Giorgio di Pisidia. Poemi. I. Panegirici epici

Table of contents :
Titolo......Page 1
Prefazione......Page 4
Introduzione......Page 5
Panegirici epici......Page 63
Sigle......Page 64
Abbreviazioni......Page 65
1. In Heraclium ex Africa redeuntem......Page 70
Commentario
......Page 74
2. Expeditio Persica......Page 77
Commentario......Page 129
3. In Bonum patricium......Page 156
Commentario......Page 163
4. Bellum Avaricum......Page 169
Commentario......Page 194
5. In restitutionem S. Crucis......Page 218
Commentario......Page 223
6. Heraclias......Page 233
Commentario......Page 254
Heracliadis III acroaseos fragmenta......Page 269
Traduzione e commentario......Page 285
Indice dei nomi e delle cose notevoli......Page 301
Indice della grecita......Page 305
Mappe......Page 316

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PREFAZIONE «Recht wiinschenswert ware nun eine Gesamtausgabe, in welcher die friiher bekannten Sachen und die bedeutenden neuen Funde in gereinigter Form mit Kommentar und guten Indices zusammengefafit wiirdem, scriveva K. Krumbacher nel 1897 a proposito dei poemi di Giorgio di Pisidia. Ho pensato quindi che potesse esser utile pubblicare un'edizione critica, fornita di ampio commentario esegetico e storico, di tali poemi, prima di tutto perché le edizioni del Querci (1777) e del Bekker (1837, nel CB, e poi in PG 92) non danno più affidamento, specie dopo la scoperta di nuovi testimoni manoscritti e dopo gli studi dello Hilberg, del Maas, dello Stembach, del Baynes e di altri; in secondo luogo perché il commento del Querci, riprodotto dal Bekker, non è più, ovviamente, all'altezza delle ricerche storiche; in terzo luogo perché in tal modo potranno esser qui raccolte in un sol corpus tutte le poesie, anche quelle pubblicate dopo l'edizione del Querci e nell'ordine cronologico. Il piano dell'edizione si adegua sostanzialmente all'evoluzione poetica di Giorgio di Pisidia, il quale, dopo aver celebrato le vittoriose campagne contro la Persia, sembra essersi dedicato esclusivamente alla poesia religiosa e morale. Perciò in questo primo volume saranno raccolti tutti i «poemi storici», o più esattamente, tutti i (lpanegirici epici»; in un secondo volume tutte le poesie religiose e morali, gli epigrammi ed i frammenti di collocazione incerta. Per comodità dei lettori anticipiamo qui un (alloTpoq>eioll, cfr. ebron. Pa.rcb., 722, 19; e forse più d'uno, cfr. R. JANrN, Géogr. ecci. Emp. by:;;.., I 3, 579sgg.) e di «gerokomos». Di conseguenza noi pensiamo che Pisida sia stato prima uno dei sei «skeuophylakes» diaconi, e poi uno dei dodici «referendarii» contemplati dalla Novella di Eraclio, con particolaxi mansioni direttive su gli istituti CaIitatevoli di Costantinopoli. L'estrema familiarità che univa Pisida all'imperatore deve aver indotto il patriaxca Sergio a questa promozione. Si noti infine che la dignità di v (vv. uz-u3). Ora, per quanto possano sembrare allusioni agli avvenimenti compresi fra il 6z6 e il 6z8 - assalto avarico a Cpoli e guerre persiane -, si tenga presente che Costantino Eraelio aveva in quel tempo fra i 14 e i 16 anni; e quindi appare difficile che il poeta potesse invitarlo a rivestire le armi. Inoltre è noto che Eraelio, subito dopo il trionfo celebrato a Cpoli, ritornò di nuovo in Oriente, rimanendovi per due o tre anni, per sedare rivolte locali, per pacificare le regioni ritornate sotto il dominio bizantino e per ricondurre i monofisiti alla ortodossia. Non è da escludere quindi che Pisida alluda a quel periodo. Del resto nell' Hex., composto certamente dopo la vittoria sui Persiani (cfr. vv. 1845 sgg.), il poeta rivolge all'imperatore stesso un invito assai simile (vv. 1863-1866). Perciò l'allusione nel de reso non ci pare determinante. I TI poema è stato attribuito in epoca abbastanza recente, probabilmente dal famoso falsario Andrea Darmario, a S. Cirillo di Alessandria e come tale è stato pubblicato da Ger. Brunelli (Roma 1590)' I mss. con tale attribuzione sono i seguenti: Paris. gr. z745, z746, z869, z870, z893; Mutin. II F z; Brmen. Querin. A VII z8; Vat. Ottob. gr. z87; Vat. gr. U81; altri tre esistevano all'Escurial (Escur. X 116 e X I 15, nn. z99 e 300). Sulla frode si veda, L. STERNBACH, ShIIi., z05sgg. 8 aro n. I, p. II. L'attribuzione a Pisida è congettura dello Sternbach, non del tutto sicura a mio avviso. 4 aro A.PERTUSI, L'encomio per S.Anaslasio PerJiano, in AnaleclaBollanJiana, LXXVI (1958) 5-63.

II. DEI POEMI PERDUTI DI GIORGIO DI PISIDIA Si è detto nel capitolo precedente che dell'intera produzione di Giorgio Pisida non ci è rimasta che una antologia abbastanza ampia. Già la tradizione manoscritta è indicativa, perchè si osserva in essa uno strano squilibrio, anche se spiegabile, a tutto sfavore delle opere panegiristiche a fondo storico. Mentre queste non sono rappresentate sostanzialmente che da tre manoscritti, un poema come l' Hex. è trasmesso da 44 codici greci e da due traduzioni, l'una armena, l'altra slava. Quali le ragioni? lo credo che possano riassumersi nei seguenti due punti: I) La relativa prevalenza degli interessi teologico-ascetici della cultura bizantina in genere, e monastica in ispecie, ha influito probabilmente non poco sulle cause di una più ristretta tradizione dei carmi panegiristici a fondo storico; a ciò si aggiunga che l' Hex. ottenne maggiore diffusione in grazia anche di una falsa attribuzione a S. Cirillo di Alessandria. La situazione manoscritta ha la sua controprova nella conoscenza limitata che i cronisti e i letterati bizantini ebbero dei carmi «storici) di Pisida. Questi, come pure i gnomologi, quali Georgidesl, che si fermarono sopratutto all'aspetto sentenzioso della poesia di Giorgio Pisida, fatta eccezione per Teofane Confessore2, che si è servito largamente dei poemi quali fonti storiche delle guerre persiane, si limitano a ricordare ben poco di essi, spesso citano di seconda e di terza mano; ed anche un uomo che si dice di vasta cultura, come Michele Psell03, dimostra più ampia, ma superficiale conoscenza dell' Hex. e del c. Sev. che non degli altri poemi a fondo storico; né, per la verità, può esser citato a questo scopo l'interesse dimostrato dai lessicografi (Lex. Suda e Lex. Ti/1m.), perché questi non si preoccuparono che di raccogliere materiali linguistici, senza alcun riguardo per i valori poetici e storici'. z) Al poco interesse degli uomini di cultura, e quindi degli amanuensi, dovette contribuire in misura non lieve anche una poco sentita inclinazione per il metro classicheggiante scelto dal poeta; metro che tornò in onore nella letteratura bizantina solo in epoca più tarda e per influsso erudito, quando Teodosio diacono compose la «Presa di Creta)5 a glorificazione di Romano II (959-963) e di Niceforo Foca (963-969); e solo verso il sec. XIV un erudito come Giuseppe Racendite additerà in Pisida l' «archetipO!) dei poeti giambici degni di essere imitati6 • l Cfr. L. STERNBACH, Slud., 181 sgg. 2 L. STERNBACH, Slud., I sgg. 8 A. COLONNA, op. dI., 18 sgg. Cfr. più innanzi. , Cfr. tuttavia la nota 3 di p. 42. I ed. F. JACOBS, CB, 1828 (con Leone Diacono, cfr. PG 113, 987-1060). • Jos. Rhacend.,.rynops. rhel. 15, ap. Rhel. Gr., III 562, II-12.Non si tratta di Giorgio di Corinto. come ha affermato il Querci (PG 92, II9) e, dopo di lui, tutti gli studiosi di Pisida hanno ripetuto.

Il

II. Dei poemi perduli di Giorgio di Pisidia

Tale relativo interesse, provocato come s'è detto da questi due fattori, non poteva non av~re le sue c~:>n~~guenze; e c'è da rallegrarsi che la perdita letteraria non Sia stata assai piU gravel • Del resto, che Pisida avesse composto altri poemi o che talune opere conservate fossero più complete, può essere provato non solo attraverso la tradizione indiretta (Theoph., Lex. Suda, etc.), ma anche attraverso l'analisi di alcuni luoghi dei poemi superstiti. Un accenno abbastanza chiaro è già in Exp. Perso 160-65: mWTCXS B1CXTpÉ)(OVOW 01 TCX)(eis À6yOl Tij ÀE1TTOTT}Tl sooypaq>oWreS Tèxs q>VOC1S· OTav 5è 1TElpa6ooal TOV lTpÒS aè BpOIlOV, lTOect> TpÉ)(oval Kal J3paBwovalv q>6J3ct>· Kal lTOÀÀcXK1S aè Sooypaq>1laavTes lT0À1V ypaq>oval, Il'lÌ ypaq>oVTES 1)KP1J3ooIlÉVOOS. «Veloci sgorgano le parole quando dipingono con finezza di particolari le varie nature; eppure, quando tentano la via (che conduce) verso di te, per la brama corrono e per il timore indugiano. E benché ti abbiano spesso dipinto, di nuovo eue vogliono dipingerli, pur non riuscendo a raffigurarti con esattezza.»

È chiaro che qui il poeta allude ad un precedente ritratto delle virtù morali di Eraclio, cioè ad un poema panegiristico composto prima delle guerre contro i Persiani. Mi sembra assai probabile che il poeta si riferisca non ad un poema perduto, ma a quel poemetto pubblicato dallo Stembach2, il nostro n. I, databile appunto, come ora vedremo, di qualche anno prima della spedizione contro la Persia, in cui Pisida esalta il nuovo imperatore, vindice della libertà e nemico dei tiranni, che, con audace colpo di mano, aveva cacciato dal trono Foca, ex-centurione che si era impossessato del potere ai danni di Maurizio. Si leggano i vv. 8 sgg. Vi si accenna ai Persiani e agli Avari «acquietati» dalla parola «mite» dell'imperatore (vv. ZI sgg.), e alla «speranza» che l'imperatore faccia cessare «dovunque» le preoccupazioni (, oVx ooO"1fep &ÀÀOS ~veIKÒS Tà ~p{a: 1fpÒS a:\rròv elÀKes, èiJV,.à 1fpÒS yvoo~llv ~{a:v, yÀOOTTOOV TOcrOVTOOV crvyxvcrelS ~e6a:p~ocra:S; .•• 175 OVTOOS 0:rra:VTa:s TOVS 1fplv 1Ì~eÀll~évovs 6éXTTov 515éxça:S e1xes llVTpe1f1cr~évovS. Éyw 5è Ka:I1fpo~a:VTIS OVK OOV, 5éO"1fOTa:, cp6acra:s 1fpoeç1lyyeIÀa: Té;) 1fpOOT'1> My'1> OOS ov5èv 1Ì~ÉÀllcra:s, èiJV,.à Ka:l ypacpoov 180 ToiS croiS O"Tpa:T1lyois 1fa:VTa:x00 TÒ O"V~cpépov ,;~a:pTes ov5év, eimp Év 5éoVT{ ye TÒ crol1fa:pa:O"Tàv eOOéooS O"VVé5pa:~ev. e5elçev lÌ~as ov5a:~oos É~evcr~évovs lÌ 1fpCXKT1K1l crov TOOV cppevoov evj3ovÀia:. «Come mai riuscisti a bastare da solo per una tal massa di uomini? Come mai riuscisti ad attrarre con l'incitamento della tua parola armoniosa e vigorosa uomini di tante razze, differenti per varietà di costumi e dissimili nel modo di pensare, non (solo) verso di te, come il mitico (Orfeo) attrasse a sé le fiere, ma verso un unico intento mettendo d'accordo tante lingue differenti? •.. Cosi tu li avesti tutti a tua disposizione, essi che da tempo erano senza alcuna guida, dopo di averli in breve tempo addestrati. lo però, o sovrano, benché non fossi un indovino, preannunziai già nel precedente poema che nulla trascurasti, e che, anche quando prescrivesti ai tuoi generali ciò che era utile fare, non sbagliasti mai, se al momento opportuno subito ti venne incontro l'idea buona. L'azione saggia e prudente della tua mente mostrò che io non mi ero inganna/o.»

Il Querci!, pensando che il poeta alludesse alla prima acroasi dell' Exp. Perso rimandava a I 45 sgg. e u6 sgg.; giustamente lo Stembach2 aveva osservato che nei due passi in questione «sententiae nostrae nec vola nec vestigium adparetl>; e soggiungeva: «lacuna P I (cioè Exp. Perso I) laborare non est probabile», «aliud quoddam poema nunc deperditum significatun, «nescio tamen an 1fpÒ TOO in codicum memoria 1fpOOT'1> delitescatl>. La congettura non sposta gran che il problema, perché qui Myos ha appunto il valore di poema, come ad es. in Exp. Perso I 36. Evidentemente il poeta allude ad un suo poemetto «precedente», nel tempo, all' Exp. Pers.; ma il poemetto che abbiamo preso in esame poco prima non reca chiare tracce di quanto dice qui il poeta. Ci sono due passi, d'altra parte, nell'Her. I, che possono fare al caso nostro. Anche qui si accenna all'opera di Eraclio per ricostituire ed addestrare il suo nuovo esercito (VV.1Z5sgg. e 15Zsgg.): 1 I

PG 9Z, IZZZ, nota al v. 178. L. STERNBACH, Slud., z03 n. 3.

Di un poem,lIo su Eradio ricostruttOrl delle armale

21

I2 5 (T!S) g1TEIO"EV O'ITì-OlS Kol Ka6c.:mì-1sEv i\6yOlS Kol TlÌv Èv cx\rroiS 5Elì-!av \.Ie6op\.l60"os ElÌToì-\.I!av e5ElçE TlÌv ciToì-\.I!av, El \.11) TÒ O"ÒV cpp6VT)\.Io Kol TÒ O"ÒV KpérroS llyElpEV cx\rroVç ••• ; 15 Z 01ÌK fipKEO"av 0"01 CPPoVT!500v 'IToì-lJTp6'ITOOV È\.Icpvì-!OOV TE Kol çÉVOOV Kol l3oPI36:poov ciÀÀOl \.IET' ciÀÀos O"V\.I'ITì-oKol Kol O"VYXVO"etç" 01ÌK fipKEO"av 0"01 TOV C1TpaTOV Tà 'ITp6:Y\.laTO, 6:i\i\' e\S TOO"cx\rrT)V EVO"E130VS é:'ITì-T)C1T!OS OpEçlV jljì-6eS, OOO"TE Kol TOOV Eyi KaJ,.l1TTijpa Te:;:, TPÉXOVTl J,.Iopcpooaoo À6y't>. TÒV 'ApTaO"1Ìp yàp kTÀ.

«Avrei voluto però, benché io ami indugiare, descrivere l'adunata dei tuoi eserciti, moltitudine dispersa in ogni punto della terra, raccoltasi in breve tempo sotto il tuo impulso; i tuoi discorsi trascinatori li attrassero a te, come quando uno ttae a sé e raccoglie i frammenti d'oro servendosi del solo mercurio. Ma tutto ciò io taccio, e (cosi) pure del passaggio dell'Eufrate, che tu compiesti con impeto più veloce dello stesso fiume, e della calamitosa distruzione di Dwin, dopo tante fatiche, quasi per un di più, se pur convenga patlare di calamità per una (città) distrutta da un imperatore pio, (piuttosto) che conservata dall'empio Cosroe. E già mi avvicino alla città di Darartasis: dicono che essa si trovi a settentrione dei confini della Persia, ma, rispetto a noi, di fronte, a mezzogiorno. E volgendo ad essa io la illustrerò in una breve digressione, con la mia parola (che procede) veloce. (Dicono) invero che Artaser ... »

II. Dei po,mi perduti di Giorgio di Fisidia

Z/

Lo Sternbach1, citando per intero il brano in questione, era giunto alla conclusione che questi versi contenevano, «senza alcun dubbio» (manifesto), «deperditi carminis lineamenta). E continuava: «quae enim in altera Heracliadis acroasi raptim et festinanter scribens silentio premere cogebatur, peculiari poemate Pisides plenius atque uberius perscripsisse censendus est.) Anche più avanti, prendendo in considerazione una indicazione del Cod. Vat. Ottob. 342. di estrema importanza, cosi si esprimeva: «Graviorem vero quaestionem codex Ottobonianus 342. (chart. in 4°, s. XIV) movet. Nimirum in Hexaemeri fine f. 194v notitia litteraria de Pisidae carminibus occurrit, quae quidem diserte tres Heracliadis acroases memoret: Tfis 'HpCXKÀEI0:150S TpEiS énO:vWV, éK6EC1IS TOV 1TOÀÉJ.lOV (= Avar.), Eis TfJV ay{av 6:vO:C1TOC1IV. Ac primo quidem adspectu de tertio Heracliadis libro amisso coniectura se offert, omnibus tamen in utraque parte calculis positis sententia illa rationibus certis et illustri bus refelll potest. Eo enim consillo Heracliadem Pisides composuit ut imperatoris res gestas ab initio principatus usque ad belli Persici exitum primis lineis designaret, quod consilium duabus acroasibus consecutus est. Primam vero expeditionem tripartito poemate (P, cioè Exp. Pers.) complexus expeditionem secundam et tertiam non Heracliadis appendice, sed carmine peculiari pertexuisse censendus est, cuius extrema lineamenta ex Theophanis circumlocutione et Suidae testimoniis nobis videmur recuperasse2.) Ma lo Sternbach non espose mai le sue «rationes) sicure ed importanti. Non dello stesso parere si era mostrato il Pernice, il quale, trattando di Pisida come fonte storica delle guerre Persiane di Eraclio, aveva prospettato l'ipotesi, come vedremo, più ragionevole, che i frammenti che si possono raccogliere dal Lex. Suda e da Teofane, riferenti si alle campagne persiane dal 62.3 al 62.9, cioè alla seconda e terza spedizione, non sono da riferire a un poema peculiare, composto prima dell' Eracliade, ma all'Eracliade stessa che doveva originariamente constare di più acroasi. «Dopo questaacroasi (cioè, la seconda acroasi dell' Her.) altre ne dovevano seguire, nelle quali si ricordavano gli eventi della guerra fino alla morte di Cosroe (che doveva esser descritta a lungo come fanno supporre i frammenti 37, 38, 70 Sternb.), e al ritorno di Eraclio in Costantinopoli (framm. 52. Sternb.); eventi che non avrebbero potuto trovar posto in un poema composto prima dell'Eracliade, e quindi prima del 62.8. Queste acroasi sono perdute, e noi, pur ammettendone l'esistenza, possiamo a mala pena delinearne il contenuto da alcuni frammenti conservati da Teofane e da Suida3 .) Le ragioni di questa ipotesi possono esser riassunte brevemente nei seguenti punti: l) i versi dell'Her. II 160sgg. non accennano al passaggio dell'Eufrate di cui èmenzionein Theoph. 313>3 sgg. (e in fr. 58 Sternb. = fr. 16) all'anno 62.6, dopo la traversata del Tauro e il passaggio del Ninfio, come harmo creduto L.

STERNBACH,

a L.

STERNBACH,

Slud., 15 1 • Slud., 202. I A. PERNICE, op. cii., pp. XIII-XIV; cfr. anche N. H. BAYNES, The Resloralion Jerusalem, in English Hislor#al Revie7ll, XXVII (1912), 294 n. 23 e 295. 1

of Ihe Cross al

La III oçroa.ri MI/' EroclioM

vari studiosi, compreso lo Sternbach, bensi al passaggio dell'Eufrate occidentale (Kara su) nel 6023, necessario per giungere a Dwin provenendo da Satala, lungo l'itinerario seguito da Eraclio: Satala, Hattoyaric, passaggio dell'Eufrate occidentale nella regione di Karin, Theodosiopolis (Erzerum), Phasiané (I:Iasanqal' e), Kars, Hirakavan, Dwin: quindi all'inizio della seconda campagna persiana1 ; 02) il poeta soltanto nel 6026 aveva formato il disegno di magnificare «tutte le imprese» (TÒ lTÀfj60s TOOV lT6vC,rJv) di Eraclio, a tempo opportuno (cfr. Beli. Avar., 307sgg.), quando cioè sarebbe ritornata la pace; 3) è possibile ammettere che consti di soli 0230 versi un poema che abbia un proemio, un vero «epinikiom, di 0240 versi? In realtà il poema inizia la narrazione solo a partire dalla seconda acroasi con l'esposizione dell'impresa contro Foca, e giunge sino alla distruzione di Dwin e di Darartasis, città questa che non è da identificare con Dastagerd (Eski Bagdad), molto più a sud, come hanno creduto gli studiosi dal Querci allo Sternbach, ma con una città sassanide di cui rimangono le rovine a Takht-i-Suleiman, la stessa Thebarmais di Teofane, che è da distinguere da Ganzac, come ha chiarito recentemente V. Minorsky2, contro l'interpretazione di H. C. Rawlinson, seguita da A. Pernice e da J. A. Manandjan; si tratta dunque della seconda spedizione, ancora una volta, e non della terza ed ultima. A. PERNICE, op. rit., 124 n. I. V. MINORSKY, R01llon ond BYZontiM C01llpoigns in Atropo/eM, in BuI/e/in of /he School oj Orien/ol ond Ajricon S/udies, XI (1944) 243 sgg. L'illustre studioso si oppone alla tesi di H. C. RAWLINSON, Me1ll0ir on /he Sile of Ihe Alropo/enion Ecb%M, in Journol of Ibe Geogrophic Sodety, X (1840) 65 sgg. che i nomi di Phraata, Praaspa, Vera, Gaza, Gazaca si riferiscano alla stessa città posta a Takht-i-Suleiman. Fondandosi sulle tradizioni greche e arabe, oltre che armene, egli cerca di dimostrare che Ganzak è da distinguere da Thebarmais, città della quale è ricordo non solo in Theoph. 308, 3 e 7, ma anche in Menandr. Prot. fr. I I (FHG IV 214), Theophyl. Sim. 5, 14, Evagr. 6, 21 p. 236 Bidez, anche se sotto forme un po' differenti; e che la Thebarmais di Theoph. e la Darartasis di Pisida «represent one single name which we can not yet restore», da identificare con le rovine di Takht-i-Suleiman (op. di., 255); sarebbe dunque da rifiutare l'identificazione di Ganzak con Thebarmais, come aveva fatto il Rawlinson ed avevano accettato A. Pernice (op. dt., 125-126), A. Manandjan (op.cit., 138) e A.Christensen (L'Iron sous les SOSSOniMS, CopenhagueParis· 1944, 166). Quanto al nome Darartasis di Pisida il Minorsky osserva: «The indications that the lire tempIe ofThebarmais-al Shiz (nome attuale) was founded by the Sasanian Ardashir (come racconta Pisida nella sua digressione) are very uncertain. The evidence of Georgius Pisides about the stronghold llapéxpTao-lS founded by the Sasanian Ardashir carries no weight, for possibly he wrote his panegyric in the moment of exultation after the arrival of the reports of Heraclius exploits (in realtà, come diremo, Pisida compose la sua Her. subito dopo l'arrivo di Eraclio), when the exotic name of the lire tempie could not be properly ascertained. The name of the founder 'ApTaT)).I1 [Bi)] Tilv EvpmlBov, Tà nlcrlBelKà ).IÉTpa avyKpiVOIS, fjTTov evpi) [creIS] TOOV ÈKeivov [~40] TIOIi)crewS, Kaì TÒ &1Tò TfjS [.± 20] Kocr).lT)Ta [.± 12] KaTà [ ...... ] i) Tà TIpecr~eia. ov yàp elBos eiTI1JS K6ÀÀIOV TOVrOV [~8] TÒ la).l~lselv, ooO"1Tep ovB' 1ÌP [W1KOV], el ).Ii) ~paxeis Kal Èvapl6).1i)TovS TOVS 1ÌPWIKOVS CTTlxovs rnolT)crev.

