Professione di fede epicurea di Heinz Widerporst

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Professione di fede epicurea di Heinz Widerporst

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parva philosophica [37]

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Friedrich Wilhelm Joseph Schelling

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Professione di fede epicurea di Heinz Widerporst

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a cura di Leonardo Amoroso

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Edizioni ETS

www.edizioniets.com

© Copyright 2013 EDIZIONI ETS Piazza Carrara. 16-19,1-56126 Pisa [email protected] www.edizioniets.com Distribuzione PDE. Via Tevere 54.1-5OO19 Sesto Fiorentino [Firenze]

ISBN 978-884673570-6

INTRODUZIONE

1. Nel circolo romantico di Jena, fra quei giova­ ni che i due fratelli Schlegel1 avevano coinvolto nel «confilosofare» della rivista «Athenaeum»2, il tema della religione, nella sua stretta connes­ sione con quello della poesia, è ben presente fin dall’inizio, cioè fin dai fascicoli pubblicati nel 1798. Per esempio, già nel primo fascicolo, No­ valis3 afferma l’assoluta necessità di poeti e sacerdoti, o meglio di poeti-sacerdoti, come 1 Sono August Wilhelm (1767-1845) c Friedrich (17721829; di qui in avanti, quando scriverò semplicemente «Schlegel», intenderò appunto Friedrich). Ci sono poi, per nominare solo quelli che hanno - come si vedrà man mano - una parte significativa nella nostra storia, la moglie del primo, Caroline (1765-1809), la compagna del secondo, Dorothea (1766-1839), poi Friedrich D.E. Schleicrmacher (1768-1834), Friedrich von Hardenberg alias Novalis (1772-1801), Ludwig Ticck (17731853) c naturalmente l’autore del poemetto qui presentato: Friedrich W.J. Schelling (1775-1854). 2 Cfr. Àtbenaeum 1798-1800, a cura di G. Cusatelli, tradu­ zione, note e apparato critico di E. Agazzi e D. Meazza, Bompia­ ni, Milano 2009. Di qui in avanti i cinque fascicoli pubblicati ver­ ranno indicati, dopo la sigla Ath., col numero seguito dall’anno (l’indicazione delle pagine rimanda all’edizione citata). Di «con­ filosofare» Schlegel parla per es. nei Fralmente (Frammenti), n. 112 c n. 125 (Ath. 2/1798, p. 167 e p. 170). J Sarà proprio contro un testo successivo di Novalis - anti­ cipo - che Schelling scriverà il poemetto Epikurisch Glatibensbekennlniss Heinz Widerporstens.

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«mediatori» con la dixdnità4. E riferimenti alla religione non mancano certo nemmeno nei due fascicoli successivi5. Ma è a metà del 1799 che il tema della religio­ ne viene ancor più in primo piano, in vari testi (pubblicati sulla rivista e no) di quegli autori. Il primo testo che merita di venire citato è senz’al­ tro un libro, uscito anonimo nel giugno di quell’anno, nel quale Schleiermacher si propone di rintuzzare i pregiudizi degli intellettuali ri­ guardo alla religione6. Se essi la disprezzano, è argomenta Schleiermacher - perché ne hanno una concezione riduttiva, per esempio in quanto '.e considerano «pietre angolari» «il timore di un èssere eterno e il giudizio in un altro mondo»7. Per comprendere la religione nella sua essen­ za, occorre distinguerla rispetto ad altri ambiti, 4 Cfr. Novalis, Bliitenstaub {Polline), n. 71 e n. 74 (Ath. 1/1798, p. 59 e p. 60). 5 Così, per esempio, in alcuni dei Fralmente (Frammenti), Ath. 2/1798, e in Ober die Philosohie. An Dorolhea (Sulla filoso­ fia. A Dorothea), Ath. 3/1799, nei quali Schlegel mette variamen­ te in rapporto filosofia, poesia e religione, oppure nel dialogo Die Gemàlde (/ dipinti) scritto dal fratello August Wilhelm (con la decisiva collaborazione della moglie Caroline), Ath. 3/1799, nel quale si discute fra l’altro del rapporto fra pittura e cristianesimo. 6 Cfr. Schleiermacher, Ober die Religion. Reden an die Gebildeten tinler ihren Verdchtern, tr. di S. Spera: Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la dispreizano, Queriniana, Brescia 20052. 7 Op. cit., p. 54. Cfr. anche op. cit., pp. 120 sgg. L’idea di un Dio personale - argomenta Schleiermacher anche portando il si­ gnificativo controesempio di Spinoza (cfr. op. cit., pp. 75-76 e p. 123) - non è indispensabile alla religione.

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quali la filosofia o la morale, di cui pur condivi­ de l’oggetto, cioè «l’Universo e il rapporto dell’uomo con esso»8. Ma a quell’oggetto cia­ scuna di esse si rivolge in modo differente. La fi­ losofia lo fa per stabilire un sistema di «essen­ ze», di «cause» e di «leggi»; la morale, per stabi­ lire un «sistema di doveri»9. La religione non fa né l’una né l’altra cosa, nonostante che l’opinio­ ne corrente la fraintenda nel senso di un «mi­ scuglio»10 di filosofia e di morale. Ma la religio­ ne è ben diversa da loro (mentre è affine, per certi versi, all’arte)11 perché «la sua essenza non è né pensare né agire, ma intuizione e sentimen­ to»12. L’oggetto di quest’intuizione, che risveglia al contempo un sentimento nel soggetto, è l’Universo, l’infinito: «La religione è senso e gu­ sto dell’infinito»13. Ma l’infinito non può essere esaurito da nessuna intuizione singola. La stessa «natura della religione» giustifica, anzi richiede, la «pluralità delle religioni»14. Ciononostante, Schleiermacher afferma un primato del cristiai

8 Op. c/Z, p. 67. 9 Op. cit., p. 68. 10 Op. cit., p. 69. 11 Cfr. op. cit., p. 150 cpassim. 12 Op. cit., p. 73. n Op. cit., p. 74. 14 Infatti, «le religioni positive sono quelle forme determina­ te nelle quali la religione infinita si manifesta nel finito» {op. cit., p. 205). Nel seguito del passo Schleiermacher critica invece la co­ siddetta «religione naturale», che manca di concretezza storica.

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nesimo, perché la sua intuizione fondamentale è quella del rapporto tra finito e Infinito, ovvero della loro contrapposizione e della necessità di una mediazione15, dunque l’intuizione che è alla base della religione in generale16. Questo libro di Schleiermacher ha una grande importanza nella vita del circolo di Jena. Schlegel17 lo recensisce immediatamente sull’«Athenaeum»18 dichiarando già nell’incipit che «da molto tempo non si è discusso dell’argomen­ to di tutti gli argomenti in maniera più elevata e sublime», anzi, che in un certo senso non se ne è discusso affatto perché della religione si è perduo perfino il concetto19. Nel fascicolo successivo Iella rivista, poi, Schlegel tornerà lui stesso su questo «argomento di tutti gli argomenti»20. 15 Cfr. op. cit., pp. 234. Cristo espresse appunto questa intui­ zione. ma non per questo egli deve essere - afferma audacemente Schleiermacher - «l’unico mediatore» (op. cit., p. 243). Si ricordi che il tema dei «mediatori» era anche nei frammenti sopra citati di Novalis. 16 In questo senso il Cristianesimo è quasi una religione alla seconda potenza (cfr. op. cit., p. 236), è «la religione delle religioni» (op. cit., p. 248). 17 Lui e Schleiermacher avevano stretto amicizia nel 1797 a Berlino, dove avevano anche abitato insieme. 18 Cfr. Ath. 4/1799. La recensione apre come «più degna­ mente» non si potrebbe (p. 537) - dice Schlegel - la nuova rubri­ ca Notizen (Appunti). 19 ibidem. Ciò non toglie che la seconda parte della recensio­ ne lasci trasparire, in maniera volutamente «ambigua» ed «esote­ rica», una distanza fra recensore e recensito. 20 Cfr. Schlegel, Ideen (Idee), Ath. 5/1800. L’autore si richia-

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2. Ma le tracce di quest’opera di Schleiermacher sono ben presenti anche in uno scritto che qui più c’interessa e al quale è stata già fatta allusio­ ne: un saggio di Novalis in cui la tesi (ancora oggi assai discussa) delle «radici cristiane dell’Euro­ pa» viene sostenuta fino al parossismo21. Quan­ do Novalis, negli incontri del circolo di Jena, les­ se il suo testo, gli amici, pur avvezzi alle provoca­ zioni, rimasero sconcertati. Schelling, in partico­ lare, reagì col poemetto che qui presentiamo. Ma innanzi tutto ripercorriamo il testo di Novalis22. Esso si apre con un’esaltazione del Medio­ evo23, quando «un’unica Cristianità abitava in questa parte del mondo umanamente plasma­ ta»24 e Roma, residenza del Papa, era il centro ma anche spesso a Schlciermacher, ma sviluppa al contempo il tema in modo originale, per es. insistendo sull’avvento di una nuova religione. 21 Anche per le vicende che ora ricorderemo, il saggio rima­ se inedito. Fu pubblicato per la prima volta in versione integrale, col titolo Die Christenheit oder Europa. Ein Fragment, nel 1826, quindi molto dopo la morte dell’autore. Cfr. Novalis, La Cristia­ nità ovvero l’Europa in Idem, Opera filosofica, voi. II, a cura di F. Desideri, Einaudi, Torino 1993 (con utili introduzione e note del curatore). 22 Sarà qui sufficiente (come già nel caso del libro di Schleiermacher) presentare brevemente le tesi generali del saggio, richia­ mando però in particolare alcuni punti necessari per la compren­ sione del poemetto di Schelling (che li riprende ironicamente). 2J Nel Medioevo è anche ambientato il romanzo (incompiu­ to) di Novalis, Heinrich von Ofterdingen, 1799, tr. di T. Landolfi: Enrico di Ofterdingen, Adclphi, Milano 1997. 24 Novalis, La Cristianità, cit., p. 595.

