La Bibbia nella letteratura mondiale 8839904654, 9788839904652

Quale influsso ha esercitato la Bibbia sulla letteratura mondiale? Nell'analisi di opere letterarie, anche a livell

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La Bibbia nella letteratura mondiale
 8839904654, 9788839904652

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Quale influsso ha esercitato la

Tra gli autori esaminati: Vittorio Alfieri,

Bibbia sulla letteratura mondiale?

Dante Alighieri, Charles Baudelaire,

Nell'analisi di opere letterarie abi­

Berthold Brecht, George G. Byron,

tualmente teniamo poco conto dei

Pedro Calder6n de la Barca, Fedor

riferimenti alla Bibbia, anche a li­

Dostoevskij, George Eliot, Giovanni

vello di studi accademici. Forse perché la nostra familiarità con le Scritture ebraico-cristiane è sem­ pre più scarsa. In questo suo originale lavoro una storia della ricezione lettera­ ria della Bibbia - Karin Schopflin espone il contenuto, la forma e il

Boccaccio, Heinrich Heine, Ernest Hemingway, Victor Hugo, Thomas Mann, Andrew Marwell, Herman Mel­ ville, John Milton, Francesco Petrar­ ca, Aleksandr Puskin, Jean Racine, Rainer Maria Rilke, Friedrich Schiller, William Shakespeare, John Steinbeck, Lev Tolstoj, Oscar Wilde, Émile Zola...

messaggio di singoli scritti biblici e, operando una scelta tra opere "classiche" della letteratura occi­ dentale pubblicate fino alla metà del XX secolo, mostra come poeti e scrittori hanno recepito modelli narrativi, temi, motivi e personaggi

KARIN ScHOPFLIN, nata

tanto dell'Antico quanto del Nuovo

nel 1956, ha studia­

Testamento. Contribuendo, lungo

to anglistica, filologia classica, romanistica,

i secoli, a renderli ancor di più pa­

pedagogia e teologia

trimonio culturale dell'intera uma­

evangelica ad Am­

nità.

burgo (Germania). Nel

Questo libro si fa apprezzare per la sua spiccata valenza pluridiscipli­ nare. Per chi si interessa di lettera­ tura stimola a percepire molteplici

2001 si è abilitata alla libera docenza nel campo dell'Antico Testamento. Dal

2002 è docente alla

Facoltà di teologia evangelica della

collegamenti, riferimenti, rielabo­

Georg-August-Universitat di Gottin­

razioni, riutilizzi, allusioni e tracce

ga (Germania), dove insegna teolo­

bibliche nelle opere qui prese in

gia biblica e didattica della Bibbia. Ha

considerazione, e di conseguenza

pubblicato: Theologie als Biographie

conduce ad apprezzare la rilevan­

im Ezechielbuch. Ein Beitrag zur Kon­

za ininterrotta del "grande codi­

zeption a/ttestamentlicher Prophetie

ce della cultura occidentale" per

(Tubingen

2002).

la letteratura. Per chi si interessa di teologia e di scienze bibliche mette retrospettivamente in nuova luce, attraverso le opere letterarie che li hanno recepiti, non pochi testi biblici.

€ 35,00 (i.i.)

Karin Schopflin

LA BIBBIA NELLA LETTERATURA MONDIALE

QUERINIANA

Titolo originale: Karin Schopflin,

Die Bibel in der Weltliteratur © 2011 by Mohr Siebeck, Tiibingen © 2013 by Editrice Queriniana, Brescia via Ferri, 75 - 25123 Brescia (Italia/VE) td. 030 2306925- fax 030 2306932 ·.

e-mail: [email protected]

Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l'archivia:zione o la trasmissio­ ne, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l'autorizza:zione scritta dell'Editrice Queriniana. - Le fotocopie per uso personale possono essere effettuate, nei limiti del15% di ciascun volume, dietro pagamento alla SIAE del com­ penso previsto dall'art. 68, cornnù 4-5, della Legge n. 633 del 22 aprile 1941. Le fotocopie effettuate per fmalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazio­ ne rilasciata da CLEARedi ( www.clearedi.org).

ISBN 978-88-399-0465-2 Traduzione dal tedesco di

CARLO DANNA

www.queriniana.it

Stampato da Grafiche Artigianelli - Brescia

IJ FSC

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MISTO

Corto .. __ .. -­

FSc-C110257

PREFAZIONE

La storia della nascita di questo libro risale fino al tempo in cui sedevo ancora sui banchi di scuola: il fatto che, nella lettura di opere letterarie, si tenesse troppo poco conto dei riferimenti che esse facevano alla Bibbia l'ho sempre percepito come una lacuna degli studi letterari scientifici. Questo fenomeno non è scomparso, anzi forse si è accentuato ancora di più, perché la familiarità con la Bibbia è ancor ameno ovvia di quanto lo fosse nel corso di passate generazioni. Durante i miei studi teologici, il piano di un libro che facesse conoscere agli studiosi di letteratura questo aspetto di tante opere letterarie divenne sempre più chiaro: da una pro­ spettiva teologica l'accento cade su una storia di ricezione della Bibbia. Durante la mia attività nell'insegnamento accademico ho verificato in varie forme il collegamento interdisciplinare che intercorre tra la Bibbia e la letteratura. La struttura di questo volume è basata su un corso, che negli anni passati ho più volte tenuto in forme diverse a Gottingen come corso interdisciplinare per filologi, teologi e per uditori interessati di tut­ te le facoltà - la frequenza assicurava gli aspiranti al baccalaureato punti di qualificazione. Fra tutte le opere letterarie presentate durante quel corso ho dovuto fare una scelta per questa pubblicazione, per cui qui mi sono limitata a prendere in esame quasi esclusivamente i "classici" , che erano stati pubblicati prima dell'ultimo decennio del XX secolo. Ringrazio l'editrice Mohr Siebeck per aver inserito il libro nella collana UTB. In particolare ringrazio il dr. Henning Ziebritzki, che si è entusia­ smato per il progetto e ha accompagnato con grande interesse e qualche prezioso suggerimento il processo della sua realizzazione. Un grazie anche alle collaboratrici della casa editrice, Katharina Sti­ chling e J ana Trispel, che con grande cura mi hanno aiutato nella prepa­ razione del manoscritto per la stampa. Amburgo, febbraio 2011

Karin Schopflin

INTRODUZIONE

l. LA BIBBIA COME "BENE CULTURALE"

B i bbia

Il termine "Bibbia " deriva dal greco 'tà �t�Àia/tà biblia, "i libri " . Questa forma plurale è pertinente, perché a rigor di termini la Bibbia non è un singolo libro, bensì una raccolta di singoli scritti. Inoltre tale raccolta è suddivisa in due parti: dal punto di vista cristiano la prima parte più lunga è detta "Antico Testamento" , la seconda parte "Nuovo Testamento" 1 • Insieme esse formano il documento vincolante della fede, il canone della chiesa cristiana. La "sacra Scrittura" fu ed è il fondamento della dottrina, della prassi e della condotta cristiana. Poiché il continente europeo fu per secoli incontestabilmente plasmato dal cristianesimo, la Bibbia rappresenta in modo automatico un importante patrimonio cultu­ rale dell'Occidente. Traduzioni

La Bibbia dei primi cristiani era scritta in greco: essi leggevano l'An­ tico Testamento nella sua traduzione greca "classica" , i Settanta/Septua­ ginta; gli scritti neotestamentari furono composti inizialmente in greco. Verso il 400 d.C. Girolamo tradusse la Bibbia cristiana in latino. In segui­ to tale traduzione fu solo leggermente modificata e divenne, sotto il nome di Volgata/Vulgata, il testo biblico normativa dell'Occidente cristiano. A partire dal tempo della Riforma la Bibbia fu sempre più2 tradotta3 nelle moderne lingue correnti e divenne così a poco a poco una lettura accessi-

1 Per un'introduzione più precisa a queste parti, cf l'Introduzione alle sezioni A e B. 2 Già prima della Riforma protestante esistevano diverse traduzioni della Bibbia, che però non

conobbero una diffusione pari a quelle delle traduzioni protestanti. 3 In reazione a ciò il concilio di Trento stabili nd 1546 che il testo latino della Vulgata fosse il testo della sacra Scrittura vincolante nella chiesa cattolica romana.

lO

Introduzione

bile a più vasti strati della popolazione. Inoltre tali traduzioni influenza­ rono le lingue volgari, cosa che, per quanto riguarda la lingua tedesca, si verificò con la traduzione portata a termine da Lutero nel 1534. Ricezioni

Fin dall'inizio i testi biblici furono da un lato spiegati nella predica­ zione e nella dottrina ecclesiale e, dall ' altro lato, divennero ben presto e in molteplici modi fonte di ispirazione per gli artisti. Il loro importante valore per la pittura - a cominciare dalle illustrazioni inserite nei preziosi manoscritti biblici - e per l'arte figurativa è evidente. Ma non meno im­ portanti sono i temi biblici per la poesia e la letteratura. I testi di inni e di corali, tanto per fare un esempio, così come le antiche drammatizzazioni di materiale biblico (ad esempio, le rappresentazioni della Passione) at­ tinsero a piene mani dalla Bibbia. Tali opere erano ancora legate all'uso ecclesiale. Ma molte elaborazioni poetiche di materiale biblico si sgancia­ rono sempre più dall'ambito della chiesa. Data la loro varietà, gli scritti biblici si prestarono e si prestano a diverse utilizzazioni letterarie: riela­ borazioni e riproposizioni di racconti biblici in forme epiche, lavori tea­ trali e drammatici, poesie liriche - gli adattamenti della più varia natura permettono spesso di riconoscere con precisione che alla loro base ci so­ no testi biblici. Essi fanno venire la voglia di verificare come i loro autori spiegano la fonte biblica utilizzata e dove hanno posto accenti nuovi e personali. Accanto a tutto ciò ci sono però anche opere, che riprendono, elaborano e attualizzano costellazioni di fatti o di persone, di immagini e forme linguistiche bibliche. A ciò si aggiungono citazioni di singole frasi bibliche, che non vanno sempre caratterizzate come tali, oppure allu­ sioni, che possono essere riconosciute da certi lettori che conoscono la Bibbia. Anche se per comprendere una simile letteratura non c'è in modo assoluto bisogno di conoscere il testo biblico, lo si comprende senza dub­ bio in modo più approfondito e si scoprono finezze che gli conferiscono una nuova dimensione. Un vasto pubblico di lettori ha bisogno, per rico­ noscere riferimenti biblici, di un testo ben tradotto e noto, quindi di una traduzione che possieda un alto grado di accettazione in una comunità linguistica e che sia diventata patrimonio comune. Per l'area di lingua te­ desca un traduzione del genere potrebbe essere sempre quella di Lutero, fosse anche nella sua forma nel frattempo riveduta più volte.