L'allusione potrebbe esser riferita a descrizioni di battaglie in Exp. Perso Il 127-142, III 30-88, 186-292 o in Beli. Avar.417-435, come hanno già sup-

posto il Querci e lo Stembach; ma in questi passi non si fanno descrizioni minute di reparti a cavallo o appiedati, di «(astati», di arcieri, di «(sagittarÌ», di «(enomotie», di «(emilochiti», di éxeyavov è già in Horn. e Pind.; e cosi di seguit02• Occorre dunque limitare l'esemplificazione a parole molto rare, le quali, appunto per la loro rarità o per la peculiarità della loro provenienza, possono testimoniare a favore di una certa cultura del nostro poeta. Nulla impedisce, ben inteso, che certe parole siano pervenute al nostro poeta attraverso dei lessici atticistici, ma se anche cosi fosse - e si può avere qualche dubbio - esse dimostrerebbero sempre nel nostro poeta degli interessi culturali che vanno al di là di quelli di un semplice versificatore. Restringendo la rosa delle citazioni alle parole veramente rare, possiamo distinguerle, a seconda della loro probabile provenienza, in cinque categorie:

I) parole di provenienza epica: j3loq>e6pos Beli. Avar. 50 (cfr. Ps.-Phocil. 44) j3ovÀllq>6pos Exp. Perso II Z2. (cfr. Horn. Il. 2., 2.4; etc.) 1Ta~q>alv(.ù Exp. Perso II 369 (cfr. Horn. Il.5,6; Hes. O. et D. 567) TIVpavyi}S Her. I 53; Beli. Avar. 52.5 (cfr. hymn. Mart. 6; poi Anth. Pal. 12., 41; Lucian. Nav. 5; Nonn. Dionys. 2., 536; etc.) 2) parole di provenienza tragica: éxelppUTos Her. I 37 (cfr. Soph. Oed. C. 469: &elpUTOs) aO"1TiSllq>6pos Exp. Perso III 402. (cfr. Aesch. Sept. 19; Eur. Suppl. 390; Bacch. 781; Phoen. 1°96) aerrpaTIllq>6pos Exp. Perso II 134 (cfr. Eur. Bacch. 3) aùTaSeÀq>os Exp. Perso I 71 (cfr. Aesch. Sept. 718, Eum. 89; Soph. Ant. I, 503, 696) j3poTOKT6voS Her. II 187 (cfr. Eur. Iph. T. 384; ma poi anche Anth. Pal. 6,12.3, Anyt.; Orph. Hymn. 65, 2.) OOn1Sll~a Exp. Perso III 2.52. (cfr. Aesch. Agam. 1376) epaoVerro~os Suppl. II (= V) I I (cfr. Aesch. Sept. 612., Agam. 1399; Eur. fr·3) epi}V1l~a Exp. Perso I 177 (cfr. Eur. Or. 132., Hel. 174, El. 2.15) veoO"1Téxs Her. III fr. 2.5 (cfr. Soph. Ant. 12.01, fr. 502.) 1 L'esempio di Eschilo (Prom. 309) citato dal Kyriazopulos (op. cit., 333) è da togliere perché ivi è usato il medio, normale in questi casi. 2 Non sto a rilevare altri errori più o meno gravi in cui è incorso il Kyriazopulos, ma non posso dispensarmi dal notarne uno che potrebbe rrarre in inganno il lettore. A proposito di 'I1'a ll(j)aTJS il K yriazopulos (op. cii., 334) cita Pisida in questo modo: 'I1'all(j)afi !3i\é'll'C'()v Ei\eyxov, come se Ei\eyxov fosse da legare con 'I1'all(j)afi; in realtà il testo andava cosi citato: TÒV (j)ooCTTfipa ... 1 .. 'I1'a ll(j)afi j3i\rnoov 1Ei\eyxov e1xe Tfis KÀo'l1'fis ••• (Exp. Pers. II 368-7°, e non 177).

2. Caralllri e11I1'Ipos Into1lliastitO di Pisidia

1TaIlCPa,;S Exp. Perso II 369 (cfr. Eur. Tr. ~48, Med. IZ~ I; Soph. Phil. 728 ; V. anche Aesch. Perso 6IZ; Aristoph. Av. 1709) 1TavCXÀtpeCAlO"ClS V: avyIaas Q. - 36 S IfICAlaf6pov V : cpt:>acpopov Q. - 381 ~pa){vSp6IlCj) V : ~paSvSp6IlCj) Q.4 02 CWIl'1SlcpOpoV V : aa1T1SocpopoV Q. - 439 E\ÌaE~éZIs V : aot~éZIs Q. Simili rilievi potrebbero esser fatti anche per gli altri poemi pubblicati dal Querci, ma li tralasciamo, perché inutili. Gli esempi che abbiamo dato sono più che sufficienti per giudicare l'opera del Querci. 1 I. BEKJl:ER, nel CB, (Bonnae 1837), riprodotto in PG 92, lI6I. a L. STERNlIACH, SIutI., 200 sgg. a L. STERNlIACH, Georgii PisMa, carmina inedita, in Wi",er Stlllii", xm (1891) 1-62 e XIV (189 2 ) SX-68. 4 A. PERTUSI, l/t,sto dell' Exp. Pers., cit., 338-3S2. I Ecco, ad esempio, l'inizio della collazione da me eseguita dell'apografo del Vernazza (Cod. Vallicell. gr. CXXX, fasC.48): I 48 ItrnvpoOaaV: AIl1TVpoOaa Vero. - IO Sa,aISV : Sé"alv Vero. - 27 aVll'TT'TCAlO'IS V : aVV'TT'TCAlalS Vem. - 30'rij Sè V : K1l&OS ( I) Vero. - 38 Iln ÀcV.elv V : Iln i\elv (I) Vero. - 42 A~Àéy~ls V : -~EIV Vero. Credo che l'esemplificazione sia sufficiente. n Cod. Rolllan. Conino Ilo4 è assai più corretto e riproduce con esattezza le lezioni di V; inoltre non disdegna di riprodurre doppie lezioni (per es. a I 73 ccmanu eadem supra scrlbitur ".ovov» e nel testo XPOVOV; 139 sopra ot~aalllov, cc-av ita Cod.»; 148 sopra IJév1J, CC-ol ita Cod.»; etc.), o di suggerire corre2ioni (I 60 a fianco di 1TaVTas, ccvedi 1TaVTa») o interpretazioni (I I ccForse subaudi avvovalas, melius cpVotlS»). Qua e là rimandi di questo genere; al V. S ccV. M. O. V. 866 Le Angelis»; al V. 8, ccV. M. O. V. 877 ; al V.IS ccv. 881», etc., che non mi è riuscito di comprendere.

I.

La tradizione dell'«Expeditio Per.riça»

JJ

mente, sia in VP, cioè nell' esemplare d dal quale sono derivati questi due manoscritti. Esaminiamo prima di tutto gli errori particolari di ciascuno di questi due testimoni: ci persuaderanno che l'uno non è la copia dell'altro, ma che ambedue derivano da un unico esemplare d, pur scostandosi di alcuni gradi da esso. In V si notano le lezioni particolari seguentil

:

I 87 ÉKÀÉyelS MP : ÉKÀÉy1J V - 192 cpooO'cp6pos MP : cpooO'cp6pov V - 228 ooipccS MP : oopCCS V - II 5 1ÌTlTlIJÉvoov MP : 1Ì'ITOOIJÉvoov V - 33 TàS MP: om. V 105 1ÌIJO:S MP : VIJO:S V - 112 èçOpVçCCI MPV1 : èK6eplO'CCI V - 283 1Ì'TT00pÉ)(OOV MP : 1Ì'TT00'TpÉcpoov V - 305 1TETpOOO'CCI MP : XepO'OOO'CCI V - III 74 àvTEt P. Si noti: P è un amanuense meno smaliziato di V, non congettura nel testo; le sue lezioni particolari sono abbagli o errori banali di cui in parte si accorse e che corresse (I 25 ; 149; III I 17, determinato dall'inizio del verso seguente). Osserviamo ora che sia V sia P portano un certo numero di correzioni o varianti interlineari: alcune di esse derivano direttamente, con molta probabilità, dallo stesso esemplare d, da cui sono derivati V e P, che doveva esser fornito di varianti allo stesso modo interlineari; altre invece, in P, paiono risalire ad un esemplare più antico di d, cioè al prototipo c, perchè uguali lezioni si hanno in M; altre infine, sempre in P, paiono congetture dello stesso P avanzate timidamente tra le linee. l L'amanuense di V è quasi sempre corretto; non sottoscrive né ascrive lo iota ed usa abbreviazioni abbastanza comuni. Ecco i pochi errori ortografici: II 68 'Tl'oÀvC7)(ISei : 'Tl'oÀvC7)(eSel V-I 33 aVTIÀTJljlEal : allTlMljlEal V - 136 (acply~av : (acpl~av V - m 170 eTolllov : ("TVIlOV V aamSTJcp6pov : aamSlcp6pov V - 412 'HÀlav : • HÀlav. I Anche 1'amanuense di P non sottoscrive né ascrive lo iota, usa abbreviazioni abbastanza comuni ed è in genere quasi sempre corretto. Pochi sono gli errori ortografici: I 170 TovvaVTlov: TOV ovaVTlov P - II %37 cpelSol : cpolSol P - 351 KaTéxppo'Tl'oV : KaT6ppo'Tl'oV P - %61 'Tl'VKVWç : mKvWç P - 389 'Tl'Olelç : 'Tl'oTElç P.

IV. La tradizione manosmtta dei poemi «storÌçi»

Dall' esemplare d paiono derivare in VP le seguenti varianti: 173 XP6vov MVP : lT6vov Vlpl_ 133 O"Ej3aO"J.ll0V MVP : O"Ej3CXO"J.I(CXV Vlpl 148 J.lÉVOl MVlpl : J.lÉV1J VP - III 2.2.7 éÀovç VP : ciÀÀovç Vlpl_ 460 J.lVT)J.lT]V 51CXpKfj VP : (ypacpETcxl) 0"00 Tij cpVÀCXKij VIpl - 461 lTpayJ.lCXTCX VP : lTTCX(O"J.lCXTCX VIPI.

II 65 J.lETaax01 MP : J.lETaax1J VPI - III 2.2.3 KpelT1O"TE PVl : ciplO"TE VPI 2. 71 1TVKVaç VPl : avxvaç PVI. La variante a I 73 è estremamente significativa. Basta osservare il testo di VP a questo punto: 71 Tà:ç CXÙTcx5ÉÀcpovç (yoOv) &pETà:ç Kcxl O"VVTp6cpovç 51TToiç J.lEp{~El (scil. ·OJ.lT]poç) T&'>v Myoov VOT)J.lCXO"l· lTÀ1Ìv É~ &véxyKT]ç ov yà:p T}\jICXTO Xp6vov 5e{~CXVToç &v5p(cxç TE Kcxl cppOVT)aeooç 7S Kcxl TOOV aVv CXÙTcxis K01VÒV 0IKT]TT)pl0V.

È chiaro che cosa è successo: l'amanuense dell' esemplare d (= VP) aveva letto nel margine del prototipo c, dal quale copiava, una variante lTO- oppure lTOV- abbreviata che il copista di c o il suo correttore intendeva riferire alla parola VOT)J.lCXO"l del v. 72.; cioè invitava a correggere in lTOVT)J.lCXO"l come si ha in M. L'amanuense di d, mal interpretando un segno di richiamo al verso o, in ogni caso, il riferimento, ha creduto che si riferisse alla parola finale del V.73, e quindi ha posto la variante lTo(vov) sopra Xp6vov non rendendosi conto che una variante di questo genere non poteva servire in alcun modo a questo punto. Di qui la strana lezione, ma molto significativa, dei codici VP. Dal prototipo c sembrano derivare invece alcune varianti di P: ma si può ammettere benissimo che si trovassero già in d e che siano state trascritte da P, trascurate invece da V: I 137 à:J.lCXpTT)O"Ol Mpi : à:J.lCXpTT)O"El VP - 169 O"1TeVO"Ol Mpi : O"1TEVO"1J VP 177 é:1Too6ev VP : é:1To6ev MPI.

Sembrano infine personali di P queste altre tre varianti poste tra le linee:

II 4 lTéx601ç MVP : lTéx61Js Pl_ 2.2.0 rnÉÀ601 MVP : rnéÀ&IJ pI_ III 136 oVrooç VP : (ypacpETcxl) olKToç PI. Tuttavia è possibile dire che già l'esemplare d portava degli errori che passarono sia in V come in P: I 1 O"TpCXTT]y{cxç M : O"TpCXTEVJ.lclToov VP - 38 \nrOKp(O"Elç M : \nrOKp(O"El VP43 ante 42. M : 43 post 42. VP - 72. lTOVT)J.lCXO"l[V] M : VO';J.lCXO"l VP - 76 T]Ù1T6PT]O"E M : EÙ1T6pT]O"E VP - l 14 TOO j3CXO"lÀÉOOS TÒ KPelTOç M : TÒ KPelTOS j3CXO"lÀÉOOç VP - 1 16 TOVTOlç M : lTéxÀ1V VP - 12.0 aVyKpCXO"lV M : aVyKplO"lV VP - 1 3o lTpOÉPXETCXl M : lTP0O"ÉPXETCXl VP - 13 1 ÉKEi6ev M : avw6ev VP - 168 lTcxpépyooç M : lTapepyoç VP - 179 yèxp M : 5è VP - 18 S àvT1KpOVO"IlelTWV M : àvT1KpOVllelTWV VP - 187 lTÀWTCX\ M : lTÀwTcxl VP - 2.13 lTéxvToov

I.

La

Iratli~;oll6

dell'«Expedi/io Persiça»

Il

M : 'TfpWTOS VP - 2.2.6 'TfapÉO)(ev M : 'TfapÉO)(ov VP - II 30 ovalav M: q>valV VP - 40 TpOq>lÌ Kal 'Tf(~llaTa M : 'TfOllaTa ( I) Kal TpOq>lÌ VP - 80 q>Myas M : i\6q>ovs VP - 99 Kal M : om. VP - 136 TcXyllaTa M : 'TfpcXyllaTa VP 1 ~ 2. q>o~ct> M : i\6yct> VP - 1 ~ 4 awTOVOOS M : awTOllooS VP - 163 ToaoVro M : ToaoVrov VP - 196a ~i\ev6epoi TÒ aWlla SVaKoi\OV'Tfaeovs M : om. VP 199 Tfis M : ~ VP - 2.18 TWV M : om. VP - 2.2.3 'Tfoalv M : 'Tfoal VP - 2.31 hpE\jlev M : @aTpe\flEV VP - 2.6~ 6T}yoov Sè TÒV vOVv, OOaTE Kal T1Ìv alTlav M : 6T}yoov Sè TÒV vOVv TÒV aòv iv' eVIl11XavooS VP (legend. 6T}yoov Sè TÒV vOVv, OOaTe Kal T1Ìv alTlav I * * * I ... TÒV aov, OOS eVIl11XavooS)l - 2.81 op61oos M : oçÉoos VP - 312. TE M : Sè VP - 313 ~1l'Tfi\11çlav M : ~i\11çlav VP - 319 a~Éaol M : a~Éael VP - B3 éiAi\' M : om. VP - H6 @v6ev M : ~VTeOeev VP. È probabile che altri errori del genere si trovassero anche nella III acroasi, ma non abbiamo modo di controllarli, perché essa manca in M. È ad ogni modo evidente che V (VI) P (Pl) derivano da un unico esemplare d; basterebbe a provarlo la lacuna di un verso ad acro II 196&. Se volessimo ora esprimere in uno stemma la parentela, potremmo indicarla in questo modo:

II. Il prototipo

ç

Poiché M è più antico di d (= VP), verrebbe fatto di supporre che d sia derivato da M: in realtà non è cosi, perché M ha un discreto numero di errori in proprio che non si trovano né in V (VI) né in P (Pl) 2. Eccoli:

I 40 TfjaSe Tfjs VP : Tfjs Sè afis M - 41 Kei\T1KOV VP : Bei\T1KOV M - 42. olllai VP : olSa M - 49 iiv VP : ~v M - 74 avSplas VP : avSpelas M - 93 'TfcXvTOOS VP : 'TfaVTOS M - 102. aòTèxs VP : aòToùs M-III arrÉaTpeq>e VP : arrÉaTpeq>ev M - 113 aòToùS VP : aòToùs M - 14~ Slxa VP : &vev M - 146 OUTOO VP : OUTOOS M - 146 &vev VP : SIXa M - 149 ~çei\Éyxov VP : ~çei\ÉYXoov M-I ~ ~ òi\Kér:al VP : òi\Kér:alV M-I ~ 9 OUTOO VP : OUTOOS M-I 80 'TfETpa1ct> VP : 'TfTEpa1ct> M-I 8 3 avÉ'TfTVe VP : avÉ'TfTVev M - 2. 1 6 pl?;OO6èV VP : Pl?;oo6ev (pro Pl?;o6EV?) 1 Su questo punto cfr. A. PBRTUSI, Illello dell' Exp. Pers., cit., 34~-344. I L'amanuense di M è un po' meno corretto: anch' egli non sottoscrive né ascrive lo iota, salvo rarissimi casi (per es. (:)\ f. 62 r lino 20 col. destra; T(o)\ f. 62T lino 26 col. destra; T(o)\ f.64T lino 12 col. destra) in cui lo ascrive; usa abbreviazioni comuni e con valore identico in tutti i casi. Ecco gli errori puramente ortografici: I 197 ~q>EI~KOV : ~q>1'l~KOV M - 1168 1TO~Vax\SEi : 1TO~\axESEi M - 217 o:pXIq>v~oS : O:PXIq>\~OS M - 221 6:1TMerrov : 6:1TMlerrov M - I 210 ISp~T(O)V : ISp~T(O)V M - Il 66 6poVS : 6poVS M - Il 49 S\apK",S : S\apKiis M - 129 q>ap~Tpa\ : q>elpETpa\ M - ~04 Ill~a\ : IlI~a\ M- 367 O:q>Eyyii : O:q>EY)'1Ì M - II 227 vOIl"'V : ~OIl"'V M - I 41 Ke~T\KOV: ~E~T\KOV M - II 7 tlTTalla\ : tlTlTalla\ M - 245 1fI~IlOiS : lfIelllIlO\S M - 273 aKE~\aeels : aKE~­ ~\aeeIS M. Per l'origine Paleografica di altri errori elencati tra quelli non ortografici cfr. A. PERTUSI, Illello dell' Exp. Pers., cit., 340 sgg.

IV. La tradizione manosçrilla dei poemi «storici»

M - 234-244 hoc ordine ac recte VP : 239, 241, 240, 243, 242, 244 M (in ordine m redegit M1) - II 2 vOv VP : oVv M - 36 TcxVrO VP : TaV-rr)S M - 41 ào-rrial VP : ào-rrlalV M - 64 Àav6cXvEIV VP : Àav6cXvwv M - 69 6!3ov VP : q>ol!3ov M - 128 aàÀ1TlyyES ..• q>àÀayyES VP : q>àÀayyES •.. aàÀ1TlyyES M - l3l O"VlllTÀCXKEìs VP : O"VlllTÀEKT]S M - 163 t;pll6aw 1l6vos VP: t;plloallÉvos M - 177 Kol VP : om. M- 182 O"VVÉSpollEV VP: O"VVÉSpOIlE M- 188 iter. M - 197 iter. M - 2 15 Slaypàq>EIV VP : Slaypàq>EI M - 2 l 8-222 hoc ordine ac recte VP : 218,220,219,221,222 M (corr. mrg. M1) - 247 Sè VP : Tà M262-266 hoc ordine ac recte VP : 262, 264, 263, 265, 266 M (corr. mrg. 262, 263,265,264,266 M1) - 265 6T}ywv Sè TÒV voOv TÒV a6v, iv' eVll1lXcXvWS VP : 6T}ywv Sè TÒV voOv, waTE Kol TT]V ohlav M (legend. 6t']ywv Sè TÒV voOv, WO"TE Koì TT]V ohlav I * * * I ... TÒV a6v, WS EVIl1lXcXvwS) - 270 àvTlO"TpÉq>EIS a'Ù VP : àvTlO"TpÉq>EI aOI M - 286 eKTT)S VP : ~K vel OK Tils M - 291 ~lTeyv6q>waav VP : hTÉyVW q>wS VP : aliTe'i'> M. L'errore di I 41, benché puramente ortografico, l'abbiamo inserito in questa lista perché caratteristico: ci dice chiaramente che M copiava da un prototipo in minuscola, in cui è facile la confusione fra K e ~. E data l'epoca nella quale occorre postulare la presenza di tale prototipo, sec. X, dal quale nel sec. XI sono stati tratti M e d, è probabile che esso fosse un esemplare translitterato. Ci si può chiedere tuttavia se sia lo stesso esemplare translitterato c che sta a capo della tradizione di M e di d. In effetti M presenta almeno tre errori di translitterazione (II 163 e 291, per errata divisione di parola; II 303, scambio di 1\ con Il), che non compaiono in d. Potrebbe darsi il caso che ci si trovi di fronte a due translitterazioni delle opere di Pisida, ma, forse, più probabilmente, d ha corretto congetturalmente l'errore che si trovava già in c. Per meglio definire questo prototipo, possiamo soggiungere che anch' esso, per quanto più corretto di d, non era esente da errori: lo si può affermare con assoluta sicurezza per due casi, in cui P ci conserva la lezione originale contro M e V: II 8 ~o1Tt']v P : mo1Tt']v MV - 160 aliTòv P : aliTé.ì)v MV. Di conseguenza anche c è derivato da un altro esemplare perduto b, migliore di c e di d. Perciò: b

'"

r. La tradizione dell'«Expeditio Per.r;ça'

19

La storia della tradizione diretta termina a questo punto. Ma attraverso le testimonianze di quella indiretta possiamo risalire ancora più sù, verso l'originale, mostrando che esso era esente da altri errori, penetrati sicuramente già in c.

