Conoscenza come costruzione
 8860812410, 9788860812414

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Niklas Luhmann

Conoscenza come costruzione a cura di Alberto Cevolini

ARMANDO EDITORE

Luhmann, Niklas Conoscenza come costruzione ; Intr. di A. Cevolini Roma : Armando, © 2007 96 p. ; 17 cm. (Classici di sociologia) ISBN: 978-88-6081-241-4 1. Niklas Luhmann/Sociologia 2. Conoscenza/Pensiero cognitivo 3. Costruttivismo radicale CDD 301

Traduzione e cura di A. Cevolini Tit. orig.: Erkenntnis als Konstruktion © 1988 by Benteli Verlags AG, Bern, Switzerland The original edition was first published by Benteli Verlags AG; all rights reserved © 2007 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 02-04-039 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni a uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume/fascicolo, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02 809506, e-mail [email protected]

Indice

Introduzione (Alberto Cevolini)

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Conoscenza come costruzione (Niklas Luhmann)

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Nota bio-bibliografica

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Introduzione

La conoscenza è uno di quei temi di ricerca che assorbe subito il ricercatore (il conoscente) in una spirale di autoriferimenti nella quale è facile provare un senso di smarrimento . La storia della teoria della conoscenza è storia dei tentativi di evitare oppure ra­ dicalizzare le possibilità di collegamento autorefe­ renziale insite nella spiegazione delle operazioni di tipo cognitivo . Come sempre il fattore discriminante , quando ci si muove sotto il controllo dell' autorefe­ renza , non è il punto d' arrivo (l 'eventuale ricerca di " fondamenti") , bensì il punto di partenza , vale a di­ re la distinzione a partire dalla quale si vincolano le argomentazioni che aspirano a guadagnare una vali­ dità universale . La conoscenza , in questo senso , si presenta sempre nella forma di un'operazione (e non di una cosa , di una res) , in grado di riprodursi in modo da realizzare un vero e proprio processo cognitivo , come per esempio il percepire , il pensare , il comunicare , e ciò presuppone a sua volta che nel mondo si dia una differenza fra il sistema che opera , il suppositum operans, e tutto il resto , vale a dire il mondo circostante , l' ambiente del sistema . Per co-

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Introduzione

minciare , allora , tutto ciò che si può dire a proposi­ to della c onoscenza su un piano empirico è che es­ sa presuppone e allo stesso tempo riproduce la di­ stinzione fra sistema e ambiente , senza che tale di­ stinzione sia necessariamente rintracciabile in modo percettivo - mentre negli organismi il confine del si­ stema è facilmente identificabil e , le società non han­ no una pelle e la coscienza , in fondo , è in tutto il corpo . La differenza tra sistema e ambiente si attiva so t­ to forma di irritazione (o perturbazione) . Le irritazio­ ni non sono immediatamente operazioni del siste­ ma , bensì individuano empiricamente le relazioni fra sistema e ambiente e in tal senso caldo o freddo , dol­ ce o salato non sono qualità intrinseche né dell ' am­ biente né del sistema , ma emergono come forma del­ la loro differenza . In altri termini : non si dà mai un conoscente da una parte e una realtà dall' altra , come se fossero due oggetti separati, per cui il problema sarebbe quello di stabil ire come il conoscente entri in relaz ione con la realtà reale e come da questa re­ lazione si ottenga uno scambio di informazioni in ba­ se alle quali si definisce poi la realtà conosciuta . Piut­ tosto si dovrebbe riconoscere che non si dà cono­ scente che non sia in-un-ambiente , così come non si dà ambiente che non sia l 'ambiente di-un-conoscen­ te , per questo quando si parla di " sistema " si inten­ de sempre : sistema-in-un-ambiente . La conoscenza emerge appunto dall'unità di questa differenza e dà forma a questa paradossalità . Ciò dovrebbe bastare a salvaguardare la realtà del reale 1 , una questione a proposito della quale Martin Heidegger, riferendosi alla " Confutazione dell 'ideali8

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smo " di Kant , ha giustamente sostenuto che il vero " scandalo " della filosofia non consiste nel non aver saputo dare ancora una dimostrazione dell 'esistenza della realtà esterna , quanto piuttosto nel fatto che ta­ le dimostrazione venga ancora richiesta 2. Per Hei­ degger questo voleva dire che l ' esistenza è già costi­ tutivamente un essere-nel-mondo , per cui la cono­ scenza si comprende solo se si tiene conto dell 'unità di questa differenza e se si riesce a spiegare come sia possibil e la differenza nell'unità - il problema del di­ saccoppiamento fra sistema e ambiente posto fin dal­ l ' inizio da Luhmann (§I) nel testo che qui presentia­ mo e sul quale torneremo . Per la stessa ragione la polemica fra realismo e costruttivismo è complessivamente priva di senso 3 : i sistemi sono sistemi reali in un mondo reale , le loro operazioni sono eventi reali con effetti reali sulla realtà , anche quando il contenuto delle operazioni è fittizio (come nel romanzo moderno o nelle specula­ zioni in borsa) ; senza realtà , d'altra parte , non ci sa­ rebbe nulla da conoscere , o detto in altri termini: senza potersi riferire ad altro da sé , il sistema non potrebbe riferirsi a se stesso e alle proprie operazio­ ni: non potrebbe riflettere , non ci sarebbe " autoco­ scienz a" (se la referenza sistemica è il sistema psi­ chico) . Conseguentemente non si potrebbe nemme­ no porre il problema della realtà come realtà cono­ sciuta ; senza autocoscienza , la domanda sarebbe in­ fatti: conosciuta per chi? Il costruttivismo muove dunque , in generale , dal presupposto per cui bisogna lavorare non con unità (con oggetti) , bensì con differenze : questo è , per co­ sì dire , il suo imperativo categorico . A partire da ciò 9

Introduzione

si può sostenere la tesi secondo cui un sistema irri­ tato cambia stato , mentre i cambiamenti di stato so­ no operazioni del sistema . Questa tesi è coerente con la chiusura operativa dei sistemi, cioè con il fa t­ to che le operazioni del sistema possono essere pro­ dotte soltanto internamente al sistema , in base ai ri­ sultati di altre operazioni dello stesso sistema 4 . Il concetto non ha molto di nuovo , ma solo nella mo­ dernità si sono indagate le sue estreme conseguen­ ze . Già per Tommaso d'Aquino , per esempio , era evidente che il pensiero è un' attività strettamente in­ dividuale ( h ic homo intelligit) e che la possibilità di interrogarsi sul pensare dipende anzitutto dal fatto che pensiamo , in una condizione di evidente autori­ ferimento 5 . Per Berkeley le idee non esistono fuori della mente e possono essere confrontate solo con altre idee , non con la realtà 6 . Per Frege i pensieri , co­ sì come i desideri, gli stati d'animo , le sensazioni e così via , sono sempre correlati di un "portatore " , non ci sono pensati che se ne vanno in giro senza un in­ telletto che li pensi; per la stessa ragione nessuno può avere le mie percezioni, nessuno può sentire il mio mal di testa 7 . La chiusura esclude d' altra parte che si possa dare un sovra-sistema che sia in grado di riunire le operazioni di sistemi differenti8 , per cui il problema diventa quello di spiegare come sia pos­ sibile un sapere comune a molti - una questione che richiede , come vedremo , il passaggio a un livello di complessità superiore e la sostituzione della referen­ za sistemica della coscienza con la società . Luhmann fa notare (§ I) come il costruttivismo sposti il baricentro della teoria della conoscenza tra t­ tando la chiusura operativa come una condizione in-

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dispensabil e per il proseguimento dei processi co­ gnitivi, non come un limite da giustificare . La c on­ statazione , appunto , è che i sistemi sono in grado di conoscere non sebbene, bensì in quanto collegano le proprie operazioni unicamente ad altre operazioni dello stesso sistema , senza contatti con l 'ambiente 9 . Del resto , se il sistema disponesse di un accesso im­ mediato alla realtà la conoscenza stessa sarebbe su­ perflua ; in tal senso i sistemi operativamente chiusi possono produrre cognizione per il fatto che l' am­ biente resta loro inaccessibil e proprio sul piano co­ gnitivo 10 . Dalla chiusura operativa si ricavano alcune con­ seguenze rilevanti che vale la pena sottolineare . In primo luogo , i risultati delle operazioni cadono den­ tro i c onfini del sistema e mai fuori : le conseguenze della comunicazione sono eventi comunicativi, le conseguenze della coscienza sono fatti di coscienza e non c 'è possibil ità alcuna di collegare operativa­ mente operazioni di sistemi differenti (per cui non si può dire né che la coscienza causi eventi di comu­ nicazione , né che la comunicazione causi degli stati di coscienza) . In secondo luogo , l ' ambiente non di­ spone di alcuna capacità di connessione per le ope­ razioni del sistema , non può contribuire cioè alla ri­ produzione di cognizione all ' interno del sistema . Il sistema , a sua volta , non può prolungare le proprie operazioni al di fuori dei propri confini, nell' am­ biente , o in termini tradizionali : il pensare , così co­ me il percepire , non è un' azione transitiva che si prolunga dal sistema alla realtà esterna11. Per tutte queste ragioni non si può condividere l ' i­ potesi secondo cui la cognizione dipenderebbe dal 11

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trasferimento di informazioni dall' ambiente al sistema (o viceversa) : il sistema , in realtà , si informa sempre solo per autocontatto , il che non significa che l'infor­ mazione sia una creazione arbitraria del sistema . "Au­ tocontatto" vuol dire in questo caso che le perturba­ zioni che si producono in seguito al rapporto fra si­ stema e ambiente fanno risonanza all'interno del si­ stema e risultano informative nella misura in cui ven­ gono confrontate con lo stato attuale (con le struttu­ re) del sistema in questione . L'ambiente , da parte sua , non contiene informazioni: l'ambiente è quello che è , secondo il noto principio formulato da Heinz von Foerster 1 2 . Così, per il pilota di un' auto l ' accendersi di una luce rossa è diversamente informativa a seconda che si tratti della spia sul cruscotto , che segnala l'as­ senza di benzina , o della luce del semaforo , che se­ gnala l ' obbligo di fermarsi. Questo presuppone che il sistema possa confrontare una referenza esterna (la luce rossa) con una referenza interna (le aspettative , l 'orizzonte di selezione di senso del sistema) : l'infor­ mazione emerge quindi all'interno del sistema dall' at­ tivazione concomitante di auto- e eteroreferenza l3 e contribuisce a modificare lo stato stesso del sistema , il quale si predispone in questo modo a confrontarsi con possibilità che prima non erano attuali. Non esi­ stono perciò informazioni passate o informazioni fu­ ture , le informazioni non si possono né conservare né risparmiare , ma sono sempre solo eventi attuali che si generano nel corso della riproduzione ricorsi­ va delle operazioni di un sistema in grado di lasciar­ si irritare dal proprio ambiente . N o n potendo contare su contributi provenienti dall 'ambiente esterno , ogni sistema cognitivo deve 12

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essere in grado di produrre e riprodurre da sé le pro­ prie operazioni, sulla base di altre operazioni dello stesso tipo . Maturana e Varela hanno definito questa proprietà " autopoiesi" 1 4 , indicando con tale concetto non solo il fatto che la riproduzione delle operazio­ ni accade dentro al sistema di riferimento , mentre l ' ambiente può intervenire direttamente soltanto in termini distruttivi (l ' ambiente non respira , ma può rendere faticosa o impossibil e la respirazione , come il fumo di un incendio o l ' altitudine in montagna) , ma anche il fatto che tale riproduzione avviene in modo autoreferenziale , per cui la riproduzione non va intesa come una mera ripetizione di elementi dal contenuto sempre identico (a , a , a . . . ) , bensì come una produzione di nuovi elementi a partire dalle operazioni precedenti . In questo senso l 'autopoiesi non mantiene uno stato , bensì una differenza , quel­ la appunto fra sistema e ambiente , e lo fa creando al­ l ' interno del sistema un equil ibrio dinamico 1 5 . A questo livello di complessità il sistema procede in modo ricorsivo , vale a dire : ogni atto operativo si realizza in un reticolo riflessivo di connessioni con operazioni precedenti e con operazioni successive , come una mossa in gioco (inteso come sistema so­ ciale) , la quale tiene conto dei risultati delle mosse precedenti e , prima ancora di realizzarsi, misura gli effetti possibili sulle mosse successive . Nessuna ope­ razione del sistema cade dunque semplicemente nel vuoto 1 6 , per cui dal punto di vista di un sistema au­ topoietico operativamente chiuso e ricorsivo non ha senso domandarsi quale sia il punto di partenza del sistema , né tanto meno ricavare da questa presunta origine delle inferenze causali - come se dalla prima 13

Introduzione

percezione si potesse evincere la causa o il contenu­ to delle percezioni successive . La questione concerne piuttosto come un sistema riesca a compensare l 'assenza di contatto con l' am­ biente , in vista della possibilità di procedere su l pia­ no operativo in modo non arbitrario . Se la differen­ za sistema/ ambiente non è mai istruttiva per il siste­ ma e se è vero che questo rapporto si realizza sul piano empirico sempre in modo " eventuale" , cioè nella forma di un evento che scompare non appena appare , per cui non si ha mai la stessa percezione due volte , e non si percepisce mai due volte lo stes­ so ambiente , com' è possibile che il sistema possa ri­ conoscere qualcosa come il medesimo oggetto in si­ tuazioni differenti, o in termini più radicali ancora : com' è possibil e che il sistema possa riconoscere se stesso come il medesimo sistema nel medesimo am­ biente , nonostante tutto sia soggetto a un continuo divenire? Se il sistema si affidasse a una relazione ca­ so-per-caso , punto-per-punto con il proprio ambien­ te , le sue possibilità d'azione sarebbero drasticamen­ te limitate : dovrebbe tutte le volte ricominciare tutto da capo (per questo Funes , non riuscendo ad astrar­ re dalle sue percezioni, finisce per impazzire ) 17 . Un sistema in grado invece di procedere in modo ricor­ sivo può fissare qualcosa che si ripete nella forma di una distinzione , vale a dire sotto forma di uno sche­ ma di senso che resta a disposizione del sistema (per esempio : causa/effetto , regola/eccezione , co mm esti­ bile/non commestibile) , trascurando tutto il resto . Lo schema di senso non è a sua volta un' operazione del sistema , bensì qualcosa mediante cui il sistema può operare . Si tratta , nei termini della cibernetica di se14

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condo ordine , di generare ordine dal rumore , una prestazione interna al sistema grazie alla quale si fis­ sano delle invarianze che fungono da indicatori di realtà ai quali il sistema può riferirsi per sapere non tanto cosa fare , quanto piuttosto come procedere . Questi "valori propri" 18 funzionano come catalizzato­ ri di informazioni, svolgono cioè una fondamentale funzione inferenziale : a un nuovo incontro con il da­ to ambientale il sistema non reagisce semplicemente al dato , ma reagisce anzitutto al risultato delle sue precedenti reazioni al dato (può trattarsi anche sem­ plicemente di regole pratiche , come il modo in cui si usano le maniglie per aprire le porte) . Per Hume , com' è noto , questo voleva dire che si formano delle " abitudini" (per esempio : l ' idea di "necessità ") grazie alle quali si può passare dal precedente (la causa) al successivo (l'effetto) senza doversi ricordare tutti i casi passati simili dei quali si è avuta esperienza 1 9 . A questo livello di complessità l' autoreferenza assume il primato sull' eteroreferenza - "primato " nel senso che l ' autoreferenza guida l' attribuzione di senso alle referenze esterne , le quali non vengono affatto eli­ minate - consentendo così al sistema di compensare l ' incertezza della situazione attraverso prestazioni in­ terne , senza bloccare o rallentare la riproduzione delle proprie operazioni. Per questa ragione entran­ do in cucina non si vedono semplicemente delle schegge di vetro , ma si comprende che il bicchiere è caduto , sebbene l'osservatore non veda il bicchiere che cade . Questo significa che il sistema apprende a confermare le ripetizioni condensate in operazioni precedenti, verificando al tempo stesso la coerenza dei propri valori20 . Il sistema , si potrebbe dire , infe15

Introduzione

risce facendo riferimento alla propria memoria , si apre al futuro tenendo contemporaneamente presen­ te il proprio passato 21 - quella concomitanza di au­ to- e eteroreferenza che , come abbiamo visto, è in­ dispensabile per rendere informativo il rapporto del sistema con l'ambiente . Il processo , poi, è circolare : un nuovo incontro con un dato ambientale può de­ terminare una revisione dei valori propri (per questo si parla di "verifica " della coerenza) , modificando di conseguenza anche il modo in cui il sistema si riferi­ sce al futuro (in termini sociologici: le sue aspettati­ ve) . I valori propri non sono quindi qualcosa di fis­ so , ma possono variare : procedendo ricorsivamente , il sistema discrimina in continuazione fra ricordo e dimenticanza , adattando i propri schemi di senso ai risultati dei suoi incontri con i dati ambientali. Lo schema , in questo senso , è una " configurazione atti­ va in sviluppo " 22 che si attualizza tenendo conto dei dati della situazione , così lo schema si ripete , mai però in modo schematico , mentre la memoria agisce in senso non meramente riproduttivo , bensì costrut­ tivo , assecondando la riproduzione riflessiva delle operazioni del sistema . Per questo è indispensabile che il sistema possa intervenire direttamente sui pro­ pri valori, condensando nuove distinzioni in sostitu­ zione delle distinzioni precedenti, cioè : sfruttando il potenziale liberato dalla dimenticanza delle coeren­ ze precedenti. Il vantaggio fondamentale in questo caso è la possibilità di apprendere e di evolvere 23. Non potendo controllare direttamente l'ambiente , il sistema controlla allora se stesso e la coerenza delle sue reazioni ai fatti ambientali . Il sistema , si potreb­ be dire , controlla la sua mancanza di controllo (im16