La Bibbia come "bene culturale"

11 Critica b i b l i ca scientifica

Non da ultimo la Bibbia è anche oggetto di studi e di interpretazioni scientifiche. Pure questo è vero fin dai tempi antichi; si pensi solo ai lavo­ ri filologici e ai commenti dei Padri della chiesa. Dal tempo della chiesa antica fino al tempo dell'illuminismo si concepì generalmente la Bibbia come parola di Dio, come rivelazione divina; gli autori umani erano con­ siderati come autori divinamente ispirati, che avevano rivestito la parola divina con linguaggio umano e l'avevano resa così accessibile. In base a tali presupposti si leggeva la Bibbia - per dirla in prospettiva moderna - in modo acritico. Già nel tempo biblico si formarono tradizioni, che attribuirono singoli libri biblici a personalità note; ad esempio Mosè fu considerato l'autore della ;'lliT-1/Tora, Davide il poeta del Salterio, o il di­ scepolo prediletto di Gesù come l'evangelista Giovanni. A ciò si aggiunse la tendenza ad armonizzare contraddizioni evidenti, ad esempio quando si mettevano tra loro a confronto il contenuto e i nomi di Dio dei primi due racconti della creazione contenuti in Genesi l e 2. Prescindendo da alcune poche eccezioni più antiche4, un modo critico di esaminare gli scritti biblici si sviluppò durante l'illuminismo. A quel tempo si leggeva la Bibbia, come altre antiche opere letterarie, come un semplice pro­ dotto umano, e si scoprirono nelle contraddizioni esistenti tracce di una complessa storia di formazione dei testi, che non erano opera di una sola mano, ma avevano assunto a poco a poco, a volte nel corso di processi durati secoli, la forma attuale. A partire dal XVIII secolo la scienza criti­ ca biblica ha cercato di comprendere storicamente gli scritti dell'Antico e del Nuovo Testamento, volendo cioè comprenderne le affermazioni teologiche, tenuto conto dei contesti in cui sorsero in continuo muta­ mento, e tracciandone il progressivo divenire, partendo da possibili stadi orali, passando per primitive formulazioni scritte e le loro rielaborazioni redazionali sino ad arrivare alla forma definitiva. Questi approcci storico­ critici non furono e non sono indiscussi. Nel presente contributo l'analisi scientifica della Bibbia potrà essere omessa in larga misura, anche se non completamente, perché per l'adozione e la rielaborazione del materiale biblico da parte dei poeti e degli scrittori essa svolge un ruolo relativa­ mente piccolo. Fino all'illuminismo e oltre i poeti lessero la Bibbia nel suo complesso "canonicamente" , senza farsi delle domande a proposito

4 Qui dovremmo menzionare, per esempio, Baruch de Spinoza.

12

Introduzione

del testo a disposizione, che dalla Riforma in poi leggevano di regola tra­ dotto nella loro lingua madre. Critica lettera ria della B i bbia

Tuttavia la Bibbia fu utilizzata in senso letterario non solo da cristiani credenti e praticanti, bensì anche da lettori critici, che non condivideva­ no l'interpretazione ecclesiale. Inoltre accanto alla Bibbia furono utiliz­ zate come seconda fonte di ispirazione, ad esempio, tradizioni classiche antiche, e le due furono non di rado fuse assieme. Dobbiamo ritenere che, nel campo della letteratura, ci siano degli influssi e dei riferimenti biblici anche in autori che di primo acchito non vanno necessariamente collegati con il cristianesimo e nelle cui opere non ci saremmo aspettati la presenza di riferimenti biblici. L'affermazione di Goethe, «Se fossi get­ tato in prigione e potessi portare con me un libro solo, sceglierei la Bib­ bia», può sorprendere esattamente come l'affermazione fatta da Brecht in occasione di un sondaggio giornalistico nel 1928 quando, rispondendo a chi gli domandava che cosa, dal punto di vista letterario, avesse suscitato in lui l'impressione più forte, rispose: «Lei riderà: la Bibbia»5• La Bibbia è fino ad oggi uno stimolo e uno sfondo anche per convinti non cristiani e "atei".

5 Der stiirkste Eindruck, inDie Dame, Berlin, Suppl. Die losen Bliitter n. l (1928) 16.

2. SIGNIFICATI DELLA BIBBIA PER LA LETTERATURA, SULL'ESEMPIO DEL FAUSTDI GOETHE (PRIMA PARTE DELLA TRAGEDIA)

La prima parte della tragedia fu stampata nel 1808, dopo essere stata rielaborata nel corso di vari anni. In essa troviamo molteplici riferimenti alla Bibbia, di cui segnaliamo alcuni esempi significativi.

2.1. Elaborazione di materiale biblico: il Prologo in Cielo

Le scene celesti del l i bro d i G i obbe

Dopo il Prologo in Teatro di carattere più generico, che riflette sullo strumento del dramma teatrale, il Prologo in Cielo introduce subito alla tragedia. Goethe ( 1749- 1832) si rifà chiaramente al libro di Giobbe, che nei due capitoli iniziali ( 1 ,6- 12; 2 , 1 -6) contiene due scene in cielo, la seconda delle quali ripete la prima sviluppandola e modificandola allo stesso tempo di poco. In tali scene bibliche si svolge un consiglio della corte celeste: i figli di Dio si radunano davanti al Signore, tra cui anche il "Satana" . Dio entra in dialogo con lui, si informa a proposito del suo ser­ vo Giobbe, che caratterizza come «integro e retto, timorato di Dio e lon­ tano dal male». Satana pensa che Giobbe rimarrà tale solo fino a quando godrà della benedizione e dei doni di Dio: della sua ricchezza fatta di bestiame, servitù e figli. Dio permette quindi a Satana di fare di Giobbe e della sua famiglia quello che vuole, a patto però che non ne metta in pericolo la vita6•

6 Dopo che Giobbe ha dato buona prova di sé, in un secondo momento Satana può nuocere alla sua salute e ottiene per questo mano libera nella seconda scena celeste.

14

Introduzione G l i a rcange l i lodano la creazione

Nel suo Prologo Goethe segue la tradizione, che vede nei figli di Dio degli esseri angelici e fa entrare in scena le schiere celesti e i tre arcan­ geli Raffaele, Gabriele e Michele. Questi ultimi sono menzionati nella Bibbia7, tuttavia la dottrina degli esseri celesti si sviluppò soprattutto al di fuori degli scritti biblici canonici. Ogni arcangelo magnifica qualche elemento del cosmo, l'alternanza tra il giorno e la notte, il mare e la terra­ ferma, le tempeste e i temporali (w. 243 -266 [2 ls.] ) . I tre adorano e loda­ no insieme Dio (w. 267-270 [23 ] ) . Le parole introduttive degli arcangeli echeggiano sia il primo racconto della creazione di Genesi l e sia anche il linguaggio innodico dei Salmi. Dia logo tra Mefistofele e Dio

Segue quindi un dialogo tra Mefistofele e Dio, dialogo non avviato da Dio come in Gb l ,7 , bensì da Mefistofele (v. 27 1 [23 ] ) . Mefistofele corri­ sponde alla figura di Satana, che analogamente agli angeli ha conosciuto uno sviluppo proprio, extrabiblico. Diversamente dagli angeli, Mefistofe­ le non prorompe in sublimi parole di lode, i suoi interessi sono di natura più mondana: «Non so dir nulla di soli e di mondi: vedo soltanto come gli uomini si affannano. n piccolo dio del mondo è sempre lo stesso, buffo e strambo come nel primo giorno» (vv. 279-282)8•

Egli compiange le condizioni della vita dell'uomo e rimprovera Dio per avergli concesso la ragione (w. 283 -292 [23 ] ) , ha cioè in linea di prin­ cipio solo delle critiche da muovere alla creazione (w. 296-298 [25] )9• Quando definisce l'uomo "piccolo dio del mondo" (v. 281 [23 ] ) allude con ciò alla somiglianza dell'uomo con Dio e al compito divino affida­ togli di dominare sulle altre creature (Gen 1 ,26) . Dio parla a Mefistofele

7 Raffaele in Tb 3 , 1� 12, 15; Gabriele in Dn 8,16s. e 9,2 1s., nonché in Le 1 , l l s.26s.; Michele in Dn 10,13.21; 12,1 e Ap 12,7s. 8 }OHANN W. GOETHE, Faust. Der Tragodie erster und z.weiter Teil. Ur/aust, a cura e con commento di E. Trunz, Miinchen 1999, 17 [trad. it. , Faust, a cura di Franco Fortini, Mondadori, Milano 1970, 23 ]. In parentesi quadre la paginazione dell'edizione italiana. 9 Quando Dio gli domanda: «Vieni solo e sempre a lamentarti?» (v. 294 [25]), ciò corrisponde pie­ namente al significato e alla funzione dd biblico 1Qifliattin (in ebraico, "accusatore").

Significati della Bibbia per la letteratura

15

di Faust, suo «servo» (v. 299 [25 ] , cf Gb 1 ,8) , che Mefistofele quindi caratterizza (vv. 300-307 [25 ] ) , cosa che invece nel prologo del libro di Giobbe fa Dio stesso ( Gb l ,8) : Faust è per Mefistofele un povero diavolo scontento, che vorrebbe dar la scalata alle stelle e avere una conoscenza divina, mentre d'altra parte pensa solo alle gioie del mondo terreno. Dio spera nel dottor Faust, anche se egli non lo serve chiaramente con la stes­ sa fedeltà con cui fa Giobbe: «Se egli ora mi serve soltanto nel disordine, presto lo guiderò nella chiarezza. Sa bene il giardiniere, quando rinverde l'albero, che negli anni avvenire vestirà fiori e frutta» (vv. 308-3 1 1 [25] ) 10• La scom messa

Dopo di che Mefistofele scommette che riuscirà a «portarlo pian pia­ no lungo la [sua] strada» (v. 3 14 [25 ] ) . Dio glielo permette, ma solo fin quando Faust vivrà sulla terra ( vv. 3 15-3 16 [27 ] ) . n SIGNORE pensa che l'esito sarà a lui favorevole; però anche Mefistofele confida nel buon esito della propria impresa (vv. 330-33 1 [27 ] ) , e in caso di successo chiede una cosa: «Se riesco nel mio scopo, lei [il SIGNORE] mi darà licenza di cantare vittoria. Dovrà mangiare, e con gusto, la polvere come quel mio parente, il celebre Serpente» (vv. 332-334 [27]).

