I sentimenti di Gesù. I verba affectuum dei Vangeli nel loro contesto lessicale 8810410017, 9788810410011

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I sentimenti di Gesù. I verba affectuum dei Vangeli nel loro contesto lessicale
 8810410017, 9788810410011

Table of contents :
Copertina......Page 1
Frontespizio......Page 4
ISBN......Page 5
PRESENTAZIONE......Page 8
INTRODUZIONE......Page 12
1 - I SENTIMENTI DELL'UMANITÀ DI GESÙ......Page 26
2 - I SENTIMENTI DELL'INTIMITÀ DI GESÙ......Page 60
3 - I SENTIMENTI DELLA DIVINITÀ DI GESÙ......Page 78
4 - L'IMMAGINE DEL CRISTO COME ALTERITÀ E COME MODELLO......Page 118
CONCLUSIONI......Page 124
BIBLIOGRAFIA......Page 128
INDICE......Page 144
Quarta di copertina......Page 147

Citation preview

Collana Studi biblici

1-3.

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.

12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49.

S.A. Panimolle, Il discorso di Pietro all'assemblea apostolica l: Il concilio di Gerusalemme Il: Parola, fede e Spirito lll: Legge e Grazia F. Lambiasi, L'autenticità storica dei Vangeli M. McNamara, l Targum e il Nuovo Testamento C.K. Barrett, La prima lettera ai Corinti L. Monloubou, La preghiera secondo Luca L. Alonso Schokel, Trenta salmi: poesia e preghiera P. Grelot, l Canti del Servo del Signore J. Dupont, Teologia della Chiesa negli Atti degli apostoli P. Lapide, Leggere la Bibbia con un ebreo F.-E. Wilms, l miracoli nell'Antico Testamento Il Midrash Temurah, a cura di M. Perani J. Dupont, Le tre apocalissi sinottiche l. De la Potterie, Il mistero del cuore trafitto W. Egger, Metodologia del Nuovo Testamento J. Darù, Principio del Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco S. Zedda, Teologia della salvezza nel Vangelo di Luca L. Gianantoni, La paternità apostolica di Paolo S. Zedda, Teologia della salvezza negli Atti degli apostoli A. Giglioli, L'uomo o il creato? M. Pesce, Le due fasi della predicazione di Paolo E. Boccara, Il peso della memoria L. Alonso Schokel- J.M. Bravo Arag6n, Appunti di ermeneutica Metodologia dell'Antico Testamento, a cura di H. Simian-Yofre F. Manns, Il giudaismo G. Cirignano- F. Montuschi, La personalità di Paolo F. Manns, La preghiera d'Israele al tempo di Gesù H. Simian-Yofre, Testi isaiani dell'Avvento M. Nobile, Ecclesiologia biblica L. Ballarini, Paolo e il dialogo Chiesa-Israele F. Manns, L'Israele di Dio A. Spreafico, La voce di Dio G. Crocetti, Questo è il mio corpo e lo offro per voi A. Rofé, La composizione del Pentateuco P. Lapide, Bibbia tradotta Bibbia tradita G. Cirignano- F. Montuschi, Marco. Un Vangelo di paura e di gioia P. Grelot,/1 mistero del Cristo nei Salmi B. Costacurta,lllaccio spezzato G. lbba, La teologia di Qumran A. Wénin, Entrare nei Salmi B. Costacurta, Con la cetra e con la fionda J.P. Fokkelman, Come leggere un racconto biblico X. Lé on-Duf ou r, A gire secondo il Vangelo Bibbia e storia, a cura di M. Hermans- P. Sauvage W. Binni- B. G. Boschi, Cristologia primitiva M. Remaud, Vangelo e tradizione rabbinica B.G. Boschi, Le origini della Chiesa A. Miranda, l sentimenti di Gesù

AMERICO MIRANDA

I SENTIM�NTI DI GESU I verba affectuum dei Vangeli nel loro contesto lessicale

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

©

2006 Centro editoriale dehoniano via Nosadella, 6 40123 Bologna EDB (marchio depositato) -

ISBN 88-10-41001 -7 Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2006

A quelli che si affaticano per il vangelo

Hoc enim sentite in vobis, quod et in Christo Jesu (Fi/ 2,5)

PRESENTAZIONE

La grammatica, come si sa, distingue a parte una classe di verbi, variamente detti sentiendi o anche affectuum, con cui si riconosce e si evidenzia la portata particolarmente emotiva delle azioni o degli atteggiamenti umani. Per. poco che andiamo oltre la terminologia meramente «grammaticale», ci si rende conto che è in gioco una di­ mensione semplicemente «esistenziale», di cui è ampiamente mate­ riata la nostra vita. Si tratta né più né meno delle reazioni che assu­ miamo di fronte a eventi, a persone, a comportamenti altrui, sia che essi vengano adottati nei nostri confronti, sia che rappresentino sol­ tanto l'espressione di una condotta esterna non direttamente riferi­ ta a noi. Tanto la letteratura quanto la filosofia si sono ampiamente inte­ ressate a questa componente non secondaria dell'umana esperienza, a partire dall'antico concetto greco di passione, passando per il sen­ tire del cuore di Pascal che lo oppone alla conoscenza razionale, fino alla teorizzazione del sentimento in età romantica, compresi poi i più recenti concetti esistenzialisti di angoscia e persino di nausea. Certo è che l'ideale stoico della imperturbabilità o atarassìa ha poco di umano, se persino gli dèi della mitologia ellenica soggiacciono a mo­ ti d'ira, di commozione, di ilarità o di afflizione. Come poteva esserne esente un uomo come Gesù di Nazaret? Certo nei suoi confronti è esistito (e forse esiste ancora) un giudizio, che lo esclude da una umanità ritenuta eccessiva. Ma si tratta nient'altro che di una tentazione monofisita, che considera indegna contaminazione mondana la condivisione da parte sua di ciò che è umano, magari considerato troppo umano! Eppure, come si esprime­ va un antico adagio patristico, quod non est assumptum non est re7

