 renti ... I santi hanno il loro impero, il loro splendore, la loro vittoria, il loro lustro e ?on hanno bisogno delle grandezze carnali o intellettuali, poichè queste non aggiUngono nè tolgono. Essi son visti da Dio e dagli angeli, ma non dai corpi, nè dagli spiriti curiosi : Dio a loro basta ... Gesù Cristo senza ricchezze e

    LA

    582

    SANTITÀ DELLA CHIESA

    senza alcuna produzione esterna di scienza, sta nel suo ordine di santità ». Lo stes­ so Pasca! soggiunge : « Per fare d'un uomo un santo, ci vuole proprio la grazia; e chi ne dubita non sa che cosa sia un santo, nè un uomo ». § !1. Le diverse forme della vera santità. •

    Qui conviene notare che la vera santità cristiana, di cui parliamo, appare nella Chiesa sotto tre diverse forme, che rispondono ai tre grandi doveri verso Dio : conoscerlo, amarlo, servirlo. Il corpo mistico di Cristo nella sua unità pos­ siede una grande varietà di funzioni: di qui la sua armonia. Vi sono anime sante, che hanno soprattutto la missione di amare Dio con un amore ardente e di riparare cosi le offese delle quali Egli è fatto oggetto; qui si esercita soprat­ tutto la facoltà della volontà e la grazia principale è quella d'un amore forte. Altre anime eccellono nella contemplazione di Dio e fanno conoscere agli altri la via che conduce alla divina intimità; in esse domina la grazia della luce. Infine sono molto numerose le anime che hanno soprattutto la missione di servire Dio con la fedeltà al dovere quotidiano, nelle varie opere della carità. I martiri o la forza dell'amore. Al primo gruppo appartengono i grandi martiri, il serafico San Francesco d'Assisi, Santa Chiara e, più vicini a noi, Santa Margherita. Maria, San Benedetto Giuseppe Labre, cosi impressionante per il grande amore alla Croce. Nell'apostolato, San Carlo Borromeo, San Vin­ cenzo de' Paoli. Tutte queste anime sono più notevoli per la loro carità ardente che per i loro lumi. .

    I Dottori o le anime luminose. Al secondo gruppo, quello delle anime luminose, appartengono i grandi dottori della Chiesa, specialmente Sant'Agosti­ no, San Tommaso d'Aquino, San Frances,co di Sales per l'Occidente, S. Atana­ sio, S. Cirillo Aless., S. Giov. Crisostomo per l'Oriente. -

    La grande folla delle anime fedeli. Tra i santi votati soprattutto al ser­ vizio d i Dio bisogna contare i grandi pastori della Chiesa primitiva, consecrati fino al martirio alla loro diocesi, gli apostoli particolarmente attenti ai mezzi più pratici della perfezione, come un Sant'Ignazio di Loyola, un Sant'Alfonso dei Liguori, e la grande maggioranza dei servi di Dio che si santificarono con la fedeltà ai doveri quotidiani nella vita nascosta. Le tre forme di santità che ricordano i tre periodi dell'esistenza terrena del Salvatore, cioè la vita nascosta, la vita apostolica e la vita dolorosa, tendono allo stesso scopo. Queste anime salgono per versanti diversi, alla stessa sommità; più salgono più si assomigliano, pur conservando la propria fisionomia spiri­ tuale, e ci fanno in travvedere l'eminente santità di Cristo, che contiene virtual­ mente le varie forme di perfezione, come la luce bianca contiene i sette colori dell'arcobaleno. -

    § 4.

    -

    L'armonia superiore della santità.

    Cosi cogliamo meglio L'equilibrio spirituale dell'anima unita a Dio. i due caratteri essenziali della perfezione spirituale analizzati da principi o : l'assenza d'ogni macchia morale, del peccato, e l'unione con Dio, sempre più -

    583

    TESTIMONIANZA DELL'ESPERIENZA MISTICA

    forte e intima. Quest'unione con Dio mediante la fede ferma, la speranza invin­ cibile, la carità ardente e pura, assicura l'equilibrio della vita dei santi, armoniz­ zando in essi le virtù apparentemente più opposte : un'alta sapienza a una pru­ denza attenta alle minime circostanze, in cui essi devono agire; una forza perse­ verante e una perfetta dolcezza; la magnanimità, che li porta a grandi cose, e l'umiltà, che ricorda loro di non essere che servi inutili; un grandissim() amore della verità e del bene, e una misericordia sempre soccorrevole per gli erranti; uno zelo che pur non perdendo nulla del suo ardore, resta molto umile, paziente e dolce. L'armonia profonda di questi con­ E' un equilibrio duttile e personale. trasti costituisce la ricchezza della vita dei santi; vita che è insieme fermissima e duttilissima ed ha grazie sempre nuove. Un santo non copia mai un altro santo, ma ciascuno porta in sè la stessa a fonte d'acqua viva che sale nella vita eterna n. Come scrisse il P. de Caussade, ''lo Spirito Santo continua l'opera del Salvatore. Mentre assiste la Chiesa nella predicazione del Vangelo di Gesù Cri­ sto, scrive egli stesso il proprio Vangelo, e lo scrive nei cuori : tutte le azioni, tutti i momenti dei santi sono il Vangelo dello Spirito Santo. Le anime docili son la carta; le loro sofferenze e azioni son l'inchiostro. Lo Spirito Santo con la penna della sua azione scrive un vangelo vivente che si potrà leggere solo nel giorno della gloria, dove sarà finalmente pubblicato, dopo essere uscito dalla stampa di questa vita n. (L'abandon à la Providence, lib. n, c. v). Similmente San Tommaso d'Aquino afferma che la nuova legge, prima di essere scritta su pergamena è scritta nelle anime mediante la grazia di Dio : a Principaliter lex nova est lex indita, secundario autem est lex scripta n (S. th., 1-11, q. 106, a. 1). -

    La bellezza interiore ed esteriore della santità. Quello che qui diciamo può esser visto, come nella vetrata d'una chiesa, dal di fuori e dal di dentro. La vera santità, vista dal di fuori dall'incredulo, che cerca sinceramente la verità, è già un segno, come lo fu per molti la vita d'un Curato d'Ars; ma questo segno è incomparabilmente più bello ed espressivo quando ci è dato vederlo dal­ l'in terno, sotto la luce della viva fede che illumina i santi. Concludiamo questo capitolo facendo osservare che i santi, mentre servo­ no la Chiesa, onorano ed esaltano l'umanità al sommo grado. In essi infatti ritroviamo in modo eminente e la fortezza degli eroi e la saggezza dei filosofi, ma trasfigurate e sublimate dai doni della grazia. -

    CAPITOLO VI. LA TESTIMONIANZA DELL'ESPERIENZA MISTICA -

    La santità della Chiesa, manifestata dal suo influsso e dall'eroicità delle virtù dei grandi servi di Dio che essa annovera tra i suoi figli, viene confermata . dall'esperienza mistica? Ultimamente s'è molto scritto a questo riguardo. Anche increduli, che cer­ cavano la verità, hanno parlato a loro modo in favore di quest'ultima testi­ monianza. Conviene esam,inare a quali condizioni essa può essere valida e quello che permette d'affermare. .

    ·

    LA

    584 §

    I.

    SANTITÀ DELLA CHIESA

    - Che cosa domina nella vita dei mistici cristiani1

    Molti psicologi con­ L'esperienza mistica è basata sopra un'emozione? . temporanei ( l) pensano che i mistici � iano � omina�i s?prattutto da un :emo�l?ne, alla quale si abbandonano e che p01 espnmono m Idee e concez1om rehg:ose, come quella della misericordia divina verso di noi, o quella della necessità di offrire una riparazione alla giustizia divina. . Ma, secondo questi psicologici, noi non ci possiamo pr� nunciare suìla _ verità di queste concezioni religiose se non da un punto di v1sta purame r:te empirico e pratico, cioè per il felice effetto che esse possono produrre, speCial­ mente se è durevole e desta un'eco in noi. Perciò si può chiedere se in queste concezioni ci sia qualcosa di più d'un bel sogno del sentimento religioso, sogno consolante, ma il cui oggetto non supererebbe i limiti del probabile, pur dive­ nendo sempre più plausibile per il numero crescente dei suoi felici risultati. -

    _

    I mistici cattolici in realtà fondano la loro vita sopra una dottrina. È vero che nei mistici cristiani e cattolici dapprima domina un'emozione della -

    sensibilità, che s'esprimerebbe poi in determinate credenze? Basta leggere la loro vita e le loro opere per vedere che non è cosi; secondo la loro testimonian­ za i mistici cattolici fondano tutta la loro vita sulla verità della rivelazione cri­ stiana confermata dai segni divini che l'accompagnano. In essi la fede nella verità del Vangelo, proposta dalla Chiesa, è il fondamento della loro speranza e del loro amore di Dio e del prossimo. Essi sono sempre più attenti a mettere la verità nella loro vita, a non vivere che di verità divina. Santa Caterina da Siena. Particolarmente impressionante nella vita e nel Dialogo di Santa Caterina da Siena è il falto che ella ritorna costantemente a queste parole del Salvatore : a Io sono la via, la verità e la vita a (Gv., 14, 6), e non cessa di dire che la fede ricevuta nel battesimo è come la pupilla dell'oc­ chio dell'intelligenza e, che per essa noi aderiamo infallibilmente alla divina dottrina, di cui dobbiamo vivere (Il Dialogo, c. 29. 45. 46. 99). Essa. parla con eguale ammirazione ed entusiasmo della Verità divina come dell'Amore di Dio per noi. -

    Santa Teresa. - Santa Teresa s'esprime a1lo stesso modo e ricorre ai teologi per avere luce su quello che è verità di fede e sulla bontà della via da lei seguita : • Nelle questioni più difficili, ella scrive, uso sempre quest'espressione : mi sem­ bra; e ciò per far capire che qualora mi ingannassi, sarei sempre pronta a sotto­ mettermi al parere di coloro che han molta dottrina. Costoro, benchè di queste cose non abbiano esperienza, hanno sempre un certo senso che è loro proprio. Siccome Dio li destina ad essere la luce della Chiesa, quando si tratta d'am­ mettere una verità li illumina Lui stesso. E se non sono leggeri, ma servi di Dio, !ungi dallo scandalizzarsi innanzi alle meraviglie della grazia, sono anzi persuasi che Dio può fare assai di più. E se si tratta di cose non ancora ben �hiare, trovano modo di_ ammetterle studi �ndo. quelle che sono scritte. Di questo 10 ho una grande espenenza » (Castello zntenore. Quinte mansioni, c. I. n. 7). (1)

    Cfr. H. BERcsoN, Les deu:t sources th

    pp. 235· 256, 26g, 273·

    la

    morale

    et th la religion, Alcan, Paria 1932,

    585

    ' TESTIMONIANZA DELL ESPERIENZA MISTICA

    San Giovanni della Croce. - I mistici cattolici sono quanto mai attenti fondare la loro vita sulla verità divina, e su questo punto San Giovanni della Croce è particolarmente esigente. Con energia egli premunisce le anime interiori contro il desiderio delle grazie straordinarie, come visioni, apparizioni, che le allontanerebbero dall'oscurità superiore della fede, in cui devono nutrirsi della verità divina rivelata, penetrarla, gustarla. (Cfr. Salita del monte Carmelo, libro n, cap. x). a

    Tuttavia la vita mistica è un'esperienza personale di Dio. Ma è perfet­ tamente vero che i mistici, sul fondamento della fede unita alla carità, almeno di quando in quando hanno un'esperienza personale delle cose di Dio, che apporta una seria conferma alla certezza della loro fede e quindi anche della nostra. Leggendo la loro vita e i loro scritti si vede che quel che doruina in essi non è un'emozione della sensibilità, ma la carità fondata sulla verità della fede. Da questo punto di vista, molto superiore a quello degli psicologi di cui parlavamo al principio di questo capitolo, si può dire come Bergson e più di lui • che non si comprende l'evoluzione della vita (noi diremmo : vita interio­ re)... se non vedendola alla ricerca di qualcosa d'inaccessibile, a cui il grande mistico giunge n (Les deux sources, p. 228; trad. it. p. 234). « In fondo alla maggior parte degli uomini c'è qualcosa che gli fa impercettibilmente eco. Egli ( il grande mistico) ci scopre, o meglio ci scoprirebbe se noi lo volessimo, una prospettiva meravigliosa; non lo vogliamo, e, per lo più non potremmo volerlo; l'effetto ci spezzerebbe. Ma la sua attrattiva ha ugualmente agito; e come capita quando un artista di genio ha creato un'opera che ci supera e di cui non riusciamo ad assimilare lo spirito, ma che ci fa sentire la volgarità delle nostre forme di ammirazione precedenti, cosi la religione statica, anche se sus­ siste, non è già più del tutto ciò che era, e, soprattutto, non osa più palesarsi quando è apparso il vero misticismo ... Quelli che da lontano si sono inchinati alla parola mistica, perchè ne sentivano nel loro intimo la debole eco, non possono restare indifferenti a ciò che essa annuncia » (ivi, pp. 228-230). -

    L'omaggio di Bergson ai mistici cristiani. Dato il suo punto di vista ancora molto esterno, Bergson potè dire : a Se i grandi mistici sono quali li abbiamo descritti, essi sono gli imitatori e i continuatori originali, ma in­ completi, di ciò ·che fu in modo completo il Cristo dei Vangeli » ( ivi, p. 256; trad. it. p. 262). « Il misticismo che chiamiamo completo è quello dei mistici cristiani... (misticismo non solo contemplativo), misticismo attivo, capace di marciare alla conquista del mondo " (ivi, p. 257). Un incredulo può essere condotto per questo ad ammettere come pro­ babile ( ivi, p. 265) sia l'esistenza di Dio, di cui parlano i grandi mistici, sia il valore spirituale della loro esperienza interiore, che non è senz'eco in noi. Bergson è condotto a questa conclusione notando che cr i grandi mistici ge­ neralme�te sono stati uomini o donne d'azione, di un buon senso superiore, e che • Il loro accordo profondo indica un'intuizione identica a (ivi, pp. 262-

    265).

    Cosi parlava un filosofo contemporaneo in un'opera dove non credeva ancora possibile una dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio, nè una vera prova dell'origine divina del cristianesimo e della Chiesa mediante segni certi

    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    586

    ( ivi, pp. 260-261). A tali prove giunse più tardi, il cattolicesimo. n

    avendo

    il

    Bergson abbracciO'.to

    valore probativo della testimonianza mistica per l credenti.

    -

    Se invece ammettiamo il valore delle prove tradizionali dell'esistenza di Dio e la forza probante del miracolo, che conferma la rivelazione, nell'esperienza interiore dei grandi mistici cattolici non avremo una conferma di più? Certa­ mente, ma a patto di non fare dell'esperienza mistica un semplice prolunga­ mento di quella del filosofo, il che ci ricondurrebbe a un pretto modernismo, che in fondo nega la distinzione essenziale e profondissima della natura e della grazia. Non bisogna neppure pretendere di trovare nel misticismo cristiano un contenuto indipendente dai dommi rivelati, proposti dalla Chiesa, e mantene­ re bene chiaro, come dicevamo in principio, che l'esperienza dei mistici cat­ tolici suppone la verità della fede e si fonda su di essa. § 2.

    -

    Che conferma dà l'esperienza mistica?

    L'esperienza mistica conferma i segni già certi della Rivelazione.

    -

    Se si fa appello a quest"esperienza interiore alla maniera dei protestan ti libe­ rali e dei modernisti, si dimostra tutt'al più che la Rivelazione risponde alle più alte aspirazioni della nostra natura; ne segue solo che il cristianesimo e il cattolicesimo sarebbero la forma più elevata della religione naturale, del sentimento religioso, che d'altronde potrebbe ancora evolversi e mutarsi perfino nei dommi. Così non si dimostra affatto l'origine divina e soprannaturale della Chiesa immutabile nella sua fede. Però nell'esperienza mistica dei santi si può trovare una preziosa con­ ferma dei segni già certi della Rivelazione in quanto questa risponde alle no­ stre più alte aspirazioni in modo del tutto ammirabile e sovrumano. l disce­ poli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Salvatore che diede loro l'intelli­ genza delle Scritture, specialmente delle profezie in parte realizzate, . si dissero l'un l'altro : " Or non ci ardeva il cuore in petto, mentre ci parlava per via; men tre ci spiegava le Scritture? n (Le. 24, 32). In questo caso un'esperienza m­ teriore venne a confermare il segno delle profezie realizzate e il ricordo dei miracoli di Gesù, nonchè della sublimità della sua dottrina. Cosi negli Atti degli Apostoli ( 1 6, 1 4) si legge che quando San Paolo predicava a Filippi in Macedonia, tra gli ascoltatori c'era una donna chiama­ ta Lidia, della città di Tiatira, venditrice di porpora, timorata di Dio, u e il Signore le aprì il cuore per porre mente a quello che diceva Paolo n. L'espe­ rienza interiore, che ella allora dovette avere, le confermò quanto San Paolo di· ceva del Salvatore e della sua resurrezione. La stessa cosa può avvenire quando noi leggiamo con raccoglimento le parole di Gesù agli apostoli: " Il Confortatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà in mio nome, egli vi insegnerà tutto, e tutto vi rammenterà quanto vi ho detto. Io lascio a voi la pace, vi dò la mia pace; ve la dò, non come la dà il mondo. Che il vostro cuore non si turbi, nè si sgomenti>> (Gv. 14, 26-27). Porta una nuova luce sull'origine divina della Chiesa. . L'espe· . nenza della pace profonda, che il mondo non può dare, corrobora assai le certezze precedenti; inoltre porta una nuova luce sull'origine soprannaturale

    TESTIMONIANZA DELL'ESPERIENZA MISTICA

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    del Vangelo e della Chiesa, in quanto questa pace, alle volte cosi profonda, sembra proprio che non possa provenire che da uno speciale intervento di Dio, l'unico capace di toccare tanto intimamente il cuore dell'uomo. Egli solo infatti nei suoi doni spirituali può unire un'ammirabile conformità con la no­ stra natura e la perfetta gratuità che è propria della grazia divina; Egli solo unisce con il suo tocco intimo la certezza della fede p enetrante e saporosa e la sua oscurità; Egli solo unisce la fermezza e la dolcezn, ed Egli solo conserva nella pace in mezzo all'afflizione, e talvolta all'angoscia. Gli ascoltatori del Salvatore ebbero certamente quest'esperienza in va­ rie forme. Cosi leggiamo in Matteo (7, 28) dopo il discorso della montagna: u Quando Gesù ebbe finito di parlare, le turbe stupivano della sua dottrina, poichè egli le ammaestrava come uno che ha autorità e non come i l oro scribi ». Nei fedeli, specialmente quando sono generosi, molto fedeli alla grazia momento per momento, l'esperienza interiore secondo San Giovanni viene dallo Spirito Santo : «La sua unzione, egli dice, vi insegnerà ogni cosa » (l Gv. 2, 27). San Paolo parla molto spesso allo stesso modo: « Voi non avete ricevuto lo spirito di schiavitù per essere soggetti ancora al timore; ma avete ricevuto lo spirito d'adozione in figliuoli, nel quale esclamiamo : Abbai o Pa­ dre! Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che noi siamo figli di Dio • (Rom. 8, 15-16). Una conoscenza sperimentale di Dio e della vita eterna. - Cosi, per l'ispirazione speciale dei doni d'intelletto e di sapienza, la nostra fede di­ venta sempre più penetrante e saporosa. Skchè veniamo ad avere, in un'oscu­ rità superiore così differente dalle tenebre dal basso, un presentimento delle cose della patria, una conoscenza quasi sperimentale della presenza di Dio in noi mediante l'affetto profondo e pacificante che c'ispira, e in tutto questo c'è una specie di sapore di vita eterna, che porta una conferma di grande va­ lore a quanto crediamo. San Paolo dice egualmente: « Fate conoscere a Dio i vostri bisogni per mezzo delle vostre preghiere e suppliche, con azioni di grazia. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» (Filipp. 4, 6-7). a Non abbiamo cessato di pregare per voi e di do­ mandare che ab biate la piena conoscenza della volontà di Dio con ogni sapien­ za e intelligenza spirituale. E cosi vi potrete diportare in modo degno del Si· gnore e piacere interamente a lui o (Coloss. l , 9). u Io piego le mie ginocchia da· vanti al Padre ... perchè conceda a voi, a seconda dei tesori della sua gloria, di essere potentemente corroborati mediante il suo Spirito, nell'uomo interio­ re, -c ioè che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori onde, radicati e fondati nella carità, siate capaci di capire con tutti i santi quale sia la lar­ ghezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità, anzi di comprendere l a carità di Cristo, che sorpassa ogni conoscenza, a{finchè siate ripieni di tutta la pienezza di Dio» (Efes. 3, 14- 19). Quest'esperienza è radicata nella fede e nella carità. - Ecco l'espe­ rienza mistica profonda, elevata; evidentemente essa è fondata sulla fede, in un'anima che .è radicata nella carità; essa procede da un'ispirazione specia­ le dello Spirito Santo e quindi conferma grandemente e in modo molto inti· mo la certezza dei segni esteriori della rivelazione e perfino della fede, mo-

    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

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    strandoci tutto l'irraggiamento della dottrina del Salvatore, facendoci in qua�­ che modo sperimentare che lo Spirito Santo è � avver� la a [onte dell'acqua v,. _ va che sale nella vita eterna D (Gv. 4, 14). D1 quest espenenza confermativa parla l'Apocalisse (2, 17): " A l vincitore darò la manna nascosta; e io gli darò un sassolino bianco nel quale sarà scritto un nome nuovo che nessuno conosce se non chi lo riceve "· È la manna spirituale discesa dal cielo come la manna corporale che ne era la figura molto lontana; è il nutrimento divino non del corpo, ma dell'anima; è la contemplazione infusa dei misteri della fede che ce li fa sempre più penetrare e gustare. E' una testimonianza probativa per chi ne è favorito e per gll altri. Certo, una siffatta conoscenza conferma le verità di fede, specialmente in chi la riceve, nel momento in cui la riceve. Ma rappresenta una conferma anche per gli altri mediante l'eco che trova in loro. È quel che capita a noi quando nel raccoglimento e con tutta la buona volontà leggiamo le opere dei grandi santi, che sperimentarono cosi profondamente le cose divine. Chi non proverebbe questa sicurezza leggendo le più belle pagine dell'Imitazione, del Dialogo di Santa Caterina da Siena, del Castello interiore di Santa Teresa, del­ la Viva Fiamma di San Giovanni della Croce? Leggendo dolcemente queste pagine, l'anima raccolta in Dio sperimen­ ta che la sua vita sale sempre più, aspira a un amore di Dio sempre piti puro e forte, sente sete di quest'amore e, ancor più, della giustizia di Dio. Speri· menta che ciò che le è dato non solo risponde alle sue più alte aspirazioni naturali, ma ne suscita altre del tutto nuove, che essa non conosceva. È vera­ mente la vita dell'amore nel senso più forte e più tenero, con un ardente de­ siderio di purezza spirituale sempre maggiore. -

    L'esperienza della vita interiore non è solo individuale, ma comune. L'esperienza interiore non è solo individuale e propria di questo o quel santo, ma esiste in grado diverso in tutte le anime veramente interiori e nella misura in cui sono fedeli. E allora quest'esperienza comune della pace profonda che viene dal Vangelo e dalla vita della Chiesa offre come una certezza morale della loro origine divina. Se le nostre aspirazioni più alte sono veramente soddisfatte da questa profonda pace del cuore; se da questa vengono suscitate nuove e più elevate aspirazioni, ciò è segno che detta pace può venire solo da Dio, l'unico capace di toccare cosi profondamente il cuore dell'uomo, di colmarlo e dilatarlo. -

    La convergenza delle testimonianze mistiche, unita al segno esteriore della santità, prova la missi one divina della Chiesa. - Infine se quest'esperien­ za interiore comune s'unisce ai segni esteriori della santità della Chiesa, della sua unità, della sua invitta stabilità, della sublimità della sua dottrina, della fecon· dità del suo influsso, si può avere come dice il Vaticano, una prova irrefragabile della sua divina missione. (Cfr. Sess. 111, cap. 3, de fide,· Denz. 1793-1794).

    § !1.

    -

    Le altre forme d'esperienza interiore.

    Solo la mistica cattolica è completa. Quanto abbiamo detto della san­ tità della Chiesa e dei servi di Dio, che essa propone come modelli, dimo­ stra che solo la mistica cristiana e cattolica è completa e che non sacrifica nessuno -

    TESTIMONIANZA DELL'ESPERIENZA MISTICA

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    dei due elementi: contemplazione e azione. In essa, al contrario di quanto capita troppo spesso nei filosofi e nel buddismo e nell'islamismo, la contemplazione n on rimane sterile; dalla sua pienezza deriva !"attività fecondissima dei santi canonizzati il cui influsso dura per secoli come quello dei fondatori di ordini. La mistica -cattolica, nei santi canonizzati dalla Chiesa, non devia nè verso il sentimentalismo, che cerca se stesso invece di desiderare fortemente Dio e le anime; nè verso l'orgogliosa austerità, la quale dimentica che la perfe· zione consiste soprattutto nella carità e nel suo continuo irraggiamento. Il protestantesimo, sostenendo che la fede può giustificare senza la carità, senza il compimento del precetto supremo, ha profondamente misconosciuto la vita della grazia, che ha il suo pieno sviluppo nella vita mistica. I mistici fuori della Chiesa. Altrove abbiamo studiato quello che può essere l'influsso della grazia nei mistici del di fuori (2), che non appartengono visibilmente alla Chiesa cattolica, ma che sono anime di buona volontà e sembra­ no avere una certa intimità con Dio. Abbiamo concluso che le gTazie mistiche impropriamente dette (3) non solo sono possibili fuori della Chiesa visibile, ma possono anche essere molto frequenti nelle migliori anime in stato di grazia, per supplire alla povertà di simili ambienti, in cui ci sono pochissimi aiuti spirituali. Tali anime possono giungere cosi a un vero spirito di preghiera; perciò potranno esserci tentativi più o meno durevoli d'intimità con Dio, special­ mente se nell'insegnamento religioso di queste regioni restano tracce del Van­ gelo, come nella dottrina dell'Islam e in certe sue tradizioni. Tanto più, negli ambienti protestanti e tra gli scismatici. Anche le grazie mistiche propriamente dette, cioè quelle con le quali l'anima giunge agli stati mistici veri e proprii, descritti da Santa Teresa dalle quarte Mansioni in poi (raccoglimento passivo e quiete) sono possibili fuori della Chiesa visibile, dato che u la grazia delle virtù e dei doni n vi si può sviluppare benchè molto più difficilmente. Ma tutto porta a pensare che le grazie mistiche propriamente dette, già rare nella Chiesa visibile, siano rarissi­ me in questi ambienti. L"esperienza mistica, quand'è accompagnata dalla pratica costante ed eroi­ ca delle diverse virtù, porta quindi una con ferma preziosa agli altri segni della santità della Chiesa. -

    Anche la vita cristiana ordinaria è un segno della santità della Chiesa. Infine alla testimonianza di quest'esperienza elevata occorre aggiungere quella del modesto cristiano, quale la Chiesa lo fa e lo conserva. In mezzo alle occupa­ zioni ordinarie e alle difficoltà quotidiane, egli è spesso un modello nello spirito di fede, di confidenza in Dio, di carità. Queste virtù gli ispirano pruden­ za elevata, giustizia più curante dell'equità che della lettera della legge, corag­ gio perseverante, abnegazione tale che disciplina le passioni e pacifica la sensi· bilità per il vero bene della vita individuale, familiare e sociale. Quest'esempio frequente, dato in molti ambienti dal cristiano fedele ai suoi doveri, è an ch'esso un segno della santità della Chiesa; un segno, che, pur

    -

    (2) Le Saveur et son amour pour nous, Ed. du Cerf, Paris 1933, pp. 427-464. (3) Sono le ispirazioni divine speciali, accordate non per la perfezione dell'atto da farsi, ma per la deboleua del soggettD c la povertà del suo ambiente.

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    LA SANTITÀ DELLA CHIESA

    senza lo splendore dei precedenti, ha il suo grande valore, come nell'organismo ha valore il funzionamento regolare delle più piccole cellule, che concorrono alla vita dell'insieme. Questa modesta testimonianza contribuisce a dimostrare che la santità voluta da Cristo per la sua Chiesa si realizza veramente in lei; che essa produce spesso, negli ambienti più vari, e p iù d'ogni altra società religiosa, anime gene­ rose, la cui fede, unita alla speranza e alla carità, moltiplica le energie naturali per il compimento dei loro grandi doveri. A questa fedeltà nell'impegno della vita ordinaria il Vangelo promet­ te molto : a Chi è fedele nelle minime cose, è pure fedele nelle grandi » (Le. 16, IO). Costui è sulla via dell'eternità sulla quale col suo esempio può chia­ mare molti altri. Abbiamo qui, alla portata di tutti, una delle testimonianze più efficaci della santità della Chiesa, di questa santità che a poco a poco trasfor­ ma la vita quotidiana e conferisce un valore eterno agli atti transitori.

    R.G.L.

    BIBLIOGRAFIA. r. A. MICHELET, Saintelé, in D. T. C., XIV, 841-87o : No­ zione di santità ; la santità come nota della Chiesa ; la santità fuori della Chiesa ; conclu­ sioni. R. PLus, La santità cattrJlica, Marietti, Torino 1943. Volumetto di divulgazione ricco di dati sulla più recente santità. L. LAVELLE, Quattro santi, Morcelliana, Brescia 1953. I quattro santi sono Francesco d'Assisi, S. Giovanni della Croce, S. Teresa d'Avila, S. Francesco di Sales ; ma l'opera interessa soprattutto per l'ampio preludio filosofico religioso, sull'essenza della santità. G. C. MARTINDALE, Che cosa sono i santi, Ed. Presenza, Roma. -

    2. Sul confronto tra l'eroe, il saggio e il santo possiamo citare due opere di valore, A. FESTUGIÈRE, La saintelé, P. U. F., Paris 1942. R. A. GAUTHIER, Magnanimilé. L'idial d1 grandeur dans la philosophie pafeflfl8 et la thiologie chrétienne, Vrin, Paris 195 1. MAX SCHE­ LER, Le saint, le génie, le héros, Aubier, Paris 1944· 3· Sul martirio. D. MARsiGLIA, Il martirio cristiano, Studio storico-critico-apologetico' Ferrari, Roma 1913. R. HEDD E Martyre, in D. T. C., X, 22o-254 : Nozione teologica se­ condo S. Tommaso ; nozione canonica secondo Benedetto XIV ; storia del martirio nella Chiesa cattolica ; valore apologetico della testimonianza dei martiri. P. ALLARD, Martyre, in D. A. F. C., III, 331-492. Storia dei martiri cristiani dalle origini ai nostri giorni. C. GALLINA, l martiri dei primi secoli, Salani, Firenze 1939· a Sintesi del moltissimo che è stato detto e studiato intorno ai martiri dei primi secoli cristiani • (p. 5). I più notevoli atti dei martiri della Chiesa primitiva si possono trovare in S. COLOMBO, Atti dei martiri, S. E. 1., Torino 1928 ; ve ne sono 26. Il volumetto di G. BARRA, Atti dei martiri, S. A. S. , (Ed. Pao­ line), Roma 1947, ne contiene 15. La class ica raccolta del P. TEoo. RmNART fu pure tra­ dotta in it. : Gli atti dei martiri, 4 voU ., Maiocchi, Milano 1859. Ricordiamo in fine che H. LECLERCQ. ha pubblicato in 1 1 volumi presso H. Oudin, Paris 1 902 ss., Les Martyrs. Re­ cueil des piéces authentiques sur les martyrs depuis les origines du christianisme jusq'au XX siècle. Per i santi si veda il trattato seguente con relativa bibliografia al n. 1 . ,

    4· Sugli effetti della santità cattolica nel mondo. l . GIORDANI, Il messaggio social1 di Gesù, 4 voli., Vita e Pensiero, Milano 1953. Studia il pensiero e l'azione sociale della

    Chiesa dalle origini alla fine della grande epoca patristica. Contiene pure una ricca bi­ bliografia. L. CHENON, Le role social de l' Église, Bloud e Gay, Paris 1928. M. SCADUTO, Storia della carità, in E. C., III, 81o-834· In particolare sulla abolizione della schiavitù: P. ALLARD , Gli schiavi cristiani dai primi tre secoli della Chiesa fino al termine della dcminazione romana in occidente, Fiorentina, Firenze 1 9 1 5 ; lo., Esclavage, in D. A. F. C., I, 1457- 1522. L'opera di E. CICCOTTI, Il tramonto della schiavitù nel mondo antico, Istituto delle Ed. Accade­ miche, Udine 1940, è per molti aspetti pregevole, ma l'autore, seguace del materialismo storico, riduce al minimo l'efficacia del cristianesimo nell'abolizione della schiavitù. - Si veda inoltre la bibliografia del trattato precedente al n. 3·

    x I MIRACOLI NELLA CHIESA

    INTRODUZIONE. . LA CHIESA, GRANDE MOTIVO DI CREDIBILITA Certo, noi conosciamo la rivelazione attraverso i libri sacri, ma questi furono composti molti secoli fa, sicchè ben pochi sarebbero in grado di capir­ li con le risorse filologiche e col metodo storico, che dopo tutto non sono suffi· cienti senza l'aiuto di altri mezzi. Per cogliere la Rivelazione, occorre aprirle l'anima nostra, e cominciare con la buona volontà. Gesù Cristo, che promise di essere con la sua Chiesa fino alla consumazione dei secoli e la fondò sulla roc­ cia di Simon Pietro, ci propone la verità attraverso il di lei magistero. Quindi comprende la Bibbia solo chi vive nell'unità dell'Amore, che è la Chiesa, e riceve da Lei la Verità, quale lo Spirito Santo la fa pensare mediante la Chiesa, e, per assimilare le prove del cristianesimo, cioè i miracoli, la santità e l'inse­ gnamento di Cristo, abbiamo bisogno dell'aiuto della Chiesa. Riflettiamo a questo fatto : quasi tutti i nostri contemporanei sono privi della cultura storica per inquadrare i fatti, della familiarità con i costumi e le mentalità, dell'abitudine di giudicare gli eventi di un mondo diverso e, alle volte, persino degli elementi che servono a interpretarlo. Col prevalere della formazione scientifico-tecnica la cosa si fa sempre più grave, tanto che persone anche colte, tutto ignorando sulle antiche civiltà, e persuase che valgono solo le applicazioni scientifiche, sono incapaci di seguire una discussione sui vangeli, quasi si trattasse di monarchi cinesi anteriori all'era cristiana. Per tali per­ sone i vangeli sono documenti che non risvegliano nulla; non sono nè veri nè falsi; sono semplicemente d'un altro mondo. Bisogna quindi aprir loro una &trada fino a Gesù Cristo, in modo che comprendano e aderiscano a Lui. Que­ sta via è evidentemente la Chiesa attuale, com'è in se stessa, e certamente per questo motivo il Concilio Vaticano proclamò la Chiesa u grande e perpetuo motivo di credibilità e testimonianza irrefragabile della missione divina di Cristo » ( Sess. m, c. 3, cap. de fide). La sincerità della Chiesa, la sua attenzione a possedere la verità e a custodire la tradizione, l'attaccamento alla morale, la fecondità nelle virtù e nelle opere buone, provano che essa possiede una Verità relativa al fine dell'uomo e che la mantiene pura da ogni contaminazione. In altre parole la vita dei cristiani, almeno di alcuni cristiani, e l'influsso santifi­ catore della Chiesa sono l'argomento fondamentale della fede per molti nostri contemporanei. I cattolici mediocri o scandalosi rischiano di snervare l'argomen­ to, ma per fortuna ci sono i santi. La vita dei santi come fonda la fede? - In due modi : o permettendo di salire indietro fino al passato evangelico e di comprenderlo, oppure o!Irendo

    l MIRACOLI NELLA CHIESA

    592

    direttamente la prova dell'origine divina della Chiesa. Noi toccheremo breve­ mente il primo modo e ci dilungheremo di più sul secondo, trattandone tre aspetti : I. manifestazione del soprannaturale nei fatti di Lourdes; 2. vita e opere dei santi contemporanei; 3. l'esistenza dei cristiani ferventi, sufficiente a risve­ gliare e fondare la fede. CAPITOLO I. - I SANTI CI FANNO RISALIRE FINO AL PASSATO EVANGELICO E CI AIUTANO A COMPRENDERLO l. Ci presentano un'esperienza concreta della vita cristiana. Questi uo­ mini, vissuti tra noi, vivevano come gli apostoli, facevano ciò che hanno fatto gli apostoli. Cosl si proiettano fasci di luce che illuminano le pagine del Vangelo : Gesù Cristo diviene vivente e comprensibile. Conobbi un brav'uomo vissuto lontano dalla religione, contro la quale aveva attinto dai giornali pregiudizi. Da bambino aveva visto Don Bosco, e quando fu prossimo a morire, bastò richia­ margli questo ricordo per allontanare l'errore e risuscitare in lui la fede. Attraverso Don Bosco, Teresa di Lisieux, Bernardetta ... i nostri contemporanei hanno l'intuizione del « Regno di Dio D annunciato da Gesù; della a Vita », della uVerità D, della u Luce n annunciate da Giovanni; del u mistero u annun­ ciato da Paolo. -

    2. La vita dei santi odierni presenta tutti i lineamenti che si riscontrano nel Vangelo. Consideriamo soltanto i miracoli e le profezie. Per moltissimi -

    increduli i miracoli e le profezie della Bibbia, anzichè un motivo di credibilità, sono un argomento per rigettare a priori l'esame della religione, perchè tutto ciò è ritenuto una puerilità. Ma anche nei nostri tempi ci sono stati dei tauma­ turghi, e Lourdes ha messo sotto i nostri occhi assai più miracoli di quanti ne racconti la Bibbia; il Curato d'Ars e Don Bosco predissero l'avvenire molto più chiaramente d'Isaia. Questi fatti sono vicini a noi, li possiamo 'verificare, e non è molto difficile indurre chi abbia un po' di buona volontà a controllarli. Cosl è stabilita la base dell'apologetica. Ma c'è di più. Le opere meravigliose dei nostri santi non sono, in rapporto a quelli di G. Cristo, un'analogia o una conferma esteriore; i santi appartengono alla Chiesa di Cristo, e attraverso ad essi si risale direttamente al Verbo incarnato. Oliviero Leroy ha raccolto in un libro che raccomandiamo ( La lévitation, Ed. du Cerf, Paris 1928) alcuni miracoli impressionanti e storicamente certi, con l'intenzione di presentarli come mezzo per accedere alla Rivelazione. 3. l santi ci interpretano la vita di Gesù e dei suoi apostoli. La grande maggioranza dei nostri contemporanei ignora troppo il mondo giudaico ed ellenistico del primo secolo per entrare nella mentalità degli autori del Nuovo Testamento. I santi di oggi non hanno certamente nè i costumi, nè lo spirito degli antichi abitanti della Giudea, dell'Asia o dell'Acaia. Però hanno una vita interiore che assomiglia a quella di Pietro, di Giovanni, di Paolo; devono superare difficoltà dello stesso genere; i problemi dell'apostolato di Paolo non differiscono da quelli dell'apostolato dei nostri missionari. Chi ha compreso Giovanni Maria Vianney o Don Bosco, non ha acquistato il senso esatto dei -

    LA VITA DEI SANTI E

    LORO MIRACOU

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    vocaboli neotestamentari, come il grammatico che legge i papiri, ma ha trovato ( il che è molto più importante) la chiave che apre l'interno delle anime. Nella sua interpretazione potranno sussistere lacune storiche, ma il mondo evangelico gli è divenuto intelligibile. Insomma la vita dei santi dei nostri giorni rende possibile l'apologetica classica : l. dando l'esperienza completa della vita cristiana, che fa comprendere la dottrina del Nuovo Testamento; 2. mostrando che i miracoli e le profezie sono possibili, e quindi vengono compresi gli argomenti che provano la missione di Gesù Cristo; 3. rendendo intelligibili i personaggi biblici e la loro condotta, per cui si comprende la storia della Rivelazione.

    CAPITOLO II. - LA VITA DEI SANTI E I LORO MIRACOLI SONO UNA PROVA DIRETTA DELL'ORIGINE DIVINA DELLA CHIESA Ma il soprannaturale presente tra noi svolge altri compiti ancora, provan­ do direttamente l'esistenza di Dio, l'origine divina della Chiesa e la verità del suo insegnamento. La più completa ed evidente manifestazione del sopranna­ turale è oggi quella di Lourdes. § l. - Santa Bemardetta e i fatti di Lourdes. l fatti. La piccola pastorella, cosi semplice e ferma nei suoi propositi, che scosse immense folle, scomparve assai presto. Dopo alcuni giorni di gloria, anzi di prova e di martirio, si consacrò a Dio, senza godere del suo trionfo e nemmeno conoscerlo. In fondo alla strana storia constatiamo prima di tutto un fatto cosi elo­ quente per sè stesso che c'è appena bisogno di notarlo : le visioni sono come un blocco erratico nell'esistenza della fanciulla, che non ne ebbe altre, nè prima nè dopo e, tra le suore della Carità di Nevers essa fu, come diceva spesso la superiora generale : cr una buona e comunissima religiosa " · Le visioni furono strettamente localizzate nel tempo e nello spazio (alla grotta e mai altrove, nè più dopo l'ultima del 25 marzo); erano ad un tempo visive e uditive. Invece l'allucinazione è visuale oppure uditiva; l'alcoolizzato in delirio, quando gli si toglie il veleno, dall'allucinazione visuale passa a quella uditiva sostituendo l'una con l'altra. Bernardetta intese pochissime frasi, separate tra loro da lunghi intervalli; frasi che non assomigliavano al flusso di parole dette o sentite dai malati affetti da psicosi allucina-toria. Nessun fenomeno psichico anormale pre­ cedette o accompagnò i fatti; la fanciulla, per quanto ignorante, ha un giudi­ zio sano e non devierà mai dalla strada ave crede che sia l a verità. Invece il lavoro degli psichiatri ha messo in luce il sinistro fondo psichico dell'alluci­ nazione; quando non è dovuta ad un accidente per in tossicazione passeggera ( febbre violen ta, iniezione di peyotl, ecc.), è legata a una dissoluzione psicologica che colpisce le facoltà del pensiero. Qui non è nostro compito decidere se siano i turbamenti del pensiero che generano l'allucinazione ( come pensano Revault d'Alonnes e il Dr. Ey) o se l'allucinazione generi i turbamenti del pensiero ..

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    (secondo Pietro Quercy) ( 1 ) : l'individuo affetto dall'allucinazione diventa un folle. Invece l'incredulo non riuscirà mai a risolvere il problema come Bernar. detta, che con le sue allucinazioni cosi precise e ricche ha mosse tante migliaia di persone, sia stata perfettamente sana di spirito. E allora quale altra causa assegnare alle visioni di questa fanciulla se non quelle indicate dalle visio­ ni stesse? L'incredulo dirà che la conclusione è troppo affrettata poichè occorrono dimostrazioni più o meno estese e ramificate, secondo le asserzioni da provare. Recentemente Renato Poirier scriveva che, se la Sindone di Torino fosse quella d'un faraone, non avremmo nessuna difficoltà a riconoscerla autentica; se invece si pretende che sia il lenzuolo che avvolse Cristo, le conseguenze sono talmente gravi che noi vogliamo un supplemento d'informazioni, di prove assolutamente imbattibili (2); e noi ammettiamo che queste esigenze siano giuste, ::.nche se eccessive. Continuiamo l'inchiesta su Bernardetta. Le visioni contengono un programma preciso : erezione di una cappella, processioni e pellegrinaggi; inoltre la Vergine domandò atti d'umiltà e di penitenza; Bernardetta fu invitata a bere l'acqua della fonte e a lavarsi in essa, ebbe l'assicurazione che sarebbe stata felice non in questo mondo ma nel­ l'altro. La fanciulla trasmise al clero le richieste di Maria. Essa però è figlia di gente povera e rozza che, spinta dalla miseria, ha trasgredito le leggi dell'onestà borghese : suo padre ha raccolto in un bosco un mucchio di fascine e la stessa Bernardetta è ignorante in tutto, perfino del catechismo. Naturalmente i sacer­ doti la trattano da stupida e menzognera; il vescovo, il prefetto, tutte le persone istruite, e perfino il governo considerano lo strano affare una follia o una mac· chinazione e incaricano e pregano il clero di farla finita. Tutto era contro Bernardetta. Enrico Lasserre credette troppo facilmente che fossero i settari ad accanirsi per far chiudere la grotta ( 3). Infatti il P. Cros, in un ammirabile studio critico, dove riunì le deposizioni di centinaia di testimoni, dimostrò che avversari delle apparizioni erano per lo più gente ragionevole, di buona fede, anche cristiani praticanti (4), insistendo forse un po' troppo sulle buone qualità e ignorando troppo i difetti, come quelli del commissario di polizia Jacomet. Checchè ne sia, se nei due volumi del P. Petitot, che rimette tutte le cose al loro posto (5), leggete le risposte di Bernardetta al procuratore impe· riale e al commissario, vi sembra di sentire Giovanna d'Arco. È molto istruttivo vedere come la lunga e tenace opposizione abbia ceduto. Il programma delle visioni è attua to, la grotta di Massabielle è diventata la meta più celebre di pellegrinaggi da tutto il mondo; ad essa hanno pregato milioni di uomini. Innumerevoli sono coloro che nei fatti di Lourdes hanno trovato il principio della loro conversione o l'aiuto per conservare la loro fede. Si sono compiuti numerosi miracoli, spesso sfolgoranti, severamente constatati


    dice al cocchiere, indicando la dire· zione del manicomio. Più che annunci sulla sua opera complessiva, Giovanni Bosco per molti anni ricevette da Dio comunicazioni sul suo avvenire, in sogno, e da princi­ pio è ben inteso che non ci credeva. Dopo aver veduto tante volte realizzati i sogni premonitori, si decise a prenderne nota e ne riempi dei quaderni, e il suo biografo, il Lemoyne, cita avveramenti straordinari dei suoi sogni. Ancor più straordinarie sono le apparizioni del figlio d'un amico di Don Bosco e benefattore delle sue opere, che morl come un predestinato nel fiore dell'adolescenza, divenendo in seguito il confidente e il consigliere del fon· datore di congregazioni. Alle volte il vecchio prete e il piccolo angelo s'intrat­ tengono per ore; ma una volta, mentre Don Bosco celebra la messa a Hyéres, il giovane gli annuncia che l'America del Sud attende i suoi missionari e che egli deve ammettere i fanciulli alla Comunione precoce. Abbiamo citato que-

    (10) E' su questo carattere che insiste BERGSON, nell'Evolution aéabi&e, RoY, in L'exigence idéalist4 et le fail tk l'évolution.

    ra Eo. LE

    (11)

    Torino.

    G. B. I..EMOYNE,

    S. Giovanni Bosco,

    !'!

    voll., ed. a

    cura

    di A.

    e

    più

    Amadei,

    anco·

    S. E.

    I.

    I

    600

    MIRACOLI NELLA CHIESA

    sti fatti solo a titolo d'esempio, scegliendoli a caso, ma tutti sanno che Don Bosco fu un taumaturgo, e nelle sue biografie si possono raccogliere i mira­ coli a bracciate. Tutto questo però soìo per condurci alla sua vita in teriore e alla sua attività di santo, che fu distribuita in molte e diverse direzioni e fu talmente tesa in ogni istante per trarne il massimo rendimento, che ci possiamo chie­ dere se la caratteristica della Società Salesiana non sia il buon impiego del mas­ simo lavoro per servire Dio. Anche se D. Bosco avesse dato questa sola lezione, di fare cioè tutto il lavoro possibile, di santificare e utilizzare tutti i lavori, sa­ rebbe già un insegnamento di primaria importanza nel secolo materialista del macchinismo e del proletariato. Ma anche qui, dall'uomo che ha composto un manuale d'aritmetka all'uomo che ha costruito chiese, si passa attraverso una serie inaudita d'iniziative diverse. Intanto le opere dell'Oratorio e la fonda­ zione delle due Società salesiane danno un nuovo metodo d'educazione po­ polare e cristiana e d'apostolato missionario, metodo questo che ci sembra esprimere l'originalità soprannaturale di Don Bosco-. Molto più di Gian Gia­ como Rousseau e senza perdersi nelle sue utopie, il prete torinese praticò e fece praticare un'educazione attraverso l'attrattiva e la gioia, che trova le sue risorse nell'affetto e nelle confidenze, con un risultato straordinario che s'af­ ferma sempre più. Oggi ancora si moltiplicano le fondazioni : in Francia, nel Belgio, in Italia, Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria, Spa­ gna, nel Brasile, nel Venezuela, in Cina, nel Siam; nel solo 1934 ci furono 3!1 fondazioni, oltre 72 posti di missione, scuole primarie e una chiesa nel Congo Belga. Come per il Cottolengo, la vita e l'opera di Don Bosco sono lo svilup­ po e l'espansione d'un'idea e d'un programma. Questo figlio di poveri con­ tadini piemontesi è stato il principio di un immenso movimento di pensiero, di l avoro, d'educazione, d'apostolato, d'amore di Dio : i suoi ventimila reli­ giosi educano centinaia di migliaia di fanciulli; da lui deriva una vita spiritua­ le a milioni di anime. Finalità dinamica, come quella che dirige l a formazione d'un feto o la nascita d'una specie; finalità dinamica, di cui si vede · il signifi­ cato studiando la vita interiore di Don Bosco, poichè questa è la forza che ha messo in moto i suoi lavori. I prodigi attestano che la vita interiore era santa e la forza sovrumana. Mi basta adoperare i miei occhi e poi analizzarne gli elementi e il fun­ zionamento per capire che sono fatti per vedere; cosi dopo che sono penetrato un po' nell'anima di Don Bosco, capisco il senso della sua esistenza e della sua opera, e so che Dio ne è l'autore, perchè Don Bosco non ne dubitò mai. Io spiego i suoi miracoli e i suoi sogni; le sue ispirazioni e le realizzazioni, me­ diante la Verità vivente con la quale era in rapporti familiari. Il Curato d'Ars. II curato d'Ars convertì degli atei. Quali ragionamen­ ti o riflessioni conducevano a credere in Gesù Cristo colui che il Vianney invi­ tava a inginocchiarsi? ( 1 2). Aveva visto pellegrini venuti da ogni parte per sentire un prete uscito dal nulla, senza istruzione, senza l'eloquenza e senza abi­ lità, con la sola sua santità e bontà. L'incredulo ad Ars aveva saputo come il -

    (12)

    Vedi per esempio la conversione di M. Maissiat. TROCHU, Il Curato d'Ars:

    San Giov. Batt. ViaTiflfJI. 6 ed., Marietti, Torino 1 9 52.

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    601

    cura to avesse trasformato la parrocchia, e come tante anime avvicinandosi a lui erano risalite dall'abisso : peccatori divenuti virtuosi, anime volgari che ascend evano le vette dell'abnegazione, poi le predizio n i avverate, castighi in­ verosimili annunciati prima e che più tardi s'avveravano come terribilmente reali; il segreto dei cuori svelati, gli sconosciuti chiamati per nome quando Giovanni Vianney li vedeva per la prima volta. Il Trochu, nei due volumi Jntuitions du Curé d'Ars ( 1 3), riunl un cumulo impressionante di questi fatti. Certamente un grande numero di essi, riportati da gente che li aveva sentiti raccontare da testimoni, potranno sembrare insufficientemente accertati a uno storico molto esigente, almeno se isolati. Ma la massa resta enorme e il com­ plesso s'impone per la convergenza e l a solidità degli elementi. Inoltre certi fatti sono attestati da quelli stessi che ne sono il sogge tto, e che sono onora­ bilmente conosciuti : non è possibile metter li in dubbio. Cosi la riflessione del­ l'ateo inginocchiato davanti al curato d'Ars era fondata molto seriamente. Risultati assolutamente improbabili coi mezzi notoriamente inadatti a atte­ nerli; attorno ad essi santità immensa, bontà, prodigi. Di dove viene tutto questo, se non da Dio, del quale parla continuamente il povero prete e che lo proclama l'Autore d'ogni bene? E questo Dio come può non essere il Dio del Vangelo annunciato da questo prete, il Dio della Chiesa alla quale egli obbedisce? Matteo Talbot. -I santi di cui abbiamo parlato con le loro opere emana­ no un influsso apologetico irresistibile su ogni coscienza di buona volontà che li conosce. Altri santi con la loro situazione sociale, il carattere e le vicende, sono destinati a dare un fondamento o una stabilità alla fede di alcune classi di uomini che hanno fatto le stesse esperienze. Ecco, per esempio, " il santo del cantiere >> Matteo Talbot. La casa Desclèe de Brouwer ha inaugurato una collana col titolo " La lumière ouvrière » cominciando con la biografia di que­ st'Irlandese ( 14), prima muratore, poi magazziniere in una impresa di legna· mi. La lettura del libro fa certamente del bene a tutti, ma sarebbe adatta per sostenere la fede vacillante d'un uomo di mondo? Invece un operaio " rivi­ vrà » pienamente le difficoltà, gli stati d'animo, gli sforzi, le vittorie del suo umile collega. Talbot aveva la passione del bere, spendeva alla bettola tutto il salario, avendo l'unica soddisfazione di tracannare i liquidi alcoolici, ven­ dendo perfino le scarpe per poter bere. Finalmente fece voto di temperanza per tre mesi, voto difficile per qualsiasi bevitore, ma molto più per l'operaio che deve lasciare i colleghi nell'uscire dall'officina e passare davanti all'osteria senz'entrare mentre lo chiamano. In questi tre mesi Matteo era talmente tenta­ to che diceva a sua madre : " Passati i tre mesi non potrò più resistere e tutto sarà finito ». Poi fece il voto perpetuo e lo mantenne. " Una volta il sovrintendente, giudicando che gli uomini non avessero lavorato abbastanza, parlò molto duramen te : Matte o Tal bot, che era tra loro, ascoltò senza commuoversi. Alla fine del · discorso un uomo afferrò una tri­ vella da carpentiere per gettarla più lontano; poi improvvisamente si volse a ( 1 3) Due volumi, Vitte, Parigi-Lione, 1 93 1 . ( 1 4) JosEPH. A . GLYNN, Matt. Talbot, le Saint au chantier (trad. frane. G. d'Ars.). Parigi, Desclée de Br., 1 935· Matteo Talbot, morto nel 1925, non è canonizzato ; ma ci permettiamo di parlarne dopo i santi canonizzati, percbè il Card. Arcivescovo di Du­ blino ha ordinato l'inchiesta sulle sue virtù.

