Come sono diventata una mamma Montessori e ho trovato la felicità 9788811603450

Il metodo creato da Maria Montessori è molto più che un sistema pedagogico: è un modo di vivere oltre che di insegnare.

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Come sono diventata una mamma Montessori e ho trovato la felicità
 9788811603450

Table of contents :
Indice......Page 89
Frontespizio......Page 3
L’autrice......Page 2
Il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli......Page 8
Il metodo Montessori è un bene per il mondo......Page 9
1.1. La mia storia di mamma montessoriana......Page 10
1.2. Il metodo Montessori alla luce della scienza......Page 12
I periodi sensibili......Page 13
I neuroni specchio......Page 14
Riassunto del capitolo 1......Page 15
2.1. I quattro piani dello sviluppo......Page 17
2.1.1. Primo piano: infanzia (da 0 a 6 anni). «mente assorbente»......Page 20
2.1.2. Secondo piano: fanciullezza (da 6 a 12 anni). «mente ragionatrice»......Page 23
2.1.3. Terzo piano: adolescenza (da 12 a 18 anni). «mente umanistica»......Page 25
2.1.4. Quarto piano: maturità (da 18 a 24 anni). «mente specialista»......Page 27
2.2. Bisogni e tendenze umane......Page 28
Ordine......Page 29
Lavoro......Page 30
Il controllo dell’errore che conduce alla perfezione......Page 31
2.3. Il maestro interiore......Page 32
La normalizzazione......Page 34
2.4. La piramide a tre piani: i tre pilastri del metodo montessori......Page 36
Riassunto del capitolo 2......Page 38
3.1. Il metodo Montessori come stile di vita......Page 40
3.2. La normalizzazione in casa......Page 42
Materiali naturali......Page 43
Offrire attività di vita pratica......Page 44
Riassunto del capitolo 3......Page 45
4.1.1. La trasformazione dell’adulto......Page 47
4.1.2. I principi basilari della filosofia montessoriana e la loro messa in pratica......Page 52
4.2. L’ambiente preparato......Page 62
Cambiamenti nell’ambiente preparato a partire dai sei anni......Page 64
4.3. Attività e materiali in casa......Page 65
Controllo dell’errore......Page 66
Lezioni in tre tempi......Page 67
Come presentare un’attività......Page 69
Riassunto del capitolo 4......Page 70
5.1. Io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male......Page 72
5.2. Non sarà una moda passeggera?......Page 73
Che cosa c’è di vero......Page 74
5.4. Non voglio che i miei figli siano considerati «bestie rare»......Page 75
5.5. Il mio ambiente rende molto difficile la trasformazione......Page 76
Soprattutto, non farne una ragione di conflitto......Page 77
Riassunto del capitolo 5......Page 78
6. Crea il tuo piano d’azione......Page 80
7. Idee e ispirazioni per i momenti difficili......Page 84
Riferimenti bibliografici......Page 87
Indice analitico......Page 88

Citation preview

L’autrice

Cristina Tébar è nata e cresciuta a Madrid. Ha iniziato a scrivere della sua esperienza come educatrice e madre montessoriana sul sito www.montessoriencasa.es agli inizi del 2013, e ha subito ottenuto un enorme successo di pubblico.

www.garzanti.it

facebook.com/Garzanti

@garzantilibri

www.illibraio.it In copertina: progetto grafico e illustrazione di Laura Dal Maso / theWorldofDOT Traduzione dallo spagnolo di Stefania Cherchi Titolo originale dell’opera: Montessori en casa © Cristina Tébar, 2016 Originally published in the Spanish language by Plataforma Editorial in 2016. This edition is published in Piergiorgio Nicolazzini Literary Agency (PNLA)

ISBN 978-88-11-60345-0 © 2018, Garzanti s.r.l., Milano

Gruppo editoriale Mauri Spagnol Prima edizione digitale: marzo 2018 Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

Ai miei figli, i miei maestri

In questo libro parlerò di «genitori» per riferirmi in forma generica agli adulti che abitualmente si occupano dei bambini, che siano padri, madri, zii, zie, nonni, nonne… Analogamente, parlerò del «bambino» per riferirmi in modo generico ai bambini e alle bambine, come faceva Maria Montessori nei suoi scritti. Parlando di «guida» mi riferirò in generale alle guide montessoriane, sia maschili sia femminili.

1. PERCHÉ DOVREI INTERESSARMI AL METODO MONTESSORI SE NON SONO UN INSEGNANTE?

Se hai in mano questo libro, immagino tu abbia già un certo interesse riguardo a quello che sto per raccontarti, tuttavia mi piacerebbe cominciare dandoti due buone ragioni per convincerti definitivamente: la prima è che il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli, e la seconda che è un bene per il mondo. Tutto qui? Pretendo di convincerti a continuare nella lettura solo con queste ragioni? Lascia che mi spieghi meglio.

Il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli Tutti vorremmo un mondo migliore, ma è altrettanto vero che per noi la cosa più importante sono i nostri figli – è assolutamente lecito, non dobbiamo sentirci egoisti per questo, e fra poco te ne spiegherò il motivo –, perciò cominceremo enumerando alcuni valori e atteggiamenti che un bambino può sviluppare se gli viene offerta un’educazione montessoriana: capacità di prendere decisioni; capacità di concentrazione; capacità di percezione; indipendenza; libertà; senso della giustizia; capacità di formulare giudizi di valore; razionalità; creatività; capacità di essere felici;

autodisciplina; automotivazione; autocontrollo (fisico e mentale); amore per l’apprendimento; rispetto per gli altri, per l’ambiente e per sé stessi; responsabilità; sicurezza di sé. Se ci fai caso, tutte queste caratteristiche possono rappresentare un grande vantaggio per i tuoi figli, e non solo per loro, ma anche per le persone con cui avranno a che fare nel corso della loro vita e per l’ambiente su cui avranno influenza. Se ti sentivi egoista pensando soltanto al bene dei tuoi figli, adesso puoi constatare che quel bene lo condivideranno con il mondo. E questo ci porta alla seconda argomentazione.

Il metodo Montessori è un bene per il mondo Il grande obiettivo di Maria Montessori non era quello di facilitare l’apprendimento della matematica attraverso alcuni materiali manipolativi, né far sì che i bambini imparassero a leggere e a scrivere da soli con un metodo che rispettasse i loro ritmi e le loro necessità. Tutto ciò ovviamente fa parte del metodo Montessori, ma l’obiettivo principale, la base su cui si fonda tutto il resto, è educare alla pace. Maria Montessori visse le due guerre mondiali e fu coinvolta anche dalla guerra civile spagnola. Nel 1931, a Londra, conobbe il Mahatma Gandhi, e da quel momento in poi si tenne in contatto con lui, specialmente negli anni in cui visse in India. Tutto ciò la segnò in maniera profonda e, insieme con la sua immensa fiducia nel potenziale dei bambini, la spinse a investire tutte le sue energie nella divulgazione dell’idea che bisognerebbe lavorare per la pace a partire dall’educazione dei più piccoli. Sia Gandhi sia Montessori avevano una fede assoluta nel potenziale dei bambini e nell’importanza della loro educazione come cammino verso un futuro migliore per tutta l’umanità. A volte le persone che la pensano così vengono accusate di essere sognatrici, visionarie e addirittura ingenue, ma esattamente in questo consiste la fede: nel credere in qualcosa senza avere dati o fatti che la sostengano. È evidente a tutti che viviamo in tempi

convulsi, e come umanità possiamo prendere varie strade: io, come tanti altri sognatori-visionari (lasciamo da parte l’ingenuità), credo che se avremo fiducia nell’immenso potenziale dei bambini e sapremo accompagnare adeguatamente il loro sviluppo e la loro educazione, avremo scelto la via migliore. Maria Montessori diceva che «un’educazione capace di salvare l’umanità richiede non poco: essa include lo sviluppo spirituale dell’uomo, la sua valorizzazione, e la preparazione del giovane a comprendere i suoi tempi» (Montessori, 1951), e credo che questa frase riassuma perfettamente l’obiettivo di un’educazione montessoriana. Gandhi, d’altra parte, aveva un’idea molto simile su quale dovrebbe essere la via della pace: «Se vogliamo raggiungere una pace vera in tutto il mondo e se vogliamo realizzare una vera guerra alla guerra, dobbiamo cominciare dai bambini, perché se crescono nella loro innocenza naturale non ci sarà lotta, […] ma si andrà di amore in amore e di pace in pace, finché ogni angolo del mondo non sarà coperto da quella pace e da quell’amore di cui, consciamente o inconsciamente, tutto il mondo ha fame». Se queste motivazioni ti hanno convinto e ti spingono a continuare nella lettura, ti faccio le mie congratulazioni: hai fra le mani la possibilità di apportare un piccolo contributo per realizzare il mondo migliore di cui stavamo parlando. Spero che questo libro ti sia d’aiuto e di ispirazione per poter svolgere questo importante compito. Dopo questa introduzione, voglio approfittare di questo primo capitolo per parlarti dell’importanza del metodo Montessori da due punti di vista: il mio personale in qualità di madre e quello della scienza.

1.1. La mia storia di mamma montessoriana La mia trasformazione in «mamma montessoriana» non è avvenuta dalla sera alla mattina, né si è verificata automaticamente nel momento in cui sono diventata madre. Ho sentito parlare del metodo Montessori dopo i miei primi mesi come neomamma, e mi è sembrato subito molto interessante. Vedendo che in molti aspetti corrispondeva alle mie idee sull’educazione, ho deciso di indagare un po’ più a fondo. I miei studi precedenti avevano qualcosa a che vedere con l’educazione, ma non con il metodo Montessori. Sono laureata in Scienze ambientali e ho

sempre avuto passione per l’educazione ambientale, per questo avevo concluso la mia carriera accademica conseguendo un certificato di Attitudine pedagogica, preparandomi così a diventare insegnante di scuola secondaria. Ma una volta entrata nel mondo dei concorsi ho capito che non faceva per me e ho deciso di indirizzare la mia vita lavorativa su un altro binario, che mi ha portato a fare due lavori che con l’educazione non centravano molto. Ma è questo che succede diventando madre: il mondo intero va a gambe all’aria, costringendoti a riprogrammare le tue priorità e a riorganizzare la tua scala di valori. Con la nascita del mio primo figlio è rinato in me l’interesse per la pedagogia, e ho scoperto Maria Montessori. Che mi ha catturata. La prima cosa che mi ha attirata del metodo Montessori sono stati i suoi materiali, soprattutto quelli dell’area matematica. Quando hai litigato con la matematica per anni, fino a odiarla, e all’improvviso scopri un materiale manipolativo che ti fa vedere la bellezza e la magia di una formula… qualcosa ti si muove dentro e ti viene da pensare: “Ma se questa cosa esiste da più di cent’anni, perché nessuno me l’ha detto?”; “Ma se la matematica è tanto appassionante, perché dobbiamo impararla con metodi che ce la fanno odiare?”. E questo vale per qualsiasi altra materia. Quel momento di rivelazione mi ha spinta a interessarmi alla pedagogia montessoriana, e ho cominciato ad approfondirla pensando di scoprire un metodo in grado di alimentare l’amore per l’apprendimento; in quel momento non sapevo ancora che il metodo Montessori va molto al di là di quanto i materiali possono offrire. Man mano che leggevo gli scritti di Maria Montessori mi innamoravo della sua filosofia, del suo rispetto per i ritmi di apprendimento di ogni bambino e della sua visione dello sviluppo dell’essere umano fin dalla nascita. Così ho deciso di integrare la filosofia montessoriana nel nostro stile educativo e, quasi senza rendermene conto, nel nostro stile di vita. All’inizio la mia intenzione era di offrire ai miei figli i benefici più evidenti del metodo Montessori: indipendenza, amore per l’apprendimento, capacità di pensare con la propria testa, responsabilità, autodisciplina… Ma via via che mi immergevo nelle profondità della filosofia di Maria Montessori ho scoperto che il suo metodo andava molto oltre, che non serviva solo a dotare i bambini di certi strumenti e capacità per la vita, o a educarli a determinati valori… Quello che facciamo con il metodo Montessori è accompagnare lo sviluppo dell’essere umano affinché ogni bambino possa trasformarsi nella persona migliore possibile, e brillare in tutto il suo potenziale, realizzando la

sua missione nel mondo e nel cosmo e così sentendo che la sua vita ha un senso che va al di là della sua mera esistenza. Questo è il messaggio principale che cerco di trasmettere quando qualcuno mi domanda: «Che cos’è questo metodo Montessori?», ed è il messaggio che ho in mente ogni volta che devo prendere una decisione, anche la più piccola, in relazione all’educazione dei miei figli. È il messaggio che voglio comunicarti con questo libro.

1.2. Il metodo Montessori alla luce della scienza Maria Montessori ideò la sua pedagogia più di un secolo fa a partire dall’osservazione diretta di migliaia di bambini. Sarebbero dovuti passare molti anni prima che, attraverso studi scientifici, si arrivasse a spiegare tutto ciò che lei aveva scoperto. Ancora oggi il tempo continua a darle ragione e le nuove scoperte della neuroscienza confermano la validità del suo metodo e della sua filosofia. Sono almeno otto i principi basilari della pedagogia montessoriana dimostrati scientificamente (Lillard, 2008). 1. 2. 3. 4.

5. 6. 7.

Movimento e capacità cognitive sono strettamente correlati, e il movimento è necessario per il pensiero e per l’apprendimento. Apprendimento e benessere migliorano quando la persona sente di avere il controllo della propria vita. Si impara meglio quando si prova interesse per ciò che si impara. Offrire ricompense esterne per la realizzazione di una determinata attività (compresi i buoni voti dopo aver sostenuto un esame) ha un impatto negativo sulla motivazione quando si smette di offrire tali ricompense. L’apprendimento migliora quando i bambini lavorano in gruppo e collaborano fra loro. L’apprendimento è più ricco quando avviene in un contesto significativo rispetto a quando avviene in un contesto astratto. Determinate forme di interazione fra adulto e bambino ottimizzano i risultati del bambino.

8.

L’ordine dell’ambiente circostante favorisce lo sviluppo del bambino.

E che dire della neuroscienza? Negli ultimi anni sta rivoluzionando la maniera di intendere il cervello umano e il suo funzionamento, spingendoci a riformulare il nostro modo di apprendere e di educare. Anche queste scoperte dimostrano la validità della pedagogia montessoriana. Credo dunque che valga la pena soffermarci su questo aspetto.

La neuroscienza Quando Steve Hughes parla del metodo Montessori come del «miglior metodo d’apprendimento basato sullo sviluppo del cervello», lo fa con cognizione di causa. Hughes infatti è l’ex presidente dell’Accademia americana di neuropsicologia pediatrica, e per molti anni ha studiato i benefici che l’educazione montessoriana può apportare allo sviluppo neurologico.

L’interazione mano-cervello Uno dei benefici più evidenti del metodo Montessori per quanto riguarda lo sviluppo neuronale consiste nell’uso delle mani come strumento d’apprendimento. Grazie alla neuroscienza sappiamo che la quantità di risorse che il cervello utilizza per processare le informazioni che riceve attraverso le mani è proporzionalmente molto superiore alla quantità di risorse impiegate per processare quelle ricevute dalla totalità del corpo. Ciò significa che le mani rappresentano la principale fonte di informazioni per il cervello, pertanto devono svolgere un ruolo cruciale nell’apprendimento, esattamente come avviene nel metodo Montessori. Inoltre ci sono studi che dimostrano che i risultati dell’apprendimento pratico sono molto migliori rispetto a quelli dell’apprendimento mediante osservazione.

I periodi sensibili Maria Montessori osservò che i bambini, specialmente nella fascia d’età

compresa tra zero e sei anni, attraversano periodi nei quali dimostrano uno speciale interesse per una determinata attività. Questi periodi sensibili sono stati chiamati anche finestre d’opportunità e, più di recente, la neuroscienza li ha identificati come tappe in cui il cervello ha bisogno di una determinata stimolazione per svilupparsi correttamente. Più avanti ti parlerò meglio di questi periodi sensibili.

Le reti neuronali È stato elaborato un modello di funzionamento e di organizzazione del cervello secondo il quale le diverse aree del cervello non lavorano indipendentemente le une dalle altre, ma sono collegate tramite reti neuronali. Queste reti neuronali si sviluppano mediante l’esperienza. Non sappiamo ancora esattamente come avviene questo processo di maturazione, ma sappiamo che ci sono alcune pratiche che lo favoriscono, per esempio la ripetizione, cui si presta molta attenzione in un ambiente montessoriano soprattutto nella tappa da zero a sei anni, quando il bambino mostra una tendenza naturale a ripetere un’attività per perfezionare determinate abilità. Un altro modo di favorire lo sviluppo delle reti neuronali è tramite le attività sensoriali, altro punto forte del metodo Montessori soprattutto nella fascia d’età da tre a sei anni, quando il lavoro con materiali sensoriali è particolarmente importante.

I neuroni specchio Maria Montessori definì la mente assorbente come la capacità del bambino di età compresa tra zero a sei anni di assorbire informazioni dall’ambiente circostante tramite i sensi, e a decenni di distanza la scoperta dei neuroni specchio ha confermato scientificamente ciò che lei aveva stabilito attraverso l’osservazione. I neuroni specchio hanno sede nel lobo frontale del cervello degli esseri umani e di altre specie, compresi i primati e gli uccelli, e si attivano quando l’animale o l’essere umano compie un’azione oppure osserva un altro individuo della sua specie che compie la stessa azione. In un ambiente montessoriano la presentazione dei vari materiali e i gruppi di età mista fanno sì che i bambini apprendano sia attraverso le proprie attività sia attraverso l’imitazione.

Le funzioni esecutive Le funzioni esecutive sono le capacità mentali incaricate di risolvere in maniera cosciente, volontaria ed efficace la maggior parte dei problemi che si presentano all’individuo. Numerosi studi hanno dimostrato che tali abilità sono essenziali per l’apprendimento sia cognitivo sia sociale ed emotivo. Flessibilità cognitiva: è la funzione che ci permette di adattarci ai cambiamenti dell’ambiente o delle priorità e che attiva il nostro pensiero creativo quando dobbiamo risolvere un problema. Controllo inibitorio: comprende la capacità di concentrare l’attenzione su un determinato compito nonostante le distrazioni (concentrazione), di portare avanti tale compito fino alla fine (disciplina) e di resistere agli impulsi rispondendo in un certo modo (autocontrollo). Memoria di lavoro o memoria operativa: è la capacità di trattenere nella mente le informazioni per utilizzarle in un secondo tempo. Ci permette di mettere in relazione fra loro le idee e di prendere decisioni tenendo conto delle informazioni di cui disponiamo. È evidente che le funzioni esecutive hanno un ruolo importantissimo nella nostra vita ed è cruciale favorirne lo sviluppo, che comincia nell’infanzia e continua a perfezionarsi fino alla vita adulta. In un ambiente montessoriano si lavora su tutte queste abilità, come vedremo in seguito.

RIASSUNTO DEL CAPITOLO 1 Le idee principali di questo capitolo sono: Il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli. Il metodo Montessori è un bene per il mondo. Il metodo Montessori è molto di più dei

materiali: è accompagnare lo sviluppo dell’essere umano. La scienza moderna conferma quello che Maria Montessori ha scoperto a partire dall’osservazione.

