Da Kussara a Karkemish. Storia del regno ittita

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Laboratorio di Vicino Oriente antico 1

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Stefano de Martino

Da Kussara a Karkemish storia del regno ittita

LoGisma editore

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Laboratorio di Vicino Oriente antico 1 Collana diretta da Stefano de Martino (Università di Torino)

Comitato scientifico Elena Devecchi (Università di Torino), Mauro Giorgieri (Università di Pavia), Simonetta Graziani (Università di Napoli “L’Orientale”), Lucio Milano (Università di Venezia “Ca’ Foscari”), Clelia Mora (Università di Pavia), Luca Peyronel (Università IULM, Milano)

–§– Tutti i manoscritti sono sottoposti alla valutazione del Comitato scientifico prima di essere accettati per la pubblicazione

Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo dell’Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Studi Storici

–§–

Stefano de Martino, Da Kussara a Karkemish, storia del regno ittita Copyright © 2016 - LoGisma editore - www.logisma.it Stampato in Italia

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Indice

Premessa

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1. I re di Kussara e Nesa

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1.1. L’Anatolia nei primi secoli del II millennio a.C.

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1.2. Kültepe/Kanesh

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1.3. Il regno di Anitta .

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1.4. La mappa etno-linguistica dell’Anatolia nel Medio Bronzo .

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2. L’Antico Regno

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2.1. I primi re di Hatti .

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2.1.1. La dinastia di Hatti: una premessa

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2.1.2. Huzziya I

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2.1.3. Il re Labarna .

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2.2. Hattusili I .

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2.2.1. Le imprese militari di Hattusili I sulla base delle fonti ittite.

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2.2.2. Rivalità all’interno della famiglia reale .

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2.3. Mursili I

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2.3.1. La spedizione contro Babilonia

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2.3.2. Il “Canto della Liberazione”

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2.4. Hantili e i suoi successori .

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2.5. Telipinu

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2.5.1. L’Editto di Telipinu come fonte storica

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2.5.2. Gli eventi del regno di Telipinu

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2.5.3. La norma che definisce la successione al trono

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2.6. I successori di Telipinu

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3. Il Nuovo Regno

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3.1. Tuthaliya I

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3.1.1. La periodizzazione della storia ittita e la successione dei sovrani 38 3.1.2. Le campagne militari di Tuthaliya I

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3.1.3. L’adozione della scrittura luvio geroglifica

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3.2. Arnuwanda I

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3.2.1. La scelta di Arnuwanda come erede al trono e la co-reggenza

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3.2.2. I primi contatti con genti egee

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3.2.3. L’Anatolia settentrionale e orientale

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3.2.4. L’amministrazione del paese

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3.2.5. Il principe Kantuzili, sacerdote a Kizzuwatna

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3.3. Tuthaliya II

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3.3.1. Il fascino della cultura hurrita

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3.3.2. Il regno di Arzawa

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3.3.3. Un’età di crisi politica? .

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3.3.4. Il generale Suppiluliuma .

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3.4. Suppiluliuma I

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3.4.1. Le fonti relative al regno di Suppiluliuma I

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3.4.2. La cronologia

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3.4.3. La conquista della Siria .

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3.5. Mursili II .

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3.5.1. Gli Annali e Le Gesta

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3.5.2. L’eclisse di sole .

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3.5.3. La conquista del regno di Arzawa 3.5.4. La Siria e l’Anatolia orientale

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3.5.5. Ancora conflitti a corte: la tawananna babilonese 3.6. Muwatalli II

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3.6.1. Una realtà familiare complessa .

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3.6.2. L’Anatolia occidentale: un nuovo re a Wilusa

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3.6.3. La nuova capitale: Tarhuntassa .

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3.6.4. La battaglia di Qadesh

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3.7. Il principe Hattusili

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3.8. Mursili III .

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3.9. Hattusili II

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3.9.1 La politica internazionale .

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3.9.2. Tarhuntassa e l’Anatolia occidentale

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3.9.3 L’età della “Pax hethitica”

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3.9.4. Il rilievo rupestre di Fıraktın

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3.10. Tuthaliya III

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3.10.1. Il principe Tuthaliya nell’ombra del padre

3.10.2. Kuruntiya re di Tarhuntassa e l’ipotesi di un colpo di Stato

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3-10.3. Le relazioni con l’Assiria tra rivalità e cooperazione

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3.10.4. L’Anatolia occidentale: ulteriori situazioni di instabilità politica

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3.10.5. La famiglia reale: una congiura e un divorzio

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3.10.6. Discontinuità e continuità nel culto per le divinità

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3.11. Arnuwanda e Suppiluliuma II

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3.11.1. Le fonti cuneiformi e luvio geroglifiche .

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3.11.2. Hatti e Alashiya .

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3.11.3. L’iscrizione della “Camera 2” .

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3.11.4. Affermazioni autonomistiche all’interno del regno di Hatti

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4. La fine di Hatti e il passaggio della regalità a Karkemish

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4.1. L’abbandono di Hattusa

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4.2. Movimenti di popoli e crisi degli stati del Tardo Bronzo

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4.3. Le ricadute sul territorio anatolico .

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4.4. Karkemish e l’eredità di Hatti

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5. I sovrani di Hatti

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6. I sovrani delle principali dinastie subordinate a Hatti .

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7. Bibliografia .

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8. Tavole

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8.1. L’Anatolia in età ittita

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8.2. Hattusa

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8.3. La Turchia 9. Indici

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Premessa

Questo volume inaugura una serie, Laboratorio di Vicino Oriente antico, dedicata a raccogliere opere per la didattica di livello universitario in vari campi, storico, filologico, linguistico, archeologico, tutti però relativi al mondo vicino orientale antico. L’intento è quello di fornire materiali per gli studenti, i giovani studiosi, o anche i lettori appassionati di Orientalistica, che servano da approfondimento e siano aggiornati, dando riferimenti bibliografici relativi a contributi di recente pubblicazione. Gli insegnamenti di discipline del Vicino Oriente antico sono ormai accesi in molte università italiane e riscuotono un notevole interesse tra gli studenti. Non sono ancora molti i testi di studio in lingua italiana reperibili e aggiornati, mentre una manualistica di ottimo livello è fruibile in volumi in tedesco e in inglese. Per quanto la conoscenza delle lingue straniere sia uno strumento indispensabile per qualsiasi studente di Orientalistica, ci sembra opportuno intensificare la produzione di testi didattici in italiano. Il termine “laboratorio” vuole enfatizzare il fatto che i volumi pubblicati in questa collana sono il risultato di una sperimentazione didattica svolta tra docenti e studenti e che saranno periodicamente aggiornati nell’ottica di fornire strumenti di conoscenza sempre attuali e funzionali alle esigenze didattiche.

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Il volume che qui si presenta intende dare una panoramica approfondita della storia politica del regno di Hatti dalle origini al suo collasso. Nelle trascrizioni di nomi di persona, teonimi e toponimi ittiti si è seguita la convenzione di rendere i segni cuneiformi composti con Š semplicemente come “s”, non essendovi ancora certezza su quale fonema questo segno, impiegato in accadico per una sibilante palatale sorda, potesse rendere in ittita. Diversamente si è trascritto “sh” nei termini accadici e hurriti. I segni cuneiformi contenenti , che verosimilmente rendevano una fricativa velare, sono stati trascritti con “h”, fonema che però va pronunciato “ch”, come ad esempio nel nome del compositore Bach. Per una trattazione sulla fonetica e più in generale della lingua ittita si rimanda al recente volume di Rita Francia (2012). Le carte geografiche e il disegno della copertina sono stati elaborati dall’architetto Claudio Fossati del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino. Gli indici sono a cura della Dott.ssa Violetta Cordani. Ringrazio entrambi per il loro prezioso lavoro. La mia gratitudine va anche alla Dott.ssa Elena Devecchi che ha letto il manoscritto di questo volume e ne ha discusso lungamente con me.

Torino, settembre 2016 Stefano de Martino

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1. I re di Kussara e Nesa

1.1. L’Anatolia nei primi secoli del II millennio a.C. Le fonti a nostra disposizione sull’Anatolia dei primi secoli del Medio Bronzo sono costituite quasi esclusivamente dai documenti paleo-assiri relativi alle attività economiche condotte da imprese commerciali che avevano la loro base nella città di Assur e filiali in vari centri anatolici. La gran parte di questa documentazione viene dal sito di Kültepe, che nelle fonti assire porta il nome di Kanesh (v. § 1.2.). Esso ospitava un grande emporio commerciale (in accadico: kārum), collegato con la madre patria Assur e con una serie di altri centri anatolici. I mercanti assiri portavano in Anatolia stagno e stoffe di pregio che vendevano agli Anatolici in cambio di argento; era un commercio di profitto organizzato in maniera complessa e gestito con grande cura da famiglie di imprenditori assiri (Larsen 2015). Kanesh era indubbiamente uno dei mercati principali, ma non era l’unico centro politicamente ed economicamente importante dell’Anatolia di questo periodo. Le fonti paleo-assire mostrano che vi erano una serie di potentati che interagivano tra di loro in maniera a volte pacifica e a volte bellicosa e partecipavano agli scambi economici che i mercanti assiri conducevano. Gli itinerari che le carovane dei mercanti assiri seguivano sono state ricostruite grazie ad un paziente lavoro di analisi dei toponimi menzionati nelle tavolette di Kültepe e in quelle rinvenute in altri siti anatolici (Barjamovic 2011). Resta, però, difficile dire se vi fosse una vera e propria rete stradale la cui costruzione e manutenzione avrebbe dovuto essere a carico dei potentati anatolici attraverso cui le carovane passavano (Barjamovic 2011, 19-26). In Anatolia sud-orientale i centri principali erano: Hahhu, sito che viene localizzato presso un luogo di attraversamento del fiume Eufrate o a Lidar Höyük o a Samsat (Barjamovic 2011, 87-107); Zalpa/Zalpar/Zalpuwa, localizzabile presso il sito moderno di Tilmen Höyük (Archi 2008b; Barjamovic 2011, 107-122) e da tenere distinta dall’omonimo centro dell’Anatolia set11

tentrionale (v. §§ 1.3; 2.1.2); Urshu che doveva trovarsi presso la moderna città di Gaziantep (Archi 2008b; Barjamovic 2011, 195-203); Hashshu, centro non lontano da Urshu, forse da porre o presso il sito di Tilbesar (Archi 2008b; Ziegler 2009, 202) oppure a Oylum Höyük come è stato recentemente proposto da A. Ünal (2015). Le città dell’Anatolia centro-settentrionale più frequentemente menzionate nei testi paleo-assiri sono: Hattush, da identificare con Hattusa, la capitale del regno ittita (Barjamovic 2011, 292-297); Kushshara/Kussara, città che ha una notevole importanza nella fase più antica della storia ittita (v. § 1.3), ma che non possiamo ancora localizzare con sicurezza (Barjamovic 2011, 144); Amkuwa, centro che compare nei testi ittiti come Ankuwa e può essere localizzato presso Ali ar (Barjamovic 2011, 312-317);1 Shamuha/Samuha, che è ormai identificabile con il sito di Kayalıpınar (Barjamovic 2011, 151-154; v. § 3.3.3). Resta ancora discussa l’esatta posizione di Duhurmit, toponimo che nei testi ittiti compare nella forma Durmitta: G. Barjamovic (2011, 242-267) ipotizza che questa città fosse a nord di Hattusa in direzione del Mar Nero; diversamente M. Forlanini (2008) la colloca a ovest del corso del fiume Kızılırmak. Il sito più importante della regione a ovest di Kanesh era Purushaddum; esso è menzionato nei testi ittiti dell’Antico regno come Purushanda. Anche per questo sito non vi è ancora accordo tra gli studiosi quanto alla sua localizzazione. L’ipotesi più verosimile è quella che pone tale città presso Acemhöyük (Forlanini 2008); diversamente G. Barjamovic (2011, 357-378) ritiene che Purushaddum dovesse trovarsi a ovest del Lago Salato (Tuz Gölü).

1.2. Kültepe/Kanesh. Le rovine di questo centro sono state riportate alla luce negli scavi archeologici condotti a partire dall’inizio del secolo scorso e ancora in corso. Kültepe si trova in Anatolia centrale nella fertile piana di Kayseri, regione dove si congiungono le vie di comunicazione che portano sia verso l’Anatolia orientale e settentrionale, sia verso la costa del Mediterraneo. Questo sito era già stato rilevato da E. Chantre e H. Winkler nel corso delle loro spedizioni anatoliche intraprese tra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento. Il

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L’identificazione tra Amkuwa dei testi paleo-assiri e Ankuwa delle fonti ittite non è accettata da P. Taracha (2016, 329 n. 43).

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primo scavo archeologico fu condotto nel 1925 da B. Hrozný, lo studioso cui si deve l’interpretazione della lingua ittita; egli sperava di poter trovare a Kültepe altre tavolette cuneiformi che arricchissero il patrimonio documentario ittita fino ad allora rinvenuto solo negli scavi di Boğazköy. Scavi condotti in maniera regolare e continuativa sono iniziati, però, soltanto nel 1948 e ancora procedono ad opera di una missione archeologica turca. Il sito di Kültepe è costituito da due aree: una collina di forma circolare del diametro di circa 550 metri e alta ben 20 metri, dove si ergeva il centro urbano vero e proprio circondato da una cinta muraria, e una città bassa lungo il perimetro settentrionale, orientale e meridionale, grosso modo in forma di un crescente lunare intorno a parte del fronte esterno delle mura cittadine, dove si trovava il kārum. Le due fasi di maggiore importanza della vita di questo sito sono quelle di Kültepe II (da circa la metà del XX secolo fino agli anni trenta del XIX secolo a.C.) e Ib (dopo uno iato di solo pochissimi anni e sino alla fine del XVIII secolo a.C.). Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce gli archivi di alcune delle famiglie imprenditoriali assire attive a Kanesh; si tratta di circa oltre ventimila tavolette cuneiformi scritte in lingua accadica, nella variante paleoassira, delle quali circa una metà è stata pubblicata. Esse danno una notevole messe di informazioni non solo sugli aspetti amministrativi ed economici delle attività commerciali condotte, ma anche sugli eventi politici e militari, sulla composizione etnica e la realtà culturale dell’Anatolia nei primi secoli del secondo millennio a.C.2 La conflittualità tra i vari potentati anatolici era continua; la distruzione della fase II di Kültepe potrebbe coincidere con l’attacco sferrato contro Kanesh da Uhna re di Zalpa, città posta presso la costa del Mar Nero. Questo scontro militare è menzionato nelle res gestae di Anitta, un documento di cui parleremo più avanti (v. § 1.3). Il re di Zalpa, muovendo contro Kanesh, intendeva forse indebolire il ruolo centrale che tale città aveva assunto come scalo delle attività commerciali dei mercanti assiri, forse nell’ottica di indirizzarli su Zalpa. La sconfitta subita determina una grave crisi politica e Kanesh perde la sua autonomia; la città, infatti, cade sotto il dominio del re Hurmeli che aveva la sua residenza regia a Harshamna, localizzabile a nord est di Kanesh. Hurmeli affida il governo di Kanesh ad un funzionario di nome Harpatiwa.

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Per un’antologia dei testi di Kanesh v. Michel 2001.

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Nella generazione successiva Kanesh riacquista l’indipendenza sotto i sovrani Inar e Warshama. In uno degli ambienti del palazzo reale di Kanesh è stata rinvenuta una lettera inviata dal re Anum-Hirbi a Warshama. AnumHirbi, sovrano con un nome hurrita, dominava su una vasta area che dalla Turchia sud-orientale arrivava a lambire i confini di Kanesh. La formazione di uno stato potente ed esteso ad opera di Anum-Hirbi è un fatto di notevole importanza: esso muta profondamente l’assetto politico dell’Anatolia del tempo, caratterizzato da una molteplicità di centri tra loro grosso modo equivalenti. La lettera fa riferimento all’attacco portato da Inar contro Harshamna, in conseguenza del quale Kanesh ritrova la sua autonomia (Kryzsat 2008, 209; Forlanini 2008).

1.3. Il regno di Anitta. Warshama, successore di Inar, è sconfitto da Pithana re di Kussara; tali eventi sono desumibili dalle res gestae di Anitta (Carruba 2003), documento cui abbiamo accennato prima. Questo testo, originariamente composto in accadico, ci è giunto in una redazione in ittita di età successiva, forse del tempo di Hattusili I (Archi 2015a). Si tratta di un testo che ha un intento celebrativo e descrive le imprese militari di Anitta e di suo padre Pithana. Questo documento ci informa che Pithana, re di Kussara, aveva conquistato Kanesh, città che però è chiamata qui Nesa. Come osserva I. Yakubovich (2010, 2 n. 1), i toponimi Kanesh e Nesa potrebbero essere correlati etimologicamente; infatti, il nome originario della città potrebbe essere stato *Knes, reso in grafia cuneiforme sillabica con l’inserzione della vocale A all’interno del gruppo consonantico KN. I parlanti ittita che risiedevano nella regione potrebbero aver trasformato questo nome di luogo in Nesa, semplificando così il cluster biconsonantico iniziale. Il testo di Anitta riporta la notizia che Pithana, una volta conquistata Nesa, non arrecò alcun male alla popolazione locale; questo non significa necessariamente che vi era una comunanza etno-linguistica tra Pithana e la popolazione di Nesa, ma può anche essere un elemento propagandistico, volto a enfatizzare la clemenza del re vincitore; infatti Pithana porta un nome verosimilmente hattico, mentre la popolazione di Nesa era forse in gran parte ittita, come diremo anche più avanti (Yakubovich 2010, 226). Come leggiamo nel testo di Anitta, Pithana assegna il governo di Kanesh/Nesa al figlio Anitta, che amplia i suoi domini con una serie di spedizioni militari vittoriose condotte contro svariate città anatoliche. Alla morte del padre Anitta eredita il comando sull’intero regno; egli muove contro 14

Huzziya, re di Zalpa, vendicando così la distruzione che Kanesh/Nesa aveva precedentemente subito ad opera di Uhna di Zalpa e riportando in patria i simulacri delle divinità che Uhna aveva preso e trasferito nei templi di Zalpa. Inoltre Anitta attacca la città di Hattusa, distruggendola e lanciando una maledizione contro chiunque ardisse riedificarla. Infine, egli riceve l’omaggio del re di Purushanda, il quale gli dona un trono e uno scettro di ferro, materiale considerato allora altrettanto prezioso quanto l’oro e l’argento (Carruba 2003). Anitta, dunque, domina su un territorio assai vasto che va dal Mar Nero fino all’Anatolia sud-orientale, forse avendo inglobato anche parte dei territori che erano stati sotto il controllo di Anum-Hirbi. Anitta, a questo punto, può a buon diritto assumere il titolo di “Gran Re”. È questo il primo tentativo di costiture una realtà politica di vaste dimensioni portato avanti dal sovrano di un potentato dell’Anatolia centro-settentrionale. Una punta di lancia di bronzo è stata riportata alla luce a Kültepe in un edificio che sembra avesse la funzione di immagazzinare e conservare beni di pregio della corona; esso è stato rinvenuto nel livello 7 della fase Ib (Larsen 2015, 37). Su questa punta di lancia corre un’iscrizione in lingua accadica che recita: ”Palazzo di Anitta, il Re” (Carruba 2003, 74-75). Altre menzioni di Anitta provengono da tavolette rinvenute ad Am/nkuwa / Ali ar (Kryszat 2008). Il successore di Anitta è un sovrano di nome Zuzzu, documentato solo da pochi testi della fase Ib; il nome Zuzzu potrebbe essere hurrita; a questa lingua appartiene anche il nome del dignitario di maggior rango alla corte di Zuzzu, Ishtar-evri (Beal 2003, 19-20). La presenza di personaggi con nomi hurriti nelle posizioni apicali del regno di Nesa potrebbe supportare l’ipotesi di un cambiamento di dinastia, forse a seguito della conquista militare della città da parte del sovrano di un altro regno anatolico (Kryszat 2008, 207-8). La fine della fase Ib di Kültepe si può collocare approssimativamente in questo periodo; essa determina anche l’interrompersi della documentazione proveniente dagli archivi del kārum, principale fonte di informazione per la ricostruzione storica dell’Anatolia del Medio Bronzo.

1.4. La mappa etno-linguistica dell’Anatolia nel Medio Bronzo. Tracciare una mappa dei confini etno-linguistici dell’Anatolia nei primi secoli del secondo millennio a.C. non è cosa semplice. La parte settentrionale dell’Anatolia, nell’area compresa dal corso del fiume Kızılırmak fino alle coste del Mar Nero doveva essere abitata, anche se non esclusivamente, da genti hattiche (Goedegebuure 2008). Il Hattico è una lingua isolata; i tentati-

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vi di riconoscerne una possibile appartenza al gruppo delle lingue caucasiche non hanno dato, almeno per ora, risultati certi. La lingua hattica continuò ad essere parlata, forse, fino circa alla metà del secondo millennio a.C., anche se non sappiamo quanto diffusamente all’interno della popolazione delle suddette regioni (Klinger 2005b). La dinastia regia di Zalpa e la popolazione di questo centro erano, verosimilmente, hattiche. La popolazione indoeuropeo-anatolica era già divisa in tre gruppi: Ittiti, Luvi, Palaici. I parlanti ittita dovevano essere concentrati prevalentemente nella regione di Nesa; è significativo che gli Ittiti chiamassero la loro lingua con l’espressione “lingua di Nesa”. Sembra verosimile ritenere che le prime sedi degli Ittiti fossero dislocate nella zona che si estendeva tra le aree occupate dai Hattici, a est e nord, e quelle dove erano stanziati i Luvi, a sudovest. È indubbio che vi sono stati stretti contatti tra Ittiti e Hattici, tuttavia i Hattici sembrano essere stati una popolazione di adstrato, piuttosto che di sostrato, rispetto agli Ittiti (Melchert 2003a, 21). L’area dove si concentrava la maggior parte delle genti Luvie doveva essere quella della moderna città di Konya; tuttavia, la presenza di individui con nomi Luvi è documentata anche a Nesa nelle tavolette di Kültepe. Purushaddum/Purushanda era il principale centro politico della regione occupata dai Luvi (Yakubovich 2010, 242-248). Non sappiamo quanto diffusa fosse la popolazione luvia in Anatolia occidentale; è stata avanzata l’ipotesi che le due lingue indoeuropee anatoliche parlate in tali territori fossero correlate, rispettivamente, al Cario e al Lidio che sono documentate per il primo millennio in quelle stesse zone (Melchert 2003a, 12; Yakubovich 2010, 75-160). La lingua luvia si articola, in base alle fonti di età ittita e neo-ittita, in alcune varianti dialettali, le cui principali sono quella testimoniata dalla documentazione cuneiforme di tradizione kizzuwatnea del secondo millennio a.C. e l’altra sia dalle glosse luvie presenti nei testi ittiti di età tarda,3 sia dalle iscrizioni luvio geroglifiche della fine del II millennio e dei primi secoli del I millennio a.C. (Melchert 2003b, 171-175).

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È frequente l’inserimento nei testi ittiti del XIII secolo di parole precedute dal segno cuneiforme costituito da due cunei obliqui; esso ha la funzione di segnalare termini che presentano un carattere peculiare rispetto al contesto in cui sono inserite. La maggior parte di queste parole appartiene alla lingua luvia. Non vi è ancora consenso tra gli studiosi sul carattere di queste glosse; appare verosimile ritenere che esse siano termini della lingua parlata considerati inappropriati in un documento scritto (Yakubovich 2010, 370).

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La regione di Pala corrispondeva presumibilmente alla Paflagonia di età classica e si estendeva, quindi, a ovest della zona abitata originariamente dagli Ittiti. La lingua palaica è documentata solo da un numero esiguo di testi rinvenuti nella capitale ittita Hattusa. I Hurriti erano diffusi in Anatolia orientale; la consistenza etnolinguistica di Kizzuwatna in questo periodo è difficile da determinare, né possiamo stabilire con sicurezza quanta parte della popolazione fosse hurrita. Nel corso del Medio Bronzo si deve essere verificata una progressiva infiltrazione di genti luvie nel paese di Kizzuwatna e ciò ha determinato il formarsi di una società e cultura ibrida, hurro-luvia, nella quale un ruolo importante ha avuto anche il contatto con i vicini potentati siriani.4

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Sui Hurriti v. gli articoli apparsi nel volume 55 della rivista La Parola del Passato

(2000).

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2. L’Antico Regno

2.1. I primi re di Hatti. 2.1.1. La dinastia di Hatti: una premessa. La successione dei sovrani del regno di Hatti può essere ricostruita, oltre che grazie ai testi lasciati dai singoli re e relativi alle loro imprese e/o a quelle dei loro predecessori, da un documento che va sotto il nome di “Liste reali”. Si tratta di liste di offerte fatte a statue di sovrani, regine e principi ittiti (Carruba 2008, 125-141). L’ordine con il quale i vari sovrani e gli altri membri della famiglia reale sono menzionati rispecchia verosimilmente la collocazione effettiva delle statue di questi personaggi che erano depositari di offerte. Non sappiamo dove si trovasse il santuario che ospitava tali statue e dove si svolgessero i riti per i sovrani defunti, se nella capitale ittita oppure nelle sue vicinanze (Torri 2008). Si può ipotizzare che si trattasse di una struttura in qualche modo simile all’ipogeo recentemente riportato alla luce nel sito di Tell Mishrife/Qatna (Gilan 2014, 94). La frammentarietà delle tavolette che conservano questi testi e la mancata menzione di alcuni sovrani, volutamente omessi per motivi di carattere politico, in quanto appartenenti a fazioni avverse, richiedono che le informazioni ricavabili da questa fonte siano confrontate criticamente con tutti gli altri possibili testi esistenti per ogni singolo sovrano ittita. Nonostante ciò, queste liste sono state compilate sulla base della effettiva conoscenza della successione dei sovrani ittiti e rappresentano un’importante evidenza documentaria (Gilan 2014). Le “Liste reali” possono essere messe a confronto con i nomi dei re ittiti documentati da un sigillo regio del sovrano Mursili II (fine del XIV secolo a.C.) di cui ci sono giunte le impronte. Il sigillo, a forma di croce maltese, era stato impresso su bulle di argilla che dovevano sigillare contenitori o porte di magazzini. Queste bulle sono state rinvenute nel 1986 negli scavi 18

del Tempio 8 della Città Alta di Hattusa. Il sigillo conserva il nome di Mursili II, che ne è stato il committente e possessore, e della sua sposa Gassuliawiya nello spazio posto al centro del recto; l’altra faccia, cioè il verso, sempre nel campo centrale, presenta il nome del re Suppiluliuma I, padre di Mursili II. La quattro ali del verso del sigillo conservano i nomi dei più importanti sovrani della fase più antica del regno di Hatti: Huzziya (I), Labarna, Hattusili (I), Mursili (I) (Dinçol, A. – Dinçol, B. – Hawkins – Wilhelm 1994). Il nome di Huzziya può essere letto anche nelle “Liste reali”, quale predecessore di Labarna. Come diremo nel corso di questo volume, si è abbandonata la periodizzazione della storia ittita in tre fasi, riducendola a soltanto due periodi, l’Antico Regno e il Nuovo Regno (v. § 3.1.1.). Inoltre, la numerazione dei sovrani segue la ricostruzione storica ormai comunemente accettata dagli studiosi; ne consegue che il re di nome Hattusili che ha siglato il trattato di pace con l’Egitto appare qui come Hattusili II e non come Hattusili III; analogamente suo figlio e successore è Tuthaliya III (e non Tuthaliya IV), essendo preceduto da due soli sovrani omonimi e non da tre, come invece si riteneva fino ad alcuni anni fa.

2.1.2. Huzziya I. Se datiamo, pur in maniera approssimativa, la fine della fase Ib di Kültepe verso la fine del XVIII secolo a.C., siamo di fronte ad un vuoto documentario di circa 50/80 anni (l’oscillazione dipende dalla diverse possibili cronologie della storia ittita), prima di arrivare al regno di Hattusili I, vissuto presumibilmente nella seconda metà del XVII secolo a.C.. Conosciamo i nomi di soltanto due dei suoi predecessori, Huzziya e Labarna. Huzziya I, menzionato nelle “Liste Reali” e nel sigillo a croce maltese, può essere considerato il fondatore della dinastia regia ittita, come dimostra il fatto che Mursili II, a distanza di oltre 300 anni, lo presenta come il suo più antico antenato nel sigillo prima citato (Beal 2003, 31-32). Huzziya è un nome che appartiene alla tradizione onomastica dell’Anatolia centrosettentrionale: esso era stato portato dal re di Zalpa che sedeva sul trono di questa città al tempo di Anitta (v. § 1.3.). L’adozione di un nome dinastico nord-anatolico da parte di un sovrano ittita potrebbe suggerire l’ipotesi che, nella fase di debolezza successiva alla morte di Anitta, i suoi successori abbiano voluto legarsi alla casa reale di Zalpa, forse per mezzo di matrimoni inter-dinastici, dando così vita ad una nuova dinastia che andava a fondere le due tradizioni, quella di Nesa e quella della parte più settentrionale

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dell’Anatolia (Forlanini 2010, 123-124). Non sappiamo quale fosse la residenza di Huzziya I, se Kussara oppure già Hattusa, come è stato ipotizzato da R. Beal (2003, 25). Le indagini archeologiche condotte in anni recenti nel sito di Boğazköy/Hattusa mostrano che la città non era stata abbandonata ed aveva continuato a vivere anche dopo la parziale distruzione di Anitta (Schachner 2011, 68, 71). Un’eco degli eventi del tempo di Huzziya I può essere rintracciata nella composizione di carattere mitico-letterario, nota come “Leggenda di Zalpa” (Corti 2005; Holland – Zorman 2007). Questo testo, la cui redazione può essere attribuita a Hattusili I o a uno dei suoi successori, ci è giunto in condizioni assai frammentarie; la narrazione si apre con un’introduzione fortemente fantasiosa: la regina di Nesa partorì trenta figli e li mise in un canestro che abbandonò nel fiume, facendoli trasportare via dalla corrente. I bambini arrivarono così a Zalpa. Successivamente la regina partorì trenta figlie. I trenta ragazzi, una volta divenuti adulti, decisero di tornare a Nesa; non essendo stati riconosciuti dalla regina e ignorando l’identità delle trenta figlie di questa, le sposarono. Solo uno dei giovani si rese conto che essi stavano commettendo incesto, ma i fratelli non lo ascoltarono. Segue il racconto di una serie di conflitti militari tra Hattusa e Zalpa avvenuti nel corso del regno di tre generazioni di sovrani ittiti, a partire da Huzziya. Ovviamente questo testo non è un documento storiografico; esso ha un carattere favolistico e, presumibilmente, un intento didattico, volendo mostrare che comportamenti scorretti, quali il matrimonio incestuoso, determinano inevitabilmente conseguenze negative, come le guerre che le città di Hattusa e Zalpa hanno condotto l’una contro l’altra (Gilan 2015, 179213). Le interpretazioni date di questo testo come un mito di fondazione del regno ittita, oppure come una parafrasi di presunti conflitto etnico tra Ittiti e genti anatoliche hattiche non trovano un concreto fondamento nel documento stesso. Tuttavia, è indubbio che la “Leggenda di Zalpa” evidenzia lo stretto legame tra le città di Nesa e Zalpa quali centri fondativi del futuro regno di Hatti, confermando l’ipotesi che la dinastia ittita fosse l’esito di successivi matrimoni interdinastici tra le famiglie reali di entrambe queste città.

2.1.3. Il re Labarna. Il successore di Huzziya I è il re Labarna, il cui nome compare anche nel sigillo a croce maltese. L’introduzione di un editto regio emanato in età successiva dal sovrano ittita Telipinu (v. § 2.5.1.) è una delle pochissime fonti che menzionano Labarna: tale testo dà solo poche e scarne notizie su questo

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sovrano, però elenca i centri anatolici che erano in suo potere: essi si collocano non solo all’interno dell’area delimitata dal bacino del fiume Kızılırmak (che gli Ittiti chiamavano Marassanta), ma anche al di là di esso in direzione ovest e sud. Un editto emanato da Hattusili I, il cosiddetto Testamento (v. § 2.2.2.), documenta che il nonno di questo sovrano, cioè Huzziya I, aveva nominato Labarna come suo successore nella città di Sanahuitta;5 si ritiene in genere che Labarna non fosse il figlio di Huzziya I, ma il genero avendone sposato la figlia, Tawananna. La scelta di un genero come successore provoca una ribellione e una fazione della corte cerca di contrastare la designazione fatta da Huzziya I, opponendo a Labarna un figlio del re di nome Pawahtelmah, ma il complotto fallisce. M. Forlanini (2010) ha avanzato l’ipotesi che Pawahtelmah fosse il padre di Hattusili I, ma come osserva correttamente A. Gilan (2014, 88) non appare verosimile che lo stesso Hattusili I menzioni nel Testamento il comportamento ribelle del proprio padre, additandolo come un esempio negativo. La coppia reale costituita da Labarna e dalla sua consorte Tawananna è caratterizzata dal fatto che questi due personaggi portano nomi che vengono ad assumere la valenza di titoli regi. Infatti, Labarna, originariamente nome proprio, è documentato nelle fonti ittite di età successiva come titolo regio, anche nella forma tabarna. L’etimologia di L/Tabarna è ancora oggetto di dibattito (Kloekhorst 2008, 520-521), anche se l’ipotesi di un’origine luvia del termine viene oggi preferita rispetto a quella di un’etimologia hattica (Yakubovich 2010, 229-232).6 Lo stesso processo, da nome a titolo, può forse essere attribuito anche a Tawananna. Anche per questo nome è stata proposta un’etimologia luvia (Brosch 2010, 295).7 Un’etimologia luvia, invece che hattica, è stata recentemente proposta anche per il titolo che designa l’erede al trono, tu kanti (Rieken 2016); accettando questa ipotesi, i termini che designavano il re, la regina e l’erede al trono sarebbero tutti da ricondurre alla lingua luvia. Ciò potrebbe significare che l’influenza, per lungo tempo ipotizzata, della tradizione hattica sulla regalità ittita dovrebbe essere ridi-

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Questa città non è localizzabile con sicurezza; essa doveva, però, trovarsi nell’area all’interno del corso del fiume Kızılırmak. 6 V. A. Kloekhorst 2008, 521, per l’ipotesi di un’etimologia non indoeuropea del termine L/labarna. 7 Un’ipotesi diversa è stata avanzata da M. Forlanini; egli ritiene che Tawananna possa derivare dal toponimo Tawana/Tawiniya (Forlanini 2010, 123 n. 44), una città anatolica di antica tradizione.

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mensionata, mentre l’apporto della cultura luvia potrebbe essere stato più significativo di quanto si era ritenuto fino ad ora.

