Il destino 8818220330, 9788818220339

Il De fato mostra quanto la questione del determinismo e la filosofia dell'azione umana siano legate al concetto di

658 115 6MB

Italian Pages 304 [306] Year 1996

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Il destino
 8818220330, 9788818220339

Table of contents :
adA001
adA002
adA005_1L
adA005_2R
adA006_1L
adA006_2R
adA007_1L
adA007_2R
adA008_1L
adA008_2R
adA009_1L
adA009_2R
adA010_1L
adA010_2R
adA011_1L
adA011_2R
adA012_1L
adA012_2R
adA013_1L
adA013_2R
adA014_1L
adA014_2R
adA015_1L
adA015_2R
adA016_1L
adA016_2R
adA017_1L
adA017_2R
adA018_1L
adA018_2R
adA019_1L
adA019_2R
adA020_1L
adA020_2R
adA021_1L
adA021_2R
adA022_1L
adA022_2R
adA023_1L
adA023_2R
adA024_1L
adA024_2R
adA025_1L
adA025_2R
adA026_1L
adA026_2R
adA027_1L
adA027_2R
adA028_1L
adA028_2R
adA029_1L
adA029_2R
adA030_1L
adA030_2R
adA031_1L
adA031_2R
adA032_1L
adA032_2R
adA033_1L
adA033_2R
adA034_1L
adA034_2R
adA035_1L
adA035_2R
adA036_1L
adA036_2R
adA037_1L
adA037_2R
adA038_1L
adA038_2R
adA039_1L
adA039_2R
adA040_1L
adA040_2R
adA041_1L
adA041_2R
adA042_1L
adA042_2R
adA043_1L
adA043_2R
adA044_1L
adA044_2R
adA045_1L
adA045_2R
adA046_1L
adA046_2R
adA047_1L
adA047_2R
adA048_1L
adA048_2R
adA049_1L
adA049_2R
adA050_1L
adA050_2R
adA051_1L
adA051_2R
adA052_1L
adA052_2R
adA053_1L
adA053_2R
adA054_1L
adA054_2R
adA055_1L
adA055_2R
adA056_1L
adA056_2R
adA057_1L
adA057_2R
adA058_1L
adA058_2R
adA059_1L
adA059_2R
adA060_1L
adA060_2R
adA061_1L
adA061_2R
adA062_1L
adA062_2R
adA063_1L
adA063_2R
adA064_1L
adA064_2R
adA065_1L
adA065_2R
adA066_1L
adA066_2R
adA067_1L
adA067_2R
adA068_1L
adA068_2R
adA069_1L
adA069_2R
adA070_1L
adA070_2R
adA071_1L
adA071_2R
adA072_1L
adA072_2R
adA073_1L
adA073_2R
adA074_1L
adA074_2R
adA075_1L
adA075_2R
adA076_1L
adA076_2R
adA077_1L
adA077_2R
adA078_1L
adA078_2R
adA079_1L
adA079_2R
adA080_1L
adA080_2R
adA081_1L
adA081_2R
adA082_1L
adA082_2R
adA083_1L
adA083_2R
adA084_1L
adA084_2R
adA085_1L
adA085_2R
adA086_1L
adA086_2R
adA087_1L
adA087_2R
adA088_1L
adA088_2R
adA089_1L
adA089_2R
adA090_1L
adA090_2R
adA091_1L
adA091_2R
adA092_1L
adA092_2R
adA093_1L
adA093_2R
adA094_1L
adA094_2R
adA095_1L
adA095_2R
adA096_1L
adA096_2R
adA097_1L
adA097_2R
adA098_1L
adA098_2R
adA099_1L
adA099_2R
adA100_1L
adA100_2R
adA101_1L
adA101_2R
adA102_1L
adA102_2R
adA103_1L
adA103_2R
adA104_1L
adA104_2R
adA105_1L
adA105_2R
adA106_1L
adA106_2R
adA107_1L
adA107_2R
adA108_1L
adA108_2R
adA109_1L
adA109_2R
adA110_1L
adA110_2R
adA111_1L
adA111_2R
adA112_1L
adA112_2R
adA113_1L
adA113_2R
adA114_1L
adA114_2R
adA115_1L
adA115_2R
adA116_1L
adA116_2R
adA117_1L
adA117_2R
adA118_1L
adA118_2R
adA119_1L
adA119_2R
adA120_1L
adA120_2R
adA121_1L
adA121_2R
adA122_1L
adA122_2R
adA123_1L
adA123_2R
adA124_1L
adA124_2R
adA125_1L
adA125_2R
adA126_1L
adA126_2R
adA127_1L
adA127_2R
adA128_1L
adA128_2R
adA129_1L
adA129_2R
adA130_1L
adA130_2R
adA131_1L
adA131_2R
adA132_1L
adA132_2R
adA133_1L
adA133_2R
adA134_1L
adA134_2R
adA135_1L
adA135_2R
adA136_1L
adA136_2R
adA137_1L
adA137_2R
adA138_1L
adA138_2R
adA139_1L
adA139_2R
adA140_1L
adA140_2R
adA141_1L
adA141_2R
adA142_1L
adA142_2R
adA143_1L
adA143_2R
adA144_1L
adA144_2R
adA145_1L
adA145_2R
adA146_1L
adA146_2R
adA147_1L
adA147_2R
adA148_1L
adA148_2R
adA149_1L
adA149_2R
adA150_1L
adA150_2R
adA151_1L
adA151_2R
adA152_1L
adA152_2R
adA153_1L
adA153_2R
adA154_1L
adA154_2R
adA155_1L
adA155_2R
adA156
adA157