Se egli riuscirà a tirare Faust dalla sua parte e a stomarlo da Dio, gli dovrà succedere come al serpente, che Dio maledisse e condannò a man­ giare polvere (Gen 3 , 14b) , dopo che nel gardino dell'Eden aveva indotto la donna a disobbedire a Dio. Goethe, permettendo qui a Mefistofele di fare un riferimento alla storia biblica della caduta nel peccato, ordina questa figura una volta di più tra le potenze ostili a Dio e allude alla por­ tata esistentiva della scommessa, che ha per oggetto il fatto che Faust in un certo qual modo reiteri o meno la caduta nel peccato. Con il successi­ vo discorso di Dio, Goethe riempie un vuoto molto discusso:

10 Nell'immagine dell'albero verdeggiante che porta frutti viene biblicamente simboleggiato l'uo­ mo giusto e buono, cf. ad esempio Sa/ 1 ,3 . Non possiamo escludere che Goethe pensi qui a questo.

16

Introduzione Rapporto d i D i o con i l male

«Mai ho odiato i tuoi simili. Fra tutti gli spiriti che negano, quello che mi dà meno fastidio è l'Ironico. L'attività dell'uomo può troppo facilmente rilassarsi; gli piace il tosto riposo assoluto. Per questo gli do tale compagno volentieri che lo punga e lo stimoli e operi da demone» (vv. 337-343 [27s.] ) .

Dio permette scientemente l'attività delle potenze diaboliche per sti­ molare l'uomo e non !asciarlo impigrire. Pertanto per Goethe è chiaro che le potenze che incarnano il male, ciò che è contrario a Dio («Gli spiriti che negano») , sono parte dell'ordinamento del mondo stabilito da Dio. Sembra addirittura che Dio apprezzi in qualche modo Mefistofele, perché lo chiama > (M/ 323).

Antico Testamento

176

chiere di vino per Elia, e durante la cerimonia si apre per un momento la porta, nell'attesa che egli possa entrare. Andreas Gryphius - Elia. Andreas Gryphius ( 16 1 6- 1 664) si occupa nel breve spazio di un sonetto di questo imponente personaggio biblico: •

Elia44 Chi dal seno della madre succhiò fiamme, arso da zelo con sua santa fiamma, rise del furore del principe e al paese confuso con le fiamme svelò l'inganno di corona e casa. L'uomo alla cui parola le fiamme son volate per l'aria accesa e con incendio rapido bruciò i soldati del re, quando poi Dio lo sciolse fuggì da questo mondo pur tra tempesta e fuoco. Va via senza bruciare, carro e cavalli in fiamme non ledono chi sempre in cuor e bocca aveva il fuoco con cui spezzava cuori più duri che non marmo. Chi era tutto fuoco deve andar via col fuoco. Tu chiedi: e le sue vesti non soffrono le fiamme? Nell'indossarle non le bruciò: questo sì ch'era strano. Fuoco come elemento d i E l i a

Il sonetto pone al centro l'elemento del fuoco, che caratterizza la persona e la storia di Elia. Gryphius concepisce lo zelo per J ahwe che lo anima come una santa fiamma. Inoltre il fuoco svolge un ruolo impor­ tante in tre episodi dei racconti riguardanti il profeta: nella contesa con i profeti di Baal sul Carmelo ( l Re 18) Jahwe si rivela nel fuoco che, dietro preghiera di Elia, accende il sacrificio posto sull'altare (w 3 -4 ) ; i mes­ saggeri del re Acazia, che devono portare Elia a corte, affinché pronunci personalmente davanti al re la sua profezia di sventura, sono distrutti dal fuoco, che Elia chiede scenda su di loro (2 Re l ; cf w 5 -7a); un carro trainato da cavalli di fuoco lo trasporta infine in cielo (2 Re 2 ; cf w 7b.

.

.

44 ANDREAS GRYPHIUS, Gedichte. Eine Auswahl, a cura di A. Elschenbroich, redams UB 8799, con bibliografia, Stuttgart 1996, 2 1 [trad.it., Elia, in Notte, lucente notte. Sonetti, Marsilio, Venezia 1993 ,

1 1 9] .

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

177

12) . Con i due versetti conclusivi Gryphius crea un effetto finale median­

te il gioco a diversi piani: all'idea profana che i vestiti di Elia avrebbero dovuto prender fuoco in una di queste occasioni - cosa che invece non avvenne - il locutore contrappone il proprio stupore per il fatto che Elia, che «era tutto fuoco», non incendiò col proprio ardente zelo i vestiti. In questo modo Gryphius mette davanti agli occhi dei propri lettori il fatto che in Elia e attorno a lui era all'opera un fuoco divino. Come sappiamo dal racconto del roveto ardente di Mosè, le fiamme celesti non consuma­ no coloro che ne sono afferrati. Accanto allo zelo ardente divinamente i­ spirato di Elia il poeta pone in risalto tre aspetti del fuoco divino: il fuoco di Dio come segno della sua presenza, il fuoco di Dio come strumento di giudizio e il rapimento in mezzo al fuoco che non uccide, bensì porta in cielo. Gryphius evidenzia il carattere straordinario di Elia mediante que­ sta sua particolare relazione con il fuoco divino. •

Jean Racine - Atalia. Racine ( 1 63 9 - 1 699) scrisse, dietro sollecitazio­

ne di Madame de Maintenon, due tragedie bibliche per il pensionato di ragazze Saint-Cyr da lei diretto: Ester (Esther) ( 1689) e Atalia (Athalie) ( 169 1 )45 • Quest'ultima è considerata il suo capolavoro. Nella prima rap­ presentazione le giovani ragazze svolsero il ruolo dei personaggi del poe­ ma teatrale, che Racine compose - ad eccezione dei passi riservati al coro - in distici alessandrini rimati. I cinque atti si svolgono in un unico luogo, nell'atrio del tempio di Gerusalemme davanti all ' abitazione del sommo sacerdote nel giorno della festa ebraica delle Settimane. G ioas, i l ram pollo di Davide, è n ascosto nel tem pio

Nonostante sia giorno di festa, non si registra un grande afflusso al tempio, perché molti abitanti di Gerusalemme sono diventati adoratori di Baal, il dio adorato dalla regina Atalia, che invece vede nel culto di Jahwe un tentativo di rivolta contro di lei. Ella regna dopo aver stermi­ nato otto anni prima diversi membri della famiglia reale. Da allora in poi il sommo sacerdote Gioad la osteggia, mentre Mathan, ex sacerdote del tempio, ora sommo sacerdote di Baal, cerca di danneggiarlo con intrighi. Invece il generale Abner sta dalla parte di J ahwe e, se fosse ancora rima-

4j }EAN RAciNE, Dramatische Dichtungen. Geistliche Gesiinge, in Gesamtausgabe, Il: Deutsche Nach· dichtung von W Willige, Darmstadt 1956, 3 17-437 [ed. it. , Ester e Aralia, Mondadori, Milano 2009, 137 1s. e 1485s.] .

178

Antico Testamento

sto in vita un discendente di Davide dopo quel bagno di sangue, lo servi­ rebbe volentieri. Egli racconta a Gioad che da due giorni la regina è più tetra e che guarda spesso verso il tempio. Gioad teme solo Dio, non Ata­ lia, e promette ad Abner una sorpresa. Egli pensa infatti che sia arrivato il momento di svelare il mistero del bambino chiamato Eliakin/Eliacino. In realtà si tratta di Gioas, che Giosabet - moglie di Gioad - aveva trovato ancora vivo tra i cadaveri il giorno del massacro, salvandolo e lo aveva consegnato a Gioad. Giosabet teme per la sicurezza del bambino. Ma la fiducia di Gioad in Dio è incrollabile. Ma di Dio, che combatte per noi, non fate dunque conto? di quel Dio che dell'orfano protegge l'innocenza e nel debole esalta la potenza; che detesta i tiranni, e a Gezrael giurò di sterminare Acab e Gezabel; che anche in Gioram marito di sua figlia e persino in suo figlio ne punì duramente la famiglia; quel Dio il cui braccio vindice sopra quell'empia razza da tempo non s'abbatte, ma è pur sempre sospeso? (Atto I, Scena 2 , 337 [ 15 1 1 ] ) . Sogno profetico d i Atal i a

Nel secondo Atto [ 1529s.] la regina entra nel tempio. Da alcuni giorni è infatti tormentata da un sogno, nel quale le appare la madre Gezabel per metterla in guardia dal Dio degli ebrei. Inoltre ha visto un bambino vestito di bianco, come quello che ha appena visto nel tempio. Questo bambino la infilzava con la spada. L'ha già sognato tre volte. È entrata nel tempio ebraico, per offrire un sacrificio al Dio degli ebrei e rappacificar­ lo. Ma Gioad la caccia via; attorno all'altare ella vede però chiaramente il bambino del suo sogno. Vuole parlargli in tutta tranquillit à. Quando vede Gioas-Eliakin davanti a sé, constata di nuovo la sua somiglianza col volto visto nel sogno. Gli fa delle domande, ed egli afferma di essere Elia­ kin, un orfano, che era stato trovato ancora piccolissimo tra i lupi. Atalia ha un brivido di paura, perché sente compassione. Gioas le parla della sua vita nel tempio, dove prega, impara la Legge e presta servizio durante il culto. Atalia vuole che egli venga ad abitare nel palazzo, dove potrà continuare ad adorare il suo Dio, così come lei adora il proprio.

