Chuang Tzu (Zhuangzi) 8807888971, 9788807888977

Il Tao Te Ching e il Chuang Tzu sono i due testi fondamentali del taoismo. Risalgono entrambi al quarto secolo a.C. e ha

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Chuang Tzu (Zhuangzi)
 8807888971, 9788807888977

Table of contents :
Introduzione
Daoismo e confucianesimo
I maestri daoisti
Zhuangzi
Il contesto storico e filosofico del Zhuangzi
Relativismo e critica del linguaggio
Il “cardine del Dao”
Spontaneità
Adepti e sciamani
Morte e trasformazione
L’esistenza delle cose
Il testo
Capitoli Interni, Esterni e Misti
Questa traduzione
Termini ricorrenti
Romanizzazione Pinyin
Capitolo 1 – Vagabondaggi liberi e senza meta
Capitolo 2 – Sull’uguaglianza di tutte le cose
Capitolo 3 – L’arte di nutrire la vita
Capitolo 4 – Nel mondo umano
Capitolo 5 – I segni della virtù perfetta
Capitolo 6 – Il maestro supremo
Capitolo 7 – Rivolto a re e imperatori
Capitolo 8 – Piedi palmati
Capitolo 9 – Gli zoccoli dei cavalli
Capitolo 10 – Saccheggiare bauli
Capitolo 11 – Non interferire
Capitolo 12 – Cielo e terra
Capitolo 13 – Il Dao del cielo
Capitolo 14 – Il movimento del cielo
Capitolo 15 – Presunzione e arroganza
Capitolo 16 – Correttori della natura
Capitolo 17 – Piene autunnali
Capitolo 18 – La felicità perfetta
Capitolo 19 – Comprendere la vita
Capitolo 20 – L’albero sulla montagna
Capitolo 21 – Tian Zifang
Capitolo 22 – Conoscenza viaggia verso il nord
Capitolo 23 – Gengsang Chu
Capitolo 24 – Xu Wugui
Capitolo 25 – Zeyang
Capitolo 26 – Le cose esterne
Capitolo 27 – Parole attribuite
Capitolo 28 – Cedere l’impero
Capitolo 29 – Il brigante Zhi
Capitolo 30 – Discorso sulle spade
Capitolo 31 – Il vecchio pescatore
Capitolo 32 – Lie Yukou
Capitolo 33 – Il mondo
Appendice 1 – Sovrani e imperatori menzionati nel Zhuangzi
Periodo dei Tre Sovrani e dei Cinque Imperatori
Dinastia Xia (circa 2070-1600 a.C.)
Dinastia Shang (o Yin, circa 1600-1046 a.C.)
Dinastia Zhou (1046-256 a.C.)
Appendice 2 – Nomi di persone che ricorrono frequentemente nel Zhuangzi
Appendice 3 – Stati della Cina menzionati nel Zhuangzi
Appendice 4 – Mappe degli Stati della Cina
Stati della Cina nel V secolo a.C.
Stati della Cina intorno al 260 a.C.
Bibliografia

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Chuang Tzu (Zhuangzi)

A cura di Augusto Shantena Sabbadini











Feltrinelli terza edizione dicembre 2021



Augusto Shantena Sabbadini, Ph. D., ha lavorato come fisico teorico all’Università di Milano e all’Università della California, dove ha contribuito alla prima identificazione di un buco nero. È direttore associato del Pari Center for New Learning, fondato dal fisico britannico David Peat. Tiene corsi e seminari su taoismo, I Ching e implicazioni filosofiche della fisica moderna. Per Feltrinelli ha tradotto e curato anche Tao Te Ching, I Ching e Lieh Tzu.

SOMMARIO

Introduzione Daoismo e confucianesimo I maestri daoisti Zhuangzi Il contesto storico e filosofico del Zhuangzi Relativismo e critica del linguaggio Il “cardine del Dao” Spontaneità Adepti e sciamani Morte e trasformazione L’esistenza delle cose Il testo Capitoli Interni, Esterni e Misti Questa traduzione Termini ricorrenti Romanizzazione Pinyin















































Capitolo 1 – Vagabondaggi liberi e senza meta Capitolo 2 – Sull’uguaglianza di tutte le cose Capitolo 3 – L’arte di nutrire la vita Capitolo 4 – Nel mondo umano Capitolo 5 – I segni della virtù perfetta Capitolo 6 – Il maestro supremo

Capitolo 7 – Rivolto a re e imperatori Capitolo 8 – Piedi palmati Capitolo 9 – Gli zoccoli dei cavalli Capitolo 10 – Saccheggiare bauli Capitolo 11 – Non interferire Capitolo 12 – Cielo e terra Capitolo 13 – Il Dao del cielo Capitolo 14 – Il movimento del cielo Capitolo 15 – Presunzione e arroganza Capitolo 16 – Correttori della natura Capitolo 17 – Piene autunnali Capitolo 18 – La felicità perfetta Capitolo 19 – Comprendere la vita Capitolo 20 – L’albero sulla montagna Capitolo 21 – Tian Zifang Capitolo 22 – Conoscenza viaggia verso il nord Capitolo 23 – Gengsang Chu Capitolo 24 – Xu Wugui Capitolo 25 – Zeyang Capitolo 26 – Le cose esterne Capitolo 27 – Parole attribuite Capitolo 28 – Cedere l’impero Capitolo 29 – Il brigante Zhi Capitolo 30 – Discorso sulle spade























































Capitolo 31 – Il vecchio pescatore Capitolo 32 – Lie Yukou Capitolo 33 – Il mondo

Appendice 1 – Sovrani e imperatori menzionati nel Zhuangzi Periodo dei Tre Sovrani e dei Cinque Imperatori Dinastia Xia (circa 2070-1600 a.C.) Dinastia Shang (o Yin, circa 1600-1046 a.C.) Dinastia Zhou (1046-256 a.C.)

Appendice 2 – Nomi di persone che ricorrono frequentemente nel Zhuangzi Appendice 3 – Stati della Cina menzionati nel Zhuangzi Appendice 4 – Mappe degli Stati della Cina Stati della Cina nel V secolo a.C. Stati della Cina intorno al 260 a.C.























Bibliografia

Romanizzazione dei caratteri cinesi





Per i caratteri cinesi in questo libro ho adottato la trascrizione fonetica Pinyin, introdotta dal Governo Cinese nel 1958 e adottata dalla Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) nel 1982. Perciò alcuni termini che possono esserci familiari nella trascrizione Wade-Giles, fino a qualche decennio fa il più diffuso fra i diversi metodi di romanizzazione del cinese usati in Occidente, appaiono qui in una forma leggermente diversa: Tao, per esempio, diventa Dao, Chuang Tzu diventa Zhuangzi, Tao Te Ching diventa Daodejing e così via. Per coerenza ho adottato anche la grafia daoismo anziché taoismo. Per la pronuncia del Pinyin vedi Introduzione, Romanizzazione Pinyin.

INTRODUZIONE

Daoismo e confucianesimo







Se il confucianesimo, che pone l’accento sulla morale, sulla tradizione, sulla gerarchia, sulla razionalità, sulla cultura, sul rispetto delle forme e dei rituali, sulla funzione pubblica, si può ben dire la tendenza principale del pensiero cinese in oltre duemila anni di storia, il daoismo ne rappresenta il contraltare, sottolineando la libertà, il non convenzionale, il privato, la spontaneità, la natura, l’intuizione, il magico, il meraviglioso, l’irrazionale. Quest’altra tendenza è presente in tutta la storia della Cina, in parte contrapponendosi, in parte intrecciandosi con la dominante confuciana, così che nessuna delle due possa essere compresa a fondo senza far riferimento all’altra. Non di rado il letterato-gentiluomo-funzionario che era l’elemento portante nell’organizzazione dell’impero, trascorsi gli anni della maturità al servizio dello Stato, conformemente ai dettami dell’etica confuciana, da vecchio, ritiratosi a vita privata, libero dai vincoli del ruolo e della figura pubblica, si dedicava a coltivare la propria anima daoista. Il dialogo di queste due voci nella sinfonia del pensiero cinese è dunque insieme contrapposizione e complementarità. Il rigido senso del dovere confuciano e il libero vagabondaggio daoista, il rispetto dei ruoli confuciano e la vocazione anarchica daoista, il senso di responsabilità sociale confuciano e l’individualismo daoista si fanno da contrappeso e si completano a vicenda. Il

daoismo è libero dalla preoccupazione di offrire un modello praticabile di organizzazione sociale: l’utopia daoista si applica esclusivamente al piccolo o si richiama a una remota “epoca della virtù perfetta”, una mitica età dell’oro in cui gli esseri umani vivevano in totale semplicità e innocenza. Sarà il confucianesimo a fornire il contesto filosofico congeniale all’organizzazione dell’impero. Ma la società altamente strutturata di matrice confuciana ha bisogno del daoismo per trascendere la propria rigidità. La scintilla di follia, spontaneità e humor che caratterizza il daoismo, la sua critica dell’identificazione con i ruoli, la sua capacità di guardare il mondo con occhi liberi dalle convenzioni e soprattutto il suo forte afflato mistico, sono ingredienti fondamentali della cultura, dell’arte e della vita cinese.

I maestri daoisti Mentre della vita di Confucio sappiamo molte cose e la sua datazione (551-479 a.C.) è solidamente stabilita, dei maestri che hanno dato origine al daoismo sappiamo ben poco. Le tre figure principali sono Lao Dan o Laozi, il “vecchio (lao) maestro (zi)”, Zhuang Zhou o Zhuangzi, “maestro Zhuang” e Lie Yukou o Liezi (“maestro Lie”); e i testi loro attribuiti sono detti rispettivamente Laozi o Daodejing, Zhuangzi e Liezi1. Gli studiosi moderni ritengono questi testi compilazioni di frammenti raccolti nel corso di vari secoli. La tradizione che descrive Laozi come un contemporaneo anziano di Confucio (collocandolo quindi nel sesto secolo a.C.) ha ben poco credito presso gli studiosi contemporanei. L’esistenza stessa del “vecchio maestro” è dubbia; e, ammesso che sia esistito, è dubbio che abbia contribuito alla stesura del libro che porta il suo nome. Il libro, il Laozi o Daodejing, consiste di 81 brevi capitoli sotto forma di aforismi in uno stile sommamente conciso e poetico,





Lao Tzu o Tao Te Ching, Chuang Tzu e Lieh Tzu rispettivamente nella romanizzazione Wade-Giles.



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che ha esercitato una potente suggestione sui lettori antichi e moderni. Recenti scoperte archeologiche hanno permesso di stabilire che i frammenti che lo compongono risalgono almeno al 300 a.C. e hanno ricevuto un ordinamento definitivo o quasi entro il 200 a.C.2 Il Liezi è menzionato per la prima volta nelle note di Liu Xiang (77-6 a.C.), catalogatore della biblioteca imperiale Han (202 a.C.-220 d.C.). Il testo che ci è pervenuto, accompagnato da un commentario di Zhang Zhan, risale al 370 d. C. circa. Consiste di otto capitoli e contiene vari passaggi del Laozi e del Zhuangzi integralmente riprodotti. È generalmente ritenuto il più pratico dei tre classici daoisti, in confronto alla profondità filosofica del Laozi e alla verve narrativa del Zhuangzi. Le opinioni degli studiosi variano riguardo all’autenticità di questo testo. È possibile che esso contenga un nucleo risalente al 400 a.C. circa, l’epoca in cui si suppone che Lie Yukou sia vissuto, sul quale si sono sovrapposte citazioni di testi più recenti; ma è ugualmente possibile che esso sia una compilazione di Zhang Zhan. Sia Lie Yukou o Liezi, sia Lao Dan o Laozi ricorrono spesso come personaggi nel Zhuangzi (come del resto lo stesso Zhuangzi!)

Zhuangzi Che Zhuangzi sia effettivamente esistito e sia almeno in parte autore del libro che va sotto il suo nome è invece cosa generalmente accettata. I Resoconti dello storico di Sima Qian, il primo grande storico cinese (145-86 a.C.), contengono una breve nota biografica su di lui, che lo colloca all’epoca del re Hui di Wei (370-319 a.C.) e del re Xuan di Qi (319-301 a.C.). Sima Qian ci dice che Zhuangzi visse nel distretto di Meng nello stato Song e ricoprì per un certo



Vedi S. A. Sabbadini (2009), p. 19, per una discussione della “archeologia del Laozi”.





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tempo un incarico amministrativo in un non meglio identificato “Giardino della Lacca”, che poi lasciò per ritirarsi a vita privata. A parte queste scarne notizie, l’unica altra fonte di informazioni su di lui di cui disponiamo è il suo libro, in cui egli stesso compare spesso come personaggio. I passaggi in cui lo incontriamo ce ne forniscono un ritratto vivo e singolare, benché non necessariamente attendibile. La scarsa attendibilità discende per un verso dal fatto che il libro consiste di materiali di diversa provenienza, solo in parte attribuibili al Zhuangzi storico. Molti degli aneddoti su di lui sono probabilmente narrati da allievi o simpatizzanti e possiamo immaginare che delineino un’identità leggendaria piuttosto che una concreta figura storica. Ma un limite ancora più importante è lo spirito stesso del libro, che non è quello di tramandare fatti, bensì trasmettere un messaggio su come vivere e come comprendere la realtà. L’accuratezza del dettaglio storico è perciò l’ultima preoccupazione dei suoi autori. Il messaggio stesso è tutt’altro che omogeneo in seno al libro. Nei vari capitoli si odono voci diverse, a volte anche in contrasto l’una con l’altra. La versione del Zhuangzi che ci è pervenuta è una selezione operata intorno al 300 d. C. su un precedente testo appartenuto alla biblioteca imperiale Han, probabilmente non meno disomogeneo. Cos’è dunque che fa l’unità di questo libro, a parte l’accidente storico di esserci giunto in questa forma? A questa domanda dobbiamo certamente rispondere: è la personalità dello stesso Zhuangzi. In numerosi frammenti, la maggior parte di quelli che compongono i Capitoli Interni, che sono la parte del libro generalmente attribuita al Zhuangzi storico, ma anche in diversi altri, ci parla una voce nettamente riconoscibile per l’originalità del pensiero, la ricchezza di risorse comunicative, l’eleganza dello stile e lo humor. È indubbiamente intorno a questa figura che l’intero libro si raccoglie, è da essa che trae ispirazione, anche nelle sue parti più deboli, in quelle che ci appaiono come mediocre imitazione dell’autentico Zhuangzi o che esprimono filosofie solo vagamente imparentate con la sua. È il fascino di Zhuangzi che ha dato vita al Zhuangzi. Il libro ha il suo centro in questa potente









figura: e in questo senso giustamente porta il suo nome, indipendentemente da quanto di esso sia effettivamente opera sua. Come ci appare questa figura attraverso gli episodi che ce lo raccontano? Incontriamo Zhuangzi principalmente in tre tipi di situazioni. Lo troviamo in dialogo con il sofista Huizi, mentre si fa beffe della logica e demolisce l’illusione che il linguaggio sia in grado di catturare la realtà. Lo troviamo al cospetto di re e ministri, geloso di una libertà che non tollera di essere rinchiusa nella gabbia dei ruoli e delle convenzioni e preferisce la povertà ai pubblici uffici, alla ricchezza e alla fama. E lo troviamo di fronte alla malattia e alla morte, che accoglie come realtà intrinseche al processo universale della vita, al pari della nascita e della crescita, con una radicale sospensione del giudizio. La sfida fondamentale che Zhuangzi ci propone consiste nel guardare la realtà con occhi liberi da ogni pregiudizio e convenzione, sciogliendoci dall’identificazione con ogni punto di vista particolare. Si serve a questo scopo di vari strumenti comunicativi. Come i sofisti (ming jia, la “scuola dei nomi”), che sono una delle Cento Scuole filosofiche fiorenti in Cina all’epoca, si serve della logica per decostruire la logica. Ma, mentre nei sofisti questa operazione non è che un fuoco d’artificio intellettuale mirante a stupire gli ignoranti e a sopraffare gli avversari nel dibattito pubblico, per Zhuangzi essa ha un senso più profondo. Egli ci invita a un viaggio di esplorazione in una dimensione che sta oltre il linguaggio, oltre la mente razionale. Ci accompagna mediante la parola fin sull’orlo di un abisso dove la parola si arresta e lascia il posto alla pura e nuda esperienza. Un altro suo strumento comunicativo è perciò la favola, la narrazione fantastica e paradossale. È questo forse l’aspetto di Zhuangzi che più gli ha conquistato l’affetto dei lettori nel corso dei secoli: quello che fa sì che di questo pensatore profondo e per certi versi enigmatico esistano in Cina anche versioni a fumetti per bambini. Anche qui, il senso di questi racconti va al di là del mero stupore per i fatti immaginari narrati: è un invito ad aprirci alla meraviglia e al mistero della realtà stessa, a liberarci dal velo del-

l’abitudine, a sgombrare i canali della percezione e a contemplare con occhio limpido la magia di questo misterioso universo in cui siamo immersi, più strano e meraviglioso di ogni narrazione fantastica. Un’ulteriore provocazione di cui Zhuangzi si serve con gusto è il capovolgimento delle figure esemplari. Nei suoi scritti re e saggi fanno spesso la figura degli stolti, mentre il commento illuminato, la parola o il gesto che cambia la gestalt e sposta il discorso a un livello più profondo, viene da semplici artigiani, pescatori, carrai, cacciatori di cicale, persone ordinarie intente alle loro ordinarie occupazioni quotidiane. Ancora più provocatoriamente, alcuni dei personaggi preferiti di Zhuangzi sono pazzi, banditi e criminali che hanno subito l’amputazione di un piede, che era una punizione frequente nella Cina antica. Questi reietti della società ci appaiono come i veri maestri: sono, per esempio, capaci di aprire con un detto lapidario la mente dello stesso Confucio, che li insegue ansiosamente per sapere di più, mentre essi se ne vanno incuranti per la loro strada. Ma l’arma prediletta con cui Zhuangzi affronta ogni forma di rigidità e di stolta superbia è l’ironia, lo humor. La serietà per lui è il segno manifesto dell’identificazione con una posizione particolare e quindi di una forma di cecità: ogni affermazione che si prende sul serio è già implicitamente in errore. Una maniera in cui ci provoca, ci sollecita e ci seduce ad andare oltre la dimensione della mente razionale e della conoscenza discorsiva è perciò tramite il riso e il sorriso. Non sappiamo mai, di fronte alle sue affermazioni, se stia parlando sul serio o si stia prendendo gioco di noi. Il suo stile comunicativo è così descritto nell’ultimo capitolo del libro:







Zhuang Zhou [il nome personale di Zhuangzi] espose [la pratica del Dao] in maniera caotica e iperbolica, servendosi di immagini assurde ed esagerate, di parole azzardate e irragionevoli, a volte troppo libere, ma mai vincolate a un punto di vista particolare. Riteneva che il mondo fosse sprofondato nel fango e che non si potesse parlargli in un linguaggio misurato e formale… Solo in compagnia di cielo e terra e delle essenze e degli spiriti, andava e veniva senza mai mo-

strarsi arrogante nei confronti dei diecimila esseri. Si asteneva dal giudicare il giusto e lo sbagliato e partecipava ai costumi del suo tempo. Benché i suoi scritti siano stravaganti, essi non recano danno ad alcuno. Benché siano incostanti, i loro enigmi meritano di essere presi in considerazione perché ciò che racchiudono di genuino è irrinunciabile. Zhuang Zhou in alto camminava con il creatore degli esseri; in basso i suoi amici erano coloro che si pongono al di fuori della vita e della morte e non riconoscono inizio né fine. La sorgente dei suoi insegnamenti è grande, aperta, liberale e profonda… La sua comprensione del cambiamento e la sua analisi delle cose possiede una logica insondabile e le sue conclusioni non possono essere facilmente liquidate. Astruso e oscuro, non è mai stato compreso fino in fondo.

Questi sono alcuni aneddoti in cui egli compare come personaggio: Una volta Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla. La farfalla svolazzava lieta e spensierata e non sapeva di essere Zhou. Improvvisamente si svegliò e si accorse con stupore di essere Zhou. Ora non sapeva più se era Zhou che aveva sognato di essere una farfalla o se era una farfalla che stava sognando di essere Zhou. Eppure Zhou e una farfalla dovrebbero essere due cose diverse! Questa si chiama la trasformazione degli esseri. (Capitolo 2) Zhuangzi stava pescando nel fiume Pu, quando il re di Chu gli inviò due ministri con questo messaggio: “Il nostro re vorrebbe coinvolgerti nell’amministrazione dello stato”. Zhuangzi continuò a pescare senza degnarli di uno sguardo. Poi disse: “Ho udito che in Chu c’è una tartaruga magica, morta da tremila anni. Il re la tiene in uno scrigno collocato in un luogo elevato nel tempio dei suoi antenati, avvolta in un panno ricamato. Pensate che questa tartaruga preferisca essere venerata come una preziosa reliquia o che preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango?”. I due ministri risposero: “Preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango”. “Andatevene”, disse Zhuangzi, “lasciatemi qui a trascinare la mia coda nel fango”. (Capitolo 17)









Zhuangzi era in punto di morte. I suoi discepoli volevano dargli un sontuoso funerale. Zhuangzi disse: “Avrò il cielo e la terra come

bara, il sole e la luna come dischi di giada, le stelle come perle e le diecimila cose come dono funebre. Il mio arredo funebre non è forse completo? Cosa si potrebbe aggiungere?”. I suoi discepoli dissero: “Temiamo che i corvi e gli avvoltoi ti mangino, maestro!”. “Sopra la terra”, rispose Zhuangzi, “sarò mangiato da corvi e avvoltoi, sotto la terra da grillotalpe e formiche. Non sarebbe parzialità togliere il cibo agli uni per darlo agli altri?”. (Capitolo 32)

Il contesto storico e filosofico del Zhuangzi











L’epoca d’oro della filosofia cinese va dal sesto al terzo secolo a.C., da Confucio (551-479 a.C.) alla riunificazione della Cina operata dalla dinastia Qin (221 a.C.). È un’epoca di grande inquietudine e turbolenza: le istituzioni politiche, sociali e religiose della dinastia Zhou (1046-256 a.C.) vanno sfaldandosi e creano un vuoto di potere e di riferimenti ideali. Il conseguente disordine culmina nell’epoca detta degli Stati Combattenti (475-221 a.C.), in cui i feudatari dell’impero si ergono a potenze autonome, fanno e disfano alleanze e si combattono ferocemente, insanguinando l’intero paese. È, nello stesso tempo, un’epoca di grande creatività intellettuale. Fioriscono in Cina le Cento Scuole filosofiche, che discutono fra loro quali siano i criteri che devono orientare la vita dell’individuo e il governo dello Stato nel clima di generale incertezza. Il dibattito è in primo luogo di natura etica ed epistemologica. La domanda fondamentale è: “Quali sono i principi che devono governare la vita dell’individuo e l’organizzazione dello stato?”. E, di fronte alla varietà delle risposte offerte dalle varie scuole, le ulteriori domande che sorgono sono: “Quale dottrina è corretta? Quali discorsi sono veri? Quali argomentazioni sono affidabili?”. Tutti questi termini, “principio, dottrina, discorso, argomentazione” sono sussunti, nel linguaggio filosofico dell’epoca, in un unico termine, dao, il cui primo significato è “via, cammino”. Questo è il campo semantico della parola dao:

via, strada, cammino; tracciare un cammino, condurre, connettere; corso d’acqua o condotta; via da seguire, principio guida, norma, dottrina; seguire una dottrina, essere adepto di una disciplina; modo procedere, arte, metodo; opera magica o tecnica; potere dell’indo vino, del mago o del re; reggere, governare; discorso, dire, insegnare, parlare, spiegare, esprimere, comunicare; sapere, essere consapevole.3

L’intera tematica si può pertanto riassumere nella domanda: “Qual è il giusto dao?”, ovvero “Qual è la giusta via, il giusto cammino, per l’individuo e per la società?”. Sullo sfondo di questo dibattito c’era il senso, pervasivo nella cultura cinese (come del resto in molte altre culture), che in una remota antichità, in una perduta età dell’oro, gli esseri umani fossero in armonia con i cicli di cielo e terra e godessero di una superiore felicità. La ricerca della corretta via, del giusto dao nel mondo attuale, si confondeva perciò con il richiamo a ritrovare un superiore e perfetto Dao degli antichi.4 Le varie scuole attribuivano un significato diverso a questa Via esemplare, accentuandone maggiormente gli aspetti di cultura o quelli di natura. Lo scontro fra queste due tendenze è tipicamente rappresentato dal dibattito che

Voce del Dictionnaire Ricci de caractères chinois, Instituts Ricci (Parigi-Taipei), Desclée de Brouwer, Parigi, 1999 (mia traduzione semplificata). 4 La distinzione che faccio in questo libro fra dao (via, metodo, criterio, dottrina e così via) e Dao (“il Dao”) merita qualche parola di chiarimento. Il Cinese non ha maiuscole, perciò la distinzione è in larga misura arbitraria. Chad Hansen, per esempio, la rifiuta del tutto, sostenendo che tanto nel Zhuangzi quanto nel Laozi il termine vada letto sempre come dao (via, metodo, discorso, criterio, dottrina e così via). Hansen traduce il primo verso del Laozi come “ogni discorso che può essere detto non è un discorso invariabile” – C. Hansen (1983), p. 71. È un approccio che avvicina sostanzialmente la posizione dei daoisti a quella del relativismo postmoderno. In molti luoghi, tuttavia, è chiaro che il termine dao viene usato come un singolare unico (“il Dao”), mentre in altri contesti ci si riferisce al dao di una cosa o attività specifica e quindi a uno fra i molti possibili dao. Questi due usi sono abbastanza caratteristici del daoismo perché valga la pena di distinguerli, anche se la distinzione è a volte sfumata.





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opponeva i confuciani ai moisti (i discepoli del filosofo Mo Dio Mozi, “maestro Mo”, vissuto intorno al 480 a.C.). Per i confuciani il ritorno al Dao degli antichi coincideva con il recupero dell’eredità culturale e morale degli inizi della dinastia Zhou. Si trattava, dunque, di ritrovare un ordine che era andato perduto nell’organizzazione della famiglia, della società e dello stato. Quando ciascuno occupa il posto che gli compete nel grande disegno della collettività e ottempera ai doveri che gli spettano, quando i rapporti fra marito e moglie, padre e figlio, fratello maggiore e fratello minore, sovrano e ministro, superiore e subalterno sono corretti e improntati a benevolenza (ren) e giustizia (yi), la società funziona armoniosamente e produce generale benessere. Questa armonia è simbolicamente cementata dal rituale (li), la cui corretta esecuzione è la rappresentazione visibile dell’integrità del tessuto sociale. Un momento fondamentale del rituale è la musica (yue), che è anche l’intrattenimento per eccellenza del letteratogentiluomo- funzionario confuciano (nel Zhuangzi Confucio ci appare spesso intento a suonare il liuto e a cantare. È interessante notare che il termine yue, “musica”, denota anche la gioia). In logica la ricerca confuciana di ordine si traduceva nella dottrina della “rettificazione dei nomi”, nell’ideale di un uso corretto del linguaggio in cui ogni termine abbia una connotazione ben definita. Era l’antica versione cinese del sogno, solo recentemente naufragato in epoca moderna, di una logica perfetta, di un linguaggio che presenti una corrispondenza biunivoca fra significante e significato, fra parole e cose. I moisti condividevano con i confuciani il forte impulso morale e il fermo impegno a porre riparo ai disastri del loro tempo. Ma la loro diagnosi era diversa e diverso era il rimedio proposto. Questa differenza rifletteva in parte l’estrazione sociale: “Mentre i confuciani”, scrive Chad Hansen, “erano sacerdoti del rituale culturale e sociale, i moisti erano carpentieri, ingegneri, strateghi militari. I criteri di validazione per loro erano più legati al mondo e meno alla società… Ai loro occhi le norme tradizionali, in quanto creazione umana, non erano dotate di un valore intrinseco e universa-

le”.5 La ricerca moista era perciò indirizzata verso un’etica naturale, un’etica in armonia con la “legge del cielo” (tian, “cielo”, abbraccia in cinese l’idea di “natura”). Mozi si spinse oltre l’ideale di benevolenza confuciano, che privilegiava l’ambito della famiglia e dei rapporti personali, proponendo l’ideale di un amore universale, che abbracciasse senza distinzione tutta l’umanità, concepito come un sentimento naturale e intrinseco all’essere umano. Per i moisti dunque non si trattava tanto di recuperare una cultura del passato, quanto di ritrovare una condizione naturale dell’essere umano. Nello sviluppo ulteriore del loro pensiero, l’ideale dell’amore universale si tradusse infine in un’etica utilitaria e razionale, in cui buono era ciò che garantiva il massimo beneficio e il minimo danno al più gran numero di persone.

Relativismo e critica del linguaggio Zhuangzi interviene nel dibattito filosofico che oppone moisti e confuciani in maniera radicale. I due campi gli appaiono coinvolti in una diatriba insolubile: pur sostenendo tesi opposte, essi condividono lo stesso stile di ragionamento e cadono nel medesimo errore di fondo. L’errore consiste nell’assumere che sia possibile una distinzione assoluta fra il vero e il falso, che il linguaggio possegga un intrinseco valore di verità. Confuciani e moisti danno per scontato che proposizioni come “questo è un cavallo” o “questo cavallo è bianco” (per usare esempi cari ai logici dell’epoca) siano dimostrabilmente vere o false. Zhuangzi si rende conto invece che il valore di verità di ogni proposizione poggia necessariamente su un’altra proposizione (che stabilisca, per esempio, cosa chiamiamo “cavallo” o cosa chiamiamo “bianco”). È consapevole, cioè, della difficoltà che i logici e i matematici si troveranno ad affrontare fra la fine





C. Hansen (1992), p. 99.





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del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo: ogni sistema che pretenda di assegnare un valore di verità alle sue proposizioni è necessariamente un sistema formale chiuso, non può che basarsi su un insieme di assiomi la cui interpretazione è arbitraria e su un insieme di regole, arbitrariamente assunte, di manipolazione dei simboli. Zhuangzi dunque sposta il discorso a un metalivello. La sua domanda non è “Qual è la giusta via?”, bensì: esiste una via che sia intrinsecamente, universalmente giusta? È possibile parlare di un vero e di un falso, di un giusto e di uno sbagliato in senso assoluto? Esiste una norma, una dottrina, un discorso che sia costante, universale? Oppure il giusto e lo sbagliato, il vero e il falso e ogni affermazione possibile sono sempre relativi a un contesto? Zhuangzi adotta senza esitazione quest’ultimo punto di vista. “Non è chiaro”, scrive Graham, “dagli scarsi documenti che abbiamo, quando i pensatori cinesi arrivarono a rendersi conto che i nomi hanno solo un rapporto convenzionale con gli oggetti. Zhuangzi è il primo, fra coloro di cui abbiamo notizia, a formulare esplicitamente questa idea. In tutto [il secondo capitolo del suo libro] percepiamo l’eccitazione della scoperta quando era ancora fresca, l’evidente rovesciamento di ogni idea ricevuta quando ci si rende conto che, in linea di principio, qualsiasi cosa può essere chiamata con qualsiasi nome”.6 Nessuna affermazione, dunque, è assolutamente vera: stabilire la verità di un’affermazione deve ricorrere necessariamente a un’altra affermazione. Ci troviamo perciò di fronte al dilemma fra un ricorso all’infinito e l’adozione di un postulato arbitrario. Ogni affermazione è accompagnata dalla sua negazione, che la segue come la sua ombra; ogni verità è relativa a un contesto, agli interessi e al punto di vista di chi parla. Non esiste uno standard ultimo di verità. Il secondo capitolo del Zhuangzi è il luogo per eccellenza di queste considerazioni. Non per caso esso comincia con la bella me-







A. C. Graham (1981), p. 10.



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tafora dei “flauti del cielo”, cioè delle voci della natura. Ci parla del vento che passa attraverso una foresta ed evoca mille suoni diversi; e qui ci conduce a contemplare la totalità di ciò che accade come una più vasta sinfonia suonata dai “flauti del cielo”. Il messaggio è: il cielo è assolutamente imparziale, tutto ciò che accade è per definizione naturale, tutte le voci appartengono alla “spontanea armonia universale”, che non privilegia alcun dao particolare. Il relativismo di Zhuangzi va perciò oltre la semplice convenzionalità dei nomi. Dal limite epistemico deriva l’impossibilità di dare un fondamento assoluto all’etica, di decidere in senso assoluto cosa sia giusto o sbagliato, cosa sia bene o male. Se ogni affermazione normativa può solo essere fondata su un’altra affermazione normativa, non esiste un fondamento ultimo per l’etica: questa è l’impasse che rende insolubile la diatriba fra moisti e confuciani. Riconosciamo qui un atteggiamento caratteristico del pensiero post moderno. Una formulazione classica di questa prospettiva è la famosa metafora di Korzybski: “la mappa non è il territorio”.7 Un’affermazione apparentemente ovvia, il cui messaggio profondo colpisce tuttavia alla radice ogni tentativo di catturare la realtà in un sistema di pensiero. Ciò che Korzybski vuole dire è che ogni descrizione della realtà mediante un linguaggio è una mappa. L’universo del discorso è l’universo delle mappe: la realtà, il “territorio”, resta eternamente al di là di tale universo. Un’altra, splendidamente ironica, formulazione dello stesso assioma è la pipa di Magritte. Nel 1929 il surrealista belga René Magritte dipinse il seguente quadro, intitolato L’inganno delle immagini:





Questa frase compare per la prima volta in una presentazione che Korzybski tenne a un convegno della American Mathematical Society a New Orleans nel 1931.



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L’inganno di cui Magritte parla beninteso non si limita alle immagini, bensì si estende a ogni forma di rappresentazione. Un persistente errore umano è la reificazione dei nostri costrutti mentali, scambiare il concetto per la cosa (scambiare la mappa per il territorio, nel linguaggio di Korzybski).

Il “cardine del Dao”









Ma se Zhuangzi e pensiero postmoderno condividono lo stesso relativismo epistemico ed etico, le loro strade divergono nelle conseguenze che ne traggono. La realtà è indicibile, è eternamente al di là dell’universo del discorso: questo è il punto di partenza comune. Ma il pensiero postmoderno sceglie di abbandonare l’indicibile per concentrarsi sull’universo del discorso come creatore di realtà intersoggettivamente condivise, di mondi sociali. L’attenzione di Zhuangzi è invece tutta rivolta verso l’indicibile. Il suo interesse per la sfera del discorso è solo critico e ironico. La dimensione esistenziale è la sola che conta per lui.

Zhuangzi non si ferma dunque alla critica del linguaggio. Non appena stabilito il fatto che il linguaggio non fornisce alcuna certezza, egli è già oltre. Questo “oltre”, naturalmente, non è formulabile in parole. Può solo servirsi di “parole paradossali”, di “parole calice”8, secondo la metafora dei Capitoli 27 e 33, di parole costantemente mutevoli, parole che non affermano, ma solo invitano, parole che sono “un dito che indica la luna”. Prendiamo, per esempio, questo passaggio del secondo capitolo del libro: La parola non è solo fiato. Colui che parla attribuisce un significato alle parole. Ma il significato è sempre indeterminato. Dunque vi è un significato o non vi è un significato? Le parole sono diverse dal pigolio di un pulcino o non lo sono? C’è un dialogo fra coloro che parlano o non c’è?… Ogni cosa è “altro” e ogni cosa è “se stessa”… Perciò non appena parliamo dell’altro si presenta il sé, non appena parliamo del sé si presenta l’altro… L’origine dell’affermazione è anche l’origine della negazione, l’origine della negazione è anche l’origine dell’affermazione. Perciò il saggio non procede in questo modo, ma illumina ogni cosa nella luce del cielo. Anche questa è un’origine del sé, ma è un sé che è anche altro, un altro che è anche sé. Quello contiene un giusto e uno sbagliato, così come questo contiene un giusto e uno sbagliato. Perciò ci sono ancora un altro e un sé? O non ci sono più un altro e un sé? Lo stato in cui l’altro e il sé non trovano più il loro opposto è detto il cardine del Dao. Quando il cardine è infilato nel centro dell’anello, la sua funzione è inesauribile. L’affermazione è allora anch’essa inesauribile. La negazione è allora anch’essa inesauribile. Perciò il parlare non vale quanto la visione illuminata. Usare il linguaggio per indicare l’inadeguatezza del linguaggio non vale quanto usare il non-linguaggio per indicare l’inadeguatezza del linguaggio. Servirsi della parola “cavallo” per esprimere il fatto che la parola “cavallo” non è un cavallo non vale quanto non usare la parola “cavallo” per esprimere il fatto che la parola “cavallo” non è un cavallo…





La metafora sembra alludere a un particolare tipo di calice che, riempito fino all’orlo, si inclina e trabocca e traboccando ritrova l’equilibrio e si raddrizza.







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Zhuangzi ci invita dunque a esplorare quello stato “in cui l’altro e il sé non trovano più il loro opposto”, quello stato che “è detto il cardine del Dao”. È uno stato che non si lascia definire, se non negativamente o per allusioni: uno stato in cui il contatto con la realtà non è mediato dal linguaggio; uno stato di non scelta, di accettazione incondizionata; uno stato di perfetta spontaneità; uno stato in cui la distinzione fra agente e azione, fra soggetto e oggetto è venuta a cadere; uno stato in cui siamo come un bambù vuoto attraverso cui l’esistenza suona la sua melodia. In questo stato l’azione è appropriata e senza sforzo, perché è, in un certo senso, l’universo ad agire attraverso di noi. Il Zhuangzi è ricco di esempi di questo tipo di azione, che è probabilmente l’aspetto più caratteristico del daoismo.

Spontaneità “I filosofi daoisti”, scrive Graham, “condividono un’intuizione fondamentale: mentre tutte le altre cose si muovono spontaneamente sul corso che è loro proprio, l’essere umano ha ottuso e mutilato questa sua spontanea capacità attraverso l’abitudine a distinguere alternative - il giusto e lo sbagliato, il beneficio e il danno, sé e gli altri - e a giudicare per mezzo del ragionamento. Per recuperare ed educare la sua capacità spontanea deve imparare a riflettere la sua situazione con la limpida chiarezza di uno specchio e a rispondere a essa con la stessa immediatezza con cui l’eco risponde a un suono o l’ombra a una forma”9. Nel Laozi questo atteggiamento viene detto wu wei, “nonazione” Ma il nome può trarre in inganno, perché la non-azione di Laozi non è immobilità, bensì azione allineata con il fluire della vita, caratterizzata da una perfetta spontaneità e dall’assenza di





A. C. Graham (1981), p. 6.



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identificazione egoica. “L’abitudine a giudicare per mezzo del ragionamento” si è tolta di mezzo per lasciare il posto a una semplice presenza alla situazione nella sua immediatezza. L’azione risulta pertanto leggera, appropriata e supremamente efficace. L’espressione wu wei, onnipresente nel Laozi, appare solo sporadicamente nel Zhuangzi, e una sola volta nei Capitoli Interni. Ma, pur non servendosi di questa terminologia, numerosi aneddoti del Zhuangzi ne forniscono un’eccellente esemplificazione. Nel Capitolo 3, per esempio, il cuoco Ding sta macellando un bue per il suo principe, che osserva ammirato la grazia dei suoi movimenti, simili a una danza. Interrogato su come possa la sua arte giungere a tanto, il cuoco risponde:













“Ciò di cui il vostro servitore si cura è il Dao, che va ben oltre l’arte. Un tempo, quando cominciai a macellare buoi, vedevo solo la bestia intera. Dopo tre anni non vedevo più la bestia nel suo complesso. Ora non uso più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito. La mente si arresta e lo spirito agisce secondo la struttura naturale della carne. Il mio coltello affonda negli interstizi e nelle cavità, non taglia mai un legamento, meno che mai un osso. Un buon cuoco cambia il suo coltello una volta all’anno. Un cuoco mediocre deve cambiarlo una volta al mese, perché lo usa come un’accetta. Il vostro servitore si serve di questo coltello da diciannove anni e ha macellato con esso migliaia di buoi, eppure la sua lama è ancora affilata come se fosse appena uscita dalla mola. Ci sono degli interstizi nelle giunture dell’animale e la lama del coltello non ha quasi spessore. Se si inserisce una cosa priva di spessore in una fessura anche piccola, essa trova spazio in abbondanza per muoversi. Per questo, dopo diciannove anni la lama del mio coltello sembra appena uscita dalla mola. Quando arrivo a un punto difficile, mi fermo, guardo attentamente e poi affondo il coltello lentamente, con delicatezza. Ed ecco che la carne si apre come una zolla che cade a terra…”. “Eccellente!” commenta il principe. “Le parole del cuoco Ding mi hanno insegnato l’arte di nutrire la vita”.

Diverse altre storie di questo tipo si trovano nei Capitoli Esterni, particolarmente nel Capitolo 19. In una di queste, Confucio incontra un eccezionale nuotatore: Confucio era in contemplazione della cascata di Luliang. L’acqua precipita da un’altezza di trecento braccia e ribolle e schiumeggia per quaranta miglia. Né pesci, né coccodrilli né tartarughe sono in grado di nuotare in quelle acque turbolente. Tuttavia in quei vortici c’era un uomo. Confucio pensò che l’uomo, afflitto da qualche disgrazia, volesse togliersi la vita; perciò ingiunse ai suoi discepoli di sparpagliarsi lungo la riva per cercare di salvarlo. Ma poche centinaia di passi più a valle l’uomo uscì dall’acqua, i capelli grondanti sciolti lungo la schiena, e si mise a camminare sulla riva cantando. Confucio lo raggiunse e gli disse: “Ti credevo uno spirito, ma ora, guardandoti da vicino, vedo che sei un essere umano. Permettimi di chiederti: “Possiedi un metodo (dao) che ti permette di stare a galla nell’acqua in questo modo?”. “No”, rispose l’uomo, “nessun metodo. Ho cominciato molto tempo fa. A lungo andare è diventato la mia natura. Infine è diventato il mio destino. Mi immergo lasciandomi trascinare sott’acqua dalla corrente e riemergo portato in superficie dalla corrente. Seguo il dao dell’acqua senza opporre resistenza: in questo modo sto a galla”.

In quest’altra storia ancora Confucio incontra uno straordinario cacciatore di cicale:











In viaggio verso lo stato di Chu, attraversando una foresta Confucio si imbatté in un gobbo che catturava cicale con una pertica tanto facilmente come se le prendesse con le mani. Gli disse: “Sei molto abile! C’è un metodo (dao) in questa tua arte?”. “Ho un metodo”, rispose il gobbo. “Verso il quinto o il sesto mese mi esercito portando due palle, una sopra l’altra, in equilibrio sulla cima della mia pertica. Se non cadono, so che mancherò poche cicale. Poi mi esercito con tre palle: se non cadono, so che mancherò una cicala su dieci. Poi mi esercito con cinque palle: se non cadono, catturare le cicale sarà facile come prenderle con le mani. Tengo il corpo immobile come un tronco d’albero e le mie braccia diventano rami rinsecchiti. Nell’immensità di cielo e terra, fra tutte le innumerevoli creature, mi concentro solo sulle ali di cicala. Non guardo

indietro né di fianco: non lascio che alcun altro essere prenda il posto delle ali di cicala. Come potrei non catturarle?”. Confucio si rivolse ai suoi discepoli e disse: “L’attenzione indivisa porta alla concentrazione dello spirito. Questo venerabile vecchio gobbo ne è un esempio”.