demptum! E invece, Gesù ha assunto tutta intera la nostra umanità, compresi gli affetti che segnano tanto a fondo la nostra identità quo­ tidiana. Studiare gli affectus di Gesù, dunque, significa prendere sul serio l'incarnazione del Verbo di Dio, che si immerge a fondo nel tes­ suto vivo della nostra umanità. Il libro di Americo Miranda rappresenta un eccellente tentativo di rendere conto di questa dimensione identitaria di Gesù, e di ono­ raria come è giusto fare. In queste pagine non si trova certo una di­ scussione teologica in senso stretto. Del resto, non sarebbe possibile dibattere speculativamente dell'umanità di Gesù, se non si partisse dai testi letterari che ce la documentano. Ebbene, proprio questo fa lo studio che presentiamo. Esso prende in considerazione i testi del­ la tradizione evangelica, che ci documentano appunto le reazioni e gli atteggiamenti di Gesù di fronte alle varie situazioni umane da lui incontrate. Sono vari i testi (ben 35 quelli qui studiati, senza contare i passi paralleli) e quindi almeno altrettanti i momenti della sua vita, che ne rivelano gli affectus profondi: per esempio l'esultanza nello Spirito, la commozione di fronte alla madre vedova del figlio unico portato alla sepoltura e ancor più quella davanti alla tomba dell'ami­ co Lazzaro, la reazione sdegnata di fronte alla insensiblità dei pre­ senti nella sinagoga quando si tratta di guarire un uomo dalla mano rattrappita, l'ammirazione per una fede genuina, il commento ama­ ro per l'ingratitudine dei lebbrosi risanati o per l'ottusità degli scribi troppo legalisti, nonché l'implicita contentezza per i ragazzi che si di­ vertono sulla piazza indirizzandosi diversi ritornelli giocosi, la gioia per il ritrovamento degli smarriti, e infine l'indignazione dimostrata verso i mercanti nel tempio. Naturalmente un posto di rilievo è oc­ cupato dalle sue reazioni di fronte e durante la propria passione, do­ ve si succedono o si alternano la paura, il dolore, la richiesta di con­ divisione, la rassegnazione, l'abbandono a Dio. Americo Miranda struttura opportunamente la sua analisi dei te­ sti, suddividendo la ricerca in tre parti, dedicate rispettivamente al­ l'umanità di Gesù, alla sua intimità, e alla sua divinità. In ciascuna di queste sezioni, egli ripartisce ancora il materiale in oggetto a secon­ da che si tratti delle attitudini di Gesù, del suo turbamento e delle sue varie reazioni. Ogni testo viene esaminato nella sua peculiarità letteraria ed «affettiva». Si dispiega così sotto i nostri occhi un vasto materiale dedotto dai quattro vangeli canonici, a cui è limitata l'indagine, anche se altra

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materia si troverebbe nell'altrettanto ampia produzione apocrifa. Il fatto è che i primi cristiani sono stati essi per primi impressionati dal forte spessore umano del loro Maestro e Signore, il quale stava da­ vanti a loro, come ancora sta davanti a noi, nella sua concreta gran­ dezza e profondità umana. Il risultato è duplice: da una parte, si con­ ferma il verus homo della definizione calcedonese, secondo cui l'u­ manità, tutt'altro che fare velo al verus deus, ne rende invece possi­ bile la manifestazione e attingibile la fruizione; dall'altra, il cristiano trae dal modello gesuano non solo conforto ma anche un senso nuo­ vo per le proprie personali e immancabili esperienze emotive. Lo studio di Miranda costituisce dunque un apporto veramente originale alla conoscenza non solo dei testi evangelici ma di Gesù stesso e in definitiva dell'uomo, di cui pure egli è figlio! C'è solo da augurarsi che esso venga apprezzato come merita. Romano Penna

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INTRO DUZIO NE

Per una consolidata tradizione nella storia cristiana, i sentimenti di Gesù sono oggetto di interesse e venerazione: l'invito di Paolo ai filippesi (2,5: «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cri­ sto Gesù») è stato infatti inteso come un richiamo diretto a una conformità, almeno tendenziale, del cuore e dell'attitudine del cre­ dente a quelli di Gesù, corrispondente al suo abbassamento fino al­ la condizione umana.1 Si tratta di un interesse che gli studi hanno potuto cogliere solo in parte. Se l'esegesi evangelica è pervenuta a risultati di grande chiarezza in merito all'ambiente in cui Gesù vive e ai suoi interlocu­ tori, non può che arrestarsi dinanzi alla reticenza del testo in meri­ to ai suoi sentimenti. Questa modalità è senza dubbio intenzionale, in accordo con lo stile di assoluta sobrietà della narrazione e con la tradizione biblica delle teofanie; l'estraneità del Cristo a una dimen­ sione dei sentimenti comune agli altri uomini è anzi affermata espli­ citamente (Gv 2,24), e costituisce un tratto insopprimibile della Ri­ velazione. La narrazione dei vangeli è intessuta di sentimenti, e si esprime anche attraverso un uso dei verba affectuum diffuso in tutti i quattro

Sull'importanza del passo di Filippesi per la trasmissione del vangelo, cf. E. Theo/ogische Einleitung in das Neuen Testament, Vandenhoeck & Rupre­ cht, Gottingen 1989 (trad. il. introduzione teologica al Nuovo Testamento, Paideia, Bre­ scia 1992), 21. Per la centralità dell'idea di abbassamento nella visione spirituale del Cristo, cf. ad es. O. CuLLMANN, Christo/ogie des Neuen Testaments, Mohr-Siebeck, Tii­ bingen 1957 (trad. it. Cristologia del Nuovo Testamento, Mulino, Bologna 1970), 140ss. 1

ScHWEIZER,

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evangelisti: la ricerca del credente in tal senso è sollecitata in vario modo. Il rapporto anche affettivo tra i personaggi è intenso e costan­ te, e, seppure nell'intensità non ambivalente dei rapporti, lascia tra­ pelare attraverso Gesù tracce dei sentimenti di Dio. Ancor oggi, si pone perciò al credente, nell'accostarsi alle Scritture, l'obiettivo di sentire il più possibile «come proprio tutto ciò che è di lui»;2 in que­ sto senso, la componente dei sentimenti appartiene alla figura del Gesù storico nella sua complessità, e rientra nella definizione di un'etica del Nuovo Testamento che non sia solo disposizionale.3 Nella tradizione esegetica «occidentale», di cui non a caso molte anticipazioni si possono individuare nel testo di Marco, più avvertita è stata l'esigenza di definire in quali sentimenti la conformità a Ge­ sù dovesse concretarsi, in un intimo bisogno di comunanza, ma an­ che di chiarezza.4 Il patrimonio cui la sensibilità del credente può at­ tingere, soprattutto in un'epoca «come la nostra>> sensibile al dato in­ dividuale e psicologico, trova chiari riscontri nei testi, di cui è comun­ que necessario verificare la fondatezza: un'indagine lessicale può contribuire a raccogliere qualche elemento al riguardo. Di per sé, l'obiettivo di ricostruire, in base agli esigui riferimenti dei testi evangelici, la gamma dei sentimenti di Gesù è da considerar­ si assolutamente improponibile; esistono però indizi significativi, de­ sumibili soprattutto dalla comparazione tra terminologia relativa al­ la condotta di Gesù e agli altri personaggi, oltre che dall'analisi dei pochi termini di cui la figura del Cristo è referente unico, che non possono sfuggire all'esegeta. Se non per attribuzione diretta, è quin­ di possibile ricostruire alcuni tratti emblematici della sua figura, at-

