Corrispondenza Internazionale. L'ape e il comunista

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Corrispondenza Internazionale. L'ape e il comunista

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CORUISPONDENZA ·INTERNA,ZIONALE . PRESUPPONGO NATURALMENTE LETTORI CHE VOGLIANO IMPARARE QUALCOSA DI NUOVO E CHE QUINDI VOGLIANO ANCHE PENSARE DA SE'. K.MARX

COLLETTIVO PRIGIONIER I COMUNISTI DEL LE BRIGATE ROSSE

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Ieri ho pensato molto a Il all 'im m agine ...

Capitale .

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Alla sua struttura, che nascerà dal metodo del linguaggio cinemato grafic o ,

P R O SPETT I V E ... Quando ci imbattiamo nella definizione di un determinato concetto, facciamo male a trascurare il m e t odo dell 'analisi meramente linguistica della st essa denominazione . Le parole che pronunciam o , talvol t a , sono m olto più "intelligenti" di noi. Ed è affatto irrazi onale la nostra ostinazione nel non volerci orientare in quella defini­ zione depurata e ridotta a formula, c h e è , in rapporto al conc e t t o , l a sua denominazio ne. Bisogna dunque analiz­ zare questa formula dopo averla sbarazzata dal bagaglio estraneo del ma teriale assoc iativo "c orrente", quasi sem­ pre tolto a p restito, che deforma la sostanza della questione. Naturalmente p revalgono le associazioni che c orri­ spondono all a cl asse dominante nell 'epoca della form azione o del m assi m o i m piego di un dato termine o di una data denominazione. Noi abbiamo ricevuto tutto il nostro patrim onio "razional e " verbale e terminol ogic o dalle mani della borghesi a , c on la comprensione e l a l e ttura borgh ese predominanti di questo patrim onio, e con la struttura e il c o n testo assoc iat ivi che le acc ompagnan o , c orrisp ondenti all 'i deologia e ali 'i m p ostazione borghesi . Eppure, qu alsiasi denominazione, come qu alsiasi fe nomeno, dispone di una duplicità della propria "le ttura " , i o direi della "lettura ideologic a": statistica e dinamica, sociale e individualistica. Eppure il carattere tradizionale del l ' "acc erchiam ento" associativo, corrisp ondente alla precedente egemonia di classe , riesce soltanto a c onfon· derci. E anziché p rocedere a una "differen ziazione di classe " i n t raverbal e , noi sc rivia m o , intendiamo e impie­ gh iamo la parol a.çonc etto in un senso tradizionale che non c orrisp onde affatto a noi sul piano cl assista . . . L a nostra c oncezione tradizionale e la p o c a voglia di ascol tare attentamente le parol e , la nostra ostinazi one n e l voler ignorare questo settore di studio, è fonte d i m o l t e afflizioni e causa d i un inutile dispendio d i energie d a parte dei vari tem peram enti polemici! Ad esem pio, quante baio nette s i sono spuntate con tro la questione della "forma e del contenu t o " ! Sol tanto perché l 'atto dinamic o , attivo ed efficace del "c ontenu t o " (con-tenuto, qua­ le "trattenere fra loro") veniva sost ituito dall 'i nterpretazione amo rfa , static a , passiva del contenuto in quanto tale . . . Quanto sangue d 'inchiostro si è sparso a causa del veemente desiderio di intendere la forma soltanto come derivante dal grec o formos : canestro di vim ini, con tutte le "conclusioni di carat tere organizzat ivo " che ne deri­ vano ! Un canestro di vimini, nel quale , ondeggiando sui torrenti di inchiostro della polemica, gal le ggiava questo disgraziato "c ontenuto" in quanto tale . Eppure sarebbe bastato guardare il dizionario, e non quello grec o , m a semplicem ente quello d e l l e "p arole straniere " i n cui risulta c h e "form a " i n russo vuoi dire immagine . Ora , l 'imo magine si t rova ali 'i ncrocio tra i concetti d i obrez e obnaruzenie (taglio e palesamento) . . . . Due term i n i che ca· ratt erizzano brillantemente la forma da ambedue i punti di vista: da quello statico-individuale (an und fuer sich ), quale "obrez" - separazi one di un determinato fe nomeno da al tri conc omitanti . . . l o "obnaruzenie ", palcsam en· to, distingue invece l 'imm agine anche dall 'al tro aspetto dello "o bnaruzenie", cioè dal punto di vista dello stabili­ re un nesso sociale t ra un dato fe nomeno e quanto lo circonda. 11 "contenu to" - atto del trattenere - è un prin· cipio di organizzazione, direm m o noi , in termini più sem plici. Il principio dell 'organizzazione del pe nsiero rap ­ presenta per l 'appunto il "contenu t o " effettivo dell 'opera. Un p rincipi o , che si materializza in un complesso di stim oli soci al fisiologici , men tre l a forma rap p resenta appunto un mezzo per rivelarlo ... In che c osa c onsiste dunque l 'e rrore nell 'uso del termine "conoscenza" 1 Il suo nesso radicale con il Kna (pos· - da qui l 'inscindibilità, nella li ngua tedesc a , di konnen (potere ) da kennen-erkennen (conoscere) - d egli an­ tichi germ ani del nord, con il "biknegan" dell 'antico sassone - prendo parte - viene eli m i n a t o i n teram ente dal concetto unilateralmente contem plativo di "co noscenza" quale fu nzione astrattamente contemplativa , di "pu­ ra conosce nza delle idee ", cioè si tratta d i un c oncetto p rofondamente b orghese . Noi non riusc iamo a co mpiere den tro di noi un riorientamento della percezione dell 'atto della "c onoscenza" quale atto di una risultante diretta· men te efficace . . . Il distac c o del p rocesso co noscitivo da quello produt tivo non può aver posto per noL .. Siamo pronti a respinge re in m aniera altrettanto decisa l a sc ienza astratta, il pensiero sc ientifico avulso dall 'efficacia di­ ret ta, la "scienza per la scie nza ", la "conoscenza per la conosc enza" ...

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Per noi colui c h e con osc e è colui che partecipa. In questo c i atte niamo al termine "biblic o ": "E Mosé conobbe la m oglie sua Sara ... ", e questo non si gnifica affatto che egli fece la sua c onoscenza! Colui che conosce è c olui che costruisce! La c onosce nza della vi ta è indissolu bilmente c ostruzione della vita , la sua ri-creazi one . . .

Non esiste arte senza conflitto Arte quale p rocesso. . . Dappertutto c ' è lotta. U n a creazione suscitata dallo scon­ tro fra le con trad dizioni, e la c u i p resa di p ossesso c resce d 'intensità per l 'i nserime n t o di se mpre nu ove sfere della reazi one sensoriale di colui c h e le percepisc e . Per ora , all 'a pogeo , egli non è implicato per i n tero. Non quale uni· tà, quale individuo, ma come c ollettivo, come pu bblico .... Il libro. La parola stam pat a . Gli occhi. Occ h i-cervelli. Va male . Il libro. La parol a . Gli occ h i . Il camminare da un angolo all 'alt ro. Va meglio . . . Chi non ha sgobba to, corre ndo da un angolo all 'altro d i un rec i n t o c h i uso tra quattro mu ra, con un l i b ro in mano 1 Chi non h a b a t t u t o i l t e m p o c o n i l pugn o c erc ando di ric ordare . . . " i l pl usval ore è . . . 1". C i o è chi non ha a i u t a t o lo s t i m o l o visivo inse· ren do un m ovimento nel tentat ivo di ricordare delle ve rità astralte 1 L 'autori t ario-teologico "c osì è" va a farsi fri ggere . Il carattere assi omatico di ciò c h e si d eve credere salta p e r aria ! "Ali 'inizio era i l verbo ..." . O , forse, n o n "era" ? I l teorema nelle sue con tradd izioni, c h e esigon o una p ro· va , implica il conflitto dialettico. Implica l 'essenza del fe nomeno che si può afferrare in maniera dialetticamente risolut iva nelle sue contraddizioni ... Con un massimo d i intensità. Avendo mobil i t a t o per questo scon t ro i n t e rio· re fra p u n t i di vista c o n t rapposti gli elementi risolutivi della logica e del temperamento pe rsonal i . . . SERGEJ M. EJZENSTEIN

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CONT R A F

CORRISPONDENZA INTERNAZIONALE Bimestrale di documentazione politica - Anno VI - NN . 1 6/ 1 7 - Ottobre/Dicembre 1 980 COMITATO DI REDAZIONE: Eduardo M . Di Giovanni , Cannine Fiorillo, Giovanna Lombardi , GiancarJo Paciello - REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE : Via degli Accolti 1 9 , 00 1 48 Roma. Tel. (06) 5 220698 - ABBONAMENTI : Annuo L. 1 5 .000; estero L. 30 .000; sostenitore L. 5 0 .000. I versamenti vanno effettuati sul C.C.p . N. 1 2 335006 , intestato a Co"ispondenza In ternazionale, via degli Accolti, 1 9 Roma - PROPRIETA' EDITORIALE : Cooperativa Editoriale Controcor­ rente s.p.a . , via degli Accolti 1 9 , 00 1 48 Roma. Tell . (06) 5 220698-8 440204 - AUTORIZZAZIONE : del Tribunale di Roma , N . 1 5 952 deI 2 3/6/ 1 975 - Direttore responsabile : Cannine Fiorillo. STAMPA : MULTIGRAFICA Brunetti. Stampa Offset, Via S. Giovanni in Laterano 1 5 8 , Roma DISTRIBUZIONE : Cen tro In ternazionale Diffusione e Stampa, Via Turati 1 2 8 , 001 85 Roma Traduzio ni, saggi e articoli pubblicati su CO"ispondenza Internazionale non esprimono il punto di vista del Comitato di Redazione della rivista, né quello della Cooperativa Editoriale Controco"ente, nei suoi singoli componenti e complessivamente , e vengono pubb licati al fme di arricchire , attraver­ so l'in fonnazione quanto piti vasta possibile , la conoscenza dei termini del dibattito internazionale nel merito dei problemi teorici del marxismo , dibattito del quale Corrispondenza In ternazionale intende essere palestra. Questo numero è stato chiu so in tipografia il 1 8/ 1 2/ 1 9 80 . La rivista Corrispondenza Internaziomle, è lBiOCiata all' U. S. P. I.

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... . . ciò che fin da p rincipio distingue il peg­ gior arch itetto dal l 'ape m igliore è il fa tto che egli h a costruito la celletta nella sua te­ st a prim a di c ostruirla in cera". KARL MARX

E L EM ENTI PER P O L IT I C A

LA

C R IT I C A

M A R X I ST A D E L L ' E C O N O M IA

L A C O S T R U Z IO N E D E L P R O G R A M M A D I

E PER

T R A N SIZIO N E A L C O M UN I S M O

C O L LETT I V O

P R I G I O NI E RI

DELLE

BRIGA TE

ROSSE

C O M U NI S TI

PREF A Z I ON E

Il n u m ero sp eciale che vi presen tia m o com e u n tu t to u n ico , sta n te u n 'organ ica co erenza dei m a teria li, è co s titu ito da du e parti ela b o ra te in tem p i diversi. La prim a , c h e dà il tito lo a lla p u b b licaz io n e , è la p iu recen te (se ttem b re '8 0), l 'altra com p rende m a teria li ela b o ra ti c o m p lessivam ente n el '79. Perch é q u esto n u m ero sp ecia le ? Dal m o m e n to ch e m o lti si p o rra n n o q u esta do m a n da ed alc u n i ten deran n o a rispo n dere in m o do "m a lìz io so c i sia co nsen tito di dare la n os tra risp o s ta . Ch e , n o n ostan te tu t to , è sem p lice. I n o s tri in teressi s o n o dich iara ti, esp lic iti. Il m arx ism o riv o lu z io n ario è al cen tro di q u esti. E siam o con v in ti ch e l 'a ttua le d ibat tito su di esso , da u n a parte , n on p ossa né d e b b a essere affidato agli accadem ic i di tu rn o (at tu alm ente p eraltro im p egna ti sopra t tu tto ad affo ssa rlo ), o ai p iu o m e no "gio v a n i e c o n o m ist i" tu tti in ten ti ad "a ffe r ra re P ro t e o , il certa m e n te m u ltifo rm e , m a n on e tern o , cap italism o - , dall 'al­ tra , n on p o ssa né d e b b a essere rin ch iu so n elle Carceri Sp ecia li. Per q u e s to riten ia m o opportu n o ed an z i nec essario arricch ire qu esto diba ttito con la p u b b lica z io n e dei co n trib u ti, di n o te v o le sp essore teo ric o , c h e appaio n o in q u e s to n u m ero . Certo il voler con trib u ire ad u na info rm az io n e am p ia, n o n di regim e, svolge u n ru o lo im p ortante n e l de term inare la sp ecific ità del n o stro m odo d i essere "co n t r o ­ c o r r e n t e" . M a sopra ttu t to , ci adop eria m o p erch é q u esto d ib a t tito p o ssa diven ire con cre ta ­ m e n te coscienza d i classe , carn e e sangu e d el paese reale che terrem o ti d i ogn i tipo a llo n tanan o in m o do irre versib ile dal Palazzo (co stru it o con criteri an tisism ic i ? ) ",

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D icem b re 1 9 8 0 LA REDAZION E

I NTRODUZ I ONE

. . . U n a cosa però è ormai ch iara: i l m o ndo d 'oggi può essere descritto agli uomini d 'oggi solo a p a t t o c h e lo s i descriva c o m e un m o n d o che p u ò essere cam biato. B E R T O LT B RECHT

1 . Il lavoro che presentiamo ai compagni ha due caratteristiche fondamentali ed una ambizione . E' un lavoro collettivo a cui hanno contribuito , in vario modo, decine e decine di milita nti. E' un lavoro comulativo che raccoglie temi , problemi e contributi maturati nella pratica rivoluzionaria e fissa una base di riflessione aperta ad ulteriori sviluppi. L'amb izione è quella di riuscire a coinvolgere direttamente in questo progetto il più gran nume­ ro di proletari , militanti e comunisti. Contro ogni tentazione di delegare il compito del 'p ensare ' alle consorterie intellettuali . Contro ogni sottovalutazione dell'importanza del lavoro teorico nel corso della rivoluzione. Tentazione e . sottovalutazione che si sono sommate spesso nelle organizzazioni combattenti con il risultato di consentire l'emergere di posizioni errate e l'infIltrazione di rimasticature ideologiche di altre classi . Il sacrificio dell'iniziativa teorica , politica, progettuale , a beneficio della pratica riduttiva della distruzione , la mitizzazione dell' 'azione ', riportano nel proleta riato metropolitano un vizio d'origi­ ne del modo di produzione capitalistico : la separazione tra politico e militare , tra pensiero e azione . Nel modo di produzione capitalistico, infatti, la divisione tecnica del lavoro si presenta nel rap­ porto di produzione come separazione politica tra lavoro manuale e lavoro intellettuale , che ven­ gono fissati e polarizzati in figure sociali diverse , e contrapposte sul terreno del potere . E' contro questa scissione , contro i suoi residui in ciascun militante , in tutte le istanze , in ogni variabile del sistema del potere proletario , che dobb iamo condurre un 'incessante battaglia, affin­ ché appropriazione della conoscenza, riflessione , elaborazione , si producano come passaggi neces­ sari e ricomposti nella pratica quotidiana di trasformazione rivoluzionaria dello stato di cose presenti . La nostra critica al militarismo , che reintroduce surrettiziamente le forme se parate del sapere­ potere (i politici , i teorici, i padri spirituali , . . . ) , da un lato , e dell'eseguire-combattere Ò combattenti) dall'altro , non è di ordine tattico, ma investe i fondamenti stessi del processo rivoluzionario nella metropoli_ L'espropriazione del sapere , per i proletari metropolitani, è qualcosa di ben più profondo che una ridotta scolarizzazione , perché definisce una condizione decisiva della loro sub alternità. Il sapere si contrappone ad essi come potere , comando incorporato nelle macchine, come gerarchia di comando , come dominio degli intellettuali-tecnici, o ancora, nella forma più perfida della direzione degli 'intellettuali organici', del 'nuovo ceto politico '. La riappropriazione del sapere è l'esito di una pratica rivoluzionaria . E' un problema, dunque , che riguarda ciascun militante , e una organizzazione che si pretenda comunista non può in alcun modo sottovalutarlo . La ricostruzione di individui sociali, attraverso la ricomposizione delle loro pratiche , non è un problema del futuro . Essa riguarda l'oggi, e matura col proced ere stesso della lotta rivoluzionaria che , nella trasformazione del mondo oggettivo , trasforma anche i trasformatori. Costruzione del comunismo e costruzione dei comunisti non sono due processi separati. Il lavoro , ha detto Engels in un celebre paradosso , ha prodotto l'uomo. Il lavoro , nel capitalismo , lo ha scomposto in molteplici figure estranee, reificate e contrapposte . Il lavoro rivoluzionario , già in questa fase di distruzione della "comunità illusoria ", può e deve ora ricomporre , sulla b ase del proletariato , individui sociali , artefici e produttori della futura "comuni­ tà reale ".

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L' APE E I L COMUNISTA

Ricomporre la pratica della rifle ssione con l'azione , e concepire queste pratiche ricomposte nei termini di un processo collettivo significa , obbligatoriamente , alludere a quella trasfonnazione ra­ dicale dei rapporti sociali che è punto irrinunciabile della transizione al comunismo: la ricomposi­ zione di lavoro manuale e lavoro intellettuale , di studio e lavoro , in ciascun individuo, in ciascun insieme , e per l'intero arco della vita . Trasformare per conoscere . Conoscere per trasfonnare . E costruire in questo processo colletti­ vo e senza fme una comunità evoluta , una coscienza pro letaria del NOI, una identità di classe più ferma e strutturata: la comunità reale della rivoluzione proletaria. ***

2 . La teoria rivo luzionaria come grande opera collettiva a cui tutti i proletari comunisti devo­ no contribuire l;� �ume obiettivo di fondo , in questa fase , l'elaborazione delle grandi linee di un progetto di transizio ne al comunismo. Essa si propone di scovare gli universi possibili del reale che esprimono i rapporti di produzione in gestazione "n el seno della vecchia società ". Il reale , nel senso più ampio e concreto , è unità di opposti: di rapporti di produzione operanti e di rapporti di produzione virtuali . Nella metropoli imperialista non è possib ile far vivere ' nell'economico , come fece la borghesia nascente all'interno del feudalesimo , i rapporti di produzione 'sovversivi ', e cosÌ essi sono condan­ nati ad avere un'esistenza solo virtuale e perciò ad operare solo nel politico , come anticipazione di programma , come forza materiale organizzata, sul terreno del potere , per imporlo . Mettere a fuoco questi rapporti di produzione virtuali , possibili , latenti, potenziali , già maturati e contenuti nella materialità del presente , e tradurli in programma di transizione al comunismo , è l'obiettivo centrale della pratica rivoluzionaria delle organizzazioni comuniste combattenti in que­ sta congiuntura . Liberare dai lacci del presente i rapporti di produzione reali nel possibile è progettazione co­ sciente di questo possibile sulla b ase dello stadio raggiunto dalle forze produttive ; è prefigurazione politica fissata in programma, è traduzione d i questo programma in potenza rivoluzionaria dispie­ gata nel corso di mille b attaglie che alludono alla sua realizzazione . ***

Teoria rivoluzionaria, infine , è fantasia creatrice , capacità di stabilire nuove connessioni pos s ib i­ li tra gli elementi del reale . E' capacità di 'vedere ' e far vedere ' ciò che ancora non è pur essendo già contenuto nel movimento incessante della materia so ciale . In questo senso va intesa l'esortazione di Lenin : "è necessario sognare " ! Immiseriti e assillati �alle urgenze di una vita quotidiana mostruosamente defonnante e imbar­ barita anche noi , compagni, dobbiamo reimparare a sognare . Costruire il programma di transizio; ' al comunismo è capacità di sognare in modo rigoro samente fondato e scientificamente definito; far crescere un sogno grandioso e collettivo e scagliarlo con tutta la potenza proletaria contro I, reale che muore! ***

3 . Questo lavoro , infine , vuoi essere un'anna contro alcune tendenze errate come il soggetti­ vismo militarlsta , e contro altre contaminazioni quali lo 'spirito di setta ', il 'minoritarlsmo ', ... che tanti guai hanno combinato e continuano a combinare .