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    Matteo e gli assestò un violento colpo alla testa. Talbot restò ferito, ma non fiatò e continuò il suo lavoro come se nulla fosse » (p. 64). Questo fatto letto da un sacerdote sarà un'esortazione alla pazienza, letto da un operaio sarà un argomento della verità del cristianesimo. Per giudicare la difficoltà eli certi atteggiamenti e rinunce, bisogna aver vissuto la vita che li comporta. Un ope­ raio giudicherà che gli atteggiamenti e le rinunce di Talbot sono impossibili per !"uomo attirato solo dal piacere, dall'in teresse e dal conformismo. Occor­ re un altro ideale e una forza sconosciuta dall'operaio medio. Soltanto la fe­ de e l'aiuto soprannaturale spiegano la condotta di Talbot. § 3.

    .

    La continuità dei miracoli nella Chiesa.

    Abbiamo studiato questi miracoli del secolo XIX, come esempi tra i più impressionanti, perchè molto vicini a noi, facilmente controllabili e quin­ di non sollevano nessuna questione di critica storica: nessuno può seriamen­ te dubitare delle testimonianze che accertano i fatti di Lourdes e i miracoli di Don Bosco. Però, parlando solamente di questi fatti recenti, qualcuno può forse concludere troppo affrettatamente che la Chiesa, dopo aver veduto le meravigliose opere di Cristo, attese diciannove secoli perchè si compisse la promessa di Gesù Cristo il giorno di Pasqua (Mc., 1 6, 1 7- 1 8). Si suppone cer­ to che la Chiesa in tutti i tempi realmente fecondi di santi non è mai stata priva della testimonianza taumaturgica. Ma sarà meglio dimostrarlo bre­ vemente. Scio­ L'oggettività dei racconti agiografici dei secoli pa.sSati. gliamo subito una difficoltà pregiudiziale. La letteratura agiografica ha un cattivo nome : molte persone immaginano che le vite dei santi siano sempre racconti scipitamente edificanti, privi di spirito critico, infarciti di miracoli leggendari, e che sarebbe difficile cercare in questi fatti controversi qualcosa capace di appoggiare la loro fede. La credulità del Medioevo è patente, si dice, poichè accolse senza discussione i racconti dei vangeli apocrifi e della Leggenda aurea, e vi prestò fede fino a rappresentarli sulle vetrate delle cat­ tedrali o nei bassorilievi ( 15). L'antichità cristiana e profana non ebbero maggior senso di verità, poichè i pagani ammisero i miracoli d'Apollonia di Tiana e le guarigioni d'Esculapio, e i cristiani, più che negare questi fatti, li attribuivano ai demoni. Possiamo credere loro quando raccontano mira­ coli dovuti a santi viventi o a reliquie? Guardando le cose da lontano e superficialmente sembra doversi con­ cludere che conviene essere scettici. Ma non è cosa intelligente nè morale guardare le cose superficialmente, poichè significa attribuire a tutti il fatto che è solo di qualcuno, gettare tutto nella confusione cosi da sopprimere anche i caposaldi e le regioni solide. Ora, dopo il primo secolo, possediamo molti caposaldi che sono indiscutibili e vaste regioni perfettamente solide, che lo storico può esplorare con piena sicurezza. L'agiografia edificante e senza critica fiori molto meno di quanto comunemente si pensi. È vero che il Medioevo ebbe molte leggende storiche fondate sulla fama popolare; l'Alto Medioevo soprattutto vide pullulare il genere pietoso della Passione dei mar-

    ( 1 5) E. MALE, L'art religimse du XIII sikle

    m

    France, l.

    III,

    cc.

    3-4-

    LA VITA DEI SANTI E LORO MIRACOLI

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    tiri, in cui il santo, dopo essere miracolosamente sfuggito alle ruote dentate, all' olio bollente, alle bestie feroci, al rogo, finisce la vita quando il carne­ fice pensa di tagliargli il collo ( 1 6). Ma osserviamo che questi tristi racconti sono posteriori di molti secoli ai fatti e dei fatti stessi abbiamo relazioni con­ temporanee, spesso redatte da testimoni oculari, che in fatto di buona fede, di perspicacia, d'esattezza non la cedono in nulla ai migliori documenti sto· rici. Gli A cta martyrum sin cera raccolti nel secolo xvn da Dom Ruinart, con altri testi editi in se&uito offrono l'alimento più delicato alla pietà, e per lo storico sono mezzi di valore inapprezzabile. Nelle comunità cristiane primiti­ ve c'erano quindi uomini capaci di notare il vero con esattezza e ciò rite­ nevano essere loro stretto dovere; l'autorità ecclesiastica vigilava. I primi apologisti nei prodigi del paganesimo videro non soperchiere 0 menzogne, ma fatti demon iaci, a motivo delle filosofie dominanti, che at­ tribuivano la vita alla natura fisica : stoici e neoplatonici pensavano che gli dèi fossero emanazioni dell'anima del mondo e che agissero nei fenomeni della natura. I cristiani non avevano certamente i mezzi per controllare e di­ scutere le guarigioni d'Esculapio. Ora, la credenza loro che i demoni agissero mediante gl'idoli, non è affatto assurda ed è corroborata da racconti di mis­ sionari odierni: le società segrete di stregoni dell'Africa nera esigono un'i­ niziazione in cui si commettono i delitti più orrendi e i loro membri com­ piono azioni che è difficile spiegare con leggi naturali ( 17). Quindi l'at­ teggiamento degli scrittori cristiani che ammettevano la realtà dei miracoli pagani non comprome ttono affatto la loro lucidità di spirito. L'antichità cri­ stiana, specialmente dopo la pace della Chiesa e la conquista delle classi colte, ebbe moltissimi uomini capaci di constatare senza partito preso, amministra­ tori di spirito freddo e incapaci di lasciarsi ingannare, e uomini formati nelle severe discipline della scienza razionale greca, che teneva alla nuda verità. Ammettiamo che il Medioevo fu più credulo dell'antichità poichè, in una società in cui tutto era cristiano, quando nessuno dubitava e quando la potenza incontestata della Chiesa e l' irraggiamento della santità s'estende­ va ovunque, non si riteneva necessario scegliere miracoli criticamente va­ gliati per convincere gli scettici. I fatti meravigliosi erano solo destinati a elevare il pensiero e a sostenere la speranza dei fedeli. Tutti sapevano che Dio ha fatto miracoli, ne può fare quanti vuole, deve farne molti per i suoi figli; allora a che pro affaticarsi per sapere se gli uccelli hanno davvero ascol­ tato San Francesco? ( 18) o se quei pezzi di tela provenivano davvero dalle tende innalzate dai tre apostoli sul Tabor? ( 19). Bastava che i bei racconti incantassero le fantasie e glorificassero la potenza di Dio, che le reliquie risve­ gliassero il ricordo dei misteri di Gesù e di sua Madre. Anche noi non cu­ stodiamo forse gelosamente un capo dell'uniforme d'un soldato scomparso, anche se ci dicono che l'autorità è dubbia? Fatta questa premessa, bisogna dire che nella Chiesa non mancarono mai persone istruite e di vero gusto, teologi amanti della certezza, discepoli di santi desiderosi di conservare un ( 1 6) A. DUFOURCQ., Éludes sur les Gesta martyrum romains, 6 voll. Fontemoing, Paris. ( 1 7) V., a titolo d'esempio, TRILLES, La sorcellerie chez les non-civilisés. Semaine d'ethno­ wgu religieuse de Louvain, 1913, pp. 167-189, Beauchesne, Paris 1914( 18) Fiorelli di S. Francesco, c. XVL ( 1 9) Era una reliquia del tesoro di Saint-Riquier. DBLEHAYE, Cinq leçons sur la mltkorll hagiographique, p . 93, Bruxelles, 1 934.

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    ricordo inalterato dei loro maestri. Dal secolo xm la Chiesa canonizza i suoi santi dopo un'inchiesta in cui depongono testimoni giurati in nome di Dio di dire soltanto la verità. Possediamo tuttora il testo di molti processi di ca­ nonizzazione. Come già l'antichità, il Medioevo ha testi agiografici ai quali la storia più severa deve accordare tutta la fiducia. Inutile dire che dal secolo xvi in poi i documenti autobiografici non scarseggiano, che vi sono numerose corrispondenze (per esempio quelle dei Gesuiti, pubblicate nei Monumenta historica Societatis ]esu, Madrid 1 894-1904), che negli archivi sono riposti in­ numerevoli documenti e si è ben lontani dall'aver esplorato tutto e com­ pletamente. Nei processi di canonizzazione le deposizioni dei testimoni si moltiplicano e ci offrono documenti più sicuri. I Bollandisti, i Benedettini di San Mauro raccolgono e vagliano questi documenti in opere che per la solidità critica sfidano i secoli. Esempi storici. Si potrebbero tracciare quadri organici della tauma­ turgia cristiana e descrivere secondo le epoche i vari caratteri e la finalità diversa dei miracoli? Crediamo di si e i risultati sarebbero molto istruttivi per il teologo, il sociologo e lo psicologo. Ma siccome il lavoro non è an­ cora stato tentato, non osiamo arrischiarci nel tentativo d'una sintesi prema­ tura. Ci limiteremo a percorrere i secoli cristiani e a notare ciò che ci cadrà sott'occhio, o forse più semplicemente, ciò con cui abbiamo più familiari­ tà per i nostri studi. -

    a) I martiri della Chiesa primitiva. Nel secolo secondo, la lettera della Chiesa di Dio che dimora a Smirne alla Chiesa di Dio che dimora a Filomelio e a tutte le comunità della santa Chiesa cattolica , racconta il martirio del vescovo Policarpo, avvenuto il 22 febbraio del 156. È un documen­ to ufficiale, scritto subito dopo la morte del santo vegliardo, nella sua diocesi e dal suo clero, documento commovente, anche se spesso è arido come un verbale. Policarpo non s'è esposto al martirio, ma umilmente e prudentemente s'è ritirato in campagna. Tre giorni prima del suo arresto sogna che il suo guanciale prende fuoco e, svegliatosi dice ai compagni : u Io dovrò essere arso vivo " • come appunto accadde. Tralasciamo la mirabile preghiera del vescovo alla presenza dei suoi custodi, sorvoliamo sulla sua dignità, sul silenzio e l'azione di grazie mentre viene inchiodato al rogo. I testimoni cristiani vedono circondare il corpo « come la vela d'una nave gonfiata al vento " · Si noti la sobrietà di questi tratti : i preti e diaconi di Smirne in fatto di meraviglioso hanno notato solo ed esattamente ciò che hanno visto. Cfr. Martirio di S. Poli­ carpo in I Padri Apostolici a cura di G. Bosio, S.E.I., Torino 1942, vol. II, P- 2 1 6 ss. Quindici anni dopo la morte di Policarpo, cioè nel 177, nel teatro di Lione avvennero le scene atroci e sublimi descritte da un'altra lettera ufficiale : • l servi d i Cristo abitanti a Vienna e a Lione in Gallia, ai fratelli che in Asia e in Frigia hanno la stessa fede e la stessa speranza della redenzione D. Il documento ci è conservato nel quinto libro della Storia Ecclesiastica d'Euse­ bio. Nessuno può dubitare dell'autenticità e della sincerità del passo che Renan nel suo Marc-A urele ha citato con ammirazione. Non raccontiamo ma invitiamo il lettore a prendere diretta conoscenza di questo brano straordi­ nario. Possiamo chiederci se mai la credulità degli uomini abbia inventato •

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    supplizi più raffinati e _se mai si s ia accanita con più ten �cia contro gl'infelici: _ II primo giorno la schrava Blandma è torturata dal mattmo fino alla sera e 1 _ _ che cosa inventare per farla soffnre. carnefici confessano che non sanno prù È ricondotta alla prigione, le sono rimessi i piedi nei ceppi. Nei giorni succes­ sivi è condotta al teatro per veder soffrire e morire gli altri martiri. L'ultimo giorno i carnefici ricominciano a torturarla; sopporta tutto, le fustigazioni, la graticola arroventata, le bestie feroci; e colei che ha esortato a morire tutti i suoi compagni, resta impassibile. Il redattore ha notato che essa allora sua familiarità con a non sentiva più ciò che accadeva a motivo... della Cristo " · Crediamo sia già un miracolo che una persona sopporti per sei giorni tutti i supplizi con tanta grandezza d'animo da non dire il nome suo e del suo paese, avendo un solo nome e una sola gloria : '' Io sono cristiano » . A questo prodigio Dio non ritenne opportuno aggiungere prodigi corporali, che sarebbero stati d'un ordine inferiore. Il redattore ha solo notato rapida­ mente che Dio in tervenne per sostenere uno dei suoi eletti addolcendone la passione. I santi dell'Antico Testamento comunicavano con Dio nei sogni. In sogno Giuseppe viene avvertito di ciò che deve fare per Gesù e Maria. Pare che nei primi secoli del cristianesimo Dio abbia continuato a servirsi di questo mezzo per comunicare con gli uomini. Si è notato il sogno di San Policarpo. Santa Perpetua neìla sua prigione di Cartagine, alcuni giorni prima del marti· rio, vede il Paradiso in una specie d'estasi (20). Il diacono Ponzio, discepolo di San Cipriano, che aveva conosciuto familiarmente ed era stato con lui durante l'esilio di Curubis, ci ha lasciato una vita del vescovo di Cartagine. Il valore del suo libro, dice Paolo Monceaux a è dovuto meno ai suoi meriti che alla sua qualità di teste oculare. Egli fu certamente ben informato ,, (21). Ora questo biografo racconta che lo stesso giorno dell'arrivo a Curubis, Cipriano vide apparirgli un giovane che lo conduceva al tribunale del pro­ console e con gesti gli faceva comprendere che questi aveva firmato la senten­ za di morte e che gli era stata accordata la dilazione d'un giorno per regolare le sue cose (22). La dilazione d'un giorno significava un anno. Nella sua corri­ spondenza Cipriano allude molte volte a visioni venute dal cielo (23). Non ci soffermiamo per caratterizzare gl'inter­ b) Nel rv e nel v secolo. venti di Dio nella Chiesa primitiva, intendendo dimostrare che 11 i miracoli fatti perchè il mondo creda in Cristo, non cessano allorchè il mondo crede ». Queste parole sono il titolo dell'ottavo capitolo del ventiduesimo libro del De Civitate Dei. In questo lungo capitolo Sant'Agostino enumera moltissimi miracoli avvenuti al suo tempo in Africa. Ne citiamo due attestati da testi­ moni oc �lari. Mentre Agostino insegnava a Milano, il vescovo Ambrogio, _ m sogno, fa cercare e trovare i corpi dei martiri Gervasio e Protasio : avvertrto un cieco ricupera la vista alla presenza di un'immensa moltitudine : immenso populo teste res gesta est. Il racconto riguardo a Innocenza è estremamente curioso. Quest'uomo occupava un posto elevato : era della prefettura di Carta­ gine e vedremo tutto l'alto clero rendergli visita e interessarsi della sua salute. -

    (20) P. L. III., col. 25. I capitoli successivi raccontano altre visioni. (2 1 ) Histoire littéraire de l'Afrique chrélienne, II., p. 1 9 1 . (22) Vita Cypriani, 1 2 . (23) Ep. I l , 3-4 e 6, 66, e 10 anche nel trattato D e moralitale, 20.

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    L'infelice nella parte posteriore del corpo aveva numerose « fistole ». I medici andarono col ferro e dopo vari colpi di bisturi erano riusciti a guarirlo. Resta· vano solo le cicatrici a sernare la gravità della malattia (24). Però c'era an cora ° un postumo profondo (25), che i dottori promettevano di guarire con medi­ camenti, senza operazione, e anche il medico Ammonio, chiamato al consulto, era dello stesso parere. Ma il male pur troppo si accaniva e i medici alla fine dovettero confessare che occorreva ricorrere di nuovo ai ferri. Innocenza fur� bondo li scacciò e si rivolse a un certo Alessandrino, rinomato chirurgo; questi però si rifiutò di fare l'operazione, dicendo di � o� essere abituato a t?�lie_re ai . . colleghi la gloria di terminare la cura e la guang1one, po1chè le oc�tnCI nvela­ vano la loro abilità, e Innocenza fu d'accordo. La sera stessa il vescovo Aurelio col vescovo Saturnino e altri ecclesiastici, tra i quali Agostino, vennero a trova­ re Innocenza e lo esortarono ad accettare virilmente la volontà di Dio. Si misero a pregare con molto fervore e il malato supplicò con molte lacrime che Agostino in particolare pensasse a lui. u Signore, quali preghiere dei tuoi fedeli esaudirai, se non ascolti queste? » . u Mi sembrava, aggiunge S. Agostino, che non si potesse fare di più, se non morire nella preghiera » . L'indomani giungono i medici, distendono il malato sul letto, tolgono le bende e impu­ gnano i loro temibili arnesi, mettono a nudo la piaga, ma il chirurgo cerca invano il u sinus » malato al posto del quale c'è soltanto una cicatrice secca (26). Anche nel nostro pallido riassunto il lettore avrà notato il carattere reali­ sta del racconto, la semplicità e l'esattezza delle annotazioni, e come i medici dell'antichità praticavano già l'attuale deon tologia, perchè il grande chirurgo rifiuta di fare l'operazione senza i colleghi che hanno già curato il malato (27). Agostino, enumerando tanti miracoli avvenuti nel suo paese, ne ricorda forse qualcuno in cui noi vedremmo soltanto coincidenze o felici esiti : l'ufficio delle constatazioni di Lourdes non accetterebbe il caso del fratello e della sorella originari di Cesarea di Cappadocia guariti a Ippona vicino alle reliquie di Santo Stefano (28), portate poco prima in Africa e che avevano operati ' numerosi prodigi. Agostino si scusa di raccontarne tanto pochi e teme che i testimoni gliene facciano rimprovero e ci dice che se avesse redatto il raccon­ to di tutti i miracoli fatti dal primo Martire a Bona e a Guelma sarebbero stati necessari molti libri, aggiungendo che i vescovi d'altronde non avevano raccolto notizie su tutti i miracoli (29). Infatti al principio del V secolo (415) (24) Curabatur a medicis : fistulali, quas numerosa.!! atque perplexa.!l habuit in po­ steriore atque ima corporis parte, jam secuerant ei, et artis suae cetera medicamentis agebant. (25) Sed unus inter multos sinus fefellcrat mcdicos, atque ita latuerat, ut eum non tangcrent, quem ferro aperire debuerat. (26) Tremenda ferramenta proferuntur . . • ad manus secturi membra in lectulo componuntur, solvuntur nodi ligamcntorum, nudatur locus, inspicit mcdicus... invenit finnissimam cicatricem. (27) Di che malattia si trattava? A noi sembra che Innocenzo soffrisse d' una serie di ascessi freddi, che avevano per orifizio le fistole e la sacca profonda di pus formava il sinus, oppure si trattava d'una fistola anale? (28) Evidentemente si trattava di una malattia nervosa. (29) Quindi c'erano fin d'allora pubblicazioni ufficiali sui miracoli, cbe in qualche modo preludevano alle moderne canonizzazioni.

    LA

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    furon o scoperti a Gerusalemme i resti di Santo Stefano in seguito ad un'ap­ parizione al prete Luciano che la racconta in una curiosa lettera ( 30). l nostri lettori avranno pensato spontaneamente all'invenzione della Santa Croce, avvenuta circa cent'anni prima. Il culto delle reliquie si diffonde, e possiamo seguirlo nelle strade dell'Impero romano. Ben presto il mondo cristiano ebbe dei santi che non erano martin, cioè i confessori e le vergini, che compivano anch'essi miracoli. Nel quarto 5ecolo San Martino fu un taumaturgo straordinario, ma il suo biografo, Sulpicio Severo, ha fama di credulone e perci� non ci ferm ! amo sui � iracoli _ dell'apostolo dei Galli. Però anche se Sulp1cro Severo nporta fatti forse abbelliti dall'immaginazione popolare, la fama di Martino taumaturgo ave­ va un fondamento e gli attribuirono qualche falso miracolo solo perchè ne compi dei veri. Trium mortuorum suscitator, dice la liturgia. Sorvoliamo i secoli merovingi e carolingi, per arrivare alla possente fioritura di santi del secolo xm. c) Il Medioevo. - Le stimmate di San Francesco devono essere consi­ derate come uno dei miracoli più significativi di cui si gloria la Chiesa. Francesco visse per due anni con le mani e i piedi forati, con grumi ùi sangue nero in forma di chiodi, con il costato aperto : era veramente l'immagine viva di Gesù Cristo. Si sa che egli dissimulava le divine ferite e nella sua vita ben pochi riuscirono a vederle sotto le maniche sempre allungate. Tut­ tavia fra Pacifico vide di sorpresa la piaga d'una mano; un altro frate vide quella del costato che fra Rufina toccò, come è accertato da Tommaso da Celano, che visse tra i familiari di San Francesco e scrisse alcuni anni dopo la morte del santo. Le stimmate furono poi vedute da folle immense quando il cadavere di Francesco fu esposto prima delle esequie. 11 Alla morte del santo, racconta Tommaso da Celano, tutta la città d'Assisi si precipitò alla Porziuncola. Finalmente si vedevano le stimmate. Erano chiodi formati dalla carne del santo, sembravano 11 innati ,, nella stessa carne, e quando venivano premuti da una parte uscivano dall'altra ... Noi abbiamo visto queìlo che dicia­ mo e abbiamo toccato questi chiodi con la mano che scrive queste righe ,. Tommaso descrive le stimmate come le aveva viste. 11 Le sue mani e i suoi piedi apparivano forati al centro da chiodi, la testa dei quali era all'interno delle mani e dalla parte superiore dei piedi. Rotondi nell'interno delle mani, si attenuavano all'esterno e la loro estremità era ripiegata come se fossero stati ribattuti con un martello. Così per i piedi... Era una meraviglia vedere in mez­ zo alle mani e ai piedi non i fori fatti dai chiodi, ma gli stessi chiodi formati con la sua carne e intanto neri come il ferro. Non ispiravano orrore a chi l i guardava; anzi conferivano al cadavere molta bellezza e grazia, come fanno l e losanghe d i marmo nero in u n lastricato d i marmo bianco , _ Questa descrizione d'un teste oculare non lascia nulla a desiderare ed elimina in anticipo le possibili obiezioni. Renan . aveva sospettato che fosse frate Elia, vicario generale deli'Ordine alla morte del Santo, a fabbricare l e stimmate. M a Elia oltre che essere, nonostante i suoi difetti, u n uomo onesto, incapace d'ingannare tutti i familiari del Santo, come avrebbe potuto pensare di (30) E' in L. t. XLI.

    appendice del t. VII dell'ed. Benedettina di Sant'Agostino e nella P.

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    I MIRACOLI NELLA CHIESA

    fabbricare dei chiodi col sangue coagulato? D'al tronde non dimentichiamo che le stimmate erano già state vedute prima della morte di Francesco e che egli, senza mostrare nè dire ai frati i segni impressi nel suo corpo, aveva loro confi­ dato l'apparizione della Verna. Fra Illuminato, dall'emozione che vedeva. in lui, aveva capito che qualche cosa di meraviglioso era accaduto e aveva chiesto che gli fosse svelato il mistero perchè " non è solo per voi, ma anche per gli altri che vi sono stati svelati i misteri del cielo • · Allora il Santo aveva fatto tacere le sue ripugnanze e manifestato l'apparizione celeste, aggiungendo che colui che gli era apparso gli aveva svelato cose che non avrebbe mai detto a nessuno fino alla sua morte. Le stimmate di San Francesco compiono la somiglianza di Gesù Cristo crocifisso in un uomo, e la Chiesa le ritiene un miracolo cosi grandioso e toccante, che le commemora con una festa speciale ( 17 settembre). Si è preteso che l'isterismo possa produrre fenomeni analoghi. Qui non possiamo entrare in una discussione che richiederebbe troppo sviluppo, ma bisognerebbe sapere che cos'è l'isterismo. Se con Babinski lo si concepisce come una malattia del­ l'immaginazione con ripercussioni sul sistema simpatico, basta leggere con attenzione i documenti che riguardano San Francesco d'Assisi per constatare che egli non fu mai affetto da questa malattia. Recentemente è venuta alla luce una nuova concezione dell'isterismo : l'isteria pura non avrebbe niente a che fare con la mitomania, ma sarebbe una malattia della sensibilità. Il sistema simpatico scosso dalle emozioni, che non producono risultati morbidi in uomi­ ni normali, causerebbe allora ogni specie di sintomi dall'apparenza molto gravi, ma suscettibili di scomparire assai facilmente. Il dottor Poray-Madeyski ha cercato di spiegare cosi le stimmate di Teresa Neumann (3 1); la stessa spiega­ zione venne proposta in una riunione di psicologia religiosa di Avon per render conto di certi fatti (non stimmate) della vita di Madre Noblet. In quanto a Teresa Neumann, devo dire che l'opera di Poray-Madeyski non mi ha affatto convinto. È un'ipotesi nuda di qualsiasi prova; come mai un'azione degli ormoni e del simpatico, scatenata dalle emozioni, produrrebbe le stimmate a forma di chiodi quali le descrivono i testimoni, le àbbondanti effusioni di sangue del venerdì ecc., mentre negli altri malati produrrebbe sol­ tanto fenomeni poco interessanti e senza significato? Pietro Janet nella sua cele­ bre Maddalena, pur così pia ed emotiva, cercò di ottenere le stimmate con la suggestione, ma riuscl solt.mto a vedere alcune gocce di sangue e non era ancora sicuro che Maddalena non si fosse graffiata la mano. Si troverà una confutazione del dottor Poray-Madeyski nel libro di Parcot, Thérèse Neumann, la stigmatisée de Konnersreuth, Bloud et Gay, Paris. In­ somma i medici nei loro malati non hanno mai constatato nulla che assomi­ gli alle stimmate di San Franceoco d'Assisi, descritte da Tommaso da Celano e da San Bonaventura (32). Anche ammettendo che la formazione delle piaghe in mezzo alle mani e ai piedi sia spiegabile con un processo fisiologico naturale, le stimmate di France(3 1 ) Thlrèse Neumann, Lethielleux, Paris 1 945. (32) Sulle stimmate vedi soprattutto i testi di Tommaso da Celano e di San Bona­ ventura (che non è un teste, ma scrisse secondo i testi) ; inoltre GIOVANNijOERGENSEN S. Francesco d'Assisi, S. E. I. Torino ; Stigmates de saint Frtlllfois, di LEoNE LE MoNNIER e del DR. RoBERT VAN DER ELST, nel D. A. F. C. t. Iv, 1492-1507.

    LA VITA DEI SANTI E LORO MIRACOLI

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    sco, scavate in seguito all'apparizione della Verna e circondate da tanti prodigi con cui Dio favorì il suo servo, sarebbero lo stesso un'op era di Dio. Il miracolo non è necessariamente quello che la natura non può fare in nessuna ipotesi, ma è prima di tutto l'operazione compiuta certamente da Dio, per manifestare agli uomini un insegnamento e un appello. Ora nella vita di San Francesco d'Assisi abbondano i miracoli, accertati dalle testimonianze più sicure. Subito dopo la sua morte egli compi. in Assisi miracoli che vennero proclamati quando fu beatificato quattro anni dopo, come quello cosi commovente, del fanciullo paralizzato al quale Francesco apparve dandogli delle pere, e quello del sordo­ muto, al quale brave persone promettevano che lo avrebbero custodito, se Francesco lo avesse guarito. Il dono dei miracoli, che in vita San Francesco aveva talmente posseduto da sembrare che tutta quanta la natura fisica volesse fargli festa, egli trasmise ai suoi discepoli, tra i quali il più famoso taumaturgo è Sant'Antonio di Padova. Attorno alla sua persona la leggenda ha molto rica­ mato; ma di lui ripetiamo quello che abbiamo detto di San Martino : si fanno prestiti solo a chi è ricco. Il secolo xm conobbe una fioritura di santi estrema­ mente grande : nelle loro vite si troveranno molti miracoli, e anche se la criti­ ca storica ne dovesse scartare qualcuno, ne resterebbero ancora tanti da riempire troppe pagine per riferirli qui. Abbiamo parlato del compito delle visioni nell'antichità cristiana: visio­ ni immaginative, rapide, un semplice avviso in una data situazione. In quei tempi ci furono anime favorite di visioni intellettuali, che entrarono nei miste­ ri della divinità attraverso i gradi superiori dell'orazione? È verosimile : gli scritti di San Gregorio di Nissa, per esempio, lo fanno pensare (33); ma il fatto è che i fenomeni mistici nel Medioevo si moltiplicarono e lasciarono tracce giunte fino a noi. Più ancora che nei grandi secoli del Medioevo, è durante i grandi scismi, le guerre atroci, le pesti che spopolano la cristianità, poi nel Rinascimento paganeggiante che appaiono i mistici i quali sembrano trascorrere la loro vita intera nell'aldilà. Si direbbe che per venire incontro ai mali della Chiesa e per consolare le anime Dio interviene in modo più visibile e continuo. In Italia, nelle Fiandre, in Germania, poi nel secolo xvi in Spagna si succedono i mistici che si potrebbero chiamare classici : Santa Caterina da Siena, la beata Angela da Foligno e tant'altri, le cui cognizioni soprannaturali, comunicate da Dio, sono certamente miracoli e offrono un eccellente argomento apologetico. Spin­ gendo tale argomento più avanti di quanto non abbia fatto il Bergson nelle Deux SouTces de la momle et de la Teligion, si può dimostrare che i mistici cri­ stiani attingono le più alte vette ove sia mai salita l'umanità; che le loro espe­ rienze non sono al di sotto dell'intelligenza, ma al di sopra; che dalle loro espe­ rienze soprannaturali derivano il l oro amore e la loro azione cosi potente nel mon­ do; che le loro conoscenze soprannaturali non sono illusioni ma verità, e che di conseguenza il aistianesimo, del quale hanno veduto i misteri, è proprio la religione rivelata d a Dio. Sfortunatamente questo argomento per essere suffi­ cientemente sviluppato richiederebbe discussioni psicologiche, alle quali non possiamo qui fare posto. Perciò invitiamo il lettore a studiare lui stesso Santa (33) DANIELOu,

    Paris 1946.

    Platonisme et thlologi4 mystiqu.e chi� sainJ Gr1guire de Nysse,

    Aubicr,

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    l MIRACOLI NELLA CHIESA

    Caterina da Siena o Santa Teresa, aiutandosi con lavori storici, psicologici, teo­ logici seri, e questo studio rafforzerà solidamente la sua fede (34). d) Il Rinascimento e i tempi moderni. Il secolo XVI vide un rinnova­ mento religioso e un fiorire di santità possente quanto quello del secolo XIII e forse più meraviglioso. Nella Chiesa s'erano diffusi grandi disordini ed era­ no falliti molti tentativi di riforma; i protestanti pretendevano che Dio non fosse più con Roma e i cattolici di poca fede dovevano credere qualsiasi rin­ novamento impossibile per sempre. Ora questo rinnovamento comincia quasi subito dopo Alessandro VI : grandi santi radunano attorno a sè discepoli che praticano tutte le rinunce; la fede, o meglio la contemplazione più sublime, ispira ovunque fondazioni caritative, opere d'evangelizzazione, di educazi•me e di scienza (35). La stona dei primi Gesuiti è splendida quanto queìla dei primi Francescani e dei primi Domenicani. E oltre i Gesuiti quanti fondatori di ordi­ ni e quanti santi isolati! Leggendo le loro vite si potrebbe raccogliere una messe immensa di miracoli, che sarebbe anche più istruttiva dei mira(.oli del Medioevo, perchè gli scrittori del Medioevo raccontavano i prodigi tali e quali, senza metterli nell'ambiente che dà ad essi tutto il loro significato reli­ gioso, mentre nel secolo XVI possediamo molti documenti per capire il punto di partenza, il termine, le ripercussioni d'un miracolo. Così la corrispondenza di San Francesco Saverio, benchè non parli dei suoi miracoli, ci permette colle­ garli con le disposizioni intime del Santo, ai bisogni dei suoi uditori, al successo della sua missione. I miracoli di San Francesco Saverio furono certamente molto numerosi e splendidi. Disgraziatamente la prima inchiesta per la canonizzazione, comin­ ciata nel 1 556, otto anni dopo la sua morte, fu fatta soltanto in alcune città occupate dai Portoghesi e mancò nei paesi di missione; d'altronde fu interrotta molto presto. La seconda inchiesta del 1 576 fu molto tardiva; parecchi testi­ moni erano morti, quelli ·che deposero dicevano ciò che avevano sentito da testi­ moni oculari. Intanto, malgrado la situazione sfavorevole, se lo storico deve riconoscere che molti fatti furono un po' snaturati, non è del tutto privo di elementi di certezza. Francesco Saverio non parla dei miracoli che ha fatto lui stesso, ma parla dei miracoli dovuti alla fede dei suoi fedeli (36) : è un modo per dissimulare la propria taumaturgia. Testimonianze di seconda mano s'accor­ dano poi per raccontare prodigi e il loro accordo in molti casi può essere accet­ tato dalla critica come una prova d'autenticità. Infine, oltre la corrispondenza di Francesco ed i processi di canonizzazione, abbiamo altre fonti, cioè corrispon­ denze di personaggi vissuti in Asia quando egli svolgeva il suo apostolato. II P. Cros riunl svariatissimi interessanti documenti sul Saverio, e noi rimandiamo quelli che hanno il gusto dell'erudizione ai suoi due volumi ( 37), dove trove­ ranno molti miracoli certamente autentici. Per coloro che ai documenti origin ali -

    (34) Abbiamo trattato la questione nella nostra lntroduction à la thiologie Bloud et Gay, p. 28 ss. e negli articoli della Revue Thomiste, magg.-giugno 1933 e di Vi· Spirituelle maggio 1935. (35) Il P. Tacchi Venturi lo dimostra con moltissimi fatti nel primo volume della Storia della Compagnia di Gesù in Italia, 2 ed., Civiltà Cattolica, Roma. (36) Lettera citata dal P. Brou, I, p. 220. Le lettere di Francesco Saverio formano un volume dei MoTUJmenta historica Societatis ]esu, Madrid 1900. (37) Saint Frt111foÌS tk Xavier, sa vie et ses lettres, 2 voli., Privat, Tolosa 1900.

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    preferiscono una storia composta seriamente, con peripezie appassionanti, legga­ no l a bella opera del P. Brou (38) e vi troveranno anche numerosi frammenti di lettere del Saverio, vivranno nella sua intimità e si meraviglieranno del suo apostolato conquistatore. In San Francesco Saverio Dio rinnova per gl'Indù e i Malesi i prodigi compiuti per mezzo degli apostoli per la conquista del mondo greco-romano. E dopo di allora, fino a questi ultimi anni, la storia dei missionari è piena di miracoli, specialmente quando penetrano in regioni nuove. Mentre Francesco Saverio andava fino alle Molucche e al Giappone, Filippo Neri rinnovava Roma : u al principio della sua carriera erano mostrati a dito i fedeli che frequentavano i sacramenti, e se volevano sfuggire ai sarcasmi dovevano nascondersi " ( 39); alla fine della sua vita « le mura della città sono troppo strette per contenere la devozione suscitata ,, ( 40). Il suo influsso anche se non fu l'unico, fu preponderante, nel mutare quest'ambiente smoralizzato. Esistenza banale e monotona al di fuori, che tra­ scorreva in piccoli trattenimenti con gente di bassa condizione e negli esercizi di pietà, straordinaria all'interno : un'unione incessante con Dio, un ardore appassionato, che tocca i cuori più duri, fr.rquenti comunkazioni sopra nnatu­ rali, visioni e, al bisogno, il dono dei miracoli. Chi avrebbe avuto un cuore cosi duro da non essere commosso nel vedere Filippo sul suo letto, tendere le mani alla Vergine Maria che si mostrava a lui ( 4 1 ), o andare in estasi guar­ dando il Santissimo Sacramento? (42). Quest'uomo viveva sulla terra ma era già con l'anima nell'aldilà; non c'è da stupire che ne tornasse con la poten­ za di Dio. I testi del processo di canonizzazione gli attribuirono un numero incal­ colabile di miracoli. Il Bordet li discute con una severità estrema e quasi ecces­ siva ( pp. 97- 1 1 7); per alcuni trova spiegazioni naturali, ma restano pure molti fatti privi di ipotesi esplicative. Filippo leggeva nelle coscienze, e come avrebbe potuto divinare che il senese diciassettenne Tommaso di San Gemignano, vestito da laico, che non aveva mai visto, avesse ricevuto fraudolentemente l'ordinazione sacerdotale ( p. 103)? Guarisce i malati dic-endo che non vuole che muoiano e mettendo la sua mano sulle loro ( Prospero Crivelli, p. 1 1 0), e quando Giovanni Battista Guerra cade dall'alto di un'impalcatura della Chiesa Nuova in costruzione e si fracassa la testa, egli grida : u Non voglio che quest'uomo muoia, perchè voglio che finisca questa chiesa » . E il Guerra sfug5e alla morte, si lavano le sue ferite, prende qualche rimedio c dopo qualche giorno è in piedi a proseguire i lavori ( p. I l O). Forse il giovane Massimo non fu proprio re­ suscitato, ma in ogni caso, quando Filippo con una preghiera richiamò alla vita il fanciullo, al quale il padre aveva chiuso gli occhi, per !asciarlo morire dopo un estremo colloquio, dimostra un dominio sulla vita e sulla morte che evidente· mente è soprannaturale ( p. 1 1 6). (38) Saint Frat!fOÌS de Xavier, 2 voli., Beauchesne, Paris 1 9 1 2. (39) L. PoNELLE ET L. BoRDET, Saint Philippe Neri et la societé romaine de son tt:mps, p. 66, Bloud et Gay, Paris. Questo tratto è citato su un documento del tempo. (40) lvi, p. 65(41) lvi, p. 70(42) lvi, p. 74· Tutti questi fenomeni sono stati accertati da testimoni al processo di canonizzazione ; si veda un elenco delle visioni, nota 2, p. 75·

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    Baschi appassionati come Ignazio di Loyola e Francesco Saverio, un fioren­ tino fantasioso ed eccentrico come Filippo Neri, sembrano predestinati a fare miracoli; ma la scuola francese del secolo xvn? Cartesiani che ragionano sempre e decidono solo con la ragione; preti gravi e compassati che non depongono mai la cotta, che esercitano umilmente le loro funzioni e non vogliono mai eccederei Aggiungete che qui è passato l'insegnamento di San Giovanni della Croce : l'uomo spirituale nulla deve evitare più dei favori straordinari. Tuttavia trovia­ mo miracoli in pieno secolo xvn, non diw soltanto nella Bretagna di de Quério­ let e del P. Maunoir, ma anche nella scuola francese. Ce n'è uno importante nella vita di Gian Giacomo Olier e anche in quella di Vincenzo de' Paoli. Si sa che l'Olier, in possesso di ricchi benefici, da principio condusse la vita mondana e tiepida che al principio del secolo xvn troppo spesso condu­ cevano gli ecclesiastici altolocati. Fu chiamato da Dio e illuminato sulla sua vo­ cazione da due sante donne : Maria Rousseau, vedova d'un negoziante di vino, e Madre Agnese, religiosa di Langeac. L'Olier, già tocco dalla grazia, s'era de­ ciso a fare un ritiro a San Lazzaro, sotto la direzione di San Vincenzo de' PaolL Ecco come egli stesso ha raccontato il fenomeno che avvenne durante il ritiro : u Io ero nella mia camera in orazione, quando vidi quella santa anima venire a me ·con grande maestà. In una mano teneva un crocifisso e nell'altra la co­ rona. Il suo angelo custode, bello oltre ogni dire, reggeva un'estremità del suo mantello da coro e con l'altra mano un fazzoletto per ricevere le lacrime che ella versava. Mostrandomi un volto penitente e afflitto, mi disse queste pa­ role : io piango per te ... Io credetti allora che fosse la Santa Vergine, per la santa gravità e la dolce maestà con cui mi apparve e a causa dell'angelo che le rendeva gli stessi servizi d'un servo alla sua dama » . Qualche tempo dopo Olier, essendo nella sua abbazia di Pebrac non !un­ gi da Langeac, desiderò vedere la religiosa la cui reputazione di santità era giunta fino a lui : presentiva che fosse stata proprio lei ad apparirgli. Dopo essersi presentato molte volte al parlatorio del monastero senz'ottenere di es­ sere ricevuto, la Priora fu in grado di parlargli. Si rivolse a lui come a un ec­ clesiastico che conosceva solo per sentito dire. Ma l'Olier desiderando sapere se il suo presentimento non lo ingannava, domandò alla religiosa di togliersi il velo. Ella lo tolse. a Madre mia, gridò, io vi ho vista altrove n. Agnese gli ri­ spose : a È vero; mi avete veduta due volte a Parigi, e vi sono apparsa nel vo­ stro ritiro a San Lazzaro, perchè avevo ricevuto dalla Santa Vergine l'ordine di pregare per la vostra conversione, poichè Dio vi ha destinato a gettare le fon­ damenta dei seminari del regno di Francia 11. E queste due grandi anime s'in­ trattennero sui segreti che Dio manifestava loro. Non si tratta d'un sogno va­ go, seguito d a un'interpretazione improvvisata : la testimonianza dell'Olier è precisa nelle sue memorie, e nelle biografie si troveranno altre testimonianze che la corroborano ( 43). L'Olier era destinato all'altissima missione di stabi­ lire in Francia i Seminari richiesti invano dal Concilio di Trento e d'istituire la Congregazione che avrebbe formato tanti sacerdoti in Francia, nell'America del Nord, e ora in Indocina : non ci stupiamo che Dio abbia voluto istruirlo col ministero della Santa Vergine e d'una religiosa elevata alla più alta contem(43) FAILLON, Yu de M. Olier, 4 ed., vol 1, pp. 93 e gg, Poussiclgue, Paris 1873. Vedere alle pp. gg-Io3, la discussione dell'apparizione, le deposizioni di ventiquattro testi­ moni oculari di Lengeac. .

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    VITA DEI SA!IITI E LORO MIRACOLI

    plazione. Per noi questo miracolo comporta an·che l'insegnamento dell'effica­ cia apostolica degli ordini contemplativi : innumerevoli seminaristi devono il beneficio della loro formazione clericale a una religiosa domenicana che tra­ scorse tutta la sua vita nella preghiera tra le mura di un monastero del Velay. Conclusione. Questa rapida scorsa nei secoli potrebbe fermarsi qui; in­ tanto sappiamo che la Chiesa cattolica è accompagnata ovunque e sempre dai segni con cui Dio suggellò il ministero degli Apostoli. Per finire non con una visione, ma con fatti materiali, impiegabili con le leggi fisiche, rechiamoci in Piemonte dall'oratoriano Sebastiano Valfrè, uno dei patroni di Torino, morto nella prima metà del secolo xvm. Quest'uomo fu il Vincenzo de' Paoli del suo paese : l'esercizio della sua carità venne aiutato da splendidi miracoli. Ne ci­ teremo due. Il conte d'Hustberg, venuto a Torino a presentare le condoglianze per la morte della duchessa di Baviera, sorella di Carlo Emanuele Il, cadde gravemente ammalato. Il P. Valfrè Io visitava ogni giorno. Nella notte del 23 aprile del 1676, mentre il contf dormiva, e due valletti che lo vegliavano ed un certo Claudio Carrera, capo-cuoco della duchessa madre di Vittorio Amedeo Il, si videro improvvisamente davanti Sebastiano Valfrè arrivato non si sa di dove, perchè avevano chiuso tutte le porte, e tenevano le chiavi in tasca. Il caso pareva loro così strano che Carrera scese alla porta d'ingresso per accerta::,�i se fosse chiusa e un valletto ogni tanto andava verso la camera del conte per ascoltare che cosa facesse il Padre. Il malato s'era svegliato e vedendo il Val­ frè diceva : « Padre, Dio vi ha mandato per me D. Mori sul finire della notte (44). L'altro miracolo venne raccontato al processo di canonizzazione dal teo­ logo Salino, prevosto di Cavaglià, che lo seppe da un amico. Questi accom­ pagnava il Valfrè al monastero della Carità, dove visitava i malati. Passando da una camera all'altra, il compagno s'arrestò spaventato : i muratori avevano tolto l'impiantito e davanti alla porta si apriva una voragine. Ora il Valfrè, aperto la porta, attraversò la stanza camminando per aria (45). -

    CAPITOLO III. - L'ESISTENZA DI CRISTIANI FERVENTI COSTITUISCE PURE UN ARGOMENTO? § I.

    -

    Problema posto dalla loro vita.

    Nell'opera La missione e la propagazione del cristianesimo nei primi tre secoli, Adolfo Harnack, tra le altre cause della diffusione della religione di Gesù Cristo, h a anche studiato la pratica della beneficenza, la consolazione re­ cata alle anime sofferenti e le cure ai corpi malati, la carità che riesce sem­ pre a penetrare negli spiriti. Perchè non servirei di quest'argomento nella sua universalità, come gli apologisti dei primi secoli? Quale insegnamento contiene un'esistenza sinceramente cristiana? Notia­ mo che questa non è una questione vaga e di senso ambiguo, con elementi malamente discernibil i : il problema comporta dati sicuri. Conoscere un'ani1872·

    (44-) PAOLO CAPELLO, Vita tkl B. (45)

    lvi, pp.

    157-159·

    Sebastiano

    Val.ftè, I, pp. 1 5o-1 53,

    Marietti, Torino

    l MIRACOLl NELLA CHIESA

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    ma cnstlana in molti casi significa un'sperienza reale e indiscutibile, quanto quella d'un professore che apprezza l'intelligenza d'un allievo o quella d'un padrone che giudica l'inizia �iva di un commesso o l'abilità d' � n operaio. 1�­ . _ dubbiamente a esperienze dt questa natura se ne possono sost.ttUJre altre ptù precise, per esempio con l'aiuto di test.! si può anche, valendosi della psicologia e della sociologia, risolvere tali esperienze in elementi più semplici o creduti tali. Ma perchè l'esperienza in questione sia indiscutibile, non occorre un tale sforzo : il professore, che è stato a contatto dei suoi allievi per parecchi mesi, non ha bisogno di servirsi di tests per stabilire una gradazione intellettuale, al­ meno per quanto concerne le materie della sua classe. Un'esperienza del ge­ nere, anche col coefficiente d'equazione personale che comporta, è assai più sicura di molte analisi sociologiche, ritenute ina ttaccabili. Ci spieghiamo per esempio dal come i selvaggi concepiscono la causalità tecnica, l'efficacia dei loro strumenti. Alcune di queste spiegazioni vengono considerate come definitive; tuttavia sono meno sicure dell'esperienza che un figlio o un marito ha del­ l'azione cristiana o delle convinzioni della propria madre e della propria mo­ glie. Ora nella nostra società, ricca d'una cosi antica e solida eredità cristiana, ognuno ha sperimentato anime totalmente date a Dio e al servizio del pros­ simo, o almeno, ne ha conosciute dai libri e da documenti sicuri. Donde ven­ gono quest'elevazioni di sentimenti, questa purezza e semplicità, questa de­ dizione? § 2.

    -

    l

    tentativi di spiegazione naturalista.

    Molti immagi­ Donde viene la causalità delle credenze cristiane? nano che tutte le religioni, o anche tutte le dottrine, in certe circostanze fa­ vorevoli siano capaci di generare l'eroismo; che ci siano cristiani praticanti, senz'alcuna virtù nè bontà, come al contrario ci siano santi buddisti ed eroi atei; perciò in sostanza, tra la vita cristiana santa e la dottrina cristiana non si potrebbe stabilire nessuna relazione. Pensano cosi più o meno coscientemente anche certi cattolici. Bisogna dichiarare che simili apprezzamenti tradiscono l'assenza della psicologia più elementare. Praticare alcuni doveri non è un se­ gno che l'anima è seriamente cristiana, che la sua condotta è ispirata dal Van­ gelo. Quest'individuo, che alla domenica va a messa, in molti scompartimenti della sua anima è forse un pagano. Voi non sapete se egli è in stato di grazia, e vi fondate sulla sua condotta per giudicare dell'efficacia e fors'anche della verità della religione di Gesù Cristo! Conoscerete altri che sono cristiani, o che almeno hanno il sincero desiderio di esserlo, ma che ignorano i loro di­ fetti. Per mancanza d'immaginazione e di perspicacia nell'osservazione, o an­ cora per impotenza ad essere attenti a giudicare una situazione, restano chiusi in se stessi, e nel corso dei giorni sono egoisti : senza sospettarlo fanno del ma­ le ai loro vicini. Deplorate le loro deficienze pskologiche, ma non attribuitele alle loro convinzioni, che forse interiormente e agli occhi di Dio corrispondo­ no a in tenzioni che essi non sono capaci di realizzare. Ma notato questo, chi apre gli occhi dello spirito e osserva attorno a sè il mondo spirituale vede che le anime sono buone, virtuose, devote, propr:o nella misura che vivono la ve­ rità del cristianesimo. Donde viene questa causalità della fede e della vita cri­ stiana? Questo il problema che dobbiamo risolvere. Se non credete che il Cristianesimo è Verità, Via e Vita, voi pretendete -

    L'ESISTENZA DEI CRISTIANI FERVENTI

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    che offra soltanto una fantasticheria e dei simboli per rappresentare la realtà spirituale : la vera causalità della vita morale e santa sarebbe nascosta, incosciente e mascherata dalle immaginazioni cristiane. È cosi che Baruzi volle vedere in San Giovanni della Croce un filosofo e un poeta neoplatonico, che ornava le sue virtù e i suoi sogni con metafore prese dalla Bibbia ( 1). In realtà l'uomo religioso agirebbe per motivi non cristiani; solo s i mm agin a d'agire per motivi cristiani, perchè è stato allevato in una tradizione e ama avvilupparsi di ricor­ di e di stati d'animo che questa tradizione gli ha legato. Ma di quale natura sarà esattamente questa causalità, che si orna di vesti cristiane? Vediamo le di­ verse ipotesi che se ne possono fare. '

    Ricordiamo anzitutto l'ipotesi a) La spiegazione del materialismo. del 11 materialismo storico " • per quanto sia assurda a prima vista. Le nostre azioni sarebbero sempre suscitate dai fenomeni fisico-chimici che avvengono in noi o, se si vuole ( il che è equivalente, pretendono i seguaci del materialismo storico, senza che quest'equivalenza sia per nulla chiara) da bisogni econo­ mici; la nostra n ideologia "· cioè le nostre credenze, riflettono soltanto i fat­ tori materiali che ci determinano. Noi crediamo d'agire per convinzione, per opinione, per decisione; in realtà si agioce mossi come l'animale, e l'animale agisce come agisce un elemento sotto l'azione di un reattivo chimico. Secondo un giusto rilievo di Edoardo Le Roy, questo materialismo ob­ bliga a supporre cose infinitamente più assurde e d'un finalismo ad oltranza. Si è portati a sorridere quando si legge in Bernardino di Saint-Pierre il famo­ so argomento delle angurie e della Provvidenza : siccome le fette dell'anguria sono fatte per essere mangiate in famiglia, le angurie provano che Dio esiste. L'argomento è forse infantile; ma è incomparabilmente più sragionevole di­ re che Alberto de Mun ha spezzato la sua carriera di ufficiale per servire il po­ polo, che s'è consacrato a tutte le grandi cause, che l'illustre oratore era sem­ pre a disposizion� della povera gente, che al principio della grande guerra n era colui che consolava le nostre madri " (2) e che questo distacco da sè, que­ sta nobiltà, questa bontà, questa delicatezza sono inefficaci, inattive : tutto il loro compito sarebbe nel rappresentare mentalmente un'attività chimica cel­ lulare, che avrebbe funzionato egualmente bene anche senza questa spirituali­ tà. Ma non fermiamoci oltre su una concezione così assurda (3). b) Spiegazione del sociologismo. La seconda ipotesi che si presenta è quella che chiamiamo sociologista, prendendo in senso rigoroso la tesi di que-

    (1) Saint Jean de la Croix et le problème de l'expérience mystique, Alcan, Paris 1 925. (2) Parole d'un soldato che vedeva passare il funerale di Alberto de Mun a Bor­ deaux. ROBERTO GARRIC, Albert de Mun, Flammarion, Paris 1 935· (3) Questo materialismo è quello di Marx? Buoni interpreti, come M. CuVILLIER (lntroduction à la sociologie, Parigi, collection Armand Colin) e BENEDETTO CROCE (Materiali­ smo storico ed economia marxista, Laterza, Bari 1 92 1 ) considerano il materialismo dialettico come un metodo d'analisi, non come una dottrina, e ritengono che Marx, affidando ai proletari il compito di fare la rivoluzione, credesse all'efficacia dell'iniziativa umana. Ma rimane il fatto che il materialismo assoluto di cui abbiamo parlato, è alla base della conce­ zione della vita nello Stato sovietico e il fondamento filosofico del marxismo, leninismo. Per una più ampia e più precisa idea del maJerialismo dialettico e storico, cfr. G. A. WETTER, s. v. in E.C., VIII, 366-386.