2 Acta Conc. Oec. Vat. II, Decr. Apost. Actuosit. 33. La dissimmetria nell'istituire un rapporto con Gesù, che pure è sempre garantito nei vangeli a chi lo cerca con fede, è sottolineata da H. CoNZELMANN, Grundriss der Theologie des Neuen Testaments, Kai­ ser, Munchen 1967 (trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1 972), 156. 3 Per l'esigenza etica della fede nella persona di Gesù quale si manifesta nei van­ geli, contrariamente a quanto sostenuto dalla scuola bultmanniana, cf. G. SEGALLA, Pa­ norama teologico del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1 987, 58s. 4 Il contatto con lo Spirito per la patristica a partire da Origene rende possibile ai credenti anche la conoscenza della persona di Gesù: cf. per le versioni latine F. DùNZL, Pneuma Funktionen des theologischen Begriffs in fruhchristlichen Literatur, Aschendorff, Munster 2000 , 375ss. Per un saggio del delinearsi di un'interpretazione «occidentale» dei verba affectuum, cf. A. MIRANDA, >, in Bib 80(1999), 240-249. E comunque netto il distacco dal­ la (F.J. MoLONE Y, The Gospel offohn, Liturgica) Press, Collegeville 1998, 373). B.J. MALWA - R.L. RoHRBAUGH, fohn, Fortress, Minneapolis 1998, 21 9ss hanno studiato la simbologia di questa sezione giovannea, elaborata in vi­ sta della comunicazione interpersonale. 1 1 L'ambiguità di è dello stile giovanneo (BARRETT, The Gospel according to St. fohn, 364). Come efficacemente si esprime G. R AVAS I , /1 Vangelo di Giovanni, EDB, Bologna 1989, 60, il télos è anche «Una pienezza che si col­ ma, un amore che trabocca>>, 12 La consapevolezza di Gesù insita nel termine (agapao ) esprime se· condo E. STAUFFER, , in Th WNT, l, 20-55, 47 la conoscenza del mondo e il pieno orientamento, nonostante essa, della sua vita verso l'amore. Tale atteggiamen­ to conferma che il sacrificio riguardi la vita di Gesù nella sua interezza (E. LoHSE, Grundriss der neutestamentlichen Theologie, Kohlhammer, Stuttgart 1974 (trad. it. Compendio di teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1987], 131). 1 3 Diversi elementi della narrazione sono tesi ad enfatizzare secondo B A R RETT, The Gospel according to St. fohn, 365 il contrasto tra Gesù e il mondo. M. PEscE, , in G. GHJBERTI (ed.), Opera giovannea, Elledici, To-

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Nella duplice veste di compendio e di introduzione alla Passione, la notazione del sentimento di Gesù traduce il cuore della rivelazio­ ne giovannea. Come i riferimenti temporali suggeriscono, essa trava­ lica però il momento in cui si presenta, e va considerata una chiave di interpretazione permanente dell'intero vangelo. 2.3. Gv 11,5; 13,23; 19,26; 20,2; 21, 7; 21,20: l'amore di Gesù per i singoli discepoli («voler bene»l«amare»: agapao, philéo) Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto be­ ne a Marta, a sua sorella e a Lazzaro (Gv 11 ,4b-5). Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fian­ co di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?>>. Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Si­ gnore, chi è?>>. Rispose allora Gesù: « È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò>> (Gv 13,23-26a). Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio l >> (Gv 1 9,26).

amava,

(Maria di Magdala) corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro di­ scepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Si­ gnore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto ! >> (Gv 20,2). Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: « È il Signore ! >>. ( ... ] Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era chinato sul petto e gli aveva doman­ dato: «Signore, chi è che ti tradisce?>> (Gv 2 1 ,7 e 20).

I diversi brani in cui Giovanni fa riferimento all'amore di Gesù per i singoli discepoli testimoniano l'esistenza di un legame intenso e personale, su cui i sinottici sono assolutamente reticenti.14 Si tratta

rino 2003, 233-271, 234 ha sottolineato l'importanza dell'elemento rituale per «esalta­ re lo stato di separazione dal mondo circostante». 14 In Giovanni, al di là delle notazioni, tutti i personaggi sono «soggiogati e affer­ rati dalla sua persona» (S.A. PANIMOLLE, L'evangelista Giovanni. Pensiero e opera let­ teraria del quarto evangelista, Boria, Roma 1989, 69). Sul valore anticipatorio dei

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comunque di esplicitazioni legate a circostanze eccezionali, e che non rappresentano una costante del Quarto Vangelo. La natura del rapporto con i destinatari espliciti dell'amore di Gesù - Marta, Maria e Lazzaro e Giovanni nei vari brani - è em­ blematica di quello che lo lega all'umanità intera. Essi sono connes­ si a due contesti ben precisi, la risurrezione di Lazzaro nel primo ca­ so e il più ampio resoconto della Passione per quanto riguarda Gio­ vanni, in cui l'amore ha modo di manifestarsi con maggiore inten­ sità. 15 In ogni caso, si tratta di un legame già attuale e persistente al momento della sua esplicitazione, di cui non sono evidenziate la ge­ nesi e le manifestazioni. Si intuisce dalle occorrenze che il sentimento che Gesù ripetuta­ mente esprime non è statico, ma costituisce il movente delle azioni dei protagonisti e dei successivi sviluppi del testo. I destinatari di es­ so sono almeno in parte inconsapevoli, e comunque non si avvalgo­ no esplicitamente del privilegio che esso configura, e che resta un motivo di comunicazione segreta tra Gesù e tali personaggi. 16 Viene evidenziato così il senso di gratuità di tale disposizione, ma anche la sua natura insondabile. La scelta di Marta, in particolare, come destinataria esplicita del­ l'amore di Gesù può sorprendere. Giovanni vuole probabilmente sottolinearne il valore di figura-chiave, nella sua evoluzione da un at­ teggiamento di incredulità alla piena disponibilità all'azione salvifi­ ca del Cristo. Ella emerge così come direttamente investita da quel­ la che appare l'accezione privilegiata dell'amore, la misericordia che conduce alla conversione. La figura dell'apostolo Giovanni costituisce il riferimento privi­ legiato dell'amore di Gesù (agapao, che alterna solo al c. 20 con

sentimenti di Gesù rispetto alla rispondenza dei suoi in Giovanni, cf. ZuMSTEIN, «Le disciple bien-aimé>>, 56. 15 Come ha precisato C.H. Dooo, The lnterpretation of the Fourth Gospel, Cam­ bridge University Press, London 5 1953 (trad. it. L'interpretazione del quarto vangelo, Paideia, Brescia 1974), 522, non si può parlare di una preoccupazione teologica che domini il resoconto giovanneo dell'amore del Cristo, ma di una notazione puramente contestuale. 1 6 A proposito di Gv 1 1 , M.W.G. SnBBE, , in NTSt 40( 1994), 38-54, 44 parla di «costante elusi­ vità>> nella caratterizzazione di Gesù.