2. UNA VISIONE GLOBALE DEL METODO MONTESSORI

Cosa imparerai da questo capitolo? Quando avrai finito di leggere questo capitolo ti sarai fatto un’idea generale di cosa sia il metodo Montessori come pedagogia e come filosofia di vita. Ciò ti aiuterà a mettere ordine in tutte le informazioni che stai ricevendo (o che già possiedi) e che forse ti sembrano un po’ scoraggianti: a partire da ora, tutte queste informazioni scollegate cominceranno a comporsi in un insieme sensato.

2.1. I quattro piani dello sviluppo Sulla base di una lunga esperienza di osservazione dei bambini, Maria Montessori elaborò due schemi che illustrano le diverse tappe dello sviluppo umano dalla nascita ai ventiquattro anni, un arco temporale così ampio che nessun altro metodo pedagogico aveva mai considerato prima. Queste tappe, denominate «i quattro piani dello sviluppo», sono la base che può aiutarci a comprendere i bisogni del neonato-bambino-adolescente-giovane in ogni fase di crescita e a favorire lo sviluppo delle sue potenzialità invece di reprimerle. La Figura 1 mostra i quattro piani dello sviluppo in forma geometrica, differenziati e associati fra loro. La forma triangolare indica la parabola delle caratteristiche di quella età compiuta in ogni singola fase. Durante i primi tre anni di ogni fase le sensibilità tipiche di quella tappa aumentano fino a raggiungere un picco massimo; poi diminuiscono d’intensità fino a scomparire, cedendo il passo alle sensibilità tipiche della tappa successiva. L’infanzia e l’adolescenza sono identificate con il colore più scuro. Queste due tappe presentano molte similitudini, essendo entrambe caratterizzate da creatività e grandi cambiamenti fisici e psicologici. Il colore più chiaro identifica invece la fanciullezza e la maturità, periodi di calma e di stabilità nei quali si perfezionano le abilità acquisite nella tappa precedente.

Figura 1: Il ritmo costruttivo della vita

Fonte: NAMTA Sotto il grafico principale, un altro grafico mostra la struttura del sistema educativo convenzionale, in cui la quantità di contenuti e di materie impartiti all’alunno cresce in modo regolare in funzione dell’età, senza tener conto dei bisogni propri dello sviluppo naturale dell’essere umano. La parola causalità indica il fatto che nell’educazione convenzionale l’apprendimento si produce per causa ed effetto: il professore è la causa e l’alunno che apprende è l’effetto. In contrasto con questa impostazione, nel grafico superiore leggiamo la parola finalità, dato che, quando si rispettano i piani dello sviluppo, l’apprendimento si produce in forza di una finalità stabilita dalla natura più profonda dell’essere umano. Nella Figura 2 Maria Montessori rappresentò i quattro piani dello sviluppo in modo meno geometrico e più naturale. Figura 2: Il bulbo

Versione preparata per Plataforma Editorial Una delle differenze rispetto allo schema della Figura 1 sta nel fatto che in questo caso l’infanzia e l’adolescenza sono rappresentate da una sorta di bulbo che le identifica come più importanti e delicate e perciò più bisognose di attenzione e di cure, e si dà chiaramente più peso al piano dell’infanzia e soprattutto al sotto-piano da zero a tre anni. In questa figura il passaggio da un piano all’altro si produce in modo più graduale, come effettivamente avviene nella vita reale. Questo si nota soprattutto nella transizione dal colore scuro al colore chiaro che si produce fra i tre e i sei anni. Anche l’inclinazione del bulbo ci fornisce informazioni assenti nella Figura 1: il ritmo di sviluppo e di crescita va diminuendo fino a trasformarsi in una linea orizzontale a partire dai diciotto anni. Nella parte inferiore della Figura 2 è raffigurato il sistema educativo convenzionale, che in questo caso riguarda anche la tappa da zero a sei anni e include i metodi didattici adottati per le diverse tappe educative. In questo modo Maria Montessori mette in evidenza la frammentazione e la mancanza di continuità fra le varie tappe del sistema educativo esistente. Analizzeremo ora in maniera più dettagliata i quattro piani dello sviluppo. Per non opprimerti fin da subito e sapendo che l’argomento è fitto di informazioni, alla fine di questo capitolo ho riassunto in uno schema le caratteristiche principali di ciascun piano.

2.1.1. Primo piano: infanzia (da 0 a 6 anni). «Mente assorbente» All’inizio di questo primo piano dello sviluppo, proprio nel punto che corrisponde alla nascita, si trova una fiamma; indica che il neonato racchiude in sé le «potenzialità creatrici dell’uomo». A questa energia interiore, capace di guidare lo sviluppo dell’essere umano, Maria Montessori diede il nome di horme. Di questa energia o maestro interiore ti parlerò più avanti nel libro. Il motto di questo primo piano dello sviluppo potrebbe essere: «Aiutami a fare da solo», una frase utilizzata molto spesso per definire il metodo Montessori. Il piano dell’infanzia è diviso in due sotto-piani: da zero a tre anni: mente assorbente incosciente; da tre a sei anni: mente assorbente cosciente. In entrambi i sotto-piani l’apprendimento avviene tramite impressioni sensoriali che il bambino riceve dall’ambiente circostante. Nella tappa da zero a tre anni il bambino non ne è consapevole, mentre in quella da tre a sei anni porta a termine un compito con uno scopo di cui è cosciente. Il primo piano dello sviluppo è un periodo di grandi cambiamenti, soprattutto durante i primi tre anni di vita, che sono di massima importanza nello sviluppo fisico e psicologico del bambino. In questo primo triennio si verificano le crisi evolutive che tanto spesso stupiscono i genitori. Le crisi evolutive Le crisi evolutive sono periodi di transizione fra due tappe. Se le conosciamo e le comprendiamo, ci sarà più facile offrire al bambino il nostro appoggio, evitando di trasformarci in un ostacolo al suo sviluppo o di fraintendere il suo comportamento definendolo capriccioso. La parola «crisi» di solito ha una connotazione negativa, ma il suo significato originario è quello di giudizio. Non dobbiamo affrontare queste crisi come momenti problematici e rassegnarci dicendo: «È solo una tappa, poi gli passa», bensì come periodi che mettono alla prova sia il bambino sia noi. E dobbiamo tenere a mente che dopo aver attraversato questa prova il bambino avrà fatto un passo ulteriore nella sua evoluzione. Figura 3: Crisi evolutive

Fonte: «Las crisis evolutivas de los primeros 3 años», disponibile nel sito www.montessoriencasa/las-crisis-evolutivas-the-crisis-of-development. Crisi della nascita Con la nascita si produce la separazione fisica dal corpo della madre. Per nove mesi il bambino si prepara a questa prova, e nel momento in cui nasce deve dimostrare di essere capace di respirare, di cercare il seno della madre, di mettere in funzione il proprio sistema digestivo eccetera. Durante le prime sei/otto settimane di vita, ovvero nel periodo simbiotico, il neonato ha bisogno di sviluppare un forte attaccamento alla madre, perciò è meglio favorire l’intimità del nucleo famigliare ed evitare la sovrastimolazione. Nel corso di queste prime settimane il neonato si adatta alla vita fuori dall’utero e comincia a sviluppare fiducia nell’ambiente, a partire dalla sicurezza delle braccia materne. Alla fine di questo periodo è pronto per interagire con il mondo. Crisi dell’introduzione dell’alimentazione complementare Attorno ai sei mesi il bambino è pronto per l’integrazione del latte materno con altri alimenti. In questa crisi si mette alla prova la sua capacità di masticare e digerire altri cibi, e di imparare a mangiare da solo. Alcuni segnali ci indicano quando il bambino è pronto per fare questo passo: la capacità di stare seduto da solo, la comparsa dei primi denti, l’interesse per il cibo eccetera. L’introduzione di vari alimenti deve sempre rispettare il bambino. Non

bisogna costringerlo a mangiare e non bisogna infilargli il cibo in bocca: basta limitarsi a metterglielo davanti e lasciare che sia lui stesso ad avvicinarsi al cucchiaio. Il metodo baby led weaning (alimentazione complementare), che negli ultimi anni ha conquistato molta popolarità, è un’ottima soluzione. Crisi dello spostamento Attorno ai nove mesi il bambino comincia a esercitare la capacità di spostarsi, allontanarsi dalla madre e poi tornare da lei, dapprima gattonando e in seguito camminando. Con questa crisi si mettono alla prova le abilità motorie che il bambino ha sviluppato fin dalla nascita, specialmente se noi adulti non glielo abbiamo impedito e abbiamo rispettato la sua libertà di movimento. In questo periodo è importante trasmettergli fiducia con il linguaggio del corpo e le espressioni del viso, e non frenare né forzare i suoi progressi. Di solito in questo momento il bambino comincia a manifestare anche la «paura dell’estraneo», poiché ormai è consapevole del proprio corpo e del proprio spazio e non tollera che uno sconosciuto lo invada. Crisi dell’autoaffermazione La crisi dell’autoaffermazione comincia attorno ai diciotto mesi, quando il bambino inizia a pronunciare la parola «no», e si ritiene che abbia termine quando il bambino inizia a pronunciare in modo consapevole la parola «io». Comunemente viene definita la crisi dei due anni. In questo periodo il bebè si trasforma in bambino, perciò in certi momenti si comporta ancora come un bebè e in altri invece come un bambino. Ciò può confondere i genitori e spingerli a pensare che il figlio sia capriccioso o che li stia prendendo in giro. Quando il bambino dice «no» sta cercando di affermare la sua opinione, di mettere in chiaro che non è più un bebè bisognoso di qualcuno che prenda tutte le decisioni in sua vece, ma riguardo ad alcune cose è capace di decidere da solo. Un chiaro esempio riguarda i vestiti: in questo periodo è molto importante lasciare che il bambino scelga fra due magliette invece di farlo noi al suo posto. Per noi non comporta un grosso sforzo, mentre per il bambino è una cosa completamente diversa perché si sente ascoltato, capace e soddisfatto di poter esercitare un certo controllo sulla propria vita. È importante capire e accompagnare il bambino in questa fase, perché è il momento in cui sviluppa la fiducia in sé stesso, a differenza delle tappe

precedenti in cui sviluppava la sua fiducia nei confronti dell’ambiente. I periodi sensibili Un’altra caratteristica del primo piano dello sviluppo è che si tratta dell’unico momento nella vita dell’essere umano in cui si manifestano i periodi sensibili, noti anche come finestre di opportunità. In questi periodi il bambino mostra un grande interesse per un’abilità concreta e la perfeziona tramite la ripetizione. Una volta trascorso il periodo sensibile per una certa abilità, è molto più difficile che si produca un apprendimento naturale e spontaneo. In ogni caso, questo apprendimento richiederà sempre un certo sforzo. Ti farò un esempio molto chiaro: il periodo sensibile per il linguaggio va da zero a sei anni; durante questi primi anni un bambino è capace di apprendere senza sforzo una o più lingue, partendo da zero e raggiungendo un livello madrelingua in ciascuna di esse. Dopo questa età, invece, imparare una nuova lingua ci costerà molta più fatica e non arriveremo mai a padroneggiarla completamente. I periodi sensibili più rappresentativi sono i seguenti: Movimento: dalla nascita ai quattro anni; Raffinamento dei sensi: dalla nascita ai cinque anni; Linguaggio: dalla nascita ai sei anni; Ordine: dai dodici mesi ai tre anni e mezzo; Modi, grazia e cortesia: dai due ai sei anni; Scrittura: dai quattro ai cinque anni; Numeri: dai quattro ai cinque anni e mezzo; Lettura: attorno ai cinque anni e mezzo. Non bisogna comunque dimenticare che si tratta di un elenco semplicemente orientativo. I periodi sensibili possono variare notevolmente da un bambino a un altro. Inoltre non c’è unanimità nell’identificazione stessa dei vari periodi. Il modo migliore per capire se tuo figlio è in un periodo sensibile è osservarlo, individuando in ogni momento quali sono i suoi interessi.

2.1.2. Secondo piano: fanciullezza (da 6 a 12 anni). «Mente

ragionatrice» In questo piano si sviluppa il pensiero astratto: il bambino esplora il mondo oltre il suo ambiente immediato cercando l’indipendenza intellettuale. Se il motto del primo piano dello sviluppo era: «Aiutami a fare da solo», quello del secondo sarà: «Aiutami a pensare da solo». Fra i sei e i sette anni avvengono cambiamenti importanti nel modo in cui il bambino apprende e si rapporta con il mondo: Passa dalla mente assorbente alla mente ragionatrice, dall’assorbimento di informazioni concrete al ragionamento su concetti astratti; Acquisisce tutto ciò che ha a che fare con la cultura, mentre nella tappa da zero a sei anni il suo obiettivo principale era di adattarsi all’ambiente circostante; Ha bisogno di entrare in relazione con gli altri cercando una forma di attività organizzata. Nelle parole di Maria Montessori, «questo è proprio il periodo nel quale possono essere gettati i semi di ogni cosa, perché la mente del bambino è come un campo fertile, pronto a ricevere quello che germinerà poi in forma di cultura» (Montessori, 2007). Come si fa a gettare il seme di ogni cosa? La risposta di Montessori è l’educazione cosmica, pietra angolare del suo metodo per la scuola primaria, poiché allaccia fra loro tutti gli apprendimenti realizzati in questo secondo piano dello sviluppo e li riconnette in una totalità che è il cosmo. Se l’idea dell’universo viene presentata al bambino in maniera adeguata, risveglieremo non solo il suo interesse, ma anche la sua ammirazione e il suo stupore. Questi sono ancora più forti dell’interesse e possono accendere in lui la scintilla della curiosità. In questo modo le conoscenze che il bambino acquisirà in seguito saranno sempre inquadrate nella totalità dell’universo, e la sua intelligenza si organizzerà attorno a una visione globale che lo spingerà a interessarsi di ogni cosa poiché, all’interno di questa visione, tutto è interconnesso. Sul piano fisico e fisiologico, questo è un periodo di calma e di crescita uniforme, senza grandi cambiamenti e con una salute molto più forte rispetto al piano precedente. Se gliene diamo l’opportunità, non ci sono limiti a ciò

che un bambino può raggiungere in questa tappa della vita. Purtroppo, molto spesso si sottovaluta il potenziale di questi anni. Maria Montessori comprese che mentre «al bambino ancora piccolo era sufficiente il piccolo mondo chiuso della famiglia, in cui stabiliva i suoi primi rapporti sociali con gli altri. Nel secondo periodo gli è necessario un campo più vasto per le sue esperienze sociali. La sua personalità non si può sviluppare restando nell’ambiente ristretto dei primi anni […]. La scuola come ambiente chiuso, come è concepita oggi, non è più sufficiente per lui. Mancano gli elementi per un pieno sviluppo della sua personalità; si osserva in lui una certa regressione, talune manifestazioni caratteriologiche che non esitiamo a definire anomalie: in realtà si tratta semplicemente di reazioni a un ambiente divenuto insufficiente. Ma di questo non ci rendiamo conto; e poiché è sottinteso che il fanciullo deve fare ciò che gli ordina l’adulto, anche se l’ambiente in cui vive non è più adatto ai suoi bisogni, quando egli manifesta degli sbalzi di carattere diciamo che è “cattivo”, e lo puniamo; ma il più delle volte ignoriamo la causa di questa “cattiveria”» (Montessori, 1994). L’affermazione secondo cui un bambino è «cattivo» quando manifesta un brutto comportamento non è tipica esclusivamente di questa tappa. Come abbiamo già visto, nel primo piano dello sviluppo capita di pensare che un bambino sia capriccioso o ribelle quando mostra un comportamento associato a una crisi dello sviluppo, o semplicemente sta seguendo il suo maestro interiore. Nel secondo piano dello sviluppo la situazione è simile: il bambino si ribella quando il suo ambiente non gli permette di svilupparsi o non soddisfa i suoi bisogni. E non sto parlando delle necessità di base, come ti sarà chiaro più avanti quando analizzeremo i bisogni e le tendenze umane.

2.1.3. Terzo piano: adolescenza (da 12 a 18 anni). «Mente umanistica» Durante questa tappa si crea l’adulto. L’adolescente è ansioso di comprendere l’umanità e quale contributo egli stesso possa apportare alla società, e desidera l’indipendenza sociale, economica ed emotiva. Il motto di questo terzo piano dello sviluppo potrebbe essere: «Aiutami a pensare con te». Sul piano fisico e fisiologico è un periodo di grandi cambiamenti, accompagnati da una salute più cagionevole e da un’esigenza di nutrimento e

di riposo che spesso non viene presa in considerazione dal sistema scolastico convenzionale. Ho sempre pensato che gli adolescenti siano profondamente incompresi e ingiustamente etichettati – lo pensavo quando ero adolescente io stessa e lo penso tuttora. Quando sei adolescente è normale che tu stesso non riesca a capirti, ma se non puoi contare sull’appoggio e sulla comprensione di chi ti circonda, questo momento critico può trasformarsi in una corsa a ostacoli davvero sfiancante. Per questo è di vitale importanza che gli adulti (genitori, professori, familiari eccetera) mostrino una certa comprensione e conoscano il modo migliore di accompagnare i giovani durante questa tappa del loro sviluppo. Maria Montessori sosteneva che quello «in cui il corpo raggiunge la sua maturità fisiologica è un periodo difficile: l’organismo si trasforma in un rapido sviluppo, ed è così delicato che i medici paragonano questo momento a quello della nascita e a quello della rapida crescita dei primi anni» (Montessori, 1994). Tutto ciò deve farci riflettere: quante cure dedichiamo a un neonato per proteggerlo dalle malattie e aiutarlo a restare in buona salute? Non dovremmo fare altrettanto (ovviamente con un approccio diverso) con gli adolescenti? Di solito stiamo molto attenti a rispettare il sonno di un neonato, ma quando un adolescente dorme fino alle undici del mattino o sembra stanco per aver fatto le ore piccole, subito gli appiccichiamo l’etichetta di pigrone. I cambiamenti fisiologici non sono comunque i più rilevanti in questa tappa. Essa è «ancora più critica dal punto di vista psicologico. È l’età dei dubbi e delle esitazioni; delle emozioni violente, dello scoramento; talvolta si osserva persino una diminuzione delle capacità intellettuali. La difficoltà di concentrarsi nello studio non è dovuta a mancanza di buona volontà: costituisce uno dei caratteri psicologici di quest’epoca» (Montessori, 1994). Torniamo all’adolescente che abbiamo ingiustamente etichettato come pigro per il suo bisogno – assolutamente lecito – di dormire. Se notiamo che fa fatica a concentrarsi o che il suo rendimento scolastico è peggiorato rispetto a quello che aveva prima dei dodici anni, saltiamo subito alla conclusione che sta diventando un fannullone, che non gli interessa il suo futuro, che non prende sul serio i suoi doveri… Come se il poveretto non ne avesse abbastanza del turbinio di ormoni e di cambiamenti fisici ed emotivi che sta attraversando, vi aggiungiamo la nostra incomprensione e spesso anche la nostra disapprovazione.

Alla luce di tutto questo ti invito a fare un esercizio d’empatia e a metterti nei panni di questo adolescente immaginario o di qualsiasi altro adolescente che conosci: sono sicura che d’ora in poi guarderai gli adolescenti con altri occhi.