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    J

    MIRACOLI NELLA CHIESA

    sti teorici che pretendono d i spiegare completamente l'uomo attraverso il suo corpo e la società. L'V:omo è un semplic� ani�ale pa� lan �e : senz'ave�e null � _ in più, dal punlo di vista anatomico e fisiOlogico, degh ammah_ supenon_ suot congeneri, l'uomo riceve dalla società il linguaggio e tutte le conoscenze por­ tate dal linguaggio. In quest'ipotesi è chiaro che le nostre azioni, quando su­ perano lo stadio del riflesso, sono dovute interamente agl'influssi sociali. Senza andare cosi lontano, senza sopprimere ogni interiorità psicologi-ca, Durkheim e i suoi adepti stimano che tutti i u valori n vengono dalla società : categorie di pensiero, procedimenti scientifici, arte, morale, religione. Perciò l'adorazio­ ne delle anime religiose, senza che esse se n'accorgano, s'indirizz�rebbe alla so­ cietà, e la loro ispirazione verrebbe anche totalmente dalla soCietà; le costru­ zioni di idee filosofiche e religiose, i dommi e i sistemi non sono quindi che simboli i quali coprono, nascondono (o portano?) la potenza d'idealizzazione e di azione sociale. Ma rifacciamoci ora all'esistenza d'un uomo che, spinto dall'amore a Gesù Cristo, ha dato il suo corpo per i suoi fratelli in un'agonia d i lunghi an­ ni. Quando il Padre Damiano s'offerse per andare a curare i lebbrosi di Mo­ lokai, sapeva che sarebbe morto di lebbra, perchè allora non c'era modo di difendersi. Egli a nostro Signore chiese soltanto la grazia di poter celebrare la messa. Il male terribile invase tutto il suo corpo, le sue membra caddero a brandelli; gli restava la punta di alcune dita, e potè tenere l'Ostia fino alla fine (4). Il Padre Damiano si era offerto a questo martirio per amore a Gesù Cristo : se gli avessero detto che in realtà la causa dei suoi atti, il suo ideale. era la società umana, e non Dio, avrebbe scrollato le spalle o gridato alla be­ stemmia. Ora i sociologi distinguono (qui è il loro travaglio perpetuo) i va­ lori sociali e l'immaginazione mistica generata da essi; ma bisogna arrendersi all'evidenza: qui nel caso esaminato, sarebbe l'immaginazione mistica che agi­ sce e che sola genera i valori. La spiegazione sociologista urta contro quest'in­ sormontabile difficol tà : qui è l'elemento ritenuto senza consistenza che produ­ ce i risultati di valore; mentre l'elemento ritenuto consistente non produ­ ce nulla. c) La soluzione psicologica. Come spiegare il paradosso per cui l'elemento vuoto agisce e produce risultati prodigiosi, a detrimento di quello so­ lido? Se s'ammette una trasposizione dalle rappresentazioni sociali alle imma­ gini mitiche, nelle coscienze individuali, il problema cessa per se stesso di ap· partenere alla sociologia e passa alla psicologia. a) Esperienza morale. Ora, se anche gli psicologi vogliono attenersi alle cause naturali completamente spiegabili, finiscono ·col rifare la teoria sociolo­ gista in edizione propria, dicendoci che ogni uomo, chiamato a decidersi, a organizzare la propria vita e a rendere ai suoi simili ciò che è loro dovuto, compie un'esperienza impregnata di ragione. Senz'analizzare i motivi che lo portano ad agire, senza riflettere sulla direzione che imprime alla propria at­ tività, l'uomo si decide mosso da principi razionali oscuramente derivati dalla sua vita personale o trasmessi dall'educazione e da lui ricevuti. Può darsi che in seguito cerchi di ornare gli stessi principi con ogni sor-

    (4) P. CaomYs, Padre Domwno l'apostow dn lehhrosi, S. Coi!IIU, Padre Damiano, Ed. Paoline, Alba 1954.

    Morcelliana, Brescia 1 940.

    L'ESISTENZA DEI CRISTIANI FERVENTI

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    d i fantasie immaginarie (i dommi cristiani), m a i n realtà agisce solo per imdel pensiero razio nale. P ulso Sia pure. Le suore delle prigioni, che sanno trattare le prostitute e i condan nati tanto bene da ottenere conversioni profonde e durature, devono essere capaci più che mai d'esperienza moraìe razionale ( 5), e altrettanto po· tremmo dire delle società religiose le quali compiono opere ammirabili e di cui in questi ultimi te�pi è s�ato. descritt� �o spirito e la vi_ta. Ma ciò non toglie la difficoltà : è « l immagmaziOne » cnstlana, e non un Sistema puramen­ te razionale d'idee che ha il privilegio di muovere ad ogni cosa più importan­ te. Donde viene la sua efficacia quasi esclusiva? Non abbiamo il diritto di du­ bitare della testimonianza di questa coscienza, che vuole agire sempre per ispi­ razione della fede, e quando agisce dice di farlo per Dio e la sua Chiesa. Non possiamo dubitare di questa testimonianza col pretesto che l'introspezione è spesso fallace, perchè noi qui abbiamo davanti un . insieme �osi I?�ssi.cc_io che non si può errare sul suo volume. In realtà non SI tratta d1 decmom Isolate, di atti sporadici, ma d'una cc totalità )), d'una organizzazione di riflessi, d'atti­ tudini, di riti, d'associazioni, di giudizi, di tendenze, d'azioni. La vita cristiana, come la vediamo nelle sue autentiche realizzazioni (ricordate alcuni dei no­ stri esempi), è un comportamento, una condotta, organizzata ( nel senso di Pie­ tro Janet). Alcuni di questi comportamenti sono riflessi, atteggiamenti fisici, (genuflessioni, segni di croce, posizione nella preghiera); altri sono disposizio­ ni profonde dell'anima ( fare orazione). Tra questi comportamenti superiori e inferiori se ne intercalano molti altri, collegati tra loro e formanti un sistema totale e coerente. È molto strano che in un tempo in cui s'affetta di studiare a parte, come dati di fatto, i comportamenti dei maniaci e degli psicastenici, non si pensi a studiare in particolare quelli cristiani, o meglio la condotta cristiana in un'anima individuale, come sistema coordinato totale che, come insegna una tradizione sociale e come lo pratica un'anima in tutta la sua esisten­ za, organizza la vita e produce risultati psicologici e sociali di prim'ordine. Conviene accettarlo con pieno rigore scientifico come un tutto e cercare donde provenga la sua efficacia causale. ta

    b) Slancio vitale. - Si presenta una spiegazione : più profondamente del­ l'esperienza morale e della riflessione razionale, e del sistema dei comportamenti, lo slancio vitale, origine d'ogni comportamento umano, genera la virtù e la iantità. Già Aristotele con un'intuizione molto profonda in un pagano, aveva notato che il piacere ci può essere dato soltanto da ciò che ci supera, mediante un fine che ha valore in se stesso : perciò il piacere cercato per se stesso sfugge alla nostra presa come ci sfugge l'acqua tra le dita. Tra i nostri contemporanei, Maurizio Bionde! e Giuseppe Wilbois hanno dimostrato l'uno che l'azione umana si dispiega in cerchi sempre più ampi, i cui limiti vengono necessaria­ mente superati, e l'altro che il passato si deposita in una massa che preme· sempre più per creare un avvenire superiore. La persona ha come legge di uscire da sè, attendendo il suo supplemento da una potenza superiore inac­ cessibile. Noi accettiamo certamente queste celebri dottrine; ma esse non offrono la soluzione del nostro problema. 11 comportamento cristiano, per chi lo considera. (5) jEANNB ANczutT-HUSTACHE, Ln soei/T des prisons, Grasset, Parigi 1935·

    I MIRACOLI NELLA CHIESA

    618

    in quanto fenomeno psicologico e sociale, è certamente una forma di slancio vitale dell'azione umana, con cui s'accorda continuandola. Ma resta da sapere perchè il comportamento cristiano rac�olga lo slanc�o vit�le e gli dia una pote�­ . . _ _ za superiore, come la v1ta che rmmsce le energ1e chimiche m uno slanc10 potente. c) Il sentimento. Forse rimane aperta ancora la via da cercare una spiega­ zione nel sentimento, che in certi casi pare imporsi e in tutti svolge un compito. Le idee ci fanno agire soltanto suscitando sentimenti, e le anime pie riflettono e meditano proprio perchè in esse le concezioni astratte divengano· attive. Uomini come Lacordaire o Gratry erano grandi passionali. I biografi di Lacor­ daire, come pure la sua corrispondenza, rivelano la profondità e l'intimità delle sue amicizie (6). Come Agostino, se avesse vissuto soltanto una vita umana, egli avrebbe cercato solo amare et amari. Ma tutta la vita di Lacordaire è uno sforzo per superare la sensibilità carnale : le sue grandi opere, e specialmente il ristabilimento dell'ordine di San Domeni·co sono contrari ai suoi affetti naturali. È vero che allora era mosso da sentimenti religiosi; ed è pure vero che ci sono sentimenti religiosi specifici, come -ci sono sentimenti estetici irriducibili, secon­ do che vengono suscitati da una chiesa romanica o da una chiesa gotica oppure barocca. Ma la spiegazione attraverso il sentimento non ci offre la soluzione che cerchiamo, in primo luogo perchè non è totale, essendo i sentimenti una picco­ l issima parte di quello che abbiamo chiamato il « comportamento n cristiano; e poi perchè i sentimenti vengono suscitati dalle convinzioni, di modo che, in ultima analisi, la causalità appartiene alla fede del soggetto e quindi ai dommi cui la fede aderisce. .

    § 3 . Soluzione cristiana unica pienamente razionale. .

    Perciò sorge l'ultima questione: Perche i dommi cristiani hanno questa potenza di generare dedizioni superiori? Infatti prendete pure gli eroismi pagani e paragonateli alla storia cristiana, prendete le opere protestanti, cosi grandiose e degne di onore, prendete i santi protestanti, ( chiameremo cosi Wesley, Buber, Wichern) (7) e confrontate con le opere e i santi cattolici, così privi di mezzi materiali e così prodigiosi nel distacco, nell'amore, nell'irradiare il loro spirito. Lo studio di collezioni dedicate agli ordini religiosi e ai santi cattolici (8) daran­ no senz'altro la soluzione del nostro problema. Possiamo raggiungere questa soluzione su due piani diversi, d'ineguale importanza . l ) Ci si può chiedere guaii sono nell'anima cristiana i fattori psico­ logici provenienti dal cristianesimo, che ne dirigono l'azione e la elevano alla santità. 2) Ci si può chiedere, dipendendo il comportamento cristiano da un sistema di credenze, che genere di verità debbono possedere queste credenze per esercitare un'efficacia d'eroismo. Questa seconda è evidentemente la questione suprema; queste convinzioni, che generano la vita cristiana, sono la verità? oppure sono un impasto di miti? (6) Vedere p. es. le sue Lettere ai giovani, pubblicate dalle Edizioni Paoline, Roma. (7) V. lo studio psicologico di Buber e di Wichern nella quarta parte .dell'opera di KARL GIRGENSOHN, Der seelische Aufbau des religiosen Erlebens, Bertelsmann, Giitersloh 1 930. (8) Les grands ordres monastiques, presso Grasset. Les sainls, presso Gabalda.

    L 'ESISTENZA DEI CRISTIANI FERVENTI

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    C'è già in loro favore un argomento che, senza risolvere la questione, limi­ ta la ricerca. L'anima umana oscilla tra i due poli dell'egoismo e del dono di sè : le convinzioni cristiane occupano la vetta più alta del polo della dedizione. Quindi anche la vita religiosa dell'umanità oKilla tra i due poli dell'abban­ dono senza speranza, dell'incoKienza, della dissoluzione della personalità, e quello dell'esaltazione delle forze, della coscienza purificata, della concentrazione della personalità e della sua sopraelevazione. Ad un estremo c'è il Nirvana bud­ distico; all'altro c'è il Cristianesimo, anzi il Cattolicesimo, poichè (su questo non è possibile nessuna discussione) esso sol o ha dei santi come Paolo, Agostino, Benedetto, Francesco d'Assisi, Vincenzo de' Paoli e moltissimi altri. Queste constatazioni ci dispensano dal disperdere le nostre ricerche qua e là. Il timore che un'altra religione, una filosofia, una setta abbiano potuto produrre in certi casi gli stessi risultati d'eroismo, non ci deve turbare : sono le manifestazioni dell'anima a naturaliter christiana n, ci direbbe Tertulliano. D'altronde quando abbiamo la causa d'un fenomeno, perchè formare la inutile ipotesi che un'alua causa abbia potuto produrre lo stesso effetto? E intanto queste credenze, l'unica ricchezza di tante anime che per esse hanno dato tutto, queste convinzioni cui tali anime tengono più che alla vita e che ispirano tutti i loro atti, sono la Verità? o sono una fantasmagoria d'immagini illusorie? CONCLUSIONE Tutte le ipotesi esaminate fin qui cercano di dare una spiegazione pura­ mente naturale (sociologica, psicologica, ecc.) della nu�cita straordinaria del comportamento cristiano, e tutte finiscono col dire che i tesori più sacri del­ l'umanità e quanto questa ha di più sublime per delicatezza, dedizione, bontà, eroismo, tutto è il risultato di potenze d'illusione. La verità più pura che agi­ sce nella nostra vita pratica è frutto d'illusione; la sincerità più disinteressata è il prodotto d'immagini fallaci; il campo in cui la ragione s'esprime più net­ tamente come giustizia ed amore appartiene all'impero del non s·e nso. Simile metafisica è inaccettabile per chiunque pretenda di pensare. Chi è abituato a pensare logicamente, provare, sperimentare e verificare, chi si sfor­ za per agire ragionevolmente, non ammetterà mai che la virtù esca dall'errore e l a ragione provenga dalla demenza. Nel caso d'una possibile alternativa, non solo tra il bene e il male, ma tra la ragione e la demenza non c'è nessuno che esiti a preferire la ragione, il vera e l'essere; se poi riHette, conclude conse­ guentemente che le credenze cristiane sono la Verità. Dallo studio della vita cristiana emerge un'altra considerazione che pro­ va il compito unico e quindi la verità del ·cristianesimo che trasforma le anime. Infatti il carattere, prodotto del temperamento, dell'educazione, degl'influssi sociali, pare fissato una volta per sempre nè si potrebbe migliorarlo se non molto debolmente. Nella sua importante Caractériologie, ( Prcsses Uni versitaires, Paris 1 916) Renato Le Senne crede che '' l'aspirazione verso un valore n in alcu­ ni opera l'unificazione del carattere e lo fa agire su un piano superiore. Il teolo­ go protestante Emilio Brunner (Der Mensch in Widerspruch, Furche-Verlag, Berlin 1937, p. 308 sg.) vuole che si classifichino i caratteri sul piano orizzontale (nervosi, passionali, ecc., come in Le Senne) e sul piano verticale, secondo che l'uomo s'avvicina più o meno alla sua vocazione divina. Al vertice l'uomo sarcb-

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    I MIRACOLI NELLA CHmSA

    be tanto unificato nel dono di sè a Dio, che l e particolarità del temperamento e dell'educazione vi si fonderebbero e non ci sarebbe più carattere. Ma, secondo il Brunner, a simile ideale ci si può avvicinare, ma non lo si può raggiungere. Ma è proprio così? Non ci furono uomini che, almeno al termine della . loro vita, ebbero il carattere completamente trasformato? Ecco l'esempio del Cardinale Cagliero, il discepolo tanto prediletto da San Giovanni Bosco, che stabili i salesiani in America, converti i Patagoni al cristianesimo, fu delegato apostolico dell'America centrale. Era un passionale autoritario, fondatore e ammin istratore di valore, che negli affari anche più imbarazzanti riusciva be­ nissimo e che teneva testa ai capi di Stato; un condottiero d'uomini di prim'ordi­ ne. Nella vita civile sarebbe stato un Napoleone, un Churchill; però era rude, opprimente, esigentissimo e rendeva penosa la vita ai suoi inferiori. Ma egli amava Don Bosco e per tutta la vita tenne gli occhi su di lui per imitarlo. Agiva specialmente la grazia : San Giovanni Bosco nelle sue visioni aveva cono­ sciuto in anticipo la vocazione e il destino di Giovanni Cagliero, che giunto al termine della sua esistenza era talmente trasformato e divenuto così indulgente, così accessibile, cosi previdente per gli altri, così attento per accontentarli, che quanti lo vedevano o vivevano con lui, dicevano che vedendo lui vedevano San Giovanni BoKo (G. Cassano, il Cardinale Giovanni Cagliero, S.E.!., Tori­ no 1 935, 2 vol.). Abbiamo scelto il Cardinal Cagliero perchè è molto vicino a noi, morto nel 1 926, ma sarebbe facile esaminare molte altre vite di santi in cui la trasformazione del carattere appare ancor piì1 radicale e meravigliosa. D'altronde non pretendiamo che la trasformazione giunga a far scomparire tutti i lineamenti dell'individualità : Dio lascia sussistere quelli che si possono accordare con la grazia, e in essi la fa risplendere. Dopo quest'esame di vite di santi storicamente molto noti, si cerchi se la filosofia o altre religioni avreb­ bero trasformato cosi questi caratteri e si constaterà che solo il cristianesimo vede operarsi simili trasformazioni, e che, pur ammirando quanto di grande c'è nei santi dell'ortodossia (9) e negli eroi del protestan tesimo, ci si renderà conto che il cattolicesimo ha qui un privilegio assolutamente unico. G.

    R.

    BIBLIOGRAFIA. - 1. Santi. Nel corso della trattazione furono citate le vite di alcuni tra i più notevoli santi dei nostri tempi. Una lista ragionata e pressochè completa delle biografie dei santi e di cristiani ferventi dalle origini del cristianesimo ad oggi è quella contenuta nell'articolo Biographie spirituelle del Dict. de Spiritualité, Beauchesne, Paris, I, 1624- 1 7 14. Una collana di vite di Santi, stimata per la sua serietà scientifica, fu pub­ blicata sotto la direzione di H. joLY dal titolo us saints, Gabalda, Paris. Ebbe inizio nel 1897 e ne uscirono oltre cento volumi, molti dei quali furono pure editi in it. presso la Desclée di Roma. I Benedettini di Parigi stanno terminando di pubblicare presso Letou­ zey et Ané 12 grossi voi umi di Vies des saints et der bienheureux selon l' ordre du calendier auec l'hisklire desfétes. Per altre indicazioni e per questioni metodologiche si veda R. A1GRAIN, Hagiographie, Bloud et Gay, Paris 1 953 · Su alcuni cristiani ferventi : A. CisTELLINI, Te.Jti­ monian:�;e. La vita cristiana alla scuola dei laid, La Scuola, Brescia 1 946, con note bio-biblio­ grafiche su una quarantina di persone. Importante per la santità fuori della Chiesa catto­ lica il volume di J. KoLOGRJVOF, Essai sur la sainteti en Russie, Beyaert, Bruges 1953 ; trad. italiana presso la Ed. Queriniana, Brescia. (g) Per avere un esempio ai legga, poichè i santi personaggi vi abbondano, il libro di PIERRE PASCAL, Auvakum tl les dlbws du Raslrol, ed. Istina, rue François-Gérard, Paria 1 93 9·

    BIBLIOGRAFIA

    62 1

    2. Miracoli. Manca, per quanto ci consta, uno studio d'insieme sulla taumaturgia cristiana contemporanea. Un tale studio sarebbe quanto mai utile, come sarebbe deside­ rabile che si pubblicasse una raccolta dei miracoli più importanti, che sono stati ricono­ sciuti dalla Sacra Congregazione dei Riti. Abbiamo però alcune monografie di valore : J. HELLÉ, Les miracles, Paris 1 949, presenta alcuni grandi miracoli della Chiesa contem• poranea confrontandoli con qualche caso di falso miracolismo. O. LEaov, Miracle.r, De­ sclée, Paris 1 95 1 . G. BEaTRIN, HistoiYe critique des lvénemmts de Lourdes, 1 4 éd., Gabalda, Paris 1 922. A. GEMELLI, La lotta contro Lourdes, 2 ed., Fiorentina, Firenze 1 9 1 2. MARCHAND, Les faits de Lourdes, 3 voli., Téqui, Paris 1 923-1926. VALLET, Les gulrisons de Lourdes, ivi 1927-1930. Caos, Historie de N. D. de Lourdes, 3 voli., Beauchesne, Paris 1 925. Fa. L. ScH LEY· Ea, Die Heilu.ngen von Lourdes, Eine kritische Untersu.chung, Bouvier, Bonn 1 949· LEURET ET H. BoN, Les gu.lrisons miracu.leu.ses modernes, P. U. F., Paris 1950. O. LEaov, La UvitatiDn, Ed. du Cerf, Paris 1 928. P. StLVA, Il miracolo di S. Gennaro, Civiltà Cattolica, Roma 1905. L. G. DA FoNSECA, Le meraviglie di Fatima. Apparizioni, Culto, Miracoli, 2 ed., Ed. Paoline, Roma 1950. E. DHANIS, Sguardo su. Fatima e bilanciD di una discussione, in La Civiltà Cat­ t olica, 1953, vol. n, pp. 392-406. C. BALte, Fatima nella lu.ce della critica, in Maria rl6ll'e­ eonomiD thlla salut1 (pp. 243-260), ed. Didascaleion, Milano '953·

    XI

    ERESIE

    D,ALTRI

    TEMPI

    Tutte le eresie tendono al razionalismo. Il cattolicesimo, confrontato con le altre fonne di cristianesimo, è caratterizzato particolarmente dalla sua fedeltà nel mantenere intatto l'insegnamento tradizionale, nonostante tutte le apparenti difficoltà che si possono presentare. Le eresie tendono, vorremmo dire per forza di cose, al razionalismo : esse pretendono di proporre alle anime una religione intelligibile e perciò non esitano a sacrificare, quando torni utile, una parte della verità rivelata. Tendono al razionalismo, dal quale, d'altronde, partono e si può dire che logicamente, se non sempre storicamente, l'eresia è l'effetto d'un atteggiamento razionalista da parte dei suoi o responsabili n. Per la massa che vi è trascinata, il razionalismo può essere una conclusione dell'eresia, perchè l'uomo. privato della guida della fede, ha bisogno di darsi delle ragioni; ma originariamente l'errore il più delle volte è preceduto dall'orgoglio umano. Il cattolicesimo invece non teme il mistero. Sarebbe esagerato dire che se ne compiace, ma lo accetta, perchè in esso vede una condizione di vita. Nelle pagine seguenti vedremo la verità di queste osservazioni richiamando il lontano ricordo di alcune eresie d'altri tempi. -

    §

    I.

    -

    Errori circa la natura dell'insegnamento tradizionale.

    Primi attacchi contro la tradizione al tempo di San Paolo. - Si può dire che la Chiesa, fin dai primi giorni della sua storia, si trovò di fronte aà eresie. San Paolo, nelle Lettere della prigionia e in quelle pastorali, mette in guardia i suoi discepoli contro le tendenze pericolose dei novatori, che predicano dottri· ne estranee, e noi non troviamo in questo, come certi uitici, un motivo per negare l'autenticità di tali lettere. Specialmente nella provinda dell'Asia, dove s'incontravano tanti opposti sistemi, dove si urtavano tanti influssi diversi, era quasi fatale che la predicazione cristiana fornisse l'appiglio a ogni sorta di speculazioni capaci di adulterarla. D'altronde conosciamo assai poco gli errori condannati da San Paolo, ed è assai verosimile che non si possano ridurre ad unità. Alcuni dottori della menzogna, si preoccupano soprattutto delle esigenze della vita pratica, predicano un ascetismo esagerato, forse esigono anche dai loro ascoltatori la continenza perfetta, preludendo così all'encratismo. Altri s'interessano troppo alla speculazione : sono già gnostici. con le loro intermi­ nabili genealogie e le novità profane di parole, con l'esagerato culto degli angeli, con le pretese di rivelare un mistero nascosto. La fermezza usata dal­ l'Apostolo contro questi sistemi, comunque siano e da qualunque parte vengano,

    ERRORI CIRCA

    LA

    NATURA

    ' DELL INSEGNAMENTO

    623

    è notevole. Una formula breve ne traduce il senso : " Custodisci il deposito n . La fede cristiana è qualcosa d i sacro : essa fu affidata all'apostolo che l'ha tra· smessa ai suoi discepoli, i quali a loro volta, devono trasmetterla come l'hanno ricevuta, senza cambiamenti o adulterazioni di sorta. Il secondo secolo: gli gnostici. Questa fedeltà non sarà senza merito, specialmente quando saranno scomparsi gli ultimi apostoli e finchè non sia riconosciuta ovunque l'autorità d'un giudice supremo delle controversie. In quanto ci è noto, il secondo secolo ci appare come il secolo della gnosi. Da ogni parte sorgono sistemi che pretendono di rivelare tutti i segreti della vita divina e di far conoscere agli uomini i misteri dell'eternità : Basilide e suo figlio Isido­ ro; Valentino e i suoi discepoli, Eracleone, Tolomeo, Marco, Teodoto s'inge­ gnano a descrivere il mondo dell'aldilà con gli eoni che lo popolano e che procedono gli uni dagli altri. Oggi ci torna difficile interessarci a tutta q ;Jesta fantasmagoria, che d'altronde conosciamo poco nei particolari; ma le anime antiche vi trovavano una seduzione incomparabile. In se stessa l'idea della gnosi non era cristiana : vi furono gnosi esclusivamente pagane e forse anche gnosi giudaiche. Tuttavia si comprende bene come spiriti ingegnosi avessero trovato il mezzo d'introdurre il nome di Gesù tra quelli degli altri eoni e anche come abbiano fatto di Gesù il redentore delle anime decadute : non è questa una testimonianza della forza e della vitalità del cristianesimo? Tra gl'inventori di sistemi nessuno l'avrebbe preso in considerazione se non fosse riuscito a conqui­ stare le anime : il suo stesso successo lo mette in pericolo, perchè gli fa correre il ri�chio di non restare se stesso e di divenire un nuovo- sincretismo. Qui · non possiamo ricordare neppure sommariamente l a storia degli gnosticismi cristiani, che però ci danno l'occasione di fare molti rilievi a loro riguardo. Prima di tutto bisogna sottolineare la potenza di seduzione della gnosi: tutti vogliono sapere, tutti corrono dietro ai segreti della scienza; e sono proprio le pretese rivelazioni riguardo al mondo dell'aldilà che valsero alle religioni misteriche un gran numero di adepti. Gli stessi cristiani, intendo quelli che appartengono alla grande Chiesa, non sono sempre insensibili a questa seduzion e : per rendersene conto basta leggere opere come le Odi di Salomone, l'Epistola apostolorum, gli A tti di Tommaso, gli A tti di Giovanni. I critici non hanno ancor finito di discutere sull'ambiente in cui apparvero questi libri : alcuni vedono in essi produzioni nettamente gnostiche, il che pare esatto per gli A tti di Tommaso; altri vi trovano lo spirito della grande Chiesa, e le Odi di Salomone sembrano realmente un'opera cattolica. Almeno i cattolici del secondo secolo non temono sempre di usare espressioni sospette. Molti di loro diffidano della carne, in cui vedono il principio del male e spingono a un encratismo esagerato e pericoloso. Naturale quindi che il compito della Chiesa sia di far fronte al pericolo. D'altra parte se il cristianesimo autentico non è una gnosi ntl senso stretto che si può dare a questa parola, comporta tuttavia una dottrina, che deve mantenere intatta perchè la considera, e giustamente, come rivelata da Dio. La dottrina da sola non basta se non :nforma tutta la vita. Son fedeli non coloro che posseggono la parola d'ordine con cui entrare nel mondo superiore, ma coloro che praticano la carità, che si amano a vicenda e che, come già notava Plinio il Giovane, s'impegnano con giuramento a non commettere ness'un delitto. La loro vita morale è fondata su una fede, la quale, !ungi dall'essere una cieca -

    ERESIE D'ALTRI TEMPI

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    fiducia, è invece una ferma adesione a un insegnamento. Leggendo le opere di Clemente Alessandrino e di Origene, si resta talvolta sorpresi nel vedere quale posto occupi specialmente in Clemente, che non cessò mai d'essere un profes­ sore, l'elemento intellettuale della religione. Clemente esagera, e il ritratto dello gnostico da lui traociato con amore, è qualcosa di puramente ideale; ma se anche fosse realizzabile, non sarebbe quello del vero cristiano. Tuttavia bisogna aggiungere che Clemente ed Origene furono sempre fedeli alla Chiesa. Basta dire che la Chiesa è ]ungi dal misconoscere il posto della dottrina nella sua vita. Un esempio significativo: Marcione e la sua critica dell'Antico Testa.. mento. È appena necessario aggi�ngere c�e alla Chies� s ta �olto a cuore _ _ conservare l'integrità di questa dottnna. Particolarmente stgmficatJvo ;\l nguar­ gnostico, ma prima do è il caso di Marcione. Egli non è propriamente un di tutto un cristiano, che però esagera l'originalità del cristianesimo fino a condan­ nare tutto il coruplesso dell'Antico Testamento. Per Marcione il Dio giudaico non è quello vero; la sua giustizia diventa iniqua e il Dio buono, rivelato da Gesù, ha l'unico compito di mettere fine al suo regno. Venuto Gesù, tl giudai­ smo non ha che da scomparire. Quindi Marcione non s'accontenta di dichiarare che la Chiesa non ha nulla di comune con la Sinagoga e che devono essere rinnegati tutti i libri sacri dei giudei; ma pretende sottoporre ad un esame critico anche i libri cristiani, conservando soltanto il Vangelo di San Luca e le Lettere d i San Paolo, dopo essersi affaticato a purgarle accuratamente. Il suo eclettismo finisce in una dottrina assai coerente e anche molto razionalista; il talento d 'organizzatore gli permette di costituire comunità abbastanza solide per resistere a non pochi assalti. La Chiesa cattolica non ignora tutto ciò che la separa dalla Sinagoga: fin dai primi giorni della sua esistenza dovette lottare per la conquista della sua indipendenza e, durante la predicazione di Marcione, trova i Giudei tra i suoi peggiori nemici. Ma essa non vuole rinnegare nulla della sua eredità. I libri sacri dell'Antico Testamento le appartengono come proprietà sua : l'autore della Lettera di Barnaba non arriva forse a sostenere che essi hanno cessato di essere la proprietà dei Giudei? A fortiori avviene lo stesso di tutti gli scritti che rivendicano come propri autori apostoli o discepoli : prima che finisca il secondo secolo il canone del Nuovo Testamento è costituito press'a poco come lo definirà il Concilio di Trento; in particolare, i quattro Vangeli vengono presentati da Sant'Ireneo come diverse redazioni dell'unico Vangelo. Gesù aveva detto che non era venuto per distruggere la legge, ma per compierla; nulla quindi, nemmeno un apice o uno iota, sparirà dalla Legge, ed a questa regola la Chiesa si attiene, senza chiedersi se così non diventi più difficile la profes­ sione del cristianesimo. Che importano le difficoltà? Solo conta la fedeltà all'in­ segnamento del Maestro, che bisogna mantenere intatto. Si può notare che oggi la Chiesa, su questo punto, pensa esattamente come la Chiesa d'un tempo e che non è, più di allora, disposta a rigettare l'Antico Testamento nonostante gl'inviti che le rivolgono certi critici. Harnad nel suo studio su Marcione non ha forse scritto : a Giustamente la Chiesa del secondo secolo si rifiutò di commettere l'errore di rigettare l'Antico Testa­ mento », perchè allora non poteva respingerlo senza rompere ogni legame con esso, e senza dichiararlo opera di un falso dio, il che avrebbe significato gettare •

    ERRORI CIRCA

    LA

    NATURA DELL 'INSEGNAMENTO

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    il turbamento nelle coscienze? « Conservare l'Antico Testamento nel secolo XVI fu un destino al quale l a Riforma non potè ancora sottrarsi », sebbene Lutero ne avesse quasi avuto l'intenzione : Non potest nobis monstrare verum Deum. 1 Ma conservare ancora l'Antico Testamento, come fonte canonica, dopo il secolo XIX è conseguenza d'una paralisi religiosa ed ecclesiastica ». Harnack acconsente che si conservi il Nuovo Testamento, a perchè non si potrebbe fare migliore raccolta di fonti per determinare ciò che è cristiano », ma condanna i libri dell'Antico Testamento, esattamente come Marcione. La Chiesa cattolica però non acconsentirà mai a subire o a fare una mutilazione di questo genere. 1 Essa riceve come sacri e canonici tutti questi libri, nella loro integrità e con tutte le loro parti, come si usa leggerli nella Chiesa cattolica e come si trovano nella vecchia Volgata latina » ( Conc. Trid. sess. Iv). L'atteggiamento della Chiesa. -L'eresia scioglie; la Chiesa conserva, non avendo per cosi dire altra missione. Gli gnostici insistono sulla conoscenza d'una dottrina e molti di loro abbandonano volentieri la morale : se basta la gnosi, se gli peumatici sono predestinati alla salute, non è evidente che la con­ dotta della vita è indifferente e che il praticare la virtù non serve nulla( Forse potrebbe anche essere utile fare ogni genere d'esperienze e avvoltolarsi nel vizio. Altri che insistono sul dualismo e sulla natura essenzialmente cattiva della materia, condannano perfino l'uso legittimo del matrimonio e votano i loro adepti alla continenza assoluta. Gli uni e gli altri sono forse logici nelle conclu­ sioni, ma partono da premesse false, e per provarlo la Chiesa non ha bisogno di lunghe dimostrazioni, bastandole notare che la sua dottrina è un principio di vita. Conoscere è bene, ma vivere è meglio, se la vita traduce fedelmente la conoscenza. Il vero cristiano è chiamato alla salute, e non viene salvato defini­ tivamente dal solo fatto dell'iniziazione battesimale o anche dalla partecipa­ zione al corpo e al sangue di Cristo. Nè le formule nè i sacramenti esercitano un'azione magica ed è ancora più falso dire che ci sono uomini che si salvano per na tura, mentre altri sarebbero per natura dannati. Ciascuno deve appro­ priarsi i meriti della redenzione operata da Cristo e chi pecca renderà conto a Dio dei propri peccati. Ecco quello che la Chiesa risponde agli gnostici immo­ ralisti. D'altronde agli encratiti di ogni scuola risponde che se la pratica della virtù è indispensabile, non è necessario imporre agli uomini gioghi che essi non possono portare: eccellente è la verginità, come dichiarò il Signore e San Paolo confermò, ma non si potrebbe render la obblig:ltoria : qui potest capere capiat. All'origine del mondo Dio istitui il matrimonio per assicurare la propa­ gazione della specie umana; quindi il matrimonio rimane buono e l'unione del­ l'uomo e della donna, secondo San Paolo, può venire paragonata all'unione di Cristo e della sua Chiesa. Sarebbe una follia condannarla, mentre si tratta semplicemente di santificarla. La concezione cattolica: Sant'lreneo. - Sant'lreneo è il grande avversario dello gnosticismo, che, alla fine del secondo secolo, quando già i primi dottori dell'e�esi� sono � orti e i loro ep�goni moltiplicano all'infinito le sette, espo­ . ne mirabilmente �l pens1er � cattolico d1_ fronte al!'errore : la Chiesa è fatta per . _ custodire la tradiZione e l msegnamento apostolico; ed essa custodisce questa tradizione con fedeltà senza aggiungervi nè toglierle nulla. La sola vera fede, viV'ente e vivificante, è quella che la Chiesa ha ricevuto dagli apostoli e che

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    essa oggi distribuisce ai suoi figli. Il Signore in realtà diede il suo Vangelo agli apostoli; affidò loro la missione d'insegnare in suo nome, e da essi noi abbiamo la verità, cioè la dottrina del Figlio di Dio ( Haer., III, praefat.). Per poco che si voglia aprire gli occhi, in ogni chiesa si contempla la tradizione della dottri­ na degli apostoli, autenticata dai vescovi attuali che risalgono agli a � ostoli. con una successione continua e verificabile (Haer., III, 3, 1 ) . Il procedimento è semplice : nessuna verità fuori della dottrina degli apostoli; non c'è dottrina degli apostoli fuori del cattolicesimo; non c'è cattolicesimo fuori della suc­ cessione dei vescovi. Sant'Ireneo quindi può definire l'eresia per opposizione alla tradizione cattolica. Gli gnostici sono quelli che ricercano la verità come se nessuno prima di loro l'aV'esse mai trovata; e se per caso fanno appello alla tradizione, devia· no questa parola dal suo vero senso cercandosi degli antenati umani, ai quali d'altronde sono incapaci di restare fedeli. Fin dalle origini la Chiesa è una coesione d'anime e di Chiese in una stessa fede d'autorità; lo gnosticismo in­ vece si risolve in un pulviscolo di sette senza alcuna unità; tutt'alpiù fin isce coll'organizzare delle scuole. È vero che Marcione riesce a fondare una Chiesa, ma questa non tarda a dividersi in sette rivali. Solo il cattolicesimo conserva la sua unità, perchè esso solo mantiene la tradizione ricevuta. Il montanismo. Molto caratteristico della fedeltà della Chiesa a tutta l'eredità del passato è l'atteggiamento assunto nell'affare montanista. È noto come circa l'anno 170 un certo Montano, accompagnato dalle due profe­ tesse, Quintilla e Massimilla, cominciò a predicare nella Frigia l'avvento dello Spirito Santo e la prossima venuta della Gerusalemme celeste. Montano e le sue compagne si pretendevano ispirati e assicuravano che lo Spirito Santo in persona parlava per la loro bocca. Sembrava difficile poter rispondere a una tale affermazione : la Chiesa non era forse nata nel giorno di Pentecoste, e gli apostoli non erano stati gratificati in modo miracoloso del dono delle lingue? Da allora le manifestazioni dello Spirito divino nei cristiani erano .state molto numerose; gli A tti degli apostoli a più riprese ricordano i suoi interventi; San Paolo, specialmente nella prima lettera ai Corinti, fa lunghe istruzioni sui carismi, particolarmente sulla glossolalia e sulla profezia e dichiara che la carità è preferibile a tutte le lingue del mondo non esitando a riconoscere i diritti sovrani dello Spirito, che spira dove vuole e che non bisogna estinguere. Dopo l'età apostolica i carismatici erano stati certamente meno numerosi, ma la Chiesa non ne era mai stata priva e tra i fratelli restavano testimoni indi­ scutibili della presenza di Dio in mezzo ai suoi. Che cosa c'era da opporre a Montano che si presentava come il depositario delle grazie divine? Infatti numerosi cristiani si lasciarono sedurre e anche alcuni vescovi ebbero la debolezza di aderire al movimento montanista. Nel suo complesso la Chiesa restò ferma con tro l'eresia, e oppose risolutamente la sua tradizione alle novità del preteso profeta. È impossibile che Dio contraddira se stesso; quello che fu insegnato fin dall'origine è la verità; quindi tutto ciò che s'op­ pone alla tradizione è l'errore. Sotto colore di rivelazione privata. Montano in­ troduceva delle novità e solo per questo si rendeva condannabile e meritava di venir considerato come un eretico. Sembra che sia stato in occasione del montanismo che si riunirono i primi Concili in Oriente. Che rosa più d1 que· ste assemble·e di vescovi, successori degli apo�toli depositari della tradizione e ·

    ERRORI SUL CONTENUTO DELL'INSEGNAMENTO

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    custodi della fede, poteva essere più efficace contro le pretese di Montano? Nei vescovi infatti il montanismo trovò un'opposizione irriducibile, e ben pre­ sto cadde in oblio anche perchè la Gerusalemme celeste, promessa con tanta &icurezza, non discese nella pianura di Pepuzio, dov'era attesa. Intanto era impostato il problema della legittimità della profezia. I vescovi avevano il diritto e anche il mezzo di regolare le manifestazioni cari­ smatiche? Di questo non ci poteva essere questione. Alcuni storici hanno recen­ temente ridotto l'essenza della storia della Chiesa primitiva a un conflitto tra carismatici e membri della gerarchia; ma i fatti sono molto lontani dall'appog­ giare quest'ipotesi, e conosciamo non pochi vescovi, cominciando da Sant'Igna­ zio d'Antiochia e San Policarpo di Smirne, che vennero favoriti delle grazie dello Spirito Santo. Però era necessario fissare le regole che dovevano permet­ tere di distinguere i veri dai falsi profeti. Già la Dottrina degli apostoli aveva dato a questo riguardo alcuni principi. Gli avversari del montanismo riprese­ ro lo studio del problema e decisero in particolare che u il profeta non deve parlare in estasi ,,_ Questo indicava una netta diffidenza verso i prodigi e le manifestazioni straordinarie; significava condannare in anticipo tutti i falsi profeti che, sotto colore d'ispirazione, avrebbero profuso discorsi inin�elligi­ bili; significava soprattutto affermare il primato della tradizione sull'ispirazione individuale. I principi erano salvi : i veri profeti mantenevano il loro posto nella Chiesa e in loro si veneravano i privilegiati dello Spirito Santo; ma veni­ van loro richieste le lettere credenziali, cioè una vita degna, discorsi intelligibi­ li e perfetto disinteresse. Soluzione saggia quant'altro mai, equilibrata e armo­ niosa, analoga a quelle che chiu�ero i dibattiti sollevati dallo gnosticismo. § 2.

    -

    Errori sul contenuto dell'insegnamento tradizionale.

    La fine del secondo secolo e il principio del terzo videro sorgere altre questioni che concernevano non solo la natura, ma anche e principalmente il contenuto dell'insegnamento tradizionale. Ancora una volta constateremo che nelle controversie sul patripassianesimo e l'adozianesimo, la Chiesa rima� fede­ le alla linea di condotta seguita fino allora. Due movimenti estremi: adozianesimo e patripassianesimo. - Roma diviene. ora il centro delle controversie che improvvisamente acquistano una importanza speciale. Già i maestri più famosi della gnosi e lo stesso Marcione avevano fatto di Roma il centro della loro propaganda, rendendo così una specie d'omaggio all'autorità della Chiesa romana. Circa l'anno 200 Roma è più che mai il punto d'incontro di tutti i cristiani che credono d'avere qual­ cosa da dire. Da Bisanzio giunge Teodoto il Cuoiaio il quale insegna che u Gesù è un uomo partorito da una vergine secondo la volontà del Padre; che visse come tutti gli altri, ma per la sua pietà supera tutti gli uomini. Più tardi, al tempo del suo battesimo sulle rive del Giordano, ricevette e con­ tenne in sè il Cristo disceso dal cielo sotto forma d'una colomba ... Ma anche allora, dopo la discesa dello Spirito, Gesù non è divenuto Dio; secondo alcuni lo divenne mediante la sua resurrezione dai morti ». Teodoto ebbe numerosi discepoli, che unitamente a lui vedono in Gesù Cristo un semplice uomo, ma che in quanto al resto sono ben !ungi dall'andare d'accordo tra loro : questo però non impedisce ai teodoziani di cercare almeno di organizzare una Chiesa

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    ERESIE D'ALTRI TEMPI

    e darsi per vescovo un certo Natale, sedotto dall'esca mensile di centocin­ quanta denari. Circa nello stesso tempo Prassea introduce a Roma il patripassianesimo. Egli viene dall'Asia, dove ha conosciuto il montanismo, e com � atte vigorosa­ mente la nuova profezia. Però nello stesso tempo, col pretesto d1 conservare la monarchia divina, afferma che il Verbo non esiste come una persona, e che non è altro che un nuovo nome per indicare il Padre : quindi il Padre stesso si è incarnato nel seno di Maria, sofferse, mori e resuscitò. In Gesù Cristo si possono distinguere due elementi : quello umano, Gesù, che se si vuole è Figlio; l'altro divino, Cristo, identico al Padre. Pare che Prassea non sia rimasto a lungo a Roma, dove però si continuò a insegnare la sua dottrina: Cleomene, sotto il pontificato di San Zeffirino, è il patripassiano più noto e trova un grande numero di partigiani tra i semplici, che vogliono affermare l'unità di Dio. Bisogna ammettere che il mistero cristia­ no sconcerta le deboli intelligenze che cercano di capire come Dio possa essere unico nella Trinità delle persone: a questi semplici fedeli era stato tanto predi­ cato che il grande nemico del cristianesimo è l'idolatria, ed essi per timore insi­ stono tanto sulla monarchia divina da compromettere la Trinità. Perciò non possono dire che il Figlio è differente dal Padre e siccome devono ammettere che Gesù Cristo è Dio, ne concludono molto naturalmente che il Padre stesso s'è incarnato. D'altronde molti non vanno cosi lontano nello sforzo intellettua­ le e s'accontentano di affermare la divinità del Salvatore o di dire che Dio si è fatto uomo, senza continuare le investigazioni. I cattolici istruiti La risposta della Chiesa: i papi Zeftirino e Dionigi. naturalmente protestano contro le semplificazioni del domma; desiderano quanto gli altri di salvaguardare la divinità di Cristo, ma non sono meno desiderosi di mantenere la Trinità delle persone in Dio. Tertulliano a Cartagine e Sant'Ippo­ lito a Roma rappresentano meglio di tutti lo sforzo degl'intellettuali per trovare formule pienamente soddisfacenti. D'altronde bisogna riconoscere che questo sfor­ zo non arrivò a risultati definitivi e che non venne incoraggiato dal papa S. Zeffiri· no il quale si mette a fianco dei semplici credenti. Tertulliano protesta invano : u I semplici, per non dire gli inetti e gl'ignoranti, che formano sempre la grande massa dei fedeli, vedendo che la regola della fede ci fa passare dal politeismo pagano a un Dio vero e unico, non capiscono che in realtà bisogna credere al Dio unico, ma con la sua economia, e si spaventano; immaginano che l'econo­ mia introduca la pluralità, che la distinzione ddla Trinità divida l'unità, mentre è tutto il contrario, poichè l'unità, diffondendo dal suo seno la Trinità, non viene distrutta, ma ordinata n (Adv. Prax., 3). San Zeffirino, succeduto a San Vittore, è secondo Sant'lppolito, uno spirito angusto e incolto. Qui Sant'Ippolito parla come avversario, ma si può credere che in realtà il papa non abbia tutta la scienza del prete che illustra allora la sua Chiesa, e che s'accontenta di mantenere la tradizione cristiana nella sua integrità, senza fare il gioco nè dei dotti, che con le loro spiegazioni sottili tendono al subordinazianesimo, nè degl'ignoranti, che sarebbero tentati di sacrificare sconsideratamente la Trinità. lppolito assicura che, nel suo desiderio di pace, Zeffirino ora dichiara : u lo non conosco che un Dio, Gesù Cristo, e all'infuori di lui nessun altro che sia nato e che potesse soffrire n; ora dice : 11 Non è il Padre che è morto, ma il Figlio ». L'autenticità di queste formule -

    ERRORI SUL CONTENUTO DELL'INSEGNAMENTO

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    non è certa; specialmente la prima, che è testualmente dell'eretico Noeto di Smime, stupirebbe se fosse detta da un papa. Tuttavia si può spiegare cosi: È ben sicuro che Gesù Cristo è Dio e che egli - non il Padre, nè lo Spirito Santo, ma il Figlio - è stato generato e sofferse. Tra i monarchici patripassiani e gli adozianisti, San Zeffirino vuole conservare l'integrità dell'insegnamento tradizionale; non intende sacrificare nulla del domma cattolico, dovesse pure per questo insistere sull'aspetto misterioso della dottrina. C'è un Dio e in Dio ci sono tre persone; Gesù Cristo è veramente un uomo ed è veramente un Dio. Tutto questo dev'essere egualmente affermato, e tutto questo agli occhi della Chiesa è egualmente prezioso. Una cinquantina d'anni più tardi il papa San Dionigi deve ritornare sugli stessi problemi e formula la sua decisione in termini netti e categorici : « È necessario che il Verbo divino sia unito al Dio dell'universo, e bisogna che lo Spirito Santo abbia in Dio il suo soggiorno e la sua abitazione. Bisogna ad ogni modo che la Santa Trinità sia ricapitolata e ricondotta a uno solo come al suo vertice, voglio dire il Dio onnipotente dell'universo perchè spezzare e dividere la monarchia in tre principi è l'insegnamento di Marcione, l'insensato ... Non bisogna quindi dividere in tre divinità l'ammirabile e divina unità, nè abbassare (con l'idea di) produzione la dignità e l'eccellente grandezza del Signore, ma credere in Dio Padre onnipotente, e Gesù Cristo suo Figlio, e allo Spirito Santo e ( credere che) il Verbo è unito al Dio dell'universo ». In queste formule di San Dionigi ci colpisce la forza e la chiarezza. Come nota il P. Lebreton, qui non ci sono « affatto speculazioni teologiche, affatto sottigliezze dialettiche, scarsa erudizione scritturale, ma la dichiarazione catego­ rica della fede professata dalla Chiesa ... Non parla il teologo, ma il papa; egli da parte sua non si compiace nelle speculazioni teologiche e poco si cura di quelle degli altri : si è notato che la sua argomentazione non tiene conto delle sottili distinzioni alessandrine sulle tre persone o sul duplice stato del Logos; si cura soltanto delle conclusioni più in vista, sia che i loro autori abbiano for­ mulato questa dottrina essi stessi, sia che gli sembrino derivarne per deduzione spontanea; e poichè tali conclusioni sono un pericolo per la fede, le rigetta e con esse la teologia che le ha generate » (J. LEBRETON, Le désaccord de la foi populaire et de la théologie savante dans l'Eglise chrétienne du m siècle, in Rev. d'hist. ecclésiast., xx, 1924, pp. 9-1 0). n Concilio di Nicea. Però la controversia non è finita con le dichiara­ zioni di San Dionigi romano e l'onore di definire il domma cattolico della Trinità spetta al Concilio di Nicea. La definizione è data in un simbolo che mette in onore il termine consustanziale, applicato al Figlio di Dio. Dire che il Figlio è consustanziale al Padre significa affermare che è Dio come lui, insepa­ rabile da lui, che è l'immagine della sua sostanza; in una parola significa procla­ marne la sua vera divinità. Si poteva esitare a questo riguardo leggendo le lettere di San Paolo e i Vangeli, specialmente il quarto, che afferma chiara­ mente la perfetta unità del Padre e del Figlio? Ma nello stesso tempo i Padri di Nicea insegnano che il Figlio non si confonde col Padre, che è altra cosa da un nome, che ha una realtà personale e incomunicabile; e se non insistono su questo punto è perchè devono combattere l'eresia subordinazionista rli Ario. Ma quando le circostanze lo richiederanno la Chiesa non avrà nessuna difficoltà a mettere in rilievo la Trinità delle divine persone, con altrettanta chiarezza -

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    ERESIE

    D'ALTRI TEMPI

    come ha fatto per l'unità di Dio. Qui è particolarmente interessante segnalare il Concilio di Alessandria del !162, perchè fa chiaramente vedere la saggezza della Chiesa e la sua volontà di mantenere intatta tutta la tradizione. §

    !1. -

    Conclusione: la lezione del passato.

    L'eresia è una dissociazione rovinosa e lngiustlfl.cata. Abbiamo insistito sulle prime eresie, perchè dal nostro punto di vista hanno un significato specia­ le, in quanto segnano Io sforzo della scienza umana per scegliere quello che nell'insegnamento del Salvatore si può ritenere e quello che si deve respingere. Si poteva temere che la Chiesa soccombesse alla tentazione, ma abbiamo consta­ tato che proprio questo essa non ha mai fatto. Gli eretici abbandonano or questa or quella parte della rivelazione e scivolano per una china dove non potranno arrestarsi; gli unici eretici perfettamente logici sono i razionalisti puri, che re­ spingono tutto e non conservano nulla. Come fare per scegliere, e che cosa si ha il diritt.:> di conservare, quando si è cominciato la discussione? Perchè credere in Gesù se non si ammette tutto quello che ha detto? Perchè conservare le Scritture, se si respinge la Chiesa che ne insegna l'ispirazione e l'inerranza? Perchè ammet­ tere che Dio ha parlato agli uomini, se si respinge il miracolo e la profezia? -

    II

    domma cristiano dev'essere accolto o negato nella sua totalità.

    -

    Si

    voglia o no, l'insegnamento cristiano è un blocco che si ammette o no cosl com'è. Ma dal momento che lo si ammette, non si ha più il diritto di discuterne le parti : occorre appena notare che qui si tratta non delle opinioni liberamente dibattute tra i teologi, ma delle dottrine che fanno parte del deposito rivelato. Quello che San Paolo diceva al suo discepolo Timoteo : u Custodisci il depo­ sito ,, la Chiesa non cessa di ripeterlo a quanti credono in lei. I papi e i vescovi, che costituiscono la Chiesa docente, hanno la sola missione di ripetere nei secoli questa formula, piaccia o dispiaccia. Se questo in determinati momenti solleva speciali difficoltà non importa. Non si tratta di sapere se una. data dottri­ na oggi s'accorda con la filosofia in voga; se armonizza con questo o quel sistema umano : a questo gioco possono dedicarsi, se vogliono, quelli che hanno tempo e gusto. Si tratta solo di mantenere tutto quello che è stato creduto sempre dappertutto e da tutti, per usare la formula di San Vincenzo di Lerino. La Chiesa non ha mai sacrificato nulla del tesoro che le è stato affidato. Non è forse mera· vigliosa simile fedeltà nelle circostanze più difficili, di fronte alle più seducenti tentazioni? E non possiamo credere che lo Spirito di Dio ha manifestato la sua presenza non permettendo che durante i secoli neppure una volta fosse intac· cata l'integrità del deposito? G. B.