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della terra e dunque, per la teoria geocentrica, il centro dell’universo. Erano - dice Novalis, gio­ cando sull’etimologia di «cattolico» (= «univer­ sale») - i bei tempi «autenticamente cattolici o autenticamente cristiani». Ma «l’umanità non era matura per questo magnifico regno»25 ed era inevitabile che quell’unità, infantile e inge­ nua, si frantumasse. Alla corruzione del mondo cristiano reagì Lutero: con validi motivi, ma an­ che con conseguenze disastrose, perché gli in­ sorti, i protestanti, «divisero la Chiesa indivisi­ bile»26. A tentare di restaurare la religione cat­ tolica, universale, si adoperò poi il nuovo ordine dei gesuiti, che l’autore esalta per la loro «per­ spicacia e costanza»27. Tuttavia, anch’essi furo­ no sconfitti (quando Novalis scrive, l’ordine po­ teva sopravvivere solo «ai confini dell’Euro­ pa»). E invece la Riforma condusse, suo malgra­ do, all’irreligione. Essa aveva fatto sì che le «mi­ gliori teste» diventassero «adulte», ma ciò pro­ dusse un’opposizione di «fede e sapere» e si svi­ luppò un modo «moderno» di pensare che fu considerato la vera «filosofia» proprio perché nemico della religione. Quest’odio, anzi, si este­ se a ogni «entusiasmo», a «fantasia e sentimen­ to»28, propugnando l’atteggiamento razionali25 26

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Op. cit., p. 593. Op. cit., p. 595. Op. cit., p. 597. Op. cit., p. 599.

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stico e utilitaristico dell’illuminismo francese29. Ma proprio dalla situazione presente può ri­ sorgere la religione, dato che «una vera anarchia è l’elemento generatore della religione»30. Non si tratta però di auspicare nostalgicamente un ri­ torno al passato, bensì di «usare la bacchetta magica dell’analogia» per una «storia» dichiara­ tamente «profetica»31. Se s’interpreta per esem­ pio la Rivoluzione francese come un «protestan­ tesimo mondano»32, allora si può anche avanza­ re l’ipotesi secondo cui potrebbero sorgere dei «gesuiti mondani»33. E «in Germania»34 - affer­ ma Novalis in queste pagine visionarie (piutto 29 Cfr. op. cit., p. 600, dove, parlando appunto degli illumini­ sti francesi, Novalis scrive che «la luce, a motivo della sua mate­ matica docilità c della sua impudenza, era divenuta la loro predi­ letta». Viene spontaneo pensare alla prima delle Hymnen an die Nacbt (bini alla Notte), Ath. 6/1800, ma lì il poeta, pur innamo­ rato della notte, inizia proprio riconoscendo tutto il fascino della luce, che del resto non è in quel testo certo solo né principalmen­ te la luce della ragione. A proposito di quest’opera di Novalis, composta fra il 1797 e il 1800, è opportuno, per il nostro tema, segnalare la svolta in senso (a suo modo) cristiano che separa i primi tre inni e gli ultimi tre, nei quali aU’immagine dell'amata morta e della sua tomba si sovrappone quella dcU’amato, Cristo, c del suo sepolcro. J0 Op. cit., p. 601. 51 Op. cit., p. 602. 52 Ibidem. L’analogia è sviluppata indicando negli esiti della rivoluzione francese un autocontraddittorio «governo rivoluzio­ nario», così come un autocontraddittorio «governo rivoluziona­ rio» (op. cit., p. 596) fu a suo tempo l’esito della Riforma. ,J Op. cit., p. 602. Cfr. anche già op. cit., pp. 598-99. 54 Op. cit., p. 603.

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sto che reazionarie) - che si avvertono i presagi di questa rivoluzione dello spirito. Uno di essi è la presenza di un «fratello», «palpito del cuore della nuova epoca», il quale ha risvegliato il sentimento religioso. Questo «fratello» è da identificarsi probabilmente pro­ prio con Schleiermacher, come suggerisce il gio­ co di parole contenuto nell’affermazione secon­ do cui egli «ha preparato [gemacht]» «un nuovo velo [Schleier\» per la Vergine35. Questo velo pudicissimo è al contempo eloquente, dato che - afferma Novalis con accenti mistici - le sue «pieghe» sono le «lettere» di una «dolce annun­ ciazione»: ci sarà «una nuova assemblea primiti­ va», anzi, addirittura un nuovo «parto»! Ma anche il risveglio delle scienze naturali e della filosofia e la stessa situazione politica36 ri­ chiedono uno sviluppo in senso mistico e religio­ so. In ultima istanza, infatti, «solo la religione può ridestare l’Europa»37. La religione così au­ spicata da Novalis è sì il cristianesimo, ma un cri­ stianesimo che non s’identifica, infine, né col cat­ tolicesimo («l’antico Papato è sepolto») né col «Protestantesimo», che - si dice - deve «final­ mente cessare e fare posto a una nuova Chiesa»38. 35 Op. cit., p. 605. Uno Schleiermacher è, letteralmente, un «facitore di veli». 36 Cfr. op. cit., pp. 605-607. 37 Op. cit., p. 607. 38 Op. cit., p. 608. Lo schema sembra dunque essere quello,

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3. Una tale esaltazione del cattolicesimo e addi­ rittura dei gesuiti non poteva non lasciare di stucco gli uditori. Nessuno di loro era cattolico (anche se qualcuno lo diventerà)39: erano tutti protestanti, più un’ebrea. E appunto quest’ultima, Dorothea40, a commentare ironicamente, con particolare riferimento a Tieck e a Novalis: «Qui il cristianesimo è à l’ordre du jour. I signori sono un po’ matti [...]; scommetterei qualsiasi cosa che non capiscono se stessi e non si capi­ scono l’un l’altro»41. Comunque, nonostante quanto osserva argu­ tamente Dorothea, c’è almeno un elemento che quei signori avevano in genere in comune: ap­ punto il riferimento alla religione cristiana (più o meno liberamente interpretata). Proprio con­ tro questo elemento si scaglia invece Schelling,

gioachimita, diffuso da Lessing: cfr. per es. la sopra ricordata re­ censione di Schlegel a Schleiermacher (Ath. 4/1799, p. 537 e no­ ta), nonché la n. 95 delle sue Idee, cit., pp. 616-17. 59 Schlegel e la moglie si convertiranno al cattolicesimo nel 1808. 40 Dorothea era figlia del filosofo ebreo Moses Mendelssohn. Nel 1804, per sposare Friedrich Schlegel, si converte al protestantesimo. Nel 1808 lo segue anche, come detto, nella con­ versione al cattolicesimo. I due figli di un matrimonio precedente (con l’ebreo Vcit), Philipp e Jonas, fanno altrettanto nel 1810. Philipp fa anche parte del gruppo dei «nazareni», cioè di quei pittori che s’ispiravano all’arte sacra mcdioevalc. 41 Lettera del 15 novembre 1799 a Schlciermacher, in Schlciermachcr, Kritische Gesamtausgahe, V 3, hrsg. v. A. Arndt und W. Virmond, de Gruyter, Berlin-New York 1992, p. 237.

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la cui reazione al testo di Novalis è dunque qua­ litativamente diversa da quella dei suoi amici. Schlegel la descrive così: Schelling è stato preso da «un nuovo attacco del suo vecchio entusia­ smo per l’irreligione»42. Da quest’entusiasmo nasce il poemetto qui presentato. Le parole sopra citate di Schlegel si trova­ no in una lettera in cui egli, da Jena, informa Schleiermacher, che sta a Berlino, appunto del fatto che Schelling ha composto questo poemet­ to, nel quale ci sono - precisa - oltre ai punti «divertenti», anche punti «seri» (quelli di filoso­ fia della natura, come vedremo), che gli piaccio­ no molto. Schlegel ventila l’ipotesi di pubblica­ re «anche» il testo di Schelling (quindi insieme a quello di Novalis) sulla rivista. Quest’idea - dice - corrisponde alla sua «filironia» (e - aggiungia­ mo - alla sua idea di «sinfilosofia»)43. Chiede a Schleiermacher (colpito lui pure, anche se meno di Novalis, dalla satira di Schelling), se è altret­ tanto «filironico». Non tutti lo sono: non lo è per esempio Tieck (grande amico di Novalis e a lui vicino anche proprio sul tema della religio­ ne), che ha «preso male» il poemetto satirico. 42 Lettera senza data, ma risalente a metà novembre 1799, di Schlegel a Schleiermacher, in op. cit., pp. 240-41. Schelling era arrivato a Jena con la fama di «libertino» e «sanculotto». 43 Per non decadere a mera «simpatia», la «sinfilosofia» deve infatti implicare anche la contrapposizione (cfr. il n. 112 dei Frammenti, cit., p. 167).