2.1.4. Quarto piano: maturità (da 18 a 24 anni). «Mente specialista» Nell’ultimo piano dello sviluppo l’adulto è ormai formato: adesso esplora il mondo con una «mente esperta» vuole scoprire la sua missione nella vita e cerca l’indipendenza morale e spirituale. Il motto del quarto piano dello sviluppo potrebbe essere: «Come posso aiutarti?». Se nei piani precedenti i bisogni del bambino e dell’adolescente non sono stati repressi, ci troveremo di fronte a un adulto responsabile, con una forte coscienza morale, una persona integra e piena, capace di lavorare per l’umanità e non solo per il proprio tornaconto. Sul piano fisico e fisiologico è un periodo di grande stabilità – più ancora che nella fanciullezza, perché ormai non c’è quasi più crescita e la salute è forte. I quattro piani dello sviluppo sono complessi, perciò nella Figura 4 ho organizzato le idee principali in modo che risultino accessibili a uno sguardo d’insieme. Figura 4. I quattro piani dello sviluppo secondo Maria Montessori

Fonte: «Los 4 planos del desarrollo», schema 1: Il ritmo costruttivo della vita, disponibile sul sito www.montessoriencasa.es/los-4-planos-del-desarrollothe-4-planes-of-development/

2.2. Bisogni e tendenze umane Gli esseri umani, e più in generale gli animali, hanno alcuni bisogni fisici di base: nutrimento, rifugio, trasporto, protezione/difesa eccetera. Ma gli esseri umani, oltre a questi bisogni fisici, hanno esigenze spirituali non correlate direttamente con la sopravvivenza, bensì con la ricerca del significato dell’esistenza. Le tendenze umane ci guidano per aiutarci a soddisfare questo tipo di esigenze. Ma prima di parlarti delle principali tendenze umane voglio analizzare le caratteristiche che definiscono una tendenza: una tendenza può essere definita come una forza che spinge in una certa direzione; le tendenze umane sono universali e comuni a tutti gli esseri umani indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla cultura o dall’epoca in cui vivono; sono presenti durante tutta la nostra vita, ma si manifestano in

modo diverso in ciascun piano dello sviluppo. È essenziale conoscere le tendenze umane e saperne riconoscere la manifestazione nei bambini per poter accompagnare lo sviluppo dell’essere umano senza ostacolarlo. Maria Montessori ha parlato diffusamente delle tendenze dell’uomo, ma non ne ha mai precisato il numero. Vediamo ora le più importanti. Esplorazione L’esplorazione è l’inclinazione a investigare, scoprire e osservare l’ambiente che ci circonda. Ciò richiede l’uso dei nostri sensi e il movimento. Questa tendenza è stata essenziale per la sopravvivenza dei primi esseri umani. In seguito, grazie al progresso, la vita è diventata più sicura e noi abbiamo cominciato a esplorare in un modo che va oltre i sensi: esploriamo sul piano filosofico, emotivo, creativo, artistico, spirituale eccetera. Questa tendenza si manifesta molto presto nella vita del bambino. All’inizio le aree d’esplorazione sono limitate e fortemente legate ai sensi; man mano che il bambino matura, i suoi orizzonti d’esplorazione si ampliano. Manipolazione Gli esseri umani hanno bisogno di toccare e manipolare l’ambiente circostante per comprenderlo. È il passo successivo all’esplorazione: quando troviamo qualcosa di interessante, è naturale volerlo usare in qualche maniera. Nasce così il concetto di «attrezzo» come oggetto che, mediante la sua manipolazione, ci permette di realizzare un determinato lavoro.

Orientamento L’orientamento è la capacità di conoscere la nostra posizione in rapporto all’ambiente, sia esso fisico, emotivo, intellettuale o sociale. L’orientamento ci dà una sensazione di sicurezza. Anche questa tendenza è piuttosto marcata nella prima infanzia, quando il bambino cerca di stabilire punti di riferimento in un mondo nuovo e sconosciuto.

Ordine L’ordine ci permette di mettere in relazione cose ed esperienze secondo la loro funzione, sequenza, caratteristiche eccetera. L’ordine esterno è

essenziale per il bambino da zero a sei anni, poiché assorbe l’ambiente circostante direttamente nella struttura del suo cervello. Una volta stabilito questo ordine interiore, saremo in grado di mantenere l’ordine attorno a noi in modo più flessibile e di far fronte al disordine.

Osservazione L’osservazione è necessaria per comprendere con precisione ciò che ci circonda e per prendere decisioni corrette. È un requisito fondamentale per ogni genere di sperimentazione, ed è vitale per la ricerca scientifica. I bambini sono estremamente dediti all’osservazione fin dalla nascita, e assorbono ogni dettaglio dell’ambiente circostante.

Astrazione/Immaginazione L’immaginazione è la caratteristica che ci distingue da tutti gli altri animali. Noi siamo capaci di visualizzare eventi che non si sono ancora verificati, e possiamo sentire ed esprimere emozioni intangibili. Possiamo immaginare qualcosa che esiste esclusivamente nella nostra mente e, in seguito, cercare di trasformarlo in realtà. Questa tendenza comincia a manifestarsi soprattutto dai sei anni, nel secondo piano dello sviluppo.

Concentrazione Abbiamo la capacità di concentrare la nostra attenzione su qualcosa per un periodo prolungato, potendo così esercitare una resistenza alla distrazione. Questa attenzione focalizzata è la prima condizione necessaria per l’apprendimento.

Lavoro Il lavoro ci regala una sensazione di successo e incrementa l’autostima. Maria Montessori era convinta che il bambino costruisce il suo vero sé attraverso il lavoro.

Ripetizione I bambini hanno la necessità di ripetere alcuni compiti più volte, soprattutto durante i primi sei anni di vita. Quando un bambino ripete una determinata attività può raggiungere un elevato livello di concentrazione. La ripetizione conduce non solo al dominio del compito in questione, ma anche a una maggiore capacità di concentrazione e a una sensazione di successo.

Precisione Se si vuole ottenere un risultato soddisfacente, è necessaria una certa precisione. Gli esseri umani, durante il loro processo evolutivo, hanno messo a punto migliaia di tecniche e di movimenti che richiedono precisione per ottenere il risultato desiderato, che si tratti di accendere il fuoco, di fabbricare attrezzi, di suonare uno strumento, di scrivere eccetera.

Comunicazione Gli esseri umani provano piacere nella trasmissione di pensieri, sentimenti e informazioni. La comunicazione comprende la parola scritta e parlata, il tatto, le espressioni del volto, la gestualità, l’arte, la musica e la danza. La comunicazione è il legame che l’intelletto crea fra le persone, tanto tra i singoli quanto tra le diverse generazioni.

Il controllo dell’errore che conduce alla perfezione Questa tendenza ingloba tutte le altre. Il bambino esplora il suo ambiente, si orienta e si dedica a un determinato materiale o compito. Manipola i materiali. Immagina il risultato che vuole raggiungere. Ripete le manipolazioni cercando ordine e precisione. Controlla i propri errori osservando le imperfezioni. A volte comunica con un altro bambino o con un adulto per lavorare insieme. Continua a lavorare, concentrato, lottando per ottenere la «perfezione». È importante sottolineare che questa idea di perfezione è insita nella mente del bambino, non è imposta da un genitore o da un maestro. I bambini provano una profonda soddisfazione e allegria quando si permette loro di lavorare finché non raggiungono quella che ai loro occhi è la perfezione.

Avevi mai riflettuto su queste tendenze dell’essere umano? A volte persino cose evidenti come questa ci sfuggono, impedendoci di interpretare correttamente i comportamenti e la condotta non solo dei nostri figli, ma anche degli adulti e di noi stessi. Analizzando tali tendenze umane sotto forma di elenco, è possibile che tu riesca a osservarle in modo più consapevole e a identificarle nei comportamenti dei tuoi figli. Ti invito caldamente a provarci.

2.3. Il maestro interiore Ti sarai sicuramente imbattuto nella notissima espressione di Maria Montessori «seguire il bambino», ma che cosa significa realmente? Naturalmente non si tratta di seguire fisicamente il bambino ovunque vada, né di assecondarlo in ogni cosa, come pensano alcuni detrattori del metodo Montessori. Piuttosto dobbiamo seguire il maestro interiore del bambino. Abbiamo già visto, trattando dei quattro piani dello sviluppo, che il bambino nasce con una specie di energia interiore – Maria Montessori la definisce horme – che lo guida nel suo sviluppo. Il nostro lavoro consiste nel rispettare quell’energia, quel maestro interiore, avendo fiducia in lui e offrendo al bambino un ambiente (che include noi adulti) nel quale il suo sviluppo possa seguire la propria strada senza ostacoli che lo costringano a «deviare». Seguire il bambino significa questo. Una metafora che mi piace molto è quella del bambino che al momento della nascita è come un seme che germoglia. Il seme contiene tutte le informazioni di cui ha bisogno per crescere, gli serve solo un ambiente adeguato, e il nostro compito non è dirgli come deve svilupparsi per diventare una pianta, bensì offrirgli i mezzi per farlo (luce, un terriccio in cui possa mettere radici, acqua eccetera). Alcuni bisogni possiamo soddisfarli, ma altri elementi possono essere forniti solo dall’ambiente circostante, e il nostro compito in questo caso è di non frapporre ostacoli. I bisogni di un bambino sono ovviamente più complessi di quelli di una pianta, ma la metafora mi sembra calzante. Possiamo guidare il bambino nel suo sviluppo esattamente come possiamo guidare la crescita di una pianta, ma non possiamo dirgli come deve crescere, né possiamo fare in modo che cresca più in fretta o più lentamente, che gli spuntino i denti da latte quando decidiamo noi eccetera. In

buona sostanza, non possiamo appropriarci del processo né possiamo forzarlo; tanto il bambino quanto la pianta devono costruire sé stessi: sono loro gli unici padroni del proprio processo di sviluppo. Torniamo al concetto di «deviazione» cui ho accennato poco sopra. Ti sei mai fermato a pensare che quando nasciamo siamo tutti esseri puri e buoni per natura? Che nel momento in cui veniamo al mondo dentro di noi non esiste la cattiveria, e tutto il nostro potenziale è destinato a fare il bene? Scommetto di sì. Anche Maria Montessori se ne rese conto, e comprese come l’ambiente e le esperienze vissute dal bambino nei primi anni di vita possano allontanarlo poco a poco dalla strada che dovrebbe seguire per continuare a essere una persona buona e pura. Per questo potresti aver sentito un montessoriano dire che un bambino ha «deviazioni» o che è «contaminato». So che ai nostri giorni queste parole possono risultare sgradevoli, ma si è cominciato a usarle circa un secolo fa e forse a quei tempi non suonavano tanto male… Queste deviazioni – o questa contaminazione – sono le conseguenze di un ambiente che non ha rispettato i bisogni del bambino, ostacolandone lo sviluppo e obbligandolo a prendere una via alternativa. Montessori diceva che se un bambino si comporta male non bisogna cercare il problema in lui, ma nell’ambiente circostante, e questa è una verità assoluta. Tornando alla metafora della pianta, è come se una pianta fosse collocata in un punto in cui non riceve tutta la luce di cui ha bisogno. Qualcosa dentro di lei le suggerisce di fare il possibile per ottenerne di più: ne va della sua sopravvivenza! È possibile quindi che cresca nella direzione da cui proviene la luce, con un fusto non perfettamente dritto, ma adottando la forma necessaria perché le sue foglie ricevano la luce; o magari il colore delle foglie non sarà quel verde acceso proprio della pianta in condizioni ottimali, o forse non riuscirà a produrre fiori, o ne produrrà solo di molto piccoli… In ogni caso, chiunque veda questa pianta si renderà subito conto che c’è qualcosa che non va, e con un po’ di buon senso capirà che la soluzione non consiste nell’agire sulla pianta, ma nel fare qualcosa all’ambiente in cui vive. Analogamente, quando ostacoliamo lo sviluppo di un bambino lo allontaniamo dal suo stato normale. Montessori chiama normalizzazione il processo con cui il bambino può ritrovare il suo stato normale grazie a un ambiente che non ne ostacoli lo sviluppo.

La normalizzazione Ammetto che la prima volta che ho sentito parlare di normalizzazione non mi è piaciuto affatto. Per me normalizzazione era sinonimo di standardizzazione, così come compare in qualsiasi dizionario dei sinonimi. Il mio primo pensiero è stato: “Ma Montessori non si basa proprio sul rispetto per lo sviluppo individuale di ogni bambino? Come può questo principio conciliarsi con l’idea che tutti i bambini debbano seguire uno standard?”. La risposta è chiara: non è possibile. Per questo subito dopo ho cercato di capire a cosa si riferivano i montessoriani parlando di normalizzazione e ho compreso che non aveva niente a che fare con la standardizzazione. Credo dunque che sia importante chiarire il vero significato del termine normalizzazione in Montessori. Nel libro La mente del bambino, Maria Montessori scrive che «quando l’ambiente richiama con le sue attrattive o offre motivi per una attività costruttiva, allora ecco che tutte le energie si concentrano e le deviazioni scompaiono. Appare allora un tipo unico di bambino, “un nuovo bambino”, la “personalità”, cioè, del bambino, che è riuscita a costruirsi normalmente» (Montessori, 1999b). Nella sua Casa dei bambini, Maria Montessori notò un fenomeno curioso: al contrario di ciò che erroneamente si pensava – e purtroppo molta gente pensa tuttora – era evidente che quando si offre ai bambini un ambiente adeguato e la libertà di svilupparsi secondo il proprio ritmo questi sono lavoratori instancabili. Le cose stanno esattamente così. I bambini hanno la capacità di concentrarsi su un’attività per lunghi periodi, sempre che li attragga e soddisfi i loro bisogni. Imparano a scegliere da soli e ripetono le attività che apprezzano. Rispettano il lavoro dei compagni. Cominciano a mostrare una calma e un’allegria che prima non avevano. Maria Montessori comprese che tutto ciò non era casuale, ma si ripeteva senza eccezioni in tutti i bambini e in tutte le Case dei bambini; indubbiamente questo comportamento corrispondeva al loro stato normale. Il bambino irrequieto, che corre qua e là fuori controllo buttando le cose a terra, colpendo gli altri e causando interruzioni, non è un bambino soddisfatto. Nel momento in cui i suoi bisogni vengono soddisfatti e il suo maestro interiore viene rispettato, si produce la normalizzazione. Un bambino normalizzato manifesta bontà, pazienza, empatia, soddisfazione per i propri successi, allegria per quelli degli altri,

autodisciplina, autocontrollo, fiducia in sé stesso, capacità di scegliere un’attività e di concentrarsi eccetera. Sono le caratteristiche che ho enumerato all’inizio del libro per spiegare com’è un bambino montessoriano, e una persona integra e piena dovrebbe avere queste stesse caratteristiche in condizioni normali. Purtroppo il mondo in cui viviamo offre raramente condizioni normali: il nostro sviluppo è segnato fin dalla nascita da ostacoli che ci sviano dal cammino che dovremmo percorrere. Dobbiamo quindi sforzarci di offrire queste condizioni ai nostri figli, per dar loro l’occasione di sviluppare quelle caratteristiche e quei valori che li accompagneranno per tutta la vita, rendendoli adulti completi. Forse in questo momento stai pensando: “Bene, sottoscrivo questa idea della normalizzazione, ma adesso dimmi: cosa devo fare per favorire la normalizzazione dei miei figli? Esiste una ricetta magica?”. Mi fa piacere poterti dire che sì, esiste una ricetta – anche se non magica – e ti fornirò un modello per applicarla anche in casa tua. Lo vedremo nel Capitolo 3, in cui parlerò dettagliatamente dei motivi per cui credo fermamente che il metodo Montessori possa applicarsi anche fuori dalla scuola. Tornando al maestro interiore, quali sono a tuo parere le conseguenze del mancato rispetto del maestro interiore di un bambino? Ti faccio un esempio: immagina un bimbo di due o tre anni che sta giocando in casa e all’improvviso decide di togliere tutti i suoi libri dalla mensola e di posarli a terra; sua madre se ne accorge, ma invece di intervenire decide di aspettare per scoprire cosa succede. Con sua grande sorpresa, vede che il bambino rimette i libri sulla mensola in ordine di altezza e poi, soddisfatto del suo lavoro, passa a qualcos’altro. È evidente che quel bambino aveva un genuino bisogno di mettere ordine e lo stava facendo attraverso la manipolazione dei suoi libri. Che cosa sarebbe successo se la madre l’avesse sgridato per aver posato tutti i libri a terra? Se sgridiamo un bambino per aver fatto qualcosa che il suo maestro interiore gli stava dettando, penserà di aver agito male e che non è più il caso di seguire quel maestro interiore. Poco a poco si produrrà una disconnessione con il proprio io, che con il tempo si aggraverà. Quante persone conosci che siano realmente connesse alla loro vita interiore, che vivano un’esistenza guidata da quel maestro interiore? Se ne conosci qualcuna, o se hai la fortuna di esserlo tu stesso, saprai che la felicità e la pienezza sono esattamente correlate con quella connessione. A noi adulti costa molta fatica ristabilire la connessione, se l’abbiamo

persa nell’infanzia: ci sono centinaia di libri di autoaiuto, ritiri spirituali e tecniche per lavorare sulla connessione con il nostro maestro interiore. Non varrebbe la pena cercare di aiutare i nostri figli a non perderla?

2.4. La piramide a tre piani: i tre pilastri del metodo Montessori Ti ho parlato dello sviluppo dell’essere umano, dei suoi bisogni e delle sue tendenze secondo la teoria avanzata da Maria Montessori, e credo che adesso tu abbia un’immagine più completa di tutto ciò che possiamo trovare nella sua pedagogia. Per aiutarti ad arricchire questa immagine, voglio illustrarti i tre pilastri fondamentali su cui si basa il metodo Montessori. Ciò ti permetterà di avere ben chiaro su quale elemento dovrai lavorare in relazione alla tua situazione. Nella teoria montessoriana si parla di tre pilastri fondamentali che formano l’ambiente del bambino: l’adulto preparato, l’ambiente preparato e i materiali. In una scuola montessoriana tutti e tre i pilastri sono necessari, hanno analoga importanza (anche se l’adulto preparato è un pilastro imprescindibile) e si relazionano fra loro secondo lo schema rappresentato nella Figura 5. Figura 5: I tre pilastri montessoriani

Fonte: www.montessoriencasa.es/ Penso che concorderai con me sul fatto che l’ambiente familiare non è come una scuola. A mio parere, questi tre pilastri dovrebbero essere rappresentati come una piramide, perché alcuni hanno più importanza degli altri. Inoltre, possiamo lavorare perfettamente anche senza disporre di tutti e tre i pilastri. Come puoi vedere nella Figura 6, alla base della piramide c’è l’adulto preparato, senza il quale non è possibile lavorare in modo efficace sul resto. Questo sarà dunque il primo aspetto su cui dovremo agire per applicare il metodo Montessori in casa nostra. Dopo, o parallelamente, potremo lavorare sull’ambiente preparato e in ultima istanza sui materiali; ma anche se ci fermeremo alla base della piramide, staremo già facendo molto per lo sviluppo dei nostri figli. Figura 6: La piramide montessoriana

Fonte: «La pirámide Montessori», disponibile sul sito www.montessoriencasa.es/la-piramide-montessori/ Nel Capitolo 4 ci occuperemo più nel dettaglio di come lavorare su questi tre pilastri, e soprattutto sui due che ricoprono un ruolo di maggiore importanza nell’ambiente familiare: l’adulto preparato e l’ambiente preparato.