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mediato) sull'ambiente , con il quale appunto non ha mai un contatto operativo diretto : non si adatta per­ ciò all' ambiente , secondo la vecchia tesi evoluzioni­ stica , ma si adatta se mm ai a se stesso 2 4 . L' effetto più rilevante di questa complessità operativa è che il si­ stema prende le distanze dall' ambiente , il che risulta decisivo soprattutto sul piano temporale in quanto consente delle prestazioni tipicamente sistemiche che non hanno corrispondenti nella realtà esterna , come per esempio : temporeggiare , anticipare , preve­ nire . Per questo è sempre indispensabil e la creazio­ ne interna di indicatori della realtà esterna in base ai quali il sistema si possa orientare . In questo senso si può dire che il sistema vive in un mondo di forme che non sono tuttavia le forme del mondo. Gli indicatori di realtà sono piuttosto un correlato delle ve­ rifiche di coerenza che il sistema esegue in conti­ nuazione nel reticolo ricorsivo delle proprie opera­ zioni 25 . Il costruttivismo radicale non nega dunque l' esi­ stenza di una realtà esterna , bensì solo la sua cono­ scibilità , o in altri termini: mentre la realtà in sé non è conoscibil e , la conoscenza della realtà è una co­ struzione del sistema 2 6 . Nonostante questo si è cer­ cato in diversi modi di " salvare" la realtà esterna , per esempio proponendo un " costruttivismo vincolato", secondo il quale ci sarebbero nella realtà delle con­ dizioni imprescindibili (dei vincoli di possibil ità , ap­ punto) dalle quali dipenderebbe la possibil ità stessa di stabilire la conoscenza del reale , tanto più quan­ do si tratta di una conoscenza che aspira a un valo­ re di verità. Così la forza di gravità può essere spie­ gata scientificamente come l 'effetto della curvatura 17

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dello spazio o magicamente come il risultato degli spiriti della Terra , in tutti i modi buttando un sasso da una scogliera il sasso non resterà sospeso 2 7 . In questo senso la realtà fisica (cioè la realtà reale) im­ porrebbe dei vincoli che se non determinano , quan­ to meno eliminano certe configurazioni di conoscen­ za fra quelle possibil i come spiegazioni plausibil i del reale . L 'impostazione in effetti non è del tutto nuova : già Dilthey aveva sollevato il problema della "resi­ stenza" C Widerstand) che la realtà opporrebbe alla produzione meramente arbitraria di atti cognitivi (per esempio : tastare qualcosa con una sonda) e dalla quale emergerebbe la differenza fra la coscienza del­ l ' impulso e l ' inibizione dell' intenzione , o nei nostri termini : fra auto- e eteroreferenza 28 . Ma anche am­ mettendo che la realtà esterna non si comporti in modo meramente arbitrario , bensì determinato in ba­ se a specifici vincoli fisici, chimici o biologici, tutto quello che il sistema è in grado di sapere è ciò che appare come correlato esterno delle proprie opera­ zioni e la cosa decisiva è che il correlato esterno è interno ( !) al sistema che produce queste operazioni nella forma dell'unità della differenza (di ragione e non reale) fra auto- e eteroreferenza . Se dunque il si­ stema si confronta con delle resistenze , queste non sono resistenze della realtà , bensì resistenze del si­ stema , le quali emergono proprio da quella ricorsi­ vità operativa che consente la produzione di autova­ lori 29 . La realtà reale , da parte sua , non contiene di­ stinzioni, tanto meno negazioni C come per esempio : " il sasso non resta sospeso ") e anche questa dopo tutto è una negazione ('' la realtà non contiene nega­ zioni") che solo un osservatore che abbia raggiunto 18

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un grado sufficiente di complessità può gestire . A questo si potrebbe aggiungere che sulla luna le cose rimbalzano diversamente che sulla terra , il che non vuol essere una dichiarazione di relativismo , bensì solo una dimostrazione del fatto che gli autovalori funzionano come equilibri dinamici che il sistema può sempre rivedere attraverso una costante verifica della coerenza delle proprie operazioni. Il sistema , in ultima analisi , non può assumere le condizioni di possibilità che si presume siano presenti nella realtà esterna come presupposti delle proprie operazioni cognitive (quindi: come distinzioni) , poiché questo contraddirebbe , come fa notare Luhmann (§ VI), lo stesso principio della chiusura operativa . L'unico vincolo , da questo punto di vista , dal qua­ le la teoria della conoscenza non riesce a liberarsi è quello dell 'uso della distinzione-guida interno/ ester­ no . Il problema non sta nella distinzione , la quale in fondo anticipa la stessa distinzione sistema/ambien­ te , ma nel fatto che non si è mai riflettuto abbastan­ za e in modo radicale sulle implicazioni che deriva­ no dall' applicazione della distinzione a se stessa . Ba­ sterebbe infatti chiedersi chi pone la distinzione in­ terno/esterno (in quanto appunto "distinzione") , per vedere che essa può apparire solo come correlato di un' osservazione interna a un sistema che , attraverso le proprie operazioni, distingue se stesso dall' am­ biente esterno . La teoria della conoscenza classica aveva affrontato lo stesso problema nei termini della differenza fra distinzione reale e distinzione di ragio­ ne (ovvero : ente reale/ente di ragione) . La questione era se questa differenza fosse a sua volta una distin­ zione reale o di ragione e trattandosi evidentemente 19

Introduzione

di una distinzione di ragione , occorreva concludere che tutto quello che si conosce come "reale" corri­ sponde al correlato esterno delle operazioni (reali) di un sistema in grado di riflettere sulla differenza fra conoscenza e realtà 3° . Il sistema , dunque , non conosce propriamente al­ cun esterno : la stessa chiusura operativa e l' autono­ mia autopoietica fanno sì che il sistema sia completa­ mente imme rso nella dinamica interna delle proprie operazioni ricorsive 31 . Solo i sistemi in grado di ela­ borare senso , cioè le coscienze e i sistemi sociali (si­ stemi di comunicazione) possono riferirsi a un "ester­ no " facendo rientrare la distinzione sistema/ambiente nel sistema che traccia questa distinzione 32 - ma que­ sto appunto accade di nuovo solo internamente al si­ stema , come operazione di distinzione . Viene meno , di conseguenza , anche la possibil ità di concepire la conoscenza in chiave evoluzionistica , cioè come un progressivo adattamento delle cognizioni del sistema all 'ambiente di riferimento , poiché come tutti i con­ cetti comparativi, anche il concetto di adattamento presuppone la possibilità di confrontare ciò che c ' è " là fuori" con ciò che c ' è " qui dentro" per stabilire poi in che misura dentro e fuori corrispondano . Ma di nuovo : chi osserva il "fuori" da comparare? Dove si colloca l ' osservatore dell'adattamento rispetto al den­ tro e al fuori? Alla base di tutte queste difficoltà e dei vari ten­ tativi di " indebolimento " del costruttivismo radicale C come li definisce lo stesso Luhmann , §I) sta sempre quella che si potrebbe chiamare , in definitiva , l ' apo­ ria del realismo, la quale consiste in generale nel presupporre una realtà indipendente dall' osservato20

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re . Già l ' affermazione " esiste una realtà " , oppure : "la realtà è la prima cosa che si incontra quando si c o­ nosce qualcosa " presume che si possa asserire qual­ cosa a proposito della realtà a prescindere dall ' os­ servatore . Ma l ' affermazione stessa è un 'osservazio­ ne , per cui l 'unica cosa che si può dire empirica­ mente senza cadere in contraddizione è che nel mondo ci sono osservatori che sostengono che è possibil e osservare una realtà indipendente dall 'os­ servatore , mentre in realtà stanno osservando che è possibil e osservare che esistono osservatori che os­ servano la realtà . L' idealismo aveva riconosciuto che l' aporia scaturisce dal fatto che si assume come di­ stinzione di partenza la distinzione realtà/conoscen­ za , nella quale è insita una contraddizione che non è possibil e evitare a meno che non la si sostituisca con la distinzione realtà conosciuta/ conoscenza del­ la realtà , il che sarebbe coerente per altro con il pre­ supposto secondo cui le operazioni del sistema pos­ sono confrontarsi solo con i risultati di altre opera­ zioni dello stesso sistema 33 (nel caso per esempio della società : la comunicazione solo con altra comu­ nicazione) . Per questo Heinz von Foerster radicaliz­ za la differenza fra auto- e eteroreferenza sostenen­ do che per evitare contraddizioni non ci si dovrebbe limitare a dire che la mappa non è il territorio (Korzybski) ma che la mappa della mappa non è la mappa del territorio34 . Il realismo , da parte sua , oc­ culta tutta la questione chiedendosi che cos 'è ciò che si conosce , una strategia argomentativa che consen­ te di mettere tra parentesi proprio l' osservatore (l' o­ perazione cognitiva) ; il costruttivismo parte invece dalla strategia opposta : mette tra parentesi la realtà 21

Introduzione

oggettiva domandandosi com 'è possibile in generale conoscere qualcosa 3 S . Si passa così da una questione relativa al " che cosa" C Was-Frage) a una questione relativa al " come" C Wie-Frage) , con il vantaggio che nel secondo caso si procede fin da subito in modo autoreferenziale . La tradizione classica , d' altra parte , non ignora questi problemi né tanto meno la necessità di proce­ dere , quando è in gioco la conoscenza , in modo au­ toreferenziale . Anche Aristotele sapeva bene che quando si concepisce un sasso non c ' è il sasso nel sistema psichico , bensì la forma (l' idea) del sasso 3 6 . Da Aristotele in poi si sa bene anche che l ' atto del sentire e il sentito in atto sono l 'unico e medesimo atto , sebbene nell' operazione siano distinti per ra­ gione 37 , per esempio : l ' atto dell'udire (ascolto) e il suono udito in atto (sonorità) , nella forma di auto- e eteroreferenza . Da Aristotele in poi si ammette dun­ que che l 'oggetto conosciuto non è mai una res, ben­ sì il correlato esterno delle operazioni di conoscenza di volta in volta attivate da un conoscente . Per Tom­ maso d'Aquino questo voleva dire che nelle opera­ zioni che si realizzano in un sistema operativo l ' og­ getto , inteso come correlato esterno delle singole operazioni ( ut terminus operationis) , sta dentro al si­ stema operativo e solo nella misura in cui l 'opera­ zione contiene una referenza esterna , l' operazione è in atto 38 . Questo non solo è coerente con il principio della chiusura operativa , ma conferma anche l 'impo­ stazione cognitiva per la quale le operazioni si rea­ lizzano come unità della differenza fra auto- e etero­ referenza , per cui la realtà esterna è sempre articola­ bile soltanto come referenza interna al sistema che 22

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conosce in atto39 . Ma Aristotele aveva " salvato" l' esi­ stenza della realtà esterna e con essa l ' ipotesi di rife­ rimento a una realtà autonoma e oggettiva indipen­ dente dall ' osservatore , introducendo la distinzione atto/potenza ; così mentre il sensibile in atto e l 'atto del sentire sono l 'unico e medesimo atto , sebbene distinti per ragione , in potenza sensi e sensibil i sono distinti in modo reale e hanno una diversa essenza (l'essenza del percepire non è l'essenza del risuona­ re) . Senonché anche la distinzione atto/potenza , pro­ prio in quanto distinzione , è possibil e solo come operazione di un sistema di osservazione che si con­ fronta con le osservazioni di altri osservatori e può essere presa in considerazione soltanto in atto , per cui la potenza ha senso come proiezione attuale di un osservatore che riflette sul proprio modo di os­ servare , facendo rientrare la distinzione atto/potenza dal lato dell 'attualità . L' aporia del realismo ha favorito poi, comprensi­ bilmente , una metafora della conoscenza come " as­ similazione " , come adaequatio rei et intellectus, nel­ la quale si presuppone come sempre la possibil ità di confrontare una realtà esterna , così come essa è a prescindere dall' osservatore , con la realtà interna co­ nosciuta dal sistema cognitivo . Il realismo ha cercato di giustificare in diversi modi questa ipotesi di iso­ morfismo della conoscenza umana , non senza diver­ so imbarazzo e molta confusione40 e senza mai arri­ vare comunque alla conclusione , tipicamente co­ struttivista , secondo cui , posto che la forma dell ' og­ getto che è possibil e confrontare con le forme del si­ stema è sempre solo una forma conosciuta , tutto quello che il sistema è in grado di " assimilare" sono 23

Introduzione

le proprie assimil azioni e al limite si può sostenere che la conoscenza è una assimilazione che assimila se stessa . La tesi della similitudine o della assimilazione co­ noscitiva risulta ancora meno plausibile dopo la sco­ perta , nella prima metà del XIX secolo , della " legge dell 'energia specifica dei sensi " da parte del fisiolo­ go Johannes MUller, legge che è stata poi ripresa e chiarita da Heinz von Foerster con la definizione di " principio di codifica indifferenziata " 41 . Secondo tale principio i recettori dei sensi , a contatto con un og­ getto che si lascia percepire , passano da uno stato passivo a uno stato attivo , per esempio da O a l, ma in questo modo non fanno che computare lo stimo­ lo in termini semplicemente quantitativi, e lo fanno soltanto nel modo in cui lo possono fare in base al­ la struttura stessa del recetto re , cioè in modo alta­ mente specifico e selettivo , il che vuol dire tra l ' altro che il recettore rimane del tutto indifferente rispetto alla qualità dell' oggetto che ha reso possibil e l ' irrita­ zione . Tutto quello che l'apparato percettivo sa , in questo caso , è che è stato irritato , ma non può dire da che cosa : l' irritazione viene tradotta in un lin­ guaggio neuronale , ovvero in impulsi elettrici che non contengono informazioni sulla natura qualitativa della fonte dell ' irritazione e possono discriminare al massimo solo in termini di intensità 4 2 . Se dunque il sistema attribuisce delle qualità alla realtà esterna , queste non sono il risultato di una assimil azione in­ tenzionale , bensì sono una costruzione del sistema , il quale computa soltanto le proprie computazioni e lo fa a modo suo . Anche la teoria classica della co­ noscenza aveva riconosciuto il fatto che un sistema 24

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che percepisce , può percepire sempre soltanto in ba­ se al tipo di struttura dei recettori, coerentemente al principio del modus recipiendi per il quale appunto tutto ciò che viene ricevuto , viene ricevuto al modo del ricevente , per cui un recettore riceve così come riceve e lo fa c osì come lo può fare ( quodammo­ do)43. Ma alla base di questo principio c ' era ancora la dottrina metafisica della partecipazione che salva­ va , sul piano dell' e ssere , la trasmissione di qualità dalla realtà reale ai sistemi cognitivi . Il costruttivismo moderno rinuncia invece a questa ipotesi attraverso una radicale de-ontologizzazione della realtà e la ri­ cerca di un' aderenza la più coerente possibile ai principi della chiusura operativa e dell 'autoreferen­ zialità 44 . Da qui deriva l ' ipotesi di via bility che sosti­ tuisce il problema tradizionale della verità con il pre­ supposto che la conoscenza valida sia quella che ha successo , quella che "funziona" , senza implicare per questo che il successo sia il risultato della corrispon­ denza isomorfica delle forme della conoscenza con le strutture del reale e che la conoscenza stessa ri­ specchi per questo esattamente ciò che c ' è "là fuo­ ri" 4 5 . La metafora è quella della chiave nella serratu­ ra : nessuno conosce il meccanismo della serratura (secondo il vecchio concetto costruttivista di black box) , ma il funz ionamento , c ioè il fatto che non si in­ contrino resistenze o inibizioni , è indice appunto di una "viabil ità" che non esclude comunque altre pos­ sibilità . Il concetto di viabilità rimane tuttavia troppo vicino al senso dell 'adattamento , correndo il rischio di una "radicale deradicalizzazione del costruttivismo radicale " , come dice Luhmann (§ V, nota 24) . Per questo al costruttivismo "radicale " si preferisce la de25

Introduzione

finizione di costruttivismo " operativo", indicando con ciò il fatto che il vero problema non sta tanto nella dimostrazione delle condizioni di possibilità della conoscenza , le quali sono già implicite nel fat­ to stesso che si conosca 46 , quanto piuttosto nel rico­ noscere che il punto decisivo è sempre la referenza sistemica che si sceglie per partire e le conseguenze che si possono trarre dalla corrispondente chiusura operativa 47 . Questa impostazione ha un effetto di " radicalizzazione " del costruttivismo che supera i ri­ sultati stessi del costruttivismo radicale . In primo luogo il sistema ha a che fare sempre so­ lo con distinzioni, non con la realtà (secondo lo stes­ so principio aristotelico per cui non la pietra ma la forma della pietra è nel sistema psichi co) , il che vuoi dire fra l 'altro , in termini tradizionali, che i concetti non si lasciano percepire . Il punto è che queste di­ stinzioni non hanno , proprio in quanto distinzioni, alcuna corrispondenza nella realtà : non c'è nulla nel­ la realtà che abbia la forma di una distinzione , nem­ meno della distinzione reale/irreale . La stessa distin­ zione piove/non piove non è bagnata e serve solo a un sistema per orientarsi (per esempio per prendere una decisione : se piove non si esce) . In modo corri­ spondente , la conoscenza è una costruzione basata unicamente su distinzioni , per questo non può aspi­ rare ad alcun confronto , di alcun tipo , con la realtà reale 48 . La conoscenza è possibil e , dunque , solo co­ me un processo autoreferenziale che computa di­ stinzioni in base ad altre distinzioni dello stesso si­ stema , per cui anche una percezione è il risultato della differenza di computazione rispetto ai risultati delle percezioni precedenti e alle possibilità di per26