b) La tradizione indiretta I. Le citazioni nel Lexicon Suda

Il primo testimonio che ci si presenta, risalendo nel tempo, è il Lex. Suda. Esso contiene, come s'è detto, numerose citazioni dai poemi pisidiani. Non si può dire che i compilatori avessero a disposizione un testo molto migliore del nostro, ma su dieci casi in cui è possibile il controllo, tre di essi ci danno lezioni migliori rispetto alla tradizione diretta, e uno si accorda con essa contro la lezione del Lex. Tittmanniano (ps.-Zonara): II 284 Kal MVP : om. Lex. Sud. - 284 1Tapaj3CXÀoov Lex. Sud. G : mplj3CXÀoov M O'VI.lj3CXÀoov Lex. Sud. A j3CXÀoov VP - 285 00rr10"T6:51lv MVP : OOrrIO"Tcrr..,V Lex. Sud. - 3 11 ~evl.lCXToi MVP : TEÀI.lCXTOi Lex. Sud. - III 17 Kal yéVEI VP : Te';) My'l> Lex.Sud. - 38 1TO:vTOOS VP : 1TO:vTES Lex.Sud. - 39 al1TÉTpal VP : 01 ;>d601 Lex.Sud. - 46 lO"Toplll.lÉVal VP Lex.Sud. : lO"Toplll.léva Lex. Tittm. 134 Xapèxv Lex.Sud. : X6:plV VP - 135 56:KpvclIv Lex.Sud. : 56:KpvclI VP. Dunque, pur non essendo gran che migliore del nostro prototipo c, il subarchetipo di cui si servirono i compilatori del Lex.Suda nel sec.X (fine), era diverso; perciò: b

~

Lex.Suda

&

/""d

M

~ p_pl

V-VI

II. La Cronografia di Teofane Confessore L'altro testimonio molto importante è la Cronografia di Teofane, del sec. IX (inizio, 811-815 circa), cioè a soli due secoli di distanza dall'originale del poeta. Come s'è detto, Teofane si serv1 dei poemi di Pisida per redigere il racconto della prima spedizione di Eraclio contro i Persiani, prendendo a prestito dal poeta, talvolta, interi trimetri. Possiamo dire che su undici casi in cui è possibile il controllo del testo, quattro di essi ci offrono un test~ migliore o un testo che doveva essere migliore; tre danno un testo che SI accorda con la tradizione di c; quattro offrono un testo dubbio o deteriore: 1146 ypacpfjs avevVP Theoph. 303,20: ypacpfjs 51xaM-II 44-45 O"TpaTÒV yèxp EÙpOOV TÒ 1Tpìv ÉK ~a6\J1.llas I O:ra~las yél.loVTas fJl.IEÀlll.lévo\Js (corr. Stemb. : fJl.lEÀlll.lÉVflS MVP) fortasserecteMVP : attamencl. Theoph. 30 3,24 EÙpOOV Sè TÒV O"TpCXTÒV Els ~a6vl.llav 1TOÀÀ1ÌV Kal SEIÀlav,O:ra~lav TE Kal éoollEVTplcxl/ M

la sventura, quando le dure ferite del tiranno prendendo vigore intaccarono le (nostre) membra, avresti potuto rimanere lungi dalle molestie, non essendo tu colpevole dei mali; eppure, o monarca, non desistesti in 45 nessun modo dal venire in aiuto di coloro che erano avvolti in infinite calamità, per le quali ognuno era selvaggiamente divorato dalla fiera che deteneva il potere. Tu coraggiosamente correndo incontro a cosi grandi pene, tu solo sprezzasti (di porre a repentaglio) il tuo sangue, 50 pur di strappare tutti dal sangue. Non temesti (di affrontare) illungo viaggio per mare, né riusd a trattenerti il pianto della madre in quella circostanza: tu eri infiammato da Dio, eri dominato da un (solo) 55 desiderio, quello di spegnere la procella che conduceva il popolo alla rovina. E non venisti meno a cosi grande speranza; come il devoto Finees nel (tuo) spirito avevi la fede capace di distruggere le stragi. 60 Da quando, liberandoci dalla peste della tirannia con l'aiuto di Dio (ci) facesti (tuoi) servi, cessò il tremendo flusso di sangue da cui 40

In Herae/illm ex Afriea ,.,tkuntem

80

65

70

75

80

TOVrOOV ~oov, KPO:rlaTE, T1Ìv ~vTlIl11V &1;1 avoo TE ~I'I'CXS 1l'pÒS 9EÒV Tàs Vt.1l'ISCXS OIfIEl TÒV aùTòv ~v TcXxE1 9EÒV 1I'0ÀlV aooTflpa Tfls aiis Vt.1l'ISoS TÒ SEÒTEpoV. aùTòS yàp 1Ìl1iv Tàç 1l'pÒS Elpi)vl1v 6VpCXS ToiS aois àvol~El 1l'avTCX)(OV a1l'ovSaa~aalV SE1K\1Ù5 ~1V11V T4) KpO:TEl OOV aWepovov. 1l'POOl1V yap, ol~al, aoocppovooS ~Kp\nn'eTO ~pueplooaa TO\Ì5 vo60VS (3ÀÉ1TElV cpOVOVS. Ci)J..', é:J xopl1yÈ TOOV KCXÀOOV xaplal1O:roov, TOOV Il'lÌ cpEpOVTOOV Els péoVTa 1l'pO:yl1aTa, CiÀÀ' els I.Iévovaav elaayoVToov ovalav, Séxov Tà ~lKpà Ka1 SISaaKE ~Ir,;ova. 6 yàp 1l'ÀO:rOS 001 KapSlcxs SOOpOV~OS, 00s 1l'aalV apKEis ~l1Sa~OOs aTEVOVIlEVOS, SeI~El KV(3Epvéiv Ka1 Tà vOv ~ Tfls r,;OÀl1S 1l'PÒS T1Ìv yCXÀi)V11V, fJv ~XE1S, Tà 1I'pO:y~aTa, 07rOOS ~plI1Vl1S ÀOl1l'ÒV ~aTEPl11.1évOl TÒ 1f'\IX1KOV aov Ké:ÀÀOS 00s ~v elKOVl W Tais ~avTOOV ~00VTes KapS1a1S àvE~é:ÀEl1l'TOV laTOpi)aoo~ xaplv SE1KVVVTeS otov cXv60s EÒÀoY11I1WOV

67. Hex. 1867 72.. Hex. 1784, Exp. Perso m 397 84 sq. cf. Beli. Allai'. 2.61, Exp. Perso III 37~ sqq.

77. Hex. 904

82.. = Exp. Perso I 12.1

74. elaay6VTCAlv St WS : elaayCAlv n'tv M 77. apKEis St : apKEi M St WS - aTEVOVllE1IOS M St : aTEvovllÉlI1'\ perperam St WS 78. KV~epvéiv St : KIi~epvov M St WS 79. fJv lxelS M St : fil ncxp' cxVTOOV SvO"aej3oos TIIJOOIJÉV,!> TIIJ1JV OIJOV VÉIJOVO"I l6ev VP 136. TOV (cf. Beli. Avar.495) suppl. fIi 137. 6:llapT1}crol M (-01 supra -El ser.) pl : -crei VP

re il potere (dell'imperatore) ai pericoli imminenti; altri ancora, fondendo nel loro animo i due differenti punti di vista, dicevano sofisticando che sarebbe stato necessario da un lato ristare e dall'altro intervenire nelle battaglie ad alleviare le preoc12 5 cupazioni. Ma i discorsi della gente erano senza cattiveria; i loro pareri non scaturivano da un'intenzione malvagia; e tu, duce supremo - e infatti lo eri di tutti -, perfettamente al corrente della situazione, rendesti Dio giudice delle cose non manifeste. 13 0 Dove precede la vergine fede, colà ella si ammanta di candida speranza. Dopo aver festeggiato il grandissimo giorno nel quale tutto il genere umano risorse a nuova e divina rigenerazione, subito il 135 giorno appresso, imitando Mosé, volgesti le tue schiere contro il secondo Faraone - se pur non sia errato dire «secondo), colui che in verità è primo nell'errore. 120

Expedilio Perrica l

140

145

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Ào!300V Sè Tilv 6e1av TE 1 &oYPO:cp'1' "TVrr'1' &-rrtiP~aTO 'Té;)v &y6voov (cf. Georg. Mon. 67°,12-13; Leo Gramm.150; Theod. Melit. 104; Cedr. I 719,5 sqq.; etc.) 139. aej3O:O'lllov MVP : aej3aO'lllav (-av supra -ov ser.) Vipi 143. 1l6pcpooO'Iv MVP Theoph. 3°3,20 : 1l0pcpé;)0'1V coni. Ba - CXVEV O'TTOpéiS MVP : O'TTOpas cxvev coni. Hii 145. SIXa] CXVEV M 146. OVToo] -oos M - CXVEV VP Theoph. 303,20 : SIXa M 148. Il~VOI M (-01 supra -1J ser.) V1pi : 1l~V1J VP 149. 'Té;)v MV (add. mrg.) pi : om. P - t~eÀ~ov] -oov M 1p. vllé;)V] tillé;)v P Be vlliv coni. Ba (fortasse reete) 155. 6ÀKO:O'I] -O'IV M

Presa la divina e veneranda immagine del dipinto non dipinto, che mano d'uomo non raffigurò - il Verbo infatti, che tutto forma e plasma, ha raffigurazione in immagine senza dipintura, a quel modo che senza seme, come è noto, egli stesso ha conce145 pimento, poiché era necessario che egli, (concepito) nel tempo senza seme, fosse anche in seguito raffigurato senza dipintura, affinché attraverso l'uno e l'altra potesse rimaner salda la fede nell'incarnazione del Verbo formato, smentendo l'errore dei 150 Fantasiasti -, fidando in questa immagine, opera divina, offristi a Dio le primizie della battaglia. Occorreva infatti che il Verbo intervenisse completamente con te concorde, poiché la giustizia si era mossa. 15 5 Il giorno successivo alla festività preso subito imbarco sulle navi traversasti d'impeto lo stretto di mare, e poi oltrepassasti 140

l

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Exptdilio P"..riça I

92

Koi Si] 1TOpÉ1TÀels eV6ùs 'Hpo{os TemOVS' OUTOO yèxp cx\rrT]V oov6llo~oV ÉK 1TÀOOn,S Ti'is 1Tpiv KpaTOVaTlS SloSOXi]V SeSeyIlÉVOI, 160 eoos hpe\fJOS, evae(3oos !1E60PIl6aos, TÒ Tt;S 1TÀcXvf)S c'XSoçov els ruSoç{av. TpÉlloo Sè TOVTOOV 1lVf)llovruaoS TOOV T61TOOV alyfj 1TopeMeiv i')v W MOiS e\pyaaoo EVayxOS ruaÉ(3elav' EO'TOI yèxp T6:xO I6~ Koi Tois 1le6' 'lÌllas 'lÌ aloonT] ~f)Il{O. 6:ÀÀ' EV 1TOpEK(3aael IlE TOCi O'Ko1ToCi 1T6:ÀIV SpollEiv 6ÉÀOVTO TÒV (3loocpeÀt; Sp61l0v Il'; TIS 1TOpÉpyoos TOCi Myov TÒV t1T1TÉO O'1TEÒaol KaToaxeiv Tois acpoovolS 'lÌV{OIS. 170 fJv Ilèv V6TOV TrVruaaVTOS e\S TOWaVT{OV 1TaÀ\VSpOIlOOVTo avvT6vooS Tèx ~llaTO, Koi wç acpeyyi]s Koi (3paaaVTo KVllaTO S11TÀt;V 6:v6:yKf)V Ti'is ~6:Àf)S elpya~ETo. aÌJ SÉ, KpaT1O'TE, T1Ìv avnvov ~O'1TÉpav I 7 ~ el61allÉvoos hellves, ei1Tep ~O'1TÉpav KaÀeiv 1Tpoar,KEI T1Ìv SI' VIlOOV 'lÌllÉpav.

166. cf. Exp.PerJ. I 100

In. eVeVs 'Hpolas] ';;5 'Péas ~1I TOVs M 158 post 159 conlocaverat M (sed in rnrg. iX In, ~ 158, 159,6" 160, 161, 162 in ordinem alterius memoriae restituit) 158.0VTc.;)] -005 M 168. 1TopépyOO5] 1Tacp6pos] -ov V

Da lungi uno stridore di acuti suoni (quasi) di lamento rintronò sopraffacendo il tuo pensiero immerso nella preghiera: purtroppo 180 una nave, risospinta dai marosi, aveva urtato violentemente contro un alto scoglio, e un grande fragore di flutti ribollenti alta l'eco levando tra le rocce rigurgitò selvaggiamente la spuma (del 185 mare); e i flutti frangendosi contro gli scogli, come (per effetto) di violenti urti, mandavano scintille di equorea sostanza. I naviganti erano cosi sopraffatti dalla violenta burrasca da non esser 190 nulla più che dei morti; la gravità del pericolo li aveva ridotti in breve tempo morti sepolti. Ed ecco, all'improvviso, la speranza e, precorrendo la speranza, tu qual faro di luce rifulgesti loro sul mare, emanando una luce più dolce del sole; (Più dolce,) perché 195 questo è capace (anche) di bruciare i corpi, tu invece piamente irrori di rugiada i cuori. In verità tu, accorso presso quella nave, impegnando te stesso nella fatica, trascinasti tutti ad una alacre operosità, poiché essi arrossivano al vedere il loro imperatore

EXJlltlilio Persica 1

200

Ka1 TOOV TvalV VP SalTavéi(Tal) TÌ}v q>valv coniecerat Hi H. Tàs] om. V 36. Taiha] TaVT"S M 40. TpOq>,; KallTt:>IlCXTa] lT61lCXTa Kcrl Tpoq>T) VP 41. àanlal] -aIV M 44-4'. OTpCXTÒV - ,;!lEÀ11!lévoVS fortasse recte : attamen cl. Her. I 121 ••• OTpCXTÒV yélloVTa nepalKov q>6!3ov et Theoph. 303, Z4 EÙpOOV Sè TÒV OTpCXTÒV E1s ~a6vlllav lToÀÀ';v Kal SelÀlav, ara~lav TE Kal &Koalllav ••. Iacunam unius quidem versus suspicari licet

l''

tutto era sollecito e tutto dirigeva con la parola, correggendo le deviazioni ed i disordini. Nessun male è cosi grave come il di30 sordine che, quando serpeggia, intacca e disperde ogni vigore e ne investe la parti più vitali. Ma se io volessi esporre i vari pensieri e le diverse preoccupazioni che tu affrontasti con entusiasmo per noi tutti, sarò ac35 cusato di aver deluso una duplice speranza: di non aver descritto a sufficienza nel mio poema queste tue cure e di non dire, proseguendo, le cose più importanti. Tu, in persona, decidesti la condotta delle operazioni, seguendo la 40 via della abilità tattica. Tu stesso ti preoccupasti della mensa (sacra), dei viveri e delle bevande, oltre ad apprestare le armi d'offesa e di difesa. Ogni tuo discorso, semplice nella stesura, si proponeva un fine pratico e costituiva una norma ed una regola per ogni

Exp.ditio PIr.!;ça II

4 5 àTa~lcxs yÉIlOVTCXS, 1Ì1lEi\TlJ,lÉVovs, 6éXTrov Kerrop60is Kal i\6YOtS Kal axf}llaO"t, TVTTOOV, 5tatpoov, 5eU 1TOIK(Àl.\aTl xflpUKéç elal TaKTIKOOV KIVT)l.\cXTooV 1T6ppoo6ev tyyùs ToiS OÀOIS OpoollEvol -, KOIVÒV Sè 1TOOITeS È1cTEVoos ruepyrn,v 77-78. Theoph. 3°3.26 sqq. Kal 'll"o:vres 6:vSpelal/ TOV f:laalMws

Ws li
O"ov 1TpÒS j3i\aj31)v. 1Ti\ftV ooç &1Ti\TtO"T't' O"VllllCCXooV O"TpCCT1)y{c;t Ki\É\JICCI 6ei\TtO"ccç CCÒTÒS O:VTEKÀÉ1TTETO, Kccl Toiç 1TOO"{V O"ov Toiç 1TCCV1)IlÉpOlç Tc:Xx0ç TÒV 1Tplv O"TpCCT1)yòv elO"O:yOVO"I SÉO"lllov. ZZ2.

cf. de

rIs.

S8 (de diabolo)

01 epépollTEs] elaepépollTES coni. St

2I 6. SlcxypaepElII] SlcxypaepEI M 2 18-222. hoc ordine VP (rnrg. Ci 218, ~ 219, Y 220, S 221, E 222) MI : 218-220-219-221-222 M 218. TOOII] orn. VP 219. a\rré;) St : crV- MVP 220. hréMOI MVP : hréM1J (-1J supra -01 ser.) pl 223. 71"oalll] -al VP 209.

cito un profondo sentimento religioso. Da allora subito a te incontro venne la vittoria alata, porgendo ancor prima della battaglia il premio delle spoglie Persiane. Nulla dunque trascurasti; in effetti avevi mandato fuori dei reparti ben organizzati per compiere scorrerie, cavalieri velocissimi a dar la caccia dovunque; questi, dopo breve tempo, ritornarono por210 tando non delle belve di nessun conto, ma delle belve molto importanti, che con ferocia infestavano e spesso devastavano le zone Ca noi) vicine. Eppure, benché fossero delle belve, tu non sdegnasti 215 di far sentire su di loro la tua clemenza. Tralascio di parlare della maggior parte di esse, perché preferisco dare un'idea di tutte queste belve descrivendone una sola. Un capo tribù molto coraggioso si era avvicinato conducendo '220 una torma di Saraceni lungo chiomati per vedere se potesse piombare di nascosto sul tuo esercito per danneggiarlo. Se non che, combattendo a fianco di un esereito troppo ingordo,quegli, che voleva sorprenderei, fu a sua volta sorpreso; e fu gettato ai tuoi 205

Expedilio Persico Il

108 Z2 5

2. 3o

2. 35

2.40

2.45

OOS 5è npocnix6T) Te';> 1Cj) 1Tapi'jMe 6T)plov SP0J.lCj), 280 ovS' cXMoS t1l"1l"OVS -f)VIOXOOV Tàs -f)vlo;s ÀOçàS 1TpoSellal\ÌS 6p61oos 1TapÉpXETat, OOS O"Ù KpaTijO"o;s TOO O"TpaTOO TàS 1Ìvlo;s Ù1TOTPÉXOOV 1Tapi'jMes tç ç~V'll 28 5 TTpÒ TfjS llaxllS acpfjKas els OvTIC"TaSllv. ÉKT1']S Sè i\OITTÒV ~SpOIlOVO"1']S 1i~Pas, Tà TcrW ~avTOV O"WCPOpOOV 1l1lVVIlaTO 6:TTpOO"SOKT]Tc.>V etxev Éç clKOVO"llclTc.>V. TTOi\i\i! Sè CppoVT1S TOOV cppevoov KÀOVOVIl~Vc.>V 290 KaTeixev aVT6v, Kol i\oyIO"Il00V avyxVO"EIS TÒV vOVv ÉTTEyv6cpc.>O"aY ÉO"KOTIO"IlWOV. ov yap TI IllKp6v ÉC"TIV &i\i\à KolplOV el Kol TI IlIKpÒV Ò C"TpaTÒS TTOpEKTp~el, TTOi\i\OOV J.LETOçÙ SVaxepOOV KIVOVIlWc.>V 295 ToiS &i\i\ocpvi\O\S e1K6Tc.>s C"TPaTEVIlOO"I. i\lllov yàp aVToiS Kol cp60pas TTOi\VTp6TTOV Kol TOOV aSi)i\c.>v e1s j3i\6:J3llV ÉyKPVllllclTc.>V Kol TOOV aplC"Tc.>v els llaxllV TTpoi\llllllclTc.>V WTeOeev jljv KlvSwos' &i\i\' hl TTi\~ov 300 gSaKVev aVTOÙS TÒ J3i\rnelv TÒV ili\IOV, OV TTpOO"KWOVO"IV OOS 6eòv Tfis TTepO"ISos, W &ii TTOpaTaçel Tfis llaxllS waVTlov.

284-285. Lex.Sud. IV 28,2 S. v. 'Il'apéx13aaIS' ••• Kal TTlaIS1lS' CTÒlI - 0:1IT1O"Tét-n)1I:t 284. Kal] om. Lex.Sud. Ba - TÒlI 'Il'apa13ét-n)lI MVP Lex.Sud. : Téj) 'Il'apa13ém:l yàp coni. Ba - 'Il'apa13CXÀc:.,lI Lex. Sud. G : mpl13CXÀc:.,lI M O"VIl13CXÀc:.,lI Lex. Sud. A Ba 13CXÀc:.,lI VP 285. 0:1ITIO"TéxS1l1l] 0:1IT1O"Tét-n)1I Lex.Sud. 286. ~S] fK (?) Tiis M 291. rneyll6q>CIlaall] rntyllCll cp&ç 0:11 M 293. 'Il'apEKTpé)(EI scripsi : 'Il'aPEKTPé)(CIlll M 'Il'pOEKTpé)(EI VP 298. 'Il'poÀ1lllllcXTCIlll] 'Il'po13À1lllcXTCIlll P

(il nemico) scavalcandolo e a lasciarlo, lui il prevaricatore, dopo di averlo aggirato con un insolito stratagemma, in una posizione diametralmente opposta a quella di prima della battaglia. Solo dopo sei giorni egli si rese conto inaspettatamente della difficile situazione in cui si trovava attraverso delle dicerie. Allora, incalzandolo i 290 pensieri, lo prese un grave senso di preoccupazione, e la confusione dei suoi calcoli obnubilò la sua mentre ottenebrata. Non è cosa di poca, ma di grande importanza, se il tuo esercito anche di poco riusd a scavalcare (il nemico), perché per questo fatto sorsero, come era 295 naturale, per l'esercito dei barbari molte e gravi difficoltà. Da quel momento infatti si presentò per loro il pericolo della fame e di molteplice rovina e di occulti agguati pericolosi e la difficoltà di prendere le posizioni migliori per i combattimenti; e ancor più 300 li rodeva il fatto di aver contro il sole, quel sole che essi venerano come dio della Persia, quando si sarebbero schierati a battaglia. 285

112

Expeditio Persica II

:::ÉpçT]V IlÈV OOV ÀÉyOVC7I ÀVO"O"OOSEI Tp6lTct> Iliçal 6ÉÀOVTa Tàs SIEO"TooO"as cpVO"EIS 3O ~ \iSwp 1TETpooO"al Kal 6CXÀanooO"ai x66va. Ka{ 1101 SOKEi TIS oo-roS EVT]6ÉO"TaToS, Os Tais &-réocrOIS IlETa~oÀais Tàs oVO"{as TprnElv VOIl{SwV ovyxVO"EIS e!pyaSETo, OS ÈKcpo~fiO"a\ TOVS l\é:Kwvas ,;pllÉvos, 3 IO OOS 6avllaTovpyòs TOOV WaVTIOOO"EWV, XEpO"oi Tà pEi6pa, PEVllaToi SÈ TOVS À{60vS, KVKOOV TE lTO:VTa Kal O"TpÉcpWV KO:VTIO"TpÉcpWV ETIKTEV OVK OOrÀT]çIV CiJ\A' ÈlllTÀT]ç{OV' OS TOOV TE6ÉVTWV Kal m1TTJYIlÉVWV opwv 3 I ~ 6éxaol' 3z 5 1fOVOV Sè alllKpov pCjtSlov Te 1fPéxyllaTOS 1fOVOVS Toaov-rovs els lléxTr)v 1ÌÀÀéxçaTo. aù SÉ, KpéxTlO"TE, Il''' Tapéxças Tàs q>vaeIS, Il1)S' ao aaÀeVaas TOÙS 1fE1fT)YIlÉVOVS opOVS, (3alvoov 0:IlOX6ooS Kal(3aSI~oov 1ÌpÉlla HO TOÙS aoùs 1fapfjMes ruxepoos ~vavTlovs. ovSels Sè Àomòv eVrropos Tct> (3ap(3éxP'l' ~v Tais IlEplllValS Tfjs avéxyKT)s f)v 1fOpOS, Q:M' ~ç arrop1as els Tamlvooalv TOTe TÒV 0YKov mÉO"Tpe\fJe Tfjs è1réxpaeoos. 335 1fij Ilèv yàp aliTòv 1Ìpe6lal.lÉVT) TOTe yvcbll1) KaTeixe, Kal KaTOlflV TOV aov KPéxToVS 1faÀlVSpollEiv rnel6ev e\S avéxppo1fov, Q:M' eVÀa(3eiTo TOV O"K01fOV TavavTla (3ÀÉ1Toov o:Si)ÀOVS 1favTaxOV Tàs ~(3éxaeIS' HO 1fij S' eç av My't> Lex.SIIII. - Kal l ] om. Be 1.9. holjJ.oov correxi : holjJ.ov VP