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philéo) in tutta la seconda parte del Quarto VangeloP In quanto pu­ ramente destinatario in senso passivo di tale sentimento, egli rappre­ senta anzitutto la figura esemplare del discepolo; ma mostra di ri­ spondere con la sua condotta, evidenziando coerenza e continuità nel suo agire anche di fronte agli ultimi drammatici eventi della vita del Cristo, nelle situazioni più diverse;18 di tale continuità si fa garan­ te l'appendice del c. 21, che estende il rapporto privilegiato anche al­ la fase successiva alla risurrezione. Per quanto investito allo stesso ti­ tolo degli altri discepoli, egli, come autore dichiarato del Quarto Vangelo, rappresenta il testimone diretto della dimensione persona­ le dell'amore di Gesù per ciascuno. La rivelazione dell'amore di Gesù per i singoli ha luogo nell'inti­ mità del rapporto discepolare, che Giovanni intende riprodurre nel­ la sua narrazione. Nelle circostanze in cui tale sentimento viene espresso, si percepisce tutta la sua forza nella situazione contingen­ te, ma anche, potenzialmente, l'ampliarsi del sentimento a tutti colo­ ro che sappiano porsi in un'attitudine simile a quella dei discepoli. 2.4. Gv 2,24: il confidare negli uomini («confidarsi», pisteuo) Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, veden­ do i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confi­ dava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro; egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo (Gv 2,23-25).

Il termine «confidarsi» (pisteuo) si colloca in un passaggio parti­ colarmente significativo del Quarto Vangelo: si tratta di «un primo sommario», attraverso il quale viene suggerita una valutazione om­ nicomprensiva sull'operato del Cristo. 19 In questo contesto può in-

17 BARREIT, The Gospel according to St. John, 259 ha chiarito come l'uso dei due termini sia equivalente in Giovanni. 18 Come notato da BARREIT, The Gospel according to St. John, 365, nulla nella narrazione giovannea fa supporre che Giovanni, come prediletto nell'amore, rappre­ senti una figura puramente ideale di discepolo. Egli è il della famiglia di Gesù (M. MoooY SMJTH, John, Abingdon, Nashville 1999, 400 ) . 19 Per la definizione di >.

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I SENTIMENTI D ELLA DIVI NITÀ DI GESÙ

I sentimenti che possono definirsi propri della divinità di Gesù, per il fatto che il testo vi ricorre solo in riferimento a lui, costituisco­ no un gruppo piuttosto esiguo nei vangeli: la natura della narrazio­ ne, che almeno nei sin ottici evidenzia un contatto continuo con i suoi discepoli o con le folle intese nel loro complesso, rende rara l'espres­ sione di sentimenti del tutto avulsi dal contatto con gli uomini.l Fat­ to inusitato per la rappresentazione biblica della divinità, gli evange­ listi attingono così quasi sempre allo stesso campo semantico cui si fa riferimento per gli altri personaggi evangelici. Dei termini riferiti unicamente a Gesù uno, «avere misericordia» (makrothyméo), è utilizzato in tutti i casi ad esprimere un'attitudine nei confronti degli interlocutori che, nelle parabole, si presentano al cospetto di Dio. Alcuni termini relativi al turbamento sono riferiti unicamente a Gesù, nel designarne l'atteggiamento di fronte alla morte e al destino; anche un termine indicante reazioni, «rattristar­ si» (syllypéomai), compare soltanto in riferimento a lui. Ma la serie dei sentimenti della divinità di Gesù è dominata dal termine splag­ chnizomai, che è semanticamente collocabile tra il «provare genero­ sità» e «provare misericordia», e si pone nei vangeli come il vero e proprio tratto caratterizzante della disposizione di Dio nei confron-

1 In quella che definisce «pretesa personale» di Gesù, KOMMEL, Die Theologie des Neuen Testaments, 75s sottolinea il sorprendente persistere del termine «uomo>> come autodefinizione. D 'altra parte M. KARRER, Jesus Christus im Neuen Testament, Van­ denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 998, 330 ha evidenziato gli elementi che nei van­ geli contrastano la paganizzazione ellenistica degli attributi di Dio.

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ti degli uomini: esso si può connettere principalmente, per utilizzare categorie valide anche altrove, alla sfera delle reazioni, anche se in effetti costituisce un unicum nelle narrazioni evangeliche, condiviso da tutti i sinottici. Assolutamente peculiare, e perciò da ascriversi al­ la sfera autonomamente definita delle rivelazioni, è da considerarsi «esultare» (agalliao), che designa un sentimento nello Spirito che getta una luce unica sul rapporto tra il Cristo e il Padre. Sebbene quantitativamente esigua (sette lessemi), la categoria dei sentimenti della divinità di Gesù assume un ruolo fondamentale, e forse meglio di tutte le altre contribuisce a illustrare l'animo di Ge­ sù e la condotta di cui il credente deve farsi imitatore. Decisivo risul­ ta rispetto agli altri termini l'orientamento di Gesù verso gli uomini nel manifestare questi tratti: conforme ai caratteri della Rivelazione, i sentimenti di Dio non appaiono mai isolati in un ambito inaccessi­ bile, ma risultano comunque intesi in un'ottica relazionale, anche se, per il loro peccato, gli uomini non giungono a condividerli. Essi in­ terrogano perciò particolarmente il credente sulla figura di Gesù, nella duplice funzione di modello per la loro condotta e di totalmen­ te «altro» da loro. A)

ATTITUDINI

3. 1. Le 18, 7: La magnanimità di fronte alla preghiera dei figli («fare giustizia», makrothyméo) «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguar­ do per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tem­ po egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giusti­ zia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore sog­ giunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Le 18,2-8).