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

179 Preparativi per la battaglia contro Atalia

n terzo Atto [ 157 1s.] si apre con la conversazione di Mathan col fido Nabal, un ismaelita, cui egli confida che Atalia tergiversa a distruggere il tempio solo a motivo del bambino. Mathan spera che il bambino non le venga consegnato, e così la sua ira cancellerà il tempio. Cerca di ave­ re notizie da Giosabet a proposito del bambino; ma questa non gli dice alcunché. Gioad caccia Mathan. Giosabet parla a Gioad della richiesta a proposito del bambino avanzata da Atalia. Ella vorrebbe fuggire con Gioas attraverso un passaggio segreto, ma Gioad non vuole più nascon­ dere Eliakin. Prepara la battaglia contro Atalia allontanando dal tempio tutti ad eccezione dei sacerdoti e del coro delle ragazze. Fa portare da Giosabet la corona di Davide e armare i sacerdoti con le armi di Davide prelevate dalla stanza del tesoro del tempio. Mentre le ragazze comincia­ no a suonare e a cantare, Gioad è riempito dallo spirito e ha una visione che gli rivela il futuro, cioè la distruzione del tempio, l'esilio babilonese e la chiesa come nuova Gerusalemme, verso cui tutti i re e popoli vanno in pellegrinaggio. Sve l a mento dell' identità di G i oas

Gioad ha fatto portare il libro, la spada e la corona di Davide (Atto quarto [ 1 607s. ] ) . A quattr'occhi interroga il bambino a proposito dei doveri di un re. n bambino mostra di essere irreprensibile. Gioad si in­ ginocchia davanti al proprio re Gioas, com'egli adesso lo chiama. Rivela ai sacerdoti armati l'identità del bambino, e chiede loro di difenderlo e di compiere una vendetta ai danni di Atalia. I sacerdoti giurano fedeltà. Gioas giura fedeltà alla legge di Dio, e tutti gli rendono omaggio. Quan­ do un levita annuncia che mercenari di Atalia hanno circondato il monte del tempio, Gioad esorta i sacerdoti a combattere valorosamente. Le m i s u re prese contro Atal i a portano alla vittoria

All'inizio dell'Atto quinto [ 1 633s.] Abner, inviato da Atalia, chiede che gli venga consegnato il tesoro di Davide e il bambino. Supplica di soddisfare le richieste della regina, al fine di evitare un inutile bagno di sangue. Gioad vuole ricevere Atalia e i suoi seguaci nel tempio e mostrar loro il tesoro di Davide. Abner corre da lei. Gioad dà ora le necessarie istruzioni ai suoi: Gioas è posto sul trono e tenuto nascosto con un sipa­ rio; sacerdoti armati si nascondono di qua e di là, perché Atalia non deve

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Antico Testamento

uscire viva dal tempio. Quando la regina compare, Gioad le presenta il tesoro di Davide: tira il sipario da un lato, in modo da permetterle di ve­ dere Gioas sul trono. Atalia vuole uccidere il bambino, ma allora escono fuori i !eviti armati. Quando Atalia minaccia di scatenare il suo esercito, Ismaele annuncia che la notizia dell'incoronazione di Gioas ha messo in fuga l'esercito di Atalia. n popolo fa entusiasticamente festa. Atalia si dà per vinta, ma maledice Gioas mentre la portano via: il proprio sangue impregnerà il piccolo re e gli farà disprezzare il suo Dio. Gioas prega Dio affinché distolga da lui quella maledizione. Dopo che è arrivata la notizia della morte di Atalia, Gioad ha l'ultima parola: Da questa fine meritata e orribile apprendete e tenete sempre a mente, re dei Giudei, che in cielo i re trovano un giudice severo, gli orfani un nuovo padre, e chi è innocente un difensore vindice e sincero (V, 8; 437 [1663 ] ) . L a d i mensione storico-salvi fica d e l d ramma

Racine presenta 2 Re 11 nella veste di una tragedia classica - il perso­ naggio del titolo dell'opera precipita infatti dalla sua posizione di potere nella morte, inoltre i personaggi, lo scenario e l'azione sono collocati in una posizione molto elevata. Racine si serve del sogno profetico che preannuncia il destino di Atalia. Al centro del dramma (III, 7 [ 1599] ) c'è inoltre una visione profetica del sommo sacerdote Gioad, che inserisce nella drammatizzazione di un tema anticotestamentario uno sguardo storico-salvifico gettato verso l'era cristiana. La salvezza di Gioas, il ram­ pollo di Davide, che garantisce la sopravvivenza della dinastia davidica, è importante dal punto di vista della storia della salvezza, perché solo così viene resa possibile la discendenza di Gesù dalla stirpe di Davide. Inoltre l'opera illustra il fatto che la fede in Jahwe si impone e che il timore di Dio e la fedeltà a Dio premiano. n coro inserito tra gli atti rappresenta le persone pie del popolo ebraico. Nello stesso tempo i lunghi passaggi corali, che contengono anche parti da solisti, offrirono abbondantemente durante la prima rappresentazione alle ragazze del pensionato di Saint­ Cyr l'occasione di cimentarsi nel canto.

181

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester 3.2. Israele sotto la dominazione persiana ed ellenistica

I libri biblici di Esdra e Neemia presentano la storia d'Israele a partire dalla fine dell'esilio babilonese. Storia d ' I s raele nei l i bri di Esdra, Neemia e dei M acca bei

L'editto emanato dal re persiano Ciro nel 538 a.C., dopo aver posto fine alla dominazione babilonese nell'anno precedente, inaugura il libro di Esdra ( 1 ,2 -3 )46• Con esso Ciro permette agli ebrei esiliati di tornare in patria e di ricostruire il tempio di Gerusalemme. I due libri descrivono quindi come si svolse la restaurazione nella terra d'Israele, che raggiunge un primo apice nella dedicazione del secondo tempio. Questi eventi spe­ cificamente israelitici non furono letterariamente recepiti. La stessa cosa vale per i due libri dei Maccabei, l'ultimo documento della storiografia anticotestamentaria, che descrive la sollevazione degli ebrei fedeli alla Legge nel II secolo a.C. contro la casa regnante dei Seleucidi di formazio­ ne ellenistica. La protesta contro le limitazioni imposte alla pratica della religione ebraica porta alcuni rivoltosi a subire il martirio47• Gli scritti di cui ora parliamo furono composti nel periodo ellenistico - a partire dalla fine del IV secolo - i racconti fittizi si svolgono tuttavia in fasi più anti­ che della storia israelitica e si occupano sotto veste storica di questioni teologiche attuali, che tormentano il popolo di Dio della diaspora o della Palestina dominata da grandi potenze straniere.

3 .2 . 1 . IL LIBRO DI TOBIA48 Biblica mente

Le vicende di questo libro tardobiblico sono ambientate nel periodo successivo alla caduta del regno settentrionale d'Israele (722 a.C.) .

46 Il medesimo editto è riportato quasi alla lettera anche alla fine dd secondo libro delle Cronache (2 Cr 36,23 ). 47 Cf soprattutto il martirio di Eleazaro (2 Mac 6,18s.), di una madre e dei suoi sette figli (2 Mac 7). 48 Di questo libro tardobiblico esistono diverse redazioni testuali. La traduzione di Lutero si basa sul testo latino della Vulgata. La Traduzione unificata (Einheitsiibersetzung) versione della Bibbia -

1 82

Antico Testamento La sofferenza del pio Tobi

All'inizio ( 1 ,3-3 ,6) lo stesso Tobi parla della propria vita di esiliato a Ninive. È un uomo pio e fedele a Dio, che osserva i comandamenti e aiuta nei limiti del possibile gli altri israeliti in terra straniera, a volte ad­ dirittura a rischio della propria vita. Pure lui si trova ad un certo punto in cattive condizioni perché ha perso senza propria colpa i suoi beni e soprattutto perché ha sfortunatamente perso la vista, per cui prega Dio di farlo morire. La tri ste situazione d i Sara

Nello stesso tempo a Ecbatana, una città della Media, anche la giova­ ne Sara chiede a Dio di farla morire (3 ,7 - 15 ) ; ella è infatti derisa, perché finora è stata sposata con sette mariti, e tutti sono stati uccisi dal cattivo demone Asmodeo la notte del matrimonio prima di poter compiere l'atto coniugale. L'angelo Raffaele (il cui nome significa "Dio sana" ) è inviato ad aiutare l'uno e l'altra. I l viaggio di Tobia con l ' a n gelo

I capitoli 4 - 12 raccontano come Tobi, dopo avergli fatto tante racco­ mandazioni, mandi il figlio Tobia nella Media a riscuotere del denaro là depositato. Come compagno di viaggio ha un uomo, che gli si presenta col nome di Azaria figlio di Anania (ma che poi il narratore chiamerà sempre "l'angelo" ) . Tobi congeda il figlio con questo augurio: «Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi restituisca a me sani e salvi; il suo angelo vi accompagni e vi conduca a salvezza» (5 , 1 7 ) , non sospet­ tando quanto queste parole siano vere49• All'inizio del viaggio Tobia pe­ sca su ordine dell'angelo un pesce nel Tigri, gli toglie il cuore, il fegato e il fiele e li conserva; l'angelo gli spiega infatti che, bruciando il cuore e il fegato, si possono scacciare demoni cattivi e che il fiele guarisce la cecità (6, 1 -9 ) .

attualmente in uso nd culto romano cattolico di lingua tedesca è basata, fra le tre diverse redazioni greche, su quella più breve indicata con la sigla cr. Qui facciamo riferimento a questa traduzione. 49 Cf anche 5,2 l s., dove egli dice alla propria moglie preoccupata: «Un angdo buono lo accompa­ gnerà, il suo viaggio andrà bene e tornerà sano e salvo». -

LA storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

183 M atri monio e salvezza d i Sara

Giunti a Ecbatana l'angelo cerca di combinare un matrimonio, per cui Tobia e Sara si sposano e formano una coppia molto innamorata. Durante le nozze Tobia brucia il cuore e il fegato del pesce, caccia così il demone cattivo e sopravvive con sorpresa e gioia dei suoceri. L'angelo sbriga per Tobia anche la faccenda del denaro. Nel frattempo Tobit e sua moglie Anna attendono pieni di inquietudini a Ninive il ritorno del figlio. Tobia si mette infine in cammino con Sara e con l'angelo per tornare a casa, portando con sé la metà dei beni del ricco suocero. G u a rigione d i Tobit

Arrivati a Ninive, Tobia e l'angelo vanno avanti da soli; su indicazione dell'angelo Tobia unge gli occhi del padre col fiele e lo guarisce dalla cecità. n padre ringrazia pieno di gioia Dio e accoglie la nuora Sara. L'al­ legra festa dura sette giorni. Tobit e Tobia vogliono quindi ricompensare generosamente il compagno di viaggio, ma questi li prende in disparte. L'angelo cu stode Raffaele

Egli li esorta a onorare e lodare Dio e si fa riconoscere come l'angelo Raffaele ( 12 , 14 - 1 5 ) . Tobit e Tobia si prostrano davanti a lui, ma Raffaele chiarisce: «Quando ero con voi, io stavo con voi non per bontà mia, ma per la volontà di Dio; lui dovete benedire sempre» ( 12 , 1 8) . E poi scom­ pare. n libro si conclude con una preghiera di lode elevata da Tobit a Dio ( 13 ) e con una previsione profetica del Tobit morente a proposito della caduta di Ninive e del ritorno degli israeliti in patria, nonché con notizie conclusive a proposito della storia della sua famiglia ( 14 ) . Esso narra la storia di alcuni israeliti devoti ed esemplari della diaspora, in particolare quella di Tobit che, nonostante la sue sofferenze, persevera nella fede, e­ sattamente come fa Giobbe. Dio è vicino alle persone pie, e precisamente nella figura dell'angelo Raffaele. L'a ngelo cu stode

Questi, che accompagna Tobia e aiuta lui e Sara, costituisce il prototi­ po di un angelo custode. n libro di Tobia diede un contributo importante allo sviluppo dell'idea degli angeli custodi e delle loro funzioni.