“Come illustrazioni concrete dell’approccio daoista”, commenta Graham, “[queste storie] sono tanto istruttive per il lettore contemporaneo quanto lo erano evidentemente per gli antichi apprendisti della scuola”10. Rispondendo alle situazioni con assoluta chiarezza e totale immediatezza cogliamo quell’unico e inevitabile corso d’azione che serpeggia cambiando direzione con il mutare delle circostanze, come acqua che trova il suo alveo, come il coltello del cuoco Ding che affonda negli interstizi e nelle cavità o come il nuotatore che si lascia trascinare sott’acqua dalla corrente. Questa maniera di agire, o piuttosto di agire-non-agire, non poggia su un metodo (dao) predefinito, bensì è essa stessa manifestazione della Via, del Dao, del naturale movimento di tutte le cose. La spontaneità, tuttavia, è un concetto delicato. Cosa distingue la spontaneità di Zhuangzi dall’incurante, inconsapevole “fai semplicemente quello che ti pare”? Il confine è sottile e forse neppure del tutto definibile. Ma queste storie chiariscono in primo luogo che la spontaneità daoista non esclude l’esistenza di un metodo, l’esercizio perseverante e graduale che porta a perfezionare un’arte. Il nuotatore ha cominciato molto tempo fa e a lungo andare il rapporto con l’acqua è diventato la sua natura. Il cacciatore di cicale si allena coscienziosamente prima dell’inizio della stagione. Il cuoco Ding, quando ha cominciato a macellare, vedeva solo la bestia intera, dopo anni di pratica non usa più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito. Il punto è piuttosto che nessun metodo, nessun esercizio, nessuna pratica può sostituire quell’indefinibile elemento di presenza immediata alla realtà del momento che è l’ingrediente essenziale della spontaneità daoista. Il metodo va, sì, coscienziosa-







A. C. Graham (1981), p. 6.



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mente appreso, ma poi va interamente dimenticato. Il gioco si sposta su un altro piano. In questo senso dunque dobbiamo comprendere la spontaneità di Zhuangzi. L’azione appropriata è possibile solo quando le porte della percezione sono sgombre, lo specchio è pulito e l’attenzione pienamente desta, quando siamo in contatto limpido e sensibile con il mondo. A un livello più profondo, quando il velo degli attaccamenti dell’io è venuto a cadere, quando i codici cristallizzati con cui leggiamo la realtà si sono dissolti. Quando, dopo una vita di apprendimento, siamo finalmente arrivati a “disimparare noi stessi” e a riposarci in perfetto equilibrio in quello stato che lo zen descrive come la “mente del principiante”. Lapidario come sempre, Laozi dice: Cercando la conoscenza giorno per giorno ti accresci. Cercando il Dao giorno per giorno decresci. Decrescendo e ancora decrescendo arrivi al non agire (wu wei). Senza agire, nulla rimane incompiuto11.

Adepti e sciamani Il Zhuangzi tocca forse i suoi toni più lirici quando parla dell’adepto daoista - o dell’essere umano perfetto dei tempi antichi, che è quasi la stessa cosa. Questo è un ritratto che incontriamo nel primo capitolo: Sul Monte Gushe c’è un essere spirituale la cui pelle è come neve e ghiaccio. È delicato come una vergine e non si nutre dei cinque cereali, bensì di vento e di rugiada. Cavalca le nubi e viaggia al di là dei quattro oceani su un carro trainato da draghi. La concentrazione del suo spirito protegge gli esseri dalle malattie e porta a maturazione i raccolti.















Laozi, 48.





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Prese alla lettera queste descrizioni suggeriscono una dimensione magica, un potere e un’invulnerabilità superumani. Sempre nel primo capitolo, di un tale essere si dice: Nulla è in grado di nuocergli. Anche se un’inondazione dovesse innalzarsi fino al cielo, egli non annegherebbe. Anche se un’estrema siccità dovesse liquefare i metalli e le pietre e scorticare la terra e le montagne, egli non brucerebbe.

Negli sviluppi ulteriori del daoismo c’è un filone sciamanico che prende alla lettera questa dimensione magica. Congiungendosi con una spiccata preoccupazione per la conservazione di sé, caratteristica del pensiero del filosofo Yang Zhu (circa 350 a.C.), che ritroviamo anche in alcuni capitoli del Zhuangzi, questa tendenza sciamanica si traduce in pratiche magiche miranti a ottenere la longevità e, in senso ultimo, l’immortalità. Il daoismo filosofico (dao jia) si muove su un sottile crinale fra una lettura metaforica e una letterale dei poteri sciamanici dell’adepto. Per un verso guarda con ironico distacco alla fascinazione magico-sciamanica, ma per un altro non se ne separa mai del tutto e continua a servirsi di immagini sciamaniche - le quali, del resto, è bene ricordare, appartengono al linguaggio e al contesto culturale dell’epoca. Pur non pronunciandosi sulla realtà dei poteri magici dell’adepto, Zhuangzi sembra considerarli irrilevanti o addirittura un ostacolo per la realizzazione del Dao. Questo emerge chiaramente dagli aneddoti riguardanti Liezi. Questo adepto, forse leggendario, è generalmente considerato il terzo fondatore del daoismo insieme a Laozi e a Zhuangzi. Nel Zhuangzi ci appare spesso in vesti sciamaniche o sedotto dai poteri sciamanici. Ma il contesto sottolinea i limiti di tali poteri:











Liezi… viaggiava su un carro di vento, leggero e abile, e dopo quindici giorni tornava… Ma, pur non avendo bisogno di camminare, dipendeva comunque da qualcosa per spostarsi. Chi cavalca il giusto corso fra cielo e terra e usa le sei energie per vagare nell’illimitato

dipende forse da qualcosa? Perciò si dice: l’essere umano perfetto non ha un sé… (Capitolo 1)

Ritroviamo Liezi nel Capitolo 7 in una narrazione più estesa. Affascinato dallo sciamano Ji Xian, che “è in grado di predire la vita o la morte, la fortuna o la disgrazia e di specificare l’anno, il mese e il giorno di un evento con soprannaturale accuratezza”, lo conduce dal suo maestro Huzi. Qui assistiamo a una vera e propria sfida sciamanica, nella quale Huzi appare a Ji Xian in varie sembianze cosmiche, finché quest’ultimo fugge terrorizzato. A questo punto Liezi capisce cosa è veramente importante: Dopo di che Liezi si rese conto di non avere neppure cominciato a imparare. Tornò a casa e per tre anni non se ne allontanò. Cucinava per sua moglie, dava da mangiare ai maiali come se fossero esseri umani. Rimaneva distaccato in qualunque cosa facesse. Dalla pietra preziosa ritornò alla semplice zolla di terra. Saldo nell’unicità della propria forma e impermeabile alle confuse vicende della vita perdurò in questo stato fino alla fine dei suoi giorni.

Questo ideale di semplicità è incarnato perfettamente dal “essere umano autentico dell’antichità”. Il ritratto dell’umanità felice di una perduta età dell’oro ricorre in più punti del Zhuangzi. A volte questo ritratto include tratti magici, ma essi non sono mai il punto focale. La tonalità dominante è quella di una perfetta semplicità e naturalezza, che permette agli esseri umani e agli animali di vivere tranquillamente fianco a fianco. Nel Capitolo 6 troviamo questa descrizione:









L’essere umano autentico dell’antichità non si ribellava alla penuria e non si inorgogliva dell’abbondanza. Non faceva progetti. Non rimpiangeva i propri errori e non si compiaceva dei propri successi. Poteva scalare grandi altezze senza vertigine. Poteva entrare nell’acqua senza bagnarsi, nel fuoco senza bruciarsi… L’essere umano autentico dell’antichità dormiva senza sogni e si svegliava senza preoccupazioni. Il suo cibo era semplice e il suo respiro profondo… L’essere umano autentico dell’antichità ignorava l’attaccamento alla vita e il rifiu-

to della morte. Non si rallegrava di essere nato, né si rattristava di dover morire. Con leggerezza veniva al mondo e con leggerezza se ne andava. Non dimenticava il luogo del suo inizio e non cercava di conoscere il luogo della sua fine. Quando riceveva qualcosa se ne rallegrava; poi la restituiva e se ne dimenticava. Il suo cuore dimenticava perché tale era la sua natura: il suo volto era sereno e la sua fronte distesa. Era fresco come l’autunno e tiepido come la primavera…

Morte e trasformazione L’equanimità nei confronti della morte, della vecchiaia, della malattia e in generale di tutte le vicende del corpo non è solo caratteristica dell’essere umano autentico dell’antichità, ma del saggio daoista in generale ed è una tematica centrale nel Zhuangzi. Nel quinto capitolo, per esempio, incontriamo un uomo a cui è stato amputato un piede, che dunque presumibilmente ha commesso in passato un grave crimine per cui ha subito questa feroce e umiliante punizione. Ora è divenuto un saggio e i suoi discepoli sono tanto numerosi quanto quelli di Confucio. Un allievo di Confucio è scandalizzato da questo fatto e interroga il maestro in proposito. Confucio risponde:









“Quest’uomo è un maestro e un saggio. Da tempo avrei dovuto recarmi da lui e adottarlo come mio maestro… Vita e morte sono cose grandi, ma non rappresentano per lui un cambiamento. Se cielo e terra dovessero rovesciarsi e precipitare, non lo vivrebbe come una perdita. È attento alla realtà ultima e non è partecipe del movimento delle cose. Considera il mutamento inevitabile e si attiene unicamente all’Antenato [al Dao]… È consapevole dell’unità di tutte le cose e non vede ragione per lamentare la perdita di qualcosa. Perdere un piede equivale per lui a lasciar cadere una zolla di terra… Un segno distintivo di coloro che si attengono all’origine delle cose è che non hanno paura di nulla”.









L’indifferenza del saggio nei confronti della morte e della perdita discende dunque dalla consapevolezza della “unità di tutte le cose”, dal “attenersi all’origine delle cose”. Il saggio non è identificato con un io individuale, non si vive come separato dal tutto. Si vive piuttosto come un’onda nel mare. L’onda non è una massa d’acqua distinta dal resto del mare: è solo un moto oscillatorio che si trasmette da luogo a luogo momento per momento, coinvolgendo particelle d’acqua sempre nuove. La specifica forma dell’onda alla fine si dissolve nella totalità del mare e la sua energia si trasmette ad altre onde. La realtà ultima dell’onda è semplicemente mare. Il saggio è consapevole di essere semplicemente un’onda nel mare dell’esistenza. Questa idea è stata formulata nella maniera più limpida da Buddha. Per Buddha una delle caratteristiche fondamentali dell’esistenza è anatta, “non-sé”, “assenza di un sé”. La percezione di noi stessi come autonomi e individualmente esistenti è un’illusione. L’io è una continua “sé” costruzione, momento per momento, è un fare, non un essere. Non è qualcosa di solido o di costante. Ci confermiamo istante per istante in questa illusione creandoci e ricreandoci continuamente una storia, un passato e un’identità proiettata nel futuro. Dal punto di vista della fisica siamo una forma emergente generata dalla sovrapposizione di un insieme di campi infinitamente estesi: l’universo, non questo corpo, è la nostra identità. Proprio come un’onda nel mare. Il saggio guarda le cose da questa prospettiva più ampia. In quest’ottica, nascita e morte sono processi complementari nel più vasto ciclo della vita, nell’immenso ineffabile mistero in cui siamo immersi. Che importa cosa sarà del mio io dopo la morte, se già la mia esistenza in questo stesso momento non è più reale di un sogno? L’energia che alimenta il mio io sarà riciclata nell’infinito processo di trasformazione delle cose. Un profondo senso di comunione lega coloro che condividono questo distacco nei confronti della vita e della morte. Il Zhuangzi contiene diverse storie di amicizie che hanno questo fondamento. Questa, per esempio, si trova nel sesto capitolo:

Quattro maestri […] stavano conversando fra loro, dicendo: “Chi è in grado di considerare il vuoto come la propria testa, la vita come la propria colonna vertebrale e la morte come le proprie natiche? Chi è consapevole che vita e morte, esistenza e dissoluzione sono un unico corpo? Costui sicuramente è nostro amico!”…

Improvvisamente uno di loro viene a trovarsi in punto di morte. Si trascina fino al pozzo, si specchia nell’acqua e si vede orribilmente deforme. Uno degli amici gli chiede: “Ti fa orrore?” Il moribondo risponde: “No, cosa nella morte dovrebbe farmi orrore? Il mio braccio sinistro si trasformerà in un gallo e canterò per annunciare l’alba. Il mio braccio destro si trasformerà in una balestra e colpirò un gufo da fare arrosto. Il mio coccige si trasformerà in una ruota e il mio spirito in un cavallo e andrò in giro in carrozza…”

A chi è legato a una visione convenzionale della morte, la leggerezza e lo humor con cui il saggio daoista la affronta appaiono irriverenti e sacrileghi. In un’altra storia del Capitolo 6 di nuovo tre saggi diventano amici perché condividono la stessa equanime contemplazione del ciclo di vita e morte. Poi uno di loro muore. Gli altri due compongono per lui una canzoncina funebre, che cantano accompagnandosi con il liuto e con il tamburo: “Ahi, Sang Hu! Ahi, Sang Hu! Tu solo sei tornato alla tua realtà, mentre noi restiamo qui come uomini!” Un discepolo di Confucio, che il maestro ha inviato a portare le sue condoglianze, si scandalizza di questo comportamento: “Se posso osare chiedere”, dice, “cantare davanti al defunto è forse conforme al rito?”. I due amici si guardano, ridono e dicono: “Che ne sa costui dell’intenzione del rito?”













Nel penultimo frammento del Capitolo 7, l’ultimo dei capitoli che la tradizione attribuisce integralmente a Zhuangzi, troviamo

questo passaggio, uno dei pochi in cui Zhuangzi rivolge al lettore un invito esplicito, diretto: Non inseguire la fama, non fare progetti, non occupare posti di responsabilità, non cercare di possedere la conoscenza. Incarna pienamente l’illimitato e cammina nella terra dove non esiste io. Vivi fino in fondo ciò che hai ricevuto dal cielo, senza illuderti di possedere alcunché. Sii vuoto, nient’altro. L’essere umano perfetto fa del suo cuore uno specchio. Non desidera alcunché, non accoglie alcunché: risponde alle situazioni, ma non trattiene nulla per sé.

L’esistenza delle cose Alcuni passaggi del Zhuangzi sono splendidamente paradossali, apertamente in contrasto con il più elementare buon senso. Per esempio questo, nel secondo capitolo, che considera la “non esistenza delle cose” la conoscenza suprema: La conoscenza degli antichi si spingeva lontano. Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero. Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da aggiungere. Poi vennero coloro che credevano all’esistenza delle cose, ma non tracciavano confini fra di esse. Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose, ma non riconoscevano l’esistenza del giusto e dello sbagliato. Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare. Quando il Dao cominciò a declinare, l’attaccamento divenne completo. Ma vi sono veramente una completezza e un declino o non vi è né completezza né declino?













Ma prima di liquidare passaggi come questo come semplici provocazioni, può valer la pena di soffermarci un momento sul fatto che la fisica quantistica ci ha messo di fronte a paradossi simili. Questa sezione vuole essere una breve digressione sul concetto di “cosa”, “oggetto”, “materia” dal punto di vista della fisica quantistica.







Il concetto di “realtà oggettiva” è diventato altamente problematico nella fisica quantistica. Questa problematicità è conseguenza di una radicale trasformazione nel modo di concepire il processo di osservazione. Nella fisica classica c’era da un lato l’osservatore e dall’altro il sistema osservato, con caratteristiche sue proprie di cui l’osservatore si limitava a prendere atto. Nella fisica quantistica il processo di osservazione ha assunto un ruolo molto più attivo: è divenuto in un certo senso un “atto creativo”, nel corso del quale certe proprietà del sistema osservato, che prima erano indefinite, si definiscono. Prima dell’osservazione, il sistema osservato si trovava in quella che i fisici chiamano una “sovrapposizione di stati”: una compresenza di varie possibilità, uno stato sospeso fra varie potenzialità. È solo l’atto dell’osservazione che fa “precipitare” questa sovrapposizione di stati in uno stato ben definito. Il concetto quantistico di sovrapposizione di stati è un’idea radicalmente nuova: non ha un analogo né nella fisica classica, né nella nostra intuitiva immagine del mondo. Di fatto, esso contraddice il concetto ordinario di “cosa”, “oggetto”, “materia”, una cui caratteristica fondamentale è proprio quella di avere delle proprietà ben definite, indipendentemente dal fatto che queste proprietà vengano osservate o meno. Se questa caratteristica la chiamiamo per brevità “realismo”, possiamo affermare che la fisica quantistica non è una teoria “realistica”. Un’altra caratteristica fondamentale del concetto di “cosa”, “oggetto”, è che si possa parlare in un qualche senso ragionevole di una sua localizzazione nello spazio: una cosa occupa una certa porzione di spazio e interagisce con altre cose che occupano porzioni di spazio diverse solo mediante lo scambio di “segnali” che si propagano nello spazio dall’una all’altra cosa. Questa caratteristica la chiameremo per brevità “località”: la nostra rappresentazione ordinaria del mondo oggettivo, della materia, è una rappresentazione “realistica” e “locale”. La fisica quantistica viola entrambi questi requisiti e perciò implica una radicale revisione delle nostre idee tradizionali su “di cosa è fatto il mondo”.







Una trasformazione filosofica tanto profonda non è facile da assorbire: richiede uno sforzo di immaginazione che trascende la nostra capacità di rappresentarci intuitivamente le cose. È naturale, quindi, che al loro apparire queste idee siano state vivamente contestate anche da alcuni fra i creatori stessi della teoria. Il più famoso critico della mancanza di realismo della fisica quantistica è Albert Einstein, che per otto anni portò avanti un acceso dibattito con Niels Bohr, il capo della scuola di Copenhagen, a cui si deve la cosiddetta interpretazione ortodossa della teoria quantistica. La sua provocatoria domanda “La luna esiste ancora quando non la guardi?” è rimasta famosa. Einstein riteneva che la fisica quantistica fosse una teoria provvisoria e incompleta. Era convinto che sottostante alla fisica quantistica dovesse esserci un ulteriore livello di realtà, dove sarebbe stata nuovamente rivendicata l’esistenza di un mondo oggettivo. Nel 1935, perciò, mise a punto quello che riteneva essere un argomento decisivo per dimostrare l’incompletezza della fisica quantistica. Insieme a due colleghi, Podolski e Rosen, escogitò un Gedankenexperiment, un esperimento pensato, che portava alle ultime conseguenze la mancanza di realismo della fisica quantistica e giungeva a risultati che sembravano manifestamente assurdi. Questo esperimento immaginario, passato alla storia con la sigla EPR, le iniziali dei tre autori, mise in grave difficoltà Bohr e i difensori della interpretazione ortodossa. L’esperimento EPR e la retrostante questione filosofica dell’oggettività del mondo restarono dormienti per una trentina d’anni. Poi, nel 1964, ebbe luogo uno sviluppo inatteso, con un elegante teorema dimostrato dal fisico irlandese John Bell. Semplicemente applicando all’esperimento EPR l’ipotesi che i sistemi coinvolti si comportassero in maniera “realistica” e “locale”, senza invocare alcuna teoria specifica, Bell riuscì a dimostrare che i risultati dovevano soddisfare una certa disuguaglianza. Non essendo, invece, la fisica quantistica una teoria “realistica” e “locale”, alcune sue previsioni violavano la disuguaglianza di Bell.

Eseguire l’esperimento in maniera tale da distinguere le due situazioni (previsioni quantistiche e previsioni “realistico-locali”) senza lasciare adito a dubbi era una sfida tecnologica notevole. Ci vollero altri sedici anni prima che questa sfida fosse vinta: il primo esperimento realmente probante fu realizzato dal fisco francese Alain Aspect a Parigi nel 1980. Il risultato confermò pienamente le previsioni della fisica quantistica, violando la disuguaglianza di Bell e quindi escludendo la possibilità di una descrizione “realistica” e “locale”. L’unica condizione implicita nell’interpretazione dell’esperimento di Aspect è l’ipotesi della relatività einsteiniana che la velocità della luce sia la massima velocità possibile per la trasmissione di un “segnale”. Posto che questa ipotesi sia corretta, possiamo dire che l’esperimento ha dimostrato che il mondo non ammette una descrizione oggettiva: il mondo non è fatto di “cose”. La scoperta paradossale a cui siamo arrivati nella nostra discesa nel cuore della materia è che… la materia non esiste! O, detto in altri termini: la materia è qualcosa di profondamente diverso da come ce la rappresentiamo ordinariamente, qualcosa di intimamente connesso, in un senso che ancora non comprendiamo del tutto, con ciò che chiamiamo mente o coscienza.

Il testo









La versione del Zhuangzi che ci è pervenuta consiste di 33 capitoli ed è una selezione operata intorno al 300 d.C. su un precedente testo appartenuto alla biblioteca imperiale Han (202 a.C.-220 d.C.), del quale sappiamo solo che comprendeva 52 capitoli. Guo Xiang, l’autore di questa selezione, probabilmente salvò i capitoli che gli sembravano più interessanti e inserì in essi alcune parti dei capitoli eliminati. Il testo della biblioteca imperiale era indubbiamente già una compilazione (probabilmente risalente al 200 a.C. circa) di mate-







riali eterogenei, in parte attribuibili a Zhuangzi, in parte ad allievi, in parte a filosofi contemporanei che esprimevano idee in qualche modo imparentate con le sue. Possiamo meglio.comprendere le vicissitudini di questo testo (tipiche delle opere dell’antichità cinese) tenendo presente che il moderno concetto di libro, con un testo, un titolo e un autore ben definiti, mal si adatta a descrivere la realtà dell’epoca. Gli antichi letterati cinesi scrivevano i loro pensieri su fogli di seta o striscioline di bambù. Queste striscioline venivano raccolte legandole insieme a formare un rotolo. Dunque, nella Cina antica, un libro consisteva tipicamente di uno o più rotoli. Questi rotoli venivano poi copiati più volte, ordinati in vario modo, e potevano accrescersi di materiali che il compilatore o il copista ritenesse affini o perdere parti che per qualche ragione venivano omesse. Fino al primo secolo a.C. abbiamo dunque in Cina ben poche opere di cui l’origine e l’autore siano identificabili in maniera certa e il cui testo sia solidamente stabilito. I libri cominciano ad acquisire qualcosa di paragonabile a una forma standard a partire dalla dinastia Han. Nel quadro della vasta opera di standardizzazione della cultura cinese messa in atto dagli Han (necessaria per consolidare il disegno imperiale in una realtà di popoli, linguaggi e culture estremamente diversi) Liu Xiang (776 a.C.) intraprese una generale catalogazione dei testi appartenenti alla biblioteca imperiale. Dai suoi resoconti sappiamo che le copie di un determinato testo di cui disponeva, spesso contenevano diverse varianti e consistevano di un numero di rotoli diverso. Il procedimento di Liu Xiang consisteva nell’unirli, sopprimendo i duplicati. Possiamo perciò immaginare un capitolo del Zhuangzi come un rotolo o una raccolta di rotoli. La maggior parte dei capitoli del libro consiste di un certo numero di frammenti, riuniti in base a quello che deve essere apparso al compilatore un filo conduttore comune, a volte assai tenue. Stabilire con certezza quali di questi frammenti siano opera del Zhuangzi storico è, allo stato attuale delle cose, un’impresa disperata. Quello che è certo è che alcuni

frammenti si distaccano dal resto per profondità di pensiero, eleganza di stile e relativa omogeneità di visione filosofica: a questa categoria appartiene la maggior parte dei frammenti che compongono i primi sette capitoli, detti Capitoli Interni, che la tradizione attribuisce al Zhuangzi storico. L’attribuzione dei rimanenti capitoli è incerta e viene brevemente discussa di seguito. I frammenti che li compongono sono di vario livello: alcuni sono del tutto paragonabili ai più brillanti frammenti dei Capitoli Interni e sono verosimilmente opera della stessa mano, Altri sono ripetitivi e scolastici o addirittura corrotti e indecifrabili12. Come ci possiamo avvicinare a un’opera tanto complessa e composita? Non mi sento di consigliare alla lettrice o al lettore di leggerla dall’inizio alla fine, come si fa ordinariamente con un libro, Assai meglio, credo, è seguire l’indicazione dataci dal titolo del primo capitolo e vagabondare senza meta attraverso le sue pagine. Ci imbatteremo in passaggi geniali e memorabili e in altri che possiamo saltare senza perdere nulla. È questa, se mi è permesso dirlo, l’esperienza speciale che il Zhuangzi ci offre: un elevatissimo grado di imprevedibilità, una sorpresa continua. Quando siamo in preda all’entusiasmo perché abbiamo appena incontrato una perla, il frammento successivo può essere una doccia fredda. Quando siamo pronti a liquidare un capitolo come “capitolo cestino”, ecco che ci imbattiamo in una delle meraviglie del libro.

Capitoli Interni, Esterni e Misti Come detto sopra, solo i primi sette capitoli del libro, detti Capitoli Interni, sono generalmente riconosciuti come opera di Zhuangzi.







Il grande sinologo Arthur Waley, nel suo Three Ways of Thought in Ancient China (1939), afferma: “Alcune parti [del Zhuangzi] sono opera di un poeta splendido, altre di un debole scribacchino”.



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I rimanenti capitoli sono suddivisi in Capitoli Esterni (8-22) e Capitoli Misti (23-33). Nel discutere l’attribuzione di questi altri capitoli seguo sostanzialmente Angus Graham13, che possiamo senza esitazione riconoscere come il più profondo studioso moderno del Zhuangzi.

Capitoli interni (1-7) È questa la parte del libro generalmente attribuita a un unico autore, probabilmente identificabile con il Zhuangzi storico di cui ci parla Sima Qian. Ciascun capitolo consiste di una serie di frammenti (favole, dialoghi, esposizione filosofica) più o meno riconducibili a una tematica comune indicata dal titolo, che (in cinese) consiste sempre di tre parole. Questo è un breve riassunto degli argomenti dei Capitoli Interni. Capitolo 1 Vagabondaggi senza meta. Aprire la mente a una visione più ampia, liberarci dai pregiudizi del senso comune. Il disdegno del saggio per il potere, la fama, il successo e per l’ordinario senso di ciò che è utile. Capitolo 2 Sull’uguaglianza di tutte le cose. Critica del pensiero analitico, dei concetti di vero e falso, giusto e sbagliato. Critica dell’idea di separabilità e in senso ultimo dell’esistenza di un mondo oggettivo. Capitolo 3 L’arte di nutrire la vita. L’arte della spontaneità, dell’azione appropriata perché libera da identificazione egoica. L’accettazione equanime nei confronti di vita e morte. Capitolo 4 Nel mondo umano. I dilemmi del filosofo nel ruolo di consulente di un principe. L’utilità dell’inutile. Capitolo 5 I segni della virtù perfetta. La virtù non si riconosce in base a segni esteriori. Essa, Zhuangzi sembra dirci, preferisce incarnarsi nei reietti, negli storpi, nei criminali, in coloro che vivono ai margini della società.















A. C. Graham (1981), pp. 27-33.



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Capitolo 6 Il maestro supremo. L’adepto è cosciente di essere parte di un processo di continua trasformazione di tutti gli esseri. Di nuovo: l’accettazione equanime nei confronti di vita e morte (il maestro supremo). Capitolo 7 Rivolto a re e imperatori. Il saggio al governo dello Stato. La seduzione dei poteri sciamanici e il valore della semplicità. L’interezza dell’adepto daoista e la sua impermeabilità agli eventi esterni.

Capitoli esterni (8-22)













Benché alcuni frammenti di questi capitoli possano essere opera dello stesso autore dei Capitoli Interni, la maggior parte dei materiali in essi contenuti proviene da altre fonti. I titoli consistono di due parole, tratte semplicemente dalla prima frase del testo, che non hanno necessariamente un rapporto con il contenuto del capitolo. Capitoli 8-11 Graham attribuisce i Capitoli 8-10 e la prima metà del Capitolo 11 a un autore che chiama “primitivista”, vissuto probabilmente intorno al 205 a.C. Ogni capitolo è un saggio in sé completo e il pensiero è vicino a quello del Laozi, varie espressioni. Esso sottolinea cui vengono riprese anche superiorità della natura sulla cultura e della semplicità sull’artificio e rievoca con nostalgia “l’epoca della virtù perfetta”, in cui gli esseri umani convivevano pacificamente con gli animali e “nella semplicità del blocco di legno grezzo realizzavano la loro vera natura”. Capitoli 12-14 Ciascuno di questi capitoli (i cui titoli hanno in comune la parola “cielo”) comincia con un’esposizione di idee che Graham cataloga come “sincretiste” e ritiene possano rispecchiare il pensiero del compilatore del Zhuangzi nel secondo secolo a.C. In esse il pensiero daoista si mescola con quello di altre scuole e incorpora vari aspetti del pensiero confuciano. Ma solo gli attacchi dei capitoli sono relativamente omogenei: nei frammenti che seguono si odono voci di varia provenienza.

Capitolo 15 Un saggio completo di impronta sincretista che comincia con un confronto fra vari stili di letterati-gentiluomini, in cui non è difficile riconoscere i tratti caratteristici di confuciani, moisti, daoisti e legalisti. L’autore mantiene una certa equidistanza nei confronti di tutti costoro. Capitolo 16 Graham considera questo capitolo slegato da qualsiasi altro nel libro e lo descrive come “il primo esempio documentato di un vero anarchico in Cina”. Esso sembra tuttavia molto vicino alle idee primitiviste. Capitoli 17-22 Graham etichetta questo blocco di capitoli come “scuola di Zhuangzi”. In esso si odono tuttavia voci distinte. Il dialogo “Piene autunnali” del Capitolo 17 è espressione di quella che potremmo chiamare la “scuola del Grande Metodo”, che rappresenta una tendenza razionalizzante in seno al daoismo. Il Capitolo 19 esplora largamente il tema dell’azione spontanea e appropriata, che abbiamo incontrato nel Capitolo 2. Il Capitolo 22 rappresenta probabilmente il culmine della tendenza “irrazionalizzante” nel Zhuangzi, che in alcuni frammenti ricorda il koan zen.

Capitoli misti (23-33)











Come i Capitoli Esterni, anche i Capitoli Misti hanno titoli che consistono di due parole tratte dalla prima frase (eccetto i Capitoli 28-31). Alcuni frammenti possono essere opera di Zhuangzi; la maggior parte è certamente di altre mani. Capitoli 23-27 Un blocco di capitoli in cui il compilatore ha raccolto frammenti eterogenei, alcuni molto corrotti, forse assemblati da strisce deteriorate o fuori contesto e appartenenti ad altri rotoli. Anche in questi capitoli si incontrano tuttavia diverse perle, alcune delle quali plausibilmente attribuibili a Zhuangzi. Il Capitolo 25 contiene due dialoghi riconducibili alla “scuola del Grande Metodo”. Il Capitolo 27 contiene una interessante classificazione delle strategie comunicative di Zhuangzi, che verrà ripresa nell’ul-

timo capitolo. Più di ogni altro, fra i Capitoli Esterni e Misti, si avvicina al Zhuangzi filosofo del Capitolo 2. Capitoli 28-31 È questo il blocco di capitoli che Graham chiama “miscellanea yanghista”, attribuendoli alla scuola del filosofo edonista Yang Zhu (circa 350 a.C.). È possibile che Zhuangzi abbia seguito in gioventù questa scuola, benché il Zhuangzi maturo se ne distacchi notevolmente. I titoli consistono di due parole legate alla tematica del capitolo. La loro redazione è databile probabilmente intorno al 200 a.C. Essi sono caratterizzati da uno stile narrativo ricco di particolari, che invita il lettore a immaginare concretamente le scene descritte. Capitolo 32 Un altro capitolo contenente frammenti eterogenei e in parte corrotti. Capitolo 33 Un capitolo sincretista che passa in rassegna le principali scuole che si richiamano alla tradizione del “Dao degli antichi” all’epoca di Zhuangzi. Fra i filosofi discussi ci sono Laozi e lo stesso Zhuangzi.

Questa traduzione















Tradurre il Zhuangzi presenta vari ordini di difficoltà. In primo luogo c’è la difficoltà generale del cinese antico, che è una lingua estremamente fluida e minimamente strutturata. I caratteri cinesi sono unità indeclinabili, che possono fungere da sostantivo, aggettivo o verbo e non distinguono singolare e plurale, né tempi e modi verbali. La maggior parte di essi, inoltre, ha un vasto campo di significati, che sfumano l’uno nell’altro in un modo che ricorda un processo di libere associazioni. Nel Zhuangzi questa generale fluidità della lingua si intreccia e si compone con la fluidità del pensiero di Zhuangzi, che si serve largamente della metafora, dell’ironia e del paradosso, onde a volte è difficile decidere se ciò che Zhuangzi ci sta dicendo vada preso alla lettera o voglia dire esattamente il suo contrario.









Infine un terzo e assai serio ordine di difficoltà è il deterioramento che il testo ha subito passando attraverso vari processi di copiatura e compilazione. Alcuni frammenti non hanno a prima vista alcun senso; tanto le interpretazioni dei commentatori cinesi, quanto le traduzioni esistenti (spesso fra loro diversissime) non ammontano a niente di più che semplici supposizioni. La maggior parte delle traduzioni di cui sono a conoscenza (alcune dei soli Capitoli Interni, altre di frammenti scelti, altre ancora dell’intero libro) tenta di ovviare a queste difficoltà adottando per i passaggi più problematici l’una o l’altra delle interpretazioni dei commentatori cinesi (è stato detto che le traduzioni del Zhuangzi sono piuttosto traduzioni dei commentari al testo!), lisciando le asperità, riempiendo le lacune e creando versioni più o meno ragionevoli dei passaggi più incomprensibili. Una strategia diversa è quella adottata da Angus Graham (1981). Graham si è dato il difficile compito di distinguere in seno al testo le varie voci e i vari filoni di pensiero e ha operato una radicale decostruzione e ricostruzione del libro, riassemblando i frammenti presumibilmente appartenenti alla stessa scuola di pensiero o relativi alla stessa tematica, evitando nella misura del possibile di coprire le discontinuità e le oscurità e omettendo i passaggi che gli sembravano ripetitivi, non interessanti o incomprensibili. Il successo di questa operazione è dubbio. Benché il rigore filologico di Graham sia prezioso, il libro in questo modo smontato e rimontato non arriva comunque a essere un tutto coerente e finisce per essere solo un’ulteriore ricompilazione di questo tormentato materiale. L’approccio adottato in questo libro consiste nell’offrire una traduzione integrale dell’intero Zhuangzi, lasciando i capitoli nel loro ordine tradizionale. I commenti che precedono ciascun capitolo, oltre a inquadrarne brevemente il contenuto, danno qualche indicazione sulle origini del materiale, basandosi principalmente sugli studi di Graham. La traduzione naviga fra gli scogli di due esigenze contraddittorie: vuole offrire un testo ragionevolmente leggibile - dopotutto il Zhuangzi non è solo un’opera filosofica, ma

un testo letterario e uno dei capolavori della letteratura cinese! senza tuttavia nascondere le oscurità e le ambiguità interpretative del testo. Vuole cioè distinguere il più chiaramente possibile quello che il testo ci dice da quello che siamo costretti ad aggiungere come interpreti. Per questo mi sono servito dello strumento delle “letture alternative”. Ho adottato come riferimento quattro classiche traduzioni del Zhuangzi, tre in inglese e una in francese, e nei passaggi più problematici ho dato, oltre alla mia versione, una o più di queste traduzioni, riportandole in nota a piè di pagina. Per non appesantire eccessivamente le note mi sono limitato a segnalare le letture che mi sembravano sufficientemente interessanti e significativamente diverse dalla mia. In non pochi luoghi la lettrice o il lettore noteranno che le varie letture possibili differiscono notevolmente fra loro: questa diversità fornisce un indice del grado di incertezza interpretativa dei passaggi in questione. Le traduzioni di cui mi sono servito sono le seguenti (in ordine cronologico).



La fondamentale traduzione di Angus Graham (1981), forse il più profondo e innovativo studioso moderno del Zhuangzi, a



La riccamente documentata traduzione francese di Liou Kiahway (1969), pubblicata da Gallimard nella Collezione UNESCO di opere rappresentative (tradotto in italiano da Adelphi).







La brillante traduzione di Burton Watson (1968), contraddistinta da uno humor e una libertà espressiva che forse più di ogni altra rendono giustizia al Zhuangzi poeta.







La storica traduzione di Herbert Giles (1889), che ha influenzato numerosi scrittori inglesi e americani, da Oscar Wilde a Henry Miller.





cui sono debitore per l’inquadramento storico del materiale e per innumerevoli altri commenti illuminanti.

Gli autori

















Herbert Allen Giles (1845-1935). Diplomatico e sinologo inglese, co-creatore del sistema di romanizzazione del cinese WadeGiles, lo standard di traslitterazione fino a poco fa più utilizzato a livello mondiale. A lui si devono traduzioni di Confucio, Laozi, Zhuangzi e il primo dizionario Cinese-Inglese di larga diffusione. Burton Watson (nato nel 1925). Autore di numerose traduzioni di letteratura e poesia cinese e giapponese, per cui ha ricevuto vari riconoscimenti internazionali. Ha insegnato nelle università di Kyoto, Stanford e Columbia. Vive in Giappone. Liou Kia-hway (morto nel 1992). Daoista cinese che visse in Francia per diversi decenni e tradusse per la casa editrice Gallimard il Laozi e il Zhuangzi. Angus Graham (1919-1991). Filosofo e sinologo, professore di cinese nella School of Oriental and African Studies dell’Università di Londra, membro dell’Accademia Britannica. Per le citazioni di Giles, Graham e Watson ho fornito una mia traduzione ad hoc. Per le citazioni di Liou Kia-hway invece ho potuto servirmi della traduzione italiana di Carlo Laurenti e Christine Leverd, Zhuang-zi, Adelphi Edizioni, Milano 1982. Il testo cinese di cui mi sono servito è il Zhuangzi buzheng di Liu Wendian, pubblicato a Shanghai nel 1947, lo stesso su cui si basa la traduzione di Watson, che lo raccomanda per la sua “splendida leggibilità”. Questo testo, non facile da rintracciare in forma cartacea (ma ne ho trovato una copia presso l’Università di Zurigo), può essere scaricato da Internet come file PDF all’indirizzo: http://ishare.edu.sina.com.cn/f/6558856.html?from=isnom. Ringrazio Mieke Matthissen dell’Università di Ghent, Belgio, per questa segnalazione.

Termini ricorrenti

























Queste sono alcune espressioni ricorrenti nel Zhuangzi, nelle quali il termine cinese ha un significato più ampio o più ricco di sfumature di quanto si possa rendere con un’unica parola italiana. Tian, per esempio, che significa in primo luogo “cielo”, abbraccia anche l’idea di “natura”: incontrando uno di questi due termini, la lettrice o il lettore dovranno tener presente che entrambi risuonano nel carattere cinese. Similmente wu è sia “cosa”, sia “essere (vivente)”; xin è sia “cuore”, sia “mente” e così via. jing Essenza o energia vitale; è un termine che ha molteplici connotazioni: sottile, delicato, raffinato, distillato, quintessenza, seme, sperma, spirito, abilità; etimologicamente indica un cereale di pregio o riso decorticato. shen Spirito, essere spirituale; spirito che anima la forma corporea, dio, divinità, spirito del cielo, antenato defunto, prodigioso, soprannaturale. sheng ren Saggio, saggia persona; virtuoso, eccellente, eminente, santo. shi Gentiluomo, letterato, funzionario, soldato; la figura dello shi è caratteristicamente cinese e non ha un equivalente esatto in altre culture. Il termine designa una persona colta in generale, un gentiluomo o una gentildonna, ma anche più specificamente un funzionario, civile o militare, al servizio dello Stato. La selezione di questi funzionari nella Cina imperiale avveniva mediante esami che privilegiavano la conoscenza dei classici, assicurando la condivisione di una base culturale comune a tutti i servitori dello Stato. tian Cielo o natura; volta celeste, firmamento, potenza che governa la natura, insieme dei cicli naturali, naturale (contrapposto a umano).

tian xia Il mondo o l’impero; letteralmente “(tutto ciò che esiste) sotto il cielo”, quindi il mondo, ma anche l’Impero, che per i Cinesi quasi si identificava con il mondo. wan wu I diecimila esseri o le diecimila cose; la totalità degli esseri e/o delle cose. wu Essere o cosa; comprende sia gli esseri animati, sia le cose, gli oggetti, la materia. xin Cuore o mente; il termine cinese xin è “cuore/mente”: abbraccia cioè (oltre al cuore fisico) le dimensioni emozionale, volitiva e mentale dell’esperienza. xing Forma o corpo; apparenza, aspetto, forma corporea, fisionomia, situazione, circostanze. zhi ren Essere umano perfetto; letteralmente, “essere umano arrivato”, giunto alla meta del suo processo evolutivo, “giunto all’altra sponda”, secondo la metafora buddista.

Romanizzazione Pinyin La romanizzazione dei caratteri cinesi adottata in questo libro è la trascrizione fonetica Pinyin, introdotta dal Governo cinese nel 1958 e adottata dall’Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione (ISO) nel 1982. Questo nuovo standard va gradualmente sostituendo la romanizzazione Wade-Giles, fino a poco fa il più diffuso metodo per trascrizione del cinese in Occidente. la Qui sotto sono date alcune sommarie indicazioni per la pronuncia del Pinyin. Si tratta solo di una prima approssimazione. Per farsi un’idea sufficientemente precisa dei suoni, l’unico modo è ascoltare un parlante nativo. I suoni corrispondono più o meno a quelli dell’italiano con le seguenti eccezioni







































a una e aperta nella sillaba yan e dopo la i e la u pronunziata come ü; come la a italiana negli altri casi. c come la doppia zeta in pazzia.

ch come l’inglese change. e come il francese heure in fine di sillaba; come il francese petit prima di n, ng e r; e chiusa nella sillaba wei; e aperta negli altri casi. h h aspirata. i pressoché muta nelle sillabe zi, ci, si e zhi, chi, shi, ri; come la i italiana negli altri casi. ng suono nasale, come nell’inglese sing. o u prima di ng; o aperta dopo b, f, m, p; o chiusa negli altri casi. q come la doppia c in cacciare. r come il francese je (iniziale); come l’inglese roar (finale) sh come l’inglese she. u ü dopo j, q, x e y; come la u italiana negli altri casi. ui uei (con una e molto breve). un francese une (dopo j, q, x e y); uen (con una e molto breve, negli altri casi). ü come il francese lune. w come l’italiano uova. zh c dolce.































































“Zhuangzi”, per esempio, si pronuncia qualcosa come Ciuangz(i). Il cinese, inoltre, è una lingua tonale: ciascuna sillaba può venir pronunciata con quattro toni diversi (cinque contando il tono neutro). Per semplicità in questo libro nella trascrizione dei caratteri cinesi i toni sono stati tralasciati.

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逍 遙 遊

Vagabondaggi liberi e senza meta



































Nel nord nudo e desolato c’è un oceano profondo, detto il Lago del Cielo. In esso c’è un pesce che misura nessuno sa quante migliaia di miglia. Il suo nome è Kun. C’è anche un uccello, di nome Peng, il cui dorso è grande come il Monte Tai e le cui ali sono come nubi che coprono il cielo. Il Peng attraversa le nubi e ascende in una spirale simile a un corno d’ariete fino a novantamila miglia e solo quando ha il cielo blu sopra di sé si dirige verso il sud per raggiungere l’abisso meridionale. La quaglia ride di lui e dice: “Dove crede di andare? Quando spicco il volo mi innalzo al massimo qualche metro, poi scendo a librarmi fra le erbe e i cespugli. Questo è il massimo del volo!”. Così è la discussione fra il piccolo e il grande.

Nell’abisso settentrionale c’è un pesce di nome Kun.1 Kun misura non so quante migliaia di miglia. Questo pesce si trasforma in un uccello di nome Peng. Il dorso dell’uccello Peng misura non so quante migliaia di miglia.2 Quando si leva in volo, le sue ali sono Il pesce Kun è un mitico mostro marino, simbolo dell’energia yin. Associato e contrapposto a esso è il gigantesco uccello Peng, simbolo dell’energia yang. 2 Il li, il miglio cinese, equivale a circa mezzo chilometro.