IO

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20

25

1.7. 1TpoaKaThpE)(EV Hi : -XE VP

riscalda ed anche ora accende le nostre parole; e Febo piamente ci guida, tutto purificando con la sua parola purificatrice; ma egli detesta i decreti del Lossia e fugge gli enigmi perversi dell'errore. Già erano trascorsi quindici giorni fra continui movimenti (di truppe), nei quali uscendo senza posa al combattimento inducevi il (tuo) esercito a schierarsi per la battaglia. Il barbaro, di stirpe e di costumi, non reggeva più assolutamente le redini della sua mente; spesso infatti prometteva (di scendere a) battaglia, e (invece) giunse a tal punto di vergogna da volgere in fuga ogni volta che veniva a contatto con le tue truppe, senza osare ardimenti e veloce (solo) nelle fughe. Come caprioli essi occupavano le alture e per la paura stavano rimpiattati tra i sassi come lepri. Conseguenza prevista della loro disonestà: cosi comportandosi (il nemico) subito fu preso. Infatti si era rifugiato tra luoghi scoscesi, per aver modo di dilazionare la battaglia con i tuoi eserciti che erano già

Expedilio Pn-siça III

seIV ~Séx1J' ÉKeivos ftlliv lTo:aav ';KPIJ3oollévoos TOOV J3apJ36:poov Éçeim T1Ìv éxTOÀlllav, 175 Kal lTOV aVv cx\rroiS ToiS MyOls hrT]vçaTO OUTOO Slà TéÀovs TOVs ÉVavTlovs J3ÀémIV OOS elatv OpTI lTO:VTeS mO'l1llwol. 6 J36:pJ3apos Sè lTavTOXOV KÀOVOVIlEVOS Selv6v TI TOÀIlO:v ~ J3laç J30VÀeVETal' 180 olSev yàp OOS Tà lToÀÀà KalmplO"TaalS 178 sqq. Theoph. 30S, 17 sqq. Ò S~ Iap~apos \.ITlml \JlTocptpCl)V n,v Av Téj) IIpel SlaTpl~tìV flvayt SOKEiv 1TEcpevy6TCXS. cx\rrÒs Sè TO\rrOIS àVTemç6:yelS TcXxOS TOÙS CTOÙS 6:pICTTOVS, Kcxi1TCXp' ~À1TIScxs T6Te &npOCTSOKf)T't> 1TpOCTpcxyÉVTes CTVVTaCTel Tà: VOOTCX Tois CTois olKÉTcxlS &nÉCTTpecpov. 2.2.0 é!) VOVS SICXPK"S Kcxi TOIlc.ùTécT1l cpVCTIS Kcxi 1Tiip ÀOylCTlloov ~V (36:6el SICXTpÉ)(OV' OIlc.ùS TÒ 1Tiip IlÈV Kcxi j.1EÀcxlvel Kcxi cpÀÉyel, 6 CTÒS Sè VOVS, KpétTICTTE, ÀEVKcxlvel TÒ 1Tav 6clÀ1TE1 TE 1Tcl:VTCXS Ti) nvpWO'EI IllÌ cpÀÉyc.ùv. 210 sqq. Theoph. 3°5,24 sqq. 6 6è /3CXO"IÀEVs ~O)(TlIl6:Tlae TÒII ÀCXÒII aÒTOV els cpvytìll TpcrrrÉIITCXS· Kcxl ÀliO"cxlITes ~KEiIlOI Tàs cp11 61KTlII ~O"KTlllo/36:TovlI (~O"Klp­ TO/36:TOVII coni. St) 204. ~~fiyeS aÒT6s coni. St : aÒTOIÌS ~~fiyes VP ~~fiyes aÒTO\ÌS Be 211. ai:i&IS] aÒToiS coni. St 223. Kp6:TlaTE P (KpaT- supra apl- scr.) VI : cS:plaTE V (supra scr.) pI

disposto l'esercito e averlo ordinato, tu stesso (lo) conducesti fuori sul campo di battaglia, quando all'aurora la luce del sole, da essi venerato, abbagliò di nuovo i (tuoi) nemici. Allora mandi innanzi un reparto poco numeroso del tuo esercito, armandoli, o sovrano, ZIO non tanto di armi quanto di buoni consigli. Quando poi si avanzarono come per la battaglia, improvvisamente simularono una finta paura facendo mostra di fuggire. I barbari allora, quel grosso reparto di truppe scelte (nascosto tra gli anfratti), balzarono fuori dai 1. I 5 loro nascondigli e incalzarono quelli che avevano fatto finta di fuggire. Allora tu subito porti contro di loro i tuoi (C migliori.> (= Ottimati ?), e quelli, battuti contro ogni aspettativa dall'improvviso attacco, volsero le spalle ai tuoi soldati. 2.2.0 O mente provvida e animo acutissimo,fuoco che scende nel profondo del pensiero: mentre però il fuoco annerisce e brucia, la tua mente, o sovrano, tutto rende chiaro e tutti riscalda col suo ardore senza bruciare. 1.05

Exptdilio Ptr.riça III 22 ~

230

23~

240

24~

6 l3apl3apos Sè TÒV KEKPVllIlÉVOV S6Àov EÒpWV ~avTc{j 1366pov EK TOWQVT{OV, oÀovs 1TpO'TT1lSav Tois TpQ1fEiO'I O'VllllaxOVS EK TOOV ÈavTOV Taylléc'Toov É1TÉ'TpE1TEV' mEI Sè Kcx\rrOÙS ElSEv É1T'T0l1IlÉVOVS Kal O'VV'TOIlOOS 1T{1TTOVTas aO')(É'T,!> q>OI3'!>, 1TpOOTOV IlÈv alrrOV SVO'O'EI3Ei TOÙS 1TpOO"Téc'Tas Kal 6éiTrov ";T{Il00O'E TOÙS TIIlOOIlÉVOVS OSoop KEVOOO'as Kal TÒ 1TOp KaTaO'I3ÉO'as. KQ1TVOV Sè 1ToMcXs avy)(VO'EIS 1TOIOVIlEVOS KÀÉ1T'TE1 TÒ q>ruyEIV Kal O')(ESla~EI TÒV yv6q>ov, Kal vVKTa 1TOIEi KalvoTollOOV TlÌv 1'lIlÉpav' EÒpOOV'TE KPl1llVOÙS Kal O"TEVàS SIEç6Sovs Àoças TE 1TETpOOV ÉçOXcXs Kal SvO'I3éc'Tovs, 006Ei KaÀU\jIas Tc{j yv6q>,!> Tà TayllaTa Kal Tàs EKElvoov SVaTVXEiS avvolK{as 1TpÒS éo6voov Kal KÀaO'Iléc'Toov K{VSWOS l1\rrpnnO"TO O'VV'TPl13iis yÉIlOOV. Ka{ 1TOV TIS cx\rrOOV Éç écv~s 110çaTO ÉÀ6eiv Ka6' alrrOV O'VV'TOIlOOTEPOV ç{q>OS'

226. cf. Ps. 7,16 242 sqq. Theoph. ~05, ~O sqq. lTOÀÀolÌS Sè Kal ~wVTas A~~yp"O'av' lTapéÀa/3ov Sè Kal TÒ TOv-rWV O'TpaT6mSov Kal m:xO'av TI) V arroC1KE\l'l) V cx\rrwv 227. 6Ào\lS vp : mo\lS (supra scr.) Vlpl 2~O. O'VVT6IJWS Ba : O'VVT6vws VP 231. p6vws ~l5vcmJxel, 6 l5è 1Tpo1Thrrwv f)v rnlq>60vos 1-16vov' 1Tas yàp 1Tap' alrroiS e\rrvxTJS ÉKplVETO %7S es 1TpÒS TÒ 6v1jC1KEIV eVpÉ6T) TOI-lOOTEpOS. til-liv l5è 1TaO'a l

322-32.7. cf. Joan. IO, II-13 336 sqq. Theoph. 3°6,7 sqq. 6 5è ~a(lIÀEvs TÒV CTTpaTÒV C'lÌv T4'> CTTPCXTT\Y4'> KaTCXÀllT~V els •ApllEv1av lTapcxxelllaaal a\rròs els Bv~aVTlov IÌ1TÉCTTpelfEv 32.4. a\rrov VP : a\rrov male legit St

la Capitale aveva di nuovo bisogno della tua presenza, richiesta 3I 5 da nuove preoccupazioni, il tuo esercito ti pregava insistentemente e con le lacrime perché tu facessi ciò nel momento del bisogno - esso si sentiva partecipe della sofferenza della (sua) Capitale e riteneva una grave calamità privarsi della tua presenza; alla 320 fine riusd a persuaderti. Un altro, in verità, non si dispone cosi facilmente a prendersi un divertimento, come tu invece ti disponi subito ad affrontare nuove fatiche. Quale è il vero costume del pastore che, vedendo il proprio gregge circondato da fiere rapaci 325 e feroci, è in ansia non sapendo dove volgersi per combatterle, e pure s'affatica e corre or qua or là, per vedere se riesca a strappare il gregge dalle loro unghie, cosi tu, vedendo circondata da ogni parte 330 da fiere infedeli la stirpe fedele del tuo gregge umano, sei in ansia (non sapendo come difenderlo), e pure t'affatichi e corri sempre or qua or là dovunque prestando la tua opera, spingendoti all'assalto, compiendo inseguimenti, sortite e conversioni, per 335 vedere se mai offrendo te stesso in olocausto tu riesca a salvare il tuo gregge dalla strage. Perciò dopo aver sistemato ogni cosa con

EXjJldi/io Persica III

IJI

Kal Tct> crrPCXT1lYct> TÒV crrpaTÒV ovvapJ,l6crCXS Kal Tct> gect> SolÌs Tàs rn' CXÙToiS EÀul5as, UOÀlV upòS cx\rnìV TTJV n6i\lv crov CTVVT6vc.>S HO TocraiiTa upéx~cxs Kal KaTOp6wcrCXS TpÉ)(eIS. ov yàp J,lovi)pels TOIÌS éxyoovcxs Tiis J,laxllS, \jN)(T,V Sè TTJV crr,v crvyKaTwp6c.>crCXS ui\ÉOV' CXÙTÒS yàp -f}J,llv ~~apI6I-loov UOi\i\éxKIS TOO croO j3lov TÒ J.lÉTpov, hpéxvovs eTI HS «j3IOlÌs Xp6vov TOcrOVTOV ~V pa6vl-llçx ~llcra TCXÙTas Tct> gect> TàS -f}J.lÉPCXS». Kal TOVTO Siji\OV' ovSè yàp Kai\VJ,ll-laTl 'VeVSovS UpOcn;KEI TTJV 0Ài)6elav CTKÉ1Telv. vOv yàp Tà nepcroov Tiis ui\éxv1lS I-lva-n;pla 3 SO YVl-lvà up6elcrlv' cS:pTI Tiis KEKpVI-lI-lÉV1lS ùSpCXS uap' CXÙToiS 1Ì uoi\VKécpai\os ui\av" Eva upoTElvelV éx~loi TÒV OÙXÉVa, ÒV vOv j3i\rnoVTEs Els cS:yav 6avJ,léxt;oJ,lev 'HpaKÀÉos TVX6VTa Kal CTEcrc.>crI-lÉVov. 3SS oTl-lal SÉ, KCXÙTÒV alXI-lOÀc.>Tov év Téx)(el c'Vel Se6ÉVTa TÒV SpéxKoVTa Xocrp61lv' El J,lT, i\éxj30l TIS Tiis SIKllS \rrrovpylav OOS eimp vl-liv ~So6ij, Tàs éx~las i\éx601 uapei\600v ~v j3poxe1 TIJ,lc.>p1as. 351 sqq. cf. Her. I 67 sqq., 71 sqq. 356. cf. Aeschyl. Perso 82; Supp/. il (= V) 22; Her. 174; c.Sell. 52; Theophyl. Sirn. VITI 12,13 353. els ayav St : elaayav VP 354. 'HpaI p Ed io, spinto sovente dai miei pensieri, meditando dicevo a me stesso: se Tolomeo determinò esattamente i movimenti degli astri anche per il futuro, come mai non preannunziò quale apportatore 36~ di luce avrebbe visto in te alfine la natura? Ma se egli avesse intravisto, come si conviene, (i moti) che trascendono i confini della terra, ti avrebbe esaltato certamente con sublimi parole; e se avesse 370 previsto i molti moti dei tuoi viaggi, che superano i movimenti degli astri, avrebbe inneggiato al tuo spirito irrequieto, reso edotto in modo mirabile che la tua mente è un altro polo (= stella polare) creato di nuovo per noi quaggiù. 37~ Queste rose meravigliose delle tue fatiche che io ho trovato intrecciate alle spine delle battaglie, e (questi) fiori abbondanti di aromi spirituali e i semi fecondi dei tuoi pensieri che io ho raccolto, a te, o duce di saggi consigli, io porto questo serto intrecciato 380 proprio ora dal giardino intatto della verità. Tuttavia, benché io sia solito valicare il mare (della tua gloria) con un piccolo e tardo scafo (di nave), non ho sbagliato se non l'ho traversato tutto: un termine non può esser posto all'infinito. 360

Expedilio Persica /II

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1iIlOpTOV ovSÈv Il'lÌ SICX1TÀeVeros OÀf1V· opOS yàp els o,TEIpOV 01Ì)( OpiSETOI. 38~ &ÀÀ', é!) ~TPaTf1yÈ TOOV wc.ù Koì TOOV KO:rc.ù - Té;> yàp À6y'll erov 1Tas v eré;> KaTelÀeis, OOS 6ÉÀeIS, 1TPOO"TéxyllaTl· erol1Taero SovÀf1 TOOV OPc.ùIlÉVc.ùv C71Topei Tèx C71TÉp~aTCX Kcxl 5òS TÒ 6eiov To05e TOO C71T6pov yÉvOS 430 KpaTeiv Tèx 'Poo~T]S els TÉÀOS yeoopylcx. 413-414. IV Reg. :l,II 41~. Exod. 17, II-U; cf. Exp.Pers. I 13~ sqq. 4U-:l. Exod. 33, I l 4:l4-~. Matth. 17.3

418-4:l0. cf.

Exod. 3,:l

410. 1Ta6wV VP : an TTepawv? sed cf. Beli. Avar. U3 (= alJap'T\wv) (cf. Exp. Perso m 3:l4, 3:l9, 370 etc.) St : 1Tpo~Àrne\ VP

4:l:l. 1Tpoa~Mrre\

espiazione dei (suoi) passati errori; (fa) che egli riporti sui nemici duplice vittoria, trionfi e sui peccati e sui barbari. Colmalo di amore per Te, come Tu solo sai fare, come (hai colmato) Elia, che infiammato la mente e il cuore (di amore) per Te fu giusta415 mente portato dal fuoco verso l'alto (dei cieli). Mostra a tutti in lui il nuovo Mosé che, santamente corazzato contro i nemici, tende (loro) la Croce piuttosto che le mani; quel Mosé che, vedendo il roveto ardente, riconobbe nel rovo la tua fiamma, mentre il rovo 42.0 continuava ad essere incombusto; quel Mosé che solo fu visto da Te secondo la carne, e che Te vede in visione carnale, premostrando che in breve anche Dio si sarebbe incarnato; e in seguito, 42.5 io credo, parlò anche allora a Te, cui avrebbe parlato anche incarnato. Fa si che egli celebri grandi trionfi e sia tuo condottiero, secondo la tua volontà. Benedici con il seminatore la semente e concedi che la divina stirpe di questa semenza domini 430 sino alla fine sulla terra di Roma. Imprimi nei loro cuori, come è 410

Expediiio Per.riça III

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T\nrC.:lO"OV cxVToiS 1TClTpIKé;)V 1J0pcpC.:l1J0:rC.:lV Tèxs eÙ1TpOO"c.:movs OOS &À1l6&s elK6voç, é)1TC.:lS gO"OIVTO 1TClTpÒS elKOV(O"IJClTO, KO:r01TTpO lTIO"Tèx 1TClTpIKOOV yvC.:lpIO"IJO:rC.:lV, 435 TÒV vOVv TÉÀelol, TOVS Tp61TOvs ~ÀeV6epOI, 1Tpaeis TÒ 1TVeVIJO, O"VIJ1Ta6eiS T1Ìv Kop5(av, ,; lJiv 1Tp0O"1'lveis Kol KClT' É)(6poov Òpy(ÀOI, ~X6poov ae~6VTC.:lV TOVS 6eovS TOVS 1TpOO"cpO:rovS, xeipas VÉIJOVTES evae13&s fl1TÀC.:lIJÉVas, 44 0 ~O"TaÀIJÉVOS 5è 1TpÒS TÒ ÀfilJlJo Tfis 1TÀav"S, 1T65as 1TpÒS oTlJo 1J1l50lJooS KIVOWÉVOVS, els 5' oò TÒ O"cj:>~elv 1TavTCX)(OV TCX)(v5p61J0vS. cpvÀo~ov cxVTOOV Tèxs v01lTèxs el0"650vS Kol 5vO"13O:rovS 1TO(1lO"OV cxVTèxs Téj'> cp66v't', 445 òs Tfj Kae' fllJOs ml1T(1TTC.:lV oVO"(C;X ei50vs IJÉV ~O"TI Kol yÉVOVS &ÀÀ6TpIOS, oÀC.:lS 5è 1J1l5èv els Ù1T6O"ToO"IV cpÉpC.:lV 5éxKvelv vOIJ(~el T1Ìv oÀC.:lV Ù1T6O"ToO"IV, cp(ÀOVS 510lpoov Kol lJep(~C.:lv T1Ìv axÉO"IV, 450 ~6polS é:5EÀcpoov TOVs é:5EÀcpovS 0"V1J1TÀÉKC.:lV Kol T1Ìv é:5EÀcpr,v mpÉcpC.:lv Ù1T6KpI0"IV. ooS IKÒÀÀO Kol Xeipv135ls ';YPIC.:lIJÉV1l év Tfj 6aÀ6:r-n;! TOV 13(ov mplTpÉ)(el, Kol ToiS 65ovO"lv OVK '05vO"O"ÉC.:lS 1J6vov, 45 5 1TeiO"1'lS 5è O"OpKÒS ayp(OOS Kae6:1TTETOI. 431 sqq. cf. Hex. 186ISqq. 439. \/éllollTES] aé/3oI/TES V Qu : mplTpéxel\l VP

435

440

445

450

45 5

441. cf. P.r. 13,4

452 sqq. Horn. Il 235, 245 sqq.

453. 6CXÀérn'tJ scripsi (cf. I 192) : -aa1J VP - mplTpéxel coni.

giusto, l'immagine serena della bellezza patema, perché siano immagini del padre, specchi fedeli dei segni paterni (che lo distinguono), perfetti di mente, puri nei costumi, docili nello spirito, pietosi di cuore, benevoli verso di noi e terribili verso i nemici, quei nemici che venerano gli dèi novelli, tenendo tese piamente le mani, ma volte contro il profitto dell'errore, lenti nel muovere alla battaglia, ma dovunque pronti a salvare. Custodisci le porte della loro mente e rendile inaccessibili all'invidia che, essendo in contrasto con la nostra natura, è per forma e per indole a noi aliena, e che, senza portare assolutamente nulla alla sostanza, crede di intaccare la sostanza di tutte le cose, dividendo gli amici e separando ogni relazione, intrecciando inimicizie tra fratelli e fratelli e alimentando l'ipocrisia tra fratelli. Come Scilla e la selvaggia Cariddi essa corre per il mare della vita e con i suoi denti ferocemente azzanna non soltanto Ulisse, ma ogni persona. Custodisci, o Cristo,

Expeditio PmktZ III

cpVÀaTTE, XplO'T~, TOV I3CXCTIÀ~OOS (TOVS) KÀéx50vS ti< Tfis TOCTCXIJn)S TOV cp66vov KCXKovpylcxS, CPPOVPl1CTOV CXÒTOVS Tfj I.lET' elp1)Vl1S CTK~1T1l I.lv1)I.l11V EXOVTCXS 1TCXTpIKOOV 515cxyl.lO:-roov, 460 I.lV1)I.l11V 5ICXpK;;, Kcxlye Kcxì 1TÀeIO'T1'\S che XP1JSOVCTIV CXÒT;;S els 5~ov TeX 1TPO:yI.lCXTCX. 4S6. Toii] TOlÌç V - TOVç suppl. Hi 460. IlvT!IlT\V SlapKfj VP : yp(éxcpETal) CTOV .ij cpvÀaKij rnrg. VI supra pi - on] Oli coni. Be 461. lI"paylla"Ta VP : lI""TalCTlla"Ta rnrg. VI supra pi

i rampolli del nostro imperatore e tienli lontani dalla peste dell'invidia; conservali con lo scudo della tua pace, in modo che ricordino sempre gli insegnamenti del padre, sopratutto quando la 460 situazione maggiormente richieda tale ricordo nel momento del bisogno.

