Correggio 2570140178658

Nota sull'A. [Correggio (Correggio, Reggio Emilia 1489 - ivi 1534). - Forme varianti: Correggio il ; Allegri, Anton

144 76 37MB

Italian Pages 196 Year 2011

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Correggio
 2570140178658

Citation preview

I Classici dell'Arte

I

Classici dell'Arte

-.-.-GGIO Presentazione di Silla Zamboni

l\!_zzoli l

Skira

COBBIEBE DELLA SEBA

I CLASSICI DELL'ARTE Corriere della Sera 50 CORREGGIO

Edizione speciale

Rizzoli l Skira

per il Corriere della Sera

© 2004 RCS Quotidiani S.p.A Supplemento al numero odierno

Direzione editot·iale Eileen Romano

del Corriere della Sera

con la collaborazione di

Direttore responsabile: Stefano Folli

Francesca Marini

RCS Quotidiani S.p.A via Solferino 28, 20121 Milano Reg. Trib. Milano n. 139 del 29 giugno 1948 Sede legale: via Rizzoli 2, Milano

Il presente libro deve essere distribuito esclusivamente in abbinamento al quotidiano

Design Marcello Francane Coordinamento redazionale Giovanna Racchi Redazione Giampaolo Del Medico

Corriere della Sera.

Impaginazione

Tutti i diritti di copyright

Paola Pellegatta

sono riservati.

Monica Temporiti Ricerca iconografica Matteo Penati

Nessuna parte di questo libro

Massimo Zanella

·può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi

éopertina

mezzo elettronico, meccanico

Ganimede e l'aquila

o altro senza l'autorizzazione

(particolare), 1531 circa

scritta dei proprietari dei diritti

Vienna, Kunsthistorisches Museum

e dell'editore. Per il testo di Silla Zamboni

© 2004 RCS Libri S.p.A. © 2004 by Rizzoli libri illustrati Società Editoria Artistica SpA Gruppo Skira Tutti i diritti riservati Finito di stampare nel mese di novembre 2004 a cura di RCS Quotidiani S.p.A. Printed in Italy

contro/rontespizio Noli me tangere (particolare), 1523-1524 Madrid, Museo Nacional del Prado Le opere di proprietà della Soprintendenza sono pubblicate· su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Clliturali

© Foto Archivio Scala, Firenze, 2004 © Lessing/Contrasto, Milano

Sommario

7

Silla Zamboni

Dolcezza di sensi in classica armonia

21

La vita e l'arte

71

I

Maddalena Spagnolo

capolavori

Alessandra Buccheri

Apparati 174 l 76 182 18 9

Tavola cronologica Collocazione geografica delle opere Breve antologia critica Consigli bibliografici

Silla Zamboni Dolcezza di sensi in

B

classica armonia

enché l'opera del Correggio abbia goduto attraverso i tempi di un costante elettissimo prestigio, non vi è dubbio che la consapevolez­ za del suo collocarsi nel vivo della storia della grande pittura del Cin­

quecento è conquista critica recente; quasi che l'antica interpretazione pro­ posta dal Vasari avesse potuto alimentare il mito dello splendido isolamen­ to di un artista che al contrario ci appare aver filtrato e prodotto una quan­ tità di cultura e di storia paragonabile con pochi altri esempi. Se è vero, in­ fatti, che la vicenda del Correggio si svolse quasi interamente a Parma, lon­ tano dalle grandi capitali dell'arte, non per questo la sua pittura mancò di intrecciare un dialogo ad alto livello con i più grandi fatti della pittura con­ temporanea: e che il viaggio a Roma costituisse il momento decisivo di tali fecondi incontri è convinzione pressoché concorde della critica. Ma senza affrontare subito quello che è il problema storico più delica­ to connesso all'interpretazione della pittura del Correggio, conviene riferire della sua attività giovanile, che suggerisce già l'immagine di

un

artista quan­

to mai inquieto e complesso. La stessa posizione di Correggio, la cittadina dove il pittore era nato verso il 1489, non lontana da Mantova, da Ferrara, da Modena, da Bologna, sembra fornire la chiave per intendere la vivacissi­ ma curiosità intellettuale che caratterizza la formazione dell'artista. Tra le no­ Visione di san Giovanni Evangelista (particolare), 1520

Parma, San Giovanni Evangelista

tizie riportate dalle fonti è particolarmente preziosa la testimonianza della pre­ senza del Correggio a Mantova e del suo intervento nella decorazione della cappella votiva del Mantegna in Sant'Andrea. Gli Evangelisti affrescati nei quattro pennacchi della cappella potrebbero essere dunque i primissimi saggi del giovane Correggio, intento a declinare 7

Venere e Cupido

gli esempi del Mantegna con una inedita tenerezza pittorica. E un significato non molto diverso si ricava dai due tondi raffiguranti la Sacra Famiglia e

con un satira (particolare)

la Deposizione affrescati nell'atrio della stessa chiesa e la cui attribuzione è �.1527 _1528 circa avvalorata sia da un frammento di cartone preparatorio nella Pierpont Mor­

Parigi, Musée du Louvre

gan Library, sia dalla sinopia della Deposizione - scoperta in occasione del distacco dell'affresco- che rivela una qualità squisitamente correggesca. L'i­ potesi- sostenuta da alcuni studiosi- che il Correggio abbia potuto frequentare la bottega del Mantegna non è malfondata, se è vero che quando il vecchio maestro muore, nel 1506, l'Allegri poteva essere sui diciassette anni. Certo è comunque che la cultura mantegnesca sostanzia un primo gruppo di opere il cui avvio è costituito appunto - ancora entro il primo decennio - dagli af­ freschi di Sant'Andrea e il punto di arrivo dalla Madonna di San Francesco ( 15 14- 15 15 ). Tra questi due termini troviamo già alcune opere in cui il Correggio si esprime con incantevole originalità poetica: il Matrimonio mistico di santa Caterina della Galleria Nazionale di Washington, la Madonna con sant'Elisabetta della collezione Johnson di Filadelfia, il Matrimonio mistico di santa Caterina di Detroit, la Madonna con il Bambino in gloria tra due an­ geli musicanti degli Uffizi, tutte opere in ··cui lo strenuo formalismo mante­ gnesco si addolcisce in virtù di una trepida tessitura pittorica e di un insi­ nuante chiaroscuro, frutto di una cauta delibazione di lwninismo leonarde­ sco. La Natività con santa Elisabetta e san Giovannino di Brera, da porre ve­ rosimilmente tra le ultime cose del gruppo, accenna d'altra parte nell'in­ quieto lume lunare e nel crepitio della materia cromatica a forti suggestioni dal Dosso, che sappiamo del resto presente a Mantova nel 15 12. Tutti que­ sti motivi ricompaiono nella Madonna di San Francesco dipinta tra il 15 14 e il 15 15 per Correggio e ora nella Pinacoteca di Dresda, ma fusi in una lega pittorica tanto ariosamente modulata che è possibile scorgervi un riflesso dell'apparizione in Emilia della Madonna Sistina, inviata a Piacenza da Raf­ faello attorno al 15 13. il Correggio è comunque ancora in un momento di ricerca, come prova la repentina sterzata verso una capziosità formale che 8

·

Matrimonio mistico di santa Caterina (particolare), 1526-1527 Parigi, Musée duLouvre

trova un diretto parallelo in altri fatti di protomanierismo emiliano, dal Co­ sta al Garofalo, all'Aspertini. È in questi anni che il Correggio abbozza pre­ cocemente un'orditura formale asimmetrica che superi la norma compositi­ va classicistica. La Sacra Famiglia (collezione Orombelli, Milano), legata ancora alle ma­ gie dossesche, sembra aprire questo secondo gruppo di opere che attraver­ so i Quattro Santi del Metropolitan Museum di New York, la Madonna dei Civici Musei di Milano, la Zingarella della Galleria di Capodimonte, la Ma­ donna con il Bambino (Madonna Campori) della Galleria di Modena, culmi­ nerà nella Madonna di Albinea, commessa all'artista nel 1517 e purtroppo nota solo attraverso copie. La tensione sperimentale che caratterizza la mag­ gior parte di queste cose non esclude esiti di una difficile arrovellata poesia: e in questo senso fanno spicco il patetico Commiato di Cristo dalla Madre del­ la National Gallery di Londra, esemplato forse su una stampa di Durer, e l'A

­

dorazione dei Magi di Brera, cui il ritmo tortile delle figurine conferisce una grazia pungente di balletto. n definitivo abbandono dei calibrati stampi man­ tegneschi spingeva dunque il Correggio a sperimentare ed elaborare un lin­ . guaggio più moderno e dinamico. Ma in. questa avventura, come si è visto, potevano fornirgli soltanto appoggi assai rischiosi gli esempi emiliani sopra ricordati: e il risultato non poteva essere che una "maniera" elegante e in­ quieta, senza una reale possibilità di sbocco. Che per uscire dalla crisi e per ritrovare un'autentica pienezza espressiva fosse necessaria � Correggio la conoscenza diretta delle opere di Raffaello e di Michelangelo è una realtà la cui evidenza è verificabile di fatto nella enorme distanza mentale che separa la Madonna di Albinea dagli affreschi della Camera di San Paolo in Parma. Ma non si può tacere delle difficoltà che hanno per tanto tempo aduggiato una così piana spiegazione del rinnovamento espressivo operato dal Correggio verso il1520. Le fonti, in verità, non recando alcuna testimonianza sul viag­ gio a Roma dell'Allegri hanno permesso che si sviluppasse un'interpretazio­ ne in senso tutto locale del genio correggesco, quanto mai improduttiva ai 11

I:Assunzione della Vergine

fini della comprensione della sua pittura. n Vasari, pur rilevando assai felicemente che il Correggio "... fu il primo che in Lombardia cominciasse co-

(particolare), 1526-1528

se della maniera moderna . . . ", ribadendo l'opinione del mancato viaggio ro- ---Parma,

Duomo

mano se ne vale per sminuire il significato dell'opera del maestro: " . . . se l'in­ gegno di Antonio fosse uscito di Lombardia e venuto a Roma avrebbe fatto miracoli . . . " Ma la critica moderna, movendo da una felice intuizione del Mengs e dalla lettura dei documenti più validi, che sono pur sempre le ope­ re stesse dell'artista, ha concluso che il Correggio dovette compiere il viag­ gio a Roma nel 1518, subito prima di �piegare a piene mani i tesori di una fresca classicità testé recuperata nella volta della Camera di San Paolo, ese­ guita- verosimilmente nel1519- per conto della colta badessa del Convento, Donna Giovanna Piacenza. n Correggio immaginò un pergolato diviso a raggiera in sedici spicchi, in ciascuno dei quali si inserisce un ovato aperto contro il cielo e - alla base - una lunetta a mo' di conchiglia. Un delizioso corteggio di amorini si snoda al di là degli ovati, recando gli emblemi della "Caccia di Diana", che è il motivo conduttore dell'insieme; mentre nelle lu­ nette e nelle mensole che illusivamente le sottendono si incastonano prezio­ si motivi archeologici. Se un lontano ricerdo del Mantegna si avverte nel­ l'orditura compositiva, la sbocciante freschezza dei frutti e delle fronde che si intrecciano nel verziere umido di rugiada, la gioiosa vitalità dei putti at­ teggiati in mille flessuose movenze, invitano ad accostare questa fantasia al Raffaello squisitamente profano della Loggia di Psiche: ma il confronto è tut­ to a favore del Correggio che a una classicità alessandrina infonde un'in­ cantevole dolcezza di sefisi, una meravigliosa naturalezza.

D

opo il prestigioso exploit della Camera di San Paolo la pittura del Cor­ reggio punta con decisione verso una misura più complessa e menu­

mentale, in cui le esperienze romane saranno messe a frutto con nuova vastità di respiro. È il caso della cupola di San Giovanni Evangelista, nucleo di un complesso decorativo cui il Correggio attese tra il1520 e il 1524. Benché la 12

·

distruzione e il rifacimento dell'abside con il grande affresco della Incorona­

zione della Vergine-di cui rimane

un

frammento nella Pinacoteca di Parma

-abbiano intaccato l'organicità dell'opera del Correggio, non vi è dubbio che

_

l'affresco della cupola con la Visione di san Giovanni a Patmos segni un mo­ mento fondamentale non pure nel percorso dell'Allegri ma nella storia della pittura italiana. L'illusionismo prospettico delle cupole barocche ha infatti le sue premesse nell'invenzione correggesca di un libero e dinamico librarsi di masse nello spazio: al centro della cupola irrompe in un gorgo di luce l'ap­ parizione di Cristo e all'intorno- tra bjnchi di nuvole- ruota la teoria degli apostoli, maestose creature che rimandano imperiosamente al mondo delle Stanze e della Sistina. Un recente restauro ha ridato il primitivo risalto sia all'affresco della cupola che a quelli dei penna5=�hi, in cui sono i quattro Evan­

gelisti. Ma sarebbe ingiusto non ricordare gli ovati monocromi dei sottarchi, con otto figure di profeti che non è azzardato definire una delle riuscite più felici dell'Allegri, per la prodigiosa intensità formale e pittorica. L'attività del Correggio in San Giovanni non si esaurisce con le opere sopra ricordate: il grande fregio che corre lungo la navata, benché eseguito pressoché interamente da collaboratori, è stato progettato dal m-aestro_ �tesso; il San Giovanni affre­ scato in una lunetta sulla parete del transetto è-un pezzo di sicura autografia che è forse da porre cronologicamente in apertura dei lavori in San Giovan­ ni; infine alla cappella Del Bono - il cui sottarco fu eseguito da collaboratori su disegni del maestro-appartenevano il Compianto su Cristo morto e il Mar­

tirio di quattro santi ora nella Pinacoteca di Parma, opere di alcuni anni più tarde che attingono a un inconsueto pathos prebarocco. Gli anni che inter­ corrono tra il compimento della cupola di San Giovanni e l'avvio della cu­ pola del duomo di Parma (opera commessa fin dal'1522 ma iniziata soltanto nel1524) sono occupati da un cospicuo numero di dipinti significativi: dalla

Madonna in adorazione del Bambino degli Uffizi alla Madonna della cesta della National Gallery di Londra, dal Matrimonio mistico di santa Caterina del Louvre alla Madonna di san Sebastiano della Galleria di Dresda: in quest'ul14

·

tima opera l' orchestrazione compositiva-in cui è ancora un'eco di Raffaello - si fa virtuosisticamente complessa, quasi che l'inquietudine formale si argi­ nasse a fatica entro il calcolatissimo contrappunto delle assonanze. Certo più commossa e più limpida ci appare la poesia del pittore nella Madonna degli Uffizi o nella Madonna della cesta, immagini di una assorta soavità di senti­ mento che si esprime senza mediazioni nel melodioso fluire delle forme sot­ to la carezza mutevole della luce. E in questo cerchio di affetti più intensi sarà da ricordare il superbo Noli me tangere del Prado, soffuso di luce vespertina o il Cristo nell'orto della Apsley House di Londra, in cui le forme si stempe­ rano come tenere larve lumescenti nell'ombra violetta della notte. Un antici­ po, invece, della vena più sensualmente profana del Correggio estremo sono

l'Educazione di Amore della National Gallery di Londra e il Venere e Cupido con un satira del Louvre, dipinto quest'ultimo in cui l'ardita scioltezza sintat­ tica - che sembra anticipare lo stesso Bernini -si unisce alla squisita qualità del tessuto pittorico a esprimere l'incanto dell'idillio pagano.

E

·

d ecco il Correggio impegnarsi nella sua impresa più alta: la decorazione della cupola del duomo di Parma, condotta tra il1522 e il1530. L'in­

venzione della cupola di San Giovanni si dilata e si arricchisce di una nuova profondità spaziale: è un autentico vortice rombante che si crea nel vano lu­ minoso della cupola, trascinando in aereo carosello una miriade di angeli at­ torno alla Vergine Assunta. A paragone con la poderosa corona di apostoli di San Giovanni, le creature trasvolanti nella cupola del duomo paiono !evi­ tare leggere in un mare di luce dorata: e ad accentuare illusionisticamente l'infinita vastità di quel cielo il Correggio ha immaginato una teoria di gi­ ganteschi apostoli che si agitano sul cornicione in audacissinu scorci. Dav­

alle pagine seguenti

vero sembra assurdo che a sinille pienezza di fantasia corrispondesse un ben

(particolare)

scarso entusiasmo da parte dei committenti! Sta di fatto che il maestro non

Danae

1531-1532

Roma, Galleria Borghese

portò a termine gli impegni assunti- che prevedevano anche la decorazio­ ne dell'abside - e lasciò Parma per ritornare in patria. 15

I

n parallelo con gli affreschi del duomo egli aveva nel frattempo dipinto una serie di pale d'altare che costituiscono uno dei maggiori vanti della

sua pittura. Nella Madonna di san Girolamo, eseguita attorno al 1527-1528 per w1a cappella della chiesa di Sant'Antonio in Parma e ora conservata nella Galleria della stessa città, il Correg ' gio esprime con pienezza la sua sensi­ bilità morbidamente elegiaca: una calda luce meridiana inonda il paese lon­ _ tano e giunge a lambire il gruppo sacro dando spicco alla doviziosa partitu·ra cromatica, che ha i suoi punti di forza nel rosso profondo della tenda e nell'onda dorata delle vesti della Maddalena. In stretta contiguità di tempo e di stile si pone l'Adorazione dei pastori di Dresda, definita La Natte per con­ trasto con la Madonna di san Girolamo che è detta Il Giorno. Qui infatti il nucleo dell'invenzione è costituito dal lume notturno, rot­ to dal bagliore che si irradia misteriosamente dalla culla divina. Assai vicina al Giorno è la Madonna della scodella, anch'essa nella Galleria di Parma, che permette di assaporare brano per brano la qualità suprema che caratterizza la pittura del Correggio in questo momento di sontuosa maturità: basti con­ siderare il primo piano con quel tenero addensarsi di terra bruna e di erbe carnose. Indubbiamente il Correggio si avvicin�_al limite di una preziosità di linguaggio che minaccia di sboccare nell'artificiale grazia dei manieristi: e una prova di tale inclinazione è certo da vedere nella Madonna di san Giorgio, dipinta per Modena verso la fine dei lavori del duomo e ora a Dresda. Ma l'estrema elaborazione formale è sempre riscattata da una calda vivezza di sensi. E a quali accenti di spirante verità un1ana sapesse giungere il Correg­ gio possono testimoniare alcuni ritratti che, se pure occupano un territorio assai problematico della sua attività, è impossibile non· ricordare almeno nei due casi più affascinanti: il Ritratto della collezionè Lee of Farehan1 di Lon­ dra (in cui 8lcuni ravvisano le sembianze di Guido da Correggio) e il Ritrat­ to virile dei Musei Civici di Milano, immagine di una concentrata intimità, proiezione dell'w11bratile e introversa sensibilità dell'artista. L'estremo sog­ giorno del Correggio in patria sembra aver coinciso con la più importante 18

.,

intrapresa degli anni tardi: vale a dire la commissione da parte del duca di Mantova - che a detta del Vasari intendeva farne dono a Carlo V

-

di una

serie di tele che hanno per soggetto gli Amori di Giove. Una stampa che reca l'indicazione del.1531 ha permesso di supporre che il primo quadro della serie fosse la Danae della Galleria Borghese, forse la cosa pi1j superba uscita dal pennello dell'Allegri, che vi ha espresso con ir­ ripctibile felicità iJ suo sogno di una bellezza esemplata sui marmi antichi, ma scaldata alJ'interno dall'urgere di una trepida sensualità. La pittura del 'orreggio non aveva ancora raggiunto la miracolosa tenerezza d'impasto­ come di cera fusa- che sostanzia l'immagine di Danae, voluttuosa creatura che presagisce dolcezze d'Arcadia. Non meno beJJa, ma in. qualche brano in­ debolita da rifacimenti, e l'invenzione deJJa Leda e il cigno del Museo di Ber­ lino, immaginata in un fiabesco scenario di verzura; mentre nel Giove e Io e nel Ganimede e l'aquila di Vienna il maestro riprende e rielabora con nuova ricchezza pittorica alcuni motivi sperimentati neJJa cupola del duomo. Nel 1534, a soli quarantacinque anni, il Correggio muore. Egli conclude così nel segno di una stupefacente freschezza un'avventura stilistica che, prese le mosse da una cultura ancora quattrocentesca, assimila l'alta lezione di Raf­ faeJJo e di Michelangelo, per proporsi come superba espressione in terra pa­ dana degli ideali del Rinascimento e come fecondo presagio di atteggiamenti che saranno propri di età piu moderne.

19

La vita e l'arte

S

econdo il suo primo biografo, Giorgio

Fu proprio a partire dalla fine del XVII

Vasari, Antonio da Correggio aveva

secolo che gli eruditi e gli scrittori d'arte co­

inaugurato la "maniera moderna" in

minciarono a interrogare gli archivi nella spe­

Lombardia e nessuno meglio di lui sapeva

ranza di ritrovare informazioni relative alla vi­

" toccare" i colori. Le sue opere erano " di

ta e alle opere di Antonio Allegri, meglio co­

morbidezza colorite" e "muovevano al riso"

nosciuto come Correggio dal nome della città

o " facevano compassione nel vedere" ; la "leg­

che gli diede i natali. Un esorbitante numero

giadria" , la "candidezza e la delicatezza" e la

di lettere tra pittori, archivisti, collezionisti e

" grazia con che e' finiva i suoi lavori " susci­

studiosi, intenti a scambiarsi pareri e infor­

tavano, negli osservatori, una " stupendissima

mazioni sull'Allegri, fu prodotto tra la fine del

m aravigli a " .