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È questo il primo del Capitoli Interni (1-7), tradizionalmente attribuiti a Zhuangzi (vedi l’Introduzione per l’attribuzione dei vari capitoli). In questo blocco di capitoli si riconoscono una personalità e uno stile di pensiero specifici, che sono quelli che per noi definiscono il filosofo Zhuangzi. Tuttavia è probabile che non tutti i frammenti raccolti in questi capitoli siano opera sua, mentre l’impronta dello stesso stile si riconosce in vari frammenti contenuti nei Capitoli Esterni (822) e nei Capitoli Misti (23-33). Le tematiche principali di questo capitolo sono la relatività dei punti di vista e i limiti che gli ordinari pregiudizi del senso comune impongono alla nostra percezione del mondo. Raccontandoci storie incredibili, Zhuangzi ci ricorda che l’universo in cui viviamo è infinitamente misterioso e che tutte le nostre teorie su di esso non sono più salde, più definitive, o in senso ultimo più vere, della favola del pesce Kun e dell’uccello Peng. Questo capitolo iniziale del libro è perciò una sfida ad aprire la mente all’ignoto, allo straordinario e a lasciare uno spiraglio aperto anche all’inverosimile. Il mondo è tanto grande quanto lo è per noi: l’avventura del vivere è tanto affascinante quanto il nostro spirito è avventuroso. Intrecciati con questo filo conduttore ci sono altri due temi, entrambi ricorrenti anche in altri capitoli: il disdegno del saggio per il potere, la fama e il successo, e l’elogio dell’inutile. Ciò che è utile agli occhi del mondo è per l’adepto daoista solo vana agitazione. La vera utilità sta su un altro piano, è ciò che Laozi chiama “essere in contatto con il nutrimento della madre” (Laozi, 20). Quando la ricerca del successo e gli ordinari criteri di utilità sono abbandonati, il viaggio della vita diventa un “vagabondaggio libero e senza vincoli”.

come nubi che coprono il cielo. Quando inizia la stagione delle correnti, il Peng vola verso l’abisso meridionale, che è detto il Lago del Cielo. Nelle Leggende di Qi3 si narrano vari prodigi. Si dice che quando l’uccello Peng si invola verso l’abisso meridionale lasci nell’acqua una scia di tremila miglia. Poi si innalza in un turbine alto novantamila miglia e questo turbine scatena i venti del sesto mese. Cavalli selvaggi, polveri, esseri che soffiano gli uni sugli altri?4 Il cielo appare di un blu profondo: è questo il suo colore fondamentale o è un effetto della distanza e della sua infinita estensione? L’uccello Peng si innalza finché guardando in alto e in basso vede lo stesso colore. Se una massa d’acqua non è abbastanza profonda non può sostenere una grande imbarcazione. Versa una tazza d’acqua in un avvallamento del pavimento e su questa pozzanghera un seme di senape può navigare come una barca. Ma se vi collochi la tazza essa resta incagliata, perché l’acqua è troppo poco profonda o la barca troppo grande. Così, se la massa d’aria non è sufficientemente profonda non ha la forza di sostenere le grandi ali dell’uccello Peng. Esso deve innalzarsi fino a novantamila miglia affinché l’aria lo possa sostenere. Solo allora può cavalcare il vento, fendere il cielo azzurro e volare verso il sud senza incontrare ostacoli. La cicala e la tortora ridono di questo racconto e dicono: “Quando ci innalziamo in volo arriviamo fino in cima all’olmo o alla quercia. A volte non ci arriviamo neppure e cadiamo a terra prima! Cos’è questa favola di innalzarsi a novantamila miglia e volare verso il sud?”. Se vai a fare una passeggiata nei boschi vicino a casa e porti con te per tre pasti, torni con lo stomaco ancora pieno. Se intraprendi un cibo viaggio di cento miglia, devi macinare i cereali la

Un’opera non identificata. Secondo Watson potrebbe essere un’allusione ironica all’abitudine dei filosofi di citare testi antichi per sostenere le proprie tesi. 4 Non è chiaro a cosa si riferisca questa frase. Sono forse immagini fantastiche che si formano nel turbine sollevato dall’uccello Peng.









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notte prima. E se vai a mille miglia di distanza, devi portare provviste per tre mesi. Cosa possono capire perciò questi due animaletti? La conoscenza del piccolo non è commensurabile con la conoscenza del grande, né l’esperienza di pochi anni con quella di molti anni. Come so che è così? Il fungo del mattino non conosce il crepuscolo. La cicala, che vive una sola estate, non conosce la primavera e l’autunno. Queste cose hanno vita breve. A sud di Chu c’è una creatura abissale le cui primavere e i cui autunni durano cinquecento anni. Nella remota antichità c’era un grande albero di acagiù, le cui stagioni duravano ottomila anni. Queste cose hanno vita lunga. Oggi il solo Peng Zu5 è considerato un paragone di longevità: non è forse triste questo? Le domande di Tang a Ji riguardavano questo.6 Nel nord nudo e desolato c’è un oceano profondo, detto il Lago del Cielo. In esso c’è un pesce che misura nessuno sa quante migliaia di miglia. Il suo nome è Kun. C’è anche un uccello, di nome Peng, il cui dorso è grande come il Monte Tai7 e le cui ali sono come nubi che coprono il cielo. Il Peng attraversa le nubi e ascende in una spirale simile a un corno d’ariete fino a novantamila miglia e solo quando ha il cielo blu sopra di sé si dirige verso il sud per raggiungere l’abisso meridionale. La quaglia ride di lui e dice: “Dove crede di andare? Quando spicco il volo mi innalzo al massimo qualche metro, poi scendo a librarmi fra le erbe e i cespugli. Questo è il massimo del volo!”. Così è la discussione fra il piccolo e il grande.

Mitico matusalemme cinese che avrebbe vissuto ottocento anni. In un testo del IX secolo d.C. troviamo il seguente passaggio, che un commentatore ritiene essere una citazione dal Zhuangzi: “Tang chiese a Ji: ‘L’alto, il basso e le quattro direzioni hanno un limite?’. Ji rispose: ‘Al di là del loro illimitato c’è ancora un altro illimitato’”. È possibile che il frammento alluda a questo dialogo. 7 Situato nell’odierna provincia di Shandong, è una delle Cinque Montagne Sacre luogo di culto da almeno tremila anni, uno dei più importanti centri cerimoniali della Cina. 5









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Perciò colui che è ritenuto un funzionario capace, colui la cui condotta è additata come esempio a un intero villaggio, colui la cui virtù conquista un monarca e ottiene un incarico statale, tutti costoro hanno l’orgoglio di queste piccole creature. Song Rongzi8 rideva di uomini siffatti. Le lodi del mondo non lo lusingavano, né le sue critiche lo scoraggiavano. Aveva ben chiara la distinzione fra interno ed esterno, fra onore e disonore. Si spingeva fin lì, ma non oltre: riguardo al mondo, la sua critica era corretta; ma era ancora troppo legato al mondo per staccarsene del tutto. Liezi9 d’altro canto, viaggiava su un carro di vento, leggero e abile, e dopo quindici giorni tornava. Della ricerca della felicità non si preoccupava. Ma, pur non avendo bisogno di camminare, dipendeva comunque da qualcosa per spostarsi. Chi cavalca il giusto corso fra cielo e terra e usa le sei energie10 per vagare nell’illimitato dipende forse da qualcosa? Perciò si dice: l’essere umano perfetto non ha un sé, l’essere umano spirituale non vanta meriti, il saggio non si cura della fama. Yao11 offrì l’impero a Xuyou12 dicendo: “Quando sorgono il sole e la luna, se le torce continuano ad ardere il loro splendore non è forse vano? Quando cadono le piogge stagionali, se continuiamo a irrigare i campi non è forse una fatica inutile? Se tu, Maestro, regnassi, il mondo sarebbe ben governato. Io siedo sul trono come colui che rappresenta il defunto in un rito funebre. Sono cosciente dei miei limiti. Permettimi di consegnarti l’impero”. Xuyou rispose: “Il mondo è già ben governato. Se ti sostituissi, lo farei dunque per la fama? La fama non è che un ospite della Questo filosofo è citato nell’ultimo capitolo del Zhuangzi, dove il suo insegnamento è descritto come una dottrina di uguaglianza sociale, frugalità, pacifismo e distacco dai canoni convenzionali di onore e disonore. 9 Maestro daoista a cui è attribuita un’opera che ci è pervenuta in una redazione del III secolo d.C. Vedi Appendice 2. 10 Le sei energie sono yin e yang, vento e pioggia, oscurità e luce. 11 Mitico imperatore saggio che abdicò a favore del fedele ministro Shun. Vedi Appendice 1. 12 Mitico eremita saggio, maestro di Yao.









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realtà. Lo farei dunque per compiacere un ospite? Alla cincia nel profondo dei boschi basta un solo ramo per farvi il nido. La talpa in riva al fiume beve solo quanto basta a riempirle la pancia. Torna tranquillamente al tuo posto, signore: io non so che farmene dell’impero. Anche se il cuoco non sa gestire la cucina, l’orante e il rappresentante del defunto non scavalcano la tavola delle offerte e le coppe per prendere il suo posto”. Jian Wu13 interrogò Lian Shu dicendo: “Ho udito parlare Jie usa grandi parole irresponsabili, che vanno lontano e non tornano indietro. I suoi discorsi sono illimitati come la Via Lattea, stravaganti e irragionevoli”. “Che cosa dice?”. “Dice che sul Monte Gushe c’è un essere spirituale,15 la cui pelle è come neve e ghiaccio. È delicato come una vergine e non si nutre dei cinque cereali, bensì di vento e di rugiada. Cavalca le nubi e viaggia al di là dei quattro oceani su un carro trainato da draghi. La concentrazione del suo spirito protegge gli esseri viventi dalle malattie e porta a maturazione i raccolti. Tutto questo mi è sembrato folle e non lo credo”. Lian Shu disse: “Naturalmente non lo credi. Il cieco non è in grado di apprezzare le forme della scrittura, né il sordo il suono di campane e tamburi. Ed è forse solo il corpo ad avere la sua cecità o sordità? Anche la mente ce l’ha: le tue parole lo dimostrano. La virtù di questo essere abbraccia le diecimila cose. Il mondo ha bisogno di essere riformato, ma perché costui dovrebbe affannarsi Yu:14

Questo personaggio ricorre più volte nel Zhuangzi. Nel Capitolo 6 si dice di lui che “ottenne il Dao”. 14 Jie Yu, il pazzo di Chu, è uno dei personaggi favoriti di Zhuangzi, che incontreremo nuovamente nei Capitoli 4 e 7. 15 Qui, come in molti altri punti, il testo può essere letto al singolare o al plurale: dunque può trattarsi di “un essere spirituale” o di “esseri spirituali”.









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per riformare il mondo?16 Nulla è in grado di nuocergli. Anche se un’inondazione dovesse innalzarsi fino al cielo, egli non annegherebbe. Anche se un’estrema siccità dovesse liquefare i metalli e le pietre e scorticare la terra e le montagne, egli non brucerebbe. La polvere sotto le sue unghie basta per forgiare uno Yao o uno Shun. Come potrebbe una persona simile acconsentire a occuparsi degli affari del mondo?”. Un uomo di Song vendeva copricapi cerimoniali. Si recò per il suo commercio a Yue. Ma la gente di Yue si rasava il capo e si tatuava il corpo e non aveva alcun uso per la sua mercanzia. Yao governò tutti i popoli del mondo e unificò i regni nelle terre comprese fra i quattro oceani. Un giorno si recò a visitare i Quattro Maestri sul Monte Gushe. Al suo ritorno, sulla riva settentrionale del fiume Fen,17 si accorse che l’impero era svanito dalla sua mente. Huizi18 disse a Zhuangzi: “Il re di Wei mi ha regalato i semi di una zucca gigante. Da questi semi è nata una zucca da cinquecento litri. Come recipiente per liquidi era troppo pesante per poterla sollevare. L’ho tagliata a pezzi per farne dei mestoli, ma questi erano ancora troppo grandi per entrare in qualsiasi recipiente. Quella zucca era enorme, ma inutile: alla fine l’ho gettata”. Zhuangzi rispose: “Maestro, sei proprio inetto nell’uso delle cose grandi! Un uomo di Song era entrato in possesso della ricetta





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Altre letture: “L’epoca tende incessantemente al disordine, chi sono costoro tanto ansiosi di occuparsi dell’impero?” – A. C. Graham (1981); “Se il nostro mondo li chiamasse per governatori, come potrebbero degnarsi di interessarsi degli affari di quaggiù?” – L. Kia-hway (1969). Uno dei due principali affluenti del Fiume Giallo, scorre attraverso la valle centrale dello Shanxi. Il sofista Huizi (370-310 a.C.), amico e antagonista dialettico di Zhuangzi, ricorre spesso nel libro. Su di lui vedi in particolare il Capitolo 33. Zhuangzi figura spesso come personaggio nel proprio libro. È anzi questa la principale (benché inaffidabile!) fonte di informazioni che abbiamo su di lui.



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di un eccellente balsamo per prevenire le screpolature alle mani. Per generazioni l’occupazione della sua famiglia era consistita nello sbiancare la seta.19 Un viaggiatore sentì parlare di questa ricetta e si offrì di comprargliela per cento monete d’oro. L’uomo convocò il consiglio di famiglia e disse: “Per generazioni abbiamo sbiancato la seta, guadagnando al massimo con grande fatica qualche pezzo d’oro. Ora in un solo mattino possiamo realizzare con la nostra arte cento monete d’oro. Vendiamola!”. Il viaggiatore ottenne così la ricetta e la offrì al re di Wu, che era in guerra con lo stato di Yue. Come ricompensa il re di Wu lo nominò generale nel suo esercito. Quell’inverno la flotta di Wu si scontrò in una battaglia navale con quella di Yue e la sconfisse.20 L’uomo ottenne una parte del territorio conquistato come feudo. Il balsamo aveva la stessa funzione, ma i due uomini se ne servirono diversamente: uno di essi ottenne un feudo, l’altro continuò a sbiancare seta. Ora, tu avevi una zucca da cinquecento litri: anziché preoccuparti che fosse troppo

grande come contenitore, avresti potuto farne un galleggiante e navigare con esso su laghi e fiumi. Il fatto è, Maestro, che hai la testa piena di gramigna!”. Huizi disse a Zhuangzi: “Ho un grande albero della specie chiamata chu.21 Il suo tronco è troppo nodoso perché gli si possa applicare la riga del falegname, i suoi rami sono troppo contorti per il compasso o la squadra. Anche se si ergesse sul bordo della strada, nessun carpentiere lo degnerebbe di uno sguardo. Così sono le tue parole: grandi ma inutili. Perciò tutti le ignorano!”.

Zhuangzi rispose: “Hai mai visto una faina o un furetto? Si acquatta in attesa della preda, poi balza a destra e a sinistra, su e giù. Ma non riesce a evitare la trappola e finisce per morire in una rete. Lo yak, d’altro canto, è grande come le nuvole del cielo, ma è incapace di prendere un topo. Tu hai Lavoro che logora la pelle. Presumibilmente grazie al balsamo che proteggeva le mani dei marinai di Wu. 21 Ailanthus altissima. 19





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questo grande albero e ti angusti per la sua inutilità. Piantalo nella terra del non-essere, nel campo senza estensione, e sdraiati senza far nulla ai suoi piedi, libero e senza pensieri. Nessuna ascia lo abbatterà prematuramente, nessuno gli nuocerà. Poiché non ha un uso, cosa mai potrà privarlo della sua pace?”.

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⿑ 物 論

Sull’uguaglianza di tutte le cose

La conoscenza degli antichi si spingeva lontano. Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero. Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi e nulla da aggiungere. Poi vennero coloro che credevano all’esistenza delle cose, ma non tracciavano confini fra di esse. Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose, ma non riconoscevano l’esistenza del giusto e dello sbagliato. Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare. Quando il Dao comincio a declinare, l’attaccamento divenne completo. Ma vi sono veramente una completezza e un declino o non vi è né completezza, né declino?







































Una volta Zhuang Zhou sognò di essere una farfalla. La farfalla svolazzava lieta e spensierata e non sapeva di essere Zhou. Improvvisamente si svegliò e si accorse con stupore di essere Zhou. Ora non sapeva più se era Zhou che aveva sognato di essere una farfalla o se era una farfalla che stava sognando di essere Zhou…













È questo il capitolo in cui la filosofia di Zhuangzi trova la sua formulazione più piena. È una filosofia che prende le mosse da una radicale critica del linguaggio (vedi l’Introduzione per maggiori dettagli), articolata nel consueto stile immaginifico e paradossale. La prima immagine che incontriamo è quella della sinfonia di suoni che il vento produce soffiando attraverso le bocche della terra: l’implicazione è che i pronunciamenti umani non sono in senso ultimo diversi da questi suoni. I logici e i filosofi possono ben illudersi di fare affermazioni vere sulla realtà: le loro bocche non sono altro che aperture attraverso cui il vento dell’esistenza soffia la sua canzone. Ma alla connotazione critica di questa immagine se ne associa un’altra: questa sinfonia è parte di una sinfonia più vasta, suonata dai “flauti del cielo”, una “spontanea armonia universale”. Segue una consistente parte teorica, che contesta radicalmente l’idea di una correlazione univoca fra significante e significato (la nozione confuciana della “rettificazione dei nomi”) e l’attribuzione di un valore assoluto alle distinzioni fra vero e falso, fra affermazione e negazione, fra giusto e sbagliato. Più radicalmente Zhuangzi mette in dubbio l’idea di separabilità, mette in dubbio che fra le cose esistano realmente distinzioni e confini; e per estensione viene a criticare l’esistenza stessa di un mondo oggettivo, indipendente dal giudizio di un osservatore. È interessante notare che, per quanto paradossale l’argomentazione di Zhuangzi possa sembrare, essa ha un corrispettivo ben preciso in alcune interpretazioni filosofiche della fisica quantistica: vedi l’Introduzione. Il fuoco delle argomentazioni di Zhuangzi, se per un verso si concentra sull’esistenza di un mondo oggettivo, per un altro si volge indietro sul soggetto stesso: il capitolo contiene una sottile ed erosiva critica della nostra soggettiva identificazione con un io e delle reazioni emotive che ne discendono e si chiude con la bella e notissima storia di Zhuangzi che sogna di essere una farfalla. Il senso generale del discorso di Zhuangzi emerge chiaramente dall’insieme del capitolo. Tuttavia non pochi passaggi sono di interpretazione estremamente ardua e le traduzioni esistenti differiscono notevolmente fra loro.

Ziqi di Nanguo22 sedeva appoggiato a un bracciolo, guardando il cielo e sospirando come se avesse perso la sua amata. Yancheng Ziyou, ritto al suo fianco per servirlo, gli disse: “Cos’è questo stato? Come puoi sembrare un albero rinsecchito e rendere il tuo cuore come cenere spenta? L’uomo che ora sta qui appoggiato al bracciolo non è lo stesso di poc’anzi”. Ziqi disse: “Yan, fai bene a chiedermelo. Il mio io di ora lamenta la perdita di me stesso, sai?” E soggiunse: “Tu hai udito i flauti degli uomini, ma non ancora quelli della terra. O forse hai udito i flauti della terra, ma non ancora quelli del cielo” Ziyou disse: “Permettimi di chiederti cosa vuoi dire”. Ziqi disse: “Il respiro della terra è il vento. A volte riposa, ma quando si sveglia, diecimila bocche gridano furiosamente. Hai mai sentito l’urlo del vento? Nelle foreste montane ci sono alberi immensi, con una circonferenza di cento braccia, con aperture e cavità come nasi, come bocche, come orecchi, come tazze, come mortai, come pozzi, come laghi. Quando il vento soffia, tutte queste aperture urlano, sospirano, chiamano, ruggiscono, ululano. Gli alberi più esposti intonano un canto, quelli che stanno dietro rispondono. La brezza provoca un sussurro; la tempesta una sinfonia gigantesca. E quando il vento si acquieta, tutte le cavità tornano vuote e silenziose. Hai mai visto questa agitazione, questo tremore?” Ziyou disse: “I flauti della terra sono dunque queste aperture e i flauti degli uomini sono fatti di canne di bambù. Permettimi di chiederti di cosa sono fatti i flauti del cielo”. Ziqi disse: “I flauti del cielo suonano diecimila diverse melodie, ma ciascuna di esse si produce da sé. Chi dirige questa spontanea armonia universale?” La grande conoscenza è oziosa, la piccola conoscenza distingue. Le grandi parole scottano, le piccole parole sono prolisse.













Questo personaggio ricorre con nomi leggermente diversi nei Capitoli 4, 6, 24 e 27.



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Durante il sonno i cammini delle anime si intersecano e al risveglio i corpi degli esseri umani si aprono. Tutto ciò che incontrano aderisce loro. Giorno dopo giorno il loro cuore si riempie di conflitti, negligenze, segreti. I piccoli timori creano ansia; i grandi timori vengono repressi. Si lanciano come frecce a stabilire il giusto e lo sbagliato. Si attaccano alle proprie opinioni come se fossero vincolati da un giuramento. Difendono accanitamente le loro vittorie verbali. E come l’autunno si volge nell’inverno, così si indeboliscono e giorno per giorno si consumano. Sprofondano nelle loro abitudini senza ritorno. I loro rancori sono sigillati. Le loro parole scavano fossati. Il loro cuore si incammina verso la morte e non c’è modo di farli ritornare verso la luce. Gioia, tristezza, piacere, dispiacere, ansia, rimpianto, capriccio, ti more, frivolezza, esaltazione, arroganza, tutti questi vissuti sono come musica che sgorga da un bambù vuoto, funghi che nascono dall’umidità. Giorno e notte si avvicendano e non sappiamo donde sorgano. Mattino e sera si succedono, ma quale ne è la causa? Senza di essi non vi sarebbe un io, e senza un io non vi sarebbe alcun punto a cui afferrarsi. Questo si avvicina al vero, ma non sappiamo quale ne sia l’origine. È come se ci fosse qualcosa che governa tutto ciò, ma non possediamo alcun indizio della sua presenza. Possiamo credere che ci sia, ma non ne vediamo la forma. Abbiamo il sentimento che ci sia, ma si tratta di una presenza incorporea. Cento ossa, nove orifizi e sei organi interni compongono il mio corpo. Con quale di questi dovrei identificarmi maggiormente? Tu dici con tutti? Ciascuno di essi ha una propria esistenza particolare. Sono tutti servitori? Ma i servitori non possono governarsi à vicenda. O sono a turno padroni e servitori? Se c’è un vero padrone, il fatto che io abbia o non abbia il sentimento della sua presenza non ne aumenta né diminuisce la realtà. Quando un uomo ha ricevuto la sua forma corporea, fino alla morte si identifica con essa. Gli uomini si feriscono e si combattono a vicenda; e intanto si precipitano verso la fine come cavalli al

galoppo che è impossibile fermare. Non è triste tutto ciò? Per tutta la vita si affannano invano, si consumano di fatica senza sapere dove stanno tornando. È possibile non compiangerli? E parlano di immortalità! Ma a che pro, quando il corpo si trasforma e la mente si trasforma con esso? Possiamo negare che questo sia un grande dolore? La vita degli esseri umani è davvero insensata. O io solo sono insensato e gli altri non lo sono? Se prendi le inclinazioni della tua mente come tuo maestro, chi è senza un maestro? Che bisogno c’è di conoscere i mutamenti della propria mente per avere un maestro? Anche lo stupido ce l’ha. Non conoscere 1 mutamenti della propria mente e pretendere di conoscere il giusto e lo sbagliato è come “partire per Yue oggi ed esserci arrivato ieri”,23 è come trattare l’inesistente come esistente. Trattare l’inesistente come esistente, neppure Yu il Grande24 sarebbe in grado di capire questo, come posso capirlo io? La parola non è solo fiato. Colui che parla attribuisce un significato alle parole. Ma il significato è sempre indeterminato. Dunque vi è un significato o non vi è un significato? Le parole sono diverse dal pigolio di un pulcino o non lo sono? C’è un dialogo fra coloro che parlano o non c’è? Come ha potuto il Dao deteriorarsi fino al punto che vi sia un vero e un falso? Come hanno potuto le parole deteriorarsi fino al punto che vi sia un giusto e uno sbagliato? Come ha potuto il Dao

Nel Capitolo 33 questa inversione temporale ci viene presentata come uno dei paradossi del sofista Huizi. Tutto il paragrafo è di dubbia interpretazione. Altre letture: “Se ci facciamo guidare dai criteri della nostra mente, chi sarà mai senza guida) Che bisogno c’è di conoscere l’alternanza delle passioni, quando la mente in questo modo dirige se stessa? Mentre, per una mente senza criteri ammettere l’idea dei contrari è come dire ‘Sono andato a Yue oggi e ci sono arrivato ieri.” – H. A. Giles (1889); “Se i nostri pregiudizi ci sono maestri, chi di voi è senza maestri? Quand’è così, perché riconoscere in un altro il proprio maestro? Poiché il proprio spirito è il proprio maestro, anche l’ignorante ha il proprio maestro. Chiunque volesse superare i propri pregiudizi per distinguere il vero e il falso, sarebbe come chi pretendesse di andare oggi a Yue per arrivarvi ieri”. – L. Kia-hway (1969). 24 Mitico imperatore dell’antichità, vedi Appendice 1.







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deteriorarsi fino al punto di sembrare inesistente? Come hanno potuto le parole deteriorarsi fino al punto di esistere, ma essere incapaci di comunicare? Quando la realizzazione del Dao è carente mentre le parole sfoggiano una splendida retorica, abbiamo il dibattito fra confuciani e moisti.25 Gli uni negano ciò che gli altri affermano e affermano ciò che gli altri negano. Se vuoi affermare ciò che viene negato e negare ciò che viene affermato, non vi è nulla di meglio della visione illuminata. Ogni cosa è “altro” e ogni cosa è “se stessa”. Ogni cosa è sé e altro, ma questa dualità è invisibile: il sé conosce, ma può solo conoscere tramite l’altro. Perciò non appena parliamo dell’altro si presenta il sé, non appena parliamo del sé si presenta l’altro. Altro e sé sono i cardini della vita. Ma i cardini della vita sono anche i cardini della morte, i cardini della morte sono anche i cardini della vita. I cardini del possibile sono anche i cardini dell’impossibile, i cardini dell’impossibile sono anche i cardini del possibile. L’origine dell’affermazione è anche l’origine della negazione, l’origine della negazione è anche l’origine dell’affermazione. Perciò il saggio non procede in questo modo, ma illumina ogni cosa nella luce del cielo26. Anche questa è un’origine del sé, ma è un sé che è anche altro, un altro che è anche sé. Quello contiene un giusto e uno sbagliato, cosi come questo contiene un giusto e uno sbagliato. Perciò ci sono ancora un altro e un sé? O non ci sono più un altro e un sé? Lo stato in cui l’altro e il sé non trovano più il loro opposto è detto il cardine del Dao. Quando il cardine è infilato nel centro dell’anello, la sua funzione è inesauribile. L’affermazione è allora anch’essa inesauribile. La negazione è allora anch’essa inesauribile. Perciò il parlare non vale quanto la visione illuminata. Usare il linguaggio per indicare l’inadeguatezza del linguaggio non vale quanto usare il non-linguaggio per indicare l’inadeguatezza del linguaggio. Servirsi della parola “cavallo” per esprimere il fatto che la



Vedi l’Introduzione per il contesto a cui Zhuangzi allude. O “nella luce della natura”.



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parola “cavallo” non è un cavallo non vale quanto non usare la parola “cavallo” per esprimere i fatto che la parola “cavallo” non è un cavallo. “Cielo e terra” è solo una parola. Dire “la totalità degli esseri” equivale a dire “cavallo”. Il possibile è possibile. L’impossibile è impossibile. Un cammino si crea camminando. Le cose si realizzano nel definirle. Cosa fa sì che una cosa sia così? Il definirla così. Cosa fa sì che una cosa non sia così? Il definirla non così. Perciò tutto è, in una certa misura, corretto; tutto è, in una certa misura, possibile. Nulla è interamente sbagliato, nulla è interamente impossibile. Perciò, sia che tu prenda come esempio un filo d’erba o un pilastro, un demone o la bella Xi Shi,27 cose grandi e bizzarre o cose mostruose, il Da tutte le unifica. Nella distinzione le cose giungono a compimento e nel giungere a compimento si distruggono. Ma in realtà non giungono a compimento né si distruggono, bensì tutte tornano a fondersi nell’Uno. Solo l’essere umano perfetto sa che tutto torna a fondersi nell’Uno. Perciò è senza bisogni e risiede nella moltitudine dell’ordinario. Essendo ordinario è utile, essendo utile non incontra ostacoli, non incontrando ostacoli è quasi giunto alla meta. Vi è già e non sa di esservi: questo è detto il Dao. Affaticare lo spirito e la luce su una singola cosa, senza rendersi conto che essa è uguale a ogni altra è detto “tre al mattino”. Cosa vuol dire “tre al mattino”? Un allevatore di scimmie distribuì loro la razione giornaliera di noci dicendo: “Tre al mattino e quattro al pomeriggio”. Le scimmie andarono su tutte le furie. “Allora”, disse l’allevatore, “quattro al mattino e tre al pomeriggio” e le scimmie furono subito contente. La realtà dietro le parole era la stessa, ma l’effetto era in un caso gioia, nell’altro rabbia. Le due cose avevano la stessa origine.28 Perciò il saggio armonizza l’affer-

Famosa bellezza dell’antichità, vedi Appendice 2. Altre letture: “Anche questo era ‘l’essere così’ che si adatta alla circostanze” – A. C. Graham (1981); “L’allevatore aveva saputo adattarsi alla natura delle scimmie” L. Kia-hway (1969); “Così sia, se a loro [alle scimmie] piace” – B. Watson (1968).



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mazione e la negazione e riposa nell’equanimità del cielo. Questo si chiama percorrere due cammini insieme. La conoscenza degli antichi si spingeva lontano. Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero. Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi e nulla da aggiungere.29 Poi vennero coloro che credevano all’esistenza delle cose, ma non tracciavano confini fra di esse. Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose, ma non riconoscevano l’esistenza del giusto e dello sbagliato. Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare. Quando il Dao comincio a declinare, l’attaccamento divenne completo. Ma vi sono veramente una completezza e un declino o non vi è né completezza, né declino? Vi sono una completezza e un declino nella musica del liuto suonato da Zhao Wen,30 non vi sono una completezza e un declino quando il liuto di Zhao Wen tace. Zhao suonava il liuto, maestro Kuang31 batteva la misura, Huizi lo accompagnava sullo yu.32 La conoscenza di questi tre maestri era quasi perfetta e perciò fino alla fine dei loro giorni godettero di grande fama. Ciò che per essi era il bene era diverso da ciò che gli altri ritenevano il bene. Si proponevano di illuminare la gente in questo senso, ma finirono solo nelle oscure distinzioni fra il “duro” e il “bianco”.33 Anche i loro figli, Altre letture: “La conoscenza degli antichi aveva un limite. Si spingeva indietro fino a un tempo in cui la materia non esisteva. Questo era il punto estremo raggiunto dalla loro conoscenza”. – H. A. Giles (1889); “Tra gli Antichi, quei pochi che erano giunti alla conoscenza suprema pensavano che all’origine dell’universo non vi fosse nulla”. – L. Kia-hway (1969). 30 Famoso suonatore di liuto. Ma anche la musica più alta che il grande Zhao Wen può suonare è solo un pallido riflesso della musica perfetta, che è il silenzio. 31 Famoso musicista cieco. 32 Huizi è un sofista amico e antagonista di Zhuangzi, spesso citato nel libro (vedi Appendice 2). Lo yu è uno strumento musicale in legno scolpito a forma di tigre adagiata su una scatola rettangolare sulla cui schiena vi è una serie di creste a denti di sega. Lo si batte o raschia con una paletta di bambù per scandire la fine strofe nei riti maggiori. 33 La scuola dei sofisti dedicò molto tempo ed energia a elucidare la relazione tra attributi come “duro” e “bianco” e le cose a cui si riferiscono.







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seguendo le orme dei padri, non approdarono a nulla. Se questo si può chiamare completezza, anch’io ho raggiunto la completezza. Se questo non si può chiamare completezza, né io né alcun altro l’ha mai raggiunta. Perciò il saggio disprezza il dubbio splendore dell’astuzia e non si serve del definire le cose, bensì risiede nella moltitudine dell’ordinario. Questo si dice usare la luce. Ora, faccio un’affermazione. Questa affermazione non so se appartiene a una certa classe o non vi appartiene. L’appartenere e il non appartenere a vicenda si definiscono come classe. Perciò fondamentalmente non differiscono l’uno dall’altro. Ma provo a fare la mia affermazione. C’è un inizio. C’è un inizio di ciò che ancora non ha avuto inizio, Perciò c’è un inizio del non inizio di ciò che ancora non ha avuto inizio. C’è l’essere. C’è il non-essere. C’è il non-essere di ciò che ancora non ha avuto inizio. C’è il non-essere del non inizio di ciò che ancora non ha avuto inizio. Ecco che improvvisamente ci sono l’essere e il non-essere! Ma non sappiamo fra questi due quale sia l’essere e quale il non-essere. Ora ho appena detto qualcosa: ma non so se ciò che ho detto dice qualcosa o non dice nulla. Nulla è più grande della punta di un pelo autunnale e il Monte Tai34 è piccolo. Nessuno vive più a lungo di chi muore bambino e Peng Zu35 è morto prematuramente. Cielo e terra sono nati insieme a me e i diecimila esseri e io siamo una cosa sola.36 Se è così, si può dire qualcosa? Ma poiché ho appena detto qualcosa, si può non dire qualcosa? L’uno insieme con la parola che lo indica fanno due. Questi due e l’uno originale fanno tre. Se continuiamo così neppure il più esperto calcolatore arriverà a tenere il conto, figuriamoci una persona ordinaria! Perciò, se partendo dal non-essere Si riteneva che il pelo degli animali fosse particolarmente fine in autunno, perciò “la punta di un pelo autunnale” è un cliché per indicare qualcosa di molto piccolo. Il Monte Tai, situato nell’odierna provincia di Shandong, è una delle Cinque Montagne Sacre, luogo di culto da almeno tremila anni, uno dei più importanti centri cerimoniali della Cina. 35 Mitico matusalemme cinese che visse ottocento anni. 36 Questi paradossi ricordano quelli attribuiti ai sofisti nel Capitolo 33.







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per arrivare all’essere già arriviamo a tre, a quanto arriveremo partendo dall’essere per arrivare all’essere? Meglio non partire affatto e restare nel presente. Il Dao non ha confini; la parola non ha costanza. Attraverso l’affermazione nascono i confini. Permettetemi di dire qualcosa sui confini. Ci sono la sinistra e la destra, ci sono le relazioni umane e la giustizia, ci sono le dispute, le competizioni e i dibattiti. Queste sono dette le Otto Virtù.37 Di ciò che sta al di fuori dei Sei Regni38 il saggio ammette l’esistenza, ma non fa ipotesi al riguardo. Su ciò che sta all’interno dei Sei Regni il saggio fa ipotesi, ma non commenta. Sulla politica degli Annali delle Primavere e degli Autunni39 e sulle cronache degli antichi re il saggio commenta, ma non discute. Perciò in ogni distinzione c’è qualcosa di indistinto, in ogni discussione c’è qualcosa di indiscusso. Che cosa? Questo qualcosa il saggio lo porta nel suo cuore, mentre la gente discute e cerca di imporre la propria opinione. Perciò dico: coloro che discutono non lo vedono. Il grande Dao non ha nome; la discussione ultima è senza parole; la grande benevolenza non è benevola; la grande purezza non è modesta; il grande coraggio non è aggressivo. Il Dao che si può mostrare non è il Dao; l’argomentazione verbale non dimostra nulla; la benevolenza costante non è vera benevolenza; la purezza incorruttibile non è affidabile; il coraggio aggressivo non è vero coraggio. Questi cinque sono un cerchio che è quasi un quadrato.40 Perciò la conoscenza che si arresta di fronte all’ignoto è la conoscenza ultima. Conoscere l’argomentazione senza parole, il Dao

Burton Watson suggerisce che Zhuangzi stia qui ironizzando sulle classificazioni etiche di confuciani e moisti. 38 l cosmo, costituito da cielo, terra e le quattro direzioni. 39 Una cronaca dello stato di Lu dal 722 al 481 a.C. 40 Il senso di questa frase è oscuro. Altre letture: “Questi cinque avendo gli angoli arrotondati si avvicinano a indicare la direzione” – A. C. Graham (1981); “Sono tutti come un circolo che si sforzasse di diventare un quadrato” – L. Kia-hway (1969); “Questi cinque sono rotondi, ma tendono verso il quadrato” – B. Watson (1968).







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che non è un dao,41 questo è detto il Serbatoio Celeste. Versa in esso e non è mai pieno, attingi a esso e non si esaurisce: eppure non ne conosci l’origine. Questo si chiama la Luce Nascosta. Un tempo Yao disse a Shun:42 “Vorrei attaccare Zong, Kuai e Xu Ao. Medito rivolto verso il sud;43 ma non mi sento tranquillo. Qual è la causa della mia inquietudine?”. Shun rispose: “Questi tre non sono altro che barbari. Perché non ti senti tranquillo? Un tempo dieci soli sorsero a illuminare i diecimila esseri. Quanto più splendente di questi soli è l’innalzarsi della virtù!”.44 Nie Que chiese a Wang Ni:45 “Maestro, conosci una verità che sia considerata tale da tutti gli esseri?”. Wang Ni rispose: “Come potrei conoscerla?”. Nie Que disse: “Maestro, sai di non conoscerla Wang Ni rispose: “Come potrei saperlo?”. “In tal caso nessuno sa nulla?”. “Come potrei saperlo? Tuttavia lascia che cerchi di risponderti. Come so che ciò che chiamo conoscere non è non conoscere? Come so che ciò che chiamo non conoscere non è conoscere? Lascia che ti faccia io una domanda. Se un essere umano dorme nel fango, i suoi reni ne soffrono e può anche morire. Ma succede forse lo stesso a un’anguilla? Un essere umano sulla cima di un albero trema di paura. Ma è forse lo stesso per una scimmia? Fra questi tre allora chi conosce il giusto luogo in cui vivere? Gli esseri umani Vedi l’Introduzione per questa distinzione. Yao, mitico imperatore saggio, e Shun, suo ministro e successore, vedi Appendice 1. 43 L’imperatore si rivolgeva verso il sud nelle occasioni cerimoniali e nel prendere decisioni importanti. 44 Il senso di questa storia e il suo rapporto con il contesto non sono affatto chiari. 45 Nel Capitolo 12 troviamo questa linea di trasmissione di insegnamenti: “Il maestro di Yao si chiamava Xuyou, il maestro di Xuyou si chiamava Nie Que, il maestro di Nie Que si chiamava Wang Ni, il maestro di Wang Ni si chiamava Beiyi”. 41













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mangiano la carne degli animali che allevano, le alci e i cervi mangiano erba, i millepiedi prediligono i serpenti, mentre i gufi e i corvi trovano deliziosi i topi. Fra questi quattro chi ha un giusto senso del gusto? Le scimmie si accompagnano alle scimmie, le alci stanno insieme ai cervi, le anguille nuotano con i pesci. Le cortigiane Mao Qiang e Li Ji46 gli esseri umani le trovano bellissime: ma i pesci quando le vedono si inabissano nel profondo, gli uccelli prendono il volo e i cervi fuggono. Fra questi quattro chi può decidere quali siano i canoni della bellezza? A mio modo di vedere i criteri della benevolenza e della giustizia, i criteri del vero e del falso sono inestricabilmente confusi. Come posso discriminare fra di essi?”. Nie Que disse: “Maestro, se tu non conosci la distinzione fra l’utile e il danno,47 certamente anche un essere umano perfetto non conosce tale distinzione”. Wang Ni rispose: “L’essere umano perfetto è divino. I fuochi delle paludi non lo riscaldano, i fiumi gelati non lo raffreddano. I fulmini che spaccano le montagne e i venti di tempesta che sconvolgono il mare non lo spaventano. Una persona siffatta viaggia su un carro trainato dalle nuvole, cavalca il sole e la luna e viaggia oltre i confini dei quattro oceani. Vita e morte le sono indifferenti, a maggior ragione i criteri dell’utile e del danno!”. Qu Quezi disse a Chang Wuzi: “Ho udito il maestro universadire che il saggio non si occupa di faccende, non cerca l’utile, non evita il danno, non si compiace di essere ricercato, non segue una via, parla senza parlare e parlando non parla e ha trasceso la polvere e le disgrazie del mondo. Il maestro stesso riteneva queste le48

Bellezze del V e VII secolo a.C. rispettivamente. Li Ji fu fatta prigioniera dal duca Xian di Jin nel 672 a.C. e divenne in seguito sua consorte. Passò alla storia per aver fomentato la ribellione che porta il suo nome allo scopo di porre suo trono di Jin, con tragiche conseguenze. 47 Wang Ni ha parlato di “giusto e sbagliato” o “affermazione e negazione” (shi fei), mentre ora Nie Que lo interroga a proposito di “utile e danno” (li hai). La prima polarità corrisponde alle preoccupazioni dei sofisti e dei confuciani, mentre la seconda appartiene piuttosto all’etica utilitaristica dei moisti. 48 Questo termine si riferisce solitamente a Confucio.







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parole avventate. A me sembra che descrivano il misterioso operato del Dao. Cosa ne pensi?”. Chang Wuzi rispose: “Lo stesso Imperatore Giallo49 udendo queste parole sarebbe rimasto perplesso. Come poteva capirle Confucio? Inoltre anche tu salti alla conclusione troppo in fretta. Vedi un uovo e chiedi che ore sono,50 vedi un archibugio e ti immagini una quaglia arrosto. Ti parlerò in maniera fantastica, tu ascoltami in maniera ugualmente fantastica. Il saggio cavalca il sole e la luna e porta sotto il braccio l’universo. Si identifica con tutte le cose, accantona ogni astuzia, sostiene la reciprocità e onora il lavoro della gente comune. Il saggio è ignorante e semplice,51 serve le diecimila generazioni e raggiunge la semplicità dell’Uno, che contiene in potenza la natura e la forma dei diecimila esseri. Come posso sapere che amare la vita non è un’illusione? Come posso sapere che nel cercare di sottrarmi alla morte non sono come un bambino smarrito che ha dimenticato la via di casa? La bella Li Ji era figlia della guardia di frontiera Ai. Quando fu condotta nello stato di Jin pianse fino inzuppare di lacrime il proprio abito. Ma quando fu giunta nel palazzo reale ed ebbe condiviso il letto del monarca e mangiato le carni della sua mensa, si chiese perché mai avesse pianto. Come sapere che i morti non si chiedono come mai abbiano potuto un tempo desiderare di nascere? posso Chi in sogno partecipa a un festino, all’alba si sveglia piangendo, mentre chi piange in sogno, all’alba si alza e va a caccia. È la legge del sogno non sapere che stiamo sognando. A volte viviamo un sogno all’interno di un sogno. Solo dopo il risveglio sappiamo di avere sognato. E c’è un grande risveglio, dopo il quale sapremo che tutto questo non è che un grande sogno. Gli sciocchi si credono svegli e credono di sapere chi sono, re o pastori. Che teste dure!