Antico Testamento

184 Letterariamente

La salvezza di Sara dalle grinfie del demone cattivo, che agisce di not­ te, sembra una favola e nello stesso tempo una storia di spiriti. L' a n gelo custode

Tuttavia l'elemento del libro di Tobia che esercitò il maggior influsso è Raffaele come l'angelo che aiuta e protegge. Potremmo considerarlo un antenato di un esercito di angeli custodi prodotti dall'arte e dalla lettera­ tura. Qui possono bastare due esempi lirici. Wenn in bangen triiben Stunden [Se in ore di ansioso tormento]. In una poesia senza titolo divisa in due parti, Novalis ( 17721 80 1 ) descrive dapprima, da un punto di vista generalizzante alla prima persona plurale, la miseria umana, per poi nella seconda parte contrap­ porvi la comparsa di un angelo di Dio come risposta alla preghiera, come consolazione e come aiuto: •

N ovalis

-

Se in ore di ansioso tormento nel nostro cuore il vuoto dilaga se ci rode nell'intimo l'angoscia e alla stretta del male non c'è scampo; pensiamo ai nostri cari tanto amati come il dolore e l'ansietà li opprime, da nuvole è interrotto il nostro sguardo, non vi penetra un raggio di speranza. Oh, allora Dio benignamente inclina verso di noi, ci penetra il suo amore: all'altra sponda trepidi aneliamo, l'angelo suo, che il calice ci porta di nuova vita, viene accanto a noi, ci conforta e ci mormora coraggio; se noi chiediamo per i nostri cari riposo, non è vana la preghiera'0•

50 Riprodotto in Engel. Gedichten aus allen Sphiiren, a cura di A. Wiistner, reclams UB 18138, Stuttgart 200 1 , 68 [trad. it., Inni alla notte, in Canti spirituali, Garzanti, Milano 1986, 1 15 (Canto XIII)].

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

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Joseph von Eichendorff - Gottes Segen [La benedizione di Dio]. Que­ sta breve poesia di Eichendorff ( 1788- 1 857) illustra la tendenza ad affida­ •

re all'angelo custode in modo particolare i bambini: La benedizione di Dio n bambino ha smesso di giocare, riposa. Dalla finestra mormora la notte, fuori, al fresco, gli angeli di Dio vigilano fedeli.

Stanno in silenzio accanto al lettino, il mattino non è ancora del tutto spuntato, essi lo baciano, prima di andarsene, il piccolo sorride nel sonno5 1 .

3 .2.2. IL UBRO DI GIUDIITA52

Biblicamente

L'introduzione generale (Gdt 1-3 ) introduce in una situazione storico­ fittizia, che collega anacronisticamente fra di loro epoche storiche diverse. Con q u i ste d i N a bucodonosor

Nabucodonosor regna dall a sua residenza di Ninive (propriamente dalla capitale dell'Assiria) e conduce delle campagne militari di conqui­ sta, dapprima contro Arfacsad della Media, di cui conquista il regno e la capitale Ecbatana ( 1 ) . Poiché gli abitanti delle regioni occidentali si erano rifiutati di appoggiarlo militarmente in tale impresa, egli compie alla fine una spedizione militare contro di loro guidata dal generale Oloferne. Le truppe di Oloferne conquistano, simili a un esercito di cavallette, i territori occidentali fino a Damasco. Le città costiere gli si sottomettono.

H Riprodotto in Engel. Gedichten aus allen Sphiiren, a cura di A. Wiistner, reclams UB 181 38, Stuttgart 200 1 , 30. '2 Come già nel caso del libro di Tobia, anche qui esistono diverse redazioni testuali; la Bibbia di Lutero segue pure questa volta la Vulgata. Qui seguiamo la Traduzione unificata (Einheitsiiber­ setzung), che rende la redazione greca dei Settanta.

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Antico Testamento

Vengono occupate, i loro luoghi di culto distrutti. A Nabucodonosor era stato infatti dato il potere di «distruggere tutti gli dèi della terra, in modo che tutti i popoli adorassero solo» lui «e tutte le lingue e le tribù lo invo­ cassero come dio» (3 ,8). Pericolosa situazione degl i ebrei

I capitoli 4-7 parlano degli israeliti della Giudea, che tremano per il tempio di Gerusalemme da poco di nuovo dedicato dopo il ritorno dall'esilio babilonese (4 ,3 ) . n sommo sacerdote loakim guida gli israeliti nella preparazione della loro difesa. Tali preparativi consistono nell'am­ massare prowiste di cibo, nel costruire fortificazioni, nel rafforzare e presidiare i valichi, nonché nella preghiera, nel digiuno e nella penitenza. Oloferne, venuto a conoscenza di queste attività (5 , 1 ) , schiuma di rab­ bia. Si procura delle informazioni a proposito del popolo di Dio, che gli vengono fornite da Achior, un ammonita (5 ,5 -2 1 ) : gli israeliti, essendosi allontanati dalla loro strada, erano stati coinvolti in guerre e deportati, e il loro tempio era stato distrutto. Dopo esser tornati al loro Dio, abitano adesso di nuovo nel loro paese. Achior consiglia perciò di accertare quale sia la relazione attuale del popolo con il suo Dio e si sente domandare da Oloferne: «Chi sei tu [ . . . ] per profetare in mezzo a noi come hai fatto og­ gi [ . . . ] ? E chi è Dio se non Nabucodonosor? Questi manderà il suo eser­ cito e li sterminerà dalla faccia della terra, né il loro Dio potrà liberarli» (6,2 ) . Oloferne è inoltre certo che Israele si sottometterà senza riserve. Per questo si richiama a Nabucodonosor: «Questo dice Nabucodonosor, il signore di tutta la terra: così ha parlato e le sue parole non potranno essere smentite» (6,4 ) . Achior viene portato incatenato davanti alla porta di Betulla per condividerne la sorte. Gli israeliti lo trasferiscono dentro la città e vengono così a sapere delle intenzioni di Oloferne, che nel frattempo si dirige con un grande esercito verso quella località (7) , la as­ sedia e le taglia tutti i rifornimenti. Gli abitanti di Betulla sono costretti a razionare l'acqua, ci sono i primi morti. Perciò il popolo rimprovera agli anziani il fatto di non aver capitolato spontaneamente. Ozia, un anziano molto influente, consiglia di attendere ancora cinque giorni. Se nel frat­ tempo Dio non interverrà ad aiutarli, la città si arrenderà. Azione d i salvezza d i G i u ditta

I capitoli 8-16 descrivono l'azione di salvezza compiuta da Giuditta. Ella è una vedova bella, ricca e timorata di Dio, rimprovera agli anziani

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

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il fatto di voler mettere alla prova Dio con quell'intervallo di tempo53 e pensa che la triste situazione attuale sia una prova, che dovrebbe far rinsavire. Ella ha un piano che non vuole rivelare. Chiede solo di essere lasciata uscire di notte con la sua serva dalla città (8) . La sua preghiera (9) culmina con la richiesta che Dio sia conosciuto in tutto il mondo. Quindi si prepara a uscire, prende un po' di vettovaglie e lascia Betulla in compagnia della serva. Si presenta alle avanguardie assire come una tran­ sfuga che vorrebbe indicare a Olofeme una via per conquistare la città. Le sentinelle, colpite dalla sua bellezza, la conducono nella tenda di 0lofeme, che la riceve subito ( 1 0). Durante il colloquio con lui ( 1 1 ) ella si mostra remissiva; conferma sì le parole di Achior, ma spiega che gli asse­ diati sono in procinto di peccare contro Dio e promette che, mediante la preghiera, riuscirà a sapere quando gli israeliti avranno commesso la loro colpa e potranno essere vinti. Oloferne ammira la sua bellezza e saggezza: «Se farai come hai detto, il tuo Dio sarà il mio Dio» ( 1 1 ,23 ). A tavola ella consuma solo gli alimenti puri che ha portato con sé. Verso mezzanotte lascia l'accampamento per pregare. Passano così tre giorni. n quarto Olo­ feme offre un banchetto per la cerchia più ristretta dei suoi collaboratori e attraverso il proprio eunuco e tesoriere Bagoa invita, in un modo chia­ ramente ambiguo, anche Giuditta a prendervi parte. Giuditta vi prende parte con il suo abito più bello. Olofeme ne è affascinato e la guarda con bramosia. Durante il banchetto beve molto di più quanto abbia mai fatto prima nella sua vita ( 12 ) . Alla fine ella rimane sola con lui ( 1 3 ) . Oloferne, ubriaco, si è addormentato. Giuditta prega ( 13 ,4b-5 ) , poi prende la spa­ da di Olofeme e con due fendenti gli taglia la testa, che la serva nasconde in un sacco. Come al solito abbandonano l'accampamento per andare a pregare, ma in realtà si dirigono verso Betulla, dove Giuditta mostra agli abitanti accorsi la testa tagliata di Oloferne. Dio l'aveva protetta, ed ella era rimasta incontaminata. Gli abitanti appendono la testa di Oloferne alle mura della città. n popolo loda Dio, Ozia loda Giuditta. Su indi­ cazione di questa ( 14) gli israeliti simulano una sortita. Come c'era da aspettarsi, gli assiri corrono verso la tenda di Olofeme, scoprono che è stato ucciso e fuggono in preda al panico; gli israeliti danno loro la caccia e ne saccheggiano l'accampamento per trenta giorni. Achior si converte al Dio d'Israele, che compie atti simili. Tutti fanno festa lodando Dio,

n «Se non siete capaci di scrutare il profondo del cuore dell'uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose?» (8, 14).