La parabola della vedova importuna si chiude con un esplicito paragone con Dio, di cui è richiamato un sentimento peculiare, la ge­ nerosità di fronte all'invocazione. Rispetto alla vicenda illustrata, la 78

risposta di Dio alla preghiera viene qui rappresentata in forma indu­ bitabile; semmai la domanda finale apre al dubbio sulla condotta de­ gli uomini. Il testo ricorre a una voce verbale, «fare giustizia» , secondo il sen­ so complessivo della tradizione (makrothyméo), che non è stretta­ mente correlata all'ambito del perdono, ma piuttosto a quello del giudizio, su cui si fonda del resto l'allegoria, e indica la grandezza d'animo nell'esprimere un verdetto; l'una e l'altra attitudine costitui­ scono comunque in Luca un diretto richiamo a Dio. Il contesto è col­ loquiale, come indica il brusco passaggio dal congiuntivo all'indicati­ vo;2 del resto, l'insieme vuole costituire un richiamo pressante e par­ ticolarmente eloquente della misericordia divina. Il sentimento di Dio appare piuttosto conseguenza della pietà propria del giudice che risposta dovuta alla preghiera della vedova:3 la magnanimità esprime un moto del tutto autonomo e incausato dell'animo, più che una reazione. In base ai particolari forniti, si co­ glie la larghezza delle attitudini, la perseveranza della vedova e la ge­ nerosità di Dio, e non un effettivo sviluppo consequenziale interno al testo: gli eventi avrebbero potuto prendere una piega del tutto di­ versa.4 Il brano non si preoccupa di fissare le motivazioni né le con­ seguenze degli atti, ma solo di coglierne la misura sproporzionata ri­ spetto all'iniziativa dei figli, costituita dalla preghiera. Il «fare giustizia» (makrothyméo) appare in contrasto con la di­ sposizione iniziale del giudice iniquo: il fatto che quest'ultimo rap­ presenti Dio risulta sorprendente e ha suscitato non poche perples­ sità.5 In realtà è la devozione dei figli, espressa attraverso la preghie­ ra, che risulta elemento determinante, nella parte precedente della

2 Difficoltà crea anche la voce verbale all'indicativo presente; cf. KLOSTERMANN, Das Lukasevangelium, 178. J EREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 154 ritiene tali forme espressive proprie di un'attitudine aramaicizzante. 3 Per il tema della pietà, cf. WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 315. ScHWEIZER, Das Evangelium nach Lukas, 185 ritiene invece che si presupponga una richiesta di giustizia, non menzionata, da parte dei poveri che invocano Dio. 4 MARSHALL, The Gospel of Lukas, 674 ha ipotizzato una serie di diversi atteggia­ menti del giudice cui la situazione avrebbe potuto dare adito: il porsi in aspettativa, o il rimandare, o il tollerare il mancato adempimento di quanto dovuto. 5 Secondo GouLDER, Luke, 66 1s il soliloquio del giudice ha lo scopo di accresce­ re nei destinatari la misura del contrasto con un atteggiamento puramente umano che si potrebbe ravvisare nelle sue reazioni.

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parabola: essa dà modo alla generosità di Dio, che è pronta e non ab­ bisogna di sollecitazioni, di esprimersi in tutta la sua forza; in tal sen­ so, l'atteggiamento di Dio prelude alla ben più larga generosità esca­ tologica, che Luca ripetutamente prospetta.6 Il nesso tra preghiera e misericordia è significativo della possibi­ lità di sollecitare la manifestazione del sentimento di Dio, per quan­ to esso sia del tutto autonomo e costante. Nel quadro di continuità così prospettato, emerge la domanda drammatica sul fondamento della fede, che introduce l'autentico problema del rapporto tra Dio e uomo. 3.2. Mt 18,27: la magnanimità e compassione di fronte all'invocazione di pietà («aver pazienza», makrothyméo; «impietosirsi», splagchnizomai) «A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debi­ tore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restitui­ re, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, get­ tatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli con­ donò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari, e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esau­ dirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito» (Mt 1 8,23-30) .

L'avvio della parabola dei due debitori è segnato dalla richiesta di magnanimità, «aver pazienza» (makrothyméo), e dalla conseguente compassione, «impietosirsi» (splagchnfzomai), del re, che porta a un primo scioglimento della vicenda con l'inatteso e totale condono del debito; si tratta di un sentimento in radicale opposizione allo «sde-

6 ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 145 ritiene il passo un'evidente anticipa­ zione dei discorsi escatologici, in cui emerge la benevolenza del giudizio divino. KRE­ MER, Lukasevangelium, 174 parla di prefigurazione della parusia.

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gnarsi» (orghizomai) che chiude la narrazione (cf. supra, § 1 .12).7 «Impietosirsi» (splagchnizomai), in particolare, viene citato a desi­ gnare l'atteggiamento del re nel punto culminante della parabola, che nemmeno il servo sa od osa sollecitare; lo stesso re, richiamando al v. 33 il momento in cui si è mosso a pietà per il servo, utilizza un termi­ ne diverso, «aver pietà» (e/eé6).8 L'uso di «impietosirsi» (splagchnizo­ mai) al participio aoristo, come altrove, indica sentimento certo e fer­ mo già nei gesti in cui esso, immediatamente, si traduce. Sono le parole stesse del re che ci rivelano la commozione di Dio, sebbene designandola appunto con u.n termine diverso e di na­ tura pienamente umana, «aver pietà» (eleéo). Data la reticenza in proposito del testo, sembra che sia la situazione nel suo complesso, non un gesto particolare, a determinare il sentimento del re; risulta anzi sufficiente l'accorata richiesta di pietà, per quanto non adegua­ tamente motivata, del servo.9 D'altro canto, la misericordia è speci­ ficamente indirizzata al servo che invoca pietà: il v. 27 insiste sui di­ mostrativi ( ekeinou, auton, autoi), a indicare quanto il sentimento di Dio non sia indifferenziato, ma si appunti precisamente nei confron­ ti di quel servo. Il manifestarsi del sentimento del re appare tanto più notevole quanto enorme era l'importo del debito, e terribili le conseguenze per il debitore; esso è legato con particolare evidenza a una situazio­ ne di bisogno. 10 Il sentimento, nella sua gratuità, implica un genero­ so moto dell'animo, ma risulta d'altra parte pienamente regolato da una decisione razionale («animo», thymos ). Non si tratta che della

7 Collera e misericordia sono frequentemente associate nelle narrazioni bibli­ che: cf. J. DuPONT, , in J. DuPoNT ET ALli ( edd. ), La parabola degli invitati al banchetto. Dagli evangelisti a Ge­ sù, Paideia, Brescia 1 978, 279-329, 318. 8 W. GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 31972, 424 sottolinea la maggiore intensità di splagchnizomai, riservato a Dio. Dio è «fine e misura>> della visione qui espressa (TRILLINO, Das wahre Jsrael, 1 30). 9 Il termine «aver pietà>> (eleé6) designa, come riconosceva R. BULTMANN, , in TWNT, II, 478, la pietà che si manifesta nel rapporto interpersonale, condivisibile da ogni uomo. KAHLEFELD, Die Gesta/t Jesu, 79 richiama al proposito l'e­ pisodio di Le 15 per la compassione senza apparenti motivazioni del pastore verso la pecora smarrita ( cf. supra, § 2.7). 10 GNILKA, Das Matthiiusevangelium, 352 rileva il ricorso a sp/agchnizomai da parte dei vangeli solo per rispondere a , in cui si ricorre a un .