Citation preview

ALESSANDRO DI AFRODISIA

IL DESTINO Prefazione, introduzione, commento, bibliografia e indici di Carlo Natali Traduzione di Carlo Natali ed Elisa Tetamo

Rusconi

Prima edizione maggio 1996

T

uni i diritti riservati © 1996 Rusconi Libri s.r.l., viale Sarca 235, 20126 Milano

ISBN 88-18-22033-0

PREFAZIONE

Chi si incarica di presentare al pubblico la prima tradu­ zione italiana di uno scritto filosofico antico può trovarsi in gravi difficoltà, spinto da opposte esigenze: da una parte l'impegno di fornire al lettore un inquadramento standard dello scritto e del suo autore, basato sulle interpretazioni più accreditate, e, dall'altra, il desiderio di intervenire in modo personale nel dibattito, fornendo una propria pro­ spettiva, frutto inevitabile del lavoro svolto intorno al testo dell'autore. Dovendo esporre la polemica antideterministi­ ca di Alessandro di Mrodisia ad un lettore che immaginia­ mo essere non lo specialista, ma lo studente o lo studioso di filosofia, interessato alla questione del determinismo ed al confronto tra le antiche discussioni e le teorie filosofiche moderne, noi abbiamo deciso di attestarci su di una posi­ zione di compromesso. Non ci impegneremo quindi ad una trattazione comple­ ta di tutti i problemi di questo testo, ma solo ad indicare i temi teoreticamente più interessanti; e siccome la com­ prensione della polemica di Alessandro di Mrodisia pre­ suppone la conoscenza della teoria stoica del destino, dato che gli Stoici nel mondo antico furono i principali sosteni­ tori del determinismo, presenteremo un panorama genera­ le e molto sintetico di questa difficile e complessa dottrina stoica, senza proporci l'ambizioso obiettivo di darne una lettura critica originale. Per quanto riguarda la posizione di Alessandro, invece, ci distaccheremo in parte dalle cor­ renti prevalenti nella let�eratura contemporanea, spesso molto critiche verso il de fato, per sottolineare la coerenza di quest'opera e situarla sullo sfondo della dottrina di Aristotele. Ci pare infatti che l'autore si mantenga fedele