Seicento e il primo Ottocento. Questo mate­

Gli elogi di Vasari, però, non sono nien­

riale, in buona parte ancora manoscritto, rap­

te al confronto con l'entusiasmo espresso dai

presenta una limpida testimonianza di quan­

critici successivi: nel Seicento e, ancor più, nel

to ardua, ma al tempo stesso appassionata, fos­

Settecento Correggio si guadagnò un posto

se la ricerca di notizie in grado di creare un

. d'eccezione nell'immaginario degli artisti e de-

contesto storico che potesse ospitare la figura

gli scrittori d'arte. La sua fama superò spesso

di Correggio: il pittore che era allora il prefe­

quella di Leonardo, di Michelangelo, di Ti­

rito dagli intendenti, uno dei più ammirati da­

ziano e dello stesso Raffaello.

gli artisti e il più sfuggente agli occhi degli sto­

La sua arte evocava concetti quali la gra­

rici e dei critici d'arte.

zia, la morbidezza, la tenerezza, il sottile pia­

Fin dal suo inizio la ricerca archivistica si

cere estetico che incontravano perfettamente

è presentata tutt' altro che semplice e, pur por­

l'orizzonte delle attese degli uomini di cultu­

tando alla luce w1 certo numero di testimo­

ra del tardo Seicento e del Settecento.

nianze relative alla biografia e alle opere del pit21

a pagina 20 Adorazione dei pastori (La Notte) (particolare), 1522-1530 Dresda, Gemaldegalerie

tore, si può affermare che, ancora oggi, ri­

tore e d è possibile che ciò abbia in qualche mo­

spetto ai grandi protagonisti del Cinquecento,

do influenzato la scelta di Antonio della sua

Correggio rappresenti, di fatto, l'artista ih as­

professione; professione che sarà portata avan­

soluto meno documentato.

ti, più tardi e assai più modestamente, anche

A ciò bisogna aggiungere che il suo no­

dal suo unico figlio maschio, Pomponio.

me, a differenza di quello di tanti altri maestri,

Se documentata è la data della sua mor­

oggi considerati assai meno importanti di lui,

te, avvenuta inaspettatamente il 5 marzo 1534,

non compare in nessun testo a stampa che si

ancora incerta, invece, resta la sua data di na­

occupi di questioni artistiche almeno fino al­

scita. Oggi si tende a collocarla nella seconda

la prima edizione delle Vite di Vasari ( 1550)

metà degli anni ottanta del Quattrocento, in

quando ormai egli era scomparso da sedici an­

genere nel 1489, grazie a una serie di testimo­

ni. Questa reticenza delle fonti, unita alla man­

nianze. Fra queste, un documento attesta che

canza di un congruo numero di notizie relati­

l'artista è nominato come padrino in un atto

ve alla sua biografia, ha favorito ab antiquo il

di battesimo del 151 1; il che fa supporre che

diffondersi e l'affermarsi di vere e proprie leg­

avesse allora raggiunto, o fosse quantomeno as­

gende riguardo alla formazione, all' attività e al­

sai prossimo alla maggiore età, che a Correg­

la vita di Correggio.

gio voleva dire i venticinque anni. Pensare a una data di nascita anteriore al 1486 signifi­

ntonio Allegri era figlio di Pellegrino de

cherebbe, per contro, ignorare il fatto che più

Allegris e di Bernardina Ormani: una ri­

di una fonte attesta che Correggio morì gio­

spettabile famiglia della contea di Correggio

vane. Secondo Vasari, infine, l'artista era mor­

non così poco abbiente come il romanzo va­

to a "anni quaranta circa" nel 1534, afferma­

sariano vorrebbe fare intendere. Suo zio pa­

zione non completamente inesatta a patto çhe

terno, Lorenzo Allegri, era stato anch'egli pit-

se ne valorizzi il "circa" intendendo il riferi-

A

22

mento cronologico come relativo a un'età in­

il1 5 14, fosse a Correggio. Sebbene fosse un pic­

feriore ai cinquanta anni.

colo principato, Correggio era un luogo per

Del resto il 3 0 agosto 1 51 4 cade il con­

niente secondario nelle vicende politiche e cul­

tratto per la Madonna di San Francesco, un di­

turali del tempo, bene inserita in quella che era

pinto in cui Correggio rivela di sapere usare i

la fitta rete delle corti padane e in rapporto con

pennelli con una maestria tipica di un artista

Bologna, Parma, ma anche Venezia e Brescia.

già sicuro e ben consapevole del proprio va­

Da quest'ultima città proveniva la seconda mo­

lore, tanto da firmare e datare il suo lavoro.

glie del conte Gilberto X, Veronica Gambara,

Questo documento, il primo che si conosca

che giunse nella cittadina emiliana all'età di

per una sua opera, ha rappresentato e tutt'o­

sedici anni, nel 1509.

ra rappresenta il terminus ante quem per or­

Dal 1 51 8, anno della morte del consor­

dinare cronologicamente tutti i suoi primi la­

te, Veronica cominciò a gestire le sorti politi­

vori riguardo ai quali non ci è pervenuta qua­

che e culturali di Correggio e fu soprattutto

si alcuna notizia.

grazie ai suoi profondi interessi culturali- Ve­ tonica si affermò come una delle più fini poe­

a pala della Madonna di San Francesco fu

tesse del suo tempo -, alle sue amicizie con

commissionata per un altare dell'omoni­

molti letterati contemporanei, quali Pietro

ma chiesa a Correggio e in un altro documen­

Aretino, Ludovico Dolce, Ludovico Ariosto,

to dello stesso 1 5 14 ( 8 settembre), un contrat­

che la piccola contea di Correggio riuscì a ri­

to per dipingere "portas organi et podium"

scattare la propria marginalità geografica in

dell'abbazia benedettina di San Benedetto Po,

virtù di un prestigio culturale riconosciuto

nel territorio mantovano, l'artista è definito co­

ben oltre i confini locali.

L

me "habitans in civitate corigie": è perciò ra­

Il ruolo di primo piano che ella rivestì

gionevole pensare che la sua residenza, entro

nella vita culturale della città induce a crede23

Cristo giovane (particolare), 151 O circa Washington, National Gallery of Art

re che Veronica abbia seguito da vicino l'atti­

gri non compisse viaggi o che non soggior­

vità artistica del giovane Antonio Allegri.

nasse per periodi più o meno lunghi in altre

Fonti più o meno leggendarie raccorftano

città. Un documento del1512, recentemente

che il pittore ricevette proprio da lei alcune,

ritrovato, in cui il pittore si impegna a restituire

prime, importanti commissioni e altre recenti

dei soldi al figlio di Andrea Mantegna, Fran­

ipotesi suggeriscono di leggere alla luce della_

cesco, attesta che i due si conoscevano e quin­

sua committenza alcuni suoi lavori giovanili.

di che Antonio Allegri era stato a Mantova

Tuttavia, allo stato delle attuali conoscenze, i

dove lavorava e viveva il famoso pittore della

rapporti di Veronica con Antonio Allegri so­

corte Gonzaga e la sua famiglia.

no documentati solo da testimonianze relati­

Questo documento, per quanto non spe­

ve agli anni venti e trenta del Cinquecento:

cifichi niente su una possibile attività artistica

nel1525 l'artista è testimone di un �andato

di Correggio a Mantova, è andato ad aggiun­

d'urgenza in presenza di Veronica e del con­

gersi a una serie di più tarde testimonianze

te Manfredo; nel1528 una sua opera oggi an­

che vogliono che la prima formazione dell' ar­

data perduta è descritta ed elogiata in una let­

tista sia avvenuta nell'orbita di Andrea Man­

tera inviata da Veronica a Isabella d'Este e, in­

tegna. Si tratta di fonti che si scalano a parti­

fine, nel gennaio 1534, neanche due mesi pri­

re dai primissimi anni del Seicento e che ri­

ma della sua morte, Antonio Allegri è investi­

cordano, in alcuni casi, proprio l'alunnato pres­

to come testimone nel contratto di dote per le

so Mantegna, in altri, una sua attività di fre­

nozze di Chiara di Correggio con il figlio di Ve­

scante nella cappella funeraria di Mantegna

ranica, Ippolito.

nella chiesa di Sant'Andrea a Mantova. Poiché Andrea morì nel1506, l'incontro tra i due do­

S 24

ebbene abbia abitato a Correggio fino al 1514, ciò non significa che Antonio Alle-

vette avvenire entro questa data. In un manoscritto modenese, risalente

agli anni quaranta del Cinquecento, si afferma,

formarono già all'indomani della sua morte e

invece, che Correggio fu allievo di un pittore

se le fonti successive appaiono discordanti sul

di Modena, Francesco Bianchi Ferrari. Tùtta­

nome di un suo possibile maestro, è p�obabi­

via le due tradizioni non si contraddicono ed

le che la formazione di Correggio non fosse se­

è possibile che Antonio Allegri trascorresse

gnata da un solo ben individuabile maestro

un periodo di apprendistato presso Ferrari e_

ma avvenisse invece in modo frammentario e

avesse poi modo di entrare in contatto con

magari in centri artistici diversi.

Andrea Mantegna.

È

comunque assai difficile riconoscere

È però significativo che, nelle più antiche

nelle sue prime opere tracce di un apprendi­

testimonianze a stampa, le Vz'te di Vasari 1 ( 550)

stato presso Francesco Bianchi Ferrari, !ad­

e i Cathaloghi di Ortensio Lando (1552), non

dove, invece, sono chiare le suggestioni man­

sia indicato nessun maestro di Correggio. V{J.­

tegnesche; non solo, si può affermare che, an-

sari semplicemente elude il problema soste­

-che in fasi successive della sua attività, le ope­

nendo che l'artista nel giro di " pochi anni di­

re mantovane di Andrea Mantegna rappre­

venne raro e maraviglioso " , mentre Lando di­

sentarono un punto di riferimento importan­

chiara esplicitamente che egli fu "fatto dalla na­

te per Correggio.

tura più che da maestro alcuno " . Affermazio­

Riguardo alla paternità correggesca di al­

ni come queste derivavano probabilmente ai

cuni degli affreschi della cappella funeraria di

due autori da una credenza allora diffusa che

Mantegna nella chiesa di Sant'Andrea a Man­

aveva fatto proprio uno dei classici topoi del­

tova, gli studiosi hanno espresso pareri di­

la leggenda dell'artista secondo cui il genio,

scordanti, ma è molto probabile che i Quattro

possedendo l'arte come dono innato, non ave­

Evangelisti o la Sepoltura di Cristo ( oggi nel

va bisogno di apprenderla da nessuno.

Museo Diocesano di Mantova) siano effetti­

In ogni caso, se leggende come queste si 26

vamente opera di Correggio: un suo omaggio,

m

parte ancora esitante e

naif,

alla maniera

clell'anziano maestro da poco scomparso.

quanto nessun documento avvalori l'ipotesi di un viaggio di Correggio a Milano, è altamen­

Se il rapporto con Mantegna continua a

te probabile che entro la fine del secondo de­

essere difficile da dimostrare per via docu­

cennio del Cinquecento l'artista avesse avuto

mentaria, ancora meno semplice è spiegare co­

modo di studiare approfonditamente più di

me Correggio entrasse in contatto con la pit­

un'opera di Leonardo. Non si spiega altrimenti

tura di Leonardo da Vinci.

la sua elevata capacità di fare propri gli aspet­ ti fondamentali della ricerca vinciana, quali

Uano non era poi così lontana dalla sua

l'indagine sottile dei "moti dell'animo", che a

residenza e sappiamo che altri artisti

partire dagli anni dieci divenne una cifra di­

che lavoravano a Parma o a San Benedetto Po,

stintiva delle sue opere, e il sapiente impiego

come AJessandro Araldi o Girolamo Bonsi­

della tecnica dello sfumato che Correggio, co­

gnori, si erano recati nella città lombarda ad

me pochissimi altri artisti del Cinquecento,

ammirare le opere lasciate da Leonardo.

comprese nel suo duplice valore formale ed

M

Inoltre, intorno alla metà del primo de­

emozionale. Nessun seguace milanese di Leo­

inquecento, negli anni in cui si

nardo riuscì mai ad arrivare a una così sentita

compiva la formazione di Correggio, le opere

assimilazione dei modi del maestro e si può af­

del maestro toscano erano particolarmente ap­

fermare che solo con Correggio, e con alcuni

prezzate nelle citta e nelle corti padane: le ri­

artisti toscani, primo fra tutti Andrea del Sar­

chieste di committenti come Isabella d'Este o,

to, la lezione leonardesca fosse valorizzata in

si parva licet, Cecilia Bergonzi, badessa del mo­

tutto il suo spessore.

cennio del

nastero di. San Paolo a Parma, dimostrano che

Nel solco della ricerca di Leonardo si col­

la consapevolezza del valore dell'arte leonar­

loca anche la tecnica grafica prediletta dall'ar­

desca era allora piuttosto diffusa. Quindi, per

tista, la matita rossa, e il suo intendere la pra27

Quattro santi

(particolare), 1516-15 1 7 New York, The Metropolitan Museurn of Art

tica del disegno come il luogo ideale per "boz­

Antonio da Correggio condivideva un analo­

zare delle historie", i cui contorni sono spes­

go interesse per l'arte nordica. Infatti le inci­

so lasciati volutamente indefiniti e sfumati.

sioni di Durer ma anche di, o da, Altdorfer of­

Proprio perché rielaborate e interiorizza­ te, le suggestioni leonardesche presenti nel lin­

frirono alla sua fantasia spunti iconografici in­ soliti rispetto alla tradizione artistica italiana.

guaggio di Correggio non si presentano quasi mai sotto la forma di banali citazioni, tuttavia almeno un'opera, fra tutte, manifesta in ma­

E

ntro la fine degli anni dieci, gli studiosi concordano nel datare almeno un viag­

niera esplicita il suo debito a Leonardo, se­

gio di Correggio a Roma. L'ipotesi non è so­

gnatamente alla celebre Vergine delle rocce con­

stenuta da alcun riscontro documentario e an­

servata, all'epoca, a Milano nella chiesa di San

zi le due più antiche fonti a stampa ( Vasari e

Francesco Grande: la Madonna con il Bambi­

Landa) affermano che l' artista non si recò mai

san Giovannino del Prado che viene da­

nell'Urbe. Anche in questo caso, però, le loro

tata per via stilistica alla fine del secondo de­

informazioni sembrano influenzate da quel

cennio del Cinquecento.

medesimo amor patrio che voleva che egli non

no

e

Accanto a Mantegna e a Leonardo, alcu­

avesse avuto bisogno di alcun maestro. Come

ni artisti a lui contemporanei sembrano avere

se quel soggiorno a Roma, che per ogni arti­

interessato il giovane Correggio: particolar­

sta del primo Cinquecento significava un'e­

mente Lorenzo Costa, attivo a Mantova pres­

sperienza fondamentale offrendo la possibi­

so i Gonzaga, Francesco Francia, leader della

lità di ammirare 'i modelli antichi e le straor­

scuola bolognese del primo Cinquecento, il

dinarie novità di Michelangelo e Raffaello, non

pittore veneto Cima da Conegliano, che aveva

fosse stato necessario a Correggio.

lasciato a Parma alcuni suoi importanti lavori,

In realtà, per quanto in città quali Bolo­

e il ferrarese Dosso Dossi. Con quest'ultimo

gna, Piacenza e Carpi si trovassero importan29

Adorazione dei Magi (particolare), 1517 circa Milano, Pinacoteca di Brera

ti dipinti di Raffaello (la Visione di Ezechiele,

vori, ogni debito più o meno esplicito con i

l'Estasi di santa Cecilia, la Madonna Sz'stina e

grandi modelli della sua formazione, Mante­

la Madonna del Divino Amore), che Corréggio

gna e Leonardo, viene qui riassorbito in una

sembra avere conosciuto e studiato, le opere

maniera completamente e profondamente per-

a cui egli attese a partire dalla fine degli anni

sonale. Di quest'opera, curiosamente dimen-

dieci, segnatamente gli affreschi della Camera� _ di San Paolo e quelli, di poco successivi, della

ticata dalla critica fino alla fine del Settecento

cupola di San Giovanni Evangelista a Parma,

monastero, doveva comunque esserci una me­

rivelano una tale improvvisa maturazione nel

moria in città. Lo attesta dapprima una pagi­

suo stile da rendere necessaria l'ipotesi di un

na dell'architetto e ingegnere della corte far-

suo incontro con le novità che solo l'ambien-

nesiana, Smeraldo Smeraldi, che si era recato

te romano poteva offrire allora.

È p �ssibile



perché inaccessibile a causa della clausura del

a compiere un sopralluogo nel monastero nel

che proprio in vista di queste prestigiose com­

1589 e così aveva annotato nel suo diario: "Poi

missioni, l'artista avesse colto l'occasione di

mi hanno fatto vedere la stanza che ha depin­

recarsi a Roma. Del resto, com'è stato notato,

to maestro Antonio da Correggio, . .. ove egli

la committente degli affreschi della Camera di

ha finto un pergolato et uva e frutti e cesti or­

San Paolo, Giovanna Piacenza, era in contat­

nati ove sono molti puttini bellissimi et varie

to con la bottega di Raffàello e potrebbe es­

e diverse attioni . .. nelle lunette poi vi sono al­

sere stata lei a pagare o quantomeno a consi­

cune parieti di chiaro e scure, e sotto vi è una

gliare a Correggio un Bildungsreise a Roma.

cornice intorno, alla quale sono attaccati alcuni

Gli affreschi della Camera di San Paolo

drappi et dentro varie tazze, boccali et altri

segnano l'inaugurarsi di una nuova fase nel­

vasellami finti d'argento ma bellissimi" . Un

l' attività di Correggio. Ogni incertezza anco­

secolo più tardi, anche un pittore di origine

ra ravvisabile in molti dei suoi precedenti la-

francese, proveniente da Venezia, Giacomo

30

Barri, ne aveva dato notizia nel suo Viaggio

cora oggi misterioso, ha ispirato, che è stato

pittoresco (1671).

possibile ricostruire l'ambiente dei letterati e

Tuttavia il fatto che tutti gli autori inte­ ressati a scrivere su Correggio da Vasari fino

dei committenti parmensi intorno a cui gravi­ tava Correggio.

a Anton Raphael Mengs, a cui si deve appun­

Prima degli affreschi del monastero di

to la " scoperta" della Camera di San Paolo, n�

San Paolo, che si datano per via stilistica fra

ignorassero l'esistenza ha sicuramente impe­

la fine del secondo decennio e l'inizio del ter­

dito che si formasse ab antiquo un'immagine

zo decennio del Cinquecento, Correggio ave­

completa ed esaustiva del suo percorso arti­

va atteso alla realizzazione di dipinti di picco­

stico. Gli affreschi della Camera di San Paolo,

le dimensioni destinati alla devozione privata,

che per converso hanno ricevuto negli ultimi

se si eccettuano la pala della Madonna di San

due secoli una maggiore attenzione d! quanta

Francesco, la perduta Madonna di Albinea, e la

sia stata riservata a ogni altra opera dell'arti- -- -più tarda pala, anch'essa dipinta per una chiesta, rappresentano, infatti, un momento cruciale nell'attività di Correggio.

È

nella deco-

sa di Correggio, rappresentante il Riposo in

Egitto con san Francesco.

razione di questa piccola sala da pranzo che per la prin1a volta si misura in maniera chiara ed esplicita una sua riflessione sui modelli an­

V

i è un'opera, tuttavia, che si ritiene ese­ guita immediatamente prima del trasfe­

tichi, ed è davanti a questi affreschi che gli

rimento di Correggio a Parma, il Ritratto di

studiosi, dal tardo Settecento in poi, hanno

gentildonna dell'Ermitage, che condivide con

avvertito quella che giustamente Longhi ha

gli affreschi di San Paolo una cultura altrettanto

definito "l'esigenza di w1 suo viaggio romano" .

sofisticata ed elitaria. Forse non è un caso che

Infine, è anche grazie ai numerosi studi ico­

rechi la firma di Correggio secondo la colta la­

nografici che quest'opera, dal significato an-

tinizzazione del suo nome:

32

"

" ANTON. LAET. ,

scritta che, nel dipinto, si va ad aggiw1gere a

nel Settecento, immaginava discutere anima­

quella in greco

leggibile sulla

tamente Scricca e Frombola, resta il luogo in

lucida superficie d' argento del piatto che ci

cui più facilmente si può mettere a fuoco la no­

mostra l' effigiata. Non sappiamo di chi si trat­

vità della maniera inaugurata da Correggio: la

tasse, ma doveva senz' altro essere una com­

sua capacità di dialogare con i modelli antichi,

mittente colta, in grado di apprezzare non so­

per lo più offerti da antiche monete romane,

lo l'elevata raffinatezza stilistica di questo ele­

criticando l'accademico archeologismo di Ales­

gante dipinto ma anche capace di leggere il

sandro Araldi, superando il severo classicismo

greco e magari di coglierne la citazione parziale

di Mantegna e smorzando il solenne eloquio

di un passo dell' Odissea in cui la bevanda ne­

di Raffaello.

-

nepenthes

-

penthes era ricordata per la sua proprietà di al­

I " chiaroscuri della badessa" , la cui tec­

leviare il dolore. Altrettanto colta doveva es­

nica monocroma sottolinea proprio la volontà

sere Giovanna Piacenza, badessa del mona­

di misurarsi con l'antico, fingendo ora il mar­

stero di San Paolo, se era in grado di apprez­

mo ora il bronzo, sono illwninati da una fin­

zare i significati nascosti nell'affresco che de­

ta luce naturale che filtra tra le fronde del per­

corava la sua sala da pranzo. Nonostante nu­

golato e si insinua negli oculi in cui giocano

merose proposte interpretative, di studiosi qua­

noncuranti e ridenti puttini. Pan, le Grazie e

li Erwin Panofsky, Ernst Gombrich e Mauri­

le altre divinità ospitate nelle lunette sembra­

zio Calvesi, questi significati restano a tutt'og­

no spiate nella loro più innocente e umana

gi uno dei più affascinanti e irrisolti puzzles

semplicità. Scese dal piedistallo, che l'alibi an­

iconografici dell'arte italiana del Cinquecento.

tiquario gli avrebbe volentieri offerto, queste

Al di là del suo possibile, recondito, pro­

divinità pagane dai nudi turgidi e morbidi ri­

gramma iconografico, la Camera di San Paolo,

nunciano anche alla nobiltà del materiale che

in cui la fantasia e la bella prosa di Ireneo Affò,

il monocromo vorrebbe fingere e, in luogo 33

Sacra Famiglia con san Giovannino (particolare), 1 5 1 8-15 1 9 Orléans, Musée des Beaux-Arts

dell' aulico marmo, dell'elegante e levigato avo­

cupola era dipinta con finti tralicci, probabil­

rio, preferiscono la " cera fumante" , materia

mente non dissimili da quelli che si possono

più adatta, nella sua tremolante duttilità, a

vedere nella Madonna della Vittoria, qua e là

esprimere la delicatezza dei moti dell' animo

interrotti da alcune aperture circolari attra­

che interessava a Correggio.

verso le quali era possibile vedere il cielo e le

Se l'Allegri, come si crede, ebbe occasio­

teste dei cherubini. Un impianto decorativo

ne di passeggiare per le Stanze Vaticane c'è da

non lontano, quindi, da quello adottato da

immaginare che, davanti ai chilometri di af­

Correggio nella Camera della badessa a Parma.

freschi dipinti dall'inesauribile fantasia di Raf­

La scoperta inattesa degli affreschi del­

faello, il suo sguardo fosse stato rapito so­

la Camera di San Paolo ha contribuito a sfa­

prattutto dagli effetti illusionistici, dagli ardi­

tare la leggenda, implicita nel racconto vasa­

ti e complessi studi della luce, in scene quali

riano, secondo cui Antonio Allegri era un ar­

la Liberazione di san Pietro dal carcere, e da

tista provinciale, non inserito negli ambienti

dettagli quali, appunto, i basamenti monocro­

colti del suo tempo. Del resto gli ammicca­

mi che corrono sotto al Parnaso o da figure

menti antiquari dei chiaroscuri della Camera

come l'Apollo con la lira che sensualmente di­

di San Paolo sono solo una delle testimonianze

schiude le quinte della Scuola di Atene nella

in grado di rivalutare la cultura personale di

Stanza della Segnatura. Ancora a Roma, è pro­

Correggio.

babile che egli si recasse a visitare la decora­

L'abate Luigi Pungileoni, che ha l'indub­

zione della cappella del Belvedere in Vaticano

bio merito di avere raccolto una vastissima

commissionata ad Andrea Mantegna da papa

quanto caotica messe di notizie su Antonio

Innocenza VIII tra il 1488 e il 1 490. Quest'o­

Allegri, poteva ancora affermare, all'inizio del­

pera fu distrutta nel Settecento, tuttavia le de­

l'Ottocento, che il pittore possedeva una co­

scrizioni giunte fino a noi ci assicurano che la

pia della Geographia in terza rima di France35

Diana (particolare degli affreschi della Camera d! San Paolo), 1520 circa

Parma, Monastero eli San Paolo

alle pagine seguenti

La Camera d! San Paolo (particolare del soffitto),

1520 circa Parma, Monastero di San Paolo

sco Berlinghieri, traduzione della Cosmographia

152 1, l'anno della nascita di Pomponio. Poi-

di Claudio Tolomeo, che gli era stata donata

ché quest'ultimo fu battezzato a Correggio, è

da Giovan Battista Lombardi, professdre di

chiaro che la famiglia risiedette, nei primi an­

logica e di medicina rispettivamente a Bologna

ni, nel luogo natale del pittore per poi trasfe- .

e Ferrara. Sebbene questo codice sia andato

rirsi, entro il 1524, a Parma dove Antonio Al­

perduto, sappiamo con certezza che Lombar��

legri si era ormai creato una fitta trama di rap­

di fu scelto come padrino del figlio di Anto­

porti che gli permisero di ottenere commis­

nio Allegri, Pomponio, il 3 settembre 152 1 .

sioni sempre più prestigiose.