RIASSUNTO DEL CAPITOLO 2 Le idee principali di questo capitolo sono: I quattro piani dello sviluppo ci permettono di comprendere le particolarità di ogni tappa dello sviluppo dei nostri figli e di accompagnarli adeguatamente in ogni fase. Conoscere le tendenze umane e saperne riconoscere la manifestazione nei bambini è essenziale per accompagnare e non ostacolare lo sviluppo dell’essere umano. È necessario rispettare il maestro interiore di ciascun bambino e avere fiducia in lui.

I tre pilastri fondamentali della pedagogia montessoriana sono l’adulto preparato, l’ambiente preparato e i materiali; nell’ambito familiare il primo e il secondo pilastro sono i più importanti.

3. PUÒ ESISTERE IL METODO MONTESSORI FUORI DALLA SCUOLA? E SOPRATTUTTO: FUNZIONA?

A questo punto del libro, avrai capito senz’altro che il metodo Montessori coincide con quello che vuoi offrire ai tuoi figli, ma magari ti stai chiedendo se funziona solo per i bambini che hanno la possibilità di frequentare una scuola montessoriana. In questo capitolo ti parlerò del punto di vista cui sono giunta attraverso la mia esperienza diretta, e spero di poter risolvere anche questo dubbio.

3.1. Il metodo Montessori come stile di vita Credo fermamente che il metodo Montessori possa esistere anche fuori dalla scuola, forse non con le stesse modalità e probabilmente con qualche difficoltà in più. In ogni caso, ha senso integrare la filosofia montessoriana non solo nel nostro stile educativo, ma anche nel nostro stile di vita. Come ho già accennato, il primo passo per offrire ai nostri figli un’educazione montessoriana è la trasformazione di noi adulti, e per questo non c’è bisogno di spendere soldi in materiali o di creare un ambiente preparato nella nostra casa: servono solo tempo, dedizione e consapevolezza (il che non è poco). Nel Capitolo 4 ti spiegherò più nel dettaglio in cosa consiste questa trasformazione in adulto preparato e ti fornirò qualche suggerimento al riguardo, ma per ora non voglio anticipare nulla. Quando comincerai questo lavoro di trasformazione personale, ti renderai conto che integrare la filosofia montessoriana nella tua vita è un processo che va molto al di là del rapporto con i tuoi figli e con gli altri bambini. Si tratta infatti di un processo di sviluppo personale che ti spingerà a riconsiderare molti aspetti e a vedere la vita in modo nuovo. Alla fine ti accorgerai che la filosofia montessoriana coinvolgerà tutto il tuo stile di vita, ed è un grosso vantaggio: anche se, nel bene e nel male, i bambini passano molto tempo a

scuola, il tempo che trascorrono con te, in famiglia, per loro è più significativo e li segna profondamente. Non è una novità che i nostri figli imparano dal nostro esempio. Sicuramente ti sarai imbattuto nella famosa citazione di madre Teresa di Calcutta: «Non preoccuparti se i tuoi figli non ti ascoltano, perché ti osservano tutto il tempo». Credo che sia un’enorme fortuna che il metodo Montessori possa diventare parte non solo della vita scolastica dei bambini, ma della loro vita in generale. Che i tuoi figli frequentino o no una scuola montessoriana, il fatto di offrir loro uno «stile di vita montessoriano» avrà un impatto estremamente positivo sul loro sviluppo e sulla loro visione del mondo. Ti faccio un esempio: immagina di uscire a fare una passeggiata con tuo figlio di quattro anni. Che cosa farai? Sceglierai tu un luogo che consideri adeguato e camminerete un po’ insieme? O lascerai che sia lui a decidere a che velocità camminare, quando fermarsi a guardare una formica (e per quanto tempo, prima di riprendere il cammino), in che direzione avviarsi e così via? Che differenza c’è fra questi due modi di intendere la passeggiata? Be’, è evidente: nel secondo caso lasciamo che sia il bambino a prendere l’iniziativa e approfittiamo dell’occasione per osservarlo, identificare i suoi interessi e conoscerlo meglio. A te non costa molto adattare il tuo modo di passeggiare a quello dei tuoi figli, eppure l’impatto che tutto ciò può avere sul tuo rapporto con loro e sul loro sviluppo è incredibile. Questi piccoli cambiamenti nello stile di vita a lungo andare fanno la differenza. Si tratta di prenderne coscienza e applicarli: se lo farai poco a poco, non ti richiederanno un grosso sforzo. Il problema che devono affrontare molte famiglie è che si sentono schiacciate dalla quantità di cambiamenti che viene chiesta loro, e questo, unito al fatto che essere genitori è già di per sé sfinente, le porta a bloccarsi e a non fare più nulla. Per renderti il compito un po’ più agevole ed evitarti di cadere in questa impasse ti propongo di concentrarti su quattro punti essenziali. Ordine: come abbiamo visto, l’ordine esterno è essenziale per i bambini di età inferiore ai sei anni che stanno costruendo il loro ordine interno, ma è altrettanto importante per chi ha già superato i sei anni. Il nostro cervello ricerca l’ordine per essere in grado di organizzare e mettere in relazione le informazioni che riceve.

Concentrazione: come ho già detto, è la prima condizione necessaria per l’apprendimento, ma è anche un fattore chiave per lo sviluppo cerebrale e un ingrediente basilare della normalizzazione, come vedremo più avanti. Indipendenza: quando un bambino è indipendente è sicuro di sé perché ha fiducia nelle proprie capacità, si assume la responsabilità delle proprie decisioni e sviluppa la motivazione e la disciplina interna, due strumenti importanti che utilizzerà per tutta la vita. Coordinazione: è essenziale nello sviluppo del bambino, permettendogli di controllare i suoi movimenti e di acquisire le abilità necessarie per destreggiarsi nel mondo. In realtà, questo elenco contiene una piccola trappola: i quattro punti menzionati sono molto ampi. Vorrei che tu li considerassi un riferimento per orientarti quando dovrai prendere una qualsiasi decisione riguardo l’educazione dei tuoi figli. Prendiamo per esempio una questione apparentemente irrilevante come questa: «Devo comprare a mia figlia un cappotto con i bottoni o uno con la cerniera?». Puoi scegliere tenendo a mente questi quattro punti: quale dei due cappotti può favorire il suo senso dell’ordine? Quale l’aiuterà a lavorare sulla concentrazione? Quale favorirà la sua indipendenza? E la sua coordinazione? La risposta a queste domande dipenderà in gran parte da tua figlia. Se sai che ancora non è capace di allacciarsi i bottoni, la scelta è facile: il cappotto con la cerniera le permetterà di lavorare sulla coordinazione e sulla concentrazione e favorirà la sua indipendenza. Viceversa, se la tua bambina è già capace di allacciarsi i bottoni, il cappotto con i bottoni potrebbe essere la scelta giusta perché, oltre a questi tre punti, può favorire anche l’ordine – a ogni bottone corrisponde infatti un’asola. Non dimenticare che usare questi quattro punti come riferimento ha lo scopo di facilitarti la vita: non pensare di dover vagliare ogni tua decisione con questo filtro, perché il rischio è che tu cada nell’impasse di cui parlavo prima. Ti propongo di utilizzarlo solo per le decisioni che consideri più importanti; con un po’ di pratica, comincerai a farlo in modo automatico, quasi senza accorgertene.

3.2. La normalizzazione in casa

È importante ricordare che la normalizzazione è una qualità interna, che non si può forzare né indurre in modo artificiale; ciò che possiamo e dobbiamo fare è facilitarla. Ma quali sono le condizioni necessarie perché si produca? Possiamo riprodurre queste condizioni in casa nostra? La normalizzazione si raggiunge attraverso la concentrazione su materiali manipolativi scelti liberamente dal bambino. Devono essere appropriati alla sua età e tali da assecondare i suoi periodi sensibili per l’ordine, il movimento, il raffinamento della percezione sensoriale e il linguaggio. Maria Montessori ha osservato che «generalmente la normalizzazione emerge attraverso l’uso volontario e ripetuto delle attività della vita pratica», e si produce «in bambini minori di sei o sette anni» (Montessori, 1998). L’ambiente ottimale per la normalizzazione è una Casa dei bambini provvista di tutti i materiali, che preveda gruppi d’età misti e disponga di un adulto formato come guida montessoriana. Ma ciò non significa che non si possa favorire la normalizzazione anche in casa propria. Ti propongo cinque idee che puoi mettere facilmente in pratica.

Organizzare i giocattoli Organizza i giocattoli dei tuoi figli su scaffalature basse, accessibili e aperte, in modo ordinato e attraente, affinché i bambini possano scegliere quello che vogliono e poi rimetterlo a posto.

Materiali naturali È preferibile avere pochi giocattoli e di buona qualità. Cerca di fare in modo che i giocattoli dei tuoi bambini siano fatti di materiali naturali: questi offrono un’esperienza sensoriale molto più ricca della plastica e il bambino sarà portato ad apprezzare la bellezza dei materiali nobili e la natura da cui provengono. Inoltre i giocattoli di plastica di solito sono praticamente indistruttibili, il che rende possibile un uso meno attento, mentre gli oggetti delicati trasmettono la necessità di essere manipolati con cura e attenzione. Un altro elemento importante dei materiali naturali è che risultano più attraenti, perciò è più facile che il bambino vi si interessi e sviluppi la concentrazione.

Offrire attività di vita pratica Come abbiamo accennato, per Maria Montessori le attività di vita pratica sono la strada maestra della normalizzazione, perché attraggono fortemente l’attenzione del bambino, specialmente fra i due e i sei anni, favorendo quell’intensa concentrazione che è il passo antecedente la normalizzazione. È una buona notizia: l’area della vita pratica infatti è quella che possiamo integrare e adattare meglio e più facilmente all’ambiente familiare. In cosa consiste questa area di vita pratica? Si tratta di attività che permettono al bambino di apprendere e mettere in atto compiti quotidiani legati alla sua cura personale, alla cura dell’ambiente circostante e al controllo dei movimenti del suo corpo, oltre ad alcune nozioni basilari di grazia e cortesia che lo aiuteranno a rapportarsi in modo educato con gli altri (nel Capitolo 4 vedremo come le lezioni di belle maniere, grazia e cortesia possano essere uno strumento importante nella risoluzione dei conflitti). È molto facile integrare l’area di vita pratica nelle attività quotidiane di una casa (lavarsi le mani, apparecchiare la tavola, pulire, curare le piante eccetera): basta permettere al bambino di parteciparvi e tener conto di alcune precisazioni quando gli si offre questo tipo di attività. I compiti devono essere suddivisi in una sequenza di passi. Ciò da una parte faciliterà al bambino lo svolgimento del compito stesso e dall’altra favorirà l’ordine e la concentrazione necessari per eseguire la sequenza. I materiali devono essere il più possibile attraenti; oltre a essere fatti di materiali naturali, devono anche essere strumenti e utensili reali, non giocattoli, ma della sua misura e noi dobbiamo offrirglieli in modo pulito e ordinato. Il bambino si sentirà attratto da oggetti gradevoli, fatti su misura per lui e ordinati, e si divertirà a lavorarci e a vedere come gli permettono di raggiungere un determinato obiettivo (che sia pulire il vetro di una finestra o allacciarsi le stringhe delle scarpe). Il bambino deve scegliere liberamente l’attività. Ciò gli permetterà di esercitare la sua libertà decisionale e faciliterà la sua concentrazione, poiché si troverà a lavorare su qualcosa che lo attrae realmente.

Il bambino deve essere messo in condizione di ripetere l’attività tutte le volte che vuole, dato che, come abbiamo visto, la ripetizione conduce non solo al dominio del compito, ma anche a una maggiore capacità di concentrazione e a una sensazione di successo. Tenendo conto di queste precisazioni, sarà relativamente facile offrire a tuo figlio le attività di vita pratica anche tra le mura domestiche.

Ciclo di lavoro in tre parti Spiega a tuo figlio che può scegliere un giocattolo, utilizzarlo per tutto il tempo che vuole e poi rimetterlo a posto nelle condizioni in cui l’ha trovato. Queste tre parti del ciclo di lavoro stabiliscono limiti netti offrendo al contempo una grande libertà di scelta, e favoriscono l’acquisizione di responsabilità e il rispetto sia verso l’ambiente circostante sia verso le persone che vivono insieme con lui.

Favorire la motivazione interna I bambini possiedono in maniera innata l’interesse e l’amore per l’apprendimento, quindi non è necessario offrire loro un premio perché hanno imparato qualcosa di nuovo o perché hanno lavorato duramente per raggiungere un obiettivo: la soddisfazione che nasce dal successo o dalla scoperta di qualcosa di nuovo è già una ricompensa sufficiente. È molto importante permettere ai nostri figli di sperimentare questa soddisfazione personale rafforzando la loro motivazione interna, e il modo migliore per farlo è abolire i premi, castighi e addirittura gli elogi. Più avanti torneremo su questo punto per analizzare gli effetti negativi dell’educazione mediante premi, castighi ed elogi e per proporre alcune alternative. La normalizzazione si ottiene molto più facilmente in un ambiente montessoriano completo, che comprenda un gruppo di bambini di età mista, ma se riusciamo ad applicare queste cinque idee in casa potremo rendere molto più agevole la normalizzazione dei nostri bambini.

RIASSUNTO DEL CAPITOLO 3

Le idee principali di questo capitolo sono: Che i tuoi figli frequentino o meno una scuola montessoriana, il fatto di offrire loro uno «stile di vita montessoriano» avrà un impatto estremamente positivo sul loro sviluppo e sulla loro visione del mondo. La normalizzazione si raggiunge attraverso la concentrazione su materiali manipolativi scelti liberamente dal bambino; questi materiali devono essere appropriati per la sua età e tali da assecondare i suoi periodi sensibili. La normalizzazione è più difficilmente raggiungibile in casa, ma non è impossibile se teniamo a mente alcune precisazioni circa l’organizzazione dei giocattoli, l’offerta di materiali naturali, il ciclo di lavoro in tre parti, il rafforzamento della motivazione interna e la proposta di attività di vita pratica.

4. VOGLIO APPLICARE IL METODO MONTESSORI IN CASA. DA DOVE COMINCIO?

Nel Capitolo 3 abbiamo visto come puoi applicare il metodo Montessori in casa tua, in concreto, per favorire la normalizzazione dei tuoi figli. Ora voglio offrirti una guida più ampia, una specie di mappa che ti aiuti a non impazzire per l’eccesso di informazioni e a non perdere di vista l’obiettivo finale. Come abbiamo visto nel Capitolo 2, i tre pilastri basilari della pedagogia montessoriana sono l’adulto preparato, l’ambiente preparato e i materiali. Strutturerò questo capitolo in funzione di tali pilastri, occupandomi soprattutto dei primi due, che sono più facilmente praticabili e i più importanti nell’ambiente familiare. Quando avrai finito di leggere questo capitolo, avrai un chiaro piano d’azione per cominciare ad applicare il metodo Montessori in casa – o procedere se già lo stavi facendo.

4.1. L’adulto preparato 4.1.1. La trasformazione dell’adulto La pedagogia montessoriana è probabilmente quella in cui si dà più importanza alla preparazione interiore dell’adulto. Non basta acquisire alcune conoscenze per diventare una guida montessoriana: bisogna realizzare una trasformazione completa – spirituale-emotiva, intellettuale, tecnica e fisica. Come afferma Maria Montessori nel Segreto dell’infanzia, «dell’ambiente fa parte anche l’adulto: l’adulto deve adattarsi ai bisogni del bambino e renderlo indipendente per non essergli di ostacolo e per non sostituirsi a lui nelle attività attraverso le quali avviene la sua maturazione» (Montessori, 1999a).

Non è strettamente necessario che i genitori abbiano una formazione specifica per integrare il metodo Montessori nel loro stile educativo, però è necessaria una trasformazione – anche se il peso di ciascun aspetto di questa trasformazione è ben diverso da quello di una guida. Direi che l’aspetto spirituale-emotivo e quello fisico sono i più importanti per la trasformazione dei genitori. Trasformazione spirituale ed emotiva È il primo ed essenziale passo che dobbiamo fare per la nostra trasformazione, pietra angolare della pedagogia montessoriana. Senza questa trasformazione tutto il resto serve a poco, perciò ti consiglio di segnarti questa pagina perché probabilmente è la più importante del libro. Sono convinta di aver suscitato la tua curiosità, quindi ti spiego subito in cosa consiste la trasformazione spirituale ed emotiva: 1.

L’adulto deve lasciare che il bambino sia padrone del proprio apprendimento.

Può sembrare facile, ma come genitori tendiamo a emozionarci quando i nostri figli si interessano a qualcosa o sono sul punto di fare una scoperta, e questa emozione ci spinge a intervenire, a partecipare a quel momento di apprendimento. In questo modo, pur con le migliori intenzioni, stiamo rubando al bambino il suo apprendimento. Il nostro compito in quei momenti è di goderne da fuori, o magari anche partecipare, ma sempre permettendo al bambino di dirigere il proprio apprendimento. 1.

L’adulto deve cambiare il proprio atteggiamento verso il bambino, verso la vita in generale e verso sé stesso, coltivando: fiducia: nello sviluppo del bambino e nella sua bontà. Avere sempre chiaro che un bambino che ha un comportamento sbagliato non è cattivo, ma ha semplicemente incontrato un ostacolo nel suo sviluppo e quel comportamento è una richiesta d’aiuto; pazienza: comprendere e accettare il ritmo di ogni bambino; perseveranza: non darsi per vinto quando le cose non riescono bene; umiltà: saper ammettere i propri errori e accettare che il processo

d’apprendimento non finisce mai. 1.