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Fortunatamente, Tieck ignora chi ne sia l’auto­ re. Il fatto che si tratti di Schelling - afferma Schlegel - «deve restare segreto». Sulla stessa possibilità di pubblicare insieme i due testi, del resto, dice che occorre riflettere ancora44. Della conclusione della vicenda è, pochi giorni dopo, di nuovo Dorothea a informare Schleiermacher45: né l’uno né l’altro testo ver­ ranno pubblicati sull’«Athenaeum». Dorothea ne è assai contenta, dato che - dice - lei era «fin dall’inizio molto contraria», ma la sua era una «voce nel deserto». Siccome non si trovava un accordo46, «è stato chiesto a Goethe - racconta - di fare da arbitro» e il suo parere è stato deci samen te negativo47: «Vivai Goethe!»48. A quan44 In una lettera non datata, ma di poco successiva (cioè dell’inizio del dicembre 1799), Schlegel informa Schleiermacher che il fratello August Wilhelm non ha ancora deciso: cfr. Schleiermacher, Kritiscbe Gesamtausgabe, V 3, cit., p. 282. 45 Cfr. la lettera del 9 dicembre 1799 in op. cit., p. 289. Cfr. anche la lettera di Schlegel (non datata, ma contemporanea) in op. cit., p. 291. 46 Alla fine August Wilhelm - riferisce Dorothea - aveva ac­ cettato, ma «non senza una nota» che però «Schelling non voleva». 47 Goethe certamente non condivideva le idee dello scritto di Novalis né, d’altro canto, desiderava che Schelling (chiamato a insegnare a Jena, neH’ottobrc 1798, anche e soprattutto per il suo interessamento) fosse coinvolto in quell'Atbeismnsstreit («dispu­ ta sull’ateismo») che era costato, pochi mesi prima, la cattedra a Fichte. 48 Anche August Wilhelm (lettera a Schleiermacher del 16 dicembre 1799, in op. cit., p. 303) è contento del parere di Goethe, parere che — dice — c stato lui a richiedere e che è stato a

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to ne sappiamo, l’unico a essere dispiaciuto è, paradossalmente, proprio Novalis49, per il quale lo scoppio dell’irreligiosità sarebbe in un certo senso benvenuto perché preparerebbe, ovvia­ mente senza saperlo né volerlo, il terreno per una rinascita della religione. Dunque, il testo rimase inedito50, almeno nel­ la sua interezza, perché una parte di esso fu pubblicata (anonima) da Schelling stesso, un anno dopo, sulla sua rivista51. Una prima edizio­ ne completa si ebbe solo nella seconda metà dell’Ottocento52. Ad essa fece seguito, all’inizio del Novecento, un’altra edizione55 che, tenendo suo favore. (Dorothea non sarebbe stata dunque l’unica contraria, anche se la sua posizione sembra essere stata quella più decisa). 49 Cfr. lettera a Schlegel del 31 gennaio 1800, in Novalis, Schriften. Die Werke Friedrich von Hardenbergs, hrsg. v. P. Kluckhohn und R. Samuel, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Bd. IV, Darmstadt 1975, p. 318. 50 Così come del resto - lo si è detto - quello di Novalis. 51 Noch etu>as ùber das Verbatinis der Naturphilosophie zum Ideali!mas {Qualcos'altro sul rapporto della filosofia della natura con l’idealismo) in «Zcitschrift fùr spekulative Physik», 1800,1/2, pp. 152-55. Ci tornerò più avanti. 52 In Gustav Leopold Plitt, Aus Schellings Leben. In Rriefen, Bd. I, Hirzel, Leipzig 1869, pp. 282-89. Su Plitt si basa l’edizione di Otto Braun, Schelling als Personlichkeit. Bricfe, Keden, Aufsiitze, Fritz Eckardt, Leipzig 1908, pp. 74-81. Questo è il testo che Rosario Assunto ha poi ripubblicato c tradotto in appendice al suo Estetica dell'identità. Lettura della Filosofia dell’arte di Schel­ ling, S.T.E.U., Urbino 1962, pp. 334-53. 53 Schelling, Gedichte und poelische Dbersetzungen. Privatdruck fùr die Mitglieder der Maximilian-Gesellschafl, hrsg. v. Erich Schmidt, Poeschel & Trepte, Leipzig 1913, pp. 1-14. Qucst’edi-

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conto di una bella copia di Caroline54 corretta da Schelling stesso55, presentava le parti della composizione in un ordine un po’ diverso. E in quest’ordine che il poemetto viene qui ripubbli­ cato56 e tradotto. 4. Il titolo del poemetto nomina un certo «Heinz Widerporst». E a questo personaggio, anzi, che Schelling fa pronunciare la «professio­ ne di fede» in cui consiste il poemetto stesso. Nella conclusione, poi, lo Heinz Widerporst di Schelling dichiara di essere il secondo a portare questo nome. Chi fu il primo? Il protagonista di una poesia di Hans Sachs, il maestro cantore del Cinquecento57. Questo Widerporst è, come di­ zione è stata ripresa da Horst Fuhrmans in Schelling, Briefe und Dokumente, Bd. II, Bouvicr, Bonn 1973, pp. 205-214. E su Fuhr­ mans si basa la traduzione italiana di Paolo D’/\ngelo in Fichte, Schelling, Hegel, Schlegel, Schleiermachcr, Gli Idealisti Poeti, a cura di M. Cometa, L’Epos, Palermo 1993, pp. 55-77. 54 Già moglie, come detto, di August Wilhelm Schlegel, ma poi compagna e infine (dal 1803) moglie di Schelling. 55 Schmidt (in Schelling, Gcdichtc, cit., p. 54) precisa anche di aver cercato invano il manoscritto su cui si era basato Plitt. Peraltro anche la bella copia di Caroline era già perduta ai tempi dcU’edizione di Furhrmans (cfr. Briefe und Dokumente, cit., p. 205). 56 II testo qui pubblicato è, più precisamente, quello edito in Schelltngiana rariora, a cura di Luigi Pareyson, Bottega d’Erasmo, Torino 1977, pp. 86-97. Ho tenuto anche ampio conto delle note di questa edizione. 57 Cfr. Hans Sachs, Heinz Widerporst, 1534, in Idem, Dichtungen, voi. 2: Sprucbgedichte, hrsg. v. J. Tittmann, Brockhaus, Leipzig 1885, pp. 58-62.

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ce il nome, un irsuto contestatore58. Hans Sachs lo mette in scena e gli fa descrivere il suo carat­ tere (la sua Widerpòrstigkeii}, per poi riafferma­ re contro di lui, nella conclusione della poesia, le virtù tradizionali. Da Hans Sachs il poemetto riprende, oltre al nome e alla figura del protagonista, anche la for­ ma metrica in Knittelverse, che sono versi assai liberi, ma sempre con rime baciate, usati spesso, anche se non solo59, appunto per poesie burle­ sche. In effetti, le rime baciate contribuiscono non poco al tono «goliardico» di questo poe­ metto. Ho dunque ritenuto importante ripro­ durle nella traduzione italiana60, per la quale ho al contempo adottato i versi per noi più comuni, cioè gli endecasillabi61. 58 Cfr. Jacob e Wilhelm Grimm, Deutsches Wórterbiich, s. v. Widcrborsi (di cui Widerporst è variante): il passaggio metaforico va dalla natura ribelle dei capelli a quella della persona. 59 Goethe li usa addirittura nel Faust. Ma li aveva usati an­ che in una poesia dedicata appunto a Hans Sachs (cfr. Goethe, Erkldrung eines alien Holzschnittes vorstellend Hans Sachens poelische Sendung, 1776, tr. il.: Spiegazione di una antica xilografia che rappresenta la vocazione poetica di Hans Sachs in Goethe, Tutte le poesie, a cura di R. Fertonani, voi. II 1, Mondadori, Milano 1994, pp. 770 sgg.), a cui Schlegel fa riferimento, nella ci­ tata lettera a Schleiermacher del 16 novembre 1799, dicendo che il poemetto di Schelling è «alla maniera del Goethe dello Hans Sachs». 60 Presumibilmente per una svista, i w. 121, 122 e 123 (dun­ que tre versi di seguito, e non due) hanno la stessa rima. Ho man­ tenuto l’anomalia nella traduzione. 61 I versi e soprattutto le rime sono gli elementi che più