Inoltre, come è stato notato, nel nome che l'ar­ tista volle per suo figlio si nasconde il deside­ rio di offrire un omaggio al celebre umanista Pomponius Laetus: infatti, secondo un costu-

A

so Correggio, i nomi in volgare venivano so­ vente latinizzati e il cognome "Allegri" si mu­ tava in "Laetus " .

nel 1526 e nel 1527, nacquero le sue tre

figlie: Francesca Letizia, nel cui nome si può � , ,

me del tempo, per altro già adottato dallo stes-

Parma, qualche anno più tardi, nel 1524,

.

- di nuovo intravedere l'intento di un gioco onomastico, Caterina Lucrezia e Anna Geria. Tra il 1520 e il 1524 l'artista attese a quel­ la che fu la sua prima commissione pubblica

La data del battesimo d i Pomponio rap­

di elevato impegno: gli affreschi della chiesa di

presenta il terminus ante quem per stabilire la

San Giovanni Evangelista. I pagamenti regi­

data del matrimonio di Correggio. Colei che ' sarebbe divenuta sua moglie, Giovanna Mer­

strati nei Libri del monastero della chiesa par­ mense si snodano dal 6 luglio 1520 al :23 gen­

lini, figlia di Bartolomeo Merlini de Braghetis,

naio 1524. In origine gli affreschi si dispiega­

armigero del marchese di Mantova, era infat­

vano, oltre che sulla superficie della cupola

ti ancora nubile nel 15 18 e alcuni documenti

(con la raffigurazione della Visione di san Gio­

relativi agli accordi matrimoniali risalgono al

vanni Evangelista a Patmos) e sui pennacchi,

36

·

sulla porta, collocata nel braccio sinistro del­

come uno dei più originali e riusciti esperi­

la crociera, dove è rappresentato San Giovan­

menti illusionistici della pittura del Cinque­

ni Evangelista in atto di scrivere, e sull'ab side

cento. L' abilità a gestire le figure in scorcio,

che ospitava l'Incoronazione della Vergine. Que­

quella che era allora considerata una delle

st'ultimo affresco, tuttavia, fu distrutto nel

somme difficoltà dell'arte e che Correggio ave­

1587 quando l'abside venne demolita per am- ­

va già indagato negli oculi della Camera di San

pliare la chiesa e ne resta oggi solo una me­

Paolo, trova nell'architettura di nuvole degli

moria presso la Galleria Nazionale di Parma.

affreschi di San Giovanni la sua prima com­

Nonostante la decorazione di San Gio­

piuta espressione.

vanni tradisca ora suggestioni provenienti da­

Non abbiamo testimonianze in grado di

gli affreschi di Michelangelo della Cappella

raccontard come reagì la committenza a que­

Sistina ora, in maniera ancora più limpida, tiha

sta innovativa opera di Correggio ma a giudi­

riflessione su alcune opere di Raffaello, quali

-·care dal fatto che egli ottenne, negli anni in cui

la Visione di Ezechiele, allora conservata a Bo­

vi attendeva, il compito di affrescare la cupo­

logna presso i conti Ercolani, o la Cappella

la del duomo di Parma si può credere che,

Chigi, in Santa Maria del Popolo a Roma, non

sebbene ancora in fieri, il lavoro riscuotesse un

c'è dubbio che la sua più evidente caratteristica

elevato successo.

stia, piuttosto, nell'innovativo impianto pro­ spettico immaginato da Correggio.

Fu probabilmente la decorazione della cupola di San Giovanni a sancire l'afferma­

Libera da finte partiture architettoniche,

zione della fama di Correggio a Parma: Nella

organizzata per essere guardata da due distinti

prima metà degli anni venti egli ottenne un

punti di vista, quello che avevano i frati be­

gran numero di importanti commissioni e il 26

nedettini, riuniti nel coro, e quello dei fedeli

agosto 15 25 , il suo nome è registrato in una li­

nella navata, questa decorazione si impone

sta di periti e artisti (tra cui Alessandro Aral-

40

.

di e Michelangelo Anselmi) chiamati a giudi­

La capacità dell' artista di indagare i "mo­

care la stabilità della chiesa di Santa Maria del­

ti dell'animo" si concretizza qui nell' espres­

la Steccata a Parma.

sione del dolore e della tristezza, sentimenti

n documento attesta che, evidentemente,

che egli sapientemente varia da una figura a

il parere di "maestro Antonio da Coregia" era

un'altra restituendo a ogni personaggio la

considerato autorevole anche riguardo a que­

propria individualità all'interno della storia sa­

stioni di architettura.

cra. Questa accortezza, che i critici del tardo

Negli anni in cui attendeva alla decora­

Cinquecento e del Seicento metteranno in ri­

zione di San Giovanni Evangelista, probabil­

s alto rifacendosi anche al passo pliniano re­

mente nei mesi invernali in cui era preferibile

lativo al Sacrificio di Ifigenia di Timante, fa­

non lavorare ad affresco, Correggio eseguì i

vorì il diffondersi di copie p arziali di una o

due dipinti che decoravano la cappella Del

di un'altra figura dei dipinti decontestualiz­

Bono, nella stessa chiesa. La commissione gli

zate dal contesto originario. Soltanto con An­

era stata offerta da Placido Del Bono, una fi­

nibale Carracci, con la sua Deposizione di­

gura colta e ben nota nella Parma del tempo,

pinta per i frati Cappuccini di Parma nel

al cui nome rende omaggio la presenza del

1 5 85, la raffinata variatz'o sentimentale del

santo omonimo nel Martirio dei quattro santi.

Compianto su Cristo morto della cappella Del

Collocati sulle p areti laterali della cap­

Bono troverà il suo completo riconoscimen­

pella e pensati per rispondere a una visione

to in pittura.

obliqua e non frontale, il Compianto su Cristo

Le due tele per la cappella Del Bono co­

morto e il Martirio di quattro santi rappresen­

stituiscono il primo riuscito tentativo dell' ar­

tarono dei modelli fondamentali per la pittu­

tista nel genere aelle pitture sacre a soggetto

ra religiosa del tardo Cinquecento e del primo

drammatico. Infatti, prima di questa commis­

Seicento.

sione, se si eccettuano rari casi quali il Com41

Ritratto di gentildonna

(particolare) , 1520 circa San Pietroburgo, The State Hermitage Museum

miato di Cristo dalla Madre, Correggio si era

Madonna del latte, catturarono l'attenzione di

impegnato in soggetti non drammatid rap-

artisti del calibro di Antonie van Dyck. Ed è

'

presentanti Sacre Famiglie o Sacre Conversa­

sempre nella prima metà degli anni venti che

zioni o momenti dell'infanzia di Cristo, in cui

cadono le commissioni della maggior parte

si era piuttosto espressa la sua propensione a

delle sue più impegnative pale d'altare.

un racconto addolcito e affettuoso della sto-

Al 14 ottobre 1522 risale il contratto tra Alberto Pratoneri e il pittorè per la Natività,

ria sacra. Da qui in avanti egli dominerà e saprà

più conosciuta come la Notte, da collocare in

brillantemente accordare ai suoi soggetti il du­

una cappella della chiesa di San Prospero a

plice registro espressivo del dolore e della gioia

Reggio Emilia. Nello stesso anno i fabbricieri

e i critici cinquecenteschi e seicenteschi si di­

del duomo di Parma avevano già previsto di

videranno promuovendolo a maestro ora Ciel­

affidare a Correggio gli affreschi della cupola.

l'uno ora dell'altro affetto.

Ancora nei primi anni venti, l'artista dovette

A partire dai primi anni venti, quasi ogni

attendere all' esecilzione di due opere a soggetto

opera eseguita da Correggio fino alla sua mor­

mitologico, l'Educazione di Amore e la Venere

te diverrà un modello importante per tantissi­

e Cupido con un satira, commissionategli da

mi artisti di generazioni successive. Questo fu

Mantova, forse dal conte Nicola Maffei. Qual­

·-

senz' altro il caso dell' Orazione nell'orto, un

che anno più tardi, sarà la volta delle due im­

piccolo dipinto datato per via stilistica entro

ponenti pale d'altare per Modena, la Madon­

la prima metà del secondo decennio del seco­

na di san Sebastiano e la Madonna di s�n Gior­

lo, ma anche dell'Ecce Homo che condivide

gio. Infine, entro la fine degli anni venti si col­

con le tele Del Bono un intenso timbro pate­

locano le esecuzioni della Madonna di san Gi�

tico. Persino lavori che oggi ci possono appa­

rolamo conosciuta anche come Il Giorno, per

rire più scontati e meno impegnativi, come la

la cappella gentilizia della famiglia Bergonzi,

42

·

-�

Madonna del latte (particolare) , 1524 circa Budapest, Szépmi.ivészeti Muzeum

alle pagine seguenti Martirio di quattro santi (particolare), 1524-1525 Parma, Galleria Nazionale

nella chiesa di Sant'Antonio a Parma e della

ticolare interesse per le immagini "finte di not­

Madonna della scodella per la chiesa del San

te" . L' Orazione nell'orto e il perduto Giovane

to Sepolcro nella stessa città.

che fugge dalla cattura, di cui resta oggi una copia cinquecentesca nella Galleria Naziona­

videntemente la fama di Correggio era

le di Parma, rappresentano prove del fatto che

ormai assai elevata se egli riceveva lavo­

negli anni venti questo genere tornò a interes­

ri importanti da tante città diverse. Per quan­

sare la sua ricerca. In entrambe queste opere

to sappiamo non aveva alle sue dipendenz� al­

si intravedono suggestioni provenienti dall'ar­

tri pittori ed è quindi assai probabile che pro­

te fiamminga e tedesca, che Correggio poté

gettasse e eseguisse ogni singola opera senza

conoscere attraverso le molte incisioni che, a

ricorrere all'aiuto di allievi. Ciò può in parte

questa data, circolavano nelle botteghe di ogni

spiegare perché alcuni lavori commissionati

artista italiano che si rispettasse. Tuttavia, al di

nei primi anni venti furono portati a termine

là di prestiti iconografici e del fatto che le sce­

solo molto tempo dopo: è questo il caso della

ne notturne erano allora più popolari nell' ar­

Notte che venne probabilmente consegnata

te nordica piuttosto che in quella italiana, è

solo intorno al 153 0.

evidente che la particolare inclinazione di Cor­

E

La Notte, per cui Correggio aveva pro­

reggio a studiare gli effetti luministici trovò

gettato comunque un disegno già nel 1522,

nella rappresentazione delle immagini "finte

rappresenta uno degli esempi più affascinan­

di notte" una sua felice e naturale espressione.

ti del genere notturno nell'arte italiana del

Rispetto ad altre Natività notturne dipin­

Cinquecento.

te nel primo Cinquecento in Italia, particolar­

Del resto, fin da giovane, a giudicare dal­

mente in area v�neta dove il soggetto godeva

la piccola tavola della Giuditta, oggi conservata

di una sua specifica fortuna, la Notte di Reg­

a Strasburgo, l'artista aveva mostrato un par-

gio Emilia si impone per la monumentalità 45

dell'impostazione, per l'estrema naturalezza

bene sembra che non ne circolassero incisio­

delle figure che mostrano, come ebbe a scri­

ni fino alla metà del Seicento, la sua invenzio­

vere la penna entusiasta di Vasari, di non po­

ne era ben nota ai collezionisti, agli intenden­

tere sopportare la luce divina emanata dal Bam­

ti e agli artisti. Essa contribuì senz' altro a crea­

bino e, secondo un precetto che anche Leo­

re la fama di Correggio come pittore di im­

nardo da Vinci aveva suggerito nel suo Trat­

magini notturne, una fama che oggi è decisa­

tato della pittura, distolgono la vista o si ripa­

mente dimenticata ma che era ben solida tra

rano gli occhi dall'intensità luminosa.

la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento.

Così la scelta iconografica del lume divi-

Nonostante i numerosi tentativi di acquistar-

no del piccolo Gesù diviene pretesto per de-

la, fatti da importanti collezionisti - celebri

scrivere le reazioni nelle figure degli astanti e

sono le richieste avanzate dal re di Spagna tra-

per sottolineare che solo alla Vergine era ·da-

mite il suo pittore di corte Diego Velazquez in-

to non soffrire quella luce così intensa. li sog- - -rorno al 1650 - la " famosissima " Notte di Reggetto della Natività, di per sé statico, non pre-

gio Emilia rimase in Italia fino alla metà del Set-

vedendo alcun particolare movimento delle

tecento quando, insieme a tanti altri capolavori

figure, viene così ad animarsi: intorno alla lu-

di Correggio, prese la via di Dresda dove tut-

ce divina si crea una storia, un racconto colto

tora si trova.

dal pennello dell'artista come in un'istantanea fotografica.

L' attenzione a modelli d'oltralpe, ravvi­ sabile in dipinti quali l'Orazione nell'orto o il

La fortuna della Notte fu veramente ec­

Giovane che fugge dalla cattura, si avverte an­

cezionale e paragonabile, tra le opere di Cor­

che in opere quali la Madonna della cesta, di­

reggio, solo a quella di cui godette la Madon­

pinto chiaramente destinato alla devozione

na di san Girolamo. Molti pittori italiani e stra­

privata e presente nel secondo Cinquecento

nieri si recarono a Reggio per studiarla e, seb-

nella collezione Baiardo a Parma, o la Ma-

48

a l l e pagine seguenti

:ompiartto su Cristo morto ( p a rt i colare), 1 524 - 1 525 Parrna, G a l leria Nazionale

donna della scodella,

eseguita per la cappella

glia in diagonale la pala e si conclude in alto

di San Giuseppe nella chiesa di San Sepolcro

con il gesto di san Giuseppe, intento a racco­

a Parma, opera che ha ispirato importanti ri­

gliere i datteri miracolosi.

flessioni sul di battito religioso che interessava gli ambienti freq uentati da Correggio.

Entrambi i soggetti derivano dai Vange­ li apocrifi e non godevano di una solida tra­

A dispetto dei loro soggetti, entrambe le

dizione iconografica nella pittura italiana del

opere sono conosciute con titoli che derivano

tempo. Ancora una volta, quindi, Correggio

dagl i oggetti ivi rappresentati. Ciò è significa­

sembra interessato ad abbandonare le con­

tivo dell'i.m pottanza visiva che Correggio ha ri­

venzioni iconografiche più scontate a favore

servato a questi semplici attributi, la cesta e la

di suggestioni provenienti dall'arte d' oltral­

scodella, utiJ.i a definire l'iconografia dell'o­

pe. Se ciò si dovesse a una sua scelta o a pre­

pera m a diven u ti, nelle sue invenzioni, prota­

cise richieste della committenza non è dato

gonisti della storia sacra. L' umile cesta di pa­

sapere, certo è che egli potesse contare su

glia su cui la Vergine ha poggiato gl i strumenti

committenti in grado e desiderosi di apprez­

del cucito q uasi avesse appena terminato la

zare questa sua volontà di rinnovare gli sche­

piccola camicia azzurra che sta indossando il

mi più tradizionali.

Bambino, è collocata in primo piano ad acco­

Nei Vangeli apocrifi, nella loro ricca e tal­

gliere lo sguardo dell'osservatore all'ingresso

volta ingenua aneddotica, l'inclinazione di Cor­

del quadro funzionando come repoussoir del­

reggio a creare delle istorie poteva trovare ma­

l'immagine dipinta. Allo stesso modo la sco­

teriale a cui ispirarsi. In questo senso gli og­

della, con cui la Vergine sta attingendo l'acqua

getti banali e di uso quotidiano - la cesta, la

della sorgente, sembra volere indicare la dire­

scodella - non sono più rappresentati in ma­

zione di lettura dell'opera inaugurando quel so­

niera statica come semplici attributi dei per­

fisticato intreccio di gesti e di sguardi che ta-

sonaggi ma divengono elementi narrativi im49

portanti, fulcri intorno a cui si articola il rac­

città e il suo crearsi una rete di conoscenti e

conto dentro all'in1magine tanto che finisco­

possibili patroni. Non sappiamo con certezza quando l'o­

no per dare il titolo all'intera opera. L'interesse di Correggio a creare un rac­

pera fu commissionata ma era probabilmente

conto in grado di legare tra loro i diversi per­

pronta entro il 1528, anno della morte di Bri­

sonaggi di un dipinto, la sua abilità ad ani·

seide Colla. Per via stilistica si può aggiunge­

mare soggetti che altrimenti sarebbero risul­

re che difficilmente la pala poté essere dipin­

tati statici, contribuirono a fare della Ma­

ta prima del 1524, rappresentando senza alcun

donna di san Girolamo un capolavoro indi­

dubbio uno dei migliori frutti dello stile ma- -

scusso la cui fama raggiungerà nel Settecen­

turo di Correggio. Le figure sono disposte a semicerchio,

to vertici altissimi. La pala fu commissionata per la cappella

_

schema compositivo spesso adottato dall'arti­

Bergonzi nella chiesa di Sant'Antonio a Par­

sta nelle sue opere a partire dalla seconda metà

ma per Ottaviano Bergonzi e sua moglie Bri­

degli anni venti. Ognuna appare dolcemente

seide Colla. Ottaviano era una figura rilevan­

assorta nel proprio gesto: la Vergine intenta a

te nella Parma del primo Cinquecento, aveva

coprire, forse ad asciugare il Bambino, questi

rivestito in1portanti cariche pubbliche ed era

incuriosito dalla grande Bibbia che gli mostra

stato fabbriciere del duomo nei primi anni

un aggraziatissimo angelo, san Girolamo in se­

venti, quando Correggio ottenne la commis­

ria meditazione, la Maddalena china sul Bam­

sione di dipingere la cupola.

bino in languido abbàndono. Solo due figure

Inoltre, egli era parente di Giovanna Pia­

sembrano volere sottolineare la presenza di

cenza, la prima significativa committente di

uno spettatore davanti al dipinto: il leone sul­

Correggio a Parma, fatto importante per se­

la sinistra che guarda dritto fuori del quadro

guire l'affermazione della fama dell'artista in

e il piccolo angioletto che arriccia il naso odo-

52

alle pagine seguenti Madonna di san Gimlamo W Giorno) (particolare), 1526- 1528 Parma, Galleria Nazionale

rando il vaso degli unguenti della santa peni­

tamente la pala rimase in loco, sebbene nien­

tente. Ancora una volta, quindi, gli attributi

te, ottant' anni più tardi, poté impedirne il tra­

giocano un ruolo narrativo e contribuiscono a

sferimento a Parigi come bottino di guerra na­

creare un racconto interno all'immagine. Dal

poleonico. Dalla Francia tornò, quindi, in Ita­

Cinquecento all'Ottocento, artisti e intenden­

lia nel 1 8 1 5 .

ti sosteranno estasiati nella piccola chiesa di

Meno celebri, ma altrettanto ambite nel

Sant'Antonio, davanti a questo lavoro di raf­

Settecento, quando lasciarono l'Italia per Dre­

finata esecuzione. Per Vasari sarà soprattutto

sda, dove ancora si trovano, furono le due

da ammirare "il mirabile colorito " e il dolce

grandi pale d' altare che Correggio dipinse per

sorriso dell'angelo che offre la Bibbia al Bam­

Modena: la Madonna di san Sebastiano e la

bino capace, a suo dire, di rallegrare anche il

Madonna di san Giorgio. La prima fu com­

più malinconico degli osservatori; per il pittore

missionata dalla confraternita di San Seba­

cretese El Greco, invece, la Maddalena rap­

stiano, in una data di poco posteriore al l523 ,

presenterebbe "l' unica figura della Pittura ! "

anno in cui la città subì una grave epidemia di

Grazie agli elogi dei critici e a una bella inci­

peste a cui sembra alludere la presenza con­

sione di Agostino Cartacei, la fama dell'in­

giunta di san Sebastiano e di san Rocco. Non

venzione della Madonna di san Girolamo si

è chiaro attraverso quali vie Correggio otte­

diffonderà nel corso del Seicento a Venezia e

nesse una commissione così importante dalla

a Roma e da qui alle grandi capitali artistiche

città di Modena ma probabilmente la sua fa­

europee. Nel primo Settecento quando la chie­

ma era, negli anni degli affreschi di San Gio­

sa di Sant'Antonio necessitava di pesanti e co­

vanni Evangelista, abbastanza alta da diffon­

stosi restauri, più di un collezionista, fra cui il

dersi ben oltre i confini parmensi.

re di Francia, si fece avanti per acquistare l'o­

Rispetto alle altre opere degli anni venti,

pera offrendo somme da capogiro. Fortuna-

la Madonna di san Sebastiano appare più in53

Venere con Mercurio e Cupido (L'Educazione di Amore) (particolare), 1527-1528 Londra, National Gallery

novativa ma, al tempo stesso , dotata di un

l a d i S an Pietro Martire, deve senz' altro leg­

equilibrio compositivo più precario e incerto.

gersi in relazione al successo ottenut? a Mo­

n collegamento tra lo spazio divino e'quel­

dena dalla prima pala degli anni venti. Di

lo terreno, tra l'immagine della Madonna in

nuovo i gesti e gli sguardi dei personaggi si

trono sulle nuvole e il gruppo di santi ai suoi

intrecciano a creare una fitta trama di ri­

piedi, è ottenuto grazie a un artificio narrati­

mandi narrativi che permette di negare l ' al­

vo: l'immagine della Vergine viene presenta­

trimenti ovvia staticità della scena rappre­

ta come la visione di san Sebastiano durante

sentata. La Vergine e il Bambino, fulcro cen­

l'estasi del martirio e, al tempo stesso, come

trale della composizione, rivolgono la loro

il sogno di san Rocco addormentato sul mar­

attenzione in direzioni opposte e ciò obbli­

gine destro del quadro. Per assicurarsi la par­

ga lo sguardo dell'osservatore a muoversi e

tecipazione dello spettatore in questa sofisti­

ad accogliere diversi punti di vista dentro al

cata "immagine di un'immagine" , l'artista ha

- dipinto. Per quanto calibrata e venata di un'a­

puntato sulla figura di san Gimignano, pro­

spirazione sottilmente classicheggiante, l'in­

tettore della città di Modena, rappresentato in

novazione della Madonna di san Giorgio non

un virtuosistico contrapposto che gli permet­

fu facilmente compresa. Lo attesta, all'indo­

te di rivolgere lo sguardo fuori del quadro e

mani della consegna dell'opera, una copia

di indicarci, con la mano destra, il fulcro del­

eseguita nel 1530 da un pittore modenese, Gi­

la scena dipinta.

rolamo Conti, in cui quella che potremmo

f na di

L'ostentata teatralità della Mad

definire la sofisticata retorica della visione,

san Sebastiano trova una più serena e com­

fatta di gesti e sguardi intrecciati tra loro,

piuta espressione nella più tarda

ideata da Correggio svanisce lasciando il po­

tadonna

di san Giorgio, opera eseguita entro il 1530

sto a una quanto mai statica e convenziona­

ma la cui commissione, da parte della Scuo-

le Sacra Conversazione.