L’adulto deve capire cos’è la rabbia, essere in grado di gestire la propria e aiutare il bambino a riconoscere e gestire la sua. La rabbia generalmente compare quando i nostri bisogni non vengono soddisfatti: se non siamo capaci di riconoscere questi bisogni e di trovare il modo per soddisfarli, tendiamo a cercare un «colpevole» sul quale rovesciare la nostra rabbia. 2. L’adulto deve praticare l’ascolto attivo. Ciò è importante per vari motivi, ma voglio sottolinearne due. Il primo passo perché una persona si senta valorizzata e sentirsi ascoltata. Se il bambino non ha un modello di ciò che significa ascoltare, non sarà capace di farlo con altre persone e addirittura perderà la capacità di ascoltare sé stesso, la propria guida interiore. Trasformazione fisica Questo sarebbe il secondo livello di trasformazione più importante per i genitori, anche se molto lontano da ciò che abbiamo appena visto. Noi genitori siamo i principali punti di riferimento e modelli di comportamento per i nostri figli, soprattutto nei loro primi anni di vita, perciò dobbiamo fare attenzione all’esempio che diamo e all’impatto che il nostro atteggiamento, il nostro aspetto e il nostro stesso comportamento hanno su di loro. Alcuni punti meritevoli di attenzione sono i seguenti: Mantenere una buona condizione generale di salute e di energia. Per il fatto stesso di predicare con l’esempio, se vogliamo che i nostri figli abbiano abitudini sane è ovvio che dobbiamo averle noi stessi. Inoltre, se non siamo in una buona condizione di salute e di energia è molto difficile che possiamo offrire la versione migliore di noi stessi ai nostri figli, nonché a tutte le persone che ci circondano. Quindi, la prossima volta che dovessi sentirti egoista perché dedichi tempo a te stesso facendo, per esempio, un bagno rilassante o iscrivendoti a un corso di yoga, rifletti che non si tratta di un’azione egoista o di un capriccio, ma di un investimento nel benessere che ricadrà non solo su di te, ma su tutto l’ambiente che ti circonda e in particolare sul

rapporto con i tuoi figli. Tono della voce. È importante che i nostri figli ci vedano adattare il tono della voce a ogni situazione, sussurrando quando qualcuno è concentrato per non disturbarlo e parlando a voce alta quando ci troviamo in un luogo rumoroso o quando siamo di fronte a un pubblico e abbiamo bisogno che la nostra voce sia sentita da tutti. Questa differenza tra voce da interno e voce da esterno è un elemento su cui si lavora parecchio negli ambienti montessoriani, così come ci si concentra sulla differenza tra passi da interno e passi da esterno (dentro casa camminiamo piano e silenziosamente, mentre per strada si può addirittura correre). Movimenti. Il controllo del corpo è una parte importante dello sviluppo ed è un aspetto cui il metodo Montessori presta molta attenzione. Non possiamo esigere dai bambini che controllino i loro movimenti se non mostriamo loro in che modo procedere. Come adulti abbiamo la responsabilità di far vedere ai nostri figli che sappiamo muoverci in modo consapevole e aggraziato. È un aspetto che dobbiamo integrare nel nostro modo di muoverci, se già non lo stiamo facendo, perché non serve mostrare a un bambino come spostare una sedia senza far rumore – un tipico caso della vita quotidiana – se poi noi per primi, quando dobbiamo spostarne una, la trasciniamo. Aspetto. Le guide montessoriane devono curare il proprio aspetto fisico per evitare che provochi distrazione: per esempio, non possono indossare abiti stravaganti, pettinarsi o truccarsi in maniera troppo vistosa, dipingersi le unghie eccetera. Nel nostro caso, come genitori, non è necessario tanto rigore: se non stiamo per presentare un materiale, non è necessario evitare di dipingerci le unghie. In ogni caso è raccomandabile che prestiamo attenzione al nostro aspetto fisico, consapevoli che anche su questo versante siamo un modello per i nostri figli. Trasformazione intellettuale Per sostenere lo sviluppo del bambino dobbiamo comprenderne il funzionamento: oltre ad apprendere e applicare i principi della filosofia montessoriana, l’adulto deve aggiornarsi continuamente sullo sviluppo

umano, sulla neuroscienza e sulle altre aree connesse. Il nostro apprendimento di adulti deve essere costante, ma ciò non significa che dobbiamo formarci in continuazione come farebbe un professionista: si tratta piuttosto di essere attenti alle informazioni che possiamo ricevere, tenendo un atteggiamento d’umiltà che ci permetta di aprire la nostra mente per continuare ad apprendere e per rimettere in discussione idee e credenze che pensavamo saldamente radicate in noi. Trasformazione tecnica Questo livello di trasformazione è probabilmente il meno necessario in un ambiente familiare, sempre che non si opti per l’homeschooling (scuola in casa) o non si vogliano utilizzare i materiali montessoriani per rinforzare in casa ciò che i bambini imparano a scuola. In ogni caso, gli aspetti di questa trasformazione sono i seguenti: L’adulto deve sapere quando intervenire e quando astenersi. Dev’essere capace di mantenere l’equilibrio fra libertà e responsabilità. Lavorare con i materiali per conoscerli bene, capire cosa offrono al bambino e maneggiarli con precisione. L’adulto deve essere a suo agio con i materiali cosicché, al momento di presentarli, tutta la sua attenzione possa concentrarsi sulla reazione del bambino. L’adulto deve saper identificare il momento ideale per presentare i materiali al bambino. Come vedi, l’aspetto spirituale-emotivo e l’aspetto fisico sono quelli su cui possiamo lavorare di più come genitori, e sono gli aspetti che possono avere il maggiore impatto sul rapporto con i nostri figli. L’aspetto intellettuale, e ancora di più quello tecnico, sono ottimi se vogliamo e possiamo andare oltre, ma sono essenziali soltanto se vogliamo diventare guide montessoriane. Ti propongo un esercizio pratico: «Imparare a osservare» Istruzioni: quando hai almeno quindici minuti di tempo, dedicati a osservare tuo figlio; se vuoi, puoi tenere sottomano carta e penna per annotare ciò che ritieni più interessante. Durante questi minuti non farai altro che osservare tuo figlio, mettendoci tutta la tua attenzione, senza giudicare, senza intervenire, senza perderti nei tuoi pensieri, senza guardare il cellulare, senza distrarti… In sostanza è un esercizio di mindfulness.

Se ritieni che questo esercizio sia così facile da poterlo evitare, ti invito a pensarci due volte. L’osservazione può sembrare alla portata di chiunque, ma ti assicuro che quando farai questo esercizio ti renderai conto che è un’abilità molto poco allenata. Magari in quei quindici minuti tuo figlio farà qualcosa di meraviglioso e ti sarà facile continuare a osservarlo senza distrarti, o magari passerai quindici minuti a guardare tuo figlio mentre fa qualcosa che ti risulterà assolutamente noioso. Osservare richiede pazienza, una qualità che in questi tempi frettolosi che prediligono il risultato immediato sembra brillare per la sua assenza. Nella formazione delle guide montessoriane si fanno esercizi di questo tipo per allenare la capacità d’osservazione, e credo che anche tutti i genitori dovrebbero eseguirli. Se siamo capaci di osservare veramente i nostri figli, riusciremo a identificare i loro bisogni, i loro interessi, i loro talenti e gli ostacoli che stanno incontrando nel loro sviluppo, e con queste preziosissime informazioni saremo maggiormente in grado di soddisfare quei bisogni, di appoggiare quegli interessi e di eliminare o almeno ridurre quegli ostacoli.

4.1.2. I principi basilari della filosofia montessoriana e la loro messa in pratica Castighi, premi ed elogi È un tema che in genere non lascia indifferenti. Alcune famiglie mi chiedono: «Se non utilizzo premi e castighi, come faranno i miei figli a imparare ciò che è bene e ciò che è male?» oppure: «Quando i miei figli fanno qualcosa di buono, come faccio a non elogiarli? Che fine fa il rinforzo positivo?». Altre famiglie sono d’accordo sul principio, ma trovano difficile applicarlo: «Noi cerchiamo di evitare premi e castighi, ma in fin dei conti i bambini ci danno retta solo quando li utilizziamo». Qualunque sia il tuo caso, spero che quanto sto per dirti contribuisca a convincerti che premi, castighi ed elogi hanno soltanto effetti negativi. Il fatto di non offrire premi o ricompense né applicare castighi ha l’obiettivo di favorire l’automotivazione e l’autodisciplina del bambino, affinché il bambino faccia le cose per la propria soddisfazione e non per ottenere un premio o evitare un castigo. Ma non castigare un comportamento sbagliato non significa promettere al bambino di fare quel che vuole. Al posto dei castighi si utilizzano conseguenze logiche e naturali che, anche se possono sembrare la stessa cosa,

in realtà mandano un messaggio completamente diverso. Il castigo è imposto dall’esterno, mentre la conseguenza è associata in modo naturale all’atto in questione. Vediamo un esempio. Il bambino si rifiuta di raccogliere i suoi pennarelli dopo aver disegnato: come reagiamo? «Va’ nella tua stanza, e non potrai più usare i pennarelli per due giorni» (castigo imposto da noi e quindi arbitrario). «Se non raccogli i pennarelli e li lasci senza cappuccio si seccheranno e non potrai più usarli per disegnare» (conseguenza diretta delle sue azioni). Nemmeno offrire premi è una buona idea. Se vogliamo ricompensare in qualche modo un comportamento corretto dobbiamo far sì che il bambino percepisca la ricompensa come inerente all’atto che l’ha generata. A volte è solo questione di modificare il nostro linguaggio. Il bambino traccheggia al momento di mettersi il pigiama, lavarsi i denti eccetera: come reagiamo? «Se ti metti il pigiama ti lascio giocare ancora un po’ prima di andare a letto» (il bambino lo percepirà come una ricompensa che gli diamo noi). «Se ti metti il pigiama, avrai il tempo per giocare ancora un po’ prima di andare a letto» (in questo caso il bambino lo percepirà come una conseguenza logica delle sue azioni). La differenza può sembrare sottile, ma è potente! Uno dei principali svantaggi delle conseguenze logiche è che non sempre funzionano nel breve termine, e per questo molti genitori ricadono di nuovo nella spirale dei premi e dei castighi. Ma quando ti ritroverai in una delle situazioni citate, fermati a pensare se per te è più importante che tuo figlio modifichi il suo comportamento a breve termine o che a lungo termine produca una disciplina interiore che lo accompagnerà per tutta la vita. E che dire degli elogi? Inizialmente elogiare i bambini può sembrare positivo, perché ci dà la falsa impressione di favorire la loro autostima e la fiducia in sé stessi. Ma riflettendoci meglio capiremo subito che a lungo termine l’effetto può essere

proprio il contrario: stiamo creando nel bambino un bisogno di approvazione esterna da cui dipenderà per il resto della sua vita nel giudicare la bontà del suo lavoro. Stiamo minando la sua capacità di automotivazione, come confermano numerosi studi (Mueller e Dweck, 1998). Come può una persona sentirsi soddisfatta del proprio lavoro se non è capace di dargli valore? Nel metodo Montessori non si elogia un bambino quando svolge bene un lavoro, così come non lo si corregge se lo fa male. Per questo nella maggior parte delle attività e dei materiali esiste un controllo dell’errore che aiuta il bambino a capire se ha realizzato correttamente l’attività oppure no. Di solito il bambino non aspetta il nostro riconoscimento e non ha senso darglielo, anche se a noi fa piacere festeggiare i suoi risultati. L’aspetto peggiore degli elogi è che creano dipendenza, sia nell’adulto sia nel bambino. Come genitori ci sentiamo bene quando elogiamo i nostri figli, perché esprimiamo l’orgoglio che proviamo per loro, e a loro volta i bambini si sentono bene perché ricevono la nostra approvazione. Ma elogio dopo elogio si ottiene che il principale obiettivo del bambino non sia più realizzare un lavoro o comportarsi in una determinata maniera per la propria soddisfazione, bensì per la gradevole sensazione di ricevere un elogio. Alla fine l’elogio diventa talmente importante che il lavoro e lo sforzo profuso passano in secondo piano. Ma allora… come reagire quando un bambino ci mostra un lavoro ben eseguito? In questo caso il bambino si aspetta una reazione da parte nostra, forse perché è già abituato a ricevere elogi. Ma la nostra reazione non deve per forza consistere in un «Molto bene!», «Come sei sveglio!» o in un applauso. Ci sono alcune alternative, per esempio queste: «Hmm!»: è la reazione-jolly. Quando non sappiamo cosa dire, meglio questa che un elogio. Mostriamoci interessati a ciò che il bambino ci propone e aspettiamo se ha altro da raccontarci. 2. «Accidenti, cos’hai fatto? Raccontami un po’»: il bambino capisce che ci interessiamo e sicuramente sarà felice di darci altri dettagli. 3. «Hai fatto fatica a realizzarlo, eh?»: invece di occuparci del risultato ci concentriamo sullo sforzo, accrescendo la motivazione interiore del bambino. 4. «Mi sembri molto felice! Sei contento di essere riuscito a farlo?»: 1.

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ancora una volta ci concentriamo sulla sua sensazione di successo e sulla sua automotivazione. «Vedo che hai…»: ci limitiamo a descrivere ciò che ha fatto, riconoscendo il suo lavoro in modo neutro. «Ce l’hai fatta!»: quando siamo consapevoli del grande sforzo che gli è costato ottenere un certo risultato, possiamo approfittare per reagire con più entusiasmo. «Ma guarda! Finora non ci riuscivi e adesso invece sì!»: ci concentriamo sul fatto che il bambino sta crescendo, imparando e superando sé stesso. «Grazie! Mi fa molto piacere che tu abbia fatto questo per me!»: quando il bambino ha realizzato una cosa per regalarcela, ovviamente lo dobbiamo ringraziare. «Questo non l’avevi mai fatto! Come hai imparato?»: in questo caso diamo valore al processo d’apprendimento. «Mi piace questa cosa che hai fatto, potresti insegnarmi a farla?»: con questa reazione stiamo mandando al bambino il messaggio che il suo lavoro ci piace così tanto che anche noi vorremmo imparare a farlo, e lui ha la capacità di insegnarcelo.

Sostituire i soliti elogi con questo tipo di frasi richiede un po’ di pratica, perché siamo abituati agli elogi tradizionali e ne siamo dipendenti, tanto che all’inizio abbiamo spesso l’impressione che ci manchi qualcosa non elogiando il lavoro del bambino. Anche a un bambino abituato a ricevere elogi potrebbe sembrare strano e potrebbe quindi continuare a cercare la nostra approvazione, ma il processo di «disintossicazione dagli elogi» merita più di un tentativo. Come effetto secondario di questa disintossicazione, anche tu potresti cominciare a notare che non dipendi più tanto dal riconoscimento dei tuoi colleghi o dei tuoi amici, dalla pacca sulla spalla da parte del tuo capo e, in generale, dall’approvazione esterna di altre persone per sperimentare la soddisfazione di aver fatto un buon lavoro. Come ti ho già detto, il metodo Montessori coinvolgerà tutto il tuo stile di vita. Concentrazione Come abbiamo visto, la concentrazione è uno dei pilastri del metodo Montessori, nonché il passo preliminare e imprescindibile per arrivare alla

normalizzazione. Una delle norme di un ambiente montessoriano è: «Mai interrompere il lavoro di un compagno». Quando interrompiamo il lavoro di una persona, che sia un bambino o un adulto, gli stiamo inviando il messaggio che quello che sta facendo non vale niente, o perlomeno non vale tanto quanto il motivo per cui lo interrompiamo. Soprattutto nel caso dei bambini molto piccoli, è piuttosto comune dare per scontato che qualsiasi cosa stiano facendo non è abbastanza importante da non poter essere interrotta. Un esempio su tutti: un neonato sdraiato sulla schiena osserva una giostrina, o le sue mani, o un riflesso di luce sulla parete, o qualsiasi altra cosa che in quel momento abbia attirato la sua attenzione, e viene interrotto da un adulto che (con le migliori intenzioni) comincia ad agitare un sonaglino o a chiamarlo per nome. L’interruzione impedisce al bambino di sviluppare la sua capacità di attenzione, distraendolo da qualcosa che per lui aveva un’importanza molto più grande di quanto la maggior parte di noi possa immaginare, qualcosa su cui stava lavorando. Sì, neonati e bambini lavorano costantemente, e il loro lavoro è della massima importanza poiché l’obiettivo finale è la costruzione di sé stessi. Per questo Maria Montessori riteneva opportuno chiamare «lavoro» e non «gioco» quello svolto da neonati e bambini, per conferirgli l’importanza che merita. La domanda che dovremmo porci prima di interrompere un bambino o un neonato è: «Ho davvero bisogno di interromperlo?». Se la risposta è no, meglio lasciare che il bambino approfitti della sua capacità di concentrazione e la rafforzi. E se l’argomento della normalizzazione non fosse abbastanza convincente, lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi (Csíkszentmihályi, 2014) ci offre un’altra buona ragione per prenderci cura della concentrazione e custodirla come un tesoro prezioso: il concetto di flow o «fluire», uno stato in cui la persona è talmente assorta in un’attività che le dà grande soddisfazione da perdere addirittura il senso del tempo e degli stimoli esterni. Pare che ci sia un rapporto diretto fra la capacità di vivere esperienze di flow e la felicità. Si tratta di una felicità retrospettiva, che non si prova sul momento bensì quando usciamo dallo stato di raccoglimento e di concentrazione. Anche Maria Montessori osservò questo fenomeno, e ne scrisse nel

Segreto dell’infanzia: «Il bambino normale attratto dall’oggetto vi fissava intensamente tutta la sua attenzione, e continuava a lavorare e a lavorare senza posa, in una concentrazione meravigliosa. E dopo aver lavorato, allora appariva soddisfatto, riposato e felice» (Montessori, 1999a). È esattamente a questo che si riferisce Mihály Csíkszentmihályi descrivendo il concetto di flow. Forse starai pensando a come entrare in questo stato di flow per sperimentare questa sensazione di felicità. Vediamo dunque quali caratteristiche deve avere un’attività per trasformarsi in un’esperienza di flow. Mete e regole devono essere chiare e realistiche e in accordo con le nostre capacità. Deve prodursi un’intensa concentrazione in un campo d’attenzione limitato. Perdita dell’autocoscienza nella fusione di azione e coscienza. Senso del tempo distorto. Retroalimentazione diretta e immediata: i successi e i fallimenti sono evidenti e ci permettono di aggiustare i comportamenti in corso d’opera. Mantenere l’equilibrio fra abilità e sfida. Sensazione di controllare personalmente la situazione o l’attività. L’attività è intrinsecamente gratificante. Quando entriamo nello stato di flow, l’azione si realizza senza sforzo. Noterai che quasi tutte le caratteristiche con cui Csíkszentmihályi definisce un’esperienza di flow sono simili a quelle presenti nelle attività, nel lavoro e nella concentrazione promossi in un ambiente montessoriano. Curioso, no? Libertà e limiti Sul tema della libertà e dei limiti nel metodo Montessori mi sono state rivolte innumerevoli domande. Quando cominci a leggere o ad ascoltare qualcosa su Maria Montessori, ma ancora non hai approfondito ogni aspetto, di solito ti viene in mente una di queste due domande:

Nel metodo Montessori i bambini fanno tutto ciò che vogliono? Il metodo Montessori non è troppo rigido, con tutte quelle regole da seguire? Come vedi, sono due visioni diametralmente opposte, e nessuna delle due è completamente vera. Nel metodo Montessori i bambini godono di molta libertà, ma non fanno «tutto ciò che vogliono», perché ci sono anche alcuni limiti. E no, non è necessario seguire un mucchio di regole, le norme sono poche, ma molto chiare e di senso comune, così i bambini capiscono che rispettarle significa rispettare i loro compagni, l’ambiente e sé stessi. Maria Montessori diceva che libertà e disciplina sono due facce della stessa moneta: non si può avere l’una senza l’altra. E credo che avesse ragione. La libertà senza disciplina conduce al caos, e la disciplina senza libertà porta alla repressione. Non vogliamo né l’uno né l’altra, perciò dobbiamo cercare il punto d’equilibrio fra la libertà e la disciplina, o tra la libertà e i limiti. Credimi, non è difficile come sembra. Sono certa che avrai sentito dire che i bambini hanno bisogno di limiti perché i limiti danno sicurezza. Anche noi adulti ne abbiamo bisogno, però nel caso dei bambini piccoli è necessario che i limiti li stabilisca un’altra persona, e poi, crescendo, i bambini diventeranno capaci di stabilirne da soli. In un ambiente montessoriano mantenere l’equilibrio fra libertà e limiti è possibile grazie al ciclo di lavoro in tre parti, di cui ti ho già parlato. In ciascuna parte infatti sono impliciti sia la libertà sia i limiti. Vediamo come. Il ciclo di lavoro in tre parti Parte 1: puoi scegliere qualsiasi materiale che ti sia già stato presentato e che sia disponibile. Parte 2: puoi lavorare con il materiale scelto per tutto il tempo che vuoi (durante un periodo di lavoro di tre ore), ammesso che tu ne faccia un uso adeguato. Parte 3: quando hai finito devi rimettere il materiale al suo posto, nelle condizioni in cui l’hai trovato. Vedi dove si trovano la libertà e i limiti? Se ci fai caso, non si usa mai la parola «no»: i limiti sono talmente integrati nella libertà che non è necessario esplicitarli perché i bambini li capiscano. Magari il ciclo di lavoro in tre parti non sarà sempre applicabile al nostro

ambiente familiare, ma una volta comprese le chiavi che lo fanno funzionare potremo applicarle a qualsiasi contesto. Vediamo ora queste tre chiavi. 1.