    BIBLIOGRAFIA. Circa gli errori relativi alla natura dell'insegnamento e la ri­ spettiva reazione della Chiesa è fondamentale D. VAN DEN EYNDE, Les rzormes de l'ensei­ grzemerzt chrétien dans la littérature patrislique des trois premiers siècles, Duculot, Gembloux 1933. Per gli errori relativi al contenuto dell'insegnament.o tradizionale vedere una buona Storia della Chiesa, ad es. quella di FucHE ET MARTIN, voll. I-II, L. I. C. E., Torino 1937-1 938 ; oppure l' Histoire des dogmes di Tixeront, Gabalda, Paris 1905-1912 o le rispettive voci nella E. C. Sullo spirito di eresia nei primi tre secoli si possono leggere le profonde con­ siderazioni di A. MCEHLER, L'uniti dans l'Eglise, Ed. du Cerf, Paris 1938, pp. 55- 108 : Mul­ titude sans unité. Di questa classica opera esiste anche una traduzione italiana (Libreria Pirotta, Milano 1858) ormai quasi introvabile. -

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    IL PROTESTANTESIMO LUTERANO

    E

    CALVINISTA

    INTRODUZIONE. - LE CAUSE Il problema delle cause del protestantesimo continua a opporre storici cattolici e storici protestanti, e in questi ultimi anni ha preso proporzioni consi­ derevoli sotto l'impulso principalmente di Schiirer da una parte, di Hauser e Febvre dall'altra. Della controversia riterremo soltanto i punti considerati come acquisiti e dove pensiamo che ci si possa accordare. Clima del tempo. La crisi protestante era latente già alla fine del seco­ lo xv, secolo tonnentato, che vedeva le sue aspirazioni religiose contrariate da penose situazioni, e che con la sua sensibilità troppo facilmente eccitabile esage­ rava le miserie e le tare. Si può convenire che allora la Chiesa non era in grado di rimediare a queste inquietudini o di soddisfare a questi nuovi desideri. L'inse­ gnamento teologico sempre più scolastico, e d'una scolastica decadente, si perde­ va in problemi di puro bizantinismo e non vedeva il fosso che si scavava tra i suoi maestri, preoccupati di smogistica, e i suoi discepoli, presi da un mistici­ smo nuovo, da regole di vita morale staccate da queste tradizioni libresche. In moltissime anime nauseate dal ristagno del pensiero rristiano l'eresia trovò un terreno propizio in cui germogliò con rapidità pari alla violenza. Inve­ ce la Chiesa fu presa quasi alla sprovvista, e i suoi difensori poco sensibili al fatto che l'ostilità bruscamente generalizzata nasceva da un moto dell'anima più che dall'angoscia dell'intelligenza, pretesero di combatterla come le eresie del passato, cioè con la forza dialettica e il vigore dei ragionamenti. Le anime non erano più sensibili alla scossa delle idee, e la tattica degli apologisti della Chiesa non poteva penetrare nei cuori refrattarii alla morsa dei sillogismi sapienti. Checchè se ne d ica Lutero agiva più con l'eloquenza che faceva fremere, che con la sua scienza scritturistica, tanto spesso colta in fallo e convinta di versatilità. -

    Come potè affermarsi il separatismo. In che misura il moto separatista fu rafforzato dai rimproveri fatti alla Chiesa di tollerare la mediocrità morale e, peggio ancora, la depravazione dei costumi nel suo capo e nelle membra? I rimproveri ebbero certamente un influsso secondario, perchè Io spettacolo delle debolezze morali dei primi riformatori e dell'incipiente riforma, sarebbe stato sufficiente a ricondurre le anime cosi tormentate verso una Chiesa che non aveva tardato a riprendersi e a dimostrare di essere sempre la Sancta Ecclesia. -

    IL PROTESTANTESIMO

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    Più di tutto furono efficaci i sentimenti dell'indignazione nazionale sfrut­ tati contro la politica fiscale di Roma. La questione dei tributi annui condusse a Lutero molti più adepti che lo scandalo delle indulgenze, in cui si sarebbe potuto presto vedere l'inanità d'un rimprovero che voleva coinvolgere la Chiesa in un incidente creato da alcuni privati e quando l'affare delle indul­ genze fu ridotto alle sue giuste proporzioni, delle invettive di Lutero non restò più nulla. Inveoe è certo che quando Lutero suscitava la collera dei contadini tedeschi, attizzandone la cupidigia con la denuncia delle ricchezze della Chiesa, sorsero bramosie e per soddisfarle le folle lusingate s'affidarono alle promesse di Lutero. In questo complesso di cause lontane e di occasioni fortuite, l'eresia dap­ prima si fece forte ora di questa e ora di quella e infine incoraggiata dai princi­ pi che vedevano i loro interessi temporali legati al suo successo, dilagò veloce in vaste regioni. CAPITOLO I. - SVILUPPO DEL LUTERANESIMO FINO A LESSING Oggi nello sviluppo del luteranesimo non vediamo più una linea continua, dove si svolgerebbero le conseguenze naturali di determinati principi, formando un insieme omogeneo. La teoria evolutiva d'un pensiero che esplicita le sue ricchezze non può essere invocata per caratterizzare i due aspetti della Chiesa che deriva da Lutero. Il luteranesimo fino alla fine del secolo xvm, cioè fino a Lessing, resta qual'era da principio; ma dopo Lessing diventa un'altra cosa, si trasforma siffattamente che Lutero non lo riconoscerebbe più. Di fronte a questa nuova forma il luteranesimo primitivo ha solo un inte­ resse archeologico, tanto più che Lutero, per giustificare la sua separazione, invo­ cava or questo or quel principio dottrinale anche se contrarii tra loro; quand'era costretto dalla pressione dei fatti, non esitava a rinnegare quanto aveva poco prima invocato, sempre attento a mantener vivo nel cuore dei tedc:;schi l'odio che aveva scatenato contro Roma. Le accuse di Lutero. Il Manifesto alla nobiltà cristiana di Germania si fa forte degli abusi della fiscalità pontificia e delle mancanze morali del clero, con pochissime allusioni alla fede che Roma avrebbe corrotto. AI contrario nella Cattività babilonese della Chiesa il papa è accusato d'aver corrotto la n fede in Dio », e u la fede in Gesù Cristo" e d'aver u adulterato» la parola del Vangelo, inventato sacramenti, usurpato un'autorità che appartiene soltanto alla Chiesa. Seguiranno poi accuse talvolta inattese : Roma ha rinnegato il cristianesi­ mo paolina, che Lutero si vanta d'aver scoperto e restaurato con la dottrina u del­ la salvezza mediante la sola fede n, della predestinazione, delta grazia gratuita. del Sacerdozio universale. Roma ha messo sotto il moggio la Bibbia, che lui Lutero, ha rimesso in onore, lasciando allo Spirito Santo il compito di rivelar­ ne il senso esatto a ogni fedele. La cupidigia romana inventò l'asceticismo monastico, le preghiere e le messe per i defunti, il Purgatorio e le indulgenze, cui attribuisce un valore redentivo che egli, Lutero, restituisce finalmente alla Passione di Cristo, unico mediatore e unico Salvatore. Roma non ha nemmeno conservato nella sua purez-

    SVILUPPO DEL LUTERANESIMO

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    za i tre sacramenti di Cristo: il Battesimo, la Penitenza, la Cena; Lutero invece ha restaurato il pensiero di Cristo, sopprimendo la confessione per lasciare sol­ tanto la compunzione del cuore. Quanto alla Cena provò un grande imbarazzo, e non si salvò da una stu­ pefacente contraddizione. Prima fedele all'interpretazione realista e cattolica delle parole di Cristo istituente l'Eucaristia, non esita poi a rigettarla quando il successo dei sacramentaTi svizzeri, sotto la direzione di Zwinglio, gli fa temere di perdere la direzione del movimento che aveva scatenato in Germania. Instabilità e contraddizioni della nuova fede. - Sono note tutte le versa­ tilità, le brusche contraddizioni di Lutero. O bene o male il luteranesimo a poco a poco s'organizzò, si definl, rinunciando a questo articolo di fede, ripren­ dendo quell'altro, secondo il capriccio delle passioni, il filo degli eventi, sotto la pressione dei principi che presero sul serio il compito, di cui Lutero li aveva investiti, di protettori della nuova fede. E per rendere stabile questa fede, per darle una struttura un po' solida, Melantone fece assai più che Lutero; ancor più radicale e più autoritaria fu l'azione di Zwinglio in Svizzera. Il luteranesimo, quale fu lasciato da Melantone, s'è mantenuto senza sostanziali mutamenti fino alla fine del secolo diciottesimo.

    CAPITOLO II. - SVILUPPO DEL LUTERANESIMO DA LESSING AI NOSTRI GIORNI §

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    Lessing. Una vita movimentata.

    Il deista Lessing è una strana figura. Figlio d'un pastore, e studente in teologia, s'appassiona più per il teatro che per le Sacre Scritture. Lasciati gli studi, corre la Germania come un avventuriero. Dall'Università di Lipsia passa al corso di scherma e di danza; da Lipsia va a Berlino, dove lo troviamo saltua­ riamente segretario di Voltaire, allora in pieno favore di Federico n; ma si separa ben presto dal suo maestro di deismo, rubandogli il manoscritto del Siècle de Louis XIV, che restituisce soltanto in seguito alla minaccia d'un proces­ so; poi diventa segretario del governo prussiano accanto al comandante gene­ rale della piazza di Breslavia, donde passa ad Amburgo, e qui lo troviamo consi­ gliere del teatro della città e finisce a Wolfenbiittel, dove accetta il posto di con­ servatore della biblioteca del Granduca di Brunschwig. A quarantadue anni lanciò la sua clamorosa provocazione contro l'ortodos­ sia luterana, sotto l'influsso delle idee scettiche di Mendelssohn, di Spinoza e dei maestri dell'A ufkliirung. Da Mendelssohn riteneva il disprezzo delle spe­ culazioni religiose; da Spinoza imparò a vedere nella Bibbia soltanto un libro profano, il cui vero significato sarebbe stato alterato dai secoli; dai maestri del­ l'illuminismo aveva ricevuto la convinzione profonda che la ragione è fatta per continuamente elevarsi verso un indefinito progresso. Lessing scopre Reimarus. - Proprio mentre già volge una punta ag­ gressiva del suo pensiero contro il cristianesimo, Lessing entra in possesso di un sorprendente manoscritto del professore cbraizzante Samuele Reimarus, che

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    IL PROTESTANTESIMO

    aveva espresso senza reticenze le sue opinioni sulla Bibbia, sul Nuovo Testa­ mento, sulla nozione di Rivelazione, sulle religioni rivelate, rinnegando total­ mente tutte le posizioni cristiane. L'Antico Testamento è un composto disor­ ganico di dottrine contradditorie e non può essere il libro d'una rivelazione divina; il messaggio dei Vangeli è privo di chiarezza e di coerenza tanto che i vari interpreti !"hanno compreso in modi molto differenti e perciò non è Pa­ rola d'un Dio. Le divagazioni di Lutero sul testo biblico non meritano nes­ sun credito e il protestantesimo è un errore gTande quanto il cattolicesimo. In questo naufragio generale resta a galla soltanto il sentimento naturale dell'uc� mo in cerca d'una perfezione ideale che viene chiamata Infinito e che è Dio. Tale sentimento è fonte della rivelazione naturale poichè l'uomo con la sua ragione scopre in se stesso di che superare incessantemente l'uomo. La Rivela­ zione non è dunque altro che lo sviluppo progressivo della coscienza umana. Lessing si fece propagandista ostinato di queste empie idee, nonostante torren­ ti d'ingiurie che gli piovvero addosso da parte dei pastori scandalizzati, come Melchiorre Goetze e le maledizioni di quanti restavano luterani ortodossi. Le idee direttrici di Lessing. Nel suo libro capitale, che pubblicò nel 1 780, Die Erziehung des Menschengeschlecht.s (L'educazione dell'umano ge­ nere), pose con tranquillo ardimento i principi d'una nuova religiosità. Pri­ ma di tutto occorre distinguere religione e teologia, fede e teologia. La reli­ gione è una realtà interiore, un sentimento incoercibile della natura umana, che aspira a possedere una realtà superiore degna del suo amore che s'esprime nella pi•età. Religione, fede, pietà sono connesse e frutto d'una rivelazione na­ turale, invece teologia, scienza della lettera d'un libro sacro, speculazioni su enimmi che si vuole far credere rivelazione soprannaturale, sono anche connes­ se, ma san materia della critica, che ne stabilisce l'origine umana. La fede è un fatto di coscienza, anteriore alla teologia e indipendente da essa; prima che vi fosse una teologia, già c'era una religione, e scomparendo quella non ces­ serebbe questa. Il primato d'onore spetta quindi alla pietà e non all,a dottrina. Applicato al cristianesimo - che per Lessing rimane sempre la più al­ ta forma che abbia mai rivestito l'aspirazione naturale dell'uomo verso un ideale di vita morale e religiosa, degno quinùi 'd'essere trattato col massimo ri­ spetto - tale sistema ne distrugge tutta la dommatica. Il cristianesimo viene ad essere una vita, un movimento ininterrotto dell'anima a Dio, cercato dalla ra­ gione e non mai raggiunto, perchè se l'anima possedesse il Dio che sogna, gli sostituirebbe subito una forma più bella e lontana, oggetto dei suoi desideri esasperati. Perciò il cristianesimo non sarà una dommatica, la quale è per la vita un impaccio simile ai ferri del prigioniero. Quindi non più biblicismo, non più teologia, che ha creato i miti fallaci della predestinazione o della salute me­ diante la fede. Lutero e Calvino caddero nella teologia e gettarono il protestan­ tesimo su una via completamente falsa, lo legarono al culto superstizioso della Bibbia, non riconobbero il carattere transitorio dell'Antico Testamento, o dei precetti del Nuovo. Il Cristo fu un Rivelatore perchè fece comprendere agli uomini che i bisogni religiosi della loro natura dovevano ormai assumere una forma più elevata, esprimersi in formule più pure, ma nè le formule nè la for­ ma possono durare eternamente; continuerà il progresso e il Vangelo eterno è la parola misteriosa impressa in fondo ai nostri cuori, che cerca continua­ mente di esplicitarsi in un credo più magnifico. -

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    Queste le idee direttrici di Lessing, ed è incontestabile che ciascuna di es­ se ha provocato nel luteranesimo prima, poi nei calvinisti stessi, reazioni pro­ fonde, che condussero la Riforma a una radicale trasformazione. §

    2.

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    Schleiermacher.

    La sua formazione. - Lessing suscitò Schleiermacher, pi·ccolo pastore prussiano, che verso il 1 799 impresse un'azione decisiva sull'orientamento del luteranesimo. Costui era tutto impregnato delle idee di Lessing, stimava molussi· mo l'opera filosofica di Kant, e specialmente il suo trattato: La religione entro i li· miti della ragione, cosi nettamente soggettivista che, anche se mancasse qual­ siasi elemento oggettivo, che l'uomo comune considera il fondamento neces­ sario della vita religiosa, la religione tuttavia sarebbe egualmente un fenome­ no intelligibile, perchè è l'affermazione dei bisogni del cuore, di sentimenti metafisici, d'intuizioni d'ordine soprannaturale. Queste posizioni soggettiviste trovavano allora vigorosi difensori in Fe­ derico Schlegel e suo fratello, ambedue intimamente legati col giovane pa­ store. Aggiungiamo che quest'ultimo, a somiglianza di Lessing, s'era compe­ netrato della filosofia di Spinoza, propizia a tutte le esagerazioni d'un sogget­ tivismo oltranzista, e manifestava vivo entusiasmo per i Fratelli moravi, cri­ stiani singolari che non legavano la loro fede alla lettera d'un libro sacro, sia pure la Bibbia o il Nuovo Testamento, ma alla libera espansione di sentimenti chiamati cristiani perchè riguardavano Dio Padre come una fonte di bontà e il Cristo come uno dei principali rivelatori della Bontà del Padre. La sua dottrina dell'esperienza religiosa. - Schleiermacher farà come questi precursori, seguaci d'un'esperienza soggettiva dell'esaltazione religio­ sa. Egli ignorerà la divina Rivelazione e i testi che ce la trasmettono, e, par­ tendo dalla coscienza individuale, vi scopre il sentimento ineffabile della Di­ vinità. Ogni uomo, nella propria coscienza e per questo sentimento, è in intimo contatto con Dio, lo sente, lo ama, ne afferma l'esistenza e riconosce la propria dipendenza da questo padrone invisibile, ma sensibile al cuore. Di fronte a questo Dio, l'uomo percepisce in se stesso una decadenza da cui non può sot­ trarsi. È questo il sentimento della caduta, del peccato, della miseria umana, che trattiene l'uomo nel suo slancio verso Dio. Di qui la tensione interiore e l'irrimediabile sofferenza di chi vuoi raggiungere Dio e ne sente la propria impotenza. Abbiamo cosi il sentimento d'un riscatto necessario, d'una redenzione postulata e reclamata dalla nostra natura. Ora, Cristo più di tutti ha rivelato all'uomo questi diversi sentimenti, per­ cepiti solo oscuramente prima della sua rivelazione. Egli ebbe la missione di mettere in luce ciascuno di questi bisogni, e d'insegnare che la salute consiste nella liberazione dall'angoscia crocifiggente del peccato. Il cristianesimo è quin­ di una rivelazione non di precetti o di dommi dettati da un Dio a intermediari, che chiamiamo profeti, ma della ricchezza spontanea della nostra natura, fatta per svilupparsi nella fede religiosa. Schleiermacher annette un'importanza fon damentale a queste diverse esperienze: quella d'un Dio immediatamente perce­ pito, quella del peccato, quella delìa redenzione, quella della salute, e, per gli uomini che hanno la felicità di conoscere il messaggio di Cristo, l'esperienza di

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    Cristo Salvatore. Gesù disse d'essere venuto in questo mondo per salvare gli uomini; chi sente in lui la virtù di tale redenzione appartiene a Cristo, e Cristo lo attira al Padre suo. Il cristianesimo non è altro che prender coscienza di questi stati profondi d'un'anima che cerca Dio. La Riforma non aveva mai osato formulare tanto arditamente la sua indif. ferenza suprema per gl'insegnamenti d'un testo rivelato, accolto dalla Chiesa e affermato come d'origine divina e considerato come la base fondamentale di tutta la vita religiosa. La Bibbia, che per Lutero era stata il Libro supremo, l'unico criterio della fede e dei costumi, diventava un codice supererogatorio, in cui gli uomini avevano segnato i tentativi delle loro esperienze religiose, an­ dando da un politeismo equivoco a un monoLeismo incerto, e viceversa, oscil· lando tra l a nozione d'un Dio terribile, geloso, irascibile e vendicativo, alla nozione d'un Dio misericordioso e salvatore. Contro questi testi, dove si riflette cosi poco l'immagine della Divinità, saggia, e d'una saggezza immutabile, Schleiermacher esalta le intuizioni religiose del cuore, le esperienze religiose sempre più alte e il desiderio di vivere della parola di Cristo, nella quale l'uomo trova perfettamente espresse le sue aspirazioni. Conseguenze pratiche di questi principi.- Restava solo da trarre le con· seguenze pratiche da questi principi cosi poco luterani, ma di cui tuttavia è re­ sponsabile il riformatore tedesco. Le esperienze mistiche di Lutero sono divenute esperienze razionaliste. La mistica si appropria la Parola divina adorata nel Libro supremo; il razionalismo si libera da tutto quello che non è frutto della ragione umana. E in realtà, avendo ridotto pressochè tutto a psicologia, Schleier­ macher non vede più perchè si debbano conservare le realtà storiche del cristia· nesimo e dichiara che il Cristo intimo, percepito dalla fede, è più reale e più attivo del Cristo della storia. Che importa quanto la pietà, creatrice di leggende, ha aggiunto al messaggio di Cristo? Miracoli, discorsi pieni di sublime dottrina, apologhi, che racchiudono profonde lezioni di dommatica, tutto questo non è il pensiero essenziale di Cristo, ma è la parte della teologia, di cui il Salvatore non si dava pensiero, e che i suoi discepoli sovrapposero al suo messaggio fon· damentale, per vie laboriose, di cui la storia della dommatica cristiana ritrova le vestigia e caratterizza le tappe. È certamente utile rintracciare questo movi· mento del pensiero cristiano, sorto da alcune parole e da alcuni gesti salvatori del Cristo, perchè per tal via possiamo notare come in certi periodi la vita cristiana si cristallizza in formule, che si dicono dommi, e che seguono l'evolu· zione della vita. Però la dommat1ca non è la vita stessa d'un'anima cristiana; questa consiste essenzialmente nell'apparizione e nell'affermazione dei sentimenti che abbiamo analizzato. Da ciò Schleiermacher traeva una conseguenza estremamente grave : la dommatica non è normativa; il domma non dice quello che dev'essere, ma quello che è stato in un momento preciso dell'evoluzione della coscienza cristia­ na; esprime quello che la vita ha creato, richiesto, formulato; ma che fu trasci· nato dal flusso della vita religiosa, e rigettato dai riflussi d'una coscienza che, avanzando, si libera dalle nozioni superate, e crea continuamente nuove forme d'una dommatica in perpetua trasformazione. L'influsso di Schleiennacher. Questa dottrina, che· esplicita con molto rigore e ardimento le formule ancora imprecise o nebulose di Lessing, è quella -

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    SVILUPPO DEL LUTERANESIMO

    lhe Schleiennacher non cessò di sviluppare nelle sue varie opere di dommatica, m a specialmente nei Discorsi sulla Religione ( 1799). Egli esercitò un c.onsidere­ vole influsso su tutta la Riforma. Sabatier lo chiama a il Messia della nuova era • e Pullan, un anglicano molto addentro al pensiero luterano, scrisse che egli fu the most imposing figure in German protestantism since Luther, la più grande personalità del protestantesimo tedesco dopo Lutero. Da lui derivano le attuali posizioni. della Riforma rigua�do alla Bibbi�, consid� r� ta c�me un'apprezzabile testimomanza, ma molto dubbiosa, della coscienza religiosa d un popolo fino alla venuta del Salvatore, e dove si trova un messaggio molto incompleto sulle rela­ zioni dell'uomo con Dio, sicchè qualsiasi libro u che porti un messaggio superio­ re sarà degno anch'esso d'essere chiamato Bibbia, e la Bibbia se lo lascierà volentieri aggiungere ». Da lui derivano pure le posizioni relative alla dommatica considerata come lo studio non di formule di fede, che hanno un valore assoluto, immutabile e d'un'efficacia inesauribile, ma di formule transitorie, la cui virtù si esaurisce, e che continuano trasformandosi, senz'essere mai in alcun momento l'espressione della Verità stessa, che in Dio non muta ma che gli uomini raggiungono solo frammentariamente. Da lui ancora le posizioni relative al Nuovo Testamento, considerato non come la Rivelazione divina del messaggio di Gesù, ma come la testimonianza del travaglio appassionato della pietà dei fedeli, che creano una figura divina del Cristo, taumaturgo, teologo, dottore di metafisica e di morale, del Cristo di cui la storia cerca di scoprire, sotto la leggenda, la figura autentica, trasformata dall'amore dei suoi discepoli. � 3. A lberto Ritschl. ·

    Reazione contro il soggettivismo di Schleiermacher. Gli eccessi del soggettivismo dovevano necessariamente provocare una reazione in senso reali­ sta. Essa comincia verso il 1850 sotto l'energica spinta d'un pastore in rivolta contro la scuola di Baur, Alberto Ritschl, che col libro L'origine dell'antica Chiesa cattolica ( 1850) libera il metodo storico da tutti gli apriorismi della scuola di Baur e instaura risolutamente l'interpretazione realista della Bibbia, stabilendone il carattere sacro. Per questo conviene dapprima disfarsi di tutte le pretese scoperte psico­ logiche dei Lessing e degli Schleiermacher sull'origine della religione. Le loro esperienze religiose del contatto immediato con Dio, del peccato, del nostro riscatto, della nostra salute, sono miti e pure illusioni. Non si deve ricorrere, in prima istanza, alla metafisica per spiegare un fenomeno che ha origini storiche. Schleiermacher costrul un superbo palazzo d'idee. ma basato sul vuoto. Il cristianesimo è un complesso di fatti oggettivi, che in determinate anime hanno prodotto nuove aspirazioni, certezze originali; però ridurre la realtà a queste aspirazioni significa mutilarla, cioè ridurla a queste certezze soggettive ignorando le loro condizioni oggettive. Cosi l a Rivelazione, !ungi dall'essere l'espansione dell_a coscienza umana, è un fenomeno esteriore alla coscienza e che, imponen­ dosi ad essa, la modella secondo i suoi precetti. È necessario dunque anzitutto considerare i fondamenti storici del cristianesimo, stabilire il vero carattere dei due Testamenti. -

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    La nuova scuola di fronte ai due Testamenti. - Proprio qui il tentativo di Ritschl, che pareva scartare definitivamente le « illusioni n create dagli a priori, ricade anch'esso in un illogicismo identi �o. Ritschl infatti dichiara che il criterio della rivelazione è l'accordo reale de1 due Testamenti,_ regola che sembrava salvaguardare i sacri testi, ma che in realtà sarà l'arma più terribile per scoronare il Nuovo Testamento. Per una crudele ironia, Ritschl giunse a ritenere come sospetto proprio quanto costituisce l'originalità, la ricchezza, l'incomunicabile caratteristica dell'insegnamento di Gesù. Là dove Gesù conti­ nua Mosè, Ritschl ammette l'autenticità dei testi; ma il Discorso della monta­ gna, che Mosè non aveva sospettato, sarà dichiarato sospetto! Tutta la scuola di Ritschl, fedele a questo principio, non ha fatto che impoverire il pensiero del Nuovo Testamento, la persona stessa di Gesù, riducendo ad apporti posteriori, a interpolazioni fraudolente le pagine più belle, le parole più neatrici del Vangelo. Altro a priori non meno nocivo. Ritschl pretende che il Nuovo Testa­ mento risulti dal confluire di elementi estranei, aggiunti all'autentico pensiero di Gesù : elementi d'origine rabbinica o ellenica o filoniana. Egli parla corren­ temente di azione del giudeo-cristianesimo, del cristianesimo ellenico e del cri­ stianesimo paolinostoli, accentuando, certo esageratamente e malamente, uno dei misteri fondamentali del cristianesimo, -

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    che avremmo certamente scoperto se avessimo letto meglio la nostra Scrittura : in mancanza di questo, il Corano trasmette una rivelazione che era nostra. Nella fede musulmana ci sono Lo spirito critico di fronte al Corano. evide ntemente molte cose che ci urtano, e cioè prima di tutto l'obbligo di cre­ dere anche in materia scientifica. Siccome il Corano è il Libro per eccellenza, il musulmano non ammette che ci sia un campo della natura, in cui lo spirito uman o abbia il diritto della libera investigazione : le cause dell'eclissi di luna e le condizioni del nostro destino eterno sono egualmente rivelate. Spesso ci siamo burlati del « Magister dix it n del Medioevo : i musulmani ad Aristotele hanno sostituito il Profeta, ma il loro meccanismo mentale è lo stesso; il loro pensiero è religioso tanto quando tratta della terra, come del cielo. Proprio il Vangelo laicizzò parzialmente il nostro pensiero : poichè ha realmente ammesso campi indipendenti dalla religione, quando Gesù disse : •l Date a Cesare quello che è di Cesare ... ,,_ Cesare è il potere politico, ma anche la neces­ sità economica, c infine l a scienza positiva, settori del mondo che, dopo San Tommaso e soprattutto col Rinascimento, sono stati maggiormente distinti da quanto è religioso, aprendosi cosi la via a quella divisione del lavoro che è attualmente il primo domma per tutti gli Europei. Quindi davanti al Corano i più sinceri ammiratori conservano lo spirito di critica : non credono nè alla sua cosmologia, nè alla sua angelologia, e asso­ migliano così a quei cattolici che, per le stesse ragioni, rifiutano d'ammettere che Giona fu ingoiato da una balena, ·che Giosuè abbia fermato il sole, o che il diluvio sia stato universale. I cristiani-coranici accettano dal Corano soltanto le sue rivelazioni su quanto non è suscettibile d'essere scoperto dalla scienza; è l'essenziale del Libro, facile a credersi, tanto è semplice la sua essenza. -

    Seduzione della cornice. Sappiamo pure che l'lslam produsse grandi pensatori e anche grandi mistici; quindi è una grande religione, in quanto capace di fare delle grandi anime. Noi la rispettiamo, mentre siamo irritati dalle piccolezze della nostra : le nostre statue, i nostri ceri, i nostri accompa­ gnamenti funebri nel meschino scenario delle nostre volgari città. L'eterno ci appare in forma di quotidiano, e lo vediamo troppo da vicino. Invece, al viag­ giatore superficiale, l'islamismo si mostra senza i suoi aspetti superstiziosi e lerci, nella purezza del suo credo, nella semplicità delle sue preghiere, nella nudità delle sue moschee spoglie di statue, e tutto questo vien situato, quando si chiudono gli occhi sui suk (mercati arabi), lontano dalle nostre agitazioni e compromissioni, persino sotto il vento del deserto. -

    Una facile morale che aspira al sublime. Ma una religione partendo da una dottrina termina in una morale. Ora, d'ordinario, gli europei che entrano a contatto del mondo islamico, coloni, viaggiatori, funzionari, ecc., sono, molto più dei loro fratelli ·continentali, degli indipendenti. In particolare ricalcitrano contro le norme del cristianesimo, che immaginano meschine. Le lunghe pre­ ghiere, come il rosario, i sacramenti, come la penitenza con l'umiliazione del confessionale, il dovere dell'elemosina o della ''isita ai malati, e più ancora la virtù dell'umiltà, di cui Gesù Cristo ha dato l'esempio lasciandosi confondere con i !adroni, tutto ciò urta il loro temperamento più ancora che la loro intelligenza. -

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    A) Concorrenza del cristianesimo e dell'islamlsmo in paese feticista Ecco un fatto sintomatico. Un missionario cattolico francese, verso la fine della stagione secca, va a predicare ai Negri pagani; prepara gli animi con discorsi atti a mostrare la debolezza del feticismo : lo ascoltano, si lasciano convincere, perchè aspirano a un Credo superiore. Viene la stagione delle piogge, i viaggi sono sospesi. il missionario li riprenderà alla prossima stagione secca. Ma quando ritorna al villaggio, che aveva cominciato a istruire, i marabutti, più vicini e numerosi, lo hanno preceduto e, tutt1. la popolazione s'è fatta musul­ mana ed è impossibile disingannarla. Cosi nella prima comparsa il nostro reli­ gioso aveva semplicemente preparato le vie dell'islamismo. Questo caso, anche se eccezionale, è interessante, perchè fa vedere nelle sue fasi successive il processo di conversione dei feticisti. Costoro, specialmente se giovani, non trovano difficoltà a sentire l'insuffi­ cienza della loro religione; una prima predicazione, non importa se fatta da un cristiano, da un musulmano o da un ateo, li distaccherà dalla superstizione e dalle abitudini ancestrali; ed eccoli diventati rinnegati almeno virtuali; ma rimane da sapere che cosa sceglieranno. Lasciato da parte l'ateismo, che in questo momento attira soltanto qualche « evoluto n, restano, in Africa almeno, due soluzioni : l'islamismo e il cristianesimo. È una legge di psicologia sociale che, salvo colpi di grazia eccezionali, si sceglie la religione che è più vicina a quella che ci si dispone a lasciare. Qui molteplici ragioni concorrono a far scegliere l'islamismo. Anzitutto questi negri sono anime semplici, d'una semplicità che significa non evoluto e non complicato. Ora i dommi islamici sono più comprensibili (per esempio il monoteismo); il culto islamico è più semplice (per esempio le cinque preghiere); la morale islamica è più indulgente (per esempio quattro mogli, quante concubine si vogliono e la fede all'ultimo momento). È vero che rimangono l'astinenza dall'alcool e il ramadan che alcuni osservano con fedeltà, anche perchè (e qui non vogliamo diminuire i loro meriti) l'Africa nera da lungo tempo non ha il sufficiente per sfamarsi e quindi per loro digiunare per un precetto o digiunare per carestia è tutt'uno. Alcuni altri eludono la legge coranica : il vino di palma non è quello della fattoria e, durante il ramadan, si può dormire di giorno, e la notte si farà baldoria. Di donne poi i negri hanno talmente bisogno come lavoratrici e come concubine, che trovano natu­ ralissimo che la nuova religione in questo non sia più rigorosa. Come ricompen­ sa Maometto li porterà nel cielo, al quale sono predestinati tutti i maomettani. Insomma il negro, che per l'isolamento e il clima non è privo di fierezza e nemmeno d'indolenza, è fiero d 'essere promosso a un'umanità superiore e felice di esservi giunto a cosi buon mercato. Invece il cristianesimo non dà loro nulla di più. Essi avranno anche il cielo, e forse un cielo meno voluttuoso, ma costerà di più : il catecumenato di almeno due anni, lo studio d'un catechismo complicato, la pratica dei sacra­ menti talvolta umilianti, infine una disciplina molto dura, come la monoga­ mia; la quale poi non è una semplice disciplina dei costumi, non essendo possi­ bile arricchirsi se non si hanno parecchie donne, perchè esse, più serve che spose, sono indispensabili a far progredire una piantagione. L'Islam è l a sal­ vezza col minimo sforzo. In secondo luogo i negri appartengono tutti a famiglie comunitarie e spesso patriarcali : il patriarca, che è insieme capo e possessore dei beni, giudice .



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    della sua famiglia e sacerdote del culto degli antenati, è il padrone in tutte le cose. Nessuno, nemmeno il primogenito, osa sottrarvisi, e l'individuo non ha nessuna iniziativa, nè intellettuale, nè di altro genere. La coscienza collettiva è dunque più imperiosa che tra noi, dove una determinata classe potrà avere l'opinione del suo giornale, una particolare professione i pregiudizi che giusti­ ficano la stima del suo lavoro, ma dove un giovane non permette nemmeno a suo padre d'entrare nel suo focolare. Qui invece un nuovo focolare resta confuso nella comunità paterna, e quindi è assolutamente inconcepibile un pensiero libero. Perciò è quasi impossibile una conversione individuale. Questa ragione sociaie è forse più imperiosa di quella psicologica. Ora essa è favorevole all'Islam, che è una dottrina ma anche un codice, fatto per i comunitari, e le comunità odierne dei negri si distinguono solo per sfumature da quelle arabe dei primi secoli dopo l 'egira. II marabutto quindi convertirà, senza sovvertirne la vita, tutto un villaggio, cominciando dal capo, che potrebbe ostacolarlo, ma non l'ostacola perchè quello rispetta la sua poligamia. Socialmente il cristianesimo trova molte più difficoltà a imporsi, poichè porta la libertà dei figli di Dio, che però è una novità troppo forte per la maggioranza dei negri : s'oppone doppiamente al regime comunitario, comba t· tendo la poligamia dei capi e predicando l'eguaglianza della donna e dell'uo­ mo. Certo, esso attira le simpatie dei giovani e specialmente delle giovani, anzi l'élite di queste e di quelli; ma non è l'unanimità ottenuta tanto facilmente dall'Islam. Le prime conversioni individuali sono state una sfida alle previsioni umane. Esso allora dovette isolare i suoi catecumeni e i suoi fedeli in villaggi cristiani, dove si ricostituisce il comunitarismo primitivo; poi ha creato una vita comune con i suoi grandi atti di culto che, anche se con sfoggio ridotto, han causato tanta meraviglia. Ma la liturgia non è tutto. I missionari hanno fretta di trame la vita interiore, però chiedono uno sforzo troppo grande per essere immediato. Per essere cristiani bisogna bruciare le tappe. Infine I'islamismo nell'amministrazione francese ha trovato un aiuto che essa non accorda al cristianesimo. Non pare si debba qui invocare l'anticleri­ calismo ufficiale, che potè avere la sua parte, ma non fu generale. II fatto deve spiegarsi con ragioni propriamente storiche e sociali e, talvolta, anche con una ragione tattica. Cosi, per !imitarci a quest'ultima, alcuni coloniali, per Io p!U ammml­ stratori, hanno proposto che si civilizzino i negri in due tappe : prima divengano musulmani, poi Ii si facciano cristiani; sembrando loro che l'islamismo fosse una preparazione facile e insieme necessaria. Costoro erano in piena buona fede. Ma sfortunatamente una psicologia più approfondita dà loro torto. I negri che si sono elevati all'Islam, sono come esauriti da questo primo sforzo. Inoltre I'Islam è orgoglioso per le sue vittorie e per la sua dottrina della predestinazione, e quelli che vi entrano sono presi prima di tutto da quest'orgoglio, che spegne in loro ogni desiderio di progresso. In particolare l'islamismo di cui i negri vedono solo il formalismo, interdice loro la vita interiore, della quale il cristia· nesimo fa una condizione essenziale per la conversione. La mezzaluna ha elevato un po' il negro, ma l'ha cacciato in un vicolo cieco. Tuttavia l'insuccesso, molto spiegabile, del cristianesimo in quelle regioni non è totale : nel Senegal, in Guinea, nella Costa d'Avorio, nel Dahomey si trovano comunità cristiane solide, anche se non numerose. Ma il compenso appare in tutta la sua prodigiosa ampiezza nell'Uganda, nel Camerun, nel

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    Ruanda-Urundi, dove i cristiani sono centinaia di migliaia e in alcune regioni il paganesimo è quasi scompar�o. � o?- si è giunti a questo risultato in una sola stagione; secondo le congregazJODI, SI es1_�e un catecumenat� da due � quattro . _ anni, sempre serio, talvolta severo; la pnma generaziOne d1 convertiti è presa da un fervore commovente, ma infantile; dalla seconda generazione si cerca di costituire, tra le comunità, delle famiglie cristiane i cui membri avranno acqui· stato una personalità almeno rudimentale; più tardi si lavorerà a organizzare l'intera vita sociale, gruppi di lavoro e gruppi politici, in modo da trasformarla in società cristiana. Inversamente all'Islam, si progredisce sempre. Non c'è supe­ riorità maggiore di questa lentezza e di questo slancio. B) Cristianesimo e islamismo nell'Africa del Nord. - Ecco ora la prova diretta. Il cristianesimo si è proposto d'in taccare il blocco musulmano del Maghreb; ma il fallimento fu completo. A spiegarlo basterebbero le cause enu­ merate, se fosse stato soltanto parziale. Abbiamo detto che il cristianesimo può fare solo eccezionalmente conver­ sioni individuali; un arabo o un berbero che �i convertisse sarebbe fatto bersa­ glio alle peggiori persecuzioni della sua famiglia. I Padri Bianchi, che hanno ottenuto splendidi successi nell'Africa centrale, hanno attualmente rinunciato all'evangelizzazione del Maghreb. Uniche loro conquiste quelle d'alcuni evoluti viventi nelle città con carriere liberali, che li rendono completamente indipendenti dai loro; inoltre hanno raccolto alcuni orfani, riparandoli da ogni reazione familiare, e con essi, specialmente nella Kabilia, hanno costituito villaggi virtuosi e prosperi, ma senza influenza sui villaggi circostanti. Le conversioni dunque potrebbero farsi solo in massa, d'interi villaggi o almeno d'intere famiglie, com'è avvenuto per le comunità dell'Africa nera. E qui perchè no? Eccoci alla seconda e più importante ragione. In Algeria, in Tunisia e nel Marocco il a-istianesimo è intimamente legato alla Francia; non occorre dire che sacerdoti e laici francesi vivory.o sempre in perfetta armonia; i loro costumi e la loro fede formano un blocco unico agli occhi degl'indigeni per i quali convertirsi significherà quindi farsi cristiani e insieme francesi. Già conosciamo lo sforzo richiesto per divenire cristiani; ricordiamo in breve che cosa esige il divenire francesi. Ciò consiste nel prendere i costumi familiari, professionali e politici fran­ cesi. Familiari : bisogna divenire monogami; professionali : bisogna divenire lavoratori; politici : occorre diven tare cittadini. Rigorosamente parlando. si potrebbe con cedere la cittadinanza francese ai bigami; si potrebbero lasciare che gli agricoltori coltivino le terre secondo le loro tradizioni, con rendimenti mediocri, e che l'industria locale languisca in un artigianato svogliato, in attesa dell'invasione dei Kolkoz e dell'industria capitalista. Così si potrebbe stabilire un regime rappresentativo senza prepararlo; ma non si dimentichi che rendere citta � ino un patriarcale è tutt'altra cosa, p 7rchè eg�i obbedisce a un solo padro­ . ne, SI chiami,_ conforme al suo grado, patnarca, ca1d o sultano; fatto cittadino, dovrebbe obbedire alla legge, cioè ammettere che il funzionario è sacro nell'eser­ cizio delle sue funzioni e che, fuori di esse, può essere considerato come uno qualunque : ora da un uomo concreto astrarre così la persona e l'autorità, per sottomettersi solo a questa, è un procedimento della intell igenza e della volontà che può riuscire soltanto dopo un apprendistato che deve continuare per due o

    ·

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    tre generazioni. Assimilare gl'indigeni, e soprattutto assimilarli in fretta, è un'utopia. . . La difficoltà di francesizzare e quella di cristianizzare si presentano ms1eme e l'una moltiplica l'altra. Sarebbe una difficoltà che il tempo potrebbe risolvere se non si aggiunges­ sero altri ostacoli, che non sono più difetti degli arabi e dei musulmani, ma caratteri (vedremo se sarà il caso di chiamarli difetti) dei francesi e dei cristiani. I francesi in generale, sono razionalisti e ingegneri, che pensano per nozioni, mentre l'arabo (nome che applicheremo anche al berbero) ha delle intuizioni. I loro concetti sono relativi alla padronanza dell'uomo sulle cose; mentre i concetti dell'arabo riguardano la sommissione dell'uomo a Dio. Questo ha permesso ad alcuni pensatori di parlare, malgrado le nostre virtù, della nostra nullità religiosa e di dire che, nonostante i suoi vizi, l'arabo è essenzial­ mente religioso. Il disaccordo è dunque co�leto. Inoltre i francesi, che si vanno a stabilire in Africa, sono tra i più energici. Però l'energia ha il suo inverso. Sono partiti per tentare la loro fortuna, senza inquietarsi di quelli che li circonderanno : posti uno contro cinque o dieci, in un ambiente altrettanto contrario, essi si fanno il loro posto prosciugando una palude o seminando pascoli, in cambio di che insegnano ai nomadi a coltivare il suolo che frutta di più. Il loro isolamento spesso è utile ai primi abitanti, che dal loro esempio sono arricchiti, se acconsentono a imitarlo; però i francesi sono gl'invasori, e la riconoscenza verso di loro sarebbe un peccato. I francesi hanno anche dei vizi, non maggiori di quelli degli arabi, ma esattamente opposti; sono previdenti e li dicono avari; laboriosi e li trovano agitati; leggeri, accanto a loro che sono gravi; maltusiani, mentre essi pongono la loro gloria nell'avere molti figli; empi, mentre essi giudicano che prima funzione dell'uomo è la preghiera; buontemponi e lo notano bene, perchè sanno che cosa significa. Ai cattivi esempi, i francesi hanno aggiunto benefici positivi; la :Francia ha portato al Maghreb l'igiene e l'istruzione; ma non le sono grati : un medico? se Allah vuole la nostra guarigione, guariremo senza rimedi; maestri? bene, ne approfitteremo e quando saremo più istruiti riconquisteremo il nostro paese. I cristiani poi, e qui intendiamo soprattutto i missionari, non sempre riescono a svestirsi di quella particolare mentalità, cioè di quei modi ( contin­ genti e non essenziali, è chiaro) di pensare e di fare, propri del cristianesimo occidentale. Il Vangelo dovette avvolgersi di queste contingenze per modellare l'occidente; adattato cosi a un continente, dovrebbe disadattarsi per riadattarsi a un altro, non certo abdicando a quello che gli è essenziale, ma modificando al­ cuni piccoli tratti che urtano i semplici : cosi un arabo, che venera la Vergine come noi, vedendo una certa sua statua domanda: a Perchè date alla Madre di Dio il costume delle nostre prostitute? n. Quello che chiamiamo adattamento è la messa a punto di dettagli di questo genere, che per quanto acces5ori, non possono essere trascurati. Il loro esame esige nello stesso tempo un lungo studio dell'anima musulmana e un grande senso teologico e apostolico. L'opera è stata intrapresa, e qui non possiamo descriverla. E neppure dobbiamo dire con quali mezzi si spera di riuscire a cristia­ nizzare l'Islam in un avvenire più o meno lontano. Alcuni sognano di dissol­ verlo, o aspettare che si dissolva d a solo, decomponendo le sue famiglie, razio­ nalizzando il suo pensiero : lento lavoro di distruzione, dopo di che si racco·

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    glierebbero gli avanzi per dar loro una coerenza cristiana. Altri pensano che occorra incoraggiare, se possibile, ogni risveglio religioso dell'Islam, a condi­ zione che non sia nello stesso tempo un risveglio politico : spingendo i musul­ mani dalla pratica formalistica alla vita interiore, si avvicineranno a Dio e quindi alla sua Chiesa. Il primo progetto è più alla nostra portata, ma forse riserva per l'avvenire difficoltà peggiori di quelle odierne, e manca di quella carità senza la quale nessun apostolato è fecondo. Il secondo disegno è più generoso, ma vi prenderemmo meno parte, e preparando un lslam più puro c'è pericolo di farne una specie di semiprotestantesimo, ancora più irriducibile. Ma mentre tra noi si van facendo questi progetti, alcuni religiosi sono andati a stabilirsi nel deserto; per quanto sia strana questa solitudine, è loro necessaria per comprendere l'ambiente umano; nello stesso tempo pregano, perchè soltanto la preghiera attirerà sopra di loro e sopra quelli che li circondano i lumi necessari per l'evangelizzazione. Oggi sono troppo poco numerosi per essere qualcosa di più che semplici precursori, ma camminano sulla buona strada, perchè qualunque evangelizzazione, prima d'essere l'effetto d'una tattica, è l'irradiamento d'una carità. Dirne di più ci farebbe entrare nel campo della tecnica missionaria, men tre in queste pagine abbiamo semplicemente voluto confutare un'obiezione che talvolta si oppone al cristianesimo : aggiungiamo che alcuni suoi trionfi, come la sua azione sui barbari del Medioevo, hanno richiesto secoli e che la trasformazione d'una società non potrebbe essere pro­ fonda se fosse istantanea.

    G. W.

    BIBLIOGRAFIA. 1 . - lo generale. MAOME'ITO, Il CoraTUJ, trad. ital. di L. Bonelli, 2 ed., Hoepli, Milano 1 940. V. VAcCA, Antologia tkl Corano, Sansoni, Firenze 1943· F. M. PAREJA, Islamologia. Geografia. Storia. Istituzioni. Letteratura. Arti. Scienze, Orbis Ca­ tholicus, Roma 1 95 1 . Una vera enciclopedia redatta da specialisti. Grosso volume di pp. Boo. M. MoRENO, L'lslamismo, 1st. Ed. Galileo, Milano 1947. Sintesi di valore. Notevoli le voci della E. l. T. relative all' ls!am, particolannente quelle redatte da C. A. NALLINO, uno dei più grandi islamologi italiani. S. MoSCATI, lslam in E. C., VI1, 258-293. C . GASBARRI, La via di Allah. Origini, storia, sviluppi, istituzioni del mondo islamico e l a sua posizione di fronte al cristianesimo. Hoepli, Milano 1 942. Buona volgarizzazione. 2. Sulla dottrina. • H. LAMMENS, L' lslam, credenze e istituzioni, Laterza, Bari 1948. Una delle migliori opere io materia. P. CAsANOVA, Mahomel et Mahométisme, in D. T. C., IX, 1 5 72- 1650. M. Gmm, Storia della religione dell'Islam, in TACCHI-VENTURI, op. cit., 2 ed., vol . II, pp. 275-387. L. GARDET • M. ANAWATI, Introdw:tion à la théologie musulmane. Essai de théologie comparée, Vrin, Paris 1 948. A. S. TRITON, Muslin Theology, Luzac, Londra ' 947· 3· Islarnismo e cristianesimo. - G. FAUSTI, L' lslam nella luce del pensiero cattolico, Ed. La Civ. Catt., Roma 1933· LATOR-MORENO-GABRIELI-Rossr, Cristianesimo dslamismo, Mor­ celliana, Brescia ' 94-9· Particolarmente importante il primo studio : Islamismo e cristia­ nesimo come religione. J. M. Aan-EL-]ALIL, L'lslam et TUJU.I, Parigi 1 947 ; Aspects intérieurs de l' lslam, Ed. du Seui!, Parigj I!J49· L'autore di questi due notevoli volwni è un musul­ mano convertito al cattolicesimo e entrato nell'ordine di S. Francesco. IGNAZIO DI MA"ITEo, La predù:azione religiosa di Maometto e i suoi opposilori. Tip. Stella, Palermo 1934·

    XVIII L'INCREDULITÀ CAPITOLO I. - ALCUNE DEFINIZIONI. LO SCANDALO DELL'INCREDULITA'. L'INCREDULITA' NEL VANGELO Chiamo incredulo colui che, avendo conosciuto il messaggio cristiano, ha rifiutato implicitamente o esplicitamente di conformarvi il pensiero e !a vita. Non è incredulo nè il pagano, perchè non ha nemmeno l'idea della fede; nè il giudeo, perchè ha tutta la religione dell'Antico Testamento, ma in immagini e in simboli : egl i crede alla manna senza credere all'Eucarestia; nè l'eretico, avendo egli la passione esclusiva d'una metà della verità cristiana : la grazia, ad esempio, gli nasconde la libertà. Non c'è incredulità senza una conoscenza, sia pur vaga e confusa, della fede cristiana e senza un rifiuto di credere o un 'impossibilità a credere questa verità totale. Il rifiuto e l'impossibilità posso· no assumere le forme più varie e inattelre, dall'incredulità aggressiva all'indiffe­ renza distratta o all'inquietudine sofferente. L'incredulo è il greco che all'Areopago, dopo il discorso di Paolo, se ne va scrollando il capo, urtato nella sua ragione dal domma dell'In carnazione o dalla promessa della resurrezione dei corpi. Ecco dunque il grande scandalo dell'incredulità : ogni predicazione fa dei credenti, ma anche degli increduli. Cristo e i suoi apostoli da questo punto di vista sono una stessa tradizione con i profeti biblici, le cui parole infuocate rendevano i fedeli più ardenti e gl'in­ creduli più colpevol i : cc Se non fossi venuto e non avessi loro parlato, dice Cri­ sto, non avrebbero colpa, ma ora non hanno stusa per il loro peccato n (Gv. 15, 22). Se non fosse stata resa testimonianza alla verità, l'ignoranza tranquilla non sarebbe divenuta colpevole negazione. Lo scandalo del rifiuto della verità, da parte d'un essere fatto per la veri· tà, dà alla fede l'apparenza d'una credenza particolare e limitata a una società chiusa, mentre il Dio, cui essa aderisce, è il Dio universale, il Dio di tutti gli uomini e di tutti i mondi. L'incredulità appare come un fallimento di Dio, e quindi come un motivo di dubbio. L'incredulità richiama l'incredulità inde­ finitamente. Il Vangelo ci mostra due tipi d'incredulità, entrambi e terni; c'è l'incre­ dulo che non capisce, che non giunge a « realizzare n l'ampiezza del messaggio e la grandezza dell'appello; così quando Cristo promette la vita eterna a chi mangerà la sua carne e berrà il suo sangue, si leva un mormorio : cc È duro un tal parlare, e chi lo può sentire? » (Gv. 6, 61). E c'è anche l'incredulo che, ose­ rei dire, capisce troppo; che desidera rispondere e indietreggia davanti a un'esi­ genza che si rappresenta con troppe lucidità : cosi il giovane ricco che se ne va triste, perchè ha molti beni ( M t. 19, 22). E finchè sarà predicato il Vangelo a ogni creatura, ci sarà sempre fede e incredulità : ma se l'incredulità durerà quanto il mondo peccatore, non conserverà sempre le stesse forme, poichè nelle

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    Ruanda-Urundi, dove i cristiani sono centinaia di migliaia e in alcune regioni il paganesimo è quasi scompar�o. �o� si è giunti a questo risultato in una sola . stagione; secondo le congregaziOni, SI es1�e un catecu.menat� da due � quattro . anni, sempre serio, talvolta severo; la pnma generaziOne d1 co'!vert1 �1 è pres� . da un fervore commovente, ma infantile; dalla seconda generaZione SI cerca di costituire, tra le comunità, delle famiglie cristiane i cui membri avranno acqui· stato una personalità almeno rudimentale; più tardi si lavorerà a organizzare l'intera v ita sociale, gruppi di lavoro e gruppi politici, in modo da trasformarla in società cristiana. Inversamente all'Islam, si progredisce sempre. Non c'è supe­ riorità maggiore di questa lentezza e di questo slancio. B) Cristianesimo e islamismo nell'Africa del Nord. - Ecco ora la prova diretta. Il cristianesimo si è proposto d'intaccare il blocco musulmano del Maghreb; ma il fallimento fu completo. A spiegarlo basterebbero le cause enu­ merate, se fosse stato soltanto parziale. Abbiamo detto che il cristianesimo può fare solo eccezionalmente conver­ sioni individuali; un arabo o un berbero che �i convertisse sarebbe fatto bersa­ glio alle peggiori persecuzioni della sua famiglia. I Padri Bian­ teva inventare il consolidamento della Riforma, perchè solo una donna è ca· pace di servirei una colazione fredda con gli avanzi della cena calda del gior­ no prima, di rammendare le calze anzichè comperarle nuove, di tagliare i calzo­ ni del marito per fare i calzoncini di suo figlio. La Riforma d'Elisabetta fu una serie di accomodamenti, di ripieghi e di tagli da cerimonia, non facendo altro che ridurre a pezzi e brandelli la Chiesa cattolica. Il risultato non do...e di fronte a Cantorbery.