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Quanto al contenuto, i vari temi del poemet­ to vengono toccati, abbandonati, poi ripresi, etc.62 secondo un andamento da canzone di or­ ganetto che contribuisce anch’esso al carattere per lo più burlesco della composizione. Ma in quest’introduzione conviene cercare di passarli in rassegna in maniera più ordinata, chiarendo al contempo alcune allusioni non immediata­ mente comprensibili. Il tema da cui partire è senz’altro quello del­ l’opposizione alla religione, ovvero al cristiane­ simo, specialmente nella sua versione medioe­ vale, preriformistica, e in quella cattolica, con­ troriformistica. E quest’opposizione, infatti, che motiva, come sopra ricordato, la stesura stessa del poemetto. Heinz dichiara tale opposi­ zione subito nell’esordio (w. 9-12). Ma dice an­ che di essere stato per un po’ di tempo traviato dalla lettura di qualche «discorso» e «frammen­ to» (v. 24)65. Con questa finzione l’autore può alludere al libro di Schleiermacher e al saggio di Novalis sopra ricordati. A Schleiermacher può distinguono questa traduzione dalle due precedenti (delle quali - e soprattutto di quella di D’/\ngclo - ho comunque tenuto conto). Ciò mi ha costretto naturalmente a tradurre in modo un po’ più libero di quanto sono solito fare. 62 Per questo i due diversi ordinamenti delle parti proposti, come detto, da edizioni diverse risultano entrambi leggibili. 65 È subito dopo aver superato questo traviamento - aggiun­ ge - che ha deciso di mettersi a scrivere (w. 45-46) al fine di evi­ tare che altri vi cadano.



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poi ben rimandare l’accenno a un’intuizione che si perde nelle profondità dell’universo (v. 30 e w. 180-182). L’opposizione di Schelling a Schleiermacher non è stata però di lunga du­ rata: meno di due anni dopo la composizione del poemetto, Schelling afferma di aver com­ pletamente frainteso, per leggerezza, quest’ope­ ra stupenda che è essa stessa un’«immagine dell’universo»64. Del resto, anche nel poemetto il bersaglio principale è senz’altro Novalis. Le allusioni a lui e in particolare al suo saggio sulla cristianità so­ no molte. Per esempio, i versi 83-98 sono una ri­ presa fortemente ironica delle pagine iniziali di quel saggio, con la loro idealizzazione ed esalta­ zione del Medioevo: se proprio devo scegliere una religione, allora - dice Heinz l’«epicureo» vada per la cattolica, ma com’era ai bei tempi andati65, quando a Roma (che era il centro della terra e quindi dell’universo) si viveva come nel paese di Cuccagna! A Novalis e a chi la pensa come lui fanno poi di nuovo allusione i w. 250287, dove Heinz dice di detestare chi disprezza la natura e si sente un puro spirito, comportan64 Cfr. la lettera a A.W. Schlegel del 3 luglio 1801 in Schel­ ling, Oriefe undDokumente, Bd. II, cit., p. 335. 65 Nei tempi moderni (tempi filosofici, in cui imperano le dottrine dell’illuminismo, di Kant c di Fichte), si è invece persa la differenza - osserva ironicamente Heinz (w. 108-116) - fra i cattolici e gli altri uomini.

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dosi peraltro da bigotto delle immagini66, specie di quelle della Madonna, col suo velo pudico67. Ridicolo, poi, gli pare l’annuncio di un nuovo Messia che ripristini l’ordine cristiano, anzi cat­ tolico (e quanto ai gesuiti, tanto ammirati da Novalis, Heinz li manda semplicemente al dia­ volo, insieme ai russi)68. L’ago della bussola di queste profezie (viene detto ai w. 275-279 con una metafora alquanto barocca, ma significativa degli interessi scientifici di Schelling)69 non in­ dica il Nord, né basta - per farglielo indicare, rendendolo magnetico, - il contatto con un vero spirito. Il riferimento è probabilmente a Fichte, la cui filosofia anche Novalis aveva studiato'0, 66 Qui è adombrata la tendenziale deriva filocattolica, per motivi estetici, del Romanticismo, che tradisce così il sobrio aniconismo protestante. 67 Veramente qui (v. 262) è la religione a essere coperta di un velo pudico. Ma il riferimento a Novalis c al suo gioco di pa­ role, sopra ricordato, sulla parola Schleiermacber («facitore di ve­ li») è comunque evidente. 68 Cfr. v. 315. La Russia era, a fine Settecento, uno dei pochi luoghi dove i gesuiti erano tollerati. Ma se Schelling nomina, nei termini ricordati, i russi, è anche (cfr. Plitt, op. ci/., p. 289, n. 1) perché pensa ad August F.F. von Kotzcbuc (1761-1819), lettera­ riamente avversario sia di Goethe che dei romantici e politica­ mente filozarista (per questo fu ucciso da uno studente). 69 Ci torneremo fra un momento. 70 L’«anche» si riferisce naturalmente al fatto che pure gli inizi filosofici di Schelling sono fichtiani: cfr. Schelling, Vom Ich als Prinzip der Pbilosopb/e, oder iiber das Unbedingte im menscblichen Wissen, 1795, tr. di A. Moscati: Dell'Io come principio del­ la filosofia ovvero sull'Incondizionato nel sapere umano, Crono­ pio, Napoli 1991.

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così come anch’egli, d’altro canto, coltivava le scienze naturali71. Ma la duplice affinità non gli conquista le simpatie di Schelling, che nel poe­ metto (w. 280-287) lo tratta come un dilettante che mescola malamente pensieri altrui, con un risultato assolutamente indigesto72. I

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5. Alla critica della religione cristiana, in quanto essa disprezza e mortifica il corpo e la natura­ lità, si accompagna costantemente, nel poemet­ to, la valutazione positiva dei piaceri della car­ ne. E innanzi tutto in questo senso, molto gene­ rale, che questa professione di fede è, come di­ chiara già il titolo, «epicurea»: non tanto, dun­ que, nel senso dell’effettiva dottrina del filosofo greco, quanto in quello, vulgato, di «edonista». Così, per cominciare dai piaceri più necessari, quelli del cibo e delle bevande (v. 40) vengono contrapposti ai digiuni della religione cristiana (v. 18): non è attraverso le mortificazioni del corpo - dal quale esse vorrebbero (cosa peraltro impossibile) liberarci (w. 19-20) - che si può 71 La gran massa di appunti postumi di Novalis relativi all’uno c/o all’altro filone di ricerca sono disponibili nei due voli, di Idem, Opera filosofica, cit. (Il curatore del primo volume, qui finora non citato, è G. Moretti). 72 Anche successivamente Schelling manterrà questo giudi­ zio. Cfr. la lettera del 29 novembre 1802 a A.W. Schlegel (in Schelling, Briefe and Dokumente, Bd. II, cit., p. 470): «Non sop­ porto questa superficialità verso gli oggetti, annusarli un po’ tutti senza penetrarne nessuno».

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cogliere la realtà e la verità, ma solo grazie alla salute (v. 39). Proprio una sana e ricca alimenta­ zione è la cura (v. 41) a cui Heinz si sottopone per rimettersi dal momentaneo traviamento do­ vuto alle cattive letture di cui sopra. Uno dei primi risultati della cura è quello di ridargli la potenza sessuale (v. 43). I piaceri ero­ tici vengono nominati di nuovo ai w. 77-82, do­ ve Heinz dichiara qual è l’unica «religione» in cui crede (far l’amore con una bella donna) o ancora, con perifrasi ironica, ai w. 289-291, do­ ve egli consiglia a chi voglia seguirlo nella sua «fede» di far sedere accanto a sé, su un divano, una bella ragazza e di spiegarle per bene la Lu­ cinde (cioè il romanzo «erotico» di Schlegel)'3, con una spiegazione - si suppone - di natura so­ prattutto pratica. E nella conclusione, a testimo­ nianza del significato in cui Epicuro viene qui interpretato e diffuso, il «giardino» è chiamato «giardino di Venere» (v. 316). Sempre nel con­ testo amoroso rientra poi la dichiarazione di Heinz secondo cui, piuttosto che sprofondare nell’intuizione dell’universo (come fa la religio­ ne secondo Schleiermacher), egli preferisce di 75 Cfr. Schlegel, Lucinde, 1799, tr. di M.E. D’Agostini, Lu­ cinde, Studio Tesi, Pordenone 1985. Ma fu proprio Schleicrmachcr a prendere, poco dopo, le difese dell’amico nei suoi Vertraute briefe iiber F. Schlegels Lucinde, 1800 (Lettere confidenziali sul­ la Lucinde di F. Schlegel, parzialmente tradotte in appendice al romanzo nell’edizione sopra citata).