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Antico Testamento

con Giuditta che guida le danze ( 15 ) . Un suo canto di lode, un'altra festa gioiosa a Gerusalemme e la notizia conclusiva che ella continua a vivere come vedova nella casa di suo marito e muore all'età di centocinque anni ( 16) concludono il libro. L'ero i n a devota esemplare

Giuditta ( " Giudea " ) , il personaggio principale di questo racconto didattico, scritto non prima del III secolo a.C., incarna il tipo di un mem­ bro ideale del popolo di Dio. n carattere tipico di questo scritto risulta inoltre dalla mescolanza di diversi elementi della storia d'Israele. Giudit­ ta, obbedendo ai comandamenti di Dio (precetti alimentari) , confidando in lui e nel suo aiuto, riesce a vincere il nemico del suo popolo e a salvare Israele. La sua preghiera, il suo timore di Dio e la sua saggezza la rendo­ no esemplare. n racconto esprime inoltre il desiderio e la speranza della comunità religiosa ebraica in un superamento delle diffi coltà create dalla dominazione straniera e in una affermazione della fede in Jahwe. Nume­ rose allusioni alle scritture canoniche, contenute in questo libro deutero­ canonico5\ gli conferiscono un'ulteriore profonda dimensione. Letterariamente

Giuditta. Giudz"tta55 è la prima opera teatrale di Hebbel ( 1 8 1 3 - 1 863 ) , e fu rappresentata per la prima volta nel 1 840 a Berlino. L'autore è interessato soprattutto ai personaggi di Giuditta e di Oloferne e alla loro relazione. •

Friedrich Hebbel

-

Ca ratterizzazione del ge nerale Ol oferne

L'Atto primo [3s.] , che si svolge nell'accampamento di Oloferne, de­ scrive il carattere del generale: il suo comportamento e il suo modo di

�4 Giuditta è bella come Davide, saggia come Salomone, timorata di Dio come, ad esempio, Giob­ be; affronta da sola un avversario molto più forte di lei - in maniera simile a come aveva fatto Davide con Golia il filisteo - e gli taglia la testa con la spada. In modo analogo a come aveva fatto Giaele (Gdc 4,17-22), pure lei una donna, uccide un nemico che dorme di notte nella tenda. Un altro esem­ pio sono alcune allusioni al racconto dell'Esodo, ad esempio a 4,12- 13. � � FRIEDRICH HF13BEL, ]udith, redams UB 3 16 1 , Stuttgart 1984 [trad. it., Judith, Studio Testi, Porde­ none 1983 ] .

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

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trattare i subalterni e alcuni ambasciatori illustrano la sua crudeltà, il suo carattere lunatico e la sua imprevedibilità. Nel suo primo monologo egli stesso afferma che cerca scientemente di essere imprevedibile nelle sue decisioni e azioni. In cuor suo tuttavia spera che qualcuno abbia il corag­ gio di tenergli testa. Dopo che un messaggero di Nabucodonosor ha an­ nunciato che da allora in poi l'unico Dio sarebbe stato il re, egli afferma in un altro monologo che l'unico motivo dell'esistenza dell'umanità con­ sisterebbe nel fatto che essa produca un Dio. Questi sarebbe riconoscibi­ le dal fatto che entrerebbe costantemente e impietosamente in guerra con gli uomini. Oloferne si considera evidentemente un uomo-dio del genere. Infine ambasciatori stranieri e Achior gli forniscono delle informazioni sugli israeliti. Ca ratterizzazione di G i u d itta

L'Atto secondo [ 13s.] introduce Giuditta con una scena domestica: ella siede con la serva Mirza al telaio, un'attività tipicamente femminile questa, che fa inoltre pensare alla castità. Mirza si adopera in favore del giovane Efraim, che cerca la mano di Giuditta. Questa però non ne vuole sapere, perché trova in linea di principio gli uomini repellenti. Racconta a Mirza il segreto del suo matrimonio: aveva provato vergogna e paura il giorno del matrimonio. La prima notte dopo le nozze una potenza misteriosa aveva però impedito al marito Manasse di consumare il ma­ trimonio56. Neppure dopo egli l'aveva mai toccata. Perciò, quando tre anni fa era morto, l'aveva lasciata come vedova vergine dopo sei mesi di matrimonio. Sul letto di morte non era più riuscito a spiegarle questo mistero. Giuditta è considerata una donna estremamente devota, perché cade spesso improwisamente in preghiera. Spiega che allora ella si tuffa e si immerge nella realtà divina come se saltasse nell'acqua per suicidarsi. A suo giudizio il rapporto tra i sessi è caratterizzato dalla dipendenza fem­ minile: la donna, presa in se stessa, non sarebbe alcunché e dipenderebbe dal marito, perché solo per mezzo suo ella potrebbe diventare madre e a­ dempiere così la missione vera e propria. Compare Efraim, per chiederle ancora una volta la mano. Le parla della minaccia costituita da Oloferne,

,6 ll fatto che per motivi misteriosamente spiacevoli non si arrivi alla consumazione dd matrimo­ nio ricorda la sorte della giovane Sara dd libro di Tobia, che per ben sette volte sperimenta come l'uomo da lei appena sposato venga ucciso da un demone la prima notte dopo le nozze, prima che egli si unisca a lei.

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nella speranza che ella lo accetti come suo protettore e che egli possa mo­ rire per lei. Per impaurirla le descrive la crudeltà e la brutalità sessuale di Oloferne. In tal modo la convince a incontrare quest'ultimo e a salvare la città; allora la sua vita avrebbe senso. Quando Efraim le confessa ancora una volta il proprio amore, ella gli chiede che sia lui a uccidere Oloferne. Non capisce che egli non è affatto entusiasta di quest'idea e lo considera un vigliacco, come tutti gli uomini. Questo le darebbe il diritto di tentare di compiere quell'impresa. Pa rtenza di G i u d itta d a l l a città assed iata

L'Atto terzo [25] mostra i preparativi di Giuditta e la situazione di­ sperata di Betulia. Giuditta è rimasta per tre giorni seduta nella cenere, per tre giorni ha digiunato e non ha proferito parola. Riflette sul proprio piano nel corso di una lunga preghiera, pensando però non tanto alla propria relazione con Dio, quanto piuttosto convincendosi, nel mentre prega, che sia stato Dio a ispirarle il suo piano, anche se commetterà un peccato. Riconosce che la sua bellezza e la sua verginità sono utili al suo scopo, per cui la sua vita non appare più tanto priva di senso. Ella si fa abbigliare da Mirza come una sposa, va in città e assiste a una parte delle discussioni e delle controversie sulla resa della città. Da Achior viene a sapere che una volta Olofeme aveva riso di una donna, che si era uccisa perché lui l'aveva respinta. Adesso il suo piano le appare anche come un'occasione per vendicare l'onore femminile. I ncontro tra G i ud itta e Ol oferne

Una conversazione tra Oloferne e due ufficiali nell'accampamento dell'esercito lascia presagire la morte del primo (Atto quarto [47] ) . Per lui la morte è «una cosa per cui noi amiamo la vita ! » (46 [48] ) . In linea con la sua filosofia di morire per mezzo della stessa vita, cioè compiendo degli eccessi, egli cerca di raggiungere sempre l'estasi. L'incontro con Giuditta mostra che ambedue tendono ad essere eccessivi e che vanno perciò perfettamente d'accordo. Lui ammira la sua bellezza, mentre lei finge di volerlo aiutare a conquistare la città. Egli promette di convertirsi al Dio di Giuditta, se gli abitanti di Betulia capitoleranno senza combat­ tere, e che le conferirà le più alte onorificenze. Durante quella conver­ sazione Giuditta ha saputo fingere così bene che perfino la sua serva è rimasta ingannata.

La storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

191 G i u d itta uccide Oloferne e to rna da eroina

Oloferne viene a sapere delle condizioni disperate di Betulia (V l [59] ) . Un monologo mostra il suo atteggiamento verso l'altro genere: nell'incontro sessuale con donne l'uomo mostrerebbe di essere tale perché sarebbe quello che domina. Egli ha preparato un banchetto per Giuditta, perché sarebbe una vergogna se ella abbandonasse l'accam­ pamento immacolata. Entrando nella tenda Giuditta nota il cadavere di un ufficiale, che Oloferne ha appena fatto uccidere in un momento di rabbia. Questo spettacolo le facilita l'attuazione del suo piano. n dialogo successivo rende tuttavia chiaro quanto Oloferne sia da lei affascinato e come ambedue sentano una reciproca attrazione sessuale. Oloferne la torva ancora più attraente, perché pensa che lei lo odi; lei lo trova ancora più affascinante, perché egli è molto diverso da Efraim. Questi irrompe per uccidere Olofeme. Ma questi lo deride e lo fa chiudere nella gabbia della sua scimmia preferita appena morta. Perciò Giuditta lo ammira an­ cora di più. Ella lo ucciderà, perché altrimenti egli diventerà il suo idolo, il suo falso dio. Egli le rivela di sperare di trovare una persona capace di sconfiggerlo, perché si annoia terribilmente per il fatto di dover rispettare soltanto se stesso. Le chiede di prostrarsi davanti a lui, l'uguale a Dio. Ella però minaccia di ucciderlo, e allora lui cerca di impedirglielo met­ tendola incinta e trascinandola pertanto nella sua camera da letto. Là la violenta dietro il palcoscenico. Ella si sente da lui ridotta a una prostituta e lo uccide per un sentimento di vergogna e di umiliazione. Riconosce di essere andata da lui per motivi egoistici, per il desiderio di trovare un vero uomo. n suo piano idealistico di sacrificarsi per il proprio popolo era stato un autoinganno. Alla fine se ne torna con Mirza e con la testa decapitata a Betulia. - Là il popolo la accoglie con entusiasmo (V 2 [80] ), lei però si sente avvilita: «lo ho ucciso il primo e l'ultimo uomo sulla ter­ ra» (78 [80] ) . Mentre gli ebrei corrono verso l'accampamento dei nemici per saccheggiarlo, i sacerdoti le chiedono quale ricompensa voglia. Ella desidera solo di essere uccisa, qualora lo richieda. Questa è la sua misura preventiva, qualora dovesse essere incinta. I nterpretazione psicologica di G i uditta