11

INTRODUZIONE

Naturalmente c'è una b ase oggettiva all'origine di queste tendenze ed è il pro ce sso di oggettiva proletarizzazione , di salarizzazione e di polarizzazione verso il lavoro manuale a cui sono soggette alcune classi sociali. Sfracellata, polverizzata, atomizzata, parcellizzata, la piccola borghesia subisce una duplice preso sione: il proletariato emergente , la borghesia morente . Oggettivamente proletarizzata e senza pro· spettive , essa dunque si proletarizza ma la sua posizione oggettiva non è condizione sufficiente per mutarne automaticamente i tratti psichici , le convinzioni ideologiche . Pur vivendo una condizione proletaria essa resta per lungo tempo sotto il dominio e l'influenza dell'ideologia dominante ed è perciò estremamente vacillante nelle sue opinioni. Non sempre , tuttavia, questa influenza si manifesta nella forma compiuta di una ideologia ela­ borata e coerente, ma è comune il suo prodursi sotto forme di comportamenti, come l' 'agire da ca­ petti rossi ', la resistenza al lavoro collettivo , l'insofferenza alla disciplina, ... che tradiscono la loro origine di classe . Certe tendenze operanti nelle formazioni rivoluzionarie , come il soggettivismo militarista , il mi­ noritarismo , sono manifestazioni di questa penetrazione ed hanno tutte , in ultima analisi , un domi­ natore comune : il disprezzo e la paura delle masse , l'individualismo piccolo borghese. Questa penetrazione non sempre e non necessariamente è diretta e cioè viene attuata da precisi individui declassati, ma può essere anche realizzata da individui proletari. Lenin ha ripetutamente osservato che lo sviluppo spontaneo del movimento operaio conduce al­ la sua sottomissione all'ideologia borghese . E que sto perché, pur essendo la teoria rivoluzionaria più corrispondente agli interessi ed alle aspirazioni dei proletari, essa deve fare i conti con l'ideolo­ gia borghese che è più antica, più elaborata in ogni direzio ne e dispone di mezzi di diffusione incom­ mensurab ilmente più potenti. Ecco perché "ogni sottomissione del mo vimen to operaio alla spon­ taneità, ogni menomazione della funzione dell ' 'elemento cosciente ', della funzione della socialde­ mocrazia [ del Partito rivoluzionario , cioè ; n . d.A.A.] significa di per sé non importa lo si voglia o no - un rafforzamento dell'influenza dell 'ideologia borghese sugli operai". 1 -

***

Dunque non basta essere proletari o precipitati in una condizione proletaria per avere una co­ scienza di classe proletaria . Tra i due poli la relazione non è affatto meccanica . L'uno è condizione dell'altra , ma non è condizione sufficiente . La formazione in ciascun proletario di una coscienza comunista è un proce sso di lotta , lotta ideologica di classe , contro l'ignoranza , contro i riti, le superstizioni, le credenze , le false rappresen­ tazioni e i vuoti concetti dell'ideologia borghese ; contro la morale filistea della proprietà privata che "divide gli uomini, li spinge gli uni contro gli altri, crea un inconciliabile antagonismo degli in­ teressi, mentisce, cercando di nascondere o giustificare questo antagonismo, e corrompe tutti con la menzogna, con l 'ipocriasia e con la malvagità " [A.M.Gorki] ; contro l'egoismo e l'ind ividualismo dell' "ognuno per sé e dio per tutti "; contro la religione che copre con il lenzuolo di Cristo la de­ vastazione e le sofferenze causate dal lavoro salariat � e dall'oppressione di classe . ***

I. LEN IN, Che fare', Scrit t o dall 'au tunno 1 9 0 1 al febbraio 1 902, pubblic ato su Iskra , N . sta in V . I. LENIN, Opere Scelte (in sei volu m i ), Editori Riuniti·Ed izioni Progress, VoI. I, p. Lenin a sottolineare, in c orsivo nel testo originale. l.

V.

1 /4 / 1 90 2 ;

19 del 2 74; è

12

L' APE E I L COMUNISTA

La lotta ideologica è una detenninazione essenziale della lotta di classe . Essa investe l'intero campo delle forme ideologiche della coscienza e, dunque , l'intero campo del reale poiché , nella formazione sociale capitalistica, la causa appare come e ffetto e tutto si presenta rovesciato . Qui domina il "carattere di feticcio della merce ''2 e cioè i rapporti tra le cose esprimono e dissimulano nello stesso tempo i rapporti tra gli uomini, sicché le ideologie economiche , giuridiche , politiche , morali , etiche , religio se , . . . , tutte ci presentano un mondo a testa in giù . Questa lotta non taglia pe rciò , come fossero un panino di b urro , le classi in due campi netta­ mente contrapposti, essa si frastaglia fin dentro ogni classe , fm dentro il partito , ed investe ciascun militante. Fin dalla nascita esposto all'influenza ideologica dominante della classe economicamente domi­ nante , ogni proletario ha nece ssariame nte interiorizzato e assimilato i rapporti sociali dominanti, i comandi e le ingiunzioni del dominio , fino a restarne profondamente segnato nel corpo e nella psiche . Con un'immagine si potrebbe dire che al fondo di ciascuno di noi c'è un padrone , un giudice , un poliziotto e un prete che tiranneggiano le nostre decisioni e le nostre scelte. E' questo padrone­ giudice -poliziotto-prete che la lotta ideologica deve incessanteme nte colpire per azzerare ogni pos­ sibilità della classe dominante di sfruttare que sto meccanismo dualistico , questa contradd izione in­ teriorizzata , ai suoi fini di conservazione. Ma al fondo di ognuno di noi c'è anche il germe vitale della coscienza collettiva in formazione , del NOI proletario ed antagonista , rifle sso interiorizzato dell'antago nismo dispiegato . E questa co­ scienza del NOI prolet ario evolve e matura in relazione alla capacità di far eme rgere ed operare , nel corso della pratica rivoluzionaria, i rapporti di produzione in gestazione . Rapporti sociali di produzione possibili che , interiorizzandosi in ciascuna avanguardia proletaria ne rimodellano in continuazione la struttura della coscienza alludendo ad una trasformazione radi­ cale : all'uomo sociale , collettivo , ricomposto nelle sue molteplici pratiche . Rapporti sociali di produzione possib ili, il cui carattere radicalmente rivoluzionario è fondamento della coscienza rivoluzionaria proletaria e che perciò defmisce la pratica della ribellione anche ar­ mata, per la loro instaurazio ne, come la forma più avanzata di esistenza sociale oggi possibile nella hletropoli imperialista. ***

Senza lotta ideologica non c'è teoria . Senza teoria non c'è rivoluzione. Ma neppure c'è sviluppo della teoria rivoluzionaria, diviso , separato , dall 'organizzazione pratica , dal partito . E tuttavia questa lotta ideologica si rivolge anche all'interno del partito . Il partito proletario non è impermeab ile alle penetrazioni ideologiche di altre classi e lo svilupparsi nel suo seno di com­ portamenti, come di linee errate , ne sono la pratica dimostrazio ne . Il partito vive nelle contraddizioni che a tutti i livelli solcano la formazione sociale capitalistica e queste contraddizioni si interiorizzano passando per i suoi militanti più deboli. E' un processo oggettivo che percorre l'intera storia di ogni partito e che , invece di essere esor­ cizzato , deve venire , per così dire , controllato . Promuove re incessanteme nte una lotta ideologica in seno al partito è condizione della sua cre­ scita e del suo consolidamento , della sua capacità di vivere le contraddizioni risolvendole in un suo rafforzamento . 2 . KA R L M A R X , Il Capitale. Critica dell'economia politica, Libro Prim o, Prima Sezione, Capitolo Prim o , La merce, 4: Il carattere di fetticio della merce e il suo arcano, trad . di D e l i o Cantim ori , Einaudi Editore, V o I . I , Torino, 1 9 7 5 , p . 86 .

13

INTRODU ZIONE

Ma non tutte le contraddizioni che sono all'origine del movimento interno del partito manife­ stano la presenza di una influenza ideologica borghese . Le contraddizioni tra gli elementi avanzati e quelli arretrati, infatti, richiamano un altro ordine di problemi: la necessità di predisporre strumen­ ti e pratiche adeguate al rafforzamento onnilaterale dell'istruzione dei militanti. "Rossi " non basta , occorre essere anche "esperti ". Se la lotta ideologica ha come obiettivo la critica e la distruzione di ogni influenza borghese , la lotta contro l'ignoranza si propone invece di creare la base necessaria di conoscenze per rendere ef­ fettivamente possibile questa critica proletaria. Sottovalutare questi due mome nti della vita interna del partito rivoluzionario equivale a 'di­ sarmarlo E questo disanno, è bene averlo chiaro , non può essere compensato da nessuna accumu­ lazione di 'altre armi '. L'arma principale è sempre l'uomo ! '.

***

Anche partito e classe sono una contraddizione, una unità di opposti , lati conflittuali di uno stesso processo . Non possono essere separati , non possono risolversi l'uno nell'altro. E' proprio questa contraddizione l'esse nza del problema che sfugge alle tendenze militariste e gruppiste. Esse infatti vorrebbero surrogare la classe , operare al suo posto , assumere in prima persona i compiti della rivoluzione , elevarsi a soggetto della storia . Ma così facendo esse fmiscono per intra­ prendere un cammino incomprensibile , disancorato , c perciò vengono da quella classe a cui preten­ dono di sostituirsi , ab bandonati al loro tragico destino . La catastrofe registrata in questi mesi dalle tendenze militariste è l'esempio più evidente degli esiti a cui conduce ogni disgiunzione dalla classe : la sconfitta , la disperazione , il disorientamento , la delazione , l'autopunizione, gli appelli farneticanti alla resa ! Il naufragio della loro piccola scialuppa , distaccatasi per errori soggettivi di valutazione , dalla grande nave , viene scambiato dai naufraghi deliranti per l'apocalisse ; e i germi dell'ideologia picco­ lo-borghese trovano in que sta febbre obnubilante il terreno ideale per sferrare gli ultimi attacchi . "Si salvi chi può , è l'ultimo grido di battaglia che la b ottiglia impietosame nte ci consegna e a noi non resta che prendere atto della loro tragedia, ma senza alcuna pietà! Ancorato alla classe , interno ad essa eppur distinto, il partito deve avere costantemente una lu­ cida coscienza di questa contraddizione , e ciò , altresì, deve caratterizzare ogni militante comunista. Il combattente comunista , il quadro di partito , vive la contradd izione , è la contradd izione vi­ vente che ha per poli la classe ed il partito . Il militante , in quanto parte della classe , esprime e riporta le tensioni, gli stati d'animo e i biso­ gni della classe nel partito . Il quadro di partito elabora e riconnette in un grandioso disegno unita­ rio queste tensioni, questi stati d'animo e questi bisogni. "

Ma in ogni caso il soggetto è la classe, la classe è la fonte del potere e della forza : essa e solo essa è il NOI fondamentale . L'avanguardia non è che una manifestazione concentrata ed organizzata di questa forza e di questo potere e tale rimane fino a che non si separa ricercando piste e sentieri propri, impossibili scorciatoie .

QUINDI , CON IL PARTITO , DENTRO L A CLASSE, PER TRASCINARE TUTTI I PROLE­ TARI ALLA LOTTA , PER ORGANIZZARE LE MASSE SUL TERRENO DELLA LOTTA DECISIV A PER IL POTERE E PER IL COMUNISMO !

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L' APE E IL COM UNISTA

E' con questo spirito che noi chiediamo a tutti i proletari, i militanti e i comunisti di cooperare con tutta la loro intelligenza e tutte le loro energie alla messa a punto di questo grande progetto e alla sua realizzazione. E' necessario sognare ! E' necessario comb attere ! E' nece ssario vincere

COLLETIIVO PRIGIONIERI COMUNISTI delle

BRIGATE ROSSE

CAP IT O LO

PRIM O

DALL' INIZIO ALLA FINE

Ancora m olti studiosi, al giorno d 'oggi , . . . identific ano la storia c on il passato , per c u i studiare qualche argom ento storic amente dive nta studiare questo o quel fatt o del p assato. Da qui deriva quella c oncezione i n genua che vede una insorm ontabile separazione tra lo studio d i form e storiche e lo studio di forme att uali. Invece, comp iere lo stu dio storico di un determianato argomento, significa semplicemente applic are ad esso la categoria dello sviluppo. Studiare storicamente alcunché signific a stud iarlo in m ovim ento. E' questa una esigenza fondamentale del metodo dialettico. Soltanto c oglie· re c om e oggetto d i indagine il processo dello sviluppo di qualche fe n ome· no in tutte le sue fasi e in tutti i suoi mutamenti, dal m omento del suo in· sorgere fino alla sua sc omp arsa, significa sc op rire la sua natura e rivelare che c osa esso è in sostanza, p oiché "soltanto nel suo m ovimento un c orp o mostra che c osa è".

L.

S. VY GOTSKIJ

CHE COS' E' L'ECONOMIA POLITICA L'economia politica, nel senso più ampio del tennine , è la "scienza delle condizioni e delle for­ me, nelle quali le diverse società umane hanno prodotto e scambiato e nelle quali hanno volta per volta distribuito i loro prodotti in modo conforme a questa produzione e a questo scambio".' Come tutte le scienze sociali , anche l'economia politica ha un carattere storico , in quanto le "condizioni, in base alle quali gli uomini producono e scambiano, mutano di paese in paese, e in ogni paese, alla loro volta, di generazione in generazione. L 'economia politica non può quindi essere la stessa per tutti i paesi e per tutte le epoche storiche". 2 Ciò significa che l'economia politica pone al centro della propria analisi un oggetto storicamen­ te detenninato (e che si sviluppa storicamente) e, dunque , che le leggi e le categorie sulle quali que­ sta scienza si basa non hanno un carattere universale , valido per tutte le epoche storiche e per tutti i modi di produzione , b ensì esprimono il movimento di un ben determinato tipo di rapporti di pro­ duzione, corrispondente ad un altrettanto determinato sviluppo delle forze produttive sociali . IL CARATTERE DI CLASSE DELL' ECONOMIA POLITICA Se l'economia politica ha per oggetto lo studio della natura e dello sviluppo dei rapporti di pro­ duzione delle d iverse formazioni sociali , e, quindi, anche dei rapporti tra le classi nelle varie socie­ tà, ciò vuoI dire che essa ha un carattere di classe : così , l'economia politica borghese esprimerà il punto di vista e gli interessi della borghesia e delle sue frazioni, mentre la critica marxista dell'eco­ nomia politica rappresenterà il punto di vista e gli interessi del proletariato . " L 'economia classica, i cui massimi esponenti sono Smith e Ricardo, ad esempio , è l'espressione del capitalismo industriale in ascesa che lotta per la conquista del potere contro i rappresentanti della società feudale .

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L ' APE E IL COMUNISTA

CHE COS' E' LA CRITICA MARXISTA DELL' ECONOMIA POLITICA La critica marxista dell'economia politica si occupa, in particolare, delle leggi e delle categorie che regolano il modo di produzione capitalistico e del movimento delle sue contraddizioni intrin­ seche . La critica marxista dell'economia politica non stud ia i fenomeni della società capitalistica così come essi appaiono alla superficie , in quanto tali, ma si propone di scoprire dietro ad essi le leggi e le categorie del modo di produzione capitalistico , i rapporti di produzione tra gli uomini, i rapporti di classe della società capitalistica . Mentre gli economisti borghe si considerano le categorie economiche (sono tali , ad esempio , mer­ ce , denaro , valore , . ..) come categorie naturali della produzione , date una volta per tutte ed immo­ dificab ili, la critica marxista dell'economia politica considera le categorie come riflesso dei rapporti sociali di produzione . Gli economisti borghesi , ad esempio , fermandosi all'apparenza dei fenomeni, arrivano a sostenere che il lavoro , essendo comune a tutte le epoche storiche, ha nell'economia capitalista la stessa natu­ ra e le stesse caratteristiche del lavoro nel periodo schiavistico . In questo modo, le categorie dell'e­ conomia polit ica vengono concepite come qualcosa al di fuori e al di sopra della storia . La critica marxista dell'economia politica, invece , scopre d ietro il lavoro salariato , tipico della so­ cietà capitalistica, lo sfruttamento della classe operaia e ciò che distingue l'attuale modo di produ­ zione da quelli precedenti. Vediamo pertanto di chiarire , innanzitutt o , alcune categorie fondamentali, rispetto alle quali non è infrequente imbattersi in notevoli confusioni. Cominciamo dalla produzione.

IL CONCETTO DI "PRODUZIONE IN GENERALE" A differenza degli animali , che riproducono la loro vita servendosi di ciò che spontaneamente la natura fornisce loro , l'attività dell'uomo non è direttamente determinata dall'ambiente . Il lavoro in generale , nella sua fo rma specificamente umana, è per Marx "attività conforme allo scOp O" . 3 E' un punto , questo, completamente trascurato da tutte le letture economiciste della teoria marxiana. Ciò nonostante , esso ha vaste implicazioni per la rivoluzione proletaria nelle metropoli ed è, pertanto , opportuno almeno qualche accenno al riguardo . In sostanza , Marx afferma che :

l. - " . . . ciò che fin da principio distingue il peggiore arch itetto dall 'ape migliore è il fatto che

2. 3.

egli ha costntito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. A lla fine del processo lavorativo emerge un risultato ch e era già presente al suo inizio nella idea del lavoratore, ch e quindi era già presente idealmente".4 Per realizzare i suoi scopi attraverso il processo lavorativo l'uomo crea i mezzi di lavoro appropriati. L'uomo è "un animale che fabbrica strumenti ... ". s Anche altri animali usa­ no strumenti, ma non li creano , non li fabbricano ! " ... nel processo lavorativo, l 'attività dell 'u omo opera, attraverso il mezzo di lavoro, un cambiamento dell 'oggetto di lavoro ch e fin da principio era posto come sc Op O".6

Questa capacità di definire gli scopi , di costruire conformemente ad essi i mezzi di lavoro , e di su­ bordinare ad essi l'attività , viene solitamente trascurata, come se il fatto non costituisse un proble­ ma. Eppure , è proprio in ciò , nella capacità di definire i suoi scopi , che consiste il primo atto specifi­ camente umano ! In ciò , l'uomo prende le d istanze d all'an imale e si produce come "architetto " , ri spetto all'ape o al ragno .