COMMENTARIO

Non c'è alcun dubbio che, dopo il periodo giustinianeo, una delle epoche più interessanti della storia politica di Bisanzio sia quella dell'imperatore Eraclio. Da quando l'ex-centurione Foca si era impadronito del potere (23 nov. 602), appoggiandosi agli elementi inferiori delle armate imperiali, l'impero giustinianeo andava a mano a mano sfaldandosi sotto i colpi dei popoli orientali (Persiani) ed occidentali (Avari). Maurizio era riuscito ancora a salvaguardare le conquiste e l'organizzazione di Giustiniano: Foca liquiderà l'impero universale. Nel 605 il re dei Persiani, Cosroe II, fingendosi vendicatore di Maurizio, fatto trucidare con la sua famiglia a Calcedonia da Foca, cominciava quella lotta contro i Bizantini che non terminerà che con Eraclio nel 629. Due armate, comandate dai generali Shahrbaraz e Shahin, muovono contro i confini dell'impero sull'Eufrate: l'armata di Shahrbaraz puntò al centro delle fortificazioni orientali, cioè contro la città fortificata di Dara (Anastasiopolis), l'espugnò, distrusse le mura (605, Theoph. 293, 24) e continuò la sua marcia contro Mardin, Amida, Edessa e Samosata (Theoph. 299, I 5); quella di Shahin nel 607 conquistò Theodosiopolis (Erzerum, in Armenia) e attraverso Satala, Sebasteia, puntò su Cesarea di Cappadocia: di li inviò, senza incontrare resistenza, alcuni reparti sino a Calcedonia (Theoph. 296,6 sgg.) giungendovi nel 608. Nelle province intanto era scoppiata la rivolta: alcuni editti imperiali emessi contro i monofisiti della Siria e dell'Egitto e l'odio fra Ebrei e Cristiani provocarono gravi sommosse, domate nel sangue ad Antiochia dal patrizio Bonoso (608). Ma il partito aristocratico, stanco del malgoverno di

COllllllmtario

1}7

Foca, decise di passare all' offensiva. Nella primavera del 609 il patrizio Eraclio esarca dell' Africa e padre di Erac1io, il futuro imperatore, organizzò un~ flotta che si diresse contro Costantinopoli. Il 4 otto 610 penetrò attraverso il porto Sofiano (un tempo Kadirgalimani, ora quartiere di abitazioni sotto il palazzo di Sultan Ahmet), apertogli dal partito dei Prasini, in Costantinopoli e il giorno dopo, messo a morte Foca, Erac1io, figlio dell' esarca d'Africa, fu proclamato imperatore (5 otto 610). Intanto i Persiani continuavano le loro conquiste. La cronologia di esse non è molto chiara nelle fonti (Niceph., Theoph., Chron. Pa.rch., Sebeos, Michele Siro, Tabari, etc.), tuttavia, mi sembra, tenuto calcolo anche delle osservazioni fatte dagli studiosi, che possa esser cosi ricostruita. lo credo che occorra distinguere le conquiste dei due corpi d'armata persiani, spesso confuse nelle fonti, cercando di seguirli nelle successive posizioni. Mentre l'armata di Shahin, mantenendo le basi conquistate nell'Anatolia e facendo perno su Cesarea di Cappadocia (Theoph. 299,31), conquistava successivamente la Paflagonia e la Galazia e faceva una seconda incursione giungendo e stabilendosi nei pressi di Calcedonia (615: Theoph. 3°1,15 e Niceph. 9,19), quella di Shahrbaraz continuava la sua marcia vittoriosa verso il sud e conquistava Antiochia (613: Theoph. 299,15). Invano le armate bizantine sotto il comando di Prisco prima e poi di Filippico (Niceph. 7,5 sgg. e Sebeos, trad. Macler, 55 sgg. e 66 sgg.), inviate da Erac1io, tentavano di contrastare il passo ai Persiani; le armate imperiali erano duramente sconfitte ad Antiochia nel 613, e cosi era aperta ai Persiani la via di Damasco (Theoph. 3°0,20 sgg.). Erac1io, già pressato a nord dagli Avari, che nel giugno del 617 si presenteranno davanti alle stesse mura di Costantinopoli, richiese a Cosroe la pace (Theoph. 300,2I sgg.). Il convegno avvenne sulla riva asiatica del Bosforo, presso l'accampamento di Shahin (Niceph. 9,20 sgg.; Sebeos, trad. Macler, 78-79; Chron.Pasch. 706, I I sgg.). Erac1io, presentatosi in gran pompa, si lamentò della condotta di Cosroe e ammoni il generale persiano che le sorti della guerra stavano nelle mani di Dio, il quale non avrebbe mai permesso che l'impero romano fosse distrutto. Shahin, accogliendo la richiesta di Erac1io, chiese che fossero inviati ambasciatori. Erac1io li spedl con una lettera (Chron.Pa.rch. 707-709; DOELGER, Reg. n. 166), con la quale il Senato chiedeva di trattare una pace onorevole. Ma Shahin, appena fu in territorio sotto le armi dei Persiani, incatenò i legati e li trascinò prigionieri dinnanzi a Cosroe. Pare che questi approvasse pienamente l'operato del suo generale, ma che l'avesse rimproverato di non aver fatto prigioniero lo stesso Eraclio quando si era recato a Calcedonia. Intanto, mentre Shahrbaraz continuava le sue conquiste in Siria, gli Avari calavano su Costantinopoli, dinnanzi alla quale si presentarono, come si è detto, nel giugno del 61 7 (cfr. Bell.Avar. 16 sgg. comm.), cercando di attirare Eraclio in un agguato e saccheggiando la zona nord-orientale delle mura in prossimità delle Blacherne. Cadono in questi anni in mano dei Persiani la Giudea e la Palestina, e poi Gerusalemme (Theoph. 3°0,30 sgg.; Niceph. 15,5 sgg.), dopo un assedio assai duro ed un massacro di qualche migliaio di persone 6ev (nisi quis renatus fuerit denuo), ov SWaTal ISeiv T!Ìv

1'/4

In EOnl/111 patridl/111

[3a:cnÀe!a:v TOO geoO, e che tale rinascita deve operarsi ~~ 1i5CXTOS Ka:I'TT'VeVIJCXTOS: in sostanza il poeta allude al battesimo. Si deve ricordare ora che il battesimo secondo la teologia ortodossa e cattolica non è che l'applicazione all'anima del frutto della passione di Cristo (Tit. 3,5; I Peto Id; cfr. M. JUGIE, The%gia dogmatica Christianorum Orienta/ium ab Ecclesia Catho/ica dissidentium, III, Parisiis 1930, 64 sgg.); perciò ~K TIVpÒS 5p6aov sarà da intendere il «lavacro di fuoco» della sua passione; e molto probabilmente il poeta si riferisce alla frase famosa di Giovanni il Battista in Mt. 3, I I mrròs (sciI. ò XplCTTÒS) vlJas [3CX'ITTlael ~v 1TVeVlJCXTl àyl~ Ka:1 TIVpl, il cui significato è un po' controverso. Ma si tenga presente che Cristo stesso ha paragonato più di una volta la propria passione redentrice ad un battesimo (Mc. IOd9; cfr. Mt. ZO, zz, Lc. I Z, 50). L'autore della «rinascita» non può essere dunque che Cristo, attraverso la sua opera redentrice. Perciò il participio TOO ... ÈÀKvacxvToc;, che non sarà più necessario correggere in ÈÀKVaoVTOC;, come vuole lo Sternbach, richiede senza alcun dubbio un soggetto precedente che non può essere che Cristo. Ma questo soggetto non è espresso né sottinteso nella proposizione che precede. Di fronte ad essa ci dobbiamo porre due domande: I. chi è o può essere colui che versa lacrime? Z. che valore ha il suo pianto? È estremamente improbabile che il poeta si richiami qui a Cristo: Gesù non pianse che su Gerusalemme e per la morte di Lazzaro (Lc. 19,41; Joan. II,46). Ma qui il richiamo ai due episodi evangelici non ha senso. Inoltre TOVTOV esclude che si tratti di Cristo. Si deve però considerare anche la possibilità che sia corrotto. Si potrebbe, è vero, congiungere TOVTOV a 1ÌlJep05p6(Jov del verso precedente, accogliendo la congettura dello Sternbach, e considerarlo un genitivo assoluto (T) oaolS eSel~e avlllTap~plToov ò XpovoS T1Ìv TOOV q>6aacl:VToov aaq>CXÀoos \ÌTTo\Vlav· tyoo Sè ToiS EVayxOS ÉVTVXooV XpOVOIS 45 aVrolTpoaoolToos lTpaylleXTooV Éq>6:TtTOJ..lal, eimp TIS 1ÌJ..Iiv éveeos SolT) xaplS Tij TOOV Toaov-roov lTpa~eoov allETplq: a-roÀT]V lTapaaxeiv TEXvIKiis eVllETplas. lloÀIS )..IÈv oòv Ea!3ea-ro Tiis TVpavvlSos 5o Ò SVO"K6:6EKTOS Kal !310q>6opoS Spcl:KooV òS i'jye lToÀÀOÙS els TÒ !3À6:TtTelv aVx~vas iiSpas éKEIVflS Tiis ÀCXÀOVJ..l~VT)S lTÀ~ov, oi ~pl vOv O"1Talpoval Kal TETIlT)IJWOI q>vovalV aÒSIS - 01 yàp lxoopes lT6:ÀIV 55 a-ra~oVTes ooSlvoval T1Ìv KalvT]v !3M!3T)v _. Kal TaVra lToÀÀoov lTOÀÀcl:KIS TETIlT)~VooV ÉK TOV lTap' 1Ìlliv eVae!3ovs 'HpaKhlovs. ollooS Sè TaVTT)V T1Ìv aq>oPIlT]v 1Ì voaos ÉK TOOV Kcx6' 1ÌIlO:S lTpoaÀa!3ovaa lTPayJ..leXTooV 60 lToÀÀàS molel TOOV J..IEPOOV Slalp~aelS 43. ùx. Sud. IV 680,20 s. u. lÌTtoljlla· TÒ lÌTtò T1Ìv ISIjIIV· TÒ lVEOTT]K6s. TTla15T}S" «T1Ìv lÌTtoljllav»· fl TÒ l~ àKofis Kal TTapa56aEc..>S ypacp6lJEvov 44-45. cf. Aeschyl. Sepi. 41 49. = Her. TI 5 49. o~v] om. V SI. fiye] dXE ve! 45. a\rroTTpoac:>TTc..>s rorrexÌ : a\rrOTTpoaC:>TTc..>V VP Be 55. KalvTJV correxÌ : KOlvTJV VP 57. ElÌae!300s VP : Evae!3G)s (-c..>- supra -ovscr.) pl 59. lx St : f) VP ~pE coni.

40 tenza dei Romani impediva loro l'accesso alle nostre contrade. Altri cui il tempo a loro attuale permise di esprimere una opinione sicura circa gli avvenimenti del passato, narrò in altri tempi i fatti per diretta testimonianza; ma io, vissuto in tempi più recenti, vorrei 45 narrare gli avvenimenti di cui fui testimone io stesso, se la grazia divina mi conceda di ornare con versi misurati a regola d'arte la dismisura di questi eventi. . 50 Grande fu la fatica per soffocare il furibondo drago, il tiranno criminale (= Foca), che molte teste agitava a rovina altrui, assai più di quelle dell'idra famosa di cui parlano le favole; teste che ancor oggi si dibattono e che, pur recise, rinascono ancora una volta 55 stillando infatti di nuovo il (suo) sangue putrefatto, nuova rovina esso genera; e questo benché molte di esse siano state recise spesso dal nostro pio Eracle. Peraltro quel male che aveva proprio origine 60 dalla nostra situazione politica, continuava a provocare molte scis-

Bel/II'" AllfZricll1ll

179

lpOVf}O"OS Téj> ~KV61J yÀOOTTé;'>v exoVTes Kol T6lTOOV I.lEp!O"l.laTO Kol xooplS OVTES Kol l.laKpàv O"VV1)I.l~VOI I.l!av Ka6' 1ÌI.lWV ciVTeK!v1)O"av I.lcXx1)V Kol -riJv ~avTWV fJç!ow ci1T1O"T!av gxeIV Ka6' 1ÌI.lWV lT!O"TIV fJKplj300~V1)V' gv6ev I.lèv oov gj3posev 1Ì ~KV60Tp6q>os ~KVÀÀO 0"q>05pws sÉO"oO"o, Tiis Bè nepO"!5os Mi6ev 1Ì Xapvj3B1S ciVTi}xel I.léyo· I.lÉO"OS Bè TOVroov, ov lTÀaviJT1)S OOS lTciÀa\, ò TWV 56Àoov ÉKeivos fiv j3ovÀ1)q>6pos· ciÀÀ' cx\rrÒS ~ÀKOOV ci1TÀavfj -riJv òp6!av Kol ÀEVKà TE!VOOV TWV ÀOylO"I.lWV tO"Tio Tij KOO"l.layOOyéj> o-wBIÉ1TÀeIS òÀKaBI'

19~. = t.Sev. 698 197sq. cf. Theoph. 31~,9-IO 204 sqq. cf. He,.. II 73 sqq. 20~. Theod. Sync. 3°4,18 sqq. Kal 1TOI1]T1KÒS IlÈv cS:v TIS avr;p (sciI. Georg. Pis.) !ilJEva. cf. Const. Manass. 3754 sqq. 207. I Pel,.. ~,8 19~. 1TOÀVOXISeiS (cf. Exp.P".,r. II 68; t.Sev. 698) St : 1ToÀvoxeSeis VP 197. !6Mj3os VP edd. (cf. Beli. Avar. 409; Const. Porph de Ihe",. 6,33; 40) : !KÀaj3os (cf. H".. II n; Suppl. II [= V] 79) coni. St- BovÀyapCj) P (cf. Bel/.Avar. 409) : BovpyapCj) V 209. 6p61av (sciI. 6S6v) VP : 'Op6lav (= wApTEj.lIV) Qu

E cosl operando per insonni giorni - ed ogni notte era pure occupata come il giorno -, tu riesci da solo a volgere verso la rovina un cosl grande e violento nembo; poiché non fu unica né semplice la 195 lotta, ma si presentò confusa, contro potenze diverse eppur legate fra loro. In realtà lo Slavo d'accordo con l'Unno, lo Scita d'accordo col Bulgaro e tosto il Persiano d'accordo con lo Scita, pur essendo divisi zoo dalla lingua e dalle regioni proprie, e pur lontani essendo e da lontano uniti, mossero guerra tutti insieme contro di noi pretendendo che la loro miscredenza valesse per noi come la nostra retta fede: Z05 da una parte infatti furibonda ed impetuosa ribolliva la Scilla nutrice degli Sciti, dall'altra forte rimbombava la Cariddi della Persia, e in mezzo ad esse stava, non vagabondo come un tempo, il noto arditore di inganni, (il demonio); ma tu, scelta la via diritta ed infallibile, ZIO spiegando le candide vele della tua mente, con la tua nave, guida del mondo, affrontasti la traversata. E invero anche questo, (il saper 190

rU

Bel/um A/lariçum

Kal TcxVra lJèv S'lÌ iTpÒS Tà Tils 6CXÀaTTias 6pIJils Tà 6eTa Sel1OO 1TpoO"!3oÀcxiS ÉO"q>lyI.lÉVOS, aq>els TÒV ÉyyVs, e1xe TÒV IlCXKpàv 1T6vov. ÉVTEii6ev flllOs Tij q>opçx TOOV ypcxllllÀ6ycx, 1TVKVOOS KEÀeVoov aO"q>CXÀeis Ilèv Tèxs !3aO"eiS Tàs 1TpÒS TÒ TEixoS e\rrprnlt:EIV, wS éSel, KTlt:elV Sè mlPYOOV ÉKq>opàs Vrrcxl6p1oVS q>PCXYIlOVs TE 1Toleiv Kcxl 1TE1TT)YIlÉVOVS 1T&ÀOVS 1TpOO"CXVTI!3&ÀÀEIV Kcxl1TÀÉKelv TEiXOS vÉOV 1TÀOKas Te 1TOleiv TO~OTOOV TE Kcxl ÀI600v TCXXVSpOIlOVO"CXS IlTlxcxvàS Kcxl avv6ÉC"E1S" Kcxl Tèxs ÉV61TÀOVS e\rrprnlt:elv ÒÀKO:SCXS, às Kcxl1TpÒ 1ToÀÀoii O"VYKpOTOOV OVK T)IlÉÀel.

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266 sqq. Theod. Sync. 302,28 sqq.; 303,4° sqq. 260. wvarraVOTws (cf. Beli. Avar. 262; Exp. Perso m 15) coni. St : avcrrraVOTws VP &KerrcrrraVOToos coni. Hi aSlcrrraVOTc..>S St WS 263. eIXev Hi : -Xe VP 267. avayt 1Tapova"s Tfis yaÀ";VTjS ~v ~act> 3 IO e\lKalpos 6 1TÀOVs Tais &(3vaaolS TOOV À6yc.>v. mel Sè cppnÉv Te O'VÀÀcxl3oov Tct> I3cxpl3ap'l' 34~ YVWIlCXS Ev6lTÀovs Kcxì Te&r,YIlÉVOVS Myovs· TO\rrOIS Ù1TCXX6eIS ToiS À6yolS hÉplTETO Ò TWV IKU6wv .vPCXVVOS, 1Ì lTpWT1") I3M j3". OIlCAlS Ò lTcXvTCAlV aaq>CXÀ';S ZvyOO"Ta,."S Kcxl TOVrOV cx\rrOV TÒV aKOlTÒV lTCXP' EÀlTi5CXS 3 ~ o els Tliv KCXT' cx\rrov O'VIlq>opàv O:vTIO"TpÉq>el· 5Éov yàp cx\rròv ovyKCXÀU\vCXI TÒV 56Àov alyij TE KPU\vCXI TOÙS Àcx60VTCXS ayyÉÀovç lTolei TÒ KpUlTTÒV ÉIlq>CXVÈS Kcxl yiVETCXI aVlll3ovÀoç èx6pòS Kcxl Kcrn;yopoS q>iÀos. 3~ ~ ElTEi yàp f}À6ov 01 KCXÀWS ÈO"TCXÀIlÉVOI all"Xcxvov Ilèv TÒV lTpÒS elp"vTIV À6yov q>"aCXVTES elvcxlTòv aKOlTÒV TOV j3cxpj3apov, TÒV nepalKòv 5è Il'; 5lcx5péi:acxl 56Àov, q>VÀéxTTETCXI Ilèv Tiis 6CXÀ6:TT1"]s 1Ì 6Vpcx 360 Tàs e1a650vs KÀeiacxacx Tcxis 51eço501S, àÀiO"KETcxl 5è OVVTOIlCAlS Tà KÀÉllllCXTcx Kcxl VVKTÒS epyov q>wS &vÉO')(ev 1ÌIlÉPCXS· KOIVÒV yàp elxov lTÉv60s èç evòs TpOlTOV TÒ nepalK6v Te Kcxl TÒ l3apl3cxpov yévos 36~ TOÙS O:vTCXll01130Ùs lTpOa50KWVTes ayyÉÀoVS. 351 sqq. Theod. Sync. 307. I sqq.

354.

= Hex.

812

360.

= Hex. 746

343. t~ecpcxVÀIO'Ev Hi : -O'E VP 344. avv~O"TpeV ••• À6yc.lV coni. Be 359. &CXÀV Te ni\1'}6T) BovXyapolS IlElllyllÉva 6 j3ap~apos voOs ~Il~ai\oov Tais 6i\Kacrl

400-401. cf.Theod. Sync. 3°4,31 sqq. 409sqq. cf.Theod. Sync. 311, 7 sqq.; Theoph. 316,19-20 393. c:,paiaJJtvos] -JJtvov P fJYÀaiaJJtvos (cf. Hex. 1271) coni. Hi 401. &AA' CIs] &ÀÀOS p 405. TOV VP : Tiis (cf. Bel/. Avor. 445) coni. St 408. fJ~louv Qu : fJ~lou VP 409. l:6Mj3oov VP (cf. Bel/. Avor. 197) : l:KÀéxj3oov (cf. Htr. II 75; Suppl. II [= V] 79) coni. St

ancor prima che avvenisse il giudizio, ci annunziò il verdetto vin390 cente. Ciò non ostante, poiché i barbari pretesero di resistere ingaggiando combattimenti, tutto il bel luogo antistante alle mura fu preda di un folle incendio; e la fiamma sprigionando a sua volta 395 tenebrose nubi di fumo, rimaneva coperta dalla straordinaria caligine.

Fu l'oscuro fumo ad annunziare ai Persiani, i quali al di là (del Bosforo) facevano preparativi di guerra, che la battaglia era in corso contro di noi. Gli uni e gli altri barbari avevano un gran desiderio: 400 non tanto di prendere le armi al più presto, quanto di giungere primi ad incendiare le pietre pure (= chiese o altari). E le cose presero in realtà questa piega: già infatti i Barbari impossessatisi, al primo 405 attacco, della zona della Vergine (delle Blacheme) invincibile, giudice e stratego della battaglia, se ne servivano come di un baluardo, pretendendo di avere al loro fianco in quella circostanza quelle divinità che essi avevano empiamente oltraggiato. Allora il barbaro spinte 410 sulle navi le tribù Slave insieme a quelle Bulgare - aveva infatti fatto

B,lIum AVflriçum

415

420

425

430

- yM~o:s yèxp e1xev E01TToV scripsi : -aaov VP

B3. 1ToÀÀoiç St : 1TOÀÀcXs VP

in fuga con i suoi severi maestri il disordine sciocco delle passioni, 5z 5 anche ora, guidando i suoi rutilanti combattenti, si opponga ai tenebrosi barbari, faccia arrossare (del loro sangue) il Tigri e il corso dell'Istro, come un tempo la corrente del Nilo, affinché il barbaro si 530 inebbri, lui sciagurato che volle gustarne, del sangue della sua stessa gente; faccia crescere la tua pia figliolanza, il sovrano fiorente di rampolli divini; spalanchi le porte ai discorsi eloquenti, poiché egli vince dovunque i barbari. 535 Quivi è per me ora segnata al mio poema, lento ad esprimersi, la fine che si era imposta: al figlio tuo, al nuovo sovrano, voglio rivolgere questo augurio: «Mostrati o vittoria I Ora è necessario che 540 tu scelga questo sposo, cui già desti come dono di nozze la strage dei barbari.,.