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cezioni successive . Per i sistemi in grado di elabora­ re senso questo vuoi dire che la cognizione si ripro­ duce come processualizzazione ricorsiva di simboli all' interno del sistema , così per esempio nei sistemi sociali il senso di una parola in una frase si può chia­ rire sol o con altre frasi composte di parole 49 . Nel mondo , d'altra parte , non c ' è senso : le cose hanno senso ma il senso non ha la consistenz a di una c o­ sa 50 . Per questo la realtà resta inevitabil mente una realtà sconosciuta , irraggiungibil e per i sistemi in grado di produrre conoscenza . In questo modo s i dovrebbe comprendere meglio anche il concetto di " ambiente " , il cui uso si presta a una certa ambiguità . Per ambiente si può intendere infatti sia la realtà esterna al sistema , che come tale resta ignota e della quale , in effetti, non si potrebbe ne mmeno parlare , sia l' ambiente-del-sistema , cioè la proiezione interna della realtà esterna con la quale il sistema si confronta . Kant , com' è noto , aveva affron­ tato lo stesso problema distinguendo fra fenomeno e noumeno . La questione è sempre la stessa : come può il sistema riferirsi a un ambiente , inteso come mondo esterno , anziché riferirsi unicamente a se stesso , se è chiuso operativamente? Per Kant la ri­ sposta stava nel fatto che il concetto di noumeno va inteso in senso negativo , cioè come correlato ( inco­ noscibil e in sé) delle apparenze fenomenali che co­ stituiscono i contenuti delle sensazioni 5 1 . Così pure l ' ambiente va inteso , in questo senso , come un cor­ relato negativo del sistema , come uno stato di fatto che non può avere alcuna rilevanza per il sistema in termini di connessione operativa 52 . Il concetto di am­ biente , così come il concetto di noumeno , sarebbero 27

Introduzione

allora dei concetti-limite e la stessa distinzione feno­ meno/noumeno indicherebbe soltanto due modi di­ versi di trattare lo stesso oggetto e non due oggetti separati 5 3 . Resta tuttavia ancora la domanda : come fa il sistema a raggiungere l'idea di un ambiente ester­ no? Si tratta dello stesso problema che la teoria del­ la conoscenza incontra quando usa la distinzione in­ terno/esterno . Nel caso dei sistemi capaci di elabo­ rare senso, come abbiamo visto , l'ipotesi di una realtà esterna è il risultato di un'operazione di ri-en­ tro della distinzione sistema/ ambiente nel sistema di riferimento che traccia la distinzione . L' ambiente ri­ sulta in questo modo un concetto di "finzione" , non nel senso di una mera rappresentazione arbitraria prodotta dal sistema , bensì nel senso di una simbo­ lizzazione di ciò che è "reale " che emerge come ri­ sultato dell 'articolazione dello spazio immaginario che l 'operazione di rientro genera nel sistema 5 4 . Una finzione , in questo senso , può essere il sapere ridot­ to a scopo enciclopedico in entrate alfabetiche , op­ pure l ' imma gine del mondo proiettata dalla teoria della probabil ità , la quale non ha corrispondenza al­ cuna nella realtà reale (non esiste nella realtà un uo­ mo " medio ") e tuttavia è una teoria reale della realtà che può avere effetti alquanto reali sulla società 55 . La finzione è dunque una strategia sistemica , una co­ struzione appunto , che consente al sistema di trova­ re un orientamento nella realtà , a prescindere dal grado maggiore o minore di adattamento o di corri­ spondenza isomorfica che l 'orientamento stesso avrebbe nei confronti della realtà reale . La presenza , da parte sua , di un ambiente esterno resta costituti­ va per l 'esistenza stessa del sistema : l 'ambiente non 28

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è né mera apparenza fenomenale , né una categoria residuale . Senza la possibilità di distinguersi dall' am­ biente , il sistema non potrebbe ne mm eno riprodurre le proprie operazioni; il mantenimento dei confini, cioè la conservazione della differenza fra sistema e ambiente , significa dunque mantenimento del siste­ ma 5 6 . In questo senso la distinzione sistema/ambien­ te costituisce il punto di partenza fondamentale di tutta la teoria dei sistemi. Rim ane aperta ancora una questione . Posto che il sistema lavora solo con referenze prodotte interna­ mente , senza alcun accesso a ciò che supera i confi­ ni stessi del sistema , com'è possibile l' attribuzione di alterità , ovvero di esternità del reale? La risposta si articola in tre punti: ambiente , operazione di rientro e punto cieco . Dei primi due punti si è già parlato ; a ciò si deve aggiungere il fatto che ogni operazione di distinzione , nel corso stesso del processo di di­ stinzione , non può distinguere se stessa da altro . Lo può fare se , a un l ivello di complessità superiore , l 'o­ perazione riflette su stessa , per esempio : distinguen­ do il fatto che l'unico modo per parlare di distinzio­ ni è quello di indicarle distinguendole da qualcos 'al­ tro , ma di nuovo : nel corso della riflessione l ' opera­ zione non può distinguere la distinzione in base alla quale l 'operazione riflette su stessa . Si tratta , insom­ ma , del fatto che a questi livelli di osservazione di osservazioni occorre controllare le referenze in gio­ co , senza dimenticare che anche le osservazioni di secondo o terzo grado sono , prima di tutto , opera­ zioni. Per punto cieco si intende dunque il fatto che , tracciando una distinzione , appare una realtà che è già " altro " rispetto alla distinzione mediante la quale 29

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quella realtà è stata indicata , così come tracciando una circonferenza su un foglio di carta appare un cerchio , cioè una forma che è "reale" e in questo senso , appunto , " esterna" rispetto all' operazione di distinzione - e la cosa interessante è non tanto il fat­ to che la forma venga in essere , quanto piuttosto il fatto che il piano sia visibile soltanto adesso come la­ to non marcato della stessa distinzione . O detto in termini tradizional i: l'operazione di distinzione gene­ ra anzitutto un riferimento ad altro da sé (per questo si parla di eteroreferenza) e solo se dispone di una complessità sufficiente può poi tornare su di sé os­ servando i risultati delle precedenti operazioni e , in modo più generale ancora , le condizioni stesse del­ l' operare all ' interno del sistema (a questo livello l ' i­ dealismo si definisce "trascendentale") 57 . Il primato dell' eteroreferenza è una conseguenza , dunque , del punto cieco che accompagna ogni operazione di di­ stinzione e garantisce il riferimento al mondo come mondo " e sterno " , in quanto lascia lo stesso osserva­ tore nel lato non marcato della distinzione 58 . E que­ sto è già molto più realistico di molte teorie realisti­ che della conoscenza (è , si potrebbe dire , la " condi­ zione umana" della cognizione) . Resta ancora la domanda di partenza : com' è pos­ sibile a queste condizioni una scienza comune a tut­ ti gli osservatori? Com' è possibile , in altri termini, un sapere comune come sapere sociale? Finché la di­ stinzione di riferimento era la distinzione conoscen­ za/realtà , ovvero : soggetto/oggetto , il problema era come garantire l ' oggettività della conoscenza . Oltre all ' ipotesi di una razionalità che fosse identica per tutti gli individui razionali e sulla base della quale si 30

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potesse distinguere la scienza dalla mera opinione (il problema di Platone) , era indispensabile presuppor­ re l'esistenza di un mondo comune . Si occultava però , in questo modo , la domanda : chi osserva il mondo come mondo " comune" a tutti gli osservato­ ri? Trattandosi di un osservatore , anche questa osser­ vazione si lascia infatti osservare come osservazione particolare , finendo per cadere in un circolo vizioso . O in termini tradizionali: è possibil e percepire che anche altri hanno delle percezioni , ma non è possi­ bil e avere le percezioni degli altri. Per Luhmann l'u­ nica via d'uscita sta nel sostituire la premessa di un mondo comune con la cibernetica di secondo ordi­ ne , cioè con una teoria che sia in grado di spiegare come sia possibile , in generale , per sistemi di osser­ vazione osservare la realtà (§ 1). Questa impostazio­ ne teorica ha il vantaggio di trattare se stessa come oggetto della propria osservazione . Procede , in altri termini, in modo autologico 59 , appunto come un si­ stema in grado di "mappare" il fatto che la mappa della mappa non è la mappa del territorio . Questo però richiede uno spostamento della referenza siste­ mica , vale a dire il passaggio dalla referenza psichi­ ca alla referenza sociale : la non-condivisibilità ope­ rativa di percezioni e atti di coscienza viene com­ pensata dalla comunicazione , la quale a sua volta non produce né percezioni , né coscienza , per quan­ to possa essere " irritante" soprattutto per la coscien­ za , ma solo altra comunicazione . Il mondo comune , allora, diventa una costruzione della comunicazio­ ne 6 0 , mentre ciò c he viene trattato come reale è il correlato della verifica di coerenza delle operazioni comunicative - e questo a livelli ben più astratti di 31

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quanto non si possa i mmaginare , se solo si tiene presente che le strutture sociali sono basate su aspet­ tative reciproche e che le aspettative (anche solo : che il giudice sia imparziale) non si lasciano perceprre . Che la realtà , compresa la realtà sociale , sia una costruzione , dunque , oggi non dovrebbe più stupire nessuno . Basta osservare nella società moderna la realtà della finanza , o la realtà dei mass media , per trovare una conferma 6 1 . Ma il costruttivismo aspira a essere universale , anche quando la referenza siste­ mi ca è il sistema della società . La sua rilevanz a in ambito sociologico deve essere quindi sperimentata in modo empirico per ogni fase dell' evoluzione so­ ciale , in relazione allo sviluppo dei mezzi di comu­ nicazione e della forma di differenziazione delle strutture sociali. Si pensi per esempio a una prassi molto diffusa nelle società primitive di tipo segmen­ tario : l 'ordalia . Si tratta normalmente in questo caso di una procedura di tipo binario , del tipo sì/no , col­ pevole/innocente , che viene articolata appositamen­ te in modo che il risultato finale non sia scontato 6 2 . Si crea , in altri termini, per mezzo della procedura e nel corso stesso della procedura , una forma di incer­ tezza autoprodotta , la quale ha senso solo se la realtà è già costruita in un certo modo . Il primitivo vive , da questo punto di vista , in un mondo di divinazione nel quale tutto ciò che accade in superficie , tutto ciò in altri termini che è visibile (un evento , una certa conformazione delle nubi in cielo , un sogno , il risul­ tato della battuta di caccia) , è trattato come un segno che rinvia a qualcos 'altro , a qualcosa di invisibile che ha una ril evanza nella profondità in cui dimorano gli .

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spiriti6 3 . Il primitivo fa come se tutto ciò che è noto fosse indizio di qualcosa di ignoto che regola il co­ smo . Certo , non può conoscere ciò che è e resta ignoto - in questo caso la differenza fra uomini e dèi, cioè il simbolo della carenza cognitiva delle so­ cietà primitive , sarebbe eliminato ; ma può elaborare delle tecniche per articolare il rapporto fra noto e ignoto, ricavando in questo modo delle indicazioni che servono non tanto per indovinare che cosa ac­ cadrà veramente in futuro , quanto piuttosto per sa­ pere come procedere , per avere cioè un punto di ri­ ferimento nella realtà , nonostante l'incertezza della situazione 64 . La divinazione è in questo senso una tecnica che fornisce regole trasparenti per articolare l 'intrasparenza della realtà . Tutto quello che dal pun­ to di vista dell 'uomo può sembrare casuale , dal pun­ to di vista degli dèi è necessario e la divinazione in­ segna appunto a scoprire come la necessità si rivela negli eventi casuali. In questo ambito , l' ordalia è una specifica tecnica divinatoria usata non solo in fun­ zione cognitiva , ma anche in funzione giuridica . L'a­ spetto sorprendente , in tutti i modi , è che l'ordalia è strutturata fin dall ' inizio per generare un caso (come nel tiro a sorte) che ha il valore di una vera e pro­ pria informazione il cui senso è stabilito nell' oriz­ zonte delle aspettative che strutturano la procedura ordalica . In senso giuridico questo significa che la colpevolezza o innocenza dell' imputato non vengo­ no dimostrate attraverso l ' a mm inistrazione di prove , bensì vengono stabilite attraverso una sentenza , l ' e­ sito appunto dell' ordalia , che ha il valore di prova . Le modalità di esecuzione possono essere le più di­ sparate : per esempio , si fa ingerire all 'imputato una 33

Introduzione

certa dose di veleno : se muore è colpevole . La pro­ va è gestita in modo da creare sempre una alternati­ va , cioè il minimo di contingenza indispensabile af­ finché si possa comprendere un evento come deci­ sione ; l ' imputato , da parte sua , è già colpevole o in­ nocente prima ancora di cominciare : la prova ordali­ ca non serve ad altro che a fissare in superficie il se­ gno di uno stato che è già noto in profondità . Chi su­ pera positivamente la prova è " caro agli dèi" e il sot­ tomettersi ad essa corrisponde sempre , in fondo , a una " discesa agli inferi" 6 5 . Tutto ciò , per l 'uomo pri­ mitivo , è altrettanto reale quanto per l'uomo moder­ no l ' ipotesi che la realtà sia fatta di atomi e ha , come la teoria atomica , degli effetti reali sulla realtà , per quanto in entrambi i casi si possano avere diverse ra­ gioni per ritenere che si tratti solo di finzioni. La so­ ciologia , in conclusione , non può che procedere in modo costruttivistico se vuole attenersi alla natura della realtà che assume come proprio oggetto di stu­ dio . Un' ipotesi realista sarebbe in questo senso una negazione della realtà della costruzione che potreb­ be servire solo a scopi morali C o paradossalmente utopici) , non alla ricerca scientifica . Se poi vi siano delle alternative al costruttivismo coerenti con gli esi­ ti della ricerca costruttivistica è una questione anco­ ra tutta da indagare .

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NOTE 1 H. von Foerster ha proposto per questo una di­

tnostrazione per assurdo . Cfr. " Su i sistetni auto-organiz­ zatori e i loro ambienti" , in Sistemi che osservano, a cu­ ra di M. Ceruti eU. Telfner, Roma , Astrolabio , 1 987 , pp . 54-56; "From Stimulus to Symbol : The Economy of Bio­ logica! Computation" , in G . Kepes (a cura di) , Sign, Image, Symbol, New York , George Braziller, 1 966, p . 46 . 2 M. Heidegger, Sein und Zeit, Tiibingen , Max Nie­ tneyer, 1 92 7 , § 43a (tr. it . Essere e tempo, Milano , Lon­ ganesi , 1 970 , p . 2 5 5) . Si vedano anche i §§ 1 2- 1 8 (in part. § 1 3) sulla critica della distinzione cartesiana sog­ getto/oggetto . 3 Così esplicitamente N. Luhmann , Beobachtungen der Moderne, Opladen , Westdeutscher, 1 992 (tr. it . Os­ servazioni sul moderno, Rotna , Artnando , 1 995 , p . 2 1) . Ma anche M. Heidegger, Essere e tempo, cit . , § 4 3a , p . 2 5 2 . F. Wuketits , Self-Organization, Constructivism and Reality, «La Nuova Critica» , 1 7- 1 8 , 1 99 1 , p . 2 3 esclu­ de per questo sia u n realistno na·if, per il quale " là fuo­ ri" ci sarebbe una realtà che possiatno conoscere e rap­ presentarci , sia un costruttivistno na·if, per il quale la realtà sarebbe la setnplice finzione di un ego solipsisti­ co . 4 Cfr. H. von Foerster, Technology: What Will !t Mean to Librarians?, «Illinois Libraries», 53 , 1 97 1 , p . 788 ; F. Varela , " Cotnplessità del cervello e autonotnia del vi­ vente " , in G . Bocchi - M. Ceruti (a cura di) , La s.fida del­ la complessità, Milano , Feltrinelli , 1 98 5 , p . 1 47 ; G . Giinther, "Life as Poly-Contexturality'' , in H. Fahrenbach (a cura di) , Wirklichkeit und Rel j exion, Pfullingen , Ne­ ske , 1 973 , p . 1 94 . 5 Tommaso d 'Aqu ino , De Unitate Intellectus, III , 6 1 : 35

Introduzione

«Manifestum est enim quod hic homo singularis intelli­ git: nunquam enim de intellectu quaeremus , nisi intel­ ligeretnus , nec cutn quaerin1us de intellectu , de alio princip io quaerimus , quam de eo quo nos intelligimus» . 6 G . Berkeley , A Treatise Concerning the Principles qf Human Knowledge, (ed . or. 1 7 1 0) , Oxford - New York , Ox ford University Press , 1 998 , I , § 8 , pp . 3 5-36 . Ha richiamato l 'attenzione su questo autore E . von Gla­ sersfeld , "Abschied von der Obj ektivitat" , in P. Watz­ lawick - P. Krieg (a cura di) , Das Auge des Betrachters.