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prima delle azioni che nella parabola implicano una profonda com­ partecipazione emotiva, ma anche un fermo atto di volontà: all'una e all'altro il solo debitore risulterà radicalmente estraneo. 1 1 La narrazione è tutta condotta con riferimento alla passata mi­ sericordia del padrone, e con chiara allusione al ruolo messianico del Cristo; essa non preclude l'accesso a sentimenti di misericordia anche agli uomini, sul modello di quelli di Dio. 1 2 La possibilità di una condivisione dei sentimenti tra Dio e uomo viene prospettata con grande evidenza dalle parole del re al v. 33; in particolare, vie­ ne presentato come condivisibile sia il «lasciar andare» (aphiemi) che l'«aver pietà�� (eleéo). Quanto alle azioni che il brano ci pre­ senta come peculiari del comportamento del re o del debitore, si tratta di moti dell'animo nel caso del re («impietosirsi», splagchni­ zomai; «adirarsi», orghizomai), il cui drammatico contrasto è stato messo in luce dagli esegeti;13 e di azioni fisiche e anzi indicatrici di una certa brutalità nel caso del debitore («afferrare», kratéo; «soffocare», pnigo) . Tanto la condotta di Dio appare determinata dai sentimenti che insorgono nel suo intimo, quanto l'agire del­ l'uomo appare quasi ineluttabilmente legato al manifestarsi della sua condotta esteriore e impulsiva, non risult;mte �a una percezio­ ne che abbia luogo a un livello più intimo. 14 È perciò per l'ottusa iniziativa del servo che si determina un'incolmabile distanza ri­ spetto a Dio.

1 1 Questa posizione contrasta con il particolare clima di compartecipazione che la parabola sollecita, sottolineato da H.-T. WEEGE, Das Sondergut des Matthiius-Evan­ geliums, TV, Zurich 1991 , 94. Come ha evidenziato S. GRAsso, «La parabola del re buono e del servo spietato (Mt 18,21 -35). Analisi narratologica>>, in RBiblt 46( 1 998) , 19-41, 25, il narratore non fa conoscere la risposta del servo, ed anzi chiude abbastan­ za bruscamente la scena che lo riguarda. 1 2 ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 146 ritiene che la parabola si connet­ ta agli insegnamenti sul buon uso delle ricchezze, considerando come ricchezza lo stesso condono del debito; il genitivo autou («vostro>>) del v. 35 non è tuttavia secon­ do KLOSTERMANN, Das Matthiiusevangelium, 153 da connettere a splagchnizomai, ri­ servato a Dio. JEREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 207ss ritiene che tutta la parabola sia co­ struita per contrasto con la grandezza della misericordia divina. Secondo GNJLKA, Das Matthiiusevangelium, 147 l'episodio risulterebbe «incolore>> senza annettere ad esso una chiara implicazione cristologica. 13 H. KOsTER, >. La stese e la sua mano fu risanata (Mc 3,3-5).

In occasione di uno dei primi miracoli riportati, il testo di Marco si discosta dall'abituale stile scarno di particolari per soffermarsi con ben due termini, «indignazione>> (orgM) e «rattristarsi» (syllypéo­ mai), sulla disposizione interiore di Gesù. La notazione appare sor­ prendente nel contesto, e piuttosto anomala anche dal punto di vista della costruzione grammaticale; ma essa è eloquente del clima di confronto dialettico in cui i miracoli hanno luogo e di un aspetto de­ cisivo del rapporto che si istituisce sul piano emotivo con gli interlo­ cutori.53 L'uso del termine «rattristarsi» (syllypéomai) unicamente in riferimento al Cristo è indice dell'intento di sottolineare un senti­ mento peculiare della sua persona. 54

52 Sul tema del «vedere» la salvezza come caratterizzante tutta la seconda parte di Giovanni, cf. B. BEUTLER, Habt keine Angst. Die erste johanneische Abschiedsrede (Joh 14) , Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 21990, 78ss. Per gli elementi anticipatori dell'episodio dal punto di vista letterario, cf. HANCHEN, Das Johannesevangelium, 21 1s. 53 Secondo W. WEISS, Eine neue Lehre in Vollmacht». Die Streit- und Schulge­ spriiche des Markus-Evangeliums, de Gruyter, Berlin 1 989, l l l s si tratta di un auten­ tico hapax espressivo; la costruzione asindetica, nota R EIS E R, Markus-Philologie, 158s traduce una concitazione poco usuale in Marco. Per la collocazione non cronologica del passo. cf. GRANT, The Gospels, 89. 54 D. B. TAYLOR, Mark s Gospel as Literature and History, SCM, London 1992, 223 sottolinea l'assoluta unicità del significato del termine. R. BuLTMANN, «À\lltÉro KTÀ.>>, in Th WNT, IV, 314-325, 325 ritiene invece la forma rafforzata non sostanzialmente dis«

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Il riferimento allo stato d'animo è indicativo di una situazione gravida di sentimenti, benché il resoconto risulti estremamente po­ vero di indizi in tal senso. 55 Le notazioni sono riportate in piena con­ tinuità con il tema della guarigione fisica, come correntemente in Marco; è evidente la compartecipazione interiore di Gesù, che si fa intima vicinanza nel contatto fisico col malato, e lascia affiorare il suo sentire in contrasto con la durezza di cuore dei presenti.56 Il te­ sto realizza dunque un pieno equilibrio tra dimensione fisica ed in­ teriore, senza riservare in alcun modo un ambito separato alla mani­ festazione dei sentimenti. Il moto di Gesù scaturisce dall'osservazione del comportamento dei presenti; il successivo gesto di guarigione si pone come manifesta­ zione eloquente di un'azione che si inserisce nel piano di salvezza, si­ gnificativamente contrastante con la irresoluta complicità dei presen­ ti. Si realizza così visibilmente una drammatica contrapposizione tra Cristo e gli uomini;57 è significativo come, tuttavia, la terminologia si riferisca a sentimenti di Gesù pienamente condivisi con l'umanità. L'episodio porta a una drammatica contrapposizione di ruoli ol­ tre che di azioni. La durezza di cuore dei presenti segna l'inacco­ glienza all'amore messianico, eloquentemente espresso attraverso la guarigione: per questo motivo, la figura di Gesù risulta isolata nella manifestazione del suo sentimento, senza alcuna partecipazione da parte dei discepoli; anche il silenzio ha la funzione di sottolinearlo, e