Commentario

20I

COMMENTARIO

Lo svolgimento di questo famoso assedio ci è ben noto non solo attraverso il poemetto di Giorgio di Pisidia, ma anche attraverso altre fonti (Chron. Pasch. 716,9 sgg.; Theod. Sync., 298 sgg.; Niceph. 17-19; Theoph. 315, 7 sgg. e Cedr. I 727, I I sgg.; oratio historica, PC 92,1348 sgg.; Mich. Syr. II 408409; Greg.Abulphar. sive Barhebr.,Chron.Syr., ed. P.J.Bruns eG.G.Kirsch, Lipsiae 1897, 99 sgg.; Eutych. Annal., PC I I I, 1086). Poiché recentemente è stato pubblicato uno studio fondato sulle fonti che riassume le nostre conoscenze su questo fatto di guerra (F. BARISlé, Le siège de Constantinople par lesAvares et les Siavesen 626, in Byzantion, XXV, 1954, 371-395), crediamo utile, al fine di meglio comprendere il poemetto pisidiano, spesso coperto dal manto della retorica, di far seguire qui, in traduzione italiana, le pagine essenziali di questo studio (378-39°). «All'inizio del giugno del 626, immediatamente dopo la rappacificazione di una sommossa causata dal rialzo del prezzo del pane, Shahrbaraz appare con la sua armata davanti a Calcedonia. Mentre egli attende l'arrivo del khagan (degli Avari), mette a fuoco i dintorni di Calcedonia i templi e le cittadine nelle vicinanze (Chron. Pasch. 716, 20 sgg.; Theod. Sync., 3°4,31 sgg.; Georg. Pis., Beli. Avar. 401). La domenica, 29 giugno, un'avanguardia Avara di circa 30.000 uomini arriva da Andrlnopoli in prossimità delle Lunghe Mura. La cavalleria e il resto dell'armata bizantina ripiegano lo stesso giorno dai sobborghi all'interno del baluardo principale (Chron.Pasch., 717,7 sgg.). Spaventati e in preda alla confusione, gli ÉVCOç6TCXTOI O:PX0V'TES inviano il patrizio Atanasio dal khagan, per dichiarargli che sono pronti ad esaudire tutti i suoi desideri a patto che egli desista dall'attaccare la città (Chron. Pasch. 718,5 sgg.). Il grosso dell'avanguardia Avara rimane ferma per dieci giorni, cioè fino all' 8 luglio, presso la piccola cittadina di Melanziade sulla costa della Propontide (lungo la via Egnatia) e invia di là, ogni tanto, delle pattuglie di ricognizione verso la città (Chron. Pasch. 717, IO sgg.). Nell'attesa il «magister (militum») Bono (cfr. introd. storica a Suppl. IV [= III]) dà inizio a preparativi affrettati per la difesa della città, mentre il patriarca Sergio incoraggia il popolo in preda al panico. In questo momento giunge un distaccamento dell'armata dell'imperatore Eraclio, che, informato a tempo delle intenzioni degli Avari e dei Persiani, invia i suoi uomini ed i suoi ordini (per iscritto) circa la difesa della città (Theod. Sync. 302,28 sgg.; Georg. Pis., Bell.Avar. 260 sgg.; Theoph. 315, I I sgg.). Poco dopo, circa 1000 soldati del khagan arrivano nel sobborgo orientale di Syke e, a mezzo di fuochi, prendono contatto con il distaccamento persiano di Chrysopolis (= Scutari), sulla costa asiatica del Bosforo (Chron. Pasch. 717,22-718,4). Gli incendi attorno a Calcedonia e a Chrysopolis non sono ancora spenti che il fumo di nuovi incendi appare anche nei dintorni occidentali della città (Theod. Sync. 3°4,32 sgg.; oratio historica, PC 92, 1357A; Niceph. 17,25). Nello stesso tempo l'acquedotto urbano è distrutto dagli Avari (Niceph. 75,28 sgg.; Theoph. 44°,18-19). Attraverso

202

JJellu1II AvariGu1II

il patrizio Atanasio, il khagan, da Andrinopoli, ingiunge ai Costantinopolitani di spiegare ciò che sono disposti ad offrire per «ammansirlo e gratificarlo, affinché se ne vada» (Chron. Pasch. 718,5 sgg.). Qualche giorno dopo il «magister» Bono e gli altri «arconti», pentitisi del loro primo momento di debolezza e riacquistata fiducia nelle loro forze, inviano attraverso lo stesso Atanasio una risposta «che doveva per forza spingere il maledetto khagan ad avvicinarsi al baluardo della città» (Chron. Pasch. 718,22 sgg.). Atanasio arriva presso il quartiere Avaro, ma il khagan non lo riceve e dichiara che egli rinuncia ad ogni negoziato (Chron. Pasch. 719,1-4). Il martedl mattina, 29 luglio, il khagan appare con la sua armata di circa 80.000 uomini davanti alla parte «occidentale» [cioè davanti alla Porta di Filosseno, forse tra la Porta Polyandriou e la Porta di S. Romano] delle mura (Georg. Pis., Beli. Avar. ZI7-18, cfr. comm.). Pensando che la battaglia s'ingaggerà tra poco, il «magister» Bono ispeziona in fretta la guarnigione e dà i suoi ultimi ordini. Il patriarca Sergio si porta, anch'egli, sulle mura in processione con gli alti dignitari della chiesa. La sola visione delle truppe ammassate sotto le mura «fa tremare gli spettatori e toglie loro il senno». In realtà una quantità sterminata di squadroni, di fanterie e di carriaggi barbari occupano «tutto il terreno da un mare all'altro, come uno sciame di vespe». La giornata è piena di sole e lo scintillio delle armi e delle corazze, sopratutto della cavalleria e della fanteria corazzata, «rende i barbari ancora più terribili e gli spettatori ancora più sbigottiti». Così, malgrado ogni previsione, tutto il giorno passò senza che avvenissero combattimenti. Alla sera l'armata del khagan si ritira nel suo accampamento (Theod. Sync. 3°5,13 sgg.; Chron. Pasch. 719,5-8). L'indomani, 30 luglio, i barbari fanno venire le testuggini e compiono i preparativi per il combattimento. Il khagan esige dei viveri dalla città. «Il figlio dell'imperatore glieli diede con liberalità regale», ma l'ostilità del khagan non diminuì (Theod. Sync. 305, z8 sgg.). Il terzo giorno, 31 luglio, all'alba, il khagan «si precipitò come una tempesta accompagnata dal tuono contro tutte le mura» (Theod. Sync. 3°5,37 sgg.). Dispose le sue truppe nello spazio compreso fra la Porta di Pempton e la Porta Polyandriou, che costituiva l'obbiettivo principale del suo attacco. Nella prima linea combattevano gli Slavi, armati alla leggera, nella seconda la fanteria corazzata, composta probabilmente dagli stessi Avari; sotto le altre parti delle mura erano stati disposti, in generale, dei distaccamenti slavi (Chron.Pasch. 7 1 9,8 sgg.). Al mattino, nel settore di Pege, presso la chiesa dello stesso nome consacrata alla Vergine, un distaccamento di barbari, probabilmente Slavi, subì gravi perdite. Ciò ebbe per effetto un rialzo del morale dei difensori, i quali credettero che fosse stata la Theotokos a venire loro in aiuto (Theod. Sync. 305,40 sgg.). I combattenti si scontrarono con sorti uguali «fino all'ora undecima», servendosi sopratutto di frecce e di fionde (Chron. Pasch. 719,IZ; Theod. Sync. 306,7 sgg.). Verso il crepuscolo gli Avari presero a spingere verso le mura le macchine da guerra e le testuggini, ma non riuscirono a piazzarne che poche (Chron. Pasch. 719,14 sgg.).

Commenlario

20}

L'indomani, I agosto, le truppe del khagan concentrano e fanno avanzare le EV5eVelv = defendere, 5T]ÀT]yaTeVEIV = delegare, etc. 393. Sulla «meravigliosa zona antistante le mura» occidentali, cfr. A.PERTUSI, Il preteso thema bizantino di «lalaja» e la regione suburbana di Costantinopoli, in ByZ' Zeitschr., XLIX (1956) 87 sgg.; alle quali testimonianze si può aggiungere anche Chron.Pasch. 717,16 (che parla di pascoli fra il Makron Teichos e le mura Teodosiane). L'incendio dovette poi estendersi verso la costa europea del Bosforo, verso il quartiere orientale di Sykai, dove erano giunti fin dalla metà di luglio alcuni distaccamenti avarici che avevano Io-II

Janin (Géogr. ecci. Emp. byZ"

222

Bel/ulII AvariculII

preso contatto con i Persiani accampati sulle rive asiatiche, a Calcedonia (Chron. Pasch. 717,2.2 sgg.). 399 sgg. Per comprendere meglio il passo credo che sia bene tenere presente quanto dice Theod. Sync. 304,31-35: 'Ttp&hos Sè TOV TIVp11"0Àsiv ò é< àVCXTOÀOOV àmlp~CXTo [3àp[3cxpos (= ~cxp[3cxpàs), ò T1j yeiTOV111"6ÀSl T1j KCXÀXT)S6vl 11"CXVO'TpCXT1~ 11"pOO1 5è TOVTOOV viiv lJa60VTes TÒ KPclTOS eyvooO"av, 011Jal, lTOOS TÒ lTiip O:vTIO"TpOq>OOS ~ÀOIS TEq>poiiTal IJVO"TIKOOs &v1llJlJÉvoIS. I 5 OOS eo yÉ 0"01, KpclTlO"Te, TOOV 0"1T0v5aO"IJclToov Kal TOOV ayoovoov Tf\s lTpÒS elpTjv1lv 1J&x1lS'

6. Luc. 19,4°; cf. Exp.Pers.IIT 39 sq. 16. cf. &. Sev. 4So; Her. m fr. So a

7. Joan. 12,13; Mare. 21,8

Tit. lem. TOV cx\rrov praemittit M WS : allTllJtvolS M

II.

ytÀoov St WS : ytÀoos M

1S. cf. Beli. Avar. 380

14. allTllllltvolS St

V (II). Versi improvvisati in occasione della lettura della comunicazione (imperiale) sulla restaurazione della venerata Croce Esulta, o Golgota: di nuovo tutto il creato te venera e te, che Dio accogliesti, invoca, poiché il (nostro) imperatore, giunto dalla Persia, addita la Croce innalzata su di te; esaltala con parole degne del canto; e se le (tue) pietre non hanno voce, prepara nuovi rami di palme per andare incontro al nuovo vincitore, a lui che te liberò dal ludiIO brio dell'errore. Se egli infatti non avesse riscattato (a sua volta) il (S.) Legno, ne avrebbero riso i maghi insolenti; di fatto però ora venuti a conoscere la sua potenza, dovettero riconoscere, io credo, come il fuoco può essere ridotto in cenere, misticamente, all'opposto 15 dal Legno ardente. Quale felice esito ebbero, o sovrano, le azioni di

In reslitulionem S. Crucis

Kal trWS ere ~evO"T'ois eVÀoyTJeroj.lev MY01S, OV lÌ XO:P1S SelKvverlv eVÀOYIwÉVOV, trWS av-raveiÀes ò:ptrayÉVTa Tà ~vÀa 20 TÒV ò:ptro:eraVTa TcxVra KOlj.lTJeras oqllV; i'lpws èSelx&r,s Te";> gee";> xpveroVv SÉpaç El< TOV SpO:KOVTOS TOV erepayÉVTOS ò:ptro:eraç' ov epapj.lO:K01S yàp MT]SIKOiS TÒ 6T]pIOV aveiÀes aùTeSs, éiAM trTJ~as Te";> ~VÀ'tl. 25 traVeraa6e Àomòv 'lerpOT]ÀiTal v6601 ÈK Ti\s trap' Vj.liv traTplKi'jS àtrlO"T'las. 6 O"T'OVpÒS ftMe j3aerlÀ1KWS SeSey!lÉvos À1Tais, trpoerevxais, SaKpV01S, àypVtrVlalS, XWÀois èvo:p6p01S Kal ÀaÀoverLV Òpyav01S, 30 j.lÉya Tp6TTalOv Te";> j3aerlÀEi avvapj.l6eras, èX6povS tr060iiVTas Kal trÀÉOVepOj3ov!lÉVOVS' Te";> j3apj3o:p'tl yàp ov trapolKEiv i'l6EÀev et Kal KOÀO:sWV T1Ìv Ò:j.lapTlav T6Te EKST]j.lOS ets yi'jv ftv Spaj.lC:)V ò:MoTplav' 3 5 ò:M' av-ravi'jÀ6e Kal Tà TÉKva O"VÀÀÉyel ÈK Ti\s ò:elSOVS Kal v660v trap01Klaç Kal trpOCfKlJVeiTal Kal trÀÉov SO~O:SETal, wS erweppovlSwv Kal ÀVTpOVIlEVOS trÀÉov.

22.

cf. Exp.Pers. TII

3~6

17. eVÀoY1'!aollElI M : -a(o)IIEII coni. St WS 29. X(o)Àol5 (i. e. X(o)À1all!3015) M : 11611015 coni. 32. Téj> - ft6eÀEII St : OÒK ft6eÀE yàp lTapoll !3ap!3ap~ M OÒK ft6eÀEII yàp O'VlllTapOIKEill !3ap!3ap~ coni. St WS B. T6n M : lT6:À1\I coni. St WS St WS

guerra da te intraprese per la pace! Ma come potremo esaltarti con parole eloquenti, te che la grazia addita come benedetto; come 20 riscattasti il (S.) Legno (a noi) strappato dopo aver ucciso il drago che l'aveva rapito? Un eroe ti mostrasti strappando dagli artigli del drago ucciso il vello d'oro per la gloria di Dio; tu non uccidesti la belva con i veleni di Medea, ma trafiggendolo con il (S.) Legno. 25 Cessate ormai falsi Israeliti dal seguire il vostro avito paganesimo! La Croce venne, regalmente accolta con suppliche, con preghiere, con lacrime, con veglie, con versi armoniosi e con strumenti sonori, 30 poiché essa accordò all'imperatore un grande trionfo: che i nemici (la) desiderassero e ancor più (la) temessero. Essa infatti non voleva dimorare presso i barbari, seppure, per punire il loro peccato d'allora, 35 rimase straniera passando in terra aliena; anzi, ritornò indietro, e richiama i figli dalla (loro) oscura e falsa dimora, ed è adorata e ancor più glorificata perché ancor più fa rinsavire e redime.

In restillilione1ll S. Crudi

227

ncxiiÀe, IJVOlO TOOV chrOppTjTOOV À6yoov, 40 OÒ!< SOlI Àomòv lJooplav ToiS eeveal TÒV OlOVpÒV ehreiv' SpOOlIKÒS yàp rupÉe" KoI cpplKTÒS oocpe" Kol1TÀÉov ToiS eeveal. vW Tiis Kae' ~lJas, éJ:J j3oaIÀeO, IJVOlOpX1oS exels TÒ KiipOS KoI lJaKOpl~el T1Ìv XaplV 45 T1Ìv aol Soeeiaav 1Taao xoopo Kol n6ÀlS Kol 1Tas Ò K6aIJOS È1< IJlas avlJcpoovlos. Toi6vae KOOVOlavTivoS VIJvT]aOI !JÉYOS' aMoS yàp VlJas eVÀoyoov oò!< apKÉael. cpàv"el, KOOVOlavTive, Tij 'POOIJ1J 1TàÀIV' 50 Kp6Tel TÒ TÈ1, Ò XoO"p6TlS \lÈv WS ~Àov KCXTecpp6vel, eopev 5è À6YXTlV Tfis ~CXVTOO Kop5las. Tls Tij TOO"aVTt;l IlVOT1Kfj OTpCXTT]ylC;X À6yols lTTepoo6els Ti 51alTTàS lTpOO"J36ÀOI ; Kol viiv J305lselS IjN)(IKWS 1ÌyvlO"IlÉvoS 65òv yEÀwO"ov o"vyxopevoov 'AyyÉÀols. 6 OTOVPÒS W 0"01 Tois ~vCX\ITloIS vÉo KIJ300TÒS oocp6T], TfjS 5è KIJ300TOO lTÀÉov' 1Ì Ilèv yàp cXxPI TWV J3EÀwv ToiS J3opJ3apoIS lTÀTlY1Ìv ~cpfjKEV, 1Ì 5è TOO ~vÀov TaO"IS EIlIjN)(O TOVTOIS ~~CX1TÉOTEIÀEV J3ÉÀTl' nap601 5è mpO"as lTVplTOÀOVO"I Kol IKV6T]s IKÀaJ30v cpoveVel Kol lT6ÀIV CPOVe\ieTOI, Kol ToiS ~CXVTWV 1jIlCXToo\lÉVol cp6vois 74. cf. Deuler. 10,5; TII Reg. 8,9; cf. Georg. Pis. in Anlh. Pal. I 121,3 80. cf. Bell.Avar. 61

61. 1TPOIlTl6tas St WS: -6e!as M 65. 1TpÒ Tc:;'>v ~aaIMc...>v St: 6 TWII ~aalÀtCo)II M 6 vOli !3aalÀevCo)II St WS 66. lll1rVp'1l St WS : l\l1T- M 67. ~ÀOII St WS : ~Àov M 68. eopell St WS : -pe M 69. TiS Tij St : taTTJ M '-" - St WS 70. corruptam codicis lectionem credidit St WS 77- l~amaTElÀEv St WS : -ÀE M 80. 1!lllaTCo)!ltvol St WS : -!ltVOIS M cp6voiS St WS : cp61voiS M

65

70

75

80

grazia della divina provvidenza; come se egli fosse un nuovo Costantino fortificato dal vivificante (S.) Legno. lo sono pieno di meraviglia al vedere come il (nostro) pio imperatore, superiore a (tutti) i re, abbia, con esito opposto, ridotto in cenere il (loro) fuoco con il (S.) Legno ardente; quel Legno che Cosroe disprezzava come un (semplice) legno, ma che senti come lancia nel suo cuore. Chi mai alto sollevandosi a volo potrebbe esprimere con le parole una cosi grande mistica strategia? E ora tu, spiritualmente purificato, t'avanzi, danzando in coro con gli Angeli, lungo la ridente strada. La Croce su di te ( = Golgota) apparve ai nemici come una nuova arca, ma più potente dell'arca: l'una infatti inflisse ai barbari colpi di sventura fino ai combattimenti, l'altra, la Croce, tendendo si (come un arco) scagliò contro di loro i (suoi) dardi vivificanti: i Parti distruggono col fuoco i Persiani e lo Scita ( = Avaro) uccide lo Slavo, e a sua volta è ucciso, e insanguinati da questo vicendevole

In reslilulionem S. CrUNS

2Z9

TIOÀÀ1Ìv gxoval cpvpalV els ~Icxv ~6:x11V' aÙTÒS Sè alyçxs crrÉ~~a Kal C"Kt;lT"TpOV cpÉpoov ooamp !3pa!3E\JT1Ìs TOOV TICXÀaicrroov èv ~aCfl, TIoÀÀoiS TICXÀalaas, vVv Sè Maas Tilv ~6:x11V' 85 Téj> aéj> Sè ÀOI1TÒV TIpoa!3ÀÉTIOVal VeV~aTl èç éwnMçov TOOV &yoovoov oi ~Éaol' OTIOV Sè veValS, 1Ì TIelÀ11 SIK11V eXel' et S' oolTlVeVaelS, Kal TÒ Tt;S vIK11S KpérrOS 89 ovvCXVTlveVel, Kal TÒ vev~a aov !3ÀÉ1Toov

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101 TÉP1T1l Te TIal~oov ets àKlvSwa çlCP11 Kal Téj> 6eérrpCfl TIpoayeÀé;Xç TOOV !3ap!3apoov TOVS TIplv SIOOKTas elaopoov IÌ1TflK60vs. TOVTOOV TIap' 1Ì~iv TOOV &yaeoov ,;yyeÀ~voov 105 els Kalpòv e\rrrp6aSEKTov, ets VIKflcp6pov, OTE TIporu6oov ToiS TVpawOIS TOOV Tacpoov 6 Tilv Kae' 1Ì~as oùalcxv cXvalTÀécaas ~oo1Ìv ècpt;Ke Téj> VEKpéj> TOV I\a~apov eSel yap, ol~al, Tij VEKpOOV cXvacrraael I IO crravpov yevÉcreai KalTIelÀlv ~11vV~aTa -, oÀ11 ovvt;Mev els ~avTTjv lÌ n6ÀIs ooS \jJa~~os, 00s povs, 00s d:~pa KV~aTa TIOIOVvTa TIoÀÀèxs aoo~aTooSelS ÈKXvaelS' 108. Joan. II,1-44

post 89lacunam statuit St WS, qui addidit, ut in codice, versus 90-100 (= 102.-104,101,83-89) uncis inclusos II I. els tcX\m1jV (i. e. 61-10v) M St : els &"éocrop' vel els tOPT1Ì" coni. St WS II3.1Tol0Vl/Ta M : 1Tol0vaa coni. St WS

massacro, hanno grande difficoltà a condurre una lotta comune. E tu, che tieni lo scettro e la corona, taci, come l'arbitro in mezzo ai lottatori, dopo aver combattuto contro molti (nemici), ma avendo ora 85 posto fine alla battaglia. Coloro che sono in mezzo alle lotte guardano per converso al tuo cenno: dove (è) il tuo cenno, (ivi) la lotta ha esito vittorioso; e se tu fai un cenno contrario, anche la potenza 89 della vittoria ti asseconda col suo cenno contrario, e vedendo il tuo 101 cenno ... e ti rallegri scherzando con le (loro) spade rese innocue e ridi allo spettacolo dei barbari, che vedi (a te) soggetti, mentre prima erano tuoi persecutori. 105 Queste belle notizie comunicateci in un giorno gradito, pieno di vittoria, quando Colui che ha formato il nostro essere, rivoltatosi contro i sovrani degli inferi, diede la vita al cadavere di Lazzaro I IO era giusto infatti, io credo, che si verificasse la nuova rivelazione della S. Croce contemporaneamente alla risurrezione dei morti -, tutta si raccolse insieme la Capitale, come sabbia, come torrente,

In

2JI

I I

re.rti/u/ÌoM11I

S. CrufÌs

o-rrov5iJv yàp eTxov, oto 50pKàS ~v 6épel 5 51\fJwO"o Kol O"cpvsovO"o, OVVTOj.lWS cp6ér:0"01 TWV O"WV, KpOTIO"Te, O"VÀÀo!3WV TàS IKj.lér:5as.

II6. cf. Exp.Pers. I I9S

I I

come un'ondata immensa che riversa per largo tratto i suoi elementi; 5 essa desiderava, o sovrano, come un capriolo assetato e palpitante nell'estate, di giungere in breve alla rugiada delle tue parole.

