Cultura e ideologia da Cicerone a Seneca

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QUADERNI DI FILOLOGIA LATINA DIRE1TI DA

ALESSANDRO RONCONI

L. BALDINI MO SCADI - L. BOCCIOLINI PALAGI R. DEGL'INNOCENTI PIERINI - N. LAMBARDI R. MONTANARI CALDINI

CULTURA E IDEOLOGIA DA CICERONE A SENECA

FE!JCE LE MONNIER

-

FIPY.NZE

ISBN 88·00·85251-3

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA

Le copie del presente volume non conauscgnatc dalla S.I.A.E. o dall'Autore sono da ritenersi contraffatte

C.M. 852.HO

Stampa: Grafit - Grafica Italiana S.r.l . .Todi - 1981

PREFAZIONE

Questo "QUilliemo " a&coglie tllcuni dei più recenti risultati tii u1111 serie di ricerche che un gruppo di miei tJ/IiefiÌ è tlenuto co,ducen­ do 11egli ultimi 11nni, e t1ede ltJ luce grtlZie tJI /ì111111%ÌIImenlo erog111o thl Ministero delltJ P.I. llllrllflerso i contributi prefiÌSJi thll'llrt. 286 del T. U. 1933 e sotto il p111rocinio delltJ be11emerita CllSil editrice Le Monnier. Le ricerche, il cui oggetto si è flenuto meglio precis11ndo nel corso rJei ltJt�ori, sono state rit�olte Il enucle11re specultJzio11i filosofiche e scientifiche, crede11ze religiose e ritutlli flllgl i&i, spinte irJeologi&he, JeoritJ e crilictJ letlertlrÌII, cioè determi1111te esperienze storico-culturtlli che coslituisco11o il sottofondo di u1111 letterlltur1J ltJnnll dottll: mot�en­ do rJa qui e proseguendo ltJ znriagi11e in un 11mbilo cro11ologi&o me­ glio definito e storicllmente più giuslificllto, si è dediutll ptJrJicoltJre llllenzione tJI periodo che llbbra&cÌII il I secolo 11. C. e il I rJ. C. , se11u perrJere di tiÌSta ltJ interdipendenu /rll lllleggÌIImenli di pensiero e lo­ ro forme di espressione. I contributi nunili nelltJ presente miscelltJ,ell, cui gli m-gomenli lrllltali conferiscono ltJ fisionomÌII di u1111 ra&colta orgllnÌ&Il, integrtJno u1111 serie rJi ltJt1ori delle stesse IJUtrict� pubblicllli o in fiÌII di pubbli&ll­ zione thl 1973 in poi in sepllrllle sedi, fllll sempre nell'llmbilo del pÌIIn o di ricerche proposto: ltJt1ori tutti di set1ero lit�ello cnlico e fi/olo­ gi&o, che t1engono elencllti ne/111 bibliogrlljÌil qui di seguito 11pposlll Il costituire, insieme con ltJ presente pubbiÌ&flzione, un biltJncio del ltJ­ fiOro condollo sin qui 11el qUilliro delle inriagini progrllmfllllle, e llfl­ fiÌIIIe già prifllll di tiare inizio tllle richieste di sofltlenzione ministeritJ­ Ie.

Prese111o questo fllllnipolo di senili non senu un senso di legitli­ fllll soritiisfll%io11e, rendendo teslimonÌIInu Il queste mie giot111ni e fili­ lenti colltJbortJtrici, che, tJI p11ri degli tlltri miei tJI/iefiÌ delltJ medesifllll

generazione, mi ht�nno seguito durt�nte e dopo il corso di studi uni1/ersitmi con ltJ serietii de/ loro impegno, con ltJ fedeltii fii 11fllori della clmsicitii e fil loro studio qut�ndo questo erti più rumorost�mente con­ testflto, e ht�nno thto in tfll modo Uflfl rispostfl, uno scopo, un signifi­ Cfllo fil mio compito dithttico, uM ragione per proseguire il ct�mmino con loro senzfl scet#cismi e senu cedimen#. Firenze, dicembre

1980

A. R.

NOTA BIBUOGRAFICA DEllE RICERCHE SVOLTE ( 1 972- 1 980)

BALDINI MOSCADI Loretta Osservazioni sull'episodio magico dd VI libro della "Farsaglia" di Lucano, in "S.I.F.C. ", 48, 1976, pp. 1 40- 1 99. "Murmur" nella terminologia magica, ibid., 48, 1976,

pp.254-262.

Note a Sen. Herc. Oet. 452-464, ibid. 50, 1978, pp. 260-269.

Magia e progresso in Manilio, in "Atene e Roma", n.s. 25, 1980, pp. 8-14.

A

p roposi to di Manilio I 96-104 e Orazio, Carm. I 3, 37-40, ibid. (in corso di stampa). BOCCIO UNI P ALAGI Laura

Il carteggio apocrifo di Seneca e San Paolo, Accad. Toscana di Se. e Lettere "La Colombaria", Studi

46, Firenze, Olschki, 1978, pp. 222.

Genesi e sviluppo della questione dei due Seneca nella tarda latinità, "S.I.F.C."

10

50, 197 8, pp. 21 5-231.

Seneca e il sogno escatologico, ibid. 5 1 , 1979, pp.

155-168.

DEGL'INNOCENTI PIERINI Rita Un modulo dd linguaggio critico di Cicerone 197 5 , pp.

68-75.

(Br., 7 6) ,

in "S.I.F.C." 47,

Cicerone "demiurgo" dell'oratore ideale: riflessioni in margine a Orat. 7-10, in "S.I.F.C. ", H, 1979 , pp. 84-102. Studi su Accio, "Quaderni dell'Istituto di filologia classica G. Pasquali", Fi­ renze, CLUSF, 1980, pp. 1 68. La personiflcazione della religio nel primo proemio lucreziano, in "S.I.F.C." (in corso di stampa). Echi de.l.le elegie ovidiane dall'esilio nelle Consollltiones ad Hel11iam e ad Po­ lybium di Seneca, ibid. (in corso di stampa). LAMBARDI Noemi Il "Timaeus" ciceroniano: arte blicazione).

e

tecnica del "venere" (di imminente pub­

MONTANARI CALDINI Roberta "Clavicula", in "S .I.F.C. ", 44, 1972, pp. 1 22-138. L'astrologia nei "Prognostica" di Germanico, ibid. 45, 1973, pp. 137-204. L'astrologia nella traduzione aratea di Germanico, ibid. 48, 1976, pp. 29117. Horos e Properzio., ovvero !:ispirazione necessaria, "Quaderni dell'Istituto di fllologia classica G. Pasquali", Firenze, CLUSF, 1 979, pp. 1 21 . La terminologia latina dei corpi celesti, i n "Atene e Roma", n.s. 24, 1979, pp. 156-171. Nota testuale ed esegetica al "De fato" ciceroniano, in "Quaderni Urbinati di Cultura classica, 4 ( 33) , 1980, pp. 83-92.

NOEMI LAMBARDI APPUNfl CRITICI

SUllA PROBLEMATICA

DEL 11MAEUSOCERONIANO

Nel 1970 P. Boyancé, nella

cicéronien , 1

PréftJCe

alle

Études sur /'humanisme

raccolta di saggi composti neU'arco di più decenni, sug­

geriva di studiare Cicerone filosofo e, in quanto tale, interprete di Platone, confrontando a quella dell'Arpinate altre interpretazioni pla­ toniche: per esempio in Filone d'Alessandria, nelle sue reminiscenze o

citazioni del filosofo, Boyancé riconosçeva lo stesso metodo esegetico

evidente .in Cicerone. Determinare le caratteristiche di tale metodo se­ condo Boyancé avviava a soluzione il dilemma Posidonio�Antioco, scoglio tradizionale nell'indagine sulle cosiddette fonti di alcuni trat. ran ctceroruant. .

.

.

Riguardo .alla traduzione del cé conservano

a

Timeo

platonico, le parole. di Boyan­

dieci anni di distanza una intatta efficacia, indicando.

l'obiettivo tuttora più arduo della ricerca: qual

è

l'interpretazione

platonica dell'Arpinate. Ogni traduzione è già interpretazione, che si auua nella scelta di una determinata terminologia. Perciò meditare sulla terminologia del

Timaeus

significa meditare sui presupposti teo­

rici dell'interprete. che in questo caso restano inespressi anche per lo stato di incompiutezza in cui ci è giunto lo scritto, mentre si può supporre che si sarebbero almeno in p.arte illuminati se la resa. s'in­ quadrasse nell'opera completa. Ormai da decenni la critica ciceroniana (Kilb, Ruch, Buechner, Zoll, Van der Bruwaene, Miche!) ci ha consegnato l'immagine di un Cicerone filosofo non solo intelligente nell'uso delle fonti, ossia in grado di distinguere peso e portata storica delle tesi citate, ma anche capace, proprio perché ha un atteggiamento problematico e critico, di sondare i.singoli sistemi filosofici alla ricerca delle verità (parziali) che

si disvelano attraverso l· P.

i vari punti d'accordo, le verosimiglianze comu-

Boyancé, Études sur l'humtJnisme cicéronien, Bruxelles 1970,

p. Il sgg.

12

NOEMI LAMBAIIDI

ni, il linguaggio comune. In questa prospettiva va riconsiderata., e riacquista valore, l'ipotesi tradizionale che Cicerone progettasse un dialogo sulla filosofia naturale

(physictJ)

in cui, secondo quanto sugge­

risce il prologo anteposto nei codici alla traduzione, avrebbe giustap­

CtJmetJrieo more el morio (Tim. 1,1) se stesso ad un esponen.te (PeriptJieticorum omnium , quos quiriem ego tJuriienm, meo iuriicio ftJeile princeps: 1,2), e a quel P. Nigido Figulo, tJCer investigtJior el riiligens etJrum rerum , qutJe tJ ntJ­ IurtJ involultJe virienlur (1,1), pitagorico illustre, del quale si è concor­ posto

della scuola peripatetica, Cratippo

di nel credere che avrebbe esposto la cosmologia timaica. Senza dub­ bio infatti anche Cicerone riconosceva il legame, topico, tra il

Timeo

e il pitagorismo (Boyancé) e preswnibilmente nell'opera compiuta avrebbe esaltato (e sfruttato in

senso

univa il filosofo pitagorico di Locri al

nazionalistico) la tradizione che

renovtJior della

gloriosa scuola:

sic iuriico, posi illos nobiles Pylhagoreos, quorum riisciplina ex­ slincla esi quothm morio, cum aliquol saecla in ItalitJ SicilitJque fiÌ­ guissel, hunc e:xslilisse qui illam renoflarel (1,1).

Ma la filosofia naturale. interessava a

Cicerone solo per illustrare

anche in questo campo il nome latino, perché non rimanesse inesplo­ rata. alcuna sezione ftlosofica, o anche perché il bel mito della 'lro>.L­

TELa cosmica, retta dall'ordine del numero, rappresentava ormai la controparte ideale del mondo politico e civile più o meno visibilmen­ te lacerato. (Cicerone scrive. cenamente il prologo, molto verosimil­ mente anche la traduzione nel45)? o la 1ro>.LTEia celeste gli consentiva inveçe di simboleggiare il modello, mai raggiunto ma pur sempre proponibile, della "lf'o>.LTEla terrena? Anche senza indagare su motiva­ zioni psicologiche riposte, bisogna capitale del platonismo quale il

amm ettere

Timeo (è

che la scelta di un testo

noto tra l'altro che Epicuro

ne aveva fatto un bersaglio speaaa v , aat/>ws òÉ ro u Tous 'YE a�Twv rQo"}'ovous El60at v . Cfr. anche Rsp. 464E . 44 - ivi, p . 2 2 6 . Sulla scia d i Senocrate si pongono secondo Boyancé sia la divinizzazio­ ne dei pianeti di Eraclide Pontico (Cic . De nat. deor. 1 , 34) sia le teorie, a mezzo tra immagine e realtà, mito e fisica, di Crantore, che scrisse un commento al Timeo e dif­ fuse una sorta di religione astrale e di eroizzazione mitologica delle anime , di cui è se­ gno il libellus aureus noto all ' A rp in a te , raccolta di teorie orficbe e p itag o ric he . 4 � - � una delle leggi fatali (v6p.o us . . . . ToÙs E;p.aQp.ÉIIous) rigu ardan ti l' incarnazione delle anime , le quali, cdisseminate negli suumenti del tempo, ciascuna in quello che a lei conveniva, avrebbero dovuto generare un essere vivente , fra turri i viventi, il pill re­ ligioso» (Adorno) : 6ÉOL Ò� ura Q E trJa5 a'uTàS (sci/. J/itJ}(à5) EÌ5 Tà rQOr1� 1C O JITa haaTaLç r1Car1Ta 'lfQ'YaJia XQ6JIWI1 t/JÙJiat rcii w JI TÒ 17EorJE{J{aTaTO IJ .

32

NOEMI I.AMBAJlDl

Diodoro Siculo ._ , del racconto cosmologico del Timeo come

narra­

z io ne

non mitica, ma obiettiva della effettiva origine nel tempo del mondo. Lcnura c interpretaZ ione esegetica Che potrebbe dipendere secondo Boyancé da Antioco di Ascalona, il cui allievo Eudoro si oc­ cupò specificamente del Timeo , tanto da dedicarvi .un commento (Plut. De 11nim. procr. in Tim. p. 1013b). L'osservazione di Boyancé su questa particolare interpretazione· del mito va confrontata con quanto rileva P. J. Fcsmgièrc, a proposito della resa di 28b: quando Timco, riguardo . al ' ciclo tutto, o cosmo o comunque si voglia chiamare' (ras o Ò Qcn6s - � :�e6ui'Os ij :�eal �llo lfn 1r'OTE o Po,mf'op.oos) , afferma che si debba stabilire 'se . . . è sempre stato c non ha un princip io oppure ha avuto origine, cominciando da un punto iniziale' : 1r6TE Q O P � " àd, -yoÉuEws hQX� P EXWP o b&l'ia, , Jì 'YÉ'YO JIE P a'll'' aQXiJS TLJIO$ 'aQ�I'fPO$ C immediatamente SOggiungc ; ha avuto origine' , -yÉ-yo PE P , Cicerone traduce: . . . sempeme foenl nuDo gener111us orlu 11n ortus sii [11n] tlb llliqu o lemporir princip111u. Ortu.r esi. . . (2 , 5 ) . Proprio ortus esi: 'YE'YO PE JI secondo Fcsmgière dimOStra come - al contrario dell' Acadcmia Antica di Scnocratc c di Crantore , che qui vedeva adombrata la dipendenza logica, non temporale, del mondo da una causa, principio del suo essere, c in accordo . con Plu­ tarco e il m cdioplatonico Attico - Cicerone propendesse per l' interpre­ tazione in senso temporale: il mondo ha avuto inizio nel tempo, or­ lus es1 4 7 • Né meno significativa di ortus esi, dirci, è allora r intcrpre -

1 isme ci&irot�iet�, p. 296 sgg. Pluwco anche se non la condivide 46 - Ét.ties sur l'hu111111 attesta di conoscere l' interpn:tazione in senso diacronico evidente in C icerone : essen: ci� le anime seminate nei corpi .organici convenienti in un momento flSSato (Q����es t. PIIJI. VIII : ai 1/l vxaì Els Tà li"QoinfKo i'Ta bQ-ya l' txà uwp.cua b X Q O I' Ijl xaTEI111"aQ'I11alf . Analogamente Diodoro Siculo (1 , 6 , 3 : To � s bPt7Qwro v s TVXEil' -ris 11"QWrqS -yo{uE�.o�s XQ OI'o n ) parre bbe alluden:, con l' ipotesi che la razza umana avn:bbe avuto inizio nel tempo, agli esegeti del Timeo che spiegavano in questo senso il mito.

47 - P . G . Fesrugière , LJ revila1io11 d'Hermès Trismigiste , II Le dieu cosmique , Paris 1949 , p . 1 04 , nota 3 : la resa di Tim. 28b si collega a Tusc. 1 , 2 3 , 70 , che vene sulla ne­ cessità di postulare un effeclor o modemtor di questo n ostro mondo (la differenza ter­ minologica consegue rispettivamente all ' opinione platonica e a quella aristotelica) : si

APPUN'Il ClliTJO SUUA PI.OBI.EMATICA DEL 17MABUS OCEB.ONIANO

taZione dell'anfibologico aQXrl TU' con se

-

l�mporis pn"ncipatus.

33 Sicché,

come suggerisce Boyancé - Cicerone seguisse Antioco, quanto

all'interpretaZione del mito timaico, avremmo qui un impanante punto di dissenso si collegava.

tra

Antioco e quella Academia Antica cui pure egli

Concludo questa rassegna, o piuttosto serie di spunti di ricerca, con Giomini, (:Ufatore dell'ultima edizione del Timaeus. Egli, nell ' ar­

1968 già menzionato, tornava all' ipotesi restrittiva e ormai superata della mediazione posidoniana t.oul courl per spiegare non so­ lo 6 , 1 7 ma anche 1 3 ,47 .. . Si tratta in questo secondo caso (Cic. 1 3 ,47 Plat. 42 e) della formazione dell' uomo, 'essere vivente mor­ tale' (rh,.qTo ii t"'ov ) costituito di anima e corpo. L'anima è un 'prin­ cipio imm ortale' (àflavaTO JI QQX�V) , effigiato dal demiurgo .Stesso ; il corpo è costruito e poi unito all'anima degli dei minori, secondo quanto dispone il demiurgo� ticolo del

=

x al

�a{36 vrEs àfJ&vaTo v àQX� " flP'I'/TO V tcf>o v , p.Lp.o 6p.E voL fÒ v Uc/JÉTE Q O P· 0.,p.LO VQ'YO JI , 'I'VQÒS Jt'CXL -yii s VÒCXT6S TE JtaÌ aÉQOS a..-ò TOV x 6up.o v ÒCX PEL fOJJ.EPOL p.6Q LCX WS h ..-o � o fJ., uop.E­ ,a 'l'a�LP , EÌS TaVTÒ P Tèx. �ap.{ja POp.E JICX UVPEJCO�C&W , o ÌJ TOÌS a�dTOLS ofs CXVTOÌ UV JIELXO PTO �EUp.OiS , a�à �Là Up.L JC Q 6r.,Ta 'ao QQTOU' , 'I'VJt'POiS -yop.c/JOLS UV JI�Jt'OJITE S , É'p U /x.'l'aPTWP a'I'EQ'YCXt'Ofi.EJIOL UWp.a é'JtaUTO JI TàS rijs afJCX JIQTO V 1/tvxijs 'I'E­ Q LO& VS È vÉ�O VJI EÌS t'I'LQ Q VTO JI uwp.a JtaÌ Cx'I'OQ Q VTO JI .

Questa la resa ciceroniana:

haec (scii. il nostro mondo) nata suni ul P/aloni videlur, ve/ si semper fuerunl, ul An­ Ilo/eli p/acuii. 48 cCicerone doveva conoscere e attingere a un Platone interpretato da uno stoico, per cui si impone il nome di Posidonio• (ari. cii. , p . 72, nota 6) . La questione era im­ postata in maniera simile da C . Giambelli (cfr. nota 3 1) . -

34

NOEMI LAMBARDI

illll[ ue cum a&cepissent inmortllle principium mortlllis ani'manlis, imiklntes genitorem et effectorem sui particu/as ignis et tem�e et lllfUt�e et animae a mundo, quas rursus redtierent, mutuabantur eas­ que inter se copulahant, haud isdem 'Vinc/is, quihus ipsi erant conli­ gati, sed talihus, quae cemi non possent propter p11171itatem, crehris quasi cuneolis inliqueja&lis unum efficiehant ex omnihus corpus at­ que in eo influente atque effluente animi dtÌiini amhilus inligabant.

Giomini non spiega in che modo e quali elementi della traduzio­ ne si giustifichino col rimando al filosofo di Apamea. A meno di er­ rori o lacune dovute alla trasmissione del testo ciceroniano o a varianti del testo platonico letto dall ' Arpinate , questi omette rispetto al mo­ dello sia la notazione che gli dei minori saldano in unità (E Ìs Ta Ù roP) le particelle di elementi originari per farne il corpo dell' uomo , sia l' altra, che ne risulterà un corpo unico per ciascun individuo

(2, . .

.

uwp.a �Jt'O!(JTO P ) . Da rilevare poi haud isdem vinclis, quibus ipsi eranl conligati al posto di o b Tois &XVTo Ls oTs a Ò Toì. UVPELXOPTO {)Eup.ois , che suggerl ad Atzen

di correg.gere àMToLs in ahois (o v Tois aÒTois oTs

a vTol uv PELXOPTO oeup.o'is ) : àÀ uToLs si spiegherebbe come glossa , on­ de a1hois

sarebbe stato

soppiantato nel testo. Proposta neppur

presa in considerazione dagli editori e in effetti, direi, . non vantaggio­ sa. Più precisamente , anche ammesso per ipotesi che la variante ov

TOL$ a flTois ors esistesse davvero nel testo letto dall' Arpinate , non converrà teneroe conto nella restiwzione del testo platonico, perché delle due lezioni Q Ò TOiS àÀVTOLS ors / o Ù TOÌS O!ÒTOÌS oTs conda

oltre ad essere

lectio facilitar,

la se­

sodisfa meno quanto al senso

(cfr. poi 41a: ol Èp.o ii 'YE POp.E PO! �ÀV TO! e altres'i Loercher,

art. ci/. ,

p.

68) . Sembra problematico nella traduzione anche inliquefactis, quan­ do

il

modello dà uv Prqxo PTE S , che ha qui il senso di ' connettere' (le

panicelle di elementi originari) . E v Pnixw è letteralmente fondere in­ sieme mescolando, sciogliendo una cosa nell' altra; donde passa nel luogo platonico alla più generica (ma più rara) accezione di saldare

in qualunque modo (qui con dei cavicchi, -yop.t/>oLs) . Inlique­ foctis, cunrichtige Uebersetzung• per Loercher e Atzen, è in realtà traduzione letterale , etimologica, che non si accorda .con cuneolis. Ciinsieme

APPUNfl CRITIO SUlLA PROBI.EMATICA DEL TIMAEUS OCERONIANO

35

cerone deve aver pensato, per -y6p.t/)oL , cuneo/i non a chiodi di legno o cavicchi, ma a qualcosa che si scioglie in un liquido formando una sostanza sola (l ' immagine potrebbe essere tolta da materia che si salda per mezzo della fusione , come l' oro) e ha tradotto -yop.,Pots mec cani ­ camente con cuneolis, sovrapponendo immagini ben diverse (cfr. Tusc. 4 , 20: inli'quefactae voluptates, piaceri che penetrano nell ' anima e la impregnano di sé ad perfundendum ani'mum) . Animi divini al posto di �s hr)avaTo u �uxijs è ancora una 11ariatio dell'originale, ma, rispetto alla precedente , ceno più nello spirito di quello 49 • Ani­ mi di'vini (forse concepito in contrapposizione ad ex humano animo di 1 3 ,46 resa di �uxiis 'ctvr)Qwrlvfls , 4 2 d) sostituisce, dicevo, la tradu­ zione più letterale animi inmortalis (quest' ultimo aggettivo ricalchereb� be nella formazione composta hr)av&'To u ) : ma non ci vedrei tanto moti­ vi ideolo gici , dottrinali, quanto semplicemente il desiderio di una varia­ fio letteraria , .dato che nello stesso contesto la coppia inmortalis l mortalis già traduce linearmente àr)&vaTo s / r)vfiTI H , formando la compagine in sé conclusa di inmorta/e principium morta/is animanfis; ar)avaTO V 'a� Q X� V r)VfiTO V )�o u . .

Come conclusione provvisoria di queste pagine converrà infatti ri­ tenert anche che , nella resa ciceroniana di argomento filosofico, cene soluzioni terminologiche o sintattiche non indicano necessariamente l' esistenza di varianti nel testo platonico seguito dali ' Arpinate né ma­

nifestano si'c et simplici'ter l' affiorare di una esegesi determinata. A parte i mutamenti implicati in ogni passaggio da una lingua ad un' al­

tra , sarà infatti da tener conto di cee qu 'un traducteur comme Cicé­ ron apporle par lui'-meme de modi'ficati'om. Lo sottolineò assai bene Boyancé a proposito di Somm. Se. 2 7-28 (e Tusc. l , Hsg) Phaedr. 24 5 c sgg. , contro Van der Bruwaene , il q uale 50 , fondamentalmente =

49 Se a 1/! ux� non � mai associato direttamente iJE{a nelle pagine del Timeo tradotte da Cicerone, si veda peraltro 36e: l' anima del mondo iJda v QQ')(Ì!II �Q �QTO ara VIJTO IJ xal f�&t/> Q O IIOf {J(oiJ 8 , 2 6 : QÌ11Ì1111m sempilemlle sapienlisqlle 11iltle intJIIJCit exort/i11m. -



SO

-

A ri. cii. ,

p.

127.

NOEWJ LAMBAIIDI

36

in base alla resa. (Somn. Se. 9 ,28) di Y,uxf] con 111111r1 11 11nimi 11tque vis 5 1, presumeva che il testo platonico su cui l' Arpinate aveva lavora­

to dovesse essere nettamente improntato della lcnura posidon.iana di Platone. Boyancé dimosuò acutamente che la resa. 111111r1 11 . . . 11tque vis non si prestava a questa interpretaZione, corrispondendo in Cicerone cnuo contesti di ispirazione filosofica diversa a diverse espressioni del­ le singole scuole greche. Di qui il suo invito alla cautela nella disse­ zione del lessico specializzato ciceroniano: spesso con 11ur11 peine iì étll­ b/ir que le j/ottement ci&éronien corresponti iì une terminologie préci­ se• 52 , spesso , aggiungerci, nel .suo stile ftlosofico sono detetrminanti i valori letterari ed estetici, la creazione di simmetrie, di rimandi, di smdiati parallclismi nella frase. non solo per vagheggiamento della fonna, ma in corrispondenza della importante teoria della persUIISio ftlosofica, che più agevolmente - grazie al bello - si accende. ncU' im­ maginazione c ncU' intelligenza del lettore.

n

'"·

- c.

. .

ampia formula

.

. . .

in fuiWone piil ritmica che scmanùe» (A. Ronconi, in Ciuro­

SOtllt�iii• Seipiolli.s , Firenze 1967. p. 14�) .

�2 Questa e la precedente citaZione di Boyancé sono mme dalle Éhltles sur l'humtmi­ sme ci&irot�ietl , rispettivamente da p. 286 e da p. 290. -

LORETIA BAIDINI MOSCADI IL POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA :

MANILIO E LE GUERRE CIVlll

Gli Astronomica di Manilio rivelano, fm dalla prima lenura, un duplice motivo di interesse: da un lato il tema astronomico e, soprat­ tutto, astrologico su cui l' autore si diffonde., con dichiarato. entusia­ smo, per cinque libri in un poema didascalico dalla sapiente struttU.Ca compositiva 1 , dall' altro il frequente ricorso ad excursus di vario carat­ tere, storico, filosofico , letterario che occupano intere sezioni proemia­ li , o epiloghi, o comunque ampi spazi all' interno dei singoli libri, stemperando la difficile materies astrologica e costituendo. una ricca testimonianza di un gusto , di una ideologia appartenente ad un am­ biente culturale di cui il poeta, Manilio , si fa interprete. All' interno degli excursus a carattere storico è facilmente intuibile l ' interesse del tema delle guerre civili e dei suoi protagonisti: Manilio infatti è l' unico poeta rimastoci del I sec . d . C . precedente a Lucano , e, come lui, imbevuto di dottrina stoica e di cultura retorica, che de­ dichi un ceno spazio ai civiles motus cognatflque bella e ad alcune fi­ gure di primo piano che ne furono coinvolte : Catone , Pompeo, Cesa­ re , perfmo Cicerone, oltre naturalmente ad Augusto -ma qui la pro­ spettiva si sposta perché è del pn·nceps che si parla ed a lui si dedica il poema 2- sono nominati negli Astronomica, ciascuno individuato l - Sulla suutwra compositiva degli Astronomica, vedi B. E ffe , Dichtung und Lehre , Un­ tersuchungen zur Typologie des antiken Lehrgedichts, cZetemat� 69 , Munchen 1 97 7 , p. 1 06 sgg. , e il recente lavoro di E . Romano , Struttura degli Astronomica di Mani/io , Paler­ mo 1 979; un' interessante visione d ' insieme del poema maniliano si coglie anche in F . L1lhr, Ratio und Fatum. Dichtung und Lehre bei Manilius, Diss . Frankfun 1 969 ; i n pani­ colare , sugli aspetti fllosofici del poema si sofferma A. Reeh , Interpretationen zu den Astronomica des Manilius mit besonderer Beriicksichtigung der philosophischen Partien , Diss . Marburg 1973 , di cui molto utile è l' amplissima bibliografia in fme d i volume (pp . 2 1 8-2 28) .

2 M i sembra non vi possano essere dubbi sull ' indentificazione del dedicatario degli Astronomica nella persona di Augusto , appellato nel proemio come patriae princepsque -

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nei caratteri che la tradizione di cui Manilio si fa ponavoce gli ha at­ tribuito. Quali siano questi caratteri e . in quale contesto si collochino , quanto siano anticipatori di uno sviluppo successivo -il confronto con Lucano si fa qui inevitabile- , tutto ciò costituisce l' argomento del pre­ sente lavoro. l.

Le guerre civili. La prima menzione delle guerre civili la uoviamo in Manilio alla fine del primo libro degli Astronomica. Dal v. 809 Manilio inuoduce il tema delle comete descrivendo ampiamente . il fenomeno e i malefi­ ci effetti che appona sulla terra . . Oltre a presagire morbi e siccità, in­ cendi e lutti, le comete el bella canunl . . . subilosque lumultuslel clanrieslinis surgenlia frauriibus arma (vv. 896-897) . Il riferimento si fa subito più preciso col ricordo . della tragica sconfitta subita da Varo, quale esempio di conflitto extemas . . . per genles (v. 898) . Nec mirere

paterque (v. 7): questa del resto � l ' opinione della maggior pane dei critici maniliani , fra cui E . Flores che nel suo Augusto nella visione astrologica di Mani/io e iJ problema della cronologia degli Astronomiçon libn·, cAnn . Fac . Len. Napol� IX , 1 960-6 1 , p . � sgg . , asse­ gna tutta la composizione dell' opera aJ periodo augusteo. Di queSto avviso non � la Roma­ no (op. cii. , p. 2 2 , n. 37) , che si rifà invece alla tesi "mediana " sostenuta da A. E. Hou­ sman (M . Manilii Astronomiçon libn·. Recensuit et enam.vit A . E . Housman, Londinii l 1903-30, rist. an . Hildesheim 1 972 , praef. p. lxix sgg. ) e da ] . van Wageningen (Manilius in eRE• XN , l col . 1 1 1 � sgg . , e Commentarius in M. Mani11i' Astronomica, A mste rdam 1 9 1 2 , p. 1 2 sgg) , secondo cui l' opera sarebbe stata composta in pane sono Augusto, in pane sotto Tiberio . Effettivamente i dati su cui si basano gli studiosi per sostenere l ' una o l 'altra tesi sono ambigui, e nonostante le affermazioni dd Flores siano plausibili, mi pare non si possa raggiungere la completa cenezza di una composizione tutta augustea dell 'opera. A me, comunque , preme evidenziare il clima culturale in cui si muove Mani­ lio , più che assegnare una data di composizione agli Astronomica, scopo che difficilmente , temo , si potri mai raggiungere : e che l ' opera appartenga agli ultimi anni del principato di Augusto o ai primi di quello di Tiberio non muta sostanzialmentee il carattere delle mie osservazioni (per la bibliografia relativa alla cronologia degli Astronomiça, vedi Flores, art. cii. , che ne dà ampio conto nel corso del suo lavoro . Bisogna aggiungervi il recentissimo la­ voro di D . liuzzi, MllniJio , Astronomiça l. I: destinatario ed epou di composizione. cQuaderni dd predipanim . di civ . d. e dd medioevo• , Fac . MagiStero , Univ. degli St. di Lecce, 2, 1 9 7 9 , pp. 1 2 9- 1 39 . in cui l' autrice identifica in AuguSto il destinatario dell ' opera e fissa la composizione del primo libro fra il 9 c il lO d . C . ) .

n. POETA F1tA STOIUA E IDEOLOGIA: MANILIO E LE GUEIUU! CIVILI

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grt1ves rerMmque hominumque rMinas (v. 904) , riprende il poeta c continua, in quella che mi sembra una climax del discooo , saepe t/o­ mi culpfl est; nescimus credere caelo (v. 905) : la cu/pfl spesso � in pa­ uia, . in casa, davanti ai nostri occhi, ma noi non sappiamo riconoscere gli avvenimenti dei presagi celesti, non accordiamo loro fede. Ed ecco la specificazione della culpfl 3 : civilis etillm motus cogMtQque bel­ ltJ!signifiçflnt (vv. 906-907) . Subito dopo, le immagini connesse alle lotte cruente sui campi di battaglia: . . . nec plura alias incendia mundus sustinuit, quam cum ducibus iurata cruencis arma Philippeos implerunt agmine campos, vixque etiam sicca miles Romanus. harena ossa virum lacerosque prius. super astitit artus., imperiumque suis conflixit viribus ipsum, perque pauis pater Augustus vestigia vicit. (vv. 907-9 1 3) La

sconfina delle armate dei cesaricidi non mette fine però alla guerra: .Manilio enumera ancora le imprese. compiute da Augusto (Azio , la disfatta di Sesto Pompeo) , fmo ad arrivare alla vittoria finale e al completo raggiungimento della pace: sed sacis hoc facis fuerit: iam bella quiescant

atque adamanteis discordia vincta catenis aetemos . habeat frenos in carcere clausa; sit pater invictus patriae, sit Roma sub ilio , cumque deum caelo dederit non quaerat in orbe .. (922-926) 3 - Non avrei dubbi nel riferire il v . 905 a quanto segu e , cioè alle guerre civili . Mi sembra domi c•/pa esi si ricolleghi perfettamente a exlemtM modo per genles del v. 898 attravctSO la correlazione modo - supe (anche se distanti} che sottolinea la tradizionale di­ visione fra guerre esterne , con nemici esterni, c: guerre: interne: , civili (cfr. Liv. , 6 , 1 , 1 : q•ae a condila •rbe Roma ad capltlm •rbem foris bella, domi sediliones q•inq•e libn· expo­ s•i. Vedi P. Jal, ltJ g•e"e ci11ile iJ Rome . El•de lilléraire el morale , Paris 196 3 , p . 2 1 sgg . ) . S i evita cosl la diffic old incontrata dallo Housman (op. cii. , ad. loc. ) nc:l voler correlare con modo l'elrilm dc:l v. 906 . Non concordo con quanto afferma la Liuzzi (ari. cii. , p . 139) , d ove rsi intendere: modo o c:l senso d i pa•lo ante , n é tanto meno con E. Gc:bhardt (Z•r Dalienmgsfrage des Manili•s, cRh. Muu 1 96 1 , p. 279, n. 3} il quale: , interpretando che supe

. .

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LORETIA BAIDINI MOSCADI

L'esposizione di Manilio si sviluppa secondo i temi consueti della guerra civile quali la tradizione letteraria a lui precedente li aveva tra­ smessi " · Su tutto il passo , intanto, è evidente l'influsso esercitato dal primo libro delle Georgiche virgiliane (v. 487 sgg.) e dal quindkesi­ mo delle Metamorfosi ovidiane (v. 8 1 8 sgg.) 5 : direi anzi che M anilio ne fonde i motivi ed i toni, riunendo in un unico quadro i campi di Filippi e la deplorazione connessa alla lotta fratricida 6 , con l'esalta­ zione trionfalistica del pater invictus patriae, erede di Cesare ormai assunto al consesso degli dei 7 • Il crescendo laudativo dell'ultima pane .del brano non basta co­ munque a cancellare l'accento fonemente negativo impresso all'inizio del discorso riguardante la guerra civile: saepe riomi culpa est: è il to­ no di inriignatio che accompagna il motivo della lotta fratricida fm dalle pagine di Sallustio contro Catilina 8 e che Manilio fa proprio,

modo come avverbio di tempo, lo intende riferito ad un periodo precedente: di vari anni la composizione degli Astronomica , che egli pone sotto Tiberio . 4 - Sulla vasta tematica connessa alle guerre: civili, vedi Jal, op. çi/. , lavoro ricchissimo di documentazione e ass ai utile per chi voglia accostarsi all' argomento ivi trattato. 5 - Mentre il confronto con Verg . Georg. 1 , 487 sgg. è stato variamente accennato dagli studiosi di Manilio (vedi per es . van Wageningen op. çit. , p. 1 0 1 ; Housman, ad loc. ; W . BOhler, Maniliana, cHermes. 87 , 1 9 5 9 , p . 487 sgg . ) , m i pare sia stato trascurato il confron­ to con Ov. Mel. 1 5 , 8 1 8 sgg . che risulta invece ass ai utile per una migliore comprensione: del testo maniliano . 6 Cfr. Verg. Georg. l , 490 - 9 3 : Romanas acies iten�m 11idere Philippi; l nec foil indi­ gnum superis, bis sanguine nostro l Emathiam et latos Haemi pinguescere campos; ibid. 505 sg . : quippe ubifti.I versum atque nefas, tot bella per orbem l tam multae scelen�m fa­ cies. L' influenza di Virgilio mi sembra esercitarsi anche sul v. 923 sg . , che ricorda da vicino Aen. 1 , 293-96. -

7 - Cfr. Ov. Mel. 1 5 , 8 1 9-2 1 : qui nominis heres l inpositum ferel unus onus caesique pa· rentis l nos in bella suos fortissimus ultor habebit; ibid . 830-34: quodcumque habitabile tellus l sustinet, huius erit; pontus quoque serviet il/i. l pace data terris animum ad ci11ilill vertel l iura suum legesque ferel iustissimus auctor l exemploque suo mores reget; ibid. 860 : terra sub Augusto est; pater est et rector uterque (se. Augustus et luppiter) . 8 - Cfr. Cat. 5 2 , 3 . Sull indzg natio contro i combattenti le guerre fratricide vedi Jal , op. cit. , p. 4 1 5 sgg . '

n. POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA : MANlllO E LE GUERRE CIVlll

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cognata bella, degli incendia divampati od mundus, dell ' imperium che suis conflixit viribus ipsum 9 • Anche esplicandolo nel concetto dei

la scuola, olue la tradizione letteraria, poteva fornire

a

Manilio il sup­

pone del dibattito sulle guerre civili sviluppato nelle esercitazioni de­ clamatorie

secondo quanto ci testimonia in più pani Seneca Retore 1� .

La grande varietà di toni permessa dal tema trattato, dall ' esecrazione al compianto , dall ' indignazione

al

ramm arico,

la capacità insomma di

suscitare pathos, giustifica l ' impiego del tema nell' arte declamatoria . E questo può spiegare anche come in Manilio , sensibile alla retorica del suo tempo, i motivi connessi al tema della guerra civile ricorrano

altrove, negli Astronomica, pur non inuodotti da precisi riferimenti storici .quali si trovano invece nell ' epilogo del primo libro . Nel secondo libro , infatti, all ' interno della sezione dedicata ai le­

gami

di amicizia e di inimicizia

fra i segni zodiacali (vv. 466-692) , si

inserisce la riflessione del poeta sulla difficoltà del foedus

ami&ititJe

e

della fides fra gli uomini , :una riflessione che si esprime con accenti di evidente amarezza: at quanta est scelerum moles per saecula cuncta quamque onus iovidiae non excusabile terris ! veoales ad fata patres mauumque sepulchra . . .

imposuit Phoebus noctem terrasque reliquit . quid loquar eversas urbes et prodita tempia et varias pacis clades et mixta venena

insidiasque fori, caedes in moenibus ipsis

et

sub amicitiae grassantem nomine turbam ? in populo scelus est et abundant cuncta furoris .

9 - Cfr. liv . , 30,44 , 8 : nulla magna civitas diu quiescere potest: si foris hostem non habet, domi inventi, ut praevalida corpora ab extemis causis tula videntur, sed sui& ipsa vin'b us onerantur; Hor. Epod. 1 6 , 2 : ipsa Roma vinbus rt�il. Sul motivo, connesso alla guerra civi· le , vedi) al, op. cii. , p. 2 5 1 sgg . 1 0 - Cfr. Sen . Con/r. 4 , 8 ; 6 , 4 ; 7 , 2 ; 1 0 , 3 ; Suas. 6

e

7 Vedi) al , op. cii. , p. 299 sgg.

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LORETIA BAIDINI MOSCADI

et fas atque ncfas mixtum, legesque per ipsas saevit nequities ; poenas iam noxia vincit.

(vv. 592-602)

Ancora una volta abbiamo la ripresa. allusiva di motivi virgilia.ni 11 attraverso il conceuo dello sceltJS e delf.u atque nef.u mixtum 12, e com­ pare qui un aluo motivo caratteristico, uadizionalmente legato al tema della guerra civile: il furor 13 • Gii lo Housman vedeva nel v. 594 un' al­ lusione a ' ' res Romanae quae per proscriptiones fiebant' ' 1', secondo me ribadita poi ai vv. 60 1 -602 (legesque per i'ps.u/saeflit nequi'ties) , e forse non a tono il van Wageningen intende. i vv. 598-599 come allusivi all'uccisione di Cesare 1 5 , soprattUtto se mettiamo io relazione il v. 595 ancora con il. primo libro delle Georgiche virgiliane (v. 467 sg.) dove compare !'.immagine del sole che, sconvolto dalla mone di Cesare, cum uput obscura ni'tidum ferrugine texi't, cosicchE i'mpi'llque aetemam ti­ muerunt saecula noctem. Come si vede, il testo maniliano presenta una tale uama di rapporti allusivi, di motivi topici, che ben difficilmente si pouebbe escludere che qui il poeta avesse in mente, e proponesse di conseguenza al lettore, il quadro delle guerre civili. Ancora, nel quano libro degli Astronomica, laddove il poeta si di­ lunga nel .presentare una serie di avvenimenti eccezionali. riconducibili solo all' imprescrutabile volontà del fato, si legge: ecce patrem nati pcrimunt natosque parcntes mutuaquc armati coeunt in V1Jlnera fratres.

1 1 Si può supporre anche un'allusione ad Ovidio nei mixltl •meu del v. �97, che sembra richiamare Mel. 1 , 147 : luni:la lerribiles miscenl lii&011ilti 110tlerue , verso di un passo che ha •

esercitato la sua suggestione su Manilio anche altrove (vedi oltre p. 45 e n. 1 6) . 1 2 . Cfr. Verg. Georg. l , 50� sg. ; vedi supr11 n . 6 . 1 3 Cfr. Ho r . Ctmn. 4 , n , 1 7 sg. : custode rert�m C��es11re 11011 furor l cit�ilis 11111 t1is exigel otium ; cfr. anche Epod. 7 , 1 3 sgg. ; Cic . C111i1. 1 , 1 ; 2 ; l � ; 2 2 ; 3 1 ; 2 , 19 etc . ; sul motivo del foror nella guerra civile, vedi Jal, op. cii. , p. 42 1 sgg. •

14 . Vedi Housman, op. cii. , 11d loc.

l � . Vedi van Wageningeo , op. cii. ,

p.

142 .

n. POETA PRA STOIUA B IDEOLOGIA: MANU.IO E LE GUBIIE CIVILI

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non nostrUm hoc bellum est; coguntur tanta moveri inque ruas ferri poenas lacerandaque membra. (vv. 82-85)

brano, intessuto di reminiscenze . ovidiane 1 6 ' ripropone nuova­ mente .immagini facilmente collegabili alle guerre civili, sopranuno per quanti potevano guardare ad esse come ad un passato assai prossimo: i flgli che uccidono i padri, i. padri i flgli, i fratelli che si scagliano gli uni 7 contrO gli altri. Il rifluto di considerare. nostrum questo tipo di guerra 1 sembra sgorgare appassionatamente dall' indignazione conseguente all ' evocazione di visioni cosl esecrabili. In una conuoversia .conservataei da Seneca padre (Contr. 2 , 1 , 10 sg.) , Papirio Fabiano, .dopo aver espoSto il quadro degli exercitus cif!ium cognato111mque che si affrontano san­ guinosamente sul campo di battaglia, si domanda: qutle tanll:l vos pestis, n

cum una stirps, idemque sanguine sitis, quae11e furiae in mutuum san­ guinem egere? quoti tanlll m malum hui'c uni generi 11el foto ve/ forte 16 - O ltre la scomposizione della clausola ovidiana mutull tlulnert!l jr111res di Mel. 3 , 1 2 3 e 7 , 1 4 1 (cfr. anche Tr. 2 , 3 1 9) , riferita, in entrambi i casi, ai guerrieri soni dalla terra che si affrontano çwi/ibus bellis di fronte agli occhi sbigottiti di Cadmo, e çwiJi ��&ie davanti a Giasone, si può forse vedere nel v. 8 2 , come vuole il van Wageningen (op. çz/. , p. 209) , una reminiscenza di Mel. l , 148: fi/ius 11nte tiiem p111rios inquini in 11nnos, situazione (i­ conducibile, come altre analoghe (vedi v. 143 sgg.) all 'et� del ferro e alla comparsa della guerra fna gli uomini. � inte(CSSante notare come Manilio si rifarebbe, in questo caso , ad un brano ovidiano che mostra un'involuzione dell' uomo attraverso le varie et�. in netta contrapposizione a quanto afferma lo stesso Manilio nel proemio del primo libro (v. 7 3 sgg. ) : cfr. a questo proposito E . Romano, Teorill tiel progresso e ti età dell 'oro in M11nilio (1 , 66- 1 12) , cR.iv. Fil . Cb 1979, p . 394 sgg. , e L. Baldini Moscadi, M11gÌII e progresso in MAni/io , cAtene e Roma., 1 980, p . 8 sgg. 1 7 - Non concordo .con il van Wageningen quando interpreta (op. çit. , p. 209) : " non se­ cundum nosrram natUCam est, quod gerimus bella " . Manilio, infatti, non denuncia la guerra in quanto tale , come vorrebbe l' interpretazione moralistica del van Wageningen, ma ' questo' tipo di guerra, la guerra fratricida. Altrove infatti ( 1 , 89) Manilio inserisce l' t�rs belli in un contesto di progress ive conquiste compiute dall 'uomo nel suo ciclo evolutivo (cfr. , a proposito della differenza fra guerre combattUte contro nemici esterni e guerre civili, Florus 1 , 34, 19. � : priusque , ul çoepimus, iuslll illll el pill çum exteris genlibus be/111 me­ mOf'llbim iiJ, ul m��gnilutlo çresçenlis in tiies imperii IIPPIIret!ll, 111m liti illll çi11t"um sçe/er��, n.rpesque el impw pugtiiiS re11ertemur) .