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gran lunga sprofondare negli occhi azzurri dell’amata (w. 180-182)74. Questi elementi edonistici s’inseriscono nel contesto più propriamente filosofico del poe­ metto: quello concernente la filosofia della na­ tura. Si tratta di un filone di ricerca che Schel­ ling sta coltivando assiduamente appunto in quegli anni e che lo porta progressivamente al distacco da Fichte. I riferimenti culturali di Schelling al riguardo sono vari e vanno, per esempio, dal naturalismo rinascimentale allo spinozismo, ma combinato con la monadologia leibniziana. Grande importanza ha inoltre lo studio delle scienze empiriche, i cui recenti progressi soprattutto nei campi della fisica (si pensi al magnetismo e all’elettricità), della chi­ mica e della biologia vengono interpretati da Schelling nel senso di una continuità fra natura inorganica e natura organica. In questo senso tutta la natura, purché considerata come natura naturans., è animata da un unico impulso for­ mante e organizzante che procede attraverso opposizioni (a partire da quella di attrazione e repulsione). Ma lo stesso procedere dialettico vale nel mondo dello spirito, cosicché c’è, a li­ vello profondo, identità, pur nella differenza, fra natura e spirito: «La Natura deve essere 74 Cfr. anche w. 300-311, dove proprio questa visione è fonte di verità.

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lo Spirito visibile, lo Spirito la Natura invisi­ bile»75. Il poemetto è anche un’esposizione in versi delle idee di fondo di questa filosofia della natu­ ra. Quell’unica vera realtà che - si è visto - si la­ scia cogliere solo grazie alla salute è perciò stesso, in quanto realtà coglibile solo da sensi sani (v. 17)76, la realtà sensibile. Heinz afferma anzi che l’unica realtà è la «materia» (w. 68-72), la quale è eterna (w. 172-73). Tuttavia, già il fatto che, in un altro punto del poemetto (v. 297), la materia, quale oggetto di venerazione, sia congiunta coj la luce (cioè con un elemento «immateriale» mette in guardia contro letture riduttive. Non sì tratta qui né di materialismo (almeno non «vol­ gare») né di spiritualismo, ma dell’affermazione di una continuità dialettica che procede dalle for­ me più elementari a quelle più evolute della natu­ ra fino allo spirito. Così, per es., i w. 144-49 dico­ no che è «vera» solo quella religione che si mani75 Schelling, Einleitung zu den Ideen zu einer Philosophie der Natiir, 1797, tr. di G. Preti: Introduzione alle Idee per una filoso­ fia della Natura in Idem, L'empirismo filosofico e altri scritti, Fi­ renze, La Nuova Italia, 1967, p. 47. In uno scritto successivo (e di pochi mesi precedente il poemetto), quando ormai si è maturato il distacco da Fichte, Schelling afferma poi: «Filosofare sulla na­ tura significa sottrarla al morto meccanicismo in cui appare rin­ chiusa, richiamarla, per così dire, alla vita con la libertà, e porla nel suo libero sviluppo» (Erster Entumrf eines Systems der Naturpbilosophie, 1799, tr. di G. Grazi: Primo abbozzo di un sistema difilosofia della natura, Cadmo, Roma 1989, p. 105). 76 Cfr. anche w. 73-76.

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festa già, in modo «geroglifico», nella natura77. Con maggiore ampiezza e ricchezza, i w. 184-249 presentano poi lo sviluppo graduale della natura fino alla coscienza, allo spirito che già dorme in essa e che trova infine la sua forma adeguata in quell’ente peculiare - perché (come dicevano i fi­ losofi rinascimentali) centro e compendio dell’universo - che è l’uomo. Ma egli avrà biso­ gno ancora di tempo e di riflessione per com­ prendere che la natura non è che la sua preistoria e che da essa non ha dunque nulla da temere. Data l’efficacia di questo secondo gruppo di versi, ben si comprende che Schelling abbia estratto questo gioiello dal poemetto satirico e l’abbia pubblicato, come già ricordato, sulla sua rivista. In questa sede egli ha apportato anche una significativa variante che esalta ancora di più la produttività della natura naturans. Nella pubblicazione su rivista gli ultimi due versi suo­ nano infatti: «Tutto è una forza, alterno gioco, trama, / spinta che a superiore vita chiama»78. Il fatto che sia proprio una filosofia della na­ tura a essere messa in versi non è casuale, per-

77 I versi successivi (w. 150-164) prospettano una buffa ipo­ tesi: quella di un monte sacro dove la natura avesse assunto le forme e i simboli della religiosità cristiana. In quel caso, Heinz s’inchinerebbe alla croce. Ma naturalmente l’ipotesi è irreale, e dunque egli resta anticristiano. 78 Ist Etne Kraft, Ein Wechselspiel und Webeti, / Ein Trieb und Drang nach irntner bohemi Leben.

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ché proprio una filosofia di questo tipo vi si pre­ sta bene: basti pensare - per restare in tema di epicureismo (questa volta in senso proprio) - a Lucrezio79. Ma non si tratta solo di questo, ben­ sì anche del fatto che c’è un legame più intrinse­ co fra la natura e la poesia. Il poemetto stesso lo dichiara apertamente, contrapponendosi, al so­ lito, a Novalis, ma da un ulteriore punto di vista: in quanto, cioè, la sua religiosità cristiana sem­ bra essere anche poetica80, mentre non lo è af­ fatto (w. 57-58). Vera poesia («tedesca») è inve­ ce - viene detto - quella che nasce proprio dal naturalismo (v. 299). Ed è così, perché è la natu­ ra stessa, nella sua produttività, che è la prima poiesis (w. 121-129)81. 79 Ma anche a Giordano Bruno, filosofo molto caro a Schel­ ling, che poco dopo gli dedicherà un dialogo: Schelling, Bruno, oder das gòt diche und natiidiche Prinzip der Dirige, 1802, tr. di E. Guglielminetti: Bruno o del principio divino e naturale delle cose. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994. 80 Oltre ai già citati Inni alla Notte, conviene qui menzionare i Geistliche Lieder, composti fra il 1799 c il 1800, ma pubblicati postumi nel 1802. Gli uni e gli altri sono tradotti da S. Mati nel volume Novalis, Inni alla notte - Canti spirituali, Feltrinelli, Mi­ lano 2012. 81 Al v. 122, come già al v. 57, ho tradotto Dichtung con «in­ gegno», distinguendo così il termine da Poesie, che ho tradotto con «poesia», e da Gedtcht, che ho tradotto con «poema». La tra­ duzione con «ingegno», parola designante una facoltà, e una fa­ coltà, per di più, preposta non solo alla creazione poetica in sen­ so stretto, può certo suscitare perplessità, ma apparirà (spero) meno forzata se si considera che in un caso Dichtung sta in endia­ di con Sinn («senso») e nell’altro con Phanlasie («fantasia»).

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In una grande opera di poco successiva, Schelling, appunto considerando la natura, il «mondo oggettivo», come «l’originaria poesia, ancora priva di coscienza, dello spirito», indica il compimento del sistema, quello nel quale esso «ritorna nel suo principio», ma a un più alto li­ vello, nella «filosofia dell’arte»82. Ma sarà anche proprio con lo sviluppo della sua filosofia dell’arte, riflettendo sulla possibilità di una «mi­ tologia cristiana»83, che Schelling arriverà poi a considerare la religione cristiana in un modo af­ fatto diverso da quello di Heinz Widerporst84. Poco dopo, con un’ulteriore svolta della sua fi­ losofia, Schelling arriverà, e questa volta a pre­ scindere dall’arte, a ripensare radicalmente i nessi di filosofia e religione85.

82 Schelling. Sistema dell'idealismo trascendentale, 1800, tr. di G. Boffi, Bompiani, Milano 2006, p. 71. 85 Cfr. Idem, Philosophie der Kunst (pubblicata postuma nel 1859, ma scritta nei primissimi anni dell’ottocento), tr. di A. Klein: Filosofia dell’arte. Prismi, Napoli 19972, sp. pp. 112-146. 84 Peraltro, niente ci assicura che nemmeno al momento del­ la composizione del poemetto Schelling si riconoscesse totalmen­ te nelle posizioni attribuite al protagonista del medesimo. 85 Cfr. Idem, Philosophie und Religion, 1804, tr. di V. Verrà: Filosofia e religione in Idem, Scritti sulla filosofia, la religione, la libertà, a cura di L. Pareyson, Mursia, Milano 1974.

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Pubblicando questo lavoro, desidero ringra­ ziare tutti coloro che mi hanno incoraggiato e consigliato, in particolare Laura Bastogi, Pietro Beltrami e Alberto Siani. E desidero dedicarlo alla memoria di Augusta Kleinheinz, che, tanti anni fa, mi fece innamorare della lingua e della letteratura tedesca.

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Kann es furwahr nicht tinger ertragen, Muss wieder einmal um mich schlagen, Wieder mich rùhren mit alien Sinnen, So mir dachten zu zerrinnen Von den hohen uberirdschen Lehren, Dazu sie mich wollten mit Gewalt bekehren, Wieder werden urie unser einer, Der hat Mark, Blut, Fleisch und Gebeiner. Weiss nicht urie sie’s kònnen treiben, Von Feligion reden und schreiben; Mag ùber solchem Zeug nicht bruten, Will denn un ter sie hineinwiithen Und mir nicht von den hohen Geistern I^assen Verstand und Sinn verkleistern, Sondern behaupte zu dieser Frist, Dass nur das wirklich und wahrhaft ist, Was man kann mit den FJànden betasten, Was zu begreifen nicht Noth thut fasten, Noch sonst ander Casteiung Oder gewaltsame Leibesbefreiung.