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Se ora fissiamo l'attenzione su questo punto di rottura con il regno animale , vedremo subito che anche per un atto semplice e straordinario , com'è la definizione dello scopo, occorrono all'uomo particolari strumenti. Infatti, la trasformazione delle sensazioni in percezioni, di queste ultime in pensieri , e del pensiero in parole ed in linguaggio , non è altro che un processo di costruzione di strumenti particolari (come "il linguaggio, le diverse fonne di numerazione e di calcolo, i mezzi mnemotecnici, la simbologia algebrica, le opere d 'arte, la scrittura, gli schemi, i diagrammi, le carte, i progetti, e tutti i segni possibili e così via" 7 ) del tutto sconosciuti agli animali; è iI processo stori­ co di formazione di un riflesso del mondo esterno tipicamente umano . Questo riflesso non si accontenta di ridarci la "fotografia" o il ''film '' di ciò che si svolge fuori ed indipendentemente da noi, ma ci consente di ordinare gli oggetti e le proprietà degli oggetti anche secondo schemi non dati nella natura ; ci consente , cioè, di stabilire col pensiero nuove connessioni ed immaginare sempre nuove relazioni possibili tra tutti gli elementi del reale . In ciò consiste, appunto , la fantasia creatrice che sta alla b ase della de finizione degli scopi dell'at­ tività umana . La capacità di comunicare per mezzo del linguaggio ; la capacità di simulare il mondo esterno at­ traverso immagini adeguate (teorie , concetti, modelli, linguaggi scientifici, . . .) ; la capacità di formu­ lare scopi, progetti e piani per l'azione (fantasia creatrice), costituiscono la base dell'agire umano e , perciò , questi strumenti della psiche o "strumenti psicologici" 8 (come li h a defmiti L.S . Vygotskij) vanno a tutti gli effetti considerati strumenti di produzione e riproduzione della vita . Come tutti gli strumenti materiali , anch'essi hanno una loro storia che sempre meno possiamo trascurare. "Soltanto impadronendosi di questi mezzi, assimilandoli, facendone parte della propria persona­ lità e della propria attività l 'uomo diventa se stesso, diven ta uomo; solo come parte dell 'a ttività umana, come strumento del soggetto psicologico - l 'uomo - questi mezzi, e anzitutto iI linguag­ gio, manifestano la loro natura. Non c 'è uomo senza lingua, ma non cè lingua senza uomo" . 9 In conclusione, gli uomini si servono , per produrre e riprodurre materialme nte la loro vita, di un insieme di strumenti : strumenti di lavoro e strumenti psicologici . Gli strumenti di lavoro sono , per cosÌ dire , prolungamenti e potenziamenti artificiali della loro struttura anatomica (utensili , macchine , . . .) e del loro cervello (calcolatori, cibernetica, . . .) . Gli strumenti psicologici sono generati dalla necessità di defmire gli scopi dell'attività e d i subor­ dinare il comportamento dell'individuo alle esigenze sociali . Producendo e riproducendo la loro vita immed iata, ad ogni stadio determinato dello sviluppo sociale , gli uomini producono, in primo luogo , se stessi come individui sociali , si formano come esseri sociali . Attraverso l'attività produttiva , l'uomo emerge dal mondo animale , e si autonomizza sempre più dalla natura. Le leggi di questo processo fondato sulla produzione, hanno , dunque , un carattere sociale . Il concetto di "produzione in generale" non si riferisce pertanto ad un particolare "modo di produzione", ma a ciò che di comune hanno tutte le epoche della produzione : alle loro deter­ minazioni comuni .

"La produzione in generale è un 'astrazione ma un 'a strazione che ha un senso, in quanto mette effettivamente in rilievo l 'elemento comune, lo fissa e ci rispannia una ripetizione" . 1 o " Tuttavia", prosegue Marx , "questo generale, ossia l 'elemento comune astratto . . . è esso stesso un qualcosa di complessamente articolato" I l , è unità di molteplici determinazioni. "Di queste [differenti determinazioni ] alcune appartengono a tutte le epoche; altre sono comuni solo ad alcune. [ Certe ] determinazioni saranno comuni all 'epoca più moderna come alla più antica. E senza di esse sarà inconcepibile qualsiasi produzione ... " . 1 2 Il concetto di "produzione in generale", dunque , non annulla le differenze storiche, e cioè le de­ terminazioni non comuni. Al contrario , consente di fissare , proprio per il loro tramite , il carattere storicamente determinato delle leggi della produzione . Consente di stab ilire le differenze essenziali tra i modi di produzio ne in ciascuno stadio determinato dello sviluppo sociale .

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L' APE E I L COMUNI STA

IL CONCETIO DI MODO DI PRODUZIONE Il modo determinato in cui gli uomini producono e riproducono la loro vita immediata, e cioè la struttura dei rapporti determinati, nece ssari , indipendenti dalla loro volontà, in cui essi operano ad ogni determinato grado di sviluppo delle forze produttive è ciò che chiamiamo modo di produ­ zione . "Non è quel che vien fatto, ma come vien fatto, con quali mezzi di lavoro, ciò che distingue le epoche economiche" . 1 3 Tra i modi di produzione fondame ntali che hanno preceduto quello capitalistico ricordiamo : il modo di produzione della comunità primitiva; il modo di produzione schiavistico; il modo di pro­ duzione feudale . Altre aree come l'Egitto , l'India, la Cina, hanno conosciuto altri modi di produzione , come quel­ lo "asiatico" , ad esempio . 1 4 Il superamento rivoluzionario del capitalismo consentirà di costruire i l modo di produzione co­ munista; mentre , al "socialismo " , in quanto transizione dal capitalismo al comunismo, non corri­ sponde un modo di produzione originale .1 5 Non è corretto , tuttavia, pen sare allo sviluppo dei modi di produzione in termini unilineari. Inol­ tre , la successione dei modi di produzione non segue un ordine ovunque necessario . I modi di pro­ duzione richiamati non sono , in altri termini, tutti necessariamente presenti in ciascuna linea di evoluzione delle formazioni sociali . Ogni modo di produzione implica una duplice serie di rapporti: degli uomini con la natura; degli uomini tra di loro . Riferendoci alla prima serie , parleremo di forze produttive , mentre quando ci interesseremo della seconda, utilizzeremo il concetto di rapporti di produzione. "Nella produzione gli uomini non agiscono soltanto sulla natura, ma anche gli uni sugli altri. Essi producono soltanto in quanto collaborano in un determinato modo e scambiano reciprocamente la propria attività. Per produrre essi entrano gli uni con gli altri in determinati legami e rapporti e la loro azione sulla natura, la produzione, ha luogo soltanto nel quadro di questi legami e rapporti sociali" . 1 6 La forma di questi rapporti è , dunque , decisiva ai fini della comprensione dell'intero movimento della produzione. Occorre , tuttavia , fare molta attenzione a non schematizzare meccanicisticamente l'uso di questi concetti, poiché forze produttive e rapporti di produzione sono in continua interazione e si deter­ minano a vicenda, essendo un'unità di opposti. Il concetto di forze produ ttive , in Italia, è stato oggetto di una doppia mist ificazione firmata dai revisionisti e dagli operaisti. I revisionisti lo hanno assunto nella versione sclerotizzata sovietica, nota come "teoria delle forze produttive" l 7 . Secondo questa teoria, le forze produ ttive godrebbe­ ro di un particolare statuto di neutralità rispetto ai rapporti sociali . Esse si svilupperebb ero autono­ mame nte , secondo una legge , per così dire , "neutrale" , ed il loro movimento determinerebbe cau­ salmente i rapporti di produzione . E' più che trasparente , qui, l'impostazione gradualistica, evoluzionistica e me ccanicistica del "passaggio al socialismo" secondo lo schema: il modo di produzione capitalistico sviluppa le forze produttive ; le forze produttive , ad un certo grado del loro sviluppo, determinano i nuovi rapporti di produzione. Come dire : sviluppiamo le forze produttive capitalistiche e raggiungeremo il comun ismo ! Si tratta di uno schema "classico", che affonda le radici nella Seconda come nella Terza Interna­ zio naie , e che si regge sulla falsa c onvinzione che lo sviluppo delle forze produttive capitalistiche sia misura del "progresso sociale". Ma, nel modo di produzione capitalistico , "progresso tecnico" e "progresso sociale" non sono affatto equivalenti, come si vorrebbe far credere . Dal momento che il cosiddetto "progresso tecnico" l 8 è semplicemente "progresso delle tecniche capitalistiche", ogni feticizzazione della tecnica è proprio fuori luogo ! Infatti, dal lato della classe operaia, esso si manifesta come aumento della produttività e dell'in­ tensificazione del lavoro ; dal lato del capitale , come accrescime nto del tempo di pluslavoro (tempo , cioè , appropriato gratuitamente dal capitalista) .

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Il progresso delle tecniche capitalistiche di produzione non ha, dunque , lo stesso significato per la classe operaia e per i suoi sfruttatori , come per entramb i diverge il significato di progresso sociale. La classe operaia può assumere il punto di vista borghese solo a condizione di negarsi in quanto negazione vivente del capitale , e assolutizzare la sua funzione di forza produttiva capitalistica. E' ciò che hanno cercato di farle fare tanto il movimento sindacale che il P.C .I . . Ciò , indub­ biamente , ha ritardato ed ostacolato il processo rivoluzionario , ma è la stessa natura del rapporto di capitale che impedisce oggettivamente il buon esito d i questa operazione controrivoluzionaria. Infatti, come vedremo, lo sviluppo delle forze produttive capitalistiche procede contro la classe operaia, che , dal movimento del plusvalore (essenza del capitale), resta sempre più sfruttata ma­ terialmente, repressa intellettualmente e schiacciata politicamente . Ma, quanto a lungo può agire la classe operaia contro se stessa ? Per l'operaismo - la seconda mistificazione - , il sistema delle forze produttive capitalistiche è, in ciascuna fase dello sviluppo storico , la materializzazione del rapporto di forza tra le classi. Si tratta di un'impostazione del problema nettamente soggettivista che considera unilateralmente gli effetti della lotta di classe sul processo produttivo . Alla teoria unilaterale revisionista del primato delle forze produttive , la reazione soggettivista­ -operaista non fa che contrapporre un'altra teoria unilaterale : il primato della soggettività. Tanto i revisionisti appiattiscono la classe operaia alla sua sola determinazione oggettiva (forza­ -lavoro incorporata nel capitale), quanto i �.)ggettivisti ne mitizzano la soggettività . Sostenere che sono le forze produttive a determinare i rapporti di produzione è unilaterale e meccanicistico, come è unilaterale e meccanicistico rovesciare la questione . Le forze produttive sono sempre , per cosÌ dire , plasmate, mod ellate, dai rapporti di produzione che le mettono in funzione e non si può parlare delle une separatamente dagli altri . Se è vero che , in ultima analisi , è la crescita, l'espansione delle fo rze produttive l'elemento promotore delle tra­ sfo rmazioni sociali , ciò non di meno essa avviene sempre sotto il segno ed il dominio dei rapporti di produzione dominanti. Così , per esempio , nel modo di produzione capitalistico , la crescita delle forze produttive si realizza per e attraverso l'accumulazione capitalistica, ed è perciò la razionalità del plusvalore che defmisce , in ultima istanza, la forma delle modificazioni che vengono ad esse ap­ portate. Che il singolo capitalista , apportando delle modificazioni al processo lavorativo , agisca nel­ l'inconsapevolezza degli esiti a lungo termine sulla struttura economica, sulla composizione di clas­ se, sui rapporti di forza tra le classi , ecc., non toglie nulla al fatto che , per il suo tramite, le forze produttive interiorizzano , nel loro sviluppo , i rapporti di produzione dominanti. CHE COSA DOBBIAMO INTENDERE PER FORZE PRODUTTIVE C APITALISTICHE In primo luogo , la classe dei lavoratori produttivi ( di capitale ), che è la principale forza produt­ tiva di mezzi di lavoro e di beni di consumo. Senza di essa non vi sarebbe alcuna produzione. Una volta venduta al capitalista , la forza-lavoro operaia viene immessa nel processo lavorativo . Ma, gli operai, "nel processo lavorativo hanno già cessato di appartenere a se stessi. En trandovi, sono incorporati al capitale. Come . . . membri di un organismo operante, sono essi stessi soltanto un modo particolare d 'esistenza del capitale. Dunque, la forza produttiva sviluppata dall 'operaio come operaio sociale [ che coopera nel processo lavorativo] è forza produttiva del capitale". 1 9 Tra tutte le forze produttive , la classe operaia è senz'altro quella più preziosa perché , essendo direttamente contrapposta al capitale , ne è anche la sua principale e virtuale negazione. Essa, dunque , ha un'esistenza contraddittoria. I n quanto forza produttiva capitalistica produce plusvalore , è cioè la negazione di se stessa come classe . In quanto produce materialmente la sua ne­ gazione, essa è oggettivamente posta nelle condizioni migliori per risolvere questa contraddizione . Prendendo coscienza della sua posizione nel modo di produzione capitalistico , dell'insieme delle contraddizioni che esso genera, delle latenze che si formano nel suo seno , delle possibilità di tra-

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sfonnazione che maturano sulla sua base, ... la classe operaia può organizzarsi in forme antagonisti­ che al capitale e, affennando un proprio autonomo potere , liberarsi infine dalla schiavitù del lavoro salariato . Essa è, dunque , la forza centrale della rivoluzione proletaria. Un secondo insieme di forze produttive è quello dei mezzi di produzione. Nella manifattura, sono mezzi di produzione tanto gli strumenti di lavoro (torni, frese , ...), quan­ to i materiali di lavoro (minerali, legnami, ecc.) attivati e trasformati dai lavoratori produttivi nel processo di lavoro. Naturalmente, gli strumenti di lavoro, di per se stessi , sono solo un ammasso di ferraglia, e perciò divengono forze produttive solo attraverso la necessaria connessione con la classe operaia. Proprio questa connessione ci spiega perché anche le capacità tecnico-produttive , l'esperienza e le attitudi­ ni dei lavoratori si configurano come un'importante forza produttiva, al pari della cooperazione e della organizzazione del lavoro . Spiega Marx : " . . . un modo di produzione o uno stadio industriale determinato è sempre unito con un modo di cooperazione o uno stadio sociale determinato, e questo modo di cooperazione è anch 'esso una 'forza produ ttiva ' " . 2 0

Una forza produttiva che , per giunta, il padrone si accaparra gratuitamente : "L 'aumento della forza produttiva attraverso la cooperazione semplice e la divisione del lavoro non costa nulla al capitalista. Esse sono forze naturali gratuite del lavoro sociale nelle detenninate fonne che esso assume sotto il dominio del capitale". 2 1

Se ciò vale per la manifattura, nella fabb rica capitalistica moderna le cose si ripresentano in altro modo. Qui, la metamorfosi dei mezzi di produzione in sistema di macchine ha espropriato total­ mente la forza-lavoro operaia della sua esperienza e delle sue attitudini, ha scisso radicalmente il braccio dalla mente, incorporando nelle macchine ogni sapere e lasciando agli operai solo la fatica. L'organizzazione del lavoro sociale connessa in particolare agli stadi più avanzati della cooperazio­ ne, essendo solo "un metodo particolare per generare plusvalore relativo" ,2 2 non soltanto "svilup­ pa la forza produttiva sociale del lavoro a favore del capitalista invece che a favore dell 'operaio ma la sviluppa mediilnte lo storpiamento dell'operaio individuale" . 2 3 Essa, "intaccando la radice stessa della vita dell 'individuo", è causa di un "certo rattrappimento intellettuale e fisico" ,2 4 le cui

conseguenze più devastanti si svilupperanno proprio nella fabbrica moderna. Fordismo,2 5 taylorismo,2 6 lavoro ad isole . ,2 7 in quanto tecniche di organizzazione "scien­ tifica" del lavoro, per elevarne al più alto grado la produttività e l'intensità, vanno a tutti gli effet­ ti considerate come forze produttive capitalistiche . .

.

Un discorso particolare va fatto per la scienza, o meglio per l'applicazione tecnologica della scien­ vale a dire, per il modo in cui il capitale si appropria della scienza nel corso del processo di valo­ rizzazione. Anche la scienza, infatti, incorporandosi nelle macchine e contribuendo a perfezionare la tecno­ logia della produzione, si trasforma in forza produttiva. Nel modo di produzione capitalistico, l'utilizzo delle scoperte scientifiche , l'indirizzo delle ricer­ che , come i settori di applicazione, vanno esclusivamente nel senso di accrescere la produzione di plusvalore . Anche qui il carattere non neutrale delle forze produttive rispetto agli interessi delle .classi è mol­ to evidente . Nel modo di produzione capitalistico il rapporto con la natura (controllo, dominio) si attua at­ traverso la dittatura sostanziale di una classe su un'altra. Ed è questo rapporto a plasmare anche il primo. Interiorizzandosi nel capitale , la scienza opera secondo le leggi di quest'ultimo : opera per la pro­ duzione di plusvalore, per la massima valorizzazione del capitale . za ,

DALL' I N I Z IO ALLA FINE

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Natu ralmente , si tratta, anche qui, come per la forza-lavoro, di un processo contraddittorio. Men­ tre , da u n lato, la scienza, incorporandosi nel capitale , ne promuove gli scopi (massima estrazione di plusvalore relativo), dall'altro crea le premesse - tanto le condizioni materiali, che il b isogno per il superamento dei rapporti di produzione capitalistici che si oppongono al pieno dispiegamen­ to di una produzione automatizzata. Ed è da queste premesse che il proletariato metropolitano deve partire per fondare oggettivamente un programma di transizione rivoluzionaria al comunismo, un programma, cioè , che concepisca insieme alla radicale rivoluzionarizzazione dei rapporti di produzione capitalistici, una altrettanto radicale rielaborazione delle forze produttive . COSA DOBBIAMO INTENDERE PER RAPPORTI DI PRODUZIONE CAPITALISTICI

Abbiamo parlato di rapporti di produzione, ma non abbiamo ancora detto in che cosa consiste il loro concetto. Si intendono per rapporti di produzione e di scambio tutti quei rapporti oggettivi, e cioè indipen­ denti dalla coscienza, che si stabiliscono tra gli uomini nella creazione del prodotto sociale e nella successiva ripartizione di esso. L'insieme dei rapporti di produzione , ad ogni determinato grado di sviluppo delle forze produtti­ ve , costituisce la struttura economica della società. Nel modo di produzione capitalistico i rapporti di produzione sono, anzitutto , rapporti di classe ed hanno un carattere oggettivamente antago­ nistico. I rapporti di proprietà dei mezzi di produzione sono, tra i rapporti di produzione, quelli essenzia­ li, poiché da essi dipende la forma di tutti gli altri. Ma, occorre non confondere la semplice determinazione giuridica (che è solo la forma esterna dei rapporti di produzione) con il movimento reale dei rapporti di proprietà nel proce sso produttivo . Detto altrimenti: non è sufficiente sapere in mano a chi nominalmente si trovano i mezzi di produ­ zione , ma è indispensabile sapere anche come vengono impiegati nel processo della produzione. Ciò è decisivo, poiché la rivoluzionarizzazione dei rapporti di produzione è a questo livello che deve , in ultima analisi, incidere profondamente . La forma privata della proprietà dei mezzi di produzione , nel modo di produzione capitalistico, si scontra sempre più aspramente con il carattere sociale del processo di produzione, e questa contraddizione si ripercuote, dialetticamente, su tutte le altre relazioni. Le relazioni tra gli uomini nel processo immediato della produzione (divisione del lavoro) , come quelle tra gli uomini e gli strumenti (organizzazione del lavoro) , ne sono un chiaro esempio. La posizione dei gruppi sociali nella produzione , conseguente alle forme di proprietà, ovvero il

"sistema dei posti e delle funzioni assegnate ai differenti agenti che conco"ono alla produzione" ,

defmisce una determinazione, mai troppo sottolineata , dei rapporti di produzione . Man , ne Il Capitale, sottolinea la grande efficacia di un'espressione di un autore da lui citato : "La suddivisione del lavoro è l 'assassinio d 'un popolo " . 2 8

In particolare , nel capitalismo moderno, questo 'assassinio' si consuma attraverso una polariz­ zazione estrema del sapere e dell'eseguire, che , mentre si distanziano sempre più, sempre più si contrappongono come realtà estranee ed antagonistiche . Questa contrapposizione "delle potenze intellettuali del processo di produzione agli operai, come proprietà non loro e come potere che li domina" si compie nella grande industria "che °

separa la scienza, facendone una potenza produttiva indipendente, dal lavoro e la costringe a entrare al servizio del capitale" . 2 9

L'immiserimento intellettuale crescente , la repressione dello sviluppo intellettuale , a cui è ri­ dotta la classe operaia oggi, il trasferimento ed il monopolio di ogni sapere, come di ogni potere , al capitale , costituiscono un nodo esplosivo dei rapporti di produzione capitalistici operanti nelle metropoli imperialiste. Un nodo, la cui soluzione va assunta nel programma di transizione al comu­ nismo con forza uguale alla trasformazione dei rapporti di proprietà. Quest'ultima, senza l'altra, del resto, non intaccherebbe la sostanza del problema.

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L ' APE E I L COMUNISTA

Le esperienze sovietica e cinese sono più che eloquenti al riguardo ! Esse hanno dimostrato che non opera alcun automatismo tra rapporti giuridici di proprietà e divisione del lavoro e che , pertanto , la rivoluzionarizzazione dei rapporti di produzione non può essere limitata ai soli rappor­ ti di proprietà. Il trasferimento della proprietà giurid ica dei mezzi di produzione allo Stato , non vuoI dire ancora e ffettiva appropriazione sociale dei mezzi di produzione , ma, soprattutto , non comport a necessariamente anche la metamorfosi rivoluzionaria dell'organizzazione della produzione.3 o Altre determinazioni dei rapporti di produzione sono le relazioni tra gli uomini nello scambio e il modo d i ripartizione del prodotto . CONTRADDIZIONE DIALETTICA TRA FORZE PRODUTTIVE CAPITALISTICHE E RAPPORTI DI PRODUZIONE CAPITALISTICI concetti di forze produttive e rapporti di produzione si riferiscono a lati entrambi necessari della prod uzione sociale , e perciò non hanno un'esistenza separata . Ciò non significa che il loro rispettivo movimento sia privo di contraddizioni. Infatti, nel contesto di ciascun modo di produ­ zione, l'incessante processo e spansivo delle forze produttive trova, nella forma particolare rela­ tivamente stabile dei rapport i di produzione , allo stesso tempo un elemento propulsore ed una catena imbrigliante .