56

San Bernardo degli Uberti (particolare degli affreschi), 1 5 3 0 Parma, Duomo

a Madonna di san Giorgio rappresenta

pera fosse stata interrotta a causa dell'insod­

l'ultima pala a soggetto sacro che Cor­

disfazione dei committenti e che, magari, que­

reggio abbia dipinto. La sua attività, infatti,

sto fatto avesse in qualche modo favorito il tra­

si concluderà nell'orbita della famiglia Gon­

sferimento di Correggio da Parma alla sua

zaga a Mantova concentrandosi su soggetti

città natale. Effettivamente l'artista acquistò

secolari.

un terreno a Correggio il 29 novembre 153 0,

L

Prima di allora, tuttavia, in un arco di

il che potrebbe dimostrare un suo interesse a

anni che va dal 3 settembre 1522,. data del

rientrare in p atria, tuttavia, come suggerisco­

contratto di commissione, al 17 novembre

no altre testimonianze, sembra più corretto

153 0, data dell'ultimo pagamento registrato

pensare che, pur stando a Parma, i suoi rap­

nei documenti, Correggio attese a quella che

porti con Correggio non fossero mai venuti

fu senza alcun dubbio la sua opera più im­

meno e, viceversa, quando ebbe modo di tor­

portante e rivoluzionaria: gli affreschi della

nare nella sua città, ciò non avvenisse in ma­

cupola del duomo di Parma. Questo lavoro a

niera brusca e definitiva ma anzi, al contrario,

cui sarà affidata la grande fortuna barocca di

egli mantenesse rapporti con Parma quasi fi­

Correggio e che diverrà per secoli lo scopo del­

no alla sua morte.

la sosta a Parma di moltissimi viaggiatori eu­

In ogni caso c'è un documento chiaro,

ropei non mancò di suscitare polemiche e cri­

per quanto generico, del fatto che gli affreschi

tiche all'indomani della sua conclusione. Un

della cupola del duomo non dovettero ri­

documento del 155 1 attesta che agli eredi del

scuotere un enorme successo. Si tratta di una

pittore fu chiesto di risarcire una somma pre­

lettera del pittore Bernardino Gatti che, ac­

cedentemente versata poiché si riteneva che

cingendosi ad affrescare la cupola della chie­

il lavoro non fosse stato terminato. Questo

sa di Santa Maria della Steccata a Parma, nel

documento ha permesso di ipotizzare che l'o-

1559, scriveva a Damiano Cocconi i suoi dub59

bi sulla commissione appena ricevuta con que­

Ciò non toglie che, nel duomo di Parma,

ste parole: "non ne voglio far nulla . . . perché

Correggio osasse una rappresentazione per

non voglio stare alla discreccione de tar{ti cer­

molti aspetti talmente innovativa da risultare,

velli, e sapete quello che fu dito al Coregio in

probabilmente, perfino difficile da apprezzare . .

[sic] nel Duomo " .

Egli concepì la sua decorazione affidan­

Al di l à di che cosa fu detto a Correggio

dosi a un illusionismo libero da p artiture geo­

dai "tanti cervelli " dei fabbricieri della catte­

metriche, organizzò lo spazio dipinto intorno

drale non è poi così difficile comprendere

a un vortice di corpi in volo, evitò di rappre­

perché un'opera come questa potesse susci­

sentare precisi dettagli iconografici, come i .

tare critiche e perplessità. Innanzi tutto il luo-

singoli attributi che avrebbero permesso di

go in cui si trovava era in assoluto il più pre-

identificare ciascun apostolo, o, scelta anco­

stigioso di tutta la città, e quello dove piìi"im-

. ra più radicale, la tomba da cui la Vergine fu

portante era mantenere il rispetto per il de- -· assunta in cielo. Questa omissione, come è corum. Proprio nel corso del Cinquecento il

stato notato, aveva in realtà lo scopo di coin-

motivo della " convenienza del luogo " diven-

volgere nella visione della cupola lo spazio

ne uno dei criteri invocati per giudicare il va­

concreto della chiesa sottostante, permetten­

lore delle opere d'arte. In genere, i lavori per

do ai fedeli di immaginare la presenza del se­

cui si conoscono le critiche più aspre e le po­

polcro nello spazio in cui si trovavano e di

lemiche più accese erano quasi sempre col­

percepire quindi la continuità tra mondo ter­

locati in luoghi importanti e dall'alto valore

reno e reale e mondo divino illusivamente fin­

rappresentativo, quali, ad esempio, la Basili­

to dalla pittura.

ca di San Pietro a Roma, la Cappella Sistina

Tuttavia è indubbio che, al di là della pre­

o Santa Maria del Fiore e Piazza della Signo­

senza di tanti corpi nudi nel cuore religioso e

ria a Firenze.

ideologico della cattedrale, gli affreschi di Cor-

60

reggio non risultavano - e a tutt'oggi non ri­

Marco Boschini, da Giacomo Barri e da Lui­

sultano - facilmente leggibili. I personaggi non

gi Scaramuccia. Ma per " questo miracol

sono identificabili con chiarezza, ma neanche

senz'essempio" ci si aspetterebbe di trovare

le loro figure si possono apprezzare bene dal

qualcosa di più di questi generici, per quanto

basso della tribuna. Qualcosa del genere do­

incondizionati, elogi. In effetti, a volerla cer­

vette avvertirlo Charles Dickens in visita a Par­

care, qualche più appassionata lettura degli af­

ma nella prima metà dell'Ottocento quando

freschi di Correggio si trova nelle pagine di un

ebbe a osservare che " nessun chirurgo, dive­

letterato parmense, amico di Giovanni Lan­

nuto pazzo, potrebbe immaginare nel suo più

franco, l'artista che più di ogni altro seppe ri­

folle delirio una tale confusione di braccia e

valutare la proposta di Correggio contribuen­

di gambe, un tale coacervo di membra, viste

do alla sua affermazione come modello per

di scorcio, aggrovigliate, abbracciate, mesco­

ogni decorazione di cupole dipinta nel perio­

late assieme" .

do che siamo soliti chiamare Barocco. Nelle pa­

Tuttavia, la testimonianza di Dickens rap­

gine di Ferrante Carli, stese nei primi decen­

presenta forse il punto più basso raggiunto

ni del Seicento, la scrittura rinuncia a ogni de­

dalla fortuna critica della cupola del duomo di

scrittivismo di circostanza per concentrarsi in­

Parma la cui storia, va detto, non è avara di te­

vece sugli effetti che l'opera suscita nell' osser­

stimonianze favorevoli anche se quasi mai la

vatore; così nelle sue parole, gli affreschi di­

scrittura dei critici e dei viaggiatori cinque­

vengono " quell'abisso dell'eterno lume . . . che

centeschi e seicenteschi riesce a restituire sul­

rapisce soavemente e dolcemente inganna gli

la carta l'emozione e la meraviglia provate dal­

occhi de' risguardanti " .

lo sguardo. Pareri positivi, ma sostanzialmen­

E fu proprio l 'eccezionale riuscita del­

te banali e poco articolati, furono espressi da

l'inganno ottico, sotteso a un illusionismo

Giorgio Vasari, da Francesco Scannelli, da

tanto ardito, ad attrarre critici e artisti sei61

Atlegoria della Virtù

(particolare), 1 5 3 1 circa

Parigi, M. usée du Louvre

centeschi in un momento in cui l'arte fece

più il Settecento tributarono alla sua fama

della retorica uno dei suoi p rediletti stru­

omaggi senza precedenti.

menti di com unicazione.

Che la reputazione di Correggio fosse al­

Nessun ' opera prodotta nel p rimo Cin ­

ta e solida quan do egli era ancora in vita, se­

quecento, come la decorazione della cupola

gnatamente negli anni in cui attendeva al suo

del duomo, riuscì a diventare un modello tan­

sommo capolavoro nel duomo di Parma, lo

to importante per l 'arte barocca. Q uesta ec­

attesta la lettera di Veronica Gambara, signo­

cezionale fortuna, figurativa piu che lettera­

ra di Correggio, scritta nel settembre 1528 a

ria, ha portato gli studiosi a vedere in Cor­

q uella che era la p iù importante e raffinata

reggio un artista "protobarocco " , una defini­

collezionista del Cinquecento: Isabella d'Este.

zione che e bene impiegare con cautela per­

L' artista vi è elogiato per una perduta Madda­

ché rischia di far perdere di vista il senso del­

lena genu/lexa in cui, afferma Veronica "ha

l' arte di Correggio comprensibile solo qualo­

espresso tutto il sublime dell'Arte della quale

ra l a si collochi nel contesto storico e artisti­

è gran Maestro " . Le sue opere, perfino un di­

co del suo tempo.

pinto apparentemente semplice come questo a figura unica, facevano notizia tra le corti pa­

e opere di Antonio Allegri non furono

dane e meritavano lunghe ed encomiastiche

riscoperte dalla cultura barocca dopo es­

descrizioni nelle lettere tra colte nobildonne.

sere state incomprese dai suoi contemporanei.

Alla data di questa missiva è certo che la

Egli era un maestro affermato al suo tempo,

marchesa di Mantova sapesse già chi era An­

come attestano le numerose e prestigiose com­

tonio Allegri. Non è sicuro se il pittore e Isa­

missioni che ottenne, e la sua opera fu impor-

bella d'Este si fossero incontrati prima di al­

. tante per moltissimi artisti del Cinquecento, per

lora ma è impossibile che un'appassionata col­

quanto sia indubbio che il Seicento e ancora

lezionista quale era Isabella nonfosse informata

L

63

Allegoria del Vizio (particolare), 15 3 1 circa Parigi, Musée du Louvre

sulle novità che il pittore portava avanti nelle

gio estivo, articolati secondo quella ormai sa­

città e nelle corti prossime a Mantova. Fatto è

piente dialettica di sguardi e di gesti intrecciati

che fu Correggio l'artista che ella prescelse per

tra loro, addolciti da un colorito pastoso e

terminare quella che era indubbiamente la de­

morbido, splendono per la loro fresca e in- .

corazione che le stava più a cuore: il suo stu­

tensa novità. Segnano, come già avevano fat­

diolo nel Palazzo Ducale di Mantova.

to gli affreschi della Camera di San Paolo, ri­

L'iconografia dei due dipinti commissio­

spetto alla decorazione adiacente di Antonio

nati a Correggio prevedeva la rappresentazio­

Araldi, una cesura tra due età artistiche che ap­

ne dell'Allegoria del Vizio e dell'Allegoria del­

la Virtù, temi cari a Isabella e già, in soggetti

paiono ormai conciliabili solo negli orizzonti . ... delle sottili ed esigenti richieste iconografiche

diversi, rappresentati per lei dagli altri artisti

dei committenti.

che avevano preceduto l'Allegri .

..,

Ed è a Mantova, dove si . crede fosse av-

Le opere furono eseguite, probabilmen- --- venuta la sua prima formazione presso l'artite, intorno ai primi anni trenta, ed erano de-

sta ufficiale dei Gonzaga, che si conclude l'at-

stinate a fiancheggiare i lati di una porta.

tività artistica di Correggio.

Nella decorazione dello studiolo esse rap-

Per Federico Gonzaga, figlio di Isabella

presentarono davvero ciò che Vasari avrebbe

e appena divenuto duca di Mantova, egli di­

più tardi acutamente scritto su Correggio: l'in­

pinge quattro tele rappresentanti gli Amori di

gresso della "maniera moderna" in un am­

Giove. Nonostante quanto affermi Vasari, che

biente dove si trovavano opere di Giovanni

qÙeste tele erano destinate all'imperatore Car­

Bellini, di Perugino e di Andrea Mantegna.

lo V, sembra al contrario che il vero destina­

Al loro confronto, i dipinti di Correggio, co­

tario fosse lo stesso Federico.

struiti su poche scelte comparse serenamente

Quanto il duca tenesse a queste opere,

ospitate nello spazio di un luminoso paesag-

che probabilmente dovevano essere più di

64

quelle che Correggio riuscì a portare a termi­

Quell'indagine approfondita e sottile dei

ne, è dimostrato da alcune sue lettere scritte

moti dell' animo che Correggio aveva iniziato

all'indomani della morte del pittore in cui' cercò

oltre vent'anni prima concentrandosi sulle sfu­

in tutti i modi di riappropriarsi di alcuni car­

mature dei sentimenti che potevano offrirgli i

toni rappresentanti " gli amori di Jove" a cui

soggetti della storia sacra, viene portata negli

Correggio stava lavorando per lui.

Amori di Giove a un grado di raffinatezza e

Gli Amori di Giove rappresentano forse

di sensibilità che difficilmente altri artisti sep­

le opere dell'artista che riescono a trovare più

pero eguagliare. Lo studio attento della luce e

facilmente consensi nella sensibilità del nostro

la fine stesura pittorica, quel suo modo deli­

tempo e costituirono anche uno dei più elevati

cato di "toccare" i colori che aveva affascina­

risultati che raggiunse la pittura erotico-mito­

to lo stesso Vasari, accompagna queste poesie

logica nel sedicesimo secolo.

_ assecondandone, attraverso dolci trapassi di

Ancora una volta la fantasia di Correggio -- - chiaro-scuro, l'atmosfera fiabesca e incantata, riuscì a personalizzare i soggetti che gli furo­

creando la percezione del movimento dell' ac­

no richiesti dal suo committente. Mai come in

qua, delle foglie degli alberi, il tremore incor­

queste tele le divinità della mitologia classica

poreo della nuvola grigio-perla in cui si na­

ci appaiono così vicine, segretamente osserva­

scondono le sembianze di Giove o la morbi­

te nei loro momenti piìì- intimi, colte mentre

dezza delle piume bianchissime del grande ci­

si abbandonano al piacere, mentre graziosa­

gno che seduce Leda. In questo senso, la ri­

mente si scherniscono dalle avances di Giove

ce�ca di Leonardo, la sua aspirazione' a resti­

per l'occasione mutato in cigno, o mentre sor­

tuire il "ritmo del mondo" , e il suo impiego del­

ridono tra sé e sé, ignare della nostra presen­

lo sfumato come mezzo per rappresentare ciò

za, e accolgono dolcemente nel grembo le goc­

che non è visibile - l' " aria" delle figure, il ven­

ce d'oro.

to, il movimento dell'acqua e delle foglie - vie-

66

ne qui portata da Correggio ai limiti del più

i denari già avanzati per l'esecuzione della pa­

seducente dei virtuosismi. Allo stesso modo,

la di Reggio Emilia e Federico Gonzaga cercò

l'insistita indagine dei moti dell' animo che per

tenacemente di ottenere quei "cartoni degli

il maestro toscano aveva significato approda­

amori di jove" che, a suo dire, gli spettavano

re a una poetica dell'indeterminatezza, alla

di diritto.

somma capacità di rendere visivamente l'im­

così autorevole e potente, che aveva al suo ser­

percettibile movimento dei sentimenti del vol­

vizio i migliori artisti del tempo e che poteva

to, rappresenta il punto di partenza per que­

vantarsi di ottenere dal celebre Tiziano qual­

sta polifonia di emozioni che, negli Amori di

siasi cosa avesse desiderato, fosse così insi­

Giove più che in ogni altra sua opera prece­

stente nel cercare di ottenere opere di Cor­

dente, Correggio sembra volere raccontare

reggio. Evidentemente quell'artista, che egli

senza descrivere.

ci tiene a sottolineare "lavorava " per lui "in

·

Mentre lavorava per Federico Gonzaga e aveva già accettato una nuova commissione da

È significativo

che un committente

molte cose " , doveva avere incontrato i suoi gusti in modo particolare.

Alberto Panciroli, una pala "habentes imagi­ nes santi Ioannis Baptistae et aliorum sancto­ rum " da collocarsi nella chiesa di San Pro­

L

a vita di Correggio, quindi, si concluse al servizio di uno dei più importanti com­

spero a Reggio Emilia, Antonio Allegri fu col­

mittenti italiani del primo Cinquecento e si

to, il 5 marzo 1534, da una morte inaspettata .

può ragionevolmente credere che egli non tra­

li giorno dopo fu sepolto in San Francesco a

scorse i suoi ultimi giorni in povertà, come

Correggio dove si poteva ancora ammirare la

vorrebbe il racconto di Vasari. Infatti, 1'8 set­

sua prima impegnativa pala d'altare.

tembre 1533, l'artista acquistò un nuovo ap­

All'indomani della sua scomparsa, Pan­

pezzamento di terra a Correggio e nel gennaio

ciroli chiese al padre dell'artista di restituirgli

1534, neanche due mesi prima della sua mor67

Leda e il cigno (particolare) 153 1 - 15 3 2 Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Prelillischer Kulturbesitz, Gemij}degalede

te, aveva probabilmente raggiunto una com­

giocando di fantasia, intravedere tra le righe del

pleta familiarità con Veronica Gambara al pun­

bell'epitaffio che Fabio Segni compose per

to da essere scelto come testimone nel con­

chiudere la biografia vasariana di Correggio. Le

tratto di dote per le nozze di suo figlio.

Grazie, vi si legge, " durante l'intera vita di que­

A giudicare dalle ultime commissioni che

sto pittore, avevano supplicato Giove: 'Divino

ricevette, il lavoro non gli sarebbe certo man­

Padre, ti imploriamo di proibire che noi pos­

cato e si può credere che le tele per Federi­

siamo essere rappresentate da altra mano che

co Gonzaga non avrebbero potuto che ac­

la sua e di far sì che a nessun altro fuorché a

crescere la sua già elevata reputazione. Tut­

lui sia permesso di rappresentarci in pittura' " .

tavia il destino volle che Antonio Allegri si

Quelle dee, che il suo pennello aveva stu­

congedasse dalla cultura figurativa del suo

diato con tanta passione e con tanta cura, cer­

tempo con le quattro splendide tele degli

cando di restituirne i più sottili e delicati mo­

Amori di Giove, le sue opere che - tra Cin­

ti dell'animo, facendole scendere dall'Olimpo

quecento e Ottocento - viaggiarono di più,

nella serena e quotidiana scenografia dei suoi

deliziando le sale dei palazzi di re, regine e im­

dipinti, chiesero che fosse l'artista, adesso, a

peratori, attraversando l'Europa dall'Italia al­

raggiungerle.

la Spagna, dalla Francia alla Svezia, fino alla Germania e all'Austria dove attualmente si trovano. Furono forse queste opere a convincere Giove ad assecondare le preghiere delle Gra­ zie portando Correggio "nell'alto dei cieli . . . affinché li presente potesse contemplare le dee ,._�!a loro fulgida nudità" , così almeno si può, 69

Cristo giovane

15 1 0 circa Olio su tavola, cm 42,6 x 3 3 ,3 Washington, National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection

N

on si conosce la provenienza dell'opera fino agli anni Trenta del Novecento, quando si trova nella collezione di Lord Kin­



naird ( ossie Priory, Inchturc) con un'attribuzione a Leonardo da Pistoia. Già nel l929 Roberto Longhi l'aveva però riconosciuta co­ me un Correggio, attribuzione che poi con il tempo anche gli altri . studiosi avrebbero accettato. N el l 957 entra nella Kress Collection. Dal punto di vista iconografico il tema rappresentato va asso­ ciato al Cristo 'al tempio che parla con i dottori. Contrariamente al solito questi non sono rappresentati ma semplicemente immagina­ ti come pubblico di astanti posti di fronte al giovane Gesù che mo­ stra con le mani i passi delle Sacre Scritture mentre le sta commen­ tando. Questo tipo di soggetto non doveva essere comunque del tut­ to insolito, dato che si sa dai documenti che Isabella d'Este, nel 1504, aveva chiesto a Leonardo che le dipingesse "una figura di un Cristo giovene:tto de anni circa duodeci, . . . di quella età che l'ha- � .._

.

veva quando disputò nel tempio" . Al di là della possibile affinità iconografica con un'opera del maestro toscano, i rimandi a Leonardo sono evidenti nell'uso dello sfumato e nella tipologia del volto, af­ fusolato e incorniciato da lunghi capelli ricci. Osservando l' espres­ sione assorta e concentrata di Cristo, accompagnata dall'eloquente gestualità della sua mano destra, sembra inoltre che Correggio ab­ bia accolto il monito leonardesco a rappresentare i "moti dell'ani­ mò" , cioè a esprimere n�lla pittura anche le emozioni e i sentimen­ ti. Nell'accostamento del rosa con il verde acido del tendaggio è sta­ to visto inoltre un contatto con la pittura degli artisti toscani, so­ prattutto Andrea del Sarto e Beccafumi.

72

·

73

La Giuditta

15 1 0 circa Olio su tavola, cm 27 Strasburgo, Musée des Beaux-Arts

x

20

L

a prima notizia dell'opera risale alla fine dell'Ottocento, quan­ do apparteneva al Charles Fairfax-Murray, già attribuita a Cor­

reggio.; Si trova al museo di Strasburgo dal 1 892. Giuditta, eroina dell'Antico Testamento, è colta nel momento in cui, dopo avere reciso la testa del nemico Oloferne, la mette dentro un sacco con l'aiuto dell'ancella. TI tema era stato trattato in nu­ merose versioni da Andrea Mantegna, artista che ebbe un ruolo si­ curamente fondamentale nella formazione di Correggio. Ma accan­ to all'eredità mantegnesca, ci sono anche altre componenti, soprat­ tutto nell'uso della luce e del colore, molto distanti dalla lezione del maestro padovano. Le figure sono costruite attraverso pennellate di cromie accese, emergendo dall'ombra davanti agli occhi dello spet­ tatore. Le due donne esprimono nei volti un profondo turbamen­ to, s_oprattutto l'ancella, che ha un'espressione contratta e sembra emettereìm urlo,di orrore. Come nella ben più tarda p ala della Not­ te, vi è un'unica fonte di luce che illumina l'intera scena, renden­ dola ricca di pathos. La rappresentazione della luce artificiale in ambienti bui era un tema molto diffus o nell'arte nordeuropea, che Correggio poteva ave­ re conosciuto soprattutto grazie alle numerose incisioni che circola­ vano nelle botteghe. Lo studio degli effetti delle ombre sui volti in rap­ porto alla rappresentazione delle diverse gradazioni espressive che van­ no dalla gioia al dolore, era stata, forse, la più grande lezione di Leo­ nardo, al quale il giovane Correggio guardava sicuramente con gran­ de attenzione, mettendone a frutto gli insegnamenti.