Zwar, als sie sprachen davon so trutzig, Wurd’ ich eine Welle stutzig, Las, als ob ich was verstehen kdnnt’, Darum so Feden als Fragment. 25 Wollt mich wirklich drein ergeben,

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Non sono più disposto a sopportare, ora mi devo proprio scatenare, recuperare tutt’interi i sensi che per colpa di loro quasi spensi. Una sopraterrena alta sapienza volevano inculcarmi con violenza; che uomo io ridiventare possa, fatto di nervi, carne, sangue ed ossa. Non so davvero per quale ragione parlino e scrivano di religione, di questa roba non so far tesoro, voglio perciò scagliarmi su di loro: a spiriti elevati non permetto che m’impastoino senso ed intelletto. Affermo invece, ecco, immantinente che reale e vero è esclusivamente ciò che con mano può toccare ognuno, afferrandolo senza far digiuno e senza altre mortificazioni o traumatiche disincarnazioni.

Ma mostravano tale sicumera che la credetti quasi cosa vera e lessi, senza alcun discernimento, allora sia discorsi che un frammento. 25 Volevo convertirmi in verità,

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Lassen von gottlos Werk und Leben; Hoffte, dem Bòsen gar zum Spotte, Selber zu machen mich zum Gotte, Und war schon iiber Kopfund Hals Vertieft im Anschaun des Weltenalls, Als mich thdt der Witz gemahnen, Dass ich war aufderfalschen Bahnen, Solite kehren in’s alte Gleis Und mir nichts machen lassen weis. Welches zu thun ich war nicht faul; War dock nicht gleich wieder der alte Saul, Musste um zu vertreiben die Grillen, Darvon mir thdt der Kopfnoch trillen, Den Leib aufalle Weis’ berathen, Mir holen lassen so Wein als Braten. Solcbes thdt mir trefflich frommen, War ganz in meine Natur gekommen, Ronnt wieder mit Frauen mich ergehn, Aus beiden Augen helle sehn, Darob ich mich, gar sehr ergòtzt, Alsbald zum Schreiben niedersetzt.

Sprach so in meinen innern Gedanken: Thu nicht von deinem Gianben wanken, Der dir geholfen durch die Welt 50 Und Leib und Seel zusammenhdlt; Kònnen dir’s dock nicht demonstriren Und auf Begriffe reduciren. Wie sic sprechen vom innern Licht, Reden viel und beweisen nicht,

Professione di fede epicurea di Heinz Widerporst 35 abbandonare tutte le empietà, speravo, a spregio del maligno, io stesso di farmi poco a poco Dio ed ero già davvero tutto perso, 30 assorto ad intuire l’universo, quando mi resi conto tuttavia che mi trovavo sulla falsa via, tornar dovevo sul binario usato per non essere più turlupinato. 35 Ne avrei davvero avuto l’intenzione, ora però non ero più un leone, dentro la testa mi ronzava un tarlo, sapevo tuttavia come scacciarlo: provvedere dapprima alla salute 40 a forza di mangiate e di bevute. Trassi gran giovamento dalla cura, recuperai la vera mia natura, con le donne di nuovo andar potevo con i due occhi chiaro e ben vedevo, 45 perciò, molto contento di rivivere, mi sono messo prontamente a scrivere.

Così mi sono detto nel pensiero: stai pur sicuro che il tuo credo è vero, ti ha aiutato lungo l’esistenza, 50 d’anima e corpo fa una sola essenza. Invano portano dimostrazioni, invano fan concettualizzazioni. Parlan di luce nella loro mente, parlano tanto, non dimostran niente,

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55 Fiìllen mit grossen Worten die Ohren, Ist weder gesotten noch gegohren, Sieht aus wie Phantasie und Dichtung, Ist aller Poesie Vernichtung. Kònnens nicht anders von sich geben noch sagen, 60 Als wie sie's in sich fiihlen und tragen. Darum so will auch ich bekennen, Wie ich in mir es fiihle brennen, Wie mirs in alien Adern schwillt, Mein Wort so viel wie anderes gilt, 65 Der ich in bòs und guten Stunden Mich habe gar trefflich befunden, Seit ich gekommen bin ins Klare, Die Materie sei das einzig Wahre, Unser aller Schutz und Ratber, 70 Aller Dinge rechter Vater, Alles Denkens Element, Alles Wissens Anfang und End. Halte nichts vom Unsichtbaren, Halt’ mich allein am Offenbaren, 75 Was ich kann riechen, schmecken undfiihlen, Mit alien Sinnen drinnen wiiblen. Mein einzig Religion ist die, Dass ich liebe ein schònes Knie, Volle Brust und schlanke Hiiften, 80 Dazu Blumen mit sùssen Diiften, Aller Lust volle Ndhrung, Aller Liebe siisse Gewàhrung. Drum, sollts eine Religion noch geben (Ob ich gleich kann ohne solche leben)

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di paroioni ci hanno rimpinzato, ma non è cotto, non è lievitato, pare frutto d’ingegno e fantasia, e tutta annienta invece la poesia. Altro di sé non posson certo dire se non quello che in sé sanno sentire, pertanto anch’io professerò contento la fiamma che bruciare dentro sento, ciò che riempie tutte le mie vene, e il mio discorso quanto un altro tiene. Nelle ore cattive e nelle buone mi son trovato io sempre benone da quando chiaro mi è questo pensiero: la materia soltanto c’è di vero, di noi tutti essa è salda consigliera, d’ogni cosa generatrice vera, d’ogni pensiero essa è l’elemento, d’ogni sapere inizio e compimento. L’invisibile in conto non lo tengo, soltanto al manifesto io mi attengo, a ciò che posso sentire e gustare e con i sensi tutti penetrare. Ma d’una religione sono pieno: ciò che venero è un prosperoso seno, su belle gambe una vita slanciata, in mezzo a fiori ed aria profumata d’ogni piacere il pieno nutrimento e d’ogni amore il dolce esaudimento. Così, se proprio vuoi una religione (sebbene senza io viva benone),

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85 Kónnte mir von den andern alien Nur die katholische gefallen, Wie sie war in den alten Zeiten, Da es gab nicht Zanken noch Streiten, Waren alle Ein Muss und Kucben, 90 Thatens nicht in der Reme suchen, Thdten nicht nach dem Himmel gaffen, Hatten von Gott ’n lebend’gen Affen, Hielten die Erde fiìrs Centrum der Welt, Zum Centrum der Erde Rom bestellt, 95 Darinn der Statthalter residirt Und der Welttheile Scepterfiihrt, Und lebten die Layen und die Pfaffen Zusammen wie im Land der Scblaraffen. Dazu sie im hohen Himmelshaus 100 Selber lebten in Saus und Braus, War ein tàglich Hochzeit halten Zwischen der Jungfrau und dem Alten; Dazu das Weib im Haus regiert Und wie hier unten die Herrschaft fuhrt. 105 Hatte ilber das alles gelacht, Doch mir es wohl zunutz gemacht. Allein das Blatt hat sich gewandt; Ist eine Schmach, ist eine Schand, Wie man jetzund aller Orten 110 Ist so gar vernunftig worden, Muss mit Sittlichkeit stolziren, Schònen Spriichen paradiren, Dass alle wege selbst die Jugend Wird geschoren mit der Tugend,

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85 più d’ogni altra a soddisfarmi alquanto sarebbe la cattolica soltanto, com’era però ai tempi d’una volta, quando non c’era lite né rivolta e tutti si tenevano per mano, 90 non conveniva mai cercar lontano, scrutare il cielo pur non conveniva, avevano di Dio la scimmia viva, del mondo loro era la terra il centro, e della terra Roma, poi lì dentro 95 ecco la residenza del Vicario che con lo scettro guida il mondo vario, e preti e volgo, tutto un magna magna, perdawero il paese di Cuccagna! Anche lassù nella casa celeste 100 trascorrevano i giorni tra le feste, celebrando lo sposalizio ognora del Vecchio con la Vergine, signora della casa, così come la donna ci tien qui tutti sotto la sua gonna. 105 Di riderne sarei stato contento, traendone peraltro giovamento, ma la pagina è stata ormai voltata: quale ignominia! E ben svergognata l’epoca nostra: ora dappertutto 110 della ragione si vuol trarre frutto, della morale, poi, farsi gran vanto, sparar belle sentenze in ogni canto, ma addirittura è la gioventù ad essere acconciata alla virtù