"A un dato punto del loro sviluppo, lo forze produttive materiali della società entrano in con­ traddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l 'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l 'innanzi s 'erano mosse. Questi rappor­ ti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un 'epoca di rivoluzione sociale 3 l H.

Questa contraddizione ha un carattere oggettivo , ed è alla base della crisi generale del modo di produzione capitalistico . Dicendo che "ha un carattere oggettivo" non intendiamo affatto negare il ruolo decisivo che vi svolge la soggettività rivoluzionaria. Vogliamo , invece , dire che la soggettività si produce e si mani­ festa proprio sulla base di questa contraddizione oggettiva, e non può prescindere da essa senza rac­ cogliere vento e tempesta. Riconoscere la contraddizione dialettica, l'interazione recipro ca tra forze produtt ive e rapporti di produzione , quale base oggettiva della crisi del modo di produzione capitalistico , non comporta al­ cuna concessione al determinismo . Perché , se è vero che ogni modo di produzione instaura nel suo seno la latenza del modo di produzione successivo ,3 2 è ancor più vero che solo la classe che più di ogni altra è interessata al mutamento può rapire queste latenze dal campo del possibile, fissarle in potenti idee forza nel proprio programma, e trasfonnarle in forza materiale scardinante, calandole nella coscienza e nell'azione delle masse . Esplorazione degli universi possibili, sulla base delle latenze già maturate e imprigionate nella realtà; individuazione delle latenze confacenti agli interessi reali della classe oggettivamente rivo­ luzionari a ; distruzione di tutto ciò che ne impedisce l'emergenza dirompente : que sto è il percorso della soggettività rivoluzionaria nella crisi. Ciò non ha niente a che spartire con la teoria opportunistica degli "elementi di socialismo" , che vorrebbe veder sorgere e crescere , già all'interno del modo di produzione capitalistico, i primi "ger­ mi" del modo di produzione successivo . Per dimostrare que sta tesi, gli opportunisti, di destra o 'di sinistra' , procedono per analogia. Come il modo di produzione capitalistico si è fonnato ed ha cominciato ad operare all'interno del modo di produzione feudale , così il modo di produzione successivo si forma e comincia ad operare nel modo di p roduzione capitalistico .

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Ma, il ragionamento analogico , se può essere un utile strumento del pensiero , non è, di per sé , prova di verità. Non c'è analogia possibile con il passato , nel nostro caso . Tutte le trasformazioni avvenute nei modi di produzione precedenti non hanno mutato sostanzialmente i rapporti di pro­ duzione, limitandosi a sostituire una forma di proprietà ad un'altra, una forma di sfruttamento con un'altra. Dalla proprietà schiavista, alla proprietà feudale , alla proprietà capitalistica . Dallo sfrutta­ mento degli schiavi , allo sfruttamento dei servi della gleba, allo sfruttamento dei proletari .

La rivoluzione proletaria ha un carattere radicalmente diverso : essa non rovescia una classe domi­ nante per sostituirla con un'altra. Non è questo il senso della "dittatura proletaria". Liberando se stessi dalla schiavitù del lavoro salariato , i proletari della metropoli intendono rivo­ luzionare , sulla base delle possibilità raggiunte d alla tecnologia e dalla scienza, ma inattuabili nel modo di produzione capitalistico , il proce sso di produzione , promuovendo un processo di produ­ zione automatico autoregolato (meccanizzazione integrale e automazione) . Abbattendo la proprietà privata, essi intendono gettare le fondamenta per una appropriazione e per una gestione sociale dei mezzi di produzione, fondata su rapporti di collaborazione e mutua as­ sistenza, e finalizzata: alla "riduzione a un minimo del lavoro necessario della società, a cui poi corrisponde la for­ mazione artistica, scientifica ecc. degli individui grazie al tempo divenuto libero e ai mezzi creati per essi tutti" ; 3 3 alla creazione d i tempo disponibile per ogni individuo e per l'intera società, come misura della ricchezza;3 4 al libero sviluppo delle individualità ! 3 5 La rivoluzione proletaria nelle metropoli è una rivoluzione epocale , che chiude un'epoca : l'epo­ ca dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo . Non c'è arma che non verrà impiegata contro di essa da parte delle classi dominanti, non c'è violenza, strage o genocidio che non saranno tentati per bloccarne il corso . Tutta la potenza militare ed ideologica viene e verrà riversata contro di essa in una GUERRA al cui cospetto tutte le guerre precedenti appaiono ben misera cosa. In queste condizioni, non esiste alcuno spazio reale , sia pur interstiziale , per i rapporti di pro­ duzione in gestazione all'interno della morente b ase economica capitalistica: essi sono cond annati ad avere un'esistenza solo virtuale , e perciò ad operare solo nel politico , come anticipazione di programma e come forza materiale organizzata sul terreno del potere per imporlo . Ma, questa è anche la loro enorme forza ! Distruzione cosciente . Costruzione cosciente. Né fatalismo o rassegnazione deterministica, né volontarismo utopistico. L'agire rivoluzionario è un progetto scientifico di trasformazione , modellazione dell'avvenire , sulla base della conoscenza del passato , del presente e delle sue latenze ; è fantasia creatrice che non teme di costruire connessioni "impensabili" per la razionalità dominante del capitale (che è la razionalità del plusvalore); è azione intelligente , di avanguardia e di massa, tesa al raggiungimen­ to di un determinato scopo il cui modellrJ codificato , è, nelle sue linee generali, fissato in un pro­ gramma. L'agire rivoluzionario è costruzione, nel corso dell'azione, di nuove configurazioni di potere delle masse proletarie , che si riappropriano , nella lotta , di mille saperi ; che ricompongono in se stesse ciò che il capitale aveva loro rapinato e ad esse contrapposto; che decidono la loro iniziativa, e, nel­ la trasgressione rivoluzionaria di tutte le ingiunzioni del capitale e del suo Stato , si responsabilizza­ no a tutti i livelli. Attività cosciente, responsabilizzazione, trasgressione : questi sono i caratteri essenziali del movi­ mento di massa rivoluzionario che costruisce , intorno al suo programma di transizione al comuni­ smo anche se stesso ed il suo sistema di potere , e che aggredisce la formazione economico-sociale , in o gni sua regione senza falsi pudori.

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L' APE E IL COMUNISTA

IL CONC ETTO DI FORMAZIONE ECONOMICO SOCIALE Se con il concetto di modo di produzione si intende la b ase su cui si regge ciascuna società con­ creta, e sso ancora non ci dice tutto su questa società. Non sono pochi ad aver commesso l'errore di "trascurare" od ignorare l'insieme dei rapporti so­ ciali che su di esso si elevano , con esso si intrecciano e tra loro interagiscono nella vita sociale rea­ le . Con riduzionismo economicistico si intende , appunto , questa impostazione errata . Connessa a d essa è anche la convinzione - altrettanto errata - che il rapporto tra b a se economi­ ca e "sovrastru ttura" sia , in sostanza, non di tipo dialettico ma causale , vale a dire che le diverse re­ gioni della "sovrastru ttura" siano unilateralmente condizionate, nel loro movimento , dalla base economica. Come stanno , in realtà , le cose ? Innanzitutto , va detto che la base economica è solo lo scheletro della formazione economico so­ ciale . Ogni modo di produzione è , infatti, sempre rivestito di "carne e sangue", e cioè di un comple sso di idee , istituzioni, relazioni giuridiche , politiche , ideologiche, artistiche , religiose , ... , con e sso e tra di loro interconnesse ed interagenti, in modo da formare un sistema dinamico comple sso ed artico­ lato . Con la categoria di fonnazione economico sociale , il materialismo storico concettualizza, appun­ to , la struttura di questo sistema dinamico di rapporti organicamente legati ed in continua intera­ zio ne , sulla base di un dato modo di produzione e se condo leggi specifiche . Ogni formazione sociale rappresenta , pertanto , un sistema sociale qualitativamente determinato e relativamente stabile . La stessa formazione sociale può assumere , tuttavia , forme concrete molto diverse. Ad esempio , la formazio ne sociale capitalistica , nella stessa epoca, può determinarsi nella forma italiana, ingle ­ se, francese , ecc . . Ciò si spiega con l'ineguale grado di sviluppo del modo d i produzione capitalisti­ co , con la storia p articolare di ciascuna sua regione , con la peculiare forma di interazione dei diver­ si sottosistemi ( economico, politico , giuridico , . . .) , e , naturalmente , con l'intensità e l'estensione della lotta di classe . La conoscenza concreta di ciascuna formazione , ad ogni stadio particolare del suo sviluppo , non potrà che essere , perciò , il risultato di una "analisi concreta della situazione concreta",3 6 ma il concetto di formazione economico sociale resta in ogni caso indispensab ile per comprendere le leg­ gi generali oggettive di funzionamento e di sviluppo proprie ad ogni sistema sociale indipendente­ mente dalle sue particolarità. Questo sistema dinamico si articola in sottosistemi dinamici che si caratterizzano per l'ineguale sviluppo , la diversa velocità di movimento e la relativa autonomia dal movimento della base econo­ mica che , tuttavia , resta sempre determinante , in ultima istanza, dell'intero pro cesso . Osserva Marx che "i rapporti di produzione in quanto rapporti giuridici [ hanno] uno sviluppo ineguale" .3 7 Ciò , beninteso , vale anche per tutti gli altri rapporti. Il fatto che la base economica sia sempre determinante in ultima istanza non comporta, pertanto , che essa sia anche la regione dominante in ciascuna formazione sociale esistita e in ciascun momen­ to del divenire di una formazione sociale . Infatti, nella formazione schiavistica, ai tempi dell'impero romano , era dominante la regione poli­ tica. Nella formazione feudale , era invece la religione a svolgere un ruolo dominante . Nella fase di crisi generale , storica, del modo di produzione capitalistico , o in quella di dittatura del proletariato , è ancora la politica che assume un ruolo dominante .

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L' ASTRATIO E D IL CONCRETO Sebbene la massa caotica dei fenomeni, cosi come e ssi appaiono , sia il punto di partenza obbliga­ to per ogni indagine che si proponga di "far suo" un certo materiale nei particolari, analizzarne le differenti forme di sviluppo e delinearne l'intera connessione, il metodo scientifico di studio , della dialettica della società borghese , segue un cammino meno immediato . Esso procede dall'astratto al concreto , e cioè in un primo tempo scompone , per via analitica , questa massa caotica di fenomeni in "concetti più semplici" , 3 8 in "astrazioni sempre più sotti­ li" , 3 9 fmo a giungere alle determinazioni più semplici . Poi intrap rende il viaggio inverso , risale fi­ no ad arrivare nuovame nte ai fenomeni, "ma questa volta non come a una caotica rappresentazio­ ne di un insieme, bensì come a una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni" . 4 0 ". .. il metodo di salire dall 'astratto al concreto è solo il modo in cui il pensiero si appropria il concreto, lo riproduce come un che di spiritualmente concreto" . 4 1 Ciò premesso , la prima domanda a cui dobbiamo rispondere è questa: cosa intende , in sostanza, Marx per "astratto" e per "concreto " ? . Per afferrare la risposta, è opportuno sgombrare il cervello dai significati che queste parole han­ no nel linguaggio di tutti i giorni. Tesi fondamentale del materialismo storico è l'esistenza oggetti­ va, fuori e indipendentemente d alla nostra coscienza, della materia sociale nelle sue molteplici for­ me e nel suo divenire . Ogni fenomeno che il lavoro scientifico vuole indagare h a , dunque , i n primo luogo , una esistenza oggettiva. La formazione sociale capitalistica , ad e sempio , esiste come fenomeno oggettivo prima ancora di qualsivoglia analisi. In secondo luogo , ogni fenomeno oggettivo comprende molteplici lati, proprietà e rapporti che sono tra di loro interconnessi ed interagenti. Questa unità di molteplici lati, proprietà e rapporti, avente un'esistenza oggettiva , è ciò che chiamiamo concreto sensibile . Per "astratto" intendiamo ancora una caratteristica oggettiva degli enti materiali . Ma, a differen­ za di "concreto" (unità delle molteplici determinazioni di un fenomeno) , "astratto" è ciascun lato , proprietà o rapporto, preso nella sua unilateralità e framme ntarietà . "La più semplice categoria economica, come per es. il valore di scambio, ... non può esistere al­ tro che come relazione unilaterale, astratta, di un insieme vivente e concreto già dato" . 4 2 Essendo data nella realtà oggettiva , come rapporto specifico tra i vari lati entro un sistema orga­ nico, la relazione tra "astratto" e "concreto" viene ricostruita dal nostro pensiero per mezzo di strumenti particolari : i concetti e le categorie . I concetti sono forme del pensiero che esprimono e fissano le proprietà ed i nessi degli oggetti e dei fenomeni del mondo esterno. Il concetto viene astratto dalla realtà oggettiva, ma questa "corrisponde ad essi [ai concetti] solo indirettamente, . . . in modo asintoticamente approssimativo " .4 3 I concetti, in altri termini, si ap­ pro ssimano sulla realtà oggettiva senza mai coincidere con essa . Ciò significa, prosegue Engels , che "l'unità di concetto e fenomeno si presenta come processo essenzialmen te infinito". 4 4 Il concetto , inoltre , è u n sistema dinamico d i significati che "giocano" i n u n contesto , vale a dire in un sistema d inamico di concetti, in un modello teorico . Fuori dal suo sistema di riferimento , il concetto è, per così d ire , spaesato : entra , cioè, in connes­ sioni disorganiche che ne modificano il campo dei significati. Ogni concetto scientifico va, perciò , considerato nella rete delle relazioni che deflliiscono i suoi significati nel quadro di ciascuna teoria e del suo sviluppo . , Le categorie scientifiche sono concetti "fortr' , che riflettono i lati ed i nessi più essenziali di questo o quell'ordine di fenomeni: sono i pilastri della struttura di un modello teorico . Riassumendo : ciascuna delle determinazioni di singoli lati del fenomeno fissate dal pensiero sarà , per noi, un concetto "astratto " . Mentre l'insieme delle determinazioni concettuali ricostruite nel pensiero sotto forma di una totalità organica, di sistema unitario , sarà invece un "concreto del pensiero " .4 s

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Trasferito e tradotto in concetti, nella mente dell'uomo , il concreto sensibile si presenta nella forma di "concreto del pensiero" . M a , a questo risultato di sintesi, il pensiero giunge solo dopo u n lungo e faticoso cammino d i ap­ propriazione della realtà oggettiva a partire d ai suoi singoli lati e proprietà , elaborandone il concet­ to e riconnettendone via via l'insieme delle determinazioni concettuali astratte in un sistema unita­ rio , dinamico , e logicamente coerente . E' a questo percorso che Marx si riferisce quando , in polemica con l'idealismo, afferma che :

"Per la coscienza ... la totalità concreta, come totalità del pensiero, come un concreto del pen­ siero, è in fact un prodotto del pensare, del comprendere; ma mai del concreto che genera se stes­ so e pensa al di fuori e al di sopra dell 'in tuizione e della rappresentazione, bensì dell'elaborazione in concetti dell 'intuizione e della rappresentazione" .4 6 IMMAGINE SCIENTIFICA E MODELLO TEORICO Il metodo scientifico di conoscenza elaborato da Marx si avvale di modelli teorici . Tali sono , in­ fatti, la "totalità del pensiero" ,4 7 il "concreto del pensiero" . I l suo oggetto d'indagine è " il modo capitalistico d i produzione e i rapporti d i produzione e di scambio che gli corrispondono ",4 8 e non - come hanno creduto in molti - l'Inghilterra che pure , nella sua epoca, era di questo oggetto la "sede classica" .4 9 Certo , essa viene presa in considerazione da Marx nella costruzione della sua teoria, poiché essa è la forma più sviluppata del fenomeno che egli considera ; ma, nella Prefazione alla prima edizione (luglio 1 867) de Il Capitale , Marx mette in chiaro che :

"In sé e per sé, non si tratta del grado maggiore o minore di sviluppo degli antagonismi sociali derivanti dalle leggi naturali della produzione capitalistica, ma proprio di tali leggi, di tali tendenze che operano e si fanno valere con bronzea necessità. il paese industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello meno sviluppato l 'immagine del suo avvenire". s o In altri termini, ciò che interessa a Marx è il modo di produzione capitalistico in generale , le sue leggi e le sue tendenze , e non, invece , una sua forma determinata ad un qualche stadio del suo di­ venire . Sui concetti di legge e di tendenza occorre essere precisi , poiché si tratta di strumenti essenziali per l'elaborazione di una immagine scientifica del mondo . Per legge generale di un fenomeno s'intende la sua contraddizione principale espressa in categorie (ad esempio economiche) o simboli (ad e sempio matematici) tra loro connessi secondo procedure logiche (o matematiche) materialistiche e dialettiche che ne spieghino il processo reale . Le leggi secondarie si riferiscono a contraddizioni secondarie. Per analisi della tendenza si intende lo studio simulato della contraddizione principale come pro­ cesso , e cioè la sua dialettica quantitativa e qualitativa , nei suoi diversi stadi: d all'inizio alla fine . Come il concetto e le categorie , anche la legge è reale in senso mediato, e cioè riflette mediata­ mente la realtà oggettiva. Di conseguenza , il corpus dei concetti e delle leggi che definisce un modello teorico riflette an­ ch'esso solo in senso mediato il suo oggetto reale . Anche noi dobb iamo chiederci con Engels : "Forse la feudalità è stata mai corrispondente al suo concetto ?" . S I In una lettera a C . Schmidt, Engels così chiarisce la questione : " [ Le] . .. leggi economiche in generale . . . non hanno altra realtà che nella approssimazione, nella tendenza, nella media, ma non nella realtà immediata. Dò dipende in parte dal fatto che la loro azione si incrocia con l 'azione contemporanea di altre leggi, in parte però anche dalla loro natura di concetti" . S 2

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La legge non descrive il movimento della realtà immediata, ma piutto sto cerca di coglierne , al di là delle forme , la sua "bronzea" nece ssità . Il fenomeno è sempre più ricco della legge , e ciò è dovu­ to al fatto che la legge si riferisce solo ai rapporti necessari, generali, stab ili, essenziali , tra i lati di un fenomeno o tra i fenomeni. Mentre a determinare un fenomeno concorrono sempre , incrocian­ dosi con le sue leggi generali , molte altre leggi particolari . Così come il concetto , anche la legge è uno strumento necessario del pensiero per appropriarsi il concreto , per riprodurlo come "concreto del pensiero". Marx, di conseguenza, per costruire il modello dinamico del modo di produzione capitalistico non si accontenta di descrivere la genesi, lo sviluppo e la forma più avanzata, a lui contemporanea, di questo modo di produzione ; bensì va a ricercarne le leggi generali e le tendenze nece ssarie . Sono questi gli strumenti che gli consentiranno le più ardite operazioni del pensiero ; gli consen­ tiranno , cioè, di spingersi per via analitica fino agli estremi limiti del modo di produzione capitali­ stico , oltre i quali si spalanca la breccia di una discontinuità qualitativa epocale e, a partire di l ì , ri­ guardare con occhi nuovi , e secondo nuove prospettive , anche il presente ! E' proprio questo che interessa a Marx : estrapolare dalle leggi generali del divenire del suo ogget­ to la tendenza; simulare concettualmente , secondo procedure dialettiche (logiche e/o matemati­ che), il loro movimento intrinsecamente contraddittorio (divaricantesi) , per capire al futuro la loro forma divenuta . E questa "fonna divenuta" non è semplicemente , come potrebbe apparire , la piena maturità del­ la tendenza, ma, piuttosto , è il suo rovesciamento d ialettico , il suo esser divenuta , a causa delle sue contraddizioni, "qualcosa d 'altro " . Il modello teorico di Marx si tende così fino a riconnettere , i n una dialettica troppo poco cono­ sciuta, genesi-sviluppo-crisi del modo di produzione capitalistico e del suo superamento , sulla b ase delle latenze in esso maturate . Ma, nello stesso tempo, i risultati àella sua esplorazione analitica , fissati nella modellizzazione del modo di produzione capitalistico divenuto , ci ritornano come previsione teorica e, dunque , come guida per l'azione . La previsione teorica ci indica un possibile , ma il suo completarsi dipende dall'attività sociale de­ gli uomini, d alla lotta di classe . Indicandoci un possibile per noi deside rabile , la previsione teorica influisce sulla nostra coscienza e sul nostro comportamento e sollecita un'attività conforme al suo conseguimento .