6

PREFAZIONE

alle istanze più profonde della filosofia di Aristotele, pur innovando in vari punti particolari. Ciò non deriva da un preconcetto desiderio di concordia: è stato infatti giusta­ mente affermato che una interpretazione troppo creativa può sempre riuscire a trovare una qualche forma di coe­ renza in qualunque testo preso ad oggetto. Ci pare piutto­ sto che dallo sforzo di ritrovare il filo unitario che lega le varie affermazioni di Alessandro derivino risultati interes­ santi e non banali dal punto di vista della filosofia morale e della teoria dell'azione, e che quindi questa linea di lettura possa essere utilmente tentata. Da un punto di vista filosofico, e non puramente stori­ co, infatti, questo scritto presenta elementi interessanti sia di contenuto che di forma. Per quanto riguarda il contenu­ to, il de fato mostra quanto la questione del determinismo e la filosofia dell'azione umana siano legate al concetto di causa, e dipendano strettamente da esso. Alessandro, sulla scia del suo maestro Aristotele, che non ebbe una teoria del destino, ma polemizzò in varie sue opere contro le con­ cezioni deterministiche, ci presenta una interpretazione dell'azione umana di grande interesse, fondata com'è su di un concetto di causa diverso da quello moderno. La prospettiva di Alessandro potrebbe forse fornire, oggi, la base concettuale per una «terza via» teorica nella discussione sulla filosofia dell'azione tra le analisi basate sul concetto di spiegazione e quelle basate sul concetto «humiano» di causa. Grosso modo, tale espressione è usa­ ta oggi per indicare un rapporto tra due eventi, tale che uno preceda l'altro, regolarmente, sotto il governo di una legge generale, a condizione che i due eventi siano defini­ bili l'uno indipendentemente dall'altro. Tale concetto di causa talvolta viene identificato, da parte di alcuni autori di lingua inglese, come equivalente al concetto moderno di causa, in assoluto!. Questa posizione potrebbe essere sog­ getta ad obiezioni, e una parte della filosofia contemporal È emblematica la posizione di J. Barnes, Aristatle's pastenar ana/ytics, Oxford 1975 , p. 96, che aveva scritto: «"cause" as it is used in colloquiai

PREFAZIONE

7

nea non accetta l'equivalenza di «causa humian4) e «cau­ sa» in generale2• D'altra parte Alessandro è anche lontano dalle analisi del concetto di causa ispirate al concetto di spiegazione, in una interpretazione dall'aria wittgensteinia­ na, per cui considerare un evento alla luce di certe cause è, alla fine, frutto di un nostro modo di vedere3• Dal punto di vista storico, inoltre, la discussione tra Stoici ed Aristotelici nel de fato è potenzialmente molto in­ teressante: in essa infatti si scontrano le due filosofie dell'a­ zione più importanti del mondo antico4, e ciò, a prima vi­ sta, potrebbe costituire un' ottima occasione per una deEnglish, is a fairly good translation of aitia (cf. the conjunction "because"). Philosophical usage, however, seems generally to base itself on a Humean analysis of causation; and an aitia is not a Humean cause. For this reason it is probably advisable to adopt a different translation; "explanation" seems bet­ ter than "reason"». Ma cfr. la nuova edizione di questo volume, Oxford 1994, p. 86, ove Barnes ha in parte rivisto la sua analisi. 2 Sui legami tra l'interpretazione humiana dci concetto di causa ed il po­ sitivismo ottocentesco di Comte e Stuart Mill, cfr. G.R. von Wright, Spiegazione e comprensione (197 1 ) trad. ital. Bologna 1977, cap. I: Due tradi­ zioni. Per una concezione realista della causalità come produttività ed una critica all'empirismo, cfr. M. Bunge, La causalità. Il posto del principio causa­ le nella scienza moderna (1959), trad. ital. Torino 1970, capitoli I-IV; una cri­ tica alla concezione empiristica della causalità, da punti di vista diversi, an­ che in W.A. Wallace, Causality and scienti/ic explanation, Ann Arbor 19721974, vol.lI, capp. 4 e 5; P. Ricoeur, Semantica dell'azione ( 1 977), trad. ital. Milano 1986, capitoli 11/4 e V; Id., Dal testo all'azione ( 1 986), trad. ital. Milano 1989, p. 163 . Un tentativo di interpretazione dci concetto aristotelico di causa alla luce della teoria di M. Bunge, e non di quella di Hume, è in M. Espinosa, Les quatre causes. De Bunge à Aristote, >. TI destino per l'uomo è l'influsso di questa seconda parte della sua natura. Ciò viene indagato dapprima per quanto riguarda il corpo ( 170, 12-16) e poi per quanto riguarda l'anima ( 170, 16- 17 1 , 17). 170, 17 : intendo para nel senso dato da Thillet (>: sull'uso del termine proegoumenos in Alessandro vi è un'ampia discus­ sione. Spesso Alessandro usa proegoumenos in senso aristoteli­ co, come causa primaria, altre volte in senso più generico. Ad esempio, in questo capitolo l'espressione proegoumene aitia è usata in modo diverso alle linee 173 , 14, e 173 , 17. Nel primo passo, esponendo la propria posizione « de cose che accadono fortuitamente e per caso sono tali che non accadono secondo una causa primaria [il caso e la fortuna infatti si collegano a cose che accadono di rado a quelle che avvengono prima di loro]», 173 , 13 - 16), Alessandro usa proegoumene aitia per in­ dicare il complesso composto da "una causa efficiente che agi­ sce in vista di una causa finale propria" , cioè per la causa "per sé" di un evento. Poche righe più avanti però, riportando le opinioni degli avversari (>.