I limiti non sono arbitrari, hanno un senso ed è facile spiegare a un bambino che un limite esiste per ragioni di sicurezza o di rispetto. Magari all’inizio i più piccoli non lo capiranno, ma è qui che si applica la seconda chiave. 2. Le norme o i limiti sono uguali per tutti, compresi gli adulti. Se i bambini vedono che tutti rispettano le stesse norme, capiranno facilmente che anche loro devono fare altrettanto. 3. Esponendo i limiti in positivo comunichiamo le informazioni su ciò che si può fare trascurando tutto ciò che non si può fare. Per esempio: «Noi mettiamo i piedi solo per terra» anziché: «Non si può stare in piedi sul tavolo», «Non si sta in piedi sul divano», «Non si sta in piedi sul letto» eccetera. In teoria sembra facile, ma la pratica è un’altra cosa, dico bene? Esattamente come per il tema dei premi, dei castighi e degli elogi, si tratta di prenderne coscienza e di cambiare abitudini. All’inizio si farà fatica, come per ogni cambiamento, ma con la pratica verrà spontaneo. Risoluzione dei conflitti Il metodo Montessori favorisce un ambiente pacifico e tranquillo, ma ciò non significa che non si generino conflitti. Le divergenze d’opinione fanno parte delle interazioni umane e sono necessarie e positive, ma è importante possedere gli strumenti per risolvere i conflitti in maniera amichevole. Di solito un conflitto si può risolvere in tre modi. Con la negoziazione: le persone coinvolte nel conflitto sono capaci di risolverlo amichevolmente e in autonomia. Con la mediazione: una terza persona, imparziale, aiuta le due parti coinvolte a risolvere il conflitto. Con l’arbitraggio: se il conflitto non si risolve né con la negoziazione né con la mediazione, le parti coinvolte chiedono aiuto a un terzo, imparziale, che prenderà una decisione che dovrà essere rispettata. L’ideale sarebbe evitare di ricorrere all’arbitraggio, risolvendo il conflitto

tramite la negoziazione o la mediazione. Con i bambini più piccoli (di età inferiore ai tre o quattro anni) o poco abituati a risolvere i conflitti in maniera indipendente, bisognerà ricorrere spesso alla mediazione o addirittura all’arbitraggio, ma via via che conosceranno e useranno gli strumenti che sto per proporti impareranno a risolvere le loro divergenze con un intervento esterno sempre più limitato. Il metodo Montessori ci offre tre tipologie di strumenti con cui risolvere i conflitti. 1. Il tavolo della pace: si tratta di un luogo in cui i bambini (ma anche gli adulti) possono parlare civilmente per cercare di risolvere un conflitto. Possono esserci numerose varianti del tavolo della pace, nelle scuole o in famiglia, ma l’unica cosa davvero imprescindibile a un tavolo della pace è l’oggetto che agirà come mediatore e che, possibilmente, sarà un oggetto che simbolizzi la pace. La persona che lo tiene in mano può parlare, mentre l’altra persona deve ascoltare senza interrompere finché non arriva il suo turno. Il rispetto del proprio turno per parlare è un punto chiave per la risoluzione del conflitto. Al tavolo della pace è importante formulare le frasi in modo adeguato: Cominciare le frasi con «io» invece che con «tu». Per esempio: «Mi ha dato fastidio che tu abbia buttato a terra la matita verde» anziché: «Hai buttato a terra la matita verde». Descrivere la situazione invece di giudicare. Per esempio: «Le cose si rompono se le buttiamo a terra» invece di: «Tu rompi sempre le cose». Esprimere ciò di cui abbiamo bisogno in una forma positiva. Per esempio: «Sarebbe bello se trattassi le cose con maggior riguardo» invece di: «Non buttare le cose a terra». Non è una pratica che possa funzionare come per magia da un giorno all’altro: ci vuole tempo e abitudine. Il successo dipende anche dallo sviluppo linguistico del bambino, perciò i bambini molto piccoli avranno quasi sempre bisogno di un mediatore che li aiuti a verbalizzare ciò che sentono. 2. Il messaggio in tre parti: questo strumento è utile perché i bambini possano difendersi da un comportamento negativo senza ricorrere alla violenza. Quando un bambino si sente aggredito può utilizzare il messaggio in tre parti: si esplicita il problema, si spiega come ci si è sentiti e si mette in

chiaro che non si vuole che si ripeta. Vediamo un paio di esempi di messaggio in tre parti: «Mi hai chiamato in un modo che non mi piace. È una cosa che mi dà fastidio. Puoi chiamarmi con il mio nome». «Mi hai colpito. Ho provato dolore. Non farlo più.» Dopodiché il bambino si ritira e si mette a fare qualcos’altro. Il bambino che l’ha offeso capta perfettamente il messaggio, perché sa già che quanto ha fatto è male e i suoi compagni non lo accetteranno. Nel caso in cui continui a comportarsi nella stessa maniera, sarà necessario l’intervento di un adulto. 3. Lezioni di belle maniere, grazia e cortesia: alcuni conflitti si producono semplicemente perché i bambini non conoscono ancora le regole basilari della cortesia, perciò nell’area di vita pratica c’è una sezione che si chiama appunto grazia e cortesia. Presentando ai bambini lezioni come «Chiedere scusa per passare», «Scusarsi quando si deve interrompere», «Mettersi la mano davanti alla bocca quando si tossisce o si starnutisce», «Osservare il lavoro di un compagno senza interrompere», «Spiegare a qualcuno che si è occupati e non si può parlare», e tutte quelle situazioni che possono generare un conflitto, stiamo mostrando loro come evitare tali contrasti in modo educato e diplomatico. Queste lezioni si possono presentare anticipando una situazione o anche quando si sia già prodotto un conflitto. In quest’ultimo caso però non faremo subito la presentazione, ma la rimanderemo a un altro momento del giorno, isolato dall’incidente; in questo modo il bambino non la prenderà come una sgridata, ma come un’occasione per imparare. Molte regole basilari della cortesia si imparano nell’ambiente familiare senza che sia necessario presentarle in modo strutturato: per esempio, un bambino che mangia con la sua famiglia e vede i suoi genitori masticare con la bocca chiusa probabilmente non avrà bisogno di una presentazione su come masticare con la bocca chiusa. Ma alcune situazioni forse non sono altrettanto abituali, ed è interessante presentarle ai nostri figli perché sappiano come agire in determinate circostanze. Immaginazione e fantasia Un tema che spesso provoca confusione e solleva controversie è quello della fantasia secondo Maria Montessori. La prima cosa di cui dobbiamo tener conto è che immaginazione e fantasia non sono assimilabili. L’immaginazione nasce nella mente del

bambino, è qualcosa che lui crea a partire dalle informazioni che possiede, mentre la fantasia nasce dall’immaginazione di un’altra persona e viene trasmessa al bambino dall’esterno. Nel metodo Montessori non si respinge l’immaginazione, anzi, la si favorisce, ma si evita che i bambini minori di cinque o sei anni siano esposti alla fantasia. Fino a quell’età infatti il bambino ha bisogno di apprendere attraverso il mondo reale, e non necessita della fantasia per imparare o per sviluppare l’immaginazione, come erroneamente si crede. Di fatto la fantasia può addirittura risultare dannosa in questo primo piano dello sviluppo, perché la mente del bambino non è ancora capace di pensare in modo astratto e a volte non sa distinguere la realtà dalla finzione. Generalmente siamo noi adulti ad avere bisogno di offrire la fantasia ai nostri figli, perché erroneamente pensiamo di dover raccontare loro le fiabe quando sono piccoli e ancora possono crederci, mentre è esattamente il contrario: dovremmo aspettare che la loro mente sia pronta a godere di una fiaba sapendo che non è reale. Nel suo The Advanced Montessori Method, Maria Montessori spiegava: «Come si può sviluppare l’immaginazione dei bambini attraverso ciò che, al contrario, è frutto della nostra immaginazione? Siamo noi a immaginare, non loro. Loro credono, non immaginano. E la credulità è, indubbiamente, una caratteristica della mente immatura […]. Dunque è la credulità che vogliamo sviluppare nei nostri bambini?» (Montessori, 2012). Leggendo queste righe probabilmente penserai che al giorno d’oggi è quasi impossibile che un bambino non sia esposto alla fantasia prima dei cinque o sei anni. Hai ragione, ma ciò non significa che tu non debba fare tutto il possibile per riequilibrare la bilancia dalla parte della realtà. Puoi scegliere il tipo di libri da offrire ai tuoi figli orientandoti verso quelli che contengano immagini e storie reali, e puoi parlare con loro di ciò che li circonda e che si può vedere e toccare, offrendo esperienze del mondo reale e rispondendo con sincerità alle loro domande.

4.2. L’ambiente preparato Non ti fornirò dettagli concreti su come creare in casa, stanza per stanza, un ambiente preparato, ma voglio proporti alcune nozioni di carattere generale da tenere in considerazione.

L’ambiente preparato in casa deve avere alcuni requisiti. Essere sicuro per il bambino. È un punto fondamentale: se sei in dubbio fra due scelte, la mia raccomandazione è di dare sempre la priorità alla sicurezza. Promuovere l’indipendenza del bambino. Oltre che con il nostro atteggiamento, di cui ti ho già parlato ampiamente, possiamo favorire l’indipendenza del bambino offrendogli un ambiente che gli permetta di cavarsela con il minor aiuto possibile da parte nostra, per esempio mettendo alla sua portata gli utensili che gli servono per la cura personale e dell’ambiente, o procurandogli attrezzi che abbiano dimensioni adeguate pur essendo funzionali. Invece di offrirgli attrezzi da giardinaggio che quasi non svolgono la loro funzione, cerca attrezzi reali, ma di dimensioni ridotte. Fino a qualche anno fa non era facile reperirli, ma ormai sono largamente disponibili. Far sì che il bambino si senta una parte importante della famiglia, capace di contribuire alle attività familiari. Ciò potenzierà la sua autostima. Essere gradevole, ordinato e pulito affinché il bambino impari ad apprezzare queste qualità e a mantenerle nell’ambiente che lo circonda. In questo punto rientra anche la scelta di giocattoli fatti con materiali naturali, che siano semplici e permettano al bambino di utilizzarli in modi diversi (al contrario di quei giocattoli automatici che rendono il bambino un semplice spettatore). Inoltre bisogna evitare un eccesso di giocattoli, assegnare un posto a ogni cosa per facilitare l’ordine eccetera. Favorire la concentrazione. La concentrazione si può ottenere offrendo al bambino un posto in cui giocare e lavorare senza interruzioni, e ovviamente mettendo alla sua portata materiali attraenti, che lo spingano a manipolarli con tutta la sua attenzione. Ti propongo un esercizio pratico: «Percorrete la casa gattoni» Percorrere la casa gattoni può essere il primo passo per creare o migliorare l’ambiente preparato in casa nostra. Si tratta di un esercizio che tutti i genitori dovrebbero fare ogni tanto per vedere com’è l’ambiente domestico «con gli occhi di un bambino».

È un esercizio essenziale se stiamo aspettando un bebè o se abbiamo un bambino molto piccolo, per poter adattare la casa prima che cominci a esplorarla. Ma è importante svolgerlo anche mentre il bambino cresce, perché diventa capace di raggiungere più cose e, al tempo stesso, cambiano i suoi interessi e i suoi bisogni, nonché la sua capacità di identificare possibili pericoli. E se hai due o più figli, ricorda che devi cercare di far sì che l’ambiente preparato sia il più adeguato possibile per tutti. Procediamo: 1.

Prendi un foglio e disegna una piantina della tua casa: non è necessario che sia perfettamente in scala, ma devono esserci le varie stanze, le porte, i mobili eccetera. 2. Percorri la casa gattoni. Ti consiglio di cominciare dalla stanza dei tuoi figli, per immaginare ciò che si troveranno davanti in una giornata qualsiasi dal momento in cui si alzano dal letto. Mentre lo fai, cerca di identificare e poi annotare sulla piantina quanto segue: Possibili pericoli in cui il bambino potrebbe incappare: prese della corrente, cassetti o armadi dal contenuto pericoloso (medicine, prodotti per la pulizia eccetera), porte in cui potrebbe schiacciarsi le dita e così via. Ostacoli che si frappongono all’indipendenza del bambino (difficile accesso ai suoi giocattoli e ai libri, ai suoi vestiti, agli interruttori della luce, al lavabo, ai suoi piatti e posate eccetera). 3. Infine, pensa a come potresti risolvere i problemi che hai evidenziato. Se ti sembra che ci siano molte cose da cambiare o da migliorare, stabilisci le priorità e ripromettiti di effettuare i cambiamenti poco a poco, cominciando dai più urgenti o necessari.

Cambiamenti nell’ambiente preparato a partire dai sei anni Anche per i bambini di età superiore ai sei anni l’ambiente preparato deve soddisfare i punti già citati, ma è necessario considerare le differenze esistenti fra il primo e il secondo piano dello sviluppo. Uno dei cambiamenti più evidenti dell’ambiente preparato è che probabilmente non dovrai più preoccuparti dell’accessibilità, dato che

l’altezza di un bambino di sei o più anni dovrebbe consentirgli di raggiungere più facilmente il lavabo, i suoi vestiti, i suoi libri eccetera. Ma ci sono altri cambiamenti meno evidenti. Per esempio, l’ordine è fondamentale nell’ambiente di un bambino di età inferiore ai sei anni, mentre a partire da questa età il bambino ha ormai interiorizzato l’ordine nel suo cervello. Ciò non significa che non abbia bisogno di un ambiente ordinato, ma questo ordine può essere più flessibile. Tutto ciò si traduce nel fatto che a un bambino di età inferiore ai sei anni dobbiamo offrire in uno stesso spazio – per esempio su un vassoio – tutti gli oggetti di cui avrà bisogno per realizzare un’attività, e possibilmente nell’ordine in cui gli occorreranno. Al contrario, un bambino di sei o più anni può mettere insieme gli utensili e i materiali di cui ha bisogno anche se sono custoditi in luoghi diversi, e non è necessario che l’ordine gli venga proposto dall’esterno perché è capace di generarlo da sé. Un altro punto importante di questa tappa è che l’ambiente preparato non si limita più a ciò che nell’immediato circonda il bambino, ma si estende al di là della casa e della scuola. Dobbiamo essere preparati a offrire ai nostri figli la possibilità di scoprire e sperimentare il mondo reale oltre la famiglia. Apprezzerai il fatto che a partire dai sei anni i tuoi figli avranno una sete insaziabile di conoscenza, dato che ormai la loro mente è capace di pensiero astratto e questa nuova abilità apre loro infinite possibilità di apprendimento. Dobbiamo rispondere a questa necessità dei nostri figli in maniera adeguata alle domande che ci faranno, incoraggiandoli a investigare e a trovare altre risposte possibili.

4.3. Attività e materiali in casa Voglio cominciare questo paragrafo ricordandoti una cosa: in precedenza ti ho fatto notare che le attività e i materiali montessoriani occupano la parte più alta della piramide che si basa sull’ambiente preparato e sull’adulto preparato. Spero quindi che tu segua la mia raccomandazione e avvii un profondo lavoro di trasformazione personale e dell’ambiente prima di introdurre materiali montessoriani in casa tua. Magari stavi già sperando di comprare la Torre rosa, e ora penserai che sono una guastafeste, ma dovevo ricordartelo. Anche dopo aver realizzato questo lavoro di trasformazione, ci sono

situazioni in cui avere in casa materiali montessoriani non è necessario o addirittura è controproducente. Per esempio, se i tuoi figli frequentano una scuola montessoriana hanno già a disposizione tutti i materiali necessari, ed è possibile che la loro guida ti consigli di non avere quegli stessi materiali anche in casa perché, da una parte, potresti creare confusione nel bambino presentandoglieli in modo diverso, e, dall’altra, tuo figlio potrebbe perdere rapidamente interesse per quei materiali. Se invece i tuoi figli frequentano una scuola non montessoriana, può essere una buona idea tenere in casa materiali montessoriani che possano rinforzare ciò che imparano a scuola, o favorire apprendimenti diversi da quelli che realizzano a scuola. Anche in questo caso però dovrai prestare attenzione a quei materiali o a quelle attività che possono creare confusione. Ne sono un esempio i materiali per la letto-scrittura: il metodo Montessori per imparare a leggere e a scrivere è fonetico, perciò se la scuola di tuo figlio usa un altro metodo, per esempio quello sillabico, è importante che tu ne tenga conto e osservi se la mescolanza dei due metodi crea confusione per tuo figlio. Una terza soluzione potrebbe essere l’homeschooling. In questo caso credo che utilizzare i materiali montessoriani sia l’ideale, ma allora ti raccomando di formarti adeguatamente per poterli presentare ai tuoi figli nel modo più corretto. In ogni caso, ci sono molte attività che puoi offrire ai tuoi figli in casa anche senza disporre dei materiali montessoriani. Mi riferisco principalmente alle attività di vita pratica, perfettamente adattabili all’ambiente familiare, ma si possono «montessorizzare» anche attività, materiali o giocattoli non strettamente montessoriani. A tale scopo attieniti ai punti che seguono.

Controllo dell’errore Cerca di offrire ai tuoi figli attività e giocattoli che comprendano un chiaro controllo dell’errore. Questo permetterà loro di lavorare in modo autonomo senza dipendere dal giudizio di un adulto: loro stessi si renderanno conto dell’eventuale errore e cercheranno di correggerlo. Un buon esempio è quello del puzzle: se qualche pezzo non si incastra al posto giusto, l’immagine non si compone correttamente; il bambino vede da sé che manca qualcosa e non c’è bisogno che noi lo correggiamo.

Isolare i concetti Una caratteristica delle attività e dei materiali montessoriani è che generalmente si lavora su un concetto o un’abilità alla volta, per permettere al bambino di concentrare la propria attenzione su quel concetto o quell’abilità. Un chiaro esempio è quello della già citata Torre rosa, un insieme di dieci cubi di legno dipinti di rosa, che si differenziano solo per le dimensioni: il più piccolo misura un centimetro cubo e ogni cubo è di un centimetro cubo più grande di quello precedente. Con questo materiale isoliamo un unico concetto, ovvero le dimensioni, e il bambino può concentrare la propria attenzione su questo concetto dato che è l’unico a differenziare un cubo dall’altro (tralasciando il peso, ovviamente). Se i cubi fossero di colori diversi, o di materiali diversi, o se non fossero tutti cubi ma avessero forme diverse, non staremmo isolando il concetto della dimensione.