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115 Und auch ein christkatholscher Christ Ebenso wie ein andrer ist. Drum hab’ ich aller Religion entsagt, Keine mirjetzt mehr behagt, Geh weder zur Kirche noch Predigt, 120 Bin alles Glaubens rein erledigt, Ausser an die, die mich regiert, Mich zu Sinn und Dichtungfiihrt, Das Herz mir tdglich rùhrt Mit ew’ger Handlung, 125 Bestànd’ger Verwandlung, Ohne Ruh noch Sàumniss, Ein offen Gebeimniss, Ein unsterblich Gedicht, Das zu alien Sinnen spricht, 130 So dass ich kann nichts mehr glauben noch denken, Was sie mir nicht in die Brust thut senken, Noch als gewiss und recht bewahren, Was sie mir nicht thut offenbaren, In deren tief gegrabnen Ziìgen 135 Muss, was wahr ist, verborgen liegen; Das Falsche nimmer in sie mag kommen, Noch ist es auch von ihr genommen; Durch Form und Bild sie zu uns spricht Und verhehlet selbst das Innre nicht, 140 Dass wir aus den bleibenden Chiffern Mògen auch das Geheime entziffern Und hinwiederum nichts mògen begreifen, Was sie uns nicht gibt mit Hànden zu greifen. Drum ist eine Religion die rechte,

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115 e perfino un cattolico cristiano non (differisce da qualunque umano. Ho dismesso perciò ogni religione, nessuna mi dà più consolazione, in chiesa non ci sono mai più andato, 120 e d’ogni fede mi son liberato, ma non di quella che ben mi governa, del mio senso ed ingegno è guida interna, di commozione al cuore fonte eterna, grazie alla sempiterna operazione 125 e ininterrotta, poi, trasformazione senza mai quiete, anzi a passo lesto: ecco un mistero, però manifesto, ecco un poema davvero immortale la cui lingua per tutti i sensi vale. 130 Così non posso credere e pensare se non ciò ch’essa in me fa germogliare né posso giudicare vero e certo se non ciò ch’essa mi rivela aperto. Nelle sue intime profondità 135 ben protetta c’è ogni verità, la falsità non vi può entrare dentro né attinger la si può mai dal suo centro. Essa ci parla in forma ed in figura né ci nasconde l’intima natura, 140 perché dai segni che noi pur vediamo anche il nascosto decifrar possiamo, né concepir possiamo viceversa se non ciò ch’essa in nostra mano versa. Pertanto è vera quella religione

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145 Mussi sie im Stein und Moosgeflechte, In Blumen, Metallen und alien Dingen, So zu Luft und Licht sich dringen, In alien Hòhen und Tiefen Sich offenbaren in Hieroglyphen. 150 Wollte gern vor dem Kreuz mich neigen, Wenn ihr mir einen Berg kònnt zeigen, Darin den Christen zum Exempel Wàr von Natur erbaut ein Tempel, Dass oben bobe Tiirme prangten, 155 Grosse Glocken an Magneten hangten, Und an Afodren, in den Hallen, Crucifixe von schònen Crystallen, In Messgewàndern mit goldenen Franzen, Silbernen Kelchen und Monstranzen, 160 Und was sonst ziert die Kirchendiener, Stùnden versteinerte Kapuziner. Weilen aber bis zu dieser Frist Ein solcher Berg nicht gewesen ist, Will ich mich nicht lassen narren, 165 Sondern in Gottlosigkeit verharren, Bis einer wird’ zu mir gesandt, Geb mir den Glauben in die Hand, Welches er wohl wird lassen bleiben. Daher ich es will so forttreiben, 170 Wenn ich auch lebt bis an den jungsten Tag, Den aucb wohl keiner erleben mag. Glaub’, die Welt ist von jeher gewesen, Wird auch nimmer in sich verwesen; Mòcht wissen, wenn sie solfo verbrennen

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145 che nella pietra trova l’espressione, nei metalli, nei muschi, poi nei fiori, in aria e luce e si rivela fuori da ciò che è alto a ciò che è profondo, nei geroglifici di questo mondo. 150 Io prometto alla croce d’inchinarmi se voi potrete un monte mai mostrarmi su cui per il cristiano come esempio abbia natura edificato un tempio, in cima torri ci siano svettanti, 155 campane con magneti poi oscillanti, i crocifissi sopra quegli altari, nelle cappelle, sian cristalli rari, cappuccini di pietra stiano in piedi, preziosi siano tutti i sacri arredi, 160 calici ed ostensori siano argenti e oro a frange sia sui paramenti. Ma siccome, per quanto n’ho saputo, un tale monte non s’è mai veduto, non voglio farmi fare fesso io 165 e invece me ne resto un senza dio fin quando un messo non mi sia inviato e mi abbia la fede consegnato, il che è ben difficile che accada; resterò dunque sulla stessa strada, 170 vivessi fino al giorno del giudizio, che vivo non vedrà nemmeno un tizio. Credimi: il mondo da sempre è esistito e mai sarà che venga annichilito; vorrei saper quando s’incendierebbe,

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175 Mit alleni Holz und Gestràuch darinnen, Womit sie wollten die Hòlle heizen, Die Siinder zu kochen und zu beizen. So bin ich aller Furcht entbunden, Kann an Leib und Seel’ gesunden, 180 Stati mich zu gebdrden und zu zieren, In’s Universum zu verlieren, In der Geliebten hellen Augen In tiefes Blau mich untertauchen. Wùsst auch nicht, wie mir vor der Welt sollt' grausen, 185 Da ich sie kenne von innen und aussen. Ist gar ein tràg und zahmes Tier, Das weder dràuet dir noch mir, Muss sich unter Gesetze schmiegen, Ruhig zu meinen Fiissen liegen. 190 Steckt zwar ein Ràesengeist darinnen, Ist aber versteinert mit seinen Sinnen, Rann nicht aus dem engen Panzer heraus Noch sprengen das eisern Kerkerhaus, Obgleich er oft die FItigel regt, 195 Sich gewaltig dehnt und bewegt, In todten und lebend’gen Dingen Thut nach Bewusstsein màchtig ringen; Daher der Dinge Quallitdt, Weil er drin quellen und treiben thàt, 200 Die Kraft, wodurch Metalle sprossen, Bdume im Fruhling aufgeschossen, Sucht wohl an alien Ecken und Enden Sich ans Licht herauszuwenden, Lassi sich die Miihe nicht verdriessen,

Professione di fede epicurea di Heinz Widerporst 45 175 con i suoi boschi e quant’altro vi crebbe, d’inferno per alimentare il fuoco a cui rosola i peccatori un cuoco. Niente oramai paura più m’incute, sono di corpo e d’anima in salute 180 e invece di far come fossi perso nelle profondità dell’universo, mi tuffo nella luce, nel colore azzurro degli occhioni del mio amore. E perché poi dovrei temere il mondo? 185 Io lo conosco fuori e nel profondo: non è che un lento, mansueto animale, né a me né a te potrebbe fare male, a leggi certe si deve piegare ed ai miei piedi docile sdraiare. 190 Un gigante di spirito c’è chiuso, ma fatto pietra, con il senso ottuso, non può sortire dal suo stretto guscio, del ferreo carcere forzare l’uscio, pur se le ali agita assai spesso, 195 dimenandosi va come un ossesso, in ogni cosa, sia morta o vivente, alla coscienza spinge prepotente, donde la qualità per ogni cosa che lui fa scaturire senza posa. 200 La forza che produrre sa i metalli e sugli alberi mette nuovi talli che cerchi dappertutto è naturale la via che su fino alla luce sale, per la fatica mai non si scoraggia,

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205 Thut jetzt in die Hòhe schiessen, Seine Glieder und Organ verlàngern, Jetzt wieder verkiìrzen und verengern Und sucht durch Drehen und durch Winden Die rechte Form und Gestalt zu finden. 210 Und kàmpfend so mit Fùss’ und Hand’ Gegen widrig Element, Lernt er im Kleinen Raum gewinnen, Darin er zuerst kommt zum Resinnen; In einen Zwergen eingeschlossen 215 Von schòner Gestalt und graden Sprossen, Heisst in der Sprache Menschenkind, Der Riesengeist sich selber find’t. Vom eisernen Schlaf, vom langen Traum Erwacht, sich selber erkennet kaum 220 Uber sich gar sehr verwundert ist, Mit grossen Augen sich griisst und misst; Mòcht alsbald wieder mit alien Sinnen In die grosse Natur zerrinnen, Ist aber einmal losgerissen, 225 Kann nicht wieder zurùck fliessen Und steht zeitlebens eng und klein In der eignen grossen Welt allein. Fiìrchtet wohl in bangen Erdumen, Der Riese kònnt sich ermannen und bàumen, 230 Und wie der alte Goti Satorn Seine Kinder verschlingen im Zorn. Denkt nicht, dass er es selber ist, Seiner Abkunft ganz vergisst, Thut sich mit Gespenstern plagen,