2.2. Hattusili I 2.2.1. Le imprese militari di Hattusili I sulla base delle fonti ittite. Il successore di Labarna è Hattusili I, il cui nome si lega indissolubilmente alla città di Hattusa, capitale del regno, anche se Kussara, di cui era stato re il suo antenato Pithana, continua ad essere una residenza regia. R. Stefanini (2002, 792) ha avanzato l’ipotesi che Kussara, originariamente sede reale di Pithana, fosse divenuta, dopo la conquista di Nesa da parte di questo sovrano, un centro minore, subordinato ai re di Nesa, ma retta da un sovrano locale. Dopo il collasso del regno di Nesa, Kussara potrebbe aver continuato ad esistere come un centro autonomo, finendo poi di nuovo nell’orbita di Hattusa al tempo di Labarna I (Klinger 1996, 123); Hattusili potrebbe essere stato il signore locale di Kussara durante il regno di suo zio Labarna I. Hattusili I è il primo sovrano che ci ha lasciato una documentazione scritta. Si ritiene in genere che Hattusili I abbia promosso la composizione di documenti in accadico e sia anche il committente del processo che ha portato all’adozione della scrittura cuneiforme per la lingua ittita. La conquista dei centri siriani da parte di Hattusili I non solo ha messo Hatti in contatto con la tradizione culturale e letteraria siriana e mesopotamica, ma potrebbe anche aver determinato il trasferimento a Hattusa di scribi originariamente attivi nelle città della Siria occidentale. I segni cuneiformi dei più antichi testi rinvenuti a Hattusa presentano forti analogie con quelli del sistema grafico in uso nel centro siriano di Alalah/Tell Atchana (van den Hout 2012) e ciò va a conferma dell’ipotesi che scribi di Alalah o di centri vicini possano aver iniziato ad operare e scrivere nella capitale ittita. Th. van den Hout (2009a; 2009b) ha ipotizzato che l’ittita non fosse ancora documentato come lingua scritta al tempo di Hattusili I e dei suoi immediati successori, i quali avrebbero, invece, impiegato solo l’accadico per quei pochi testi che dovevano essere fissati nella scrittura. Secondo van den Hout, i primi documenti scritti in ittita comparirebbero alla fine del XVI secolo a.C. al tempo del re Telipinu. Questa ipotesi appare difficilmente sostenibile in considerazione della mole di documenti conservati negli archivi e depositi di testi ittiti che appartengono alla fase più antica della storia di Hatti, quali il già menzionato testo di Anitta, i testi del tempo di Hattusili I e del suo successore Mursili I, i lunghi e complessi documenti ritualistici in lingua hattica. Se veramente l’ittita non fosse stato impiegato anche in forma scritta 22

a partire dal regno di Hattusili I, dovremmo ipotizzare che tutti questi documenti fossero stati tramandati oralmente, tenendo a memoria personaggi, luoghi ed eventi di tempi remoti e, cosa ancora più difficile, le criptiche recitazioni in hattico (Archi 2010; 2015a). Alla luce di queste considerazioni, si propone qui la ricostruzione tradizionale secondo la quale Hattusili I avrebbe fatto redigere una serie di testi in scrittura cuneiforme e nelle lingue ittita e accadica. Con Hattusili I, dunque, iniziamo ad avere una ricca documentazione testuale; in particolare, egli ha voluto celebrare le sue principali imprese militari in una serie di composizioni, alcune dei quali di carattere pienamente storiografico, come gli Annali e le res gestae, altre di tono più letterario. Gli Annali di Hattusili I ci sono giunti in una versione in lingua ittita (de Martino 2003, 21-79) e in una in accadico (Devecchi 2005). Nessuna delle tavolette che conservano questo documento è del tempo di Hattusili I, ma tutte sono copie di età successiva e la trasmissione del testo attraverso i secoli è assai complessa. Hattusili I, nelle righe introduttive degli Annali, afferma di essere figlio del fratello di Tawananna; la legittimità del potere di questo sovrano deriva, dunque, dal suo rapporto di parentela con Tawananna, la moglie di Labarna I il re suo predecessore. In questa prima fase della storia ittita, la successione al trono non spetta automaticamente ad un figlio del re, ma più genericamente ad un membro della famiglia reale. Se effettivamente la dinastia regia ittita era il risultato della fusione di più gruppi familiari, si può presumere che la stabilità del potere regio derivasse dall’accordo e la cooperazione tra alcuni di loro. I matrimoni tra persone appartenenti a clan diversi, come ad esempio quello tra Tawananna e Labarna, e il passaggio della regalità da un membro di un gruppo familiare al rappresentante di un altro erano considerati come un mezzo per creare solide alleanze; come diremo più avanti, i membri della “grande famiglia reale” ittita non saranno sempre solidali tra di loro, ma si manifesteranno spesso rivalità e conflitti. Negli Annali l’esposizione procede cronologicamente: ogni nuovo anno di regno viene introdotto dall’espressione “nell’anno successivo”. La versione ittita suddivide la presentazione degli eventi in cinque anni, mentre quella accadica in sei anni (Devecchi 2005, 13-14). Le prime imprese militari di Hattusili I, quali risultano da questo testo, sono indirizzate a consolidare il potere del re in Anatolia centrale, come nel caso della spedizione contro la città di Sanahuitta, che doveva trovarsi nel cuore del regno di Hatti, a est della capitale ittita. Il re ittita non riesce, però, a conquistare la città e si limita a saccheggiarne il territorio circostante. 23

Successivamente Hattusili I muove contro la Siria; il controllo delle vie di comunicazione che collegavano la Siria all’Anatolia era di fondamentale importanza per i sovrani ittiti, perché attraverso queste vie giungevano prodotti importati da centri siriani e mesopotamici, primo tra tutti lo stagno. Questo metallo, indispensabile per la produzione di armi e utensili di bronzo (una lega di rame e stagno) veniva in gran parte importato dall’Asia centrale mediante una rete di commerci a lunga distanza che, attraverso la Mesopotamia e la Siria, raggiungeva anche l’Anatolia. La prima città siriana a cedere all’attacco ittita è Alalah, un centro del potente regno di Yamhad, che aveva la sua capitale ad Aleppo. Successivamente Hattusili I attacca la città di Urshu, che abbiamo menzionato precedentemente (v. § 1.1.). Il difficile assedio ittita di Urshu è narrato anche nel testo KBo 1 11 (Beckman 1995; Gilan 2015, 275-295),8 dal quale emerge chiaramente che questa città era sostenuta militarmente da Yamhad e da altri potentati hurriti della Siria occidentale. Questo testo è in accadico e sembra esser stato redatto in Anatolia sud-orientale; esso presenta aspetti che deviano dalla letteratura celebrativa degli altri documenti del tempo di Hattusili I. Infatti, la tavoletta KBo 1 11 enfatizza l’incapacità e gli insuccessi ittiti nel difficile assedio della città di Urshu, quasi si volesse incitare il sovrano ad iniziative militari più energiche contro i nemici di Hatti. Nell’anno successivo, mentre il re è impegnato in una campagna militare in Anatolia occidentale, nella regione di Arzawa, alcuni centri anatolici si ribellano. Hattusili I, allora, porta il suo esercito di nuovo contro Sanahuitta, il cui assedio dura per ben sei mesi. Come abbiamo detto prima, questa città era stata al centro di una ribellione già al tempo del predecessore di Hattusili I, Labarna; è possibile che essa fosse la sede di uno o più potenti clan avversari alla dinastia che aveva preso il potere a Hatti. Il sovrano ittita, consolidato il suo dominio in Anatolia, conduce il suo esercito di nuovo verso la regione che attualmente costituisce l’area di confine tra Turchia e Siria; dopo aver attraversato il fiume Purana (corrispondente all’Afrin dei nostri tempi), Hattusili I attacca la città di Hashshu (v. § 1.1.), che viene conquistata e saccheggiata. La campagna contro Hashshu è descritta anche nelle res gestae di Hattusili I, un testo giuntoci in maniera molto frammentaria, che tratta soprattutto delle spedizioni militari condotte da questo sovrano verso l’Anatolia sud-orientale e la Siria (de Martino 2003, 91-125).

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M. Forlanini (2004) attribuisce il testo a Labarna.

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L’ultima importante impresa che è narrata negli Annali riguarda la conquista della città di Hahhu (v. § 1.1.). Questa impresa sembra essere stata una delle più difficili per il sovrano ittita; gli Annali testimoniano che Hattusili I, dopo la conquista di Hahhu, ricevette doni dal re del paese di Tigunani, mostrando così che quest’ultimo era legato a Hatti da un rapporto di subordinazione. In realtà, sappiamo che Tigunani aveva avuto un ruolo importante nella conquista di Hahhu; infatti una lettera (Salvini 1996; Durand-Charpin 2006), scritta in lingua accadica e inviata da Hattusili I a Tunib-Teshob, re di Tigunani, fornisce notizie precise in proposito. Questa lettera, che proviene da scavi clandestini ed è stata venduta sul mercato antiquario, era parte dell’archivio di Tigunani, paese che si può collocare tra l’Alto Eufrate e l’Alto Tigri. Tunib-Teshob è un nome hurrita e altri documenti che fanno parte del suo archivio sono in lingua hurrita (Salvini 1996); ciò induce a ritenere che Tigunani fosse un potentato retto da una dinastia hurrita. La lettera in questione fa riferimento all’alleanza siglata tra Hatti e Tigunani in relazione all’apporto militare che il re di quest’ultimo paese doveva dare nella campagna militare contro Hahhu, attaccandolo da est, mentre l’esercito ittita avanzava da ovest. Il paese di Tigunani si trovava molto lontano da Hattusa e soprattutto non poteva essere raggiunto attraverso la Siria nord-occidentale, che, prima della conquista definitiva del regno di Yamhad, restava fuori dal controllo ittita. Qualche notizia su come gli Ittiti riescono a mettersi in contatto con questo remoto potentato, può essere desunta da un testo ittita (KBo 3 60; de Martino 2002)9 che, nonostante contenga alcune immagini colorite e temi favolistici, sembra fare riferimento ad eventi reali. Esso descrive una spedizione militare guidata da un personaggio di nome Kaniu, verosimilmente un soldato mercenario hurrita al servizio di Hattusili I. Kaniu, con un contingente di soldati, avanza verso l’Alto Eufrate, incontrando la resistenza dei potentati locali, che avevano reclutato soldati di ventura hurriti. L’avanzata di Kaniu crea allarme anche ad Aleppo, che manda suoi inviati nella regione. La missione di Kaniu sembra essere stata quella di aprire una via, alternativa a quelle dell’Anatolia sud-orientale controllate dai nemici di Hatti, che potesse mettere in contatto Hatti con i centri della Siria nord-orientale, interessanti ad un indebolimento politico del regno di Yamhad e degli altri potentati limitrofi.

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M. Forlanini (2009) data questo testo a Labarna.

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La strategia di Hattusili I risulta vincente, perché la città di Hahhu non riesce a resistere all’attacco sferrato dall’esercito congiunto di Hatti e Tigunani ed è costretta a capitolare. Questa impresa viene celebrata nella parte conclusiva degli Annali affermando che essa andava a eguagliare e superare quanto nel XXIV secolo a.C. aveva fatto il re accadico Sargon, superando il fiume Eufrate, confine naturale tra l’Anatolia e le regioni siromesopotamiche. Sargon, re di Akkad, era rimasto nell’immaginario delle corti mesopotamiche della prima metà del secondo millennio a.C. come la più significativa personalità della storia passata; in età paleo-babilonese erano anche state composte alcune narrazioni che andavano a celebrare le gesta di questo sovrano. Hattusili I, paragonandosi a Sargon, mostrava di conoscere questa tradizione letteraria, verosimilmente giunta a Hattusa mediante le scuole scribali siriane; inoltre egli andava ad affermare, così, il ruolo che Hatti aveva ormai assunto nello scacchiere politico internazionale (Torri 2009).

2.2.2. Rivalità all’interno della famiglia reale. Un altro importante documento del tempo di Hattusili I fornisce informazioni sulla situazione politica all’interno del regno di Hatti: il cosiddetto “Testamento” (Klinger 2005a). In realtà si tratta di un editto emanato dal sovrano per designare l’erede al trono. La definizione “Testamento” deriva dal fatto che il testo si apre con l’immagine di Hattusili I gravemente malato a Kussara; in questo frangente, il re convoca i membri della corte e i più alti dignitari per annunciare la designazione di Mursili come futuro re. Un documento della fine del XIV secolo a.C., il trattato stipulato da Mursili II con Talmi-Sharruma re di Aleppo (Devecchi 2015a, 233-237), afferma che Hattusili I era il nonno di Mursili e non ci sono elementi, né nelle fonti dell’Antico Regno, né in quelle successive, per mettere in dubbio questa notizia.10 Inoltre il Testamento mostra che la scelta di Mursili era stata determinata dall’esclusione dalla linea di successione, prima, di Huzziya, figlio di Hattusili I, e poi di Labarna, figlio della sorella del sovrano. Il principe Huzziya, che aveva ricevuto un nome dinastico, già portato da Huzziya I il fondatore della casata reale di Hatti, si era ribellato al padre. Anche la figlia di Hattusili I aveva organizzato un complotto contro il padre; Hattusili I aveva allora designato quale erede al trono Labarna, figlio di sua sorella.

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Diversamente v. Forlanini 2004, 387.

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Quest’ultima, però, aveva sobillato il figlio contro il sovrano costringendo Hattusili I a rimuovere Labarna dalla successione al trono e ad esiliarlo. Un editto regio, KBo 3 27, che viene in genere attribuito a Hattusili I conserva la delibera presa dal sovrano ittita volta a bandire una donna di nome Tawananna che potrebbe essere la figlia ribelle del sovrano (de Martino –Imparati 1998, 392-395). Il Testamento e l’editto ora menzionato mostrano con chiarezza che la corte era dilaniata da conflitti di potere, sia all’interno della stessa famiglia reale, sia nei vari centri del regno, dove le grandi famiglie locali mal tolleravano la subordinazione al governo centrale. Come abbiamo già detto, Hattusili I ricorda nel “Testamento” che al tempo di Huzziya I una situazione analoga si era verificata quando alcuni notabili del regno avevano cercato di contrapporre Pawahtelmah a Labarna, l’erede designato, episodio di cui abbiamo già parlato. Le motivazioni di questa conflittualità interna alla corte erano causate in parte dal fatto che la casa reale ittita era il risultato dell’accordo tra diversi gruppi familiari, molti dei quali potevano rivendicare il legittimo diritto di successione al trono, come già si è detto. Inoltre, i più antichi re ittiti erano soliti affidare le principali cariche amministrative a membri di queste stesse famiglie, mettendoli nella condizione di acquisire ricchezze e potere e facendone dei potenziali oppositori al loro potere, invece di favorire lo sviluppo di un apparato amministrativo fatto di funzionari di carriera strettamente dipendenti dal sovrano (Giorgieri 2008).

2.3. Mursili I 2.3.1. La spedizione contro Babilonia. Il regno di Mursili I, il successore di Hattusili I, è documentato soltanto da poche fonti, in parte coeve e in parte posteriori. A questo sovrano potrebbe essere attribuita la composizione di un testo storiografico, le cosiddette res gestae (KBo 3 46 +, de Martino 2003, 127-153); A. Gilan (2015, 247), pur condividendo l’ipotesi di riconoscere in Mursili I l’estensore di questo testo, ipotizza che esso faccia riferimento alle imprese di Hattusili I. Infine M. Forlanini (2010) attribuisce la stesura del documento in questione a Hantili I. Questo testo, per altro molto frammentario, descrive campagne militari in varie regioni dell’Anatolia, soprattutto nella sua parte più orientale. I Hurriti sembrano essere particolarmente aggressivi e rappresentano uno degli ele-

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menti di maggiore instabilità politica, sobillando la rivolta di vari centri sotto il dominio ittita. Un altro testo storiografico di carattere analogo è KUB 31 64 + per il quale è stata avanzata l’ipotesi di una datazione o a Mursili I o a Hantili I (de Martino 2003, 155-185; Gilan 2015, 248-253). Anche questo ultimo documento è molto frammentario, tuttavia è una delle poche fonti che conserva menzione della più significativa impresa di Mursili I, la spedizione militare contro Babilonia. Questa impresa è ricordata anche nell’introduzione dell’Editto del re Telipinu (v. § 2.5.1.). Il raid guidato dal re ittita nella Mesopotamia centro-meridionale era successivo alle campagne militari ittite in Siria che avevano portato alla conquista di Aleppo e al crollo definitivo del regno di Yamhad. La spedizione contro Babilonia non era volta a imporre il dominio ittita su una regione così lontana, ma aveva una forte valenza ideologica, perché mostrava in maniera evidente che il regno di Hatti non era più una potenza regionale anatolica, ma si era affermato in una dimensione internazionale. La penetrazione delle truppe ittite fino a Babilonia era stata resa possibile da un progressivo processo di disgregazione del regno paleo-babilonese che aveva raggiunto il suo culmine sotto i sovrani Ammi-saduqa e Samsuditana. Nella fase finale di vita del regno della prima dinastia di Babilonia la protezione delle aree periferiche del paese era stata affidata a truppe mercenarie, di cui facevano parte anche numerosi immigrati Cassiti, una popolazione proveniente dall’area dei monti Zagros. Queste truppe, approfittando anche della debolezza del governo centrale, avevano a poco a poco acquisito una sempre maggiore autonomia (Richardson 2005). Mursili I ha sicuramente tratto vantaggio dalla mancanza di un potere forte a Babilonia e può anche aver stabilito accordi con alcuni di questi gruppi di soldati cassiti, solo formalmente al servizio del re babilonese, allo scopo di avere o collaborazione militare, o almeno un passaggio sicuro attraverso i territori del Medio Eufrate. La crisi che già da tempo aveva indebolito il governo degli ultimi re della prima dinastia di Babilonia andò ad aggravarsi anche a seguito della spedizione militare di Mursili I e un clan cassita si impadronì del trono dando vita ad una nuova dinastia, quella cassita.

2.3.2. Il “Canto della Liberazione”. Le ripetute campagne condotte contro i potentati siriani sia da Hattusili I che da Mursili I portano all’abbattimento di tutte le strutture politiche della Siria occidentale. Anche la città di Ebla (=Tell Mardikh), che vantava una storia

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di secoli e una grande tradizione politica e culturale, è attaccata e distrutta. Ebla è menzionata soltanto in un passo frammentario delle res gestae di Hattusili I (de Martino 2003, 108-109), però non sappiamo chi dei due sovrani ittiti, o Hattusili I o Mursili I, sia stato il responsabile di questa conquista.11 La città di Ebla non riuscì più a recuperare l’antico prestigio politico dopo la distruzione ad opera degli Ittiti. La caduta di Ebla è al centro di una narrazione di carattere miticoletterario che va sotto il nome di “Canto della liberazione” (Neu 1996; de Martino 2014). Questa composizione ci è giunta in una redazione bilingue in hurrita e ittita; tale redazione è da datare tra la fine del XV secolo a.C. e l’inizio del secolo successivo, ma la composizione originaria in lingua hurrita è più antica e risale al tempo degli eventi narrati. Il “Canto della Liberazione” è scritto su più tavolette e racconta di come il dio della Tempesta avesse deciso la distruzione di Ebla, perché quest’ultima aveva rifiutato di acconsentire alla sua richiesta di liberare gli schiavi catturati dalla città. Dopo un proemio che vede un dialogo tra il dio della Tempesta e la dea Ishara e dopo una narrazione di carattere mitologico, si assiste all’apparizione del dio della Tempesta a Megi, re di Ebla. La divinità offre a Ebla la possibilità di divenire una grande e potente città a condizione che gli schiavi catturati nel corso di campagne militari contro la città di Igingalli vengano liberati. Quest’ultima città è menzionata negli Annali di Hattusili I tra i vari potentati vinti da Hatti. La proposta del dio della Tempesta viene portata al Consiglio degli anziani di Ebla che la rifiuta, non volendo rinunciare all’apporto lavorativo che questi schiavi davano. Al dio della Tempesta, allora, non resta altra scelta che mettere in pratica la distruzione della città con l’abbattimento delle sue mura e dei suoi palazzi. Una composizione mitologica chiude il testo; essa narra che il dio della Tempesta abbandonò la sua sede celeste per andare nell’oltretomba, dove fu accolto dalla dea Allani e invitato ad un grandioso banchetto. Si tratta di un racconto del tipo di quelli che descrivono la scomparsa di una divinità irata con gli uomini e che sono ampiamente documentati nelle fonti mitologiche ittite (Wilhelm 2001). L’abbandono della protezione divina sulle regioni siriane, simboleggiato dalla partenza del dio della Tempesta alla volta del mondo infero, era una metafora molto calzante della situazione di devastazione e miseria

11 P. Matthiae (2010, 220) propende per Mursili I anche sulla base del fatto che l’orizzonte ceramico della distruzione di Tell Mardikh IIIB sembra essere un po’ più recente rispetto a quello della distruzione di Alalah VII, avvenuta ad opera di Hattusili I.

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nella quale versavano i territori siriani dopo le molte e lunghe campagne militari condotte dai re di Hatti.

2.4. Hantili I e i suoi successori. I successori di Mursili I non sono stati in grado di mantenere alcun controllo sulle regioni siriane conquistate da Hattusili I e Mursili I; il vuoto politico, che si era venuto a creare successivamente alla caduta del regno di Yamhad e di tutti gli altri regni della regione, è stato riempito da un potentato hurrita dell’alta valle del fiume Khabur, quello di Mittani. Non sappiamo se anche quest’ultimo, che verosimilmente doveva essere uno dei molti potentati hurriti della Siria nord-orientale, aveva sostenuto le spedizioni militari ittite contro i territori della Siria occidentale, così come ad esempio aveva fatto il re di Tigunani; in ogni caso esso aveva tratto un sicuro vantaggio dal crollo del regno di Yamhad, di quello di Ebla e dall’indebolimento della stessa Babilonia, riuscendo a dare vita ad una entità politica unitaria che era andata ad occupare gran parte della Siria.12 L’introduzione storica dell’editto emanato da Telipinu, documento di cui abbiamo già parlato a proposito del re Labarna, conserva la notizia che Mursili I fu ucciso in un complotto ordito dal cognato Hantili, che era anche il suo coppiere, e dal genero di questi Zidanta. Hantili prende il potere e diviene re. Non ci sono motivi per dubitare di questa notizia; anche un altro testo, KBo 3 63 + (Beckman 2001), che combina una prima parte di carattere storiografico con una ritualistica ed è forse da datare al tempo di Telipinu, fa riferimento alla brutale uccisione di Mursili I, vista come causa dell’ira divina che aveva determinato gli insuccessi di Hantili I. L’editto di Telipinu dà una visione del tutto negativa del regno di Hantili I, affermando che molti dei paesi subordinati a Hatti si ribellarono e che i Hurriti compirono ripetute spedizioni militari in territorio ittita. Il regno di Hantili I, tuttavia, non deve essere stato soltanto un’età di crisi militare e politica. L’estensore del testo KBo 3 57, molto verosimilmente proprio lo stesso Hantili I (de Martino 2003, 189-201),13 si attribuisce il merito di aver edificato la cinta muraria della città di Hattusa. Questo documento potrebbe fare

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Sul processo che ha portato alla formazione e allo sviluppo del regno di Mittani v. Cancik-Kirschbaum – Brisch – Eidem 2014. 13 L’attribuzione di KBo 3 57 è, però, ancora incerta ed è stato anche ipotizzato che sia da datare a Hantili II, v. la bibliografia citata da de Martino 2003, 190-192.

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riferimento all’edificazione delle prime grandi mura costruite a casamatta che andavano a circondare l’intera area dell’acropoli (Büyükkale) e della Città Bassa (Schachner 2011, 73-74), anche se è stata avanzata l’ipotesi che sia da attribuire a Hantili I il ben più ambizioso progetto edilizio della costruzione del primo circuito murario che andava a inglobare anche l’intera Città Alta (Simon 2011). Sulla base di quanto leggiamo nell’editto del re Telipinu, Zidanta, genero e complice di Hantili I, fece uccidere i figli di questi, così da restare l’unico successore al trono e potersi impadronire del potere. Anche Zidanta I, però cadde vittima di un nuovo colpo di stato; egli fu ucciso dal proprio figlio Ammuna. Nell’editto di Telipinu il regno di Ammuna è presentato in una luce del tutto negativa: secondo questo documento, l’intera parte meridionale e occidentale del regno di Hatti si sarebbe ribellata e l’esercito ittita non sarebbe stato in grado di opporsi a tali rivolte. Il distacco dal controllo ittita delle regioni dell’Anatolia sud-orientale potrebbe essere messo in relazione con l’emergere, come potenza autonoma, del paese di Kizzuwatna. Questo paese occupava l’area corrispondente alla Cilicia di età classica. Il nome Kizzuwatna potrebbe fare riferimento proprio alla sua collocazione geografica; esso infatti è stato interpretato come un composto ittito-luvio, presupponendo una forma luvia *kez-watni, forse derivata dall’espressione ittita *kez-udne, con il significato di “il paese da questa parte (delle montagne)”, cioè a sud del Tauro. Accettando, invece, un’etimologia alternativa, cioè *kez-wetenaz, questo toponimo significherebbe “(il paese) da questa parte del fiume”, alludendo alla collocazione della regione tra i fiumi Seyhan e Ceyhan (Yakubovich 2010, 274). Anche nel caso di Ammuna, l’editto di Telipinu sembra, però, dare un quadro esageratamente negativo; infatti, un testo storiografico che narra le gesta di questo sovrano, per quanto giuntoci in maniera molto frammentaria, documenta un’intensa attività militare condotta da Ammuna soprattutto sul fronte settentrionale (Shelestin 2014).

2.5. Telipinu 2.5.1. L’Editto di Telipinu come fonte storica. L’editto esteso dal re Telipinu, documento che ci fornisce notizie sui sovrani suoi predecessori e di cui abbiamo già fatto menzione, è una fonte che è stata oggetto di approfondite indagini da parte degli storici del Vicino Oriente antico. In particolare, M. Liverani (1977) ha messo in luce come tutta

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l’introduzione storica di questo editto sia stata concepita in funzione di dare legittimità a Telipinu, che era un usurpatore. Infatti, Telipinu enfatizza il fatto che il regno di Labarna, Hattusili I e Mursili I era stato coronato da grandi successi militari, perché a quel tempo la famiglia reale era unita. Poi, a partire da Hantili I, si erano susseguiti continui colpi di stato e omicidi con il risultato che il regno si era fortemente indebolito, i Hurriti avevano ripetutamente attaccato il paese di Hatti e tutte le spedizioni militari ittite erano risultate un completo fallimento. Telipinu presenta la sua presa del potere come l’ultimo inevitabile anello di una catena di delitti, cui solo lui è stato in grado di porre fine. L’accento, dunque, viene spostato dal colpo di stato compiuto da Telipinu, alla sua riuscita operazione di interrompere la lunga serie di misfatti verificatesi all’interno della corte. Si tratta, chiaramente, di una ricostruzione strumentale a ciò che Telipinu intendeva mostrare; infatti sappiamo da altre fonti, come ad esempio, il Testamento di Hattusili I (v. § 2.2.2.), che la famiglia reale di quel tempo non viveva nella dimensione idilliaca presentata dall’editto di Telipinu. Riconoscere lo scopo eminentemente politico dell’introduzione storica di questo documento non deve, però, portare alla conclusione che gli Ittiti non avessero coscienza e conoscenza del loro passato e, quindi, a considerare come opere di finzione le narrazioni di carattere storico che ci sono pervenute e che sono contenute in testi storiografici, editti, trattati, lettere. L’analisi di questo genere di documenti deve procedere su due filoni distinti, ma complementari, quello dello studio del contenuto e quello dell’analisi degli aspetti stilistici e delle finalità comunicative. Tornando al contenuto dell’introduzione storica dell’editto di Telipinu, pur prescindendo da quegli elementi che appaiono chiaramente falsati e adattati alla prospettiva che l’estensore di questo testo voleva dare, come abbiamo già rilevato a proposito della presentazione degli eventi dei regni di Hantili I e Ammuna, si riconoscono alcuni dati oggettivi: la scelta di assegnare il controllo delle regioni periferiche del paese a membri della famiglia reale, che Telipinu attribuisce ai primi sovrani della dinastia, trova conferma in altri testi dell’antico regno, quali ad esempio la “Cronaca di palazzo” (Dardano 1997); le campagne militari di Mursili I, in particolare quelle contro Aleppo e Babilonia, sono documentate anche da testi storiografici del tempo di questo stesso sovrano e successivi (de Martino 2003); l’aggressività dei Hurriti nei confronti di Hatti può essere messa in relazione con l’emergere di Mittani come una grande potenza; la perdita del controllo sulle regioni dell’Anatolia sud-orientale è anche questa da mettere in rapporto con la formazione del regno di Kizzuwatna e con il suo ingresso nell’orbita politica hurrita. 32

2.5.2. Gli eventi del regno di Telipinu. L’editto di Telipinu ci informa che alla morte di Ammuna la corte fu nuovamente dilaniata da una serie di complotti e omicidi e salì al trono un usurpatore, Huzziya II. Telipinu aveva sposato la sorella di Huzziya II; secondo quanto è scritto nell’editto, quest’ultimo avrebbe cercato di uccidere il cognato con la moglie di lui. Per questo motivo, Telipinu fu “costretto” a difendersi da Huzziya II e lo spodestò impadronendosi del trono. I conflitti all’interno della corte, però, continuarono: Telipinu dovette affrontare una rivolta nella città di Lawazantiya, posta in Anatolia sud-orientale, e inoltre alcuni dignitari ordirono un complotto per uccidere Huzziya II e i suoi fratelli, che erano stati relegati in esilio. È verosimile ritenere che Telipinu non fosse estraneo all’assassinio del suo predecessore; infatti, proprio la morte di questo ultimo e dei suoi fratelli gli resero possibile divenire re. Una fonte importante, quanto meno per ricostruire la linea di successione dei sovrani di questo periodo, è costituita dagli atti con i quali i re ittiti assegnavano appezzamenti terrieri a personaggi di rango (in tedesco: Landschenkungsurkunden) e che sono stati recentemente pubblicati da Chr. Rüster e G. Wilhelm (2012). La tavoletta nr. 3 può essere attribuita a Telipinu; nel testo il sovrano estensore del documento menziona atti emanati dal re suo padre, cosa che porterebbe a ipotizzare che Telipinu fosse figlio di un sovrano ittita (Rüster – Wilhelm 2012, 92-97); H. Klengel (1999, 79) aveva ipotizzato che egli fosse l’unico figlio di Ammuna sopravvissuto al complotto ordito da Huzziya II; quest’ultimo gli avrebbe dato in moglie la propria sorella per creare un legame con la dinastia e darsi una parvenza di legittimità. Telipinu è il firmatario del primo trattato internazionale che ci sia pervenuto, quello concluso tra il re di Hatti e Ishputahshu, re di Kizzuwatna. Il trattato è redatto in accadico e in ittita; l’accadico è infatti la lingua nella quale vengono scritti tutti i trattati che gli Ittiti stipulano con i sovrani non di lingua ittita, quali quelli dei paesi siriani ed è verosimile ritenere che nella regione di Kizzuwatna il hurrita e il luvio fossero le lingue maggiormente in uso.14 Si tratta di un trattato paritetico che prevede il riconoscimento di Kiz-

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Il centro principale di Kizzuwatna era la città di Kummani, forse da localizzare presso il sito moderno di Sirkeli; il toponimo Kummani, che potrebbe essere composto dalla radice luvia kumma- “sacro + il suffisso hurrita –ni, sembra essere esemplificativo di questa realtà linguistica composita luvio-hurrita (Forlanini 2013b, 78-79).

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zuwatna come uno stato sovrano di uguale rango politico rispetto a Hatti (Devecchi 2015a, 63-65). La fondazione della città di Sarissa (= Ku aklı), che si trova a est del fiume Kızılırmak nella provincia della moderna città di Sivas, può essere collocata al tempo di Telipinu (Mielke 2006); la fondazione di questo nuovo centro urbano è parte del più ampio progetto di riorganizzazione amministrativa del territorio, documentato anche nell’editto, come si è già detto. Gli scavi condotti in questo sito hanno portato alla luce anche un certo numero di tavolette cuneiformi (Wilhelm 1997).

2.5.3. La norma che definisce la successione al trono. Telipinu, volendosi presentare come il sovrano che ha determinato la fine dei conflitti nella corte e riportato l’ordine nel paese, come già si è detto, conclude l’introduzione storica dell’editto con una parte normativa che definisce la linea di successione al trono: salirà al trono un figlio maschio che il re avrà avuto dalla sua consorte ufficiale; in mancanza di questo, l’erede sarà un figlio maschio nato da una donna del harem; in assenza di un figlio maschio, il futuro re sarà il marito di una figlia del re, nata dalla consorte ufficiale di quest’ultimo. In realtà, questa norma sembra andare a codificare quanto nella prassi era già accaduto più volte; infatti, sia Hantili I, sia Telipinu stesso derivavano la loro legittimità dall’aver sposato una principessa reale. Questa prassi è coerente con la possibilità, nell’Anatolia ittita, di praticare una tipologia particolare di contratto matrimoniale che prevedeva l’ingresso del marito nella casa della moglie, contrariamente a quanto accadeva generalmente. L’uomo che contraeva questo tipo di matrimonio veniva chiamato in lingua ittita antiyant-, letteralmente = “colui che entra dentro (la casa della moglie)”; egli diventava un figlio adottivo del padre della sposa e, dunque, rientrava a pieno diritto nell’asse ereditario di quest’ultimo. In tal modo, un sovrano poteva lasciare il trono ad un genero; analogamente, anche un membro di una famiglia abbiente, ma privo di eredi maschi, poteva mantenere i propri beni nell’ambito della sua casa e della sua discendenza. La norma per la successione al trono fissata da Telipinu lasciava al re di Hatti la possibilità di designare uno qualsiasi dei suoi figli, senza obbligarlo a scegliere il primogenito. Questo assicurava al sovrano la possibilità di vagliare chi fosse il suo figlio più capace, ma al tempo stesso metteva in competizione i principi reali, creando a volte situazioni conflittuali.

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Infine l’editto contiene alcune disposizioni di carattere amministrativo relative all’organizzazione dei distretti periferici, con una lunga lista delle città dove si trovavano i magazzini regi, e due norme di carattere giuridico, una sulle modalità di dirimere un processo per omicidio, prevedendo o la morte del colpevole o un risarcimento, e l’altra volta a punire reati di magia nera.

2.6. I successori di Telipinu La documentazione offerta dagli atti di donazione indica che il successore di Telipinu fu il re Alluwamna, sovrano del quale sappiamo molto poco, seguito poi dal figlio Hantili II (Rüster – Wilhelm 2012, 52-53). Un re di nome Tahurwaili, del quale però sappiamo molto poco, potrebbe aver regnato subito dopo Hantili II. A Tahurwaili succede Zidanta II (Wilhelm 2012a). Entrambi, Tahurwaili e Zidanta II hanno siglato un trattato internazionale con Kizzuwatna; il partner kizzuwatneo di Tahurwaili è il re Eheya, mentre il co-signatario del trattato concluso con Zidanta II è Pilliya. Il trattato stipulato con Tahurwaili è paritetico, mentre quello con Pilliya sembra indicare un rapporto di subordinazione di Kizzuwatna a Hatti (Devecchi 2015a, 65-70). Una tavoletta rinvenuta nel sito di Alalah (AlT 3) conserva un trattato internazionale stipulato tra Idrimi, re di questa città, e Pilliya di Kizzuwatna; l’accordo era sottoposto all’approvazione di Parattarna, sovrano di Mittani. Questo documento è di grande importanza; prima di tutto esso stabilisce il sincronismo tra Zidanta II, Parattarna, Idrimi e Pilliya. Inoltre esso mostra che, al momento della stipulazione di tale accordo internazionale, sia Alalah che Kizzuwatna gravitavano nell’orbita politica di Mittani. Il trattato concluso tra Zidanta II e Pilliya potrebbe, dunque, essere antecedente e rispecchiare una situazione nella quale temporaneamente Hatti aveva imposto la sua supremazia sull’Anatolia sud-orientale. Il successore di Pilliya, il re Shunashshura, in una prima fase del suo regno, è ancora suddito di Mittani, come mostra un altro documento di Alalah, la tavoletta AlT 14, nel quale il re di Mittani Saushtatar è chiamato a risolvere una controversia di confine sorta tra Alalah e Kizzuwatna (von Dassow 2008, 48-49). Nel trattato concluso da Zidanta II con Pilliya il re ittita si appella per la prima volta con l’espressione DUTUŠI, letteralmente “il Sole”,15 titolo ufficiale del re di Hatti nei documenti di età successiva. L’origine di questo appel-

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Questa espressione viene spesso tradotta liberamente come “Sua Maestà”.

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lativo non è ancora certa; esso potrebbe essere entrato nel mondo ittita tramite la conoscenza di analoghe espressioni in uso in Mesopotamia (Beckman 2002). Il disco solare alato è anche il logo della monarchia ittita e compare sui sigilli dei sovrani a partire dal XIV secolo a.C. e anche nei rilievi su pietra, come ad esempio nel santuario di Yazılıkaya. Il successore di Zidanta II è il re Huzziya III: Un trattato paritetico giuntoci molto frammentario e concluso da un re ittita, di cui non è conservato il nome, con il re Paddatishshu di Kizzuwatna - potrebbe essere attribuito a Huzziya III, anche se sono state avanzate altre ipotesi di datazione per questo stesso documento (Devecchi 2015a, 70-73). Huzziya III è ucciso in una congiura ordita da un personaggio di nome Muwatalli, come documenta il testo KBo 16 24 +; questi potrebbe essere un membro della corte di Huzziya III, se lo identifichiamo con il funzionario che porta il titolo di “Grande della Guardia del Corpo” nell’atto di donazione esteso da Huzziya III, KBo 32 187 (Otten 1987, 31-32). Il regno di Muwatalli I deve essere stato di breve durata; di lui conosciamo solo alcuni atti di donazione (Rüster – Wilhelm 2012, 196-206). Un dignitario di nome Himuili, che porta il titolo di “Grande Coppiere”, compare tra i testimoni dell’atto di donazione nr. 46 (Rüster – Wilhelm 2012, 196-199); questo stesso dignitario ha, invece, il titolo di “Grande degli attendenti del Palazzo” nell’atto di donazione nr. 47, dove è menzionato anche un funzionario, con competenze di carattere militare, di nome Kantuzili, “Capo degli aurighi d’oro” (Rüster – Wilhelm 2012, 200-204). Questi due dignitari sono gli autori di un nuovo colpo di stato che porta all’uccisione di Muwatalli I; nessuno dei due, però, prende il potere, ma sale al trono uno dei figli di Kantuzili, di nome Tuthaliya. La filiazione di Tuthaliya I da Kantuzili è documentata dall’impronta di un sigillo (Bo 99/69; Otten 2000), la cui legenda recita “sigillo di Tuthaliya, Gran Re, figlio di Kantuzili” e dal frammento KBo 50 65 (Groddek 2009a, 164-167). Il fatto che Kantuzili non sia mai documentato con il titolo regio indica che quest’ultimo non era salito sul trono di Hatti. Il conflitto che oppose Muwatalli I contro Himuili, Kantuzili e Tuthaliya rientrava nelle lotte tra i potenti clan anatolici che detenevano potere e ricchezza; F. Pecchioli Daddi (2005) ha avanzato l’ipotesi che vi fossero due linee dinastiche in contrasto tra loro, una che faceva capo a Zidanta II e alla quale apparterrebbe Muwatalli I ed un’altra rappresentata da Huzziya III. A quest’ultimo sovrano sarebbe in qualche modo legato Kantuzili, forse come fratello o genero (de Martino 2010a, 189-190; diversamente Taracha 2004). La scelta, da parte del clan familiare vincitore, di non porre sul trono nessuno dei due responsabili dell’assassinio di Muwatalli I, cioè Himuili e Kantuzili, ma un figlio di 36

quest’ultimo, potrebbe essere dovuta alla volontà di evitare che il nuovo sovrano portasse la grave macchia del regicidio, presentandosi così fino dall’inizio in una situazione nella quale difficilmente avrebbe potuto godere del sostegno divino.

