Donne e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona 8810216121, 9788810216125

Nel corso dei secoli, la Bibbia è stata spesso citata per desumere argomentazioni finalizzate a giustificare la condizio

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Donne e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona
 8810216121,  9788810216125

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NUOVI SAGGI TEOLOGICI

Collana interconfessionale per la promozione della ricerca teologica 40. M. Semeraro, Mistero, comunione e missione. Manuale di ecclesiologia 41. N. Valentini, Pavel A. Florenskij: la sapienza dell'amore. Teologia della bellezza e linguaggio della verità 42. G. Mazzanti, I sacramenti simbolo e teologia. 1. introduzione generale 43. C. Rocchetta, I sacramenti della fede. Saggio di teologia biblica dei sacramenti come «eventi di salvezza» nel tempo della Chiesa. 1. Sacramentaria biblica speciale 44. C. Rocchetta, I sacramenti della fede. Saggio di teologia biblica dei sacramenti come «eventi di salvezza» nel tempo della Chiesa. 2. Sacramentaria biblica speciale 45. G. Mazzanti, I sacramenti simbolo e teologia. 2. Eucarestia, Battesimo e Confermazione 46. B. Petrà, La Chiesa dei Padri. Breve introduzione all'Onodossia 47. Y. Spiteris, Salvezza e peccato nella tradizione orientale 48. Papato ed ecumenismo. Il ministero petrina al servizio dell'unità, a cura di P. Hiinermann 49. C. Rocchetta, Teologia della tenerezza. Un «vangelo» da riscoprire 50. J. Laffitte, Il perdono trasfigurato 51. M. Neri, La testimonianza in H. U. von Balthasar. Evento originario di Dio e mediazione storica della fede 52.A. Vaccaro, Perché rinunziamo all'anima? La questione dell'anima nella filosofia della mente e nella teologia 53. Vescovi per la speranza del mondo, a cura di M. Fabri dos Anjos 54. G. Mazzanti, Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale 55. H. Verweyen, Sacramenti perché? 56. F. Pilloni, Teologia come sapienza della fede. Teologia e filosofia nella crisi ariana del IV secolo 57. Le Chiese del Novecento, a cura di G. Ruggieri 58. Y. Spiteris, Ecclesiologia onodossa. Temi a confronto tra Oriente e Occidente. Presentazione di L. Sartori 59. B. Petrà, Preti sposati per volontà di Dio? Saggio su una Chiesa a due polmoni 60. L. Padovese, Lo scandalo della croce. La polemica anticristiana nei primi secoli 61. G. Sgubbi, Dio di Gesù Cristo Dio dei filosofi. Il eristico e il critico 62. L. Bressan, La pa"occhia oggi. Identità, trasformazion~ sfide 63. B. Petrà, La penitenza nelle Chiese onodosse. Aspetti storici e sacramentali 64. F. Franco, La passione dell'amore. L'ermeneutica cristiana di Balthasar e Origene 65. G. Mazzanti, Persone nuziali. Communio nuptialis. Saggio teologico di antropologia 66. N. Madonia, Cristo sempre vivo nello Spirito. Per una cristologia pneumatologica 67. G. Meloni, Lo Spirito Santo in Karl Banh 68. G. Frosini, Babele o Gerusalemme? Teologia delle realtà te"estri: L La città 69. C. Theobald, La Rivelazione 70. A. Torres Queiruga, Ripensare la Risu"ezione. La differenza cristiana tra religioni e cultura 71. I. Siviglia, Antropologia teologica in dialogo 72. A. Torres Queiruga, Dialogo delle religioni e autocomprensione cristiana 73. G. Tangorra, La Chiesa secondo il Concilio 74. Alfonso Maria Iannucci e la teologia neoscolastica, a cura di V. Di Cerbo 75. A. Milano, Donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona Series Maior H. de Lubac - G. Benedetti, Mezzo secolo di teologia al servizio della Chiesa. Una corrispondenza teologica A. Milano, Quale verità. Per una critica della ragione teologica G. Pasquale, La teologia della storia della salvezza nel secolo XX Fedeli a Dio, fedeli all'uomo, a cura di A. Gasperoni

Andrea Milano

DONNA EAMORE NELLA BIBBIA Eros, agape, persona

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, Firenze

©

2008 Centro editoriale dehoniano via Nosadella, 6 - 40123 Bologna EDB®

ISBN 978-88-10-40586-4 Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2008

SIGLE E ABBREVIAZIONI

CCL CSEL DPAC DTAT EV GLNT GLAT GCS NDPAC

ow PG PL SCh STh ThWAT ThWNT

Corpus Christianorum, Series Latina, Turnhout 1953ss Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, Wien 1866ss Dizionario patristico e di antichità cristiane, Casale Monferrato 1983-1984 Dizionario teologico dell'Antico Testamento, Torino 1978-1982 Enchiridion Vaticanum, Bologna 1976ss Grande lessico del Nuovo Testamento, Brescia 1965-1988 Grande lessico dell'Antico Testamento, Brescia 1988ss Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte, Berlin - Leipzig 1897ss Nuovo dizionario patristico e di antichità cristiane, Genova-Milano 2006-2008 Origenes Werke, 1925ss Patrologiae Cursus completus, Series Graeca, Accurante J.-P. Migne, Paris 1857-1866, ind.1928-1936. Patrologiae Cursus completus, Series Latina, Accurante J.-P. Migne, Paris 1841-1864 Sources Chrétiennes, Paris 1941ss Summa Theologiae, Tommaso d'Aquino Theologisches Worterbuch zum Alten Testament, Stuttgart 1973ss. Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament, Stuttgart 1933-1973

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Premessa

Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo e donna. Gal 3,28

Guardando con disincanto al mondo d'oggi, siamo costretti a verificare che la disistima della donna e le offese alla sua dignità sono ancora penosamente diffuse e arrogantemente praticate. E dire che questo terzo millennio s'era inaugurato tra le speranze di un mondo pacificato e incivilito oramai a portata di mano, mentre lo sperimentiamo brutale e angoscioso più di prima. Sono insopportabilmente troppi i milioni sia di maschi sia di femmine, di bambini e di giovani, di adulti e di vecchi tuttora affamati e massacrati, asserviti e violentati. Tutti questi orrori non sono frutto del caso o del destino, ma sono compiuti con consapevolezza e volontà da esseri umani su altri esseri umani. Nondimeno è e resta drammaticamente vero che tracce tanto vistose quanto malefiche della mala pianta della misoginia, che oscilla tra la sottovalutazione e il disprezzo nei confronti della donna, continuano a evidenziarsi dappertutto e pure nello stesso occidente, orgoglioso di primati e che, invece, constatiamo almeno disorientato, quando non aspramente contestato e aggredito dal suo interno così come dall'esterno. In un tale orizzonte storico questo libro si propone di sondare la Bibbia intorno al tema della donna e dell'amore, con l'intento di individuarvi e vagliare anche alcuni tratti negativi, di cui anch'essa, aprima vista, non appare del tutto immune. Non poche volte, infatti, nel corso dei secoli questo «grande codice», da cui è stata segnata l'identità appunto dell'occidente,1 ha rappresentato un armamentario 1 Cf. N. FRYE, Il Grande Codice. La Bibbi.a come PELLETIIER, La Bibbia e l'Occidente. Letture bibliche

letteratura, Torino 1986; A.-M. alle sorgenti della cultura occidentale (1995), Bologna 1999; Alle origini dell'Occidente. Immagin~ luoghi personaggi, present. di P. CoRSINI, premessa di G. CANOBBIO, Brescia 2003; A. MILANO, «La Chiesa per l'Europa tra presente, passato e futuro», in Rassegna di Teologi.a 45(2004)6, 805832; P. STEFANI, Le radici bibliche della cultura occidentale, a cura di M. LoFFI RANDoLIN, Milano 2004.

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da cui si è pensato di trarre versetti e argomentazioni allo scopo di imporre alla donna una condizione di inferiorità e mantenerla in tale assoggettamento. Si riprende qui e si sviluppa un saggio pubblicato anni fa. 2 Con il continuo, vertiginoso progresso della ricerca biblica, da una parte, e di quelli che genericamente si potrebbero chiamare gli >, in M.T. VAN LUNENCHENu - R. GIBELLINI, Donna e teologia, Brescia 1988, 101-106, 125-127; B.B. ZlKMuND, La coscienza femminista in una prospettiva storica, in VAN LVNEN-CHENU - GmELLINI, Donna e teologia, 28s; CARR, Grazia che trasfonna, Brescia 1991, 20-22; A. BERLIS, , 12-22; S. GREEVE DAVANEY, «Teologia femminista e teologia cristiana. Saggio su "Al di là di Dio Padre"», in HUNT- GmELLINI (edd.), La sfida del femminismo alla teologia, 17-99. 20 S.H. RlNGE, «Quando le donne interpretano la Bibbia», in NEwsoM - R!NGE (edd.), La Bibbia delle donne, 19.