Mitico imperatore ed eroe fondatore, vedi Appendice 1. Aspettandoti il canto del gallo. 51 Vedi a questo proposito il Capitolo 20 del Laozi, dove il saggio descrive se stesso come smarrito, confuso, caotico, idiota, inutile. 49







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Confucio e tu, entrambi state sognando. E quando dico che stai sognando, sto sognando a mia volta. Le parole che ti dico possono essere considerate consolazione o menzogna. Se ogni diecimila generazioni incontriamo un grande saggio in grado comprenderle è come se ciò avvenisse dal mattino alla sera.52 Supponi che discutiamo. Se vinci tu, vuol dire che tu sei nel giusto e io non lo sono? Se vinco io, vuol dire che io sono nel giusto e tu non lo sei? Siamo sicuri che uno dei due abbia necessariamente ragione e l’altro torto? Non potremmo avere ragione entrambi o entrambi torto? È possibile che uno di noi abbia interamente ragione o interamente torto? Se tu e io non siamo in grado di saperlo, un altro chiamato a far da arbitro brancolerà ancor più nelle tenebre. A chi possiamo delegare la decisione? Se la deleghiamo a qualcuno che la pensa come te, poiché la pensa come te come può decidere? E se la deleghiamo a qualcuno che la pensa come me, poiché la pensa come me come può decidere? La delegheremo allora a qualcuno che la pensa diversamente da entrambi? Ma poiché la pensa diversamente da entrambi, come può decidere? O la delegheremo a qualcuno che la pensa come entrambi? Ma poiché la pensa come entrambi come può decidere? Pertanto né tu né io, né entrambi insieme a un terzo, siamo in grado di decidere. Dovremmo forse aspettare che si presenti un quarto? Cosa è detto ‘essere in armonia con le distinzioni del cielo’? Affermare ciò che è così e ciò che non è così, ciò che è reale e ciò che non lo è. Se ciò che è così è diverso da ciò che non è così, non ha senso discutere; se ciò che è reale è diverso da ciò che non è reale, non ha senso discutere. Trattare il suono mutevole delle parole come tale: questo è essere in armonia con le distinzioni del



Altre letture: “Domani potrà sorgere un saggio in grado di spiegarle; ma quel domani non sarà prima di diecimila generazioni” – H. A. Giles (1889); “Nei secoli a venire un grande saggio le capirà, un giorno. Quel giorno verrà così rapidamente come la sera segue il mattino” – L. Kia-hway (1969); “Tuttavia, dopo diecimila generazioni, potrà apparire un grande saggio che ne conoscerà il significato, e ancora sarà come se fosse apparso con stupefacente rapidità” – B. Watson (1968).



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cielo. In accordo con l’espansione e la crescita come con la vecchiaia, dimentichiamo gli anni, dimentichiamo il giusto e lo sbagliato, ci innalziamo nell’infinito e vi stabiliamo la nostra residenza”.53



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Questo intero paragrafo è di difficile interpretazione. Queste sono alcune altre letture possibili: “Che cos’è essere avvolti dalla obliterante unità divina? È questo. Con riferimento al positivo e al negativo, a ciò che è così e ciò che non è così, se il positivo è realmente positivo, dev’essere necessariamente diverso dal proprio negativo: non ha senso discutere. E se ciò che è così è realmente così, dev’essere necessariamente diverso da ciò che non è così: non ha senso discutere. Non curarti del tempo, né del giusto e dello sbagliato. Invece passando nel regno dell’infinito, fanne il tuo riposo finale” – H. A. Giles (1889); “Non fa differenza che le voci nella loro trasformazione dipendano l’una dall’altra oppure no. Lisciale sulla cote del Cielo, usale per procedere e lascia che la corrente trovi i suoi canali; così porterai a compimento i tuoi anni. Dimentica gli anni, dimentica il dovere, lasciati attivare dall’illimitato e lascia che le cose trovino la loro collocazione nell’illimitato. Cosa significa lisciale sulla cote del Cielo’? Tratta come ‘ciò’ anche ciò che non lo è, tratta come ‘così’ anche ciò che non è così. Se ‘ciò’ è davvero ciò, non c’è più una differenza di cui discutere rispetto a ciò che non lo è; se ‘così’ è davvero così, non c’è più una differenza di cui discutere rispetto a ciò che non è così” – A. C. Graham (1981); “Che cos’è ‘dosare secondo la misura del Cielo’? Ammettere l’altro e dire sì al no. Se ciò che è veramente ciò che è, differisce radicalmente da ciò che non è, e questo rende impossibile ogni discussione. Egualmente, se il si è veramente sì, differisce radicalmente dal no, e questo rende impossibile ogni discussione. Così, per esempio, un movimento e dei suoni dipendono gli uni dagli altri o non dipendono affatto. Colui che esprime un giudizio secondo la misura del Cielo segue le circostanze che cambiano. È così che giunge al termine dei suoi anni. È dimenticando i propri anni e le loro convenienze che egli risale nell’infinito, e vi si stabilisce” – L. Kia-hway (1969); “Aspettare che una voce mutevole [possa giudicarne] un’altra equivale a non aspettare affatto. Armonizzale tutte con Uguaglianza Celeste, lasciale ai loro mutamenti senza fine e così vivi i tuoi anni. Cosa intendo con ‘armonizzale con l’Uguaglianza Celeste’? Il giusto non è giusto, così non è così. Se il giusto fosse realmente giusto, differirebbe tanto chiaramente dal non giusto che non vi sarebbe bisogno di discutere. Se così fosse realmente così, differirebbe tanto chiaramente da ciò che non è così che non vi sarebbe bisogno di discutere. Dimentica gli anni; dimentica le distinzioni. Salta nell’illimitato e fanne la tua casa!” – B. Watson (1968).

Doppio Nulla disse a Ombra:54 “Prima camminavi, ora stai ferma; prima eri seduta, ora stai in piedi. Perché non ti muovi autonomamente?”. Ombra rispose: “Dipendo da qualcun altro per essere dove sono. E questo qualcun altro forse a sua volta dipende da qualcun altro. Sono come la pelle di un serpente o il guscio di una cicala.55 Come posso sapere perché le cose stanno così o non stanno così?”. Una volta Zhuang Zhou56 sognò di essere una farfalla. La farfalla svolazzava lieta e spensierata e non sapeva di essere Zhou. Improvvisamente si svegliò e si accorse con stupore di essere Zhou. Ora non sapeva più se era Zhou che aveva sognato di essere una farfalla o se era una farfalla che stava sognando di essere Zhou. Eppure Zhou e una farfalla dovrebbero essere due cose diverse! Questa si chiama la trasformazione degli esseri.

L’espressione wang liang, “Doppio Nulla”, può essere interpretata anche come “penombra” o come “ombra dell’ombra”. 55 Sembro esistere come qualcosa di sostanziale, ma non lo sono. Vedi la versione più estesa di questo dialogo nel Capitolo 27. 56 Nome personale di Zhuangzi.







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養 ⽣ 主

L’arte di nutrire la vita



















































Il cuoco Ding stava macellando un bue per il principe Wen Hui. Lo sorreggeva con le mani e vi si appoggiava con la spalla; i piedi saldamente piantati al suolo, lo stringeva con le ginocchia; il suo coltello affondava nella carne come se stesse eseguendo la danza del boschetto dei gelsi o ballando al ritmo della musica Jingshou. Il principe Wen Hui disse: “Eccellente! Come può la tua arte giungere a tanto?”. Il cuoco Ding posò il coltello e rispose: “Ciò di cui il vostro servo si cura è il Dao, che va ben oltre l’arte. Un tempo, quando cominciai a macellare buoi, vedevo solo la bestia intera. Dopo tre anni non vedevo più la bestia nel suo complesso. Ora non uso più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito. La mente si arresta e lo spirito agisce secondo la struttura naturale della carne. Il mio coltello affonda negli interstizi e nelle cavità, non taglia mai un legamento, meno che mai un osso. Un buon cuoco cambia il suo coltello una volta all’anno. Un cuoco mediocre deve cambiarlo una volta al mese perché lo usa come un’accetta. Il vostro servo si serve di questo coltello da diciannove anni e ha macellato con esso migliaia di buoi, eppure la sua lama è ancora affilata come se fosse appena uscita dalla mola.

La vita umana ha un limite, mentre la conoscenza è illimitata. Inseguire l’illimitato mediante ciò che ha un limite è certamente pericoloso.”57 Se pratichi la virtù, sta lontano dalla fama! Se pratichi l’illegalità, sta lontano dalle punizioni! Segui la via di mezzo e potrai conservare il tuo corpo e la tua vita, curare i tuoi genitori e giungere alla fine degli anni che ti sono destinati.58





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Altre letture: “… e la conoscenza di coloro che fanno ciò è fatalmente perduta H. A. Giles (1889); “… esauritosi, vuol sapere ancora e muore così di esaurimento” – L. Kia-hway (1969); “Se capisci questo e ancora cerchi la conoscenza, sei in pericolo di sicuro!” – B. Watson (1968). Questo frammento sembra abbastanza slegato dal resto del capitolo e piuttosto imparentato con il pensiero del filosofo edonista Yang Zhou, rispecchiato in vari passaggi del Zhuangzi, particolarmente nei Capitoli 28-31.



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Questo capitolo è assai breve ed è possibile che una parte di esso sia andata perduta. Contiene due episodi principali: la “danza” del cuoco Ding nel macellare un bue e il funerale di Laozi. Il primo è un’eccellente illustrazione del concetto dai di spontaneità, che coincide largamente con ciò che nel Laozi viene detto wu wei, “non-azione”. La non-azione di Laozi non è inerzia, bensì azione allineata con il fu della vita, caratterizzata da una totale spontaneità e da un’assenza di identificazione egoica. E, per così dire, azione senza un agente e in quanto tale leggera e appropria ta. L’espressione wu wei, onnipresente nel Laozi, appare solo sporadicamente nel Zhuangzi e mai nei Capitoli Interni. Essa, dunque, deve essere entrata nell’uso dei circoli daoisti più tardi, simultaneamente con la diffusione del Laozi. Ciononostante numerosi aneddoti del Zhuangzi forniscono eccellenti illustrazioni dell’idea di non-azione. Il secondo episodio è rappresentativo dell’atteggiamento di Zhuangzi nei confronti della morte. “L’essere umano autentico” è in contatto con l’eterna legge delle cose: perciò sa che “il combustibile si consuma, ma il fuoco si trasmette, non ne conosciamo la fine”. Perciò vive nel presente accettando ogni cosa: non si rallegra della vita, né si rattrista della morte.

Il cuoco Ding stava macellando un bue per il principe Wen Hui.59 Lo sorreggeva con le mani e vi si appoggiava con la spalla; i piedi saldamente piantati al suolo, lo stringeva con le ginocchia; il suo coltello affondava nella carne come se stesse eseguendo la danza del boschetto dei gelsi o ballando al ritmo della musica Jingshou. Il principe Wen Hui disse: “Eccellente! Come può la tua arte giungere a tanto?”. Il cuoco Ding posò il coltello e rispose: “Ciò di cui il vostro servo si cura è il Dao, che va ben oltre l’arte. Un tempo, quando cominciai a macellare buoi, vedevo solo la bestia intera. Dopo tre anni non vedevo più la bestia nel suo complesso. Ora non uso più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito. La mente si arresta e lo spirito agisce secondo la struttura naturale della carne. Il mio coltello affonda negli interstizi e nelle cavità, non taglia mai un legamento, meno che mai un osso. Un buon cuoco cambia il suo coltello una volta all’anno. Un cuoco mediocre deve cambiarlo una volta al mese perché lo usa come un’accetta. Il vostro servo si serve di questo coltello da diciannove anni e ha macellato con esso migliaia di buoi, eppure la sua lama è ancora affilata come se fosse appena uscita dalla mola. Ci sono degli interstizi nelle giunture dell’animale e la lama del coltello non ha quasi spessore. Se si inserisce una cosa priva di spessore in una fessura anche piccola, essa trova spazio in abbondanza per muoversi. Per questo, dopo diciannove anni, la lama del mio coltello sembra appena uscita dalla mola. Quando arrivo a un punto difficile, mi fermo, guardo attentamente e poi affondo il coltello lentamente, con delicatezza. Ed ecco che la carne si apre come una zolla che cade a terra. Allora resto in piedi con il coltello in mano e mi guardo intorno, godendomi il mio successo. Poi pulisco il coltello e lo metto via”.







Forse identificabile con il marchese Hui di Wei, in seguito re Hui di Liang, signore dello stato di Wei dal 370 al 319 a.C. circa.





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“Eccellente!” disse il principe Wen Hui. “Le parole del cuoco Ding mi hanno insegnato l’arte di nutrire la vita”. Quando Gongwen Xuan vide il Comandante della Destra si meravigliò e disse: “Che razza di uomo è questo? Come può essere tanto diverso? Questa diversità è opera del cielo o dell’uomo?”. “È opera del cielo, non dell’uomo. Ciò che è generato dal cielo è unico. Ciò che è generato dagli esseri umani ha un aspetto comune. Per questo so che è opera del cielo, non dell’uomo”.60 Il fagiano delle paludi deve fare dieci passi per beccare un seme e cento passi per un sorso d’acqua: ma preferisce questo all’essere allevato in gabbia. Anche se lo trattassi come un re, il suo spirito non sarebbe contento. Quando Lao Dan61 morì, Qin Shi venne a condolersi. Lanciò tre gridi e uscì dalla stanza. Un discepolo del defunto gli chiese: “Non eri forse amico del maestro?”. “Si”. “Si possono dunque fare le condoglianze in questo modo?”. “Certo”, rispose Qin Shi. “Lo consideravo un uomo autentico. Ma ora ho cambiato idea. Quando sono entrato nella stanza ho visto vecchi che piangevano come per la perdita di un figlio, giovani che piangevano come per la perdita della madre. Un tale attaccamento certo è stato causato da parole che non avrebbero dovuto essere dette, da lacrime che non avrebbero dovuto essere versate. Questo Il senso di questo frammento è oscuro. Il termine essenziale per la sua interpretazione è jie, “diverso”, che abbraccia molti significati, fra cui “limite, frontiera, se parare, intervallo, differenza”. In alcuni antichi contesti indica anche uno storpio ed è questo il significato scelto dalla maggior parte dei traduttori, che lo associano al taglio di un piede, una punizione tradizionale nella Cina antica. Di conseguenza interpretano il passaggio nel senso che il taglio del piede sia stato un evento predestinato e quindi opera del cielo. Preferisco seguire la lettura di Graham, che interpreta jie come genericamente diverso, “singolare per apparenza o carattere”. 61 Lao Dan, il “vecchio Dan”, è il nome personale di Laozi, vedi Appendice 2.













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vuol dire sottrarsi precetto della natura, alimentare le passioni e dimenticare la sorgente da cui si è ricevuta la vita. Gli antichi lo chiamavano ‘sottrarsi al decreto del cielo. Il tuo maestro è nato quando era il suo tempo e se n’è andato obbedendo alla natura. Se ti accontenti del tempo che ti è stato dato e obbedisci alla natura, gioia e tristezza non hanno ragione di essere. Gli antichi chiamavano la morte ‘dissoluzione dei legami da parte del Supremo’. Il combustibile si consuma, ma il fuoco si trasmette, non ne conosciamo la fine”.62

Alcuni traduttori danno di questo passaggio versioni più convolute per evitare l’irriverenza che sembra manifestare nei confronti della figura di Laozi. Ma questa irriverenza mi sembra perfettamente in linea con lo spirito di Zhuangzi (e non sarebbe affatto dispiaciuta allo stesso Laozi, che, a quanto ci dice lo storico Sima Qian, “si sforzò sempre di cancellare ogni traccia personale di sé”!).



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⼈ 間 世

Nel mondo umano

“Digiuna!” disse Confucio. “Ti dirò cosa significa…” “Da mesi non bevo vino né mangio carne”, rispose Yan Hui. “Può questo esser considerato un digiuno?”. “Questo è il digiuno che si pratica prima di offrire un sacrificio, non è il digiuno della mente”. “Posso allora chiederti cos’è il digiuno della mente?”. “Unifica la tua volontà. Non ascoltare con l’orecchio, ascolta con la mente. Anzi, non ascoltare con la mente, ascolta con il soffio vitale. L’ascolto si ferma all’orecchio, la mente si ferma alla rappresentazione delle cose. Il soffio vitale è vuoto e accoglie ogni cosa. Il Dao si raccoglie solo nel vuoto. Il vuoto, questo è il digiuno della mente”.











































Gli alberi della montagna sono essi stessi i propri nemici; il grasso della torcia alimenta il fuoco che lo brucia; l’albero della cannella viene scorticato per via della sua corteccia commestibile; l’utilità della lacca fa sì che l’albero che la produce venga tagliato. Tutti conoscono l’utilità dell’utile, ma nessuno conosce l’utilità dell’inutile!”.

Yan Hui fece visita a Confucio e gli chiese il permesso di partire.63 “Dove vai?”, chiese Confucio. “Vado a Wei”. “A che fare?”. “Ho udito che il principe di Wei è giovane e la sua condotta sconsiderata. Tratta con leggerezza gli affari di Stato ed è cieco nei confronti dei propri eccessi. Non si cura della vita dei suoi sudditi e nello stato di Wei i cadaveri si moltiplicano come erbe in una palude. Il popolo non ha nessuno a cui ricorrere. Un tempo, maestro, ti ho udito dire: ‘Lascia lo Stato ben governato e affrettati verso quello che è in disordine. Sono i malati che fanno la fila davanti alla porta del medico’. Voglio fare delle tue parole la mia guida, nella speranza di ricondurre quello Stato alla salute”.











Qui, come in molti altri passaggi del Zhuangzi, Confucio è chiamato con il suo nome di cortesia, Zhong Ni. Yan Hui è il suo discepolo favorito. In questo capitolo appaiono vari personaggi storici, ma, come osserva Watson, gli aneddoti e i discorsi che Zhuangzi inventa per loro non hanno nulla a che fare con la storia.



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Una prima serie di storie in questo capitolo si riferisce al dilemmi che il daoista si trova ad affrontare quando, per scelta o per obbligo, viene a trovarsi nel ruolo di consigliere di un potente. Il messaggio centrale si può forse riassumere così: la politica non si sconfigge con la politica, chi vuole correggere gli altri farà bene a cominciare con lo svuotarsi del proprio io. In ogni caso il ruolo del consigliere è irto di pericoli. Sopravvalutando la propria capacità di influire sulle decisioni del principe viene ad assomigliare alla mantide religiosa che agita le zampe credendo di poter fermare un carro in arrivo. Dovrà in primo luogo liberarsi della pericolosa compulsione a essere utile a ogni costo. Una seconda serie di episodi riprende perciò il tema dell’utilità dell’inutile, già affrontato nel primo capitolo. Essere utili è non solo vano, ma pericoloso. L’albero il cui legname è utile viene abbattuto, mentre quello il cui legno non si presta ad alcun uso può giungere alla pienezza dello sviluppo, raggiungere grandi dimensioni e dar riparo con la sua chioma a una moltitudine di esseri.









Confucio disse: “Ahimè, andrai solo incontro alla tua esecuzione! Il Dao non vuole mescolarsi con nient’altro. Se si mescola, diviene una molteplicità di scelte; divenendo una molteplicità di scelte, disturba la mente; disturbando la mente, produce ansia; e quando sei in ansia, sei perduto. Gli esseri umani perfetti dei tempi antichi prima accumulavano virtù in se stessi, poi si preoccupavano di trasmetterla ad altri. Quando l’accumulazione in te è ancora incerta, come puoi pensare di cambiare la condotta di un uomo violento? Sai cosa disperde la virtù e da cosa nasce il sapere? La fama disperde la virtù e i dibattiti sono l’origine del sapere. Per la fama gli esseri umani si accoltellano a vicenda e il sapere è uno strumento al servizio della competizione. Entrambe le cose sono armi letali: non servono a perfezionare la condotta umana. Una virtù profonda e una solida fiducia non bastano a influire sul carattere delle persone. Una fama incontestabile non basta a raggiungere il cuore delle persone. Predicare a forza benevolenza, giustizia ed etica a quell’uomo violento vuol dire servirti della sua malvagità per far risaltare la tua bontà. Questo è detto ‘dissodare gli esseri umani’, e chi ‘dissoda’ gli altri verrà da essi a sua volta ‘dissodato’. Questo è ciò che ti accadrà. Poniamo invece per un momento che quel principe apprezzi le persone degne e detesti gli indegni. In tal caso a che pro cercheresti di cambiarlo? Faresti meglio a tenere per te i tuoi consigli. Del resto principi e duchi sono abituati a comandare e a vincere ogni disputa. I tuoi occhi luccicheranno, il tuo colorito cambierà, la tua bocca comincerà a balbettare scuse, il tuo atteggiamento si farà sottomesso e in cuor tuo gli darai ragione. Questo è cercare di combattere il fuoco con il fuoco, l’acqua con l’acqua. E detto ‘aggiungere a ciò che è già in eccesso’. E una volta che ti sei arreso all’inizio, sei impotente fino alla fine. Oppure le tue parole generose non saranno credute e sarai messo a morte da quell’uomo violento.

Anticamente il tiranno Jie mise a morte il ministro Guan Longfeng e il tiranno Zhou mise a morte il principe Bigan.64 Entrambi erano impeccabili nella loro condotta, si preoccupavano di soccorrere la gente comune e usavano la loro posizione per limitare il danno prodotto dai loro superiori. I loro re si servirono della loro stessa impeccabilità per sopprimerli. Entrambi tenevano troppo alla loro reputazione. Un tempo Yao attaccò Congzhi e Xuao, e Yu attaccò Youhu. Questi due stati furono devastati e i loro abitanti massacrati. Tuttavia combatterono fino alla fine. Volevano essere all’altezza della loro fama.65 Non lo sapevi? Dunque, se neppure i saggi sono in grado di vincere,66 pensi di poterlo fare tu? Ma certamente tu hai un piano. Prova a dirmelo”. Yan Hui disse: “Sarò grave e modesto, diligente e determinato. Può andare?”. “Come potrebbe? Puoi recitare la determinazione, ma l’incertezza si leggerà sul tuo volto. Una persona ordinaria non può evitarlo. Vuoi comprendere i sentimenti di quest’uomo e influire sulla sua mente?67 Ma se neppure quella che si dice ‘la virtù delle piccole cose’ ha presa su di lui, che potrà mai la grande virtù? Resterà

Jie è l’ultimo imperatore della dinastia Xia e Zhou l’ultimo imperatore della dinastia Shang (vedi Appendice 1), entrambi tiranni crudeli e dissoluti. Guan Longfeng e il principe Bigan rimproverarono ai rispettivi monarchi la loro condotta irresponsabile e pagarono la loro rettitudine con la vita. 65 Altra lettura: “Fu perché usavano i loro eserciti costantemente e non smettevano mai di cercare il guadagno. Tutti cercavano la fama e il guadagno” – B. Watson (1968). 66 Presumibilmente l'attaccamento alla fama e alla reputazione. 67 Il senso di queste frasi è assai incerto. Altre letture: “Se reciti la parte dell’uomo perfetto e ti fai avanti, il principe sarà in dubbio. Ordinariamente nessuno gli si oppone e perciò si compiace di calpestare i sentimenti degli altri”. – H. A. Giles parte dell’uomo (1889); “Sostenere lo yang al culmine senza ritornare allo yin produce una grande tensione, che si legge sul volto della persona. E una cosa che la persona ordinaria preferisce non affrontare, perciò sopprime ciò che l’altro suscita in lei per calmare il proprio cuore”. – A. C. Graham (1981); “… il principe è troppo pieno di sé, il suo temperamento troppo capriccioso; nessuno può opporsi a lui, egli sa come prevalere sulle buone intenzioni altrui per abbandonarsi ai propri capricci”. – L. Kia-hway (1969).





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saldamente aggrappato alla sua posizione e non cambierà. Esteriormente potrà sembrare d’accordo con te, ma interiormente non lo sarà affatto. Di che utilità può essere ciò?”. “In tal caso”, soggiunse Yan Hui, “sarò interiormente retto ed esteriormente mi piegherò, secondo il modello degli antichi. Interiormente retto, sarò discepolo del cielo. In quanto discepolo del cielo, saprò che il Figlio del Cielo68 e io entrambi siamo figli del cielo. Un uomo siffatto può forse ricercare l’approvazione o la disapprovazione degli altri? La gente lo considera alla stregua di un fanciullo. Questo è quello che chiamo ‘essere discepolo del cielo’. Piegandomi esteriormente, sarò discepolo degli uomini. Levare le mani in segno di saluto, inginocchiarsi, inchinarsi, questi sono i rituali di un suddito, a cui tutti si attengono. Come potrei io osare fare altrimenti? Se mi comporto come gli altri, la gente si asterrà dal criticarmi. Questo è quello che chiamo ‘essere discepolo degli uomini’. Infine, conformandomi al modello degli antichi, sarò discepolo degli antichi. Le mie parole di insegnamento e di rimprovero apparterranno agli antichi e non a me. In questo modo pur essendo onesto e diretto non incorrerò in alcun danno. Forse questo può andare?”. Confucio rispose: “Come potrebbe? C’è troppa politica e troppo metodo prima ancora di aver intravisto la situazione. Tuttalpiù ne uscirai senza biasimo, ma questo è tutto. Come arriverai a cambiare quell’uomo? Sei ancora guidato dalla tua mente”. Yan Hui disse: “Non ho più niente da proporre. Posso chiederti un consiglio?”. “Digiuna!” disse Confucio. “Ti dirò cosa significa. Esserci e agire, pensi sia facile? Con questo il cielo luminoso non è in accordo”. “La mia famiglia è povera”, rispose Yan Hui. “Da mesi non bevo vino né mangio carne. Può questo esser considerato un digiuno?”. “Questo è il digiuno che si pratica prima di offrire un sacrificio, non è il digiuno della mente”.













L’imperatore.



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“Posso allora chiederti cos’è il digiuno della mente?”. “Unifica la tua volontà. Non ascoltare con l’orecchio, ascolta con la mente. Anzi, non ascoltare con la mente, ascolta con il soffio vitale.69 L’ascolto si ferma all’orecchio, la mente si ferma alla rappresentazione delle cose. Il soffio vitale è vuoto e accoglie ogni cosa. Il Dao si raccoglie solo nel vuoto. Il vuoto, questo è il digiuno della mente”. Yan Hui rispose: “Se Hui ancora non è arrivato a far uso di questo digiuno è per via della sua identificazione con il proprio io? Se vi fosse arrivato, non vi sarebbe più Hui?70 È questo il vuoto?”. “Esattamente”, disse Confucio. “Ti dirò come penetrare le difese del principe evitando di ferire la sua reputazione. Se ti accoglie, puoi cantare tua canzone. Se non ti lascia entrare, fermati. Sii senza barriere, innocente. Resta nell’Uno, attieniti all’inevitabile e ci sarai quasi. Non lasciare tracce è facile, ma non camminare sulla terra è difficile.71 È facile ingannare quando si è al servizio degli esseri umani, ma è difficile ingannare quando si è al servizio del cielo. Hai udito parlare del volo con ali, ma non ancora del volo senz’ali. Hai udito parlare della conoscenza acquisita mediante la conoscenza, ma non ancora della conoscenza acquisita mediante la non conoscenza.72 Penetra il segreto quella stanza chiusa, la camera vuota in cui si genera la luce! Ogni benedizione scaturisce dalla quiete. Quando la quiete viene a mancare è quel che si dice ‘galoppare stando seduti’. A colui che rivolge l’occhio e l’orecchio all’interno e la mente all’esterno, dei e demoni accorrono: a maggior ragione dunque gli esseri umani! Questo è il segreto della trasformazione Qi, “soffio vitale”, è “respiro, vapore, aria, energia vitale, sostrato dinamico dell’universo, insieme delle energie yin e yang che animano gli esseri”. 70 Watson: “Prima di udire queste parole ero certo di essere Hui. Ma ora che le ho udite non c’è più Hui”. 71 Graham commenta questa frase così: “E facile ritirarsi dal mondo come un eremita, difficile restare al di sopra del mondo vivendo in esso”. 72 Laozi, 71: “Sapere di non sapere è la conoscenza suprema”. Per i daoisti la conoscenza intellettuale ha poco valore. L’unica conoscenza valida è il sapere della relatività dei saperi.









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dei diecimila esseri, il nodo di Yu e di Shun, meta del viaggio di Fuxi e di Jichu.73 Quanto più dunque ciò vale per le persone ordinarie!”. Zigao, duca di She,74 sul punto di essere inviato in missione a Qi, si recò a consultare Confucio e disse: “Il mio re mi ha affidato una missione importante, che mi preoccupa. Lo stato di Qi tratta gli ambasciatori con il massimo rispetto, ma non ha fretta di concludere alcun accordo. È difficile sollecitare una persona comune, a maggior ragione un signore feudale. Un tempo mi dicesti: ‘Fra tutte le faccende, piccole o grandi che siano, poche giungono a conclusione se non tramite il Dao. Se si fallisce, si soffre per opera degli esseri umani. Se si ha successo, si soffre per opera dello yin e dello yang.75 Solo chi possiede la virtù è capace di far sì che dopo un successo o un insuccesso non vi sia sofferenza’. Io mangio cibo semplice e naturale, ma dopo avere ricevuto il mio incarico mi ritrovo a bere acqua ghiacciata.76 Forse ho la febbre? Non sono ancora arrivato a farmi un’idea della faccenda e già soffro per opera dello yin e dello yang! Se poi fallisco, certamente vi sarà sofferenza per opera degli esseri umani. Soffrirò per entrambe le cose! Mi sento inadeguato a questo compito. Maestro, hai qualcosa da dirmi?”. Confucio rispose: “Nel mondo sono due grandi regole: una di esse è fato, l’altra è dovere. L’amore nei confronti dei genitori è fato. È impresso indelebilmente nel cuore. Il servizio di un ministro nei confronti del suo sovrano è dovere. Non vi è luogo in cui possa rifugiarsi dove il suo sovrano non sia presente. Non vi è luogo fra Mitici re saggi dell’antichità, vedi Appendice 1. Alto funzionario del regno di Chu e parente del re. 75 Probabilmente Zhuangzi si riferisce qui al naturale avvicendarsi delle cose, nel quale ogni crescita è seguita da un declino, ogni successo da un insuccesso e viceversa. 76 La connessione fra queste due frasi non è chiara . Probabilmente il duca vuol dire che il suo bere acqua ghiacciata non è dovuto all'aver mangiato cibi ricchi o piccanti. 73





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cielo e terra dove possa fuggire. Queste sono le due grandi regole. Riguardo ai genitori, accettare qualsiasi luogo, essere contento di seguirli dovunque, questo è il culmine della pietà filiale. Riguardo Sovrano, accettare qualsiasi compito, essere contento di eseguire qualsiasi ordine, questo devozione del ministro. E riguardo alla propria mente, non lasciare che il culmine della sia turbata da gioia e tristezza, riconoscere ciò che non possiamo cambiare e accettarlo come fato, questo è il culmine della virtù. Come uomo funzionario inevitabilmente ci sono cose che non puoi cambiare. Se agisci come la situazione richiede, senza darti pensiero di te stesso, troverai forse il tempo per amare la vita e odiare la morte? Vai dunque in questo spirito. C’è un’altra cosa che ho udito. Nelle ordinarie faccende umane, con chi ci è vicino ci relazioniamo tramite la fiducia, con chi ci è lontano ci relazioniamo tramite la lealtà. Nel secondo caso è inevitabile usare le parole, e le parole devono essere trasmesse da qualcuno. Trasmettere parole che provocano piacere o rabbia in chi le ascolta è una delle cose più difficili al mondo. Quando le due parti sono compiaciute, nelle parole vi è un eccesso di positività; quando le due parti sono adirate, nelle parole vi è un eccesso di negatività. Nelle faccende umane ogni esagerazione è pericolosa. Quando vi è esagerazione, la fiducia viene a mancare; e quando la fiducia viene a mancare, il latore del messaggio è in pericolo. Perciò l’aforisma dice: “Trasmetti la realtà dei fatti, evita ogni esagerazione, e sarai quasi salvo’. Le gare di forza e abilità solitamente cominciano nello spirito dello yang, ma alla fine prevale lo yin ed emergono i comportamenti scorretti. Nelle cerimonie in cui si beve vino, all’inizio tutto è ordinato, ma alla fine c’è disordine e il divertimento diventa volgare e lascivo. È così in tutto: si comincia con la cortesia, si finisce per insultarsi. Un problema inizialmente semplice acquista alla fine proporzioni gigantesche. Le parole sono come il vento con le onde,77 le azioni possono deviare dal loro auLe parole muovono gli animi con la stessa facilità con cui il vento muove le onde.



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tentico scopo. Vento e onde si muovono facilmente; e quando le azioni deviano dal loro autentico scopo vi è pericolo. L’ira si accende senza ragione e provoca parole sconsiderate, come i suoni emessi da un animale ferito. Le passioni divampano e nei cuori nasce la ferocia. Quando un contendente si sente con le spalle al muro, inevitabilmente ricorre a mezzi sleali, senza neppure sapere perché lo fa.78 E se i contendenti stessi non sanno come andrà a finire, chi può saperlo? Perciò l’aforisma dice: ‘Non deviare dagli ordini ricevuti e non affrettare la risoluzione’. Superare il limite è eccedere, deviare dagli ordini ricevuti o premere per una rapida risoluzione è pericoloso. L’elaborazione di una buona soluzione richiede tempo. Una volta che una cattiva soluzione è stata adottata è troppo tardi per cambiarla. Puoi permetterti di essere imprudente? Cavalca le cose e lascia libera la tua mente. Accetta ciò che non puoi cambiare e coltiva il centro, questo è tutto. Che altro puoi fare? Nulla vale quanto accettare il proprio fato, per duro che sia!”.79



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Nell’interpretazione di questo intero paragrafo seguo H. A. Giles (1889). Altre letture: “Una bestia morente ed esausta nutre facilmente intenzioni feroci verso il cacciatore che la insegue senza tregua, i subordinati concepiscono inconsapevolmente cattive intenzioni verso il loro capo, se questi li sorveglia e li rimprovera con accanimento. Non si sa come disfarsi dei pensieri sorti inconsapevolmente” – L. Kia-hway (1969); “Quando gli animali si trovano di fronte alla morte, non si curano dei suoni che emettono; il loro respiro è ansimante e una selvaggia ferocia nasce nei loro cuori. Anche gli uomini, se li premi troppo duramente rispondono con ferocia, pur non sapendo perché lo fanno” – B. Watson (1968). Graham si stupisce che in questo episodio Zhuangzi sembri considerare favorevolmente il dovere di un funzionario verso il proprio sovrano (un’idea tipicamente confuciana), in contrasto con la filosofia anarchicheggiante di molti altri passaggi del libro. Giles si meraviglia per la ragione opposta: trova strano che Zhuangzi metta in bocca a Confucio la dottrina daoista della non-azione. Ma è bene ricordare che Zhuangzi usa i propri personaggi in maniera totalmente libera: il Confucio che incontriamo in queste pagine non ha necessariamente a che vedere con il Confucio storico.



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Yan He, sul punto di essere nominato precettore del figlio maggiore del duca Ling di Wei, si recò a consultare Qu Boyu.80 “Ecco un uomo”, disse, “in cui la virtù celeste è totalmente assente. Se gli permetto di continuare nella sua condotta sregolata, metto in pericolo lo stato. Se gli impongo delle regole, metto in pericolo la mia vita. Sa riconoscere gli eccessi altrui, ma non sa riconoscere i propri. Stando così le cose, che posso fare?”. Qu Boyu disse: “Ottima domanda. Stai in guardia, sii prudente! Correggi in primo luogo te stesso. Esteriormente puoi accompagnarlo, ma in cuor tuo mantieni la coerenza. Ci sono due pericoli: evita che l’accompagnarlo entri in te ed evita che la tua coerenza si manifesti esteriormente. Se l’accompagnarlo entra in te e ti lasci coinvolgere nelle sue perversioni, finirai rovinato, distrutto, messo in ginocchio. Se la tua coerenza si manifesta esteriormente, diverrai per lui un demone, un mostro. Perciò, se vuole essere un bambino, sii un bambino con lui. Se vuole camminare fuori dai sentieri, cammina con lui fuori dai sentieri. Se vuole saltare in un precipizio, salta in un precipizio con lui. Stai con lui, penetra nella parte di lui che è senza macchia. Conosci la storia della mantide religiosa che agita le zampe infuriata per fermare un carro in arrivo? La mantide non si rende conto che fermare il carro è cosa ben superiore alle sue forze: tanto alta è l’opinione che ha delle proprie capacità! Perciò stai in guardia. Se metti in mostra la tua virtù e offendi il tuo allievo, sei in pericolo imminente. Chi alleva una tigre non osa nutrirla con animali vivi, per timore di eccitarne la furia nell’uccidere, né osa darle grossi pezzi di





Yan He era un letterato dello stato di Lu, menzionato anche nei Capitoli 19, 28 e 32. Qu Boyu era un ministro dello stato di Wei. Il duca Ling di Wei regnò dal 534 al 492 a.C. E noto per la sua omosessualità e per i suoi vizi. Il principe ereditario di cui si tratta qui è il famigerato Kuaikui, in seguito deposto ed esiliato per aver complottato per uccidere la propria madre. Il trono passò quindi a suo figlio, il duca Chu; ma Kuaikui tornò a combattere il proprio figlio e lo sconfisse, riprendendosi il potere nel 481 a.C. Mori assassinato tre anni dopo.



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carne, per timore di eccitarne la furia nello sbranare. Regola l’orario dei pasti in modo da tenere sotto controllo la mente feroce della tigre. Una tigre è molto diversa da un essere umano, ma puoi renderla obbediente con un addestramento appropriato. I domatori che si fanno sbranare sono quelli che la contrariano. C’era una volta un uomo che amava il suo cavallo al punto di raccoglierne gli escrementi in un cesto e l’urina in una conchiglia. Ma un giorno colpì il collo del cavallo per uccidere una mosca o una zanzara nel momento sbagliato: il cavallo si imbizzarrì, ruppe il morso e gli fracassò il cranio e il petto. L’intenzione era buona, ma quella buona intenzione lo portò alla perdizione. Puoi permetterti di essere imprudente?”. Il falegname Shi81 era in viaggio verso Qi. Giunto a Sbarra Torta vide una quercia che sorgeva presso l’altare del dio del suolo. La sua chioma era tanto grande che poteva dar riparo a migliaia di bovini. La circonferenza del suo tronco misurava centinaia di spanne e la sua cima si ergeva più alta delle colline. Una dozzina o più di rami erano tanto spessi che si sarebbe potute farne delle barche. Una folla si era fermata a guardare questo albero straordinario, il luogo sembrava un mercato. Malgrado ciò, il falegname Shi proseguì per la sua strada senza fermarsi. l suo apprendista invece rimase a lungo a guardare la quercia. Quando infine ebbe raggiunto il falegname gli disse: “Da quando ho preso la mia accetta e ti ho seguito, maestro, non ho mai visto un legname tanto bello. Ma tu non l’hai degnato neppure di uno sguardo e hai continuato a camminare senza fermarti. Come mai?”. Il falegname rispose: “Di quel legname non vale neppure la pena di parlare. È un albero inutile. Se ne fai una barca, affonda. Se ne fai una bara, marcisce. Se ne fai utensili, si deteriorano in fretta. Se ne fai una porta, trasuda resina. Se ne fai una trave, i tarli se la mangiano. Non è un albero da legname. È per via della sua inutilità che ha potuto raggiungere un’età tanto veneranda”.







Questo personaggio ricorre nuovamente nel Capitolo 24.



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Quando il falegname Shi fu tornato a casa, la quercia consacrata al dio del suolo gli apparve in sogno e gli disse: “Con cosa mi confronti? Con quegli alberi civilizzati come il melocotogno, il pero, il mandarino o il pompelmo? Quando i loro frutti sono maturi, essi vengono spogliati e umiliati. I loro rami più grossi vengono rotti, quelli più piccoli vengono strappati. Per via della loro utilità soffrono durante tutta la vita e non arrivano a portare a termine gli anni che il cielo ha loro destinati. Essi stessi sono causa del danno che la rozzezza degli umani infligge loro. Ciò vale per tutti gli esseri. Quanto a me, ho cercato di non poter essere utilizzato in alcun modo. Ora che sono quasi giunto al fine della mia vita, ci sono riuscito. La mia inutilità mi è molto utile. Se fossi stato utile, come avrei potuto raggiungere queste dimensioni? Inoltre, tu e io siamo entrambi cose.82 Che senso ha che l’uno consideri l’altro una cosa? E tu, un uomo che ben presto morirà e sarà del tutto inutile, come puoi giudicare l’inutilità di un albero?”. Risvegliatosi, il falegname Shi raccontò il sogno al suo apprendista. L’apprendista gli chiese: “Se quell’albero vuole essere inutile, perché rappresenta il dio del suolo?”. Il falegname Shi rispose: “Non parlare di cose che non capisci! È solo per sfuggire agli attacchi degli uomini. Se non fosse diventato un albero sacro, chissà quanti avrebbero cercato di abbatterlo! La difesa che ha adottato è fuori dall’ordinario: giudicarla secondo i canoni ordinari è mancare il punto”. Passeggiando sulla collina Shang, Ziqi di Nanbo83 vide un albero immenso. Mille quadrighe di cavalli avrebbero potuto trovar riparo nella sua ombra. Ziqi si chiese: “Che albero è questo? Deve certo fornire un legname straordinario”. Ma guardando in alto, vide che i suoi rami







Il termine wu indica sia gli esseri animati sia le cose. Potrebbe essere la stessa persona menzionata all'inizio del Capitolo 2 come Ziqi di Nanguo.



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più sottili erano curvi e contorti, inadatti a farne delle travi; guardando in basso, vide che il tronco era nodoso e fesso, inutilizzabile per farne delle bare. Ne assaggiò una foglia e il sapore gli ferì la bocca; l’odore era tanto acre da far sentire ubriachi per tre giorni. Ziqi disse: “Questo albero è completamente inutile. Per questo ha potuto diventare tanto grande. Così è anche l’inutilità del saggio”. Nel paese di Song c’è una regione detta Jing Shi, dove crescono catalpe, cipressi e gelsi. Quando il loro tronco si può appena circondare con le mani, questi alberi vengono tagliati per farne pali a cui legare le scimmie. Quelli la cui circonferenza è di tre o quattro braccia vengono tagliati per farne delle travi. Quelli la cui circonferenza è di sette o otto braccia vengono abbattuti farne delle bare per le famiglie dei nobili e per dei ricchi mercanti. Nessuno di essi porta a termine gli anni che gli sono concessi dal cielo: tutti muoiono prematuramente per opera delle asce. Questa è la disgrazia di essere utili. Nel sacrificio Xie, un bue dalla fronte bianca, un porcellino con il grugno troppo grande o un essere umano che soffra di emorroidi non possono essere offerti al dio del fiume. Tutti gli sciamani lo sanno: perciò queste caratteristiche sono ritenute nefaste. Solo il saggio le considera di grande buon auspicio. C’era una volta uno storpio di nome Shu. Il suo mento toccava l’ombelico e le sue spalle erano più alte della sommità del capo. I cinque visceri84 erano situati nella parte alta del corpo e le cosce spuntavano ai due lati del tronco. Eppure, cucendo e lavando, si guadagnava da vivere e setacciando il riso guadagnava abbastanza per mantenere dieci persone.85 Quando le autorità arruolavano truppe, lo storpio salutava i partenti agitando le braccia e se ne an-





Fegato, cuore, milza, polmoni e reni. Giles suggerisce che tutte queste siano occupazioni che costringono una persona normale a curvarsi e nelle quali lo storpio era perciò avvantaggiato.





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dava tranquillamente per i fatti suoi. Quando le autorità organizzavano lavori forzati, Shu ne era esentato per via della sua infermità. E quando le autorità distribuivano cibo agli infermi, Shu riceveva tre misure di riso e dieci fascine di legna. Con un corpo deforme riuscì a provvedere a sé per tutta la vita e a portare a termine gli anni concessigli dal cielo. Non fece forse della sua deformità una virtù?86 Quando Confucio era in visita nello stato di Chu, fuori dalla sua porta il pazzo Jie Yu87 cantò questa canzone: “O fenice, o fenice,88 quanto è declinata la virtù! Il futuro non si può fermare, al passato non si può ritornare. Quando il mondo ha il Dao, il saggio può realizzare la sua opera; quando il mondo non ha il Dao, il saggio può solo preservare la sua vita. Al giorno d’oggi può appena evitare di essere incarcerato. La buona sorte è leggera come una piuma, ma nessuno sa afferrarla. La disgrazia è pesante come la terra intera, ma nessuno sa evitarla. Basta, basta, cercare di influenzare gli esseri umani per mezzo della virtù! Pericolo, pericolo, tracciare confini e affrettarsi ad agire!89 Pazzo, pazzo, non ostacolare il mio cammino! Il mio cammino è tortuoso, non pestarmi i piedi! Gli alberi della montagna sono essi stessi i propri nemici; il grasso della torcia alimenta il fuoco che lo brucia; l’albero della cannella viene scorticato per via della sua corteccia commestibile; l’utilità della lacca fa sì che l’albero che la produce venga tagliato.