74

·

75

Sacra Famiglia con santa Elisabetta e san Giovannino

15 1 0 circa Olio su tavola, cm 28 x 2 1 ,5 Pavia, Pinacoteca Malaspina

I

nsieme alla Madonna con zl Bambino

e

san Giovannino di Chi­

cago, il quadro fa parte di un gruppo di quattro tavolette desti­



nate a a devozione privata, dipinte da Correggio molto probabil­ mente intorno agli anni dieci del Cinquecento. Nella prima metà dell'Ottocento apparteneva alla famiglia Malaspina con un'attribu- . zione a Francesco Francia. Morelli l'ha ricondotta a Correggio nel 1 880 e da allora quasi tutti gli studiosi concordano sulla paternità del pittore èiniliano. Le pessime condizioni di conservazione im­ . pediscono comunque di esprimere un giudizio definitivo sulla ta­ vola, soprattutto riguardo alla datazione. La figura di santa Elisa­ betta, rappresentata secondo una tipologia di vecchia che ricorda molto la pittura del Mantegna, porta a considerare l'opera tra le pri­ me creazioni di Correggio in cui l'influsso del maestro padovano era ancora molto forte. La Vergine _è collocata al centro della composizione, con il ca­ po leggermente-t:eclinato. Gesù siede sul suo grembo mentre tende una mano verso san Giovannino che, a sua volta, lo tiene per un brac­ cio. San Giuseppe e sant'Elisabetta, posti a sinistra e a destra in una posa piuttosto statica, sono visibili soltanto parzialmente, sugge­ rendo così la presenza di uno spazio oltre il quadro. La stessa fun­ zione è data dalla balaustra, di origine veneziana, dipinta sul fron­ te del dipinto, che delimita, con il muro a cui sono appoggiati i per­ sonaggi, uno spazio visibile. Questa ha anche lo scopo di mettere in contatto la scena, che diventa quasi esposta su un palco o su un bal­ cone, con lo spettatore.

76

77

Natività con santa Elisabetta e san Giovannino

15 12 circa Olio su tavola, cm 79 x 100 Milano, Pinacoteca di Brera

L

a prima notizia dell'opera risale al 163 3, quando viene citata nel­ l'inventario della collezione Ludovisi a Roma. Dopo varie vi­

cissitudini che vedono la preziosa tavola trasportata dall'Italia al­ l'Inghilterra e viceversa, questa arriva a Brera nel 1 9 1 3 . Diversamente dall'iconografia più diffusa, i n cui sono presenti soltanto Giuseppe, Maria e il Bambino, in questa Natività sono ag­ giunti due personaggi: santa Elisabetta e san Giovannino. San Giu­ seppe inoltre' dorme appoggiato a una sella, allusione alla imminente fuga in Egitto, a cui potrebbe riferirsi anche l'attò del riposare, dato che il monito alla fuga gli fu dato in sogno. Gesù giace su un panno bianco disteso sul fieno, mentre la Madre è inginocchiata in adora­ zione davanti a lui. Sul retro, alle spalle di Elisabetta, si intravedono due pastori, guidati da un angelo. Due putti in alto stringono un'in­ segna, mentre raggi dorati cadono dal cielo a indicare il luogo dell'e­ vento mir_acoloso. La scena si svolge all'interno di uno spazio bipar­ tito da una elegi!ite colonna ionica: da una parte ii paesaggio attra­ versato da fasci di luce, dall'altra la grotta in penombra.

TI panneggio della Vergine, spezzato in lunghe pieghe che si apro­ no a corona sul terreno, e la presenza dei pastori, colti nell'atto di incedere sullo sfondo, ricorda modelli nordici, in particolare Durer: un'incisione del pittore tedesco potrebbe avere ispirato l'artista. La tipologia della vecchia Elisabetta, dal volto rugoso e con le vesti dai toni del grigio, viola e verde cupo, è invece di chiara ascendenza man­ tegnesca. Nelle lwninéscenze del paesaggio si è vista infine l'in­ fluenza del pittore "ferrarese Dosso Dossi, presente a Mantova in quegli anni.

78

79

Il

rnn1iat di

c

n

dalh fadre

t

JÌ:> ue u 17

!Ì prim:l indi nzionnd ) unrl netta biprtrtizion

e \' l rd1Ìtetrlll'H H le:> t nl.

80

l llil

nsernt ll "'el-li n che sem m dipendere ro-

ggt

-_ l

1

1 1. -

risr

è st lto nd rtnt 1 nuche dn L re.n ; Unrc(

�S.Ì\'

'

sr.ru ì 1e s a 'n.lt>, tm il i :t saggi

n

r:­

sinìstm

81

Madonna con il Bambino

e

san Giovannino �.

15 1 3 - 15 14 Olio su tavola, cm 64 x 50 Chicago, The Art Institute

N

on si conosce la storia dell'opera che fa parte comunque di un gruppo di quattro tavole di piccolo formato, raffiguranti la Ma­

donna con il Bambino e san Giovannino (con l'aggiunta di' san Giu'

seppe ed Elisabetta nelle due più antiche di Filadelfia e di Pavia) , dipinte nei primi anni dieci e ancora fortemente legate a due mo­ delli pittorici fondamentali per la formazione del pittore: Mantegna e Leonardo. Nelle due opere più recenti, una conservata al Castel­ lo Sforzesco di Milano, l'altra, qui commentata, a Chicago, il riferi­ mento a Leonardo è talmente evidente che potrebbe trattarsi di un esplicito omaggio. In questa tavola, la più matura delle quattro, un pergolato di limoni separa la Vergine dal paesaggio retrostante. Gesù siede in grembo alla Madre e benedice san Giovannino inginocchiato davanti a lui. La stessa identica azione si ritrova nelle due versioni della Ver­ gine delle- rocce di_J.Jeonardo (Louvre e National Gallery di Londra) . Altro riferimento-a Leonardo è lo sfondo dai confini indistinti e dalla luce azzurrata, dipinto secondo i principi della "prospettiva dei colori" . Secondo il maestro toscano infatti, per rappresentare cqr­ rettamente il paesaggio visto in lontananza bisognava tenere conto del fatto che i cromatismi perdono di saturazione e vengono avvol­ ti da una luce sempre più azzurra, e che i profili delle cose diven­ tano vaghi.

82

83

Madonna di San Frane esco

1515

Olio s u tavola, c m 2 9 9 x 245,5 Dresda, Gemaldegalerie Iscrizione sulla ruota di santa Caterina

"ANTO[N]IUS l DE l ALEGRIS l P."

Q

uesta ta"vola, composta da cinque pannelli verticali (espediente per evitare che la giuntura fosse al centro) , è la più grande che

Correggio abbia mai dipinto e anche la sua prima opera documenta­ ta. Fu �seguita per l'altare maggiore della chiesa di San Francesco, la più importante di Correggio. n contratto di commissione fu stipulato . il 3 0 agosto 1514, mentre l'ultimo pagamento fu eseguito il 4 aprile 15 15. La tavola è inoltre firmata, segno che il giovane artista aveva acquisi­ to ormai sicutezza e orgoglio della propria professionalità. Passata, in data non precisata, a Modena nelle collezioni grandùcali, l'opera fu ven­ duta, insieme ad altri importanti pezzi della collezione estense, da Francesco m ad Augusto m di Sassonia e poi portata a Dresda. La Vergine è rappresentata in trono con il Bambino, circondata da sant'Antonio da Padova e san Francesco d'Assisi a sinistra e da san Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria a destra. Francesco indica con. la mano sinistra il costato, mentre il Battista segnala il Bam­ bino guardando._fu�ri dal quadro, facendo da interm�diario tra il pub­ blico e la sacra visione. Sul rilievo rosso del gradino del trono sono rappresentati a monocromo: La Creazione di Eva, Il peccato origi­ nale e La cacciata dal Paradiso. Nel medaglione al centro c'è invece Mosè in finto rilievo su uno sfondo blu cobalto. L'intero gruppo si trova all'interno di un colonnato chiuso da un arco che dà sull'a­ perta campagna. Le colonne, di ordine ionico, sono molto simili a quella della Natività di Brera e del Commiato della National Gal­ lery, ma più elaborate. Nella struttura la pala si ispira alla Madonna della Vittoria di Mantegna e alle grandi pale bolognesi del Francia e del Costa. La figura di san Giovanni Battista è molto leonardesca negli occhi pe­ santemente ombreggiati e nei capelli ricci. Francesco e Caterina so­ no invece tipologie più ispirate al Perugino e, quindi, ancora, ai suoi seguaci Francia e Costa.

84

85

Madonna con il Bambino in gloria tra due angeli musicanti

1515-15 1 6 Olio s u tavola, cm 20 x 16,3 Firenze, Galleria degli Uffizi

L

a Vergine Maria, con in braccio il Bambino, è avvolta da una . mistica cornice di nuvole e cherubini. n ritmo frontale della com­

posizione si scioglie nella posa a chiasmo dei due angeli musicanti che afflancano la figura: quello di sinistra, con il .capo leggermente reclinato all'indietro, sfiora le corde di una lira, mentre l'angelo di destra, con il capo chino in avanti, è intento a suonare un violino. Angando a ritroso nella storia, la prima traccia documentaria del dipinto e·stata rinvenuta a Firenze, nella collezione del cardinale Leopoldo de' Medici, nella prima metà del Seicento, un secolo più tardi rispetto alla sua esecuzione. Da allora i documenti lo hanno sempre segnalato nelle collezioni medi cee: a Palazzo Pitti nel 1 675 , a Palazzo Vecchio nel 1776, e, infine, agli Uffizi nel 1798, con un'at­ tribuzione a Tiziano. Nel l 875 l'opera viene restituita all'Allegri da Giovanni Morelli, con una datazione al 15 1 1 - 15 12 . Concordando sull'àttrib.�zione a Correggio, gli storici del Novecento non si sono trovati d' accord_9 sulla datazione, ora anticipata al primo decennio, ora posticipata rispetto all'ipotesi morelliana.

È

molto probabile

una collocazione agli anni centrali del secondo decennio del seco­ lo, per l'evidente affinità stilisti ca della tavola con la Madonna di San Francesco di Dresda, risalente agli stessi anni. Nonostante la diffe­ renza di formato, alta pochi centimetri la tavoletta degli Uffizi, qua­ si tre metri la pala· di Dresda, già a un primo confronto è facile in­ dividuare la somiglianza tra le due opere nella corona angelica di cherubini che illumina la scena e nella veste rossa della Vergine av­ volta in un velo blu con i risvolti verdi.

86

.

87

La Zingarella

15 1 6- 15 17 Olio su tavola, cm 46,5 x 3 7 ,5 Napoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte

I

l singolare ·uso del sostantivo Zingarella per una rappresentazione della Madonna con il Bambino, probabilmente ispirato alla sua ac­

conciatura simile a quella delle gitane, ha un'origine antica quasi quan­ to l'ope�a. Già nel 1587, nell'inventario di Ranuccio Farnese, viene de­ scritta come "un ritratto di Madonna in habito di Cingana" . Anche . nel catalogo della collezione di Gerolamo Garimberto da Parma, si tro­ va una descrizione che sembra riferirsi a essa: "Un altro quadretto d'u­ na Madonnavestita alla cingaresca, che si riposa in un bosco col fi­ gliolo in braccio andando in Egitto, bellissimo". Nel 1734 la preziosa tavoletta giunse a Napoli, con la collezione Farnese. Restaurato nel 1 935, il quadro è stato privato di molte parti ori­ ginali, rendendone difficile la lettura. Sopra la testa della Vergine c'e­ rano un angelo e un ramo di palma, alle sue spalle un bosco rigoglio­ so avvolto nella penombra e, in basso, a sinistra, un coniglio. n Bam­ bino era inoltre messo in una diversa posizione, più addossato al col­ lo della Madre. C]:ì_� la versione precedente fosse originale lo dimostrano sia la sostanziale incompiutezza del quadro, sia la presenza di nume­ rose copie che ne riproducono l'aspetto precedente all'interve�to. Come già indicato nella citazione dell'inventario della collezione di Gerolamo Garimberto da Parma, il soggetto rappresentato è un Ri­ poso durante la fuga in Egitto, ma con variazioni rispetto alla versio­ ne più diffusa del tema, tra cui la più evidente è l'assenza di Giusep­ pe. Inoltre la posa della Madonna, seduta per terra china sul Bambi­ no, evoca anche l'iconografia trecentesca della Madonna dell'Umiltà. Alcuni stilemi testimoniano rapporti con la pittura di Dosso Dossi, at­ tivo a Mantova nel periodo in cui vi lavorava anche Correggio.

I.: opera, databile intorno alla metà del secondo decennio del Cin­ quecento, è stilistican1ente molto vicina alla Madonna con il Bambino e san Giovannino del Prado. n grappolo di putti in alto a sinistra ri­

porta invece all'Adorazione dei Magi di Brera. 88

89

Quattro santi

15 16-15 1 7 Olio s u tela, cm 22 1 ,7 x 1 6 1 ,9 New York, The Metropolitan Museum of Art, John Stewart Kennedy Fund

L







a pala si rovava fino al 1 690 �ella cappell Fassi dell' �ra orio di . . . Santa Maria della Misencordia a Correggio. Pnma di giungere

al Metropolitan Museurn nel 1 9 12, ha subito vari spostamenti solo par­



zialrne te individuabili: alla fine del Settecento è nella raccolta Fabrizi a Modena, successivamente nella collezione Marescalchi a Bologna. Se la committenza da parte della famiglia Fassi è quasi certa, dato che si trovava nella loro cappella, e trova nella figura di Melchiorre Pas­ si il referente-principale, difficile è l'individuazione della data. n rap­ porto con il testamento redatto da Melchiorre Fassi nel 1 5 1 7 , a lun­ go considerato un importante termine post quem, è stato messo in dub­ bio (Ekserdjian) e la datazione è stata anticipata intorno al 1 5 1 6 per evidenti rapporti stilistici con la Madonna di San Francesco del 15 15 . A lungo si è pensato che Correggio possa essersi ispirato alla Estasi di santa Cecilia di Raffaello, giunta a Bologna nel 15 14- 1 5 1 5 . n fatto è stato m_es� o_ in dubbio sia da Gould ( 1976) che da Ekserdjian _ ( 1 997) . La semplice iconografia del quadro, un gruppo di santi in un paesaggio, era infatti già diffusa nell'Italia settentrionale nel primo Cin­ quecento ancor prima dell'arrivo della pala di Raffaello. I santi rappresentati in questo caso sono quattro: Pietro, Marta, Maddalena e Leonardo. San Pietro apre il semicerchio a sinistra. In­ dossa i suoi tipici colori, blu notte e giallo, e tiene in mano due chiavi - una dorata per il cielo, una argentata per l'inferno - e un libro che allude alle due Epistole che ha scritto, contenute nel Nuovo Testamento. L'apostolo poggia un piede su una pietra, simbolo della Chiesa da lui

fondata. Marta, a fianco, con il drago da lei. legato e fatto uccidere nel sud della Francia, indossa una veste verde con un collare bianco, for­ se da monaca, e guarda in basso. Alla sua austerità si contrappone la

luminosa figura di Maddalena, vestita di giallo e con in mano il balsa­ mo con cui unse i piedi di Cristo. San Leonardo, patrono dei prigio­ nieri, indossa il saio da penitente e regge il suo attributo: le catene.

90

91

Adorazione dei Magi

1517 circa Olio su tela (forse trasferito da tavola) , cm 84 x l 08 Milano, Pinacoteca di Brera

L

e prime. notizie documentarie del quadro risalgono al 1 65 0, quando è stato donato all'arcivescovado di Milano come ope­

ra dello Scarsellino, pittore ferrarese che risentirà delle influenze cor­ regges�he. Giunge a Brera nel 1 895 e soltanto nel l 897 viene attri­ buito a Correggio. L'Adorazione dei Magi forniva ai pittori un'insolita occasione per sbizzarrirsi nel rappresentare una variopinta processione di per­ sonaggi con 'abiti di fogge orientali e animali esotici. Correggio in­ terpreta il tema con una certa moderazione, lasciando intravedere i cammelli soltanto attraverso le colonne e facendo sì che la folla si accalchi verso il margine destro del quadro, in modo da lasciare al centro uno spazio vuoto che separi il gruppo della Sacra Famiglia dal brusio della carovana . La Madonna siede su uno dei gradini del tempio-capanna, e quasi accoglie per intero nelle mani un Gesù Bambino,insolitamente piccolo, offrendolo all'adorazione del più anziano dei re M�gi. Gli altri due, disposti in fila secondo una di­ rettrice diagonale, attendono il turno. n mediano è più giovane di quello inginocchiato, mentre l'ultin1o a destra è appena w1 ragazzo. Questa precisa diversificazione dell'età non è casuale, era infatti mol­ to comune nell'iconografia dell'Adorazione associare ai re Magi la simbologia delle tre età dell'uomo: giovinezza, maturità, vecchiaia. San Giuseppe osserva la scena da dietro la colonna a cui sta appog­ giata la Vergine, mentre un grappolo di angeli volteggia trionfante in alto. Alle spalle del gruppo si distende w1 paesaggio di ascendenza nordica, con in fondo a destra una capanna a spioventi tipica dei cli­ mi freddi e nevosi. Per questo scenario Correggio potrebbe essersi ispirato, come spesso per le sue opere, a incisioni di Diirer.

92

93

Madonna con il Bambino (Madonna Campori)

1 5 1 7 circa Olio su tavola, cm 58 x 45 Modena, Galleria Estense, Palazzo dei Musei

' L

opera prende il nome dal cardinale Campori che la acquistò nel 1 635 . Da allora rimase sempre proprietà della famiglia

Campori che la donò alla Galleria Estense nel 1 894 . Nel 1 992 fu ru­ bata,

per essere poi ritrovata e restituita al museo. L'attribuzione a

Correggio è relativamente recente. Fu infatti suggerita dal pittore Vincenzo Rasori nel 1 852 e successivamente accolta dagli studiosi; prima di allora l'autore del quadro risultava ignoto. Si tratta sicuramente di una delle opere più riuscite dei primi an­ ni di attività del giovane Correggio. L'impianto compositivo sembra derivare dalla Madonna di Foligno di Raffaello, ma il tipo di inter­ pretazione del tema denuncia già il carisma di un pittore che sa ren­ dersi completamente autonomo dai suoi modelli di partenza. Se, co­ me in Raffaello, il sentimento che unisce Madre e Figlio è profonda­ mente interiore, allo stesso tempo vi è presente un'energia diversa, di più -inten�a umanità. Gesù stringe con la mano sinistra l'indice della



Madonna, menjr con la destra tenta quasi di arrampicarsi lungo il suo petto; lei lo lascia fare con dolcezza, appoggiandolo sul suo am­ pio grembo e sorreggendolo con mani grandi e avvolgenti.

li curioso particolare del piede del Bambino con il tallone ri­ volto verso lo spettatore è stato giustamente considerato una sorta di sigla stilistica dell'autore. Lo si ritrova anche nella Zingare!la, con

il piede parzialmente coperto dalla veste, e nella Maddalena del Giorno, dove il piede invece è completamente scoperto.

94

95

Sant'Antonio Abate

1517-1518 Olio s u tavola, cm 49 x 3 2 Napoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte

L

a rappresentazione di Padri eremiti è molto frequente nelle opere di Correggio. Sant'Antonio Abate era inoltre apprezza­

M

to dag ambienti benedettini, con cui il pittore era entrato in stret­ to rapporto almeno dal 15 14, quando aveva lavorato a San Bene­ detto Po. n committente del quadro potrebbe essere stato quindi proprio un benedettino dell'ambiente cassinese. L'opera era conservata fino alla fine dell'Ottocento nella sa­ crestia dei Gerolamini a Napoli, con un'attribuzione al pittore fio­ rentino Andrea del Sarto. Fu assegnata a Correggio soltanto nel 1 90 1 da Adolfo Venturi e poco dopo trasferita alle Gallerie Nazio­ nali di Capodimonte.

n quadro è, pur nella sua semplicità, un esempio di sofistica­ ta sapienza pittorica. Il colore è usato in modo magistrale: la mac­ chia gialla sulla veste arancio, ottenuta con veloci tocchi di pennel­ lo, dà luce all'intera scena, mentre i malinconici occhi cerulei del san­ to eremita risaltano, vibrando, sullo sfondo terroso della foresta cir­ costante. Il volto, dipinto secondo i principi dello sfumato leonar­ desco, si contrae in sottilissime rughe appena percepibili, la barba si appoggia morbidamente sul petto fino a lambire le due braccia conserte in segno di devozione. Il bastone con la campanella, attri­ buto di sant'Antonio, sporge illusionisticamente in avanti insieme alla mano sinistra, sfondando la superficie del quadro in un bellis­ simo scorcio che ricorda le Madonne di Antonello da Messina.

96

97

Madonna con il Bambino

1518 circa Olio su tavola, cm 48 x 3 7 Madrid, Museo Nacional del Prado

e

san Giovannino

l dipinto faceva parte della collezione di Isabella Farnese, che lo

I portò con sé in Spagna quando vi si trasferì dopo avere sposato

Filippo V nel 1 7 14. Da allora è rimasto sempre lì. La scena descrit­ ta è ra�contata nei Vangeli apocrifi: san Giovannino incontra Gesù in una grotta in compagnia della Madonna. li tema era stato già trattato in due versioni da Leonardo da Vinci: La Vergine delle roc­ ce del Louvre e quella della National Gallery di Londra. Come nel­ le due tele lèonardesche, la Madonna siede su un prato d'erba mi­ nuziosamente descritto, all'interno di una grotta ombrosa; alle sue spalle si intravede un'apertura da cui filtra una luce che fa da con­ trappunto a un'altra luce irradiata da una fonte posta all'esterno del quadro. Due bambini, san Giovannino e Gesù, giocano fra le sue gambe. Ma non si tratta di un gioco spensierato: nell'aprire le brac­ cia verso il cugino per riceverne in dono la piccola Croce, Gesù ab­ braccia anche, simbolicamente, il suo sacrificio. Accanto a_Leonardo, un altro modello import�te può essere sta­ to Raffaello, che aveva ampiamente sviluppato, nel corso del primo decennio del Cinquecento, il tema della relazione tra la Vergine, il Bam­ bino e san Giovannino, dipingendone molte varianti sempre caratte­ rizzate dalla tenerezza dolce e pacata che si ritrova in questa tela.