Professione difede epicurea di Heinz Widerporst 47 205 a volte su verso l’alto s’irraggia, organi e membra protende e sospinge, a volte poi di nuovo si restringe, e vuole, col mutar la sua figura, trovar la forma adatta e la struttura. 210 Lottando con le unghie e con i denti contro l’avversità degli elementi, la trova in un’angusta dimensione dove soltanto acquista riflessione: incapsulato dentro un corpo nano, 215 ma bello di struttura, dritto, sano, in ciò ch’è detto uomo trova adesso quel gigante di spirito se stesso. Lungo fu il sogno, il sonno fu pesante: desto, non riconosce il suo sembiante, 220 stupito di se stesso si saluta, con gli occhi spalancati ben si scruta, ben volentieri vorrebbe di nuovo della natura tornare nell’uovo, però una volta che se n’è staccato, 225 di rifluirvi gli è oramai vietato e, stretto e piccolo, vive da allora solo nel grande mondo, sua dimora. Fa a volte sogni di terrore pieni: che il gigante si scuota e si scateni 230 e al vecchio dio Saturno rassomigli che divorò furente i propri figli. Non sa che quel gigante ora è lui stesso, la propria storia non ricorda adesso, da fantasmi si lascia intimorire,

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235 Konnt also zu sich selber sagen: Ich bin der Gott, der sie im Busen hegt, Der Geist, der sicb in Alle?n bewegt. Vom ersten Bingen dunkler Kràfte Bis zum Erguss der ersten Lebenssàfte, 240 Wo Kraft in Kraft und Stoff in Stoff verquillt, Die erste Bliitb’, die erste Knospe scbwillt Zum ersten Strabi von neu gebornem Licht, Das durch die Nacbt wie zweite Schòpfung bricht, Und aus den tausend Augen der Welt 245 Den Himmel so Tag wie Nacht erbellt, Hinaufzu des Gedankens Jugendkraft, Wodurcb Natur verjùngt sich wieder schafft, Ist Eine Kraft, Ein Pulsschlag nur, Ein Leben, Ein Wechselspiel von Hemmen und von Streben. 250 Deswegen mir nichts ist so sehr verhasst Als so ein fremderfùrnehmer Gast, Der aufder Welt herum stolzirt Und schlechte Red' im Munde fuhrt Von der Natur und ihrem Wesen, 255 Dùnkt sich besonders auserlesen. Ist eine eigne Menschenrasse, Von eignem Sinn und geistlicher Rasse, Halten all' andre fùr verloren, haben ewigen Hass gescbworen 260 Der Materie und ihren Werken, Eh un sich dagegen mit Bildern stàrken, Reden von Religion als einer Erauen, Die man nur diirft' durch Schleier schauen, Um nicht zu empfinden sinnlich Brunst,

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235 mentre a se stesso ben potrebbe dire: io sono il dio che gli spettri coltiva, lo spirito che dappertutto arriva. D’oscure forze dai primi segnali al primo sgorgo di linfe vitali, 240 quando, al mutar di forza e di sostanza, la prima gemma, il primo fiore avanza, al primo raggio della nuova luce che nella notte irrompendo produce nuova creazione, e da occhi infiniti 245 i cieli giorno e notte son chiariti, poi su fino alla forza della mente, nuova natura sé riproducente, tutto è una forza, un battito, una vita, per gioco alterno torpida o spedita. 250 Per tutto questo niente m’è più odioso d’un nobile straniero presuntuoso: per tutto il mondo lui si pavoneggia, con cattivi discorsi anche dileggia della natura la profonda essenza, 255 si crede eletto per la sua eccellenza. Si tratta d’una razza assai speciale, con un diverso senso, spirituale: credono che ogni altro sia dannato ed odio sempiterno hanno giurato 260 alla materia e a tutti i suoi prodotti, delle immagini invece son bigotti. Fanno discorsi in cui la religione donna velata pare alla visione per evitare brame lussuriose:

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265 Machen darum viel Wòrterdunst, Fiihlen sich selbst hoch iibermàchtig Glauben sich in alien Gliedern tràcbtig Von dem neuen Messias, noch ungeborn, In ihrem Rathschluss auserkorn, 270 Die armen Vòlker gross und klein Zu fiihren in einen Schafstali hinein, Wo sie aufhòren sich zu necken, Hiibsch christlich in Eins zusammen blecken, Und was sie sonst noch verkùnden prophetisch. 275 Sind von Natur zwar unmagnetisch, Dock wenn sie ’nen àchten Geist beriihren, Von seiner Kraft was in sich spiiren, Glauben, sie seyn es selber geworden, Kònnen von selber zeigen nach Norden. 280 Wissen sich doch nur schlecht zu rathen, Reden so mehr von andrer Fhaten, Verstehen alles wohl zu rùtteln, Gedanken untereinander zu schùtteln, Meinen, viel Geist daraus zu entwickeln, 285 Thut aber nur in der Nasen prickeln, Polemisch affiziren den Magen Und alien Appetit verschlagen. Rath' jedem, der es hat gelesen Von der Verderbniss zu genesen, 290 Auf’m Sopha mit einem schònen Kinde Zu expliciren die Lucinde.

Jenen aber und ihres Gleichen Will ich kund thun und nicht verschweigen,

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265 il velo sono parole fumose. Si senton potentissimi signori, si credono veraci portatori del messia nuovo, non ancora nato, ma per loro consiglio destinato 270 a riportare nell’ovile infine tutte le genti grandi e le piccine: la smetteranno, lì, di punzecchiarsi, bravi cristiani sapranno mostrarsi, così avverando gli annunci profetici. 275 Per natura non sono mai magnetici, ma con un vero spirito il contatto modifica - ritengon - questo fatto: la forza avrebbero ora di quel mago e indicherebbe il Nord il loro ago. 280 E quanto meno essi sono scaltri, discorron tanto più dei fatti d’altri, tutto quanto perciò sanno agitare ed i pensieri sbattere e montare, credon che spirito ne sia venuto, 285 ma fan solo venire lo starnuto, allo stomaco un pugno è il risultato, ogni appetito se n’è bell’andato. Per ripigliarsi da questo scompiglio a chi se la sia letta io consiglio 290 ad una bella bimba sul divano spiegare la Lucinda piano piano. A chi appartiene invece a un altro mondo io questo voglio dire chiaro e tondo:

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Dass icb ih re Fromm- und Heiligkeit, 295 Ihrer Ubersinn- und Uberirdigkeit V/ill àrgern mit tiìchtig Werk und Leben, So lange mir nocb ist gegeben Die Anbetung der Materie und des Lichts, Dazu die Grundkraft deutschen Gedichts, 300 So lang icb an sùssen Augen werd’ hangen, So lang icb mich werd’ fiihlen umfangen Von der Einzgen liebreichen Armen, An ihren Lippen mich erwarmen, Von ihrer Melodie durchklungen, 305 Von ihrem Leben so durchdrungen, Dass ich nur nach dem V/ahren kann trachten, Alien Dunst und Schein verachten, Dass mir nicht konnen die Gedanken Wie Gespenster da und dorthin schwanken, 310 Haben Nerven, Fleisch, Riut und Mark, Und werden geboren frei, frisch und stark.

Den Andern aber entbiet icb Gruss Und sage nocb zum guten Schluss: Hol der Teufel und Salitter 315 Alle Russen und Jesuiter. Solches bab’ in der Frau Venus Horst Gescbrieben, icb Heinz Widerporst, Der zweyt genannt mit diesem Namen, Goti geb’ nocb vielen solchen Samen.

Professione difede epicurea di Heinz Widerporst 53 con tutto quello che saprò mai fare 295 la lor pia devozione voglio urtare, soprasensibile e sopraterrena, finché la luce e la materia lena abbia di venerare e riesca così a comporre poesia tedesca, 300 finché in soavi occhi resti immerso, finché nel grande abbraccio resti perso del dolcissimo ed unico mio amore: i suoi baci riscaldano il mio cuore, dalla musica sua sono ispirato, 305 dalla sua vita tanto penetrato che soltanto del vero la potenza cerco e disprezzo la vana parvenza, che i miei pensieri non sono oscillanti or qua or là come fantasmi erranti, 310 ma han carne e sangue, hanno midollo e nervi, nascono freschi e forti e mai son servi.

Dagli altri però adesso mi congedo con l’ultima parola del mio credo: che il diavolo a bruciare porti via 315 tutti i russi e gesuiti in compagnia.

Nel giardino di Venere scrissi io, Heinz Widerporst: è questo il nome mio ed a portarlo sono già il secondo, Dio renda questo seme ben fecondo!

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INDICE

Introduzione

Professione difede epicurea di Heinz Widerporst

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Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19,1-56126 Pisa [email protected] - www.cdizionicts.com Finito di stampare nel mese di marzo 2013

Friedrich Schlegel a Schleiermacher. Su Hardenberg [Novalis] hai avuto un’influenza enorme. Ci ha letto, e dato per l’Alhenaeum, un saggio sul cristianesimo. [...] Al che Schelling ha avuto un nuovo attacco del suo vecchio entusiasmo per l’irreligione. Così ha scritto una professione di fede epicurea alla maniera del Goethe dello Hans Sachs. La nostra fibroma è molto favorevole a pubblicare anche questo nell’Alhenaeum, se la tua non ha niente in contrario. Ma dobbiamo rifletterci ancora. Alcuni punti seri, oltre a quelli divertenti, mi piacciono molto.

In copertina da Friedrich Angus! von Kaulbauch, Schiilzenliesl

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