Hebbel fa di Giuditta e di Oloferne dei rappresentanti dei generi e estremizza, nel senso di una psicologia prefreudiana, la loro caratterizza­ zione. Giuditta, la vedova vergine, vorrebbe trovare un vero uomo, una personalità dominante. n suo spasimante Efraim incarna il tipo roman-

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tico, che cade ai suoi piedi e che farebbe tutto per lei. E per questo ella lo disprezza. Efraim è l'opposto della figura di Oloferne, il compagno perfetto per lei, da cui si sente attratta e che trova nello stesso tempo re­ pellente. Le pulsioni inconsce svolgono un grande ruolo, perché Giuditta non agisce solo per motivi religiosi, ma anche per egoismo. Dopo essere stata violentata - ella non rimane perciò illib ata come nella Bibbia - lo riconosce e di conseguenza uccide Oloferne, distrugge quello che ama e punisce così nello stesso tempo se stessa. Qualora fosse rimasta incinta, vuole morire, un'ulteriore autopunizione questa, se riflettiamo sulla sua filosofia, secondo la quale una donna si realizza solo come madre. Ella diventa un personaggio tragico, perché la vittoria in favore del suo po­ polo le costa la felicità personale. Nel dramma di Hebbel Dio funge da facciata. Giuditta non prega per devozione. Oloferne è il suo vero Dio. Nell'opera questi è ironicamente il personaggio che riflette di più su Dio. Tuttavia per lui è cosa completamente indifferente chi sia Dio. Dio po­ trebbe anche essere un uomo, magari lui stesso. Johann Nepomuk Nestroy - Giuditta e 0/oferne. La Judith di Heb­ bel fu rappresentata per la prima volta a Vienna con grande successo il l o febbraio 1849. Solo poche settimane dopo, il 3 marzo, fu rappresentata •

per la prima volta in assoluto l'opera di Nestroy ( 1 80 1 - 1 862). L'esaltazio­ ne eccessiva dei due personaggi principali, fatta da Hebbel, e l'accentua­ zione della componente sessuale indussero Nestroy a farne una parodia. La sua opera in un atto unico57 e ventiquattro scene prevalentemente molto brevi porta ad absurdum l'attrazione sessuale, che la Giuditta e l'Oloferne di Hebbel provano l'uno per l'altro. La parod ia: del l ' uomo travestito da G i u d itta

Giuditta non compare infatti mai sul palcoscenico. Suo fratello Joab, che somiglia esteriormente molto all a sorella, si intrufola nei suoi panni nel campo di Oloferne e va alla sua ricerca (scena 24). L'uomo travestito da donna - lo stesso Nestroy svolse questo ruolo - cerca di suscitare l'i­ larità di coloro che lo sanno, del pubblico. Lo spettatore può distinguere tra ruolo e identità di J oab dalla sua parlata: in veste di Giuditta egli recita dei versi di quattro piedi a rime accoppiate, mentre le osservazioni

57 }OHANN NESTROY, Siimtliche Werke, edizione critica a cura di J. Hein et al. , Stiicke 26/11: Lady und Schneider; ]udith und Holofemes, a cura di J.R.P. McKenzie, Wien 1998, 85 - 1 14.

LA storia d'Israele: da Giosuè ad Ester

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da lui pronunciate a parte in veste di Joab sono in prosa. Giuditta-Joab si presenta a Oloferne come vedova vergine e gli racconta la storia della notte delle nozze, che la Giuditta di Hebbel aveva raccontato alla propria serva. Olofeme la invita spontaneamente a mangiare. Mentre mangiano, ella lo prega di risparmiare il suo popolo. Questo insospettisce il genera­ le, che ordina al suo servo Achior di predisporre le misure speciali che secondo un sogno profetico aveva deciso di prendere. Egli si ritira nella sua camera da letto, senza portare con sé la spada. "Giuditta" la afferra, gli corre dietro e torna poco dopo con una testa di Oloferne fatta di car­ tapesta in mano (nel frattempo il pubblico vede Olofeme occhieggiare attraverso una fessura del sipario) . Quando i soldati di Olofeme vedono la testa, fuggono spaventati: «Ah, anche la falsa testa ha prodotto il suo effetto ! » ( 148, v. 35s.), esclama Giuditta-Joab in tono di trionfo. Gli ebrei entrano nell'accampamento e catturano Olofeme. Solo adesso egli si ren­ de conto d'essere stato abbindolato da un giovane. Altri elementi caricatu ral i

La parodia di Nestroy si serve inoltre degli usuali mezzi della concen­ trazione abbreviante58, dell'esagerazione e della trivializzazione. A ciò si aggiunge la cosiddetta "viennizzazione" , che si manifesta con l'uso del dialetto viennese anacronistico di fronte al materiale biblico. Inoltre egli fa la caricatura - nelle scene 10-13 e 16-20, che contengono le discussioni riguardanti la pericolosa situazione di Betulla - degli ebrei che vivevano allora a Vienna: essi pensano solo al denaro, vogliono trarre profitto dal­ la crisi, in specie dalla scarsità dei mezzi di sussistenza. Inoltre Nestroy scrisse due canti per Joab (scene 14 e 15) nello stile dei suoi couplet, che contengono in veste biblica delle osservazioni critiche, in particolare a proposito degli eventi della rivoluzione del 184859• Nestroy non persegue - esattamente come Hebbel - alcuna finalità teologica, bensì critica sati-

�8 Una rassegna delle corrispondenze fra le scene di Nestroy e il dramma di Hebbel la si può trova­ re nella menzionata edizione critica (323-342). �9 n primo canto in due strofe deride la carente competenza militare degli ebrei («l nostri uomini/ sono sì intelligenti/Ma non hanno voglia di fare la guerra», 95, recita il ritornello). A conclusione Mosè riflette su "condottieri militari" dell'Antico Testamento (Mosè, Eva, Noè, Giosuè). n secondo canto più lungo (98- 100) si occupa dei miracoli raccontati nell'Antico Testamento (confusione babi­ lonica delle lingue, vitello d'oro, Giona nel ventre del pesce, liberazione di Giuseppe dalla prigione, sapienza di Salomone), li commenta con allusioni all'attualità e li riassume nel ritornello: «> (92 [70] ).

Il peccato consiste nella «ostinata disobbedienza»15 (92 [70] ) al co­ mandamento di Dio, disobbedienza che Giona aggrava fuggendo da Dio. n predicatore descrive in maniera plastica, viva, dettagliata e con qualche battuta umoristica il viaggio via mare del profeta raccontato in Gn l (9298 [7 1 -79] ). All'ampia illustrazione del peccato di disobbedienza padre Mapple aggiunge una breve spiegazione del capitolo 2 : Giona cade di­ rettamente dal bordo della nave nella bocca di una balena, nella quale se ne sta seduto come in un carcere. n predicatore interpreta la permanenza di Giona nella balena come castigo per la sua disobbedienza. Nella sua preghiera Giona non si lamenta, ma si dimostra pentito, e ciò indurrebbe Dio a liberarlo di nuovo dal pesce16• Quindi il predicatore riassume l'in­ segnamento per la comunità così: «Compagni, io non vi pongo Giona dinanzi perché lo imitiate per il suo peccato ma ve lo indico come modello di pentimento. Non peccate; ma se lo fate, badate bene di pentirvene, come Giona>> (99 [76] ).

Padre Mapple parla quindi dell'insegnamento speciale per predicatori come lui, che desume da Gn 3 17: quando Dio affida una seconda volta il compito a Giona, questi fa come gli è stato comandato: «E qual era [que­ sto compito] , compagni? Predicare la Verità, contro la falsità» ( 1 0 1 [78] ). Padre Mapple arriva a questa affermazione conclusiva tornando ancora una volta su Gn 2 : Giona non poté sottrarsi al mandato divino, perché Dio è dappertutto; anche quando la balena con dentro Giona scese nelle profondità irraggiungibili del mare, Dio udì ugualmente la preghiera di Giona ( 1 00 [77 ] ) .

11 «Se obbediamo a Dio, dobbiamo disobbedire a noi stessi; ed è proprio in questa disobbedienza a noi stessi che consiste la difficoltà di obbedire a Dio» (92 [7 1]). 16 «Egli sente che è giusta quella terribile punizione. Affida la sua salvezza a Dio. [ . . . ] E qui, compagni, sta il sincero e pio pentimento; che non reclama il perdono, ma è grato della punizione. E quanto sia stata gradita a Dio la condotta di Giona, lo dimostra la sua liberazione finale dal mare e dalla balena>> (99 [76] ). 1 7 La predica non tiene conto di Gn 4, né menziona i niniviti.

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249 S ped izione p u nitiva di Ahab contro la balena bia nca

La predica posta all'inizio del romanzo spiega un testo biblico, che nella sua forma esterna può essere applicato al tema della pesca della balena, perché il "pesce" di cui parla il libro di Giona fu tradizionalmente visto come una balena. Alla fine del romanzo notiamo che la predica lu­ meggia anche il destino di Ahab. Questi, il capitano che sta diventando anziano, ha perso una gamba in un precedente tentativo di catturare la balena bianca Moby Dick e vive con una protesi fatta di ossa di balena. È ossessionato dall'idea di vendicarsi di Moby Dick. Questa balena, a pro­ posito della quale circolano leggende di ogni genere, si distingue per una perfidia particolare, che è già costata la vita a più di un cacciatore (cap. 41 [225s.] ) . Per Ahab essa rappresenta tutte le potenze cattive e demo­ niache che egli pensa di poter eliminare eliminando quell'animale. Prima che il romanzo culmini in una caccia di tre giorni a Moby Dick (capp. 133 - 135 [646s.] ) , Ismaele, il narratore fittizio, descrive l'equipaggio della nave di Ahab, le tappe del viaggio, durante il quale vengono pescate e lavorate le balene, i brevi incontri con altri cacciatori di balene e il clima a bordo della nave. Ismaele prowede inoltre a comunicare ai lettori un sapere enciclopedico a proposito di tutto ciò che ha a che fare con le ba­ lene e con la loro pesca18• Cattivi presagi

Unico scopo del viaggio è per Ahab quello di impadronirsi della ba­ lena bianca. Inchioda un dublone d'oro all'albero maestro come premio per colui che scorgerà per primo Moby Dick (cap. 36 [204s. ] ) . Nulla e ne s suno lo trattiene, quando attraverso tre incontri con altre navi vie­ ne a sapere che essa ha inferto a tutte e tre dei dannil9• Ignora tutti gli eventi, che il suo equipaggio interpreta come segnali cattivi: il fuoco di sant'Elmo sugli alberi (cap. 1 19 [598s.] ), la caduta di un marinaio dalla coffa (cap. 126 [62 1s.] ) , l'aquila che si porta via il berretto di Ahab (cap.