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LORETIA BAIDINI .MOSCADI

i'niunctum ? Manilio ha trovato una risposta a questa domanda, nella sua incrollabile cenezza del fatum che domina e governa il mondo 1 8 : co guntur tanta mo11eri l i'nque suas fem' poentJS lacerandaque membra. Quello di Manilio è ancora un fotum provvidenziale, nonostante tutto, ­

nella cui accettazione l'uomo può trovare una giustificazione anche a flagelli orribili come le guerre civili. In Lucano

ilfotum si mostrerà inve­

ce sotto un aspetto irriducibilmente negativo per le . sorti di Roma, tra­ volta dal neftJS della lotta fratricida 1 9 • Lucano è il punto d'arrivo. del no­ stro discorso sulle guerre civili: la Pharsali'a infatti

è il luogo in cui tutta

la vasta tematica connessa alle cognatae acies di cui abbiamo visto alcuni aspetti in Manilio, trova una sua organica sistemazione all'interno .di un impianto ideologico e stilistico che costituisce un

uni'cum

nella tradizio­

ne epica latina. Lucano aveva ampio materiale cui attingere per la com­ posizione della sua opera, e in questo potevano trovare posto anche gli Astronomica di Manilio 20 , alla cui lenura poteva essere spinto .dalla ma­ trice stoica in comune c.on l'autore e da un interesse non da profano per i fermenti magico-religiosi che dal I sec . a . C . serpeggiano nell'ambiente culturale romano e in cui l'astrologia cantata da Manilio occupa un posto rilevante 21 • Già nel proemio della

Pharsali'a

troviamo riuniti i motivi

che abbiamo messo in luce dai passi maniliani: nello i'us . . . (v . 2) convergono

datum sceleri

il concetto di scelus, tradizionalmente associato alla

guerra civile, con quello del sovvertimento totale della legge 22 , avvici1 8 - Cfr. 4 , 14- 1 6 . Vedi oltre: , p . S6 sgg . 1 9 - Cfr. per c:s. Lucan . , l , 70 sgg . ; vedi a questo proposito il recente: lavoro di E. Narducci, La provvidenza crudele. Lucano e la distruzione dei miti augustei, Pisa 1 9 7 9 , p . 37 sgg . c: passim.

20 Un vasto elenco di loci similes dei due: autori si trova in F. Schwc:mmlc:r, De Lucano Manzlzi imitatore , D iss. Gic:ssc:n 1 9 1 6 : un lavoro puntiglioso, secondo la moda del tempo, nel ritrovamento dei loci similes , che: si esplica però in un accostamento del tutto estrinseco dei passi rc:pc:riti , carente: di motivazioni c: di una seria indagine: sulla tecnica imitativa di Lucano . -

2 1 - Vedi a questo proposito L. Baldini Moscadi, Osservazioni sull'episodio magico del VI libro della Farsaglia di Lucano , cSIFC• 1 9 7 6 , pp. 140- 196. 22 - " S tabilire: cosa sia giustizia c: amministrarla compete: a scc:llc:rati " : cosi G . B . Conte: ot-

n. POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA: MANlll O E LE GUERRE CIVlLI

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nabilt a leges . . . per ipsas l saevit nequities di Manil. , 2, 60 1 sg. ; con &ertatum . . . l in &ommune nefas (v. 5 sg.) si radicalizza l' immagine del fas atque nefas mixtum di Manil . , 2 , 601 ; populum . . . potentem l in sua victrici &Onflersum flis&era riextra (v. 2 sg.) esprime il motivo reso. da Manilio con imperium . . . suis &onflixit 111"ribus ipsum (1 , 9 1 2) ; anche il furor, aluo motivo uadizionale già sottolineato in Manil. , 2 ,600 , uova

posto nel poema lucaneo in un ' aposuofe densa di pathos (v. 8 sgg.) . Ancora nel primo libro della Pharsalill gli stessi temi ricorreranno nelle parole. di Nigidio Figulo, &ui &ura rieos se&retaque &aeli l nosse fuit,

quem non stellarum Aegyptill Memphis l aequaret flisu numerisque moventibus aslrll (vv. 639-64 1 ) ; e proprio neUe stelle egli uoverà i presa­ gi della guerra civile, e pouà affermare: imminet armorum rabies ferri­ que potestas l &onfunriet ius omne manu s&elerique nefando l nomen erit virtus multosque exibit in annos l hi& furor (vv . 666-670) . Il ba&k­ grounri culturale. comune ai due autori rivela ineq:uivocabilmente la sua presenza dieuo questi versi dedicaci alla guerra civile 23 ; in particolare, anche per Lucano si evidenzia subito il rappono prevalente con Virgilio, su cui tanto si è scritto in questi ultimi anni 24 • Ma al di là delle fonti co­ muni, si può forse ipotizzare un ' influenza diretta di Manilio sull ' autore della Pharsalill , di cui porrebbe essere una spia il nesso rupto foeriere del v. 5 del proemio lucaneo se messo a confronto con la clausola maniliana foeriere rupto di 1 ,899 . Ceno l' espressione ruptafoeriera si riuova anche in un passo di Seneca, De ira 2 ,9 , 4 , inserita . in un contesto in cui si fa chiaro riferimento alle guerre civili 25 • Ma anche nel brano senecano mi

cimamente rende l'espressione lucanea in // proemio della Pharsalia, cMaia. 1966, p. 48.

2 3 - Per Lucano si dovrà tener conto naturalmente anche di Seneca: sulla suggestione eser­ citata da Sen . Phoen. 295 sgg . sul proemio della Pharsalia vedi Conte , art. cii. , p. 49 sg . ; a questo aggiungerei anche De Ira 2 , 9 , 2 sgg . (vedi oltre p . 48) . 24 - La bibliografia sull ' argomento è assai vasta: rimando al volume del Narducci, cii. , che la cita nel corso del lavoro . 2 5 - Seneca fa preciso riferimento anche ad Ovidio , di cui cita nel testo Met. l , 1 44-48 : ab­ biamo già visto come questo passo ovidiano abbia esercitato la sua influenza su Manilio (vedi supra n. 1 1 e n. 1 6)

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LORETI'A BAIDINI MOSCADI

pare si possano cogliere delle allusioni agli

Astro11omiu: in 111/ fm M­ fmque misce11rium (De irti 2 ,9 ,2) si può vedere una ripresa del /m atque nefm mixlum maniliano (2 ,60 1 ) ; gli i11cenriill tollls urbes co11cremt�ntill (De ira 2 ,9 , 3) ricordano le eversm urbes di Manil. , 2 , 596 ; anche il lungo elenco di delitti quibus tn'ful 11011 sufficiu111forti sembra richiamare le i11siriias fori di Manil. , 2 , 598, cosl come il termine nequitill ripetuto due volte nel brano senecano fa pensare al nequilies di Manil. , 2 ,602 . Si po­ trebbe forse affermare che Seneca, con la sua dettagliata enumerazione di sce/ert1 voglia esplicitare quanto Manilio aveva racchiuso nelle espres­ sioni vllf'ias p11Cis clllries (2 ,597) e c��eries in moe11ibus i'psis (2 , 5 98) . Se co­ sl fosse, si può sl supporre la mediazione, in questo caso, di Seneca fra Manilio e Lucano , .ma anche l ' ipotesi di una lettUra,

e

quindi dell ' assun­

zione nel proprio bagaglio culturale, degli Astronomica di Manilio an­ che da parte di Lucano acquista maggiore credibilità. E ad una conoscen­ za diretta del testo maniliano sembra senz ' altro risalire in Lucano so in cui , dopo la presentaZione della

il pas­ Thesslllica infelix . . . tellus (7 , 847) ,

si legge: ante novae venient acies, scelerique secundo praestabis nondum siccos hoc sanguine cr�mpos

(7 ,853-854)

� evidente il rappono con Manil. ,

1 ,909-9 1 1 : armtJ Philippeos im­ l 11 i x q u e e tia m s ic ca ossa virum lacerosque prius super

plerunt agmine c a m p o s , mi/es Romanus h a r e n a l astitit artus. Sul passo maniliano abbiamo già rilevato l ' influsso esercita­ to da Verg. Georg. 1 ,487 sgg. 26 e tale influsso � riscontrabile anche sul brano lucaneo nella sua completezza (vv . 847-872) , ma questo non con· trasta con la possibilità di una diretta suggestione esercitata su Lucano dai versi di Manilio esplicitamente riferiti alle guerre civili.

26 - Vedi p. 4 1

e n.

6.

IL POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA: MANII.IO E LE GUI!IUlE CIVILI

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2 . I protagonisti. Nel primo libro degli A.stronomi&11 Manilio , descrivendo il corso dei circuii che atttavcnano il ciclo e le costellazioni, viene a parlare dell' orbis ltJ&teus e delle varie spiegazioni che sono state tentate per giustificarne .l'intensa . luminosid (v. 684 sgg.) : fra le altre, quella che vede nella Via Lattea la sede delle fortes tmim��e che si sono meritate il ciclo con la loro fl.irtus (vv. 7 58-76 1) 27 • Prende da qui l'avvio un lungo catalogo di personaggi mitici e storici . che si estende. per circa quaranta versi: .vi sono inseriti gli eroi omerici .(v. 76 1 sgg.) , figure fa­ mose di legislatori, filosofi e guerrieri greci . (v. 7 7 1 sgg.) , fmo a giun­ gere ai Romtmi viri quorum iam f!IIIXim�� turb11 est (v. 777) . Non manca nessuno dei personaggi che dovevano costituire gli exemplll delle varie tlirtlltes nelle scuole di reto.rica . 21 a cui Manilio, ancora una volta, pare saldamente .ancorato.: Tarquinioque minusreges et Horatia proles sola acies, parti nec non et Scaevola uunca nobilior, maiorque viris et Cloelia virgo, et Romana ferens, quae texit, moenia Codes , et commilitio volucris Corvinw adeptus et spolia et nomea , qui gestat in alite Phoebum , et Iove qui meruit. caelum Romamque Camillus servando posuit, Brurusque a rege reccptae conditor, et furti per bella Papirius. ultor, Fabricius Curiusque pares , .et tertia .palma Marcellus Cossusque prior .de. rege necato , certantesque Deci votis similesque triumphis, invicrusque mora Fabius, victorque necati Liviw Hasdrubalis socio per bella Nerone, Scipiadaeque duces , farum Carthaginis unum ,

27

A proposito della tradizione che riserva alla Via Lattea la sede delle anime degli eroi, Boyancé, Étuties sur le Songe tie Scipion , Bordcaux-Paris 1936, p. 1 3 3 sgg. ; Cicero­ Somnium Scipionis. Introduzione c commento a cura di A. Ronconi , Firenze 1 96 1 , p .

-

ve di P. ne,

90 sg .

A . Ronconi, Exilus illuslrium virorum , i n Da Lucrezio a TtJCilo , Firenze 1 968 p. 2 3 3 sgg . , (l' articolo era già comparso in cSIFC• 1 940 pp . 3 - 3 2) .

28 - Vedi

50

LORETIA BAIDINI MOSCADI

Pompeiusque orbis.domitor per trisque triumphos ante deum princeps , et censu Tullius oris emeritus caelum , et Claudi magna propago, Aemiliaeque domus proceres, clarique Metelli, et Cato fortunae vietar, matrisque sub ann is miles Agrippa suae ? . . . . . . . .

(vv. 778-798) Intanto vorrei far notare che accanto ai nomi degli antichi re e di per­ sonaggi già consacrati .come figure paradigmatiche nel periodo repubbli­ cano come i Deci o gli Scipioni , compare là di una loro assu nzione al ruolo di

una

triade di uomini che ,

exempla,

al di

hanno rivestito una fun­

zione politica precisa in un passato prossimo per Manilio: Pompeo , Cice­ rone , Catone. Manilio sembra essere in questo caso lo specchio di una si­ tuazione politica in cui Augusto , all ' interno raggiunta e di un potere consolidato

al

di una pax RomtJna ormai

di là di ogni dubbio , può per­

mettere che si guardi ai rappresentanti della parte che gli fu avversa nelle guerre civili senza rancori , anzi, che se ne recuperino le cero emergere

virtules che li fe­

in quella res publica di cui lui, Augusto , si definisce ap­

punto il difensore

e

l ' erede: non esiste, del resto, modo migliore per

esorcizzare i fantaSmi del passato .

orbis riomitor, come princeps lui stesso ante deum : concordo senz ' altro , nell' accogliere la lezione ante deum dei co­ dici contro ante diem dello Housman, col Grenade 29 : riferendo il termi� Per quanto riguarda Pompeo , lo si esalta come

conquistatore di terre

e

tre volte trionfatore ,

ne deum ad Augusto , già cosl definito da Manilio nella dedica del poe­ ma 30 , si tende a recuperare. la figura

di Pompeo inserendola in una tra-

29 - P. Grenade, Le mythe de Pompée et /es Pompéiens sous /es Césars, cRev. É t . .Anc.• 1950, p . 58; anche van Wageningen (op. cit. p . 92) accettava ante deum , ma riferendolo a Cesare anziché ad .Augusto . Lo Housman , invece , accettando la congettura diem dd Ben· tley (vedi apparato ad loc. ) rifiuta deum con queste parole : " quid attinebat Pompcium, sicut etiam Sulla , ante Caesarem, sicut etiam ante .Augusrum, principem fuissc dici? ' ' . 3 0 Cfr. Manil. , l , 7 - 9 : tu, Caesar, patriae princesque paterque , l qui regis augustis paren­ tem legibus orbem l concessumque patri mundum deus ipse mereris: ad .Augusto sono qui riferiti entrambi gli attributi diprinceps e deus. .

n. POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA : MANILIO E LE GUERRE CIVlll

5l

deus, � il princeps E questo in accordo . con gli intenti della politica augu­ stea, secondo la quale ric«:Jnosccrc in Pompeo quasi un precursore dell ' atrualc princeps ' ' serviva - come afferma il Tandoi - a nascondere la dizione patria di uomiD.i eccezionali di cui Augusto , per eccellenza.

vera essenza autocratica del nuovo regime sotto una patina di uadiziona­ lità, a mostrarc. lcgami provvidenzialistici con le glorie del passato " 3 1 .

D ' altra parte, . l' esaltazione di Pompeo conviene anche alla propaganda repubblicana che , come sappiamo, si esplica soprattUtto nelle scuole di retorica .a colorito .stoico , rifiugio dell ' opposizione aristocratica che n ela­ bora

c.

forgia i propri eroi 32 : Pompeo e Catone sono natUralmente fra i

mass im i rappresentati di questa opposizione . Questo per sottolineare co­ mc la menzione di tali personaggi nel poema maniliano si carica .incvita­ bilmcntc di una certa ambiguità. L' influenza della scuola nella poesia del I sec . d . C . � evidente, ma non

è . altrettanto evidente quanto dalla scuola un singolo poeta come Manilio abbia tratto anche di animus re­ pubblicano e di spirito . di opposizione . Ceno , la figura di Catone viene presentata completamente scissa dal momento storico . in cui � vissuto, dagli avvenimenti cllc l' hanno travolto ; lo si vede immobilizzato in un

di ' santità' che lo eleva al di sopra degli eventi, non piegato dalla so ne che gli fu avversa 33 : Catone si avvia a impersonare l'ideale perfetto del sapiens stoico che riuoveremo esaltato tante volte in Seneca M . E il motivo stoico della superiorità .del sapiens sulla fortuna rimbalza ironicaalone

31

-

V. Tandoi, lnlomo ali Anlh. ltJI.

437-38 e tJI milo rJi A.lessanrJro /rll i J'ompei!Jni•, � 9 ; F. Taeger, Chari.rma. S1uriien

cSIFU 1963, p. 100; vedi anche Grenade, m. cii. , p.

Geschi&hle t/es anliAen Hemchdulles, Stungart 1960 , Il, p. 1 7 9 . Mi sembra risulti chiaro, a questo punto, per rispondere all' obiezione dello Housman (vedi n. 29) , quale s ia il nesso che lega Pompeit�s princeps ad Augtl!lus rieti! e come in questo caso sia inutile, ol tre che dannoso, correggere la lezione dei codici.

z11r

­

32- Vedi G. Boissier, L �opposilion sous /es Cisars, Paris 188� 2 •j- 9 � sgg. ; H . Bardon, Les Emperttllrs el /es lellrtls lalines rJ'A.ugtl!le iJ Halirien, Paris 1968 , p. 100 sgg. H - Vedi

V. Tandoi, Morituri 11erba Catonis , l , cMaiv 1 96 � . p. 3 1 7 e n. l .

34 - V edi P . Pecchiura, ltJfigura rJi Catone Uticense nella letteratura latina, Torino 1 96 � . 59 sgg. , Ch . Wirszubski , Libertll!. Il concetto politico rJi ltbertà 11 Roma Ira repubblica e impero , (trad . it . ) , Bari 1 95 7 , p. 192 sg . p.

52

LORETIA BAIDINI MOSCADI

mente , quasi con le stesse parole. di Manilio, in Giovenale , in quello che sembra nae

un

apoftegma ormai di

uso

(Sat. 1 3 ,20) ,

comune: vi&trix fortu­

sapientia. Più anomala la presenza dell ' altro personaggio della triade , Cicero­

ne , nel çatalogo degli eroi nazionali: Cicerone, infatti, sto importante fra gli eroi della

non

ebbe un po­

res publi&a. Il Wirzsubski osserva che

' ' nulla c ' era nel carattere e nella mone di Cicerone dle lo raccomandasse all ' ammiraz ione dei posteri" 35 • Ora,

se

questo � vero per il .carattere

dell' oratore, altrettanto non può dirsi per la .monc , . Che suscitò sensi di elogio e di commozione testimoniati fm dai frammenti di Livio conser­ vatici da Seneca Retore 3 6 , tanto che si può parlare di un exitus che si viene modellando secondo la tradizione degli

Ci&eronis exitus illustnum .,;.

rorum neUe scuole di rctorica .c negli ambienti dello stoicismo romano a colorito .cinico 3 7 • Manilio , comunque, pone anche Cicerone, insieme

a

Pompeo e Ca­

tone , fra gli emeriti caelum. La motivazione può essere duplice: di carat­ tere politico e di carattere letterario . . Plutareo

(Ci&. 49,2) ci racconta .co­

mc molti anni dopo la mone di Cicerone, Augusto, sorpreso. uno dei propri nipoti a leggemc .gli scritti invece di rimproverarlo si mettesse

a

tessere gli elogi dell' oratore dcfmendolo }.6-yLO $ xaì qn}.67raTQ U 31 • Questo ci riporta a quanto abbiamo già detto a proposito dell ' opponu-.

nitl politica per Augusto di esorcizzare i personaggi scomodi del passato designandoli al ruolo di benemeriti della res publi&tl della cui tradizione si presenta come il legittimo continuatore . l versi quindi che Manilio de­ dica all' Arpinate potrebbero nascere da un adeguamento del poeta al

3 5 - Op. cii p. 193 . . •

36 - Ap. Sen. Suas. 6 , 1 7 e 2 1 sg. ; vedi a questo proposito R. Lamacchia, Ii gi11riizio rii Tito LWio SII Cicerone (Sen. 'Suas. , VI, 22) . in cAni del Convegno Gli sloriogrtlji /an;,; m,,,, _ tlllli in frammenti• (Urbino, 9- 1 1 maggio 1974) , cS tud i UrbinaU.. XUX N . S . n. 1 , 1975 , pp. 4 2 1 -435 . 37 - Vedi (M . Tuili Ciceronis] Epistola ari Octa11tan11m . Introduzione, testo critico e com­ mento a cura di R. Lamacchia, Firenze 1968 , p. 5 sg.

38 - Vedi anche Grenade, op. cii. , p . 54 sg.

n. POETA FilA STORIA B IDBOLOGIA : MANILIO E LB GUEIUU! CIVILI

programma augusteo, o, comunque, essere testimoni

di

un

53 tale clima

politico. Ma ancora una volta vorrei .sonolineare l'.ambiguid di tale ope­

razione esaminando il testo maniliano : a Pompeo , esaltato in qualid di pritJCeps, Manilio accosta immediatamente el censu Tul/i'us oriJ l emeri­ tus c��elum (v. 794 sg.) , cioè colui che come princeps in vita lo aveva va­ gheggiato , apponendolo a Cesare . Il binomio Pompeo-Cicerone si rico� stituisce in questi versi di Manilio, quali che siano le intenzioni dell' au­ tore .

Ma anche un' altra motivazione ba senz' altro giocato , a mio aniso ,

neU' inserimento di Cicero ne fra le anime elette della Via Lattea: come uascurare .

il fatto che proprio l' Ar­ pinate , nel Somnium Scipi'onis, aveva fatto dell ' orbis ltJcteus la sede dei benemeriti della patria �1 ? E, a pane Cicerone , esaltato censu oris tG , gli altri p ersonaggi romani che compaiono neU'elenco .maniliano sono tutti, in qu alche modo , benemeriti della patria, non ultimi gli Scipilldae du­ ces, uno dei quali è appunto il protagonista del Somnium ciceroniano. D ' altra pane, . nel .testo maniliano, laddove si espone la teoria s econdo cui l' orbis ltJcteus sarebbe la sede delle fortes anim��e , mi sembra possibi­ le scorgere dei richiami allusivi al testo del Somnium ·U : poteva, l' autore degli Astronomica,

.

an fones .animae dignataque nomina cado corporibus reso.luta suis terraeque remissa bue migrant ex orbe suumque habitantia caelum aetherios .vivunt annos mundoque fruuntur.

(vv. ns-76 1) 39 · Cfr. Cic . Somn. Scip. 3 , 1 6 ; vedi Ronconi , Somnium cii. , commento ad loc. , p . 90 sg. 40 · Viene però il sospetto che l ' esaltare Cicerone nella sua qualità di oratore sia dovuto ad

un

eccesso

di prudenza da pane dell ' autore degli AsJronomi&a: sappiamo come un altro

esaltatore di Cicerone, Cassio Severo, sia stato vittima della collera di Augusto negli ultimi ann i del suo impero (vedi a questo proposito Grcnadc, ari. cii. , p. 54 sgg. , c Bardon, op.

cii.



p. 1 0 1 sgg.) .

41 - Un rapido accenno a Cicerone come possibile fonte di .Maoilio � io K. BOchoer, Som­ ,;,, Scipw•is. QueUen. Geslll/1. Sinn. , cHermes Einzclschu Hcft 36 , Wicsbadco 1 976 , p. 7 1 . A ncheJ. Bayct , L 'immortlllili t11lrtl/e ti'Augusle 011 Manili11s commenlfllellr tle Vir­ gi/e , cRev. ik Lau 1939, p. 1 66 , d opo aver introdotto il tema della Via Lattea io .Maoilio, si domanda: "et l oo rcconnalt le dbocloppcmcnt du Songc dc Scipion? " , ma � una do­ manda che resta senza alcun tentativo di risposta. '

54

LOilETIA BAIDINI MOSCADI

L'espressione corporibus resolufll può richiamare alla mente corpo­ re /eX/Ili di Somn. Scip. 3 , 16 , come temuque remiss11 l huc migrrmt ex orbe richiama ex hominum flifll migrt�ntium est di Somn. Scip. 3 , 1 5 . Ma soprattUtto mi sembra significativo il v. 76 1 t�etherios 11i1111nt 11nnos muntioque ftwunlllr se confrontato con Somn. Scip. 3 , 1 3 : omnibiiS qui Plllrillm coNe1'fllltlerint, tltiiu11erint, lltJXerinl, certum esse in Cile/o llC tiefinilllm locum, ubi be111i 11 e 11 o s e m p i l e r n o f r 11 11 n l 11 r 62 : ali' tJeflllm sempitemum ciceroniano Manilio avrebbe sostituito il termine muntiiiS con più specifico riferimento alla dottri­ na stoica u , mentre il concetto temporale. espresso da Cicerone sareb-: be conservatO nell't�elherios flit�unt llnnos maniliano. Ancora, laddove Manilio presenta la figura di Augusto, per il .quale � riservatO in ciclo un pasto particolare più vicino agli dei, si può notare una trama di riecheggiamenti dal testo ciceroniano: . . . . . . . . . Vencrisque a b origine proles Iulia descendit cado cadumque replevit quod regit Augustus, socio per signa Tonante , cemit . et in coeru divum magnumquc Quirinum altius actherii quam candet circulus orbis. illa deum sedes : haec illis proxima divum qui virtutt sua similcs vestigia tangunt. (vv. 790-803) "

Cosl Manilio; e qui vorrei .ricordare

Somn. Scip. 3 , 1 3 : nihil est enim il­ li principi tieo qui omnem muntium r e g i l, quoti quitiem in terris fot, llCceptiiiS q1111m concilia c o e 1 11 s q 11 e homi'num iure s o c i 11 1 i, qt�t�e ci11illltes llppellllntur; e ibiti. 3 , 16 : e11 11ifll 11ia est i11 Cllelum et in hunc c o e 1 11 m eon�m qui iam 11ixen�n l el corpore ltJ42 - Il fatto che l ' espressi one aevo fruantur sia una reminiscenza lucreziana, come nota giu­ stamente il Ronconi, Somnium cii. , p. 34 e p. 7 6 , non esclude che Manilio l ' abbia media­ ta da Cicerone, pur avendo presente anche Lucrezio . 43 - Vedi Ronconi, Somnium cii. , commento p. 94 sgg. e 102 sgg . sul termine muntius. 44 Ripono il resto dei codici, variamente emendato dai critici maniliani: per la discussio­ ne dei problemi connessi al testo , rimando a quanto dice in questo stesso volume R. Mon­ tanari Caldini, Virgilio, Gerfiiii1Ji&o, Mai/io: memorill poetiu etc. , p. 80 sgg . -

IL POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA: MANILIO E LE GUEltR.E CMll

55

xati il/um inco/unt /ocum quem 11ities - erfll flutem in splenriirlissi­ mo c t1 n rJ o r e inter j/flmfiiiiS c i r c u s e/ucens ., - quem 11os, ut t1 Grtlis tJCcepistis, orbem lflcteum nuncuptltis. Anche la le zio ­ ne vestigia di Mtlnil. , l , 803 , corretta in /tiSii'gill dallo Housman " · mi sembra acquisti maggiore autorid . se confrontata con l'espressione

11estigiis ingressus ptltris di Somm. Scip. 8 ,26. Questi richiami formali potrebbero , è vero , trovare una spiegazione nell' utiliz zo di un b agaglio lessicale legato ad una fonte ftlosofica comu­ ne ai due autori 47 , tunavia il fano che Manilio abbia assegnato a Cicero­ ne un posto nella Via Lattea, in quella sede a cui l'Arpinate stesso aveva asp irato , induce a considerare. non casuale il loro impiego . Si potrebbe dunque riconoscere nel testo maniliano un atto di omaggio ali' autore del De R epublica , che acquisterebbe anche maggior consistenza se si vo­ lesse vedere nella figura di Cicerone un parallelo con Platone, citato fra gli 'spiriti magni' della Grecia subito dopo Solone e Licurgo , quasi ad avvicinare gli antichi legislatori al filosofo della mitica repubblica e delle sue leggi (vv. 773-774) . In questa ottica, si potrebbe supporre che la pre­ senza di Socrate. nella Via Lattea (v. 77 4-77 5) trovi poi, fra le fortes ani­ mae romane, il suo corrispettivo in Catone, secondo quel processo di identificazione fra i due sapientes in atto negli ambienti dello stoicismo romano e che troverà p.oi ampio spazio nella letteratura degli exitus illu­

strium flt"rorum

48 • •

*

*

Pompeo e Catone compaiono di nuovo negli Astronomica nel lungo excursus che costituisce il proemio al quarto libro . Dopo alcuni versi dedicati alla stoltezza degli uomini che passano la 4 � - Cfr. anche Manil . , l , 7 5 6 sg . 46 - Vedi Housman, op. cii. , ad locum.

47 - Vedi Ronconi, Somnium cii. , p . 9 1 . 48 - Vedi Ronconi, Exitus cil. , p . 206 sgg .

56

LORETI'A BAIDINI MOSCADI

loro vita affannandosi dietro il miraggio di vani beni materiali, Manilio espone la sua fede nella irrevocabilità del destino che domina il mondo con accenti divenuti famosi 411 : fata regunt o.rbcm , cena stant omnia lege longaque per cenos signantur tempera casus . nascentcs morimur, fmisque ab origine pcndct. (vv. 14- 1 6)

Da qui la necessità dell' accettazione Stoica del proprio fotum sors est secondo una visione provvidenziale della storia che Manilio sviluppa prendendo le mosse d� considerazione del destino di Roma: ·

sua cuique ferenda (v. 22)

-

an , nisifata darent legcs vitaeque nccisque , fugisscnt igncs Aencan , Troia sub uno non eversa viro fatis vici.ssct in ipsis? aut lupa proiectos nutrissct Mania fratres , Roma casis enata foret, .pccudumque magistri in Capitolinos duxissent fulmina montis. includive sua potuissct luppiter arce, captus et a captis orbis.forct? . . . .

(vv. 2 3 -30)

50

In questo quadro è inserito . Pompeo, visto non più , o non solo, come l' uomo che ha conquistato tre trionfi, orbis tlomitor, ma come colui che, raggiunto il massimo del potere, è precipitato verso una fi­ ne misera e. ingloriosa: quis te Niliaco perirurum litorc, Magne, post victas Mithridatis opcs pclagusque receptum et tris emenso .meritos ex orbe triumphos, cum iam eciam posscs alium componerc Magnum crederct , .ut corpus sepelirct naufragus ignis

una ri­ sposta stoica al proemio del secondo libro di Lucrezio , dove si affronta lo stesso problema dell ' inutilità della vita umana spesa dietro il raggiungimento di beni effimeri.

49 - La Romano, Slrtlttura degli Astronomica, cit. , p. 44 sgg. , vede in questa parte

50 - Su quesù versi vedi LOhr, op. cit. , p. 1 2 2 sgg .

ll. POETA F1tA STORIA E IDEOLOGIA : MANILIO E LE GtJEIUtB CIVILI

57

eiectaeque rogum facerent fr:agmenta carinae? quis tanwm mutare potest sine numine fati?

(vv. 50-56)

Il numen foti sovrintende, dunque, alle vicende dei protagonisti del­ la storia . . Anche questo ritratto di Pompeo, il confronto con Alessandro Magno, la raffigurazione della fme miseranda. hanno la loro radice nella scuola 5 1 , ma il contesto in cui sono inseriti, il senso della caducità di ogni grandezza, appartiene alla sensibilità maniliana, ad una visione 'pensosa' della storia, in cui tuttavia ogni avvenimento , per negativo che sia, viene riscattato nel disegno di un fotum provvidenziale, di una rt�tio divina che regola l' universo . . Poco oltre il. poeta dirà: quid numerem eversas . urbes regumque ruinas, inque rogo Croesum Priam.ique in litore truncum , cui nec Troia rogus? quid Xerxen , maius et ipso naufragium pelago? . . . . . . . (vv. 63-66)

Si tratta anche qui di exemp/11 retorici �2 , ma consoni ad una sona di romantica ' Sensucht' delle rovine presente in Manilio ; in particolare , l' immagine di Troia, collegata al tema della vanità delle umane gran� dezze, e la figura tragica di Priamo, sono care al poeta 5 3 • Questa pane del quarto libro sembra aver esercitato un' influenza particolare sul poema lucaneo 54 , laddove , nell' ottavo libro , il poeta ci presenta il tronco di Pompeo insepolto sulla riva. del mare e .ne lamenta il tragico destino:

H - Vedi E. Mtlller, Zur Charaflteristij ries Manilius, cPhilologus- 1 903 , p. 82 sgg . ; L. Al­ fonsi, Pompeo in Mimi/io , cl.atomus• 1 94 7 , p. 346 sgg. ; Tandoi, Intorno ad Anlh. Llll. ,

cii p. 72 sgg . . •

,2 - C&. A. Oltramare, Les origines tle 111 tlilllrihe roflllnli e , Diss . Genh'e 1926, p. 2 12 .

H - Vedi 1 , ,08 sg. : quol posi excitlium Troille suni erula regna! l quol r;apli populi! , e , ,484 sg . (riferendosi alle capacità dell ' attore tragico) : cogelque vitlere l praesenlem Troillm Prillm umque ante ora r;atlentem. ,4 - Influsso giustamente rilevato da Narducci, op. cii. , p. 4 7 .

58

LORETIA BALDINI MOSCADI

litora Pompeium feriunt, uuncusque vadosis huc illuc iactatur aquis ! adeone molesta totum cura fuit socero servare cad aver? hac Fortuna fide Magni tam prospera fata pertulit, hac illum summo de culmine rerum mone petit cladesque omnis exegit in uno

saeva die , quibus inmunes tot praestitit annos

Pompeiusque fuit qui numquam mixta videret laeta malis, felix nullo turbante deorum et nullo parcente miser; semel impulit illum

dilata Fortuna manu . pulsatur harenis, carpitur in scopulis hausto per vulnera fluctu , ludibrium pelagi, nullaque manente figura una nota est Magno capitis iactura revulsi . (vv . 698-7 1 1)

Anche qui, come in Manilio , la misera fine di Pompeo è attribuita ad un destino avverso che l'ha fatto precipitare dalle più alte vene e che lo ha ridotto ad un tronco in balia delle onde. L' immagine del tronco, che compare altrove nella PhtJrsalia, evoca l' immagine del disgraziato Priamo di virgiliana memoria -. iacet i'ngens litore truncus (Aen. 2 , 5 5 7) ­ ripresa. evidentemente anche da Manilio in 4 ,64 , cosl come il destino di Roma ricalca quello di Troia. in una visione non più provvidenziale delle vicende. dell'Urbe 55 • Cenamente in Lucano giuoca soprattUtto il con­ fronto antitetico col poema virgiliano, ma nella complessa trama di rap� poni che lega continuamente la PhtJrsalia all 'Eneùle, si è inserito .in que­ sto caso anche il ricordo .del brano maniliano, come mi pare risulti evi­ dente dalle immagini che nei due poeti si riferiscono alla cremazione del corpo del Grande: . . . . ut corpus sepeliret naufragus ignis

eiectaeque rogum facerent f r a g m e n t a

Co sl Manilio ai vv .

c a r i n a e?

54- 5 5 ; e Lucano :

et collecta procul lacerae f r a g m e n t a exigua trepid us posuit scrobe

c a r i n a e

. . . . .

(8 , 7 5 5 - 7 5 6) 5 5 - Vedi Narducci , op. cit. ,

p.

44 sgg .

n. POETA FRA STO.RIA E IDEOLOGIA: MANlll O E LE GUBIUU! OVllJ

L'identità della clausola

jr11gmenltl cllfin��e

59

56 testimonia in modo

inequivocabile la suggestione esercitata da Manilio sulla pane dell' otta­ vo libro lucaneo relativa alla mone e al compianto . di Pompeo Magno . In Manilio , accanto .al vinto Pompeo , vinto .non solo numi'ne j11ti, ma

sconfitto nella realtà storica .dalle annate cesariane , compare accumunato dalla stessa ineluttabilità del fato , l' antagonista, Cesare:

ille etiam caelo genitUs caeloque receptUs, cum bene compositis victor civilibus annis iura togae regeret, .totiens praedicta cavere vulnera non potUit: toto spectante senatU , indicium d extra retinens nomenque , cruore delevit proprio , .possent ut vincere fata. (vv. 5 7 -62)

di'11us luli'us, lo si riconosce vincitore delle guerre civili, ma l' attributo fli'ctor assume una Si sottolinea, nei versi maniliani, l ' origine celeste d�l

patina di amara ironia se confrontato con l'espressione che lapidaria­

possent ut 111ncere fotll. Non Astronomi'&11 l' audacia del poeta nell' acco­

mente chiude il brano dedicato a Cesare : può sfuggire al lettore degli

stare i due massimi protagonisti delle guerre civili in un ' unica visione che ne equilibra le sorti , abbassando al livello del vinto Pompeo il vinci­ tore Cesare, il capostipite della casa regnante .. Manilio qui rivela la sua concezione moralistica della storia, in un quadro in cui non esistono vin­ citori e vinti, ma in cui ogni umano potere, ogni conflitto è superato. nel­ la visione stoica del Fato che tutto domina e tutto decide . Ma ancora una

volta traSpare una certa ambiguità dall' intero brano: di Roma inizial­ mente (v.

26 sgg.) si dà un' immagine che ne fa presagire la successiva

grandezza secondo il disegno del Fato che l' accompagna nel suo svilup­

po da piccolo villaggio di pastori a .città vittoriosa su molti nemici. Ma i versi seguenti di questa rassegna storica .collegano i grandi uomini roma­ ni a immagini di morti violente, di destini avversi, per giungere fino al v.

6 3 , qui'd numerem e11ersm urbes regumque rui'nm, che inuoduce le fi-

56 - G.il lo Schwemmler aveva notato l'identiti delle due clausole (op. cii. , invece al Narducci.

p.

1 9) sfuggita

60

LORE'ITA BAIDINI MOSCADI

gurc tragiche di Creso, di Priamo, il riferimento al rogo di Troia., di cui abbiamo detto precedentemente. a inevitabile che la mente del lettore accomuni anche il destino di Roma a quello delle e11ersae urbes 57• al concetto delle ruinae che sorgono da ciò che fu grande . Una vena di pes­ simismo serpeggia per questi versi maniliani , seppure superato. dalla fe­ de del poeta nella r��tio che regola l ' universo . . Ma siamo ben lontani dalle immagini celebrative della gloria di Roma proprie dei poeti del circolo augusteo : è la Roma di Lucano, modellata , in antitesi a Virgilio, sull ' immagine di Troia 51 quella che sembra anticipata da questi versi di M anilio, come se il poeta di Cordova avesse tratto , con procedimento analogico , le conseguenze derivanti dalle premesse insite nel messaggio maniliano . Lucano rivestid di motivazioni politiche, quali la perdita della libenà in seguito alle guerre civili, il tema della inesorabile deca­ denza dell'Urbe, e non sarà soccorso , nel suo dichiarato. pessimismo, dalla fede in un destino provvidenziale . Già in M anilio , però si avvene la presenza di un clima culturale diverso da quello in cui potè sorgere il poema di Virgilio o l' opera di Livio: al venir meno dei miti augustei Ma­ nilio può comunque ancora opporre il suo enrusiasmo per l ' astrologia, la sua fiducia nell'uomo-microcosmo esaltato proprio nella parte finale di questo quarto libro come partecipe della natUra divina che permea l' uni­ verso (v. 886 sgg.) 59 • Tuttavia non viene m eno la sensazione che l ' accet­ tazione del proprio destino, .la coscienza dell' ' alterna o nnipotenza delle umane sorti' .dei popoli e delle città si rivesta talvolta in M anilio di ac­ centi di dolorosa riflessione. La menzione di Catone segue di poco i versi dedicati a Pompeo e Ce­ sare, e si situa in un contesto in cui risuona il ricordo .delle guerre civili.

5 7 - Di eversae urbes Manilio aveva già parlato in 2 , 596 , in un passo in cui è presente il ri­ cordo delle guerre civili (vedi supra p. 43 sg . ) . 58 - Vedi Narducci, op. cii. , p . 4 8 sgg . 59 - Vedi a questo proposito LOhr, op. cii. , p. 1 5 2 sgg . , e Romano, SJrullura t/egli AsJro­ nomica cii. , p. 49 sgg. Vedi anche quanto io stessa notavo sul ruolo dell'uomo in Manilio in Magi-1 e progresso, cii. , p. 1 1 sg .

n. POETA FlA STORIA E IDBOLOGIA: MANIUO E LE GUEUE

CIVnl

61

Dopo aver esposto una serie di circostanze e situazioni inspiegabili, nell' esperienza dell' uomo, se non col riponarle all' intervento inperscru­ tabile delflltum (vv. 68-81), Manilio continua: ecce patrem nati pc:rimunt natosque parentc:s mumaque armati coc:unt in vulnera fratrc:s. non nosuum hoc bdlum m; cogunmr tanta moveri inque suas ferri poc:nas lacerandaque membra. quod Decios non omne tulit, non omne Camillos tempus et invicta dc:victum mone Catonem , materic:s in rem superat sc:d lege rc:pugnat. (vv. 82-8 8)

Ho già detto 60 come il ricordo delle guerre civili era uoppo recente nella mente del poeta e dei suoi lettori perché non si ravvisi in questi ver­ si un implicito riferimento a quella situazione storica da poco dolorosa­ mente vissuta. Periodi tanto bui nelle vicende dell' uomo si verificano, spiega Manilio, perché non rutte le età sono in grado di generare. perso­ nalità come quelle dei Deci, dei Camilli, come quella di Catone, non tanto perché manchi la m11teries per forgiarli, ma perché questa vi si sot­ trae secondo la legge della natura e del fato . Nasce subito una certa per­ plessità alle parole. di manilio : Catone è vissuto ed è mono proprio in un periodo in cui mutu11 . . . 11muti coeunt in vulner11 jr11tres. La perplessità è accresciuta dal fatto che il testo maniliano, nel verso riguardante Catone, è stato variamente rimaneggiato dagli editori degli Astronomici!�. I codici infatti presentano la lezione invict11 devictum morte C11tonem , all' infuo ­ ri d i due codici recentiores, il Florentinus e il Bodleianus , i quali correg­ gono in invictum devickl morte C11tonem , lezione, questa, seguita da quas i tutti gli editori maniliani, fra cui il van Wageningen 6 1 . Lo Hou­ sman, invece, sulla scia del Bentley, propone invict11 devictum mente C11tonem , supponendo una confusione fra morte e mente già da lui veri­ ficata in alcuni passi ovidiani e uovando appoggio alla sua congenura in

60 - Vedi p . 4 5 6 1 - Op. cii. , p .

2 09 .

62

LO.REITA BAWINI MOSCADI

Lucan . , 9 .

1 8 in cui si legge in11icti posuil se mente Catonis 62 • Ora, la o dell' altra lezione mi sembri muti in modo abbastanza

scelta dell' una

sostanziale il senso da dare all ' interpretaZione della figura di Catone quale ci viene presentata in questo passo mao i lian o , contrariamente a quanto afferma il Pecchiura nel .lavoro dedicato appunto alla figura di Catone 63 • Intanto , la lezione

in11ictum tievicta morte Catonem seguita dalla

maggior parte dei critici maniliani mi sembra, sottoposta ad un attento esame, la meno attendibile : ceno , . l' immagine di un Catone senz ' altro più vicina al

Calo fortunae victor di l , 797

64 ,

invictus è

una presentaZio­

ne consona alla figura di Catone considerato, in un' ottica puramente etica, distaccato dagli avvenimenti storici .che lo travolsero , elevato in una sfera di sacralità conferitagli dalla propria superiorità .morale: il Ca­ tone modello di sapienlia, insomma, che si poteva esaltare senza incorre­ re nell ' accusa di anti-cesarismo 65 • Ma l' espressione tievicta morte non mi pare adattarsi alla realtà storica del personaggio: infatti Catone non vince, in realtà, la mone , .ma la sceglie e la subisce come male minore ri­ spetto al piegarsi a Cesare: è proprio in questa sua scelta sostanzialmente politica che Catone , da vinto , diventa vincitore , ma la vittoria si realizza 'attraverso ' la mone , .non 'sulla' mone . Il concetto del " vincere la mone " , della "vittoria sulla mone " mi sembra piuttosto appartenere all' ambito cristiano , tanto che il Blaise

66

62 - Vedi Housman , op. çiJ. , ad /oçum ; Gool d (Manilius, Astronomica. Transl. by P. Goold , Cambridge Mass. - London 1 977) accetta la lezione dello Housman . 63 -

Op. àt. p. H n . 1 9 .

64 - Vedi supra p. 50 sg.

65 - Vedi Boissier, op. cii. , p . 98; Wirszubski, op. cii. , p . 1 90 sgg . ; Pecchiura, op. cii. , p. 50 sg . e p . 5 9 sgg. ; E . Wistrand, The sJotc opposilion Jo Jhe Principale , cSwdi Clasice• 1979, p . 9 5 ; vedi anche il recentissimo G. Zecchini, La morte di Catone e l 'opposizione in­ tellettuale a Cesare e ad Augusto , c.Athenaeum• 1980 , p . 49 sgg. 66 A. Blaise , Dtàionnaire Latin-François des Auteurs Chrétiens, Suasbourg 1 9 5 4 , s. v. devictus e dello stesso , Le vocabulaire latin des prinàpaux thèmes lilurgiques. Tumhout -

1 966 , p. 3 2 2 .