simile da quella semplice. Per W. KAHL, , in NovTest 40( 1998), 313-335, 316, tutta la persona di Ge­ sù appare qui . 55 E. LoHMEYER, Das Evangelium des Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin­ gen 1937, 69s credeva di cogliervi ira e compassione, segno della divinità. Come ha messo in evidenza R. SCHMOCKER, > tra il desiderio di guarigione e l'intento di am­ maestramento morale. 63 Per il carattere fisiologico dell'emozione qui rappresentata, cf. SPJCO, Lexique théo­ logique du Nouveau Testament, 141 1 . Il passo rientra tra quelli individuati in Marco da L. ScHENKE, «Gibt es in Markusevangelium eine Praexistenzchristologie?>>, in ZeitNTWiss 91(2000) , 45-71, 58s per illustrare la teofania marciana del potere divino di Gesù. 64 a. SCHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 32. E. SCHWEIZER, Das Evange­ lium nach Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1967, 3 1 ritiene che la com­ passione sia qui svincolata dalla prospettiva contingente del miracolo, per delineare il motivo della lotta contro ciò che si oppone a Dio. SENFT, L' Évangile selon Mare, 20 lo ritiene un «elemento estraneo».

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Tra sentimento di compassione e miracolo un certo grado di con­ citazione ben si inserisce nell'esaltazione della potenza salvifica di Gesù propria della prima parte del vangelo marciano, seppure in for­ ma particolarmente accentuata.65 Il corso degli eventi è presentato con grande nettezza, anche nell'esprimere la compassione che con­ duce al miracolo; ma si ricava anche l'impressione che esso sia frut­ to non di un moto estemporaneo, ma di una disposizione duratura nei confronti degli uomini.66 L'essenzialità della preghiera e del ge­ sto del lebbroso fanno emergere nel modo più immediato un senti­ mento di grande intensità, che è preludio alle altre circostanze di guarigione. Attraverso la reazione alla supplica del lebbroso, la benevola dispo­ sizione di Dio si rivela come compassione. Il ripetuto presentarsi di questo sentimento ne chiarisce il valore di attitudine permanente ed emblematica del rapporto che il vangelo configura tra ogni uomo e Dio. 3. 7. Mc 6,34; Mt 14,14: la commozione di fronte alle folle («commuoversi»>«sentire compassione», splagchnizomai) Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad ac­ correre là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si com­ mosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a in­ segnare loro molte cose (Mc 6,32-34). Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati (Mt 14,13b-1 4).

In un quadro emblematico della sua vita pubblica, le narrazioni di Marco e Matteo rivelano il sentimento che prende Gesù alla vista delle folle; si tratta di una notazione solo apparentemente estempo-

65 M. REISER, Sintax und Stil des Markusevangeliums im Licht der hellenistischen Volksliteratur, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1984, 158s ha evidenziato come la paratassi asindetica di questo passo (due participi congiunti) sia piuttosto eccezionale in Marco. M> DREWERMANN, Markusevangelium, I, 211 parla di radicamento nel cuore di Ge· sù del sentimento qui espresso.

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ranea, e che influisce significativamente sul corso degli eventi. Da entrambe le narrazioni, pure piuttosto differenziate, si percepisce chiaramente come la commozione sia conseguente alla visione delle folle: si tratta di uno dei vari momenti in cui ciò si manifesta, e non a caso i due evangelisti fanno proprio qui menzione esplicita delle fol­ le, data la relazione particolarmente intensa che si è istituita con es­ se, dopo la lunga sezione di insegnamenti.67 Il contesto richiama particolarmente in questo passo il duplice senso che «commuoversi» (splagchnizomai) può assumere, sia quan­ to alla natura percettiva, relativa alla sensibilità, che emotiva, relati­ va ai sentimenti, di tale termine:68 Gesù dimostra una particolare sensibilità ai bisogni delle folle, anche se in Marco il rapporto con es­ se è inteso in senso prevalentemente didascalico, mentre in Matteo si ha piuttosto una prevalenza dell'elemento taumaturgico.69 Ma l'a­ zione assume il valore di diretta esplicitazione del sentimento, in quanto si manifesta come esigenza insopprimibile dell'animo. In un momento apparentemente ordinario del ministero di Ge­ sù, emerge la sua attitudine, largamente prefigurata dalla letteratura profetica, di pastore che ha a cuore la sorte del suo gregge e sovvie­ ne ai suoi bisogni. L'esplicitazione del sentimento assume una valen­ za simbolica, nel collocarlo nei confronti delle pecore nella qualifica di Messia misericordioso, e apre alla prospettiva di un'azione che in­ veste l'umanità in una dimensione vasta e complessa.70 Il silenzio sui modelli scritturistici, in particolare in Matteo, denuncia l'intento di sottacere il più possibile un aspetto che deve risultare evidente agli occhi dei fedeli. Gesù dimostra una percezione particolare nei confronti dei biso­ gni delle folle, ben maggiore di quella che, in entrambi gli evangeli­ sti, evidenziano i discepoli con le loro affermazioni immediatamente

�7 Così KLOSTERMANN, Das Markusevangelium, 63 Per altri momenti in cui si in­ tuisce la commozione di Gesù per le folle, cf. VAN IERSEL, Markus Kommentar, 155. 68 KùSTER , «crJtÀ.ay:xvov», 553 illustra il delinearsi di queste due diverse accezioni nei testi veterotestamentari. 69 La differenza rispetto alla fede dei discepoli, evidenziata dall'episodio successi­ vo, risulta più evidente in Matteo: cf. W. CARTER, «The Crowds in Matthew's Gospel», in CathBibQ 55 ( 1 993), 54-67, 62. Secondo GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, 363, l'attenzione di Matteo si incentra piuttosto sull'azione salvifica di Cristo. 70 Sulla simbologia del Messia-maestro come pastore, cf. PEscH, Das Markuse­ vangelium, l, ad l. .