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3. Il Nuovo Regno

3.1. Tuthaliya I 3.1.1. La periodizzazione della storia ittita e la successione dei sovrani. Viene abbandonata in questa trattazione la periodizzazione della storia ittita in tre fasi, Antico, Medio e Nuovo Regno (o Età Imperiale), che è stata seguita per molto tempo, a favore di una suddivisione tra un primo periodo, quello dell’Antico Regno, e l’età successiva, il Nuovo Regno, che possiamo far iniziare negli ultimi decenni del XV secolo a.C. con la presa del potere da parte di Tuthaliya I. Tale periodizzazione, risponde in maniera più coerente agli aspetti politici, sociali e culturali dello stato ittita e ai mutamenti che si sono determinati nell’intero arco della sua vita (Archi 2003). La successione dei sovrani ittiti in questo periodo della storia del regno di Hatti è stata per lungo tempo oggetto di discussione; per quanto un consenso pieno non sia ancora stato raggiunto, la sequenza Tuthaliya I, Arnuwanda I, Tuthaliya II, Suppiluliuma I appare l’ipotesi più verosimile e ad essa ci si attiene in questa presentazione. Diversamente altri ittitologi ritengono che vi siano stati due sovrani omonimi, rispettivamente Tuthaliya I e Tuthaliya II, tra i quali potrebbe aver regnato anche un re di nome Hattusili. Le prove a sostegno dell’esistenza di Hattusili (II) sono del tutto inconsistenti; anche la proposta di distinguere tra due sovrani omonimi, Tuthaliya I e II, che avrebbero regnato l’uno successivamente all’altro non ha trovato solide basi documentarie.16

16 Il testo storiografico KBo 50 4, che P. Taracha (2014, 960-961) considera come la prova più significativa dell’esistenza di due re di nome Tuthaliya, è molto frammentario e le prime righe possono prestarsi anche ad altre possibili integrazioni rispetto a quella proposta da P. Taracha; infatti la presenza del nome Tuthaliya in due righe l’una di seguito all’altra (rr. 1’-2’) potrebbe spiegarsi ipotizzando che il re Arnuwanda I dichiari prima la filiazione della

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Se accogliamo l’ipotesi della successione di sovrani Tuthaliya I – Arnuwanda I – Tuthaliya II, il quadro complessivo delle campagne militari condotte da Tuthaliya I, sia in Anatolia occidentale sia in Siria, risulta pienamente coerente con una ben precisa strategia politica volta a recuperare il dominio dei territori un tempo conquistati da Hattusili I e Mursili I. Per quanto riguarda la cronologia assoluta, alcuni sincronismi ci danno indicazioni importanti sul regno di Tuthaliya I. Un documento di cui parleremo più avanti, gli Annali di Arnuwanda I, mostra che Tuthaliya I era contemporaneo del re Saushtatar di Mittani; da un testo di Alalah, AlT 14, di cui già si è detto (v. § 2.6.), si evince che questo re di Mittani era contemporaneo anche di Niqmepa, sovrano di Alalah, e di Shunashshura, re di Kizzuwatna. Le conquiste militari di Tuthaliya I in Siria possono essere messe in relazione, come diremo anche più avanti, con le campagne militari condotte dal faraone Thutmosi III (1479-1425), che provocarono un forte indebolimento del dominio di Mittani su questa regione. Se, dunque, Tuthaliya I è stato contemporaneo di Thutmosi III, almeno negli ultimi decenni del regno di questo faraone, la sua ascesa al trono dovrebbe collocarsi approssimativamente negli anni quaranta del XV scolo a.C. Il regno di Tuthaliya I, presumibilmente salito al trono in giovane età, deve essere stato molto lungo (Carruba 2008, 87).

3.1.2. Le campagne militari di Tuthaliya I. Per la conoscenza degli eventi del regno di Tuthaliya I sono di fondamentale importanza gli Annali di questo sovrano e altri documenti di carattere storiografico del suo tempo o di età successiva, i trattati da lui stipulati e anche testi di carattere ritualistico. Probabilmente una delle prime imprese militari che Tuthaliya I deve affrontare è il pieno annientamento dei sostenitori di Muwatalli I; uno di questi di nome Muwa, che era stato “Grande della Guardia del Corpo” al tempo di Muwatalli I, aveva ottenuto il sostegno militare di Mittani e cercava forse di riprendere il potere insieme ai sostenitori del sovrano da poco ucciso. Questa impresa, documentata dal testo storiografico KUB 32 16 (Carruba 2008, 1729), vede contrapposti, da un lato, Tuthaliya I e suo padre Kantuzili e, dall’altro, Muwa supportato da truppe hurrite. Non sappiamo dove questo

sua consorte da questo sovrano e poi la sua propria dallo stesso Tuthaliya I, in quanto suo figlio adottivo (v. § 3.2.1.).

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scontro militare possa essere avvenuto, se nella regione di Kizzuwatna oppure in Anatolia centro-orientale. Kizzuwatna riveste un ruolo centrale nelle vicende del regno di Tuthaliya I; egli viene considerato il contraente di parte ittita di un trattato stipulato con Shunashshura re di Kizzuwatna.17 In questo trattato confluisce un precedente accordo, verosimilmente sempre concluso tra i due sovrani menzionati sopra, di carattere paritetico, mentre la versione successiva vede il pieno controllo ittita della regione (Devecchi 2015a, 73-91). Il primo di questi due trattati potrebbe essere datato nella fase iniziale del regno di Tuthaliya I, quando questo sovrano si trova a fronteggiare il rivale Muwa. Il secondo, invece, in un momento successivo, quando ormai Tuthaliya I aveva consolidato il suo potere e, al tempo stesso, Mittani era impegnato a respingere l’avanzata delle truppe egiziane in Siria guidate da Thutmosi III. Tuthaliya I sposa una donna che porta un nome hurrita, Nikkal-madi; è assai verosimile ritenere che questa sia una principessa di Kizzuwatna, il cui matrimonio andava a sancire il trattato stipulato tra i due paesi, unendo le due case reali, quella di Hatti e quella di Kizzuwatna (Houwink ten Cate 1998, 43-50). Non sappiamo se ciò sia avvenuto in maniera pienamente pacifica, volendo il re ittita acquisire così il sostegno di Kizzuwatna in un difficile momento politico quale quello che lo opponeva a Muwa, oppure a seguito di una conquista militare della regione. La presenza, a Hattusa, di Nikkal-madi e del suo seguito, compresi scribi e esperti di rituali kizzuwatnei, determina la diffusione della lingua e di tradizioni hurrite tra i membri della famiglia reale di Hatti. Infatti la corte di Kizzuwatna, paese che aveva gravitato per decenni nell’orbita politica di Mittani, aveva assorbito molti elementi della cultura e della tradizione hurrita. La tavoletta KUB 23 11 conserva un testo storiografico di Tuthaliya I (Carruba 2008, 34-4718). L’esposizione è organizzata seguendo un ordine di tipo geografico da ovest a nord e poi a est, forse in una ricostruzione ideale di una serie di campagne militari che possono essersi succedute anche in una sequenza cronologica e geografica diversa. La modalità di presentazione scelta vuole dare l’immagine di un percorso che, in maniera organica, va a

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Il nome del re ittita contraente del trattato non è conservato nel testo perché frammentario; per l’attribuzione del trattato a Tuthaliya I v. Wilhelm 1988. 18 O. Carruba (2008), 34-47, sostenitore dell’esistenza di Tuthaliya I, Hattusili II e Tuthaliya II, data questo testo a Tuthaliya II.

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coprire la totalità del territorio anatolico, propagandando così l’immagine di un “dominio universale” raggiunto dal re di Hatti. Gli scontri militari nella parte occidentale dell’Anatolia coinvolgono la regione di Arzawa, l’area del fiume Seha, che corrisponde a quella dove scorrono i fiumi Ermo e Caico (Hawkins 1998, 23-24), e una serie di centri che vengono indicati come appartenenti al paese di Assuwa. Tra questi centri figurano Wilusiya e Tarwisa; Wilusiya è la forma arcaica del toponimo Wilusa documentato nelle fonti ittite di età successiva; questo centro viene considerato, per motivazioni di carattere linguistico, storico e archeologico, come il sito corrispondente a Ilios di età classica (= Hisarlık Höyük; Gander 2010, 32).19 Tarwisa, invece, potrebbe corrispondere alla regione intorno a Ilios, cioè alla Troade. La conquista di Assuwa da parte di Tuthaliya I è celebrata anche con un dono rituale fatto dal sovrano alle divinità; negli scavi della capitale ittita è stata rinvenuta nel 1991 una spada di bronzo con l’immanicatura piegata, cioè volutamente defunzionalizzata per essere resa inoffensiva, sulla cui lama corre un’iscrizione in lingua accadica. Questa ci informa che la spada è stata dedicata al dio della Tempesta, la principale divinità del pantheon ittita, dal re Tuthaliya dopo la sua conquista del paese di Assuwa. Questa spada presenta caratteri morfologici che la caratterizzano come un’arma fabbricata in Anatolia, però sulla base di modelli di derivazione egeo-micenea ed è un indizio dei contatti tra genti egee e i centri costieri dell’Anatolia occidentale; inoltre essa indica che i prodotti di fabbricazione egea dovevano godere di un certo prestigio presso le élites dell’Anatolia occidentale (Beckman – Bryce – Kline 2011, 268). Il testo KUB 23 11 ci informa che Tuthaliya I dovette anche affrontare un attacco di truppe dei Kaska che erano entrati nel paese di Hatti mentre l’esercito ittita stava combattendo in Anatolia occidentale. I Kaska sono una popolazione che occupava parte dell’Anatolia settentrionale lungo la costa del Mar Nero. Sembra verosimile ritenere che i Kaska si fossero sedentarizzati in queste regioni non molto tempo prima e ciò spiegherebbe il fatto che la loro presenza minacciosa si fosse fatta sentire in maniera pesante proprio a partire dal regno di Tuthaliya I (Klinger 2002). Si tratta di gruppi tribali non sedentari che si muovevano tra le montagne a nord della capitale ittita e spesso attaccavano e saccheggiavano città e villaggi. La

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Per una localizzazione diversa di Wilusa v. in ultimo S. Heinhold-Krahmer 2013.

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regione dove si trova la moderna città turca di Çankırı doveva costituire l’interfaccia tra i domini ittiti e le terre occupate dalle tribù Kaskee; non dobbiamo immaginare che tra queste due zone vi fosse un confine netto, ma le frequenti incursioni dei Kaska andavano a ridisegnare continuamente la linea di demarcazione che separava Hatti dalla terra dei Kaska (Matthews – Glatz 2009). Infine, Tuthaliya I porta il suo esercito in Anatolia orientale, nella regione di Isuwa che era a est dell’Eufrate nella regione dove si trova il sito moderno di Korucetepe. La popolazione di Isuwa era a quest’epoca in gran parte non sedentaria e dedita alla pastorizia; movimenti di popolazione anche su un’area abbastanza vasta erano frequenti e questo creava problemi di natura politica; infatti, Isuwa era zona di confine tra Hatti e Mittani e entrambi i paesi rivendicavano il controllo dell’intera regione e delle sue risorse. Tuthaliya I compie anche spedizioni militari in Siria; queste non sono documentate nel testo KUB 23 11, che però è frammentario e, quindi, non conserva testimonianza di tutte le imprese del sovrano. In realtà l’attività militare di Tuthaliya I in Siria ci è nota solo in maniera indiretta; un passo del trattato stipulato da Mursili II con Talmi-Sharruma di Aleppo (conservato nella copia di Muwatalli II) dà notizia che Aleppo sarebbe stata, prima, alleata di Hatti, ma in seguito si sarebbe schierata dalla parte di Mittani, provocando così la reazione di Tuthaliya I che avrebbe addirittura assalito e distrutto la città (Devecchi 2015a, 235). È stato attribuito a Tuthaliya I anche un trattato, giuntoci in condizioni molto frammentarie, concluso da un re ittita di cui non è conservato il nome e la città di Tunip (Devecchi 2014, 185).20 Questi eventi portano Tuthaliya I a controllare parte della Siria occidentale, riappropriandosi di quelle regioni che avevano sottomesso i suoi avi Hattusili I e Mursili I, ma che poi erano andate perdute; tali conquiste militari ittite di Tuthaliya I potrebbero collocarsi nel periodo che vede un forte indebolimento del controllo di Mittani sulla Siria a causa delle incursioni del faraone Thutmosi III (Klinger 1995).

3.1.3. L’adozione della scrittura luvio geroglifica. Al tempo di Tuthaliya I il regno ittita entra in una fase di profonde trasformazioni non solo territoriali, politiche e amministrative, ma anche culturali. Mutamenti di carattere linguistico sono riconoscibili nella lingua ittita che

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La datazione di questo trattato è, però, ancora incerta (Devecchi 2015a, 185).

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tende a differenziarsi da quella dell’età precedente (Melchert 2008). Inoltre, si inizia ad utilizzare la scrittura luvio geroglifica, anche se in un primo momento soltanto nella glittica; con Tuthaliya I, infatti, i sigilli hanno una legenda in luvio geroglifico nel campo centrale e una in cuneiforme nella corona circolare esterna. Si ritiene oggi che l’invenzione di questo sistema grafico geroglifico sia autenticamente anatolica e sia da attribuire, in una prima fase, alla componente luvia dell’Anatolia meridionale e occidentale. Questo sistema grafico era già stato adottato dalla cancelleria di Kizzuwatna, come è dimostrato dal sigillo con caratteri geroglifici di Ishputahshu, sovrano di questo paese e contemporaneo del re ittita Telipinu (v. § 2.5.2.) Nella fase iniziale la scrittura constava di ideogrammi; successivamente ad essi fu attribuito anche un valore fonetico. L’analisi puntuale condotta da I. Yakubovich (2010) ha mostrato con chiarezza che, anche se il valore fonetico di molti segni rimanda alla lingua luvia, in alcuni casi gli scribi che per primi hanno definito la lettura fonetica di certi sillabogrammi, lo hanno fatto pensando a lessemi ittiti e non a quelli luvi. Pertanto, entrambe le lingue, il luvio e l’ittita, hanno partecipato al processo di formazione e definizione del sistema grafico luvio geroglifico.21 È, tuttavia, indiscutibile che, quando nel XIII secolo a.C. questo sistema grafico viene impiegato, non solo più nelle legende dei sigilli, ma anche per iscrizioni di una certa ampiezza, la lingua impiegata è quella luvia. Le ragioni che hanno portato a privilegiare la scrittura luvio geroglifica per le iscrizioni monumentali della tarda età ittita possono, forse, essere ricondotte sia alla forte valenza iconica dei segni geroglifici, di gran lunga superiore a quella dei segni cuneiformi (Marazzi 2010), sia ad un intento “nazionalistico”; infatti una iscrizione in luvio geroglifico era riconoscibile come autenticamente anatolica e, come tale, distintiva del regno di Hatti (Payne 2008; Yakubovich 2010, 295), mentre un’iscrizione cuneiforme poteva indistintamente essere attribuita a qualsiasi popolo e paese del Vicino Oriente antico del Tardo Bronzo. Una caratteristica delle iscrizioni luvio geroglifiche del XIII secolo a.C. è costituita dal fatto che i segni non sono incisi nella pietra, ma risultano in rilievo, risparmiati dal lavoro di intaglio dello spazio che li circonda. Ciò ri-

21 V. Oreshko 2013a per una ricostruzione della nascita e dello sviluppo del sistema grafico luvio geroglifico, inteso come un prodotto esclusivamente della componente etnolinguistica luvia.

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corda la modalità di lavorazione dei sigilli ed è possibile che proprio i sigilli abbiano ispirato le prime e più antiche iscrizioni su pietra (Rieken 2015). W. Waal (2012) ha cercato di dimostrare che l’invenzione della scrittura luvio geroglifica potrebbe risalire all’inizio del II millennio a.C. Questa ipotesi parte dall’esistenza di qualche segno, che presenta analogie con i più tardi segni luvio geroglifici, inciso su ceramica rinvenuta a Kültepe in contesti di età paleo-assira. Inoltre, la Waal ha avanzato l’ipotesi che a Kültepe in questo periodo si redigessero testi amministrativi su tavolette di legno e con la scrittura luvio geroglifica. Come, però, ha mostrato E. Rieken (2015) manca qualsiasi prova concreta dell’esistenza di questa documentazione su legno in età paleo-assira. A. Archi (2015b) ha recentemente ipotizzato che la scrittura luvio geroglifica potesse essere stata impiegata in Siria occidentale già nel Medio Bronzo. A sostegno di questa ipotesi Archi menziona il sigillo di Indi-Limma, re di Ebla; in questo sigillo, conservato all’Ashmolean Museum di Oxford e il cui contesto di rinvenimento non è noto, il nome del re e quello di suo padre sono scritti in caratteri cuneiformi, mentre quattro segni luvio geroglifici appaiono nel campo dove sono raffigurati re e divinità. In assenza di altre e più concrete evidenze documentarie, appare più prudente limitarsi all’ osservazione che, nel regno ittita, il sistema grafico luvio geroglifico inizia ad essere impiegato al tempo di Tuthaliya I. In considerazione dei rapporti che si erano stabiliti al tempo di questo re tra la corte di Hatti e quella di Kizzuwatna, l’adozione di tale sistema grafico, documentato in quest’ultimo paese dal tempo del già menzionato re Ishputahshu, potrebbe derivare proprio dalla conoscenza della documentazione kizzuwatnea. La scrittura luvio geroglifica era utilizzata anche su tavolette di legno cerate, un supporto scrittorio verosimilmente adoperato anche per testi in cuneiforme (Marazzi 2010); i segni venivano impressi con uno stilo di metallo appuntito e di forma ben diversa da quelli utilizzati per incidere i segni cuneiformi sull’argilla (Cammarosano 2014, 73). La tavolette di legno cerate scritte in caratteri luvio geroglifici potrebbero essere state utilizzate per la stesura di documenti di inventario di carattere economico, per i quali un sistema scrittorio prevalentemente logografico poteva assicurare un buon livello di comunicazione (Rieken 2015).

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3.2. Arnuwanda I 3.2.1. La scelta di Arnuwanda come erede al trono e la co-reggenza. Il successore di Tuthaliya I è il re Arnuwanda I; un testo storiografico esteso da quest’ultimo sovrano, KUB 23 21 (Carruba 2008, 65-78), indica con chiarezza che Tuthaliya I aveva associato al trono Arnuwanda I e che i due operavano insieme. Questo è l’unico caso certo di una co-reggenza nella storia del regno di Hatti.22 Tale inusuale procedura è però comprensibile, dal momento che Arnuwanda non era un figlio di Tuthaliya I, ma un genero, avendone sposato la figlia Ashmu-Nikkal. Alcune impronte di sigillo identificano Ashmu-Nikkal come figlia di Tuthaliya I e della sua sposa Nikkal-madi; la successione al trono avvenne dunque tramite un genero, come anche l’Editto di Telipinu prevedeva e come era accaduto altre volte, in assenza di eredi diretti. L’aspetto singolare della designazione di Arnuwanda come successore consiste, però, nel fatto che Tuthaliya I e la sua consorte avevano figli, come testimonia un rituale di purificazione contro operazioni di magia nera che sarebbero state intentate dalla sorella di Tuthaliya I (Szabó 1971; Christiansen 2007).23 Possiamo ipotizzare che Tuthaliya I, dando una sua figlia avuta da Nikkal-madi, che come abbiamo detto verosimilmente era una principessa kizzuwatnea, in sposa a un membro di un qualche potente clan familiare anatolico, volesse trovare un accordo tra le famiglie di tradizione centro-anatolica, rappresentate dal giovane Arnuwanda, e i nuovi componenti della famiglia reale di cultura hurrita kizzuwatnea, cioè Nikkal-madi e i figli da lei generati. Tuthaliya I, forse allo scopo di evitare che alla sua morte l’erede designato si trovasse a fronteggiare l’opposizione di membri della corte, scelse di associarlo al trono, così da imporne il ruolo e consolidarne il prestigio. Il testo storiografico, già menzionato prima, KUB 23 21 (Carruba 2008, 65-73) ci informa che Arnuwanda I, una volta associato al trono insieme a Tuthaliya I, condusse, con suo suocero, una spedizione militare in Anatolia occidentale, contro il paese di Arzawa. Il toponimo Arzawa fa riferimento, nei testi ittiti del XIV secolo a.C., ad un’entità politica con capitale nella città di Apasa, da identificare con Efeso della tradizione classica (Hawkins 1998, 22, 25 n. 152). Al tempo di Arnuwanda I e del suo successore Tuthali22

V. anche § 3.8. D. Hawkins (2011, 85) ha avanzato l’ipotesi che i “figli” menzionati in questo testo fossero gli stessi Arnuwanda, considerato come un figlio adottivo, e Ashmu-Nikkal. 23

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ya II, Arzawa cercò, a volte anche con successo, di estendere i suoi domini anche verso l’Anatolia sud-occidentale, e portò avanti una politica aggressiva nei confronti delle regioni confinati con Hatti. La spedizione condotta da Arnuwanda I sembra non aver raggiunto il cuore di questo paese e non aver intaccato le sue capacità militari. Infatti, poco tempo dopo, il re di Arzawa Kupanta-Kuruntiya riprese le ostilità contro Hatti; l’esercito ittita risultò vittorioso e il re di Arzawa fuggì, lasciando che la propria famiglia fosse catturata dagli Ittiti. Questo particolare, inserito nella narrazione, vuole enfatizzare la codardia di Kupanta-Kuruntiya e risponde ad un modello letterario, secondo il quale il nemico sempre si comporta da vigliacco, mentre il re di Hatti viene presentato come coraggioso, leale e pietoso. Il testo continua narrando altre imprese militari di Arnuwanda I nel periodo successivo alla morte di Tuthaliya I.

3.2.2. I primi contatti con genti egee. Gli scontri militari tra Hatti e Arzawa sono documentati anche da altre fonti, oltre che dal già menzionato testo storiografico KUB 23 21. Di particolare interesse è un documento che nella letteratura secondaria va sotto il nome di “Atto di accusa a Madduwatta” (Beckman – Bryce – Cline 2011, 69-100); si tratta della stesura preliminare di un testo la cui finalità non è del tutto chiara, nel quale sono elencati i misfatti compiuti da Madduwatta contro Hatti. Questa tavoletta potrebbe costituire la memoria accusatoria in base alla quale istruire un processo nei confronti di Madduwatta nell’ottica di rimuoverlo dalla posizione e dal rango che gli erano stati concessi; altrimenti essa potrebbe avere solo un intento intimidatorio per indurlo a non compire più alcun atto ostile agli Ittiti. La prima parte di questo testo fa riferimento ad eventi accaduti al tempo di Tuthaliya I; in quel periodo Madduwatta si trovava in una situazione di grave pericolo, essendo braccato da un personaggio di nome Attarassiya, definito come “l’uomo di Ahhiya”, che lo avrebbe ucciso, se Tuthaliya I non fosse accorso a soccorrerlo. Madduwatta, presumibilmente, controllava un territorio dell’Anatolia occidentale ed era entrato in attrito con Attarassiya. Ahhiya è la forma abbreviata e in uso in questo periodo dell’espressione Ahhiyawa, che indica i Micenei (v. §§ 3.9.2; 3.10.4.); Attarassiya doveva essere un Miceneo di rango giunto in Anatolia a capo di una truppa, dotata anche di carri, con la quale conduceva spedizioni militari su suolo anatolico. Contatti commerciali tra Micenei ed Anatolici sono documentati a livello archeologico, soprattutto nei siti di Mileto e Clazomene, nel periodo tra la

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fine del XV secolo e l’inizio del XIV a.C., cioè proprio al tempo dei re ittiti Tuthaliya I e Arnuwanda I. Un indizio di relazioni e scambi commerciali e culturali tra le popolazioni dell’Anatolia occidentale e quelle dell’Egeo è costituito anche dalla spada che il re Tuthaliya I aveva preso come bottino di guerra durante la spedizione militare contro Assuwa, di cui già abbiamo già detto (v. § 3.1.2.). Tuthaliya I non solo accorre in aiuto di Madduwatta, ma lo prende sotto la sua protezione e gli assegna da governare un territorio in Anatolia occidentale, una specie di stato cuscinetto tra il regno ittita e quello di Arzawa, vincolandolo con un giuramento di fedeltà a Hatti. Madduwatta, però, trasgredisce il giuramento e cerca di estendere i suoi domini, entrando in conflitto con Kupanta-Kuruntiya, il re di Arzawa che abbiamo già menzionato. Quest’ultimo ha la meglio e Tuthaliya I è costretto a inviare un esercito in soccorso di Madduwatta. Il rapporto di Madduwatta con Hatti e con Arzawa è sempre caratterizzato da molte ambiguità, dal momento che egli spesso va contro gli ordini e gli interessi di Hatti, cercando anche l’alleanza di Arzawa. Durante il regno di Arnuwanda I, Madduwatta provoca la sollevazione della popolazione di Pitassa, regione che si trovava ad ovest della moderna città di Konya. L’ultimo misfatto imputato dal re ittita a Madduwatta riguarda un raid che egli avrebbe condotto per mare, insieme al suo ex-avversario Attarassiya, contro l’isola di Alashiya/Cipro, che Arnuwanda I dice essere un territorio sotto il suo controllo. Quest’ultima affermazione non trova riscontro in nessuna altra fonte ittita coeva; possiamo ipotizzare che Arnuwanda I facesse riferimento non ad un diretto dominio politico ittita sull’intera isola di Cipro, ma al fatto che Hatti aveva stabilito salde relazioni economiche e diplomatiche con l’isola (o con alcune entità politiche di essa), indispensabili per l’approvigionamento del rame, che Cipro fornisce a tutti i regni vicino orientali del Tardo Bronzo (v. § 3.11.2.). Una situazione di turbolenza e frequenti conflittualità in Anatolia occidentale e meridionale è documentata anche dalla tavoletta ittita KBo 16 47. Questo testo, che su base paleografica può essere datato nella prima metà del XIV secolo a.C., conserva parte di un trattato stipulato da un re ittita, di cui non è conservato il nome, e un personaggio di nome Huhazalma. L’accordo siglato stabilisce che le città di Ura e Mutamutassa, site rispettivamente in Cilicia e Pamfilia e precedentemente conquistate da Huhazalma, tornino sotto il controllo di Hatti (Devecchi 2015a, 125-126). Huhazalma potrebbe essere un re di Arzawa e, in questo caso, egli potrebbe essere il successore di Kuapanta-Kuruntuiya, ma potrebbe anche essere un capo locale che, analogamente a Madduwatta, aveva prima assalito alcuni centri ittiti e poi aveva accettato di sottomettersi a Hatti (de Martino 1996, 68). 47

3.2.3. L’Anatolia settentrionale e orientale. Le regioni occidentali non sono gli unici territori nei quali Arnuwanda I deve intervenire. In Anatolia settentrionale le tribù dei Kaska, che come si è detto avevano da poco tempo occupato parte della regione lungo la costa del Mar Nero, si vanno spingendo verso i centri ittiti più settentrionali, arrivando fino a saccheggiare la città di Nerik, sede di un importante santuario del dio della Tempesta. Gli scavi archeologici tedeschi condotti nel sito di Oymaağaç e i ritrovamenti di tavolette cuneiformi indicano che questo sito corrisponde molto verosimilmente all’antica città di Nerik (Czichon et alii 2011). Questo terribile evento è ricordato nella preghiera innalzata da Arnuwanda I e Ashmu-Nikkal alla dea Sole di Arinna, nella quale la coppia reale lamenta le distruzione, i saccheggi e le profanazioni dei luoghi sacri operate dai Kaska (Singer 2002, 40-43). Allo scopo di contenere l’aggressività di queste popolazioni Arnuwanda I stipula accordi con alcune tribù Kaskee; non essendo queste organizzate in forma statale e, dunque, non essendoci un re che le rappresenta, le clausole degli accordi sono fatte giurare ai vari capi tribù (Devecchi 2015a, 110-123). Infine, anche in Anatolia orientale gli Ittiti sembravano aver subito sconfitte e perdite territoriali; la tavoletta frammentaria KBo 16 42, che può essere datata al tempo di Arnuwanda I, conserva il rapporto di un ufficiale ittita inviato nella regione di Malatya e Isuwa per verificare i danni e le distruzioni subite dai centri di queste due regioni, verosimilmente in seguito a ribellioni delle popolazioni locali, forse anche sobillate da Mittani. Un altro documento KUB 23 72, redatto al tempo del successore di Arnuwanda I, ricorda che Arnuwanda I aveva posto sotto giuramento un personaggio di nome Mita, che controllava la regione di Pahhuwa, che si trovava a nord di Malatya e Isuwa, allo scopo di avere un alleato in queste remote regioni orientali (Torri 2005; Koysan 2006). Mita, però, successivamente viene meno agli impegni presi e rompe l’accordo di alleanza con Hatti. Anche in Anatolia orientale, dunque, la situazione politica era fortemente instabile e gli Ittiti non erano ancora riusciti ad imporre in maniera salda una qualche forma di controllo sulle regioni di Malatya, Isuwa e Pahhuwa.

3.2.4. L’amministrazione del paese. Al regno di Arnuwanda I si datano alcuni testi di Istruzione per funzionari dello stato, come le Istruzioni per il “sindaco” di Hattusa e quelle per il Governatore delle regioni di frontiera: questi testi hanno una funzione eminentemente pratica, volendo fare sì che i funzionari statali si impegnassero sotto 48

giuramento a compiere in maniera scrupolosa tutti i loro compiti, esplicitati in maniera dettagliata nel testo. Atti di questo tipo sono documentati anche per il regno di Tuthaliya I. Essi sono l’indizio di un cambiamento nella struttura amministrativa dello stato; infatti, nell’Antico Regno le principali cariche dello stato venivano date a membri della famiglia reale, nell’ottica che il legame di sangue con il sovrano fosse di per sé sufficiente ad assicurarne la fedeltà. A partire, invece, da Tuthaliya I questo sistema di gestione “familiare” dello stato viene sostituito mediante la nomina di funzionari di carriera, per i quali vengono estesi i testi di Istruzione e che sono vincolati al sovrano da un giuramento di fedeltà e obbedienza.24 Di particolare interesse sono le Istruzioni per il sindaco (accadico: AZANNU) di Hattusa; esse danno anche indicazioni sull’impianto urbanistico della città e la sua vita nella quotidianità. Uno dei principali compiti del sindaco della capitale ittita consiste nel garantire la sicurezza della città, controllando la cinta muraria e le porte che devono essere chiuse e sigillate ogni sera. Un altro dei doveri del sindaco è quello di far sì che i bacini idrici della città restino puliti; è chiara l’importanza di questa norma igienica, volta a prevenire l’inquinamento dell’acqua con le conseguenze che ciò potrebbe avere sulla salute degli abitanti. Infine il sindaco deve prendersi cura degli orti esistenti in città e dei progetti e delle opere di manutenzione degli edifici (Miller 2013, 182-193).

3.2.5. Il principe Kantuzili, sacerdote a Kizzuwatna. Il già menzionato testo storiografico KUB 23 21 (Carruba 2008, 65-73) documenta la volontà ittita di mantenere il controllo su Kizzuwatna e al tempo stesso di investire in questa regione con opere di edificazione. Infatti, questo testo ci informa che Arnuwanda I, in un primo periodo della sua attività, aveva promosso attività edilizie in alcuni centri di Kizzuwatna. Arnuwanda I, in una fase ormai avanzata del suo regno, nomina il figlio Kantuzili sacerdote nel paese di Kizzuwatna; questa carica non aveva solo carattere religioso, ma aveva anche risvolti politici e militari. Kantuzili era una specie di governatore della regione per conto di Hatti (Marizza 2007, 1718).

24 Sul tema della partecipazione di membri della famiglia reale nella gestione dello stato v. Giorgieri 2008; diversamente, J. Miller (2013a, 20-21) ritiene che Tuthaliya I e Arnuwanda I si siano solo limitati a mettere per scritto quanto già avveniva nella pratica; una più ampia diffusione della scrittura sarebbe, per J. Miller, la causa del proliferare di testi di Istruzione in questo periodo.

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A Kantuzili, sacerdote nel paese di Kizzuwatna, si attribuisce la composizione di una preghiera elevata alla divinità solare per placarne l’ira e chiedere l’aiuto divino per guarire da una grave malattia (Singer 2002, 30-33); questo testo appare di notevole interesse da molti punti di vista. Prima di tutto è l’unica preghiera pervenutaci che non sia attribuita ad un sovrano o ad una regina; in essa Kantuzili cerca di stabilire una comunicazione diretta con le divinità; infine, la preghiera riprende modelli di tradizione mesopotamica (Metcalf 2015).25 Sembra verosimile ritenere che la conoscenza del patrimonio letterario siro-mesopotamico fosse fortemente radicata a Kizzuwatna e, dunque, ciò può aver influenzato il committente della preghiera, Kantuzili, e i suoi scribi nella composizione della preghiera stessa.

3.3. Tuthaliya II 3.3.1. Il fascino della cultura hurrita. Alla morte di Arnuwanda I, sale al trono il figlio e successore Tuthaliya II; egli porta anche un secondo nome hurrita, Tasmi-Sharri, ed è il primo sovrano ittita ad avere un doppio nome, quello dinastico di tradizione anatolica e quello hurrita, come in epoca successiva vediamo anche per Muwatalli II, Mursili III e Tuthaliya III (de Martino 2011, 18). Per Tuthaliya II la scelta di un nome hurrita non è casuale; egli discende da una famiglia nella quale, a partire dalla regina Nikkal-madi, la cultura e la lingua hurrita sono entrate a far parte della consuetudine quotidiana, anche se solo limitatamente ai membri della casa reale. Tuthaliya II dà un forte impulso all’uso della lingua hurrita, soprattutto nell’ambito cultuale, forse anche per volontà della sua seconda moglie Tadu-Heba. Tuthaliya II ebbe due mogli ed entrambe portavano nomi hurriti. Una è Sadandu-Heba che aveva sposato Tuthaliya/Tashmi-Sharri quando questo non era ancora sovrano, come mostra il testo KBo 53 10, esteso da Arnuwanda I, dove sono menzionati i figli di questo sovrano e Tuthaliya compare già con Sadandu-Heba (de Martino 2010b, 92-93). Sadandu-Heba, presumibilmente, morì qualche tempo dopo che Tuthaliya II era salito al trono; le impronte di un sigillo regio con i nomi dei sovrani Tuthaliya e SadanduHeba, documentate su due lettere rinvenute nell’archivio della città ittita di Tapigga/Ma at, indicano che quest’ultima è stata regina, anche se forse solo

25

Per l’ipotesi di una tradizione unitaria delle preghiere al Sole documentate in vari ambiti e lingue del Vicino Oriente nel Tardo Bronzo v. Alaura – Bonechi 2012.

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per breve tempo. Alla sua morte, Tuthaliya II sposò Tadu-Heba che fu la regina di Hatti per tutto il resto del suo regno e anche nella prima parte del regno di Suppiluliuma I. Tuthaliya II fece edificare una magnifica nuova residenza reale nella città di Sapinuwa (= Ortaköy), dove gli archeologi turchi Aygül e Mustafa Süel hanno riportato alla luce anche un grande palazzo reale con un archivio di quasi 4.000 tavolette, la gran parte, però, ancora inedite. Un dato interessante di questo archivio è costituito dal fatto che esso conteneva più di 600 tavolette in lingua hurrita, cosa che testimonia il grande interesse della famiglia reale del tempo per la tradizione culturale hurrita.

3.3.2. Il regno di Arzawa. Arzawa sembra aver goduto, in questo periodo, di particolare prosperità. Due lettere rinvenute nell’archivio di Tell el Amarna (EA 32 e 31; Liverani 1999, 406-409) testimoniano una corrispondenza diplomatica intercorsa tra il re di Arzawa Tarhundaradu e il faraone Amenhotep III. Una lettera (EA 31) è la copia della missiva inviata dal faraone al re arzaweo; l’altra (EA 32) è un lettera inviata da Tarhundaradu al faraone. Entrambe le lettere sono in lingua ittita; il fatto che la cancelleria egiziana abbia utilizzato l’ittita per scrivere a Tarhundaradu indica che la corte di Arzawa non era attrezzata a condurre relazioni internazionali in accadico; Tarhundaradu chiude la lettera EA 32 con la raccomandazione, rivolta al faraone, di scrivere sempre in lingua ittita. Le due lettere sono parte di una trattativa per la conclusione di un matrimonio tra la figlia di Tahundaradu e il re di Arzawa. (Liverani 1999, 406409; Stavi, 2013, 135-140). La richiesta di Amenhotep III può essere messa in relazione con un accresciuto prestigio politico di Arzawa in questo periodo; infatti, già al tempo di Arnuwanda I, Huhazalma, che abbiamo detto potrebbe essere stato il predecessore di Tarhuntaradu, aveva occupato le regioni della Pamfilia e della Cilicia.

3.3.3. Un’età di crisi politica? Il periodo corrispondente al regno di Tuthaliya II è documentato da testi che provengono non solo dall’archivio di Hattusa – e in particolare le Gesta di Suppiluliuma I, redatte dal figlio Mursili II (del Monte 2008) – ma anche da ritrovamenti in altre città anatoliche. Abbiamo già detto dell’archivio di Sapinuwa. Inoltre, molte delle lettere rinvenute nell’archivio di Tapigga, città corrispondente al sito moderno di Ma at (Alp 1991), possono essere datate al 51

tempo di Tuthaliya II, anche se l’esatto arco cronologico coperto da questo archivio è ancora oggetto di discussione.26 Tavolette cuneiformi sono state rinvenute recentemente anche negli scavi archeologici del sito della città ittita di Samuha (= Kayalıpınar); uno di questi testi, scritto in hurrita, fa riferimento ad una spedizione militare verso la Siria, che potrebbe essere collegata alle campagne militari di Tuthaliya II (Wilhelm 2006; Wilhelm 2012, 231). La prima fase del regno di Tuthaliya II si presenta come un periodo critico da svariati punti di vista; un testo di epoca successiva (KBo 6 28), esteso dal re Hattusili II, racconta in maniera forse eccessivamente drammatica, che il regno di Hatti fu attaccato su ogni fronte e la stessa Hattusa fu data alle fiamme. Un frammento delle Gesta di Suppiluliuma I, che fa riferimento ad eventi del tempo di Tuthaliya II, ricorda che quest’ultimo sovrano risiedette nella città di Samuha, forse –il passo è però lacunoso- in concomitanza con una situazione di emergenza a Hattusa (del Monte 2008, 12, 25), quale quella che appare nel testo KBo 6 28. La documentazione sia del tempo di Tuthaliya II, sia successiva mostra che questo sovrano fu in grado di reagire alla crisi che aveva caratterizzato la prima parte del suo regno, riuscendo a riconquistare i territori perduti. Una fonte importante per la ricostruzione di questi eventi è rappresentata dalle Gesta di Suppiluliuma I. Si tratta di una documentazione lacunosa, ma la recente ricostruzione della sequenza dei frammenti sopravvissuti e relativi a questo periodo proposta da B. Stavi (2013) permette di seguire le tappe delle campagne militari ittite volte prima a contrastare Arzawa e poi dirette sul fronte orientale fino a raggiungere la regione di Ugarit (del Monte, 2008, 17), come anche la già menzionata tavoletta hurrita da Samuha documenta (Wilhelm 2012, 231). Anche alcune lettere dell’archivio di Sapinuwa documentano scontri militari tra Hatti e Tarhundaradu; la lettera Or 90/1767 (Süel 2014, 938-939)27 riporta la notizia della cattura di quest’ultimo, mostrando, così, che Tuthaliya II fu in grado di contenere le mire espansionistiche di Arzawa.

26 Esso, infatti, potrebbe coprire alcuni anni del regno di Arnuwanda I e gran parte di quello di Tuthaliya II (così Marizza 2007, 6-7); diversamente Th. Van den Hout (2007, 397398) ritiene che il corpus delle lettere di Tapigga faccia riferimento a non più di due anni. 27 Non ritengo che sia da mettere in relazione a questi eventi il testo KUB 23 13 + per cui v. § 3.10.4.