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    veva essere nè bello nè ideale; era tutto incerato e verniciato e stava unito solo a forza di pezzi di spago, ma stava proprio bene : ecco tutto ». Fede dei nostri padri. Perciò se l'anglicanesimo, come venne concepito dalla Riforma, non può soddisfare, non sarà il caso di cercare che cosa ci pos­ sa essere di buono nella religione dell'Inghilterra prima d'Enrico VIII c d'Eli­ sabetta? Cosi pensa Benson, che s'immerge nella lettura dei mistici inglesi an­ tichi, come Giuliana di Norwick e Riccardo Rolle e che, intonando il canto ingiP.se della Fede dei nostri padri, dichiara che per padri non intende nè Cranmer, nè Latimer, nè Ridley, o qualche loro simile, ma i santi del Medioe­ vo. Il suo primo libro (Renson comincia a coltivare le sue doti di scrittore), intitoìato La luce invisibile, una serie di racconti dove entrano la mistica e il meraviglioso cristiano, pare l'opera d'un cattolico, e un critico lo defini a una gita sulla via di Roma, un addio alla casa lasciata per sempre ». Quest'opera nel Natale del 1 903 stimolerà il giovane Knox sulla via della conversione. -

    Cattolici senza Roma. - Tuttavia ambedue intendono rimanere membri delia Chiesa d'Inghilterra e, con il singolare compromesso di Pusey, vogliono tentare d'infondere una nuova vita all'anglicane�imo agonizzante, introducen­ do cerimonie, pratiche, usi presi dal cattolicesimo; entrambi si faranno adepti di quel ritualismo, che è un miscuglio ibrido di due religioni, dove si recitano il breviario e il rosario, in cui si celebra una strana Messa in inglese, si rac­ comanda la confessione, s'espone quello che si crede il Santissimo Sacramento... lllogismo bizzarro che farà di essi, come dirà Knox, dei 11 cattolici romani nella Chiesa d'Inghilterra », ai quali mancherà proprio e soltanto d'essere cattolici. Sempre desideroso di far meglio, dopo la sua ordinazione anglicana Ben­ san si rivolgerà verso una di quelle a comunità », assai numerose, con cui i ri­ tualisti tentano ùi copiare l'ideale monastico del cattolicesimo, ed entrerà nella Casa della Resurrezione a Mirfield (contea di York), fondata dal vescovo Gore. Per cinque anni prende parte alla vita di quei monaci, analoghi ai nostri mis­ sionari diocesani, predicatori che « si propongono di cattolicizzare l'Inghil­ terra con i sacramenti » . Knox, cappellano del Trinity College (Cambridge), senz'abbracciare lui stesso il monachesimo, frequenterà assiduo altre comunità, come quella dei Padri di Cowley, dove si cantano i salmi in inglese, ma in gregoriano; quella dei Benedettini anglicani di Caldy, che alcuni anni più tar­ di si convertiranno in blocco al cattolicesimo, e saranno ricevuti nella Chiesa da Dom Beda Camm, un altro convertito. Cfr. Beda Camm, De l'anglicuni.!me au monachisme, Desclée, Paris 1 930. Intanto nel loro spirito sorge un dubbio ostinato : la Chiesa anglicana è apostolica? Il divorzio da Roma non ha spezzato brutalmente i legami che univa­ no l'Inghilterra alla vera tradizione religiosa? Assistendo alla prima Messa angli­ cana di suo fratello, R. l. Knox esclama : u Noi eravamo stati educati assieme, ci eravamo conosciuti a Oxford, come accade raramente tra fratelli. Per me avrebbe dovuto essere la più grande felicità vederlo prete, vederlo compiere per la prima volta l'augusto mistero della nos�ra 1eligione, nella stessa chiesa, allo stesso altare dove io, tre anni prima, avevo compiuto gli stessi riti davanti a lui. E improvvisamente vidi l'altra facciata del quadro. Se questo dubbio, quest'om­ bra di scrupolo cresciuto nel mio s.pirito, è legittimo, supposto che sia legittimo, nè lui nè io siamo preti, e questa non è una Messa, e questa non è l'Ostia

    TESTIMONIANZA DEI CONVERTITI

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    reden trice; gli accessori della cerimonia, gli splendidi paramen ti, i fiori freschi appena sbocciati, la misterios a luce �ei �eri sono solta� t? la montatura d'una falsa pietra. Siamo stati presi_ al lacoo, mgannat1,_ traditi, pensando che tutto questo valesse qualcosa. Avremmo dunque lavorato sulla sabbia, avremmo com­ battuto per un'Elena solo immaginaria, in tutti questi anni di lotta. Durante l'angosciosa rivelazione era così lontano da ogni sant? pensiero, che al� 'ultimo _ Vangelo sentii formularsi nel mio spirito una malediZIOne contro Ennw vm. E cosi andai a baciare la mano al novello sacerdote . . n. Anche Benson, egli pure torturato dai dubbi, finisce col lasciare la congregazione di Mirfield, s'immerge nella lettura del Newman prima, poi nello studio delle origini della Riforma d'Inghilterra, e ne trae una serie di romanzi storici appassionati, dove passano, in secondo piano, i grandi martiri inglesi, San Tommaso More o il beato Giovan­ ni Campion, e si presentisce che alla testimonianza dei martiri presto risponderà quella del convertito. .

    L'unica uscita. Non ci stupiremo quindi vedendo Benson abiurare ( I l settembre 1903) nelle mani d'un padre domenicano, e nemmeno ci sorpren­ derà il sapere che, nel settembre 1917, R. I. Knox è partito per l'abbazia bene­ dettina di Farnborough per farvi un ritiro e che ne esce cattolico. Quest'ultimo esprime con un paragone l'impressione che provò, dicendo che era come un uomo sen1.a casa in cerca d'un rifugio; scorgendo una casa era entrato nella rimessa della parte posteriore, poi nelle dipendenze. Allora aveva cercato d'apri­ re dall'esterno la porta per entrare nell'interno della casa, la serratura aveva funzionato, ma la porta era rimasta chiusa. Infine aveva girato molte volte intor­ no all'edificio e, all'ultimo momento, quando già lo vincevano la fatica e lo sconforto, avvicinatosi all'ingresso principale, s'era accorto che la porta era sempre stata aperta e aveva avuto la sensazione d'entrare in casa sua, nella libertà e nella pace. Proprio quello che dirà Bcnson quando, domandandogli un protestantt . « Che cos'hai trovato nel cattolicesimo di quanto non avevi trovato I;�ella religio­ ne abbandonata? n, rispose : « La pace assoluta dello spirito ». E in entrambi scoppia la gioia d'appartenere non a una Chiesa che comunque siano la carità e la santità di molti suoi membri, è soltanto una setta nazionale, ma a quella Chiesa universale che il figlio dell'arcivescovo di Cantorbery, divenuto Mons. Benson, descriverà in una magnifica visione : « lo vedo una grande figura mistica distesa nel mondo. La testa, coronata di spine, riposa a Roma; il corpo è ferito, mutilato, spogliato delle sue brillanti vesti, ma vivo, steso per terra; le braccia e i piedi si spingono attraverso i mari e i continenti; le dita delicate cercano anime fino in Cina; il cuore palpitante comunica un sangue comune di preghie­ ra e di fede a tutte le nazioni, unendole in una vita soprannaturale prima sco­ nosciuta all'universo ... Talvolta... dalla bocc:t dolorante esce una parola che calma i clamori e risolve le discussioni. Quest'essere immenso è vecchio di dician­ nove secoli; le membra che da mille anni s'agitano nella febbre, giacciono calme sotto il controllo d'un cervello infallibile, e il mondo, che prende gusto a tortu­ rarle, si stupisce della loro vitalità. Infatti i nemici non hanno esaurito la loro malizia ed eccoli di nuovo all'attacco. La grande figura mistica ha trasalito tutta quanta, perchè tutto il corpo soffre alla so/Ierenza d'un membro. Gli occhi stanchi si volgono al cielo come per chiedere : "Per quanto tempo?" e la rispo­ sta è l'eco di quelle parole pronunciate in Galilea, che diedero vita a quel -

    CARENZA DELL'ANGLICANESIMO

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    corpo: "Tu sei Pietro. Le porte dell'inferno non prevarranno. Io a te darò le chiavi del regno dei cieli" • . Altre testimonianze. La signora Sheila Kaye-Smith, nota romanziera inglese, potrebbe firmare queste righe, avendo un itinerario spirituale simile a quello di Benson e di Knox. Legata da molti vincoli all'anglo-cattolicesimo, del quale nel 1925 scrisse un'apologia, e che le offri la trama di parecchi romanzi, si rende ben presto conto delle sue deficienze, vedendolo privo di santità, di cattolicità, d'apostolicità; nello stesso 1925 s'accorge d'aver cercato " il cattoli­ cesimo in un cattivo posto », e attualmente, sottomessa a Roma e ricordando il tempo in cui credeva di salvarsi nell'anglo-cattolicesimo, scrive : " Mi sembra ora che noi siamo una squadra di bambini rhe piantano fiori nella sabbia, affondandovi gambi raccolti nel giardino del vicino. Questi fiori non hanno radici e non possono crescere se non nel terreno da cui furono strappati. Alla fine verrà il mare e li spazzerà via tutti ». Certamente anche il grande scrittore Maurizio Baring segui un itinerario analogo, ma non ha mai raccontato la sua conversione. Con passi scelti dalle sue opere, e specialmente da Cat'.s cmdle, uno dei suoi migliori romanzi, si potrà tuttavia comprendere che anche lui ha cercato la Realtà, l'Unità, l'Auto­ rità, la Profondità, e le ha trovate nella Chiesa di Roma. A sua volta il Baring infiui sulla conversione di non pochi amici, tra i quali Gilbert Keith Chesterton, il cui ritorno alla Chiesa cattolica, nel 1922, ebbe risonanza mondiale. Con l'aria paradossale con cui presentava lo svolgi­ mento logico del suo pensiero, Chcsterton pose tra i fattori della sua conver­ sione a i principali maestri del protestantesimo n inglese : il decano Inge e il vescovo Henson. « È evidente per me che una Chiesa, la quale voglia agire con autorità, debba essere in grado di dare una risposta alle grandi questioni morali. Ora, posso io ammettere il cannibalismo o l'assassinio dei neonati per ridurre la popolazione o per consimili riforme scientifiche o progressive? Una Chiesa provvista di autorità di magistero deve sapermi dire se si possa o no. Ma le Chiese protestanti sono in un enorme disorientamento di fronte a questioni, quali la limitazione delle nascite, il divorzio, lo spiritismo ... Eccovi gente come il decano Inge che vien fuori a bandire pubblicamente e perento­ riamente quella che io considero una frode meschina e velenosa, la quale rasenta l'infanticidio. So bene che ci sono, nella Chiesa anglicana e in altre comunità protestanti, persone le quali denunciano questi gravi vizi pagani allo stesso modo che faccio io : e il vescovo Gore ne parlerebbe con lo stesso sdegno del Papa. Ma il guaio è che la Chiesa anglicana non ne parla con quello sdegno Essa è scissa nell'agire; e io non so che fare di una Chiesa che non è militante e non sa ordinare una battaglia, nè sa combattere e marciare in una direzione unica "· Più tardi ebbe a spiegare le cinque ragioni per le quali si sarebbe convertito se non si fosse dato il caso che convertito già era. (Cfr. il suo volu­ metto La Chiesa cattolica e la conversione, Morcelliana, Brescia 1953). Pure degne di nota, perchè maturate dopo lunghi studi e ricerche, le conversioni dello storico Christopher Dawson, attualmente professore ad Oxford, che scoperse nel cattolicesimo la religione dei primordi cristiani, rimasta immu­ tata nei secoli; di Arnold Lunn, figlio del moderatore della Chiesa metodista, come Benson era figlio dell'arcivescovo di Cantorbery; dei tre romanzieri -

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    TESTIJ\lONIANZA

    DEI

    CONVERTITI

    Bruce Marshall, Evelyn Waugh e Graham Green annoverati tra scrittori inglesi di oggi.

    più grandi

    CAPITOLO III. - CARENZA DELL'ATEISMO : ADOLFO RETTÉ Dal diavolo a Dio. Non abbiamo intenzione di descrivere minutamente le peripezie del ritorno a Dio del poeta Adolfo Retté, anche se la sua testimo­ nianza ci offre un bellissimo esempio della lotta fra tre personaggi : l'uomo, l'angelo della luce e l'angelo delle tenebre, che hanno per posta l'anima del paziente. Dal racconto biografico (Dal diavolo a Dio, trad. it. Ediz. Paoline, Albano), dove Retté narra la sua conversione, vogliamo semplicemente rilevare un punto che ci sembra capitale, e cioè la fenditura nell'edificio ben ordinato del suo ateismo, per la quale Dio cominciò a infiltrarsi, per non dargli più riposo fino alla resa definitiva. Dunque Retté, educato senza religione, frequentatore di circoli letterari dove regna il più completo amoralismo, dal punto di vista politico era attratto dalle dottrine anarchiche e socialistiche ( " l'innesto individualista sull'albero del comunismo ») e, da quello filosofico, da un miscuglio di paganesimo, di buddismo e di panteismo, che gli facevano scoprire " le sue divinità, particellf della sostanza indefinita, sotto la scorza delle querce e il fogliame dei faggi », rivolgere " preghiere alle betulle n, considerare >. Disillusione. Ma purtroppo il bel sogno di bontà e di fraternità, accarez­ zato da Camelli, doveva presto crollare pezzo per pezzo. In seguito a un grande sciopero rurale e alla conseguente e magnifica vittoria politica, « le organizzazioni dei contadini si impinguarono di elementi malfidi ed eterogenei >>, che entra­ rono nella lega solo per opportunismo, e che « quasi sempre soverchiarono gli antichi compagni di coscienza sicura ». Con loro vennero le ambizioni, i favoritismi, i sospetti e tutto l'arsenale degli odi politici. Camelli aggiunge che appena il partito socialista usci dalla pura idealità e si pose sul terreno pratico conobbe subito l'elemento della sua degenerazione. Alle ardenti conferenze d'un tempo si sostituirono chiacchiere senz'interes­ se, dove « le male piante dei conferenzieri d'occasione chiedevano applausi per la propria personale ambizione »; alla stretta disciplina degl'inizi, che " combatteva accanitamente l'ubriachezza », successe il rilassamento dei co­ stumi, assieme all'alcoolismo, al desiderio di 11 godersela ». Tutto era mutato. Ora ci si riuniva " nelle cantine sociali », fondate un po' ovunque, 11 locali bassi e stretti, dove l'aria puzzava orrendamente di vino, di tabacco' e d'altro •, e, ahimé, non più « nei campi fioriti, in cui la parola si cullava nello spirito emergente delle cose circostanti, come in onda pla·cida » ... Ma se nei capi del nuovo movimento Camelli vedeva con orrore e tristezza passare in primo piano l'ambizione politica, l'egoismo, la ricerca del vantaggio materiale, fortunatamente rimaneva la massa, a sempre schietta e onesta, creden­ te in una sostanziale elevazione delle cose del mondo "; in essa pullulavano ancora 11 i freschi entusiasmi, le generosità piene, gli eroismi oscuri, le devozioni profonde ». Più ancora che nell'operaio delle città, nei contadini trovava quella freschezza di sentimenti che essi attingevano nel contatto quotidiano con la natura. La partita non era perduta, ed era ancora possibile riprendere in mano quegli uomini rozzi e buoni, prima che i profittatori della politica non li aves­ sero guastati. Ma come fare? Camelli riflettè a iungo e gli parve possibile far acquistare alle masse contadine una vera elevazione, se egli fosse stato capace d'imprimere al movi· mento socialista un carattere di religiosità tutta propria. -

    Cristianesimo prima di tutto. La parola è lanciata. Ecco, Camelli cap isce che sopra l'ideale socialista c'è quello religioso e che invece di socializzare il -

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    DELL' IMMANENTISMO

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    cnstlanesimo, come aveva pensato prima, occorre cristianizzare il socialismo. Non indugeremo a rac-contare come il giovane Camelli ritornò allora al Vange· lo e come, con la generosità abituale, si decise, non senza lotta, a farla finita col vecchio partito e a seguire la via che da quel giorno gli parve l'unica capace di soddisfare le sue aspirazioni. Egli confessa che molto tempo dopo aver lasciato l'ambiente della sua giovinezza, volle ritornarci in una circostanza in cui sapeva che avrebbe ritrovato i compagni d'un tempo. Che spettacolo! Sotto una volta bassa, che causava un senso d'oppressione, fumo diffuso, soffocante e aspro, tagliato da luci incerte, nelle quali si muovevano figure umane, curve attorno a tavoli scuri : questo era l'ambiente in cui aveva creduto d'aver ragione di vivere, abbagliato da un'illusione ... S'avvicinò al tavolo dove aveva scorto gli antichi compagni, che gli cedettero il vecchio posto, dove si sedette. Fu portata la minestra; e allora egli si alzò e disse : a Vedete come faccio? • e si tracciò un grande segno di croce... Pensava che, dopo tutto, quelli erano stati begli anni, d'amore romantico, in modo che, partendo e stringendo a tutti la mano, era commosso, perchè diceva addio alla giovinezza d'una generazione, all'ideale d'un'età innamorata di sogni e di nuvole inconsistenti. .. Ma qualche anno più tardi il sa-cerdote lllemo Camelli, professore al Semi· nario maggiore di Cremona, non seguiva più sogni e nuvole. Nel 191 1 egli stesso mostrò in poche righe e ton chiarezza ammirabile quello che aveva trovato nel cattolicesimo e nel sacerdozio, superando, con tutto il primato spirituale, l'idea­ !e socialista della sua giovinezza : a il nuovo Illemo, - scrive egli stesso - si dirige ancora alle ·Case tetre e nere degli uomini, portando seco il raggio puro del Sole. Non ai semplici bisogni materiali, dove spesso s'annida la cupidigia insaziabile che imbestialisce, egli porta luce e calore benefico, ma a tutti i dolori, a tutti i mali che pure colpiscono l'uomo nel fisico, nel cuore e nell'intel­ letto. Egli ha la parola veramente fraterna, per·chè a tutti può mostrare il Padre comune, che fa eguali gli uni agli altri. Tutti può avviare verso l'Unità ... Infine, egli, con quanti seco lui avranno potuto varcare l'abisso, sarà, lo spera, eterna­ mente vivo ne l'A mor che move il sole e l'altre stelle,

    più innanzi di ogni sublime ideale umano, di cui non sarà alcun ricordo

    •.

    CAPITOLO V. - CARENZA DELL'IMMANENTISMO : M. F. SCIACCA L'immanentismo di stampo hegeliano è un po' il sostrato di quella cul· tura moderna che pretende dare un valore di positivo umanesimo alla nega­ zione della Trascendenza, cioè di Dio distinto dal mondo. Siffatta cultura, det­ ta comunemente laica, ha talvolta la pretesa di essere un superamento o in­ veramento del cristianesimo, e si presenta quindi come una più alta e più pura religione. Effettivamente è una più raffinata radkale negazione della re­ ligione di Cristo, e pertanto assolutamente incapace di risolvere i problemi della vita concreta dell'uomo. La carenza della " religione n immanentista è stata acutamente sentita da un filosofo italiano, che dall'idealismo attualistico approdò al cattolicesimo : Michele Federico Sciacca. Egli narrò la sua conver­ sione nel volumetto : Il mio itinerario a Cristo (S.E.I., Torino 1944), di cw ci serviamo largamente.

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    La perdita della fede e i primi studi filosofici. u A quattordici anni avevo già perduto completamente - e da qualche anno - la fede catt?lica dei miei genitori. Dicevo di essere "ateo" e la parola aveva per me una diabo­ lica suggestione : mi sembrava di accrescermi, di guadagnar� in statura, di es­ sere libero, emancipato, "tutto io", dicevo, come ancora ncordo. Ogm. qual volta pronunciavo quella trista parola, mi ergevo su me stesso, impettito e a testa alta : naturalmente con tutto il ridicolo che comportava un simile atteg· giamento, ma il ridicolo allora non lo vedevo. Dai dodid anni circa fino ai trenta mi son tenuto lontano, con spietata coerenza, dalla religione e dai Sa­ cramenti. Disimparai, in breve, tutte le preghiere e se qualche volta negli anni senza Amore di esse ho sentito il bisogno, è stato pilì per un senso di rimpian­ to e di nostalgia dell'infanzia, più per un sentimentalismo romantico o ro­ manticheggiante (le famose preghiere ripetute, da bambini, accanto alla mam­ ma), che per un risveglio o per un richiamo, per un bisogno di fede e di re­ ligione. Tristissimo, per un fanciullo, non saper più pregare; pericoloso per un giovane, ardente di spirito e di sensi, non aver fede. Ha molto inciso sul­ la mia vita questa penosa e prolungata circostanza ed è ancora oggi fonte di amarezza e motivo di pentimento » (p 5-6). Dotato di una spiccata inclinazione per gli studi filosofici, fin dal primo anno del liceo egli si innamora di Platone. " Da allora datano sia l'amore per il mio Platone, sia il primo orientamento verso l'idealismo n. Due anni dopo, il primo entusiastico incontro con Kant e con Fichte segnò il suo " decisivo orientamento verso l'idealismo trascendentale n . Però 11 permaneva sempre la mia riserva sul problema morale. È stato il mio chiodo questo : non essere mai riuscito a convincermi pienamente, anche quando ero idealista, che l'idealismo trascendentale possa fondare saldamente la morale. Su questo chiodo ho sem­ pre battuto ed è stato il pungolo che mi ha spinto fuori dal recinto magico dell'immanenlismo n (p. 12). Durante il primo anno di università, a Catania, la lettura di D'Annun­ zio e di Nietzsche rinsaldarono in lui il convincimento che il pro.blema cen­ trale della filosofia è quello dell'uomo, del singolo. " L'individualismo, il per· sonalismo dannunziano e nietzschiano contribuirono a farmi porre fin d'allora in primo piano il problema della persona. Era, dunque, sempre il problema morale che teneva da signore il dominio della mia mente n (p. 14). Alla fine del primo anno di filosofia, lasciò l'Università di Catania per quella di Na­ poli ove si mise alla scuola dell'Aliotta. Qui incontra le opere dei massimi espo­ nenti dell'idealismo italiano : Benedetto Croce e Giovanni Gentile. -

    L'incontro con le opere di B. Croce e di G. Gentile. " La lettura delle opere filosofiche del Croce, tranne che per l'Estetica, fu una delusione. Stu­ diavo contemporaneamente la Logica di Hegel (faceva parte del corso di teo­ r �tica dell'anno) e, al parag·one, la Logica del Croce mi parve l'opera di un dilettante. Ma quello che più mi urtava (e che in seguito mi ha impedito di ricon �iliar�i col Croce . filosofo) è la disinvoltura con cui l'autore tratta pro­ blemi gravi e complessi. Pure apprezzando le sue doti di bello scrittore, mi sembrava (e mi sembra ancora oggi) che le attrattive dello stile vi siano ap­ posta per nascondere un pensiero superficiale. Addirittura scostante mi risultò la Filosofia della pratica, a eccezione di qualche pagina. Il soggetto della mo­ rale, la persona umana, vi è tradito. Croce mi apparve uno scrittore privo di -

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    umanità. Fin d'allora mi resi conto (leggevo anche i suoi lavori di critica este­ tico-letteraria e di storia) dei suoi grandi meriti nei confronti dei problemi metodologici e della cultura, di cui il Croce è indiscutibilmente un rinnovato­ re. Quel che non riuscivo a vedere (e mai fino a oggi vi sono riuscito) era il "filosofo". Il letterato, il critico, lo storico li trovavo : il filosofo, no. Non nel teorico dello storicismo, che riduce la filosofia a metodologia della storia, che nega l'esistenza di un problema della verità perchè non c'è la verità, ma ci sono le verità particolari, proprie di ogni epoca, che passano per lasciar posto ad altre verità particolari e così via; non nel polemista e nel postillatore, che invitava e invita ancora a non occuparsi più di filosofia, a non perdere tempo con i problemi metafisici, .che problemi non sono, ma pseudo-problemi da ac­ chiappa nuvole, che non risparmia la sua ironia e a volte lo scherno a chi an­ cora si occupa, per esempio, del problema dell'essere. Mi convinsi che nel Croce l'idealismo moderno non trova un continuatore e un approfonditore dei suoi problemi e che il vero Croce ha stretta parentela con la mentalità em­ piristica e positivista. D'accordo con questa, identifica la realtà con i fatti (non naturali, è vero) umani e quel che è peggio l'uomo stesso con i suoi atti (dis­ solvimento della personalità), nega la metafisica e con ciò stesso la filosofia. Il positivismo, pensavo e penso, ha ridotto la filosofia a metodologia delle scien­ ze, il Croce a mctodologia della storia. La differenza è innegabile e ha portato come conseguenza una rivoluzione, rispetto a! positivismo, nel campo della cultura e del metodo; ma, nei confronti. della filosofia crocismo e positivismo sono i negatori della filosofia e dei suoi primi problemi ... In conclusione, dopo la lettura delle opere del Croce, io ero convinto : a) che lo storicismo non interpreta nè approfondisce l'idealismo trascen­ dentale e l'immanentismo; anzi che non è una filosofia idealistica in questo senso, per non dire che non è una filosofia senz'altro (ma la morte e il Mar Morto della filosofia), bensì un insieme di norme metodologiche valevoli per problemi di cultura; b) che i problemi dell'idealismo trascendentale e immanentistico, come di qualunque altra filosofia, sono di ordine metafisica, a differenza di quanto pensa il Croce; c) che il soggetto della filosofia e il suo primo problema resta la persona umana, a cui va ricondotto ogni altro problema. Al contrario il Croce nega la persona umana o almeno ha di essa un senso molto affievolito. Solo da qualche anno mi sono convinto che anche la metodologia cro­ ciana è molto discutibile. Oggi, in Italia, sono numerosi i libri, di marca cro­ ciana, di ricerca letteraria, di storia civile e di storia della filosofia. Alcuni di essi, o monografie o lavori d'insieme, sono certo raccomandabili per il rigore del metodo e per gli indiscutibili contributi arrecati. Però si nota subito, in quasi tutti, un'unHormità esasperante : potrebbero essere (mi riferisco a quelli che trattano apertamente di storia della filosofia), per la massima parte, di uno stesso autore. Sono quasi anonimi, impersonali. L'argomento non è stu­ diato perchè all'autore interessi studiarlo, perchè gli chiarisca i suoi spiritua­ li problemi, ma come puro argomento di studio, di cultura. Vi manca qua­ lunque partecipazione. Lo stesso autore potrebbe benissimo trattare indifferentemente. di Pa­ sca! o di Spencer, di Sant'Agostino o di Marx. Il suo interesse non è filosofico, ma culturale, non di ricerca che urge dentro e che s'indirizza verso un autore

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    perchè portata dal bisogno di incontrarsi con lu_i. ma di pura curiosità storica, quasi esercizio di applicazione di un �e �odo. D1 . un metodo, se è così, come è così, che tradisce il vero scopo per cu1 SI fa stona della filosofia, � a qual� è s � ricerca storica e filologica, ma è anche filosofia, non nel senso d1 camb1are 1 connotati dell'autore studiato per appiccicarvi la maschera dei propri problemi, ma nell'altro di partecipare ai problemi dell'autore ricercato. Ricercato ap­ punto, perchè esigenze spirituali e problemi nostri personali ci hanno spinto a cercarlo, a studiarlo, a scegliere lui piuttosto che un altro. Come la filosofia non può identificarsi con la cultura, perchè sarebbe la morte della filosofia, cosi la storia della filosofia non può identificarsi con la storia della cultura, se è vero che l'amore personalissimo e impegnativo di tutto lo spirito per la ve­ rità è cosa molto diversa dalla concupiscenza anonima della curiosità culturale, dei fatti da intendere puramente e puramente cono�cere, di un metodo, ancora, che ha finito per svirilizzare non solo la filosofia, ma la cultura in generale, per spersonalizzare e disumanizzare lo studio e la ricerca. È questa una ricerca ineluttabile, fatale, e non perciò meno condannabile, dello storicismo crociano, il quale manca di un vero interesse filosofico, è sordo alla filosofia. Alla base di ciò .c'è uno scetticismo radicale, che consente l'indifferenza (la non-parteci­ pazione e la non-comprensione di qualunque problema o sistema) verso tutte le filosofie, ciascuna verità contingente e particolare, fatto e non valore, che si coglie all'esterno e che resta all'esterno della vita spirituale. "Gusto" di certi problemi, "curiosità" per certi altri : nient'altro. Estetismo culturale e come ogni estetismo, superficialità (tutto resta alla superficie della coscienza, perchè non sale dal fondo nè dal fondo della coscienza scende) e amoralismo. Con tutti i meriti che il Croce e i crociani possono avere nei confronti della cul­ tura italiana e che sarebbe ingiusto negare, resta il fatto che il Croce e i ere> ciani hanno creato una cultura senza personalità e sono i responsabili dello scetticismo, dell'amoralismo e del dilettantismo che da alcuni anni infiacchì� scono alcune classi di "intellettuali" italiani » (p. 1 6-20). u Allo studio delle opere del Croce seguì quello delle opere del Gentile. L'impressione fu del tutto diversa e quasi opposta. Notai subito che in Gen­ tile manca quella ricchezza di problemi culturali, di questioni particolari, prc> pria del Croce; che il Gentile, come scrittore non è certo paragonabile al Crc> ce; ma avvertii anche che il Gentile ha la stoffa del filosofo, la tempra del metafisico. I suoi problemi sono veramente quelli propri della filosofia; il suo è un sistema compatto, una visione della vita, davvero una ricerca della verità. Nel Gentile, io, come ho detto, orientato verso l'idealismo, trovai il sistema idealistico più conseguente e pii1 soddisfacente. Il Sommario di pedagogia, la Teoria generale dello spirito come atto puro, il Sistema di logica, i Discorsi di religione furono per alcuni anni della mia vita giovanile non solo libri di fre· quente lettura e di assidua meditazione, ma la mia filosofia, la mia adesione al sistema dell'immanenza assoluta. Il Gentile, dicevo allora, è il "Fichte espii· cito attrav.erso lo Hegel", e perciò è la consapevolezza piena dell'idealismo a se stesso. Nel Gentile mi colpi ancora la ricchezza di umanità : il senso sem· pre vivo e presente della drammaticità interiore, essenziale del pensiero; la centralità del problema della persona; l'acuta sensibilità del problema morale; l'affiato di religiosità che anima il suo immanentismo; un romanticismo non decadente; un umanesimo concreto; una concezione quasi eroica della vita, tanto diversa da quella dello storicismo borghese del Croce. Salvo dissensi su

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    problemi particolari e su questioni marginali, io ero allora un "gentiliano"... scolaro dell'Aliotta D (p. 20-2 1). Incertezze teoriche e influenza della Neoscolastica, di Dostoievski e di Pirandello. Finiti gli studi universitari, iniziò una lettura sistematica di -

    classici di filosofia da Platone a Kant. Frutto di questo approfondimento sono i due volumi col titolo di Studi sulla filosofia antica e Studi sulla filosofia me­ dioevale pubblicati nel 1 935. A questo punto a l'attualismo non era più per me la filosofia, ma una filosofia e non una fede filosofica D (p. 25). Cade pure in questo tempo l'incontro con la filosofia Neoscolastica e la lettura di Do­ stoievski e di Pirandello. a Liberatomi da ogni partito preso e dalla passionalità, mi volli infor­ mare dell'attività speculativa della Neoscolastica di Milano. Sfogliai (lessi con attenzione quasi tutti gli studi teoretici e le discussioni) le var� annate della Rivista di filosofia neoscolastica, oltre a opere dei suoi maggiori collaboratori. Le critiche rivolte all'idealismo fecero su di me un certo eJietto e servirono non poco a scuotere la mia "fede" idealistica e immanentistica » (p. 25-26). Altrove cosi descrive l'influenza degli "studiosi seri" della Neoscolastica: a Essi hanno agito soprattutto sull'animo dei giovani che, usciti dalle Universi­ tà, illusi di avere in pugno l'universo e di essere gli ideatori della realtà, han­ no sventolato per alcuni anni la bandiera della filosofia dello Spirito o dell'atto puro, predicando il Logo concreto senza Dio, nelle aule della Università e delle scuole medie. Ma quando, lontani dai maestri, nel loro studio, hanno ri­ letto quei libri senza gli occhiali degli altri e si sono trovati vis à vis con la loro coscienza e con i loro problemi, man mano che la filosofia degli altri di­ ventava filosofia propria, allora hanno cominciato a sentire un certo vuoto in quei "Verbi" senza verità e a chiedersi se fosse vero quello che dice, per esem­ pio, Benedetto Croce che "in principio non c'era nè il Verbo nè l'Atto; ma il Verbo dell'Atto e l'Atto del Verbo"; che "la vita universale è finita, il giudizio è vano (lode vana o para�iso; crudeltà vana o inferno)" o quello che scrive Giovanni Gentile che "la sola immortalità la quale si possa pensare... è la im­ mortalità dell'Io trascendentale". Si sono udit.e, accanto a queste, altre voci, le quali hanno ricordato che "in principio era il Logos e il Logos era presso Dio", e reclamato la realtà del­ l'Essere realissimo fuori del Pensiero pensante e difeso l'immortalità dell'anima individuale. E la Neoscolastica italiana ripetendoci questa ed altre verità ha sempre attirato a lei i nostri sguardi avidi di divino. Abbiamo avuto un bel beffeggiarla e scrivere contro, dandoci arie di sapienti e di saputi : essa ci è stata alle calcagna presentandoci ad ogni passo il corpo vivente della meta­ fisica dell'essere che noi credevamo per sempre tramontato. Quell'essere, che non si adegua al pensiero, ci è stato, nostro malgrado, appiccicato come un campanello alla cavezza che, ogni volta che scrivevamo Autocoscienza assoluta, suonava l'allarme; ci ricordava che vi è qualcosa che non facilmente si adatta ad essere un anello dell'ingranaggio dialettico e ci faceva per un momento im­ puntare la penna sulla carta e pensare » (p. 31-32). " Dostoievski ha avuto su di me un'influenza in profondità, ancora og­ gi operante. È stata la lettura dei suoi romanzi che mi ha imposto il problema del dol ore e del male. Egli mi ha fatto comprendere che soltanto il Cristiane­ simo può risolvere questo problema, perchè solo il Cristianesimo ha rivelato

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    TESTIMONIANZA DEI CONVERTITI

    l'essenza del dolore e il suo fondamento religioso. Dostoievski mi portò a considerare attentamente e con rispetto l a vita di Cristo. Dostoievski mi ha fatto vedere quanto ridicolo copra la minuscola testa dell'ateo. l personaggi dei suoi romanzi, dico i suoi assassini e forzati, i suoi umiliati e offesi, mi chiariro­ no come l'umiliazione, il dolore, la sofferenza, il castigo siano potenti forze di rigenerazione e di riscatto e come solo, attraverso al suo calvario, l'anima riesca a trovare la strada del bene e percorrerla. Ancora oggi l'ardente e sin­ cero suo Cristianesimo mi fa perdonare a Dostoievski (e credo anche gli altri cattolici possano essere d'accordo) la sua incomprensione del Cattolicismo. Do­ &toievski è l'umanità reietta, respinta dalla società ( non migliore ma peg­ giore, perchè ignora la scuola del dolore e del pentimento), prostrata dal pec­ cato, ma sofferente per il peccato; ed è anche l'umanità redenta dal dolore e dalla fede. Il suo mondo, sotto un certo aspetto, è il mondo del Vangelo; la folla dei suoi derelitti, la stessa folla che segui Gesù e Io amò. Al contrario, gli uomini della società o nobile o ricca sono d·ella stessa stoffa di quelli che perseguit:uono, martoriarono e uccisero Cristo, ignari che nella sofferenza e nel dolore sta il riscatto dal male e la vittoria su di esso, ignari di ciò, proprio perchè non soffrono e non sanno soffrire. Dostoievski, per primo, m'insegnò che il problema della vita dello spirito, il problema della morale nel suo com­ plesso (problema del bene e del male, del dolore e della sua giustificazione, del peccato e della liberazione, della lotta e della speranza nell'immortalità), può soltanto risolverlo il Cristianesimo. Cioè, Dostoievski, per la mia posi­ zione filosofica di allora, significò questo: il problema morale, che s'identifica con il problema dell'uomo (proprio quel problema che negli anni della mia primissima giovinezza si formuìò in una riserva nei confronti di Kant e del Fichte), non è risolto dall'idealismo trascendentale o da quello attualistico o da qualunque altra filosofia, ma dal Cristianesimo e da una filosofia cristiana. Può sembrare paradossale che, accanto alla Neoscolastica di Milano e ai romanzi di Dostoievski, abbiano contribuito a tiranni fuori dall'idealismo gli scritti di Pirandello. Quasi sempre, Pirandello esercita un'azione deprimente, specie sull'animo dei giovani, e in genere genera sfiducia e scetticismo. Su di me ebbe l'effetto opposto ... Nulla da scandalizzarsi : fossero solo questi i misteri e le contraddizioni dell'anima umana! Piran dello mi apparve (ed ancora oggi mantengo questo convincimento) la conseguenza ultima dell'idealismo, l'ideali­ smo portato all'assurdo, cioè : la filosofia della persona, dello spirito lanciato, dell'azione come conquista e slancio, si risolve nella negazione della persona e dell'azione e perciò di tutti i valori umani. Se è scetticismo quello di Piran­ dello, lo è come conclusione scettica dell'idealismo. Pirandello fu per me l'an­ ti-d'annunzio in questo senso : D'Annunzio è l'esaltatore dell'individualismo, che ha radici nell'idealismo romantico; Pirandello è lo scrittore che mette a nudo l'inconsistenza di questo individualismo, la vacuità della persona ideali­ sti·ca; n'Annunzio riveste di carne la larva dell'uomo idealistico e te lo fa sem­ brare un eroe realissimo (non è che un'allucinazione creata dalla magia dello stile); Pirandello ti libera da questa allucinazione, ti scarnifi.ca la persona idea listica e te la presenta cosi com'è : una larva, un'ombra di persona, un'alluci­ nazione. L'uomo reale, profondo, è altrove : è quello che nessuno comprende, che non sa esprimersi interamente e per quel che si esprime resta incompreso o frainteso. Perciò l'uomo permane sempre in un'affannosa ricerca di se stesso, nell'angoscia di chi cerca la propria personalità. E tragedia vi è, non perchè

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    il personaggio muoia (potrebbe anche essere l'apparenza a morire), ma per­ chè muore cercandosi senza trovarsi, perchè hai l'impressione che si cerchi ancora dopo m �rte, come un'ombra d � ani ?1a greca che vaga fuori degli inferi, perchè gh ered1 non hanno pagato 1l tnbuto al santuario. Pirandello com­ pletò !I mio at.teggiamento critico ? ei confronti dell'idealismo e mi pose pe­ _ rentonamente Il problema: dove rzporre la conszstenza della persona? Qual è questa consistenza? " (p. 26-28). Verso lo spiritualismo cristiano e conversione al cattolicesimo. - a Posi­ zione, dunque, la mia d'incertezza e d'inquietudine. L'insoddisfazione dell'idea­ lismo non era bastevole ancora per tirarmi fuori di esso e l'attrattiva verso una filosofia cristiano-cattolica non era cosi decisa e convinta da tirarmi dentro. Intanto seguivo con simpatia l'evoluzione del pensiero degli illustri amici, A. Carlini ed A. Guzzo e i loro libri studiavo con amore e con profitto. Mi valse­ ro a meglio penetrare l'idealismo neohegeliano e a meglio orientarmi verso la porta di uscita. Fu in quel tempo che tornai allo studio della filosofia dell'Aliot­ ta e la consuetudine, a Napoli, col Maestro mi favori un maggior approfondi­ mento di essa. Cosi io fui scolaro dell'Aliotta più ora che al tempo degli anni universitari. Pure in quell'epoca mi accostai al Bionde! e meditai a lungo sulla sua speculazione. Con gli anni, l'influsso del maestro di Aix si è fatto sempre più preciso e profondo. Seguivo con attenzione e diligenza il movimento filo­ sofico europeo ed extraeuropeo. Dalla critica dell'idealismo, dal ripensamento personale del relativismo dell'Aliotta (memorabili per me le discussioni a casa sua, qualche volta con l'intervento dei carissimi amici Carbonara e Lazzarini, al quale mi legano anche incontri di pensiero) e dagli influssi vari da più parti ricevuti nacquero le Linee di uno spiritualiJmo critico, pubblicate nel maggio del 1936 (Roma, Perella), primo acerbo abbozzo di un sistema. Oggi poche tesi sostenute in quel libro sono da me ancora accettate, ma le Linee segnano, nell'itinerario della mia mente, il primo tentativo sistematico di far valere, dentro l'idealismo stesso e attraverso l'integrazione metafisica del relativismo aliottiano, le esigenze di una filosofia cristiana, la necessità di fondare solidamente il problema morale. Ciò significò il riconoscimento dei diritti della trascendenza deistica. In quel libro la mia formazione idealistica trapela a ogni riga, ma a ogni pagina si vede lo sforzo, mai riuscito, di uscir fuori dell'idealismo e in maniera da giustificare le sue esigenze. Il lavoro riflette incertezze da una coscienza incerta " (p. 32-33). Nel 1937-38, per rispondere ad un invito di Gentile, cominciò a studiare e meditare profondamente e ampiamente Rosmini, dando poi alle stampe il saggio che guadagnò tante adesioni, La filosofia morale di A ntonio Rosmini. Poco dopo riprende lo studio di Platone e pubblica il volume La metafisica

    platonica : Il problema cosmologico.

    a Con le due opere su Platone e Rosmini io ero già un pensatore cattolico. Anche come uomo, dopo circa diciotto anni, tornai alla Chiesa Cattolica. Debbo principalmente a Rosmini la mia conversione intellettuale; alla grazia di Dio quella del cuore. La mia riconoscenza va anche a Monsignor F. Olgiati, che conobbi in un Congresso di filosofia nel 1936 e che mi è stato sempre prodigo di consigli affettuosi e paterni, che mai mi scoraggiò nel periodo delle mie incer­ tezze, che, anzi, con lettere frequenti, mi confrtò e mi fece sembrare, più vicino di quanto non fosse, il momento della soluzione. Conforti e lumi debbo pure

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    TESTIMONIANZA DEI

    CONVERTITI

    a P. Bozzetti, Generale dei Rosminiani, al quale mi legano sentimenti di profon­ da stima, di riconoscenza e di affetto e, certo non ultimo, l'amore, da me condi­ viso, che egli nutre per il nostro Rosmini » (p. 37). Critica dell'attualismo. " Da quanto ho riferito appare evidente che il punto cruciale dell'itinemrio della mia 111; ente è segnat� dal passag?io _ dall'attua: lismo a una mia filosofia cristiana. Ho g1à accennato s1a alle medttazwm_ e agli studi che hanno preparato e determinato questo passaggio, sia ai motivi intrin­ seci all'idealismo stesso, che mi mossero a uscirne. Tuttavia, credo che possa avere un certo interesse iiiustrare meglio questo punto. Come il lettore ha potuto notare, la mia è ricerca della Verità : non della verità che diviene (e che è solo tale di nome), ma della Verità che è, eterna, immutabile; non della verità che nasce dalla contingenza ed è contingen­ za essa stessa (come la pseudo-verità dello storicismo), ma della Verità che guida il contingente, di cui è prima, indipendente e dopo, sempre; della Verità che non è creata dall'uomo, ma che l'uomo scopre. Per me, la filosofia è metafisica ed è ricerca della verità metafisica. È vero, come ho detto, che l'attualismo è una filosofia che non ha perduto il senso della metafisica, ma è anche vero che esso si risolve nella negazione della metafisica e perciò stesso della filosofia. Di ciò mi ha convinto l'identificazione che, in ultima analisi, fa il Gentile tra la filosofia e la vita. Credo che nessuno, e meno degli altri chi scrive, vorrà volontariamente rinunciare alla concretezza della filosofia, che è poi l'essenziale umanità di questa; ma credo che nessuno vorrà dissolvere il ritmo del pensiero nel ritmo della vita, cioè far scaturire la verità dalla contin­ genza della pratica, come fa certo storicismo che ha già rinunciato in partenza alla filosofia. Ora precisamente l'attualismo arriva anch'esso a questa conclusio­ ne: !ungi dal potenziare la concretezza e l'umanità della filosofia, finisce per dare all'una e all'altra un sign icato empirico e perciò stesso ancora non filoso· fico. Come ho scritto nel Secolo xx, rielaborando un motivo critico di alcuni anni prima e che contribuì a farmi uscire dall'attualismo, ad un certo punto l'idealismo gentiliano, per logica necessità del suo proclamato immanentismo, facendo nascere la verità dal tempo, perde il senso della verità come guida e genitrice del tempo. cioè dell'azione, e dissolve l'eternità e l'universalità del vero nella contingenza e particolarità del fatto. Paga il suo contributo, al pari dello storicismo del Croce e dell'attivismo contemporaneo e rischia di far disper­ dere la filosofia e con essa etica e pedagogia. Ma il motivo centrale di tutta la mia vita meditativa è stato sempre e rimane ancora oggi il problema della persona indissolubilmente unito al proble­ ma morale. Che cosa è la persona umana? Che cosa fonda la persona umana, fondamento nel quale essa consiste? Il suo fondamento è nell'essere, nell'essere da e per l'essere, cioè dalla e per la Verità, dal e per il Bene. Il suo essere è morale e la morale ha basi metafisiche. Credetti, in primo tempo, che l'attuali­ smo fondasse la persona e la morale; mi avvidi dopo, attraverso gli studi e lt meditazioni sopra ricordate che l'attualismo non "fonda" nè l'una nè l'altra, ma le "affonda" tutte due. Perchè? L'attualismo è !a filosofia dell'Io trascendentale : gli io empirici sono reali solo in quanto momenti dell'Io trascendentale, nel quale si unificano. Gli io, dunque, sono in quanto sono nell'Io trascendentale. Ma allora, come io, non son o : quando sono non sono io, ma l'unico Io trascendentale. Il Gentile -

    ' CARE:-> ; quello che ai piedi della croce confessa che u quest'uomo era veramente il Figlio di Dio n; e più tardi quel Cornelio che, u primo tra i gentili, ricevette lo Spirito Santo con la parola di Gesù Cristo ». Infine, com­ pr·endendo che non si combatte contro la misteriosa forza che s'è impadronita di lui e non lo lasderà più, finirà col cadere in ginocchio e dire u dolcemente, come un viandante molto stanco, alla fine del giorno : Mio Dio, ' io vi parlo, ascoltatemi. Abbiate pietà di me : Voi sapete che non mi hanno insegnato a pregare. Ma io vi dico, come vostro Figlio ci ha detto di dire, e come un tempo vi dissero i padri miei : Padre nostro, che sei nei cieli... ». Il viaggio del centurione Massenzio è terminato. Psichari rientra in Francia, ritorna al cattolicesimo, è accolto nel Terz'Ordine di San Domenico, e allora sembra avere solo più un pensiero : espiare l'apostasia del nonno, u ripren­ dere il calice caduto dalle sue man i infedeli » , portare a termine la Messa che Renan non ha mai finito. Ma siamo nel 1 9 14, e il 22 agosto il luogotenente Psichari cadeva davanti al nemico, e Paolo Claudel poteva far dire a uno dei bambini della sua Nuit de Noel : u Io vedo il nipote di Renan . È a terra, con le braccia in croce, con il cuore lacerato e la sua figura è come quella d'un angelo! Ha indosso il segno del gregge di San Domenico •· -

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    CAPITOLO III. - IL FASCINO DELLA CHIESA Abbiamo detto da principio che il fatto ossia la vita della Chiesa ha una parte preponderante nelle conversioni al cattolicesimo. Vogliamo ora racco­ gliere, nella l?ro parte essenzia! �· a\ �une testimonianze recenti dal�e 9-uali la cosa emerge m modo ancor pm ev1dente che nbn dalle convers10m finora esaminate. Un filosofo indiano: Chunl Mukeryi. - Sarebbe assai interessante studiare l'itinerario spirituale di un uomo di vasta cultura, come Chuni Mukeryi, che dall'induismo approda al cattolicesimo. Rompendo ogni legame con il brama­ nesimo ufficiale, egli dapprima si uni alla corrente Brahmo Somai, movimento teistico di riforma, al quale apparteneva anche il noto scrittore indiano Tagore. Per mezzo degli anglicani unitari conobbe il cristianesimo e, finalmente, come egli scrive, a il 24 aprile 1 948, nella cappella vescovile di Crisnagar, feci la mia professione di fede e promisi fedeltà al Papa e alla Chiesa ». M a noi ci limitia· mo al motivo della sua adesione al cattolicesimo. a Che cosa mi indusse du> oltre quello comune e logico, un linguaggio evocatore, allusivo, capace di esprimere la magica avventura dello spirito intento a superare i confini ristretti del mondo e crearsi nuove vite oltre lo spazio e il tempo, un'eternità che abbraccia l'infinito. « Ecco è ritrovata! Che mai? L'Eternità! E il mare mescolato al sole u (Alchimia del verbo, ivi, p. 67. Cfr. pure la celebre lirica il Battello ebbro). Arrivato a questo punto, l'uomo si è accomunato all'angelo ribelle e ne segue le sorti : ntlla sua anima si scatena l'inferno. « Ho tracannato \.In famoso sorso di veleno. Le viscere mi bruciano .. . È l'inferno, l'eterno castigo! Guardate come il fuoco riprende! Brucio davvero... Avevo intravisto la conversione al bene e alla felicità, la salvezza ... Un uomo che vuole mutilarsi è dannato, nevvero? lo mi credo nell'inferno, dunque ci sono. È l'esecuzione del catechismo. Sono schiavo del mio battesimo » (Notte del­ l'inferno, ivi, p. 35). Non solo di un inferno metaforico parla Rimbaud, ma di quello teologico ( a la teologia è una cosa seria ») in cui s'immerge lo spirito ribelle a Dio, l'anima destinata allo Sposo divino e che - vergine stolta! - si unisce allo Sposo infernale. (Cfr. Lo Sposo infernale, ivi, p. 4 3). Nessun altro dei moderni, tranne Dostojewski, ha espresso con tanta forza le pene dell'inferno che agitano il c:uore, rodono l'anima e struggono la carne dell'uomo ribelle a Dio, fino all'os;essione furiosa, fino alla pazzia. Dopo aver intravisto e provato le vertigini dell'abisso, Rimbaud si ritrae inorridito. 11 La mia salute fu in pericolo. Il terrore avanzava ... Ero maturo per il trapasso, e lungo una strada di pericoli la mia debolezza mi guidava ai confini del mondo con la Cimmeria, patria dell'ombra e dei turbini... Sul mare, che amavo come se avesse dovuto lavarmi da ogni sozzura, vedevo levarsi la croce consolatrice ... La Felicità era il mio destino, il mio rimorso, il mio verme ... La Felicità! il suo dente, dolce da morire, mi avvertiva al canto del gallo, - ad matutinum, al Christus venit nelle più oscure città n (Alchimia del ver­ bo, ivi, p. fi9). Il ribelle in cerca di eternità non poteva strapparsi il sigillo battesimale e restare sordo Jel tutto alle sollecitazioni della grazia. Quando sentiva urgere dal fondo l'onda del sangue pagano esclamava : 11 Perchè Cristo non mi aiuta dando all'anima mia nobiltà e libertà? Ahimè, il Vangelo è passato! il Vangelo! il Vangelo ... Aspetto Dio con ingordigia. Ah! sono talmente abbandonato che offro a non so quale divina immagine slanci ve:s? la perfezione... De profundis, Domine, sono una bestiai n (Cattivo sangue, rv1, pp. 1 9 e 23). E quando viene l'ora della grazia : • Bisogna sottomettersi al battesimo, ·

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    estirsi, lavorare... M'è arrivato al cuore il colpo della grazia. Ah non I'avev� revisto. Presto! Vi sono altre vite? ... Solo l'amor divino concede le chiavi che la natura è soltanto uno spetta. Ecco, dice Gide, bisogna fare getto anche dell'anima, della personalità costruita dalle tradizioni, dalle idee acqui­ site, dalle abitudini : tutte cose che perdono l'uomo, lo fissano, lo mortificano. Bisogna vendere tutto quello che si ha e andare... Dietro a Cristo? Non fa bisogno. Dio lo si porta con sè e lo si trova dappertutto. a Io parto in viaggio. Dove? non so... Ma, caro mio, comprendi come se io sapessi dove vado e a che fare, non uscirei dalla mia pena. Io parto semplicemente per partire; la stessa sorpresa è il mio scopo : l'imprevisto, comprendi, l'imprevisto » (Paludi). Nei Nutrimenti terrestri ( 1 897) Gide scrive il libro delle sue confessioni e il vangelo dell'uomo fatto natura, il quale trova Dio in ogni cosa che piace. Al giovane Natanaele (in quo non est dol11s) si pone a fianco il saggio Me nalca e cosi, alla buona, lo conduce per i sentieri della vita. • Natanaele, io t'insegnerò che tutte le cose sono divinamente naturali. Non sperare, Natanaele, di trovare Dio altrove che dappertutto. Dio è quel che ti sta dinnanzi... Agi­ sci senza giudicare se l'azione è buona o cattiva... ama senza curare se si tratta

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    essere sia! Ecco l'unica norma dell'uo· di b en e o di male ... Tutto ciò che deve ». tale veramente essere vuole m0 che E ai precetti, il saggio che ha sperimentato la vita aggiunge l'esempio, er la nciare avidamente il giovane nella sua stessa strada, dove si trova l'eb­ a e la mistica della vita intensamente goduta. « Ho portato arditamente brezz la mia mano su ogni cosa e ho avanzato diritti su ogni oggetto dei miei desi· deri... Qua nto riso ho incontrato sulle labbra ho voluto coglierlo, quanto sanue sulle gote, quante lacrime sugli occhi ho voluto berle, mordere la polpa i frutti protesi sul mio cammino... Da quel giorno ogni istante della �- tutti ebbe per me il sapore della novità, di un dono assolutamente inef­ vita ia � Anche tu, Natanaele, ogni istante del giorno puoi possedere Dio nella fab ile. non lo si può attendere. Attendere Dio vuoi dire non capire Dio ... lità tota a su che Io si possiede già. Non distinguere Dio dalla tua gioia e poni ogni tua gioia nell'attimo D (op. c.). In questa opera è tutto Gide, quale sarà fino a 90 anni e nelle molte ope· re, la più parte a sfondo autobiografico : l'uomo sempre in cammino per nuo­ ve esperienze; il « saggio n della vita senza regole, che ama porsi a modello e padre spirituale dei giovani. Sulla strada della anarchia morale Gide farà mol­ to cammino, fino a proporre come cose legittime le perversioni sessuali (L'Im­ moralista), come bella originalità l'atto immotivato, gratuito, fosse anche il de­ litto (I sotterranei del Vaticano), come norma di vita autentica il farsi ciascu· no la propria legge (I falsari). Ci fu un momento in cui Gide parve colto dal rimorso per la sua vita scan dalosa e sfiorato dalla grazia. È la crisi religiosa tra il 1916-18, registrata nel diario intimo Numquid et tu7 " O tremendo orrore, o sozzura del peccato! cenere lasciata da questa fiam ma impura, scorie. Mi puoi purificare di tutto ciò, o Signore? Non so più pregare e nemmeno ascoltare Dio!... eppure io disprezzo la mia saggezza e se mi manca la gioia ch'egli mi dà, ogni altra sfuma . ... È tempo che Tu venga. Ah! non far che il Maligno prenda il tuo po­ sto nel mio cuore! Non mi confondere con Lui! Non lo amo poi tanto, credi­ mi. Ricordati che ti ho potuto amare! D. Nel frattempo si misero intorno amici e scrittori cattolici, come F. Jam­ mes, P. Claudel, C. Du Bos, per conquistarlo al regno di Dio; ma Gide era or­ mai prevenuto dal suo stile di vita e dalle regole del suo gioco d'artista. Nel dramma blasfemo, Il ritorno del figliuol prodigo ( 1907), aveva rap· presentato se stesso nel figlio che, preso da nostalgia, torna a rivedere la casa e i parenti, ma non si trova più, tanto ci ha fatto il gusto alla strada; spia il buco attraverso la siepe ed apre la porta anche al fratello minore. Claudel pre­ gava l'amico di risparmiare almeno lo scandalo nei suoi scritti, ma Gide ri­ spondeva di non poter fare a meno d i tutto rivelare, pena di tradire la sua vocazione. Protestava di fare opera di a moralista n nel chiarificare e mettere in luce coll'arte tutto ciò che è nell'uomo, anche i fondi più torbidi e gli atti inconsulti. Ma in ogni sua opera è un sottile e radicale tradimento della mo­ rale in nome dell'arte, ritenuta il solo valore capace di orientare, sublimare, eternare l'uomo. Tale posizione assolutista ed ultraromantica dell'arte di fron­ te alla vita avrà lunga eco e conseguenze funestissime, fino ai giorni nostri. Al­ tri svolgeranno fino all'assurdo le premesse che Gide ha saputo contenere nel­ la misura d'una classica compostezza.