METODO LOGICO O METODO STORICO ? Sorge , a questo punto , un altro problema: il metodo scientifico che procede d all'astratto al con­ creto , che "sale dal più semplice al più complesso" , che opera secondo modelli , riflette o meno il movimento storico reale ? Posta in altro modo , la questione si presenta cos ì : l'indagine scientifica deve o meno ripercorrere il processo di sviluppo storico del suo oggetto , e , eventualmente , in quali termini ? La risposta non è per niente scontata . Ed infatti Marx rispond e : "ça dépend" ,S 3 dipende ! In alcuni casi, "il cammino del pensiero astratto che sale dal semplice al complesso" corrisponde "al processo storico reale". S 4 In altri no . E poiché non necessariamente vi è corrispondenza tra successione storica ed ordinamento logico delle categorie , sarebbe "dunque inopportuno ed erro­ neo dispo"e le categorie economiche nel/ 'ordine in cui esse furono storicamente detenninanti. La loro successione è invece detenninata dalla relazione in cui esse si trovano l 'una con l 'altra nella moderna società borghese" . S S

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A tal proposito , Engels osserva:

"La critica dell 'economia, anche dopo che era stato acquisito il metodo, poteva ancora essere intrapresa in due modi: storicamente o logicamente. Poiché nella storia, come nel suo riflesso lette­ rario, l 'evoluzione va pure, in sostanza, dai rapporti più semplici ai rapporti più complicati, lo svi­ luppo storico-letterario dell 'economia politica offriva un filo conduttore naturale a cui lfl critica poteva aggrapparsi, e in sostanza le categorie economiche sarebbero apparse anche in questo caso nello stesso ordine che nello sviluppo logico . . . . La storia procede spesso a salti e a zigzag, e si sa­ rebbe dovuto tenerle dietro dappertutto, il che avrebbe obbligato non solo ad inserire molto mate­ riale di poca importanza, ma anche a interrompere spesso il corso delle idee. . . . n modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto. Questo non è però altro che il modo storico, uni­ camente spogliato della fonna storica e degli elementi occasionali perturbatori. Nel modo come incomincia la storia, così deve pure incominciare il corso dei pensieri, e il suo corso ulteriore non sarà altro che il riflesso, in fonna astratta e teoricamente conseguente, del corso della storia; un riflesso corretto, ma corretto secondo leggi ch e il corso stesso della storia fornisce, poiché ogni momento può essere considerato nel punto del suo sviluppo in cui ha raggiunto la sua piena matu­ rità, la sua classicità" . 5 6

Il metodo logico è, dunque , la chiave per la comprensione dello sviluppo storico : e sso va al nu­ cleo strutturale dello sviluppo storico consentendone un'analisi attenta, scientifica e sistematica. Ecco perché Marx afferma : "Per sviluppare le leggi dell 'economia borghese non è quindi necessario scrivere la storia reale dei rapporti di produzione" . 5 7 Il criterio logico di disposizione delle categorie economiche non è soggettivo . La logica dialettica di Marx è una logica oggettiva e materialistica .

"Come in generale con ogni scienza storica e sociale, nell 'ordinare le categorie economiche si deve sempre tener fenno che, come nella realtà cosi nella mente, il soggetto - qui lfl moderna società borghese - è già dato, e che le categorie esprimono perciò modi d'essere, detenninazioni dell 'esistenza, spesso soltanto singoli lati di questa detenninata società, di questo soggetto, e che l 'economia politica pertanto anche come scienza non comincia affatto nel momento in cui si comincia a parlflre di essa come tale" . 5 8 Anche l'interconnessio ne e l'interdipendenza delle categorie nel pensiero riflettono , ricostruen­ dola, l'interconnessione e l'interdipendenza degli enti materiali esistenti oggettivamente , e cioè fuori dalla coscienza. Cosi, poiché fuori della coscienza , nella realtà, vi è sempre in tutte le forme di società "una de­ tenninata produzione che decide del rango e dell 'influenza di tu tte le altre e i cui rapporti decido­ no perciò del rango e dell 'influenza di tutti gli altri" , 5 9 l'ordine del pensiero è da ciò defrnito con rigore . Nella società borghese questa potenza economica che domina tutto è il capitale .6 o Esso deve , pertanto , costituire " il pun to di partenza cosi come il punto di amvo" 6 1 dell'indagine scientifica.

"Capitale in generale"6 2 è il concetto che esprime questa tesi fondamentale . Esso racchiude in sé "tutte le contraddizioni della produzione borghese, come pure il limite dove essa conduce, al di là di se stessa" . 6 3 Il concetto di "capitale in generale", cogliendo l'essenza propria di ciascun capitale , e cioè l'essere plusvalore riproducentesi sulla base di una specifica e storicamente determinata relazione sociale , il lavoro salariato , non si riferisce ad "una fonna particolare del capitale" , né al "singolo capitale distinto da altri singoli capitali" ,6 4 e neppure a capitali concorrenti.

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Proprio per questo , lo sviluppo di tutte le determinazioni di questo concetto consentirà a Marx di seguire , sirnulandola, la storia vitale del capitale ,6 5 a partire dall a sua genesi e in tutti i successivi movimenti, fmo al lirnite estremo della sua crisi generale . Vediamo , dunque, come quest'analisi del "capitale in generale" si dipana prendendo l'avvio dalla sua "fonna di ceDula" ,6 6 dall a "forma di merce" ,6 7 e cioè dal "rapporto più semplice, abituale, fondamentale, il rapporto più diffuso, più ricorrente, riscontrabile miliardi di volte, della società (mercantile) borghese" .6 8 E partiamo di qui perché, come spiega Lenin:

"L 'analisi discopre in questo fenomeno semplicissimo (in questa 'cellula ' della società borghese) tutte le contraddizioni (respective l 'embrione di tutte le contraddizioni) della società moderna. L 'ulteriore esposizione ci mostra lo sviluppo (sia la crescita che il movimento) di queste contraddi­ zioni e di questa società, nel � delle singole parti, dal suo inizio aDa sua fine .6 9 "

Dal "suo inizio alla sua fine" ,7 0 dunque nel suo divenire e nella sua forma divenuta , vale a dire fino al limite e stremo oltre il quale "capita qualcosa" , le cose camb iano, si produce un salto, una rottura, una discontinuità qualitativa , una rivoluzione ! Que sto , a grandissime linee , sarà anche il nostro cammin o .

NOT E

l. F R lED R ICH E N G E LS, A n tidiihring (Giu­ gno 1 8 78), Editori Riuniti, Roma, 1 9 7 1 , p. 1 60 .

2.

Ibidem,

p.157 .

3. K A R L M A R X , Il Capitale. Critica dell 'e­ conomia politica, Libro Prim o , Terza Sezione (La produzione del plusvalore assolu to), Capitolo Quinto (Processo lavorativo e processo di valorizzazione),

Giulio Einaudi Editore , 5 Voll . , VoI. I , Torin o , 1975, p. 2 16 . 4. Ibidem. Gli A.A. sottolineano l 'espressione "nella sua testa". 5.

6. spessione

Ibidem, p . 2 1 8 . Sottolineano gli A.A. Ibidem, p. 2 1 9 . Gli "mezzo di lavoro ".

A .A . Sott olineano l 'e­

LEV SEM ENOV ICH V IGOTSKIJ, Il me· della conferenza tenuta presso l 'Accademia per l 'Educazione Com uni­ sta N.K. Krupskaja, nel 1 9 3 0 ; sta in : L.S. " V y gotskij , 7.

todo strumen Ulle in psicologia ; Tesi

Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche supe. riori e altri scritti, Giunti-Barbera Editore , Firenze,

1974, p. 227. Questo scritto è d i fo ndamentale importan­ za per u n approfon dim ento del concetto di "strumen­ ti psicologici". L.S. Vy gotskij è un m arxista -l enini­ sta russo che si p ropose , tra gli anni '2 0 e '30 , di ela­ b orare una nuova teoria materiastico-diale ttica della coscienza. n suo fon d amentale con tributo allo studio del rapporto tra pe nsiero e linguaggio è esposto in : L.S. Vy gotskij, Pensiero e linguaggio, Giunt i-Barbera Editore , Firenze, 1 9 7 6 .

Un utile quadro riassuntivo d e l pe nsiero d i Vy gotskij , e d e i molteplici f1loni d i ricerca c h e esso h a generato , lo d ob biamo ad un suo collab orat ore , A.A. LEONT J E V (Cfr . , A.A. Leontjev, Psicolin­ guistica, Editori Riuniti, Roma, 1 9 7 5 ) . Risulterà uti­ le, inoltre , a chi volesse approfondire questi temi, an­ che Psicologia sociale e storia di B . F . PO RSNEV, E d . Progress, Mosc a , 1 9 6 6 . Cfr . , al riguardo, per maggiori indicazioni, la Bibliografia Generale. li tennine 'mne­ mo tecnicl", si riferisce a tutti quei m ezzi, eserciz i, ecc ., m nemonici, inerenti cioè allo sviluppo delle funzioni d ella m e m oria. Al riguardo della n ozione "strumen ti psi· per rapporto al m etodo ( e al contenuto) della te oria marxista della c on oscenza, è im portante sottolineare la seguente fon damentale notazione di Vygotskij : un metodo strumen tale non ha nulla in

8.

cologici",

comune (tranne il nome) con la logica strum en tale di Dewey e degli altri pragmatisti" (L.S. Vygotskij , Il metodo strumen tale in .. , in op cit. , p . 2 3 1 ). Il "pragmatismo , in quanto dottrina f1l0·

.

"

sofic a , è stata esp osta per la prim a volta dal f1losofo , fisic o e matem atico americano Charles San ders Peirc e , intorno a l 1 87 0 . Con W . James , J. D ewey è il grande con tinuatore di questo indirizzo f1l osofic o borghese. Ci proponiamo di analizzare a fon do questa tendenza positivist ica, per i risvolti, anche e soprattutto di carattere polit ic o , che ha avut o e che h a nelle stesse file proletarie . Per ad esso b asti dire che il m ateriali­ smo storico e dialettico è agli antipodi del "pragma­ tism o". Il pragm atism o sost iene che le idee sono vere in quanto sono utili, se insom ma assolvono allo sc opo prefisso. Sottesa a tale teoria della verità vi è la nozione che le idee sono "strumen ti ". In fatti, la te oria d i Dewey sove nte viene c h iamata "strumen-

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L' APE E I L COMUNISTA

talism o ". U n o st rumento h a u n a funzione d a esegu i­ re , e se la esegue b e n e , allora è un buon strum ento , o , nel caso delle idee, è un 'idea vera. Le idee non c orrisp ondono alla realtà, m a sono piutt osto , stru­ m enti per affrontarla ; se, in questo caso, sono utili, allora so n o " vere ". Ciò sign ifica che è impossibile afferrare veramente la realt à . L 'essenza della dottrina pramatista è la se guent e : l e idee sono vere se sono

strumenti utili per affron tare la realtà. Ma ciò significa che la realtà è creata dalle idee. Inoltre, il pragmatism o è una variante del positivismo, il qual e ,

a s u a volta, d al punto di vista d e l m arxism o rivolu­ z ion ario, è un sist e m a idealistico sogget tivo. n pragm atism o , in particolare , m et te unil ateralm ente, in rilievo la volon tà , l 'attività , lo sforzo . . . . Men tre il marxism o spiega come, tram ite la pratica sociale, sia possib ile con oscere le leggi che govern ano i proc essi del m ondo reale, il pragmatism o . al contrario. a fferm a : dimentic h iam o la realtà o biet tiva e le su e le ggi ; concen triamoci sulla 'pratic a ' ; tu tto ciò che an drà bene è una buona cosa. Per il marxism o , .. un 'idea n o n è " vera perché u t il e , bensì è utile i n quanto è vera . L a ragione della fondamentale impor­ tanza attribuita alla pratica dalla teoria marxista della conoscenza non c onsiste nel fatto che essa , la pratic a , rivela ciò che utile. quanto piutt osto perché rivela e verifiva ciò che è vero , e, quindi, util e . La ragione della posizione cen trale occupata dalla pratica nella teoria marxista della conoscenza non risie de nel fatto c�, e essa scopre ciò che è utile . ma nel fat to che essa sc opre e verifica c iò che è vero, e, pertanto , utile. 9. A . A . LEONTJEV. Psicolingu istica, o p . c it . , p . 8 8 . Sot tolineano gli A . A . . Cfr . , a l riguar d o , i n K . M A R X , Introduzione a "Per la critica dell'economia politica ", Editori Riuniti. Roma, 1 9 7 4 , p . 1 7 2 : "La

produzione ad opera dell 'individuo isolato al di fuo­ ri della società . . . è un non senso come lo sviluppo di una lingua senza individui che vivano insieme e parli­ no tra loro". Cfr., anch e , in K . M A R X

-

F. E N G E LS.

L 'ideologia tedesca. Edit ori Riuniti. Roma, 1 97 5 . p . 2 0 : "Il linguaggio è an tico quan to la coscienza, il linguaggio è la coscienza reale, pratica, che esiste an­ che per gli altri uomini e che dunque è la sola esisten­ te anche per me stesso, e il linguaggio, come la co­ scienza, sorge soltan to dal bisogno, dalla necessità di rapporti con altri uomini. Là dove un rapporto esiste, esso esiste per me; l 'animale non 'ha rapporti ' . . La coscienza è dunque fin dall 'inizio un prodotto socia­ le e tale rimane fin tan to che in genere esistono gli uomini". .

Cfr . . in olt re . per esempio . in : K. M A R X ,

Grundrisse. Lineamen ti fondamen tali di critica dell 'e­ conomia politica, Giulio Einaudi Editore, Torin o , 1 9 7 6 . 2 V o l . . V o I . l. p . 4 6 9 ( Q. V , 3 9 0 . 1 2 ) : "La lingua stessa è tan to il prodotto di una comunità, quan to per un altro verso è l 'esistenza stessa della co· munità. anzi la sua esistenza naturale ". "... gli uomini ... cercano di penetrare l 'ar· cano del loro proprio prodotto sociale, poiché la de· terminazione degli oggetti d 'u w come valori è loro prodotto sociale, quanto il linguaggio " ( K . Marx , Il Capitale . , Libro Prim o , Prima Sezione. Cap itolo ..

Prim o . op. c it . . VoI. l. p. 90 ) . Cfr . . F R l E D R ICH ENGE LS, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma, 1 9 7 1 , p p . 1 8 5 e sgg . . lO.

K. M A R X , Introduzione a . ", op . cit .• p . 1 7 3 .

dell 'economia . .

"Per la critica

1 1.

Ibidem.

12.

Ibidem.

Sottolineano gli A.A . .

1 3 . KA R L M A R X ,l1 Capitale . . . , Libro Prim o , Terza Sezion e , C a p . Qu into, op . cit, V o I . I , p . 2 1 8 . 1 4 . Potrà essere utile, per un avvio ad un lavo­ ro di ricerca su questo tema, consultare : M A R X ­ -ENGE LS· L E N l N , Sulle società precapitalistiche, Feltrin elli Editore . Milano. 1 5 . Marx espone questo fon damen tale concet­ to soprat tutto nella Critica al programma di Gotha (1 87 5). 16.

Manca l 'in dicazione bibliografica ( n . di

Corrispondenza Internazionale).

1 7 . Questa teoria fu fo rm ulata per la prima volta da Bernstein . Kautsk Y , dopo aver tradito la Ri­ voluzio n e , h a soste nuto frenetic amente questa teo­ ria reazionaria per opp orsi alla Rivolu zione sociali­ sta diretta da Lenin in Russia . l revisionisti sovietici hanno ere dit ato dai vecchi revisionisti questa teoria , e sostengono che nelle con dizioni d e l socialism o l 'e­ conom ia p revale sulla p olitic a . che la produzione oc­ cupa il primo post o . ecc . . In Cina, Liu Chao-chi pri­ m a e Teng Shiao·pin g p oi sono stat i i piu accaniti so­ sten ito ri di questa teoria . 1 8.

Una perla del tipo

"interesse generale " !

1 9 . K. M A R X , Il Capitale . . . , Libro Prim o . Quart a Sezion e , Capitolo un dicesim o (Cooperazione), op. cit . , VoI. l, p. 4 0 7 . Cfr . , K. Marx , Grundrisse . . . . op. cit . , V oI . l, p p . 2 4 6 e sgg . ( Q. lll, 205, 206 ) ; p p . 2 5 6 e sgg. ( 2 1 3, 214). 20. p. 20.

K . MARX,

L 'ideologia tedesca.

op . cit . ,

2 1 . K. M A R X , Per la critica dell 'economia po· litica (Manoscritti 1 86 1 - 1 86 3 ) , Quaderno V. Le Mac­ chine, in K. Marx . Capitale e tecnologia, Editori Riu­ nit i , Roma, 1 9 8 0 , p. 4 5 . Cfr . , K . Marx . 1I Capitale . . . . Libro Prim o , Quarta Sezione, Capitolo tre dicesim o op . c it . , VoI. I, pp. 4 5 3 -6 1 9 .

(Macchine e grande industria),

2 2 . K. M A R X , Il Capitale ... . Libro Prim o , Quart a Sezion e , Capitolo do dicesim o ( Divisione del lavoro e manifattura), o p . c it . , Vol . l, p. 446 . 23.

Ibidem.

Sot tolin eano gli A.A . .

2 4 . Ibidem, p . 4 4 4 . Potrà essere utile come "analisi concreta di una situazione concreta", leg­ gere : F . E N G E LS, La situazione della classe operaia in Inghilterra, Editori Riunit i , Roma, III e d . , 1 9 7 3 . 2 5 . "Tutto l o spazio. dal pavimen to a l soffitto del capannone, era attraversa to, riempito, solcato dal movimen to delle macchine. Ponti girevoli correvano sopra i banchi di lavoro. A terra, su strette rotaie. carrelli elettrici si urtavano per circolare. Non c 'era piu il posto per l 'incisione. Presse colossali, in fondo al capannone, stampavano longaroni, cappotte, para­ fanghi, con un fracasso che sembrava un 'esplosione. Di tan to in tanto le mitraglia te dei martelli pneuma­ tici della saldatura prendevano il sopravven to sullo strepito delle macchine"( da NAVEL.Travaux , St oc k . 1 9 4 5 ).