Quest’ultima frase è interpretata dalla maggior parte dei traduttori come “ancor meglio sarebbe una virtù deforme”. 87 Uno dei personaggi preferiti di Zhuangzi, che compare anche nei Capitoli 1 e 7. 88 La comparsa della fenice è un portento che indica il prevalere della virtù nel mondo. 89 Il senso di questa frase non è chiaro. Altre letture: “Attenzione, attenzione, procedi con cautela!” – H. A. Giles (1889); “Pericolo, pericolo, delimitare il terreno e rinchiuderci in queste divisioni!” – A. C. Graham (1981); “Pericolo! Pericolo per chi sceglie un paese per servirlo” – L. Kia-hway (1969); “Pericoloso, pericoloso delimitare il terreno e fuggire!” – B. Watson (1968).



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Tutti conoscono l’utilità dell’utile, ma nessuno conosce l’utilità dell’inutile!”.90

Il discorso del pazzo Jie Yu, che ha la forma di una ballata, è ispirato da un passaggio dei Detti di Confucio, Capitolo 18. In esso Jie Yu, passando accanto al carro di Confucio, pronuncia (o canta) i primi versi della ballata; Confucio scende dal carro per interrogarlo, ma Jie Yu si allontana in tutta fretta. L’uso del pazzo come portavoce del daoismo è caratteristico dei capitoli interni del Zhuangzi (vedi anche i Capitoli 1 e 7).



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德 充 符

I segni della virtù perfetta

“Digiuna!” disse Confucio. “Ti dirò cosa significa…” “Da mesi non bevo vino né mangio carne”, rispose Yan Hui. “Può questo esser considerato un digiuno?”. “Questo è il digiuno che si pratica prima di offrire un sacrificio, non è il digiuno della mente”. “Posso allora chiederti cos’è il digiuno della mente?”. “Unifica la tua volontà. Non ascoltare con l’orecchio, ascolta con la mente. Anzi, non ascoltare con la mente, ascolta con il soffio vitale. L’ascolto si ferma all’orecchio, la mente si ferma alla rappresentazione delle cose. Il soffio vitale è vuoto e accoglie ogni cosa. Il Dao si raccoglie solo nel vuoto. Il vuoto, questo è il digiuno della mente”.











































Gli alberi della montagna sono essi stessi i propri nemici; il grasso della torcia alimenta il fuoco che lo brucia; l’albero della cannella viene scorticato per via della sua corteccia commestibile; l’utilità della lacca fa sì che l’albero che la produce venga tagliato. Tutti conoscono l’utilità dell’utile, ma nessuno conosce l’utilità dell’inutile!”.

Nello stato di Lu viveva un uomo di nome Wang Tai che aveva subito l’amputazione di un piede.91 I suoi discepoli erano numerosi quanto quelli di Confucio. Chang Ji chiese a Confucio: “A questo Wang Tai è stato tagliato un piede, eppure nello stato di Lu i suoi discepoli sono numerosi quanto i tuoi. Non si alza in piedi a insegnare e non si siede a discutere; eppure la gente va da lui vuota e ritorna piena. Ha forse



Il taglio del piede era una punizione piuttosto comune nella Cina antica per vari tipi di crimine.



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La “virtù perfetta” di Zhuangzi ha una natura paradossale. Essa non è riconoscibile mediante segni esteriori e, l’autore sembra dirci, preferisce incarnarsi nel reietti, negli esclusi, nei personaggi più inverosimili. I saggi e i maestri che incontriamo in questo capitolo sono storpi, gobbi, deformi e soprattutto criminali a cui è stato amputato un piede (una punizione caratteristica della Cina antica). In tutti costoro la carenza nella forma esteriore è ampiamente compensata dalla pienezza dell’essere. E più volte viene sottolineato come l’efficacia di questa pienezza non sia in alcun modo inficiata da quello che i pregiudizi del mondo considerano un aspetto ripugnante. Caratteristica è la storia del bruttissimo Ai Taituo, di cui le ragazze dicono ai propri genitori: “Preferirei essere una sua concubina che la moglie di un altro uomo”. Il duca di Lu vuole affidargli il governo del suo stato e quando Ai Taituo improvvisamente parte, ne soffre come della perdita di una persona cara. Ugualmente caratteristiche sono due storie in cui Confucio viene messo a confronto con uno zoppo per amputazione del piede. In una di esse egli riconosce immediatamente la superiorità dell’altro ed enfaticamente dichiara la sua intenzione di adottarlo come suo maestro. Nell’altra rifiuta di accogliere lo zoppo come discepolo, per poi rendersi conto del proprio errore quando è ormai troppo tardi. Riferendo questo incontro a Lao Dan, lo zoppo sottolinea come la limitatezza mentale di Confucio sia una punizione celeste assai più severa della carenza fisica del suo piede amputato.

un insegnamento senza parole, una pienezza della mente senza forma?92 Che uomo è costui?”. Confucio rispose: “Quest’uomo è un maestro e un saggio. Da tempo avrei dovuto recarmi da lui e adottarlo come mio maestro. Quanto più dunque dovrebbero andare da lui quelli che non sono miei pari! Non solo lo stato di Lu, ma il mondo intero vorrei portare con me affinché tutti divengano suoi discepoli!”. Chang Ji disse: “Se quest’uomo mutilato è superiore a te, maestro, quanto superiore dev’essere alla gente comune! In quale modo unico usa la sua mente?”. Confucio rispose: “Vita e morte sono cose grandi, ma non rappresentano per lui un cambiamento. Se cielo e terra dovessero rovesciarsi e precipitare, non lo vivrebbe come una perdita. È attento alla realtà ultima e non è partecipe del movimento delle cose. Considera il mutamento inevitabile e si attiene unicamente all’Antenato”,93 “Cosa vuol dire ciò?”. “Se guardi dal punto di vista delle diverse identità, ci sono il fegato e la milza, lo stato di Chu e quello di Yue. Ma se guardi dal punto di vista di ciò che le accomuna, le diecimila cose sono tutt’uno. Un uomo siffatto non conosce attraverso l’occhio e l’orecchio, bensì rivolge la mente all’unità della virtù. È consapevole dell’unità di tutte le cose e non vede ragione per lamentare la perdita di qualcosa. Perdere un piede equivale per lui a lasciar cadere una zolla di terra”.

Questa frase può essere letta anche come: “Ha forse una pienezza della mente malgrado il suo corpo sia deforme?”. 93 Al Dao, sorgente di tutte le cose.













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Chang Ji disse: “Dunque fa del proprio sé la sua via di conoscenza e usa la conoscenza della mente per arrivare alla quiete della mente.94 Ma perché la gente va da lui?”. Confucio rispose: “Non ci si può rispecchiare nell’acqua corrente, ci si può rispecchiare solo nell’acqua quieta. Solo ciò che è quieto può portare alla quiete. Fra le creature che ricevono il loro destino dalla terra, solo il pino e il cipresso sono nel giusto: per questo restano verdi estate e inverno. Fra le creature che ricevono il loro destino dal cielo, solo Yao e Shun95 sono nel giusto: per questo governano i diecimila esseri. Essendo capaci di correggere la propria vita, possono correggere tutti gli esseri viventi. Un segno distintivo di coloro che si attengono all’origine delle cose da solo nove eserciti: a ciò lo spinge la bramosia della fama. Quanto più è che non hanno paura di nulla. Un soldato coraggioso può affrontare allora può affrontare chi governa cielo e terra, chi corregge i diecimila esseri, chi abitando nelle sei parti del corpo considera i dati dell’orecchio e dell’occhio come pure forme, chi riconosce l’unità in ogni cosa e sa che la mente non muore! Una persona siffatta sceglie il giorno in cui ascendere al cielo. La gente vorrebbe seguirla. Ma come potrà mai essa consentire a farsi carico della gente?”. Shentu Jia, che aveva subito l’amputazione di un piede, e Zichan, primo ministro dello stato di Zheng, erano entrambi discepoli di Bohun Wuren.96

O “la costanza della mente”. Altre letture: “Si dedica a coltivare se stesso e usa la propria saggezza per perfezionare la propria mente fino a renderla perfetta” – H. A. Giles (1889); “Si occupa di sé, usa l’intelligenza per conoscere il proprio cuore e il proprio cuore per scoprire il cuore immutabile che sta al di à di esso” – A. C. Graham (1981); “Se comprende il proprio cuore grazie al proprio cuore e se comprende il cuore dell’assoluto grazie al proprio cuore…” – L. Kia-hway (1969). 95 Mitici imperatori saggi dell’antichità, vedi Appendice 1. 96 Questo personaggio ricorre nuovamente nei Capitoli 21 e 32, dove ci appare come il maestro di Liezi.









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Zichan disse a Shentu Jia: “Se io esco per primo, tu resta qui un po’. Se esci tu per primo, io resterò qui”.97 Il giorno dopo i due studenti si trovarono di nuovo insieme, seduti sulla stessa stuoia. Zichan disse a Shentu Jia: “Se io esco per primo, tu resta qui. Se esci tu per primo, io resterò qui. Ora io esco. Tu puoi restare, vero? Ti ritieni forse l’uguale di un primo ministro per non farti da parte quando lo incontri?”. Shentu Jia rispose: “Nella scuola del nostro maestro c’è forse un primo ministro? Tu credi che la tua qualifica ti autorizzi ad avere la precedenza sugli altri? Ho udito dire che su uno specchio limpido la polvere non si deposita. Perciò uno specchio che raccoglie polvere non è limpido. Chi frequenta a lungo una persona grande dovrebbe liberarsi da ogni colpa. Tu consideri il nostro maestro una persona grande, eppure parli in questo modo. Non è forse questa una colpa?”. Zichan disse: “Uno come te vorrebbe ancora competere in bontà con un Yao! Bada che la tua virtù non sia insufficiente a esaminare te stesso!”. Shentu Jia rispose: “Molti sono quelli che giustificano le proprie colpe e ritengono ingiusta la punizione subita. Pochi sono quelli che non si giustificano e anzi riterrebbero ingiusto essere risparmiati.98 Riconoscere ciò che non si può cambiare e acquietarsi nel proprio destino; solo chi possiede la virtù è capace di fare questo. Collocarsi nel punto di mira dell’arciere Yi99 e ciononostante non essere colpiti è destino. Molti che hanno due piedi ridono di me che ne ho uno solo: io mi arrabbio e vado su tutte le furie. Ma poi vengo qui, nella casa del nostro maestro, e la mia rabbia si disIn quanto non si confa alla dignità di un primo ministro accompagnarsi a una persona che ha subito un’amputazione per aver commesso un crimine. 98 Altre letture: “Coloro che nascondono le loro colpe per non perdere le dita del pie de sono molti. Quelli che non nascondono le loro colpe e pertanto le perdono sono pochi” – H. A. Giles (1889); “Molti di noi parlano liberamente dei loro crimini, ritenendosi non meritevoli di soffrire; alcuni di noi si rifiutano di parlare dei loro crimini, ritenendosi non meritevoli di essere risparmiati” – A. C. Graham (1981). 99 Leggendario arciere perfetto.









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solve. Non so se è il maestro che mi purifica con la sua bontà o se io stesso sono immerso in un sonno profondo.100 Sono con il maestro da diciannove anni e non mi sono mai accorto di essere zoppo. Tu e io siamo qui per occuparci di ciò che sta all’interno di questa nostra forma umana e tu mi chiedi di considerarne l’esterno. Non è forse questa una colpa?”. Zichan divenne agitato, cambiò espressione e disse: “Non aggiungere altro”. Nello stato di Lu c’era un uomo detto Shushan lo zoppo, che aveva subito l’amputazione di un piede. Shushan si recò a far visita a Confucio. Confucio gli disse: “Sei stato imprudente, hai violato la legge e sei stato punito. Cosa cerchi ormai venendo da me oggi?”. Lo zoppo disse: “Per inesperienza ho trattato con leggerezza il mio corpo e così ho perso un piede. Ora vengo da te con qualcosa di più prezioso di un piede, che sopravvive e voglio conservare integro. Il cielo copre tutte le cose, la terra le sostiene tutte. Credevo che tu, maestro, possedessi la pace di cielo e terra. Come potevo immaginare che mi avresti risposto in questo modo?”. Confucio disse: “Perdonami, sono stato stupido. Ti prego, entra e spiegami le parole che ho udito”.101 Ma lo zoppo se ne andò. Confucio disse ai suoi discepoli: “Siate diligenti, miei discepoli! Questo zoppo, per redimere il male che ha fatto in passato. Quanto più dunque dovreste che ha subito l’amputazione di un piede, vuole apprendere impegnarvi voi, la cui virtù è ancora integra!” Lo zoppo riferì questo incontro a Lao Dan,102 dicendo: “Confucio non è ancora un essere umano perfetto, vero? Come mai ha Il senso di questa frase non è chiaro. Graham e Watson propongono di emendare leggendo “o se io stesso mi risveglio da un sonno profondo”. 101 Altre letture: “Permettimi di istruirti in ciò che ho appreso” – A. C. Graham (1981); “Entrate e insegnatemi, vi prego, quello che sapete” – L. Kia-hway (1969). 102 Nome personale di Laozi.













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tanti discepoli?103 Insegue l’illusione della reputazione e della fama, senza rendersi conto che per l’essere umano perfetto queste cose sono solo lacci e catene”. Lao Dan disse: “Perché non lo aiuti a rendersi conto che vita e morte sono una cosa sola e che il possibile e l’impossibile sono grani infilar sullo stesso filo, rompendo così i suoi lacci e le sue catene?”. Lo zoppo disse: “Se questi lacci sono una punizione104 del cielo, come è possibile romperli?”. Il duca Ai di Lu si recò a interrogare Confucio e disse: “Nello stato di Wei c’è un uomo molto brutto, di nome Ai Taituo. Gli uomini che vivono con lui per qualche tempo non vorrebbero più andarsene. Le ragazze che lo vedono dicono ai propri genitori: ‘Preferirei essere una sua concubina che la moglie di un altro uomo’. Questo succede continuamente. Non lo si ode mai predicare: solo entra in sintonia con gli altri, questo è tutto. Non occupa una posizione di potere che gli permetta di salvare la vita di un condannato, né possiede una fortuna che gli permetta di riempire la pancia della gente. E la sua bruttezza è tale da stupire il mondo intero. Entra in sintonia con le persone senza predicare mai nulla e bada solo a ciò che accade nel suo intorno immediato. Eppure uomini e donne si radunano intorno a lui.105 Certamente c’è qualcosa in costui che lo differenzia dalle persone comuni. Perciò lo convocai a corte per dargli un’occhiata. Davvero lo trovai brutto da stupire il mondo intero. Tuttavia, non era ancora passato un mese dal suo arrivo quando cominciai a chiedermi che tipo di uomo fosse; e non era ancora passato un anno quando cominciai a fidarmi davvero di lui. Il posto di primo ministro era vacante, perciò decisi di affidargli lo stato. Egli si mostrò esitante ad Altra lettura: “Perché è così ansioso di ricevere le vostre lezioni?” – L. Kiahway (1969). 104 Il termine, xing, è quello che si usa per una punizione corporale, come il taglio del piede che lo zoppo ha subito. 105 Altra lettura: “Tuttavia le bestie selvatiche si accoppiano intorno a lui”.









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accettare, sembrava che avrebbe preferito rifiutare. Mi senti in imbarazzo. Infine riuscii ad affidargli o stato. Ma non molto tempo dopo mi lasciò e partì. Ne fui addolorato come se avessi perduto un familiare, come se non avessi più nessuno con sui compartire il piacere di regnare. Che tipo di uomo è costui?”. Confucio disse: “Una volta, mentre ero in missione nello stato di Chu, vidi dei porcellini succhiare le mammelle di una scrofa morta. Improvvisamente, sconcertati, la lasciarono e fuggirono. Non si riconoscevano più nella loro madre, non era più simile a loro. Il loro amore per lei con era amore per la forma fisica, ma per ciò che animava quella forma. Chi muore in battaglia viene sepolto senza rituali né cerimonie.106 Chi ha avuto i piedi amputati non si interessa alle scarpe. In entrambi i casi è venuto a mancare il fondamento. Alle concubine del Figlio del Cielo107 non vengono tagliate le unghie, né forate le orecchie. Un uomo appena sposato non viene mandato lontano in missione.108 Se viene posta tanta cura nel conservare l’integrità della forma fisica, quanta più dovremmo porne nel conservare l’integrità della virtù? Ai Taituo senza parlare ottiene fiducia, senza realizzare nulla è amato; fa sì che gli si voglia affidare uno stato e si tema solo un suo rifiuto. Evidentemente i suoi talenti sono integri, benché la sua virtù sia senza forma”.109 “Cosa vuol dire che i suoi talenti sono integri?”, chiese il duca.

Altre letture: “Quando un uomo viene ucciso in battaglia, le sue armi non vengono sepolte con lui” – H. A. Giles (1889); “Coloro che muoiono in battaglia non hanno bisogno di piume sulla bara” – A. C. Graham (1981); “Quando un uomo morto in battaglia viene sepolto, non ha bisogno delle sue medaglie” – B. Watson (1968). 107 Dell’imperatore. 108 Altre letture: "Chi ha una figlia in età da marito la tiene lontano dai lavori manuali” – H. A. Giles (1889); "I ragazzi, dopo sposati, sono costretti a lavorare fuori e non possono più servire di persona il Figlio del Cielo" – L. Kiahway (1969). 109 Graham (1981): “È evidentemente una persona in cui la materia è integra, il potere ha mancato di dar forma al corpo”; Graham traduce sistematicamente de, “virtù”, con “Potere”.









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“Vita e morte”, rispose Confucio, “sopravvivere e perire, fallimento e successo, povertà e ricchezza, onore e disonore, rovina e fama, fame e sete, freddo e caldo, questi sono i mutamenti del fato negli affari umani. Giorno e notte si alternano ed è impossibile conoscerne l’origine. Perciò queste alternanze non dovrebbero turbare la nostra armonia, non dovrebbero penetrare nella torre del nostro spirito.110 Viverle in modo armonioso e lieto, attraversarle senza perdere il buonumore, giorno e notte senza interruzione condividere la propria primavera con tutti gli esseri, accogliere ogni cosa e generare la stagione appropriata nel proprio cuore:111 questa è l’integrità dei talenti”. “E cosa vuol dire che la sua virtù è senza forma?”. Confucio disse: “Fra tutte le cose piane l’acqua a riposo è la più per fetta, perciò puoi prenderla come modello. Protegge il proprio interno e il suo esterno non si disperde. La virtù è la realizzazione di questa armonia. Dalla virtù senza forma gli esseri non possono separarsi”. Un altro giorno il duca disse a Minzi:112 “Quando rivolto verso il sud113 regnavo sul mondo, mi preoccupavo di ordinare la vita dei miei sudditi e mi rattristavo della loro morte. Credevo che questo fosse tutto. Ma ora che ho udito le parole di un essere umano perfetto, mi rendo conto che non avevo capito nulla. Mi curavo

“Torre dello spirito” è un termine daoista per indicare il cuore/mente. “Cuore”, xin, è come sempre cuore/mente. Altre letture di questo passaggio: “Nuota tuttavia con la corrente, in modo da non offendere gli altri. Fallo giorno per giorno senza interruzione e vivi in pace con l’umanità. Così sarai pronto per ogni evenienza…” – H. A. Giles (1889); “Mantenere in pace e gioia il nostro magazzino interiore, non lasciare che si disperda tramite i sensi, benché i loro canali siano sgombri, assicurarci giorno e notte che non vi siano fessure e che crei una primavera che condivide con ogni cosa, questo è un uomo che a ogni incontro genera la stagione nel proprio cuore” – A . C. Graham (1981). 112 Un discepolo di Confucio. 113 Un monarca si rivolgeva sempre verso il sud nel prendere decisioni importanti o nel gestire gli affari di stato. 110







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poco della mia persona e in questo modo portavo lo stato alla rovina. Io e Confucio non siamo monarca e suddito, bensì compagni nella virtù”. Uno storpio gobbo e senza labbra si recò a parlare con il duca Ling di Wei. Dopo averlo visto il duca cominciò a pensare che le persone normali avessero il collo troppo lungo e magro. Una persona con un gozzo immenso si recò a parlare con il duca Huan di Qi. Dopo averlo visto il duca cominciò a pensare che le persone normali avessero il collo troppo lungo e magro.114 Nella misura in cui la virtù è grande, la forma viene dimenticata. Ma gli uomini non dimenticano ciò che va dimenticato dimenticano ciò che non va dimenticato: questa è la vera dimenticanza! Il saggio segue una via propria: considera la conoscenza un’appendice inessenziale,115 ogni contratto una colla, la virtù un compito, il lavoro un commercio.116 Non fa progetti, perciò a cosa gli serve la conoscenza? Non taglia, perciò a cosa gli serve la colla? Non lamenta alcuna perdita, perciò a cosa gli serve la virtù? Non accumula beni, perciò a cosa gli serve il commercio? Queste quattro cose sono il nutrimento celeste. Il nutrimento celeste è cibo che viene dal cielo. A colui che riceve il suo cibo al cielo a che servono gli esseri umani? Ha la forma di un essere umano, ma non ha le passioni di un essere umano. In quanto ha la forma di un essere umano appartiene alla collettività degli umani. Ma poiché non ha le passioni di un essere umano, il giusto e lo sbagliato non lo tocQui il testo è indubbiamente corrotto. “Il collo troppo lungo e magro” si adatta al secondo aneddoto, ma non al primo. Indubbiamente la prima frase conteneva qualcos’altro, che è andato perduto ed è stato sostituito dalle parole della seconda frase. 115 Nie, letteralmente “figlio nato da una concubina”, o anche “peccato”, “male”. 116 Altre letture: “Perciò, per il vero saggio, la conoscenza è una maledizione, la sincerità è come la colla, la virtù solo un mezzo per acquisire, l’abilità solo una capacità commerciale” – H. A. Giles (1889); “Per lui la conoscenza è un germoglio, l’abilità collaterale, le promesse sono una colla, i favori un rimedio temporaneo un venditore ambulante” – B. Watson (1968).





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cano. È piccolo e umile: perciò può essere considerato umano. È grande e vasto: da solo raggiunge il proprio cielo. Huizi117 chiese a Zhuangzi: “Un essere umano può essere senza passioni?”. Zhuangzi rispose: “Certamente”. “Ma un essere umano senza passioni come si può chiamare umano?”. “Il Dao gli ha dato un volto, il cielo una forma. Perché non si dovrebbe poterlo chiamare umano?”. “Poiché lo chiami umano, come può essere senza passioni?”. “L’affermazione e la negazione sono ciò che chiamo passioni. L’assenza di passioni vuol dire non permettere all’attrazione e alla repulsione di penetrare in noi e danneggiare il nostro essere. Vuol dire attenersi alla natura intrinseca e non cercare di aggiungere nulla alla vita”. “Ma se non aggiungiamo nulla alla vita, come possiamo avere un corpo?”. “Il Dao ci ha dato un volto, il cielo una forma. Basta non permettere all’attrazione e alla repulsione di penetrare in noi e danneggiare il nostro essere. Ma tu tratti il tuo spirito come qualcosa di esterno e sperperi la tua energia vitale. Appoggiato a un albero ti lamenti e accompagnandoti con il battito dello yu chiudi gli occhi.118 Il cielo ti ha dato una forma, ma tu segui cianciando del ‘duro’ e del ‘bianco’!”119

Il sofista Huizi, amico e antagonista di Zhuangzi, vedi Appendice 2. Abbiamo già incontrato questo termine nel Capitolo 2. Lo yu è uno strumento musicale in legno scolpito a forma di tigre adagiata su una scatola rettangolare. Alternativamente yu può denotare una pianta (Sterculia platanifolia) della famiglia delle malvacee. Secondo Graham questa immagine può essere “un concreto ricordo dell’esausto sofista… che per Zhuangzi riassume la sua impressione dello sforzo sterile e innaturale del pensiero esclusivamente analitico”. 119 La scuola dei sofisti dedicò molto tempo e molte energie a elucidare la relazione fra attributi come “duro” e “bianco” e le cose cui si riferiscono. 117



















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⼤ 宗 師

Il maestro supremo















































L’essere umano autentico dell’antichità non si ribellava alla penuria e non si inorgogliva dell’abbondanza. Non faceva progetti. Non rimpiangeva i propri errori e non si compiaceva dei propri successi. Poteva scalare grandi altezze vertigine. Poteva entrare nell’acqua senza bagnarsi, nel fuoco senza bruciarsi. La sua conoscenza poteva ascendere fino al Dao in questo modo. L’essere umano autentico dell’antichità dormiva senza sogni e si svegliava senza preoccupazioni. Il suo cibo era semplice e il suo respiro profondo… L’essere umano autentico dell’antichità…non si rallegrava di essere nato, né si rattristava di dover morire. Con leggerezza veniva al mondo e con leggerezza se ne andava. Non dimenticava il luogo del suo inizio e non cercava di conoscere il luogo della sua fine. Quando riceveva qualcosa se ne rallegrava; poi la restituiva e se ne dimenticava. Questo è quel che si dice non lasciare che il cuore smarrisca il Dao… Il suo cuore dimenticava perché tale era la sua natura: il suo volto era sereno e la sua fronte distesa. Era fresco come l’autunno e tiepido come la primavera. La sua gioia e la sua ira seguivano il ritmo delle stagioni…

Conoscere l’azione del cielo e l’azione degli esseri umani è il punto arrivo. Chi conosce l’azione del cielo, vive conformemente al cielo. Chi conosce l’azione degli esseri umani si serve della conoscenza per alimentare il sapere di non sapere.120 Così giunge alla fine dei suoi anni e non muore prematuramente. Questa è la pienezza della conoscenza. Tuttavia c’è un problema. La conoscenza dipende da qualcosa per la propria certezza e questo qualcosa è indeterminato. Perciò come posso sapere se ciò che considero azione del cielo non sia in



Cfr. Laozi, 71: “Sapere di non sapere è la conoscenza suprema”. Altre letture: “Chi conosce ciò che fa l’uomo usa ciò che il suo intelletto conosce per nutrire ciò che non conosce” – A. C. Graham (1981); “Conoscere l’azione dell’uomo è conservare con ciò che si conosce ciò che ancora si ignora” – L. Kia-hway (1969).



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l filo conduttore di questo capitolo è la coscienza che l’adepto ha di essere pare di un processo di continua trasformazione di tutti gli esseri. In questa prospettiva l’identificazione con questo io particolare, con questa forma umana, con questa corpo, appare effetto di una visione distorta e limitata. Di qui la serena accettazione dell’adepto daoista nel confronti della morte, che è il maestro supremo. “Cosa nella morte dovrebbe farmi orrore?”, dice un personaggio in uno dei dialoghi di questo capitolo. “Il mio braccio sinistro si trasformerà in un gallo e canterò per annunciare l’alba”. Questa atarassia è mirabilmente illustrata nel ritratto che Zhuangzi traccia dell’essere umano autentico” dell’antichità: un amalgama di rustica semplicità (l’umanità di una perduta età dell’oro), di magia sciamanica e di filosofica indifferenza nei confronti dell’acquisire e del perdere, del nascere e del morire. Il tema dell’indifferenza nei confronti della vita e della morte è ulteriormente sviluppato nei dialoghi. Un’immagine caratteristica è quella della compagnia di saggi ridenti, accomunati da una comune esperienza di trascendenza dei limiti dell’io e dei suoi attaccamenti. Neppure la morte li disturba. Il loro canto e la loro allegria risulta incomprensibile chi, come il discepolo di Confucio che è venuto a portare le condoglianze del maestro, contempla la scena dal punto di vista di una mente più limitata e convenzionale.

verità azione umana e ciò che considero azione umana non sia in verità azione del cielo? Dev’esserci un essere umano autentico prima che possa esserci una conoscenza autentica. Cosa intendo con “essere umano autentico”? L’essere umano autentico dell’antichità non si ribellava alla penuria e non si inorgogliva dell’abbondanza.121 Non faceva progetti. Non rimpiangeva i propri errori e non si compiaceva dei propri successi. Poteva scalare grandi altezze vertigine. Poteva entrare nell’acqua senza bagnarsi, nel fuoco senza bruciarsi.122 La sua conoscenza poteva ascendere fino al Dao in questo modo. L’essere umano autentico dell’antichità dormiva senza sogni e si svegliava senza preoccupazioni. Il suo cibo era semplice e il suo respiro profondo. Il suo respiro saliva dai talloni, mentre quello dell’essere umano comune viene solo dalla gola. L’essere umano comune obbedisce ai propri impulsi ed erutta parole come vomito. Quanto più profondi sono i suoi desideri, tanto più superficiale è la sua comprensione dell’azione del cielo. L’essere umano autentico dell’antichità ignorava l’attaccamento alla vita e il rifiuto della morte. Non si rallegrava di essere nato, né si rattristava di dover morire. Con leggerezza veniva al mondo e con leggerezza se ne andava. Non dimenticava il luogo del suo inizio e non cercava di conoscere il luogo della sua fine. Quando riceveva qualcosa se ne rallegrava; poi la restituiva e se ne dimenticava.123 Questo è quel che si dice non lasciare che il cuore smarrisca il Dao, non sostituirsi al cielo. Questo è quello che chiamo un essere umano autentico.

Altre letture: “Gli uomini puri dell’antichità agivano senza calcolo e non cercavano di assicurarsi risultati” – H. A. Giles (1889); “L’uomo perfetto dell’Antichità non opprimeva la minoranza, non sfoggiava il proprio successo” – L. Kia-hway (1969). 122 Metaforicamente, non era toccato dagli eventi esterni. 123 Altre letture: “Allegramente giocavano la parte loro destinata, aspettando pazientemente la fine” – H. A. Giles (1889); “Si contentava di ciò che gli era dato e considerava ogni perdita come un acquisto” – L. Kia-hway (1969).









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Il suo cuore dimenticava, perché tale era la sua natura: il suo volto era sereno e la sua fronte distesa. Era fresco come l’autunno e tiepido come la primavera. La sua gioia e la sua ira seguivano il ritmo delle stagioni. Partecipava a qualunque cosa fosse di giovamento agli esseri e non conosceva limiti.124 Perciò poteva fare la guerra e distruggere stati senza perdere il cuore della gente. I suoi benefici si estendevano alle diecimila generazioni, senza che fosse motivato dall’amore per gli esseri umani.125 Perciò chi si rallegra di raccogliere gli esseri intorno a sé126 non è saggio; chi ha predilezioni non è benevolo; chi aspetta il momento giusto non è meritevole; chi è motivato da considerazioni di profitto e perdita127 non è nobile; chi cercando la fama perde se stesso non è sapiente; chi perde la propria verità non può governare gli esseri umani. Hu Buxie, Wu Guang, Boyi, Shuqi, Jizi, Xu Yu, Ji Tuo e Shentu Di, tutti costoro erano al servizio di altri e perseguivano scopi altrui, non i propri.128 L’essere umano autentico dell’antichità era corretto, ma non eccessivamente familiare; appariva indigente, ma non accettava

Altra lettura: “nessuno conosce i suoi limiti” – B. Watson (1968). La sua generosità era un semplice traboccare del suo essere, mentre l’idea di “amore per gli esseri umani” comporta un elemento di attaccamento. 126 Altra lettura: “colui che si rallegra di portare successo alle cose” – B. Watson (1968). 127 Altre letture: “colui che non è familiare sia con il bene sia con il male” – H. A. Giles (1889); “chi non conosce l’identità dell’utile e del nocivo” – L. Kia-hway (1969). 128 Le figure leggendarie o protostoriche elencate presentano diversi punti in comune: tutte agirono motivate da un forte senso di rettitudine, rifiutarono un potere che veniva loro offerto e finirono suicide o assassinate. Non è chiaro il senso dell’esemplificazione che Zhuangzi vuole qui proporre. Forse vuole dire che i criteri morali che guidavano questi personaggi non erano espressione della loro natura intrinseca, bensì di condizionamenti esterni. 124





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nulla; era spigoloso, ma non inflessibile; era vuoto e aperto,129 ma senza ostentazione il suo aspetto era lieto, come se fosse felice; da lui non si otteneva nulla con la forza; irritato, lo mostrava in viso; rilassato, si riposava nella sua virtù; severo, apparteneva al suo mondo; nella sua grandezza, era indomabile; assorto, preferiva l’isolamento; in preda alla meraviglia, dimenticava l’uso della parola.130 Considerava le punizioni come il corpo del suo regno,131 i riti come le ali, la saggezza come la conoscenza appropriata al momento, la virtù come la sua guida. Considerando le punizioni come il corpo, era clemente nell’amministrarle; considerando i riti come le ali, veniva incontro al suo mondo; considerando la saggezza come la conoscenza appropriata al momento, non poteva esimersi dal fare certe cose; considerando la virtù come la sua guida, era come un buon camminatore che ascende una collina.132 Perciò tutto ciò che amava era uno, e anche tutto ciò che non amava era uno. Tutto ciò che era uno era uno, e anche tutto ciò che non era uno era uno. In quanto uno, era compagno del cielo; in quanto non uno, era compagno degli esseri umani. Quando il cielo e l’essere umano non sono in conflitto fra loro abbiamo l’essere umano autentico.

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Il “cuore vuoto” è il termine che denota lo stato meditativo, in cui il cuore/ mente è come uno specchio d’acqua limpido e tranquillo che, non agitato dalle passioni, riflette fedelmente la realtà. L’interpretazione di varie espressioni in questo paragrafo è incerta e le traduzioni esistenti differiscono notevolmente fra loro. Qui, come in altri punti, la figura del saggio o dell’essere umano autentico si confonde con quella del monarca illuminato. Il senso di questa immagine non è chiaro. Altre letture: “Per loro… la morale [era] camminare come gli altri sul sentiero” – H. A. Giles (1889); “Chi faceva della virtù la propria guida raggiungeva lo scopo altrettanto facilmente di coloro che dotati di piedi raggiungono la collina” – L. Kia-hway (1969); “Considerando la virtù come ciò che è ragionevole, era come un uomo con due piedi che raggiunge la cima di una collina” – B. Watson (1968).



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Il succedersi di vita e morte è decreto del fato, come l’avvicendarsi di notte e giorno è decreto del cielo. Ci sono cose che l’essere umano non può cambiare: tale è la condizione di tutti gli esseri. Se consideriamo il cielo come nostro padre e lo amiamo in quanto tale, quanto più dovremmo amare ciò che è superiore al cielo? Se un uomo considera il proprio re superiore a sé ed è pronto a morire per lui, quanto più dovrebbe onorare la realtà ultima? Quando una sorgente si esaurisce e i pesci restano a secco sulle rive, essi si inumidiscono a vicenda con il fiato e con lo sputo. Ma meglio sarebbe per loro se potessero ignorarsi a vicenda continuando a nuotare nei fiumi e nei laghi. Piuttosto che onorare Yao ed esecrare Jie,133 meglio sarebbe dimenticarli entrambi e trasformarci seguendo il Dao. La Grande Zolla134 mi ha dato una forma, mi fa faticare per tutta la vita, mi permette l’ozio nella vecchiaia e mi lascia riposare nella morte. Perciò se è un bene che io sia nato, è anche un bene che io muoia. Nascondi la tua barca nell’anfratto, nascondi la rete da pesca135 nello stagno e pensi che siano al sicuro. Ma nel cuore della notte un uomo vigoroso se le carica in spalla e le porta via: nell’oscurità non ti accorgi di nulla. Nascondere le cose piccole nelle grandi sembra una buona idea, ma ancora possono sfuggirti. Nascondi il mondo intero nel mondo intero e non potrà più sfuggirti! Solo questo è costante nella condizione degli esseri.136 Hai osato assumere questa forma umana e ne gioisci. Ma la forma umana soggiace a diecimila mutamenti, senza fine. Le tue

Yao è un mitico imperatore saggio, Jie un crudele tiranno, l’ultimo imperatore della dinastia Xia. Vedi Appendice 1 134 La terra. 135 Il testo qui ha “nascondi la montagna nello stagno”, che sembra un nonsenso. Accolgo la correzione suggerita da Watson. 136 Cessa di identificarti con un io particolare, che è destinato a dissolversi. Per l’io individuale non c’è rifugio: solo la più ampia realtà della vita è costante.









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gioie dunque devono essere innumerevoli.137 Perciò il saggio desidera camminare nel luogo in cui le cose non possono più sfuggire e tutte simultaneamente esistono. Morire giovane è un bene, invecchiare è un bene; l’inizio è bene, la fine è un bene. Se gli esseri umani imitano il saggio, quanto più dovrebbero imitare il luogo dove i diecimila esseri si congiungono e il mutamento cosmico si arresta? Dunque il Dao ha un sentimento e una verità, ma non agisce e non ha forma. Puoi trasmetterlo, ma non riceverlo; puoi riceverlo, ma non vederlo. È la propria radice e il proprio fondamento. Esiste da tempo immemorabile, è più antico di cielo e terra. Ha insufflato lo spirito negli dei, nei demoni e nel Supremo.138 Ha creato il cielo, ha creato la terra. Esiste da prima del taiji,139 ma non puoi chiamarlo sublime. Si estende al di là dei sei poli dell’universo, ma non puoi chiamarlo profondo. È nato prima del cielo e della terra, ma non puoi chiamarlo antico. Esiste da prima dei tempi più remoti, ma non puoi chiamarlo vecchio. Xiwei ottenne il Dao e poté sostenere il cielo e la terra. Fuxi140 ottenne il Dao ed ereditò la madre del respiro.141 L’Orsa Maggiore ottenne il Dao e dall’antichità non ha mai deviato dal suo corso. Il sole e la luna ottennero il Dao e dall’antichità non si

Il senso di questa frase non è chiaro. Altre letture: “E allora subire innumerevoli transizioni, con solo l’infinito come meta, che incomparabile estasi è questa!” – H. A. Giles (1889); “Ma l’aspetto umano non è che un aspetto delle migliaia di metamorfosi della natura. Che cosa pensare della gioia che si proverebbe nella contemplazione delle infinite trasformazioni del mondo?” – L. Kia-hway (1969). 138 Il termine di, “supremo” indicava originariamente il Grande Antenato, che regna sui quattro spiriti protettori della vita del suolo e tramite i suoi assistenti controlla, le forze della natura e il destino degli esseri umani. In seguito venne a denotare l’imperatore. 139 L’unità primaria di yin e yang, da cui nascono tutte le cose. 140 Leggendario imperatore, fondatore della civiltà cinese. Vedi Appendice 1. 141 Qi, il soffio energetico che pervade ogni cosa.





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sono mai fermati. Kan Bei ottenne il Dao ed ereditò i monti Kunlun.142 Ping Yi ottenne il Dao e poté discendere il Grande Fiume. Jian Wu ottenne il Dao ed ebbe come dimora la Grande Montagna. L’Imperatore Giallo143 ottenne il Dao e ascese al cielo in una nube. Zhuanxu144 ottenne il Dao ed ebbe come dimora il Palazzo Oscuro. Yu Qiang ottenne il Dao e si stabili nell’Estremo Nord. La Regina Madre dell’Occidente ottenne il Dao e si stabili in Shao Guang: nessuno ne conosce l’inizio, né la fine. Peng Zu145 ottenne il Dao e visse dal tempo di Shun fino a quello dei Cinque Principi. Fu Yue ottenne il Dao e divenne ministro di Wu Ding,146 il quale estese il suo dominio sul mondo intero. Fu Yue quindi ascese al Governatore Orientale e prese posto fra le stelle, a cavallo fra il Vaglio e la Coda.147 Zikui di Nanbo disse alla donna Yu: “Sei avanzata negli anni, ma il tuo colorito è quello di una bambina. Come è possibile?”. Yu rispose: “Ho udito il Dao”. “Il Dao si può ottenere con lo studio?”, chiese Zikui. “Impossibile! Inoltre tu non sei la persona adatta. Bu Liang Yi possedeva le capacità di un saggio, ma non il Dao della saggezza. Io possedevo il Dao della saggezza, ma non le capacità di un saggio. Ho provato a istruirlo per farlo diventare un saggio e non ha funzionato. Tuttavia trasmettere il Dao della saggezza a qualcuno che ha le capacità di un saggio è facile se si utilizza l’insegnamento senza parole. All’inizio rimasi a osservarlo per tre giorni. Dopo tre giorni era in grado di estromettere da sé il mondo. Quando fu in grado di estromettere da sé il mondo, rimasi a osservarlo per altri Catena montuosa che si estende per oltre tremila chilometri, formando il bordo settentrionale dell’altopiano del Tibet, continuando a sud del fiume Wei fino ai bordi della pianura della Cina settentrionale. 143 Leggendario imperatore, fondatore della civiltà cinese. Vedi Appendice 1. 144 Leggendario imperatore, nipote dell’Imperatore Giallo. 145 Mitico matusalemme cinese che visse ottocento anni. 146 Imperatore della dinastia Shang, regnò dal 1250 al 1192 a.C. Vedi Appendice 1. 147 Nella costellazione del Sagittario.









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sette giorni. Dopo sette giorni era in grado di estromettere da sé gli esseri. Quando fu in grado di estromettere da sé gli esseri, rimasi a osservarlo per altri nove giorni. Dopo nove giorni era in grado di estromettere da sé la propria nascita. Quando fu in grado di estromettere da sé la propria nascita, ottenne lo splendore dell’alba; dopo di che fu in grado di contemplare l’unità di tutte le cose; avendo contemplato l’unità di tutte le cose, fu in grado di lasciar andare il passato e il presente; avendo lasciato andare il passato e il presente, fu in grado di penetrare dove non c’è morte né vita. Ciò che uccide la vita non muore e ciò che la fa nascere non nasce. Non c’è nulla che non inviti, nulla che non accolga, nulla che non distrugga, nulla che non porti a compimento. Il suo nome è quiete nel conflitto; dopo il conflitto viene il compimento”.148 Zikui chiese: “Tu sola come hai udito tutto questo?”. Yu rispose: “L’ho udito dal Figlio della Scrittura, che l’ha udito dal Nipote della Tradizione Orale, che l’ha udito da Visione Illuminata, che l’ha udito da Lode Sussurrata, che l’ha udito da Lavoro Necessario, che l’ha udito da Ballata Popolare, che l’ha udito da Mistero Profondo, che l’ha udito da Partecipazione nel Vuoto, che l’ha udito da Inizio del Dubbio”.149 Quattro maestri, Zisi, Ziyu, Zili e Zilai,150 stavano conversando fra loro, dicendo: “Chi è in grado di considerare il vuoto come

Questo discorso della donna Yu sembra a prima vista contraddittorio: comincia dicendo che il Dao non si può trasmettere, poi descrive una tale trasmissione. Liou Kia-hway aggira questa contraddizione supponendo che inizialmente Yu parli di Bu Liang Yi, poi passi a descrivere il proprio processo di realizzazione. Una più appropriata risoluzione della apparente contraddizione mi sembra stia nella differenza fra jiao, “insegnare”, il termine usato all’inizio (di cui si dice che “non funziona”), e you shou er gao, l’espressione usata in seguito, “comunicare da uno spazio di riserbo, di rispetto, astenersi dall’intervenire”, che ho reso sinteticamente con “insegnamento senza parole”. La strategia della donna Yu è una trasmissione per mezzo della sua attenta e riservata presenza accanto all’allievo. 149 Zhuangzi ironizza sulle pompose filiazioni delle scuole filosofiche. 150 Zi è un termine onorifico che equivale a maestro.