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    TESTIMONIANZA DELLA MODERNA LETTERATURA

    Quanto alle promesse d'una vita piena, gioiosa, autentica, ecco i risultati che la sincerità dello scrittore ha registrato : I.o L'ambiguità, vale a dire l'uomo distrutto come persona, ridotto a fascio di tendenze e di esperienze. « Non sarà facile tracciare la traiettoria del mio spirito ... Se qualcuno nel mio ultimo scritto pensa di cogliere finalmente la mia immagine, si disinganni: è sempre dal mio ultimo nato che io differi­ sco d i più n (Diario, Febbr. 1912). L'uomo disgregato sul piano morale e me­ tafisica, si discioglie anche sul piano psicologico, non si trova, non si ricono­ sce più. 2.o L'inquietudine portata dall'insoddisfazione, dal vuoto interiore. In tante belle pagine di Gide si sente questa segreta angoscia traspirare da tutti i pori (La porta stretta, Sinfonia pastorale, Diario). Confidava in ultimo : « I successi mi hanno invecchiato. I successi mi hanno intristito. Ho scritto e con­ tinuo a scrivere per spegnere questa infelicità che mi perseguita n. Cosi rife­ risce Elio D'Aurora da un incontro col vecchio Gide, presso uno scrittore sviz­ zero (estate 1 947); e continua : " Nei giorni in cui si fermò a Neuchatel scris­ se un piccolo poema : Le Cattedrali del dolore, versi stupendi che ci lesse in più sere. Non vorrei che i versi che erano una segreta confessione della ricer­ ca di Dio andassero perduti. C'era in quelle fontane meravigliose la speranza di una vila migliore, che quaggiù non aveva trovato u (su Il Nostro Tempo, 4 marzo 1951). James Joyce (1882-1941). - Cattolico irlandese, paganizzato come il D'An­ nunzio, ma segretamente tormentato come Gide dal problema religioso. Nel Ritratto del giovane artista, Joyce presenta la storia intima della cri­ si giovanile e delle lotte che lo portarono a lasciare la casa, la patria, la fede, per consacrarsi totalmente all'arte. Di buona famiglia, dalle antiche tradizioni cristiane, incomincia a sen­ tire l'insofferenza per l'ambiente angusto della casa e per le pratiche religiose. Alle scuole dei Gesuiti si accresce l'insofferenza, col risvegliarsi dello spirito critico e di torbidi istinti. Alla prima caduta in colpa grave è taie il rimorso e l'abiezione che prova, da disperar del perdono. E quando col perdono riac­ quista la pace, preso da fervore entusiasta, propone di dedicarsi per il re­ gno di Dio. Ma ben tosto riprendono il sopravvento gl'istinti ribelli e la sensibilità quasi morbosa dell'artista. Sensibilità che, maturata in coscienza, lancia il gio­ vane in una ribellione orgogliosa verso genitori, educatori e verso quella fede che gli impone un freno alla smania di libertà e di licenza. In uno degli ultimi colloqui con l'amico Cranly, Stefano Dedalus (Joy­ ce) afferma spregiudicatamente : « Ti dirò ciò che voglio fare e ciò che non vo glia fare. Io non voglio servire a ciò in cui non credo più, si chiami tal cosa la mia casa, la mia patria o la mia Chiesa; e voglio sforzarmi di esprimere me stesso in qualche maniera di vita o di arte, il più liberamente e il più completa­ mente che mi sarà possibile, usando in mia difesa le sole armi che permettono di usare, il silenzio, l'esilio e l'astuzia ... Tu mi hai fatto confessare le paure che ho. Ma io ti voglio dire anche ciò di cui non ho paura. Io non ho paura di essere solo, di essere disprezzato o di lasciare ciò che debbo lasciare. E non ho paura di commettere uno sbaglio, magari uno sbaglio grosso, uno sbaglio per tutta la vita, o fosse anche per tutta l'eternità ».

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    Ma allorchè l'amico lo tenta con interrogazioni da spregiudicato e con bestemmie, Stefano Dedalus si mostra colpito. 0 Ma perchè ne sei colpito, incalzò Cranly con lo stesso tono nella voce, se ti sen ti sicuro che la notra religione è falsa e che Gesù non è figlio di Dio? • « Non ne sono completamente sicuro, disse Stefano. Egli è più simile a un figlio di Dio, che non a un figlio di Maria ». E più avanti insinua ancora Cranly : « Allora, non intendi diventare ante? D test ro p « Ti dissi che avevo perduto la fede, ma non che avevo perduto il ri· spe tto di me stesso. Che razza di liberazione ci sarebbe nell'abbandonare una assurdità che è logica e coerente per abbracciarne una che è illogica ed in­ coeren te? » E se ne va per il mondo, per le grandi città d'Europa (a Trieste compone opere più celebri) portando nel cuore la sua mamma, che tanto aveva due le am areggiato, la sua Dublino e, in fondo all'anima, il segno della sua Chiesa. « Io ho due padroni ... due tiranni dei quali sono lo schiavo : un inglese e una italiana ,,_ " Una italiana? - chiese Haines. - Che cosa intendete dire? D a Voglio dire - rispose Stefano accalorandosi - l'Impero britannico e la Chiesa romana, cattolica ed apostolica ». Queste battute si trovano nell'Ulisse, l'opera maggiore, con la quale Joyce intese scrivere l'Odissea dei tempi moderni. Un viaggio non più per mari e per isole, ma attraverso una metropoli - Dublino - nel giro di una giornata. Tutte le attrattive curiose, le varietà, i contrasti, le brutture di una città moderna diventano per l'artista un universo da scoprire e da sperimentare. Ma soprattutto l'inconscio dell'uomo viene qui esplorato e frugato, anche nei fondi più fangosi. Non per nulla ogn i episodio s'incentra in una parte del corpo : cervello, occhi, orecchi, naso, bocca, stomaco, e via via più in basso. " Una pittura dello stato dell'uomo, senza grazia, quale avrebbero po· tuto offrirei Paolo o Agostino, se si fossero interessati d'arte letteraria • (J. Beach). Sotto il velo d'un umorismo piccante e caricaturale, è in Joyce la visio­ ne disperata di un'umanità fatalmente corrotta, meschina e stupida, che ripete sempre gli stessi gesti e non sa uscire dal cerchio stregato della sconcia banalità. N. B. Tutte le opere del D'Annunzio e di Gide sono all'Indice, e le due opere citate di Joyce sono moralmente negative, da leggersi soltanto per ragioni di studio. ·

    CAPITOLO III

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    § l. Luigi Pirandello ( 1867-1936). L'uomo chiuso in se stesso. C'è una novella, svolta poi in commedia (La giara), che ci mostra la si­ tuazione ridicola e tragica insieme dell'uomo chiuso in se stesso, quale lo ve­ de Pirandello. Zi' Dima il gobbo si è calato nella giara spaccata di Lolò Zifara, per ac­ comodarla col suo mastice di grande effetto; ma quando si tratta di uscirne ·

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    TESTIMONIANZA DELLA MODERNA J...E'ITERATURA

    fuori, non ci riesce più. Tra i due succede un litigio indiavolato, con in· tervento di testimoni e d'un legale, fino a che Lolò Zifara indignato manda la giara in pezzi. Non che Pirandello avesse proprio l'intento di fare ne La giara la carica­ tura del soggettivismo : gli è che a lui, preso nelle maglie dell'idealismo im­ manentistico e portato dal suo temperamento di artista a guardare la realtà della vita, l'uomo finiva di apparirgli così, chiuso vivo da se �tesso in un vaso di forme rigide, incapace più di uscirne se non col frantumare tutto. Le disgrazie familiari, che angustiarono Pirandello un po' tutta la vita, contribuirono a velare di pessimismo la sua visione del mondo. (Cfr. Nardel!i, Vita e croci di L. Pirandello, Mondadori, MilaM I!J44). Ma la disgrazia più grande fu la perdita della fede, che gli spense dentro e intorno ogni luce. Non fondata su salde convinzioni, la fede religiosa del giovane si sfaldò con le prime crisi e con gli attacchi della filosofia moderna. Ma anche la nuo­ va fede nell'idealismo, appresa all'università di Bonn, doveva cadere in pez. zi alle prove della vita. L'" lo trascendentale n non risolveva alcun problema vitale e si rivelava inconsistente di fronte alla realtà d'ogni giorno. L'uomo ri mane a se stesso un doloroso enigma. L'arte del Pirandello più grande, quella delle Novelle per un anno e dei drammi, prende le mosse da una rappresentazione immediata della realtà, condotta con fine umorismo, e finisce nel riso amaro e sconcertante della beffa. Nella prefazione a Sei personaggi in cerca d'autore, Pirandello si pone tra gli scrittori « di natura filosofica, o significativi, i quali, oltre al gusto de· scrittivo, sentono un più profondo bisogno spirituale, per cui non ammettono figure, vicende, personaggi che non s'imbevano, per così dire, d'un particolare senso della vita, e non acquistino con esso un valore universale. lo ho la di· sgrazia di appartenere a questi ultimi n. Disgrazia non soltanto perchè la ma serva di casa, un po' stramba - la Fantasia a ha il gusto di vestir di nero e si diverte a portargli in casa la gente più sconrenta del mondo, avvolta in casi strani da cui non trova più modo a uscire », ma perchè la sua visione del mondo è velata' di nero, tutta buia, senza luce di provvidenza nè di razional ità. Un caos il mondo, in cui gioca il destino cieco e ti combina situazioni strane, matasse ingarbugliate, con esiti sconcertanti e buffi a volte. In questo caos l'uomo ha la disgrazia di es­ servi buttato con un barlume di ragione; e al lora si domanda dei perchè, vuoi sapere, ­ me, del resto, tutti gli uomini. Sapevo che questo Dio non era lì per giudi­ carmi e condannarmi, ma per giustificare la mia esistenza, la quale non poteva e;sere che buona, ,perchè dipendeva direttamente da Lui... e capivo che la questione non �ra se io dovessi comportarmi in questo o quest'altro modo, bensl, più radicalmente, se io dovessi ritenermi incoraggiata a vivere o no. E mi parve ,ad un tratto che questo i ncoraggiamento partisse dalla figura scura dietro i ceri dell'al tare, in forma di calore improvviso che mi avvolse tu tta la persona. Si, io ero incoraggiata a vivere, sebbene nulla capissi della viu e de'l perchè si vivesse. » (p. 250). Il Dio chiamato qui in causa è solo più un pretesto, tanto pare assurdo. Poco dopo &arà « H destino » insito nella propria natura, di fronte al quale non c'è altra liberazione che abbandonarsi senza rimorsi e senza rimpianti. Una redenzione rovesciata, come quel Dio su accennato. a Cosl, dopo poche ore di angoscia, io rinunzi,ai a lottare contro quello che pareva essere il mio

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    LETI'ERATURA

    destino e anzi lo abbracciai con più amore, come si abbraccia un nemico che non si può abbattere : e mi sentii liberata n . A. Moravia continuerà su questa linea, nei successivi racconti, tesi tra la rappresentazione verista di un'umanità corrotta e l'inquisizione lucida di una coscienza che non dà tregua. Oscillazione « tra esistenzialismo e freudi· ·smo n che •spiega la condanna all'Indice di tutta l'opera, pure cosi artistica­ mente va'lida. Testimonianza di una società senza Doio e senm. redenzione, chiusa nel peccato che l'avvince come un'ossessione e la riempie, al tempo stesso, d'infinita amarezza. §

    4.

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    Franz Kafka ( 1 883-1 924). L'uomo in sospeso.

    « Io ho assunto la negatività del mio tempo, che d'altronde mi è molto vicina. Io non ho il diritto di combatterla, ma in una certa misura ho il di­ ritto di rappresentarla n. Questo scriveva nel suo Diario F. Kafka, quando già l'esperienza della vita e le esplorazioni della sua arte gli avevano fatto scontare in lucidità di coscienza l'isolamento e lo smarrimento dell'uomo, cui una fede convenzionale e una filosofia soggettivista non danno più certezze sui valori dell'esistenza, fiducia nella vita, capacità d'in tesa coi suoi simili. Il Diario, la Lettera al padre, i Colloqui con Kafl:a dell'amico G. Janouch (ed. Martello, Milano 1 953) ci danno il filo a penetrare nell'anima di questo solitario scrittore ed a scoprire il significato di un'opera in cui ogni momento ed ogni g·esto della comune esistenza assumono valore di simbolo. I dati biografici di Kafka fanno pensare al nostro Leopardi : la stessa in­ comprensione da parte della famiglia, la crisi precoce della fede, una sensi· bilità acuta in un fisico minato da malattia nervosa e finalmente dalla tisi, che lo spense a 4 1 anno. Nato a Praga da famiglia di Ebrei tedeschi, fu avviato allo studio delle leggi; fu impiegato alle Assicurazioni Generali, e visse per lo più ritirato in se stesso, dedito a pensare e a scrivere. « Io fui sempre profondamente preoccu­ pato di affermare la mia esistenza spirituale poichè tutto il resto mi era indiffe­ rente. Questa indifferenza era il solo modo d i preservarmi contro la snervante angoscia e il sentimento della colpa n (Diario). Donde questa angoscia e questo sentimento di colpa? Dallo svolgersi fino al parossismo della crisi profonda e complessa che travaglia l'uomo di oggi : crisi degli affetti, ddla fede, di tutta l'esistf'nza. Crisi degli affetti, per lo sgretolarsi della famiglia e di una società dove gli uomini non si incontrano più. Nel Castello e in vari racconti abbiamo la registrazione esatta ed esasperante di tale situazione, ma occorre rifarsi prima dalla Lettera al padre. Di fronte al ragazzo debole e schivo, la figura del genitore robusto ed autoritario, abile negli affari, pieno di fiducia in se stesso, ma di poca confidenza con i familiari si erge come una minaccia. « Seduto sulla tua poltrona tu governi il mondo... Tu possedevi per me la dote enigmatica dei tiranni che fondano il loro diritto sulla loro persona e non sulla ragione. Di­ nanzi a te avevo perduto la fiducia in me stesso e l'avevo sostituita con uno sterminato senso di colpa n. Di qui « la perpetua paura davanti a tutti... e il pensiero sempre rivolto ad una fuga il più delle volte interiore n. Onde il bisogno di ritirarsi i n se stesso, di esplorare cautamente la realtà e di cercare il proprio posto nel mondo. a l)i fatto io ero espulso d'un tratto dalla società ... c

    LA TRAGEDIA DELL'UOMO

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    . seno al mio stesso sentimento familiare mi si apriva la vista sullo spazio giada­ do, c�e _ io avrei dovuto scaldare con un fuoco che anzitutto bisognava ;� del mon u (D1a no, 1 9- 1 - 19 1 1). ssi ndt> acce La crisi della fede scavò più a fondo la solitudine nell'anima di Kafka e gli e la scintilla per accendere quel fuoco da sghiacciare un po' il mondo. anch tol se Al giovan e- pensoso il ritualismo della religione ebraica in cui veniva allevato effetto un nulla, una farsa, meno che una farsa n (Lettera al padre). Il a era in Dio del la Bibbia diveniva sempre più inaccessibile, >. ( Colloqui con Kafka,

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    94) .

    Le crisi precedenti nel loro sviluppo sfociano alla crisi più vasta e radicale dell'in tera esistenza. Non più confortato dalla comprensione dei suoi simili, non sorretto da una fede religiosa, non fondato su alcuna certezza metafisica, l'uomo si aggira solitario in questo mondo, sospeso nel vuoto, libero e prigionie­ ro, animale pensante cui non basta la terra e impotente di levarsi al di sopra. a Egli è un cittadino della terra, libero e prigioniero; giacchè legato ad una catena abbastanza lunga da permettergli di esplorare liberamente tutti gli spazi terrestri, ma non abbastanza perchè egli possa essere attirato al di là delle fron­ tiere della terra. Nello stesso tempo egli è un cittadino del cielo, libero e prigioniero, perchè ugualmente legato ad una catena celeste concepita nel mede­ simo modo. Vuole egli raggiungere la terra, è la catena celeste a trattenerlo; vuole egli raggiungere il cielo, lo trattiene quella della terra >> (Considerazioni sul peccato).

    Da questo senso tragico dell'esistenza si svolge l'arte narrativa di Kafka, dai racccnti brevi o lunghi avvolti nel velo dell'allegoria, come la Tana, la Metamorfosi, il Messaggio dell'imperatore, ai romanzi il Processo e il Castello, dove le vicende della vita esteriore vengono trasferite in una atmosfera di magi­ co realismo e diventano simbolo, cioè trascrizione della vita interiore dell'uomo. Nel Processo (ed. Frassinelli, Torino), l'impiegato Josef K. si vede citato in tribunale, dichiarato in arresto, senza sapere il perchè. Pur continuando nel suo impiego, deve recarsi periodicamente alle udienze del tribunale, subire inter­ rogatori senza fine, dichiararsi colpevole. E scopre, via via che tenta sfuggire alla morsa del processo, di trovarsi solo in un mondo dove tutti lo sospettano e lo spiano, di fronte ad un tribunale misterioso, dove non vale difesa e il giudice superiore è inaccessibile. Da ultimo gli sembra di riconoscere la sua vera colpa : la solitudine dell'uomo senza affetti e senza scopo, che ha rinunciato alla vita; ma d'altra parte non sa come uscirne fuori e finisce di morire u come un cane u . Abbiamo qui la posizione drammatica della responsabilità personale, della colpa e dell'esigenza di giustizia; ma il soggettivismo in cui l'uomo si è chiuso

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    TESTIMONIANZA DELLA MODERNA LETI'ERATURA

    impedisce di scoprire il senso stesso della colpa sulla base di una legge oggettiva, toglie ogni accesso al Giudice per tentare una gi11stificazione, implorare clemen. za, sperare in una possibile riparazione. Il Castello presenta l'uomo in cerca del suo posto nel mondo. K. arriva una sera al villaggio del Castello per assumervi l'impiego di agrimensore; ma qui nessuno lo conosce, non c'è chi voglia riceverlo perchè non si hanno ordini in merito. K. briga per sistemarsi provvisoriamente, per entrare in contat. to d'intesa coi dirigenti e coi signori del Castello. Impresa esasperante. Un'aria di mistero, una serie di vaghe promesse e di rimandi lo stringono nel labirinto d'una rete burocratica senza via di soluzione. K. cerca di tagliare corto: entrare nel castello, parlare direttamente col signore, vederci chiaro in questa faccenda. Ma il Castelio è inaccessibile agli estranei e il signore nessuno del villaggio l'ha visto mJ.i. K. morirà di esaurimento in questa ricerca e nella vana attesa. Nella tensione allucinante e nell'ironia gelida di questi racconti c'l la denuncia d'una società inumana, dominata dalla macchina burocratica, in cui il singolo è considerato pezzo d'ingranaggio, livellato e squadrato, o eliminato coi processi scientifici. u SI, l'uomo è sconsolante, perchè in mezzo al costante montare delle masse si fa di momento in momento più solitario n ( Collo­ qui, p. 101). Quest'uomo, sempre più solo, sente dentro e fuori l'assenza infinita di Uno che è stato estromesso dai cuori, senza del quale non ci può essere giustizia, non amore, non armonia nel mondo, e torna d'istinto alla ricerca. Questo senso reli­ gioso, al fondo dell'opera kafkiana, rilevava l'amico Max Brood, nel curare la pubblicazione postuma delle opere maggiori. « Si può dire che questo castello a cui K. non ottiene il diritto di accedere è esattamente quello che i teologi chiamano la grazia, il governo di Dio che regge il destino umano . .. Il Processo e il Castello rappresenterebbero le due forme della divinità : la giustizia e la grazia » (Nota finale al Castello, ed. Mon­ dadori, Milano 1943). Che tale fosse il senso della ricerca e dell'attesa, lo attesta lo stesso Kafka nei colloqui citaLi : « Mi sforzo di essere un vero aspirante alla grazia. Aspetto e sto a guardare. F�rse verrà ... forse anche no » ( ivi, p. 94). E qualche battuta appresso : u La poesia è sempre e soltanto una spedizione in cerca della verità .. È impossibile vivere senza verità n . .

    §

    5

    . A ndrè Malraux. La disperata condizione umana. .

    • La realtà assoluta è stata per voi Dio, poi l'uomo; ma l'uomo è morto dopo che è morto Dio, e voi cercate con angoscia a chi poter confidare la sua strana eredità » (La tentazione dell'Occidente, Grasset, Paris 1926). Strana profezia davvero, se pensiamo che fu scritta negli anni in cui andava bene, come si suoi dire comunemente. Eppure Malraux aveva girato abbastanza il mondo, aveva scrutato a fondo la società e il cuore dell'uomo, da poter concludere che si è arrivati ad una situazione impossibile, « ai regni metallici della assurdità •· N:ll o a Parigi nel 1 901, A. Malraux percorse il mondo dall'Occidente all'Oriente, cercò attraverso il linguaggio dell'arte l'anima delle antiche civiltà; si addentrò nei rivolgimenti sociali e politici del nostro tempo, militante egli stesso prima del comunismo, poi del gollismo. Quali le conclusioni di tanto stu· dio e di tante esperienze?

    ' LA TRAGEDIA DELL UOMO

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    L' u omo del passat viveva al cospetto terrificante ed estasiante della divi­ ità . Tut te le gr� ndi ar�i del pa�sat� sono religiose; ovu � que !:uomo si trova .n meno in una Immensità che pietrifica o esalta la sua vita effimera. 1111 Non basta ndo questo mondo a se stesso, non si è mai cessato di deformarlo, porlo secondo valori non inumani, come ha creduto la nostra medio­ co d " ri m m a sovrumani. Ovunque e sempre, se si eccettua il nostro piccolo mondo �ità rno od� , l'uom o è vissuto nel fascino del divino. L'occidentale è l'uomo tagliato poco a poco dal divino, " l'uomo ridotto all'uomo ». In Edipo che impie­ ruorilaaSfin ge è l'umanità che si erge di fronte al mistero del destino. Il genio tra gre co ha umanizzato la religione e l'arte, ha staccato l'uomo da ciò che l'oltrea (Psicologie de l'A rt, Skira, Paris 1947-48). P ass Non è venuto il Cristo a rivelare Dio, a divinizzare l'uomo? Malraux, come tutt i i moderni che vivono d'una eredità cristiana senza più la fede, vede in Cristo il Prometeo che ha rapito al cielo il fuoco divino per darlo ai mortali, l'e roe che ha rivelato all'uomo la sua dignità di persona intelligente e libera, arbitra del proprio destino, con la tendenza a diventare a Dio ». Una volta acceso nel cuore questo fuoco, non ci si ferma più. Col xVI seco­ mo esce abbagliato e ingigantito dal suo lungo commercio con Dio, ma si l'uo lo, accorge che ha fatto solo metà del cammino. Perchè mendicare dalla grazia di un altro la propria grandezza? Come le potenze astrali e cosmiche, anche il Dio personale va rigettato in nome della dignità umana. L'anima primitiva e orien tale mescolava inestricabilmente !"umano al divino; il cristiano pone Dio e l'uomo, ma il moderno vuole scegliere : Dio o l'uomo? e sceglie l'uomo. « Alla fin e del diciannovesimo secolo Nietzsche ha proclamato : Dio è morto. Ciò signi­ fica che si deve aspettare il regno dell'uomo... far risplendere la condizione dell'uomo con dei mezzi umani ». Ma che cosa si è fatto sin'ora? Alla tensione verso Dio avrebbe dovuto succedere la tensione dell'uomo verso se stesso, al proprio superamento. Al con­ trario è un appiattimento che ci tocca di constatare : una vita borghese sdraiata nella comodità e nel piacere; un'arte d'acquietamento, chiusa nella natura, non più di creazione e di conquista. La morte dell'uomo ha seguito quella di Dio. Ci occorre una fede per dare un senso e uno slancio alla vita : fede nell'uomo, nelle sue possibilità, nel suo avvenire (Conferenze dell'UNESCO : L'uomo e la Cult ura, Revue Fontaine, 1947. Riferisco il sunto di A. Blanchet su Études, VI, 1949, p. 290 seg.). Ed ecco Malraux farsi apostolo di questa nuova fede, che costituisce oggi il miraggio di molti. Ma quando l'entusiasmo dell'agitatore cede il posto alla sensibilità dell'artista, viene meno questa fede e cade ogni speranza. La condizione umana ( 1933; Bompiani 1946) è il romanzo più celebre di Malraux, che anticipa di alcuni anni i temi e le situazioni degli odierni scrit­ tori esistenzialisti. Un episodio della rivoluzione cinese in cui agiscono quali protagonisti agenti del comunismo terrorista. Nel corso della lotta bestiale, questi atei votati all'eroismo, col proposito di creare un mondo nuovo, scoprono l'assurdità della condizione umana. In un mondo angusto, dominato da una fatalità oscura, l'uomo si trova ad essere prigioniero delle sue ambizioni, a dover lottare contro i suoi simili, condannato a dare morte o a morire. u lì fondo dell'uomo è l'angoscia, la coscienza della propria fatalità da cui nascono tutte le paure, anche quella della morte », dice uno dei protagonisti. Ad acuire l'angoscia è l'esperienza della propria solitudine, in ogni situazione, ma soprattutto nel dolore e di fronte alla morte.

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    TESTIMONIANZA DELLA MODERNA LETTERATURA

    Duecento comun isti feriti sono ammassati in uno stanzone in attesa di venir giudicati e fucilati. Katow, uno dei capi, li guarda : s i assomigliano tu tt i, con gli stessi sguardi pieni di terrore e di di sperazione, tutti rattrappiti nella stessa posizione, in attesa d'un comune destino. Eppure ognuno è chiuso nel suo dolore, separato dal compagno di gomito gl i altri sara nno condannati un giorno. Anche lui sarà condannato 11 (Lo Straniero, Bompiani, 1947).

    LA TRAGEDIA DELL'COMO

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    Ecco l'uomo di Camus, straniero i n questa terra, sotto u n cielo muto di a morte. Condi· e di Helle, certo di questo solo, di essere condannato rro u . . azz a spmgere 1'l mac1gno fi no a Il d 1' un s·JSJ·ro, d estmato . que come a, Jssurd . . e Zlon . ' l ' mte· . senza v1a 1 uscita a questo g10co mumano, tranne d ' . d mon te, alla cim a del ne. ellio riore rib Nel Mito di Sisifo ( 1 942; ed. Bomp iani, 1947), Camus teorizza la sua scon· dell'esistenza, tentando rispondere al quesito fondamentale : se la s l ata visi one �ta va lrr a o no la pena d i esser vissuta. " In un mondo subitamente spogliato ��i ill usi� ne e di !� ci _ l'uo'?o _ si sente u � estraneo, e tale esilio è senz� rimedio, perch è priv ato de1 ncord1 d1 una patr1a perduta o della speranza d una terra essa n ( P· 3 0) . Prom 11 confro nto, anzi l'urto tra l'irrazionale ch'è nel mondo e il desiderio violen to di chiarezza ch ' è nell'uomo; il vedersi portati dall'effimero, mentre si ha nel cuore un bisogno prepotente di assoluto; sen tirsi lacerati dal dolore e dal la mor te, con u n a sete in estinguibile di vivere : ecco l 'assurdo dell'esistenza, la prigi one in cui si dibatte !'uomo. . . . Molti hanno tcn t:J.to l ens10ne, o col SUJCldJO o col salto nel trascenden te, che Cam us dice 11 su icidio filmofico ''· L'uomo assurdo accetta con mente lucida i propri limiti e affronta �o:aggi_osamente la _ sua condizione senza speranza. • Egli vuoi sapere se è possibile v1vere senza ncorso .. . I l corpo, la tenerezza, la crea zione, l'azione, la nobiltà umana riprendennno allora il proprio posto in questo mondo insensato. L'uomo vi troverà infine il vino dell'assurdo e il pane dell'indifferenza di cui nutrire la su a gra ndezza n ( pag. 8 1 ). Questo vino che ton i fica l'uomo è la riv o lta : coscienza dell'i numano destino, rifiuto del !:t sofferenza, della morte e quindi dell'angoscia, lotta senza quartiere contro ogni avversità. Morale di questa vita as.mrda non sarà più quella etica, fondata su una legge eterna, ma quella della condizione umana senza speranza di u n domani. 11 Ciò che importa non è vivere i l meglio, m a i l pi ù possibile. Una volta per tutte i giudizi di valore sono qui scartati in favore dci giudizi di fatto n ( pag. 8 9). I due drammi Il Malinteso e Caligola rappresentano appunto l'uomo sulla strada di una simile morale. l'via le bru t::tli esperienze della guerra vennero a dimostrare proprio ex absurdis quanto tale etica sia inumana; ed allora Camus rivide le sue posizioni. Nelle Lettere ad 1lTl amico tedesco (in Saggi, NFR, Paris 1 9 4 5) egl i levò la protesta in nome dell'uomo con tro la morale dell'azione e della conquista. " I o c.rcdevo di pensare come te e non vedevo altro argomento da apporti se non un gusto violento della giustizia . . . Ma tutto ciò è cosl grave che b isogna pure fermarsi! Io con tinuo a credere che il mondo non ha un senso superiore, e assurdo; ma pure l' uomo deve avere un senso; perchè è il solo ad esigere d i averlo . .. Egli n o n deve accrescere l'atroce miseria di questo mondo, m a deve affermare l a giustizia per lottare contro l'ingiustizia eterna, creare felicità per protesta!� contro l'un iverso dell ' i n fcl i l i tà n. A lla ba�e della posizione irraz10n�le e irrel igiosa d i Camus sta il problema del male insoluto. Egli stesso confessa di trovarsi u n po' come Agostino prima della conversione, tormentato da questo problema, senza via d'uscita. Questo lo pone con tinuamen te di fronte a Dio; ma egli non sa superare 11 il p> ( Un uo­ mo finito, p. 44, ed. Vallecchi 1 947). Ma ogni rinunzia lo porta a slanciarsi verso una più alta conquista. Do­ po un periodo di pessimismo, in cui l'intelletto maggiorenne a si buttò su que­ sta vita miserabile... a scoprirne il vuoto e il rinchiuso dolore ... il nulla masche­ rato in cento maniere » (p. 69), Gianfalco cominciò ad esaltarsi con i primi successi, all'incontro di amici che condividevano le sue stesse aspirazioni. Ab· boc cò all'idealismo e gli parve di aver scoperto per un momento il principio creativo unitario del tutto; ma volendo stringerne l'essenza, si trovò chiuso ( co· rne Pirandello) nel vortice del solipsimo, e infine, abbandonato al completo re lativismo. u Nulla è vero e tutto è permesso ». È il Crepuscolo dei filosofi ( 1906). Bisognava uscire fuori da questo giro stregato del pensiero : agire! rifare il mo ndo. Ecco Gianfalco a capo d'una nuova filosofia dell'azione, banditore di un nuovo vangelo di forza, di arditezza, di volontà; ma non limitato al meschi· no programma borghese del pragmatismo anglosassone. Si tratta di rinnovare gli uomini, a cominciare dagli Italiani, di arricchire il loro spirito per e levar· li dall infraumano in cui diguazzano, al sopraumano. Imitazione di Dio, questo il superbo programma sbandierato dal Leonardo. Uscire dalla meschina real­ tà, dai luoghi comuni, dal tragico quotidiano; rifare il mondo con la potenza dello spirito, la forza di volontà, l'evocazione creatrice della poesia. (Cfr. poe· sie e racconti straordinari di quel tempo, in Tra�ico quotidiano, 1906). Per arrivare a tanto, il profeta di questo avvenire si dà con la verga della stroncatura ad abbattere gl'idoli del secolo, a svegliare i dormienti; ma pure sente egli stesso per primo il bisogno di farsi un'anima grande, di assoluta pu­ rezza, di perfezione, onde arrivare alla u conquista della divinità n . Si butta nello studio delle religioni, esplora i segreti dei mistici, tenta la magia. Con­ clusione : la discesa dalla vetta di quello sforzo con una confusione profonda ed una disperata delusione. u Tutto è finito, tutto è perduto ... Io non sono più nulla, non conto più, non voglio niente. Sono una cosa e non un uomo. Tocca­ temi : sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui è sotterrato un uomo che non potè diventare Dio » ( Un uomo finito, p. 269). Ma in questo sepolcro fermentavano i germi di nuove battaglie. Morto il Leonardo, Gianfalco entra nella Voce la rivista fondata da G. Prezzolini per agitare problemi, allargare la cultura degli Italiani, • indicare le loro inferio­ rità per farli migliori ». Nel 1 9 1 3 fonda con A. Soffici Lacerba, rivista di avan­ guardia del futurismo e del nazionalismo. La prima grande guerra fu il campo di prova delle teorie e delle audacie. Per Papini, come per molti altri, segnò la crisi decisiva e l'incontro con Cristo ( 1 919). Sentiamo dalla sua stessa confessione come questo incontro è avvenuto. « Durante la guerra, e specialmente negli ultimi tempi, fui profonda­ mente rattristato dallo spettacolo di tante rovine e di tanti dolori. Rilessi in quegli anni molti libri di Tolstoi e di Dostojewski e da essi venni risospinto '

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    TESTIMONIANZA DELLA MODERNA LETTERATURA

    alla lettura del Vangelo, che avevo letto piì1 volte ma spesso con spmto difli. dente e ostile. E meditando sul Vangelo, e specie sul Sermone del Monte, ven. ni a pensare che l'unica salvezza per gli uomini, e una salvaguardia sicura c on. tro gli orrori presenti, non poteva essere che un mutamento radicale dell' an i me : il passaggio, cioè, dalla ferinità alla santità, dall'odio per il nemico (e per. fino per l'amico) all'amore anche per il nemico. Il Cristianesimo mi app arve dunque, in un primo tempo, come un rimedio ai mali dell'umanità ma, pro­ seguendo nelle mie solitarie e ansiose meditazioni, venni a persuadermi che il Cristo, maestro di una morale così opposta alla natura degli uomini, non pote­ va essere stato soltanto uomo ma Dio. E a questo punto intervenne, io credo, l'opera segreta ma infallibile della Grazia n (La pietra infernale, Morcellian a 1 934, p. 1 5 1 seg.). Allora, preso dall'amore di Lui, sente il bisogno di fare qualcosa perchè le sue parole di salvezza giungano a quelli che non le conoscono o non le ap­ prezzano; e scrive La Storia di Cristo ( 1921), con amore di credente e con ma­ no di artista. Colui che " ha consumato in se stesso le ambizioni di un'epoca in­ stabile e irrequieta n (L'autore a chi legge p. 32), fino a voler diventare dio, ha compreso finalmente come soltanto nel Dio che si fece uomo è possibile aver la risposta agl'interrogativi ed alle aspirazioni umane. Nel messaggio di Gesù, Papini ha colto il senso rivoluzionario e rigene­ ratore del mondo, l'imperativo a rinnovellarsi, a rovesciare mentalità, tenden­ ze, gerarchie di valori, tutto ciò che è meschino e terreno, per trascendersi ed essere « perfetti come il Padre che è nei cieli n. (Cfr. i capitoli sul discorso della Montagna). M a pure ha egli saputo scoprire l'Amore infinito che si fa misericordia per i peccatori, sdegno rovente agli ipocriti, esigenza totalitaria verso i discepoli: tutto per scuotere gli uomini ciechi e torpidi e sollevar li a quell'Assoluto cui ogni cuore aspira. Papini ha confidato che più volte, mentre scriveva questa Storia, pro­ vò la sensazione viva della presenza di Cristo in mezzo a noi, fino a voltar­ si talora di soprassalto, quasi gli stesse a fianco. E veramente ha scritto la Sto­ ria di un Vivo, di Uno eternamente presente e del quale non si può fare a meno. La preghiera finale è l'appello bruciante dell'uomo del Novecento, il quale ha bisogno di Cristo più che non mai, per non inabissarsi nell'inferno che si è scatenato dentro e fuori di lui. " M a noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d'ogni impossi­ bile. E tutto l'amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore n. L'incontro col Cristo vivente ha portato il ribelle Gianfalco nel seno della Chiesa cattolica. " Finita che fu (la Storia di Cristo) mi si presentò l'esi­ genza di appartenere alla società fondata da Cristo. E tra le Chiese innume­ revoli che si dicono sue fedeli interpreti scelsi, non senza contrasti interni e qualche ripugnanza ora superata, quella cattolica, sia perchè essa rappresenta veramente il tronco maestro dell'albero piantato da Gesù ma anche perchè, a dispetto delle debolezze e degli errori umani di tanti suoi figli, essa è quella, a parer mio, che ha offerto all'uomo le condizioni più perfette per una inte­ grale sublimazione di tutto l'esser suo e perchè in essa soltanto mi parve che fiorisse abbondante e splendente il tipo .ouo, Da MauriGc agli esistmzialisti, Vita e Pensiero 1 956 . 5· S ugli Inglesi. A. Gmor, Poeti cattolici dell'Inghilterra moderna, Veritas, Roma 1 947. A. CAsTELLI, Liriche religiose inglesi, Morcelliana, Brescia 1 948. Tor;Q.UEDEc, Chesterton, ses idées et son caractère, Beauchesne, Paris 1 929. P. RosTENNE, Graham Green témoin des temps tragiquts, Paris 1 950. A. CASTELLI, Scrittori Inglesi contemporanei di front4 al Cristirmesimo, in Humanitas, 1 952, p. 184 seg. e 307 seg. G. K. CHESTERTON , La Chiesa viva, Edizioni Pao­ line, Alba 1955. 6. Sui Tedeschi. B. Tgccm, Scrittori Tedlschi nel Novecento, Garzanti, Milano 1 944. O. NAVARRO, Kafka: la crisi della fede, Taylor, Torino 1 949· W. GRENZMANN, Dichtung und Glauhe. Probleme und Gestalt4n der deutschen Gegenwartsliteratur, Athenaeum Verlag, Bonn 1952. 1· Sui Russi. R. Pocc rou, Il fiore del verso russo, Einaudi, Torino 1949, con amp:o studio sulla poesia dell'Ottocento e i poeti del Novecento. LEQ.UlEN, Les poèt4s "!J'Sfiques de la Rér olution russe, in Etudes, 1 953, p. 243 se g. ScHULZE, Pensatori Russi di fronte a Cristo, 2 voli., Mazza, Firenze 1947-49. Su Dostojewski (oltre il citato libro di Guardini) BERDIAEV, La concezione di Dostvjewski, Einaudi, Torino 1 9 !5· G. CAMPORA, Cristo in Dostojewski in, Hu­ manitas, 1 95 1 p. 1050 seg. C. CAPPELLO, La coscienza mQTale nell'opera letteraria di DostojewJki, S. E. I., Torino 1952 .

    XXII SOMMARIO STORICO DELL 'APOLOGETICA

    L'Apologetica si è costituita in scienza autonoma solo assai tardi, sepa· randosi dalla filosofia, sulla quale si fonda e dalla teologia, alla quale intro­ duce giustificandone i fondamenti. Però fin dalle origini del cristianesimo ci . . furo no scrittori che studiarono i fondamenti della fede e d1fesero le ventà cristiane dagli assalti esterni. Essi erano apologisti e la stessa parola u apolo­ gia », o « apologetica n, già nel secondo secolo ne indicava l'opera, che mira­ va a giustificare la dottrina di Cristo e della sua Chiesa. L'apologetica del Nuovo Testamento. Possiamo dire che il primo apologista fu Gesù Cristo stesso, il quale, pur avendo il diritto d'essere creduto sulla sua parola, volle tuttavia dare dei segni che dimostravano la verità della sua missione : come « perchè supptate .. n ( Mc. 2, 10); 11 se non volete credere a me, credete alle mie opere » (Gv. IO, 38), cioè ai miei miracoli e a quanto c'è di perfettamente buono nella mia vita, e anche al modo con cui adem­ pio le profezie, come quella d'Isaia, citata come una prova ai discepoli di Giovanni Battista (Mt. I l , 4-5); (Le. 4, 17-21). Questi segni di verità assumono tutta la loro forza solo per chi ha volontà retta : " Se qualcuno vuoi fare la volontà di Dio, egli sarà... n (Gv. 7, 17), e ci devono disporre ad ascoltare gli apostoli e la Chiesa come se ascoltassimo il Maestro in persona. Gli apostoli disporranno la loro catechesi nella stessa inquadratura apo­ logetica, basando la loro predicazione di « testimoni » sui miracoli e sull'a­ dempimento delle profezie. Questo duplice tema ritorna e si associa benissi­ mo (per esempio in San Paolo) con l'utilizz:tzione dei dati essenziali della teo­ dicea, preparazione alla fede cristiana, o (i n San Giovanni) alla ripetuta af­ fermazione che u Dio è amore » allo stesso tempo che è luce. -

    .

    L'apologetica del Padri. Gli scrittori cristiani della prima generazione dopo gli Apostoli, cioè i Padri apostolici, preziosi soprattutto come testimoni della Chiesa del loro tempo. presentano già in modo interessante alcuni aspet­ ti dell'argomento profetico, pur non pensando di fare opera propriamente apo­ logetica. Gli scrittori della generazione successiva, cioè i Padri apologisti, devono il loro nome al proposito esplicito di difendere il cristianesimo rivolgendo agli imperatori, o a tutti i • Greci » ( pagani), esposizioni che confutavano le obie­ zioni e che facevano vedere i titoli di credibiiJ tà della religione cristiana. Per lo più scrivono in greco, come Aristide d'Atene, Melitone di Sardi, San Giusti­ no, che compose una duplice Apologia e il Dialogo con il giudeo Trifone, e che morì martire; il suo discepolo Taziano, che alle pagine ironiche e talvolta vio-

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    SOMMARIO STORICO DELL'APOLOGIA

    lente del Discorso ai Greci mescolò uno spirito d'invettiva estraneo agli scrittori del suo gruppo (egli fini nell'eresia); il calmo e ponderato Atenagora, . con la sua Supplica per i cristiani; Teofilo d'Antiochia, con i tre libri Ad Autolzco. Un po' più tardi sorgono gli apologisti di lingua latina, come il delicato Minucio Felice, il vigoroso ed eloquente Tertulliano, dallo spirito permeato d'una for­ mazione logica e giuridica, che, nell'A p o l oget ico, si rivolge ai persecutori con una dialettica che trascina, nel trattatello Della testimonianza dell'anima parla dell'a anima naturalmente cristiana n e, nel trattato Della prescrizione, volge contro gli eretici un argomento d i diritto. Tertulliano spira sempre un'ostilità di rigorista contro la cultura pagana e alla fine spinse l'intransigenza e l'asceti­ smo fino all'eresia. Tutti questi apologisti confutano le accuse rivolte contro i cristiani, di­ mostrano l'illogicità e l'ingiustizia della legislazione persecutoria e, nello stesso tempo, apportano anche un'argomentazione positiva, facendo valere la prova desunta dalle profezie, insistendo parimenti sulla prova desunta dai miracoli. AI­ le accuse contro le assemblee cristiane Giustino oppose, con magnifica lealtà, la descrizione esatta della liturgia, riuscendo però meno felicemente quando tenta di spiegare la sapienza antica e, non contento di sottolineare l'azione del Verbo nel mondo, vuole che i pensa tori greci abbiano cercato le loro migliori ispira­ zioni nella lettura di Mosè. L'autore anonimo d'un'elegante Lettera a Diogneto, spiegando come i cristiani sono u l'anima del mondo n, valorizza la santità della Chiesa; più tardi Sant'lreneo, vescovo di Lione, confutando i sogni degli gnostici in un grande trattato Contro le eresie, esprime in formule già definitive l'idea dell'apostolicità della Chiesa e l'importanza della tradizione. Nel terzo secolo, e fino alla pace della Chiesa, troviamo in Occidente ancora alcuni nomi di apologisti, come Sant'Ippolito di Roma col trattato Contro i Greci, disgraziatamente perduto; S. Cipriano, il poeta popolare Com­ modiano, Arnobio, che dopo la conversione scrisse Con tro le nazioni (i pagani) con più verve ironica che profondità; il suo discepolo Lattanzio che, per difen­ dere la Provvidenza, la mostra in atto in modo particolarmente impressionante, , raccontando La mm·te dei persecutori. L'attività di Clemente e Origene, i grandi creatori della scuola d'Alessan­ dria, ha un'importanza più duratura. Clemente nell'insieme della sua opera, di cui ci restano il Protrettico (Esortazione ai Greci), il Pedagogo e gli Stromati (Tappeti), tenta una nuova apologetica, profonda quanto accogliente, la quale, lanciandosi per vie inesplorate, ha solo il difetto di non prevederne tutti gli scogli, nonostante le migliori intenzioni. Lo stesso accade al suo geniale e generoso discepolo Origene, che tentò una sintesi potente, ma prematura, molto ortodossa nel desiderio, ma in realtà talvolta inquietante; uno dei suoi ultimi scritti, Contro Celso, confuta metodicamente un avversario del cristiane­ simo che si serviva della filosofia credendosi molto bene informato, apponendogli una messa a punto notevole per quel tempo. Lo stesso farà Metodio d'Olimpo contro il pagano Porfirio. Nella fiorente letteratura dei secoli IV e V, occasionata dalle grandi eresie trinitarie e cristologiche, l'apologetica occupa il suo posto, sebbene secondario. Lo storico Eusebio di Cesarea, che confutò i pagani Porfirio e Jerocle (solo lo scritto con tro il secondo è giunto fino a noi), è l'autore della Preparazione e della Dimostrazione evangelica, che continuavano con una Preparazione e una Dimostrazione ecclesiastica, oggi perdute. I discorsi contro i Greci di Sant'Ata-

    EPOCA MEDIOEVALE

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    nas io, unitamente ai Discorsi sull'Incarnazione del Verbo, confutano il pa?ane: simo e dimostrano che le profezie si sono adempiute in Cristo; Sant'Bano dt P oitiers nel trattato Sulla Trinità traccia il suo itinerario verso la verità cattoli­ ca. Il libro di Giuliano l'Apostata contro i Cristiani ispirò le confutazioni di Sa n Gregorio Nazianzeno e d'Apollinare di Laodicea; invece Macario di Magne­ sia si volge contro Porfirio e San Gregorio Nisseno scrive Contro i pagani, vale ndosi del senso comune; Firmico Materno preferisce iron izzare sui culti pagani. San Giovanni Crisostomo, non contento di confutare Giuliano, dimo­ stra contro Giudei e pagani la divinità di Gesù Cristo; Sant'Ambrogio e il poeta Prudenzio si volgono contro Simmaco, che attribuiva alla statua della Vittoria un'illusoria protezione sulla grandezza romana. Però il principe degli apologisti d' allora è Sant'Agostino, e sia che racconti la sua dolorosa esperienza personale nelle Confessioni, sia che nella Ciltà di Dio glorifichi il governo della Provvi­ denza, che dà il senso alla storia universale, porta all'apologetica un contributo che essa non dimenticherà mai più. Dopo Sant'Agostino possiamo ancora citare qualche opera di valore nei secoli V-VI I : La guarigione delle malattie pagane di Teodoreto di Ciro, i trenta libri Contro Giuliano l'Apostata di San Cirillo d'Alessandria, il trattato del Governo di Dio di Salviano di Marsiglia, e le dimostrazioni dirette contro i Giudei di Sant'Isidoro di Siviglia e di Giuliano di Toledo ... Occorre pure al­ meno ricordare il grande nome di S. Giovanni Damasceno che chiude questo periodo, non solo per le opere contro i musulmani, ma per l'apporto del suo trattato classico, Della fede ortodos.sa, alla teologia, che riusd a sistemare, pre· cisando cosi i limiti della teologia fondamentale. L'apologetica nel Medioevo. L'apologetica orientale, dopo San Giovanni Damasceno, non fa che continuare le polemiche contro i giudei e i musulmani, senza grandi innovazioni, fino al patriarca Giorgio Scolario (Gennadio Il, t dopo il 1472). In Occidente l'apologetica ha lo stesso obbiettivo per gran parte del Medioevo, in cui molto numerosi sono i trattati contro i giudei, da Rabano Mauro e Agobardo di Lione (sec. IX) fino alla Fortezza della fede d'Alfonso de Spin a (t dopo il 1492), passando per San Fulberto di Chartres, San Pier Damiani, Abelardo, il Venerabile Pietro di Cluny o l'autore del Pugnale della fede, il domenicano Raimondo Martino (t 1286). I convertiti non sono ultimi nel condurre la lotta per convincere gli antichi correligionari. Però con lo sviluppo della grande scolastica viene formandosi un'apologetica di tutt'altra portata. La celebre formula di Sant'Anselmo : « la fede cerca l'intelligenza n , anche se presenta la fede come già acquisita, almeno parzialmente può aprire una via all'apologetica. Infatti Sant'Anselmo resta ordinariamente sul piano della teolo· gia; però San Tommaso d'Aquino (t 1 274), il principe dei dottori, fa opera propriamente apologetica con rara eccellenza. La sua Somma contro i Gentili non soltanto intende stabilire i preamboli della fede, ma vuoi condurre i gentili alla fede cristiana. Pure apologista è il Beato Raimondo Lullo, " il procuratore degl'infedeli », anche se usa mezzi di persuasione invecchiati in una forma che non è sempre efficace come quella della Somma di San Tommaso, equilibrata e giovane come un capolavoro classico. Dopo questo vertice di oerfezione, Raimondo di Sabunde, l'autore della Teologia naturale, di cui Montaigne fece la traduzione e l'apologia, inclina -

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    (ma meno di quanto facessero cr�d�re alcune in �erpretazioni di Mo� taigne� . verso un certo razionalismo o scettiCismo, mentre 1l dotto cardmale N1cola d1 Cusa (t 1464), tende talvolta al fideismo; ambedu � però sono, d'i?�enzione: apologisti nel senso pieno drlla p arola. E tale parz1almen t� è l o . spmto degh _ _ umanisti Giovanni Pico della Mirandola (t 1494) e Mamho FIClno (t 1199), nonostante gli eccessi in cui possono essere caduti l'uno per il gusto della Cabbala giudaica, l'altro per il fervore indiscreto per Platone. Una menzione tutta particolare merita Girolamo Savonarola {t 1 498) per il su� Trionfo della Croce, insigne opera apologetica che fa perno su questo motivo : • La fede cristiana è vera, perchè è causa di una vita perfetta » . Nei secoli XVI e XVU. La Riforma, ponendo in discussione non solo alcuni dommi particolari, ma perfino i fondamenti della fede, poichè preten­ deva modificare i concetti tradizionali della Scrittura, della Tradizione e della Chiesa, doveva necessariamente provocare un nuovo sviluppo della teologia fondamentale e per conseguenza dell'apologetica. L'apologetica si varrà delle opere di controversia, come quelle di San Roberto Bellarmino, di San Francesco di Sales con i suoi manifesti per la conversione degli eretici del Chiablese, dei Cardinale Du Perron; si varrà pure delle opere che rettificano gli errori storici commessi dai " Centuriatori di Magdeburgo n, nel modo già cominciato dall'insigne catechista San Pier Canisio e compiuto magistralmente dal Cardinal Baronio negli Annali; infine trarrà giovamento dalla costituzione d'un trattato sui " luoghi teologici », dove riusci classicamente Melchior Cano, seguendo i saggi dei precorritori Giovanni Cocleo e Giovanni Eck, an corchè ciascuna delle loro meritevoli opere sembri apparte­ nere a un campo diverso da quello in cui più tardi si stabilirà l'apologetica pro­ priamente detta. D'altronde i protestanti non erano indifferenti alla difesa della fede cristiana e molti d i essi apportarono :1rgomenti di valore contro gli scettici o i libertini; cosi in Fra ncia Du Pless is-Mornay, Mosè Amyraut, Giacomo Abbadie, Jsacco Jaquelot; in Olanda il celebre giurista Ugo Grozio (t 1 645) che scrisse in versi fiamminghi Della verità della religione cristiana; in Germania il grande filosofo Leibniz (t 1 7 1 6), che fu in corrispondenza con Bossuet e scrisse il Discorso sulla conforll!ilà della fede e della ragione; in Inghilterra dove, per valorizzare il carattere « ragionevole » della fede, s'accordano uomini di Chiesa come Samuele Clarke (t l 729) con laici variamente illustri, come Roberto Boyle (t 1 691), Newton (t 1727), Addison (t 1 7 1 9) e anche il filo­ sofo sensista Giovanni Locke (t 1 704). Costoro sono fin troppo inclini in tal senso e le loro apologetiche sono insufficienti appunto perchè hanno conservato tale razionalismo da compromettere spesso il carattere soprannaturale della religione rivelata. Però, sotto altri aspetti, presentano più d'un lato utile e non hanno perduto in teresse con il tempo. I cattolici francesi del se..:olo XVII fecero opera molto più solida. Il P. Grasse, l'avversario truculento della scettica �ugesse di Pietro Charron, è troppo privo di misura per essere pienamente convincente; Cartesio poi, anche se nelle Meditazioni in tese combattere i libertini, contribui a diffondere un razion.1lismo che per suo conto voleva cristiano. Invece gli oratoriani ì'l'li· chele Mauduit e Francesco Lamy scrissero buoni trattati apologetici; il capi· -