DALL' IN IZIO ALLA FINE

Questa è la catena di m on taggio ideata da H. Ford, che ovviamente vedeva in modo d iverso la sua 'creazion e ' : "Non vi è, nelle fabbriche, alcun pez·

zo cile non sia in movimen to. Gli uni sospesi in aria con dei ganci a catene che giungono all 'assem blaggio nell 'esatto ordine loro assegnato. Gli altri si m uovo· no su una piattaforma mobile ; altri ancora sfru ttano do il proprio stesso peso; ma il principio generale è cile nulla viene trasporta to a mano o carrella ta, a parte i pezzi che giungono in officina. I materiali vi sono trasportati con vagoncini o rimorcili trainati da chdssis Ford, che sono sufficien temen te mobili e ra­ pidi da circolare, quando serve, attraverso tu tti i pas· saggi. Nessun operaio ha mai nulla da trasportare o da sollevare; tutte queste operazioni competono a un diverso servizio, quello di trasporto" (H. FO R D , My Life and work , Doubleday Page & Co., 1 9 2 2 ; citato in B E N J A M I N C O R IA T , La fabbrica e il cronome· tra, Feltrinelli, Milano, 1 9 7 9 , p . 44). 26. Tayl orism o , da Taylor ideatore del sistema intorno al quale ruota tutta la m o derna dire zione a· zien dal e : il controllo sul lavoro m ediante il control· lo sulle decisioni da pren dere nel corso del lavor o :

"Scilmidt invece cominciò a lavorare e per tutta la giornata, a in tervalli regolari, quello che gli stava ac· can to con un cronometro gli diceva: 'Adesso cammi­ na, adesso riposa, ecc. '. Egli lavorò quando gli si disse di lavorare; riposò quando gli si disse di riposare ed alle 5, 30 del pomeriggio aveva caricato sul vagone 4 7, 5 tono . Duran te i tre anni in cui rimasi alla Be. thlehem, non mancò mai in pratica, di man tenere questa cadenza e di eseguire il compito che gli veniva assegnato: quindi ricevette una retribuzione del 6 0 per cen to maggiore di quella corrisposta a cili non lavorava a compito fisso. Uno dopo l 'altro, i manova· li vennero presi da parte ed addestrati a caricare lino gotti ad un ritmo di 4 7, 5 tono al giorno, finché tu tti i lingotti furono trasporta ti a questa media e la ma· no d 'opera riceve tte salari del 6 0 per cen to superiori a quelli degli altri manovali della zona"( FR E D E R ICK W. TA Y W R , L 'organizzazione scien tifica del lavoro , Et as Kom pass, Milano, 1 9 6 7 , p . 1 7 3).

2 7 . "Ne deriva che la produttività del lavorato· re è bassa - come si può rilevare dall 'assenteism o, dai ritmi di avvicendamen to, dagli scioperi selvaggi, dai sabotaggi, dai prodotti scadenti e dalla riluttanza dei lavoratori a impegnarsi nelle proprie mansioni. Per giunta, un crescen te numero di ricercile indica che con l 'a umen to dei pro blemi può verificarsi un declino della salute fisica e men tale, della stabilità familiare, della partecipazione e coesione comunita· ria e degli atteggiamenti socio politici ' equilibra ti " men tre si ha un incremento del consumo di droga e di alcool, delle aggressioni e della delinquenza " (Special Task Force t o the Secret ary of Healt h , Educatio n , and Welfare, Work in A merica, Cambrid ge , M ass., 1 9 7 3 , p p . X V I- X V I I ) .

"Per le direzioni aziendali, la dimostra· zione davvero sconcertante di questi nuovi atteggia· men ti dei lavoratori è venuta dalle prestazioni di la· varo. L 'assen teism o è cresciuto rapidamen te; di fato to, esso è raddoppiato rispetto al decennio trascorso, alla Generai Motors e alla Ford, coll 'impennata piu brusca l 'a nno scorso. Si è arrivati al punto che alla Gm una media del 5 per cen to di operai mancano ogni giorno dal lavoro senza spiegazioni ... In certi giorni, e specialmen te il venerd,' e il luned,; questa cifra tocca il dieci per cen to. Il livello dei ritardi è cresciu to, rendendo sempre piu difficile l 'avvio in

33 orario delle linee di produzione all 'inizio di un turo no, dato che il caporeparto deve darsi da fare per so· stituire gli operai mancan ti. Le lamen tele sulla quali· tà crescono sempre piu. Si verificano piu discussioni con i capireparto, piu pro teste per la disciplina e gli straordinari, piu lagnanze. C 'è piu avvicendam en to. L 'a nno scorso la percen tuale di dim issioni alla Ford è stata del 25, 2 per cen to ... Secondo quan to riferi· scano con sbigottimen to i dirigenti, alcuni operai della catena di mon taggio arrivano al punto di andar· sene a metà turno senza tornare a ritirare la paga re· lativa al periodo di lavoro effe ttivamen te svolto" (J U D SO N GOO D I NG, Blue·Collar Blues on tile Assembly Line, in " Fortu n e ", Luglio 1 9 7 0 , p .7 0 ) . "Nel gennaio del 1 9 72 uno sciopero mal· to discusso indetto nello stabilim ento della Generai Motors a Lordstown, Ollio, ha dato al mondo in te· ro un 'idea delle condizioni esisten ti in questa fabbri· ca, la ' piu avanza ta ' e ' automatizzata ' del setto· re, considerata dali 'azienda come lo stabilimen to pio la ta per il fu turo. Secondo i ritmi previsti, la linea di mon taggio a Lordstown produce 1 00 Vegas all 'o ra, dando ad ogni operaio 36 secondi per portare a ter· mine il lavoro su ogni veicolo e tenersi pronto per quello successivo. La causa diretta dello scontro, era stato un aumento del ritm o delle operazioni deciso l 'o ttobre precedente. 'Quello c h e l 'azienda ha capito è che gli operai non solo voglio t ornare ai ritm i di prim a d 'ottobre , ma ritengono in m olti c h e l 'indu­ stria deve fare qualcosa per cam biare la natura mono· tona e ripetitiva alla catena di m ontaggio, altrim enti l o st ato di agitaz ione nello stabilimento con tin uerà. Un fu nzionario che aveva assistit o alle riunioni ha dett o : - Quel che vi chiedono è che facciate qualc o· sa. Non so che cosa, m a qualc osa dovete far e ' . . (H. B R A V E R M A N , Lavoro e capitale monopolistico , Einaudi Editore , To rin o, 1 9 7 8 , p p . 34-3 5 ) .

"Sono stati proposti riform e e rimedi va· ri, alcuni sperimen tati su piccoli gnlppi di lavoratori dalle grosse socie tà assilla te da problem i particolar· mente pressan ti. Fra questi rimedi son o l 'ampliamen. to, l 'arricchimen to o la rotazione delle mansioni, gruppi o squadre di lavoro, la consultazione o la 'par. tecipazione ' dei lavoratori, i premi di gruppo, e la partecipazione agli utili, l 'a b bandono delle tecniche basa te sulla catena di mon taggio, l 'ab olizione degli orologi di con trollo e un pian o ' I A m ' (abbrevia· zione di ' I Am Manager of My Jo b ', ossia 'Sono io che dirigo il m io lavoro '). A I di là della caratteristica maniacalità di queste soluzioni, è possibile avvertire un profondo in teresse, le cui ragioni sono subito eviden ti. Gli establishment dominan ti dell 'Europa occiden tale e degli Stati Uniti, appena usciti da un periodo che li ha visti allarmati e perfin o scossi da un 'incandescente rivolta degli studenti e del nazionalism o del Terzo Mondo all 'in terno dei loro stessi confini, sono stati stati costretti a chiedersi che cosa accadrebbe se a tutto ciò si aggiungesse una ribellione diretta contro le condizioni di lavoro nelle fabbriche e negli uffici. . . 1/ problema che si presen ta a i dirigen ti del­ l 'industria, del commercio e della finanza è molto di­ verso da come appare nel mondo accademico e gior· nalistico. Le direzioni aziendali sono abituate a gesti· re i processi lavorativi in un ambito di an tagonism o sociale, e di fatto non li hanno mai conosciuti in altro modo. I dirigen ti delle grosse socie tà non spe­ rano né prevedono di modificare questa situazione in un sol colpo; quel che piuttosto li interessa è di mi· gliorarla qualora in terferisca con l 'ordinato funziona­ men to dei loro impian ti, uffici, depositi o grandi ma· gazzini. Ai loro occh i si tratta di una questione di co· sti e di controlli, non della ' umanizzazione del lavo·

34

L ' APE E IL COMUNISTA

ro '. Essa attira la loro attenzione perché si esprime sotto forma di assen teismo. avvicendamen to. e livelli produttivi non conformi ai calcoli e alle previsioni. Le soluzioni che adotteranno saranno solo quelle ca­ paci di migliorare i loro costi del lavoro e le proprie posizioni competitive sul mercato in terno e su quel­ lo internazionale " (Ibidem . p p _ 37-38). Le " isole di m on taggio " : è la risposta ca­ pitalistica ai problemi sorti . nell 'organizzazione capi­ talistic a del lavoro. con il tayl orismo e con il fordi­ smo. e nello stesso tempo è il tentativo di sub ordina­ re ide ologic amente i lavoratori alla logica della pro­ dut tività del cap ital e _ li m ito della "ricomposizione del lavoro " con le sue relat ive artic olazioni: job rotation (rot a­ zione delle mansioni). jOb enlargemen t ( allar­ gamento delle m ansioni). job enrichmen t (arricchi­ m e n to delle m ansioni). il tutto vive sulla rincorsa d i u n a in esistente professionalità. Salvo rare eccez ioni. anche il "lavoro ad isole " è estremamente parceIlizza to. La jO b rotation è m istific azione di una professionalità in tesa com e som ma. nel tempo. di at tività p arcellari (e fac ilita­ zioni nel m eccanismo dei rim p iazzi) ; job enlargemen t è m istificazione di una p rofessionalità intesa c om e som m a . nell 'arc o della giornata lavorativa . di at tività parcellari ; jO b enrichmen t è m istificazione di una professionalità di m assa . mentre tocca soltanto a qualc h e "aristoc rat ic o ". St rumento di 'mediazio n e ' di fronte all 'e si· genza di ric om posiz ione del lavoro d e gli operai : l 'isti­ tuzione sindacale : " ... noi rivendichiamo che l 'e vo­

luzione tecnologica vada a van taggio dei lavoratori".

Questo il titolo di prim a p a gina del giorn ale Fim ­ -Fiom-Uilm . Sindacati provinciali d i T orino-Gruppo OIivet ti del febbraio 1 9 7 2 . E sul num ero di gennaio dello stesso anno. a p . 2 . sott o il titolo Che ne pen­ siamo sulle isole di m on taggio . è la stessa istitu zione sindacale che spiega a m o do suo che c osa sono le prime isole d i mont aggio sperim entate in It alia . Non solo. Già allora andavano dicendo agli op erai : "Si

tratta perciò di assumere ciò che di accettabile può esistere in questa organizzazione e di porre delle pre­ cise rivendicazioni che eliminino ogni effetto nega­ tivo " (Ibidem . p. 4 ; stam pat o nella Tipografia

non può svilupparsi pacificamen te. a quan to pare non potrà realizzarsi che in modo animato. Se ciò non sarà ben fa tto. allora scorrerà il sangue. Che cosa farete ? Che cosa faranno le fu ture generazioni ? So­ lo il cielo lo sa '" (MAO TSETUNG. in Peking Review. n . 3 2 , 1 9 7 7 , p . 1 3 ).

3 1 . K. M A R X , Prefazione a "Per la critica del­ l 'economia politica ", o p . cit . , p . S . 32. . . . le basi materiali di ogni successiva for­ ma di produzione - sia le condizioni tecnologiche. sia la struttura economica dell 'impresa ad esse corri­ sponden te - sono create nella forma immediatamen· te precedente " (K. M A R X , Per la critica dell ·econo· mia politica, Man oscritti del 1 86 1 - 1 86 3 ; in K. Marx . Capitale e tecnologia. op . cit p . 1 2 2). "

.•

3 3 . K. MARX, Grundrisse . . . , op . cit . • VoI. I , p . 7 1 8 ( Q. V I I , 5 93, 2 6 -2 9 ) . 3 4 . Cfr . , in 35.

ibidem , p . 7 2 0

Ibidem . p.

( 5 95 , 3 4 ).

7 1 8 ( 5 93. 2 4 ) .

3 6 . V . I . L E N I N , 'Kommunismus', Pubblica­ to il 14 Giugno 1 9 2 0 in Kommunisticeski In terna­ tsional, N. I l . Dice Lenin : "Il compagno Bela Kun.

critica sulla base di citazioni tolte da Marx, che si riferiscono ad una situazione diversa dall 'a ttuale '" e trascura del tutto l 'essenziale. Trascura cioè l 'ana. lisi concreta della situazione concreta. che è l 'essenza stessa. l 'a nima viva del marxismo" ( sta in : V . I. Lenin , Opere Comple te. Editori Riuniti. Ro ma. 1 9 6 7 . Vol. X X X I, p. 1 3 5 ) . 3 7 . K. M A R X , In troduzione a op . c i t . , p. 1 9 8 . 38.

Ibidem . p . 1 8 8 .

39.

Ibidem .

40.

Ibidem .

41.

Ibidem , p .

"Per la critica

.

. . ",

1 89 .

Turin graf. T orin o).

4 2 . Ibidem . " astratta " .

2 8 . "Suddividere un uomo. è eseguire la sua condanna a morte ... . La suddivisione del lavoro è l 'assassinio d 'un popolo " (D. U RQ U HART. Familiar Words. Lo ndon. 1 8 5 5 , p . 1 1 9 ) , c itato in : K. M A R X , n Capitale Libro Prim o. o p . cit . , VoI. I, p . 444 .

4 3 . Lettera di F. Engels a C. Schm idt del 1 2 m arzo 1 8 9 5 . Sta in : M A R X-ENGELS. Lettere sul Capitale. Editori Lat erza. Bari. 1 9 7 1 . p . 1 9 1 . Sottoli­ neano gli A.A . .

... •

2 9 . K. M A R X , n Capitale . . . • Libro Prim o . Quarta Sezion e . Capitolo do dicesim o, op . cit., VoI. I , p . 442. 3 0 . "Nella mia vita ho fatto due cose: la pri. ma è di aver combattuto con tro Chiang Kai-shek per decine di anni. di aver in vitato i Giapponesi a ritornare a casa loro. di essere en trato a Pechino e nella Città Proibita. A questo proposito. le persone che contin uano ad essere d 'accordo con me non sono molte ' è rimasto soltanto qualche individuo che con· tinua a dirmi che avrei dovu to riprendere l 'isola mol­ to prima. L 'altra cosa - voi lo sapete - è di aver lan­ cia to la Rivoluzione Culturale .. per ciò che riguarda la Rivoluzione Culturale. son o pochi coloro che la di· fendon o e molti. invece. quelli che vi si oppongono. Queste due cose non sono state condo tte a termine. ed io le affido alla nuova generazione .. questo lascito

44.

Gli A.A_ sot tolineano l 'espressione

Ibidem, p .

1 9 2 . Sottolineano gli A.A . .

4 5 . K. MARX,Introduzionea "Per la critica . • ", . � p . cit., p . 1 89 . 4 6 . Ibidem. Gli A.A. sot tolineano l 'espressione "concreto del pensiero". 47.

Ibidem .

K. M A R X , Prefazione alla prima edizione . . (Lon dra , 2 5 Lu glio 1 86 7 ) . in op. cit. • VoI. I , p . 4 . 48.

de Il Capitale . 49.

Ibidem .

SO.

Ibidem , p . S .

5 l.

Lettera d i F . Engels a C . Schmid t del 1 2

35

DALL' I N I ZIO ALLA FINE

marzo 1 8 9 5 , in 52.

op. cit. ,

Ibidem, p .

dem, p . 3 8 2 ; 31 7. 3 8·42 ) . "II capitale è esso stesso la con traddizione in processo ... " ( ibidem , p . 7 1 8 ,

p. 1 9 2 .

Q. V I I , 5 93, 2 9-3 0 ).

191 .

5 3 . K. M A R X , Introduzione a "Per la cri­ tica dell 'economia politica ", in op. cit. , p . 1 90 . 54.

Ibidem , p .

191.

55.

Ibidem , p .

1 9 6 . Sottolineano gli A.A . .

5 6 . F. ENGE LS, Recensione a Per la critica dell'economia politica di K . Marx ; sta in : K. M ar x , Per la critica dell 'e conomia politica, o p . c it . , p . 2 0 8 .

64. K. M A R X , Grundrisse p. 2 6 1 ( Q . III. 21 7, 2 5 -2 6 ).



66.

Ibidem.

5 7 . K. M A R X , Grundrisse . .. , o p . c it . , VoI. I , p . 4 3 8 ( Q . I V . 364, 4 2 ·44 ) .

67.

Ibidem.

Introduzione a "Per la cri­ tica dell 'economia politica ". in op. cit. , p . 1 94 . K. M A R X .

59. Ibidem . p . 60.

Ibidem .

61.

Ibidem .

195.

6 2 . K. M A R X , Grundrisse p . 4 2 5 ( Q . IV, 35 3, 1 2 - 1 3 ).

op. c it . . VoI. I,

6 5 . "... all'analisi delle fonn e economiche non possono servire né il microscopio né i reagen ti chimi­ ci: l 'uno e gli altri de bbono essere sostituiti dalla for­ za dell 'astrazione" ( K. M A R X , Prefazione alla prima edizione de Il Capitale . . . , in op. cit. , p. 4

So ttolineano gli A.A . .

58.

.. . ,

6 8 . V . 1 . L E N I N , A proposito della dialettica ( 1 9 1 5 ) , in Quaderni filosofici; sta in : V . I . Lenin , Opere Scelte (in sei volu m i), Edit ori Riunit i-Ed izioni Progress, Rom a-Mosc a , VoI . III, 1 9 7 3 , p. 603 . Len in prosegue : "... riscon trabile miliardi di volte. della so·

cietà (mercantile) borghese: lo scambio delle merci" ( ibidem).

... •

op . cit., VoI. I.

6 3 . K. M A R X , Grundrisse . .. , op . c it . ; citato anche in : ROMAN ROSD O LSKY . Genesi e stru ttu­ ra del "Capitale " di Marx, 2 Voli., Editori Lat erza, B ari-Roma, 1 9 7 5 , VoI. I , p . 7 5 , nota 1 5 5 . Cfr . ,an­ c h e . R. ROSDO LSKY, Il metodo del "Capitale " di

Marx e la sua importanza per la scuola marxista con· temporanea, in Lavoro Teorico. Anno Il. N. 5 , No­

vembre 1 9 7 8 , p. 9 . Cfr., K . M A R X , Grundrisse .. . , o p . c it . , VoI . I , p . 3 7 7 ( Q . I V , 3 1 2 . 4 2 ·5 0 ; 314, 1 -2 ) : "Dal

fatto che il capitale pone ciascuno di questi limiti come ostacolo e quindi idealm ente lo ha superaro. non consegue in alcun modo che esso lo ab bia supe· rato re alm en te. e poiché ciascuno di questi ostacoli con traddice alla sua destinazione. la sua produzione si muove tra con traddizioni costanemen te superate ma altrettanto costan temen te poste. E non è tutto. L 'universolità alla quale esso tende irresistibilmen te trova nella sua stessa natura ostacoli che a un certo livello del suo sviluppo metteranno in luce che esso stesso è l 'ostacolo massimo che si oppone a questa tendenza e perciò spingono al suo superamen to at· traverso esso stesso ". "Nel concetto semplice di ca­ pitale ... si individuano già allo stato latente le con· traddizioni che si manifesteranno in seguito " ( ibi·

6 9 . Ibidem . n sim b olo matema tico Sigm a signific a sommat oria ; resp ective significa rispettiva­ mente. L 'espressione "dal suo inizio al/a sua fine " è sottolineata d agli A.A . . Cfr . , in K. Marx, Introduzione a "Per la critica dell 'e conomia politica " , in op. cit. , p . 1 9 5 : "II capitale ... deve costituire il pun t o d i parten­ za così come il pun to di arrivo . . . ". C fr . , K . Marx, Il Capitale . . , Libro Terzo, Terza Sezione ( La cadu ta tendenziale del saggio di profitto ) , Cap it olo quindi­ cesim o ( Sviluppo delle con traddizioni intrinseche al/a legge ). o p . cit . , VoI. IV, p . 3 5 l : "Il vero lim ite della produzione capitalistica è il cap itale stesso. è

questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come pun to di partenza e pun to di arrivo ".

7 0 . "La contraddizione è universale. assoluta. essa esiste in tu tti i processi di sviluppo delle cose e penetra tu tti i processi dal principio alla fine. Cosa significa l 'apparizione di un nuovo processo ? Significa che la vecchia unità e gli opposti che la costituivano lasciano il posto a una nuova unità a ai nuovi opposti che la costituiscono; nasce così un nuovo processo che sostituisce il vecchio. Il vecchio processo si conclude. il nuovo sorge. Il nuovo proces­ so con tiene nuove contraddizioni e inizia la propria storia di sviluppo delle con traddizioni" ( M AO T S E T U N G , Sulla con traddizione, Agosto 1 9 3 7 , i n M a o Tse tu ng, Opere Scelte, Casa Editrice in Lin gue Estere. V oI . I , Pe chin o , 1 9 6 9 , p. 3 3 7 ) .