IL POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA: MANILIO E LE GUERRE CIVlll

63

morte de11icta ampiamente testimoniata fra gli autori cristiani a partire da Tenulliano, il quale in Ad11. Prt:IX. 2 3 , p. 2 7 3 , 2 1 scrive appunto per resu"eclionem morte de11icta 67 • Tutto questo mi fa ritenere che la lezione de11icta morte sia da definisce ' 'formula cristiana' ' l ' espressione

attribuire, nel testo maniliano, ad una correzione derivante da un' inter­ pretazione ' cristianizzata' della ftgura

di Catone , al tentativo , del resto

riuscito, come ci testimonia Dante Alighieri, di attribuire caratteri cri­ stiani ad un martire della libenà civile e politica, ma facilmente uasfor­ mabile , in un' ottica cristiana, in martire della libenà di coscienza. In realtà la mone, lungi dall ' essere r avversario da sconfiggere , è lo stru­ mento .che l ' Uticense sceglie per la sua ultima battaglia, quando, ormai

11ictus,

non potrebbe che sottomettersi alla demenza . del vincitore 68 • Ec­

co quindi che acquista un dici in11icta de11ictum

senso ,

in questa prospettiva, la lezione dei co­

morte Catonem :

quasi un giuoco di parole. ma in

cui si dà risalto alla ' mone vincente' 69 di Catone, .che diventa tutt ' uno con il suo protagonista 7 0 • A dv. PrtJX. 2 5 , p. 2 7 6 , 2 0 : tamen post resu"eetionem et d e 11 i c­ m o r 1 i s; A dv. Mare. 3 , 1 4 , p. 400 , 4 : morlem resu"eetione devineit. 8 Vedi ancora Iren . , 3 , 1 8 , 7 ; Itala I Cor. 1 5 , 2 6 ; Hil . , Trin. 1 1 , 3 5 ; Ps.Hil . , Libe/1. 6, p. 7 3 9 ; Priscill . , Trae. t. 1 , 3 , p . 5 , 2 3 ; Gel . I , Or. Paseh. 46 ete. 67 - Cfr . anche Tert . ,

l a e gloriam

68

-

In Pluwco e in D ione Cassio si dà molto risalto alla morte di Catone unita al suo rifiu­

to di sottomettersi alla clemenza di Cesare e di rinunciare alla libertà (cfr. Plut . 66 , 2 ; Dion. , 1 0 , 3 sgg . ) . Secondo lo Zecchini,

art. cit. ,

Cato min.

p. 43 sgg . , l ' accentuazione del mo­

tivo della morte in funzione anti-cesariana sarebbe da far risalire al Cato di Cicerone . Na­ turalmente il motivo sarebbe stato accolto dalla tradizione stoica fllo-repu bblicana e svi­

luppato in contrapposizione al motivo di Catone uomo di grandi virtù morali e difensore

dell ' ordine costituito di mauice augustea e filo-governativa in genere (vedi le pagine dedi­ cate a Catone da Velleio Patercolo in cui se ne esalta la

virtus

e

l ' ingenium

(2 , 3 5 , 2) , ma se

ne rimprovera l' irrigidimento di fronte alle concilianti proposte di Cesare e non si fa men­ zione della morte) .

invieta mors addirittura come " morte che rende vittorio­ Thesaurus /inguae Latinae atuibuisce anche questo significato a invietus, cioè ' ' qui inviocibilem facit " , cosl intendeodolo in Plin . Nat. 3 7 , 142 e Damig . Lapid. 3 7 . 69 - Si pouebbe forse intendere

si ' ' : il

70 - U n procedimento logico analogo s i può forse intuire dieuo l ' espressione con cui s i de­ signa Socrate nel catalogo delle fortes

tlamnavit Athenas

animae

della Via Lattea:

damnatus . . . suas melius

( 1 , 7 7 5 ) : il filosofo ci viene presentato nel momento della condanna da

64

LOR.ETIA BAIDINI MOSCADI

Un' interpretazione, questa, certamente meno banale dell 'altra, nel­ la visione di un Catone vinto, e che sposta la considerazione del personaggio-Catone da un piano puramente etico ad un piano eminen­ temente politico : potrebbe trattarsi dell' inizio di quel processo di politi­ cizzazione operante nell' ambito della dottrina stoica cui fa riferimento anche il Ronconi nelle pagine dedicate agli exitus illustrium t�irorum

11 •

Anche la lezione proposta dallo Housman si muove in questa pro­ spettiva: essa merita un' attenta valutazione,

se

non altro per l ' autorità .

che può conferirle la suppoSta allusione di Lucano , nel cui poema abbia­ mo già rilevato la suggestione esercitata da questo proemio del quarto li­ bro maniliano . Intanto , dal punto di vista paleografico � ben comprensibile la possi­ bilità di un errore di lettura che può aver mutato in morte un' originaria mente ; inoltre: la lezione dello Housman mantiene nella forma attestata dai codici l' accostamento dei due termini in11icttJ det�i&tum , corretti inve­ ce in intli&tum det�i&ta da quasi tutti gli editori che leggono morte. Si po­ trebbe supporre: anche, rovesciando i termini della questione , per amore di ipotesi , che una prima errata. lettura delle desinenze dei due aggettivi

abbia poi di conseguenza portato alla necessità di correggere mente in

morte. Accettando comunque la lezione dello Housman , ne risulta un ' immagine dell ' Uticense vicina

a

quella che si ottiene mantenendo la

lezione dei codici, ma ben diversa dali' altra che ci presenta un Catone

in11i&tus: non un Catone vittorioso sulla mone, .bensl tlet�i&tus dagli avve­ nimenti da cui � stato travolto l'intero popolo romano, ma che tuttavia tali avvenimenti ha affrontato in11icttJ mente , nella fermezza delle scelte operate. Anche qui non più Catone figura moraleggiante, ftlosofica, spogliata dei dati reali, dunque, ma visto attivamente operante nella realtà storica .in cui � vissuto . Cenamente Catone , cosl inteso , risulta molto vicino al personaggio

pane della polir , che si risolve in

tiamnatus Socrate. 7 1 Ronconi, Exitus cii. , p. 208 sg. -

realtà in

una

sconfitta della polis stessa da pane del

n. POETA FRA STORIA E IDEOWGIA : MANDJO E LE GUEIUlE CIVlll

65

lucaneo 72 , e la ripresa del verso maniliano d a pane di Lucano ne sarebbe la conferma: nella Pharslllia (9 , 1 8) , l'atttibuto invictus è riferito a Cato­ ne, ma la presenza del termine mente nello stesso verso starebbe a testi­ moniare una ripresa allusiva secondo una tecnica di imitazione frequen­ te nell' autore della Pharslllia. Il contesto in cui l' espressione lucanea si colloca è peraluo degno di interesse : il nono libro si apre con la ripresa del tema della mone di Pompeo, con la successiva apoteosi e con l'im­ magine del Grande. che dall ' alto dei cieli risi't. . . sui lutlibria trunci (v. 14) . Poi lo spirito di Pompeo, volato sui campi dell'Emazia, sulle inse­ gne insanguinate di Cesare, sulle flotte sparse per il mare, .rcelerum vin­ tiex, in sancto pectore Bruti!sedi't et invicti posuit se mente Catonis (v. 1 7 sg. ) . Dopo alcuni versi dedicati a Catone combattente nelle guerre ci­ vili come ultimo baluardo della libenà, lo si presenta .mentre Corcyrae

secreta petti ac mille c a r i n i s l abstuli't Emathiae se­ cum fr a g m e n t a ruinae (v. 32 sg. ) : pur nella vari4tio della clau­ sola , l' espressione richiama l' altra di imitazione maniliana, fragmenta CtJrinae , di cui abbiamo parlato a proposito del rogo di Pompeo 73 • Su questi versi lucanei potrebbe ancora esercitarsi, dunque, la suggestione del passo maniliano riguardante la mone di Pompeo , che precede di po­ co , nel proemio del quano libro , il verso dedicato a Catone. C'è ancora da osservare che nel passo di Manilio l'Uticense è accosta­ to a figure di combattenti per la patria quali i Deci e Camillo: questo av­ valorerebbe l'ipotesi di un Catone visto impegnato attivamente nella lotta per la res publica, e ci ripona ancora una volta al Catone della Phar­ slllia il quale, nel secondo libro , rispondendo alle parole. di Bruto che lo invita ad astenersi da una guerra che lo renderebbe nocentem , ribadisce la sua determinazione alla lotta, che pur considera nejtJS 7' ' fra r aluo con queste parole:

72 - Vedi Tandoi, Morilrlri verba Catonis cii. , 73 -

Vc:di supra p . '>7 sg .

74

2 , 286: 11ejas cwilia bella fatemur.

-

p. 3 36 sg . ;

N arducc i, op. cii. , p. 1 30 sgg .

66

LORETIA BAIDINI MOSCADI

o utinam caelique deis Erebique liceret hoc caput in cuncw damnarum exponere poenas ! devotum hostiles Decium pressere catervae : me geminae figant acies , me barbara telis Rheni rurba petat, cunctis ego perviw hastis excipiam mediw totius vulnera belli . hic redimat sanguis populos, hac caede luarur quidquid Romani meruerunt pendete mores .

(vv. 306-3 1 3) Catone si accomuna

a

Decio ricordandone la tie11otio e consacrandosi

alla mone per il bene comune: un' altra coincidenza, dunque, l' accosta­ mento . ai Deci, fra il Catone maniliano

e

quello lucaneo. E non dimenti­

chiamo che ad un Catone in qualche modo l' altra famosa espressione lucanea:

11ictus si riconnette anche 11ictrix causa tit:is p/acuii seti 11iclfJ Ca­

Ioni ( 1 , 2 2 8) . S i viene, mi pare ,

a

creare una

trama

di corrispondenze fra i due au­

tori sulla figura di Catone cile definirei stimolante, al di là della possibi­ le dipendenza dell ' uno dall ' altro , ai fini di un chiarimento ideologico dell ' ambiente culwrale . di matrice .stoica in cui entrambi si mossero . Alla matrice . stoica si può facilmente ricollegare anche l ' espressione inflicta mente che ci propone la Housman . Seneca ci offre una numerosa serie di passi in cui l' animus, la mens del saggio vengono messi a dura prova dal­ le avversità della sone e wttavia impavidi resistono ai colpi della fonuna che si accanisc.e su di essi 75 ; basterà citarne alcuni a titolo di esemplifica­ ZIOne :

Vit. Beala 5 , 3 : pura mens ... statura semper ubi constitit ac sedem suam etiam irata et infestante forruna vindicatura. Ep .

98, 7 : in hoc ipsum tibi plurimum confcret fiducia et ad tolcrandum omne

7 5 · Vedi a questo proposito G. Busch,

neca, cAntike und Abendland:.

Fortunae resistere in der Mora/ des Philosophen Se­

1 96 1 , pp. 1 3 1 · U4 .

n. POETA FRA STORIA E IDEOLOGIA: MANDJO E LE GUERRE CIVUl

67

obftrmata mens . potest fonunam cavere qui potest ferre : cene in tranquillo non tumultuatur. Ep .

66,6: animus . . . magnus ac vehemens, asperis blandisque pariter invictus , neutri se fonunae summittens . . : talis animus vinus est . .

Ep . 80, 3 : quanto facilius animus conroborari possit ut fonunae ictus invictus excipiat , ut proiectus, ut concultatus exurgat.

E ancora, a sostegno della espressione invi'cta m ente si possono citare

due passi a mio avviso signifkativi: il primo, di Ovidio, ove risalta la fer­ ma volontà dell ' esule di opporsi ai mali della propria condizione , con accenti che Manilio, altrove sensibile all' influenza ovidiana, potrebbe aver avuto presenti nella composizione dd verso riguardante Catone:

Ov. Tr. 4 , 1 0 , 1 03 - 1 04 : indignata malis mens est succumbere seque praescitit i'nvictam viribus usa suis .

L' altro passo , di un autore posteriore a Manilio , Silio Italico , potreb­ be invece costituire una conferma della validità della congettura invicta mente nd testo maniliano : Sil. lt. , 4 , 1 92- 1 9 5 : hic inter trepidos immane Quirinius audens , cui fugere ignotUm atque invicta mente placebat rebus in adversis exceptum pectore letum

cuspide flammat equum . . . . . . .

La lezione proposta dallo Housman , insomma, ha una sua attendibi­ lità intrinseca. Esaminando poi il contesto maniliano , si può ancora notare come l' immagine di un Catone devictus , comune alla lezione dei codici e a quella proposta dallo Housman , si allineerebbe alle altre di Pompeo e di Cesare sopraffatti dal destino , come d' altro lato il Catone vittorioso di l , 797 si allinea al Pompeo trionfatore di l , 793 . Per concludere, se si vuoi intervenire per correg.gere la lezione uadi-

68

LORETIA BAIDINI MOSCADI

ta, che pure, a mio avviso, ha un senso, la congenura dello Housman mi pare l'.unica pienamente sostenibile: essa, infatti, ci offre un'interpreta� zione dd personaggio Catone che, all ' interno di un testo chiaro e. plausi­ bile, ne rispetta a pieno l' identità storica .e culturale. Resta da sciogliere la perplessità suscitata dal collegamento .del verso riguardante Catone c::on quelli immmediatamente precedenti, in cui, co­ me credo, è da scorgere un riferimento alle guerre civili: Manilio verreb­ be a dire che nella storia dell'uomo si verificano circostanze, come le guerce fratricide, non corrispondenti alla natura umana, ma inevitabili per il volere del fato, quorl Decios non omne tu/il, non omne CtJmillos l tempus et in11icttJ rle11ictum morte CtJtonem. Ma Catone, si è già osserva­ to, si è trovato coinvolto proprio in una guerra fratricida, è vissuto in un

tempus

di crimini

e

scelleratezze 76 • Si può supporre tuttavia che per

Manilio anche un periodo come quello delle guerre civili sia riscattato nella sua negatività dalla

11irtus di un Catone .

Ceno Catone, cosl inteso,

segnerebbe il punto più alto cui può arrivare l'.uomo nel suo ciclo stori­ co, e ass umerebbe una coloritura più spiccatamente politica l ' implicita ammissione, da pane di Manilio, che le età prive . dei Catoni, anche se per volontà del fato, sono infedori alle altre. Da quanto detto sinora, si evince l ' immagine di un poeta non indif­ ferente alla realtà politico-culturale . espressa dagli ambienti stoici e dalle scuole di retorica .cui in qualche misura -

e

in quale non possiamo stabili­

re per la totale mancanza di dati biografici - Manilio dovette essere colle­ gato . La presenza degli excursus a carattere storico�politico, non richiesta necessariamente dall' economia del poema, ci testimonia un interesse

delprinceps non ceni accenti di amara

preciso dell ' autore degli AstronomtctJ; e le ripetute lodi bastano

a

dissipare un ceno senso di inquietudine,

riflessione

e

di velato dissenso che si sono messi in luce nelle pani dedi­

cate al tema delle guerre civili e ad alcuni suoi protagonisti. Anche la pane conclusiva dell ' opera, con la presentazione della

76 · Vedi quanto detto a p . 6 1 .

res

n. POETA FilA STOJUA E IDEOLOGIA : MANILIO E LE GUERRE ClVW

69

publica delle stelle conforme all ' ordinamento dello stato repubblicano , in cui principiumque patres retinent et proximum equester l ordo lo­ cum, popu/umque equitipupuloque subire l 11ulgus iners 11iriem etillm sine nomine turbam (5 , 7 3 5-739) , conferma l ' impressione di un Manilio legato alla visione aristocratica e conservatrice 77 degli ambienti stoici filo-repubblicani che tanto peso dovevano poi avere sulla formazione politico-culturale di Lucano . Ceno , questo non è sufficiente a illuminare completamente la perso­

nalità di un poeta che ci si presenta soprattutto come il convinto asseno­ re

della fede nell ' astrolo.gia e nella

ratto

divina

quae eu neta gubem��t ,

ma ritengo che dal panorama letterario del dibattito sulle guerre civili è. stata soffocata, nei suoi intetventi di carattere storico , dalla ben più vasta mll­ teries asuolo.gica del poema. non sia da escludere la voce di Manilio 78 , che forse ftno ad ora

77 - Il conservatorismo espresso da questi versi maniliani � stato sottolineato da B. Farring­ ton, L11creliw ••ti Mllnilius 011 Frie11tiship , cHermathena. 19�4. p. 10 sgg . , e da } . K. Newman, A.ugwiiiS tJnti the New Poetry , coli . clatomu� I.XXXVIII , Bruxelles - Berchem 1967 , p. 4 1 9 sg . ; secondo il Lohr (op. cii. , p. 70) il confronto fra la res publiu celeste e quella terrestre ' ' gehOn zur Illwtration des stoischen Placi turnS von der Kosmopolis ' ' , ma non mi sembra che questo contraSti con l' impressione di conservatorismo di cui si � parla­ to. Che in questi versi di Manilio si possa notare una larvata polemica nei confronti dell ' imperatore, non ricordato neppure come pri11ceps seulus, non esclude nemmeno il Flores in Co111ribuli tlifilologia flltl11ili4u, Napoli 1 966, p . 87 sgg. e n. 7 1 p. 89.

78 - Un maggior peso accordato agli excursus storico-politici degli Astronomica potrebbe suggerire un ' altra ipotesi da affiancare a quelle avanzate da quanti ritengono incompiuta l ' opera di Manilio, ovvero che il poeta sia mono prematuramente o che sia stato colpito dall ' editto conuo gli asuologi promulgato da Tiberio nel 1 6 d. C. (vedi C. Brakman , Ma· niliau, cMncmos. • 192 2 , p. 74 sgg . ; A. Rostagni , Storia t/ella letlertJiura ltlliu, II , Torino 1 9 � 2 . p. 260) : si potrebbe supporre ci� ma di pura ipotesi, ripeto, si tratta , avanzata nell ' incenezza e di una datazione precisa del poema, e della reale incompletezza dello stesso - che Manilio si sia ritirato dalla scena letteraria perché costrettovi dal clima di sospet­ to e di censura che caratterizzò gli ultimi anni del principato di Augusto , quelli che videro -

il bando di Labieno

p. �6) .

e

di Cassio Severo (vedi Bardon , op. cii. , p. 1 0 1 sgg . , Flores , tJrl. cii. ,

ROBERTA MONTANARI CAID INI VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO :

MEMORIA POETICA E IDEOLOGIA IMPERIALE

I Nel prologo delle

Georgiche

Virgilio conclude, come è noto , l ' in­

vocazione rituale alle divinità tutelari dell' agricoltura e del suo poema rivolgendosi al giovane Ottaviano , del quale profetizza la cena divi­ nizzazione, prospettando anzi per lui la scelta fra trel diverse sfere di azione della sua potenza di nume, terra, mare , cielo (v. 24 sgg.) : 2�

30

3�

40

tuque adeo , quero mox quae sint habitura deorum concilia incenum est, urbisne invisere, Caesar, terrarumque velis curaro, et te maximus orbis auctorem frugum tempestatumque potentem accipiat cingens materna .tempora myno , . an deus immensi venias maris ac tua nautae numina sola colant, cibi serviat ultima Thule, teque sibi generum Tethys emat omnibus undis , anne novum tardis. sidus te mensibus addas, qua locus Erigonen inter Cbelasque sequentis panditur (ipse cibi iam bracchia contrahit ardens Scorpius e t caeli iusta plus parte reliquit) quidquid eris . ... . da facilem cursum, atque audacibus adnue coeptis , ignarosque viae mecum miseratus agrestis ingredere et votis iam nunc adsuesce vocari .

Alla fine dello stesso primo libro poi il poeta si richiama , credo , alla terza .eventualità, che viene quindi implicitamente riconosciuta come quella che sarà prescelta, come per altro sembra ovvio data la sua evi­

dente superiorità . (v. 503 sg .) 2 : l

-

Viene infatti ovviamente esclusa una quarta possibilità : che cioè Ottaviano voglia

regnare sul Tanaro (vv . 36- 39) .

2

-

Difficile mi pare infatti che

regia caeli alluda genericamente ai deon�m concilia del

74

ROBERTA MONTANAIU CAID INI

iam pridc:m nobis caeli te regia, Caesar, invidet atque hominurn q uerirur curare. triurnphos.

La suggestiva profezia virgiliana , culminante nei versi relativi al fu. turo catastcrismo , non solo ha posto molti interessanti problemi agli intcrprcti . dd poeta mantovano , dai più antichi 3 fmo

ai moderni, cile

hanno gareggiato nel riccrcarvi le più dotte implicazioni ' , ma ha pro­ vocato ad una raffmata

aemulatio

i poeti , c in panicolacc i . due poeti

che in età augustea si sono occupati dd ciclo Germanico . Virgilio non si limita infatti ad

un

c

degli astri: Manilio e

vago accenno alla divi­

nizzazione astrale di Ottaviano, quali si ritroveranno di frequente nel­ la poesia augustea, ma delimita il luogo dd ciclo che già si sta prepa­ rando per il . futuro catastcrismo . A differenza di Cesare, l ' anima del quale si identificava con una cometa, il sùius

v. 24 sg . (come intende ad es . E. Cesareo ,

Iulium 5 ,

Ottaviano

Ottaviano nel proemio delle Georgiche ,

" Athenaeum " n . s . 9 , 1 9 3 1 , p . H sgg . e p. 2 2 3 sgg . , a p . 2 3 9) : si riferirà invece ai

vv .

Georgica, he· raus . und erkl . von W. Richter, MUnchen 1 9 5 7 ad loc. e A. La Penna , Virgilio e la crisi del mondo antico (in : P. Virgilio M arone, Tutte le opere , vers . . . . di E . Cetrangolo , Fi· 3 2 sgg . Sullo stretto legame tra i

vv .

5 0 0 sgg . e i l prologo s i veda Vergil ,

renze 1966) p. XXX : " il passo si colloca meglio nel periodo di attesa fiduciosa, di rina· ta speranza che succedette alla battaglia di Azio : perciò lo si ritiene

in genere dovuto

ad un ritocco di poco anteriore alla pubblicazione del poema , dunque del 30 all ' incir· ca. Probabilmente è dello stesso periodo il proemio dell ' opera, che presenta un motivo molto simile, anche se il tono è più panegiristico , meno genuinamente religio so ' ' .

3 - Si vedano i commenti di Probo e Servio. atl loc. e le osservazioni in proposito di J . Bayet , L 'immortalité astrale d'Auguste ou Manilius commenltlleur de Virgile, "REI." 1 7 , 1 9 3 9 , p . 1 4 1 sgg . (si veda p . 142 sg . ) .

4

.

S i veda ad es. (olue Bayet ,

art. cit. , che a mio parere. in uno studio pe r al tro pre· Gctty , Liber el alma Ceres in Vergil Georgi&s I ,

zioso , sottilizza a volte uoppo) R. ] .

7, " Phoenix " S , 1 9 5 1 , p . 96 sgg . , che , senza alcun fondato motivo,

suppone

rappre·

sentate da Libero e Cerere del v. 7 le costellazioni della Bilancia e della Vergine , ve­ dendovi un riferimento ai versi sul catasterismo e all ' oroscopo di Ottaviano . A proposi· vv. 5 - 6 le più fantasiose congetture sono elaborate. da E. L. Brown, Numeri Vergiliani, Bruxelles-Berchem 1 96 3 , p . 41 sgg. , che vi vede contorte allusioni astrologi­

to dei che.

Ecl. 9 , 46 sgg. Sul sidus Iulium si veda S . Wein­ Divus Iulius, Oxford 1 9 7 1 , pp. 3 5 6 sgg . e 3 70 sgg . Sulla natura delle comete se-

5 - Ricordato dallo stesso Virgilio ,

stock ,

VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO

75

avrà addirittura u n posto nello Zodiaco , e un posto già predetermina­

tra la Vergine (identificata dottamente con Erigo­ 7 che viene rappresentato , con effi­ cace immagine, . m entre ritrae le sue chele nel dodecatemorion 8 di sua to. Egli salirà infatti

ne)

6

e le branche dello Scorpione ,

competenza, lasciando libera la porzione di cielo che aveva fmora

oc­

cupato in più rispetto alle altre figure zodiacali 9 • Il poeta integra cosl abilmente il sistema che voleva undici costellazioni dello Zodiaco con quello

a

dodici costellazioni , che stava ormai prevalendo

10 •

Egli non

condo gli antichi si veda A . Le Bocufflc, Les noms latins d'astres el de constellations, p. 64 sg.

Paris 1 9 7 7 ,

6 Sulle diverse identificazioni mitologiche della Vergine zodiacalc si veda Le Bocufflc, op. cii. , p. 2 1 2 sgg. ·

7 Quanto al suo attributo tR'dens, esso allude a ben precise caratteristiche asuologichc dello Scorpione, domicilio di Manc , c nel quale si trova la stella Antares, particolar­ mente affmc al pianeta guerriero: cfr. A. Bouché-Lcclcrcq , L 'astrologie grecque , Paris 1899. p. 143 n. 3 c p. 1 9 1 n. 3 ; "RE" 3 A , l , s. v. skorpios, 592 sgg. ; L. Autigcmma, Le signe zoditJul du Scorpion , Paris - La Hayc 1 9 7 6 , passim c in particolare p. 28 sgg. Si veda anche Gcnn . , v. 660 ; Mani!. , 1 , 268, 690 etc . ·

8 - È noto come la corrispondenza tra le costellazioni zodiacali c le dodici partizioni (o segni) che da esse prendono il nome è tuJt' altro che perfetta, dal momento che le figu­ re delle costellazioni non sono esattamente comprese., per eccesso o per difetto, nella partizionc di 30 gradi di eclittica che costituisce il segno. Si tratta però in questo caso di tutt'altro problema, in quanto lo Scorpione, comprese le sue chele, occupava due se­ gni zodiacali, ovvero 60 gradi di eclittica. Essendo poi la figura del corpo dello Scorpio­ ne contenuta quasi esattamente in una delle due panizioni c la figura delle chele nell' altra , aperta era la strada allo sdoppiamcnto della costellazione in due costellazioni autonome. 9 Tradurrei infatti "ciò che ha in più rispetto alla pane che gli compete" , come giu­ stamente sostiene anche il Gctty, tJrl. cii. , p. 105 , laddovc il Bayct (tJrt. cii. , p. 145) traduce "et te laissc du ciel plus qu' unc justc pan" . Non si può infatti accettare l ' in­ terpretaZione, chiaramente asswda anche se ricorrente, secondo cui ad Augusto sarebbe riservata una pane "più grande del giusto" o "più estesa del dodicesimo di eclittica che spetta a ogni segno zodiacalc " . Sull ' interpretazione di questi versi si veda anche W. Kroll, Kleinigkeiten l. Zum Prooemium der GeorgictJ, "Woch . Klass . Phil. " 2 5 / 26 , 1 9 1 8 , p. 304 sgg . ·

10 - Si veda Bayct, tJrl. cii. , p. 146 sgg. Sull 'origine e sulla diffu sione della Bilancia c sull' oscillazione tra CheltJe c LibrtJ si veda inoltre Bouché-Lcdcrcq , op. cii. , p. 1 4 1 sg. ; "RE" 1 3 , l, 1 16 sgg. s. v. LibrtJ; Le Bocufflc , op. cii. , pp. 169 sgg. e 2 1 5 sg .

L I 8 R. A .:a:

Ulusuazioni

uane

da: A. Bouchf-LecleKq ofl. cii. , pp 142- 14 1 .

- - - - -

- - ·

VIRGWO, MANILIO E GERMANICO

77

no.rnina infatti la Bilancia, che pure be n conosceva, e che ricorderà più avanti in questo stesso primo libro 11 , ma vi allude dottamente : proprio nella Bilancia Ottaviano avrà il suo posto nel cielo . E anzi .cre­ do sia interessante sottolineare l' ambiguità con cui Virgilio evita di specificare il preciso rappono .tra il nuovo

sidus

(la cui posizione zo­

diacale, e quindi cronologica all ' interno dell' anno,

è sottolineata an­ da wdis mensibus 12) e la Bilancia: se cioè esso si identificherà con la Bilancia, o se in essa si inserirà; ovvero , in altre parole. se le stelle che erano delle Chelae (o della Bilancia) diverranno le stelle ' ' di che

Ottaviano' ' , cosl come un gruppo di astri già noto , anche se ancora privo. di nome, era in passato divenuto la " Chioma di Berenice" 13 ; oppure

se

tra le stelle della Bilancia si inserirà Ottaviano come nuova

stella. Ambiguo

è d ' altra pane .anche l' uso del termine sidus, che

avendo il valore di ' ' individuo celeste ' ' , è ugualmente appropriato per indicare sia una c;ostellazione , sia una singola stella 14 •

ll perché della scelta operata da Virgilio a proposito della panizio­ ne zodiacale della Bilancia ha posto molti problemi agli interpreti, e sicuramente essa potrà aver avuto varie motivazioni. Fondamentale

èa

questo proposito lo studio del Bayet 15 , che pane , per l' interpretazio­ ne del passo , dal giusto presupposto che Virgilio conosceva bene la

1 1 - V . 208 sgg. 1 2 - Per l ' ardua e conuoversa interpretazione di tardir mensibus si veda Richter, op. Manil, 2 , 202 con il commento di Housman , ad loc. (M . M anilii Astrono­ micon libri, rec et en. A. E. Housman, Londinii 1 903 - 1930, rist. an. Hildesheim 1 972) ; Kroll, art. cii. , p. 305 ; Bayet, art. cii. , p. 144 sg. , Geny, art. cii. , p. 1 04 .

cii. , 1111 loc. ;

. .

1 3 - Cui Catullo (66 ,64) aveva fatto dire: melsidus in an#quir di11a no11um posuil (sul­ la probabile ripresa catulliana cfr. Cesareo, ari. cii. , p. 64) . Analogamente Ovidio dirà a proposito della metamorfosi dell' anima di Cesare nella cometa (Mel. 1 5 , 749) : in si­ dus 11ertere no11um stellamque comanlem. 14 - Si veda quanto ho esposto in Li!l lerminologia latina dei corpi ce/es#, " A & R " 24, 1979, p . 1 56 sgg. (p . 166 sgg . ) .

s.

15

-

Art. cii

.

n.

78

ROBERTA MONTANARI CAID INI

dottrina astrologica 16 , e che dietro l' immagine poetica non possono non esservi implicazioni tecniche ben precise. Credo però che due sia­ no gli elementi fondamentali alla base della scelta virgiliana, e suffi­ cienti a giustificarla . In primo luogo la situazione dello Scorpione, che veniva a occupare due segni, era unica, e quindi unica anche la possibilità di applicare l' immagine della costellazione che si ritrae per far posto al nuovo abitante del cielo (e rientrare cosl nella norma) . Se­ condariamente, ma ceno non meno impanante, la Bilancia era il se­ gno sotto il quale intorno al 23 settembre 1 7 del 63 a. C . era nato Ot­ taviano , e non solo era il segno chronocrator di quella pane appunto del mese di settembre, ma era anche, con ogni probabilità, il segno oroscopo , o ascendente , del futuro imperatore , in quanto sappiamo da Svetonio (Aug. 5) che egli era nato pau/o ante solir exortum 1 8 • Tutto ciò è , come si vede, già di per sé sufficiente a spiegare i versi virgiliani : si potrà se mai aggiungere che , come giustamente nota il Bayet 19 , ponendo Ottaviano nello Zodiaco , Virgilio lo lega alle sorti dell' uomo ass ai più che se lo avesse posto in qualsiasi altra pane del cielo : i segni zodiacali infatti , attraverso i quali passano il sole , la lu­ na e i pianeti , sono quelli che determinavano il calendario degli agri­ coltori, dei quali Ottaviano è invitato dal poeta a prendersi cura (v.

16 Si veda Bayet , art. cit. , p . 1 4 8 , che cita Don . , Vita Ver. 1 5 : inter cetera studia medicinae quoque ac maxime mathematicae operam dedit. -

17

art. cit. , p. l 52 e n . l ; E. Augusto nella visione astrologica di Manilio ed il problema della cronologia de­ gli Astronomicon libn', " Ann . Fac . Lett . Univ . Napoli " 9 , 1 960-6 1 , p. 9 n. 1 5 co n la -

Sul giorno esatto della nascita di Augusto si veda Bayet,

Flores ,

bibliografia citata .

chronocralor si intende il segno che ospita il sole (cioè il segno nella terminologia astrologica corrente tra i non specialisti) , con oroscopo o ascendente è indicato il segno che si leva all ' orizzonte al momento della nascita. I due segni vengono dunque a coincidere per i nati all ' alba: si veda Bouché-Leclercq , op. cii. , p . 3 84 sgg . Sulla Bilancia come segno di Augusto si veda ibid. , p. 374 n . ; "RE" s. v. Libra cit. , 1 3 3 sgg. ; Bayet, art. cii , p . 1 5 2 sgg . ; F lores , 11r1. cii. , p . 9 sgg. 1 8 - Mentre per segno

oroscopo

.

19

- Art. cii. ,

p. 1 5 8 sg . e p. 1 6 9 .

VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO

79

4 1 ) , e, in una visione astrologica più generale, i segni dello Zodiaco sono tra le costellazioni le più imponanti per determinare il destino degli individui , delle città e del mondo intero. Si deve tuttavia aggiungere che le tre eventualità prospettate da Virgilio , nonostante l' espressione alternativa che è nelle parole del poeta, costituiscono in realtà come i tre coesistenti aspetti di un' unica situazione: e cioè l' ardito accostamento del giovane Ottaviano a Gio­ ve 2 0 che risulta dall' implicito rappono con quanto di Zeus aveva af­ 2 fermato Arato nel suo prologo (v. 2 sgg . ) 1 : J.I.EC1TCXÌ. OÈ ��ÒS 'lràUCXL p.Èll Òt.')'IJ LCXC, 1réiuat 6 ' èx.viJQW'lrWP lx-yo eaC, p.EurY, 6i {)fx.'Aauua XCXÌ 'Atp.ÉPES ' 'lraPTTJ 6è �LÒS XEXe�p.EiJCX 'lrQPTES . To iJ -yàe xaì. -yivos EÌp.Év . ò 6 ' �'lrtos civiJecfnrotut 6E�UX C1'f'/p.a(PH , 'Aao ÌIS 6 È 1f'Ì ee-yo p È-yE(e H J.I.LJ.I.P1jC1XWP /jtOTOLO

5



• • .

ahòs -yàe T& 'Yf urjp.aT' h o ù eav� €u� e L�E v aUTQ CX 6ta x e lvas . . .

lO

Virgilio infatti parla di urbis invisere , di terrarum cura, di deus im­ mensi maris, e nella descrizione dell' eventuale futuro catasterismo prospetta audacemente che l ' iniziativa spetti allo stesso Ottaviano, cui il cielo non sarà " concesso " , ma che da sé vi si collocherà (te . . . addas) , emulo quindi dello Zeus arateo , che personalmente pone i se­ gni nel cielo . Né deve stupire che questi aspetti non siano segnalati 22 con più puntuali richiami, perchè la ' ' memoria .incipitaria' ' del 20 - Tale accostamento diverrà un topos assai diffu so nella poesia augustea: si veda l' ampia raccolta di materiale in M. M. W ard , The Association of Auguslus wilh ]upiter, " Stud . Mat. Storia d. Rel . " 9 , 1 9 3 3 , p . 203 sgg . 2 1 - Il confronto con Arato è stato proposto da G. Wissowa, Das Prooemium von Vir­ gils Georgi&a, " Hermes" 5 2 , 1 9 1 7 , p . 92 sgg. (p . 103) ; cfr. anche Cesareo, ari. cii. , p . 69 . 22

-

La terminologia di G. B . Conte , Memoria dei poeti e sistema letterario. Catullo ,

80

ROBER.TA MONTANARI CAIDINI

prologo di un' opera cui Virgilio cosl abbondantemente attinge nel corso delle sue

Georgiche doveva ceno apparire evidente a qualsiasi lenott

colto.

II Per l' interpretazione dei versi virgiliani il Bayet si è servito di nu­ merosi passi degli

Astronomica di Manilio, che addirittUra definisce a

questo proposito " commentatore di Virgilio "

Credo però che vi sia­

no alcuni elementi che sono sfuggiti alla pur accurata. analisi dello srudioso francese 23 , menue rivelano come il prologo delle

Georgiche

sia stato tenuto presente da Manilio e interpretato sonilmente non so­ lo per ciò che suenamente concerne .il catasterismo di Augusto

u,

ma

anche più in generale per la funzione provvidenziale che veniva anri­ buita all ' imperatore. Degni di attenzione sono anzitutto i versi con cui si conclude nel I libro degli

Astronomica la trattazione della Via

Lattea . Giunto , sulle orme di Arato 25 , a trattare di questa, il poeta si sofferma ad esaminare le varie ipotesi relative all ' origine o alla natura

Virgilio , Ovidio , Lucano, Torino 1 974 è qui wata in senso lato, poiché non si tratta, né per Virgilio né per Arato, del primo verso , bensl genericamente del prologo, ma ri· tengo che ciò che vale per la posizione privilegiata per eccellenza di un'opera possa in qualche modo estendersi, sia pure perdendo di vigore, a tutto il proemio . 2 3 - I l quale per aluo talvolta non persuade nella scelta dei passi in cui Manilio " com­ menterebbe' ' il prologo delle Georgiche . 24 - Va notato comunque che per quanto riguarda lo stretto legame di Augwto con la Bilancia, quale risulta da 4 , 5 4 7 sgg. (cfr. Housman , ed. cii. , ad loc. ; l. van Wagenin­ gen, Commenlllrius in M. Mani/ii Astronomi&a, Amsterdam 1 9 2 1 , IJii loc. ; Bayet, art. cii. , p. 1 56 sgg . ; Flores, ari. cii. , p. 10 sgg . ) e probabilmente anche da 4, 773 sgg. (cfr. Bayet, ari. cii. , p. 1 5 7 sg. ; Flores, ari. cii. , p. 12 sgg. , laddove secondo Housman, ed. cii. , IJii loc. , il riferimento sarebbe a Tiberio , e van Wageningen, op . cii. , IJii loc. , considera spurio il v. 776) non vi è necessiti di pensare all ' influsso virgiliano, o almeno non solo a quello, trattandosi di una notizia che ceno era ben nota, tanto più ad un autore di asuologia . 25 - Come è noto infatti nd l libro Manilio segue, sia pure liberamente, la disposizio­ ne della materia dei Phaenomena aratei. Si veda in proposito E. Romano, Slrrlthlra de­ gli Astronomica di Mani/io , Palermo 1979, p. 2 1 sgg.

VIR.GDJO, MANILIO E GBRMANICO

81

della biancheggiante cintura del cielo , da quelle puramente mitologi­ che

a

quelle più scientifiche 26, fino all ' ultima, secondo la quale

essa

sarebbe la dimora eterna per le anime degli uomini grandi 27 , molti .

dei quali vengono elencati , dopo di che il poeta aggiunge

(l , 798

sgg . ) : Venerisque ab origine proles Iulia descendit caelo caelumque replebit, quod reget Augusrus, socio per signa Tonante, cemet et in coetu divum 21 magnumque Quirinum 29

800

< •



• )

altius aetherii quam candet circulus orbis. illa deum sedes, haec illis , proxima divum qui, virtute sua similes, vestigia tangu.nt 30 •

26

-

La trattazione sulla Via Lattea occupa i

vv.

684-808 .

27 A questo proposito Manilio si rifà .al Som,it�m Scipio"is, di cui riprende anche preci. se espressioni. Si veda in questo stesso volume L. Baldini Moscadi, Il poelfl /rtl storia e itieologia: Mf111ilio e le gt�etTe civili, p. H sgg. -

28 - U Bayet (flrl. cii. , p . 167 e p . 1 69 n. 2) intende Div11m come ace. sing. e vi vede quella menzione di Giulio Cesare che il contesto rende necessaria, senza però notare che in tal modo assai ambiguo sarebbe il significato di coe111 , che senza la specificazio­ ne div11m verrebbe a riferirsi alla Via Lattea, sede non ceno appropriata né per il dio Quirino, né per Cesare, identificato con una cometa. È quindi preferibile la soluzione dello Housman (eJ. cii. ) , che pone lacuna dopo il v. 801 . Infelice � la congettura consi­

derata anche dal van Wageningen (op. cii. , 1111 /oc. ) Mag"*"' a1q11e Qt�in"" *"' · poiché Milg"*"' non potrebbe comunque indicare Cesare.

29

-

Qt�iri"*"' � lezione dei

mss .

L e M, quindi meglio attestata di

Q11iri"i di G (che

appaniene allo stesso ramo di L, laddove M rappresenta un altro ramo) . Lo Housman

stesso

del resto, che accoglie nel testo Qt�in.,i, pt:opone in apparato una congettura, al­ ternativa a quella accolta nel testo, basata su Qt�iri"*"'·

30

-

Relativamente ai vv. 803-804 ripono il testo tradito con l' interpunzione che mi ai fini della seguente interpretazione , che ritengo la più ragionevole:

pare necessaria

" quella � la sede degli dei, questa � per coloro che, simili per vinù agli dei, toccano i loro piedi" Non si può però escludere che proximfl sia un nom . sing. e si riferisca alla

sede dei grandi uomini, vicina a quella degli dei, anche se mi sembra meno probabile. Housman corregge al v. 803 de11m in deis, correzione che sarei tentata di accogliere; laddove invece mi sembra inutile la correzione proposta dallo stesso studioso del tradito

•esligill in /t1IIigill. Vesligill � mantenuto dal van Wageningen (op. cii. , 1111 loc. ) , che intende però proximfl come riferito ad un sottinteso lemie.

82

ROBERTA MONTANAIU CALD INI

Il testo presenta vari problemi, che sono stati risolti in modo discorde dagli studiosi. Credo comunque che Venerisque ab angine pro/es Iu­ lia non possa che essere il soggetto di riescendit caelo caelumque re­ plebit, come interpretano il van Wageningen 31 e il Bayet 32 , laddove lo Housman unisce l ' espressione alla serie dei nomi precedente 33 , fa­ cendo di Augusto il soggetto di descendit e di replebit. Lo Housman ha invece, credo , ragione ad accogliere la correzione di regit e replevit dei manoscritti nei rispettivi futuri, correzione che il van Wageningen e, sulle sue orme, il Bayet, cercano invece di evitare, con argomenta­ zioni a mio avviso non persuasive 34 • Il passo deve dunque essere inte­ so come una profezia che la gens lulia, discesa dal cielo , al cielo tor­ nerà, e sul cielo, insieme a Giove, regnerà Augusto . Ma questi versi pongono un altro interessante quesito : che cosa intenda Manilio po­ nendo Augusto fra gli dèi, al di sopra degli altri benefattori dell ' umanità. Il Bayet ammette a questo proposito 35 : " meme si l ' on se résignait à la correction [relativa ai due futuri] , .la géographie cos­ mique de Manilius en ces vers resterait un bien curieu.x commentaire de Virgile. On se répcesentera avec lui , plus haut que la Voie

3 1 · Ad loc . 3 2 - Art. cit. , p . 167 n. 2 . 33 Ponendo punto interrogativo dopo lulia, senza avvedersi tra l'altro che i versi dell Eneide (6 , 789 sg . : Caesar et omnis luli l progenies magnum caeli 11entura sub axem) da lui stesso ricordati costituiscono un argomento conuo la sua interpunzione . '

34 Mi pare infatti impossibile ammettere un Augusto che , ancor vivo , regna in cielo assieme a Giove (cfr. anche Flores, art. cit. , p. 6 sg . ) . Il passo di Hor. Carm. 3 , � . l sgg. : Caelo tonantem credidimus lo11em l regnare : praesens di11us habebitur l A ugu­ stus portato dal van Wageningen a sostegno della sua ipotesi era probabilmente presen­ te a Manilio, che sposta però evidentemente la situazione , pensando a quando Augusto sarà anch' egli in cielo . Che d' altra pane il I libro di Manilio sia scato scritto prima dd­ la morte di Augusto è fuor di dubbio : cfr. Flores, art. cit. , passim , secondo il quale , persuasivamente , tutti gli Astronomica sarebbero stati composti sotto Augusto. A favo­ re della più diffusa tesi " mediana " (cioè parte sotto Augusto, pane sotto Tiberio) si pronuncia invece recentemente E. Romano , op. cit. , p. 22 n. 3 7 . -

3 � - Art. cit. , p . 169.

VIRGIIJO , MANIIJO E GERMANICO

83

lactée 36 Auguste . . . dans le cerde-zodiacal (per signa) . ' ' Lo studio­ so francese avanza dunque l' ipotesi che anche in questo passo Manilio abbia avuto presenti i versi virgiliani e abbia posto Augusto nello Zo­ diaco, e precisa inoltre, con argomentazioni alquanto capziose, che il poeta allude alla Bilancia 37 • Il Bayet non affronta però i problemi più scottanti posti dal passo in questione: non dice cioè in che senso la sede degli dèi e quindi di Augusto , di Quirino e quasi cenam ente di Cesare , sia più alta della Via Lattea, e non offre una più rigorosa dimostrazione dd fatto che Manilio abbia realmente posto Augusto nello Zodiaco, e in particolare nella Bilancia. Per quanto riguarda il primo quesito , l' espressione per signa allude con cenezza alla sfera delle stelle fisse, ove sono .le costellazioni, zodiacali o no ; ma che questa sia posta più in alto della Via Lattea costituisce a mio avviso un problema, e non può esser dato per scontato come fa il Bayet . Dal punto di vista astronomico infatti la Via Lattea è posta sulla sfera del­ le stelle fisse di cui Manilio aveva detto (1 , 5 3 2 sgg.) : • • •

haec igitur texunt aequaJi sidera tractu ignibus in varias caelum laqueantia formas . aJtius his nihil est ; haec sunt fastigia mundi ;

535

publica naturae domus his contenta tenetur finibus , amplectens pontum terrasque iacentis

mentre al v. 1 , 802 , con la voluta ripresa di altius , le viene posta al di sotto . Se dunque da un punto di vista fisico-astronomico non si spie-

36 - Secondo il Bayet (tbid. ) anche Quirino e Cesare si troverebbero nello Zodiaco, il che è impossibile , innanzi runo perché , mentre per Augusto vi era un luogo preciso e predeter­ minato , non lo stesso si può dire per gli altri due ; inoltre Cesare era, come si è deno, iden­ tificato con una cometa, e quindi non aveva un luogo fisso e sempre visibile nel cielo (si ve­ da su quest' ultimo problema Weinstock , op. cit. , p. 373) . L' ipotesi piìl probabile è che Quirino e Cesare siano posti genericamente nella sfera delle stelle fisse . La scarsa chiarezza sui diversi luoghi celesti riservati ai vari personaggi mi conferma comunque nella necessità di posrulare una lacuna di almeno un verso dopo il v. 80 l .

3 7 - Art. cit. , p . 169 sg .

84

llOBnTA WONTANAlll CAIDINI

ga una simile differenziazione

31 , credo che , considerando il contesto

in cui l' ultima ipotesi sulla Via Lattea viene inserita, prevalentemente mitologico , si possa per questa strada risolvere il problema. Sembra cioè che Manilio, più che una precisa teoria scientifica, abbia in men­ te un' immagine poetica, che gli permette di spiegare quello che gli sta a cuore: che cioè Augusto salirà più su degli altri spiriti, . per quan­ to eletti e meritevoli, e sarà posto sullo stesso piano degli dei . Nei versi degli

Astronomica sembrano dunque sovrapporsi due

immagini:

quella della Via Lattea come sede delle anime e quella che ne fa un' effettiva strada da percorrere. per arrivare alle sedi degli dei 39 • A van

Wage­

ciò che della Via Lattea aveva detto Ovidio (Met.