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    tolo di La Buyère contro gli Esprits forts ha tratti eccellenti; Bossuet nella sua filosofia della storia ritrova la grandezza di Sant'Agostino e il vescovo d'A· vranches, Daniele Huet, ci dà una Dimostrazione evangelica la quale, accanto a osservazioni evidentemente caduche, ha alcune parti che non sono ancora in­ vecchiate. Soprattutto il grande secolo diede all'apologetica cristiana uno dei suoi giganti nella persona di Pasca!, il cui monumento incompiuto dei Pensie ri offrirà agli apologisti ancora per molto tempo un alimento sostanziale e susci­ terà fruttuose discussioni. In Italia il metodo tradizionale fu usato con rara perizia da P. Segneri ne L'incredulo senza scusa ( 1 690). Per aderire alla religione cattolica è ne­ cessario un giudizio saldo della credibilità della medesima. Il potere provare questa credibilità toglie ogni scusa all'incredulo, il quale perciò non è solo in­ fedele ma anche irragionevole. I motivi di credibilità sono i miracoli, e spe­ cialmente il miracolo della conversione del mondo al cristianesimo, la pro­ fezia, il martirio cristiano, l'unità e la santità della Chiesa cattolica. Nel secolo XVIII. - Nel secolo successivo, in cui si scatenò l'uragano del filosofismo contro la fede cristiana, continua il movimento dell'apologetica, che però non ha nè un grande nome come quello di Pasca! nè libri che abbia­ no conservato un valore vivo per noi. Tuttavia tali scritti al loro tempo ebbero una reale utilità e non lasciarono la verità senza difensori. Dalla parte prote­ stante, uomini di scienza e ben intenzionati, ma non privi di pregiudizi con­ tro il soprannaturale, cercano di presentare in modo " ragionevole n le prove della religione, come fecero in Svizzera il naturalista Carlo Bonnet, in Ger­ mania l'illustre matematico Euler, il fisiologista Haller e teologi che, come Kleuker, Less, Jerusalem, fecero pericolose concessioni sia allo pseudomisticr­ smo e sia al razionalismo; in Inghilterra Samuele Clarke e Giovanni Leland, Giuseppe Butler, W. Paley, N. Lardner... Pure dalla parte cattolica, anche se sfortunatamente il valore apologetico non era sempre pari all'altezza degli assalti da respingere, bisogna tuttavia convenire che non venne mai meno. Tra i molti si potranno ricordare alcuni scrittori non privi di merito : i gesuiti Buffier e Baltus, l'oratoriano Houtteville, il poeta Luigi Racine, oscu· rato dal nome assai più illustre di suo padre, il Cardinal di Polignac, il cui Anti-Lucrèce sarebbe più letto se non fosse in versi latini; poi nella seconda metà del secolo, il Cardinale di Luzerne e l'arcivescovo Lefranc di Pompignan, l'abate Trublet, alcuni saggi del quale valgono più del nome che gli ha fatto Voltaire, l'abate Bergier, i gesuiti Nannotte, P. X. Feller, Barruel, o l'abate Guénée, le cui Lettres de quelques ]uifs portugais costringevano lo stesso Vol­ taire ad accusare il colpo. Perfino l'influsso di G. G. Rousseau e del suo Vicaire savoyard, malgrado il deismo della troppo celebre professione dr tede di co­ stui, offerse ad alcuni apologisti argomenti che si rivolgono al a cuore "• men­ tre altri filosofi, come il ginevrino Necker, assegnano alla religione il merito dell'utilità, e Bernardino di Saint-Pierre, Lamourette e La Luzerne preludono inconsciamente all'apologetica di Chateaubriand, accentuando la a bellezza • del cristianesimo. Non inferiori agli stranieri sono gli apologisti italiani di questo secolo, tra i quali emergono A. Valsecchi (Dei fondamenti della relil{iO· ne e delle fonti dell'empietà; La religione vincitrice; La verità della Chiesa cat­ tolica romana), S. Alfonso de' Liguori ( Verità della fede fatta evidente per i contrassegni della sua credibilità; ecc.), A. Tassoni (La religione dimostrata

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    e difesa). Certamente più solida è l'opera dei teologi che, seguendo il dotto italiano Cardinal Gotti (t 1 742), costruiscono le linee essenziali dell'ormai ce­ lebre trattato " Della vera religione ,,, Nel secolo XIX. - Il primo nome che è legato all'apologetica romantica è quello di Chateaubriand, che la preannuncia in alcune pagi ne dell E�sa.i sur . . les Révolutions e la sviluppa con splendore e forza conqu1statnce nel Geme du christianisme : la magia dello stil� dapprincipio celò la debolezza dell'argo­ mentazione, ma sarebbe eccessivo pretendere che in quest'apologetica senti­ mentale tutto quanto sia inoperante, avendo almeno avuto il merito d'attirare l'attenzione e la simpatia esplicita sul problema religioso. In altra direzione, ma con eguale insufficienza nonostante le eccellenti in­ tenzioni, i tradizionalisti cercano di costruire una nuova apologetica : Giusep­ pe de Maistre esalta in modo paradossale la Provvidenza nelle Soirées de Saint­ Pétersbourg e mostra nel Du Pape un'ispirazione profondamente cattolica; Luigi de Bonald fu meno felice, nonostante l a fede sin cera, nelle ipotesi sulla rivelazione primitiva e la divina origine del linguaggio; Lamennais compro­ mise il successo ottenuto con l'Essai sur l'indifférence fondando la sua apolo­ getica sulla teoria rovinosa del « senso comune n; l'abate Boutain, autore della Philosophie du christian isme, per ordine di Roma doveva sottoscrivere alcune proposizioni che ristabilivano il diritto della ragione umana, troppo indebolita dal suo fideismo : il nobile pensatore e poeta lionese Ballanche nella Palingé­ nésie sociale voleva utopisticamente ritrovare u la religione generale del genere umano ,, , In Belgio la scuola di Lovanio, con Mons. Laforet e il Cardinale Du­ schamps, proponeva un'apologetica più saggia; Ubaghs tentava di scoprire un'apologetica combinando con il tradizionalismo le tesi prese dall'ontologi­ smo, quasi che l'intelligenza umana possa cogliere Dio direttamente e nel suo essere stesso, e indirettamente attingere in lui le cose create. Una decisione ro­ mana verrà a tagliar corto con simili imprudenze. Sul pulpito francese, dopo un buon successo, anche se un po' offuscato, di Frayssinous, doveva comparire un apologista, il Lacordaire, le cui confe­ renze a N otre-Dame di Parigi fin dal loro inizio ( 1835) assunsero un'importan­ za grandissima, tanto l'au tore aveva saputo dare all'insegnamento fondamen­ talmente tradizionale un accento attraente e prescntarlo come gli uditori si attendevano. I suoi continuatori fecero anch'essi opera d'apologisti e non solo quelli che ne indicavano apertamente l'intenzione, come il P. de Ravignan, il P. Félix e, più vicino a noi, il P. Sanson, o, sul piano della ricerca erudita e della critica delle fonti, il P. Pinard de la Boullaye, ma anche quelli che sem­ bravano aver scelto il compito del filosofo, come il P. Etourneau, del teologo, come il P. Monsabré, del moralista, come il P. J anvier; e nessuno fu evidente­ mente più preoccupato di fare dell'apologetica di Mons. D'Hulst quando com­ men tava la morale del Decalogo come filosofo dotato di rara profondità. An­ che se non tenute sul pulpito di Notre-Dame, sarebbe ingiusto dimenticare le conferenze e i Principes dell'abate Frémont. Altri buoni operai preparavano in forma dottrinale la costruzione d'idee alle quali il Concilio Vaticano stava per dare la regola definitiva. Alcuni di questi lavori anteriori al Concilio oggi sembrano vecchi, perchè il progresso provocato dalla Costituzione Dei Filius h a permesso di superarli; ma questo non toglie nulla all'utilità che ebbero al loro tempo i libri del P. Rozaven, '

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    di Augusto Nicolas (Etudes philosophiques sur le christianisme), d'Eugenio de Genoude, del P. Matignon. Scoppiata come una bomba, la Vie de ]ésus di Renan ( 1863) provocò subito più d'una risposta appropriata da parte di Ago­ stino Cochin, dell'illustre filosofo P. Gratry, del futuro Mons. Freppel. La vera risposta, quella che fa più opera di scienza positiva che di polemica, do­ veva venire più tardi con le Vite di Gesù in grande stile, che vanno dall'aba­ te Fouard ( 1 880), ai PP. de Grandmaison, Lagrange, Prat. .. e all'abate Ricciotti. Nello stesso modo si profilava il movimento nelle al tre nazioni : in Spa­ gna con Donoso Cortès e Giacomo Balmès; in Italia con Silvio Pellico, Man· zoni, uno dei massimi nostri scrittori, con il P. Ventura e il dotto Perrone; in Inghilterra con i grandi nomi di Wiseman, Newman, Manning, tutti e tre candidati alla porpora cardinalizia ( i due ultimi han segnato la loro conversio­ ne al cattolicesimo con grandi opere apologetiche); in America con Mons. Spalding ... L'attività dei cattolici in Germania ebbe risultati impareggiabili e, acca nto a un'ortodossia come quella di uno Stolberg, di un Gorres, di un Mohler, di un Denzinger e d'un Dollinger ( che più tardi abbandonerà la Chiesa, ma che aveva cominciato col servirla bene) le opere dei quali riguarda­ no l'apologetica solo indirettamente, pur essendo ad essa utilissime, vi furono uomini dotti come Giorgio Hermes e Antonio Giinther, i quali, nonostante il loro sincero attaccamento alla fede, per essersi ispirati alla filosofia di Kant e dei suoi continuatori, giunsero a interpretazioni dei rapporti tra la fede e la ragione che la Chiesa dovette condannare, in quanto impegnavano l'apolo­ getica nelle vie del razionalismo e nelle incertezze della « ragion pratica ». Naturalmente i protestanti, da parte loro, non rinunciarono alla difesa del cristianesimo. Nonostante le insufficienze della loro apologetica sul piano dottrinale, non si può misconoscere la nobiltà sul piano spirituale d'un Ales­ sandro Vinet, d'un Guizot nelle Méditations sur l'essence de la religion chré­ tienne, d'un Carlo Secrétan, d'un Ernesto Naville... per citare solo il nome di alcuni scrittori in lingua francese. La Costituzione « Dei Filius » e le sue conseguenze. L'influsso decisi­ vo che determinò il progresso dell'apologetica cattolica fu determinato dal­ la Costituzione pubblicata il 24 febbraio 1870 da Pio IX nel Concilio Vaticano e indicata con le prime parole : Dei Filius. Lungamente preparata dal lavoro d'una commissione di Padri conciliari, essa fissa la dottrina sulla cc fede catto­ lica n sulla rivelazione e le sue fonti, sui « motivi di credibilità », aggiungendo ai miracoli e alle profezie, tra le prove considerate come u segni certissimi • (anche se non necessitanti, poichè l'adesione della fede è un atto libero sotto l'azione dello Spirito Santo), il fatto stesso della Chiesa; e, censurando l'affer­ mazione che gli uomini possono essere condotti alla fede solo da u un'esperien­ za intima e personale », chiuse la porta al sogget tivismo illuminista. La Costi­ tuzione Dei Filius non è soltanto la regola dell'apologetica, perchè regola pure la teologia fondamentale, dove l'appello alla parola di Dio e al magistero della Chiesa suppone acquisita l'adesione della fede. Ma per preparare le anime di buona volontà a quest'adesione, permise l'elaborazione dei trattati propria­ mente apologetici e la formazione di una disciplina che ha un proprio valore e una propria autonomia, ponendosi tra i preamboli filosofici su Dio e sull'a­ nima e la costruzione teologica che potrà essere elevata dopo l'atto d i fede: questa scienza apologetica h a come oggetto proprio la credibilità. Resta però -

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    la possibilità di discussioni, che talora furono vivaci, sui limiti o sul metodo della disciplina cosi definita. Dopo di allora in tutti i paesi cattolici fu compiuto un lavoro attivo sul­ le basi cosi definite, e ormai diventa impossibile ricordare tutte le opere di grande importanza, sia in Germania, dopo i trattati di Hettinger, d i Sch:mz, del P. Weiss e l'apologia molto più discussa del dott. Schell, fino ai libri recen­ ti di Carlo Adam, le cui traduzioni sono state molto ben accolte dai lettori stranieri; sia in Olanda, dopo la Somma apologetica del P. de Groot, in Bel­ gio, dopo i PP. Portmans e Lahousse e, in Inghilterra, dopo il dott. Ward e il P. Vaughan ... Indichiamo le grandi linee di quello che è stato fatto in Fran­ cia e in Italia. È già un'apologetica completa la grande opera di Mons. Bougaud, Le christianisme et les temps présen ts, in cui, an che se lo stile e il tono sono invec­ chiati, l'armatura resta solida. Il motivo di credibilità, desunto dal a fatto della Chiesa "• venne valorizzato, seguendo il sulpiziano Brugère, dal canonico Di­ diot, da Mons. Bruhnes... Libri come quelli dell'abate Picard, assai apprezza­ ti da Brunetière, del P. Hugueny, dell'abate de Tourville ... non perdono nul· la della loro solidità col passare degli anni, e tutto fa credere che libri come quelli del P. Sertillanges (filosofo e apologista) saranno ancora per molto tem­ po di grande valore. Il prezioso Dictionnaire afJologétique de la Foi catholique, pubblicato su iniziativa dell'abate Jaugey, divenne più pregevole quando il P. d'Alès ne organizzò la totale rifusione, accogliendovi articoli d'importanza capitale, come la prima stesura del ]ésus-Christ del P. de Grandmaison. In Francia l'apologetica ebbe la specializzata Revue pratique d'apologétique (più tardi Revue apologétique) e bollettini speciali nelle grandi riviste di scienze religiose, cattedre magistrali fondate negli Istituti cattolici (specialmente a Parigi). I problemi di metodo e di « tecnica " sono stati oggetto di studi sem­ pre più precisi, come la Credibilité et l'apologétique del P. Gardeil, I'Object intégral de l'apologétique del P. Poulpiquet, l"lntroduction à l'étude du mer­ veilleux et du miracle del P. de Tonquédec, l a Grande route apologétique del can. Masure, diversi lavori di G. Rabeau ... Nello stesso tempo aspetti partico­ larmente interessanti della psicologia religiosa, come la Psychologie de la con­ version o il Témoignage des apostats, studiati dal P. Mainage, apportarono al­ la costruzione d'insieme complementi di grande interesse, come si può vedere leggendo ad esempio A la trace de Dieu di Giacomo Rivière. In Italia, dopo l'originale e profonda Propaedeutica del Card. Zigliara, dobbiamo ricordare : L'Ultima critica di Ausonio Franchi, penetrante ed ef­ ficace confutazione del raziona! ismo religioso ottocentesco; la solida trilogia Dio, Gesù Cristo, La Chiesa di Geremia Bonomelli; La breve apologia per i giovani stttdenti di Giuseppe Ballerini, opera organica di valore che ebbe mol­ te edizioni crescendo da uno a quattro volumi; finalmente gli studi più recenti e più aggiornati, quali Il R ivelatore di M. Cordovani, Il cristianesimo rivela zione divina di Fabio Fabbi; La vera religione di A. Beni; l'Introduzione al cristianesimo di G. Ceriani; La R ivelazione e La Chiesa del card. Giuseppe Siri. Anche i problemi di metodo furono trattati con serietà e competenza co­ me dimostra il saggio di sistemazione scientifica dell'apologetica di Giuseppe Monti, L'apologetica scien tifica della religione cattolica. Non vanno poi di­ menticati i buoni contributi apologetici dell'Enciclopedia Ecclesiastica diretta da Mons. Bernareggi e della più ampia Enciclopedia Cattolica.

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    Alcuni nuovi orientamenti. D'altronde c i sono pure stati apologisti cattolici che tentarono vie diverse da quelle dell'apologetica tradizionale e, bisogna anche ammetterlo, senza rinunciare a questa. Tali tentativi ebbero . successo ineguale; alcuni si cacciarono in vicoli ciechi e finirono perfino in errori che la Chiesa dovette comprendere nelle condanne dirette contro il modernismo; invece altri sono stati fecondi e hanno dato alla scienza dei preamboli della fede un arricchimento d'indiscusso valore. È questo, ad esempio, il caso dell'apologetica di Newman, il grande con­ vertito di Oxford, morto cardinale nel 1 1!90, che aveva compiuto il suo itine­ rario verso la Chiesa romana (e di esso lasciò un commovente racconto nel­ l'Apologia pro vita sua) approfondendo la nozione di u sviluppo »; nel 1 870 pubblicò la sua Grammatica dell'assenso, difficile ai non iniziati, che portò nel dominio comune idee come quella dell'assenso u nazionale » distinto dall'as­ senso u reale », o del senso dell'inferenza. Numerosi discorsi di Newman con un minimo di sistemazione, potrebbero costituire una u psicologia della fede • sorprendentemente acuta. Un altro inglese, un uomo di stato, il Balfour ( anglicano) nel libro sulle Basi della credenza aveva proposto un'apologetica che tentava di salvaguardare, assieme alla fede, le aspirazioni o bisogni morali dell'anima umana. La sua è una costruzione in teressante, ma insufficiente per stabilire la verità della dot­ trina. Il sistema venne presentato ai lettori francesi con una notevole prefa­ zione di Ferdinando Brunetière, che doveva giungere alla conversione • la­ sciandosi fare dalla verità », lasciando però soltanto frammenti di un'apolo­ getica che intendeva costruire partendo dall' Utilisation du positivisme e che sappiamo voleva spingere oltre questo stadio. Però gli mancò il tempo e non dobbiamo stupirei che l'edificio sia rimasto incompiuto. Altri contemporanei si sono segnalati con saggi eminentemente simpatici e con accento molto per­ sonale, come Leone Ollé-Laprune e Giorgio l'onsegrive, entrambi ortodossi; infelice invece il tentativo di Edoardo Le Roy di fondare l'atto di fede su mo­ tivi di comodità per l'azione, di u prammatismo » , secondo il termine diven­ tato di moda col filosofo americano William James. Più importante è l'opera apologetica di Maurizio Bionde!, che pubblicò la prima A ction nel 1 893 e non cessò di elaborarla per rispondere alle obie­ zioni provocate da un'opera incompiuta, essendo essa solo una parte d'un va· sto insieme. È certo che se il filosofo di Aix usa con fortuna il u metodo d'im­ manenza », valorizzando « il sentito bisogno d'un complemento », cui la nostra natura è ordinata senza poterselo dare, essendo esso trascendente e sopranna­ turale, non ha mai acconsentito alla u dottrina d'immanenza », che sacrifica la trascendenza del soprannaturale a una vaga mistica pan teista. Un altro siste­ ma dottrinale, sul quale la Chiesa ha fatto delle riserve, è quello di Bergson, interpre �ato �a al cu� i . d �scepoli, come Giacomo Chevalier, in un senso più _ hbn del grande filosofo, dalle Deux sources de la morale accettabile; gli ultimi et de la relil{ion in poi, hanno provato che tale interpretazione era proprio nella logica e nello spirito della dottrina, e l'adesione finale del suo autore al­ la verità cattolica, anche se non basta a mascherare gli errori delle sue prime opere, ha dato il più bel coronamento al suo pensiero. -

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    Le apologetiche specializzate. Infine notiamo che alcuni apologisti, anzichè riprendere l'edificio integrale dell'apologetica tradizionale, si sono ap­ plicati a eliminare le difficoltà sollevate in nome di speciali discipline, dimo­ strando come queste, se meglio studiate arrivano anzi a confermare la dottrina cattolica. Lavorarono in questo senso uomini di grande valore. Cosi, tanto per esemplificare, Giov. Battista de Rossi, Marucchi, Wilpert nel campo del­ l'archeologia cristiana; Io Schmidt e il Koppers nel campo dell'etnologia re­ ligiosa; il Lagrange sul terreno della critica biblica; e tutta una schiera di stu­ diosi sul terreno della storia comparata delle religioni. D'altronde a questi con­ tributi di specialisti l'apologetica chiede di restare perfettamente oggettivi e scrupolosamente fedeli alle esigenze dei metodi propri di ciascuna scienza, chè solo così riusciranno efficaci nella difesa della fede cristiana. R. A. -

    BIBLIOGRAFIA. - G. MoNTI, L'apologetica sci!ntifica della religioi'UI cattofica, S. E. I., 1922, pp. 2 79-345. Am O R I VARI, Apologt tica in E. I . T., III, 692-697. L. MAJSON­ NEUVE, Apclogitique in D. T. C., l, 1 533-1 580. X. M. LE BACHELET, Apologitique, in D. A. F. C., I , 1 9 1-225. G. CRibTALDI, Apologtt;'ca cristiana, Morcelliana, Brescia.

    Torino

    PARTE TERZA

    SOLUZIONI DI PARTICOLARI DIFFICOLT A

    I.

    LA

    2.

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    BIBBIA IN

    ANTICO

    3 · IL

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    4· IL

    DOMMA

    SCIENZA

    GENERALE

    TESTAMENTO TESTAMENTO CATTOLICO.

    OBIEZIONI

    CONTRO LA

    DOMMATICA

    5· SVILUPPO

    DEL DOMMA

    6. l

    CATTOLICI IN PARTICOLARE

    DOMMI

    7· LA

    MORALE CATTOLICA

    8. D IFFICOLT À TRATTE 9· S CIENZA IO.

    LE

    DALLA STORIA DELLA CHIESA

    E RELIGIONE IN GENERALE

    TEORIE

    COSMOLOGICHE

    MODERNE

    ED

    IL

    DOMMA DELLA CREAZIONE

    I I.

    LA

    ' PREISTORIA E LA NATURA DELL UOMO

    I 2. LE SCIENZE PSICOLOGICHE, STORICHE E SOCIALI

    I LA BIBBIA

    La Chiesa possiede una Bibbia, cioè una collezione di libri che essa dice segnati col sigillo divino, rr ispirati », e perciò immuni da qualsiasi errore. Fin dalla comparsa della religione cristiana, teologi e apologisti sempre reagirono vittoriosamente contro le pretese degli assalti dei nemici del cristianesimo, ba­ stando ordinariamente dimostrare l'in consistenza delle obiezioni; in certi casi fu necessario precisare il domma dell'ispirazione e specialmente determinare l'esatta estensione dell'inerranza biblica. A noi sembra che tutte le difficoltà mosse alla dottrina cattolica dei libri sacri si possano ridurre a tre principali : la prima difficoltà si oppone al loro carattere di libri saCf'i; la seconda a quella di libri ispirati; la terza a quella di libri veridici. CAPITOLO I. - OBIEZIONI DESUNTE DALLA STORIA DELLE RELIGIONI Ogni religione ebbe la pretesa di possedere i c suoi • libri sacri; perchè i libri della Bibbia dovrebbero avere maggior valore?- Si dice che la Bibbia è un libro sacro; ma molte religioni antiche hanno anch'esse libri canonici ai quali spesso rivendicarono il privilegio d'una rivelazione. Tralasciando la Cina e le religioni dell'India e della Persia antica, e senza ricordare che Hammurabi ricevette il suo codice di leggi dal dio Sole, veniamo agli Elleni, i quali cano­ nizzarono le opere di Omero e di Esiodo, e persino il Timeo di Platone, leg­ gevano collezioni di oracoli e alcuni circoli mistici si ispiravano ai libri orfici; i Romani consultavano i loro libri sibillini; i teosofi dell'Egitto ellenistico te­ nevano in gran conto gli rr hieroi logoi » della letteratura isiaca ed ermetica; i libri ermetici vantavano un'ispirazione che si avvicina in modo sorprendente alla dottrina cristiana. Un po' ovunque, insomma, si trova una letteratura ispirata o contenente la rivelazione, che sarebbe stata concessa alle religioni alla loro ori­ gine; una letteratura che conserva antiche liturgie e riflette la storia e lo svilup­ po delle sette; una letteratura che costituisce un'au torità decisiva in materia di fede e di culto. Ora tutto questo non è altro che un'ingenua idealizzazione del­ le origini, un ricordo dell'età dell'oro, cui pretendono risalire tutte le religioni; però tali credenze, come tutto il soprannaturale, hanno fatto il loro tempo.

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    Risposta. L ·1biezione perde certamente forza d i fronte all"affermazione che la nostra Bibbia nov è un libro « come gli altri ». Una buona apologia, cb.e risale ai primi apologisti fa vedere tutta la superiorità della nostra letteratura religiosa, e mentre risaliama alle origini e constatiamo che la maggior parte delle religioni non può ra�giungere altro che un mito, spesso grossolano, noi sen­ tiamo sotto i nostri piedi il solido terreno della storia. Per non arrossire della nostra morale basta confrontare le ricchezze spirituali dell'Antico e del Nuo­ vo Testamento con le povere briciole dei miti orientali e della teologia pla­ tonica, degli scritti ermetici! Però non è prudente spingere troppo oltre la den�azione delle altre re­ ligioni, che nella maggior parte sono uno sforzo . spesso commovente e rispetta­ bile, per superare il corso ordinario della vita materiale e spiritualizzare la ci­ viltà. Dobbiamo ricordare il nobile, chiaro e fondamentale principio del Pa­ dre Leonzio de Grandmaison : il cattolico « sa che questi popoli, come i cri­ stiani, hanno un'anima, con desideri e aspirazioni religiose fondate sullo stesso piano e fatte per lo stesso fine; e quindi non ci stupisce di vedere questi desi­ deri e aspirazioni tradursi in istituzioni, sentimenti e riti analoghi. Quello che egli cerca e trova realmente nei dommi, nei riti, nei sacramen ti cristiani, lo cer­ cano senza trov:ulo anche gli altri popoli con tentativi e sforzi che vogliono supplire alla grande Misericordia che non hanno ricevuto . . O piu ttosto, ag­ giunge subito il P. de Grandmaison ricordando Giustino ed Eusebio di Ce­ sarea : che non hanno ricevuto nella sua pienezza ,, (in Christus, pp. 43-44). Perchè non scorgere in certi libri sacri di altri popoli misericordie di­ vine destinate dalla Provvidenza ad avvicinare alla verità questi popoli a lon· tani n, fino al giorno in cui capiranno che le loro pretese rivelazioni, penom­ bre in confronto d i errori p iù grossolani, confrontate con la luce unica ap­ parsa in Giudea, non sono che tenebra? Questa era la coraggios?, tesi di San Giustino nel secondo secolo : " Il Logos divino, che all'origine del cristiane­ simo apparve in forma umana, sempre si manifestò nel mondo. Tra i Giudei si mostrò nelle teofanie, parlò per mezzo dei profeti e insegnò attraverso gli scrittori sacri; anche tra i pagani parlò e insegnò per mezzo dei filo1ofi. che certo lo possedettero solo parzialmente e quindi caddero in errori e sol n sten­ tatamente giunsero alla luce; però la semenza del Verbo, il Verbo �emiPale, deposto in principio in ogni intelligenza umana, era in loro, e col suo ai•Jto po­ terono scoprire le verità che proclamarono e di CJJ Ì rgli era, per t:;osì dire, il genitore » (Tixeront, Histoire des dogmes, vol. l, Paris, 192�. pp. 2�2-233). I balbettamenti non impediscono che esistano le lingue; cosi. le teofanie, le mistiche e le pseudorivelazioni di altre religioni non rendono testimonianza contro la verità dell'unica vera rivelazione, che Dio iniziò nel popolo eletto e condusse alla sua pienezza nel Cristo e negli apostoli. Malgrado certe analogie nella missione, il Budda può essere un semplice mortale e Gesù un Dio. L'apo­ logia si sa difendere efficacemente anche quando si vuoi fare il processo a tut­ to il soprannaturale, essendo bene inteso che la Bibbia cristiana, per i l privi­ legio dell'ispirazione, rientra nella categoria delle realtà u miracolose 11. Noi ac­ cettiamo la discussione su questa base. Ecco dunque formularsi una nuova obiezione. -

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    CAPITOLO II. - OBIEZIONI CONTRO L'ISPIRAZIONE Impossibilità di scoprire « l'ispirazione • divina nella Bibbia. Se Dio interve nne a elaborare l a Bibbia, lasciò tracce del suo passaggio? Quando a Lourdes sono guarite lesioni organiche, un certifitato medico constata l'effetto del miracolo; cosi la nostra Bibbia dovrebbe portare il suggello del divino. Invece non è cosi, perchè la Bibbia è un libro come gli altri, con tutte le tare dell'imperfezione umana, privo di segni positivi che rivelino le tracce del divino. « In un libro divino, scriveva Renan, dove tutto è vero, non può esser­ ci contraddizione di sorta, poichè due cose contraddittorie non possono essere vere insieme; ora l'attento studio, che facevo della Bibbia, mi rivelava tesori storici ed estetici, ma provava anche che questo libro, come qualsiasi altro li­ bro antico, non era esente da contraddizioni, inavvertenze ed errori; e vi trova­ vo favole, leggende, tracce di composizione completamente umana » ( in Revue des Deux Mondes, l nov. 1 882). Prima di riprendere i dettagii dell'obiezione, sottolineiamo le ultime pa­ role di Renan. Sull'esempio dei protestanti, i cattolici avevano insistito troppo esclusivamente sull'attività divina nella composizione dei libri san ti e sem­ bravano aver dimenticato che Dio parlò per mezzo degli uomini ispirati, rap­ presentandolo come chi detta a un altro i propri pensieri e le sue volontà, met­ tendo cosi in pericolo la sana intelligenza dell' ispirazione, pericolo che i Padri generalmente avevano saputo evitare. E parlando di Padri intendiamo riferir­ ci alle esegesi tanto penetranti e psicologiche d'un Origene, d'un Gerolamo, d'un Agostino, d'un Crisostomo. Questi grandi commentatori, come pure un Cornelio a Lapide e, più vicino a noi, un Cornely, non dimenticavano che la parola divina giunge a noi rivestita della parola umana e non si stupivano di trovare nella Bibbia a tracce di composizione completamente umana 11. Risposta. Ritornando all'obiezione ne esamineremo successivamente i diversi aspetti. In primo luogo ci si scandalizza che u n libro divino sia privo del suggello divino e si vorrebbe che si possa distinguere immediatamente, con note molto chiare, dai libri profani. Si ha sempre torto quando s'impone qualcosa a Dio. Ci si obietterà che i protestanti sentirono il bisogno di sviluppare e di elaborare in questo senso, la teoria delle note distintive del libro ispirato : l'autorità ( causativa o canoni­ ca, capace di infondere la fede e di guidarla), la chiarezza, l a perfezione o suf­ ficienza, l'efficacia; e che i cattolici preferirono rinnegare di fatto il domma, che ammettevano in linea di diritto. In realtà noi non abbiamo rinnegato assolutamente nulla e siamo rimasti fedeli alla nozione tradizionale dell'ispirazione, secondo la quale l'azione di­ vina s'inserisce totalmente nell'attività umana, tanto da non poter venir sco­ perta rhe nell'indirizzo generale impresso a quest'attività. L'anima non si tro­ va sulla punta d'un bisturi; cosi il carattere divino della Bibbia non viene sco­ perto dalla critica più acuta e fine, poichè Dio vuole per questo un atteggia­ mento generale, che la critica non dà affatto e che i protestanti hanno rigettato. Privatisi dell'autorità della tradizione viva, i protestanti si videro da una parte, obbligati a esagerare il carattere trascendente della Bibbia, credendo sia -

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    possibile • riconoscere il suggello letterario di Dio "• contrariamente alla Chie­ sa cattolica, che « non ha mai ammesso che il libro divino si possa distinguere dagli altri da un semplice tratto particolare » (Lagrange, in Revue Biblique. 1 896, p. 203); d'altra parte, trasformando vecchie e venerabili concezioni, i protestanti accordarono ai fedeli un fantastico dono complementare dell'ispi· razione, una specie d'ispirazione u indotta " : una testimonianza dello Spirito (Calvino) o un'intelligenza soprannaturale (Zwinglio), che verrebbe prodotta dalla lettura della Bibbia. In questo modo essi tentavano, ma del tutto invano, di sfuggire alle conseguenze ineluttabili della loro negazione del dono com­ plementare ed essenziale voluto da Dio, cioè dell'autorità vivente o magistero infallibile, che compensa le imperfezioni relative insite in questo modo di rivelazione che è l'ispirazione . Il Cardinal Newman scriveva giustamente che • in sè è irragionevole supporre che un libro tanto complesso, tanto poco unita· rio, in parte tanto oscuro, prodotto d a spiriti, tempi e luoghi tanto diversi, ab­ bia potuto esserci dato dall'alto senza la salvaguardia di qualche autorità. La sua ispirazione ne garantisce la verità, ma non l'interpretazione, che ne viene data. Come potrebbe un individuo da solo distinguere in modo soddisfacente il di· dattico dallo storico, la realtà dalla visione, l'allegorico dall'ideale, l'idiomati· co dal grammaticale, ciò che è enunciato formalmente da ciò che è detto solo di passaggio ( ob iter), ciò che obbliga temporaneamente da ciò che obbliga per sempre? Noi dobbiamo naturalmente supporre tutto questo, che fu fin troppo esattamente giustificato dai fatti degli ultimi tre secoli in tanti paesi dove ha prevalso il giudizio privato sul testo della Scrittura. Il dono dell'ispirazione ri­ chiede come complemento quello dell'infallibilità » ( in Le Correspondant, 25 maggio 1884, p. 684). Questi semplici rilievi difendono bene la Chiesa dalla calunnia di eri· gersi come giudice del verbo di Dio e di tiranneggiare le intelligenze; mentre essa, spiegando la Bibbia e salvaguardandone l'in tegrità contro gli eccessi di certa critica, svolge semplicemente il suo compito, ed hanno fatto bene il Con· cilio di Trento e quello del Vaticano a ricordare che « nelle cose della fede e dei costumi le quali servono a stabilire la dottrina cristiana, bis ogna conside­ rare come vero senso della Scrittura quello che tenne e tiene l a Chiesa, a cui spetta di giudicare del vero senso e della interpretazione delle Scritture • (Denz. 1 788). Abbiamo detto che, secondo la nozione cattolica dell'ispirazione, l'azio­ ne divina si inserisce nell'attività dello scrittore sacro al punto di non poter essere scoperta con criteri dipendenti dalla critica. Altra conseguenza di questo modo d'azione è che, eccettuato l'errore e tutto ciò che sminuirebbe l'au torità di Dio o sarebbe contrario alla sua santità, lo scrittore sacro sotto ispirazione esprime le cose divine nelle forme dell'ordinaria letteratura umana. Si svilup· pi quindi quanto si vuole questo nuovo aspetto dell'obiezione; lasciamo sco­ prire nella Bibbia quanti sbagli gramma ticali o di gusto si voglia, lasciamo scoprire le « tracce di composizione completamente umana », come sentimenti umani, confessioni d'ignoranza, forse anche esitazioni e dubbi, rimpianti e spe· ranze e ( il che colpisce maggiormente certi spiriti) idee religiose dell'Antico Testamento che non hanno ancora la perfezione e l'equilibrio cui giungerà la dottrina di Cristo; in tutto questo nulla è indegno di essere detto, cioè ispirato da Dio, purchè non sia indegno della sua approvazione o, meglio, indegno di

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    venir sanzionato dalla sua autorità. Per questo basta che l'esegeta cattolico e il fedele che studiano la Bibbia, ricordino i termini ormai classici della de­ finizione della natura dell'ispirazione, data d a Leone XIII nell'Enciclica Pro­ videntissimus Deus ( 1 8 novembre 1 893) : « Lo Spirito Santo con la sua virtù soprannaturale eccitò e mosse gli autori sacri a scrivere, li assistette nello scri­ vere per tal modo, che essi tutto quello e solo quello ch'egli voleva, rettamente concepissero col pensiero, fedelmente volessero mettere per iscritto, e acconcia­ mente esprimessero con infallibile verità; altrimenti egli stesso non sarebbe autore di tutta la Scrittura ,, (Denz. 1952). Non si tratta d'un u dettato n che renderebbe inspiegabili certe imperfezioni, ma d'una mozione esercitata sul­ l'intelligenza e sulla volontà umana, per muovere la loro attività; ed è chiaro che tale mozione non inibisce in nulla l'attività connaturale delle facoltà. An­ che se mossa da Dio, l'intelligenza avrà pensieri in parte proporzionati alla ca­ pacità e alla misura dell'uomo, e quindi imperfetti dal punto di vista della loro espressione umana e perfetti solo in quanto esprimono esattamente e con infallibile verità quello che Dio vuole sia scritto nella Sacra Scrittura, della quale in questo modo Egli è l'autore principale. L'enciclica di S. S. Pio XII Divino afflante Spiritu ( 1 943) sottolinea nuovamente e più nettamente dei documenti anteriori l'influsso del temperamento letterario dello scrittore sacro sul libro ispirato : « Partendo nelle loro disquisizioni dal principio che l'agio­ grafo nello scrivere il libro sacro è mgano ossia strumento dello Spirito Santo, ma strumento vivo e dotato di ragione, (i teologi cattolici) rettamente osserva­ no che egli sotto la mozione divina talmente fa uso delle sue proprie facoltà e potenze, che dal libro per sua opera composto, tutti possono facilmente rac­ cogliere l'indole propria di lui, come pure le sue personali fattezze e il suo carattere » (Acta Apost. Sedis, 1 943, p. 341). Partendo dal principio che un libro sacro è un miracolo e confondendo ri­ velazione e ispirazione, è possibile imporre alla Bibbia tutte le esigenze. u Un libro ispirato è un miracolo e dovrebbe presentarsi in condizioni in cui nessun libro si presenta n (Renan, l. c.). Alcuni si adombrano perchè il testo dei libri sacri è giunto a noi con altrettante, anzi con più numerose varianti di ogni al­ tro libro antico, tanto che vi si possono supporre interpolazioni, confusioni di testi, spostamenti di fogli. Che importa tutto ciò dal momento che la Bibbia, cosi com'è nelle mani della Chiesa basta a compiere il suo ufficio? D'altronde non bisogna esagerare le difficoltà del testo sacro. Ci si dice però che l'origine della Bibbia dovrebbe garantirne l'ispirazio­ ne, come credevano gli antichi, che attribuivano tutto il Pentateuco a Mosè, il Salterio a Davide, il Libro d'Isaia al grande profeta; ma tutto questo crollò quando la critica volle verificare i titoli di queste venerande tradizioni. È vero che la critica razionalista ha trasportato la questione biblica sul terreno dell'autenticità e dell'integrità dei libri; è anche vero che la nozione del­ l'ispirazione è legata a quella della profezia; Mosè e Isaia sono profeti e la loro qualità di profeti da principio legittimò i loro scritti. a Sotto l'apparenza d'una questione puramente letteraria, notava saggiamente il Vigouroux riguardo al­ l'autenticità del Pentateuco, è in gioco il principio della religione, e si tratta molto meno di sapere chi sia l'autore e quale la data di un libro, che di rovina­ re o difendere l'esistenza del soprannaturale e della rivelazione » (Les LivreJ saints et la critique rationaliste, t. 111, Parigi, 1887, p. 3).

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    Però in questa materia non possiamo imporre all'apologetica qualsiasi mandato imperativo; prudenti riserve si impongono e non invano la Chiesa distima sempre più nettamente la nozione dell'ispirazione da quella della pro­ fezi;;.. Occorre assimilar" allo spirito d1 profezia ogni dono che arricch1sce la rivelazione, anche dop" la scomparsa dei profeti israelitici propriamente det­ ti, e riconoscere « la libertà dei profeti o scrittori pubblici di cambiare qual­ cosa nei libri sacri » ( Richard Simon, Histoire critique du V. Testament, Rot­ terdam, 1 685, p. 2 1 ). CAPITOLO III . . OBIEZIONI CONTRO L'INERRANZA Come può la Bibbia essere « veridica » se contiene asserzioni anti­ scientifiche'!- Anche le concessioni però hanno un limite, poichè la Bibbia non è in teramente sul piano umano e le sue imperfezioni si arrestano sulla soglia dell'rrrore. Se Dio parla può soltanto rivelare la verità, ed eccoci subito di fronte all'autorità divina e al fenomeno dell'inerranza che, essendo suscetti­ bile di verifica, può condannare o giustificare la Bibbia. È inutile esporre este­ samente l'obiezione che anche il bambino del catechismo conosce o crede d1 comprendere, e che i suoi maestri d'incredulità espongono senza dubitarne, ri­ prendendo le calunnie di Celso o d i Porfirio, degli Averroisti, del Rinascimen­ to pagano, dei deisti e di Ren an : la Bibbia è piena di leggende, di miti e di contraddizioni, e l a Chiesa imponendo di credere a queste puerilità, si oppone al progresso scientifico. Il P. Durand individua bene le condizioni ingrate in cui si trova l'apolo­ gista dell'inerranza biblica. " A migliaia d'anni di distanza, con i nostri odier­ ni costumi, tanto diversi da quelli dell'antico Oriente, è facile suscitare il riso su cose bibliche o renderle odiose, specialmente quando si è davanti a un uditorio leggero e mediocremente istruito. Sant'Agostino segnalava già al suo tempo questo stato di cose. All'obiezione popolare contro le imprese di San­ sane, le vicende di Giona o la meravigliosa storia di Tobia, l'apologista serio e rispettoso del testo e dei suoi uditori prepara una risposta solida, ma che disgraziatamente non è alla portata d i tutti, e le sue spiegazioni sembreranno sottili, innaturali e arbitrarie, poichè non si riflette quanto siano serie le que­ stioni poste dalle difficoltà. L'esperienza prova che la critica di autori profani solleva problemi che non sono in migliori condizioni per esser e risolti. Però mentre il testo di Erodoto o di Tito Livio interessa solo un piccolo numero di persone, (precisamente quelli che sono preparati a q uesto genere di studi) e ancor minore è il numero di quelli che hanno interesse a sapere se questi scrit­ tori dissero il vero o il falso, la Bibbia è invece un libro popolare, che va per le mani di tutti, e molto spesso viene affrontata per partito preso pro o con­ tro, poichè siamo sommamer.t.e interessati a sapere se il suo testo merita cre­ dito. Il senso misterioso o apparentemente strano di certi racconti biblici, una segreta diffidenza o anche l'inclinazione all'incredulità riguardo a manifesta­ zioni del sopranna turale, l a manifesta insufficienza di più d'una soluzione cor­ rente, sono tutte circostanze che predispongono sfavorevolmente » (D. A. F. C., t. n, col. 754).

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    Risposta generale. · Prima d'impegnare u n a lotta svantaggiosa, ci sia per­ mes so, se non di porre le nostre condizioni, ahJl ,eno d1 r icordare alcune verità La veridicità che noi vogliamo rivendicare è quella della vera Bibbia, cioè del libro che è l'insieme dei libri del! Antico e del Numo Testamento, dalla Gen esi fino all'Apocalisse. Non è una q ualsiasi stona sacra nè una Bibbia del­ l'infanzia, e nemmeno un film. Non vogliamo difendere la Bibbia in quanto ha posto la creazione del mondo nell'anno 4004 prima di Cristo. Le illustra­ zio ni del Doré rappresentanti l'ingresso nell'arca o 1l miracolo di Giona per se stess e non sono un'esegesi. La nostra Bibbia è quella dei testi autentici, che si alTron tano solo dopo una certa formazione. Esente da errore è la parola di Dio contenuta nella Bibbia, non il modo d'in terpretarla e di comprenderla, e grazie al cielo non siamo noi responsabiìi di tutte le: esegesi, ben sapendo che la letteratura biblica è lontana da noi quanto basta per essere oscura e difficile all'interpre tazione. L'apologista deve riferirsi egualmente a tre principi derivanti dalla na­ tura dell'ispirazione e che l'esegeta applica continuamente. Il primo principio stabilisce che, dato il modo di comunicazione scelto liberamente da Dio, c'è di regola un'equazione tra il pensiero divino e il pensiero umano da cui quello è lim itato, sicchè possiamo formulare questa proposizione : per determinare quello che D10 c1 rivela nel suo verbo scritto bisogna prima determinare il pensiero esatto dello scrittore sacro. a Nessuno, dice l'enciclica Divino afflante spiritu, ignora che la suprema norma d'interpretare è ravvisare e stabilir!' che cosa si proponga di dire lo scrittore sacro " (1. c. pp. 341-312). Il secondo princ!pio, è frutto del buon senso ed è tradizionale : l'errore è possibile solo quando vi è un « giudizio ,, C' affermazione d'una pretesa ve­ rità. L'au tore sacro, e Dio per mezzo di lui, afferma esattamente nè più nè me­ no quello che vuole affermare. Se per esempio riporta il pensiero altrui senza volerlo approvare, non è responsabile. Sr senza preoccuparsi dell'esattezza ma­ teriale, si serve di un pas�o lrtterario per ornare, poetizzare, animare il sua racconto (come San Francesco di Sales quando riporta che « se si scrive un:>: parola sopra una mandorla che poi si rimette e si òiude perfettamente ne1 guscio, l'albero che ne nascerà produrrà frutti che porteranno incisa la stessa parola ,,) non è responsabile della verità. Le proposizioni non cambiano la loro natura per essere nella Scrittura; se un'opinione è affermata, è affermata e quindi dev'essere vera, mentre un'opinione semplicemente riportata non im­ pegna nè l'autore sacro nè Dio. u Non occorre dire, nota Durand, che un'autore intende assumersi la responsabilità d'un'asserzione soltanto dietro tutte le pre­ cisazioni date nell'insieme del suo testo » (D. A. F. C., t. n, col. 760). Se si obiet· tasse che tutto questo è teologia, e cavillo, allora chiederei se si debba rifiu­ tare alla Bibbia quello che si concede a qualsiasi autore profano. Aggiungiamo un terzo principio. La parte che noi attribuiamo all'autore sacro è retta dalla sua psicologia, e questa indubbiamente ha valore umano universale, ma dipende an che dai costumi letterari della civiltà in cui egli vi­ veva. Si usa assai largamente questo principio studiando i generi letterari ossia quelle forme di scrivere dell'antichità, specie del mondo semitico. Quindi non è possibile improvvisarsi esegeti, o ccorrendo solida prepara. zione storica e teologica; nè improvvisarsi avversari temibili della fede cristia· na; se le obiezioni di Celso o di Porfirio meritano ancora oggi di essere confu-

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    tate, al contrario quelle di Voltaire, a parte la loro empietà, meritano solo più un sorriso. Per aver spesso dimenticato i principi, la storia dell'apologetica è piena di obiezioni inefficaci e d i risposte senza mordente. I nostri tre principi ci conducono a formulare una regola aurea, e cioè che l'affermazione dello scrittore sacro, e quindi di Dio stesso, dipende prima di tutto dalla sua intenzione; regola questa che regge mille applicazioni par­ ticolari, specialmente nella letteratura epistolare, nella poesia e nella letteratu­ ra profetica, apocalittica e anche nei Vangeli. Cosi è certo che gli evangelisti, che al le ttore distratto sembravano seguire un ordine cronologico, seguirono spesso un ordine mnemotecnico, logico o psicologico, e di questo non si può incolpare l'ispirazione. Forse meglio di noi, gli antichi avevano notato questa condizione dei nostri Libri sacri, poichè, al dire di Papia, « il presbitero n, che potrebbe anche essere l'apostolo Giovanni, riferiva quanto segue: a Marco, in­ terprete di Pietro, seguendo la memoria scrisse accuratamente, ma senza cer­ care di metterle in ordine, le parole e gli atti di Cristo. In realtà Marco, cosi egli spiegava, non fu nè un uditore nè un discepolo immediato di Cristo, ma solo più tardi segui Pietro, che faceva le sue catechesi a seconda delle necessità, non pensando ancora di fare una specie di trattato delle parole di Cristo. In tal modo Marco, scrivendo secondo il filo dei suoi ricordi, non venne meno al suo scopo, unicamente preoccupato di non trascurare nulla di ciò che aveva inteso e di non allegare niente di falso D (Eusebio, Hist. eccl., m, 39). Legittime abitudini letterarie possono ingannare solo chi vuoi essere in­ gannato. Vediamo ora come la regola venne intesa e applicata durante alcune recenti controversie. Quando si Alcune applicazioni. a) La Bibbia e le scienze naturali. ebbe il risveglio dell'apologetica nell'ultimo secolo, tutti i favori andavano al concordismo, e anche se era cessata la pretesa di insegnare le scienze naturali i n nome della Bibbia, non si era ancora rinunciato ad accordarle con essa po­ sitivamente, e l'esegesi pagava a caro prezzo un'intesa sempre precaria. Intanto a poco a poco le scoperte storiche e archeologiche strappavano l'Antico Testa­ mento dall'isolamento e lo rimettevano in seno alle civiltà orientali. Lenor­ mant, nella sua celebre opera : Les origines de l'histoire d'après la Bible et les traditions des peuples orientaux, (vol. 1, p. VIII) colpi fin d a principio nel vivo : (( Dal punto di vista delle scienze fisiche (gli scrittori della Bibbia) non ebbero lumi eccezionali, ma seguirono le opinioni comuni e anche i pregiudizi del loro tempo ... Lo Spirito Santo non si preoccupò di rivelare verità scientifi­ che e neppure una storia universale D , Per ora dobbiamo lasciare d a parte l'inciso relativo alla storia, che atti­ rerà su Lenormant i rigori dell'Indice, ma in quanto alle scienze fisiche l'au­ torità della Chiesa ne approvò la saggia opinione e, superando le esagerazioni del concordismo, vi riconosceva la propria esegesi tradizionale. a Prima di tutto, dirà poco dopo Leone XIII nella Providcntissimus, devesi tenere presente che gli scrittori sacri o meglio "lo Spirito di Dio, che parlava per loro bocca non intese rivelarci l'intima costituzione della natura visibile per nulla giovante all'eterna salvezza" (S. Agost., De Gen. ad litt., II, 9, 20); per questo gli scrit­ tori sacri non intesero indagare i fenomeni naturali, ma, se talvolta ne parlano, o usano un l inguaggio figurato, oppure ricorrono al linguaggio ch'era corrente al -

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    con­ loro tempo e che ancor oggi viene usato dagli stessi scienziati nelle loro versazioni familiari. Ora poichè il linguaggio corrente esprime le cose come cadon o sotto i sensi, non diversamente si comportò lo scrittore sacro, il quale, come pure avverte S. Tommaso "si espresse secondo le apparenze sensibili" (S. th., 1, q. 70, a. l ad 3) n (Enchiridion Biblicum, Roma 1 927, n. 106). Da buon teologo, il P. Lagrange commenta : « Quando ci si attiene alle apparenze non si giudica sulla natura delle cose, e quando non si giudica non si afferma nè si nega, perchè l a verità e l'errore si trovano formalmente solo in un giu­ dizio formale n (La méthode historique, Paris 1903, p. 1 06).