Beitriige zu m Konstrnktivismus. Festsch rift fUr Heinz von Foerster, Ziirich - Miinchen , P i per, 1 99 1 , p . 1 9 . Una conferma inattesa si trova in G . Zamboni , La gnoseolo­ gia dell 'atto come fondamento della filosofia dell 'essere. Saggio di interpretazione sistematica delle dottrine gno­ seologiche di S. Tommaso d'Aquino, Milano , Vita e Pen­ siero , 1 92 3 , p . 1 1 8 (con la conclusione sorprendente : «Noi sian1o rinchiusi nell 'orologio della nostra n1ente , non possiamo mettere fuori il capo per vedere il sole») . 7 G . Frege , Der Gedanke. Bine logische Untersu­ chung, «Beitrage zur Philosophie cles deutschen Ideali­ smus)) , 2 , 1 9 1 8- 1 9 , pp . 67-68 (tr. it. " Il pensiero . Una ri­ cerca logica" , in Ricerche logiche, Milano , Guerini e As­ sociati , 1 988 , pp . 56-58) . 8 Sull' impossibilità di una unità sistemica (Syste­ meinheit) di tutti i sistemi cfr. N . Luhmann , Soziale Sy­ steme. Grnndri.fS einer allgemeinen Tbeorie, Frankfurt a . M. , Suhrkamp , 1 984 , cap . l, § II , pp . 67-68 (tr. it . Si­ stemi sociali. Fondamenti di u na teoria generale, Bolo­ gna , il Mulino , 1 990) . La stessa qu estione è sollevata da Frege , in riferin1ento alla coscienza , escludendo che vi possa essere u na sovra-coscienza (un intelletto divino) che porti in sé ttitti gli atti delle diverse coscienze uma­ ne , po iché in tal caso le coscienze dei singoli individu i 36

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sarebbero "portate '' e non più portatrici di contenuti di cosc ienza. La questione in definitiva riprende la discus­ sione tnedievale sorta a Parigi fra Totntnaso d'Aqu ino e i così detti averroisti latini , anche se pare che nessuno l 'abbia notato . 9 Per un'ulteriore conferma : «Kognition ist nur mO­ glich , vvenn und "W"eil der operative Kontakt zur Utn"W"elt unterbrochen ist)) (N. Luhmann, "Die Soziologie cles Wissens . Probletne ihrer theoretischen Konstruktion'' , in Gesellschaftsstrnktur und Semantik. Studien zur Wis­ senssoziologie der modernen Gesellschaft, vo l . IV, Frankfurt a . M. , Suhrkamp , 1 99 5 , p . 1 66) . 1 ° Così conclude N . Luhmann, "Das Erkenntnispro­ gratntn cles Konstruktivistnus und die unbekannt blei­ bende Realitat" , in Soziologische Aufklii rn ng 5. Kon­ strnktivistische Perspektiven, (ed . or. 1 990) , Wiesbaden , VS Verlag ftir Sozial"W"issenschaften, 2 00 5 , p . 39 . D io in­ vece , secondo la tradizione , pensando se stesso cotne pensiero di tutto ciò che esiste conosce senza bisogno di ricorrere a u na vera e propria operazione di tipo co­ gnitivo , la quale fisserebbe inevitabiltnente una diffe­ renza fra D io e tutto ciò che è conosciuto (il suo am­ biente) . Cfr. Totntnaso d'Aqu ino , S. Tb. , I , q . 1 4 , art . 2 sgg . L'idea originaria è quella aristotelica di D io cotne " pensiero di pensiero " ; cfr. Aristotele , Metaph., XII , 9 , 1 074b- 1 075a. 1 1 Tommaso d'Aqu ino , De Unitate Intellectus, V, 1 07 ; III , 70. Cfr. anche C . Boyer, Le sens d 'un texte de Saint Tbomas «De Veritate», q. 1, a. 9, «Doctor commu nis)), l, 1 978 , p . 1 4 . 1 2 H. von Foerster, Sistemi che osservano, ci t . , p . 1 5 8 , prop . 1 1 . 1 3 Cfr. N . Luhmann , Die Gesellschaft der Gesellschaft, vol . I , Frankfurt a . M. , Suhrkamp , 1 997 , pp . 1 94- 1 95 ; 37

Introduzione

Idem , Einfiih rnng in die Systemtheorie, Heidelberg , Carl-Auer-Systeme Verlag , 20042, p . 294 . 1 4 Il concetto è stato introdotto per la prima volta da H. Maturana , F. Varela e R. Uribe , Autopoiesis: The Or­

ganization Q{ Living Systems. Its Characterization and a Model, «Bio Systems» , 5 , 1 974 , pp . 1 87- 1 96 (tr. it . "Au­ topoiesi : una caratterizzazione e un modello dell' orga­ nizzazione dei sistemi viventi'' , «La nuova critica» , 64 , 1 98 2 , pp . 5-20) e sviluppato in opere successive . Cfr. H. Maturana - F. Varela , Macchine ed esseri viventi. L 'a uto­ poiesi e l'organizzazione biologica, Roma , Astrolabio , 1 992 ; H. Maturana - F. Varela , L 'albero della conoscen­ za, Milano , Garzanti, 1 999 ; H. Maturana - F. Varela , Au­ topoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Ve ­ nezia , Marsilio , 200 1 . Sulla sua risonanza in ambito so­ ciologico , in particolare nella teoria dei sistemi sociali di Luhmann , si veda E. Esposito , Luh mann e la porta­ ta sociologica dell 'autopoiesi, «Sociologia» , 1 8 , 1 984, pp . 83-93 . 1 5 Cfr. N . Luhmann , Organisation und Entscheidung, Opladen , Westdeutscher, 2 000 , cap . 2 , § I I (tr. it . Organizzazione e decisione, Milano , Mondadori , 2005 , p . 42) . 1 6 Così già per I . Kant, Critica della ragion pura, Mi­ lano , Adelphi, 1 995 , Anal . trasc . , II , II , III , 1 69 , p . 267 C= B2 37) . H. von Foerster, " From Stimulus to Symbol : The Economy of Biologica! Computation" , ci t. , p . 5 1 sgg . parla di neigh borhood logics. Cfr. anche H. von Foerster, " Gli oggetti : simboli di (auto-)comportamenti'' , in Sistemi che osservano, ci t. , p . 1 84 (la cognizione è il risultato della computazione di cognizione) . 1 7 Ci riferiamo al racconto di J . L . Borges , "Fu nes o della memoria '' , in Tutte le opere, vol . I , Milano , Mon­ dadori , 1 984 , pp . 707-7 1 5 . 38

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1 8 Sugli

eigenvalues (o eigenbehaviors) , cioè sul ru­

more come principio di auto-organizzazione , cfr. H. Atlan , " Sul rumore come principio di auto-organizza­ zione " , in E . Morin (a cura di) , Teorie dell 'evento, Mila­ no , Bompiani , 1 974 , pp . 3 5-58 ; Idem, Entre le cristal et la fumée. Essai sur l 'organisation du vivant, Paris , Editions du Seu il , 1 979 , cap . 3 , p . 39 sgg . (tr. it . Tra il cri­ ""'

stallo e il .fumo . Saggio sull 'orga nizzazione del vivente, Firenze , Hopeful Monster, 1 986) ; Idem, " Complessità , disordine e autocreazione del significato '' , in G . Bacchi - M. Ceruti (a cura di) , La s.fida della complessità, cit . , pp . 1 58- 1 78 ; H. von Foerster, " Gli oggetti: simboli di (auto-) comportamenti'' , cit . ; Idem, " Su i sistemi auto-or­ ganizzatori e i loro ambienti" , ci t . , p . 63 sgg . 1 9 Cfr. D . Hu me , A Treatise of Human Nature, Lo n­ don , John Noon - Thomas Longman , 1 7 39-40 (tr. it . Trattato sulla natura umana, in Opere .filosqfiche, vol . I , Roma - Bari , Laterza , 1 999 , I , III , p . 1 1 7 sgg . ; p . 1 69 sgg . ) ; Idem , Enqu iries concerning Human Understa­ nding and concerning the Principles qf Morals, post . 1 777 (tr. it . Ricerche sull 'intelletto umano e sui principi della morale, Milano , Rusconi , 1 980 , VII , 59 , p . 2 27 : «Dopo una ripetizione di casi analoghi la mente [il si­ stema] , al manifestarsi di un dato fatto [eteroriferimen­ to] è spinta dall 'abitudine [autoriferimento] ad attender­ si il fatto che di solito lo accompagna e a che credere che esso si verificherà») . Su questo si veda anche A. Ce­ volini , " Il medium causalità '' , in A. Strumia (a cura di) ,

Il problema dei �fondamenti . Da Aristotele a Tommaso d 'A quino all'antologia formale, Siena , Cantagalli , 2007 , in p art . pp . 1 2 6- 1 27 . 2 0 Usiamo i termini "condensare " e "confermare " nel senso della logica della forma di G . Spencer Brown , Laws of Form, New York , E . P. Dutton , 1 9794 , p . l . 39

Introduzione

2 1 G . Spencer Brown ,

op. cit. , p . 54 sgg . parla a que­ sto proposito di memory function e oscillator.function. Cfr. su questo anche N . Luhn1ann , "Eine Redeskription ron1antischer Kunst" , in J. Fohrn1an H. Mtiller (a cura di) , Systemtheorie der Literatur, Mtinchen , W. Fink , 1 996 , pp . 329-3 30 . 22 La definizione è di F. Bartlett, Remembering, Lon­ don , Can1bridge University Press , 1 9 32 (tr. it . La memo­ ria . Studio di psicologia sperimentale, Milano , Franco Angeli , 1 993 , pp . 2 64-2 65 ; p . 268 sgg . ) . 2 3 O hne Verg essen gabe es we der Lernen noch Evo­ lution» dice N . Luhmann , Die Gesellschaft der Gesell­ schaft, cit . , vol . I , p . 579 [senza dimenticanza non si da­ rebbe né apprendin1ento né evoluzione] . 2 4 E . Esposito , La memoria sociale. Mezzi per comu­ nicare e modi di dimenticare, Roma - Bari , Laterza , 2 00 1 , p . 1 2 . 2 5 Cfr. N. Luhmann, "Eine Redeskription romantischer Kunst'' , cit. , p . 337 . Nei termini di Maturana si trat­ ta di concepire il don1inio di esistenza del sisten1a co­ gnitivo con1e don1inio delle sue coerenze operative . Cfr. H. Maturana , Autocoscienza e realtà, Milano , Corti­ na , 1 993 , p . 3 5 ; p . 1 1 9 . I n questo modo Maturana non fa che spiegare in tern1ini concettuali i risultati delle os­ servazioni sperin1entali svolte da Jacob von Uexktill ; cfr. Streifzilge durch die Umwelten von Tieren und Menschen, 1 93 3 (tr. it . I mondi invisibili, Milano , Mon­ dadori, 1 936) . 2 6 Cfr. U . D ettmann , Der Radikale Konstrnktivismus, Siebeck , Mohr, 1 999 , § 5 . 3 . 1 , p . 2 2 2 sgg . Da qu i deriva anche la distinzione fra Realitiit e Wirklichkeit, dove il secondo tern1ine indica la realtà che en1erge dagli ef­ fetti delle operazioni del sistema , cioè dal suo funzio­ namento (wirken) . Su questa distinzione cfr. E . von -

(In III de Anima, L . XIII , n . 789 , enfasi aggiunta) . 3 7 Aristotele , De Anima, II I , 2 , 42 5b 2 6 sgg . Cfr. an­ che Tommaso d'Aqu ino , In III de A nima, L . II , nn . 8-9 . 3B «In operationibus qu ae sunt in operante , obiectum quod significatur ut terminus operationis, est in ipso operante, et secundum quod est in eo , sic est operatio in actu» (Tommaso d 'Aquino , S. Th . , I , q . 1 4 , art . 2 , en­ fasi aggiunta) . 43

Introduzione

39 Il realismo moderno (aristotelico-tomista) ha ripre­

so questo "dualismo gnoseologico '' riconoscendo a Kant (!) il tnerito di averlo posto alla base della teoria cono­ scenza , salvaguardando in questo tnodo sia l'autonotnia del soggetto conoscente , sia l'autonotnia della realtà co­ noscibile . Cfr. C. Fabro , La .fenomenologia della perce­ zione, 2a ed . riveduta, Brescia , Morcelliana, 1 96 1 , pp . 4647 ; pp . 55-56 ; Idem, Percezione e pensiero, 2a ed. rive­ duta , Brescia, Morcelliana, 1 962 , p . 58 . e p . 78 . Su que­ sto si veda anche A. Cevolini , L'operazione di rifless ione

in Tommaso d'A quino, con particolare riguardo all 'in­ telletto umano, «Divus Thomas», 4 1 , 2 005 , p . 205 . 4° Cfr. per esempio G . Basti , Filosofia dell 'uomo, Bo­ logna , Edizioni Stu dio Domenicano , 1 99 5 , p. 2 06 , per il quale la conoscenza sarebbe un' azione immanente at­ traverso la quale il soggetto conoscente cerca di assi­ milare la forma della sua operaz ione (sensibile o intel­ ligibile) alla forma dell 'oggetto esterno . Ma la dotnanda è come sempre : chi pone la forma dell 'oggetto esterno? E poi: esterno a chi? Si vedano da ultimo i tentativi di G . De Anna , Realismo met�fisico e rappresentazione mentale, Padova , Il Poligrafo , 200 1 , sulla scorta degli studi di Putnam e Haldane . 41 U . Dettmann, op. cit. , § 3 . 2 , pp . 1 07- 1 08 , pp . 1 1 01 1 1 ; G . Roth , "Erkenntnis un d Realitat . Das reale Gehirn un d se in e Wirklichkeit" , in S . Schmidt (a cura di) , Der Diskurs des Radikalen Konstruktivismus, Frankfurt a . M. , Suhrkatnp , 1 987 , in part . pp . 2 32 -23 5 ; H. von Foerster, " Costruire una realtà '' , in P. Watzla-w-ick (a cura di) , La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, Milano , Feltrinelli, 2006 , p . 4 1 . Per altro lo stesso Aristotele aveva sottolineato cotne i sensi procedano p iù che altro in modo quantitativo : i sensi sono una " proporzione '' (De Anima, III , 426a 2 7 sgg . ) . 44

Alberto Cevolini

42 Per questo sul piano percettivo non c'è differenza

fra sensazione e illusione : con una goccia di acido aceti­ co si può produrre un effetto ottico (un punto lull1ino­ so) , con un in1pulso elettrico si può stin1olare una papil­ la gustativa , così l 'aceto diventa luce e l'elettricità diven­ ta aceto . Cfr. H. von Foerster - B . POrksen, op. cit. , p . 1 4 . 43 «Omne quod recipitur in aliquo , recipitur in eo per n1odun1 recipientis et non per n1odun1 su i» (Toll1maso d 'Aqu ino , In II Sent. , dist. 1 7 , q . 2 , art . 1 ) . «Prae­ terea on1ne quod recipitur in aliquo , recipitur per ll10dull1 recipientis et non per n1odun1 recepti . Sed on1ne quod videtur, quodammodo in vidente recipitur» (In IV Sent. , dist. 48 , q . l, art. 3 , enfasi aggiunta) . Si veda an­ che l 'autorevole studio di L . -B . Geiger, La partecipation dans la philosophie de S. Tbomas d'Aqu in, Paris , Vrin , 1 942 , p . 240 sgg . 44 N . Luhmann , "Das Erkenntnisprogramm cles Kon­ struktivisll1us u n d di e u nbekannt bleibende Realitat'' , cit . , pp . 3 5-36 e p . 49 (dove Luhmann definisce il co­ struttivisll1o , per le stesse ragioni , una "post-hull1anisti­ sche Theorie ") . 45 Cfr. E . von Glasersfeld , " Introduzione al costruttivismo radicale " , in P. Watzlawick (a cura di) , La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, ci t. , p . 2 0 sgg . ; Iden1, "Konstruktion der Wirklichkeit und cles Begriffs der ObjektiviHit" , in H. Gumin - A . Mohler (a cura di) , Ein:fUhrung in den Konstruktivismus, Mi.inchen , Olden­ burg Verlag , 1 98 5 , p . 9 sgg . (dove parla anche di Koll1patibilitat) ; p . 1 9 (dove fa l' esen1pio dell'auton1obilista che sarebbe fuorviato se , nel punto in cu i l ' auto si fer­ ll1a , fosse indotto a pensare che lì finisce la strada , an­ ziché che sia finita la benzina) ; Iden1, Il costruttivismo: domande e risposte, «Teoria Sociologica» , 2 , 1 99 3 , p . 2 2 ; F. Varela, "Il corpo come macchina antologica '' , in M . 45

Introduzione

Ceruti - L . Preta (a cura di) , Che cos 'è la conoscenza, Roma - Bari , Laterza , 1 990 , p . 5 1 ; M. Ceruti , Il vincolo e la possibilità, ci t . , pp . 87-88 . 4 6 O come diceva Tommaso d'Aquino : di cos 'altro si parla , quando si parla di pensiero , se non del fatto che siamo in grado di pensare , e come potremmo mai por­ re questa domanda se non fossimo già degli esseri pen­ santi? Cfr. sopra la nota 5 . 4 7 N . Luhmann , "Wie lassen si e h latente Strukturen beobachten?" , in P. Watzla"W"ick - P. Krieg (a cura di) , Das Auge des Betracb ters, cit . , pp . 6 1 -74 . 4 8 Cfr. Conoscenza come costrnzione, § VI . Si veda anche N . Luhmann, " Das Erkenntnisprogramtn cles Konstruktivismus und die u nbekannt bleibende Rea­ litat" , cit . , p . 47 . 4 9 N. Luhmann , "Wie ist Bewu Btsein an Kommu­ nikation beteiligt?" , in Soziologiscbe Aufkliirnng 6. Die Soziologie und der Menscb, Opladen , Westdeutscher, 1 99 5 , p . 38 . 5 0 Per Heidegger questo vuoi dire che l 'affermazio­ ne «Es gibt Worte)) (ci sono delle parole) non va intesa nel senso che le parole siano qualcosa di essente , co­ me se fossero "cose'' appunto , bensì nel senso : «Es , das Wort, g ibt)) (essa , ovvero la parola , dà) - cioè la parola è ciò che dà senso (l ' essere) alle cose (" L'essenza del linguaggio " , in In cammino verso il linguaggio, Milano , Mursia , 1 990 , II , pp . 1 5 2- 1 53) . 5 1 I . Kant , Critica della ragion pura, ci t. , Anal . trasc . , II , I II , 2 1 O, p . 3 2 8 ( B309) . 5 2 N . Luhmann, Soziale Systeme, cit . , cap . 5 , § II , p . 249 : «"Die" Um"W"elt ist nur ein Negativkorrelat cles Sy­ stems)) . 53 I . Kant , Critica della ragion pura, cit . , Estet . tra­ s e . , II , § 8 , 7 1 , p . 1 04 ( B69) . =

=

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54 Usiamo il termine "finzione '' nel senso di H.