1 , 168

questo proposito credo sia indicativo ricordare , come fa il ningen

.a

sgg.) : est via sublimis , caelo manifesta sereno ; Lactca nomen habct , candore notabilis ipso. hac iter est supcris ad magni tecta Tonantis regalemque domum.

1 70

Ton��nte da parte di Manilio fa pensate che egli abbia avuto presenti i versi ovidiani ·U , ove la Via Lattea era appunto la strada

L'uso di

che porta al palazzo di Giove . Sempre come immagine poetica andrà inteso quanto Manilio afferma al v. 808 , ove si rifà evidentemente a

38 Si veda del resto quanto afferma il Le Boeuffie (op. cii. , p . 60) sulla difficoltà per gli antichi di immaginare le stelle fiSSe disposte su piani diversi, con una concezione che fra l' altro allontanerebbe fra loro immensamente le membra di una stessa costella­ zione . Basti poi pensare che tu tra la tecnica astrologica � basata sul percorso aruaverso i segni zodiacali di sole , luna e pianeti, nonostante tutte le teorizzazioni sulle sfete cele­ sti. ·

39 - Sulla via Lattea si veda " RE " 7 , l , �60 sgg. s. v. ; Bouché-Ledercq , op. cii. , p. 22 e p. 128 e n. 5; P. Boyancé, É1utles sur le Songe rle Scipion, Paris 1936, p. 1 3 3 sgg. ; Cicerone, SomniMm Scipionis. Intt. e comm. d i A . Ronconi, Firenze 1 96 1 , p. 9 1 . sg .

40

-

Op. cii. , ad v. 802 . Sulla Via Lattea come via degli dei cfr . "RE" s . v . cii. , �63 .

4 1 Sulla conoscenza delle opere ovidiane da pane di Manilio si veda A. Cramer, De Mani/ii qui tlicilur eloculione , Argentorati 1882 , p. 68 sgg. ; Flores, ari. cii. , p. 7 e p . � 4 sgg. ·

VIRGDJO, MANDJO E GERMANICO

85

Catullo, che faceva dire alla Chioma di Berenice , di recente salita in ciclo (66,69 sg.) sed quamquam me nocte premunt vestigia divum , lux autem canae Tethyi restituit

ovc il v. 69 è evidentemente un modo per indicare che essa si uova in ciclo, che è sotto i piedi degli dci 42 • Fatta questa premessa , ritengo scnz ' altro valida l' ipotesi che Mani­ lio pensi ad una collocazione di Augusto nello Zodiaco 0, ma questo non già perché si deduca dalla semplice menzione dci sigflll , che di per sé. potrebbe alludere genericamente anche solo all' insieme delle costellazioni poste sulla sfera delle stelle fisse " . Credo invece che allo Zodiaco faccia pensare la posizione di privilegio accordata dal poeta ad Augusto rispetto agli altri discendenti di Vcncre assurti al ciclo u , cd anzi a tutti i suoi abitatori, situazione che per un astrologo come Manilio non può essere disgiunta dal fatto che la localizzazione di Augusto sia nel luogo privilegiato c dominante del ciclo, c cioè lo Zo­ diaco. Ciò è confermato dalle parole. socio per sigflll Tonlln te, poiché l'unico luogo astronomico del ciclo ovc Giove passa attraverso i segni è appunto l 'eclittica. Anche l' intuizione del Bayct che all' interno del­ lo Zodiaco la sede di Augusto per Manilio sia la Bilancia è scnz ' aluo

42 Un' analoga espressione era probabilmente già io Callirnaco, e nello stesso modo si deve verisimilmente interpretare il v. 3'9 di Arato. •

43 - Per quanto non vi siano precise allusioni ad una più circostanziata sede neppure altrove negli As1ro11omiu.

tal senso sig1111 � usato ad es . io 1 , 2 n ; anche se il termine sig11•m � assai più frequentemente impiegato da Manilio per le costellazioni zodiacali. Su sig11•m si veda

44 - Io

il mio m.

cii. (u u,.,;,o/ogill . . . ) , p. 163 sgg.

4' - Alcuni stUdiosi (cfr. ad es. Boyancé, op. cii. , p. n sg .) distinguono al v . 803 tra tk•m. che indicherebbe gli dci, e tliv•m . che indicherebbe gli eroi: per tale distinzio­ ne si veda Wciostoclt, op. &il. , p. 3 9 1 sg . c G. W. Bowersoclt, Gred 1111elle<lals 1111tl 1he Imperilll C•ll ;, lhe Se&o11tl Ce1111l'1 A. D. (in: Fondation Hardt Entretiens t. XIX: Le &llile t/es so•verai11s tia111 l'empire romai11) p. 198 sg . Lo Housman respinge però questa interpreta.zionc perché contraria all ' uso di Manilio.

86

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

corretta, non però perché sia appoggiata a motivazioni asuonomiche, ma piuttosto per la rapidità stessa dell ' allusione , giustificabile solo per un preciso fatto di ' ' memoria poetica' ' . In uno scrittore astrologo come Manilio è impensabile che una çollocazione nello Zodiaco non sia più puntualmente precisata, come inveçe pouebbe accadere in qualsiasi aluo scrittore non tecnico: la disposizione dello Zodiaco � in­ fatti così minuziosamente codificata da non consentire genericiti, e Manilio dice che Augusto avri sede nello Zodiaco, ciò può

essere

perché il poeta sa benissimo, appunto da Virgilio , che in

esso

se

solo vi è

una precisa pactizione che attende l ' imperatore , una metà cioè della doppia pactizione tenuta dallo Scorpione , e sa benissimo che per l ' in­ discussa autorità di Virgilio tale allusione sarà senz' aluo raccolta da qualsiasi lettore . A questi problematici versi maniliani deve poi essere accostato il finale del libro IV , ove il poeta, esaltando la ne , afferma (v .

ratto e le capacità uma­

932 sgg . ) : cacio omnia vincit

.

ne dubites homini divinos cred ere visus, 93 5

iam facit ipse deos mittitque ad sidera numen , maius et Augusto crescet sub principe cadum .

Si ha qui , come si vede, la stessa immagine della crescita, dell' au­ mento del cielo, che accoglierà sempre nuovi dei sotto il principato di Augusto . 46 E anche questo passo riceve luce dalla stessa " memoria" virgiliana,

poiché aluimenti difficilmente

l' espressione

porrebbe

essere

intesa

Augusto . . . . sub principe : questi infatti non è visto co­

me beneficiario di una concessione che viene dall ' alto, ma come ope­ rante nell ' ambito della sua dignità sovrana, ove è evidente il richiamo al virgiliano

(Georg. l , 3 2) te . . . addas di cui ho detto .

46 Irrilevante è ai fini di questo studio stabilire se: Augusto sia o meno già mono c: divenuto principe dc:l cielo . Su questi versi si vc:da Florc:s, art. cit. , p. 26 s g . c soprat· tutto p. 3 5 sg . Che d' altra pane: l' idc:ntificazionc: di Cesare: col sidus Iulium fu dovuta alla pietas di Ottaviano è testimoniato da più fonti, tra cui panicolarmcntc: significativa Ov. , Fast. 2 , 1 44 (si vc:da Weinstock , op. cit. , p. 3 7 1 ) . •

87

VIRGn.IO , MANlll O E GERMANICO

In questa stessa chiave deve , credo , essere interpretato un altro passo assai significativo del I libro degli

Astronomica, che ha posto

agli srudiosi varie difficoltà. Parlando degli abitanti dell' emisfero au­ strale, il poeta afferma che essi godono di un nume:fo di stelle pari al nostro , e non meno luminose , ma aggiunge (v. 3 84 sgg . ) : uno vincuntur in astro, .Augusto, sidus nostro qui contigit orbi,

Caesar, nunc terris .post cado maximus auctor.

Cosl i versi sono riportati dallo Housman, che non nasconde però le sue perplessi tà a proposito del v. 3 86 : " ut nunc scribirur, sanus nam

esse

nequit:

neque cum superiori bus cohaeret orario . . . et sine sensu Caesar ter­

ris caeloque

auctor dicirur nullius rei (neque enim , qui caelum auget, is Caesar pro glossemate habendum est et pacis vel legum vel alius genetivus repo­ caelo auctor est) . . . aut igirur recte versum eiecit Breiterus . . . aut

nendus' ' 47 • Il van Wageningen difende invece giustamente a mio pare­ re

al v . 3 8 5 quoa che si legge in rutti i codici,

e che il Bentley , seguito da

qui •• . Lo studioso olandese riferisce Caesar e maximus auctor solamente a caelo 49 , cosl spie­ gandolo : ' ' genetivus abesse potest, quia auctor opposi rum est voci Cae­ sar, ita ut nemo non intellegat Augusrum in caelo aliquando auctorem �aximum consiliorum fore' ' . Di questi versi si è occupato anche il Fl9res 50 , che legge come Housman qui al v. 385 , ma afferma doversi pd'rre virgola dopo terris (anziché dopo Caesar) al v. 3 86 , che spiega cosl : " 'post caelo maximus auctor' usato in senso assoluto potrebbe risolver­ si in un ' colui che dipoi grandemente riempirà il cielo di sé' 5 1 ; né d è Housman ,

a

tono aveva corretto in

poi nunc terris a

47 - A sostegno di questa tesi lo studioso pona Germ. , v. 2 . Lo stesso verso è ponato invece dal Bayet (art. cit. , p. 1 66 n. 2) come conferma dell ' uso asso luto di auctor. Sul­ la questione tornerò ampiamente qui olue . 48

-

Quoti è preferito anche dal Bayet, ari. cit. , p. 1 6 6 .

49 - A nche

il Bayet, art. cii. , p . 166, pone virgola dopo terris .

50 - A rt. cii. , p . 2 1 sgg . H - L ' in terpretazione dd Flores è probabilmente stata favorita dall' accostamento che:

88

ROBERTA MONI'ANARI CAIDJNI

d 'ostacolo la chiosa di Housman ' neque enim, qui caelum auget, is cae­ lo auctor est' che, pur essendo per noi .moderni ftlologicamente

esatta ,

non coglie la complessa psicologia del poeta antico 52 • Manilio avrà forse voluto porre allato del termine Augustus la determinazione di 'posi Cile­ lo maximus 11uçtor' , quasi estendendo ad 11uctor il valore semantico che, se dobbiamo credere ad Isidorus 5 3 , veniva dato da taluni Romani al co­ gnomen A.ugusrus' ' 54 • Quest' ultima ipotesi mi sembra assai felice, e non solo senz ' altro da accogliere, ma meritevole di essere proficuamente sviluppata. Penso però che le difficoltà dell' interpretaZione del passo si possano più facilmente risolvere non solo mantenendo col van Wagenin­ gen il tradito quoti al v. 3 8 5 , ma intendendo. t�ugu.rto nello stesso verso non come ' ' nomen substantivum generis mascolini' ' , come fanno , sen­ za la minima esitazione , Housman e van Wageningen, ma come aggetti­

IIStro . Un procedimento non molto diverso Manilio aveva seguito nell' invocazione ad Augusto nel prologo ( l , 7 sgg . ) :

vo concordato con

hunc m ihi tu , Caesar, patriae. princepsque paterque, qui regis augustis parentem legibus orbem concessumque patri mundum deus ipse mereris, d as animum viresque facis ad tan ta canenda.

lO

In tal modo

egli propone sto.

C��es11r del v. 3 86 non costituirebbe un' inutile ripctizio·

(ibùi. , p. 2 3) con 1 , 799 . ove riferisce , con Howman, replebil acl Augu­

52 - Credo invece che nemmeno filologicamente possa dirsi esatta :

cfr. qui oltre .

H Orig. 9, 3 , 16: A11gust11s ideo 11p 11ti Rom��nos nomen imperii est, eo q11oti olim 1111gerent remp11blict�m llmplifiuntio. q11oti •ome• primihls seutus Ocflwio Ct�eYm mulitiit, 11t q11itl IIIIXert�t lerrtiS ijJSo •omi•e et lihllo coMeert�rehlr. 54 Si veda anche Ov. F111t. l , 608 sgg . (cfr. oltre) ; Dio Cass . , 5 3 , 16, 8 ; Svet . , i'l.g. 7 , 2 (con il commento di M . A . Levi, Firenze 195 1) . Sul nome di Augwto, e in parti. colare sul rappono con 1111gere , cfr. : Emout - Meillet, s. "· 1111geo; J. Gagé, Rom.Jtu­ AIIgllsllls, " Mél. Arch . Hist. " 4 7 , 1930, p. 138 sgg. (in particolare p. 1 5 7 sgg. ) ; A . Magdelain, A11ctori111S pri•cipis, P aris 1947 ; M . A . Levi, Il tempo tii A11g111to, Firenze 195 1 (App . 8 : A11clont111 da 1111gere , p. 44 1 sgg. ; App . 9: Il nome " Augwto " , p. 447 sgg . ) ; il commento di F. BOmer (Heidelbc:rg 1 9 58) a Ov . , F111t. l , 608 sgg . ; F. Taeger, Cht�rism�� 2 . Stuttgart 1 960, p. 1 18 sg . -

89

VIRGDJO, MANlllO E GERMANICO

ne, ma identificherebbe l'astro del quale gode il nostro emisfero 55 •

Maxjmu.s 11uctor deve infme a mio parere. essere riferito . non solo a CtUio , ma anche a terris. I versi dovrebbero dunque leggersi cosl: 385

uno vincuntul' in astro augusto , sidus nostro quod contigit orbi: Cacsar, nunc terris. post caelo , maximus auctor.

Milxjmu.s 11uctor significherà poi ' ' colui che più di ogni altro cremento ora alla terra

c

porta in­

poi al cielo (e quindi anche, dal cielo , alla

terraf � . Dove appunto , come ha ben visto il Florcs, si dovrà vedere in

11uctor un richiamo al nome di Augusto (cui si alludeva già al v. 385) e alla sua etimologia da 11ugere , non tanto però nel .senso di " riempi­ re' ' , quanto di ' 'far crescere ' ' . Questa inteq>rctaZione mi sembra con­ fermata dal già ricordato 4 , 9 3 5 : et Augusto crescei sub principe c��e­

/um. L' immagine

sarà stata suggerita . da un facile parallelismo con la

situazione terrena: come sotto il principato di Augusto è cresciuto l' impero del popolo romano , cosl sarà anche del cielo , senza che si debba tuttavia troppo sottilizzare sui due diversi sensi di crescere, per­ ché il cielo non aumentetà in estensione, ma aumentetà in abitatori. Una tale precisazione si riscontra invece nei versi 1 , 384 sgg. , ove Au­ gusto è presentato come 11uctor c��e/o , e simmetricamente . anche terris, anche se ciò faceva difficoltà, come si è visto , allo Housman, che non ha colto la corretta puntualizzuione di Manilio , il quale presenta l' imperatore come datore di incremento , assolutamente. prima a

van ­

taggio della realtà terrena, poi di quella celeste. E del resto, a riprova di un diffuso clima culturale . che vedeva questa implicazione nel no­

me di Augusto , basterà qui ricordare quanto dice Ovidio nei FIISti, re­ lativamente appunto al conferimento di tale nome (1 ,607 sgg.) : sed tamen h1lJilanis celebrantur honoribus omnes, hic socium summo cum Iove nomen habet. sancta vocant augusta patres, .augusta vocantul'

5 5 Difficile � dire in che senso Manilio parli di Augusto come sidus già in terra : si da comunque Flores, liri. cit. , p. 23 sg . -

ve­

90

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

610

tempia sacerdotum rite . dicata manu :

huius et au gurium dependet origine verbi, . et quodcumque sua luppiter auget ope . augeat imperium nostri ducis, augcat annos, protegat et vesuas quema .corona fores :

615

auspicibusque deis tanti cognominis heres omine suscipiat, quo pater, orbis. onus.

Credo a questo punto sia opponuno tornare a considerare. i. versi del prologo delle Georgiche, ove Virgilio contemplava la prima delle tre possibili scelte del futuro dio (v. 25 sgg.) : urbisne invisere , Caesar, terrarumque velis curam, et te maximus orbis. auctorem frugum tempestatumque potentem accipiat . . . .

Auctor è qui usato nel suo senso forse più evidentemente legato ad auge­ re , relativamente cioè alla crescita delle messi . È quindi impossibile sta­ bilire se la scelta del termine da pane di Virgilio rispecchi un clima già tendente all' attribuzione al giovane Ottaviano del titolo appunto di A u­ gustus. Più facile è supporre che in tal senso potesse essere inteso da chi scriveya in una situazione ass ai più matura, quando ormai anche la divi­ nizzazione post mortem di Augusto era talmente scontata che addirittU­ ra si poteva considerarlo sidus quando ancora era sulla terra . Né si può dimenticare che Augusto stesso, a quanto riferisce Svetonio, in un editto ufficiale aveva auspicato di poter esser detto optimi status auctor, come ricompensa della sua restaurazione della repubblica (Aug. 28, 2) : ita mi­ .

hi salvam 11& sospitem rem p. sistere in sua sede liceat atque eius reifruc­ tum percipere, quem peto, ut optimi status auctor dicar et moriens ut feram mecum spem, mansura in vestigio suo fundtJmenta rei p. qu11e t'e­ cero. È stato persuasivamente proposto che l' editto risalga al 1 3 gennaio del 2 7 a. C. , e sottolineato che , quasi a risposta ufficiale del desiderio di Ottaviano, a distanza di tre giorni gli fu pubblicamente conferito . il tito­ lo di Augusto, traduzione ricca di risonanze religiose e anche poetiche del più sobrio auctor suggerito dallo stesso interessato 56 • Nonostante 56

-

Cfr. l ' ampia trattazione di Magdelain , op. cit. , p. 56 sgg .

VIRGILIO, MANILIO E GERMANICO

91

questa precisa e assai significativa situazione politica, ricca di implicazio­ ni ideologiche, il termine auctor non ebbe da sé valore di titolo autono­

mo più o meno ufficiale 5 7 , ma è probabile che abbia costituito come il tramite fra la nozione di aucton'tas cara all ' imperatore 58 e l' appellativo ufficiale di Augustus, destinato a così imperitura fortuna. Ritengo dun­ que assai probabile che l' espressione maximus auctor s ia stata suggerita . a Manilio soprattutto dal passo virgiliano, e che debba essere annoverata tra qu ell e che il Bayet chiama 59 " allusioni originali ai grandi predeces­ sori' ' ; conferma di tale ipo tesi mi pare il fatto che nel passo virgiliano compare non solo auctor, ma anche maximus, che con fine arte allusiva il poeta ha trasferito ad auctor, laddove nel modello si riferiva ad orbis, termine che viene anch ' esso ripreso, specificato però a designare solo la pane abitata dell' emisfero settentrionale, cioè l'oikoumene , quella ol­ tre la quale, secondo la nota dimostrazione di un ' opera ciceroniana che Manilio ben conosceva, il Somnium Scipionis, la gloria umana non può estendersi 60 • Non solo , ma anche nei versi yicgiliani compariva il nome Caesar e te"arum , ripreso da Manilio con terris. In Virgilio la cura te"a­ rum è specificata da auctor frugum , in Manilio auctor è direttamente unito a terris. E l' evidente ripresa virgiliana è, credo , una conferma dell' interpretazione che del passo maniliano bo proposto . Mi sembra infine opportuno ricordare un' ipotesi del Bayet , che menziona 61 vari passi degli Astronomica ove Cerere. e Libero sono stret­ tamente connessi con la Bilancia, tra cui b as terà ricordare (3 , 6 5 9 sgg . ) :

57 - Ciò non risulta dal testo di Sveronio cit. , che il M agdelain, ibid. , pona come uni­ co sostegno di una tale ipotesi . 58 - Si vedano le sue Res gestae , 34 : . . Augustus appellatus sum . . . posi id tempus rJuctoritate omnibus praesti# . . .

. .

59 - Art. cit. , p . 1 5 8 . 60

Tale intecpretuione è confermata dal confronto con Ov. , Me t. 1 5 , 8 3 0 , per cui si veda qui olue. Per il motivo dalla signoria sull ' intera oikoumene si veda Flores , art. cit. , p . 8 n. 1 3 , con la bibliogr. cit . ; Weinstock , op. cit. , p . 4 2 sgg . -

6 1 - Art. cit. , p. 1 5 8 .

92

ROBER.TA MONTANARI CAIDINI

Libra diem noctemque pari cum foedett ducens, 662

rum Liber gravida descendit plenus .ab ulmo

664

manda.nt et sulcis Cererem . . . .

Ora, secondo. lo swdioso francese ' 'cene constcllation préside donc à deux des aspects Ics plus essentiels de la vie rustique. Et comment Virgile edt-il pu l' oublier au coeur d'.une invotation qui s' achève, on le sait, sur une supplique toute paysanne., plainte . misérable et appel à un guide divin . . . ? " Ho già detto però che Virgilio aveva già suffi­ cienti motivi per la . scelta della Bilancia, e credo sia superfluo cercarne alui. Non � comunque impossibile che vi abbia giocato anche l' impli­ cazione agricola cui pensa il Bayet, ma, ciò che più conta . ai fmi di questo studio , � abbastanza . probabile che Manilio ce l' abbia vista, e anzi (anche se proprio il Bayet non mi sembra lo abbia avvertito) , può darsi che nel menzionare Libero e Cerere. egli volesse alludere alle due divinid. che anche Virgilio aveva ricordato nel prologo delle Georgiche (v. 7) 12 • Se dunque Manilio connetteva suettamente l' agricoltura al segno zodiacale dal quale Augusto avrebbe continuato, dopo la sua mone, . a favorirne .1' incremento cosl come l' aveva favorita durante . la sua vita terrena, ancor meglio si spiegano i vv. 1 , 384 sgg. , dove il poeta sembra a:vere operato. una sintesi di ciò che il suo grande predecessore aveva profetizzato: Augusto , asuo (e si noti l'uso di si­ dus al v. 3 8 5 , come nelle Georgiche) toccato in sone alla nostra oikou­ mene , � già maximus auctor sulla terra, . e in futuro lo sarà in cielo. Un analogo svolgimento di pensie.ro era già in un aluo poeta, che po­ trebbe forse esser considerato. un tramite fra il passo delle Georgiche e Manilio (e in particolare i vv. 1 , 3 84 sgg.) e ci� Ovidio, il quale nel libro XV delle Metamorfosi fa dire a Giove (nella profezia in cui rassi­ cura Venere a proposito dei suoi discendenti) a riguardo . di Augusto (v. 830 sgg.) : .

62 Per le altre ipotesi , a mio avviso infondate , che sono state formulate si , si veda sopra. -

su

questi ver­

VIRGWO, MANWO B GBIUdANICO

93

Quodcumque habitabile tellus

sustinet, huius erit; .ponrus quoque serviet illi . pace data terris .animum ad civilia venet . iura suum legesque ferct iwtissimw auctor; •

838

nec nisi cum senior Pylios aequaverit annos, aetherias . sedes cognaraque sidera tanget.

n v. 830 mi sembra confermi . la mia interpretaZione di nostro orbi di Manilio nel .senso di oikoumene. Inoltre anche in Ovidio la terra, . e il mare, saranno già dominio di Augusto durante la sua vita, dopo di che egli ascenderà al cielo 6 3 • Notevole è poi l'uso che anche Ovidio fa di tJuctor relativamente .ad Augusto ed alla sua attività di legislato­ re 64 • n motivo è infatti presente anche in Manilio, non solo, come si è visto, nel prologo, ove parla di tJugustis legibus, ma anche in un in ­ teressante passo del libro IV, ove tratta dei nati sotto la Bilancia, con evidente riferimento ad Augusto (v. 547 sgg . ) 65 :

550

sed, cum aurumnales coeperunt surgere Chelae , felix aequato genituS sub pondere Librae . iudex exam en sistet vitaeque necisque inponetque iugum terris Jegesque rogabit. illum urbes et regna uement ouruque rcgenrur uniw et caeli post terras iura manebunt.

Si può quindi concludere che la sintesi fra le tre possibilità di di­ vinizzazione che si aprivano di fronte ad Ottaviano, implicitamente proposta da Virgilio in chiave aratea, come si è visto, è da Manilio , alla luce anche di quanto aveva detto Ovidio, reinte.rpretata in chiave

6}

- Sull ' espressione cog utl!l siderl!l si veda oltre.

64

- Atutor a indicare chi propone una legge � tecnico, c della propria attività io tale Res gesli!le, 8 : legibus 11011is me i!IUCiore llfllis. Nel passo di Ovidio vi � pero a mio parere. di più : l' attributo iuslissimus, nella sua forma di superlativo, sottolineata dall ' accostamento a iurl!l, dà ad i!ltulor stesso valore di super­ lativo: l ' imperatore � l!luclor per eccellenza, in quanto Augustus. campo parla Augusto stesso nclk sue

6� - Cfr. anche 4, 203 sgg. (ovc si parla dell' influsso della Bilancia in generale) .

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

94

poiché era evidente che chi avrebbe ponato incremento al cielo sino al punto di prender saldo possesso di una porzione zodiaca­ le , avrebbe conservato su tutte le realtà terrene un' illimitata auctontas, perpetuatrice senza soluzione di continuità di quell' aucto­ n'tas politica di cui aveva goduto come imperatore . astrolo gic a ,

III

versi virgiliani sul catasterismo di Ottaviano sono stati a mio av­ aemulatio anche da parte di Germanico , la cui rappresentazione della divinizzazione astrale de ll ' imp eratore , con le I

viso fatti oggetto di

implicazioni ideologiche che naturalmente compona, risulta panico­ larmente indicativa, ove si considerino la pos iz ione centrale del princi­ pe nella politica del tempo e gli stretti legami di parentela che lo uni­ vano ad Augusto . D ' altra parte credo che i versi di Germanico in questione possano essere compresi appieno solo attrav erso un medita­ to confronto con quelli di Virgilio . A l problema ho già accennato in uno studio 66 , in cui però , avendo come scopo l ' enucleazione degli elementi astrologici negli Aratea, non avevo avuto modo di approfon­ dire la questione , né di trarne le necessarie conseguenze. Credo dun­ que che sia utile riaffronrare direttamente il problema, tanto più ove si consideri che la trama di rapporti con le Georgiche non è stata rile­ vata né dai due recenti editori 67 di Germanico, né dagli altri studiosi che si sono occupati dei suoi Arati Phaenomena in quel fiorire di in­ teresse per essi cui si è assistito in questi ultimi anni, È noto che Germanico nella sua traduzione aratea segue fed el ­ mente il modello per quanto riguarda la distribuzione della m ateria , e anzi tende a mantenere le singole sezioni dell' opera (anche le più 66 - L 'astrologia nella traduzione aratea di Germanico , " SIFC " 4 8 , 1976 , p . 29 sgg. (si veda p. 44 sgg.) . 67 - Germanicus Les Phénomènes d'Aratos. Texte ét. et uad . par A . Le Boeuffle , Paris 1 9 7 5 ; The Aratus ascn'bed to Germanicus Caesar. Ed . with an intr. uans. and comm. by D . B . Gain, London 1976 .

VIRGill O , MANill O E G.Eli.MANICO

95

brevi, relative a ciascuna costellazione , o gruppo di costellazioni) della stessa estensione che avevano nel modello , dedicandovi un numero di versi spess o uguale, o almeno molto vicino, anche se all' interno di ciascun gruppo di versi apporta .correzioni e aggiornamenti al testo arateo , o sviluppa taluni particolari, tralasciandone altri 68 • L'unica aggiunta, per cosl dire, vistosa, che il poeta latino introduce, è quella riguardante lo Zodiaco . Arato infatti nella sua descrizione dei circoli celesti elencava le costellazioni da essi attraversate, e cosl faceva anche per i dodici segni dell ' eclittica, cui non era riservato alcun privilegio (vv. 5 4 5 -549) . Già Cicerone aveva ampliato questa sezione , dedicando un verso a ciascuna costellazione zodiacale, e abbondando in epiteti poetici, relativi per lo più alla luminosità delle varie figure, o all' at­ teggiamento in cui sono rappresentate (Arat. 320-3 3 1) . Germanico si spinge oltre: riserva infatti, dopo un verso introduttivo (v. 5 3 1) , ben 33 versi (vv. 5 3 2 - 5 64) , alle figure zodiacali, apponando un mutamen­ to al modello, che risulta abnorme. rispetto al procedimento da lui co­ munemente seguito 69 • In questi versi il poeta narra i miti etiologici legati al catasterismo che è all ' origine delle relative costellazioni, identificando dunque più o meno circostanziatamente ciascuna di es­ se , e approfondendo la trattazione svolta nella parte precedente del poemetto , in cui le figure zodiacali erano state descritte insieme alle altre costellazioni (man mano che venivano incontrate nell' esposizione del cielo stellato) relativamente alle loro figure, alle stelle ad esse affe­ renti, alla luminosità, e alla posizione rispetto ai corpi celesti vicini. L' ampiezza della trattazione ha fatto sì che i 3 3 versi venissero fre­ quentemente chiamati dagli studiosi " excursus sullo Zodiaco " , men­ tre in realtà credo sia improprio parlare di excursus: tutto il passo si

68 Questo procedimento è stato felicemente illustrato da P . Steinmetz (Germanicus, der romische Arat, " Hermc:s" 94 , 1 966 , p . 4 5 0 sgg.) con l' immagine della collana di .

pietre preziose (p. 465) . Si veda comunque la tavola comparativa fra le due opere n ell ed. cit. di A. Le Boeuffle, p. 75 sg. '

69 Va notato come per gli altri circoli celesti Germanico si attiene fedelmente ad Ara­ to , riducendo anzi la trattazione sulla Via Lattea. .

96

ROBEllTA MONTANARI CAWINI

inserisce infatti assai bene nel tessuto dell'opera, completando oltre­ tutto una lacuna di Arato., e cioè la mancata identificazione mitologi­ ca dei segni zodiacali. Va poi sottolineato come questi versi hanno un corrispondente nel modello (sia pure di assai minore estensione e rilie­ vo) , e hanno quindi a maggior ragione una funzione insostituibile nell' economia del pocmctto. D ' altra parte, . se gii Cicerone, avversario dell' astrologia, aveva ampliato e impreziosito stilisticamente la sezione sullo Zodiaco, � evidente che Germanico, che dell' astrologia era un con­ vinto seguace, non poteva che porlo . in ancora �aggior rilievo. È però importante sottolineare come questi si mantenga in tali versi su di un piano arateo, ovvero non astrologico: si limita infatti ad usa­ re uno strumento puramente letterario , e cioè il- mito, per celebrare. i dodici segni, senza fare alcuna allusione al loro determinante influsso sul destino umano 70 • Inoltre, come ho gii sottolineato, Germanico pone i versi sullo Zodiaco nel luogo dell'opera corrispondente a quel­ lo che la descrizione dell'eclittica aveva in Arata. Diversamente Mani­ lio, che pure nel primo libro segue anch' egli Arata, non ha potuto esimersi dal ricordare all' inizio della sua descrizione del cielo 7 1 , pri­ ma di qualsiasi altra costellazione, i dodici segni che accompagnano il percorso del sole, della luna e dei cinque pianeti. I 3 3 versi di Ger­ manico sullo Zodiaco non sono, come i dodici ciceroniani, equamente: ripartiti tra le varie costellazioni, ma ad alcune è dedicata una sempli­ ce menzione, ad altre una trattazione più estesa; il numero di versi di gran lunga maggiore è però riservato al Capricorno (v. 5 54 sgg.) : cochlidis inventor, cuius Titania flatu

555

proelia commisi t divo rum laetior aetas

70 Per la funzione dci versi sullo Zodiaco negli Arali Phae,omeu si veda il mio L 'astr. ,el/a lrtlii. , cii. p. 39 sgg. -

art .

7 1 - l , 2 � � sgg. , ovc i versi relativi a Bilancia c Scorpione (267 sg. : aeqwto trlm Libra die c11m lempore "oclis l atlrtlhil arde"li /t�lge,lem S�:orpio" astro) ricchcggiano da presso Georg. 1 , 3 3 sgg. c 208 . Alla trattazione dell' eclittica, in corrispondenza con Arato, sono poi riservati i vv. 666-680, in cui però sono nominate solo le cOStellazioni

dci solstizi c degli equinozi.

VIR.GlllO , MANUJO E GERMANICO

97

bdlantem comitata Iovem, pietacis honorem, ut fuerat geminus forma, sic sidere, cepit . hic , Auguste, tuum genitali corpore numen attonitaS imer gcncis patriamque paventem

560

in caelum tulit et matemis reddidit astris .

Come s i vede dunque, per quanto riguarda questa costellazione , non solo viene riportato il mito ad essa relativo, cui sono dedicati quattro versi (pari cioè all ' ampiezza mass ima riservata in questa sede a una singola figura 72) , ma viene descritto il ruolo che essa ha avuto nel ca­ tasterismo di Augusto . Si tratta di un' immagine efficace, ove è rap� presentato il Capricorno , che , tra lo stupore dd mondo e l ' apprensio­ ne della patria 73 , porta .in groppa l ' imperatore , .restituendolo agli astri. I

tre

v.ersi sono molto densi, e necessitano di un' accurata esege­

si, cui non sono sottoposti nei due recenti , e quasi contemporanei , commenti

agli Arati Ph��enomena, che non motivano sufficientemente

le due traduzioni, tra loro divergenti . Il Le Boeuffle traduce il brano cosl : " c ' est lui, Auguste , qui , dans la constemation générale et la frayeur de la patrie, porta au ciel et rendit aux asues maternels ton

ame divine qui avait pris corps

sous

son signe " . Come si vede , ambi­

gua· è l ' interpretazione dell' espressione questo riguardo è la traduzione

genitali corpore . Più precisa a

dd Gaio : " in the midst of an awe­

struck , quaking throng of foreigners and your own people , Augustus ,

you were carried into the sky on the body of this sign, under which you were bom , and retumed to your mother stars ' ' . Innanzi tutto oc­ corre notare come sia diffic ile , e forse impossibile , stabilire se con

nu­

men si intende l' anima divina di Augusto , in quanto discinta dal cor­ po, come sembra pensare il Le Boeuffle 74 , o non piuttosto più gene72

-

Ugualmente quaruo versi sono dedicati ad Ariete , Toro e Cancro .

73 Si noci aJ v. 5 5 9 la significativa ripresa. del v. 1 32 ove , a. proposito della Giustizia che si ritira sui monti nell ' età argentea, il poeta aveva detto (v . 1 3 1 sg . ) : haec effata super monlis abil alite cursu, l allonitos linquens populos gravior11 paventis. La corri­ spondenza tra i due versi � stata recentemente sottolineata da C. Sancini, Il segno e la tradizione in Ger'fllln l ico scn"tlore , Roma 1977 , p. 1 9 . -

74

-

Si veda anche il suo commento ad loc. I l problema coinvolge l' ass ai complessa

98

ROBERTA MONTANAIU CAIDINI

ricamente la persona divina dell ' imperatore : come ad un numen del resto Germanico si era già rivolto ad Augusto nel prologo (v. 1 6} . Credo poi che giustamente il Gaio intenda genitali corpore come rife­ rito al Capricorno , sotto la cui tutela Augusto era venuto nel mondo, come del resto aveva ben visto il Maass 75 : " verum genitali corpore ad utrum penineret, Augustum an Capricornum , cognovimus haesita­ tum esse immerito . . . 7 6 • Etenim Capricorni lE JI JifJTL JC Ò JI uwp.a idcirco significavit poeta, quia, Augustus ut nasceretur, ille effecisse vel ut Manilii dieta (II v. 507) nostra faciamus - ' in eius onum fulsisse ' exi­ stimaretur' ' . Assai appropriata è la citazione del passo di Manilio , ove questi , esponendo le varie caratteristiche dei segni zodiacali, escludeva dai signa videntia il Cancro e il Capricorno , ponando per il secondo la seguente motivazione (2 , 5 07 sgg . ) : -

contra Capricomus in ipsum conveni t visus ( quid enim mirabitur illc maius, in Augusti felix cum fulserit onum ?)

Come ha giustamente inteso il Maass , viene qui espresso lo stesso con­ men­ tre negli Arati Phaenomena viene usata un' espressione (genitali cor-

cetto del passo di Germanico, anche se con termini più poe tic i ,

questione di come venisse imeso il c at as ter i sm o e in panicolare quello di personaggi comemporanei . Svetonio (A ux 1 00 , 4) parla a questo proposito di "effigies" : nec de­ fuit vir praeton.u s, qui se ejjzgzem cremali eunlem in caelum vidisse iurarel. Cfr. L. Ross Taylor, The Divinity of the Roman Emperor, M iddletown 1 9 3 1 (rist. an. New York 1 9 7 5 ) p. 2 24 sgg . ; E. B i cke rm an Consecralio (in : Enueciens Fond . Hardt XIX cii. ) , p . 3 sgg . , con la discussione che segu e . ,

,

7 5 - De Germanici prooemio commentatio , G ri ph y swal d iae 1893 , p . IV.

76 Recemememe C . Samini, op. cii. , p . 20 n . 29. pur propendendo per auribuire genitali corpore al Capricorno, afferma ' ' non me la semo di escludere drasticamente co­ me ha fatto il Maass . . . l ' altra interpretazione , vale a dire che genitale corpus sia riferito -

ad Augusto e che, di conseguenza, l ' ablativo assuma nella frase la funzione di separa­ zione invece di quella strumemale ' ' . La frase di Germanico risulterebbe però oscura fi­ no al l ' incomprensibilità , perché la funzione di separazione dell ' ablativo , in asse nza di una preposizione che la segnali, sarebbe tutta da indovinare , né saprei plausibile per genitali.

indicare

un senso

99

VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO

pore) che sa più di tecnicismo . Corpus è usato a proposito di costella­ zioni altre tre volte nell ' opera di Germanico 77 e frequentemente , ad esempio , negli Astronomica di Igino 78 , ed è qui appropriato all ' im­ magine del Capricorno che pona Augusto sul proprio corpo 79 • Quan­ to

a genitalis , deve essere interpretato come legato alla generazione

dell ' imperatore , alla quale ha presieduto

8 0 • L ' espressione genitali

corpore , pur avendo dunque un ben preciso significato tecnico 81 , ha anche un suo colorito poetico : essa è infatti una dotta reminiscenza di Lucrezio (non considerata dagli editori di Germanico) che chiama più volte gli atomi genitalia corpora 82 • Lo stretto rappono del Capricor-

77

-

78 -

Vv.

3 3 0 , 670

Cfr. Le

e

68 1 .

Boeuffle, Les noms cit. ,

p.

61

sg . , che ricorda anche altri autori in cui com­

pare tale uso.

79

- Recentemente G. Maurach

(Germanicus und sein Arai,

Heidelberg

1978,

p.

17

sgg . ) s i sofferm_a s u questi versi a proposito della datazione dell' opera , per l' importanza dell ' esplicito riferimento alla mone di Augusto . Nell ' ambito però di un indirizzo ese­ getico c he mi auguravo fosse definitivamente uamontato , lo studioso continua a punta­ re

il suo interesse sopratwtto sul problema dell ' autenticità dei versi sullo Zodiaco e in

panicolare dei tre versi in· questione , accumulando cons iderazioni di ordine formale , a detrimento di un ben più necessario esame sulla suutwra e la funzione del passo . La

conclusione è una generale denuncia di incertezza , che non consentirebbe alcuna utiliz­ zazione ai fini della datazione . Per quanto riguarda la più precisa esegesi dei

560 ,

vv .

) )8-

le proteste di incomprensibilità del Maurach sono sen z ' altro giustificate in chi ri­

nunci a intendere astrologicamente un passo di nawra astrologica . Su tutta la questione tornerò comunque in uno swdio sulla datazione e la dedica degli

80

-

A questo proposito si deve notare come il

Th. l. L. , s.

11.

Arati Phaenomena.

genitalis ,

riporta il passo

di Germanico, per cui accoglie esplicitamente l ' interpretazione del Maass , nella sezione

II A :

actum generandi perficiens ( 1 8 1 3 , 80 sgg . ) , laddove sarebbe stata più appropriata I A: generando aptus , generandi potens, generationis protector ( 1 8 1 3 , 10 sgg . ) : è chiaro infatti che Germanico non si riferisce ad una reale una collocazione nella sezione

generazione da parte del Capricorno , ma al suo influsso, al suo presiedere alla genera­

zione di Augusto . Interessante è anche il confronto con i passi ove genitalis è detto ' ' de temporibus (ad nativitatem peninens) " (cfr. ibid. 18 1 5 , 10 sgg . ) , tra cui cfr. ad es . Tac .

Ann. 6 , 2 1 : interrogatur an suam quoque genitalem horam comperisset,

ove si

parla di Tiberio a colloquio con l ' astrologo Trasillo.

81

-

Coinvolgendo appunto il ruolo del Capricorno nella genitura di Augusto , per cui

si veda oltre .

82

-

Lucr. ,

1 , 5 8 , 1 6 7 ; 2 ,62

sg .

100

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

no con la genirura di Augusto ci tra

è testimoniato anche da altre fonti,

cui Svetonio , che narra come dopo la visita all ' astrologo Teogene

(Aug. 94 , 1 2 ) : tantam mox firluciam fati Augustus habuit, ut thema suum vulgaverit nummumque argenteum nota sùJeris Capn"corni, quo natus est, percussenl 13 • Si

è però visto come altre precise testimonianze parlino della Bi­

lancia come segno di Augusto . Per conciliare dunque queste notizie , apparentemente contrarie , sono state formulate due diverse spiegazio­ ni . L' una

84

è che la Bilancia sia , come si è visto , il segno legato alla il segno legato invece al

nascita del futuro imperatore, e il Capricorno

suo concepimento , secondo una diversa, ma ben attestata, teoria, che fondava il destino dell ' individuo appunto sulla posizione degli astri al momento del concepimento il

genitali

85 :

e a questo potrebbe riferirsi assai bene

di Germanico . L ' altra spiegazione

è che il Capricorno sia il 16 , spiega­

segno nel quale alla nascita di Ottaviano si trovava la luna

zione che sarebbe confermata dai calcoli eseguiti sulla base delle tavo­ le astronomiche relative . Le due teorie sono entrambe ragionevoli, e basate su elementi , per quanto lo consente la labilità dei dati in

no­

stro possesso , complessivamente attendibili : non fa dunque meraviglia che gli studiosi si siano divisi in due campi polemicamente avversi probabilmente dal 28 a. C. in anche altre testimo­ nianze, tra cui alcune monete) si veda Bayet, ari. cii. p. 1 5 2 sgg. ; Flores, tlrl. cii. , p. 1 5 sgg. ; Le Boeuffle , ed. cii. , ad vv . 5 5 8-560. 83

Per il Capricorno come segno di Augusto, e anzi

poi segno ufficiale dell' imperatore (relativamente al quale si hanno

84 - Per cui si veda Bouché-Ledercq , op. cii. , p . 369 e n. l, p. 3 7 3 e n . 2. p. 384 , p. 4 3 9 . Questa tesi è accolta fra gli altri dal Bayet , ari. cii. , p. 1)2 sgg. ; dal Flores, tlrl. cii. , p. 16 sgg . e recentemente dal Le Boeuffle , ed. cii , ad vv. 5 58-560. .

85 - Cfr. Bouché-Ledercq, op. cii. , p . 373 sgg . 86 - Si veda ) . G. Smyly, The Second Boo� of Manilius, " Hermathena" 38, 1 9 1 2 , p.

n o sgg . , l e cui conclusioni sono accolte da Housman, Manilius, Capricornus, and Libra, " ClQ " 7 , 19 1 3 , p. 1 09 sgg . e negli dell ' edizione di Manilio cii. , p. lxix - lxxii (in vol . V p . 1 1 1 sgg . ) ; te dal Gaio , ed. cii. , ad loc. Anche il Le Boeuffle , ed. cii. ibid. ,

Augll.llti.I, Tiberill.l, Adde,t/4 al I vol. nonché recentemen­ sottolinea la validità di queste argomentazioni. Sull ' importanza della posizione della luna oel lhefllll di gc­ nirura si veda Bouché-Ledercq , op. cii. , p. 3 8 5 sg.

101

VIRGlllO , MANILIO E GERMANICO

nell' accettare

o

l ' una o l ' altra 87 Esse non sono però a mio parere in­

conciliabili: secondo una regola astrologica attribuita a Petosiride

88

infatti il segno oroscopo del concepimento è quello stesso in cui si

al momento della nascita, e viceversa il segno oroscopo della nascita è quello dove si trovava la luna al momento del concepi­ troverà la luna

mento . Credo quindi che le due ipotesi ritenute contrastanti possano essere profiquamente accordate . Le testimonianze che ci sono giunte sono

d ' altra pane per lo più divise nell ' attribuire ad Augusto l ' uno

o

l' altro segno , se si eccettua Manilio , che parla, come si è visto , esplici­ tamente del Capricorno e altrove altrettanto chiaramente , anche se implicitamente, della Bilancia, come costellazioni che hanno avuto un ruolo dominante nella genirura del futuro imperatore . Manilio parla però dei due diversi segni

in contesti distinti, senza porti in un rap -.

pono reciproco . Particolarmente interessanti anche da questo punto di vista si rivelano invece i

vv.

5 5 8 - 5 60 di . Germanico , ove è a mio av­

viso da riconoscere anche una chiara allusione alla Bilancia, nella espressione

maternis astris.

Credo infatti che in essa non sia da vedere

con il Le Boeuffle 89 solo una generica allusione

a

Venere , da cui ave­

va origine la stirpe Giulia, e che le parole. di Germanico non possano

di quelle di Ovidio 90 , che a proposito del futuro catasterismo così si era espresso (Met. 1 5 , 839) : esser poste sullo stesso piano

aetherias sedes cognataque sidera tanget

ove è difficile stabilire se vi sia allusione , come è stato interpretato 91 , 87

-

Fa eccezione l ' atteggiamento del Le Boeuffie , che , come si � visto nelle note prece­

denti, anche se non esplicitamente , e senza porsi apparentemente il problema della conciliazione delle due possibilità, sem bra accoglierle entrambe .

88 - Per cui si veda Bouché-Leclercq, op. cii. , p. 379 sg. 89

-

Etl. cii. , ad loc.