    Si noti come Leone xm non abbia detto semplicemente : il linguaggio secondo le apparenze, ma u il linguaggio corrente al loro tempo " • e questo equivale alle « opinioni comuni... del loro tempo 11 di Lenormant. È quindi orm ai acquisito che la Bibbia non doveva parteggiare per questo o per quel sis tema scientifico; e questi sistemi, d'altronde, sono poi tanto importanti da meritar lo?

    b) Ispirazione o inerranza in materia storica. Alcuni buoni ingegni cre­ dettero che il principio sanzionato quanto alle scienze fisiche : a Dio rivela soltanto ciò che è utile alla salvezza n, si potesse applicare utilmente a qual­ siasi scienza e anche alla storia, e che, limitando la portata dell'ispirazione, o almeno dell'inerranza, sarebbe stato semplificato il compito dell'apologista. u Lo Spirito Santo non si preoccupò di rivelare verità scientifiche, e nem­ meno una storia universale n , aveva scritto Lenormant. Il Cardinal Newman è ancor più esplicito : u In sè sembrerebbe cosa indegna della grandezza divina, se l'Onnipotente, rivelandoci se stesso, si fosse assunto un compito puramente profano, facendo l'ufficio di semplice narratore, di storico, di geografo, oltre quanto le materie profane interessino direttamente la verità rivelata n ( in Le Correspondant, 25 maggio 1 884, p. 682). D'altronde questa grande dichiarazio­ ne non aveva molta ampiezza e sottraeva all'ispirazione solo alcune cose obiter dieta, cioè dette di passaggio. In un articolo del Correspondant sulla Question biblique Mgr d'Hulst si fece portavoce non autorizzato d'un gruppo d'esegeti più intraprendenti, che egli qualificava come appartenenti alla u scuola larga », teorici che, seconè.o lui, avrebbero distinto tra ispirazione e inerranza, non ammettendo a che l'ispira­ zione escluda sempre ogni specie di errore "· u L'errore esclude l'ispirazione in quanto potrebbe essere imputabile a Dio ispiratore, non in quanto essa reste­ rebbe propria dell'autore ispirato. Ora Dio ispiratore avrebbe certamente po­ tuto prendersi la responsabilità di tutte le enunciazioni contenute nel libro ispirato; ma potè pure limitare la sua azione ispiratrice a questi effetti : muo­ vere l'autore a scrivere, rivelargli certe verità, guidarlo e preservarlo da ogni errore in quello che interessa la fede e la morale, infine, quando Io scrittore si serve di documenti umani, intervenire e correggere le imperfezioni e anche le inesattezze solo in quanto andrebbero contro il fine dommatico e morale dell'ispirazione » ( ivi, 25 genn. 1 893, p. 232). Ma cosi era passare il segno, poichè se è vero che la tradizione pone co­ me fine dell'ispirazione le verità religiose, afferma anche con pari chiarezza che la parola divina non &i concilia con l'errore; quindi l'apologetica doveva far -

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    c) Nozioni popolari e citazioni implicite. Forse era meglio dire che Dio ispirava e garantiva tutta la Scrittura, ma che talvolta tanto in materia di storia quanto di scienze fisiche parlava secondo le apparenze, proprio come sembra suggerire anche una frase dell'enciclica Providentissimus, di cui molti esegeti, anche tra i maggiori, si servirono per spiegare apparenti inesattezze dei Libri sacri. Il P. Lagrange nel suo libro La M éthode historique scriveva : a Se gli apostoli diedero come ct mpimento di una profezia una semplice applicazione fondata sulla somiglianza dei fatti, a più forte ragione non dovevano potersi srtvire delle idee dei Giudei sulle scienze e la storia senza rettificarle? » (p. 103). Dopo san Gerolamo si citava Cornel y : a È anche necessario che l'irtterprete faccia molto attenzione al modo con cui sono riportati i fatti storici che vengo­ no riferiti dagli autai sacri. In realtà, come attesta san Gerolamo, "è uso della Scrittura che lo storico riporti l'opinione comune qual'era generalmente am­ messa al suo tempo ... Nelle Sacre Scritture si raccontano molte cose secondo l'opinione del tempo al quale si riportano i fatti, e non secondo la realtà della cosa : et non juxta quod rei veritas continebat". Quest'osservazione del santo Dottore è molto importante, volendo dirci che non dobbiamo forzare le parole della Scrittura secondo lo stato attuale delle scienze, ma spiegarle conforme al pensiero e all'intenzione degli scrittori sacri. Quante difficoltà si sarebbero evi­ tate se tutti gli interpreti avessero sempre avuto sottocchio questo monito di san Gerolamo! » (Introd. in V. T. libros, 1 , Parigi 1904, p. 604). a Questo vuoi dire, aggiunge trionfante il P. Lagrange, che essendo tali i racconti storici, compresi quelli che hanno carattere pienamente storico, non devono essere in­ tesi secondo la scienza di Dio onn isciente, ma secondo l'orizzonte dell'uomo, che è limitato, e quando lo scrittore sacro non ne sapeva più degli altri, doveva conseguentemente usare un'espressione materialmente falsa, ed era possibilis­ simo che Dio non gl'insegnasse nulla di più » (La méthode historique, p. 108). Da parte sua il P. Prat aveva creduto di poter estendere nello stesso sen­ so il principio, legittimo in se stesso e tradizionale, delle u citazioni implicite • ­ Lo storico non potrebbe riferirsi a un documento senza usare una formula di citazione esplicita, da ripetere tutte le volte che vi si riferisce? Non ha a sua disposizione altri mezzi di riferire? E quando cita in questo modo dobbiamo sempre considerarlo garante dei minimi fatti contenuti nel documento invo­ cato? ... Tali questioni sono meno proprie del teologo o dell'esegeta che del criti­ co e del filosofo, perchè riguardano le regole d'un genere letterario e le leggi generali del discorso n (La Bible et l'histoire, Parigi 1 904, p. 56). Queste teorie potevano condurre ad eccessi, poichè, come dichiarò Bene­ detto xv nell'enciclica Spirilus Paraclitus ( 15 settembre 1920) a quelli i quali pensano che le parti storiche della Scrittura poggino non sulla verità assoluta dei fatti, ma solo sulla loro verità relativa, come essi dicono, e sul modo gene­ rale e popolare di pensare, misconoscono la dottrina della Chiesa, approvata dalla testimonianza di san Gerolamo e degli altri Padri ». E più avanti : a C'è an cora un'altra categoria di deformatori della Sacra Scrittura e sono coloro che, abusando di alcuni principi, del resto giusti se contenuti entro certi limiti, finiscono col rovinare i fondamenti della vera cità delle Scritture e seppellire la dottrina cattolica trasmessa dall'insieme dei Padri. Se fosse ancora in vita, san Gerolamo colpirebbe con i suoi strali acuminati questi imprudenti che trascu-

    ' OBIEZIONE CONTRO L INERRANZA

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    rane il sentimento t il giudizio della Chiesa, e troppo facilmente ricorrono a q uello che essi chiamano il sistema delle citazioni implicite, o c1ei racconti che sar eb bero storici soltanto in apparenza, o che pretendono sc:oprire nei libri sa cri certi generi letterari inconciliabili con l'assoluta e perfetta veracità della pa· rola divina, e che sull'origine dei libri biblici professano un'opin\one che ne scuo te e perfino annulla l'autorità n (A cta Apostol. Sedis, 1920, P f'· 395 e 397). L'apologista tuttavia non perderà più di vista la formula dell'enciclica : • abu sando di certi principi, del resto giusti >e contt'nuti entro certi limiti n. Vi son casi in cui si ricorre tradizionalmente a tali principi, che, in manr;!nza di meglio, si potranno applicare a casi nuovi, sempre con la riserva di sotto­ mettersi alla Chiesa. Questo non è un sotterfugio, poichè lo scrittore sacro, nel suo spirito, poteva avere sfumature che, non enunciate nella lettera espres­ sa, traspaiono dal contesto, dal genere letterario o anche da determinate circosta nze, ricordando soprattutto che l'autore sacro talvolta poteva utilizzare tra dizio ni popolari. L'angelo Raffaele (Tob. 6, 9) non enumerò forse le proprie­ tà del fiele del pesce seguendo l'opinione comune? d) I generi letterari nella Bibbia. - Rispetto esagerato della lettera e con cezione meccanica dell'ispirazione oscurano la nozione essenziale secondo l a quale l'autore sacro s i servi d i tutte l e risorse delle letterature umane d i cui riflette le bellezze nel suo stile, ma ne condivide anche certe imperfezioni, e Dio, accettando che un uomo ispirato scrivesse in suo nome, si degnò di correre questo rischio. L'esegeta deve quindi conoscere i generi e i processi letterari, non solo nella forma generale comune a tutte le civiltà, ma anche nel carattere concreto che ricevono da ogni popolo e da ogni età. L'insegnamento di Gesù attraverso parabole e il libro di Giobbe ci resero familiari queste accidentalità dell' ispi­ razione, e nella definizione del genere letterario, assieme a una regola di esegesi scientifica, si vide giustamente anche un mezzo apologetico. Ma anche qui c'era il dovere di conservare la misura. La spiegazione della Genesi, che è sempre tra le prime preoccupazioni tanto nell'attacco quanto nella risposta, per prima beneficiò dell'applicazione scientifica del principio dei generi letterari. • Nei primi capitoli della Genesi, scriveva già Lenormant nella prefazione alle Origines de l'histoire, non leggiamo un racconto dettato da Dio stesso e posseduto esclusivamente dal popolo eletto, rna una tradizione la cui origine si perde nella notte delle età più remote e posseduta in comune, con qualche variante, da tutti i grandi popoli dell'Asia anteriore, tradizione che nella Bibbia ha una forma strettamente imparentata con quella che oggi troviamo a Babilonia e nella Caldea, di cui segue con tanta esattezza l'andamen to, che credo renda impossibile il dubbio che non esca dallo stesso fondo ... Gli scrittori della Bibbia, registrando al principio dei loro libri questa tradizione, fecero della vera archeologia, nel senso che i Greci davano a questa parola. I primi capitoli della Genesi sono un Libro delle origini, secondo quanto veniva raccontato in Israele dal tempo dei Patriarchi. Tutti i dati fondamentali di ciò che raccontava questo popolo è simile a ciò che ne dicevano i libri sacri delle sponde dell'Eufrate e del Tigri » ( op. cit., pp. XVJJ·XVIII). Ecco dunque scoperto e definito un genere letterario antico, cioè il Libro delle origini o la storia primitiva, espressione, quest'ultima, che ebbe fortuna

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    LA BIBBIA

    con il libro La Méthode historique del P. Lagrange, l'illustre esegeta, che nella seconda conferenza intitolata L'histoire primitive, dichiara : " È evidente che i primi capitoli della Bibbia non sono affatto una storia e nemmeno un ramo della storia dell'umanità, perchè avremmo si e no un fatto ogni mille ann i nè sapremmo dove situarlo ... Ci basti il fatto che nulla d i cosi sobrio si trovi in nessuna parte, che sia esclusa la mitologia propriamente detta e che non sia possibile l'errore, neppure per chi vuoi vedere le cose come sono " (pp. 2 1 6-17). D'altronde, come già Lenormant, il P. Lagrange non intendeva negare qualsiasi valore storico a queste tradizioni, poichè scriveva : u Io mi sono sfor­ zato di distinguere tra i dettagli delle storie e il loro fondo, che si può trasmet­ tere molto fedelmente e per secoli negli ambienti più vari, ovunque trasform a­ to, prendendo ovunque un colore proprio, ma sempre riconoscibile » (ivi. pp. 2 1 7- 1 8). Però la Chiesa volle affermare più categoricamente il valore storico dei primi capitoli della Genesi. In un articolo della rivista Etudes ( 1901, pp. 474-500) e nell'opuscolo La Bible et l'Histoire, il P. Prat tentò di applicare ad altri libri la teoria dei generi letterari, notando che " nessun genere letterario in uso tra gli scrittori profani è indegno degli autori sacri, come l'apologo, l'allegoria, la finzione e quello che oggi chiameremmo romanzo storico, o romanzo di costumi. Tutto questo è capa­ ce d'istruire e quindi può essere oggetto dell'ispirazione divina ... Di qui il pro­ blema che oggi preoccupa maggiormente gli esegeti cattolici. Sono vera e pro­ pria storia alcuni libri apparentemente storici, come Giuditta, Tobia, Daniele, Giobbe, Giona, Ester1 oppure sono un miscuglio di finzione e di storia, e forse frammenti di storia idealizzata? " (La Bible et l'histoire, pp. 30 e 33). Ignazio Guidi, in un articolo della Revue Biblique ( 1 906) sembrava invi­ tare ad applicare ai libri storici dell'Antico Testamento il metodo assai " difet­ toso » della u storiografia semitica » : u Nella storiografia, come negli altri campi lett�rari, si nota facilmente una profonda differenza tra le letterature classiche e quelle semitiche, dove è inutile cercare il mirabile progresso che vediamo compiersi tra i Greci, dai cosiddetti logografi a Erodoto e Tucid ide ... Invece della critica delle fonti, dell'elaborazione dei materiali e dei libri anteriori, vediamo copiati c posti l'uno dopo l'altro brani presi da storie più antiche, senza che il lettore venga avvisato della loro diversa origine. Troviamo questo metodo, che ci sembra tanto difettoso, in tutte le letterature semitiche • ( p. 509). Un po' più tardi van Hoonacker richiamava l'attenzione sul « punto di vista didattico o morale, cui l'autore (del libro di Giona) si attenne per comporre il suo racconto " (Les dottze pétits prophètes, Parigi 1908, p. 316). Il principio era inattaccabile, ma le sue applicazioni preoccupavano la Chiesa, che vuole prima di tutto mantenere integro il deposito della rivelazione. La Commissione biblica esaminò questo u dubbio " : u È ammissibile, come principio di �ana esegesi, l'opinione che i libri della Scrittura considerati come storici, non raccontino sempre, in tutto o in alcune parti, storia propriamente detta c oggettivamente vera, ma avente solo apparenza storica e mirando a far intendere altro da ciò che risulta dal senso propriamente letterale o storico dei termini? " Risposta : u No, eccetto il caso (assolutamente da non ammettersi con facilità e alla leggera) in cui, non andando contro il sentimento della Chiesa e riservando ad essa il giudizio, sia provato con solidi argomenti che l'agiografo non volle dare una vera e propria storia, ma, sotto apparenza e forma di

    CONCLUSIONE

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    storia, volle proporre una parabola, un'allegoria o qualche senso diverso _ da que llo propriamente letterale e storico dei termini ». Si veda la buona precisa­ zio n e del P. Fernandez in Institutiones biblicae, Roma 1927, pp. 330-387. L'enciclica Divino afflante Spiritu non si limita a riconoscere come legit­ principio dei generi letterari, ma obbliga l'esegeta a fondare la sua il o tim interpretazione sopra un'esatta conoscenza dell'ambiente letterario dove nacque· ro i libri santi : o Quale sia il senso letterale di uno scritto, sovente non è cosi ovvio nelle parole degli antichi Orientali com'è per esempio negli scrittori dei nostri tempi. Quel che han voluto significare con le loro parole quegli antichi non va determinato soltanto con le leggi della grammatica o della filologia, o arguito dal contesto; l'in terprete deve inoltre quasi tornare con la mente a quei rem oti secoli dell'Oriente, e con l'appoggio della storia, dell'archeologia, dell'et­ nol ogia e di altre scienze, nettamente discernere quali generi letterari abbiano voluto adoperare gli scrittori di quella remota età. Infatti gli antichi Orientali per esprimere i loro concetti non sempre usarono quelle forme o generi del dire, che usiamo noi oggi, ma piuttosto quelle che erano in uso tra le persone dei loro tempi e dei loro paesi. Quali esse siano, l'esegeta non lo può stabilire a priori, ma solo dietro u �'accurata ricognizione delle antiche letterature d'Q. rien te " (Acta Apost. Sed1s, 1 943, p. 342). Però il compito non finisce qui nè tutte le difficoltà sono appianate, perchè l'inserimento d'un'attività divina nel mondo e la sommissione delle facoltà umane al soffio dello Spirito non si sperimentano mai in forme precise come l'algebra, e sarà sempre necessaria molta prudenza per rispettare tutta la realtà, cioè la realtà della fede e quella delle manifestazioni umane. È già molto che siano assicurate le grandi linee dell'opera armoniosa e che si continui il lavoro con la coscienza di camminare chiaramente verso la meta. CONCLUSIONE Abbiamo rimosso la cenere di controversie assopite e si constata almeno che l'apologista cattolico ebbe sempre un atteggiamento fatto di libertà e di prudenza, in sottomissione alla Chiesa. In questo modo fu compiuto un note­ vole progresso nella difesa dei libri sacri, poichè esegeti e teologi, concordi, hanno definitivamente respinto l a possibilità d'un conflitto tra le scienze natu­ rali e la Bibbia; quindi, approfondita l a tradizionale nozione dell'ispirazione, sono riusciti a fondare l'esegesi sopra quest'unico principio, in cui s'intravvede la soluzione di molte difficoltà d'ordine storico : le affermazioni della Bibbia sono condizionate dall'intenzione dello scrittore sacro. La nostra condizione è quindi infinitamente migliore di quando era di moda affermare che l'interpretazione della Scrittura era screditata dalla scienza moderna e dalle ricerche storiche, e di quando Renan, rimproverando l'apolo­ getica di sottigliezze, scriveva : « È prova di cattiva tesi se per difenderla si devono mettere assieme dieci, cento, mille sottili risposte » (l. c., p. 1 2). Oggi, di fronte alla sicurezza con cui l'esegesi applica a mille casi diversi un principio unico, dettato dalla psicologia e dal buon senso, non è più lecito che si parli, come allora, di bancarotta, ma si deve parlare di riuscita. Tuttavia rimane ancora un disagio, poichè molti cattolici temono di toccare la Bibbia quasi fosse un idolo tarlato; ma si rassicurino, e si rassicurino

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    LA BIBBIA

    anche quelli che, eventualmente, ci credono troppo spicci, quasi che per salvare l'inerranza avessimo sacrificato tutto il contenuto della rivelazione. Potrebbe certamente sembrare che il nmtro principio fondamentale, a forza di applicazioni, possa annullare la parte della rivelazione nella composi­ zione della Bibbia e che a forza di esprimere il pensiero dello scrittore sacro, la Scrittura non esprima più quello di Dio. Ma nulla di tutto ciò, poichè è possibile che si debbano sacrificare alcuni particolari, proprio quelli a cui certi cristiani sono molto attaccati, assai più di quanto lo richieda il rispetto della tradizione, ma l'apologetica sarà prudente, e l'essenziale della rivelazione, la legge di Mosè e dei profeti, con tutto il Nuovo Testamento resterà intatto e appariranno forse più solide che nel passato le grandi linee che, come la rive� !azione e i racconti storici che le inquadrano e ne conservano il ricordo, furono tracciate da Dio quando ispirò la Scrittura. L. c. BIBLIOGRAFIA. - G. M. PERELLA; Introduzione geneTale alla Sacra Bibbia, Marietti, Torino 1948. G. CoURTADE, lnJpiration et intrrance, in D. B. S., IV, 488-559. G. CASTEL· LINo, L'ineTranza della Sacra Scrittura, S. E. 1., Torino 1 949· E. FLORIT, /. e quelle di Gesù " la volontà del Padre mio " è intenzionale. Tutto ciò dimostra il posto più imp or­ tante del compito di Maria nella nascita di Gesù e inquadra in modo comple­ tamente naturale i versetti 34 e 35 : « Allora Maria disse all'Angelo : "Come potrà avvenire questo, se io non conosco uomo?" e l'angelo le risponde : ''Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra e per questo il bambino nato (sarà) santo, sarà chiamato Figlio di Dio" ». L'economia del racconto e l'esame particolare dei testi dimostrano che essi sono autentici e fanno corpo con tutto il racconto di Luca. Infatti : l .o Se l'angelo si rivolge a Mària come a Zaccaria, se entrambi sono autori di cant ici di ringraziamento, non è forse perchè questi due personaggi hanno una parte centrale nella nascita annunziata? Quale sarebbe l'originalità e la parte attiva di Maria se Ella è madre come tutte le donne? 2.o Se il miracolo della nasc ita di Giovanni è grande a motivo della sterilità e dell'età di sua madre, il miraco­ lo della nascita di Gesù, che l'angelo paragona all'altro ( l , 36), non dovrà con­ sistere nella vittoria su ostacoli fisici superiori? 3.o L'Ecce ancilla Domini indica in Maria una sommissione : la sua adesione non suppone forse una discussione, e un mutamento nell'orientamento di vita che è facilmente spiegabile con la volontà di Maria di essere vergine? 4.o Gesù al tempio opponendo il suo vero padre a quello di cui parla Maria, non indica forse di non avere altri padri? L'esegeta protestante Fcine, h a un'espressione giustissima ricordata da C. van Combrugghe : « Sopprimere questi due versetti significa togliere i diamanti la­ sciando la montatura » (De Beata Maria Virgine, Gand 1 9 1 3, p. 41). Esaminan­ do più a fondo il contesto, vi scopriamo la stessa armonia. Paragonato ai ver­ setti 31-32, dove si dice che il figlio di Maria, che verrà chiamato Gesù, sarà grande, figlio dell'Altissimo, erede dtl trono di Davide, il versetto 35, che lo proclama santo e Figlio di Dio, non offre contraddizione; l'angelo ( v. 36), dopo aver dichiarato come il figlio della vergine sarà l'opera di Dio, senza l'uomo, poteva ora dargli il suo vero nome, e aggiungendo che Elisabetta, vecchia c steri­ le, aveva concepito ed era al sesto mese, Gabriele dà un segno che non avrebbe più importanza se si tolgono le meraviglie del versetto 34 e 35, che è invece perfettamente a posto se si ammette che da parte di Maria, come d'Elisabetta, Dio sovvertirà le leggi naturali per dare loro un figlio. Negli stessi versetti non mancano gli indizi stilistici per accordarli col resto dei capitoli. Sono segni dello stile lucano chiamare Dio l'Altissimo, dire che lo Spirito verrà sopra di te, usa­ re t· trina cristiana cosi essenziale come il mistero della Trinità, presenta a questo modo il procedimento della Rivelazione divina : u II Vecchio Testa­ mento predicava manifestamente il Padre, e più oscuramente il Figlio; il Nuo­ vo h> ( o. c., p. 57) . E più avanti, esponendo le con­ clusioni di tutto lo studio storico, afferma: " Doctrina igitur catholica verum progressum dogmaticum admittit ac statuit »; e cita, approvandola, l'espressione del teologo tedesco J. Mausbach: " Optime, i gitur, Mausbach notat esse sententiam acatholicam quae tenet in religione christiana verum profectum vel evolutionem non esse adnùttendam • (o. c., p. 1 63 ) .

    STORIA DEL PROBLEMA E SUE SOLUZIONI

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    illuminatore e guida nella conoscenza della verità rivelata fino alla fine del mondo (dr. Giov. 1 4, 1 6); e la Chiesa non può mai sapere a un certo punto della sua storia a quali approfondimenti della parola rivelata lo Spirito Santo potrebbe guidarla in un'epoca successiva. Non sono quindi deter­ minabili a priori dei limiti positivi allo sviluppo della conoscenza delle verità • germinalmente » rivelate nella Chiesa; appena alla fine del mondo sapr�mo di quali profondi significati era ricca la parola rivelata porta­ trice del pensiero divino. Per ora sappiamo soltanto che, comunque avvenga e qualunque possa essere un nuovo approfondimento, non potrà essere che il riconoscimento di un significato già presente nel « deposito della fede u che la Chiesa ha ricevuto dagli Apostoli e che da essa era già creduto : perchè la Chiesa crede sempre tutto il pensiero divino a lei rivelato, pensiero che sa essere molto più profondo di quello che un'intelligenza meramente naturale, cioè senza la grazia illuminatrice dello Spirito Santo, potrebbe scorgere nella parola di Dio. Precisato a questo modo il senso della dottrina cattolica circa i rap­ porti tra il « deposito della fede » e le definizioni dogmatiche della Chiesa, siamo in grado di comprendere meglio la storia del problema e le soluzioni date ad esso dai teologi, per giudicarne il rispettivo valore.

    CAPITOLO II.

    -

    LA STORIA DEL PROBLEMA E LE SUE SOLUZIONI

    Il problema dello sviluppo dogmatico nella forma che noi conosciamo, e che è stata delineata brevemente nella introduzione, è un problema relati­ vamente recente : non risale più in là del sec. XIX. Ma, come tutti i veri problemi, ha una preistoria, che incomincia con un problema posto dalla teologia medioevale e sviluppato poi dalla teologia post-tridentina. Poichè nostro intento non è di fare una storia del problema, ma di cogliere le po­ sizioni dottrinali dei teologi ed i loro principi ispiratori, dobbiamo necessa­ riamente !imitarci qui a tracciare dei quadri, riducendo le posizioni teologi­ che all'essenziale e rimandando per una informazione più completa alla bi­ bliografia che viene riportata alla fine. §. l.

    -

    Il problema dello sviluppo della Rivelazione nella Teologia scolastica.

    Per motivi storicamente ben determinati, la teologia scolastica pre e post-tridentina si è trovata ad affrontare questo problema : a) una proposi­ zion� dedotta logicamente da due premesse rivelate si può dire ancora rive­ lata .� quindi credibile con fede divina, oppure no? b) e una proposizione dedotta logicamente da una maggiore rivelata mediante una minore di ra­ gione si può essa pure dire rivelata e credibile con fede divina? ( 1 5). ( 1 5) Nella teologia cattolica le proposizioni del primo tipo vengono chiamate • ve­ rità implicitamente rivelate » (formaliter implicite revelatae), mentre quelle del secondo tipo, vengono chiamate • verità virtualmente rivelate » (virtualiter revelatae), oppure • conclusioni teologiche propriamente dette •·

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    LO SV'ILUPPO DEI DOGMI

    a) La risposta alla prima domanda fu quasi unanimemente affermati­ va, con la s·eguente ragione: chi afferma esplicitamente delle premesse affer­ ma implicitamente anche una conseguenza logica delle premesse, se prevede che essa verrà dedotta; e chi afferma, esplicitamente o implicitamente una proposizione, si assume la responsabilità della sua verità. Ora tutto questo si verifica nel caso della Rivelazione divina : Dio, affermando le premesse, non soltanto vede la conclusione in esse logicamente contenuta, ma prevede infallibilme nte che la conclusione stessa sarà un gior­ no ricavata, e perciò ne garantisce la verità, ne fa sua la verità. Se Dio non intendesse questo, avrebbe a sua disposizione mille modi per far comprendere agli uomini che la verità che Egli intende garan tire non si estende al di là di ciò che Egli esplicitamente e direttamente afferma. Così, infatti, avviene tra noi uomini quando ascoltiamo un uomo intelli­ gente affermare qualcosa : non ci accontentiamo del suo pensiero esplicito e im­ mediato; siamo sovente persuasi che egli ha pure un pensiero profondo che vuole farci sapere, e ci fa di fatto sapere manifestando degli indizi che logi­ camente collegati tra loro bastano a manifestarlo, ma vuole lasciare a noi l'onere e l'onore della sua scoperta. E' errato applicare a Dio la stessa ri­ flessione? No, non è errato, purchè ci si mantenga entro i limiti di una con­ nessione logica davvero necessaria ed evidente : " bona et necessaria con­ sequentia » dicevano gli scolastici. Per questo l'opposizione dei pochi che rispondevano negativamente alla prima domanda è stata facilmente superata. b) Diversamente sono andate le cose per la seconda domanda. Una corrente teologica abbastanza numerosa, infatti, ritenne e ritiene tuttora che una proposizione dedotta d a una verità rivelata mediante una minore di ragione non possa essere detta una verità implicitamente rivelata e credibile con fede divina. La ragione addotta è semplice : chi afferma una verità non afferma per ciò stesso tutte le conseguenze che altri potranno de­ durre dalla propria affermazione, anche se sono logiche e prevedibili. Per questo essi non accettano d i estendere il ragionamento fatto sopra a questa categoria di proposizioni. Ma molti altri teologi, e sembra più logicamente, pensarono e pensano che, quando si tratta d i Dio che parla, non si può di­ stinguere .tra conclusioni le cui premesse sono ambedue rivelate e conclusioni di cui una sola premessa sia rivelata : il pensiero divino comprende con un solo sguardo l'affermazione rivelata e le conseguenze che da essa legittimamente La distinzione concettuale tra le due categorie è abbastanza chiara. Nelle prime , l'intelligenza umana ha una funzione relativamente secondaria e strumentale: accostare le premesse rivelate, dalla cui connessione logica sprizza immediatamente la verità di­ vina; mentre invece nelle seconde il compito dell'intelligenza umana è assai più rilevante: è essa che deve elaborare a suo rischio anche la minore razionale che le servirà per rica­ vare delle conclusioni. Ma quando si passa a esaminare in concreto se una determinata dottrina ricavata dalla Rivelazione è formalmente o virtualmenta rivelata, il compito è spesso assai difficile ; e si trova frequentemente che le stesse dottrine vengono dagli uni classificate nella prima, dagli altri nella seconda categoria. Ed inoltre la terminologia non è sempre uniforme. Per la storia del problema e della terminologia si veda particolarmente ScHULTE.!I, •· c., parte l. Per la terminologia e le classificazioni oggi comuni, cfr. S. CARTECH!Nl, De valore notarum theologicarum, (Roma, 1 9 5 1 ) .

    STORIA DEL PROBLEMA E SUE SOLUZIONI

    1083

    ricaveranno gli uomini usando rettamente la loro ragione ( non è anch'essa un riflesso dell'in telligenza divina?), e perciò a Lui non sarebbe difficile parlare in modo da disilludere gli uomini circa quelle conclusioni che Egli non intendesse garantire. L'unica differenza che si può stabilire tra il primo caso c questo sta nel fatto che in questo secondo caso è meno facile avere la certezza che la conclusione logica che viene ricavata rappresenti davvero il pensiero profondo di Dio : quel pensiero profondo che Dio ha già tra­ smesso nella Rivelazione, ma lascia a noi di scoprire. Per questo è necessa­ ria Hl. questo caso, più ancora che nel primo, una definizione della Chiesa che garantisca la coincidenza della conclusione logica con il pensiero pro­ fondo di Dio. Le due posizioni teologiche esposte, che rappresentano ancora oggi una spiegazione molto diffusa dello sviluppo dogmatico, nonostante la loro reale divergenza avevano un presupposto comune, almeno nella forma in cui sono state e vengono comunemente sostenute nei manuali di teologia : supponevano cioè che il metodo che permette di passare dalla Rivelazione esplicita al pensiero implicito e profondo di Dio, sia sempre e soltanto il sillogismo deduttivo. E come conseguenza di ciò lo sviluppo dogmatico veniva spesso concepito come · uno sviluppo logico-razionale di tipo dedutti­ vo. Ma questo modo di concepire lo sviluppo del dogma non corrisponde esattamente alla storia e, ciò che più importa, non risponde neppure al me­ todo con cui l'intelligenza procede nella comprensione di un pensiero pro­ fondo concreto : si pensi, ad esempio, ai metodi con cui la critica letteraria o filosofica cerca di penetrare le intenzioni e il pensiero profondo di un au­ tore. E per restare nel campo teologico, si pensi al metodo utilizzato dalla esegesi e dalla teologia biblica odierna per scoprire il senso esatto di un libro ispirato, o il pensiero di Paolo e di Giovanni. Fu certamente questa mancanza di una adeguata teoria della cono­ scenza del pensiero concreto che non permise alla teologia scolastica di tro­ varsi sufficientemente attrezzata per la spiegazione dello sviluppo dogmatico storicamente costa tabile. Quando la storia dei dogmi portò ad una più com­ pleta ed esatta conoscenza dei fatti, la teologia cattolica non era ancora pre­ parata ad affrontare il problema in tutta la sua complessità, e fu necessa­ rio un lungo periodo di maturazione prima di giungere a comprenderlo nei suoi termini reali. Questa ma,turazione ha avuto inizio verso la metà del secolo XIX e s'è conclusa nel periodo del modernismo. § 2.

    -

    Il problema nel secolo XIX: Newman

    e

    Franzelin.

    Tre grandi fatti hanno dato al problema dello sviluppo dogmatico un impulso ed un orientamento nuovo nel secolo XIX : la definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione, che poneva i teologi cattolici dinanzi a un caso di sviluppo tra i più difficili da spiegare; lo sviluppo degli studi di storia dei dogmi, dapprima in campo protestante, poi anche in campo cattolico; il pensiero di Newman ( 1 6). (16) Un altro grande autore deve essere ricordato J. A. MOEHLER ( 1 796- 1838) la

    cui opera

    Die Einheit in der Kirch4

    ( 1 825) è stata conosciuta da Newman e da Giovanni

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    LO SVILUPPO DEI DOGMI

    Due uom1m sopraHutto i nteressano per la influenza da essi esercitata suii'approfondimento del problema : Newman e Franzelin. Quest'ultimo si mantiene sostanzialmente neiia linea deiia teologia scolastica, aiia quale cer. ca di dare un approfondimento, sia per iiiustrare la funzione propria de l Magistero neiia trasmissione deiia verità rivelata, sia per interpretare più esattamente i fatti storici ( l ?). Quanto al primo scopo Franzelin giustamen­ te rileva che il primo fattore deilo sviluppo dogmatico è l'insegnamento del Magistero infaiiibile, il quale, di fronte aiie domande ed ai problemi susc i­ tati daii'incontro tra la verità rivelata e il pensiero umano nei vari momen­ ti deiia sua storia, interviene per dare la soluzione esatta, cioè rispondente al pensiero di Dio; interpreta infailibilmente la Rivelazione per custodirne il significato originario; ed in questo, pur dovendo valersi di tutti i mezzi umani di studio e di controilo, è però soprattutto guidato e garantito da una speciale provvidenza e direzione deiio Spirito Santo. Nel che tutti possono essere d'accordo. Per il secondo scopo, di spiegazione deila storia, Franzelin ha proposto una duplice teoria. In primo luogo distingue tra verità rivelate fondamentali ed essenziali per la vita cristiana, che sono sempre state esplicitamente inse­ gnate e credute neiia Chiesa, e verità rivelate secondarie, ugualmente vere ma non ugualmente essenziali aiia vita cristiana, che la Chiesa non h a sempre esplicitamente proposte, così che in determinati tempi e luoghi hanno po­ tuto essere ignorate e magari anche negate, sebbene non universalmente. Si comprende ailora la sua seconda teoria : la teoria dei tre stadi d'insegnamento e di fede circa le verità secondarie. In un primo stadio esse non sono espli­ citamente insegnate e credute neiia Chiesa : sono insegnate e credute impli­ citamente, perchè logicamente contenute neile verità rivelate essenziali, e contenute in modo che una semplice riflessione logica ve le potrebbe mo­ strare presenti; ma non tutti vedono tale connessione logica per sè evidente, e sorgono dei dubbi e deiie negazioni, che agitano il problema deii'origine divina di queste verità secondarie; i n terviene aiiora, al momento opportuno, il Magistero a troncare ogni dubbio, definendo l'origine rivelata. Lo schema corrisponde di fatto a quanto è possibile in genere costatare neilo sviluppo storico deila verità rivelata; ma con qualche precisazione. Fran­ zelin non ha fatto uno studio analitico di tutti i casi di sviluppo dogmatico, e non ha quindi esaminato se tutti i casi di verità secondarie siano u logica­ mente » deducibili da verità essenziali con una deduzione necessaria. Inoltre Perrone, ed ha influito sia sul primo che sul secondo, contribuendo così a rendere vivo il senso dello sviluppo dogmatico nella Teologia cattolica del sec. XIX. Per il pensiero di Moehler cfr. A. MINON, L'attitudine de J. A. Moehler dans la queJtion du developpement du dogme, in « Ephem. Theol. Lov. » 1 6 ( 1 939), pp. 328-3!!2. Per il rapporto Moehler - Newman - Perrone cfr. T. LYNCH, The Newman-Perrone paperJ on development, i n • Gregorianum • 16 ( 1935) pp. 403-444. Di Perrone merita di essere ricordata anche l'opera De lmmaculatu B. V. Mariae conceptu (Torino, 1954), perchè egli fu uno dei principali membri della commissione teo­ logica che preparò la definizione dell'Immacolata; e contribuì alla elaborazione dei prin­ cipi teologici che permisero di giustificare la definizione stessa. ( 1 7) Cfr. I. B. FRANZELIN, De divina Traditione et Scriptura, tesi XXIII- XXVI (III ed., pp. 278-3 1 5) .

    STORIA DEL PROBLEMA E SUE SOLUZIONI

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    non è facile precisare come dovessero essere presenti nel primo stadio le verità rivelate secondarie nella fede e nell'insegnamento della Chiesa, se­ condo il pensiero di Franzelin : si ha l'impressione, infatti, che egli consideri il secondo stadio come accidentale, come un momentaneo allontanamento da una fede dapprima più confusamente ma realmente presente. E cosi è stato di fatto inteso da molti divulgatori delle sue idee. Ora questo non risponde esattamente alla storia, la quale mostra talvolta un lento e lungo camminare verso la luce di verità prima sconosciute ( 1 8). Notevolmente diverso da quello di Franzelin è il pensiero di Newman nel suo famoso « Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana » ( 1 9). Egli non parte da principi teologici, ma da osservazioni storiche e da una dottrina fi­ losofica. L'osservazione storica mostra nel Cristianesimo cattolico una molte­ plicità di sviluppi dottrinali e di sviluppi istituzionali, a proposito dei quali è però sempre possibile ricostruire storicamente una genealogia che mostra il collegamento tra questi sviluppi e qualche verità rivelata. Ora questo fat­ to a prima vista paradossale non è altro che l'applicazione al Cristia nesimo di una legge generale, che regola l'incontro tra la verità eterna ( l'« idea » nel linguaggio di N.) e l'intelligenza umana : « E' la caratteristica del nostro spirito l'essere esso occupato senza posa nel giudicare delle cose, che man mano gli si presentano innanzi. Non appena noi percepiamo, giudichiamo; non lasciamo che l'idea della cosa che ci si presenta stia a sè; paragoniamo, di­ scutiamo, facciamo astrazione, generalizziamo, connettiamo, correggiamo, clas­ sifichiamo : e noi vediamo tutte le nostre conoscenze in quelle associazioni nelle quali un tale processo le ha strette. Fra i giudizi cosi formulati e che divengono nel nostro spirito aspetti sotto i quali vediamo le cose nelle quali ci siamo incontrati, taluni sono semplici opinioni che vanno e vengo­ no, o che al più rimangono in noi fino a che un in cid·ente qualunque non venga a cacciarle di posto, qualunque possa essere l'influenza che nel frat­ tempo esse abbiano potuto esercitare. Altri (giudizi), a torto o a ragione, non importa, si sono profondamente radi>a da una particolare teologia della fede, ritiene che un'azione « positiva ri illuminante d·ella grazia sia costantemente necessaria sia per la trasmissione integrale sia, a maggior ragione, per la penetrazione completa della Rivela­ zione, cioè per Io sviluppo dogmatico. Questa teologia parte dal presupposto, chiarissimo nella concezione tomistica della fede (3 1), che soltanto un'intelli(3 1 ) Per la giustificazione teologica di questo presupposto cfr. Dhanis (art. c., p. 1851 87), che richiama opportunamente anche l'insegnamento della Costituzione « Munifi­ centissimus Deus »; e poi la spiegazione teologica che egli ne dà (a. c., p. 2 1 0-2 1 2 ) .

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    LO SVILUPPO DEI DOGMI

    genza elevata dalla grazia è facoltà proporzionata alla conoscenza della Rive­ lazione : soltanto essa è capace di tendere, attraverso l'accettazione delle for­ mule rivelate, a una identificazione intenzionale con il pensiero divino che la Rivelazione trasmette; e la possibilità di identificazione con il pensiero divino è appunto proporzionale alla profondità di elevazione soprannaturale dell'intelligenza operata dalla grazia. Per questa concezione della fede di­ venta allora evidentemente impossibile la trasmissione del u dato rivelato •, cioè del significato divino delle espressioni rivelate, senza l'azione illuminatrice del! a grazia : poichè la Rivelazione è un pensiero divino espresso in formule desunte dal comune linguaggio umano, essa non può assumere il suo valore di verità divina se non nell'intelligenza proporzionata al pensiero divino dal­ la grnia. Senza questa influenza della grazia le espressioni rivelate, ricevute in unrensione positiva, l'unica che oggi sia chiarificatrice, quando sorgono difficoltà a opporre scienza e religione. Senza questa precisazione d'insieme, qualsiasi risposta immediata a ogni difficoltà particolare sarà sempre poco persuasiva e inefficace, come un sistema di difese troppo fragili sotto la spinta d'un assalitore dotato d'una forza di grandezza diversa. Il vero metodo dell'apologetica cristiana deve ormai associare le risposte particolari (cui non si può certo rinunciare) a una visione molto larga e comprensiva dei problemi fondamentali. È assolutamente urgente fare

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    SCIENZA E RELIGIONE

    l'ordine del pensiero religioso, senza che quella subisca qualche attentato da questo, nell'affermazione della divina provvidenza. L'identico volto dell'uni­ verso, che la scienza scopre senza mai rinunciare alle leggi del suo sforzo, è anche il vero volto di questa realtà, i cui minimi tratti sono disposti provviden­ zialmente da Dio. La scienza, anzichè contraddire l'intuizione religiosa, può essere lo strumento d'una nuova espansione di essa. Ora dobbiamo commentare brevemente ciascuno di questi punti. 1. L'attività riflessiva dello spirito e l'evidenza che ne risulta. Lo scien­ tismo avrebbe ragione se la confusa attualità della coscienza umana s'aprisse unicamente all'evidenza che viene dall'esperienza e che abbiamo chiamato evi­ denza materiale. Ma proprio mentre lo spirito umano si propone di perseguire metodicamente quest'evidenza e le sue conseguenze, acquistando cosi il com­ portamento dello spirito scientifico, si esplicita l'attività riflessiva, che è l'altra componente dell'attività spirituale. Correlativa all'attività riflessiva, si determi­ na un'altra modalità dell'evidenza, della quale la scienza come tale non si deve preoccupare, ma che l'uomo non può non notare, modalità che abbiamo caratterizzato parlando di evidenza riflessiva. Infatti vi è quest'evidenza ogni volta che, oltre l'esperienza spontanea o acquisita mediante lo studio, lo spirito umano diviene cosciente della sua attività come tale, in quanto allora coglie la realtà nella visuale di quest'attività divenuta cosciente a se stessa, prima di tutto nel suo fatto e poi nelle sue condizioni e leggi. L'antologia, e anche la filosofia, è possibile solo in proporzione di quest'evidenza riflessiva. Quindi lo scientismo, pretendendo di trasferire in negazioni antologiche le leggi d'un comportamento metodico della scienza, non è più un atteggia­ mento scientifico, ma un'opzione filosofica, la quale è possibile solo quando, in vista delle stesse negazioni, usa surrettiziamente e inconsciamente possibilità riflessive sulle quali bisogna ritornare, per spiegarsi chiaramente. Le spiega­ zioni scientiste sono un rifiuto di considerare il fatto riflessivo, che tuttavia lo spirito deve attualizzare e, in certo senso, sfruttare, almeno . per formulare le sue negazioni. Conseguentemente la filosofia scientista finisce col negare l'ordine da cui riceve tuttavia il suo essere in quanto affermazione filosofica. È questa la sua contraddizione fondamentale. Quindi contro lo scientismo si impone anzitutto il compito di spezzare il prestigio di quest'incoerente nega­ zione e di prendere coscienza del fatto che lo spirito umano riflessivo non può accontentarsi d'utilizzare, anche se rifiuta d'ammetterlo, il fatto della coscienza riflessiva. Basta questo semplice rilievo a imporre un pensiero filosofico capace di giustificare le affermazioni costruttive dell'antologia e le certezze, che cosi si possono avere, riguardo alla divina realtà. -

    2. Legittimità e certezza di quest'evidenza. Lo spmto scientista tende a riservare esclusivamente alla conoscenza scientifica la qualifica di conoscenza speculativa e veramente oggettiva, e a vedere qualsiasi altra conoscenza inqui­ nata da elementi che ne impediscono o ne falsano l'oggettività. Le affermazioni metafisiche riguardanti princìpi irriducibili a quelli attinti dalla scienza, vengo­ no considerate come opzioni soggettive, che la ragione critica considera come basate in modo contingente sui temperamenti individuali, e quindi prive di valore autentico di verità e inconsistenti. Però anche questo è un modo di misconoscere l'evidenza riflessiva che, pur diversamente dall'evidenza materiale, -

    SCIENZA E SCIENTISMO DI FRONTE ALLA RELIGIONE

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    s'impossessa intellettualmente della realtà ed è in grado di fondare un ordine di verità autenticamente speculative, poichè nella coscienza riflessiva lo spirito coglie realmente, distintamente e senza che vi si mescoli la confusione affettiva, la verità dell'atto conoscitivo e può metodicamente fare l'analisi delle condi­ zioni dell'atto stesso, e in particolare può ri�onoscere la condizione antologica dell'oggetto della conoscenza umana. Il pensiero cosi costituito ha certamente una forma diversa da quella della conoscenza scientifica, che del resto suppone già sbozzata in antecedenza. Però questa forma è tutt'altro che esteriore all'or­ dine speculativo, essendo la vera chiave di volta e l'unica capace di specificare in ultima analisi la misura della certezza scientifica. 3. L'affennazione filosofica dell'esistenza di Dio e l'apertura all'eventua­ lità d'una rivelazione. -L'affermazione filosofica dell'esistenza d i Dio è il frutto

    conclusivo d'un processo intellettuale fondato sull'evidenza riflessiva, poichè la riflessione permette di riconoscere la reale condizione an tologica dell'oggetto della conoscenza umana, il quale non è soltanto bruta realtà materiale, ma è provvisto d'una certa int­ . . . rità divina, determinano ciò che è lasciato nell'mcertezza dell'ev1denza nflemva umana. La realtà religiosa, quando parte da principi autentici e ben intesi, anzichè essere incompatibile e indifferente alla scienza, è normalmente desti­ nata ad accettare la scienza e ad assumerla in quella visione dell'un iverso che la fede deve costruirsi, senza mutilare minimamente il sapere materiale e il sistema delle sue possibilità intrinseche. Quindi la verità religiosa ha e deve avere per principio, il rispetto totale del sistema umano della scienza e, molto !ungi dall'essere contraddetta dallo sforzo della ricerca autonoma, ha l'obbligo d'ammettere tale ricerca e anche di provocarla, per giungere, attraverso di essa, a radicarsi più completamente nel­ l'un iverso umano. Una credenza può andare contro la scienza solo quando lot­ ta contro di essa sul terreno dell'rvidenza materiale. Ora la sostanza della ve­ rità religiosa non si pone affatto su tale terreno, ma su quello delle certezze verso cui l'evidenza rillessiva apre lo spirito umano. Del resto la teologia cat­ tolica è la prima a considerare inaccettabile qualsiasi proposizione d i verità cosiddetta religiosa contraria alle evidenze naturali dello spirito. Quindi una credenza sviluppata nel disprezzo della scienza, fino a contraddirne espressa­ mente le conclusioni, è necessariamente priva di fondamento e di verità. Reciprocamente a questo principio, la scienza deve avere il rispetto tota­ le per la credenza rel igiosa. La pretesa scien tista che con il suo spirito mutila la totalità dell'essere è inaccettabile. La scienza in tutte le cose è capace di co­ noscere ciò che le permette l'evidenza materiale umana, ma per natura rimane incompetente ogni volta che il discernimento del fatto suppone che Io spirito si volga all'evidenza riflessiva. Perciò è ingiustificato il passaggio dal metodo scientifico alle conclusioni pronunciate dal razionalismo scientista : ciò che co­ glie la scienza non è tutta la realtà. Quello che la scienza coglie è certamente reale, ma c'è anche un'al tra realtà che bisogna giudicare secondo princìpi di· versi da quelli adoperati dalla scienza. Il razionalismo scientifico misconosce questo fatto perchè trasforma il metodo della conoscenza scientifica, cioè le re­ gole che guidano questa conoscenza, in un a n tologia cioè in affermazioni ca­ tegoriche, che pretendono di circoscrivere in modo assoluto la realtà delle cose, cioè ridurre la realtà a ciò che è sperimentabile. Oppostamente a quest'errore, il vero atteggiamento dello spirito esige che s'unisca il rispetto totale della ri­ flessione per la conoscenza scientifica con una totale d isponibilità di questa cono­ scenza ai giudizi che permettono ulteriormente la riflessione alla credenza religiosa fondata. Ciò sign i fica che bisogna comprendere rettamente l'autonomia della scien· za. In realtà sarebbe necessario distinguere l'autonomia di metodo, che è inne­ gabilmènte un'autonomia ma su un piano in certo modo ancora astratto, e l'autonomia esistenziale, che sarebbe quella d'un soggetto che si attua pie­ namente da sè nella realtà effettiva e concreta. La scienza umana non possiede ques_t" auton ?mia esistenziale. La scienza si vede dipendente da un oggetto che le da un .ev1denza, ma essa non riesce affatto, nemmeno nell'ordine matematico, a completare da sola il sistema totale di quest'evidenza, tanto che Io stato per· fetto della sin te�i scientifica resta necessariamente un ideale inattuabile. La scienza non può nemmeno dare l'autonomia esistenziale all'essere umano, che in realtà viene determinato dalla realtà scientifica solo in parte e, per quanto sia vasto il sistema scientifico effettivo, l'uomo ha in se stesso la vocazione a '

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    SCIENZA E RELIGIONE

    un sistema più ampio di perfezionamento nell'esistenza. Ora molte difficoltà derivano dal fatto che si confondono troppo frettolosamente le due moralità d'autonomia, metodologica ed esistenziale, e il razionalismo è, per così d ire, tutto quanto fondato sulla loro identificazione. 5. Verità religiosa e integrazione della verità scientifica. Perciò la conoscenza scientifica non dispensa lo spirito da uno sforzo ul teriore di pen­ siero e di giudizio, sforzo che, sfortunatamente, viene troppo spesso inteso co­ me se dovesse svolgersi sullo stesso piano dello sforzo della scienza e dovesse cogliere gli oggetti nello stesso modo di quest'ultima. Speriamo che quanto ab­ biamo detto faccia meglio vedere la profonda differenza d'ordine che separa l'affermazione scientifica dal giudizio filosofico o religioso. Il giudizio religioso non ha affatto come oggetto la determinazione d'una verità materiale delle co­ se accessibili all'esperienza umana; esso intende fissare l o spirito umano sopra realtà che hanno soltanto l'effetto d'inserire queste verità materiali, quali si trovano essere, in un significato dell'universo, dell'essere umano, del suo dc­ stino... ecc., che trascende la scienza. Vi è qui un comportamento simile a quel­ lo del giudizio filosofico. Facendo questo, la verità scientifica non è nè maltrattata nè viole n tata, ma è semplicemente ripresa in una visuale di verità più profonda, perchè è chiamata a sostenere, altrettanto bene e, in linea di principio, anche megliu delle conoscenze ingenue, le determinazioni di questa visuale. Il pensiero del­ l'uomo, per essere visione rel igiosa dell'universo, non ha affatto bisogno di restare nello stadio d'un pensiero anteriore al risveglio della curiosità scienti­ fica e allo sviluppo della ricerca motivata da questa curiosità. Anzi, la cono­ scenza scientifica, perfetta espansione della faroltà umana di accedere al le cose. è disposta a questa ripresa armoniosa nel ritmo d'uno sforzo che associa rifles­ sione e credenza per rispondere alle questioni d'insieme che l'un iverso propone all'uomo. A questo riguardo la migliore apologetica sarà non quella dei discorsi, ma quella dei fatti. Una visione cristiana dell'universo, capace d'assumere i dati e lo spirito stesso della scienza, risponderà certamente meglio alle classiche difficoltà del razionalismo scientista, che non molte discussioni contro le obie­ zioni e molte pagine di polemica. L'edificazione d'una tale visione cristiana dell'universo, che in definitiva riprenderebbe l'ambizione delle somme medioe­ vali, può sembrare perfettamente possibile, e forse persino facile, poichè molti pregiudizi scientisti stanno affievolendosi, quasi minati internamente da una du­ plice crisi. Da una parte le scienze han ripreso l'analisi dei loro fondamenti, e si sono accorte in modo preciso che non è possibile stabilirli con la facilità pri­ ma immaginata; d'altra parte, con il problema delle loro risonanze pratiche sul piano dell'esistenza umana, esse hanno toccato realtà per le quali pare imporsi sempre più il ricorso a facoltà di giudizio superiori a quella proveniente dalla scienza e dalla tecnica. Ecco quanto si può già opporre allo scientismo; ma gio­ verebbe ancora di più servirsi di queste possibiltà aperte per dare una formula positiva alla sintesi d'un'informazione scientifica e d'un giudizio religioso sul­ l'universo. Qui occorre almeno sottolineare con forza il principio della legitti­ mità di questa sintesi, a quelle condizioni che abbiamo definito con quanto o�bbiamo detto. -

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    SCIENZA

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    AVVENIRE DELL' UOMO

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    CAPITOLO II. - SCIENZA E RELIGIONE DI FRONTE ALL'AVVENIRE DELL'UOMO Le scienze, e soprattutto quelle riguar danti L'uomo s'incarica di se stesso. l'uomo, rischiano veramente di soEevare contro le credenze e la pratica religiosa una forma d'obiezione quasi inedita nel passato, e che dobbiamo considerare sempre più da vicino. Infatti la scienza moderna, nel suo stesso principio, è non solo sforzo di conoscere disinteressatamente, ma volontà di trasformare tecnicamente la natura, proporzionatamente alle possibilità aperte attraverso la scienza. Le scienze riguardanti l'uomo sono ormai talmente progredite da poter cogliere le prime istanze d'un'azione generale sulla natura umana. Un pro­ gresso parallelo della biologia umana, della psicologia, della conoscenza dei determinismi sociali, delle tecniche di previsione statistica permette di concepire sempre più chiaramente gl'indizi d'un nuovo modo, con cui l'uomo può pren­ dere in mano il proprio destino. Lo scienziato ritiene possibile che non sia lon­ tano il giorno in cui toccherà all'uomo assumersi la responsabilità della propria evoluzione come specie vivente, e di far sorgere un nuovo stato d'esistenza umana in una nuova organizzazione della terra. In tutto ciò ha indubbiamente molta parte il mito. Ma stupisce vedere fino a che punto idee di questo genere (dalla teoria del superuomo nietzschiano alle divinazioni scientifiche di certi romanzi d'anticipazione) stimolino lo spirito moderno. Pur essendo confusi e pur cercando se stessi attraverso sogni veramente inefficaci, questi pensieri hanno qualcosa di simile a quelli che agitarono il mon­ do del Rinascimento, quand'erano in gestazione la scienza e lo spirito che ap­ parvero col secolo XVII. Un'importante complesso spirituale dell'umanità è forse in via di formazione sotto i nostri occhi. -

    Conseguenze d'ordine religioso. Ora non è impossibile che si possa rinnovare considerevolmente l'obiezione che le religioni asserviscono l'uomo. Al quadro dell'umanità tenuta sotto tutela dalla morale e dalle osservanze religiose, s'oppone l'immagine d'un'umanità sempre più emancipata per opera della scienza, e capace di prendere in proprio favore iniziative impreviste, gui­ data solo dal principio d'una decisione autonoma. Il sistema di regole di vita della tradizione cristiana o della morale cattolica corre quindi pericolo di appa­ rire soltanto come un' insieme di regole superate e indegne della situazione pre­ sente, divenute come otri vecchi incapaci di contenere il vino d'un'esistenza tra­ sformata. Il contrasto non è certamente divenuto generale, ma si possono fin d'ora d iagnosticare due punti, dove già si comincia a formularlo. -

    a) La trasmissione della vita. Il primo punto è quello della morale riguar­ do alla trasmissione della vita umana, sulla quale la Chiesa cattolica si mostra �empre molto stretta con esigenze che, del resto, hanno ragioni molto complesse : Il senso � cu�o d �lla purezza e della possibile decadenza della spiritualità nello scatenarsi disordmato della sessualità e, forse ancora di più, l'atteggiamento ri­ spettoso verso il mistero della vocazione divina insita nell'esistenza umana. Ma oggi la scienza mette l'uomo seinpre più in grado di compiere un'azione d'in-. -

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    SCIENZA E RELIGIONE

    sieme sui fenomeni biologici della sua riproduzione, dove le possibilità si rive­ lano astrazion fatta da ogni esigenza morale. Si tratta, oggi, non solo di vari in terventi nel corso della gravidanza, ma si agisce sullo stesso processo di fecon­ dazione, con azioni l.2 è stoltezza (cfr. Sap. 13, 1 -2), cosl riceva conferma da ogni approfondimento e progresso delle cognizioni scientifiche. Volendo pertanto dare qui un rapido sag�io del prezioso servizio, che Je scienze moderne rendono alla dimostrazione della esistenza di Dio, Ci restringeremo prima aJ fatto delle mutazioni, rilevandone pricipalmente l'ampiezza, la vastità e, per cosl dire, la totalità che la fisica moderna riscontra nel cosmo inanimato; quindi Ci soffermeremo sul significato della loro direzione, quale è stata parimenti accertata. Sarà come porgere l'orecchio a un piccolo concerto dell'immenso universo, che ha però voce bastante per cantare la gloria di Colui che tutte muove (Par. l , 1). •



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    A La mutabilità del cosmo. - Giustamente stupis