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A. Schachner (2011, 88-92) ritiene che alcune aree di Hattusa, come il cosiddetto “Quartiere Templare” della Città Alta, siano state edificate proprio in questo periodo e non al tempo di Tuthaliya III alla fine del XIII secolo a.C., come era stato precedentemente ipotizzato. Non sappiamo se ciò sia stato in qualche modo una conseguenza delle distruzioni che Hattusa sembra aver subito, oppure se rientrasse in un ambizioso programma edilizio che Tuthaliya II andava portando avanti, nel quale si collocava anche la suntuosa edificazione della città di Sapinuwa. Se effettivamente Tuthaliya II avesse promosso un’intensa attività edilizia a Hattusa, questo indicherebbe che tale città continuò a rivestire un ruolo importante all’interno del regno di Hatti, nonostante che la corte amasse risiedere anche a Sapinuwa.

3.3.4. Il generale Suppiluliuma Tuthaliya II si avvale della collaborazione di Suppiluliuma in molte delle campagne militari condotte in Anatolia, come è documentato nella parte iniziale delle Gesta di Suppiluliuma I. Possiamo ragionevolmente ritenere che Suppiluliuma fosse il genero di Tuthaliya II, avendone sposato la figlia Henti. Questa ipotesi si basa sul fatto che le impressioni di un sigillo di Suppiluliuma e Henti attribuiscono a quest’ultima il titolo di “Grande Regina, figlia di un Gran Re”. Poiché non abbiamo nessuna notizia circa il fatto che Suppiluliuma avesse sposato anche in prime nozze una principessa straniera, figlia del sovrano di un altro regno vicino orientale, prima del suo secondo matrimonio con una principessa babilonese (v. § 3.4.3.), resta solo la possibilità che Henti fosse figlia di Tuthaliya II (de Martino 2013). Sappiamo che Tuthaliya II aveva avuto un figlio, chiamato anche lui Tuthaliya e appellato nelle fonti ittite come “Tuthaliya il giovane”. Questi potrebbe essere nato dal matrimonio con la prima moglie Sadandu-Heba, mentre Henti potrebbe essere figlia della seconda moglie Tadu-Heba. Questa ipotesi può essere supportata dal prestigio che Tadu-Heba conservò a corte anche dopo la morte di Tuthaliya II. Ella, infatti, rimase la tawananna ancora durante i primi anni di regno di Suppiluliuma I, come appare nel testo di giuramento imposto dal re agli ufficiali di Hatti, KUB 26 57, esteso da Suppiluliuma e Tadu-Heba. Tadu-Heba, dunque, potrebbe aver rappresentato il legame familiare che andava a rafforzare la legittimità di Suppiluliuma come successore al trono, in quanto marito della principessa Henti (de Martino 2013). L’ascesa al trono di Suppiluliuma non avvenne in maniera pacifica; infatti, Tuthaliya il giovane era l’erede che suo padre, Tuthaliya II, aveva desi-

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gnato per la successione al trono, ma Suppiluliuma lo fece uccidere. Non sappiamo se ciò sia avvenuto quando Tuthaliya II era ancora in vita, oppure dopo la sua morte, nel qual caso Tuthaliya il giovane sarebbe divenuto re, anche se solo per breve tempo (Groddek 2009a). Una ricostruzione diversa, ma non supportata da sufficienti fonti documentarie, è stata proposta da O. Soysal (2012): questi ritiene che Tuthaliya il giovane fosse figlio di Kantuzili, il sacerdote a Kizzuwatna; Tuthaliya II avrebbe adottato il figlio del fratello Kantuzili e lo avrebbe designato come suo successore; alla morte del re Tuthaliya il giovane sarebbe salito al trono, ma essendo in giovane età, sarebbe rimasto sotto la tutela del padre (Soysal 2012). Il fatto che Suppiluliuma avesse combattuto a lungo al fianco di Tuthaliya II e riportato molti successi militari doveva avergli assicurato la fedeltà dell’esercito; questo è stato sicuramente l’elemento di forza che gli ha permesso di compiere con successo il colpo di stato ed eliminare il rivale Tuthaliya il giovane. Inoltre Suppiluliuma sembra avuto la posizione di re locale di una regione anatolica; infatti, l’impressione di un sigillo conserva la legenda “Suppiluliuma Re” che rimanda ad un periodo sicuramente anteriore alla sua ascesa al trono di Hatti (de Martino 2013).

3.4. Suppiluliuma I 3.4.1. Le fonti relative al regno di Suppiluliuma I. L’età di Suppiluliuma I è un periodo di grandi cambiamenti nell’organizzazione politica e amministrativa del regno ittita. Infatti, Suppiluliuma I conquista il regno di Mittani e gran parte della Siria occidentale, sottomettendo territori che prima erano stati sotto dominio o mittanico, o egiziano. Il regno di Hatti non è più uno stato regionale, ma una potenza che controlla vaste aree in Anatolia e in Siria. L’età che inizia con Suppiluliuma I viene, a volte, impropriamente definita “imperiale”, per sottolineare l’ampiezza delle regioni dominate da Hatti, ma in realtà il regno di Hatti non raggiunge mai l’estensione degli imperi vicino orientali del primo millennio a.C., quali l’impero neo-assiro, quello neo-babilonese e quello achemenide. Il regno di Suppiluliuma I è tra quelli meglio documentati della storia ittita; come già abbiamo detto, le Gesta di Suppiluliuma (del Monte 2008), un

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testo storiografico redatto dal figlio e successore Mursili II,28 descrivono sia le imprese militari di Tuthaliya II, condotte congiuntamente con il genero, sia quelle dello stesso Suppiluliuma I una volta divenuto re. Si tratta di tavolette spesso lacunose e non è sempre facile ordinare i singoli frammenti, così da poter seguire in maniera chiara lo sviluppo cronologico degli eventi (Wilhelm-Böse 1987; del Monte 2008; Miller 2013). Suppiluliuma I stipula trattati internazionali con i sovrani messi a capo dei paesi assoggettati: ci sono giunti i trattati che il re ittita ha concluso con Hukkana, signore del paese di Hayasa, con Tette signore di Nuhhashshe, con Aziru re di Amurru, con Sharri-Kushuh re di Karkemish, con Shattiwaza re di Mittani. Infine può essere attribuito a Suppiluliuma I anche un trattato, molto frammentario, stipulato con il re di Mukish (Devecchi 2015a). L’introduzione storica, presente in molti di questi trattati offre, a volte anche in maniera dettagliata, un quadro delle vicende politiche che hanno portato alla conquista ittita e alla stipulazione dell’accordo. Indipendentemente da quale sia la funzione dell’introduzione storica nei trattati ittiti,29 va rilevato che trattati nei quali si fa riferimento ad eventi tra di loro contemporanei, quali ad es. il trattato con Shattiwaza di Mittani e quello con Tette di Nuhhashshe, danno ricostruzioni dei fatti non del tutto coincidenti. Alcuni accadimenti presenti in uno di questi testi mancano nell’altro e la concatenazione degli eventi descritti non è la stessa. Ciò, però, non deve essere imputato né ad ignoranza dei fatti, né alla volontà di offrire una versione del tutto mistificata del comportamento del re ittita e dei suoi avversari. Piuttosto, dobbiamo tenere presente che la modalità della narrazione non segue rigorosamente la successione cronologica, ma procede per associazione di idee e tende a raggruppare o scindere gli eventi narrati a seconda del quadro complessivo, che ovviamente è diverso in ciascun trattato, dal momento che cambiano i contraenti e gli eventi in cui essi sono coinvolti (Singer 2011, 750-751). Ne consegue che i trattati internazionali sono sicuramente una fonte importante, ma non possono darci i dettagli e l’esatta ricostruzione delle fasi e delle modalità delle conquiste siriane di Suppiluliuma I.

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Lo stesso Suppiluliuma I è stato l’autore di un testo storiografico, purtroppo molto frammentario, dove venivano presentate le imprese del suo regno (del Monte 2008, 160-166). 29 Alcuni ittitologi hanno attribuito a questa parte del testo una valenza esclusivamente politica e propagandistica; altri, invece, hanno affermato che essa avesse una funzione giuridica, in quanto avrebbe contenuto le argomentazioni che determinavano le clausole del trattato stesso (v. Devecchi 2015a, 35-39; Singer 2014).

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Il regno di Suppiluliuma I è in gran parte contemporaneo a quello del faraone Amenhotep IV; la ricca documentazione riportata alla luce negli scavi della città che egli aveva fondato come sua nuova capitale nel Medio Egitto, Akhetaten (= Tell el Amarna) e costituita da un ingente numero di tavolette cuneiformi è una fonte di informazione primaria per la conoscenza delle relazioni internazionali nel Vicino Oriente di quel periodo e anche degli eventi politici in Siria al tempo di Suppiluliuma I (Liverani 1998; 1999; Rainey 2005). La gran parte di queste tavolette sono lettere scritte in lingua accadica, salvo poche eccezioni come le già menzionate lettere scambiate con la corte di Arzawa, che sono in ittita, e una lettera in hurrita proveniente da Mittani. Tre lettere sono state inviate da Suppiluliuma I al faraone (EA 41, 42,43), mentre la lettera EA 44 è stata inviata al faraone da Zida, fratello del re ittita (Liverani 1999, 409-412). Alcune delle lettere che i sovrani dei potentati siriani subordinati all’Egitto scambiavano con la corte faraonica fanno riferimento all’avanzata militare ittita in Siria, come ad es. le seguenti lettere inviate da Rib-Adda di Biblo al faraone: EA 75, dove si dice che il re di Hatti si è impossessato dei paesi subordinati a Mittani; EA 85, che allude ad una spedizione militare compiuta dal re di Mittani nel paese di Amurru; EA 126, nella quale Rib-Adda accusa esplicitamente il re di Amurru di aver pagato un tributo al re di Hatti; EA 151, una lettera inviata da Abi-Milki di Tiro al faraone nella quale viene detto che il palazzo reale di Ugarit ha preso fuoco, evento che è stato collegato ad un attacco sferrato contro Ugarit da una coalizione anti-ittita (Singer 1999, 629-631), e che non vi sono truppe del re di Hatti nella regione (Liverani 1998, rispettivamente, 173-174; 191-193; 227281; 157-158). La cronologia interna dell’archivio è però estremamente difficile da definire e al tempo stesso risulta ancora assai problematico correlare le lettere di Amarna con le fonti ittite.30 Infine, è stato recentemente scoperto un archivio negli scavi della città siriana di Qatna; alcune tavolette di questo archivio sono lettere datate al tempo di un sovrano di questa città di nome Idadda; questi documenti fanno riferimento ad eventi occorsi durante le campagne militari di Suppiluliuma I in Siria, ma anche in questo caso non è semplice stabilire la relazione con quanto le altre fonti, sia ittite che egiziane, documentano (Richter – Lange 2012).

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V. in ultimo Gromova 2007; Wilhelm 2012b; Gromova 2013; Devecchi 2013; Cordani 2011a, 2013, tutti con altre indicazioni bibliografiche.

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3.4.2. La cronologia. La durata del regno di Suppiluliuma I e le date assolute della sua ascesa al trono e della sua morte non sono ancora determinabili con certezza. Un testo ittita del tempo del re Hattusili II, KUB 19 9, ci informa che Suppiluliuma I aveva combattuto per venti anni in Anatolia e sei anni in Siria. Questa notizia è stata valutata in vario modo dalla critica moderna: essa è stata intesa letteralmente, ipotizzando dunque che questo re ittita avesse effettivamente regnato o per venti anni (dei quali sei sarebbero stati dedicati alle spedizioni militari siriane), oppure per ventisei anni (cumulando le due cifre); diversamente essa è stata anche intesa come un immagine suggestiva nella quale il numero “venti” avrebbe alluso solo ad un regno di lunga durata. Anche se solo in maniera ipotetica, possiamo avanzare l’ipotesi che Suppiluliuma I sia salito al trono intorno al 1356-55 e che abbia regnato effettivamente per ventisei anni (Miller 2007).31 Per quanto riguarda le campagne militari condotte dal re in Siria, un passo del trattato concluso da Suppiluliuma I con Shattiwaza di Mittani (Devecchi 2015a, 247) dà la notizia che il sovrano ittita avrebbe compiuto in un solo anno la campagna militare che lo portò a conquistare il regno di Mukish e a combattere nel paese di Nuhhashshe, arrivando fino a Qatna. Questa notizia è stata considerata degna di fede per molto tempo e, mettendo insieme tale informazione con quanto il già citato testo KUB 19 9 riporta, le spedizioni di Suppiluliuma I in Siria sono state viste, in genere, come articolate in un primo veloce raid di un solo anno seguito, dopo un intervallo di tempo non ben definibile, da una guerra della durata di sei anni. Dobbiamo tenere presente, però, che il decorso complessivo delle due campagne militari risulta così di sette anni; “sette” è un numero che ha una forte valenza simbolica nella tradizione del Vicino Oriente antico, indicando un ciclo di accadimenti che va a concludersi, cioè un periodo completo. Appare, dunque, verosimile ritenere il computo di sette anni per la durata delle due campagne militari risponda ad un motivo di carattere letterario, piuttosto che alla realtà dei fatti. Come V. Cordani (2011a) ha mostrato in un recente studio, la prima campagna militare di Suppiluliuma I in Siria potrebbe aver avuto una durata superiore ad un solo anno, quantificabile in almeno tre/cinque anni. Essa potrebbe essere iniziata intorno al quinto o sesto anno di regno di questo sovrano. Finita questa campagna, è possibile che la situazione in Siria abbia richiesto ancora altri ripetuti interventi militari ittiti, prima della campagna mi31

Per una diversa ricostruzione cronologica v. Wilhelm 2012b.

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litare successiva. L’intervallo tra la prima campagna siriana e la seconda, la cosiddetta guerra dei sei anni, potrebbe essere stato abbastanza lungo, da un minimo di otto a un massimo di quindici anni (Cordani 2013). In conseguenza di tutte queste incertezze, si eviterà di dare qui una ricostruzione cronologica delle varie fasi delle molte imprese militari di Suppiluliuma I in Siria, che risulterebbe estremamente ipotetica, limitandosi a presentare i risultati di queste imprese.

3.4.3. La conquista della Siria. Le prime spedizioni militari di Suppiluliuma I sono rivolte verso regioni dell’Anatolia orientale, in particolare verso Hayasa. Suppiluliuma aveva già combattuto in questo territorio con Tuthaliya II; nell’ottica di sferrare un attacco contro Mittani, era però di primaria importanza assicurarsi la sottomissione di zone che l’esercito ittita avrebbe dovuto attraversare nella sua marcia verso est. Suppiluliuma I stipulò un trattato con Hukkana che deteneva il controllo sulla regione di Hayasa (Devecchi 2015a, 100-108). Il sovrano ittita e la sua cancelleria erano ben coscienti delle differenze che vi erano, a livello politico, amministrativo e anche culturale, tra i diversi paesi con cui interagivano; nel caso di Hukkana, Suppiluliuma I mostra un atteggiamento di netta superiorità, non lo appella mai come “re”, anzi nel preambolo del trattato lo chiama “cane”, intendendo enfatizzare l’infima condizione cui il suo interlocutore apparteneva. Inaugurando una prassi politica che verrà adottata anche dai suoi successori, Suppiluliuma I dà una sua figlia in moglie a Hukkana. Il matrimonio inter-dinastico era diffuso in tutto il Vicino Oriente antico già da molto tempo e serviva a stabilire o consolidare relazioni internazionali tra paesi diversi. Gli Ittiti, però, danno a questa pratica una valenza politica specifica nel caso di matrimoni con re locali a loro sottoposti; infatti la principessa ittita che sposava un sovrano subordinato diveniva la consorte ufficiale e la madre dell’erede al trono. In tale maniera, quest’ultimo veniva cresciuto secondo le usanze e la lingua ittita e, una volta adulto, avrebbe regnato sul suo paese restando strettamente legato alla famiglia reale di Hatti, cui sua madre appunto apparteneva. Suppiluliuma I è, però, cosciente di sacrificare la propria figlia mandandola in moglie ad un personaggio non solo di rango inferiore, ma abituato a vivere secondo costumi ben differenti da quelli ittiti. Hayasa è descritto in questo trattato come un paese “primitivo/barbaro” e il re ittita ingiunge a Hukkana di comportarsi con la principessa sua moglie e con le altre donne della famiglia reale di Hat-

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ti a lei imparentate in maniera corretta, astenendosi dall’importunarle, come invece le abitudini di Hukkana avrebbero potuto indurlo a fare. Suppiluliuma I muove anche contro Isuwa, come è documentato nell’introduzione storica del trattato con Shattiwaza di Mittani e nelle Gesta; sottomette questa regione, procede verso sud-est conquistando il paese di Alse e dirigendosi contro la capitale del regno di Mittani, Washshukkanni.32 La situazione del regno hurrita è di per sé critica; la corte è dilaniata da opposte fazioni; infatti un personaggio di nome Artatama, verosimilmente un membro della famiglia reale mittanica visto che porta un nome dinastico, si oppone al re Tushratta. Suppiluliuma I stringe un accordo con Artatama contro Tushratta, come è documentato nelle prime righe del trattato stipulato con Shattiwaza. Inoltre, l’Assiria, che era stata per lungo tempo subordinata a Mittani, aveva approfittato della situazione di debolezza dello stato hurrita rendendosi indipendente. La raggiunta autonomia dell’Assiria risulta nelle due lettere inviate dal re Ashshur-uballit al faraone rinvenute nell’archivio di Tell el-Amarna, con le quali l’Assiria stabilisce relazioni diplomatiche paritetiche con la corte faraonica (EA 15 e 16, Liverani 1999, 362-365). Il matrimonio che Suppiluliuma I contrae con una principessa babilonese potrebbe risalire a questo stesso periodo e avere lo scopo di rafforzare la posizione internazionale di Hatti in vista dell’imminente scontro con Mittani (v. anche § 3.5.5.). Suppiluliuma I, nonostante la direttrice della sua marcia sembrasse portarlo direttamente contro la capitale di Mittani, evita di attaccarla e si dirige verso la Siria occidentale. Il primo paese siriano ad essere conquistato è il regno di Mukish; il trattato frammentario stipulato con questo paese può essere attribuito a Suppiluliuma I e posto nel contesto di questa conquista militare, nonostante esso sia lacunoso i nomi dei due contraenti non siano conservati (Wilhelm 2012b, 238-239; Devecchi 2015a, 183-184). Le spedizioni successive del re ittita lo portano a scontrarsi con Nuhhashshe, regione che copriva l’area ai limiti della steppa tra Aleppo e Hama; si tratta di un territorio con una struttura non centralizzata retto da capi-clan tra di loro confederati. Suppiluliuma I arriva fino a Qatna; il re Idadda, che è documentato dalle lettere rinvenute in questo sito e che potrebbe essere un membro dell’èlite locale, viene posto sul trono di Qatna dallo stesso re ittita (Richter – Lange 2012, 160). Tutti questi territori erano sottoposti

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Si ritiene con un notevole grado di verosimiglianza che Washshukkanni sia da localizzare nell’alta valle del fiume Khabur, presso il sito Tell Fekheriye, Bonatz 2014.

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all’autorità di Mittani e, dunque, la strategia iniziale di Suppiluliuma I sembra essere stata quella di occupare esclusivamente i territori mittanici, senza entrare in conflitto con l’Egitto. Questo proposito non viene, però, mantenuto; ciò in parte risponde ad un mutamento di linea politica del re di Hatti e in parte è una conseguenza della situazione di diffusa conflittualità che le spedizioni militari ittite in Siria avevano causato, portando ad un diretto coinvolgimento anche dei paesi subordinati all’Egitto. Uno dei maggiori successi delle campagne militari siriane di Suppiluliuma I è la sottomissione di Ugarit che gravitava nell’orbita egiziana; il regno di Ugarit ospitava il principale porto del Mediterraneo orientale ed era un centro commerciale di raccordo tra l’entroterra, la costa siriana, l’Egitto, le coste della Turchia meridionale, l’isola di Cipro e l’intero Mar Egeo. Era un paese estremamente florido e la magnificenza del palazzo reale del re di Ugarit era nota in tutto il Vicino Oriente antico. Il momento della sottomissione del re di Ugarit Niqmadu II a Suppiluliuma I è difficile da determinare e sono state avanzate diverse ipotesi che vanno dal periodo anteriore alla prima campagna militare ittita in Siria, alla cosiddetta guerra di un anno, al periodo ad essa successivo (Devecchi 2013; Gromova 2011). Non ci è prevenuto il trattato che Suppiluliuma doveva aver stipulato con Niqmadu II, mentre ci sono giunti alcuni editti emanati dal re ittita per questo sovrano di Ugarit. Tali editti sono relativi ad aspetti specifici, quali la definizione delle frontiere e il tributo dovuto dallo stato siriano a Hatti; essi sono stati estesi quando ormai Ugarit era già sotto il dominio ittita (Devecchi 2013). Altrettanto problematico, dal punto di vista della sua contestualizzazione cronologica, è la sottomissione a Hatti da parte di Aziru, re di Amurru. Questo piccolo regno si estendeva lungo la costa siriana tra Ugarit e Biblo; la sua capitale era la città di Sumur (= Tell Kazel). Aziru è ben documentato nell’archivio di Tell el-Amarna: alcune lettere sono state inviate al faraone dallo stesso Aziru (EA 156, 157, 159, 160, 161, 165, 171), una lettera è la copia della missiva spedita dal faraone a Aziru (EA 162), altre lettere sono state inviate da Aziru a dignitari egiziani e altre ancora sono di mano di familiari di Aziru (Liverani 1998, 270-284). Inoltre, il re di Amurru è spesso menzionato nella corrispondenza di Rib-Adda sovrano di Biblo, che ne denuncia l’operato aggressivo e scorretto (Liverani 1998, 226-239). Aziru, infatti, anche se formalmente era suddito egiziano, aveva avviato un’operazione di avvicinamento a Suppiluliuma I che si concluse con la sottomissione a Hatti, anche se il re di Amurru cercava, nelle sue lettere al faraone, di tranquillizzarlo, continuamente riaffermando la sua completa fedeltà all’Egitto (Liverani 2004). Il fatto che Aziru si sia sottomesso volontariamente a Hatti è enfatizzato nell’introduzione storica del trattato che Suppilu60

liuma I conclude con lui (Devecchi 2015a, 203-212); altre fonti ittite e alcune lettere dell’archivio di Amarna fanno riferimento anche ad un, verosimilmente temporaneo, assoggettamento di Aziru a Mittani, quasi che il re di Amurru, incerto su chi delle tre grandi potenze, Hatti, Mittani o l’Egitto, riuscisse ad avere la meglio, avesse avuto una condotta ambigua e ondivaga rispetto a tutti e tre questi paesi (Devecchi 2012). Come abbiamo già detto, la collocazione cronologica di tutti questi eventi è difficile da definire; un recente studio di V. Cordani li pone durante la prima campagna siriana, che però, secondo questa studiosa, come abbiamo già detto, sarebbe durata tra tre e cinque anni (Cordani 2011b). Di particolare rilevanza sono le campagne militari che hanno portato Suppiluliuma I a conquistare la regione di Karkemish33 e poi il regno di Mittani. Queste sono documentate nelle Gesta (del Monte 2008, 104-127); anche in questo caso appare molto difficile correlare le informazioni tramandate da tale testo con le testimonianze delle lettere di Amarna. Il re ittita aveva inviato in Siria suo figlio Telipinu che aveva, già da alcuni anni, nominato grande sacerdote nel paese di Kizzuwatna, carica che aveva anche implicazioni di carattere politico e militare.34 Successivamente Telipinu andò a Hattusa per celebrare con il padre alcune cerimonie religiose. I Hurriti, approfittando dell’assenza del re ittita e di suo figlio assediarono la città di Murmurik. Più o meno in questo stesso periodo l’Egitto lanciò un’offensiva contro Qadesh. Suppiluliuma I, allora, mosse con l’esercito verso la Siria. Dopo una serie di scontri ai quali parteciparono il fratello Zida e il figlio Arnuwanda, il re di Hatti pose l’assedio a Karkemish e inviò un contingente militare ittita nella regione di Amqa, che era sotto il controllo dell’Egitto.35 Quest’ultimo evento, che presumibilmente voleva arginare il tentativo egiziano di riconquistare le posizioni perdute, è citato anche nella lettera di Amarna EA 170,

33 Il sito di Karkemish (= Jerablus), oggi in Turchia sud orientale al confine con la Siria, è stato oggetto di indagini archeologiche dirette, negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, da Leonard Woolley. Anche Th.E. Lawrence, meglio conosciuto come Lawrence d’Arabia, partecipò a queste spedizioni archeologiche. Lo scavo di Karkemish è stato ripreso recentemente dalla missione archeologica dell’Università di Bologna diretta da Nicolò Marchetti; i risultati pubblicati fino ad ora (Marchetti 2014; Peker 2016) sono di notevole interesse e offrono molti dati nuovi. 34 Suppiluliuma I affidò a Telipinu anche il controllo della città di Aleppo, sede di un importante santuario del Dio della Tempesta. 35 Sulla questione se Suppiluliuma I abbia condotto una sola campagna militare ittita contro la regione di Amqa, oppure due spedizioni successive, v. in ultimo Miller 2007; Cordani 2011b, 110; Wilhelm 2012, 257.

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ricevuta da Aziru, quando si trovava in Egitto, e inviatagli dai suoi fratelli risiedenti in Amurru. Due preghiere di Mursili II (Singer 2002, 58-59, 65) documentano che i prigionieri egiziani, catturati a seguito di una spedizione militare ittita condotta in territorio siriano sotto il controllo dell’Egitto, diffusero una terribile malattia epidemica che ebbe ricadute nefaste per il regno di Hatti, poiché essa causò la morte di un ingente numero di persone.36 È possibile che anche lo stesso Suppiluliuma I e suo figlio Arnuwanda siano morti in conseguenza di questa epidemia. Non sappiamo se la spedizione militare ittita, responsabile della diffusione di questa malattia contagiosa, sia stata proprio quella condotta nella regione di Amqa. Le due preghiere di Mursili II prima citate enfatizzano che la campagna militare ittita condotta contro l’Egitto fu un atto di volontaria aggressione di Hatti nei confronti dell’Egitto, in violazione degli accordi internazionali precedentemente stipulati tra questi due paesi (Singer 2002, 47) e, quindi, fu la causa dell’ira divina. In questo contesto, le Gesta narrano un episodio estremamente singolare che è stato ed è tuttora oggetto di indagine dal punto di vista delle sue implicazioni storiche e cronologiche. Le Gesta riportano la notizia della morte del faraone; il nome di quest’ultimo viene scritto in maniera diversa nelle tavolette cuneiformi che documentano questo passo, cioè come Pibhuririya e Nibhuririya. Nessuno di questi due nomi risponde pienamente né al nome di Amenhotep IV, né a quello di Semenchkare, né a quello di Tutankhamun37 e ciò è uno dei molti motivi dell’incertezza dell’esatta definizione cronologica di questo episodio (Freu 2004; Miller 2007; Breyer 2010, 171-203; Breyer 2013). La vedova del faraone – non viene fatto il nome neppure di questa regina, appellata solo con il titolo da amunzu “moglie del re”- invia una lettera a Suppiluliuma I lamentando la morte del proprio marito e la mancanza di un erede diretto. La regina egiziana chiede a Suppiluliuma I un suo figlio in sposo perché diventi il nuovo faraone. Questa richiesta suscita lo sbalordimento di Suppiluliuma I e verrebbe da dubitare della sua veridicità, se la scoperta di altri documenti, di cui parleremo più avanti, non ne costituisse

36 Le fonti ittite non danno alcuna indicazione che permetta di identificare la patologia che colpì i soldati e la popolazione di Hatti. I tentativi fatti da studiosi di storia della medicina, come ad esempio la proposta avanzata da Trevisanato (2007) di riconoscervi un’epidemia di tularemia, restano al momento molto ipotetici. 37 È comprensibile che la resa in caratteri cuneiformi del nome del faraone ne abbia alterato l’aspetto, come sempre accade quando un nome di persona o un toponimo proprio di una lingua viene scritto con un differente sistema grafico oppure viene adattato ai caratteri fonetici di una lingua diversa.

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una conferma. Suppiluliuma I manda in Egitto un suo dignitario di fiducia di nome Hattusaziti; nel periodo necessario a quest’ultimo per compiere il viaggio di andata e di ritorno, il re ittita espugna la città di Karkemish. Hattusaziti torna dall’Egitto accompagnato da un ambasciatore egiziano che ribadisce la richiesta già avanzata dalla da amunzu. Il re ittita, allora, decide di inviare in Egitto il proprio figlio Zannanza, ma questi viene ucciso non molto tempo dopo il suo arrivo alla corte faraonica. Tale drammatico evento è menzionato anche nella bozza di una lettera che Suppiluliuma I indirizza alla corte faraonica (forse al faraone Ay) nella quale il re ittita enfatizza la brutalità di tale atto (van den Hout 1994). Questo testo è una chiara conferma della veridicità di quanto narrato nelle Gesta di Suppiluliuma I. Non sappiamo se Zannanza sia stato ucciso al suo arrivo in Egitto, oppure poco dopo il matrimonio con la regina egiziana; l’ipotesi di identificare Zannanza con il faraone Semenchkare resta al momento estremamente incerta (Krauss 2007; Breyer 2010, 171-185). Il faraone, la cui vedova si rivolge a Suppiluliuma I, potrebbe essere o Amenhotep IV o Semenchkare; Tutankhamun, invece, sembra da escludere per motivazioni di carattere cronologico38 (v. § 3.5.2). Il maggiore e più significativo risultato delle campagne militari ittite in Siria è la conquista di Mittani, realizzata successivamente all’espugnazione di Karkemish; questo evento è narrato nelle Gesta (del Monte 2008, 141142) e nell’introduzione storica del trattato stipulato da Suppiluliuma I con Shattiwaza di Mittani nelle due versioni quella di parte ittita e quella di parte mittanica. Quando Tushratta re di Mittani era morto, Shuttarna, figlio di quell’Artatama che si opponeva al re mittanico ed era stato in un primo tempo sostenuto dagli Ittiti, attaccò Washshukkanni con il supporto militare assiro. Shattiwaza,39 un figlio del defunto re Tushratta, sentendosi perseguitato da Shuttarna, si rivolse a Suppiluliuma I chiedendogli protezione. Il re di Hatti lo accolse benevolmente, gli dette in moglie sua figlia e lo coinvolse nella conquista di Mittani. Suppiluliuma I, infatti, in questo modo poté trasformare l’aggressione militare ittita contro Mittani in un atto volto a mettere sul trono di questo paese un erede legittimo, cioè il principe mittanico Shattiwaza, e così essa fu presentata al faraone nella lettera EA 43 (Liverani 1999, 411-412).

38 Su questo problema v. tra gli ultimi Cordani 2011b; Devecchi – Miller 2011; Wilhelm 2012; Breyer 2013. 39 Egli portava anche un secondo nome: Keli-Teshob.

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Una volta conquistato Mittani e installato Shattiwaza sul trono di questo paese, Suppiluliuma I stipula con lui un trattato internazionale; per rispetto al prestigio del regno mittanico, il trattato viene redatto in duplice versione, una di parte ittita ed una di parte mittanica, come se si trattasse di un trattato paritetico. In realtà, la versione di parte mittanica è soltanto un giuramento di fedeltà a Hatti e contiene una lunga introduzione storica nella quale Shattiwaza giustifica, forse di fronte alla corte del suo paese, la sua scelta di sottomettersi a Hatti (Devecchi 2015a, 242-263). Suppiluliuma I, alla fine del suo regno, domina su un territorio molto vasto che comprende molti regni siriani. Governano tali paesi sovrani a lui subordinati; alcuni di loro appartengono a dinastie regie locali: Niqmadu II a Ugarit, Aziru a Amurru, Tette a Nuhhashshe, Itur-Addu (?) a Mukish, Shattiwaza a Mittani. Il re ittita decide, invece, di affidare i regni di Aleppo e di Karkemish a due suoi figli, rispettivamente, il primo a Telipinu, già sacerdote nel paese di Kizzuwatna, e il secondo a Piyassili. Quest’ultimo, poiché a Karkemish la popolazione e l’élite erano hurriti, assume un nome dinastico hurrita: Sharri-Kushuh. Le nuove dinastie regie di Aleppo e Karkemish sono, dunque, un’emanazione della famiglia reale ittita e ad essa strettamente legate. Alla morte di Suppiluliuma I sale al trono il figlio Arnuwanda; il re Arnuwanda II, però, muore dopo pochissimo tempo e gli succede il fratello Mursili.

3.5. Mursili II 3.5.1. Gli Annali e le Gesta. Il regno di Mursili II è documentato da molte fonti di diversa tipologia e contenuto. Di fondamentale importanza sono i due testi storiografici, gli Annali Decennali, che descrivono in maniera sintetica le imprese compiute da questo sovrano ittita nei primi dieci anni del suo regno, e gli Annali Completi, che sono anche più dettagliati e coprono un arco cronologico molto più ampio, anche se non possiamo dire quanto lungo, perché il testo è frammentario (del Monte 1993). Insieme alle Gesta relative alle imprese del padre Suppiluliuma I, essi costituiscono la più ampia e dettagliata produzione storiografica ittita. Non è un caso che sia proprio il re Mursili II a lasciarci una tanto ricca documentazione storiografica; infatti, Mursili II si trova ad affrontare la terribile realtà dell’epidemia che ha colpito il paese di Hatti nella parte finale

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del regno di suo padre. Egli innalza preghiere alle divinità per placare l’ira delle divinità e al tempo stesso per conoscere quale ne fosse la causa (Singer 2002, 56-69). Il sovrano ittita è cosciente che almeno due gravi misfatti compiuti dal padre Suppiluliuma I possono aver determinato l’ira e la punizione divina: l’uccisione di Tuthaliya il giovane, che aveva permesso a Suppiluliuma di prendere il trono, e la violazione del trattato con l’Egitto, in occasione della campagna militare condotta nei territori siriani di dominio egiziano, di cui si è già detto. L’attenzione mostrata da Mursili II alla compilazione dei tre testi storiografici menzionati è determinata, dunque, dalla volontà di mostrare in maniera chiara, agli dèi e alla corte, che Suppiluliuma I, nonostante le sue colpe, e lui stesso erano sovrani legittimi e protetti dalle divinità: infatti, i successi militari di questi due sovrani ne erano la prova indiscutibile. Inoltre, le introduzioni storiche dei trattati stipulati da Mursili II con Niqmepa di Ugarit, con Talmi-Sharruma di Aleppo (il successore di Telipinu), con Tuppi-Teshob di Amurru (successore di Aziru), con i sovrani dei regni dell’Anatolia occidentale da poco conquistati forniscono ulteriori preziose informazioni di carattere storico (Devecchi 2015a).

3.5.2. L’eclisse di sole. La data esatta dell’ascesa al trono di Mursili II è ancora oggetto di discussione, nonostante che per il regno di questo sovrano possediamo un’indicazione cronologica abbastanza precisa, caso del tutto inconsueto nella storia del regno di Hatti. Infatti, una preghiera – fatta scrivere da questo sovrano per giustificare le pesanti accuse da lui avanzate nei confronti della principessa babilonese sposata da Suppiluliuma I e ancora regina al tempo di Mursili II (v. § 3.5.5.) – menziona un’eclisse di sole che sarebbe avvenuta quando il re combatteva in Anatolia orientale nel paese di Azzi, cioè nel decimo anno del suo regno come documentano gli Annali Completi (Miller 2014, 527-528). Negli ultimi due decenni del XIV secolo a.C. si sono verificati svariati fenomeni di eclisse parziale o totale del sole e, pertanto, l’eclisse menzionata nella preghiera citata prima è stata variamente identificata, ad es. con quella del giugno 1320 (Taracha 2008), o con quella del giugno 1312 (Wilhelm 2009, 113), o ancora con quella dell’agosto 1315 (Devecchi – Miller 2011, 167). Un testo storiografico attribuibile a Mursili II e recentemente pubblicato da J. Miller (2008) parla di una ribellione del paese di Nuhhashshe contro Hatti; essa potrebbe coincidere con quella descritta negli Annali Completi e

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accaduta nel settimo anno di regno di Mursili II. Nel frammento in questione è coinvolto un personaggio egiziano di nome Armaya, di cui non viene specificato né il titolo, né il rango, che gioca un ruolo importante nelle vicende narrate. Il nome Armaya è stato considerato equivalente a quello del faraone Haremhab; poiché il re ittita non si rivolge mai ad Armaya appellandolo come re dell’Egitto, è verosimile ritenere che Armaya/Haremhab non fosse ancora faraone nel settimo anno di regno di Mursili II. Haremhab salì al trono, presumibilmente, nell’ottavo o nono regno del re ittita suo contemporaneo. Ciò stabilisce una distanza temporale di circa dieci/quindici anni tra l’ascesa al trono di Haremhab e la morte del faraone la cui vedova chiede a Suppiluliuma un suo figlio come marito. L’oscillazione, dieci/quindidici anni, è dovuta al fatto che non sappiamo quanto tempo dopo la richiesta della da amunzu Suppiluliuma I sia morto e Mursili II sia divenuto re.40 Accettando l’identificazione di Armaya con Haremhab, ne deriva che la vedova del faraone, la da amunzu, può essere soltanto la vedova o di Amenhotep IV o di Semenchkare, perché la morte di Tutankhamun precede solo di pochi anni l’ascesa al trono di Haremhab (Wilhelm 2009, Devecchi – Miller 2011). Accettando la data del 1319 per l’ascesa al trono di Haremhab (Hornung – Krauss – Warburton 2006, 493), Mursili II potrebbe essere divenuto re di Hatti all’inizio degli anni trenta del XIV secolo a.C.