Vaihinger, La filosofia del come se, Roma , Ubaldini , 1 967 . Sulla formazione di uno spazio immaginario co­ tne risultato della re-entry della distinzione sistetna/atn­ biente nel sistema che traccia la distinzione cfr. G . Spencer Brown , op. cit. , p . 58 ; L . Kauffman , Se?f-Refer­ ence and Recursive Forms, «]ournal of Social and Biolo­ gica! Structures» , 1 0 , 1 987 , p . 67 sgg . ; G . Corsi , Geriiu­

scblos und unbemerkt. Zur Pa radoxie struktureller Kopplu ng, «Soziale Systeme» , 7 , 200 1 , pp . 2 53-2 66 p arla di " sitnbol izzazio ne '' a partire dalla distin zione tne­ dium/forma. 55 Cfr. E. Esposito , Die Fiktion der wabrscbeinlicben Realitiit, Frankfurt a . M. , Suhrkatnp , 2 007 . 5 6 N. Luhmann , «Soziale Systeme», ci t. , cap . 5 , § I , pp . 242 -243 . Cfr. anche N . Luhmann , Zweckbegri_[f und Sy­ stemra tionalitiit, Frankfurt a . M. , Suhrkatnp , 1 973 , p . 1 7 5 (l'identità del sistetna è data dalla stab ilizzazione della differenza fra interno e esterno) ; Idem , Einfiih­ rung in die Systemtbeorie, cit . , pp . 66-67 . 5 7 G ià la tradizione aristotelico-tomista dispone di una cotnpiuta teoria dell 'autoreferenza di questo tipo . Un testo fra gli altri : «Primo enim actus , ab ipsa [anima] exiens , tertninatu r ad obiectutn; et deinde reflectitur su­ per actutn; et deinde super potentiatn et essentiatn, se­ cundum quod actus cognoscuntur ex obiectis , et po­ tentiae per actus» (Totntnaso d'Aqu ino , De Ver. , q. 2 , art . 2 , ad 2) . Su questo si veda anche A . Cevolini , "L'opera­ zione di riflessione in Totntnaso d'Aqu ino , con partico­ lare rigu ardo all' intelletto umano " , ci t. , p . 1 60 sgg . Per A. Hayen , L 'intentionel selon Saint Tbomas, 2a ed. rive­ duta , Bruges - Paris , D esclée de Brou"W"er, 1 9 54 , p . 2 00 (con riferimento polemico a Cartesio) questo vuol dire che «pour prendre conscience de l ' objectivité de sa con47

Introduzione

naissance , l 'intelligence n'a pas à se rendre compte que ce qu 'elle connaft se distingu e d'elle et de sa conscien­ ce , 111a is , au contraire , qu ' elle se distingue de ce qu 'elle connait de son obj et». 5 8 N. Luhmann , "Das Erkenntnisprogramm cles Kon­ struktivislllu s un d die unbekannt bleibende Realitat'' , cit . , p . 39 e p . 47 ; I dem, Obseroing Re-entries, «ProtoSo­ ziologie» , 6 , 1 994 , p . 4 e p . 9 ; I dem , Die Gesellscha.ft der Gesellschaft, cit . , vol . I , p . 69; vol . I I , p . 1 1 1 0 (sulle du e cecità di ogni operazione di distinzione : il 111o ndo che trascende tutte le distinzioni e l' osservatore stesso nel corso della sua osservazione) . 59 Con " autologia" si intende il fatto che una descri­ zione deve descrivere se stessa nel corso stesso della descrizione (N . Luhmann, Die Gesellschaft der Gesell­ schaft, cit . , vol . I , p . 1 6) . Così per esempio una teoria del lingu aggio può essere elaborata solo linguistica­ llle nte . Per H. von Foerster, Sistemi che osseroano, cit . , p . 2 1 2 questo vuol dire che una teoria del cervello è in realtà u na teoria del cervello che elabora teorie : T(C(T)) . Cfr. anche H. Maturana , Autocoscienza e realtà, cit . , p . 1 5 . Per Luhmann questo conduce alla conclusione che solo la " sociologia'' C e non per eselll­ pio : la psicologia , o la filosofia) della conoscenza può sviluppare un costruttivismo radicale che inclu da se stesso come oggetto delle proprie osservazioni ; cfr. Co­ noscenza come costruzione, § II I . 60 Così nella loro famosa opera P. Berger - T. Luck­ mann , The Social Construction qf Reality, Garden City (N .Y. ) , Doubleday and Co . , 1 966 (tr. it . La realtà come costruzione sociale, Bologna , il Mulino , 1 969) , anche se in questo caso la referenza siste111 i ca è ancora la co­ scienza (il soggetto) e il problema si chiama quindi " in­ tersoggettività" . 48

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6l

N . Luhmann, Die RealitiU der Massenmedien, Opladen, Westdeutscher, 1 996 (tr. it . La realtà dei mass media, Milano , Franco Angeli , 2 00 1) (già doppian1ente allusivo solo nel titolo) . 6 2 S i veda il classico E . Evans-Pritchard , Witchcra:ft, Oracles and Magie among the Azande, Oxford Univer­ sity Press , 1 976 (tr. it . Stregoneria, oracoli e magia tra gli Aza nde, Milano , Cortina , 2 002) ; ] . -P. Vernant , "Paro­ la e segni muti'' , in Divinazione razionalità . I procedi­

menti mentali e gli influssi della scienza divinatoria, Torino , Einaudi , 1 98 2 , p . 1 9 e p . 2 1 . 6 3 Sulla distinzione superficie/profondità e sulla se­ ll1antica bidin1ensionale che ne deriva cfr. N. Luhn1ann , Die Gesellschaft der Gesellschaft, cit . , vol . II , p . 646 ; E . Esposito , La memoria sociale, ci t . , p . 4 5 sgg . 64 L'ambiguità del segno , come dice G . Manetti , Le teorie del segno nell 'antich ità classica, Milano , Bompia­ ni , 1 994 , p . 3 3 , reintroduce «a livello un1ano quella "opacità'' circa il destino che l 'onniscienza divinatoria avrebbe il con1pito di attenuare , se non di elin1inare del tutto» . 6 5 G . Glotz , L 'ordalie da ns la Grèce primitive, Paris , Albert Fontemoing , 1 904 (rist . anast. New York , Arno Press , 1 979 , p . 87) .

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I '

E una vecchia tecnica comunicativa usata per asserzioni indimostrabili, o difficilmente dimostrabili, quella di rinforzare l'asserzione in modo comunicati­ vo . Così nella fase di declino della retorica latina si passa dalla virtù alla virtù "più autentica " , così si pre­ tendono oggi dalla politica delle "vere " riforme , così si trovano in vendita oggi nei negozi prodotti " biolo­ gici " . E l'ultima moda nella teoria della conoscenza si chiama " costruttivismo radicale" . Ma quanto più si aggiungono rinforzi di questo tipo , tanto più sov­ vengono dei dubbi . Quanto più il costruttivismo si dichiara " radicale " a differenza di altre teorie della conoscenza , tanto più si può dubitare del fatto che questa teoria abbia risolto oggi (per la prima volta) il problema della conoscenza e persino del fatto che abbia svolto almeno i propri compiti come si deve . Chi si ricorda di ciò che Kant (in riferimento a Car­ tesio) ha chiamato "idealismo problematico " 1 , non 1

l. Kant, Kritik der reinen Vern un.ft, nach der ersten

tind Z\Veiten Original-Atisgabe , Hafilbtirg, Felix Meiner, 1 95 6 , p . 272 sg . (tr. it . Critica della ragion pura, Milano, Adelphi, 1 99 5 , p. 2 9 5 sg . [= B274 sg . ]) .

53

Conosc enza com e costruzione

comprenderà tanto fac ilmente che cosa abbia poi da dire di veramente nuovo il co struttivismo ra di­ cale . Si capisce che cosa lo spinga a indicare se stesso come radicale ; in effetti ci sono delle versioni " sì, ma . . . " del costruttivismo piuttosto deboli e titubanti nelle quali si prende atto di tutte le argomentazioni che sembrano condurre in questa direzione , ma poi si dice che non ci si dovrebbe esprimere in modo co­ sì duro , che la conoscenza non può essere compre­ sa in modo esclusivamente costruttivistico e poi , in­ fine , che si dovrebbe poter presupporre almeno una qualche relazione alla realtà 2 . Nella s econda edizione della Critica alla ragion pu ra, c om 'è noto , Kant aveva già inserito u na c or­ rispondente ritrattaz ione che s e non ab bandona , qu anto meno smorz a in modo po co chiaro la pos i­ zione ra ggiu nta nell' e stetica trascendentale 3 . Ritrat­ tazioni di que sto tipo s ono tuttavia po co convin­ centi , s ono solo sintomi di una problematic a che non è stata compresa su ffic ientemente . A questo 2

Si veda per esempio M .A . Arbib - M . B . Hesse , The Construction of Reality, Catnbridge (Engl . ), Catnbridge University Press , 1 986 (tr. it. La costruzione della realtà, Bologna, Il Mtilino , 1 992) . 3 Mi riferisco al paragrafo " Confutazione dell 'ideali­ stno " e in particolare al teoretna : «La setnplice c oscienza ­ tna etnp iricatnente (! ) detertninata , della tnia propria esi­ stenza ditnostra l 'esistenz a degli oggetti (!) (qti indi non setnplicetnente di tina cosa qt1 alt1nque , N . L . ) nello spazio (!) al fu ori di tne» (I . Kant, op. cit. , p . 273 sgg . ; tr. it . p . 296 sgg . [= B 275 sgg . ]) .

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punto si potrebbe arc hiviare la pra tic a : s e la teo ria della c onoscenza non può offrire alcuna s olu zio ne al problema , allora non ha più nemmeno alcu n pro blema ; può ritenersi quindi fortunata , oppure può dedica rsi a lla rice rc a empirica . C i si pu ò chie­ dere , c omu nque , se s ia pro prio neces sario ritratta­ re . Se si presta attenzione al modo in cui il proble­ ma della teoria della conoscenza viene formulato , si può discernere , in effetti, una certa radicalizzazio­ ne . Nell ' idealismo tradizionale il punto concerneva l 'unità della differenza fra c onoscenza e oggetto reale . La questione era : c ome può la conoscenza accertare l ' esistenza di un oggetto fu ori di sé? Ov­ vero : come pu ò verific are che qu alc osa esiste indi­ pendentemente da sé , laddove appunto tutto ciò che essa può accertare presuppone già sempre del­ le prestazioni cognitive e non può essere affatto ve­ rificato , mediante conosc enza , indipendentemente dalla conoscenza (il che sarebbe una contraddizio­ ne)? Che si preferissero delle soluzioni di tipo teorico­ trascendentale oppure dialettiche , il problema era sempre lo stesso : com' è possibile la conoscenza , seb­ bene essa non abbia alcun accesso alla realtà e sterna che sia indipendente da un' operazione di conoscenza? Il costruttivismo radicale comincia invece con la constatazione empirica : la conoscenza è possibile soltanto poiché essa non ha alcun accesso alla realtà esterna . Un cervello , per esempio, può produrre informazioni soltanto per il fatto che è codificato in modo indifferente rispetto all 'ambiente , vale a dire : soltanto in quanto opera all' interno del reticolo ri55

Conosc enza come costruzione

corsivo delle proprie operazioni4 . Allo stesso modo si dovrebbe dire : i sistemi di comunicazione (sistemi sociali) possono produrre informazioni solo in quan­ to non dialogano con l' ambiente . E dopo tutto la stessa cosa dovrebbe risultare evidente anche per la " sede " classica (il soggetto) della teoria della cono­ scenza , cioè per la coscienza . Evidentemente i costruttivisti radicali vedono in questo salto dal " se bbene impossibile" al "poiché im­ possibile " una radicalizzazione liberatrice , con la quale ci si può lasciare alle spalle duemila anni di ri­ flessione superflua 5 . Non dubito dell' importanza di questo salto dal sebbene a l poiché e tanto meno del­ la necessità di una nuova fondazione della teoria del­ la conoscenza ; bisognerebbe però capire meglio che cosa ci si guadagna con questo salto dal sebbene al poiché - ma qui c i troviamo soltanto all 'inizio di uno sviluppo valutabile solo a grandi linee . Il costruttivismo potrebbe conseguire un effetto di novità se approfondisse la questione che riguarda il modo in cui è possibile il disaccoppiamento (in altre parole : l'indifferenza , la chiusura e così via) . La teo­ ria soggettivistica della conoscenza non se ne era mai occupata poiché aveva sempre dovuto dibatter4 Cfr. su qu esto H . von Foerster, " Entdecken oder Er­

finden : Wie la1St sich Verstehen verstehen?" , in H . Gun1in A . Mohler (a cti ra di) , Einfiihrung in den Konstruktivismus, Munchen , Oldenbtirg, 1 98 5 , pp . 27-68 . 5 Così , con un coraggio degno di ammirazione , E . von Glasersfeld , Wissen, Sprache und Wirklichkeit: A rbeiten zunt radikalen Konstruktivisntus, Bratinschvveig , Vievveg, 1 987 . -

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si con l 'esigenza paradossale di riuscire a scoprire , mediante introspezione, come altri si rapportano al mondo6 . Poteva ammettere che non esiste alcun a c­ cesso diretto all' esperienza vissuta di altri soggetti, ma riflettendo sulla fatticità della propria coscienza doveva essere possibile quanto meno riuscire a s c o­ prire secondo quali principi , nella coscienza degli al­ tri , si ordinano gli oggetti del mondo . La teoria del soggetto doveva perciò presupporre un mondo c o­ mune , quanto meno un mondo osservabile in co­ mune , e questo le impediva di concepire il disac­ coppiamento di ogni singolo sistema cognitivo come condizione della conoscenza . Ma anche il passaggio a una teoria dell 'oggetto non aiuta (a prescindere dal fatto che descriva l' og­ getto da conoscere in modo biologico , fisico , psico­ logico o sociologico) . Non ha successo poiché il fat­ to di ridurre la descrizione ai processi che sottostan­ no all' oggetto conosciuto evita di nuovo di prendere in considerazione il problema del disaccoppiamen­ to7 . Noi proponiamo perciò di sostituire la distinzio6

Che il termine " intersoggettività" sia solo una defini­ zione per questo probletna , tna non una soluzione , do­ vrebbe essere chiaro. Ma laddove non c'è alctina solti Zio­ ne , non c 'è netntneno alcun probletna , per qtiesto i feno­ tnenologi sociali più recenti partono dalla intersoggettività cotne da tln dato di fatto . S i veda R . Grathoff - B . Wal­ denfels , Sozialitiit und Intersubjektivitiit, Miinchen, W. Fink , 1 983 . 7 Cfr. A. Ness [Naess] , Erkenn tn is und wissenschaftliches Verhalten, Oslo, Jacob Dyb"'ad, 1 936 , p . 1 9 3 sgg . , con la pretesa di dedtirre ttltte le frasi relative alla situ a-

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Conosc enza come costruzione

ne soggetto/ oggetto con la distinzione sistema/ am­ biente . Questa distinzione non cambia nulla rispetto al­ l' impostazione classica del problema nella misura in cui prende le mosse da una differenza e lascia rien­ trare un lato di essa nel lato opposto . Supera invece l' impostazione classica del problema in quanto rive­ de tanto la teoria del soggetto quanto la teoria del­ l' oggetto ; può impostare la questione del disaccoppiamento mediante chiusura come questione che ri­ guarda il processo che porta alla differenziazione dei sistemi e può sostituire la premessa di un mondo co­ mune con una teoria dell' ossetva zione di sistemi che ossetvano (second arder cybernetics) .

II Noi partiamo dal presupposto che tutti i sistemi cognitivi siano sistemi reali in un ambiente reale , in altri termini : che esistano . Spesso si obietta che sia ingenuo 8 . Ma in quale altro modo si dovrebbe c o­ minciare , se non in modo ingenuo? 9 Una riflessione zione esterna dalle descrizioni dei processi del "circuito di ftinzioni interno" dell 'organistno che osserva - il che in ef­ fetti stiona , di pritno acchito , tnolto costruttivistico. 8 Per esempio D . Zolo , A utopoiesi. Critica di un para­ dig�na conservatore, «MicroMega)), l , 1 986 , pp . 1 29- 1 73 . 9 Tanto per farlo notare : è altrettanto ingenuo (sebbe­ ne sia tln modo più consti eto di essere ingentii) partire dalla soggettività della coscienza e tralasciare poi di porre la domanda : la coscienza di chi?

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sull 'inizio non può essere condotta prima dell 'inizio, bensì soltanto con l'aiuto di una teoria che abbia già sviluppato una complessità sufficiente 10 . La questione : come fanno dei sistemi-in-un-am­ biente a realizzare conoscenza? può essere riformu­ lata quindi in questo modo : come possono dei siste­ mi disaccoppiarsi dal loro ambiente? Ovvero, come direbbe Heinz von Foerster: com' è possibile chiusu­ ra mediante inclusione? Anche solo porre una que­ stione come questa significa : presumere che un pro­ cesso di questo tipo implichi delle limitazioni ben precise , quindi delle condizioni altamente selettive . L'autoisolamento di un sistema cognitivo - di una cellula , di un sistema immunitario , di un cervello , di una coscienza , di un sistema di comunicazione - non porta affatto a produrre delle operazioni qualsiasi. E vero piuttosto il contrario . Chiunque osservi un si­ stema che si separa sul piano cognitivo può ricono­ scere delle limitazioni precise di ciò che in questo modo è reso possibile . Nel mondo reale , in genere , non c ' è nulla di arbitrario. Insinuare un arbitrio si­ gnifica sempre piuttosto : «Osserva il sistema che a tuo dire sarebbe arbitrario e vedrai, allora , che ciò che presumi non è vero)) . "Arbitrario " , da questo pun­ to di vista , non è altro che un concetto per indicare l' ordine : «Osserva l'osservatore !» . Allora : com'è possibile la chiusura? Ma è chiaro : solo se un sistema produce e riproduce le proprie '

10

S i veda il rapporto distinction/indication come "for­ tna " e re-entry della fortna nella fortna in G . Spencer Bro�n , Laws of Form, Lo n don , George Alle n and U n�in , 1 97 1 2 (rist . New York , E . P. Dutton, 1 979 4) .