203 , 12- 16 «Come poi concorderanno fra loro sia il dire che il destino è dio, e si serve di ciò che è e che diviene nel co­ smo, per la salvezza del cosmo stesso . . . sia il dire . . . che, per le azioni più scellerate, impiega come complice anche Apollo Pizio»: l'attacco alla teodicea stoica è piuttosto retorico, e si basa sulla sproporzione tra l'ordinamento maestoso della na­ tura e le misere e scellerate storie riprese dalle tragedie. Non è probabile che Crisippo o i suoi seguaci abbiano mai sostenuto che l'omicidio di Laio era direttamente necessario per la sal­ vezza del cosmo o della civiltà umana. 203 , 12- 15 = SVF II 928.

ALESSANDRO D ' AFRODISIA

288

CAPITOLO XXXII TI capitolo è breve e, ritornando al punto in cui la discus­ sione era stata interrotta, al cap. XXIX, riassume cose già det­ te. L'ordinamento della discussione è particolarmente male or­ ganizzato in questa sezione. Chi è saggio non può che agire da saggio, ma è responsabile delle sue azioni perché aveva anche la possibilità di non diventare saggio. Gli dei, al contrario, non possono non essere saggi, perché la saggezza è insita nella loro natura, e quindi l'essere saggi non dipende da loro. Per questo gli dei sono onorati, ma non lodati. Inoltre, riguardo alle azioni particolari, il saggio e il dio hanno sempre la possi­ bilità di non compierle. 204 , 12- 15 = SVF II 985 . 204 , 13 >; von Arnim invece lo mantiene, ed attribuisce quindi l'argomento agli avversari degli Stoici: «quanti non ritengono che nel salvare l'attività, propria degli animali, secondo l'im­ pulso già si salva anche ciò che dipende da noi, sbagliano per­ ché ritengono che non tutto ciò che avviene per impulso di­ pende da coloro che esercitano l'impulso». In questo modo il discorso diviene meno circolare. Cfr. Sharples, On fate, pp. 268-269. 205 , 8-9 «tutto ciò che accade per impulso dipende da co­

loro che agiscono in tal modo dato che non lo si trova in nes­ suna delle cose che agiscono altrimenti»: riappare in questo brano, in modo molto chiaro, l'idea che, secondo un certo ti­ po di determinismo, basta che vi sia una fonte di causalità in­ terna all'agente per dire che un'azione dipende da lui, anche

' ALESSANDRO D AFRODISIA

290

se l'agente non può che agire in un certo modo. Tale causalità interna non è un contributo causale qualunque all a determi­ nazione dell' azione, ma è un impulso, ed è tipico solo di quel certo tipo di enti. Alessandro invece limita il campo di " ciò che dipende da noi" a ciò che dipende dalla deliberazione ra­ zionale. Sharples, On fate, p. 168, nota che qui Alessandro, alla linea I l , attribuisce agli Stoici la sua propria concezione di "ciò che dipende da noi" come "ciò che possiamo anche non fare" . 205 , 16 «impulso razionale» (logiken hormen) , corrispon­ de all'assenso razionale del capitolo XIV, 184, 1 1- 12, e indi­ ca sempre ciò che è frutto di deliberazione e ragionamento pratico. CAPITOLO XXXIV I deterministi ammettono una cosa vera, cioè che la natura di una cosa equivale al suo destino ed alla sua costituzione na­ turale, e ne derivano la conseguenza che ciò che agisce in mo­ do retto, o in modo errato, lo fa per natura. Quindi, soggiun­ gono, rimane fondata la distinzione tra azioni giuste ed azioni errate, ed anche la prati-::a sociale della lode e del biasimo. Al contrario Alessandro ripete che non è vero che vi siano azioni giuste e errate, se uno in determinate circostanze è necessitato ad agire in un certo modo, ma solo se egli può scegliere tra agire bene ed agire male. L'agire bene non avviene per caso, ma per disposizione. Chi non può mutare né le circostanze, né la propria natura, e deve necessariamente agire in un dato mo­ do, non agisce rettamente, né compie errori morali. Ciò si ap­ plica, in modi diversi, sia agli animali che agli dei. Sul capitolo vi è un articolo di J. Mansfeld, An echo of middle platonist theology in Alexander ((de fato" ch. 34, «Vigiliae Christianae» 43 ( 1 989), pp. 86-91 . 205, 24-206, 2 = S VF I I 1002. 205 , 25 «ciascuna delle cose che hanno una costituzione naturale»: l'espressione è identica a quella del cap. VI, 170, 14, e per questo Alessandro dice che i deterministi in questo punto rispettano la verità dei fatti, perché identificano desti­ no e costituzione naturale. Non si sa se egli qui attribuisca