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ben consapevoli che dalla Bibbia non si ricava una lettura univoca e «neutrale». Nel passato senza dubbio essa è stata usata per i fini più diversi e anzi contraddittori. Nel presente potrebbe anche servire alla lotta per la liberazione delle donne, a patto però che il suo messaggio di fondo venga portato alla luce e opportunamènte concettualizzato, purché sempre in una prospettiva femminista. I testi e le tradizioni bibliche, che sono stati fonte di oppressione, non sarebbero tutti da buttar via: potrebbero, in ogni caso, servire all'autorealizzazione delle donne in quanto donne. Poiché la religione biblica continua a esercitare su di noi un influsso potente, l'impresa di trasformare il mondo non può non approfittare della sua forza. Né si tratta semplicemente di prendere atto che è praticamente impossibile che la civiltà occidentale se ne sbarazzi in quattro e quattr'otto. La verità è che la Bibbia e la sua eredità non sempre e dappertutto sono servite a produrre e indurire la schiavitù delle donne. Spesso e volentieri è accaduto invece il contrario, che cioè il testo sacro si è fatto incentivo e arma di lotta emancipatrice. Proprio mentre va realizzato con decisione il programma di riscrivere l'intera storia al femminile, si devono perciò restituire la Bibbia alle donne e le donne alla Bibbia. Le femministe moderate vogliono mantenere viva la «memoria pericolosa» dell'oppressione storica della donna e insieme vogliono riappropriarsi della Bibbia come di un mezzo di combattimento per la propria riuscita umana. Se ci si pongono le domande giuste in modo giusto, ci si dovrebbe chiedere, per esempio, se la Bibbia non sia anche essa stessa una storia di donne e, in più, se fra gli artefici della sua religione non ci siano state, per caso, pure le donne. In breve, si dovrebbe studiare e interpretare la Bibbia, intendendola pure come una «faccenda di donne». 21 La Scrittura, infatti, contiene per lo meno un «qualcosa di più» di una concezione patriarcale della vita umana, di un supporto al maschilismo[...]. Questo «di più» che essa contiene suona perlomeno in armonia con la verità della realtà delle donne, così come la intende la coscienza femminista: la tocca, forse la dispiega, la fa risuonare con altre verità, forse può contribuire a permetterci di verificare se siamo fedeli a essa. Per le femministe che considerano la Bibbia autorevole tale compito di interpretazione diventa allora un imperativo morale.22

memoria di lei, 7, 10-11. M.A. FARLEY, «La coscienza femminista e l'interpretazione delle Scritture», in RussEL (ed.), Interpretazione femminista della Bibbia, 67-68. 21 SOIOsSLER FIORENZA, In 22

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Secondo questa modulazione di un femminismo moderato disposto a dialogare, le femministe cristiane possono e vogliono continuare a essere tali. Si impegnano, perciò, a cercare nella Bibbia i testi favorevoli alle donne, quelli che, in generale, sono i meno conosciuti e che, invece, sono atti a bilanciare quelli purtroppo molto più famosi e usati sempre contro di loro. Mentre vi leggono e interpretano i brani che le riguardano, dall'intersecarsi della storia con le storie delle donne .antiche imparano anche ciò che può aiutare a comprendere la condizione delle donne moderne, che vivono in culture patriarcali. Così, proprio sforzandosi di individuare nel complesso del testo sacro una prospettiva teologica capace di offrire una critica del patriarcato, queste femministe cristiane finiscono anche per intendere l'autorità biblica in modo nuovo. 23 Certo, come è stato opportunamente precisato, lettura del femminile nella Bibbia, femminile, al femminile, femminista non sono sinonimi. Indicano cose diverse, che non si lasciano collocare a cerchi concentrici. Si tratta di approcci, sottolineature diverse. Tuttavia rientrano insieme a comporre questo universo che è il rapporto messo a tema ed esercitato tra donna e Scrittura.24

Nondimeno per alcune donne leggere la Bibbia con la consapevolezza di essere donne resta un'esperienza complessa, a volte dolorosa, a volte esilarante. Dalla lettura della Bibbia fatta in quanto donne insieme ad altre donne si ricava comunque un gran senso di forza. 25

Non bisognerebbe, tuttavia, avere paura o vergogna di parlare di ermeneutica femminista, e non semplicemente femminile o al femminile, della Bibbia.Al di là di alcune posizioni aspre o faziose, un'ermeneutica dichiaratamente femminista non comporta di per sé un'irragionevole ostilità all'uomo, una pregiudiziale tendenziosità partigiana, una prospettiva separatista a oltranza. Femminista è semplicemente quella posizione che riconosce la specificità della soggettività femminile, e non la vuole etero-normata dalla cultura androcentrica. Riconoscere la declinazione del soggetto, però, non significa perciò stesso affermare l'essenziale irrelatezza di uomini e don-

23 K. DooB SAKENFELD, «Gli usi femministi dei testi biblici», in RussEL (ed. ),Interpretazione femminista della Bibbia, 73-87. 24 M.C BARTOLOMEI, «Le donne di fronte alla Bibbia Linee di ermeneutica biblica femminista>>, in Credere oggi 12(1992)2, 71. 25 NEwsoM - RlNGE ( edd. ), La Bibbia delle donne, 11 («Introduzione»).

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ne, anche se vi sono posizioni che vanno in tale direzione.[...] La lettura femnùnile non può che essere femminista, includere ancora in sé, nella propria formulazione, una negazione necessaria a determinare l'affermazione. L'affermazione di un diverso paradigma scientifico frutto di una conversione intellettuale.26

La Bibbia non è il codice nel quale inesorabilmente viene sacralizzata la subordinazione delle donne. Quelle tra loro che sono capaci di leggerla da sé hanno, perciò, anche il dovere di interpretarla da sé. In ogni caso, conta che nella lettura della Bibbia entri in gioco la soggettività femminile. Coordinandosi con l'ingresso delle donne negli studi biblici e teologici, sospinto a sua volta dall'impetuoso incrementarsi dei compiti assunti dalle donne nella società aperta dei nostri giorni, l'ermeneutica biblica femminista intende parimenti sintonizzarsi con il rinnovamento delle Chiese e con lo slancio dell'ecumenismo. Non si tratta allora soltanto di liberare la Parola liberatrice della sacra Scrittura dalle maglie dell'androcentrismo, né semplicemente di portare alla ribalta ed esaltare la presenza e il valore delle figure femminili, che in essa pur non mancano: insieme con questo e al di là di questo bisogna misurarsi con l'integralità del testo biblico e dell'annuncio in esso contenuto per rifiltrarli attraverso l'esperienza e lo sguardo femminili. 27

Quando, però, ci si rende conto che il pensiero di Dio, dell'uomo e del mondo è stato ampiamente e fondamentalmente un pensiero prodotto dal soggetto uomo al maschile e, dunque, si è avuto a che fare con un pensiero segnato ineluttabilmente dalla parzialità di questo maschile, tutto ciò non può non significare pure che finora si è pensato Dio, l'uomo e il mondo in maniera quantomeno insufficiente.28 Se è vero che la soggettività umana è duale e che va pensata la differenza uomo-donna proprio per pensare il soggetto uomo, tutto ciò deve valere anche per pensare Dio. Dio non può essere pensato che dalla soggettività duale del maschile e del femminile. Potremmo perciò dedurne che siamo in presenza quasi di un urgere della richiesta di Dio di farsi pensare e dire dalle donne.29

26 BARTOLO.ME!, «Le donne di fronte alla Bibbia», 75-76. BARTOLOMEI, «Le donne di fronte alla Bibbia>>, 73. 28 BARTOLOMEI, «Introduzione», in BELl..ENZIER - CAVALLO, Le donne dicono Dio, 14. 29 BARTOLOMEI, «Introduzione», in BEIJ..ENZIER- CAVALLO, Le donne dicono Dio, 15.

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Le donne, dunque, dicano Dio. È un dovere dar vita non solo a un'esegesi, ma pure a una teologia femminista. In un primo momento questa teologia sia soprattutto critica, smascherante nei confronti del maschilismo della tradizione teologica. Fatto questo, vale a dire subito dopo la denuncia delle condizioni e dei vincoli, dei divieti e dei tabù imposti alle donne nel pensare Dio, questa teologia femminista osi anche giugere ad affrontare il contenuto stesso di un pensare Dio propositivo e originale da parte delle donne: Il cammino di avvicinamento è compiuto od ormai aperto e segnato; i campi base sono attrezzati. Davanti sta la roccia. 30

Saranno allora le donne o, meglio, le femministe e, nel caso, quelle moderate le uniche persone abilitate ad affrontare la questione della donna e, quindi, nel caso, il problema della donna nella Bibbia? Mentre le donne si mettono all'opera ed elaborano un loro specifico «pensier-o differente» nel pensare teologicamente Dio, gli uomini se ne dovranno stare zitti e quieti? Ma, se accadesse agli uomini di pensare anch'essi qualcosa, dovrebbero rimandare a tempi migliori per paura o per prudenza le loro esternazioni sull'argomento Dio, avendone già parlato troppo, troppo male e troppo a lungo? E se, oltre che un irrinunciabile compito, fosse anche un diritto esclusivo delle donne o, meglio, delle femministe, il tema dell'essere umano in generale, a parte la questione della «misoginia», anche la questione di un'eventuale presenza della «misantropia» nella Bibbia sarebbe invece appannaggio soltanto degli uomini?

1.4. QUALCHE PRINCIPIO ERMENEUTICO Come si sa, per gli ebrei e, a proprio modo, per i cristiani la Bibbia pretende di veicolare una rivelazione. In quanto tale, esige d'essere ritenuta a ogni costo è l'ideale caratteristico di una precisa tradizione filosofica, quella cartesiana. In base a essa il compito della ricerca scientifica consisterebbe nel giungere a trovare degli elementi ultimi e tanto fondamentali da non poter essere ulteriormente ridotti e analizzati. Tali elementi dovrebbero poi rappresentare dei punti di partenza incontestabili per costruire un'argomentazione rigorosa more geometrico demonstrata. Ecco dunque il cogito cartesiano e il suo porsi come pietra angolare nel costituirsi del filone egemone del pensiero filosofico della modernità occidentale. Ma questa ambizione metodologica, che ha tiranneggiato la modernità, è puramente illusoria: non v'è modo di conoscere qualcosa di un «oggetto» senza i presupposti di un «soggetto», e questo vale sempre, perfino nel ristretto ambito delle «scienze della natura», per non dire delle «scienze umane». Sicché, continua Heidegger, l'importante non sta nell'uscir fuori dal circolo, ma nello starvi dentro nella maniera giusta. Il circolo della comprensione [...]non deve essere degradato a vitiosus e neppure ritenuto un inconveniente ineliminabile. In esso si nasconde una possibilità positiva del conoscere più originario.33

Lo si accennava, è lecito, anzi è doveroso sforzarsi di distinguere o, meglio, separare i «pregiudizi» dalle «presupposizioni». Ma non c'è modo di avvicinarsi davvero, criticamente, all' «oggetto» se non prendendo coscienza di quanto è presupposto dal «soggetto» e dalla propria situazione effettuale, concreta, storica. E, tuttavia, l'impossibilità di eliminare ogni preorientamento «soggettivo» del comprendere non è per sé una sventura. Al contrario, la relazionalità tra «soggetto» e «oggetto» è un'immensa possibilità di arricchimento, purché, è ovvio, questa relazionalità si faccia dialogicità incessante e onesta, e non si trasformi invece in distorsione arbitraria e violenta.L'esito più grave della tradizione cartesiana è, infatti, quello di costringere «soggetto» e «oggetto» nella figura del padrone e del servo. La visione moderna, materialistica o idealistica che sia, in ogni caso ha voluto fare dell' «oggetto» (servo) qualcosa che il (padrone) «soggetto» abbia a propria disposizione e possa deciderne, sottomettendolo e manipolandolo.34

33 HEIDEGGER, Essere e tempo, 194s. Cf. a questo proposito D.C. HoY, Il circolo ermeneutico. Letteratura, storia ed ermeneutica filosofica (1978), Bologna 1990. 34 Ci sia permesso di rimandare a questo proposito ad A. MILANo, Rivelazione ed ermeneutica. Karl Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino 1988, 66s, 95-110.

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Orbene questo ius utendi et abutendi, questo presunto diritto di usare e abusare dell' «oggetto» da parte del «soggetto» è straripato dalle cosiddette «scienze della natura» nelle «scienze dello spirito» fino a plasmare di sé pure il metodo storico-critico. Applicato, per esempio, alla Bibbia, questo metodo si adopera in base al presupposto che la massima oggettività dell'intelligenza di un testo potrebbe essere raggiunta solo quando si accantona del tutto qualsiasi dimensione soggettiva e, di conseguenza, anche o, meglio, soprattutto un atteggiamento di «fede». Solamente in una situazione di asettica, assoluta indifferenza, dunque, per principio, senza presupposti di alcun genere, sopra ogni cosa senza alcuna ombra di «fede», un interprete potrebbe e dovrebbe interrogare la Bibbia, potrebbe e dovrebbe costringerla a fornire le risposte che egli desidera, e solo quelle. Un interprete non si dovrebbe mai preoccupare minimamente di chiedersi anche se, per caso, la sacra pagina non ponga, a sua volta, essa stessa delle domande, e proprio a lui. A questo punto l'ideale ermeneutico perfetto, razionale, sarebbe quello consentito soltanto da un tavolo settorio, su cui distendere il cadavere di un qualsiasi testo, tanto più se fosse di tipo religioso, allo scopo di sezionarlo in frammenti sempre più piccoli e così guardarli al microscopio, nel caso, con rigoroso metodo storico-critico. L'optimum a proposito di un testo «religioso» come la Bibbia sarebbe questo: ignorare risolutamente o· non fare per nulla conto di un'eventuale esigenza di cui proprio questo testo, sacro per gli ebrei e i cristiani, pretende di farsi portatore: d'essere cioè essenzialmente «rivelazione» e, pertanto, pure kerygma, annuncio, proclamazione, cioè appello inquietante e coinvolgente.

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Capitolo secondo

BIBBIA E LIBERAZIONE DELLA DONNA

2,1. «DEPATRIARCALIZZARE» LA BIBBIA? Stringendo più da vicino quanto qui interessa, si potrebbe, forse, obiettare che i presupposti caratteristici del femminismo non siano in fondo meno legittimi di tanti altri. E, tuttavia, onestà intellettuale e rigore scientifico impongono di riconoscere che, almeno nel femminismo radicale, l'irruzione del «soggetto» è tale da sottoporre qualsiasi «oggetto», per così dire, a una furia scatenata e devastante. Si dirà che dopo millenni di ingiusta oppressione si può ben trattare di una ribellione sacrosanta. Ma un'ermeneutica selvaggia all'insegna dello ius utendi et abutendi, del diritto di uso e di abuso, non può non portare a nuovi soprusi. Un semplice rovesciamento di ruoli tra sudditi e tiranni, servi e padroni, nel nostro caso, la sostituzione di un mito, quello del patriarcato, con un altro mito parimenti confuso e minaccioso, quello del matriarcato, non sembra di per sé in grado di condurre meccanicamente a un nuovo ordine di uguaglianza, libertà, fraternità o, se si preferisce, e come dicono alcune femministe, «sorellanza». Dopo fin troppe «rivoluzioni» tanto nefaste quanto inconcludenti, per non dire del più recente «terrorismo» violento e disumano, dovremmo averlo imparato una volta per sempre. La tesi femminista radicale di un'ineluttabile, malvagia percezione «androcentrica» della realtà da parte degli uomini non conduce meccanicamente a una serena capacità di lettura «oggettiva», bensì, più banalmente, spinge al suo capovolgimento in una poco benigna visione «ginecentrica» da parte delle donne. Sembrerebbe quantomeno eccessivo supporre che le femministe comprendano autenticamente se stesse e pure gli uomini, escludendo per principio il contributo degli uomini, proprio come, viceversa, sembrerebbe del tutto ingannevole e anzi stupido ritenere ~he gli uomini riescano a comprendere se stessi e anche le donne pure senza l'aiuto delle donne. L'autarchia, in cam-

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po femminile come in quello maschile, non è garanzia dell'intelligenza di se stessi e della trasformazione in meglio del mondo. Più opportuno, più giusto, più fecondo sembra invece un libero, leale, amichevole scambio o, meglio, un dialogo generoso di tutti con tutti. Per quanto concerne, in particolare, l'ermeneutica biblica, sempre al femminismo radicale sembra mancare, e fin dall'inizio, l'apertura, l'interesse per la specifica cosa (res, Sache) di cui è portatrice la Bibbia, quella disponibilità cioè a una sintonia tale che permetta di aprire davvero gli occhi per vedere e le orecchie per ascoltare. La res scripta non coincide con la res de qua agitur o, in altri termini, il «che cosa è scritto» non sempre si identifica con il «che cosa è in gioco» in un testo come la Bibbia. Lo aveva già capito, per esempio, Tommaso d'Aquino, il quale diceva che il compito di un buon interprete non è quello di considerare le parole, bensì il senso. 1

Donde appunto, da sempre, l'urgenza e la fatica, il fascino e la sfida dell'interpretazione. Ma la Bibbia ha l'ambizione non solo di dire qualcosa che valeva per il suo autore tunc, cioè una volta, nel passato, ma pretende anche di proclamare qualcosa che valga per l'uditore della sua parola nunc, cioè oggi, ora. Per attivare il processo del comprendere non ci si può non rapportare al suo testo se non nel modo a esso più congeniale, qualora si voglia davvero che ci parli e, nel caso, ci interpelli. E, tuttavia, qualsiasi ricerca intorno alla Bibbia, insieme ovviamente con la perizia e il rigore metodologici, sarà tantomeno inadeguata e più feconda quanto meno individualistica, più comunitaria e perfino «ecclesiale» (con tutto ciò che questo comporta) sarà la simpatetica apertura al suo «oggetto», condivisa da molteplici e consonanti «soggetti», vale a dire condivisa da donne e insieme da uomini disponibili a spronarsi e cooperare fra loro. Astrarre il tema della donna o dell'amore nella Bibbia e, in più, affidarlo al monopolio di alcuni eletti o, meglio, di alcune elette, più che un arbitrio è, perciò, un fallimento annunciato. L'epopea, che sembra già profilarsi e potrebbe diventare grandiosa, della promozione della donna, si risolverebbe in una tragedia, se non in una farsa, qualora si ritenga che la verità dell'interpretazione venga ipso facto, in modo automatico, garantita a chi, donna o uomo

1 TOMMASO D'AQUINO,

Torino 1951, n. 2321.

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Super Evangelium S. Matthaei XXVII, 1, a cura di R. CA!,

che sia, si impegna o crede di impegnarsi per la propria e l'altrui liberazione. Convincersi che il locus proprius o, se si vuole, il Sitz-imLeben, e cioè l'ambiente vitale in cui si realizza l'autentica ermeneutica della rivelazione divina, diventi qualsiasi gruppo di donne o di uomini che pensano di lottare a favore degli oppressi, senza che si assumano consapevolmente, per così dire, anche la fatica del concetto e il rischio dell'equivoco, è e resta una suprema illusione. Anche in questo caso vale che la verità non è fanatica: o è sinfonica o non è. Il femminismo, tuttavia, potrebbe vantare non pochi e non piccoli meriti. Se contribuisce, fra l'altro, a far prendere coscienza che la Bibbia, a quanto pare, è stata scritta in massima parte da uomini e ne reca anche le tracce più o meno vistose, esso induce comunque a provvedersi di una terapia del sospetto, mettendo all'ordine del giorno il problema di un suo eventuale androcentrismo. Anche se la Bibbia è un libro scritto non solo da «mano umana», ma con occhi, cuore, mente di uomini maschi; per secoli, letto, interpretato, spiegato, studiato, commentato da uomini maschi (al cubo: l'uomo-maschio sacro, autorevole, sapiente, potente, che è il chierico!), «depositum» di una «Chiesa-madre» dal volto maschile,2

tutto ciò vorrà forse dire che, se si è malevoli, la Scrittura è un testo totalmente inutilizzabile o, se si è benevoli, che le femministe saranno le sole autorizzate a individuarne i limiti e, nel caso, a distillarne un residuo liberatorio? In realtà, la Bibbia reca un messaggio trasmesso nella carne e nel sangue della storia, essa stessa è anzi storia. Ma proprio questa è la sua pretesa: d'essere sì «parola umana», ma nella quale risuona pur sempre la stessa «parola di Dio» nella storia, come storia. La Bibbia è «sacra Scrittura>>, che nondimeno ha bisogno di tutti, delle donne come degli uomini, che si impegnano a offrire il proprio contributo, tanto lucido quanto appassionato, affinché si faccia sprigionare dalle sue pagine la scintilla dello Spirito, che chiama a libertà (cf. Gal 5,13; 2Cor 3,17). 3 A partire dai fatidici anni Sessanta del secolo XX, come si è accennato (c. 1.2), si è posto in modo esplicito e vigoroso il problema teorico di come reinscrivere le donne nella storia, ma pure di come

2 M.C. BARTOLOMEI, «Le donne e la Bibbia. Una scoperta reciproca», introduzione all'edizione italiana, in K. WALlER (ed.), Donne alla riscoperta della Bibbia (1986), Brescia 1988, 5. 3 Ci a questo proposito A. MrLANo, «La profezia del laico. Il cristiano come uditore, studioso e testimone della Parola», in Fanne del cristianesimo, Roma 1992, 47-72.

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individuare e tradurre un testo androcentrico in termini non misogini. Che ne è, dunque, oggi della denuncia della «suffragetta» Cady Stanton e della Woman's Bible, secondo la quale non solo le interpretazioni, ma gli stessi testi biblici sonù androcentrici? 4 Al femminismo moderato sembra opportuno, dal punto di vista metodologico, cominciare col mettere fra parentesi il problema generale se la Bibbia sia favorevole o contraria alla causa femminista, e questo fino a quando le donne non avranno occupato un posto di primo piano come operatrici di storia e non si saranno riappropriate completamente del testo sacro. La denuncia di Cady Stanton e della Woman's Bible sarebbe perciò da recuperare, ma insieme da correggere. Ciò equivale a dire che, se si rinuncia al grano pur commisto alla zizzania che troviamo nella Bibbia, non si provocherebbe altro che la persistenza e anzi l'indurimento di quella mentalità androcentrica tipica dell'occidente, secondo la quale l'essere e la storia maschili costituirebbero il paradigma dell'essere e della storia umani in quanto tali. Ma la Bibbia appartiene da sempre anche alle donne! Da sempre esse sono presenti e operanti al suo interno. Sebbene a una lettura superficiale e poco scaltrita esse vi appaiano marginali e passive, in realtà non sono puramente decorative e inerti. Anche se, a quanto pare, non ne hanno scritto neppure un rigo, hanno fatto anch'esse la storia che si narra nella Bibbia e non hanno mai mancato di esserci e di parlare in e da essa, pur entro le spesse e soffocanti bende in cui le ha avvolte la narrazione e la lettura androcentrica.5

In breve, la Bibbia è strutturalmente segnata dalla differenza del femminile e del maschile, dalla dualità irriducibile e insieme correlata in reciprocità vitale di tutti gli esseri umani. La modernità, che ha reso possibile l'emergere pubblico delle donne come «soggetti», non ha però offerto il luogo teorico per pensare l'altro/a e non ha espresso da sé il soggetto-donna; gli studi storici hanno mostrato come le donne siano ricorse alla Bibbia come luogo fontale di simbolizzazione dell'originario come alterità/reciprocità, trasformando così il libro-codice dell'oppressione, al quale gli umani sono assoggettati, in un testo virtuale di liberazione del dirsi del soggetto nella differenza originaria. 6

4

Per l'appellativo di «suffragetta» dato alla Cady Stanton, cf. E. SCHOSSLER F10-

Gesù figlio di Miriam, profeta della Sofia. Questioni critiche di cristologia femminista (1995), Torino 1996, 139. 5 BARTOLOMEI, Le donne e la Bibbia, 6. RENZA,

6 M.C. BARTOLOMEI, «Il soggetto e la parola dell'altro. A proposito della interpretazione femminista della Bibbia», in Annali di storia dell'eseges~ 711: Antropologia e

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D'altra parte, il Dio della Bibbia è quel Differente che crea la differenza dei differenti, quell'Altro che crea l'alterità degli altri, che apre uno spazio a un vuoto pieno di tensione e di intenzione, in cui sussiste la relazione tra i differenti e i differenti sono chiamati a sussistere in relazione e libertà.7

Ecco perché, secondo il femminismo moderato, bisogna adoperarsi a riportare alla memoria quelle «sorelle» del passato che, certo, talvolta furono vittime innocenti, ma insieme furono pure soggetti coscienti e attivi sotto lo stesso regime patriarcale. Si tratterebbe allora di «depatriarcalizzare» la Bibbia, discernendo al suo interno fra testi androcentrici, da una parte, e rivelazione emancipatoria, dal1' altra?8 I primi, i testi androcentrici, in quanto racconti, argomentazioni, proiezioni e selezioni teologiche radicate in una cultura misogina, dovrebbero essere valutati storicamente nel quadro del loro tempo e della loro cultura, ma risistemati teologicamente in base a una scala di valori femminista? 9

La risposta a tutte queste domande da parte delle femministe moderate è che, da un lato, si dovrebbero utilizzare i metodi e i risultati della scienza storica, ma, dall'altro, bisognerebbe proporsi anche le stesse mete della «teologia della liberazione», così sviluppando sia un'analisi critico-testuale sia un'interpretazione biblico-storica di emancipazione.10 Il patriarcato non è necessariamente e inestricabilmente connesso con la rivelazione biblica. Come appare soprattutto in Gesù di Nazaret e nel cristianesimo delle origini, il patriarcato si è potuto affermare solo gradualmente contro le donne. Certo, la Bibbia è stata condizionata dall'ambiente patriarcale in cui è sorta e dal linguaggio androcentrico in cui è espressa e, perciò, ha rappresentato un arsenale dal quale si sono ricavate e continuano a ricavarsi delle armi per subordinare e tener soggette le donne al predominio maschile. Ma proprio

pensiero moderno. In memoria di E.M. Forni. Atti del Convegno internazionale, Fondazione Collegio San Carlo, Modena 15-17 settembre 1988, Bologna 1990, 333. 7 M.C. BARTOLOMEI, «Dio e il paradigma della differenza. Sottrarsi o essere sottratto?», in E. GUERRIERO - A. TARZIA (edd.), L'ombra di Dio. L'Ineffabile e i suoi nomi. Atti del primo Convegno teologico, Cinisello, 15-17 giugno 1990, Cinisello Balsamo 1991, 198. 8 Cf. E. SCHùsSLER FIORENZA, In memoria di lei. Una ricostruzione femminista delle origini cristiane (1988), ed. it. a cura di M. CoRsANI COMBA, Torino 1990, 50. 9 SCHOssLER FIORENZA, In memoria di lei, 82. 10 Cf. SCHùssLER FIORENZA, In memoria di lei, 52.

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questo impone che si elabori un nuovo metodo ermeneutico. Il criterio normativo di questo nuovo metodo, come lo propone una moderata qual è Schtissler Fiorenza, potrebbe essere così formulato: La rivelazione e la verità della Bibbia spesso sono date solo in quei testi e schemi interpretativi che trascendono criticamente le loro cornici patriarcali e che consentono di vedere le donne cristiane come soggetti e «attrici» storiche e teologiche. 11

Soltanto se si ricostruiscono e si reinterpretano la storia e il messaggio della Bibbia alla luce di questo criterio, si può abbattere il muro di silenzio che ha avvolto e bloccato le donne, dischiudendo loro un orizzonte di liberazione. Ed è così che, secondo le femministe moderate, si permette all' «evangelo» di ridiventare «memoria sovversiva» delle sofferenze e delle speranze delle donne del passato e, insieme, «potenza di salvezza» per le donne e per gli uomini del presente e del futuro.

2.2. ESEGESI FEMMINISTA COME «ERMENEUTICA DELlA LIBERAZIONE» Si potrebbe, tuttavia, obiettare che questo nuovo criterio ermeneutico femminista scaturisce da una precisa e decisa presa di posizione, per così dire, esterna alla Bibbia. Come dichiara ancora la Schtissler Fiorenza, l'esperienza di oppressione e liberazione, personalmente e politicamente riflessa, deve diventare criterio di rispondenza per l'interpretazione biblica e di valutazione delle rivendicazioni dell'autorità biblica. 12

Ma donde nasce e dove si fonda il diritto· di usare questo «criterio» per interpretare la Bibbia e per valutarne nientemeno che la rivendicazione della sua autorità? A quanto si vede, posto che gli studi biblici, come qualsiasi altra ricerca, non sono e non possono essere, in linea di principio, letture e ricostruzioni neutrali, l'ermeneutica femminista radicale e talvolta anche quella moderata ne deducono che la Scrittura non può e non deve essere colta come un «oggetto», al quale dischiudersi con apertura dialogica e con rispettosa disponi-

11 SCHùSSLER FIORENZA, In 12 SCHùsSLER FIORENZA, In

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memoria di lei, 52. memoria di lei, 55.

bilità, nel caso prendendo sul serio anche quel messaggio e quell'appello che eventualmente vi sono contenuti. Le femministe, soprattutto quelle radicali, ritengono di dover cambiare con tutti i mezzi le strutture stabili di dominio, sloggiandole dal loro forzato incastonamento nelle relazioni di dominio, esaminando in modo critico lo spazio cultural-religioso del «femminile» in cui operano discorsi di dominio non solo politici, ma anche quelli religiosi e naturalmente pure quelli biblici. Se il «genere», la razza, la classe, le strutture colonialiste sono moltiplicative e interdipendenti, tutti i testi androcentrici e, dunque, anche la Bibbia sono semplici costruzioni culturali, non «dati» rivelati. 13 Ed è in un tale orizzonte che le femministe religiose ritengono di dover elaborare un modello femminista di interpretazione dei testi, che possa rendere giustizia alle lotte comuni delle donne per trasformare il patriarcato religioso e formare, nel caso, una nuova identità religiosa. A questo punto la Bibbia diventa, però, uno strumento a nostra disposizione, che deve render conto della propria dignità e utilizzabilità appunto di strumento in rapporto a un fine che da fuori gli si vuole imporre. Non sarebbe un testo al quale bisogna permettere di essere quello che è e di esprimere quello che intende esprimere, bensì un testo al quale si ingiunge di rispondere solo se e nella misura in cui noi stessi lo vogliamo interrogare: non deve tanto «dire», quanto «obbedire». In breve, la Bibbia non è una parola che si deve lasciar parlare, ma un'arma da far valere per la nostra lotta. E che cosa c'è di più puro e di più nobile della lotta in difesa delle vittime di millenarie ingiustizie, che nel nostro caso sono appunto le donne oppresse? In questa ermeneutica femminista, naturalmente soprattutto in quella radicale, dalla presunzione di un'impossibile assoluta «oggettività» si passa, in realtà, a un'effettiva assoluta «soggettività», tale che, alla fine, non si consente all'«oggetto» di manifestare la propria «soggettività», cioè, nel caso della Bibbia, la propria azione di testo che, eventualmente, proclami qualcosa di originale e di irriducibile. Che ne è allora del «circolo» incessante fra il tutto e le parti, fra precomprensione e comprensione e, più ancora, fra «soggetto» e «oggetto»? Il «circolo» ermeneutico da non poche femministe, naturalmente, soprattutto quelle radicali, viene deliberatamente, risolutamente ignorato o, peggio, infranto. Il particolare non è letto alla luce dell'insieme globale della sacra pagina, e viceversa. C'è un pun-

13 SCHi.issLER FIORENZA,

Gesù figlio di Miriam, profeta della Sofia, 57.

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to e un punto solo di partenza: i presupposti del femminismo. C'è un punto e un punto solo di arrivo: la meta della liberazione. L' «oggetto» testo si fa pretesto o, nella migliore delle ipotesi, garanzia per uno scopo rispetto al quale resta accessorio, non determinante. Ma le femministe non sono «le» donne e tantomeno tutti gli essere umani! Ci si dovrebbe chiedere che cosa si intenda propriamente, soprattutto criticamente, per femminismo e, ancora di più, per liberazione della donna. Tutto questo molte volte sembra secondario, ma in realtà è decisivo. Naturalmente qualche tentativo di definizione non manca. Secondo Letty M. Russel, per esempio, la liberazione è un processo permanente espresso nella dinamìca del «già e non ancora» dell'azione divina nella nuova creazione. 14

Ma è del tutto pertinente, appropriato, sufficiente questo concetto di liberazione, oppure la Bibbia, in generale, e i suoi diversi momenti interni di ).

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storia delle religioni, un «semplice annuncio del vuoto» (K. Barth). Nella «pienezza dei tempi» (Gal 4,4) è, infatti, sopraggiunto qualcuno che ha reclamato per sé tutta la Scrittura d'Israele, il suo popolo, e ne ha preteso il possesso come se fosse stata la sua propria eredità. Si tratta di Gesù di Nazaret, che quella Scrittura non solo l'ha impiegata per spiegare e accreditare sé e la sua missione facendone l'esegesi (Le 24,27), ma ne è stato anzi come !'«ermeneutica» fatta persona. Nella luce della storia di Gesù di Nazaret, nato da donna, morto su di una croce e alla fine datosi a vedere dai suoi discepoli come risorto, si sono potuti ricomprendere la Legge e i profeti in modo paradossalmente fedele e insieme inedito. Perciò dello stesso antico testo biblico già i cristiani della prima ora hanno detto: «questo è stato scritto per noi» (lCor 10,11), per la nostra istruzione (Rm 15,4; lCor 9,10), al nostro servizio (lPt 1,12). Ha dichiarato poi sant'Agostino: Tutto quanto c'è nelle Scritture, risuona di Cristo (Quidquid illarum Scripturarum est, Christum sonat).26

Gli farà eco, fra gli altri, Ugo di San Vittore: Tutta la divina Scrittura è un unico libro, e quell'unico libro è Cristo (Omnis Scriptura divina unus liber est, et ille liber unus Christus est).27

Nonostante tutta la sua interna complessità, evoluzione e, secondo l'ottica cristiana, con il suo protendersi verso un telos, quel «compimento» che è Gesù Cristo, il discorso della Bibbia continua, perciò, a trasmettere qualcosa di significativo e di perennemente valido.Alla fine dei conti, senza respingere, ma, al contrario, discernendo e insieme valorizzando qualsiasi metodo d'esegesi, per la fede cristiana il criterio dell'intelligenza della Scrittura non è se non Gesù Cristo in quanto compreso, interpretato e vissuto per la potenza del suo Spirito nella comunità dei credenti in lui, la Chiesa. In questo stesso orizzonte teologicamente e soprattutto cristologicamente delineato la Bibbia si rivela attraversata da un filone, che potrebbe a buon diritto dichiararsi «personalista». È anche vero che la stessa Bibbia registra che già al suo interno questo filone è stato pesantemente bloccato nelle sue potenzialità e perfino misconosciuto nella sua traboccante, prodigiosa ricchezza. Lungi dall'essere sem-

Jn Ep. lo. ad Parth. 2,1: PL 35,1989. v De arca Dei II, 8: P L 176,642.

26

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pre intellettualmente compreso e storicamente attuato, questo «personalismo» emerge sì da un· passato da rammemorare, ma esso appartiene più ancora a un futuro forse oggi appena intravisto. La critica femminista, perciò, non è sempre distruttiva: ha dalla sua delle buone ragioni e, comunque, costringe a una benefica terapia del sospetto, invitando a «convertire», prima che i paradigmi dell'interpretazione scientifica, la mentalità e, quindi, il comportamento di tutti. A ben vedere, infatti, anche secondo la stessa Bibbia l'umanità non coincide con la maschilità.e la donna, non è relativa all'uomo più di quanto l'uomo non sia relativo alla donna. Come vedremo meglio più avanti (c. 3), più che ciascuno complementare all'altro, donna e uomo sono semmai >, ivi, 1731-1766 [= ThWAT 1(1973), 850-867]; ID., «'ÌS, 'issaà>>, ivi, 469-498 [= ThWAT I, 238-252]; D. Prumss, «Diimii, d'mut>>, in GLAT II(2002), 286-298 [= Th WATII(1977), 267-278]; H. SEEBASS, «NefeS»,in GLATV(2005), 955-983 [= Th WNTV(1986), 532-555]. Si aggiungano pure WH. SCHMIDT, «Br' CREARE», in E. IENNr - C. WESTERMANN, Dizionario Teologico dell'Antico Testamento (1971 ), Torino 1978, 1, 292-295 (= DTA'I); H. Wil.DBERGER, «Sélem IMMAGINE», ivi, 500-506. 14 RrcoEUR, «Pensare la creazione», 59.

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Inoltre le prime parole che Adamo pronuncia all'alba del mondo sono quelle che rivolge a Eva. La Bibbia sembra quasi dirci che è necessaria la comparsa della donna perché l'uomo articoli per la prima volta il linguaggio. Ma è mirabile pure che si tratti del linguaggio dell'eros, l'amore in virtù del quale l'uomo esprime se stesso proprio quando riconosce nella donna l'altro-da-sé, che così lo fa realizzare e manifestare per quello che è. Qualche paio di secoli dopo la stesura finale della Genesi, la «sapienza» d'Israele, senza dubbio meno poeticamente ma con pari convinzione, ribadisce che per l'uomo trovare una donna è trovare la felicità [o il bene o la fortuna] (Pr 18,22).

Lo straordinario «grido di giubilo» di Adamo echeggiato nella Genesi resta, però, una tra le espressioni d'amore più alte e potenti mai pronunciate sulla faccia della terra, verace tripudio da innamorato dinanzi alla sua amata. Vi traluce quanto la Bibbia vuole suggerire fin dall'inizio intorno al venire al mondo e sbocciare dell'eros. Certo, questo termine eros non è originariamente biblico, è anzi volontariamente escluso nella totalità della traduzione greca della Bibbia ebraica, e ciò per una verosimile presa di distanza dalle sue forti implicazioni pagane. Più avanti cercheremo anche di approfondire una tale questione (cf c.11.1). Intanto ci permettiamo di usarlo lungo tutto questo lavoro per far comprendere meglio di quale tipo di amore si intende parlare quando si tratta dell'amore tra uomo e donna sessualmente connotato. Ora, per la fede d'Israele, attestata nella Genesi, così come lungo tutti i documenti biblici, l'eros non è l'irradiazione della potenza di un dio o un semidio o demone, che appartiene a un pantheon politeistico immanente a un cosmo esso stesso sacro. Si può e si deve, invece, ritenere che l'eros è per la Bibbia d'origine divina: risale al volere del Dio unico, totalmente altro e, insieme, creatore di tutto ciò che esiste. In questo specifico orizzonte religioso, l'eros si presenta, perciò, con-creato insieme con la creazione dell'uomo e della donna. Costituisce l'orientamento «creaturale» e, pertanto, «naturale» che scaturisce dal profondo dell'essere umano nello stesso farsi costitutivo della differenza tra maschilità e femminilità ed esplode nell'accadere chiamato innamoramento. Nella costruzione accurata del testo e nella scelta rigorosa dei termini usati dalla Genesi si dovrebbe, fra l'altro, mettere in risalto che Adamo, come nome proprio dell'essere umano al maschile, è usato solo in seguito all'apparizione della donna, l'altro essere umano al femminile (Gen 2,25; 4,25; 5,1.3). La prima donna, a sua volta, rice-

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verà il nome di Eva (Hawah) solo dopo il racconto del dramma della caduta (Gen 3,20). Allora sarà Adamo a imporre questo nome, manifestando in tal modo che, oramai, ben diversamente da prima, egli assumerà nei confronti di Eva una posizione di dominio, di cui prima non v'era la minima traccia. 15 Ma non affrettiamo il passo, torniamo a Gen 2. Qui bisogna pure rilevare un altro dato di non poco conto, che cioè il vocabolo ebraico adam ha un preponderante valore collettivo: significa la specie umana, come il latino homo, e, perciò, nella stragrande maggioranza dei casi va tradotto con «umanità>>, «gli uomini».16 Nella Genesi, prima che compaia la donna, il termine adam non designa, pertanto, un singolo individuo umano di sesso maschile, bensì l'umanità collettiva e, in più, sessualmente indifferenziata. Soltanto insieme con l'esserci della donna emerge anche l'esserci dell'uomo, e viceversa. l.}adam, cioè l'essere umano, non diventa effettivo individuo umano maschile se non allorquando si trova faccia a faccia un altro concreto individuo umano femminile. Dio, dunque, ama tanto l'uomo da farlo diventare quello che è donandogli la donna, e ama tanto la donna da farla diventare quella che è donandole l'uomo: è temerario leggere così Gen 2,22? All'interno del versetto seguente, nello stesso «grido di esultanza», subito dopo le parole poco fa riportate, Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa!

Adamo, infatti, continua: Sarà chiamata donna ('issaa) perché dall'uomo ('fs) è stata tolta (Gen 2,23).

La derivazione così suggerita di 'fs da 'issaa sarà pure una credenza popolare e non un' etimologia scientifica.17 Conta, però, quanto il versetto vuole veicolare, che cioè l'uomo e la donna si presentano insieme nella loro individualità così come nella loro differenza, nella loro costitutiva relazionalità così come nella loro naturale sociabilità. l}uno e l'altra ci sono soltanto quando l'uno è in rappor-

«'Ìs, 'issaà», 477-479,483 [= ThWATL 242-243,245]. MAAss, «Adam», 161 [= ThWATI, 82]. Cf. anche WESTERMANN, Genesis. Biblischer Kommentar, I, 221. 17 Cf., a questo proposito, J. KùHLEWEIN, «'Issa DONNA», in DTAT I, 216, dove però la traslitterazione dall'ebraico dei due termini è resa in modo diverso da BRATSIOTIS, «'Ìs, 'issaà>>, 470 [= ThWAT, I, 239]. 15 BRATSIOTIS,

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to con l'altra, l'uno è insieme con l'altra, e viceversa. La palese somiglianza dei due termini 'fs e 'issaiì allude anche al fatto che l'uomo e la donna hanno pari natura e dignità. Lo stesso impiego di questi termini si apre al significato di marito e di moglie: per la Genesi, è la coppia la piena umanità dell'uomo. Non esiste «l'uomo» se non in astratto: in concreto esistono solo «l'uomo e la donna», «maschio e femmina», come fra poco ci dirà Gen 1,27 e, ancora più in là, troveremo ripetuto in Gal 3,28. «Una sola carne» (basar) (Gen 2,24): ecco la formula tenera e forte, che definisce l'unità che si compie tra la donna e l'uomo nel vincolo dell'eros, che conferma e apre al futuro quel cominciamento costituito dall'innamorarsi, ed è tanto esigente da costringere a spezzare gli stessi legami della famiglia in cui ogni individuo umano nasce e originariamente si situa. Secondo la Genesi, l'uomo è «imperfetto» senza la donna, così come la donna è «imperfetta» senza l'uomo. Ambedue devono integrarsi, armonizzarsi, facendosi appunto «una sola carne», affinché ciascuno diventi ciò che è, e diventi se stesso come persona unica e irripetibile proprio in un rapporto di mutua, solidale, gioiosa ca-appartenenza. Dal momento che, per la Genesi, l'essere maschio e l'essere femmina, così come il divenire coppia, risalgono al volere e all'azione del Dio creatore, ne consegue che il dato della sessualità e il suo uso, il piacere, ma anche la responsabilità del suo godimento, sono e restano una benedizione divina. Certo, i «racconti di creazione» non esibiscono le loro ricchezze senza scavarli con intensa sollecitudine. Ma le intenzioni del testo non sono tanto occultate da sfuggire a un'investigazione diligente. Non occorre uno sguardo d'aquila per intravedere che dentro i versetti della Genesi sono implicate, fra l'altro, la caratterizzazione monogamica del vincolo coniugale e insieme l'apertura alla prole. 18 Sessualità, matrimonio, fecondità sono le dimensioni conseguenti e coordinate dell'«una sola carne», essenzialmente sante e tali perché

18 M. GILBERr, «"Une seule chair" (Gen 2,24)», in Nouvelle Revue Théologique 100(1978), 66-89; M. ADINOLFI, Il femminismo della Bibbia, Roma 1981, 36-59. Oltre ai problemi del genere, della coppia, della prole in generale, per la Genesi si pone anche il problema della famiglia, su cui cf. I. F1sCHER, «Familiengeschichte als Volksgeschichte. Plii.doyer fiir geschlechterfaire Lektiire der "Familienerzlihlungen" der Hebraischen Bibel», in J ahrbuch fiir Internationale Gennanistik 36(2004), 169-182; EAD., «Donne nel1'Antico Testamento», in A. VALERIO (ed.), Donne e Bibbia, Bologna 2006, 161-196, in part. 164-171. Ma a questo proposito non si può neanche trascurare, pei:. contrapposizione, l'«orrore» biblico per l' omossessualità, su cui ci ancora I. F1sCHER, «Uber "die Liebe" in hierarchischen Gesellschaftformen. Sozialgeschichtliche Voraussetzungen zum Verstii.ndnis von Liebe in der Hebrii.ischen Bibel», in M. GJELEN -J. KùGLER ( edd.), Liebe, Macht und Religion. Interdiszipliniire Studien zu Grunddimensionen menchlicher Existenz. Gedenkschrift fiir H. Merklein, Stuttgart 2003, 63-81, in part. 71-77.

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volute e create da Dio. Non è una forzatura scorgere nella presentazione da parte di Dio della donna all'uomo un'allusione al modo della presentazione rituale di una sposa allo sposo. 19 Nello stesso «grido di giubilo» del primo uomo di fronte alla prima donna si potrebbe riconoscere una specie di «formula coniugale», come, non a caso, intorno alla metà del V secolo a.C. sarà interpretato dal profeta Malachia (2,14-16) (cf. c. 6). 20 Uomo e donna non sono, perciò, condannati a essere vicendevolmente di ostacolo, opposizione, rovina, bensì sono benedetti per essere scambievolmente di sostegno, giovamento, salvezza. Mettendo in gioco un suggerimento aristotelico trapiantato da sant' Agostino nella teologia trinitaria cristiana, possiamo dire che, secondo la Genesi, maschio e femmina, uomo e donna sono termini «relativi»: l'uno non sussiste in sé (esse in) senza riferimento all'altro (esse ad). 21 Non c'è, e non può esserci, maschilità se non in un'alterità costitutivamente correlata e solidale con la femminilità, e viceversa. Sempre il grande Agostino, a proposito di Adamo, plasmato dalla terra, e di Eva, tratta dal fianco di lui, splendidamente osserva: E Dio non produsse ciascuno dei due separatamente, congiungendoli poi come stranieri, ma creò l'una dall'altro, e il fianco dell'uomo, da cui la donna fu tratta e formata, sta a indicare la forza nella loro congiunzione. Fianco a fianco, infatti, si uniscono coloro che camminano insieme e che insieme guardano alla stessa meta.22

È onesto, tuttavia, riconoscerlo: se si restasse soltanto nell'ambito letterale di Gen 2-3, faticheremmo a trovare, esplicita e soprattutto consequenziale, la persuasione della parità assoluta dei sessi. Resta che qui si prospetta pure un germe di personalismo e, pertanto, di femminismo. Non è avventato giungere fino a sostenere che questo germe rappresenta, infatti, nella storia della civiltà umana la prima voce levatasi a difesa dei diritti della donna.23

BRATSmns, «'Ìs, 'iSsa», 480 [= ThWNTI, 243]. (1973), tr. e co=ento di L. ALONSO SCHòKEL - J.L. SrCRE DIAZ, ed. it. a cura di G. RAvASr, Roma 31993, 1379-1380. 21 Cf. ArusroTELE, Cat. VII, 8A,30-31; 8B, 21; Eth. Nic. I, 4, 1906A, 21-22; AGOSTINO, De civ. Xl, 10, 1; De Trin. V, 4, 5. Ci sia consentito di rimandare a questo proposito ad A. MILANO, Persona in teologia. Alle origini del significato di persona nel cristianesimo antico, Roma 21996, 273-280. 22 AGOSTINO, De bono coniugali 1, 1: PL 40,374. 23 A. MArnou, Le realtà sessuali nella Bibbia. Storia e dottrina, Casale Monferrato 1987, 85. 19

20 I profeti

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Mentre all'unico Dio della creazione e insieme della salvezza si riconducono l'universo e la storia, alla coppia archetipa di Adamo e di Eva si fa risalire l'unità di tutto il genere umano. Rispetto all'intero mondo, Adamo ed Eva sono la «grande eccezione». Questo status, questa unicità e dignità rispetto a quella di qualsiasi altra creatura mondana (cf. Gen 5,ls; 9,6s) consiste nel loro essere-di-fronte a Dio e nel loro rapportarsi peculiare a Dio, il Dio che è loro amico. È davvero mirabile che questa idea già presente nella Genesi permanga lungo tutti gli scritti biblici. Si tratta di un fenomeno unico nella storia delle diverse culture umane e costituisce una delle massime dimostrazioni dell'wùversalismo dell'antico Israele. 24

3.3. «A IMMAGINE E A SOMIGLIANZA DI DIO». LA CHIAVE ERMENEUTICA DELL'ANTROPOLOGIA BIBLICA Rispetto al racconto poco fa sondato, colmo di immagini spetta· colari, che ha messo in scena la coppia primordiale di Adamo ed Eva (Gen 2-3), il vero e proprio incipit, il primo capitolo del primo libro del Pentateuco e, dunque, l'inizio dell'intera Bibbia d'Israele e poi dei cristiani presenta, a sua volta, la creazione in uno stile del tutto diverso e che, a prima vista, potrebbe anche apparire alquanto astratto. In realtà, la descrizione dell'agire di Dio in Gen 1 si dispiega secondo una scansione potente, ritmata, logica, sviluppata in un crescendo tale da far entrare l'intera divina opera creatrice nel quadro di una settimana conclusa dal riposo sabbatico. In questa stupefacente ouverture di intensa, solenne, abbagliante bellezza, ogni particolare è predisposto in modo da culminare nella creazione dell'uomo così da proclamarlo nei fatti nientemeno che il fine dell'universo: E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine (b'salmenu), a nostra somiglianza (bidmutenu), e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l'uomo (iidiim) a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina (ziikiir neqebii) li creò (Gen 1,26-27).25

MAAss, «'Adam», I, 178 [= ThWATI, 90]. La traduzione greca dei Settanta recita: «Kat'eik6na kaì kath'omofosin», quella latina della Vulgata: «Ad imaginem et similitudinem». In Gen 5,3 si scambiano 24 25

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Ecco la «Magna carta dell'umanità», come ha detto Karl Barth.26 Ecco qui offerta la chiave ermeneutica dei «racconti di creazione» della Genesi e, in fin dei conti, di tutta l'antropologia biblica. Ecco il cuore di quella eccedenza dell'uomo rispetto a qualsiasi altra creatura, un essere cioè in relazione con Dio, incastonato, come scrive Emil Brunner e ripete von Rad, dentro questa grandiosa frase, così lapidariamente semplice che difficilmente ci si può rendere conto che con essa crolla alle nostre spalle tutto un mondo di mito e di speculazione gnostica, di cinismo e ascetismo, di divinizzazione della sessualità e di angoscia sessuale. 27

Una femminista, Susan Niditch, con non minore entusiasmo, aggiunge: Per le lettrici femministe delle Scritture non esiste commento più interessante e telegrafico in merito alla natura dell'essere umano e alla natura di Dio. L'aspetto maschile e quello femminile sono implicitamente parte della prima umanità e un riflesso del Creatore.28

In Gen 1,26-27 colpiscono tante cose. Per esempio, il plurale «facciamo» e il «nostro» per l' «immagine» e la «somiglianza», usato dal soggetto divino della parola e dell'azione. Forse non si tratta né di un plurale maiestatis, né di un plurale deliberationis: Dio non sembra qui parlare come un re che vorrebbe affermare la sua sovranità o manifestare la sua decisione, vale a dire, da una parte, la sua signoria o, dall'altra, la sua volontà, scartando il comune singolare. Il plurale potrebbe, forse, suggerire che Dio prende le proprie decisioni insie-

significativamente le espressioni ebraiche: «Adamo [...] generò a sua somiglianza (bidmiitenii), a sua immagine (b'salmenii), un figlio [...]». 26 K. BAR1H, Kirchliche Dogmatik, III, 2, Ziirich 1950, 35. 27 VoN RAD, Genesi, 71. Cf anche W. BRùGGEMANN, Teologia dell'Antico Testa· mento. Testimonianza, dibattimento, perorazione (1997), Brescia 2002, 587-639, 687-692; Io., Genesi, ed. it. a cura di T. FRANzos1, Torino 2002, Brescia 2002, 53-54. Per il tçma biblico dell'uomo «inimagine di Dio» cf anche GA. JòNSSON, Ihe Image of God: Genesis 1:26-28 in a Century of Old Testament Research, Lund 1968; J.D. BAR1HELEMY, Dio e la sua immagine, Milano 1975; W. SElBEL, «L'uomo come immagine soprannaturale di Dio e lo stato originale dell'uomo», in La storia della salvezza prima di Cristo (= Mysterium salutis, II/2), Brescia 1970, 537-588; E. KAsEMANN, Prospettive paoline, Brescia 1972, 11-53; E.P. DroN, «Rassemblance et image de Dieu, 2: L'Ancien Testament. Les textes sacerdotaux», in Dictionnaire de la Bible. Supplément, X, 1981, 375-403; A.-G. liAMANN, L'homme image de Dieu. Essai d'une anthropologie chrétienne dans l'Église des cinq premières siècles,Paris 1987; K.E. Bj!SRRESEN (ed.),A immagine di Dio. Modelli di genere nella tradizione giudaica e cristiana (1991), Roma 2001. 28 S. NIDITCH, «Genesi», in C.A. NEwsoM - S.H. RiNGE, La Bibbia delle donne, I: Da Genesi a Neemia (1992), Torino 1996, 32.

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me con la sua corte celeste. Senza dubbio alcuno, però, è determinante che Dio stesso dica di voler formare l'umanità come e, dunque, il «noi» di uomo e donna, sono il riflesso dello stesso «lo» divino. Uomo e donna sono posti dinanzi a Dio come persone per udire lui e obbedire a lui nella loro singolarità, come nella loro reciprocità. È, in fondo, su questo prisma di implicazioni personalistiche diffuse a piene mani nella Genesi che sta il fondamento dell'incomparabile peculiarità della specie umana tra tutte le altre specie viventi dentro la magnificenza del cosmo. Continuando a spingere lo sguardo, in particolare dentro Genesi 1,26-27, vi si può scorgere pure l'attestazione che, proprio perché nell'insieme di donna e uomo si raggiunge il massimo della comunione interpersonale, questo essere coppia potrà simbolicamente raffigurare anche il massimo della situazione dialogale di Dio con l'umanità. Come vedremo più innanzi, lo affermeranno con chiarezza i profeti d'Israele,

29 W. ZrMMERLI, Rivelazione di Dio. Una teologia dell'Antico Testamento (1963), Milano 1975, 19-107; R. DE VAux, Histoire ancienne d'Israel, I, Paris 1971, 334-337; G. VON RAD, Teologia dell'Antico Testamento, I, Brescia 1972, 212-213; W. EICHRODT, Teologia dell'Antico Testamento, I, Brescia 1979, 188-193;A. RonRìGUEZ CARMONA, La religione ebraica. Storia e teologia (2001 ), Cinisello Balsamo 2005, 38-42.

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fra essi al primo posto Osea e poi Geremia, Ezechiele, il cosiddetto Trito-Isaia, e più in là, a proprio modo, anche il NT (cc. 4; 11.6). Secoli dopo la redazione della Genesi, proprio il tanto bistrattato Siracide, commentando i «racconti di creazione» della Genesi e coordinandoli con la storia dell'elezione e dell'alleanza con Israele, proclamerà con commossa ammirazione lo splendore dell'opera di Dio. Sfatando ancora una volta la bruciante accusa di maschilismo, egli scorgerà l'immagine divina nell'uomo precisamente nell'autocoscienza e nell'autodeterminazione caratteristiche della specie umana in generale, senza escludere ovviamente la stessa donna: Il Signore [...] assegnò agli uomini i giorni contati e un tempo fissato, diede loro il dominio di quanto è sulla terra. Secondo la sua natura li rivestì di forza, e a sua immagine li formò.[ ...] Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore diede loro perché ragionassero. Li riempì di dottrina e di intelligenza e indicò loro anche il bene e il male. Pose lo sguardo nei loro cuori per mostrare loro la grandezza delle sue opere. [... ] Inoltre pose davanti a loro la scienza e diede loro in eredità la legge della vita. Stabilì con loro un'alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti (17,2-3.5-7.8-10).

Mentre in diverse culture e religioni la donna la si assimila volentieri alla terra, la Genesi la collega invece con la vita: secondo il suo nome di natura, la donna è Eva (Hawah ), «la Vivente» e la «Madre di tutti i viventi» (Gen 3,20). Ma in tal modo si pone anche, una volta per sempre, il fondamento materno del venire al mondo di ogni essere umano. Certo, dopo il peccato, la donna trasmette la vita con sofferenza (3,16). In ogni caso, la donna trionfa sulla morte, assicurando la continuità della specie. Un giorno, anzi, la sua posterità schiaccerà la testa dello stesso mortale nemico suo e dell'uomo, quella del serpente, l'antico, quello che è chiamato diavolo e satana.

La stessa vittoria, secoli dopo, in consonanza con Gen 3,1, la proclamerà, a sua volta, l'ultimo libro della Bibbia cristiana, l' Apocalisse (12,.9) (cf. c. 10). Tirando in qualche modo le somme di quanto fin qui scandagliato, si potrebbe, perciò, avanzare la tesi che, paradossalmente, proprio il simbolo femminile di Eva presentato dalla Genesi contesta la tesi dell'intrinseca irrecuperabilità della Bibbia a un discorso de dignitate mulieris, purché, naturalmente, non si serrino gli occhi per non vedere e non ci si tappino le orecchie per non udire. Almeno per i tempi ai quali risalgono i testi biblici, Eva, figura primordiale di ogni donna che viene in questo mondo, esibisce quanto di meno misogino 71

ci si possa aspettare. A questo punto, parlare di antifemminismo più o meno viscerale della Bibbia sarebbe semplicemente da insipienti.

3.4. IL PARADISO PERDUTO O DELLA STORIA UMANA Si dirà che il discorso fin qui svolto è monco o, nel caso, vero solo a metà. Si trova, infatti, nella Genesi, insieme con l'elogio, anche la denigrazione della donna. A lei si attribuisce il ruolo peggiore nel racconto della caduta, la vicenda del cosiddetto «peccato originale». Poiché, secondo l'ovvio maschilismo dell'autore biblico, Adamo non poteva cadere lui nel tranello della tentazione, non poteva farsi lui raggirare dal serpente, la più astuta di tutte le bestie (Gen 3,1),

la seduzione e l'inganno potevano far presa soltanto sulla donna, lei sì ingenua e sventata. Tuttavia, non è infondato sostenere che questa caratterizzazione della femminilità non vuole suggerire che la donna sia di per sé povera di intelligenza e ricca di cattiveria, quasi che sia lei per necessità meno dotata o più malvagia dell'uomo. Nella logica del gioco delle parti distribuite dalla Genesi la donna sembra semplicemente più portata a essere curiosa, come pure a fidarsi e affidarsi a chiunque, perfino al maligno. Se è per la divisione dei compiti così stabiliti che la donna da sedotta si fa seduttrice, prima ancora, però, è la donna che si fa protagonista, non l'uomo. Non senza acutezza una femminista ha osservato che nella Genesi la donna non è la facile, stupida preda di un demone ammaliatore, ma colei che inizia l'azione, sceglie la conoscenza e, perciò, è lei che si fa portatrice di cultura: Si tratta di una questione di grande rilevanza, proprio com'è importante comprendere che essere la persona curiosa, quella che ricerca la conoscenza, ne sperimenta i limiti, significa essere la quintessenza stessa dell'umano, stando ai tratti delle molte/i delle eroine e degli eroi portatrici/ portatori di cultura della Genesi. 30

La presentazione da parte di Dio della donna all'uomo, le parole d'entusiasmo del primo uomo dinanzi alla prima donna, la prospettiva del farsi «una sola carne» evocano l'esultanza del ricono~

30 NIDITCH, «Genesi», 34. Ma per tutta la storia del paradiso e della caduta cf., fra gli altri, voN RAD, Genesi, 88-128; BEAUCHAMP, L'Uno e l'altro Testamento, 2, 105-152.

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scersi differenti e, insieme, fatti per accogliersi, l'evento dell'innamorarsi, la festa delle nozze, la gioia dell'apertura alla prole. Ma la narrazione simbolico-sapienziale della Genesi doveva pur avanzare la spiegazione «eziologica» del come e perché, nei fatti, fra uomo e donna non si sperimenta sempre uno stato di felicità «paradisiaca». Al contrario, troppo spesso fra loro si scatenano e sembrano persino prevalere l'incomprensione, il conflitto, la violenza. La soluzione fornita dalla Genesi non è ingenua, ma realistica: la storia umana non si svolge come Dio vuole che si svolga e, in fondo, noi stessi desidereremmo che si svolgesse. Il disordine, nel quale si vive, non dipende dal progetto divino, ma scaturisce dalla ribellione a Dio ca-implicata nel fallimento della libertà umana messa alla prova, e che incide nel profondo dello stesso rapporto fra uomo e donna. Il peccato commesso insieme non unisce di più uomo e donna, bensì li separa e li fa persino diventare nemici. Se, secondo la Genesi, per giustificarsi, l'uomo nega la propria responsabilità nel cedimento alla tentazione e accusa la donna di averlo trascinato al male, in una certa nùsura l'uomo ritratta davanti a Dio quello che aveva detto di sentire per la donna al principio, quando l'aveva ricevuta da Dio (Gen 3,12). [... ]'"fra l'uomo e la donna viene così a costituirsi un rapporto di natura diversa che, per così dire, entra in vigore con le parole di Dio alla donna (Gen 3,16). In questa nuova situazione la donna viene sottoposta alla signoria dell'uomo.31

Come è stato osservato, a essere rigorosi in Gen 1-3 non si configurerebbero due «stati» successivi, dei quali uno solo sarebbe primordiale, quello della creazione nell'innocenza, e l'altro, la caduta, che apparterrebbe alla storia. La cesura, che divide ciò che è primordiale da ciò che è storico, non passerebbe attraverso il racconto, ma separerebbe l'intero arco di avvenimenti, che comprende la proibizione, la tentazione, la trasgressione, la condanna, da tutte le storie di disobbedienza attribuite in seguito a Israele o alle