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Conosc enza com e costruziorze

operazioni nel reticolo delle loro connessioni ricorsi­ ve a operazioni precedenti e a operazioni successi­ ve . Il processo stesso fa sorgere la differenza fra si­ stema e ambiente . Maturana lo ha definito " auto­ poiesi" . Ma anche Lyotard , partendo dalla linguistica , giunge allo stesso risultato attraverso dei concetti co­ me phrase, encha fnement, dif.fé rencfl 1 . La teoria dei sistemi , tuttavia , consente di formulare questo risul­ tato in modo particolarmente il luminante : nessun si­ stema può operare al di fuori dei propri confini, nemmeno un sistema cognitivo . Queste riflessioni la­ sciano ancora aperta la questione , se tutte le opera­ zioni dei sistemi autopoietici possano essere definite " cognizione " ( cognition) , oppure solo alcune di tipo specifico , che in tal caso dovrebbero essere determi­ nate più esattamente . Maturana opta per la coerenza , per cui con il concetto di cognizione si fa riferimen­ to al fatto che l 'autopoiesi, quantunque cieca, viene esegu ita in un ambito di interazione . Da questo vie­ ne distinto un concetto di osservatore che viene de­ finito attraverso la disponibilità del linguaggio 12 . Io vorrei invece restringere il concetto di cognizione e partire allo stesso tempo da un concetto di osserva­ zione , per definire il quale sono fondamentali i con11

Si veda in particolare J . -F. Lyotard, Le dijférend, P a­ ris , Les éditions de Minti it, 1 983 (tr. it . Il dissidio, Milano, Feltrinelli, 1 985) . Ttittavia Lyotard rifitita (oraltnente) l 'in­ terpretazione del dijferénd cotne sistetna/atnbiente . 12 Cfr. H . R. Maturana , Erkennen: Die Organ isation und Verkorperung von Wirklichkeit. A usgewahlte A rbeiten zur biologischen Epistetnologie, BratinschW"eig, VieW"eg, 1 982, p. 39 sgg. ; p. 34 sg. e passi m .

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c etti di indicazione e distinzione l 3 . Si c apirà poi da quanto segue dove si può arrivare seguendo questa strada . La conoscenza viene prodotta , dunque , mediante operazioni di osservazione e operazioni di registra­ zione di osservazioni (descrizioni) . Questo include anche l ' osservazione di osservazioni e la descrizione di descrizioni. Un'osservazione ha luogo ogni volta che qualcosa viene distinto e indicato in base alla stessa distinzione . Per il concetto non fa differenza la forma di autopoiesi del sistema , quindi non fa diffe­ renza se come forma dell' operazione venga utilizza­ ta la vita , la coscienza o la comunicazione . Non fa differenza nemmeno la forma della registrazione (memoria) . Si può trattare di legami biochimici, ma anche di testi fissati per iscritto . L'osservazione e la descrizione devono però sempre essere un' operazio­ ne che può prodursi in modo autopoietico , per esempio un processo vitale , oppure una coscienza attiva , oppure comunicazione , altrimenti non potreb­ be riprodurre la chiusura e la differenza del sistema cognitivo e non potrebbe nemmeno aver luogo "dentro " al sistema . Il concetto però non esige che tutte le operazioni del sistema corrispondente siano operazioni di osservazione e di descrizione , e non esige nemmeno che le operazioni che lo sono pos­ sano essere osservate soltanto come tali . Con questa versione del concetto , che individua la 13

Questo sulla scorta della fondamentale operazione di indicazione/ distinzione secondo G . Spencer Brovvn, op. cit. , tna senza l 'intenzione di sviluppare un calcolo logico fortnale .

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specificità della cognizione nel processo di distinzio­ ne e nel concomitante processo di indicazione che così è reso possibile e necessario , si stabilisce allo stesso tempo come debbano essere intesi il disac­ coppiamento dall'ambiente e di conseguenza la chiu­ sura dei sistemi cognitivi. La conoscenza è qualcosa di diverso dall' ambiente , poiché l' ambiente non con­ tiene distinzioni, bensì è semplicemente così com'è . In altre parole : l' ambiente non contiene alcuna possi­ bilità di essere diversamente : accade come accade . Un osservatore potrebbe constatare che nell'ambien­ te ci sono altri osservatori, ma lo può fare soltanto se distingue questi osservatori da ciò che essi osservano ; oppure se li distingue da eventi ambientali che non indica come osservazioni. In altre parole : tutto ciò che è osservabile è una prestazione propria dell'os­ servatore , inclusa l'osservazione di osservatori. Nell 'ambiente , quindi, non c 'è nulla che corri­ sponda alla conoscenza , perché tutto ciò che corri­ sponde alla conoscenza dipende da distinzioni al­ l'interno delle quali si indica qualcosa come questo­ e-non-altro . Nell' ambiente non ci sono quindi nem­ meno cose o eventi , se con questi concetti si vuole indicare il fatto che ciò che in questo modo viene in­ dicato è diverso da qualcos ' altro . Nell 'ambiente non esiste ne mmeno un ambiente , in quanto appunto questo concetto indica qualcosa solo per distinzione da un sistema e pretende che si indichi per quale si­ stema l ' ambiente costituisca "un ambiente" . E tanto meno esistono dei sistemi , se si prescinde dalla co­ noscenza (per questo sopra abbiamo detto: esistono dei sistemi) . La distinzione sistema/ambiente è essa stessa un 'operazione essenzialmente cognitiva . 62

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Questa impostazione non permette di concludere in alcun modo che l' ambiente non sia reale . Non permette nemmeno di concludere che al di fuori del sistema cognitivo non esista nulla . Una tale conclu­ sione sarebbe appunto una forma di conoscenza , in quanto si basa sulla distinzione fra " nulla " e " qual­ cosa " , quindi, detto in modo tradizionale , usa " nulla " come un sostantivo ( nomen)14; e anch' essa si base­ rebbe , appunto in quanto conoscenza , sulla rinuncia alla corrispondenza alla realtà . Indicazioni come "realtà " (materia , ultimate rea­ lity) oppure "mondo " si basano da parte loro , per la conoscenza, su distinzioni. Formulano l 'unità di ciò che viene distinto attraverso una distinzione - o se si vuole : formulano lo " spirito" della distinzione . An­ ch' esse quindi corrispondono alla chiusura del siste­ ma cognitivo, poiché anch' esse possono essere otte­ nute soltanto con l 'aiuto di una distinzione - nel no14

Cfr. con conseguenze per il problema posto pa ral­ lelatnente del tnale : Anseltno da Ca nterbtiry, De casu dia­ boli, c it. da Opera o1nn ia, Seckau - Rotna - Edinbtirg, 1 938- 1 96 1 ; rist. Stuttgart - Bad Cannstatt , Frotntnann Holzboog, 1 968 , vol . I , p . 248 sgg . Cotn' è noto , proprio qtiesto ha costretto la teologia a stibordinare paradossal­ tnente la distinzione creatum/increatu 1n alla distinzione essere/non-essere, sebbene quella presupponga questa , in qti anto soltanto con la creazione sorge la possibilità di in­ dic are qtialcosa in tnodo negativo . Cfr. per esetnpio Gio­ vanni Scoto Eritigena , Periphyseos (De divisione naturae), I , I e II , c it . dall 'ed . di I . P. Sheldon-Williatns , vol . I, D u­ blin , Instittite for Advanced Stu dies , 1 978 , p . 37 sgg . Sti qtiesto torneremo .

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stra caso : con l'aiuto della distinzione fra sistema e ambiente . Non facciamo altro che indic are in modo diver­ so lo stesso stato di fatto , se diciamo che la distin­ zione con la quale di volta in volta u n sistema co­ gnitivo osserva è il suo "punto cieco " , o la su a strut­ tura latente , in qu anto questa distinzione non può essere a sua volta distinta , altrimenti si dovrebbe utilizzare un' altra distinzione , appunto questa , co­ me distinzione-guida e ciò nuovamente in modo cieco . E si intende di nu ovo la stes sa cos a quando si dice che o gni processo di osservazione presup­ pone e genera il trac ciamento di u n c onfine , un ta­ glio che attraversa il mondo , una lacerazione del­ l' u nmarked space.

III Una teoria operativa della conoscenza osserva il processo cognitivo come un genere di operazione che essa può distinguere da operazioni d' altro tipo . Vista come operazione , la conoscenza o accade o non accade , a seconda che l ' autopoiesi del sistema possa essere proseguita mediante un'operazione di questo tipo oppure no . La conseguenza più impor­ tante di questa impostazione è che a tale scopo non fa alcuna differenza se il processo cognitivo produca verità oppure errori. La fisica , la biochimica e la neu­ rofisiologia del processo cognitivo sono chiaramente le stesse in entrambi i casi: non è che per gli errori disponiamo di un altro c ervello o di altre parti del cervello che per le verità . 64

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Ma anche per le operazioni cognitive della co­ scienza e della comunicazione vale la stessa cosa 15 : né i sistemi di coscienza , né i sistemi di comunica­ zione sono empiricamente divisi lungo la linea di se­ parazione vero/non-vero . Per entrambi i valori di ve­ rità vengono impiegati lo stesso tipo di attenzione e lo stesso tipo di linguaggio 1 6 . Solo in questo modo si può spiegare il fatto che gli errori , in genere , ap­ paiano erroneamente come verità e che il problema consista nell' eliminazione degli errori. Il sistema au­ topoietico opera in modo anzitutto indifferente in ri­ ferimento a vero/non-vero e proprio questo rende possibil e e indispensabile imporre un corrisponden15

La te oria behavioristica della conoscenza aveva già affertnato addirittura che il proce sso c ognitivo è psicologi­ cantente indifferente anche nei confronti della distinzione oggetto/ conoscenza e che anche qti e sta distinzione sareb­ be intravista attraverso tin osservatore dell ' ossetVatore . Si veda Ne ss, op. cit., in part. p . 1 3 1 sgg. e p. 1 63 sgg . stilla differente psicologia dei gitidizi veri e falsi , distinti stilla scorta del criterio della prosectiZione o interrtiZione delle seqtienze di cotnportatnento (il che però pertnette soltan­ to di trarre conclusioni su errori riconosciuti) . 1 6 La stessa osservazione si trova già nell a seconda ri­ cerca logica di Frege , il qti ale distingue per questo fra " af­ ferrare " (jassen, erfassen) e " giudicare " ed evidenzia cotne «c on il negare non si fa diventare pensiero un non pen­ siero, né si fa diventare non pensiero tin pensiero)) (G . Fre­ ge , Die Verneinung. Eine logische Untersuch ung, in «Bei­ trage zur Philosophie des detitschen Idealistnu s», l , 1 9 1 81 9 1 9 , p . 1 49 ; tr. it . "La negazione . Una ricerca logica " , in Ricerche logiche, Milano, Gtierini e Associati, 1 988, p. 84) [N. d. T.] .

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te codice binario . Ma chi o che cosa realizza questa imposizione? Ogni operazione di distinzione , quindi anche la distinzione vero/non-vero , è una prestazione di un osservatore (noi definiamo infatti l'osservazione co­ me un'operazione che indica mediante una distin­ zione) . Anche osservare è un processo operativo e come tale è incapace di distinguere se stesso : quan­ do un osservatore maneggia la distinzione vero/non­ vero , non può distinguere allo stesso tempo se que­ sta stessa operazione sia a sua volta vera o non vera . La differenza fra l ' enunciato «A è)) e l' enunciato «E vero che A è" , su cui si è discusso parecchio , si rea­ lizza quindi osservando l'operazione di conoscenza , cioè mediante un' osservazione dell' operazione di os­ servazione , mentre l' osservazione primaria può solo distinguere "A" da qualcos 'altro . I logici si possono trovare costretti in questo caso a distinguere dei livelli , ma questo non fa che ripor­ tare indietro alla paradossalità di questa distinzione . Delle teorie empiriche della conoscenza dovrebbero piuttosto chiedersi in che modo dei sistemi cognitivi organizzino una corrispondente auto-osservazione , cioè come riescano a distinguere e neutralizzare gli errori prodotti in continuazione . A questa domanda risponde il concetto di codificazione binaria 1 7 . ,

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Cfr. anche N . Ltihtnann, "Distinctions directrices . Ober Codierung von Semantiken und Systemen " , in So­ ziologische A ufkla rung 4. Sozia les Systetn, Gesellschaft, Orga nisation, Opladen, Westdetitscher Verlag , 1 987, pp . 1 3-3 1 ; Idem, Okologische Kommunikation . Kan n die mo­ derne Gesellschaft sich auj' okologische Gefah rdungen ein-

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Ci sono ovviamente diversi modi per dotare i si­ stemi della capacità di auto-osservazione . Il sistema sociale della scienza , per esempio , osserva se stesso non solo in base al codice vero/non-vero , ma anche , anzi forse : prevalentemente in base al codice secon­ dario della reputazione . Sul piano della teoria della conoscenza , cioè al livello dell' osservazione e della descrizione di sistemi che osservano le proprie os­ servazioni , si deve essere in grado di distinguere , stando a tutto ciò , diverse distinzioni, vale a dire : l. la distinzione operazione/osservazione , per cui l ' osservazione è un' operazione di tipo particolare , e precisamente un' operazione che usa distinzioni , il che fa sì che la distinzione operazione/ osservazione diventi circolare (ma effettivamente la riteniamo in­ dispensabil e solo al livello ( !) della cibernetica di se­ condo ordine) ; 2 . la distinzione della referenza sistemica (sistema e ambiente) dell'osservatore di primo ordine dalla re­ ferenza sistemica (sistema e ambiente) dell'osservato­ re di secondo ordine , una distinzione che si dovreb­ be trovare attraverso un osservatore di terzo ordine 18 ; 3. la distinzione di etero-osservazione e auto-os­ servazione , il che presuppone la distinzione fra si­ stema e ambiente ; stellen?, Opladen, Westdeutscher Verlag, 1 986, p . 75 sgg. (tr. it . Cormun icazione ecologica . Può la società moderna ada tta rsi alle rminacce ecologiche?, Milano, Franco Angeli, 1 99 2 , p . 1 0 5 sgg. ) . 18 Cfr. su questo le analisi della questione : qu ali osser­ vazioni stanno alla base di tina descrizione , qti ando con­ tengono frasi sul " carattere lin1itato" della capacità di rea­ zione di un organismo? , in Ne ss , op. cit. , p . 5 6 sgg .

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4. la distinzione che concerne la questione , se l' osservazione di osservazioni miri a ciò che l 'osser­ vatore osservato osserva (se mira cioè a ciò di cui si occupa) oppure a ciò che l' osservatore osservato non è in grado di osservare (se mira cioè alla sua di­ stinzione) ; e infine 5 . la distinzione del codice binario vero/non-vero da altre forme di auto- o etero-osservazione . Solo una teoria della conoscenza che prenda in considerazione tutte queste distinzioni , le riferisca le une alle altre e risolva le paradossalità che nel frat­ tempo emergono , dovrebbe avere il diritto di defi­ nirsi " costruttivistica" . Solo una teoria di questo tipo , infatti , si attiene in modo rigoroso all' imperativo che impone di ricondurre tutto ciò che viene prodotto e riprodotto come conoscenza alla distinzione di di­ stinzioni (piuttosto che : a un "fondamento") . Fintan­ toché la teoria della conoscenza util izza un concetto di conoscenza di tipo biologico o psicologico , fin­ tantoché essa si riferisce quindi all' autopoiesi della vita o all 'autopoiesi della coscienza per giustificare il fatto che la conoscenza è possibile , può reclamare per sé lo status di osservatore esterno . Deve solo a mmettere però che soggiace , da parte sua , alle stes­ se condizioni fisiche/chimiche/biologiche/psicologi­ che della conoscenza che essa osserva . Le cose cambiano con un concetto sociologico di conoscenza , in quanto esiste una sola società , un so­ lo sistema complessivo per l' autopoiesi della comu­ nicazione . In questo modo il teorico della conoscen­ za finisc e per diventare lui stesso un topo in un la­ birinto e deve riflettere sulla posizione a partire dal­ la quale egli osserva gli altri topi. La riflessione , a 68

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questo punto , conduce non più soltanto al carattere comune delle condizioni, ma addirittura anche all'u­ nità del sistema della conoscenza , mentre tutte le " esternalizzazioni" devono essere giustificate come differenziazioni sistemi che . Soltanto la sociologia della conoscenza rende possibile un costruttivismo radicale che include se stesso .

IV Il costruttivismo resta una teoria empirica anche quando viene spinto così avanti. Ci si può quindi do­ mandare per quale ragione appaia "radicale " . Lo si può spiegare soltanto in modo storico. Nessuna teoria tradizionale della conoscenza (la logica di Hegel avrebbe bisogno di una trattazione a parte) è riuscita a osare così tanto , e non ci è riusci­ ta evidentemente per il fatto che il posto in cui si do­ vrebbe trattare di distinzioni era occupato dalla teo­ logia . Per verificarlo basta leggere Nicolò Cusano . Dio sta al di là di tutte le distinzioni , addirittura al di là della distinzione di distinzioni e della distinzione fra essere e non essere distinto 1 9 . Dio è il non-aliud, ciò 19

In un passaggio relativamente dettagliato si dice per esetnpio: «Est (Detis, N L ) enitn ante differentiatn otnnetn, ante differentiatn acttis et potentiae , ante differentiatn p os­ se fieri et posse facere , ante differentiatn lti cis et tenebrae, itntno ante differentiatn esse et non esse , aliquid et nihil atque ante differentiatn indifferentiae et differentiae, ae­ qtialitatis et inaequ alitatis et ita de ctinctis» (De venatione .

.

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che non è altro rispetto a qualcos ' altro 20 . Dio coinci­ de con tutto ciò che trascende il distinguere tutte le volte che si traccia una distinzione - quindi con tut­ to ciò rispetto a cui non si può concepire nulla di più grande e nulla di più picc olo , nulla di più veloce e nulla di più lento ( coincidentia oppositorum) . Ma quello che in questo modo deve essere indicato sen­ za poter essere distinto , deve trovare un accordo con la dottrina teologica della dogmatica cristiana : deve dimostrare di essere Persona e Unità Trinitaria , men­ tre allo stesso tempo costituisce (senza differenze) l ' essenza proprio per questo "misteriosa" delle cose . La teoria della conoscenza deve quindi presupporre che le cose , sebbene per essenza siano inconoscibi­ li, siano create come " contrazione" ( contractio) di Dio e per questo siano distinguibili ; e deve presup­ porre che Dio si renda in questo modo conoscibile nella sua inconoscibilità e che la verità , sebbene in definitiva inconoscibil e , consista per gli uomini nella corrispondenza delle loro distinzioni con quelle del­ le cose . Se nondimeno si volesse conservare la speranza (documentabile mediante testimonianze scritte) di beatitudine C beatitudo) che offre la visio Dei e si vo­ lesse allo stesso tempo insistere sulla possibilità di di­ stinguere Dio e di conseguenza sul divinam essensapientiae, cit. da Nicolò Ctisano , Ph ilosoph isch- Tbeologi­ sche Sch riften, a ctira di L. Gabriel , vol . I, Wien, Herder, 1 964 , p . 58) . 20 Si veda De non-aliud, cit. da Nicolò Cusano, Ph ilo­ soph isch - Tbeologische Schrijten, a ctira di L . Gabriel , vol . II , Wien , Herder, 1 966, rist. 1 982, pp . 44 3-5 65 .