90 - Cui esse sono accostate ad es . dal Maass , art. cii. , p . IV e recentemente dal Santi­ ni, op. cii. , p. 2 1 . Vorrei a questo proposito correggere qui una critica che in seguito ad una svista avevo ingiustamente rivolta (L 'aslr. nella trad. , cit, , p. 46 n. 5) al Maass , in quanto i versi delle Metamorfosi si riferiscono al catasterismo di Augusto . 91

-

Cfr. M aass ,

art. cit. , ibitl.

1 02

ROBERTA MONTANARI CAIDIN1

al pianeta Venere e al sidus Iulium , o ad una più generica parentela dell ' anima con gli astri . In Germanico credo invece che maternis tJJtris contenga un ' allusione tecnicamente ben precisa, e indichi le stelle della Bilancia , domicilio astrologico del pianeta Venere

92 • Solo così si

può spiegare convenientemente sia l ' aggettivo maternis , che non po­ trà riferirsi al stdus Iulium (il quale sarebbe se mai astro ' paterno ' ) , bensì a Venere progenitrice della stirpe , sia il plurale, che indica ap­ punto le stelle della Bilancia, e che non si spiegherebbe con una ge­ nerica allusione alla Venere celeste, quasi che gli astri le appartenesse­ ro in blocco . Germanico opera dunque in questa espressione una mi­ rabile sintesi tra la tecnica astrologica e l ' esaltazione della stirpe Giu­ lia , di cui egli stesso era venuto a far parte , ponendo , credo , l ' astrolo­ gia al servizio dell ' ideologia imperiale . Nei tre versi

5 5 8 - 560 il poeta

ha dunque voluto rappresentare il Capricorno che pona Augusto in cielo , restituendolo alla Bilancia ove regna Venere . In tutto questo si deve vedere non solo una probabile emulazione , una chiosa del più generico cognata sidera di Ovidio 93 , ma soprattutto una raffin ata al­ lusione all ' immagine virgiliana, con cui Germanico vuole evidente­ mente gareggiare . Da Virgilio egli deve infatti aver preso l ' idea di so­ stituire un ' immagine ad una generica menzione della salita al cielo, oltre evidentemente al concetto fondamentale della dimora di Augu­ sto nella Bilancia: il tutto sottolineato dalla puntuale ripresa dell ' ag­ gettivo maternus (Georg . l ,

2 8 : cingens materna tempora myrto) in

riferimento a Venere . Va d ' altra parte aggiunto che nella scelta del Capricorno , come anche del termine corpus , avrà probabilmente in­ fluito il ricordo degli altri vettori alla sede dei beati, con cui spesso gli eroi sono raffi gurati mentre ascendono al cielo , come aquile , cavalli alati , grifoni' 94 • Non solo , ma, secondo u n ' ipotesi che ho già formu-

92

-

Cfr. Bouché-Lcclercq , op. cit. , p. 14 1 n. 2 , p. 1 8 5 , p. 1 8 8 , p. 1 9 5 . Si veda anche an. L 'a.rtr. nella trad. , cit. , p. 46 sgg.

il mio

93 - Cfr. anche Met. 1 5 ,846 : recentem animam caelestzbus intulit astris. 94

-

Cfr. Weinstock, op. cit. , p. 3 5 6 sgg.

VIRGIUO , MANILIO E GERMANICO

103

lato 95 e contemporaneamente � stata contemplata anche d al Le Boeuf­

96 , può essere più che una coincidenza il fatto che tra le stelle del

fle

Capricorno venisse immaginata la pona dell' Ade, per la quale le ani­ me passavano ali ' aldilà .

Una volta spiegato quale deve essere il preciso significato dei versi

558

-

560, credo che non si possa non trarne precise conseguenze. In­

nanzi tutto essi costituiscono nel complesso dei versi sullo Zodiaco una nota stonata, e questo per più motivi . Il primo � di ordine conte­ nutistico: ciò che si dice nei tre versi

è infatti completamente estraneo

all ' argomento del resto della trattazione . Inoltre il Capricorno ha già,

è visto , all' interno dell ' esposizione sullo Zodiaco , la sua am­ pia pane , ove si espone il mito di Aegipan con cui è identificato . To­ come si

gliendo i tre versi dunque non si avvenirebbe nessuna lacuna . Un se­ condo motivo introdotti da

è di ordine stilistico : i tre versi sono infatti malamente

hic ,

che costituisce , in un poeta accurato come Germani­

è infine un ter­ zo, e più determinante , motivo : Germanico infatti nei 7 2 5 versi della

co , u na evidente raffazzonarura redazionale 97 • Ma vi

sua traduzione aratea evita accuratamente di menzionare la dottrina astrologica, e, se

è possibile riscontrare qua e là qualche indizio della

familiarità del poeta con l' astrologia, si tratta di spunti che gli sono sfuggiti quasi involontariamente : egli si mantiene infatti su di un pia­ no arateo , limitandosi piuttosto ad eliminare ciò che nel modello era inconciliabile con la dottrina astrologica 9 8 • E si deve anzi notare come

i precisi elementi astrologici presenti sia nella traduzione aratea, sia nei cosiddetti Prognostica , non toccano mai, senz ' altro volutamente ,

95

-

L 'a;tr. nella trad. , cit. , p . 49

sg.

96 - Ed. cii. , ad. loc. 97

Infondato è il dubbio del Maurach , op. cit. , p. 1 9 sg . , che hic possa riferirsi a Giove (v . 5 5 6) , ma la possi bilità del fraintendimento può essere u n ' ulteriore spia dell' infelicità dell' espressione .

98

-

-

Su rutto questo si veda il mio art . , L 'astr. nella trad. , cit. , passim.

104

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

la determinaz io ne del destino dei singoli esseri umani 99 • Nei versi l 7 2 5 l ' unico evidente aspetto di dottrina asuologica, e addirinura di genetlialogia, è proprio in questo passo , che appare suidente anche da tale punto di vista: i ue versi non sono dunque ' ' inseriti . . . nello splendido castone dell'excursus sullo Zodiaco ' ' come si è espresso di re­ cente C. Santini 100 , secondo il quale il cosiddetto excursus avrebbe co­ me suo punto culminante quei ue versi, e in funzione di essi sarebbe sta­ -

.

to scritto

101

;

ma al conuario , . l ' inserimento appare a. mio avviso eviden­

temente fuori luogo .

Alle stesse co nclusio ni non si può non pervenire ove si c onsideri meglio il cosiddetto excursus nel suo complesso . Innanzi tutto viene sottolineata l ' im portanza dello Zodiaco come cammino del sole ftn d al verso inuoduttivo (v. 5 3 1) : haec via solis erit bis senis lucida signis .

Arato parlava del percorso del sole nell' eclittica solo dopo la menzio­ ne delle costellaz io ni zodiacali, Germanico tiene a precisarlo fm dall iniz io, quasi an tic ipando la funzione che i segni dello Zodiaco avranno nei suoi Prognostica 102 • Il poeta latino inizia poi l ' ele nco dei dodici segni dall'Ariete, s eguend o in questo la convenz ione comune al suo tempo e app enando qu indi una evidente correzione rispetto ad Arato, che , seguito da Cicero ne iniziava dal Cancro . Con questo Germanico vuole evidentemente dare un chiaro piglio di modernità al suo Zodiaco . Non solo dunque egli ne sottolinea l ' imponanza am­ pliando la trattazione di ben 28 versi risp etto al modello, e arricchen­ dolo di dotti panicolari mitologici, ma lo aggiorna e lo modernina sia sottolineando ne l ' imponanza in quanto cammino del sole , sia mo.

'

,

99 - Si veda anche quanto ho detto in L 'astrologi�� nei "Prognoslica " di GemJ�Jnico , " SIFC " 4 5 , 1 9 7 3 , p . 1 37 sgg. 1 00 - Op. cit. , p. 2 2 . 1 0 1 - /biti. , p . 1 9 sg. 102

-

Si veda quanto ho detto in L 'astr. nella trad. , cii. , p. 42 sgg.

VIRGUJO , MANILIO E GERMANICO

105

dificando il

pu nto di inizio, ormai superato, cui si rifaceva Arato.. In il .lettore, il quale comprenderà come si uatti di un omaggio, anche se non esplicito, da parte di un cultore dell ' asuologia, alla " via del sole " , ma anche della luna e dei pianeti, e ai dodici segni dai quali dipende in gran pane il destino dell ' uomo . Se questo credo sia il p rimo mes­ saggio che Germanico voleva rivolgere al lettore, ve ne � poi un alu9, che non doveva risultare meno evidente . Infatti in uno Zodiaco per il resto aggiornato, il poeta non nomina la Bilancia, che pure non solo tutto questo credo si debba vedere un chiaro messaggio per

ovviamente ben conosceva, ma cui aveva già riservato un posto di ri­ lievo nel con le

prologo dell ' opera 103 , bensl identifica ancora le sue stelle

Chelae

dello Scorpione, come aveva fatto Arato, che conosceva

uno Zodiaco a undici figure, e come aveva fatto anche Cicerone . Non solo , Germanico fa un ulteriore passo indieuo rispetto a Cicerone , che aveva almeno riservato alle

gni,

e

Chelae

un verso , come a tutti gli altri se­

aveva quindi riconosciuto loro una autonomia, se non come co­

stellazione, almeno come segno zodiacale . Germanico considera inve­ ce le

Chelae

spiegano

a

come un' appendice dello Scorpione, in termini che si

mio avviso solo come un chiaro richiamo al

Georgiche da

cui

passo delle

è partita questa indagine . Lo Scorpione occupa an­ 548 sgg.) :

cora una parcizione in più (v.

Scorpios bine duplex quam cetera possidet orbis si'd era, per Chelas g eminato lumine fulgens , quem mihi diva canet dicto prius Orione .

E sul quel dopp io di spazio che esso possiede rispetto alle alue costel­ lazioni (sidertZ) il poeta insiste ribadendo duplex, gemint�to 104 • Non credo d ' altra parte che la mancata menzione della Bilancia possa sp ie ­ garsi (secondo un' ipotesi che avevo pur considerato 105 ) con l' inesi-

- V . 8, si veda oltre . 104 - Analogamente si era espresso, a

103

proposito dello Scorpione , Ovidio , Mel. 2 , 1 97 :

pomgil in spali11m signor11m membn� ti11or11 m . 10� - L 'fiStr. nellfl

trtul. ,

cii. , p. 49.

1 06

ROBERTA MONI'ANAIU CAIDINI

stenza di un mito ad essa relativo .

A Germanico non mancavano in­

fatti ceno risorse per risolvere un' aporia di questo genere . Egli poteva parlare , .come fa Nig�dio 1 06 , la cui opera gli era ceno ben nora,

dell ' inventore della Bilancia; poteva collegarla strettamente, come

strumento della giustizi�.. alla

pia Virgo

7 che le sta accanto 10 ; poteva

alludere , come fa Manilio 108 , all ' essere la Bilancia, unica fra rutti i segni, un manufatto

ifabricata) .

ll fatto invece che il poeta

in uno Zo­

diaco vistosamente aggiornato si attenga in questo caso ad u n ' imma­ gine che definirei non tanto aratea quanto virgiliana (e si noti che si tratta anche in questo caso di immagine, perché a differenza che per le altre costellazioni, per lo Scorpione viene descritta una caratteristica visiva, il fatto cioè di estendersi più del dovuto, mentre per to si rimanda altrove

1 09 ) ,

il suo mi­

credo che non possa intendersi altro che co­

me l ' evidente messaggio che nello Zodiaco vi occupata indebitamente , e quindi disponibile .

è ancora una partizione È evidente che Germa­

nico, cosl strettamente legato all' imperatore, e destinato ad essere, dopo Tiberio , suo erede , non poteva, per ovvi motivi di buon gusto, parlar chiaramente della sua mone , e conseguentemente della sua di­ vinizzazione astrale . Egli lo fa invece nel modo più discreto, riman­ dando in maniera inequivocabile al passo virgiliano di Georg.

1 , 32

sgg . Si tratta dunque di un caso evidentissimo di " memoria poetica" , sottolineata da una preparazione ampia e minuziosa: tutto

il contesto

viene infatti vistosamente aggiornato , attraverso una scoperta innova­ zione di ordine scientifico, e un ' altrettanto scoperta amplificazione poetica, e tutto ciò in vista dell ' unico panicolare che , veramente

biso­

gnoso di aggiornamento , viene invece lasciato intatto , ignorando per di più , e scientemente , il pur cauto e limitato progresso compiuto da

1 06 - Fr. 95 Swoboda, cfr. Le Boeuffle , Les Noms cii. ,

p.

173 e

p.

215.

1 0 7 - Si veda quanto dice lo stesso Germanico , fr. IV l 5 2 sg . : nec Libra tenenti l dis· sentii divae. 108 - 2 ,442 . Cfr. Bayet, art. cii. , p. l S l . 1 09

-

Ai

vv .

64 5 sgg.

VIRGILI O , M.ANILIO E GERMANICO

1 07

Cicerone. Lo Scorpione è ancora un segno doppio , perché non si è an­ cora verificata la profezia di Virgilio, e segno doppio deve restare per­ ché tale profezia possa realizzarsi. La conseguenza non può che essere una: essere Augusto ancora in vita al momento della stesura dei versi sullo Zodiaco, ed essere i vv. S S 8 - S 60 stati aggiunti in un secondo momento , confermando in questo indirettamente le argomentaZioni c::he si erano tratte diretta­ mente dall' esame di quei tre versi. Non solo , ma, se le cose stanno così, non può essere stato il poeta ad aggiungere il passo nel punto ove è tramandato , lasciando inalterato il resto della trattazione sullo Zodiaco . I tre versi devono con ogni verisimiglianza essere considerati come dò c::he resta di un più ampio rifacimento cenamente progettato e almeno parzialmente operato da Germanko dopo la mone dell ' im­ peratore, quando ormai egli aveva tutto l' interesse a parlare aperta­ mente dell' avvenuta divinizzazione dell' avo asc::eso agli astri, come Augusto stesso aveva fatto per suo padre Cesare. E tutto lasc::ia pensare che egli lo avrebbe fatto in termini analoghi a quelli così opponuna­ mente preconizzati da Virgilio , come conferma l' espressione matemis astris , relativa come si è visto alla Bilancia. Il rifacimento avrebbe poi ceno coinvolto anche la pane relativa a questa costellazione , e si po­ trebbe avanzare l' ipotesi che le sue stelle, che avevano accolto l' impe­ ratore, avrebbero preso da lui il nome, come l' aveva preso il mese Se­ stile a lui panicolarmente caro 1 10 • D ' altra pane anche Manilio chia­ ma, come si è visto , {1 , 384 sg.) astrum augustum la veneranda perso­ na dell' imperatore ancora regnante sulla terra e destinato ad assurgere al cielo e a governarlo . Dall ' immagine degli anuali vv. S S 8 - S 60 ri­ sulta chiaro .come il ruolo fondamentale nel catasterismo di Augusto non era riservato al Capricorno , che è solo il tramite per il quale que­ sto avviene, ma alla Bilancia, nella quale Augusto rimarrà. E questa è un' ulteriore conferma che Germanico volle rifarsi a Virgilio , special­ mente ove si pensi che il Capricorno era il segno ufficiale di Augusto, 1 1 0 · Cfr. Weinstock, op. cit. , p . 1 :>4 .

108

ROBERTA MONTANARI CAID INI

e tale ha continuato ad essere consi derato dai posteri. La reminiscenza del prologo delle Georguhe non si limita però in Germanico a quanto abbiamo visto, ma si ritrova nel luogo della sua opera che certamente era il più adatto, e ci� il prologo: .Ab Iove principium magno deduxit .Aratus at nobis, genitor, tu maximus auctor; te veneror, tibi sacra fero doctique laboris primitia.s. probat ipse deum rectorque satorque. quantum etenim possent anni certissim a signa, qua sol ardentem Cancrum rapidissimus ambit diversasque secat metas gelidi Capricorni quave .Aries et Libra aequant divortia lucis , si non parta quies, te praeside, puppibus aequor cultorique daret terras, procul arm a silerent? nunc vacat audacis in caelum tollere vultus sideraque et mundi varios cognoscere motus, navita quid caveat, quid scirus vitet arator, quando ratem ventis aut credat semina terris . haec ego duro Latiis conor praedicere Musis, pax tua tuque adsis nato numenque secundes ! carm inis ;

S

10

lS

Gii le parole. con cui il poeta esordisce riprendono un emistichio vir­ giliano, foggiato a sua volta sul primo emistichio arateo 111 (Ecl. 3 , 60) : ab love principium Musae : lovis omnia piena.

È sig nificativo che Germanic o si rifaccia a Virgilio , anzkhé al suo pre­ decessore nella traduzione aratea, Cicerone, che aveva esordito : A love Musarum primordia.

Un altro evidente richiamo all' opera di Virgilio è stato individuato dallo Steinmetz 1 1 2 in sacra foro del v. 3 , che lo studioso pone a con­ fronto con Georg. 2 , 4 7 6 :

1 1 1 - Cfr. anche Aen. 7 , 2 1 9 : ab love principium generis. 1 12

·

Art. cit. ,

p.

456.

VIRGUJO , MANUJO E GERMANICO

47 5

109

me vero primum dulces ante omnia Musae, quarum sacra fero ingenti percussus amore , accipiant caelique vias et sidera monstrent, defectus solis varios lunaeque labores .

La ripresa

è particolarmente significativa trattandosi di un ' invocazione

alle M use per una poesia che ha come primo tema il cielo e gli astri .

D'altra

8 si debba vedere un ' allusione al primo

parte credo che al v.

libro delle lancia (v.

Georgiche ,

ove , come si è visto , Virgilio parlava della Bi­

208 sg .) : Libra die somnique pares ubi fecerit boras et medium luci atque umbris iam dividit orbem .

Si tratta infatti dell 'unico caso in tutta la traduzione aratea Germanico nomina la Libra, e questo

m

cui

è, credo , particolarmente signi­

ficativo113 : come Virgilio parlava dello Scorpione che occupa due se­ gni, ma anche della Bilancia,

cosl anch ' egli nel prologo, che sostitui­

sce in blocco quello di Arato, e dove quindi non

è legato al modello ,

pone la Bilancia nella stessa funzione di segno dell' equilibrio tra not­ te e giorno che aveva nelle

Georgiche. Georg.

debba riconoscere una ripresa di

Infine nei

vv.

1 1 - 14 credo si

l , 2 5 2 sgg. , ove Virgilio pre­

senta l ' osservazione del cielo come necessaria premessa alla scelta dei momenti opportuni per le attività agricole e marinaresche : bine te mpestates

dubio praediscere caelo

possumus, bine messisque diem tempusque serendi, et quando infidum remis impellere marmor

25 5

conven iat quando armatas deducere classis, aut tempestivam silvis evenere pinum ,

.

Il prologo degli Arati Phaenomena è dunque intessuto di remini­ scenze virgiliane , 1 14 e ciò dimostrerebbe già da sé come il poeta in-

1 1 3 - La Bilancia è invece frequentemente nominata nei suoi Prognostica.

1 14 Un'ulteriore reminiscenza delle Georgiche (2 , 343 sgg.) deve probabilmente esse· re vista al v. 9. Su questo raffronto si veda quanto ho detto in: L 'astr. nella trad. , cit. , p. 106 sg . .

ho

ROBERTA MONTANARI CAIDINI

tendesse programm a cicamente rifarsi al suo grande predecessore . U n più preciso confronto deve però essere istituito col prologo delle Geor­

giche , con cui si è visto Germanico misurarsi nei versi sullo Zodiac o . Già l o Steinmetz 1 1 5 aveva avanzato l ' ipotesi che i l poeta , che voleva presentarsi come l ' Arato romano, non potesse che rifarsi , fin dal pro­ logo , all ' Esiodo romano, e éioè al poeta delle Georgiche , e che lo avrebbe fatto sostituendo l ' inno a Zeus con cui cominciava Arato con la preghiera al genitor, sulla scia dell ' invocazione virgiliana a Ottavia­ no . Quella che in Virgilio era una profezia si sarebbe ormai avverata, e Augusto sarebbe già assuno al cielo , dopo aver reso possibili con l ' instaurazione della pace le attività dell ' agricoltura e della navigazio­

ne . Lo studioso limitava però a questo le sue osservazioni 1 1 6 e non estendeva il confronto ai versi sullo Zodiaco 1 1 7 • Credo sia invece op­ ponuno riprendere in esame la questione alla luce di quanto si è ve­ nuti esponendo nel corso di questo lavoro . Innanzi tutto il genitor deve identificarsi con Augusto ancora in vita , come è dimostrato non solo da quanto si è detto a proposito dei versi sullo Zodiaco , ma an­ che da altri elementi interni al prologo 1 1 8 , tra cui basterà qui ricorda­

re come la mancata menzione del catasterismo di Augusto nella dedica-invocazione a lui rivolta , in un' opera che ha per argomento gli astri , può spiegarsi solo se esso non si è ancora verificato . Ciò non to-

1 1 5 · Art. cit. , p. 4S6 sg . 1 1 6 Suffragare dal solo confronto relativo a stJCra /ero (nonché alla ripresa del primo emi­ stichio) . •

117

-

Che si limita a ricordare (p . 4 5 6) come prova della già avvenuta morte di Augu­

sto .

1 1 8 Cfr. quanto ho esposto in L 'astr. nella trad. , cit. , p. 102 sgg . I p iù recenti stu· diosi di Germanico (Le Boeuffle, Gain , Santini, M au r ac h citt. , cui è da aggiungere al­ meno L. Cicu , La data dei Phaenomena di Germanico , " M aia n . s. 3 1 , 1 9 7 9 , p. 1 39 sgg . ) sostengono invece le tradizionalmente concorrenti ipotesi de ll a dedica ad Augusto già morto o a Ti berio . Ritengo quindi necessario , come ho già accennato , ri torn are sul­ la questione in un apposito studio, ove como non solo di discutere con la dovuta am­ piezza le argomentazioni degli studiosi ricordati , ma di portare nuovi, e spero definiti· vi , elementi. ·

"

VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO

111

glie che la profezia virgiliana si sia già parzialmente realizzata, e che Germanico stia qui descrivendo una situazione simile a quella che si è già vista nei versi di Ovidio (Met. 1 5 , 830 sgg .) e di Manilio (1 , 386) che si sono esaminaci. Augusto cioè ha instaurato la pace, rendendo possibili le attività fondamentali dell'uomo : agricoltura e navigazione, cui si aggiungono negli Arati Phaenomena anche l ' astrologia (v. 1 2) e la poesia. In questo si rivela felice l ' intuizione dello Steinmetz , come pure nell' aver sottolineato la sostituzione che Germanico opera po­ nendo Augusto al posto dello Zeus di Arato . Quest' ultima si spiega però a mio avviso solo ove si tenga presente che già Virgilio aveva im­ plicitamente indicato, come si è visto , questa via, attribuendo all ' an­ cor giovane Ottaviano le caratteristiche che Arato aveva visto in Zeus. Questo non può essere sfuggito a Germanico, che anzi, non solo tocca i tre medesimi aspetti già presenti nei prologhi arateo e virgiliano , e cioè il preciso cappotto dell ' invocato con le attività terrestri, quelle marine, e con il cielo , ma addirittura si spinge più oltre , in un aspet­ to che solo a lui poteva essere concesso . Come infatti Arato inserisce nel contesto degli attributi di Zeus la precisa rivendicazione della fi­ gliolanza divina dell' uomo (v. 5) : Toii -yà e xaì -yévo s E lp.év

cosl Germanico insiste all' inizio e alla fine del suo prologo sul suo diret­ to cappotto di parentela con l ' imperatore, cui si rivolge come genitor af­ fmché venga in aiuto alla sua stirpe (v. 1 6 : nato) . Come richiamo al proemio delle Georgiche da pane di Germanico , nello stesso cappotto fra situazione profetizzata o auspicata e realtà già verificatasi, possono anche essere viste le ardite parole. (v. 3 sg.) : te veneror, cib i sacra fero doctique laboris primitias

rispetto al virgiliano (v. 42) : . . . vocis iam n une adsuesce vocari

sottolineate inoltre non solo dalla ripresa sacra fero che si è vista, ma anche dal voluto sapore agreste dell ' espressione pn"mitias. Solo tenen-

1 12

ROBERTA MONTANAIU CAIDINI

do conto di questi molteplici aspetti la sostituzione di Augusto allo Zeus arateo appare come preparata

poetica' ' .

da una ben precisa ' ' memoria

Vi � infine un ulteriore elemento che può essere portato a confer­

ma, credo decisiva, di quanto si � ftn ora venuti esponendo. Germa­ nico contrappone infatti a lofle . . . magno di Arato. il genilor chiamato maximus auctor, con la stessa espressione che , come si è visto , compa­ re in Manilio . A questo proposito va notato innanzi tutto

come gli

studiosi di Germanico siano sempre stati in disaccordo . sull ' interpun­

zione dei primi due versi, e i due più recenti editori non fanno ecce­ zione . Infatti il Le Boeuffle pone punto e virgola dopo cendolo quindi dipendere da ad

pnncipi'um , laddove

c�:�rmt"nis,

fa.

il Gain lo unisce

auctor ponendo punto fermo alla fine del v. l . Nonostante che auctor carminis sia ben attestata 1 1 9 , credo sia migliore

l' espressio�e

l' interpretazione del Le Boeuffle , in quanto

tra

l ' altro

essa può

essere

suffragata dal confronto che si � visto col virgiliano principium

Musae Musarum pnmorriia. Il genilor � dunque con­ trapposto a Giove in quanto è maximus auctor. e qui credo torni in gioco il virgiliano auctor frugum . Si è visto infatti come la pane della profezia delle Georgiche riguardante la terra e il mare poteva in un nonché col ciceroniano

ceno modo considerarsi avverata, e si è d ' altra pane constatato come le tre diverse eventualità che ivi Virgilio prospettava a Ottaviano pos­ sano essere interpretate come un tutto unico , e tali dovevano

apparire

a Manilio , che connetteva strettamente la Bilancia alle attività agrico­ le . Questo vale ancor più per Germanico : basti pensare che egli sosti­ tuisce i

Prognostica di Arato. con previsioni di astrologia meteorolQ.gi­

ca, basate sull ' influsso dei segni zodiacali, dei pianeti, e delle loro combinazioni. Stretto doveva dunque per lui essere il collegamento fra c olui che fa crescere le mess i in quanto signore degli dementi at· mosferici,. e colui che nello Zodiaco e dallo Zodiaco potrà influire

su

1 1 9 Cfr. Th. l. L. , s. v. Si veda anche E. Pohlmann , CharakteristiU des romischen Lehrgedichts, " ANRW " I 3 ( 1 973) p. 863 sg. , che intende auctor di Gcnn. , v . 2 come determinato da carminis. •

113

VIRGILIO , MANILIO E GERMANICO

di ess i : poiché la situazione meteorologica e quindi l ' esito del raccolto dipende per Germanico solo dai segni e dai pianeti. Panicolarmc:nte significativo doveva dunque suonare al suo orecchio l ' appellativo di

auctor, come pure evidente doveva essere , come si è visto , nel clima dell' epoca, e a maggior ragione per un così influente membro della

augere e con augustus. Anche nel caso del v. 2 degli Arati Phaenomena dunque maximus auctor dovrà essere considerato una ripresa virgiliana, in cui auctor identifica ine­ quivocabilmente il genitor richiamando il suo nome . Maximus poi potrà essere come in Manilio suggerito dal maximus orbis virgiliano, ma è molto più fonemente espressivo , opponendosi maximus auctor a lo11e . . . magno. E Augusto è maximus auctor in quanto senza la sua eone imperiale , il suo legame con

opera

a

niente servirebbero i segni celesti . Ho già avuto occasione di

trattate a lungo di questi densi versi del prologo di Germanico , che sono ricchi di problemi non solo letterari, ma anche ideologici e poli­ tici di primaria imponanza, e al mio studio

120

rimando per le . varie

genitor. Vorrei però aggiun­ auctor, elemento di cui non avevo allora

implicazioni del rappono fra Giove e il gere che quanto si è detto

su

tenuto conto , conferma la mia ipotesi di una contrapposizione

tra

il

Giove statico di Arato, che riempie tutto di sé e ha posto una volta per tutte i segni in cielo , e un Giove dinamico, politico , che opera delegando Augusto , senza la cui azione diretta e continua sulla terra i segni di Giove resterebbero privi di effetto , e Giove stesso se ne rende ben conto (v. 4) . Ma mentre in Virgilio Augusto sarebbe stato auctor dopo la mone, in Germanico, come in Manilio , e come in Ovidio , è

auctor gii in terra . . Che poi nell ' espressione di Germanico abbia gio­ cato in qualche modo anche la frequeza con cui auctor è usato in sen­ so letterario, . e la vicinanza con carm.inis, non è probabile, perché Au­ gusto non è un ispiratore poetico o un protettore letterario : . al contra­ rio è colui senza l' opera politica del quale non sarebbe possibile nes­ suna delle attività fondamentali dell 'uomo .

1 2 0 . L 'aJIT. nella trad. , cit . , p . 1 1 5 sgg .

1 14

ROBER.TA MONrANAIU CAIDINI

La

ancor

ripresa. programmatica del prologo delle Georgiche apparirà poi più significativa ove si pensi a.ll ' importante ruolo che in esse

gioca l opera di Arato e in particolare i suoi '

Prognostica, e

a.lla sosti­

tuzione che di questi ultimi farà invece Germanico, che vuole dunque

presentarSi

come emulo non solo di Arato e di Virgilio sentito come

Esiodo romano,

ma

anche di Virgilio come, sia pure in pane, Arato

romano. Si è visto dunque quale pane la memoria del prologo delle

giche

ha avuto in

Geor­

Manilio e anche in Germanico , e non solo per

quanto riguarda il futuro cawterismo di Ottaviano, ma anche per un altro .aspetto ,

non meno importante

ai ftni della ricostrUzione

dell' ideologia imperiale , quello cioè che in Ottaviano si potrebbe de­ ftnire il " carisma dell ' incremento "

(auctor, auctonlas, Augustus) ,

campo politico-militare via via fmo

a

influsso sulla

manico

terra.

dal

quello del cielo, e di n del suo

Ciò che in M anilio è appena accennato è in Ger­

ampiamente sviluppato, come è ovvio del resto, dato che

l' ideologia imperiale lo coinvolgeva direttamente e doveva stargli par­ ticolarmente a cuore . Non si è qui toccato il problema della cronologia relativa fra i . due poeti, la soluzione del quale non è ancora s.tata soddisfacentemente 121 •

È ceno comunque che se uno dei due ha avuto presenti i versi dell' altro, non li. avri riguardati come fonte , poiché entrambi

proposta

attingono direttamente e originalmente a Virgilio .

1 2 1 - Si veda un rapido status quaestionis in Le Boeuffle, ed. cit. ,

p . IX sg .

RITA DEGL'INNOCENTI PIERINI MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE NELLA CONSOLA TIO AD POLYBIUM DI SENECA

l . - La con.solll#o il disagio con

t.UI Polybium è un' opera "scomoda" : ne fa fede

il quale molti critici hanno affrontato i problèmi

dell' opera, nell'ambito della biografia e della produzione letteraria di Seneca. Anche senza ripercorrere. tu tta la storia della critica sull' t.UI

Polybium , è tuttavia importante ricordare che l' idealizzazione della figura morale. di Seneca ha pesato notevolmente sul giudizio dei mo­

derni, . fino dal Lipsio e Diderot

;

il problema dell' autenticità nacque proprio come tentativo di sanare dall' esterno il dissidio tra la forza d'animo dimostrata. da Seneca nella

con.solll#o

t.UI

Hel11illm e la pro­

strazione morale, che traspare invece in alcune affermazioni della con­ solazione rivolta al potente libeno di Claudio . Basti leggere c.ome il Buresch 1 liquidi in poche pagine il proble­ ma

consolll#o e come si appelli pretestuosamen­ solo termine dell't.U/ Polybium, conqueramur (2 , 2) , per indi­

dell' autenticità della

te ad care

un

che l 'opera è. sicuramente spuria. Una volta però che fu sgombra­

to il campo da ogni dubbio sull' autenticità dell ' opera dagli studi dell' Isleib e della Stephanie 2 , che ne rivendicarono autorevolmente la paternid senecana, in base ad una approfondita analisi della lingua e dello stile , si tentò di superare. la contraddizione cercando di indivil Co11.1ol41io"*"' 11 Gruçis Rom��,isqlle scn"pltlrt�m historill crilictl, "Lcipz . Stud. " 9 , 1 886 pp. 1 14·120 : la premessa evidenzia il preconcetto dell' autore" 11eq11e e11im pos­ s•m hoc mo11slf'flm scriplio11is pro ven· Se11eCM opere h11bere ' Per quanto riguarda l'uso di coflq11eror in Poi. 2 , 2 , si veda A. Traina , D11e 110/e Ili tk brt:villlle villle (1 , 1 e 1 8 , 5 ) , in AA.VV. St11dill Flort:fllifltl A . Ro,cofli seXIlgetllloli ob/41tl, Roma 1970, p. 499 (ora anche in Lo stile "dr��m m��/iço ' ' del filosofo Se,ecll, Bologna 1 978 2 , p. 162) . -

'.

2

-

W. Isleib, De Se11eCM dilllogo 1111decimo q11i esi tJil Polybi11m de coflso/41iofle ,

Diss . Marbwg 1906; P. Stephanie, Z11r Frtlge der Echtheil des Dilllogs Se11eCilS tJil Poly­

billm de como/41iofle , W S 32, 1910 pp. 89-96. Sul problema dell' autenticità si ve­ da anche .M. Galdi, S11/Je como/41iofi#S di Se11eCil. Nole e t�pp.,li, "Athenaeum" 16, 1928 p. 222 sgg. "

"

1 18

RITA DEGL' INNOCENTI PIEIUNI

duare nell'ad Polybium un diverso piano di lenura ed un intento na­ scosto: l' ironia. Afferma il Momigliano 3 : "L' ironia non è tanto negli espliciti accenni sarcastici, che sono parte .secondaria, . quanto nello stesso rivolgersi a un tale uomo per consolarlo. . . . . . L'ironia è nelle cose più che nel tono . , . . . . Quello che, date le abitudini del tempo, sarebbe linguaggio comune di cortigianeria (chi conosce i "pezzi" re­ torici .sull' argomento sa che è difficile poterli superare. in esagerazio­ ne) si trasforma per il . lievito morale. che lo permea . . . . ' ' Anche in questo caso il tentativo è pretestuoso, giacché non si può leggere rad Polybium come se si trattasse di un precedente diretto dell' Apocolo­ cyntosir: eventualmente può avere una sua validid il ragionamento opposto, cioè dedurre dalla feroce satira composta dopo la mone di Claudio un implicito ripudio del carattere adulatorio della comollltio ad Polybium. A parte il fatto che, come nota anche lo Abel " , diffi­ cilmente Scneca avrebbe potuto far traSparire . l� ironia in un'opera alla quale affidava le sue speranze di ritorno . (chiaramente espresse nel cap. 1 3) , l' ironia o il sarcasmo sono segnali facilmente avvcnibili e obiettivamente l' onusità di Claudio c di Polibio non poteva essere ta­ le da non coglierne . l' esse nza. Anche il Marchesi, pur riconoscendo nell' opera un cedimento morale . di Scneca, non riesce a so ttrarsi alla tentazione di vedervi un duplice piano di lenura , un nascosto intento sarcastico 5 : " . . . c un ceno punto della sua supplica - quello più sfac­ ciatamente adulatorio � ci fa sentire come uno sghignazzamento na� scosto di burla, . come un bcffardo . complimento di giullare maligno ai

3 . L 'opera dell'imperatore Claudio , Firenze 1932 , p. 1 3 6 sg. : di ironia parla anche l' Alexander (Senecas ad Polybium de consolatione, a reappraisal, ' 'Trans. Royal Soc. of Canada" 3 7 , 1 943 p. 33 sgg . ) , che conosco indirettamente da M . T. Griffm , Seneu. A philosopher in politics, Oxford 1976 , p. 4 1 � sg . 4

·

&uformen in SeneCIIS Dialogen . (Fiinf Strtlkluranalysen.: dia/. 6,1 1 , 1 2 , I t�nd 2) ,

Heidclberg 1 967 , p . 7 2 .

:> - Seneu, Milano-Messina 1 944 3 , p . 2 3 sg . : sull' interpretaZione che Marchesi di di Seneca, cfr. A . La Penna , Concetto Marçhesi. La critica lelterarill come scoperlll tieH'11o· mo , Firenze 1 980, p. :>9 sgg .

1 19

MOTIVI CONSOLATORD E IDEOLOGIA IMPElUALE

suoi spregiati padroni. Non si può credere che Seneca abbia scritto senza . intenzione

sarcastica

quelle parole

• . . . . .

''

Non si può, è ormai evidente, avvicinarsi alla lenura della conso­

ltJtio

MI Polybium con il preconcetto di

un

Seneca modello di mo.rale

propugnatore di un ideale mai sottoposto a cedimenti

e

1:

l'opera si

inscrive. pienamente nella logica panegiristica dei propri tempi e non testimonianza di debolezza, di cedimento mo.rale, quanto

tanto

è

piuttosto di "conformismo" . Giacché si può parlare di debolezza, di cedimento se ci si è formati uno schema ideale della personalid di Se­ neca, si deve parlare di conformismo

se

si valuta l' opera in relazione

alle coeve testimonianze di propaganda ideologica imperiale 7 : ed è appunto in questa ottica che ci proponiamo di esaminare i. capitoli della consoltJtio 1111 Po/ybillm dove più espliciti sono i riferimenti a aaudio , alla

2.

-

sua

politica e al suo e,tourtJge imperiale .

n giudizio della critica è stato severo nei confronti di que­

st ' opera anche per quanto riguarda la problematica ftlosoftca struttUra:

l' Albertini

1

parla di una composizione fatta di parti

e

la

riunite

senza un intimo legame, nella quale abbiamo una giustapposizione di argomenti generali ' e personali non armonicamente fusi. n tentativo dello Abel di riconoscere nella consoltJtio una suutmra particolarmen­ te elaborata.' , addirittura una Ri,gllompositio,, urta conuo r evidenza stessa dei fatti, giacché non si può non notare come esistano ripetizio­ ni di motivi, formule di passaggio stereotipate

e

addirittUra contrad-:

Cfr. F. Giancotri, Il posto t/ella biografo nella problematiu senechi4na, 1: Dall'esi­ al Ltuiw fie morte Clatuiii, " RAL " 8 , 1 9 5 3 p . 5 2 sgg . (ora anche in Seneca. Letlllre criti&he , a c . di A . Traina, Milano 1976, pp. 39-56).

6

-

lio

" Aussi pouvons-nous absoudre Sénèque du reproche de licheté lorsqu ' il parle le 7 langage de son temps . . . ' ' : cosl afferma recentemente il Grimal , Sénèque ou la con­ science tie l 'Empire, Paris 1979, p. 1 06 . -

8 La composihon tians /es ou11rages philosophiques de Sénèque , Paris 1 92 3 , 2 56-8 . •

9

·

Op. cii. ,

p.

84 sgg. ; 93 sgg.

pp .

67 ;

RITA DEGL' INN OCENTI PIERINI

1 20 0

dizioni 1 sul piano della trattazione fllosofica di alcuni motivi conso­ latorii � per dimostrare. la coerenza interna . della consolatio, lo Abel tende poi a comprimere .e sacrificare gli elementi personali­ 11 occasionali. Neanche si può con lo Johann pensare che Seneca ab­ bia volutamente inserito . formule stereotipate di transizione per ma­ scherare. quello che di organico risulta nella stcutmra dell'opera: .si tratterebbe di un espediente per suscitare !� impressione di goffaggine e quindi fare leva sulla compassione del destinatario , . al quale, nell' epilogo (18 ,9) , Seneca si descrive. come longo iam situ obsoleto el hebetato animo. Come ho cercato di dimostrare. aluove 12 , nell' epilo­ go Seneca si riallaccia a topiche affermazioni di modestia, sul piano di una ormai consolidata tradizione letteraria, . e la svalutazione della propria opera si tinge di una sottolineatura patetica, evidenziando le uisd condizioni dell' esule . Il timore che Seneca palesa di aver compo­ sto un' opera che non costituisca un efficace mezzo consolatorio per Polibio è evidentemente un modo per richiamare su di sé l' attenzione del destinatario: . non si può pensare dunque che Seneca, per coeren� za con queste affermazioni, deliberatamente abbia reso confusa un ' opera, alla quale affidava la speranza di essere richiamato a Roma. A me sembra che le formule di passaggio, pur nella loro stereoti­ pia e ripetitività (2 , l 11/ud quoque te non minimum adiuverit, si . ; 3 , 1 Adiciamus, si 'llir . ; 5 , 1 11/ud quoque le non minimum adiuvent, si . ; 6, l Potesl el il/a res a luctu le prohibere nimio, . . . . .

. . .

. . .

. .

. .

si . . . ; 7 , l Haec klmen etiamnunc levioribus le remediis adiuvabunl; 8 , 1 Monstrabo eliamnunc non quidem firmius remedium sed fomilia­ rius; 9 , 1 11/ud quoque magno tibi ent levamenlo, si . ; 10, 1 Il/uri quoque . . . . necesse esi le adiuvel .), indkhino la v�lontà di Seneca di . . .

. . . . .

. .

1 0 - Si vedano gli esempi della p . 1 2 3 . 1 1 Trauer und Trost. Eine quellen- und strukturanalystische Unterruchung de r philo­ sophischen Trostschnften uber den Tod, MUnchen 1 968 , p. 1 )4 . -

1 2 - Echi delle elegie or�idiane dall 'esilio nelle consolationes ad Helr�iam e ad Polybi11m di Seneca, S IFC � 2 . 1 980 (in corso di stampa) . "

"

121

MOTIVI CONSOLATORD E IDEOLOGIA IMPElUALE

stabilire un contauo più diretto con il destinatario, di costruire cioè un'opera che non abbia l' enfasi dominale del trattato,

ma

che pre­

supponga una sona di costante dialogo a distanza: nelle formule di uao.sizione infatti Seneca ricollega sempre gli elementi teorici .alla loro pratica utilizzazione nei confronti della situazione particolare di Poli­ bio. Nella giustapposizione un pò meccanica degli argomenti, nelle formule stesse di passaggio � possibile percepire una cena affmid con il genere epistolare . D messaggio consolatorio fatti

su

di Seneca si esplica in­

due piani, da una pane quello rigidamente dottrinale, che af­

fida la terapia del dolore ad argomentaZioni fdosofiche , dall' altra quello personale, che riconduce la teoria nel più ristretto ambito della situazione contingente nella quale si trova ad operare. il destinatario. La stessa dialettica � pienamente avvertibile nell' epistolario ciceronia­

no , dove la lettera di cordoglio e di consolazione cerca di assolvere il proprio compito più sul piano delle convenienze sociali e dell' oppor­ tunid politica, che del convincimento razionale . 13 3

-

Come abbiamo notato , ci sembrano insufficienti gli schemi

che tendono a considerare. la consolatio ad Po/ybium esclusivamente nell' ottica, un pò restrittiva, del trattato fdosofico tradizionale , nel quale verrebbero poi a confluire gli elementi occasionali , che testimo­ nierebbero solo l' intento adulatorio di Seneca nei confronti di Polibio e di Claudio. A noi sembra quindi che un punto nodale e significati­ vo per una valutazione dell' opera sia costituito dai capitoli 6-7 della

consolatio , nei quali Seneca non fa appello a supporti di carattere fi­ losofico, quanto piuttosto,

potremmo dire,

di carattere

" socio­

politico" Seneca è profondamente consapevole , del resto , che è il destinata-

S i veda per esempio Cic . Fam. 4 , 1 3 , 2 Reliq1111m est, 111 co11so/er et adfe­ 13 ram r al i o 11 e s, q11ib11s te a molestiis co11er abri11cere. A t ea q11iriem jac11/tas t�el trii flel alterius co11sola11rii i11 te s11mma est, si 1111q11am i11 ilio j11it. ltaq11e eam partem , qiiM ab exq11isita qtlllm lia ratio11e et rJ o c t r i 11 a profoiscitllr, 11011 atti11gam , ti­ bi totam reli11qwm. Per alui esempi, si veda ;,fra, pp. 1 29-1 30.

122

RITA DEGL'INNOCENTI PIERINI

rio a condizionare la scelta dei motivi consolatori! e la strutwra

stes­

sa dell ' opera: non a caso, Seneca rivolgendosi a Marcia , aveva scoper­ tamente sottolineato questo aspetto , offrendoci cosl la chiave interprc­

Mllrc. 2 , l Scio tJ praeceptis incipere omnir qui monere llliq uem 11olunt, in exemplir tiesinere. MuttJri hunc interim morem expedit; tJ l i t e r e n i m c u m tJ l i o a g e n d u m e s t: quosdtlm trJtio ducit, quibus­ dtlm n o m i n tJ c l tJ r tJ opponendtJ suni et tJ u c t o r i t tJ s qUtJe liberum non relinqiiiJI animum tJd speciosa stupenlibus 1" . Scne­ ca dunque distingue chiaramente tra mezzi consolatori! che fanno ap­ tativa del suo modo di affronw:e la terapia del dolore:

pello alla trJtio , cioè a solide basi dottrinali 15, e mezzi che

servono a

tenere, quasi psicagogicamente, avvinto un animo che si lascia amarre dai

nomintJ cltJra e dall' auctorittJs. Seneca

ammette

dunque che la te­

rapia del dolore possa essere affrontata anche con motivazioni non fi� losofiche, a seconda del carattere del destinatario . Questa sensibilità di Seneca ci �emette di comprendere meglio il significato dei capitoli

6-7

della

consoltJtio

tJd Polybium , che in quest' ottica non

posso no

es­

sere riduttivamente considerati solo il prezzo che Seneca deve pagare in adulazione per ottenere la

11enill exilii,

ma

testimoniano della vo­

lontà di Seneca di adattare la topica consolatoria al carattere del desti­ natario .

Seneca, dopo aver sostenuto (Poi. 5 , 5) che Polibio ha il dovere di essere fone nel sopponare il dolore per costituire egli stesso la conso­

lazione per i suoi fratelli, continua (6 , 1) facendo appello al ruolo che la società ha affidato al libcno: Potest et il/a res tJ luctu te prohibere nimio , si libi ipse renuntitweris nihil hol'tlm qUtJe ftJCi.r posse subriuci.