98

99

Sacra Famiglia con san Giovannino

1 5 1 8- 1 5 1 9

Olio s u tavola, cm 6 4 x 53 Orléans, Musée des Beaux-Arts

Q

� �



� �

uesta tà ole ta fa p rte della lunga se rie di dipinti dev zio a : . . . li a destmazwne pnvata che CorreggiO dipmse nel su01 pnrm

anni di attività, tutti di formato ridotto e caratterizzati da .un'inqua­ dratur� a mezzo busto. Esiste inoltre un'altra versione del quadro, ugualmente autografa, la quale dimostra che nel caso in cui il sog­ getto fosse molto richiesto dalla committenza, Correggio faceva uso degli stessi cartoni, inserendo delle variazioni su un unico tema . Proveniente dalla collezione di Luigi XVI, nel 1 872 l'opera fu privata della attribuzione a Correggio e definita eli " artista anonimo" . Venne quindi trasferita nella sede attuale. Gli storici del Novecento hanno invece riconosciuto in genere la paternità del maestro. L'azione si sviluppa, in un gioco di sguardi e attraverso un pro­ gressivo passaggio dalla penombra verso la luce, lungo una direttrice diagonale che ha il suo fulcro nella Croce, simbolo del sacrificio del Cristo. Questa, sostenuta delicatamente con il solo dito indice del­ la mano sinistm; viene offerta da Giovannino al cugino più picco­ lo . I due bambini che giocano sono osservati dalla Madonna con uno sguardo che esprime amore materno ma anche una profonda ma­ linconia, qusi presentendo la Passione.

li soggetto della Sacra Famiglia con san Giovannino era stato più volte affrontato da Leonardo e poi rielaborato da Raffaello. Cor­ reggio fa riferimento all'opera di entrambi i maestri, filtrandola at­ traverso la sua personale sensibilità nella rappresentazione degli " af­ fetti" e dei "moti dell'animo " .

1 00

101

Riposo durante la fuga in Egitto

1520 Olio su tela, cm 146,2 x 13 6,4 Firenze, Galleria degli Uffizi

l Riposo degli Uffizi è considerata dagli studiosi l'ultima pala d'al-, tare del primo periodo della carriera eli Correggio. Contrariamen­ te alla maggior parte delle opere dell'artista se ne conosce il commit­ tente, lin certo Francesco Munari, e l'ubicazione originaria, la cappella della Concezione presso la chiesa eli San Francesco a Correggio. Nel 1 63 8 il quadro fu asportato dalla cappella dal duca Francesco I d'E­

I

ste, che lo sostituì con una copia tuttora in situ . Nel 1 649 fu ceduto al granduca-di Toscana in cambio eli un Sacrificio di !sacco eli Andrea del Sarto, oggi conservato presso la Gemaldegalerie eli Dresda. L'episodio rappresentato è tratto dal Vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo: durante un momento eli riposo della Sacra Fami­ glia nel corso della fuga verso l'Egitto, san Giuseppe offre a Cristo· ' alcuni datteri appena colti da un ramo eli palma. L'introduzione eli san Francesco va messa in rapporto al nome del committente, Fran­ cesèo M4.nari, che, secondo i documenti, proprio nella cappella vo­ leva essere sep_2lto. La scelta eli aggiungere la figura di un santo al­ la rappresentazione di episodi della Vita eli Cristo non era inoltre un fatto insolito, ma anzi piuttosto diffuso. Dal punto eli vista compositivo, la scena è simmetricamente di­ visa dalla figura della Madonna e dal tronco della palma a cui la don­ na è appoggiata. Questa rigida partizione, appena smorzata dalla di­ sposizione diagonale dei due uomini, conferisce al quadro una cer­ ta iconicità. La tipologia di donna scelta per rappresentare la Madonna, dai tratti marcati e i capelli scuri, è nuova per Correggio. A qLJesto pro­ posito è stato notato che, da questo momento in poi, il pittore pre­ diligerà la tipologia bionda per i dipinti più intimi e su scala ridot­ ta, quella bruna per le trattazioni più narrative e monumentali.

102

103

Ritratto di gentildonna

1520 circa Olio su tela, cm 1 03 x 87,5 San Pietroburgo, The State Hermitage Museum Firmato sul tronco a sinistra "ANTON. LAET. [US] "

a firma ''ANTON. LAET. [us] " sta per Antonius Laetus, traduzione. latina di Antonio Allegri, nome di battesimo di Correggio. Sol­ tanto in un'altra opera, la Madonna di Albinea, perduta, il pittore ave­ va app�sto lo stesso tipo di iscrizione. n primo docwnento riferibile al ritratto è stato trovato nel 1 83 9, in Russia, nell'inventario della collezione Yussupov. n quadro fu poi portato all'Ermitage e attribuito a Lotto. Soltanto negli anni Cinquanta del Novecent0, grazie a Longhi, l'opera venne restituita a Correggio. In effetti, non essendoci pervenuti altri ritratti dell'artista, l'assegna­

L

zione non era scontata. Le misure del quadro inoltre sono piuttosto insolite per una singola figura di tre quarti. Nonostante la sua unicità, dal punto di vista iconografico, all'interno del corpus del pittore, l'o- · pera ha tutte le caratteristiche correggesche nella resa precisa del fo­ gliame che incornicia il capo della donna, nella morbidezza chiaroscurale del volto-e nel paesaggio che è stato efficacemente definito "romanti­ camente indistinto" . La donna inoltre ricorda molto, nei tratti soma­ tici, la Madonna nel Riposo durante la fuga in Egitto degli Uffizi. Data la mancanza di docwnenti, è difficile identificare il perso­ naggio. Potrebbe trattarsi di Veronica Gambara, principessa di Cor­ reggio, il cui marito, Gilberto morì nel 1518. Questo spiegherebbe l'a­ bito a lutto e la scritta greca sulla ciotola . . . ON l NEPENTIIES l AX . . " , tratta dall'Odissea. Nepentbes si riferisce a una sostanza usata come stru­ mento di oblio del dolore che, in questo caso, sarebbe dovuto al lut­ "

.

to per la morte del marito. Ma l'ipotesi è messa in dubbio dal fatto che la donna indossa uno scapolare marrone e un cordone da, terziaria francescana. Un'altra possibilità è che si tratti della poetessa Ginevra Rangone, che era appunto terziaria francescana, il cui marito, Gian Ga­ leazzo da Correggio, morì nel 15 17. I rami d'alloro alle spalle della don­ na confermerebbero ulteriormente quest'ultima ipotesi dato che si tratta della pianta cara ad Apollo, dio della musica e della poesia. 104

105

La Camera di San Paolo

1520 circa Affresco, cm 697 x 645 Parma, Monastero di San Paolo

L

· a Camera di San Paolo, inaccessibile per secoli a causa della clau-

·

sura del monastero, è stata riportata all;attenzione della critica nel

Settecento da Raphael Mengs. La data di esecuzione dell'affresco non ' è certa, ma si tende a fissarla intorno al 1520. n committente fu la ba­ dessa del monastero delle monache benedettine Giovanna Piacenza, . il cui stemma, tre lune falcate, è posizionato al centro del soffitto. La volt_a della cupola è interamente ricoperta da un fitto pergo­ lato di foglie è-festoni di frutti diviso in sedici spicchi, all'interno dei quali si aprono altrettante finestre ovali da cui si ìntravede l'azzurro del cielo. Dagli ovali fanno capolino gruppi di pùtti che giocano. Al­ la base di ogni spicchio c'è una lunetta a trompe-l'a:zl con rilievi in sti­ le anticheggiante. Più in basso, una finta cornice intervallata da capi­ telli ornati di teste di ariete percorre il perimetro della stanza, inter­ rompendosi per lasciare spazio alla cappa del camino su cui è dipin­ ta Diana csacciatrice. Tra un capitello e l'altro sono dipinti, come at­ taccati a chiodi, J�mbi di teli bianchi, ognuno dei quali contiene una suppellettile da cucina, allusione forse al fatto che la camera fosse usa­ ta come saletta da pranzo. L'iconografia del ciclo è molto complessa ed è stato fino a oggi impossibile ripercorrere tutte le fila di un senso che già all'epoca doveva essere patrimonio di una piccola ristretta cer­ chia di eruditi. Gli elementi narrativi fondamentali sono tre: i putti, Diana, le lunette. Nonostante qualche incongruenza, i primi due so­ no facilmente collegabili attraverso il nucleo tematico della caccia, di cui Diana è protettrice. I putti giocano infatti con alcuni cani, alcune frecce, una testa di cervo sollevata in trionfo. Nelle lunette ci> sono in­ vece vari personaggi mitologici. n modo in cui sono rappresentati sembra indicare un'ispirazione a monete antiche: le pose sono in ge· nere di profilo e gli sfondi neutri. Bisogna ricordare a questo propo­ sito che Parma era all'epoca uno dei centri italiani più importanti per lo studio e il collezionismo numismatico.

106

·

107

Diana

1520 circa Affresco, cm 200 x 227 Parma, Monastero di San Paolo

A

rompere· la continuità dell'eccentrico cornicione di tovaglie e stoviglie della Camera di San Paolo si trova la cappa del cami­

no, dec(Jrata ad affresco con la figura di Diana cacciatrice alla gui­ da di u.rl cocchio. La dea indossa una morbida veste bianca, simbolo di castità, ed è illuminata da un'argentea luce lunare. La scelta di Diana va messa in rapporto alla devota castità della committente del ciclo, la badessa del monastero delle monache benedettine, Gio­ vanna Piacenz-a. Colpisce il fatto che dei cavalli del cocchio Sia visibile soltanto la parte posteriore.

È vero

che la cappa dal camino aveva dei limiti

obiettivi di spazio, ma il pittore avrebbe potuto anche trovare un'al­ tra soluzione. Sorge dunque il sospetto che l'effetto di occultamento sia voluto. David Ekserdjian ha giustamente sottolineato che uno dei principali motivi di fascino degli affreschi della Camera è dato dal "gio­ co formale_ dell'occultamento e della rivelazione" . Lo stesso principio si ritrova infatti pegli ovali del pergolato, in cui i putti giocano a ri­ velarsi e nascondersi attraverso la cortina di foglie verdi. Gli affreschi della Camera di San Paolo e, in particolare, la fi­ gura di Diana, sono stati considerati da molti storici la prova del­ l' avvenuto viaggio a Roma di Correggio data la chiara ispirazione alla cultura antica e in particolare agli affreschi della Farnesina di Raffaello. La figura della Ninfa Galatea, dipinta nel 15 1 2 , con i mor­ bidi capelli e la veste attraversati dal vento mentre guida il suo coc­ chio marino, potrebbe avere in effetti ispirato quella di Diana, ma il problema del rapporto di Correggio con Roma rimane ancora so­ stanzialmente aperto.

108

San Giovanni Evangelista

1520 circa Affresco, cm 79 x 160 Parma, San Giovanni Evangelista

uesta lùnetta, in cui è ritratto Giovanni Evangelista, santo ti­ tolare dell'intero complesso monastico, si trova sopra la por­ ta che 1.m tempo conduceva al monastero, ed è forse la prima ope­ ra eseguita da Correggio nella chiesa, dove avrebbe affrescato an­ che la cupola, l'abside, il coro e i fregi della navata. Dai documen­ ti risulta che il pittore impiegò quattro anni per eseguire l'intero ci­

Q

clo: dal 1520 al 1524. La data di esecuzione della lunetta va quindi collocata intorno al 1520. Il giovane evangelista è seduto a terra, appoggiato a un basso leggio ricoperto di libri e, con gli occhi rivolti verso il cielo alla ri­ cerca di ispirazione, punta la penna su una pergamena che si sro­ tola lungo il suo grembo. Accanto, l'aquila, suo simbolo, si liscia le penne con il becco. n taglio della figura, leggermente appiattita e accorciata, prevede una visione dal basso. L'immagine del santo sarà ripetuta da Correggio nei pennacchi della cupola, nella cupola stes­ sa, dove appare da vecchio, e nell'abside. Questa .reiterata presen­ za dell'evangelista non è casuale: l'iconografia della cupola è basa­ ta sulla contaminazione tra due storie legate alla sua persona, una narrata nella Legenda Aurea, l'altra dallo stesso san Giovanni nel­ l 'Apocalisse. Secondo la Legenda Aurea, all'età di novantotto anni, Giovanni, ultimo apostolo rimasto vivo, venne visitato da Cristo e tutti i suoi discepoli in forma di visione, per prepararlo spiritualmente alla sua morte imminente e invitarlo ad accoglierla con gioia. Nella visione dell'Apocalisse Giovanni assiste invece alla Parousia, secon­ da venuta di Cristo nel giorno del Giudizio, che appare " circonda­ to dalle nuvole" ( 1 , 7) agli occhi degli uomini. Nella figura del gio­ vane san Giovanni ancora intento nella stesura del Vangelo, è con­ tenuta quindi una sottile allusione allo svolgimento iconografico dell'intero ciclo di affreschi.

1 10

111

Visione di san Giovanni Evangelista

1520 circa Mfresco, cm 940 x 875 Parma, San Giovanni Evangelista

C

ircondato da un banco eli morbide nuvole su cui siedono gli apo­ stoli, Cristo appare sospeso al centro della cupola avvolto da

una luçe dorata. San Giovanni, ormai ultranovantenne, siede al eli sotto dell'intero gruppo, appoggiato alla sua aquila, con il volto scon­ volto dalla visione soprastante. La scena rappresentata è il frutto di una contaminazione iconografica tra due visioni, una narrata nella Le­ genda Aurea e una nell'Apocalisse, entrambe avute da san Giovanni in età molto -avanzata. La figura del santo è visibile soltanto dall'alta­ re maggiore, mentre rimane nascosta alla massa dei fedeli presenti nel­ la navata centrale. Con questo affresco Correggio segna una svolta importante nel­ la storia della decorazione eli sotto in su. Non esiste infatti un prece· dente figurativo, almeno tra le opere conosciute, in cui le nuvole ven­ gano utilizzate come unico principio spaziale e compositivo, del tutto libere da jnqu_adrature architettoniche e da un paesaggio terreno, in basso. Accanto _àgli elementi eli grande portata innovativa, l'affresco contiene anche chiari riferimenti a Raffaello e Michelangelo. L'evi­ denza dei rimandi apre ancora w1a volta, come per la Camera di San Paolo, il dibattito degli storici sulla possibilità eli un viaggio eli Correggio a Roma, sebbene non sia docwnentato, né menzionato nelle prime due importanti fonti letterarie sulla vita dell'artista: le Vite eli Vasari ( 1550) e i Cathaloghi eli Ortensio Lando ( 1552). Se il viaggio c'è stato, fatto su cui ormai sono quasi tutti concordi, deve essere avvenuto comun­ que prin1a che il pittore fosse impegnato nell'affresco della cupola eli San Giovanni Evangelista. Le monwnentali figure degli apostoli ri­ prendono, tanto nelle pose che nella corporatura, i nudi michelan­ gioleschi della Cappella Sistina, mentre la figura del Cristo che si libra in aria su nuvole dorate contiene un evidente riferimento alla tavolet­ ta con la Visione di Ezechiele e al Dio Padre del mosaico della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, entrambe eli Raffaello.

1 12

1 13

Matritnonio mistico di santa Caterina

1520 circa Olio su tavola, cm 28,5 x 23 ,5 Napoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte

' L

opera risulta citata negli inventari d� Parma dalla metà del Sei-, cento fino al 1734, quando fu portata a Napoli con le colle­

zioni farnesiane. Ne esistono una ventina di versioni di cui questa è conco; demente ritenuta quella autografa. L'antico tema della Vergine con il Bambino, indagato nelle sue componenti affettive e psicologiche già da Mantegna e Giovanni Bellini, e poi, soprattutto, da Leonardo e Raffaello, non aveva for­ se ancora tt'òvato un'espressione così piena ed efficace. La Madon­ na, dolcemente piegata in avanti, assiste Gesù riel gesto di mettere l'anello al dito di santa Caterina. Le mani dei tre personaggi si in­ contrano al centro della composizione, sfiorandosi e intrecciando­ si l'una con l'altra (tra le dita della mano di Caterina si intravedono le piccole dita del Bambino che afferrano l'anulare). Gesù, intera­ mente vestito, guarda la Madre come a chiedere conferma. L'uso del colore ricorda molto le precedenti opere di Correg­ gio nell' accostarnento delle tinte calde del rosso e del giallo al blu freddo dello sfondo e del mantello della Vergine. Molto diverso è invece l'uso del pennello, più fluido e veloce, e il modo di definire le ombre, più leggere e sfumate. Mettendo a confronto la testa del­ la Vergine con quella stessa nell'Adorazio n e dei Magz· di Brera, mol­ to simile dal punto di vista fisionomico, nella posa, nel tipo di ca­ pigliatura e nella distribuzione della luce, risulta ben evidente il cambiamento nella direzione di una pittura più fusa e atmosferica, di un uso più libero del pennello e di w1a rappreseptazione degli affetti più intensa e naturale.

1 14

1 15

L'Incoronazione della Vergine

1522- 1524 Affresco staccato, cm 2 12 x 324 Parma, Galleria Nazionale

Q

uesto frammento, insieme a pochi altri di dimensi�ni inferio­

ri, è quel che rimane del monumentale affresco esegwto da Cor­ reggio .nell'abside della chiesa di San Giovanni Evangelista. L' ope­ ' ra ha avuto vita brevissima, poco più di sessant'anni, dato che l'in­ tera abside fu demolita nel 1587 per ampliare la chiesa. Prima del­ la distruzione venne commissionata una copia dell'affresco al pit­ tore Cesare Aretusi affinché lo riproducesse poi nella nuova absi­ de, dove ancora si trova. D soggetto dell'Incoronazione della Vergine era molto diffuso co­ me decorazione delle absidi fin dal Medioevo, basti ricordare il mo­ saico di Jacopo Torriti in Santa Maria Maggiore a Roma ( 12 95). Tut­ tavia nel contesto di Parma aveva un significato particolare, dato che la Vergine era anche la patrona della città. il tema era infatti ripro­ dotto anche sul sigillo cittadino e sulle monete e, pochi anni dopo l'e­ secuzione dell'affresco di Correggio, sarebbe stato riproposto da Mi­ chelangelo Ans�Imi nell'abside della chiesa di Santa Maria della Stec­ cata e da Jacopo Bertoia all'esterno del Palazzo Comunale. L'originaria iconografia dell'affresco è ancora leggibile nella copia di Aretusi. Dai molti disegni rimasti si deduce inoltre che la cura principale era rivolta da parte dell'artista al gruppo centrale, di cui è sopravvissuto, per fortuna, il frammento più grande. In pri­ mo piano, seduti su nuvole, Cristo e la Vergine erano rappresenta­ ti in dimensioni maggiori, in modo da accentuarne l'importanza e la grandiosità; ai due lati si trovavano san Giovanni Battista, vesti­ to di pelle di animale e con la Croce in mano, e san Giovanni Evan­ gelista, con il Vangelo in grembo e l' aquila accanto. Alle loro spal­ le, disposti in lontananza su altri due livelli di nuvole, erano raffi­ gurati altri santi e schiere di creature angeliche.

1 16

1 17

Adorazione dei pastori (La Notte)

1522- 1530 Olio su tavola, cm 256,5 Dresda, Gemaldegalerie

x

188

I

l 14 ottobre 152_2 Alberto

�ratoneri si im�egna a p a�are la �om­

ma çli 208 scudi ad Antolllo da Correggw per una

Notte ' . In

realtà l'opera sarà posta nella piccola cappella della famiglia Prato­ neri, nella chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, solo nel 1530, come si può dedurre dall'epigrafe ancora in !oca che evidentemen­ te celebrava l'inaugurazione della stessa cappella. n ritardo nella consegna del dipinto può attribuirsi al fatto che i Pratoneri avesse­ ro fatto inizialmente delle previsioni troppo ottlinistiche sulla data in cui la cappella sarebbe stata terminata e che quindi non fecero poi troppe pressioni a Correggio perché terminasse l'opera in tem­ pi brevi. D'altro canto il pittore, oberato dalle commissioni e rifiu­ tando l'aiuto di collaboratori, dovette essere ben contento di ritar­ dare i tempi di consegna. Nel 1 640 la pala fu asportata dalla chiesa per arricchire la collezione di Francesco I d'Este e, alla metà del Set­ tecento, seguì la sorte di altre opere di Correggio passando nella col­ lezione di Augusto III di Sassonia. Vasari nella seconda edizione delle Vite ( 1568) descrive il qua­ dro soffermandosi soprattutto su quello che lui chiama " splendo­ re " , che " fa lume a' pastori e intorno alle figure che lo contempla­ no" , notando che "vi è una femina che volendo fisamente guarda­ re verso Cristo, e per non potere gli occhi mortali sofferire la luce della sua divinità, che con i raggi par che percuota quella figura, si mette la mano dinnanzi agli occhi" . Lo storico aretino sottolinea l'a­ spetto più affascinante del quadro, e cioè il fatto che l'intera scena è illwninata da una luce divina, innaturale, emanata direttamente dal­ la culla del Bambino. La violenta reazione della donna enfatizza an­ cora di più la potenza interiore del " lume" divino e, allo stesso tem­ po, fa da contrapposto alla serena contemplazione della Madonna china sul Bambino.

118

119

Madonna della Scala

1523 - 1524 Affresco staccato, cm 146 x 142 . Parma, Galleria Nazionale

L

a storia di questo affresco è iscritta nel tessuto cittadino di Par­ ma;. Secondo la testimonianza di Giorgio Vasari era ubicato so­

pra la porta est, all'interno della cinta muraria, e da tutti guardato con "lode e onore infinito". Nel 1554, a seguito di un riassestamento del . sistema difensivo della città, la porta venne abbattuta. Per non per­ dere il prezioso affresco, vi fu costruito intorno un piccolo oratorio e, dato che l'opera era raggiungibile attraverso una scala, venne det­ ta la Madonna della Scala. Ma il luogo che i cittadini avevano scelto per custodirvi l'affresco venne demolito nel 1 8 1 2 , il che ripropose il problema della sua conservazione. Fu quindi staccato dalla parete e trasportato nella sede odierna, provocando gravi alterazioni e danni all'intonaco. Anche all'interno della stessa Galleria Nazionale, l'affresco ha continuato le sue peregrinazioni, subendo un trasporto su tela, sempre a [mi conservativi, nel 1 848. Quello che oggi vediamo è quin­ di un pallido ricordo dello splendore originario. Ciononostante, così come quando vegliava sui viandanti dalle mura della città, la Madon­

na della Scala continua ad affascinare chi la guarda. La Vergine, con i capelli a ciocche sparsi sulle spalle, abbraccia dolcemente il Bambino che, pur avendo lo sguardo rivolto in un pun­ to fuori dal quadro, rican1bia l'abbraccio stringendo con la mano de­ stra un lembo del bel mantello blu della Madre. Sullo sfondo, in lon­ tananza, attraverso il colonnato, si intravede un paesaggio.

120

121

N oli me tangere

1523- 1524 Olio su tela (trasferito da tavola), cm 130 x 103 Madrid, Museo Nacional del Prado

N

el Cinquecento il quadro è ricordato a Bologna a casa Erco­ l:J,ni sia da Pietro Lamo ( 1560), che da Giorgio Vasari ( 1568).

Successivi proprietari furono i cardinali Pietro Aldobrandini e Lu­ dovico Ludovisi a Roma. Nel 1 644 fu donato dal duca di Medina a Filippo IV di Spagna che lo espose nella sacrestia dell'Escorial. D a quel momento rimase probabilmente sempre in Spagna anche se rag­ giunse Madrid soltanto nel 1839. Gli episodi della Passione di Cristo erano temi molto cari a Cor­ reggio, proprio come il tema della Vergine con il Bambino. In que­ sta tavola è rappresentato il momento immediatamente successivo alla scoperta del sepolcro vuoto da parte di Maddalena. La donna va in cerca di qualcuno a cui chiedere dove abbiano portato il cor­ po del Signore e, incontrato quello che pensa sia un ortolano, gli si avvicina. Si accorge così che si tratta di Cristo risorto e si inginoc­ chia, ancora turbata e sconvolta. Gli strumenti di lavoro dell'uomo, il cappello, la zappa e la pala, giacciono a terra dietro Gesù che in­ dica il cielo con la mano, alludendo alla sua imminente ascesa in cie­ lo: " Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre. Va' piuttosto dai miei fratelli e di' loro che salgo al Padre mio e al Pa­ dre vostro, al Dio mio e al Dio vostro" ( Giovanni 2 0 , 1 7 ) . La strut­ tura del quadro è, come spesso in Correggio, basata su un sempli­ ce ed efficace sistema di diagonali. Un unico movimento ascensio­ nale attraversa l'intera scena attraverso il braccio di Maddalena, le due braccia di Cristo, fino alla fronda dell'albero a destra. li corpo della donna giace a sua volta su un piano diagonale alla superficie della tela ma perfettamente perpendicolare al piano su cui si iscri­ ve il corpo di Cristo, a sua volta diagonale rispetto alla superficie del quadro. Questo sistema spaziale crea un'invisibile sintonia tra i due personaggi, astraendoli dal paesaggio circostante e proiettan­ doli oltre lo spazio del dipinto, verso lo spettatore.

122

123

Madonna di san Sebastiano

1524 circa Olio su tavola, cm 265 x 161 Dresda, Gemaldegalerie

N

el corso del terzo decennio del secolo, Correggio dipinse per i\Jodena due monumentali pale d'altare: la Madonna di san Se­

bastiano e la Madonna di san Giorgio. Le due pale erano destinate agli oratori di due distinte confraternite, ma non rimangono documenti, . né tantomeno sono ancora in piedi gli oratori. Ricostruire la storia dei due dipinti risulta quindi estremamente complicato. Gli studiosi sono comunque concordi nel considerare questa pala la prima delle due e quindi anche nel supporre che la commissione per la seconda possa essere dipesa dal successo e dalla fama ottenuti in città con la prima. La Madonna di san Sebastiano è stata eseguita per la Compagnia di San Bastiano, molto probabilmente dopo la terribile peste del 1523 (Soth). Venne poi rimossa dall'oratorio da Francesco I d'Este e inse­ rita nelle collezioni ducali. Tra il 17 45 e il 17 46 fu venduta da France­ sco III d'Este ad Augusto III di Sassonia. San Sebastiano era caro al­ la città di Modena come intercessore in periodi di peste, ed è possibi­ le quindi che la pala fosse stata commissionata dopo la fine dell'epi­ demia. La presenza di san Rocco, addormentato nell'angolo destro del quadro, confenna ulteriormente l'ipotesi, essendo il santo spesso associato alla liberazione dal morbo. Tra i due santi si trova san Gi­ mignano, patrono della città, con accanto un angelo che ha in mano il modellino della stessa. La struttura spaziale del quadro ha un pre­ cedente importante nella Madonna di Foligno di Raffaello (Pinacote­ ca Vaticana), dove la Madonna con il Bambino, seduta in cielo su una nuvola e circondata da impalpabili cherubini, appare a quattro santi, uno dei quali, Giovanni Battista, la indica con un dito, facendo da in­ termediario tra osservatore e mistica apparizione. Rispetto all'opera di Raffaello però, in cui la divisione tra cielo e terra è molto rigida e net­ ta, nella pala di Correggio i due mondi sono messi in comunicazione più diretta attraverso una struttura molto più fluida, scandita da di­ rettrici spaziali diagonali e da un dinamismo di sapore prebarocco.

124

125

Madonna del latte

1524 circa Olio su tavola, cm 68,5 x 56,8 Budapest, Szépmiivészeti Muzeum

D

?

el dipinto si conosco o al





e�o una ve t� a di copie, tutte ci­ . . tate come originali. E qumdl molto difftcile npercorrerne le

vicende storiche che, da quel che si è potuto ricostruire, sono estre­ mamente complicate. Citato nel 1 62 6 a Roma in un inventario della collezione Aldobrandini, fu acquistato dal conte Esterhazy in­ torno al 1795 a Napoli da Carlo Crivelli, il quale lo aveva a sua volta avuto da uno zio cardinale che lo ricevette in dono dal re di Spa­ gna. Molto probabilmente fu dipinto a Parma, intorno al 1524, de­ stinato alla devozione privata. Come risulta da una copia conservata all'Ermitage, sullo sfondo c'era prima un paesaggio, oggi invisi­ bile sotto gli strati di sporcizia e di vernici. L'effetto cromatico complessivo risulta quindi molto alterato. La Vergine offre il seno a Gesù che, volgendosi dall'altra parte, accetta i frutti che gli porge un angelo bambino. A livello simbolico si allude al momento in cui il Cristo si svincola dal legame con la Madre per abbracciare il suo de­ stino di sofferenza e morte. Come ha notato David Ekserdjian, Cor­ reggio crea una contaminazione iconografica tra due soggetti, in­ ventandone uno nuovo. Da una parte la Madonna del latte, icono­ grafia molto antica e diffusa soprattutto a partire dal XIV secolo, dall'altra il pasto mistico durante la fuga in Egitto, tema più raro ma presente a partire dal Cinquecento, e che lo stesso Correggio aveva trattato nel Riposo durante la fuga in Egitto degli Uffizi. Il motivo dell'offerta fatta da un bambino, piuttosto che da san Giuseppe o comunque da un adulto, può essere invece ispirato alla Mado'nna d'Alba di Raffaello (National Gallery di Washington) , dove san Gio­ vannino porge al cugino alcuni fiori.

126

'

127

Martirio di quattro santi

1524- 1525 Olio su tela, cm 157 x 1 82 Parma, Galleria Nazionale

I

nsieme al Compianto su Cristo morto della stessa Galleria Nazio­ nal�, la tela faceva parte della decorazione della cappella Del Bo­

no nella chiesa di San Giovanni Evangelista. Nel 1796 le due ope­ re furono portate in Francia dalle truppe napoleoniche, per essere poi restituite alla città di Parma nel 1 8 1 6 . li Martirio di quattro san­ ti, è un soggetto piuttosto raro, legato alla tradizione benedettina, ordine a cui la chiesa e l'annesso convento appartenevano. Si trat­ ta della storia di san Placido, contemporaneo e �eguace, nel VI se­ colo, di san Benedetto, trucidato a Messina insieme alla sorella Fla­ via e ai due giovanissimi fratelli Eutichio e Vittorino. Essendo la destinazione del quadro la parete destra della cap­ pella Del Bono, Correggio ha costruito la scena in modo tale da ri­ sultare più efficace a una visione laterale. I corpi senza vita di due fanciulli, Eutichio e Vittorino, hanno vicino le rispettive teste moz­ zate all'estremità destra del quadro, in modo tale da invadere qua­ si lo spazio dell'osservatore. Lo scorcio del gruppo con santa Fla­ via, il carnefice e l'angelo acquista un forte rilievo plastico

e

una

visione obliqua, mentre il corpo di san Placido rimane ancora più isolato in secondo piano, mollemente accasciato all'indietro sotto i colpi del brutale carnefice. I due santi, con gli occhi riversi ver­ so l'alto, guardano l' angelo del Signore, consapevoli del loro de­ stino di salvezza. Nel dare all'estasi spirituale un'espressione fisica, Correggio ha introdotto nella storia dell'arte una nuova formula iconografica, che avrà w1a diffusione vastissima nel Seicento non solo nella pittura ma anche nella scultura, soprattutto a partire da Gianlorenzo Bernini.

128

129

Compianto su Cristo morto

1524- 1525 Olio su tela, cm 157 x 1 82 Parma, Galleria N azionale

I

l primo elemento che colpisce di questa tela è. la c

�n:posizione: le

figqre sono pesantemente addossate sul margme sm1stro del qua­

dro, mentre la parte destra è quasi vuota. La spiegazione di una tale

asimmetria sta nell'originaria posizione dell'opera, sul lato sinistro della cappella Del Bono nella chiesa di San Giovanni Evangelistà a Parma (di fronte al Martirio di quattro santi) . Guardando la scena con un'inclinazione da sinistra verso destra, questa acquista infatti una strut­ tura di grande effetto visivo: il corpo tagliato di Maria di Cleofa, ve­ stita di arancione, acquista movimento e sembra introdursi nella sce­ na muovendosi dal luogo in cui si trova l'osservatore; le gambe del Cristo sporgono maggiormente in avanti diventando ben più volu�· metriche; la Maddalena e la base della Croce con Giuseppe di Ari­ matea che scende le scale si spostano al centro, in secondo piano. In sintesi, il quadro acquista profondità e proporzione. Il soggetto del Compianto, contrariamente a quello del Marti­ rio di quattro santi, era molto comune. Vi è rappresentato il momento

immediatamente successivo alla rimozione dalla Croce del corpo di Gesù, in cui Maria, insieme a Giovanni, la Maddalena e altri per­ sonaggi che possono variare, piange sul corpo del Figlio morto. La scena è quindi profondamente drammatica e le figure, con gli oc­ chi gonfi e arrossati per il lungo pianto, sono sopraffatte dal dolo­ re. Come nel quadro pendant, anche qui Correggio inventa una for­ mula nuova nella rappresentazione della sofferenza. Letto in chiave cristiana come strumento di espiazione e Redenzione, il dolore è sublimato in una sorta di estatico abbandono in cui la manifest�ione fisica e il trasporto mistico diventano un tutt'uno.

130

'

13 1

Orazione nell'orto

1524- 1525

Olio su tavola, cm 3 7 x 40 Londra, Hapsley House, The Wellington Museum

E

seguita per un committente reggiano, la tavola passa a Milano presso Pirro Visconti negli anni ottanta del Cinquecento, pe­

riodo in cui risulta molto apprezzata e conosciuta. Circa un secolo dopo è ricordata nella collezione del Palacio Real di Madrid. Passò poi al duca di Wellington. Vasari ( 1568) ne fa una descrizione ricca di elogi, sottolinean­ do il grande merito del pittore nell'essere riuscito a ottenere un ri­ sultato così lodevole in un'opera " di grandezza di un piede" . Quello che oggi si vede è molto diverso rispetto alla condizione origina­ ria: non sono più chiaramente leggibili gli apostoli che dormono a destra, e sono del tutto scomparsi Giuda e i soldati che incedono dallo sfondo. Nonostante la cattiva condizione di conservazione, è comunque possibile percepire anche oggi la forza e la bellezza della piccola tavola. Cristo, in primo piano, illuminato da una luce di­ vina molto simile a quella della Notte, ha il volto segnato dall'an­ goscia, lacerato tra la paura di morire e il desiderio di accettare la volontà divina. La fonte di luce è un angelo che si inserisce nel di­ pinto con un ardito scorcio in diagonale che ricorda gli esperimenti di sotto in su dell'appena terminata cupola di San Giovanni Evan­ gelista e anticipa quelli della cupola del duomo di Parma. L'interesse per le scene notturne, dimostrato da Correggio anche nella Notte e nel perduto Giovane che fugge dalla cattura (di cui resta oggi una copia cinquecentesca nella Galleria Nazionale di Parma), può derivare da suggestioni provenienti dall'arte fiamminga e tedesca, che Correggio conosceva soprattutto attraverso le incisioni.

132

'

133

Annunciazione

1524- 1525

Affresco staccato, cm 157 x 3 15 Parma, Galleria Nazionale

C

ome la Madonna della Scala, anche questo affresco ha sofferto mplto a causa della demolizione, effettuata già nel Cinquecen­

to, della sua ubicazione originaria: la chiesa di San Francesco. L' af­ fresco fu quindi collocato ( 1546) nella chiesa dell'Annunziata a Ca­ po di Ponte, ma, date le pessime condizioni di conservazione, nel

1832 venne rimosso e trasferito dopo qualche anno alla Galleria Nazionale. Dell'opera è rimasto anche uno splendido disegno preparato­ rio (conservato al Metropolitan di New York) alto nove metri e mez­ zo, eseguito a penna e inchiostro con spesse lumeggiature di biacca. n disegno, pressoché identico all'opera finita tranne che in qual­ che particolare, permette di comprendere meglio la qualità dell' af­ fresco, lacunoso e in pessime condizioni di leggibilità. L' angelo ga­ briele, con una veste che, gonfiata dal vento, si articola in un vir­ tuoso drappeggio dalle diverse tonalità di verde, è adagiato su una nuvola in compagnia di altri quattro angioletti di cui uno regge il ramo di giglio lasciando così che egli possa liberamente interagire con la Vergine rivolgendole l' Annur1cio. La donna si inchina con dol­ cezza, senza mostrare né paura né sorpresa, pronta ad accettare il proprio destino. In alto, a destra, la colomba dello Spirito Santo ema­ na una luce dorata che investe le due figure. Come nella quasi con­ temporanea Madonna della Scala il paesaggio si intravede oltre la co­ lonna. La soluzione della nuvola costruita come uno spazio artico­ lato in anfratti in cui i puttini si rannicchiano, si appendono o si oc­ cupano di qualcosa - come, in questo caso, reggere il giglio - rimanda invece alla cupola di San Giovanni Evangelista e anticipa l'ancora più articolata soluzione della cupola del duomo.

134

.

135

Madonna in adorazione del Bambino

1525-1526 Olio su tela, cm 82 x 68,5 Firenze, Galleria degli Uffizi

D

a quanto risulta dall'inventario seicentesco della Galleria de­ gli Uffizi, l'opera fu donata a Cosimo II de' Medici dal duca

di Mantova Francesco I Gonzaga nel 1 6 1 7 e ubicata nella Tribuna, da dove venne rimossa nel 1 848. Nel Cinquecento invece, secondo . la testimonianza di Giorgio Vasari, si trovava a Reggio Emilia e fu portata a Genova da Luigi Pallavicina.

Il tema rappresentato, ambientato nello scenario tipico della Na­

tività, ma con la sola presenza di Maria e Gesù, ·all ude all'Incarna­ zione e, insieme, alla divinità di Cristo. L'intera scena è ambientata all'alba, presagio di una nuova era. Ombre lunghe, dovute alla lu­ ce bassa, coprono parte del p aesaggio circostante, creando intorno alle figure una pace e un silenzio che invitano alla meditazione e al­ la preghiera. Un albero di fico, simbolo di Redenzione dal peccato originale tramite il sacrificio, si erge tra le rovine sullo sfondo. La Madonna, dopo avere delicatamente appoggiato a terra Gesù ada­ giandolo su un lembo del mantello, lo sta adorando tenendo le ma­ ni aperte in segno di gioia. n semplice gesto di allargare le mani, al quale corrisponde una reazione da parte del Bambino che tende il braccio verso la Madre, crea all'interno del quadro un dinamismo compositivo e, allo stesso tempo, sentimentale, che le tradizionali ma­ ni giunte avrebbero completamente spento. Da un punto di vista pittorico il quadro è sicuramente uno dei più sofisticati che Correggio abbia dipinto. L'abito della Vergine, ros­ so con screziature arancio, sembra prolungarsi, in un' ampia voluta, nel drappo dello stesso colore adagiato sulla sella alle sue spalle; men­ tre il manto, blu striato di turchese, si tinge nel risvolto di un ver­ de che evoca il paesaggio circostante.

136

137

Madonna della cesta

1525 - 1526 Olio su tavola, cm 33 x 25 Londra, National Gallery

G

ià Vasari ( 1568), notando l'eccezionalità iconografica di que­ s;to dipinto, in cui "la Nostra Donna mette una camicia indosso

a Cristo fanciulletto " , lo definisce "bello a maraviglia" . Lo storico toscano cita anche uno dei p rimi possessori del quadro, il cavaliere Francesco Baiardo, che fu anche il più grande committente del Parmigianino. Le vicende successive sono molto complicate e lacunose. Compare nelle collezioni reali di Spagna nel 1 666 e nel 1789. Nel 1 8 13 si trova nella cÒllezione Wallace a Londra, nel 1820 a Parigi, per tornare a Londra nel 1 82 5 nella col­ locazione attuale. La storia è ambientata nel tipico scenario di rovine classi­ cheggianti e capanne di legno. La Madonna, sul p rimo piano, ve­ ste il Figlio con una giacca appena tessuta da lei, con un gesto ma­ terno di grande naturalezza. A destra sta appoggiata la cesta con il gomitolo e le forbici, bel brano di efficace realismo, che si proietta illusionisticamente verso lo spettatore. Sullo sfondo, Giuseppe è intento a piallare.

n soggetto è probabilmente la rielaborazione di un episodio apo­ crifo della vita della Sacra Famiglia in Egitto che si ritrova anche nel pittore tedesco Albrecht Di.irer. Durante la permanenza in questo paese i genitori di Gesù sono costretti a lavorare per mantenersi. Ma­ ria fila e Giuseppe si dedica ai lavori di falegnameria. li tema con­ tiene un elegante parallelismo con l'Antico Testamento: dopo la Ca­ duta, Adamo ed Eva, nostri progenitori, sono costretti a lavorare per soprawivere.

138

139

Matrimonio misti co di santa Cater ina ."'-

1526- 1527 Olio su tavola, cm 1 05 x 1 02 Parigi, Musée du Louvre

S

econdo la testimonianza di Giorgio Vasari ( 1568) l'opera si tro­ va""a nella collezione di Francesco Grillenzoni di Modena, gran­

de amico di Correggio. Lo storico toscano la descrive inoltre come "un gran quadro, che è cosa divina, nel quale è una Nostra Donna che ha un putto in collo, il quale sposa Santa Caterina, un San Bastiano et al­ tre figure con arie di teste tanto belle, che paiono fatte in paradiso; né

è possibile vedere i più bei capegli, né le più belle mani o altro colo­ rito più vago del naturale". li quadro lascerà Modena dopo meno di un ventennio. Nel 1582, con l'intermediazione del cardinale Luigi d'Este, passa a Caterina Nobili Sforza di Santafiora; pochi anni dopo

è documentato presso la stessa contessa a Roma. Alla metà del Seicento viene donato a Mazzarino dal cardinale Antonio Barberini, per finire poi nella collezione reale di Francia e quindi al Louvre. La tavola, dal formato quasi quadrato, è caratterizzata da un equilibrio compositivo semplice ed efficace.

I quattro personaggi,

disposti simmetricamente in due gruppi, guardano tutti al centro del quadro dove si trova il fulcro narr�tivo della scena: la mano di san­ ta Caterina pronta ad accogliere l'anello del suo matrimonio misti­ co con Cristo. La santa è vestita da principessa, come si addice al suo rango, e porta al fianco là spada del martirio. Sullo sfondo, al centro, si ve­ de la scena dell'uccisione. Alle spalle di Caterina, san Sebastiano as­ siste sorridente alla scena, recando in mano le frecce del suo marti­ rio, rappresentato in fondo a sinistra. L'inserimento del santo può essere interpretato come un omaggio alla confraternita di San Se­ bastiano, di cui faceva parte il committente dell'opera. n suo volto, dal sorriso enigmatico e con i capelli lunghi e ondulati, è un moti­ vo tipicamente leonardesco e potrebbe derivare dal San Giovanni

Battista dell'artista toscano, oggi conservato al Louvre.

140

'

141

Ecce Homo

1526- 1527 Olio su tavola, cm 99 x 80 Londra, National Gallery

Q

uest'opera ebbe

�a dis ��et� �ama già a � artire dalla fine del

C;inquecento grazte a

un

. mclSlone esegulta da Agostmo Car­

racci nel 1587, in cui veniva fedeLmente riprodotta. Sull'incisione è segnalato anche il nome dei proprietari del quadro, la famiglia Pra­ ti di Parma. Ma la storia della provenienza è in realtà piuttosto com­ plicata per la presenza di dati contraddittori: l'opera è anche segnalata a Firenze nel 1591 presso Lorenzo e Francesco S alviati. Una delle due famiglie possedeva quindi una copia, ma non siamo in grado di stabilire quale. I due esemplari si confondono a livello documenta­ rio per tutto il Settecento e l'Ottocento. Quello ora conservato alla National Gallery è comunque considerato originale ed è giunto al museo nel 1834, dopo essere appartenuto al marchese di London­ derry, e prima ancora alla famiglia Stewart. Come è tipico di Correggio, all'interno di un:iconografia tra­ dizionale, in questo caso l'Ecce Homo, vengono inseriti elementi at­ tinti da altre iconografie, creando una sintesi nuova. Cristo, dopo essere stato sottoposto ai più atroci supplizi, viene presentato al po­ polo da Pilato che pronuncia la famosa frase " Ecce hom o " . Pilato, solitamente rappresentato sul primo piano a fianco di Cristo, si scor­ ge sullo sfondo, con in testa un turbante. Il carnefice, invece di ave­ re lo sguardo cattivo e accecato dall'odio, guarda Gesù con com­ passione, fatto che lo associa a Longino, il centurione che ricono­ sce la divinità di Cristo sul Calvario, piuttosto che ai suoi fustigato­ ri alla colonna. Ma l'elemento più innovatore è dato dalla presenza della Vergine semisvenuta tra le braccia della Maddalena, secondo uno schema tipico della Crocifissione o del Compianto. Un sugge­ rimento per questa invenzione potrebbe essere venuto dal fronte­ spizio della Piccola Passione di Diirer ( Gould) .

142

143

Madonna di san Girolamo (Il Giorno)

1526-1528 Olio su tavola, cm 205 x 1 4 1 Parma, Galleria Nazionale, Palazzo Pillotta

L



a pala fu probabilmente commi�siom�ta da Brisei e Colla, mo­ . glie di Ottaviano Bergonzi, negli anm venu del Cmquecento, e

messa nella cappella di famiglia in Sant'Antonio a Parma nel 1528, alla morte della donna.