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tiam per se incomprehensibilem esse2 1 , si dovrebbero salvaguardare delle possibilità di osservazione in Dio , e per la precisione : da un lato guardarsi bene dall' at­ tribuire a Dio l ' incapacità di auto-osservarsi, dall' altro evitare di avvicinarsi troppo al diavolo , il più audace osservatore di Dio . Questo ha richiesto una grande destrezza da parte della teologia sul piano della se­ cond arder cybernetics, quindi sul piano dell ' osserva­ zione di osservatori - siano essi gli electi, sia esso il diavolo , sia esso infine Dio stesso . La via d'uscita ha finito quindi fatalmente per coincidere con la conget­ tura secondo cui Dio avrebbe bisogno della Creazio­ ne e della dannazione del diavolo per riuscire a os­ servare se stesso e ha condotto alla stesura di opere che , secondo Cusano , degli spiriti impreparati, con i loro occhi deboli, farebbero meglio a non leggere 22 . Il partner ideale per il costruttivismo radicale , quindi, non è la vecchia teoria della conoscenza , ben­ sì la tradizione teologica (e per l'esattezza una teolo­ gia che , a causa delle sue pretese di precisione , andò oltre ciò che la teologia stessa poteva sopportare) 2 3 . Giovanni Scoto Eriugena , op. cit. , p . 54 . 22 Ap ologia doctae ignora ntiae, in Ph ilosophisch- Tbeo­ logische Schriften, cit . , vol . I, p . 578 . 2 3 Luhmann ha ribadito più volte questa tesi; cfr. per esetnpio N . Luhtnann, " Das Erkenntnisprogran1n1 des Kon­ struktivistnu s und di e tinbekannt bleibende Re alita t" , in Soziologische A ufklaru ng 5. Konstruktivistische Perspekti­ ven, Opladen, Westdetitscher Verlag , 1990 (rist. Wiesba­ den , VS Verlag fur Sozialwissenschaften, 2005 , p . 5 5 nota 1 0) ; Iden1, Die Wissenschaft der Gesellsch aft, Frankftirt a .M . , St1hrkamp , 1 990 , pp . 5 28-5 29 [N. d. T.] . 21

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Si capisce poi facil mente che bisogna anche distin­ guere la distinzione delle distinzioni con le quali la­ vora l 'osservatore e che possono essere osservate nel­ le operazioni d'osservazione dell'osservatore , da ciò che non viene distinto e che una volta veniva chia­ mato Dio, mentre oggi si chiama mondo, se si distin­ gue sistema e ambiente , oppure realtà, se si distingue oggetto e conoscenza .

v Si vorrà sapere ora come il processo di indicazione e distinzione sia possibile come operazione unitaria , costituita però da due componenti. Si arriva con ciò al­ la convinzione , già anticipata , secondo cui devono agi­ re in modo concomitante delle condizioni fortemente limitanti. Presumibilmente - di sicuro comunque nel campo delle operazioni dotate di senso della coscien­ za e della comunicazione - gioca un certo ruolo pro­ prio il fatto che sia possibile tenere d'occhio ancora una dualità come unità , o detto in altro modo : vedere dei contrasti. Inoltre si dovrà tener conto del tempo e riuscire quindi ad appurare che sistemi sufficiente­ mente complessi (e solo questi) sono in grado di pro­ durre grossi effetti a partire da piccole differenze (per esempio : passaggi che per il loro modo specifico di oscillare colpiscono l'attenzione) con l'aiuto di proces­ si che possiamo indicare come "amplificazione della devianza" oppure , seguendo una consuetudine lingui­ stica della ricerca sul linguaggio , come "ipercorrezio­ ne" . Ma questo ovviamente presuppone il disaccop­ piamento del sistema , cioè il sorgere di un tempo pro72

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prio per le proprie operazioni, in rapporto a un am­ biente dato come sempre contemporaneamente . Que­ sto di nuovo rinvia all'esigenza di una memoria , cioè da una parte a una continua verifica della coerenza in base all' attivazione di strutture di volta in volta perti­ nenti; dall'altra parte a uno schema di osservazione che interpreti le incoerenze che insorgono o come dif­ ferenze spaziali o come differenze temporali, separan­ dole in questo modo le une dalle altre. Ma per questa strada non facciamo altro che giun­ gere a una specificazione sempre più ampia dell' im­ probabil ità evolutiva dei sistemi cognitivi, che sono comunque pur sempre possibili . Potremmo anche arrivare a dire che fa una certa differenz a , e forse an­ che quale differenza faccia , il fatto che la capac ità di discriminazione del processo cognitivo venga fonda­ to , per ciò che riguarda la sua autopoiesi, in modo biochimico , psichico o comunicativo . Qui però non intendiamo seguire ulteriormente questo programma di ricerca , perché non offrirebbe alcun contributo in più al chiarimento della differenza fra oggetto e co­ noscenza . Seguendo questa strada impariamo qual­ cosa sulla realtà delle operazioni cognitive ma nulla sulla realtà di ciò che queste operazioni dovrebbero presupporre al di fuori di sé come sconosciuto e in­ conoscibil e . Nella "Confutazione dell'idealismo" , che abbiamo già citato , Kant usa un argomento temporale . L'am­ biente presenta chiaramente qualcosa che , in contra­ sto con le operazioni mutevoli del sistema , appare sta­ bile , permanente , qualcosa , insomma , che rende pos­ sibile tornare indietro , ripetere e così via (sebbene le identificazioni indispensabili a questo scopo siano già 73

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di nuovo un problema del sistema cognitivo) . Kant ar­ gomenta in modo poco preciso e considera questo "permanente " una condizione dell'esistenza del siste­ ma nel tempo , mentre semmai dovrebbe essere tratta­ to come condizione dell'identificazione della sua esi­ stenza nel tempo . Si deve prendere in considerazione anche la relazione temporale inversa : il sistema co­ gnitivo è in grado di occuparsi dello stesso oggetto , mentre ciò che si presta a essere indicato in questo modo è già cambiato di nuovo . E ancor più sorpren­ dentemente : il sistema cognitivo può , nella misura in cui dispone di linguaggio , utilizzare delle espressioni costanti per indicare qualcosa che si concepisce come incostante - per esempio la parola "movimento " per indicare il movimento . Il sistema non ha bisogno , in altri termini, di simulare il cambiamento attraverso dei cambiamenti interni. Tutto ciò serve ancora solo come punto d'appoggio piuttosto incerto per indicare il fat­ to che il processo di differenziazione di un sistema co­ gnitivo conduce in tutti i modi a delle condizioni che hanno una relazione d'ordine con l'ambiente basata sulla contemporaneità , non più sul ritmo o sulla sin­ cronia - il che si può ottenere solo quando anche nel­ l'ambiente si presentano delle discontinuità temporali rispetto alle quali il sistema può distinguere le proprie operazioni. Possiamo completare queste riflessioni tornando su un saggio di Fritz Heider finora ignorato nella teo­ ria della conoscenza all 'interno dell 'università 2 4 . Si Si veda Ding und Medium, «Symposion", l , 1 926 , pp . 1 09-1 57; tr. ingl . (ridotta) Thing and Mediutn, «Psychologi­ cal l ssties)) , l , 3 , 1 95 9 , pp . 1- 3 4 . 24

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tratta qui delle condizioni reali di possibilità della percezione in cui si ha l' impressione della distanza . Heider postula , come proprietà del mondo esterno che rende possibile questo tipo di percezione , una differenza fra accoppiamento relativamente sciolto e accoppiamento relativamente stretto , quindi aria da una parte e rumori dall' altra , oppure luce da una par­ te e oggetti visibil i dall ' altra . Essenziale è la differen­ za , in quanto nella misura in cui l ' aria stessa facesse rumore e la luce stessa diventasse visibile , divente­ rebbe impossibile percepire distintamente . In altri termini : si devono dare dei substrati fisici in accop­ piamento sciolto e accoppiamento stretto , affinché si possano formare dei sistemi che possano approfitta­ re di questa differenza e possano osservare con il suo aiuto il primo lato della differenza , vale a dire la forma . Il substrato accoppiato in modo sciolto serve come medium, il substrato accoppiato in modo stret­ to serve come forma . La differenza serve come con­ dizione di possibil ità della percezione a condizione che essa , a sua volta , non sia percepibile . E la struttura necessariamente latente della percezione e solo una teoria del processo di percezione può ricono­ scere , sul piano della cibernetica di secondo ordine , cioè sul piano dell' osservazione dell 'osservatore che percepisce , che le cose stanno così. Non è difficile generalizzare questa differenza medium/forma . Si può , per esempio , concepire la struttura "granulosa" (in senso ottico o acustico) , cioè la struttura accoppiata in modo sciolto del linguaggio come medium per mez zo del quale si possono for­ mare delle frasi; oppure il denaro come medium per la formazione di prezzi. A condizioni particolari le ......

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forme (per esempio : le parole) possono servire a lo­ ro volta come medium per un sistema cognitivo che invisibilizza per il momento questa differenza . Ciò mostra la portata di questa idea , ma allontana di nuovo dalla teoria della conoscenza . Decisivo è il presupposto di partenza che si dia una differenza , impiegata in modo fisico (o in qualunque altro mo­ do) , fra accoppiamento sciolto e accoppiamento stretto , senza la quale non si potrebbe sviluppare al­ cun sistema cognitivo , altrimenti il sistema stesso re­ sterebbe vincolato alle coincidenze date sui propri confini, senza assumere una distanza spazio/tempo­ rale rispetto al proprio ambiente . Un lavoro concettuale raffinato potrebbe aggiun­ gere che il medium non può consumarsi attraverso la produzione di forme , bensì deve rigenerare se stesso ; che la forma è di volta in volta più resistente (più capace di affermarsi) rispetto al medium, senza però che vi sia sotto una misteriosa razionalità ; e che anche il rispettivo medium, in quanto substrato ac­ coppiato in modo sciolto (quindi comunque sempre come accoppiamento , quindi come struttura) , è a sua volta percepibile come forma quando , a questo sco­ po, si può mettere a disposizione un medium ap­ propriato (per esempio : uno strumento di misurazio­ ne con elevato potenziale di scioglimento) 25 . Si giun25

Questo distingue la distinzione medium/forma dalla tradizionale distinzione tnateria/fortna, che in definitiva giungeva a un concetto di tnateria incorpore a , poiché la tnateria senza fortna , tenendo conto della detertninatezza qualitativa/quantitativa di ttitti i corpi, non poteva essere concepita diversatnente .

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ge in questo modo , infine , alla fisica quantistica co­ me a una teoria che non fa altro che descrivere at­ traverso i fisici le osservazioni dei fisici, una teoria quindi che è basata sul piano della cibernetica di se­ condo ordine e descrive , in modo correlato , la realtà come qualcosa di indeterminabile . Questo però si­ gnificherebbe soltanto che l'osservazione di osserva­ zioni, la misurazione e la prognosi dei risultati di mi­ surazioni producono delle forme che trasformano se stesse in un medium. Oggi sappiamo che è possibi­ le , perciò facciamo esperimenti anche in altri ambiti, per esempio nella poesia moderna . Ma questo non vuol dire che l 'auto-osservazione del mondo sarebbe possibile senza la differenza latente di medium e for­ ma . La conoscenza è possibil e , dunque , non in un ambiente " qualsiasi" , bensì soltanto in un ambiente adatto a questo scopo . Questo però non ci dà il di­ ritto di parlare di " adattamento" della conoscenza al­ la realtà 2 6 . Soltanto adesso , a ragione , non si può soddisfare insieme a tutto il resto l' ottimismo evolu­ zionistico di una cibernetica dell'autoregolazione che con lo stesso, unico modello cerca di spiegare tanto i miglioramenti delle prestazioni quanto pure l 'adat­ tamento . In ogni modo le ricerche scientifiche , viste nel contesto dell 'ecologia , fanno piuttosto l' impres­ sione contraria . La devianza rispetto a ciò che sem­ bra essere dato già a priori cresce continuamente , in quanto la conoscenza corregge se stessa in slanci Z6

Questa conclusione errata si trova in E . von Glaser­ sfeld , op. cit., p . 80 sg. , p . 1 1 2 , p . 200 sgg. (il che deradi­ calizza in modo radicale il stio costrtittivismo radicale) .

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sempre più audaci . Questo è realmente possibile ma solo ancora per il momento, oggi direbbero al­ cuni -; ma si potrebbe riuscire a descrivere , in modo più chiaro e più consapevole dei rischi , che cosa succede là fuori. La conoscenza proietta delle distin­ zioni in una realtà che non conosce alcuna distin­ zione e , in questo modo , si concede una libertà che comunque non è prevista . Oggi non si presumereb­ be più che essa proceda liberamente , sul piano ope­ rativo , senza ragioni27 , perché anche questo sarebbe appunto un giudizio sull' attribuzione , quindi cono­ scenza . Ma ci si può chiedere , e una teoria della co­ noscenza oggi dovrebbe essere in grado di farlo , che tipo di ordine potrà essere raggiunto in un tale pro­ cesso di rafforzamento prolungato della devianza .

VI Ci sono quindi pur sempre alcuni punti d'appog­ gio per la tesi secondo cui la realtà , che resta scono­ sciuta , non renderebbe possibile alcuna conoscenza se fosse completamente entropica . Il fatto però è che il processo cognitivo non può trasformare in una di­ stinzione quello che , dal lato della realtà , costituisce una sua condizione di possibilità , perché si tratte­ rebbe di nuovo di una prestazione interna , in con­ traddizione con l ' intenzione di un aggancio con l ' e­ sterno . La conoscenza resta , in modo singolare , una costruzione basata su distinzioni e come tale non co27

Così il diavolo in Anselmo da Canterbury. Si veda De casu dia boli, cit .

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nosce nulla di ciò che al di fuori di lei corrisponde­ rebbe alla conoscenza stessa . Nell 'ambito di questo " esterno " , che la conoscenza indica come " oggetto" mediante la distinzione fra autoreferenza e eterore­ ferenza , si possono dare delle condizioni di possibi­ lità della conoscenza - e possiamo presumere che si nascondano in discontinuità temporali e oggettive , in differenze di velocità di variazione oppure in diffe­ renze dell'accoppiamento strutturale di elementi . Ma se le cose stanno così , allora la conosc enza è co­ stretta a non utilizzare queste distinzioni, poiché so­ lo rinunciando a ciò può raggiungere una chiusura operativa . Così torniamo di nuovo alla questione se non si dovrebbero proprio per questo adottare concetti sen­ za differenza C e per ciò paradossali) . Il concetto tra­ dizionale di Dio aveva attirato su di sé tale questio­ ne assorbendola . Per alcuni questo può bastare . Noi vogliamo presentare , senza troppo impegno , tre con­ cetti ulteriori che potrebbero ricordare molto alla lontana la dottrina trinitaria . Si deve parlare di mondo per indicare l'unità del­ la differenz a fra sistema e am biente, di realtà per in­ dicare l 'unità della differenza fra oggetto e conoscen­ za, di senso infine per indicare l'unità della differen­ za fra attualità e possibilità. Tutti questi concetti so­ no " senza differenza " nel senso che includono anche la propria negazione . La negazione del mondo può essere eseguita soltanto nel mondo ; la negazione della realtà può essere eseguita soltanto come ope­ razione reale ; anche la negazione del senso , infine , h a senso. "Assenza di differenza " significa quindi in tutti questi casi che ciò che viene indicato non può 79

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essere definito a partire da un contro-concetto , ben­ sì soltanto a partire da una distinzione molto specifi­ ca che sta alla base di ciò che viene indicato . Si tenga ben presente di nuovo che devono esse­ re distinzioni di partenza assai specifiche (e niente affatto distinzioni qualsiasi) 28 . Questo conferma la te­ si secondo cui la conoscenza , nonostante e proprio a causa della necessità della chiusura , è un tipo di operazione estremamente improbabil e . I concetti-li­ mite di cui abbiamo parlato si possono ottenere sol­ tanto a partire dalla conoscenza e in questo caso , se si fa il confronto con il numero sterminato delle di­ stinzioni possibili, ci sono solo poche possibilità . Inoltre si deve prestare attenzione al fatto che le di­ stinzioni citate : sistema/ambiente , oggetto/conoscen­ za , attualità/possibil ità , presentano una vistosa asim­ metria . Sono capaci di connessione solo da un lato e solo da un lato rendono possibil e una re-entry nel senso della logica di Spencer Brown , vale a dire : un ri-entro della distinzione in ciò che viene distinto . Così solo nel sistema il mondo può essere un con­ cetto di orientamento che riconduce dentro al siste­ ma la differenza fra sistema e ambiente . Così la dif­ ferenza fra oggetto e conoscenza è una distinzione imm a nente alla conoscenza e , conformemente a ciò , la supposizione secondo cui la realtà dovrebbe esse­ re qualcosa che abbraccia entrambi i lati è basata sul­ la realizzazione della conoscenza . Così infine la dif28

Per questo anche la ultimate reality non è mai l ' as­ soluto - cotne per esetnpio in F. H . Bradley, Essays on Trnth and Reality, Oxford, Clarendon Press, 1 91 4 (rist. Bri­ stol , Thoemmes, 1 999) .