MllgntJm libi persontJm hominum consensus inposuit: hflec

tibi

tuen-

14 - La stessa esigenza è sottolineata anche in Ep. 99, 1 : Episttdtlm qum scripsi Mimdlo cum filium parvulum amisisset et diceretur molliter ferre misi hbi i 11 q 11 a n o n s u m s o l i 1 u m m o r e m s e c 11 t u s nec putavi leniler illum debere lrilctmi, cum obit�rga#one essei quam solacio dignior. ,

n Per una uanazione, molto schematica, dei motivi ftlosoflci dell'Ila' Polybillm , si veda K. Ch. Grollios, Tlx v'l a)\urtas , Diss . Thessalonike 1956. -

MOTIVI CONSOLATO:an E IDEOLOGIA 1MPE1UALE

123

ila

est. I l favore del " pubblico" ha imposto a Polibio u n ruolo im­ ed egli deve sostcncrlo coerentemente, perché come Scncca aggiungcri.' poco dopo (6,2) obsef'llantur ocu/i lui: un personaggio in vista non può permencrsi tléftJilltlnces. Tutto il capitolo è incentrato su questo motivo, c Scncca insiste particolarmente sul ruolo di Polibio, sulle sue funzioni a eone .c portante

è stato affidato 11 • Il tema affrontato qui da Scncca non è in fondo che un amplia­ mento del più diffuso motivo della virile .sopportazione del dolore 1 7 : si veda quanto sostiene Cicerone in Tusc. 3 , 70- 1 Quit:J, qui non pu­ lllnl lugenrium 11iris? . . . Quiri hos (scii. Q. MI1Xtlmum , L. Paulum , M. sull ' oncrosità del compito che gli

Catonem) ali'uri plllca'llit n i s i q u o rJ l u c l u m e l m a e­ r or e m e s s e n o n p u l a b a n l 11 i r i? Ergo irJ quoti a/ii rectum opinantes aegrituriini se solent rieriere, iri hi turpe putantes aegrituriinem reppulerunt. Il reale suppono ft.losofico di questa conce­ zione è costituito dall ' idea che l' uomo degno di questo nome è un essere razionale e, come tale , deve fare appello alla ragione per dominare le sue passioni 1 8 ; Sencca inserisce questo motivo nella stessa ari Polybium 1 7 , 2 , sottolineando questa volta come sia la 11irtus 1 9 a costituire l' ele-

16 - Le fonti ci parlano di Polibio come di un libeno imperiale con la funzione 11 shl­ rliis (Suet. Cl. 28) , ma dal capitolo sesto ddl'.u/ Polybium è possibile dedurre che, al­ meno per un certo periodo, egli fu anche 11 libellis: cfr. Griffw , op. cii. , p. 2 1 n. 2 . U na lucida e penetrante analisi della tipologia dd liberto imperiale leggiamo i n G. Lo­ tito , Il Jipo elico riel liberto funzionario tli çorle (SIIlzio , Silv��e III 3 e V 1) , "D . .Arch . . " 8 , 1974-) pp . 2 7 H 8 3 . - S u questo lopos della letteratura consolatoria informa esaurientemente l o Johann, op. çil. , p. 66 n. 27 3 : si noti però come lo Johann raggruppi il nostro passo nella te­ matica dd sopportare virilmente il dolore senza notare le evidenti differenze di tono.

17

1 8 - Il richiamo alla rt�tio è evidente nella trattazione dello stesso tema in Ep. 99 , 1 8 Omnia itaque fili rt�h'onem revoçantitl suni. 19 - Un chiaro esempio dello svolgimento di questo lopos su basi esclusivamente filoso­ fiche leggiamo in [Plut. ) Cons. Apo/1. cap . 4 (102 e- 103 b) . Come è noto, l' opera co­ stituisce un' importante testimonianza per molta pane della letteratura consolatoria non pervenuta: R. Kasse l, Unlersuçhungen zur grieçhisçhen unti romisçhen KonsolaJionsli-

1 24

lUTA DEGL'INNOCENTI PIERINI

mento chiave per la . sopportazione del dolore e. come seguire il giusto mezzo sia l' atteggiamento più consono ad affrontare l'pegriturio : N11m et non sentire f1lfllll sw non est hominis et non fe"e non est flin' 20 • Se­ neca aveva infatti sostenuto (1 7 , l ) , dopo aver ricordato a Polibio gli esempi dei membri della casa imperiale : Qu11mvis (sini> in tJiiis rebus riignit11tum tJC nobililtltum m��gntJ rJiscrimintJ, flirtus in merito posi/ti est. È dunque la flirtus il mezzo più idoneo per affrontare le avversità, ma si tratta, come � naturale, di un valore morale, che non appare condiziona­

Ben. 3 , 1 8 , 2 Nulli prt�eclustJ virtus est; omnibus Plllet, omnes tJrimittit, omnes invi'ttJt et ingenuos et liberti'nos et seT1!os et reges et exules; non eligit riomum nec censum , nudo homine contenili est. to dalla posizione sociale : Sen .

Non si può non notare una contraddizione con quanto leggiamo in 6 , 2 , dove manca invece ogni accenno

alla flirtus in quanto capacità

di superare. le avversità: la sopportazione del dolore non deve qui sca­

turire . da un consapevole appello alle facoltà razionali., quanto piutto­ sto � presentata come una conseguenza inderogabile del ruolo sociale che � affidato al libeno . . Quindi Seneca non parla solo di viri/iter /er­

re

il nihil te plebeium riecet, nihil humile ; quùl muliebre est qwm consumentium se riolon·

(6 , 2) , ma insiste soprattUtto sulla condizione sociale che impone

superamento del dolore:

11utem ltlm humile committere?

tJC

Il concetto non � ceno nuovo e risente di una concezione etica tra­ dizionale, che affida alle classi dominanti il ruolo di modello e di

ten�tur, (Zcteptata 1 8) , MUnchen 1 9 5 8 , p. 49 sgg. ; J . Hani nel suo commento alla con­ sola/io ad Apollonium , Paris 1 9 7 2 , p. 64 sgg .

20 Il pensiero di Seneca risulta chiarito soprattUtto da Helfl. 16, 1 No11 prohib11er��111 luctus seti finief'tlnt; 1111m el infinito dolore , cum aliquem ex cmissimis amiseris, adfoi stulkl indulgeniÌII est, et nullo inhumau duriiÌII : optimum inler piekllem el n�tio11em lempen�menltlm esi el sentire desùlerium et opprimere. È lo stesso concetto che trovia­ 111 el h o m i 11 e m 1 e e 1 " i r 11 "' mo gil enunciato in Cic . Fam. 5 , 1 7 ,3 e s s e m e m i n i s s e s, id est, 111 et communem incerltlmque us11m, q11em 11eque fliklre quisqum t�oslf'llm nec praesklre llllo p"to potest, sapienter ferres et dolori for· titer " jot111 1111e resisteres. (dr. Kassel , op. àt. , p . 5 5 ) . •

MOTIVI CONSOLATORU E IDEOLOGIA �

12 5

guida per la . società: basti pensare alla famosa pagina platonica

3,387

ta

(Resp.

e) , nella quale si rifiuta la poesia omerica . anche perchè presen­

personaggi come Achille e Priamo lacerati . e scomposti nella mani­

festazione del dolore . L'Agamennone euripideo sintetizza efficacemente questa

concezione in

Iph. Aut.

stessa

446-4 50:

� òvcry{IIELCX ò ' ws EXE L

n X QJfULJLO II . xcxÌ -yàQ ÒCXX Q VUCXL Q CXÒ(ws cxÌITois ÈX E L , Q'I"CXIIT& T ' El'I"ELII . T� ÒÈ 'YE II JICX(� f/>VC1L II al!o'X{jcx TCXVTCX . 'I"QOUTCiT11 " ÒÈ TO U {3[o v TÒ II o-yxo 11 EXOJLE " T� T ' �x�� 6o v�E VOJLE II .

y2 ) :

In Ennio il pensiero assume l' icasticità della Plebcs in hoc regi antistat loco : licet lacrumare plebi, regi honeste non licet

gnome (Se. 228-9

21

All' originario concetto, espresso in Euripide, che è la nobiltà della nascita a portare c.on sè degli obblighi inderogabili di

selfcontrol, si

sostituisce qui l' idea che è il ruolo sociale ad imporre un aneggiamen­

Poi. 6 , l Circumslllt te omnis isili consolantium fre­ quenti�� et in flnimum tuum inquirit tJC perspicit quntum roboris il/e tld11ersus dolorem htJbetJt et utrumne tu lllntum rebus secuntiis uti tlextere scim fln et tJd11erstJS possis 11iriliter fe"e: observtJnlur ocu/i tui. to controllato :

4. può

-

Polibio , in quanto libeno imperiale e uomo di lettere, non

dimostrarsi

succube del dolore : la

tiigniiiiS del suo ruolo gli im­

pedisce un libero sfogo dei sentimenti. Per trovare paralleli significati­

vi con questo atteggiamento di Seneca, bisogna risalire a Cicerone

e

2 1 Il framm ento di Ennio � citato da S . Girolamo in un' epistola consolatoria (60 , 14) ed offre lo spunto per le seguenti considerazioni : Ut regi, sic episcopo , immo minus re­ gi quam episcopo. . . . I n l e o m n i u m o c u l i d i r i g u n t u r, domus tua et conversa/io quiiSi in specula constitultl magislrtl est publicae disciplinae. -

RITA DEGL'INNOCENTI PIElliNI

126

alle testimonianze che leggiamo nel suo epistolario: possiamo notare infatti come Cicerone dia nelle sue lettere consolatorie ampio spazio

a

motivazioni di carattere socio-politico per lenire. il dolore dei suoi cor­ rispondenti, relegando in margine le considerazioni che derivano dalla .meditazione filosofica, capisaldi invcte della trattazione rle ��egriltldi­

ne lenienilll nelle Tusculane 22 • SoprattUtto ci sembra importante l' epistola di Cicerone

a

Bruto

(1 ,9) , nella quale, fonnulando parole. di cordoglio per il lutto rctcnte del destinatario, ricorda l' effetto positivo dell't�t�cloril4f di Bruto nell' alleviare

a.

lui stesso il dolore per la . perdita della figlia Tullia: Me

quùlem c u m r 11 1 i o n e s qu11s conleger11s l u m 11 11 c­ l o r i 1 11 s 1 u 11 11 nimio m��erore rleterruit; cum enim mollit�s libi fe"e 'lliderer qwm rleceret virum , pr��esertim eum qui lllios consolllri so­ /eret, IICCfiSIISti me per littnw grtWioribfiS 11erbis qiiMII 11111 consueltldo forebt�t. llllf/Ue it�dicium ltlum magni ��eslimans idqt�e 11eriltiS me ipse conlegi, et e11 qt���e didicm:�m , legm:�m , ��eceperllm g r 11 11 i o r 11 d u x i 1 u 11 11 11 c 1 o r i 1 11 1 e 11 d d i 1 11. Ac mihi 111m , Brute , o/fi&io solum ertJI el 1111/tlrlle , l i b i n u n c p o p 11 l o

2 2 - Non mi sembra che questo aspetto dell 'epistolario ciceroniano abbia uovato sufficien­ te attenzione nella critica, giacché i già citati studi del Buresch , del Kassel e dello Johann tendono ad utilizzare l' epistolario ciceroniano come testimonianza di alcune argomenta­ zioni fùosofJChe , non evidenziando però come queste siano sempre subordinate ad esigen­ ze di carattere " socio-politico" Per le epistole rivolte agli esuli dopo Farsalo ha messo be­ ne in luce il problema G. Guttill a , lA co11solatio poliliu tli Cicero11e , ' ' Ann. Lic. Garibal­ di' ' , Palermo 1 969, pp. 294-348. Se il Guttilla ha ragione ad affermare in conclusione (pp. 344-�) ' ' non che manchino nelle lettere i motivi ftlosofici: essi però , come si � visto , o non hanno adeguato sviluppo [ . . . . . ] o fmiscono spesso col traSformarsi nelle mani di chi scrive, acquistando anch ' essi un contenuto o un significato politico " , non possiamo inveçe con­ sentire quando sostiene (p . 346) , "in viml di questi nuovi motivi che la caratterizzano, la co11solatio di Cicerone fmisce con l' acquistare un carattere di maggiore concretezza, tipica­ mente romana, che non si ravvisa ceno nelle co11solalio11es formali di Seneca e degli altri autori, uoppo legate a schemi e modelli greci [ . . . ] " Come cerchiamo di dimosuare. nel corso del nosuo lavoro, anche nella co,solatio IMI Polybi11m non mancano elementi che si possono ricondurre a. certi caratteri della co11solatio politica di Cicerone, se pure, come � naturale, adattati al diverso contesto sociale e politico nel quale Seneca si uovò ad operare..

MOTIVI CONSOLA.TOIW E IDEOLOGIA IMPERIALE

127

e

1 s c 11 e n 11 e , 111 tli&iltlr, s e r 11 i e n ti 11 m e s l; n��m c11m in le non so/11m exerciltls ltli seti o m n i 11 m c i 11 i 11 m 11 c p 11 e n e g e n l i 11 m c o n i e c l i o c 11 l i s i n t, mzntme rkcel propter q11em lortiores celeri stlmtiS e11m ips11m 11nim11m tkbilitll­ ltlm

vitkri.

L'unica considerazione consolatoria che Cicerone porta avanti in questa breve epistola non � di carattere ftlosoftco, ma indica nella vita pubblica, nella

sc��en�� 23

il motivo principale per il . quale Bruto deve

superare. il suo dolore . Il pensiero di Cicerone risulta chiarito . da un passo dd

t/e officiir (2 ,44) , nel quale si delinea più ampiamente la si­ tuazione di chi � gn.vato dagli obblighi inerenti ad un personaggio pubblico e che presenta notevole affinid , sul piano delle immagini, con il capitolo 6 dell 'llt/ Po/ybi11m : N11m si q11is 11b ine11nle ��tlllle hll­ bet ClltiSilm celebrikltis el nominis 11111 11 p11tre ��Ccepklm , q11otl tibi, mi Cicero , 11rbitror conti'gisse, 1111t 11/i'quo CIMU 111que l o r 1 u n 11 (Poi. 6,2 I n m 11 / 1 11 l u c e l o r 1 11 n 11 te posuz"t) , i n h u n c o c u l i' o m n i' 11 m c o n i' c i' u n t u r 11tque in eum, qui'd 11g11t, qt�emlltlmotl11m 11Ù111t , i'n qui'riltlr, el, l11mqu11m i n c 1 11r i' s s i' m 11 l 11 c e verseltlr, it11 null11m obsc11rt1m potesl nec tlicltlm ei'us esse nec I��Cium. Come Cicerone aveva parlato di sc��en�� e di sguardi rivolti verso il personaggio pubblico, cosl Scocca insiste, con maggiore ricchezza di particolari, su questo stesso tema, presentandoci Polibio circondato dalla

consolllntium frequenti�� , e perciò cosuetto ad assumere un at­ teggiamento consono al suo ruolo . Il richiamo alla tli'g nitllf, al tleco­ n�m , � coStantemente presente nell ' epistolario ciceroniano, come mo­ tivo di consolazione per chi ha subito un lutto recente : F11m. 5 , 16 , 5 Eleni'm eum semper te et priv11tis i'n rebus el publi'cis pr��estitisti, 1 11 e n ti 11 1 i' b i' ut si'l g r 11 11 i' t 11 s et consklnli'M servi'en-

2 3 Per il valore di scaena come vita pubblica, cfr. Cic . Piane. 29; Hor. Sat. 2 , 1 , 7 1 . Nella tradizione diatribica è comune il paragone tra vita e teatro : si veda L . Helm , Lu­ han unti Menipp , Leipzig-Berlin 1 906 , pp. 44- B .

128

RITA DEGL' INNOCENTI PIERINI

dum. Anche Servio. Sulpicio Rufo nella famosa epistola inviata a Cice­ rone per la . mone della figlia Tullia (Ft�m. 4 , 5 , 2) ricorre agli stessi ar­ gomenti consolatorii, facendo appello al ruolo svolto da Cicerone nel­ la vita pubblica: Quid est quoti lflnto opere te comm011et1t tuus tiolor intestinus? Cogifll quem tJd modum tldhuc fortuntJ nobiscum egerit; etJ nobis erepfll esse, qt�t�e hominibus non m1nus qutJm liberi ctm1 esse riebent, pt�lriam , honeslfltem , digniflltem , honores omnis. Hoc uno incommotio tlddito quid tJd riolorem tldiungi potuit? La maggiore consolazione risiede qui nella consapevolezza che le tristi conc:IUioni della

res publictJ impediscono di dolersi profondamente per un lutto

privato: in questo abile intersecarsi di piani,

tra

" pubblico" e " priva:­

to " , si snoda il discorso consolatorio di Sulpicio Rufo e l' energico ri­

(Denique noli te oblivisci Ciceronem esse) è un appello alla sua dignilfls e al ruolo politico svolto . La risposta di Ci­ cerone (Ft�m. 4,6) chiarisce ancor più come sia l' armonico rappono tra pubblico e privato quello che potrebbe costituire il soiflcium per ec­ cellenza: Seti opprimor interdum et vix resisto rio/ori, quoti etJ me so­ iflcia deficiunt qt�t�e ceteris, quorum mihi exemplt:z propono , simili in fortuntJ non defuerunt. Nt�m et Q. Maximus, qui filium consularem , clt:zrum virum et flltlgnis rebus gestis, tJmisit, et L. Pt�uUus, qui duo septem diebus, et vester Gflius et M. Ct�to , qui summo ingenio , sum­ flltl 11irtute filium perdidit, iis temporibus fuerunt, u t e o r u m l u c t u m i p s o r u m d i g n i t t1 s c o n s o l t1 r e t u r etJ, qutJm ex republictJ consequebtJntur. . . . . . . . . . . Nunc tJutem hoc film grafli 11ulnere etiam illt:z, qutJe constJnuisse 11ùiebtJntur, recruriescunt; non enim , ut tum me t1 re publictJ mtJestum domus excipiebtJt, qutJe levtJ­ ret, sic nunc domo flltlerens tJd rem publictJm confugere possum , ut ,.., eius bonis tldquiesctJm. chiamo a Cicerone

La presenza di questi motivi nell' epistolario ciceroniano si giustifi­

ca con il carattere di libero sfogo che la lettera riveste: infatti è impor­ tante notare come gli stessi exemplt:z di siano qui utilizzati in chiave politica.

Tusc. 3 , 70- 1 (citato a p . 1 2 3)

Anche in Seneca notiamo l ' insistenza con la quale si sottolinea

co-

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

1 29

me per Polibio, che ha raggiunto una cosl prestigiosa posizione

alla

eone

imperiale , la vita pubblica, il suo ruolo e l ' imperatore stesso co­

stiwiscano un valido , anzi il più valido , soltJci'um : 7 , l cum 11oles omnium rerum obli11isci Caesarem cogita. È infatti il ritorno a casa, nel " privato" , quello che offre

a

Polibio il maggior pericolo di ab­

8 , 1 Si quando te domum receperis, lune erit ti­ bi metuenda tri.rtilill. Nam quam diu numen tuum intueberis, nul­ lum il/a ad te in11eniet accessum , omnill in te Caesar lene bit; cum ab ilio rliscesseris, lune 11elut occmione data insidillbi'lur solitudini tuae rio/or et requiescenti animo tuo paulatim inrepet. È evidente dunque bandonarsi al dolore :

che anche Seneca, come Cicerone nelle lettere, mira

a

convogliare nel­

la vita pubblica il superamento dei lutti privati: al libero esercizio

dell' attività politica dell' età repubblicana si sostituisce qui l ' indefessa abnegazione del libeno funzionario imperiale , per il .quale l ' adempi­ mento del proprio

officium

coincide con la totale e incondizionata

(Poi. 7 ,4 totum te Caesan· de­ . in hoc tibi omnill suni, hic pro omnibus est) .

sudditanza al volere dell' imperatore bes

. . . .

5.

-

Degno di interesse è anche il frequente richiamo all' aucton'tm

nell'epistolario ciceroniano: il rappono di amicizia, di stima o di sog­ gezione è in grado esso stesso di costituire un efficace mezzo di conso­ lazione . Si legga infatti come Cicerone si rivolge a Sulpicio Rufo :

Fam. 4 ,6 , 1 Me autem non oratio tua solum et socieltl.f paene aegritu­ tlinis, seti elillm a u c l o r i t a s consolatur. Il rappono interper­ sonale, venato di stima e di amicizia, è la migliore garanzia dell' effi­ cacia della consolazione :

Fam. 6 , 6 , 2 His autem litteris animum tuum , quem minime imbecillum esse et audio et spero , etsi non sapientissi­ mi, al amicissimi hominis a u c l o r i l a l e confirmtJndum elillm atque etillm puto ; Ep. Brut. l , 9 , l Me quidem eu m r a l i o n e s qUtJS conlegeras t u m a u c t o r i t a s t u a a nimio maerore de­ terrui't.

razionali si aggiunge l ' in­ cisiva presenza di un valido rappono personale , la consolatio ha più for­ za di persuasione (Ep. Brut. 1 ,9 , 2 ea quae dirliceram , legeram , accepeCome chiarisce Cicerone , .se agli elementi

1 30

RITA DEGL' INNOCENTI PIERINI

ram g r a v i o r a d u x i t u a a u c t o r i t a t e a d d i­ I a) . È lo stesso suppono di carattere psicagogico al quale Seneca fa rife� cimento all ' inizio della consolatio ad Marciam (2 , 1 ; cfr. anche 26 , 1) e che utilizza anche nell'ad Polybium , quando fa appello all'auctoritas di Claudio per introdurre la serie degli exempla: 1 4 , l Nullus itaque melius (scil . quam Caesar) has adloquendi partes tJccupaven't: aliud habebunt hoc dicente p o n d u s verba v e fu t a b o r a c u lo m i s s a; omnem vim doloris tui d i v i n a ei'us contundet a u c­ t o r i t a s. Hunc itaque tibip uta di'cere . . . . . L 'auctoritas di Claudio � la migliore garanzia dell' efficacia psica­ gogica delle parole. consolatorie: . non � un appello alle facoltà raziona­

di farsi docile strUmen­ È impanante poi sottolineare come qui Seneca giuochi sul duplice valore di auctoritas in quanto espressione li di Polibio quanto piuttosto alla sua volontà to nelle mani dell ' imperatore .

dell' autorevolezza di chi parla

e,

nello stesso tempo, allusione alla

istituzionalizzazione del concetto nella figura dell' imperatore 24 l' immagine dell ' oracolo 25 , del resto cara

a

:

Seneca, ci porta nell' ambi­

to dell ' accettazione del potere imperiale come emanazione divina . Considerando come siano significative queste analogie rio ciceroniano

e

consolatio ad Polybi'um

tra

epistola­

(pur nel mutato clima politi-

24 - Sul valore di rJuctonta.r si vedano A. M agdelain, Auclorila.r principis, Paris 1 946 , pp . 47 sgg . ; ) . Béranger, Recherches sur l'a.rpecl idéologique du pnnciprJI, Basel 195 3 , p . 1 1 4 sgg. 25 Sull ' immagine dell 'onuulum come espressione dell 'rJdmonitio senecana, dr. Trai­ na, Lo stile drrJmmrJtico . . . , cii. , p. 40 e pp . 1 2 5 -6 . Nel nostro caso l ' immagine dell' o· racolo , oltre all ' evidente allusione alla divinità dell ' imperatore , � un'ulteriore sonoli­ neatura del carattere psicagogico che Seneca attribuisce all ' rJucloriw nella consolrJtio : si veda infatti Ep . 94 , 2 7 Quid quod etirJm sine probrJtionibus ipsrJ monentis rJ u c 1 o­ ·

r i l rJ s prodest? sic quomodo iurisconsullorum vrJienl responsrJ, etirJm si rrztio non red­ dilur. PraelererJ ipsrJ quae praecipiunlur p e r s e m u I l u m h rJ b e n 1 p o ,. d e r i s, utique si rJUI crJrmini inlexlll suni rJul prosrJ orrJtione in senlentirJm cOflrlrJ· 111 . qurJiia suni illrJ rJul r e d d i t rJ o r rJ c u l o rJul similia. . . Sul concetto dell ' rJuclorila.r degli exemplrJ, si veda G. Scarpat nel suo commento all' epistola 1 1 (Bre­ scia 1 97 5 , p. 2 H) . • •

131

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

co , con la sostituzione dell ' ideologia imperiale alla

dignittJS dell' uomo

politico repubblicano) , viene naturale . chiedersi se Seneca per caso non dipenda direttamente da Cicerone , oppure sia necessario ricondurre quest' affinità alla maggiore concretezza dei Romani, i quali tendono a

far confluire la teoria filosofica nella prassi e sono profondamente

condizionati dalla realtà politica e sociale che li circonda. Non mi sembra possibile dare una risposta univoca al problema, ma penso che sia legittimo soltanto formulare un' ipotesi, cioè che queste analogie

possano risalire ad una lettura da pane di Seneca della perduta

so/atto

con­

di Cicerone per la . mone della figlia Tullia: giacché si può sup­

porre con buona probabilità che Cicerone avesse utilizzato alcuni dei motivi, che leggiamo nelle epistole contemporanee , per la. composi­ zione

della

sua

consolatio

26

e,

tra . essi ,

una

valida

consolazione ' ' poteva essere costituita dal richiamo alla propria

tas,

al ruolo svolto nella

res publi'ca

,

" auto­

digni­

al fatto che gli occhi di tutti

erano puntati su di lui e che il pianto per un dolore privato poteva essere scambiato per l' ammissione di un totale crollo politico . Come sappiamo dalla consolatio ad Helviam (1 , 2 cum omnia clarissimorum ingeniorum monumenta ad compescendos moderandosque luctus composita evolverem ) Seneca aveva con sè in Corsica una gran quantità di scritti. consolatorii e tra essi sarà stata senz ' altro presente la consolatio ciceroniana, nella quale l' Arpinate affermava (frg . 7 Muel­ ler) Crantorem sequor : l' ideale della metn"opatheia, propugnato da Crantore , è alla base anche della consolatio ad Polybium , come ha riba­ . . . . .

dito recentemente lo Abel .

26 La presenza di elementi " personali" nella consolatio di Cicerone è sicura: il Ku­ maniecki (Die verlorene "Consolatio " des Cicero , " ACD " 4, 1 968 pp . 34-3�) sottoli­ nea il carattere personale della praefotio (cfr. fr. 13 Mueller Lact. Div. Inst. 3 , 2 8 , 9) . Il Buresch (op. cit. , p. 1 0 3 ) suppone che il motivo consolatorio d i Cic . Ep. Brut. 1 ,9 (da noi citata a p. 1 26) fosse attestato anche nella perduta consolatio ciceroniana, dal momento che ricorre anche in Hier. Ep. 60 , 1 4 , dove è possibile posrulare anche in alue parti una dipendenza diretta dall' opera perduta dell ' Arpinate (v. supra n. 2 1) . -

=

1 32

RITA DEGL'INNOCENTI PIERINI

6 . - Per riprendere le fila del nostro discorso e tornare al concetto espresso da Seneca all' inizio del sesto capitolo (6 , 1 Magnam tibi per­ sonam hominum consensus inposuit: h a e c t i b i t u e n d " e s t) , dobbiamo notare come Seneca avesse utilizzato il motivo an­ che 27 nella precedente conso/atio ad Marcitlm 4,4: Nec quicquam pulcbrius existimo quam in summo ftJStigio conloCtltos mulltlrum re­ rum 11enillm dare, nuUius petere; s e r 11 a n d u s i'taque tibi in bac quoque re t u u s m o s e s t, ne quid commitlfJS quod mi­ nus lllitertle factum 11elis. Il fatto che Seneca faccia concludere con queste parole. il discorso consolatorio che il fùosofo Ario Didimo rivol­ ge a Livia ci indka come il motivo permeasse profondamente la pub­ blicistica imperiale . Un' ulteriore e. significativa conferma ci viene dalla lenura della pseudo-ovidiana

conso/atio ad Li11illm ,

34.5-3.52 :

Quid deceat Drusi mauem mauemque Neronis adspice, quo surgas, adspice, mane toro . Non eadem volgusque decent e t lumina rerum est quod praecipuom debeat ista domus. I n p o s u i t te alto F o r t u n a locumque t u e r i iussit honorarum : Livia perfer . onus. A d t e o c u l o s a u r e s q u e t r a h i s, tua facta notamus, nec vox missa potest principis ore . t e g i. Mi sembra indubbia la dipendenza di questi versi da Seneca

28 :

27 I due moùvi sono avvicinaù dal Coccia, La "consolatio " in Seneca, "RCCM " 1 , 1959 p. 1 76 . Qualche cenno , non adeguatamente approfondito, leggiamo anche nel lavoro di A. Borgo, Considerazioni sul valore pratico e la funzione sociale delle consola­ liones rii Seneca, "Vichiana" 7 , 1978 p. 7 1 . Completamente distorta mi sembra l ' inter­ pretaZione di Poi. 6 , 1 , giacch� la Borgo (p . 102) sosùene che "il fllosofo si rivolge aJ li­ berto, ma è evidente, data la forma delle argomentaZioni , che tali precetù si intendono riferiù principalmente a Cesare " . A parte il fatto che Seneca deve consolare Polibio (cosa ovvia, ma che nel ragionamento della Borgo sembra dimenùcata) , è Seneca stesso a chiarire lo stretto rapporto di interdipendenza tra sovrano e liberto e non c ' è affatto bisogno di pensate che un' espressione come magnam libi personam hominum consen­ sus inposuil debba rivolgersi implicitamente a Claudio. Come cerchiamo di dimostrare nel testo, Seneca adula Polibio in quanto riconosce in lui la stessa nobilis servilus, cui soggiace anche Claudio . ·

28 - Come è noto , la datazione della consolatio ari Liviam è una vexala quaestio, si

133

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

notiamo infatti una contaminazione

tra

due passi del sesto capitolo

dell ' ad Polybium (6 , 1 i n p o s u i t. . . t u e n ti Q; 6, 2 Liben'ofYJ sunt omnill iis quorum adftctus t e g i possunt. . . ; i n m u l t Q l u c e f o r t u n Q t e p o s u i t). L' autore della comoltJiio ad li11illm non si rende conto che l' accenno alla fortunQ ha un valore molto diverso nell' ad Po/ybium , dove � un modo eufemistico per ah ludere agli umili natali di Polibio 29 , mentre �. almeno banale, se non del tutto fuori di luogo, nell' esaltazione di un membro della

casa

im­

periale. La dipendenza da Seneca � avvalorata anche da un signifkati­

vo confronto con il

t:le clementill (1 ,8) , dove appunto si distingue

il

comportamento degli umili da quello di chi si trova in una posizione

di rilievo : Clem. 1 ,8 , 1 11estrQ /tl&ttJ t:lictaque rumor excipit; 1 ,8 , 5 Lo­ qui non potes, nisi ut 11ocem tuQm , quM ubique sunt, gentes exci­ pillnt. 30 oscilla

infatti dall' età augustea ftno all ' età flavia: cfr. I.enz , praefalio p. 1 70 sgg . in P. Oviriii Nasonis Halieulir:a Fragmenta Nux - Inr:erli Consolalio ari Liviam , Torino 195 2 . La dipendenza da Seneca è stata sostenu ta molto decisamente dall ' Axelson (De aetate r:onsolalionis ari Liviam et elegillru m in Maer:enatem , "Eranos" 28, 1930 p. 2 1 sgg.) , ma non in modo altrettanto convincente (egli sostiene infatti che la dipendenza è cosl palese che non c ' è bisogno di argomentazioni per sostenerla) tanto è vero che Widox in un' ampia dissenazione di poco successiva (Consolano ari Livillm , Diss. Groning. , Traiecti ad Mosam 1934, p . XVI sg. ) ritorna ad affermare che è Seneca ad imitare la r:onsolatio ari Livillm , dal momento che dichiara in Helv. 1 , 2 di aver letto attentamente rutti i precedenti scritti consolatorii .Lo stesso argomento , non ceno .probante , leggia­ mo in una storia letteraria recente: V. Paladini-E . Castorina, Storia riella letteratura Ia­ lina, vol . II , Bologna 1970, p. 28 1 . A noi sembra che la dipendenza da Seneca si possa affermare con tranquillità, soprattutto se consideriamo, pur brevemente, che nei vv . 36 1 -4 l' autore della r:onsolalio ari Livillm raffazzona alla meglio concetti più distesa­ mente e più coerentemente svolti da Seneca nel capitolo primo dell ari Polybium. A pane vistosi riecheggiamenti formali (per i quali rimando all'edizione del Lenz , già ci­ tata, pp . 202-3), non è ceno facile ammettere che Scncca possa aver attinto dall' epice­ dio il motivo stoico dell ' ekpyrosis: né, dati i palesi echi formali, è possibile con Widox (op. r:it. , p. XVI) trincerarsi dietro il comodo paravento della fonte comune stoica. .

'

29 Non a caso infatti leggiamo lo stesso motivo della fortuna a proposito delle nomi­ ne di due libcrti imperiali in Stazio (Si/v. 3 , 3 ,8 5 sgg. c 5 , 1 , 7 5 sgg.) : si veda Lotito, art. r:it. , p . 324 sg. -

30 - Il motivo ricorreva già in Xcn, Ages. 5 , 6 .

1 34

7.

RITA DEGL'INNOCENTI PIERINI

- La persistenza del motivo nella

consolatt'o

che la chiave di letwra per questa pane della

ad Liviam ci indica an­

consolatio

ad Polybium :

Seneca estende al libeno imperiale le prerogative peculiari dei mem­ bri della casa imperiale e, come vedremo, ne adotta pienamente la problematica e il linguaggio 31 • Seneca infatti costruisce questa pane dell' ad Polybium (capp . 6-7) tenendo costantemente presente la figura di Claudio: il potente liber­ to risulta cosl una

sorta

di

alter ego

dell ' imperatore ,

e

il suo ruolo

nella società un' emanazione diretta del ruolo stesso dell ' imperatore

3� .

A ragione dunque si è parlato di quest' opera come di un ' anticipazio­

ne di temi poi più distesamente affrontati nel

de clementia

33

:

pos­

siamo infatti affermare che senza il confronto con il trattato rivolto al giovane imperatore non saremmo in grado di chiarire . il significato di molte affermazioni dell'ad Polybium. Seneca nel za

l'imitatio principis

de clementia

teoriz­

e sottolinea più volte come l ' imperatore debba

costituire un modello e un costante punto di riferimento per i suoi sudditi : si veda per es. Clem. 1 , 1 ,6 Seti ingens onus tibi inposuistt'; nemo iam divum Augustum nec Ti. Caesaris pn'ma tempora loquitur nec, quoti te imitan· velit, e x e m p l a r extra te quaerit. Questa teorizzazione dell' imitatt'o principis, che rispecchia del resto concezio-

3 1 - Un interessante esempio di componamento della casa imperiale di fronte ai lutti pubblici ci fornisce Tacito descrivendo i funerali di Germanico: Ann. 3 , 3 Tiben'us at­ que Augusta publico abstinuere, i n f e r i u s m a i e s t a l e s u a r a l i s i p a l a m l a m e n 1 a r e n 1 u r, an ne omm'um oculis vultum eorum scrutanltbus falsi intellegerentur. 3 ,6 Gnarum id Tiberio fuit; utque premeret vulgi sermones, mo­ nuit edicto multos inlustrium Romanorum ob rem publicam obisse , neminem tam f/a· gran# desiderio celebratum. ldque et sibi et cuntis egregium s i m o d u s a d i c e r e 1 u r. N o n e a d e m d e c o r a p r i n c i p i b u s 11 i r i s et imperatori populo quae m o d i c i s d o m i b u s aut civitaltbus. La sopportazione del dolore si iscrive dunque nelle coordinate del modus e del decorum. 32 - Cosi giustamente afferma il Lotito, art. cii. , pp. 3 1 1 sg. e pp. 3 3 2 sgg: si veda anche A. La Penna, Aspet# delpensiero storico /all'no, Torino 1 9 7 8 , p . 24 sg.

3 3 l . Lana, L. Anneo Seneca e la posizione degli intellettuali romani di fronte iJI pn'ncipato , Torino 1 964 , pp. 98- 100; Grimal , op. cii. , p. 99 sgg . -

135

· MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

ni ellenistiche K , � una realtà già operante nell ' 111'1

Polybium : la ma­

gu persou di Polibio , alla quale fa appello Seneca (6 , 1) , non � che un

riflesso dell'ingens onus, cui soggiace l' imperatore

stesso

per far

fronte ai suoi impegni nei confronti della comunità. Del resto il tono

ht�ec ( = il wo ruolo) tibi tuentla est. Anche Polibio , come il pnnceps, non agisce li­ beramente , ma � condizionato dal suo compito: 6 ,4 magu servitus est magu fortuu. Anche in questo caso � determinante leggere il de clementia, dove � incisivamente delineata la concezione senecana del ruolo di un monarca: . l , 8 , 1 sgg. Grave puttJS en'pi loquendi arbitrium r e g i b u s , quoti humillimi habent. ' '/sta ' ' inquis ' ' s e r 11 i t u s e s t , non inperium ". Quid? tu non experiris istud n o b i l e m 35 esse tibi servitutem? . . . . . . Quam m u l t a t i b i n o n l i c e n t, qu11e nobis beneficio tuo licent!. . . . . . . Est ht�ec summt�e magnitudinis servitus non posse fieri minorem; seti c u m rJ i s t i b i c o m m u n i s i p s a n e c e s s i t a s e s t. Nam illos quoque caelum llliligatos tenet, nec magis illis descendere datum est quam tibi tutum; fastigio tuo adfixus es. . . . . M u l t a c i r c a t e l u x e s t, omnium in istam c o n 11 e r s i o c u l i s u n t . . . È una sona di legge imperscrutabile , una necessittJS, quella che inchioda inesorabilmente l' imperatore al suo onus: come con cui Seneca si rivolge a Polibio , non lascia dubbi:

34 - Si veda anche Cle m. l , 1 9 , 9 ; 2 , 2 , l : sul morivo della imilalio principis informa csauricnrcmcnrc T. Adam , Clemenlia pn·ncipis. Der Einfluss hellenislischer Furslen­ spiegel auf rien Versuch einer rechtlichen Funriierung ries Principali riurch Seneca, Sruttgart 1 970, pp . 4 2 , 7 7 , 1 1 3 . 3 5 - La lezione dci codici (nobis esse O , esse nobis A) fu corretta d al Wilamowiu (Le­ sefriJchle , " Hcrmcs " 3 7 , 1 902 p. 307) sulla scotta di Ad. Var hisl. 2 , 20 , dove appunto Antigono Gonata parla di É',6oéoç 6o ul\E{a a proposito dd compito dd monarca. Sui capponi tra Antigono c lo stoicismo , dr. M . Pohlcnz , La Stoa , (trad. it . ) Firenze 1 967 (rist. 1 978) , vol . I p. 3 3 sg. , 338; H . Volkmann , Die Basi/eia als Èll 6o�oç 6ouÀEla , " Hisroria" 16 , 1 967 p. 1 5 5 sgg ; Adam , op. cii. , p . 27 sgg . Il motivo era già diffu so a Roma se Svcronio potrà poi agevolmente aruibuirlo a Tibcrio: Tib. 2 4 , 2 Tanriem qua­ si coaclus el querens miseram el o n e r o s a m i n i u n g i s i b i s e r 11 i­ t u 1 e m , recepii impen·u m.

1 36

RITA DEGL' INNOCENTI PIERINI

l' imperatore ha negli dèi il modello , al quale rapportare la sua azione sulla terra e .nel quale uova la più sublime giustificazione della sua serfli­ tus, cosl Polibio trae , . a sua volta, dall' attività imperiale la motivazione della sua semtus 31 : Poi. 7 ,2 C��estJri quoque ipn� c u i o m n i 11 l i c e n t, prop ter hoc ijnum m u l t 11 n o n l i c e n t, . . . . . . . Ex quo se C 11 e s 11 r orbi temm�m Jetlic1111it, s ib i e r i p u i t, et nilerum morio, q1111e inrequielll semper cursus suos expli&llnt, numq1111m il/i licei subsistere nec quicq1111m suum f��eere. Ati quemillm ÌIIIIJue motlum t i b i quoque e 11 ti e m n e c e s­ s i t ll s i n i u n g i t u r. Nell 'liti Polybium è dunque già presente il m otivo stoico della mo­ narchia come l11òo�os òou)t.fia ed è cosl assimilato alla concezione senecana del potere che egli può agevolmente riferirlo anche a

un

li­

beno imperiale come Polibio . Quali siano i condizionamenti operati dalla

seT'f!itus di Polibio , riflesso della seT'flitus del suo signore , indica

chiaramente Seneca con il manellante, quasi ossessivo, ripetersi del

licere 37 : 6 , 3 Si volebiiS tibi omni4 licere . . . . . . . ; 6 ,4 Non licei tibi fiere inmotlice, nec hoc t11ntummorio non licet; ne . . . qui­ tlem . . . licei; 6 , 5 Mu/111 tibi non lt"cent qu11e humillimis quoque et in 11ngulo ùuentibus licent. . . Non /icet tibi quicqu11m 11rbitrio tuo f��ee­ re. . . Non licet tibi, inq1111m , fiere . . . Il confronto con il passo del t/e clementÌII {l , 8 , l sgg .) prima citato si impone immediatamente al let· motivo del

tore : notiamo infatti come a Polibio si applichi la stessa legge della

36 Il Lotito (art. cit. , p. 3 1 1) richiama un passo del de proflilleniW ( 5 , 8) , ma a noi sembra che la posizione de l l ' ad Polybium si chiarisca soprattutto confrontando il de clemeniW, giacché se all ' affermazione di Seneca magna servitus est magna jorfll na (6 ,4) non fosse sottesa e implicitamente presupposta la teoria stoica della monarchia come nobilis servitus, questa non risulterebbe una vera e propria adulazione del libeno di Claudio . ·

3 7 Il motivo era già presente in Sallustio : Cat. 5 1 , 1 2-3 Qui demissi in obscuro Jlitam habent, si quill iracundia deliquere, pauci sciunt; foma a tq ue fortuna eorum pares sunt: qui magno impen'o praediti in excelso aetatem agunt, eorum /acta cuncti morta· /es novere. / t a i n m a x u m a f o r t u n a m i n u m a l i c e n 1 i 11 e s 1. ·

1 37

MOTIVI CONSOLATOR.II E IDEOLOGIA IMPERlALE

necessittM che al principe e come anche il libeno sia condizionato alla schiavinl del suo compito, a differenza degli humillimi. Anche l' im­ magine della luce e degli occhi rivolti verso la figura imperiale (Ciem. 1 , 8 , 4 M u / t fl circfl le l u x est , omnium in istflm c o n 11 e r s i o c u l i s 11 n t) era già stata usata nell' (Il/ Po/ybium in riferimento al potente libeno .di Claudio : Poi. 6 , 2 I n m u l­ l fl l u c e foriiiM te posuit . . . . ; 6 , 3 . . . ne c o n 11 e r l i s s e s in le o r fl omnium. Seneca non esita ad impiegare per Polibio la stessa tematica e la

terminologia stessa adottata nella pubblicistica imperiale per designare i compiti e gli oneri del monarca: anche il motivo consolatorio del ri­ fiuto del pianto come espressione di un ' anima debole e poco virile viene configurata, in quest' ottica, come uno dei tanti divieti che il ruolo pubblico impone

(Poi. 6 ,4-5) .

8 . - È l' attivismo imperiale che condiziona il ruolo di Polibio: Poi. 7 , 2 omnium somnos illius (scii. Cflesflris) " i g i l i fl tlefentlit, om­ nium otium illius l fl b o r, omnium tlelicias illius i n a u s 1 r i fl, omnium flll&fltionem illius o c c u p fl 1 i o. Anche Polibio dunque non può so ttrarre

suo ufficio

are

preziose alle

cure

del

(6 ,4 ne somnum quitlem extentlere in Pflrlem tliei licei)

né può evitare la confusione della città rifugiandosi nella quiete della

{fl tumultu rerum in otium ruris quieti confugere) . Alla vi­ ta attiva di Polibio viene opposta la vita di chi, libero dai negotia,

campagna

può disporre a suo piacimento della propria giornata. Il prolungare il sonno fino

a

giorno inoltrata, il rifugio nella pace della campagna, il

godere di un viaggio di piacere, le distrazioni offene dagli spettacoli,

il disporre ·del tempo liberamente sono tutti elementi che ci ricondu­ cono all' ideale di vita epicureo ,. all ' otium 38 : basterà qui richiamare

38 - Su questi temi si veda A. Grilli , JIproblem�� della villl contemplativa nel mondo greco - romano , Milano-Roma 1 9 5 3 , pp. 64 sgg . , 1 80 sgg. ; J . M . André, Recherches sur l 'otium romain , Paris 1962 , p. 6 1 sgg .

1 38

RITA DEGL' INN OCENTI PIERINI

atla

mente il quadro che della sua vita quotidiana ci offre Orazio:

Sat. 1 , 6 , 1 1 0 sgg. Hoc ego commodius qwm tu, pr��eclt:zre senator, l milibus atque llliis vivo. Q u a c u m q u e l i b i d o e s t, l incedo solus . . . . . . Deinde eo dormitum , non sollicitus mihi quoti cras l surgendum sit 111fJne . . . . A d q u a r t a m i a c e o. Lo stesso Ora. .

zio delinea in chiari termini l' ideale di vit;a epicureo rivolgendosi a Sce­

1 , 1 7 ,6

q u i e s et p r i m a m s o m­ " u s i " h o r a m l delectat, si te pulvis strepitusque rotarum, l si laeritt caupona, Ferentinum ire iubebo . . . . . va: Ep.

sgg. Si te grata

Attraverso l ' evocazione allusiva delle classiche componenti dell ' otium in senso epicureo , Seneca esalta la vita attiva di Polibio 39 ,

7 , 3) . A proposi­ to dell ' attività instancabile di Polibio Seneca parla di assidua lt:zboriosi officii statione (6 ,4) : il termine stano , con immagine tolta al linguag­ al quale non è lecito ad utilitates suas respicere (Pol

gio militare, implica fedeltà al proprio compito e profondo

senso

del

dovere ed è sovente impiegato , fino da Augusto , per indicare l' attivi­ tà imperiale 40 •

Molto significative sono le parole che Ovidio rivolge ad Augusto

2 19-220 Scilicet inperii princeps si/l­ tione relicta l inparibus legeres carmina facta modis ? È facile avveni­ re , dallo stesso tono ironico con il quale Ovidio contrappone alla slll­ tio imperiale la lenura dei suoi carmi erotici, come il motivo permeas­ nel secondo libro dei Tristia: vv.

se

profondamente la pubblicista augustea. Il permanere della metafo-

39 Il Rozelaar (Seneca, Amsterdam 1 97 6 , p. 2 2 7 sg. ) vede nell ' espressione m��g u Jtr· vitus est magna fortuna un' allusione alla condizione psicologica dell' esule, che volen­ tieri avrebbe rinunciato ad una posizione di rilievo per essere semplicemente un privato cittadino : il Rozelaar, presupponendo l ' autenticità degli epigramm i attribuiti a Seneca, per chiarire lo stato d ' animo di Seneca, confronta A . L. 407 Riese 16 Prato , vv. 9 - 1 0: In plano semper tua sit fortuna paresque noveris: ex alto magna ruina venit . -



40 Cfr. E. Kostermann , Statio p n n cipis , " Philologus" 87 , 1932 pp. 3 5 8-368, 4 30444 ; ) . Béranger, Pour une deftnition du pn'ncipat: Auguste tlans Aule- Gel/e IJ , 7J , " REL" 1 94 3 4 p. 1 4 7 sgg . Il Béranger fa notare come il termine statio fosse stato usato da Augusto stesso (Ep. frg. 22 Malcovati) per designare la fedeltà al proprio compito '

-

.

1 39

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

ra per indicare l ' attività imperiale è attestato da numerosisimi esempi, ma il più significativo , per il . nostro passo del l ' ad

Polybium , è costi­ tuito da Plin . Pan. 86 , 3 dove leggiamo: intelligimus, Caesar, quan­ tum tibi p r o l a b o r i o s a i s t a s t a t i o n e et exercita debeamus, cum otium a te tamquam res optima et petatur et detur. Il concetto della veglia, della vigilantitJ, dell ' assidua presenza si interseca con quello del labor, altro caposaldo della pubblicistica im­

periale

27)

•t ,

inevitabile corollario della

nobilis seT'flitus. di

ci tramanda una significativa presa. di posizione

Svetonio

(Tib.

Tiberio , il qua­

le tendeva a precisare davanti a tutti l' onerosità del compito che si era assunto :

Alium dicentem sacras eius occupationes et rursus alium, auctore eo senatum se adisse, verba mutare et pro auctore suasorem , p r o s a c r i s l a b o r i o s a s d i c e r e c o e g i t.

9.

-

Come abbiamo avuto modo di notare , Seneca attribuisce al

libeno imperiale una serie di prerogative e di doveri, che costituisco­

il bagaglio ideologico imperiale , ma nelle pieghe stesse del discor­ Poi. 6 , 3 Si vole­ bas tibi omnia licere , ne convertisses in te ora omnium. La distanza ua la figura ideale del sapiens e l ' attivismo di Polibio si misura so­ no

so è possibile avvertire un implicito ammonimento :

prattutto notando come a Polibio siano negati da Seneca quegli ele­ menti che costituiscono i capisaldi della sua teorizzazione filosofica in opere successive . Anche se probabilmente , come pensa il Grilli 42 , Se­ neca durante l ' esilio non ha ancora chiarito a se stesso il reale valore della vita contemplativa e la vede solo come un intervallo obbligato dal

negotium ,

non mi sembra che il suo ideale di vita attiva possa in­

carnarsi in una personalità come quella di Poli bio , che dall' adempi­ mento del suo dovere trae .solo alienazione . Se è vero che , come ab­ biamo detto ,

il libeno è

assoggettato alla medesima

necessitas

41

-

D.

Sui temi della vigilia, dc:l labor, si veda Béranger, op. cit. , pp. 1 79 sgg. , 193 sgg. ; Lau , Der lateinische Begnff Labor, Mtinchen 1 97 5 , p. 1 36 sgg .

42

-

Op. cit. , p. 2 1 8 sg .

140

RIT A DEGL'INNOCENTI PIERINI

dell' imperatore, anche per lui è valido il se sibi eripere (7 , 2) , cui sog­ giace Cesare . Quindi, se nello suenuo adempimento del proprio do­ vere non c'è posto per l' onum inteso alla maniera epicurea, non c ' è però spazio neanche per il .recupero della propria interiorità: giacché, mi sembra che se sibi enpere sia in perfetta opposizione con l'invito rivolto a Lucilio in apenura delle Epistulae : 1 , 1 lltJ ftJ&, mi Luci/i, flin­ riicfJ te tibi 0. D ' altra pane nel rie brevtklte vitfJe , opera che gran .par­ te dei critici tendono ad atuibuire al periodo immediatamente succes­ sivo al ritorno dalla Corsica '" , cosl Seneca ci presenta la figura di Augusto : 4 , 2 Divus Augustus, cui rii plurtJ qufJm ulli pr4eshterunt,

n o n rJ e s i i l q u i e l e m s i b i p r e c fJ r i e l VIJ&fJho­ nem fJ re publicfJ petere ; omnis eius sermo fJri hoc semper revolutus est, ut sperfJret otium ; hoc l fJ b o r e s suos, etitlm si flllso , riulci ltJmen oblecltJbfJt soltJcio , fJ l i q u fJ n rJ o s e v i c t u r u m s i b i. La visione rigorosamente attivistica dell'liri Polybium è già in­ crinata: Augusto viene presentato 45 come oppresso dai suoi kzbores nel­ la sua aspirazione a stbi vivere. L' epicureo sibi vivere appare qui recupe­ rato positivamente 46 , in quanto proiettato nel futuro come aspettativa, e non implica il rifuggire verso il soddisfacimento di egoistici interessi immediati come il respicere fJri utilitfJtes sufJS di Poi. 7 , 3 . Polibio , al quale Seneca dice che non è lecito disporre a suo piaci­ mento della propria giornata (6 ,4) , è il precedente diretto di Paolino, al quale, come è noto, è dedicato il rie breviltJte 111"1tle : 1 8 , 1 sg. Mat"or pfJrs

fJelfJiis , certe melior, rei publicae rifJta est: fJ l i q u i rJ l e m p o r i s t u i s u m e e t i fJ m t i b i. Nec te tJti se­ gnem fJUI inertem quietem voco , non ut somno et cfJris turbfJe volupttJ43 - Sul valore c il significato dell ' espressione, cfr. Scarpat, op. cit. , p. 25 op. cit. , pp. 1 2 ; 5 2 .

sgg . ;

Traina,

a

Seneca,

44 - Cfr. Grilli , op. cii. p . 2 1 9 sg . ; André , op. cii. , p . 3 1 ; Traina, introd. brevità della vita, Torino 1 9 7 3 2 , p . XIV .

La

4� Sulla figura di Augusto in Sc ncca , si veda P. ]AL, lmages d'Auguste chez Sénèque , " REL" 1 9 � 7 p . 248 sgg . 46

-

Cfr. André , op. cii. , p. 40

n.

4.

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

141

tibus quidquùl est in te indolis vivirlae mergas: non est istud adquiescere . Queste considerazioni presuppongono necessariamente una lun. .

. . .

ga meditazione sul rappono tra vita attiva e vita contemplativa durante

il periodo dell ' esilio : l' ari Polybium costituisce un' utile testimonianza sul piano dell ' esaltazione dd

negotium , dd dovere compiuto con abne­

gazione , ma la s uumentalizzazione di questi motivi nell' ambito del pa­ negirico del libeno denuncia anche il loro limite oggettivo . Giacché non

è possibile sfuggire alla suggestione e agli stimoli che offre un confronto con la conclusione della comolatio ad Helviam (20,2) , quando Seneca raffi gura cosl serenamente e potentemente la sua vita contemplativa:

(animus) aetemitatis suae memor in omne quotifuitfuturumque est va­ dit omnibus saeculis. Seneca si raffigura dunque come il vero padrone del suo tempo

•7 ,

immagine questa che leggiamo anche in uno degli

epigrammi a lui attribuiti

(Anth. Lat. 433 Riese

=

4 1 Prato ,

vv.

7-8) :

Pars ego sim plcbis , nullo conspcctus honorc,

dum vivam , dominus tcmporis ipsc mci .

10. - Anche l' attività letteraria deve avere per Polibio un carattere stru­ (Poi. 8 , 2) , per costituire un efficace

mentale , giacché , sostiene Seneca

strumento consolatorio Polibio dovrà comporre un' opera che glorifichi le gesta di Claudio :

Tune Caesaris tui opera, ut per omnia saecula dome­ stico na"entur praeconio , quantum potes compone ; nam ipse tibi opti­ me formandi condendique res gestas et m a t e r i a m d a b j t e t e x e m p l u m. Anche in questo caso si tratta di una scelta " obbligata" : l' erudizione e la passione dell' imperatore per la sto­ ria • condizionano inevitabilmente il libeno imperiale , poiché , come

47 Per il problema dd tempo in Seneca, dr. A. Grilli, L 'uomo e il tempo , " RIL " 96 , 1 962 , 83 sgg . (ora anche in Seneca. Letture cnliche , cii. , pp . 56 67 ) ; J . Moreau , Sinèque et /e prix tiu temps, " Bull. Budé ' ' 1 969 p . 1 1 9 sgg . ; Scarpat, op. cit. , p. 28 sgg. 48 - Le manie erudite di Claudio sono felicemente ridicolizzare in Apoc. 5 ,4 : Clautiius gautiet esse illic philologos homines: sperai futurum aliquem historiis suis locum . Sull' attività storica d i Claudio, dr. Momigliano, op. cii. , p. 2 1 sgg. ; H . Bardon , Les empereurs el /es lettres d'A uguste a Hatinen , Paris 1 968 2 , p. 1 2 5 sgg.

1 42

RITA DEGL'INNOCENTI PIERINI

Seneca aveva sostenuto precedentemente

(7 , 3) ,

a Polibio non è lecito

neanche ad studia sua respicere. Solo in un secondo momento , egli potrà recuperare. attività letterarie che gli sono più congeniali

11enustate) e dedicarsi ad hilanortJ studia. È importante sottolineare come in questa

(8 , 3 solita tibi

pane della

consolatzo

la

funzione dell' attività letteraria si collochi essenzialmente sul piano

(8 ,4 In illis enim quam11is aegrum eum (scii. animum) adhuc et secum reluc­ ltJntem a 11 o c a b i t ipsa rerum qutJS trtJCttJbit austerittJS) , mentre dell'a11ocatio , cioè del distogliere ! : animo dal proprio dolore

solo a conclusione dell' opera parlerà degli studi come reale confono

{18 , 1 Nunc itaque te studiis tuis inmerge altius, nunc il/a tibi 11 e l u t m u n i m e n t a a n i m i circumda, ne ex ulla tui parte in11eniat introitum do/or) . N ell ' ad Polybium notiamo dun­ dell' anima

que una contaminazione di due diversi motivi: da un lato l' attività letteraria è considerata semplicemente un mezzo per allontanare la mente da pensieri dolorosi, dall' altro essa ha una funzione attiva, quanto assurge .a

munimentum animi 49 :

dosi alla madre Elvia, Seneca

soste neva

non a caso infatti , rivolgen­

sgg . ) . Anche se , come

è

liberalia studia fortunam fugere (He/11.

la necessità dei

per chi si trovava nelle condizioni di dover

17,3

in

noto 50 , la posizione di Seneca nei con­

fronti degli studi liberali non è sempre univoca, ed anzi potremmo dire che questo termine è quasi ambiguo , nella

consolatio ad Hel11iam sapientitJ ci indica che Seneca sta pensando a letture di carattere fùosofico (He/11 . 1 7 ,4) . Ancora una volta notiamo nella consolatio ad Polybium il tentati­

l ' evidente richiamo alla

vo da pane di Seneca di adattare i motivi consolatorii al destinatario, giacché per Polibio l ' attività letteraria è subordinata alla

curae

del suo

49 Si veda G. Mazzoli , Seneca e la poesia , Milano 1970, p. 10 e p. 7 3 : il Mazzoli non nora però come l ' attività letteraria consigliata a Polibio in 8 , 2 sia meramente sul piano della avocatio e non assurga a vera e propria medicina animi. Avocare sembra in­ fatti richiamare la teorizzazione epicurea: cfr. Cic . Tusc. 3 , 3 3 Levationem autem aegn·· tudinis in duabus rebus ponit (scii . Epicurus) , a v o c a t i o n e a cogilanda mole­ stia el revocatione ad conlemplandas voluplates. SO

-

Cfr. Mazzoli , op. cii. , p. 9 sgg.

MOTIVI CONSOLATORII E IDEOLOGIA IMPERIALE

143

incarico nella cancelleria imperiale e soprattUtto alla figura stessa dell' imperatore . Come osserva giustamente lo Abel 51 , Claudio riveste

consolah'o un duplice ruolo , quello di solacium ( 1 2 , 3) e quello di consolator ( 1 4 , 2 sgg.) : le due funzioni sono intimamente correlate , come indica Seneca in Poi. 5 , 5 Et s o l a c i u m riebes esse ilio­ rum et c o n s o l a t o r; non poteris autem horum maerori obsta­ re, si tuo i1�riulseris. Quindi accanto all ' esortaZione tradizionale nel nella

genere consolatorio a rivolgere l' attenzione ai proprii affetti familiari (12 , 1

haec 111m multa solacill) , Polibio viene sollecitato a considerare in hoc uno h'bi satis praesirlii, satis solacti'

la figura dell ' imperatore :

est

(1 2 , 3 ) . Per Polibio l ' imperatore costituisce con la sua sola presenza

un

solacium ,

poiché rappresenta per il libeno una sorta di nume tute­

il pianto 52 : 1 2 , 3 Atto/le te , et quoh'ens tacn·­ mtJe suboriuntur oculis tuis, toh'ens illos in Caesarem rlen'ge : siccabun­ tur mtJXtmi et clarissimi conspectu numinis; l u l g o r eius illos, ut nihil flliurl possint mpicere , praestringet et in se haerentes rie­ h'nebit. L' abbagliante splendore del numen impedisce la vista di ogni altra cosa e , come nell' epiphaneill divina, la luce simboleggia la pre­ senza stessa della divinità. Non solo , il fulgor abbagliante , che ha il potere di oculos praestringere , richiama implicitamente il paragone çon il sole : anche nell ' Ap o colocy ntosis 4 , 1 v. 3 1 affermerà, a proposi­ to di Nero ne , flagrat nih'rlus l u l g o r e r e m t s s o vultus 53 • lare capace di impedire

5 1 - Op. cii. , p. 7 5 . 5 2 - I l Tacgcr (Charisma. Studien zur Geschichte des antiken Hemcherkultes, Stuttgan 1 960 , vo l II p. 297) nota giustamente come Scocca eviti di configurare il rappono tra padrone c libero con il termine dominus. .

53 Sul tema della luce come emanazione del potere del sovrano c sul carattere mistico-orientale di tale simbologia , cfr. L. Delatrc , Les traités de la Royauté d'Ecphan­ te , Diotogène et Sthénidas, Liégc 1 94 2 , pp. 1 39 ; 1 96 sgg. È interessante notare come Scocca riprenda ncii 'Apocolocyntosir 4 , 1 , esaltando l ' avvento al uono di Nerone, mQ[i­ vi già usati per Claudio n ell ad Polybium : v . 2 1 (v i n c a l mortalir tempora vitae) c Poi. 1 2 , 5 (Acta divi A ugusti aequet, annos v i n c a t) ; vv . 2 3-4 (felicia l a s­ I i s l saecula praestabit) c Poi. 1 6 , 6 (hunc principem l a s s i s hominum r e b u s datum) ; 2 5 -8 paragone con gli asui (t e n e b r i s . . . . s o l u t i s) c Poi. 1 3 , 1 (Sidus '

hoc, quod . . . d e m e r s o

in

te

n

e b ras

o r b i r e f u l s i t) .

1 44

lUTA DEGL'INNOCENTI PIERINI

Come nell ' epi'phaneitJ divina, la sola presenza della divinità è suf­ ficiente garanzia per l' orante della sua volontà di aiuto, così anche

nonne proti'nus i'pse conspectus per se IIJntummodo cogi'­ IIJtusque Caesar maxi'mo solaci'o ti'bi' est? ( 1 2 ,4) . Non è comunque so­

per Polibio

lo la presenza carismatica dell ' imperatore, che può costituire un vali­

solaczum , ma anche e soprattutto la sua natura mite e clemente : Nec dubi'to , cum IIJnta i'/li' ad11ersus omnes suos si't mllnsuetudo IIJntaque i'ndulgentitJ, qui'n itJm multi's solacz'i's tuum i'stud 11ulnus ob­ duxerit, itJm multa quae dolori obstarent tuo congessen't. All ' immagine che vede il domi'nus farsi consolatore del suo liber­ to , è sottesa la concezione del carattere soteriologico e benefico 54 insi­ do

1 2 ,4

to nella personalità di Cesare: l' attenzione prestata al dolore di Poli­ bio non è che una manifestazione di quel carattere taumaturgico che Seneca non manca di sottolineare come prerogativa di Claudio .

La

mllnsuetudo e l'i'ndulgentitJ configurano l' atteggiamento di Claudio nei confronti di chi lo circonda in quanto emanazione della sua più ampia missione nei confronti dell ' intera umanità: l' avvento di Clau­ dio è infatti salutato nell ' ad

Polybi'um come il sorgere di un sùJus, furor di Cali­

che illumina il mondo ottenebrato. dalla barbarie , dal

gola 55 • Come Seneca immagina Claudio intento a lenire un dolore privato ( 1 2 ,4

tuum i'stud 11ulnus obduxerit) , così lo descrive . nell ' atto

)4 - Sul culto di Claudio , cfr. V . M . Scramuzza, Clautlius Soter Euergetes, "HS Ph" H . 1 940 pp. 2 6 1 - 6 . Cfr. anche L. Ross Taylor, The tlivinily of the roman emperor, Middletown 1 9 3 1 (rist . New York 197 ) ) , p. 240; L. Cerfaux - } . Tondriau, Un concur­ renl tlu christianism. Le eu/te tles sou11erains tlans la cit�ilisalion gréco-roflllnli e, Tournai 1 9 ) 7 , pp . 348- 3 50 . Sulla concezione senecana dd culto tributato ai sovrani, si veda M . Altman , R ule r culi in Seneça, " C Ph. " 3 3 , 1 938 p . 1 98 sgg . .

) 5 Il brano senecano presenta evidenti analogie con Cun. Ruf. 10,9 , 3 -4 : Prointle iure meritoque populus Romanus salulem se pn·ncipi suo tlebere profitelur qui noclis quam paene supremam habuimus 11 o v u m s i ti u s i n l u x i 1. Huius herr;u/e, non solis orlus lucem caliganti retltlitlit muntlo, cum sine suo çapite tliscorriia membra trepitlarent. Senza entrare in merito alla vexata quaeslio della datazione di Curzio Ru­ fo, preme però ricordare che da queste analogie si � cercato di trarre elementi validi a stabilire la cronologia delle Historiae Alexantlri Magni (cfr. D. Korzeniewski, Die Zeit -

,

MOTIVI CONSOLATORll E IDEOLOGIA IMPEIUALE

di

san are

145

l� inteta umanità: 1 3 , 1 P111ere i/lum generi hum��no illm diu

t�egro el llliftclo meden·, p111ere quidquid pnoris princi­ pis f u r o r concussil tn suum locum restituere tiC reponere. Sidus hoc, quod prt�ecipiiiiiO in profondum el t/emerso in lenebTW orbi re­ folsil, semper /uce111; 1 7 , 3 Non possum lllmen . . . . hunc prulen"re ex omni Cusllf'tlm numero excerpendum , quem rerum ulurll in exilium opprobriumque hum��ni generis edidil, 11 quo impenum llliustum 111que eversum fundilus principis mitissimi recre111 c l e m e n l i 11. Anche se la synkrisis con il predecessore è un motivo topico del panegirico. all' avvento di ogni imperatore 56, non si può non notare come Seneca accentui enfaticamente le tristi condizioni nelle quali si era v.enuto a trovare ri.mpero durante il regno di Caligola. L'uso irra­ zionale del potere assume una dimensione cosmica: il furor di Caligo­ la ha provocato un caos immane , la clemeniÌIJ di Claudio, in quanto vinù razionale ( Clem . 2 , 5 , l clementitJ r��ttoni ��ecedil) , ha il dovere e il potere di porvi rimedio. Alla base di queste affermazioni c'è ancora una volta una teoria che troverà larga .applicazione nel de clemeniÌIJ, la stretta correlazione tra pnnceps e imperium , che si estrinseca nella metafora del corpur 7 : Clem . 2 ,2 , 1 Trt�detur isili 11nimi lui m��nsuetu­ do diffundeturque pt.�ullltim per omne imperii corpus, el cunc111 in si­ militudinem llllm l [of'f1ltlbunlur. A c11pi1e bon11 vllleludo. Dunque, al di là dell' evidente intento adulatorio, . nella consollltio llli Po/ybzum è pienamente avvertibile la volontà di Seneca di fornire a Claudio una sorta di speculum principis: il costante ricorrere all ' exemplum negativo di Caligola assume qui il valore di un monito contro un uso irrazionale del potere. Che poi il ritratto di Claudio of­ fenoci da Seneca nella consollltio 11d Polybt'um non corrisponda alla

ties Quintus Curtius Rufus, Diss . Koln 1 9 5 9 , p. 4 sgg.) . Il motivo però � topico, giac­ ché ricorre sia a proposito di Augusto (cfr. Korzeniewski pp . 66 - 8) sia di Nerone (v. supra n . 5 3 ) . 56 57

-

Si veda Béranger, op. cit. , p . 2 7 1 sg . Su questa metafora, cfr. Béranger, op . cit. , p . 2 1 8 sgg .

RITA DEGL' INNOCENTI PIERINI

146

realtà del principato claudiano , anche nei suoi primi anni 58 , è

un

ul­

teriore riprova, non solo del carattere adulatorio dell' opera, già di per sé evidente , ma soprattutto della sovrapposizione

di una figura ideale

di sovrano . Giacché, a mio parere. le numerose analogie, che siamo venuti sottolineando , con la teorizzazione del

rie clementia rendono

inevitabile questa conclusione: infatti, se pure con qualche incenezza, del resto avvertibile anche nel primo libro del trattato dedicato a Ne­ rone

59 ,

Seneca non manca di notare come il suppono ideale della sua

concezione monarchica sia costituito dalla sono le allusioni libio

60 •

a

clementia, tanto numerose questo tema nel corso della consoltJtio rivolta a Po­

Naturalmente in questo contesto l' esaltazione della clemenza ha anche un evidente carattere strumentale - e nella supplica di un esule non poteva non averlo - , perché è proprio a questa che Seneca fa ap­ pello per essere richiamato in patria:

Poi. 1 3 , 3 Virient : qua/em 110/et esse exstimet causam meam ; 11el i u s t i t i a eius bonam perspi­ ciat 11el c l e m e " t i a [��&iat bonam : utrumque in ��equo mihi eius beneficium ent, si11e innocentem me scierit esse si11e 11oluent. Nell ' appello a Claudio è già percepibile la concezione della cle­ menza, che sarà poi ampiamente delineata nel trattato ad lato , dove appunto il ricorso .alla

essa

intito­

clementia da pane .del sovrano è

strettamente correlato con l' esercizio della giustizia. Seneca infatti , nell'ari

Polybium , non parla mai di 11enia a proposito dell ' accoglie­

mento della sua richiesta di grazia ed il motivo può essere chiarito . da quanto leggiamo nel

58

·

Cfr. Giancotti ,

rie clementia 2 , 7 , 3 : Clementia hoc primum

art. cit. (cito da Seneca. Lett11re cn'tiche, cit. ) p. 49 .

59 - Seneca parla infatti anche di

misericordill (Poi. 6 , 5 ; 1 3 , 3) a proposito della cle­ De clementill (5 ,4) la considera una aegrit11do : la Griffm (op. cit. , p. 1 5 6) nota come misericordill sia ancora usato come si­ nonimo di clementill in Clem. 1 , 1 ,4 . menza di Claudio , menue nel secondo libro del

60 - Cfr. Poi. 1 3 ,4 O felicem clementillm t11am , Caesar, q11ae effiçit 11t q11ietiorem s11b te agant 11itam exules q11am n11per s11b Gaio egere principes! Sul valore della clemenza nell 'ad Polybi11m si vedano le giuste osservazioni di Grimal, op. cit. , p. 1 0 1 sg.

MOTIVI CONSOLA TORII E IDEOLOGIA IMPERlALE

147

praesttJt, ut, quos dimittit , nihil aliud illos pati debuisse pronuntiet; p l e n i o r e s t q u a m� v e n i a , h o n e s t i o r e s t. Dalla clementia può dunque giungere anche una completa riabilita­ zione , ed è questa che Seneca auspicava, facendo appello a Claudio dall ' esilio in Corsica.

LAURA BOCOOLINI PALAGI LA POLEMICA ANilGIUDAICA DI SENECA : TEMI E PROBLEMI

l . Le testimonianze di Seneca sul Giudaismo, almeno quelle a noi

pervenute, sono piuttosto scarse , tenuto conuo dell' intensa attività dd prosditismo a Roma nel primo secolo e in considerazione di ciò che Seneca stesso afferma, se pure iperbolicamente. sulla universale diffusione delle pratiche del culto giudaico: cum interim usque eo

sceleratissimtZe gentis consuetudo cont�aluit, ut per omnes iam temu recepta sit: 11icti 11ictoribus leges dederunt 1 • I passi di �aggior interesse , in cui Seneca fa e5plicito riferimento al Giudaismo , sono alcuni frammenti .di modesta estensione del per­ duto De superstitione , 2 tramandati da Agostino , in cui Seneca si li­ mita a poche banute ironico-sarcastiche contro il fenomeno del prose­ litismo e contro alcuni aspetti del culto legati alla festività del sabato 3 •

l - Augustin. Citi. 6 , 1 1 (fr. 42 Haase) ; cfr. 2

oltre, p.

168 sgg .

Sul

De superslitione , cfr. M. Lawbcrg, Untersuchungen zu Senecas Fragmenten , 1970, pp . 197-229; G. Scarpat, Il pensiero religioso di Seneca e l'ambiente ebraico e cristii:Jno , Brescia, 1 9 7 7 , p. 88 sgg . (sul problema della dataZione di que­ st ' opera perdura, dr. n. 14) . Berlin,

3 - Oluc al nucleo fondamentale delle testimonianze di Scocca sul Giudaismo già rac­ colte dal Rcinach (Textes tl'auteurs grecs et romains relalifi au lutlaisme , réunis, ua­ duits et annotés par Th R . , Paris, 1895 , pp . 262-264 , in cui già figurano i framm enti del De superslilione : 4 1 -43 Haase , c un passo dcll ' Epir t. 95 ,47) , M . Stcm (Greek antl Lztin A uthors on ]ews antljutlairm , Editcd with Inuoductions , Translations and Com­ mcncary by M . S . , 1: From Herodotus lo Plutarch , Jcrusalcm , 1976, pp. 429-434) segna­ la un passo delle Natura/es Quaestiones (3 , 2 5 , 5) , che contiene un rilievo di carattere geografico, di scarso interesse ai fini della nostra ricerca. Lo Stcrn riporta inoltre un pas­ so

dcll ' Ep ir t.

108, 2 2 , in cui Scocca allude a un provvedimento di espulsione nei con­

fronti dci Giudei al tempo di Tibcrio , su cui già L. Hcrmann richiamava l ' attenzione

(Sénèque et le ]utlaisme " M B " 3 1 , 1 9 2 7 , pp . 4 3 -46) c che è stato successivamente og­ Hir ego inslinclus abslinere animalibus coepi, el anno peracto non 1/Jntum facilir erat mihi consuetutlo seti tlulcir. AgiiiJiiorem mihi animum esse credegetto di discussione :

152

LAURA BOCQOLINI PALAG1

Dal vasto repenorio

di luoghi comuni, pregiudizi, invettive, ca­

lunnie malevole, accumulati nel corso dei secoli conuo i. Giudei, Se­ neca riprende solo pochi spunti polemici, diversamente da altri auto­

ri, come ad esempio Tacito, che per esigenze di documentaZione et­ nografica accoglie indiscriminawnente anche le favole calunniose dif­

fuse dalla pubblicistica antigiudaica. Una delle fonti bilmente Apione,

dell'excursus di Tacito sui Giudei " è molto proba­ il " più informato e più noto autore antiebraico fio­

rito durante l ' impero di Tiberio .e di Claudio " 5 , che costituisce il punto di anivo. della precedente tradizione antigiudaica e che, in vir­ tù della sua notorietà e della sua facondia (Plin .

balum munrit) ,

N. H. pr��ef 2 5 : cym ­

rappresenta "un veicolo di notizie calunniose conuo

gli Ebrei presso i gentili 6 ' '

Pervaso da un vero

e

proprio sacro zelo

antigiudaico, attingeva a piene mani alla letteratura ostile al Giudai-

bam

nec libi horiie lllifimu�tlenm an fueril. Quaeris quomorio riesierim? In primum Tt� beni Caesaris principaltlm iut�enlae lempus incirier��l : lllienige1111 111 m Sfl(;rfl mcwebanlur el inler argumenlfl superslilionis ponebalur quof'll nriflm animfllium abslineniÌII. Ptllre ttflfjue meo roganle , qui non clllumniflm limebtll seri philosophiflm oriertll, liri prisli1111m consueluriinem reriii; nec riijfì&uller mihi ul inciperem me/ius cen��re perstlfiSil (R. . Turcan, Sénèque e l /es re/igions orienlllies, Bruxelles, 1 967 , p. 7 sgg. ; G. Scarpat, op. ctl. p. 94 sgg.). Il provvedimento del 1 9 , a cui allude Scocca, colpiva insieme al culto giudaico quello egizio (Svct. Tib. 36, 1 : Aegyplios Jur/aiçosque nltls; Tac. Ann. 2 . 8� . � : rJe s«ris Aegypliis Jur/aiçisque) . I n Epist. 108 , 2 2 , la polemica antigiudaica si riduce ad una sfumatura, che emerge solo inditcttamcotc attraverso "l' ironie sous-jaccntc au quonmriflm animfllium abslinen/Ì/1' ' (R. Turcan, op. ctl. , p. 9, n. 2) , con cui Scocca sembra stabilire le distanze tra il vcgctarismo praticato in giovcnnl , fJ.losoficamentc fon­ dato, frutw dci suoi entuSiasmi per la dottrina pitagorica, c l' astensione dalla carne .di porco,. osservata da Giudei cd Egiziani (cfr. Ioscph. Conlrfl Apionem , 2 , 1 37- 1 44) , che agli occhi dci Pagani era una manifestazione di superslilio. 4 - Sulla questione delle fonti di Tac. Hist. � . 2 - 1 2 ; cfr. R. S ymc, T«iltls, Orlord, J , 19�8. p . 178 n. 3 ; M . S tcm , The ]ews in Greek anri Lllin Lileraltlre, in S . Safrai . M . Stcm, .The ]ewish Peop/e in the Firsl Cenltlry , Asscn/ Amsterdam, 1976, II (pp. 1 10 1 1 1 �9) , cfr. p. 1 U6 c la bibliografa ivi citata. � L. Troiani, Commento storico Ili "Contro Apione " rii Giuseppe. Inuoduzionc, Commento storico, traduzione c indici, Pisa, 1 9 7 7 , p. 28; su Apionc, cfr. p . 48 sgg. .

6

-

L. Troiani, op. cii. , p. � l .

LA POLEMICA ANTIGruDAICA DI SENECA: TEMI E PROBLEMI

153

smo fiorita . soprattUtto in ambito greco e egizio ellenizzato 7 , e , nell ' intento d i attaccare in particolare i . Giudei d i Alessandria, . racco­ glieva quelli che erano .i principali capi d ' accusa contro i Giudei. Apione - la cui opera è andata perduta, ma i cui argomenti si rico� struiscono attraverso la confutazione puntuale di Flavio Giuseppe - at­ taccava con acrimonia i costumi religiosi dei Giudei (la circoncisione, il riposo sabbatico , l' astensione dalla carne

. di porco); neU' intento di

screditare il culto ebraico riportava leggende puerili .e infamanti .se­ condo. cui i Giudei avrebbero adorato. una testa d' asino

e

praticato uc­

cisioni rituali, riprendendo e sviluppando versioni calunniose della storia ebraica (di Manetone, Cheremone

e

Lisippo) , infine presentava

il popolo dei Giudei come fiSicamente tarato. 8 , facendosi interprete. di un

feroce odio di razza 9 •

La

tematica convenzionale , la vena ironico-sarcastica della polemi­

ca antigiudaica di Seneca sono lontane dai contenuti scopertamente denigratori e . dai toni acrimoniosi che doveva avere quella di Apione. Seneca, almeno per quanto è possibile dedurre da ciò che resta dei suoi scritti, utilizza luoghi comuni largamente penetrati . nella menta­ lità corrente e mostra di essere influenzato solo indicettamente dalla pubblicistica specifica ostile al Giudaismo .

La

polemica antigiudaica

7 - Tra le monografie specifiche sui Giudei a scopo polemico, oltre a quella di Apione , Di41Tibll conlro i Gi11tiei di Apollonio Molone , che Giuseppe accusa di fanatismo antigiudaico, di cui si conservano alcuni frammenti (l'h . Reinach, op. cii. , pp. 60-64 : fr. 26-27 ; M . Stem , Greell and Llltin A11thors . . , I, p. 148- 1 5 6 : fr. 46-50) e gli scritti di Damocrito e Dicearco che risalgono forse al I sec . d. C . , di cui si hanno so­ lo scarse notizie (Reinach, op. cii. , pp. 1 2 1 - 1 22 : fr. 60 e 6 1 ; M . Stem , .Greell and Llltin A11thors . . . , I , pp . H0- 5 3 3 : fr. 247 e 2 48) In generale sulla pubblicistica antigiudaica, cfr. J. Juster, Les ]11ift dans L 'Empire romain. Leur condition juridique, économique et sociale, Paris 1 9 1 4 , I, pp . 32-34; M. Stern , The ]ews in Greell and Llltin Litera111re , p . 1 1 1 1 sgg. � da ricordare la

.

.

8 Come afferma G. Fau , con Apione " la propagande antijuve est . . . en possession de ses principaux arguments " (Le dossier j11ij. Rome contrc les Juifs, Paris, 1 96 7 , p. 105 ; cfr. a p. 98 sgg. l'elenco dettagliato degli attacchi mossi ai Giudei da Apione) . -

9 - A . N . Sherwin-White, Racilll prejll dice in lmperilll Rome , Oxford, 1967 , p. 87 .

LAURA BOCQOUNI PALAGI

1 54 di Seneca si colloca

su

un piano letterario .e ideologico diverso . da

quello di Apione e delle sue fonti. Talora lasc ia se mai affiorare. pre­ giudizi e luoghi comuni che una ormai secolare tradizione antisemiti­ ca aveva radicato nella

communis opinio , contribuendo a formare

un' immagine Stereotipata dei Giudei, come razza abietta, che Seneca in sostanza ricalca con

sce/eratissim11 genr0 •

È probabile che il giudizio negativo di Seneca nei confronti dei Giudei coinvolgesse anche i Cristiani . Il silenzio di Seneca nei con­ fronti dei Cristiani

è a tono considerato. indizio di una sua favorevole disposizione verso questi ultimi (Augustin . Ci11. 6- 1 1) : Christianos ta­ men iam lune Iudaeis inimicissimos in neutram partem commemortJre ausus est, ne 11el laudaret contra suae patriae 11eterem consuetudinem 11el reprehenderel contra propriam forsitan 11oluntatem11 • La segreta solidarietà nei confronti dei Cristiani prefigurata da Agostino non è che una ipotesi ex silentio , da cui traspare peraltro un chiaro intento apologetico . Il fano che i Cristiani non siano mai menzionati da Se­ neca si giustifica tenendo presente che le fonti pagane, fino all ' età di Nerone , non li considerano come una entità distinta dai Giudei (Svet.

Claud. 2 5 , 1 1 : Iudaeos impulsore Chreslo assidue lumultuantes Roma expulit) 12 • Il Cristianesimo nasçente si presenta come una setta sci-

1 0 - Plin N. H. 1 3 .46 : gens contumelia numinum insignii; Quint. 3 , 7 ,2 1 : pemiciosam ceteris gentem ; T ac . Hist. 5 , 8 , 4 ; laeterrimam genlem ; 1 3 , 1 : gens superslilioni obnoxill ; Fior. Epit. 1 ,40,30: impiae gentis; Rut. Nam . Red. 3 8 7 : obscenu genti; cfr. I. Heine­ mann , Antisemitismus " RE " Suppl. V, 1 93 1 , coli . 3 -4 3 (e in particolare, col . 19 sgg. ) ; ] . Leipoldt, Antisemitismus "RAC" , I , 1 950, coli . 469-4 7 6 . 1 1 Augustin . Civ. 6 , 1 1 : fr. 4 1 Haase; cfr. G. Scarpat, op. cii. , p . 142 : "con S . Ago­ stino siamo propensi a supporre che, date le sue conoscenze in pane di prima mano se non dirette, Seneca non si sentisse di associarsi al disprezzo comune verso i C ris tiani , e neppure , d ' altro canto avesse dati sufficienti (o possibilità concre te ?) per schierarsi a lo­ ro favore " 12

Questo passo , che si riferisce a un provvedimento di espulsione emanato al tempo Claudio , ha suscitato numerose discussioni, cfr. H . Janne , Impulsore Chresto in Mé· langes Bidez " AIPhO " l , 1 9 3 4 , II , pp . 5 3 1 - 5 5 3 ; M . Stem , The ]ewish Diaspora in S. Safrai M . Stem , The jewish People in the Firsl Century , Assen, 1974 , I , pp . 1 80- 182. di

·

-

155

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA : TEMI E PROBLEMI

smatica che si muove e

cresce

ali ' ombra della Sinagoga:

13

inizialmen­

te confuso col Giudaismo conquista progressivamente una sua autono­ mia, di cui la persecuzione neroniaoa del

la prima chiara dimo­

strazione . Quando Seneca

- che con ogni proba­

bilità è anteriore

a

64 è nel De supersti'tione

questa data

14

- chiama in causa i Giudei, o non li

distingue ancora dai Cristiani - come sembra più probabile - o, qualche modo avvene la differenza, in ogni

caso

nello stesso giudizio con cui stigmatizza i Giudei :

se

in

include i Cristiani

sceleratissima gens.

La polemica antigiudaica di Seneca si inserisce neU' ambito dell ' at­

superstitto. 15 Non a caso le te­ Giudaismo derivano in massima pane dal

tacco che egli muove in generale alla stimonianze di Seneca sul

cui il ftlosofo attacca il formalismo religioso in mne le sue manifestazioni e appunta la sua critica conuo le supersti­ tiones giunte a Roma dali ' Oriente . Anche l ' attacco al ritus lucerna­ rum dell ' Epistola 9 4 (p . 165) si colloca in questa prospettiva, infatti questo rito giudaico è citato tra le molestae superstittones diffuse tra i

De supersttlione

Romani

in

6 1 •

Nel quadro v.ariegato della realtà religiosa contemporanea permea­ ta

di misticismo esotico, quale emerge dall ' opera di Seneca, il Giu­

daismo non spicca in maniera panicolare . Nei confronti della religio­ ne ebraica Seneca non mostra curiosità o interesse superiori a. quelli

1 3 A. Ronconi, Tacito , Plinio e i Cristiani in Filologia e linguistica, Roma, 1968 , p . 1 69 . 1 4 I l problema della datazione del De superstitione non può dirsi definitivamente ri­ solto, tUttavia mi sembrano molto convincenti gli argomenti del Turcan , il quale ritie­ ne che quest' opera sia stata composta negli anni 40 - 4 1 , quando Seneca non era anco­ ra al potere (op. cit. , pp. 1 1 - 1 4 ; cfr. anche G. Scarpat, op. cii. , p. 90) . -

15 Sull' atteggiamento di Seneca verso la superstitio , cfc. A. Wlosok, Romischer Religions- unti Gottesbegriff in heitinischer unti christlicher Zeit "A & A" 1 6 , 1970, pp . 39- 5 3 ; G . Scarpat, op. cit. , e in particolare p . 89 sgg. 1 6 Secondo Tacito (Hist. 5 , 1 3 , 1) i Giudei sono una gens superstitioni obnoxia, ma gia Cicerone (Piace. 67) definisce il Giudaismo barbara superstitio ; (cfc. a proposito del Cristianesimo, Tac . Ann. 1 5 ,44 , 3 : exitiabilis superstitio ; Plin . Epist. 1 0 , 96 , 8 : supersti­ tionem pravam , immotiicam) .

1 56

LAURA BOCCIOLINI PALAGI

che manifesta nei confronti di alue religioni orientali 17 , a cui guarda con ostilid mista a disappunto, al pari di altri autori latini, che avver­ tono in esse un elemento sovvenitore del mos fllloli rum. In Seneca co­ munque sull'orgoglio ' nazionalistico' - che pure affiora nella contra� posizione polemica tra vinti e vincitori: f!Ì&ti 11i&torib11s leges rietlertlnt - prevale il disprezzo razionalistico per ogni forma di s11perstitio che non risparmia neppure il culto ufficiale romano. Va detto però che la sua critica non demolisce, ma piuttosto ridimensiona la religione tra· dizionale riconducendola ai tratti essenziali del mos fllloli rum. Per Sc­ neca infatti le forme della religione uadizionale vanno rispettate tam­ qlltJm legibw i11sstJ, non ttJmqllflm riiis grt11tJ (fr. 38 Haase) . Se i riti del culto ufficiale romano trovano cosl una loro giustificazione, i riti delle religioni straniere, che sono estranee alla uadizione romana, non hanno giustificazione alcuna e sono condannati senza riserve dalla cri­ tica razionalistica.

2. la tematica antigiudaica di Seneca, almeno per quanto � possi­ bile desumere dai frammenti del De s11perstitione e da un passo delle Epistole , che vedremo tra poco, comprende pochi spunti polemici conuo il riposo ebdomadario, . conuo il ntw l11cem111'11m (che rientra anch' esso nella liturgia sabbatica) e conuo il fenomeno del prosditi­ smo. Proprio attraverso .l ' analisi di questa tematica, � possibile a mio avviso, precisare ulteriormente i termini della polemica antigiudaica di Seneca, distinguendo l' appono ideologico dei motivi letterari, in­ dividuandone gli obbiettivi e le fmalid, nell' intento di contribuire in qualche modo alla questione più ampia del rappon� di Seneca con il. Giudaismo.

1 7 Sull ' atteggiamento di Seneca verso le religioni orientali, cfr. R. Turcan, op. cii. ; in generale sui culti orientali a Roma, F. Cumont, L8 religioni orienlllli nel Pllgtmesimo ro m��n o , trad . it. , Bari, 1 96 7 . ·

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E PROBLEMI

157

a) Il riposo sabbatico.

Ci11. 6 , 1 1 : Hic inter a/w cillilis theologitJe 11 supersti­ tiones reprehentlit elillm stJCrt�menlll Iutiaeorum et fiiiJXime sabbata, muti/iter irJ eos ftJCere atlfirmans' quoti per illos singulos septenis in­ terpositos dies septimam fere pmem aetatis suae pertlant flflCtJnrio et multa in tempore urgenlill non agentlo ltJetlantur 11 • Seneca nel .De superstitione, come riferisce Agostino , nel criticare Augustin .

il formalismo religioso attaccava anche i riti giudaici in quanto mani­

di superstitio e appuntava la sua critica soprattUtto sul ripo­ so sabbatico (reprehentlit elillm st�Crt�menta Iutiaeorum et fiiiJXim e sabbata) 20 • festazione

In questo l ' atteggiamento di Seneca non si distingue da quello di

altri autori pagani ostili al Giudaismo . Infatti

il riposo sabbatico �

uno dei bersagli prediletti della polemica antigiudaica, specialmente in ambito latino . L' inazione rituale � interpretata come do un pregiudizio largamente diffuso nella

inertill secon­ communis opinio 21 , a cui

Seneca mostra soStanzialmente di adeguarsi. Anche Tacito , dopo aver accennato alle motivazioni storiche del

inertill , ignaflia, (Hist. 4 , 2) : Septimo tlie otium pltJcuisse ferunt, quia is finem laborum

riposo del settimo giorno , lo stigmatizza come 5,

18 Theologill ci11ilis: secondo la uipartizione "varroniana" che distingue fra teologia mitica, statale, ftlosofica (mylica, crvilis, 1UIIIIralis) ; cfr. G. Lieberg , Il gilldizio di Ago­ sh11o sulla teologia di VamJne, in .Atti del congresso internazionale: di studi varroniani, Rieti, 1976, II , pp. 409-4 1 3 ; .A . Trapé , A11g11slin11s el VamJ , II , pp. 5 B - 5 6 3 . -

19 - .Auguscin . Ci11. 6 , 1 : fr. 41 Haase; 1 4 5 Reinach (op. cri. , p. 262) ; 1 86 Stem (Greelz antl Llllin A111hors . l , p. 4 3 1 ) ; 593 Hagendahl (A11g11sline and lhe Lllh'n Classies, I , Goteborg, 1967 , p. 248) . . .

20 Quali fossero gli altri aspetti del culto giudaico che Seneca attaccava nel De sllper­ shlione , non possiamo dire. Si può se mai prendere in considerazione l' ipotesi che egli -

condannasse l' astensione dalla carne di porco, osservata dai Giudei , a cui forse allude ironicamente in Episl. 1 08 , 2 2 (vedi n. 2) 21 - Cfr. Ioseph . Contra Apionem , 2 , 148; su questo luogo comune, cfr. J . Juster, op. l, p. 4 5 .

cii. ,

158

LAURA BOCCIOLINI PALAGI

tulerit; 22 dein blanriiente inertia septimum quoque annum ignafiÌtJe riatum 23 • L' astensione dalla partecipazione alla vita attiva nd giorno dd sa­ bato, palesemente in contrasto con la tradizione romana, era agli oc­ chi dei pagani una manifestazione di ap.t�la , di qud particolarismo sociale e politico che dei

è

uno dei principali capi d' accusa contro

i Giu­

24 •

L' accusa di

inertia

ritorna

. in

Giovenale (Sal. 1 4 , 1 0 5 - 1 06) che se la

prende contro i. Romani giudaizzanti:

Sed pater in .causa, cui s e p t i m a q u a e q u ignava et partem vitae non auingit ullam 25

e

fu i t

lu

x

2 2 - Exod. 2 0 , 8- 1 1 ; 3 1 , 1 2 - 1 7 . 23 Sull ' anno sabbatico (in cui secondo il Pentateuco erano vietati i lavori agrico l i) cfr. J . Juster, op. cit. , I , p . 3 5 8 sg.

,

24 - Th . Reinach , op. cit. , p . XI . 2 5 - Ma si veda tu tto il passo (Sat. 1 4 , 96- 1 06) : Quidam soniti metuemem sabbata p auem nil praeter nubes et caeli numen adorant nec distare p u ta nt humana carne suillam, qua pater abstinuit, m ox et p raepu tia ponum; Romanas .autem soliti comemnere leges Iudaicum ediscum et servant ac metuunt ius, uadidit arcano qu odcu mque volumine Moyses, non monsuare vias eadem nisi sacra colenti , quaesitum ad fomem solos deducere verpos. Sed pater in causa, cu i septima quaeque fuit lux ignava et partem vitae non attigit ullam . C. Schneider (Juvenal und Seneca, Diss. , W u rz burg , 1 930) ha raccolto e analizza­ to la tematica diatribica comune ai due autori (cfr. in panicolare il cap. 1 1 : A berglaube Glaube, p. 60 sgg . ) . Tra le esemplificazioni di luoghi comuni diauibici relativi alla superstitio figura anche questo passo della Sat. 1 4 , che lo Schneider mette a confronto con il frammento del De superstitione (4 1 Haase) riponato da Agostino (pp . 6 1 -62) ; ai vv. 1 0 5 - 1 06 ritiene probabile un riecheggiamento diretto di Seneca da parte di Giove­ nal e . Si noti che metuentem sabbata (v. 96) si riferisce ai simpatizzanti del Giudaismo , una categoria di proseliti che, pur non rinnegando in loto il Paganesimo, osservava il riposo sabbatico , i digiuni ed alui riti giudaici (cfr. la distinzione tra prosé.lytes pro-

"

LA POLEMICA ANTIGruDAICA DI SENECA : TEMI E PROBLEMI

1 59

La stessa accusa in tono ancor più acrimonioso riecheggia in un passo di Rutilio Namaziano che presenta peraltro precise consotwUe

verbali con quello di Giovenale (De reditu suo : 1 , 1 9 1 - 1 92) :

s e p t i m a q u a e q u e d i e s turpi damnata vetemo tamquam lassati mollis imago dei 21 so

Almeno a quanto si deduce da Agostino , Seneca condanna il ripo­ sabbatico in primo luogo come perdita di tempo prezioso: inutili­

ter eos facere adfirmans quoti. . . septi'mam fere partem aetatis suae perriant vacando. S i noti come Seneca non si limiti a ricalcare mecca­ nicamente un luogo comune della polemica antigiudaica, ma si sforzi di giustificare razionalmente la condanna della inertia sabbatica, ad­ ducendo una motivazione coerente con la sua visione moralistica; cfr.

Epist. 88 ,99 : praeceptum illud salutare : 'tempon·parce ' ; Brev. vit. 1 , 3 4 : non exiguum temporis habemus, sed multum perdimus . . . non acci­ pimus brevem vitam , seti facimus, nec inopes eius seti prodigi sumus; proprio nel De brevitate vitae tra i vari modi in cui si può perdere tempo Seneca menziona quello di chi inertia torpet (2 , 1) . Dopo la condanna morale dell ' inazione sabbatica, come inadem­ pienza nei confronti di un preciso dovere morale che prescrive . di im­ piegare fruttUosamente tutto il proprio tempo , Seneca scende sul ter­ reno pratico dei molteplici impegni pressanti che non è possibile dif­ ferire . senza gravi. conseguenze , nei confronti dei quali l' inertia sabba­ tica si traduce in un danno : et multa in tempore urgentia non agendo laeriantur 27 • prement dits" e " demi-proséJites" di ) . Juster, op. cit. , I , pp . 2 5 4 sgg. e 274 sgg . ) ; Smallwood , The )ews under Roman Rule , Leiden, 1 9 7 6 , p. 206 ; M . STERN, The jews in Greek and Latin Literature , p . 1 1 5 8 . E.M.

26 . Rutilo Namaziamo ha comunque presente anche Seneca, cfr. oltre, p. 1 7 1 27 S i noti come l' idea del danno sia esplicitamente sottolineata non solo da ltledantur, ma anche dalla iuncrura inutiliter facere , dove l ' avverbio inuttliter è a mio avviso pregoante e riunisce in sé il duplice significato di frustra e nocenter, a cui corri­ spondono nel testo rispettivamente septimam fere partem aetatis suae perdant e ltledan­ tur. -

160

LAURA BOCQOLINI PALAGI '

Quest' ultima notaZione circa il danno derivante dall' inazione del sa­ bato è sembrata ovvia e non è fatta oggetto di speciale attenzione da pane degli smdiosi, che ravv.isano in essa tutt' al più una manifesta­

di pragmatismo tipicamente romano 28 • Mi pare invece che ci siano ragioni per ritenere di trovarsi in presenza di un topos che af­ fonda le sue radici proprio in ambito greco . Il rigorismo giudaico era oggetto di critica da pane dei Pagani, ai quali esso appariva. una ma­ zione

nifestaZione di fanatismo religioso . Proprio per replicare agli anacchi che venivano mossi in ambito greco alla rigida osservanza delle leggi da pane dei Giudei, Giuseppe nel

ConlrtJ Apionem ,

dopo avere esal­

tato lo spirito . di sacrificio dei suoi correligionari, pronti a sopportare anche la tortura

e

la mone pur

di non pronunziare una sola parola

contraria alle leggi, sottolinea polemicamente che invece nessuno dei Greci . consentirebbe a subire

il minimo danno , neppure se dovessero

essere cancellati - anche tutti - i loro scritti. (1 ,44) 29 •

Multa. . . urgenlia

in Seneca non sembra alludere tanto ai moltepli­

ci impegni quotidiani di ordinaria amministrazione , quanto piuttosto a situazioni di emergenza alle quali occorre far fronte tempestivamen­ te se si vogliono evitare gravi conseguenze 30 • Filone

(De somniir,

2 , 1 2 3 sgg.) riporta un violento anacco contro

l' osservanza del sabato pronunziato da un potente personaggio, che alcuni studiosi identificano con il prefeno d'Egitto C. Galerio , zio di Seneca, altri con Avilio Fiacco 31 • A prescindere dalla questione

28 - Cfr. R. Turcan, op. cii. , p . 24 . 29

-

Cfr. L. Troiani, op. cii. , p. 3 5 .

30 - Cfr. Cic . Tusc. 3 , 6 1 : magni praesenlis rJique urgenlis mali. 3 1 Sull' identificazione del personaggio menzionato da Filone e sulle diverse posizioni degli studiosi, cfr. L. Herrmann (Chreslos, témoignages paiens et juifs sur le Christi2ni­ sme du premier siècle, Bruxelles, 1970, p. 34 sgg . ) , il quale propende decisamente per Galerio . L' Herrmann cita questo passo di Filone per sostenere che l ' attaCco di Seneca contro il sabato giudaico è ispirato dal discorso di Galerio: "je crois ctre en mesure d ' établir que l' origine de la violente attaque lancée par Sénèque contre l'observance du sabbat est à chercher non pas dans la tradition des satiriques latins comme Horace (Sa-

161

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E PROBLEMI

dell ' identificazione del personaggio citato da Filone, il passo interessa

fronte alle quali la rigida osservanza del riposo sabbatico appariva. assurd a tra le quali figura al primo posto il c aso di un attacco nemico (2, 1 2 5) : per la . casistica circa situazioni di necessità immediata, di

.

Ei ro'l\Ep.{wv �ct>ooo s aì.ct>vloLo P "(ÉPOLTO � xarax'l\vap.o O cl>oQà ro v rorap.o U rais r'l\1Jp.p.VQO:Ls raQO:Q QTj�avros rò x.wp.a 7ì Q L 11"� 1r V Q Ò S � XEQO:VP(a cPÀÒ� � '1\Lp.Ò .X ' 'Io vaaio L ua{3{3aTW P oPTW P € ., a')'PaTTo Ls xa9d "oJU P O L , TC;; ., TOÀE,.,.tw P x'At,.,.axas TQOCTn9lPTWP xaì Tà. TELX'T/ xaTOt­ 'Aa,.,.{3a POPTW P , O V JC a PÉC1T77 C1CX P a'A'A ' 'é,.,.E L PCX P é:JC11rE Q h C1CX')'� P 'f1 ,.,.,� 7'fi ÒELC1LÒCXL,.,.O P (" C1VPÒEÒE,.,.ÉPOL . L ' accenno di Pluwco , . privo. com ' è di ogni riferimento storico . 34 , fa pensare che l' esempio dei Giudei fosse ormai fJSsato da una tradi­ zione

e

facesse parte del patrimonio di luoghi comuni relativi alla

su­

perstitio. A proposito del frammento del

De superstitione

in cui Seneca at­

tacca il riposo sabbatico, lo Stern rileva come in un altro contesto Se­ neca mostri invece di apprezzare il valore e

il significato della pausa lavorativa 35 (Tranq. an. 1 7 , 7) : Legum conrlitores festos instituerunt dies, ut ad hilaritatem homines publice cogerentur, tamquam neces­ san·u m labon"bus interponentes temperamentum. Non mi pare co­ munque che dal confronto suggerito dallo Stern emerga .alcuna incon­ gruenza. Ceno , Seneca nel

De superstitione

non fa alcuno sforzo .per

il riposo sabbatico neppure come un labon"bus tempera­ Tranq. an. 1 7 , 7 riconosce come necessarium. Ma agli occhi dei Pagani il sabato giudaico non ha niente a che vedere con la pausa distensiva dei dies fosti, a cui si riferisce Seneca nel De tranquillitate animi, che sottolinea esplicitamente il clima di gioiosa festività che li contraddistingueva (ari hilantatem) 36 • Ai pagani , a cui

giustificare

mentum

che pure in

34 · M . Stern,

Gre ek and Latin

3 5 Greek and Latin A uthors 1 1 50 . ·

. . .

Authors . . . , , l,

I,

pp . 549· 5 5 0 .

p . 43 1 ; The jews in Greek and Latin Lilerature , p.

3 6 Dies fosti è un' espressione comunemente usata come sinonimo d i feritJe (A . K . Mi· chels, The Ctzlenthr of the Roman Republic , Princeton, 1 967 pp . 70; 81 sgg ) L' imer· dizione dell' attività lavorativa prevista durame tali giorni (Cic . Div. 1 , 1 02) si configura come una pausa serena e gioiosa. Secondo Nonio (689 Lindsay) fesJum significa sole· mniter laetum et feritJtum. ·

.

.

LA POIBMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E PROBLEMI

163

sfugge il significato autentico del sabato giudaico - che è giorno di gioia 37 - esso appare assimilabile piuttosto a un giorno . nefasto e pre­ cisamente a un

dies religwsus, tanto è vero che viene comunemente

associato all ' anniversario .della battaglia di Allia , giorno . ritenuto di cattivo auspicio , caratterizzato da un' atmosfera triste e lunuosa 31 ; cfr. Ovid . Am. l , 4 1 1 -4 14 : Tu licet incipias, qua flebilis A llia luce vulneribw Laciis sanguinulenta fuit, quaque die redeunt, rebw minus apta gerundis culta palestino septima festa Syro

. Si tratta di un topos letterario 39 che riflette però un sincretismo di fatto tra dies religwsus e sabato giudaico operata. dalla religiosità popolare pagana, basato su analogie puramente esteriori. Se la massa dei meltlentes sabbata assimila acriticamente il sabato giudaico a un dies religiosus, il pagano colto avvene la differenza: menue r interdi- . zione dalla panecipazione

a

cene attività pubbliche prevista dal calen­

dario romano, durante determinate festività, anche quando sconfinava nella superstizione, appariva. giustificabile in quanto espressione del

mos mlliorum , il riposo sabbatico, che appaneneva ad un rituale estraneo

alla tradizione romana, appariva. una pratica supeiStiziosa ra­

zionalmente immotivata e come tale era condannata dalla critica filo­ sofica e messa in ridicolo con graff...ante ironia dalla penna degli scrit­

tori di satire. Nella satira 1 , 9 di Orazio il presunto giudaismo dieuo cui si uin­ cera maliziosamente Aristio Fusco, lasciando l' amico in balia del suo implacabile attaccabottoni, offre lo spunto al poeta per alcune garbate

3 7 - N. Negretti, Il settimo giomo , Roma, 1 9 7 3 , e in panicolare pp. 1 0 1 ; 1 0 3 ; 1 2 7 . 38 I l dies AUiensis era annoverato tra i dies religiosi, come anesta anche Cicerone (Att. 9 , 5 , 2) . Essi sono defmiti da Gellio tristi omine infames inpeditique, in quibus el res divinm ft�Cere et rem quampiam novam exordire temperandum est (4 , 9 , 5 ) ; su dies ne­ fmti e religiosi, cfr. A. K. Michels , op. cit. , p. 61 sgg. ; in particolare sul dies AUiensis si veda p . 63 e inoltre G. Dumézil , La religion romaine archaique , Paris , 1 966 , p . 5 39 . -

39

-

Cfr. anche Rem. am. 2 1 7 sg . , citato olue

1 64

LAURA BOCOOLINI PALAGI

punzecchiature polemiche contro il rispetto scrupoloso del sabato da pane dei Romani giudaizzanti e gli offre il destro per esprimere il suo disprezzo verso .un diffuso atteggiamento superstizioso che ripugnava

al suo buon

senso

razionalistico e che era segno di debolezza morale.

(vv . 6 1 sgg.) :

Fuscus Aristius occurrit .... . 'cene nesc;io quid secreto velle loqui te aiebas mecum' . ' Memini bene, sed meliore tempore dicam; hodie tricesima sabbata: vin tU cunis ludaeis oppedere ? ' . ' Nulla mihi' inquam 'religio est' . ' At mi: sum paulo infmnior, unus multorum: ignosces: alias loquar' . 40 Come si vede in Orazio l' osservanza del riposo sabbatico è presen­ tata come un pretesto , secondo un va

topos di sapore ironico che si ritro­

anche in Tibullo ( 1 , 3 , 1 7 - 1 8) :

Aut ego sum causatus aves, aut omina dira Satumiv:e sacram me tenuisse diem 41

E in Ovidio (Rem. am. 2 1 7-2 1 8) : nec pluvias optas, nec te peregrina morentur sabbata nec damnis Allia nota suis Seneca, almeno per quanto si può dedurre dai frammenti

traman­

dati da Agostino , nel criticare il riposo sabbatico non si allontana dall' atteggiamento prevenuto che manifestano in genere tutti gli scrit­ tori pagani ostili al Giudaismo, per i quali il riposo sabbatico è pratica superstiziosa. Egli ripropone in sostanZa . !' accusa di

una

inertia con

cui venivano comunemente . bollati i Giudei, secondo un cliché stereo-.

Sat. 1 , 5 , 1 00- 1 0 1 , dove Orazio contrappone orgogliosamente il suo at­ cretlat lt�daeiiS Ape/la, non ego ; circa l ' atteggiamento di Orazio verso il Giudaismo, cfr. M. Stem, Greek and Latin Authors . . . . , pp . 3 2 1 - 3 2 7 , e il commento ai passi citati. 40 - Cfr. anche

teggiamento scettico a quello superstizioso e ingenuamente credulone :

4 1 - Per la relazione Ledercq. L 'a.rtro/ogù

tra

il sabato giudaico e il giorno di Satumo , cfr. A. Bouché­

grecque, Paris, 1 889,

pp . 482 -484) .

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA : TEMI E PROBLEMI

165

tipato che ricalca antichi pregiudizi e che riflette una critic.a conven­ zionale che non si cura di penetrare. i. fondamenti, di indagare le ra­ gioni inuinseche del rito.

h) Il n"tu.r lucemtJf'llm Sen. Epi.rt. 9 5 ,47 : fiCcendere aliquem lucema.r .rtJbbati.r prohibea­ mu.r, quonitJm nec lumine dii egeni et ne homine.r quidem delecltJn­ ltlr fuligine. Il ritu.r lucemtJrum � attaccato con ironia dissacrante:. gli dei non hanno bisogno di essere illuminati e agli uomini non piace essere af­ fumicati . La critica di Seneca non � fondata

su

argomentaZioni speci­

fiche . Seneca preferisce avvalersi di mezzi stilistici più diretti e imme­

diati, quali l' ironia e il sarcasmo che , spogliando il rito . dell ' aura di sacralità e di misticismo, lo fanno apparire . assurdamente immotivato . Anche in Persio . il ritu.r lucemtJrum � citato come esempio di ridi� cola superstizione . Anche Persio, per irride.re al rito . giudaico mette in

rilievo , come Seneca, il senso di fastidio nei confronti del denso fumo che usciva dalle lucerne .dove era bruciato dell' olio (Sal. 5 , 1 79 sgg.) : . . . . at cum Herodis venere dies u unctaque fenestra dispositae pinguem nebulam vomuere lucemae portantes violas . . .

In Persio . � accentuata e sviluppata l ' idea della untuosità e della

sporcizia 43 (uncltJ. . .fene.rtrtJ, pinguem nebultJm) implicita in fuligine di Seneca. Il confronto � utile sia sul piano del contenuto che

su

42 - HerodiJ. . . dies è con ogni verisimiglianza una perifrasi per indicare il sabato giu­ daico Q . -A . Hild , Les juifs à Rome devanl l'opinion el dans la littéralure " RE) " 1 1 , 1 88 5 , p . 5 4 n . 3 ; Th. Reinach , op. cii. , p . 265 , n . l ; F . Villeneuve, Essai sur Perse , Paris , 1 9 1 8 , p . 486 ; Les salires de Perse , Paris, 1 9 1 8 , p. 1 54 sg . ; W. F i n k , Der Einfluss der judischen Re/igion auf die gn'echisch-romische , Bonn , 1 9 3 2 , p . 1 6 . 43 Hor. Sal. 2 , 2 ,68-69: unclam . . . aquam ; 4 , 78 - 7 9 : unclis . . . manibus; Episl. 1 , 1 6 , 2 3 : manibus. . . unclis (ma cfr. F . Villeneuve, Les salires . . , p . 1 54) . -

.

1 66

LAURA BOCOOLINI PALAGI

quello della forma. n tono polemico-sarcastico di

Epist. 95 ,47 � vicino

stilisticamente a quello della satira di Persio . Le consonanze ca e Persio , non devono però far pensare

a

tra

Sene­

riecheggiamenti e influssi

diretti . Si tratta con ogni verisimiglianza di uno spunto polemico dif. fuso che i due autori riprendono indipendentemente l' uno dall' altro . n riiiiS lucemarum era largamente diffuso tra i simpatizzanti del Giudaismo, come attesta Flavio Giuseppe " e come confenna Tenui�

ed era una manifestazione esteriore dell'adesione al culto che per il suo carattere spenacolare � , si imponeva all' attenzione dell' opiliano

44 -

65 ,

Contrt� Apilmem 2 ,282 : ,

il passo h iponato a p.

169.

4� Tenulliano rinfaccia ai Pagani di dedicarsi a pratiche del culto ebraico, tra cui il n'nn /ucem��n� m , che sono estranee alla loro tradizione, controbattendo cosi un'accusa che nor­ malmente veniva rivolta ai Cristiani (Ari Nal. 1 , 1 3 ,4-� : quorJ quiriem /IICilis exorbi'lilnles el ipsi a 11eslris ari alietiiiS religiones: luriaei enim fesli sabbaltl el cena pura el lutlaici ntus lucem��n�m el ieiunia cum i!IZymis el oraliones /t'tora/es, quae ulique aliena suni il rJiis fie­ siris. Qllllf'l , ut •b excessu rnerlllr, qui sokm el riiem eius nobis exprobratis ilposcite Pi­ cin iltltem: non longe il Sillrlmo el sabbillis 11eslris s•mus; cfr. A . Schneider, ù prwmier li­ fire Ari Nilliones rJe TemUten. lntroduct. , texte, traduct. et comment. , Rome, 1968 , p. 2 � 8 sg. , e inoltre C . Aziza, TertuUten el /e]uriaisme, Paris, 1 97 7 , pp. 2 � sgg. -

,

46 - Secondo il Turcan (op. ct't. , H) l'esempio del n'nn l•cem��n�m servirebbe a ridico­ lizzare tutta una categoria di manifestaZioni simili: "Il est m possible qu'en citant ici l'exemple du sabbat il pense en m�me temps l d'autres ntes orientales d'allumages

des lampes" Significativa a questo proposito, sempre secondo il Turcan, l'espressione medio /ucernam rJie , con cui Seneca sottOlinea l' assurdid di tenere accese lampade in pieno giorno, in un passo del De vt'ta beiJia (26,8) , dove apostrofa duramente i Romani che si lasciano suggestionare dal carattere spettacolare dei riti orientali: cum sislrrlm ali­ quis conculiens ex imperio menhtur, cum aliquis secanrJi /4çertos suos artiftx brtlchia alque umeros suspensa manu cruenltll, cum aliqw genibus per viam repens mulat 14u1'11 mque linlealus senex et m e rJ i o l u c e r 11 a m rJ i e praeftrens conc/4mal iralum aliquem rieon�m , concurritis el aurJilis tiC rJivinum esse eum , invicem mulrlum alenles slrlporem , arijìrrll41is . Qui sicuramente non è in causa il Giudaismo. L'accenno al sistro ed altri indizi fanno pensare ad una cerimonia del culto isiaco, ' ' o� la lampe joue un grand role aussi " (p. 2 1) , Comunque Seneca mira ;�. fare un pezzo di colore pi� che alla precisione di dettaglio, e, come rileva il Grimal, " il est difficile d'y discerner des �lements très pr&is, rapponés l tel ou tel culte' ' (L. Annaei Senecae De vt'ta bealtl, �dition, inuo­ duct. et comm . de P. Grimal, Paris, 1969, p. 1 22).

LA POIDUCA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E PR.OBIDU

niooe

167

pu bblica , e si presentava come un facile be.rsaglio per gli suali

dei satirici .e della critica fllosofica. Seneca include il riw Jucemtm�m

aa

le molesttJe supmtilio��es da

cui bisogna tenersi alla larga .(Epist. 95 , 48 : procJ riesi/ire 11 molestis

StJperstitionibtJS) e accomuna questo rito . giudaico ad altre manifesta· zioni di vuoto formalismo diffuse aa i Romani (Epist. 95 ,47) : Quo­ motio sint tlii colentli so/et prt�ecip•: Accentiere tJ/iquem Jucenw sllb­ ht�tis prohihet�mtJS, quonillm nec Jumine tlii egent et ne l!omines qui­ tlem tielectllnttlr foligine. VetemtJS stJ/uttJiionibtJS 1/llltlltinis fungi et foribtJS Misitiere templon�m : hu m111111 11mhilio istis officiis upitur, tleum coll't qui n011Ìt. VetemtJS linte11 et strigiles 1011i ft� et specu­ Jum tenere Iunoni: non qu��erit ministros tleus. Quitlni? Ipse humtmo generi ministrtJt, uhique et omnibus prt�esto est. '7 Tutto il passo ha una fone impronta diatribica " . In Seneca come in Persio . la critica al nttJS Jucem��n�m � inserita . in contesti in Clli i due autori, coerente· mente con la loro visione . fllosofica, sviluppano indipendentemente una comune tematica diatribica. La critica al formalismo religioso � uno dei be.rsagli tradizionali. della diatriba cinico-stoica che attacca la superstitio in tutte le sue manifestazioni, prestando forme e contenuti al linguaggio fllosofico e satirico. In Epist.

95 ,47 la critica al riw Jucernt�n�m , liquidata in poche

banute ironicamente dissacranti, in cui affiorano toni

e.

colori diatribi�

ci, � in sostanza un luogo comune di cui Scocca si fa portavoce senz a . avvenire peraluo l� esigenza di approfondire il significato e le motiva­ zioni del rito. Come � Stato rilevato dal Reinach '' e dal Turcan 50 , 4 7 - Sulla critica di Scneca al formalismo religioso, cfr. G . Scarpat, op . çit. , 86 sgg. ; per un commento puntuale al teStO , cfr. l.Mçio Awneo Seweet�, Lettere 11 Lt�çiJio. Libro XV: le lettere 94 e 9� . Testo iotroduz. , versione e comm . di Maria Belliociooi, Brescia, 1979,p. 290 sgg. 48 - L' Oluamare (us origiwes de 111 tiilltn'be romfliwe , Lausaooe - Geohre, 1926, p. 291) riporta questo passo di Seoeca fra gli esempi topici di temi diatribici relativi alla st�penlilio (l'h. 92) . 49

- Op. çi/, .

p. 264 ,

50 - Op. çit. , p . 2 1 .

D.

l.

1 68

LAURA BOCOOllNI PALAGI

nel fugace accenno che Seneca dedica al rit.u Jucer1IIR"ttm c'� anche una imprecisione che denota una conosçenza piuttosto approssimativa della .liturgia. ebraica: Seneca non vuole che si accendano le lucerne .di sabato (11Ccentlere llliquem Jucemas stlbbt�tis prohibet�m.u) , mentre in reald esse restavano accese dalla sera del venerdl, . proprio perché era proibito accendere il fuoco nei giorni festivi 5 1 • Seneca menziona en passant il ritus Juce1'fllmlm come esempio di molesfll superstitio diffusa tra i . Romani: il rito . giudaico � dunque at­ taccato e ridicolizzato nell' intento di colpire non tanto i Giudei - che pure egli considera una scelen:�tissif!lll gens - quanto i Romani me­ ftlentes st�bbt�tll 52 • c) Il prosditismo giudaico. Augustin. Ci11. 6 , 1 1 : cum inten'm usque ei scelen:�tissimt�e genlis

consueturio con111liuit, ut per omnes illm temJS recept11 sit: flicti flicto­ rib.u Jeges dedert�nt 53 • Già Orazio attesta per i suoi tempi la presenza di un attivo prosc­ litismo giudaico e sottolinea ironicamente la pressione esercitata dai Giudei sui contemporanei (S11t. 1 ,4 , 1 38 sgg) : . . . ubi quid datur ori illu do chanis .. Hoc est mediocribus illis ex vitiis unum ; cui si concedere nolis, multa poetarum veniat manus auxilio quae sit mihi (nam multo plures sumus) , ac veluti te Iudaei cogemus in hanc concedere rurbam.

Al tempo di Seneca l' attività di prosditismo

54

si era alquanto in-

5 1 - E. SchOrer, T.he History of the ]ewish People ;, the Age ofjesus Christ (1 7J B. C. A . AD. 135 ) . A new cnglish vcrsion reviscd and cditcd by G. Vcnncs, F. Millar , M . Black , 1979, II, p . 470. -

52

-

Cfr. n . 2 5 .

5 3 - A ugustin . Civ. 6 , 1 1 (fr. 4 2 Haasc) . 54 tra

-

Sulla diffusione

a

Roma dd Giudaismo c sul prosclitismo, per limiwsi ad alcuni op. cii. : (in panicolarc l, p. 2 5 3

i contributi più significativi, si veda ) . Jwtcr,

LA POIJ!MICA ANTIGIUDAICA DI SENECA : TEMI E PROBIJ!MI

169

tensificata e la turba dei prose.liti notevolmente ingrossata, come è noto , con i.nfùuazioni anche a eone 55 , ed aveva assunto agli occhi dei pagani conservawri le caratteristidte di un fenomeno preoccupante .. Natural­ mente l' affermazione di Seneca circa la universale diffusione delle prati� che del culto giudaico ( . . . ut per omnes iam temn recepta sit) non va. presa troppo alla lettera: si tratta di una iperbole analoga a quella di Strabone , che è conservata da Giuseppe (Antiquitates Iudaicae , 14, 1 1 5) 56 , per i l quale l o sdegno dei Pagani contro il dilagare del prosditi­ smo giudaico è invece motivo di orgoglio e di compiacimento:

Proprio la diffusione del Giudaismo contro cui tuonano allarmati i Pagani che avvenono in essa un pericolo e una minacda, costituisce mo­ tivo di vanto per i Giudei; cfr. Ioseph. Contra Apionem , 2 , 282 57 : , , l ' • '\ '\ ' � ' '\ '{}EUL P ,,7IU'I1 '\ ' l,. 7INJS � 'YE'YO JIE JI EX 0 11 p:q P QI\I\Q XQL 1fl\7l 1f01\IIS ,.. , , ' , ' .t' , ' ' '\. R , Ollu EUTL P O li 1f01\LS JLCX X Q O II T17S 71tJ.ETE QQS E II UEt-JELQS ' '\ , PWP O• llu�� 7ITLUO � �' " R • • �� R , (EI\I\7I E JI E"{} POS , "EJI {}a t-JaQt-Ja Q O S , O lluE II- P O llut: p.� TÒ Tis ÉPoQp.cioo s , �, & e-yolip.E P �p.E'is , 'J!{} os o v otarE-

sgg. ) ; H. } . Leon, The jews o/ Ancienl Rome , Philadelphia, 1960; S . Safrai-M . Stem, The ]ewish People in the Firsl Cen111ry , Assen , 1974 , I, p . 1 6 1 sgg. ; E. M. Smallwood, The ]ews 11ntler Roman R11le, Leiden, 1976, p. 20) sgg. )) - Anche Poppea era simpatizzante del Giudaismo come si ricava da Flavio Giuseppe e da Tacito (Ioseph. Ani. l11tl. 2 0 , 1 9 5 ; 2 0 , 2 5 2 ; Villl SlltJ 3, 16; Tac. Ann. 1 6 , 6 , 2) e co­ me confenna anche l'Epistola 5 della corrispondenza di Paolo e Seneca (L. Bocciolini Palagi, Il c��rleggio t�pocnfo di SeneCtJ e S11n PIM}/o , Firenze, 1978, p. 1 1 3 sgg.); sul filo­ giudaismo di Poppea, cfr. �· M . Smallwood, The flllegetl]ewish lentlencies of Poppu11 StJbin11 ")Ths" 10, 1959, p . 329-3 3 5 . 56

- Fr.

1 0 5 Stem (Greel untl Llltin A111horr

....

, I , p . 2 7 7 sg .) .

57 - M . Friedllnder, Geschichle rier jiitlischen ApologeliA , Zllrich, 1 903 (rist. Amster­ dam) 1973, p. 1 92 sgg.

1 70

LAURA BOCCIOLINI PALAGI

tPOLT'I'J'CE , xaì al '11 1IO'TE'iat xaì XVXPWP aPaxaVUEL$ xaì 1r0Mà TWP els {3QWULP �ILiP oÙ PEPOP,LO'p.É PWP 'l"aQaTE rtl Q 11TaL .

Seneca ricalca sia nella forma che nel contenuto un luogo comune largamente penetrato. nella mentalità corrente, utilizzato con fmalità opposte, in ambito pagano e in ambito giudaico. Il topos della universale diffusione del Giudaismo, accentuato iper­ bolicamente e utilizzato in funzione polemica, si innesta sull' immagine del vinto che domina il vincitore: vieti fltctoribus leges tiederunt, dove Seneca si richiama ad un' immagine antica e consacrata. dalla tradizione leneraria. L'antitesi proverbiale 11i'ncere - 11i'nci' (parallela a ct�pere - ct�pt) con il ribaltamento del ruolo del vinto e del vincitore, già anestata nella lingua popolare 58 , viene utilizzata ben presto nel linguaggio lenerario in riferi­ mento ai Greci .vinti di fronte ai Romani vincitori. In questa applicazio­ ne , almeno alle origini, riflcne una mentalità conservauice, preoccupata di preservare il mos mai'orum dall' influsso ritenuto corruttOre dei costu­ mi orientali e in particolare ellenici, come dimostrano le parole. che Livio mette in bocca a Catone (34 ,4 , 3 : . i'am i'n Graeci'am &i'amque tran­ . .

scendi'mus omnibus li'bi'di'num i'llecebris repletas, et regi'as gazas; eo plus horreo, ne illae magis res nos ceperint quam nos i'llos) , che saranno rie­ cheggiate poi, con diverso intendimento da Orazio, per indicare la su­ premazia culturale. dei Greci . di fronte ai Romani conquistatori (Epist. 2 , 1 , 1 56) : Graecia capta ferum victorem ccpit

Il modello oraziano � variamente riecheggiato dagli autori successi­ vi; è presente a Ovidio (Fast. 3 , 1 0 1 - 1 02) che in luogo dell' antitesi ct�pere - capi' utilizza 11i'ncere - fli'nci':

�8 Plaut. Cas. 2 ,8,74: iam vieti vi&imus; cfr. A . Otto, Du Spmhworter unti sp mh wort/i&hen Redensarten der Romer, Leipzig, 1 890 , sv. vincere , p. 37 1 . -

­

LA POLBMICA ANI1GIUDAICA DI SENBCA: TEMI E PROBLBMI

nondum tradidcrat vicw victoribw ancs . Graecia facundum, sed male forte genw

171

51

Nel frammento del De superslilione uam.anda.to da Agostino, Se­ neca applica questa immagine ormai consacrata. dalla tradizione lette­ raria alla reald di un dilagante misticismo cristiano-giudaico a Roma. Di fronte al pericolo rappresentato dall' invadenza. delle religioni orientali, in cui il tradizionalismo romano avvene un elemento sov­ vertitore del mos maiorum , l' antitesi topica ritrova l' originario spirito conservatore e. recupera !� antica forza polemica. In questa applicazione specifica, proprio il senecano fli&li 11i&ton"bw leges tierlerunl costituirà il modello a cui si rifaranno gli autori successivi. È a Seneca che - direttamente o indirettamente - si richiama Ruti­ lio Namaziano, concludendo l' invettiva contro i Giudei (De reditu StiO ,

l , 397-398) :

Latiw excisae pestis contagia serpunt victoresque suos natio vieta premit 60 3 . L'antitesi 11i&li 11ictoribus è utilizzata da Seneca in funzione cri­ tica nei confronti dei Romani (11ictores) che si allontanano dalle loro tradizioni per adottare i. costumi religiosi dei Giudei (11ich) . Il vero bersaglio della polemica di Seneca non sono tanto i Giudei, su cui pure egli si esprime duramente, quanto i Romani giudaizzanti, frutto del prosditismo, che si lasciano suggestionare dal misticismo esotico e si abbandonano acriticamente .a pratiche cultuali estranee alla loro tra­ dizione (Augustin. Ci11. 6, 1 1 : fr. 43 Haase) : Il/i lllmen uwm riltiS sui 59 Cfr. anche Plin. N. H. 24 , 5 : flincentioq•e •icli StlffltiJ p��remw extemis; Flor. Epil. 1 ,4 7 , 7 : Syrill prifflll nos fiÌ&ItJ co�pil. -

60 Cfr. A. Cameron, R•lili•s N��m��liln l t�� , SI. At�gt��line """ lhe tl4u of tk retliltl ' JRS" H , 1967 , pp. 32-39; G. M . Ross , SeneC�� 's Philosophiul infl•ence, in A.A. VV. , SeneC/1. Edited by C . D . N . Costa, London and Boston, 1974 , p. 1 5 4 , n. 2 3 . -

6 1 Mtlior pars e populus sono espressioni tipicamente senecane per indicare la molti­ tudine che agisce senza cognizione di causa; dr. Vii. Beai. 7 ,2 , 1 : haec pars fllloli r esse fiÌMitlr. Itleo enim peior esi; Consl. sap. 14,4: non il (se. sapiens) qw populus. -

1 72

LAURA BOCOOllNI PALAGI

no11erunt. Maior p11rs populi jtJCit, quoti cur jtJCillt, ignortJt. In questo frammento il/i, cioè i Giudei, i quali conoscono le ragioni dei riti che fanno pane della loro tradizione (causm ritus sut) , sono contrapposti a maior pars populi 61 , cioè alla massa dei pagani giudaizzanti che, os­ servando il riposo sabbatico ed alui riti .giudaici, adottano il mos t"u­ dai'cus senza conoscerlo .(cfr. sotto, Ten. Apol 1 6 , 1 1 : . a iudai'co more, quem ignorant)62 • . .

Secondo alcuni studiosi l' apprezzamento positivo (il/i tamen causas n'tus sui no11erunt) mitigherebbe la severità .di giudizio nei confronti dei Giudei e rappresenterebbe un indizio di una conoscenza . e un apprezza­ mento dei fondamenti della religione giudaica da pane di Seneca6 3 . A me pare invece che questo giudizio positivo debba essere piuttosto ridi� mensionato:64 esso è innanz i tutto un espediente .retorico. per far meglio risaltare il dissennato atteggiamento dei metuentes sabbata che, prati� cando un rito . senza sapere perch�. si pongono ad un livello inferiore a quello dei Giudei, che , pur essendo una sceleratissima gens, se non al­ uo, agiscono con cognizione di causa. L' intonazione ironico sarcastica è sottolineata da tamen , che ha qui una sfumatura limitativa, come in un aluo frammento del De superstitione : Hi /amen , inquit, etillmsi super-

62 - Alui interpreta. diversamente il passo : Scocca contrapporrebbe qui " i sacerdoti ebrei" , che conoscono le motivazioni del loro culto alla " massa dci Giudei" che agisce senza cognizione di causa Q . - A . Hild "RE)" 1 1 , 1 88 � . p. 5 7 ; R. Turcan , op. cii. , p . 23; G. Scarpat, op. cii. , p . 101). Ma per quanto è possibile dedurre dal frammento del De superslilione cosi com' è riportato da Agostino, il/i designa più genericamente i Giudei, come si ricava in particolare dalla frase. con cui Agostino introduce le parole di Scocca (dove i/lorum Iudtuorum) : subiecil piane senlenlitlm , qua sig11ijìuret, quUI de i I l o r u m SfiCt'llmentorum rt�lione sentirei. Ait enim 'I I l i lllm en uustU ri­ ltls sui noverunl. Mflior pars populi jfiCil, quoti cur jfiCÙII, ignort�l '. •

63 - J . -A . Hild "RE)" 1 1 , 1 88 ) , p. 5 7 : "Cc qui démonsuc quc l'appréciation dc Sé­ · nèquc ne s'est pas arr�tée aux dchors dc .lia religion qu ' il invitc à proscrirc, mais qu'il cn a pénètré ccnains dogmcs csscnticls, c'est la phrasc quc citc cncorc saint Augu­ stin . . . " 64

- Come ho avuto

(" A & R" 3-4 , 1979,

già pp .

occasione di sottolineare in una recensione 1 90- 192) .

a

G. Scarpat, op. cii.

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E P.ROBLEMI

l73

1111Cuum usum , non turpem nec infamem deo promittunt: sedent qut�e­ dam in Campitolio , qut�e se a lo11i amari putant nec Iunoni quùlem , si credere poetis 11elù, ir��&undùsimae , respectu te"entur 65 • Seneca. affermando che i Giudei conosçono le ragioni del loro cul­ to, intende rilevare che essi almeno si comportano çonformcmente al­ la loro tradizione 66 , menue la folla dei Romani giudaizzanti .abban­

dona le proprie tradizioni per imitare quelle dei Giudei. Il concetto si riuova in Tenulliano , che ritorce .conuo i Pagani giudaizzanti 1' accusa rivolta ai suoi correligionari di allontanarsi dalla tradizione (Ad Nat. l , 1 3 ,4) : quoti quidem j��&itis exorbitantes et ipsi a 11estris ad alienas religi'ones 67 • Signifkativo anche un passo dell'Apo logeticum (16, 1 1) in cui Tenulliano li rimprovera di allontanarsi anche dai costumi religiosi giudaici che pure essi hanno adottato : qui diem Sa­ lumi olio et 11ictui dederunt, exorbitantes et ipsi a Iutlaico more , q u e m i g n o r a n 1 68 • Quest' ultima noca.zione sull ' accettazione ­

acritica dei cosrumi religiosi giudaici da parte dei pagani giudaizzanti riecheggia a mio avviso il frammento del

populij��&it, quoti curj��&iat,

De superstitione: maior pars i g n o r a t 69 •

Seneca mostra interesse nei confronti dei riti giudaici nella misura in cui essi sono praticati dai Romani . Non a caso si sofferma proprio su quegli aspetti del culto connessi con la festività del sabato giudaico (riposo ebdomadario

e

ritus lucemarum) , che erano praticati dai sim-

6� - Augustin . Cw. 6 1 0: fr. 37 Haase (cfr. M . Lausberg, op. cii. , p . 20� sg.) ; per questo valore di 1ame11 e per l'analoga strUtWra della frase. cfr. Bre11. flit. 2 , � : il/e tame11 te, ,

quisquis es, insolenti quiriem 11mtu seri flliq111111tio respnit. . . , tu 11011 i11spi&ere te *"Il""' , 11011 auriire riignaltls es.

66 - Cfr. Tac. Hist. 5 , � , l : Hi ritus quoque morio inriucti antiquilate riefenriunltlr. 67 - Si veda tutto il contesto che � riponato nella n. 45 . 68 - Cfr. J . P . Waltzing, Terltlllien Apologétique. Commentaire analytique, gramm atica! historique parJ . P. W . , Paris , 193 1 ,p . 1 18 ; C. Aziza, op. cii. , p . 25 sg.

&:

69 - Sulla conoscenza da parte di Tenulliano del De superstitione di Seneca, cfr. J. P. Waltzing, op. cit. , p . 97 ; L. Alfonsi , S. Agostino e gli autori kltini "Stud . Rom . " 24, 1976,pp. 464 sgg.

1 74

LAUJlA BOCCIOUNI PALAGI

patizzanti del Giudaismo, appunto i

melllentes stlbbatll.

Nelle

scarse

e frammentarie testimonianze di Scneca sul Giudaismo l' attenzione di Scneca è rivolta verso

i Romani giudaizzanti, mentre i Giudei ri­

mangono solo sullo sfondo, costretti in un clich� stereotipato, che ri­

scelera­ la gens dei

flette antichi e radicati pregiudizi che affiorano nell' attributo

tissima,

inequivocabilmcntc ostile, con cui Scneca bolla

Giudei.

La definizione

sceleratissima gens,

di per se. stessa , mi pare si op­

ponga ad ogni tentativo di vedere in Seneca un atteggiamento di con­ senso

anche parziale o di rispetto nei confronti del Giudaismo.

� stato

rilevato come il rifiuto c la condanna delle pratiche del culto ebraico non siano sufficienti

a

dimostrare. che il filosofo nutriva. disprezzo per

il nucleo dottrinario, i fondamenti teologici del Giudaismo. Si sono sottolineati soprattUtto alcuni aspetti dell'Ebraismo che avrebbero po­ tuto trovare }� approvazione di Scneca: la concezione monoteistica c la condanna dci

simu/a.cra,

come oggetti di culto . Seneca, che attacca i

riti .giudaici con ironia c sarcasmo senza però

arrivare all' invettiva o

alla calunnia, avrebbe secondo qualche Studioso un atteggiamento più

conciliante di altri autori

latini, cosl da rappresentare " una vera ecce­

zione nella classe colta romana, ove le testimonianze della comune av­ versione agli Ebrei sono abbondanti"

70 •

Ma l' approvazione da parte

di Scocca del culto aniconico c del monoteismo ebraico, che si vorre�

be ricostruire per lo. più sulla base di consonanze generali smo c Giudaismo , rimane una ipotesi

ex silentio

tra

Stoici­

che non trova con­

ferma nei testi. La polemica antigiudaica di Scocca si colloca, è vero, su un piano diverso da quello di altri autori, come ad esempio di Ta­ cito, che, mosso da esigenze diverse

e

influenzato dalle sue fonti, at­

tacca con acrimonia il particolarismo sociale c politico dci Giudei, come rileva il Turcan,

plus commc celui dc Tacite d'un conformismc national

70 - G . Scarpat, op. cit. ,

p.

ma

l' antigiudaismo senecano ' ' ne proc�c pas non

101 .

et

'vieux

ro-

LA POLEMICA ANTIGIUDAICA DI SENECA: TEMI E PROBLEMI

l75

main' 71 • Anche lo Stem sottolinea come l' atteggiamento di Seneca,

quale emerge soprattUtto dai frammenti del De sMperstitione , sia quello di ' ' a philosophical critic rather than of a defender of.mos maio­

rum "

72 .

L' antigiudaismo senecano, comunque, lungi da rappresentare un caso limite nella letteratura latina, si muove su un piano ideologico e letterario comune ad altri autori. D linguaggio ironicamente dissacran-: te con cui Seneca attacca il culto giudaico, presenta significative con­ sona�Ue con quello della satira. l riferimenti polemici contro il riposo sabbatico e il ntMs IMcemarum nei frammenti del De sMperstitione e dell'Epistola 94, sono caratterizzati da un' impronta diatribica, che � il 'colore' dominante della polemica antigiudaica di Seneca. Dai con­ fronti con Orazio, Persio, Giovenale emergono analogie di forme e contenuti che rivelano l ' impiego di luoghi comuni della polemica an­ tigiudaica pagana largamente diffusi e che riflettono in generale. l' at­ teggiamento proprio del pagano colto che per formazione culturale, po­ sizione sociale, ruolo politico rimane ideologicamente estraneo al misti­ cismo cristiano-giudaico .

7 1 - Op. cii. , p. 2 3 .

72 - GreeM ami Lalin A uthors

. . .

l p.

429.

INDICE

N.

LAMBARDI, Appunti critici sulla problematica del Tif/IIIIJUS aceroiUaQo .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

p.

9

MOSCADI, Il poeta fra storia .e ideologia: Manilio e le guerre civili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

"

37

MONTANARI CALDINI, Virgilio, Manilio e Germanico: memoria politica e ideologia imperiale . . . . . . . . . .

"

71

.

L.

BALDINI

.

R.

.

.

R. DEGL'INNOCENTI PIERINI, Motivi consolatorii

.

.

e

ideologia imperiale nella Consokltio tlfi Polybium di Seneca . .

L.

BOCCIOLINI P ALAGI, La

ca: temi e problemi

.

polemica antigiudaica di Sene-

.. . .. . .. . .. . .. . .. . ..... . ..

'' 115 " 149