1 8 In questo contesto egli ritorna a parlare di Giona e si domanda se la storia più antica riguardan­ te una balena sia quella di Giona o di Ercole (cap. 82 [439s.] ) , per poi discutere di Giona considerato storicamente (cap. 83 [443s.]) e fare dell'ironia su interpretazioni razionalistiche dello scritto biblico. 1 9 n primo capitano perse un braccio durante la caccia (cap. 100 [526s.]); un'imbarcazione con un figlio di un capitano inglese a bordo è scomparsa, e il capitano chiede a Ahab di aiutarlo nella ricerca, cosa che egli rifiuta di fare perché tutto preso dalla febbre della caccia alla balena (cap. 128 [628s.]); Moby Dick ha distrutto un'imbarcazione e ucciso cinque uomini (cap. 13 1 [639s.]).

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130 [634s. ] ) . Tre altri incidenti erano avvenuti prima: Ahab rovina il quadrante, un temporale inverte la polarità dell'ago della bussola (cap. 124 [613s.] ) ; la misurazione della velocità del viaggio fallisce (cap. 125 [6 17s.] ) . Profezie

L'unico presagio che Ahab rispetta è la profezia del parso Fedallah (cap. 1 17 [594s.] ) , che caccia sulla medesima nave con lui: Ahab non conoscerà cassa da morto o bara; prima di morire dovrà aver scorto due bare sul mare, e Fedallah lo precederà come suo testimone. Quest'ulti­ ma cosa succede il secondo giorno della caccia (cap. 134 [657s.J ) ; anche Ahab è strangolato il terzo giorno dalla fune del suo arpione, che è con­ ficcato in Moby Dick, e trascinato dall 'animale nel fondo del mare (cap. 135 [667s.J ). Questo ricorda la descrizione fatta da Padre Marple della scomparsa di Giona nella balena20• Ma a differenza di quest'ultimo, Ahab non tornerà vivo in superficie, perché egli - a differenza del Giona della predica - non si pente e non sperimenta pertanto la grazia divina. Con lui vanno a fondo la sua nave e il suo equipaggio, ad eccezione di Ismale, il narratore21• Egli era stato messo in guardia prima della partenza (cap. 19; 21 [ 127s.; 134s.] ) da un mendicante di nome Elia con oscure allusioni e consigliato a non mettersi in viaggio con Ahab. ll mendicante porta il no­ me del profeta, che anche nella Bibbia è collegato al re Acab, l'omonimo del capitano. Come il re biblico, così anche Ahab è empio22 e un "adora­ tore di idoli" , perché fa della caccia a Moby Dick l'unico scopo della sua vita. Sguard o retros pettivo s u l l a vita d i Ahab

Alla vigilia della caccia Ahab guarda con aria rassegnata indietro alla propria vita, ai quarant'anni di caccia alla balena (cap. 132 [64 1s.] ) : . che sciocco, per quarant'anni, che sciocco, vecchio sciocco è stato il vecchio Ahab ! Perché questa contesa della caccia? [. . ] lo mi sento mortalmente stanco,

«

. .

.

.w «Come abbiamo visto, Dio venne a lui nella balena, lo inghiottì in qud vivo abisso di morte, e con rapida corsa lo inabissò nel cuore dei mari, dove le profondità vorticose lo risucchiarono per diecimila leghe» (100 [77]). 2 1 ll motto dell'epilogo (Gb 1 , 15b) lo paragona ai latori dei messaggi a Giobbe. 22 «In fede? Cosa vuoi dire?» domanda Ahab al suo primo ufficiale (cap. 127, 800 [627]).

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curvo e piegato come se fossi Adamo barcollante sotto il cumulo dei secoli dal tempo del Paradiso. Dio ! Dio ! Dio ! Spaccami il cuore! Sfondami il cervello ! » (82 1 [644]). «Che cos'è, che cos'è quella cosa ultraterrena, senza nome e imperscrutabile? Quale nascosto e ingannatore signore e padrone, quale imperatore crudele e spietato mi comanda, che, contro tutti gli affetti e i desideri naturali, io debba co­ sì continuare a sospingere, e a divincolarmi come pressato dalla folla, accingen­ domi temerario a fare ciò che, nel mio cuore naturale, io non ho mai nemmeno osato di osare? È Ahab, Ahab? Sono io, Dio o chi altri che alza questo braccio?» (822 [645 ] ) .

Egli si sente come un giocattolo in balia delle potenze e sente, pre­ sentendo la sua fine, che la voglia di vendetta nei confronti della balena bianca fa di lui un essere posseduto da potenze oscure, che lo tengono sino alla fine in loro potere. Come già nella Bibbia, così anche in questo romanzo il mare e i mostri marini simboleggiano le potenze del caos ostili a Dio. Tuttavia nonostante questa consapevolezza Ahab non smette te­ stardamente e arrogantemente di dare la caccia a Moby Dick e sigilla così la propria rovina.

5 . 1 .3 . IL LEGGENDARIO PROFETA SAGGIO Biblica mente •

l i libro di Daniele. La prima metà del libro di Daniele (Dn 1-6) con­

tiene diverse leggende, che sono collegate fra di loro dalla persona di Daniele. Esse si svolgono nel periodo del regno di N abucodonosor II di Babilonia (604-562 a.C.; capp. 1-4) e di Dario I di Persia (52 1 -486 a.C.; cap. 6). Nabucodonosor fa portare alla sua corte diversi giovani dotati provenienti dall'Israele occupato, al fine di educarli là a diventare funzio­ nari dello stato. Fedeltà a Dio i n terra stran iera

Tra di essi ci sono Daniele e tre suoi amici che, dopo essere stati for­ mati, superano tutti gli altri uomini saggi di Babilonia, perché Dio ha donato loro intelligenza e sapienza. Daniele riceve inoltre il dono dell'in­ terpretazione dei sogni. I giovani uomini rimangono fedeli al loro Dio

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in terra straniera, anzitutto perché osservano le prescrizioni alimentari ebraiche (cap. 1 ) . Egli e i suoi tre amici conservano in modo esemplare la loro identità ebraica. l tre gi ova n i nella fo rn ace

I tre amici danno buona prova di sé (cap. 3 ) , quando Nabucodonosor fa erigere una gigantesca statua d'oro, che tutti devono adorare. Chi rifiu­ ta di farlo viene gettato in una fornace ardente. Gli amici di Daniele rifiu­ tano di compiere quell'atto idolatrico e si dimostrano fiduciosi nel fatto che il loro Dio li salverà dalla fornace. ll re ordina pieno d'ira d'aumenta­ re il fuoco della fornace più del solito e di gettarli là dentro. Nabucodo­ nosor guarda laggiù e vede i tre intatti accanto a un quarto uomo, che è "simile nell'aspetto a un figlio di dèi" (3 ,92 ) , quindi a un angelo. Questo salvataggio miracoloso dei tre giovani lo induce a riconoscere la potenza di Jahwe (3 ,95-96) . Daniele nella fossa dei leoni

Secondo lo stesso modello si svolge la storia di Daniele nella fossa dei leoni (cap. 6) . Alcuni dignitari di corte, invidiosi delle capacità e della posizione altolocata di Daniele, ordiscono un intrigo contro di lui: essi ottengono dal re Dario un decreto, secondo il quale nessuno potrà rivol­ gersi per trenta giorni a un dio, o ad altro dio che non sia lo stesso Dario, per ottenere qualcosa. Poiché Daniele rivolge tre volte al giorno la sua preghiera a Dio, i dignitari lo possono denunciare. Dario stima molto Daniele e perciò dà malvolentieri l'ordine di gettarlo nella fossa dei leoni. Lo raccomanda alla protezione del suo Dio (6, 17) e si preoccupa tutta la notte per lui ( 6,19). Pure Daniele rimane illeso nella fossa, perché un an­ gelo chiude la bocca dei leoni (6,23 ) . I dignitari intriganti vengono gettati loro in pasto, e il re Davide professa la propria fede nel Dio degli ebrei (6,27). Egli supera Nabucodonosor, perché ripone la propria speranza in questo Dio già prima della salvezza miracolosa di Daniele. Banchetto d i Baldassar e la scritta s u l l a parete

Contraltare dei due re convertiti appare in Dn 5 il re Baldassar. Dopo essersi ubriacato durante un banchetto sfrenato tenuto nel suo palazzo, ordina di riempire di vino i vasi asportati da Nabucodonosor dal tempio di Gerusalemme. Lui, i suoi ospiti e le sue donne ne bevono e lodano nel

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farlo i loro dèi, quand'ecco apparire una mano, che traccia sulla parte della sala alcuni segni, che nessuno tra i presenti riesce a decifrare. Nep­ pure i dotti e i sapienti di corte ci riescono. Solo quando su consiglio della regina il re fa venire Daniele, Baldassar viene a conoscere quel che la scritta dice. Daniele, prima di spiegare i segni, gli rimprovera la sua empia condotta. Le lettere scritte sulla parete annunciano il giudizio pro­ nunciato da Dio contro di lui e recitano Mene, Tekel, Peres (5 ,25), dopo di che egli spiega: > (INRI Iesus Nazarenus rex Iudaeorum, Mt 27,37). Anche i due !adroni, che sono crocifissi alla sua destra e alla sua sinistra, lo derido­ no, così come lo deridono gli spettatori (Mt 27,38-44: «Salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce! », v. 40, cf v. 42). Prima di morire Gesù pronuncia le parole del Salmo 22 («"Eh El� lema sabactani?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? "», Mt 27,46) , che sono erroneamente interpretate dagli astanti come una invocazione rivolta ad Elia. I soldati gli danno da bere dell'aceto con una spugna fissata su una canna (27,48). La sua morte è accompagnata da un oscuramento in pieno giorno e da un terremoto, inoltre il velo del tempio, che nasconde agli sguardi il Santo dei Santi, si squarcia da cima a fondo (Mt 27,45 .5 1 -52). Questi fenomeni cosmici caratterizzano tradizionalmente un'apparizione di Dio. Un centurione romano e le guardie là presenti constatano perciò pieni di timore: