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Dentro le scienze della terra
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Alba Gainotti Alessandra Modelli

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Dentro le scienze della Terra Terza edizione di Questo pianeta

SU WWW.ONLINE.ZANICHELLI.IT itinerari geologici attraverSo l’italia (96 pagine)

SCIENZE

Alba Gainotti Alessandra Modelli

Dentro le scienze della Terra Terza edizione di Questo pianeta

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Realizzazione editoriale: – Redazione: Paola Sardella, Anna Tonet, Centro Servizi Archeometria srl – Progetto grafico e impaginazione: Chia Lab; progetto grafico: Beppe Chia; impaginazione: Jessica Cantoni – Disegni: Luca Tible, Graffito, Claudia Saraceni e Thomas Trojer – Ricerca iconografica: Valentina Romagnoli Contributi: – Prima stesura aperture ed esercizi: Roberto Greco – Glossario: Paola Sardella, Centro Servizi Archeometria srl – Revisione unità A1-A3: Davide Cenadelli Copertina: – Progetto grafico: Miguel Sal & C., Bologna – Realizzazione: Roberto Marchetti – Immagine di copertina: Netfalls/Shutterstock Prima edizione: marzo 2010

Le correzioni di eventuali errori presenti nel testo sono pubblicate nella sezione errata corrige del sito dell’opera (www.online.zanichelli.it/dentrolescienzedellaterra) Zanichelli editore S.p.A. opera con sistema qualità certificato CertiCarGraf n. 477 secondo la norma UNI EN ISO 9001: 2008

Alba Gainotti Alessandra Modelli

Dentro le scienze della Terra Terza edizione di Questo pianeta

SCIENZE

A

Indice

1

Il Sistema solare

1 2

In viaggio nello spazio A12 La sfera celeste A13 > Nascita, vita e morte di una stella A16 Le galassie sono giganteschi ammassi di stelle A17 A18 Pianeti vagabondi Come si muovono i pianeti attorno al Sole A20 Che cosa trattiene i pianeti in orbita attorno al Sole? A22 Di che cosa è fatto il Sistema solare? A23 A24 Una stella chiamata Sole I pianeti rocciosi A26 I pianeti gassosi e i pianeti di ghiaccio A28 La Luna: la compagna su cui il tempo si è fermato A31 > Corpi erranti nel Sistema A32 solare Per ricordare A34 Test A35 Esercizi, domande e problemi A36 Un passo in più, A37 impara a imparare 10 esercizi interattivi

3 4 5 6 7 8 9 10 11

Introduzione alle scienze della Terra 1 2 3

4

Credenze, miti e spiegazioni scientifiche Le scienze naturali e il lavoro degli scienziati Ipotesi e teorie sono discusse e accettate, o talvolta accantonate Le scienze della Terra

2

Il pianeta Terra

1 2 3

La forma della Terra I moti della Terra: la rotazione I moti della Terra: la rivoluzione Le stagioni > L’orologio celeste e il calendario I movimenti della Luna > Sole e Luna oscurati: le eclissi Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare Animazione. Le fasi lunari 10 esercizi interattivi

4

2 4

5 7

La Terra nello spazio

5

A40 A42 A44 A45 A49 A50 A51 A52 A53 A54 A55

IV Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

3

Rappresentare la superficie terrestre

1 2

L’orientamento Meridiani e paralleli forniscono un utile reticolato immaginario La longitudine e la latitudine I fusi orari Le carte geografiche > Le regole per costruire una carta geografica Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare 10 esercizi interattivi Mappa di sezione

3 4 5

A58

A60 A61 A63 A65 A66 A68 A69 A70 A71 A72

B

Il sistema Terra

1

La sfera dell’aria

1 2

Le sfere della Terra Spessore, densità e temperatura dell’atmosfera L’aria che respiriamo Le malattie dell’aria Il peso dell’aria > L’inversione termica I venti Le celle convettive e i venti a scala planetaria Il moto di rotazione della Terra fa deviare i venti > I monsoni Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare Animazione. I venti, le brezze e le celle convettive 10 esercizi interattivi

3 4 5 6 7 8

C 3

La sfera dell’acqua

1

Il modellamento

B4

1

1

B5 B8 B10 B13 B14 B16

2

Le acque della Terra formano l’idrosfera B48 L’acqua, un composto straordinario B49 Le proprietà dell’acqua B50 Il ciclo dell’acqua B52 Le acque salate B53 I movimenti del mare: correnti, onde e maree B54 > El Niño B57 Le acque dolci dei ghiacciai, dei fiumi e dei laghi B58 Le acque sotterranee B61 L’acqua dolce: un bene prezioso B62 Per ricordare B64 Test B65 Esercizi, domande e problemi B66 Un passo in più, impara a imparare B67 Animazione. Il ciclo dell’acqua Animazione. La formazione delle falde sotterranee e la relazione con i corsi d’acqua 10 esercizi interattivi

Il modellamento è il risultato di forze contrapposte C4 La degradazione delle rocce C6 C7 L’alterazione chimica L’azione modellante dei corsi d’acqua C10 > Il paesaggio carsico C11 L’azione modellante dei ghiacciai C12 L’azione modellante del mare e del vento C13 Le frane e il rischio idrogeologico C15 Il suolo C16 C18 Il ciclo delle rocce C20 Per ricordare Test C21 Esercizi, domande e problemi C22 Un passo in più, impara a imparare C23 Animazione. Il ciclo delle rocce 10 esercizi interattivi

7 B18 B19 B20 B21 B22

1

Come si formano e si dissolvono le nuvole B26 I vari tipi di precipitazione: pioggia, neve e grandine B27 Le aree cicloniche e anticicloniche B29 Il tempo atmosferico e le perturbazioni B30 B31 Il clima Il clima e il tempo in Italia B34 > I cicloni tropicali B35 > Le previsioni meteorologiche e le carte del tempo B37 Il clima del passato B39 Il clima del futuro B41 Per ricordare B42 Test B43 Esercizi, domande e problemi B44 Un passo in più, impara a imparare B45 Animazione. La formazione delle nuvole, della pioggia e della grandine 10 esercizi interattivi

4 5 6

7 8

8 9

B23

Il tempo e il clima

3

3 4 5 6

B16

2

2

Le dinamiche della Terra

4

La sfera delle rocce

1

La struttura interna della Terra Le rocce della crosta Le rocce magmatiche Le rocce sedimentarie > Le evaporiti e la «crisi di salinità» del Mediterraneo Carbone e petrolio Le rocce metamorfiche: rocce «sepolte» e «arrostite» > Le rocce d’Italia I minerali La struttura cristallina Come riconoscere i minerali > Com’è fatta la materia: atomi e molecole Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare 10 esercizi interattivi Mappa di sezione

2 3 4

5 6

7 8 9

B70 B71 B72 B76 B78 B79 B81 B82 B83 B84 B86 B88 B92 B93 B94

2 3 4

5 6 7 8 9

2

I vulcani

1 2 3 4 5 6

Il calore interno della Terra C26 Vulcani, magmi e lave C27 I magmi basici C29 I magmi acidi C30 La forma degli edifici vulcanici C32 Le forme secondarie dell’attività vulcanica C34 Il rischio vulcanico C34 > L’Italia è terra dei vulcani C36 Per ricordare C38 Test C39 Esercizi, domande e problemi C40 Un passo in più, impara a imparare C41 Animazione. L’attività vulcanica esplosiva ed effusiva e i tipi di vulcani 10 esercizi interattivi

7

B95 B96

V Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

3

I terremoti

1

Le rocce si possono piegare e spezzare Le pieghe e le faglie Diversi tipi di faglia I terremoti L’energia di un terremoto si propaga sotto forma di onde > La furia dello tsunami I vari tipi di onde sismiche Come si misura la forza di un terremoto? Il rischio sismico: previsione e difesa Le onde sismiche ci fanno conoscere l’interno della Terra > In Italia la terra trema Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare Animazione. La registrazione di un terremoto 10 esercizi interattivi

2 3 4 5

6 7 8 9

4

1 2 3 4 5 6 7 8

9

C44 C45 C46 C47 C49 C50 C51 C52

5

La storia della Terra

1 2

I processi di fossilizzazione I fossili sono gli archivi del passato > Una pagina di storia geologica delle Dolomiti La lettura degli strati I fossili guida Datazione relativa e assoluta La storia della Terra e della vita Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare 10 esercizi interattivi Mappa di sezione

C53 C54 C55 C56 C57 C58 C59

La litosfera in movimento La distribuzione di vulcani e terremoti Le dimensioni e i movimenti delle placche I margini divergenti I margini trascorrenti I margini convergenti La collisione tra blocchi continentali genera montagne Dalla deriva dei continenti al paleomagnetismo I punti caldi e i movimenti delle placche > Le prove di Wegener Il motore delle placche risiede nelle correnti convettive del mantello > La litosfera si muove anche in senso verticale Per ricordare Test Esercizi, domande e problemi Un passo in più, impara a imparare

Animazione. Collisione tra placche e formazione di una catena montuosa Animazione. L’espansione dei fondi oceanici e il paleomagnetismo 10 esercizi interattivi

C62 C63 C64 C66 C66 C68 C70

3 4 5 6

C82 C83 C85 C86 C87 C88 C89 C92 C93 C94 C95

Sul sito sono disponibili anche i seguenti materiali

C96

File in formato .pdf degli itinerari geologici d’Italia 1 La Valle d’Aosta e il Piemonte settentrionale 2 Le Alpi e le Prealpi lombarde 3 Il Trentino e le Dolomiti 4 Itinerari veneto-friulani 5 La Liguria tra Alpi, Appennini e mare 6 Nelle valli dell’Appennino romagnolo e umbro-marchigiano 7 La provincia vulcanica tosco-laziale 8 I vulcani del Golfo di Napoli 9 Puglia e Basilicata: dalla crosta indeformata alla catena appenninica 10 Un frammento delle Alpi in Calabria: «coast to coast» dal Tirreno allo Ionio 11 La Sicilia vulcanica 12 La Sardegna e le sue rocce

C75 C76 C77 C78

Animazioni A2 Le fasi lunari B1 I venti, le brezze e le celle convettive B2 La formazione delle nuvole, della pioggia e della grandine B3 Il ciclo dell’acqua B3 La formazione delle falde sotterranee e la relazione con i corsi d’acqua C1 Il ciclo delle rocce C2 L’attività vulcanica esplosiva ed effusiva e i tipi di vulcani C3 La registrazione di un terremoto C4 Collisione tra placche e formazione di una catena montuosa C4 L’espansione dei fondi oceanici e il paleomagnetismo

C79

10 esercizi interattivi per ogni unità

C71 C73

C74

VI Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Guida allo studio Il testo è suddiviso in tre sezioni, ciascuna composta da unità. L’Introduzione ti spiega come lavora lo scienziato e ti introduce allo studio delle scienze della Terra. Ogni sezione si apre con l’indicazione dei prerequisiti necessari per affrontare lo studio della sezione e degli obiettivi, che ti aiutano a capire qual è l’oggetto di studio delle unità. sezione A La Terra nello spazio Si sofferma in particolare sul Sistema solare per analizzare la posizione e le caratteristiche della Terra rispetto agli altri corpi celesti. sezione B Il sistema Terra Affronta lo studio delle sfere dell’aria, dell’acqua e delle rocce per sottolineare come la loro presenza e interdipendenza abbiano determinato l’unicità del nostro pianeta e creato le condizioni per lo sviluppo della vita. sezione C Le dinamiche della Terra Affronta lo studio delle forze che agiscono sulla crosta terrestre dall’interno e dall’esterno, generando vulcani e terremoti e modellandone la superficie. Il volto attuale della Terra è il risultato di una lunga storia evolutiva di cui restano le testimonianze nelle rocce.

VII Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Ogni unità si apre con brevi schede che hanno lo scopo, con immagini e domande, di farti entrare in argomento in maniera attiva stimolando la tua curiosità e verificando quanto già sai.

Nella pagina ag iniziale di ogni unità le domande in colonna ti introducono agli argomenti e trovano risposte sintetiche nella rubrica p per ricordare a fine unità.

La rubrica p prova a ffare ti invita a cimentarti ta con esperienze pratiche tiche di facile esecuzione per imparare «facendo».

Le vignette iintegrate nelle figure ti forniscono immagini «parlanti» che aiutano la memorizzazione.

In fondo a ogni paragrafo dell’unità ti vengono proposte alcune domande pe per fissa fissare i concetti più significativi.

Ogni unità si chiude con una serie di test e di esercizi, i con cui potrai verificare le conoscenze e le competenze acquisite.

La a rubrica un passo in più, impara mpara a imparare contiene esercizi più complessi che richiedono capacità di approfondimento e di ricerca. Propone inoltre un esercizio in lingua per abituarti all’uso dell’inglese scientifico.

VIII Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Alla fine del libro si trova un glossario con le definizioni dei termini scientifici che hai incontrato nello studio dei vari argomenti e l’indicazione delle pagine del testo in cui trovi le spiegazioni di questi termini.

Introduzione alle scienze della Terra

A

B

La Terra non è sostenuta sulle spalle del titano Atlante come narra la mitologia greca. Il nostro pianeta è una sfera di roccia che viaggia libera nello spazio, apparentemente senza peso, e non necessita, come sappiamo, di alcun appoggio. Terremoti ed eruzioni un tempo venivano spiegati con la collera di certe divinità. Secondo una leggenda delle Hawaii, è l’iraconda dea Pele a governare l’attività dei vulcani squarciando crateri e scagliando fiotti di lava: a testimonianza della sua presenza, i capelli sono sparsi qua e là sulla nera roccia. In realtà i «capelli di Pele» sono filamenti vetrosi di lava solidificata. Oggi, grazie alle indagini scientifiche, abbiamo gli strumenti intellettuali per interpretare i fenomeni che sconvolgono il nostro pianeta senza ricorrere a miti o leggende. Imparare a guardarsi intorno per riconoscere i fenomeni, capire le loro relazioni, comprendere le teorie interpretative è quanto si propone questo corso di scienze della Terra. Gli argomenti sono organizzati in modo da mostrare come tutte le manifestazioni dell’attività del nostro pianeta siano legate tra loro in un unico sistema dinamico, il sistema Terra. Che si tratti della posizione del nostro pianeta nell’Universo o della formazione delle rocce, dei cambiamenti climatici o della distribuzione delle acque, dei terremoti o delle eruzioni vulcaniche, ti invitiamo a entrare con la tua giovane mente Dentro le scienze della Terra.

C

Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

1

Introduzione alle scienze della Terra

1 A

Credenze, miti e spiegazioni scientifiche

i piedi delle Alpi in Valchiavenna, accanto a una chiesa nel fondovalle, si trova un enorme masso di pietra, così grande che nessuno sarebbe in grado di smuoverlo. Un tempo si narrava che fossero state le streghe a spingerlo con i piedi fin lì, per distruggere la chiesa e uccidere i fedeli raccolti in preghiera all’interno. Fortunatamente, l’intervento divino arrestò il masso nel prato accanto alla chiesa, risparmiandola insieme ai fedeli. A riprova dell’avvenimento, sulla roccia del masso sarebbero rimaste visibili le impronte delle mani e dei piedi delle streghe che lo avevano spinto (figura 1). a

Molti sono i massi, come quello della Valchiavenna, che costellano le piane delle valli alpine in Europa e nel Nord America. Essi sono chiamati massi erratici (dal latino errare=vagare). La loro presenza nei luoghi più incredibili (ce n’è uno persino a New York in Central Park) è rimasta a lungo un mistero. Da dove provenivano, come avevano fatto ad arrivare lì, dove si trovavano? A metà dell’Ottocento, il geologo svizzero Louis Agassiz ipotizzò che i massi erratici fossero stati trasportati lontano dai luoghi d’origine da antichi ghiacciai. Cosa mai pensata prima, egli suppose che nel passato, enormi calotte di ghiaccio si estendessero dal Polo nord a gran parte dell’Europa. Dalle vette, che delimitavano i bacini di raccolta della neve che alimentavano i ghiacciai, talvolta franavano pezzi di roccia. Inglobati nel ghiaccio, i massi venivano trasportati verso la pianura dal ghiacciaio in movimento verso valle. Quando con il rialzo delle temperature i ghiacci si ritirarono, i massi rimasero abbandonati sul terreno. La spiegazione di come i massi erratici erano arrivati al fondovalle fornita da Agassiz è un esempio di spiegazione scientifica. Infatti, per giungere alla soluzione del problema, Agassiz fece osservazioni ed elaborò ragionamenti che lo indussero a formulare un’ipotesi. Per verificarla, organizzò esperimenti che anche altri potevano compiere al fine di controllarne i risultati.

b

figura 1. ñ (a) Masso erratico di Giavera in Valchiavenna. (b) Secondo una leggenda il masso erratico era stato spinto verso valle dalle streghe. Le cavità, interpretate come impronte delle mani delle streghe, sono state scavate dagli agenti atmosferici. Oggi i massi erratici, considerati veri e propri monumenti dell’era glaciale, sono protetti da una legge, ma per millenni, essendo «a portata di mano», sono stati scalpellati, sfruttati, e riutilizzati come materiali da costruzione.

figura 2. ïî Agassiz dimostrò il moto del ghiaccio nel ghiacciaio dell’Aar, sulle Alpi, piantando in esso dei paletti e misurando di quanto si erano spostati dopo un certo tempo.

2 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Introduzione alle scienze della Terra

In particolare lo scienziato: ● aveva notato che un capanno costruito su un ghiacciaio in corrispondenza di uno sperone roccioso, nel corso di un decennio si era spostato verso valle di varie centinaia di metri: pensò dunque che il ghiacciaio si muovesse per gravità verso il basso. Per dimostrare la validità di questa idea, Agassiz conficcò nel ghiaccio dei picchetti e controllò, rispetto a un corpo di riferimento, la posizione da essi occupata dopo un certo tempo. Poté così constatare che i picchetti si erano spostati di alcune decine di metri in un anno (figura 2);

● aveva inoltre osservato che la roccia dei massi erratici era diversa da quella del fondovalle su cui erano adagiati. In particolare, egli notò che alcuni massi erano di granito, mentre la roccia che costituiva le pareti della valle erano di calcare. Ciò, pensò, era dovuto al fatto che i massi provenivano dalle cime che delimitano più a monte il bacino di raccolta della neve del ghiacciaio e che avevano una natura rocciosa diversa. Per verificarlo, Agassiz prelevò alcuni campioni di roccia dalle cime più a monte e constatò che erano di granito. Ebbe così la conferma che quanto pensava era corretto: i massi erratici provenivano da monti distanti anche decine di kilometri (figura 3). masso che si stacca

a

b il masso è trasportato dal ghiaccio

figura 3. ñï Agassiz osservò che in un ghiacciaio (il ghiacciaio di Bosenlani nelle Alpi Svizzere) che scorre in una vallata le cui pareti sono di calcare, i grandi massi trasportati erano di granito, lo stesso tipo di roccia delle vette del monte che delimitava a maggiori altezze il bacino di raccolta delle nevi (il monte Wetterhorn). I disegni (a), (b) e (c) illustrano il trasporto di un masso in un ghiacciaio. Nella foto il ghiacciaio della Lex Blanche nel Massiccio del Monte Bianco. Secondo Agassiz la Svizzera a quel tempo era come l’attuale Groenlandia coperta da una calotta di ghiaccio.

c masso erratico

3 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Introduzione alle scienze della Terra

2 L

Le scienze naturali e il lavoro degli scienziati

e scienze naturali sono una forma di conoscenza che non si affida a spiegazioni basate su miti o credenze popolari. Esse spiegano i fenomeni, osservabili e descrivibili da chiunque, facendo ricorso unicamente a fattori e cause naturali, secondo un ragionamento logico che deve essere supportato da un gran numero di osservazioni e di prove. Le prove possono essere raccolte «sul campo», come nel caso precedente, oppure possono essere raccolte in laboratorio attraverso la pianificazione di esperimenti nei quali gli scienziati cercano di simulare in tutto o in parte il fenomeno che stanno indagando. I risultati ottenuti sono comunicati ad altri scienziati che si occupano dello stesso problema. Questi ultimi potranno fare le stesse osservazioni e operare attraverso gli stessi procedimenti, in modo da verificare loro stessi i risultati. Alla fine, le ipotesi avanzate per spiegare il fenomeno sono accettate dalla comunità degli scienziati o accantonate.

a cui appartiene

Comunità scientifica

L’ipotesi avanzata da Agassiz, secondo la quale nel passato della Terra vi era stato un lungo periodo di gelo con grande espansione delle calotte polari, inizialmente disorientò gli scienziati dell’epoca che ritenevano il clima della Terra stabile nel tempo. In seguito, le osservazioni e le prove da lui raccolte furono ripetute da altri scienziati che confermarono i suoi risultati. In tempi recenti, numerose ricerche non solo hanno confermato la sua ipotesi, ma hanno anche dimostrato che negli ultimi due milioni di anni sulla Terra vi sono stati periodi caratterizzati da temperature molto più basse di quelle attuali. A questi periodi è stato dato il nome di glaciazioni. L’ipotesi di Agassiz, arricchita di ulteriori prove, costituisce oggi la teoria delle glaciazioni. Il lavoro degli scienziati è complesso e richiede intuizione, pazienza e capacità di confrontarsi con gli altri scienziati. Possiamo cercare di descriverlo aiutandoci con lo schema di figura 4.

Lo scienziato

figura 4. ò Schema che descrive il metodo di lavoro di uno scienziato,

Osserva il fenomeno, raccoglie dati e si pone degli interrogativi

che è accettata dalla L’ipotesi confermata con altre prove diventa una teoria

Formula un’ipotesi interpretativa

Altri scienziati che verificano i risultati

Organizza esperimenti per verificare l’ipotesi

Raccoglie i risultati

che viene letta da

Pubblica il suo lavoro su una rivista scientifica

4 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Ripensa all’ipotesi di partenza

se i risultati non lo soddisfano

Introduzione alle scienze della Terra

3 N

Ipotesi e teorie sono discusse e accettate, o talvolta accantonate

ella storia della scienza è successo spesso che ipotesi ardite e innovative, presentate per la prima volta, siano state contestate e persino dileggiate (figura 5). Il progresso scientifico è costellato di dispute e discussioni. Nel confronto tra idee contrapposte, alcune ipotesi o teorie, di fronte all’evidenza dei fatti, sono state accantonate. Altre costituiscono ancora oggi oggetto di dibattito tra gli scienziati. Altre ancora, quelle sostenute da un gran numero di dati e prove sperimentali, sono state accettate dall’intera comunità scientifica. Ma non è detto che lo siano per sempre. Ed è naturale che sia così. La scienza, infatti, non dà certezze assolute o risposte definitive. Essa risponde a domande circoscritte e fornisce risposte che con il tempo si possono anche dimostrare false. Ciononostante, le conoscenze scientifiche, per il metodo impiegato per ottenerle, raggiungono un grado di certezza tale da distinguerle da tutte le altre forme di sapere che conosciamo. A riprova del complesso cammino delle idee della scienza, riportiamo tre dispute storiche che hanno interessato le scienze della Terra: quella tra fissisti ed evoluzionisti, quella tra nettunisti e plutonisti e quella tra catastrofisti e attualisti. Fissisti ed evoluzionisti. L’origine dei fossili è stato uno dei problemi più dibattuti in passato. Il rinvenimento di resti di organismi marini nelle rocce delle montagne non poteva non sollecitare la fantasia degli studiosi, che spiegarono il loro ritrovamento e la loro formazione nei modi più disparati, ricorrendo spesso a credenze e miti. Per esempio le glossopetre (dal greco glòssa, lingua e dal latino petra, pietra), fossili così denominati per la loro forma

appuntita a forma di lingua, erano dai più considerate «lingue pietrificate» cadute dal cielo (figura 6). Nicolò Stenone, uno studioso vissuto in Toscana alla corte dei Medici, nel 1666, dopo aver esaminato i denti di uno squalo pescato nel Mediterraneo, riconosciutane la somiglianza con le glossopetre, concluse che esse non erano altro che i denti di grandi squali estinti. La sua spiegazione contrastava con le idee allora dominanti. A quel tempo, infatti, prevaleva il pensiero dei fissisti, secondo i quali le specie erano rimaste fisse e immutabili dal momento della creazione. Come avrebbe potuto Dio permettere l’estinzione di specie da lui stesso create, come quella degli squali i cui denti sarebbero state le glossopetre? Si andavano però accumulando nuovi ritrovamenti che testimoniavano che nel passato vi erano state numerose forme di vita diverse da quelle odierne. Vi erano anche prove che dove oggi svettano montagne, un tempo c’erano oceani, e dove il clima oggi è rigido, un tempo era tropicale. Nuovi dati e osservazioni andavano a sostegno degli evoluzionisti, i quali ritenevano che le specie viventi si erano trasformate nel tempo in seguito a cambiamenti ambientali e che i fossili non erano altro che i resti di specie estinte. Il naturalista inglese Charles Darwin, con le argomentazioni contenute nel suo libro «L’Origine delle Specie» pubblicato nel 1859, impresse una svolta definitiva al dibattito. Oggi la teoria della fissità della specie è accantonata e soppiantata dalla teoria dell’evoluzione. L’evoluzione dei viventi è un fatto indiscusso e nessuno dubita che i fossili siano la testimonianza di forme di vita passate. a

b

figura 6. òñ (a) Rielaborazione di un’illustrazione, che mostra una testa di squalo con le fauci spalancate, tratta da un testo dell’epoca di Stenone. (b) Glossopetra. figura 5. ñ Caricatura di Darwin, l’uomo e la scimmia. Illustrazione da «The London sketch book».

5 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Introduzione alle scienze della Terra

Nettunisti e plutonisti. Nel Settecento la disputa tra nettunisti e plutonisti (figura 7) divise il mondo degli studiosi in due opposte fazioni. Il confronto riguardava l’origine delle rocce. Secondo i nettunisti (dalla divinità del mare Nettuno) le rocce si erano formate per sedimentazione sul fondo del mare. Essi afermavano che la Terra era stata a lungo ricoperta da un unico oceano primordiale sul cui pavimento si erano depositati vari materiali, che avevano dato origine alle rocce che conosciamo. I vulcani e le rocce da questi eruttate erano considerati fenomeni secondari, originati dall’autocombustione del carbone del sottosuolo che avrebbe causato la fusione delle rocce circostanti con la fuoriuscita di lava in superficie. I plutonisti (dalla divinità degli inferi Plutone) sostenevano invece che le rocce si erano formate in seguito alla solidificazione di materiali fusi provenienti dall’interno della Terra. Essi sostenevano che la gran parte dei fenomeni che avvengono sulla superficie terrestre, quali le eruzioni vulcaniche, i terremoti, il sollevamento delle montagne, avevano tratto la loro origine dal calore interno del pianeta. In un primo tempo, le teorie dei nettunisti furono accolte con maggior favore. In seguito, grazie ai viaggi in varie parti del mondo dall’Europa alle Ande, fu possibile constatare la natura vulcanica di molti rilievi rocciosi; alcune delle idee dei nettunisti, anche se non tutte, furono accantonate e sostituite dalle idee dei plutonisti. figura 7. òô (a) Secondo la mitologia il dio Nettuno abitava sul fondo del mare e portava un tridente come simbolo di comando per domare tempeste e mostri marini. (b) Vulcano, il dio del fuoco, abitava in un antro profondo cui si accedeva dalla Solfatara vicino a Napoli.

Catastrofisti e attualisti. Il confronto tra catastrofisti e attualisti riguarda le modalità con cui sono avvenuti i cambiamenti della superficie terrestre nel corso del tempo. Secondo i catastrofisti le forme del paesaggio terrestre, dalle montagne, alle valli, erano state prodotte da eventi improvvisi e catastrofici, l’ultimo dei quli era stato il Diluvio universale (figura 8). Al contrario, per gli attualisti, tra i quali l’esponente più autorevole è stato il geologo inglese Charles Lyell (1797-1875) (figura 9), per spiegare l’aspetto della Terra non era necessario invocare catastrofi: era suiciente l’osservazione dei fenomeni che quotidianamente si verificano sotto i nostri occhi. I fattori che modellano la crosta terrestre come gli agenti atmosferici agiscono, infatti, molto lentamente e senza interruzione. Questi fattori possono adeguatamente spiegare fenomeni geologici avvenuti nel passato, anche imponenti e grandiosi, a patto che per il loro verificarsi si tenga conto di tempi molto lunghi. L’idea di Lyell che il presente è la chiave per interpretare il passato costituisce ancora oggi la teoria dell’attualismo, che rappresenta l’idea guida della geologia moderna. Ciononostante gli scienziati ammettono che qualche raro evento eccezionale abbia talvolta provocato mutamenti catastrofici nella storia del nostro pianeta. Un tale evento sarebbe avvenuto 65 milioni di anni fa in seguito allo scontro del nostro pianeta con un asteroide o con una cometa. Per l’impatto, sarebbero stati scagliati nell’atmosfera polveri e detriti che hanno oscurato la luce solare. Come conseguenza, molte forme di vita, compresi i dinosauri, si sarebbero estinte. L’ipotesi però è ancora da provare in maniera definitiva. figura 8. ò Storie dell’Arca di Noè, particolare del Diluvio con annegati. San Marco, Venezia.

a

figura 9. ò Charles Lyell.

b

6 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Introduzione alle scienze della Terra

Le scienze della Terra elaborano modelli e teorie per spiegare le dinamiche che agitano il pianeta in superficie e in profondità. Cercano di ricostruire i climi e gli ambienti del passato. Studiano i fenomeni che avvengono in un istante e quelli che si verificano nell’arco di milioni di anni. Per la vastità dei temi di cui si occupano, le scienze della Terra comprendono molteplici discipline che utilizzano strumenti diversificati. Per questo lo studioso di scienze della Terra sfugge alla consueta rappresentazione dello scienziato con il camice, chino sul microscopio. Può essere, infatti: ● un astronomo che indaga l’Universo e studia i rapporti tra la Terra e gli altri corpi celesti (figura 11); ● un geologo che studia le rocce e i minerali, la loro formazione e distribuzione, i movimenti della crosta terrestre come terremoti e vulcani (figura 12); ● un meteorologo che studia la composizione e struttura dell’atmosfera e l’andamento del tempo atmosferico (figura 13); ● un paleontologo che studia i resti fossili degli organismi e ricostruisce gli ambienti delle epoche passate (figura 14).

Poiché l’oggetto di studio è lo stesso, la Terra, e gli elementi che la compongono (l’aria, l’acqua, le rocce, i viventi) sono interagenti e interdipendenti, gli studiosi dei diversi campi hanno bisogno gli uni delle conoscenze degli altri, pur nella loro autonomia. Le scienze della Terra hanno il compito di fornire un ritratto complessivo e integrato del nostro pianeta, un’immagine dinamica dei processi e dei cicli in cui è inserita anche la nostra vita. Sia che camminiamo per la città, che percorriamo un sentiero di montagna o che ci immergiamo nel mare, ogni giorno realizziamo un incontro con i mille volti del nostro pianeta. Le scienze della Terra ci aiutano a capire meglio il mondo in cui viviamo, che cosa possiamo fare per sfruttare le risorse senza depauperare la natura e quali impegni sono necessari per proteggere l’ambiente che ci circonda. figura 12. ò Un geologo mentre studia strati di roccia.

figura 13. ò Un meteorologo localizza un uragano sul suo computer e ne indica l’occhio.

figura 14. ò Una paleontologa lavora con fossili di dinosauro.

figura 11. ñ L’astronoma francese Suzanne Debarbat al lavoro presso l’Osservatorio di Parigi.

8 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

La Terra nello spazio

A Prerequisiti > Saper leggere un semplice testo scientifico usando grafici, tabelle e illustrazioni per ricavarne informazioni. > Conoscere le unità di misura e avere un’idea degli ordini di grandezza per confrontare distanze e tempi. > Saper fare riferimento alla propria esperienza per individuare le connessioni con i temi trattati.

Obiettivi di apprendimento > Saper descrivere a grandi linee stelle e galassie. Conoscere la posizione della Terra nell’Universo e capire quanto grandi siano le distanze che ci separano dagli altri corpi celesti. > Conoscere le caratteristiche del Sole e dei pianeti del Sistema solare mettendole a confronto con quelle della Terra. > Saper descrivere la forma e i movimenti della Terra e del suo satellite naturale, la Luna. > Comprendere le conseguenze dei moti terrestri. > Spiegare come ci si può orientare di giorno e di notte e come si può rappresentare la superficie terrestre sulle carte geografiche. Saper calcolare le differenze orarie tra le località.

1. Il Sistema solare Unità 2. Il pianeta Terra Unità 3. Rappresentare la superficie terrestre Unità

I

n una serata senza nuvole, ci basta sollevare lo sguardo per vedere nel cielo un brulichio di piccole luci. A parte i pianeti, che ci rimandano la luce che ricevono dal Sole, sono le stelle a popolare il firmamento notturno. Esse ci appaiono come piccoli puntini luminosi, ma per capire come questa sia solo un’impressione determinata dalle enormi distanze, basterà ricordare che il Sole, la nostra stella, ha dimensioni abbastanza modeste rispetto alle altre. Eppure questa stella all’interno del Sistema solare ha un ruolo centrale. Con la sua forza di gravità trattiene in orbita corpi celesti di varie dimensioni: dal mastodontico Giove, a grandi massi come gli asteroidi, fino a minuti granelli di polvere. Al pari delle altre stelle, il Sole è una gigantesca fornace che produce energia grazie a reazioni di fusione nucleare. Nel corteo di corpi che danzano attorno al Sole spicca la Terra. Le caratteristiche della sua atmosfera «respirabile», l’abbondanza di acqua allo stato liquido e soprattutto la presenza della vita ne fanno un pianeta davvero «speciale». Analogamente a ogni corpo celeste, il nostro pianeta è animato da movimenti incessanti: gira su se stesso come una trottola mentre orbita attorno al Sole con velocità elevata. Da questi moti dipendono l’alternarsi del dì e della notte, il succedersi delle stagioni e i cambiamenti che osserviamo nel cielo notturno.

A9 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

1 In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Quanto distano dalla Terra gli altri corpi celesti?

L’Universo immenso

unità

Il Sistema solare

Il nostro pianeta non è che un piccolo grumo di materia nel Sistema solare e questo, a sua volta, non è che una minuscola parte della nostra galassia che insieme a miliardi di altre galassie forma l’Universo. Se il sistema di pianeti che accompagna il Sole fosse esteso per un metro, il pianeta Terra sarebbe una sferetta di 2 millesimi di millimetro, mentre la nostra galassia misurerebbe 200 mila kilometri, metà della distanza Terra – Luna! La Terra è davvero un puntino insignificante nell’Universo.

Che cosa sono le galassie? Come si possono distinguere in cielo i pianeti dalle stelle? Quali leggi regolano il moto dei pianeti? Di che cosa è fatto il Sistema solare? Quali caratteristiche hanno i pianeti? Quali sono le principali caratteristiche della Luna?

Sai rispondere? 1. Sapresti dire che cos’è una galassia? 2. Sai come si chiama la galassia di cui fa parte il nostro Sistema solare? Come appare nel cielo stellato? 3. Che tipo di corpo celeste è il Sole? 4. Sai nominare i pianeti dal più vicino al Sole al più lontano? 5. Sapresti riconoscere il «pianeta minore» che per l’inclinazione particolare della sua orbita si discosta dal corteo degli altri pianeti? 6. Sai che cosa rappresenta la fascia di «puntini» interposta tra l’orbita di Marte e quella di Giove?

A 10 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Confrontiamo i pianeti In questa immagine del Sistema solare le dimensioni dei pianeti rispettano le proporzioni reali, ma non le distanze. Nello schema in basso, invece, le distanze dei pianeti dal Sole sono riportate in proporzione.

Sole ole

Marte

Venere Mercurio

Terra

Saturno

Nettuno Nettun o Plutone e

Urano

Giove

Sai rispondere? 1. Quali sono le coppie di pianeti che hanno all’incirca le stesse dimensioni? 2. Quali sono i pianeti cosiddetti «giganti gassosi»? Sai di quale gas sono fatti prevalentemente? 3. I pianeti sono a distanze regolari dal Sole? 4. Misura sullo schema la distanza della Terra dal Sole. Se la distanza della Terra dal Sole fosse 1 m, a che distanza si troverebbe Nettuno?

Utilizzando un cartone grande quanto un foglio A4, ritaglia una cornice lasciando solo 2 cm di bordo. Attacca alla cornice un foglio di plastica trasparente o anche una pellicola per alimenti. Questo sarà il tuo strumento di rilevamento. Recati quindi in un posto privo di inquinamento luminoso in una notte senza nuvole. Metti il tuo rilevatore su un muretto o su altro sostegno dove la cornice possa rimanere ben fissa. Sistemati dietro la cornice in modo da poter osservare le stelle attraverso di essa. Segna la tua posizione a terra perché dovrai mantenerla anche in seguito. Segna quindi con un pennarello sulla plastica della cornice la posizione delle stelle più luminose. Ripeti l’operazione dalla stessa identica posizione ogni 15 minuti per circa 2 ore. 1. Che cosa puoi osservare? Le stelle rimangono ferme? Se si muovono, in che direzione si muovono rispetto alla tua posizione? 2. Sai quale stella nel corso della notte rimane sempre fissa nella stessa posizione?

prova a fare

Le stelle si muovono?

A 11 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

1 P

In viaggio nello spazio

er un astronomo la Terra è solo un piccolo ammasso di materia nello spazio immenso dell’Universo: un pianeta. Insieme con altri pianeti essa orbita attorno a una stella, il Sole. Il Sole e i pianeti che gli ruotano attorno formano il Sistema solare. Il Sistema solare fa parte di una galassia, un gigantesco insieme di centinaia di miliardi di stelle (figura 1). A sua volta, una galassia non rappresenta che un piccolo punto nell’immensità dell’Universo. Infatti, una delle più sconvolgenti scoperte fatte nella prima metà del XX secolo è che nello spazio esistono miliardi di galassie e ognuna di esse contiene miliardi di stelle come il Sole. Non solo: è ormai certo che nell’Universo esistano altri pianeti vicini ad altre stelle e forse, chissà, anche pianeti simili alla Terra. Fin dall’antichità abbiamo cercato di capire come è fatto l’Universo che ci circonda e abbiamo misurato le distanze che ci separano dagli altri corpi celesti. Abbiamo così scoperto che per arrivare sulla Luna dobbiamo percorrere circa 400 000 km e che dovremmo percorrere circa 150 milioni di kilometri per raggiungere il Sole. Nettuno, il pianeta più esterno del Sistema solare, si trova a una distanza media dal Sole di 4,5 miliardi di kilometri. Queste misure di distanza, molto più grandi di quelle con cui abbiamo a che fare nella vita quotidiana, sono diicili da percepire.

Se poi usciamo dal Sistema solare, le distanze diventano diicilmente esprimibili con le comuni unità di misura: sarebbero rappresentate da numeri troppo grandi e poco pratici da usare. Un abisso quasi incolmabile separa infatti il «nostro» Sistema solare dalle stelle più vicine. Un modello in scala ci aiuta a capire: se la distanza Terra-Sole fosse ridotta a un metro, Proxima Centauri, la stella più vicina, disterebbe 270 kilometri. Per esprimere queste enormi distanze si ricorre a particolari unità di misura, proprie dell’astronomia, che permettono di evitare l’uso di numeri troppo grandi: le più usate a tale scopo sono l’unità astronomica e l’anno-luce (figura 2). L’unità astronomica (UA) corrisponde alla distanza media tra Terra e Sole, pari a circa 150 milioni di kilometri. L’unità astronomica viene usata in genere per esprimere le distanze tra i corpi del Sistema solare. Per esempio Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, dista da esso in media 0,39 UA. Nettuno, il pianeta più lontano, ha una distanza media di 30,1 UA. Per confronto, la Luna dista mediamente dalla Terra solo 0,0026 UA.

figura 1. ñ La Terra è un piccolo grumo di materia nell’immenso Universo. figura 2. î L’unità astronomica (UA) corrisponde alla distanza media tra il Sole e la Terra, che è circa 150 000 000 km. Espressa in UA, la distanza Terra-Luna è circa 2,6 millesimi di UA. Ai confini del Sistema planetario troviamo Nettuno la cui distanza media dal Sole è di 30,1 UA.

A 12 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il Sistema solare

Un anno-luce (a.l.) corrisponde alla distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un anno. Dato che la velocità della luce nel vuoto è circa 300 000 km/s, tale distanza equivale a circa 9460 miliardi di kilometri. L’anno-luce viene usato per esprimere le distanze «siderali», dalle stelle più vicine alle galassie più lontane. Per esempio, Proxima Centauri dista dalla Terra circa 4,2 anni-luce. Ciò vuol dire che la luce emessa da questa stella impiega circa 4,2 anni per giungere ai nostri occhi. Proxima Centauri non è visibile dalle nostre latitudini, quindi per osservarla dovremmo spingerci a sud, nelle zone equatoriali o nell’altro emisfero terrestre, e usare un telescopio, dato che la stella non è visibile a occhio nudo. Tra tutte le stelle che si possono osservare a occhio nudo dall’Europa la più vicina è Sirio, che dista da noi 8,6 anni-luce, più del doppio di Proxima Centauri. Ancor più lontana è la Stella Polare, che dista ben 430 anni-luce. Per un confronto con i corpi relativamente più vicini alla Terra, considerate che la Luna dista da noi poco più di 1 secondo-luce, mentre il Sole dista 8 minuti e 20 secondi-luce. Ciò significa che la luce del Sole che arriva a noi in un dato istante è partita dal Sole 8 minuti e 20 secondi prima. !#$^* ) Per fissare i concetti 1 Che cosa si intende per Unità astronomica? E per anno-luce? 2 In quale epoca storica è stata emessa dalla Stella Polare la luce che potremo osservare questa notte?

2 P

La sfera celeste

rovate a porvi davanti al cielo stellato notturno, lontano dalle luci della città, in una bella notte senza nuvole né Luna, immaginando di non sapere nulla di quanto avete letto nel paragrafo precedente. Vi trovereste a osservare la grande cupola del cielo notturno come probabilmente si faceva nell’antichità; senza cioè un’idea della distanza reale né della struttura fisica di quei punti più o meno luminosi che si scorgono sulla volta notturna e che ci appaiono tutti alla stessa distanza dalla Terra. Gli antichi individuarono anzitutto due tipi di astri: quelli che occupano posizioni fisse gli uni rispetto agli altri e quelli, pochi, che si muovono rispetto a tutti gli altri. I secondi sono i pianeti, mentre i primi sono le stelle. Dalla Terra sono visibili a occhio nudo circa settemila stelle. Nell’arco della notte possiamo osservare che le stelle, pur mantenendo la loro posizione fissa l’una rispetto all’altra, si muovono ruotando intorno a un cardine invisibile, compiendo una rotazione completa di 360° in circa 24 ore. Se dunque osserviamo il cielo a diverse ore della notte, possiamo notare che le stelle hanno cambiato posizione (figura 3). Per chi si trova nel nostro emisfero terrestre, il moto avviene attorno alla Stella Polare, che rimane pressoché fissa (figura 4). In realtà, questo moto della volta celeste è solo apparente, perché è la Terra che ruota su se stessa.

Cassiopea Orsa Minore Drago Stella Polare

Stella Polare Orsa Minore

ot

Cassiopea

Drago

te o a p p ar e n

ore 06:00

ore 24:00

m

Orsa Maggiore

Orsa Maggiore

L’Orsa Maggiore e Cassiopea si trovano da parti opposte rispetto alla Stella Polare: nell’incessante moto di rotazione apparente della sfera celeste, mentre l’una sale, l’altra scende.

figura 3. ñï Il cielo stellato dell’emisfero settentrionale guardando verso nord. Nell’arco della notte le stelle sembrano ruotare tutte assieme in senso antiorario attorno al Polo nord celeste, dove si trova la Stella Polare.

figura 4. î Un tempo di posa di qualche ora fa assomigliare il cielo a un immenso gorgo; al centro, pressoché ferma, la Stella Polare è il cardine intorno a cui si compie il moto della sfera celeste.

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sezione A La Terra nello spazio

a

La costellazione di Cassiopea ha una caratteristica forma a W.

Il fatto che le stelle mantengano sempre la stessa posizione reciproca le une rispetto alle altre permette di individuare nel cielo notturno delle figure di fantasia, immaginando di unire determinate stelle con dei segmenti. Queste figure, individuate fin dall’antichità nel cielo stellato, sono chiamate costellazioni. Sebbene le costellazioni siano fondamentali per orientarsi nel cielo, le stelle che le compongono in realtà si trovano a distanze diverse rispetto a noi. Per esempio, le stelle di Cassiopea (figura 5a), che noi uniamo mentalmente come se fossero una accanto all’altra su uno stesso piano, sono in realtà sfalsate, a distanze molto diverse dalla Terra (figura 5b). Gli antichi non si limitarono a popolare il cielo di mitiche raigurazioni. Essi diedero anche un nome alle stelle più splendenti e con tale nome, di derivazione latina, greca o più spesso araba, sono conosciute ancora oggi: Sirio (dal greco) significa «ardente», con chiaro riferimento alla sua luminosità; Regolo, (dal latino) «piccolo re»; Deneb (dall’arabo) significa «coda», perché si trova all’estremità del Cigno.

Cassiopea figura 5. ñö (a) La costellazione di Cassiopea raffigura la mitica regina seduta sul suo trono. Le figure delle costellazioni normalmente non hanno alcuna somiglianza con ciò che vogliono descrivere; la rappresentazione va intesa in senso simbolico. (b) Il desegno mostra le posizioni reali delle stelle e come la costellazione ci appare proiettata sulla volta celeste.

Oggi sappiamo che le stelle sono grandi masse gassose composte principalmente da due elementi chimici: idrogeno ed elio. Esse sono di forma pressoché sferica e, grazie alle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel loro nucleo, emettono grandi quantità di energia, come luce, calore e altri tipi di radiazione.

b 600 a.l.

440 a.l.

230 a.l.

100 a.l.

54 a.l.

Le stelle della costellazione di Cassiopea, ci appaiono vicine e appiattite sullo sfondo del cielo, perché il nostro occhio non può valutare le distanze reali.

Gli scienziati pensano che le stelle nascano all’interno di gigantesche nubi di gas e polveri presenti nello spazio, chiamate nebulose (vedi scheda, p. A16). All’interno della nube si formano delle zone in cui il materiale si addensa e si contrae per efetto della forza di gravità, aumentando la temperatura e la pressione fino a creare le condizioni perché si inneschino le reazioni di fusione nucleare: così nasce una stella. Osservando il cielo di notte, ci si rende conto che ci sono stelle più luminose e altre meno luminose. Questa diversa luminosità dipende, oltre che dall’efettiva quantità di energia emessa da una stella, anche dalla sua distanza dalla Terra. Alcune stelle possono infatti apparire meno luminose di altre solo perché sono molto più lontane (tabella 1). Un’altra caratteristica che distingue le stelle è il loro colore. Questo dipende dalla temperatura della loro superficie. In ordine di temperatura decrescente troviamo le stelle blu (le più calde), bianche, gialle, arancioni, rosse (le più fredde). In efetti, ci si può rendere conto che il colore di un corpo incandescente cambia al variare della temperatura, confrontando il colore giallo brillante di una colata di acciaio fuso con il colore rossastro dei lingotti in via di rafreddamento, ottenuti da quella colata. Oltre che per temperatura e colore, le stelle diferiscono anche per le dimensioni (figura 6). In prima battuta si possono distinguere due grandi categorie: le giganti (e supergiganti) e le nane. Le giganti arancioni e rosse hanno un diametro che può superare anche 100 milioni di kilometri, circa cento volte il diametro del Sole (1,4 milioni di kilometri). Una stella appartenente a questa categoria è Aldebaran, nella costellazione del Toro. Esistono an-

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unità 1 Il Sistema solare

che stelle rosse di dimensioni ancora maggiori, con diametro dell’ordine del miliardo di kilometri, circa mille volte quello del Sole: queste stelle sono chiamate supergiganti rosse. Per esempio Antares, nello Scorpione, ha un diametro che è circa 800 volte quello del Sole. Le supergiganti azzurre sono stelle caldissime e raggiungono i 50-80 diametri solari e luminosità fino a 2-300 mila volte quella del Sole. Rigel, in Orione, è una stella di questo tipo. Le giganti azzurre, hanno diametri 5-10 volte quello del Sole e una luminosità che va da qualche decina a qualche migliaio di volte quella della nostra stella. Un esempio di questo tipo è Alnath, nel Toro. Il Sole è invece una stella nana: appartiene alla categoria delle nane gialle. Vi sono anche le nane arancioni, un po’ più piccole e fioche, e infine le nane rosse, con un diametro di un decimo di quello solare e luminosità 1000-10 000 volte inferiore (per esempio Proxima Centauri). Le nane rosse sono in assoluto le stelle più numerose. Vi sono poi altre categorie di oggetti che non sono stelle vere e proprie, bensì ciò che resta di stelle che hanno già concluso il loro ciclo vitale: le nane bianche, che hanno un diametro para-

gonabile a quello terrestre (10 000 km), e le stelle di neutroni, che possono avere addirittura un diametro di appena una ventina di kilometri. In questi ultimi due tipi di stelle la materia si concentra in un volume ridottissimo; la densità è così alta, a causa della compattazione degli atomi, che un solo cucchiaino di materia stellare può arrivare a pesare anche migliaia di tonnellate. Quando la materia si addensa ancora di più, il corpo celeste ha dimensioni anche minori di quelle di una stella di neutroni. La densità del corpo celeste risulta allora così elevata che la forza di gravità impedisce persino alla luce e a qualsiasi altra radiazione di sfuggire da esso; siamo in presenza di un buco nero. !#$^* ) Per fissare i concetti

3 4 5 6 7

In che senso si può dire che le stelle sono fisse in cielo? Che cosa si intende per costellazione? Le stelle di una costellazione sono realmente vicine nello spazio? Da quali elementi chimici sono formate le stelle? Perché la luminosità di una stella, così come la si osserva dalla Terra, è apparente? 8 Da che cosa dipende il colore di una stella? 9 Spiega come è possibile classificare le stelle in base alle loro dimensioni.

Tabella 1 Stella

Costellazione

Distanza (anni-luce)

Luminosità reale rispetto al Sole

Sole



0,000016

1

Proxima Centauri

Centauro

4,2

0,0001

Alfa Centauri

Centauro

4,3

1,5

Sirio

Cane Maggiore

8,6

23

Vega

Lira

25

60

Antares

Scorpione

600

12 000

Deneb

Cigno

2600

160 000

a

b

d

c

r = 30000000 km supergigante rossa

Sole r = 700000 km

Sole

nana bianca

r = 700000 km

nana bianca

stella di neutroni

r = 6000 km

gigante arancione gigante azzurra r = 3200000 km

Terra

r = 500000000 km

figura 6. ñ Dimensioni e colore delle stelle. Tra le supergiganti rosse (a) e le piccolissime stelle di neutroni (c) il Sole (b), che è solo un minuscolo punto nel primo disegno, occupa per dimensioni una posizione intermedia. (d) Una stella di neutroni cattura una gigante gialla.

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sezione A La Terra nello spazio

persapernedipiù

Nascita, vita e morte di una stella

L

e stelle nascono, vivono e muoiono. Durante la sua vita, una stella può mutare di luminosità, colore e dimensioni. Proviamo a tratteggiare la vita di una stella come il Sole (figura A). Circa 5 miliardi di anni fa nello spazio esisteva un agglomerato di gas (soprattutto idrogeno) e polveri (in misura inferiore) che nell’insieme formano una nebulosa. Al suo interno, sotto l’azione della forza di gravità esistente tra le particelle di gas e di polvere, il materiale ha cominciato ad aggregarsi attorno a dei nuclei; uno di essi ha iniziato a collassare, ovvero a contrarsi su se stesso.

Il gas via via compresso si è scaldato fino a che si è formato un corpo denso e caldo: una protostella, che in virtù dell’alta temperatura ha cominciato a brillare. Grazie a meccanismi ancora da definire, attorno alla protostella si sono formati pianeti a partire dai materiali che non avevano contribuito alla sua formazione. A un certo punto nelle regioni più interne della protostella la temperatura è diventata così alta (almeno 8 milioni di gradi) che si sono innescate le reazioni di fusione nucleare: l’idrogeno ha cominciato a trasformarsi in elio. L’inizio di questo processo, che libera enormi quantità di

energia, ha segnato la nascita di una nuova stella. La fusione nucleare trasforma quattro particelle (nuclei) di idrogeno in una particella (nucleo) di elio (figura B) e libera enormi quantità di energia che irradia nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche. Alcune di esse, quelle luminose, sono percepite dai nostri occhi come luce e colori; altre, quelle infrarosse, sono invece percepite dal nostro corpo come calore. Altre ancora, quelle ultraviolette (UV), provocano nella nostra pelle l’abbronzatura. Oltre alle precedenti, le stelle possono anche emettere onde

elettromagnetiche come le onde radio, i raggi X e i raggi γ (gamma). La stella si mantiene stabile fino a quando nelle sue regioni centrali è presente idrogeno disponibile per la fusione nucleare: l’enorme rilascio di energia permette alla stella di brillare e nel contempo di bilanciare la forza di gravità grazie all’enorme pressione esercitata verso l’esterno dal gas caldo. Infatti, la pressione che un gas esercita è proporzionale alla sua temperatura; se fosse freddo anche la sua pressione sarebbe assai minore. Le stelle passano in questa fase la maggior parte della loro vita. Per il Sole, si

nebulosa

nana nera

nana bianca

7. Una nana nera è un «cadavere stellare» che non emette più né luce né calore.

1. Una stella ha origine dalla contrazione di un gigantesco ammasso di polveri e di gas (soprattutto idrogeno ed elio) a bassa densità presente nello spazio.

protostella

2. La contrazione gravitazionale scalda il gas: si forma un corpo costituito di gas denso e caldo, detto protostella, che comincia a brillare emettendo luce e raggi infrarossi nello spazio.

6. Una nana bianca è un corpo di piccole dimensioni che resta quando i processi di fusione nucleare si sono esauriti. 5. Una nebulosa planetaria è quanto resta degli strati più esterni che la gigante rossa ha espulso.

3. Una stella nasce quando, per effetto della contrazione del nucleo della protostella, si raggiunge una temperatura così elevata da innescare le reazioni di fusione nucleare. La stella si stabilizza perché le forze che la fanno contrarre controbilanciano le forze che la fanno espandere. stella

nebulosa planetaria

4. Esaurito l’idrogeno nel nucleo della stella si innesca la reazione di fusione nucleare dell’elio: la stella si espande e diventa una gigante (prima rossa, poi arancione, poi ancora rossa). gigante rossa

A 16 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura A. ò Nascita, vita e morte di una stella di massa media, come il Sole.

unità 1 Il Sistema solare

tratta di circa 10 miliardi di anni, metà dei quali è già passata. E dopo? Quando l’idrogeno nel nucleo solare sarà stato quasi interamente fuso in elio, la stella diventa instabile; la diminuzione dell’energia nucleare prodotta tende a far raffreddare il gas la cui pressione diminuisce. Ecco allora che la gravità ricomincia a schiacciare il nucleo solare che proprio per compressione si riscalda. Il riscaldamento è così cospicuo e rapido che gli strati esterni si espandono e, allontanandosi dal nucleo da cui fluisce l’energia, si raffreddano divenendo rossastri: nasce una gigante rossa. Si innescherà poi una nuova e più breve fase di fusione nucleare dell’elio in carbonio e ossigeno durante la quale il Sole assumerà le caratteristiche di gigante arancione. Al termine della seconda fase nucleare si avrà una nuova fase di gigante rossa cui seguirà la fine della nostra stella. Si calcola che durante la fase di gigante rossa il Sole si espanderà fino a inghiottire Mercurio e Venere e ad arroventare la superficie terrestre. Dopo la seconda fase di gigante rossa, il nucleo solare collasserà fino a formare una nana bianca, un corpo a elevatissima densità nel quale il materiale che componeva la stella è stato compresso, sotto l’azione della forza di gravità, in una sfera grande come la Terra. La nana bianca si raffredderà poi lentamente fino a divenire una nana nera. Gli strati esterni invece saranno espulsi e daranno origine a una nube sferica di gas in espansione chiamata nebulosa planetaria (denominazione impropria che non ha alcuna attinenza con i pianeti).

perfissare iconcetti Elenca e descrivi brevemente le principali tappe della vita di una stella come il Sole. Ti aspetti che Aldebaran, una gigante arancione, sia una stella giovane o anziana? Motiva la risposta.

3 S

Le galassie sono giganteschi ammassi di stelle

e osserviamo con attenzione il cielo notturno, possiamo notare che le stelle visibili non sono ugualmente ripartite in tutte le zone della volta celeste. C’è una fascia, che percorre tutto il cielo, nella quale le stelle sono così ammassate da creare l’immagine di una larga striscia biancastra, debolmente luminosa: la Via Lattea. C’è un solo modo per interpretare quest’aspetto del cielo notturno: ammettere che anche il nostro Sistema solare si trovi all’interno di un immenso sistema di stelle a forma di disco, appartenga cioè a una grande galassia. La larga striscia biancastra della Via Lattea è ciò che possiamo vedere del disco galattico dal nostro punto di osservazione, cioè stando al suo interno (il termine «galassia» deriva dal greco gala, latte, con riferimento proprio alla Via Lattea). Una galassia è un enorme agglomerato di stelle che ruota attorno a un punto, il centro o nucleo galattico, così come i pianeti ruotano attorno al Sole (figura 7). a

figura 7. òö (a) Gruppo di galassie di forma diversa nella Costellazione del Capricorno. (b) La galassia di Andromeda, a più di 2 milioni di anniluce dalla Terra, è la più grande tra le galassie vicine. È in rotta di collisione con la nostra: le due galassie si fonderanno in un’unica supergalassia tra molti miliardi di anni.

b

1 H (idrogeno)

1H

1 He (elio)

1H

1H energia

figura B. ò La reazione di fusione nucleare dell’idrogeno in elio: quattro nuclei di idrogeno (H) si uniscono a formare un nucleo di elio (He), con liberazione di energia. La galassia di Andromeda è un ammasso di miliardi di stelle a forma di disco simile alla nostra Via Lattea.

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sezione A La Terra nello spazio

Se potessimo osservarla dall’esterno, la nostra galassia, chiamata anche Galassia (con l’iniziale maiuscola), ci apparirebbe, vista da sopra, come un gigantesco disco, formato da un addensamento centrale, il nucleo galattico, da cui partono alcuni bracci avvolti a spirale attorno a esso (figura 8b). Studi recenti suggeriscono che essa possa avere in realtà la forma di spirale barrata (figura 8a). Oltre a questi tipi di galassie, esistono quelle ellittiche (figura 8c) e quelle dalla forma irregolare. Le galassie a spirale e a spirale barrata contengono nei bracci gas e polveri (chiamati nell’insieme materia interstellare) da cui nascono nuove stelle. Le dimensioni delle galassie sono piuttosto varie: la nostra ha un diametro di circa 100 000 anni-luce e contiene 300-400 miliardi di stelle. Il Sole con il suo sistema di pianeti si trova in uno dei bracci, a circa 30 000 anni-luce dal centro della Galassia (figura 9). Ci possiamo fare un’idea di quanto sia enorme la Galassia rispetto al Sistema solare nel modo seguente: immaginiamo di rimpicciolire la Galassia fino a che il suo diametro diventi 1000 km (cioè più o meno uguale alla lunghezza dell’Italia); il nostro sistema planetario si ridurrebbe allora a circa 5 mm, sarebbe cioè più piccolo di un bottoncino da camicia. !#$^* ) Per fissare i concetti 10 Che cos’è una galassia? 11 Che forma ha la nostra galassia? Qual è la posizione del Sole all’interno di essa? a

Galassia a spirale barrata.

b

figura 8. ò I diversi tipi di galassie viste di fronte (a sinistra) e di profilo (a destra).

Galassia a spirale.

Pianeti vagabondi

oncentriamo ora la nostra attenzione su quella regione dello spazio che comprende il Sole, la nostra stella, e quei corpi, i pianeti, che ruotano attorno a esso lungo orbite disposte tutte all’incirca sullo stesso piano (figura 10). Il Sole, i pianeti e vari corpi minori, come satelliti, asteroidi, meteore e comete, formano un unico sistema, il Sistema solare. I pianeti del Sistema solare sono otto: due di essi, Mercurio e Venere sono detti pianeti interni in quanto sono posti tra il Sole e la Terra; gli altri, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno sono detti pianeti esterni, in quanto sono posti oltre la Terra. Incerta è la natura di quello che fino a poco tempo fa veniva considerato il nono pianeta: Plutone. Attualmente gli scienziati preferiscono definirlo un «pianeta minore», per via delle dimensioni ridotte, della composizione chimica anomala e dell’orbita particolarmente inclinata. I pianeti più vicini al Sole, fino a Saturno compreso, sono ben visibili dalla Terra a occhio nudo e sono noti fin dall’antichità; quelli più distanti di Saturno possono essere osservati solo con un telescopio e sono stati perciò scoperti solo in tempi piuttosto recenti (in realtà Urano è entro il limite di visibilità a occhio nudo, ma è assai poco appariscente). A diferenza delle stelle, i pianeti non emettono luce propria. Di notte si presentano però ai nostri occhi come punti luminosi, al pari delle stelle; si tratta di luce riflessa, cioè che proviene dal Sole e che «rimbalza» sulla loro superficie, lo stesso tipo di luce che rende visibile la Luna. Inoltre, i pianeti non appartengono ad alcuna costellazione, ma si muovono lentamente sullo sfondo del cielo, cambiando giorno dopo giorno la loro posizione rispetto alle stelle fisse. figura 9. ôö (a) La nostra galassia, vista di profilo, ha la forma di un disco con un addensamento centrale (nucleo galattico) e dei bracci a spirale. Su uno di questi bracci, a circa 30 000 anni-luce dal centro galattico, si trovano il Sole e le stelle più vicine (quelle che osserviamo a occhio nudo nel cielo notturno). (b) La Via Lattea, visibile di notte nei cieli limpidi e lontano dalle luci della città, corrisponde al piano del disco galattico visto dalla Terra, su cui si addensa la maggior parte delle stelle della Galassia.

Galassia ellittica.

c

4 C

a

b

Sole

nucleo galattico

100000 a.l.

30000 a.l.

A 18 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il Sistema solare

Venere

Mercurio

Terra

Nettuno Plutone

Sole

Giove Marte

L’inclinazione dell’orbita di Plutone evidenzia la sua peculiarità.

Saturno

Urano

a

A questo girovagare tra le stelle si deve il nome a essi attribuito dagli antichi: in greco planétes significa infatti «errante, che vaga». Osservati dalla Terra, il moto e l’aspetto dei pianeti presentano alcune strane irregolarità. Marte, un esempio fra tutti, durante il suo percorso tra le stelle sembra a un certo punto fermarsi in cielo, per poi tornare indietro facendo una specie di piroetta (figura 11). Venere, invece, osservato al telescopio, presenta delle fasi come la Luna: a volte ha l’aspetto di un piccolo disco, mentre in altri momenti appare più grande e a forma di falce. Inoltre, la luminosità con cui ci appaiono i pianeti è variabile nel tempo. Fu proprio lo studio delle orbite dei pianeti e le variazioni della loro luminosità a mettere in crisi la teoria geocentrica (da geo, Terra) di Tolomeo e ad avviare quella rivoluzione scientifica che aprì la strada al definitivo trionfo della teoria eliocentrica (dal greco hélios, Sole) di Copernico (figura 12a, p. seguente). Infatti, assumendo che sia il Sole, e non la Terra, il centro del sistema, le strane irregolarità (come la piroetta nella traiettoria in cielo di Marte) hanno una spiegazione assai più semplice di quelle che erano state elaborate dai sostenitori della teoria geocentrica. Tali apparenti anomalie sono solo una conseguenza del fatto che, sebbene i pianeti percorrano ciascuno un’orbita intorno al Sole, noi osserviamo il loro moto dalla Terra, che ruota anch’essa attorno al Sole. La combinazione del loro moto con quello della Terra modifica col passare del tempo la prospettiva secondo cui osserviamo i pianeti. Questi cambiamenti di prospettiva sono la causa delle irregolarità nel moto e delle variazioni nella luminosità.

Urano

La «piroetta» di Marte è un effetto prospettico dovuto alla combinazione del suo moto orbitale con quello della Terra.

figura 10. ò Nel Sistema solare, le orbite ellittiche dei pianeti sono poste tutte all’incirca sullo stesso piano (tranne quella del «pianeta minore» Plutone. Le dimensioni dei pianeti (ma non del Sole) sono rappresentate in modo da rispettare all’incirca le proporzioni reali.

figura 11. òô (a) Nel corso dell’anno Marte compie una «piroetta» sullo sfondo delle stelle fisse, come possiamo vedere nell’immagine (il debole punto luminoso anch’esso mobile è Urano). (b) Quando la Terra, muovendosi più velocemente, sorpassa Marte, quest’ultimo, che appare proiettato sullo sfondo delle stelle fisse, sembra compiere una piroetta.

b marzo febbraio dicembre gennaio

!#$^* ) Per fissare i concetti

12 Che cosa si intende per pianeti interni? Quali sono? 13 Perché i pianeti brillano pur non emettendo luce propria? 14 Quali osservazioni relative ai pianeti hanno contribuito all’affermarsi della teoria eliocentrica?

Terra

Marte

novembre

A 19 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

5 I

Come si muovono i pianeti attorno al Sole

l moto che i pianeti del Sistema solare compiono attorno al Sole è detto moto di rivoluzione (dal latino revòlvere, ripercorrere il cammino). Il tempo impiegato da un pianeta per percorrere un giro completo attorno al Sole si chiama periodo di rivoluzione. Questo moto avviene per tutti i pianeti nello stesso verso; se ci ponessimo al di fuori del Sistema solare in modo da vedere dall’alto l’emisfero settentrionale della Terra (quello in cui si trova il Polo nord), vedremmo i pianeti girare in senso antiorario attorno al Sole, su orbite che giacciono tutte approssimativamente su uno stesso piano, come se fossero appoggiate su un enorme disco (vedi figura 2, p. A12). Poiché è da escludere che questa e altre somiglianze nei moti dei pianeti siano casuali, gli scienziati ritengono che esse siano dovute all’origine comune di questi corpi celesti da una nube primordiale piana e rotante. Nel Seicento, un astronomo tedesco, Giovanni Keplero (15711630) (figura 12b), osservò delle regolarità nei moti planetari che enunciò in tre leggi che oggi portano il suo nome e che permettono di descrivere il moto dei pianeti attorno al Sole. La prima legge di Keplero aferma che:

di kilometri). Tranne che per Mercurio e, in misura minore, per Marte, le orbite dei pianeti sono in realtà ellissi poco schiacciate, cioè sono abbastanza simili a circonferenze. Keplero scoprì anche che i pianeti non percorrono la propria orbita con velocità uniforme, ma accelerano quando sono più vicini al Sole, cioè si trovano nel tratto di orbita che comprende il perielio, e rallentano quando sono più lontani dal Sole, cioè si trovano nel tratto di orbita che comprende l’afelio. Questa osservazione è riassunta nella seconda legge di Keplero: il moto di un pianeta non avviene con velocità costante, ma la sua velocità è tale che il raggio vettore (il raggio che unisce il centro del Sole al centro del pianeta) descrive aree uguali in tempi uguali (figura 13b). a

le traiettorie, o orbite, descritte dai pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi (figura 13a). Con questa afermazione Keplero si contrappose all’idea, fino ad allora imperante, che le orbite potessero essere solo delle circonferenze. Un pianeta, pertanto, non si trova sempre alla stessa distanza dal Sole: il punto dell’orbita di minima distanza dal Sole si chiama perielio (dal greco perí, intorno, e hélios, Sole); quello di massima distanza si chiama afelio (dal greco apó, lontano). Anche la Terra dunque si può trovare, a seconda del periodo dell’anno, più vicina al Sole (al perielio la distanza è 147 milioni di kilometri) o più lontana da esso (all’afelio la distanza è 152 milioni a

af lio afe Sole

fuoco b

b A

D

raggio vettore

B

figura 12. ñï (a) Niccolò Copernico (1473-1543) arrivò alla conclusione che il Sole è al centro del Sistema solare e che tutti i pianeti, Terra compresa, gli girano attorno. (b) Giovanni Keplero (1571-1630) dimostrò che le orbite dei pianeti non sono delle circonferenze ma delle ellissi.

perielio io o

Sole

raggio vettore

C

figura 13. ñ (a) Prima legge di Keplero. Le orbite dei pianeti attorno al Sole sono delle ellissi, in genere poco schiacciate, cioè molto prossime a circonferenze. Il Sole occupa uno dei fuochi dell’ellissi, il cui schiacciamento (eccentricità) è stato esagerato in figura rispetto alla realtà. (in piccolo) Come si disegna un’ellissi; le puntine rappresentano i fuochi. (b) Seconda legge di Keplero. L’area in rosa di sinistra, che comprende l’afelio, è equivalente all’area in verde di destra, che comprende il perielio. Un pianeta impiega tempi uguali a percorrere il tratto AB e il tratto CD della sua orbita; la velocità orbitale è minore in afelio che in perielio.

A 20 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

fuoco

unità 1 Il Sistema solare

Keplero notò anche che i pianeti più lontani dal Sole hanno periodi di rivoluzione più lunghi. I pianeti esterni impiegano più tempo a percorrere un’intera orbita non solo perché, essendo più lontani dal Sole, l’orbita è più ampia, ma anche perché, all’aumentare della distanza dal Sole, la velocità del moto diminuisce. Questo fatto è afermato nella terza legge di Keplero, che in forma molto semplificata rispetto alla formulazione originaria dice: il periodo di rivoluzione, cioè il tempo impiegato per percorrere un’intera orbita, è diverso da pianeta a pianeta e cresce all’aumentare della distanza del pianeta dal Sole. Prendendo come riferimento un anno (ossia il tempo impiegato dalla Terra per compiere un intero giro attorno al Sole) si osserva ad esempio che: Mercurio, il pianeta più veloce perché più vicino al Sole, descrive la sua orbita in circa 1/4 di anno (il nome Mercurio gli viene da quello del veloce messaggero degli dei); Giove impiega quasi 12 anni a percorrere l’intera orbita; Nettuno, il pianeta più lontano dal Sole, impiega ben 164 anni (tabella 2). Oltre al moto di rivoluzione attorno al Sole, ogni pianeta compie anche un moto di rotazione attorno a se stesso, come una trottola. La rotazione si compie attorno a una retta immaginaria, chiamata asse di rotazione. Provate a far girare un pallone,

trattenendolo con due dita a due estremità opposte (figura 14a); la retta immaginaria che passa per le punte delle due dita, ai poli opposti del pallone, è l’asse di rotazione del pallone. Per la maggior parte dei pianeti anche il moto di rotazione avviene in senso antiorario, se osservati dall’emisfero celeste settentrionale; sono un’eccezione Venere e Urano, che ruotano su se stessi in senso orario: si parla in tal caso di rotazione retrograda (figura 14b). Anche il tempo impiegato da un pianeta per compiere un giro completo attorno al proprio asse, detto periodo di rotazione, può essere molto diverso da pianeta a pianeta: per Giove vale meno di 10 ore, mentre per Mercurio ben 59 giorni! Le leggi scoperte da Keplero sono valide per tutti gli oggetti del Sistema solare, in orbita sia attorno al Sole sia, con una certa approssimazione, intorno ad altri corpi. Pertanto, oltre ai pianeti, esse si applicano a comete, asteroidi e a qualunque satellite, naturale o artificiale. La Luna, per esempio, si muove intorno alla Terra descrivendo un’orbita ellittica di cui la Terra occupa uno dei fuochi e nel contempo gira su se stessa. !#$^* ) Per fissare i concetti 15 Enuncia con parole tue le tre leggi di Keplero. 16 È maggiore il periodo di rivoluzione di Giove o quello di Saturno? Perché? 17 Che cosa significa che la rotazione di Venere e Urano è retrograda?

Tabella 2 Alcuni dati riguardo ai pianeti. (Alcuni dati sono soggetti a continui aggiornamenti).

Diametro (km)

Massa Densità (Terra = I) (g/cm3) (acqua = 1)

Satelliti (numero)

Durata del giorno (giorni terrestri)

Periodo di rivoluzione (anni terrestri)

Distanza media dal Sole (UA)

Mercurio

4879

0,055

5,43

0

59

0,24

0,39

Venere

12 104

0,81

5,24

0

243

0,62

0,72

Terra

12 735

1,00

5,51

1

1

1,00

1,00

Marte

6780

0,107

3,94

2

1,02

1,88

1,52

Giove

138 350

317,8

1,33

63

0,41

11,86

5,20

Saturno

114 630

95,2

0,69

56

0,43

29,46

9,54

Urano

50 530

14,5

1,26

27

0,71

84,01

19,19

Nettuno

49 100

17,1

1,64

13

0,67

164,79

30,1

b

asse di rotazione

Polo nord Venere

Terra Marte Polo sud

a

figura 14. òñ Il moto di rotazione dei pianeti attorno al proprio asse. (a) Venere, come una primadonna, si distingue dagli altri pianeti per il moto di rotazione retrogrado. Questa caratteristica è condivisa, nel Sistema solare, anche da Urano. (b) L’asse di rotazione è la retta che passa per i due Poli (gli unici due punti a non ruotare).

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sezione A La Terra nello spazio

6 S

Che cosa trattiene i pianeti in orbita attorno al Sole?

appiamo che, se lasciamo andare un oggetto che abbiamo in mano, esso cade al suolo e che questo avviene per efetto della forza di gravità. L’inglese Isaac Newton (1642-1727) fu il primo a pensare che la forza che trattiene la Terra e gli altri pianeti attorno al Sole e impedisce loro di perdersi nello spazio è la stessa che ci tiene con i piedi ben aderenti al suolo e che, per esempio, fa cadere una mela dall’albero. La forza di gravità (o forza di attrazione gravitazionale) è una forza di mutua attrazione, che esiste tra tutti i corpi dell’Universo, siano essi granelli di sabbia, organismi viventi, blocchi rocciosi, pianeti o galassie. Fu lo stesso Newton, che per primo aveva intuito l’esistenza di tale forza, a formulare mediante una legge fisica (nota oggi come legge di gravitazione universale) in che modo l’intensità della forza di attrazione gravitazionale dipende dalle masse dei corpi e dalla distanza che li separa. Più precisamente: due corpi qualsiasi dell’Universo si attraggono mutuamente con una forza che è direttamente proporzionale alle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. In simboli: m1 . m2 Fg = G . –––––––– 2 d dove Fg è la forza di attrazione gravitazionale, m1 e m2 sono le masse dei due corpi, d è la distanza tra i loro centri e G è la costante di gravitazione universale; «universale» perché uguale per tutti i corpi e in tutto l’Universo. a

In particolare, la forza di gravità che il pianeta Terra, con la sua grande massa, esercita sul nostro corpo è ciò che ci tiene con i piedi per terra e che misuriamo come nostro peso (figura 15a). L’attrazione di gravità che potremmo sperimentare sulla superficie di un altro corpo celeste è diversa da quella terrestre. Per esempio sulla Luna la forza di gravità è un sesto di quella terrestre e se ci trovassimo sul suolo lunare ci sentiremmo molto leggeri e potremmo spiccare salti molto più alti di quanto non siamo in grado di fare qui sulla Terra (figura 15b). Ci possiamo però chiedere: visto che il Sole esercita su tutti i pianeti una forza di attrazione gravitazionale, perché i pianeti continuano a orbitargli attorno e non cadono invece su di esso, come succede per esempio a una mela che, quando si stacca dall’albero, cade al suolo, per efetto della forza di attrazione che la Terra esercita su di essa? Possiamo cercare di capirlo ragionando sulla situazione seguente (figura 16). Immaginiamo di trovarci su una montagna altissima e di scagliare lontano un sasso in direzione orizzontale. Dopo un certo tragitto in aria, il sasso cade al suolo per efetto della forza di gravità. La lunghezza del tragitto che il sasso percorre prima di toccare il suolo dipende dalla sua velocità iniziale, ossia dalla velocità che gli imprimiamo al momento del lancio. Se fossimo in grado di ripetere il lancio imprimendo al sasso una velocità iniziale via via maggiore in direzione orizzontale, il sasso andrebbe a colpire la Terra in punti ogni volta più lontani. Come si vede dalla figura, a causa della curvatura terrestre, il sasso, pur continuando a cadere, tenderà sempre più a orbitare attorno alla Terra. Al limite, se riuscissimo a imprimere al sasso una velocità iniziale suicientemente elevata, esso conti-

b

60 kg

La Terra esercita sul nostro corpo una forza diretta verso il centro del pianeta, che ci tiene con i piedi ben aderenti al suolo.

10 kg

Sulla Luna, per la minore gravità, il peso di un corpo è sei volte inferiore che sulla Terra.

A 22 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 15. ò (a) Forza di gravità sulla Terra e sulla Luna (b). Sul nostro satellite, per la minore forza di gravità, si possono spiccare dei salti molto più alti, come hanno dimostrato gli astronauti delle missioni Apollo che hanno camminato sulla sua superficie.

unità 1 Il Sistema solare

nuerebbe a girare intorno alla Terra: si comporterebbe come un minuscolo satellite in orbita attorno al nostro pianeta. Bisogna supporre però che nel suo moto attorno alla Terra il sasso non sia frenato dalla resistenza dell’aria. Per un pianeta la situazione è la stessa. Durante la sua formazione dalla nube primordiale in rotazione, il pianeta ha acquisito una certa velocità in direzione «orizzontale» rispetto al Sole. Tale velocità è suiciente a far sì che, pur essendo soggetto costantemente alla forza di attrazione del Sole che tende a farlo cadere, il pianeta continui a orbitare intorno a esso nel vuoto interplanetario, invece di andare a colpirne la superficie (figura 17). !#$^* ) Per fissare i concetti 18 Che cosa si intende per forza di attrazione gravitazionale? 19 Spiega con parole tue perché i pianeti continuano a orbitare attorno al Sole, senza cadere su di esso o fuggire via.

figura 16. ñ Se fossimo in grado di lanciare un sasso da una grande altezza in direzione orizzontale e con velocità sufficientemente elevata, esso continuerebbe a girare in orbita attorno alla Terra.

Sole

forza di attrazione gravitazionale esercitata dal Sole sul pianeta velocità di cui è dotato il pianeta

figura 17. ñ Al momento della formazione dalla nube primordiale, i pianeti hanno ricevuto una certa velocità iniziale. A causa di essa tenderebbero a muoversi in linea retta, se non vi fosse il Sole che, con la sua forza di attrazione, ne incurva costantemente la traiettoria, trattenendoli così in orbita attorno a sé.

7 L

Di che cosa è fatto il Sistema solare?

’elemento chimico più abbondante nel Sistema solare e nell’Universo è l’idrogeno (H). Al secondo posto, in quantità minore, troviamo l’elio (He), la cui denominazione deriva da Helios, il nome greco del Sole, perché se ne scoprì l’esistenza nella nostra stella ancora prima che sulla Terra. Idrogeno ed elio sono i due elementi più leggeri presenti in natura. Per noi terrestri, abituati a camminare su materia solida, il fatto che l’Universo sia in gran parte costituito di gas leggeri può apparire sorprendente. In efetti, i pianeti come la Terra, Mercurio, Venere e Marte sono costituiti in proporzione considerevole di materiali solidi: per questo sono detti pianeti terrestri o rocciosi. Come possiamo allora sostenere che il costituente principale dell’Universo, e più in particolare del Sistema solare, è l’idrogeno? Ecco la spiegazione. Nel Sistema solare, i pianeti sono minuscoli rispetto al Sole. Da solo, il Sole contiene il 99,8% di tutta la materia del Sistema solare ed è formato in prevalenza da idrogeno. Inoltre, i pianeti che si trovano al di là di Marte non sono rocciosi. Giove e Saturno hanno notevoli dimensioni e sono costituiti in prevalenza da idrogeno. Essi sono anche detti pianeti gioviani o giganti gassosi. I due pianeti più lontani dal Sole, Urano e Nettuno, possono essere definiti giganti ghiacciati in quanto, a causa delle basse temperature, alcuni dei materiali che sugli altri pianeti sono allo stato gassoso, qui si trovano allo stato solido. La composizione dei pianeti si spiega con la loro comune origine: la gigantesca nube dalla quale, circa cinque miliardi di anni fa, ebbero origine il Sole e i suoi pianeti conteneva principalmente idrogeno ed elio, con piccole percentuali di elementi più pesanti (carbonio, ossigeno, silicio, ferro ecc.). La distribuzione ineguale dei materiali nei pianeti terrestri rispetto a quelli gioviani si spiega con la diversa distanza dal Sole: in prossimità del Sole, il vento solare e le temperature più elevate fecero allontanare dai pianeti terrestri gran parte degli elementi più leggeri e si formarono i pianeti rocciosi, densi. Invece, a maggiori distanze dal Sole, si formarono pianeti prevalentemente gassosi. Una volta che i pianeti si furono formati, le loro condizioni ambientali assai diverse (si va da temperature di alcune centinaia di gradi sopra lo zero a temperature di oltre cento gradi sotto lo zero) avrebbero determinato anche un diverso stato fisico degli stessi materiali. Per fare alcuni esempi: l’anidride carbonica, che sulla Terra è un gas presente nell’aria, sulle calotte polari di Marte è solida, come ghiaccio; l’idrogeno, che sulla Terra è un gas presente in minime quantità nell’aria, su Giove forma invece un immenso oceano liquido. !#$^* ) Per fissare i concetti 20 Qual è l’elemento più abbondante nel Sistema solare? In quali corpi del Sistema solare lo troviamo in notevoli quantità? 21 Quali sono i pianeti terrestri? Perché sono chiamati così? 22 Come si spiega la diversa composizione dei pianeti terrestri rispetto a quelli gioviani?

A 23 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

8 P

Una stella chiamata Sole

er la sua vicinanza alla Terra il Sole è l’unica stella che non si presenta come un semplice punto luminoso, ma come un’enorme sfera incandescente della cui superficie possiamo addirittura osservare i particolari. (Attenzione: a causa della sua forte luminosità, è dannoso per gli occhi guardare direttamente il disco del Sole; bisogna servirsi di opportuni filtri). Il Sole è un enorme globo di gas con un diametro di circa 1 400 000 km, più o meno 109 volte quello terrestre; ha un volume che è 1,30 milioni di volte quello della Terra e una massa 333 000 volte maggiore (figura 18). La densità media del Sole, di solo 3 3 1,4 g/cm , è poco maggiore della densità dell’acqua (1 g/cm ) e cir3 ca un quarto della densità media della Terra (5,5 g/cm ). Utilizzando i metodi di analisi forniti dalla fisica, gli astronomi hanno potuto stabilire che la nostra stella non ha una struttura uniforme e che i valori di temperatura, pressione e densità variano moltissimo dall’interno alla superficie del globo solare. Procedendo dall’interno verso l’esterno, possiamo distinguere quattro involucri gassosi (figura 19). Il nucleo solare è relativamente piccolo rispetto al volume totale del globo; in esso viene prodotta tutta l’energia emessa dal Sole. Solo nel nucleo, infatti, la temperatura e la densità raggiungono valori così elevati da permettere lo svolgimento delle reazioni di fusione nucleare che producono energia: la temperatura si aggira sui 15 milioni di gradi e la densità è circa 10 volte quella del piombo.

protuberanza

La zona radiativa è lo spesso strato che circonda il nucleo solare e che trasferisce agli involucri più esterni, sotto forma di radiazioni, l’energia prodotta dalla fornace del nucleo solare. La zona convettiva è la regione nella quale l’energia viene trasportata verso l’alto dal movimento stesso dei gas: enormi getti di gas incandescente salgono e, dopo essersi rafreddati, ridiscendono, in modo analogo a quanto avviene in una pentola di minestra che bolle (movimenti di questo tipo sono detti moti convettivi).

1 Sole

figura 18. ñ La massa del Sole è circa 333 000 volte quella della Terra.

Nella zona convettiva l’energia viene trasportata dai moti convettivi dei gas.

La corona è l’anello di gas che circonda il Sole.

=

333000 Terre figura 19. ö I quattro involucri gassosi concentrici del Sole avvolti dall’atmosfera solare.

Nella zona radiativa l’energia prodotta nel nucleo è trasferita sotto forma di radiazioni.

La cromosfera è lo strato di transizione tra la fotosfera e la corona.

Nel nucleo è prodotta l’energia emessa dal Sole.

macchia solare

A 24 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

La fotosfera è l’involucro più esterno da cui proviene la maggior parte delle radiazioni solari tra cui la luce.

unità 1 Il Sistema solare

La fotosfera è ciò che si vede quando si osserva il Sole: appare come la superficie che delimita il globo solare, sebbene abbia un proprio spessore (molto ridotto, circa 400 km). Dalla fotosfera, che ha una temperatura di circa 6000 °C, proviene la maggior parte delle radiazioni solari, tra cui la luce (fotosfera significa, in greco, «sfera della luce»). Osservata al telescopio (con un opportuno filtro per non danneggiare la vista), la fotosfera appare come in costante ebollizione, formata cioè da una moltitudine mutevole di granuli luminosi, che compaiono e scompaiono continuamente: si tratta delle sommità dei getti convettivi che poi ricadono verso l’interno. Talora compaiono nella fotosfera delle aree più scure, le macchie solari, variabili nel tempo per forma, dimensione e numero (figura 20). Osservate per la prima volta da Galileo, appaiono scure perché sono più fredde, di circa 1000-1500 °C, rispetto alla restante superficie della fotosfera. Le macchie solari si muovono mettendo in evidenza la rotazione del Sole su se stesso. Il Sole non è una sfera dal contorno nitido e ben definito, come appare a occhio nudo o al cannocchiale. Il netto margine dell’astro è un’illusione: in-

dica semplicemente il limite oltre il quale il gas diventa trasparente e troppo poco luminoso, rispetto alla fotosfera, per essere visibile. Subito al di sopra della fotosfera c’è la cromosfera, un tenue anello rosa, visibile durante le eclissi solari, quando il disco opaco della Luna scherma la forte luminosità della sottostante fotosfera. Ancor più all’esterno è la corona solare, visibile anch’essa solo durante le eclissi (figura 21). La corona si presenta come un alone di gas che circonda il Sole, sfumando nello spazio, e dalla cui frangia esterna sfuggono particelle cariche. Nell’insieme esse formano il vento solare che raggiunge anche la Terra. Le interazioni tra il vento solare e gli strati più alti dell’atmosfera producono, nelle zone vicine ai Poli, macchie di luce che possono assumere varie forme e colori, chiamate aurore polari. !#$^* ) Per fissare i concetti

23 Elenca i diversi involucri da cui è formato il Sole e descrivi brevemente le loro caratteristiche. 24 Indica alcune caratteristiche della fotosfera. 25 In quali condizioni la cromosfera e la corona sono visibili?

a

figura 20. òô In figura si possono osservare le macchie solari (a) e i brillamenti (b).

figura 21. ö Un’eclissi solare fa risaltare il luminoso alone della corona, normalmente invisibile per la forte luminosità della fotosfera. b

A 25 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

9 M

I pianeti rocciosi

ercurio, Venere, Terra e Marte sono, nell’ordine, i pianeti più vicini al Sole. A parte il nostro pianeta, le numerose informazioni su di essi ci provengono dalle esplorazioni compiute negli ultimi tre decenni mediante sonde e veicoli spaziali, che in alcuni casi ne hanno raggiunto la superficie, analizzando suolo e atmosfera. Questi quattro pianeti di roccia formano un gruppo di corpi piuttosto omogenei, con densità pressoché analoga e massa variabile il cui valore massimo è rappresentato dalla Terra e quello minimo, circa 18 volte minore, da Mercurio (vedi tabella 2, p. A21). A diferenza dei loro fratelli giganti, più lontani, essi hanno pochi satelliti o addirittura nessuno. La diversa distanza dal Sole e la diferente atmosfera determinano le caratteristiche peculiari di ciascuno di essi.

Mercurio. Mercurio è al tempo stesso torrido e ghiacciato: la temperatura sulla faccia rivolta verso il Sole raggiunge infatti i 470 °C, mentre sulla faccia opposta scende anche a -180 °C. Ciò dipende da tre fattori: la vicinanza al Sole (da cui al perielio dista «appena» 46 milioni di kilometri), la mancanza di un involucro gassoso che mitighi la temperatura superficiale e una rotazione attorno al proprio asse molto lenta, di circa 59 giorni terrestri. Questa lunga durata del «giorno» fa salire enormemente la temperatura nell’emisfero illuminato, mentre la fa crollare a valori bassissimi nell’emisfero buio. La superficie del pianeta è piena di crateri (figura 22) che sono il prodotto dell’impatto di meteoriti e che si sono conservati grazie all’assenza di erosione e di degradazione della superficie. Mercurio ha un’atmosfera estremamente rarefatta (oltre 1000 volte più tenue di quella terrestre) e sembra che ospiti piccole quantità di acqua ghiacciata sul fondo di alcuni crateri presso i Poli. L’assenza quasi totale di atmosfera è una conseguenza non solo della ridotta forza di gravità (circa 1/3 di quella terrestre), ma soprattutto della sua grande vicinanza al Sole, che ha scaldato i gas atmosferici al punto di farli sfuggire nello spazio. Venere. Venere assomiglia alla Terra per dimensioni, massa e densità, ma per il resto vi sono moltissime diferenze. Il pianeta è perennemente avvolto da una densissima atmosfera che nasconde la sua superficie (figura 23). La pressione sul suolo di Venere è di circa 90 atmosfere: analoga a quella che incontra un sommergibile a circa 900 m di profondità. Altrettanto particolare è la composizione dell’atmosfera: percorsa da impetuosi venti infuocati, essa è formata per il 95% da anidride carbonica e non contiene ossigeno. A quote più elevate vi sono nubi spesse e corrosive di acido solforico. Le sonde hanno esplorato l’atmosfera del pianeta, misurando temperatura, pressione, velocità dei venti e hanno rilevato per mezzo di radar le caratteristiche del paesaggio venusiano. La superficie di Venere è costituita da rocce di origine vulcanica rovente a causa dell’efetto serra, particolarmente accentuato per l’abbondanza di anidride carbonica nell’atmosfera. L’atmosfera ricca di questo gas funziona come un’enorme campana di

A 26 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

La superficie butterata di Mercurio è dovuta all’assenza quasi totale di un’atmosfera che lo protegga dalla frequente caduta di meteoriti.

figura 22. ò Mercurio come appare a una distanza di 200 000 km circa, ripreso dalla sonda Mariner 10 nel 1975.

figura 23. ò Immagine di Venere costruita in base ai dati registrati dalla sonda Magellano nel 1991. Il sistema radar utilizzato ha consentito di oltrepassare la spessa coltre di nubi e di mostrarci la superficie del pianeta.

figura 24. ò Il pianeta Terra ripreso dallo spazio. Sono visibili in primo piano l’Africa, estesi sistemi nuvolosi sulle masse oceaniche e, in basso, la calotta ghiacciata dell’Antartide.

unità 1 Il Sistema solare

a

vetro, che lascia passare parte delle radiazioni solari ma trattiene il calore emesso dalla superficie del pianeta riscaldata da tali radiazioni. Il risultato è che la temperatura all’interno di questa «serra» micidiale arriva a quasi 500 °C. Venere è, dopo il Sole e la Luna, il corpo celeste più luminoso del cielo. Esso ci appare a occhio nudo come un astro splendente nel cielo del mattino o in quello della sera, molto più vivido di qualsiasi stella, perciò è detto anche «stella della sera» o «stella del mattino». La sua brillantezza è dovuta alla vicinanza al Sole, da cui riceve molta luce, e alla forte riflessione causata dalla coltre di nubi, oltre che alla vicinanza alla Terra, da cui lo osserviamo. Terra. Rispetto ai suoi fratelli del Sistema solare la Terra presenta alcune caratteristiche che ne fanno un pianeta tutto speciale. È infatti l’unico pianeta a possedere vaste distese d’acqua allo stato liquido, il solo ad avere abbondanza di ossigeno nell’atmosfera e il solo su cui è presente la vita. Dallo spazio essa appare di colore prevalentemente azzurro (figura 24). Tutte queste particolarità sono collegate tra loro. Studiando gli altri pianeti gli scienziati sono giunti alla conclusione che la Terra deve le sue peculiarità a due fattori fondamentali:

La colorazione di Marte, il «Pianeta Rosso», è dovuta alla presenza di ossidi di ferro in superficie.

b

● una massa e quindi una gravità suicientemente elevata da trattenere i gas atmosferici; ● la «giusta» distanza dal Sole che garantisce valori di temperatura alla superficie tali da consentire la presenza di acqua allo stato liquido. Riguardo alla presenza di acqua vi sono due teorie, una dell’origine «esogena» e una dell’origine «endogena». La prima prevede che l’acqua sia stata portata sulla Terra dalle comete, corpi molto ricchi di ghiaccio, che bombardarono il nostro pianeta nelle primissime fasi della sua vita. La seconda, viceversa, suggerisce che l’atmosfera terrestre primordiale sia stata arricchita di vapor d’acqua, anidride carbonica e azoto da imponenti eruzioni vulcaniche. La Terra diventò poi abbastanza fredda da permettere al vapore acqueo di condensare in gocce e precipitare al suolo, dando origine a grandi masse d’acqua, gli oceani. A sua volta, l’anidride carbonica fu sottratta all’atmosfera terrestre da quelle grandi masse d’acqua, dato che è abbastanza solubile in questo liquido; si è andata così immagazzinando negli oceani, grazie anche ai molti organismi che la fissano nei propri gusci calcarei. L’anidride carbonica è inoltre assorbita dalle piante, che la utilizzano per la fotosintesi; allo stesso tempo, nel corso di questo processo, esse arricchiscono di ossigeno l’atmosfera. A diferenza di molti altri corpi del Sistema solare, il nostro pianeta è geologicamente attivo: nel corso del tempo gli oceani si sono aperti e richiusi più volte, mentre i continenti sono andati alla deriva, a volte unendosi, a volte spezzandosi in più frammenti.

figura 25. ôö (a) Il pianeta Marte ripreso dalle sonde Viking I e II. Questa rappresentazione, in realtà, è un mosaico di più immagini e mostra chiaramente il grande sistema di canyon che attraversa il pianeta. (b) Il Mons Olympus, l’imponente vulcano di Marte; il cratere centrale ha un diametro di 80 km circa. (c) Panorama della superficie marziana ripreso nel settembre del 1975 dalla sonda della NASA Viking 2.

Il Mons Olympus è il più grande vulcano del Sistema solare.

c

La superficie marziana somiglia a un arido deserto pietroso.

Marte. Marte, il pianeta rosso, è come arrugginito per la notevole presenza di ossidi di ferro sulla sua superficie (figura 25).

A 27 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

L’atmosfera di Marte, 100 volte più rarefatta di quella terrestre, contiene in prevalenza anidride carbonica, piccole quantità di azoto e di argon, e quantità ancora più piccole di ossigeno e di vapore acqueo. Nonostante la rarefazione, in quell’atmosfera ci sono nubi e venti ed esistono stagioni come sulla Terra. L’asse di rotazione di Marte è infatti inclinato sul piano dell’orbita in modo simile all’asse di rotazione terrestre. Gli ampi sbalzi di temperatura tra la notte e il giorno creano turbolenze atmosferiche, con venti che spirano anche a 500 km/h, e tempeste di sabbia che si pensa siano la causa principale di certi fenomeni di erosione e di accumulo riscontrati sul pianeta. Per le forti escursioni termiche, le calotte glaciali che ricoprono i Poli di Marte si estendono e si riducono seguendo il ritmo delle stagioni (più lunghe su Marte che sulla Terra per la maggior durata del moto di rivoluzione). Si ritiene che le calotte polari siano formate da ghiaccio d’acqua, al di sopra del quale vi sarebbe uno strato di anidride carbonica allo stato solido («ghiaccio secco»). Poiché la temperatura media di Marte è circa –60 °C, il ghiaccio d’acqua non si scioglierebbe mai, mentre il ghiaccio secco scomparirebbe durante l’estate. La superficie di Marte è solcata da canali sinuosi e da reticoli ramificati che ricordano i letti di fiumi e torrenti. Molto probabilmente tali forme del paesaggio marziano furono prodotte dall’azione di corsi d’acqua impetuosi, esistiti molto tempo fa. Oggi si ritiene che quell’acqua si sia infiltrata nel sottosuolo, dove è presente in forma congelata, e in parte evaporata nello spazio. A mano a mano che gli scienziati approfondiscono le conoscenze su quel periodo marziano, riaiora l’ipotesi che su quel pianeta possa esservi stata (e magari vi sia tuttora) qualche forma di vita primordiale. Si sarebbe trattato in ogni caso di forme di vita molto semplici, probabilmente simili ai batteri. Grazie alle informazioni raccolte dalle sonde spaziali, ormai tutta la superficie di Marte è ben conosciuta. Su quel pianeta esiste il più grande vulcano che si conosca del Sistema solare: il Mons Olympus, alto 25 km e con un diametro alla base di oltre 500 km. Marte possiede anche monti, colline, valli tortuose e profondi canyon. Delle numerose sonde spaziali che dal 1997 sono state lanciate verso il pianeta rosso, ricordiamo i tre veicoli di ricognizione della NASA giunti recentemente sulla sua superficie: il piccolo Pathfinder, i due rover gemelli Spirit e Opportunity, che hanno ripreso immagini dettagliate del suolo marziano, e la Phoenix Mars Lander, atterrata in prossimità del Polo nord marziano nel maggio 2008.

10 G

I pianeti gassosi e i pianeti di ghiaccio

iove, Saturno, Urano e Nettuno, i pianeti giganti del Sistema solare, sono assai diversi dai pianeti fin qui descritti. Essi sono molto grandi ma poco densi. La loro densità, infatti, si avvicina molto più a quella del Sole che a quella della Terra. Essi hanno infatti spesse atmosfere, ricche di gas molto leggeri come l’idrogeno e l’elio. Si pensa che possano avere un piccolo nucleo roccioso. Sono inoltre circondati da un gran numero di satelliti e presentano sistemi di anelli. Urano e Nettuno, i pianeti più lontani dal Sole, non erano noti ai tempi di Galileo. La loro distanza infatti non ne permette l’osservazione a occhio nudo.

Giove. Da solo, Giove (figura 26) possiede circa il 70% della massa complessiva di tutti i pianeti. La massa di Giove è 318 volte quella della Terra, mentre il suo volume è oltre 1300 volte quello terrestre. Dopo Venere, Giove è il pianeta più luminoso nel cielo. Malgrado le dimensioni, questo pianeta ruota intorno al proprio asse più velocemente di qualsiasi altro pianeta del Sistema solare: un giorno gioviano, di 9 ore e 56 minuti, dura meno della metà di un giorno terrestre. Quando osserviamo Giove (e lo stesso vale per gli altri pianeti giganti) ne vediamo unicamente l’atmosfera; su ciò che c’è più all’interno si possono fare solo delle ipotesi. Per esempio, si pensa che, sotto la spessa atmosfera, per l’enorme pressione, Giove possieda un immenso oceano di idrogeno ed elio liquidi. La struttura più stupefacente, visibile sull’atmosfera di Giove, è una gigantesca chiazza, di dimensioni pari ad alcune volte il nostro pianeta, nota come grande macchia rossa. Le informazioni raccolte dalle sonde hanno indotto gli scienziati a concludere che si tratti di un enorme vortice gassoso, conseguenza delle turbolenze che agitano perennemente l’atmosfera gioviana. Tale atmosfera, in media 1000 volte più densa di quella terrestre, è costituita principalmente da idrogeno, elio e in piccola parte da altri composti tra cui acqua, metano e ammoniaca.

!#$^* ) Per fissare i concetti 26 Indica due motivi per cui Mercurio è privo di atmosfera. 27 Spiega brevemente perché su Venere la temperatura è molto elevata. 28 Quali circostanze hanno fatto sì che la Terra, a differenza dei suoi vicini Venere e Marte, sia un pianeta che presenta condizioni favorevoli alla vita? 29 Che cosa fa pensare che ci sia stato un tempo in cui sulla superficie di Marte era presente acqua liquida in abbondanza?

A 28 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 26. ô La sommità della spessa atmosfera di Giove ripresa dalla sonda della NASA Cassini nel dicembre 2000. Sono ben visibili la struttura a bande, la grande macchia rossa e l’ombra del satellite Europa, uno dei quattro scoperti da Galileo.

macchia rossa

unità 1 Il Sistema solare

Giove irradia una quantità di calore che è circa il doppio di quella che riceve dal Sole. Da dove proviene questa energia in più? L’ipotesi più probabile è che questo calore in eccesso in parte sia un residuo di quello che il pianeta ha accumulato quando si è formato, a partire dalla nebulosa primordiale, in parte derivi da una lenta contrazione cui il pianeta è tuttora soggetto. Nonostante Giove possieda alcune caratteristiche «stellari», cioè il fatto che emetta dell’energia e che abbia una composizione chimica di tipo stellare, non può essere considerato una «stella mancata»: si calcola infatti che la minima massa necessaria per diventare una stella sia circa 80 volte superiore a quella del pianeta. Intorno a Giove sono stati individuati finora ben 63 satelliti, di cui quattro furono scoperti da Galileo. Il grande pianeta possiede inoltre un anello che lo circonda in corrispondenza dell’Equatore.

Urano. Urano (figura 28) fu scoperto al telescopio nel 1781 dall’astronomo W. Herschel, che lo scambiò inizialmente per una cometa. Esso è costituito probabilmente da un nucleo roccioso, relativamente piccolo, avvolto da uno spesso strato di gas (idrogeno, elio, metano e ammoniaca) ed è circondato da anelli, estremamente sottili, costituiti da aghetti di ghiaccio e polveri. Come Venere, ruota su se stesso in senso contrario a quello degli altri pianeti. Il suo asse di rotazione è pressoché parallelo al piano dell’orbita, per cui sembra essere coricato su un fianco. Alcuni ritengono che sia stato «rovesciato» dalla collisione con un altro pianeta in formazione nelle prime fasi di vita del Sistema solare. Nonostante non sia il più distante dal Sole, per motivi non del tutto chiari Urano è il pianeta più freddo del Sistema solare. La sua atmosfera può trovarsi abbondantemente sotto i -200 °C.

Saturno. Saturno (figura 27a), il pianeta con i famosi caratteristici anelli è, come Giove, formato prevalentemente da idrogeno. Le immagini trasmesse dalle sonde spaziali hanno permesso di distinguere un gran numero di anelli concentrici (più di mille). La fascia di anelli ha una larghezza complessiva di circa 100 000 km e uno spessore molto piccolo: da alcune centinaia di metri a pochi chilometri (figura 27b). Gli anelli sono formati da frammenti di polveri e ghiaccio di varia grandezza, che orbitano sul piano equatoriale del pianeta. Con una massa che è circa 95 volte quella terrestre e un volume che è quasi 900 volte quello della Terra, Saturno è il pianeta con den3 sità media minore: solo 0,7 g/cm , inferiore a quella dell’acqua. Saturno, come Giove, irradia più calore di quello che riceve dal Sole.

Nettuno. Nettuno (figura 29) non fu scoperto scrutando il cielo ma, come si dice, «a tavolino», quando si cercò di spiegare alcune irregolarità presenti nel moto del pianeta Urano. Come abbiamo visto fra tutti i corpi, per cui anche tra i pianeti, si esercita una forza di attrazione gravitazionale. Le perturbazioni dell’orbita di Urano furono attribuite alla presenza di un pianeta situato oltre la sua orbita, non ancora osservato al telescopio. In base ai calcoli astronomici, il lontano pianeta sarebbe dovuto apparire in una certa zona del cielo, come un debolissimo puntino luminoso. E là efettivamente fu individuato nel 1846, con un’accurata osservazione al telescopio.

a

b

figura 28. ò Urano ha un diametro quattro volte maggiore di quello terrestre e quasi uguale a quello di Nettuno. Il colore azzurro è dovuto alla prensenza di metano.

Il sistema di anelli presenta numerose divisioni interne.

figura 27. ñò (a) Saturno con i suoi caratteristici anelli ripreso dal telescopio spaziale Hubble. (b) Il sistema di anelli ripreso da vicino dalla sonda Cassini.

La superficie azzurro-verdognola è dovuta alla riflessione della luce solare da parte di nubi contenenti metano.

figura 29. î Lontano e oscuro, del tutto invisibile a occhio nudo, Nettuno è stato scoperto solo nel 1846 al telescopio.

A 29 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

Nettuno ha una composizione simile a quella di Urano. La presenza di una certa quantità di metano gli dona un colore azzurroverdognolo. L’atmosfera di Nettuno è agitata dai venti più impetuosi riscontrati su tutti i pianeti. Nettuno si trova a una distanza di circa 4,5 miliardi di kilometri dalla Terra. Ciò nonostante, nel 1989, dopo un viaggio di 12 anni, è stato raggiunto dalla sonda americana Voyager 2, che nel 1986 aveva già visitato Urano. Da notare che, da quando è stato scoperto, Nettuno non ha ancora percorso un’intera orbita; l’anno di Nettuno dura infatti ben 165 anni terrestri. Plutone. Plutone (figura 30a e b) è un corpo celeste controverso fin dalla sua scoperta (avvenuta nel 1930) e diicile da classificare. La sua densità non è tipica né dei pianeti terrestri né di quelli gioviani; la sua orbita è un’ellissi molto schiacciata e non giace sul piano delle altre orbite; è più piccolo della Luna; ha però tre

satelliti, il maggiore dei quali, Caronte, non è molto più piccolo di Plutone stesso. In realtà, Plutone più che un pianeta dovrebbe essere considerato un oggetto della Fascia di Kuiper, una regione contenente un gran numero di piccoli corpi ghiacciati che si estende più o meno dai 5 ai 10 miliardi di kilometri dal Sole. In efetti, nel 2006 Plutone è stato inserito dall’Unione Astronomica Internazionale nella neonata classe dei pianeti minori, insieme a due altri corpi simili, Sedna (scoperto nel 2003) ed Eris (scoperto nel 2005), quest’ultimo poco più grande di Plutone stesso. !#$^* ) Per fissare i concetti 30 Indica una caratteristica che accomuna i pianeti gioviani. 31 Che caratteristiche presenta l’atmosfera di Giove? 32 Come si spiega il fatto che Giove e Saturno irradiano più calore di quello che ricevono dal Sole? 33 Di che cosa sono fatti gli anelli di Saturno? 34 Per quali ragioni Plutone non è più considerato un pianeta?

a

b

figura 30. òö (a) Plutone non è mai stato raggiunto da alcuna sonda. In questa foto è ripreso con il suo satellite Caronte (in alto a destra) dal telescopio spaziale Hubble. (b) Missione spaziale New Horizons. Plutone e la sua luna «Caronte» saranno sorvolati per la prima volta dalla sonda nel 2015.

1. Lancio. 19 gennaio 2006 La sonda New Horizons è stata lanciata da Cape Canaveral verso Giove, Plutone e la fascia di Kuiper.

2. Intersecazione con l’orbita di Marte. 7 aprile 2006. La sonda ha attraversato l’orbita marziana.

3. Passaggio vicino a Giove. Febbraio 2007. La sonda è passata vicino a Giove per sfruttare la gravità del pianeta e aumentare la velocità per raggiungere Plutone.

4. Arrivo su Plutone. 14 luglio 2015. New Horizons sorvolerà Plutone e la sua luna Caronte. Invierà alla Terra dati su superficie, atmosfera e clima.

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unità 1 Il Sistema solare

11 L

La Luna: la compagna su cui il tempo si è fermato a

a Luna è uno dei satelliti più grandi del Sistema solare, un enorme «sasso» con un raggio medio (1740 km) che è circa un quarto di quello terrestre. Ci vogliono 81 Lune per uguagliare la massa della Terra, mentre ne bastano soltanto 49 per uguagliarne il volume; questo, perché la Luna è meno densa del 3 nostro pianeta (la densità media della Luna è 3,3 g/cm , contro 3 i 5,5 g/cm della Terra). Già a occhio nudo, la sua superficie presenta zone più chiare e zone più scure (figura 31). Queste zone, osservate per la prima volta al cannocchiale da Galileo, si rivelarono «alte montagne e profonde vallate». Le più importanti formazioni della superficie lunare sono oggi classificate come crateri, mari e altipiani. I crateri sono depressioni circolari circondate da un bordo rialzato. Hanno un diametro compreso tra pochi metri e diverse centinaia di kilometri e sono numerosissimi su quasi tutta la superficie della Luna. Si tratta di crateri d’impatto dovuti alla caduta sulla superficie lunare di meteoriti di varie dimensioni, caduta molto più frequente che sulla Terra data l’assenza dello scudo protettivo fornito da un’atmosfera. Non si può del tutto escludere, comunque, che qualche cratere possa avere un’origine vulcanica, risalente al periodo di attività del satellite. I mari si presentano come macchie scure, visibili anche a occhio nudo. Sebbene sulla Luna non ci sia acqua, è rimasta la loro antica denominazione: Mare Imbrium (Mare delle Piogge), Mare Tranquillitatis (Mare della Tranquillità), Oceanus Procellarum (Oceano delle Tempeste) ecc. In realtà, si tratta di ampie distese di lava scura, di natura simile a quella emessa sulla Terra dai vulcani delle isole Hawaii o dell’Islanda, ricoperte da uno strato di soice sabbietta chiamato regolite. I mari sono comuni sulla faccia della Luna visibile dalla Terra. Invece, la faccia nascosta della Luna, quella non osservabile dalla Terra e che non conoscevamo prima delle foto inviate dalle sonde spaziali, ha numerosissimi crateri e solo una piccolissima frazione della superficie occupata da mari. Gli altipiani, infine, sono aree elevate rispetto ai mari e hanno colore chiaro, con la superficie molto accidentata per la presenza di frequenti crateri. Anche su queste aree è presente, nelle zone più depresse, una copertura di regolite. Le esplorazioni con le sonde spaziali e quelle realizzate direttamente dagli esseri umani, o allunaggi (se ne contano ben sei) hanno permesso di raccogliere un’imponente quantità di dati sul nostro satellite. I tre quintali di rocce e polveri, prelevate da diversi punti della sua superficie e portate sulla Terra, hanno consentito di ricostruire la storia della Luna.

Cratere Platone Mare delle Piogge

Cratere Copernico

Mare della Tranquillità

Oceano delle Tempeste allunaggio dell’Apollo 11 20/7/69

I materiali emessi nell’impatto formano lunghi raggi.

Cratere Tycho Brahe

b

Cratere d’impatto

figura 31. ïî (a) La faccia della Luna sempre visibile mostra delle macchie scure, i cosiddetti mari, la cui disposizione ha sempre stimolato la fantasia degli uomini. C’è anche chi vi ha visto la figura di un bacio tra due amanti. (b) I crateri, di cui la superficie lunare è ricchissima, sono dovuti agli impatti con meteoriti di varie dimensioni avvenuti soprattutto nelle primissime fasi della vita del Sistema solare.

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sezione A La Terra nello spazio

L’analisi del suolo lunare ha permesso di stabilire che, come la Terra, la Luna è nata circa 4,6 miliardi d’anni fa. Attorno a 4 miliardi di anni fa la giovane crosta lunare è stata bombardata da una vera pioggia di meteoriti di tutte le dimensioni; crateri grandi e piccoli si sono formati un po’ ovunque. È questa una fase della storia della Luna che ricorda quanto è accaduto anche su Mercurio e fa pensare che ci sia stato un momento della storia del Sistema solare in cui grandi sciami di meteoriti hanno investito tutti i pianeti interni. Sulla Terra le tracce di quel bombardamento sarebbero state cancellate dall’attività erosiva degli agenti atmosferici. Quando in seguito ai violenti impatti la crosta lunare si è spezzata, la lava ha cominciato a fuoriuscire, riempiendo strato dopo strato gli enormi bacini da impatto. Poi il flusso è diminuito e le lave si sono rafreddate: sono nati così i mari lunari. Da allora, circa 3 miliardi di anni fa, l’attività vulcanica è cessata e il tempo sulla Luna si è come fermato. Infatti, non c’è più attività endogena, e non ci sono né atmosfera né acqua a modificarne la superficie. Solo di tanto in tanto qualche meteorite, attratto dalla sua forza di gravità, precipita sul suolo lunare, scavando un cratere e proiettando intorno polveri e frammenti. Le grandi escursioni termiche del suolo lunare sono imputabili sia alla lenta rotazione della Luna intorno al proprio asse (un giorno lunare dura circa 28 giorni terrestri), sia all’assenza di atmosfera. Dato che ogni punto della superficie è esposto alla luce diretta del Sole per circa 14 giorni e immerso nell’ombra per altrettanto tempo, la temperatura dei punti illuminati raggiunge circa 120 °C, mentre nella parte al buio precipita a circa -150 °C. Recenti osservazioni suggeriscono che, come su Mercurio, vi possano essere piccole masse di acqua ghiacciata sul fondo di alcuni crateri polari. !#$^* ) Per fissare i concetti 35 Quali sono le più importanti caratteristiche del paesaggio lunare? Che cosa sono in realtà i mari? 36 Perché, insieme al pianeta Mercurio, la Luna permette di ricostruire un momento della storia passata del Sistema solare? 37 A quali fattori sono dovute le forti escursioni termiche che si osservano sulla superficie lunare?

Corpi erranti nel Sistema solare

O

ltre che per i pianeti, il Sole è centro di attrazione per un enorme numero di corpi celesti di minori dimensioni, come gli asteroidi e le comete. Il loro studio fornisce preziose informazioni sulla composizione del Sistema solare e sui processi che ne hanno determinato la formazione. Gli asteroidi sono corpi la cui dimensione può raggiungere qualche centinaio di kilometri (Cerere, il più grande, raggiunge i 1000 km), ma in genere è molto minore (inferiore al kilometro) (figura A). Si tratta probabilmente di piccoli corpi che all’origine del Sistema solare non si sono aggregati in un pianeta a causa dell’attrazione gravitazionale di Giove. La maggior parte di essi si trova confinata tra le orbite di Marte e Giove. Ve ne sono però alcuni che possono anche intersecare l’orbita terrestre e quindi costituire un potenziale pericolo per il nostro pianeta. Un impatto con un asteroide potrebbe avere conseguenze disastrose. Nel 1993, un asteroide di 10 km di diametro è passato a 150 000 km da noi, cioè molto più vicino della Luna. In questi anni si stanno sviluppando programmi di sorveglianza degli asteroidi a rischio di impatto. Le meteore sono corpi rocciosi di piccolissime dimensioni: si tratta cioè di polvere e sassi vaganti nello spazio tra i pianeti. Ogni giorno, moltissimi di questi corpi incrociano l’orbita della Terra e si scontrano con il nostro pianeta. Si è calcolato che il flusso di materia interplanetaria che «piove» ogni anno sulla Terra è di alcune migliaia di tonnellate. Per l’attrito con la nostra atmosfera le meteore che vi penetrano raggiungono temperature così elevate da incendiarsi, disintegrarsi e scomparire in una scia luminosa: sono le ben note stelle cadenti. Normalmente le meteore si disintegrano nell’alta atmosfera ma in alcuni casi possono raggiungere il suolo (figura B) prendendo il nome di meteoriti. Il più grande meteorite caduto recentemente in Italia pesava circa 10 kg e fu rinvenuto nelle campagne di Fermo (nelle Marche). Le comete, definite talvolta «palle di neve sporca», sono grumi di ghiaccio e polveri di forma irregolare con un diametro di pochi kilometri. La forma delle loro orbite è in genere quella di

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unità 1 Il Sistema solare

persapernedipiù

un’ellissi molto schiacciata. Quando passano vicino al Sole, parte del materiale di cui sono costituite sublima ed è soffiato via dal vento solare. Si forma così attorno al nucleo ghiacciato della cometa un ampio alone luminoso, la chioma, formata dai gas che diffondono la luce solare, e da questa si protende una coda, a volte lunghissima, che per l’azione del vento solare sulle molecole di gas che la compongono è sempre rivolta dalla parte opposta rispetto al Sole (figura C). Sono note diverse comete che tornano periodicamente in prossimità del Sole: la cometa di Halley, la più famosa, è passata l’ultima volta vicino alla Terra e al Sole nel 1986; poiché ha una periodicità di circa 75 anni, la si potrà rivedere nel 2061. Nella primavera del 1997 è apparsa nei nostri cieli per la prima volta una cometa tra le più luminose del secolo, la Hale-Bopp, che ha richiamato l’attenzione generale sia per il suo splendore, sia perché facilmente osservabile a occhio nudo o con un semplice binocolo. Si pensa che sarà possibile rivederla tra circa 2500 anni. Da dove vengono le comete? Si ritiene che alcune possano giungere dalla Fascia di Kuiper, ma che in aggiunta esista una sorta di serbatoio di comete inerti che circonda il Sistema solare come un’enorme nube sferica. Questo serbatoio, chiamato nube di Oort dal nome di colui che ne ha ipotizzato l’esistenza, si sarebbe formato al momento della nascita del Sistema solare, cioè 4,6 miliardi di anni fa. Il diametro di questa nube potrebbe essere addirittura di uno o due anni-luce e segnerebbe dunque gli estremi confini del Sistema solare. Ogni tanto, una cometa verrebbe strappata dalla nube di Oort da variazioni dell’attrazione gravitazionale provocate da corpi di passaggio e inizierebbe così il suo viaggio all’interno del Sistema solare.

figura A. ò La forma irregolare è tipica dei corpi celesti più piccoli, come gli asteroidi. In questi casi, la gravità non è sufficientemente elevata da dare al corpo una forma sferica.

figura B. ò Il Meteor Crater in Arizona, con il suo diametro di circa 1200 m e di circa 200 m di profondità, è uno dei più famosi esempi di cratere da impatto meteoritico. L’impatto che lo ha formato risale a circa 50 000 anni fa.

scheda 2b

perfissareiconcetti • Quali altri corpi celesti, oltre al Sole e ai pianeti, fanno parte del Sistema solare? • Che cosa sono le comete? • Da quali fenomeni è causata la luce prodotta dalle stelle cadenti? Si tratta di reazioni nucleari come nel Sole?

figura C. ò La cometa Machholz, visibile all’inizio del 2005. Si nota la presenza di due code: una più gialla chiamata coda di polveri, verso il basso, l’altra azzurrina chiamata coda di ioni che si sovrappone prospetticamente all’ammasso stellare delle Pleiadi.

A 33 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

Per ricordare 1

Quanto distano dalla Terra gli altri corpi celesti?

Il Sole dista da noi in media 150 milioni di kilometri. Questa distanza serve come unità di misura per le distanze nel Sistema solare e viene definita unità astronomica (UA). Per misurare le distanze dei corpi al di fuori del Sistema solare si usa come unità di misura l’anno-luce (9460 miliardi di Km): 1 anno-luce corrisponde alla distanza percorsa in un anno dalla luce nel vuoto; essa viaggia alla velocità di circa 300 000 km/s.

Le galassie sono enormi agglomerati di stelle, gas e polveri (materia interstellare) che ruotano attorno a un centro. La nostra galassia, chiamata anche Via Lattea o Galassia, è un gigantesco disco, con un addensamento centrale più spesso, il nucleo galattico, da cui partono alcuni bracci a spirale. Tutte le stelle visibili a occhio nudo dalla Terra appartengono alla nostra galassia. 4

Quali leggi regolano il moto dei pianeti?

2

Che cosa sono le galassie?

Il moto dei pianeti attorno al Sole è detto moto di rivoluzione. Il tempo impiegato a percorrere un giro completo si chiama periodo di rivoluzione. Le regolarità del moto dei pianeti sono enunciate nelle leggi scoperte da Keplero. 1a legge di Keplero. Le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. La minima distanza di un pianeta dal Sole è detta perielio, la massima afelio. 2a legge di Keplero. I pianeti viaggiano più velocemente in perielio che in afelio. 3a legge di Keplero. I pianeti più lontani dal Sole percorrono la loro orbita più lentamente dei pianeti più vicini. Oltre al moto di rivoluzione attorno al Sole, ogni pianeta compie anche un moto di rotazione attorno all’asse di rotazione. La forza che tiene «legati» i pianeti al Sole è la forza di gravità.

I pianeti di roccia sono relativamente piccoli, densi e con un’atmosfera più o meno rarefatta. Essi sono: Mercurio, Venere, Terra e Marte. I pianeti gassosi, Giove e Saturno, sono molto grandi e hanno densità e composizione simile a quella del Sole. Sono molto freddi e le loro dense atmosfere sono ricche di idrogeno ed elio, ma prive di ossigeno. Sono circondati da un gran numero di satelliti. I pianeti di ghiaccio, Urano e Nettuno, per l’enorme distanza dal Sole hanno temperature talmente basse che alcuni dei materiali che sulla Terra sono gassosi, come il metano, su di essi si trovano allo stato liquido o addirittura solido. Plutone, per le peculiarità delle sue caratteristiche, oggi non è più considerato un pianeta vero e proprio ma un pianeta minore.

3

Come si possono distinguere in cielo i pianeti dalle stelle? I pianeti non emettono luce propria, ma riflettono la luce del Sole. Osservati dalla Terra nell’arco dei giorni e delle stagioni sembrano spostarsi nel cielo tra le stelle, le quali invece appaiono fisse. I pianeti sono: Mercurio e Venere, posti tra il Sole e la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno, posti oltre la Terra.

5

Di che cosa è fatto il Sistema solare? Più del 99% della massa del Sistema solare è costituita dal Sole, il quale è formato in prevalenza da idrogeno ed elio. I pianeti più vicini al Sole sono fatti di materiali solidi, quelli più lontani hanno una composizione simile a quella del Sole.

6

Quali caratteristiche hanno i pianeti?

Termini chiave

7

Quali sono le principali caratteristiche della Luna?

La Luna, uno dei più grandi satelliti del Sistema solare, è priva di acqua e di atmosfera. Sulla sua superficie si distinguono gli altipiani, di aspetto chiaro, più elevati e ricchi di crateri (depressioni circolari dovute prevalentemente all’impatto di meteoriti) e i cosiddetti mari, macchie scure pianeggianti, formate da ampie distese di lava di natura basaltica.

▸ Unità astronomica ▸ anno-luce ▸ costellazione ▸ galassie ▸ Sistema solare ▸ stelle ▸ pianeti ▸ moto di rivoluzione ▸ periodo di rivoluzione ▸ leggi di Keplero ▸ perielio ▸ afelio ▸ moto di rotazione ▸ asse di rotazione ▸ forza di gravità ▸ idrogeno ▸ elio ▸ pianeti di roccia ▸ pianeti gassosi ▸ pianeti di ghiaccio ▸ Luna ▸ altipiani ▸ crateri ▸ mari lunari

A 34 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il Sistema solare

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 7

In una stella a b

L’anno-luce

la temperatura interna può raggiungere migliaia

a

è una misura di tempo.

di gradi.

b c

è la distanza percorsa dalla luce in un anno.

la luminosità apparente dipende dalla quantità di

c

il colore dipende dalla temperatura interna.

d

avvengono reazioni chimiche di combustione.

d 8

2

3

è utilizzato per le distanze al di fuori del Sistema solare.

luce emessa e dalla distanza.

Il moto di rotazione avviene in senso orario per

equivale a quasi 9500 miliardi di km.

Le stelle di una costellazione a

non sono collegate fisicamente tra di loro. cambiano durante l’anno la loro posizione reciproca.

a

Terra.

b c

Venere.

b c

Giove.

d

d

Marte.

appaiono fisse perché sono molto lontane. nell’arco della notte, nel nostro emisfero, appaiono ruotare attorno alla Stella Polare.

9

Il Sole

Le galassie

a

è formato principalmente da idrogeno e ossigeno.

a

sono enormi agglomerati di stelle.

b c

è una delle stelle di maggiori dimensioni.

possono avere forma di spirale barrata.

è una nana rossa.

b c

d

emette energia grazie alle reazioni di fusione

d

ruotano attorno a un centro chiamato nucleo galattico.

hanno tutte un diametro di 100 000 anni-luce.

nucleare. 10 4

L’energia emessa dal Sole a

I pianeti a

descrivono orbite circolari intorno al Sole.

b

ruotano intorno al Sole in senso orario se osservati

si genera dalle reazioni di combustione del carbonio presente nel nucleo.

dall’emisfero celeste settentrionale.

b c

è prodotta dalle reazioni di fusione nucleare.

d

si genera nel nucleo.

si propaga nello spazio sotto forma di luce, calore e altre radiazioni.

c

accelerano in perielio.

d

percorrono le orbite mantenendo una velocità costante. 11

5

La forza di gravitazione universale tra due corpi

I pianeti rocciosi a

sono i più vicini al Sole. hanno numerosi satelliti. sono più piccoli dei pianeti gassosi.

a

è inversamente proporzionale alla distanza tra i corpi.

b c

dipende da una costante (G) specifica per ogni corpo.

b c

è inversamente proporzionale al cubo della distanza

d

d

è direttamente proporzionale alle masse dei due corpi.

hanno densità media vicina a quella della Terra.

tra i corpi.

6

12

La Luna

I pianeti gassosi hanno a

tutti spesse atmosfere. una crosta solida. numerosi satelliti. una densità più simile a quella del Sole che della Terra.

a

è priva di atmosfera.

b c

b c

è ricca di distese d’acqua chiamate mari.

d

d

compie una rotazione su se stessa in 9 giorni.

ha vulcani ancora attivi.

13

Il pianeta Venere ha a

dimensioni massa e densità simili a quelle della Terra.

b c

una pressione al suolo di circa 90 atmosfere.

d

un’atmosfera percorsa da venti infuocati.

un’atmosfera composta per il 95 % di ossigeno.

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sezione A La Terra nello spazio

Esercizi, domande e problemi 1

2

Risolvi il seguente cruciverba. 1 1

In figura le più importanti formazioni lunari sono indicate con lettere.

a. b.

4

Alcune di esse sono dedicate ad astronomi. Quali? Conosci quali sono stati i loro contributi nella storia

3

2

Sai dire i loro nomi? Come si sono originate?

dell’astronomia? Per aiutarti a rispondere consulta

2

Internet.

5

3

4

A

5 6

7

B

7

8

E 6

C

D

9

F Orizzontali

1. 2. 3.

Il punto dell’orbita dei pianeti più lontano dal Sole.

3

La sua atmosfera è acida e molto calda.

a. b.

Il più grande di tutto il Sistema solare si trova sulla superficie di Marte.

4. 5. 6. 7. 8. 9.

I diagrammi della figura rappresentano le percentuali dei gas e le temperature superficiali di due pianeti.

Il pianeta che ruota su se stesso coricato su un fianco.

Di quali pianeti si tratta? Sulla base di quali dati li hai riconosciuti?

A

Il pianeta che ospita la vita.

95%

È presente nel sottosuolo di Marte.

B

95%

500 °C

È il centro di gravità di tutto il Sistema solare. Il moto di rotazione di Venere Un pianeta scoperto «a tavolino».

meno dello 0,002%

meno dello 0,1%

Verticali

1. 2. 3. 4.

La forza che fa cadere i meteoriti sulla Terra.

pianeti gioviani.

5. 6. 7.

CO2

Un satellite a tutti noto. Aggettivo che indica lo stato fisico dei materiali sui Fasce di polveri e ghiaccio che circondano Saturno.

–60 °C

3,5%

Il pianeta più grande del Sistema solare.

4

N2

3% O2

CO2

N2

O2

Mercurio è più vicino al Sole di Venere eppure la temperatura su Venere è più alta che su Mercurio. Spiega perché.

Fascia ai confini del Sistema solare. Il maggiore satellite di Plutone.

A 36 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il Sistema solare

Un passo in più, impara a imparare

Completa la mappa concettuale utilizzando, i termini proposti. Dai la definizione di quelli sottolineati. temperatura superficiale - galassie - Via Lattea - pianeti Sistema solare - Sole - stelle - radiazioni L’universo è formato da

la nostra è detta

. .. . . . . . . . . . . . e contiene il

. ............ .

Numero annuale di macchie solari

MAPPA

5

10 esercizi interattivi

150

100

50

1900

costituite da miliardi di

1910

1920

1930

. .. . . . . . . . . . . .

1940 1950 1960

1970

1980 2000

Anni

formato da

........... . . .

RIFLETTI E RISPONDI

7

cioè globi gassosi

. . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . che liberano

di colore diverso in base alla

Il contributo di Galileo Galilei alla scienza dell’astronomia è stato fondamentale. Tra le osservazioni che egli fece utilizzando il cannocchiale ricordiamo in particolare quelle riguardanti la Via Lattea, la superficie della Luna e del Sole, le fasi di Venere e i satelliti di Giove.

a. b.

. ............ .

irono a mettere in crisi la teoria geocentrica di Tolomeo? Per aiutarti a rispondere consulta Internet.

Il Sole come gli altri corpi celesti ruota su se stesso. Essendo una sfera di gas, e non un corpo solido, alcune sue parti ruotano più velocemente di altre. Il fenomeno della rotazione del Sole è stato scoperto osservando la posizione delle macchie solari in tempi successivi, come puoi notare in figura. Il grafico, inoltre, evidenzia come il numero delle macchie solari non sia costante, ma vari nel tempo con una certa regolarità.

a. b.

Qual è la parte del Sole che ruota più velocemente?

ENGLISH FOR SCIENCE

8

Complete the sentences by writing the name of the planet.

1.

Quanto dura approssimativamente il ciclo delle macchie?

Le macchie sono costantemente tenute sotto controllo da satelliti orbitanti intorno alla Terra. Cerca su Internet il motivo di questo continuo monitoraggio.

............ is a cloud-covered world with high temperatures. he greenhouse efect is the main cause of its high temperatures.

2.

............ is similar in appearance and composition to Jupiter. Its spectacular rings are made mostly of

A che cosa è dovuto il colore più scuro delle macchie rispetto al resto della superficie?

c.

In che epoca visse Galileo? In che modo le conclusioni cui giunse in seguito a queste osservazioni contribu-

..............

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

6

Sai dire più in dettaglio che cosa vide e descrisse Galileo?

water ice.

3.

............ is coated with iron oxide, or rust, which gives the planet its reddish color.

4.

............ is a crater-covered world with high temperatures on its daylight side and low temperatures on its nighttime side.

5.

he atmosphere of ............ is primarily hydrogen and helium.

6.

............ and ............ are cloud-covered worlds. he atmosphere of both planets is primarily hydrogen, helium, and methane.

A 37 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità

2

Il pianeta Terra Le stagioni In Italia siamo abituati all’alternarsi di quattro stagioni diverse tra loro. Eppure non in tutti i luoghi della Terra si possono distinguere le stagioni: all’Equatore, per esempio, è come se fosse sempre estate. Osserva le figure E e F e immagina di essere nel luogo indicato con un punto rosso e che il globo terrestre compia una rotazione completa corrispondente a un giorno.

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Il nostro pianeta è una sfera perfetta? Quali sono le sue dimensioni? Come ci accorgiamo dei moti della Terra? Quali sono le loro conseguenze? Perché esistono le stagioni?

Sai rispondere? 1. La Terra si trova nella condizione della figura E. Nel punto in cui ti trovi dura di più il dì o la notte? In quale stagione ti trovi? Indica la foto corrispondente. 2. Immagina ora che siano trascorsi sei mesi e che la Terra si trovi ora nella condizione della figura F. Nel punto in cui sei dura di più il dì o la notte? In quale stagione ti trovi? Indica la foto corrispondente. 3. Come ti spieghi l’alternarsi delle stagioni? 4. Per chi si trova all’Equatore quanto dura il dì e la notte nei due casi? Quali sono le condizioni all’Equatore?

Che cosa accade ai solstizi? E agli equinozi? Come appare la Luna durante il suo moto intorno alla Terra?

A

B

C

D

RAGGI SOLARI

Tu sei qui

Equ

Tu sei qui

ator

E

e

F

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Le fasi della Luna

prova a fare

Ti sarà capitato più volte di osservare come varia l’aspetto della Luna in cielo. Da rotondo disco luminoso (Luna piena), essa si assottiglia diventando una falce che a poco a poco scompare (Luna nuova); quindi riappare come falce con la «gobba» rivolta dalla parte opposta e infine ritorna a disco luminoso. Esiste una regolarità nel succedersi e nella durata di queste fasi? Procurati un calendario in cui siano riportate le fasi lunari e rispondi alle seguenti domande.

Sai rispondere? 1. Quanto tempo passa tra due fasi di Luna piena? E tra due fasi di Luna nuova? 2. La durata delle fasi è costante nel corso dell’anno? 3. Osserva, se ti è possibile, la forma della Luna in cielo: in quale fase si trova? Corrisponde a quanto riportato nel calendario lunare? 4. Se non è una notte di Luna piena o di Luna nuova, verso quale punto cardinale è rivolta la «gobba» della Luna? È possibile prevedere se si va incontro a una fase di luna crescente o di luna calante?

Eclissi: perché il Sole scompare? Le eclissi di Sole si hanno quando la Luna si interpone tra il Sole e la Terra. Poiché la Luna è molto più piccola del Sole, come è possibile che essa riesca a nasconderlo interamente? Per comprendere meglio questo fenomeno costruiamo un modello. Ritaglia due cerchi di cartone, rispettivamente di 28 cm e di 4 cm di diametro. In entrambi pratica un foro al centro. Fai passare un cordino lungo 7 m nei due cerchi. Fissa un estremo del cordino e il cerchio più grande a una parete; metti in tensione il cordino. A questo punto avvicina l’estremo libero del cordino a un occhio, come per prendere la mira, poi sposta il cerchio più piccolo sul cordino fino a quando non scompare la sagoma del cerchio maggiore. 1. Che cosa rappresenta il cerchio grande? E quello piccolo? 2. A che cosa corrisponde il tuo occhio? 3. Il fenomeno osservato può essere paragonato a un’eclissi? distanza dall’occhio cordino (7 m)

disco piccolo mobile

disco grande fisso alla parete

A 39 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

1 N

La forma della Terra

ell’antica Grecia il filosofo Talete sosteneva che la Terra fosse un disco galleggiante sull’acqua, mentre altri come Anassimandro, per giustificare le osservazioni dei naviganti, ritenevano fosse di forma cilindrica (figura 1). Già allora si iniziò a sviluppare l’idea di una Terra sferica. Pitagora, partendo dall’idea che tutto il mondo dovesse essere descritto in termini matematici, dedusse che il nostro pianeta dovesse avere una forma geometrica perfetta, ossia una forma sferica. La supposizione fu confermata in seguito tramite vere e proprie dimostrazioni geometriche. Aristotele apportò due argomenti concreti a favore della sfericità della Terra: 1) l’ombra che la Terra proietta sulla superficie della Luna durante le eclissi di Luna ha sempre forma circolare (figura 2) (solo una sfera infatti proietta sempre un’ombra circolare); 2) un viaggiatore che si sposta verso località più meridionali osserva stelle diferenti da quelle consuete; lo stesso viaggiatore può constatare che l’altezza sull’orizzonte della Stella Polare diminuisce a mano a mano che si spostano più a sud, mentre su una Terra piatta si vedrebbe ovunque lo stesso cielo stellato. Accertata la sfericità del nostro pianeta, si trattava di trovarle un posto nell’Universo. Sebbene già in epoca greca fosse nata l’ipotesi che la Terra potesse muoversi attorno a un Sole fisso, nella tarda antichità e poi in epoca medioevale prevalse l’idea del sistema geocentrico, sistematizzata N

Danubio

verso il 150 d.C. dall’astronomo Tolomeo. Tale sistema prevedeva che la Terra fosse una sfera posta al centro dell’Universo, attorno alla quale ruotavano tutti gli altri corpi celesti. La forma sferica della Terra fu provata concretamente il 6 settembre 1522, quando la nave di Magellano fece ritorno in Spagna dopo la prima circumnavigazione del globo e, successivamente, dopo più di 400 anni, quando con le esplorazioni spaziali abbiamo finalmente potuto vedere il nostro pianeta dall’esterno. Certo, la superficie terrestre presenta rilievi, alti anche più di 8800 m (Monte Everest), e fosse profonde oltre 11 000 m (Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico), ma anche immaginando di smussare i continenti e i fondali degli oceani, la Terra non è perfettamente sferica. La Terra è infatti leggermente schiacciata ai Poli e rigonfia all’Equatore. Il raggio polare misura 6357 km, quello equatoriale 6378 km: tra i due valori c’è una differenza di soli 21 km. La causa dello schiacciamento terrestre è il moto di rotazione della Terra attorno a un asse che passa per i Poli (figura 3a). In efetti, tutti i punti di un corpo in rotazione attorno a un proprio asse sono soggetti a una forza, detta forza centrifuga, che tende a spingerli verso l’esterno. I punti della Terra ruotano attorno all’asse di rotazione che passa per i Poli (figura 3b e c), ma quelli che si trovano sull’Equatore si muovono più velocemente di quelli situati più vicino all’asse di rotazione, perché nello stesso intervallo di tempo (un giorno) percorrono una circonferenza di lunghezza maggiore; i Poli, che si trovano sull’asse di rotazione, restano fermi. La mag-

Ombra circolare della Terra Nilo

S figura 1. ñ La concezione del filosofo greco Anassimandro rappresenta un progresso rispetto a una Terra piatta. Basandosi sui racconti dei viaggiatori e naviganti, egli immaginò la superficie terrestre incurvata nel senso dei meridiani a formare una specie di cilindro.

figura 2. ñ Fotografia a più esposizioni di un’eclissi totale di Luna. Aristotele arrivò a concludere che la Terra è sferica perché, durante le eclissi, essa proietta sulla superficie lunare un’ombra circolare.

A 40 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

2 N

I moti della Terra: la rotazione

onostante la Terra ruoti come una trottola nello spazio e si sposti alla velocità di circa 107 000 km/h (poco meno di 30 km/s) lungo la sua orbita attorno al Sole, nessuno di noi ha la sensazione di trovarsi su un corpo in così rapido movimento. Noi non avvertiamo questi moti per il semplice motivo che ci muoviamo insieme con la Terra, così come possiamo mangiare o dormire all’interno di un aereo senza avvertire che stiamo volando a 1000 km/h. Anche se non avvertiamo i moti reali della Terra, da essa vediamo il Sole e le stelle compiere dei moti che non avvengono realmente, ma che sono conseguenze dei moti reali della Terra: tali moti sono detti moti apparenti. Analizziamo ora più in dettaglio le conseguenze dei moti reali della Terra, a cominciare dal moto di rotazione. Il moto apparente delle stelle. Una conseguenza del moto di rotazione della Terra è il moto apparente delle stelle: chi come noi è sulla Terra ha l’impressione che sia il cielo stellato a girare, compiendo una rotazione che si completa in 24 ore (vedi figura 4, p.A13). Dato che la Terra ruota da ovest verso est, il cielo ci appare muoversi in direzione opposta. La Stella Polare è l’unica che appare immobile nel cielo, dato che si trova sul prolungamento dell’asse di rotazione terrestre. Tutte le altre stelle sembrano ruotare attorno alla Stella Polare. In generale chiamiamo circumpolari (dal latino circum, intorno) le stelle che non tramontano mai al di sotto dell’orizzonte e occidue quelle che sorgono e tramontano (dal latino occidere, tramontare). Quali stelle siano circumpolari e quali occidue dipende dal luogo in cui ci troviamo. ● Se osserviamo le stelle dal Polo nord, tutte le stelle sono circumpolari: infatti la Stella Polare si trova esattamente sopra la nostra testa e tutte le stelle ruotano intorno a essa descrivendo un circolo che è sempre al di sopra dell’orizzonte (figura 5a). Dal Polo nord è visibile peraltro solo metà del cielo, il cosiddetto Emisfero Celeste Boreale. Dal Polo sud, invece, si vede l’Emisfero Celeste Australe. ● Se osserviamo le stelle dall’Equatore, la Stella Polare appare sempre immobile rasente l’orizzonte, mentre delle altre stelle possiamo seguire solo metà della loro traiettoria: le stelle sono tutte occidue (figura 5b). L’Equatore è l’unico luogo della Terra da cui siano interamente visibili sia l’Emisfero Celeste Boreale sia quello Australe. ● Alle nostre latitudini, circa a metà strada tra il Polo e l’Equatore, vediamo come circumpolari le stelle più vicine alla Polare, mentre le altre sono occidue, cioè sorgono e tramontano come avviene anche per il Sole (figura 5c). Il moto apparente del Sole. Se da un lato ci interessa il moto apparente delle stelle che punteggiano la volta celeste, non vi è dubbio che c’è una stella, quella più vicina a noi, che ci interessa in modo particolare perché da essa dipende la nostra vita: il Sole. Per chi abita le nostre regioni il Sole è sempre una stella occi-

a Stella Polare

N

Al Polo nord vediamo le stelle ruotare attorno alla Stella Polare, che è proprio sopra l’osservatore.

S

figura 5. óô L’osservatore che guarda la volta celeste ha sempre l’impressione di trovarsi «in cima al mondo». In realtà, la traiettoria delle stelle appare diversa a seconda della posizione in cui ci si trova.

al Polo nord Stella Polare

b

All’Equatore tutte le stelle appaiono occidue, cioè sorgono e tramontano muovendosi da est verso ovest.

N

S

all’Equatore Stella Polare

c

Alle latitudini intermedie, vediamo l’intera rotazione solo delle stelle più vicine alla Stella Polare. Le stelle più lontane dalla Stella Polare appaiono occidue e seguono traiettorie simili a quella del Sole durante il giorno.

N

S

alle latitudini intermedie

culminazione

O

S

N

E

A 42 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 6. ô Il Sole è una stella occidua: sorge a oriente e tramonta a occidente, raggiungendo la culminazione, ossia il punto più alto del suo arco diurno, a mezzogiorno. Alle nostre latitudini i raggi del Sole non cadono mai perpendicolari alla superficie terrestre. Se le case raffigurate nell’immagine fossero nell’Emisfero Australe, per esempio a Sidney, il Sole culminerebbe verso nord e non verso sud.

sezione A La Terra nello spazio

3 O

I moti della Terra: la rivoluzione

ltre alla rotazione attorno al proprio asse, la Terra compie un giro completo attorno al Sole in circa 365 giorni, ossia in un anno. A questo movimento, che si svolge su un’orbita leggermente ellittica, si dà il nome di moto di rivoluzione terrestre. Il moto di rivoluzione è meno facile da percepire rispetto a quello di rotazione. Una delle prove di questo moto è l’osservazione di un altro moto apparente: il moto del Sole durante l’anno attraverso le costellazioni dello Zodiaco. Per capire di che cosa si tratta prendiamo come riferimento il punto della volta celeste in cui il Sole sorge. La costellazione che fa da sfondo al sorgere del Sole (ancora visibile nel cielo che si sta schiarendo) non è sempre la stessa nel corso dell’anno. Ogni giorno all’alba il Sole appare lievemente spostato rispetto al punto in cui è sorto il giorno precedente. Così, giorno dopo giorno, il Sole sembra scorrere lentamente tra le costellazioni che si trova-

no sullo sfondo (figura 9). Tali costellazioni, denominate dagli antichi costellazioni dello Zodiaco, sono tredici e non dodici: tra la costellazione del Sagittario e quella dello Scorpione si trova la poco conosciuta costellazione di Ofiuco. Il moto apparente del Sole fra di esse si completa in un anno. Per esempio, a Natale il Sole si trova sullo sfondo della costellazione del Sagittario; nella seconda metà di gennaio «passa» al Capricorno e così via. Il cammino che il Sole sembra percorrere tra le stelle nell’arco dell’anno si chiama eclittica. In realtà, è la Terra a orbitare attorno al Sole. Giorno dopo giorno, con il procedere della Terra lungo la sua orbita cambiano le stelle che fanno da sfondo al Sole, perché, al variare della posizione della Terra, varia la direzione della retta che congiunge la Terra al Sole. !#$^* ) Per fissare i concetti 8 Quale moto apparente del Sole è la conseguenza del moto di rivoluzione della Terra attorno a esso? 9 Che cosa sono le costellazioni zodiacali? 10 Che cos’è l’eclittica?

figura 9. ö Moto apparente del Sole nel corso dell’anno: giorno dopo giorno, nel corso dell’anno, il Sole scorre sullo sfondo delle tredici costellazioni dello Zodiaco («zona degli animali»).

Leone

Vergine

Cancro

Bilancia A fine febbraio (posizione A) il Sole all’alba sorge sullo sfondo della costellazione dell’Acquario, mentre di notte è visibile il Leone.

Scorpione

A

Ofiuco

Sagittario

Gemelli B Toro

Ariete

Capricorno

Pesci

A fine agosto (posizione B) all’alba il Sole sorge sullo sfondo della costellazione del Leone, mentre di notte è visibile l’Acquario.

Acquario

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unità 2 Il pianeta Terra

4 Q

Le stagioni

uante volte avete sentito dire che la primavera inizia il 21 marzo, l’autunno inizia il 23 settembre, l’inverno il 22 dicembre e l’estate il 21 giugno? Come mai è stata fissata per ciascuna stagione una data precisa di inizio? A che cosa è dovuto il succedersi delle stagioni? Solo nel XVII secolo, quando fu accettata l’idea che era la Terra a ruotare intorno al Sole e non viceversa, si capì finalmente perché esistevano le stagioni.

Le stagioni sono una conseguenza del moto di rivoluzione terrestre associato ad altri due fattori: ● durante il cammino della Terra lungo l’orbita, l’asse di rotazione (figura 10) punta sempre in direzione Nord, verso la Stella Polare. ● l’asse di rotazione terrestre non è perpendicolare al piano dell’orbita terrestre, ma è inclinato di 23°27’ rispetto alla perpendicolare a tale piano (figura 11).

marzo Stella Polare Stella Polare

inverno boreale

estate boreale afelio

perielio

giugno

dicembre estate australe

inverno australe

Durante il moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole, l’asse di rotazione terrestre punta verso la Stella Polare mantenendo sempre la stessa inclinazione. settembre figura 10. ñ La distanza Terra-Sole varia molto poco tra afelio e perielio. In ogni caso, il fatto che il perielio cada durante l’estate australe fa sì che, in linea di principio, le estati australi siano leggermente più calde, e gli inverni più freddi, di quelli boreali. In realtà, il fenomeno è compensato da fattori climatici, quali la maggiore distribuzione di masse d’acqua nell’emisfero australe.

figura 11. î Inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano di rivoluzione della Terra attorno al Sole.

23° 27’

asse di rotazione della Terra

Equatore Polo nord 66° 33’

Polo sud piano di rivoluzione della Terra

A 45 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il pianeta Terra

Pertanto, in un dato punto della Terra le condizioni di luce e di calore rimarrebbero sempre identiche e non si verificherebbe l’alternarsi delle stagioni. In realtà, come si è detto prima, le cose vanno diversamente. Seguiamo l’avvicendarsi delle stagioni man mano che la Terra orbita intorno al Sole.

Il giorno del solstizio d’estate (21 giugno, figura 10, p. A45 e figura 13) l’emisfero boreale è rivolto verso il Sole più che in qualsiasi altro momento dell’anno. La calotta polare a nord del Circolo polare artico è illuminata per tutte le 24 ore del giorno (figura 14a): nel nostro emisfero il dì ha la massima durata rispetto alla notte; comincia l’estate.

Il giorno dell’equinozio di primavera (21 marzo, vedi figura 10, p. A45 e figura 13) la durata del dì è uguale a quella della notte in tutti i punti della Terra. Alla culminazione il Sole illumina perpendicolarmente i punti situati all’Equatore. Ai Poli il Sole è sull’orizzonte (sta sorgendo al Polo nord e tramontando al Polo sud). Comincia la primavera nel nostro emisfero.

L’emisfero meridionale è rivolto in senso opposto: in esso, in occasione del solstizio d’estate è la notte ad avere la massima durata; comincia l’inverno. Dopo il solstizio d’estate l’insolazione dell’emisfero boreale comincia a diminuire. La durata del dì si accorcia e quella della notte si allunga e la regione terrestre ove i raggi solari cadono perpendicolari al momento della culminazione torna a spostarsi verso l’Equatore.

Proseguendo nel suo moto di rivoluzione durante la primavera, la Terra, per l’inclinazione del suo asse, espone sempre di più al Sole il suo emisfero settentrionale. Pertanto, in questo emisfero la durata del dì si allunga e quella della notte si accorcia. Alla culminazione di mezzogiorno, i raggi solari cadono perpendicolari alla superficie terrestre in punti che, col passare dei giorni, sono situati via via più a nord dell’Equatore, fino a cadere perpendicolari sul Tropico del Cancro, al solstizio d’estate (vedi figura 13). figura 14. öõ Posizione della Terra e circolo d’illuminazione al solstizio d’estate (a) e al solstizio d’inverno (b).

Il giorno dell’equinozio d’autunno (23 settembre, vedi figura 10, p. A45), come già all’equinozio di primavera, la durata del dì è uguale a quella della notte in tutti i punti della Terra. Alla culminazione il Sole illumina perpendicolarmente i punti situati all’Equatore. Ai Poli il Sole è sull’orizzonte (ma ora sta sorgendo al Polo sud e tramontando al Polo nord). Comincia l’autunno nel nostro emisfero. Dopo l’equinozio d’autunno i raggi solari cadono perpendicolarmente in regioni sempre più meridionali fino a raggiungere il Tropico del Capricorno il giorno del solstizio d’inverno.

a

b 21 giugno

22 dicembre

Circolo polare artico notte breve dì lungo

dì breve notte lunga

Tropico del Cancro

Equ

ator

e

Tropico del Capricorno Circolo polare antartico

A 47 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il pianeta Terra

luogo e vale circa 68° a Milano, 72° a Roma, 75°30’ a Palermo. Viceversa, durante il solstizio d’inverno il Sole raggiunge alla culminazione la minima altezza: solo 21° a Milano, 25° a Roma, 28°30’ a Palermo. Sulla base delle considerazioni astronomiche esposte, ora possiamo capire perché vi siano diferenze climatiche fra le stagioni. Due sono le ragioni: ● in primavera e in estate il Sole è più alto sull’orizzonte e quindi scalda maggiormente la superficie terrestre (questa è la ragione principale); ● inoltre, in queste stagioni il dì dura più a lungo e questo fa pian piano accumulare sempre più calore. In autunno e inverno avviene il contrario: nelle lunghe notti si disperde più calore di quanto non ne venga assorbito durante il dì e la temperatura è più bassa.

Resta da spiegare perché, se l’insolazione è massima al solstizio d’estate, il periodo più caldo dell’anno si colloca tra luglio e agosto. Questo è dovuto al fatto che la Terra continua ad accumulare calore anche oltre il solstizio d’estate e riceve di giorno più energia di quanta ne disperda durante la notte. Allo stesso modo, dopo il solstizio d’inverno la Terra continua a rafreddarsi e i mesi invernali successivi risultano più freddi di quelli autunnali che li precedono. !#$^* ) Per fissare i concetti

11 Quali sono, oltre alla rivoluzione, i due fattori che causano l’avvicendarsi delle stagioni? 12 Descrivi la situazione della Terra rispetto ai raggi solari e la posizione del circolo di illuminazione al solstizio d’estate. 13 In quali punti della Terra i raggi solari cadono perpendicolari nei giorni degli equinozi? 14 Il 21 giugno l’altezza del Sole e la durata del dì sono le stesse a Palermo e a Milano? Motiva la risposta.

persapernedipiù

L’orologio celeste e il calendario

F

in dall’antichità, i moti degli astri hanno costituito un grandioso orologio naturale (figura A). Il quotidiano sorgere e tramontare del Sole, il susseguirsi in maniera ciclica di solstizi ed equinozi hanno permesso di calcolare la durata del giorno e dell’anno. La durata dell’anno però non corrisponde a un numero intero di giorni: essa è infatti di 365 giorni, 5 ore e 48 minuti circa. Il «sovrappiù» di 5 ore e 48 minuti ha creato fin dall’antichità grossi problemi. Poiché non è nelle nostre possibilità regolare come ci piace l’orologio celeste, dobbiamo regolare invece il nostro calendario. Fin dal tempo dei Romani si iniziò a regolare il calendario in modo da non trascurare quel «sovrappiù». Se non si tenesse conto di esso, ogni quattro anni il calendario sarebbe in anticipo di circa un giorno (cioè il risultato della moltiplicazione di 5 ore e 48 minuti per quattro) e, col passare degli anni, aumenterebbe lo sfasamento tra il calendario e le stagioni reali, scandite dalla posizione effettiva della Terra rispetto al Sole. Nel 45 a.C. Giulio Cesare introdusse un calendario, chiamato calendario giuliano, nel quale ogni quattro anni si aggiungeva un giorno in più. L’anno con un giorno in più venne detto bisestile e il giorno in più cominciò a essere aggiunto alla fine del mese di febbraio, come avviene tuttora. Con il trascorrere dei secoli, però, la riforma operata da Giulio Cesare si rivelò imperfetta: a metà del XVI secolo il calendario aveva accumulato una differenza di ben 10 giorni di ritardo rispetto al tempo

astronomico effettivo (questo è dovuto al fatto che in realtà ogni quattro anni si accumulano 23 ore e 15 minuti circa, meno di un giorno). Per iniziativa di papa Gregorio XIII si decise allora di rimediare passando dal 4 ottobre 1582 direttamente al 15 ottobre, mentre per gli anni a venire fu messa a punto una correzione che è tuttora in uso (calendario gregoriano): gli anni divisibili per cento (1500, 1600, 1700 ecc.) non sono bisestili tranne quelli divisibili per quattrocento. Pertanto, l’anno 1900 non è stato bisestile mentre lo è stato l’anno 2000. In questo modo si corregge lo sfasamento tra calendario e anno astronomico senza accumulare significativi anticipi o ritardi nel corso dei secoli. Recentemente un altro dato è intervenuto a complicare i calcoli. Da quando sono entrati in uso su larga scala gli orologi atomici estremamente precisi, gli scienziati si sono accorti che la durata del giorno si sta allungando (circa 2 millesimi di secondo ogni 100 anni). Ciò è dovuto al rallentamento infinitesimo della rotazione terrestre, causato dall’azione frenante delle maree lunari che sottraggono alla Terra energia cinetica di rotazione.

perfissareiconcetti • Che cos’è un anno bisestile? • Da chi è stato introdotto? Perché? • Quali variazioni ha apportato il calendario gregoriano al calendario giuliano?

figura A. ñ Queste tavolette di osso di 30 000 anni fa rappresentano forse i primi calendari scritti dall’uomo. A un occhio inesperto questi segni possono sembrare casuali, ma lo studioso americano Marshack, osservandoli al microscopio, scoprì che sono organizzati in gruppi di 29 o 30, come i giorni del mese lunare e ipotizzò che si trattasse di una sorta di lunario.

A 49 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il pianeta Terra

29 giorni e mezzo. Il mese del nostro calendario è derivato da esso. Le fasi lunari sono dovute al moto di rivoluzione della Luna e al suo conseguente ciclico cambiamento di posizione rispetto alla Terra e al Sole. Infatti, anche se in ogni istante il Sole illumina una metà esatta della superficie lunare, la parte illuminata della Luna che è visibile dalla Terra muta nel corso del mese sinodico (figura 16). Quando la Luna è nella posizione 1, non è visibile perché la faccia rivolta verso la Terra non è illuminata dal Sole: è la Luna nuova (o novilunio). A mano a mano che, a partire da questa posizione, la Luna si sposta lungo la sua orbita attorno alla Terra, cominciamo a vedere parte dell’emisfero lunare illuminato dal Sole. Quando la Luna è nella posizione 2 ne vediamo una sottile falce, che progressivamente aumenta: siamo nella fase crescente. Nella posizione 3 vediamo metà dell’emisfero illuminato: è il primo quarto. Nella posizione 4 l’emisfero illuminato è quasi tutto visibile, mentre nella posizione 5 l’emisfero illuminato coincide con la faccia rivolta verso la Terra: è la Luna piena (o plenilunio). A questo punto la Luna ha compiuto metà percorso: sono passati poco più di 14 giorni e mezzo dalla fase di Luna nuova. Successivamente, la parte visibile dell’emisfero illuminato comincia a diminuire, a mano a mano che la Luna transita per le posizioni 6, 7 (ultimo quarto) e 8: siamo nella fase calante. Dopo circa 29 giorni e mezzo, la Luna riassume la posizione 1, quella di luna nuova. Il periodo di rotazione (il giorno lunare), è uguale al periodo di rivoluzione attorno alla Terra. Questa coincidenza fa sì che la Luna mostri alla Terra sempre la stessa faccia (figura 17). Per conoscere la misteriosa faccia opposta si sono dovute aspettare le immagini riprese dalle sonde spaziali. !#$^* ) Per fissare i concetti 15 Spiega come avvengono le fasi lunari. 16 Che cos’è il mese sinodico?

figura A. î Eclissi di Luna (a sinistra). La Luna, vista dalla Terra, è in fase di Luna piena. Eclissi di Sole (a destra). A causa delle dimensioni e delle distanze dei tre corpi celesti, l’ombra della Luna occulta completamente il Sole solo in una piccola area della superficie terrestre; qui l’eclissi è totale. Nei punti di penombra (nel disegno rappresentati in grigio chiaro) l’eclissi è parziale e il disco solare non viene mai completamente oscurato.

eclissi di Luna

persapernedipiù

Sole e Luna oscurati: le eclissi

L

e eclissi avvengono quando il Sole, la Terra e la Luna si trovano allineati e i raggi solari vengono intercettati dal corpo celeste (Terra o Luna) che si trova nel mezzo. L’eclissi di Luna si ha quando la Terra si interpone tra il Sole e la Luna, per cui questa non riceve più la luce solare e non è quindi visibile (figura A, a sinistra). Perché ciò accada la Luna deve essere in posizione opposta al Sole rispetto alla Terra, ossia deve trovarsi nella fase di luna piena. L’eclissi di Sole si ha quando è la Luna a interporsi tra il Sole e la Terra (figura A, a destra). In tale situazione il disco della Luna copre il Sole che, visto dalla Terra, risulta occultato. Perché ciò accada la Luna deve trovarsi dalla stessa parte del Sole rispetto alla Terra, ossia nella fase di luna nuova. Durante le eclissi di Sole, il cono d’ombra della Luna riesce a raggiungere soltanto una piccola porzione della superficie terrestre. Le eclissi totali di Sole sono quindi osservabili in zone ristrette della superficie terrestre e la loro durata in una data località è molto breve (pochi minuti). Le eclissi non si verificano ogni mese perché l’orbita della Luna attorno alla Terra non giace sullo stesso piano dell’orbita della Terra attorno al Sole, ma è inclinata di circa 5° rispetto a esso. Ne deriva che l’allineamento richiesto per un’eclissi si ha solo quando, in fase di Luna piena o di Luna nuova, la Luna si trova in uno dei due punti in cui l’orbita lunare interseca il piano dell’orbita terrestre e proietta la sua ombra sulla Terra (eclissi di Sole) oppure è oscurata dal cono d’ombra della Terra (eclissi di Luna). perfissareiconcetti • In quale fase deve trovarsi la Luna per avere un’eclissi di Luna? E di Sole? • Perché non si ha un’eclissi ogni volta che la Luna è nella giusta fase?

ombra

eclissi di Sole ombra

luce solare

luce solare

Luna Terra

penombra

penombra

A 51 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

Per ricordare 1

3

Il nostro pianeta è una sfera perfetta? Quali sono le sue dimensioni?

Perché esistono le stagioni?

La Terra è leggermente schiacciata ai Poli e rigonfia all’Equatore: il raggio polare è più corto del raggio equatoriale di circa 21 km. La forma della Terra si avvicina a quella di un ellissoide di rotazione, il solido geometrico che si ottiene facendo ruotare un’ellissi attorno a uno dei suoi due assi (nel caso della Terra quello minore).

Come tutti i pianeti, la Terra ha un moto di rotazione attorno a un asse immaginario, l’asse di rotazione, che passa per i Poli, e un moto di rivoluzione attorno al Sole. A causa di questi moti noi vediamo il Sole e le altre stelle compiere, nel corso del giorno e dell’anno, dei moti apparenti. Il moto di rotazione ha come effetto apparente la rotazione notturna della volta celeste; la conseguenza per noi più importante della rotazione è l’alternarsi del dì e della notte. Il moto di rivoluzione ha come effetto apparente il percorso (eclittica) del Sole sullo sfondo delle costellazioni dello Zodiaco e il mutare delle costellazioni visibili in cielo durante l’anno. Il moto di rotazione si compie in un giorno, quello di rivoluzione in un anno.

L’alternarsi delle stagioni è una conseguenza del moto di rivoluzione, associato al fatto che: 1) l’asse di rotazione terrestre è inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita; 2) l’asse mantiene la medesima direzione. Per questi motivi, la Terra nel corso di una rivoluzione rivolge maggiormente al Sole alternativamente l’emisfero settentrionale e l’emisfero meridionale.

Termini chiave

▸ Ellissoide di rotazione ▸ moti apparenti e moti reali ▸ stelle circumpolari ▸ stelle occidue ▸ culminazione ▸ circolo di illuminazione ▸ costellazioni dello Zodiaco ▸ eclittica ▸ equinozi ▸ solstizi ▸ fasi lunari ▸ mese sinodico ▸ Luna nuova o novilunio ▸ Luna piena o plenilunio ▸ primo quarto ▸ ultimo quarto

4

Che cosa accade ai solstizi? E agli equinozi? Il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, nel nostro emisfero il Sole a mezzogiorno raggiunge la massima altezza in cielo e la durata del dì rispetto alla notte è massima; a mezzogiorno, i raggi del Sole cadono perpendicolari sul Tropico del Cancro. Il giorno in cui, sempre nel nostro emisfero, la durata del dì è minima è il 22 dicembre (solstizio d’inverno), nel quale il Sole raggiunge a mezzogiorno la minima altezza in cielo; i raggi del Sole cadono perpendicolari sul Tropico del Capricorno. Il 21 marzo e il 23 settembre, giorni dell’equinozio di primavera e dell’equinozio d’autunno, la durata del dì è uguale a quella della notte per tutti i punti della Terra; i raggi del Sole cadono esattamente perpendicolari all’Equatore e il circolo di illuminazione passa per i due Poli.

5

2

Come ci accorgiamo dei moti della Terra? Quali sono le loro conseguenze?

Come appare la Luna durante il suo moto intorno alla Terra? La Luna compie un moto di rotazione attorno al proprio asse e un moto di rivoluzione attorno alla Terra nel corso del quale si succedono le fasi lunari. Quando si trova tra la Terra e il Sole, la sua metà illuminata non è visibile dalla Terra (fase di Luna nuova); quando si trova dalla parte opposta della Terra rispetto al Sole, risulta interamente visibile (fase di Luna piena); quando si trova nelle posizioni intermedie, mostra solo metà faccia illuminata (primo quarto e ultimo quarto). Poiché il moto di rotazione attorno al proprio asse ha la stessa durata del moto di rivoluzione, la Luna rivolge verso la Terra sempre la stessa faccia.

A 52 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il pianeta Terra

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

Il moto di rotazione terrestre ha come conseguenza

7

Quando il Sole è in culminazione a

ha raggiunto la massima altezza in cielo nel corso del-

l’alternarsi delle stagioni nei due emisferi.

la giornata.

il fatto che la Terra è schiacciata ai Poli. l’apparente spostamento della Stella Polare durante

b c

è il mezzogiorno vero o astronomico.

la notte.

d

il 21 giugno i suoi raggi cadono perpendicolari al Tro-

a

le fasi della Luna.

b c d

la Terra è alla minima distanza dal Sole. pico del Cancro.

2

Sulla Terra durante il moto di rivoluzione a

l’asse terrestre cambia inclinazione rivolgendo al Sole

8

a

la Stella Polare è sopra la testa a 90° rispetto al piano

cambia molto la distanza della Terra dal Sole.

dell’orizzonte.

l’asse terrestre mantiene sempre la stessa inclinazione rispetto al piano dell’orbita.

b c

tutte le stelle dell’emisfero nord sono circumpolari.

l’asse terrestre è perpendicolare al piano dell’orbita.

d

parte delle stelle sono circumpolari e parte occidue.

alternativamente i due Poli. b c d 3

9

Durante il solstizio d’estate a

Per chi si trova al Polo nord

Il circolo d’illuminazione a

nel nostro emisfero il Sole alla culminazione raggiun-

è il circolo massimo che divide la parte illuminata del globo da quella in ombra.

ge la massima altezza.

4

non sono visibili le stelle dell’emisfero opposto.

b c

il Polo sud è sempre illuminato, notte e dì.

d

nell’emisfero australe il dì ha la durata massima.

b

il 21 giugno passa per il Polo sud, ma non per il Polo nord.

nelle regioni temperate il dì ha la durata minima. c

passa per i Poli agli equinozi.

d

non è una linea di separazione netta.

Durante il solstizio d’inverno a

nel nostro emisfero il Sole alla culminazione raggiun-

10

a

ge la massima altezza. b c

Il moto di rivoluzione terrestre ha come conseguenza narsi delle stagioni.

il Polo sud è sempre al buio, notte e dì. i raggi solari cadono perpendicolari al Tropico del

b

il moto apparente del Sole attraverso le costellazioni dello Zodiaco.

Capricorno. d

in combinazione con l’inclinazione dell’asse, l’alter-

c

nell’emisfero australe il dì ha la durata minima.

la rotazione apparente della volta celeste attorno alla Stella Polare.

5

d

Nell’equinozio di primavera a

il circolo d’illuminazione passa per i poli.

b c

nell’emisfero australe il dì ha la durata minima. i raggi solari cadono perpendicolari al Tropico del Capricorno.

d

nel nostro emisfero il Sole alla culminazione rag-

11

Il mese sinodico è a

pari a circa 29 giorni e mezzo.

b

il periodo di tempo in cui si ripetono nella stessa successione le fasi lunari.

giunge la massima altezza. 6

il cambiamento delle costellazioni visibili in cielo nell’arco dell’anno.

c

il tempo impiegato dalla Luna per compiere sia una

d

è il tempo che intercorre tra due successive eclissi.

rotazione sia una rivoluzione.

La Luna piena a

si verifica quando la Luna si trova tra il Sole e la Terra.

b c

si verifica una volta all’anno. si verifica quando la Luna si trova dalla parte opposta della Terra rispetto al Sole.

d

si verifica una volta ogni sette giorni.

A 53 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il pianeta Terra

Un passo in più, impara a imparare

6

10 esercizi interattivi

MAPPA

stellazione dell’Orsa Minore con la Stella Polare? Per

Completa la mappa utilizzando i termini proposti. Dai la definizione di quelli sottolineati.

rispondere osserva i punti cardinali indicati in basso.

Sole - anno - rivoluzione - l’alternarsi delle stagioni -

di; come puoi notare, non sono una costellazione. Sai

Ricerca su Internet o su un atlante del cielo le Pleiadire cosa sono?

apparente - rotazione - costellazioni dello zodiaco.

g.

Tre stelle del cielo estivo formano una figura ben

La Terra

nota denominata «triangolo estivo». Di quali stelle si

orbita attorno al

tratta? A

Deneb

..............

Cigno

con un moto di

Pegaso

Ercole

Altair Aquila

..............

ore 23,00

Vega

Ofiuco

Capricorno

Marte

Serpente

Lira

Bilancia

che

Sagittario

Acquario

Scorpione

avviene con l’asse

dura un

.......... . . . .

di . . . . . . . . . . . . . . . . . . inclinato rispetto al piano dell’orbita

Est

Sud-Est

Sud

Sud-Ovest

Ovest

B ore 23,00 Gemelli

ha come conseguenza

Auriga

Saturno Toro

il moto .. ............ . . . . . . . . . . del Sole attraverso le .. ............ . . . . . . . . . .

..............

Cancro

Leone

Pleiadi Orione

Ariete

Sirio

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

7

Il cielo e le stagioni. Le due figure A e B mostrano come appare una porzione del cielo sull’Italia alle ore 23 di un giorno invernale e di un giorno estivo.

a. b. c.

Indica qual è il cielo invernale e qual è quello estivo. Quali sono gli indizi che ti hanno guidato nella risposta? Sullo sfondo di quali costellazioni sarà sorto il Sole in quei due giorni?

d.

Come mai con il trascorrere delle stagioni cambiano

e.

Tra le costellazioni dello zodiaco ve ne è una ignorata

le costellazioni che possiamo osservare in cielo? dagli oroscopi. Di quale si tratta? Appare nel cielo estivo o invernale?

f.

Nord-Est

Come mai in entrambe le figure non compare la co-

Est

Sud-Est

Sud

Sud-Ovest

ENGLISH FOR SCIENCE

8

Read the text and answer the question. Most people live in a part of the Earth that has four distinct seasons: winter, spring, summer, and autumn. If you could spend a year on each of the other seven planets in the solar system, you would find that four of them (Mars, Saturn, Uranus, Neptune) share this characteristic with the Earth. he other three planets (Mercury, Venus, and Jupiter) either have no seasons at all or have seasons that vary so slightly they are not noticeable. Why do some planets have seasons and others do not?

A 55 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione ALa Terra nello spazio

1 I

L’orientamento

l Sole, con il suo apparente moto quotidiano, non è soltanto un grandioso orologio naturale che scandisce il trascorrere del tempo: è anche un indicatore delle direzioni tramite le quali possiamo orientarci nello spazio. Il termine «orientamento» deriva infatti da oriente, la zona dell’orizzonte dove sorge il Sole; occidente è la zona opposta, dove il Sole tramonta. A oriente è situato l’est, il punto dell’orizzonte in cui il Sole sorge il giorno degli equinozi. A occidente è situato l’ovest, il punto dell’orizzonte in cui, agli equinozi, il Sole tramonta. Negli altri giorni il Sole sorge e tramonta in punti che si discostano rispetto all’est e all’ovest (figura 1). Il Sole sorge esattamente a est e tramonta esattamente a ovest nei giorni degli equinozi di primavera e autunno.

Ovest

Sud

Nord 90°

90°

Est

Se tracciamo la perpendicolare alla retta che unisce est e ovest, individuiamo altre due direzioni fondamentali dell’orizzonte: il nord e il sud. Est, ovest, sud e nord sono i quattro punti cardinali (cioè fondamentali), solitamente indicati con i simboli internazionali E per est, O (o W, dall’inglese West) per ovest, S per sud e N per nord. Rispetto a queste quattro direzioni, vi sono poi le direzioni intermedie, raigurate nella cosiddetta rosa dei venti (figura 2). In questa rappresentazione, associati ai punti cardinali e alle direzioni intermedie come il nord-ovest (NO) o il sud-est (SE), si trovano nomi dei principali venti. Nel nostro emisfero e alle nostre latitudini, possiamo individuare la nostra posizione rispetto ai punti cardinali non solo quando il Sole sorge o tramonta, ma anche a mezzogiorno. Infatti, quando è in culminazione, si trova sempre nella direzione sud. Disponendoci rivolti verso il Sole, possiamo allora stabilire facilmente anche le direzioni degli altri punti cardinali: alle nostre spalle c’è il nord, alla nostra sinistra l’est e a destra l’ovest (figura 3). Per individuare con esattezza il nord, possiamo osservare l’ombra proiettata, a mezzogiorno, da un paletto infisso nel terreno. Di notte, in assenza del Sole, sono le stelle a orientarci. Nel nostro emisfero la Stella Polare, che è situata sul prolungamento dell’asse di rotazione terrestre, indica il nord.

figura 1. ñ I quattro punti cardinali. La figura si riferisce alle nostre latitudini.

Tramontana N

Ponente

Maestrale

Grecale

NO

NE

O

E

Sud

Levante Est

Ovest S

SO

SE

Libeccio

Scirocco

E

O Nord

S Ostro figura 2. ñ La rosa dei venti con i punti cardinali, le direzioni intermedie e i principali venti noti agli antichi navigatori del Mediterraneo.

figura 3. ñ A mezzogiorno, nel nostro emisfero, il Sole indica la direzione sud, mentre l’ombra indica il nord.

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N

sezione ALa Terra nello spazio

2 S

Meridiani e paralleli forniscono un utile reticolato immaginario

e hai provato a fare l’esercizio in apertura di questa unità, ti sarai reso conto della diicoltà di individuare correttamente la posizione geografica dei luoghi. Infatti, l’idea che abbiamo della posizione di una località sulla superficie terrestre è di solito molto approssimata. Per avere un’idea precisa della posizione di un qualsiasi punto sulla Terra è necessario riferirsi a un reticolato immaginario, che avvolge in modo figurato la superficie terrestre. Si tratta di un sistema formato da due coordinate, un po’ come nella battaglia navale. Per la costruzione di tale reticolato, la superficie terrestre fornisce due punti «naturali» dai quali si può partire per costruire il nostro reticolo di riferimento: il Polo nord e il Polo sud geografici, corrispondenti all’intersezione della superficie del pianeta con l’asse di rotazione terrestre. Immaginiamo ora di tagliare il globo terrestre con un piano perpendicolare all’asse di rotazione e passante per il centro della Terra. L’intersezione di questo piano con la superficie terrestre individua su tale superficie una circonferenza chiamata Equatore (figura 6). L’Equatore è in ogni suo punto equidistante dai due Poli e divide il globo in due emisferi: l’emisfero settentrionale (o boreale), dalla parte del Polo nord, e l’emisfero meridionale (o australe), dalla parte del Polo sud. Stella Polare

Polo nord

Tropico del Cancro

Con i due Poli e il circolo dell’Equatore risulta ora facile costruire un reticolato completo. Tracciamo idealmente i circoli determinati dall’intersezione della superficie terrestre con piani paralleli al piano dell’Equatore. Questi circoli, che diventano via via più piccoli a mano a mano che ci si avvicina ai Poli, sono detti paralleli (figura 7a). Immaginiamo, infine, di tracciare i circoli determinati dall’intersezione della superficie terrestre con i piani che passano per entrambi i Poli, ossia per l’asse terrestre. A diferenza dei paralleli, questi circoli, che in realtà sono delle ellissi per il lieve schiacciamento polare, sono tutti uguali (figura 7b). Li possiamo pensare formati ciascuno da due semicirconferenze, unite in corrispondenza dei Poli, ognuna delle quali interseca l’Equatore in un punto; queste semicirconferenze sono dette meridiani. In genere, in riferimento a un meridiano, la semicirconferenza opposta viene detta antimeridiano. Se prendiamo in considerazione alcuni degli infiniti paralleli possibili, possiamo con essi individuare sulla superficie terrestre delle fasce, a diversa distanza dall’Equatore. Se invece prendiamo in considerazione alcuni degli infiniti meridiani possibili, possiamo con essi individuare degli spicchi di superficie, ciascuno dei quali è più largo all’Equatore e si riduce a un punto in corrispondenza dei Poli. Grazie a queste fasce e a questi spicchi, paralleli e meridiani ci forniscono, come ora vedremo, la «quadrettatura» necessaria per localizzare con esattezza qualsiasi punto sulla superficie terrestre. !#$^* ) Per fissare i concetti 4 Oltre che sui due Poli, su quale altro elemento geografico ci si basa per costruire il reticolo di riferimento? Come viene individuato? 5 Come si «costruiscono» i paralleli? E i meridiani?

emisfero settentrionale (boreale)

N a

Equatore emisfero meridionale (australe)

parallelo Tropico del Capricorno

Polo sud

Equatore

figura 6. ñ L’Equatore divide il globo nei due emisferi, quello settentrionale (o boreale) e quello meridionale (o australe). Esso giace su un piano perpendicolare all’asse di rotazione terrestre, che passa per i due Poli. I due Tropici distano 23,5° dall’Equatore.

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parallelo

S

L’Equatore è l’unico parallelo a essere anche un cerchio massimo; i meridiani, al contrario, sono tutti cerchi di uguale dimensione.

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

3 I

b

I circoli meridiani sono tutti uguali e si possono immaginare formati ciascuno da due semicirconferenze: un meridiano e un antimeridiano.

meridiano C

meridiano B

meridiano

antimeridiano

A

N

La longitudine e la latitudine

paralleli e i meridiani compongono sulla superficie terrestre un sorta di griglia, chiamata reticolato geografico (figura 7c). Su questa griglia è possibile localizzare con precisione qualsiasi punto. Per far sì che in tutto il mondo la posizione di un qualsiasi punto della superficie terrestre venga indicata nello stesso modo, si sono scelti un parallelo e un meridiano di riferimento. Nel caso dei paralleli è stato spontaneo prendere come riferimento l’Equatore, mentre nel caso dei meridiani, che sono tutti uguali, si è scelto convenzionalmente come riferimento il meridiano di Greenwich che passa per l’osservatorio astronomico di Greenwich, una località vicino a Londra (figura 8). In base ai due riferimenti scelti (l’Equatore e il meridiano di Greenwich), si assegna a ogni meridiano un valore detto longitudine e a ogni parallelo un valore detto latitudine. Vediamo come.

A

S

c

80 °

90° 90 Polo n Po nord

60° mer

20° 4 45° 30° 3 1 15°

d i G re e nw h ic

O

id ia n o

40°



E

60 60°

N

4 45°

30°

15°

E q u a to re S

figura 7. òñ (a) I paralleli sono originati dall’intersezione della superficie terrestre con piani perpendicolari all’asse terrestre. I cerchi descritti dai paralleli hanno raggi via via minori andando dall’Equatore ai Poli. (b) I meridiani sono originati dall’intersezione della superficie terrestre con piani che passano per l’asse terrestre. (c) Paralleli e meridiani formano la «quadrettatura» di riferimento del reticolato geografico.

figura 8. ñ Greenwich (GB), il meridiano zero, origine dei fusi orari di tutto il mondo.

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A 61

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

Oggi, per conoscere rapidamente e con precisione la posizione di un qualsiasi punto, si ricorre a tecnologie innovative quali il GPS (Global Positioning System), progettato negli Stati Uniti inizialmente per scopi militari. Il sistema sfrutta radiosegnali emessi da alcune decine di satelliti in orbita intorno al globo e captati da ricevitori a terra (figura 10). I sistemi di navigazione montati sulle automobili impiegano questa tecnologia: i satelliti individuano la posizione esatta della vettura e, in combinazione con un particolare software installato nel navigatore, permettono all’autista di giungere alla destinazione desiderata. Anche se oggi l’utilizzo di satelliti ci sembra una cosa scontata, non dobbiamo dimenticare che solo da pochi decenni l’umanità comunica con tali mezzi. In precedenza, le comunicazioni transoceaniche erano comunque garantite dalle onde radio. !#$^* ) Per fissare i concetti

6 Perché, per localizzare i punti della superficie terrestre, si sono stabiliti un meridiano e un parallelo di riferimento? Quale meridiano e quale parallelo sono stati scelti? 7 Spiega con parole tue che cosa si intende per longitudine e per latitudine. 8 Qual è la latitudine del Polo nord e del Polo sud? E quella dell’Equatore?

figura 10. ñ Il sistema GPS si basa su una rete di satelliti orbitanti attorno alla Terra e consente di determinare l’esatta posizione di un punto per mezzo di un particolare ricevitore. Questi apparecchi sono installati sulle navi e sugli aerei e permettono loro di mantenere la giusta rotta, ma sono ormai dispositivi di uso comune: si trovano nelle automobili come strumenti di navigazione o come antifurti e sono disponibili in versione portatile per essere utilizzati, per esempio, dagli escursionisti in montagna.

figura 11. î A seconda del fuso orario, varia l’ora delle località in un dato momento.

4 C

I fusi orari

ome sappiamo, la Terra ruota su se stessa esponendo al Sole, nelle diverse ore della giornata, zone diverse della propria superficie. In un dato momento il Sole è in culminazione su un solo meridiano ed è mezzogiorno su tutti i punti che hanno la longitudine corrispondente a quel meridiano. In quello stesso momento, poiché la Terra ruota da ovest verso est, il mezzogiorno deve ancora venire per le località situate a ovest di quel meridiano, mentre è già passato per le località situate a est. Immaginiamo per esempio che a Roma sia esattamente mezzogiorno. Per le località come New York, che si trovano a ovest di Roma, il mezzogiorno deve ancora arrivare (figura 11). Invece, per le località come Calcutta, in India, che si trovano a est di Roma, il mezzogiorno è già passato. La Terra compie un giro completo (360°) su se stessa in 24 ore. Essa quindi descrive ogni ora un angolo di 15° (360° : 24 = 15°). Dato che New York è situata a circa 90° di longitudine più a ovest di Roma, la diferenza di orario tra le due città sarà circa sei ore (90 : 15 = 6). Ciò significa che, quando a Roma sono le 12, a New York saranno le 6 del mattino. Invece, a Calcutta, che è situata a circa 75° di longitudine più a est di Roma, la diferenza di orario rispetto a Roma sarà di cinque ore e saranno le 5 del pomeriggio. A voler essere precisi, quando a Milano, che si trova a circa 9° E di longitudine, è mezzogiorno, a Bari, che si trova invece a 17° E di longitudine, cioè a circa 8° più a est di Milano, dovrebbero essere circa le 12 e 30; e a Pesaro, che invece si trova più o meno a metà strada (come longitudine) tra Milano e Bari, dovrebbero essere circa le 12 e 15. Ogni meridiano, e dunque l’insieme delle località situate su quel meridiano, risulterebbe così avere una propria ora locale e

LOS ANGELES

PERTH

FRANCOFORTE

LONDRA

TOKYO

NEW YORK

JOHANNESBURG

HONG KONG

PARIGI

A 63 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione ALa Terra nello spazio

dovremmo cambiare posizione alle lancette dell’orologio ogni volta che ci spostassimo verso ovest o verso est, per esempio andando da Milano a Torino, o da Palermo a Messina.

La linea del cambiamento di data, che passa in pieno Oceano Pacifico, corrisponde all’antimeridiano di Greenwich. Per capire come avviene questo cambiamento facciamo un esempio. Poniamo che nel fuso 0 di Greenwich sia domenica e stia per scoccare la mezzanotte. Nello stesso istante, nei fusi a ovest di Greenwich gli orologi segnano, a mano a mano che ci allontaniamo dal fuso 0, ore sempre più indietro nel tempo: le 23, poi le 22, le 21 e così via, finché, dopo 12 fusi, sull’antimeridiano di Greenwich, sarà mezzogiorno di quello stesso giorno, domenica. Invece, nello stesso istante, procedendo da Greenwich verso est, la mezzanotte di domenica è già passata: a mano a mano che ci allontaniamo dal fuso 0, gli orologi segnano via via l’1, le 2, le 3 della notte di lunedì, finché, dopo 12 fusi, sull’antimeridiano di Greenwich sarà sì mezzogiorno, ma di lunedì. Pertanto, su una metà del fuso numero 12 è lunedì, mentre sull’altra metà è ancora domenica. Ne consegue che chi attraversa la linea del cambiamento di data andando da ovest verso est (per esempio, dall’Australia verso l’America) si trova un giorno indietro rispetto al giorno di partenza; mentre chi attraversa la stessa linea andando da est verso ovest (per esempio, dall’America verso l’Australia) deve avanzare di un giorno sul calendario.

Per facilitare le comunicazioni tra le nazioni e uniformare gli orari all’interno di ciascuna di esse, si è deciso di dividere la Terra in 24 spicchi, o fusi, tanti quante sono le ore. Ogni fuso è delimitato da due meridiani che distano tra loro 15° di longitudine (figura 12) e ha un meridiano centrale, equidistante dai due meridiani che lo delimitano. I fusi sono numerati verso est a partire da quello che ha come meridiano centrale il meridiano di Greenwich (il fuso 0). Noi, come Parigi, Madrid e Berlino, che ci troviamo nel fuso successivo a quello di Greenwich, siamo nel fuso +1, centrato sul meridiano 15° E e delimitato dai meridiani 7° 30’ E e 22° 30’ E. Se ci fate caso, il Monte Bianco e alcune aree della Val d’Aosta e del Piemonte, che si trovano a una longitudine di circa 7° E, ricadono nel fuso di Greenwich (fuso 0). In realtà i fusi generalmente seguono i confini nazionali, in modo che tutto il Paese abbia un orario unificato. Dal 1° novembre 1983 l’Italia ha adottato il Tempo Medio dell’Europa Centrale, corrispondente al meridiano di longitudine 15° E, detto dell’Europa Centrale. Questo meridiano passa per l’Etna e incontra a nord la costa adriatica in corrispondenza della città molisana di Termoli. Per ogni località italiana l’ora uiciale è perciò quella del meridiano 15°E. In Italia, come in molti altri Paesi, è stata inoltre introdotta l’ora legale. Durante i mesi di maggiore insolazione si fanno avanzare le lancette degli orologi di un’ora in modo da guadagnare un’ora di luce e ridurre i consumi energetici. Normalmente, in ogni località la data cambia quando scocca la mezzanotte. Tuttavia, a parte questo cambiamento locale, sulla Terra vi è un cambiamento uiciale della data che interessa coloro che attraversano l’antimeridiano di Greenwich.

180° 165° 150° 135° 120° 105°

-10

90°

75°

60°

45°

30°

15°



15°

!#$^* ) Per fissare i concetti 9 Quanti sono i fusi in cui è divisa la Terra? In quale fuso è situata l’Italia? 10 Indica una località italiana in cui il mezzogiorno astronomico corrisponde al mezzogiorno ufficiale. 11 A che cosa corrisponde la linea del cambiamento di data? Perché è chiamata così?

30°

45°

60°

75°

90° 105° 120° 135° 150° 165° 180° 165°

+10

-8 -9

-3

30

+3

-4

-7

+4

+5

+6

+7

+8

+11

+12

+13

+9

-5

-12

– 11

+330

-345 30 -3

-5

-0

44

-3 -4

– 10

–9

–8

–7

–6

–5

–4

–3

–2

–1

meridiano di Greenwich

0

0

+1

+426 +5

+8 +530

+2

linea del cambiamento di data

linea del cambiamento di data

-6

+7 +8

+930 +12 +1

+2

+3

+4

+5

+6

+7

A 64 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

+8

+9

+10

+11

+12

-11

figura 12. ò I fusi orari. L’Italia si trova nel fuso +1, il cui meridiano centrale è quello di longitudine 15° E. Si noti che in alcuni Paesi l’ora in vigore non segue esattamente quella indicata dal fuso orario di appartenenza.

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

5 U

Le carte geografiche

n mappamondo è una rappresentazione realistica del globo terrestre. Si tratta di una vera e propria rappresentazione in scala, che possiede una notevole proprietà: i rapporti tra distanze e i rapporti tra superfici sul mappamondo sono uguali a quelli sulla Terra. Lo stesso vale per gli angoli formati da due linee qualsiasi. Nelle carte geografiche, invece, non è così: dato che è impossibile rappresentare senza distorsioni una superficie sferica su di un piano, qualsiasi carta geografica non può riprodurre la superficie terrestre mantenendo invariati tutti i rapporti come avviene per il mappamondo. Una carta geografica è però molto più utile di un mappamondo. È infatti molto più maneggevole e, spesso, rappresentando solo una piccola porzione della superficie terrestre, quella relativa al territorio che ci interessa, è molto più dettagliata. Una carta geografica è una rappresentazione approssimata e simbolica della superficie terrestre. Essa ha dimensioni ridotte rispetto al vero e l’entità della riduzione è indicata dalla scala.

La scala rappresenta il rapporto tra le dimensioni di un oggetto sulla carta e nella realtà. Per esempio, la scala 1:50 000 (si legge: uno a cinquantamila) indica che 1 cm sulla carta corrisponde a 50 000 cm (cioè 500 m) nella realtà.

a

figura 13. òô A mano a mano che la scala diminuisce, diminuiscono i dettagli, ma aumenta l’estensione del territorio rappresentato. (a) Mappa (scala 1:12 000); (b) carta topografica (scala 1:24 000); (c) carta geografica (scala 1:1 000 000).

Se si conosce la scala della carta, si può ricavare la distanza reale tra due punti qualsiasi rappresentati su di essa. Si misura la distanza tra i due punti sulla carta e si moltiplica il valore ottenuto per la scala. Se per esempio due città distano 20 cm su una carta 1:100 000, nella realtà esse disteranno: 20 cm × 100 000 = 2 000 000 cm = 20 km. In base alla scala si distinguono diversi tipi di carte (figura 13): le carte geografiche propriamente dette, di scala minore di 1:100 000; le carte topografiche, di scala compresa tra 1:100 000 e 1:10 000; le mappe o piante, di scala maggiore di 1:10 000. Una carta geografica è una rappresentazione simbolica, perché ciò che si trova nella realtà viene indicato mediante dei simboli, cioè dei segni convenzionali. Il loro significato è esplicitato nella legenda. Normalmente in una carta troviamo rappresentate le forme del paesaggio (monti, fiumi, laghi) più le principali strutture realizzate dall’uomo (città, paesi, strade, ferrovie). Vi è anche la possibilità di esprimere il rilievo tramite le curve di livello, o isoipse, cioè delle linee ideali che uniscono tutti i punti che hanno la stessa altezza sul livello del mare. Le isoipse sono tanto più vicine quanto più il pendio da rappresentare è ripido; viceversa, esse sono tanto più distanti quanto più il pendio è dolce (figura 14). Alcuni punti particolari del territorio, come per esempio la cima di un monte o una località, sono quotati, cioè sono corredati di un numero che ne indica l’altitudine sul livello del mare. !#$^* ) Per fissare i concetti 12 Quali proprietà presenta un mappamondo? Perché è in genere poco utile? 13 Perché si dice che una carta geografica è una rappresentazione approssimata della superficie terrestre? 14 Che cosa indica la scala di una carta geografica? Come viene espressa? Spiegalo con un esempio. 15 Che cosa rappresentano le curve di livello? Che cosa indica il fatto che esse siano più o meno ravvicinate?

b pendio più ripido

pendio meno ripido

100 50

c

figura 14. î Le isoipse, o curve di livello, possono essere considerate le intersezioni di piani orizzontali con la superficie topografica a intervalli fissi di quota (0, 25, 50, 75 m ecc.). Ciascuna isoipsa rappresenta pertanto tutti i punti che si trovano a una stessa quota. Un confronto con la carta (in basso, nella figura) fa vedere che dove le isoipse sono più ravvicinate il pendio è più ripido e viceversa.

0 isoipse più vicine

0

25

50

0 isoipse più lontane

25

50

75

100

isoipse

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sezione ALa Terra nello spazio

persapernedipiù

Le regole per costruire una carta geografica

A

lla base della costruzione di una carta geografica c’è una proiezione, cioè un sistema di regole mediante le quali gli elementi presenti su una superficie curva, come quella della Terra, vengono trasferiti su una superficie piana, come quella di un foglio di carta. Il modo più semplice per eseguire una proiezione è immaginare di: ● prendere una superficie piana (piano di proiezione); ● poggiarvi sopra il globo terrestre; ● far partire da un punto opportunamente scelto delle rette che incontrano la superficie terrestre e ne proiettano i vari punti sul piano di proiezione. Le proiezioni di questo tipo si chiamano proiezioni prospettiche. A seconda di dove si trova il punto di proiezione, cioè il punto da cui si fanno partire le rette di proiezione, si ottiene una carta geografica leggermente diversa (figura A). Un altro sistema è quello di proiettare i punti della superficie terrestre non direttamente dal globo

figura A. î Proiezioni prospettiche. (1) Se il punto di proiezione è al centro del globo, si ha una proiezione centrografica: sul foglio risulta rappresentato solo l’emisfero inferiore (quello che appoggia sul piano di proiezione), con l’Equatore che viene proiettato all’infinito (la retta di proiezione di un punto dell’Equatore è infatti parallela al piano di proiezione e quindi non lo incontra mai). (2) Se si proiettano i punti della superficie terrestre tramite rette perpendicolari al piano di proiezione (come se il punto di proiezione fosse all’infinito), si ha una proiezione ortografica.

a un piano, ma dal globo a una superficie curva che possa essere poi sviluppata, senza ulteriori deformazioni, in un piano. Le proiezioni di questo tipo si chiamano proiezioni di sviluppo (figura B). Le due superfici usate per questa operazione sono la superficie laterale di un cilindro e quella di un cono. Quando si esegue una proiezione, si proietta in primo luogo sul piano o sulla superficie di proiezione il reticolato geografico, in modo da rappresentarlo sulla carta geografica. La proiezione cilindrica di sviluppo più famosa è la proiezione di Mercatore (figura C), dal nome di un cartografo tedesco del XVI secolo. In questa proiezione, che da secoli è la più usata dai naviganti, la superficie cilindrica su cui si proietta è tangente all’Equatore. Nelle carte così ottenute, i meridiani risultano paralleli tra loro. Le carte geografiche basate su questa proiezione hanno il pregio di mantenere inalterati gli angoli rispetto al globo terrestre (con i meridiani perpendicolari ai paralleli), ma non mantengono

1

2

piano di proiezione

75∞ 105∞ 90∞

15∞ 30∞ 45∞ 60∞

figura B. î Modello che illustra il principio su cui si basa la proiezione cilindrica di sviluppo. Il contorno del continente africano disegnato sulla superficie della parte sferica della lampadina (che rappresenta un piccolo globo terrestre) viene proiettato dalla luce su un leggero cartoncino, avvolto a cilindro attorno alla lampadina, tangenzialmente al suo «equatore». La figura proiettata risulta via via più deformata a mano a mano che ci si allontana dalla linea di tangenza (in blu scuro). Dopo che si è tracciata la figura proiettata sul cartoncino, la superficie cilindrica viene aperta e sviluppata in piano.

A 66 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Eq ua

tore

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

figura C. ö La carta di Mercatore è una proiezione cilindrica, nella quale il cilindro di proiezione è tangente all’Equatore. Come si può vedere, le aree delle latitudini settentrionali, distanti dall’Equatore, sono molto più dilatate rispetto a quelle tropicali.

figura D. ö Nella carta di Peters tutti i continenti hanno un’estensione che è proporzionale alla loro area effettiva.

costante il rapporto tra le aree. Infatti, man mano che ci si avvicina ai Poli, le regioni sono rappresentate via via più estese di quanto siano in realtà; la Groenlandia, per esempio, appare addirittura grande quanto l’Africa, mentre in realtà è molto più piccola. Un risultato del genere è ovvio se pensiamo che, nella realtà, i meridiani convergono via via che ci si avvicina ai Poli, mentre nella proiezione di Mercatore rimangono paralleli. Recentemente, per evitare queste distorsioni, l’ONU ha adottato ufficialmente la carta di Peters che assegna a ogni continente un’estensione proporzionale a quella reale (figura D). Oggi la costruzione delle carte geografiche viene effettuata utilizzando strumenti e metodi tecnicamente molto evoluti. Con il telerilevamento, che sfrutta immagini riprese da aerei o da satelliti artificiali, si possono costruire in breve tempo carte precise e dettagliate, tramite strumenti informatici che trasformano tali immagini in carte geografiche (figura E). Inoltre, gli strumenti che utilizzano onde radio, i cosiddetti radar (RAdio Detection And Ranging), permettono di misurare la distanza tra due punti con grande precisione, senza dover ricorrere a misure ottiche di angoli. perfissareiconcetti • Qual è la principale differenza tra proiezioni prospettiche e proiezioni di sviluppo? • Perché in una proiezione di Mercatore la Groenlandia risulta grande come l’Africa, pur essendo in realtà molto meno estesa? Quali caratteristiche ha la carta di Peters adottata oggi? figura E. î Immagine da satellite del Golfo di Napoli. Oltre a dare indicazioni sulla topografia della zona, questa foto, scattata con un particolare sensore, permette di trarre importanti informazioni sull’uso del territorio: il colore rosso indica la presenza di vegetazione, mentre il verde un’assenza di copertura vegetale (zone urbane o rocciose).

A 67 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

Per ricordare 1

3

Com’è possibile orientarsi di giorno? E di notte?

A che cosa servono le coordinate geografiche?

Di giorno ci si può orientare mediante l’osservazione del moto apparente del Sole, individuando i quattro punti cardinali: l’est (E), il punto in cui il Sole sorge il giorno degli equinozi; l’ovest (O o W), il punto in cui il Sole tramonta agli equinozi, il nord (N) e il sud (S) individuati dalla perpendicolare alla retta che unisce l’est e l’ovest. Il nord è indicato anche dall’ago della bussola e, di notte, dalla Stella Polare. Inoltre, nell’emisfero settentrionale, il sud è individuato ogni giorno dalla posizione del Sole in culminazione, cioè a mezzogiorno.

Che cosa sono i paralleli e i meridiani?

I paralleli sono i circoli determinati dall’intersezione della superficie terrestre con piani perpendicolari all’asse di rotazione. L’Equatore è il parallelo di circonferenza massima. I meridiani sono le semicirconferenze (unite in corrispondenza dei Poli) da cui è formato ciascuno dei circoli determinati dall’intersezione della superficie terrestre con piani passanti per i Poli. Rispetto a un meridiano, il meridiano opposto viene detto antimeridiano. L’intersezione dei paralleli e dei meridiani determina la formazione di un reticolato immaginario, detto reticolato geografico. In esso, il meridiano di riferimento è il meridiano di Greenwich e il parallelo di riferimento è l’Equatore.

Le coordinate geografiche, latitudine e longitudine, servono per individuare la posizione di un dato punto sulla superficie terrestre. La longitudine di un punto è la distanza angolare tra il meridiano passante per il punto e il meridiano di Greenwich, seguita dall’indicazione E oppure O, a seconda che il punto si trovi a est o a ovest di Greenwich. La latitudine di un punto è la distanza angolare tra il parallelo passante per quel punto e l’Equatore, seguita dall’indicazione N o S, a seconda che il punto si trovi nell’emisfero settentrionale o in quello meridionale.

La superficie terrestre è rappresentata mediante le carte geografiche. Esse sono rappresentazioni approssimate, ridotte e simboliche della superficie terrestre su un piano. La riduzione delle misure sulla carta rispetto ai valori reali è indicata mediante la scala. A differenza del mappamondo, una carta geografica presenta necessariamente delle distorsioni rispetto alla realtà. 5

Termini chiave

2

Per facilitare le comunicazioni tra le nazioni e uniformare gli orari all’interno di ciascuna nazione, si è divisa la Terra in 24 spicchi, o fusi, tanti quante sono le ore. Ogni spicchio è delimitato da due meridiani che distano fra loro 15° di longitudine. L’ora è la stessa per tutte le località in uno stesso fuso. Quando si passa da un fuso all’altro, si aumenta di un’ora procedendo verso est, si diminuisce di un’ora andando verso ovest. La linea del cambiamento di data, che passa in pieno Oceano Pacifico, è la linea corrispondente all’antimeridiano di Greenwich attraverso la quale cambia la data.

Come si può rappresentare la superficie terrestre?

▸ Punti cardinali ▸ nord geografico e nord magnetico ▸ coordinate geografiche ▸ Equatore ▸ emisfero boreale e australe ▸ paralleli ▸ meridiani e antimeridiani ▸ meridiano di Greenwich ▸ longitudine ▸ latitudine ▸ fusi orari ▸ linea di cambiamento di data ▸ carta geografica ▸ scala ▸ curve di livello o isoipse

A 68 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

4

Come si calcolano le differenze orarie tra le varie località della Terra?

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

2

3

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

La distanza espressa in gradi di una località dall’Equatore è

7

I paralleli

a

la latitudine.

a

sono circoli tutti di lunghezza uguale.

b c

il fuso orario.

b

derivano dall’intersezione del globo con piani perpen-

d

la longitudine.

c

sono circoli di lunghezza diversa.

d

contengono i punti che hanno la stessa latitudine.

la curva di livello.

dicolari all’asse terrestre.

Due località che hanno la medesima longitudine: 8

a

si trovano sullo stesso meridiano.

b c

hanno la stessa data, ma ora diversa.

a

hanno la stessa ora, ma data diversa.

b

d

si trovano sullo stesso parallelo.

la medesima latitudine.

b c

in ogni caso la stessa data.

d

la medesima longitudine.

5

9

sono circoli di lunghezza diversa.

d

contengono i punti che hanno la stessa longitudine.

Il sistema GPS (Global Position System) a

in ogni caso la stessa ora.

si basa su una rete di satelliti orbitanti intorno alla Terra. consente di determinare l’esatta posizione di un punto per mezzo di un particolare ricevitore.

Ogni fuso è uno spicchio della superficie terrestre a

numerato a partire dall’Equatore.

c

è stato progettato in Europa per scopi civili.

b c

delimitato da due paralleli.

d

è installato su navi, aerei per mantenere la giusta rotta.

d

con ampiezza di 30° in latitudine.

con ampiezza di 15° in longitudine. 10

La longitudine di una località in cui sono le 17 quando a Greenwich sono le 7 del mattino dello stesso giorno è a

circa 15° E.

b c

circa 15° O.

d

circa 17° E.

La linea del cambiamento di data a

è una linea convenzionale.

b c

passa in pieno Oceano Pacifico. costringe chi l’attraversa dall’America all’Australia a spostare indietro di un giorno la data.

d

circa 10° O.

corrisponde (a parte alcune deviazioni) all’antimeridiano di Greenwich.

11 6

derivano dall’intersezione del globo con piani che

c

b 4

sono circoli tutti di lunghezza uguale. passano per l’asse terrestre.

Due località situate su uno stesso parallelo a

I meridiani

Quando sul meridiano di Greenwich sono le ore 12 di domenica 8 settembre, chi attraversa la linea di cambiamento di data dall’Australia verso l’America passa a

da mezzanotte di domenica 8 a mezzanotte di sabato 7.

b c

da mezzanotte di sabato 7 a mezzanotte di domenica 8. da mezzanotte di domenica 8 all’1 sempre di domenica 8.

d

dall’1 di domenica 8 a mezzanotte di sabato 7.

Una scala 1:200 000 a

indica che le misure reali sono state ridotte di 200 000 volte.

b c

è tipica di una carta geografica.

d

è più piccola di una scala 1: 25 000.

permette una rappresentazione più dettagliata di una scala 1:10 000.

12

Le isoipse a

sono dette anche curve di livello.

b

servono a rappresentare le diferenze di quota sulle

c

uniscono i punti che hanno la stessa altitudine sul

d

sono tanto più vicine quanto più il pendio è dolce.

carte geografiche. livello del mare.

A 69 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione A La Terra nello spazio

Esercizi, domande e problemi 1

Indica se le seguenti frasi sono vere (V) o false (F). Se false, riscrivile corrette sul quaderno.

a.

3

La linea del cambiamento di data corrisponde al meridiano di Greenwich.

V

F

V

F

V

F

V

F

V

F

b. Greenwich è più a ovest di Roma, più a nord di Parigi, più a sud di Oslo.

c.

Ogni fuso è delimitato da due paralleli che distano tra loro 15° di longitudine.

d. I punti situati su uno stesso parallelo hanno la stessa latitudine, ma diversa longitudine.

e.

Una scala 1:100 000 è più grande di una scala 1:50 000.

f.

4

Le carte geografiche sono rappresentazioni

A

simboliche perché gli elementi reali sono indicati mediante segni convenzionali.

g.

Le due carte rappresentano la città di Roma e dintorni, hanno l’una scala 1: 1 000 000 e l’altra 1: 80 000. Che cosa significa l’espressione «scala 1: 1 000 000» e «scala 1: 80 000»? Sapresti attribuire a ciascuna delle due carte la scala appropriata?

V

F

V

F

B

Il valore della latitudine è compreso tra 0° e 180° seguito dall’indicazione N o S.

2

Scrivi dieci combinazioni a caso di latitudine e longitudine. Prova a indovinare pressappoco dove si trovano sul globo terrestre. Utilizza la figura del planisfero a pag 8 per individuare la loro esatta collocazione.

3

La figura rappresenta un uomo che sta pescando sulla riva occidentale del Lago di Garda in tre momenti diversi della giornata. Quale vignetta rappresenta il mattino presto, quale il mezzogiorno e quale il pomeriggio tardi? Motiva la tua risposta.

5

Nel libro di Jules Verne «Il giro del mondo in 80 giorni» si narra che l’aristocratico inglese Sir Phileas Fogg, fece la scommessa di circumnavigare il globo in 80 giorni, partendo dall’Inghilterra. Al ritorno, credeva di avere perso la scommessa avendo impiegato 81 giorni anziché 80. Passepartout, il suo servitore, gli disse che i giorni erano 80 poiché nel corso del viaggio avevano attraversato la linea del cambiamento di data. Secondo te avevano fatto il giro del mondo partendo dall’Inghilterra verso ovest o verso est? Spiega il tuo ragionamento.

6

Qui sotto trovi disegnate nella colonna di sinistra alcune tipologie di pendio che si possono incontrare nel paesaggio e in quella di destra la loro rappresentazione su una carta topografica mediante isoipse. Associa a ogni pendio la rispettiva rappresentazione scrivendo i numeri nelle apposite caselle.

1

2

7

a.

1.

b.

2.

c.

3.

Se a partire dal Polo nord mi muovo per 10 km in direzione sud, poi per 10 km in direzione est, poi per 10 km in direzione nord, a quale distanza dal Polo mi vengo a trovare?

A 70 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 Rappresentare la superficie terrestre

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

MAPPA

8

Completa la mappa concettuale utilizzando i termini proposti. Dai la definizione di quelle sottolineate. Equatore - coordinate geografiche - paralleli - reticolato geografico - superficie terrestre - Poli - meridiani - sistema di riferimento La posizione di un punto sulla . . . . . . . . . . . . . . si determina con un

.............. che è detto

ENGLISH FOR SCIENCE

10

Read the text and answer the questions. Topographic maps show the relief of the land. Most topographic maps use contour lines to show relief. A contour line is a line that passes through all points on a map that have the same elevation. he diference in elevation from one contour line to the next is called the contour interval. For example, in a map with a contour interval of 5 meters contour lines are drawn only at elevations of 0 meters, 5 meters, 10 meters, 15 meters, and so on.

.............. formato da

circoli massimi passanti per i ...... . . . . . . . . . .

circoli paralleli all’ . . . . . . . . . . . . . . . . . detti

Look at the contour lines in figure. What contour interval

detti

is being used here? What is the highest elevation on the hill?

. . . . . . . .. . . . . .

............ . .

40

permettono di fissare

30 20 10

le . . . . . . . . . . . . . . . . di un punto

0

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

9

Procurati una mappa della tua città e prova a recarti da un punto a un altro, anche in una zona che già conosci, seguendo passo a passo la tua posizione sulla mappa. Ricava dalla mappa quanta strada hai percorso. Con l’aiuto di un goniometro verifica in che direzione ti sei diretto rispetto al Nord geografico. Cerca su Google Maps (http://maps.google.it/) la tua città e rifai virtualmente il tuo percorso.

40

30

20

10 N 0

Quali informazioni in più puoi ricavare da Google Maps rispetto ad una carta geografica? Quali sono i vantaggi?

A 71 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione ALa Terra nello spazio

IL SISTEMA SOLARE LA TERRA

comprende

LA SUPERFICIE TERRESTRE ha

si trova alla periferia della ha la forma di un

VIA LATTEA composta da circa 300 miliardi di

ellissoide di rotazione

STELLE sfere di idrogeno ed elio che producono energia mediante reazioni di fusione nucleare

tra cui il

SOLE • pianeti di roccia Mercurio Venere Terra Marte • pianeti di gas Giove Saturno • pianeti di ghiaccio Urano Nettuno • satelliti

la RIVOLUZIONE attorno al Sole con l’asse di rotazione inclinato; dura 1 anno

è il centro gravitazionale attorno a cui ruotano i

• moto apparente annuo del Sole • alternarsi delle stagioni

che ha

due moti di uguale durata

la rivoluzione attorno alla Terra da cui dipendono le

fasi lunari

CARTE GEOGRAFICHE proiezioni su un piano della superficie sferica della Terra

che utilizzano il

sistema di riferimento che è il RETICOLATO GEOGRAFICO

• moto apparente diurno della volta celeste • alternarsi del dì e della notte

formato da

EQUINOZI d’autunno 23 settembre uguale durata del dì e della notte

LUNA priva di atmosfera e di acqua

la ROTAZIONE attorno a un asse che passa per i Poli; dura 1 giorno

le conseguenze sono

e l’alternanza di il satellite della Terra è la

si rappresenta con le

e ha due moti principali

di primavera 21 marzo uguale durata del dì e della notte

SOLSTIZI MERIDIANI circoli massimi passanti per i Poli

d’estate 21 giugno maggiore durata del dì

sono

PARALLELI circoli paralleli all’Equatore

d’inverno 22 dicembre minore durata del dì

che permettono di fissare

le COORDINATE GEOGRAFICHE di un punto che sono

la rotazione su se stessa

la LATITUDINE distanza angolare dall’Equatore

la LONGITUDINE distanza angolare dal meridiano di Greenwich

A 72 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

• approssimate • simboliche • ridotte la riduzione è indicata dalla

SCALA rapporto tra le distanze sulla carta e le distanze reali

Il sistema Terra

B Prerequisiti > Saper leggere un semplice testo scientifico usando grafici, tabelle e illustrazioni per ricavarne informazioni. > Avere conoscenze di base sulla materia e i suoi stati di aggregazione. > Sapere che i gas hanno una massa e un volume che può variare. > Saper fare riferimento alla propria esperienza per individuare le connessioni con i temi trattati.

Obiettivi di apprendimento > Conoscere la composizione e la struttura dell’atmosfera e comprendere perché l’atmosfera terrestre ha delle caratteristiche particolari. > Comprendere e descrivere come avviene la circolazione atmosferica sia su piccola scala sia a livello dell’intero pianeta. > Conoscere i fattori che determinano il tempo atmosferico e il clima alle diverse latitudini. > Conoscere le principali proprietà dell’acqua. Comprendere e descrivere le fasi del ciclo dell’acqua. > Descrivere la distribuzione delle acque sul nostro pianeta. Spiegare come si formano le correnti, le onde e le maree. > Descrivere le principali categorie di rocce e sapere da quali minerali sono costituite.

1. La sfera dell’aria Unità 2. Il tempo e il clima Unità 3. La sfera dell’acqua Unità 4. La sfera delle rocce Unità

V

iviamo sul fondo di un immenso oceano d’aria, perlopiù senza rendercene conto, se non quando sentiamo l’aria pungente sul viso, o quando osserviamo le nubi correre nel cielo trasportate dai venti. L’involucro gassoso che ci circonda, la «sfera dell’aria» o atmosfera, è sempre in movimento. L’aria in movimento trascina con sé le nubi. E le nubi, come verifichiamo quando piove, sono gonfie d’acqua. La Terra è anche il pianeta dell’acqua. Basti pensare che il 70% della sua superficie è coperta dai mari. Come l’aria, anche l’acqua è sempre in movimento. L’insieme di tutte le acque della Terra forma l’idrosfera o «sfera delle acque». Il «motore» che mantiene l’acqua in continua circolazione è l’energia solare, insieme alla forza di gravità: il calore solare fa evaporare l’acqua dagli oceani e la forza di gravità la fa ridiscendere dall’atmosfera sulla superficie terrestre. L’involucro roccioso che costituisce la parte più superficiale del globo terrestre è la litosfera o «sfera delle rocce». Sulla superficie terrestre, dove si intersecano le sfere dell’aria, dell’acqua e delle rocce, si è insediata la vita.

Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

B1

1 In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Quali sono le sfere che compongono il nostro pianeta? Qual è la struttura dell’atmosfera? Da che cosa è formata l’aria che respiriamo?

unità

La sfera dell’aria L’aria si muove Immersi nell’aria, ci ricordiamo della sua presenza solo quando manca, come quando nuotiamo in apnea o quando ci colpiscono con forza delle raiche di vento. Eppure l’aria è ovunque e quasi sempre in movimento anche se non lo avvertiamo.

Che cos’è l’effetto serra? In che modo varia la pressione atmosferica? Come si generano i venti?

Per indagare i moti dell’aria basta una candela. Se accendiamo una candela la fiamma tende ad andare verso l’alto. Se invece la fiamma si piega su un lato questo significa che è presente una corrente d’aria che si muove nella direzione indicata dalla fiamma. Per verificarlo apri un frigorifero e accosta una candela accesa alla parte superiore del frigo. Richiudilo, poi riaprilo e accosta la fiamma alla parte inferiore. Sai rispondere? 1. Che cosa succede nei due casi? 2. Sapresti spiegare da che cosa dipendono le direzioni indicate dalle fiamme? 3. Nella tua aula ci sono spostamenti d’aria? Come possono essere rilevati? 4. Quali sono le cause di questi spostamenti?

Perché la traiettoria dei venti è deviata?

B2 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Sai rispondere? Conosci i livelli delle PM10 dell’aria nella zona in cui vivi? Informati presso il tuo Comune o presso l’ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione Ambientale).

Le PM10 sono polveri finissime con un diametro inferiore a 10 millesimi di millimetro e sono pericolose inquinanti dell’aria. Per la salute dei cittadini queste sostanze non dovrebbero superare il valore limite giornaliero di 50 μg/m3 per più di 35 volte nel corso di un anno (1 μg= 1 microgrammo = 1 milionesimo di grammo). Sotto si trova una rappresentazione delle stazioni di monitoraggio secondo il numero di giorni di superamento del limite giornaliero (dati del 2006).

prova a fare

Aria malata

L’aria pesa Il fatto che l’aria sia un gas e per giunta incolore, condiziona molto la nostra percezione di questa sostanza. Normalmente non siamo in grado di vederla, né di toccarla. Quando una scatola non contiene oggetti ma solo aria siamo soliti dire che è «vuota». Questo dal punto di vista della terminologia scientifica è improprio in quanto si ha il vuoto quando in un contenitore non c’è proprio nulla, nemmeno l’aria con le sue molecole! L’aria è composta principalmente da molecole di azoto, ossigeno, argon e anidride carbonica. Dal momento che ogni molecola ha una massa, anche l’aria avrà un suo peso. Il peso dell’aria non è sempre lo stesso. Per esempio l’aria calda è più leggera dell’aria fredda. Per questo motivo una mongolfiera piena di aria calda sale verso l’alto.

numero giorni di superamento 35 e 70 e 105 copertura temporale inferiore al 75%

Per verificare che l’aria ha un peso prendi due palloncini uguali e appendili alle estremità di un bastoncino al cui centro è fissato un filo. Il bastoncino rimane orizzontale perché i pesi alle due estremità di questa «bilancia» si equivalgono. Gonfia ora uno dei due palloncini con una pompa per bicicletta. Quando è ben gonfio torna ad appenderlo a una delle estremità. 1. 2. 3. 4.

Che cosa succede ora? La bilancia è ancora in equilibrio? Da che parte pende? Che cosa significa?

B3 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

1 V

Le sfere della Terra

ista dallo spazio, la Terra appare come una sfera di colore prevalentemente azzurro, velata dai sistemi nuvolosi (figura 1). Su di essa le macchie brune dei continenti compaiono e scompaiono tra le nubi in movimento. Il bianco delle nubi, l’azzurro delle acque, le chiazze brune dei continenti fanno parte delle «sfere» che formano gli involucri esterni della Terra: le sfere delle rocce, dell’acqua e dell’aria. ● La «sfera delle rocce», o litosfera (dal greco lithos, pietra), è il guscio roccioso, di spessore variabile, che costituisce l’involucro esterno della Terra e la cui parte più superficiale è chiamata crosta. Anche gli altri pianeti rocciosi hanno un guscio roccioso rigido. Nel loro caso, però, non presenta fratture. Nel caso del nostro pianeta, invece, la litosfera è frammentata in un mosaico di pezzi, o placche, in movimento le une rispetto alle altre. Le interazioni tra le placche sono all’origine di quei formidabili mutamenti della crosta terrestre come il sollevamento delle montagne, le aperture e le chiusure degli oceani, le eruzioni vulcaniche e i terremoti. All’esterno della sfera delle rocce si concentrano i materiali più leggeri, disposti in quegli strati sottili di acqua e di aria che costituiscono la «sfera delle acque» e la «sfera dell’aria».

figura 1. ñ La Terra vista dallo spazio ha un colore prevalentemente azzurro, dato dalla presenza delle grandi superfici marine. Nella foto si osservano il continente europeo, particolarmente sgombro di nubi, quello africano, dove è ben evidente la fascia del deserto del Sahara, e la massa blu dell’Oceano Atlantico.

B4

● La «sfera delle acque», o idrosfera (dal greco hýdros, acqua), è formata dalle acque salate degli oceani e da quelle dolci dei continenti (laghi, fiumi ecc.). Allo stato attuale delle conoscenze, nessun altro pianeta possiede acqua allo stato liquido in così grande quantità. L’acqua è infatti assente su Mercurio, se non forse in piccolissime quantità sotto forma di depositi di ghiaccio in qualche cratere nelle regioni polari; è presente in minima abbondanza, ma solo come vapore, su Venere; si trova come ghiaccio nel sottosuolo di Marte e, forse, anche allo stato liquido sulla superficie del Pianeta rosso, ma in minima parte. ● La «sfera dell’aria», o atmosfera (dal greco atmÓs, vapore), è l’involucro di gas che circonda interamente la Terra. Si tratta di un miscuglio di gas formato, per circa quattro quinti da azoto e per un quinto da ossigeno, più, in quantità molto piccole, vari altri gas, di cui il più importante è l’anidride carbonica. L’atmosfera terrestre ha una composizione unica, in particolare per l’alta concentrazione di ossigeno. Se facciamo un confronto con gli altri pianeti, troviamo che Mercurio è quasi privo di atmosfera; le atmosfere di Venere e di Marte sono costituite per oltre il 95% da anidride carbonica, mentre quelle di Giove e di Saturno sono formate soprattutto da idrogeno. In tutti questi pianeti l’atmosfera è assente oppure irrespirabile per qualsiasi essere vivente (figura 2). Litosfera, idrosfera e atmosfera non vanno considerate come involucri separati. Esse infatti interagiscono con continui scambi di materia ed energia: le rocce vengono alterate in superficie dall’aria e dall’acqua. L’acqua è presente in minime quantità anche nelle rocce del sottosuolo. Le acque degli oceani e dei continenti evaporano e si mescolano con l’aria; i gas dell’aria sono in parte presenti in soluzione nell’acqua. Sulla superficie terrestre,

Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Salendo di quota, non solo decresce la densità dell’aria, ma varia anche la temperatura (figura 4, grafico). Inizialmente, essa diminuisce mediamente di 6-8 °C ogni kilometro: in realtà, l’esatta entità della diminuzione dipende dalla maggiore o minore umidità contenuta nell’aria, ed è maggiore per l’aria secca e minore per l’aria umida. La causa di questo abbassamento della temperatura con la quota dipende soprattutto dal fatto che la maggior parte del calore del Sole viene catturato dalla superficie terrestre, per cui, allontanandosi da questa e salendo di quota, l’aria si rafredda. La temperatura diminuisce ulteriormente con l’altitudine fino a valori di circa –70 °C. Poi, a una quota attorno ai 20 km, comincia ad aumentare. Sull’andamento di queste variazioni della temperatura si basa la suddivisione dell’atmosfera in una serie di strati sovrapposti.

● La troposfera è lo strato a contatto del suolo, con uno spessore medio di 11 km (7-8 km sui Poli, 16-17 km sull’Equatore). Troposfera significa dal greco «sfera del cambiamento». Qui infatti è concentrata la maggior parte del vapore acqueo e avvengono i fenomeni meteorologici, cioè la formazione delle nuvole e le precipitazioni (pioggia, neve). Gli aerei volano di solito alla quota di 12 000 m, dove la temperatura è di 40-50 °C sotto zero, per lasciare sotto di sé le perturbazioni atmosferiche e garantirsi così un viaggio tranquillo. ● La stratosfera è lo strato che va dalla troposfera fino a circa 50 km di altezza. Nella stratosfera la temperatura cessa di diminuire con la quota e comincia ad aumentare, dapprima più lentamente e poi più velocemente. Questo è dovuto al fatto che essa è riscaldata dall’alto, dal calore che si genera durante la formazione dell’ozono. L’ozono è

1000 km

aurora polare in alta quota 400 km La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) abitata dagli astronauti si trova a 350 km di quota.

ionosfera

termosfera Stazione Spaziale Internazionale 80 km

nubi nottilucenti

70 km mesosfera meteore 50 km

ozonosfera Lo strato protettivo di ozono si concentra tra i 20 e i 35 km.

Nella troposfera hanno origine le perturbazioni atmosferiche.

stratosfera

aerei di linea 11 km troposfera –40

0

+40

Temperatura (∞C)

B6 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 La sfera dell’aria

un gas le cui molecole sono costituite da tre atomi di ossigeno legati assieme (O3). Esso si forma a partire dal normale ossigeno (O2) per azione dei raggi ultravioletti provenienti dal Sole. L’ozono assorbe gran parte di raggi ultravioletti e libera la loro energia sotto forma di calore. Ciò spiega la maggiore temperatura di questa zona della stratosfera. Se non ci fosse attorno alla Terra questo schermo di ozono, detto anche ozonosfera, le radiazioni UV di maggiore energia raggiungerebbero la superficie del pianeta con gravi conseguenze per gli esseri viventi. ● La mesosfera è compresa tra i 50 e gli 80 km circa di quota. In essa la temperatura diminuisce rapidamente con l’aumentare della quota fino a –80 °C. In questo strato dell’atmosfera è possibile osservare talvolta il fenomeno delle nubi nottilucenti, bagliori deboli formati da piccolissimi cristalli di ghiaccio illuminati dal Sole, visibili solamente all’alba o al tramonto (figura 5). ● La termosfera, infine, si estende oltre gli 80 km di quota. Nella termosfera (dal greco thermón, calore) la temperatura aumenta di nuovo fino a raggiungere circa 2000 °C; ma si tratta di valori di temperatura non confrontabili con quelli al suolo, poiché a queste altezze l’aria è tanto rarefatta da non causare sulla pelle una sensazione di calore.

Mesosfera e termosfera contengono la ionosfera (tra i 70 e i 1000 km d’altezza), formata da particelle di gas che, per efetto delle radiazioni solari, diventano elettricamente cariche, ossia si trasformano in ioni. Nel 1901 Guglielmo Marconi sperimentò che le onde radio trasmesse dall’Inghilterra avevano varcato l’Oceano Atlantico ed erano state ricevute in Canada. Queste onde, che si propagano in linea retta, sono riflesse dalla ionosfera, come da uno specchio. Nella ionosfera avvengono quei fenomeni luminosi osservabili alle alte latitudini, chiamate aurore polari (figura 6). L’atmosfera svolge un’importante funzione protettiva per la superficie del pianeta su cui viviamo. Oltre che dalle radiazioni solari, ci protegge dalla pioggia di corpi solidi provenienti dallo spazio. Ogni anno entrano nella nostra atmosfera migliaia di tonnellate di meteore che, per l’attrito con i gas atmosferici, s’incendiano e vengono ridotti in polvere prima di raggiungere il suolo. L’atmosfera ha inoltre una funzione termoregolatrice: di giorno assorbe parte dell’energia del Sole, evitando così un eccessivo riscaldamento; di notte funziona da coperta isolante trattenendo la maggior parte del calore accumulato durante il giorno.

I bagliori colorati visibili nei cieli delle regioni vicine ai Poli sono prodotti dalle particelle cariche di energia emesse dal Sole (vento solare) che interagiscono con i gas della ionosfera.

Questi bagliori, che possono essere osservati in cielo dopo il tramonto, si verificano a causa dell’interazione della luce solare con le minutissime polveri e i piccoli cristalli di ghiaccio presenti nella mesosfera.

figura 4. ò Struttura dell’atmosfera, con i quattro strati della troposfera, stratosfera, mesosfera e termosfera. Tale suddivisione si basa soprattutto sull’andamento della temperatura, mostrato a destra del grafico.

figura 5. ñ Nubi nottilucenti.

figura 6. ñ Aurora polare.

B7 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

La presenza dell’atmosfera produce inoltre il fenomeno della diffusione della luce solare (figura 7a, b e c). Le radiazioni solari che raggiungono la Terra interagiscono infatti con i gas atmosferici e con il pulviscolo dai quali vengono in parte assorbite e successivamente riemesse in tutte le direzioni. Per questo durante il giorno il cielo appare luminoso. Se non c’è difusione, o perché manca la luce del Sole (notte) o perché mancano i gas atmosferici (spazio interplanetario), il cielo appare nero. !#$^* ) Per fissare i concetti 3 Perché diciamo che l’atmosfera non ha un confine netto verso lo spazio esterno? 4 Perché l’atmosfera è più densa nella sua parte a contatto con la superficie terrestre? 5 Descrivi a grandi linee come varia con l’altitudine la temperatura dell’atmosfera. 6 Quale componente della stratosfera è particolarmente importante per la vita sulla Terra? Perché? 7 Indica alcune funzioni dell’atmosfera.

figura 7. öõ (a) Vista dallo spazio, l’atmosfera terrestre appare all’orizzonte come un sottile velo azzurro sullo sfondo scuro. Il colore del cielo dipende dall’interazione della luce solare con le particelle che compongono l’atmosfera. (b) Di giorno, quando il Sole è alto, la luce blu che compone i suoi raggi viene diffusa in tutte le direzioni dando al cielo un colore azzurro. (c) Quando il Sole è all’orizzonte, la sua luce deve attraversare la parte bassa dell’atmosfera ricca di polveri che trattengono gran parte delle radiazioni e diffondono prevalentemente la componente rossa. a

3 N

L’aria che respiriamo

ella sottilissima pellicola della troposfera si concentra quasi l’80% della massa totale dei gas atmosferici. Qui avvengono gli scambi gassosi tra gli esseri viventi e l’atmosfera, qui è presente il vapore acqueo che proviene dall’evaporazione delle acque dell’idrosfera, qui si formano le nuvole e soffiano i venti. I gas della troposfera formano quel miscuglio che chiamiamo aria. L’aria secca (cioè privata del vapore acqueo) è formata per il 78% (in volume) da azoto e per quasi il 21% da ossigeno. Il restante 1% è costituito da argon (circa 0,9%), un gas inerte, da anidride carbonica (0,03%) e da tracce di altri gas (idrogeno, elio, ozono ecc.) (figura 8). L’azoto. L’azoto è presente nell’aria come gas composto da molecole formate da due atomi di azoto legati assieme (N2). L’azoto è molto importante per gli esseri viventi, perché è uno dei principali costituenti delle proteine, molecole fondamentali per la struttura e il funzionamento degli organismi. L’azoto atmosferico non interviene tuttavia nella respirazione. Noi lo introduciamo nei nostri polmoni insieme con l’ossigeno e lo riemettiamo inalterato.

L’ossigeno. L’ossigeno è presente anch’esso nell’aria come gas formato da molecole composte da due atomi legati assieme (O2). L’ossigeno è il gas indispensabile per la respirazione, il processo che fornisce alla maggioranza degli organismi l’energia necessaria alla vita e che consiste fondamentalmente nella reazione tra l’ossigeno e le sostanze assimilate attraverso il cibo. b

c

Il cielo è nero perché al di fuori dell’atmosfera non ci sono gas che diffondono la luce.

mezzogiorno

strato di aria sottile

L’atmosfera è luminosa per la presenza di gas che diffondono la luce.

B8 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

tramonto strato di aria spesso

unità 1 La sfera dell’aria

L’anidride carbonica. Tra gli altri gas presenti nell’aria, l’anidride carbonica o diossido di carbonio (CO2), viene continuamente prodotta dagli esseri viventi tramite la respirazione. L’anidride carbonica fa parte, con l’ossigeno, di un ciclo naturale che tende a mantenere costante la percentuale di questi due gas nell’atmosfera. Se così non fosse, prima o poi consumeremmo con la respirazione tutto l’ossigeno presente, convertendolo in anidride carbonica. Invece, le piante riforniscono continuamente l’atmosfera di ossigeno, sottraendole anidride carbonica. Esse infatti compiono la fotosintesi utilizzando anidride carbonica e restituendo ossigeno. La presenza eccessiva dell’anidride carbonica nell’atmosfera determina il cosiddetto «efetto serra», un fenomeno che influisce sul riscaldamento della superficie terrestre e di cui parleremo più estesamente nel prossimo paragrafo. figura 8. ò Composizione percentuale (in volume) dell’aria nella troposfera.

ossigeno (20,9%) argon (0,9%) anidride carbonica e altri gas (0,03%)

Il vapore acqueo. L’aria della troposfera contiene anche vapore acqueo, in quantità variabile. Il vapore acqueo presente nell’aria costituisce l’umidità. Esiste un limite massimo di vapore acqueo che l’aria può contenere. Tale limite dipende dalla temperatura: al crescere della temperatura, infatti, aumenta la quantità massima di acqua che può rimanere nell’aria sotto forma di vapore. L’umidità è misurata dall’igrometro, strumento che riporta l’umidità relativa. Quando l’igrometro indica che nell’ambiente «c’è il 70% di umidità relativa», significa che nell’aria è presente il 70% della quantità massima di vapore acqueo possibile a quella data temperatura. Il 100% di umidità significa che l’aria contiene la quantità massima possibile di vapore acqueo a quella temperatura; in una situazione del genere si dice che l’aria è satura di vapore acqueo. Per esempio, nelle giornate estive particolarmente afose, ci sentiamo a disagio perché l’aria è ricca di vapore acqueo e il sudore non riesce a evaporare dalla nostra pelle, rafreddandola. Per questo abbiamo la sensazione che la temperatura sia più elevata di quanto non lo sia efettivamente. Questa temperatura apparente è detta temperatura percepita (figura 9). L’umidità è una delle caratteristiche fisiche fondamentali di cui ci serviamo per descrivere il tempo atmosferico (vedi unità B2, p. B30).

azoto (78%) temperatura percepita

umidità

temperatura

!#$^* )

35°

63%

46°

33°

59%

38°

31°

58%

33°

29°

88%

36°

27°

80%

30°

Per fissare i concetti 8 In confronto al raggio terrestre si può dire che la troposfera è una pellicola sottilissima? 9 Confronta la formula chimica dell’ossigeno atmosferico con quella dell’ozono; in che cosa differiscono? 10 Qual è il contenuto in percentuale di CO2 nell’aria della troposfera? 11 Spiega che cosa significa che anidride carbonica e ossigeno fanno parte di un ciclo naturale. 12 All’aumentare della temperatura la quantità di vapore acqueo potenzialmente contenuta nell’aria aumenta o diminuisce?

figura 9. òñ La tabella illustra alcuni esempi della differenza tra temperatura reale e quella percepita al variare dell’umidità.

B9 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

4 O

Le malattie dell’aria

ggi la qualità dell’aria è seriamente compromessa per la presenza di numerose sostanze inquinanti, soprattutto nelle aree urbane e industriali. Le principali fonti di inquinamento sono gli scarichi industriali, gli impianti di riscaldamento delle abitazioni e il traico. Questi riversano in atmosfera una grande quantità di sostanze tossiche che l’uomo respira e assorbe per via cutanea. Sono presenti anche particelle finissime, il cosiddetto pulviscolo atmosferico, i cui componenti più pericolosi sono le PM10, cioè le particelle che hanno un diametro inferiore a 10 millesimi di millimetro (figura 10). Alcune polveri sono di origine inorganica, altre di origine biologica, come batteri, pollini, spore. Queste particelle possono rimanere a lungo sospese nell’aria ed essere trasportate dai venti per notevoli distanze. Nelle città, dove si ha un’alta concentrazione di sostanze inquinanti, l’insieme di pulviscolo e di vapore acqueo può produrre foschie e nebbie, e a volte fitte cappe di smog (da smoke, fumo e fog, nebbia) che riducono la visibilità e rendono l’aria irritante per le vie respiratorie.

L’ANDAMENTO DELLE PM 10 media media NELLA CITTÀ DI MILANO invernale annuale 3 (ott.-apr.) PM 10 in µg/m

a

Le sostanze inquinanti. I gas che derivano dai processi di combustione sono soprattutto diossido di zolfo (SO2), diossido di carbonio o anidride carbonica (CO2), monossido di carbonio (CO) e ossidi di azoto (NO, NO2). L’aumento della concentrazione di questi gas nell’aria, legato alla crescita dei consumi dei combustibili fossili, porta all’aumento dell’acidità dell’acqua piovana (fenomeno delle piogge acide). Ne sono testimoni i monumenti in calcare di molte città, corrosi e alterati. Anche la vegetazione subisce gli efetti nocivi delle piogge acide, che provocano ingiallimento e caduta delle foglie (figura 11a e b).

media estate (mag.-sett.)

b a

70 60 50 40µg/m3 è la media annua di Pm 10 che non dovrebbe essere superata

40 30

1999

2000

2001

2002

2003

b

Le PM 10 sono inalate dal naso e dalla bocca.

Le PM 5 raggiungono trachea e bronchi.

Le PM 2,5 raggiungono gli alveoli polmonari.

2004

2005

2006

2007

figura 10. òñ (a) Il grafico mostra l’andamento della concentrazione delle polveri sottili (PM10) dal 1999 al 2006 nella città di Milano. Come unità di misura si utilizza il milionesimo di grammo su metro cubo (μg/m3). (b) La capacità di penetrazione delle polveri sottili (oltre PM10 anche PM5 e PM2,5) all’interno del sistema respiratorio aumenta al diminuire delle loro dimensioni. figura 11. ïî Gli ossidi di zolfo e azoto conferiscono forte acidità all’acqua piovana con effetti nocivi sulle piante (a) e corrosivi sulle pietre calcaree dei monumenti antichi (b).

B 10 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 La sfera dell’aria

Tra gli ossidi di carbonio, il monossido è particolarmente velenoso; presente in grandi quantità nei fumi di scarico delle automobili, può risultare letale per l’uomo anche in basse concentrazioni. L’anidride carbonica di per sé non è particolarmente inquinante ma la sua concentrazione nell’atmosfera è in costante aumento. Questo aumento è la causa principale dell’incremento dell’efetto serra, cioè di un lieve ma costante incremento della temperatura media del nostro pianeta (figura 12a e b). L’effetto serra. Del calore che giunge dal Sole e che in parte è restituito dalla superficie della Terra, una frazione si disperde direttamente nello spazio; il resto, dopo essere stato assorbito dal vapore acqueo, dall’anidride carbonica e da altri gas dell’atmosfera, viene irradiato di nuovo verso la superficie terrestre. Come a

risultato, una certa quantità di calore rimane intrappolata nello strato inferiore della troposfera. Ciò fa sì che in prossimità della superficie terrestre l’aria abbia una temperatura media annua di circa 14,5 °C. Il fenomeno appena descritto è stato chiamato dagli scienziati efetto serra perché presenta alcune somiglianze con quello che accade all’interno di una serra. Infatti, le radiazioni solari che attraversano i vetri di una serra scaldano il terreno e gli oggetti all’interno, i quali a loro volta riemettono sotto forma di radiazioni infrarosse l’energia così assorbita. Parte di queste radiazioni non riesce ad attraversare nuovamente i vetri della serra, rimanendo «intrappolata» al suo interno; ne consegue che nella serra tende ad accumularsi calore e la temperatura aumenta.

b

14,5

390

14,3

Temperatura (C°)

Concentrazione di CO2 (ppm)

370

350

330 La concentrazione di CO2 ha avuto un rapido aumento a partire dalla rivoluzione industriale.

14,1

Anche la temperatura media della Terra nell’ultimo secolo ha avuto un rapido aumento.

13,9

310

290 13,7 270

250 1000 1100

13,5 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000

1000 1100

1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000 Anno

Anno

figura 12. óñ (a) L’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria dall’anno 1000 a oggi (in blu). (La concentrazione è espressa in ppm, cioè parti per milione = molecole di CO2 su un milione di molecole d’aria). (b) L’andamento della temperatura media annua globale dall’anno 1000 a oggi (in rosso).

B 11 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Il vapore acqueo, l’anidride carbonica e altri gas dell’atmosfera che si comportano come i vetri della serra trattengono le radiazioni infrarosse in prossimità della superficie terrestre (figura 13a). Sono chiamati gas serra e svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione della temperatura del nostro pianeta. Se non ci fossero, la Terra sarebbe, in media, più fredda di alcune decine di gradi; sarebbe cioè un’enorme, perenne ghiacciaia. D’altra parte, se la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera aumenta, anche la temperatura media dell’aria è destinata a crescere (figura 13b). Molti scienziati ritengono che l’aumento della CO2 di questi ultimi decenni sia dovuto all’utilizzo di petrolio e carbone che bruciando producono CO2. L’aumento della CO2 ha determinato un aumento della temperatura media di 0,7 °C. Se tale aumento non dovesse interrompersi, nel giro di 40-50 anni si arriverebbe a un aumento di 3-4 °C. Un incremento ulteriore porterebbe modificazioni climatiche molto gravi: la desertificazione aumenterebbe nelle aree tropicali e subtropicali, mentre molte zone costiere e isole verrebbero sommerse in seguito all’innalzamento del livello dei mari dovuto alla fusione dei ghiacci. Non tutti gli scienziati sono d’accordo nell’attribuire all’aumento della CO 2 dovuto alle attività umane l’innalzamento della temperatura a cui stiamo assistendo. Dalla documentazione fossile sappiamo che ciclicamente la Terra ha assistito a innalzamenti e abbassamenti della temperatura prima ancora che l’uomo facesse la sua comparsa. Tuttavia le attività umane producono gas serra in quantità tali da rendere estremamente probabile, se non certo, una loro interferenza nei cicli naturali. Questo evidenzia quanto sia importante che siano attuate misuLa radiazione solare che raggiunge il suolo viene in gran parte reirradiata come calore.

Parte del calore reirradiato si disperde nello spazio.

Parte del calore reirradiato torna a riflettersi sulla Terra.

a

I «gas serra» si accumulano nell’atmosfera.

re per la riduzione delle emissioni di gas serra. Un primo passo è stato fatto con il Protocollo di Kyoto, che però non è ancora stato accolto da alcuni Paesi industrializzati o in via di rapido sviluppo (tra cui Stati Uniti, Cina e India) e che comunque, anche laddove è stato accettato, è ben lungi dall’essere applicato. L’ozono. L’ozono è concentrato soprattutto nella stratosfera, dove forma l’ozonosfera. L’ozonosfera assorbe il 90% dei raggi ultravioletti; i raggi UV spezzano le molecole biatomiche di ossigeno (O2), i cui singoli atomi tendono poi a ricombinarsi con altre molecole di ossigeno, formando la molecola triatomica dell’ozono (O + O2 k O3). Questo tipo di interazione dell’ozonosfera con i raggi UV fa si che essa svolga una importante funzione protettiva nei confronti degli esseri viventi. Negli ultimi decenni si è appurato che alcune sostanze inquinanti, in particolare i clorofluorocarburi (CFC), agiscono sull’ozono stratosferico provocandone la rapida trasformazione in ossigeno biatomico O2 (figura 14). In tal modo essi determinano l’assottigliamento dello strato protettivo, aumentando l’esposizione degli organismi terrestri ai raggi UV, con gravi conseguenze per la salute dell’uomo (eritemi, tumori della pelle, cataratta) e per la vita in genere. Tale fenomeno fu registrato per la prima volta alla fine degli anni Settanta, quando fu scoperto un forte impoverimento di ozono stratosferico in corrispondenza del continente antartico, che gli scienziati chiamarono buco nell’ozono (figura 15). Da dove provengono i «killer» dell’ozono? Ancora una volta dobbiamo chiamare in causa le attività antropiche: i CFC, infatti, sono gas che fino a pochi anni fa venivano utilizzati in grandi quantità negli impianti di refrigerazione o nelle bombolette Sfugge una minor quantità del calore reirradiato.

Il calore reirradiato si riflette di nuovo in maggior quantità sulla Terra.

b

Sole

Sole

radiazione solare in entrata

atmosfera

Terra

Terra

EFFETTO SERRA NATURALE

EFFETTO SERRA AMPLIFICATO

B 12 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 13. ò L’effetto serra naturale (a) viene amplificato dall’accumulo dei gas serra (b). Sulla superficie terrestre sale la temperatura.

unità 1 La sfera dell’aria

spray. Essi raggiungono, in tempi molto lunghi e senza aver subìto alcun cambiamento, la stratosfera; qui, sotto l’azione delle radiazioni solari liberano atomi di cloro (Cl) che reagiscono con la molecola triatomica di ozono strappandole un atomo di ossigeno (Cl + O3 p O2 + ClO). Per proteggere la fascia di ozono occorre dunque limitare o eliminare del tutto l’uso di questi gas, come peraltro già previsto da alcuni accordi internazionali. Il buco nell’ozono è una realtà in continua evoluzione ed è costantemente monitorato dalla Nasa. I CFC sono inoltre gas serra: anche se sono stati aboliti da accordi internazionali, saranno necessari molti anni prima che gli efetti della loro abolizione siano visibili. !#$^* ) Per fissare i concetti 13 Quali sono gli inquinanti atmosferici principali? A che cosa è dovuto il fenomeno delle piogge acide? 14 Quali potrebbero essere le conseguenze di un aumento eccessivo della CO2? 15 Che cosa si intende per effetto serra? Perché è chiamato così? 16 Che cos’è il «buco nell’ozono»? Quali sono le cause e le conseguenze di questo fenomeno? I CFC spezzano le molecole dell’ozono provocando un assottigliamento nella ozonosfera (buco nell’ozono).

Con la formazione dell’ozono i nocivi raggi UV sono bloccati.

O3

O3

O3

5 L

Il peso dell’aria

’aria, come tutto ciò che è materia, ha un peso: poco più di un grammo per ogni litro. A causa del suo peso e soprattutto per lo spessore dell’atmosfera, l’aria esercita una pressione tutt’altro che trascurabile sulla superficie terrestre. La pressione atmosferica è il rapporto tra il peso della colonna d’aria soprastante una data superficie e l’area della superficie stessa. Per calcolare la pressione atmosferica si usa il barometro, uno strumento ideato da Evangelista Torricelli nel 1643. Con questo strumento il valore della pressione atmosferica a livello del mare a 0 °C è equivalente a quella esercitata alla sua base da una colonnina 2 di mercurio di sezione 1 cm e alta 760 mm.

I raggi UV giungono sulla superficie terrestre provocando danni agli esseri viventi.

1979

O+ 3

O

– ozono

O3

+ ozono

clorofluorocarburi (CFC)

figura 14. ñ Alcune sostanze come i clorofluorocarburi sono in grado di distruggere le molecole di ozono, determinando l’assottigliamento dello strato protettivo da esso costituito.

figura 15. ï Queste immagini mostrano l’assottigliamento dello strato di ozono nella regione antartica del pianeta dal 1979 al 2005. I colori danno un’idea della situazione: in blu le zone dove c’è meno ozono, in rosso quelle dove lo strato è più spesso. 2005

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persapernedipiù

L’inversione termica

N

ell’atmosfera, poiché l’aria a contatto del suolo è più calda dell’aria in quota, vi è un continuo rimescolamento: l’aria calda sale perché è più leggera, mentre quella fredda più pesante scende. Il rimescolamento tra l’aria al suolo e l’aria in quota favorisce la dispersione delle sostanze inquinanti, che altrimenti tenderebbero ad accumularsi là dove vengono prodotte dalle industrie e dalle altre attività umane. Talvolta, però, può capitare che la temperatura dell’aria sia più alta a una certa distanza dal suolo che non a contatto con esso. Questa condizione particolare è

detta inversione termica. La si riscontra più spesso d’inverno, in giornate terse e senza nubi, soprattutto durante la notte, quando il suolo, irradiando calore, si raffredda e di conseguenza si raffreddano gli strati d’aria a contatto con esso, mentre in quota l’aria rimane più calda. Una situazione del genere impedisce i movimenti verticali dell’aria: l’aria calda rimane bloccata in quota, quella fredda resta intrappolata al suolo (figura A). L’inversione termica è un fenomeno particolarmente preoccupante nelle aree in cui c’è un’alta concentrazione di gas inquinanti (per esempio, nelle grandi

città come Milano), perché l’assenza di un rimescolamento verticale provoca il ristagno al suolo dell’aria inquinata. Uno degli episodi più gravi di inquinamento urbano, accaduto a Londra nel dicembre 1952, provocò 4000 vittime e fu dovuto proprio a questo effetto. perfissareiconcetti • A che cosa è dovuto il fenomeno dell’inversione termica? • Perché l’inversione termica aggrava il fenomeno dell’inquinamento?

aria fredda

aria calda

aria calda

aria fredda figura A. óñ In condizioni normali (a sinistra in alto), l’aria a contatto del suolo, più calda e quindi più leggera, sale in quota e si ha un rimescolamento naturale dell’aria. In condizioni di inversione termica (a sinistra in basso), l’aria a contatto del suolo, più fredda e quindi più pesante, non può salire; non si ha allora il rimescolamento degli strati di aria e può verificarsi un accumulo di sostanze inquinanti nello strato inferiore dell’atmosfera. Una cappa di smog ricopre gli edifici di Città del Messico (nella foto).

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unità 1 La sfera dell’aria

!#$^* ) Per fissare i concetti 17 A che cosa si deve il fatto che l’atmosfera eserciti una pressione sulla superficie terrestre? 18 Quanto vale la pressione atmosferica normale? 19 A parità di altre condizioni, quando la temperatura dell’aria aumenta, la pressione atmosferica aumenta o diminuisce? Perché?

Il fuoco scalda l’aria dell’interno della mongolfiera. La mongolfiera si solleva perché l’aria calda all’interno è meno densa di quella fredda all’esterno.

colonna d’aria di 1 cm2 di sezione che si estende per tutto lo spessore dell’atmosfera

Con un semplice calcolo si ricava che la pressione esercitata dalla colonnina di mercurio equivale a quella esercitata da un oggetto di 2 2 1 kg che grava su 1 cm di superficie, ossia vale 1 kg/cm . In passato, questo valore è stato usato come unità di misura della pressione dell’aria e chiamato atmosfera (simbolo: atm). In meteorologia oggi la pressione atmosferica viene spesso espressa in millibar (mbar). Con questa unità di misura la pressione atmosferica normale a livello del mare e a 0 °C risulta pari a 1013 mbar (figura 16). La pressione atmosferica varia da luogo a luogo, a seconda dell’altitudine, e in uno stesso luogo subisce oscillazioni nel tempo. Queste variazioni sono responsabili degli eventi meteorologici. La pressione atmosferica varia con: ● l’altitudine: a mano a mano che si sale di quota diminuisce il peso della colonna d’aria soprastante e diminuisce quindi la pressione atmosferica. A quote molto elevate, oltre i 300 km di altezza dove orbitano i satelliti, la pressione è infinitamente bassa. A 10 000 m di quota, dove volano gli aerei, la pressione atmosferica è meno di un terzo di quella misurata a livello del mare. A 5000 m di quota la pressione atmosferica si riduce a circa la metà. Qualcosa di analogo accade quando si va sott’acqua, dove alla pressione dell’aria si aggiunge quella della colonna di liquido soprastante. Quanto più scendiamo in profondità, tanto più aumenta lo spessore della colonna di liquido sopra di noi, e tanto maggiore è dunque la pressione che l’acqua esercita su di noi; ● la temperatura: a parità di altitudine, quando l’aria è più calda, la pressione è minore di quando l’aria è più fredda. L’aria calda è infatti meno densa e quindi più leggera rispetto all’aria circostante più fredda, per cui tende a salire. Le mongolfiere salgono in quota perché in esse viene insulata aria calda (figura 17). ● l’umidità dell’aria: quando l’aria è più umida, ossia contiene una maggiore quantità di vapore acqueo, esercita una pressione minore rispetto a quando è più secca (contrariamente a quanto si potrebbe pensare). Questo perché le molecole dell’acqua sono più leggere di quelle degli altri gas dell’aria: un litro di vapore acqueo pesa circa due terzi di un litro di azoto. Ciò significa che, a parità di volume, l’aria umida è più leggera di quella secca, che in proporzione contiene più azoto. Quindi, l’aria umida esercita una pressione minore, l’aria secca maggiore. Spesso, gli efetti dei diversi fattori si sommano. Per esempio: ● se l’aria è calda e umida (come nelle regioni equatoriali), sono associati due fattori (temperatura e umidità elevate) che fanno diminuire la pressione: si forma così una zona di bassa pressione; ● se l’aria è fredda e asciutta (come nelle regioni polari), sono associati due fattori (temperatura e umidità basse) che fanno aumentare la pressione: si forma così una zona di alta pressione.

sezione (1 cm2) 1 cm

figura 16. î Il fatto che la pressione atmosferica che agisce sulla superficie terrestre valga 1 kg/cm2 equivale a dire che il peso di una colonnina d’aria della sezione di 1 cm2 che si estenda verticalmente dalla superficie terrestre fino al «limite» dell’atmosfera è di 1 kg.

1 kg

figura 17. ñ Una mongolfiera (dal nome dei fratelli Mongolfier che per primi la costruirono nel 1762) è un pallone che, essendo riempito di aria calda più leggera di quella che lo circonda, si solleva in volo.

B 15 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

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6 V

I venti

animazione 2

i siete mai chiesti come ha origine il vento? Perché l’aria si muove? L’aria si muove da un punto all’altro della Terra per ristabilire un equilibrio tra zone che presentano differenze di pressione. Più precisamente, l’aria si sposta da un’area della superficie terrestre in cui la pressione è più alta verso un’area in cui la pressione è più bassa. Per lo stesso motivo l’aria fuoriesce da una camera d’aria forata: la pressione interna è infatti maggiore di quella esterna. Il vento è il movimento di una massa d’aria da un’area della superficie terrestre in cui la pressione è maggiore verso un’area in cui la pressione è minore. Pensiamo per esempio alla brezza che si sente normalmente in riva al mare di giorno: l’aria si muove da una zona di alta pressione, sul mare, a una di bassa pressione, sulla terraferma. Questa diferenza di pressione si spiega considerando che il riscaldamento dell’aria, a seguito dell’irraggiamento solare, non è uguale nelle due zone. Infatti, durante il giorno lungo le coste, la terraferma si scalda più rapidamente e in misura maggiore del mare; di conseguenza, l’aria che è a contatto con il suolo è più calda di quella che è a contatto con l’acqua del mare. Scaldandosi, l’aria sulla terraferma si dilata e diventa meno densa, cioè più leggera; di conseguenza la pressione diminuisce, mentre sul mare, dove l’aria è più fresca, la pressione rimane più alta. Dato che l’aria più calda tende a salire perché più leggera, l’aria più fresca tenderà a rimpiazzarla scorrendo lungo la superficie del mare in direzione della costa. Questo flusso d’aria dal mare verso la terraferma è la brezza di mare (figura 18a). L’aria che si innalza dalla terraferma, salendo di quota, si rafredda e viene richiamata verso il mare; qui tende a tornare verso il basso, rimpiazzando a sua volta l’aria che si è spostata verso la costa. Si innesca così una circolazione d’aria a forma di anello, chiamata cella convettiva. Di notte, la circolazione d’aria s’inverte perché la terraferma si rafredda più rapidamente e in misura maggiore del mare. Sul mare, ora più caldo della terraferma, si forma una zona di bassa pressione, mentre sulla terraferma si forma una zona di alta pressione. Di conseguenza, si crea un flusso d’aria dalla terraferma verso il mare: è la brezza di terra (figura 18b). !#$^* ) Per fissare i concetti 20 Che cos’è il vento? Da che cosa è provocato? 21 Spiega il meccanismo che sta alla base della formazione della brezza di mare e di quella di terra.

figura 18. ïî (a) La brezza di mare spira durante il giorno: l’aria si muove dalla zona di pressione più elevata, sul mare, a quella di pressione più bassa, sulla terraferma. (b) Di notte, le condizioni si invertono: l’aria, più calda sul mare, determina una zona di pressione più bassa che richiama aria dalla terraferma: è la brezza di terra.

7 L

Le celle convettive e i venti a scala planetaria

e brezze sono venti locali che si generano per esempio lungo le coste, per riequilibrare una disuguale distribuzione di calore tra mare e terraferma. Lo stesso accade, su scala ben più vasta, per le masse d’aria che avvolgono il pianeta. Il riscaldamento della superficie terrestre è minore in prossimità dei Poli, dove i raggi del Sole arrivano assai inclinati, rispetto a quanto avviene in prossimità dell’Equatore, dove arrivano con un’inclinazione minore o addirittura perpendicolari. Ciò genera alte pressioni polari e basse pressioni equatoriali e, di conseguenza, celle convettive e venti su scala planetaria. La circolazione dell’aria nella troposfera ridistribuisce l’eccesso di calore accumulato in corrispondenza delle regioni equatoriali verso le regioni polari, attenuando gli squilibri termici del pianeta dovuti alle diferenze di irraggiamento solare. Nel XVII secolo l’inglese George Hadley ipotizzò che l’aria si muovesse attorno alla Terra formando due grandi celle convettive, a

brezza di mare

L’aria sulla terraferma più calda sale: c’è bassa pressione.

L’aria sul mare più fredda scende: c’è alta pressione.

b

brezza di terra

L’aria al suolo si raffredda rapidamente e scende: c’è alta pressione.

B 16 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

L’aria sul mare più calda perché l’acqua trattiene il calore sale: c’è bassa pressione.

sezione B Il sistema Terra

8 G

Il moto di rotazione della Terra fa deviare i venti

li alisei, i venti occidentali e i venti orientali, originati dalle celle convettive planetarie sui due emisferi sono venti costanti in quanto spirano durante tutto l’anno sempre nella stessa direzione. I venti come le brezze e i monsoni (vedi scheda, p. seguente), che invertono periodicamente la loro direzione, sono venti periodici. I venti costanti sono di estrema importanza perché condizionano la circolazione delle acque negli oceani, influenzano profondamente il clima della Terra e, di conseguenza, la vita nella biosfera. Osservando nuovamente la figura 19 a pagina precedente, possiamo notare che, diversamente da quanto ci aspetteremmo in base alla posizione delle fasce di alta e di bassa pressione di ogni cella convettiva, i venti non si muovono in direzione nordsud, ma hanno un andamento obliquo. Per esempio, nel nostro emisfero i venti occidentali spirano dal Tropico al Circolo polare, soffiando da sud-ovest verso nord-est. Questa «deviazione» è una manifestazione del cosiddetto effetto Coriolis, dal nome del suo scopritore, prodotto dal moto di rotazione della Terra. Per capire l’efetto Coriolis, pensiamo a quel che accade in una giostra in movimento quando cerchiamo di raggiungerne il bordo esterno o di far ro- O tolare una palla nella stessa direzione: il nostro tragitto o quello della palla

non è rettilineo, ma incurvato in senso contrario a quello di rotazione della giostra (figura 20). La spiegazione di questo fenomeno sta nel fatto che i punti della giostra che sono più all’esterno hanno velocità maggiore di quelli più vicini al centro. Quando una palla viene fatta rotolare verso punti che si muovono più velocemente, cioè verso l’esterno della giostra, la palla, che per inerzia tende a mantenere la velocità iniziale, rimane via via più indietro rispetto a essi: ecco il motivo per cui la vediamo percorrere una traiettoria curva. Anche la Terra ruota, come una giostra, e la velocità con cui i punti della superficie terrestre ruotano dipende dalla latitudine: ai Poli la velocità è nulla e va crescendo via via che ci si avvicina all’Equatore. Un corpo che si muova da un Polo verso l’Equatore passa su punti che ruotano a velocità crescente, dunque la sua traiettoria rispetto alla superficie terrestre risulta incurvata verso ovest, cioè in senso contrario a quello della rotazione terrestre. Il contrario accade per un corpo che si muova dall’Equatore verso un Polo: la sua traiettoria rispetto alla superficie terrestre risulta incurvata verso est (figura 21). Tenendo conto dell’efetto Coriolis, la circolazione dell’aria a livello del suolo in ciascuno dei due emisferi può esseE re riassunta come segue (vedi figura 19, p. precedente).

figura 20. ò La persona che ha lanciato la palla dal centro verso l’esterno della giostra vede il tragitto della palla deviare in senso opposto a quello di rotazione della giostra.

figura 21. ó A causa della rotazione terrestre, un corpo (come per esempio una massa d’aria) che si muova dai Poli verso l’equatore viene deviato verso ovest; la sua traiettoria (in rosso) curva a destra rispetto alla direzione del moto nell’emisfero settentrionale e a sinistra nell’emisfero meridionale. Un corpo che si muova dall’Equatore verso i Poli viene deviato verso est; la sua traiettoria (in blu) curva a destra nell’emisfero settentrionale e a sinistra nell’emisfero meridionale.

B 18 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 22. ï I venti utilizzati da Colombo nel suo primo viaggio in America. All’andata, dopo essersi fermato alle isole Canarie, Colombo veleggiò verso ovest con i venti alisei in poppa. Al ritorno del suo viaggio, egli dovette risalire a nord per andare a prendere i venti occidentali che lo riportarono in Europa.

unità 1 La sfera dell’aria

● Nella cella polare i venti, che vanno dal Polo al Circolo polare, sono deviati verso occidente, per cui sembra che provengano da est, e sono per questo detti orientali; ● nella cella centrale i venti, che vanno dal Tropico al Circolo polare, sono deviati verso oriente, per cui sembra che provengano da ovest, e sono per questo detti occidentali; ● nella cella tropicale i venti, che vanno dal Tropico verso l’Equatore, sono deviati verso occidente. Sono i venti orientali denominati alisei. Gli alisei, ben noti ai velisti che si avventurano nelle traversate atlantiche, sono i venti che gonfiarono le vele delle caravelle di

Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso le Americhe. Per il ritorno Colombo si spinse, dopo vari tentativi, più a nord, finché riuscì a trovare i venti occidentali che lo riportarono in Europa (figura 22). !#$^* ) Per fissare i concetti 25 Che cosa si intende per venti costanti? 26 Come varia la velocità dei punti della superficie terrestre andando da un Polo all’Equatore? 27 Quale conseguenza ha la rotazione della Terra sui venti che spirano al suolo? 28 Dove spirano i venti occidentali? E gli alisei?

3 marzo 1493 venti occidentali

3 agosto 1492

alisei da nord-est 12 ottobre 1492 estate 6 gennaio 1493

bassa pressione

H

im

al

ay

persapernedipiù

a

I monsoni India

I

monsoni sono venti periodici, in particolare stagionali. La circolazione monsonica è dovuta essenzialmente alle differenze stagionali di temperatura (e quindi di pressione) tra oceani e continenti. Il tipico monsone è quello che soffia nella regione asiatica a cavallo tra Pakistan, India e penisola indocinese. In estate, sul continente asiatico, a causa di un più rapido riscaldamento dell’aria a contatto con la terraferma, si forma su questa un’area di bassa pressione, che richiama aria dall’Oceano Indiano, dove c’è un’area di alta pressione (figura A). L’aria proveniente dall’oceano porta sul continente molta umidità, che si traduce in abbondanti e violente piogge che provocano spesso disastrose inondazioni: è il monsone estivo. In inverno, la circolazione si inverte e l’aria soffia dal continente all’oceano: è il monsone invernale. In questa stagione sulla terraferma si ha il periodo secco. perfissareiconcetti • Spiega come si forma il monsone estivo e quello invernale. • Quali sono le conseguenze della circolazione monsonica sul clima della regione indiana?

figura A. ïî I monsoni sono venti periodici che invertono la loro direzione a seconda della stagione. Il monsone estivo è un vento carico di umidità che spira dall’oceano verso il continente. Il monsone invernale, viceversa, spira dal continente verso l’oceano portando aria secca.

monsone di mare

inverno alta pressione

monsone di terra

B 19 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Per ricordare 1

2

Quali sono le sfere che compongono il nostro pianeta?

Qual è la struttura dell’atmosfera?

A partire dalla superficie terrestre si distinguono i seguenti strati: • la troposfera, nella quale si trova l’aria che respiriamo e si verificano i fenomeni meteorologici; qui la temperatura diminuisce con la quota; • la stratosfera, nella quale è presente l’ozonosfera, che protegge gli esseri viventi dalle dannose radiazioni UV e causa un aumento della temperatura; • la mesosfera, in cui la temperatura diminuisce; • la termosfera, in cui la temperatura aumenta nuovamente e in cui si trova la maggior parte della ionosfera, che riflette le onde radio.

4

5

In che modo varia la pressione atmosferica?

Il nostro pianeta si può considerare formato da tre involucri: la «sfera delle rocce» o litosfera, che comprende i materiali più pesanti, le rocce; la «sfera delle acque» o idrosfera, che è l’insieme formato dalle acque salate degli oceani e da quelle dolci dei continenti; la «sfera dell’aria» o atmosfera, che è l’involucro di gas che circonda interamente la Terra. La biosfera è l’insieme delle regioni della Terra in cui è presente la vita: comprende l’idrosfera, un piccolo strato superficiale della sfera delle rocce e i primi 5 km circa dell’atmosfera.

Che cos’è l’effetto serra?

Le radiazioni solari che arrivano sulla superficie terrestre vengono assorbite dalla Terra e riemesse sotto forma di radiazioni infrarosse (cioè calore). Alcuni gas atmosferici, tra cui l’anidride carbonica, impediscono a una parte delle radiazioni infrarosse reirradiate dalla superficie terrestre di sfuggire verso lo spazio esterno, intrappolando così del calore negli strati bassi della troposfera: è l’effetto serra.

La pressione atmosferica è il rapporto tra il peso della colonna d’aria soprastante una data superficie e l’area della superficie stessa. Essa varia a seconda dell’altitudine, della temperatura e dell’umidità. • Al crescere dell’altitudine, la pressione atmosferica si riduce rapidamente. • All’aumentare della temperatura la pressione atmosferica diminuisce, dato che, a parità di volume, l’aria più calda è più leggera dell’aria più fredda. • All’aumentare dell’umidità la pressione atmosferica diminuisce perché le molecole di vapore acqueo pesano meno di quelle degli altri gas dell’aria.

7

Perché la traiettoria dei venti è deviata?

Alisei, venti occidentali e venti orientali sono venti costanti su scala planetaria la cui traiettoria a causa del movimento di rotazione terrestre viene deviata verso destra nel nostro emisfero e verso sinistra nell’emisfero australe. Il fenomeno è noto come effetto Coriolis.

Termini chiave

3

Da che cosa è formata l’aria che respiriamo?

L’aria secca (cioè privata del vapore acqueo) della troposfera è composta, in volume, per il 78% da azoto, per il 21% da ossigeno e per l’1% da altri gas, tra cui l’anidride carbonica (0,03%). L’aria contiene anche piccole quantità di particelle solide (pulviscolo atmosferico) e una certa quantità, variabile ma importante, di vapore acqueo. L’ossigeno e l’anidride carbonica dell’aria consentono rispettivamente la respirazione e la fotosintesi, due fondamentali processi della vita. Proprio alla fotosintesi è legato il fatto che l’atmosfera del nostro pianeta contiene l’ossigeno.

6

Come si generano i venti? Il vento è il movimento di una massa d’aria che si sposta da un’area di alta pressione a un’area di bassa pressione. I venti che soffiano sulla superficie terrestre (venti al suolo) sono il ramo orizzontale inferiore di celle di circolazione dell’aria chiamate celle convettive. In ognuna di esse l’aria sale e poi ridiscende, creando una fascia di bassa pressione e una di alta pressione. Un esempio di venti è costituito dalle brezze di mare e di terra.

▸ Litosfera ▸ idrosfera ▸ atmosfera ▸ biosfera ▸ troposfera ▸ stratosfera ▸ ozonosfera ▸ mesosfera ▸ termosfera ▸ ionosfera ▸ azoto ▸ ossigeno ▸ anidride carbonica ▸ respirazione ▸ fotosintesi ▸ piogge acide ▸ effetto serra ▸ umidità ▸ pressione ▸ barometro ▸ alta pressione ▸ bassa pressione ▸ brezza di mare e di terra ▸ cella convettiva ▸ venti periodici ▸ venti costanti ▸ alisei ▸ venti occidentali ▸ venti orientali ▸ effetto Coriolis

B 20 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 La sfera dell’aria

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni.

1

2

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

Il gas presente in quantità maggiore nell’aria è

7

Nella troposfera

a

l’ossigeno.

a

si formano le nuvole, i temporali e le precipitazioni.

b c

l’idrogeno.

b

l’aria è più densa che negli strati superiori

d

l’azoto.

l’anidride carbonica.

dell’atmosfera. c

è presente la ionosfera, che riflette le onde radio.

d

è presente in quantità variabile il vapore acqueo.

Le perturbazioni atmosferiche si verificano nella 8

a

ionosfera.

b c

troposfera.

a

assorbe le radiazioni ultraviolette.

stratosfera. idrosfera.

b c

è uno dei principali responsabili dell’efetto serra.

d

d

è utilizzata dalle piante nella fotosintesi.

L’anidride carbonica dell’aria

è presente nella troposfera in quantità pari allo 0,03% in volume.

3

4

5

L’effetto serra è causato dall’aumento della concentrazione di a

monossido di carbonio.

b c

ossigeno.

a

clorofluoro carburi.

è responsabile dell’efetto serra.

anidride carbonica.

è un gas formato da 3 atomi di ossigeno.

d

b c d

è presente nella stratosfera.

9

Le aree di alta pressione sono generate da masse d’aria

L’ozono

a

calde e secche.

b c

calde e umide. fredde e secche.

a

esercita una pressione minore.

d

fredde e umide.

b c

contiene più vapore acqueo.

d

è più pesante.

10

I venti al suolo a b

A parità di altre condizioni l’aria umida rispetto all’aria secca

contiene in proporzione meno azoto e ossigeno.

vanno dalle aree più umide alle aree più secche. vanno dalle aree di alta pressione a quelle di bassa

11

La pressione atmosferica

pressione.

a

aumenta con l’altitudine.

c

sono movimenti verticali di masse d’aria. vanno dalle aree di bassa pressione a quelle di alta

b c

diminuisce all’aumentare dell’umidità.

d

d

2 a livello del mare è mediamente di 1 kg/cm .

diminuisce all’aumentare della temperatura dell’aria.

pressione. 6

si forma dall’ossigeno per azione dei raggi UV.

Alle nostre latitudini, i venti costanti prevalenti sono 12

a

i monsoni.

b c

gli alisei.

a

per efetto della rotazione terrestre.

le brezze.

verso destra nell’emisfero boreale.

d

i venti occidentali.

b c d

verso sinistra nell’emisfero australe.

I venti vengono deviati dalla direzione del moto

verso destra in entrambi gli emisferi.

B 21 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Esercizi, domande e problemi

1

Scrivi negli spazi vuoti dello schema i termini che corrispondono alle definizioni; mettendo in fila le 10 lettere che cadono sul cerchio colorato potrai leggere il termine che indica un noto fenomeno di scomposizione della luce solare.

a.

L’involucro della Terra che comprende tutte le acque.

b.

Un gas contenuto in piccola quantità nell’aria.

c.

La formula chimica dell’anidride carbonica.

d.

Il gas presente in quantità maggiore nell’aria.

e.

L’insieme delle parti della Terra in cui sono presenti

4

In Francia, dopo i tentativi di salire in alto nell’aria mediante mongolfiere, nel 1875, tre uomini raggiunsero con questo mezzo 10 000 metri di altezza ma due di essi morirono e solo uno di loro riuscì a ritornare a terra ancora in vita. Dopo 5000 metri, di quanto è diminuita la massa di gas dell’atmosfera? Come varia la temperatura con l’altezza? Quali condizioni rendono quasi impossibile la sopravvivenza a 10 000 metri?

5

Osserva la figura che rappresenta i fumi che escono dalle ciminiere di due fabbriche e si disperdono nell’atmosfera. Secondo te, in quale delle due situazioni si è verificata un’inversione termica? Motiva la tua risposta.

6

La tabella mostra i valori della pressione atmosferica, espressa in millibar (mbar), misurata a Milano e a Genova in due giorni successivi. Rispondi alle domande, motivando le tue risposte.

gli esseri viventi.

f.

La fascia atmosferica che riflette le onde radio.

g.

Le aurore della ionosfera.

h.

Lo strato più esterno dell’atmosfera.

i.

Il fenomeno per cui le radiazioni luminose vengono reirradiate.

l.

Milano

Genova

1° giorno

980 mbar

1020 mbar

2° giorno

1010 mbar

1030 mbar

Il tipo di radiazioni che restano intrappolate all’inter-

a.

no di una serra.

In quale direzione si muove l’aria tra le due città nei due giorni del rilevamento?

b. 2

3

Si è calcolato che ogni anno vengono distrutti circa 17 milioni di ettari di foreste, una superficie maggiore di quelle della Svizzera e dell’Austria messe insieme. Quando una grande foresta cresce indisturbata, la quantità di CO2 dell’aria cresce o diminuisce? Motiva la risposta. Prova a immaginare le condizioni della Terra se non fosse presente l’atmosfera, prendendo in esame i seguenti aspetti:

a. b. c. d.

7

In quale giorno la velocità del vento è stata maggiore?

Rispondi brevemente alle seguenti domande. Quando?

Quando spira la brezza di terra? E quando la brezza di mare?

Quale?

Quale fu il primo scienziato a studiare le celle convettive della troposfera?

Perché?

Perché gli aerei moderni volano in genere alla quota di 12 000 metri?

colore del cielo caduta di meteoriti escursione termica radiazioni solari

B 22 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

1 N

Come si formano e si dissolvono le nuvole animazione 3

elle fredde giornate d’inverno l’aria che emettiamo dalla bocca quando respiriamo forma una nuvoletta bianca, una specie di «nebbiolina» (figura 1a). A che cosa è

dovuta? L’aria che fuoriesce dai nostri polmoni, che normalmente non vediamo, è calda e ricca di acqua sotto forma di vapore. A contatto con l’aria gelida esterna si rafredda: di conseguenza, parte del vapore condensa, ossia le molecole d’acqua si aggregano in minuscole goccioline che formano la nuvoletta. Analoga è l’origine degli sbui bianchi che sfuggono da un bollitore (figura 1c). Mediante lo stesso processo si formano le nuvole (figura 1b). Le nuvole (o nubi) si formano dal vapore acqueo atmosferico, che rafreddandosi condensa in minute goccioline. La condensazione del vapore acqueo atmosferico è dovuta all’abbassamento della temperatura di masse di aria umida. Per ogni valore di temperatura esiste una quantità massima di vapore acqueo che può rimanere sciolto in un dato volume di aria. Ebbene, questa quantità massima di vapore diminuisce al diminuire della temperatura. Per esempio, un litro di aria a 40 °C può contenere fino a 50 mg di vapore acqueo, mentre a 0 °C ne contiene al massimo 5 mg: 50 mg e 5 mg sono i valori di saturazione (corrispondenti al 100% di umidità) rispettivamente a 40 °C e a 0 °C. Supponiamo che un litro di aria satura di vapore venga raffreddato da 40 °C a 0 °C: che cosa succede? Dei 50 mg iniziali solo 5 mg riescono a rimanere disciolti come vapore nell’aria; gli altri 45 mg condensano trasformandosi in goccioline di acqua. Possiamo dunque dire che se si abbassa la temperatura dell’aria satura, parte del vapore invisibile condensa in goccioline così minuscole da restare sospese nell’aria. Le goccioline non sono visi-

bili singolarmente perché il loro diametro è di circa 0,02 mm, ma il loro insieme è ben visibile ed è ciò che chiamiamo «nuvola». La trasformazione del vapore in goccioline d’acqua è favorita dalla presenza nell’aria di minuscole particelle solide, attorno alle quali avviene la condensazione, dette nuclei di condensazione. Si tratta di particelle sospese nell’aria, costituite in prevalenza da microscopici cristalli di sale (originati dagli spruzzi d’acqua marina), da granuli di polline e da granelli di polvere. Una nuvola, comparsa in cielo per il rafreddamento di una massa di aria umida, scompare quando la massa di aria si scalda: in questo caso le goccioline si trasformano di nuovo in vapore. Le nuvole più comuni, che compaiono e si dissolvono, sono dette cumuli. Le nuvole si formano e si dissolvono in qualsiasi stagione dell’anno. Per quale motivo una massa di aria si può rafreddare dando così luogo alla formazione di una nuvola? La causa principale del rafreddamento di una massa d’aria, e della conseguente condensazione di parte del vapore acqueo che contiene, è la salita in quota (figura 2).

b

La nuvoletta si forma per la condensazione in goccioline del vapore acqueo contenuto nell’aria espirata.

c

a

figura 1. òñ Le tre figure (a), (b) e (c) mostrano la condensazione del vapore acqueo e la formazione delle nuvole.

B 26 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il tempo e il clima

3 L

Le aree cicloniche e anticicloniche

a piovosità, cioè la quantità di pioggia che cade in un dato luogo in un determinato periodo di tempo, viene misurata con il pluviometro, un semplice strumento costituito da un recipiente graduato che fornisce direttamente l’altezza, in millimetri, della pioggia caduta. Nelle secche regioni polari e tropicali la piovosità è di pochi millimetri all’anno (2÷3 mm nel deserto del Sahara); invece nelle umide regioni equatoriali la piovosità è di migliaia di millimetri all’anno (5000÷10 000 mm nelle foreste amazzoniche e nelle foreste equatoriali africane). Perché queste diferenze? Riprendiamo in considerazione la circolazione dell’aria, con le tre grandi celle convettive di ciascun emisfero (vedi figura 19, p. B17). In ogni cella convettiva i due rami orizzontali dell’aria (cioè il vento al suolo e il vento in quota) sono collegati tra loro da due rami di circolazione verticale. In quello corrispondente alla fascia di bassa pressione l’aria calda e umida, più leggera, sale. In quello corrispondente alla fascia di alta pressione l’aria fredda e secca, più pesante, scende. Mentre sale, l’aria calda e umida si dilata. Ciò accade perché, con la quota, diminuisce la pressione atmosferica e, di conseguenza, le molecole di gas che compongono la colonna d’aria si allontanano le une dalle altre. Dalla fisica sappiamo che quando un gas si dilata, si rafredda (avete forse notato che, facendo uscire del L’aria fredda e secca, più pesante, scende generando alta pressione e tempo bello.

gas compresso all’interno di una bomboletta, la bomboletta si rafredda). Il rafreddamento dell’aria calda e umida che salendo si dilata, porta alla formazione di nuvole e piogge. Le aree di bassa pressione, dette anche aree cicloniche o cicloni, sono vere e proprie «fabbriche di nuvole» in cui prevale il brutto tempo. Le aree cicloniche sono caratterizzate da una generale instabilità e sono quindi origine di perturbazioni atmosferiche. Al contrario, nelle aree di alta pressione,dette anche aree anticicloniche o anticicloni, il tempo in genere è bello. In corrispondenza di un’area di alta pressione si ha infatti un movimento di aria in senso opposto a quello che si osserva nelle aree di bassa pressione: ossia, dall’alto scende aria fredda che comprime l’aria sottostante. Quando un gas viene compresso, si riscalda (avete forse notato che pompando con forza l’aria all’interno della gomma di una bicicletta, la gomma si riscalda). L’aria che scende si riscalda per la compressione e può quindi contenere una maggiore quantità di vapore acqueo. Pertanto, nelle aree di alta pressione non si ha condensazione e non si formano nuvole. Quello che accade nelle celle convettive su scala planetaria accade anche nelle celle convettive a scala ridotta delle nostre regioni, dove si ha la formazione di aree cicloniche e di aree anticicloniche (figura 7). figura 7. ö Le aree anticicloniche di alta pressione corrispondono alle zone in cui il tempo è generalmente bello; le aree cicloniche di bassa pressione corrispondono alle zone in cui il tempo è generalmente brutto e perturbato. I venti al suolo, per l’effetto Coriolis, circolano in senso orario attorno alle aree anticicloniche e in senso antiorario attorno alle aree cicloniche, muovendosi dalle prime verso le seconde.

area anticiclonica

area ciclonica

venti alta pressione

L’aria calda e umida, più leggera, sale generando bassa pressione e tempo brutto.

bassa pressione

B 29 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

In modo analogo si spiega perché, di solito, su un versante di una catena montuosa il clima è più umido e piovoso che sul versante opposto. Infatti (figura 8), quando una massa d’aria in movimento incontra un rilievo è costretta a risalirne il versante sopravento. Salendo in quota, l’aria si dilata e di conseguenza si rafredda, dando luogo alla formazione di nubi che, scaricano l’umidità sotto forma di precipitazioni. L’aria, divenuta più fredda e secca, supera il crinale e ridiscende lungo l’altro versante. A mano a mano che scende, subisce una compressione che la riscalda: non si formano le nuvole e sul versante sottovento il tempo è bello. Il föhn, il vento caldo e secco che scende dalle Alpi, si forma con queste modalità. !#$^* ) Per fissare i concetti 9 Come viene misurata la piovosità? 10 Come si distribuisce la piovosità nelle varie regioni della Terra? 11 Che cos’è un’area anticiclonica? Quali condizioni di tempo la caratterizza? Perché? 12 Che cos’è un’area ciclonica? Quali condizioni di tempo la caratterizza? Perché? 13 Che cosa succede quando una massa d’aria umida scavalca una montagna?

4 Q

Il tempo atmosferico e le perturbazioni

uando chiediamo a qualcuno che si trova in un luogo lontano da noi che tempo fa, in genere vogliamo sapere se in quel momento piove o se c’è il sole. Vogliamo sapere cioè com’è il tempo atmosferico.

Il tempo atmosferico, o meteorologico, è lo stato dell’atmosfera in un dato momento e in una certa località. Il tempo atmosferico varia, a volte solo nel giro di poche ore. Vistose diferenze si possono poi avere nell’arco dell’anno, in particolare alle medie latitudini, dove si succedono stagioni a temperatura media assai diversa: al caldo torrido delle estati può alternarsi un inverno molto freddo e secco. Per esperienza sappiamo che le condizioni del tempo possono mutare da un giorno all’altro. Perché il tempo varia? Fondamentalmente le variazioni sono dovute allo scontro tra masse d’aria che diferiscono per temperatura e umidità. I meteorologi definiscono una massa d’aria come una porzione di troposfera di notevoli dimensioni (ampia anche qualche migliaio di kilometri), all’interno della quale le condizioni di temperatura e di umidità sono abbastanza costanti. Le caratteristiche di una massa d’aria dipendono dalle condizioni ambientali della regione in cui essa staziona. Sulle regioni polari continentali si formano masse d’aria fredde e asciutte; su una regione tropicale marina si formano masse d’aria calde e umide; su un deserto tropicale si formano masse d’aria calde e secche; su un mare freddo alle alte latitudini si formano masse d’aria fredde e umide.

aria secca e calda aria umida

figura 8. ñ Sul versante sopravento l’aria in risalita si dilata, si raffredda e forma nuvole che scaricano spesso abbondanti precipitazioni. Divenuta più secca, l’aria scende sull’altro versante, si comprime e si riscalda; il tempo qui è bello, senza nuvole.

B 30 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il tempo e il clima

Le masse d’aria non stazionano a lungo nelle regioni d’origine, ma si muovono spostandosi con velocità che possono raggiungere anche gli 800 km al giorno. Quando due masse con caratteristiche molto diverse s’incontrano, non si mescolano ma formano un fronte. Un fronte è la superficie di contatto tra due masse d’aria con caratteristiche di temperatura e umidità molto diverse. Quando ad avanzare è la massa d’aria fredda si parla di fronte caldo; al contrario, quando ad avanzare è la massa d’aria calda si parla di fronte freddo (figura 9). I due tipi di fronti danno luogo a due diversi tipi di precipitazioni. Nel caso di un fronte caldo, l’aria calda meno densa avanzando scivola su quella fredda, e sale di quota lungo un piano di risalita poco inclinato. Salendo l’aria si rafredda e il vapore condensa generando gli strati, le nubi estese che danno luogo a precipitazioni deboli ma continue. In presenza di un fronte freddo, invece, la massa d’aria fredda e densa tende a incunearsi sotto la massa d’aria calda, sollevandola. L’aria calda, che in tal modo sale di quota molto rapidamente, si rafredda e il vapore condensa dando origine ai cumulonembi, le nubi con forte sviluppo verticale, da cui si generano precipitazioni intense ma in genere di breve durata. !#$^* ) Per fissare i concetti 14 Che cos’è il tempo atmosferico? 15 Che cosa si intende per massa d’aria? Che cos’è un fronte? 16 Come differiscono le precipitazioni generate da un fronte caldo e da un fronte freddo?

L’aria calda e leggera scivola su quella fredda e forma nubi stratiformi con precipitazioni diffuse.

5 D

Il clima

a un anno all’altro, in ogni luogo della Terra il tempo si ripete senza grandi variazioni. Un anno può avere un’estate un po’ più calda o un inverno un po’ più rigido, ma, se si prende in esame un certo numero di anni, la temperatura, la piovosità e l’umidità media rimangono più o meno costanti. Considerando come si presenta in media il tempo atmosferico nell’arco degli anni, possiamo definire il clima di una data regione. Il clima è lo stato medio del tempo atmosferico in una determinata località, rilevato nell’arco di almeno 20-30 anni. Il clima ha un andamento che tende a mantenersi stabile nel corso degli anni. Solo in occasione di eventi eccezionali il clima può temporaneamente modificarsi, come accadde nel 1816, il cosiddetto «anno senza estate», in cui le temperature medie furono insolitamente basse in tutto l’emisfero settentrionale. La causa fu l’immissione nell’atmosfera di un’enorme quantità di polveri, dovuta all’eruzione esplosiva del vulcano indonesiano Tambora, avvenuta l’anno precedente. Il clima di una regione è determinato da un insieme di numerosi fattori, in primo luogo astronomici. Infatti, in conseguenza della sfericità della Terra, l’inclinazione dei raggi solari è diversa a seconda della latitudine; questa è la causa principale delle grandi diferenze osservabili nelle temperature: mediamente basse nelle regioni polari, mediamente alte in quelle equatoriali. Altri fattori sono connessi alle particolarità geografiche della superficie terrestre: la vicinanza o meno al mare, l’esposizione ai venti, la presenza di rilievi e l’altitudine.

a

fronte caldo

aria fredda b

fronte fro nte fr fredd eddo o aria fred edda ar a calda ari

L’aria fredda e pesante costringe l’aria calda a risalire rapidamente formando cumulonembi che portano temporali.

figura 9. óW Un fronte è la superficie di contatto tra due masse d’aria con caratteristiche differenti. (a) Fronte caldo. Una massa d’aria calda avanza e ne incontra una fredda. (b) Fronte freddo. Una massa d’aria fredda ne incontra una calda.

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sezione B Il sistema Terra

figura 10. òî La suddivisione della Terra nelle principali categorie climatiche. Le zone climatiche sono legate in primo luogo alla latitudine e secondariamente all’altitudine.

Tropico del Cancro

Equatore

Tropico del Capricorno

Circolo polare antartico

climi polari

climi freddi

climi temperati

climi aridi freddi

climi aridi caldi

climi freddi di montagna

climi caldi umidi

Il criterio più largamente adottato per classificare i climi della Terra si basa sulla piovosità e sulla temperatura, e fu proposto all’inizio del XX secolo dallo scienziato austriaco Wladimir Köppen. Egli si basò soprattutto sulla distribuzione dei diversi tipi di vegetazione. Ai diversi climi è infatti strettamente legato lo sviluppo delle piante. In base a questo criterio si possono classificare i climi della Terra in sette categorie (figura 10) che possono essere ricondotte a cinque gruppi principali.

Climi freddi. Le temperature medie estive sono di poco superiori ai 10 °C; le medie invernali sono inferiori a 0 °C. Le precipitazioni sono scarse. Sono i climi presenti alle latitudini medio-alte, quasi esclusivamente nell’emisfero boreale, essendo legati alle grandi masse continentali dell’Asia e dell’America settentrionale. In questi climi prevale la foresta di conifere o taiga (figura 10c). Climi freddi legati all’altitudine, detti freddi di montagna, si possono avere a tutte le latitudini: nelle Alpi, nell’Himalaya, nelle Ande, perfino in Africa, sugli altipiani dell’Etiopia e nella regione dei grandi laghi.

Climi caldi e umidi. Le temperature non scendono mai sotto i 18 °C. Le precipitazioni annue e l’umidità sono elevate. La vegetazione tipica è la foresta equatoriale (figura 10a). Questi climi caratterizzano le zone delle basse latitudini a cavallo dell’Equatore.

Climi polari. Questo clima è presente nelle regioni artiche e antartiche, alle alte latitudini dove il ghiaccio o è perenne o si scioglie solo per poco tempo all’anno. Nei climi polari la temperatura del mese più caldo non supera i 10 °C e le precipitazioni sono estremamente scarse. Il paesaggio tipico è quello dei ghiacci o, a latitudini leggermente inferiori, della tundra, una prateria con muschi, licheni e rari arbusti bassi. Il suolo, a qualche metro di profondità, resta gelato tutto l’anno ed è chiamato permafrost (figura 10d) (dall’inglese frost = gelo, ossia gelo permanente); in estate disgela solo superficialmente.

Climi aridi. Vi sono climi aridi caldi e climi aridi freddi. Entrambi sono caratterizzati da forti escursioni termiche quotidiane e scarsa piovosità. Le precipitazioni sono in genere inferiori ai 250 mm/anno e, di conseguenza, la vegetazione è molto scarsa e di tipo arbustivo, o assente. I climi aridi caldi sono tipici delle latitudini a cavallo dei Tropici, dove sono presenti i grandi deserti caldi (figura 10b). Nella fascia compresa tra 5° e 15° di latitudine a Nord e a Sud dell’Equatore si trova la savana in cui, nel corso di un anno, si alternano sei mesi di stagione secca e sei mesi di stagione piovosa. I climi aridi freddi sono presenti entro la grande massa continentale asiatica, dove ci sono i deserti freddi e le steppe.

Climi temperati. Le temperature del mese più freddo sono comprese tra –3 °C e 18 °C. Le precipitazioni, dai 400 agli 800 mm/anno, consentono uno sviluppo ottimale dell’agricoltura. La vegetazione spontanea è costituita da vari tipi di alberi: la foresta decidua (con le foglie che cadono in inverno), la foresta sempreverde o la macchia mediterranea (figura 10e).

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unità 2 Il tempo e il clima

a

La foresta tropicale è detta anche pluviale perchè le precipitazioni avvengono nel corso di tutto l’anno. Ospita circa la metà di tutte le specie viventi.

b

Il deserto sabbioso è formato da granuli erosi dai monti vicini e portati dal vento. Le precipitazioni sono molto scarse e l’escursione termica è forte.

c

La taiga è la foresta di conifere dei climi freddi. La vegetazione è costituita da aghifoglie come pini silvestri, abeti e larici, con ridotta superficie fogliare.

d

Nella tundra la rada vegetazione di erbe, muschi e licheni è dovuta alla presenza del permafrost che impedisce alle radici delle piante più grandi di penetrare in profondità.

e

Nella macchia mediterranea la vegetazione è varia con alberi e arbusti sempreverdi come mirto, ginestra, corbezzolo e rosmarino.

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sezione B Il sistema Terra

Questi climi sono difusi nelle fasce delle medie latitudini su entrambi gli emisferi e sono caratterizzati dalla stagionalità. Sono i climi più adatti agli insediamenti umani, in quanto ofrono una buona oscillazione tra il caldo e il freddo, ma senza toccare le condizioni più estreme (figura 11). A questo gruppo appartiene anche il clima dell’Italia. !#$^* ) Per fissare i concetti 17 Che cos’è il clima? 18 Quali sono i cinque gruppi principali in cui vengono classificati i climi della Terra? 19 Che cos’è il permafrost?

gradi °C

a 20 10

mm di pioggia

0 150 100 50

G 121 m sul livello del mare

F M A M G

L

A

S

O N

D

A

S

O N

D

Milano

gradi °C

b 20 10

mm di pioggia

0 150 100 50

71 m sul livello del mare

G

F M A M G

L

figura 11. ôñõ Anche se il clima in Italia è temperato, nelle zone lontane dal mare è di tipo continentale mentre nelle zone costiere esso è di tipo mediterraneo. I due diagrammi evidenziano queste diverse condizioni climatiche: nella Pianura Padana, a Milano (a), le estati sono calde e gli inverni freddi e piovosi. In Sicilia, a Palermo (b), l’inverno è mite mentre l’estate è molto calda e secca.

6 L

Il clima e il tempo in Italia

a nostra penisola si trova a metà strada tra l’Equatore e il Polo nord, all’interno della cella centrale di circolazione atmosferica (vedi figura 19, p. B17). Per questa sua posizione intermedia l’Italia rientra nel gruppo dei climi temperati, che non conoscono né il perenne caldo torrido tropicale né il gelo quasi costante delle regioni polari: sono queste le condizioni in cui si sono sviluppate le società economicamente più avanzate, favorite da un clima equilibrato, che comprende sia il caldo sia il freddo. All’interno della fascia temperata, l’Italia presenta alcune differenze climatiche minori, soprattutto tra nord e sud. Al nord la temperatura media è leggermente più bassa e si ha un clima più simile a quello dell’Europa continentale. L’arco alpino mantiene comunque le nostre regioni settentrionali al riparo dalle masse d’aria fredda provenienti dal nord Europa. Al centro e al sud è invece maggiore l’influenza marittima e di conseguenza il tempo è più mite, con minori sbalzi di temperatura sia stagionali sia giornalieri. I venti dominanti sull’Italia sono i venti occidentali, che fanno parte della circolazione generale dell’atmosfera. Essi provengono da sud-ovest e portano aria umida e calda. Dopo essere passati sul Tirreno, sono costretti a risalire gli Appennini. Poiché, come si è visto in questa unità, ogni massa d’aria che scavalca un rilievo scarica la sua umidità sul versante che risale, è sul versante tirrenico che si registrano le massime piovosità. A causa però della sua conformazione fisica, la regione italiana è interessata soprattutto da venti locali. Dalla Francia meridionale soia verso il Mediterraneo il maestrale (mistral, in francese), un vento freddo e asciutto, spesso violento, che giunge sino alla Corsica e alla Sardegna. Sull’Adriatico spira la bora, un vento freddo e violento proveniente da nord-est, che dilaga sul Golfo di Trieste e scende fino alla costa romagnola e marchigiana.

Palermo

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unità 2 Il tempo e il clima

persapernedipiù

I cicloni tropicali

I

cicloni tropicali sono gigantesche bufere, chiamate uragani nell’Atlantico, tifoni nel Pacifico, cicloni nell’Oceano Indiano. La condizione essenziale per la formazione e lo sviluppo di un ciclone è che la temperatura delle acque oceaniche raggiunga almeno i 27 °C fino a vari metri di profondità, come accade quasi ogni anno nel Golfo del Messico. Questo porta a un riscaldamento degli strati bassi dell’atmosfera e quindi alla formazione di correnti ascendenti di aria calda e umida (zona di bassa pressione). Il vapore acqueo salendo in quota si raffredda, condensa e forma nubi (figura A1). La condensazione libera calore che dà energia alla perturbazione e fa salire

ancora di più l’aria. Questo accentua lo sviluppo in verticale delle nubi, che possono raggiungere i 14 km in altezza e diventare torreggianti (figura A2). Le nubi si dispongono a corona intorno alla zona di bassa pressione, paradossalmente calma, denominata occhio del ciclone e, per effetto della rotazione terrestre, iniziano a ruotare attorno a essa. I venti possono acquistare un’eccezionale violenza e superare la velocità di 300 km orari (figura A3). Il ciclone, spostandosi, dall’oceano giunge sulla terraferma, si indebolisce, e successivamente si estingue, non prima di avere rovesciato piogge torrenziali e spazzato la zona con venti fortissimi. In tempi recenti il più distruttivo è stato Katrina, l’uragano che si è abbattuto nel

1

2005 sulla città di New Orleans negli Stati Uniti, con venti di oltre 200 km all’ora, causando inondazioni e numerosissime vittime. Grazie alle immagini da satellite, i meteorologi possono scoprire i cicloni quando sono ancora lontani dalle coste e possono seguirne il percorso, mentre risulta impossibile arrestarli o deviare la loro traiettoria.

perfissareiconcetti • In quali zone si formano i cicloni tropicali? Quali sono le condizioni che ne determinano lo sviluppo? • Cosa succede quando raggiungono la terraferma?

2 aria ascendente

aria convergente

rotazione della tempesta

aria in entrata

zona di bassa pressione 3

aria in discesa

B occhio del ciclone

figura A. òô Formazione di un ciclone tropicale. (1) La tempesta si forma quando le acque oceaniche si scaldano, producendo aria calda e umida che sale e condensa in nuvole. (2) Alla base delle nuvole si forma una zona di bassa pressione che risucchia altra aria calda e umida dalle zone circostanti. (3) La tempesta si accresce e inizia a ruotare, sotto l’effetto della rotazione terrestre, attorno all’occhio, che è circondato da un anello di nubi e venti che si muovono ad altissima velocità.

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sezione B Il sistema Terra

Da sud-ovest soia il libeccio, che porta umidità sulla costa tirrenica, mentre da sud-est proviene lo scirocco (figura 12). A giocare un ruolo importante nel determinare le condizioni del tempo in Italia sono le aree cicloniche e quelle anticicloniche. Il principale centro di alta pressione (A) è l’anticiclone delle Azzorre, posto sull’Atlantico, al largo della costa portoghese, da cui proviene aria calda. La posizione di questo anticiclone ha conseguenze importanti sul tempo atmosferico in Italia. In estate esso si sposta a nord, interessando il Mediterraneo e l’Europa occidentale: sull’Italia si ha prevalentemente tempo bello (figura 13a). In inverno si ritira a sud, lasciando esposte le nostre regioni alla penetrazione di masse d’aria fredda provenienti dalle perturbazioni dell’Atlantico settentrionale che portano precipitazioni (figura 13b). Dalla parte opposta rispetto all’anticiclone delle Azzorre, abbiamo l’anticiclone russo-siberiano, un’area di tempo stabile, freddo e sereno.

Il maestrale è un vento asciutto che spira con fredde raffiche da nord-ovest.

Il centro di bassa pressione (B) maggiormente responsabile delle perturbazioni che interessano l’Italia è il ciclone nord-atlantico, posto sull’Atlantico settentrionale. Quando le aree anticicloniche russo-siberiana e delle Azzorre si ritirano rispettivamente verso nord e verso sud, si forma un «corridoio» attraverso il quale il ciclone nord-atlantico avanza verso le nostre regioni portando cattivo tempo. !#$^* ) Per fissare i concetti 20 In quale gruppo climatico rientra il clima dell’Italia? 21 Descrivi brevemente le principali aree anticicloniche e cicloniche che influiscono sulle condizioni del tempo in Italia. 22 Quali sono i principali venti che spirano sull’Italia?

a

B

B

B

anticiclone delle Azzorre

A

La bora è un vento di nord-est gelido e impetuoso. b bora maestrale

B

ciclone nord-atlantico

libeccio scirocco

B B

Il libeccio è un vento caldo e umido, spesso violento, che spira dalla Libia, ossia da sud-ovest.

Lo scirocco è un vento di sud-est caldo e umido, che spira dal Sahara trasportando sabbia.

figura 12. ñ I principali venti locali che soffiano sulla penisola italiana.

anticiclone delle Azzorre

A figura 13. ñ La situazione meteorologica generale sull’Europa nella stagione estiva (a) e in quella invernale (b).

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unità 2 Il tempo e il clima

persapernedipiù

Le previsioni meteorologiche e le carte del tempo

L

a meteorologia moderna è una scienza che si avvale di strumenti sofisticati per raccogliere i dati e di potenti computer per elaborarli. La procedura che i meteorologi seguono per giungere a formulare le «previsioni del tempo» è tutt’altro che semplice e comprende grosso modo tre fasi: 1) la raccolta dei dati; 2) la trascrizione dei dati e l’elaborazione di carte del tempo; 3) le previsioni del tempo vere e proprie (figura A).

Raccolta dei dati Le moderne previsioni meteorologiche dipendono dalla raccolta di milioni di osservazioni e misure relative alle condizioni atmosferiche, provenienti da tutto il mondo. Il costante monitoraggio dell’atmosfera è assicurato da una rete di stazioni meteorologiche diffuse capillarmente sul territorio. Questi centri di osservazione sono equipaggiati con strumenti idonei alla raccolta dei dati: barometri per la misura della pressione, termometri per la temperatura, igrometri per l’umidità, pluviometri per la quantità di pioggia, anemometri per la direzione e la velocità del vento ecc. Con i palloni sonda si possono invece compiere accurate osservazioni sulla parte alta dell’atmosfera. Al contempo, nello spazio esterno numerosi satelliti meteorologici in orbita attorno alla Terra inviano al suolo immagini delle nubi e

mappe della temperatura. Esistono due tipi di satelliti: i satelliti geostazionari e quelli a orbite polari. I satelliti geostazionari ruotano alla stessa velocità della Terra e quindi restano sempre sulla verticale del medesimo punto, mantenendosi a circa 36 000 km di altezza. I satelliti a orbite polari orbitano attorno alla Terra sorvolando i due Poli a un’altezza di

1000 km e forniscono così una rappresentazione più dettagliata delle condizioni meteorologiche da punti più vicini alla superficie terrestre. Dati sulle condizioni dei mari vengono invece forniti da navi e da boe galleggianti. Trascrizione dei dati ed elaborazione di carte del tempo Nelle stazioni meteorologiche

i dati vengono riportati mediante appositi simboli su carte geografiche particolari, dette carte del tempo, utilizzate per le previsioni. I valori della pressione atmosferica vengono ricalcolati al livello del mare e a 0 °C: si ottengono così valori confrontabili tra loro, che possono essere riportati sulle carte. Unendo i punti che si trovano alla stessa pressione,

i satelliti forniscono informazioni non rilevabili sul territorio (stato degli oceani e dei deserti ecc.)

i dati

le stazioni meteo (150 in Italia, 15 000 circa nel mondo) rilevano in tempo reale temperatura, vento, umidità ecc.

vengono elaborati ogni 6 ore da programmi di simulazione

il meteorologo elabora i dati della simulazione con programmi chiamati limited area model fa uno zoom delle previsioni su larga scala interpreta i risultati e fornisce la previsione del tempo

figura A. ñ La previsione del tempo atmosferico necessita di una complessa organizzazione e di sofisticate apparecchiature di gestione ed elaborazione dei dati.

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sezione B Il sistema Terra

si tracciano delle linee curve e chiuse, dette isobare (figura B). Un’area delimitata da isobare in cui i valori della pressione diminuiscono dalla periferia al centro è una zona ciclonica e sulle carte è designata con B (bassa pressione). Un’area delimitata da isobare in cui i valori della pressione aumentano dalla periferia al centro è una zona anticiclonica e sulle carte è designata con A (alta pressione). L’individuazione delle zone cicloniche e di quelle anticicloniche è importante

Previsioni del tempo Oggi le previsioni vengono fatte elaborando con potenti computer tutti i dati inviati dalle stazioni meteorologiche.

perché consente di avere un’idea della circolazione dell’aria, ossia della direzione e della forza dei venti. Spesso sulle carte del tempo sono tracciate delle linee curve che indicano i fronti. Sulle linee compaiono simboli speciali che permettono di distinguere i fronti caldi dai fronti freddi: i fronti freddi sono indicati da linee orlate di triangolini rivolti dalla parte verso cui procede il fronte, quelli caldi da linee orlate di semicerchi rivolti anch’essi dalla parte verso cui procede il fronte.

Le previsioni possono essere a breve termine (24-48 ore), a medio termine (fino a una settimana) e a lungo termine (oltre la settimana). L’attendibilità delle previsioni diminuisce all’aumentare del periodo di tempo considerato. Attualmente si possono considerare attendibili le previsioni riferite al massimo a 3-4 giorni.

perfissareiconcetti • Spiega come si può prevedere in anticipo che tempo farà. • Che cosa sono le isobare? • Che cos’è una carta del tempo? • Che cosa s’intende per zona ciclonica? Come viene indicata sulla carta del tempo? figura B. ö Tempo sull’Europa in un giorno di estate. Le isobare, linee di uguale pressione, individuano chiaramente sulla carta due aree anticicloniche di alta pressione (A): una sul Mediterraneo e una sull’Atlantico (anticiclone delle Azzorre). Sull’Europa e sull’Italia del nord è presente una vasta area di bassa pressione (B) che porta instabilità e brutto tempo.

B

B 1030

1035

00

10

A

1005

10

10

B

0

1015

10

102

10

1010

1025

1015

A 5 99

1015 isobare (millibar)

fronte

fronte

freddo

caldo

A

aree anticicloniche

bel tempo

B

aree cicloniche

brutto tempo

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unità 2 Il tempo e il clima

7 N

Il clima del passato

el corso del tempo i climi possono lentamente modificarsi e subire rilevanti variazioni. Per esempio, sulla scala temporale dei secoli, tra il 1550 e il 1850 si sono avute in Europa temperature medie più basse di quelle attuali. Quel periodo è stato chiamato piccola età glaciale ed è stato preceduto da una fase calda medievale, protratta indicativamente dall’800 al 1200, durante la quale i Vichinghi colonizzarono un’isola battezzata Groenlandia, ossia «Terra verde» (figura 14). Se si considerano periodi di tempo più lunghi, della scala dei millenni, si scopre che il clima di alcune regioni è stato soggetto a variazioni considerevoli: lunghi periodi umidi si sono alternati a periodi secchi, periodi temperati a periodi più freddi. Una delle regioni teatro del più importante cambiamento climatico avvenuto negli ultimi diecimila anni è il Sahara centrale. Più volte in questa area al deserto si sono sostituite verdeggianti praterie, attraversate da fiumi, calpestate da animali selvaggi e abitate da popolazioni di cacciatori prima e di pastori poi. Il passato fertile e umido del Sahara è testimoniato dalla «vernice del deserto», la patina nera che ricopre ogni pietra, dal sasso più minuscolo al massiccio più imponente (figura 15a). La vernice del deserto è in realtà un sottile velo di ossidi di manganese prodotto dal lavorio di batteri in grado di sopravvivere solo in ambienti temperati e umidi, ossia in condizioni ben diverse dalle attuali. Su queste rocce scure uomini primitivi hanno raigurato un «bestiario» preistorico, ulteriore testimonianza di un clima più favorevole: ippopotami, coccodrilli, rinoceronti, elefanti, giraffe, animali che non possono vivere nell’ambiente arido odierno e che quindi indicano l’esistenza di condizioni climatiche decisamente più umide (figura 15b). A conferma, sono identificabili i letti di antichi fiumi oggi in secca, ma un tempo gonfi d’acqua, che permettono di immaginare un territorio lussureggiante e ricco di vita. L’acqua oggi non scorre più in superficie, se non in occasione di qualche sporadica pioggia, ma è conservata come «acqua fossile» sotto le grandi distese di dune, nelle falde sotterranee che riaiorano nelle oasi. Se infine consideriamo una dimensione temporale ancora più ampia, di milioni di anni,

questa linea di riferimento è stata tracciata assumendo come «normale» la media delle temperature dal 1900 al 1950: circa 15 °C

a

Questo elefante è stato inciso nella roccia da artisti preistorici.

Questa arida lingua di sabbia è uno uadi, il letto di un antico fiume.

Una patina nera di ossidi ricopre le rocce di arenaria rosa.

figura 15. ñ Nel Sud della Libia, al confine con l’Algeria, le scure formazioni rocciose testimoniano il clima umido del passato del Sahara.

temperatura

– 0,3 1880

3000 a.C.

b

+ 0,3

questo è stato il periodo più caldo degli ultimi millenni, con 3-4 °C in più di oggi 4000 a.C.

scopriamo che negli ultimi due milioni di anni si sono verificate numerose oscillazioni climatiche ancora più estreme con l’alternanza di lunghe ondate glaciali, le glaciazioni appunto, seguite da fasi di clima più mite, i periodi interglaciali. E anche di questa alternanza sono conservate le vestigia nel paesaggio attuale (vedi Introduzione, p.4).

2000 a.C.

1920

1960

2000

«ondata di caldo» dall’800 al 1200 1000 a.C.

dal 900 al 300 a.C. fa più freddo di oggi (circa 1 °C in meno)

0

1000 d.C.

intorno al 1700 si ha una piccola glaciazione, con 2-2,5 °C in meno di oggi

oggi

figura 14. ò L’andamento climatico generale, stimato per gli ultimi 6000 anni. L’andamento più particolareggiato della temperatura dal 1880 ai nostri giorni (riquadro in alto a destra).

B 39 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Al contrario, più indietro nel tempo, circa 300 milioni ilioni di po anni fa nel periodo Carbonifero, il clima era di tipo tropicale caldo-umido. Questo clima favorì la formazione di estese foreste paludose i cui resti, sepolti per milioni di anni, hanno dato origine al carbone fossile. Quali sono le testimonianze che ci consentono di afermare che si sono verificate variazioni climatiche di così grande portata? E quali sono le cause che le hanno determinate? Per rispondere alla prima domanda dobbiamo attingere agli archivi naturali racchiusi negli strati rocciosi, depositati in lunghi periodi di tempo, e neii resti ne fosfossili che contengono. Ne è un esempio il carbone sile ritrovato in Groenlandia o i fossili di antiche felci e to caso di coralli sulle Dolomiti (figura 16), anche in questo testimonianza di un clima del passato più caldo dell’attuale. Al contrario, fossili di mammut lanosi o pollini ollini di ndità in territerri piante come betulle o conifere, rinvenuti in profondità tori attualmente a clima temperato, sono preziosi indicatori di clima più rigido. È invece più difficile individuare con certezza i motivi che hanno causato il ripetersi di variazioni climatiche nel passato. I meccanismi che regolano il clima sono infatti molto complessi. Noi sappiamo che la Terra non è isolata nello spazio e risente dell’influenza dei corpi celesti a lei più vicini. Fattori astronomici esterni, quali i cambiamenti nell’attività solare, incidono sulla Concentrazione di CO2 (ppm)

400 380 360 340 320 300 280 260 240 220 200 180

Carota glaciale - Antartide

a

quantità di e energia che raggiunge il nostro pianeta; come pure varia variazioni nella forma dell’orbita terrestre, dovute all’influen uenza gravitazionale del Sole, della Luna e degli altri piane pianeti, modificano la distanza media Terra-Sole con ripercus ripercussioni sul clima. Sul clima agiscono anche eventi geologici attribu buibili alla dinamica interna del nostro pianeta ta: gigantesche eruzioni vulcaniche proiettano ne nell’atmosfera quantità enormi di gas, di ceneri e polveri in grado di oscurare la luce solare; il solllevamento di catene montuose e i cambiamenti n nella posizione relativa delle masse continentali e oce oceaniche modificano la circolazione atmosferica e il p percorso delle correnti marine. La migrazione vers verso Nord dell’India, un tempo unita all’Antartide, e la sua collisione con l’Asia, avvenuta circa 45 mili milioni di anni fa, ne è un esempio. Dallo scontro si sono soll sollevati la catena dell’Himalaya e l’altopiano del Tibet; si è crea creata così una barriera che ha alterato la circolazione dei venti e instaurato il regime dei monsoni (vedi scheda, p. B19), influenzando drasticamente il clima di vaste regioni a sud e a nord della barriera montuosa. !#$^* ) Per fissare i concetti 23 Fai alcuni esempi di variazioni climatiche del passato. Quali documenti le testimoniano? 24 Quali possono essere le cause delle oscillazioni del clima?

figura 16. ñ Questi coralli fossili provengono dalle Dolomiti.

Concentrazione 2006

Massima concentrazione pre-industriale Ultimi 650 mila anni

0

100000

200 000

300000

400 000

500 000

600000

Anni dal presente b figura 17. ñî (a) Il grafico rappresenta l’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria da 700 000 anni fa a oggi. (b) Le carote di ghiaccio estratte a migliaia di metri di profondità dell’Antartide consentono di ricavare le concentrazioni dell’anidride carbonica nel passato.

B 40 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il tempo e il clima

8 Q

Il clima del futuro

uale clima ci attende nei prossimi secoli? Anche se non c’è modo di saperlo con certezza, sappiamo che ai fattori naturali che provocano fluttuazioni climatiche si sono aggiunte in epoca recente le attività umane. Come abbiamo visto in precedenza, la combustione di carbone e petrolio per i trasporti, il riscaldamento domestico e l’industria hanno portato un sensibile aumento della quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera, amplificando il naturale efetto serra. A partire dalla rivoluzione industriale, in poco più di un secolo, la concentrazione di CO2 nell’aria è passata da 280 ppm a 380 ppm (ppm = parti per milione = n° molecole di CO2 su un milione di molecole d’aria). Ma gli scienziati sono riusciti ad andare molto più indietro nel tempo e a stabilire quale era la concentrazione della CO2 nell’aria di centinaia di migliaia di anni fa. La documentazione che consente di andare a ritroso nel tempo, e di annotare l’allarmante aumento della CO2 atmosferica, è contenuta in un archivio molto particolare: i ghiacci dell’Antartide che contengono imprigionate bollicine di gas atmosferici e polveri. La neve di centinaia di migliaia di anni fa, che ora forma in profondità il ghiaccio dell’Antartide, contiene sigillati al suo interno l’ossigeno, l’anidride carbonica e le polveri di allora. Questa «aria preistorica» può essere studiata prelevando mediante perforazioni lunghe carote ghiacciate. (figura 17) La più lunga di esse (3,2 km) ci permette di risalire fino a 800 mila anni fa e ci indica che a quel tempo la concentrazione di CO2 atmosferica era di 240 ppm. Da allora sul nostro pianeta si sono alternati periodi freddi e caldi (anche più dell’attuale), in generale contrassegnati rispettivamente dalla diminuzione e dall’aumento della CO2. Oggi ci troviamo in una fase calda in cui la concentrazione di CO2 è «schizzata» a valori mai registrati prima. L’aumento concomitante di altri gas-serra, per esempio del metano che si sviluppa in ambienti paludosi come le risaie, ha portato un ulteriore contributo all’efetto serra e il fenomeno, per le dimensioni che ha assunto, è definito riscaldamento globale o, dall’inglese, global warming. Tutto lascia pensare che le temperature medie continueranno ad aumentare di qualche grado nel prossimo secolo, con scioglimento dei ghiacci continentali, e delle calotte polari. Si avrebbe così un lento ma inarrestabile sollevamento del livello dei mari e la scomparsa di migliaia di kilometri quadrati di aree costiere, dove vivono molti milioni di persone. Vi possono essere molte altre conseguenze diicili da prevedere con esattezza perché la macchina climatica è complessa. Essa è infatti costituita da una fitta rete di scambi di materia ed energia tra cinque comparti: atmosfera, oceani, ghiacci, continenti e mondo vivente. La risposta del sistema climatico a una perturbazione mette in gioco una serie di interazioni che possono accentuare la perturbazione (retroazione positiva) o possono contrastarla (retroazione negativa). Vediamo alcuni esempi.

● Il riscaldamento atmosferico provoca una maggiore evaporazione. L’atmosfera contiene dunque una maggiore quantità di vapore acqueo, esso stesso un gas-serra che incrementa l’aumento della temperatura (retroazione positiva). ● La maggiore umidità provoca un aumento della copertura nuvolosa che riflette verso lo spazio le radiazioni solari, facendo diminuire la temperatura (retroazione negativa). ● In seguito al riscaldamento atmosferico diminuiscono le superfici coperte dalla neve e dai ghiacci, che riflettono le radiazioni solari; le superfici scoperte più scure assorbono energia aumentando il riscaldamento (retroazione positiva). ● Un aumento della CO2 favorisce la crescita di piante e alghe che la utilizzano nella fotosintesi (figura 18). Come risultato, si avrebbe un ulteriore assorbimento della CO2 dell’aria con diminuzione dell’efetto serra (retroazione negativa). Un fatto è chiaro: le strategie per la lotta all’efetto serra vanno messe in atto al più presto perché i cambiamenti potrebbero essere più rapidi di quello che ci si aspetta e i tempi per il risanamento dell’atmosfera drammaticamente più lunghi. !#$^* ) Per fissare i concetti 25 Di quanto è aumentata la concentrazione della CO2 atmosferica a partire da 700 000 anni fa? 26 Come si sono ottenuti i dati relativi a questo aumento? 27 Che cos’è il riscaldamento globale? Quali fenomeni lo incrementano e quali lo contrastano?

L’aumento della temperatura e della CO2 atmosferica crea le condizioni ideali per la proliferazione delle alghe unicellulari.

La CO2 si scioglie nell’acqua e viene utilizzata dalle alghe sia per la fotosintesi sia per la costruzione dei loro gusci.

Quando le alghe muoiono, i gusci precipitano sui fondali rimuovendo così la CO2 dal circolo.

figura 18. ñ Un esempio di retroazione negativa che contrasta l’effetto serra.

B 41 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Per ricordare 1

Come si formano le nuvole? Da che cosa sono costituite?

Le nuvole, o nubi, sono costituite da microscopiche goccioline d’acqua formatesi a seguito della condensazione del vapore acqueo contenuto nell’atmosfera. La condensazione del vapore acqueo avviene quando una massa d’aria si raffredda, in genere in conseguenza della sua salita in quota. La formazione delle goccioline d’acqua è favorita dalla presenza di minuscole particelle solide sospese nell’aria, che agiscono da nuclei di condensazione.

Dall’aggregazione delle minuscole goccioline d’acqua di una nube del diametro di circa 0,02 mm si formano gocce di pioggia di dimensioni maggiori (tra 0,5 e 3 mm). Per il loro peso precipitano al suolo, dando origine alla pioggia. Se la temperatura dell’aria è inferiore a 0 °C, cade neve o nevischio. La grandine si forma quando le gocce di pioggia sono sospinte ripetutamente in alto da forti correnti d’aria ascensionali e congelano.

4

5

A che cosa sono dovute le variazioni del tempo? Che cos’è un fronte?

Qual è la differenza tra tempo e clima?

Il tempo meteorologico è lo stato della troposfera (temperatura, umidità, pressione) in un dato momento e in una determinata località. Il clima è lo stato medio del tempo registrato nell’arco di molti anni in una determinata località. I climi possono essere classificati in base alla piovosità e alla temperatura in cinque grandi gruppi: ● climi caldi e umidi, in cui le precipitazioni annue e l’umidità sono molto alte; ● climi aridi, caratterizzati da forti escursioni termiche quotidiane e scarsa piovosità; ● climi temperati, caratterizzati dall’alternarsi delle stagioni, con una buona oscillazione tra il caldo e il freddo; ● climi freddi, caratterizzati da temperature rigide e scarsa piovosità; ● climi polari, caratterizzati dal fatto che il suolo rimane gelato durante tutto l’anno (permafrost).

Termini chiave

2

Come si formano la pioggia e le altre precipitazioni?

Le variazioni del tempo sono dovute principalmente allo scontro tra masse d’aria a temperatura e umidità diverse. Una massa d’aria è una porzione di atmosfera di notevoli dimensioni, all’interno della quale le condizioni di temperatura e umidità si mantengono praticamente costanti. Un fronte è la superficie di contatto tra una massa d’aria fredda e una massa d’aria calda. Di solito, i fronti sono accompagnati da cattivo tempo.

3

Che cosa sono le aree cicloniche e anticicloniche?

Le aree cicloniche sono aree di bassa pressione con presenza di aria calda che sale in quota. In esse si ha in genere tempo nuvoloso e perturbato. Le aree anticicloniche sono, al contrario, aree di alta pressione, dove si verificano condizioni opposte alle precedenti: sono stabili, generalmente serene e portano quindi il bel tempo.

6 Quali sono le condizioni

del clima e del tempo in Italia?

Le condizioni del tempo in Italia sono determinate principalmente dalla presenza e dagli spostamenti di due aree di alta pressione: l’anticiclone delle Azzorre e l’anticiclone russo-siberiano. In estate, quando il primo si sposta a nord, si creano condizioni stabili di tempo bello. Il centro di bassa pressione maggiormente responsabile delle perturbazioni sulle nostre regioni è il ciclone nord-atlantico, che si forma sull’Atlantico settentrionale.

7 Com’è stato nel passato il clima sulla

Terra? Come sarà nel futuro?

Ci sono testimonianze che nel passato la Terra è stata soggetta a numerose variazioni climatiche anche di grande portata, con alternanza di fasi fredde (glaciazioni) e calde (periodi interglaciali). Le cause possono essere di natura astronomica, come le variazioni dell’attività solare, oppure di natura geologica, come il sollevamento di catene montuose. In epoca recente il rapido aumento della CO2 , dovuto alle attività umane, ha portato a un riscaldamento globale, ossia a un aumento della temperatura media del pianeta.

▸ Nubi ▸ nebbia ▸ brina ▸ nuclei di condensazione ▸ pioggia ▸ neve ▸ grandine ▸ aree cicloniche o cicloni ▸ aree anticicloniche o anticicloni ▸ massa d’aria ▸ fronte ▸ tempo atmosferico ▸ clima ▸ glaciazioni ▸ periodi interglaciali ▸ riscaldamento globale

B 42 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 Il tempo e il clima

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 7

Le nuvole sono formate da goccioline d’acqua molto piccole.

b

si formano soprattutto in corrispondenza delle aree di

a

dipende dalla temperatura dell’aria.

alta pressione.

aumenta all’aumentare della temperatura.

sono formate da vapore acqueo.

b c

si formano a seguito del riscaldamento di una massa

d

è minore nell’aria calda che in quella fredda.

c d

d’aria che sale. 2

8

Le gocce di pioggia a

non sono visibili singolarmente a occhio nudo.

b

si formano dall’unione delle goccioline d’acqua delle nuvole.

3

c

si formano dove l’aria è molto pulita.

d

hanno un diametro medio di circa 0,02 mm.

9

la superficie di contatto tra masse d’aria con caratteristiche molto diverse.

b c

una particolare nube temporalesca.

d

un temporale molto forte.

b

è formata da goccioline del diametro di circa 0,02 mm.

b c

è una nube a livello del suolo.

10

a

dipende dalle condizioni dell’aria della stratosfera.

b c

può variare nell’arco di giorni oppure ore.

d

dipende dalla temperatura, pressione e umidità

b

lo stato dell’atmosfera in un dato momento.

5

una parte estesa di atmosfera in cui le condizioni

11

la pressione atmosferica è più bassa rispetto alle regio-

c

sede di correnti ascensionali di aria più calda.

d

un’area generalmente instabile dove prevale il brutto

si formano correnti ascensionali di aria calda.

d

la pressione atmosferica è più alta rispetto alle regioni

di solito prevale il brutto tempo. adiacenti.

6

Il clima di una regione a

è l’andamento delle condizioni meteorologiche in un

I climi aridi caldi sono a

caratterizzati dalla presenza dei deserti.

b c

tipici delle latitudini a cavallo dei Tropici.

d

ni adiacenti. b c

un’area in cui la pressione atmosferica è più alta ri-

tempo.

In un’area anticiclonica a

un’area in cui si generano le perturbazioni atmosferiche. spetto alle regioni adiacenti.

la superficie di contatto tra un volume di aria calda

perturbato.

è lo stato dell’atmosfera in un dato momento.

Un’area ciclonica è a

una parte estesa di atmosfera in cui il tempo è

si forma soprattutto di sera nelle giornate di cielo sereno.

Il tempo meteorologico

di temperatura e umidità sono costanti. d

si forma in seguito al riscaldamento di una massa d’aria che scende.

dell’aria della troposfera.

e uno di aria fredda. c

a

una zona di alta pressione in cui il tempo è bello.

Una massa d’aria è a

diminuisce al diminuire della temperatura.

La nebbia

d

Un fronte è a

4

La quantità di vapore acqueo contenuto in un dato volume d’aria

a

caratterizzati da forti escursioni termiche giornaliere. caratterizzati da precipitazioni annue comprese tra i 400 e gli 800 mm.

12

I climi polari a

hanno scarse precipitazioni.

b c

sono caratterizzati da un tipo di vegetazione detta tundra. sono tipici delle basse latitudini.

d

sono caratterizzati dal suolo gelato detto permafrost.

preciso momento. b c

non è influenzato dai venti e dalle correnti marine.

d

può cambiare da un giorno all’altro.

può modificarsi in seguito alle attività umane.

B 43 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Esercizi, domande e problemi 1

Ordina nella giusta sequenza il processo di formazione delle nubi.

Dove?

a.

Quando?

Il vapore acqueo condensa attorno ai nuclei di condensazione.

b. c.

L’aria perciò si dilata.

accaduto?

L’aria che sale è sottoposta a una pressione via via mi-

Quale?

rezione provengono? Quali sono i principali

Dilatandosi, l’aria si rafredda.

venti locali?

Perché?

Perché dove c’è maggiore inquinamento dell’aria la piovosità aumenta?

7

Indica se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F). Se false, riscrivile corrette sul quaderno.

a.

Quali sono i venti che soffiano prevalentemente sulla penisola italiana? Da quale di-

L’aria calda e umida sale in quota.

L’ordine corretto è 2

Quando si è verificato il cosidetto «anno senza estate»? In conseguenza di quale fenomeno è

nore.

d. e.

Dove sul globo le precipitazioni sono più abbondanti?

In figura sono rappresentati due fronti. Indica

A

La quantità di vapore acqueo che una massa

B

d’aria può contenere diminuisce al diminuire della temperatura.

b.

V

F

V

F

V

F

V

F

Le nuvole si formano perché l’aria che sale in quota viene compressa e il vapore acqueo in essa contenuto condensa.

c.

La formazione delle nuvole è favorita dalla

d.

Le gocce che formano le nubi sono così

presenza di nuclei di condensazione. minuscole da rimanere sospese nell’aria. 3

4

a. b.

Perché d’inverno i vetri delle case si appannano? La condensa si forma all’interno o all’esterno? Nella seguente tabella sono indicati i principali fattori climatici di quattro città italiane.

Città

Temperatura media (°C)

Precipitazioni annue

gennaio

luglio

mm

giorni

Milano

+0,8

+24,2

846

60

Genova

+6,8

+23,7

1099

98

Napoli

+8,5

+25,4

1410

106

Potenza

+2,7

+21,1

735

91

qual è il fronte freddo e quale il fronte caldo; quali tipi di nuvole si formano in corrispondenza dell’uno e dell’altro;

c. 8

come sono le precipitazioni nei due casi.

Le seguenti affermazioni si riferiscono al problema del riscaldamento globale (global warming). Con quali di esse concordi e con quali sei in disaccordo? Discuti le tue opinioni con i compagni.

a.

La temperatura media sulla Terra aumenterà sicuramente di 5 °C entro il 2050.

b.

Le attuali variazioni climatiche rientrano nelle naturali fluttuazioni del clima avvenute già nel passato.

c.

L’aumento della CO2 nell’aria (gas serra) favorisce la crescita delle piante che la utilizzano per la fotosintesi.

Dopo aver localizzato su un atlante la posizione di ciascuna di queste città, prova a spiegare le diferenze climatiche che emergono dai dati riportati nella tabella.

d.

La ragnatela di scie di condensazione prodotta dal volo degli aerei e le polveri inquinanti favoriscono l’oscuramento globale (global dimming) che contra-

5

Spiega come si formano i chicchi di grandine. Perché sono costituiti da strati di ghiaccio concentrici?

6

Rispondi brevemente alle seguenti domande.

Che cosa?

Che cos’è un fronte?

sta l’efetto serra. 9

Cerca l’intruso.

1. 2. 3.

Permafrost - massa d’aria - fronte freddo - fronte caldo Ciclone - aria fredda secca - nuvole - aria calda umida Nuclei di condensazione - clima - pioggia - nebbia

B 44 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

La sfera dell’acqua

Acque salate L’acqua di mare, come è noto, è salata e per questo imbevibile. In media 1 L di acqua marina contiene 35 g di sali disciolti (salinità = 35 per mille). In realtà i valori possono oscillare in funzione delle dimensioni dei bacini, del riscaldamento solare e quindi dell’evaporazione, dell’apporto di acque dai fiumi e della piovosità. Nel complesso gli oceani presentano valori abbastanza costanti, compresi tra 34 e 36 per mille.

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Che cos’è l’idrosfera? Quali sono le proprietà eccezionali dell’acqua? Come si ricicla l’acqua? Che cosa contiene l’acqua degli oceani?

Il grafico qui sotto mostra le variazioni della salinità delle acque oceaniche superficiali al variare della latitudine, cioè della distanza dall’Equatore. Esso è accompagnato dai grafici (tratteggiati) di due altri fattori, la piovosità e l’evaporazione, che condizionano la salinità.

Quali sono le cause dei movimenti delle acque marine? Quali sono le acque continentali? Che cos’è una falda freatica?

Sai rispondere? 1. Quali sono le acque meno salate e quelle più salate? A quali zone del globo corrispondono? 2. Come varia la salinità con l’evaporazione e con la piovosità? 3. Diversamente da quello che si potrebbe pensare, all’Equatore, nonostante il riscaldamento solare, le acque marine sono meno salate che a latitudini superiori. Qual è il motivo? 4. Il Mediterraneo ha una salinità piuttosto elevata, fino al 39 per mille. Sapresti spiegare quali possono essere le cause?

Perché l’acqua oggi è un bene in pericolo?

150

salinità per mille

100 36

50

35 34 Sud

Equatore 40

20

salinità

B 46 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

0 latitudine evaporazione

Nord 20

40

precipitazioni

precipitazioni (cm2 anno)

3

unità

unità 3 La sfera dell'acqua

2 D

L’acqua, un composto straordinario

a un punto di vista chimico, l’acqua è un composto formato da due elementi: idrogeno (H) e ossigeno (O). La formula chimica è nota a tutti: H2O. L’unità chimica base dell’acqua è una molecola in cui due atomi di idrogeno sono legati a un atomo di ossigeno (figura 3). In un sorso d’acqua ci sono molti miliardi di miliardi di queste molecole, tenute assieme da legami più deboli di quelli che legano l’idrogeno e l’ossigeno all’interno di ciascuna di esse. Questi particolari legami tra le molecole dell’acqua sono chiamati legami idrogeno. Quando l’acqua viene portata all’ebollizione, i legami idrogeno si spezzano: la loro rottura permette alle molecole dell’acqua di allontanarsi le une dalle altre, per cui l’acqua passa allo stato gassoso, trasformandosi in vapore acqueo (figura 4). Anche a temperature inferiori a quella di ebollizione (che è 100 °C alla normale pressione atmosferica), le molecole di acqua tendono costantemente ad abbandonare la superficie libera dell’acqua liquida e a passare allo stato di vapore. Questo processo, chiamato evaporazione, è una trasformazione da liquido in vapore meno rapida di quella che si verifica all’ebollizione.

figura 4. ö Nella foto sono contemporaneamente presenti i tre stati fisici dell’acqua: solido nell’iceberg, liquido nel mare e vapore nell’atmosfera.

A diferenza di altre sostanze, l’acqua rimane liquida entro un intervallo di temperatura piuttosto ampio, tra 0 °C e 100 °C. Quando però la temperatura scende a 0 °C, le molecole dell’acqua si aggregano tra loro in modo stabile: l’acqua passa allo stato solido e si forma il ghiaccio. Nel ghiaccio i legami idrogeno sono più numerosi che nell’acqua liquida e le molecole sono disposte in modo ordinato a formare un reticolo cristallino (vedi figura 4). L’acqua è l’unica sostanza, tra quelle più comuni, che esiste in natura in tutti e tre gli stati fisici: è liquida negli oceani, nei laghi, nei fiumi e nelle minuscole goccioline delle nubi; è presente sotto forma di vapore nell’atmosfera; è solida nei ghiacciai montani e nelle calotte glaciali che ricoprono i Poli. L’acqua è basilare per la vita; la vita è nata nelle acque e tutti gli organismi sono fatti in gran parte di questa sostanza: nel nostro corpo essa rappresenta oltre il 60% della massa. !#$^* ) Per fissare i concetti 3 Descrivi com’è fatta una molecola di acqua. 4 Come si chiamano i legami che tengono unite tra loro, nel ghiaccio e nell’acqua liquida, le molecole dell’acqua? 5 Qual è un’importante caratteristica dell’acqua? STATO GASSOSO

Allo stato gassoso i legami idrogeno sono spezzati e le molecole si muovono indipendentemente.

Allo stato solido le molecole sono tenute insieme da legami idrogeno.

STATO SOLIDO

STATO LIQUIDO

Allo stato liquido alcuni legami idrogeno si spezzano.

B 49 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

3 V

Le proprietà dell’acqua

ediamo ora alcune proprietà dell’acqua. Densità. La densità dell’acqua (figura 5a), ossia il rapporto tra la massa e il volume, vale (a 4,0 °C) circa un grammo 3 per centimetro cubo (1 g/cm ). Come avviene per qualsiasi sostanza, anche la densità dell’acqua varia al variare della temperatura. In generale, quando si riscalda una sostanza, questa si dilata, cioè aumenta di volume e dunque diminuisce di densità; quando viceversa la si rafredda, si contrae e dunque aumenta di densità. L’acqua però presenta un comportamento anomalo rispetto alle altre sostanze. Quando si rafredda, l’acqua si contrae soltanto fino a 4 °C, temperatura alla quale presenta la massima densità; se la si raffredda ulteriormente, invece di continuare a contrarsi, si dilata. Quando infine, a 0 °C, l’acqua pura diventa ghiaccio, il suo volume risulta circa il 10% maggiore di quando era liquida (figura 5b). Ciò significa che il ghiaccio è meno denso dell’acqua liquida quindi più leggero. Ecco perché il ghiaccio galleggia sull’acqua. Questo fatto ha importanti conseguenze. Per esempio, quando un lago comincia a gelare, il ghiaccio che si forma ne ricopre la superficie e protegge, con la sua azione isolante, l’acqua sottostante da un ulteriore rafreddamento. In questo modo, la maggior parte dell’acqua rimane liquida e la vita nel lago può continuare (figura 6). Se anziché galleggiare il ghiaccio afondasse, le masse d’acqua congelerebbero da cima a fondo e, al di sopra di una certa latitudine, mari, fiumi e laghi rimarrebbero in gran parte ghiacciati e privi di vita.

4 °C –5 °C

Calore specifico. Un’altra proprietà particolare dell’acqua riguarda il suo comportamento termico. A parità di calore assorbito, un oggetto di ferro si scalda infatti molto di più di un’uguale massa di acqua. Per esprimere quantitativamente questa diversità di comportamento delle diferenti sostanze nei confronti del calore, si è introdotto il concetto di calore specifico. Il calore specifico di una sostanza è la quantità di calore che deve essere assorbita o ceduta da 1 g di quella sostanza perché la sua temperatura vari di 1 °C. Per innalzare di 1 °C la temperatura di 1 g di acqua occorre una quantità di calore da 3 a 5 volte maggiore di quella necessaria per innalzare di 1 °C la temperatura di 1 g di terra e circa 10 volte maggiore di quella necessaria per innalzare, sempre di 1 °C, la temperatura di 1 g di ferro. Si trova così che rispetto ad altri materiali l’acqua ha un calore specifico elevato. Un’importante conseguenza dell’elevato calore specifico dell’acqua è l’azione mitigatrice che le grandi masse d’acqua hanno sul clima. Nei mesi caldi il mare, come un grande «serbatoio termico», immagazzina il calore solare riscaldandosi più lentamente e in misura minore rispetto alla terraferma (figura 7). Pertanto, a parità di calore ceduto dal Sole, le regioni dell’entroterra, lontane dal mare, si scaldano di più di quelle vicine al mare. Viceversa, nei mesi freddi il mare si rafredda più lentamente e in misura minore della terraferma. Di conseguenza, le regioni lontane dal mare si rafreddano di più di quelle vicine al mare. In poche parole, rispetto all’entroterra le regioni vicine al mare hanno una minore escursione termica annua, cioè è minore la diferenza tra i valori massimi e quelli minimi della loro temperatura nell’arco dell’anno. Capacità solvente. L’acqua è un ottimo solvente, in grado di sciogliere moltissime sostanze. Questo è il motivo per cui non esiste praticamente acqua liquida pura in natura: l’acqua che scorre sulla superficie terrestre scioglie sempre una certa quantità di sali.

1 dm3

a

figura 5. ñï (a) A 4 °C la densità dell’acqua è 1 kg/dm3 (vale a dire 1 g/cm3). (b) L’acqua solida, cioè il ghiaccio, ha una densità minore dell’acqua liquida. Perciò 1 kg di ghiaccio ha un volume maggiore di 1 kg di acqua a 4 °C.

b

figura 6. R Nel mare, in un lago o in una pozzanghera, lo strato di ghiaccio si forma in superficie; in questo modo esso isola l’acqua sottostante impedendole di ghiacciare.

B 50 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 La sfera dell'acqua

In presenza di acqua, le particelle che costituiscono i sali si separano formando ioni (atomi o gruppi di atomi carichi positivamente o negativamente). Per esempio il sale da cucina, NaCl, in + – acqua forma ioni Na e Cl che si disperdono uniformemente tra le molecole d’acqua: il risultato è una soluzione, ossia un miscuglio omogeneo. In una soluzione, la sostanza che scioglie è detta solvente, la sostanza disciolta è detta soluto. Nel caso della soluzione di sale in acqua, l’acqua è il solvente, il sale è il soluto. La quantità massima di soluto che si scioglie in una data quantità di solvente a una determinata temperatura si dice solubilità di quel soluto a quella temperatura. La quantità di sali presenti in soluzione nell’acqua è notevolmente diferente a seconda che si tratti di acqua dolce, come l’acqua minerale o la comune acqua di rubinetto, o di acqua di mare. Un litro di acqua del Mediterraneo contiene circa 35 g di sali, mentre un litro d’acqua dolce non ne contiene che pochi decimi di grammo. I sali in genere tendono a sciogliersi in misura maggiore con l’aumentare della temperatura. Le acque termali calde che sgorgano nelle regioni vulcaniche sono infatti ricchissime di sali in soluzione. Quando giungono in superficie si rafreddano velocemente e, a causa della diminuzione della solubilità, lasciano voluminosi depositi di sali (figura 8).

figura 7. ñ L’acqua si riscalda più lentamente della terraferma. D’estate al mare, mentre la sabbia scotta, l’acqua rimane fresca.

L’acqua è in grado di sciogliere non solo i sali, ma anche i gas con i quali viene in contatto: principalmente l’ossigeno e l’anidride carbonica dell’aria. Le loro concentrazioni nell’acqua dipendono dalla maggiore o minore presenza di organismi e da fattori climatici quali la temperatura. Al contrario dei sali, la solubilità dei gas aumenta al diminuire della temperatura. L’ossigeno è dunque più abbondante nei mari freddi. È anche maggiormente presente nelle acque superficiali, a contatto con l’atmosfera ed esposte alla luce solare che rende possibile la fotosintesi. !#$^* ) Per fissare i concetti 6 Perché, per quanto riguarda la sua densità, l’acqua presenta un comportamento anomalo rispetto alle altre sostanze? 7 Descrivi brevemente due importanti conseguenze pratiche del fatto che il ghiaccio ha densità minore rispetto all’acqua liquida. 8 Che cosa si intende per calore specifico di una sostanza? 9 Spiega come, grazie all’elevato calore specifico dell’acqua, le grandi masse d’acqua hanno un’azione mitigatrice sul clima delle terre circostanti. 10 Perché, da un punto di vista chimico, in natura non esiste acqua liquida pura? 11 All’aumentare della temperatura, la solubilità dell’ossigeno nell’acqua aumenta o diminuisce? E quella dei sali?

figura 8. î Le acque termali calde contengono molti sali in soluzione che si depositano col raffeddamento.

B 51 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 La sfera dell'acqua

5 I

Le acque salate

l 97% dell’acqua presente sulla Terra si trova nei tre grandi oceani (Atlantico, Pacifico e Indiano), e nei mari ad essi collegati. L’acqua del mare ha un caratteristico sapore salato, conseguenza dell’alta concentrazione di sali presenti in soluzione. Un litro di acqua marina (ossia poco più di 1000 g) contiene in media 35 g di sali disciolti. Si dice che la salinità è il 35 per mille, e si scrive 35‰ (figura 10a). I valori della salinità diferiscono da zona a zona. La salinità media del Mediterraneo è circa il 38‰; quella del Mar Rosso il 40‰; nel Mar Baltico si toccano invece le punte più basse, con una salinità di appena il 5‰. Queste diferenze di salinità sono dovute a diversità nell’intensità dell’evaporazione, nella quantità di precipitazioni e nell’apporto di acqua dolce da parte dei fiumi. Dove l’evaporazione è molto intensa, la salinità è elevata (per esempio ai Tropici rispetto alle acque polari). Nei bacini interni come il Mar Morto fra Israele e la Giordania, dove il clima arido favorisce l’evaporazione e l’apporto fluviale è scarsissimo, la salinità raggiunge il 240‰: di conseguenza, la densità dell’acqua è molto alta e si galleggia facilmente. Dove si ha un forte alusso di acqua dolce dalla terraferma, la salinità diminuisce, perché i sali vengono diluiti; lo stesso accade dove si ha un clima umido e piovoso. Il cloruro di sodio (NaCl), il comune sale da cucina, costituisce da solo il 77% (circa 27 g/L) dei sali presenti in soluzione nell’acqua dei mari. Seguono il cloruro di magnesio (MgCl2, responsabile del sapore amaro dell’acqua marina), con circa 4 g/L, e vari solfati e carbonati che, complessivamente, assommano a circa 3 g/L (figura 10b). I sali disciolti nel mare vengono spesso utilizzati dagli esseri viventi. Alcuni sali costituiscono insieme alla CO2 il «cibo» principale

b

!#$^* ) Per fissare i concetti 14 Che cosa significa che l’acqua marina ha una salinità del 35‰? La salinità delle acque del mare è uguale dappertutto? Fai degli esempi e indica le cause delle eventuali variazioni. 15 Quali sono i sali più abbondanti nel mare? 16 Come varia la temperatura degli oceani con la latitudine? E con la profondità?

a

0 °C

NaCl (circa 27 g/L) evaporazione 1000 g acqua di mare

b 0

5 °C

1000 mL

Temperatura (°C) 10 20 30

10 °C

35 g di mL sale 500

termoclino

20 °C

altri sali (circa 3 g/L) MgCl2 (circa 4 g/L)

figura 10. ñï (a) L’acqua marina è un miscuglio omogeneo di acqua e sali. Se si lasciano evaporare completamente 1000 g di acqua di mare con una salinità del 35‰, si allontanano 965 g di acqua e restano, come residuo, 35 g di sali. (b) Distribuzione dei sali disciolti nell’acqua di mare.

0 500

15 °C

25 °C 25 °C 20 °C 15 °C 10 °C 5 °C 0 °C

Profondità (m)

965 g di acqua pura

a

di organismi fotosintetici come le alghe e sono chiamati nutrienti. La massima concentrazione di nutrienti si ha nelle acque costiere, dove giungono gli scarichi delle attività agricole e industriali dell’uomo. L’acqua del mare contiene anche sostanze non solubili in sospensione, come particelle minerali e sostanze organiche, oltre a numerosi gas disciolti, tra cui soprattutto ossigeno, anidride carbonica e azoto. La temperatura dell’acqua negli oceani diminuisce con la latitudine (figura 11a) e con la profondità (figura 11b). In superficie, all’Equatore supera i 25 °C, alle medie latitudini è di 15÷20 °C, mentre ai Poli è vicina allo zero. Con la profondità, la temperatura si abbassa dapprima gradualmente e poi, dai 500 ai 1000 m circa, presenta una rapida diminuzione; questo intervallo di profondità è chiamato termoclino. La temperatura media delle acque profonde degli oceani è di circa 2-3 °C. A causa del suo contenuto di sali, l’acqua di mare ha un punto di congelamento più basso di quello dell’acqua pura: un mare con salinità del 35‰ ghiaccia soltanto se la temperatura scende a –1,9 °C. Poiché durante il congelamento l’acqua si separa dai sali, il ghiaccio che si forma in superficie non è salato, mentre l’acqua liquida sottostante diventa più salata. È quanto accade nelle regioni polari, dove la formazione del ghiaccio aumenta la salinità dell’acqua.

Tra i 500 e i 1000 m circa di profondità si ha una brusca diminuzione della temperatura.

1000 1500 2000 2500 3000 3500

figura 11. ñï (a) Valori medi della temperatura delle acque superficiali nell’Oceano Atlantico: le acque più calde sono quelle delle basse latitudini; la temperatura decresce regolarmente via via che ci si avvicina ai Poli. (b) Variazione della temperatura con la profondità.

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sezione B Il sistema Terra

6 S

I movimenti del mare: correnti, onde e maree

tudiando l’atmosfera abbiamo scoperto che le masse d’aria sono soggette a quei movimenti che chiamiamo venti. Analogamente, anche la grande massa d’acqua degli oceani è soggetta a grandi movimenti che la rimescolano continuamente: le correnti, le onde e le maree.

Le correnti marine influenzano fortemente il clima delle regioni che lambiscono. La corrente del Golfo, per esempio, porta calore alle regioni dell’Europa settentrionale, in particolare alle coste irlandesi e a quelle scandinave. Alla stessa latitudine, sulla correnti calde correnti fredde

a

Le correnti marine. Le correnti marine possono essere paragonate a immensi fiumi che scorrono in un letto d’acqua seguendo un percorso quasi costante. La loro velocità, di pochi metri al secondo, è molto minore rispetto a quella dei venti. Le cause delle correnti marine sono: ● i venti, che, soiando sulla superficie delle acque, ne mettono in moto la massa; essi sono responsabili principalmente delle correnti superficiali; ● le diferenze di densità, dovute a diferenza di temperatura o di salinità (o di entrambe). Esse sono responsabili soprattutto dei rimescolamenti in senso verticale delle acque. correnti calde di superficie correnti profonde, fredde e salate b cor or

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figura 12. ïR (a) La circolazione convettiva tra le acque equatoriali (calde) e le acque polari (fredde) forma un serpentone che percorre gli oceani. (b) Schema delle correnti nelle acque superficiali dell’Oceano Atlantico.

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Le acque alle alte latitudini, vicino ai Poli, sono più fredde e più dense e tendono dunque a scendere in profondità. Viceversa, le acque alle basse latitudini, vicino all’Equatore, sono più calde e perciò meno dense. Per lo stesso principio che promuove la circolazione dell’aria atmosferica, anche nella massa delle acque oceaniche si hanno grandi movimenti convettivi dovuti alla diferenza di densità tra le acque calde delle basse latitudini e le acque fredde polari (figura 12a). Il complesso movimento delle acque superficiali e profonde è influenzato anche da altri fattori, come i venti dominanti e l’efetto Coriolis, dovuto L’effetto Coriolis alla rotazione terrestre. fa deviare in senso Consideriamo per esempio lo schema orario le correnti dell’emisfero di circolazione delle correnti superficiali settentrionale e in dell’Oceano Atlantico (figura 12b). Gli alisei, senso antiorario che nell’emisfero settentrionale spirano da quelle dell’emisfero nord-est verso sud-ovest, e dunque dall’Afrimeridionale. ca verso l’America del sud, spingono le acque dell’Oceano Atlantico verso il Golfo del Messico, dove il livello del mare risulta più alto di circa 1 m rispetto alle altre zone dello stesso oceano. La grande quantità d’acqua calda che si raccoglie nel Golfo del Messico tende poi a fluire verso nord, dando origine alla corrente del Golfo. Giunta più a nord, questa corrente si dirama in varie direzioni: una parte prosegue verso nord (corrente nord-atlantica), una parte torna a sud lambendo le coste atlantiche europee e africane (corrente delle Canarie).

c

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Ca

unità 3 La sfera dell'acqua

sponda opposta dell’oceano, vi sono regioni a clima decisamente più freddo, come il Labrador canadese e la Groenlandia; queste regioni sono toccate dalle correnti fredde che scendono da nord. Una «piccola corrente del Golfo» è stata individuata anche nel Mediterraneo: è la corrente del Golfo di Trieste che scorre in direzione nord-sud (figura 13). Senza il rimescolamento delle acque da essa provocato, l’Adriatico si trasformerebbe in un mare sempre più caldo e fermo. Anche se lente, le correnti marine spostano enormi masse d’acqua: la sola corrente del Golfo trasporta una quantità d’acqua che è circa 25 volte maggiore di quella trasportata da tutti i fiumi del mondo messi insieme. Le correnti marine profonde sono molto meno conosciute di quelle superficiali. Si sa, per esempio, che esiste una corrente profonda tra Oceano Atlantico e Mediterraneo: l’acqua dell’At-

lantico, a minor contenuto salino e quindi meno densa, entra nel Mediterraneo incanalata in correnti superficiali, mentre l’acqua del Mediterraneo, a maggior contenuto salino e quindi più densa, scorre in profondità al di sotto di essa in direzione opposta. Le onde. Le onde sono oscillazioni verticali delle acque prodotte dall’azione del vento sulla superficie del mare. Quando vediamo «passare» un’onda, abbiamo l’impressione che l’acqua si stia efettivamente spostando orizzontalmente. Ma il movimento dell’acqua è sostanzialmente un movimento verticale, in su e in giù. Ciò risulta evidente se si osserva un qualsiasi oggetto galleggiante: oscilla in su e in giù, senza spostarsi in avanti (figura 14). Ciò che si sposta lateralmente è solo la «forma» dell’onda, cioè l’alterazione causata dalla forza del vento.

figura 13. ò Attraverso la soglia di Gibilterra entra nel Mediterraneo una corrente superficiale d’acqua oceanica meno salata (rosso), ed esce verso l’Atlantico una corrente più profonda di acqua più salata e pesante (blu). La corrente del Golfo di Trieste è in bianco. In superficie, entra nel Mediterraneo dall’Atlantico acqua meno salata e meno densa. In profondità, esce dal Mediterraneo verso l’Atlantico acqua più salata e densa.

L’onda alla base rallenta per l’attrito mentre la sommità avanza e forma un frangente.

In prossimità della riva le traiettorie circolari si schiacciano diventando ellittiche.

figura 14. ò Al «passaggio» di un’onda le particelle d’acqua si muovono «su e giù», come dimostra il fatto che un oggetto galleggiante, come un pallone, rimane sempre nello stesso punto.

frangente

risacca

Il movimento delle particelle d’acqua è un cerchio che rimpicciolisce con la profondità.

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sezione B Il sistema Terra

In realtà, le particelle d’acqua compiono un moto circolare: al passaggio dell’onda vengono sollevate, spostate un po’ in avanti, poi abbassate e spostate un po’ all’indietro. In prossimità della riva, in acque poco profonde, queste traiettorie circolari diventano ellittiche, cioè schiacciate. In questa situazione, infatti, l’attrito con il fondo rallenta la velocità di spostamento delle particelle d’acqua a contatto con esso, le quali a loro volta rallentano quelle soprastanti, e così via. Pertanto, le particelle d’acqua in superficie si trovano a essere più veloci, e dunque in anticipo, rispetto alle particelle d’acqua sottostanti. Ne consegue il crollo in avanti dell’onda che, come si usa dire, si «rompe», formando il frangente. Nel frangente si ha uno spostamento orizzontale delle particelle d’acqua. Questo fenomeno è sfruttato, per esempio, dai surfisti per «cavalcare» le creste delle onde. Dopo essersi riversata sulla riva, l’acqua del frangente torna al mare con la risacca.

Le maree. Le maree sono il periodico elevarsi e abbassarsi del livello dell’acqua del mare, dovuto all’attrazione gravitazionale della Luna e, in misura minore, all’attrazione gravitazionale del Sole. L’attrazione gravitazionale della Luna provoca un sollevamento delle acque oceaniche sulla parte della Terra rivolta verso di essa e in quella diametralmente opposta: è l’alta marea. Al tempo stesso, nelle regioni adiacenti si ha un abbassamento del livello marino dovuto allo spostamento dell’acqua verso le regioni di alta marea: è la bassa marea. A causa della rotazione terrestre, nell’arco della giornata le zone in cui si verifica l’alta marea si spostano sulla superficie della Terra. In questo modo si hanno, in ogni punto del mare, due alte e due basse maree al giorno. In pratica, il mare avanza e si ritira ogni sei ore circa (figura 15a e b). Anche il Sole esercita un’attrazione gravitazionale sulla Terra, ma la sua forza sulle acque è decisamente minore. Infatti, pur avendo una massa molto maggiore di quella della Luna, il Sole è di gran lunga più lontano dalla Terra, pertanto il suo ef-

a

Polo norrd

Mo Mon M ont on SSa Sai aiint a nt Mi Mic M iicch heel

forza d’attrazione lunare

alta l marea su M Mont S Saint i Mi Miche h l

b

dopo 6 ore Mo Mon M ont on Sa Sai aint ai nt M Miiicchel Mic

Pol Pol o o no orrd

forza d’attrazione lunare

bassa marea su Mont Saint b i Michel i h l figura 15. óñ A causa della rotazione terrestre, in ogni punto del mare si hanno due alte e due basse maree al giorno, che si alternano ogni 6 ore circa. (a) Mont Saint Michel, in Francia (foto) nel punto rosso si trova in alta marea. (b) Dopo poco più di 6 ore si trova in bassa marea nel punto rosso.

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unità 3 La sfera dell'acqua

a

fetto gravitazionale è più debole. Nei periodi di luna piena e di luna nuova, Terra, Sole e Luna si trovano allineati, e si hanno le massime oscillazioni di marea, perché gli efetti di attrazione del Sole e della Luna si sommano (figura 16a). Invece, al primo e ultimo quarto di Luna, i due efetti si contrappongono e si hanno le maree minime (figura 16b). In Italia, nello stretto di Messina, le diferenze di marea tra Tirreno e Ionio e l’incontro-scontro tra le loro acque con caratteristiche (salinità, temperatura, densità) diverse, generano correnti ed estesi gorghi la cui presenza ha alimentato in passato la leggenda di Scilla e Cariddi, due voraci mostri marini in grado di ingoiare le imbarcazioni o di farle naufragare.

Marea massima: l’attrazione della Luna (chiaro) e del Sole (scuro) si sommano perché i due corpi sono allineati.

Sole

b

Marea minima: l’attrazione della Luna (chiaro) non si somma a quella del Sole (scuro) perché i due corpi sono ad angolo retto rispetto alla Terra.

!#$^* ) Per fissare i concetti

17 Che cos’è una corrente marina? Quali sono le due principali cause delle correnti marine? 18 A che cosa è dovuta la corrente del Golfo? Qual è all’incirca il suo percorso? Che influenza ha sul clima? 19 Perché diciamo che a spostarsi sulla superficie del mare è la forma dell’onda, non le particelle d’acqua? 20 Che cosa sono le maree? Da che cosa sono causate?

Sole

figura 16. ïî (a) Marea massima. (b) Marea minima.

persapernedipiù

El Niño

L

ungo la costa pacifica dell’America meridionale, come per esempio lungo il litorale peruviano, i venti alisei che spirano lungo la costa provocano uno spostamento delle acque superficiali verso il largo. Ciò causa un richiamo di acque fredde profonde, che salendo provocano un leggero raffreddamento delle regioni costiere, ma apportano anche una grande quantità di nutrienti, presenti nelle acque profonde (figura A). Queste correnti di acque in risalita sono dette ascensionali (in inglese, upwelling). Quando, a causa di complessi fenomeni meteorologici, gli alisei spirano con minor forza, l’acqua calda staziona in prossimità della costa e non si ha risalita delle acque profonde. Il mancato apporto di nutrienti ha conseguenze negative sulla vita degli organismi acquatici: diminuiscono le popolazioni di pesci e gli abitanti delle aree costiere

subiscono un danno economico derivante dalla minore produttività della pesca. Questo fenomeno è chiamato El Niño o bambino, perché tende a verificarsi intorno a Natale. Negli anni in cui si verifica, la maggiore temperatura lungo la costa comporta maggiore umidità e precipitazioni, che a volte possono essere disastrose.

vento dominante correnti verso il largo

acqua calda povera di sali nutritivi

perfissareiconcetti • Spiega come può avvenire, lungo le coste del Perù, la risalita di acque profonde fredde. • Spiega perché la mancata risalita delle acque profonde comporta danni economici alle popolazioni peruviane.

100 km

acqua fredda profonda ricca di nutrienti

figura A. ñ Corrente ascensionale (upwelling) di acqua fredda, ricca di nutrienti, lungo la costa. L’acqua profonda è richiamata in superficie dallo spostamento verso il largo delle acque superficiali, più calde, causato dal vento.

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sezione B Il sistema Terra

7 A

Le acque dolci dei ghiacciai, dei fiumi e dei laghi

nalizziamo ora la parte di idrosfera costituita dalle acque dolci dei ghiacciai e dalle acque dolci continentali che scorrono sulla superficie terrestre. Il volume delle acque continentali, costituite soprattutto dai laghi e, in minor misu3 ra, dai fiumi ammonta a circa 200 000 km . I ghiacciai. La maggior parte dell’acqua del pianeta è ghiacciata ed è concentrata nelle calotte polari. Al Polo sud un’immensa calotta glaciale ricopre l’Antartide, un continente grande come l’Europa e la Russia europea messe assieme. Al Polo nord la maggior parte del ghiaccio è marino, e copre il Mar Glaciale Artico; una calotta glaciale, molto più piccola di quella antartica, copre la Groenlandia. I ghiacciai si formano là dove il clima è abbastanza freddo da far sì che la quantità di precipitazioni nevose invernali superi mediamente la quantità di neve che fonde quando fa più caldo. Le nuove nevicate alimentano la massa del ghiacciaio, come la pioggia alimenta i fiumi. La neve che si accumula nei bacini di raccolta si compatta sotto il peso della neve sovrastante e si trasforma gradatamente in ghiaccio. Dai bacini di raccolta i ghiacciai scendono come grandi lingue lungo le valli. Al di sotto di una certa quota il ghiaccio tende a fondere e l’acqua di fusione dà origine a un corso d’acqua. Per azione del proprio peso, il ghiaccio si muove, scorrendo molto lentamente, in genere alla velocità di pochi metri all’anno. Nel suo movimento frantuma le sporgenze rocciose dei pendii e trasporta detriti che poi deposita sia ai lati sia sulla parte

1979

frontale, formando accumuli di materiali rocciosi di diverse dimensioni, chiamati morene. L’estensione dei ghiacci sulla Terra non è sempre stata la stessa. Considerando i tempi geologici, negli ultimi 2 milioni di anni i ghiacci si sono espansi e contratti più volte, con un succedersi di periodi glaciali e di periodi interglaciali a clima più mite. Durante l’ultima glaciazione, terminata 12 000 anni fa, il ghiaccio ricopriva un’area molto più estesa dell’attuale, con spessori molto maggiori. Noi oggi viviamo in un’epoca interglaciale relativamente calda e in particolare negli ultimi decenni, a causa del riscaldamento globale, i ghiacci si stanno ovunque ritirando. In Groenlandia la porzione di calotta in cui d’estate per il disgelo si formano laghi, un tempo limitata a una stretta fascia di costa, oggi è penetrata molto più all’interno. Ma è soprattutto dalla calotta artica che giungono i segnali più preoccupanti: i rilevamenti dei satelliti ci segnalano che in poco più di venti anni la sua estensione è diminuita del 20%. Lo conferma il fatto che recentemente si sono aperti al transito delle navi, per alcune settimane in estate, canali marini di solito bloccati dai ghiacci, come il famoso passaggio a Nord-Ovest (figura 17). L’apertura di nuove rotte commerciali è destinata a sollevare contenziosi giuridici, politici ed economici tra le nazioni interessate. La riduzione dei ghiacci riguarda anche i ghiacciai delle Alpi che stanno arretrando a ritmo accelerato, come risulta evidente da foto e cartoline che ritraggono la loro estensione a distanza di decenni (figura 18).

2007

Il passaggio a Nord-Ovest, la via navigabile tra Europa e Asia, generalmente inagibile per i ghiacci, è aperta.

2005

figura 17. óñ La riduzione della calotta artica in seguito al riscaldamento globale nell’ultimo mezzo secolo.

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unità 3 La sfera dell'acqua

I fiumi. Un fiume è un corso d’acqua alimentato dalle acque piovane e, indirettamente, dalle acque sotterranee delle falde che fuoriescono in superficie. Le acque fluviali si raccolgono negli alvei (o letti), in cui scorrono verso il basso guidate dalla forza di gravità. Dalle zone più elevate, in montagna o in collina, piccoli corsi d’acqua si formano a partire dalle sorgenti; via via confluiscono a formare torrenti, che a loro volta si uniscono in corsi d’acqua maggiori, fino a formare il ramo principale del fiume. Risalendo un fiume dalla foce troveremo via via un gran numero di ramificazioni. L’insieme di tutte queste ramificazioni costituisce il reticolo idrografico. L’area su cui si sviluppa il reticolo idrografico di un fiume viene chiamata bacino idrografico o bacino imbrifero del fiume (figura 19).

Il percorso di un fiume può subire delle variazioni nel tempo, tanto da essere deviato. Un fiume può per esempio modificare il suo percorso in seguito a cattura fluviale. Questo fenomeno avviene di solito quando la capacità erosiva del corso d’acqua, che scende da un versante, è tale da demolire un tratto di spartiacque e da intercettare le acque del fiume con minore capacità erosiva, che scorre nel bacino idrografico del versante opposto (figura 20).

S. Gottardo

M. Bianco

M. Rosa

Aosta a

Stelvio

Dora B.

Ticino

Dora R.

Delta del Po Po

Milano

Mantova

Piacenza

M. Viso Tanaro Po

Parma

Panaro

M. L ig u r e

figura 19. ñ Il reticolo dei corsi d’acqua compresi nel bacino idrografico del Po.

b

Trebbia

Mar Adriatico

Torino

figura 20. ö (a) La forza erosiva del corso d’acqua è tale da erodere a monte fino a demolire parte dello spartiacque che lo separa dal corso d’acqua del versante opposto. (b) Il fiume «catturato» versa le sue acque nel fiume «predatore». spartiacque

a fiume B

fiume A

b

corso d’acqua catturato fiume asciutto

Il fiume A che scorre in un versante con maggiore pendenza erode lo spartiacque e cattura un tratto del fiume B. punto di cattura

figura 18. ñ Le foto del ghiacciaio delle Mine in Lombardia mostrano l’arretramento dei ghiacci dal 1932 (a) al 1990 (b).

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sezione B Il sistema Terra

I fiumi hanno caratteristiche torrentizie nella parte alta del loro bacino idrografico. Per l’alta pendenza del loro alveo, qui le acque scorrono impetuose, trasportando con sé detriti più o meno grossolani. Più a valle, dove la pendenza diminuisce e il fiume entra nelle zone pianeggianti, i rami minori si uniscono a formare un grande corso d’acqua principale, che scorre più lentamente, trasportando anche grandi quantità d’acqua. Durante un periodo di forte pioggia tutti i corsi d’acqua portano contemporaneamente al corso d’acqua principale ingenti quantità d’acqua; si può avere così una piena. Giunto al mare, il fiume può sfociare in diversi modi. Se la sua corrente è molto forte ed è quindi alta la capacità di trasporto dei detriti, se le correnti marine sono abbastanza deboli lungo la riva e il mare non presenta dislivelli significativi di maree, si può formare un accumulo di materiale alla foce, dalla caratteristica forma a ventaglio, chiamato delta. Se è invece la forza del mare a prevalere, si formerà una foce a estuario, con il mare che penetra all’interno della costa asportando i materiali depositatisi.

I laghi. Un lago si forma quando si accumula acqua proveniente da uno o più fiumi, prima di arrivare al mare. Ciò accade in presenza di particolari situazioni, come l’esistenza di una conca o lo sbarramento del fiume da parte di un ostacolo, che permettono all’acqua di raccogliersi in grande quantità. Esempi di conche in cui si raccolgono le acque lacustri sono i crateri di vulcani spenti (laghi vulcanici) e le cavità scavate dall’azione erosiva di un ghiacciaio (laghi di escavazione glaciale). Esempi di laghi di sbarramento sono quelli provocati da grandi frane, che bloccano il corso del fiume, e i laghi artificiali che si formano alle spalle delle grandi dighe. I laghi rappresentano comunque una fase di transizione del paesaggio e in un periodo di tempo di 5000÷20 000 anni possono sparire, colmati dai sedimenti. Alcuni fra i laghi più duraturi si trovano in profonde valli tettoniche formate dai movimenti della crosta terrestre. Sono detti laghi tettonici e tra essi troviamo il lago Baikal in Russia e il già citato Mar Morto, impropriamente denominato mare: in realtà è un lago di origine tettonica che occupa una profonda depressione della crosta terrestre. !#$^* ) Per fissare i concetti 21 Come si formano i ghiacciai? Qual è la loro importanza? 22 Che cosa si intende per reticolo idrografico di un fiume? E per bacino idrografico? 23 Che forma può avere la foce di un fiume? Da che cosa dipende? 24 Quando si forma un lago?

pori l’arenaria è una roccia porosa permeabile

frattura

il calcare fratturato è una roccia permeabile

l’argilla è impermeabile figura 21. ñ Alcune rocce sono permeabili, permettono cioè all’acqua di penetrare al loro interno, perché dotate di pori o di fessure. Le rocce che non fanno passare l’acqua sono invece impermeabili. figura 22. î Le gigantesche tubature dell’acquedotto sotterraneo, denominato il Grande Fiume, che trasporta l’acqua fossile dal deserto alle città libiche della costa.

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unità 3 La sfera dell'acqua

8 I

Le acque sotterranee

animazione 5

l sottosuolo è spesso costituito a volte da ghiaie e sabbie o da rocce porose e fratturate. In questi casi l’acqua delle precipitazioni s’infiltra lentamente nei piccolissimi pori tra i granuli detritici, o lungo le fratture, penetrando in profondità e imbevendo il sottosuolo come una spugna. I terreni e le rocce in cui è possibile la circolazione dell’acqua sono detti permeabili. Tipici materiali permeabili sono le ghiaie e le sabbie già citate, le arenarie e i calcari fratturati (figura 21). Quelli in cui invece la circolazione è impossibile, o estremamente diicoltosa, sono detti impermeabili. Tra questi ultimi abbiamo, per esempio, i terreni e le rocce argillose, o i calcari compatti. Le acque, per efetto della gravità, possono penetrare a profondità notevoli, finché non incontrano uno strato impermeabile che ferma la loro discesa e le costringe ad accumularsi nelle rocce porose soprastanti, formando riserve d’acqua dolce. La zona occupata dalle acque sotterranee prende il nome di falda acquifera o falda freatica.

suolo

Le acque sotterranee sono presenti anche dove non ce l’aspetteremmo mai. Al di sotto del deserto del Sahara si trova un’enorme falda acquifera, con una superficie complessiva pari a 2 volte l’Italia. L’origine di questo immenso serbatoio risale a un passato remoto in cui il clima della regione era molto più piovoso dell’attuale e le acque che scorrevano in superficie filtravano nel sottosuolo. A causa della sua antichità, quest’acqua è definita «fossile». In Libia un monumentale acquedotto preleva dal cuore del deserto l’acqua fossile e la convoglia alle rive del Mediterraneo dove viene utilizzata per la popolazione e le colture agricole (figura 22). Nelle falde, il cui spessore può variare da una decina a un centinaio di metri, l’acqua si muove lentamente attraverso le porosità del terreno. Quando la superficie di falda interseca la superficie terrestre, l’acqua può uscire all’esterno formando una sorgente (figura 23). La superficie della falda può essere raggiunta anche scavando pozzi. L’acqua delle falde acquifere può sciogliere, nel suo lento cammino, sali contenuti nei terreni attraversati e quando esce dalla sorgente può essere più o meno ricca di sali minerali. Controllate l’etichetta di una bottiglia d’acqua minerale per rendervi conto del gran numero di sali (sotto forma di ioni) in essa presenti. Nel sottosuolo può avvenire che l’acqua di una falda resti imprigionata tra d due strati impermeabili e vada sotto pressione. In questo caso, se si perfora pe lo strato impermeabile superiore, l’acqua sotto pressione sale spontaneamente nel pozzo e può arrivare anche a zampillare zampillar in superficie. Falde e pozzi di questo tipo sono detti artesiani ((figura 24).

strato permeabile strato impermeabile falda sorgenti figura 23. ñ Dove una falda acquifera interseca la superficie del suolo e l’acqua fuoriesce, si ha una sorgente.

fiume

zona di alimentazione della falda artesiana

pozzo artesiano zona di alimentazione della falda freatica fiume

pozzo freatico

L’acqua imprigionata tra due strati impermeabili risale spontaneamente in superficie. figura 24. î In una falda artesiana, se con un pozzo viene bucato lo strato impermeabile superiore, l’acqua in pressione risale spontaneamente verso l’alto e può anche uscire in superficie.

L’acqua viene prelevata.

argilla impermeabile arenaria permeabile

sabbia permeabile

argilla impermeabile

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sezione B Il sistema Terra

Le falde acquifere rappresentano, dopo i ghiacciai, la maggior riserva d’acqua dolce del globo. In molti casi l’acqua degli acquedotti delle nostre città viene prelevata da questi serbatoi sotterranei, tramite profondi pozzi. I livelli delle falde non rimangono sempre costanti, ma oscillano a seconda degli apporti (piogge, irrigazioni) e dei prelievi dai pozzi (figura 25). Quando in una regione sono concentrati numerosi pozzi che estraggono grandi quantità d’acqua, il livello della falda nel sottosuolo si può abbassare notevolmente. !#$^* ) Per fissare i concetti 25 Spiega come si forma una falda acquifera. 26 In quali condizioni si forma una falda artesiana?

9 L

L’acqua dolce: un bene prezioso

’acqua dolce è forse la risorsa più preziosa per l’umanità. Quella immediatamente disponibile per i bisogni quotidiani dell’uomo, rappresenta meno dell’1% di tutta l’acqua presente sulla Terra. Essa non viene usata solo a scopo potabile; la utilizziamo nelle case per usi domestici, nell’industria e in enorme quantità nell’agricoltura e nell’allevamento (figura 26). Per produrre 1 kg di carne bovina occorrono 15 000 L di acqua. Anche se, come abbiamo visto, l’acqua è sottoposta a un continuo «riciclo», oggi questo bene è in pericolo. Uno dei maggiori problemi è il degrado della qualità delle acque dolci che utilizziamo quotidianamente. Nei Paesi in via di sviluppo 1 miliardo di persone usano acqua inquinata dai microrganismi responsabili della trasmissione di gravi malattie come il tifo, il colera e le infezioni intestinali. Nei Paesi industrializzati, tra cui l’Italia, il pericolo più grave risulta invece l’inquinamento causato da sostanze tossiche come solventi clorurati, metalli pesanti e pesticidi derivanti dalle produzioni industriali e agricole. Inoltre aumentano le zone aride del pianeta, le riserve d’acqua dolce diminuiscono e le richieste sono in continuo aumento. figura 25. ôö Il livello di falda varia a seconda della quantità di precipitazioni.

precipitazioni abbondanti

innalzamento della falda

infiltrazione infiltrazione

sorgente attiva corso d’acqua pozzo profondo attivo

Il corso d’acqua è alimentato dalla falda.

pozzo superficiale attivo

durante un periodo secco

evaporazione

abbassamento della falda

sorgente inattiva corso d’acqua pozzo profondo attivo

pozzo superficiale asciutto

Il corso d’acqua alimenta la falda.

B 62 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Per ricordare 1

Che cos’è l’idrosfera?

2

Quali sono le proprietà eccezionali dell’acqua?

L’idrosfera è l’insieme di tutte le acque della Terra: dolci e salate, oceaniche e continentali, sotterranee e atmosferiche.

L’acqua ha una densità massima allo stato liquido a 4 °C. Al contrario delle altre sostanze, l’acqua si dilata quando viene raffreddata al di sotto di 4 °C. A 0 °C essa diventa solida (ghiaccio), e il ghiaccio ha una densità minore dell’acqua liquida: questo spiega perché vi galleggi sopra. L’acqua ha un calore specifico elevato. Ciò significa che le masse d’acqua possono assorbire o cedere grandi quantità di calore subendo variazioni relativamente piccole di temperatura. L’acqua è un ottimo solvente, cioè scioglie moltissime sostanze formando soluzioni, alcune delle quali sono di estrema utilità per gli esseri viventi.

L’acqua degli oceani contiene disciolta una grande varietà di sostanze, in particolare sali e gas. La salinità media dell’acqua degli oceani si aggira intorno al 35‰. Il sale presente in quantità maggiore è il cloruro di sodio (NaCl il sale da cucina). I gas più abbondanti sono l’anidride carbonica, l’ossigeno e l’azoto. A causa del contenuto in sali, l’acqua marina ghiaccia a temperature prossime ai –2 °C: il ghiaccio che si forma non contiene sali, mentre le acque sottostanti sono più salate e quindi più dense. 5

4

Che cosa contiene l’acqua degli oceani?

Come si ricicla l’acqua?

Si chiama ciclo dell’acqua (o ciclo idrologico) la serie di processi per cui l’acqua abbandona il serbatoio marino per entrare nel serbatoio atmosferico e di qui ritorna nel serbatoio marino direttamente mediante le precipitazioni (pioggia o neve) o attraverso i serbatoi continentali (fiumi, ghiacciai e falde acquifere). Il ciclo dell’acqua può essere suddiviso in due fasi: la fase atmosferica determinata dal riscaldamento delle masse d’acqua a opera dell’energia solare che ne provoca l’evaporazione; la fase terrestre determinata dalla gravità che riporta l’acqua in basso fino al mare.

Quali sono le cause dei movimenti delle acque marine?

I movimenti delle acque del mare sono di tre tipi: correnti, onde e maree. Le correnti marine possono essere paragonate a immensi fiumi che scorrono in un letto liquido seguendo un percorso quasi costante e condizionato dall’effetto Coriolis. Le cause delle correnti sono i venti e le differenze di densità. Le onde sono generate dal vento e sono oscillazioni locali delle particelle d’acqua che compiono un movimento prevalentemente verticale. In prossimità della riva l’attrito con il fondale produce il frangente. Le maree sono movimenti periodici di innalzamento e abbassamento del livello delle acque oceaniche, dovuti all’attrazione gravitazionale della Luna e, in misura minore, del Sole. 6

3

Quali sono le acque continentali? Che cos’è una falda freatica?

Pur essendo una risorsa pressoché illimitata, oggi l’acqua corre seri pericoli a causa dell’aumento dei consumi, dell’inaridimento del clima in alcune regioni e soprattutto del degrado della sua qualità (inquinamento).

Le acque continentali sono costituite dalle raccolte d’acqua presenti sulla superficie delle terre emerse e nel sottosuolo. Un ghiacciaio è una massa di ghiaccio in lento movimento per azione del proprio peso, che si forma per l’accumulo e la compattazione della neve. Un fiume è un corso d’acqua perenne che può essere alimentato direttamente dalle acque piovane e indirettamente dalle acque sotterranee delle falde acquifere. Un lago si forma quando, per varie cause, vi è un accumulo di acque provenienti da fiumi o da sorgenti. Le falde acquifere sono accumuli d’acqua sotterranei che si formano perché l’acqua piovana s’infiltra nei pori del terreno e delle rocce sottostanti, scende lentamente verso il basso e si arresta quando incontra uno strato impermeabile. Quando fuoriesce in superficie forma una sorgente.

7

Perchè l’acqua oggi è un bene in pericolo?

Termini chiave

▸ Calore specifico ▸ densità ▸ solubilità ▸ solvente ▸ soluto ▸ ciclo dell’acqua ▸ livello di base ▸ salinità ▸ correnti marine ▸ onde ▸ maree ▸ acque continentali ▸ ghiacciaio ▸ fiume ▸ lago ▸ falde acquifere ▸ pozzi artesiani ▸ sorgente

B 64 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 La sfera dell'acqua

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 8

L’acqua

L’ossigeno

a

è un elemento formato da atomi uguali.

a

è un gas che si scioglie nell’acqua.

b c

quando ghiaccia aumenta di densità.

b c

è più solubile nelle acque fredde.

ha un calore specifico elevato.

d

passa allo stato di vapore solo a 100 °C.

d

è solubile in uguale misura nelle acque fredde e in

viene prodotto dalle alghe con la fotosintesi. quelle calde.

2

L’acqua a b

9

scioglie solo pochi sali.

Il calore specifico a

allo stato liquido non esiste sulla Terra completamen-

è la quantità di calore necessaria a far evaporare l’acqua.

te pura. c

allo stato solido non presenta legami idrogeno.

d

non contiene gas disciolti.

b c

è maggiore per l’acqua che per la sabbia.

d

è maggiore per l’acqua che per il ferro.

è la quantità di calore che deve essere assorbita o ceduta da 1 g di sostanza perché la sua temperatura vari di 1 °C.

3

4

L’acqua dolce disponibile per i nostri consumi a

rappresenta circa il 50% del totale dell’idrosfera.

b c

non fa parte del ciclo idrologico. rappresenta meno dell’1% del totale dell’idrosfera.

a

il motore è l’energia solare.

d

è presa soprattutto dai laghi e dai fiumi.

b c

la forza di gravità ha un ruolo importante.

d

l’acqua viene riciclata insieme alle sostanze disciolte.

10

Nel ciclo idrologico, l’acqua

6

7

le piante partecipano con la traspirazione fogliare.

a

evapora dalle piante per condensazione.

b c

delle falde acquifere resta esclusa dal ciclo. evapora solo dalla superficie dei mari.

a

contengono acqua priva di sali minerali.

d

filtra in parte nel sottosuolo e si accumula in riserve

b c

sono riserve d’acqua sotterranee.

d

forniscono gran parte dell’acqua che utilizziamo nel-

11

sotterranee.

5

Nel ciclo idrologico

Le falde acquifere

La temperatura delle acque oceaniche a

cresce con la profondità.

b c

diminuisce con la profondità.

d

nelle profondità abissali è circa 30 °C.

le case.

12

in superficie, all’Equatore, è circa 4 °C.

forza di gravità.

b c

attrazione della Luna e del Sole.

d

rotazione terrestre.

Le maree a

sono dovute all’attrazione gravitazionale della Luna

b c

in ogni punto della Terra sono due alte e due basse.

e, in minor misura, del Sole.

Le correnti marine subiscono una deviazione per l’effetto Coriolis dovuto alla a

possono aiorare in superficie nelle sorgenti.

si distinguono in alta marea nella parte della Terra rivolta alla Luna e bassa marea nella parte diametralmente opposta.

d

forza centrifuga.

13

Le acque dei fiumi e dei laghi rispetto a quelle dei mari a

contengono la stessa quantità di cloruro di sodio.

b c

contengono gli stessi sali e nelle stesse quantità.

d

contengono gli stessi sali ma in quantità minore.

non contengono gas disciolti.

sono massime quando Terra, Luna e Sole sono allineati.

Le onde a

sono generate dal vento che soia sulla superficie del mare.

b c

sono movimenti verticali delle particelle d’acqua.

d

sono movimenti delle masse d’acqua che si spostano

in prossimità della spiaggia crollano in avanti formando frangenti. orizzontalmente.

B 65 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Esercizi, domande e problemi 1

Leggi attentamente questo brano e rispondi alla domanda.

3

Lo stretto di Gibilterra era considerato dagli antichi il confine del mondo dei vivi. Si pensava che fosse delimitato da due colonne dette «Le colonne di Ercole» in quanto era l’estremo limite raggiunto dall’eroe greco Ercole. Spingersi oltre era una sfida agli dei.

sostanza −

Ione cloro Cl

+

Ione sodio Na

++

Ione calcio Ca

Le correnti superficiali dello stretto favoriscono o ostacola-

++

Ione magnesio Mg

no la fuoriuscita dal Mediterraneo verso l’Atlantico? Moti-

Scrivi negli spazi vuoti dello schema i termini che corrispondono alle definizioni. Mettendo in fila le 9 lettere che cadono sul quadratino colorato di ogni risposta, potrai leggere il termine che indica l’insieme di tutte le acque presenti sulla Terra. a. Stato fisico in cui la densità dell’acqua è massima.

mari (%)

fiumi (%)

55,04

5,68

30,62

5,79

1,15

20,39

3,69

3,41

Rispondi alle seguenti domande.

va la risposta.

2

Nella tabella qui sotto trovi indicata la composizione media delle acque dei mari e dei fiumi relativamente ad alcune sostanze (% su sali totali).

a. b.

Quali diferenze puoi osservare? Quali organismi marini prelevano il calcio che i fiumi portano al mare?

4

Stacca da una bottiglia di acqua minerale l’etichetta e leggi che cosa contiene.

a.

Le sostanze indicate nella tabella precedente sono presenti anche nell’acqua minerale? (Nelle etichette

b.

i numeri che leggi non esprimono di solito delle per-

Costituiscono la riserva d’acqua nel sottosuolo.

centuali, ma delle quantità per litro).

b.

Nei paesi ricchi il consumo di acqua minerale, preferita all’acqua di rubinetto, è in continuo aumento.

c.

Processo tramite cui viene liberato vapore acqueo dal-

Analizza i pro e i contro l’uso dell’acqua minerale pre-

la superficie delle foglie.

sentati in tabella, aggiungi altre tue eventuali osservazioni ed esprimi il tuo parere confrontandoti anche

d.

Serbatoio dell’idrosfera che contiene gli ammassi di vapore acqueo.

coi tuoi compagni. Se lo ritieni opportuno, consulta qualche sito Internet per approfondire il tema; ti consigliamo di inserire nel motore di ricerca le seguenti parole chiave: acqua in bottiglia, acqua del rubinetto,

e.

Rapporto tra massa e volume di una sostanza.

f.

Quantità di calore che deve essere assorbita o ceduta da 1 g di sostanza perché la sua temperatura vari di 1 °C.

g.

La sostanza che, in una soluzione, tende a sciogliere

h.

Punto in cui l’acqua di una falda sotterranea aiora in superficie.

i.

Il maggior serbatoio d’acqua liquida.

bottiglie di plastica. Contro l’acqua minerale

Pro l’acqua minerale

L’acqua in bottiglia è meno controllata di quella del rubinetto. Inoltre, essendo l’acqua un ottimo solvente, riesce a portare in soluzione sostanze del contenitore che sono sotto inchiesta in quanto sembrano collegate all’aumento del rischio di tumori.

L’acqua del rubinetto in molte zone ha un sapore sgradevole e sa di cloro. Anche se si lascia riposare per una notte rimane il cattivo sapore. Inoltre, spesso le tubature sono vecchie e rilasciano ruggine.

L’aumento dell’uso dell’acqua di Per alcune persone è importanrubinetto ridurrà drasticamente te per la salute bere acqua con un determinato contenuto di la quantità di rifiuti di plastica. sali minerali che non è detto che corrisponda alle caratteristiche all’acqua del proprio rubinetto.

B 66 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 La sfera dell'acqua

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

do si verifica il massimo di marea: in novilunio, in

MAPPA

5

Completa la mappa concettuale utilizzando i termini proposti. Dai la definizione di quelli sottolineati.

plenilunio o quando si vede un quarto di Luna?

c.

Che cosa può causare una diminuzione locale della

d.

Cerca su Internet quali sono stati i valori massimi

pressione?

laghi e fiumi - oceani e mari - onde - dolci - maree - sotterranee - falde acquifere - salate - ghiacciai

dell’acqua alta negli ultimi vent’anni.

Le acque presenti sulla Terra RICERCA E RIFLETTI

possono essere distinte in

7

..............

........... . . .

che formano

che possono essere

superficiali che formano

Il grafico mostra lo scostamento della temperatura media delle acque oceaniche rispetto alla media del secolo scorso (pari a 16,4 °C) rappresentata nel grafico dallo 0. Esponi gli effetti di questo aumento riguardo ai seguenti punti:

. . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . che formano

i cui moti sono



solubilità dell’O2 e della CO2



formazione degli uragani



vita degli organismi marini

Per rispondere alle domande puoi aiutarti consultando Internet.

..............

Scostamento dalla media dell’ultimo secolo della temperatura dell’acqua oceanica

. ............ .

.............. 0,6

....... . . . . . . .

..............

correnti

0,4 0,2

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

6

Leggi questo brano e rispondi alle domande. A Venezia è ricorrente il fenomeno dell’acqua alta. A deter-

Temperatura media degli ultimi 100 anni (16,4 °C)

0 –0,2

minarlo sono essenzialmente tre fattori combinati: •

il massimo della marea, che può raggiungere valori di

–0,4

oltre 60 cm; •

una diminuzione locale della pressione che porta a un

1880

1900

1920

1940

1960

1980

2000

innalzamento delle acque della laguna; •

venti come lo scirocco che spingono le acque dell’Adriatico da sud verso nord: questi ultimi due fattori combinati possono causare un aumento del livello delle acque anche di 130 cm.

ENGLISH FOR SCIENCE

8

This text contains an error, do you know how to find it? Several factors can change the salt content of ocean wa-

Gli scienziati hanno calcolato inoltre un innalzamento

ter. When ocean water freezes, most of its salt stays in the

delle acque di circa 10 cm nell’ultimo secolo, in parte dovu-

surrounding water. Water in very cold areas can thus have

to alla dilatazione termica dell’acqua per l’aumento della

fairly high salinity. Cold ocean water can also hold more

temperatura, in parte dovuto all’incremento dell’apporto

oxygen than warm water. In warm areas a lot of ocean wa-

di acque di scioglimento dei ghiacciai.

ter evaporates. his evaporation reduces the salt concen-

a.

tration. When freshwater flows into the ocean, the salini-

Quali dei fattori elencati sono dovuti a fatti naturali e quali indotti dall’uomo?

b.

ty in that area decreases.

Quali eventi sono dovuti a fattori astronomici? Quan-

B 67 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

4

unità

La sfera delle rocce

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Le rocce sono di tanti tipi Le foto rappresentano alcuni campioni di rocce. Sono solo una minima parte dell'enorme varietà che si può trovare in natura. Per analizzare una roccia possiamo utilizzare i nostri organi di senso: la vista per percepire il colore e l’aspetto, il tatto per constatarne la compattezza o la granulosità; a volte anche il gusto può fornirci informazioni utili.

A

Com’è fatto l’interno della Terra? B

Come vengono classificate le rocce e come si formano? Come si sono formati i giacimenti di carbone e di petrolio?

C

Che cosa sono i minerali? Come si distinguono tra loro?

D

G

E F

Osserva attentamente le foto dei campioni di roccia dalle quali puoi ricavare alcune informazioni.

H

Sai rispondere? 1. Riconosci alcune rocce delle foto? 2. Descrivi quello che osservi. Confronta le rocce e indica le diffenze. 3. Sapresti dire per alcune rocce come si sono formate? 4. Dopo aver studiato l’unità prova a riconoscere le rocce indicando il loro nome.

B 68 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Molte opere umane sono realizzate a partire da rocce e minerali impiegati tali e quali o opportunamente lavorati: il marmo delle statue, il granito dei pavimenti, i mattoni e il cemento usati nell’edilizia. Anche la maggior parte dell'energia che utilizziamo proviene dalla combustione di rocce particolari come il carbone.

Sai rispondere? 1. Riconosci negli oggetti rappresentati rocce o minerali comuni? 2. Guardati intorno. Ci sono manufatti nell’ambiente in cui vivi (la scuola, la casa, la città) che come i precedenti sono ricavati dalle rocce? Prova a elencarli.

prova a fare

Rocce e minerali tra noi

Costruisci la tua roccia In questa attività capirai cosa occorre per formare una roccia partendo da una manciata di sabbia. Metti la sabbia in un contenitore, per esempio un cilindretto o una provetta, bagnala un po’ e pigiala. Ribalta il contenitore sul tavolo: hai ottenuto il risultato richiesto? È possibile costruire una roccia solamente compattando la sabbia, cioè esercitando una pressione? Cosa succede quando la sabbia si asciuga? Per rendere più compatta la sabbia occorre non solo compattare i granuli, ma anche legarli tra loro con un «cemento». Puoi verificare questa ipotesi procedendo in modo sperimentale. Prendi un altro contenitore e sciogli in un po' di acqua un «cemento» come sale da cucina, gesso in polvere o zucchero (anche se in natura lo zucchero non è presente nelle rocce); aggiungi la sabbia e mescola. Metti il tutto nel cilindretto e pigialo; ribaltalo sul tavolo e lascialo asciugare per qualche ora. In questo caso hai ottenuto una roccia compatta? Ripeti l'esperimento utilizzando diversi tipi di «cemento» e otterrai rocce di diversa durezza. Una roccia molto diffusa in natura, l’arenaria, si forma in un modo simile a quello appena visto. In questa unità scoprirai altre modalità di formazione delle rocce.

B 69 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

mantello

crosta

astenosfera litosfera

La litosfera è formata dalla crosta e dalla parte superiore del mantello.

mantello rigido

mantello semifluido

mantello solido L’astenosfera è la parte semifluida del mantello che scorre lentamente.

crosta (parte superiore della litosfera) La litosfera è suddivisa in placche mobili.

mantello nucleo esterno (liquido) nucleo interno (solido)

1 L

La struttura interna della Terra

a Terra, come la Luna e gli altri pianeti più vicini al Sole, è un pianeta roccioso. Al suo interno però, non è una sfera di roccia omogenea. Indagini indirette di vario tipo, in particolare quelle legate allo studio della propagazione delle onde sismiche, indicano che, internamente, la Terra è costituita da materiali di densità diversa disposti in gusci concentrici. L’origine della struttura «a strati» del nostro pianeta risale alle prime fasi della sua formazione, quando i materiali allo stato fuso che lo costituivano iniziarono a rafreddarsi e a solidificarsi, stratificandosi in base alla densità. Quelli più pesanti sprofondarono al centro, dove formarono il nucleo del globo; quelli più leggeri si disposero in superficie, dove formarono lo strato sottile che chiamiamo crosta terrestre. In sintesi, procedendo dall’interno verso la superficie, la struttura del nostro pianeta è la seguente: ● Il nucleo. È la parte interna più densa, con un raggio di circa 3500 km; si pensa sia costituito prevalentemente da metalli pesanti, come ferro (Fe) e forse nichel (Ni). Nel nucleo la temperatura è molto elevata, superiore a 6000 °C; i materiali sono allo stato solido nel nucleo interno (a causa delle enormi pressioni) e allo stato liquido nel nucleo esterno. ● Il mantello. È lo strato compreso tra il nucleo e la crosta superficiale con uno spessore di circa 2850 km. Esso è formato da silicati «pesanti», in cui il silicio (Si) e l’ossigeno (O) sono combinati prevalentemente con ferro e magnesio (Mg). ● La crosta. È il sottile involucro più esterno del globo terrestre, con uno spessore che varia tra i 7 km sotto gli oceani e i 70 km in corrispondenza dei continenti. Essa è formata da rocce composte in prevalenza da silicati «leggeri», perché costituiti, oltre che da silicio e ossigeno, da alluminio (Al), un metallo leggero. La crosta e la parte superiore del mantello formano insieme uno strato rigido spesso fino a 200 km, chiamato litosfera (dal greco lithos, pietra). Al di sotto della litosfera, nel mantello, le rocce sono parzialmente fuse e relativamente fluide, tanto da scorrere lentamente. Questa parte del mantello, detta astenosfera (dal greco «sfera debole»), mantiene queste caratteristiche fino a circa 300 km di profondità: oltre, il mantello torna a essere solido. La litosfera è rigida ma non è un blocco unico: essa è suddivisa in tanti frammenti, chiamati placche, che compongono una sorta di grande mosaico e che si spostano trascinate dai moti della sottostante astenosfera. Alcune di esse si muovono l’una verso l’altra fino a scontrarsi, altre invece si allontanano tra loro, altre ancora, aiancate, scorrono l’una rispetto all’altra (figura 1).

12 735 km !#$^* ) Per fissare i concetti figura 1. ñ In questo spaccato del nostro pianeta, troviamo la crosta, il mantello e il nucleo suddiviso in nucleo esterno e nucleo interno.

1

Procedendo dall’esterno verso l’interno, quali sono gli involucri che formano la sfera terrestre? Descrivi brevemente le caratteristiche di ciascuno di essi. 2 Che cosa si intende per litosfera? E per la astenosfera?

B 70 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La sfera delle rocce

2 Q

Le rocce della crosta

uando parliamo di rocce, ci riferiamo soprattutto alla crosta terrestre. Le rocce della crosta in genere non sono visibili perché nei continenti sono ricoperte dal suolo e, negli oceani e nei mari, sono ricoperte dalle acque. Tuttavia, quando sui continenti l’erosione asporta il suolo e il manto vegetale (figura 2), le rocce allo scoperto possono essere osservate e confrontate tra loro. Alcune appaiono come un unico ammasso roccioso; altre sono disposte in pile di strati sovrapposti e orientati in vario modo. Esaminate più da vicino, alcune, come i basalti, sono compatte e di aspetto omogeneo; altre, come i graniti appaiono composte da piccoli grani che possono essere osservati con una lente d’ingrandimento. Queste diferenze sono fondamentalmente riconducibili al modo in cui è avvenuta la loro formazione. Poiché i processi che portano alla formazione delle rocce sono tre, esse sono classificate in tre gruppi principali: ● le rocce magmatiche che provengono dal rafreddamento e dalla solidificazione di rocce fuse cioè di magmi; ● le rocce sedimentarie che provengono dall’accumulo, dalla compattazione e dal consolidamento di materiali di origine diversa, come frammenti di altre rocce o resti di organismi; ● le rocce metamorfiche che derivano da una trasformazione di rocce preesistenti sottoposte a elevate temperature e pressioni.

Le rocce magmatiche e quelle metamorfiche formano la maggior parte della crosta e sono localizzate soprattutto in profondità, oltre i 5 km. Quelle sedimentarie invece costituiscono soprattutto i primi 5-10 km della crosta e sono di gran lunga le più abbondanti in aioramento, cioè in superficie, dove spesso ricoprono le altre rocce (figura 3). figura 2. ñ L’erosione ha messo a nudo la roccia sottostante il manto vegetale.

rocce magmatiche

rocce sedimentarie vulcano 0

figura 3. î Sezione che mostra i tre tipi di rocce della crosta. Le rocce sedimentarie sono prevalenti in superficie. Più in profondità le rocce sono magmatiche o metamorfiche. I grandi ammassi di rocce magmatiche profonde sono detti plutoni.

5 km

10 km

rocce metamorfiche

Un plutone si forma da magma solidificato in profondità. plutone

B 71 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Tutti e tre i tipi di rocce sono formate da aggregati di minerali. I minerali sono solidi inorganici aventi una composizione chimica ben determinata e una struttura cristallina. Alcune rocce sono costituite da un solo tipo di minerale. Per esempio, il calcare privo di impurità è formato da un unico composto chimico, il carbonato di calcio (CaCO3), che nella sua forma cristallina è detto calcite (figura 4a). Più spesso, però, le rocce sono costituite da vari minerali. Per esempio, nel granito i minerali principali sono tre: il feldspato, la mica e il quarzo (figura 4b). I loro cristalli appaiono visibili come piccoli granuli, da cui il nome della roccia. Quando, come nel granito, i cristalli dei minerali sono abbastanza grandi da essere distinguibili a occhio nudo o con una lente, la roccia è detta macrocristallina. Diversamente dal granito, il basalto non ha un aspetto granulare e sembra fatto di una «pasta» fine e omogenea. Se però lo si osserva con un microscopio, si vedono cristalli piccolissimi, indistinguibili a occhio nudo. In questo caso la roccia è detta microcristallina. !#$^* ) Per fissare i concetti 3 Da che cosa sono costituite le rocce? 4 Quali sono le tre categorie fondamentali in cui vengono suddivise le rocce? Qual è il criterio utilizzato? 5 Che cosa si intende per roccia macrocristallina? Fai un esempio. 6 Che cosa si intende per roccia microcristallina? Fai un esempio.

a

3 A

Le rocce magmatiche

ll’interno della Terra, a profondità variabili in alcune zone della crosta e del mantello, vi sono rocce allo stato fuso, che formano il magma. In genere, il magma tende a risalire verso la superficie attraverso fratture. Se nella risalita il magma non riesce a raggiungere la superficie, si rafredda e solidifica lentamente all’interno della crosta. Se invece riesce ad aprirsi un varco nelle rocce sovrastanti, fuoriesce sulla superficie terrestre. Traboccando all’esterno, il magma perde i suoi componenti gassosi più volatili e forma una massa fluida chiamata lava, che si rafredda e solidifica velocemente. Le rocce magmatiche, o ignee (dal latino ignis, fuoco) si formano in seguito alla solidificazione dei magmi. Esse si distinguono in intrusive se derivano da magmi solidificati all’interno della crosta ed efusive se derivano dalla solidificazione di lave, ovvero di magmi fuoriusciti in superficie (figura 5). Da un punto di vista chimico, le rocce magmatiche sono costituite da silicati, formati soprattutto da silicio (Si) e ossigeno (O), cui si aggiungono in misura minore molti altri elementi, tra cui l’alluminio (Al), il ferro (Fe), il magnesio (Mg), il calcio (Ca), il

b

figura 4. ôõî Nel calcare (a) il minerale prevalente è la calcite. (b) Nel granito i minerali hanno dimensioni che vanno da 2 a 5 mm, circa come c quelle di un chicco di grano (da cui il nome). Essi sono il quarzo, d di colore bianco-grigio; il feldsp feldspato, in questo caso di colore color rosa chiaro; la mica che ch forma laminette scure e lucide.

Il feldspato è un minerale rosato.

Il quarzo è un minerale bianco traslucido.

La calcite è un minerale semitrasparente.

La mica è un minerale che si presenta in scagliette scure.

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unità 4 La sfera delle rocce

sodio (Na) e il potassio (K). I silicati costituiscono i minerali più abbondanti della crosta terrestre. Combinandosi assieme, silicio e ossigeno formano l’ossido di silicio (SiO2), chiamato anche silice, un composto chimico molto comune nella crosta terrestre. La quantità di silice presente nei magmi è un fattore molto importante per distinguere tra loro i diversi tipi di rocce magmatiche che da essi derivano.

cristalline), con cristalli di minerali ben distinguibili, alcuni dai contorni irregolari, altri più regolari, di colore variabile.

Le rocce magmatiche acide. Le rocce magmatiche acide hanno una percentuale in silice elevata, superiore al 65%. Per il contenuto di alluminio, sono di colore chiaro e hanno una densità di circa 3 2,7 g/cm . I magmi acidi da cui derivano sono generalmente densi e viscosi e, per questo, diicilmente riescono a risalire fino in superficie. La loro solidificazione avviene soprattutto all’interno della crosta terrestre, dove rafreddandosi formano grandi ammassi di rocce intrusive chiamate plutoni (vedi figura 3, p. B71). Il rafreddamento in profondità può richiedere anche alcune centinaia di migliaia di anni. Mentre lentamente il magma si rafredda, gli elementi chimici che lo compongono hanno il tempo di organizzarsi in cristalli abbastanza grandi da essere visibili a occhio nudo. Si formano così rocce a grana grossa (macro-

Nel massiccio del Monte Bianco (figura 6), nell’Adamello e nella Sila, in Italia, e nelle Montagne Rocciose, negli Stati Uniti, aiorano per kilometri e kilometri masse rocciose di granito. Questi graniti, formatisi milioni di anni fa all’interno della crosta, a profondità di diversi kilometri, sono stati sospinti verso l’alto, insieme alle rocce sovrastanti, dalle immani forze che deformano e sollevano le aree montuose, dovute ai movimenti delle plac-

Il basalto è una roccia microcristallina effusiva.

I graniti sono i tipici rappresentanti delle rocce acide intrusive: come tali, sono macrocristallini. Essi sono i principali costituenti della crosta che forma i continenti o crosta continentale (figura 8, p. B75).

Il granito è una roccia macrocristallina intrusiva.

colata lavica

figura 5. ò Le rocce magmatiche intrusive derivano da magmi che solidificano in profondità; quelle effusive derivano da lave che solidificano in superficie.

figura 6. ñ Il maestoso massiccio del Monte Bianco è costituito in prevalenza di graniti.

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sezione B Il sistema Terra

che litosferiche. Successivamente gli agenti atmosferici quali le piogge, il vento e il ghiaccio, hanno eroso gli strati superficiali portando così allo scoperto queste imponenti masse rocciose intrusive.

I basalti sono i tipici rappresentanti delle rocce basiche efusive e come tali, sono microcristallini. Essi sono i principali costituenti della crosta che forma il pavimento degli oceani o crosta oceanica (vedi figura 8).

Le rocce magmatiche basiche. Le rocce magmatiche basiche hanno una percentuale in silice più bassa, inferiore al 52%. Per il contenuto di ferro e magnesio sono di colore scuro e hanno una 3 densità di circa 3 g/cm . I magmi basici da cui derivano, al contrario di quelli acidi, sono più fluidi e scorrevoli. La maggior parte delle rocce efusive deriva da questo tipo di magma, che si forma soprattutto per la fusione di materiali rocciosi nell'astenosfera. È soprattutto da lì che provengono i magmi basici che efondono in superficie, sui continenti o sul fondo degli oceani attraverso le eruzioni. In superficie il rafreddamento è rapido e i minerali non hanno tempo suiciente per dare origine a grossi cristalli. Si formano così rocce microcristalline, d’aspetto omogeneo (figura 7).

Sono di basalto anche le rocce derivanti dall’attività vulcanica nelle isole Hawaii e in Islanda; in Sicilia sono di basalto le colate di lava dell’Etna (tabella 1). Tabella 1 Graniti e basalti a confronto GRANITO

BASALTO

Origine

intrusiva

effusiva

Struttura

macrocristalli

microcristalli

Contenuto in silice

oltre il 65% (acida)

inferiore al 52% (basica)

Aspetto

a macchie bianche, gri- omogeneo scuro, nero, gie, nere e rosa opaco

Tipo di crosta

continentale

oceanica

a

Oltre graniti e basalti, nella crosta vi è una grande varietà di altre rocce magmatiche, sia intrusive sia efusive. Alcune di esse testimoniano che è possibile avere anche rocce intrusive basiche e rocce efusive acide. Per esempio, i gabbri (figura 9) sono rocce basiche di prevalente colore verde e di composizione chimica uguale a quella dei basalti ma, al contrario di questi, sono intrusivi e dunque macrocristallini.

c

figura 7. ñî (a) Gli scogli dei Ciclopi, in Sicilia, che secondo la mitologia sono i blocchi di pietra lanciati dai Ciclopi contro le navi di Ulisse, sono in realtà basalti che derivano dal consolidamento di lave. (b) Un campione di basalto in cui diversi componenti minerali sono visibili solo al microscopio (c).

b

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unità 4 La sfera delle rocce

In alcune rocce effusive si osservano dei cristalli ben visibili, detti fenocristalli, circondati da una massa microcristallina. Questo tipo di roccia si forma dal rafreddamento del magma in fasi successive. In un primo tempo, a temperature più alte, quando il magma è più caldo e ancora all’interno della crosta, inizia la cristallizzazione di alcuni minerali con punto di solidificazione alto: si formano i fenocristalli, mentre il resto del magma resta allo stato fuso. In un secondo tempo, quando il magma raggiunge la superficie, cristallizzano anche gli altri minerali, con punto di solidificazione più basso: si formano i microcristalli. Il risultato è una roccia con una «pasta» di fondo di minuscoli cristalli, in cui sono immersi i fenocristalli. Rocce di questo tipo sono denominate porfidi (figura 10).

In alcune rocce effusive, derivate da magmi particolarmente acidi e viscosi, il rafreddamento è stato così rapido da formare una roccia vetrosa, l'ossidiana, nella quale manca una struttura cristallina. Le più famose ossidiane (figura 11), si trovano a Lipari, nell’arcipelago delle Eolie, accompagnate spesso da un’altra roccia efusiva acida molto caratteristica: la pomice, una roccia chiara e porosa, così leggera da galleggiare. !#$^* ) Per fissare i concetti 7 Che cos’è il magma? Quali sono i due tipi principali di rocce magmatiche? 8 Come si possono classificare le rocce magmatiche? 9 Quali sono le rocce intrusive ed effusive più comuni? 10 Che cosa sono i plutoni? 11 Che cosa sono i fenocristalli? Come si formano?

crosta continentale

litosfera

crosta oceanica

parte superiore del mantello

figura 8. ñ I due tipi di crosta: la più sottile e densa crosta oceanica, di natura basaltica, e la più leggera e spessa crosta continentale, di natura granitica.

figura 10. ï In Italia i porfidi, tagliati a cubetti e usati per la pavimentazione stradale, sono conosciuti con il nome popolare di «sanpietrini».

figura 9. ï I gabbri, rocce basiche macrocristalline, formano la base della crosta oceanica al di sotto dei basalti.

figura 11. õ Un’ossidiana, dall’aspetto vetroso e dalla tipica frattura arrotondata.

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sezione B Il sistema Terra

4 S

Le rocce sedimentarie

e dopo lo svuotamento di un lago artificiale si potessero osservare i materiali depositati sul fondo, si noterebbe che essi formano una serie di strati. Questi strati sono costituiti da detriti minerali, frammenti di roccia di varie dimensioni che, provenienti dai monti vicini, sono stati convogliati da rivoli e ruscelli nel lago artificiale. Arrivati nel lago, i detriti si sono depositati sul fondo formando strati di materiali poco compatti, detti sedimenti. Col tempo, l’accumulo dei vari materiali può portare in tempi relativamente brevi al completo interramento del lago artificiale. In bacini di raccolta più grandi, come i mari e gli oceani, l’accumulo dei sedimenti può proseguire per milioni di anni. In questo caso quelli depositati in precedenza vengono a mano a mano schiacciati da quelli che si depositano successivamente e cementati grazie al deposito di carbonato di calcio contenuto nelle acque circolanti. Si arriva così alla formazione di strati via via più induriti che formano un ammasso roccioso compatto: una roccia sedimentaria. Il processo che trasforma i sedimenti in roccia è detto litificazione (figura 12). In Italia le rocce sedimentarie aiorano ovunque, in particolare in spettacolari successioni di strati negli Appennini (figura 13). Le rocce sedimentarie non si formano solo dalla cementazione di materiali provenienti dalla demolizione delle rocce. In natura esistono molti altri processi che portano alla formazione di rocce sedimentarie; sulla base di questi processi esse sono classificate nelle tre seguenti principali categorie.

● Le rocce sedimentarie di origine clastica, (dal greco klastós, spezzato) o terrigene, che si formano per l’accumulo di detriti come descritto sopra; ● le rocce sedimentarie di origine organica, in cui i frammenti sono costituiti principalmente da gusci e scheletri di organismi fossili; ● le rocce sedimentarie di origine chimica, formatesi a seguito della precipitazione di sali presenti in soluzione nelle acque. Di ciascuno di questi tre tipi, esaminiamo ora le rocce più note e difuse, approfondendo alcuni aspetti della loro formazione. Rocce sedimentarie di origine clastica. Le rocce di origine clastica presentano spesso una struttura stratificata. In esse i frammenti, o clasti, possono essere di diversa grandezza. Se i clasti sono grossolani, come ciottoli o ghiaie, le rocce sono dette conglomerati e si distinguono in puddinghe (se i clasti sono arrotondati, senza spigoli) (figura 14) e brecce (se i clasti sono frammenti a spigoli vivi).

I sedimenti, compattati e cementati dai sali minerali depositati negli interstizi, diventano roccia. I detriti di varie dimensioni arrivano in un bacino.

I detriti si accumulano sul fondo formando strati di sedimenti. figura 12. ó Il processo di litificazione.

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figura 13. ñ Consolidandosi, depositi fangosi e sabbiosi hanno dato origine a queste successioni di strati, ben visibili dove la vegetazione è assente.

unità 4 La sfera delle rocce

I ciottoli arrotondati delle puddinghe indicano che i clasti hanno subìto un lungo trasporto, che ha reso la loro superficie più smussata e levigata. Gli spigoli vivi delle brecce sono invece indice di un trasporto breve, con un arrotondamento appena accennato. Tipici componenti delle puddinghe sono i ciottoli che potete osservare sul greto dei fiumi, mentre i componenti delle brecce si trovano soprattutto nei grandi accumuli detritici delle frane, specialmente nelle regioni alpine. Se i clasti sono più minuti, con diametro inferiore a 2 mm, abbiamo i tipici sedimenti chiamati sabbie, da cui per litificazione si originano le rocce sedimentarie dette arenarie. Se i clasti sono ancora più fini, di taglia inferiore a 0,04 mm, abbiamo invece i sedimenti fangosi chiamati argille, da cui per litificazione hanno origine le rocce dette argilliti. Nelle argilliti i clasti sono così minuti che è impossibile distinguerli a occhio nudo. In Italia, arenarie e argilliti più o meno consolidate sono particolarmente difuse nell’Appennino. Talvolta i processi di trasporto e deposito sedimentario agiscono sui materiali eiettati dall’attività vulcanica. È il caso del tufo, un materiale vulcanico formato da scorie, lapilli e ceneri prodotti dai vulcani e cementati e consolidati sulla superficie terrestre. Queste rocce derivano quindi dall’incrociarsi di attività vulcanica e attività sedimentaria (figura 15).

I singoli ciottoli sono arrotondati e levigati, segno che sono stati soggetti a trasporto. figura 14. ñ Un puddinga, un tipo di conglomerato.

Rocce sedimentarie di origine chimica. Spesso le tubature dell’acqua si incrostano per la formazione di un fastidioso deposito di un materiale chiamato comunemente calcare. Da un punto di vista chimico, il calcare è carbonato di calcio (di formula CaCO3), che, dall’acqua in cui si trova in soluzione, si deposita sulle pareti delle condutture per un processo chimico chiamato precipitazione. In natura il calcare si forma in seguito al depositarsi di carbonato di calcio dalle acque dolci o salate in cui è disciolto. In Italia i calcari di origine chimica più comuni sono l’alabastro e il travertino (figura 16) che si formano lungo i corsi d’acqua, in particolare in corrispondenza di cascate (vedi figura 8, p. B51). Imponenti depositi si formano anche quando l’acqua di un mare chiuso evapora. I sali che precipitano sul fondo danno origine a rocce sedimentarie chimiche, dette evaporiti. Una delle più tipiche evaporiti è il salgemma, il cui componente principale è il cloruro di sodio (NaCl), che tutti conosciamo come comune sale da cucina (vedi scheda, p. seguente).

Strati di tufo prodotti dai depositi di scorie e ceneri di un antico vulcano.

figura 15. ñ Rupe di tufo di Bagnoregio.

b

a

figura 16. ò (a) Il Colosseo a Roma è costituito in gran parte di travertino. (b) Il travertino è una roccia formata da calcari che si sono depositati in ambiente fluviale o lacustre per precipitazione da soluzioni acquose.

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sezione B Il sistema Terra

a

persapernedipiù

Le evaporiti e la «crisi di salinità» del Mediterraneo

C

irca 5 milioni di anni fa, nell’area dell’antico Mare Mediterraneo, si verificò la cosiddetta «crisi di salinità». Si crearono cioè delle condizioni che determinarono il depositarsi di evaporiti sul fondo del bacino. Nel corso di alcune centinaia di migliaia di anni il clima ebbe a più riprese fasi di inaridimento e, nello stesso tempo, in seguito a processi geologici, lo Stretto di Gibilterra si comportò come lo sbarramento di una diga che si può chiudere e aprire. Nei periodi in cui cessava la comunicazione con l’Oceano Atlantico, il Mediterraneo diventava un mare caldo e chiuso, le cui acque, evaporando, lasciavano sul fondo grandi quantità di depositi. Le evaporiti che si sono formate in quel tempo non solo sono disseminate in vari tratti della penisola allora occupati dal mare, ma restano oggi anche sul fondo del nostro mare con spessori anche di 1000 m. Si è calcolato che anche oggi, se per qualche motivo fossero interrotti gli scambi con l’Atlantico, le acque del Mediterraneo, in seguito all’evaporazione, subirebbero un abbassamento di circa un metro all’anno. Poiché la profondità media del Mediterraneo è circa 1500 m, in un equivalente numero di anni (da un punto di vista geologico un tempo brevissimo) tutto il bacino sarebbe prosciugato e sul fondo rimarrebbe un residuo di evaporiti spesso alcune decine di metri. Se il processo si interrompesse nelle fasi iniziali, si depositerebbero solo i sali meno solubili, come i calcari e i gessi, che le acque abbandonano per primi (figura A). È questa l’origine dei depositi gessosi che formano la Vena del gesso che si snoda dall’Appennino fino alla Sicilia (figura B). Essi si depositarono sul fondo di antichi bacini che occupavano le regioni ora percorse dai rilievi appenninici, in seguito all’evaporazione di acque salate.

a

b

c

cloruri solfati carbonati figura A. ñ Se lasciamo evaporare a poco a poco una colonna d’acqua marina (a), possiamo osservare che precipitano per primi i sali meno solubili e per ultimi quelli più solubili: i primi a precipitare sono i carbonati (b), poi il solfato di calcio, cioè il gesso, e infine i cloruri (salgemma e sali potassici) (c).

b

figura 17. ñ (a) Con i blocchi di calcare a nummuliti, organismi marini unicellulari, vennero costruite alcune piramidi egizie. (b) Un calcare a nummuliti ingrandito 15 volte al microscopio.

vena del gesso

figura B. ñ Le evaporiti depositate in seguito all’evaporazione di ampie zone del bacino del Mediterraneo più di 6 milioni di anni fa costituiscono i depositi di gesso e zolfo dislocati lungo la Vena del gesso che percorre l’Italia dal Piemonte alla Sicilia.

perfissareiconcetti • Qual è l’origine della Vena del gesso in Italia? • In quale successione si depositano i sali durante l'evaporazione dell'acqua marina?

figura 18. ñ L’imponente bastionata dello Sciliar è uno dei «monti di corallo» delle Dolomiti. La roccia che la costituisce, la dolòmia, è quanto resta delle colonie di coralli e di alghe calcaree che formavano un’antica scogliera corallina.

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unità 4 La sfera delle rocce

Rocce sedimentarie di origine organica. Le rocce sedimentarie organogene contengono fossili, cioè resti di organismi del passato, e sono costituite in prevalenza da carbonato di calcio. Esso è infatti la sostanza che coralli, spugne, molluschi e altri invertebrati microscopici prelevano dalle acque per costruire i loro gusci e scheletri. Alla morte di questi organismi, mentre le parti molli del corpo si decompongono, le parti dure si depositano sul fondo dei mari, formando sedimenti che consolidandosi danno origine al calcare organogeno. Nei calcari organogeni spesso sono evidenti i resti fossili per esempio, nel calcare a nummuliti (da mummulus, monetina) si può osservare la tipica conchiglia a forma di moneta di questi organismi unicellulari (figura 17). Altre volte, si conservano solo pezzetti di scheletri, misti a fanghi o a sabbie. In alcuni casi i resti sono costituiti da gusci così piccoli da essere visibili soltanto al microscopio, come nella maiolica, una roccia bianchissima usata per i rivestimenti edilizi. Attualmente i più imponenti «cantieri» per la formazione di rocce organogene sono le barriere coralline (i reef), difuse soprattutto alle latitudini tropicali, come nei mari a nord-est dell’Australia o intorno alle Bahamas. Le barriere coralline sono costruite dall’attività di coralli e madrepore, che le vanno edificando lentamente con l’accumularsi nel tempo dei loro duri scheletri calcarei. Le nostre Dolomiti sono dette anche «monti di corallo» perché sono antiche barriere coralline formatesi in oceani oggi scomparsi (figura 18). La roccia sedimentaria che predomina in questa bella catena di monti è la dolòmia, un carbonato di calcio e magnesio (di formula CaCO3·MgCO3). Massicci montuosi di dolòmia o di calcare formano gran parte delle Prealpi lombarde e i monti più alti dell’Appennino, come il Gran Sasso e la Maiella. Tra le rocce organogene non calcaree, le più note sono le selci, composte da silice (SiO2) e spesso costituite dai gusci microscopici di organismi unicellulari. La selce ha una struttura omogenea e un’elevata durezza: per queste caratteristiche gli uomini primitivi l’hanno usata per ottenere punte di frecce o armi da taglio.

5 T

Carbone e petrolio

ra le rocce sedimentarie organogene si possono includere il carbone e il petrolio che derivano dall’accumulo in epoche passate di resti di organismi. Il carbone e il petrolio forniscono più dell’80% dell’energia consumata dal mondo industrializzato e sono definiti combustibili fossili: combustibili perché reagiscono con l’ossigeno dell’aria liberando energia sotto forma di calore; fossili per la loro origine geologica.

Il carbone. Essendo ricavato dal sottosuolo, il carbone è una risorsa mineraria. Quando viene bruciato, il carbone fornisce una quantità di calore molto maggiore di quella fornita da un’uguale massa di legna. Ciò si esprime dicendo che il potere calorifico del carbone è maggiore di quello del legno. Il carbone deriva dal legno, attraverso un processo sedimentario (figura 19).

!#$^* ) Per fissare i concetti 12 Descrivi le tappe che portano alla formazione delle rocce sedimentarie di origine clastica. 13 Che cosa si intende per litificazione? 14 In quali tipi si possono suddividere le rocce sedimentarie? Spiega come si formano e fai degli esempi. 15 Che cos’è la dolòmia? Che cosa sono le selci?

I frammenti di vegetazione si accumulano in superfice. I depositi sepolti e compressi formano la torba.

A media profondità la torba si trasforma in lignite.

A maggiore profondità la lignite si trasforma in litantrace.

A profondità ancora maggiore il litantrace si trasforma per il calore in antracite. figura 19. î I carboni fossili derivano dalla sedimentazione di materia organica vegetale depositata in ambienti paludosi.

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Le condizioni favorevoli alla formazione di giacimenti di carbone si verificano quando zone paludose a clima caldo e umido, che favorisce lo sviluppo di un’abbondante vegetazione, sono lentamente invase dall’acqua. In tali condizioni i resti vegetali vengono ricoperti da coltri di sedimenti che li sottraggono alla normale decomposizione. Il peso dei nuovi strati provoca sia la compattazione dei resti vegetali sia il loro sprofondamento. A mano a mano che gli strati vengono sospinti in profondità nella crosta terrestre, il progressivo aumento della pressione e della temperatura determinano l’avvio dei processi di carbonificazione. La sostanza organica, nel corso di milioni di anni, si impoverisce sempre più in ossigeno e idrogeno e si arricchisce indirettamente in carbonio. Alla torba, il primo stadio della trasformazione, costituito ancora da un fitto intreccio di materiali vegetali molto ricco d’acqua e contenente (allo stato secco) il 60% di carbonio, segue la formazione di lignite, litantrace e, infine, di antracite, il cui contenuto in carbonio raggiunge il 95%. a

Per almeno un secolo il carbone ha costituito la più importante risorsa energetica sulla Terra. Esso ha accompagnato la nascita e lo sviluppo della rivoluzione industriale ed è ancor oggi una delle principali fonti di energia su scala mondiale. I due maggiori produttori di carbone nel mondo sono Cina e Stati Uniti. In Europa il 35% dell’elettricità è generata dal carbone. Il petrolio. Il petrolio grezzo è un liquido oleoso di colore scuro, infiammabile, costituito da una complessa miscela di idrocarburi. Anche i gas naturali metano e propano sono idrocarburi, cioè composti di carbonio e idrogeno. Rispetto al carbone, che è essenzialmente di origine vegetale (alberi e arbusti), il petrolio proviene soprattutto dalla trasformazione dei resti microscopici di plancton marino (figura 20a), rimasti intrappolati nei sedimenti come sabbie e argille. Col tempo e con il graduale sprofondamento, gli strati contenenti materia organica subiscono, di pari passo con l’aumento della temperatura e della pressione, trasformazioni lentissime. Mentre i sedimenti si trasformano in roccia, la sostanza organica si trasforma in petrolio e in altri composti gassosi, come il metano e il propano, che impregnano la roccia stessa.

Resti di microrganismi accumulati sul fondo.

argille

sabbie

pozzo d’estrazione

strato impermeabile sigillante giacimento petrolifero

b

roccia madre

roccia serbatoio

figura 20. ñ (a) Petrolio e gas naturali derivano dalla lenta trasformazione di resti di organismi marini, contenuti nei sedimenti. (b) Dalla roccia madre ricca in idrocarburi il petrolio e il gas migrano verso l’alto e si accumulano nelle rocce serbatoio in presenza delle cosiddette «trappole sedimentarie».

figura 21. ñ Petrolio significa letteralmente «olio di pietra», come dimostra questa roccia impregnata di petrolio che sta bruciando.

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unità 4 La sfera delle rocce

Le rocce sedimentarie in cui si formano il petrolio e gli altri idrocarburi sono chiamate rocce madri. Una volta formati, questi fluidi tendono a essere spremuti fuori dalla roccia madre in via di compattazione e, essendo meno densi dei materiali rocciosi circostanti, salgono verso l’alto. La loro salita si arresta quando incontrano uno strato impermeabile, spesso conformato a cupola, che agisce come una «trappola» (figura 20b). Nella «trappola», essi si accumulano all’interno dei pori e delle fessure di rocce serbatoio, in genere arenarie o calcari, abbastanza porose da comportarsi come spugne. Il termine petrolio significa infatti «olio di pietra» (figura 21). Dal petrolio grezzo si ricavano, mediante il processo industriale della rainazione, molti prodotti, tra cui la benzina, il cherosene e gli oli combustibili. I derivati del petrolio sono a loro volta le sostanze di base per la produzione di materie plastiche, fertilizzanti, farmaci, cosmetici e molti altri prodotti. Dal petrolio viene ricavata, nelle centrali termoelettriche, la maggior parte dell’energia utilizzata nel nostro Paese; trasformata in energia elettrica, viene inviata alle nostre industrie e alle nostre case. L’Italia è povera di giacimenti petroliferi, ma sono presenti, nell’area della Pianura Padana e del Mare Adriatico, estesi giacimenti di gas metano, che da anni viene estratto e utilizzato come combustibile per il riscaldamento domestico e come carburante per gli autoveicoli. !#$^* ) Per fissare i concetti 16 Come avviene la formazione del carbone? 17 Qual è l’origine del petrolio?

figura 22. öl In seguito a metamorfismo il granito (a) si trasforma in gneiss (b). a

6 L

Le rocce metamorfiche: rocce «sepolte» e «arrostite»

e rocce metamorfiche (dal greco metamorphóun, trasformare) non si formano a partire da sedimenti, né da magmi o lave. Tuttavia, per alcuni aspetti, esse assomigliano a rocce appartenenti alle altre categorie: per esempio, il marmo ricorda i calcari, lo gneiss i graniti, l’ardesia le argilliti. La somiglianza è dovuta al fatto che, in ciascuno dei casi, la roccia metamorfica deriva dalla trasformazione dell’altra roccia preesistente sottoposta a particolari condizioni. Le rocce metamorfiche derivano da rocce sedimentarie, magmatiche o da altre rocce metamorfiche che si trasformano in seguito all’aumento di pressione e di temperatura dovuto alla loro «sepoltura» in profondità. La trasformazione non comporta la fusione, in quanto avviene a profondità intermedie (alcune decine di kilometri), dove la temperatura è elevata, ma non così alta da far fondere i minerali. Nelle Alpi le rocce metamorfiche sono assai difuse. Gran parte del Cervino, del Gran Paradiso e del Monte Rosa è formata da gneiss. Nelle Alpi Apuane, infine, troviamo il prodotto più pregiato del metamorfismo del calcare: il marmo saccaroide di Carrara. A seconda della causa che provoca la trasformazione delle rocce si possono distinguere due tipi di metamorfismo. Metamorfismo regionale. Il metamorfismo regionale è causato dalle deformazioni prodotte dai moti delle placche litosferiche e riguarda masse rocciose di ampi territori. Quando le placche litosferiche si scontrano, i loro margini che collidono possono sprofondare. A mano a mano che si «inabissano», a profondità che variano dai 7 ai 35 km, le rocce incontrano temperature comprese tra i 200 °C e i 700 °C e pressioni più elevate di quelle presenti in superficie per cui subiscono profonde modificazioni nella loro struttura. In seguito, le masse rocciose possono essere nuovamente spinte verso l’alto e aiorare lungo le catene montuose (figura 22). b

Nel granito i minerali sono disposti a caso.

PRESSIONE E TEMPERATURA Nello gneiss, i minerali sono orientati e allineati in un’unica direzione.

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sezione B Il sistema Terra

figura 23. ò A Firenze, la facciata colorata di Santa Maria Novella, è realizzata con blocchi squadrati di marmo bianco e serpentino verde, rocce metamorfiche dalle cave dei monti vicini.

Alcune rocce metamorfiche come gli gneiss, che derivano dal granito, e le ardesie, che derivano dalle argilliti, assumono per efetto della pressione un aspetto lamellare, foliato, detto anche scistoso. Per questo, sono chiamate anche rocce scistoso-cristalline. L’aspetto scistoso è dovuto al fatto che, nel corso del metamorfismo, i minerali delle rocce originarie ricristallizzano e tendono a orientarsi su piani paralleli, il che dà alla roccia un aspetto laminare caratteristico. Le serpentiniti, largamente impiegate nell’edilizia per il loro colore verde (figura 23), derivano dal metamorfismo di rocce efusive basiche. Metamorfismo di contatto. Il metamorfismo di contatto, come dice il nome, è causato dal contatto delle rocce con magma incandescente; in genere non riguarda estesi ammassi rocciosi, ma solo lo strato di roccia più prossimo alla sorgente di calore. Le rocce che ne risultano hanno uno spessore limitato (dell’ordine di alcuni metri). Pur restando allo stato solido esse subiscono, per l’altissima temperatura del magma, profonde modificazioni, tali per esempio da trasformare il calcare in marmo. Il metamorfismo di contatto è molto simile a ciò che avviene quando si inforna una torta: anche se la composizione è la stessa con la cottura gli ingredienti si riorganizzano in sostanze con colore, sapore e consistenza diversi da quelli dell’impasto crudo di partenza. Spesso il metamorfismo, sia regionale sia di contatto, è favorito dalla presenza di acqua nei pori delle rocce. L’acqua favorisce la migrazione dei componenti chimici dei minerali, che tendono ad aggregarsi in cristalli più grandi e stabili; in queste condizioni si formano minerali ben cristallizzati come i granati, utilizzati come pietre preziose (figura 24).

figura 24. ö I granati si presentano generalmente in cristalli ben formati e sono costituiti da silicati che si possono formare solo in seguito a processi metamorfici.

!#$^* ) Per fissare i concetti 18 Perché si può dire che le rocce metamorfiche sono il risultato del seppellimento e dell’arrostimento di rocce preesistenti? 19 Spiega che differenza c’è tra metamorfismo regionale e metamorfismo di contatto.

persapernedipiù

Le rocce d’Italia

S

ul territorio italiano si trova un’ampia varietà di rocce, come risulta dalla carta geologica d’Italia semplificata in figura A. A nord si notano le rocce metamorfiche e quelle magmatiche intrusive che formano l’ossatura delle Alpi. Si tratta di rocce che appartenevano in passato a zone più profonde della crosta e sono state sollevate in seguito allo scontro tra la placca euroasiatica e quella africana. A sud delle Alpi vi sono rocce sedimentarie calcaree: sono rocce che formano le Prealpi o Alpi meridionali. Ai piedi delle Prealpi ci sono i depositi alluvionali della

Pianura Padana. Nell’Appennino, troviamo rocce sedimentarie come argilliti, arenarie e conglomerati. Altre rocce calcaree formano gran parte dell’Umbria, delle Marche, del Lazio, dell’Abruzzo, della Campania e quasi per intero la Puglia. Le rocce magmatiche effusive più antiche si trovano al nord, nella piattaforma porfirica tra Trento e Bolzano e nei Colli Euganei. Rocce effusive più recenti sono dislocate lungo il margine tirrenico della penisola, dal Monte Amiata, al complesso dei vulcani del Lazio e della Campania. A sud troviamo rocce magmatiche

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intrusive nei graniti della Sila, nella punta orientale della Sicilia e in Sardegna. Quest’ultima ha una struttura composita che comprende anche rocce magmatiche effusive e rilievi calcarei. In Sicilia, infine, vi sono in prevalenza rocce sedimentarie come i calcari e le argilliti che formano le colline ondulate delle regioni interne. perfissareiconcetti • Quali sono le rocce sedimentarie più diffuse in Italia? • Dove si trovano prevalentemente le rocce magmatiche intrusive? E quelle metamorfiche?

unità 4 La sfera delle rocce

7 I

I minerali

minerali sono i costituenti di base di tutti i tipi di rocce, siano esse magmatiche, sedimentarie o metamorfiche. In alcuni casi i minerali raggiungono dimensioni notevoli e formano grandi cristalli dalle forme geometriche regolari (figura 25). La formazione di cristalli grandi e di forma regolare può avvenire solo in condizioni particolari (disponibilità di tempo e di spazio) che diicilmente si realizzano quando si forma una roccia. Prendiamo per esempio una roccia magmatica che si viene formando per rafreddamento di una massa fusa, o una roccia sedimentaria che si forma dall’evaporazione di acqua marina in bacini chiusi. Quando inizia il processo di cristallizzazione, all’interno del magma o dell’acqua marina compaiono dei «germi» cristallini di piccole dimensioni che via via si ingrandiscono. Mentre si accrescono, questi «germi» competono tra loro per lo spazio disponibile: ne risulta che i cristalli che vanno sviluppandosi si addossano e si sovrappongono, incastrandosi tra loro; è perciò diicile che assumano una forma geometrica regolare e che raggiungano grandi dimensioni (figura 26). Alla fine del processo si ha una roccia costituita da minerali a malapena visibili, a volte così piccoli da non essere distinguibili neppure con una lente d’ingrandimento. I minerali che formano la crosta terrestre sono più di 3000 e ognuno di essi ha una precisa composizione chimica che lo diferenzia dagli altri. Alcuni minerali sono elementi, cioè sono costituiti da un solo tipo di atomi: è il caso dello zolfo (S), dell’oro (Au) (figura 27), dell’argento (Ag) e del rame (Cu). Questi elementi chimici si possono infatti trovare in natura anche allo stato puro o, come si dice, allo stato nativo, non combinati cioè con altri elementi.

Rocce magmatiche effusive antiche Rocce magmatiche effusive recenti Rocce magmatiche intrusive e rocce metamorfiche Rocce sedimentarie calcaree Rocce sedimentarie argillitiche ed evaporitiche Rocce sedimentarie (arenarie e conglomerati) Argilliti associate a rocce metamorfiche Depositi alluvionali recenti

figura 25. ñ I cristalli più grandi del mondo si trovano in una caverna, che prende il nome di "Grotta dei Cristalli", sita nelle profondità della Miniera di Naica, stato di Chihuahua in Messico. Si tratta di cristalli trasparenti di selenite, cioè gesso allo stato purissimo, i più grandi dei quali superano i 12 metri di lunghezza.

figura A. ò In questa carta geologica semplificata i diversi colori indicano i diversi tipi di rocce.

Nel poco spazio disponibile il minerale che si forma presenta solo in parte una forma geometrica regolare.

figura 26. ò I minerali che crescono in uno spazio limitato presentano forma irregolare.

figura 27. ò L’oro è un metallo che si trova in natura allo stato nativo: esso si presenta generalmente in granuli che formano piccole masse arrotondate. Lo si riconosce perché, sfregato su una varietà di quarzo nero (o diaspro) detto pietra di paragone, lascia una traccia che permane anche se trattata con una soluzione di acido nitrico.

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sezione B Il sistema Terra

Nella maggior parte dei casi, i minerali sono dei composti costituiti da due o più tipi di elementi, ossia da due o più tipi di atomi. Tra tutti gli elementi chimici che compongono i minerali, i più abbondanti sono l’ossigeno e il silicio, che da soli costituiscono i 3/4 della massa della crosta terrestre; seguono, in ordine decrescente, l’alluminio (Al), il ferro (Fe), il calcio (Ca), il sodio (Na), il potassio (K) e il magnesio (Mg) (figura 28). I minerali si possono classificare, in base alla composizione chimica, in silicati e non silicati. I silicati, formati principalmente da silicio e ossigeno, sono i minerali più difusi della crosta terrestre. Tra essi vi sono il quarzo, generalmente semitrasparente e di colore biancastro; il feldspato comune o ortoclasio, di colore bianco o rosato; la mica, che si presenta spesso sotto forma di laminette scure e lucenti. Sono non silicati i carbonati, come la calcite e la dolomite, gli ossidi, come la magnetite e l’ematite (ossidi di ferro), i solfuri, come la pirite (solfuro di ferro). !#$^* ) Per fissare i concetti 20 Che cosa si intende per minerale? 21 Perché spesso i minerali non presentano forme geometriche regolari? 22 Che cosa si intende quando si afferma che l’oro è presente in natura allo stato nativo? 23 Quali sono, in ordine decrescente, gli elementi più abbondanti nella crosta terrestre? 24 Come si possono classificare i minerali in base alla composizione chimica? Fai qualche esempio.

8 A

La struttura cristallina

che cosa è dovuto il fatto che i minerali tendono ad assumere una forma geometrica regolare? Per esempio, i cristalli di salgemma hanno una tipica forma cubica, quelli di quarzo una forma di prisma esagonale, quelli di calcite romboedrica (vedi figura 4a, p. B72). Per rispondere alla domanda prendiamo come esempio il salgemma da cui si ottiene il sale da cucina, cioè il cloruro di sodio. Se potessimo scrutare la struttura microscopica di un cubetto di salgemma, scopriremmo che esso è formato da un insieme di atomi legati tra loro in modo regolare. L’insieme degli atomi disposti in modo ordinato è ciò che chiamiamo reticolo cristallino (dal greco krystallos che significa «ghiaccio»). Come mostra la figura 29, nel reticolo cristallino del cloruro di sodio ogni atomo di sodio è circondato da sei atomi di cloro e ogni atomo di cloro è circondato da sei atomi di sodio. Ne risulta un’unità di base cubica. I legami tra sodio e cloro sono dovuti al fatto che in questo composto gli atomi non sono elettricamente neutri, ma possie+ dono una carica elettrica: gli atomi di sodio sono ioni positivi (Na ), – mentre quelli di cloro sono ioni negativi (Cl ). Tra gli ioni sodio e gli ioni cloro si esercitano forze di attrazione, mentre, al tempo stesso, ogni ione sodio respinge gli altri ioni sodio e ogni ione cloro respinge gli altri ioni cloro. Come risultato di questo coma

O Si Al Fe Ca Na K Mg

crosta Si

O

altri Mg K

Al

ossigeno silicio alluminio ferro calcio sodio potassio magnesio

Fe Ca Na

figura 28. ñ Percentuali in peso degli otto elementi più abbondanti nella crosta terrestre. Tra questi elementi prevalgono l’ossigeno, il silicio, l’alluminio e il ferro.

b

reticolo cristallino

Na+ figura 29. ïî (a) Tipici cristalli cubici, trasparenti (e salati) di salgemma. (b) Nel reticolo cristallino del cloruro di sodio (salgemma) ogni ione cloro è circondato da sei ioni sodio e ogni ione sodio da sei ioni cloro. Si sviluppa così nelle tre dimensioni dello spazio un reticolo a unità di base cubiche.

unità di base

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Cl–

unità 4 La sfera delle rocce

plesso gioco di forze attrattive e repulsive, gli ioni sodio e gli ioni cloro assumono una disposizione regolare nello spazio che corrisponde alla condizione di massima stabilità. Quando un cristallo di sale da cucina viene percosso con un martello, si formano frammenti con facce piane, come se queste fossero già presenti nel cristallo di sale prima della rottura. I piani «prestabiliti» sono quelli lungo i quali le forze di legame sono minori. La caratteristica dei minerali di rompersi secondo piani ben determinati è chiamata sfaldatura (figura 30). Grazie a questa proprietà, i tagliatori di pietre preziose ottengono forme cristalline perfette a partire da pietre grezze.

figura 30. ò La calcite può essere sfaldata con un lieve colpo di martello dato da uno scalpello affilato e correttamente orientato sul minerale secondo un appropriato piano di sfaldatura. Esperti sfaldatori usano una tecnica simile per tagliare il diamante.

Non tutti i minerali si sfaldano. Quando, per esempio si percuote un cristallo di quarzo, esso si rompe in modo irregolare, poiché nella sua struttura non esistono piani di minor resistenza. Il motivo di questo comportamento è dovuto al particolare reticolo cristallino. Il quarzo è un silicato e, come tutti i silicati, ha un reticolo cristallino formato da unità di base tetraedriche. Un’unità tetraedrica è costituita da un atomo di silicio (Si) circondato da quattro atomi di ossigeno (O) che si dispongono a formare un tetraedro, ossia un solido con quattro facce uguali rappresentate da triangoli equilateri (figura 31). In ciascuna unità tetraedrica, l’atomo di silicio occupa la posizione centrale, mentre i quattro atomi di ossigeno occupano ciascuno dei quattro vertici del tetraedro. Nel quarzo ciascun tetraedro è legato mediante i quattro vertici, cioè attraverso l’ossigeno, ad altri quattro tetraedri. L’insieme dei tetraedri si presenta pertanto come un’intelaiatura continua in tutte le direzioni dello spazio che risulta molto resistente alla scalfitura e quindi non sfaldabile. In altri silicati i tetraedri si dispongono diversamente. In alcuni casi sono uniti assieme in lunghe catene, in altri casi si uniscono in modo da formare dei piani. La mica, che è costituita da tetraedri disposti in piani sovrapposti, a diferenza del quarzo risulta sfaldabile: infatti, poiché tra un piano e l’altro le forze di legame sono deboli, quando è percossa, si sfalda in lamine sottili. Non sempre le forze che agiscono tra gli atomi «hanno il tempo» di agire adeguatamente per formare strutture ordinate. A volte, la massa fusa da cui si formano le rocce si rafredda tanto rapidamente che gli atomi restano immobilizzati prima di riuscire a sistemarsi in uno schema ordinato, secondo le regole «interne». Si forma così un ammasso solido amorfo (cioè non cristallino), di aspetto vetroso. L’ossidiana, una roccia vulcanica lucida e nera (vedi figura 11, p. B75) ne è un esempio. !#$^* ) Per fissare i concetti 25 Spiega con parole tue a che cosa si deve la forma regolare dei cristalli dei minerali. 26 Descrivi la struttura, a livello atomico, di un cristallo di salgemma. 27 Che cosa si intende per sfaldatura? 28 Com’è fatta l’unità base della struttura dei silicati?

O–

Si O



O– Nel tetraedro un atomo di silicio è circondato da quattro atomi di ossigeno disposti ai quattro vertici.

O– Nei silicati i tetraedri possono disporsi in vario modo Nel quarzo i tetraedri uniti per i 4 vertici formano strutture tridimensionali.

Nella mica i tetraedri sono uniti a formare piani che si sovrappongono.

Nell’amianto i tetraedri sono uniti in catene.

figura 31. ò L’unità base di tutti i silicati è un tetraedro.

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sezione B Il sistema Terra

9 O

Come riconoscere i minerali

ltre alla forma cristallina, i caratteri più utili per il riconoscimento dei minerali sono la durezza, la densità, la solubilità, il colore e i caratteri chimici. Mediante l’analisi dei caratteri è possibile distinguere minerali che, pur avendo composizione chimica diversa, appaiono simili e si possono quindi confondere. Per esempio, collezionisti inesperti potrebbero confondere la pirite (FeS), detta «oro degli sciocchi», con l’oro, che invece ha una maggiore densità e una minore durezza (figura 32). Anche il quarzo e il salgemma (cloruro di sodio, NaCl), se non perfettamente cristallizzati, a prima vista si assomigliano perché entrambi sono semitrasparenti e di colore biancastro. In realtà, oltre che per la forma dei cristalli, essi diferiscono per la densità, per la solubilità e per la durezza.

● Consideriamo la densità. Il quarzo ha densità maggiore di 3 3 quella del salgemma: 2,6 g/cm contro 2,1 g/cm . ● Consideriamo la solubilità. Il quarzo è praticamente insolubile in acqua; il salgemma invece è così solubile che viene aggiunto per il suo sapore «salato» ai cibi, nella cui acqua si scioglie facilmente. ● Consideriamo infine la durezza. Se si preme fortemente il quarzo contro il salgemma, facendolo scorrere, il salgemma si riga o, come più propriamente si dice, «viene scalfito». Ciò avviene perché il quarzo ha durezza maggiore di quella del salgemma. La durezza, cioè la capacità di resistere alla scalfittura, viene valutata utilizzando la scala di Mohs, dal nome del mineralogista che la usò per primo nel 1822. La scala di Mohs, i cui valori vanno da 1 a 10, fa riferimento a una serie di dieci particolari minerali, ordinati dal più tenero, il talco, a cui è assegnata durezza 1, al più duro, il diamante, a cui è assegnata durezza 10. In questa serie, ogni minerale scalfisce quello che lo precede ed è scalfito da quello che lo segue (figura 33).

figura 32. ò La pirite (FeS) che potrebbe essere confusa con l’oro ne differisce per vari caratteri: ha una maggiore densità, una minore durezza, è molto più leggera e brucia facilmente, formando vapori irritanti di anidride solforosa.

calcite

talco

1

scheggia di vetro 4

2

2,5 gesso

3

quarzo

apatite

pennino di rame

unghie

figura 33. ö La durezza di un minerale è la capacità di resistere alla scalfittura e si misura in base alla scala di Mohs, utilizzando una serie di punte formate dai minerali corrispondenti ai numeri da 1 a 10 della scala. Ciascuno di essi scalfisce il minerale che lo precede nella scala di Mohs ed è scalfito da quello che lo segue. Per esempio, la fluorite (numero 4) scalfisce la calcite (3) ed è scalfita dall’apatite (5). Il talco e il gesso possono essere facilmente riconosciuti perché si scalfiscono con un’unghia.

acciaio 6

5

3,5 fluorite

5,5

corindone

10

8

6,5

7

ortoclasio

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9 topazio

diamante

unità 4 La sfera delle rocce

Per quanto riguarda i caratteri chimici, una delle prove più comuni è il test dell’acido cloridrico, utile per il riconoscimento dei carbonati: la calcite presente nel marmo, nel calcare e nel travertino reagisce vivacemente con l’acido cloridrico (HCl), producendo una tipica efervescenza, dovuta alla liberazione di anidride carbonica (CO2) (figura 34). Anche la dolomite reagisce, ma in modo meno evidente. In alcuni casi il colore può essere utile per individuare i minerali. Per esempio, il cinabro (HgS), il più difuso minerale del mercurio, è tipicamente rosso; la malachite, un carbonato di rame, è azzurra; lo zolfo è giallo. A parte questi e pochi altri minerali, di solito il colore non fornisce un criterio sicuro per identificarli (tabella 2). La presenza di impurità può modificare oltre al calore la forma dei cristalli (figura 35). Il quarzo, il minerale «dai mille travestimenti», può presentarsi in colori diversi, a seconda delle impurità (cioè piccole quantità di sostanze estranee) presenti nel suo reticolo cristallino: per esempio, con impurità di manganese, è rosa, mentre la famosa varietà di quarzo violaceo, l’ametista, deve il suo colore alla presenza di ossidi di ferro. Alcuni minerali infine presentano caratteri distintivi molto particolari. È il caso della magnetite, un ossido di ferro, che ha proprietà magnetiche e si comporta come una piccola calamita naturale (figura 36). Si trova talvolta nelle sabbie sotto forma di piccoli cristalli neri, che possono essere estratti con un magnete.

!#$^* ) Per fissare i concetti 29 Indica alcuni caratteri fisici utili per il riconoscimento dei minerali. 30 Che cosa si intende per durezza di un minerale? Come si misura? 31 Quale minerale è riconoscibile per la vivace reazione con acido cloridrico? In quali rocce è presente? 32 Perché solo in pochi casi il colore di un minerale è una caratteristica utile per il suo riconoscimento? figura 35. öõ In questi campioni di gessi la presenza di impurità ha modificato non solo il colore, ma anche la forma.

Questo gesso a «coda di rondine» si è formato nelle argille.

Questa «rosa del deserto» è gesso formatosi in ambienti aridi inglobando granuli di sabbia.

figura 34. ò Bastano poche gocce di una soluzione di acido cloridrico diluito sul calcare per provocare una forte effervescenza.

L’effervescenza è dovuta alla reazione tra acido cloridrico e calcare.

figura 36. ñ Un pezzo di magnetite, per le sue proprietà magnetiche, può attrarre dei chiodi (a sinistra) o della limatura di ferro (a destra).

Tabella 2 Le gemme, cristalli preziosi puri e impuri COMPOSIZIONE

COLORE SENZA IMPURITÀ

COLORE CON IMPURITÀ

DUREZZA

diamante

carbonio

incolore

giallo, per impurità d’azoto

10

rubino

ossido di alluminio

incolore

rosso, per impurità di cromo

9

zaffiro

ossido di alluminio

incolore

blu, per impurità di ferro

9

smeraldo

silicato di berillio

incolore

verde, per impurità di ferro e vanadio

8

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sezione B Il sistema Terra

persapernedipiù

Com’è fatta la materia: atomi e molecole La struttura atomica della materia utta la materia è costituita da atomi, che in prima approssimazione possiamo immaginare come piccolissime sfere (del diametro di circa un decimilionesimo di millimetro) (figura A). Ogni atomo è costituito da una parte centrale, il nucleo, attorno alla quale orbitano particelle dotate di carica elettrica negativa, chiamate elettroni. Il nucleo, a sua volta, è costituito da due tipi di particelle: i protoni, che hanno carica elettrica positiva e compensano la carica negativa degli elettroni, e i neutroni, che come dice il nome, non sono dotati di carica elettrica. Nel suo complesso, un atomo è elettricamente neutro, dato che possiede un uguale numero di elettroni e di protoni.

T

protone

elettrone (e –)

+



neutroni

Tutta la massa dell’atomo è praticamente concentrata nel nucleo. Infatti, gli elettroni hanno una massa piccolissima rispetto ai protoni e ai neutroni, che invece hanno una massa molto simile tra loro. Gran parte del volume di un atomo è costituita da spazio vuoto. Dovete immaginare un nucleo piccolissimo attorno a cui ruotano, a velocità estremamente elevate e a grande distanza rispetto alle

sue dimensioni, gli elettroni. Consideriamo per esempio l’atomo più semplice, quello di idrogeno, che è dotato di un solo elettrone. Se immaginiamo di ingrandire un atomo di idrogeno fino a che il suo nucleo ha le dimensioni di una palla da tennis, l’atomo avrebbe un diametro di 5 km! Tale diametro sarebbe definito dall’elettrone che ruota attorno al nucleo. Negli atomi gli elettroni si dispongono attorno al nucleo in strati, o livelli, situati a diversa distanza da esso. Gli elettroni che occupano l’ultimo livello, quello più esterno, sono responsabili delle proprietà chimiche dell’atomo a cui appartengono, cioè della sua maggiore o minore tendenza a legarsi con altri atomi. I diversi tipi di atomi differiscono tra loro per il numero di protoni presenti nel nucleo. Per esempio, tutti gli atomi di carbonio hanno nel nucleo 6 protoni, tutti gli atomi di ossigeno ne hanno 8, tutti gli atomi di ferro ne hanno 26 e così via. Il numero di protoni, che caratterizza i diversi tipi di atomi, è chiamato numero atomico. In natura esistono una novantina di atomi diversi, che individuano altrettanti elementi chimici (gli scienziati hanno prodotto artificialmente un’altra ventina di atomi). Le proprietà degli elementi chimici variano al variare del numero atomico Gli elementi chimici sono rappresentati nella tavola periodica degli elementi (figura B), dove sono disposti

in righe e colonne in base al valore via via crescente del numero atomico. La tavola periodica che oggi si può vedere appesa nelle aule scolastiche e nei laboratori di chimica di tutto il mondo è la versione aggiornata della tabella costruita, verso la metà del 1800, dal chimico russo Dmitri Mendeleev. Egli raggruppò i diversi tipi di elementi allora conosciuti in modo tale che gli elementi con comportamento chimico simile occupassero una stessa colonna verticale. Gli elementi con comportamento chimico diverso risultavano così collocati in colonne diverse, tanto più lontane tra loro quanto maggiori erano le differenze di comportamento chimico. In una moderna tavola periodica ogni elemento occupa una casella, caratterizzata dal simbolo di quell’elemento e dal suo numero atomico. La casella contiene inoltre informazioni sulla struttura elettronica e sulla massa degli atomi di quell’elemento. Anche nella moderna tavola periodica, gli elementi risultano incolonnati in base al ripetersi di un certo tipo di proprietà chimiche, a determinati intervalli (il che spiega il termine «periodica»). Le righe orizzontali della tavola periodica sono dette periodi, le colonne verticali sono dette gruppi. Nella prima casella, cioè nella casella con numero atomico 1, si trova l’idrogeno, il cui atomo è costituito da un unico protone attorno a cui orbita un elettrone. Alla casella con numero atomico

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2 corrisponde l’elio, il cui nucleo è costituito da 2 protoni e 2 neutroni e attorno al quale ruotano 2 elettroni. Alla casella 6 troviamo il carbonio, alla casella 8 l’ossigeno ecc. Via via che cresce il numero atomico si incontrano elementi con atomi più pesanti, a causa del maggior numero di protoni e di neutroni presenti nel loro nucleo. e–

e– +

+ +

idrogeno (H)

e– elio (He)

Per esempio, il rame ha numero atomico 29, l’oro 79, l’uranio 92. Ciò significa che gli atomi che compongono questi elementi sono dotati di un nucleo con rispettivamente 29, 79 e 92 protoni, e almeno altrettanti neutroni, e di un numero di elettroni attorno al nucleo pari al numero di protoni. Ogni elemento chimico possiede delle caratteristiche specifiche che lo rendono inconfondibile e più o meno diverso da tutti gli altri elementi. Ciò non impedisce però che certi elementi si assomiglino maggiormente tra loro e possano quindi essere raggruppati in grandi insiemi. Per esempio, elementi quali alluminio, ferro, magnesio, rame, sodio e potassio possiedono alcune caratteristiche che li fanno classificare come metalli e li differenziano da elementi quali carbonio, fosforo, zolfo, azoto e ossigeno, che sono classificati invece come non-metalli. I metalli hanno in comune la

unità 4 La sfera delle rocce

tendenza a perdere elettroni del livello più esterno, al contrario dei non-metalli, come l’ossigeno o il cloro, che hanno viceversa la tendenza ad acquistare elettroni. Tutti gli elementi metallici hanno inoltre delle proprietà caratteristiche; la parola «metallo», entrata nell’uso comune, indica infatti un materiale dalla caratteristica lucentezza, buon conduttore del calore e dell’elettricità, facilmente lavorabile in fili (cioè duttile) e in lamine (cioè malleabile). Al contrario, i non-metalli non sono lucenti né malleabili; inoltre sono cattivi conduttori del calore

e dell’elettricità (cioè si comportano da isolanti). Atomi legati tra loro: le molecole Gli atomi hanno spesso la tendenza a legarsi tra loro e formare così aggregati di due o più atomi chiamati molecole. Una molecola formata da due o più atomi di tipo diverso è un composto. Un tipico esempio di composto è l’acqua, le cui molecole sono formate da un atomo di ossigeno legato a due atomi di idrogeno (ciò è espresso dalla formula H2O). Invece, l’ossigeno presente nell’aria che respiriamo non

natura. Come si vede dai due esempi fatti, nella formula che esprime la composizione di una molecola sono indicati sia gli elementi che concorrono a formare la molecola, sia il numero di atomi con cui ciascun elemento è presente in tale molecola. Non tutti i composti hanno molecole così semplici come quella dell’acqua. Per esempio, le molecole dei composti che formano la materia vivente sono assai più grandi e complesse: alcune sono formate da migliaia di atomi. La molecola del comune zucchero, che è relativamente

è un composto, anche se è costituito da molecole; infatti tali molecole sono formate da un solo tipo di atomi, essendo costituite ciascuna da due atomi di ossigeno legati assieme (O2).

ossigeno (O2)

acqua (H2O)

La molecola O2 è semplicemente la forma sotto cui l’elemento ossigeno è normalmente presente in

gruppi periodi

1

2

3

4

5

6

7

nome

1







H 1,008

II

LITIO

BERILLIO

3

4

figura A. ñ Sir Ernest Rutherford: fisico premio Nobel per la chimica a cui si deve in gran parte la moderna teoria sulla struttura degli atomi.

13

14

15

16

17

18

ELIO

2

1

H

simbolo

1,008

peso atomico (u)

III

IV

V

VI

VII

BORO

CARBONIO

AZOTO

OSSIGENO

FLUORO

5

6

7

8

9

He

4,003 NEON

10

Be 9,012

10,81

12,01

14,01

16,00

19,00

F

Ne

SODIO

MAGNESIO

ALLUMINIO

SILICIO

FOSFORO

ZOLFO

CLORO

ARGON

11

12

13

14

15

16

17

B

Na Mg 22,99

24,31

POTASSIO

CALCIO

20

K

Al

SCANDIO

21

Ca

Sc

TITANIO

22

Ti

VANADIO

23

V

CROMO

24

Cr

52,00

39,10

40,08

44,96

47,87

50,94

RUBIDIO

STRONZIO

ITTRIO

ZIRCONIO

NIOBIO

37

38

39

40

41

42

92,91

95,94

Rb

Sr

85,47

87,62

CESIO

BARIO

Cs

56

Ba

Y

88,91

91,22

Nb Mo

LANTANIO

AFNIO

TANTALIO WOLFRAMIO

57

La

72

Hf

73

Ta

MANGANESE

25

Mn 54,94

MOLIBDENO TECNEZIO

Zr

74

W

43

FERRO

26

Fe

COBALTO

83,80

IODIO

XENON

44

45

46

47

48

49

50

51

52

53

101,1

76

Os

102,9

Pd

106,4

Ag

Cd

IRIDIO

PLATINO

ORO

192,2 MEITNERIO

–––

CERIO

Lantanidi

Ce

59

Pr

140,9

TORIO

PROTOATTINIO

Th

(232,0)

–––

PRASEODIMIO NEODIMIO

140,1

90

Attinidi

–––

91

Pa

(231,0)

60

108

78

77

Ir

190,2

–––

107,9

79

Sb 121,8

MERCURIO

TALLIO

PIOMBO

BISMUTO

80

81

118,7

82

83

Te

127,6

126,9

Xe

POLONIO

ASTATO

RADON

84

85

204,4

207,2

209,0

(210,0)

(210,0)

(222,0)

LUTEZIO

Pb

Bi

Po

At

SAMARIO

EUROPIO

GADOLINIO

TERBIO

DISPROSIO

OLMIO

ERBIO

TULIO

ITTERBIO

62

63

64

65

66

67

68

69

70

–––

Eu

Gd

(144,9)

150,4

152,0

NETTUNIO

PLUTONIO

AMERICIO

CURIO

94

95

96

(239,1)

(243,1)

(247,1)

(237,0)

Rn

109

61

93

86

200,6

Tl

PROMEZIO

Np

131,3

197,0

195,1

Hg

Mt

–––

54

I

Au

144,2

(238,0)

114,8

Sn

Pt

URANIO

92

112,4

In

Hs

Nd Pm Sm U

36

Kr

79,90

HASSIO

(227,0)

35

Br

78,96

186,2

(226,0)

34

Se

TELLURIO

BOHRIO

(223,0)

33

As

74,92

OSMIO

107

32

Ge

ANTIMONIO

RENIO

Bh

31

Ga

72,59

183,9

106

CRIPTON

STAGNO

SEABORGIO

Sg

39,95

BROMO

INDIO

180,9

105

35,45

SELENIO

69,72

DUBNIO

Db

32,07

ARSENICO

65,39

178,5

104

30,97

GERMANIO

CADMIO

RUTHERFORDIO

Rf

28,09

GALLIO

63,55

138,9

89

26,98

ARGENTO

ATTINIO

Ac

18

Ar

58,69

137,3

88

Cl

PALLADIO

RADIO

Ra

S

20,18

RODIO

132,9

Fr

30

Zn

P

O

58,93

Rh

75

29

Cu

ZINCO

Si

N

55,85

Ru

Re

28

Ni

RAME

C

RUTENIO

Tc

(98,91)

NICHEL

27

Co

FRANCIO

58

figura B. î Tavola periodica degli elementi.

12

Li

87



11

6,941

55



10

IDROGENO

numero atomico

19



9

VIII

IDROGENO



8

I

157,3

Pu Am Cm

Tb

158,9

Dy 162,5

Ho 164,9

BERKELIO CALIFORNIO EINSTENIO

97

Bk

(247,1)

98

Cf

(252,1)

99

Es

(252,1)

Er

167,3 FERMIO

Tm 168,9

Yb

173,0

MENDELEVIO NOBELIO

71

Lu

175,0 LAURENZIO

100

101

102

103

(257,1)

(256,1)

(259,1)

(260,1)

Fm Md No

Lr

B 89 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

semplice, è formata da 6 atomi di carbonio, 6 atomi di ossigeno e 12 atomi di idrogeno: la formula è pertanto C6H12O6. Che cosa tiene uniti gli atomi in una molecola o, più in generale, in un composto? Si tratta di forze di natura elettrica. Consideriamo per esempio la struttura del salgemma, cioè del cloruro di sodio (NaCl). Quando il sodio e il cloro reagiscono tra loro a formare il cloruro di sodio, gli atomi di sodio tendono a cedere l’elettrone presente nel loro livello più esterno, mentre, viceversa, gli atomi di cloro tendono ad aggiungere un elettrone al loro livello più esterno. Queste due opposte tendenze si concretizzano nella cessione di un elettrone da parte dell’atomo di sodio all’atomo di cloro. In questo modo, avendo ceduto un elettrone, e quindi una carica negativa, gli atomi di sodio non sono più elettricamente neutri, ma dotati di una carica positiva (hanno infatti un elettrone in meno rispetto al numero di protoni). Da parte loro, avendo acquisito un elettrone in più, gli atomi di cloro presentano ora una carica negativa. Un atomo dotato di carica elettrica viene detto ione. Pertanto, ogni atomo di sodio è diventato uno ione positivo e ogni atomo di cloro è diventato uno ione negativo. A questo punto, la carica elettrica di segno opposto fa sì che gli ioni sodio e gli ioni

cloro si attraggano a vicenda e rimangano legati assieme. Questo tipo di legame viene chiamato legame ionico.

caso il legame tra i due atomi si realizza tramite la messa in comune degli elettroni presenti nel livello più esterno.

+

+

+

+

+

+

+

Cl – Na+

Nel composto cloruro di sodio non esistono però molecole, dato che gli ioni sodio e gli ioni cloro formano un reticolo tridimensionale in cui ciascun ione sodio è attirato da più ioni cloro e ciascuno ione cloro è attirato da più ioni sodio. Nei metalli, come il ferro, il rame e l’oro, tutti gli atomi dell’elemento metallico sono impacchettati e tenuti fortemente uniti da un tipo di legame, chiamato legame metallico, che può essere spiegato nel modo seguente. In un metallo allo stato solido gli atomi tendono facilmente a perdere uno o più elettroni del livello più esterno e a diventare ioni positivi. Quegli elettroni, non più legati ciascuno al proprio atomo, passano da un atomo all’altro, per cui un pezzo di metallo può essere descritto come un reticolo di ioni positivi immersi in un mare di elettroni. Nella molecola di ossigeno (O2), invece, nessuno dei due atomi di ossigeno cede o acquista elettroni. In questo

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

+

Tali elettroni appartengono a entrambi gli atomi e li tengono uniti grazie al fatto che sono attirati da entrambi i nuclei. Il risultato è appunto una molecola di ossigeno. Questo tipo di legame, molto forte, che nasce dalla messa in comune di elettroni tra due atomi, è chiamato legame covalente.

O

O

O

O

Nella molecola dell’acqua, H2O, ciascun atomo di idrogeno è legato all’atomo di ossigeno mediante un legame covalente. Tanti tipi di composti chimici Gli elementi della tavola periodica, che sono poco più di un centinaio, reagendo e legandosi tra loro formano milioni di composti chimici diversi. Per contraddistinguere tutti questi composti si usano alcune semplici regole di

B 90 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

nomenclatura, che tengono conto delle loro caratteristiche e della loro struttura. Tutti i composti formati dall’unione di atomi sia metallici sia non-metallici con atomi di ossigeno vengono chiamati ossidi. Per esempio, il composto di formula CaO è l’ossido di calcio (la comune «calce viva» dei muratori). La formula CO2 corrisponde invece al diossido di carbonio, noto anche come anidride carbonica. Il carbonio può formare con l’ossigeno anche un altro ossido, in cui un atomo di carbonio è legato a un solo atomo d’ossigeno: questo composto, di formula CO, è chiamato monossido di carbonio; molto tossico, è presente nei fumi di combustione delle auto e, talvolta, dei camini e delle stufe a tiraggio difettoso. Molti composti presenti nella crosta terrestre sono ossidi, derivati dalla reazione tra l’ossigeno atmosferico, o quello disciolto nelle acque, con atomi di altri elementi chimici. Un tempo si usava distinguere gli ossidi formati dai nonmetalli da quelli formati dai metalli; a questi ultimi era riservato il nome di ossidi, mentre i composti dei nonmetalli con l’ossigeno venivano chiamati anidridi. Oltre all’anidride carbonica si può ricordare a questo proposito anche l’anidride solforosa (SO2), il cui nome corretto è diossido di zolfo. Facendo reagire gli ossidi dei metalli con l’acqua, si ottiene un gruppo di composti chiamati idrossidi. Per esempio, reagendo con

unità 4 La sfera delle rocce

l’acqua, l’ossido di calcio forma l’idrossido di calcio (la «calce spenta» dei muratori): CaO + H2O p Ca(OH)2 Invece, facendo reagire gli ossidi dei non-metalli con l’acqua, si ottiene un gruppo di composti chiamati acidi. Per esempio, reagendo con l’acqua, il diossido di carbonio, cioè l’anidride carbonica, forma l’acido carbonico (H2CO3): CO2 + H2O p H2CO3 Esistono anche acidi che non contengono atomi di ossigeno nella loro molecola. Ne è un esempio l’acido cloridrico (il comune «acido muriatico» per usi domestici). La sua molecola è formata da un atomo di idrogeno e un atomo di cloro: H2 + Cl2 p 2 HCl In soluzione acquosa, acidi e idrossidi tendono a dissociarsi, scindendosi in ioni: gli acidi liberano ioni H+, gli idrossidi ioni OH−. L’acido cloridrico per esempio si dissocia in ioni H+ e ioni Cl−; l’idrossido di sodio

(NaOH) si dissocia in ioni Na+ e OH−. Una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni H+ è chiamata acido, mentre una sostanza che in soluzione acquosa libera ioni OH− è chiamata base. Un acido aumenta dunque la concentrazione degli ioni H+ presenti in piccola quantità nell’acqua, e quindi aumenta l’acidità della soluzione. Una base aumenta invece la concentrazione degli ioni OH− e, quindi, la basicità della soluzione. Per esprimere l’acidità di una soluzione, i chimici usano una scala particolare, chiamata scala del pH, i cui valori vanno da 1 a 14. Quanto minore è il valore del pH di una soluzione, tanto maggiore è la sua acidità. Il valore intermedio della scala, pH = 7, esprime la neutralità e sta a indicare che la soluzione non è acida né basica. I valori di pH compresi tra 7 e 1 indicano soluzioni caratterizzate da acidità via via crescente; viceversa, i valori compresi tra 7 e 14 indicano soluzioni via via più basiche. Basi e acidi sono spesso sostanze pericolose. L’idrossido di sodio (noto un

tempo come soda caustica) reagisce con molte sostanze organiche e, di conseguenza, ha azione corrosiva nei confronti della nostra pelle. L’acido cloridrico, a sua volta, intacca numerosi metalli, corrode il marmo, irrita le mucose degli occhi e i polmoni di chi ne respira i vapori. Il prodotto della reazione tra un acido e una base è un sale. Per esempio, facendo reagire

l’idrossido di sodio con l’acido cloridrico si ottengono cloruro di sodio (il comune sale da cucina) (figura C) e acqua: NaOH + HCl p NaCl + H2O Analogamente, facendo reagire l’idrossido di calcio con l’acido carbonico si ottiene carbonato di calcio più acqua: Ca(OH)2 + H2CO3 p CaCO3 + 2 H2O

figura C. ñ Cloruro di sodio: il comune sale da cucina.

perfissareiconcetti • Come si forma il legame ionico? • Come si forma il legame covalente? • Che cos'è un acido? • Che cos'è una base? • Che cos'è il pH?

B 91 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Per ricordare 1

2

Com’è fatto l’interno della Terra?

La Terra è fatta da involucri concentrici. A partire dal centro vi è un denso nucleo di ferro e nichel, a cui si sovrappongono uno spesso mantello e una sottilissima e leggera crosta superficiale, entrambi costituiti da silicati. La crosta e la parte superiore del mantello formano la rigida litosfera, suddivisa in placche. Sotto la litosfera è presente l'astenosfera a comportamento plastico.

Come vengono classificate le rocce e come si formano?

Le rocce della crosta sono classificate, in base alla loro origine, in rocce magmatiche, rocce sedimentarie e rocce metamorfiche. ● Le rocce magmatiche intrusive derivano dalla solidificazione all’interno della crosta di rocce fuse, o magmi. Le rocce magmatiche effusive sono derivate dalla solidificazione di lave, cioè di magmi fuoriusciti in superficie. Le più comuni rocce intrusive sono i graniti; le più comuni rocce effusive sono i basalti. ● Le rocce sedimentarie derivano da sedimenti, che, in seguito a processi di compattazione e cementazione (litificazione), sono diventati dura roccia. Nelle rocce sedimentarie di origine clastica i sedimenti sono frammenti di altre rocce. Nelle rocce sedimentarie di origine organica i sedimenti sono resti di organismi. Nelle rocce sedimentarie di origine chimica i sedimenti sono minerali depositati da acque che li contenevano in soluzione. ● Le rocce metamorfiche derivano da rocce preesistenti che, in particolari condizioni (alte temperature ed elevate pressioni) si sono trasformate in nuove rocce. Per esempio, i marmi derivano da calcari, gli gneiss da graniti.

3

Come si sono formati i giacimenti di carbone e di petrolio?

Il carbone e il petrolio derivano dalla sedimentazione di materiale organico. Nella formazione del carbone o carbonificazione la materia organica vegetale si arricchisce progressivamente in carbonio, passando via via attraverso gli stadi di torba, lignite, litantrace e antracite. Il petrolio e i gas naturali derivano dalla trasformazione di materia organica, costituita in prevalenza da resti microscopici di organismi marini accumulati nei sedimenti. Per formare un giacimento il petrolio migra dalla roccia madre alla roccia serbatoio.

4

Termini chiave

Che cosa sono i minerali? Come si distinguono tra loro?

▸ Nucleo ▸ mantello ▸ crosta ▸ litosfera ▸ astenosfera ▸ placche ▸ rocce magmatiche intrusive ed effusive ▸ rocce sedimentarie ▸ rocce metamorfiche ▸ graniti ▸ basalti ▸ sedimenti ▸ litificazione ▸ struttura macrocristallina e microcristallina ▸ rocce clastiche, organogene e chimiche ▸ metamorfismo regionale e di contatto ▸ minerali ▸ reticolo cristallino ▸ durezza

B 92 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

I minerali sono sostanze solide inorganiche con una ben determinata composizione chimica la cui struttura cristallina è dovuta al fatto che gli atomi sono ordinati nello spazio in modo regolare nel reticolo cristallino. Oltre che per la forma cristallina, i minerali si distinguono tra loro per la composizione chimica e per caratteri fisici come la durezza, la densità e la solubilità in acqua.

unità 4 La sfera delle rocce

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

2

3

4

5

6

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

La Terra è costituita dai seguenti involucri, dall’interno all’esterno

8

a

formano la maggior parte della crosta.

nucleo, mantello, crosta.

b c

sono costituite da sedimenti.

litosfera, nucleo, mantello.

d

sono costituite prevalentemente da silicio e ossigeno.

a

nucleo, crosta, mantello.

b c d

mantello, litosfera, crosta.

9

Sono rocce magmatiche intrusive

derivano dalla solidificazione di magmi.

I graniti differiscono dai basalti perché sono a

più acidi.

le arenarie.

b c

macrocristallini.

i conglomerati.

di colore più chiaro.

d

di origine metamorfica.

a

i graniti.

b c d

i calcari.

10

Sono rocce magmatiche effusive

Le rocce sedimentarie a

si formano a partire da sedimenti.

i graniti.

b c

a volte contengono fossili.

i gabbri.

d

sono le rocce prevalenti nella crosta.

a

le ossidiane.

b c d

gli gneiss.

Per distinguere tra loro i minerali, uno dei caratteri più significativi è a

la durezza.

b c

il luogo di origine.

d

il colore.

11

le dimensioni.

Il minerale che si può trovare in tutti e tre i tipi di roccia è a

il quarzo.

b c

il calcare.

d

il salgemma.

12

I minerali a

sono composti solidi.

b

possono formarsi da una soluzione per l’evaporazione

c

sono presenti solo nelle rocce magmatiche.

d

possono formarsi per il rafreddamento del magma.

I silicati a

sono i minerali più difusi.

b c

sono costituiti da un reticolo composto da unità base

d

sono costituiti prevalentemente da silicio e ossigeno.

Il 75% della massa della crosta terrestre è costituito da

13

La durezza a

è valutata con la scala di Mohs. nel diamante ha valore 10. è maggiore nel quarzo che nella calcite.

a

ferro e silicio.

b c

ossigeno e silicio.

b c

ferro e alluminio.

d

d

ferro, silicio e alluminio.

a

sedimentarie clastiche.

b c

magmatiche.

d

sedimentarie organogene.

metamorfiche.

sono costituiti prevalentemente da carbonio e ossigeno. tetraedriche.

lo zolfo.

Gli gneiss sono rocce

si trovano soprattutto in superficie.

del solvente.

14 7

Le rocce magmatiche

è misurata con il test dell’acido cloridrico.

Le roccce metamorfiche a

derivano dalla trasformazione di altre rocce preesistenti.

b

si formano mediante una trasformazione che non

c

si distinguono a seconda della causa che provoca la

d

si formano sempre a partire dal magma incandescente.

comporta la fusione. trasformazione.

B 93 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

Esercizi, domande e problemi 1

La figura mostra in sezione verticale le rocce della crosta terrestre che si trovano in una certa località. a. Quali sono le rocce sedimentarie? Come si sono formate? b. Quali sono le rocce magmatiche? Come si sono formate? c . Qual è la roccia metamorfica? Spiega la sua localizza-

1

1

zione. 2

E

2

arenaria

3

3

calcare

A

conglomerato

B F D

C

basalto

4

marmo

4

5

argillite granito 5

2

Abbina a ciascuna delle seguenti coppie di minerali le rispettive caratteristiche (tra quelle indicate). a. calcite-dolomite b. quarzo-salgemma c. gesso-calcite 1. 2.

4

Uno è solubile in acqua, l’altro è il minerale più difuso. Trattato con acido cloridrico, uno reagisce vivacemen-

Osserva le seguenti fotografie dei minerali calcite, gesso e salgemma. In base a tali immagini qual è la differenza più evidente tra questi minerali? Se tu avessi a disposizione i tre campioni, quale prova chimica effettueresti per individuare la calcite? Quale o quali altre prove possono servire per individuare il gesso? E il salgemma?

1

2

te, l’altro debolmente.

3. 3

Uno è un solfato di calcio, l’altro un carbonato di calcio. 3

Risolvi il cruciverba. Orizzontali

1. 2.

Roccia prevalente nel pavimento oceanico. Simbolo dell’elemento chimico che, con l’ossigeno, è il più comune componente delle rocce.

3. 4. 5.

Si forma per metamorfismo del granito. Rocce sedimentarie costituite da sabbie cementate. Roccia derivante dalla sedimentazione di materiale vulcanico.

5

Verticali

1. 2. 3. 4. 5.

Roccia prevalente nelle Dolomiti. Rocce che derivano dalla solidificazione di magmi. Un tipo di evaporite che si usa in cucina. Il nome dato al magma in superficie. I «cantieri» in cui si costruiscono oggi le rocce organogene (termine inglese).

Rispondi brevemente alle seguenti domande. Che cosa?

Che cosa succede quando dell’acido cloridri-

Dove?

Dove è possibile trovare piccoli cristalli di

Quando?

Quando non avviene la formazione di un re-

Quale?

Quale minerale si scioglie facilmente

co cade su un pezzo di marmo? magnetite? ticolo cristallino? nell’acqua? Perché?

B 94 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Perché nei porfidi ci sono i fenocristalli?

unità 4 La sfera delle rocce

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

MAPPA

6

RICERCA E RIFLETTI

Completa la mappa concettuale utilizzando i termini proposti. Dai la definizione di quelli sottolineati. magmi - clastiche - di origine chimica - minerali - efusive -

8

Nelle foto puoi osservare monumenti di località diverse e realizzati con pietre locali.

1

2

metamorfiche - intrusive - sedimentarie - magmatiche metamorfismo regionale - di origine organica - altre rocce litificazione

Le rocce sono costituite da

..............

e sono classificate in

3

............ . . . . . . . . . . . . . . . . che derivano dalla solidificazione di

che si formano per

..............

............ . .

..............

..............

e si distinguono in

di sedimenti

figura 2. ñ La facciata della Chiesa di San Michele, a Pavia, è interamente rivestita di pietra locale di colore ocra.

figura 1. ñ Elefantino nero della Fontana dell’elefante a Catania. 4

che si formano per trasformazione di

in seguito a

e si distinguono in

figura 3. ñ La facciata della basilica di San Salvatore dei Fieschi, nei pressi di Lavagna è rivestita di pietra locale nera con interposte fasce di marmo bianco.

a.

figura 4. ñ La basilica di San Pietro, come altre chiese e monumenti di Roma, è stata costruita saccheggiando gran parte del materiale che rivestiva il Colosseo.

Sapresti dire con quali pietre sono stati edificate le chiese o i monumenti delle foto? Che tipi di pietre sono? Da dove provengono? Per rispondere aiutati con Internet.

. .........

..........

. . . . . . . . . . metamorfismo di contatto

b.

Quali sono i tipi di rocce più comuni nei monumenti e negli edifici della tua città? Da dove provengono? Fai una piccola ricerca utilizzando libri d’arte o Internet. Rifletti infine sul perchè sono stati usati proprio quei materiali: per motivi estetici, per la vicinanza delle cave, per le proprietà fisiche come la durezza o la resi-

............. .

..............

..............

stenza agli agenti atmosferici o per altro.

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

7

ENGLISH FOR SCIENCE

Nel Neolitico, oltre 6000 anni fa, l’umanità iniziò a utilizzare i metalli: oro, argento, rame e piccole quantità di ferro estratto da meteoriti o «pietre cadute dal cielo». Solo intorno al 1500 a.C. si imparò a estrarre il ferro dai minerali che lo contenevano. Rispondi ora alle seguenti domande aiutandoti anche con Internet. a. b.

9

Read the text and complete the sentence. Molten rock can cool so quickly that gases inside do not have a chance to escape. he rock hardens around the

Perchè oro, argento e rame furono i primi metalli a es-

bubbles, producing rocks

sere usati? Da quali minerali si estrae il ferro?

that have more holes than Swiss cheese. Pumice (in photo) a

Perchè la sua lavorazione è detta siderurgia?

volcanic glass, is so light it can float on ..................

B 95 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione B Il sistema Terra

LA SFERA DELL'ARIA l’involucro di gas che avvolge la Terra

LA SFERA DELL'ACQUA l’insieme di tutte le acque della Terra

LA SFERA DELLE ROCCE è costituita da

è caratterizzata da è formata da

struttura a strati sovrapposti: • TROPOSFERA • STRATOSFERA – Ozonosfera • MESOSFERA • TERMOSFERA

nella troposfera si verificano i

ACQUA (H2O) contenuta in tre serbatoi

che ha

composizione: • N2 (78%) • O2 (21%) • CO2 (0,03%) • altri gas • vapore acqueo (in percentuale variabile)

tra cui il

ROCCE corpi solidi dotati di un reticolo cristallino

che sono aggregati di

proprietà chimico-fisiche particolari • densità • capacità solvente • calore specifico

MINERALI e si distinguono per caratteri

e formano

ACQUA atmosferica ACQUA sotterranea ACQUA di superficie

FENOMENI METEOROLOGICI

CHIMICI • silicati • non silicati

FISICI • forma cristallina • durezza • densità

per cambiamenti di TEMPERATURA che circola nel

PRESSIONE UMIDITÀ

che può essere

alta pressione nelle aree anticicloniche

tra cui spirano i

VENTI

precipitazione

bassa pressione nelle aree cicloniche dove si formano

ROCCE METAMORFICHE CICLO DELL'ACQUA ACQUA atmosferica

ACQUA sotterranea

ACQUA di superficie

• nuvole • precipitazioni

ROCCE SEDIMENTARIE

ROCCE MAGMATICHE

evaporazione

provenienti dal consolidamento di sedimenti. Sono: • di origine clastica • di origine chimica • di origine organica

provenienti dalla solidificazione di magmi e lave

INTRUSIVE (come il granito) se i magmi solidificano in profondità

B 96 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

EFFUSIVE (come il basalto) se i magmi solidificano in superficie

originate in seguito a trasformazione di altre rocce o METAMORFISMO • regionale • di contatto

Le dinamiche della Terra

C Prerequisiti > Saper leggere un semplice testo scientifico usando grafici, tabelle e illustrazioni per ricavarne informazioni. > Saper consultare un atlante geografico per localizzare luoghi e siti geologicamente significativi. > Saper avvalersi della propria esperienza per arricchire di riferimenti personali i temi trattati.

Obiettivi di apprendimento > Conoscere il ruolo degli agenti atmosferici nella degradazione delle rocce. > Saper riconoscere le fasi del ciclo delle rocce. > Saper descrivere i fenomeni vulcanici e saperli interpretare come manifestazioni della dinamica terrestre. > Saper descrivere i fenomeni sismici e avere una corretta conoscenza dei concetti di rischio e prevenzione a essi collegati. > Saper individuare nella tettonica delle placche la teoria in grado di spiegare i fenomeni geologici apparentemente diversi tra loro. > Sapere come è possibile ricostruire la storia del nostro pianeta e conoscerne le principali tappe.

1. Il modellamento Unità 2. I vulcani Unità 3. I terremoti Unità 4. La litosfera in movimento Unità 5. La storia della Terra Unità

I

meravigliosi paesaggi del nostro pianeta, valli, colline, pianure, canyon, sono il risultato dell’incessante lavorio degli agenti atmosferici che modellano dall’esterno la superficie terrestre: sono le piogge, le acque correnti, le onde, i venti che traggono la loro energia dal Sole. Altre forze agiscono dall’interno del globo e trasformano nel tempo la crosta terrestre. Esse sono dovute al calore interno della Terra che mette in moto le placche, i pezzi che compongono come un mosaico la litosfera. Le placche trascinate come zattere si muovono in vario modo, collidendo o allontanandosi l’una rispetto all’altra o scivolando l’una accanto all’altra. Lungo i margini delle placche perturbati da scontri, stiramenti, frizioni, si aprono vulcani, la terra trema, si sollevano catene di monti; dal fondo degli oceani risalgono magmi che vanno ad accrescere i pavimenti oceanici. I segni di queste metamorfosi sono conservati negli strati rocciosi che ci permettono di ricostruire, con i fossili che contengono, anche la lunga storia della vita.

C1 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

1

unità

Il modellamento A

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Quali sono le forze che modellano la superficie terrestre? Perché le rocce si degradano? Che cosa rimane dalla loro degradazione? In che modo le acque correnti e i ghiacciai modellano il paesaggio?

Le forme del paesaggio Una delle caratteristiche più afascinanti del nostro pianeta è la varietà dei suoi paesaggi naturali. Nelle foto sono rappresentati quattro paesaggi caratterizzati da forme strane e curiose. Queste forme sono il risultato dell’azione degli agenti atmosferici che modellano la superficie terrestre.

B

Qual è l’azione di modellamento del mare? E del vento? Che cos’è una frana? Come si forma il suolo? Come avviene il ciclo delle rocce?

Sai rispondere? Analizza le foto A, B e D. 1. Indica quale paesaggio a tuo parere è stato modellato dall’azione prevalente del vento, quale dalle acque correnti e quale dall’alternarsi del gelo e del disgelo. Spiega i motivi delle tue scelte. Come ti immagini questi paesaggi tra mille anni? Analizza ora la foto C. 2. Come ti immagini che si siano create le forme bizzarre che puoi osservare? Prova a fare qualche ipotesi. Per aiutarti a rispondere prova a realizzare l’esperienza descritta nella pagina accanto.

C

D

C2 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

I processi che in natura modellano le rocce sono gli stessi che alterano i materiali utilizzati nell’edilizia come il travertino nel Lazio, il tufo in Campania e il marmo in Toscana. Tra quelli più utilizzati per i monumenti in tutta Europa vi è il calcare. Di calcare è anche uno dei più bei palazzi di Parigi: la Conciergerie rappresentata nella foto. Nell’edificio si possono notare (particolari nelle foto piccole) segni di degradazione e di alterazione di vario tipo. Sai rispondere? 1. Negli edifici intorno alla tua scuola o alla tua casa ci sono forme analoghe di degradazione? Se hai la possibilità, documenta la tua indagine con foto e discuti in classe con i compagni le possibili cause. 2. Le lapidi dei cimiteri presentano sempre una grande varietà di materiali diversi. Esiste una relazione tra il tipo di roccia impiegato per le lapidi e il tipo di degradazione? Se puoi, documenta la tua indagine con foto.

prova a fare

I monumenti si degradano

Piramidi di terra In questa esercitazione puoi vedere gli effetti delle gocce di pioggia sul suolo poco compatto e puoi verificare come uno strato di roccia dura protegga il materiale sottostante creando a lungo andare le forme pittoresche della fotografia C. Ti serve un vassoio, un mucchietto di sabbia, delle monete e un annaffiatoio. Fai un mucchietto di sabbia sul vassoio e appoggia qualche moneta sopra la sabbia. Annaffia più volte la sabbia con una pioggerellina sottile. La pioggia eroderà la sabbia e col tempo noterai che in corrispondenza delle monete si saranno formate delle specie di colonnine. 1. Sapresti spiegare come si sono formate queste colonnine? 2. Che funzione svolgono le monete? A quali materiali presenti in natura sono paragonabili le monete? E la sabbia? Ora dovresti essere in grado di spiegare la formazione delle piramidi di terra visibili nella foto C.

C3 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

1 C

Il modellamento è il risultato di forze contrapposte

erti paesaggi montuosi con aspre pareti e cime impervie comunicano una sensazione di stabilità, solidità e immutabilità. In realtà le cime e le pareti di roccia delle nostre montagne sono come edifici in rovina. Sulle Dolomiti alcuni complessi spettacolari di pinnacoli e guglie (figura 1) sono sotto osservazione da parte dei geologi per il ripetersi di cedimenti e crolli di alcuni torrioni rocciosi. Questi fenomeni sono eventi naturali dovuti all’incessante azione erosiva degli agenti atmosferici. Gli agenti atmosferici rappresentati dalle piogge, dalle variazioni di temperatura, dall’alternarsi di cicli di gelo e disgelo operano sulle rocce della crosta terrestre, modificandole profondamente e disgregandole in frammenti. In seguito alla loro azione incessante le rocce dei rilievi e dei picchi montuosi sono disgregate e ridotte in materiali di vario tipo che, prima o poi, sono rimossi e portati via dalle acque correnti. Così, dove un tempo c’erano montagne, restano altipiani e pianure. Si è calcolato che la velocità media di demolizione delle rocce è pari a 1 mm all’anno. Da ciò si ricava che una montagna alta 1000 m in un milione di anni può essere completamente spianata. Le forze responsabili dei processi di demolizione delle rocce sono dette esogene (parola di origine greca che significa «che nasce dall’ester-

no»), perché azionate dall’energia che proviene dal Sole e quindi dall’esterno della Terra. È infatti l’energia del Sole che mette in movimento le masse di aria e di acqua che, sottoforma di vento, pioggia e ghiaccio, agiscono sulle rocce, demolendole. Le cime più alte della catena alpina, come il Monte Bianco e il Cervino, hanno altezze superiori ai 4000 m; dagli studi efettuati i geologi hanno potuto stabilire che sono state sollevate e hanno cominciato a essere erose 40 milioni di anni fa. In base alla velocità con cui avviene l’erosione dovrebbero essere già del tutto spianate. Perché questo non è accaduto? Il motivo è che le forze esogene non sono le sole a dare forma al paesaggio. Esistono altre forze che a loro volta modellano la superficie terrestre dette endogene (parola di origine greca che significa «che nasce dall’interno»), perché alimentate dall’energia che proviene dall’interno della Terra sotto forma di calore. Questo calore muove le placche della litosfera: quando due placche continentali si scontrano, i loro margini che collidono si sollevano e si piegano generando le catene montuose. Il paesaggio che vediamo è dunque il risultato dell’azione delle forze esogene, che tendono a demolire le rocce e appianare i rilievi, ed endogene, che tendono invece a sollevare le catene montuose (figura 2).

figura 1. ñ Il complesso delle Cinque Torri, nelle Dolomiti, era costituito da un unico massiccio roccioso, che nell’arco di milioni di anni è stato lentamente eroso dagli agenti atmosferici. Il processo è tuttora in atto e spesso si verificano crolli.

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unità 1 Il modellamento

profilo attuale profilo antico L’erosione ha smantellato parte delle pieghe che si sono formate in seguito allo scontro tra le placche della litosfera.

figura 2. ñ Rapporto tra erosione e sollevamento di una catena montuosa. Il sollevamento è avvenuto lentamente durante lunghissimi periodi di tempo e l’erosione ha lavorato per demolire le montagne che stavano alzandosi.

Attualmente, le Alpi (figura 3) e l’Himalaya si stanno sollevando di qualche centimetro l’anno: il sollevamento prevale ancora sull’erosione come accade tipicamente per le catene montuose ai margini delle placche litosferiche in collisione. In altre aree della Terra, dove le spinte che causano il sollevamento della crosta sono cessate da tempo, ha prevalso l’erosione che col tempo ha abbassato i rilievi fino a farli quasi scomparire. In alcuni casi, a testimonianza degli antichi rilievi e della capacità di alcune rocce di resistere all’erosione, può restare un picco roccioso isolato in mezzo alla pianura (figura 4). Esempi di antiche catene in via di spianamento sono gli Appalachi, sulla costa orientale degli Stati Uniti, e gli Urali, al confine tra la Russia europea e quella asiatica. In questa unità ci occuperemo di come le piogge, le acque correnti, il ghiaccio, il vento e le onde del mare agiscono sulle rocce e quindi sulla superficie del nostro pianeta modellando il paesaggio. !#$^* ) Per fissare i concetti

1

sollevamento

Che cosa si intende per forze esogene? Qual è l’energia che le alimenta? 2 Che cosa si intende per forze endogene? Qual è l’energia che le alimenta? 3 Fai un esempio di zone della Terra in cui prevale il sollevamento e uno di zone in cui prevale l’erosione.

abbassamento

figura 4. ñõ Ayers Rock in Australia, la montagna sacra agli aborigeni, è ciò che resta di un rilievo che è stato in gran parte demolito.

figura 3. ï La figura evidenzia quali regioni si stanno alzando e quali abbassando in Italia. Come si vede, tutto il territorio alpino è in sollevamento, mentre nel resto della nostra penisola l’erosione e il sollevamento si equilibrano. La Pianura Padana, invece, è soggetta a un marcato fenomeno di abbassamento o subsidenza.

Gli strati di rocce tempo 1 sollevati e piegati formano i rilievi.

Gli agenti atmosferici degradano le rocce e riducono i rilievi.

tempo 2

La parte che ha resistito all’erosione emerge come un unico blocco dalla pianura.

tempo 3

Ayers Rock

La pianura si è formata con l’accumulo dei prodotti derivati dal disfacimento delle rocce soprastanti.

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unità 1 Il modellamento

Climi umidi. Nei climi umidi e in quelli temperati, la causa principale della demolizione delle rocce è l’alterazione chimica. Quando le rocce vengono a trovarsi esposte agli agenti atmosferici, le sostanze minerali che le compongono tendono a reagire con l’aria e con l’acqua formando nuovi composti. L’alterazione chimica è legata in particolare alla presenza dell’ossigeno atmosferico e dell’anidride carbonica che, sciogliendosi nell’acqua piovana, esercita un’azione corrosiva. Le regioni dove le precipitazioni sono abbondanti (per esempio, quelle equatoriali) possono registrare i maggiori tassi di alterazione chimica. !#$^* ) Per fissare i concetti

4 Che cosa si intende per disgregazione fisica delle rocce? E per alterazione chimica? 5 Che cosa si intende per crioclastismo? Di quali regioni della Terra è tipico? 6 Che cosa sono i detriti di falda? a

3 L

L’alterazione chimica

e rocce, come sappiamo, sono tutte composte da minerali: alcune contengono prevalentemente un solo tipo di minerale, altre più tipi. Per esempio, il calcare è una roccia composta per la maggior parte da carbonato di calcio (CaCO3); il granito è invece composto da diversi minerali, uno dei quali è il quarzo, un minerale assai difuso anche in altre rocce e costituito da ossido di silicio (SiO2). Poichè i minerali diferiscono tra loro per la composizione chimica, gli efetti dell’azione chimica degli agenti atmosferici sulle rocce della superficie terrestre dipendono dal tipo di minerali da cui le rocce sono composte. La dissoluzione del calcare. Iniziamo con l’esaminare il comportamento delle rocce calcaree. Se osserviamo le facciate dei monumenti più antichi costruiti in calcare, possiamo notare diversi segni di alterazione chimica: le facciate appaiono smussate e consumate, a volte completamente scrostate o ricoperte da patine di alterazione.

b

gelo L’acqua che riempie le fratture gelando aumenta di volume e determina il distacco di frammenti.

disgelo

detriti di falda

distacco

figura 6.òW (a) Nei climi freddi il ghiaccio e le oscillazioni termiche producono fratture nella roccia. (b) La disgregazione fisica delle rocce ha prodotto i cumuli di detriti (detriti di falda) alla base delle pareti di questa montagna.

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sezione C Le dinamiche della Terra

L’alterazione chimica del calcare, se molto spinta e in particolari condizioni atmosferiche e climatiche, può condurre alla solubilizzazione della roccia con la formazione di cavità, cunicoli e grotte. La solubilizzazione chimica delle rocce calcaree viene denominata erosione carsica, o carsismo dal nome della regione al confine tra Italia e Slovenia, in cui tipicamente si rinvengono queste forme (vedi scheda, p. C11). In Italia l’erosione carsica è abbastanza frequente, perché le rocce carbonatiche formano gran parte dell’ossatura della nostra penisola, dall’arco alpino alle isole (figura 7). Alcuni esempi di grotte carsiche sono Frasassi nelle Marche, Castellana in Puglia e Nettuno in Sardegna. L’azione chimica di solubilizzazione delle rocce è detta dissoluzione. Mediante la dissoluzione i minerali che compongono le rocce vengono a poco a poco trasformati in sali solubili, che vengono portati via dalle acque. Per capire cos’è la dissoluzione pensiamo a cosa avviene quando facciamo cadere alcune gocce di acido cloridrico (HCl), anche diluito, su un pezzo di calcare. Come abbiamo già visto, si osserva una vivace efervescenza, cioè la formazione di innumerevoli bollicine di gas, e si nota che nel punto in cui è caduto l’acido il calcare si è consumato, lasciando una piccola cavità. Anche in natura la dissoluzione delle rocce calcaree avviene per azione di soluzioni in cui sono presenti sostanze acide. L’acqua piovana infatti è leggermente acida (pH = 5,6) per la presenza di un acido debole, l’acido carbonico. L’acido carbonico si forma dalla reazione tra l’anidride carbonica dell’aria e l’acqua delle goccioline delle nubi o delle gocce di pioggia, come mostra la seguente equazione: H 2O acqua

+

CO2

p

anidride carbonica

L’acido carbonico contenuto nell’acqua della pioggia reagisce con il calcare delle rocce secondo la seguente equazione: H2CO3

+

CaCO3 calcare

p

Ca(HCO3)2 bicarbonato di calcio

Il bicarbonato di calcio che si forma dalla dissoluzione del calcare è molto solubile in acqua. Si spiega così la formazione delle cavità carsiche: il calcare che le occupava si è trasformato in bicarbonato, il quale è stato asportato in soluzione, lasciando un «buco», una grotta, una cavità talvolta ampia come l’interno di una cattedrale. L’idrolisi dei silicati. Esaminiamo ora le modificazioni dovute all’azione chimica dell’acqua piovana su un gruppo di minerali molto difuso: i silicati. I silicati sono i costituenti fondamentali di molti tipi di rocce come graniti, basalti e arenarie (figura 8). A contatto con acqua contenente acido carbonico, i silicati, in particolare i feldspati, subiscono reazioni chimiche dette di idrolisi. Le reazioni di idrolisi sui silicati danno luogo alla formazione sia di sali solubili, che vengono asportati dalle acque, sia di nuovi minerali: i minerali argillosi o argilla. Nel granito, come sappiamo composto di quarzo, feldspati e mica, l’alterazione a opera degli agenti atmosferici si avvia con la trasformazione dei minuscoli granuli di feldspato in argilla e sali solubili. Al posto dei granuli restano piccole cavità che facilitano l’ulteriore attacco della roccia che tende a sgretolarsi in granuli di quarzo, praticamente inattaccabile, e scagliette di mica. La fine argilla e i sali solubili sono successivamente portati via dalle acque correnti.

H2CO3 acido carbonico

figura 7. ò In Puglia, su questo tratto di costa con caratteri di falesia, la roccia, costituita da bianchi strati calcarei, presenta grotte e archi dovuti all’erosione carsica e all’azione del mare.

C8 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

figura 8. ñ Questo paesaggio della Costa Smeralda, in Sardegna, è dovuto al modellamento del granito a opera del vento, delle onde e dell’acqua piovana.

unità 1 Il modellamento

Poiché i silicati sono i minerali più difusi della crosta terrestre, anche l’argilla, che si forma dalla loro alterazione, è estremamente difusa; da sola, costituisce più della metà dei detriti provenienti dal disfacimento delle rocce e va a formare gran parte del suolo. Anche i granuli di quarzo e le scagliette di mica che hanno resistito all’alterazione concorrono, insieme all’argilla, alla formazione del suolo. In gran parte però, rimossi e trasportati verso il mare dalle acque correnti, si accumulano sulle rive per formare le spiagge (figura 9). Nei climi molto caldi e umidi, dove l’alterazione chimica è molto spinta, l’argilla subisce un’ulteriore trasformazione. Da essa si forma infatti un gruppo di minerali che va sotto il nome complessivo di bauxite, insolubile e di colore bruno o giallastro, da cui si estrae l’alluminio.

Granuli di quarzo sono arrotondati e levigati durante il trasporto a opera delle acque correnti e del vento.

L’ossidazione. Alcune rocce magmatiche, come i basalti, contengono silicati di ferro che tendono a reagire con l’ossigeno atmosferico. Si tratta di una reazione simile a quella che porta alla formazione della ruggine; il prodotto di questa reazione è un residuo farinoso di colore rosso, arancio o giallastro. L’azione chimica dell’ossigeno è detta ossidazione: l’ossigeno si combina con il ferro formando ossidi di ferro, che a loro volta si combinano con l’acqua generando ossidi idrati o idrossidi di ferro (come, per esempio, il minerale denominato limonite).

figura 9. ñ Sabbia formata da granuli di quarzo.

Sulle pareti rocciose bagnate dall’acqua gli ossidi e gli idrossidi di ferro possono formare incrostazioni e macchie rossastre (figura 10). I suoli rossi di molte regioni calde e umide del globo devono il loro colore alla formazione di tali ossidi e idrossidi di ferro. Questi composti di ferro sono insolubili e molto stabili. L’azione degli organismi. Se rimuovete un cuscinetto di muschio da una roccia, potete constatare che la superficie è bucherellata. Le radici del muschio, e delle piante in genere, si insinuano nelle fessure delle rocce e agiscono come un cuneo, allargandole. All’attività delle piante si aggiunge quella dei microrganismi decompositori che producono anidride carbonica. Questa, assieme a quella prodotta dalla respirazione delle radici, reagisce con l’acqua piovana e forma una soluzione acida che accelera i processi di alterazione. L’alterazione chimica crea nella roccia nuove piccole cavità o fessure che facilitano l’azione meccanica dell’acqua, del gelo e del vento. Disgregazione meccanica, alterazione chimica e azione degli organismi viventi avvvengono insieme e si potenziano a vicenda.

figura 10. ö Questo muretto di montagna è un esempio del diverso comportamento di vari tipi di roccia rispetto all’azione degli agenti atmosferici. Questa roccia di colore chiaro non contiene minerali ferrosi.

In questa roccia il colore rossiccio indica la presenza di minerali ferrosi che per ossidazione hanno formato ossidi di ferro.

!#$^* ) Per fissare i concetti

7 8 9 10

Che cosa si intende per dissoluzione? Fai degli esempi. In che modo si spiega la formazione delle cavità carsiche? Che cos’è l’idrolisi? Su quali rocce agisce? Quali prodotti si formano? Perché l’argilla è abbondante in natura? Perché il quarzo è abbondante nelle sabbie? 11 Come vengono alterati i silicati contenenti ferro? 12 In che modo gli organismi concorrono alla demolizione delle rocce?

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sezione C Le dinamiche della Terra

4 S

L’azione modellante dei corsi d’acqua

ui rilievi dei continenti, all’azione di degradazione meccanica e chimica operata dagli agenti atmosferici si unisce l’azione delle acque correnti. L’azione erosiva svolta dalle acque correnti nel modellamento del paesaggio è molto importante, anche se esse costituiscono appena lo 0,01% del totale delle acque presenti sulla Terra. Leonardo da Vinci, osservando le acque torbide e fangose dei fiumi in piena, scrisse «Li monti son disfatti dalle piogge e dalli fiumi».

Il materiale che il fiume non ha depositato lungo il suo percorso arriva infine al mare, che costituisce il livello di base, cioè il livello al di sotto del quale non si possono avere fenomeni di erosione a opera di acque correnti. Qui, in corrispondenza della foce, le acque del fiume perdono velocità e, di conseguenza, i sedimenti vengono depositati, a partire da quelli di dimensioni maggiori. Il rapporto tra la forza della corrente fluviale e quella dei moti del mare (maree e correnti marine) può produrre diversi tipi di

L’erosione dovuta alle acque correnti è l’insieme dei processi derivanti dallo scorrimento delle acque, cui si aggiunge l’effetto del rotolamento, degli urti e degli sfregamenti dei materiali trasportati. Le acque correnti lungo il loro tragitto trasportano via i detriti prodotti dalla degradazione delle rocce più a monte e svolgono una continua azione erosiva sulle rocce che incontrano. Infatti, i materiali detritici del corso d’acqua rotolano e sfregano gli uni contro gli altri e contro le rocce del fondo e dei fianchi vallivi provocando rotture e levigature. Da massi e frammenti spigolosi si formano ciottoli arrotondati e, da questi, frammenti sempre più piccoli. Questi ultimi, a loro volta, accrescono l’azione abrasiva dell’acqua sul fondo e sui fianchi della valle scavando e approfondendo il letto o alveo. L’azione delle acque correnti, in territori montuosi, porta alla creazione di valli, dalla tipica forma a V (figura 11). Accanto all’azione erosiva dei corsi d’acqua, vi è anche il fenomeno del deposito dei sedimenti asportati lungo tutto il corso d’acqua. Dove l’energia dell’acqua è maggiore, vengono depositati i materiali più grossolani (massi e ciottoli); via via che l’acqua scorre verso la pianura e l’alveo diventa meno ripido, il fiume tende a trasportare i sedimenti più fini. Nel caso si verifichi una piena, la quantità di acqua del fiume è maggiore del consueto e non è più contenuta nell’alveo; l’acqua perciò esce e inonda il territorio circostante, depositando i materiali che aveva in carico. I materiali abbandonati dai fiumi durante le inondazioni formano le pianure alluvionali. Col passare del tempo, possono depositarsi spessori di decine, fino a centinaia di metri di materiali alluvionali (più di mille nel caso della Pianura Padana). In queste pianure alluvionali il fiume, cercando una «via» verso il mare, forma ampie curve dette meandri (figura 12). Nei meandri si ha sia erosione sia deposito. Sul lato del meandro in cui la corrente è meno rapida (la sponda interna) il fiume deposita materiali; sulla sponda opposta (quella esterna), dove la corrente è più rapida, il fiume erode e scava.Nel caso di una piena la corrente può «saltare» il tratto curvilineo del meandro e l’ansa tagliata fuori dal cammino delle acque correnti costituisce un meandro abbandonato. Resta una piccola raccolta d’acqua stagnante a semiluna detta lanca.

figura 11. ñ Nelle zone di montagna prevalgono l’azione di erosione e quella di trasporto; le acque scorrono veloci, incidendo strette valli a V (come la Val Grande, nella foto).

Un tratto di meandro abbandonato forma una lanca.

Sul lato interno della curva la corrente rallenta e prevale il deposito. figura 12. î Meandri e lanche di un fiume in Kenya. Il colore delle acque è dovuto al contenuto di materiali in carico ricchi di ossidi di ferro.

Sul lato esterno della curva prevale l’erosione.

C 10 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il modellamento

foce. In particolare, quando le maree non sono abbastanza energiche per rimuovere i sedimenti, questi si accumulano e ostacolano il flusso delle acque del fiume. Questo allora si divide in rami che si aprono la strada tra il materiale detritico. Poiché la quantità di materiale depositato aumenta nel tempo, lentamente la terra avanza verso il mare; si forma così una foce a delta. Questo nome deriva da quello della lettera greca delta, alla cui maiuscola (Δ) gli antichi Greci paragonavano la foce del Nilo.

Quando invece l’alternarsi delle maree rimuove e allontana i detriti, che vengono depositati più al largo, la foce assume una forma a imbuto ed è detta a estuario. !#$^* ) Per fissare i concetti 13 Quali sono i più importanti agenti del modellamento del paesaggio nella maggior parte delle regioni della Terra? 14 Perché la valle scavata da un corso d’acqua ha una forma a V? 15 Che cos’è un meandro? In che modo si forma una lanca?

persapernedipiù

Il paesaggio carsico

L

e rocce calcaree sono diffuse in tutta Italia: nelle Alpi, nell’Appennino centromeridionale, in Puglia dal Gargano alle Murge, in Sicilia e in Sardegna. Il paesaggio carsico è dunque frequente sul nostro territorio. Nelle zone carsiche l’acqua tende a penetrare in profondità attraverso le fessure presenti nelle rocce, dissolvendo a poco a poco il calcare e allargando sempre più le fessure. Nel Carso possono essere osservati tutti gli elementi tipici di questo paesaggio; si può osservare anche il fenomeno dei corsi d’acqua ipogei (sotterranei). Per esempio, il fiume Timavo, dopo un breve percorso in superficie in territorio sloveno, si inabissa e percorre nel sottosuolo una quarantina di kilometri, per riaffiorare infine non lontano da Monfalcone, in territorio italiano. La morfologia del paesaggio carsico è spesso piatta, con altopiani ondulati e irregolari (figura A). In superficie si formano spesso lunghi solchi separati da creste più o meno affilate, simili a quelli lasciati dalle ruote dei carri (i campi carreggiati). Frequentemente troviamo degli infossamenti irregolari a imbuto, a volte anche molto profondi, sul cui fondo l’acqua sparisce penetrando nel sottosuolo: si tratta degli inghiottitoi. L’azione erosiva dell’acqua può allargare

l’inghiottitoio, fino a formare una vasta depressione a catino, chiamata dolina (dallo slavo, piccola valle). Nel sottosuolo il carsismo produce complicati sistemi di cunicoli e grotte in cui possono scorrere fiumi sotterranei. Nelle grotte si possono ammirare strane forme appuntite appese al «soffitto» o che si innalzano dal pavimento. Sono, rispettivamente, le stalattiti e le stalagmiti (figura B). Si tratta di depositi di calcare, delle vere e proprie «incrostazioni» lasciate dalle acque che «sgocciolano». Il fenomeno carsico consiste infatti anche nella formazione di nuovo calcare. L’acqua ricca in bicarbonato di calcio (in soluzione) permea il sottosuolo e gocciola dal soffitto delle cavità sotterranee. In ogni goccia che «si sofferma» prima di cadere e in ogni velo d’acqua che bagna le pareti della cavità avviene il processo inverso a quello che porta allo scioglimento del calcare: a mano a mano che dalla soluzione sfugge l’anidride carbonica, il bicarbonato di calcio si ritrasforma in carbonato di calcio, che si deposita formando stalattiti e stalagmiti. Il processo è assai lento: una stalattite lunga alcuni centimetri impiega più di cento anni a formarsi. Col tempo, una stalattite e una stalagmite si possono

saldare assieme a formare una «colonna». perfissareiconcetti • Perché in genere non si vedono corsi d’acqua nelle regioni carsiche? • Che cosa sono le stalattiti e le stalagmiti e come si formano?

figura A. ö Elementi del paesaggio carsico. La dissoluzione del calcare forma soprattutto cavità nel sottosuolo, entro cui si muovono le acque correnti, e una superficie irregolare, costellata di solchi e «buche» (campi carreggiati e doline). campi carreggiati doline

corso d’acqua sotterraneo

inghiottitoio

grotta con stalattiti e stalagmiti

calcare

figura B. î La Grotta del Gigante è l’enorme cavità carsica vicino a Trieste, entrata nel Guinness dei primati per le sue dimensioni.

C 11 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

5 A

L’azione modellante dei ghiacciai

lle alte latitudini o nelle aree montuose elevate, i ghiacciai sono i maggiori agenti modellatori del paesaggio. La loro azione è dovuta al fatto che, come un lentissimo fiume, il ghiacciaio si muove per gravità e si incanala nella valle formando la lingua glaciale. La lingua glaciale scende con una velocità che va da alcuni centimetri al giorno per i ghiacciai alpini ad alcuni metri per i grandi ghiacciai himalayani. Mentre avanza, la lingua di ghiaccio erode e leviga le rocce su cui scorre. Sui fianchi e sul fondo delle valli che sono state sedi di antichi ghiacciai, è possibile osservare caratteristiche striature e levigature prodotte dallo scorrere del ghiaccio (rocce montonate). Diversamente da quello fluviale, il profilo di una valle glaciale ha una tipica forma a U (figura 13).

I detriti caduti dalle montagne sui lati e sul fronte di una lingua glaciale formano le morene, accumuli di materiali di varia grandezza accatastati in modo caotico. Le morene laterali fiancheggiano il ghiacciaio per tutta la sua lunghezza. Dove due lingue glaciali confluiscono, le morene laterali si uniscono in una morena centrale. In corrispondenza del fronte della lingua glaciale, i materiali trasportati danno origine alla morena frontale, che finisce spesso per formare una collina di forma arcuata. La morena laterale di un antico ghiacciaio che percorreva l’attuale Valle d’Aosta è visibile oggi nei pressi di Ivrea come una muraglia lunga 25 km, la Serra d’Ivrea. Il ghiacciaio, insieme al materiale morenico, è in grado di trasportare anche massi di enormi dimensioni, che al suo ritiro si depositano al suolo: sono i cosiddetti massi erratici (dal latino erráre, vagare) o «massi delle streghe» (figura 14).

La roccia montonata è stata levigata e graffiata dall’azione del ghiaccio.

Il masso erratico proviene da rocce affioranti del Canada.

a Una valle è incisa a V da un fiume.

morena centrale

b

morena laterale

La valle viene occupata da un ghiacciaio.

figura 14. ï Un masso erratico in Central Park, nel cuore di New York. Ve ne sono anche alle porte della città e provengono da rocce affioranti nel Canada.

c La valle liberata dai ghiacci è parzialmente riempita dai detriti e percorsa da un fiume. figura 13. ñ Valle di San Lucano nelle Dolomiti dalla forma a U percorsa da un fiume. In (a), (b) e (c) evoluzione del paesaggio.

a

b

figura 15. ñ (a) Nei periodi glaciali i ghiacciai alpini scendevano in pianura, portando con sé il loro carico di detriti morenici. (b) Nei periodi più caldi, i ghiacciai si sono ritirati e si sono formati dei laghi delimitati dai depositi morenici ad anfiteatro come le colline che cingono il Lago di Garda.

C 12 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

anfiteatro morenico

unità 1 Il modellamento

I ghiacciai si espandono nei periodi freddi, occupando aree maggiori, e le loro lingue si allungano verso le pianure; nei periodi caldi si rimpiccioliscono e le lingue glaciali arretrano verso monte. Essi sono dunque insostituibili indicatori dei cambiamenti climatici. I dati attuali indicano che i ghiacciai delle Alpi sono quasi tutti in arretramento. Invece, circa 20 000 anni fa, in Europa, il ghiaccio copriva interamente la penisola scandinava e parte della Germania, della Gran Bretagna e della Polonia. A loro volta, i ghiacciai alpini erano molto più sviluppati dei ghiacciai attuali, con lunghe lingue di ghiaccio che scendevano lungo le valli fino alla pianura. Scorrendo lentamente le lingue di ghiaccio scolpirono profonde valli che oggi sono percorse da fiumi o occupate da laghi. I detriti morenici del fronte glaciale, accumulati a valle hanno formato corone di colline disposte a mezzaluna, chiamate anfiteatri morenici (figura 15). Nei Paesi nordici come la Norvegia, durante le glaciazioni, nel periodo di massima estensione, i ghiacciai hanno rimodellato alcune valli scavate in precedenza dai fiumi. Lungo le coste atlantiche della penisola scandinava quei ghiacciai arrivavano fino al mare. Ritirandosi hanno lasciato imponenti solchi vallivi in cui penetra l’acqua marina: i fiordi (figura 16). !#$^* ) Per fissare i concetti

16 Che cos’è una morena? Elenca alcuni tipi di morena e spiega come si formano. 17 Che cos’è un masso erratico? 18 Che forma ha il tipico profilo di una valle glaciale? 19 Come si forma un fiordo?

6 I

L’azione modellante del mare e del vento

l principale fattore di modellamento delle coste è l’azione incessante delle onde: su ogni tratto di costa si abbattono in media 14 000 onde al giorno in grado di erodere le rocce più resistenti. Al tempo stesso, per la loro capacità di trasportare le sabbie lungo la costa, esse sono anche responsabili della costruzione delle spiagge e delle dune costiere. In quest’opera modellatrice, agli efetti delle onde si sommano quelli delle maree, a cui sono associate correnti di flusso e riflusso, e quelli delle correnti marine vere e proprie. L’azione delle onde e delle correnti è selettiva, così come accade per l’acqua e il vento sulla terraferma. Ciò significa che, con il tempo, le zone costiere dove sono presenti rocce meno resistenti tenderanno a essere erose, mentre là dove sono presenti rocce più dure e resistenti si avrà un’erosione minore. Il risultato è la creazione di linee di costa di diferente aspetto, con baie, scogliere, distese di sabbia e promontori (figura 17). La forza meccanica delle onde, combinata con quella dei frammenti di roccia, dei ciottoli e della sabbia che esse trascinano con sé, ha efetti diversi a seconda che si tratti di una costa alta o di una costa bassa. Se la costa è alta e rocciosa, prevale normalmente l’azione erosiva delle onde sulle pareti scoscese e si formano le falesie.

faraglione

figura 16. ñ Un’ampia ansa lungo il corso di un caratteristico fiordo norvegese.

figura 17. ñ L’incessante azione delle onde, la direzione del loro moto e la natura delle rocce su cui si infrangono possono far arretrare la linea di costa, ma preservare alcuni blocchi rocciosi che si ergono come scogli isolati detti faraglioni.

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sezione C Le dinamiche della Terra

Le onde erodono e scavano la roccia alla base, asportando materiali. Questi ultimi, scagliati dai moti ondosi contro la roccia da cui provengono, ne favoriscono l’erosione. Alla base della parete rocciosa si forma così un incavo via via più profondo, fino a che la parete soprastante non crolla. Se i detriti ai piedi della falesia vengono rimossi dalle correnti, l’opera di demolizione delle onde prosegue e la costa continua ad arretrare. Se invece i detriti non vengono rimossi, tra il mare e la falesia si forma un tratto di spiaggia che frena il moto delle onde: l’erosione si attenua e la falesia non arretra più (figura 18). Mentre sulle coste alte prevale l’erosione, sulle coste basse prevale in genere il deposito. Onde e correnti trasportano in sospensione o trascinano sul fondo materiali di diversa grandezza, ridistribuendoli lungo la costa. I materiali vengono depositati in prossimità della costa in base al loro peso: quelli più grossi e pesanti (ciottoli e sabbie) sulla spiaggia, quelli più fini (sabbie fini e fanghi) verso il largo. Anche i sedimenti che i fiumi trasportano al mare, vengono distribuiti dalle maree, dalle onde e dalle correnti lungo la costa formando spiagge, cordoni e dune litorali. Il profilo della linea di costa subisce cambiamenti, e col tempo, le spiagge possono avanzare verso il mare o arretrare verso terra.

figura 18. ñ Nel tratto di costa più esposto all’erosione delle onde si è formata un’alta falesia verticale. In foto, le bianche scogliere di Dover che si affacciano lungo il Canale della Manica.

In alcune regioni, come nei deserti, è il vento l’agente principale del modellamento del paesaggio; si parla allora di ambiente eolico. I principali ambienti eolici si trovano nelle regioni aride, prive d’acqua, dove la degradazione delle rocce è quasi esclusivamente dovuta a processi di disgregazione fisica (variazioni termiche ed erosione da parte del vento) e il trasporto viene operato dal vento. Un esempio tipico di ambiente eolico è il deserto. Il vento solleva particelle di sabbia e le scaglia contro superfici rocciose graffiandole, smerigliandole e contribuendo alla loro disgregazione fisica. Là dove prevale il deposito, si accumulano ingenti quantità di sabbie. Abbiamo così i deserti sabbiosi: uno dei più estesi è il Teneré, nel Sahara, grande come l’intera Francia. Talvolta può accadere che le polveri siano prelevate e trasportate dal vento sino ad arrivare fino a noi; rimescolate con l’acqua piovana, formano le cosiddette «piogge rosse». Nei deserti sabbiosi le forme del paesaggio più difuse sono le dune, increspature alte fino a qualche centinaio di metri, formate dall’azione del vento sulla sabbia (figura 19). !#$^* ) Per fissare i concetti 20 Che cos’è una falesia? Come agiscono le onde su di essa? 21 Spiega brevemente la doppia azione, erosiva e costruttiva, delle onde. 22 In quale tipo di ambiente prevale l’erosione eolica? Che cos’è una duna?

figura 19. ñ Dune sabbiose del deserto della Valle della Morte (California). In primo piano sono visibili le increspature più piccole che il vento forma su ogni duna.

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unità 1 Il modellamento

7 A

Le frane e il rischio idrogeologico

volte i versanti delle montagne sono messi a nudo da ampie «ferite» (figura 20), cioè da frane.

Una frana avviene quando materiali rocciosi si staccano da un versante montuoso e si muovono per gravità verso valle. Ogni frana presenta degli aspetti particolari che la distinguono dalle altre per il tipo di pendio su cui la frana si imposta, la composizione dei materiali, la velocità dello spostamento verso valle, la porzione di versante interessato. In generale le tipologie di frane possono essere ricondotte a due grandi categorie: le frane di crollo e quelle di scivolamento. Una frana di crollo consiste nella caduta di masse rocciose che si distaccano e precipitano da pareti ripide o a strapiombo con movimento essenzialmente verticale (figura 21a). Una frana di scivolamento si verifica quando uno strato di terreno si «scolla» dallo strato sottostante, la cui superficie di contatto funziona da piano di scorrimento (figura 21b). Oltre a questi movimenti franosi improvvisi si può verificare un tipo di movimento franoso lento, di alcune decine di centimetri l’anno, che consiste in un continuo scivolamento verso valle della coltre superficiale del terreno. Questo fenomeno viene chiamato soliflusso (figura 21c). Tutti i movimenti franosi sono innescati da più fattori, tra cui molto importanti sono le intense e continuate precipitazioni e la disposizione e la natura dei materiali interessati. ● Le precipitazioni. Durante le piogge intense e continuate l’acqua, penetrando nel suolo, separa le particelle che lo costituiscono. Di conseguenza, la massa di terreno diventa meno compatta e soprattutto più pesante a causa dell’acqua assorbita. Il maggior peso e la minore compattezza tendono a far scivolare il materiale verso il basso. Inoltre, l’acqua che si infiltra tra gli strati delle rocce può formare un sottile velo, una sorta di intercapedine che funge da piano di scorrimento di uno strato rispetto all’altro. ● Disposizione e natura del materiale coinvolto. Si prenda come esempio un ammasso roccioso stratificato. Gli strati possono essere variamente inclinati (figura 22): quando l’inclinazione è diretta nello stesso verso del pendio, gli strati sono definiti a franapoggio; quando invece l’inclinazione è opposta rispetto alla direzione del pendio, gli strati sono definiti a reggipoggio. Gli strati a franapoggio sono un fattore che favorisce un movimento franoso. La franosità degli strati a franapoggio può essere maggiore in presenza di materiali argillosi incoerenti che, assorbendo piccole quantità di acqua, possono agire da lubrificanti facilitando lo scorrimento verso valle degli strati appoggiati su di essi. Per questo motivo molti versanti del nostro Appennino, in cui sono frequenti depositi argillosi, sono soggetti a frane.

figura 20. ñ Una frana ha asportato la coltre superficiale di un versante della montagna mettendo in evidenza la roccia sottostante.

zona di distacco scivolamento

crollo

a

b

figura 21. ñïl (a) Frana di crollo. (b) Frana di scivolamento. (c) Soliflusso. Il soliflusso è un movimento lento e continuo di materiali che si muovono verso valle, che può accelerare durante i periodi di pioggia. figura 22. ö La disposizione a franapoggio rende più probabili le frane, in particolare quando vi sono strati argillosi che, impregnati di acqua, agiscono da lubrificanti.

Gli strati a franapoggio seguono l’inclinazione del pendio.

soliflusso

c

Gli strati a reggipoggio sono inclinati in senso opposto al pendio.

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sezione C Le dinamiche della Terra

Il pericolo di frane incombe in molte regioni della nostra penisola, insieme con quello delle inondazioni. Il rischio di frane e inondazioni è indicato col termine generale di rischio idrogeologico. Ai fattori naturali di rischio se ne aggiungono altri imputabili alle attività umane, quali l’urbanizzazione delle aree poco stabili, la cementificazione che diminuisce la capacità del terreno di assorbire le acque piovane, l’abbandono dell’agricoltura collinare e la mancata manutenzione delle opere di regolamentazione delle acque superficiali. Secondo una recente indagine, più dei due terzi dei Comuni italiani devono fronteggiare rischi di tipo idrogeologico. Un tragico esempio è quello della frana del Vajont (9.10.1963): un’enorme massa rocciosa (circa 200 milioni di metri cubi), distaccatasi dal Monte Toc, scivolò nel sottostante lago artificiale, sollevando un’ondata gigantesca che spazzò le rive del lago, investendo i paesi di Erto e Casso. Dopo aver scavalcato la diga (figura 23), irruppe nella Valle del Piave, investendo Longarone e altri paesi e causando la morte di 2000 persone. Per limitare i danni che i fenomeni franosi portano alle popolazioni, si può ricorrere a sistemi di controllo del territorio. Il monitoraggio attuato mediante sistemi satellitari consente di registrare lo spostamento anche di pochi centimetri di materiali posti sui pendii a rischio; inoltre le postazioni meteorologiche forniscono indicazioni sull’entità delle precipitazioni.

8 L

Il suolo

’erosione e la degradazione fisica e chimica delle rocce consentono la formazione di una delle più importanti risorse della Terra: il suolo. Il suolo rappresenta il più ampio deposito di materiali derivati dalla demolizione delle rocce che resta sulle terre emerse. Poiché la degradazione delle rocce è un processo lentissimo, la formazione del suolo richiede migliaia di anni: si è calcolato che, in media, occorrono dai cento ai mille anni perché si formi un centimetro di suolo. Il suolo non è solo un cumulo di detriti rocciosi ma contiene anche aria, acqua, sali minerali e materiale organico. Al suo interno si trovano organismi di piccole dimensioni, o addirittura microscopici, che si nutrono dei corpi morti o degli scarti di altri organismi: sono insetti, vermi, batteri e mufe che operano la decomposizione. Nel suolo inoltre penetrano le radici delle piante. Anche se la composizione di un suolo fertile varia da luogo a luogo, un suolo comprende sempre: ● un componente minerale, formato prevalentemente da particelle di sabbia e di argilla, aria e acqua (con sali in soluzione); ● un componente vivente, costituito da batteri, mufe, radici di piante, animali invertebrati e qualche invertebrato; ● l’humus, materiale organico costituito dai resti decomposti di animali e piante.

!#$^* ) Per fissare i concetti 23 Che cosa si intende per frana? Indica quali sono i tipi principali. 24 In che cosa differiscono i versanti a franapoggio da quelli a reggipoggio?

figura 24. ô Gli orizzonti del suolo.

Nell’orizzonte A, ricco di humus, affondano le radici delle piante.

L’orizzonte B è povero di humus, ma ricco di sali minerali.

figura 23. ñ Tratto della diga del Vajont. Al di sopra si trova il Monte Toc e al di sotto il paese di Longarone colpito dalla valanga d’acqua che, tracimata dalla diga, causò 2000 vittime.

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L’orizzonte C è costituito in parte da roccia madre disgregata.

unità 1 Il modellamento

Al variare della composizione del suolo variano le sue proprietà. Per esempio, i suoli sabbiosi, che sono molto permeabili, non trattengono a suicienza l’acqua che li attraversa; di conseguenza, questa tende a portare via con sé i sali minerali indispensabili alle piante. Al contrario, i suoli argillosi sono impermeabili e trattengono l’acqua, per cui questa vi ristagna sopra facilmente. I suoli più fertili sono i cosiddetti suoli misti, costituiti per il 50% circa da sabbia, per il 30% da argilla e per il 20% da humus e sali. Esaminando una sezione verticale di suolo, in genere è possibile notare, a partire dalla superficie, una serie tipica di strati, o orizzonti, che diferiscono per composizione e caratteristiche fisiche. La successione verticale di tali orizzonti costituisce il profilo del suolo. In genere, procedendo dall’alto in basso, si possono individuare tre orizzonti principali, che vengono indicati rispettivamente con le lettere A, B e C (figura 24). ● L’orizzonte A, situato immediatamente sotto la superficie, è scuro per l’abbondante presenza di humus. È il più esposto all’azione degli agenti atmosferici; di conseguenza, è povero di sali solubili, dato che questi, assieme alle particelle argillose più fini, vengono trasportati verso il basso dall’acqua che si infiltra attraverso la superficie. ● L’orizzonte B, in genere, è più chiaro dell’orizzonte A, perché è povero di humus e più ricco di sali solubili, provenienti da tale orizzonte. Vi si accumulano inoltre le particelle argillose trascinate in basso dall’acqua. ● L’orizzonte C, al di sotto degli orizzonti A e B, contiene materiale detritico solo parzialmente alterato derivante dalla roccia madre; conserva, quindi, ancora gran parte del suo aspetto originario. La materia organica è assente o molto scarsa. Sotto di esso si trova la roccia madre non disgregata.

Il tipo di suolo, e dunque il suo profilo, è il risultato di diversi fattori determinati dalle condizioni locali: in particolare, il tipo di roccia madre, il clima e la pendenza. Per esempio, i suoli di regioni con clima umido che provengono dalla demolizione di rocce costituite da silicati sono ricchi di quarzo e di argilla: definiti suoli acidi, sono adatti per lo sviluppo dei boschi di conifere. Invece, i suoli di regioni con clima più secco che provengono dalla demolizione di rocce calcaree, definiti suoli basici, sono poveri di quarzo e di argilla e ricchi di calcio, adatti per la coltivazione di ulivi, mandorli e carrubi. Nei climi tropicali umidi le piogge intense e le elevate temperature provocano non solo la solubilizzazione dei carbonati, ma anche, come abbiamo visto, l’alterazione dell’argilla con formazione di bauxite. In queste regioni si formano suoli lateritici, di colore rosso mattone per la presenza di ossidi di ferro (figura 25). Anche se in superficie sono ricoperti da una lussureggiante vegetazione tropicale, questi suoli non sono in realtà molto fertili. Le condizioni climatiche (temperatura e umidità elevate) rendono infatti molto veloci i processi di decomposizione; i batteri decompositori trasformano rapidamente l’humus in sali minerali, che vengono utilizzati subito dalle piante o rimossi dalle intense piogge. Si tratta pertanto di suoli poveri, sottili e inadatti alle coltivazioni. !#$^* ) Per fissare i concetti 25 Che cos’è il suolo? Come ha origine? 26 Descrivi i tre orizzonti principali di un suolo.

figura 25. ò Nelle zone tropicali, le piogge frequenti e le temperature elevate portano alla formazione di suoli lateritici di colore rosso per gli ossidi di ferro, inadatti alle coltivazioni.

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sezione C Le dinamiche della Terra

9 S

Il ciclo delle rocce

animazione 6

Gli agenti atmosferici degradano le rocce.

a

olo una piccola parte dei prodotti della demolizione fisica e chimica delle rocce resta sui continenti a formare il suolo; la maggior parte di essi viene trasportata a valle dalle acque correnti, depositata temporaneamente lungo gli alvei dei fiumi e infine trasportata e depositata in mare (figura 26a). Ogni anno i fiumi della Terra trasportano in mare e abbandonano sui fondali migliaia di miliardi di tonnellate di materiali detritici (soprattutto ghiaie, sabbie e argille). Questi materiali sono i sedimenti, a partire dai quali si formano le rocce sedimentarie. La maggior parte dei sedimenti trasportati al mare dai fiumi di tutto il mondo si accumula sulla piattaforma continentale, che è il proseguimento a mare, sott’acqua, dei continenti. I sedimenti che si depositano su di essa sono spesso rimessi in movimento dalle correnti sottomarine. A volte, per efetto soprattutto dei terremoti, tali sedimenti possono precipitare lungo quella ripida pendenza del fondo marino detta scarpata continentale per depositarsi, infine, sulle piane abissali. La frana sottomarina può essere talvolta molto diluita, quasi liquida, formata da acqua, sabbia e fango mischiati assieme: una massa precipitante di questo tipo è chiamata corrente di torbida (figura 26b).

Le acque correnti trasportano i detriti verso il mare. Le correnti e le maree distribuiscono i detriti sulle coste e sul fondo del mare.

figura 26. öî Dai rilievi al mare avvengono la degradazione, l’erosione, il trasporto e il deposito. b

Sabbie e ghiaie formano le spiagge.

scarpata continentale

spiaggia

piattaforma continentale

corrente di torbida

Sabbie e fanghi si accumulano sulla piattaforma continentale.

Nelle piane abissali i sedimenti si accumulano, si compattano e cementano, e con il tempo diventano rocce sedimentarie.

I sedimenti precipitano lungo la scarpata continentale formando le correnti di torbida. piana abissale

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sezione C Le dinamiche della Terra

Per ricordare 1

Quali sono le forze che modellano la superficie terrestre?

La superficie terrestre è modellata da due forze contrapposte: le forze esogene e quelle endogene. Le prime prendono origine dall’energia del Sole e agiscono attraverso l’azione di degradazione operata dalle piogge, dalle acque correnti, dai ghiacciai e dal vento. Le seconde prendono origine dal calore interno della Terra e generano i movimenti delle placche responsabili della formazione dei rilievi.

Le rocce vengono degradate dall’azione meccanica (o fisica) e chimica degli agenti atmosferici. I frammenti che si formano in seguito alla disgregazione meccanica sono costituiti dagli stessi minerali della «roccia madre» da cui si sono staccati. Nell’alterazione chimica l’acqua piovana, leggermente acida per la presenza di anidride carbonica, provoca la reazione di dissoluzione che trasforma i carbonati insolubili in bicarbonati solubili oppure provoca l’idrolisi dei silicati trasformandoli in sali solubili e in argilla. L’ossigeno dell’aria provoca l’ossidazione del ferro, formando ossidi di ferro dal tipico colore rossastro. 4

6

Come si forma il suolo?

Qual è l’azione di modellamento del mare? E del vento?

2

Perché le rocce si degradano? Che cosa rimane dalla loro degradazione?

L’azione meccanica di modellamento del mare è dovuta alle forze delle correnti e delle onde che erodono le coste, modellandole a seconda della resistenza delle rocce che le compongono. Ne derivano baie, scogliere, promontori e faraglioni. Dove non avviene erosione e prevale il deposito si formano le spiagge. Nei deserti il vento è l’agente principale del modellamento del paesaggio. Dove prevale l’accumulo si trovano depositi di sabbia, come le dune.

In che modo le acque correnti e i ghiacciai modellano il paesaggio?

Nei nostri climi le acque correnti erodono i fianchi delle valli che assumono una forma a V. A valle i materiali abbandonati durante le inondazioni vanno a formare le pianure alluvionali. I ghiacciai, mentre scendono verso valle, erodono i fianchi delle valli che pertanto prendono la forma a U. I materiali trasportati si depositano quando il ghiaccio si scioglie formando le morene. Le antiche valli glaciali ora invase dal mare costituiscono i fiordi.

5

Che cos’è una frana?

Una frana avviene quando materiali rocciosi si staccano dai versanti dei monti e precipitano a valle per la forza di gravità. Alla sua formazione concorrono fenomeni naturali, come le precipitazioni e la disposizione degli strati rocciosi: i versanti a franapoggio sono più soggetti a frane di quelli a reggipoggio.

I prodotti dell’alterazione chimica e della disgregazione fisica delle rocce che restano sulle terre emerse formano il suolo, un miscuglio complesso di sostanze minerali, di sostanze organiche, di aria, di acqua e di sali disciolti. Il profilo del suolo è costituito da una successione verticale di orizzonti denominati A, B e C. I prodotti della demolizione delle rocce che non restano sui continenti vengono infine portati dai corsi d’acqua nel mare sul cui fondo si avviano i processi per la formazione di nuove rocce.

Termini chiave

3

▸ Forze esogene ▸ forze endogene ▸ disgregazione fisica ▸ alterazione chimica ▸ crioclastismo ▸ detriti di falda ▸ carsismo ▸ dissoluzione ▸ idrolisi ▸ ossidazione ▸ erosione ▸ pianure alluvionali ▸ meandro ▸ lanca ▸ foce a delta ▸ foce a estuario ▸ morene ▸ massi erratici ▸ fiordo ▸ duna ▸ falesia ▸ frana ▸ versante a franapoggio e a reggipoggio ▸ soliflusso ▸ suolo ▸ humus ▸ piattaforma continentale ▸ scarpata continentale ▸ corrente di torbida ▸ litificazione ▸ ciclo delle rocce

Le rocce della crosta hanno, da un punto di vista geologico, una vita limitata perché si trasformano le une nelle altre. Per esempio, dai detriti prodotti dalla demolizione delle rocce si formano per litificazione rocce sedimentarie. Da rocce sedimenatarie che sprofondano possono formarsi rocce metamorfiche e da queste ultime, per fusione, possono formarsi magmi che daranno origine a nuove rocce magmatiche. Questa continua trasformazione delle rocce è denominata ciclo delle rocce.

C 20 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

7

Come avviene il ciclo delle rocce?

unità 1 Il modellamento

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

Le montagne più alte sono quelle in cui a

2

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 7

a

sono costituite da minerali formati da silicio e alluminio.

erosivi. b

b c

si formano in seguito a reazioni di idrolisi.

l’erosione prevale sul sollevamento causato dal movimento delle placche.

d

sono i componenti principali del fango del terreno.

c

non si verificano frane.

d

l’erosione avviene da milioni di anni.

8

4

5

6

sono dovute all’azione dell’acqua piovana sui carbonati.

Il quarzo a

attaccato dagli agenti atmosferici dà luogo alla formazione di bauxite.

L’azione delle piogge sui silicati a

è detta carsismo.

b c

porta alla formazione di massi erratici.

b c

è un componente di graniti.

dà luogo alla formazione di sali solubili e di argilla.

d

è molto comune nelle sabbie.

d

è detta crioclastismo. 9

3

Le argille

il sollevamento ancora in atto prevale sui fenomeni

L’alterazione spinta dei silicati può arrivare a formare a

bauxiti.

b c

l’humus.

d

morene.

è inattaccabile chimicamente.

I fiordi a

sono antiche valli scavate dai fiumi.

b c

si trovano sulle coste della Norvegia.

bicarbonati solubili.

sono antiche valli modellate dai ghiacci e ora invase dal mare.

d 10

L’acqua delle piogge

sono colline dovute a depositi morenici.

Sono casi di alterazione chimica

a

è debolmente basica.

a

l’idrolisi.

b c

ha un pH 7. contiene CO2 disciolta.

b c

la formazione dei detriti di falda.

d

contiene silicati.

d

l’ossidazione.

11

In una foce a estuario a

prevale l’erosione marina che asporta i sedimenti tra-

b c d

la dissoluzione.

Il suolo a

è dovuto alla degradazione delle rocce e all’apporto di

sportati dal fiume.

materia organica.

la costa nel corso del tempo avanza verso il mare. il flusso delle acque del fiume si ramifica.

b c

presenta tre strati indicati con A, B e C.

prevale l’accumulo di sedimenti trasportati dal fiume.

d

nei climi tropicali umidi è molto fertile.

Sono forme del modellamento dovute all’erosione glaciale

12

è la parte soprastante la roccia madre non disgregata.

Le frane

a

le valli scavate a U.

a

avvengono maggiormente sui versanti a reggipoggio.

b c

i meandri.

costituiscono un rischio per i 2/3 del nostro territorio.

le valli scavate a V.

b c

d

le foci a delta.

d

possono essere costituite da lenti movimenti degli

sono favorite dalla presenza di strati argillosi. strati superficiali verso valle.

C 21 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Esercizi, domande e problemi 1

Sul fianco di una collina di origine morenica l’erosione ha asportato parte del manto erboso e i materiali che la compongono sono stati messi allo scoperto. Quale delle seguenti figure ti sembra più appropriata per rappresentare l’aspetto della collina? Motiva la risposta.

Verticali

1.

Roccia magmatica costituita da silicati ricchi di ferro e magnesio.

2. 3.

Simbolo chimico del sodio. Processo di alterazione dei silicati a opera di acqua e anidride carbonica.

4. 5. 6. 7.

Simbolo chimico del ferro. Simbolo chimico del calcio. Meandro abbandonato. Prodotto dell’idrolisi spinta dei silicati contenenti alluminio.

8.

Strato formato dai prodotti dell’alterazione delle roc-

9.

Parte del suolo costituita dai residui di decomposizio-

ce che sostiene la vita delle piante. 2

ne di animali e piante.

«L’ago di Cleopatra» (figura 5b, C6) è un obelisco in granito rimasto ben conservato in Egitto per quasi 35 secoli fino a quando a metà dell’Ottocento venne trasferito a Londra e sistemato nelle vicinanze del Tamigi. In pochi anni il monumento si è degradato a tal punto da rendere illeggibili i geroglifici che vi erano incisi e da richiedere un restauro.

a. b.

10. Minerale costituito da solfato di calcio.

1 4

3

Perché in poco tempo l’obelisco si è rovinato?

5

2

Quali sono i fattori che hanno causato l’alterazione? Perché in Egitto questi fattori non hanno agito nella

2

1

3

7

stessa misura?

c.

Se l’obelisco fosse stato di travertino, le alterazioni sa4

rebbero state minori o maggiori? 3

4

Per quale motivo i granuli di quarzo sono spesso tra i maggiori componenti dei suoli e delle spiagge?

L

I

M

G E 7

S 7

dell’alterazione chimica.

3. 4.

Materiale prodotto dall’idrolisi dei silicati.

zione. Fango formato da particelle di grandezza intermedia tra quelle di sabbia e di argilla.

5. 6.

Elemento chimico responsabile dell’ossidazione. Il prodotto dell’ossidazione e idratazione del ferro in ambiente umido.

7. 8.

Il tipo di composto chimico di ferro e ossigeno.

6

S

I suoi componenti, escluso l’azoto, sono agenti attivi Comune roccia sedimentaria che subisce la dissolu-

6

10

5

Orizzontali

2.

8 9

Risolvi il seguente cruciverba (per aiutarti due voci sono già state inserite).

1.

O

5

O

Rispondi brevemente alle seguenti domande. Che cosa?

Che cos’è un masso erratico?

Dove?

Dove troviamo grotte di origine carsica in Italia? (Cita diversi luoghi.)

Quando?

Quando si forma una falesia?

Quale?

Quali minerali subiscono l’idrolisi?

Perché?

Perché alcuni suoli sono di colore rosso?

Depressione imbutiforme tipica del paesaggio carsico.

C 22 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 1 Il modellamento

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

c.

MAPPA

6

Dove si trova il fiume Colorado? A che cosa è dovuto il suo nome? Come mai il fiume attualmente non riesce

Completa la mappa concettuale utilizzando i termini proposti. Dai la definizione di quelli sottolineati.

a raggiungere il mare?

d.

idrolisi, silicati di ferro, sbalzi termici, carbonati, fisica,

Le foci a delta del Bramaputra e del Gange, formate

ossidazione, chimica, silicati, dissoluzione, detriti di fal-

dai sedimenti depositati a fine corsa, costituiscono

da.

una pianura fertile su cui è sorto uno dei Paesi più densamente popolati, soggetto a frequenti e deva-

La degradazione delle rocce

stanti inondazioni. Cerca il nome del Paese e notizie

avviene mediante un’azione

del precario equilibrio in cui sono costretti a viveri i suoi abitanti. Mississippi Rio delle Amazzoni Colorado

..............

....... . . . . . . .

dovuta

dovuta

Huang He

Gange

Brahmaputra

all’aria e all’acqua che causano

a gelo e disgelo e a ..............

0

100

200

300

400

500 1000 1500 2000

carico di sedimenti

che portano alla formazione di

ton/km2/anno

ENGLISH FOR SCIENCE

8

..............

Read the text and answer the questions. Have you ever got dust or sand in your eyes on a windy day? If so, then you are familiar with the wind’s ability to carry

. ............ .

..............

..............

sediments. Wind carries sediments most easily in places where sediments are small and dry and where there are few plants to hold the grains in place. Where do you think these conditions are common? Wind carries grains the size of clay, silt, and fine sand. Because most wind-blown

dei minerali

sediments travel just above the ground, wind abrasion weathers rock nearest the ground. How did wind erosion

. ............ .

..............

. . .. . . . . . . . . . .

make this rock thinner at the base than at the top?

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

7

I grandi fiumi del mondo nella loro corsa verso il mare trasportano immense quantità di sedimenti che conferiscono un aspetto fangoso e una colorazione giallo marrone alle loro acque. Nel grafico sono confrontate le quantità di sedimenti trasportati (tonnellate/km2/per anno) dai principali fiumi. Ai primi posti troviamo il Bramaputra, il Gange e lo Huang He che insieme trasportano all’incirca il 20% del totale dei sedimenti terrestri.

a.

Individua sull’atlante questi tre fiumi e in base alla loro posizione geografica spiega il motivo del carico così massiccio di sedimenti.

b.

Ricerca il nome in Italiano del fiume Huang He e spiega il suo significato.

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unità

2

A

I vulcani

Pinatubo, Filippine

Vulcani sui continenti B

I vulcani sono una manifestazione spettacolare dell’energia conservata all’interno della Terra. Essi sono diversi tra loro per l’aspetto e l’attività: alcuni sono a forma di cono, altri a forma di scudo, altri ancora sono lunghe spaccature della crosta. Alcuni eruttano con continuità, altri a intervalli di secoli, altri sono estinti. Alcuni eruttano con forti esplosioni, altri emettono tranquille colate di lava.

Mauna Loa, Hawaii In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Perché la Terra è così calda al suo interno? Qual è l’origine dei magmi e delle lave? Da che cosa dipende l’attività vulcanica? Come varia la forma dei vulcani? Nelle zone vulcaniche quali altri fenomeni si possono osservare?

C

Fujyama, Giappone

D

Che cos’è il rischio vulcanico? Si possono prevedere le eruzioni?

Stromboli, Italia

E

Crater Lake, Oregon

F

Etna, Italia

G

Laki Rift, Islanda

H

Vesuvio, Italia

Sai rispondere? 1. Nelle foto sono rappresentati vulcani di ogni parte del mondo. Sai dire quali di essi sono attivi e quali estinti? 2. Quali hanno un’attività esplosiva e quali hanno un’attività più tranquilla con scorrevoli colate di lava?

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unità 2 I vulcani

sto influisce sulla sua tempertatura di fusione, quanto maggiore è la pressione, tanto più aumenta la temperatura di fusione. Per questo motivo, a grandi profondità le rocce, nonostante l’elevata temperatura, non sone fuse ma si trovano prevalentemente allo stato solido. In superficie, il calore proveniente dall’interno della Terra che sfugge nell’atmosfera costituisce il flusso di calore, misurabile in mil2 liwatt per metro quadro (mW/m ). Il flusso di calore è più elevato nelle zone geologicamente instabili, dove si manifesta l’attività vulcanica, come in gran parte del territorio italiano (figura 3). Qual è la fonte dell’energia interna del nostro pianeta in grado di fornire tanto calore? Dalla fisica sappiamo che una parte di esso è quanto resta di quello prodotto al tempo della sua formazione, quando materiali di varia grandezza si sono aggregati insieme in un processo di contrazione gravitazionale, che trasforma energia meccanica in calore. Da allora la Terra si è andata rafreddando, pur conservando ancora parte di questo calore primordiale detto calore fossile. Oggi però sappiamo che all’interno della Terra esiste un altro meccanismo attraverso cui viene prodotta energia. Questa fonte «misteriosa» è la radioattività naturale delle rocce e il calore generato può essere definito calore prodotto dalla radioattività. Gli elementi radioattivi all’interno della Terra maggiormente responsabili della produzione di calore sono il torio e l’uranio, particolarmente concentrati nei primi 200 km di profondità. Il fenomeno della radioattività, scoperto agli inizi del XX secolo, consiste nella scissione spontanea dei nuclei di atomi più pesanti in nuclei di atomi più leggeri (fissione nucleare). Questo processo libera calore ed è analogo a quello che viene provocato artificialmente nelle centrali nucleari. !#$^* ) Per fissare i concetti 1 Come varia la temperatura all’interno della Terra? 2 Definisci il gradiente geotermico e il flusso di calore. 3 Quali sono le principali fonti del calore all’interno della terra?

placche in allontanamento

2 L

Vulcani, magmi e lave

animazione 7

’immagine difusa che la crosta terrestre solida galleggi su un mare sottostante di roccia fusa, da quanto appena detto, è sbagliata. In realtà, nonostante le temperature molto elevate, le rocce all’interno della Terra sono prevalentemente allo stato solido per l’enorme pressione esercitata dal peso degli strati sovrastanti, a eccezione di alcune zone particolari: il nucleo esterno e l’astenosfera. Ricordiamo che il globo terrestre è formato da strati diversi (vedi unità B4, p. B70): il nucleo, distinto in nucleo interno ed esterno; il mantello che presenta nella parte superiore, tra circa 100 e 300 km di profondità, la zona detta astenosfera; la crosta, che insieme alla porzione immediatamente sottostante del mantello forma la litosfera. Ebbene, il nucleo esterno (anche a causa della sua composizione) è liquido e l’astenosfera è costituita da rocce parzialmente fuse o vicine al punto di fusione. È soprattutto qui, nell’astenosfera, che si forma il magma, una miscela di rocce fuse, cristalli e gas, che risalendo verso la superficie, dà luogo ai fenomeni vulcanici. Il magma può anche provenire dalla litosfera o da altre zone, quando si creano le condizioni che permettono alle rocce allo stato solido di fondere. Ciò accade particolarmente in corrispondenza dei confini delle placche litosferiche. Come sappiamo, la litosfera non è un tutt’uno ma è suddivisa in pezzi, o placche, che si muovono trascinate dai lenti movimenti dei materiali fusi dell’astenosfera sottostante. Alcune placche tendono ad allontanarsi tra loro, altre scorrono aiancate, altre ancora si avvicinano fino a scontrarsi. Ne deriva che, particolarmente in corrispondenza dei loro bordi, le rocce sono sottoposte a sollecitazioni di vario tipo che influiscono sui valori della temperatura e della pressione. Se per esempio in superficie la litosfera si assottiglia e la pressione diminuisce, la roccia fonde e forma un magma (figura 4). Il magma ha temperature molto elevate, oltre 1000 °C, è meno denso della roccia circostante e tende a salire. Quando, attraverso spaccature, raggiunge la superficie e trabocca all’esterno, si forma un vulcano. I vulcani sono aperture della superficie terrestre, sottomarine o sulle terre emerse, dalle quali fuoriesce il magma. Spesso, nel cammino attraverso la litosfera il magma si raccoglie in un serbatoio intermedio, la camera magmatica, posta diversi kilometri sottoterra. Dalla camera magmatica esso sale lungo il condotto vulcanico (o camino): arrivato in superficie, a causa della diminuzione della pressione, i gas contenuti in soluzione nella massa magmatica liquida si liberano nell’atmosfera. Il magma privo dei gas che trabocca dal cratere (o bocca) prende il nome di

bacino oceanico

risalita di magma

figura 4. ò Dove le placche si allontanano, come sul fondo dell’Oceano Atlantico, la pressione diminuisce e il magma risale in superficie.

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unità 2 I vulcani

3 E

I magmi basici

sistono vulcani con i quali è possibile convivere, perché quando sono in attività eruttano lava in modo piuttosto tranquillo; questa attività eruttiva viene detta efusiva. Esistono d’altra parte vulcani che danno eruzioni esplosive e causano veri e propri cataclismi; la loro attività viene detta appunto esplosiva. Quali sono i fattori che rendono più pericolosa l’attività di un vulcano? Il fattore che maggiormente influisce sulle caratteristiche dell’attività di un vulcano, e quindi sul suo grado di pericolosità, è la viscosità del magma, ossia la sua minore o maggiore resistenza a fluire. La viscosità dipende principalmente dal contenuto in silice del magma stesso e dal suo contenuto in gas. I magmi di tipo basico con un contenuto in silice inferiore al 50% sono meno viscosi dei magmi di tipo acido con un contenuto in silice fra il 50% e il 70%. I magmi basici, tipici dei vulcani ad attività prevalentemente efusiva, tendono a formare lave fluide e scorrevoli (figura 7a). Durante l’eruzione, i gas vulcanici riescono a liberarsi in modo graduale dal magma. In mancanza della spinta dirompente dei gas, il magma efonde, cioè trabocca in

eruzione esplosiva

eruzione effusiva

a

superficie in tranquille colate laviche. Dalla solidificazione di lave provenienti da magmi basici si formano rocce con basso contenuto in silice, come i basalti. Spesso i magmi basici fuoriescono in superficie non attraverso un camino posto centralmente, ma attraverso una spaccatura lineare della crosta. In questo caso le eruzioni sono dette lineari. Le più imponenti eruzioni lineari avvengono sul fondo degli oceani, in corrispondenza delle dorsali, le enormi fenditure del pavimento oceanico che corrono per migliaia di kilometri nel mezzo degli oceani segnando il confine tra due placche che si stanno allontanando l’una dall’altra (vedi figura 4, p. C27). Le lave basaltiche che fuoriescono da queste spaccature solidificano sui fondali a contatto con l’acqua marina fredda e formano tipiche struttura arrotondate dette lave a cuscino. Una parte della dorsale atlantica aiora in Islanda e attraversa l’isola da Sud-Ovest a Nord-Est. Sui continenti un magma fluido, di natura basaltica, che fuoriesce da lunghe fessure, si può espandere tutt’intorno per centinaia di kilometri e formare un plateau basaltico (plateau, in francese e significa piattaforma, tavola) (figura 8). In un plateau basaltico la lava solidifica formando tavolati, spesso composti da numerosi strati sovrapposti, corrispondenti a eruzioni successive. Un plateau famoso è quello del Deccan, in India, che si esten2 de su oltre 500 000 km di territorio (quasi una volta e mezzo la superficie dell’Italia). In Italia sono presenti alcune piattaforme basaltiche, di piccole dimensioni come i tavolati della Sardegna interna, detti giare.

b

figura 7. ñ (a) I magmi basici sono più fluidi e danno luogo a colate di lava lungo i fianchi del vulcano. Una colata dell’Etna (foto), un vulcano che, per la lava piuttosto basica e scorrevole, è considerato «buono». (b) Il magma acido è molto viscoso, fa più fatica a fuoriuscire e a volte ostruisce il camino, provocando eruzioni esplosive.

figura 8. î Plateau basaltico. Quando la lava fluida esce da una fessura lineare, tende a formare colate quasi orizzontali che si dispongono su ampie superfici in strati sovrapposti.

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unità 2 I vulcani

scritta da Plinio il Giovane e che distrusse in breve tempo Pompei ed Ercolano. I materiali espulsi violentemente vengono detti piroclastici. Tra essi vi sono: le pomici, frammenti di lava molto leggera e porosa, di colore bianco-grigio; le bombe vulcaniche, brandelli di lava che, nel solidificarsi durante il tragitto in aria, assumono una forma afusolata; i lapilli, della dimensione di sassolini; infine le ceneri, particelle di lava solidificata e le polveri di dimensioni ancora più piccole (figura 10). Questi materiali, impregnati d’acqua delle piogge, formano anche colate di fango. Depositandosi e consolidandosi, i materiali piroclastici formano rocce stratificate comunemente chiamate tufi. A volte la lava è talmente acida che viene «spremuta» con forza fuori dal camino vulcanico, senza però dar luogo a un’esplosione. A contatto con l’aria, la lava solidifica rapidamente e forma

una struttura a cupola o a guglia, il duomo vulcanico. Una struttura del genere, che blocca come un tappo la fuoriuscita dei gas, causa la formazione di enormi pressioni nel camino vulcanico: si può allora verificare un’esplosione violentissima, che provoca la distruzione del duomo stesso. Più raramente, a testimonianza dell’antica attività vulcanica, resta unicamente un tappo vulcanico, costituito dalla lava consolidata nel camino. Spesso il tappo si erge dalla pianura circostante come un blocco roccioso isolato, perché gli agenti atmosferici hanno demolito l’edificio esterno, più facilmente erodibile (figura 11). !#$^* ) Per fissare i concetti 13 Perché un magma acido dà facilmente origine a eruzioni esplosive? 14 Che cosa sono i materiali piroclastici? Citane alcuni tipi. 15 Che cos’è il tufo?

Il tappo vulcanico costituito da lava molto viscosa ha riempito e ostruito il camino.

La lava indurita all’interno del cono è messa allo scoperto.

Gli agenti atmosferici erodono i materiali più teneri e rimane il tappo vulcanico. figura 11. ñï Un tappo vulcanico nella regione dell’Alvernia in Francia.

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sezione C Le dinamiche della Terra

5 V

La forma degli edifici vulcanici

ia via che le eruzioni si succedono nel tempo, il materiale eruttato dal vulcano (colate laviche, lapilli, ceneri e bombe vulcaniche) si accumula nelle aree intorno al cratere, dando luogo alla formazione di un edificio vulcanico. La forma dell’edificio vulcanico dipende dal tipo di lava e dal modo in cui i materiali che risalgono il camino vengono emessi in superficie. Descriviamo brevemente i tipi più comuni di strutture generate da fenomeni vulcanici.

I vulcani a scudo. I vulcani a scudo (figura 12) si formano quando un magma basico fluido fuoriesce da un camino centrale. Presentano una forma conica con fianchi poco ripidi e un cratere molto ampio da cui la lava può fuoriuscire ininterrottamente per mesi. Tra questi vulcani si distingue per dimensioni il Mauna Loa, nelle Hawaii, che ha uno sviluppo in altezza, a partire dal fondo oceanico, di circa 9000 m e un diametro di base di ben 100 km. Gli strato-vulcani. Gli strato-vulcani (figura 13) si formano quando il magma ha una composizione intermedia tra quella acida e quella basica. In tal caso, a eruzioni di tipo esplosivo, con emissioni di ceneri e lapilli, si alternano eruzioni efusive, con emissione di lava. Dato che in questo modo si succedono strati di lava solidificata a strati di materiale piroclastico, l’edificio vulcanico risulta stratificato. Se l’eruzione avviene da un camino centrale ne deriva una forma a cono. Il Vesuvio e lo Stromboli in Italia, il Fujiyama in Giappone sono esempi di strato-vulcani.

La lava è fluida e scorrevole.

Il cono vulcanico è costituito da strati alternati di materiali piroclastici e lava.

figura 12. ñ Un vulcano a scudo delle Hawaii.

figura 13. ñ Uno strato-vulcano: il Vesuvio.

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unità 2 I vulcani

I coni di scorie. I coni di scorie (figura 14), come per esempio il Monte Nuovo, alto circa 130 metri, nei Campi Flegrei presso Napoli, si formano quando, in seguito a un’eruzione esplosiva, scorie di vario tipo come lapilli e ceneri si depositano alla base del condotto eruttivo. In breve tempo, questi materiali che via via si accumulano formano un cono dai ripidi pendii, generalmente di limitate dimensioni, dell’altezza di circa 200-300 m e facilmente erodibile da parte degli agenti atmosferici. Le caldere. A volte un vulcano può avere un’eruzione talmente violenta da distruggere l’edificio a cono e formare una caldera (figura 15). La caldera si forma in seguito all’esplosione e al parziale svuotamento della camera magmatica: il cono vulcanico collassa sprofondando. Si crea così in superficie una conca che può ospitare un lago. I Colli Albani, nel Lazio, costituiscono i resti di un antico gigantesco vulcano, nella cui caldera sono ora ospitati i laghi di Albano e di Nemi.

Durante l’eruzione esplosiva la camera magmatica si svuota.

I materiali eruttivi sono allontanati insieme alla sommità del cono vulcanico e i fianchi della camera magmatica collassano.

!#$^* ) Per fissare i concetti 16 Descrivi brevemente i quattro tipi di strutture generate dall’attività vulcanica. 17 Su una cartina fisica dell’Italia centrale, cerca qualche esempio di caldera ora occupata da un lago (le puoi riconoscere dalla loro forma quasi circolare). La cavità rimasta viene spesso occupata da un lago o dal mare.

figura 14. ñ Un cono di scorie.

figura 15. ïî In foto la caldera occupata dal mare dell’isola di Santorini in Grecia, formatasi dopo la grande eruzione del 1645 a.C.

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sezione C Le dinamiche della Terra

6 N

Le forme secondarie dell’attività vulcanica

elle zone vulcaniche si manifestano fenomeni caratterizzati da emissioni di vapori e gas molto caldi, dovuti al contatto in profondità tra le acque circolanti nel sottosuolo e le rocce surriscaldate dal magma. I più importanti di questi fenomeni vulcanici secondari sono i geyser, i soioni boraciferi, le solfatare e le sorgenti termali (figura 16). Geyser è un termine di origine islandese che significa getto. Per geyser si intende infatti un’eruzione intermittente e violenta di acqua e vapore molto caldi, che escono da fenditure nel suolo. In un geyser l’acqua del sottosuolo si accumula in cavità sotterranee dove viene riscaldata, a causa dell’alta temperatura dovuta alla vicinanza di una camera magmatica. Sebbene la temperatura sia superiore a 100 °C, al fondo della cavità l’acqua non bolle e non passa allo stato di vapore a causa della pressione esercitata dal peso dell’acqua sovrastante (un fenomeno simile accade nella pentola a pressione). Basta però una leggera diminuzione della pressione, come quella provocata dal traboccare di un po’ d’acqua verso l’esterno, perché l’acqua surriscaldata sul fondo della cavità si trasformi improvvisamente in vapore e fuoriesca violentemente, con getti che possono raggiungere altezze di decine di metri. Il fenomeno si ripete a intervalli piuttosto regolari. I soioni boraciferi sono emissioni di vapore acqueo ad alta temperatura (200-300 °C), presenti in gran numero nell’area di Larderello, in Toscana. In passato venivano utilizzati per l’estrazione dei sali presenti nelle acque calde, borati e solfati. Oggi, invece, se ne sfrutta il vapore per produrre energia elettrica, mediante opportune centrali di trasformazione. Tra le emissioni vulcaniche secondarie ci sono anche le solfatare, esalazioni ad alta temperatura che contengono soprattutto vapore acqueo e acido solfidrico (H2S), dal caratteristico odore di «uova marce», le mofete, esalazioni di anidride carbonica e, più in generale, le emissioni di gas chiamate fumarole. Nell’area dei Campi Flegrei, vicino a Napoli, è possibile osservare molti di questi fenomeni vulcanici secondari: oltre alla famosa solfatara di Pozzuoli, anche mofete e getti di vapore. Infine, disseminate in tutto il territorio italiano, ci sono sorgenti termali di acque calde ricche di sali disciolti, indizio della presenza di calore in profondità (figura 17).

7 L

Il rischio vulcanico

’attività di un vulcano non resta costante nel tempo. Infatti i vulcani nascono, vivono, muoiono e per lunghi periodi di tempo «sonnecchiano»; per questo si distinguono in attivi, estinti e quiescenti, cioè non più in attività ma non ancora estinti. I vulcani quiescenti sono i più pericolosi perché spesso sono ritenuti estinti dalle popolazioni locali, mentre stanno solo accumulando energia che si potrebbe liberare in futuro in una nuova violenta eruzione. Ciò accade soprattutto ai vulcani di tipo esplosivo, nei quali l’energia viene liberata in rare occasioni, caratterizzate da manifestazioni violente e inframmezzate da lunghe pause di quiete. Durante queste pause il magma rafreddato e solidificato forma una specie di tappo che occlude il camino vulcanico. Al di sotto del tappo, però, altro magma più caldo cerca di risalire e preme verso l’alto alla ricerca di uno sfogo esterno.

fumarola

geyser

sorgente termale

vulcano di fango

!#$^* ) Per fissare i concetti 18 Descrivi alcuni fenomeni vulcanici secondari.

vapori

figura 16. R Il sistema che crea i geyser e le sorgenti termali funziona come una gigantesca caldaia sottoterra alimentata dalle acque sotterranee e riscaldata dal magma. L’acqua presente nel sottosuolo può raggiungere i 260 °C senza entrare in ebollizione e risalire verso la superficie per dar luogo a diversi fenomeni, a seconda delle condizioni che incontra.

acque surriscaldate

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acqua fredda

acque di infiltrazione roccia porosa

roccia riscaldata camera magmatica

figura 17. ñ Le terme, come quelle di Saturnia in Italia, sono una risorsa turistica.

unità 2 I vulcani

Un vulcano di questo tipo, a riposo ma non spento, è il Vesuvio, che già in passato ha seminato distruzione e morte. Come abbiamo già accennato, la sua eruzione più catastrofica è stata quella del 79 d.C., quando furono distrutte Pompei ed Ercolano (figura 18). Pompei fu sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli spessa alcuni metri. La città di Ercolano non ebbe sorte migliore; venne infatti investita e ricoperta da una valanga di fango bollente, formato da tonnellate di ceneri trascinate a valle dalla violentissima pioggia prodotta dalla condensazione del vapore della nube vulcanica. Dopo la famosa eruzione del 79 d.C., il Vesuvio ha alternato periodi di quiescenza a periodi di attività, come quella esplosiva, drammatica, del 1631, che provocò la morte di quattromila persone. Attualmente il Vesuvio è «tappato», ma è molto probabile che prima o poi riprenda a eruttare; per questo motivo l’area vesuviana è considerata un’area ad alto rischio e il Vesuvio è un «sorvegliato speciale». Il rischio vulcanico dipende in primo luogo dalla violenza e dalla pericolosità delle eruzioni, ma anche dai danni efettivi che il vulcano può compiere. Se, per esempio, un vulcano esplosivo è situato in una regione disabitata, un’eventuale eruzione violenta non produce danni agli esseri umani, quindi il rischio è considerato basso. Viceversa, se un vulcano esplosivo è situato in un’area densamente popolata, allora il rischio è in proporzione molto alto, perché un’eruzione violenta potrebbe provocare molti danni. Come prevenire e prevedere il rischio? Non si può certo impedire che un’eruzione si verifichi; tutto quello che si può fare per limitare il più possibile i danni è cercare di prevenire il rischio e tenere sotto costante controllo il vulcano, cercando di prevedere in tempo una possibile eruzione. Prevenire il rischio significa per esempio evitare che si formino insediamenti umani in zone vulcaniche ad alto pericolo. In alcuni casi, come nell’area del Golfo di Napoli, una cosa del genere non è più possibile perché l’area è stata altamente popolata fin dall’antichità (i terreni attorno a un vulcano sono molto fertili da un punto di vista agricolo). Non resta allora che impedire ulteriori insediamenti e tenere sotto stretto controllo il «dormiente», cercando di captare subito i sintomi di un eventuale risveglio. La risalita del magma è in genere accompagnata da fenomeni che si avvertono in superficie o segnali precursori, tra i quali: ● i tremori, ossia lievi terremoti che si susseguono in prossimità del vulcano e che sono dovuti a un aumento della pressione sotterranea o al movimento del magma, che provoca fratture in profondità; tali tremori possono essere registrati con i sismografi; ● le deformazioni del suolo, come innalzamenti e abbassamenti, anche molto lenti, del cono vulcanico o del terreno circostante che possono essere rilevati con appositi strumenti. Tra le deformazioni del suolo sono famosi i bradisismi di Pozzuoli; ● le variazioni del livello dell’acqua nei pozzi dovute al formarsi di fenditure nel sottosuolo che consentono all’acqua di falda di scendere in profondità.

Per ottenere una previsione accurata delle eruzioni è necessario che il vulcano sia attentamente studiato e tenuto sotto sorveglianza (figura 19). Ai fini di un monitoraggio continuo, su molti vulcani sono installati appositi osservatori. L’Osservatorio Vesuviano, costruito nel 1845 a soli 2 kilometri di distanza dal cratere, è il più vecchio del mondo. I vulcani vengono sorvegliati anche mediante satelliti dotati di strumenti di ripresa all’infrarosso che sono in grado di registrare le variazioni di temperatura dell’edificio vulcanico. Per le eruzioni di tipo esplosivo non c’è altro rimedio che l’evacuazione rapida. Negli ultimi anni evacuazioni tempestive hanno salvato centinaia di migliaia di persone: basti pensare alla violenta eruzione del 1991 del vulcano Pinatubo, nelle Filippine. Per il Vesuvio è stato predisposto un piano di emergenza, da attivare in caso di ripresa dell’attività vulcanica. !#$^* ) Per fissare i concetti 19 Perché i vulcani dormienti sono i più pericolosi? 20 Quali sono alcuni dei segnali precursori che permettono di prevedere l’eventualità di un’eruzione?

figura 18. ñ L’immagine della lotta di questi abitanti di Pompei contro la forza del Vesuvio si è conservata per secoli nella cenere divenuta compatta. Scene come questa si sono ottenute iniettando gesso nelle cavità lasciate dai corpi decomposti delle vittime dell’eruzione.

figura 19. ñ I vulcanologi analizzano i gas emessi da Vulcano, nelle isole Eolie, per monitorare la sua attività.

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sezione C Le dinamiche della Terra

persapernedipiù

L’Italia è terra dei vulcani

I

n Italia sono presenti vulcani attivi e quiescenti, ed è possibile trovare numerosi indizi di attività vulcanica estinta (figura A). A volte l’attività è così antica che non si trova più alcuna traccia di edifici vulcanici e gli unici segnali di vulcanismo sono i ritrovamenti di rocce magmatiche effusive, come le antiche colate basaltiche della Sardegna o gli strati di materiali piroclastici della Toscana, del Lazio e della Campania. Nell’Italia settentrionale si trovano testimonianze di un vulcanismo risalente a più di 250 milioni di anni fa, rappresentato dalla piattaforma porfirica atesina, tra Trento e Bolzano, da cui si estraggono i blocchetti di porfido per la pavimentazione stradale. Testimonianze un po’ più recenti si trovano nei Colli Euganei, dove si possono trovare rocce effusive di oltre 20 milioni di anni

vulcani attivi vulcani sottomarini estinti vulcani estinti antichi depositi vulcanici soffioni, sorgenti plutoni granitici antichi

piattaforma porfirica

Adamello M. Bianco

fa. I segni più recenti di attività vulcanica, a partire da 5 milioni di anni fa, si infittiscono lungo una fascia che corre parallela alla costa tirrenica, dalla Toscana alla Sicilia, occupando vaste aree del Lazio e della Campania. Lungo questa fascia troviamo, in Toscana, l’area di Larderello e il vulcano estinto del Monte Amiata, attivo circa 400 000 anni fa. Più a sud s’incontrano le conche dei laghi laziali, come quello di Vico, ospitati entro caldere di vulcani estinti. In Campania abbiamo il Vesuvio e i Campi Flegrei, in fase di temporaneo riposo, e il vulcano spento di Roccamonfina; in Basilicata il monte Vulture; in Sicilia l’Etna, il più grande vulcano attivo d’Europa, e i vulcani attivi dell’arcipelago delle Eolie. Ecco alcune informazioni sui più importanti vulcani italiani.

Colli Euganei

Capraia

Larderello

L’Etna L’attività dell’Etna consiste quasi esclusivamente in tranquille colate di lava che gli hanno fatto assumere una forma abbastanza simile a quella dei vulcani a scudo. A causa della bassa velocità di avanzamento, la lava non rappresenta un pericolo per le persone, ma può produrre danni ingenti nelle aree su cui scorre e si espande. Le eruzioni si susseguono a brevi intervalli di tempo e il magma fluido in genere non ostruisce il condotto. I fianchi del vulcano sono costellati da numerose fessure che fungono da «valvole di sicurezza», attraverso le quali l’eruzione può sfogarsi e la lava fuoriuscire come accadde nell’eruzione del 1991, quando le bocche eruttive si aprirono in corrispondenza di un sistema di fratture lungo circa 7 km. Per l’Etna è in funzione un

figura B. ö Stromboli è detto il «faro del Mediterraneo» perché a intervalli regolari illumina il cielo con lanci di lapilli incandescenti. In primo piano i resti dell’antico vulcano Strombolicchio.

M. Amiata M. Vulsini M. Cimino Corsica Saturnia Colli Albani Vico Roccamonfina Montecristo C. Flegrei Vesuvio Ponza Ventotene Ischia M. Vavilov M. Magnaghi

M. Vulture

Stromboli M. Marsili Ustica Vulcano Etna Pantelleria

I vulcani del Mar Tirreno: le isole Eolie Le isole Eolie sono vulcani sottomarini emersi dalle acque a partire da 700 000 anni fa. Alcuni tra essi (Stromboli, Vulcano, Lipari) sono ancora attivi. Stromboli, l’ultimo emerso dal mare, si eleva di circa 3000 m dal fondo marino e di 900 dal livello del mare; è attivo da parecchi secoli, con un’attività moderata di tipo esplosivo (figura B). La lava, non molto viscosa, è esposta entro il cratere e i gas che fuoriescono producono piccole esplosioni,

figura A. ò Distribuzione dei vulcani in Italia e di altri fenomeni secondari.

Elba

Gesturi

servizio di monitoraggio da satellite molto sofisticato, in grado di rilevare anche rigonfiamenti di pochi centimetri sulla sua superficie. Attualmente il cono ha un diametro di circa 30 km e un’altezza di circa 3300 m.

Linosa

C 36 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 2 I vulcani

abbastanza continue. Da una serie di bocche eruttive, poste alla sommità di una profonda incisione chiamata «Sciara del Fuoco», scendono rigagnoli di lava, lapilli e scorie incandescenti. Vulcano ha avuto l’ultima eruzione circa un secolo fa (1894) e, come Lipari, si trova in fase di apparente inattività: da entrambi si possono osservare soltanto emissioni di vapori sulfurei chiamate fumarole. Vulcano possiede una lava piuttosto viscosa, che facilmente tappa il camino sottostante, facendovi accumulare gas che immagazzinano sempre più energia, liberandola a intervalli più lunghi rispetto a Stromboli, e per questo con eruzioni più violente. Nella parte sommersa dell’edificio vulcanico di Panarea, il più antico, ci sono emissioni di gas vulcanici in

mare, «gorghi bollenti», che fanno ribollire l'acqua. I vulcani sommersi Mentre le isole Eolie sono vulcani emersi dalle acque, nel Mare Tirreno, a nord delle Eolie, si trovano dei vulcani sommersi, alcuni dei quali sono dei veri giganti, come Marsili, Vavilov e Magnaghi. Marsili (figura C), come Magnaghi, ha un’età di tre milioni di anni. Esso è localizzato a 220 km sud-est di Napoli e si erge da 3500 m di profondità fino a 500 m dalla superficie. Ha una base del diametro di circa 50 km. Emette fumarole ed è quindi ancora attivo. Vavilov, che ha 6-7 milioni di anni, è estinto, come Magnaghi. Il Vesuvio e l’area flegrea A causa della variabilità del comportamento e della sua

pericolosità, aggravata dal fatto che attualmente il condotto è ostruito da un tappo di lava, il Vesuvio è continuamente monitorato. L’eruzione più violenta, dopo quella del 79 d.C., avvenne nel 1631 con più di 4000 vittime. Nell’ultima, quella del 1944, le vittime furono 27. A ovest di Napoli c’è l’area dei Campi Flegrei, che si estende per un diametro di circa 12 km (figura D). L’attività dei vulcani disseminati in questa zona ebbe inizio circa 50 000 anni fa, con una serie di violentissime esplosioni che diedero origine a una vasta caldera. In seguito, circa 35 000 anni fa, violente esplosioni riversarono sul territorio circostante una nube ardente, valanga infuocata di gas contenente brandelli di lava e materiali piroclastici. La nube ardente percorse a

velocità molto elevata decine di kilometri, distruggendo ogni cosa, e infine si depositò formando una coltre di rocce vulcaniche dette ignimbriti. Le ignimbriti campane formano oggi il pavimento della vasta e fertile pianura tra Napoli e Caserta. Circa 12 000 anni fa l’attività vulcanica flegrea proseguì con un’altra eruzione che provocò la ricaduta del tufo giallo, il materiale che si può vedere affiorare a Napoli, in particolare sulla collina del Vomero e a Posillipo. Di questa lunga storia di attività vulcanica l’ultimo episodio è stato la formazione del Monte Nuovo, un cono di scorie sorto nel 1538 nell’arco di una notte. I resti degli antichi crateri sono oggi ricoperti da una folta vegetazione, a parte quello che ospita il lago d’Averno.

figura C. ö Il vulcano sottomarino Marsili. Campi Flegrei

lago D’Averno Napoli

perfissareiconcetti • Che cos’è la piattaforma porfirica? Dove si trova? • Quali sono al momento i vulcani attivi in Italia? E quelli quiescenti? • A quando risalgono le più antiche tracce di vulcanismo in Italia?

Pozzuoli

Capo Miseno Procida

figura D. ò L’area flegrea è costellata di crateri e apparati vulcanici. In un antico cratere si è formato il Lago d’Averno.

C 37 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Per ricordare 1

Perché la Terra è così calda al suo interno?

In parte la Terra conserva il calore prodotto nei primi stadi della sua formazione, quando era una sfera incandescente. Questo calore è il calore fossile. In gran parte, però, il calore interno della Terra è prodotto dalla radioattività di elementi come il torio e l’uranio concentrati nei primi 200 km di profondità.

A decine di kilometri al di sotto della superficie, nell’astenosfera una parte delle rocce si trova allo stato fuso e dà origine al magma. Il magma si forma anche per fusione delle rocce della litosfera quando la pressione diminuisce. Il magma tende a risalire verso la superficie e si può raccogliere in una camera magmatica, posta a pochi kilometri di profondità; da qui risale lungo il condotto (o camino) vulcanico e fuoriesce dal cratere (o bocca) sotto forma di lava. Quando la bocca eruttiva è una fessura l’eruzione è detta lineare. 4

5

Come varia la forma dei vulcani?

Nelle zone vulcaniche quali altri fenomeni si possono osservare?

Termini chiave

2

Qual è l’origine dei magmi e delle lave?

Da che cosa dipende l’attività vulcanica?

L’attività di un vulcano dipende dal tipo di magma, acido o basico, ed è più tranquilla o effusiva o più improvvisa e pericolosa o esplosiva. I magmi basici hanno un basso contenuto di silice e generano lave scorrevoli, che possono dare origine alle vaste estensioni di lava dette plateau basaltici. I magmi basici che provengono da grandi profondità formano colonne di roccia fusa, che in superficie danno origine ai punti caldi. Dalla solidificazione in superficie di lave generate da magmi basici si formano i basalti. I magmi acidi hanno un elevato contenuto in silice, sono più viscosi e possono provocare eruzioni esplosive, durante le quali vengono emessi lava e materiali piroclastici come pomici, bombe vulcaniche, ceneri e lapilli. Dal deposito e dalla compattazione di questi materiali si formano i tufi.

La forma di un edificio vulcanico, che è costituito dai materiali riversati all’esterno del cratere, dipende dal tipo di attività prevalente, se effusiva o eruttiva. I principali tipi di strutture generate da fenomeni vulcanici sono: i vulcani a scudo come quelli hawaiani, di forma bassa e larga; gli strato-vulcani, come il Vesuvio, formati da strati di lava alternati a strati di materiali piroclastici; le caldere, ampie cavità dovute allo sprofondamento della sommità del vulcano; i coni di scorie, formati da lapilli e ceneri che formano un piccolo cono dai ripidi pendii. Nelle zone vulcaniche vi sono forme secondarie di attività, consistenti in emissioni di gas e vapori molto caldi. A seconda dei materiali emessi e di come avviene l’emissione si distinguono i geyser, i soffioni boraciferi, le solfatare e le sorgenti termali di acque calde.

3

6

Che cos’è il rischio vulcanico? Si possono prevedere le eruzioni?

▸Calore fossile ▸ calore prodotto dalla radioattività ▸ magma ▸ magma acido ▸ magma basico ▸ lava ▸ camera magmatica ▸ camino vulcanico ▸ cratere ▸ viscosità ▸ attività esplosiva ▸ attività effusiva ▸ basalti ▸ materiali piroclastici ▸ tufi ▸ punto caldo ▸ edificio vulcanico ▸ vulcano a scudo ▸ strato-vulcano ▸ plateau basaltico ▸ caldera ▸ geyser ▸ solfatara ▸ soffione boracifero ▸ fumarola ▸ sorgente termale

C 38 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Il rischio vulcanico dipende dalla pericolosità di un vulcano e dai suoi potenziali danni nei riguardi di persone e cose. Il rischio è massimo dove vulcani di tipo esplosivo sono vicini ad aree densamente popolate. Le eruzioni possono essere previste rilevando con un continuo monitoraggio i segnali precursori, come i lievi terremoti, le deformazioni del suolo e l’abbassamento del livello delle acque nei pozzi.

unità 2 I vulcani

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 8

Il gradiente geotermico è a

la variazione della pressione delle rocce con la profondità.

b

l’aumento della temperatura all’aumentare della profondità.

c

l’aumento della profondità necessario per arrivare a una data temperatura.

d

9

la variazione della temperatura delle rocce nel tempo, dopo un’eruzione.

2

Il calore interno della Terra è dovuto a

al calore proveniente dal Sole.

b

al calore prodotto dalla radioattività delle rocce e al ca-

10

3

4

5

6

7

a

contiene più gas rispetto al magma.

b c

non contiene silicati.

d

ha una temperatura di circa 100 °C.

11

è il nome del magma in superficie.

Le lave derivanti da magmi acidi a

sono poco scorrevoli.

b c

sono poco viscose.

d

sono povere di silice.

12

possono formare espandimenti lavici come le giare.

La pericolosità di un vulcano dipende a

dal numero dei suoi crateri laterali.

b c

dal contenuto in silice del magma.

d

dalla presenza di sorgenti termali.

13

dalle sue dimensioni.

duomo vulcanico.

b c

vulcano a scudo.

d

hot spot.

14

plateau basaltico.

Una colonna di magma detta pennacchio è a

una sorgente termale.

b c

il cratere di uno strato-vulcano.

d

un’eruzione esplosiva con emissione di ceneri.

che è riuscito a raggiungere la superficie.

d

che può essere acido o basico.

che fuoriesce da un condotto vulcanico.

Un magma basico può formare a

un plateau basaltico.

b c

lave a cuscino.

d

rocce a basso contenuto di silice dette basalti.

tufi formati da prodotti piroclastici.

Tra i segnali precursori di un’eruzione troviamo le variazioni del livello dell’acqua nei pozzi. i tremori, ossia lievi terremoti in prossimità del

c

l’innalzamento del livello del mare.

d

le deformazioni del suolo.

Le ceneri sono a

materiali piroclastici.

b c

prodotte da eruzioni esplosive.

d

particelle di lava acida solidificata.

il prodotto del consolidamento di una lava basaltica.

I vulcani a scudo a

si formano da lave basiche.

b c

sono di forma conica appiattita.

d

sono costituiti in prevalenza da colate basaltiche.

si formano dal consolidamento di lave viscose.

Gli strato-vulcani a

si formano da lave acide e di composizione intermedia.

b c

sono tavolati di lava basaltica.

d

sono vulcani come il Vesuvio o lo Stromboli.

si formano a causa dell’alternanza di eruzioni efusive ed esplosive.

Un magma ricco di silice può dar origine a un a

b c

vulcano.

alla combustione dei depositi di carbone nella crosta.

La lava

proveniente dal nucleo.

b

esclusivamente a quel che rimane del calore originario della Terra.

d

a

a

lore fossile. c

La lava deriva da un magma

Sono forme di attività vulcanica secondaria a

i geyser.

b c

le giare.

d

le mofete.

le fumarole.

la zona di risalita di una colonna di magma dal mantello.

Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

C 39

sezione C Le dinamiche della Terra

Esercizi, domande e problemi 1

m. Emissione di vapore acqueo e sali disciolti ad alta tem-

Associa a ciascuna località (a sinistra) un termine tra quelli indicati a destra, scrivendo i numeri corrispondenti negli appositi spazi.

a.

peratura. O

1. solfatara

Vesuvio

I

O

b.

2. piccole piattaforme basalti-

Lago di Vico

n.

che, o giare

2

c.

Pozzuoli

3. strato-vulcano

d.

Larderello

4. caldera

e.

Sardegna

5. soioni boraciferi

b.

lore terrestre.

c.

E

F

R

A

I

O

I

O

À

Proprietà di un magma determinata dall’elevato conI

I

À

Roccia che si forma dalla solidificazione di lave basiche. A

A

O

Quale tra questi è responsabile dell'efetto climatico

c.

Nelle eruzioni, gli efetti sul clima da che cosa posso-

drammatico denominato l'anno senza estate? no essere provocati?

I

Grandi eruzioni storiche Vulcani

Anno d.C.

Quantità di piroclasti eruttati (km3)

Vesuvio

79

2,7

Fuji

1500

1,3

Tambora

1815

80,0

Krakatoa

1883

20,0

Saint Helens

1980

4,0

5

Incremento della temperatura con la profondità. A

E

Quale tra le rocce qui rappresentate costituisce un INTRUSO e perché?

E

E

l.

b.

O

tenuto in silice.

i.

Quale tipo di attività hanno i vulcani indicati in ta-

Proprietà per la quale le lave sono più o meno scorrevoli. I

h.

a.

bella?

A

Grandezza fisica che, diminuendo, fa diminuire la

A

I

In tabella trovi dati riguardanti alcune eruzioni storiche. L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. non è stata la più violenta. In tempi più vicino a noi vi sono state imponenti eruzioni con effetti globali sul clima. Memorabile fu quella che causò gelate estive, da cui la denominazione di "anno senza estate" per l'anno successivo all'eruzione.

Magma che ha raggiunto la superficie.

E

g.

L

T

4

temperatura di fusione della roccia.

f.

Aree in superficie corrispondenti alla risalita dei pen-

Questo blocco roccioso nero di origine vulcanica, lo Shiprock, nel Nuovo Messico, si erge per 515 m sulla pianura circostante. Spiega come può essersi formato.

Strato di rocce fuse al di sotto della litosfera.

A

e.

O

3

R

A

d.

E

M

Elemento radioattivo delle rocce responsabile del caT

I

A

P

Insieme di rocce fuse che danno origine a una lava. A

E

nacchi.

Completa i termini che corrispondono a ciascuna definizione scrivendo negli spazi vuoti le lettere mancanti.

a.

O

I

O

Depressione a tronco di cono prodotta dal crollo dell’edificio vulcanico. A

E

A Granito

Basalto

C 40 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Pomice

Tufo

unità 2 I vulcani

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

MAPPA

6

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

Completa la mappa concettuale utilizzando i seguenti termini e definisci quelli sottolineati.

8

basica - efusive - acida - vulcani a scudo - esplosive - duomi vulcanici Il magma può avere composizione

La figura mostra la distribuzione e lo spessore dei materiali piroclastici nell'eruzione del Vesuvio del '79 d.C. Come si può notare, la loro ricaduta ha riguardato solo aree a Sud est del vulcano. Alcuni documenti attestano che le ceneri arrivarono addirittura fino a Costantinopoli. Anche nell'ultima eruzione, quella del 1944, i piroclasti si distribuirono secondo la stessa direzione e le ceneri arrivarono fino in Puglia. In entrambi i casi, la caduta di materiali non interessò la vicina città di Napoli.

a.

. ............ .

dà luogo a eruzioni

..............

b.

dà luogo a eruzioni

Quale può essere la spiegazione del fatto che la città di Napoli è stata il più delle volte risparmiata? Il flusso della lava raggiunge in genere località poste a Sud del cratere mentre risparmia quelle poste più a Nord. Cerca su Google Maps immagini satellitari della struttura del vulcano e prova a spiegare questo fatto.

. ............ .

. .. . . . . . . . . . . .

. ............ .

.............. e plateau basaltici

e forma

orlo del cratere Somma Vesuviana Spessore Ottaviano Napoli dei piroplasti cratere 10-25 cm principale Ercolano Torre del Greco 25-50 cm Pozzuoli Torre Pompei 50-100 cm Annunziata Salerno 100-200 cm Sorrento oltre 200 cm

e forma

1 : 1 000000 0 10 20 km

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

7

L’isola che non c’è. Si tratta dell’Isola Ferdinandea, che emerse dal mare accompagnata da vapori di zolfo nel luglio del 1831 nel Canale di Sicilia al largo di Sciacca. Re Ferdinando II, sovrano del Regno delle Due Sicilie, supponendola di sua proprietà, battezzò l’isola Ferdinandea; intanto gli inglesi se ne appropriarono issandovi la loro bandiera. L’incidente diplomatico si risolse con la scomparsa del piccolo cono vulcanico dopo pochi mesi. In agosto l’isola aveva una circonferenza di 5 km e un’altezza di 70 m, ma, in seguito allo smantellamento operato dalle onde, in novembre era ridotta a un piccolo scoglio ora del tutto scomparso.

Golfo di Salerno

ANALISI DI UNA SITUAZIONE IMMAGINARIA

9

I vulcani sono di tipo diverso e la loro attività eruttiva può avere effetti diversi sul paesaggio. Immagina di essere spettatore di una eruzione esplosiva o di una effusiva. Per entrambi i tipo di eruzione, descrivi:

a. b. c. d.

A quale tipo di edificio vulcanico apparteneva l’isola Ferdi-

Che cosa vedresti nel corso dell'eruzione? Quali altre sensazioni potresti provare durante l'eruzione? (con l'udito, con l'olfatto, con il tatto...) Ti sentiresti al sicuro? Come potrebbe essere il panorama dopo l'eruzione?

Confronta quello che hai pensato con le immagini di eru-

nandea? Perché venne facilmente demolita?

zioni che puoi trovare su Internet. ENGLISH FOR SCIENCE

10

Complete the following statements with right words. shield volcanoes - volcanic bombs - caldera

1.

A .................................. forms when the walls of a volcano crater collapses.

2.

Volcanoes composed of quiet lava flows are called .....................................

3.

he largest rock fragments blown into the air during a volcanic eruption are .................................

C 41 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità

3

I terremoti Pieghe e fratture nelle rocce A

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Come possono deformarsi le rocce? Che cosa sono le pieghe e le faglie? Che cos’è un terremoto? Come si propaga l’energia che da esso si libera? Come si misura la forza di un terremoto?

Durante una gita in montagna è possibile osservare pareti di roccia in cui gli strati sono contorti in gigantesche pieghe o addirittura sono attraversati da lunghe fratture, come nelle foto di questa pagina. Eppure le rocce sedimentarie, originariamente, si formano in strati orizzontali sul fondo dei mari. Quando gli strati rocciosi si rompono, a volte viene liberata energia suiciente a far vibrare il suolo: si verifica un terremoto.

Sai rispondere? 1. Sai dire come è possibile che i blocchi rocciosi si sollevino e si pieghino fino addirittura a spezzarsi? Ti è mai capitato di osservare degli strati rocciosi inclinati o piegati? Ti ricordi dove? 2. Quando si verifica un terremoto, nelle cronache si parla spesso di faglia. Di che cosa si tratta?

B

È possibile prevedere i terremoti? Come ci si difende da essi? Le onde sismiche che cosa ci fanno conoscere della Terra?

C

C 42 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

1

figura 1. ñ Questi strati di arenaria in Arizona sono stati piegati e sollevati da forze che deformano le rocce.

figura 2. ö Gli scalatori utilizzano le fratture delle rocce calcaree come appigli per arrampicarsi.

Le rocce si possono piegare e spezzare

L

e rocce della litosfera, apparentemente resistenti e indeformabili, se sottoposte a forze di una certa intensità possono modificare la loro forma piegandosi o addirittura spezzandosi: si dice cioè che esse possono avere un comportamento duttile o, in altri casi, fragile. ● Un materiale ha un comportamento duttile quando, in seguito all’azione di una forza, si flette, modifica la sua forma e, nel momento in cui la forza cessa, mantiene nel tempo la deformazione acquisita. Un materiale tipicamente duttile è la plastilina. Tra le rocce, quelle che maggiormente mostrano un comportamento duttile sono le argille e le arenarie (figura 1). ● Un materiale ha un comportamento fragile quando, sottoposto a una forza all’inizio si deforma ma, se la forza continua ad agire, si rompe all’improvviso. Un materiale tipicamente fragile è il vetro. Una lastra di vetro può flettersi ma, se continuiamo a piegarla, si spezza. Tra le rocce, quelle che maggiormente manifestano un comportamento fragile sono i calcari e le dolomie (figura 2). Il tipo di comportamento, duttile o fragile, oltre che dalla natura della roccia, dipende da come agisce la forza, in particolare dalla sua intensità e dal suo perdurare nel tempo. Uno sforzo applicato lentamente e costantemente per un lungo periodo favorisce un comportamento duttile, mentre lo stesso sforzo applicato per breve tempo può portare alla rottura. Un altro fattore importante è la temperatura. Prove condotte in laboratorio dimostrano che il marmo, per esempio, è fragile nelle condizioni di temperatura e pressione che vi sono sulla superficie terrestre; è invece duttile nelle condizioni di elevate temperature e pressioni che si trovano alla profondità di diversi kilometri all’interno della crosta terrestre. !#$^* ) Per fissare i concetti

1

Quando una roccia mostra un comportamento duttile? Quando fragile? Fai degli esempi. 2 Quali condizioni influenzano il comportamento duttile o fragile delle rocce?

C 44 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

3 L

Diversi tipi di faglia e faglie vengono classificate in base al movimento relativo dei due blocchi di roccia, che dipende dal tipo di forza che genera la rottura.

● La faglia è detta trascorrente quando i due blocchi rocciosi ai lati della frattura scorrono orizzontalmente l’uno in direzione opposta all’altro per efetto di forze di trazione (figura 4c).

● Le faglie dovute a compressione della crosta sono dette inverse (figura 4a). Nelle faglie inverse, in seguito alle spinte che comprimono la massa rocciosa, i due blocchi sembrano accavallarsi l’uno sull’altro e la crosta subisce un raccorciamento. ● Le faglie dovute a stiramento con conseguente allungamento e lacerazione della crosta sono dette dirette o normali. Nelle faglie dirette uno dei due blocchi scivola lungo il piano di faglia, si abbassa rispetto all’altro, e la crosta subisce un allungamento (figura 4b).

Nelle faglie dirette la parte che collassa e sprofonda può generare una vallata costeggiata da dirupi. Nell’insieme questa struttura geologica viene chiamata fossa tettonica o rift valley. In Europa lo stiramento della crosta avvenuto in epoche passate ha portato alla formazione della valle in cui scorre il Reno (figura 5). La valle è formata dalla zona sprofondata ed è delimitata ai fianchi da rilievi (da un lato la Foresta Nera e dall’altro i Vosgi) che non sono vere montagne ma sono i lembi non sprofondati.

faglia inversa

a raccorciamento

b

faglia diretta

piano di faglia

allungamento

c

faglia trascorrente scorrimento

figura 4. ñï (disegno) (a) Faglia inversa: la crosta si raccorcia. (b) Faglia diretta: la crosta subisce un allungamento. (c) Faglia trascorrente. (foto) (a) In questa faglia inversa i blocchi rocciosi sembrano accavallarsi in seguito a compressione. (b) In questa faglia diretta gli strati a destra sono sprofondati scivolando lungo il piano di faglia. (c) La faglia trascorrente è evidente nello spostamento delle coltivazioni in California dopo il terremoto del 1992.

figura 5. õî Schema di una fossa tettonica. La valle in cui scorre il fiume Reno, sulle cui sponde si insediarono gli antichi Celti, è una fossa tettonica, (nel disegno) originata da faglie ora non più attive.

C 46 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 I terremoti

Dove la crosta è sottoposta per lunghi tratti a forze che la stirano si può formare un sistema di faglie con gradinate che convergono verso il basso, in genere associate a vulcanismo. Il sistema di gradinate più ampio della Terra si trova nell’Africa orientale: in questo continente la conformazione monotona e piatta è rotta dal susseguirsi di faglie che lo attraversano da nord-est a sudovest, dal Mar Rosso fino al Lago Niassa. Lungo questa fascia di crosta sprofondata si trovano laghi tettonici come il Vittoria e il Tanganica e vulcani come il Monte Kenya e il Kilimangiaro. Enormi lacerazioni della crosta di tipo trascorrente, ben visibili in superficie si trovano in California e formano un sistema di faglie, di cui la più nota è la faglia di San Andreas, sulla quale si trova la città di San Francisco (figura 6). Lungo questa faglia avviene lo scorrimento verso nord-ovest della placca del Pacifico rispetto alla placca Nordamericana. Lo slittamento è valutabile attorno ai 3-4 cm all’anno e gli efetti sul paesaggio sono spettacolari: montagne interrotte, fiumi deviati, ma anche case, canali e strade costruiti lungo la faglia, tagliati di netto. Questo sistema di faglie è tenuto costantemente sotto osservazione dagli scienziati e i movimenti del suolo sono registrati con precisione nel tentativo di prevedere il prossimo terremoto.

4 I

terremoti sono i cataclismi che in maggior misura apportano morte e distruzione all’umanità. Nessuna descrizione può sostituire l’esperienza personale del pauroso movimento del suolo che si avverte durante un terremoto di una certa entità. Per chi si trova in casa, il pavimento cede sotto i piedi, i muri si gonfiano e crollano, i vetri si frantumano, gli oggetti cadono dagli scafali e le persone sono scagliate da una parete all’altra. Chi si trova all’aperto è invece gettato a terra e assordato dal rumore dei crolli (figura 7a). Le scosse di terremoto possono causare cortocircuiti, che spesso fanno scoppiare incendi. In genere gli incendi non possono essere spenti perché le fenditure che si aprono nel terreno provocano la rottura delle condutture dell’acqua. Nei forti terremoti di Tokyo del 1923 e di San Francisco dal 1906 la maggior parte delle vittime fu provocata dagli spaventosi incendi che bruciarono le abitazioni di legno (figura 7b). Se il terremoto avviene in mare, come nel caso di quello del 2004 in Indonesia, in prossimità delle coste si può formare un’onda di maremoto colossale, o tsunami (dal giapponese nami, onda, e tsu, porto), alta anche 30 m, che si abbatte con efetti devastanti sui centri abitati costieri (vedi scheda, p. C50). Un terremoto (dal latino terrae motus, movimento della terra), detto anche sisma (dal greco seismós, scossa), è una vibrazione del suolo che si verifica quando le rocce, sottoposte a forze di vario tipo, si rompono liberando di colpo l’energia che avevano accumulato.

!#$^* ) Per fissare i concetti 5 Spiega come si formano le faglie e descrivi le loro caratteristiche. 6 Che cos’è una fossa tettonica? Indicane una importante. 7 Qual è la faglia più famosa? Di che tipo è e dove si trova? figura 6. òô Nella foto la faglia di San Andreas in California, una lacerazione della crosta lunga circa 1000 km, che fa parte di un sistema di faglie attive (nella cartina). faglia di Hayward San Francisco

I terremoti

a

C ALI F O RNI A

faglia di Calaveras

b

g fa

Great Valley

lia

di

n Sa

An

OC EAN O PAC IFICO

faglia di Garlock

dr ea

s

faglia di San Andreas

Santa Barbara

ia gl fa

San Ferdinando Los Angeles

d

iS an

San Diego

Ja ci n

to

figura 7. ïî (a) Effetti del terremoto del 1997 in Umbria. (b) In questa foto del terremoto di San Francisco del 1906 si vedono i fiumi degli incendi.

C 47 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

I terremoti possono verificarsi in corrispondenza di faglie di nuova formazione (figura 8), oppure in corrispondenza di faglie preesistenti rimaste a lungo inattive. Nel secondo caso, i blocchi rocciosi riprendono a spostarsi lungo il piano di faglia e la faglia diviene attiva: le rocce ricominciano ad accumulare energia fino ad arrivare a una nuova rottura. I terremoti che si susseguono lungo la stessa faglia sono detti ricorrenti. Per questo vale il detto «Dove la terra trema, tornerà a tremare». Le faglie possono arrivare in superficie, come la faglia di San Andreas, o più spesso rimanere in profondità, e in questo caso sono dette cieche; possono essere microscopiche oppure gigantesche come la Rift Valley in Africa, lunga più di 9000 kilometri. In occasione di un terremoto l’accumulo e il rilascio di energia che avviene nelle rocce è simile a ciò che si verifica quando una riga di plastica, piegata oltre un certo limite, alla fine si spezza. Se provate a flettere con le mani una riga di plastica, esercitando su di essa una forza via via maggiore, inizialmente la riga si flette ad arco, poi improvvisamente si spezza e i due tronconi sono scossi per breve tempo da vibrazioni. L’energia che fa vibrare i due tronconi è quella che la riga aveva accumulato a mano a mano che si deformava sotto l’azione della forza esercitata dalle vostre braccia e che si libera di colpo con la rottura.

Il punto di origine del sisma nel sottosuolo viene chiamato ipocentro. Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro viene invece chiamato epicentro (figura 9). In base alla profondità dell’ipocentro si distinguono: ● terremoti superficiali, con ipocentro situato a profondità inferiore ai 50 km; ● terremoti intermedi, con ipocentro compreso tra i 50 e i 300 km di profondità; ● terremoti profondi, con ipocentro compreso tra i 300 e i 700 km di profondità. I terremoti più frequenti sono quelli superficiali; essi sono anche i più disastrosi. Nessun terremoto registrato finora ha avuto origine oltre i 700 km circa di profondità. Questo limite fa pensare che, superata quella profondità, le rocce non siano più rigide e si deformino in maniera lenta e continua, senza fratturarsi. In genere, ogni evento sismico è costituito da una prima scossa, più forte, seguita da una serie di scosse secondarie, che può durare anche vari mesi e comprendere centinaia o anche migliaia di terremoti, d’intensità minore. Al termine dell’evento sismico, le rocce in profondità hanno raggiunto un nuovo assetto, e possono continuare ad accumulare energia finché, dopo un altro periodo di calma, riprendono a scaricare l’energia accumulata con una nuova serie di terremoti. !#$^* ) Per fissare i concetti 8 Che cos’è un terremoto? Come si origina? 9 Che differenza c’è tra ipocentro ed epicentro? 10 Come vengono classificati i terremoti in base alla profondità dell’ipocentro? 11 Che cosa si deduce dal fatto che nessun terremoto ha ipocentro a profondità maggiore di 700 km?

piano di faglia

figura 8. ñ Una faglia che si è aperta durante il terremoto del 2000 in Islanda.

epicentro

figura 9. î A partire dall’ipocentro le onde sismiche si propagano come onde concentriche in tutte le direzioni. Il punto in superficie che si trova sulla verticale dell’ipocentro è l’epicentro. Da quest’ultimo si propagano onde concentriche di superficie.

C 48

ipocentro

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sezione C Le dinamiche della Terra

persapernedipiù

La furia dello tsunami

I

l 26 dicembre del 2004 un terremoto tra i più forti mai registrati fece vibrare la Terra intera. Il sistema ebbe origine in mare in un punto a nordovest dell’isola di Sumatra in Indonesia, in corrispondenza di una faglia della crosta oceanica lunga più di 1000 kilometri. L’onda di maremoto che ne seguì, nota a tutti come tsunami, raggiunse in poche ore le coste della Thailandia, dello Sri Lanka e delle Maldive, seminando distruzione e causando un numero enorme di morti, più di 300 000. Lo tsunami (parola giapponese che significa «onda di porto») non è un’unica onda solitaria ma un convoglio di più onde gigantesche e devastanti. Queste onde anomale possono essere causate da tre eventi geologici: attività vulcanica, frane sottomarine, ma soprattutto terremoti con epicentro sul fondo marino. In genere uno tsunami avviene in seguito al sollevamento del pavimento oceanico dovuto a una faglia con scorrimento verticale. L’energia liberata si propaga dalla frattura del fondo all’acqua soprastante fino a raggiungere la superficie (figura A). Come conseguenza della loro origine, le onde di maremoto sono molto diverse da quelle oceaniche generate dal vento. In queste la lunghezza dell’onda, cioè la distanza tra due creste successive, non supera i 200 m mentre nello tsunami la lunghezza dell’onda può essere di centinaia di kilometri. Le onde in superficie però sono alte pochi metri e non vengono percepite dai naviganti. La velocità di propagazione dello

tsunami è pari a quella di un aereo di linea (800 km/h nel maremoto del dicembre 2004). Al suo arrivo nella zona costiera, a seconda della inclinazione dei fondali e della conformazione della linea di costa, il succedersi degli eventi varia: per questo si dice che ogni tsunami è unico nel suo genere. A volte l’onda colpisce la terra come una gigantesca alta marea. A volte, nei casi in cui il fondale declina lentamente, l’onda forma una muraglia d’acqua che avanzando verso la spiaggia si accresce in altezza (figura B). Con un pauroso risucchio, il mare sembra allontanarsi dalla riva anche per una decina di minuti lasciando il fondale allo scoperto, brulicante di pesci che saltellano. Poi il muro d’acqua si abbatte sul litorale travolgendo e devastando ogni cosa. Purtroppo non è possibile prevedere quando si verificherà uno tsunami. È possibile però, mediante sistemi di monitoraggio dei sismi e di rilevamento delle variazioni del livello del mare, rilevare la loro formazione e dare l’allarme alle coste in pericolo. Questi sistemi sono stati attivati purtroppo solo in alcune località del mondo, come lungo le coste delle isole Hawaii o del Giappone. In Italia il Mar Tirreno, che raggiunge profondità di oltre 3700 m, può essere teatro di maremoti, anche di origine vulcanica o generati da frane. Il più recente maremoto è quello che nel dicembre 2002 sollevò onde di 7-10 metri sulle coste dello Stromboli, dovute alla frana avvenuta su un fianco del vulcano.

perfissareiconcetti • Come si forma uno tsunami? • È possibile prevedere gli tsunami?

inondazione propagazione generazione

C 50 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

faglia

figura A. ñ Un’onda di maremoto, o tsunami, originata da una faglia sul fondo marino, si propaga nell’oceano e si abbatte sulla costa.

figura B. ö Ecco come Hokusai, un artista nato in Giappone, terra spesso colpita da tsunami, rappresenta questo flagello: una gigantesca onda con artigli, un mostro d’acqua pronto a ghermire le sue vittime.

unità 3 I terremoti

6 I

I vari tipi di onde sismiche

geologi distinguono due tipi principali di onde, sempre presenti in un terremoto, che si propagano dall’ipocentro e viaggiano all’interno del globo, le onde P (o prime) e le onde S (o seconde). ● Nel caso delle onde P le vibrazioni delle particelle rocciose sono longitudinali, ossia avvengono nella stessa direzione in cui si propaga l’onda. Semplificando si può dire che le particelle rocciose oscillano avanti e indietro. ● Nel caso delle onde S le vibrazioni delle particelle rocciose sono trasversali, ossia avvengono in direzione perpendicolare a quella di propagazione dell’onda. Si può dire che in questo caso le particelle rocciose oscillano su e giù. Le onde P si propagano più velocemente delle onde S. Quindi un sismografo posto a una certa distanza dall’epicentro di un terremoto avvertirà prima la vibrazione causata dall’arrivo delle onde P e, dopo un certo intervallo di tempo, anche la vibrazione causata dalle onde S (figura 12). La velocità delle onde dipende dal tipo di roccia attraversato: quanto più un materiale è rigido e denso, tanto maggiore è la velocità con cui vi si propagano le onde sismiche. Per esempio, le onde P viaggiano nel granito a circa 6 km/s, mentre nell’acqua viaggiano a 1,5 km/s. A parità di materiale, le onde P sono sempre più veloci delle onde S. Inoltre, mentre le onde P si propagano in tutti i mezzi, sia solidi sia liquidi, le onde S non si propagano nei liquidi (figura 13). L’intervallo di tempo che intercorre tra la registrazione delle onde P e quella delle onde S serve ai sismologi, gli studiosi dei terremoti, per determinare, in base ad appositi grafici e tabelle, la distanza dell’ipocentro dalla loro stazione di rilevamento. Infatti, quanto maggiore è la distanza che separa l’ipocentro del sisma dalla stazione di rilevamento, tanto maggiore è l’interval-

lo che separa il momento di arrivo delle onde P dal momento di arrivo delle onde S. Quando le onde P e S raggiungono l’epicentro, generano altri tipi di onde che si propagano in superficie. Queste onde superficiali (dette L o lunghe) sono più lente delle onde P e delle onde S, ma si possono propagare anche a migliaia di kilometri di distanza, e sono le più temibili per gli edifici, che al loro passaggio oscillano come barchette di carta sull’acqua raggiunte dalle onde. L’ampiezza massima delle onde L serve per calcolare l’energia liberata dal terremoto, ossia la sua magnitudo (vedi figura 12). !#$^* ) Per fissare i concetti 14 In che cosa differiscono le onde P dalle onde S? Tieni conto, nella tua risposta, del modo in cui si propagano e delle differenze di velocità. 15 Come si ricava la distanza di un terremoto dall’epicentro? 16 Che cosa sono le onde superficiali di un sisma?

figura 13. î (a) Le onde P si propagano anche nei liquidi e sono analoghe a quelle che si generano comprimendo l’acqua con una mano. (b) Le onde S non si propagano nei liquidi così come non si generano onde se si introduce verticalmente la mano nell’acqua.

a

b superficie dell’acqua

l’onda si propaga

nessuna onda

figura 12. ö Nel sismogramma vengono registrati i diversi tipi di onda sismica. onde L

Arrivo delle onde P

Arrivo delle onde S Massima ampiezza usata per calcolare la magnitudo.

Intervallo di tempo usato per calcolare la distanza dall’epicentro.

C 51 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

79 P

Come si misura la forza di un terremoto?

er valutare la forza dei terremoti si possono utilizzare due sistemi:

● stimare i danni che esso ha provocato; ● stimare l’energia liberata tramite la lettura dei sismogrammi. Per valutare i danni provocati da un terremoto si ricorre alla scala Mercalli, così chiamata dal nome del sismologo italiano Giuseppe Mercalli che la propose nel 1902 (figura 14a). La scala Mercalli valuta l’intensità di un terremoto prendendo in considerazione gli efetti del sisma sulle cose e sulle persone. Nella sua versione attuale, comprende una serie di gradi di intensità crescente che vanno da I a XII.

Nella scala Mercalli il primo grado è costituito dalle «scosse strumentali», cioè dalle scosse percepibili solo dagli strumenti; l’ultimo grado è la «grande catastrofe», che provoca spostamenti di intere masse rocciose e la distruzione totale degli edifici. La scala Mercalli non permette però di stimare l’effettiva quantità di energia liberata da un sisma, cioè la sua reale forza. Per esempio, un sisma che libera un’enorme quantità di energia, ma che interessa una regione desertica, avrà secondo la scala Mercalli un’intensità piuttosto bassa, mentre un sisma di media forza il cui epicentro si trova in corrispondenza di una città, come quello che colpì nel 1976 Tangshan (Cina) causando la morte di più di 500 000 persone, ha nella scala Mercalli un grado molto più alto. a

b

Come si possono allora confrontare tra loro i terremoti? Come si fa, per esempio, a valutare se il terremoto che ha scosso L’Aquila nel 2009 è stato più potente o più debole del terremoto del 1980 in Irpinia? Per valutazioni di questo tipo si utilizzano i sismogrammi, cioè le registrazioni delle onde sismiche efettuate dai sismografi. Come un sassolino lanciato nell’acqua forma solo delle ondine, mentre un grosso masso forma onde più alte, analogamente terremoti deboli provocano onde sismiche di minore ampiezza, mentre terremoti forti generano onde di maggiore ampiezza. L’ampiezza massima delle oscillazioni può essere misurata sui sismogrammi in corrispondenza delle onde L. Dall’ampiezza massima e dalla distanza dall’epicentro della stazione di rilevamento, con una formula matematica elaborata nel 1935 dal sismologo americano C. F. Richter (figura 14b), è possibile ricavare: la magnitudo, una grandezza fisica che misura l’energia liberata da un sisma e i cui valori compaiono nella scala Richter. I valori di magnitudo sono calcolati in modo tale che a un aumento di un’unità corrisponda la liberazione di una quantità di energia circa 30 volte maggiore. Per esempio, un terremoto di magnitudo 7 libera circa 30 volte più energia di un terremoto di magnitudo 6 e circa 900 volte (cioè 30 x 30) più energia di un terremoto di magnitudo 5. Anche se spesso vengono citati assieme, i valori della scala Mercalli e la magnitudo Richter non possono essere confrontati tra loro, perché si basano su metodi diversi (tabella 1). Tabella 1 I valori della scala Mercalli e Richter per alcuni terremoti Zona

Intensità (scala Mercalli)

Magnitudo (scala Richter)

Bèlice 1968

X

6

Friuli 1976

IX

6,4

Cina 1976

IX-X

7,7

Irpinia 1980

X

6,9

Umbria-Marche 1997

VII-VIII

5,8

Oceano Indiano 2004



9,0

Aquila 2009



5,8

!#$^* ) Per fissare i concetti 17 Quali sono i due criteri in base ai quali si può stimare la «forza» di un terremoto? 18 Su che cosa si basa la scala Mercalli? 19 Che cos’è la magnitudo e come si misura? figura 14. ò (a) Il sismologo Giuseppe Mercalli (1850- 1914) elaborò la scala che porta il suo nome, inizialmente di dieci gradi; Mercalli aggiunse un grado dopo il catastrofico terremoto di Messina del 1908. Con l’aggiunta di un altro grado, il XII, oggi la Scala è detta MCS (da Mercalli-Cancani-Sieberg). (b) Il sismologo Charles Richter (1900-1985) è ritratto accanto a un sismografo. Lavorando in California, elaborò la scala delle magnitudo per confrontare tra loro l’energia dei terremoti di quella area.

C 52 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 I terremoti

8 È

Il rischio sismico: previsione e difesa

possibile prevedere i terremoti? Entro certi limiti sì. Abbiamo ormai imparato a prevedere dove ci sarà un terremoto e all’incirca quanto forte sarà. I terremoti, come i vulcani, non hanno infatti una distribuzione casuale sulla Terra, ma avvengono in aree ben determinate. Per esempio, si prevede che prima o poi San Francisco subirà un terribile sisma, il cosiddetto Big One (in inglese, «quello grande»), simile forse a quello che rase al suolo la città nel 1906. Purtroppo, non siamo però ancora in grado, e forse non lo saremo mai, di predire con precisione quando il terremoto avverrà: se domani, dopodomani o tra cent’anni.

figura 15. ñ Gli apparecchi laser sono utilizzati per monitorare le faglie e misurare gli spostamenti del suolo.

figura 16. î (a) La piramide Transamericana a San Francisco è «incrollabile» perché è stata realizzata con tecniche antisismiche che garantiscono stabilità anche in caso di un fortissimo terremoto. (b) In Italia il terremoto del 2009 all’Aquila ha causato vittime e distruzione di edifici anche di recente costruzione a causa dell’uso di materiali e di criteri di edificazione non conformi alle norme antisismiche.

a

Attualmente, le zone sismiche vengono monitorate con strumenti in grado di rilevare indizi premonitori come l’aumento di microscosse, la variazione di certe caratteristiche delle rocce, per esempio la loro dilatazione, o i movimenti del terreno in corrispondenza delle faglie (figura 15). Si è osservato, anche in esperimenti condotti in laboratorio, che, prima della rottura, la roccia tende ad aumentare di volume, cioè a dilatarsi, a causa della formazione di numerosissime microfratture. Da queste ultime, inoltre, possono fuoriuscire gas come il radon o l’elio che, formatisi in profondità in seguito a trasformazioni di elementi radioattivi, si raccolgono nelle acque del sottosuolo. L’aumento di concentrazione di questi gas nelle acque dei pozzi può essere considerato un segno premonitore. Al momento, il modo migliore per fare fronte ai terremoti è la prevenzione, mediante un’accurata valutazione del rischio sismico. Il rischio sismico è una stima delle possibili perdite causate dai terremoti che potranno interessare in un certo periodo una determinata area. Questa stima si fonda su tre fattori. ● La pericolosità sismica che dà un’indicazione delle zone a maggior pericolo, tramite uno studio del territorio dal punto di vista storico-geologico. A tal fine, in base al numero e al tipo di terremoti avvenuti in passato e alle caratteristiche geologiche del territorio, si cerca di scoprire in quali zone sono presenti faglie attive (vedi cartina zone sismiche in Italia, p. C55). ● La vulnerabilità che consiste nella tendenza delle costruzioni a subire i danni di un terremoto. Si sa, infatti, che è il crollo degli edifici, non le scosse, a uccidere le persone. Gli edifici che resistono meglio a un terremoto sono quelli progettati con criteri antisismici. In California e in Giappone, territori ad alto rischio sismico, è stato possibile costruire grattacieli in grado di sopportare, oscillando, forti scosse di terremoto (figura 16).

b

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unità 3 I terremoti

persapernedipiù

In Italia la terra trema

I

l 45% del territorio italiano è a rischio sismico. La sua elevata sismicità, come capiremo meglio nella prossima Unità, è dovuta al fatto che la nostra penisola è come presa in una morsa tra due placche litosferiche, quella euroasiatica e quella africana, in reciproco avvicinamento. Gli ipocentri dei terremoti italiani si trovano a profondità comprese tra i 5 e i 40 km, e quindi all’interno della crosta; fanno eccezione la Calabria e le Isole Eolie, dove si riscontrano sismi molto più profondi (200-400 km). In gran parte del territorio italiano sono presenti faglie attive, spesso cieche perché situate in profondità, e mediamente ogni dieci anni il nostro Paese è scosso da un forte terremoto. In epoca recente i sismi più violenti sono stati: quello del Bèlice in Sicilia, nel 1968, magnitudo 6; quello del Friuli nel 1976, magnitudo 6,4; quello dell’Irpinia nel 1980, magnitudo 6,9; quello di Colfiorito nelle Marche, nel 1997, magnitudo 5,8 e quello dell’Aquila nel 2009, magnitudo 5,8. La distribuzione degli epicentri e quindi il rischio sismico non è uguale in tutte le regioni: alcune sono a basso rischio, altre a rischio più alto (figura A). Sono a basso rischio le zone geologicamente più stabili: le Alpi occidentali, il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Lombardia e gran parte della Pianura Padana non sono state colpite da sismi rilevanti in epoca recente; la Sardegna è quasi esente da terremoti, come pure il tacco estremo della Puglia. Sono invece ad alto rischio le Alpi orientali friulane, gran parte dell’Appennino settentrionale e soprattutto dell’Appennino centro-meridionale, la Calabria (figura B) e la Sicilia orientale (figura C).

Friuli 1976 Trento Aosta

Trieste

Milano Torino

Bologna

sismicità elevata sismicità media

Venezia

Firenze

Genova

Ancona Colfiorito 1997 Avezzano 1915 Perugia Campobasso L’Aquila

sismicità debole sismicità assente o scarsa epicentri di alcuni terremoti storici e recenti

Potenza Bari

Roma Napoli Irpinia 1980 Cagliari Palermo

Belice 1968

perfissareiconcetti • A quale profondità si trovano gli ipocentri della maggior parte dei terremoti che si verificano in Italia? • Quali sono le zone d’Italia a maggiore rischio sismico? • E quelle dove il rischio sismico è minore?

Catanzaro Messina 1908

figura A. ó Le zone di colore più scuro sono quelle in cui è maggiore la probabilità che si verifichino sismi a intensità elevata. La Sardegna, di colore chiaro, ha una sismicità bassissima o quasi nulla. Sono indicati anche alcuni eventi particolarmente disastrosi del XX secolo; si stima che il terremoto di Messina del 1908 abbia causato circa 160 000 vittime. figura B. ó Alcuni effetti catastrofici del terremoto avvenuto in Calabria nel 1783.

figura C. ò Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un violento terremoto colpì la Valle del Belice.

C 55 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Per ricordare 1

Come possono deformarsi le rocce?

Se sottoposte a forze tettoniche di varia intensità e durata, le rocce si piegano o si rompono. Nel primo caso si dice che hanno un comportamento duttile, nel secondo caso fragile. Il tipo di comportamento dipende, oltre che dall’intensità e dalla durata della forza, dalla natura della roccia e dalle temperature e pressioni dell’ambiente in cui essa si trova. 2

Le pieghe sono deformazioni duttili subite dalle rocce in seguito a forze di compressione. Le faglie sono fratture delle rocce che avvengono con scorrimento dei blocchi rocciosi lungo il piano di frattura, detto piano di faglia. Le faglie dovute a compressione sono dette inverse, quelle dovute a distensione sono dette dirette, quelle dovute a trazione con scorrimento in senso orizzontale sono dette trascorrenti. Le faglie attive sono spesso sede di terremoti. 4

Che cosa sono le pieghe e le faglie?

Come si misura la forza di un terremoto?

L’intensità di un terremoto viene espressa in base alla scala Mercalli, i cui valori, che vanno da I a XII, sono correlati all’entità dei danni provocati alle cose e alle persone. La magnitudo è un dato numerico proporzionale all’energia liberata dal sisma e si ricava dalla misura dell’ampiezza massima delle onde sismiche registrate su un sismogramma. La scala delle magnitudo è detta scala Richter. 5

È possibile prevedere i terremoti? Come ci si difende da essi?

Attualmente, con qualche approssimazione possiamo sapere dove in futuro si verificherà un terremoto e all’incirca quanto forte potrà essere, ma non siamo in grado di sapere quando esattamente esso si verificherà. La prevenzione nei confronti dei terremoti presuppone la conoscenza del rischio sismico determinato da tre fattori: la pericolosità sismica; la vulnerabilità, l’esposizione. La difesa consiste principalmente nel rispettare le norme antisismiche nelle costruzioni e nel tenere comportamenti adeguati durante il terremoto.

Termini chiave

6

Le onde sismiche che cosa ci fanno conoscere della Terra?

3 Che cos’è un terremoto?

Come si propaga l’energia che da esso si libera?

Un terremoto, o sisma, è una vibrazione del terreno che si verifica quando le rocce fratturandosi liberano di colpo l’energia accumulata sotto l’effetto delle forze agenti su di esse. L’energia che si libera si propaga in tutte le direzioni, sotto forma di onde sismiche, a partire dall’ipocentro, il punto in cui avviene la fratturazione della massa rocciosa. Il punto della superficie terrestre che si trova sulla verticale dell’ipocentro è l’epicentro.

Lo studio della propagazione delle onde P e S ha consentito di perfezionare il modello a strati concentrici della Terra: il nucleo viene distinto in nucleo interno solido e nucleo esterno liquido; il mantello, per la gran parte solido, presenta una zona superiore detta astenosfera in cui le rocce sono parzialmente fuse; la crosta, insieme alla porzione immediatamente sottostante del mantello, forma la litosfera.

▸ Comportamento duttile o fragile ▸ piega ▸ faglia diretta, inversa e trascorrente ▸ placche litosferiche ▸ forze tettoniche ▸ fossa tettonica ▸ sisma ▸ epicentro ▸ ipocentro ▸ tsunami ▸ sismografo ▸ onde sismiche P, S e L ▸ sismogramma ▸ nucleo ▸ mantello ▸ crosta ▸ litosfera ▸ astenosfera ▸ scala Mercalli ▸ magnitudo ▸ scala Richter ▸ rischio sismico ▸ pericolosità sismica ▸ vulnerabilità ▸ esposizione

C 56 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 3 I terremoti

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

2

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni. 8

Una faglia è una frattura delle rocce con spostamento.

a

è una faglia trascorrente.

b c

la registrazione di un terremoto.

si trova in California.

uno degli involucri concentrici della Terra.

b c

d

la parte più superficiale della litosfera.

d

è costellata di vulcani .

Il punto in profondità in cui ha origine un terremoto è detto

9

fare ipotesi sulla struttura interna della Terra.

magnitudo.

calcolare l’intensità di un terremoto (magnitudo).

epicentro.

d

fare previsioni sui prossimi terremoti.

b c d

sisma.

Le onde P

Le onde S sono più lente delle onde P.

sono le più superficiali tra le onde sismiche.

b c

partono dall’ipocentro.

si estinguono nel passaggio dai solidi ai liquidi.

si estinguono nel passaggio dai solidi ai liquidi.

d

sono anche dette onde superficiali

sono le ultime ad arrivare ai sismografi.

b c

si propagano nella stessa direzione in cui vibrano le 11

La scala Richter a

valuta i danni provocati dal terremoto sul territorio.

b c

è suddivisa in dieci gradi.

d

riporta la magnitudo, cioè l’energia assoluta liberata

La scala Mercalli a

va da I a XII.

b c

misura la distruttività di un terremoto.

è più empirica e soggettiva di quella Mercalli.

d

L’intervallo che intercorre tra la registrazione delle onde P

Molte zone d’Italia sono soggette a terremoti con una certa frequenza. Tra esse vi è

e la registrazione delle onde S permette di calcolare

a

la Sardegna.

il valore sulla scala Mercalli.

b c

l’Appennino centro-meridionale.

la densità delle rocce.

d

la zona delle Alpi orientali friulane.

a

la magnitudo del sisma.

b c d

la distanza della stazione di rilevamento dall’epicentro. 13

7

per valori intorno a I-II indica terremoti violenti e distruttivi.

12

6

ha valori diversi da quelli che indicano la magnitudo Richter.

dai sismi. 5

calcolare l’epicentro di un terremoto.

a

a

particelle rocciose. 4

Lo studio delle onde sismiche permette di b c

ipocentro.

d

è sede di terremoti con ipocentro superficiale.

a

a

10 3

La faglia di San Andreas

a

La velocità delle onde sismiche dipende a

dall’intensità del terremoto.

b c

dalla profondità dell’ipocentro.

d

dalla distanza tra l’epicentro e l’ipocentro.

la Sicilia.

L’astenosfera a

si trova al di sotto della litosfera.

b c

è la parte meno densa della crosta.

d

è la parte del mantello parzialmente fusa.

dalla densità delle rocce attraversate.

è costituita da rocce che presentano un comportamento più plastico.

I tre fattori che descrivono il rischio sismico sono a

vulnerabilità, eventualità, esposizione.

b c

pericolosità, vulnerabilità, esposizione.

d

sismicità, fragilità, pericolosità.

intensità, vulnerabilità, probabilità.

C 57 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Esercizi, domande e problemi 1

Indica se le seguenti frasi sono vere (V) o false (F). Se false, riscrivile corrette sul quaderno.

a.

I terremoti si formano in corrispondenza di una faglia inattiva.

b.

5

V

a.

F

di propagazione delle onde.

V

b. c.

F

V

una ricerca sui libri o su Internet.

F

I terremoti sono dovuti agli sforzi cui Valle della Morte

è sottoposta la litosfera a causa dei movimenti del sottostante mantello.

e.

V

F

V

F

V

F

Le onde S si propagano in tutti i tipi di materiali, anche liquidi.

f.

Quale valle in Europa ha un’origine simile? Perché si chiama in questo modo?

Per sapere il perché della sua sinistra denominazione, fai

Le onde superficiali percorrono in superficie anche migliaia di kilometri.

d.

In seguito a quali eventi è avvenuta la sua formazione?

Nelle onde P le particelle rocciose oscillano in direzione perpendicolare a quella

c.

La Valle della Morte in California, è il punto più basso del Nord America. Osserva il disegno che la rappresenta in modo schematico.

Le rocce possono avere un comportamento duttile, e in tal caso si spezzano, o un comportamento fragile, e in tal caso si deformano.

2

Con i termini elencati qui sotto, forma quattro gruppi distinti di tre termini ciascuno, scegliendo un criterio appropriato; indica inoltre il criterio che hai seguito. crosta - magnitudo - onde S - faglia inversa - scala Mercalli nucleo terrestre - onde superficiali - scala Richter - faglia diretta - mantello - onde P - piega 6

3

Osserva i due sismogrammi, che si riferiscono a uno stesso terremoto, rilevati in due diverse località. Quale delle due stazioni di rilevamento è più lontana dall’epicentro? Motiva la risposta. onde P

Analizza la figura 17 del testo a p. C54. Confronta i quattro sismogrammi.

a.

Quali diferenze noti tra il sismogramma registrato a

b.

Quali diferenze noti tra il sismogramma registrato

Mosca e quello di Anchorage? Sai spiegarne i motivi? al Cairo e quello di Mosca? Sai spiegarne i motivi?

onde S

c.

stazione A

Lo studio delle onde sismiche è molto importante per conoscere meglio il nostro pianeta. Sai spiegare perché?

onde P

7

onde S stazione B

Rispondi brevemente alle seguenti domande Che cosa?

Che cos’è una scossa strumentale?

Dove?

Dove si trova la più lunga faglia attiva statunitense visibile in superficie? Di che tipo è?

Quando? 4

Alcuni studenti discutono tra loro sui terremoti avvenuti in due località distinte A e B. La forza del terremoto avvenuto in A è risultata del 7° della scala Richter, mentre la forza dell’altro avvenuto in B è stata valutata del VII grado della scala Mercalli. Un ragazzo sostiene che è più forte il primo, mentre un altro sostiene che la forza è la stessa per entrambi i terremoti. Qual è la tua opinione?

Quando un terremoto può essere accompagnato da un maremoto o tsunami?

Quale?

Quali possono essere i segnali premonitori di un terremoto?

Perché?

C 58 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Perché è opportuno spegnere fiamme o sigarette in occasione di un terremoto?

4

unità

La litosfera in movimento Pavimenti accidentati

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

Chiudi gli occhi e immagina di vedere il fondo di un oceano. Come te lo immagini? Apri gli occhi e osserva la cartina. Questa rappresentazione della superficie terrestre, prosciugata di tutta l’acqua che la ricopre, è il risultato delle esplorazioni con l’ecoscandaglio e altri strumenti. In essa si osserva la tormentata conformazione del pavimento degli oceani con i rilievi delle dorsali e le fosse, che sono i punti più profondi del pavimento oceanico e che si trovano soprattutto nell’Oceano Pacifico.

Dove sono localizzati i vulcani e i terremoti sulla superficie terrestre? Che cosa sono e quante sono le placche della litosfera? Quali fenomeni avvengono in corrispondenza dei margini che delimitano le placche? Quali sono le prove dei movimenti delle placche? Qual è il meccanismo alla base del moto delle placche?

Sai rispondere? 1. In che cosa differisce questa figura dall’immagine che avevi del fondo oceanico? 2. Come interpreti le forme presenti sui fondali? 3. Le fosse sono situate al centro dell’oceano o in prossimità dei continenti?

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Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

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Le fasce attive Osserva la figura. Puoi notare che i vulcani attivi (triangolini) e gli epicentri dei terremoti (pallini) non sono distribuiti uniformemente sulla superficie terrestre. Com’è evidente, i due tipi di fenomeni sono concentrati in alcune zone, che formano delle specie di fasce particolarmente instabili.

B

Sai rispondere? 1. Noti un certo ordine nella distribuzione dei vulcani e dei terremoti? Come te lo spieghi? 2. Trovi una relazione tra questa figura e quella dell’immagine precedente? 3. Sapresti individuare la cosiddetta «Cintura di fuoco» o «Anello di fuoco»?

Hekla

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Fayal Mauna Loa St. Helens Fujiyama Paricutin

Kilauea

Pelee Etna St. Paul

Santorini Kilimanjaro

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Krakatoa Tambor a

Pinatubo

vulcani attivi

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epicentri dei terremoti

Un puzzle di continenti I continenti oggi separati erano un tempo uniti in un unico supercontinente, il Pangea. La ricostruzione del Pangea è possibile osservando che lo stesso tipo di rocce e di fossili si trovano su terre oggi molto distanti tra loro. I fossili rinvenuti, inoltre, documentano il clima di una volta e aiutano a ricostruire la collocazione geografica delle terre nel passato. In figura sono rappresentati i continenti come pezzi di un puzzle da ricomporre. Fotocopia la figura ingrandita, ritaglia i bordi dei continenti e uniscili aiutandoti, oltre che con il loro profilo, con gli indizi rappresentati dalle rocce e dai fossili indicati con i simboli. Ricostruirai così il supercontinente Pangea, anche se i pezzi del puzzle non coincidono sempre perfettamente. 1. Hai individuato i continenti? Scrivi i loro nomi. 2. Quali sono i due continenti che s’incastrano meglio? 3. A quali terre era unita un tempo l’Australia? Che clima aveva? 4. Quali continenti hanno cambiato maggiormente la loro collocazione geografica? 5. Puoi trovare qualcosa di più sull’argomento nella scheda a p. C73.

tipi di rocce in comune fossili: clima caldo clima temperato clima freddo

C 61 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

1 S

La distribuzione di vulcani e terremoti

Lato dell’Islanda che appartiene alla placca nordamericana.

DORSALE

e fosse possibile prosciugare gli oceani, il volto della Terra ci apparirebbe con una fisionomia insolita e, per quanto riguarda gli enormi bacini oceanici, davvero sorprendente, come risulta dall’immagine nell’apertura di questa unità a p. C60. Questa immagine non è un artifizio, bensì la ricostruzione derivante dalla esplorazione dettagliata dei fondi oceanici compiuta dagli scienziati negli ultimi decenni con svariati strumenti: in mare con sonar, sonde e veicoli sottomarini, e dal cielo con i satelliti. Come si può notare il fondo degli oceani è vario e accidentato e presenta, oltre a zone pianeggianti, profonde fosse, ripide scarpate e montagne. In particolare si nota, in tutta la sua straordinaria evidenza, quel sistema di «cicatrici» che nel loro insieme costituiscono la più lunga catena di rilievi di tutta la Terra: le dorsali oceaniche che percorrono gli oceani per una lunghezza di oltre 60 000 km. Le dorsali non sono propriamente montagne ma corrugamenti tagliati da faglie trasversali e costellati di vulcani, originati dal magma che risale dal mantello e trabocca sul fondo degli oceani. La più nota di esse, la dorsale medio-atlantica, si estende quasi al centro dell’Oceano Atlantico e raggiunge la superficie in corrispondenza dell’Islanda, una terra ricca di manifestazioni vulcaniche (figura 1). Osservando la carta alla pagina precedente, che illustra la distribuzione dei vulcani attivi e degli epicentri di terremoti, si nota che questi fenomeni non sono distribuiti in modo omogeneo sulla superficie terrestre, ma sono concentrati lungo fasce relativamente strette e ben evidenti. In particolare ritroviamo il percorso delle dorsali: esse infatti rappresentano le fasce in cui si

Lato dell’Islanda che appartiene alla placca euroasiatica.

figura 1. ñ L’Islanda sta a cavalcioni della dorsale medio-atlantica e appartiene perciò a due placche, quella nordamericana e quella euroasiatica.

concentra l’attività vulcanica e dove i terremoti sono frequenti, anche se in genere di bassa intensità. La più evidente delle zone attive è però la cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, che corre ad anello attorno al grande oceano. Qui è localizzato il maggior numero di vulcani del mondo: da un lato, in Giappone, nelle Isole Marianne, nelle Filippine, in Nuova Zelanda e in Indonesia; dall’altro lato, lungo la fascia costiera delle Americhe, nelle Ande, in Messico, negli Stati Uniti, per finire nelle Isole Aleutine in Alaska. Lo stesso vale anche per i terremoti: l’80% dell’attività sismica sul nostro pianeta è localizzata proprio lungo la cintura di fuoco del Pacifico. Dalla carta, inoltre, si può osservare che altre importanti zone di attività sismica e vulcanica si trovano entro l’area mediterranea, in particolare in Italia e in Grecia, e lungo il rift continentale africano, la linea di frattura che va dal Mar Rosso ai grandi laghi dell’Africa orientale. D’altra parte possiamo anche notare che in vaste regioni della Terra non c’è traccia né di attività sismica né di quella vulcanica: l’Asia e l’Europa settentrionali, gran parte dell’Africa e delle Americhe, la Groenlandia, l’Australia e l’Antartide appaiono aree stabili e tranquille, come se in esse «non accadesse mai niente». È possibile trovare una spiegazione alla particolare localizzazione dei vulcani e dei terremoti? Per rispondere a questa domanda prendiamo di nuovo in considerazione l’interno del globo terrestre e in particolare gli strati che formano i primi 300 kilometri. Al di sotto della litosfera rigida i materiali caldi e fluidi dell’astenosfera compiono lenti movimenti che si trasmettono alla sovrastante litosfera facendola muovere come un oggetto su un nastro trasportatore. Sottoposta a tensioni, la litosfera, che ha un comportamento meccanico di tipo fragile, tende a fratturarsi; essa, infatti, è suddivisa in un certo numero di blocchi, le placche, che compongono una sorta di enorme mosaico. Muovendosi, le placche litosferiche interagiscono lungo i loro bordi. Proprio qui, sui confini delle placche, la terra trema e si aprono vulcani. Al loro interno invece le placche sono in genere stabili; lì si trovano le zone della superficie terrestre in cui «non succede mai niente». La teoria che individua nella struttura a placche della litosfera e nei moti a cui tali placche sono soggette la spiegazione della distribuzione dei vulcani e dei terremoti è nota con il nome di tettonica delle placche. La tettonica delle placche è una teoria recente, formulata compiutamente una cinquantina di anni fa. Essa studia la forma, l’origine e l’evoluzione delle placche e i loro movimenti relativi. !#$^* ) Per fissare i concetti 1 Che cosa sono le dorsali oceaniche? Che cos’è la «cintura di fuoco»? 2 Che cosa sono le placche? Da che cosa sono costituite? 3 Dove, nelle placche, si verifica la maggior parte delle eruzioni vulcaniche e dei terremoti? 4 Come sono l’attività sismica e quella vulcanica all’interno delle placche? 5 Quale teoria spiega i movimenti delle placche?

C 62 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

2 L

Le dimensioni e i movimenti delle placche

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e placche sono circa una ventina e hanno dimensioni assai diverse; esistono sette placche principali denominate: placca nordamericana, placca sudamericana, placca africana, placca euroasiatica, placca indo-australiana, placca antartica, placca pacifica (figura 2). Oltre a queste, esistono numerose placche di dimensioni minori, come la placca di Nazca, la placca delle Filippine, la placca arabica. Per quanto riguarda il nostro territorio, gran parte dell’Italia appartiene alla placca euroasiatica, mentre un’altra parte apparterrebbe, secondo alcuni geologi, alla microplacca adriatica, che rappresenta un’appendice della placca africana (figura 3). È importante notare che i confini delle placche non coincidono con i confini dei continenti. Per esempio, la placca africana comprende gran parte del blocco continentale africano e parte dell’Oceano Atlantico (fino alla dorsale medio-atlantica), così la placca sudamericana comprende sia il continente sudamericano sia una parte dell’adiacente Oceano Atlantico. Gli spostamenti delle placche litosferiche sono di pochi centimetri all’anno (all’incirca la stessa velocità con cui crescono le nostre unghie). Per esempio, la placca sudamericana e quella africana si stanno allontanando in direzioni opposte a una velocità relativa di circa 3 centimetri all’anno. Lo stesso accade tra la placca nordamericana e la placca euroasiatica. Il Nordamerica, che fa parte della prima, si va pertanto allontanando dall’Europa. In mezzo, l’Oceano Atlantico si sta allargando in ugual misura.

A FRICA

figura 2. ö Le placche in cui è suddivisa la litosfera hanno confini che non coincidono con quelli dei continenti o degli oceani, ma che corrispondono invece alle fasce nelle quali è massima l’attività vulcanica e sismica.

figura 3. ñ Si pensa che nel bacino del Mediterraneo la placca africana si insinui come un promontorio nella placca euroasiatica, dando così origine alla microplacca adriatica. La linea occidentale di confine della microplacca che risale la nostra penisola ha un andamento che corrisponde a quella fascia di deformazione lungo la quale si verificano i terremoti che scuotono il nostro Paese.

margine divergente ▲ ▲ ▲ ▲ margine convergente faglia direzione di moto delle placche



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▲ ▲ ▲▲ ▲ ▲ine ▲▲ ▲ ▲ t ▲ ▲▲ u ▲ Fossa delle A le placca ▲ placca Juan de Fuca ▲ ▲ Fossa nordamericana delle Kurili placca ▲ ▲ Fossa del Giappone caraibica Fossa ▲ placca delle placca delle Marianne ▲▲ Cocos ▲ delle ▲ ▲▲ ▲ Filippine placca ▲ ▲▲ ▲ pacifica ▲ placca ▲▲ ▲▲▲▲▲▲ ▲sudamericana placca placca di Nazca indo-australiana

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placca antartica

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C 63 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Se Colombo attraversasse l’Atlantico ai nostri giorni, cinque secoli dopo il suo famoso viaggio, dovrebbe percorrere poco meno di 20 metri in più per raggiungere le sponde dell’America. I lenti movimenti delle placche possono sembrare insignificanti, eppure nella scala dei tempi geologici, basata sui milioni di anni, tali movimenti cambiano totalmente il «volto» del nostro pianeta, in quanto modificano la posizione e la forma dei blocchi continentali e dei bacini oceanici. Una conferma dei movimenti delle placche viene dalle recenti misure ad altissima precisione efettuate mediante raggi laser che, da stazioni di rilevamento poste a terra, vengono inviati a satelliti che li riflettono. Queste misure hanno permesso di valutare accuratamente gli spostamenti annuali delle varie placche, l’una rispetto all’altra. Per comprendere le principali conseguenze dei movimenti delle placche bisogna anzitutto esaminare come placche adiacenti interagiscono lungo i loro bordi, o margini. Due placche adiacenti possono allontanarsi l’una dall’altra (margini divergenti), scorrere in senso opposto l’una a fianco dell’altra (margini trascorrenti), muoversi l’una verso l’altra (margini convergenti). Quello che succede in corrispondenza dei confini delle placche dipende anche dalla struttura della litosfera. La litosfera, infatti, può essere di tipo oceanico o continentale a seconda che la crosta in superficie costituisca il fondo di un oceano o formi invece l’ossatura di un continente. La litosfera oceanica è più densa e molto più sottile della litosfera continentale e può, come vedremo tra breve, inabissarsi nella astenosfera e venire consumata (figura 4).

3 I

I margini divergenti

margini divergenti si trovano in corrispondenza delle dorsali. A un esame più dettagliato, una dorsale come quella atlantica si presenta come un inarcamento della crosta che viene sollevata dal magma sottostante. La parte centrale dell’inarcamento è percorsa da una profonda spaccatura (figura 5) che penetra all’interno della crosta, detta rift oceanico, da cui fuoriesce il magma proveniente dall’astenosfera. Solidificando, il magma forma le rocce basaltiche che si accumulano ai lati e che accrescono il pavimento oceanico. A mano a mano che le placche afacciate lungo la spaccatura si allontanano l’una dall’altra, la fessura si allarga e nello spazio, che così viene a formarsi, si inserisce ed efonde nuovo magma. In tal modo, con il ripetersi delle eruzioni, la litosfera oceanica si accresce. Questo processo porta all’espansione dei fondi oceanici e i margini delle placche sono detti divergenti o costruttivi. A partire da circa 180 milioni di anni fa, quando le Americhe, l’Africa e l’Europa erano unite, l’Oceano Atlantico si è allargato di migliaia di kilometri fino alle dimensioni attuali, allontanando i blocchi continentali che si afacciano sulle sue due opposte sponde. Possiamo ricavare la velocità media di espansione dell’Oceano Atlantico con un semplice calcolo: basta dividere i circa 6000 km che separano la costa nordamericana da quella nordafricana per i 180 milioni di anni durante i quali è avvenuto il processo di apertura dell’oceano; otteniamo il valore di circa 3 cm all’anno indicato al paragrafo precedente. Oggi l’Oceano Atlantico può essere considerato un oceano «maturo», ben sviluppato, e così pure l’Oceano Pacifico.

!#$^* ) Per fissare i concetti 6 Indica una placca solo oceanica e una costituita da oceano e continente. 7 Con quale velocità si muovono le placche? È possibile misurare il loro movimento? 8 Quali sono i tre tipi di margini tra placche adiacenti? 9 Indica le differenze tra litosfera oceanica e litosfera continentale.

a

crosta oceanica crosta continentale

b litosfera

mantello

100 km astenosfera

figura 4. ñ La litosfera dello spessore medio di 100 km è formata in superficie, in corrispondenza dei continenti, dalla spessa crosta continentale e, in corrispondenza degli oceani, dalla sottile e densa crosta oceanica.

figura 5. ïk (a) Batiscafo Alvin impiegato nell'esplorazione dei fondali oceanici. (b) Spaccatura del fondo oceanico in corrispondenza della dorsale del Pacifico orientale.

C 64 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

rift continentale

La crosta si lacera per l’allontanamento delle placche.

litosfera

a

magma

astenosfera

bacino oceanico Inizia a formarsi un oceano.

b

figura 6. ôö Formazione e sviluppo dei margini divergenti. (a) Quando la crosta continentale comincia a spaccarsi, si forma un rift continentale. (b) Dalla frattura che separa i blocchi continentali risale magma basaltico che genera nuova crosta e forma un nuovo pavimento oceanico. (c) Dopo 50-60 milioni di anni, i continenti sono ormai separati da un oceano largo migliaia di kilometri, al cui centro corre una dorsale. (d) La lacerazione che dal Mar Rosso prosegue fino ai laghi africani rappresenta lo stadio iniziale di un oceano in formazione.

Un esempio di oceano che sta invece nascendo è il Mar Rosso, tra l’Africa e la penisola arabica. Il sistema di spaccature crostali, che si apre sul fondo di questo mare, prosegue a sudest all’interno del continente africano, nella zona dei laghi denominata Rift Valley, dove però non si è ancora formata nuova litosfera oceanica. Le zone di frattura che caratterizzano le fasi di nascita di un nuovo oceano sono i rift continentali. Un rift comincia a formarsi quando, come nella Rift Valley africana, la litosfera continentale è sottoposta a forze di stiramento, in conseguenza delle quali si assottiglia, fino a lacerarsi (figura 6). I magmi presenti in profondità tendono allora a risalire lungo le fratture; dove queste continuano ad allargarsi, si formerà un nuovo oceano. Il Mar Rosso rappresenta una fase di questo processo un po’ più avanzata rispetto alla Rift Valley africana; può essere considerato un oceano neonato, in quanto ha un’età di «soli» venti milioni di anni. !#$^* ) Per fissare i concetti 10 Dove si trovano i margini divergenti? Perché vengono anche detti margini costruttivi? 11 Che cos’è un rift oceanico? 12 Spiega che cosa si intende per espansione dei fondi oceanici. 13 Come si può ricavare la velocità media con cui si è andato allargando l’Oceano Atlantico? 14 Dove si trova un esempio di oceano «neonato»? 15 Che cos’è un rift continentale? Che cosa si forma se un rift continua ad allargarsi?

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nuova crosta oceanica placca arabica La dorsale si trova al centro di un oceano «maturo». oceano «maturo» c

L. Vittoria

M. Kenya M. Kilimangiaro

dorsale L. Tanganica

L. Malawi

nuova crosta oceanica

C 65 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

Litosfera continentale contro litosfera oceanica. Quando lungo un margine convergente vengono a contatto un blocco continentale e uno oceanico, la litosfera oceanica, più densa e sottile, «scivola» sotto la litosfera continentale, che essendo più leggera e spessa tende a «galleggiare», dando origine al fenomeno della subduzione (figura 8a). Là dove inizia lo sprofondamento della litosfera oceanica si forma una fossa oceanica. È nelle fosse oceaniche che si raggiungono le massime profondità marine. La litosfera oceanica, scivolando al di sotto di quella continentale, incontra enormi attriti, per cui lungo la superficie di scorrimento, detta piano di Beniof, si generano terremoti i cui ipocentri sono tanto più profondi quanto più ci si allontana dalla fossa oceanica. Inoltre, per l’aumento della temperatura e della pressione, le rocce che sprofondano sono soggette a metamorfismo, tendono cioè a trasformarsi in altri tipi di rocce. Oltre una certa profondità, esse possono anche fondere; il magma che così si forma, essendo meno denso del materiale sovrastante, tende a salire. c

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La maggior parte del magma in risalita resta incorporato nella sovrastante litosfera continentale, dove, rafreddandosi e solidificando, forma ammassi rocciosi di tipo granitico che ispessiscono la litosfera. Parte del magma, invece, arriva in superficie e dà luogo a fenomeni vulcanici. Un chiaro esempio di questo tipo di margini convergenti è quello tra la placca di Nazca, nel Pacifico orientale, e la placca sudamericana (figura 8b). Lungo questo margine, corrispondente grosso modo al bordo tra oceano e continente, la litosfera oceanica della placca di Nazca va in subduzione sotto la litosfera continentale della placca sudamericana. Da una parte, nell’oceano al largo delle coste, si sviluppa la profonda fossa peruviano-cilena. Dall’altra, sul bordo continentale, abbiamo sia la fascia dei terremoti, con ipocentri lungo il piano di Beniof, sia la fascia di deformazione per compressione dell’imponente catena andina, entro la quale si trova una fila di vulcani attivi da cui fuoriescono i prodotti della fusione in profondità delle rocce. d

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C 67 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

quasi 2000 km, come un cuneo rigido in una massa di plastilina. La penetrazione è tuttora in corso e la catena dell’Himalaya, ancora in fase di crescita, si sta sollevando di qualche centimetro all’anno.

sione e ispessimento delle rocce della fascia di contatto. Gli strati sedimentari che 100 milioni di anni fa si erano depositati nelle tiepide acque del mare della Tetide, si trovano oggi piegati, deformati e accatastati uno sull’altro nella catena alpina (figura 11b). Incastonati nelle rocce, si trovano anche brandelli dell’antico pavimento oceanico: sono le cosiddette ofioliti o «pietre verdi», che devono il loro nome al colore variegato, che ricorda vagamente la pelle di un serpente (da óphis, serpente e líthos, roccia). Esse derivano da rocce basaltiche metamorfosate della crosta oceanica.

Il caso delle Alpi. Per le Alpi il processo è analogo a quello dell’Himalaya. Il nostro sistema montuoso è nato dalla convergenza tra la placca africana e quella euroasiatica (figura 11a). Il blocco continentale dell’Europa e quello dell’Africa erano un tempo separati dal mare della Tetide, la cui estrema porzione occidentale, il piccolo Oceano Ligure-Piemontese, occupava l’area su cui si trova oggi il nostro territorio. Questi bacini si chiusero completamente circa 50 milioni di anni fa. È iniziata a quel punto la «collisione» tra i due blocchi continentali, con conseguente deformazione, compres50 milioni di anni fa

!#$^* ) Per fissare i concetti 21 Che cosa si intende per orogenesi? 22 Descrivi brevemente il processo di formazione dell’Himalaya e delle Alpi. 23 Che cos’è la Tetide? Che cosa sono le ofioliti?

stato intermedio

stato attuale figura 10. ò Una ricostruzione della collisione tra India e continente asiatico, con formazione dell’elevata catena himalayana e dell’altopiano del Tibet.

Asia India

La collisione tra due blocchi di litosfera continentale ha generato il sollevamento della catena himalayana.

Oceano Indiano

figura 11. öî La catena delle Alpi (foto da satellite) si è formata in seguito alla collisione tra la placca euroasiatica e quella africana. (a) La collisione tra Europa e Africa, ha provocato l’intensa deformazione lungo la fascia di contatto tra i due blocchi continentali. Si è così formata la catena delle Alpi (b), in cui si possono trovare piegati e deformati gli strati sedimentari deposti sul fondo dell’antico mare, oltre a brandelli di litosfera oceanica strappati alla subduzione. a

crosta continentale

crosta continentale

b

crosta continentale

La Tetide inizia a ridursi per l’avvicinamento delle due placche.

I sedimenti del fondo marino raschiati, deformati e contenenti frammenti di crosta oceanica, formano una catena di monti.

C 69 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

7 L

Dalla deriva dei continenti al paleomagnetismo

animazione 10

a teoria della tettonica delle placche non è il frutto di un’intuizione improvvisa ma è stata preceduta da quasi un secolo di osservazioni geologiche. Va ricordato in modo particolare il contributo del meteorologo tedesco Alfred Wegener (1880-1930) che, nel 1915, pubblicò un libro in cui ipotizzava che un tempo il continente sudamericano e quello africano fossero uniti in una sorta di supercontinente, che egli chiamò Pangea, circondato da un unico grande oceano, da lui denominato Pantalassa. In seguito, secondo Wegener, il Pangea si frantumò e i frammenti, corrispondenti agli attuali continenti, migrarono in varie direzioni fino a occupare le posizioni attuali. Wegener chiamò la sua ipotesi deriva dei continenti. Egli non sapeva ancora che a spostarsi non sono i continenti, bensì le placche di litosfera che li contengono; nel complesso, però, la sua intuizione era corretta e oggi tutti i geologi accettano l’idea che 250 milioni di anni fa i continenti attuali fossero uniti nel supercontinente Pangea (figura 12). Per decenni tuttavia questa ipotesi fu ridicolizzata perché Wegener non era riuscito a proporre un meccanismo plausibile che spiegasse il movimento dei continenti. Dopo la seconda guerra mondiale, una grande campagna di ricerche che si avvaleva di nuovi strumenti riportò in primo piano l’idea di una deriva dei continenti.

Furono infatti esplorati in lungo e in largo gli oceani e scoperte le dorsali che corrono sui loro fondali; si ipotizzò che proprio lungo la frattura al centro delle dorsali si verificasse la separazione tra le opposte placche crostali, con risalita di nuovo magma e formazione di nuova crosta. A questa ipotesi venne dato il nome di espansione dei fondi oceanici che già conosciamo. Una conferma venne successivamente dagli studi nel 1963 dei geologi anglosassoni F.J. Vine e D.H. Matthews sul magnetismo delle rocce basaltiche che costituiscono il pavimento oceanico. Durante il rafreddamento di un magma, alcuni minerali contenenti ferro si magnetizzano e si orientano parallelamente al campo magnetico terrestre, come minuscoli aghi di bussola. Le rocce magmatiche contengono di conseguenza una «registrazione» della direzione che il campo magnetico terrestre aveva al momento della loro formazione. Gli studi del magnetismo «fossile» (o paleomagnetismo) di rocce magmatiche di età diverse hanno rivelato che, a intervalli di tempo più o meno lunghi (mediamente ogni 500 000 anni), il campo magnetico terrestre ha invertito il suo orientamento, ossia quello che prima era il Polo nord è diventato il Polo sud magnetico e viceversa. Quando si esaminò il paleomagnetismo dei pavimenti oceanici si scoprì che, a partire dall’asse della dorsale il fondo dell’oceano è costituito da fasce di roccia parallele che presentano alternativamente una magnetizzazione normale, cioè simile a quella dell’attuale campo magnetico terrestre, e una magnetizzazione inversa, cioè orientata in senso opposto (figura 13). Il fatto che destò più sorpresa fu che le fasce si corrispondevano simmetricamente da un lato e dall’altro della dorsale.

a

PA N G

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LAURASIA

Golfo della Tetide

America del Nord

b

Eurasia

Golfo della Tetide

Africa figura 12. ï (a) All’inizio del Mesozoico, circa 250 milioni di anni fa, ebbe inizio la frammentazione del Pangea. (b) Alla fine del Mesozoico in seguito a processi sia di allontanamento (linea ==) sia di avvicinamento (linea ) si delinearono gli attuali continenti.

America del Sud

India

Antartide

C 70 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

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unità 4 La litosfera in movimento

Inoltre, utilizzando nuove tecniche di datazione delle rocce, si scoprì che le fasce di roccia basaltica e i sedimenti che le ricoprono risultano progressivamente più antichi a mano a mano che ci si allontana dalla dorsale (figura 14). Tutto ciò confermava l’idea che nuova crosta fosse andata aggiungendosi da una parte e dall’altra rispetto alla spaccatura al centro della dorsale via via che i suoi due lati tendevano ad allontanarsi. Sulla base di tutte queste scoperte, negli anni Sessanta e Settanta fu perfezionato il modello delle placche litosferiche e formulata compiutamente la teoria della tettonica delle placche, che forniva un quadro d’insieme molto più completo rispetto all’intuizione originaria di Wegener. !#$^* ) Per fissare i concetti 24 Chi era Wegener? Illustra brevemente la sua teoria. 25 Per quale ragione la sua teoria non fu accettata? 26 Che cosa significa l’affermazione che le rocce magmatiche contengono una «registrazione» del campo magnetico terrestre? 27 Che cosa si è scoperto studiando il paleomagnetismo dei fondi oceanici? E studiando l’età dei fondi oceanici?

tempo 1

8 G

I punti caldi e i movimenti delle placche

li oceani ci riservano altre prove evidenti del moto delle placche: si tratta dei vulcani di punto caldo che possono emergere sopra il livello delle acque. Se osservate di nuovo la cartina (figura B, p. C61), potete notare che esistono vulcani che non sono associati ai margini delle placche. Nel cuore della placca del Pacifico, per esempio, si trovano le isole Hawaii formate da una fila di vulcani, in parte attivi (indicati sulla carta) e in parte estinti. I vulcani hawaiani, come un altro centinaio nel mondo, si trovano in corrispondenza di un punto caldo. Come abbiamo detto, questi vulcani sono alimentati da una colonna di magma basaltico molto caldo e fluido, una specie di pennacchio, che risale dalle zone profonde del mantello e, attraversando la litosfera, forma in superficie un edificio vulcanico. L’isola Hawaii con i suoi vulcani attivi Mauna Loa e Mauna Kea è l’ultima nata di una catena di isole che formano un allineamento ordinato; mentre Hawaii, posta all’estremità orientale, è la più giovane (meno di 1 milione di anni), l’isola di Midway, posta all’estremità occidentale, è la più vecchia (oltre 27 milioni di anni); proseguendo ulteriormente verso ovest si incontrano solo resti vulcanici che non aiorano.

Rocce con magnetizzazione normale.

litosfera oceanica

tempo 2 Rocce con magnetizzazione inversa.

litosfera oceanica

tempo 3

rocce 3 rocce 2 rocce 1 Rocce con magnetizzazione normale.

litosfera oceanica

figura 13. ñ Ai lati di una dorsale oceanica si alternano, in modo simmetrico, fasce di pavimento oceanico magnetizzate nello stesso verso dell’attuale campo magnetico terrestre e fasce di pavimento oceanico magnetizzate in verso opposto.

0-5 milioni di anni

38-53 milioni di anni

5-23 milioni di anni

53-65 milioni di anni

23-38 milioni di anni

65-135 milioni di anni

figura 14. ñ La crosta oceanica risulta via via più antica a mano a mano che ci si allontana dalla dorsale.

C 71 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

a Catena dell’Imperatore

IS OL E H AWA II Midway isola di Hawaii

b

1

1

2

1

2

Quale fenomeno può aver dato origine a vulcani così schierati in ordine di età? L’ipotesi più accreditata suppone che questi vulcani rappresentino la traccia in superficie del movimento delle placche sopra il pennacchio. Mentre la colonna di magma rimane sostanzialmente fissa, la placca soprastante continua a scorrere lentamente, trascinando il vulcano e allontanandolo dal punto caldo. Il vulcano si estingue e viene eroso, ma dietro di esso ne sorge un altro, finché si forma un’intera catena dove i vulcani sono allineati in ordine di età. Nella sequenza, l’ultimo vulcano formatosi, il più giovane, è attivo mentre gli altri, progressivamente più antichi, sono spenti (figura 15). Erosi dal moto ondoso e ormai inabissati al di sotto del livello del mare, essi formano quei rilievi sottomarini dalla cima piatta detti guyot sui quali a volte crescono le scogliere coralline che formano gli atolli (figura 16). Gli allineamenti di vulcani dei punti caldi, oltre a fornire una chiara dimostrazione dei moti delle placche, ci consentono di misurare la velocità di spostamento di una placca ricavandola dall’età di un vulcano estinto e dalla sua distanza dal punto caldo.

3 !#$^* ) Per fissare i concetti 28 Che cos’è un punto caldo? Come può dare origine a una catena di vulcani? 29 Fai qualche esempio di catene vulcaniche generate da un punto caldo. 30 Perché gli allineamenti vulcanici dei punti caldi sono importanti come prova della tettonica delle placche?

figura 15. ñ (a) Le catene di isole e di monti sottomarini del Pacifico sono interpretate come tracce del movimento delle placche al di sopra di punti caldi fissi. Gli allineamenti più evidenti sono quelli delle isole Hawaii, che continuano, con un cambiamento di direzione, nella catena dell’Imperatore ormai sommersa. (b) Il disegno mostra in modo molto semplificato la formazione di una catena di vulcani di punto caldo.

figura 16. î Anche l’allineamento di atolli della Polinesia o delle Maldive, ha origine da una sequenza di vulcani di punto caldo inattivi e sprofondati al di sotto del livello del mare, sulla cui sommità i coralli hanno costruito una scogliera ad anello detta atollo.

C 72 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

persapernedipiù

Le prove di Wegener

L

e prove portate da Wegener a sostegno della sua ipotesi, tuttora valide e illuminanti, furono frutto di geniali osservazioni e accurate ricerche. Vediamo qui di seguito le più significative.

La distribuzione geografica di organismi fossili I fossili di mesosauro, un piccolo rettile vissuto 240 milioni di anni fa, sono stati trovati solo in Brasile e in Sudafrica, in territori che attualmente sono separati da ben 9000 km di oceano (figura A). Lo studio dei resti di questo rettile indica che esso probabilmente viveva nelle acque basse dei laghi e degli estuari, e non era assolutamente in grado di affrontare il mare aperto. Il mistero della presenza dei suoi resti in terre così lontane si può risolvere ipotizzando che a quell’epoca l’Africa e il Sudamerica fossero uniti.

La somiglianza tra rocce di regioni distanti Analogamente a quanto visto per i fossili, Wegener rilevò una certa somiglianza tra rocce affioranti sul continente sud americano e su quello africano. Inoltre, le antiche catene montuose risalenti a più di 300 milioni di anni fa, ormai erose, attraversano l’Europa nordoccidentale e, se immaginiamo di riunire il nostro continente a quello americano, proseguono in Nordamerica nelle catene dei Monti Appalachi, con lo stesso tipo di rocce (figura B). Sembra proprio che quelle catene montuose si siano formate quando l’Atlantico non era ancora aperto e i due continenti erano saldati assieme. I climi del passato In Sudafrica, Sudamerica, Australia e India sono stati trovati antichi depositi glaciali, detti tilliti, che indicano che nello stesso

periodo queste regioni erano ricoperte dai ghiacci. Ciò è plausibile soltanto se si suppone che a quel tempo tali terre si trovassero in prossimità del Polo sud, all’incirca dove si trova ora l’Antartide, e tutte vicine tra loro. D’altra parte, in Antartide sono stati scoperti giacimenti di carbon fossile, che dimostrano che c’è stato un tempo, ovviamente molto lontano, in cui questo continente aveva una vegetazione lussureggiante e si trovava in vicinanza dei tropici. Variazioni climatiche di questa portata, testimoniate da questi ritrovamenti, fanno pensare che i continenti abbiano cambiato posizione nel tempo, subendo climi tipici di latitudini molto diverse da quelle attuali. perfissare i concetti Elenca e illustra brevemente alcune prove apportate da Wegener a sostegno della sua teoria della deriva dei continenti.

a catena caledoniana

00

44 Sudamerica

Rio de Janeiro

b

Africa

km

Europa

a al

p

.ti

Ap

M

Oceano Atlantco 9000

i

ch

Nordamerica

catena ercinica Oceano Atlantico

km

Africa

Città del Capo

Sudamerica

tilliti mesosauro graniti

figura B. ò Le antiche catene montuose caledoniana ed ercinica, un tempo ininterrotte dall’Europa al Nordamerica, sono oggi separate dall’Atlantico. Immaginando di unire i due continenti le fasce di corrugamento sui due lati dell’oceano risultano le une la continuazione delle altre, così come era prima dell’apertura dell’Atlantico.

figura A. òó (a) La complementarità, che colpì Wegener all’inizio del secolo scorso, tra le coste del Sudamerica e quelle dell’Africa sulle due sponde opposte dell’Atlantico. (b) Immaginando di portare a contatto i due continenti vengono a coincidere affioramenti simili di antiche rocce e territori in cui sono presenti gli stessi fossili.

C 73 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

9 C

Il motore delle placche risiede nelle correnti convettive del mantello

he cos’è che fa muovere le placche? Oggi si ritiene che la risposta a questo interrogativo vada cercata nella presenza del calore terrestre che, come sappiamo, è anche la causa del vulcanismo. Si ritiene che, per le temperature molto elevate e soprattutto a causa delle diferenze di temperatura esistenti, nella porzione di mantello situata sotto la litosfera, si formino delle correnti calde, dei moti convettivi, analoghi a quelli che si verificano nell’acqua di una pentola posta su un fornello acceso. L’acqua sul fondo della pentola, più vicina alla fonte di calore, si riscalda e di conseguenza si dilata; divenuta in tal modo meno densa, tende a salire, mentre dalla superficie scende a prenderne il posto l’acqua più fredda e più densa, che si scalda a sua volta. Questo «saliscendi» genera all’interno della massa d’acqua dei movimenti circolari detti celle convettive. Qualcosa di molto simile succede anche all’interno della Terra, solo che al posto dell’acqua c’è il materiale dell’astenosfera che, essendo molto viscoso, circola molto lentamente (figura 17). Le parti più profonde del pianeta sono più calde di quelle superficiali, per cui il materiale caldo e fluido dell’astenosfera sale verso la superficie, dove si rafredda e si irrigidisce formando nuova litosfera. Secondo un’ipotesi accreditata le rigide placche litosferiche rappresentano la parte superiore, fredda, di grandi celle convettive che scendono nel mantello fino a oltre 700 km di profondità.

figura 17. öl Come in una pentola d’acqua sul fuoco (a), il calore causa variazioni di densità, che innescano moti convettivi. (b) Dove i rami ascendenti di due celle convettive adiacenti si separano, si forma un margine divergente (la dorsale oceanica). Dove i rami discendenti di due celle convettive adiacenti si incontrano si forma un margine convergente con subduzione.

a

La litosfera rigida e fredda non rimane dunque immobile: trascinata dal moto circolare della cella di convezione, si sposta orizzontalmente in superficie. Là dove la corrente ascendente di due celle convettive adiacenti sale e poi diverge in sensi opposti la litosfera sovrastante è «tirata» in direzioni opposte e perciò si assottiglia e si spezza. Nella spaccatura che così si forma sale il materiale caldo dell’astenosfera, che emerge lungo le fratture delle dorsali oceaniche. Là dove invece i rami di due celle convettive adiacenti convergono, ridiscendendo verso il basso, si forma un margine convergente. Si ha il fenomeno della subduzione per cui una placca scende al di sotto di un’altra, fino a immergersi di nuovo nell’astenosfera. Pertanto: si ritiene che in seguito ai moti convettivi, la litosfera oceanica si formi in corrispondenza delle dorsali e si consumi in corrispondenza delle fosse. Questo «riciclaggio» spiega perché sulla Terra non si trovino fondali oceanici che siano più vecchi di circa 200 milioni di anni. Al contrario delle rocce basaltiche dei fondi oceanici, le rocce prevalentemente granitiche dei continenti, essendo più leggere, non sprofondano e perciò non si rinnovano continuamente. Esse sono consumate solo dai lenti processi di erosione, che tendono a spianare la superficie terrestre. Per questo motivo le rocce dei blocchi continentali situati all’interno delle placche, come il blocco russo-siberiano, quello africano, quello canadese e quello australiano, sono in genere molto antiche; proprio in questi blocchi sono state infatti trovate rocce risalenti a oltre 3,5 miliardi di anni fa. !#$^* ) Per fissare i concetti 31 Quale si ritiene che sia la causa dei movimenti delle placche litosferiche e di ciò che avviene in corrispondenza dei loro margini? 32 Spiega con parole tue come i moti convettivi causerebbero la formazione di un margine divergente.

b

placc

mericana a suda

placca

dorsale medio-atlantica placca di Nazca

astenosfera

litosfera continentale litosfera oceanica

C 74 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

africa na

unità 4 La litosfera in movimento

persapernedipiù

La litosfera si muove anche in senso verticale

D

urante l’ultima glaciazione la penisola scandinava era ricoperta da una coltre di ghiaccio spessa fino a 3 km. Quando il clima divenne più mite e i ghiacci cominciarono a fondere, si è verificato per queste terre un fenomeno simile a quello che possiamo osservare quando cessiamo di esercitare la spinta con cui teniamo sott’acqua un pallone: il pallone sale a galla. In seguito alla fusione della calotta glaciale, la penisola scandinava alleggerita ha cominciato lentamente a sollevarsi. La penisola scandinava, però, non è come il pallone che si solleva istantaneamente. Dato che la litosfera è fatta di rocce pesanti e l’astenosfera sottostante è fatta di materiali viscosi, la risalita è un processo molto lento. L’equilibrio non è stato ancora raggiunto e la penisola scandinava si sta ancora sollevando a una velocità di circa 2 cm l’anno (figura A). Il fenomeno è

denominato isostasia (da ísos, uguale e stásis, stare diritto) ed è dovuto al fatto che la litosfera, che «galleggia» sull’astenosfera, si immerge più o meno in essa, a seconda del suo peso e della densità dei materiali che la costituiscono. L’isostasia è cioè la tendenza dei blocchi di litosfera a stabilire una condizione di equilibrio con i sottostanti materiali dell’astenosfera. Analogamente a quanto avviene per gli iceberg, in un blocco di litosfera, quanto maggiore è lo spessore della parte che «affiora» in superficie, tanto più arriva in profondità la parte immersa nell’astenosfera; ciò significa che là dove le montagne sono più alte la litosfera penetra più in profondità nell’astenosfera (figura B, in alto). Se parte del ghiaccio che forma l’iceberg fonde, lo spessore dell’iceberg diminuisce; di conseguenza, l’iceberg si riassesta e diminuisce in proporzione anche lo spessore

della parte sommersa. Come per un iceberg, anche per un blocco di litosfera l’equilibrio di «galleggiamento» non è stabilito una volta per sempre. La parte «affiorante» di litosfera può infatti alleggerirsi non solo a seguito della scomparsa di un’eventuale calotta di ghiaccio (come abbiamo visto prima), ma anche per l’erosione che lentamente consuma le montagne e riduce lo spessore della litosfera che di conseguenza, per mantenersi in equilibrio isostatico, tende a sollevarsi (figura B, al centro e in basso). perfissareiconcetti • Quale fenomeno si osserva attualmente per quanto riguarda la penisola scandinava? Come si spiega? • Che cosa si intende per isostasia? • Spiega perché là dove ci sono montagne più elevate la litosfera affonda di più nell’astenosfera. • Che cosa succede alla litosfera quando l’erosione ne consuma i rilievi?

a

litosfera

astenosfera

b

c

figura B. ñ Isostasia. (a) In corrispondenza delle montagne la litosfera è più spessa e affonda di più nell’astenosfera. (b) e (c) Quando l’erosione consuma le montagne, la litosfera si solleva per ristabilire l’equilibrio isostatico con i sottostanti materiali dell’astenosfera.

sollevamento sollevamento 12 9 6

figura A. ò Carta degli spostamenti verticali della litosfera. I valori più alti si registrano nella penisola scandinava, in Canada, in Groenlandia e in Antartide; i valori negativi, che corrispondono ai colori verde e blu, indicano che la litosfera sta sprofondando.

3 0 –3 millimetri all’anno sprofondamento

C 75 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Per ricordare 1

Dove sono localizzati i vulcani e i terremoti sulla superficie terrestre?

Vulcani e terremoti sono localizzati lungo i margini delle placche litosferiche e quindi la loro distribuzione non è uniforme. Poiché le placche si muovono l’una rispetto all’altra, le regioni che maggiormente risentono gli effetti dei moti sono i loro margini. La teoria che individua nella struttura a placche della litosfera e nei moti di cui esse sono dotate la spiegazione della distribuzione dei vulcani e degli epicentri dei terremoti è la tettonica delle placche.

Le placche sono porzioni di litosfera. Le placche principali sono sette, a cui si aggiungono numerose placche più piccole. Esse si muovono lentamente scorrendo sull’astenosfera, in alcuni casi allontanandosi l’una dall’altra, in altri scontrandosi, in altri ancora scorrendo l’una a fianco dell’altra.

4

Quali sono le prove dei movimenti delle placche?

2

Che cosa sono e quante sono le placche della litosfera?

Una prova cruciale, oltre a quelle di Wegener, per dimostrare la sua teoria della deriva dei continenti è quella dell’espansione dei fondi oceanici fornita dal paleomagnetismo, che si basa sul fatto che, da entrambi i lati delle dorsali, il fondo oceanico è costituito da fasce parallele di rocce basaltiche in cui si alternano una magnetizzazione normale (simile a quella dell’attuale campo magnetico terrestre) e una magnetizzazione inversa, ossia in senso opposto. L’età delle fasce inoltre va crescendo a mano a mano che ci si allontana dalla dorsale. Un’altra prova evidente sono gli allineamenti vulcanici in corrispondenza dei punti caldi.

5

Qual è il meccanismo alla base del moto delle placche?

3

Quali fenomeni avvengono in corrispondenza dei margini che delimitano le placche?

In corrispondenza dei margini divergenti, o costruttivi, le placche si allontanano l’una dall’altra,il magma risale dal mantello e, solidificando, forma le dorsali oceaniche, che accrescono il fondo oceanico. In corrispondenza dei margini convergenti, o distruttivi, le placche si scontrano. ● Quando la collisione avviene tra una placca oceanica e una continentale, quella oceanica, più densa, sprofonda al di sotto di quella continentale: avviene il fenomeno della subduzione. Si generano una fossa e una catena montuosa costellata di vulcani e interessata da terremoti. ● Quando la collisione avviene tra due placche oceaniche, una delle due sprofonda sotto l’altra e si formano gli archi insulari. ● Quando la collisione avviene tra due blocchi continentali, si verifica l’orogenesi, ovvero la nascita di una catena montuosa. In corrispondenza dei margini trascorrenti, o conservativi, le placche scorrono orizzontalmente l’una a fianco dell’altra, generando frequenti terremoti.

Oggi parte degli scienziati ritiene che il meccanismo alla base dei movimenti delle placche sia costituito dalla spinta esercitata dai lenti moti convettivi dei materiali caldi e fluidi dell’astenosfera. Questi moti sono dovuti alle differenze di temperatura presenti all’interno della Terra.

Termini chiave

▸ Dorsale o rift oceanico ▸ rift continentale ▸ cintura di fuoco del Pacifico ▸ litosfera oceanica ▸ litosfera continentale ▸ astenosfera ▸ placche ▸ margini divergenti o costruttivi ▸ margini convergenti o distruttivi ▸ margini trascorrenti o conservativi ▸ espansione dei fondi oceanici ▸ rift oceanico ▸ rift continentale ▸ subduzione ▸ fossa oceanica ▸ archi insulari ▸ faglia trascorrente ▸ orogenesi ▸ Pangea ▸ deriva dei continenti ▸ magnetismo fossile o paleomagnetismo ▸ punti caldi ▸ moti convettivi

C 76 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 4 La litosfera in movimento

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

I vulcani e gli epicentri dei terremoti sono distribuiti sulla

7

superficie terrestre

2

Le placche a

sono pezzi di litosfera solo oceanica. sono più spesse in corrispondenza dei continenti.

a

in modo casuale.

b c

secondo l’andamento dei paralleli.

b c

nelle zone interne delle placche.

d

d

nelle zone di confine delle placche.

Rispetto alla litosfera continentale, la litosfera oceanica

si muovono indipendentemente le une dalle altre. possono comprendere porzioni sia di litosfera oceanica sia di litosfera continentale.

8

Quando il blocco continentale di una placca entra in colli-

a

è più densa e sottile.

b c

è meno densa e spessa.

a

si forma una dorsale molto elevata.

è più densa e spessa.

d

è meno densa e sottile.

b c

la litosfera oceanica scivola al di sotto della litosfera

d

si formano i vulcani.

sione con la porzione oceanica di un’altra placca si ha la formazione di una fossa oceanica. continentale.

3

Lo studio del paleomagnetismo ha permesso di a

scoprire che le rocce più antiche sono quelle vicine 9

alle dorsali. b

Nell’espansione dei fondi oceanici

capire che i margini delle placche corrispondono ai

a

la litosfera sprofonda nel mantello.

margini delle terre emerse.

b c

si ha la produzione di nuovo pavimento oceanico.

d

le rocce basaltiche si trovano disposte in fasce adia-

c

chiarire la struttura interna della Terra.

d

scoprire che il campo magnetico si inverte periodicamente.

4

5

6

centi alle dorsali stesse, sui due lati opposti.

Quando due placche oceaniche entrano in collisione si ha la formazione di a

una catena montuosa.

b c

una dorsale oceanica.

d

una fossa oceanica.

10

Nella subduzione la placca che sprofonda è quella più calda.

b c

meno densa.

d

più densa.

Lungo i margini trascorrenti a

due placche scorrono orizzontalmente l’una rispetto

b c

si generano terremoti.

d

si ha sempre sia attività sismica sia vulcanica.

all’altra.

un arco insulare.

a

dal rift oceanico fuoriesce lava di tipo basaltico.

11

non si produce né si consuma litosfera.

I punti caldi a

forniscono una prova del moto delle placche.

b

danno luogo alla formazione di vulcani allineati in

c

sono localizzati sempre sui margini delle placche.

d

sono i luoghi in cui efonde in superficie magma

ordine di età.

più grande.

alimentato da un pennacchio.

La placca sudamericana è costituita da a

solo litosfera continentale.

b c

crosta oceanica.

a

litosfera oceanica e continentale.

si possono formare fosse.

solo litosfera oceanica.

b c

viene prodotta nuova litosfera.

d

d

si hanno fenomeni di subduzione.

12

Lungo i margini convergenti

si possono trovare catene di vulcani.

C 77 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Esercizi, domande e problemi

1

Indica se le seguenti frasi sono vere (V) o false (F). Se false, riscrivile corrette sul tuo quaderno.

a.

4

Le rocce dei fondi oceanici hanno la stessa età di quelle dei continenti.

V

F

V

F

b. L’Oceano Pacifico si sta allargando mentre l’Oceano Atlantico si sta restringendo.

c.

Lo sprofondamento di una placca oceanica

a.

sotto una placca continentale determina la formazione di una dorsale.

V

e.

V

F

V

F

Cerca di mettere insieme nel modo più logico i due continenti in un unico supercontinente. Spiega

F

quali criteri hai utilizzato per la ricostruzione.

d. Le regioni più stabili della Terra si trovano al centro delle placche.

In figura sono rappresentati due continenti immaginari, ciascuno formato da tre blocchi rocciosi. Le frecce mostrano la direzione del campo magnetico presente quando ciascun blocco si è formato. L’età delle rocce è indicata in miliardi di anni. Fossili di rettile sono stati trovati nei blocchi A,B,Z; fossili di pesci nei blocchi C e X. Ricopia su carta trasparente (per esempio carta da forno) la figura con le informazioni (eventualmente da una fotocopia ingrandita).

b.

Qual è secondo te all’incirca l’età approssimativa delle rocce della sezione Z?

Si ha sviluppo di un rift continentale quando materiali caldi risalenti dal mantello premono sulla crosta continentale assottigliata.

2

3

2,6 C

Uno studente discutendo di geografia e di geologia con un altro sostiene che mentre la distanza tra Mosca e Pechino resta costante nel tempo, quella tra Roma e New York aumenta. Tu che cosa ne pensi? Motiva la risposta il più ampiamente possibile.

1,4

Z

5

Immagina che sia stato misurato anche lo spessore dei sedimenti che ricoprono le rocce basaltiche.

a.

la risposta.

Utilizzando le informazioni sulla carta, calcola qual è approssimativamente la velocità di espansione in

Quali risultati pensi si siano ottenuti?

centimetri per anno.

50

b.

Se la velocità di espansione resta costante, quale sarà la distanza tra le due località A e B tra 10 milioni di anni?

40 30

B

20

SUDAN A

10

os

1000

0

Costa est 2000 dell’oceano

1000

Centro dell’oceano

ETIOPIA 0

C 78 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

39 40

Distanza dal centro dell’oceano (km)

so

YEMEN

35 37

Costa ovest 2000 dell’oceano

ARABIA SAUDITA

R 37 r 35 Ma 3 1 1 3 35 37 39

Età del fondo oceanico in milioni di anni

Y

Nella cartina qui disegnata è stata rappresentata la parte meridionale del Mar Rosso. In particolare sono indicate le età (in milioni di anni) dei basalti del fondo oceanico, dedotte dall’analisi di campioni di rocce ottenuti mediante perforazioni del fondo.

I dati proposti in questo grafico sono in accordo con l’ipotesi dell’espansione del fondo oceanico? Motiva

c.

2,0 X

Qual è l’età del basalto ai bordi dell’oceano, nel centro e a 500 km dal centro?

b.

le cifre rosse indicano il tempo (miliardi di anni)

1,1

Studiando il fondo oceanico gli scienziati hanno raccolto dei dati sull’età delle rocce e li hanno rappresentati nel seguente grafico.

a.

3,7 A

B

100 km

3 37 5

unità 4 La litosfera in movimento

Un passo in più, impara a imparare

10 esercizi interattivi

ANALISI DI UNA SITUAZIONE REALE

MAPPA

6

Completa la mappa concettuale utilizzando i termini proposti e dai la definizione di quelli sottolineati .

8

litosfera - distruttivi - dorsali - conservativi - placche - archi insulari - oceanica– oceanica - oceanica–continentale - fosse. Le celle convettive muovono le

..............

L’evoluzione degli organismi viventi è fortemente legata ai movimenti delle placche litosferiche. Infatti le specie evolvono in risposta ai cambiamenti ambientali che si producono quando i continenti si spostano, unendosi o separandosi. Un esempio in tal senso è la differenziazione delle scimmie provocata dalla separazione delle terre emerse in seguito ai moti delle placche. In seguito alla frantumazione del Pangea, la separazione del Sud America dall’Africa ha avuto come conseguenza l’evoluzione di due gruppi di scimmie: le scimmie del Nuovo Mondo (o sudamericane) e quelle del Vecchio Mondo (o africane). Anche il Madagascar, su cui vive un gruppo molto peculiare di scimmie, è un pezzo di Africa che si è separato dal continente africano milioni di anni fa.

della

..............

i cui margini possono essere

..............

costruttivi

e danno luogo a

e formano

.. . . . . . . . . . . . .

e sono sede solo di

Fai ora una ricerca su Internet e rispondi alle seguenti domande.

a.

. ............ .

.. ........... .

7

..............

b. c.

continentalecontinentale

Quando è avvenuta la separazione tra i due continenti? Quali scimmie vivono in Madagascar? Si trovano anche in altre regioni della Terra? Quali sono le loro ca-

catene montuose

a seconda che vengano in contatto porzioni di litosfera

. ............ .

del Nuovo e del Vecchio Mondo? Quali sono nelle foto?

terremoti ..............

Quali sono le caratteristiche dei due gruppi di scimmie

ratteristiche? Quando è avvenuta la separazione del Madagascar dall’Africa? ENGLISH FOR SCIENCE

9

Read the text and translate. Underline the words that correspond to the following Italian words: fosse, placca, margini trascorrenti, espansione del fondo oceanico, margini convergenti, faglie, margini divergenti. he theory of plate tectonics, which links together the ide-

RICERCA E RIFLETTI

as of continental drift and ocean-floor spreading, explains

Ricerca su Internet l’elenco dei 30 terremoti con la magnitudo più elevata (scala Richter) degli ultimi anni. Cerca la loro posizione geografica e collocali nella mappa presente nell’apertura dell’unità segnandoli con una crocetta blu.

how the Earth has evolved over time. It helps explain the

a. b.

Ricadono nelle zone degli epicentri già citati nella mappa?

es are formed by the trenches. Strike-slip boundaries are

Quali zone della Terra sono più sicure per quanto ri-

formed by lateral faults at which two plates slide horizon-

guarda il rischio sismico? Come puoi spiegare la distri-

tally past each other.

formation and destruction of the Earth’s crust and its movements and collision. Divergent plate boundaries are formed by the mid-ocean ridges. Convergent plate boundari-

buzione degli epicentri alla luce di quanto appreso nelle ultime due unità?

C 79 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità

5

La storia della Terra B

nummuliti

Tanti tipi di fossili I fossili sono le testimonianze del passato conservate nelle rocce. Fossile non è solo la conchiglia di un mollusco o il tronco pietrificato di un albero, ma anche il resto di un pasto o la traccia di un verme sul fondo sabbioso di un antico mare. A volte, nelle rocce, di un organismo non resta altro che il segno del suo passaggio. Osserva i fossili delle figure qui riportati.

C

foresta pietrificata

In questa unità troverai le risposte alle seguenti domande:

A

rana fossile

D

Che cosa sono i fossili e come avviene la loro formazione? Che cosa dicono del passato i fossili e le rocce che li contengono?

ittiosauro

E

F

Come si può stabilire una successione cronologica e l’età di un fossile o di una roccia?

insetto in ambra

Quali sono state le tappe principali della storia del nostro pianeta?

G

Archaeopteryx

trilobiti

H

polline fossile

I

orma di dinosauro

L

ammonite

C 80 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Sai rispondere? 1. Quali tra questi sono fossili marini? Secondo il tuo parere è più comune la fossilizzazione in ambiente marino o terrestre? 2. Alcuni fossili, come il polline, sono microscopici. Come si possono osservare? Quali informazioni ci può fornire il polline sugli ambienti del passato? 3. I fossili conservati nell’ambra mantengono talvolta intatte anche le strutture interne. Sai che cos’ è l’ambra? 4. Le ammoniti sono molluschi estinti milioni di anni fa. L’ammonite della figura L si trova nel pavimento di un palazzo. Come mai è finita lì? 5. Quali informazioni si possono ricavare da un’impronta fossile, per esempio di dinosauro?

Successioni cronologiche

M

N

Sai rispondere? 1. Sapresti mettere in ordine cronologico le automobili della figura? Quali criteri hai utilizzato per stabilire la successione nel tempo? 2. Immagina di trovare i resti fossili dei seguenti organismi: mammuth, pesce corazzato, dinosauro e anfibio primitivo. Nel ricostruire il loro ordine di comparsa sulla Terra, in quale successione cronologica li disporresti? 3. Immagina anche di trovare un fossile di Archaeopteryx, un uccello primitivo (figura E) con caratteristiche sia di rettile sia di uccello. Lo collocheresti cronologicamente prima o dopo il mammuth?

O

P

Q

prova a fare

Le automobili in figura sono di epoca diversa. Anche se non conosci l’anno di comparsa sul mercato, probabilmente puoi disporle in ordine cronologico basandoti sul loro aspetto e su alcune caratteristiche. Come imparerai, la stessa cosa si può fare con i fossili e con gli strati di roccia che li contengono.

Come misurare il tempo geologico Questa attività ti aiuterà a farti un’idea dei lunghi intervalli del tempo geologico di centinaia di milioni, o addirittura miliardi di anni. Procurati un metro da sarta, un pennarello e una striscia di carta lunga 5 m (utilizza per esempio un rotolo per registratori di cassa). Traccia a una estremità della striscia una riga sottile in colore e scrivi OGGI. A partire da questa tacca costruisci la tua scala del tempo in cui 1 cm corrisponde a 10 milioni di anni. Calcola a quale distanza dovrai collocare una seconda riga sottile corrispondente a 1 miliardo di anni; in seguito traccia altre tacche a distanza di 1 miliardo di anni l’una dall’altra fino ad arrivare a 5 miliardi di anni. Secondo le stime dei geologi, la Terra ha 4,6 miliardi di anni. Traccia sulla tua scala la riga corrispondente a questa data. La tabella qui sotto indica alcuni eventi importanti nella storia del nostro pianeta. Utilizza la tua striscia per individuare la loro posizione. Misura da quanto tempo (in cm) l’uomo è presente sulla Terra e paragona questa durata con quella dei dinosauri dalla loro comparsa all’estinzione. Fai le tue considerazioni. Hai trovato difficoltà a collocare alcuni eventi? Se sì, spiega perché.

R

Eventi

Anni

Fine ultima glaciazione

10 000

Primi uomini

2 500 000

Estinzione dinosauri e ammoniti

65 000 000

Prime piante con fiore

145 000 000

Primi dinosauri e mammiferi

200 000 000

Prime cellule con nucleo

570 000 000

Primi organismi pluricellulari con guscio

1 500 000 000

Prime cellule senza nucleo (batteri)

3 500 000 000

C 81 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

1 U

I processi di fossilizzazione

n colpo di scalpello ben assestato dalla mano esperta di un geologo su un pezzo di roccia può talvolta farlo schiudere in due parti e può comparire al suo interno, una conchiglia, l’impronta di una foglia, i resti o le tracce di un organismo vissuto nel passato e divenuto ormai un fossile (figura 1). Si definisce fossile qualsiasi traccia che sia una testimonianza della vita del passato. La scienza che studia i fossili è detta paleontologia (dal greco palaios, antico e ontos, essere, vita).

I fossili si trovano generalmente nelle rocce sedimentarie che si formano tramite i processi di sedimentazione (vedi unità B4, p. B76). Tali processi hanno origine con l’erosione delle rocce a opera degli agenti atmosferici. I detriti prodotti dall’erosione vengono trasportati in zone di accumulo spesso costituite dai fondali di un lago o del mare. Qui, sul fondo, formano pile di sedimenti, che con il tempo si compattano diventando roccia. Tra i sedimenti vi possono essere anche i resti di organismi: tessuti molli, gusci e scheletri. Di solito di essi non resta quasi nulla; i tessuti molli sono mangiati da altri esseri viventi o sono decomposti dai batteri; i gusci e gli scheletri, rimossi dal moto ondoso o da altre cause, sono frantumati e sminuzzati meccanicamente o sono disciolti chimicamente dalle acque circolanti. Talvolta, però, essi vengono ricoperti in tempi rapidi da altri strati di sedimenti, come per esempio sabbie e argille, che li sottraggono ai predatori, alla decomposizione batterica o alla frantumazione. In particolare riescono a conservarsi i resti più duri come le conchiglie e gli scheletri. Così si spiega perché i fossili più comuni sono quelli degli animali con parti dure, come scheletri o conchiglie, che hanno abitato i mari, mentre sono rari quelli di ambiente terrestre. I processi che trasformano i resti degli organismi morti in fossili sono detti di fossilizzazione (figura 2). A partire dal guscio di un mollusco morto, abbandonato sul fondo e ricoperto da sedimenti, si possono verificare i seguenti eventi.

Il corpo di un pesce si adagia sul fondo.

Le parti molli del corpo si decompongono.

figura 1. ñ All’interno degli strati di rocce sedimentarie il geologo va a cercare le tracce fossili della vita del passato. Nella foto, la rottura della roccia ha messo allo scoperto il fossile di un pesce vissuto alcuni milioni di anni fa.

Le parti dure sono ricoperte da sedimenti come sabbie o fanghi.

figura 2. ôö Fossilizzazione di un pesce e ritrovamento del fossile.

Lentamente, mentre i sedimenti si trasformano in roccia, i processi di fossilizzazione si completano.

C 82 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Quando il mare si ritira, la roccia viene erosa e il fossile appare allo scoperto.

unità 5 La storia della Terra

● I sali disciolti nelle acque si depositano nei minuscoli pori presenti nel guscio stesso. Senza che la forma venga alterata, la conchiglia (figura 3a) si può così impregnare di sali minerali (mineralizzazione). ● Il guscio è lentamente disciolto dalle acque circolanti. Esso però lascia impressa sui materiali fangosi del fondo su cui si è adagiato una impronta (figura 3b) che riproduce la forma del guscio disciolto (impronta esterna). ● L’interno vuoto del guscio è riempito da fanghi o altri materiali che via via si depositano (figura 3c). Anche se il guscio non c’è più, rimane il calco interno (modello interno). Quando infine le rocce sedimentarie emergono dai fondali marini o perché il mare si ritira o perché sollevate dai movimenti della litosfera, i resti contenuti negli strati rocciosi possono aiorare in superficie e, in seguito all’erosione, venire allo scoperto (figura 4): ecco apparire un fossile. In condizioni eccezionali, quando un organismo viene inglobato in materiali che lo sottraggono alla decomposizione, è possibile anche la conservazione delle parti molli del corpo. Famosi sono gli insetti preservati nella resina fossilizzata, o ambra, e mammuth rinvenuti nei ghiacci della Siberia o la «mummia» del Similaun, un uomo vissuto migliaia di anni fa, con parti di tessuti ancora intatti.

2 I

I fossili sono gli archivi del passato

fossili e le rocce che li contengono forniscono gli indizi che permettono di risalire agli ambienti del passato e ricostruire così la storia del nostro pianeta. Per esempio, la presenza sui monti di fossili simili agli attuali coralli ci indica che le rocce, che ora costituiscono le montagne, sono state in tempi lontani parte di un fondale marino con scogliere coralline simili a quelle che oggi si trovano nei mari tropicali (vedi figura 4). Lo studio dei fossili ci fornisce anche importanti informazioni sulle oscillazioni climatiche del passato. Negli ultimi due milioni di anni si è verificata sul nostro pianeta un’alternanza di periodi mediamente più freddi (periodi glaciali) con periodi mediamente più caldi (periodi interglaciali). Durante i periodi freddi gli organismi marini migravano più a sud, verso acque più calde; viceversa, nei periodi più caldi, si spostavano verso nord, per trovare acque più fredde. In Italia, nelle successioni di depositi marini di quei periodi, si osserva, in corrispondenza dei periodi glaciali, la comparsa di fossili indicatori di clima freddo, i cosiddetti ospiti freddi rimpiazzati, nei periodi interglaciali, da fossili indicatori di clima più caldo, i cosiddetti ospiti caldi.

!#$^* ) Per fissare i concetti 1 Che cosa si intende per fossile? 2 In quali tipi di rocce si trovano i fossili? Perché sono più numerosi i fossili di organismi acquatici? 3 Indica quali sono i principali processi di fossilizzazione. 4 Come si possono conservare le parti molli di un organismo?

figura 4. ö Colonia fossile di coralli, tipici organismi costruttori, oggi come in passato, di scogliere calcaree.

figura 3. ö In questo campione di roccia sono indicati con a, b, e c, i vari processi di fossilizzazione.

b

Al posto del guscio disciolto è rimasta l’impronta esterna.

c a

L’interno del guscio è riempito da sedimenti.

Il guscio è impregnato di minerali.

C 83 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Durante le prime glaciazioni, il mollusco bivalve Arctica islandica, dall’Islanda, arrivò nel Mediterraneo, attraverso lo Stretto di Gibilterra. Nei periodi interglaciali caldi fu sostituito dal mollusco gasteropode Strombus bubonius, proveniente dalle coste dell’Africa occidentale (figura 5). Anche sulle terre emerse si sono alternati in una stessa regione ospiti di clima freddo e ospiti di clima caldo. L’orso delle caverne, l’alce e il mammuth, che nei periodi glaciali popolavano alcune regioni della nostra penisola, nei periodi interglaciali venivano sostituiti da elefanti, ippopotami e rinoceronti. I cambiamenti non interessavano solo gli animali ma anche le piante. Nei periodi interglaciali, con l’innalzarsi delle temperature, alla tundra si sostituirono prima le foreste di conifere e, infine, le piante con fiore. A testimonianza di questa successione, negli strati del terreno delle nostre regioni è rimasto il polline fossile di queste piante (figura 6).

Setacciando il terreno prelevato in profondità è possibile isolare e osservare al microscopio questi minuscoli fossili che ci consentono di ricostruire la vegetazione e quindi gli ambienti del passato. !#$^* ) Per fissare i concetti 5 Che cosa si intende per ospite freddo e per ospite caldo? Fai due esempi. 6 Quali fossili consentono di ricostruire la vegetazione del passato?

figura 6. ò I pollini fossili, come questo di conifera, consentono la ricostruzione degli ambienti del passato.

figura 5. öõ (a) In Italia, nei periodi glaciali le coste dei mari erano abitate da ospiti di clima freddo, come Arctica islandica. (b) Nei periodi interglaciali, quando il mare avanzava, comparivano ospiti di clima caldo come Strombus bubonius. a

b Nei periodi glaciali, il mare si ritira, la linea costa avanza e le acque sono abitate da ospiti freddi. Arctica islandica

C 84 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Nei periodi interglaciali il mare avanza, la linea di costa si ritira e le acque sono abitate da ospiti caldi. Strombus bubonius

unità 5 La storia della Terra

persapernedipiù

Una pagina di storia geologica delle Dolomiti

S

ulle Dolomiti il grande libro delle rocce presenta «pagine» straordinarie. Analizzando per esempio gli strati che affiorano sulla fiancata occidentale del monte Seceda in Val Gardena, si nota che essi contengono archiviata una successione di avvenimenti che possiamo in gran parte ricostruire e che risalgono a un arco di tempo che va da 280 a 230 milioni di anni fa (figura A). Gli strati alla base della parete, di colore rosato per la presenza di ferro, sono le arenarie rosse della Val Gardena, che si sono formate dalla cementazione di sabbie, probabilmente in corrispondenza della foce di un fiume. Poiché in esse sono

presenti fossili di pollini e felci, la loro formazione è avvenuta in un ambiente di terraferma. Le rocce striate sovrapposte alle arenarie sono di colore chiaro per la presenza di gesso e corrispondono a depositi creatisi in un ambiente di laguna. Rispetto alle precedenti condizioni di terraferma, ora l’ambiente è marino. Possiamo dunque immaginare che nel tempo il mare sia avanzato sulla terraferma creando lagune sul cui fondo, per l’intensa evaporazione, si depositavano sali come il gesso (solfato di calcio idrato). Come attestano i fossili, nelle acque fangose della laguna viveva Bellerophon, una chiocciola

adattata agli ambienti salmastri. Per questo gli strati sono detti formazione a Bellerophon. Osserviamo ora la sommità del monte. È dolomia, la roccia derivata dagli animali che costruiscono le barriere coralline; la sua presenza ci indica un successivo completo dominio del mare le cui acque calde e limpide ospitavano gli organismi costruttori delle barriere. La sommità infine si arresta a 200 milioni di anni fa. La documentazione successiva è stata asportata dall’erosione e non è quindi disponibile. perfissareiconcetti Descrivi gli strati del Monte Seceda in relazione alle condizioni ambientali.

figura A. ö La stratificazione del Monte Seceda, con i principali tipi di roccia e la ricostruzione dei rispettivi ambienti di formazione.

Dolomia

Ambiente marino

Fossili della formazione a Bellerophon

Ambiente di laguna

Arenarie rosse con felci fossili

Ambiente di terraferma (delta fluviale)

C 85 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

3 L

La lettura degli strati

’alternarsi dei periodi freddi e caldi che hanno interessato la Terra in varie epoche è documentato non solo dai fossili, ma anche dai tipi di strati rocciosi che si sono formati in quei periodi. Durante le glaciazioni, la neve caduta sui continenti andava a formare le grandi masse glaciali continentali. Di conseguenza il livello del mare si abbassava e la linea di costa «migrava» verso il mare aperto. Successivamente, in seguito al riscaldamento climatico e alla conseguente fusione dei ghiacci, l’acqua veniva riportata dai fiumi nel mare: il livello delle acque si innalzava e la linea di costa avanzava sul continente (vedi figura 5). In prossimità della costa, là dove si erano depositati sedimenti sabbiosi, ora, per l’aumento della profondità, si depositavano sedimenti di mare più profondo come fanghi e argille (figura 7). Quando le acque del mare avanzano e la linea di costa si sposta verso terra si parla di trasgressione. Quando le acque retrocedono e la linea di costa si sposta verso il largo si parla di regressione. La variazione del livello delle acque degli oceani e dei mari ha lasciato tracce ben visibili nella sequenza delle rocce sedimentarie. Ne sono un esempio gli strati di roccia che aiorano in vari luoghi d’Italia in cui alle arenarie, derivate da depositi di sabbia, si succedono in verticale le argilliti, derivate da depositi di fanghi e argille (figura 8). linea costiera Depositi di fango nell’acqua profonda.

Per osservare la presenza di strati di roccia di natura diversa e quindi ricostruire le variazioni nel tempo di un ambiente, i geologi compiono delle perforazioni con una sonda cilindrica, dalla quale ottengono una campionatura di sedimenti detta colonna stratigrafica. Una colonna stratigrafica può essere rappresentata con uno schema (figura 8, disegno) in cui è indicata la successione verticale delle rocce che si trovano in una certa località. Nella lettura degli strati e nella ricostruzione delle colonne stratigrafiche, i geologi sono guidati dal principio dell’attualismo, formulato alla fine del Settecento dal naturalista scozzese James Hutton e utilizzato poi come guida per l’interpretazione degli strati dal geologo inglese Charles Lyell (figura 9). Il principio dell’attualismo aferma che la storia della Terra è fatta di trasformazioni graduali e ininterrotte, e che le forze che agiscono attualmente sulla superficie terrestre sono le stesse che l’hanno modellata anche nel passato. Il presente è dunque la «chiave» per capire il passato. Questo principio consente di dedurre la presenza di una antica spiaggia quando s’incontra uno strato di arenaria, che sappiamo si forma dalle sabbie accumulate lungo i litorali. Nella lettura degli strati, oltre al principio dell’attualismo, vengono applicati altri due principi fondamentali della geologia: il principio della sovrapposizione stratigrafica e il principio dell’orizzontalità e della continuità originarie. Il principio della sovrapposizione stratigrafica afferma che gli strati si depositano uno sull’altro e ogni strato è più giovane di quello sottostante ed è più antico di quello che gli sta sopra, purché la successione non sia stata alterata da sconvolgimenti.

Depositi costieri di sabbia.

linea costiera

arenaria (depositi costieri)

terra asciutta

I depositi di sabbia si sovrappongono a quelli di fango.

argillite (depositi di mare profondo)

arenaria (depositi costieri)

figura 8. òñ L’alternanza di strati arenacei e argillosi indica variazioni nel tempo del tipo di sedimentazione nello stesso luogo. Il disegno della colonna stratificata schematizza la successione degli strati dell’affioramento della foto.

figura 7. ñ Il livello del mare cambia con il tempo e le linee costiere si spostano. Sui sedimenti precedenti si depositano nuovi sedimenti.

C 86 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Il fatto che tali fossili abbiano avuto un’ampia diffusione, permette di utilizzarli per correlare strati lontani tra loro. Inoltre, il fatto che siano vissuti per un tempo relativamente breve aiuta a individuare, nella lunghissima storia terrestre, intervalli di tempo ben precisi. Esempi di fossili guida sono i trilobiti, le ammoniti e i nummuliti (dal latino nummus, monete), organismi unicellulari visibili a occhio nudo (figura 11). Tutti gli strati che contengono trilobiti (figura 11a) si sono depositati nello stesso intervallo di tempo, nell’era Paleozoica (figura 11b). Gli strati che contengono alcuni tipi di ammoniti si sono formati nell’era successiva, l’era Mesozoica, durante un periodo di tempo relativamente breve (Giurassico-Cretaceo). Gli strati con nummuliti (figura 11c) si sono formati nell’era Cenozoica. !#$^* ) Per fissare i concetti 10 Che cosa significa dire che due strati sono correlati? A quale condizione è possibile fare una correlazione tra gli strati? 11 Che cosa sono i fossili guida? Fai qualche esempio.

a

I trilobiti, vissuti nei mari di oltre 400 milioni di anni fa, avevano il corpo diviso in tre lobi, ricoperto da una corazza.

c

I nummuliti erano unicellulari di grandi dimensioni dotati di un guscetto calcareo che vivevano sui fondali.

b

Le ammoniti erano molluschi con conchiglia a spirale, che vissero per più di 150 milioni di anni e si estinsero insieme ai dinosauri.

figura 11. óñô I trilobiti (a), le ammoniti (b) e i nummuliti (c) sono fossili guida del Paleozoico, del Mesozoico e del Cenozoico.

5 I

Datazione relativa e assoluta

n assenza di sconvolgimenti, la sequenza degli strati e dei fossili permette di stabilire, secondo il principio della successione stratigrafica, se una roccia è più antica di un’altra. Possiamo dire, per esempio, che i trilobiti, che si trovano negli strati più profondi, sono molto più antichi delle ammoniti e dei dinosauri, che compaiono in strati superiori. Ammoniti e dinosauri a loro volta sono più antichi degli esseri umani: si sono infatti estinti molto prima che questi ultimi facessero la loro comparsa sulla Terra. Stabilire in una serie di rocce quale di esse è più antica e quale più recente senza conoscere la loro età efettiva, significa effettuare una datazione relativa. Stabilire invece l’età efettiva in anni di un fossile o di una roccia significa efettuare una datazione assoluta. I metodi che permettono di effettuare una datazione assoluta delle rocce sono stati individuati solo nella prima metà del Novecento e si basano sul fatto che alcuni tipi di elementi radioattivi contenuti nelle rocce si trasformano con ritmo regolare in altri tipi di elementi. Tale fenomeno è chiamato decadimento radioattivo. Per esempio, un isotopo dell’uranio, chiamato uranio-238 (perché contiene nel nucleo 92 protoni e 146 neutroni, cioè 238 particelle in totale), ha la caratteristica di trasformarsi a poco a poco in piombo-206, emettendo radiazioni. Il processo di decadimento radioattivo dell’uranio-238 in piombo-206 ha nel tempo un suo caratteristico ritmo regolare. Conoscendo questo e misurando il rapporto tra la quantità di uranio-238 e quella di piombo-206 presenti in una roccia, si può ricavare l’età della roccia (figura 12). Facciamo un esempio. Occorrono 4,5 miliardi di anni perché metà dell’uranio-238 presente in una roccia si trasformi in piombo-206; questo fatto si esprime dicendo che il tempo di dimezzamento dell’uranio-238 è di 4,5 miliardi di anni. Supponiamo ora che al momento della sua formazione una roccia contenga 100 g di uranio-238; pertanto, dopo 4,5 miliardi di anni essa conterrà 50 g di uranio-238 e 50 g di piombo-206. Se troviamo che in realtà la roccia contiene 90 g di uranio e 10 g di piombo, ciò significa che l’inizio del processo di trasformazione dell’uranio-238 in piombo-206 è più recente e che quindi la roccia non si è formata 4,5 miliardi di anni fa. In efetti si ricava che la roccia in questione ha circa 680 milioni di anni. Il decadimento radioattivo dell’uranio-238, particolarmente lento, si presta bene per calcolare l’età di rocce piuttosto antiche. Il decadimento radioattivo di altri atomi avviene in tempi più brevi, il che si rivela utile per datare oggetti più recenti. Per esempio, il carbonio-14 ha un tempo di dimezzamento di appena 5730 anni, ossia occorrono solo 5730 anni perché metà degli atomi di carbonio-14 presente in un campione si trasformino in un altro tipo di atomi, quelli di azoto-14. Il carbonio-14 è presente in piccole quantità nell’atmosfera, dove viene continuamente prodotto per azione dei raggi cosmici sui gas dell’aria. Una volta formatosi, il carbonio-14 si lega con l’ossigeno formando anidride carbonica e, attraverso questo

C 88 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Per ricordare 1

2

3

Che cosa sono i fossili e come avviene la loro formazione?

Un fossile è qualsiasi testimonianza della vita del passato contenuta nelle rocce. I fossili si trovano nelle rocce sedimentarie che si formano in seguito ai processi di sedimentazione. Nei processi di mineralizzazione le parti dure si impregnano di sali minerali; se la forma del corpo resta impressa nei sedimenti si ha un’impronta esterna; se i sedimenti riempiono la cavità del corpo formandone un calco si ha un’impronta interna.

Che cosa dicono del passato i fossili e le rocce che li contengono?

In una successione di strati rocciosi, i geologi «leggono» la registrazione della storia terrestre: una successione di strati di argille e arenarie in una colonna stratigrafica indica che il livello del mare è avanzato (trasgressione) e poi retrocesso (regressione); così pure l’alternarsi negli strati di fossili di clima freddo a fossili di clima caldo è indice di variazioni climatiche. I principi fondamentali che guidano il geologo nella lettura degli strati sono: ● il principio dell’attualismo, che afferma che la storia della Terra è fatta di trasformazioni graduali prodotte dagli stessi processi all’opera oggi. ● il principio della sovrapposizione stratigrafica, il quale afferma che in una roccia sedimentaria indisturbata ogni strato è più giovane di quello sottostante ed è più antico di quello che gli sta sopra. ● il principio dell’orizzontalità e continuità originarie, il quale afferma che la maggior parte dei sedimenti si deposita formando strati orizzontali e continui.

Come si può stabilire una successione cronologica e l’età di un fossile o di una roccia?

Seguendo il principio della sovrapposizione stratigrafica e grazie ai fossili guida, i geologi riescono a stabilire una datazione relativa. I fossili guida sono fossili di organismi che hanno avuto un’ampia diffusione geografica, ma una durata molto limitata nel tempo. La datazione assoluta stabilisce l’età effettiva in anni e utilizza il decadimento di elementi radioattivi presenti nelle rocce.

Termini chiave

4

Quali sono state le tappe principali della storia del nostro pianeta?

La storia della Terra è stata suddivisa in ere, a loro volta suddivise in periodi. Il primo e lunghissimo intervallo di tempo, da 4,6 miliardi a 570 milioni di anni fa, viene chiamato era Precambriana. Nell’era Precambriana, circa 3,6 miliardi di anni fa, comparvero le prime cellule. Nell’era Paleozoica (570-225 milioni di anni fa) comparvero i primi vertebrati, le piante terrestri e gli insetti; nell’era Mesozoica (225-65 milioni di anni fa), dominata dai dinosauri, compaiono i primi mammiferi e gli uccelli. Nell’era Cenozoica (65 milioni di anni fa a oggi), comparve l’uomo moderno e si verificarono le glaciazioni.

▸ Fossile ▸ fossilizzazione ▸ trilobiti ▸ ammoniti ▸ mineralizzazione ▸ rocce sedimentarie ▸ principio dell’attualismo ▸ principio della sovrapposizione stratigrafica ▸ principio dell’orizzontalità e continuità originarie ▸ trasgressione ▸ regressione ▸ correlazione ▸ colonna stratigrafica ▸ fossili guida ▸ datazione relativa e assoluta ▸ era Precambriana, Paleozoica, Mesozoica, Cenozoica ▸ glaciazioni

C 92 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

unità 5 La storia della Terra

Test A Scegli il completamento corretto delle seguenti affermazioni. 1

2

B Scegli il completamento errato delle seguenti affermazioni.

Tra i fossili indicatori di clima freddo possiamo annoverare

7

La formazione di un fossile può avvenire per

a

le ammoniti.

a

mineralizzazione.

b c

il bivalve Arctica islandica.

inclusione in lava.

il gasteropode Strombus bubonius.

b c

d

i nummuliti.

d

inclusione in resina.

8

Due strati sono correlati quando a b c

Una roccia fossilifera con ammoniti indica che la roccia

si sono formati, anche se in tempi diversi, nella stes-

a

si è formata in ambiente marino.

sa località.

ha meno di 65 milioni di anni.

anche se posti in località diverse, si sono formati nello

b c

stesso periodo di tempo.

d

potrebbe contenere anche fossili di dinosauri.

9

I fossili guida a

è possibile riconoscere che uno è più antico, l’altro più

b

4

5

6

i nummuliti.

b c

i trilobiti. le ammoniti.

d

i pesci corazzati.

sono fossili di organismi vissuti per periodi relativamente brevi e difusi su vasta scala.

Sono fossili unicellulari a

sono utili per stabilire una datazione relativa degli strati in cui si trovano.

recente. 3

si è formata prima dell’era Cenozoica.

hanno subìto la stessa erosione da parte degli agenti atmosferici.

d

formazione di un modello esterno o interno.

c

non servono per stabilire una datazione assoluta degli strati in cui si trovano.

d

sono fossili molto ricercati perché estremamente rari.

Gli organismi pluricellulari dotati di parti dure, gusci e scheletri, comparvero a

circa 4,6 miliardi di anni fa.

b c

circa 570 milioni di anni fa, all’inizio dell’era Paleozoica.

d

in epoca recente, circa 100 000 anni fa.

10

Una colonna stratigrafica a

viene interpretata sulla base del principio di sovrapposizione stratigrafica.

all’inizio dell’era Cenozoica, circa 65 milioni di anni fa.

b

è una colonna di calcare simile a una stalattite che si trova efettuando perforazioni nel sottosuolo.

Le ere successive al Precambriano sono, nell’ordine:

c

è una successione di sedimenti di natura diversa.

d

può fornire indicazioni sui cambiamenti ambientali del passato.

a

Paleozoico, Mesozoico, Cenozoico.

b c

Mesozoico, Cenozoico, Paleozoico. Cenozoico, Mesozoico, Paleozoico.

a

Paleozoico, Mesozoico, Giurassico.

i primi mammiferi.

d

b c

i dinosauri.

d

le piante con fiore.

11

Nel Paleozoico non erano presenti

Nell’era Mesozoica comparvero

a

i muschi.

b c

le piante con fiori. le felci.

a

d

le conifere.

b

12

i trilobiti.

L’era Cenozoica ha una durata di 65 milioni di anni. è caratterizzata nella sua parte finale dall’evoluzione dell'uomo moderno. c

è stata soggetta a glaciazioni.

d

è caratterizzata dalla formazione del Pangea.

C 93 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

Esercizi, domande e problemi 1

Un’inondazione ha portato sulla banchina di un fiume un vecchio tronco. Se fosse vivo, dovrebbe contenere 0,28 g di carbonio-14. La lettura del contatore Geiger indica che il tronco ne contiene 0,035 g. Che età ha il tronco? Spiega il ragionamento che hai fatto per il calcolo.

2

Prova a interpretare la colonna stratigrafica della figura qui sotto. Che cosa rappresentano gli strati della parte inferiore? E quelli della parte superiore? Che cosa può avere prodotto questa variazione nel tipo di sedimentazione?

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ghiaie

resti di vertebrati e mammiferi terrestri

sabbie

resti di molluschi marini

argille

resti di pesci e molluschi marini

sabbie

resti di molluschi marini

ghiaie

resti di vertebrati terrestri

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La figura mostra un rametto fossile di Glossopteris, un’antica pianta simile a una felce, i cui resti risalgono a un intervallo di tempo che va da 280 a 190 milioni di anni fa. Fossili di Glossopteris sono stati ritrovati in Sud Africa, in Sud America, in Australia e in Antartide. Ricordando gli eventi che hanno interessato i continenti, come si può spiegare il fatto che fossili di piante simili sono stati ritrovati in luoghi così lontani tra loro?

5

Abbina ciascun evento alla rispettiva era.

a. b. c. d. 1. 2. 3. 4.

Osserva le figure, trova tra esse l’intruso e motiva la tua scelta.

Cenozoico Mesozoico Precambriano Paleozoico primi esseri pluricellulari dominio dei rettili comparsa dei primati comparsa dei primi vertebrati

6

Nel Quaternario i cavalli erano diffusi nel Nord America e non in Asia e in Europa; viceversa i mammuth inizialmente erano diffusi solo nel continente eurasiatico. Durante le glaciazioni questi animali poterono spostarsi da un continente all’altro: i cavalli migrarono in Europa e Asia e i mammuth nel Nord America. Quali fatti avvenuti nel corso delle glaciazioni hanno consentito queste migrazioni?

7

Rispondi brevemente alle seguenti domande Che cosa?

Che cos'è un «ospite freddo»?

Dove?

Dove è probabile trovare in Italia fossili di coralli a grandi altezze sui monti?

Quando?

Quando avvenne il passaggio tra l'era Mesozoica e quella Cenozoica? Quale evento segnò questo passaggio?

Perché?

Perché in occasione di una glaciazione si verifica una regressione marina?

C 94 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Le dinamiche della Terra

IL MODELLAMENTO dipende da due tipi di forze I VULCANI

LA TETTONICA DELLE PLACCHE I TERREMOTI

LE FORZE ESOGENE dovute all’energia del Sole che operano

LA DEGRADAZIONE

LE FORZE ENDOGENE dovute al calore interno della Terra che provocano

i detriti depositati

aperture della crosta terrestre attraverso cui fuoriesce la lava

in base al contenuto in silice

sul fondo del mare formano i sedimenti

LITIFICAZIONE

EFFUSIVO

formano le

dalla cui demolizione si originano

che possono trasformarsi in

la scala Mercalli che misura l'intensità

CICLO delle ROCCE

rocce metamorfiche

processi di fossilizzazione

trascinate dai moti convettivi dell’astenosfera dei quali alcuni sono

la scala Richter che misura l'energia l'energia si propaga dall'ipocentro

il tipo di eruzione è ESPLOSIVO

FOSSILI testimonianze della vita del passato

PLACCHE

la cui forza è valutata secondo

mediante onde P, S, L

che attraverso la

è la teoria secondo la quale la litosfera è suddivisa in

che si formano per i

• acque correnti • ghiacciai • vento • moti del mare

• MECCANICA • CHIMICA

è ricostruibile attraverso i vibrazioni del suolo dovute alla rottura delle rocce

• L’EROSIONE • IL TRASPORTO • IL DEPOSITO

che avviene per via

rocce sedimentarie

LA STORIA DELLA TERRA

dal cui studio si è evidenziata la presenza della litosfera e della astenosfera

che si trovano in rocce sedimentarie datate mediante

quando due placche SI ALLONTANANO si formano • dorsali SI SCONTRANO si formano • archi insulari e fosse • catene di monti • fosse oceaniche SCORRONO L’UNA DI FIANCO ALL’ALTRA lungo una faglia generano terremoti

rocce magmatiche

FOSSILI GUIDA che consentono la

ISOTOPI RADIOATTIVI che consentono la

datazione relativa che in profondità formano un magma da cui originano le

datazione assoluta

entrambe permettono di stabilire

l'età della Terra che è 4,6 miliardi di anni divisa in • ERA PRECAMBRIANA • ERA PALEOZOICA • ERA MESOZOICA • ERA CENOZOICA

C 96 Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Glossario

A > Acqua, B4, B48, B49, B50, B53. Composto chimico formato da due elementi, idrogeno (H) e ossigeno (O), presente in natura nei tre stati fisici, solido (ghiaccio), liquido e gassoso (vapore acqueo). > Afelio, A20, A45. Punto di massima distanza di un pianeta dal Sole, nell’orbita attorno a esso. > Alabastro, B77. Calcare di origine chimica formatosi in seguito al deposito di carbonato di calcio (CaCO3). > Aliseo, B17, B19, B54. Vento costante che spira nei due emisferi dalla fascia tropicale di alta pressione verso la fascia equatoriale di bassa pressione. Gli alisei sono venti orientali che fanno parte della cella convettiva (Ü) di Hadley. > Alterazione chimica, C6, C7, C8, C9. Insieme dei processi chimici che determinano la lenta demolizione delle rocce. > Alveo, B59, C10. Solco scavato dalle acque di un fiume che vi fluiscono scorrendo verso valle. > Ametista, B87. Varietà di quarzo di colore violaceo per la presenza di impurità di ferro. > Amianto, B85. Minerale fibroso appartenente agli inosilicati (Silicati Ü). > Ammoniti, C87, C88, C91. Fossili di animali con tentacoli e conchiglia simili agli attuali cefalopodi. > Amorfo, B85. Stato di un corpo solido come il vetro, mancante di un reticolo cristallino in quanto gli atomi che lo costituiscono sono disposti disordinatamente nello spazio. > Anfiteatro morenico, C12, C13. Morena (Ü). > Anno-luce (a.l.), A13. Unità di misura delle distanze astronomiche. Corrisponde alla distanza percorsa dalla luce in un anno, pari a 9500 miliardi di kilometri. > Arco insulare, C68. Gruppo di isole disposte a ghirlanda che si origina in seguito allo scontro tra placche oceaniche. > Ardesia, B81. Roccia metamorfica derivata dalla trasformazione di argilliti (Ü).

> Area anticiclonica, B29, B36, B38. Area di alta pressione atmosferica, caratterizzata da masse d’aria discendenti, cielo sereno e tempo bello. Nelle nostre regioni è importante l’anticiclone delle Azzorre. > Area ciclonica, B29, B36, B38. Area di bassa pressione atmosferica, caratterizzata da masse d’aria ascendenti, tempo perturbato e precipitazioni. > Arenaria, B60, B77, C85, C86. Roccia sedimentaria costituita da sabbie unite tra loro da materiale cementante, spesso costituito da carbonati. > Argilla, B60, B77, C8. Materiale costituito da minerali provenienti dall’alterazione dei silicati. I minerali, di diametro inferiore a 0,002 mm, sono formati generalmente da silicati di alluminio; la consistenza fangosa dell’argilla è dovuta alla presenza di acqua. > Argillite, B77, C86. Roccia sedimentaria proveniente dalla litificazione (Ü) di argille. > Aria, B4, B8, B13. Miscuglio di gas e particelle sospese che costituisce la parte inferiore dell’atmosfera. La composizione dell’aria secca è: 78% azoto, 21% ossigeno, 1% argon e altri gas (0,03% anidride carbonica). > Asse di rotazione terrestre, A21, A40, A45. Retta immaginaria passante per i Poli geografici attorno a cui la Terra ruota. L’asse terrestre è inclinato sul piano dell’orbita di 66°33’. > Astenosfera, B70, C27, C54, C62. Strato del mantello sottostante la litosfera (Ü) a comportamento plastico, in cui le rocce sono parzialmente fuse. > Asteroide, A32. Corpo celeste di media e piccola dimensione che descrive orbite comprese, nella maggior parte dei casi, tra Marte e Giove. Complessivamente gli asteroidi formano la cosiddetta fascia degli asteroidi. > Atmosfera, B4, B5, B8, B48. Involucro di gas che circonda interamente la Terra; è costituita in prevalenza da azoto e ossigeno e ha una struttura stratificata. > Atmosfera (atm), B15. Unità di misura di pressione non più ammessa dal Sistema Internazionale. La pressione di 1 atm corrisponde per definizione a quella esercitata da una colonna di mercurio della sezione di 1 cm2 alta 760 mm.

> Attualismo, 6, C86. Teoria sostenuta dal geologo Lyell che si contrappone alla teoria delle catastrofi o catastrofismo e costituisce il fondamento della geologia moderna. Secondo l’attualismo la superficie terrestre è stata lentamente modellata nel passato dalle stesse forze che agiscono anche oggi. > Aurora polare, A25, B7. Luminescenza colorata del cielo notturno visibile sopra il Polo nord e il Polo sud, causata dall’interazione delle particelle del vento solare con i gas dell’atmosfera terrestre. B > Bacino idrografico (o imbrifero), B59. Area su cui si sviluppa il reticolo idrografico di un fiume. > Barometro, B13. Strumento per la misura della pressione atmosferica. Il primo barometro a mercurio fu ideato da Evangelista Torricelli nel 1643. > Basalto, B72, B73, B74, C29. Roccia magmatica microcristallina di colore nero ricca di ferro e magnesio che deriva dal consolidamento di lave. > Bauxite, C9, C17. Minerale costituito da ossido di alluminio utilizzato per l’estrazione di questo metallo. Si forma prevalentemente nelle aree tropicali in seguito all’intensa alterazione chimica dei silicati. > Biosfera, B5. Insieme di tutti i comparti del nostro pianeta abitati dagli esseri viventi: comprende la superficie terrestre, i mari, il sottosuolo fino a poche decine di metri di profondità e l’atmosfera fino a qualche migliaio di metri di altezza. > Bomba vulcanica, C30, C31. Brandello di lava fusiforme scagliata in aria da un’eruzione vulcanica, grande fino a un metro che a volte sibila roteando in volo. > Bradisismo, C35. Lento movimento verticale della crosta che, per motivi di vario tipo, si innalza o si abbassa. > Breccia, B76. Conglomerato (Ü). > Brezza, B16. Vento locale con inversione periodica giornaliera del senso di movimento. Si distingue in brezza di mare, che spira di giorno dal mare verso la terraferma, e brezza di terra, che spira di notte in senso opposto.

> Brina, B27. Goccioline di vapore acqueo che ghiacciano a diretto contatto con il suolo a temperatura minore di 0 °C. C > Calcare, B60, B72, B77, B79, C7, C8. Roccia sedimentaria costituita da carbonato di calcio (CaCO3) in genere sotto la forma del minerale calcite. > Calcite, B72, B85, B86. Minerale costituito da CaCO3, componente delle rocce carbonatiche come il calcare. > Caldera, C33. Depressione dovuta al collasso della sommità di un vulcano che sprofonda per lo svuotamento della camera magmatica sottostante. > Calore fossile, C27. Calore che risale ai primi tempi di formazione della Terra. > Calore specifico, B50. Quantità di calore che 1g di una sostanza assorbe (o cede) quando la sua temperatura aumenta (o, rispettivamente, diminuisce) di 1 °C. > Campo carreggiato, C11. Superficie rocciosa che, in seguito all’erosione carsica, risulta spianata e percorsa da solchi simili a quelli lasciati dalle ruote di un carro su un terreno molle. > Carbonificazione, B80. Modalità di fossilizzazione dei vegetali che porta alla formazione dei carboni fossili come la torba, la lignite, il litantrace e l’antracite. > Carsismo o erosione carsica, C8, C11. Complesso dei fenomeni causati dalla dissoluzione del calcare in regioni come il Carso, con dominanza di rocce calcaree, che porta alla formazione di doline, inghiottitoi. > Carta del tempo (o carta meteorologica), B37. Particolare carta geografica in cui sono indicati con appositi simboli i dati (pressione, temperatura, venti, fronti ecc.) che servono per le previsioni meteorologiche. > Carta geografica, A65, A66. Rappresentazione approssimata, ridotta e simbolica della superficie terrestre. > Cella convettiva, B16, B17, B29, C74. Moto circolare che avviene all’interno dei materiali fluidi (rocce fuse, altri liquidi o gas) che, dalle zone più calde e profonde, risalgono verso l’alto, si raffreddano e, divenuti più densi, ridiscendono verso il basso chiudendo una sorta di circuito ad anello.

IX Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

> Cenere vulcanica, C30, C31. Frammento simile a sabbia di materiale lavico polverizzato prodotto dalle eruzioni vulcaniche e trasportato dai venti anche a grandi distanze dal luogo di emissione. > Cenozoico, C88, C89, C91. Era (Ü). > Ciclo delle rocce, C18, C19. Serie di processi nel corso dei quali i diversi tipi di roccia si trasformano gli uni negli altri. > Ciclo idrologico (o ciclo dell’acqua), B52. Percorso che compie l’acqua dagli oceani, all’atmosfera, alla terraferma e poi ancora agli oceani. I motori del ciclo idrologico sono: il calore solare, che provoca l’evaporazione dell’acqua degli oceani, e la forza di gravità, che fa precipitare l’acqua condensata sugli oceani e sulle terre emerse. > Circolo di illuminazione, A43. Linea di separazione tra la metà del pianeta illuminata dal Sole e quella in oscurità. > Clasto, B76; B77. Frammento roccioso proveniente dalla demolizione delle rocce da parte degli agenti atmosferici. > Clima, B31, B34, B39, B41. Complesso delle condizioni atmosferiche medie in una regione nell’arco di molti anni (almeno trenta). Il clima è influenzato da diversi fattori meteorologici, come la quantità di radiazione solare, le precipitazioni, l’esposizione ai venti, la vicinanza o meno al mare ecc. > Cometa, A32, A33. Corpo celeste costituito prevalentemente da polvere cosmica e ghiaccio, che di solito compie un’orbita ellittica molto allungata attorno al Sole. > Condensazione, B26, B35. Passaggio dallo stato gassoso a quello liquido, come quando il vapore acqueo si trasforma in acqua liquida. > Conglomerato, B76, B77. Roccia sedimentaria costituita da clasti (Ü) a spigoli arrotondati (puddinghe Ü) o a spigoli vivi (brecce Ü). > Corona solare, A25. Strato esterno del Sole, costituito da gas rarefatti, visibile durante le eclissi solari (Ü). > Corrente di torbida, C18. Massa di acqua e sedimenti che dal bordo della piattaforma continentale precipita nella piana abissale. > Corrente marina, B54. Grande spostamento di masse d’acqua che si produce nei mari e negli

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oceani, sia in superficie sia in profondità. È provocata dai venti e da differenze di temperatura e di salinità. Costellazione, A14, A15. Raggruppamento di stelle unite a formare figure immaginarie sulla volta celeste. Costellazioni dello Zodiaco, A44. Le tredici costellazioni lungo le quali avviene il movimento apparente del Sole in un anno. Crioclastismo, C6. Processo di rottura meccanica della roccia, dovuto all’azione del gelo e del disgelo. Crosta, B70, B73, B74, C64, C65, C69. Lo strato più esterno della Terra, più spesso in corrispondenza dei continenti e più sottile in corrispondenza degli oceani che, insieme con la parte superiore rigida del mantello, forma la litosfera. La crosta oceanica forma il pavimento degli oceani ed è composta prevalentemente da basalti; la crosta continentale forma i continenti ed è composta prevalentemente da graniti.

D > Datazione, C88. Metodologia che stabilisce se uno strato roccioso è più antico o più recente di altri (datazione relativa) oppure che consente di conoscere l’età in anni di una roccia indipendentemente dal confronto con altre rocce (datazione assoluta). > Decadimento radioattivo, C88, C89. Fenomeno per il quale atomi radioattivi instabili emettono particelle, trasformandosi in altri atomi più stabili. > Delta, B60, C11, C85. Tipo di foce (Ü) con forma della lettera greca delta (Δ), che si forma quando la corrente del fiume è più forte di quella del mare. Si genera per l’accumulo di sedimenti trasportati dal fiume. > Densità, A21, B5, B50, B86. Grandezza fisica definita dal rapporto tra la massa di una sostanza e il suo volume. La densità dell’acqua a 4 °C vale 1 g/cm3. > Diamante, B86, B87. Minerale del carbonio con il massimo valore di durezza della scala di Mohs. (Durezza di un minerale Ü). > Diffusione della luce, B8. Deviazione in tutte le direzioni delle radiazioni luminose dovuta al pulviscolo e alle molecole dei gas dell’atmosfera. È responsabile del colore del cielo.

> Dinosauro, 8, C88, C89, C91. Rettile del Mesozoico estinto 65 milioni di anni fa. > Disgregazione fisica, C6. Insieme dei processi fisici che causano la demolizione delle rocce. > Dissoluzione, C7, C8, C11. Processo di solubilizzazione delle rocce carbonatiche per opera dell’acqua debolmente acida delle piogge. > Dolina, C11. Vasta cavità a imbuto che in profondità può terminare in un inghiottitoio in cui si convoglia l’acqua piovana. > Dolomia, B79, C85. Roccia che predomina nelle Dolomiti, costituita da carbonato di calcio e magnesio (CaCO3 · MgCO3). > Duomo vulcanico, C31. Accumulo cupoliforme di lava piuttosto viscosa che ristagna sul cratere e nel condotto di un vulcano. > Dorsale oceanica, C62, C65, C71. Enorme frattura che percorre il fondo degli oceani dalla quale fuoriesce il magma basaltico, che accresce il fondo oceanico. > Durezza di un minerale, B86, B87. Proprietà misurata con la scala di Mohs che attribuisce valori da 1 a 10 in base alla capacità di ogni minerale di scalfire gli altri o di esserne scalfito. E > Eclissi lunare, A40, A51. Occultamento del disco della Luna provocato dall’interposizione della Terra tra il Sole e la Luna. > Eclissi solare, A51. Occultamento del disco del Sole provocato dall’interposizione della Luna tra il Sole e la Terra. > Eclittica, A44. Percorso apparente del Sole nel corso dell’anno sullo sfondo della sfera celeste. > Effetto Coriolis, B18, B29, B54. Effetto della rotazione terrestre che tende a far deviare la direzione del movimento di qualsiasi corpo, che si muova liberamente sulla superficie terrestre, verso destra nell’emisfero settentrionale e verso sinistra nell’emisfero meridionale. La sua azione è visibile sulle correnti e sui venti costanti. > Effetto serra, B9, B11, B12. Fenomeno per il quale una parte del calore che raggiunge la superficie terrestre viene trattenuta negli strati bassi dell’atmosfera, facendo così salire la temperatura in

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prossimità del suolo. È causato dalla presenza nell’aria di anidride carbonica e vapore acqueo, che intercettano le radiazioni infrarosse emesse dalla Terra. El Niño, B57. Interruzione della risalita delle acque fredde e profonde al largo delle coste del Perù dovuta all’attenuazione dei venti alisei. Letteralmente «il Bambino Gesù», perché il fenomeno si presenta saltuariamente nel periodo di Natale. Elemento chimico, A23, B 86, B88. Sostanza formata da un unico tipo di atomi. Ellisse, A20, A30. Circonferenza leggermente appiattita che i pianeti e gli altri corpi celesti descrivono nelle loro orbite attorno al Sole. Ellissoide di rotazione, A41. Solido geometrico ottenuto facendo ruotare un’ellisse attorno a uno dei suoi assi. È la forma geometrica che più si avvicina a quella del nostro pianeta. Ematite, B84. Minerale costituito da ossido di ferro utilizzato per l’estrazione di questo metallo. Emisfero australe, boreale, Equatore (Ü). Epicentro, C48, C51, C52, C55. Punto della superficie terrestre situato sulla verticale del luogo di origine del terremoto o ipocentro (Ü). Equatore, A41, A42, A60, A62, B18, B32. Cerchio massimo del globo terrestre costituito da tutti i punti ugualmente distanti dai due Poli. Divide la Terra nell’emisfero boreale a nord e nell’emisfero australe a sud. Equinozio, A47, A48, A58. Giorno in cui il circolo di illuminazione passa per i Poli e la durata del dì è uguale a quella della notte (21 marzo e 23 settembre, rispettivamente equinozio di primavera ed equinozio d’autunno). Era, C89, C90, C91. Intervallo di tempo in cui è suddivisa la storia della Terra. Le ere, suddivise in periodi, sono: Precambriana, Paleozoica, Mesozoica e Cenozoica. Erosione, C4, C5, C10, C14. Azione meccanica e chimica degli agenti atmosferici e delle acque correnti che causano la disgregazione delle rocce. Espansione dei fondi oceanici, C64, C70. Processo di formazione di nuova crosta oceanica in

seguito alla solidificazione del magma che, fuoriuscendo dalle dorsali (Ü), determina l’ampliamento del fondo oceanico. > Estuario, B60, C11. Tipo di foce (Ü) con forma a imbuto, che si crea quando la corrente del mare è più forte di quella del fiume. > Evaporazione, B49, B52. Passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso, come quando l’acqua si trasforma in vapore acqueo. > Evaporite, B77. Roccia sedimentaria chimica costituita dai sali depositati sul fondo di antichi mari in seguito a evaporazione delle acque. F > Faglia, C45, C46, C47, C50, C66. Superficie di discontinuità creata dalla frattura tra due blocchi di roccia che nelle faglie attive scorrono l’uno rispetto all’altro. In una faglia diretta un blocco di roccia viene spinto sopra l’altro in seguito a una forza compressiva; in una faglia inversa un blocco sprofonda in seguito a una forza distensiva. Se i due blocchi rocciosi scorrono orizzontalmente l’uno in direzione opposta all’altro per effetto di forze di trazione, la faglia è detta trascorrente. > Falda acquifera, B61. Acqua del sottosuolo, presente nei pori e nelle fessure del suolo e delle rocce, derivante dalle acque piovane che scendono attraverso gli strati del terreno; si distingue in falda freatica, delimitata solo alla base da uno strato impermeabile, e falda artesiana, compresa tra due strati impermeabili. > Falesia, C14. Costa caratterizzata da ripide pareti rocciose a strapiombo sul mare. > Fase lunare, A32, A51. Aspetto dell’illuminazione del disco lunare che dipende dalle posizioni reciproche di Terra, Luna e Sole. La fase di Luna piena si ha quando la Terra è tra il Sole e la Luna; la fase di Luna nuova quando la Luna è tra il Sole e la Terra. > Feldspato (ortoclasio), B72, B84, C8. Minerale di colore rosato del gruppo dei silicati (Ü) componente il granito. > Fenocristallo, B75.Cristallo presente in una roccia a prevalente struttura microcristallina formatosi nelle prime fasi della solidificazione del magma.

> Fiordo, C13. Lunga insenatura marina dovuta all’occupazione da parte delle acque di mare di valli scavate dai ghiacciai. > Fiume, B59, B60. Corso d’acqua che scorre entro un alveo naturale e che viene alimentato dalle sorgenti, dalle precipitazioni e dalle acque di fusione dei ghiacciai. > Foce, B60, C11. Parte terminale di un fiume che sbocca nel mare o in un lago. In una foce a estuario i sedimenti si depositano al largo. In una foce a delta i sedimenti si accumulano ostacolando il flusso delle acque in mare. > Forza di attrazione gravitazionale, A22. Forza attrattiva che si esercita fra tutti i corpi dell’Universo (Legge di gravitazione universale Ü). > Fossa, A40, C46, C67. Profonda depressione del fondo oceanico che si sviluppa in una zona di subduzione (Ü), dovuta allo sprofondamento del margine di una placca oceanica al di sotto del margine di una placca continentale. > Fossile, C82, C88. Qualsiasi documentazione della vita del passato giunta fino a noi. Alcuni di essi, detti fossili guida, corrispondono a organismi che hanno avuto un’ampia diffusione per un tempo breve e sono utilizzati per compiere correlazioni che consentono una datazione relativa delle rocce. > Fossilizzazione, C82. Comprende i vari tipi di processi che portano alla trasformazione dei resti di un organismo in un fossile. Consiste sostanzialmente nella mineralizzazione (Ü), nella formazione di un modello esterno o interno e nella carbonificazione (Ü). > Fotosfera, A25. Superficie visibile del Sole. > Frangente, B55. Onda (Ü). > Fronte, B31. Superficie di separazione tra masse d’aria a diversa temperatura e umidità, quindi con diversa densità. > Fumarola, C28, C34. Manifestazione tardiva dell’attività vulcanica consistente nell’emissione anche piuttosto violenta di gas e vapori. > Fusione nucleare, A14. Processo mediante il quale vengono prodotti nuclei atomici di elementi più pesanti dall’unione di nuclei di elementi più leggeri. Nelle stelle come il Sole, quattro nuclei di idrogeno si uniscono

per formare un nucleo di elio. La perdita, durante il processo, di quantità molto piccole di materia libera enormi quantità di energia. > Fuso orario, A63. Suddivisione convenzionale della superficie terrestre, per la misura del tempo, in 24 spicchi compresi tra due meridiani distanti tra loro 15° di longitudine. Ogni fuso ha l’ora del proprio meridiano centrale. G > Gabbro, B74. Roccia magmatica macrocristallina di composizione simile al basalto, derivante dalla solidificazione di magmi basici in profondità. > Galassia, A17, A18. Gruppo di miliardi di stelle frammiste a polveri stellari e gas. La nostra Galassia, detta anche Via Lattea (Ü), ha una forma a spirale e contiene il Sistema solare. > Gesso, B78, B86. Minerale costituito da solfato di calcio di origine evaporitica. > Geyser, C34. Forma secondaria o tardiva dell’attività vulcanica consistente in un potente getto di acqua mista a vapore emesso ad alta temperatura. > Ghiacciaio, 2, B48, B58, C12. Grande massa di ghiaccio permanente sulla superficie terrestre che deriva da neve compattata dal peso della neve soprastante. > Gigante rossa, A14. Stella molto luminosa con un diametro molto grande. Rappresenta la fase instabile, che precede la morte, nell’attività di stelle come il Sole. > Glaciazione, 4, B39, B58, C84. Aumento dell’estensione dei ghiacciai come conseguenza di una diminuzione della temperatura media sulla Terra. > Gneiss, B82. Roccia metamorfica derivata dalla trasformazione del granito (Ü). > Grandine, B28. Precipitazione atmosferica di acqua allo stato solido, costituita da chicchi di ghiaccio disposto in strati sovrapposti, che si formano per congelamento della pioggia. > Granito, B72, B73, C7. Roccia magmatica intrusiva derivante dal lento raffreddamento e solidificazione in profondità di magmi ricchi di silice. H > Humus, C16. Materiale organico del suolo di colore scuro costituito dai prodotti della decomposizione dei resti animali e vegetali.

I > Idrolisi, C8. Reazione chimica di un composto con l’acqua. Con l’idrolisi i silicati si trasformano in minerali di argilla e sali solubili. > Idrosfera, B4, B48, B58. L’insieme di tutte le acque presenti sulla Terra: comprende gli oceani e i mari, le acque di superficie dei continenti, le acque sotterranee e l’acqua contenuta nell’atmosfera, i ghiacciai. > Igrometro, B9, B37. Umidità (Ü). > Impronta esterna, C83. Impronta lasciata dal corpo di un organismo all’interno dei sedimenti che sono diventati roccia e lo hanno ricoperto. > Inghiottitoio, C11. Apertura sul fondo di una dolina (Ü) attraverso cui, nelle zone carsiche, le acque penetrano nel sottosuolo. > Inversione termica, B14. Condizione dell’atmosfera in cui uno strato di aria calda in quota blocca uno strato di aria fredda vicino al suolo in modo che le sostanze inquinanti vengano intrappolate nello strato più basso e formino smog. > Ionosfera, B7. Involucro dell’atmosfera (Ü) compreso tra i 70 e i 1000 km di quota; contiene particelle di gas ionizzate, cioè dotate di carica elettrica. > Ipocentro, C48, C55. Punto all’interno della litosfera, a una profondità non superiore a 700 km, da cui ha origine un terremoto. > Isobara, B38. Linea che, sulla carta del tempo (Ü), collega i punti aventi uguale pressione. > Isoipsa (o curva di livello), A65. Linea tracciata su una carta geografica che unisce tutti i punti che si trovano alla stessa quota sul livello del mare. L > Lago, B49, B58, B60, C33. Massa d’acqua che occupa una depressione sulla superficie terrestre. > Lapillo, C30. Materiale espulso dai vulcani della dimensione di un sassolino. > Laterite, C17. Terra rossastra costituita essenzialmente da idrossidi e ossidi di ferro e di alluminio. > Latitudine, A61, B53. Distanza espressa in gradi, seguiti dall’indicazione Nord o Sud, di un punto della superficie terrestre (o di un parallelo) dall’Equatore.

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> Lava, B72, C27, C32. Denominazione che prende il magma quando, impoverendosi di gas, fuoriesce in superficie. > Legame idrogeno, B49. Legame chimico debole che tiene insieme le molecole d’acqua allo stato solido e liquido ed è responsabile delle caratteristiche particolari di questa sostanza. > Legge di gravitazione universale, A22. Due corpi si attraggono con una forza (Fg) che è direttamente proporzionale alle loro masse (m1 e m2) e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza (d). > Leggi di Keplero, A20. Leggi che descrivono il moto dei pianeti attorno al Sole. Prima legge: le orbite dei pianeti sono ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi. Seconda legge: il raggio vettore che dal Sole va a un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali. Terza legge: il periodo di rivoluzione di un pianeta aumenta all’aumentare della distanza del pianeta dal Sole. > Letto di un fiume, B59, C10. Alveo (Ü). > Limonite, C9. Minerale proveniente dall’ossidazione del ferro contenuto nei silicati delle rocce. > Linea del cambiamento di data, A64. Linea ideale sulla superficie terrestre che coincide con l’antimeridiano di Greenwich. Attraversandola si avanza di un giorno se si va da Est verso Ovest, si retrocede di un giorno se si va da Ovest verso Est. > Litificazione, B76, B77, C19. Processo di trasformazione dei sedimenti in roccia attraverso il costipamento dei materiali non consolidati (compattazione) e il successivo deposito tra i granuli che li compongono di materiale cementante come il carbonato di calcio (cementazione). > Litosfera, B4, B70, C27, C67, C68, C75. Lo strato rigido esterno della Terra, più spesso in corrispondenza dei continenti (litosfera continentale) e più sottile in corrispondenza degli oceani (litosfera oceanica), diviso in placche che si spostano in seguito ai movimenti trasmessi dalla parte fluida del mantello sottostante: l’astenosfera (Ü). > Livello di base, B52, C10. Destinazione ultima a cui la forza di gravità spinge l’acqua dei fiumi (livello del mare).

> Longitudine, A61. Distanza espressa in gradi, seguiti dall’indicazione Est od Ovest, di un punto della superficie terrestre (o di un meridiano) dal meridiano di Greenwich. > Luna, A31, A50. L’unico satellite naturale della Terra. È priva di atmosfera e la sua superficie è ricoperta da una fine polvere, detta regolite, e scavata da numerosi crateri dovuti all’impatto con meteoriti (Ü). M > Macchia solare, A24. Macchia scura che compare sulla superficie del Sole. La sua temperatura è più bassa rispetto al resto della superficie solare. > Magma, B71, B82, C19, C27, C65. Materiale roccioso fuso che, raffreddandosi e solidificando, forma le rocce magmatiche. > Magnetite, B84, B87. Minerale del ferro costituito da ossido di ferro, dotato di proprietà magnetiche e utilizzato per l’estrazione del metallo. > Magnitudo, C52, C55. Grandezza della scala (Ü) Richter che indica l’intensità di un terremoto valutata in base all’energia liberata. > Mantello, B70, C54, C74. Strato della Terra compreso tra il nucleo e la crosta. La sua parte rigida superiore e la crosta soprastante formano insieme la litosfera (Ü). La sua parte parzialmente fusa a comportamento plastico sottostante la litosfera costituisce l’astenosfera (Ü). > Marea, B56. Innalzamento e abbassamento periodico delle acque del mare causato dall’attrazione di gravità della Luna e del Sole e dalla rotazione terrestre. Le massime oscillazioni di marea si hanno quando Sole, Luna e Terra sono allineati. > Marmo, B81. Roccia metamorfica proveniente dal metamorfismo di rocce calcaree composta essenzialmente da calcite. > Massa d’aria, B16 B30. Estesa porzione della troposfera all’interno della quale umidità e temperatura sono abbastanza costanti. > Masso erratico, 2, C12. Grande masso trasportato dai ghiacciai nei periodi glaciali e abbandonato con la fusione del ghiaccio in seguito al rialzo della temperatura nei periodi interglaciali. > Materia interstellare, A18. Insieme di gas e polveri spesso

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concentrati in ammassi chiamati nebulose (Ü) per il loro aspetto simile alla nebbia. Materiale piroclastico, C31. Materiale vulcanico costituito da frammenti di rocce di varia grandezza, ceneri e lapilli. Meandro, C10. Ampia curva del percorso di un fiume che avanza lentamente in zone di scarsa pendenza o in pianura. Meridiano, A60, A64. Circolo ideale che passa per entrambi i Poli; è determinato dall’intersezione della superficie terrestre con piani passanti per l’asse terrestre. Più propriamente si intende la metà di ogni circolo massimo (l’altra metà è detta antimeridiano). Il meridiano fondamentale, dal quale ha inizio per convenzione la numerazione di tutti gli altri, passa per Greenwich. Mesosfera, B7. Involucro dell’atmosfera (Ü) costituito da gas molto rarefatti, compreso tra i 50 e gli 80 km di quota, in cui la temperatura diminuisce rapidamente fino a -80 °C. Comprende la ionosfera (Ü). Mesozoico, C70. Era (Ü). Metamorfismo, B81,C19, C67. Processo di trasformazione delle rocce in seguito alle modificazioni mineralogiche causate in esse da grandi pressioni o alte temperature. Meteorite, A32. Corpo solido extraterrestre che, attratto dalla forza di gravità della Terra, giunge al suolo. Meteorologia, B37. Scienza che studia lo stato della troposfera e ne prevede l’evoluzione. Mica, B72, B85, C6. Minerale sfaldabile appartenente al gruppo dei fillosilicati (silicati Ü). Millibar (mbar), B15. Unità di misura della pressione atmosferica utilizzata in meteorologia (1 atm = 1013 mb). Atmosfera (atm Ü). Minerale, B72, B83, C7. Corpo solido cristallino con una specifica composizione chimica. Mineralizzazione, C83. Processo di fossilizzazione che consiste nella impregnazione da parte di minerali dei resti di piante o animali. Modello interno, C83. Modello ottenuto dal riempimento con sedimenti della cavità sulle cui pareti è impressa l’impronta esterna (Ü). Mofeta, C34. Manifestazione tardiva dell’attività vulcanica consistente in tranquille emissioni di anidride carbonica.

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> Monsone, B19. Vento periodico che spira nella regione indiana; in estate è un vento umido che soffia dall’Oceano Indiano verso la terraferma (monsone di mare) e in inverno è un vento secco che soffia in direzione opposta (monsone di terra). > Morena, B58, C12. Deposito glaciale costituito da accumuli di materiali non selezionati come terriccio, sabbie, ghiaie e massi rocciosi. N > Nana bianca, A15. Piccola stella molto densa che ha esaurito il combustibile nucleare, ma conserva del calore residuo. Rappresenta la fase evolutiva finale di stelle come il Sole. > Nebbia, B10, B27. Sospensione di minute goccioline d’acqua che si forma per condensazione di vapore acqueo negli strati dell’atmosfera vicini al suolo. > Nebulosa, A14, A16. Nube di polveri e gas da cui hanno origine le stelle. > Neve, B28, B52. Precipitazione atmosferica solida costituita da cristalli di ghiaccio aggregati in fiocchi che si formano a temperature minori di 0 °C. > Nube (o nuvola), B26, B52. Ammasso di minuscole gocce d’acqua (generalmente con diametro inferiore a 0,02 mm) che si forma nella troposfera per condensazione del vapore acqueo intorno a particelle di pulviscolo che fungono da nuclei di condensazione. Esistono diversi tipi di nubi: un esempio sono i cumulonembi, scure nubi temporalesche a forma di torre. > Nucleo terrestre, B70, B88, C27, C54. Parte centrale del globo terrestre, posta oltre la profondità di 2900 km, che si ritiene costituita da ferro e nichel. È composto da un nucleo esterno fuso e da un nucleo interno solido. > Nucleo solare, A14, A24. Parte più interna del Sole, in cui avvengono le reazioni di fusione nucleare (Ü). > Nummulite, B79, C88. Fossile di foraminiferi della grandezza di una monetina utile come fossile guida del Cenozoico. O > Onda, B55, C50. Movimento oscillatorio generato dal vento che interessa le particelle d’acqua superficiali. Quando la cresta dell’onda si rompe spumeggiando si parla di frangente.

> Onda sismica, C51, C54. Perturbazione che, dall’ipocentro (Ü) di un terremoto, si propaga dall’interno verso la superficie terrestre mediante vibrazioni che si trasmettono da una particella rocciosa all’altra. > Orbita, A18, A20. Traiettoria percorsa da un pianeta o da un altro corpo celeste nel moto di rivoluzione attorno al Sole. > Orogenesi, C68. Insieme dei processi di deformazione dei margini di placche litosferiche che, scontrandosi, generano quei corrugamenti della crosta che formano le catene montuose. > Ossidiana, B75. Roccia scura effusiva vetrosa detta anche vetro vulcanico. > Ozono, B6, B12. Sostanza gassosa formata da molecole triatomiche di ossigeno (O3) che raggiunge la massima concentrazione a livello dell’ozonosfera (Ü). L’ozonosfera scherma le radiazioni ultraviolette del Sole. > Ozonosfera, B12. Ozono (Ü). P > Paleomagnetismo, C70. Antica magnetizzazione dei minerali ferromagnetici delle rocce che perdura nel tempo e dalla quale si può desumere la variazione nel corso delle ere geologiche della posizione dei continenti o dei fondi oceanici. > Paleozoico, C88. Era (Ü). > Pangea, C70. Il supercontinente dalla cui frantumazione, iniziata nel Mesozoico circa 200 milioni di anni fa, sono derivati gli attuali continenti. > Pantalassa, C70. Grande oceano nel quale i continenti derivati dalla frantumazione del Pangea (Ü) «andarono alla deriva». > Parallelo, A60, A66. Circolo ideale parallelo all’Equatore, determinato dall’intersezione della superficie terrestre con piani perpendicolari all’asse terrestre. > Perielio, A20, A45. Punto di minima distanza di un pianeta dal Sole nell’orbita attorno a esso. > Permafrost, B32. Stato di congelamento perenne del sottosuolo delle regioni artiche. > Petrolio, B79. Risorsa energetica costituita da una miscela di idrocarburi derivati dalla trasformazione di resti di microrganismi acquatici intrappolati nei sedimenti divenuti roccia madre. > Pianeta, A12, A23. Uno dei nove

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corpi celesti che ruotano attorno al Sole e vengono illuminati da questo. I pianeti si distinguono in pianeti terrestri, situati nelle regioni più interne del Sistema solare, che hanno alta densità e composizione rocciosa (come la Terra e Marte) e pianeti gioviani, più esterni, caratterizzati da massa grande e bassa densità (come Giove e Saturno). Piano di Benioff, C67. Area inclinata sede di terremoti, corrispondente alla superficie della placca che si immerge per subduzione (Ü) al di sotto di un’altra. Pianura alluvionale, C10. Territorio pianeggiante formatosi in seguito al riempimento con depositi fluviali di bacini o valli. Piattaforma continentale, C18. Il bordo sommerso dei continenti che corrisponde alla loro continuazione al di sotto delle acque; è lievemente digradante fino alla ripida scarpata continentale (Ü). Piega, C45. Deformazione della crosta terrestre sottoposta a forze di compressione. Pioggia, B28, B52. Precipitazione atmosferica caratterizzata dalla caduta di gocce d’acqua di diametro superiore a 0,5 mm. Pioggia acida, B10. Pioggia contaminata da sostanze chimiche inquinanti, soprattutto ossidi di zolfo e azoto, che producono con l’acqua piovana acidi diluiti. Placca, B4, B70, C62, C68. Porzione di litosfera che si muove lentamente, trascinata dai moti della sottostante astenosfera. Plutone, B71, C36. Grande corpo roccioso intrusivo proveniente dalla solidificazione di magma in profondità. Pluviometro, B29, B37. Strumento che serve a misurare la quantità di millimetri di pioggia caduta in un determinato luogo. Pomice, B75. Pietra vulcanica costituita da un frammento di lava leggero e poroso per le piccole cavità lasciate dalla liberazione dei gas in seguito al rapido raffreddamento. Porfido, B75. Roccia ignea effusiva con fenocristalli (Ü). Precambriano, C90. Era (Ü). Precipitazione chimica, B77. Processo in seguito al quale le acque depositano sul fondo del recipiente o del bacino che le contiene sostanze che erano in soluzione.

> Pressione atmosferica, B13. È la pressione che l’aria esercita in ogni direzione sui corpi a contatto con essa. A livello del mare, si assume come pressione normale il valore di 1 atmosfera (atm) equivalente al peso di una colonna di mercurio alta 760 mm e agente su 1 cm2 di superficie. La pressione atmosferica varia con l’altitudine, con la temperatura e con l’umidità. > Proiezione geografica, A66. Procedimento grafico che consente di costruire le carte geografiche, cioè di rappresentare su un piano la superficie sferica della Terra. Sono esempi le proiezioni prospettiche e le proiezioni di sviluppo. > Protostella, A16. Fase di nascita di una stella a seguito della contrazione gravitazionale di una nebulosa. La fase di protostella precede l’innesco delle reazioni nucleari; a partire da quel momento si ha una stella. > Puddinga, B76, B77. Conglomerato (Ü). Q > Quarzo, B72, B86. Minerale particolarmente diffuso costituito da ossido di silicio (SiO2). R > Regolite, A31. Luna (Ü). > Regressione, C86. Variazione del livello del mare che si abbassa con conseguente spostamento della linea di costa verso il largo. > Reticolato geografico, A60, A66. Rete immaginaria costituita dai paralleli e dai meridiani, tra loro perpendicolari. > Reticolo cristallino, B84. Struttura ordinata e regolare che deriva dalle posizioni occupate nello spazio dagli atomi o ioni che formano un cristallo. > Rift, C65. Linea di frattura che si genera nelle prime fasi della formazione di un oceano. > Rivoluzione, A20, A44. Moto di un pianeta in un’orbita ellittica attorno al Sole. > Roccia, B71, B83, C19. Aggregato di minerali. Le rocce si distinguono in base all’origine in: rocce magmatiche, che provengono dalla solidificazione di magmi, rocce sedimentarie, che provengono dal consolidamento di sedimenti, e rocce metamorfiche, che sono il prodotto del metamorfismo (Ü).

> Rotazione, A13, A21, A40, A42, A45, B18. Moto di un pianeta attorno al proprio asse. S > Salgemma, B77, B84. Roccia di tipo evaporitico costituita da cloruro di sodio, il comune sale da cucina. > Salinità, B53, B78. Contenuto di sali dell’acqua marina. Si esprime di solito in grammi di sale su 1000 g di acqua (la salinità media degli oceani, per esempio, è 35). > Satellite, A21, A31, A50, B37. Corpo celeste che ruota in orbita attorno a un pianeta. I satelliti possono essere naturali, come la Luna, oppure artificiali. > Saturazione (aria satura), B26. Quantità massima (100%) di vapore acqueo presente nell’aria a una determinata temperatura. (Umidità Ü). > Scala, A65. Rapporto tra le distanze rappresentate sulla carta e quelle realmente esistenti sul terreno. > Scala, C52. Scala Mercalli: scala che, mediante numeri romani (da I a XII) indica l’intensità di un sisma, rilevata in base ai danni prodotti in superficie. Scala Richter: scala che utilizza i valori della magnitudo ottenuti dal rilevamento della quantità di energia liberata dal sisma. > Scala di Mohs, B86. Durezza di un minerale (Ü). > Scarpata continentale, C18. Parte del fondo oceanico, caratterizzata da una ripida pendenza, che raccorda la piattaforma continentale con i fondi abissali. > Sedimento, B76, B83, C82. Materiale non consolidato che, in seguito a litificazione (Ü), si trasforma in roccia. > Selce, B79. Roccia dura e compatta costituita da gusci o scheletri di microrganismi formati da silice. > Sfaldatura, B85. Proprietà dei cristalli di rompersi secondo piani prestabiliti. > Sfera celeste, A13. Sfera immaginaria nel cielo attorno alla Terra, su cui sembrano situate le stelle e gli altri corpi celesti. > Silicato, B70, B72, B84, B85, C8. Minerale costituito da silicio, ossigeno e metalli disposti in un reticolo cristallino formato da unità tetraedriche. Componente fondamentale di rocce ignee come i graniti e i basalti.

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> Silice, B73, B79, B89. Denominazione usata per indicare il biossido di silicio (SiO2) che, nella sua forma cristallina più stabile, costituisce il quarzo (Ü). > Sismografo, C49. Strumento che consente di registrare mediante un sismogramma i movimenti della superficie terrestre causati dalle onde sismiche. > Sismogramma, C49. Sismografo (Ü). > Sistema solare, A12, A23. Il Sole e tutti i corpi, come pianeti, asteroidi, satelliti, comete, polvere e sassi che sono in orbita attorno a esso. > Soffione boracifero, C34. Manifestazione vulcanica secondaria consistente in violente emissioni di vapore acqueo e acido borico ad alta temperatura. > Sole, A16, A18, A24. Stella di media grandezza, costituita da idrogeno (73%), elio (25%) e in minima parte da altri elementi (2%). > Solfatara, C34. Manifestazione vulcanica secondaria consistente in esalazioni ad alta temperatura di vapore acqueo e acido solfidrico. > Solstizio, A46. Il punto dell’orbita terrestre in corrispondenza del quale i raggi del Sole colpiscono perpendicolarmente i punti della superficie terrestre situati sul Tropico del Cancro (21 giugno, solstizio d’estate) o sul Tropico del Capricorno (22 dicembre, solstizio d’inverno). > Solubilità, B51, B86. Quantità massima di soluto che può sciogliersi in una data quantità di solvente a una certa temperatura. > Soluzione, B51. Miscuglio omogeneo nel quale una sostanza solida, liquida o gassosa si è sciolta in un liquido, disperdendosi uniformemente. La sostanza disciolta è detta soluto, la sostanza che scioglie è detta solvente. > Sorgente, B61. Punto in cui una falda acquifera incontra la superficie terrestre e le acque sotterranee vengono allo scoperto. > Stagione, A45. Il periodo di tempo (primavera, estate, autunno, inverno) in cui è diviso l’anno solare; ogni stagione è compresa tra un equinozio e

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un solstizio (o viceversa tra un solstizio e un equinozio). Le stagioni sono dovute al moto di rivoluzione della Terra e all’inclinazione dell’asse terrestre. Stalagmite, C11. Roccia a forma di colonna che si forma a partire dal pavimento delle grotte in seguito al deposito chimico di carbonato di calcio. Stalattite, C11. Roccia a forma di colonna che pende dalle volte delle grotte. Si forma per il deposito chimico di carbonato di calcio. Stella, A13, A16. Enorme sfera di gas nella quale avvengono reazioni di fusione nucleare che emettono energia sotto forma di luce, calore e altri tipi di radiazione. La stella più vicina alla Terra è il Sole. Stratosfera, B6, B12. Secondo involucro dell’atmosfera (Ü) compreso tra i 10 e i 50 km di altezza;è costituto da gas rarefatti e caratterizzato dalla presenza di una zona più calda formata da ozono (Ü), chiamata per l’appunto ozonosfera. Stratovulcano, C32. Vulcano a forma di cono, costituito dall’alternanza della stratificazione di ceneri e di lave. Subduzione, C67. Sprofondamento di una placca oceanica al di sotto di una placca continentale conseguente al loro scontro. Suolo, C16. Accumulo in superficie dei prodotti di demolizione delle rocce cui si aggiungono materia organica in decomposizione, gas e acqua con sali in soluzione.

T > Tempo atmosferico (o meteorologico), B30, B37. Stato dell’atmosfera in un dato momento e in una certa località. > Tempo di dimezzamento, C88. Tempo impiegato perché la metà di una sostanza radioattiva si trasformi (o decada) in un elemento stabile. > Teoria eliocentrica, A19. Secondo questa idea proposta da Niccolò Copernico nel 1532, la Terra non è al centro dell’Universo (come invece sosteneva la teoria geocentrica di Tolomeo), ma è un pianeta che, come gli altri, orbita attorno al Sole.

> Teoria geocentrica, A19. Teoria elaborata da Tolomeo nel 141 d.C., secondo la quale la Terra starebbe immobile al centro dell’Universo mentre ogni altro corpo celeste le ruota intorno. > Termoclino, B53. Intervallo di profondità, compreso tra i 500 e i 1000 m, in cui si ha una rapida diminuzione della temperatura delle acque oceaniche. > Termosfera, B7. Involucro dell’atmosfera (Ü), costituito da gas molto rarefatti, che si estende oltre gli 80 km di quota; comprende la ionosfera (Ü). > Terremoto (o sisma), C47, C49. Improvvisa vibrazione della Terra dovuta all’energia liberata in seguito a fratture che avvengono nelle rocce in profondità. > Tetide, C69. Oceano che si estendeva in senso EstOvest per alcune migliaia di kilometri separando l’antico continente eurasiatico dall’antico continente africano. Il Mediterraneo e il Mar Caspio ne sarebbero i mari relitti. > Trasgressione, C86. Variazione del livello del mare che si innalza con conseguente spostamento della linea di costa verso la terra. > Travertino, B77. Roccia calcarea di deposito chimico comune in Italia. > Trilobite, C87, C90. Antico artropode del Paleozoico simile a un crostaceo, utile come fossile guida. > Troposfera, B6. Involucro dell’atmosfera (Ü) vicino al suolo, in cui avvengono i fenomeni meteorologici; è costituito dai gas dell’aria. > Tsunami, C47, C50. Onda marina di altezza eccezionale prodotta da un terremoto sottomarino (maremoto). > Tufo, B77. Roccia derivata da prodotti piroclastici consolidati sulla superficie terrestre. U > Umidità, B9. Quantità di vapore acqueo presente nell’aria. Quando l’umidità è espressa in percentuale ci si riferisce al rapporto tra la quantità di vapore acqueo presente nell’aria e la quantità massima di vapore che, alla stessa temperatura, potrebbe esservi contenuto. L’umidità atmosferica si misura con l’igrometro.

XIV Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

> Unità astronomica (UA), A12. Unità di misura usata in astronomia per esprimere le distanze nel Sistema solare. 1 UA equivale a circa 150 milioni di kilometri (distanza media TerraSole). > Upwelling (risalita), B57. Processo mediante il quale le acque profonde degli oceani fluiscono verso l’alto e rimpiazzano l’acqua in superficie spostata dal vento. V > Vento, B16, B18, B36. Movimento orizzontale di una massa d’aria da un’area della superficie terrestre in cui la pressione è maggiore (alta pressione) verso un’area in cui la pressione è minore (bassa pressione). Nel loro fluire i venti subiscono una deviazione per effetto della rotazione terrestre (effetto Coriolis Ü). I venti si classificano in venti costanti, che spirano sempre nella stessa direzione (come per esempio gli alisei), e venti periodici, che spirano in direzione alterna in determinati periodi di tempo (come monsoni e brezze). > Vento solare, A25. Flusso di particelle dotate di carica elettrica, emesse in continuazione dal Sole, che si diffondono in tutto il Sistema solare. > Via Lattea, A17. L’insieme di stelle della nostra Galassia viste dalla Terra. Per estensione, viene chiamata così anche l’intera nostra Galassia. > Vulcano, C27, C28, C36. Apertura della superficie terrestre in comunicazione con una camera magmatica posta in profondità, dalla quale risale il magma che effonde in superficie. Gli edifici costruiti dall’attività vulcanica sono essenzialmente gli stratovulcani (Ü) e i vulcani a scudo (Ü). > Vulcano a scudo, C32, C36. Vulcano di forma appiattita e larga, tipica dei vulcani hawaiani, costituito da colate di lava sovrapposte. Z > Zona radiativa, A24. Zona intermedia del globo del Sole, in cui l’emissione prodotta dal nucleo viene trasferita attraverso assorbimento e riemissione di radiazioni.

fonti delle illustrazioni

Fonti delle illustrazioni Unità 3 p. 57 (a sinistra) D. Sabljak/ Shutterstock, (a destra) J. Janovskiene/Shutterstock; 8 A. Segre/Alamy; 11 J. Stock/ L.R onchi/GettyImages; 13a, b, T.C.I., Milano 1983; 13c Zanichelli Editore, Bologna 1988; E (scheda) NASA/Genesis, 2002; p. 70 Touring Club Italiano. sezione B

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XV Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

sezione C Unità 1 p. 2 A Chromorange/Tips, B A. Modelli, C D. M. Mazzola/Marka, D J.Hubert /Getty Images; p. 3 R. Greco, C. Engelaere; 1 S. Schnurer, 1988; 4 D. Jeske, 1997; 5 S. Finn/ Shutterstock; 6b A. Gainotti, 2005; 7 F. Piro, 2003; 8 D. Savi, 2005; 9 da R. Siever, Sabbia, cit.; 10 A. Gainotti, 2005; 11 L. Baldassarre, Novara; 12 Corbis/Yann Arthus-Bertrand; A (scheda) Archivio C.G.E.B.; 13 M. Marisaldi, 2007; 14 da B. Brown, L. Morgan, Il grande pianeta, cit.; 16 H. Dressler, Schutzumsclag, Vorsatz; 17 J. Arnold Images Ltd/Alamy; 19 da R. Siever, Sabbia, cit; 20 Archivio del centro monitoraggio geologico; 23 Marka; 25 V. Bogaerts/Shutterstock; 26a Airone, febbraio 1983; p. 23 Fizpok/Shutterstock.

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Unità 2 p. 24 A A. Naeg/AFP/Getty Images, B J. Endriss/Shutterstock, C B. Parren/Shutterstock, D F. Reno/Shutterstock, E N.Cirani, 1973, F M. Cipollini/Getty Images, G BIO/TIPS, H M. Iodice; p. 25 N Rona/Oar/National Undersea Research Program/Noaa/ Science Photo Library; 1 da B. Brown, L. Morgan, Il grande pianeta, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1989; 7a Airone, giugno 1984; 7b G. Braasch/Corbis; 8 Airone, apr. 1990; 9 Photononstop/TIPS; 10a Mary Evans Picture Library e Ray Fairbanks; 11 BerthouleNature, Chamalières, Francia, 1982; 12 National Geographic, 1990; 14 T. Bean, 1985; 17 Newphotoservie/Shutterstock; 18 IGDA, Milano, 1982; 19 R. Ressmeyer/Corbis; B (scheda) Aqua, maggio 1994; C (scheda) Istituto di geologia marina, CNR, Bologna, 2004; D (scheda) Le Scienze - Quaderni, n. 93, dic.1996; p. 41 Sorrentino/ Science Photo Library . Unità 3 p. 42 A J. Andersen/Shutterstock, B Grazia Neri, C Peri - Percossi/ epa/Corbis; 1 A. Jones/Photo Researchers/SIS Images; 2 G.P. Motti, Cento nuovi mattini, Zanichelli, 1981; 3 Kohy/ Shutterstock; 4a C. Ken M. Johns/Photo Researchers/SIS Images; 4b Grazia Neri; 4c US Geological Survey; 7a Grazia Neri; 7b California Historical Society, San Francisco; 8 Sverrir Vilhelmsson/ Morgunbladid/AP, Le scienze, n. 414, febbraio 2003; 10 Atlante de la Repubblica, aprile 2009, (riquadro) T. Stajduhar/Shutterstock; 14a White Images/Scala, Firenze; 14b Bettmann/Corbis; 15 David Parker/Science Photo Library; 16a C.Testi/Shutterstock, 16b D. Truscello/Getty Images; C (scheda) da E. Zuppi. Unità 4 1 Edmaier/Science Photo Library; 6d Worldsat International; 7 Nasa, Press Release, 2008; 8c T. Boland/Shutterstock; 8d J. Cejpek/Shutterstock; 8e, f, g AFP/Grazia Neri; 9 Tom Van Sant/Planetary Visions/Geosphere Project; 11b Nasa, Press Release, 2008; 16 A. Ferrari-A. Ferrari; p. 79 Photo Disc, Seattle, WA, 1997.

XVI Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico

Alba Gainotti Alessandra Modelli

Dentro le scienze della Terra Terza edizione di Questo pianeta Il corso è caratterizzato da uno stile comunicativo «morbido», che affronta con gradualità le spiegazioni teoriche: dal più semplice (le sfere dell’aria, dell’acqua e delle rocce) al più complesso (le dinamiche della Terra e la tettonica). Una guida sicura e aggiornata che segue l’approccio più naturale per lo studente. Nel libro • Prova a fare: le aperture di unità invitano all’osservazione e propongono attività pratiche, per entrare subito in argomento e favorire un atteggiamento attivo. • Impara a imparare: una verifica delle competenze più complesse, dalle mappe concettuali da costruire agli esercizi in inglese, dagli inviti alla discussione all’analisi di situazioni reali. • L’unità introduttiva è dedicata al metodo scientifico e alla sua applicazione nelle scienze naturali. Online su www.online.zanichelli.it/dentrolescienzedellaterra In questo volume: • Itinerari geologici attraverso l’Italia (96 pagine) Nell’edizione con CD-ROM e online con chiave di attivazione * • 10 lezioni con animazioni (25 minuti), sintesi dei principali concetti del libro • 120 esercizi interattivi *Vai su www.online.zanichelli.it/dentrolescienzedellaterra e segui le istruzioni che compaiono sullo schermo. La configurazione completa del corso è in seconda di copertina

Alba Gainotti, Alessandra Modelli DENTRO LE SCIENZE DELLA TERRA 3° ediz. di Questo Pianeta © Zanichelli 2010, Vol. unico