È wu delle opere più riuscite e ammirate di

Correggio e, fin dalla sua messa in opera nella cappella Bergonzi, raggiunse una grande fama. Nel 1749 venne trasferita, allo scopo di proteggerla dai diversi tentativi di sottrazione, presso il capitolo del duomo e, per le stesse ragioni, acquistata, nel .17 65, dal governo della città che non riuscì però a difenderla, qualche anno più tardi, dalle truppe napoleoniche. Portata al Louvre nel 1796, fu restitui­ ta alla città di Parma nel 1 8 1 6 . L a pala è detta Il Giorno, perché considerata per s u a partico­ lare fama e bellezza,

un

pendant ideale dell A do ra ione dei pastori '

di Dresàa, detta La Notte. Vi è rappresentata una singolare Sacra Conversazione in cui Gesù Bambino, in grembo alla Madonna, è in­ tento alla lettura dei testi sacri in compagnia di un angelo, san Gi­ rolamo e la Maddalena. San Girol�110 regge il volun1e della .Vulga­ ta con la mano sinistra, e un rotolo con caratteri ebraici con la de­ stra, fatto che allude alla sua attività di traduttore. I personaggi so­ no disposti a cerchio, secondo lo schema tipico delle Sacre Con­ versazioni, ma il modo in cui si ammassano l'uno sull'altro in at­ teggiamenti complici e affettuosi è quanto di più distante ci possa essere dalla compassata serietà dell'iconografia u·adizionale. n cer­ chio dei personaggi si chiude a destra e a sinistra con due figure se­ condarie che guardano verso lo spettatore con w1a certa complicità: il leone (simbolo del santo) e un puttino colto nell'atto di armusare gli unguenti della Maddalena. L'irresistibile fascino del quadro sta proprio in questi partico­ lari che attraggono lo spettatore, coinvolgendolo in sti e sguardi carichi di seduzione. 144

un

gioco di ge­

145

L'Assunzione della Vergine

1 526- 1 5 ?8 Affresco, cm 1 093 x 1 15 5 Parma, Duomo, cupola

I

1 3 novembre �522 Correggio stipulava con i fabbricieri del duo­ _ mo di Parma il contratto per d1pmgere la cupola, la volta con­

ducente all'altar maggiore, l'abside e ogni parte visibile dei muri conducenti all'abside. Dati i consistenti lavori p relimin-a ri, il p itto­ re non dovette mettere mano al pennello prima del 1 524 e, in un arco di tempo compreso tra questa data e il 1530, realizzò soltanto la cupola, i pennacchi e sei degli otto sottarchi. n mancato comple­ tamento dei lavori può essere dipeso d�ù fatto che i committenti non erano soddisfatti dell'esito finale delle parti già eseguite. Che l'opera non piacque è

w1

dato su cui le fonti documentarie sono piut­

tosto chiare. Particolarmente famosa è la frase che la tradizione met­ te in bocca a uno dei canonici del duomo che definì la cupola " un guazzetto di zampe di rane" . I.:opera era in effetti troppo innovati­ va ed eccentrica per potere essere facilmente accolta dai contem­ poranei. Correggio aveva puntato sull'effetto corale complessivo, sulla forza del colore e del movimento, sui rocamboleschi azzardi degli scorci, più che sulla leggibilità delle singole parti. La cupola ha una struttura ottagonale alla base e semisferica sulla cima. Su ciascuno degli otto lati c'è inoltre una grande finestra circolare. Lungo un cornicione dipinto a trompe-l'a:il, tra

i fine­

stroni circolari, sono collocati i dodici apostoli, privi dei loro attri­ buti, con le vesti s�o$se :�fl.}-111 forte vento e gli sguardi rivolti verso l'alto, dove la Vergine sta per essere assunta in cielo. La donna, or­ mai trasfigurata in una luce c�ùda e dorat-a, è avvolta da llÌl turbine di banchi di nuvole che in \.m'ampia spirale la trascina verso l'alto. Tutt'intorno ci sono angeli e sm1ti, ma pochi di loro sono identifi­ cabili. Anche la figura in volo al centro della composizione non ha un'identità facilmente comprensibile: potrebbe essere Cristo oppu­ re un angelo, forse Gabriele.

146

147

San Bernardo degli Uberti

1530

Affresco, 750 x 500 Parma, Duomo, pennacchio della cupola

D

a una serie di riscontri documentari risulta che i pennacchi del­ la cupola del duomo di Parma furono dipinti da Correggio in­

torno al 153 0, dopo che il pittore aveva ricevuto il pagamento fina­ le per la cupola. La prima indicazione importante sull'iconografia è data da Giorgio Vasari nella vita di Girolamo da Carpi ( 1568). Lo storico menziona i " quattro Santi protettori di quella città che so­ no nelle nicchie" e prosegue elencandoli: " S an Giovanni Battista, che ha un agnello in mano; San Ioseffo, sposo della Nostra Donna; San Bernardo degli Uberti fiorentino, cardinale e vescovo di questa città, ed un altro vescovo" , identificabile con sant'ilario. I quattro santi sono seduti su voluminosi grappoli di nuvole so­ spesi a mezz'aria, che proiettano ampie ombre verso l'attacco dei pi­ lastri sottostanti. Alcuni simpatici angeli senza ali, ora comodamente seduti sulle nuvole, ora goffamente attaccati o in bilico sull a super­ ficie bianca, aiutano i santi a portare i vari attributi. I due personaggi visibili dalla navata sono Bernardo e Giuseppe, quelli leggibili solo dal presbiterio sono invece Ilario e Giovanni Battista. Il vescovo fiorentino Bernardo degli Uberti era stato una figu­ ra molto importante per la città di Parma ed era sepolto proprio nel­ la cattedrale. In basso, proprio al centro del banco di nuvole su cui siede il santo, si trova una figura d'angelo che Correggio avrebbe fedelmente riprodotto come Ganimede nel quadro di Vienna. Se tradizionalmente i pennacchi erano concepiti come una en­ tità del tutto separata dalla cupola e di conseguenza erano trattati secondo principi differenti che prevedevano una certa staticità, Cor­ reggio li assimila invece alla struttura centrale, costruendoli secon­ do gli stessi principi e rendendoli quindi parte integrante del dina­ mismo mistico che avvolge l'intero affresco.

148

149

Venere con Mercurio e Cupido (L'Educazione di Amore)

1527- 1528 Olio su tela, cm 155 x 9 1 ,5 Londra, National Gallery

.

nsieme a Venere e Cupido con un satira del Louvre, la t �la face-

I va parte della collezione Gonzaga a Mantova e fu acquistata da

Carlo I nel 1 628. Le due opere erano state probabilmente commis­ sionate in pendant e destinate quindi a uno stesso ambiente. n fat­

to che questa misuri circa trenta centimetri in meno dell' altra, sia in altezza che in larghezza, va spiegato con il subentrare di nuove esi­ genze da parte dei proprietari dopo la separazione dalla compagna, avvenuta alla fine del Seicento, quando Venere con Mercurio e Cu­ pido venne acquistata dal duca d'Alba e portata in Spagna. Dal Sei­

cento fino all'Ottocento il quadro è stato in giro per l'Europa pas­ sando da una collezione all'altra, fino a entrare in possesso di Ca­ rolina Buonaparte che lo vendette al marchese di Londonderry. Questi lo cedette a sua volta allo Stato britannico. Venere, con l'arco purpureo, Mercurio, con i sandali e il cappello alato, e il giovane Cupido, figlio di Venere, sono ritratti in una scena dai toni intimi e familiari: la madre assiste a una lezione che il giova­ ne Mercurio impartisce al suo bambino. Una luce forte, ilmaturale, da palcoscenico, illwnina le figure, lasciando lo sfondo quasi com­ pletamente buio. Tale soluzione spaziale e luministica può dipende­ re dal fatto che la tela fosse destinata a w1 ambiente piccolo e raccolto, in cui si prevedeva un punto di vista molto ravvicinato. La posa di Venere, ispirata alla statuaria classica, ricorda quel­ la del re moro dell'Adorazione dei Magi di Brera, e, ribaltata, quel­ la della Maddalena nei Quattro santi.

È

stato inoltre notato come,

nella posa serpentinata di Mercurio, Correggio possa essersi ispira­ to, ribaltandola, a quella della Vergine del cartone di Leonardo del­ la Vergine con il Bambino, sant'Anna e san Giovannino conservato alla National Gallery di Londra (Fabianski ) .

150

151

Venere e Cupido con un satiro

1527- 1528 Olio su tela, cm 1 88,5 x 125 Parigi, Musée du Louvre





cquistata da Carlo nel 1 62 8 insie e a Venere con Mercurio e Cu­ . p�do, la tela proveruva dalla colleziOne Gonzaga di Mantova. Do­

A

po la decapitazione del sovrano, venne separata dal suo pendant e ac­ quistata dal banchiere Jabach che la portò a Parigi dove la vendette al cardinale Mazzarino. Dagli eredi del prelato giunse a Luigi XIV e quindi al Louvre. Venere, addormentata accanto a Cupido, è sorpresa nella sua languida nudità da un satiro che solleva il bel drappo blu sotto il quale la dea si era nascosta. Nell'atto di scoprire la donna il satiro copre i propri genitali con lo stesso drappo. Accanto alla dea ci sono l'arco purpureo e la faretra, mentre una piuma vicino al polpaccio destro sug-· gerisce che le ali sono raccolte dietro la schiena. La scena è impregnata di erotica sensualità: nella posa lasciva della donna, nelle sue labbra tumide e socchiuse, nell'atmosfera sospesa di meriggio estivo. Come nella tela di Venere con Mercurio e Cupido, le figure sono illuminate da una fonte di luce molto ravvicinata che crea un effetto teatrale, mentre lo sfondo rimane buio (fatta eccezione per una pic­ cola apertura tra i tronchi da cui si intravede un leggero chiarore) . Que­ sta formula compositiva è adatta a un ambiente piccolo e privato in cui l'opera viene vista da vicino e con un'illuminazione non troppo for­ te. La posizione prevista doveva essere inoltre ad altezza di uomo, da­ to che la visuale migliore è dall'alto. Guardando il corpo di Venere da una posizione leggermente elevata, questo acquista infatti volume e ri­ lievo. L'individuazione del corretto punto di vista è un dato sempre si­ gnificativo nella valutazione di un'opera d'arte e, nel caso di Correg­ gio, raggiw1ge un'importanza cruciale, soprattutto in casi come que­ sto. Lo stesso effetto illusionistico di forte rilievo delle gambe, se viste dal punto di vista corretto, si trova nel Cristo del Compianto del Lou­ vre che, soltanto se visto lateralmente, assume rilievo e profondità.

152

·

-

153

La Madonna della scodella

1528- 1530 Olio su tavola, cm 2 1 8 x 1 3 7 Parma, Galleria Nazionale

L

a pal a è stata dipinta da Correggio per la prima cappella a si­ nistra della chiesa del Santo Sepolcro a Parma, edificio che si

conserva ancora molto simile a com'era allora. Oggi nella cappella è collocata una coP;ia. Sull'ancona dorata che ancora fa da cornice all'opera originaria (disegnata dallo stesso Correggio) c'è un'iscri­ zione che indica il 1 5 3 0 come data della messa in opera. Anche se l'esecuzione della tavola potrebbe risalire a diversi anni prima, le- com­ ponenti stilistiche molto vicine alla cupola del duomo portano a da­ tarla tra il 1 5 2 8 e il 1530. Citata da Vasari nella vita di Girolamo da Carpi come una "ta­ vola di pittura divina" , la pala rimase in loco fino alla fine del Set­ tecento, quando fu portata in Francia da Napoleone per essere poi restituita alla città di Parma nel 1 896. La cappella in cui l'opera si trovava era dedicata a san Giusep­ pe, titolare anche della confraternita che l'aveva commissionata. San Giuseppe aveva inoltre in quegli anni assunto un ruolo particolar­ mente importante per la città, essendo stato accolto, nel 1528, tra i suoi santi protettori. Giuseppe è rappresentato da Correggio anche nei pennacchi della cupola del duomo nel gruppo dei protettori. A que­ st'accresciuta importanza corrisponde nell'iconografia del Riposo du­ rante lafuga in Egitto, tema già trattato dall'artista un decennio prima nella pala per la chiesa di San Francesco a Correggio (oggi agli Uffi­ zi), una posizione più rilevante del santo. L'uomo, ringiovanito e pos­ sente, è infatti il fulcro compositivo dell'intera composizion€: con la mano sinistra afferra un ramo di palma da cui si snoda un grappolo di angeli e nuvole, mentre con la destra porge a Gesù un pugno di dat­ teri. Le due braccia aperte del santo danno origine a una diagonale che, attraverso le braccia del Bambino e poi della Madonna, termina nella scodella di metallo (da cui nacque il singolare nome del dipinto), den­ tro cui scorre l'acqua della fonte miracolosa.

154

155

San Giuseppe e un devoto

1529 Tempera su tela, ciascun pannello cm 170 x 65 Napoli, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte Due iscrizioni " mE VI IVLI " , sotto san Giuseppe, " MDXXVIIII " sotto il devoto

I

:





due pannelli riportano nella par e bassa d e iscrizioni con la d ta _ 6 luglio 1529. Si tratta forse der comparti di un ex voto esegwto

per commemorare la morte dell'uomo ritratto come devoto al fianco di san Giuseppe. La data di esecuzione dei dipinti potrebbe coinci­ dere con quella dell'iscrizione o essere di poco precedente. I due pan­ nelli sono ricordati come di Correggio già negli inventari del palazzo del Giardino di Parma nel 1680 e negli inventari famesiani ancora per tutto il Settecento. Nell'Ottocento l'attribuzione a Correggio si per­ de per lasciare posto a una generica "scuola bolognese". Soltanto nel 1 95 7 , rinvenendo le due tele nei depositi delle Gallerie Nazionali di Capodimonte, Ferdinando Bologna le restituisce al maestro, identi­ ficando anche il donatore con il conte Guido da Correggio, devoto di san Giuseppe, morto il 6 luglio del 1528. Ma la sede originaria del­ l' opera come pure la sua funzione rimangono tutt'oggi sconosciute. Sotto due nicchie a trompe-l'a:il sono rappresentati san Giu­ seppe, vestito in giallo con un ampio manto rosso, e un uomo con un abito da pellegrino, colto nell'atto di inginocchiarsi, con in mano il cappello in segno di rispetto per il santo. Sempre secondo Bologna, i panneggi sono simili a quelli della Madonna di san Giorgio ( 1530), alla quale le tele dovrebbero quindi essere associate per la datazione.

In effetti c'è una certa somiglianza nel modo di drappeggiare le vesti, in particolare il mantello di san Giorgio si articola in ampie e morbi­ de pieghe molto simili a quelle del mantello del devoto.

156

157

Madonna di san Giorgio

1530 circa Olio su tavola, cm 285 x 1 90 Dresda, Gemaldegalerie

S

econda pala di una certa importanza dipinta da Correggio a Mo­ del).a, la Madonna di san Giorgio fu conunissionata dalla confra­

ternita di San Pietro Martire per l'altar maggiore del loro oratorio fi­ nito di costruire nel 1532, anno che costituisce quindi un importante punto di riferimento per la datazione dell'opera. Nel l649 il duca di Modena Francesco I d'Este conunissionò al Guercino una copia del­ l'opera onde sostituirla all'originale sull'altare ed entrare in possesso di quest'ultima, promettendo alla confraternita anche una buona ri­ compensa. Nel 1 746 il duca di Modena Francesco III la vendette al­ l' elettore Augusto di Sassonia. ll quadro rappresenta la Madonna con

il Bambino in trono circondata da quattro santi. A sinistra si trova san Giovanni Battista e san Gimignano, che offre un modellino di Modena; a destra stanno san Pietro Martire e san Giorgio. La scena si svolge in una cappella quadrata costruita prospetticamente in modo tale che lo spazio dello spettatore sia compreso sotto la stessa cupola. Ad accen­ tuare questo effetto contribuiscono il putto del primo piano, osserva­ to da un punto di vista molto ravvicinato e con il piede troncato dal bordo del quadro, e la grossa testa del drago che viene illusionistica­ mente in avanti. Numerosi sono i rimandi alla Madonna della Vittoria di Man­ tegna, sia nella ghirlanda di arance e limoni che nella base del tro­ no. Dal punto di vista pittorico il dipinto è caratterizzato da una par­ ticolare ricchezza cromatica che va dalla pienezza del verde scuro,

g

dell'arancio e del giallo della hirlanda di agrumi del soffitto, ai to­ ni di rosso aranciato e rosato delle vesti, fino alle sfumature grigio­ argento della corazza di san Giorgio.

158

1 59

Allegoria del Vizio

153 1 circa Tempera su tela, cm 149 x 88 Parigi, Musée du Louvre

L

a tela, insieme all'Allegoria della Virtù , fu commis ionata da habella d'Este per il suo studiolo nel Palazzo Ducùe di Man­

tova. Per adeguamento alle altre opere presenti, che erano state ese­ guite da maestri di oltre nna generazione più anziani eli Correggio (Mantegna, Costa e Perugino) , le tele furono dipinte a ten1pera. Nel 1 62 8 lasciarono Mantova per l'Inghilterra, insien1e a w1 consisten­ te gruppo di opere cedute dai Gonzaga a Cm-lo I. Dopo la decapi­ tazione del re, furono acquistate dal banchiere Jabach e \'endute, l'u­ na al cardinale Mazzarino (Allegoria della Virtù) , l'altra a Luigi À'IV che acquisterà, in seguito, anche il pendant. Come era solita fare, Isabella dovette dare indicazioni p recise al pittore sulla complessa allegoria del quadro che oggi risulta dif­ ficile comprendere pienamente. Al centro. alla base di un grande al­ bero, il Vizio con le mani legate ad alctmi ran1i, sta eduto su una pelle di anin1ale e su nn drappo celeste che copre il suo membro eret­ to. A sinistra la Coscienza, che rimorde, lo tortura on delle vipere; a destra la Gioia lo rintrona con nn o zufolo, mentre l'Abitudine, quasi inginocchiata, gli lega anche i piedi al grande albero. Sul primo piano, diretto verso di noi, tm piccolo satira porta in mano uva, sin1bolo dell'ebbrezza. La scena sin1boleggia in sintesi il nionfo del­ l'incontinenza. I.:espediente del satira che fuoriesce dallo spazio dipinto per entrare in quello reale, o in uno spazio comnnque ''altr ., da quel­ lo che si vede, è tipico della poetica correggesca. n pittore si dilet­ ta, in quello che è stato definito, in riferin1ento ai putti della Came­ ra

di San Paolo, un " gioco formale dell'occultamento e della rivela­

zione", a stimolare l 'osservatore, invitandolo a immagii1a1·e w1o spa­ zio che si espande oltre i limiti del quadw.

1 60

·

161

Allegoria della Virtù

153 1 circa Tempera su tela, cm 149 x 88 Parigi, Musée du Louvre

L

a storia di questa tela va di pari pass

� �on quella del suo p �n­

da·n t, l'Allegoria del Vzzzo. Fu commissiOnata da Isabella d E­

ste per il completamento dell'arredo del suo studiolo nel Palazzo Du­ cale a Mantova e si trovava probabilmente su uno dei lati della por­ ta d'ingresso, contrapposta all'Allegoria del VZ:Zio, ubicata dall'altro. Le tinte morbide e tendenti al pastello sono dovute all'uso della tempera, resosi necessario per adeguare le tele alle altre presenti nell'ambiente. Anche in questo caso, come nell'opera pendant, l'interpretazione dell'allegoria non è del tutto risolta. Al centro siede la Virtù, arma­ ta e nell'atto di calpestare il drago, simbolo di ogni malvagità. Alla sua sinistra si trova la personificazione delle quattro Virtù cardina­ li simboleggiate dalla serpe dei capelli, la spada, le redini e la pelle di leone. A destra siede la personificazione delle scienze terrestri e celesti, simboleggiate dal compasso e dal globo le prime, dal gesto del braccio che indica il cielo le seconde. In alto, la Gloria alata, in­ corona la Virtù di alloro. Ancora più sopra si librano nell'aria tre personaggi il cui significato non è chiaro, forse angeli musicanti. A livello compositivo, nonostante la forte centralità della figu­ ra della Virtù, la scena è basata su direttrici diagonali: le due don­ ne sedute ai lati sono orientate obliquamente rispetto al piano del quadro, la Gloria ha un andamento altrettanto obliquo ma oppo­ sto, le donne alate si dirigono invece fuori dal quadro, frontalmen­ te. Questo modello compositivo, tipico dell'arte di Correggio, eb­ be grande fortuna nel Seicento, diventando una delle caratteristiche della pittura barocca.

162

1 63

Danae

153 1 - 1532 Olio su tela, cm 161 x 1 93 Roma, Galleria Borghese

L

a tela fa parte di un gruppo di quattro opere raffiguranti gli Amo­ . dal duca di. Mantova Fe­ ri di Giove commissionate a Corregg1o

derico II Gonzaga. TI tema è particolarmente seducente e molto adat­ to a una rappresentazione pittorica: Giove, desiderando avventure ero­ tiche extraconiugali, per sfuggire alla gelosia di Giunone, si trasfor­ ma di volta in volta, in pioggia dorata, in cigno, in nuvola, in aquila. Vasari ( 1568) ricorda la Danae, insieme alla Leda, come opera che il duca intendeva donare a Carlo V in occ�sione della sua in­ coronazione avvenuta a Bologna nel 153 0. Le tele non furono mai donate all'imperatore

e

non ci sono documenti che dimostrino che

ci fosse un'intenzione di questo tipo da parte del duca. Lomazzo ( 15 84) menziona questa opera, insieme a Giove e Io, come proprietà dello scultore Leone Leoni a Milano alla fine del Cinquecento. Al­ l'inizio dci Seicento la Danae si trova invece in Spagna per essere venduta, quasi subito, a Rodolfo II di Praga. Nel 1 648 è presa da­ gli svedesi come bottino di guerra e portata successivamente a Ro­ ma da Cristina di Svezia. Nell'Urbe viene ancora venduta e porta­ ta fuori dall'Italia, da una corte all'altra per oltre un secolo finché, nell'Ottocento, non viene acquistata da Camillo Borghese. Danae, dolcemente appoggiata a due morbidi guanciali, acco­ glie nel suo grembo la pioggia d'oro che cade da una nuvola straor­ dinariamente compatta sospesa sopra il letto. Un genio alato siede con lei e facilita l'impresa del dio scostando il lenzuolo dal grembo della donna. In basso a destra due putti, uno alato e uno nb, gioca­ no con tma piccola lavagna di ardesia e una freccia, apparentemen­ te ignari di quello che sta avvenendo. La loro faretra, posta su un tavolino, è solo parzialmente visibile e fuoriesce dal quadro nella di­ rezione dell'osservatore.

164

165

Leda e il cigno

1 5 3 1 - 1 532

Olio su tela, cm 152 x 1 9 1 Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Prelillischer Kulturbesitz, Gemaldegalerie

L

a carica sensuale ed erotica delle quattro tele con gli Amori di Giove è stata la causa del loro successo ma anche della seria ma­

nomissione della Leda e il cigno. Tnt il 1726 e il l73 1 , il figlio del du­ ca d'Orléans, tmbato e scosso nella morale dall'inm1acrine dell'amplesso amoroso della donna con il bùmco cigno. si scaglia contro la tela di­ struggendo completamente la testa di Leda. TI quadro viene restau­ rato quasi subito ma la testa . perduta per sempre, viene ridipinta in w1a posizione diversa. Dalle riproduzioni eseguite prima del disastro si può notare infatti che l'inclinazione del capo er