- 291

IL DESTINO - COMMENTO

agli Stoici una posizione non loro, o se, nel cap. VI, abbia ri­ preso una tesi già formulata da qualche determinista, per cui destino = costituzione naturale, interpretandola però alla lu­ ce della dottrina aristotelica, per cui la natura opera solo per lo più. 206, 6-7 «per il fatto che essi non fanno di necessità nessu­ na di queste due cose»: qui è la differenza tra la posizione di Alessandro, e quella dei detenninisti. 206, 9- 12 «impossibile, essendo date certe circostanze, che noi non agiamo, e . . . queste circostanze, per cui agiamo, saran­ no sempre di necessità presenti attorno a noi»: qui è detto molto chiaramente che l'azione è necessitata dalla somma del­ le circostanze e della costituzione naturale dell' agente. La stes­ sa idea è ripetuta più avanti, alle linee 22-24. 206, 12- 15 «non si dice che agisce rettamente colui che compie una qualche azione da uomo dabbene in un modo qualsiasi . . . ma se uno, pur avendo la facoltà di fare qualcosa che sia in qualche modo peggiore, sceglie e fa il meglio»: che l'azione sia virtuosa solo se dipende dalla scelta è già detto da Aristotele in E.N. 1 l05a 32. 206, 30-3 1 >, perché tutte le altre cause sarebbero eliminate dal destino.

IL DESTINO - COMMENTO

299

2 1 1 , 13- 17 = SVF TII 247. 2 1 1 , 17- 18 = SVF TII 283 . CAPITOLO XXXVIIT Il capitolo ripete quanto detto ai capitoli XTII-XIV, sul fatto che non basta un contributo causale dell' agente all'azio­ ne, per renderlo responsabile di quello che fa, se non cam­ biando il significato corrente di "ciò che dipende da noi». Le argomentazioni degli Stoici sono eleganti, ma in disaccordo con i fatti. 2 1 1 , 28-2 12, 1 = SVF TI 1006. 2 12, 1-4 = SVF TI 1005 parte. 2 12 , 3 «eleganza» : Alessandro dice che l'eleganza arriva fi­ no alla scelta dei termini; secondo Galeno (de di/!. pulsatio­ num 10, 8 = SVF TI 24) , invece, Crisippo, originario di Soli in Cilicia, non riuscì mai a imparare bene la lingua greca, né ad usare i termini della lingua attica con proprietà. Non si sa se altri Stoici siano stati più eleganti; forse qui Alessandro si rife­ risce all ' eleganza di dimostrazioni come quelle riportate ai capp. XXXV e XXXVII ; però il termine kompseia si riferisce di solito all' eleganza del linguaggio.

CAPITOLO XXXIX Conclusione e perorazione finale agli imperatori, in cui ri­ torna il tono retorico del capitolo I. Si torna a parlare della dottrina «di Aristotele» sul destino per dire che essa favorisce la pietà verso gli dei e la riconoscenza verso gli imperatori. Alessandro poi cerca di far riflettere gli imperatori sull ' assur­ dità della dottrina stoica, applicandola a sé stessi. Infine so­ stiene che la filosofia aristotelica è la sola base di un compor­ tamento ragionevole nella vita. 2 12, 15-18 «Infatti si è padroni solo di quelle cose di cui si abbia in sé la facoltà anche di non farle . . . anche le altre co­ se . . . sembreremo farle in modo ragionevole solo se ne stabili­ remo le cause in base alla dottrina di Aristotele su di esse»: non è chiaro se