3.5.3. La conquista del regno di Arzawa. Mursili II, una volta salito al trono, deve arginare la pressione delle tribù dei Kaska e dedica le campagne militari dei suoi due primi anni di regno a spedizioni in Anatolia settentrionale. Il progetto politico iniziato da suo padre Suppiluliuma I, cioè quello di ampliare i domini ittiti su un territorio sempre più vasto, necessitava di essere portato a termine con la conquista del regno di Arzawa, che ancora controllava un’ampia parte dell’Anatolia occidentale. La campagna militare contro Arzawa inizia nel terzo anno di regno di Mursili; essa è descritta negli Annali Decennali e con maggiore dovizia di particolari negli Annali Completi. Un passo frammentario degli Annali Decennali relativo all’inizio del terzo anno ci informa che il casus belli sarebbe stato determinato dal fatto che la popolazione di alcuni centri delle regioni di confine tra Hatti e Arzawa, forse fuggiaschi oppure gruppi di pastori transumanti, erano usciti dai territori ittiti e erano entrati in quelli di Arzawa. Mursili II

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Suppiluliuma I potrebbe essere morto tre/sei anni dopo l’episodio della da amunzu (Wilhelm 2009, 113).

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ne chiede la restituzione al re di Arzawa Uhha-ziti, ma questi risponde con un netto rifiuto (del Monte 1993, 62-63; Beckman – Bryce – Cline 2011, 1011). Gli Annali Completi offrono un quadro più complesso, ma sfortunatamente il passo in questione è molto lacunoso: in questo contesto sono menzionati il paese di Ahhiyawa e la città di Milawanda, che corrisponde a Mileto della tradizione classica (Hawkins 1998, 26); la frammentarietà del testo impedisce di comprendere quale relazione ci sia tra Ahhiyawa e Milawanda, però dobbiamo tenere presente che quest’ultimo centro mostra un forte grado di influenza egea e sembra essere stata una “colonia” micenea in Anatolia (Niemeier 1998, 27-41; Taracha 2006). Vi era stato anche uno scontro tra un personaggio di nome Mashuiluwa e uno dei figli di Uhha-ziti, che si era concluso a favore del primo, provocando così una reazione da parte di Uhha-ziti (del Monte 1993, 77-78; Beckman – Bryce – Cline 2011, 28-31). Mashuiluwa, che doveva essere un membro dell’èlite di Arzawa, aveva stretto un accordo con Suppiluliuma I e ne aveva sposato la figlia. Questo indica che già Suppiluliuma I aveva, forse, pensato ad una possibile campagna militare contro Arzawa e aveva cercato di stabilire accordi con personaggi di rango attivi in Anatolia occidentale, utili alleati al momento di una conquista della regione. Le guerre siriane lo avevano, però, occupato per tutta la durata della sua vita, lasciando la conduzione di questa impresa al figlio Mursili II. Mursili II enfatizza, in entrambe le narrazioni che l’attacco militare ittita è stato una reazione al comportamento scorretto di Uhha-ziti, nel caso degli Annali Decennali, non restituendo a Hatti i gruppi di popolazione che legittimamente gli appartenevano, e negli Annali Completi con una politica aggressiva verso Hatti. Si può ipotizzare che Hatti avesse siglato un accordo internazionale con Arzawa, anche se non ci è pervenuto nessun trattato tra Hatti e Arzawa per questo periodo, e Mursili II vuole far ricadere al responsabilità della rottura del rapporto di pace tra i due paesi solo su Uhha-ziti. La guerra era vista in tutto il mondo vicino orientale antico come una controversia di carattere giuridico tra i due contendenti; le divinità assicuravano la vittoria a chi dei due era nel giusto; dunque, dal momento che Uhha-ziti era venuto meno agli impegni presi, la conclusione dello scontro militare poteva essere solo a favore del sovrano ittita. Non è un caso, dunque, che il dio della Tempesta, principale divinità del pantheon ittita e arbitro in questo conflitto, invii un segnale chiaro dell’imminente disfatta di Uhha-ziti: una folgore incandescente si abbatte sulla città di Apasa, la capitale di Arzawa, e Uhhaziti, comprendendo che le divinità lo hanno abbandonato, cade gravemente malato.

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Quando Mursili II è ormai in Anatolia occidentale, un contingente guidato dal fratello Sharri-Kushuh, re di Karkemish, si unisce alle truppe ittite. L’esercito di Hatti entra vittorioso nella città di Apasa e Uhha-ziti fugge per mare. La conquista di Apasa da parte di Mursili II può essere messa in relazione con il fatto che la ceramica micenea o di imitazione egea cessa di essere presente a Efeso dopo il periodo Tardo Miceneo IIIA2, cioè con gli ultimi decenni del XIV secolo a.C.; si viene, infatti, ad interrompere una stretta sinergia economica e culturale che doveva essersi instaurata tra Ahhiyawa e Arzawa e che è alla base del sostegno che il primo di questi due paesi continua a dare agli esuli arzawei nel corso del XIII secolo a.C. L’anno successivo, il re Arzawa muore in esilio, ma uno dei suoi figli fa ritorno in Anatolia occidentale per sollevare la popolazione locale contro Hatti. Mursili II si scontra con lui e lo sconfigge. Il re ittita opera deportazioni di massa e molte migliaia di abitanti di Arzawa vengono trasferite in regioni dell’Anatolia centrale. Le deportazioni avevano la funzione sia di depauperare il paese vinto di forza lavoro e, dunque, privarlo della possibilità di riacquisire potere economico e militare, sia di distribuire ingenti quantitativi di lavoratori nelle zone del paese che ne avevano necessità. Mursili II è di nuovo in Anatolia occidentale nel paese del fiume Seha nel quarto anno di regno come documentano gli Annali di Mursili II e anche l’introduzione storica del trattato concluso da questo sovrano con ManapaTarhunta (del Monte 1993, 65-66; 82-83; Devecchi 2015a, 132-134). Il paese del fiume Seha corrisponde alla regione compresa tra i fiumi Ermo e Caico (Hawkins 1998, 23-24). Manapa-Tarhunta governava tale paese già da tempo, ma era stato cacciato da una rivolta interna. La casa reale di Hatti, nella persona di Suppiluliuma I e/o Arnuwanda II, lo aveva tutelato e mandato in un luogo protetto. Successivamente egli era stato accolto di nuovo nel proprio paese e, in questa fase, aveva giurato fedeltà a Mursili II. Quando era scoppiato il conflitto tra Hatti e Arzawa, Manapa-Tarhunta si era schierato con Uhha-ziti, tradendo l’impegno preso con il sovrano ittita. Quando, però, Mursili II marciò con un esercito contro il paese di Seha, Manapa-Tarhunta fu colto dal terrore e chiese ammenda al sovrano ittita. Mursili II dice di non aver voluto, in un primo tempo, concedere il perdono a Manapa-Tarhunta, ma questi manda un corteo di anziani del paese di Seha, guidato dalla propria vecchia madre, come supplici di fronte al sovrano ittita. Mursili II, allora, afferma di aver accolto la supplica della madre di Manapa-Tarhunta, non potendo opporsi ad una richiesta avanzata da un’anziana donna. Non sappiamo se tutto questo passo risponda alla realtà dei fatti o sia un’aggiunta fatta inserire nella narrazione dallo stesso Mursili II a scopo autocelebrativo. È anche possibile che il sovrano ittita 68

abbia ritenuto opportuno lasciare sul trono di Seha un personaggio che già conosceva e che poteva sperare gli sarebbe rimasto fedele, avendo già sperimentato il rischio di ribellarsi all’autorità ittita. Questa narrazione ha però una valenza propagandistica molto forte e rientra in una modalità di comunicazione ricorrente e costante; infatti i sovrani ittiti non menzionano mai, nei testi che celebrano le loro imprese, le punizioni esemplari che certamente davano a chi li avversava e li tradiva. Diversamente essi enfatizzano sempre i loro atti di clemenza e pietà: è questa una strategia di potere, volta presentare il sovrano ittita come pietoso e accogliente, nell’ottica di acquisire il consenso e la fedeltà dei re e capi locali a loro subordinati. Una propaganda con fini simili, ma con contenuti del tutto opposti, è quella dei sovrani dell’impero neo-assiro, nel primo millennio a.C.. Infatti i re dell’impero neo-assiro introducono nei loro testi storiografici terribili descrizioni delle cruente punizioni inflitte ai nemici, terrorizzando, così, i loro sudditi nella speranza che il timore di tali spaventose rappresaglie li induca a una piena fedeltà. Mursili II dà un nuovo assetto politico all’Anatolia occidentale. Egli conferma Manapa-Tarhunta sul trono del paese del fiume Seha; inoltre affida il territorio che aveva costituito il nucleo del regno di Arzawa, cioè la regione di Mira, a Mashuiluwa, che si era schierato con Hatti già al tempo di Suppiluliuma I. Mira si trovava a sud del paese di Seha: il passo di Karabel era, verosimilmente, il suo limite settentrionale, mentre il fiume Caistro e la città di Apasa rappresentavano il cuore del paese (Hawkins 1998, 23-25). Al paese di Mira viene annessa anche la regione più interna di Kuwaliya. Infine il paese di Hapalla, che doveva trovarsi nell’area della moderna città di Isparta (Heinhold-Krahmer 1977, 346-348), viene assegnato a Targasnalli, del quale non sappiamo l’origine e il rango. Mursili II stipula con ciascuno di questi tre personaggi un trattato, ma ci sono pervenuto solo quelli conclusi, rispettivamente con Manapa-Tarhunta e Targasnalli (Devecchi 2015a, 126-139).

3.5.4. La Siria e l’Anatolia orientale. Dopo che l’Anatolia occidentale è stata conquistate e posta sotto il controllo ittita, un altro fronte si apre per il sovrano ittita. Come si è già detto (v. § 3.5.2.), Mursili II deve intervenire in Siria nel settimo e nel nono anno di regno per sedare una rivolta nel paese di Nuhhashshe sobillata e/o sostenuta dall’Egitto, come è documentato negli Annali (del Monte 1993, 69-72; 8598) e anche nel già citato testo KUB 19 15+ (Miller 2008). Mursili II, però, riesce a ristabilire il pieno controllo ittita sulla regione.

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In questo stesso periodo, muoiono i fratelli di Mursili II, Sharri-Kushuh e Telipinu, rispettivamente sovrani di Karkemish e Aleppo; sul trono di Karkemish si insedia Shahurunuwa, mentre sul trono di Aleppo viene posto Talmi-Sharruma. Il trattato stipulato da Mursili II con quest’ultimo ci è giunto nella copia fatta redigere da Muwatalli II (Devecchi 2015a, 233-237). Mursili II interviene direttamente nel disegnare i confini tra i regni siriani e scorpora alcuni territori di Ugarit, cioè l’area di Siyannu e Ushnatu, per assegnarli a Karkemish, alleggerendo, però, il tributo dovutogli dal re di Ugarit (Singer1999, 639-640). Questa misura va chiaramente nell’ottica di potenziare il regno di Karkemish, retto da una dinastia che discende direttamente da quella ittita. Al tempo stesso, tuttavia, Mursili II interviene per limitare comportamenti del re di Karkemish, se considerati troppo autonomi e lesivi dell’ordine politico generale, come accade quando quest’ultimo (verosimilmente Ini-Teshob, successore di Shahurunuwa) è accusato di aver commesso un abuso a danno del re di Amurru, per essersi appropriato illegittimamente di gruppi di prigionieri civili (Miller 2007). Il re di Hatti, dunque, si fa garante degli interessi di tutti i suoi sudditi siriani, nell’ottica di conservare un equilibrio tra i vari potentati assoggettati a Hatti. Karkemish non ha ancora acquisito un ruolo di controllo e supremazia sulla regione siriana, come avverrà nel corso della seconda metà del XIII secolo a.C. Mursili II è attivo anche in altre regioni dell’Anatolia; gli Annali mostrano chiaramente che egli ha condotto molte campagne militari nel nord del paese contro le popolazioni dei Kaska. Inoltre egli organizza in maniera nuova la gestione politica della regione di Isuwa, a est dell’Eufrate e della moderna città turca di Malatya. Questo paese, che era stato assoggettato a Hatti in maniera definitiva da Suppiluliuma I, aveva acquisito un importante ruolo politico come “stato cuscinetto” tra i domini ittiti e quelli assiri, soprattutto a seguito della sempre più aggressiva politica espansionistica portata avanti dai sovrani di Assur e dell’indebolimento di Mittani. Mursili II pone sul trono di Isuwa il proprio figlio Halba-sulubi, assicurando così un pieno controllo della regione e anche stabilità politica (Glocker 2011).

3.5.5. Ancora conflitti a corte: la tawananna babilonese. Mursili II aveva avuto quattro figli, per quanto le fonti ci permettono di sapere: tre maschi, Halba-sulubi, Muwatalli (che viene indicato come suo successore), Hattusili e una femmina, Massanauzzi. La consorte ufficiale e presumibilmente la madre di questi figli è Gassuliyawiya, che compare accanto

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a lui nel campo centrale del Recto del “sigillo a croce maltese” di cui abbiamo già fatto menzione (v. § 2.2.1.). Mursili II, però, in altri sigilli e documenti, ha al suo fianco come tawananna la matrigna, cioè la principessa babilonese che suo padre aveva sposato. Questa viene nominata regina solo dopo la morte di Henti, la prima moglie di Suppiluliuma I; la prima menzione ufficiale della regina di origine babilonese come tawananna è negli editti emanati da Suppiluliuma I per Ugarit, che si collocano dopo le prime campagne siriane di questo sovrano ittita (de Martino 2013). La tawananna babilonese resta in carica per una lunga parte del regno di Mursili II, ma tra i due sorgono aperte conflittualità. Una lunga preghiera estesa da Mursili II (Miller 2014) elenca gli innumerevoli misfatti compiuti dalla tawananna, il cui nome personale non viene mai indicato,41 che hanno portato il sovrano ittita e suo figliastro a rimuoverla dalla carica di regina e a bandirla. Le accuse che Mursili II le rivolge sono di vario tipo e riguardano l’appropriazione di beni del tesoro reale di Hatti, donati a personaggi la cui riconoscenza ella voleva assicurarsi sia nel regno ittita sia nella sua madrepatria, il furto di quantitativi di argento proveniente dal paese di Ashtata, il costante uso di pratiche magiche alcune delle quali erano state rivolte contro la moglie di Mursili II, Gassuliyawiya, e ne avrebbero addirittura provocato la morte. Infine, la tawananna, esperta di magia e divinazione, avrebbe diffuso una sua personale interpretazione dell’eclisse solare verificatasi nel decimo anno di regno di Mursili II, di cui abbiamo già parlato, affermando che questa indicava chiaramente l’imminente morte del sovrano e una successione al trono che ne escludeva i figli di lui. Appare chiaro il tentativo compiuto dalla regina per destabilizzare la posizione di Mursili II; forse la tawananna intendeva favorire l’ascesa al trono di un suo figlio avuto dal marito Suppiluliuma I, ma questo resta al momento una pura speculazione.

3.6. Muwatalli II 3.6.1. Una realtà familiare complessa. Mursili II ha regnato a lungo, almeno per oltre venti anni. Alla sua morte sale al trono il figlio Muwatalli II42; questi porta anche un nome hurrita, Sharri-

41 È stata avanzata l’ipotesi che il nome personale della principessa babilonese fosse Amminnaya, v. Miller 2014, 528 n. 59, con altre indicazioni bibliografiche. 42 Su questo sovrano v. la recente monografia di M. Doğan-Alaprslan (2012).

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Teshob, riprendendo così un costume che aveva inaugurato Tuthaliya II/Tashmi-Sharri e che era stato interrotto da Suppiluliuma I e Mursili II. Anche ciascuno dei due figli di Muwatalli II ha un doppio nome, uno di tradizione o luvia o ittita e uno hurrita: Kuruntiya/Ulmi-Teshob e Mursili/UrhiTeshob. I dati sulla famiglia di Muwatalli II sono ancora difficili da definire; alcuni sigilli di Muwattalli II portano anche il nome della regina Tanu-Heba (Herbordt 2011, 135-137). Tanu-Heba compare anche nelle legende di sigilli che hanno il nome di Mursili; alcuni di questi sono sicuramente attribuibili a Mursili III, figlio e successore di Muwatalli II, mentre altri sono stati assegnati a Mursili II. Quest’ultima attribuzione si fonda soprattutto su una distinzione nelle modalità di scrittura del segno luvio geroglifico LI, che secondo D. Hawkins sarebbe destro-verso, quando appare nel nome di Mursili II, e sinistro-verso, quando è nel nome di Mursili III (Hawkins 2011, 91). Dobbiamo anche tenere presente che Tanu-Heba viene sottoposta ad un processo da parte di Muwatalli II, esiliata, ma poi riabilitata da Mursili III che le riassegna di nuovo il rango di regina. L’ipotesi di considerare Tanu-Heba come la moglie di Mursili II si basa solo su un elemento estremamente debole, cioè quello della diversa scrittura del segno LI; accettando tale ipotesi, nessuna moglie di Muwatalli II verrebbe mai menzionata nelle fonti ittite e ci troveremmo di fronte ad un singolare e inspiegabile silenzio sulla sua consorte. Inoltre, l’ipotizzata riabilitazione, da parte di Mursili III, dell’ultima moglie di suo nonno, ormai forse anche anziana, appare come una scelta piuttosto bizzarra. Sembra, invece, più verosimile ritenere che Tanu-Heba sia la moglie di Muwatalli II e la madre di Kuruntiya/Ulmi-Teshob (Cammarosano 2010)43. L’altro figlio, Mursili/UrhiTeshob, invece, potrebbe essere figlio di una concubina di Muwatalli II, come viene detto nel trattato concluso tra Tuthaliya III e Shaushga-muwa di Amurru (v. § 3.10.3.), nato prima del matrimonio con Tanu-Heba (Cammarosano 2010, 56). Mursili III potrebbe aver richiamato a corte la matrigna per ottenere il consenso sia di una parte della corte, sia quello del fratello Kuruntiya, temendo forse che questi potesse schierarsi con lo zio Hattusili. Infatti, come diremo, più avanti, Kuruntiya, dopo l’allontanamento della madre da corte, era stato mandato dallo zio, il principe Hattusili, e si era legato a lui e ai figli di questi (v. § 3.7.).

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Diversamente v. Hawkins 2011, 92-93.

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3.6.2. L’Anatolia occidentale: un nuovo re a Wilusa. La prima parte del regno di Muwatalli II lo vede impegnato in questioni politiche relative all’Anatolia occidentale. Si era creata in questa regione una situazione di instabilità e turbolenza politica in relazione a ripetute incursioni che venivano compiute da un personaggio di nome Piyamaradu, forse un membro della famiglia reale di Arzawa, vissuto fino ad allora in esilio. Una lettera inviata da Manapa-Tarhunta, che come abbiamo detto era il re del paese del fiume Seha, fornisce alcune preziose informazioni. Il sovrano ittita destinatario della lettera, per quanto non menzionato per nome, può essere identificato con Muwatalli II; Manapa-Tarhunta nella parte iniziale della lettera giustifica la sua non partecipazione ad una spedizione militare ittita volta a riprendere possesso di Wilusa. Poi egli racconta che Piyamaradu, insieme al signore della città di Milawanda, aveva compiuto un raid contro l’isola di Lazpa (= Lesbo), formalmente sotto l’autorità di Manapa-Tarhunta (Beckman – Bryce – Cline 2011, 140-144). Non sappiamo se Manapa-Tarhunta sia stato rimosso dalla sua posizione, a causa del mancato sostegno dato a Hatti nella campagna militare a Wilusa, oppure se sia morto di morte naturale. In ogni caso, egli non rimase a lungo sul trono e il suo successore è Masduri, cui viene data in moglie Massanauzzi, sorella di Muwatalli II, nell’ottica di rafforzare il legame tra la casa reale del paese del fiume Seha e quella di Hatti. Inoltre, Muwatalli II, ripreso il controllo di Wilusa, pone sul trono di questo paese il re Alaksandu, con il quale stipula un trattato (Devecchi 2015a, 151-159). Un possibile sostegno militare fornito da Ahhiyawa a Piyamaradu ed un coinvolgimento di questo paese nelle vicende dell’Anatolia occidentale sembrano essere un’ipotesi concreta, anche se ciò non è detto esplicitamente nei due testi citati. Sappiamo che Piyamaradu era protetto dal re di Ahhiyawa e questo paese aveva tutto l’interesse a cercare di trovare spazi sempre maggiori, forse più a livello economico che politico, nei centri costieri dell’Anatolia occidentale (v. § 3.9.2.). In questo stesso contesto si deve collocare la lettera KUB 26 91 (Beckman – Bryce – Cline 2011, 134-139), che per quanto frammentaria, risulta di notevole interesse storico. Infatti essa è la copia di una missiva inviata dal re di Ahhiyawa ad un re ittita, identificabile con Muwatalli II; la lettera fa riferimento ad una disputa per il possesso di isole dell’Egeo orientale contese tra Hatti e Ahhiyawa. Si tratta dell’unica lettera conservatasi che sia stata inviata da Ahhiyawa a Hatti; non conosciamo le modalità con le quali si svolgevano le comunicazioni tra Hatti e Ahhiyawa, cioè in quale lingua queste avvenissero, se esse fossero solo orali con colloqui tra i messaggeri regi –e

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in questo caso il testo KUB 26 91 sarebbe la verbalizzazione di parte ittita di un messaggio orale miceneo- oppure se venissero usati da parte degli Egei supporti scrittori deperibili e non pervenutici (Marazzi 2013).

3.6.3. La nuova capitale: Tarhuntassa. Uno degli aspetti più significativi del regno di Muwatalli II è rappresentato dalla fondazione di una nuova capitale in Anatolia meridionale, Tarhuntassa, e dall’abbandono della capitale storica Hattusa. Non conosciamo esattamente dove la nuova città fondata da Muwatalli II si trovi; è stata avanzata l’ipotesi che essa sia da localizzare presso il picco roccioso di Kızıldağ (a sud-est della moderna città di Konya). Nell’area di questo sito vi sono tracce di fondazioni di edifici e ceramica databile al Tardo Bronzo (Dinçol – Yakar – Dinçol – Taffet 2000), oltre che alcune iscrizioni in luvio geroglifico (v. § 4.1.). L’asperità del luogo, che poco si presta all’edificazione di un centro urbano con l’ambizione di affermarsi come capitale di un grande regno, fa però pensare che le rovine visibili sul Kızıldağ siano pertinenti ad un edificio, o un complesso di fabbriche, di culto, piuttosto che ad un sito urbano (Forlanini 1998; D’Alfonso 2014). La città di Tarhuntassa potrebbe trovarsi un po’ più a sud nell’ampia pianura del moderno centro di Karaman; dal momento che la capitale di Muwatalli II non è stata ancora identificata e riportata alla luce, la gran parte dei documenti del suo tempo, come ad esempio quelli relativi allo scontro militare con l’Egitto, non ci sono noti e quanto possediamo su questo sovrano si riferisce in gran parte al periodo anteriore allo spostamento della capitale. Non conosciamo le motivazioni che hanno indotto Muwatalli II a fondare una nuova città in Anatolia meridionale; esse potrebbero essere state di carattere strategico, nell’ottica di portare la capitale del regno in una regione più facilmente connessa alle vie che andavano verso il Mediterraneo e la Siria. Potrebbero esservi stati motivi di carattere religioso; Muwatalli II aveva un’attitudine culturale e religiosa che lo portava a privilegiare tutto ciò che era relativo all’ambito luvio. La sua divinità protettrice era un’ipostasi luvia del dio della Tempesta, cioè quella definita dal termine pihaššašši “del fulmine”;44 essa non è documentata prima di Muwatalli II e a lei il re dedica una lunga e toccante preghiera (Singer 1996a). Altrimenti potremmo ipotiz-

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Un avatar di questa divinità potrebbe sopravvivere nell’età classica in Pegaso, il cavallo alato che porta le saette di Zeus (Yakubovich 2010, 146-147).

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zare che Muwatalli II volesse liberarsi dal condizionamento dei membri delle grandi e potenti famiglie di antica tradizione centro-anatolica; I. Singer (1998) confronta la decisione presa dal re ittita con quella che portò il faraone Amenhotep IV ad abbandonare Tebe, fondando una nuova capitale nel Medio Egitto, presso il sito moderno di Tell el Amarna. Muwatalli II sente la necessità di stabilire un contatto diretto e esclusivo tra sé e le divinità e anche l’atto di fondare una nuova capitale, dedicata alla sua personale divinità, rientra in questo suo programma, volto sia ad assicurare il favore divino al suo regno, sia ad affermare il culto di quelle divinità che egli riteneva più inclini a dare la prosperità al paese (Singer 2006a). La nuova visione del rapporto tra il re e le divinità emerge chiaramente nelle immagini dei sigilli di questo sovrano; infatti in alcuni di questi egli è rappresentato stretto nell’abbraccio del dio della Tempesta del Cielo, secondo un’iconografia che si afferma nei decenni successivi e che viene definita nella letteratura secondaria con il termine tedesco Umarmungssiegel “sigillo dell’abbraccio”. La rappresentazione della divinità che abbraccia il sovrano indica con chiarezza che quest’ultimo si trova sotto la protezione divina ed opera guidato dagli dèi. Muwatalli II è raffigurato in questi sigilli con l’abbigliamento specifico della divinità solare ittita, cioè un lungo mantello, un copricapo a calotta e il lituo (Hawkins 2011, 94-95). Questo non significa che Muwatalli II si considerasse divino; tale iconografia vuole verosimilmente mostrare che il re, e solo lui, può accostarsi a pieno alle divinità e tale stretto rapporto può essere ottenuto con un processo di avvicinamento agli dèi, simboleggiato anche tramite il particolare abbigliamento indossato. Questo stesso abbigliamento è portato da Muwatalli II nel rilievo rupestre scolpito sullo sperone roccioso di Sirkeli,45 in Anatolia sud-orientale. Anche questo è un elemento di grande innovazione; per la prima volta un sovrano ittita fa scolpire la propria immagine sulla superficie della roccia corredandola di una legenda in luvio geroglifico; l’ispirazione per questo nuovo mezzo di celebrazione del potere regio potrebbe essere venuta a Muwatalli II da una più approfondita conoscenza del mondo egiziano, con il quale questo sovrano viene in contatto in occasione dello scontro militare con Ramses II (de Martino 2010c; Aro 2013, 239).

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Come già si è detto (v. n. 14), Sirkeli potrebbe corrispondere all’antica città di Kummani, centro principale a livello politico e religioso di Kizzuwatna.

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Un precedente del rilievo di Sirkeli potrebbe essere riconosciuto nella stele raffigurante un re di nome Tuthaliya – come recita l’iscrizione in luvio geroglifico che correda il rilievo – e posta nel complesso del Tempio 5 della Città Alta di Hattusa. Esso veniva in genere riferito a Tuthaliya III, ma recentemente A. Schachner (2011, 205-208; v. anche Ehringhaus 2005, 10-11) ha proposto per questo rilievo una datazione più antica. In questo caso esso potrebbe riferirsi a Tuthaliya I. La datazione di Schachner si base sul confronto con i rilievi che decorano l’accesso alla porta monumentale di Alaca Höyük,46 databili – secondo questo studioso – anch'essi al XV secolo a.C., diversamente da quanto era stato ipotizzato precedentemente. Il rilievo rupestre di Muwatalli II ha, però, un impatto molto forte per la sua collocazione su uno sperone roccioso naturale a dominio del corso del fiume e in una regione liminale del regno di Hatti, al confine con i suoi domini siriani. Resti di edifici sono stati rinvenuti nell’area sovrastante lo sperone roccioso che ospita il rilievo; essi potrebbero riferirsi a strutture cultuali fatte edificare contestualmente dal re ittita e appartenere ad un mausoleo del sovrano (Ehringhaus 2005, 95-99) Lo spostamento della capitale in Anatolia meridionale riduce Hattusa ad un centro periferico del paese; un editto (KBo 4 12) esteso da Hattusili, fratello di Muwatalli II, ci informa che Hattusa fu affidata al Capo Scriba Mittannamuwa, che aveva esercitato la sua professione scribale già al tempo di Mursili II (Gordin 2015, 150-152). L’abbandono di Hattusa come centro direzionale e principale luogo di culto del paese - cosa che determina anche il trasferimento dei simulacri delle divinità nella nuova capitale – provoca la fine della vita di strutture come i templi della Città Alta, la cui edificazione doveva essere iniziata a partire dal tempo di Tuthaliya II (Schachner 2011, 181). È possibile datare a questo periodo anche l’arresto nelle operazioni di costruzione e abbellimento di alcune strutture architettoniche di Hattusa che restano così incompiute, come ad esempio nel caso della Porta dei Leoni (Schachner 2011, 159).

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Non sappiamo ancora con sicurezza a quale città corrispondano le rovine di Alaca Höyük; l’ipotesi più verosimile è che si tratti dell’antica città di Arinna (Mazzoni –Pecchioli Daddi 2011). Una localizzazione diversa è stata proposta da M. Popko (2009); questi identifica Alaca Höyük con l’antica città di Zippalanda. Risulta, però, ormai molto verosimile, alla luce delle indagini archeologiche condotte da S. Mazzoni, che Zippalanda fosse presso il sito moderno di U aklı (Mazzoni – Pecchioli Daddi 2011); sul problema della localizzazione di Arinna v. ora anche Krysze 2016.

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3.6.4. La battaglia di Qadesh. L’evento più noto e politicamente rilevante del regno di Muwatalli II è il conflitto con l’Egitto sfociato nella battaglia di Qadesh. L’Egitto già al tempo di Haremhab aveva ripreso a condurre una politica di aggressione ed espansione militare su suolo asiatico; come abbiamo già detto, le ribellioni di alcuni sudditi ittiti che portarono all’intervento militare di Mursili II nel suo settimo e nono anno di regno erano sostenute dall’Egitto. La presa del potere da parte dei sovrani della XIX dinastia determinò un’accelerazione di questa politica e trovò la sua piena realizzazione nella campagna militare condotta da Ramses II nel suo quinto anno di regno che, secondo la cronologia egiziana oggi più seguita, corrisponde al 1275.47 Informazioni su questa battaglia ci vengono solo da fonti egiziane. Non sappiamo se Muwatalli II avesse fatto redigere un resoconto di tale evento; se tale testo storiografico è mai esistito, esso è rimasto nell’archivio di Tarhuntassa e non ve ne è traccia tra le tavolette rinvenute a Hattusa. Ramses II, invece, ha lasciato un’ampia documentazione testuale (Pernigotti 2010) e figurativa relativa allo scontro di Qadesh: il “Poema”, che celebra con toni letterari la vittoria egiziana; il “Bollettino”, anch’esso come il “Poema” un testo di carattere letterario; raffigurazioni monumentali in forma di rilievi, che illustrano i due testi prima menzionati, sulle pareti di cinque templi edificati o fatti ampliare da questo faraone (il tempio di Abu Simbel, quello di Luxor, il Ramesseum a Tebe Ovest, il tempio di Abido e quello di Karnak). Il fatto che ci sia giunta solo la versione dei fatti di parte egiziana ha fortemente condizionato per molto tempo la ricostruzione e la valutazione reale degli eventi occorsi. Ramses II aveva guidato spedizioni militari in Siria già nei suoi primi anni di regno; nel quarto anno il faraone conduce una campagna lungo la costa siro-libanese di cui è testimonianza l’iscrizione di Nar el-Kelb, a nord di Beirut; presumibilmente in occasione di questo primo raid Ramses II ottiene la sottomissione di Benteshina, re di Amurru e suddito ittita.48 Il tradimento di Benteshina è menzionato nel trattato concluso, qualche tempo dopo, da Hattusili II con questo stesso sovrano (Devecchi 2015a, 220-221).

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La data del 1279 per l’ascesa al trono di Ramses II è quella generalmente accettata (Hornung – Krauss –Warburton 2006); questa data, tuttavia, potrebbe essere sottoposta ad una revisione a seguito dei più recenti sudi sulla durata del regno di Haremhab che sembrerebbe essere stato più corto di quanto si è riteneva (Wilhelm 2012b, 256). 48 Non si può escludere neppure l’ipotesi che sia stato già Sethi I a sottomettere Amurru, v. Singer 1991a, 162-163.

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Per quanto riguarda le fasi della battaglia (Klengel 2002; Cavillier 2002), le fonti egiziane ci dicono che Ramses II, nella primavera del suo quinto anno di regno, muove con un poderoso esercito composto di quattro battaglioni che portano ciascuno il nome di una delle divinità del pantheon egiziano: Amon, Ra, Ptah e Seth. Non conosciamo l’esatta composizione dell’esercito ittita, ma i documenti egiziani dicono che Muwatalli II aveva chiamato a raccolta le truppe di tutti i paesi a lui subordinati, dall’Anatolia occidentale alla Siria, e aveva schierato un esercito di quasi 40.000 soldati. Il faraone, dopo aver percorso quasi 700km, giunge in prossimità di Qadesh; egli è alla testa del battaglione Amon, mentre gli altri battagliano lo seguono, l’uno però distanziato dall’altro. Si può presumere che Ramses II volesse raccogliere i quattro battaglioni nella piana di Qadesh per poi scontrarsi con l’esercito di Hatti. La versione egiziana della battaglia enfatizza il fatto che Ramses II non conosceva la posizione dell’esercito ittita; quando il faraone si trova a Qadesh, due beduini della steppa si presentano a lui dicendo di avere notizie in proposito. Secondo la tradizione egiziana, i due beduini sarebbero stati spie ittite travestite da nomadi del deserto; essi dissero che il re di Hatti si trovava ad Aleppo, quindi distante da Qadesh, mentre invece l’esercito ittita era già molto vicino, appena al di là del fiume Oronte. Il giorno successivo, mentre Ramses II sta ancora valutando quale sia la strategia migliore da seguire, i carri ittiti lanciano un attacco contro il battaglione egiziano Ra, mentre questo è in procinto di attraversare l’Oronte. L’attacco sferrato all’improvviso e con grande violenza ha successo e spezza il fronte egiziano. Ramses II allora, guidando il battaglione Amon, si oppone all’avanzata dell’esercito ittita e riesce a fermarla. Lo scontro è durissimo e i due eserciti subiscono entrambi gravi perdite. Il giorno dopo Ramses II, nonostante che gli altri due battaglioni, Ptah e Seth, lo avessero raggiunto, decide di abbandonare il campo di battaglia e l’esercito ittita rinuncia ad attaccare i contingenti egiziani in ritirata. Entrambi gli schieramenti, coscienti dei molti soldati che erano morti nello scontro del giorno precedente, si rendono conto che un ulteriore giorno di guerra sarebbe stato inconclusivo e disastroso per entrambi. La battaglia di Qadesh viene celebrata da Ramses II come una grande vittoria egiziana; tuttavia, pur nella retorica di questa celebrazione, si possono leggere motivi di profonda insoddisfazione da parte del faraone: i suoi generali non erano stati all’altezza della situazione e non avevano fronteggiato l’attacco improvviso degli Ittiti. Anche la posizione dell’esercito di Muwatalli II era stata mal calcolata dall’ intelligence egiziana. L’enfasi posta nelle narrazioni di questo evento sull’episodio dei due falsi beduini, lungi 78

dall’essere un dato reale, perché difficilmente si sarebbe dato ciecamente credito alle informazioni fornite da personaggi di tale condizione, vuole rimarcare la scorrettezza del comportamento di Muwatalli II. In effetti, il re ittita aveva scelto una strategia che non prevedeva lo scontro frontale tra i due eserciti, ma aveva atteso il momento opportuno per muovere un attacco a sorpresa e questa tattica aveva spiazzato il faraone e i suoi generali. Le raffigurazioni delle scene della battaglia di Qadesh mostrano che i carri da guerra ittiti erano equipaggiati con tre combattenti, mentre quelli egiziani ne avevano soltanto due. Non abbiamo conferma di questo dato dalle fonti ittite, ma non ci sono motivi per dubitare dell’esattezza della documentazione egiziana; è possibile che si tratti di un’innovazione nella tecnologia militare, introdotta proprio al tempo di Muwatalli II o dei suoi immediati predecessori, che può aver dato i suoi frutti a Qadesh. L’esito della battaglia è inferibile dal fatto che gli Ittiti non perdono nessuno dei territori a loro subordinati; Amurru e Qadesh tornano sotto il controllo di Hatti e ciò mostra con chiarezza che Ramses II non era riuscito ad ottenere alcun vantaggio da questa impegnativa campagna militare. Muwatalli II rimuove Benteshina dal trono di Amurru e lo sostituisce con un personaggio di nome Shapili; questo vuole essere un avvertimento agli altri sudditi ittiti, per far comprendere che i traditori venivano sempre puniti. In realtà, è verosimile ritenere che Benteshina non si fosse sottomesso a Ramses II per mera slealtà o perché attratto da una nuova proficua alleanza, ma perché impossibilitato, con il suo esiguo esercito, a resistere di fronte all’avanzata egiziana.

3.7. Il principe Hattusili Hattusili, figlio di Mursili II, fratello di Muwatalli II e re di Hatti dopo Mursili III, ci ha lasciato un’ampia documentazione, in parte anche relativa al periodo anteriore alla sua presa del potere. Un testo, esteso da questo sovrano in una fase ormai avanzata del suo regno, presenta una lunga e dettagliata introduzione (Otten 1981). Essa descrive gli eventi più significativi della vita di Hattusili, dalla sua giovinezza, fino al colpo di stato; l’ampiezza e il dettaglio di questa narrazione hanno a lungo impedito di comprendere la vera natura di tale documento, che è stato etichettato come “Apologia” o “Autobiografia”, prima che ne fosse riconosciuto la finalità autentica; si tratta, in realtà, di un editto emanato per designare l’erede al trono (Imparati 1995). Come nel caso dell’Editto di Telipinu, anche questo atto lascia molto spazio all’introduzione, allo scopo di fornire una giustificazione della presa del po-

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tere da parte di Hattusili, presentata qui come fortemente voluta dalla dea Ishtar. In questo testo Hattusili dice di essere il più giovane dei figli di Mursili II; quando era un fanciullo, la dea Ishtar apparve in sogno al principe Muwatalli e gli manifestò il pericolo che il fratello Hattusili potesse morire presto, se non fosse stato messo al suo servizio. Mursili II, allora, pose il proprio figlio Hattusili al servizio della dea, che da allora divenne la sua divinità protettrice e l’ispiratrice di tutte le sue azioni. Questo episodio intende enfatizzare lo stretto rapporto creatosi tra la dea Ishtar e Hattusili fino dalla fanciullezza di quest’ultimo. Quando Mursili II morì, Muwatalli II nominò il fratello Hattusili generale dell’esercito e poi lo promosse Capo della Guardia del Corpo, una delle più alte cariche nel regno di Hatti. Muwatalli II affidò al fratello la gestione del Paese Alto,49 cioè della parte più settentrionale del regno, che fino ad allora era stato governato da Arma-Tarhunta, figlio di Zida. Quest’ultimo era fratello di Suppiluliuma I. Arma-Tarhunta, privato della sua carica, mosse accuse nei confronti di Hattusili che fu sottoposto a giudizio da parte del re. La dea Ishtar intervenne a sostegno del suo protetto, in questo come in ogni altro momento della vita di Hattusili: grazie alla protezione della dea, il processo si concluse a favore del principe Hattusili che fu scagionato da ogni accusa. Il testo continua elencando le spedizioni militari condotte da Hattusili contro le tribù dei Kaska, divenute ancora più aggressive dopoché Muwatalli II aveva spostato la capitale a Tarhuntassa. Hattusili, dopo aver riconquistato le regioni settentrionali, viene designato da Muwatalli II re del paese di Hakpis. Qui Hattusili stabilisce la sua residenza. Hakpis doveva trovarsi nell’area delle moderne città di Amasiya e Merzifon; una possibile localizzazione della città residenza di Hattusili potrebbe essere il sito di Doğantepe (Alparslan 2010). Hattusili combatte accanto al fratello nella battaglia di Qadesh; al ritorno da questa campagna militare Hattusili, fermatosi nel paese di Kizzuwatna, incontra la giovane Pudu-Heba, figlia di un sacerdote kizzuwatneo, e la spo-

49 La parte del regno di Hatti sita in Anatolia centro-settentrionale veniva chiamata “Paese Alto” (reso con la scrittura logografica KUR UGUTI), mentre l’Anatolia meridionale era detta “Paese Basso” (KUR ŠAPITLI). Secondo l’ipotesi avanzata recentemente da I. Yakubovic (2014) il termine “Cappadocia” potrebbe derivare dalla parola luvia corrispondente a KUR ŠAPITLI, cioè *kattapadda-.

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sa (Otten 1981, 16-17). Sia Pudu-Heba che suo padre portano nomi hurriti e appartengono al milieu culturale hurrita di Kizzuwatna. Pudu-Heba svolge un ruolo politico significativo nel corso della sua vita, come tawananna sia accanto a Hattusili II, sia al fianco del successore di questi Tuthaliya III. Ella, inoltre, promuove la diffusione di culti e tradizioni hurrite, che rivivono ora la popolarità di cui avevano goduto a corte al tempo di Tuthaliya II. Secondo l’editto di Hattusili già menzionato, Arma-Tarhunta cercò nuovamente di danneggiare Hattusili e questa volta tramite operazioni magiche condotte nella città di Samuha, che doveva far parte del regno di Hakpis. A Samuha si trovava il più importante santuario della dea Ishtar e, dunque, Arma-Tarhunta voleva cercare di spezzare il vincolo di protezione che si era instaurato tra Hattusili e la dea. Anche questa volta, però, Arma-Tarhunta non riesce nel suo intento, viene riconosciuto colpevole di aver fatto pratiche magiche lesive nei confronti di Hattusili e condannato all’esilio (Otten 1981, 18-19). Hattusili accoglie a Hakpis Benteshina, il re di Amurru detronizzato da Muwatalli II; il periodo che i due trascorrono insieme a Hakpis cementa il loro rapporto di solidarietà. Un altro personaggio di rango vive alla corte di Hakpis; Muwatalli II, infatti, aveva affidato a Hattusili il figlio Kuruntiya che, presumibilmente, aveva avuto da Tanu-Heba, la regina da lui mandata in esilio. Kuruntiya cresce, così, insieme ai figli di Hattusili e Pudu-Heba, tra cui anche il futuro erede al trono Tuthaliya, come è documentato nell’introduzione del trattato concluso tra Tuthaliya III e Kuruntiya (Devecchi 2015a, 170). Hattusili, sempre nell’editto sopra menzionato, afferma di aver avuto un ruolo significativo nell’assicurare la successione al trono al figlio di Muwatalli II Urhi-Teshob/Mursili III. In questo testo Hattusili afferma che UrhiTeshob era figlio di una donna del harem di Muwatalli II (Otten 1981, 2021), notizia che è ribadita nel trattato stipulato da Tuthaliya III con Shaushga-muwa di Amurru (Devecchi 2015a, 228-229). In realtà, come diremo, Hattusili si attribuisce meriti che non gli spettano, perché già Muwatalli II aveva organizzato la sua successione al trono.

3.8. Mursili III L’archivio di Ni antepe ha restituito le impronte di due sigilli di UrhiTeshob che porta qui i titoli di tu kanti e principe; Urhi-Teshob è stretto nell’abbraccio del dio Sharruma. È stata ripresa qui l’iconografia, inaugurata da Muwatalli II, che vede il sovrano o l’erede al trono, come nel caso di Ur81

hi-Teshob, protetto e guidato dalla divinità che lo tiene stretto a sé (Herbordt 2005, 204-205; Hawkins 2011, 95). Ciò significa che Muwatalli II aveva designato suo figlio Urhi-Teshob erede al trono e, dunque, l’affermazione di Hattusili di essere stato lui a portare il nipote Mursili al potere non corrisponde del tutto al vero. È stata anche avanzata l’ipotesi che il sovrano ittita avesse associato il proprio figlio in una co-reggenza, come già era accaduto al tempo di Tuthaliya I e Arnuwanda I (Cammarosano 2009). Un elemento a favore di questa ipotesi è costituito dal fatto che alcune bulle rinvenute nell’archivio di Ni antepe presentano l’impressione di due diversi sigilli, uno di Muwatalli II e uno di Urhi-Teshob, Grande Re, qui insieme a Tanu-Heba. Le impronte di questi sigilli indicano che Urhi-Teshob aveva riabilitato la figura di TanuHeba richiamandola dall’esilio e ricollocandola nel rango di regina. D. Hawkins (2011, 96) ritiene che Urhi-Teshob abbia utilizzato il sigillo di Muwatalli II, dopo la sua morte; diversamente M. Cammarosano (2009) considera questa come una prova a sostegno della sua ipotesi di una co-reggenza tra i due sovrani. In questo caso, però, dovremmo ipotizzare che Urhi-Teshob sia riuscito a convincere il padre a richiamare a corte Tanu-Heba, che Muwatalli II aveva mandato in esilio (v. § 3.6.1.). Altre bulle sigillate dell’archivio di Ni antepe documentano le impressioni di due sigilli di Urhi-Teshob, dove il sovrano compare con il nome di Mursili. Tale nome potrebbe essergli stato dato alla nascita insieme a quello hurrita di Urhi-Teshob, anche se, come osserva J.D. Hawkins, un nome che rimandava a due fra i più importanti sovrani della dinastia ittita difficilmente doveva essere stato assegnato ad un figlio generato non con la regina, ma con una consorte di secondo rango (Hawkins 2011, 97). Altrimenti possiamo ipotizzare che Urhi-Teshob, una volta divenuto re, abbia voluto prendere un nome dinastico che, rimarcando la sua discendenza dal nonno Mursili II, gli conferisse piena legittimità. La politica di Urhi-Teshob/Mursili III si muove su due direttrici l’una in contrasto con l’altra. Infatti, da un lato egli accoglie e fa proprie le istanze dello zio Hattusili, presumibilmente nel tentativo di accordarsene il sostegno, ma dall’altro prende decisioni che vanno a ledere gli interessi di quest’ultimo. Presumibilmente per venire incontro ad una richiesta avanzata da Hattusili, Mursili III rimuove Shapili dal trono di Amurru e vi pone di nuovo Benteshina, che era in esilio a Hakpis. Ciò si desume dai testi KUB 21 33 e HT 7 (Cammarosano 2009, 180-181); Hattusili, una volta divenuto re di Hatti, si attribuisce il merito anche di tale decisione, come è documentato nel trattato concluso con Benteshina e anche in quello stipulato da Tuthaliya III con Shaushga-muwa di Amurru (Devecchi 2015a, 222, 228). 82

L’evento che crea un irreparabile conflitto tra Mursili III e Hattusili è costituito dal ripristino di Hattusa come capitale del regno e dall’abbandono di Tarhuntassa. Hattusili aveva ottenuto il controllo anche di Hattusa e, dunque, governava su un territorio, quello di Hakpis, di notevoli dimensioni e legato alla più antica tradizione del regno ittita. Hattusili afferma di aver anche riconquistato la città di Nerik, che, come abbiamo già detto, era sede di un importante santuario del dio della Tempesta ed era stata occupata dai Kaska al tempo di Arnuwanda I.50 La diarchia che Muwatalli II aveva di fatto istituito, affidando a Hattusili il controllo del nord del paese, assicurava a quest’ultimo una certa autonomia di azione. Il ripristino di Hattusa come capitale del regno da parte di Mursili III è documentato da un passo di un editto regio emanato da Hattusili, una volta divenuto re, KUB 21 15+ (Košak 1996) e anche da un testo oracolare, KUB 16 66. Nel già menzionato editto esteso da Hattusili II per designare il figlio Tuthaliya come suo successore, cioè nel testo impropriamente chiamato l’Autobiografia di Hattusili, è detto che Mursili III tolse allo zio il regno di Hakpis e anche la città di Nerik (Otten 1981, 22-23); tale decisione di Mursili III apriva un conflitto con il potente zio Hattusili e forse il re ittita aveva sottovalutato la rete di rapporti che suo zio si era costruito all’interno della corte e tra gli stessi sovrani subordinati a Hatti, a lui a volte legati da vincoli di parentela, come nel caso del re del Paese del fiume Seha, marito della sorella di Hattusili. Anche Mursili III doveva aver cercato di assicurarsi il favore e il sostegno dei membri della corte; ciò può essere dedotto dal fatto che nel già citato archivio di Ni antepe sono state rinvenute moltissime bulle con impresso un sigillo di questo sovrano (Herbordt 2011, 137-163). Non sappiamo ancora con certezza se queste bulle sigillassero atti amministrativi scritti su tavolette di legno cerate (Herbordt 2005, 36-39), oppure anche contenitori di beni di pregio (Mora 2007a). In ogni caso, l’ingente numero di bulle con l’impressione di sigilli di Mursili III indica con chiarezza che questo sovrano era stato molto attivo in operazioni amministrative, verosimilmente concedendo beni immobili e mobili a personaggi di rango nell’ottica di acquisirne il sostegno (Klengel 1999, 229). La generosità di Mursili III deve essersi rivolta non solo verso privati, ma anche verso istituzioni religiose allo scopo di ottenere il sostegno delle divinità, come la regina Pudu-Heba lamenta in una lettera a Ramses II. Si tratta della tavoletta KUB 21 38 (v. § 3.9.3.), il

50 Come abbiamo già detto la città di Nerik può essere localizzata presso il sito di Oymaağaç; sulle feste religiose per le divinità di Nerik ripristinate o istituite da Hattusili una volta divenuto sovrano v. Corti 2009.

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draft di una lettera destinata al faraone e relativa agli accordi per il matrimonio interdinastico di una principessa ittita con Ramses II. La regina di Hatti afferma di non essere in grado di offrire una dote adeguata alla propria figlia, anche perché Mursili III aveva dilapidato il patrimonio della corona facendo ingenti donazioni alle divinità (Hoffner 2009, 283). Tutto ciò, però, non è stato sufficiente a salvare Mursili III. Il conflitto apertosi con suo zio Hattusili è documentato da testi estesi da Hattusili, quali l’editto emanato per definire la sua successione ed un altro editto di contenuto analogo,51 e si tratta, quindi, di fonti di parte. Secondo tali fonti, quando Mursili III toglie a Hattusili il controllo del territorio di Hakpis e della città sacra di Nerik, Hattusili ne chiede le motivazioni, ma non reagisce a tale grave ingiustizia. Sulla base di quanto Hattusili afferma, sarebbe Mursili III a muovere con un esercito contro lo zio. Come nel caso delle guerre con altri paesi, anche questo conflitto interno viene visto come una controversia risolta dal tribunale divino. Gli dèi tutelano sempre colui che è dalla parte del giusto e, pertanto, Hattusili enfatizza che è stato Mursili III, con il suo comportamento scorretto e aggressivo, a provocare lo scontro. La dea Ishtar ancora una volta si schiera dalla parte di Hattusili e lo porta alla vittoria; la dea appare in sogno a Pudu-Heba, regina che spesso riceve messaggi dalle divinità tramite i sogni (Mouton 2007), assicurandole la vittoria di Hattusili. Quest’ultimo chiede anche il sostegno degli alleati ittiti; nel testo KBo 6 29 Hattusili dice che tutti coloro cui egli scrisse, si schierarono con lui; sappiamo infatti che ad esempio il cognato Masduri, re del paese del fiume Seha, prese le sue parti, come è ricordato nel trattato stipulato da Tuthaliya III con Shaushga-muwa di Amurru (Devecchi 2015a, 228). Lo scontro tra Mursili III e Hattusili avviene presso la città di Samuha e si conclude in maniera disastrosa per il primo dei due; nella cosiddetta “Autobiografia” Hattusili dice di aver catturato Mursili III come si farebbe con un maiale nel porcile (Otten 1981, 24-25), mentre nel testo KBo 6 29 è utilizzata un’immagine diversa, cioè quella del pesce preso nella rete (Goetze 1925, 50-51). Hattusili, dunque, diviene re di Hatti; egli ci dice che Mursili III52 era rimasto sul trono per sette anni; anche se questa cifra ha probabilmente una

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Si tratta della cosiddetta “Autobiografia” (Otten 1981) e del testo KUB 21 15+ con il duplicato KBo 6 29 per i quali v. Goetze 1925, 44-51; Imparati 1974, 155-159. 52 Si deve rilevare che Mursili III non viene mai chiamato con il suo nome dinastico in nessuno dei testi estesi da Hattusili II; egli è sempre appellato come Urhi-Teshob, allo scopo di rimarcare la sua non appartenenza alla legittima dinastia regia di Hatti, quasi egli non fosse mai stato re.

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valenza topica e letteraria, è possibile che il suo regno sia stato più lungo. Hattusili manda Urhi-Teshob in esilio in Siria, concedendogli di vivere nel paese di Nuhhashshe come signore di un piccolo potentato (Otten 1981, 2425); Urhi-Teshob, certo non contento di questo esilio, cerca aiuto a Babilonia, presumibilmente in virtù degli accordi internazionali che doveva aver stabilito nel corso del suo regno. Hattusili II, allora, lo invia in esilio in Anatolia occidentale; qui Urhi-Teshob sembra aver chiesto supporto ad Ahhiyawa, come potrebbe essere inferito dal testo molto frammentario KBo 16 22 (Beckman – Bryce – Cline 2011, 164-167). Infine, Urhi-Teshob, dopo un periodo di latitanza, viene rimandato in Siria e da qui si reca quale ospite alla corte di Ramses II (Singer 2006b), come risulta, ad esempio, dalla lettera KUB 21 38, menzionata prima.

3.9. Hattusili II 3.9.1. La politica internazionale. Hattusili II deve affrontare una realtà internazionale a lui apertamente ostile, come nel caso dell’Egitto, oppure alterna e complessa, come nel caso dell’Assiria. I rapporti con l’Assiria erano resi difficili dal fatto che entrambi i paesi volevano esercitare un controllo sul regno di Mittani, diventato suddito di Hatti dopo la conquista di Suppiluliuma I. Per quanto riguarda questo paese, dopo Shattiwaza era salito al trono Shattuara I, con il quale era iniziata una fase di ostilità con l’Assiria. Adad-nirari I afferma di aver sconfitto Shattuara I e il suo successore Wasashatta, arrivando in questa seconda campagna militare, fino a saccheggiare la capitale mittanica Taide53 (Wilhelm 1989, 38-39). La lettera KBo 1 14 potrebbe essere collocata in questo contesto di conflittualità tra Hatti e l’Assiria. Si tratta di una tavoletta frammentaria contenente il testo preliminare di un messaggio destinato alla corte assira; non sono conservati né il nome del mittente, né quello del destinatario e sono state avanzate diverse ipotesi in proposito. Il mittente è stato identificato con Hattusili II o con suo figlio Tuthaliya III, mentre il destinatario potrebbe essere Adad-nirari I o Salmanassar III (Mora – Giorgieri 2004, 57-75). A sostegno dell’ipotesi di riconoscere in Hattusili II il mittente della lettera vi è la menzione di Urhi-Teshob, ma soprattutto il fatto che lo scrivente lamenta una violazione al protocollo internazionale. Infatti, il destinatario della lettera non avrebbe inviato alcun dono quando il mittente era salito al trono, con-

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Taide può essere localizzata presso il sito di Tell Hamidiye, Kessler 2014.

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travvenendo ad un costume consolidato nel Tardo Bronzo. Questo episodio si colloca bene nello scenario dell’ascesa al trono di Hattusili II, personaggio che le altre corti del Vicino Oriente devono aver considerato come un usurpatore, dunque, esitando a riconoscerlo apertamente come re di Hatti. Il re assiro Salmanassar III conduce una campagna militare contro Hanigalbat a seguito di una ribellione di Shattuara II, successore di Wasashatta; il paese hurrita viene vinto e, questa volta, perde la sua autonomia finendo inglobato all’interno dei possedimenti assiri.54 Il regno assiro, quindi, viene a confinare direttamente con alcuni degli stati subordinati a Hatti, come Karkemish, sul confine siriano dell’Eufrate, e Isuwa in Anatolia orientale. Presumibilmente allo scopo di rafforzare l’alleanza tra Hatti e Isuwa, divenuto uno “stato cuscinetto” tra il regno ittita e quello assiro, Hattusili II fa sposare la propria figlia Kelush-Heba al re di Isuwa Ari-Sharruma. La lettera KUB 23 102 è anch’essa il draft di una missiva da inviare alla corte assira; in questo testo, purtroppo privo del nome del mittente e di quello del destinatario, il re ittita estensore della lettera accusa il sovrano assiro di aver sopraffatto il paese di Mittani/Hanigalbat e di aver addirittura condotto una spedizione contro la regione dell’Amano. Il re ittita si rivolge così al destinatario: “Quelli che non sono in buoni rapporti usano scriversi l’un l’altro di fratellanza? Per quale ragione io ti dovrei scrivere di fratellanza? Tu e io siamo forse stati generati dalla stessa madre?” (Mora – Giorgieri 2004, 190). Il sovrano ittita rifiuta di appellare il destinatario della lettera utilizzando l’espressione metaforica “fratello” in uso nella diplomazia del Tardo Bronzo quando ci si rivolgeva ad un re di pari rango. Questa lettera era stata datata a Mursili III (Hoffner 2009, 323-324), ma una datazione più bassa al tempo di Hattusili II (o addirittura a Tuthaliya III) sembra ora molto più verosimile (Mora-Giorgieri 2004, 184-194). Nella difficile situazione internazionale nella quale si trovava il regno di Hatti, Hattusili II cerca di avere almeno il sostegno e l’alleanza di Babilonia. La tavoletta KBo 1 10+ conserva la copia di una lunga lettera inviata da Hattusili II al re di Babilonia Kadashman-Enlil II (Beckman 1999, 138-143);55 il sovrano ittita ricorda gli stretti contatti e l’amicizia tra i due paesi che avevano avuto solo un’interruzione quando l’alto dignitario Itti-Marduk-balatu aveva preso il controllo del paese, dopo la morte del re Kadashman-Turgu, e

54 Sembra, tuttavia, verosimile ritenere che una parte del regno di Mittani/Hanigalbat sopravviva alla conquista assira nella parte nord-occidentale del paese (Giorgieri 2006, 315). 55 Sulla datazione di questa lettera v. ora Devecchi – Miller 2011.

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nel periodo in cui il nuovo sovrano era ancora giovane. Hattusili II ricorda anche il sostegno datogli da Kadashman-Turgu quando Hatti era in conflitto con l’Egitto, interrompendo le relazioni diplomatiche con Ramses II, dopo aver saputo che questi si era rifiutato di accogliere la richiesta ittita di instradare Urhi-Teshob/Mursili III a Hatti.

3.9.2. Tarhuntassa e l’Anatolia occidentale. Hattusili II nomina Kuruntiya, figlio di Muwatalli II, sovrano di Tarhuntassa; il re ittita, con questa sua decisione, intende premiare Kuruntiya che gli era rimasto fedele (forse anche in virtù degli anni trascorsi presso di lui a Hakpis) e al tempo stesso assicurarsi il suo sostegno e quello dei membri della corte che erano ancora legati alla discendenza di Muwatalli II. Tarhuntassa viene, quindi, scorporata dal regno di Hatti e diviene un regno subordinato a Hatti, retto da un membro della famiglia reale, in maniera analoga a quanto Suppiluliuma I aveva fatto con Aleppo e Karkemish. Il trattato concluso da Hattusili II con Kuruntiya ci è giunto solo in una versione preliminare nella quale quest’ultimo è appellato con il suo nome hurrita Ulmi-Tešob (Devecchi 2015a, 162-168); la copia definitiva era stata inciso su una tavola di ferro che non ci è pervenuta. Il trattato definisce in maniera molto precisa i confini del paese dato da governare a Kuruntiya; esso comprendeva una vasta area dell’Anatolia meridionale tra Kizzuwatna e il paese di Lukka (= la Licia di età classica), con un nucleo nella regione compresa tra il lago Bey ehir, a est, e la moderna città di Karaman, a ovest. Sembra verosimile ritenere che Hatti si fosse conservato un accesso sicuro alla valle del fiume Göksu in modo da poter raggiungere il porto di Ura (= Silifke?), il principale porto anatolico, senza dover attraversare il territorio Tarhuntassa (Forlanini 2013a, 25). Altri atti vengono emanati in concomitanza con la designazione di Kuruntiya quale re di Tarhuntassa: una tavoletta che conserva la dichiarazione giurata di Kuruntiya e un editto emanato da Hattusili II, inteso a definire il contingente militare che Kuruntiya dovrà rendere disponibile per eventuali campagne militari condotte dal re di Hatti (Devecchi 2015a, 161). Un fronte che impegna militarmente Hattusili II nei primi anni del suo regno è quello dell’Anatolia occidentale. Un testo storiografico (KUB 21 6) esteso da questo sovrano descrive spedizioni militari condotte per arginare una serie di ribellioni originatesi nella regione di Lukka (Gurney 1997). Il guerriero di 12/13 anni menzionato nel frammento iniziale di questo testo potrebbe essere il principe Tuthaliya, figlio e erede al trono di Hattusili II (Freu 2008, 183-184; Taracha 2015, 279-280). Accettando tale ipotesi, po-

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tremmo avere un dato cronologico relativo per datare questa campagna militare; se accogliamo la data del 1275 per la battaglia di Qadesh, dal momento che il matrimonio tra Hattusili e Pudu-Heba avviene al ritorno dalla spedizione militare contro l’Egitto, Tuthaliya potrebbe essere nato tra il 1273 e il 1270 (Taracha 2015, 280, n. 4). Ne consegue che la campagna militare contro Lukka potrebbe essere datata negli anni intorno al 1260-1255. Hattusili II è impegnato anche in una lunga e difficile trattativa diplomatica con il sovrano di Ahhiyawa; il testo KUB 14 3 (Beckman – Bryce – Cline 2011) è la terza tavola di un lungo documento che raccoglieva una serie di argomentazioni da far pervenire al re di Ahhiyawa, non sappiamo se in forma scritta in una lettera, oppure in forma orale tramite un messaggero. Non è conservato il nome del re ittita estensore di questo testo, ma l’attribuzione a Hattusili II è un’ ipotesi molto verosimile. Il re ittita chiede al sovrano di Ahhiyawa l’estradizione di Piyamaradu, un personaggio che abbiamo già menzionato a proposito della lettera inviata da ManapaTarhunta, re del paese del fiume Seha, a Muwatalli II (v. § 3.6.2.). Piyamaradu, che come abbiamo detto potrebbe essere un membro dell’élite arzawea andato in esilio, già al tempo di Muwatalli II cercava di ricavarsi un’area di influenza in Anatolia occidentale a scapito dell’autorità ittita. Piyamaradu era stato coinvolto in una serie di raid nella stessa area di Lukka, cercando di sobillare rivolte delle comunità locali contro Hatti.56 Secondo quanto leggiamo nel testo KUB 14 3, Hattusili II, arrivato a Milawanda, viene a conoscenza del fatto che il sovrano di Ahhiyawa ha ordinato al signore di questa città di consegnare Piyamaradu al re ittita. Ciò indica che Milawanda si trovava a quest’epoca sotto l’autorità di Ahhiyawa; evidentemente Hatti, che aveva conquistato la città durante le campagne militari di Mursili II, ne aveva successivamente perso il controllo. Piyamaradu, però, fugge, evitando così la cattura. In questo stesso passo (§5) si menziona un “vertice politico” che si era tenuto precedentemente a Milawanda per risolvere la difficile situazione relativa a Piyamaradu, al quale avevano un personaggio di nome Tawagalawa e Kuruntiya. L’identità di Tawagalawa è tutt’ora oggetto di discussione: egli è verosimilmente il fratello del re di Ahhiyawa destinatario del messaggio e potrebbe essere il sovrano di Ahhiyawa predecessore del destinatario della missiva contenuta in KUB 14 3, oppure il re di un altro potentato miceneo (Taracha 2015). Kuruntiya è, invece, il re di 56 È stata avanzata l’ipotesi che si faccia riferimento qui agli stessi eventi narrati nel testo KUB 21 6 (Gurney 1997); tuttavia, sembra più verosimile ritenere che gli eventi narrati in questo testo precedano di qualche anno quelli descritti in KUB 14 3.

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Tarhuntassa, cui Hattusili II aveva affidato un’importante missione diplomatica: questo dimostra la fiducia che il re di Hatti riponeva in suo nipote ed è anche un indizio del fatto che quest’ultimo ricoprisse il ruolo di rappresentante del sovrano ittita nelle questioni dell’Anatolia occidentale. Sempre nella tavoletta KUB 14 3 si dice che vi era stata una conflittualità tra Hatti e Ahhiyawa relativamente alla città di Wilusa e questo è l’unico chiaro accenno ad un ruolo svolto dai Micenei negli eventi politici della città di Wilusa. Il re di Ahhiyawa viene appellato in KUB 14 3 con i titoli “fratello” e “Gran Re”, utilizzati in genere per rivolgersi ai sovrani, rispettivamente, di Babilonia, Assiria ed Egitto. Ahhiyawa non è menzionata come una grande potenza nei documenti di altri paesi del Vicino Oriente di questo stesso periodo e ciò ha sollevato da tempo un dibattito scientifico, non ancora conclusosi, su quale potesse essere il regno miceneo al cui re Hattusili II si rivolgeva in maniera tanto sussiegosa. Sono state avanzate diverse ipotesi al riguardo; Ahhiyawa potrebbe essere uno dei regni micenei, ad esempio quello di Micene (in considerazione del fatto che la gran parte della ceramica micenea trovata nel Vicino Oriente antico è stata prodotta in Argolide), oppure quello di Tebe (Kelder 2010, 88-99) o ancora un potentato miceneo localizzabile nelle isole del Dodecaneso (Mountjoy 1998). In questo caso il titolo di “Gran Re”, con cui il sovrano di Ahhiyawa viene appellato, non corrisponderebbe al reale peso politico di questo paese, ma potrebbe essere o un tentativo di adulazione fatto da Hattusili II per assicurarsi la collaborazione del suo interlocutore, oppure frutto dell’incapacità da parte della cancelleria ittita di comprendere l’esatta natura dei regni egei, volendo applicare rigidamente gli schemi politici del mondo vicino orientale. Diversamente è stata anche avanzata l’ipotesi che il re di Micene fosse a capo di uno stato di vaste dimensioni che controllava la gran parte degli altri potentati micenei e, quindi, Hattusili II gli si rivolgerebbe, a ragion veduta, chiamandolo “Gran Re” (Kelder 2010; Jung 2015).

3.9.3. L’età della “Pax hethitica”. Il maggiore impegno politico e diplomatico di Hattusili II è rivolto, però, sul fronte delle relazioni con l’Egitto. Dopo la battaglia di Qadesh i rapporti tra Hatti e la corte faraonica si erano interrotti e, senza una accordo siglato dalle due parti, si era creata una sorta di “guerra fredda” tra i due paesi. La situazione era ulteriormente peggiorata a seguito del colpo di stato di Hattusili II e dell’ospitalità offerta da Ramses II a Urhi-Teshob/Mursili III. Entrambi i

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paesi, però, sentivano la necessità di risolvere questa difficile situazione; per il sovrano ittita siglare un trattato con il faraone aveva una notevole rilevanza, sia all’interno del suo paese, sia a livello internazionale, perché esso significava un pieno riconoscimento di Hattusili II come sovrano legittimo di Hatti da parte di Ramses II. Per il faraone la stipulazione di un trattato con gli Ittiti poteva essere presentata come un suo personale successo di politica internazionale, tale da mettere in ombra l’insuccesso militare riportato a Qadesh (Roth 2005, 183). Il trattato57 viene concluso nel ventunesimo anno di regno di Ramses II, cioè nel 1259 se accettiamo la data del 1279 per l’ascesa al trono di questo sovrano. Era un trattato paritetico, redatto in due versioni speculari, una di parte ittita ed una di parte egiziana. Esso era scritto in accadico ed era inciso su due tavole d’argento; queste non ci sono pervenute, ma ci sono giunte le copie su tavolette di argilla rinvenute negli archivi della capitale ittita (Devecchi 2015a, 265-270) e la traduzione in egiziano, incisa in caratteri geroglifici sul tempio di Amon a Karnak e sul Ramesseum a Tebe (Pernigotti 2010, 96-105). Le due versioni, quella in accadico e quella in egiziano, divergono in alcuni punti; ad esempio, solo la traduzione egiziana conserva una specie di “verbale” di consegna della tavola d’argento, cioè del trattato di parte ittita, e menziona anche i nomi dei messaggeri ittiti che l’avevano portata; tra questi figura anche un messaggero di Karkemish, indizio dell’importante ruolo politico che tale paese aveva acquisito al tempo di Hattusili II. La versione egiziana conserva anche la parte finale del trattato, andata persa nelle redazioni su tavolette di argilla, dove sono descritte le impronte dei sigilli, rispettivamente, di Hattusili II e di Pudu-Heba, che autenticavano il documento. Il trattato stabilisce l’alleanza tra Hatti e l’Egitto e sancisce l’obbligo di protezione reciproca sia nel caso dell’attacco di un nemico esterno, sia nel caso di una rivolta interna; questo significava che la corte faraonica rinunciava a sostenere ancora Urhi-Teshob e riconosceva Hattusili II come sovrano di Hatti. I. Singer (1999, 646) ha coniato, per il periodo successivo alla stipulazione del trattato, l’espressione molto appropriata di “Pax hethitica”; infatti, il trattato andava finalmente a creare una situazione di pace in tutta la regione del Levante, facilitando le relazioni e gli scambi commerciali tra i paesi subordinati agli Ittiti e quelli sotto il controllo egiziano. 57 Questo non è il primo trattato concluso tra Hatti e l’Egitto; un precedente trattato era stato stipulato al tempo o di Tuthaliya I, o di Arnuwanda I, o di Tuthaliya II, o di Suppiluliuma I. Si tratta del cosiddetto “Trattato di Kurustama”, nel quale si prevedeva la deportazione in Egitto di tribù anatoliche originarie della regione di Kurustama (Devecchi 2015a, 264-265; Devecchi 2015b, 167-170).

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Nel 1970 una copia del trattato stipulato tra Hatti e l’Egitto al tempo di Hattusili II e Ramses II fu donata dal governo turco alla sede delle Nazioni Unite a New York, dove è ancora esposta, quale testimonianza di uno dei più antichi e significativi accordi internazionali, foriero di pace dopo un conflitto di vaste proporzioni. Come era consuetudine nelle relazioni internazionali del tempo, spesso un trattato internazionale concluso tra due paesi era anche accompagnato da un matrimonio inter-dinastico. Per la corte faraonica la realizzazione di un matrimonio con un principessa di Hatti andava a riequilibrare, a favore dell’Egitto, il rapporto di pariteticità che il trattato aveva stabilito. Infatti, nell’ottica di Ramses II tale matrimonio poteva essere concepito esclusivamente se era una principessa ittita ad essergli data in sposa, senza però che la corte faraonica concedesse alcuna principessa egiziana in moglie ad un membro della famiglia reale ittita. La mancanza di reciprocità nei matrimoni inter-dinastici tra l’Egitto e i paesi vicino orientali era stata fortemente difesa da parte dei faraoni come un segno della superiorità egiziana, nonostante le reiterate proteste dei sovrani asiatici. La risposta della corte faraonica era sempre la stessa, cioè quella che, circa un secolo prima, Amenhotep III aveva scritto nella corrispondenza con Kadashman-Enlil I, re di Babilonia: “Da sempre, una figlia del re d’Egitto non viene data a nessuno!” (Liverani 1999, 333-334, 349). La corte di Hatti acconsente a concedere una principessa reale in moglie a Ramses II; tuttavia, i sovrani ittiti erano abituati ad attribuire una forte valenza politica al matrimonio inter-dinastico, visto in un’ottica completamente diversa da quella egiziana, come già si è detto (v. § 3.4.3). Quando esso avveniva con un sovrano di pari rango, doveva essere fatto in maniera reciproca e una figlia del re, cui la principessa ittita andava in moglie, veniva data in sposa ad un principe ittita; quando, invece, esso era concluso con un sovrano subordinato, in genere gli si imponeva che la principessa ittita fosse la sua consorte ufficiale e la madre dell’erede al trono. La forte discrepanza nelle modalità con le quali il matrimonio tra la principessa ittita e il faraone doveva essere concluso fa sì che la trattativa matrimoniale duri per lungo tempo, terminando soltanto nel trentaquattresimo anno di regno di Ramses II. Le due corti si sono scambiate molte lettere, rinvenute negli archivi della capitale ittita,58 che testimoniano le fasi di questa trattativa (Edel 1994). Come esempio dei messaggi che le due corti si so58 Una sola tavoletta cuneiforme, una lettera scambiata tra la corte faraonica e quella ittita, è stata per ora rinvenuta a Qantir, antica Pi-Ramses; essa potrebbe essere datata all’inizio del regno del sovrano ittita Tuthaliya III (Singer 2006, 28).

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no mandate in questo lungo periodo, possiamo menzionare la tavoletta KUB 21 38, il draft preparatorio di una lettera scritta da Pudu-Heba al faraone (Hoffner 2009, 281-290). La regina ittita, molto attiva in svariati aspetti della vita del regno, interviene in prima persona anche in tali questioni di diplomazia internazionale, suscitando verosimilmente stupore e irritazione alla corte faraonica. Il re di Hatti rimanda continuamente la realizzazione del matrimonio per costringere il faraone a concedere un rango elevato alla principessa ittita, contando sul fatto che i continui rinvii andavano a creare una situazione di imbarazzo in Egitto, dal momento che la propaganda faraonica dipingeva questo matrimonio come un atto di sottomissione ittita che, però, non si stava verificando. Pudu-Heba accampa una serie di scuse per motivare il ritardo nella conclusione del matrimonio, approfittandone anche per far pervenire al faraone una serie di messaggi di contenuto politico. Ad esempio, ella afferma di non essere in grado di fornire alla propria figlia una dote adeguata, perché UrhiTeshob ha dilapidato il patrimonio della corona; la regina aggiunge: “Dal momento che Urhi-Teshob è là, chiediglielo tu se è così oppure no!”. PuduHeba intende far comprendere al faraone che la corte ittita non è più disposta a tollerare la protezione che Ramses II continua ad offrire a Urhi-Teshob e che, se il faraone vuole leggere tra le righe, il matrimonio avverrà solo dopo che l’ex re di Hatti avrà lasciato l’Egitto. In un altro passo di questa lettera, Pudu-Heba enfatizza lo scarso rispetto che il faraone sembra avere per le principesse asiatiche da lui sposate. Ella racconta quanto l’ambasciatore babilonese presso la corte ittita le ha riferito, cioè che i messaggeri di Babilonia recatisi in Egitto non avevano potuto incontrare la figlia del loro re andata in sposa al faraone. Questo appariva come un atto di scortesia verso la corte babilonese ed era l’indizio che la principessa di questo paese non solo non aveva alcuna posizione a corte, ma forse era stata relegata in uno degli harem del faraone. Un episodio simile era accaduto anche circa un secolo prima, come documenta una lettera inviata da Amenhotep III a Kadashman-Enlil I re di Babilonia e rinvenuta nell’archivio di Tell el-Amarna (EA 1); il sovrano babilonese scrive al faraone: “Ecco che tu desideri in moglie mia figlia; ma mia sorella che mio padre ti diede è laggiù con te, e nessuno l’ha (più vista), se è viva o se è morta” (Liverani 1999, 345). L’insistenza ittita riesce a fare breccia nella monolitica visione del potere del faraone, senza però ovviamente pretendere che la principessa ittita potesse divenire la consorte ufficiale del faraone, dal momento che questa posizione era già occupata da Nofretari. La principessa ittita, il cui nome di nascita era forse Shaushganu (de Martino 2011, 15), riceve il nome egiziano di 92

Maathorneferure e le vengono riconosciuti i titoli di “Grande Consorte Reale”, titolo che era stato fino ad allora riservato a Nofretari, e “Figlia del Gran Signore di Hatti” (Fischer 2013). Se da un lato, dunque, Ramses II accetta di riconoscere l’alto rango della figlia di Hattusili II, al tempo stesso la propaganda interna egiziana presenta questo matrimonio quale un atto di sottomissione ittita alla supremazia faraonica, come appare ad esempio nella “Stele del matrimonio” ad Abu Simbel (Fischer 2013). Anche il re di Hatti, però, non rinuncia del tutto alle proprie consuetudini in fatto di matrimoni interdinastici. Sappiamo che da questo matrimonio nacque una figlia; una tavoletta, copia di un messaggio scambiato tra le due corti, documenta la richiesta ittita che la bambina generata da Ramses II e dalla principessa ittita possa essere inviata a Hattusa (Edel 1994, 167-168). L’eventuale arrivo della principessa figlia del faraone alla corte ittita sarebbe stato un chiaro segnale della considerazione faraonica verso Hattusili II e avrebbe in qualche modo riequilibrato l’immagine, lesiva del principio di reciprocità e uguaglianza, che la corte faraonica aveva diffuso del matrimonio con la principessa ittita. È anche possibile che Hattusili II e Pudu-Heba possano aver sperato di esercitare una certa influenza sulla nipote, inculcandole qualche elemento della tradizione culturale ittita. Le fonti, però, non danno nessuna informazione in proposito ed è verosimile ritenere che la fanciulla non sia mai uscita dall’Egitto. Non sappiamo neppure che sia accaduto di Maathorneferure; ella scompare dalla documentazione egiziana e possiamo ipotizzare che sia deceduta. Un secondo matrimonio tra Ramses II e una principessa ittita potrebbe essere stato concluso dopo tale infausto evento. I rapporti tra Ramses II e Hattusili II restano cordiali per tutta la durata del loro regno, anche se il re di Hatti non doveva ignorare come la corte faraonica andava propagandando sia l’esito della battaglia di Qadesh, sia lo stesso matrimonio con la principessa ittita, presentando entrambi gli eventi come una prova dell’inferiorità e della sottomissione di Hatti. La lettera KBo 28 1 (Edel 1994, 22-24) documenta la richiesta avanzata da Ramses II a Hattusili II di incontrarsi alla frontiera tra i loro paesi, cosicché l’uno potesse finalmente vedere il volto dell’altro. È verosimile ritenere che vi fosse un’autentica volontà, da parte di quelli che erano i due sovrani più potenti del mondo di allora, di incontrarsi di persona e poter finalmente interloquire direttamente e non più solo per tramite di messaggeri. Il sovrano ittita, però, declina l’invito, non volendo offrire al faraone una nuova occasione di vanto e immaginando già come questo incontro sarebbe stato distorto e magari presentato come un ulteriore prova della subordinazione di Hatti (Liverani 1990). 93

3.9.4. Il rilievo rupestre di Fıraktın. Hattusili II segue l’esempio di suo fratello Muwatalli II e fa scolpire un rilievo rupestre presso il sito moderno di Fıraktın. Questo sito è in una regione oggi remota, ma in antico questa zona era al centro di importanti vie di comunicazioni che collegavano l’Anatolia centro-setterntionale con la regione di Kizzuwatna. Esso, quindi, può essere inteso come una manifestazione del controllo del territorio da parte del potere regio (Glatz – Plourde 2011, 46; Schachner 2011, 109). Il rilievo (Ehringhaus 2005, 59-65) si compone di due scene di offerta: in una è Hattusili II che è raffigurato di fronte al Dio della Tempesta; nell’altra scena la regina Pudu-Heba compie l’offerta alla dea Hebat. I nomi dei due sovrani sono scolpiti in caratteri luvio geroglifici e Pudu-Heba viene appellata non solo come regina, ma anche come “Figlia del Paese di Kizzuwatna”, enfatizzando così lo stretto legame con la sua terra di origine. In questo rilievo Hattusili II indossa un copricapo ornato di corna; egli riprende questa iconografia dal suo avversario e predecessore Mursili III il quale si era fatto raffigurare nei sigilli con un copricapo a corna. Come è noto, le corna sono attributo delle divinità nella tradizione vicino orientale antica. Questo non significa che Mursili III e Hattusili II si fossero divinizzati in vita; sembra, piuttosto, verosimile ritenere che tale iconografia volesse rimarcare la posizione del re quale interlocutore privilegiato delle divinità (de Martino 2010). Si tratta dello stesso tipo di messaggio che aveva voluto comunicare Muwatalli II nel rilievo di Sirkeli facendosi raffigurare con l’abbigliamento che era specifico della divinità solare, oppure quando nella glittica i re ittiti apparivano stretti nell’abbraccio di una divinità (v. § 3.6.3). L’iconografia di Hattusili con il copricapo a corna aveva fatto ipotizzare che il monumento di Fıraktın fosse stato eseguito dopo la morte di Hattusili II; infatti, i re ittiti defunti erano considerati divinità protettrici della dinastia e, quindi, potevano essere raffigurati con attributi divini (Harman ah 2015, 105). Tuttavia, il fatto che già Mursili III avesse fatto incidere sigilli che lo rappresentavano con copricapo ornato di corna indica chiaramente che tale iconografia era stata adottata dai re ittiti del XIII secolo quando essi erano ancora in vita.

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3.10. Tuthaliya III 3.10.1 Il principe Tuthaliya nell’ombra del padre. Alla morte di Hattusili II sale al trono il figlio Tuthaliya;59 egli non era l’erede che il re di Hatti aveva designato fino dall’inizio. Infatti, sappiamo che, in un primo tempo, Hattusili II aveva nominato un suo figlio di nome Nerikkaili come successore al trono.60 Questi, forse, era nato da un matrimonio concluso prima dell’incontro con Pudu-Heba, che – come abbiamo già detto - era avvenuto subito dopo la battaglia di Qadesh e quando Hattusili II era già un uomo di circa 35/40 anni. Tuthaliya, invece, era figlio di PuduHeba, la quale è riuscita ad imporlo come tu kanti. La successione di Tuthaliya era stata preparata con cura da Hattusili II; abbiamo già detto del testo, impropriamente noto come l’Autobiografia, con la quale Tuthaliya viene nominato sacerdote della dea Ishtar e, in quanto tale, erede al trono (Imparati 1995). Inoltre Hattusili II fece redigere un’opera che celebrasse le imprese del giovane principe Tuthaliya, suo successore: il testo storiografico KUB 19 9 narra le gesta sia dei re Suppiluliuma I e Mursili II, sia del principe Tuthaliya. Quest’ultimo riveste la carica di Grande della Guardia del Corpo e viene mandato a combattere contro le tribù dei Kaska nel nord dell’Anatolia, ripercorrendo così le stesse tappe della carriera del padre Hattusili II. In questo testo la dea Ishtar svolge un ruolo significativo come protettrice del giovane principe, analogamente a quanto ella aveva fatto nei confronti di Hattusili II. La menzione delle imprese militari del principe Tuthaliya unite a quelle dei grandi sovrani Suppiluliuma I e Mursili II serve a dare legittimità alla sua successione stabilendo una continuità dinastica che, in realtà, era stata interrotta con il colpo di stato compiuto da Hattusili II. Non è un caso, dunque, che né Muwatalli II, né Mursili III siano citati in questo testo; infatti i nomi di questi due sovrani erano indissolubilmente legati alla condizione di Hattusili II come usurpatore. Tuthaliya III, almeno nella prima parte del suo regno, ha ancora la madre Pudu-Heba come tawananna; è stata avanzata l’ipotesi che egli avesse sposato una principessa babilonese, in ossequio all’antica tradizione di alleanza tra la corte ittita e quella cassita (Singer 1991b).

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Sul regno di questo sovrano v. la monografia di Ta 2008. V. il trattato concluso tra Tuthaliya III e Kuruntiya di Tarhuntassa (Otten 1988; Devecchi 2015a, 168-182). 60

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3.10.2. Kuruntiya re di Tarhuntassa e l’ipotesi di un colpo di Stato. Uno dei primi atti del regno di Tuthaliya III è la stipulazione di un nuovo trattato con il cugino Kuruntiya, re di Tarhuntassa (Otten 1988; Devecchi 2015a, 168-182). Questo trattato ci è giunto in una delle copie originarie su una tavola di bronzo, caso unico nella documentazione vicino orientale antica. La tavola di bronzo del trattato con Kuruntiya ci dà un’idea molto chiara di come doveva apparire anche il trattato concluso da Hattusili II con Ramses II e inciso su due tavole di argento.61 La tavola del trattato con Kuruntiya è stata rinvenuta nella capitale ittita presso la Porta delle Sfingi (Yerkapı); il luogo del ritrovamento non corrisponde a nessuno di quelli che sono indicati nel trattato e, dunque, si tratta di una deposizione secondaria, come diremo anche più avanti. Tuthaliya III, in questo trattato, amplia i confini di Tarhuntassa e beneficia Kuruntiya con una serie di concessioni, quali ad esempio la possibilità per quest’ultimo di accedere al mausoleo di Muwatalli II e di officiare i riti per il proprio padre. Ciò gli era stato impedito da Hattusili II che, con tale misura, voleva evitare che Kuruntiya si presentasse come il successore legittimo di Muwatalli II. Il rango di Kuruntiya viene equiparato a quello del re di Karkemish: i re, rispettivamente, di Tarhuntassa e Karkemish vengono innalzati alla terza posizione nella gerarchia del regno di Hatti, dopo il Gran Re e il tu kanti. Queste concessioni mirano ad acquisire la totale fedeltà di Kuruntiya a Tuthaliya II, aspetto che viene rimarcato nel trattato nelle clausole di protezione reciproca e di sostegno da assicurare alla discendenza del sovrano ittita. La questione se Kuruntiya sia rimasto fedele alla case reale ittita negli anni successivi alla stipulazione del trattato è stata oggetto di dibattito e resta ancora un problema aperto. Kuruntiya fa scolpire la sua immagine su un rilievo rupestre nel sito di Hatip (a sud della moderna città di Konya), sul confine settentrionale del paese di Tarhuntassa (Ehringhaus 2005, 101-107). Il rilievo rupestre raffigura un personaggio maschile stante in abbigliamento da guerriero e con un copricapo a corna, presumibilmente lo stesso Kuruntiya. Egli si attribuisce il titolo di “Gran Re” nell’iscrizione luvio-geroglifica posta accanto al rilievo. Questo stesso titolo è documentato per Kuruntiya anche in due sigilli, le cui impronte sono state rinvenute nell’archivio di Ni antepe (Hawkins 2005, 100). L’attribuzione del titolo di Gran Re da parte

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V. Devecchi 2015, 53 n. 2, per le altre tavole di metallo con trattati ittiti non pervenu-

teci.

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di Kuruntiya aveva indotto a ipotizzare un colpo di stato da lui compiuto contro il cugino Tuthaliya III; questa ipotesi sembrava essere avvalorata dal fatto che era stato identificato un livello di distruzione a Hattusa nel quartiere templare della Città Alta, seguito da una riedificazione, entrambi da datare alla fine del XIII secolo a.C. Si era ritenuto che tale distruzione fosse da attribuire ad una conquista della capitale ittita proprio da parte di Kuruntiya. Le indagini archeologiche condotte negli anni novanta del novecento hanno mostrato che la stratigrafia della Città Alta è diversa da quanto era ritenuto precedentemente. L’edificazione dei templi di questa parte della capitale risale sicuramente già al XIV secolo a.C. e il loro abbandono non è dovuto ad un attacco militare alla città, ma è presumibilmente una conseguenza del trasferimento della capitale e di tutti i culti a Tarhuntassa voluto da Muwatalli II (v. § 3.6.3.). Ciò ha determinato anche la riconversione di alcune di queste strutture templari in edifici con altra funzione (Schachner 2011, 85-98). In realtà, le prove più siginificative a sostegno dell’ipotesi di un colpo di stato da parte di Kuruntiya consistono nell’attribuzione del titolo di Gran Re da parte di quest’ultimo; inoltre, il fatto che tale titolo appaia eraso nel rilievo di Hatip è stato spiegato come una reazione, una sorta di damnatio memoriae, da parte di Tuthaliya III, una volta ripreso il potere. Infine, anche un passo dell’iscrizione luvio-geroglifica di Yalburt (su cui v. più avanti) è stato visto come allusivo al colpo di stato di Kuruntiya. Si tratta di un passo che fa riferimento all’arrivo nella capitale ittita del “nemico” del re; tuttavia, non vi sono elementi certi per identificare questo nemico con Kuruntiya (Goedegebuure 2012). Sembra, dunque, più verosimile ritenere che Tuthaliya III, in una fase ormai molto critica del regno ittita, che vedeva tentativi autonomistici da parte delle periferie del paese,62 non essendo più in grado di affermare in maniera forte la supremazia di Hattusa, abbia tollerato alcune delle manifestazioni di auto-celebrazione di Kuruntiya, salvo poi ordinare l’obliterazione di parte dell’iscrizione di Hatip, se ciò è veramente da attribuire al sovrano ittita (Singer 1996b). La collaborazione tra Tuthaliya III e Kuruntiya, del resto, si conserva nel tempo. Ciò appare chiaramente da una lettera inviata da Tuthaliya III a Targasnawa re di Mira e che si data in una fase avanzata del

62 Ne è un indizio il rilievo di Karabel (v. § 3.11.4.) nel quale Targasnawa re di Mira si fa raffigurare con un copricapo a corna, come Kuruntiya e come anche Muwatalli II, Mursili III, Hattusili II e Tuthaliya III, v. de Martino 2010c.

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regno di questo sovrano (v. § 3.10.4), nella quale il re di Hatti affida a Kuruntiya una delicata missione diplomatica (de Martino 2010d). Coloro che ritengono verosimile l’ipotesi del colpo di stato di Kuruntiya spiegano l’interro della tavola bronzea del trattato come volto a rendere nullo questo documento, sia che ciò sia avvenuto quando Kuruntiya prese il potere a Hattusa, oppure dopo la restaurazione di Tuthaliya III. Nel caso in cui, invece, si ipotizzi che le relazioni tra Hatti e Tarhuntassa siano rimaste pacifiche, si può supporre che la tavola di bronzo sia finita casualmente presso la Porta delle Sfingi quando Hattusa è stata abbandonata.

3.10.3. Le relazioni con l’Assiria tra rivalità e cooperazione. Uno scontro militare con l’Assiria, avvenuto presso il sito di Nihriya in Anatolia orientale, a sud est del paese di Isuwa, si è verificato presumibilmente nella parte iniziale del regno di Tuthaliya III.63 Tale evento è ricordato nella lettera trovata a Ugarit RS 34.165 il cui mittente è un re assiro, identificabile con Tukulti-Ninurta, e il destinatario è il re di Ugarit. Questa lettera ripercorre le varie fasi che hanno portato al conflitto tra l’esercito ittita e quello assiro, fino alla sconfitta delle truppe ittite (Singer 1985; Mora-Giorgieri 2004, 13-22; Bányai 2011). Sembra verosimile ritenere che Tukulti-Ninurta non intendesse sferrare un attacco a Hatti e invadere lo “stato cuscinetto” di Isuwa, ancora sotto l’autorità ittita, ma volesse semplicemente rafforzare il confine assiro nella regione di Alse (Cancik-Kirschbaum 2008). Una situazione di attrito politico tra Hatti e l’Assiria emerge anche da un passo del trattato concluso da Tuthaliya III con Shaushga-muwa di Amurru, il re che era succeduto a Benteshina sul trono di questo paese, dove si dice esplicitamente che Hatti è in guerra con l’Assiria, e da una clausola di questo stesso trattato che impone al re di Amurru di non inoltrare verso l’Assiria le merci che venivano veicolate da carghi egei (Devecchi 2015a, 225-232).64 Tuttavia, i documenti recentemente venuti alla luce in vari archivi del regno assiro, quali quelli di Tell Sheh Hamad e Tell Chuera, dimostrano che Hatti e l’Assiria, passato il periodo della conflittualità, hanno riavviato rapporti diplomatici e la collaborazione commerciale (Mora – 63 Infatti i documenti successivi indicano che l’Assiria e Hatti intrattenevano rapporti di collaborazione, v. Mora-Giorgieri 2004, 21 e 17 con n. 84 per altre proposte di datazione di questo scontro militare. 64 Per una possibile diversa interpretazione di questa clausola v. Mora – Giorgieri 2004, 17, 21-22.

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Giorgieri 2004, 21). È stata anche avanzata l’ipotesi che questa nuova fase pacifica della politica tra i due paesi sia stata sancita da un matrimonio inter-dinastico (Singer 2008).

3.10.4. L’Anatolia occidentale: ulteriori situazioni di instabilità politica. Le regioni dell’Anatolia occidentale hanno richiesto interventi militari e politici di Tuthaliya III, come era già accaduto al tempo di Hattusili II. Una campagna nel territorio di Lukka, corrispondente alla Licia di età classica, è documentata da un’iscrizione in luvio geroglifico incisa sui blocchi di pietra, che delimitano un bacino idrico artificiale posto presso il sito moderno di Yalburt, a nord-ovest dalla moderna città di Konya (Poetto 1993; Hawkins 1995; Harman ah 2015). La costruzione di un bacino idrico potrebbe essere stata voluta da Tuthaliya III allo scopo di favorire un più intensivo sfruttamento agricolo del territorio. Come si è detto, i blocchi di pietra delimitanti il bacino recano un’iscrizione luvio geroglifica e non sono integrati da alcuna decorazione figurativa. È stata, però, rinvenuto anche un blocco di pietra frammentario raffigurante parte di una divinità montagna; esso potrebbe appartenere al complesso monumentale del bacino stesso (Harman ah 2015, 79). L’iscrizione luvio geroglifica di Yalburt celebra alcune imprese di Tuthaliya III. Le motivazioni e l’ispirazione della scelta comunicativa che affida ad un’iscrizione su pietra in geroglifico la memoria delle sue gesta, invece che farle redigere in cuneiforme su tavolette di argilla, non sono ancora definibili con certezza (Marazzi 2010, 245). Si deve anche rilevare che Tuthaliya III non ha adottato il genere letterario annalistico, già ampiamente diffuso nella letteratura storiografica ittita in cuneiforme del tempo dei suoi predecessori, ma ha preferito la tipologia dell’iscrizione riferita ad un’unica impresa, un tipo di composizione ben nota dalla tradizione siro-mesopotamica (Bolatti Guzzo – Marazzi 2004, 156). La tavoletta KUB 19 55 + (Beckman – Bryce – Cline 2011, 123-133) è la copia di una lettera inviata da un re ittita ad un sovrano di un paese dell’Anatolia occidentale; non sono conservati né il nome del mittente, né quello del destinatario, ma appare del tutto ragionevole supporre che questa missiva sia stata inviata da Tuthaliya III a Targasnawa, re di Mira. I temi principali trattati nella lettera riguardano i centri di Milawanda e Wilusa. Il re ittita definisce i confini di Milawanda, sito che al tempo di Hattusili II era stato sotto il controllo politico di Ahhiyawa. Appare, perciò, vero-

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simile che Hatti avesse acquisito il dominio su Milawanda quando la lettera fu scritta. Un altro passo della lettera KUB 19 55 riferisce che Walmu, re di Wilusa, era stato spodestato e si trovava esule presso il destinatario della missiva. Il re ittita ordina al suo interlocutore di inviargli Walmu al più presto, cosicché possa essere reinsediato sul trono di Wilusa. I documenti che certificano la legittimità del diritto di Walmu a sedere sul trono di Wilusa verranno consegnati da Kuruntiya. Questi è il re di Tarhuntassa cui Tuthaliya III aveva affidato tale importante missione politica; come si è già detto, tale fatto testimonia il rapporto di fiducia che doveva essersi conservato tra i due cugini almeno fino a questo momento. In questo stesso contesto storico si può collocare il testo KUB 23 13 + KBo 6 27 (Beckman – Bryce – Kline 2011, 154-157). Si tratta del draft di un editto regio; sembra verosimile ritenere che il re ittita, con questo atto, ponesse sul trono del paese del fiume Seha un nuovo sovrano, dopo aver deposto un re di nome Tarhunaradu, colpevole di essersi ribellato a Hatti. O. Soysal (2012) e A. Süel (2014) hanno proposto di datare questo documento al tempo di Tuthaliya II e di identificare Tarhunaradu con Tarhundaradu, il re di Arzawa noto dalle due lettere di Tell el Amarna 31 e 32 (v. § 3.3.2) e anche da una lettera dell’archivio di Sapinuwa (Süel 2014). Questa ipotesi, a mio parere, non è sostenibile, perché la tavoletta KUB 23 13 + parla di una seconda ribellione del paese del fiume Seha; la prima ribellione può coincidere solo con la rivolta di Manapa-Tarhunta avvenuta al tempo di Mursili II (§ 3.5.3) e non può essersi verificata in un periodo precedente, perché ancora Arzawa non era ancora sotto dominio ittita. Quindi, lo scenario più verosimile in cui collocare gli eventi presentati nel documento KUB 23 13 + è quello di una diffusa situazione di turbolenza politica in tutta l’area occidentale dell’Anatolia che avrebbe portato alla rivolta di Milawanda (ad opera del padre di Targasnawa), alla cacciata di Walmu da Wilusa e alla ribellione del paese del fiume Seha. Un eventuale partecipazione di Ahhiyawa a queste rivolte anti-ittite non viene esplicitamente affermata nei due testi prima citati, ma può essere ragionevolmente ipotizzata. Accettando tale ipotesi, si tratterebbe dell’ultimo tentativo di Ahhiyawa di mantenere il controllo dei porti dell’Anatolia occidentale. I regni micenei, infatti, entrarono in una fase di profonda crisi alla fine del XIII secolo a.C. e si può presumere che la riconquista ittita di Milawanda sia stata resa possibile proprio dal fatto che Ahhiyawa non era più in grado di mantenere il suo controllo su questo centro. 100

Va ricordato, a tale proposito, un passo del trattato, già menzionato prima (§ 3.10.3.), concluso tra Tuthaliya III e Shaushga-muwa di Amurru. In questo documento, che ci è giunto in una bozza preliminare, il paese di Ahhiyawa è stato inserito in una prima versione del documento tra i regni di pari importanza a Hatti, cioè Egitto, Babilonia e Assiria, e poi è stato cancellato dallo scriba nella revisione finale del testo (Devecchi 2015a, 230). La crisi di Ahhiyawa e il fatto che tale paese non fosse più presente sul suolo anatolico nel sito di Milawanda possono aver determinato la sua perdita di significato nella visione ittita della politica internazionale (Beckman – Bryce – Cline 2011, 68) e ciò potrebbe spiegare la correzione apportata dallo scriba che andava ad emendare la bozza, forse, redatta sul modello di trattati precedenti.

3.10.5. La famiglia reale: una congiura e un divorzio. Tuthaliya III deve affrontare anche problemi di politica interna e internazionale che hanno per protagonisti membri della famiglia reale. Un personaggio di nome Hesni è l’autore di una congiura contro Tuthaliya III; il complotto viene sventato e i colpevoli sono sottoposti a giudizio (Tani 2001). Il congiurato Hesni potrebbe essere identificato con il principe, figlio di Hattusili II, noto da alcuni documenti del tempo di questo sovrano e menzionato anche tra i testimoni del trattato stipulato da Hattusili II con Kuruntiya/UlmiTeshob. Il complotto ordito da Hesni deve aver accresciuto il senso di instabilità che andava assillando Tuthaliya III; egli era il figlio di un usurpatore e il discendente legittimo del re Muwatalli II, Kuruntiya, re di Tarhuntassa, si attribuiva il titolo di Gran Re. In una situazione di così pesante incertezza politica, Tuthaliya III sente la necessità di ottenere la piena fedeltà di tutti i membri della corte, ponendoli sotto giuramento, come dimostrano le Istruzioni per i dignitari della corte, testi nei quali il tema della fedeltà esclusiva a Tuthaliya III e alla sua discendenza ricorre in maniera ossessiva (Miller 2013, 282-307). Tuthaliya III si trovò a dover risolvere anche una difficile questione che concerneva la figlia di Benteshina di Amurru nata dal matrimonio di questi con una principessa ittita e andata in sposa a Ammistamru, re di Ugarit. Quest’ultimo intentò una causa di divorzio contro la propria moglie, accusandola di una grave colpa che, però, non viene mai esplicitata. La presa di posizione del re di Ugarit andava a irritare Shaushga-muwa, a quel tempo re di Amurru, e certo dispiaceva a Tuthaliya III, dal momento che la principes-

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sa accusata dal re di Ugarit discendeva dalla casa reale di Hatti; tuttavia, il re ittita non poteva permettere che sorgessero contrasti tra i re siriani suoi subordinati. In un primo tempo, la risoluzione della causa di divorzio fu affidata a Ini-Teshob, re di Karkemish e fedele alleato di Hatti; non riuscendo questi a risolvere la faccenda, Tuthaliya III fu costretto ad occuparsene in prima persona. Nel tentativo di non scontentare nessuno dei due contendenti, il re ittita stabilì che la principessa di Amurru dovesse essere consegnata al marito – sacrificando, quindi un membro della sua famiglia per il bene dello stato – a condizione che quest’ultimo versasse un ingente risarcimento al cognato Shaushga-muwa (Singer 1999, 680-681).

3.10.6. Discontinuità e continuità nel culto per le divinità. Si deve a Tuthaliya III l’edificazione del grandioso santuario a cielo aperto di Yazılıkaya, poco lontano dalla capitale ittita Hattusa, con il suo magnifico impianto decorativo (Seeher 2011). Si tratta di un monumento che differisce completamente nella sua concezione dai templi fino ad allora edificati a Hattusa e nelle altre città dell’Anatolia, anche se santuari a cielo aperto erano frequenti sul territorio (Ökse 2011). Esso consta di una fabbrica architettonica che fungeva da vestibolo dell’area sacra vera e propria, composta da ambienti a cielo aperto delimitati da erte pareti rocciose naturali. Gli edifici che risalgono alla ristrutturazione di Tuthaliya III sorgono su precedenti strutture architettoniche. I rilievi scolpiti sulla roccia delle due camere principali, camere A e B, si datano a quest’ultimo sovrano; l’ipotesi che alcune di queste decorazioni possano già risalire ad un intervento di Hattusili II non è, al momento, supportata da dati oggettivi (Seeher 2011, 146). Nella camera A il pantheon venerato dalla famiglia reale ittita appare, come in un’epifania divina, a Tuthaliya III, rappresentato nella parete di fronte (v. l’immagine sulla copertina di questo volume); i nomi di ciascuna delle divinità raffigurate sono scritti in caratteri luvio-geroglifici. La camera A era un vero e proprio tempio a cielo aperto dove venivano officiate celebrazioni religiose. La camera B, invece, era il luogo riservato al culto di Tuthaliya una volta morto; le nicchie scavate nella roccia sulle pareti della camera ospitavano, forse, le urne con le ceneri del sovrano e dei suoi familiari, anche se questa interpretazione non trova ancora un consenso unanime (Seeher 2011, 106-107). Sono attribuiti a Tuthaliya III alcuni testi che fanno riferimento a interventi dell’autorità regia per il censimento, il mantenimento e il ripristino degli arredi di culto necessari alla celebrazione delle cerimonie religiose in san-

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tuari dislocati in varie parti del paese. Poiché la gran parte dei testi di questa tipologia, i cosiddetti “Inventari di culto”, sono datati o databili a Tuthaliya III, era stata avanzata l’ipotesi che questo sovrano avesse promosso una riorganizzazione su vasta scala dei culti per le divinità. Un recente riesame di questa documentazione ha, però, mostrato che vi sono “Inventari di culto” anche per epoche più antiche e possiamo ipotizzare che anche altri sovrani della dinastia ittita avessero promosso tali operazioni di censimento degli arredi e delle cerimonie di culto (Cammarosano 2012). Il carattere contingente di questi documenti ha fatto sì che i testi più antichi non venissero conservati e che ci siano pervenuti solo quelli della fase finale della vita del regno ittita.

3.11 Arnuwanda III e Suppiluliuma II 3.11.1. Le fonti cuneiformi e luvio geroglifiche. Alla morte di Tuthaliya III sale al trono il figlio Arnuwanda III che, però, muore poco dopo e diviene re suo fratello Suppiluliuma. Il re Suppiluliuma II ci ha lasciato una documentazione che è scritta su supporti diversi: iscrizioni su pietra, in luvio geroglifico, e tavolette cuneiformi di argilla in ittita. Tra i documenti in cuneiforme menzioniamo qui il testo storiografico KBo 12 38 (Güterbock 1967) relativo ad una campagna militare nell’isola di Cipro, il trattato concluso con il re di Karkemish Talmi-Teshob e anche il trattato stipulato con Alashiya/Cipro, attribuibile a Suppiluliuma II (Devecchi 2015a, rispettivamente, 238-241; 271-273), il giuramento imposto agli “uomini di Hatti” volto soprattutto al mantenimento dei culti per gli antenati (Miller 2013a, 308-312). Come diremo anche più avanti i testi di Suppiluliuma II sono pochi e ciò è forse dovuto al fatto che questo sovrano sembra aver abbandonato la capitale e aver portato la corte in un altro sito (v. § 4.1.). I documenti in luvio geroglifico comprendono l’iscrizione di Suppiluliuma II a Hattusa, nella Città Alta sullo sperone roccioso di Ni anta /Ni antepe e, seguendo la datazione generalmente condivisa, anche l’iscrizione sui blocchi di un ambiente (la “Camera 2”) ricavato nelle sostruzioni di un bacino idrico artificiale edificato nell’area del Südburg. Non ci sono noti, invece, né monumenti rupestri di Suppiluliuma II, quali quello di Muwatalli II a Sirkeli o quello di Hattusili II a Fıraktin, né iscrizioni, come quella di Tuthaliya III a Yalburt, posti al di fuori della capitale. I predecessori di Suppiluliuma II intendevano con tali monumenti, collocati in varie regioni del paese, rimarcare il loro controllo sull’intero territorio del regno di Hatti; Suppiluliuma II, invece, sembra aver rinunciato a ciò, limitando l’apparato celebrativo della figura del sovrano ad opere visibili nella capitale, forse nel tentativo di raffor103

zare il ruolo che Hattusa andava perdendo come sede del potere regio (Aro 2013, 243).

3.11.2. Hatti e Alashiya. L’iscrizione luvio-geroglifica di Ni anta descrive una campagna militare condotta da Suppiluliuma II contro Alashiya, cioè l’isola di Cipro o parte di essa; anche il testo cuneiforme KBo 12 38 è relativo a spedizioni navali ittite combattute lungo la costa di Alashiya. Quest’ultimo testo tratta di due campagne militari diverse, una avvenuta al tempo di Tuthaliya III ed una successiva di Suppiluliuma II. La narrazione riferita alla seconda campagna parla di ben tre diverse battaglie navali tra la flotta di Hatti e le imbarcazioni di Alashiya. L’iscrizione luvio-geroglifica di Ni anta fa anch’essa riferimento ad una battaglia navale, ma è difficile dire se si tratti di parte della narrazione della tavoletta KBo 12 38, adattata, però, ad un diverso supporto scrittorio ed un diverso mezzo espressivo (Bolatti Guzzo – Marazzi 2004). Come abbiamo già detto (v. § 3.2.2.), il re ittita Arnuwanda I rivendicava la supremazia ittita su Alashiya nel testo relativo ai misfatti di Madduwatta. Nessuna delle tavolette ittite di età successiva, però, ci dà notizie di un controllo politico di Hatti sull’isola di Cipro; essa è talvolta menzionata, ma solo come luogo dove i sovrani ittiti hanno mandato in esilio personaggi banditi dalla corte, cosa che fa supporre buoni rapporti tra Hatti e Alashiya. Piuttosto che ipotizzare un dominio ittita su Cipro, sembra più verosimile ritenere che i sovrani ittiti avessero stabilito accordi con uno o più centri dell’isola per acquisire il rame che nel Tardo Bronzo veniva venduto da Cipro a tutti gli stati del Vicino Oriente antico e all’Egitto. Le tavolette di Tell el-Amarna, il testo ittita KBo 12 38, alcune lettere di Ugarit documentano che Alashiya era retta da un sovrano; resta, tuttavia, un problema aperto se l’intera isola costituisse un’unità politica, oppure se essa fosse frazionata in una serie di potentati che avevano trovato modalità di interazione politica ed economica, tra di loro e con i regni asiatici, per poter sfruttare al meglio le risorse minerarie dell’isola (de Martino 2008). Alla fine del XIII secolo e nei primi decenni del secolo successivo tutto il Mediterraneo orientale entra in una fase di grave crisi nella quale si inseriscono anche movimenti di popolazione; le fonti egiziane menzionano due scontri militari che, prima, il faraone Merenptah e, poi, Ramses III avevano sostenuto contro una congerie di popoli definiti complessivamente dall’espressione “popoli del mare” applicata a genti quali i Lukka, gli E-

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quesh, i Teresh, gli Shekelesh, i Weshesh, i Peleset e i Tjekker (Adams – Cohen 2013). La presenza di imbarcazioni che raggiungevano le coste di Cipro e della Siria con a bordo gruppi di queste stesse popolazioni è documentata anche nelle fonti di Ugarit: si tratta di piccoli quantitativi di persone per ogni sbarco, ma con flussi continui (v. § 4.2.). Questi profughi presumibilmente giungevano dall’area dell’Egeo insulare e dall’Anatolia occidentale. La crisi dei palazzi micenei aveva determinato un declino nelle attività commerciali che, quando si svolgevano in maniera continuativa, avevano ricadute economiche, anche se a livello diverso, su gran parte degli abitanti di queste regioni. Possiamo ipotizzare che alcuni degli abitanti di questi territori, privati dei mezzi di sussistenza, siano partiti alla ricerca di migliori condizioni di vita. I cosiddetti popoli del mare, dunque, sono le vittime della difficile realtà nella quale molti dei paesi del Tardo Bronzo si trovavano e al tempo stesso sono i responsabili di nuove situazioni che andavano ad accrescere la crisi di questi stati. L’isola di Cipro ha visto l’arrivo e la presenza di genti di provenienza egea; le indagini archeologiche condotte in molti siti dell’isola documentano l’abbandono di alcuni centri, soprattutto di quelli di minore estensione e importanza. Ciò è l’indizio di una diversa organizzazione del territorio alla quale i “nuovi venuti” hanno sicuramente dato un contributo (Iacovou 2013). Possiamo avanzare l’ipotesi che, a seguito di questi cambiamenti, non venissero più rispettate le modalità di vendita e acquisto del rame da parte di Cipro verso le potenze asiatiche, tra cui anche Hatti, che si erano consolidate nel Tardo Bronzo sotto la forma di transazioni gestite dai sovrani secondo rigidi protocolli diplomatici. Le nuove comunità insediatesi ad Alashiya potrebbero aver introdotto meccanismi di scambio libero, andando a interrompere le prassi precedentemente in uso (Sherratt 1998; 2013). Accogliendo questo scenario, Suppiluliuma II potrebbe essere intervenuto militarmente per cercare di stabilire il controllo ittita, anche solo a livello commerciale, su alcune di queste comunità cipriote con lo scopo di assicurarsi l’acquisizione del rame. Il testo KBo 12 38, che come abbiamo detto è un accordo concluso da un re ittita con Alashiya potrebbe essere uno degli atti che andavano a sancire un nuovo equilibrio raggiunto grazie agli interventi militari ittiti, anche se l’attribuzione di questo documento resta incerta tra Tuthaliya III e Suppuliuma II (Devecchi 2015a, 271). Due lettere in accadico rinvenute a Ugarit forniscono ulteriori informazioni sulla presenza di genti di origine egea nelle regioni costiere dell’Anatolia all’inizio del XII secolo a.C. Si tratta di due “lettere gemelle” (RS 94.2530 e RS 94.2523), scritte, la prima, da Suppiluliuma II e, la seconda, da un dignitario ittita di nome Pendib-Sharri e indirizzate al re di Ugarit 105

Ammurapi (Lackenbacher – Malbran Labat 2005; 2016, 24-31). In queste due lettere sono menzionati uomini di Hiyawa che si trovano nel paese di Lukka. L’espressione Hiyawa65 è considerata come equivalente a Ahhiyawa dei testi ittiti e, dunque, riferita a genti egee (Singer 2006c, 251)66. Il passo in questione dice che esse si trovano in Anatolia sud-occidentale, nella regione di Lukka, e hanno necessità di ricevere materiali indicati con il logogramma PAD. Questo termine è stato inteso in modi diversi: potrebbe trattarsi di lingotti, verosimilmente di rame, che mercanti egei sarebbero stati incaricati dagli Ittiti di trasportare (Singer 2006c); altrimenti è stato ipotizzato che tali lingotti fossero destinati a pagare prestazioni rese da mercenari di origine egea al servizio di Hatti (T. Bryce 2010a). Diversamente S. Lackenbacher e F. Malbran Labat (in ultimo, 2016, 28) ritengono che PAD indichi razioni alimentari da portare ai Hiyawa.

3.11.3. L’iscrizione della “Camera 2”. Come abbiamo detto, un’iscrizione luvio-geroglifica è stata incisa sui blocchi di pietra di uno dei due ambienti (la “Camera 2”) ricavati negli angoli delle sostruzioni di un grande bacino idrico costruito a Hattusa nella Città Alta nell’area del Südburg. Tre pareti della “Camera 2” sono ricoperte da segni geroglifici: sulla parete di fondo, visibile dall’ingresso della camera, vi è un rilievo raffigurante la dea Sole; sulla parete sinistra un altro rilievo rappresenta un personaggio maschile stante armato di lancia e arco che la legenda luvio-geroglifica indica come “Suppiluliuma, Gran Re” (Hawkins 1995, 19). Un passo dell’iscrizione (§18) testimonia che la “Camera 2” è un santuario di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello ctonio; esso viene definito tramite il logogramma dKASKAL.KUR, letteralmente “via sacra (per la) terra” (Hawkins 1995, 44-45). Il re Suppiluliuma, raffigurato all’ingresso di questa camera, potrebbe essere inteso come il guardiano che sorveglia e protegge l’accesso al mondo infero; l’intero complesso potrebbe, dunque, essere visto come un monumento funerario (Archi 2008a). La narrazione dell’iscrizione luvio geroglifica celebra imprese militari compiute dal sovrano ittita in Anatolia sud-occidentale e attività di edifica-

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Si tratta della prima e per ora unica menzione del termine (Ah)hiyawa in testi in acca-

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Per una diversa interpretazione di questa espressione v. Gander 2012.

dico.

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zione in alcuni centri dell’Anatolia meridionale; è menzionata anche una campagna militare nella regione di Tarhuntassa,67 indizio questo, forse, di una situazione di forte instabilità in questa regione. Come abbiamo detto, si ritiene in genere che questa iscrizione sia da attribuire a Suppiluliuma II (Hawkins 1995). Recentemente è stata avanzata un’ipotesi diversa e, cioè, di datare a Suppiluliuma I l’iscrizione della “Camera 2” (Oreshko 2013b; Klinger 2015); tale ipotesi si basa sull’analisi paleografica del testo geroglifico che presenta segni di aspetto arcaico, diversi da quelli dell’iscrizione di Ni anta . I sostenitori di questa ipotesi devono, però, supporre che il sistema grafico luvio geroglifico fosse già pienamente sviluppato al tempo di Suppiluliuma I e non ancora solo limitato alle legende dei sigilli. Inoltre, si ritiene, in genere, che Tarhuntassa sia una nuova fondazione voluta da Muwatalli II; diversamente, dovremmo ammettere che il toponimo Tarhuntassa fosse già noto nei testi di Suppiluliuma I (Klinger 2015, 103). Un secondo problema è costituito dall’identità del personaggio raffigurato nella “Camera 2” e indicato nella legenda luvio geroglifica come Suppiluliuma; infatti potrebbe trattarsi di Suppiluliuma II (van den Hout 1995, 558-559), oppure di Suppiluliuma I (Bonatz 2007, 121); quest’ultima ipotesi non richiede necessariamente che anche l’intera iscrizione sia da attribuire a Suppiluliuma I, perché Suppiluliuma II potrebbe aver fatto rappresentare qui l’immagine del suo avo omonimo.

3.11.4. Affermazioni autonomistiche all’interno del regno di Hatti. Durante il regno di Suppiluliuma II si manifestano ulteriori segni di disgregazione dello stato. La tavoletta KBo 18 18 (Hagenbuchner 1989, 316-318) conserva il testo di una lettera inviata da un sovrano di cui non viene dato il nome, ma che possiamo identificare con Suppiluliuma II, ad un re dell’Anatolia occidentale di nome Parhuitta;68 seguendo l’ipotesi avanzata da D. Hawkins (1998, 20-21), quest’ultimo potrebbe essere sovrano del paese di Mira. L’aspetto interessante di questa lettera è costituito dal fatto che il destinatario viene appellato con il titolo di “Gran Re”. Evidentemente, i re di Hatti, nella fase finale della storia del regno ittita, avevano dovuto accettare

67 68

Un’interpretazione diversa del testo è data da C. Melchert 2002. Il nome di questo personaggio era anche stato letto come Mashuitta (Hawkins 1998,

20).

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le tendenze autonomistiche dei paesi a loro subordinati. Abbiamo già detto che Kuruntiya re di Tarhuntassa si era attribuito il titolo di Gran Re e si era fatto raffigurare nel rilievo di Hatip secondo l’iconografia specifica dei sovrani ittiti. La stessa iconografia era stata adottata anche da Targasnawa, re di Mira, nel rilievo rupestre di Karabel che si è già menzionato (§ 3.10.2).

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4. La fine di Hatti e il passaggio della regalità a Karkemish

4.1. L’abbandono di Hattusa. Probabilmente nel corso del secondo decennio del XII secolo a.C. Suppiluliuma II e la corte lasciano Hattusa. J. Seeher (2001a; 2010) ha messo in luce come la capitale ittita non sia stata attaccata e distrutta da alcun nemico, diversamente da quanto si riteneva fino ad alcuni anni fa. Non sono visibili tracce di incendi che abbiano distrutto l’intera città o gran parte di essa; solo alcuni edifici, quelli più significativi quali i templi e i palazzi, sono stati incendiati, però, forse, quando ormai Hattusa era stata del tutto abbandonata (Genz 2013). Tali edifici erano già stati sistematicamente svuotati dei beni che vi erano stati conservati; possiamo immaginare che i beni più preziosi siano stati portati via al momento della partenza della corte, mentre quello che restava potrebbe essere stato preso da coloro che erano rimasti in città. Anche gli archivi di tavolette della capitale ittita potrebbero essere stati passati al vaglio dai funzionari di Hatti, al momento dell’abbandono della capitale, allo scopo di selezionare quali documenti dovevano essere portati via e quali erano da abbandonare. Ciò potrebbe spiegare il fatto che ci sono pervenuti solo pochi testi di Suppiluliuma II; la gran parte dell’archivio relativo a questo sovrano, infatti, potrebbe essere stata trasferita altrove (Klinger 2015). Gli scarichi di tavolette, rinvenuti a Büyükkaya (nell’area nordorientale di Hattusa) e nella Città Alta in livelli della prima Età del Ferro, sono un indizio dell’attività che ha portato a scartare un certo numero di documenti; questi potrebbero essere stati gettati in tali discariche già al momento dell’abbandono di Hattusa, oppure dopo che la corte se ne era andata (Seeher 2001b). La partenza da Hattusa di tutti coloro che svolgevano funzioni amministrative determina anche l’improvviso abbandono della scrittura: la tradizio109

ne letteraria scribale, sia cuneiforme che geroglifica, si perde completamente in Anatolia centro-settentrionale, diversamente da quanto accade in Anatolia meridionale. Hattusa era una città con un’esclusiva vocazione politica e amministrativa; essa ospitava gli edifici residenziali della famiglia reale e dei membri più elevati della corte, i templi, gli archivi. Solo una cerchia strettissima di alti dignitari risiedeva in città; la popolazione, che interagiva in vario modo con la vita della capitale, viveva in villaggi al di fuori delle mura urbiche. Quando la corte abbandonò Hattusa, solo poche persone continuarono a vivervi e la città subì una fase di profondo impoverimento. Non essendovi più una guarnigione a difesa delle mura, molte delle porte urbiche furono chiuse e alcuni degli edifici della Città Alta furono usati come cave di materiali da costruzione. Anche l’esame dei materiali ceramici rinvenuti mostra che la città attraversava una fase di grave crisi economica; infatti, cessò completamente la produzione massificata di ceramica, quale quella che usciva dai laboratori artigianali del regno di Hatti ed era prodotta in grandi quantitativi. La gran parte della ceramica ormai non era più fatta al tornio, ma a mano e solo in poche semplici forme (Genz 2004). Non sappiamo dove il sovrano, la famiglia reale e la corte si siano trasferiti; al momento non abbiamo nessun documento, né di carattere testuale, né archeologico che possa darci una qualche indicazione in proposito. Possiamo, in maniera puramente speculativa, ipotizzare che Suppiluliuma II possa aver scelto un sito dell’Anatolia sud-orientale oppure uno dell’area della Cappadocia centrale; in questo secondo caso si tratterebbe di in un ritorno ai luoghi di origine della dinastia regia, cioè quelli dove si trovava l’antica città di Kussara. È possibile che Suppiluliuma II sia riuscito a governare il paese dalla sua nuova residenza ancora per un certo, se pure breve, tempo; l’ultima menzione di Hatti, come un regno ancora esistente, viene da un testo di Emar che è databile alla fine del secondo decennio del XII secolo a.C. (Freu 2009, 197).

4.2. Movimenti di popoli e crisi degli stati del Tardo Bronzo. Gli eventi che si sono verificati all’inizio del XII a.C. in Anatolia meridionale e nella regione costiera della Siria sono ricostruibili sulla base della documentazione proveniente dal sito siriano di Ugarit. Alcuni di questi testi, soprattutto le lettere scambiate tra Ugarit e Alashiya, descrivono con toni drammatici l’incessante arrivo di imbarcazioni di genti appartenenti al grup110

po dei “popoli del mare”, di cui abbiamo già detto e che sono menzionati nelle fonti egiziane (v. § 3.11.2.). Non si tratta di un attacco militare sferrato in maniera massiccia da truppe nemiche, ma di un continuo approdo di imbarcazioni, ciascuna con un numero esiguo di passeggeri, che però compivano spesso atti di vandalismo e di razzia nei villaggi dove arrivavano (Singer 1999, 719-722). L’inarrestabile flusso migratorio di gente in cerca di luoghi dove poter vivere ha fortemente destabilizzato l’area costiera dell’Anatolia e della Siria, facendo entrare in crisi un sistema politico ed economico, già gravemente sofferente. Gli stati vicino orientali del Tardo Bronzo, infatti, già da tempo presentavano i sintomi di una crisi incipiente a livello istituzionale, economico, sociale e culturale; diverse sono le motivazioni che hanno determinato tale crisi: tra le cause di tutto ciò possiamo citare le continue guerre e le deportazioni massicce di popolazione, gli investimenti di ingenti risorse economiche in attività quali quelle legate all’edificazione di nuovi centri urbani, fabbriche palatine e templari e all’acquisizione di beni di lusso, i costi elevati connessi al mantenimento di un apparato amministrativo numericamente molto cospicuo, i privilegi fiscali concessi ai membri più abbienti del paese allo scopo di ottenere consenso e sostegno e al tempo stesso il progressivo impoverimento delle fasce sociali più deboli, sulle quali gravava la parte più cospicua delle imposizioni fiscali. Il fenomeno del fuoriuscitismo, cioè della fuga di individui e gruppi di popolazione verso aree quali quelle montane o steppose, dove non si esercitava il controllo dello stato, era una conseguenza di tutto ciò ed era diventato un problema pesante per Hatti. Ciò appare chiaramente nelle clausole dei trattati internazionali che prevedono il rimpatrio forzato dei fuoriusciti rifugiatisi nei paesi dei re subordinati a Hatti. Inoltre il colpo di stato compiuto da Hattusili II, l’ultimo atto di una serie di complotti e uccisioni all’interno della corte, aveva irreparabilmente incrinato la solidità della struttura politica creata da Suppiluliuma I e Mursili II, basata sull’assoluta fedeltà dei regni subordinati al sovrano di Hatti e alla sua discendenza. Infine, dal momento che Hatti, come anche gli altri stati del Vicino Oriente del Tardo Bronzo, era fortemente centralizzato e le periferie dipendevano strettamente dalla capitale non solo a livello politico, ma anche economico, il crollo dell’amministrazione centrale di Hattusa ha determinato inevitabilmente un subitaneo collasso dell’intero paese.

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4.3. Le ricadute sul territorio anatolico. Nei primi due decenni del XII secolo a.C. alcune città dell’Anatolia centrosettentrionale sembrano aver subito attacchi e distruzioni, come ad esempio Sarissa (= Ku aklı). Altri centri, invece, mostrano evidenze di continuità di insediamento tra Tardo Bronzo ed Età del Ferro, come ad esempio a Gordion. Hattusa e la regione circostante sembrano essere state occupate da nuovi gruppi di popolazione; possiamo ipotizzare che anche tribù di Kaskei si siano spinti dalle loro sedi più settentrionali verso Hattusa (Seeher 2010). Il collasso del regno ittita interrompe le connessioni e i rapporti tra le singole aree dell’Anatolia; la diversificazione nelle forme e negli impasti delle produzioni ceramiche anatoliche delle prime fasi dell’Età del Ferro ne è un indizio (Genz 2003; Genz 2013). Più drammatica pare essere stata la situazione delle città dell’Anatolia sud-orientale, che era esposta ai raid dei “popoli del mare”, come sembra essere accaduto, ad esempio, a Kilise-Tepe, Tarso e Mersin (Genz 2003; de Martino 2009). Non abbiamo notizie certe su Tarhuntassa; un possibile successore di Kuruntiya potrebbe essere riconosciuto in Hartapu, il cui nome compare nelle iscrizioni luvio-geroglifiche di Kızıldağ, Karadağ e Burunkaya (site nella regione vicina alla moderna città di Konya); egli si attribuisce il titolo di “Gran Re” e in alcune di queste afferma di essere figlio del Gran Re Mursili (Hawkins 1995, 103-107; 2000, 425-442). Anche se Hartapu non dichiara in nessuna di queste iscrizioni di essere re di Tarhuntassa, in considerazione del fatto che esse si trovano nell’area che era stata parte dei domini di questo paese e poiché Kuruntiya era fratello di Mursili III, sembra verosimile ipotizzare che egli sia figlio di tale sovrano, nipote di Kuruntiya e suo successore (D’Alfonso 2014). Resta ancora difficile stabilire se vi sia una relazione e, eventualmente, quale essa sia stata, dal punto di vista sia cronologico, sia politico, tra l’intervento militare di Suppiluliuma II nel paese di Tarhuntassa (documentato dall’scrizione della “Camera 2”, v. § 3.11.3.) e l’auto-proclamazione di Hartapu come “Gran Re”. L’ipotesi di datare Hartapu nella fase finale di vita del regno di Hatti è stata recentemente ribadita d. K. Matsamura (2008) che vede in Hartapu l’ultimo sovrano della regione, durante il cui regno ancora continuerebbero le tradizioni ceramiche dell’età precedente. Non sappiamo quale rapporto vi sia tra la tradizione di Tarhuntassa e quella del regno neo-ittita di Tabal del primo millennio a.C.; si può presumere, però, che esso e le altre realtà politiche locali possano essere l’esito di 112

quei potentati sorti per iniziativa di dignitari e funzionari ittiti che, in assenza del un potere centrale, avevano preso il controllo di aree limitate. Tabal sembra essere la regione anatolica dove più si conserva la tradizione ittita, anche se vi è un black out della documentazione scritta per questa regione tra la fine del regno di Hatti e le fonti dirette e indirette sui re di Tabal dei secoli IX e VIII a.C. (Mora 2010). Le recenti indagini archeologiche condotte nella regione di Tyana hanno evidenziato significativi elementi di continuità nella produzione ceramica di questa area tra il Tardo Bronzo e l’Età del Ferro (D’Alfonso – Gorrini – Mora 2014).

4.4. Karkemish e l’eredità di Hatti. La Siria costiera sembra essere stata investita da un’onda d’urto di vaste proporzioni. La città di Ugarit viene attaccata e data alle fiamme; il rinvenimento di molte punte di freccia in diverse aree della città è un indizio di combattimenti che si sono svolti all’interno di essa. Materiali di pregio, come figurine in oro e bronzo, e armi furono stoccati e nascosti probabilmente da coloro che avevano sentore dell’imminente attacco e volevano proteggere i loro beni (Singer 1999, 725-731; Freu 2006, 217-248). Anche la capitale del regno di Amurru, l’antica città di Sumur (= Tell Kazel), subisce un violento attacco che viene datato tra la fine del XIII secolo a.C. e l’inizio del XII (Jung 2007). Di poco successiva è la caduta della città di Emar che è datata o nella seconda (Strobel 2011, 202) o nella terza decade (D’Alfonso – Cohen 2008, 15) del XII secolo a.C. Diverso è il caso del regno di Karkemish; non vi sono evidenze archeologiche di una distruzione, anche solo parziale della città (Weeden 2013, 6). Inoltre, la bulla sigillata rinvenuta a Lidar Höyük (sito posto lungo il corso dell’Eufrate a nord di Karkemish) offre una testimonianza estremamente significativa della continuità del regno di Karkemish anche dopo l’ultimo sovrano Talmi-Teshob documentato nelle fonti ittite. Infatti il sigillo impresso su questa bulla porta il nome di Kuzi-Teshob figlio e successore di TalmiTeshob quale re di Karkemish (Hawkins 1988). Questo stesso Kuzi-Teshob è menzionato nell’iscrizione luvio geroglifica di İspekçür (ora al Museo di Sivas); qui egli è indicato come nonno di Runtiya re di Melid/Malatya. Questa stessa parentela è documentata da altre due iscrizioni che vengono sempre dalla stessa area di Malatya, le iscrizioni di Gürün e Kölütale. Kuzi-Teshob, nell’iscrizione di Gürün, porta il titolo di “Gran Re” (Hawkins 1988; Hakins 2000, 282-304). Successivamente al collasso del regno ittita, Karkemish non solo continuò a vivere come stato autonomo, ma riuscì

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ad espandere i territori sotto suo controllo fino a Malatya; fu installata sul trono di questo centro una dinastia cadetta che discendeva dallo stesso KuziTeshob. Quest’ultimo, in virtù dell’estensione dei territori da lui controllati e del fatto che ormai non vi era più un sovrano della dinastia di Suppiluliuma II, assunse il titolo di Grande Re, presentandosi come il continuatore ideale della regalità di Hatti. Le indagini archeologiche dirette da Marcella Frangipane (Università di Roma “Sapienza”) nel sito di Arslantepe/Malatya hanno mostrato che la città fu incendiata all’inizio del XII secolo a.C.; tuttavia, questa fase di crisi fu superata velocemente e il periodo successivo è caratterizzato da un’intensa edificazione soprattutto per quanto riguarda la cinta muraria, le porte e la decorazione di queste ultime. In questo periodo si colloca il regno di Runtiya, che abbiamo menzionato prima, e quello dei suoi successori (Frangipane – Liverani 2013). Come F. Manuelli (2016) ha messo in luce, la cultura materiale di Malatya all’inzio dell’ Età del Ferro mostra elementi di intenzionale richiamo alla tradizione culturale ittita, quasi nella volontà di affermare una “memoria del passato”. Un documento interessante e molto discusso può collocarsi nel contesto degli eventi dei primi decenni del XII secolo a.C.; si tratta di un’iscrizione luvio-geroglifica incisa su una coppa d’argento, ora conservata al Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara. L’iscrizione ci informa che la coppa fu dedicata al re Maza-Karhuha da un personaggio di nome Asmaya, che si definisce “uomo del paese di Hattusa”, quando Tuthaliya, Labarna, vinse il paese di Tarwiza (Hawkins 2005). Questa coppa e l’iscrizione sono stati oggetti di molti studi e vengono datati ad epoche diverse, o nel pieno dell’età ittita (al tempo del re Tuthaliya I), oppure, come sembra molto più probabile, nel XII secolo. Zs. Simon ha proposto di riconoscere in Tuthaliya un re ittita successore di Suppiluliuma II, mentre Maza-Karhuha potrebbe essere un sovrano di Karkemish.69 Appare, però, più verosimile ritenere che Tuthaliya sia il re di uno stato siriano, forse dello stesso regno di Karkemish. Come C. Mora (2007b, 519) ha rilevato, il paese di Tarwiza potrebbe essere messo in relazione con la gente di Tarwa, menzionata come nemici di Emar nelle tavolette dell’ultima fase di vita di questa città. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che Karkemish (se identifichiamo Tuthaliya come un re di questo paese) e un centro ad esso subordinato o alleato, quello retto da Maza-Karhuha, possano aver giocato un qual-

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Simon 2009; v. anche Gander 2015.

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che ruolo negli scontri militari che portarono alla caduta di Emar (Weeden 2013, 7-8). Un’iscrizione rinvenuta a Karahöyük/Elbistan, che potrebbe essere datata al XII secolo a.C. ed essere stata commissionata da un re di Malatya (Hawkins 2000, 288-295), menziona il Gran Re Iri-Teshob, che è, presumibilmente, un sovrano di Karkemish (Weeden 2013, 8). Karkemish entrò in una fase di profonda crisi politica durante l’XI secolo a.C.; questo regno sembra, infatti, aver perso il controllo di gran parte del suo territorio e manca una documentazione sui sovrani e gli eventi di tale periodo. L’indebolimento di Karkemish nel corso dell’XI secolo a.C. può essere messo in relazione con l’emergere di una nuova realtà politica nella regione di Aleppo con capitale nel sito di Tell Taynat. Si tratta del regno di Palasatina che, a partire dal sovrano Taita I, diviene un paese di una certa rilevanza e con una successione di sovrani che arrivano sino alla fine del IX secolo a.C. (Weeden 2013). L’adozione del nome Suppiluliuma da parte di due re di questo paese è un ulteriore indizio della sopravvivenza della tradizione ittita e luvia anche molto tempo dopo la scomparsa del regno di Hatti. Le fonti relative a Karkemish riprendono all’inizio del X secolo a.C. con il re Suhi I. Questi non porta un titolo regio, ma si appella “Signore del Paese”; egli dichiara di essere un membro della stirpe di Ura-Tarhunza; questi è l’ultimo sovrano di Karkemish cui viene attribuito il titolo di “Gran Re”70 e anche l’ultimo, se pure indiretto, erede della tradizione politica del regno di Hatti. Karkemish continua a vivere, però ormai soltanto come una città stato e coinvolta nelle vicende che avevano per protagonisti l’impero neo-assiro, il regno di Urartu e gli altri potentati luvio aramaici e neo-ittiti, fino a quando viene soggiogata dagli Assiri alla fine dell’ottavo secolo a.C. (Hawkins 2000; Bryce 2012).

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V. Peker 2016 per la stele luvio-geroglifica commemorativa delle imprese di UraTarhunza.

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5. I sovrani di Hatti Antico Regno

Nuovo Regno

Huzziya I

Tuthaliya I

Labarna

(XIV secolo a.C.)

Hattusili I

Arnuwanda I

(XVI secolo a.C.)

Tuthaliya II

Mursili I

Suppiluliuma I

Hantili I

Arnuwanda II

Zidanta I

Mursili II

Ammuna

(XIII secolo a.C.)

Huzziya II

Muwatalli II

(XV secolo a.C.)

Mursili III

Telipinu

Hattusili II

Alluwamna

Tuthaliya III

Hantili II

Arnuwanda III

Tahurwaili

(XII secolo a.C.)

Zidanta II

Suppiluliuma II

Huzziya III Muwatalli II

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6. I sovrani delle principali dinastie subordinate a Hatti Siria Mittani Shattiwaza Shattuara I Wasashatta Shattuara II

Karkemish Piyassili/Sharri-Kushuh Shahurunuwa Ini-Teshob Tami-Teshob Kuzi-Teshob (Karkemish diviene un regno autonomo) …… Tuthaliya (?) Iri-Teshob (?) 117

Amurru Aziru Ari-Teshob Duppi-Teshob Benteshina Shapili Benteshina Shaushga-muwa

Ugarit Niqmadu II Ar-Halba Niqmepa Ammistamru II Ibiranu Niqmadu III Ammurapi

118

Anatolia occidentale Wilusa Kukkunni Alaksandu Walmu

Paese del fiume Seha Manapa-Tarhunta Masduri Tarhunaradu (v. KUB 23 13 +) Re di cui non conosciamo il nome (v. KUB 23 13 +)

Mira Mashuiluwa Kupanta-Kurunta Alantalli Targasnawa Parhuitta 119

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8. Tavole 8.1. L’Anatolia in età ittita

138

8.2. Hattusa

(rielaborazione da: D. Schwemer, Keilschrifttexte aus Boghazköi 70, Berlin 2015)

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8.3. La Turchia

140

9. Indici

Hantili II 30, 35 Haremhab 66, 77 Harpatiwa 13 Hartapu 112 Hattusaziti 63 Hattusili I 14, 19-30, 32, 39, 42 Hattusili II 19, 52, 57, 70, 72, 76, 77, 79-91, 93-97, 99, 101103, 111 Hattusili † 38, 40 Henti 53, 71 Hesni 101 Himuili 36 Huhazalma 47, 51 Hukkana 55, 58, 59 Hurmeli 13 Huzziya (re di Zalpa) 15 Huzziya (principe) 26 Huzziya I 19-21, 26, 27 Huzziya II 33 Huzziya III 36 Idadda 56, 59 Idrimi 35 Inar 14 Indi-Limma 44 Ini-Teshob 70, 102 Iri-Teshob 115 Ishputahshu 33, 43, 44 Ishtar-evri 15 Itti-Marduk-balatu 86 Itur-Addu 64 Kadashman-Enlil I 91, 92 Kadashman-Enlil II 86 Kadashman-Turgu 86, 87

Nomi di persona Abi-Milki 56 Adad-nirari I 85 Alaksandu 73 Alluwamna 35 Amenhotep III 51, 91, 92 Amenhotep IV 56, 62, 63, 66, 75 Amminnaya 71 Ammi-saduqa 28 Ammistamru 101 Ammuna 31-33 Ammurapi 106 Anitta 13-15, 19, 20, 22 Anum-Hirbi 14, 15, Ari-Sharruma 86 Arma-Tarhunta 80, 81 Armaya (v. anche Haremhab) 66 Arnuwanda I 38, 39, 45-52, 82, 83, 90, 104 Arnuwanda II 61, 62, 64, 68 Arnuwanda III 103 Artatama 59, 63 Ashmu-Nikkal 45, 48 Ashshur-uballit 59 Asmaya 114 Attarassiya 46, 47 Ay 63 Aziru 55, 60-62, 64, 65 Benteshina 77, 79, 81, 82, 98, 101 Eheya 35 Gassuliyawiya 19, 70, 71 Halba-sulubi 70 Hantili I 27, 28, 30-32, 34 141

Nerikkaili 95 Nibhuririya (v. anche Pibhuririya) 62 Nikkal-madi 40, 45, 50 Niqmadu II 60, 64 Niqmepa (re di Alalah) 39 Niqmepa (re di Ugarit) 65 Nofretari 92, 93 Paddatishshu 36 Parattarna 35 Parhuitta 107 Pawahtelmah 21, 27 Pendib-Sharri 105 Pibhuririya (v. anche Nibhuririya) 62 Pilliya 35 Pithana 14, 22 Piyamaradu 73, 88 Piyassili (v. anche Sharri-Kushuh) 64 Pudu-Heba 80, 81, 83, 84, 88, 90, 92-95 Ramses II 75, 77-79, 83-85, 87, 8993, 96 Ramses III 104 Rib-Adda 56, 60 Runtiya 113, 114 Sadandu-Heba 50, 53 Salmanassar III 85, 86 Samsu-ditana 28 Sargon 26 Saushtatar 35, 39 Semenchkare 62, 63, 66 Sethi I 77 Shahurunuwa 70 Shapili 79, 82 Sharri-Kushuh (v. anche Piyassili) 55, 64, 68, 70 Sharri-Teshob (v. anche Muwatalli II) 71, 72 Shattiwaza 55, 57, 59, 63, 64, 85 Shattuara I 85

Kaniu 25 Kantuzili (funzionario e padre di Tuthaliya I) 36, 39 Kantuzili (principe e sacerdote a Kizzuwatna) 49, 50, 54 Keli-Teshob (v. anche Shattiwaza) 63 Kelush-Heba 86 Kupanta-Kuruntiya 46, 47 Kuruntiya (v. anche Ulmi-Teshob) 72, 81, 87, 88, 95-98, 100, 101, 108, 112 Kuzi-Teshob 113, 114 Labarna I (re di Hatti) 19-25, 27, 30, 32 Labarna (nipote di Hattusili I) 26, 27 Maathorneferure 93 Madduwatta 46, 47, 104 Manapa-Tarhunta 68, 69, 73, 88, 100 Masduri 73, 84 Mashuiluwa 67, 69 Mashuitta † 107 Massanauzzi 70, 73 Maza-Karhuha 114 Megi 29 Merenptah 104 Mita 48 Mittannamuwa 76 Mursili I 19, 22, 26-30, 32, 39, 42, Mursili II 18, 19, 26, 42, 51, 55, 62, 64-72, 76, 77, 79, 80, 82, 88, 95, 100, 111 Mursili III (v. anche Urhi-Teshob) 50, 72, 79, 81-84, 86, 87, 89, 94, 95, 97, 112 Muwa 39, 40 Muwatalli I 36, 39 Muwatalli II (v. anche SharriTeshob) 42, 50, 70-83, 87, 88, 94-97, 101, 103, 107 142

Tutankhamun 62, 63, 66 Tuthaliya “il giovane” 53, 54, 65 Tuthaliya (re di Karkemish?) 114 Tuthaliya I 36, 38-47, 49, 82, 90, 114 Tuthaliya II (v. anche Tasmi-Sharri) 38-39, 45, 46, 50-55, 58, 72, 76, 81, 90, 100 Tuthaliya † 38, 40 Tuthaliya III 19, 50, 53, 72, 76, 8188, 91, 95-105 Uhha-ziti 67, 68 Uhna 13, 15 Ulmi-Teshob (v. anche Kuruntiya) 72, 87, 101 Ura-Tarhunza 115 Urhi-Teshob (v. anche Mursili III) 72, 81, 82, 84, 85, 87, 89, 90, 92 Walmu 100 Warshama 14 Wasashatta 85, 86 Zannanza 63 Zida 56, 61, 80 Zidanta I 30, 31 Zidanta II 35, 36 Zuzzu 15

Shattuara II 86 Shaushga-muwa 72, 81, 82, 84, 98, 101, 102 Shaushganu 92 Shunashshura 35, 39, 40 Shuttarna 63 Suhi I 115 Suppiluliuma I 19, 38, 51-72, 80, 85, 87, 90, 95, 107, 111 Suppiluliuma II 103-105, 107, 109, 110, 112, 114 Suppiluliuma (due re di Palasatina) 115 Tadu-Heba 50, 51, 53 Tahurwaili 35 Taita I 115 Talmi-Sharruma 26, 42, 65, 70 Talmi-Teshob 103, 113 Tanu-Heba 72, 81, 82 Targasnalli 69 Targasnawa 97, 99, 100, 108 Tarhunaradu (re del paese del fiume Seha) 100 Tarhundaradu (re di Arzawa) 51, 52, 100 Tashmi-Sharri (v. anche Tuthaliya II) 50, 72 Tawagalawa 88 Tawananna (moglie di Labarna, re di Hatti) 21, 23 Tawananna (figlia di Hattusili I?) 27 Telipinu (re di Hatti) 20, 22, 28, 30-35, 43, 45, 79 Telipinu (sacerdote e figlio di Suppiluliuma I) 61, 64, 65, 70 Tette 55, 64 Thutmosi III 39, 40, 42 Tukulti-Ninurta 98 Tunib-Teshob 25 Tuppi-Teshob 65 Tushratta 59, 63

Toponimi antichi Abido 77 Ahhiya/Ahhiyawa 46, 67, 68, 73, 85, 88, 89, 99-101, 106 Akhetaten 56 Alalah 22, 24, 29, 35, 39 Alashiya 47, 103-105, 110 Alse 59, 98 Amano 86 Amkuwa/Ankuwa 12, 15 Amqa 61, 62

143

Hiyawa (v. anche Ahhiyawa) 106 Igingalli 29 Ilios 41 Isuwa 42, 48, 59, 70, 86, 98 Kanesh/Nesa 11-16, 19, 20, 22 Karkemish 55, 61, 63, 64, 68, 70, 86, 87, 90, 96, 102, 103, 113-115 Kizzuwatna 17, 31-36, 39, 40, 43, 44, 49, 50, 54, 61, 64, 75, 80, 81, 87, 94 Kummani 33, 75 Kurustama 90 Kushshara/Kussara 12, 14, 20, 22, 26, 110 Kuwaliya 69 Lawazantiya 33 Lazpa 73 Licia 87, 99 Lukka 87, 88, 99, 104, 106 Marassanta 21 Melid 113 Micene 89 Milawanda 67, 73, 88, 99-101 Mileto 46, 67 Mira 69, 97, 99, 107, 108 Mittani 30, 32, 35, 39, 40, 42, 48, 54-61, 63, 64, 70, 85, 86 Mukish 55, 57, 59, 64 Murmurik 61 Mutamutassa 47 Nerik 48, 83, 84 Nesa v. Kanesh/Nesa Nihriya 98 Nuhhashshe 55, 57, 59, 64, 65, 69, 85 Oronte 78 Paese Alto 80 Paese Basso 80 Paflagonia 17 Pahhuwa 48 Pala 17

Amurru 55, 56, 60-62, 64, 65, 70, 72, 77, 79, 81, 82, 84, 98, 101, 102, 113 Ankuwa v. Amkuwa/Ankuwa Apasa 45, 67-69 Argolide 89 Arinna 48, 76 Arzawa 24, 41, 45-47, 51, 52, 56, 66-69, 73, 100 Ashtata 71 Assiria 59, 85, 89, 98, 101 Assur 11, 70 Assuwa 41, 47 Azzi 65 Babilonia 27, 28, 30, 32, 85, 86, 89, 91, 92, 101 Biblo 56, 60 Caico 41, 68 Caistro 69 Cappadocia 80, 110 Cilicia 31, 47, 51 Clazomene 46 Duhurmit/Durmitta 12 Ebla 28-30, 44 Efeso 45, 68 Emar 110, 113-115 Ermo 41, 68 Eufrate 11, 25, 26, 28, 42, 70, 86, 113 Gordion 112 Hahhu 11, 25, 26 Hakpis 80-84, 87 Hanigalbat (v. anche Mittani) 86 Hapalla 69 Harshamna 13, 14 Hashshu 12, 24 Hattush/Hattusa 12, 15, 17, 19, 20, 22, 25, 26, 30, 40, 48, 49, 51-53, 61, 74, 76, 77, 83, 93, 97, 98, 102-104, 106, 109-112, 114 Hayasa 55, 58 144

Wilusiya/Wilusa 41, 73, 89, 99, 100, Yamhad 24, 25, 28, 30 Zalpa/Zalpar/Zalpuwa (in Anatolia sud-orientale) 11 Zalpa (sul Mar Nero) 13, 15, 16, 19, 20 Zippalanda 76

Palasatina 115 Pamfilia 47, 51 Pi-Ramses 91 Pitassa 47 Purana 24 Purushaddum/Purushanda 12, 15, 16 Qadesh 61, 77-80, 88-90, 93, 95 Qatna 18, 56, 57, 59 Samuha v. Shamuha/Samuha Sanahuitta 21, 23, 24 Sapinuwa 51-53, 100 Sarissa 34, 112 Seha 41, 68, 69, 73, 83, 84, 88, 100 Shamuha/Samuha 12, 52, 81, 84 Siyannu 70 Sumur 60, 113 Tabal 112, 113 Taide 85 Tapigga 50-52 Tarhuntassa 74, 77, 80, 83, 87, 89, 95-98, 100, 101, 107, 108, 112 Tarwa 114 Tarwisa 41 Tarwiza 114 Tawana/Tawiniya 21 Tebe (in Egitto) 75, 77, 90 Tigri 25 Tigunani 25, 26, 30 Tiro 56 Troade 41 Tunip 42 Tyana 113 Ugarit 52, 56, 60, 64, 65, 70, 71, 98, 101, 102, 104, 105, 110, 113 Ura 47, 87 Urartu 115 Urshu 12, 24 Ushnatu 70 Washshukkanni 59, 63

Toponimi moderni Abu Simbel 77, 93 Acemhöyük 12 Afrin 24 Alaca Höyük 76 Aleppo 24-26, 28, 32, 42, 59, 61, 64, 65, 70, 78, 87, 115 Ali ar 12, 15 Amasiya 80 Ankara 114 Arslantepe (v. anche Malatya) 114 Beirut 77 Bey ehir 87 Boğazköy 13, 20 Burunkaya 112 Çankırı 42 Ceyhan 31 Cipro 47, 60, 103-105 Doğantepe 80 Egitto 19, 56, 60-63, 65, 66, 69, 74, 75, 77, 85, 87-93, 101, 104 Fıraktın 94, 103 Gaziantep 12 Göksu 87 Gürün 113 Hama 59 Hatip 96, 97, 108 Hisarlık Höyük 41 Isparta 69 İspekçür 113 Jerablus 61 Karnak 77, 90 145

Oymaağaç 48, 83 Qantir 91 Samsat 11 Seyhan 31 Silifke 87 Sirkeli 33, 75, 76, 94, 103 Sivas 34, 113 Tarso 112 Tauro 31 Tebe (in Grecia) 89 Tell Atchana 22 Tell Chuera 98 Tell el Amarna 51, 56, 59-61, 75, 92, 100, 104 Tell Fekheriye 59 Tell Hamidiye 85 Tell Kazel 60, 113 Tell Mardikh 28, 29 Tell Mishrife 18 Tell Sheh Hamad 98 Tell Taynat 115 Tilbesar 12 Tilmen Höyük 11 U aklı 76 Yalburt 97, 99, 103

Karabel 69, 97, 108 Karadağ 112 Karaman 74, 87 Karahöyük/Elbistan 115 Kayalıpınar 12, 52 Kayseri 12 Khabur 30, 59 Kilise-Tepe 112 Kızıldağ 74, 112 Kızılırmak 12, 15, 21, 34 Kölütale 113 Konya 16, 47, 74, 96, 99, 112 Korucetepe 42 Kültepe 11-13, 15, 16, 19, 44 Ku aklı 34, 112 Lago Salato (Tuz Gölü) 12 Lesbo 73 Lidar Höyük 11, 113 Luxor 77 Malatya (v. anche Arslantepe) 48, 70, 113-115 Ma at 50, 51 Mersin 112 Merzifon 80 Nar el-Kelb 77 Ortaköy 51 Oylum Höyük 12

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Finito di stampare nell’ottobre 2016

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Collana di studi sulle civiltà dell'Oriente antico fondata da Fiorella Imparati e diretta Giovanni Pugliese Carratelli e Stefano de Martino

[...] 13. Motivation und Mechanismen des Kulturkontaktes in der Spaten Bronzezeit herausgegeben von Doris Prechel XVI+280 p., 17x24 ISBN 88-87621-58-6

63,00

14. Michele Cammarosano, Il decreto antico-ittita di Pimpira 80 p., 17x24 ISBN 88-87621-59-4

27,00

15. Marco Marizza, Dignitari Ittiti del tempo di TUTHALIYA I/II, ARNUWANDA I, TUTHALIYA III 196 p., 17x24 ISBN 88-87621-67-5 38,00 16. New Perspectives on the Historical Geography and Topography of Anatolia in the II and I Millennium B.C. herausgegeben von Karl Strobel 304 p., 17x24 ISBN 978-88-87621-80-8 63,00 17. Empires after the Empire: Anatolia, Syria and Assyria after Suppiluliuma II (ca. 1200-800/700 B.C.) herausgegeben von Karl Strobel 68,00 336 p., ill., 17x24 ISBN 978-88-97530-04-6 18. STEFANO DE MARTINO, Hurrian Personal Names in the Kingdom of Hatti 112 p., 17x24 ISBN 978-88-87621-92-1

30,00

19. Stefano de Martino - Jared L. Miller (eds.), New Results and New Questions on the Reign of Suppiluliuma I 168 p., 17x24 ISBN 978-88-97530-10-7 35,00 20. Mangiare divinamente. Pratiche e simbologie alimentari nell’antico Oriente, a cura di Lucio Milano. 384 p., ill., 17x24 ISBN 978-88-97530-17-6

72,00

ESSAYS ON THE HURRIAN ŠAPINUWA TABLETS 21. Stefano de Martino - Aygül Süel, The Third Tablet of the itkalzi Ritual (Essays on the Hurrian Šapinuwa Tablets; 1) 104 p., 17x24 ISBN 978-88-97530-54-1

28,50

LITERATUR ZUM HURRITISCHEN LEXIKON Stefano de Martino - Mauro Giorgieri, Literatur zum Hurritischen Lexikon - Band 1 A 168 p., 17x24 ISBN 978-88-87621-70-9 38,00

LABORATORIO DI VICINO ORIENTE ANTICO 1. Stefano de Martino, Da Kussara a Karkemish, storia del regno ittita 148 p., 17x24 ISBN 978-88-97530-80-0 check our website for the content and other details

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