COMMENTARIO

Il poemetto pone un grave problema di cronologia circa l'andata di Eraclio a Gerusalemme per restituire la S. Croce, che i Persiani avevano trafugato durante la presa della città santa il 5 maggio 614 (cfr. A. FROLOW, La vraie Croix et les expéditions d' Héraclius en Perse, in Revlle des Etudes Byzantines, XI, 1953, 100 n. 3), e il ritorno di Eraclio a Costantinopoli per celebrare il trionfo su la Persia. Il nostro poeta, contemporaneo degli avvenimenti, ricevette notizia della andata di Eraclio a Gerusalemme con la S. Croce attraverso un «comunicato» o un «rapporto ufficiale» (cfr. tit.: sul significato di kéleusis, cfr. F. DOELGER, Byzantinische Diplomatik, Ettal 1956,5 sgg.; cfr. anche Georg. Pis., Beli. Avar. 300) giunto a Costantinopoli nella festa della resurrezione di Lazzaro (v. 104 sgg.). In tale comunicato Eraclio doveva dire che «giunto dalla Persia» in Palestina aveva (o avrebbe) riportato la S. Croce sul Golgota (v. 3 sgg.). In quale anno avvenne questa andata di Eraclio a Gerusalemme? E quando celebrò il trionfo? Le testimonianze storiche sono protcndamente discordi sia sulla data sia sull'ordine in cui i fatti si sono svolti. ~econdo Niceph. ZZ,3 sgg. l'imperatore avrebbe portato a Gerusalemme la S. Croce, consegnatagli da Shahrbaraz, che si era rivoltato contro la corte ('i Ctesifonte (cfr. Niceph. ZI,4 sgg. e 18 sgg.), nella Ila indizione (= I setto 6z8-3 I ago 6z9), accolta dal patriarca Modesto e dal clero con grande venerazione; che di là l'avrebbe mandata a Costantinopoli, dove il patriarca Sergio l'avrebbe accolta alle Blacherne e onorata in S. Sofia, e che «non molto tempo dopo» Eraclio sarebbe ritornato a Bisanzio per celebrare il trionfo (cosi pure Lex.Slld. II 58z, zo sgg.). Una versione dei fatti molto simile - incontro con Shahrbaraz «in Persia», andata a Gerusalemme per restituire la S. Croce, ritorno a Costantinopoli per celebrare il trionfo, offre pure Georg. Mon. 672.,3 sgg. (ed ugualmente gli autori che da lui dipendono: Leo Gramm. 15Z e 154; Theod. Melit. 105, 107; Chron. Matrit. Palat. 40 ap. STERNBACH, Stlld., 39 sg.; Zonar. XIV 16: III ZIO; Mich. Glyc. PZ,IZ sgg.; Ephraem. 1395 sgg.; Consto Lasc. ap. STERNBACH, Stlld. 41; Synops. Sathae,Bibl. Gr. M. Aev. VII, 108-109; Sym. Mag. in Cod. Matrit. ap. STERNBACH, Stlld. 41). A parte dunque la notizia dell'invio della S. Croce a Costantinopoli, assoluta-

CommentaNo

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mente inaccettabile, perché la S.Croce rimase a Gerusalemme (cfr. A. PERNICE, 176 n. I; L. BRÉHIER, in Histoire de rEglise, 5, Grégoire le Grand, les Etats barbares et la conquete arabe [paris] 1938, 100 n. 5: sembra crederci invece R. )ANIN, Géogr. ecci. Emp. ByZ., I 3, 171), le due versioni sono sostanzialmente concordi e paiono verisimili. Ma il racconto di Theoph. 32.8, 13 sgg. (e di Cedro I 735,14 sgg.) è assolutamente diverso. Egli afferma che il S. Legno fu consegnato ad Eraclio da Sheroe (Kavadh), figlio e uccisore di Cosroe, dopo il trattato di pace con i Bizantini, avvenuto nel giugno del 62.8 (Theoph. 32.7,12. sgg.); che «nell'anno successivo» l'imperatore sarebbe tornato a Costantinopoli per celebrare il trionfo (Theoph. 32.7,2.4 sgg.) e che «nella primavera» del 630, ripartito da Costantinopoli, si sarebbe diretto a Tiberiade e poi a Gerusalemme per riportare il S. Legno, accolto ivi dal patriarca Zaccaria, rimesso sul trono patriarcale dopo il periodo di cattività in Persia (Theoph. 32.8, II sgg.). Similmente, ma in modo assai confuso, anche Eutych. Annal., PG III, I088D-I09IB, fa ritornare Eraclio a Costantinopoli e poi lo fa andare a Gerusalemme e a Tiberiade, ma non parla né del trionfo né nella restituzione della S. Croce, mentre ricorda che fu Eraclio a creare patriarca Modesto durante il suo soggiorno nella città santa. Il racconto di Teofane presenta alcune inverosimiglianze che è bene mettere subito in rilievo: I) non è credibile che sia stato Sheroe (Kavadh) a consegnare la S. Croce, perché dovette morire, vittima del veleno o della peste, dopo solo alcuni mesi di regno (probab.: aprile-novembre 62.8, cfr. Chron. Pasch. 729, I; 733,8; TH. NOLDEKE, Tabari, 385 e 432-433; Antioch. Str. 516,14; Chron. Anon. Guidi, 2.5; Elia Nis. 7,26), poco dopo che il trattato di pace, in cui, tra le clausole, sembra, ma non è sicuro (cfr. FROLOW, 95-96: l'atto di accusa di Sheroe contro il padre, per cui cfr. TH. NOLDEKE, Tabari, 365, è certamente un falso; cfr. FROLOW, 89), che fosse contemplata anche la restituzione della S. Croce, era stato progettato e forse stipulato; inoltre tutti i cronisti orientali non attribuiscono a lui tale atto, ma chi ad Ardasher III, successo a Kavadh per un anno e qualche me~e ('Amr Ibn Matta, cito da TH. NOLDEKE, Tabari, 392 n. I; Kitabu-i-Magdali, ap. ASSEMANI, Bibl. Oriento III, I, 96); chi a Shahrbaraz, che mosse contro la corte di Ctesifonte, dopo di essersi abboccato con Eraclio ad Arabyssos di Cappadocia nel luglio del 629, e che, ucciso Ardasher III, si impadronl del potere per breve tempo e fu a sua volta ucciso da una congiura nel giugno del 6 30 (Niceph. 2. 1,4 sgg.; Sebeos, 88-89; Agap. 468; Chron. Anon. Guidi, 25; Steph. Asokh'ik, 85; Mich. Syr. II 42.7); chi infine alla regina Boran, successa ad Ardasher III, dopo l'usurpazione di Shahrbaraz, per un anno circa (TH. NOLDEKE, Tabari, 391-392 e n. I). Anche una fonte occidentale, di solito ben informata, attribuisce la restituzione ad Ardasher III dopo il progetto di pace con Sheroe (Landulf. Sag., ed. A. CRlVELLUCCI, FSI 50, II 12.8-12.9). 2) Non è neppure credibile che il patriarca Zaccaria fosse presente al momento in cui Eraclio andò a Gerusalemme, come afferma Teofane, perché, secondo attendibili fonti greche e orientali, tale patriarca era morto in cattività e al suo posto stava come vicario Modesto, creato poi patriarca dallo stesso imperatore

2J2

In rutilulionem S. Crucis

(Eutych. Anna/., PC III, 1089; Antioch. Strato 516-517 e in P. PEETERS, Recherches d'histoire et de phi/%gie orienta/es, I, Bruxelles 1951, I I 5; Georg. Pis., /aud. S. Anast. 8, in Ana/.Boll., LXXVI, 1958, 38,25 sgg.; Acta S. Anast. 3 b 12 sgg. Usener; trans/. S. Anast. 13 a I sgg. Usener). Come aveva visto già molto bene il Baynes (The Restor., 293 sgg.), non c'è alcun dubbio che il racconto di Teofane derivi da un tentativo di accordare due versioni contrastanti, l'una che poneva il trionfo nel 629 e la restituzione della S. Croce nel 630, l'altra che poneva la restituzione nel 629 e il trionfo poco dopo nello stesso anno. Anche Agap. 466 fa ritornare Eraclio a Costantinopoli, ma egli dà una versione duplice degli avvenimenti di questo periodo: a p. 452 sgg. egli racconta che Eraclio fece la pace con la Persia nel 17° anno del suo regno, che nel 18° Cosroe fu ucciso e il figlio Kavadh (Sheroe) fece la pace con i Greci e restitul loro le città che suo padre aveva preso; che nel 19° di Eraclio Kavadh mori e gli successe Ardasher, il quale fu a sua volta ucciso da Shahrbaraz, che fece la pace con i Greci e restitui le città fino a Dara (cfr. anche Mich. Syr. II 409-410). Allora Eraclio avrebbe ordinato ai suoi di abbandonare il paese dei Persiani e altrettanto avrebbe fatto Shahrbaraz, ma le sue truppe si sarebbero rifiutate di aderire all'ordine e «alla fine dell'anno 20° di Eraclio» i Persiani avrebbero fatto un'incursione ai bordi dell'Eufrate facendo prigionieri molti Greci; poi Shahrbaraz sarebbe stato ucciso nel 21° anno di Eraclio e a lui sarebbe successa la regina Boran. In questa prima versione dei fatti non v' è cenno né di un ritorno di Eraclio a Costantinopoli, né della restituzione della S. Croce a Gerusalemme. Nell'altra versione dei fatti a 464 sgg., che si ispira evidentemente ad altra fonte, si dice che dopo la morte di Cosroe (29 febbr. 628, cfr. Chron. Pasch. 729,2), successe al trono Sheroe; Eraclio allora si sarebbe ritirato da «al-Madain» (= Ctesifonte) e dopo di essersi accampato presso Thamanin e aver oltrepassato la montagna «al-Djoudi», si sarebbe diretto ad Amida, «dove restò tutto l'inverno». Sheroe gli avrebbe inviato un'ambasceria di pace ed Eraclio avrebbe accettato le proposte: restituzione delle città già bizantine da parte di Sheroe, e dei prigionieri persiani da parte di Eraclio. Eraclio decide allora di partire per la Mesopotamia e la Siria; invia una lettera al fratello Teodoro (cfr. DOELGER, Reg., n. 195), poi visita tutte le città, vi stabilisce dei governatori e ritorna a Costantinopoli. Segue l'affare di Teodoro ad Edessa: i Persiani rifiutano di lasciare la città, Teodoro l'assedia ed essi capitolano; poi ordina di uccidere gli Ebrei, accusati di aver favorito i Persiani: uno di questi Ebrei si sarebbe recato da Eraclio (a Costantinopoli?) e Eraclio avrebbe acconsentito a risparmiarli. «In seguito», come dice Agap. 466, Eraclio sarebbe venuto ad Edessa (da Costantinopoli?) e avrebbe ordinato ai cristiani della città di abbracciare la «dottrina melkita»: ivi, ad Edessa, avrebbe trascorso «un anno intero». Segue una breve digressione su la storia della S. Croce da S. Elena in poi. Secondo Agap. 468, Eraclio avrebbe pregato Shahrbaraz di rendergliela e Shahrbaraz avrebbe acconsentito; gli avrebbe inviato la S. Croce ed Eraclio l'avrebbe portata a Costantinopoli,

Commentario

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l'~vrebbe aggiunta al resto della ~. C~oce - su la presenza a Costantinopoli

di un frammento della S. Croce lnVlato da Elena dopo l'invenzione, cfr. A. FROLOW, 93 n.6 - e l'avrebbe fatta ricoprire d'oro. «La Croce, afferma Agap. 468, vi si trova fino ad ora.» Questa seconda versione, composta anche essa, di due parti distinte e malamente suturate, fa tornare Eraclio a Costantinopoli ben due volte, una prima ~olt~ dopo la pace con Kavadh (Sheroe), ed una seconda volta dopo la restltuzlOne della S. Croce - senza dire però che era andato a Gerusalemme. Si ha l'impressione che Agapio si sia servito di una fonte in cui si tentava di accordare due versioni contrastanti circa il ritorno di Eraclio a Costantinopoli; ciò che si avverte anche nel racconto di Teofane, come abbiamo detto. Ma se Eraclio restò ad Amida «tutto l'inverno» (dall'ott.-nov.628 al febbr.-marzo 629) e poi trascorse «un anno intero» ad Edessa (marzo 629-marzo 630 ?), come e quando avrebbe potuto rientrare a Costantinopoli? E ciò appare tanto più insostenibile, se si accetta la versione di Agapio, quando si pensa che secondo fonti fededegne la S.Croce giunse a Gerusalemme il 21 marzo 630, come ora diremo. È invece perfettamente credibile che Eraclio si sia diretto, dopo l'aprile 628, ad Amida, perché, come egli stesso comunicava ai Costantinopolitani 1'8 aprile 628 (Chron.Pasch. 734,13 sgg.; conferma in Acta S.Anast. 12 a 1 sgg. Usener; Georg. Pis., lalld. S.Anast. 27, 30 sgg., Anal.Boll., LXXVI, 1958, 62), si diresse effettivamente «verso l'Armenia»: ed Amida è ai confini meridionali dell' Armenia. È possibile allora che sia rientrato da Amida a Costantinopoli ? Se ben si osserva nella Ja versione c'è una lacuna di fatti fra il 18° anno di Eraclio e il 19°, lacuna che può essere utilmente supplita con quanto è detto nella lJa versione: abbandono di Ctesifonte, accampamento a Thamanin, marcia in direzione di Amida, ambasciata di Sheroe, stipulazione del trattato di pace, applicazione delle clausole, visita delle città della Mesopotamia e della Siria e ristabilimento in esse del potere bizantino. Si ha poi il tentativo di rivolta delle truppe di Shahrbaraz e l'affare di Edessa: a risolverlo però non va Eraclio, ma il fratello Teodoro. È a questo pu:.'lto che può essere collocato cronologicamente un ritorno di Eraclio a Costantinopoli. Eraclio verrà ad Edessa, ma, come dice Agapio, solo «in seguito». I fatti precedentemente elencati debbono essersi svolti fra l'accessione al trono di Sheroe (apr. 628) e l'affare di Edessa (estate 628), e quindi è possibile che il ritorno a Costantinopoli si sia effettuato poco dopo l'estate del 628. Se ha raggiunto Hieria per via terrestre, non può esservi arrivato prima dell'autunno, e a Costantinopoli al principio dell'inverno. Bisogna ora ricordare qui un documento di estrema importanza che è sfuggito finora all'attenzione degli storici: ed è sfuggito perché mal datato dall'editore. Nel de cero II 28, p. 628-629, è ricordata una «pr6kensos» fastosa di Eraclio nella chiesa di S. Sofia, alla quale parteciparono tutti i parenti dell'imperatore, tutti i più alti dignitari e folla di popolo. Tra i dignitari figura pure il 'ITerrpfKIOS Ò Kerrà 'lécrS"v: non c'è alcun dubbio che si tratta del persiano Yazden (cfr. N. H. BAYNEs, in ByZ. Zeit., XXVI, 1926, 56), personaggio ben noto della storia persiana di questo periodo, amico di

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In r,slilulion,,,, S. Crucis

Eraclio (presso i suoi possessi a Beth Slokh aveva posto gli accampamenti il z5 dico 6Z7 e il I febbr. 6z8, cfr. A. PERTUSI, in Anal. Bol/., LXXVI, 1958, z9 n. z), già «vastryoshaosalar» cioè direttore dell'imposta fondiaria del governo persiano, di fede cristiana, e il cui figlio Sham!a aveva partecipato alla soppressione di Cosroe (cfr. A. CHRISTENSEN, 451 sgg.). Orbene, l'editore del de cer., il Reiske, datò questo documeflto, correggendo il 13' del manoscritto in 113', della XII- indizione (639): correzione non giustificata in alcun modo né da ragioni paleografiche né da ragioni storiche. Occorre quindi leggere col manoscritto: Xp1'\ elSéval 00s Tij 1TPOOTTJ TOO 'Iavvovap{ov 1..l1lVÒS IvS. 13' rno{"aev 1TpoKEVaov 6 l3aalÀEÙS év Tij cXyl00TtXTrJ 1JEY~1J àa 6eovpY"O"CXVTI crvyKCXTecp6éxpT)· 1T6ÀIV 1TcxpOlvei Kcxl )JETcxlpel T1Ìv KTIO"IV Eépç1J Te Te:;> 1Tpìv éxVTeplsel Kcxl 6éÀel 1Tij )Jèv 1TETpOOO"CXI TÒV l3v6òv ToiS ÀelljJéxvolS, 1T'ij S' CX15 ye T1Ìv yfiv KV)JCXTOOO"CXI ToiS ÀV6pOIS· ylyCXVTI~ Sè Kcxl TVpcxvvfiO"cxl 6ÉÀel Kcxl TÒV 1TpÒ 1TéxVTClJV elKovlsel BCXÀTéxO"cxp XpcxlvClJv Tà 6eTcx Te:;> )JoÀVO")Je:;> Tfis )Jé6T)S, ÉClJS KCXT' cxVTOV SéxKTvÀos 6eT)yopos T'ij Seçl~ O"ov xpw)Jevos xelpoypéxcp~ ljJ"cpov )JeÀcxlvT)S èçecpwvT)O"E KpIO"IV. À"yovO"I ÀOI1TÒV cxl l'poxcxl TOOV cxl)JéxTClJv, 17-19. ibid. III 48

20-21. ibid. VI 22

26--29. cf. Exp.P"'J. II 303-330

30. ux.Sud. I S24,2S sqq. s. u. ylyOVTI~· Tà TOOV rlyaVTwv cppovei. nialSTjS rupi Xoap60v· «ylyoVTI~-eéÀeI». cf. Lex. Tillm. I 437, s. u. ylyoVTlav. cf. Gen. X 8 31-32. Danie/. V 22-23 33. ibid. V S.24 H. Lex. Sud. IV 84S,24 sqq. s. u. 'l'iicpos !lÉÀOIVO· li KaTOSIKa~ovao· ÀeVK!'t yàp li SIKolovao. nlalSTjS" V; éxvTellni\oKT) yàp avyKpOTEITal Kal IlcXxT\ TOOV aoov cXyoovc.>v vOv ollOV IJEIlIYIlWc.>V· 22 5 KaI IlI~IS ooamp y(vETa( 1101 Kal aTaalS, ooamp ~e6VTc.>v TOOV nOTalloov TOOV òllj3P(c.>V o n6VTIOS ~00s faTaTOO IJEIlIYIlÉVOS. OVTc.> yàp sv 01 nOTallol IJElllyllÉVol 230 eMoval Kal acp«ovalV ooamp S1 -VCIJS p TI S' Be : apxÌ) Tfis 6wrtpas &KpoéxaeCl)S VP

139. ÀVa1J

delle mie parole con fretta troppo preClpltata si volgerà ad altro 235 (argomento), subito la (mia) mente dolcemente assorta vi prende parte, cosi da precludere a se stessa, costretta dalla necessità, la possibilità di un'uscita, finché la tua mente e la tua parola fluente non scioglieranno i molti impedimenti alle (mie) parole; ciò non ostante 240 con temeraria audacia spiegate (le vele) della (mia) mente, mi lancio tra i flutti delle (tue) stesse imprese. 2.

o Roma, giudica con imparzialità la questione: tu che fosti ricca di condottieri, dimmi, chi a te sembra che possa esser paragonato al nostro monarca? «( Sia posto a parte, essa dice, non avendo rivale." Già da tempo era stata spenta la vampa della tirannide, Foca, turbine, ebrio furore, causa prima delle nostre disgrazie, evocatore di spettri nei sonni, che credeva di poter spargere il nostro sangue

~xe\V VOIA1r,;c..>V elS Tplaa6i'lov Kpa-rOS, Tfis y;;s TÒ K;;TOS, TÒ 1TpOac..>1TOV r opyOVOS. oò)( eli'es CXÒTOV, OOS Ò nepatc..>s 1Ti\clVOS, CiAi" avrlT6:~CXS Téj) cp60pei TOOV 1Tap6h'c..>v TÒ cpplKTÒV elSos T;;S 6:XPavrov nap6tvov' I 5 CXÒT;;S yàp e1xes TflV ~oTl6òv elKova 6Te 1Tpoa;;i\6es Tij ~op~ TOV 6Tlplov' Ka6eii\es CXÒTOV, ov KpelAaaeeiaav KOPTlV IAlav aeac..>Koos, CiAi'à Tàs 1Toi'elS 6i'as. T010VTOV OVK ~v, Kàv yevtaeal TIS i'ty1J, 2.0 TÒ 1Tpìv cpovev6èv K;;TOS ~~ 'HpatS aplCTTO TOVS 51ECTTOOTOS Tp6'ITovs TOOV 5TWayu>yoov c:ru1-l!3I!3a~EIS Tayl-lcrru>V Koì cnJveET6v TI ~OOOV ~~ ~vavTlu>v ovveEIS ÀOylCTI-lOOV Els EVU>CTIV ";PI-IOCTOS Kol TOVS c:mOCTKlpTOOVTOS clÀÀf}ÀU>V Tp6'ITovS Els èv avvf)\IJOS Kol KCX'Twp6u>CTOS 1-16voS 8 I-llÌ KCX'Top60Vv E\rrr6p1lCTEV 1'\ q>VCTIS. TOIiT'I' 6éÀOVTES T41 I-IEyICTT'I' 'ITpayl-lCX'T1 I-IVf}I-I1lV avv~OI c:ru1-lq>Ep6VTU>S 1'\ TT6ÀIs ypaq>ovOlv vl-liv T1Ìv Kcrru>6ev ElK6vo, El T1Ìv O:voo yàp é:ÀÀov elXES ~u>ypaq>ov. me! 5è 'ITOVTOS, 0IK05ECT'IT6TOV 5IK1lV, TOVS Ev50v 1'\I-IOOV ~~exépCTU>CTOS T6'ITOVS Kol Tàs ~VOIKOVS TOOV 'ITo6TWcrru>v q>Àé!3os T41 CT41 KEVWCTOS EVCTE!3Ei Ka6opCT1'I' TT1S Ev50v OOI-l6Tf\TOS Elp~os T1Ìv !3M!31lv, mòs 5è Àomòv Kol Tà TT1S ep~1lS véq>1l XEII-lOOVOS 1'\l-liv ~~avéCTTf\CTEV l-Iax1lS, Kol mj I-IÈV 1'\ Xapv!35lS 1'\ ~KV60Tp6q>os CTlyav 50KOVCTO À1JCTTPIKOOS W50CTTOTeI, mj 5' Oò avvEK6éoVTES 01 ~KM!301 ÀliKOI

71-72. cf. Bell.AIlar. 115-176

72. = t. Sell. 3'

73 sqq. cf. Be/I. Avar. 204 sqq.

64. Vlliv Tl}v ... elK6va coni. Ba : Ìllliv 'rij ... elK6vI VP 6,. elXes edd. : elXe VP 69-132 om. P 72. Ìllliv (cf. t.Sell. 3', Her. n 99) coni. St: vlliv V - ~~avéCTt'11CTEV Hi: -aeV

55

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70

75

venisse che la discordia, che alberga nelle menti, inducendo a tralignare dall'usato cammino, non traesse con sé in inganno la mente. Cosi tu nel migliore dei modi conciliasti i differenti punti di vista dei partiti politici e formando un essere composto di motivi contrastanti, riuscisti a ridurli ad unità di intenti; e stringesti in un sol blocco le loro tendenze, varie l'uno dall'altro, e raddrizzasti, tu solo, ciò che neppure la natura era riuscita a raddrizzare. La cittadinanza (della Capitale) volendo legare a questa (tua) opera magnifica un degno ricordo, decretò che venisse fatto quaggiù un tuo ritratto, seppure tu avessi lassù un altro pittore. Poiché dunque, come un padre di famiglia, tu bonificasti l'interno dei nostri corpi e liberando le nostre vene ammalate all'interno con la tua pia purificazione scacciasti la dannosa congestione interna, ecco che all'esterno i nembi della Tracia sollevarono contro di noi la procella della guerra, e da una parte Cariddi, nutrice degli Sciti, pur sembrando in pace, ci tendeva insidie al modo di predoni, dall'altra gli Slavi, accorrendo in massa come lupi, aggiungevano alla

H".açJias II

211

Tij yij avvfj'TTTOV Tiis 6CXÀcXnl1S TÒV aa?\ov,

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85

90

95

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formation des thèmes byzantins, inBerichte zum XI.lnternationalen ByzantinistenKongrejl, Miinchen 19~8, 22). 108 sgg. È interessante osservare con quanta cura Eraclio si prepari

all'impresa. Egli finge di ritirarsi per un periodo di vacanza in un palazzo suburbano - è impossibile dire quale, se nella parte europea o in quella asiatica; il Querci ha pensato a Hieria, dove aveva già soggiornato nel 611, Chron. Pasch. 702, 13, ma non è che una ipotesi, contraddetta dal fatto che, trovandosi sulla costa asiatica, avrebbe permesso alle spie persiane di avere più facilmente informazioni, mentre, da quanto dice a questo punto il poeta, Eraclio si sarebbe preoccupato di evitare un tale inconveniente -; ivi studia, legge e rilegge le costituzioni tattiche ed i trattati militari - Eliano, Arriano, Onesandro e probabilmente lo Ps.-Maurlzio -, disegna piani, prende disposizioni, organizza i servizi logistici, emana ordinanze, si prepara insomma spiritualmente e materialmente alla grande impresa. 122 sgg. Cfr. comm. ad Exp. Perso I I I 2 sgg. e Her. II 35 sgg. 144 sgg. Cfr. Introd., cap. II, p. 22 sg. Inoltre sul T6T1'oS retorico cfr. TH. NISSEN, 309-310. 153 sgg. Cfr. Introd., cap. II, p. 23 sgg. 167 sgg. Cfr. Introd., cap. II, p. 2~ qq.