Lezioni in tre tempi La lezione in tre tempi fu utilizzata per la prima volta da Édouard Séguin nell’Ottocento e successivamente adottata da Maria Montessori. È il modo abituale di presentare al bambino nuovi concetti e il vocabolario a essi associato. La maniera migliore per capire in cosa consiste la lezione in tre tempi è tramite un esempio. Immagina che stiamo per presentare tre oggetti: un cerchio, un triangolo e un quadrato (possibilmente dello stesso materiale e colore, per isolare il concetto che stiamo presentando). Lo faremo seguendo questo schema: Prima fase: diamo le informazioni al bambino. Prendiamo il cerchio e diciamo: «Questo è un cerchio». Lo offriamo al bambino ripetendo «cerchio» mentre lui lo esamina. È possibile che il bambino ripeta la parola. Posiamo il cerchio sul tappeto. Ripetiamo l’operazione con il quadrato e il triangolo. Seconda fase: forniamo al bambino il vocabolario e gli chiediamo di

identificare l’oggetto corrispondente. Chiediamo al bambino di indicare o prendere il quadrato: «Puoi mostrarmi il quadrato?». Se ci indica un’altra forma, la indichiamo a nostra volta e diciamo il nome corretto di quella forma, poi la prendiamo, la esaminiamo e la offriamo al bambino. Successivamente indichiamo il quadrato dicendo «quadrato», lo prendiamo, lo esaminiamo e lo offriamo al bambino. È molto importante procedere in questo modo perché il bambino non percepisca che lo stiamo correggendo. Ripetiamo l’operazione con il cerchio e il triangolo. Si prosegue con la seconda fase finché il bambino non utilizza correttamente i nomi degli oggetti, e ciò può richiedere vari giorni o settimane. Conviene cambiare ogni tanto le azioni da realizzare perché il bambino si diverta di più: per esempio, invece di indicare l’oggetto possiamo chiedergli di darcelo, di metterselo sulla testa, di infilarlo in tasca o se stiamo lavorando con le lettere, possiamo giocare a «vedo una cosa che comincia per…». Ai bambini piacciono moltissimo queste variazioni. Terza fase: chiediamo al bambino di darci l’informazione. Indichiamo uno degli oggetti e chiediamo al bambino: «Che cos’è questo?». Se dice un nome sbagliato, torniamo al passo 2 della seconda fase. È importante che la seconda fase non sembri un esame, perciò dobbiamo aspettare che il bambino si senta davvero a proprio agio con il vocabolario che gli abbiamo presentato e provi il desiderio di condividerlo con noi. Come vedi, la lezione in tre tempi è utilissima per introdurre un vocabolario nuovo e si può utilizzare anche con oggetti d’uso quotidiano, quindi è abbastanza facile applicarla in casa. Ma è importante tenere a mente alcuni dettagli: Non proporre i tre tempi nella stessa presentazione. Ogni volta

bisogna attraversare una fase e andare avanti finché non vediamo che il bambino è pronto ad affrontare con successo la fase seguente. Non introdurre mai più di due o tre oggetti o concetti. Cercare di isolare il concetto, come ho precisato nel paragrafo precedente. Per esempio, se vogliamo lavorare con le forme cercheremo di far sì che il colore, le dimensioni e il materiale degli oggetti siano gli stessi. Se il bambino sbaglia, non dobbiamo mai dirgli: «No» oppure: «Hai sbagliato», ma dargli la risposta corretta così come ho spiegato nel passo 2 della seconda fase.

Come presentare un’attività Ecco alcuni schemi cui ricorre una guida montessoriana per presentare un’attività o un materiale. Come vedrai, è possibile adattarli per altre attività non necessariamente montessoriane. Preparare su un vassoio tutto ciò di cui il bambino avrà bisogno e nel formato opportuno. Questo è particolarmente importante se i tuoi figli hanno meno di sei anni: come ho già detto, un bambino di età superiore ai sei anni può trovare da solo i materiali di cui ha bisogno per la sua attività, basta che gli forniamo qualche indicazione. Testare l’attività prima di presentarla. Al momento di presentarla, eliminare ogni distrazione sia per il bambino sia per noi. Dobbiamo essere presenti al cento per cento. Sedersi alla destra del bambino (o alla sua sinistra se la persona che presenta l’attività è mancina) perché possa vedere i movimenti della nostra mano dominante. Presentare l’attività esattamente nello stesso modo in cui deve farla il bambino. Ti faccio un esempio: pensa a un’attività in cui il bambino deve versare un po’ d’acqua con una piccola brocca; forse noi siamo in grado di farlo senza alcuna difficoltà tenendo la brocca con una mano sola, ma sicuramente il bambino avrà bisogno di farlo con due mani, quindi è in questa maniera che dobbiamo realizzare il movimento.

Presentare l’attività da sinistra a destra e dall’alto in basso. Non è una scelta arbitraria: si fa così perché è il senso in cui leggiamo e scriviamo, e il fatto di lavorare in questo modo favorisce sia l’ordine sia una preparazione indiretta per la letto-scrittura. Fare movimenti marcati e deliberati, con una piccola pausa tra un passo e l’altro. Parlare solo se è necessario: la presentazione deve essere principalmente visiva. Se presentiamo più volte un’attività o attività simili, dobbiamo seguire sempre gli stessi passi. Alla fine della presentazione possiamo raccogliere il materiale e rimetterlo al suo posto oppure invitare il bambino a realizzare l’attività, spiegandogli dove rimettere il materiale quando avrà finito. Evitare di correggere il bambino: la maggior parte delle attività contiene il controllo dell’errore. Se il bambino non si rende conto dell’errore, possiamo ripetere la presentazione un altro giorno, ma evitando di interromperlo mentre sta lavorando. Osservare le modalità con cui il bambino realizza l’attività: se possiamo migliorare qualcosa, se gli interessa, se gli risulta troppo facile o troppo difficile eccetera. Questo tipo di informazioni è prezioso per conoscere e seguire il bambino. Una volta presentata l’attività possiamo lasciarla alla sua portata perché la realizzi quando e tutte le volte che vuole.

RIASSUNTO DEL CAPITOLO 4 Le idee principali di questo capitolo sono: Come adulti dobbiamo realizzare una trasformazione in diversi ambiti: spiritualeemotivo, fisico, intellettuale e tecnico. I primi due ambiti sono i più importanti per l’ambiente domestico. Alcuni principi montessoriani che possiamo

applicare in casa nostra sono l’eliminazione dei premi, dei castighi e degli elogi, il rispetto della concentrazione, l’equilibrio fra libertà e limiti, la risoluzione dei conflitti tramite gli strumenti di cui abbiamo parlato e la comprensione della differenza tra immaginazione e fantasia. L’ambiente preparato in casa deve considerare prioritaria la sicurezza e favorire l’indipendenza, l’ordine e la concentrazione. Ci sono alcune differenze fra un ambiente preparato per bambini di età inferiore o superiore ai sei anni. Prima di introdurre in casa materiali montessoriani è importante aver lavorato sulla trasformazione personale e sull’ambiente preparato. Bisogna essere consapevoli che in alcune situazioni può non essere positivo offrire ai nostri figli materiali montessoriani tra le mura domestiche. Anche senza materiali montessoriani possiamo «montessorizzare» le attività che proponiamo ai nostri figli seguendo alcuni semplici accorgimenti.

5. DUBBI, SCRUPOLI E DIFFICOLTÀ AL MOMENTO DI ADOTTARE LA FILOSOFIA MONTESSORIANA

A questo punto del libro potresti trovarti in una di queste due condizioni: potresti provare una schiacciante sensazione di blocco per la quantità di informazioni che stai assimilando, o potresti avere una voglia matta di metterti al lavoro. Nel primo caso è possibile che nella tua testa stiano vorticando problematiche, dubbi, scuse per non intraprendere l’azione. Non preoccuparti, è normale: la nostra mente si abitua a vivere in una zona di comfort e quando cerchiamo di uscirne ce lo rende difficile. In questo capitolo spero di riuscire a «smontare» alcune scuse che la tua mente sta accampando, e quando avrai finito di leggere mi auguro che ti sentirai più desideroso di continuare. Se invece ti trovi nella seconda condizione, congratulazioni! È il primo passo per mettersi al lavoro. Ciò non significa che sarà sempre facile, ma se sei motivato ti metterai volentieri all’opera. Anche in questo caso il presente capitolo ti sarà utile per avere la risposta pronta quando qualcuno metterà in discussione il modo di educare i tuoi figli – se ancora nessuno l’ha fatto, ti assicuro che prima o poi capiterà.

5.1. Io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male Questa scusa è un classico della negazione e un chiaro sintomo di resistenza a uscire dalla zona di comfort di cui ti ho parlato. Hai presente il proverbio: «Meglio un male conosciuto che un bene sconosciuto»? Quando qualcuno mi fa questa obiezione, mi piace rispondergli qualcosa tipo: «È vero, non sei tanto male, ma credi davvero che non potresti essere ancora meglio?». Con un po’ di fortuna questa domanda mette radici nella

persona in questione e la induce a porsi alcune domande – il che non è mai un male. Mi considero una donna molto positiva, e mi piace concentrarmi sulle cose buone. Anch’io penso di non essere tanto male, ma credo anche che potrei essere migliore. Inoltre molte cose su cui sto lavorando con tanta fatica adesso che sono adulta avrei potuto svilupparle in modo naturale da bambina. Non si tratta di lamentarsi a posteriori o di colpevolizzare l’educazione che abbiamo ricevuto, ma di prendere coscienza del fatto che le cose si possono fare in un altro modo. Finora ti ho parlato a titolo individuale, ma che mi dici della nostra società? E dell’umanità? Davvero non siamo poi tanto male? Come ti stavo dicendo, sono una persona molto positiva e non intendo deprimerti con una dissertazione su quanto vada male il mondo. Non è nel mio stile. Sono realista, e so perfettamente che il mondo è pieno di problemi, ma sono anche ottimista, e preferisco dedicare le mie energie a cercare soluzioni a questi problemi anziché lamentarmi. Credo fermamente che la chiave stia nell’educazione, e più concretamente in un’educazione basata su principi come quelli montessoriani. Ti propongo un esercizio di riflessione: «Immagina come sarebbe…» All’inizio del libro ti ho detto che il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli ed è un bene anche per il mondo. Ti invito a dare ancora un’occhiata all’elenco delle caratteristiche di un bambino Montessori, e stavolta pensando non ai tuoi figli ma a te steso. Immagina come sarebbe la tua vita se possedessi quelle caratteristiche, e come sarebbe il mondo se le avessimo tutti. La prossima volta che qualcuno ti dirà: «Be’, io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male» magari ti verrà voglia di proporgli questo esercizio.

5.2. Non sarà una moda passeggera? È comprensibile che una persona che non ha mai sentito nominare il metodo Montessori si stupisca sentendone parlare dappertutto, e potrebbe pensare che si tratti di un boom momentaneo o di una moda passeggera. La pedagogia montessoriana ha ormai cento anni di storia e ci sono moltissimi studi (alcuni li ho già menzionati in questo libro) che confermano

ciò che la dottoressa Montessori ha scoperto basandosi sulla propria esperienza con i bambini. Possiamo dire che negli ultimi anni stiamo assistendo a un boom? Sì. Possiamo affermare che alcune persone si sentono attratte dal metodo Montessori perché è di moda? È possibile. Ma la maggioranza di coloro che si avvicinano al metodo Montessori solo perché lo ritengono molto chic alla fine viene catturata dal senso profondo della filosofia montessoriana, perciò possiamo dire che si tratta di un fenomeno inarrestabile e, fortunatamente, non credo che sia passeggero.

5.3. Il metodo Montessori è solo per i ricchi Si tratta di un’obiezione piuttosto frequente. Indubbiamente questa affermazione contiene una parte di verità, ma per altri aspetti è discutibile.

Che cosa c’è di vero È vero che l’organizzazione del sistema educativo in molti paesi, compresa la Spagna, per esempio, fa sì che il metodo Montessori appaia accessibile solo a quanti possono permettersi una scuola privata. Allo stato attuale (forse quando leggerai questo libro le cose saranno cambiate) è molto difficile, se non impossibile, che una scuola pubblica applichi il metodo Montessori al cento per cento. Non si tratta di mancanza di fondi per comprare i materiali: certo, i materiali montessoriani sono costosi, ma ci sono scuole pubbliche con lavagne digitali e computer che probabilmente sono costati molto di più dei materiali necessari per creare un ambiente montessoriano. L’ostacolo principale spesso è un altro. Per restare all’esempio spagnolo, ci sono alcune incompatibilità fra le esigenze di un ambiente montessoriano e i parametri stabiliti dalla legislazione alla base dell’attuale sistema educativo. A causa di queste stesse incompatibilità, inoltre, è praticamente impossibile aprire una scuola privata che segua al cento per cento il metodo Montessori e che sia omologata dal ministero dell’Istruzione. Lo stesso ministero costringe a certificare queste scuole private come scuole straniere, il che complica e rende più costosa la realizzazione del progetto. Tutto ciò fa sì che l’accesso a un’educazione al cento per cento montessoriana non sia effettivamente possibile a tutti.

Che cosa è discutibile Perché dev’essere tutto o niente? Se non possiamo offrire ai nostri figli il cento per cento, possiamo offrire loro il settanta, il cinquanta o il venti per cento: sempre meglio di niente! In molti paesi si sta cominciando ad applicare il metodo Montessori nella scuola pubblica. Magari avrai la fortuna di vivere vicino a una scuola pubblica che sta già integrando il metodo Montessori nelle sue aule, ma se non è così, perché non proponi tu l’idea? Potrebbero esserci altri genitori che condividono il tuo stesso interesse e potreste lavorare insieme a una proposta da presentare alla scuola. Potresti incontrare famiglie, maestri e consigli scolastici più o meno aperti a questo genere di iniziative… Se non ci provi non lo saprai mai. D’altra parte, prova a mettere le cose in prospettiva. Esistono più di ventimila scuole montessoriane nel mondo, e alcune si trovano in paesi con fondi molto limitati. Non possiamo dire che queste scuole siano montessoriane al cento per cento, poiché non dispongono di tutti i materiali o l’ambiente preparato non è il massimo, ma stanno facendo pedagogia montessoriana: partendo da ciò che hanno, stanno lavorando per offrire ai bambini il miglior supporto possibile durante il loro sviluppo. Se vuoi vedere alcuni esempi di scuole montessoriane in luoghi svantaggiati, ti consiglio di dare un’occhiata alla pagina web della Educateurs sans Frontières, la sezione di Association Montessori Internationale (AMI) che si occupa di aiutare i bambini in tutto il mondo tramite un’educazione basata sul metodo Montessori.

5.4. Non voglio che i miei figli siano considerati «bestie rare» Tutto dipende da cosa significa per te essere una bestia rara. Per alcuni può essere una zavorra, mentre per altri può essere meraviglioso sentirsi unici e diversi. Una persona che considero molto saggia una volta mi ha detto che le decisioni si possono prendere per amore o per paura, e che ogni volta che veniamo assaliti dal dubbio al momento di prendere una decisione vale la pena chiederci a quale delle due motivazioni stiamo dando retta. Sicuramente per amore desideri che i tuoi figli siano felici, che possano

sviluppare appieno il loro potenziale trasformandosi in persone integre capaci di vivere una vita piena. Ma per paura forse temi che siano diversi, che vadano controcorrente, che escano da quello che si ritiene essere il mainstream e che, di conseguenza, possano sentirsi rifiutati e soffrire. È una paura comprensibile perché nessuno vuole che i propri figli soffrano, ma se rifletti ti renderai conto che una persona integra e completa sicuramente non soffrirà perché è considerata una bestia rara, ma al contrario sarà orgogliosa di ciò che la rende diversa e speciale. A volte prendendo una decisione per amore facciamo sì che la paura diventi irrilevante. Se hai dubbi rispetto a come educare i tuoi figli, ti invito a riflettere su come stai prendendo questa decisione: per amore o per paura?

5.5. Il mio ambiente rende molto difficile la trasformazione Questo è uno dei commenti che sento più spesso: mi sta bene lavorare alla trasformazione personale per diventare un adulto preparato, ma come faccio a coinvolgere il mio partner, i miei genitori, i miei fratelli e gli altri familiari perché anche loro decidano di «trasformarsi»? E se coinvolgere la famiglia comporta un certo lavoro, che dire degli amici, dei vicini, dei maestri e degli altri adulti che passano del tempo con i nostri figli? Il compito può sembrare titanico! Mi dispiace dirti che per questa obiezione non esiste una soluzione ideale, né una formula magica che funzioni in tutti i casi, ma puoi comunque rendere le cose un po’ più facili. Ogni persona è fatta in un certo modo: alcune sono più recettive, mentre altre oppongono resistenza all’interiorizzare idee nuove in contrasto con quelle che hanno avuto per tutta la vita, e in alcuni casi possono addirittura sentirsi offese quando proponiamo un’educazione diversa da quella che loro hanno impartito ai loro figli. Dunque il mio consiglio è di fare un grande esercizio di empatia quando suggerirai a un familiare o a qualunque altra persona di trattare i tuoi figli in un certo modo: è vero che gli stai semplicemente chiedendo di rispettare la tua scelta educativa, ma anche l’altra persona deve sentirsi rispettata o la cosa non funzionerà. Oltre ad affrontare il compito con empatia, ci sono alcune strategie che possono aiutarti a trasmettere il tuo entusiasmo alle altre persone e a mostrare loro perché il metodo Montessori è la scelta migliore per i tuoi figli.

Aspettare che il tempo ti dia ragione A volte siamo restii ad adottare idee contrarie a ciò che pensavamo prima, ma se possiamo dimostrare che quanto diciamo è vero con il nostro stesso esempio e con fatti reali, le nuove idee avranno molta più forza. Ritengo che questa sia una delle forme più efficaci per coinvolgere le altre persone nel tuo stile educativo, perché esse stesse si convinceranno vedendo il cambiamento con i propri occhi e senza sentirsi attaccate. L’unica controindicazione è che ci vuole tempo.

Realizzare insieme attività di avvicinamento al metodo Montessori La condivisione con altre persone di alcune attività di avvicinamento alla pedagogia montessoriana – per esempio guardando video o documentari, assistendo a conferenze o visitando scuole eccetera – di solito funziona molto bene. Lo svantaggio di questa strategia è che implica già un certo sforzo da parte dell’altra persona, la quale deve perlomeno essere interessata.

Condividere ciò che apprendiamo (senza diventare pedanti) Ho messo tra parentesi la necessità di non diventare pedanti perché spesso siamo talmente entusiasti delle nostre nuove scoperte che tendiamo a parlarne ininterrottamente – ve lo dico per esperienza personale. Scrivere un blog è un buon modo di condividere ciò che stiamo imparando senza essere troppo invadenti (ed è per questa esigenza che è nato il mio blog). Se invece non ne hai voglia, puoi sempre condividere articoli di altri blog, riviste, video eccetera che possano essere d’ispirazione per la persona che desideri coinvolgere o, se le piace leggere, puoi regalarle un libro sul tema (come questo, per esempio: può sembrare inopportuno che lo dica io, ma credo che possa aiutare a cambiare il modo di vedere le cose).

Soprattutto, non farne una ragione di conflitto In molte occasioni la situazione non sarà ideale, e forse non otterrai che

tutti gli adulti che circondano i tuoi figli cambino il loro modo di trattarli, ma è importante non trasformare tutto ciò in un conflitto ed evitare che il rimedio diventi peggiore della malattia. Dobbiamo riuscire ad accettare la situazione e concentrarci soprattutto sugli aspetti positivi.