CAPIT OLO FORMA

E

SECON DO CONTEN U TO

Quanto sangue d 'inchiostro si è sparso a causa del vee mente desiderio di intendere la fonna soltanto come derivante dal greco formos: canestro di vimi­ ni, con tutte le "conclusioni di c arat tere organizza­ tivo" che ne derivano ! Un canestro di di vim ini, nel quale , onde ggiando su i torre nti di inchiostro della polem ica , galle ggiava questo disgraziato "c ontenut o " in quanto tale. S. M . EJ Z E N STEIN

LA MERCE La merce è un prodotto del lavoro , anche se non tutti i prodotti del lavoro sono merci . Solo in certe condizioni sociali , infatti, un prodotto si trasforma in me rce : queste condizioni sto­ ricamente determinate sono rappresentate dai rapporti di produzione mercantili, basati sull'esisten­ za di lavori effettuati indipendentemente l'uno dall'altro e collegati dallo scambio . Di per sé , quindi, la forma mercantile di produzione non si identifica con il modo di produzione capitalistico : ad esempio , all' interno del modo di produzione feudale esistevano già rapporti di mercato ("produzione mercantile semplice"). E' soltanto nel capitalismo che la produzione mercantile si sviluppa a tal punto da diventare la forma produttiva assoluta e dominante. Nella società capitalistica, infatti, si trasforma in merce non solamente il prodotto del lavoro , ma persino la stessa forza-lavoro umana. In questo modo , i rapporti di mercato penetrano fm dentro il processo di produzione diventando i rapporti generali e piti frequenti della società. Ma, che cos'è , piti particolare , la merce ?

"La merce è, in primo luogo , una cosa che soddisfa un qualsiasi bisogno dell 'uomo; in secondo luogo, una cosa che si può scambiare con un 'altra" . I La merce , cioè , è un'unità di valore d'uso e di valore di scambio .

CHE COSA E' IL VALORE D' USO

"L 'u tilità di una cosa fa di essa un valore d'uso": 2 il valore d'uso di una penna , per esempio , è da­ to dal fatto che essa serve a scrivere . Nell'economia capitalistica, il valore d'uso , in quanto tale , è soltanto il mezzo per raggiungere un fine , cioè la produzione di valori di scambio (o meglio , di plusvalore in quanto valore di scambio accresciuto) . La produzione capitalistica , in conclusione è produzione di valori di scambio per mezzo di valori d' uso Tuttavia, precisava Marx: ... il valore d 'uso - in quanto valore d 'uso della 'merce ' - possiede esso stesso un carattere storico-specifico . . . " . 3 Laddove esso entra in relazione con i rapporti sociali di produzione (influisce su di essi e ne subi­ sce l'influenza), è una categoria economica. .

"

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fOR M A E CONTENUTO

CHE COSA E ' IL VALORE DI SCAM BIO

"Il valore di scambio (o semplicemente: valore) è, innanzitu tto, il rapporto, la proporzione secon­ do la quale una certa quantità di valori d 'uso di una specie viene scambiata con una certa quantità di valori d 'uso di specie diversa" . 4 Negli scambi che avvengono quotidianamente sul me rcato capitalistico si stabiliscono dei rapporti di equivalenza tra i valori d'uso piu diversi e meno comparab ili l'uno con l'altro . Cos'hanno allora in comune tutte queste cose diverse , e che cos'è che le rende comparab ili ? Hanno in comune il fatto di essere prodotti del lavoro umano . Attraverso lo scambio dei prodot­ ti, gli uomini stabiliscono dei rapporti di equivalenza tra le diverse specie di lavoro . Quel che le merci hanno in comun e , quindi, non è il loro valore d'uso , bensì il lavoro umano astrat­ to, il lavoro umano in generale , vale a dire il loro valore di scamb io , la cui grandezza è determinata dalla quantità di lavoro socialmente necessario per la produzione di un determinato valore d'uso .

"Come valori, tutte le merci sono soltanto misure determinate di tempo di lavoro coagulato" .s Di conseguenza , quel che le merci hanno in comune , il loro valore , è "qualcosa di puramente so­ ciale" .6 Come sottolineava Marx : "Mentre la fonna relativa di valore d 'una merce, per es. della tela, esprime il suo esser valore co­ me qualcosa del tutto differente dal suo corpo e dalla sua proprietà, per es. , come uguale ad abito, questa stessa espressione indica che in essa si cela un rapporto sociale. Per la forma di equivalente vale l 'inverso" . 7

LAVORO CONC RETO E LAVORO ASTRATTO Abb iamo visto che le merci sono prodotti del lavoro umano . Ma ci sono epoche storiche e modi di produzione in cui i prodotti del lavoro umano non sono tutti merci. Ad esempio , l'economia dei proprietari terrieri medioevali non ha come forma dominante la produzione di merci . Allo stesso modo, l'economia del periodo della dittatura del proletariato dovrà tendere a ridurre progressivamente il ruolo e l'importanza delle merci, per poter arrivare ad un nuovo ordiname nto sociale in cui si producano esclusivamente valori d'uso . Com'è possib ile allora che la medesima cau­ sa il lavoro umano - produca risultati tanto differenti ? Non basta dire che le merci , al pari dei prodotti di epoche economiche precedenti e successive a quella capitalistica, sono semplicemente risultati del "lavoro" . Occorre , invece , distinguere il dupli­ ce carattere del lavoro rappresentato nelle merci : il carattere di lavoro concreto e di lavoro astratto. -

E' una distinzio ne molto importante , anzi Marx riteneva che fosse la "novità fondamentale" della sua teoria.

" . . . a tutti gli economisti senza eccezione è sfuggita la cosa semplice che, essendo la merce un che di duplice, di valore d 'uso e di valore di scambio , anche il lavoro rappresentato nella m erce de­ ve avere un carattere duplice . " . 8 .

.

Per forma concreta del lavoro si intende l'insieme delle qualità che gli conferiscono il carattere di utilità. Il lavoro concreto non produce valori di scambio , b ensì oggetti destinati all'uso . Il lavoro del falegname , del calzolaio , o del sarto ad esempio , in quanto "attività produttiva confanne allo scopo" diretta all'appropriazione di ciò che la natura fornisce è una necessità 'naturale' , valida per tutte le formazioni economico-sociali e per tutte le epoche storiche.

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L' APE E IL COMUNISTA

Per lavoro astratto , universalmente umano , si intende quell'alcunché di comune - il dispendio di forza-lavoro umana - contenuto nei differenti lavori che producono le varie merci , che crea valore di scambio ed opera nel processo di valorizzazione . Esso fa la sua comparsa soltanto in una forma­ zione sociale storicamente determinata, quella capitalistica. E' soltanto nella sua forma di valore di scambio che l'oggetto d'uso diventa merce.

"Dunque, un valore d 'uso o bene ha valore soltanto perché in esso viene oggettivato, o materializ­ zato, lavoro astrattamente umano" . 9 Il lavoro astratto , di conseguenza, prima che una forma del pensiero è una forma della realtà og­ gettiva, una "astrazione" che si compie quotidianamente nella realtà stessa dello scambio . Come dice Marx :

"Gli uomini equiparano l 'un con l 'altro i loro differenti lavori come lavoro umano, equiparan­ do l'uno con l'altro , come valori, nello scambio, i loro prodotti eterogenei. Non sanno di far ciò, ma lo fanno". J o LAVORO PRIVATO E LAVORO SOCIALE Per comprendere frno in fo ndo la natura del lavoro concreto e di quello astratto è utile soffer­ marci sulla contraddizione tra il carattere privato ed il carattere sociale del lavoro . Sociale è il lavoro considerato in rapporto al lavoro complessivo della società . Nella società capitalistica , l'attività concreta dei produttori non è direttamente lavoro sociale , ma privato ; è costituita cioè dal lavoro di un produttore individ uale di merci , che organizza au­ to nomamente la propria attività economica. E questo lavoro privato può diventare sociale solo in quanto viene equiparato con ogni altro med iante lo scambio dei prodott i come valori . In altre parole , il lavoro privato , nel capitalismo , non diventa sociale in quanto lavoro concreto, che produce concreti valori d'uso , ma in quanto lavoro astratto . Il lavoro di chi produce bicchieri , ad esempio , non diventa sociale perché i bicchieri sono utili per bere , ma solo se i bicchieri vengono equiparati come valori ad una data somma di denaro (e attraverso il denaro , come equivalente generale , ad ogni altro prodotto). Il lavoro privato diventa , quindi, sociale solo perdendo la sua forma concreta determinata, solo trasformandosi da lavoro concreto in lavoro astratto . LA CONTRADDIZIONE TRA VALORE D' USO E VALORE DI SCAMBIO L'opposizione interna tra valore e valore d'uso rinchiusa nella merce riveste un'importanza fon­ d amentale nel capitalismo , sia perché è sulla distinzione tra valore d'uso e valore di scambio della forza-lavoro che si fonda l'intera società capitalistica , il suo sviluppo e la sua rovina, sia perché la contraddizione interna alla merce rimanda al duplice carattere del lavoro (lavoro concreto/lavoro astratto ; processo tecnico di lavoro e processo di valorizzazione), vale a dire al movimento in senso inverso della massa dei valori d'uso , da una parte , e dei valori, dall'altra , in seguito all'au­ mento della forza produtt iva del lavoro . Con lo sviluppo della grande industria e con la sussunzio ne della scienza nel capitale, aumenta enormemente la forza produttiva del lavoro . Se la produzione di valori d'uso tende a scindersi dal tempo di lavoro vivo , quest'ultimo continua tuttavia a permanere , in quanto misura del valore di scamb io , come unica fonte di valorizzazione del capitale . Ma poiché nel capitalismo , gli oggetti d 'uso disponibili dipendono dalle esigenze del capitale , il cui scopo è direttamente il valore e non il valor� d'u so , la produzione di valori d'uso si restringe quando le merci non possono realizzarsi come valori, quando cioè il capitalista non è piu in grado di realizzare il plu svalore contenuto nelle merci.

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FO R M A E CONTEf'l UTO

Ne consegue che la ricchezza non viene creat a , non perché non ci siano bisogni umani da soddi­ sfare , ma perché non vengono soddisfatti i b isogni del capitale . E ' il modo capitalistico di conce pire e di misurare la ricchezza che imped isce il suo estendersi all'intera società come ricchezza reale, come "universalità dei bisogni, delle capacità, dei godi­ menti, delle forze produttive, ecc. , degli individui; pieno sviluppo del dominio dell 'uomo sulle forze naturali, tan to su quelle della cosiddetta natura, che su quelle della sua propria natura". 1 1 La contraddizione tra valore d'uso e valore è la contraddizione fondamentale del capitalismo , che , con la crescita dell'accumulazione , pone le premesse per la sua negazione , in quanto lo svi­ luppo delle forze produttive entra in contrasto con la forma e la natura che esse assumuno nel modo di produzione capitalistico , cioè con i rapporti di produzione esistenti. "Qu esti rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si con vertono in loro catene. E allora subentra un 'epoca di rivoluzione sociale". 1 2 LA TEORIA DEL FETICISMO Nella società produttrice di merci, i rapporti tra i pro duttori, invece di apparire come rapporti sociali , tra gli uomini, appaiono come rapporti tra cose (merci), ed addirittura come rapporti di dominazione delle cose sugli uomini. Tuttavia , il feticismo è apparenza di una realtà , in quanto esso "s'appiccica ai prodotti del la­ varo appena vengono prodotti come merci, e . . . quindi è inseparabile dalla produzione delle merci". 1 3 Infatti, "tale carattere feticistico del mondo delle merci sorge dal carattere sociale pe­ culiare del lavoro che produce merct'. 1 4 Ai produttori , ". . . le relazioni sociali dei loro lavon' pri­ vati appaiono come quello che sono, cioè, non come rapporti immediatamente sociali fra persone nei loro stessi lavori, ma anzi, come rapporti di cose fra persone e rapporti sociali fra cose". 1 5 Tale situazione fmisce con l'assomigliare all'idolatria , al culto degli idoli . Nella religione, infatti, gli idoli semb rano aver vita propria e poter disporre degli uomini. Poiché , per il capitalismo le merci occupano il po sto che gli idoli hanno nella religione , Marx chiamò il riflesso distorto delle merci nei concetti degli uomini " feticismo ". Se l'economia politica borghese dissimula i rapporti sociali, i rapporti tra i produttori, trave­ stel'.doli da rapporti tra le cose (feticismo delle merci), tra i prodott i del lavoro , co n l'ob iettivo di celare lo sfrutt amento della borghesia sul proletariato, la critica marxista dell'economia politica si propone di mettere a nudo tutti i concetti "feticisti " degli uomini (sulla merce , sul denaro , sul­ la tecnica, ecc .) nell'amb ito dell'economia. Come ci dice Lenin :

"Là dove gli economisti borghesi vedevano dei rapporti tra oggetti (scambio di una merce con l 'altra), Marx scoprì dei rapporti tra uomini" . 1 6 La teoria del feticismo rappresenta la base teorica della teoria del valore-lavoro .

LA TEORIA DEL VALORE-LAVORO Nel capitalismo , ogni padrone produce per il proprio interesse , senza sapere con precisione di quali merci ab bia bisogno il mercato ed in quali quantità , né se egli potrà vendere la merce pro­ dotta. Tutti i capitalisti, inoltre , conducono u na spietata concorrenza sia nella produzione che nella vendita delle loro rispettive merci. Con tutt o questo , la pro duzione sociale si sviluppa in modo relativamente ordinato tra i diversi settori prod uttivi. Ciò può avvv enire perché la produzione e la circolazione sono soggette alla re­ golazione spontanea della legge del valore . Essa ci dice che il valore di una merce è determinato dal tempo di lavoro socialmente necessario per produrla .

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L' APE E I L COMUNISTA

Questa legge , che è la legge ecollomica fondamentale del modo di produzione capitalistico , il "cuore della critica dell 'economia politica", rappresenta prima di tutto lo strumento che consen­ te di comprendere il processo di formazione e l'origine del plusvalore , di ricostruire scientifica­ mente il concetto di sfruttamento capitalistico. Lo sfruttamento , infatti , non è prerogativa del solo modo di produzione capitalistico ; solamen­ te nel capitalismo , tuttavia , lo sfruttamento assume la forma storica e detenninata di appropria­ zio ne di lavoro non pagato. Gli economisti borghesi, vecchi e nuovi , questi ultimi influenzati spe cialmente dall'e conomista inglese Piero Sraffa, hanno attaccato o deformato la teoria del valore -lavoro basandosi sul feno­ meno dell'o scillazione dei prezzi .1 7 I frequenti divari tra prezzo e valore , secondo co storo, dimo­ strerebbero che la legge del valore è priva di qualsiasi validità o che , tuttalpiti , essa operava agli i­ nizi del capitalismo . Questo punto di vist a , che mira a negare la scientificità della critica marxista dell'e conomia po­ litica e , di co nseguenza, la necessità storica della fine e del su peramento del capitalismo , è del tutto sbagliato . Il compito della scienza economica , infatti, è proprio quello di cogliere , dietro la forma fenome­ nica del prezzo , la sua essenza , cioè il valore . Come dice Marx : " . . . ogni scienza sarebbe superflua se l 'essenza delle cose e la loro fonna feno­ menica direttamente coincidessero" . I 8 L'astratt a legge del valore governa dunque la realtà indipendentemente dal fatto che quest'ulti­ ma se mbri discostarsi da essa . Infatti, le oscillazioni dei prezzi delle merci gravitano sempre attor­ no al valo re , senza allontanarsi troppo da esso (ad esempio , il prezzo di un televisore sarà sempre piti alto di quello di una saponetta) e, in un periodo di tempo abbastanza lungo , le quote di aumen­ to e di ribasso dei prezzi possono compensarsi a vicenda , dimostrando che , sui lunghi periodi, prez­ zi e valori delle merci si equivalgo no . Certi insu lsi epigoni contemporanei degli economisti classici che , pur pretendendo di collocar­ si in tutt 'altra area politica perseguono il medesimo ob iettivo dei loro ben piti illustri maestri , so­ stengono invece che vivremmo attualmente in un'epoca storica di capitalismo avanzato in cui la legge del valore si è ormai estinta ed il capitale perpetuereb be il suo potere grazie al puro dominio del suo comando . Contrapponendo dirett amente un presunto "Marx politico" dei Grundrisse ad un altrettanto presunto "Marx economico" de Il Capitale, e manipolando opportunamente alcune citazioni, i sog­ gettivisti trasformano una realtà contrad ditt oria del capitalismo , che rende manifesta la necessità del suo superamento , in una realtà operante ed acquisita all 'interno stesso del modo di produzione capitalistico e del tutto compatibile con esso ! ! Secondo Marx , in seguito allo sviluppo della grande industria e con la su ssunzione della scienza nel capitale, la quantità di lavoro erogato nella produzione non è piti la fonte principale per la crea­ zione di ricchezza per una societa . A d esempio , produrre un 'automobile , oggi, richiede u n a quantità d i lavoro vivo molto inferiore a quella occorrente per produrne una all'inizio del secolo . In altre parole , la quantità di beni disponi­ b ile appare determinata non dalla quantità di lavoro erogato , ma dalla sua stessa forza produttiva . "Egli [l'o peraio ] si sposta accanto al processo produttivo invece di esserne l 'agente principale". I 9 Ma poiché , "non appena il lavoro in fonna immediata ha cessato di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di esserne la misura, e quindi il valore di scambio cessa e deve cessare di essere la misura del valore d 'uso", 2 o ecco apparentemente dimostrata l'estin­ zione della legge del valore utilizzando le stesse parole di Marx ! Peccato solo che la citazione dai Grundrisse e il ragionamento di Marx intendono dimostrare non che la legge del valore si estingue già nel modo di produzione capitalistico, bensÌ che , ad un dato li­ vello dell'accumulazione, la produzione di valori d'uso entra in contraddizione con le esigenze di valorizzazione del capitale . Lo sviluppo delle fo rze prod uttive risulta cosÌ frenato d ai rapporti di pro duzione capitalistici, va­ le a dire dai rapporti fondati su un modo specifico di imporsi della legge del valore ! !

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FORMA E CONTE NUTO

Solo con la manipolazione e la falsificazione è possibile che gli stessi scritt i di Marx , invece di es­ sere utilizzati per quello che essi realmente sono , cioè una dimostrazione della po ssib ilità/necessità del superamento del modo di produzione capitalistico , vengano (maldestramente) po sti a fonda­ mento del soggettivismo opportunista e della critica picco lo -borghese del Marxismo rivoluzio nario . Gli economisti revisionisti , infme , ed in particolare quelli sovietici , negano di fatto il carattere storico e transitorio della legge del valore , attribuendole proprietà natu rali, valide per tutte le epo­ che storiche senza eccezioni. Piti in particolare, essi sostengono che la forma-valore permane anche nel socialismo , pur avendo un contenuto diverso da quello che le è proprio nel modo di produzio ne capitalistico . Concependo la forma come qualcosa d i totalmente esterno al contenuto , come un involucro , gli economisti sovietici fmgono di ignorare che le categorie economiche so no l'espressione di rapporti di produzione storicamente determinati. Se la forma-valore sopravvive , quindi, è perché i rapporti di produzione e ffett ivi, reali, che ne giu stificano l'esistenza sono ancora , nella società sovietica , di t ipo capitalistico . IL CONCETTO DI FORZA-LAVORO

"Per fona.,lavoro o capacità di lavoro intendiamo l 'insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente d 'u n uomo , e che egli mette in movi­ mento ogni volta che produce valori d 'uso di qualsiasi genere" . 2 l La forza-lavoro , quindi, è la capacità lavorativa umana : essendo una forza produttiva , essa è co­ mune a tutte le epoche storiche. E' so ltanto nel modo di prod uzio ne capit alistico , tuttavia , che la capacità lavorativa umana assume la forma di merce . Nel capitalismo , dunque , la forza-lavoro è merce ed ha, quindi, il duplice aspetto di valore d'uso e di valore di scambio . Ma, mentre il valore di scambio della forza-lavoro è ident ico a quello di tut­ te le altre merci, il suo valore d 'uso ha una caratteristica particolare , quella cioè di essere la fonte del valore, di poter creare, durante il suo consumo produttivo , valore e plusvalore. In altre parole , la forza-lavoro si distingue da tutte le altre merci per il fatt o che il suo valore d'u­ so produce un valore maggiore di quello che possiede . Gli economisti borghesi non distinguono la fo rza-lavoro , in quanto merce , d alla capacità produt­ tiva (la·io ro), in quanto forza produttiva. Così facendo , essi tentano di dissimulare lo sfruttamento capitalistico e di negare il carattere storico , transitorio , del modo di produzione fondato sull'asser­ vimento della forza produttiva del lavoro alle esigenze di arricchimento della classe che detiene la proprietà/possesso dei mezzi di produzione , anziché dell'intera so cietà come avverrà nel comunismo .