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la propria testa, vita come la propria colonna vertebrale e la morte come le proprie natiche? Chi è consapevole che vita e morte, esistenza e dissoluzione sono un unico corpo? Costui sicuramente è nostro amico!” I quattro si guardarono e risero. Non c’era alcun disaccordo nei loro cuori, perciò divennero amici. Improvvisamente un giorno Ziyu si ammalò. Zisi andò a trovarlo e gli chiese come stesse. “Magnificamente!”, rispose Ziyu. “Il creatore mi sta rendendo contorto come un gobbo, i miei cinque organi si trovano ora nella parte alta del corpo, il mento mi arriva all’ombelico e le mie spalle sono più alte della sommità del capo. I soffi dello yin e dello yang sono perturbati”. Il suo cuore era sereno e senza preoccupazioni. Si trascinò fino al pozzo e si specchiò nell’acqua. Sospirò e disse: “Il creatore mi sta veramente rendendo deforme!”. Zisi gli chiese: “Ti fa orrore?”. Ziyu rispose: “No, cosa nella morte dovrebbe farmi orrore? Il mio braccio sinistro si trasformerà in un gallo e canterò annunciare l’alba. Il mio braccio destro si trasformerà in una balestra e colpirò un gufo da fare arrosto. Il mio coccige si trasformerà in una ruota e il mio spirito in un cavallo e andrò in giro carrozza. Quando mai avrò più bisogno di un tiro di cavalli? Inoltre ho ricevuto la vita al momento giusto e la lascio obbedendo al destino. Chi è grato per il tempo che gli è stato dato e dimora nell’obbedienza non è toccato da gioia e dolore. Nell’antichità questo era detto “liberarsi dai vincoli”. Alcuni non riescono a liberarsi perché sono attaccati alle cose. Ma gli esseri non possono opporsi all’eterna legge del cielo. Di cosa mai dovrei provare orrore?”. Poi un giorno Zilai si ammalò. Il suo respiro si fece affannoso. Era ormai in punto di morte. La moglie e i figli gli stavano intorno

singhiozzando. Zili, che era venuto a trovare l’amico, disse loro: “Andate via! Non vi allarmate della trasformazione!”.151 Poi, restando sulla soglia della stanza, disse a Zilai: “Grande è la natura che ci trasforma! Cosa farà di te ora, che forma ti darà? Farà di te il fegato di un topo? La zampa di un insetto?”. Zilai rispose: “Un bambino obbedisce al padre e alla madre e va dovunque gli dicano, a est, a ovest, a sud o a nord. Lo yin e lo yang sono per un essere umano più che il padre e la madre. E sono loro a condurmi ora in prossimità della morte: se non obbedissi loro, che violenza sarebbe! Che colpa hanno della mia condizione? La Grande Zolla152 mi ha dato una forma, mi ha fatto faticare per tutta la vita, mi ha permesso l’ozio nella vecchiaia e mi lascerà riposare nella morte. Perciò se è un bene che io sia nato, è anche un bene che io muoia. Se, quando un fabbro sta fondendo un metallo, il metallo saltasse su a dire: “Voglio essere forgiato nella spada Moye!”153, il fabbro certamente considererebbe questo metallo demoniaco. Ora se, avendo osato una volta assumere la forma umana, io dicessi: “Voglio essere di nuovo un uomo! Solo un uomo!”, la natura certamente mi considererebbe un essere demoniaco. Cielo e terra sono una grande fornace e la natura è un grande fabbro. Dove mai potrei andare che non sia il posto giusto? Mi addormenterò profondamente e in un baleno mi risveglierò!”. Tre amici, Zisang Hu, Meng Zifan e Ziqin Zhang, stavano conversando e dicendo: “Chi è in grado di associarsi con gli esseri umani pur senza associarsi? Chi è in grado di unirsi agli altri senza conformarsi? Chi può ascendere al cielo, camminare sulle nubi, vagare nell’infinito e dimenticare la propria vita per sempre?” I tre si guardarono e risero. Non c’era alcun disaccordo nei loro cuori, perciò divennero amici. Altre letture: “Non disturbatelo mentre si trasforma!” – A. C. Graham (1981); “Non fategli temere la trasformazione!” – L. Kia-hway (1969); “Non disturbate il processo di cambiamento!” – B. Watson (1968). 152 La terra. 153 Famosa spada del re Holu di Wu (VI secolo a.C.).









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Dopo qualche tempo Zisang Hu morì. Non era ancora stato sepolto quando Confucio, udita la notizia, inviò il suo discepolo Zigong154 a presenziare al funerale. Quando Zigong arrivò, trovò che uno dei due amici del defunto era intento a suonare il liuto mentre l’altro lo accompagnava con il tamburo. Insieme cantavano questa canzone: “Ahi, Sang Hu! Ahi, Sang Hu! Tu solo sei tornato alla tua realtà, mentre noi restiamo qui come uomini!”. Zigong si avvicinò e disse: “Se posso osare chiedere,155 cantare davanti al defunto è forse conforme al rito?”. I due si guardarono, risero e dissero: “Che ne sa costui dell’intenzione del rito?”. Al suo ritorno Zigong riferì l’accaduto a Confucio e chiese: “Che razza di uomini sono questi? Ignorano i rituali e trattano il proprio corpo come se non appartenesse loro. Cantano davanti al defunto, senza neppure assumere un’espressione di cordoglio. Non ho parole per definirli! Che razza di uomini sono questi?”. Confucio rispose: “Questi uomini camminano fuori dai confini del mondo, mentre io mi muovo all’interno di quei confini. Fuori e dentro non si incontrano mai. È stato sciocco da parte mia mandarti a portare loro le mie condoglianze. Essi sono compagni del processo di creazione e camminano nell’unico soffio che anima cielo e terra. Considerano la vita come un’escrescenza o una verruca e la morte come l’asportazione di un tumore. Per chi pensa così, che senso ha preferire la vita alla morte? Prendono a prestito le forme di diverse creature accogliendole in uno stesso corpo. Dimenticano il fegato e la cistifellea; trascurano occhi e orecchie; scambiano l’inizio e la fine e ignorano ogni confine. Vagano senza meta al di là della polvere del mondo, liberi e leggeri. Il non-agi-













Vedi Appendice 2. Comune formula di interrogazione rispettosa.



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re156 è la loro unica occupazione. Come possono costoro lasciarsi confondere dai rituali del mondo o preoccuparsi degli occhi e delle orecchie degli spettatori?”157 Zigong disse: “In tal caso, maestro, perché tu resti dentro ai confini del mondo?”158 Confucio rispose: “A questo mi ha condannato il cielo. Ma lascia che ti dica ciò che so”. “Posso osare chiederti quali sono i confini di costoro?”. “I pesci vivono nell’acqua, gli esseri umani vivono nel Dao. Per gli esseri che vivono nell’acqua, scava uno stagno e troveranno il loro nutrimento. Per gli esseri che vivono nel Dao, la loro vita si ordina attraverso il non-agire. Perciò si dice: ‘I pesci si dimenticano gli uni degli altri nei laghi e nei fiumi, gli esseri umani si dimenticano gli uni degli altri nella pratica del Dao’”. Zigong disse: “Posso osare chiederti di parlarmi dell’essere umano singolare?”.159 “L’essere umano singolare”, disse Confucio, “è singolare solo rispetto agli uomini, ma è ordinario rispetto al cielo. Perciò si dice: ‘Colui che piccolo rispetto al cielo è un nobile fra gli uomini, colui che è un nobile fra gli uomini è piccolo rispetto al cielo’”.

Wu wei, non-agire, non-azione: questo concetto ha un ruolo fondamentale nel Laozi, mentre compare solo occasionalmente nel Zhuangzi. Si riferisce a una forma di azione in cui ogni coinvolgimento egoico si è dissolto. Non persegue dunque un obiettivo preordinato, bensì è spontanea risposta alla situazione che si dà mo mento per momento. Presuppone la capacità di riflettere in maniera limpida ciò che si dà nel momento, come uno specchio d’acqua immobile: da questa chiarezza, da questa assenza di agitazione mentale e di coinvolgimento personale l’azione emerge pulita ed efficace. Come nel tiro con l’arco zen, la freccia colpisce il bersaglio senza bisogno di mirare. Vedi anche la storia del cuoco Ding all’inizio del Capitolo 3. 157 Qui, come in molti altri passaggi, Zhuangzi fa di Confucio un apologeta della visione daoista. 158 Altre letture: “Ma allora a quale direttiva obbedite voi per la vostra condotta?” – L. Kia-hway (1969); “Allora, maestro, qual è questo ‘regno’ a cui ti attieni?” – B. Watson (1968). 159 Come l’adepto daoista.















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Yan Hui160 chiese a Confucio: “Meng Sun Cai, quando sua madre morì, la pianse senza lacrime, in cuor suo non ne fu rattristato e dispose ogni cosa per il funerale senza emettere un lamento. Fu carente in queste tre cose. Eppure tutto lo stato di Lu lodò l’organizzazione del funerale. Sicuramente ci sono persone la cui fama è immeritata! L’ho trovato davvero sorprendente”. Confucio rispose: “Meng Sun ha fatto tutto il necessario. La sua conoscenza è profonda.161 Avrebbe semplificato le cose ulteriormente se avesse potuto. Le ha semplificate nella misura del possibile. Meng Sun non sa cosa sia la vita né cosa sia la morte, ignora il prima e il dopo: immerso nelle trasformazioni degli esseri, attende l’ignoto che la trasformazione farà di lui. Se sta trasformandosi, come sa se sta veramente trasformandosi? E, se non sta trasformandosi, come sa di non essersi trasformato?162 Io e te stiamo sognando e non abbiamo ancora cominciato a svegliarci. Quanto a lui, anche se il suo corpo si spaventa, il suo cuore resta saldo. Considera il corpo una dimora che dura lo spazio di un mattino e non ha il sentimento della morte. Egli è sveglio. Se piange quando gli altri piangono è solo per la forma. Siamo tutti coinvolti nel confermarci a vicenda questa idea di un io. Ma come sappiamo che ciò che chiamiamo io contiene veramente un io? Sogni di essere un uccello e ti innalzi nel cielo. Sogni di essere un pesce e ti immergi nel profondo. E colui che parla in questo momento è desto o sta sognando? Piuttosto che attaccarti a ciò che desideri, meglio ridere. Piuttosto che ridere, meglio alli-

Il discepolo preferito di Confucio, vedi Appendice 2. Altre letture: “Quel Meng Sun possiede l’intero segreto, ha fatto un passo al di là della conoscenza” – A. C. Graham (1981); “Meng Sun va in fondo alle cose; egli ci è superiore nella conoscenza” – L. Kia-hway (1969). 162 Altre letture: “Cosa possono i morti sapere dei viventi o i viventi dei morti?” – H. A. Giles (1889); “Chissà se le nostre incessanti trasformazioni non ci conducano a uno stato senza trasformazione? Chissà se gli incessanti cambiamenti dell’universo non ci modifichino in ogni istante senza che ce ne rendiamo conto?” – L. Kia-hway (1969). 160





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nearsi con il flusso delle cose.163 In pace e allineato con il flusso delle cose, dimentichi il cambiamento ed entri nella vuota unità del cielo”.164 Yi Erzi si recò a far visita all’eremita Xuyou.165 Questi gli chiese: “Che aiuto ti ha dato Yao?”. Yi Erzi rispose: “Yao mi ha detto: ‘Devi imparare a praticare la benevolenza e la giustizia e a distinguere chiaramente il giusto dallo sbagliato’”. “Perché allora vieni da me? Yao ti ha già marchiato con la benevolenza e la giustizia e ti ha già tagliato il naso con il giusto e lo sbagliato.166 Come potrai vagare a tuo piacimento nelle terre libere e lontane?”. “Vorrei almeno avvicinarmi ai confini di quelle terre”. “Impossibile. Il cieco non può apprezzare la bellezza dei tratti e il colorito di un volto; occhi che non vedono non possono apprezzare la preziosità delle sete colorate”. Yi Erzi disse: “Tuttavia Wu Zhuang fu capace di lasciare andare la propria bellezza, Ju Liang la propria forza e l’Imperatore Giallo la propria sapienza. Tutti costoro furono forgiati e rimodellati. Come puoi sapere che il creatore non cancellerà il mio marchio e non riparerà il mio naso tagliato per lasciarmi cavalcare la completezza e seguire te, maestro?”. Xuyou rispose: “È vero, non si può sapere. Ti esporrò dunque a grandi linee l’insegnamento del mio maestro. Il mio maestro, ah, Altre letture: “Piuttosto che andare verso ciò che ti conviene, ridi; piuttosto che riconoscerlo con la tua risata, allontanalo da te” – A. C. Graham (1981); “Se incontra l’oggetto della sua felicità, non ride. Se perde l’oggetto della sua felicità, conserva il proprio riso” – L. Kia-hway (1969); “Andare in giro accusando gli altri non vale quanto ridere, e godersi una buona risata non vale quanto muoversi con le cose” – B. Watson (1968). 164 Molti passaggi di questo discorso sono di difficile interpretazione e le traduzioni esistenti sono largamente divergenti. 165 L’adepto daoista maestro del mitico imperatore Yao. 166 Tatuare il crimine commesso sulla fronte o sul volto e tagliare il naso erano punizioni comuni nella Cina antica.















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il mio maestro! Ordina i diecimila esseri, ma non lo considera giustizia; benefica le diecimila generazioni, ma non lo considera benevolenza; è più antico della più remota antichità, ma non si considera vecchio. Ricopre e sostiene cielo e terra, scolpisce e incide le innumerevoli forme, ma non si considera abile. Questo è lo spazio in cui si muove”.167 Yan Hui disse: “Faccio progressi”. Confucio gli chiese: “Cosa intendi dire?”. “Ho dimenticato la benevolenza e la giustizia”. “Bene. Ma ancora non ci sei”. Un altro giorno si incontrarono di nuovo e Yan Hui disse: “Faccio progressi”. Confucio gli chiese: “Cosa intendi dire?”. “Ho dimenticato i rituali e la musica”. “Bene. Ma ancora non ci sei”. Un altro giorno si incontrarono di nuovo e Yan Hui disse: “Faccio progressi”. Confucio gli chiese: “Cosa intendi dire?”. “Siedo e dimentico ogni cosa”. Confucio si stupì e chiese: “Cosa intendi dire con ‘Siedo e dimentico ogni cosa’?”. “Dimentico le mie membra, allontano l’intelletto, abbandono il corpo, lascio andare la conoscenza, mi unisco alla grande connessione. Questo è quello che intendo dire con ‘Siedo e dimentico ogni cosa’”. “Se sei unito alla grande connessione”, disse Confucio, “non hai più preferenze e ti trasformi senza più conservare nulla di costante. Dunque sei davvero virtuoso! Permettimi di divenire tuo discepolo!”. Ziyu e Zisang erano amici. Da dieci giorni pioveva incessantemente, perciò non si erano incontrati. Ziyu ebbe la sensazione che Zisang fosse malato. Perciò avvolse un po’ di riso in un fagotto



























Il “maestro” di cui Xuyou parla è ovviamente il Dao.



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e lo portò all’amico. Giunto sulla soglia della casa di Zisang, udì qualcosa come un canto o un pianto accompagnato dal suono di un liuto: “O padre! O madre! O cielo! O uomo!”. Non c’era forza nella voce e il canto era affannoso. Ziyu entrò e chiese: “Perché mai canti in questo modo?”. “Mi chiedo quale sia la causa della condizione disperata in cui mi trovo e non riesco a trovarla. Come possono mio padre e mia madre desiderare questa miseria per me? Il cielo copre ogni cosa in maniera disinteressata, la terra sostiene ogni cosa senza parzialità, come possono cielo e terra scegliere per me questa miseria? Cerco di scoprirne la causa, ma non la trovo. Se sono giunto a questa estremità, non può che essere opera del fato”.168







Il senso di questa storia non è del tutto chiaro. In Laozi, 73, troviamo: “Degli odi del cielo chi conosce la ragione? Il saggio è incerto e prudente al riguardo”. Forse questo aneddoto contiene un analogo messaggio sull’imperscrutabilità dei disegni celesti.



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應 帝 王

Rivolto a re e imperatori



























L’imperatore del Mare Meridionale si chiamava Subitaneo, l’imperatore del Mare Settentrionale si chiamava Improvviso, l’imperatore del Regno di Mezzo si chiamava Caos. Spesso Subitaneo e Improvviso si incontravano nella terra di Caos, che li ospitava con grande generosità. Discussero perciò come ricompensare la sua gentilezza. “Tutti gli esseri umani”, dissero, “hanno sette aperture che permettono loro di vedere, udire, mangiare e respirare. Solo Caos non ne ha nessuna. Proviamo a praticargli qualche apertura”. Ogni giorno gliene fecero una. Il settimo giorno Caos morì.





Nie Que pose quattro domande a Wang Ni e quattro volte Wang Ni non seppe rispondere. Nie Que fece salti di gioia e si recò a ri-





In questo breve capitolo, l’ultimo dei Capitoli Interni, il tema prevalente è quello del governo del saggio. Questa tematica non occupa nel Zhuangzi un posto altrettanto centrale che nel Laozi: assai più congeniale a Zhuangzi è la figura del maestro solita rio, che disdegna i coinvolgimenti mondani e le lusinghe del potere per “vagare nella terra dell’Assolutamente Nulla e stabilirsi nel campo Deserto Selvaggio”. Tuttavia questo distacco dal mondo non è visto come del tutto incompatibile con l’esercitare una funzione di governo. Il re illuminato porta nella sua azione di governo lo stesso spirito che caratterizza l’adepto solitario: deve in primo luogo correggere se stesso; solo allora, e di conseguenza, “il mondo sarà ben governato”. Altrettanto importante, come del resto nel Laozi, è l’idea che la sua azione non debba esibirsi alla luce del sole, bensì debba restare il più possibile nascosta. Assai più che nel Laozi, tuttavia, questa invisibilità ha qui un valore difensivo: le immagini evocate sono quelle di un uccello che si innalza fuori dalla portata della freccia che vorrebbe colpirlo e di un topo che si nasconde in una galleria profonda. Al di fuori di questa tematica si situano due episodi. La concisa parabola di Hun Dun (Caos) che conclude il capitolo riguarda lo stato di interezza e impermeabilità agli eventi esterni dell’adepto daoista. L’episodio che ha come protagonisti Liezi e il suo maestro ha invece a che fare con la dimensione sciamanica del daoismo, dimensione che viene qui presentata come una deviazione e una distrazione rispetto all’autentico cammino dell’adepto. Significativo in questo senso è il fatto che la risoluzione dell’episodio è la scelta da parte di Liezi di una vita assolutamente semplice e ordinaria. È questa l’altra anima del daoismo - la più essenziale, sono tentato di dire che tuttavia non arriva mai a disfarsi completamente (se non nella filiazione che darà vita allo zen) della sua attrazione verso il magico, il portentoso, lo straordinario.

ferirlo al maestro Puyi.169 Puyi disse: “Te ne accorgi ora? L’imperatore Youyu non è paragonabile all’imperatore Tai.170 Youyu possedeva benevolenza sufficiente per conquistarsi gli esseri umani, ma non sapeva nulla del non-umano. Tai si addormentava tranquillo e si svegliava a volte come un cavallo, a volte come un bue.171 La sua conoscenza era affidabile, la sua virtù genuina. Perciò non si perse mai nel nonumano”.172 Jian Wu si recò a far visita al pazzo Jie Yu.173 Jie Yu gli chiese: “Cosa ti ha detto Ri Zhongshi?”. Jian Wu rispose: “Mi ha insegnato che un signore di uomini promulga i propri principi e le proprie leggi. Così nessuno osa disobbedire e tutti sono trasformati”. “Questa è una falsa virtù davvero”, disse Jie Yu. “Governare il mondo in questo modo è come cercare di passare a guado un oceano, scavare un buco nell’acqua di un fiume o caricare una montagna sul dorso di na zanzara. Quando il saggio governa, si Nel Capitolo 12 troviamo questa linea di trasmissione di insegnamenti: “Il maestro di Yao [mitico imperatore saggio, vedi Appendice 1] si chiamava Xuyou, il maestro di Xuyou si chiamava Nie Que, il maestro di Nie Que si chiamava Wang Ni, il maestro di Wang Ni si chiamava Beiyi”. Possiamo presumere che Puyi sia il maestro di Wang Ni colà citato come Beiyi. 170 Youyu è il nome personale del leggendario imperatore saggio Shun, corrispondente all’ideale etico dei filosofi confuciani. Zhuangzi immagina qui un ancora più antico imperatore Tai (il cui nome significa “supremo”) che incarna l’ideale di saggezza daoista. 171 Altre letture: “A volte si pensava un cavallo, altre volte un bue” – H. A. Giles (1889); “In un momento si riteneva il ‘cavallo’ dei sofisti, il momento dopo il ‘bue’” – A. C. Graham (1981); “Poco gli importa che lo si consideri un cavallo o un bue” – L. Kia-hway (1969); “A volte pensava di essere un cavallo, a volte di essere una vacca” – B. Watson (1968). 172 Il senso potrebbe essere che il saggio daoista non è identificato esclusivamente con la propria forma umana, bensì è partecipe della vita cosmica. Questo riflette fra l’altro un’antica concezione sciamanica (Fu Xi, il mitico primo imperatore e fondatore della civiltà, è spesso raffigurato con corpo umano e coda di serpente). 173 Abbiamo già incontrato questi due personaggi nel primo capitolo.











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occupa forse di ciò che sta fuori? Prima corregge se stesso, poi agisce: così è in grado di portare a termine la sua opera. L’uccello si innalza fuori dalla portata della freccia, il topo scava una galleria profonda sotto il sacro tumulo per evitare di essere scovato con il fumo. Hai forse meno senno di queste piccole creature?”.174 Radice del Cielo era in viaggio sul lato yang del Monte Yin. Giunto sulle rive del Fiume Lussureggiante incontrò Persona Senza Nome e le chiese: “Perdona, posso chiederti come governare il mondo?”. Persona Senza Nome rispose: “Vattene, villano! Che domanda inopportuna! Sto per andare a spasso con il creatore. Quando questo dovesse venirmi a noia, cavalcherò l’uccello Scompare Nel Cielo al di là dei punti cardinali, vagherò nella terra dell’Assolutamente Nulla e mi stabilirò nel campo Deserto Selvaggio. Che importanza può avere come governare il mondo?”. Ma Radice del Cielo ripeté la sua domanda. Persona Senza Nome disse allora: “Lascia che la tua mente vaghi nell’insapore,175 unisci il tuo spirito al deserto senza forma, lasciati guidare dalla natura intrinseca delle cose e dimentica ogni fine personale. Così il mondo sarà ben governato”. Yang Ziju si recò a far visita a Lao Dan176 e chiese: “Una persona rapida nell’agire, forte come un trave, dotata di una chiarezza

L’azione di governo del saggio è sottile e invisibile (vedi, per esempio, Laozi 17: “I governanti supremi i sudditi appena sanno di averli… Quando l’opera è portata a termine e la cosa è realizzata, i cento clan tutti insieme dicono: ‘Spontaneamente, da noi stessi abbiamo fatto questo!’”). Il re saggio perciò, come le “due piccole creature”, è fuori dalla portata di ogni attacco. 175 Il termine dan, “insapore”, abbraccia i significati “scialbo, insipido, diluito, leggero, pallido” (l’etimologia è “acqua sul fuoco”). In Laozi, 35, troviamo: “Il Dao emerge dalla bocca scialbo e insapore”. Non nei colori, sapori o emozioni forti, ma nel disegno sottile delle cose possiamo apprezzare l’azione del Dao. Questa anche una caratteristica generale dell’estetica cinese. 176 Laozi.











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penetrante nel comprendere gli esseri e infaticabile nello studio del Dao può essere paragonata a un re illuminato?”. Lao Dan rispose: “Una persona siffatta sarebbe, in confronto al saggio, un semplice artigiano, che affatica il corpo e la mente. La tigre e e il leopardo sono cacciati per l’elegante disegno della loro pelle; la scimmia e il cane si ritrovano un collare intorno al collo, la prima per la sua destrezza, il secondo per la sua utilità nella caccia.177 Come potrebbe un uomo simile essere paragonato a un re illuminato?”. Yang Ziju, assai sorpreso, disse: “Posso allora osare chiedere come governa un re illuminato?”. “I benefici del suo governo”, rispose Lao Dan, “coprono il mondo intero, ma non sembrano opera sua. Egli trasforma i diecimila esseri, ma non rende la gente dipendente. Non conferisce promozioni né elogi, bensì lascia che ogni essere trovi da sé la propria gioia. Si stabilisce nel paese dell’imprevedibile e viaggia nel regno del non-essere”. In Zheng c’era uno sciamano di nome Ji Xian. Era in grado di predire la vita o la morte, la fortuna o la disgrazia, una lunga vita o una morte prematura e di specificare l’anno, il mese e il giorno di un evento con soprannaturale accuratezza. La gente di Zheng lo temeva e fuggiva quando lo vedeva. Liezi178 invece andò a trovarlo e ne rimase affascinato a tal punto che, al suo ritorno, disse al suo maestro Huzi: “Consideravo il tuo Dao, maestro, come il punto di arrivo ultimo. Ora so che c’è qualcosa di ancora più perfetto”. Huzi rispose: “Finora ti ho insegnato solo la forma, non ancora la sostanza. Cosa ne sai del Dao? Se nel tuo pollaio ci sono molte galline, ma manca il gallo, che uova possono deporre? Se cerchi di imporre il Dao alla gente e vuoi che ti credano, la gente ti legge Il senso è simile a quello del precedente discorso del pazzo Jie Yu: la virtù visibile, evidente, scrive da sé la propria condanna. L’adepto invece opera in maniera sottile, senza apparire l’artefice delle trasformazioni che realizza. 178 Adepto daoista che abbiamo già incontrato nel primo capitolo, vedi Appendice 2.











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in faccia. Portami questo tuo indovino, voglio scoprire se riesce a vedere in me”. L’indomani Liezi portò lo sciamano da Huzi. Uscendo, lo sciamano disse a Liezi: “Il tuo maestro morirà presto. Non gli restano dieci giorni di vita. Ho visto in lui solo ceneri bagnate”. Liezi rientrò nella stanza piangendo fino a inzuppare di lacrime il collare dell’abito e riferì a Huzi le parole dell’indovino. Huzi disse: “Mi sono mostrato a lui come la terra senza movimento, in cui nulla germoglia. Probabilmente ha interpretato questo come energia vitale bloccata.179 Portalo qui di nuovo”. L’indomani Liezi portò nuovamente lo sciamano da Huzi. Uscendo, questi disse a Liezi: “Che fortuna che il tuo maestro mi abbia incontrato! Guarirà completamente. In lui c’è nuovamente vita. Ho visto che il blocco energetico era solo momentaneo”. Liezi rientrò nella stanza e riferì a Huzi le parole dell’indovino. Huzi disse: “Mi sono mostrato a lui come la terra del cielo, senza nome né sostanza, respirando dai talloni.180 Probabilmente ha interpretato questo come energia vitale attiva. Portalo qui di nuovo”. L’indomani Liezi portò nuovamente lo sciamano da Huzi. Uscendo, questi disse a Liezi: “Il tuo maestro è sempre diverso!













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Altre letture: “Semplicemente non gli ho permesso di vedere la mia energia latente” – H. A. Giles (1889); “Penso che mi abbia visto come sono quando trattengo gli impulsi del Potere” – A. C. Graham (1981); “Probabilmente ha visto in me l’Opera della Virtù Chiusa” – B. Watson (1968). Altre letture: “Mi sono mostrato a lui come il cielo si mostra in tutta la sua spassionata grandezza” – H. A. Giles (1889): “Gli ho mostrato il Cielo e la terra fecondata. Nomi e sostanze non erano entrati in gioco, ma gli impulsi salivano dai miei talloni” – A. C. Graham (1981); “È perché mi sono presentato a lui sotto l’immagine del cielo. Ha visto che la fama e la ricchezza non mi interessavano e che il segno di vita saliva dai miei talloni” – L. Kia-hway (1969).



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Così non posso esaminarlo. Se si stabilizza, tornerò a esaminarlo”.181 Liezi rientrò nella stanza e riferì a Huzi le parole dell’indovino Huzi disse: “Questa volta mi sono mostrato a lui come il vuoto in cui nessuna azione prevale. Probabilmente ha interpretato questo come azione equilibrata dei soffi vitali. Dove la balena si immerge c’è un abisso; dove l’acqua è ferma c’è un abisso; e dove l’acqua scorre c’è un abisso. Questi sono tre fra i nove nomi dell’abisso.182 Portalo qui di nuovo”. L’indomani Liezi portò nuovamente lo sciamano da Huzi; ma appena giunto in presenza di Huizi l’indovino fu preso dal panico e fuggì. Huzi disse: “Rincorrilo!”. Liezi lo rincorse, ma non riuscì a raggiungerlo. Tornato da Huzi gli riferì la cosa, dicendo: “È svanito! È scomparso! Non sono riuscito a raggiungerlo!”. Huzi disse: “Mi sono mostrato a lui come non ancora emerso dall’Antenato183, partecipe del vuoto, serpeggiante come una biscia, senza ‘chi’ né ‘che cosa’. Gli è sembrato di dissolversi, di essere portato via dalle onde:184 per questo è fuggito”. Dopo di che Liezi si rese conto di non avere neppure cominciato a imparare. Tornò a casa e per tre anni non se ne allontanò. Cucinava per sua moglie e dava da mangiare ai maiali come se fosAltra lettura: “Il tuo maestro non digiuna, perciò non posso leggere nulla nel suo volto. Provi a digiunare e lo leggerò di nuovo” – A. C. Graham (1981). 182 Altra lettura: “Questi tre vortici fanno parte dei famosi nove vortici” – L. Kiahway (1969). Liou Kia-hway aggiunge in nota che i nove vortici sono menzionati anche nel Liezi e corrispondono a nove tappe di trasformazione del feto nel ventre della madre e a nove stati del cinabro nel calderone dell’alchimista. 183 Dal Dao. 184 Altre letture: “Or ora mi sono mostrato a lui come il Tao appariva prima della creazione del tempo. Ero per lui un grande vuoto, esistente in sé. Non sapeva più chi fossi. È sbiancato in volto e si è confuso” – H. A. Giles (1889); “L’ho accolto con umiltà e mi sono così perfettamente conformato a lui che non sapeva più che cosa ero. Non ho fatto altro che imitare le erbe che si incurvano sotto il vento e le onde che irrompono” – L. Kia-hway (1969); “Mi sono presentato a lui vuoto, serpeggiante e volteggiante, senza più sapere del ‘chi’ o del ‘cosa’, ora incurvandomi, ora scorrendo con le onde” – B. Watson (1968).













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sero esseri umani. Rimaneva distaccato in qualunque cosa facesse. Dalla pietra preziosa ritornò alla semplice zolla di terra. Saldo nell’unicità della propria forma e impermeabile alle confuse vicende della vita, perdurò in questo stato fino alla fine dei suoi giorni”.185 Non inseguire la fama, non fare progetti, non occupare posti di responsabilità, non cercare di possedere la conoscenza. Incarna pienamente l’illimitato e cammina nella terra dove non esiste io. Vivi fino in fondo ciò che hai ricevuto dal cielo, senza illuderti di possedere alcunché. Sii vuoto, nient’altro. L’essere umano perfetto fa del suo cuore uno specchio. Non desidera alcunché, non accoglie alcunché: risponde alle situazioni, ma non trattiene nulla per sé. Così conquista gli esseri e non subisce alcun danno. L’imperatore del Mare Meridionale si chiamava Subitaneo, l’imperatore del Mare Settentrionale si chiamava Improvviso, l’imperatore del Regno di Mezzo si chiamava Caos.186 Spesso Subitaneo e Improvviso si incontravano nella terra di Caos, che li ospitava con grande generosità. Discussero perciò come ricompensare la sua gentilezza. “Tutti gli esseri umani”, dissero, “hanno sette aperture che permettono loro di vedere, udire, mangiare e respirare. Solo Caos non ne ha nessuna. Proviamo a praticargli qualche aper-



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Graham commenta: “Qui come nel primo capitolo Liezi ci appare come il daoista che si perde inseguendo poteri magici. Il suo maestro, Huzi, non è interessato alla magia perché è in grado di ritirarsi al di là della vita e della morte in quello stato in cui ‘il corpo è come un albero rinsecchito e il cuore come cenere spenta’ [vedi l’inizio del Capitolo 2], esteriormente indistinguibile dalla morte. Come altrove nei Capitoli interni la sola tecnica presa in considerazione è il controllo del qi [soffio vitale] per mezzo di una respirazione profonda che ‘sale dai talloni’ [vedi anche la descrizione dell’essere umano autentico nel Capitolo 6]… Il non iniziato, che è attaccato alla vita, alla semplice vista di questo stato è sopraffatto dall’orrore della dissoluzione dell’io”. Hun dun (Caos) denota il caos primordiale, prima della separazione di cielo e terra e dell’origine dei diecimila esseri.



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tura”. Ogni giorno gliene fecero una. Il settimo giorno Caos morì.187



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Giles nota come questa storia illustri i pericoli dell’agire e ricordi, fra i molti riferimenti possibili a questo proposito nel Laozi, il Capitolo 29: “Il mondo è un recipiente sacro: non si può cambiare. Coloro che lo cambiano, lo rovinano, coloro che lo afferrano, lo perdono”. Il riferimento è appropriato, ma credo che la parabola abbia anche un senso più specifico. L’essere umano ordinario, avido di vita a un livello grossolano, è interamente rivolto all’esterno. L’adepto capovolge questo movimento e rivolge l’attenzione all’interno. È pertanto, come Caos, “sigillato”, nel senso che l’attrazione e l’attaccamento agli oggetti del mondo esterno non hanno presa su di lui. Il benintenzionato tentativo dei due imperatori di ricondurre il loro anfitrione alla normalità degli esseri umani, permeabili alle distinzioni del mondo, è perciò in contrasto con la natura essenziale di Caos, che è unità indifferenziata, perfetta nella sua caotica totalità.

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駢 拇

Piedi palmati





































Se per raddrizzare qualcosa abbiamo bisogno di ganci e funi o di squadra e compasso, vuol dire che stiamo violando la sua natura intrinseca. Se per consolidare qualcosa abbiamo bisogno di legare con corde e incollare con lacca, vuol dire che stiamo calpestando la sua virtù intrinseca. Cullare la mente della gente con le pantomime dei riti e della musica e con le prediche sulla benevolenza e sulla giustizia, questo è corromperne la natura eterna. Nel mondo vi è una natura eterna: in essa ciò che è curvo non è stato incurvato da un gancio, ciò che è diritto non è stato raddrizzato da una corda, ciò che è circolare non è stato disegnato col compasso… Perciò quando il mondo è guidato dalla natura eterna, tutti gli esseri vivono senza sapere perché vivono e ottengono ciò che occorre loro senza sapere perché lo ottengono: da sempre è così e non può essere altrimenti.

Quando va perduto il Dao emerge la virtù, quando va perduta la virtù emerge la benevolenza, quando va perduta la benevolenza emerge la giustizia, quando va perduta la giustizia emerge il rituale. Il rituale è il rivestimento sottile della lealtà e della sincerità e l’inizio del disordine. Sostituire alla saggezza della natura l’artificiosa imposizione di un’etica, qualsiasi essa sia, non può che essere dannoso: la repressione è madre della perversione, il moltiplicarsi delle leggi fa dilagare l’illegalità e la hybris dell’intelligenza genera disastri. Solo la benevolenza e la giustizia che sono spontanea espressione del Dao sono autenticamente benefiche. Un tema collaterale del capitolo è perciò l’eccessivo sviluppo dei sensi rivolti alla conoscenza del mondo esterno: questo è visto come un’aberrazione simile a un piede palmato o a un sesto dito della mano. Solo rivolgere l’attenzione all’interno, alla conoscenza di sé, è realmente utile.

L’alluce unito alle altre dita del piede o un dito in più nella mano sono prodotti dalla natura intrinseca di un essere umano, ma sono un eccesso e una stravaganza dal punto di vista della virtù.188 Tumori e verruche sono prodotti dal corpo, ma sono un eccesso e una

















De, “virtù”, ha qui il senso di “funzione, efficacia”.



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È questo il primo dei Capitoli Esterni (8-22) del Zhuangzi (vedi l’Introduzione per una discussione delle diverse parti del libro) e il primo di un blocco (Capitoli 8-10 e parte del Capitolo 11) che Graham attribuisce a un autore che definisce “primitivista” e colloca verso la fine del III secolo a.C. Il tema centrale di questo capitolo è un’invettiva contro la predicazione confuciana di benevolenza e giustizia. A questa viene contrapposta la spontanea espressione della propria natura intrinseca e l’aderenza al proprio destino (alle “qualità ricevute dal cielo”). La filosofia sottostante è simile a quella che trova espressione, per esempio, in Laozi 38:

stravaganza dal punto di vista della natura intrinseca. L’uso indiscriminato di benevolenza e giustizia, anche se allineato con i cinque visceri,189 non è la corretta pratica del Dao e della virtù. Perciò, come i piedi palmati o un sesto dito sono inutili appendici, così sono inutili appendici l’uso indiscriminato delle passioni dei cinque visceri, l’uso eccessivo ed erroneo di benevolenza e giustizia, l’uso indiscriminato della vista e dell’udito. Chi ha una vista eccessivamente acuta190 è confuso dai cinque colori ed è abbagliato dallo splendore dei ricami multicolori, non è vero? Questo è il caso di Lizhu.191 Chi ha un udito eccessivamente acuto è confuso dai cinque toni e stregato dai sei timbri di metallo, pietra, seta, bambù e canne huangzhong e dalu, non è vero? Questo è il caso del maestro di musica Kuang.192 Colui che eccede nella benevolenza promuove la propria virtù a scapito della propria natura intrinseca per ottenere la fama e indurre con belle parole il mondo ad adottare norme etiche inarrivabili, non è vero? Questo è il caso di Zeng e Shi.193 Colui che eccede nella dialettica compone frasi che sono come tegole ammucchiate o corde annodate e si perde fra il “duro” e il “bianco”, fra il simile e il dissimile, cercando un’effimera gloria con parole inutili. Questo è il caso di Yang e

Insieme alla classificazione su base duale (yin e yang), la classificazione in base ai cinque movimenti o fasi trasformative (legno, fuoco, terra, metallo e acqua) era largamente usata in ogni campo del sapere. Per suo tramite erano stabilite associazioni fra fenomeni diversissimi, per esempio fra i cinque visceri (fegato, cuore, milza, polmoni e reni) e le cinque virtù confuciane (benevolenza, sincerità, saggezza, correttezza e giustizia). 190 Letteralmente, “chi è palmato nella vista”. 191 Di cui si diceva che fosse in grado di vedere la punta di uno spillo a mille miglia di distanza. 192 Famoso musicista, che abbiamo già incontrato nel secondo capitolo. 193 Zeng Shen, discepolo di Confucio, e Shiyu, storiografo dello stato di Wei, il primo modello di benevolenza, il secondo di giustizia, vedi Appendice 2.



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Mo.194 Tutti costoro hanno piedi palmati e smarriscono il Dao: non sono esempi di correttezza per il mondo. Chi si attiene alla correttezza non perde la propria natura intrinseca e il proprio destino. In una persona siffatta ciò che si unisce non è un piede palmato, ciò che si separa non è un sesto dito, il lungo non è in eccesso, il corto non è carente. Le zampe dell’anatra sono corte, ma allungarle le arrecherebbe danno; le zampe della gru sono lunghe, ma accorciarle le arrecherebbe danno. Ciò che è intrinsecamente lungo non va accorciato; ciò che è intrinsecamente corto non va allungato. Altrimenti si produce un danno. L’intenzione della benevolenza e della giustizia non appartiene alla natura intrinseca dell’essere umano.195 I campioni della benevolenza, quanti danni producono! Colui che ha il piede palmato piange se le sue dita vengono separate a forza; colui che ha un sesto dito nella mano piange se gli viene morso via. Di questi due uno ha un dito in più, l’altro un dito in meno, ma la loro sofferenza è identica. Oggi le persone benevole soffrono per i mali del mondo, mentre le persone non benevole accumulano ricchezze e onori, incuranti della propria natura intrinseca e del proprio destino. L’intenzione della benevolenza e della giustizia non appartiene alla natura intrinseca dell’essere umano. Fin dai tempi delle Tre Ere,196 quanto rumore si è fatto intorno a queste virtù!

Yang Zhu è un filosofo edonista, Modi o Mozi è il caposcuola del moismo, Vedi Appendice 2. L’ironica allusione al “duro” e al “bianco” è un riferimento alle diatribe dei sofisti. 195 La tesi, ricorrente nel Zhuangzi e in tutto il daoismo, è che benevolenza e giustizia, quando sono frutto di una disciplina etica intenzionalmente adottata, sono distorte e in ultima analisi dannose. Solo quando emergono spontaneamente dalla natura intrinseca e sono conseguenza spontanea della saggezza sono autenticamente benefiche. 196 I regni dei leggendari tre primi imperatori: Fuxi, Shennong e Huangdi (l’Imperatore Giallo). Vedi Appendice 1.







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Se per raddrizzare qualcosa abbiamo bisogno di ganci e funi o di squadra e compasso, vuol dire che stiamo violando la sua natura intrinseca. Se per consolidare qualcosa abbiamo bisogno di legare con corde e incollare con lacca, vuol dire che stiamo calpestando la sua virtù intrinseca. Cullare la mente della gente con le pantomime dei riti e della musica e con le prediche sulla benevolenza e sulla giustizia, questo è corromperne la natura eterna.197 Nel mondo vi è una natura eterna: in essa ciò che è curvo non è stato incurvato da un gancio, ciò che è diritto non è stato raddrizzato da una corda, ciò che è circolare non è stato disegnato col compasso, ciò che è quadrato non è stato tracciato con la squadra, ciò che è unito non è stato incollato con la lacca, ciò che è vincolato non è stato legato con funi. Perciò quando il mondo è guidato dalla natura eterna tutti gli esseri vivono senza sapere perché vivono e ottengono ciò che occorre loro senza sapere perché lo ottengono: da sempre è così e non può essere altrimenti. Che bisogno c’è allora di benevolenza e giustizia, di colle, lacche, corde e funi per camminare nel Dao e nella virtù?198 Queste cose solo confondono la gente. Una piccola confusione altera l’orientamento degli esseri umani, una grande confusione altera la loro natura intrinseca. Come so che è così? Da quando l’uomo del clan Yu199 cominciò a creare

Altre letture: “Inchinarsi e accovacciarsi per i Riti e la Musica, sorridere e compiacersi su Buona Volontà e Dovere per confortare i cuori del mondo è perdere ciò che di costante vi è in te” – A. C. Graham (1981); “Chi piega gli uomini con il rito e li fiacca con la musica, chi li protegge con la bontà e li tiene uniti con la giustizia, questi corrompe la loro natura ordinaria” – L. Kiahway (1969). 198 Altre letture: “E la bontà e la giustizia, che al pari della colla e della lacca, della corda e della fune uniscono gli uomini, come potrebbero avere qualche influenza nel mondo governato dal Dao e dalla virtù?” – L. Kia-hway (1969); “Perché allora introdurre la benevolenza e la giustizia, il groviglio e la sequela di colla e lacca, corde e funi e cercare di vagare nel regno del Dao e della sua Virtù?” – B. Watson (1968). 199 Il saggio imperatore Shun, ideale dei confuciani, vedi Appendice 1.