5.6. Non mi è chiaro se il metodo Montessori sia davvero l’ideale per i miei figli Questa obiezione contiene una trappola: così come l’ho formulata non è valida, perché non ci sono dubbi sul fatto che il metodo Montessori sia adatto a tutti i bambini. Si tratta di una pedagogia creata proprio a partire dall’osservazione di migliaia di bambini provenienti da diverse parti del mondo, appartenenti a diversi strati sociali e con diverse capacità, in modo da adattarsi ai bisogni di tutti. Quel che è certo è che il metodo Montessori non è per tutti i genitori. Siamo noi adulti che, magari per le nostre convinzioni o le nostre aspettative, possiamo credere che il metodo Montessori non ci corrisponda, dando di conseguenza per scontato che non corrisponda nemmeno ai nostri figli. A questo punto mi piacerebbe sottolineare la necessità di rispettare e non giudicare le decisioni di ciascuna famiglia. Un tema analogo, che sicuramente ti risulterà molto più familiare, è quello dell’allattamento al seno. È ampiamente dimostrato che l’allattamento al seno è la miglior opzione per alimentare i neonati, ma ci sono famiglie che per svariate ragioni optano per il latte artificiale, sentendosi continuamente giudicate e accusate. È giusto informare, ma quando una famiglia prende una decisione dobbiamo rispettarla. Non creiamo guerre tra famiglie: tutti noi genitori siamo compagni in questo viaggio, e il parent shaming (l’abitudine di giudicare ciò che fanno gli altri padri e le altre madri, e addirittura di farli vergognare per ciò che fanno) non aiuta nessuno.

RIASSUNTO DEL CAPITOLO 5 Le idee principali di questo capitolo sono: La nostra mente si abitua a vivere in una

zona di comfort, e quando cerchiamo di uscirne ce lo rende difficile: per questo abbiamo la tendenza a trovare scuse o giustificazioni per evitare di cambiare. La scusa «io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male» è un classico della negazione e un chiaro sintomo di resistenza a uscire dalla zona di comfort. La pedagogia montessoriana ha più di cento anni di storia, e molti studi confermano ciò che la dottoressa Montessori ha scoperto basandosi sulla sua esperienza con i bambini. Credimi, non è una moda passeggera. Allo stato attuale un’educazione montessoriana al cento per cento non è accessibile a tutti, ma non deve essere tutto o niente: se non possiamo offrire ai nostri figli il cento per cento, possiamo offrire loro il settanta, il cinquanta, il venti per cento. Sarà sempre meglio di niente! Se il metodo Montessori non ti convince perché temi che i tuoi figli si trasformino in bestie rare, ti invito a rispondere a questa domanda: stai prendendo questa decisione per amore o per paura? Non esiste una soluzione ideale né una formula magica in grado di trasmettere ad altre persone il nostro entusiasmo per il metodo Montessori, ma esistono alcune strategie per rendere la cosa più facile. Il metodo Montessori è adatto a tutti i bambini, ma ciò non vale per tutti i genitori. E questo va rispettato.

6. CREA IL TUO PIANO D’AZIONE

Arrivati a questo punto dovrebbe esserti chiaro se il metodo Montessori corrisponde a ciò che pensavi fosse oppure no, se è quello che vuoi per i tuoi figli o no, e se vuoi fare qualcosa al riguardo. Se hai deciso di fare qualcosa, o di continuare con ciò che già stavi facendo, per offrire ai tuoi figli un’educazione montessoriana, forse avrai segnato qualche pagina, sottolineato alcune idee o preso appunti. Va benissimo, ma non servirà a molto se una volta arrivato alla fine del libro lo chiuderai senza rivedere le pagine che hai segnato, le idee che hai sottolineato o gli appunti che hai preso. Ti propongo quindi di creare il tuo piano d’azione. Non deve essere particolarmente elaborato, piuttosto deve assomigliare a una piccola guida che ti servirà come punto di riferimento quando non saprai che direzione prendere, quando ti sembrerà che tutte le tue azioni non siano servite a niente o non avrai chiaro se tutti i tuoi sforzi valgano la pena. Con questo prontuario di riferimento ti risulterà più facile sapere dove sei, valorizzare la strada già percorsa e rinnovare le forze per continuare. Inoltre, potrà esserti d’aiuto il fatto di plasmare il tuo impegno mettendo nero su bianco. Ogni situazione è un caso a sé, perciò non posso offrire un piano d’azione valido per chiunque legga questo libro. Posso però aiutarti a ricapitolare tutto ciò che abbiamo visto affinché tu possa analizzare in quale punto ti trovi, dove vuoi arrivare e quali sono i prossimi passi da fare. Per scrivere il tuo piano d’azione ti suggerisco di seguire questo schema: Dove siamo? Dedica un po’ di tempo all’analisi. Cos’hai fatto finora per offrire il metodo Montessori ai tuoi figli? Quali sono le cose più importanti che hai imparato? Quali sono le cose più importanti che ritieni di dover imparare adesso? Quale momento stanno attraversando i tuoi figli (di cosa ti

sembra abbiano bisogno, cosa ha funzionato bene finora e quali altre cose si potrebbero migliorare)? Dove vogliamo arrivare? Rifletti sulle tue aspettative, sia per te sia per i tuoi figli. Cosa vuoi realizzare a breve termine (per esempio entro sei mesi)? Cosa vuoi realizzare a lungo termine (per esempio entro cinque anni)? Ti raccomando di essere realista: è meglio impegnarsi a realizzare pochi cambiamenti e riuscire a portarli a compimento. Se crei una lista interminabile, può risultare frustrante. Come raggiungere quegli obiettivi? Decidi i passi da compiere per raggiungere gli obiettivi che hai scritto, sia a breve sia a lungo termine. L’idea è di rivedere il piano d’azione ogni sei mesi per stabilire se hai raggiunto gli obiettivi che ti eri prefisso a breve termine, per continuare a lavorare su quelli che non hai raggiunto e per aggiungerne altri, se lo ritieni opportuno. Inoltre, puoi vedere se poco a poco ti stai avvicinando ai tuoi obiettivi a lungo termine. Per facilitarti ulteriormente le cose, ricapitolerò brevemente tutto ciò che abbiamo visto in questo libro. Nel Capitolo 1 ho inserito un breve cappello introduttivo grazie al quale dovrebbe esserti chiaro che il metodo Montessori non è un bene solo per i tuoi figli, ma anche per l’umanità in generale. E ho evidenziato un errore nel quale si incorre spesso quando ci si avvicina al metodo Montessori per la prima volta: il metodo Montessori è molto di più dei materiali impiegati, perché consiste nell’accompagnare lo sviluppo dell’essere umano. Nel Capitolo 2 ho cercato di darti una visione globale della pedagogia montessoriana attraverso i suoi principi più importanti: i quattro piani dello sviluppo, le tendenze umane, il maestro interiore e i tre pilastri basilari del metodo Montessori, ovvero l’adulto preparato, l’ambiente preparato e i materiali. Nel Capitolo 3 ho voluto spiegarti che offrire ai tuoi figli uno «stile di vita montessoriano» avrà un impatto estremamente positivo sul loro sviluppo

e sulla loro visione del mondo, indipendentemente dal fatto che frequentino una scuola montessoriana oppure no. Ti ho parlato del concetto di normalizzazione e della sua importanza, e ti ho proposto alcune idee per favorirla in casa. Nel Capitolo 4 ti ho dato molte informazioni pratiche su cui cominciare a lavorare. Dopo la base teorica dei primi capitoli ho voluto suggerirti alcuni schemi che possono servirti per tracciare la tua mappa di viaggio, il tuo piano d’azione. Abbiamo visto che il primo passo imprescindibile per utilizzare il metodo Montessori nella tua famiglia – il primo gradino della piramide – è la tua preparazione in quanto adulto. Questo comporta una trasformazione in vari ambiti: spirituale-emotivo, fisico, intellettuale e tecnico. I primi due ambiti sono i più importanti nell’ambiente familiare. Abbiamo poi affrontato alcune tematiche riguardanti il tuo modo di trattare i tuoi figli: evitare premi, castighi ed elogi; rispettare la concentrazione; mantenere l’equilibrio tra libertà e limiti; gestire la risoluzione dei conflitti e tener conto della differenza tra immaginazione e fantasia. Per quanto concerne l’ambiente preparato in casa – il secondo gradino della piramide – ti ho proposto alcuni schemi generali per crearlo, tenendo conto delle differenze tra i bisogni dei bambini di età inferiore o superiore ai sei anni. Infine ti ho parlato dell’ultimo scalino della piramide: le attività e i materiali. Ho voluto sottolineare ancora una volta l’importanza del lavoro sulla preparazione dell’adulto e dell’ambiente prima di introdurre materiali montessoriani in casa, per non «cominciare a costruire la casa dal tetto». Ti ho anche spiegato che, a seconda della situazione, può essere più o meno conveniente offrire materiali montessoriani in casa. Ti ho poi dato qualche semplice idea per «montessorizzare» le attività che puoi presentare ai tuoi figli senza bisogno che siano ufficialmente montessoriane. Al momento di elaborare il tuo piano d’azione, ti raccomando di ripassare soprattutto questo capitolo. Nel Capitolo 5 ho voluto controbattere alcuni argomenti che di solito vengono avanzati come scusa per non seguire il metodo Montessori, per esempio: «Io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male»; «Il metodo Montessori è una moda passeggera»; «Il metodo Montessori è solo per i ricchi»; «Non voglio che i miei figli siano considerati bestie rare»; «Il mio ambiente rende molto difficile la trasformazione» o

«Non mi è chiaro se il metodo Montessori sia davvero l’ideale per i miei figli». Ho cercato di controbattere queste argomentazioni, che solitamente derivano dalla paura di cambiare, pur rispettando tutte le opinioni e le decisioni di ogni famiglia. Mi sembrava importante affrontare questi argomenti perché tu possa fare le tue scelte con cognizione di causa. Adesso ti suggerisco di prendere carta e penna e di elaborare il tuo piano d’azione, e poi, ovviamente, comincia a metterlo in pratica. Anche se non dovessi vedere risultati immediati – educazione e allevamento sono una vera e propria maratona –, spero che con il tempo ti accorgerai che ne valeva la pena e che ciò che hai imparato da questo libro è stato un regalo per i tuoi figli e per il mondo intero.

7. IDEE E ISPIRAZIONI PER I MOMENTI DIFFICILI

Nel capitolo precedente ho raggruppato le idee più importanti di questo libro e ti ho suggerito di elaborare un piano d’azione per metterle in pratica, ma, come ti ho spiegato, non si tratta di una formula magica che possa funzionare a breve termine: è una maratona, un lavoro giorno per giorno. A volte tutto ciò può risultare difficile, perché oltre a essere padri e madri siamo anche esseri umani (a volte, nella fretta, ce ne dimentichiamo), e come tali abbiamo i nostri momenti di stanchezza, di debolezza, di frustrazione eccetera. Non c’è bisogno che te lo spieghi o che ti proponga esempi: se hai figli sai perfettamente di cosa sto parlando. Parlo dei momenti in cui pensi che tutti i tuoi sforzi per cambiare le cose, per farle in modo diverso, non servono a niente. Parlo dei momenti in cui ti senti giudicato per le decisioni che prendi riguardo all’allevamento e all’educazione dei tuoi figli. Parlo dei momenti in cui ti dici: “Non sarebbe più facile fare come tutti gli altri e non complicarmi tanto la vita?”. In momenti come questi è facile gettare la spugna, soprattutto se non abbiamo chi ci appoggi, se perdiamo la prospettiva e i singoli alberi non ci permettono di vedere il bosco. Perciò voglio concludere questo libro con alcuni suggerimenti che potranno servirti da sostegno, incoraggiamento e ispirazione nei momenti difficili. Coinvolgi il più possibile il tuo partner e gli altri familiari nell’educazione dei tuoi figli; se non riesci a trasmettere loro il tuo entusiasmo, cerca almeno di far rispettare le tue decisioni. Crea legami con altre famiglie montessoriane per condividere successi e frustrazioni. Appartenere a una piccola tribù è sempre d’aiuto, e se non riesci a farlo fisicamente ti suggerisco di farlo virtualmente: uno dei grandi vantaggi di Internet è che permette di contattare persone affini anche quando si trovano a molti chilometri di distanza. Per parecchio tempo la mia tribù montessoriana è vissuta

esclusivamente su Internet, e mi è stata di grande aiuto. Pensa sempre a lungo termine. Magari un problema che oggi ti sembra insormontabile può non essere tanto grande o convertirsi addirittura in un’opportunità se lo analizzi sul lungo periodo. Concediti un po’ di respiro. La stanchezza è un male comune delle madri e dei padri ed è una pesante zavorra. Non possiamo offrire ai nostri figli – né a nessun altro – la migliore versione di noi stessi se non stiamo bene. Abbiamo tutti bisogno di dedicare un po’ di tempo alla cura fisica o mentale della nostra persona, e dobbiamo includerla nella nostra lista delle priorità. Perdonati. Non devi essere la madre perfetta o il padre perfetto. L’imperfezione è ciò che ci rende umani, e commettere errori è il modo migliore per imparare e per mostrare ai nostri figli il valore dell’umiltà. Ricorda che esiste l’eccellenza, ma non la perfezione: quindi smettila di torturarti inseguendo un ideale irraggiungibile. Non paragonarti a nessuno, e non paragonare i tuoi figli. Non è una gara per vedere quale famiglia applica meglio la filosofia montessoriana, o quali bambini stanno ricevendo un’educazione più montessoriana. Questa raccomandazione non vale solo per il metodo Montessori o per l’educazione, ma per ogni aspetto della vita. L’unica persona con cui devi paragonarti sei tu, se questo ti serve a migliorare. Tieni sempre a mente la tua motivazione principale: il presente e il futuro dei tuoi figli. Voglio ora concludere con alcune citazioni ispiratrici, ma non prima di averti ringraziato per esserti preso il tempo di leggere questo libro. Spero che ti sia stato d’aiuto. «I genitori possono solo dare consigli o istruzioni utili, ma in definitiva lo sviluppo del carattere di una persona è nelle sue stesse mani.» Anne Frank «Non sempre possiamo costruire il futuro per la nostra gioventù, ma possiamo costruire la nostra gioventù per il futuro.» Franklin D. Roosevelt «Quando ti prendi il tempo necessario per ascoltare davvero, con umiltà, quello che le persone hanno da dire, è incredibile quanto si possa imparare. Soprattutto se le persone che stai ascoltando sono bambini.»

Greg Mortenson «Il bambino, con il suo enorme potenziale fisico e intellettuale, è un miracolo di fronte a noi. Questo fatto deve essere trasmesso a tutti i genitori, gli educatori e le persone interessati ai bambini, perché l’educazione dal principio della vita potrebbe cambiare veramente il presente e il futuro della società.» Maria Montessori

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

AMI, Educateurs sans Frontières (www.amiesf.org). Csíkszentmihályi, Mihály (2014), Fluir: una psicología de la felicidad, Kairós, Barcelona (tr. it., La corrente della vita. La psicologia del benessere interiore, Frassinelli, Milano 1992). Gandhi, Mahatma, Speech at Montessori Training College, in «Young India», 19 novembre 1931. Lillard, Angeline S. (2008), Montessori: The Science behind the Genius, Oxford University Press, New York. Montessori, Maria (1951), Educazione e pace, Garzanti, Milano. Montessori, Maria (1994), Dall’infanzia all’adolescenza, Garzanti, Milano. Montessori, Maria (1999a), Il segreto dell’infanzia, Garzanti, Milano. Montessori, Maria (1999b), La mente del bambino. Mente assorbente, Garzanti, Milano. Montessori, Maria (1998), Creative Development in Child, Kalakshetra Publications, Madras. Montessori, Maria (2007), Come educare il potenziale umano, Garzanti, Milano. Montessori, Maria (2012), The Advanced Montessori Method, Rare Books Club, Nashville. Mueller, C.M., e Dweck, C.S. (1998), Praise for intelligence can undermine children’s motivation and performance, in «Journal of Personality and Social Psychology», 75(1), pp. 33-52.

INDICE ANALITICO

Adulto preparato Ambiente preparato Ciclo di lavoro in tre parti Controllo dell’errore Crisi evolutive Deviazione/deviazioni Educazione cosmica Horme Lezione in tre tempi Materiali montessoriani Mente assorbente Messaggio in tre parti Normalizzazione Periodi sensibili Piani dello sviluppo Tavolo della pace Tendenze umane Vita pratica

Indice Frontespizio L’autrice 1. Perché dovrei interessarmi al metodo Montessori se non sono un insegnante? Il metodo Montessori è un bene per i tuoi figli Il metodo Montessori è un bene per il mondo 1.1. La mia storia di mamma montessoriana 1.2. Il metodo Montessori alla luce della scienza La neuroscienza L’interazione mano-cervello I periodi sensibili Le reti neuronali I neuroni specchio Le funzioni esecutive Riassunto del capitolo 1 2. Una visione globale del metodo Montessori 2.1. I quattro piani dello sviluppo 2.1.1. Primo piano: infanzia (da 0 a 6 anni). «mente assorbente» 2.1.2. Secondo piano: fanciullezza (da 6 a 12 anni). «mente ragionatrice» 2.1.3. Terzo piano: adolescenza (da 12 a 18 anni). «mente umanistica» 2.1.4. Quarto piano: maturità (da 18 a 24 anni). «mente specialista» 2.2. Bisogni e tendenze umane Orientamento Ordine Osservazione Astrazione/immaginazione Concentrazione Lavoro Ripetizione Precisione Comunicazione Il controllo dell’errore che conduce alla perfezione 2.3. Il maestro interiore La normalizzazione 2.4. La piramide a tre piani: i tre pilastri del metodo montessori Riassunto del capitolo 2 3. Può esistere il metodo Montessori fuori dalla scuola? E soprattutto: funziona? 3.1. Il metodo Montessori come stile di vita 3.2. La normalizzazione in casa Organizzare i giocattoli Materiali naturali Offrire attività di vita pratica Ciclo di lavoro in tre parti Favorire la motivazione interna Riassunto del capitolo 3 4. Voglio applicare il metodo Montessori in casa. da dove comincio? 4.1. L’adulto preparato 4.1.1. La trasformazione dell’adulto 4.1.2. I principi basilari della filosofia montessoriana e la loro messa in pratica 4.2. L’ambiente preparato Cambiamenti nell’ambiente preparato a partire dai sei anni 4.3. Attività e materiali in casa Controllo dell’errore Isolare i concetti Lezioni in tre tempi Come presentare un’attività Riassunto del capitolo 4 5. Dubbi, scrupoli e difficoltà al momento di adottare la filosofia montessoriana 5.1. Io sono cresciuto senza il metodo Montessori e non sono poi tanto male 5.2. Non sarà una moda passeggera? 5.3. Il metodo Montessori è solo per i ricchi Che cosa c’è di vero Che cosa è discutibile 5.4. Non voglio che i miei figli siano considerati «bestie rare» 5.5. Il mio ambiente rende molto difficile la trasformazione Aspettare che il tempo ti dia ragione Realizzare insieme attività di avvicinamento al metodo montessori Condividere ciò che apprendiamo (senza diventare pedanti)

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Soprattutto, non farne una ragione di conflitto 5.6. Non mi è chiaro se il metodo Montessori sia davvero l’ideale per i miei figli Riassunto del capitolo 5 6. Crea il tuo piano d’azione 7. Idee e ispirazioni per i momenti difficili Riferimenti bibliografici Indice analitico

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