LAVORO PRODUTIIVO E LAVORO IMPRODUTIIVO

"Lavoro produttivo, nel senso della produzione capitalistica, è il lavoro salariato che, nello scam­ bio con la parte variabile del capitale (la parte del capitale spesa in salario), non solo riproduce que­ sta parte del capitale (o il valore della propria capacità lavorativa), ma oltre a ciò produce plusvalo­ re per il capitalista".2 2 Come tutte le categorie dell'economia politica, anche la categoria di "lavoro produttivo" è , pri­ ma di tutto, una categoria storica , legata cioè ad un determinato modo di produzione .

"Po iché il fine immediato e lo specifico prodotto della produzione capitalistica è il plusvalore, in essa è produttivo soltanto quel lavoro e produttivo solo quell 'erogatore di forza-lavoro - che produce direttamente plusvalore; quindi, soltanto il lavoro consumato direttamente nel processo di produzione per valorizzare il capitale" . 2 3 -

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L' APE E IL COMUNISTA

Se si confonde il processo di valorizzazione , proprio del modo di produzione capitalistico , con il processo di lavoro , con il rapporto uomo-natura , si finisce con l'ottenere una defrnizione di lavoro produttivo del tutto astratt a , in quanto non riferita ad alcuna detenninata società . Così , alcuni economisti "ultrasinistn"" considerano "produttivo" il lavoro utile (ad esempio , quel­ lo dei medici, dei professori, degli scienziati, e, probabilmente dei clowns, categoria, quest'ultima , alla quale appartengono di diritto . . . ) e "improdu ttivo" il lavoro che in una società 'razionale' (!) non verrebbe svolto (per esempio , quello degli operai impiegati nella produzione militare). Certi loro d iscepoli, piu o meno "organizzati", sempre pronti a defmire le classi sulla base di va­ lutazioni soggettive , arrivano a sostenere che la classe operaia comprende tutti i salariati, quando non addirittura i "non garantiti" oppure semplicemente "coloro che lottano". In tal modo , essi dànno prova di non saper rinunciare al loro "naturale" empirismo e di ab dicare all'analisi marxista per scadere nel piu grezzo so cio logismo di maniera . Già Marx aveva osservato, a proposito dei lavoratori dei servizi, che :

"Qu esto fatto, che cioè con lo sviluppo della produzione capitalistica tutti i servizi si trasfonnino in lavoro salariato e tutti coloro che li eseguiscono in lavoratori salariati, avendo questo carattere in comune co/ lavoratore produ ttivo, induce a confondere i due termini tanto piil in quanto è un fe­ nomeno che caratterizza la produzione capitalistica e ne è generato, mentre pennette ai suoi apolo­ geti di presentare il lavoratore produ ttivo , perché salariato, come un operaio che si limita a scam­ biare i suoi servizi (il suo lavoro come valore d 'u so) contro denaro, sorvolando bellamente sulla differentia specifica e di tale 'lavoratore produttivo ' e della produzione capitalistica come produ­ zione di plusvalore, come processo di autovalorizzazione del capitale, di cui il lavoro vivo non è che l 'agente e in cui è incorporato. Un soldato è un salariato, e infatti riceve un 'soldo '; ma non per que­ sto è un lavoratore produttivo ! " . 2 4 I so stenitori della produttività del lavoro nei servizi, tra l'altro , poiché muovono d alla costatazio­ ne che il servizio è asso lutamente indispensabile alla produzione capitalistica , cadono nell'errore di confondere i rapporti capit alistici con quelli naturali. In realtà , i lavoratori dei servizi sono impro­ duttivi, in quanto le loro prestazioni non creano capitale , ma consumano reddito . I nfatti, è improduttivo quel lavoro che non si scambia con capitale , bensì direttamente con red­ dito . Tutti coloro che pre stano un'attività lavorativa attorno a qualcosa che sia già stata prodotta come merce , o coloro che pre stano un qualsiasi servizio sociale , o coloro i quali pro ducono solo va­ lori d'uso domestici, ecc . , sono lavoratori imp roduttivi. "Il lavoratore improduttivo produce per lui [ per il compratore della sua capacità lavorativa ; n . degli A.A. ] un semplice valore d 'u so, non una merce, produce un semplice valore d 'u so immagi­ nario o reale". 2 5 Allo stesso modo , le commesse dei supermarket so no impro dutt ive, in quanto , non trasferendo lavoro-valore nelle merci , non producono né valore né plu svalore , bensì ne ricevono sotto forma di reddit o . Con tutto questo, esse sono delle sfruttate, dal momento che il loro lavoro consente , da un lato , di realizzare il valore delle merci indispensabile al capitalista produttivo e, dall'altro , di trasferire parte del plusvalore , sotto forma d i profitto , al capitalista commerciale . I lavoratori impiegati nella sfera della circolazione e dei servizi, essendo degli sfruttati, sono i na­ turali alleati della classe operaia , non i "nuo vi soggetti rivoluzionari" di certa pubb licistica alla moda . Altri soggettivisti ancora, d a parte loro , legano l a categoria d i "lavoro produttivo" alle caratteri­ stiche dei prodotti del lavoro , vale a dire alla loro materialità , al fatto di essere o meno "oggetti materiali". Così, "produttivi'" diventano tutti i lavoratori manuali e "improdu ttivi" tutti quelli intellettuali . In realtà :

"In sé e per sé, . . . questa distinzione tra lavoro produttivo e lavoro improdu ttivo non ha niente a che fare né con la particolare specialità del lavoro né col particolare valore d 'uso in cui questa spe­ cialità si incorpora". 2 6 Analogo

è l'errore di quanti defrniscono "produ ttivi" tutti i lavoratori che producono merci e

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"improduttivf ' quelli che non ne producono, dimenticando che la produzione di merci non è il fme della produzione capitalistica, b ensì un mezzo e che non è produttivo il lavoro che si concre­ tizza in merci, ma soltanto quello che , producendo merci, ne produce piti del pro prio valore , che produce cioè plusvalore . ". . . il processo lavorativo è soltan to un mezzo per il processo di valorizzazione del capitale e, sotto questo profilo, è produttivo il lavoro che si cristalizza bensì in merci ma che, ave si consideri la singola merce, rappresenta in una quota parte di quest 'u ltima o, se consideriamo il prodotto to­ tale, rappresenta in una quota parte della massa totale di merci, un lavoro Ilon pagato; quindi, un prodotto che non costa nulla al capitalista ". 2 7

Buoni ultimi, ma solo in questa rapida rassegna delle concezioni soggettivistiche sulla categoria di lavoro produttivo, vengono i teorici dell' "operaio sociale" e della "fabbrica diffusa". Dalla constatazione, puramente empirica, che nella grande fabbrica meccanizzata , infonnatizzata e parzialmente automatizzata , la produzione di plusvalore semb ra assumere un carattere collettivo , essi ricavano una defmizione di lavoro produttivo che comprende la massa indistinta dei lavoratori nel loro complesso . Marx stesso si era già incaricato di dimo strare l'inconsistenza di una simile conclusione :

' ". . . il lavoro, in quan to è produttivo di valore, rimane sempre lavoro deI singolo, viene però espresso in fonna generale. Perciò il lavoro produttivo - in quanto lavoro che produce valore - è sempre, rispetto al capitale, lavoro della singola capacità lavorativa, dell 'operaio isolato, qualunque sia la combinazione sociale entro la quale questi operai sono immessi nel processo di produzione. Così, mentre il capitale rappresen ta di fronte all 'operaio la forza produttiva sociale del lavoro, il lavoro produttivo dell 'operaio rappresenta sempre, di fronte al capitale, solo il lavoro dell 'operaio isolato " . 2 8 L'asserito carattere "collettivo" della produzione di plu svalore nella fabb rica , d'altra part e , è pre­ messa necessaria perché la defmizione di lavoro produttivo venga dilatata fmo a comprendere la sfera della circolazione e, addirittura , "tutta la società". Così, il ricorso alla categoria , del tutto assente in Marx nell'accezione usata , di "lavoro indiretta­ men te produttivo" viene posto a fondamento "scientifico" della tesi secondo la quale la produzio­ ne di plusvalore è oggi estesa a tutta la società . Prigionieri del loro gretto empirismo , i soggettivisti dimenticano che anche nella cosiddetta "fab­ brica diffusa" e nel fenomeno del "lavoro nero" la distinzione netta fra lavoro produttivo e lavoro improduttivo si rappresenta anche nello stesso modo e co n le stesse caratteristiche della grande fab ­ brica. Benché la frantumazione-dispersione di una parte della produzione di plusvalore all'esterno dei gro ssi concentramenti industriali sia un dato incontestabile, ciò nulla toglie al fatto che il fulcro della produzione di plusvalore re sti concentrato nella grande fabb rica e che la figura di "lavoratore produttivo" s'identifichi essenzialmente con quella dell'operaio-massa . La ricerca di un "nuovo soggetto rivoluzionario" da contrapporre ad una "categoria [ di ] classe operaia [ che ] va in crisi ", 2 9 appare allora per quello che essa è realmente : il frutto letterario e snobbistico dei pruriti "rivoluzionan'" della piccola b orghesia travolta dalla crisi capitalistica ed in via di proletarizzazione . . . . In sostanza , le tesi dei soggettivisti, diverse nella fonna, appaiono unificate da un medesimo con­ tenuto : quello di negare non soltanto la scientificità della categoria mandsta di lavoro produ ttivo , ma soprattutto la centralità operaia , il ruolo egemone e dirigente che gli operai svolgono all'interno del proletariato metropolitano . Lavoro produttivo , infatti, è fondamentalmente quel lavoro che , mentre produce e riproduce il capitale , riproduce anche il suo contrario , ne è il becchino e gli scava ine sorabilmente la fossa . Lavoro produttivo è , cioè, quel lavoro che direttamente si contrappone al capitale e che , perciò , mentre gli è indispensabile , direttamente lo minaccia .

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L' APE E I L COMUNISTA

NOT E

I. V . I. L E N I N , Karl Marx (sc rit to nel luglio-novem bre 1 9 1 4 , pubblicato per la prim a volta nel Dizionario enciclopedico Granat, V I I ed., VoI . 2 8 , 1 9 1 5 ) ; sta i n : V . I . Lenin , Opere Scelte (in sei volu­ m i), op. c it . , VoI . I , p. 1 7 ; cfr . , anch e : V. I. Lenin , Karl Marx, in V. I. Lenin , Marx, Engels e il marxism o, Newton Compton editori, Roma, 1 9 7 6 , p. 4 2 ; c fr., inoltre , V. I . Lenin , Karl Marx, in Scritti di Marx­ ·En gels del primo periodo t e orico p ratico 1 8 4 3 - 1 8 5 2 , Casa E ditrice Lavoro Libe rat o , Milano, 1 9 7 5 , p . 2 9 . Per approfon dire gli argom enti trattati in qu esto capit olo si suggerisc ono le seguenti letture : a) X U H E . Trattato d; econom ia politica, I, Mazzotta Editore. b) I . I . R U B I N . Saggi sulla teoria del valo· re di Marx , FeItrineIli E ditore . Rubin è u n economista sovietic o del periodo della dittatura del p role taria to. A ttorno alle sue tesi , n e gli anni '2 0 ; '30 . si sviluppò in U R SS il dibattito tra la scuola 'dialet· tica ', a cu i Rubin ad eriva , e quella 'meccanicistica '. Men tre i 'dialettici' privilegiavano i rap porti di produzione e sott olin eavano il carattere storic o , transeunte delle cate gorie economich e , i 'meccanici· sti' sopravvalutavan o le forze p rodu ttive ed attribu i­ vano u n carattere naturale , astorico, ad alc une leggi eco n o m ich e . Agli inizi degli anni '30 , la lotta t ra 'meccanicisti' e 'dialettici', come è n o t o , in segu it o ali 'in t e rve n t o del Pa rtito bolscevic o . si risolse defini­ tivam ente a favore dei p rim i. c) ANTO N I O PESE N T I , Manuale di e· con om ia politica, I, Ed. Riu niti . Pesenti è un eco nomista iscritto al P. C . I . . Il suo Manuale ri­ flette e d espone l a te oria econom ica 'ortodossa ' dei revisionisti m oderni. d ) B R IG A T E ROSSE, Lettera dei com­ pagni dell 'A sin ara , Agosto 1 9 7 9 . 2.

V . I . L E N I N . Karl Marx, in : V. I. Lenin , (in se i volu m i), o p . c it . . VoI. l. p . 1 7 .

Opere Scelte 3.

in Genesi p. 1 04 . p.

4.

17 .

Prim a 4 9 . C fr . .

la critica

KA R L M A R X , c itato d a R . ROSDOLSKY . VoI. l,

e stru ttura del 'Capitale ' . . , op . c it . . V. I. L E N I N ,

K ari Marx ,

in

op. cito ,V 01.

l,

I( A R L M A R X , Il Capitale .. . , Libro Prim o , 'ne (Merce e denaro), o p . cit., VoI . I , p . ; , .'hidem, VoI . I I , p . 964 ; c fr . , K . M ar x , Per de// 'I'conomia politica, o p . c it . , p . 1 2 .

6. K A R L M A R X , Il Capitale . . . , Libro Prim o , Prima Sezione (Merce e denaro), op . cit . , V o I . I , p . 7 0 . . .. . . appena gli uomini lavorano in una qualsiasi

maniera l 'uno per l 'altro, il loro lavoro riceve anche una forma social e " ( ibidem , p. 8 7 ). 7.

Ibidem. p . 7 0

. Sottolineano gli A.A . .

8. Lettera di Karl Marx a Fried rich E n gels dell ' 8 ge nnaio 1 86 8 ; sta in : M A R X - E N G E LS. Let­ tere sul Capitale, o p . cit . , p . 9 4 . Cfr . , K. Marx , Il Capitale . . . . Libro Prim o , op . c i t . , VoI. l, p p . 5 0-5 7 :

Duplice carattere del lavoro rappresen tato nelle mer­ ci; c fr . , K. Marx, Per lo critica dell 'economia politica, o p . c i I . , p p . 1 4 - 1 7 e sgg . .

9. KARL VoI . l , p . 4 7 . I O.

MARX,

Ibidem , p . 9 0

Il Capitale . . . ,

o p . cit . ,

.

I l . "Qui si manifesta lo tendenza universale del capitale, che lo distingue da tutti i precedenti sta­ di della produzione. Sebbene sia esso limitato per sua natura, il capitale tende allo sviluppo universale delle forze produ ttive e in tal modo diviene il presupposto di un nuovo modo di produzione, che non è fondato su uno sviluppo delle forze produttive teso a ripro. durre e tu tt 'a l piu ad ampliare una situazione deter­ minata, ma nel quale lo sviluppo libero. illim itato. progressivo e universale delle forze produttive costi· tuisce il presupposto stesso della socie tà e quindi del· la sua riproduzione; nel quale l 'unico presupposto è il superamen to del pun to di partenza. Questa ten­ denza - che è propria del capitale, ma che al tempo stesso è in con traddizione con esso in quan to forma di produzione limitata, e perciò lo spinge alla sua dissoluzione - distingue il capitale da tutti i prece­ den ti modi di produzione e implica, al tempo stesso, che esso è posto come puro pun to di transizione. Tutte le passate forme di società sono perite in segui­ to allo sviluppo della ricchezza - o, che è la stessa cosa, delle forze produttive sociali. Per questo presso gli an tichi che avevano questa consapevolezza, la ric­ chezza viene denunciata dire ttamente come fattore di dissoluzione della comunità. L 'o rdinamen to feudale dal can to suo crollò in presenza dell 'industria cittadina, del commercio, dell 'agricoltura moder­ na ( e persino di singole invenzioni, come lo polvere da sparo e la pressa da stampa ). Con lo sviluppo della ricchezza - e perciò anche di nuove forze e di un traffico piu esteso tra gli individui - si dissolsero le condizioni economiche su cui poggiava la comuni· tà e i rapporti politici tra i diversi elemen ti della comunità che a essa corrispondevano: la religione, in cui essa veniva idealizzata (ed entram be si fondavano a loro volta su un dato rapporto con la natura, nella quale ogni forza produ ttiva si risolve); il carattere, il modo di pensare ecc. degli individui. Lo sviluppo d ella scienza - ossia della forma più solida della ricchezza, che è al tempo stesso prodo tto e produttore di essa è bastato, da solo, a dissolvere questa comunità. Lo sviluppo della sc ienza, di questa ricchezza che è a un tempo ideale e pratica, non è che uno dei lati, delle forme in cui si manifesta lo sviluppo delle forze produ ttive umane, ossia della ricchezza. Dal punto di vista ideale la d issolu zione di -

una determ in ata fo rma di coscienza era su ffic iente ad ucc idere u n 'intera epoc a . Nella realtà , questo lim ite della coscienza corrisp onde ad un determinato grado di sviluppo delle forze p roduttive materiali e

perciò della ricchezza. A dire il vero ci fu uno sviluppo non solo sulla vecchia base, ma uno svilup­ po di questa b ase stessa. Il massim o sviluppo di questa base stessa ( il fiore in cui essa si trasforma; ma si tratta pur sempre di questa base, di qu esta pian ta che fiorisce; ed è per questo che appassisce dopo aver fio rito e in conseguenza della fioritura) è il punto in cui essa si è elaborat a nella form a in cui è compatibile con il massimo sviluppo delle far. ze produttive, e perciò anche con il piu ricco svilup­ p o degli in dividu i. Non appena qu esto punto è stat o raggiu n t o , l 'u lte riore sviluppo si presenta come

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FO R M A E CONTENUTO

decade nza , e il nuovo sviluppo comincia da una nuova b ase . Abbiamo visto prim a che la proprietà delle condizioni di produzione veniva identificata con una form a lim itata e determinata della com unità ; quindi dell 'individuo nelle qualità - qualità lim it ate e sv iluppo lim itato delle sue forze produtt ive - atte a costituire tale comunità. Questo stesso presupposto era a sua volt a il risu ltato di un limitato livello stori­ co di sviluppo delle forze produttive ; cioè , sia della ricchezza sia del modo di crearla . Lo scopo della co­ mu nità , dell 'individuo - come pure la condizione della produzione - era la riproduzione di queste de· terminate condizioni di produzione e degli individui sia sin golarm ente, sia nelle loro d ivisioni e relazio ni sociali - in quanto portatori vive nti di t ali condizio­ ni. 11 capitale attua la produzione della ricchezza stes­ sa, e p erc iò lo svilu ppo universale delle forze produt· tive , il continuo rivoluzionamento dei suoi presu ppo­ sti esistenti, come presupposto della sua riproduzio· ne. n valore non esclude nessu n {alore d 'uso ; perciò non include nessu n tipo partic olare di c onsu mo ecc . , di traffic o ec c . , c o m e condizione assoluta ; e parim e n ­ t i o g n i grado di sviluppo delle forze produt tive socia­ li, del traffic o , della conosc enza ecc., gli si presenta­ no soltanto come u n ostacolo che esso m ira a sor­ montare . Il suo stesso presupposto - il valore è posto come prodotto, non come presupposto supe· riore aleggian te al di sopra della produzione. Il limite del capitale è che tu tto questo sviluppo procede an ti· teticamen te, e l 'elaborazione delle forze produttive, della ricchezza generale ecc., della conoscenza ecc. , si presen ta come alienazione dello stesso individuo che lavora; alle condizioni da lui elaborate, e[