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successive. Le folle ( 6chloi) cui il testo si riferisce costituiscono un insieme volutamente indeterminato, ben distinto dal «popolo» elet­ to con la propria specifica identità (laos) o dalla massa degli altri «popoli�>, estranea alla salvezza di Israele (éthné): il sentimento di Gesù si indirizza proprio a un insieme privo di identità, nell'intreccio inestricabile della vicenda umana dei singoli.71 Il numero e l'unani­ mità dei presenti rende più sentito l'essere «presi alle viscere» che il termine esprime; e senza dubbio la scena apre alla visione dell'inte­ ra umanità al cospetto del Cristo. Il sentimento di Gesù nei confronti delle folle può definirsi effi­ cace nel suo tradursi direttamente in azione; in nessuna delle due versioni può riconoscersi comunque un'implicazione necessaria ri­ spetto allo stato d'animo.72 Ciò che conta è la relazione di conse­ quenzialità tra sentimento e azione salvifica percepibile con gli occhi della fede, che troverà ulteriore conferma nella successiva moltipli­ cazione dei pani: la notazione del sentimento è comunque solo appa­ rentemente fugace nell'insieme del testo, in cui sembrano prevalere gli elementi puramente narrativi: è alla sensibilità del lettore che è affidata la capacità di riconoscere e imitare in questo frangente i sen­ timenti del Cristo.73 3.8. Mc 8,2; Mt 15,32: la rivelazione della compassione ai discepoli («sentire compassione», splagchnfzomai) In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangia­ re, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione di questa fol­ la, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano» (Mc 8,1-3).

7 1 MoLTMANN, Der Weg Jesu Christi, 1 70 ritiene che l'espressione ponga Gesù in un rappprto familiare con le folle. 72 E sulla base dell'assenza di una necessaria implicazione che GRUNDMANN, Das Evangelium nach Markus, 135 riconosceva questo passo emblematico per la concezio­ ne di Gesù come conseguente alla >, 555. 9x WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 145 ha imputato l'eccezionalità del comportamento di Gesù all'esigenza, propria di Luca, di metterne in evidenza i senti­ menti. ScHùRMANN, Das Lukasevangelium, 401 ritiene che la forma paradossale com­ pendi il dialogo che altrove precede le guarigioni, in quanto richiamo alla conversio­ ne della donna. 99 ScHNACKENBURG, Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments, 1 67 ha ravvisa­ to come pienamente espresse nell'episodio le modalità del «movimento di amore>> che scaturisce dalla fede; secondo ScHLATTER, Die Geschichte des Chrisms, 215 è comun­ que da ravvisare nella sua condotta una risposta a un'implicita richiesta della donna, segnalata dal pianto. 1 00 Per il motivo della consolazione universale, cf. PETZKE, Das Sondergut des Evangeliums nach Lukas, 91 ScHMITHALS, Das Evangelium nach Lukas, 93 ha citato l'episodio come particolarmente significativo della nozione lucana di manifestazione dell'amore di Dio per il mondo. .

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lore, nella forma comune e ineluttabile della morte, è così oggetto della misericordia di Dio davanti a tutti gli uomini. 3. 12. Le 10,33: la compassione per l'uomo sofferente («avere compassione», splagchnizomai) «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, !asciandolo mez­ zo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un !evita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viag­ gio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino: poi, caricatolo sopra il suo giu­ mento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno» (Le 10,30b-35).

Il motivo dell'«avere compassione» (splagchnfzomai) è elemen­ to caratterizzante della condotta del buon Samaritano, che differen­ zia la reazione all'incontro con l'uomo mezzo morto rispetto a quanti lo hanno preceduto, e sollecita in lui una vicinanza del tutto particolare.1 01 Si tratta di un sentimento decisivo, che nessuno di quanti lo hanno preceduto ha saputo esprimere e che fa identifica­ re il Samaritano, attraverso il comportamento che gli è proprio, co­ me Dio stesso. La misericordia costituisce lo spartiacque della parabola anche dal punto di vista narrativo. A partire dal sentimento del Samarita­ no, risulta chiaro un mutamento complessivo nel tono del racconto, un'accelerazione e un infittirsi dei gesti, tutti volti a concretizzare la sollecitudine per l'uomo mezzo morto. 1 02 Il Samaritano ne è prata-

10 1 Ha messo in rilievo la funzione strutturale della parabola nella narrazione evan­ gelica, nel suo porre in modo conclusivo l'importanza dello sguardo sul prossimo, lo stu­ dio di T.P. OssoRNE, «Deux grandes structures concentriques centrai es et une novelle ap­ proche du pian global de l'évangile de Luc>>, in RBib 110(2003), 197-22 1 , 2 1 8. L'accento è soprattutto > (splagchnizomai). 4 M. DE SoLAGEs, /ean et les Synoptiques, Brill, Leiden 1979, 246s.

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è al centro di un'intensa corrente di affetti che la sua figura e i suoi atti suscitano, che pure, almeno in parte, condivide: emblematico in tal senso il testo di Gv 1 1 (cf. §§ 2.3, 2.8 e 3.4). Tuttavia, resta il miste­ ro di fondo sulle motivazioni profonde del suo animo, di fronte al quale le narrazioni evangeliche mantengono un rispettoso riserbo. Sebbene non isolata, la rappresentazione evangelica dei senti­ menti del Cristo confligge con ogni visione comunemente accettata della vita affettiva: per quanto pienamente riportabili alla gamma dei sentimenti umani, le notazioni che li riguardano implicano una ricollocazione decisiva dell'ordine abitualmente istituito tra essi.5 In tal senso, può colpire l'inattesa intensità di alcune reazioni di Gesù, come la vergogna davanti all'indifferenza (cf. § 2.6) o la compassio­ ne per la stanchezza delle folle (cf. § 3.9); o anche ci troviamo di fron­ te a sentimenti inaspettati in base alla logica umana, come la sua in­ dignazione dinanzi al falso zelo (cf. § 2.5) o alla generosità illimitata di fronte all'invocazione di pietà (cf. § 3.2). La difficoltà di cogliere appieno sentimenti che sfuggono alla comune percezione umana è evidente, in particolare nelle reazioni della folla e dei discepoli stes­ si;6 tuttavia, a nessuno dei presenti risulta indifferente la radicale no­ vità della forza dei sentimenti di Gesù. In virtù della loro eccezionalità, la rappresentazione dei senti­ menti di Gesù non è orientata a sottolinearne la componente pura­ mente umana. Nella decisione, a tratti perentoria, che muove le sue azioni è anzi da riconoscere una impronta significativa del divino: emblematici in tal senso sono la sollecitudine per il realizzarsi della salvezza (cf. § 1 .2) e la compassione che genera il miracolo (cf. § 3.6); una visione di tipo flebilmente intimistico dei sentimenti di Gesù ri­ sulterebbe perciò quantomai inopportuna.7 L'umanità intera è desti-

5 G ROSFJAN, L'ironie christique, 1 80 coglie nei testi evangelici l'intento di far re­ cedere l 'ascoltatore dalle sue sicurezze, p er p rendere contatto con un sistema costitui­ to di sentimenti proprio solamente del Cristo. 6 Come nota L. Sc:HENKE, Das Markus-Evangelium, Kohlhammer, Stuttgart 1988, 95, gli interlocutori si limitano a p ercepire la p otenza dei sentimenti di Gesù, ignoran­ done l'intima sostanza. Nemmeno nella profonda compartecipazione del