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ferenza fra attualità e possibilità fa senso solo quan­ do viene eseguita in actu, vale a dire : quando l ' ope­ razione che viene eseguita in un certo momento rin­ via a un orizzonte di possibilità ulteriori (mentre che si tratti in questo caso di possibilità reali, oppure di possibilità che sono solo concepite , o presentate in modo semplicemente fittizio , è indifferente) . In queste analogie si può riconoscere una struttu­ ra che serve alla risoluzione della paradossalità del­ l 'unità del differente . Sempre solo un osservatore però vede una paradossalità di questo tipo , il che vuol dire tra l ' altro che la forma di una teoria che vie­ ne descritta a partire dalla sua funzione di risoluzio­ ne delle paradossalità ammette la questione relativa agli equivalenti funzionali , ovvero (se tratta il para­ dosso dell'osservazione come se fosse un osservato­ re) : la questione relativa a Dio . In ogni caso il problema non sta semplicemente sul piano della semplice esecuzione delle operazioni autopoietiche di quei sistemi che si impegolano in un processo di indicazione e distinzione , osservazio­ ne e descrizione . Anche a questo proposito si può dire soltanto : accade quando accade e non accade quando non accade . Se invece si vuole distinguere che cosa accade , si deve osservare l' accadere come un processo di osservazione . E proprio questo è il compito della teoria della conoscenza .

VII Qualsiasi siano le condizioni che si debbono sem­ pre dare affinché diventi realmente possibil e un pro81

Conosc enza com e costruziorze

cesso cognitivo , la conoscenza può riconoscere le proprie condizioni dal fatto stesso di essere possibile : può ammettere che esse ci siano azionando la pro­ pria possibil ità . La conoscenza fa quello che fa e mo­ stra in questo modo di essere possibile . Non è que­ sto il problema . Il problema consiste piuttosto nelle condizioni dell'incremento e , oggi in modo crescen­ te , nelle condizioni della compatibilità ambientale dell'incremento delle prestazioni cognitive . Le teorie classiche avevano presupposto questa compatibilità nel concetto stesso di conoscenza e l'avevano artico­ lata con formule del tipo assimilatio, "rappresenta­ zione" , oppure " adattamento " . Persino le teorie ciber­ netiche della conoscenza partono talvolta ancora dal fatto che l 'adattamento della conoscenza all 'ambiente si migliorerebbe , nel corso dell'evoluzione , mediante l 'ampliamento e il collegamento autoreferenziale dei circuiti di regolazione . Noi sostituiamo questa pro­ spettiva con la seguente questione : come fa un siste­ ma a costruire la propria complessità e , in questo sen­ so, a incrementare le sue prestazioni cognitive in ba­ se alla condizione della chiusura cognitiva? E chiaro che si pensi qui al linguaggio e in effetti ci sono delle strette connessioni fra la ricerca lingui­ stica e la teoria costruttivistica della conoscenza . Ma­ turana , per esempio , fa dipendere come abbiamo già visto il concetto di osservazione dalla disponibilità del linguaggio . Anche Ernst von Glasersfeld vede nel­ la ricerca linguistica il problema chiave e la base em­ pirica di dimostrazione del costruttivismo radicale 2 9 . ......

29

Si veda la sua raccolta di saggi Wissen, Spracb e und Wirklichkeit, cit.

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ciò viene incontro il fatto che la linguistica , fin dai tempi di Saussure ha rinunciato chiaramente alla teo­ ria dei segni nel senso di una referenza esterna del linguaggio e conserva la parola " segno " (e i suoi de­ rivati come "semiologia" , sem iotics) ancora soltanto come concetto per indicare gli elementi del sistema utilizzati in modo operativo . Ma proprio così si nasconde un problema . Le operazioni di conoscenza , infatti , sono completa­ mente differenti a seconda del tipo di sistema che le produce . Si devono distinguere i sistemi psichi ci da quelli sociali, la coscienza attualmente operativa dal­ la comunicazione . Entrambi i sistemi sono in grado di utilizzare linguaggio tanto per l 'articolazione del pensiero , quanto per l ' articolazione della comunica­ zione . Per entrambi i sistemi soltanto attraverso il lin­ guaggio diventa possibil e la costruzione di una pro­ pria complessità nella misura per noi consueta . En­ trambi i sistemi operano nondimeno come sistemi chiusi in base a condizioni operative (autopoietiche) e strutturali completamente separate . Non esiste ne mmeno la più piccola interferenza , in quanto il collegamento ricorsivo con altre operazioni dello stesso sistema di riferimento sottopone tutto ciò che in un sistema funge da operazione elementare a del­ le condizioni di connessione completamente diffe­ renti. Da un lato quindi non si può ignorare il linguag­ gio e non si deve sottovalutare in alcun modo la sua portata . Dall 'altro lato il linguaggio non corrisponde tuttavia al sistema che consente di costruire la cono­ scenza come un'operazione reale . Il linguaggio non è affatto un sistema , piuttosto effettua l ' accoppiamento

A

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strutturale fra coscienza e comunicazione . Il che vuol dire : il linguaggio costituisce un proprio medium (fa t­ to di suoni o di segni ottici, oppure su questa base : di parole) che accoppia in forme appropriate e in questa maniera mette a disposizione dei sistemi coin­ volti una differenza medium/forma altamente specifi­ ca come medium, di modo che si possano costruire tanto nella coscienza quanto nella comunicazione delle forme specificamente linguistiche , sia nel caso in cui si pensi in modo linguistico , sia nel caso in cui la comunicazione formi di momento in momento fra­ si differenti, sfruttando così delle possibil ità linguisti­ che attraverso combinazione e scioglimento . Contro queste complicazioni , che non possiamo evitare se vogliamo restare fedel i al proposito di concepire i sistemi a partire dalle operazioni basali che ne tracciano i confini, si infrange l'alleanza fra teoria del linguaggio e costruttivismo . Il linguaggio conserva una funzione centrale per il continuo ac­ coppiamento strutturale delle operazioni psichiche e comunicative : affascina la coscienza ; accentra l' atten­ zione sul suo particolare repertorio di forme appari­ scenti , di tipo ottico o fonetico ; assicura che , quan­ do si svolge la comunicazione , anche la coscienza , indispensabile a questo scopo , sia co-attivata in mi­ sura sufficiente ; limita i gradi di libertà della co­ scienza durante lo svolgimento della comunicazione , sebbene contemporaneamente resti pur sempre pos­ sibile percepire avvenimenti non comunicativi, riflet­ tere su contenuti di senso non comunicati, e soprat­ tutto : ingannare consapevolmente per mezzo del lin­ guaggio . Durante la comunicazione ci si può anche affidare alla capacità di registrazione dei sistemi psi84

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chic i, alla loro memoria e , almeno finché non esiste la scrittura , la continuazione della comunicazione di­ pende da questo presupposto , per quanto essa pos­ sa , come sempre , sopravvalutare le effettive presta­ zioni mnemoniche . Dall' altra parte , senza la possibi­ lità di imma ginare pensieri foneticamente o ottica­ mente in forma di parole , anche la coscienza reste­ rebbe fortemente vincolata a ciò che percepisce di momento in momento (se in questo caso si vuole parlare in generale di coscienza) . Tutte queste riflessioni lasciano intravedere il si­ gnificato di un accoppiamento strutturale fra sistemi psichici e sistemi sociali compatibile con l' acquisi­ zione di complessità , un accoppiamento che può es­ sere spiegato soltanto mediante linguaggio . Ciò non­ dimeno il linguaggio , da parte sua , non parla . Può tenere pronte delle forme per la costruzione di c o­ noscenza o più esattamente : può tenere pronta una specifica differenza fra medium e forma . Ma per la realizzazione tanto psichica quanto sociale di opera­ zioni cognitive valgono innumerevoli altre limitazio­ ni che non si possono rendere comprensibili attra­ verso delle analisi linguistiche , bensì soltanto attra­ verso delle analisi psicologiche oppure sociologiche . Questo vale non da ultimo per la condizione della chiusura autoreferenziale e autopoietica dei sistemi e per le sue conseguenze interne . Finché i sistemi erano definiti con il concetto va­ go di " connessione" 3 ° , non si poteva proporre l' ana30

Spesso nella forma secondo cui i sistemi sarebbero connessi internatnente in tnodo più stretto o più denso ri­ spetto che con il loro atnbiente .

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lisi precedente : coscienza , comunicazione e lin­ guaggio sono ovviamente connessi l 'uno con l ' altro , e lo sono a tal punto che anche nella tradizio nale teoria dei sistemi non si era pensato di vedere in questo c aso dei sistemi differenti . Si distingueva al­ lora , secondo una concettualità che non poteva es­ sere esplic itata in modo sufficiente , uomo e natura , oppure " sc ienze dello spirito " e " scienze della natu­ ra " . Se invece si osservano i sistemi non più come oggetti particolari, connessi internamente in modo particolarmente denso, bensì a partire dalla diffe­ renza sistema/ambiente , si arriva a un design teori­ co completamente diverso . La questione fondamen­ tale allora è : quali operazioni (autopoietiche) deter­ minano la chiusura di un sistema? E inoltre : quale forma di accoppiamento strutturale assume la con­ nessione fra sistema e ambiente , quando sorge tale chiusura? Una trasformazione di questo tipo ha conse­ guenze di ampia portata , oggi ancora difficil mente valutabil i. Per la teoria della conoscenz a essa con­ duce alla tesi del costruttivismo radicale secondo cui la conoscenza è possibile solo se e in quanto i si­ stemi si chiudono sul piano delle loro operazioni di indicazione e distinzione e in questo modo diventa­ no indifferenti nei confronti di ciò che , di c onse­ guenza , viene escluso come ambiente . La convin­ zione che si possa ottenere conoscenza solo attra­ verso l'interruzione delle relazioni operative verso il mondo esterno non significa perc iò che la c ono­ scenza non sia nulla di reale o che non indichi nul­ la di reale ; significa soltanto che non può esistere nulla nell ' ambiente che corrisponda alle operazioni 86

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per mezzo delle quali un sistema cognitivo si diffe­ renzia , poiché , se così fosse , il sistema si dissolve­ rebbe continuamente nel rispettivo ambiente e in seguito a ciò renderebbe impossibile il processo co­ gnitivo .

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Nota bio-bibliog rafica

Nella prima parte di questa nota (A) il lettore tro­ verà alcune notizie biografiche relative a Niklas Luh­ mann , seguite dalle edizioni originali delle sue ope­ re principali. Nella seconda parte (B) troverà indica­ te invece le principali traduzioni italiane disponibili, selezionate in base a un criterio sia di rilevanza , sia di attualità . Una bibliografia pressoché completa delle opere di Luhmann si trova in C . Baraldi , G . Corsi e E . Espo­ sito , Luh mann in Glossario . I concetti fondamentali della teoria dei sistemi sociali, Milano , Franco Ange­ li, 1997 2 . Un ottimo strumento di consultazione , con­ tenente anche una rassegna della letteratura secon­ daria principale , è il volume di D . Krause , Luhmann­ Lexikon . Bine EinfUhrung in das Gesamtwerk von Niklas Luhmann, Stuttgart, UTB - Lucius & Lucius , 20054 . Una monografia introduttiva all 'opera di Luh­ mann , arricchita da una breve rassegna della lettera­ tura secondaria suddivisa per argomenti , è il libro di D . Horster, Niklas Luhmann, Miinchen , Beck, 1 997

(2005 2).

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Nota bio- bibliograjìca

A) Niklas Luhmann: vita e opere 1927

Niklas Luhmann nasce a Li.ineburg 1 '8 di­ cembre .

1943-45 E arruolato nell'aeronautica militare . Nel settembre del 1 94 5 viene rilasciato da un .....

campo di prigionia sotto il controllo degli . . amer1can1.

1946-49 Studia Giurisprudenza a Friburgo . 1954

Assistente del Presidente dell'Alta Corte Amministrativa di Li.ineburg .

1960

Si sposa con Ursula von Walter.

1960-6 1 Fellowship all' Università di Harvard , dove approfondisce la conoscenza della teoria sociologica di Talcott Parsons .

1964

Funktionen und Folgen formaler Organisationen (Funzioni e conseguenze delle orga­ n izzazioni formali) .

1966

Discute la sua tesi di dottorato e la tesi di abilitazione a Mi.inster, sotto la supervisione di Helmut Schelsky e Dieter Claessens .

1968

Viene nominato Professore di Sociologia al­ l'Università di Bielefeld . Pubblica Zweckbe­ griff u nd System ra tiona litiit. Uber die Funktion von Zwecken in sozialen Syste90

Niklas L uh mann

men (Il concetto di scopo e la razionalità del sistema) , un' opera che risente ancora profondamente dell' influenza del funziona­ lismo sociologico di Parsons .

1969

Legitimation durch Verfah ren (Procedi­ menti giuridici e legittimazione sociale) .

1970

Esce il primo dei futuri sei volumi della Soziologische Aufkliirung (Illumin ismo socio­ logico) , nei quali Luhmann raccoglie i prin­ cipali articoli e saggi da lui scritti e pubbli­ cati intorno ai principali problemi della teo­ ria dei sistemi sociali .

197 1

Tiene con Ji.irgen Habermas una celebre disputa scientifica i cui risultati verranno pub­ blicati col titolo Tbeo rie der Gesellschaft oder Sozialtechnologie. Was leistet die Sy­ stemforsch ung? ( Teoria della società o tec­ nologia sociale) .

1972

Pubblica Rechtssoziologie (Sociologia del diritto) .

1974

Diventa membro della Rheinisch-Westfali­ sche Akademie der Wissenschaften .

1977

Pubblica Funktion der Religion (Fu nzione della religione) , dedicato alla moglie appe­ na scomparsa. Si trasferisce a Oerlinghau­ sen , nei pressi di Bielefeld.

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Nota bio- bibliograjìca

1980

Esce il primo dei quattro volumi dedicati al­ la sociologia del sa pere Gesellschaftsstruk­ tur u nd Semantik. Studien zu r Wissensso­ ziologie der modernen Gesellschaft ( Strut­ tura della società e semantica) .

1982

Pubblica Liebe als Passion (Amore come passione) .

1984

Esce l' opera fondamentale Soziale Systeme. Grundrifl einer allgemeiner Tbeorie ( Siste­ m i sociali) , con la quale la teoria dei siste­ mi subisce una svolta decisiva segnata dal­ l' introduzione del concetto di " autopoiesi " .

1988

Comincia a sistemare in modo organico e pubblicare i risultati delle sue ricerche in­ torno ai singoli sottosistemi funzionalmente differenziati della società moderna ; la pri­ ma monografia è Die Wirtschaft der Gesell­ schaft (L 'economia della società) . Il 2 3 ot­ tobre tiene la conferenza Erkenntn is als Konstruktion C Conoscenza come costruzio­ ne) presso il Kunstmuseum di Berna .

1989

Ottiene il Premio Hegel dalla città di Stutt­ gart, tenendo in questa occasione un di­ scorso dal titolo Paradigm lost: Ober die etische Reflexion der Mora/ (Paradigma perduto) ; in suo onore Robert Spaemann tiene una Laudatio sulla sfida rappresenta­ ta dall' opera di Luhmann alla filosofia .

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1990

Die Wissenschaft der Gesellschaft (La scien­ za della società) .

199 1

Soziologie des Risikos ( Sociologia del ri­ sch io) .

1992

Beobach tungen der Moderne ( Osservazioni del moderno)

1993

Das Recht der Gesellschaft (Il diritto della società) . Gli viene conferita la carica di Pro­ fessore Emerito .

1995

Die Kunst der Gesellschaft (L 'arte della so­ cietà) .

1996

Die Realitat der Massenmedien (La realtà dei mass media) .

1997

Esce in due volumi l ' opera alla quale ha la­ vorato per oltre trent' anni e che racchiude i risultati del suo programma di ricerca sul­ la teoria della società : Die Gesellschaft der Gesellschaft (La società della società) .

1998

Muore il 6 novembre a Oerlinghausen , for­ se per gli effetti di un virus contratto in Egitto.

2000

Escono postume , a cura di A. Kieserling, Die Politik der Gesellschaft (La politica della so­ cietà) e Die Religion der Gesellschaft (La re­ ligione della società) ; nello stesso anno vie93

Nota bio- bibliograjìca

ne pubblicata Organisation und Entschei­ dung ( Organizzazione e decisione) , l' opera che raccoglie i risultati di quarant'anni di stu­ di sulla sociologia dell' organizzazione e sul­ le scienze dell'amministrazione .

2002

Esce postumo , a cura di D . Lenzen , Das Er­ ziehungssystem der Gesellschaft (Il sistema educativo della società) .

B) Principali traduzioni italiane Teoria della società o tecnologia sociale, Milano , Etas Kompass, 1973. Sociologia del diritto, trad . di A. Febbrajo , Roma-Ba­ ri, Laterza , 1977 . Illuminismo sociologico, Milano , Il Saggiatore , 1 983. Strn ttu ra della società e semantica, Roma-Bari , Later­ za , 1983 . Sistem i sociali. Fondamenti di una teoria generale, trad . di A. Febbrajo e R. Schmidt , Bologna , il Mu­ lino, 1990 . La differenziazione del diritto, a cura di R. De Gior­ gi, Bologna , il Mulino , 1 990 . Funzione della religione, a cura di S . Belardinelli, Brescia , Morcelliana , 1 99 1 . 94

Niklas L uh mann

Teoria della società, con R. De Giorgi, Milano , Fran­ co Angeli, 1 99 1 . Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, a cu­ ra di A. Febbrajo , Milano , Giuffrè , 1 99 5 . Osservazion i sul moderno, Roma , Armando , 1 99 5 . Sociologia del rischio, tra d . di G . C orsi , Milano , Mon­ dadori, 1 996 . La realtà dei mass media, trad. e intr. di E . Esposito, Milano , Franco Angeli , 2000 . La fiducia, intr. di R. De Giorgi , Bologna , il Mulino ,

2002 .

Organizzazione e decisione, tra d . e intr. di G . Corsi, Milano , Mondadori, 200 5 . Il pa radigma perduto, a cura di G . Bonaiuti , Roma , Meltemi, 200 5 . Amore come passione, Milano , Mondadori, 2006 .

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