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confusione nel mondo predicando la benevolenza e la giustizia tutti non fanno che parlare di benevolenza e giustizia. Non è forse questo un segno che la benevolenza e la giustizia hanno alterato la natura degli esseri umani? Cerco di chiarire questo punto. A partire dalle Tre Ere non c’è nessuno che non abbia alterato la propria natura intrinseca per via di qualche cosa. Il piccolo uomo è pronto a mettere a repentaglio la propria vita per il profitto; il letterato per la fama; il funzionario per l’onore della sua famiglia; il saggio per il mondo intero. Tutti costoro hanno diverse occupazioni e differente reputazione, ma sono identici nel violare la propria natura intrinseca e mettere a repentaglio la propria vita. I pastori Zang e Gu custodivano insieme le loro greggi ed entrambi persero. Se chiedi a Zang come è successo, ti risponderà che portava le con sé un fascio di striscioline di bambù e stava leggendo.200 Se chiedi a Gu come è successo, ti risponderà che stava giocando a dadi. Le loro occupazioni erano diverse, ma hanno perso le loro pecore nello stesso modo. Boyi201 è morto cercando la gloria ai piedi del Monte Shouyang. Il brigante Zhi202 è morto cercando il profitto sul colle Dongling. Le morti di questi due sono diverse, ma nel mettere a repentaglio la vita e ferire la propria natura intrinseca sono uguali. Perché allora dobbiamo ritenere che Boyi sia nel giusto e il brigante Zhi sia in errore? Nel mondo tutti mettono a repentaglio la propria vita: ma coloro che lo fanno per la benevolenza e la giustizia sono considerati nobili, mentre coloro che lo fanno per denaro sono considerati piccoli uomini. Il rischio è identico, ma in un caso abbiamo il nobile, nell’altro il piccolo I libri, all’epoca della composizione del Zhuangzi, consistevano prevalentemente di fasci di striscioline di bambù sulle quali i caratteri erano iscritti verticalmente. Zang, confucianamente, stava coltivando la propria mente, mentre Gu era coinvolto in un futile passatempo. 201 Boyi, figlio maggiore di re Wen di Zhou (vedi Appendice 1), abdicò a favore del fratello e preferì lasciarsi morire di fame che servire un monarca che considerava illegittimo. Era considerato un modello di giustizia. 202 Il brigante Zhi è un esempio paradigmatico di avidità e violenza.



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uomo. Nel mettere a repentaglio la vita e violare la propria natura intrinseca il brigante Zhi e Boyi sono uguali. Come scegliere allora fra di loro chi è il nobile e chi è il piccolo uomo? Di colui che subordina la propria natura intrinseca alla benevolenza e alla giustizia, anche se dovesse uguagliare Zeng e Shi, non dirò che è nel giusto. Di colui che subordina la propria natura intrinseca ai cinque sapori, anche se dovesse uguagliare Yuer, non dirò che è nel giusto. Di colui che subordina la propria natura intrinseca ai cinque toni, anche se dovesse uguagliare maestro Kuang, non dirò che possiede un buon udito. Di colui che subordina la propria natura intrinseca ai cinque colori, anche se dovesse uguagliare Lizhu, non dirò che ha la vista limpida. Ciò che considero giusto non è ciò che viene considerato benevolenza e giustizia: il giusto è la virtù, è semplicemente aderire alla propria natura intrinseca e al proprio destino. Ciò che considero buon udito non è la capacità di udire l’altro: è semplicemente udire sé. Ciò che considero vista limpida non è la capacità di vedere l’altro: è semplicemente la capacità di vedere sé. Colui che non vede sé, ma vede l’altro, colui che non è contento della propria sorte, ma desidera quella di un altro, realizza ciò che appartiene all’altro, ma perde ciò che appartiene a lui stesso; realizza ciò che è appropriato all’altro, ma non ciò che è appropriato a lui stesso. In tal caso, sia egli un brigante Zhi o un Boyi, è ugualmente in eccesso e in errore.







Vergognandomi della mia inadeguatezza nei confronti del Dao e della virtù, non oso innalzarmi a una condotta di benevolenza e giustizia, né abbassarmi a una condotta di eccesso e di errore.

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⾺ 蹄

Gli zoccoli dei cavalli













































Nell’epoca della virtù perfetta gli esseri umani camminavano a passo tranquillo e il loro sguardo era sorridente e diretto. A quel tempo non vi erano sentieri sulle montagne, né barche o ponti sui fiumi. I diecimila esseri vivevano gli uni accanto agli altri. Gli uccelli e gli animali formavano i loro stormi e branchi e i cespugli e le piante crescevano alti. Si poteva legare una cordicella a un uccello o a un animale e portarlo a passeggio. Ci si poteva arrampicare fino al nido della gazza e guardarvi dentro. Nell’epoca della virtù perfetta gli esseri umani vivevano come gli uccelli e gli animali e i loro clan coabitavano con i diecimila esseri. Chi discriminava allora fra nobile e plebeo? Nella loro comune ignoranza, la virtù non li abbandonava, nella loro comune assenza di desideri, erano come un blocco di legno grezzo. Nella semplicità del blocco di legno grezzo realizzavano la loro vera natura.

I cavalli hanno zoccoli per camminare sul gelo e sulla neve e pelo per proteggersi dal vento e dal freddo. Brucare l’erba, bere al ruscello, saltare e galoppare è la loro vera natura. Anche se avessero splendide terrazze e grandi palazzi non saprebbero che farsene. Poi arriva Bole203 e dice: “Io so come si governano i cavalli”. Strina loro il pelo, li rade, lima loro gli zoccoli, li marchia, mette loro martingala e groppiera e li rinchiude in stalle e recinti. A questo punto due o tre cavalli su dieci già sono morti. Poi li addestra a resistere alla fame e alla sete, li fa trottare e galoppare in formazione o allineati. Davanti sono tormentati dal morso e dalle redini, dietro dalla frusta. A questo punto più di metà dei cavalli è morta. Il vasaio dice: “Io so come si governa l’argilla”. Traccia cerchi con il compasso, e disegna angoli con la squadra. Il falegname dice: “Io so come si governa il legno”. Lo flette con una sagoma, lo raddrizza con il filo a piombo. Ma la vera natura dell’argilla e del legno desidera forse sottomettersi al compasso e alla squadra, alla sagoma e al filo a piombo? Eppure generazione dopo generazione costoro sono lodati: Bole viene considerato un esperto nel governare i cavalli, il vasaio e il falegname sono considerati esperti nel governare l’argilla e il legno. Questo è anche l’errore di coloro che governano il mondo. Chi sa governare il mondo non procede in questo modo. La natura intrinseca della gente è eterna: tesse per coprirsi e coltiva la terra per cibarsi. Questa è la virtù comune degli esseri umani. In







Famoso esperto di cavalli dell’epoca delle Primavere e degli Autunni (722-479 a.C.).



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Questo breve capitolo sviluppa il tema della superiorità della natura sulla cultura, di ciò che è semplice e spontaneo sul calcolo e sull’artificio, un’idea ricorrente in tutto il Zhuangzi. L’elogio della naturalezza trova la sua espressione più piena nello squisito ritratto degli esseri umani dell’epoca della virtù perfetta”, un tema che verra ripreso nel Capitoli 10, 12 e 29.

essa tutti sono uniti e imparziali. Questo è ciò che si dice “lasciare che il cielo faccia il suo corso”. Nell’epoca della virtù perfetta gli esseri umani camminavano a passo tranquillo e il loro sguardo era sorridente e diretto. A quel tempo non vi erano sentieri sulle montagne, né barche o ponti sui fiumi. I diecimila esseri vivevano gli uni accanto agli altri. Gli uccelli e gli animali formavano i loro stormi e branchi e i cespugli e le piante crescevano alti. Si poteva legare una cordicella a un uccello o a un animale e portarlo a passeggio. Ci si poteva arrampicare fino al nido della gazza e guardarvi dentro. Nell’epoca della virtù perfetta gli esseri umani vivevano come gli uccelli e gli animali e i loro clan coabitavano con i diecimila esseri. Chi discriminava allora fra nobile e plebeo? Nella loro comune ignoranza, la virtù non li abbandonava, nella loro comune assenza di desideri, erano come un blocco di legno grezzo.204 Nella semplicità del blocco di legno grezzo realizzavano la loro vera natura. Poi vennero i saggi,205 zoppicando per raggiungere la benevolenza e vantandosi di possedere la giustizia: e nel mondo comparve il dubbio. Inondarono il mondo con la loro musica, introdussero regole con i loro riti:206 e nel mondo comparvero le divisioni. Se il legno grezzo non fosse stato spaccato, come potrebbero esistere le Il valore positivo dell’ignoranza, del “non sapere”, bu zhi, è un tema ricorrente nel Laozi. Vedi, per esempio, il Capitolo 71: “Sapere di non sapere è la conoscenza suprema”. La via dell’adepto non è quella dell’accumulazione di conoscenze, bensì è uno spogliarsi, è il ritorno a uno stato di semplicità essenziale, descritto dalla metafora del “blocco di legno grezzo” (in cui tutte le forme sono potenzialmente contenute) o da quella del “neonato”. 205 Il “saggio” è un termine ambivalente nel Zhuangzi: a volte viene usato per indicare l’adepto daoista, l’essere umano perfetto; altre volte invece indica colui che viene reputato saggio dal senso comune, per esempio il letterato confuciano, la cui sapienza, agli occhi del daoista, è tutta esteriore. 206 Altre letture: “Immergendosi nel diluvio per fare musica o facendo a pezzi le cose per fare riti” – A. C. Graham (1981); “La musica aveva reso molli gli uomini, i riti li avevano separati” – L. Kia-hway (1969); “Declamando trasognato sulla sua musica, tagliando e ricucendo i suoi riti” – B. Watson (1968).







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tazze sacrificali? Se la giada bianca non fosse stata tagliata, come potrebbero esistere le tavolette rituali? Se il Dao e la virtù non fossero stati abbandonati, che bisogno ci sarebbe di benevolenza e giustizia? Se la natura intrinseca non fosse andata perduta, che bisogno ci sarebbe di riti e musica? Se i cinque colori non avessero confuso gli esseri umani, chi si preoccuperebbe di disegni e decorazioni?207 Se i cinque toni non avessero confuso gli esseri umani, chi si preoccuperebbe di accordare gli strumenti musicali? Che il legno grezzo sia stato spaccato per farne utensili è la colpa dell’artigiano. Che il Dao e la virtù siano stati abbandonati per predicare la benevolenza e la giustizia è l’errore del saggio. Quando i cavalli vivono nella pianura, essi mangiano l’erba e si abbeverano al ruscello. Quando sono contenti si accarezzano intrecciando i loro colli; quando si arrabbiano si volgono le spalle e scalciano. Questo è tutto quello che sanno fare. Ma se li aggioghi a un carro, imparano a spezzare la traversa, sottrarsi al giogo, lacerare la coperta, sputare il morso e mordere le redini. Imparano a fare ogni sorta di monellerie. È tutta colpa di Bole. Ai tempi di Hexu208 la gente stava in casa senza sapere perché e usciva senza avere una meta. Con la bocca piena di cibo, erano contenti. Andavano in giro tamburellandosi la pancia. Questo è quel che sapevano fare. Poi vennero i saggi con la pantomima dei riti e della musica per rettificare la forma del mondo, con il miraggio della benevolenza e della giustizia per consolare il cuore del mondo. La gente divenne pretenziosa, cominciò a cercare la conoscenza e a bramare il profitto, e non c’è modo di metter fine a tutto ciò. Questo è l’errore dei saggi.

Altra lettura: “Si potranno mai comporre quadri senza portare il disordine nei cinque colori?” – L. Kia-hway (1969). 208 Leggendario sovrano di una remota antichità.







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胠 篋

Saccheggiare bauli







































Per proteggersi dai ladri che saccheggiano bauli, rubano borse e vuotano armadi la gente lega le borse con funi e dota i bauli di solide serrature. Questo è ciò che il mondo chiama accortezza. Ma poi arriva un grande ladro che si carica sulle spalle il baule, la borsa o l’armadio e fugge: la sua unica preoccupazione è che le funi o le serrature possano cedere… Colui che il mondo reputa un esempio di perfetta accortezza non fa altro che accumulare ricchezze per un grande ladro. Colui che il mondo reputa un esempio di perfetta saggezza non fa altro che custodire la refurtiva per un grande ladro… Colui che ruba una borsa viene messo a morte. Colui che ruba uno stato diventa un principe e i campioni della benevolenza e della giustizia accorrono alla porta del suo palazzo. Non è questo rubare la benevolenza e la giustizia insieme con la sapienza dei saggi?





Per proteggersi dai ladri che saccheggiano bauli, rubano borse e vuotano armadi, la gente lega le borse con funi e dota i bauli di solide serrature. Questo è ciò che il mondo chiama accortezza. Ma poi arriva un grande ladro che si carica sulle spalle il baule, la borsa o l’armadio e fugge: la sua unica preoccupazione è che le funi o le serrature possano cedere. In tal caso la persona reputata accorta non ha fatto altro che mettere al sicuro la refurtiva per il grande ladro!





In questo capitolo l’attacco all’etica confuciana si generalizza in una radicale critica dell’ordinaria idea di saggezza, che è vista come un’ulteriore forma di interferenza nell’ordine naturale delle cose. La polemica anti-istituzionale del Zhuangzi raggiunge qui il suo culmine: l’amaro pessimismo nei confronti di ogni ordinamento umano è temperato solo dalla vena ironica e da un allegro gusto della provocazione e del paradosso. A che servono le leggi create dalla sapienza dei saggi, a che serve uno stato prospero e ben ordinato, se poi (come accadeva continuamente durante il periodo degli Stati Combattenti) arriva un “grande ladro” e in un sol giorno si impadronisce dello stato con tutto il suo apparato di leggi, che da quel momento serve a protegge re l’usurpatore e a facilitargli il dominio? A che servono i pesi e le misure, i sigilli e contrassegni, se non a derubare i propri simili in maniera più sistematica? L’essenza dell’argomentazione di questo capitolo si può articolare in due punti. In primo luogo, non c’è sostanziale differenza fra un saggio e un brigante: anche il brigante, come il saggio, ha un suo dao, e chi può affermare con certezza che il dao dell’uno valga più di quello dell’altro? Ma l’autore di questo capitolo si spinge oltre: fra il saggio e il brigante non esita a prendere posizione a favore di quest’ultimo. L’esistenza stessa dei ladri, egli asserisce, è colpa dei saggi: sono loro che, sovrapponendo l’artificio della cultura alla semplice naturalezza, hanno creato il perverso sistema di cui i ladri sono espressione intrinseca. L’unica redenzione possibile è il ritorno a una perduta età della virtù perfetta, in cui gli esseri umani vivevano in armonia con la natura, senza ambizioni, né desideri, incuranti di ogni forma di conoscenza e di ogni artificio.

Colui che il mondo reputa accorto non fa altro che accumulare beni per un grande ladro. Colui che viene reputato saggio non fa altro che custodire la refurtiva per un grande ladro. Come so che è così? Cerco di spiegarmi. C’era una volta lo stato di Qi. Era tanto popoloso che i villaggi vicini si vedevano fra loro e udivano il canto dei galli e l’abbaiare dei cani gli uni degli altri.209 L’area coperta dalle loro reti e senne, la terra lavorata dai loro aratri e zappe superava le duemila miglia quadrate.210 I templi ancestrali e gli altari alle divinità del suolo e dei cereali, l’amministrazione dei villaggi, delle città e delle province, tutto era conforme alle leggi dei saggi. Eppure in un solo giorno il visconte Tian Cheng assassinò il monarca di Qi e si impadronì dello stato.211 E si impadronì forse dello stato soltanto? No, si impadronì anche delle leggi create dalla sapienza dei saggi! Così, pur essendo da tutti ritenuto un bandito, visse in pace e contentezza come uno Yao o uno Shun.212 I piccoli stati non osavano criticarlo e i grandi stati non osavano punirlo. Per dodici generazioni la sua famiglia regnò sullo stato di Qi.213 Non significa questo che, insieme con lo stato, furono rubate le leggi create dalla sapienza dei saggi e furono usate per proteggere un ladro e bandito? Colui che il mondo reputa un esempio di perfetta accortezza non fa altro che accumulare ricchezze per un grande ladro. Colui che il mondo reputa un esempio di perfetta saggezza non fa altro che custodire la refurtiva per un grande ladro. Come so che è così? Cerco di spiegarmi: Longfeng fu decapitato, Bigan fu sventrato,

Questa immagine ricorre anche in Laozi, 80. Il miglio cinese (li) equivale a circa mezzo chilometro. 211 Questo evento ebbe luogo nel 481 a.C. 212 Saggi imperatori dell’antichità, vedi Appendice 1. 213 La presa del potere da parte della famiglia Tian avvenne solo nel 386 a.C., dunque il testo contiene un anacronismo. 209









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Changhong fu smembrato e Zixu fu costretto a suicidarsi.214 Tutti e quattro erano uomini virtuosi, ma non poterono evitare di perdere la vita. Un seguace del brigante Zhi215 chiese al suo capo: “Anche i ladri hanno un dao?” Zhi rispose: “Un ladro non arriverebbe a nulla se non avesse un dao.216 Intuire in quale sala si trova il tesoro è saggezza; entrare per primo è coraggio; uscire per ultimo è giustizia; valutare correttamente la fattibilità di un colpo è accortezza; dividere equamente il bottino è benevolenza. Chi non possiede queste cinque qualità non potrà mai diventare un grande ladro”. Solo possedendo il dao del saggio una persona virtuosa può eccellere; solo possedendo il dao del saggio il brigante Zhi può esercitare la sua professione. Ma nel mondo le persone virtuose sono poche, mentre quelle non virtuose sono molte. Il saggio dunque è di poco beneficio al mondo, mentre il danno che arreca al

Tutti e quattro erano ministri fedeli che persero la vita per aver cercato di ammonire i loro sovrani. I primi due sono già stati menzionati nel Capitolo 4. Zixu mise in guardia il re di Wu sul pericolo di un attacco da parte dello stato di Yue, ma non fu creduto e fu costretto a suicidarsi. 215 Il famigerato brigante che figura più volte nel Zhuangzi. 216 Altre letture: “Dimmi qualcosa in cui non sia presente il Tao” – H. A. Giles (1889); “La via non esiste forse dovunque?” – L. Kia-hway (1969).















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mondo è grande.217 Perciò si dice: “Senza le labbra i denti hanno freddo. Il vino debole di Lu fu causa dell’assedio di Handan”.218 Quando nascono i saggi, compaiono i grandi ladri. Bastona i saggi e lascia liberi ladri e banditi e il mondo sarà ben ordinato. Quando il torrente si prosciuga, la valle si dissecca; quando la collina viene livellata, il fossato si riempie. Morti i saggi, scompariranno i grandi ladri: il mondo allora starà in pace e senza problemi. Ma finché ci saranno i saggi, ci saranno i grandi ladri. Anche se tu moltiplicassi i saggi al fine di migliorare l’ordinamento del mondo, non faresti che aumentare il profitto del brigante Zhi. Introduci lo staio e il moggio per misurare il volume dei cereali e la gente ruberà sul volume.219 Introduci la bilancia e la stadera per pesare i prodotti agricoli e la gente ruberà sul peso. Introduci sigilli e contrassegni per garantire l’affidabilità dei documenti e la gente se ne servirà per falsificarli. Introduci benevolenza e giustizia per correggere gli esseri umani e la gente se ne servirà per rubare. Come so che è così? Colui che ruba una borsa viene messo a morte. Colui che ruba uno stato diventa un principe e i campioni della benevolenza e della giustizia accorrono alla porta del suo palazzo. Non è questo rubare la benevolenza e la giustizia insieme con la sapienza dei saggi? Perciò il grande ladro, che si impadronisce dello stato e diventa un principe, ruba la benevolenza e la giuLa tesi di Zhuangzi, sviluppata nei paragrafi che seguono, è che l’interferenza da parte dei saggi con il naturale corso delle cose faciliti l’operato dei grandi ladri. 218 La connessione fra queste due frasi non è chiara. La seconda si riferisce al seguente aneddoto. In una riunione di feudatari alla corte di Chu il signore di Lu portò in dono un vino annacquato, mentre il signore di Zhao portò in dono un buon vino. Ma il sommelier dello stato di Chu, offeso per non aver ricevuto una mancia del signore di Zhao, scambiò i doni. Il principe di Chu perciò attaccò lo stato di Zhao e ne assediò la capitale, Handan. La morale di questa storia, come degli altri esempi citati, sembra essere che non necessariamente un comportamento irreprensibile protegge dalla sciagura. 219 Altra lettura: “E la gente ruberà anche questi recipienti” – H. A. Giles (1889).





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stizia insieme con i profitti che derivano dall’uso di stai e moggi, bilance e stadere, sigilli e contrassegni. Non si accontenta di possedere carro e corona e non è dissuaso dalla minaccia della scure. L’inarrestabile corsa all’accumulazione è interamente colpa dei saggi. Perciò si dice: “I pesci non possono lasciare le acque profonde. Gli affilati strumenti dello stato non possono essere mostrati ad alcuno”.220 Il saggio è il più affilato strumento del mondo: perciò non deve mostrarsi alla luce del sole.221 Abbandona la saggezza, elimina la sapienza222 e i grandi ladri scompariranno. Spezza le giade, getta via le perle e i piccoli ladri non ci saranno più. Brucia i contrassegni, rompi i sigilli e la gente diverrà semplice. Rompi gli stai e i moggi, distruggi le bilance e le stadere e la gente non litigherà più. Abolisci le leggi che i saggi hanno creato per il mondo e la gente scoprirà che è possibile ragionare gli uni con gli altri.223 Confondi i sei toni musicali, distruggi i flauti e i liuti, tappa le orecchie del cieco Kuang224 e nel mondo la gente comincerà a udire. Cancella disegni e decorazioni, disperdi i cinque colori, incolla le palpebre di Lizhu225 e nel mondo la gente comincerà a vedere. Getta via le sagome e i fili a piombo, rompi i compassi e le squadre, lega le dita dell’artigiano Chui226 e Questa frase è presente anche in Laozi, 38. Il senso di questo passaggio è ambiguo. Altra lettura: “Nella sapienza dei saggi si trovano gli strumenti del governo. Questa saggezza non è adatta a illuminare il mondo” H. A. Giles (1889). Il rimprovero indirizzato ai “saggi” in questo capitolo sembra essere fondamentalmente quello di interferire negli affari del mondo. In questo non sono veri saggi: il vero saggio resta invisibile e si attiene al nonagire. 222 Queste parole ricorrono identiche in Laozi, 19. 223 Altra lettura: “Distruggi e cancella le leggi che il saggio ha fatto per il mondo e finalmente troverai che si può ragionare con la gente” – B. Watson (1968). 224 Il famoso musicista più volte citato nel Zhuangzi. 225 Il campione di acuità visiva che abbiamo già incontrato più volte. 226 Famoso artigiano dell’antichità, più ampiamente descritto nel Capitolo 19. 220











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nel mondo la gente comincerà a manifestare le proprie abilità. Perciò si dice: “Una grande abilità sembra maldestra”.227 Elimina la condotta di Zeng e Shi, tappa la bocca a Yang e a Mo,228 abbandona ogni idea di benevolenza e giustizia e nel mondo la virtù comincerà a manifestarsi in maniera misteriosamente uniforme.229 Quando la gente è capace di rivolgere all’interno la propria visione, il mondo non è abbagliato. Quando la gente è capace di rivolgere all’interno il proprio udito, il mondo non si stanca. Quando la gente è capace di rivolgere all’interno la propria sapienza, il mondo è libero dal dubbio. Quando la gente è capace di rivolgere all’interno la propria virtù, il mondo non si smarrisce. Zeng, Shi, Yang, Mo, maestro Kuang, l’artigiano Chui e Lizhu, tutti manifestarono la loro virtù esteriormente e di conseguenza portarono la confusione nel mondo. Le leggi sono inutili per questa ragione.230 Hai mai udito parlare dell’epoca della virtù perfetta? Ai tempi di Rongcheng, Dating, Bohuang, Zhong Yang, Lilu, Lixu, Xuan Yuan, Hexu, Zunlu, Zhurong, Fuxi e Shennong,231 la gente si serviva di cordicelle annodate.232 Il loro cibo era squisito, i loro abiti erano belli, le loro usanze piacevoli, le loro case pacifiche. I villaggi vicini si vedevano fra loro e udivano il canto dei galli e l’abbaiare

Citazione da Laozi, 45, che qui sembra fuori contesto. Zeng Shen e Shiyu, paragoni di virtù; Yang Zhu e Mo Di, filosofi. Vedi Appendice 2. 229 Altre letture: “… e ciascuno ritroverà l’identità primordiale” L. Kia-hway (1969); “… e per la prima volta la Virtù del mondo raggiungerà lo stato del Misterioso Livellamento”– B. Watson (1968). 230 Altra lettura: “Fra i metodi, questo è inutile!” – B. Watson (1968). 231 Questo elenco contiene figure leggendarie o mitologiche di dubbia identificazione. Secondo una leggenda, Rongcheng sarebbe stato il maestro di Laozi. Xuan Yuan è il nome personale del mitico Imperatore Giallo. Gli ultimi due sono i primi leggendari imperatori. Vedi Appendice 1. 232 Un sistema di registrazione in uso prima dell’invenzione della scrittura. Il seguito di questo paragrafo, esclusa l’ultima frase, ricorre identico in Laozi, 80. 227





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dei cani gli uni degli altri. Tuttavia la gente invecchiava e moriva senza aver intrapreso il viaggio per farsi visita233. A quei tempi nel mondo regnava un ordine perfetto. Oggi invece la gente stira il collo e si alza in punta di piedi. Basta che qualcuno dica: “C’è una persona virtuosa nel tal posto” e tutti preparano in fretta le provviste per il viaggio e si mettono in cammino. A casa abbandonano i genitori, fuori abbandonano il servizio del loro principe; le loro tracce attraversano i confini degli stati; i solchi dei loro carri si stendono per migliaia di miglia. Questo è colpa dei governanti che bramano la conoscenza. Quando i governanti bramano la conoscenza e ignorano il Dao, nel mondo regna un grande disordine. Come so che è così? La costruzione di archi e balestre richiede molte conoscenze, ma gli uccelli in disordine se ne volano via in alto. La costruzione di ami, esche, reti e nasse richiede molte conoscenze, ma i pesci in disordine si inabissano nelle acque. La costruzione di trappole, gabbie e trabocchetti richiede molte conoscenze, ma gli animali in disordine fuggono verso la palude,234 Così la conoscenza costruisce velenose finzioni, ridicole contrapposizioni fra il “duro” e il “bianco”235 e sofistiche distinzioni fra il simile e il dissimile che portano il disordine e la confusione fra la gente comune. Spesso, quando nel mondo vi è grande confusione, essa è causata dalla brama di conoscenza. Nel mondo tutti sanno cercare la conoscenza che manca loro, ma non sanno cercare la conoscenza che già possiedono.236 Tutti sanno criticare ciò che considerano

Vedi Laozi, 80. Altra lettura: “. ma porta confusione fra gli uccelli dell’aria, […] ma porta confusione fra i pesci del profondo, […] ma porta confusione fra gli animali del campo” – H. A. Giles (1889). 235 Allusione alle disquisizioni dei sofisti sulla relazione fra attributi come il “duro” e il “bianco” e le cose a cui si riferiscono. 236 La conoscenza interna intrinseca a ogni essere umano. 233







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cattivo, ma non sanno criticare ciò che considerano buono.237 Da ciò nasce la grande confusione. In alto, essa oscura lo splendore del sole e della luna; in basso, essa inficia la vitalità dei monti e dei fiumi; nel mezzo, essa porta il disordine nel ciclo delle stagioni. Non c’è verme o insetto, non c’è la più piccola creatura che non abbia perso la propria natura intrinseca. Tanto disordine la brama di conoscenza ha seminato nel mondo. Così vanno le cose dalle Tre Ere238 in poi. Si trascurano le persone semplici e ci si compiace di intriganti adulatori. Si abbandonano il sereno distacco e la nonazione e ci si compiace di chiacchiere e di idee. Sono state le chiacchiere a seminare la confusione nel mondo.

Altra lettura: “Tutti cercano di screditare ciò in cui non eccellono, ma nessuno cerca di screditare ciò in cui eccelle” – H. A. Giles (1889). 238 I regni dei leggendari tre primi imperatori: Fuxi, Shennong e Huangdi (l’Imperatore Giallo). Vedi Appendice 1.



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在 宥

Non interferire





















































L’Imperatore Giallo regnava ormai da diciannove anni e tutto il mondo gli ubbidiva. Avendo udito parlare del maestro Guangcheng che viveva sul Monte Kongtong, andò a trovarlo e gli disse: “Ho udito, maestro, che hai raggiunto la perfezione del Dao. Posso osare chiederti quale sia l’essenza della perfezione del Dao? Vorrei imparare a usare l’essenza del cielo e della terra per incrementare la produzione dei cinque cereali e nutrire il popolo. Vorrei imparare a controllare lo yin e lo yang per migliorare la vita della gente. Come posso farlo?”. Guangcheng rispose: “Il controllo che desideri apprendere distrugge le cose… A che serve che ti parli della perfezione del Dao?”. L’Imperatore Giallo si ritirò. Abbandonò le funzioni di governo, si costruì una capanna arredata solo con una stuoia di giunco e per tre mesi visse in isolamento. Poi di nuovo chiese a Guangcheng un incontro… Si inginocchiò rispettosamente davanti a lui, chinò più volte la fronte al suolo e disse: “Ho udito, maestro, che hai raggiunto la perfezione del Dao. Posso osare chiederti come aver cura del mio corpo e vivere a lungo?”. Guangcheng sobbalzò di gioia e disse: “Eccellente domanda! Vieni, ti parlerò della perfezione del Dao…”.

Ho udito parlare di non interferire con il mondo, non ho mai udito parlare di governare il mondo. Occorre non interferire per non corrompere la natura intrinseca degli esseri umani, non interferire per non sviare la loro virtù.239 Se la natura intrinseca degli esseri umani non è corrotta, se la loro virtù non è sviata, che bisogno c’è di governare il mondo? Quando Yao governava il mondo, rese tutti felici. La natura intrinseca della gente si manifestava nella gioia, ma la gente era







De, “virtù” equivale qui (come in molti altri luoghi) a “potenziale intrinseco”.



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In questo capitolo si intrecciano diversi filoni di pensiero. Nella prima parte ricorrono temi affini a quelli trattati nei tre capitoli precedenti, che Graham attribuisce a un ipotetico autore a cui dà il nome di “primitivista”. Questi temi sono la superiorità della natura sulla cultura e della semplicità sull’artificio, il rifiuto dell’etica confuciana – e dell’imposizione di un’etica in generale Il rifiuto di ogni forma di controllo e di governo delle cose, l’ideale di una totale non interferenza con la natura intrinseca degli esseri. In questo capitolo il tentativo di governare il mondo e di fare il bene è visto come apportatore di disordine non solo negli affari umani, ma nella natura stessa: le stagioni sono perturbate, lo yin e lo yang sono squilibrati, accadono fenomeni nefasti e l’intero ecosistema (diremmo oggi), giù giù fino ai vermi e agli insetti, ne soffre. Quale dev’essere allora la disciplina del saggio? Unicamente la cura di sé, particolarmente la cura del proprio corpo e la ricerca della longevità. Questo filone di pensiero trova in un estremo egoismo il solo genuino altruismo: il saggio si prende cura di sé e non interferisce con il mondo; solo così intorno a lui ogni cosa trova spontaneamente il suo ordine. Anche in questo, come nei capitoli precedenti, troviamo numerosi riferimenti al Laozi, a volte letterali citazioni, alcune delle quali sembrano abbastanza fuori contesto. È perciò ragionevole supporre che, nell’ambiente a cui il “primitivista” appartiene, il Laozi fosse già largamente conosciuto: colui che ci parla da queste pagine se ne serve quasi come un insieme di formule di uso corrente.

irrequieta. Quando Jie governava il mondo, rese tutti infelici.240 La natura intrinseca della gente si manifestava nella sofferenza e la gente era insoddisfatta. Sia l’irrequietezza, sia l’insoddisfazione indicano che manca la virtù; e senza virtù nulla al mondo può durare a lungo. Quando gli esseri umani sono eccessivamente gioiosi, tendono a un eccesso di yang; quando sono eccessivamente tristi, tendono a un eccesso di yin. Quando è un eccesso di yin o di yang il ciclo delle stagioni é pero, il freddo e il caldo non si armonizzano e la loro opposizione danneggia il corpo degli esser umani. Le persone perdono il giusto equilibrio di felicità e infelicità, cambiano continuamente residenza, sono sovente della propria posizione e incapaci di attenersi al dao del centro. Il mondo è agitato da irrequiete ambizioni, e a questo punto compaiono il brigante Zhi, Zeng e Shi.241 Il risultato è che, anche se mobiliti tutto il mondo per ricompensate la bontà, questo non è sufficiente; anche se mobiliti tutto il mondo per punire la cattiveria, questo non basta. L’intero mondo non è sufficiente per distribuire ricompense e punizioni. Del tempo delle Tre Ere242 ci si agita a questo proposito. Quando mai gli esseri umani potranno trovare il tempo e la tranquillità per rilassarsi nella loro natura intrinseca e nel loro destino? Un’eccessiva concentrazione sulla visione porta a essere stregati dai colori; un’eccessiva concentrazione sull’udito porta a essere stregati dai suoni; un’eccessiva concentrazione sulla benevolenza porta a un esercizio disordinato della virtù; un’eccessiva concentrazione sulla giustizia porta violare la logica intrinseca delle cose, Yao è un mitico imperatore saggio dell’antichità, Jie un mitico tiranno, l’ultimo imperatore della dinastia Xia, vedi Appendice 1. 241 Il primo è un efferato brigante, gli ultimi due (Zeng Shen e Shi Yu, vedi Appendice 2) modelli di benevolenza e giustizia: quindi compaiono gli opposti che si generano a vicenda e l’equilibrio va perduto. 242 I regni dei leggendari tre primi imperatori: Fuxi, Shennong e Huangdi (l’Imperatore Giallo). Vedi Appendice 1.





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un’eccessiva concentrazione sui riti porta a incoraggiare l’esteriorità; un’eccessiva concentrazione sulla musica porta a una perversione delle passioni; un’eccessiva concentrazione sulla saggezza porta a sviluppare l’artificio, un’eccessiva concentrazione sulla conoscenza porta all’errore. Se gli esseri umani si acquietassero nella loro natura intrinseca e nel loro destino, questi otto eccessi sarebbero irrilevanti. Ma quando gli esseri umani non si acquietano nella loro natura intrinseca e nel loro destino, questi eccessi portano nel mondo il disordine. E la gente li onora e riverisce, ulteriormente aumentando la confusione. Non li considera come passeggere passioni, bensì li incoraggia e onora, li celebra con musica, canto e danza. Che posso dire allora? Per il nobile chiamato ad assumere una funzione ufficiale nel mondo nulla è prezioso quanto il non-agire. Tramite il non-agire si acquieta nella propria natura intrinseca e nel proprio destino. Poiché dà valore al proprio sé quanto al mondo, gli si può consegnare il mondo; poiché ama se stesso quanto il mondo, gli si può affidare il mondo.243 Perciò, se il nobile è in grado di non logorare i suoi cinque organi interni e di non forzare la vista e l’udito, pur restando immobile come un cadavere, apparirà come un drago; pur mantenendo un silenzio profondo, rimbomberà come un tuono. Usando i propri poteri spirituali per seguire la volontà del cielo, si atter-



Questa frase compare in Laozi, 13. L’adepto daoista non è mosso da un ideale etico (per esempio la “benevolenza e giustizia” dei confuciani) che considera inefficace o addirittura nocivo. La sua azione-non-azione è una spontanea espressione della sua natura. Egli si cura in primo luogo di sé: ma il suo aver cura di sé ha effetti benefici per tutto il mondo. Il suo egoismo illuminato si traduce in un perfetto altruismo.



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rà alla non-azione e i diecimila esseri si nutriranno e cresceranno. Perché dunque dovrebbe preoccuparsi di governare il mondo?244 Cui Qu chiese a Lao Dan:245 “Senza governare il mondo, come è possibile pacificare il cuore246 degli esseri umani?”. Lao Dan rispose: “Bada a non interferire con il cuore degli esseri umani. Il cuore degli esseri umani quando è oppresso va verso il basso e quando è esaltato va verso l’alto: ma entrambi questi estremi lo imprigionano.247 Con la morbidezza puoi vincere il cuore più inflessibile. Ma se vuoi agire con la forza sul cuore umano, il suo calore brucia come il fuoco e il suo gelo è freddo come il ghiaccio. In un batter d’occhio viaggia al di là dei quattro mari. In quiete, è un abisso immobile; in movimento, il suo regno è il cielo. Anche quando è vinto, resta arrogante e indomabile.248 Nell’antichità l’Imperatore Giallo249 fu il primo che si servì della benevolenza e della giustizia per interferire con il cuore degli esseri umani. Poi vennero Yao e Shun250che consumarono il grasso delle loro cosce e i peli dei loro polpacci per nutrire la gente, logorarono i loro cinque organi per predicare benevolenza e giustizia, consumarono il loro sangue e la loro energia vitale per creare regole e leggi, senza alcun esito positivo. Infine Yao dovette bandire Huandou sul Monte Chong, cacciare le tribù Sanmiao a Sanwei ed

Quest’ultima domanda è formulata in prima persona, ma il soggetto è chiara mente lo stesso delle proposizioni che precedono. Il senso è: perché mai dovrebbe indulgere nel futile e rozzo tentativo di controllare attivamente, se ha in mano lo strumento infinitamente più raffinato ed efficace della non-azione? 245 Laozi. 246 “Cuore”, come al solito, comprende anche la mente. 247 Altre letture: “Quando è giù è il prigioniero, quando è su è il carnefice” A. C. Graham (1981); “Oppresso diventa prigioniero, esaltato diventa feroce” – L. Kia-hway (1969). 248 Questo intero paragrafo è di difficile interpretazione. 249 Mitico imperatore ed eroe civilizzatore, vedi Appendice 1. 250 Mitici imperatori saggi, vedi Appendice 1.







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esiliare Gonggong a Youdu.251 Questo dimostra che questi sovrani non furano in grado di sottomettere il mondo. Quando si giunse al tempo dei Tre Re252 il mondo era ormai in grande disordine. In basso c’erano Jie e Zhi, in alto c’erano Zeng e Shi.253 Poi sorsero le scuole confuciana e moista. Attrazione e repulsione cominciarono a sospettarsi a vicenda; ignoranza e conoscenza a ingannarsi a vicenda; bene e male a negarsi a vicenda; vanteria e affidabilità a deridersi a vicenda. Il mondo si vestì a lutto, la grande virtù andò perduta, la natura intrinseca e il destino delle persone si separarono e la gente dedicò a cercare solo la conoscenza. Le energie dei cento clan si esaurirono e si cominciò a usare l’ascia e la sega per dar forma alle cose, il filo del carpentiere e l’inchiostro per disegnarle, il mazzuolo e lo scalpello per inciderle. Il mondo cadde in grande confusione. E la colpa è di coloro che interferirono con il cuore degli esseri umani. Infine le persone virtuose dovettero cercare rifugio nelle caverne e nei dirupi delle montagne; nelle loro regali dimore i signori di diecimila carri vissero nell’ansia e nel timore. Nella nostra epoca ormai i morti giacciono ammucchiati gli uni sugli altri, i torturati si sospingono a vicenda, i condannati sono tanto numerosi che ce n’è

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Queste misure nei confronti di sudditi insubordinati sono descritte nello Shujing, il Libro dei Documenti. I Tre Re: Yu il Grande, Tang e Wen, fondatori rispettivamente delle dinastie Xia, Shang e Zhou. Vedi Appendice 1. Il primo è un leggendario tiranno, l’ultimo è un imperatore della dinastia Xia (vedi Appendice 1); il secondo è il famoso brigante già più volte menzionato. Zeng Shen e Shiyu, già citati, sono modelli di virtù.



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sempre qualcuno in vista.254 E ora arrivano i confuciani e i moisti a rimboccarsi le maniche e a predicare in mezzo ai ferri e alle catene! Che impudenza! Veramente non conoscono la vergogna. Non sono forse la saggezza e la conoscenza le punte affilate degli strumenti di tortura e la benevolenza e la giustizia le chiavi che stringono i ferri intorno alle caviglie del condannato? Non sono forse Zeng e Shi i segnali che annunciano l’arrivo di Jie e Zhi? Perciò dico: rinuncia alla saggezza, elimina l’intelligenza e il mondo sarà ben governato”.255 L’Imperatore Giallo regnava ormai da diciannove anni e tutto il mondo gli ubbidiva. Avendo udito parlare del maestro Guangcheng che viveva sul Monte Kongtong, andò a trovarlo e gli disse: “Ho udito, maestro, che hai raggiunto la perfezione del Dao. Posso osare chiederti quale sia l’essenza della perfezione del Dao? Vorrei imparare a usare l’essenza del cielo e della terra per incrementare la produzione dei cinque cereali e nutrire il popolo. Vorrei impara-

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Durante il periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.) la Cina fu lacerata da continue guerre fra i signori feudali. Lo Huainanzi contiene un’impressionante descrizione degli orrori di quel periodo: “Quando prendevano una città assediata, massacravano senza pietà […] Rovesciavano le tombe e disperdevano le ossa dei morti. Costruivano carri da guerra e baluardi sempre più potenti. Ignoravano i codici di guerra e percorrevano solo il cammino della morte […] Su cento soldati che partivano, uno soltanto ritornava […] Ciò che l’espressione ‘annettere stati e appropriarsi di territori’ significava erano varie centinaia di migliaia di corpi giacenti al suolo […] Il mondo arrivò alla fine al punto in cui la gente si abituò a usare teschi umani come cuscini, a mangiare carne umana […] a bere sangue umano e a gradire queste cose più della carne degli animali nutriti d’erba e di cereali”. C. Le Blanc (a cura), Huainanzi, Hong Kong, 1985, cap. 6, sez. VIII. L’ultima frase appare con una variante in Laozi, 19. Possiamo (con Giles) includere gli ultimi quattro paragrafi nella risposta di Lao Dan a Cui Qu o solo il primo di essi (come fanno Graham, Liou Kia-hway e Watson). Graham considera il testo di questo capitolo fino a questo punto omogeneo per stile e contenuto con i Capitoli 8-10, attribuiti all’ipotetico “primitivista”, mentre il resto del capitolo è un assemblaggio di frammenti disomogenei. Vedi l’Introduzione per una discussione delle varie parti del Zhuangzi.



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re a controllare lo yin e lo yang per migliorare la vita della gente. Come posso farlo?”. Guangcheng rispose: “La tua domanda riguarda la natura delle cose, ma il controllo che desideri apprendere distrugge le cose.256 Da quando governi il mondo la pioggia cade prima che le nubi si siano formate, le foglie cadono prima di essersi ingiallite e la luce del sole e della luna va indebolendosi. Hai il cuore di un vuoto adulatore:257a che serve che ti parli della perfezione del Dao?”. L’Imperatore Giallo si ritirò. Abbandonò le funzioni di governo, si costruì una capanna arredata solo con una stuoia di giunco e per tre mesi visse in isolamento. Poi di nuovo chiese a Guangcheng un incontro. Il maestro stava accovacciato rivolto verso il sud.258 L’Imperatore Giallo si inginocchiò rispettosamente davanti a lui, chinò più volte la fronte al suolo e disse: “Ho udito, maestro, che hai raggiunto la perfezione del Dao. Posso osare chiederti come aver cura del mio corpo e vivere a lungo?”. Guangcheng sobbalzò di gioia e disse: “Eccellente domanda! Vieni, ti parlerò della perfezione del Dao. L’essenza della perfezione del Dao è silenziosa e profonda; il culmine della perfezione del Dao è oscuro e muto. Senza vedere e senza udire avvolgi il tuo spirito nella quiete e il tuo corpo da solo si correggerà. Dalla quiete nasce la chiarezza. Non tormentare il tuo corpo, non agitare la tua essenza e vivrai a lungo. Quando l’occhio non ha più nulla da vedere, l’orecchio non ha più nulla da udire e la mente non ha più nulla a cui pensare, il tuo spirito ti protegge e il tuo corpo vive a lungo. Abbi cura dell’interno e blocca le influenze esterne. L’eccesso di conoscenza porta a perdersi. Io ti condurrò ad ascendere so-



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Altre letture: “Ciò di cui desideri servirti è l’integrità primordiale della materia. Ciò che desideri controllare è la sua disintegrazione”. – H. A. Giles (1889); “Ciò che dici di voler imparare riguarda la vera sostanza delle cose, ma ciò che dici di voler controllare riguarda le cose nel loro stato diviso” – B. Watson (1968). Altra lettura: “La voce degli adulatori è udita da ogni lato” – H. A. Giles (1889). In Cina, re e imperatori esercitavano le funzioni di governo sempre rivolti a sud.