Heradias II

173 sgg. Tutto questo excursus su la fondazione di «Darartasis» e su la storia dei re sassanidi è intessuto di errori storici. Prima di tutto lo stesso nome di Darartasis è, molto probabilmente, una invenzione di Pisida, che non ritenne abbastanza altisonante il nome di Thebarmais, tramandato da Teofane, dove Eraclio distrusse per la prima volta il tempio del fuoco dei Guerrieri (Adharguschnasp), associando il termine «dar» persiano (= «porta, corte, residenza reale») al nome del grande fondatore dell'impero sassanide, Ardasher I (cfr. V. MINORSKY, Roman and byzantine Campaigns in Atropatene, in Bulletin oJ the School of Orientai and African Studies, XI, 1944, 256). In realtà non sembra che Ardasher I abbia fondato questa città o abbia istituito questo tempio del fuoco: tutt'al più si può pensare che sia stato trasportato in quel luogo da Cosroe I (cfr. V. MINORSKY, op.cit., 257). Le rovine di questa città, Darartasis/Thebarmais, sono probabilmente da identificare con quelle di Takht-i-Suleiman, ma essa è da distinguere da Ganzak (V. MINORSKY, op.cit., Z55). Circa poi l'excursus su la storia dei re persiani si deve osservare che Ardasher I non era «schiavo alla nascita», come dice Pisida (v. 173), ma figlio cadetto di una famiglia nobile di Stakhr, nella regione di Pars, il cui padre era preposto al tempio di Anahidh (Anahita); e non «scisse i Parti dal loro antico regno», ma si rivoltò contro Ardavan V, monarca legittimo, e conquistando le province o i regni vassalli di Pars, di Kerman, di Ahvaz, etc. e vincendo lo stesso Gran re nella battaglia di Hormizdaghan il2z aprile 2Z4, conquistò il potere (cfr. A. CHRISTENSEN, 86 sgg.). Quanto invece ai 76 anni «durante i quali la stirpe crudele di questa razza generò dal sangue una prola di sangue», non è chiaro dove Pisida abbia attinto la notizia e perché circoscriva tale periodo a 76 anni. Se si parte dall'inizio del regno di Cosroe n (591) tale periodo ci riporta a Kavadh: ma questo re mori nel 531 di morte naturale (A. CHRISTENSEN, 350); se invece si parte dall'anno della morte di Cosroe n (628), ci riporta al regno di Cosroe I (53 1-579). È vero che anche questo re non mori di morte violenta (Agath. 272,11 sgg.), ma è pur vero che conquistò il potere dopo aver ucciso il fratello Kaus, che gli contendeva il trono, e tutti gli altri fratelli, nonché il nonno (A. CHRISTENSEN, 351, 36z, 38z), e che fece uccidere il figlio Anoshaghzadh che gli si era rivoltato (A. CHRISTENSEN, 38;); e suo figlio Hormizd IV (579-591) fu ucciso o per ordine o col consenso del figlio Cosroe n, il quale fece uccidere pure dai Turchi l'usurpatore Wahram Tchoben nel 590 (A. CHRISTENSEN, 444-445), allo stesso modo come Cosroe n fu ucciso dal figlio Sheroe. Insomma in un certo senso Pisida ha ragione di parlare di «catena di sangue», di «uccisioni intestine», di «fiume di delitti», ma ha torto quando fissa tale periodo di 76 anni: o è di 97, se lo si fa iniziare con l'inizio del regno di Cosroe I, o è di 49, se lo si fa coincidere con la morte dello stesso re. 204 sgg. Secondo il racconto di Teofane (;07,19 sgg.) nella primavera del 6z; Eraclio si spinse con i suoi eserciti verso l'interno della Persia. Cosroe l'attendeva con 40.000 uomini a Ganzak, sperando di fermare la sua avanzata; venutolo a sapere Eraclio si spinge direttamente su Ganzak.

Commentario

211

Le sue avanguardie, composte di soldati saraceni, si scontrano con le scolte persiane e infliggono loro gravissime perdite. I superstiti portano al Gran re la notizia della disfatta e questi, preso da grande timore, fugge a Thebarmais. Eraclio si impossessa di Ganzak, vi distrugge la guarnigione e il tempio del fuoco; poi marcia su Thebarmais, la conquista e vi distrugge il tempio del fuoco dei guerrieri (Adharguschnasp). Essendo il Gran re fuggito verso Dastagerd, Eraclio lo insegue mettendo a ferro e a fuoco tutte le regioni attraverso le quali passa. Ma sopraggiunto l'inverno si ritira a svernare in Albania, malgrado che qualcuno lo consigliasse di continuare l'inseguimento di Cosroe. Non si comprende dunque bene perché il poeta dica che Eraclio conquistò Darartasis, cioè Thebarmais, « simulando una strage a mezzo di uno stratagemma»: forse allude allo scontro fra le sue avanguardie e le scolte persiane dinnanzi a Ganzak. E non sembra, da quanto dice Teofane, che Thebarmais sia stata conquistata con grande schieramento di forze e di macchine di guerra, come invece afferma qui Pisida. La cosa tuttavia è possibile. 213 sgg. Su questo passo e il probabile proseguimento del poema, in una III acroasi in cui dovevano esser narrati gli avvenimenti della campagna successiva, cfr. Introd., cap. II, p. 24 sgg.

Herocliodis III otrooleOI frogmtnla

Heracliadis III acroaseos fragmenta

Lex. Sud. IV 488,15-16 AdIer (S. u.

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Heraç/iadis III açroaseos fragmenta

277

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Heradiadi.r III açroa.reo.r fragmenta

279

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TaiiTa TrpÒ TroÀÀov Tij 516'ITTpC;X o"ov f3ÀÉTre1s Lex.Sud.II IIZ, ZI-Z3: S 161TTpa'lJT)xaVIKÒv 'TE){vovPYT)lJa, SI' ovol yeoolJÉTpal à1TT)Kplf3ovv TlÌv TO,'>V rnétÀ~oov ~ Slacrn'}lJaTOS àvaIJÉTPT)alv. nlaIST)S' ... Cf. Lex. Tillman. I 5Z!.

t'}KOÀOveOVV. 01 Sè Aa~ol c5:lJa Tois 'A~aayois SelÀlaaa1lTSS à1TÉC"1Taaav ~avTOVS TfjS TOOV 'PoolJaloov avlJlJaxlas, Kal1Tpòs TlÌv ISlav xwpav àvexwpT)aav. ò Sè Ia'iv ,;a6els ~1Tl TOVT~, evlJe:;> 1TOÀÀe:;> aVV Te:;> Iap~ap~ ~XWpel KaTà 'HpaKÀElov. ò Sè f3aalÀEÙS ~1T1avva~as TÒV 6 C"TpaTòv À6YOIS àve1TTÉpooae Kal1TapaIVÉael TOVTOVS T\Àelepe ÀÉyoov' «TÒ 1TÀfj60S vlJas (TOOV ~6poov), àSeÀepol, IJ'; TapanÉToo. geov yàp 6ÉÀOVTOS els Slw~el XIÀlOVS' OOaoolJEv ovv Te:;> gee:;> ~avTOVs lÌ1Tèp Tfis TOOV àSeÀepoov ';IJOOV aooTT)plas' Mf300lJEv (3 I I) C"TÉepOS lJapwpoov, tva Kal Ò IJÉÀÀoov lilJas Xp6vos rnaIVÉC11J Kal Ò geòs TOVs IJIa60vS à1ToSwC11J ». TOVTOIS Kal 6:ÀÀoIS 1TÀeloal À6yols 1TapaeapaVvas TÒV C"TpaTÒV Te:;> 1Tpoaw1T~ 1TapaTéxTTel TÒV 1T6ÀeIJOV , Kal C"Tavns à1T' àÀÀ1'!Àoov à1Tò IJIKpOV Slacrn'}lJaTOS, à1Tò 1Tpoot IJÉXPls ~C"1TÉpas étÀÀ1']ÀOIS OV avVÉ~aÀOV. AC"1TÉpas Sè KaTaÀa~OVC"T)S ò j3aalÀeÙS Tfis òS011T0pias eiXETO' 01 Sè ~apf3apol 7-8 1TétÀIV (mlaoo aliTov T\Àavvov. ~vaÀÀa~a1lTSS Sè TlÌv òSòv Kal TOiiToV 1TpoÀaf3eiv 6eÀ1'!aa1lTSS, ~1J1TI1TTovalv els T61TOVS TEÀlJaTWSeIS, Kal 1TÀavooVTal Kal elS IJÉyav KlvSvvov 1jMov. ò Sè f3aalÀeVs Slaf3às Tà IJÉpT) nepaaplJEvlas 1TapÉTpEXev. TfjS Sè yfjs ~lvT)S lÌ1Tò nepaoov KpaTOVIJÉVT)S, 1ToÀÀol avvÉTPEXov Te:;> Iapf3apa~çx, Kal ~1TT)v~el TÒV ~avTOV Àa6v. xelIJooVOS Sè yeYOV6TOS, ~C"Kop1Tla6T) TÒ 1TÀfj6OS ~V Tois ISloIs T61TOIS 1TpÒS TÒ àva1T aOI». 6 Sè rovIISal3ovaéill lcpol3T)6T) TÒIl Xoap6T)1I mpéiaal Kal ST)Àoi aUT4) chi «ypécljloll 1101 Slà TOO avyyaÀmovaov eT TI 6EÀEIS». Kal ~YPCXlflell aUT4) :rlp6T)S ~TI «yl llOOaKElS 7TWs 1') 7ToÀlTEla TWII nepawII 6:rrooÀETo li< TOO KaKOO avepoo7Tov Xoap60v, Kal 6eÀEI aTEljlal TÒII MepSaaall, Kalll.lé TÒII 7Tpc..>T6TOKOII aUTOO rreplecpp6l1T)aell. Kallàll ÀaÀT)O"'!JS TÒII aTPaT611, (326) illa SE~c..>lITal ~, Kal Tàs p6yas aUTWII ~7Tav~fjaal exc..>, Kal elpT)1IT)1I 7TOIW llETà TOO l3aalÀEc..>s 'Pc..>llalc..>1I (Kal llETà TWII TOVpKc..>II)· real KaÀWS ~XO~II ~fjaal. Kal a7TovSaaoll llETà TOO ÀaoO aov, illa ly~ l3aaIÀeVac..>· Kal rrallTas vlléis 7Tpoal/al31l3éY7al exc..> Kal avyKpoTfiaal, Kal KaT' l~alpETOII ae». Kal ~TI dST)Àc..>aa aUT4) Slà TOO avyyaÀmov aUTOO ~I, et TI SVllallal, ÀaÀfjaal exc..> TÒII aTPaTÒII Kal llox6fjaal». Kal éÀ&ÀT)aa KI3' K61lT)Tas Kal rnolT)aa aUTOÙS Tfis YllOOIlT)S 1l0V Kal aMoVS apxoIITas Kal aTpaTlOOTas 7TOÀÀOÙS. Kal TaCiTa ~ST)Àc..>aa T4) :rlp6'IJ Kal ~ST)­ Àc..>ae 1101 illa Tij KY' TOO MapTlov 1lT)1I6s Àal3c..> Ta~écTovs llEc..>upoVS Kal els T1ÌII 7TOIITOyEcpvpall TOO TlyplSoS 7ToTalloO lÌ7TallTT)ac..> aUT4), Kal MI3c..>~11 aUTÒII els TÒII aTPaT611, Kal KIIIT)ac..>~1I KaTà Xoap60v. Kal ~TI llETà :rlp60v elal Kal 01 SVO vlol TOO :rapl3apa~éi Kal 6 vl6s TOO 'leaStll Kal aMa 7ToÀÀà TEKlla apx611Tc..>1I Kal 6 vl6s TOO 'Apall, 7TallTES ~7TIÀEl ge4'> Kae' 1ÌIJÉpav Lex. Sud. III S92., 2.8-2.9: ovalooaal' ... I1laI611S' ...

S4 I.IVaTlKI'JV Tlva 6eCIJplav lv TOVTct> 'ITÀI1pt:>a05. fv yàp ~~ l'tl.ltpalS 'l\'éiaav Tl')v KTlalV 6111.11ovpyiJa05 6 ge6s, Tl')v ~j3661.111v àVaTTaVaeoos l'tl.ltpav fKaMaev' oVrCIJ Kal MÒS fv (42.8) ToiS ~~ XP6voIS 'l\'oÀÀoVs 'l\'6vovs 6lawa05, Téj> ~j3661.1ct> mI 1.lET' e1pl'JV'1S Kal Xapéis lv Tij 116MI \rrrOaTPtly05 àVE'l\'aVaaTo. 6 6~ Àaòs Tiis 116Moos Tl')v D.evalV MOV 1.Ia66vres, àKaTaaxhct> 'l\'66ct> 'l\'avres e1s Tl')v '\epelav è~iiMov els avvaVTI1alV MOV aVv Téj> 'l\'aTplapX1J Kal KClJvaTavrlvct> Téj> j3aa\Mi Kal vléj> MOV, j3aaTa~ovres KÀa60vs ~aloov Kal Àal.l'l\'a605, NCPl1l.1ovvreS MÒV l.lETà xapéis Kal 6aKpvClJv. 'l\'poaeMoov 6~ 6 vlòs MOV rn.aev mi TOVs '1\'6605 MOV' Kal mpl'll'ÀaKEls Méj> i!j3pe~av àl.lcp6TEpol Tl')v yfiv ToiS 6àKpvalV. TOVTO 55-57 6eaaal.lEvos 6 Àaòs 'l\'avres ElÌXaplaTllploVS IÌI.IVOVS Téj> geéj> àvrnl.l'l\'ov· Kal oVrCIJ Àaj36vTES TÒV j3aalÀta aKlpToovreS e1afiMov èv Tij 116MI.

TRADUZIONE E COMMENTARIO

Al numero progressivo da noi adottato per i frammenti segue, tra parentesi, il numero del frammento presso lo Stembach, il quale, come s'è detto, (p. z6z-3) non si è preoccupato di disporli in successione continua, ma tratta di essi o là dove studia il testo di Teofane o là dove studia nel loro complesso le citazioni del Lex.Suda. Solo questi ultimi hanno un numero progressivo: quelli derivati da Teofane non hanno numero, e perciò abbiamo indicato, tra parentesi, le pagine in cui lo Stembach ne tratta. Nel commentario è indicata anche la numerazione del Querci. Dai pregevoli studi dello Stembach ho tratto tutte quelle indicazioni che mi sono sembrate utili ad illuminare il contesto dei frammenti.

Traduzione e Commentario

1 (67

=

Z!JJ

148 Q., pp. 152 ss. Stemb.)

«Tu ti esalti, o Achille, e l'animo t'inebbrii» Si tratta evidentemente di un paragone fra Eraclio ed Achille; paragoni del genere si hanno in Her. I 65 sS., II 1 SS., Exp. Perso I 82 SS., II 1 ss. Tra quelli che più si avvicinano per il loro carattere al nostro mi sembra che sia da porre Exp. Perso II 1 SS., e quindi il nostro fr. è da ritenere come facente parte di un proemio. È difficile dire quale fosse il contenuto del paragone, ma non credo che esso abbia offerto al poeta il destro «ad Heraclii clementiam et mansuetudinem praedicandam cum Achillis vitia notarentur, scilicet excandescentia et iracundia», come ritiene lo Stembach, anche se in acpv~E1S sia contenuta una chiara metafora della sua ira violenta; piuttosto io penso che volesse contrapporre all'ira di Achille la «santa ira» dell'imperatore dimostrata nelle sue ultime battaglie contro l'empio Cosroe (cfr. Her. II 162 ss. e 204 ss.).

l (31

=

69 Q., pp. 129 e 173 Stemb.)

«lo ti dirò ora, se tu non vuoi nascondere» Il frammento è molto vicino a c.Sev. 508, ma, poiché il poeta ha l'abitudine di copiare frequentemente se stesso (cfr. L. STERNBACH, Stmi., P.129 ss.), non è da escludere che l'abbia usato anche nella III acroasi dell'Her. Forse apparteneva allo stesso paragone fra Eraclio ed Achille; in tal caso sarebbe da ritenere l'inizio di una apostrofe rivolta ad Achille. Mi sembra da escludere, in ogni caso, che il poeta si rivolga all'imperatore, perché in questi casi il poeta usa per lo più non il pronome di seconda persona singolare, ma quello plurale (cfr. L. STERNBACH, Stud., p. 161, n. I).

3 (pp. 24-28 = 177-178 Q.) a) «Sentiamo, o soldati, nell'animo (nostro) il timor di Dio» «Resistiamo contro i nemici (adoratori degli idoli?) che tanti misfatti compirono contro i Cristiani» y) « ... per la Romana potenza indomita tutti sentiamo venerazione» 15) «Resistiamo contro i nemici empiamente armati» E) «Sentiamo (in noi) la fede che trionfa sulle stragi» ~) «Poiché all'interno (della Persia) siamo . .. » 1) «Certo la fuga comporta un grande pericolo» 6) «Vendichiamo gli stupri delle vergini» 1) «(dei commilitoni) le membra straziate» K) «Uno per tutti (disse) À) «Tu allargasti i nostri cuori, o sovrano, schiudendo la tua bocca alla persuasione» Il) «Le tue parole hanno affilato le nostre spade» ~)

Heradiadis III iUf'oaseos fragmenla

Per il luogo in cui è da porre questo discorso di Eraclio, cfr. quanto è stato detto nel cap. II, p. 2.7 sgg. dell'Introduzione e la discussione fatta ivi. Non c'è alcun dubbio che si tratti di trimetri o frammenti di trimetri pisidiani: sulla scorta dello Stembach si confronti: ex) Hex. 62.8, Exp. Perso II 2.02.; ~)Exp.Pers.II 106; y) Beli. Avar. 39, Hex. 348,799; 5) Her. I 5,2.2., 189, II 166; Exp. Perso II 2.67, I 2.8, III 6, c. Sev. 3I; e) Suppl. III 58; ç) Her. I 157 e, per la clausola, anche Beli. Avar. 2. 51; TI) de vano vito 148; 6) Her. II 13; l) Hex. 12.69, forse da leggere, secondo lo Stembach, TOOV OVIlIltX)(oov òpéiTe viiv TETllllllÉllex IIlÉÀll (per OVIlIltX)(OOV cfr. Exp. Perso III 93, 2.2.7, Beli. Avar. 342.,419, etc.); K) = Her. 1175 e Beli. Avar. 306; À) Her. 12.40 s., Hex.390; Il) Hex. 1863. Per il fr. 3 Y lo Hilberg (Byz.Zeitschr. XI, 1902., 161) pensa che CXlÌT05ÉO'1TOTOV Kpa-rOS sia da porre in clausola. Seguo per il fr. 3 À la restituzione proposta dallo Hilberg (ibid., 161). 4 (pp. 2.8-2.9, cfr. fr. 179 Q.) ex) « ••• del fuoco l'impostura» ~)

«Altri (dicevano) d'i"ompere direttamente su Cosroe»

y) « ••• che della Persia pure fosse liberatore

(uccidendo) Cosroe, peste del mondo» L'ultimo dei tre frammenti si riferisce ad un atto di clemenza dell'imperatore verso dei prigionieri, come già il poeta aveva cantato in Exp. Perso II 2.2.4 ss. e m 35 5 ss. Quanto alla dizione pisidiana, si veda: ex) Exp. Perso II 2.40, III 139, 349, 351 etc. e Her. II 2.0 I; M exò è correzione dello Stemb. per 5É di Teofane, tenendo presente Exp.Pers.III 442., Bell.Avar. I 12., 149 etc.; y) Hex. 1845 s. 5 (pp. 30, I) « ••• dei Persiani (l'esercito) in luoghi impervi e"ante . .. »

Il frammento, accolto in forma molto dubitativa dallo Stembach (1. c. «ipsa [Heraclii oratio] fortasse ex Pisidae carmine concinnata»), mi sembra che possa esser incluso senza gravi difficoltà, sia per il carattere del discorso, sia per l'espressione molto vicina ad altre di Pisida.

6 (pp. 2.9-30, cfr. fr. 180 Q.)

«...

la moltitudine dei nemici non vi spaventi, o fratelli, •.. » ~) «Dio volendolo uno solo fugherà mille» y) «conseguiamo la corona dei martiri, afftnchè il tempo (futuro) ci dia lode . . . »

ex)

Cosi ho disposto il primo di questi tre frammenti, contrariamente allo Stemb. che proponeva: TÒ 1t"Àfj6oS vilas Il'lÌ TexpCXTTÉTOO, (cp{À01) oppure vllas,

Traduzione e Commentario

291

&5EÀ'Po1 , 1.111 TapCXTtiToo . . . . - I TÒ lTÀfi60s Ctx6poov). Quanto al fr. 13 cfr. Hex. 15 28 (l'espr~ssione 6eo? ~OVToS è di derivazione classica: cfr. Eur.fr.397, ma proverblale); per l ultlffio cfr. Suppl. CVII IZ. La correzione OlTOOs per tva di Teofane, che non s'incontra in Pisida (per Exp. Perso II 265, cfr. L. STERNBACH, Stud., p. 272), è dello Stembach.

7 (55= II2 S. Q., pp. 176-177 Stemb.) « . . . di due imprese invero uno solo è il falso macchinatore, come si suoI dire»

Giustamente, a mio avviso, lo Stembach ha pensato che l'espressione, proverbiale, sia stata usata da Pisida a proposito di uno stratagemma dei Persiani andato a vuoto. Mi è sembrato che lo stratagemma, cui accenna Teofane, operato da Shahin, e che per poco non riusciva fatale al comandante persiano, possa fare al caso nostro. Uno stratagemma simile è quello che Eraclio usò felicemente contro i Persiani nella I spedizione (Exp. Perso II 267 ss. e 335 ss.). Teofane non ci spiega con esattezza come sia stato operato, e quindi ci riesce difficile indovinare quali fossero le due «imprese» escogitate dal comandante persiano in vista di un unico fine, ma certo le tentò con un tranello. Che l'espressione sia proverbiale è provato da Hex. Hl ss. e 367 S. e, in senso contrario, da Hex. II91 s., 319 e 576 sS.

8 (42 = 71 Q., p. 159 Stemb.) «queste cose assai per tempo tu intuisci con la tua perspicacia» Mi è sembrato giusto porre questo frammento, in cui si allude chiaramente alla sagacia di Eraclio, lodata anche altrove dal poeta (Exp. Perso II 274 ss.), subito dopo il fr.7 (55), che probabilmente è da riferire ad uno stratagemma tentato dai Persiani e subitamente scoperto dall'imperatore. Quanto a 5t61TTPCj1, usato in senso figurato, si tenga presente che ricorre anche in Hex. 161 S.

9 (p. 30, om. Q.) « ... di notte furtivamente attaccar battaglia»

Eraclio tenta di assalire di sorpresa i Persiani ritomati per svemare nelle loro regioni della Persarmenia, e ci riesce, obbligando lo stesso comandante persiano a fuggire seminudo. L'espressione, dalla quale lo Stembach ha tratto la correzione n;v I.1cXxllvperTòvlT6Àel.lov di Teofane, è in Beli. Avar. 116.

lO (65 = 143 Q., p. 155 Stemb.) S o 1TlcrrE1S del Bemhardy (qui infatti si tratta di soldati: cfr. anche Exp.Pers. I 197) e corregge vq>ÉÀ1v del Lex.Sud. in eq>ÉÀ1v (cfr. Anth.Pal. XII 152; Themist. or. XV P.190d) e exE1 in eXEIS, come appare normalmente in Pisida (cfr. Exp.Pers. I 197, II 160, 168, Her. II 47, 157, etc.). L'immagine della McxyvfiT1S Àl60s è già in Eur. fr. 567 N.2 e in Plat. Ion. 5B d (cfr. Stob. ed. 2, 5, 3, p. 36,2 e schol. Plat.lon. 523d, p. 181 Greene); glosse a cHpCXl