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pra la Grande Luce fino alla sorgente del perfetto yang; ti condurrò a discendere attraverso la Soglia Oscura del mondo sotterraneo fino alla sorgente del perfetto yin. Il cielo e la terra hanno un loro governo; lo yin e lo yang hanno un loro magazzino. Tu limitati ad aver cura del tuo corpo e gli esseri da soli si rafforzeranno. Io mi attengo a questa armoniosa unità: così ho potuto coltivare il mio corpo per milleduecento anni senza che mai declinasse”. L’Imperatore Giallo chinò più volte la fronte al suolo e disse: “Maestro, le vostre parole appartengono al cielo”. Guangcheng proseguì: “Ho altro da dirti. Il Dao di cui ti ho parlato è inesauribile, benché gli esseri umani lo credano finito; è illimitato, benché gli esseri umani lo credano limitato. Coloro che l’ottengono sono imperatori in cielo e sovrani in terra; coloro che lo perdono, quand’anche vedano lo splendore del cielo, sono solo polvere in terra. Le cento creature nascono dalla polvere e alla polvere ritornano. Ora prendo congedo da te per varcare la soglia dell’illimitato e vagare nello spazio senza confini. Sarò un terzo luminare insieme al sole e alla luna, partecipe dell’eternità di cielo e terra. Ciò che mi è vicino è indistinto, ciò che mi è lontano è avvolto nella penombra.259 Gli esseri umani si consumano e muoiono: io solo sopravvivo”. Yunjiang era in viaggio verso oriente. Passando in prossimità dell’albero Fuyao si imbatté in Hongmeng.260 Hongmeng si batteva la milza e saltellava come un passero. Vedendo ciò, Yunjiang si fermò di colpo e chiese: “Chi sei, vecchio signore? E cosa stai facendo?”.







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Questa frase è oscura e viene interpretata variamente, ma senza una versione convincente, dai vari traduttori. Yun jiang significa “comandante delle nubi”; l’espressione hong meng è usata nel Huainanzi per indicare il caos primordiale; fu yao è, nel primo capitolo del Zhuangzi, il turbine sul quale si innalza l’uccello Peng. Watson suppone che qui fu yao sia un errore per fu sang, mitico albero che cresce nel Mare Orientale e dai cui rami spunta il sole.



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Continuando a battersi la milza e a saltellare come un passero, Hongmeng disse: “Sto camminando”. “Vorrei farti una domanda”, disse Yunjiang. Hongmeng lo guardò in faccia e disse: “Ssssh…”. “Il respiro del cielo non è in armonia”, soggiunse Yunjiang, “il respiro della terra è denso e annodato, i sei soffi vitali261 non si fondono e le quattro stagioni sono in disordine. Vorrei equilibrare le essenze dei sei soffi vitali per nutrire tutti gli esseri viventi. Come posso fare?”. Continuando a battersi la milza e a saltellare come un passero, Hongmeng disse: “Non ne ho idea, non ne ho idea”. Così Yunjiang non ottenne risposta. Tre anni dopo Yunjiang era di nuovo in viaggio verso oriente. Attraversando la pianura di Song si imbatté nuovamente in Hongmeng. Esultante, Yunjiang corse verso di lui e gli disse: “Celeste maestro, mi hai forse dimenticato?”. Si inchinò più volte toccando il suolo con la fronte, desiderando udire gli insegnamenti di Hongmeng. Questi disse: “Vago senza sapere cosa cerco, vado alla deriva senza sapere dove sto andando. Mi limito a contemplare ciò che non inganna.262 Che altro potrei sapere?”. “Anche a me sembra di andare alla deriva”, disse Yunjiang, “ma la gente mi segue dovunque vada: non posso fare a meno di occuparmi di loro. È per permettere loro di liberarsi che spero di udire una parola da te”. “La trama del cielo è confusa”, disse Hongmeng. “La natura degli esseri è sottosopra, i misteri della natura non giungono a

















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Il respiro dello yin, dello yang, del vento, della pioggia, dell’oscurità e della luce. Altre letture: “Vago senza sapere cosa voglio, mi aggiro senza sapere dove vado. Passeggio in questa maniera estatica, semplicemente aspettando gli eventi” H. A. Giles (1889); “Passeggio senza sapere perché, cammino senza scopo. Di tutto ciò che un uomo a passeggio vede, nulla mi inganna” – L. Kia-hway (1969); “Un vagabondaggio senza meta non sa cosa cerca; un demente andare alla deriva non sa dove va. Vagabondo ozioso e libero, contemplo i paesaggi del Non-inganno”– B. Watson (1968).



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compimento, i branchi degli animali si disperdono, gli uccelli gridano tutta la notte, calamità si abbattono sulle erbe e sugli alberi e coinvolgono perfino i vermi e gli insetti. Tutto ciò è conseguenza dell’eccessivo desiderio di governare gli esseri umani”. “In tal caso cosa debbo fare?”. “Il desiderio è il veleno! Ritorna donde sei venuto!”. “Incontrarti, celeste maestro, è stato difficile: spero solo di udire una tua parola”. “Cerca solo il nutrimento del centro”,263 disse Hongmeng. “Attieniti solo al non-agire e gli esseri spontaneamente si trasformeranno.264 Lascia andare la tua forma e il tuo corpo. Liberati dell’udito e della vista. Dimentica le relazioni umane e l’empatia. Immergiti nella grande unità con l’oceano illimitato. Dissolvi la mente e libera lo spirito. Sii vuoto e senz’anima. I diecimila esseri confusamente ritornano ciascuno alla propria radice. Ritornano alla radice senza sapere perché. Ritornano al caos oscuro e indifferenziato da cui per tutta la vita nessuno si separa. Se cerchi di conoscerlo, te ne separi. Non chiedere come si chiama, non cercare di intravederne la forma. Gli esseri vivono da sé”. Yunjiang disse: “Il celeste maestro mi ha illuminato sull’uso della virtù e mi ha rivelato l’uso del silenzio. Umilmente ho chiesto e oggi sono stato esaudito”. Si inchinò più volte toccando il suolo con la fronte, prese congedo e partì. L’essere umano comune ama coloro che gli assomigliano e detesta coloro che sono diversi da lui. Preferisce quelli che gli asso-

Altre letture: “Nutri il popolo con il tuo cuore” – H. A. Giles (1889); “La salute dello spirito si ottiene così” – L. Kia-hway (1969); “Bene, allora - nutrimento della mente!” – B. Watson (1968). 264 In Laozi, 37 troviamo: “Il Dao costantemente non agisce, eppure nulla rimane incompiuto. Se solo re e feudatari fossero in grado di attenersi a ciò, i diecimila esseri spontaneamente si trasformerebbero”.















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migliano perché la sua mente è quella della folla.265 Come potrà colui che fa propria la mente della folla emergere dalla folla? La folla è rassicurante: ma ciò non vale quanto la molteplicità di talenti dei singoli.266 Colui che desidera gestire uno stato per conto di un altro267 vorrebbe realizzare i profitti dei Tre Re268 senza rendersi conto delle loro tribolazioni. Questo significa giocare d’azzardo con lo stato di un altro. Confidando nella mera fortuna, quanto a lungo puoi conservare lo di un altro senza perderlo? Coloro che lo conservano non arrivano a uno su diecimila; coloro che lo perdono sono infinitamente più numerosi. È triste che i signori della terra non se ne rendano conto. Colui che possiede la terra, possiede una cosa grande. Colui che siede una cosa grande non può trattarla come una cosa; è una cosa, ma non è una cosa. Perciò può trattare le altre cose come cose. Colui che lucidamente tratta le cose come cose non è a sua volta una cosa.?269 Come potrà allora limitarsi a governare il monAltre letture: “Coloro che fanno amicizia con i loro simili e non fanno amicizia con i diversi sono influenzati dal desiderio di differenziarsi dagli altri” – H. A. Giles (1889); “Colui che ama la somiglianza e detesta la differenza vuole, a sua insaputa, essere al di sopra degli altri” – L. Kia-hway (1969). 266 Tutto questo paragrafo è di difficile interpretazione. Altre letture: “Sottomettersi alla maggioranza per gratificare l’ambizione personale non vale quanto lasciare che in quella maggioranza ciascuno si curi dei suoi affari – H. A. Giles (1889); “È meglio seguire la folla ed essere contento perché, per quanto grande possa essere il tuo sapere, non equivale mai ai molti talenti della folla combinati” – B. Watson (1968). 267 Watson suggerisce che questa frase sia un’allusione ai filosofi itineranti che durante l’epoca degli Stati Combattenti (475-221 a.C.) offrivano i loro servigi in qualità di consiglieri ai vari signori feudali. 268 I Tre Re: Yu il Grande, Tang e Wen, fondatori rispettivamente delle dinastie Xia, Shang e Zhou. Vedi Appendice 1. 269 Passaggio oscuro, dove la difficoltà è accresciuta dalla doppia funzione del termine wu, che è “cosa”, ma anche “essere”. Giles cerca di risolverla interpretando la “cosa grande” come “l’uomo”, mentre per Liou Kia-hway la “cosa grande” è “non attaccarsi agli interessi materiali”; ma nessuna di queste interpretazioni fornisce una traduzione convincente dell’intero passaggio.





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do e i cento clan? Una persona siffatta si muove liberamente nelle sei direzioni e vaga sui nove continenti; va e viene in perfetta solitudine. Questo si dice “possedere la solitudine” ed è il culmine dell’esistenza. L’insegnamento del Grande Uomo è come un’ombra o un’eco. Quando è interrogato risponde, condivide il suo pensiero e diviene un compagno per la gente. Altrimenti risiede nel silenzio e vaga nell’illimitato. Ti porta con sé, andando e venendo senza ragione, uscendo ed entrando nel territorio senza confini. Come il sole non ha inizio. La sua forma corporea è parte dell’unità di tutte le cose: perciò non ha un sé. Non avendo un sé, come può possedere un’esistenza propria? I nobili del passato avevano un’esistenza propria; ma gli amici di cielo e terra non hanno un’esistenza propria.270 Gli esseri sono semplici, ma non si può non permettere loro esistere. Il popolo è umile, ma non si può non tenerne conto. Gli affari sono segreti, ma non si può non occuparsene. Le leggi sono rozze, ma non si può non promulgarle. La giustizia riguarda l’esterno, ma non si può non portarla anche dentro la casa. La benevolenza riguarda le relazioni intime, ma non si può non espanderla anche fuori della casa. Il rituale è limitato alle occasioni speciali, ma non si può non ritornarvi costantemente. La virtù è centrale e non si può non innalzarla. Il Dao è uno e non si può cambiare. Il cielo è divino e non si può non conformarsi a esso. Il sag-



Altre letture: “Il suo corpo è in accordo con lo standard abituale. Essendo in accordo con lo standard abituale non si distingue in alcun modo. Ma non distinguendosi in alcun modo, che ne è della distinzione per mezzo della quale è distinto? Coloro che vedono il visibile - tali erano gli uomini perfetti del passato. Quelli che vedono l’invisibile - essi sono gli eletti dell’universo” – H. A. Giles (1889); “La sua persona si definisce attraverso l’identificazione con quanto è comune a tutti. Ciò che è comune a tutti non ha esistenza propria e come potrebbe ciò che non ha esistenza propria possedere un’esistenza? Sono considerati esistenti soltanto i saggi dell’Antichità; coloro che sono considerati privi di esistenza, questi sono gli amici del cielo e della terra” – L. Kia-hway (1969).



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gio osserva il cielo, ma non presume di poterlo aiutare; la sua virtù è completa, ma non è un legame; segue il Dao, ma non fa piani; sa essere benevolo, ma non conta sulla benevolenza altrui; si attiene alla giustizia, ma non eccede; compie i rituali, ma non ha tabù; si occupa degli affari e non si sottrae; parifica mediante le leggi e non permette il disordine; conta sul popolo e non lo prende alla leggera; si conforma alla natura delle cose e non se ne distacca. Fra gli esseri non ve n’è alcuno che sia in grado di agire e tuttavia essi non possono astenersi dall’agire.271 Chi non comprende la legge del cielo non giunge alla vera virtù. Chi non è connesso con il Dao non può realizzare alcunché. Chi non comprende il Dao è in una triste situazione davvero. Cos’è questa cosa che viene detta il Dao? Ci sono il Dao del cielo e il dao degli esseri umani. Il Dao del cielo non agisce e produce rispetto. Il dao degli esseri umani agisce e produce legami. Al sovrano appartiene il Dao del cielo. Al ministro appartiene il dao degli esseri umani. Il Dao del cielo e il dao degli esseri umani sono lontani l’uno dall’altro. Questo merita un’attenta considerazione.



Altre letture: “Benché non debba esserci azione, non deve esserci neppure inazione” – H. A. Giles (1889); “[Il santo] si fa un dovere di agire [sugli esseri] anche se non meritano la sua azione” – L. Kia-hway (1969); “Fra le cose non ce n’è alcuna che valga la pena di usare e tuttavia devono essere usate” – B. Watson (1968).



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天 地

Cielo e terra











































Nel Grande Inizio vi era il nulla: non vi erano esseri, né nomi. Dal nulla emerse l’Uno: vi era l’Uno, ma non aveva forma. Dall’Uno nacquero gli esseri: questo è detto “la virtù”. Gli esseri ancora non avevano forma; erano differenziati, ma non separati: questo è detto “il destino”. Nell’immobilità e nel movimento gli esseri crebbero e svilupparono essenze specifiche: queste sono dette “le forme”. Le forme e i corpi custodivano al loro interno spiriti, ciascuno con caratteristiche proprie: questo è detto “la natura intrinseca”. La natura intrinseca, coltivata, ritorna alla virtù; e la virtù nel suo sviluppo ultimo è simile all’inizio. Simile all’inizio, perciò vuota; vuota, perciò grande. Allora puoi unirti al pigolio e al cinguettio universale; unito al pigolio e al cinguettio universale sarai unito a cielo e terra. In questa unione sei confuso, sei come un idiota, sei come un demente: questo è detto la Virtù Oscura. Insieme con tutti gli esseri divieni partecipe della Grande Obbedienza.

Cielo e terra sono vasti, ma le loro trasformazioni sono regolari. Le diecimila cose sono innumerevoli, ma la legge che le governa è una sola. Gli esseri umani sono molti, ma sono tutti soggetti a un sovrano. La sorgente del potere del sovrano è la virtù celeste e il suo completamento il cielo. Perciò si dice che nella remota antichità i sovrani governassero il mondo mediante la non-azione, servendosi unicamente della virtù celeste. Esamina le parole alla luce del Dao e il governo del mondo sarà corretto. Esamina le distinzioni alla luce del Dao e i doveri del sovrano e dei ministri saranno chiari. Esamina le capacità alla luce del Dao e i funzionari adempieranno i loro compiti. Esamina ogni cosa alla luce del Dao e i diecimila esseri risponderanno prontamente. Ciò che connette cielo e terra è la virtù; ciò che muove i diecimila esseri è il Dao.272 Quando chi sta sopra governa gli esseri umani, questa è amministrazione. Quando le capacità hanno modo di esprimersi, questa è abilità. L’abilità appartiene all’amministrazione, l’amministrazione appartiene alla giustizia, la giustizia ap-



Vari commentatori propongono di scambiare “virtù” e “Dao” in questa frase.





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Un altro capitolo composto da frammenti di varia origine, in cui risuonano alcuni del temi del capitoli “primitivisti” - per esempio nella parabola del contadino che si rifiuta di adoperare una macchina per sollevare l’acqua dal pozzo perché, dice, “dove ci sono macchine […] ci sono menti meccaniche e quando la tua mente è meccanica, la semplicità è perduta”. L’ironia si appunta soprattutto sull’idea di “governare il mondo”, contestando ricette apparentemente ovvie e condivise da moisti e confuciani come “promuovere l’eccellenza” e “impiegare il talento”. Per i daoisti questi interventi sono rimedi tardivi e inefficaci a una situazione già deteriorata, in cui la natura originaria degli esseri umani è andata perduta. Nella “era della virtù perfetta” governare significava semplicemente non interferire: i governanti erano come gli alti rami di un albero e il popolo era come cervi che brucano nei prati.

partiene alla virtù, la virtù appartiene al Dao, il Dao appartiene al cielo. Perciò si dice: coloro che nell’antichità guidavano il mondo erano privi di desideri e il mondo aveva ogni cosa a sufficienza; si astenevano dall’agire e i diecimila esseri da sé trasformavano; erano calmi e profondi e i cento clan erano ben ordinati. Nel Ji è detto:273 “Collegati con l’Uno e i diecimila compiti saranno portati a termine. Fai il vuoto nella tua mente e gli dei e i demoni diverranno tuoi servi”. Il maestro ha detto: “Il Dao è ciò che sostiene i diecimila esseri: immensa è la sua grandezza”. Come può allora il nobile non vuotare la propria mente? Agire mediante la non-azione: questo è il cielo. Parlare mediante la non-azione: questa è la virtù. Amare le persone e aiutare tutti gli esseri: questa è la benevolenza. Trattare il dissimile come simile: questa è la grandezza. Andare al di là dei precipizi che separano: questa è la liberalità. Accogliere le diecimila diversità: questa è la ricchezza. Afferrare saldamente la virtù: questa è la disciplina. Raggiungere la pienezza della virtù: questa è la rettitudine. Seguire il Dao: questo è essere pronti a tutto. Non opporsi alle aspirazioni degli esseri: questa è la perfezione.274 Quando il nobile comprende chiaramente questi dieci punti e li racchiude in sé, la sua mente è vasta e i diecimila esseri si raccolgono intorno a lui. Una persona siffatta non si cura dell’oro nascosto nelle montagne né delle perle nascoste negli abissi,275 non considera vantaggiosi beni e denaro, non cerca la fama e la ricchezza, non si rallegra di una lunga vita, né si rattrista di una morte prematura, non si Ji è un termine generico che indica una memoria, un’annotazione, un racconto, un ricordo. 274 Altre letture: “Non opporsi alla naturale inclinazione delle cose è essere perfetti” – H. A. Giles (1889); “Chi non si lascia abbattere dal succedersi degli avvenimenti esterni conserva l’integrità del proprio carattere” – L. Kia-hway (1969); “Far sì che le cose esterne non ottundano la volontà è detto perfezione” – B. Watson (1968). 275 Altra lettura: “Un uomo siffatto nasconde il suo oro nella montagna e getta le sue perle nel profondo” – A. C. Graham (1981).





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gloria dei successi, né si vergogna della povertà, non si appropria di ciò che può recare beneficio a un’intera generazione per il proprio uso privato, non considera regnare sul mondo come una propria eccellenza personale. La sua eccellenza consiste solo nel comprendere che i diecimila esseri sono un’unità e che vita e morte sono stati intercambiabili. Il maestro ha detto: “Il Dao risiede nel profondo: limpida è la sua purezza”. Senza di esso il metallo e la pietra non emetterebbero suoni. Il metallo e la pietra hanno voci, ma risuonano solo quando sono percossi. I diecimila esseri, chi può ordinarli?276 Colui che possiede la virtù del sovrano si attiene alla semplicità e alla passività e non si lascia coinvolgere in faccende. Sta saldo nella sorgente originaria ed è in contatto con lo spirito. Perciò la sua virtù è vasta e la sua mente si attiva solo quando qualcosa la percuote.277 Senza il Dao il corpo non ha vita, senza la virtù la vita non ha luce. Per aver cura del tuo corpo e vivere a lungo istituisci la luce della viti e il Dao. Non è questa la virtù del sovrano? Senza esitare si fa avanti, agisce vigorosamente e i diecimila esseri lo seguono: questo è detto possedere la virtù del sovrano. Vede nell’oscurità, ode nel silenzio. Lui solo percepisce l’alba nel cuore delle tenebre, lui solo ode l’armonia nel cuore del silenzio. Nel profondo del profondo percepisce l’essere, nello spirito dello spirito percepisce l’essenza. Accoglie i diecimila esseri e, pur essendo vuoto, soddisfa i loro bisogni. A ogni ora trova alloggio per la notte, nel grande e nel piccolo, nel lungo e nel corto, nel vicino e nel lontano.278

Altre letture: “Perciò sicuramente lo stesso principio si applica a tutta la creazione” – H. A. Giles (1889); “Le diecimila cose, chi può renderle silenziose?” B. Watson (1968). 277 Riposa cioè in uno stato di silenzio in cui il chiacchiericcio della mente ansiosa è venuto a cessare e il suo rapporto con la realtà è una risposta limpida e priva di pregiudizi. 278 Il senso di questa frase è oscuro. Probabilmente significa che colui che possiede la virtù del sovrano è capace di adattarsi a ogni circostanza.









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L’Imperatore Giallo,279 viaggiando a nord di Acqua Rossa, ascese le pendici dei monti Kunlun280 e dall’alto volse lo sguardo al sud. Sulla via del ritorno si accorse di aver perso la sua Perla Nera. Inviò Conoscenza a cercarla, ma Conoscenza non la trovò. Inviò Lizhu281 a cercarla, ma Lizhu non la trovò. Inviò Dialettica a cercarla, ma Dialettica non la trovò. Infine inviò Senza Forma a cercarla e Senza Forma la trovò. L’Imperatore Giallo disse: “Strano che alla fine proprio Senza Forma sia stato capace di trovarla!”. Il maestro di Yao?282 si chiamava Xuyou, il maestro di Xuyou si chiamava Nie Que, il maestro di Nie Que si chiamava Wang Ni, il maestro di Wang Ni si chiamava Beiyi. Yao chiese a Xuyou: “Potrebbe Nie Que assumere il ruolo di Figlio del Cielo?283 Incaricherò Wang Ni di chiederglielo” Xuyou rispose: “Metteresti in pericolo l’impero! Nie Que è un uomo intelligente, perspicace, sapiente e astuto. Il suo carattere eccelle sopra quello di ogni altro uomo: tuttavia egli cerca di raggiungere il divino per mezzo dell’umano.284 Vorrebbe prevenire l’errore, ma non ne conosce l’origine. Fare di lui il Figlio del Cielo? Si serve dell’umano piuttosto che del cielo, non è in contatto con le sue radici, mette al primo posto la conoscenza ed è come un fuoco che divampa. È schiavo delle circostanze e degli esseri, si guarda intorno e risponde a ciò che lo circonda, partecipa al mutamento degli esseri e non ha costanza. Come potrebbe essere il Figlio del Cielo? Ci sono i clan e gli anziani dei clan. Nie Que potrebbe esseMitico imperatore ed eroe culturale, vedi Appendice 1. Catena montuosa che si estende per oltre tremila chilometri, formando il bordo settentrionale dell’altopiano del Tibet e continuando a sud del fiume Wei fino al bordi della pianura della Cina settentrionale. 281 Famoso per l’acume della sua vista. 282 Mitico imperatore saggio, vedi Appendice 1. Abbiamo già incontrato Nie Que e Wang Ni nei Capitoli 2 e 7. 283 Imperatore. 284 Altre letture: “… interpreta il cielo attraverso l’uomo” – L. Kia-hway (1969); “… sa come sfruttare ciò che il cielo gli ha dato con strumenti umani” – B. Watson (1968). 279









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re il padre di un clan, ma non il padre dei padri. Il suo governo porterebbe il disordine: sarebbe un disastro come ministro rivolto verso il nord,285 una rovina come sovrano rivolto verso il sud”.286 Yao era in viaggio di ispezione sui confini di Hua.287 Vedendolo, un doganiere di Hua rise e gli disse: “Un saggio! Vorrei rivolgere al saggio un augurio di lunga vita!”. Yao rispose: “No, grazie”. “Allora un augurio di ricchezza”. Yao rispose: “No, grazie”. “Allora un augurio di molti figli maschi”. Yao rispose: “No, grazie”. Il doganiere allora disse: “Lunga vita, ricchezza, molti figli maschi, queste sono le cose che tutti desiderano. Tu solo non le desideri. Si può sapere perché?”. “Molti figli maschi”, disse Yao, “vogliono dire molti timori, la ricchezza significa molte preoccupazioni, una lunga vita comporta molte umiliazioni. Queste tre cose non permettono di coltivare la virtù. Per questo le rifiuto”. “Ti credevo un saggio”, disse la guardia. “Ora vedo che sei solo un gentiluomo. Il cielo genera i diecimila esseri umani e assegna a ciascuno un compito. Se hai molti figli maschi e ciascuno di essi ha un compito, cosa puoi temere? Se sei ricco e condividi le tue ricchezze con gli altri, di cosa ti puoi preoccupare? Il saggio è come una quaglia nel costruirsi il nido, come un passero nel cibarsi e come un uccello in volo nel non lasciare tracce. Quando il mondo ha il Dao, è partecipe dell’abbondanza con tutti gli altri esseri. Quando il mondo non ha il Dao, si ritira a vita privata e coltiva la Nella Cina antica il sovrano era rivolto verso il sud nell’impartire ordini, il ministro verso il nord nel riceverli. 286 Altra lettura: “Il suo tipo di uomo è precursore del disordine, un disastro per i ministri rivolti a nord, un pericolo per il sovrano rivolto a sud” – B. Watson (1968). 287 Oggi Hua (magnifica, splendida, fiorente) è un termine che indica la Cina intera.



















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propria virtù. Dopo mille anni, se si è stancato del mondo, lo lascia e ascende a raggiungere gli immortali cavalcando le bianche nubi, su su fino alla dimora del Supremo. Le tue tre preoccupazioni non lo toccano e il suo essere è eternamente al riparo da ogni calamità. Come potrebbe sentirsi umiliato?” Detto questo, il doganiere si allontano. Yao lo insegui, dicendo: “Per favore, posso chiederti…?” Ma il doganiere rispose soltanto: “Ora devo andare”.288 Quando Yao governava il mondo, Bocheng Zigao fu nominato feudatario. Ma quando Yao abdicò a favore di Shun e Shun a favore di Yu il Grande,289 Bocheng Zigao rinunciò al suo titolo per dedicarsi a coltivare la terra. Yu si recò a fargli visita e lo trovò intento ad arare un campo. Yu si fece avanti nella maniera più rispettosa e disse: “Quando Yao governava il mondo, tu, maestro, sei stato nominato feudatario. Ma quando Yao ha abdicato a favore di Shun e Shun a favore mio, ti sei ritirato a lavorare la terra. Posso chiederti perché?” Zigao rispose: “Quando Yao governava il mondo non vi erano ricompense e la gente era operosa, non vi erano punizioni e la gente era rispettosa. Ora tu ricompensi e punisci, ma la gente manca di benevolenza. D’ora innanzi la virtù andrà declinando e le punizioni diverranno un’istituzione: questo è il seme del disordine che prevarrà nelle generazioni future. Va’ ora, non interrompere il mio lavoro”. E continuò ad arare senza più curarsi di Yu. Nel Grande Inizio vi era il nulla: non vi erano esseri, né nomi. Dal nulla emerse l’Uno: vi era l’Uno, ma non aveva forma. Dall’Uno nacquero gli esseri: questo è detto “la virtù”.290 Gli esseri anco-

Altre letture: “Vattene ora!” (Giles, Watson); “Stammi lontano!” – A. C. Graham (1981). 289 Mitici imperatori di un’epoca remota. Vedi Appendice 1. 290 “Virtù”, de, qui come in molti altri luoghi, vale “potenzialità, capacita di manifestare una realtà”.















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ra non avevano forma; erano differenziati,291 ma non separati: questo è detto “il destino”. Nell’immobilità e nel movimento gli esseri crebbero e svilupparono essenze specifiche: queste sono dette “le forme”. Le forme e i corpi custodivano al loro interno spiriti, ciascuno con caratteristiche proprie: questo è detto “la natura intrinseca”. La natura intrinseca, coltivata, ritorna alla virtù; e la virtù nel suo sviluppo ultimo è simile all’inizio. Simile all’inizio, perciò vuota; vuota, perciò grande. Allora puoi unirti al pigolio e al cinguettio universale; unito al pigolio e al cinguettio universale sarai unito a cielo e terra. In questa unione sei confuso, sei come un idiota, sei come un demente: questo è detto la Virtù Oscura. Insieme con tutti gli esseri divieni partecipe della Grande Obbedienza. Confucio disse a Lao Dan:292 “Vi sono alcuni che coltivano il Dao in base alle apparenze, a ciò che si può e non si può fare, al giusto e allo sbagliato.293 Come i sofisti, separano il “duro” e il “bianco”,294 come se si potessero collocare in stanze diverse. Possono costoro essere considerati saggi?”. Lao Dan rispose: “Costoro sono come servi o artigiani, che affaticano il corpo e la mente. Il cane si ritrova con un collare intorno al collo per la sua utilità nella caccia, la scimmia viene tratta giù dalle foreste montane per la sua destrezza.295 Qiu,296 ti dico una cosa che non sei in grado di comprendere né di esprimere. Fra Fen, è “dividere, separare, distinguere, differenziare, ripartire, parte, elemento, frazione”. 292 Laozi. 293 Altre letture: “Ci sono uomini che studiano il Dao come studierebbero dei correlativi, che permettono ciò che non è permesso e trattano il falso come vero” – A. C. Graham (1981); “Ecco un uomo che cerca di comprendere il Dao come se stesse cercando di vincere una disputa, di rendere accettabile l’inaccettabile, vero il falso” – B. Watson (1968). 294 Allusione alle disquisizioni dei sofisti sulla relazione fra attributi come il “duro” e il “bianco” e le cose a cui si riferiscono. 295 Vedi anche l’analogo passaggio nel Capitolo 7. 296 Qiu è il nome personale di Confucio.





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tutti coloro che hanno testa e piedi, quelli che non hanno mente né orecchie sono la maggioranza. Ciò che ha corpo non può esistere insieme a ciò che non ha corpo né forma.297 Movimento e quiete, morte e vita, caduta e ascesa, su tutte queste cose nulla può l’essere umano. Ma c’è qualcosa di cui l’essere umano è padrone.298 Dimentica le cose, dimentica il cielo! Il tuo nome sia “colui che ha dimenticato se stesso”. Di colui che ha dimenticato se stesso si può ben dire che è asceso al cielo”. Jiang Lumian andò a trovare Ji Che e disse: “Il signore di Lu mi ha pregato di istruirlo. Ho rifiutato, ma non mi ha lasciato partire, perciò ho dovuto per forza dirgli qualcosa. Non so se ciò che gli ho detto sia giusto o sbagliato: lascia che te lo ripeta. Gli ho detto: ‘Sii rispettoso e frugale, scegli e promuovi coloro che sono devoti al bene pubblico, non permettere l’adulazione e il favoritismo. Chi allora fra il tuo popolo oserà disobbedire?’”. Ji Che rise e disse: “I tuoi insegnamenti sulla virtù di un monarca sono come le grida della mantide religiosa che agita le zampe infuriata per fermare un carro in arrivo, senza rendersi conto che è cosa ben superiore alle sue forze.299 Se il signore di Lu ti desse retta, si metterebbe in pericolo: sarebbe come chi colloca i propri beni su un’alta torre dove tutti possono vederli”,300 Il senso di questa frase è oscuro. Altre letture: “Che abbiano un corpo senza un corpo o l’apparenza di esso, e tuttavia esistano non ce ne sono” – H. A. Giles (1889); “Fra tutti coloro che hanno forma, nessuno resiste con ciò che non ha forma né aspetto” – A. C. Graham (1981); “Pensare che esseri con un corpo possano esistere insieme a ciò che non ha forma né corpo è impossibile!” – B. Watson (1968). 298 Altre letture: “La coltivazione di sé è nelle sue mani” – H. A. Giles (1889); “Studiare qualsiasi cosa appartiene al regno dell’uomo” – A. C. Graham (1981); “Tutti questi fenomeni che si succedono non sono ciò che li fa apparire tali” – L. Kia-hway (1969); “Eppure pensa che la padronanza di queste cose appartenga all’uomo!”– B. Watson (1968). 299 La stessa immagine ricorre nel Capitolo 4. 300 Frase poco chiara. Altra lettura: “Si agiterebbe e si metterebbe su una torre o terrazza. Allora le cose gli si raccoglierebbero intorno e la folla si dirigerebbe verso di lui” – B. Watson (1968).







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Jiang Lumian si stupì e disse: “Temo di essere proprio uno sciocco! Vorrei udire te, maestro, parlare di questo argomento”. Ji Che disse: “Quando un grande saggio governa il mondo, egli lava il cuore delle persone e fa sì che apprendano la semplicità dei costumi. Individua ed elimina le cattive intenzioni, ma altrimenti lascia che ciascuno persegua le proprie aspirazioni. Perciò tutto accade secondo la natura intrinseca di ciascuno e la gente non ne conosce la causa. Un monarca siffatto perché mai dovrebbe inchinarsi301 davanti al modo in cui uno Yao o uno Shun hanno educato i loro popoli? Egli fa che i desideri della gente coincidano con la virtù e i cuori siano a riposo”.302 Zigong303 stava tornando da un viaggio nello stato di Chu. Sulla riva meridionale del fiume Han304 si imbatté in un vecchio contadino che stava lavorando nel suo orto. Aveva scavato un solco e mediante una brocca di terracotta prelevava l’acqua dal pozzo e la versava nel solco per irrigare l’orto. Era un lavoro faticoso e scarsamente produttivo. Zigong gli disse: “C’è una macchina per fare questo. In un solo giorno puoi irrigare un’area cento volte più grande, con poca fatica e molto maggior risultato. Non ti piacerebbe averla?”. Il vecchio alzò il capo, guardò Zigong e chiese: “Come funziona questa macchina?”. “È una specie di cucchiaio di legno, pesante dietro e leggero davanti. Solleva l’acqua dal pozzo così velocemente che l’acqua sembra ribollire. Si chiama bilanciere”. Il contadino dapprima si fece rosso d’ira, poi rise e rispose: “Ho udito il mio maestro dire che dove ci sono macchine ci sono Letteralmente: porsi come un fratello minore di fronte a un fratello maggiore. Altre letture: “Egli mira a ritrovare la virtù e attraverso questa la pace dell’anima” – L. Kia-hway (1969); “Il suo solo desiderio è l’unità con la virtù e il riposo della mente” – B. Watson (1968). 303 Discepolo di Confucio, vedi Appendice 2. 304 Tributario dello Yangtze; lungo oltre 1500 km, scorre attraverso la parte meridionale dello Shanxi. 301











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problemi meccanici; e dove ci sono problemi meccanici ci sono menti meccaniche. Quando la mente è meccanica, la semplicità è perduta. Quando la semplicità è perduta, la vita dello spirito non ha più nulla che la sostenga. Quando la vita dello spirito non ha più nulla che la sostenga, il Dao non può sorreggerti. Conosco la macchina di cui parli, ma mi vergognerei di servirmene”. Zigong arrossì di vergogna, volse lo sguardo a terra e non rispose. Dopo un po’, il vecchio gli chiese: “Chi sei tu, comunque?”. “Un discepolo di Confucio”, rispose Zigong. “Non sarai per caso”, disse il contadino, “uno di quei dotti che si danno arie di saggi, usano grandi parole per collocarsi al di sopra della gente comune e intonano sul liuto tristi melodie per farsi ammirare dal mondo? In tal caso faresti meglio a dimenticare il tuo spirito e lasciar perdere il tuo corpo: così arriveresti quasi al livello della gente comune. Non sei in grado neppure di governare te stesso e vorresti governare il mondo? Vattene, non interrompere il mio lavoro”. Zigong impallidì e divenne nervoso, non riuscendo a digerire le parole del vecchio. Solo dopo aver camminato per trenta miglia305 riprese il suo colorito abituale. Uno dei suoi discepoli gli chiese: “Cosa ha fatto l’uomo che abbiamo incontrato dianzi per far sì che tu, maestro, impallidissi e non riprendessi il tuo aspetto consueto per tutto il giorno?”. “Credevo”, disse Zigong, “che nel mondo ci fosse un solo uomo degno di questo nome;306 non sapevo che esistesse anche quest’altro. Ho udito il maestro dire che quando si svolge un compito bisogna portarlo a termine con il minimo sforzo e il massimo risultato: questa è la via del saggio. Ma ora ho appreso che non è così. Colui che si attiene al Dao è completo nella virtù; colui che è completo nella virtù è completo nel suo corpo; colui che è completo nel suo corpo è completo nello spirito; colui che è completo nello spirito possiede il Dao del saggio. È contento di vivere con la







Il miglio cinese equivale a circa mezzo chilometro. Intendendo Confucio.



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gente comune e camminare con loro, senza chiedersi dove stia andando. La sua purezza è completa: l’utilità, le macchine, il profit to non trovano posto nella sua mente. Si conforma esclusivamente alle proprie intenzioni, agisce solo secondo il suo cuore. Se il mondo lo loda e dice che ha ottenuto qualcosa di grande, non se ne cura; se il mondo lo condanna e dice che ha perduto qualcosa, resta indifferente. L’elogio e il biasimo del mondo non sono per lui beneficio né danno. Questo è un uomo la cui virtù è completa! Io invece sono ancora come le onde agitate dal vento”. Tornato nello stato di Lu, Zigong riferì l’accaduto a Confucio. Confucio disse: “Costui è uno dei falsi praticanti delle arti del Caos,307 Conosce la prima parte del cammino, ma non la seconda.308 Governa l’interno, ma non l’esterno. Un adepto illuminato e puro, che sappia ritornare all’integrità originaria mediante il non-agire, che manifesti nel corpo la propria natura intrinseca, che abbracci lo spirito e cammini così nel mondo profano, ti sorprenderebbe? Quanto alle arti del Caos, io e te siamo forse in grado di conoscerle?”309 Zhun Mang stava viaggiando verso oriente per raggiungere la Grande Valle310 quando incontrò Yuan Feng sulla riva del Mare Orientale. Yuan Feng gli chiese: “Dove stai andando?”. Zhun Mang rispose: “Sto andando verso la Grande Valle”. “A che fare?”.





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Hun dun (Caos) denota il caos primordiale, prima della separazione di cielo e terra e dei diecimila esseri. Altra lettura: “Percepisce l’unità in tutte le cose, ma non la dualità” – A. C. Graham (1981). Il senso di questa risposta di Confucio è oscuro. Altre letture dell’ultima frase: “Per te e per me la scienza del pre-mondano non vale la pena di essere conosciuta” – H. A. Giles (1889); “L’arte del vivere che si praticava ai tempi dell’indistinzione primordiale, come potremmo esser degni di conoscerla, io e te?” – L. Kia-hway (1969); “Per quanto riguarda le arti del Signor Caos, tu e io non occorre che ci preoccupiamo di conoscerle” – B. Watson (1968). Questa potrebbe essere una metafora per il mare, che a sua volta è un’immagine del Dao.



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“Nella Grande Valle puoi versare e non è mai colma; a essa puoi attingere e non è mai esaurita. Là sono diretto”. “Maestro”, disse Yuan Feng, “non pensi alla gente dagli occhi a mandorla?311 Parlami del governo del saggio”. “Il governo del saggio? Il saggio nomina i funzionari in modo che nessuna capacità venga ignorata, sceglie e promuove in modo che nessun talento venga trascurato. È attento a tutte le circostanze e lascia che ciascuno faccia ciò che gli riesce meglio. Così parole e azioni sono la responsabilità di ciascuno e il mondo da sé si trasforma.312 Allora basta un suo cenno e dalle quattro direzioni tutti accorrono. Questo è il del saggio”. governo “Parlami della persona virtuosa”, chiese Yuan Feng. “La persona virtuosa”, rispose Zhun Mang, “si riposa nell’assenza di pensiero e agisce senza un piano. Non si attacca al giusto e allo sbagliato né al bello e al brutto. Si rallegra nel condividere con tutti gli esseri che vivono fra i quattro mari e trova pace nel soddisfare i loro bisogni. Quando è triste è come un bambino che ha perso la madre; quando è confuso è come un viaggiatore che ha perso la strada. Ha denaro e beni in abbondanza, senza sapere donde vengano. Ha cibo e bevande in abbondanza, senza sapere come mai. Questo è l’atteggiamento313 di una persona virtuosa”. “Parlami dell’essere umano spirituale”, chiese Yuan Feng.

Letteralmente, “occhi orizzontali”. Forse semplicemente “il popolo”, oppure, secondo un commentatore, “i barbari”. 312 Altre letture: “La voce del popolo è ascoltata e l’azione è conforme a essa. Le parole e i fatti della gente sono affar loro e perciò l’impero è in pace” – H. A. Giles (1889); “… tenersi al corrente delle esigenze e dei compiti del popolo per esaudire le sue aspirazioni. Se chi dirige parla e agisce secondo questi principi, il mondo migliora da sé” – L. Kia-hway (1969). 313 Rong, “atteggiamento”, è un termine di uso frequente nei testi confuciani: ogni circostanza e in particolare ogni rituale richiede un atteggiamento appropriato. L’uso di questo termine ci ricorda Laozi, 15, dove troviamo che “i grandi maestri dell’antichità erano […] così penetranti e profondi che non è possibile conoscerli intimamente e poiché non è possibile conoscerli intimamente è giocoforza descriverli mediante il loro atteggiamento (rong)”













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“Il suo spirito ascende cavalcando la luce, mentre il suo corpo si dissolve. Questo è detto ‘illuminarsi d’immensità’. Vive pienamente la propria natura e gli anni che gli sono destinati. Riposa nella gioia314 di cielo e terra e lascia che i diecimila affanni svaniscano, mentre i diecimila esseri tutti ritornano alla loro natura. Questo si chiama Oscurità Caotica”. Men Wugui e Chizhang Manji guardavano lo schieramento delle truppe del re Wu.315 Chizhang Manji disse: “Wu non è all’altezza dell’uomo del clan Youyu.316Per questo ci sono tutti questi guai”. Men Wugui chiese: “Dimmi, il mondo era già in ordine quando l’uomo del clan Youyu ne assunse il governo? O era in disordine ed egli lo ordinò?”. “Se il mondo fosse stato ben ordinato”, rispose Chizhang Manji, “cosa sarebbe rimasto da fare all’uomo del clan Youyu? Egli fu un farmaco applicato su un’ulcera, una parrucca collocata su una testa calva, un medico accorso al letto di un malato, un figlio devoto venuto a por tare una medicina al caro padre. Ma un saggio si vergognerebbe di agire così. Nell’era della virtù perfetta, le persone eccellenti non venivano promosse e le persone di talento non venivano utilizzate.317 I governanti erano come gli alti rami di un albero e le persone erano come cervi nei prati. Facevano ciò che è giusto senza sapere che questo si chiamasse giustizia. Si volevano bene senza sapere che questo si chiamasse benevolenza. Erano sinceri, senza sapere che questo si chiamasse onestà. Erano fedeli alla parola data, senza sapere che questo si chiamasse affidabilità. Si aiutaO “musica” (yue). Il fondatore della dinastia Zhou, che rovesciò l’ultimo imperatore della dinastia Shang e regnò dal 1046 al 1043 a.C. 316 Il saggio imperatore Shun, che non ebbe bisogno di intraprendere azioni militari. Vedi Appendice 1. 317 Graham nota che “promuovere l’eccellenza” e “utilizzare il talento” erano due slogan della scuola moista, ampiamente accettati in seguito anche nei circoli confuciani. 314







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vano a vicenda, ma non lo consideravano scambiarsi favori. Perciò la loro attività non lasciava tracce e delle loro azioni non resta memoria”. Un figlio devoto che non lusinghi i genitori, un ministro fedele che non aduli il suo sovrano sono l’apice della devozione ai rispettivi doveri. Un figlio che sia d’accordo con tutto quanto i genitori dicono e approvi ogni loro azione, un ministro che sia d’accordo con tutto quanto il suo sovrano dice e approvi ogni sua azione, questi non sono un buon figlio o un buon ministro. Ma non ci si rende conto che lo stesso principio è di applicabilità più generale. Una persona che sia d’accordo in tutto con quanto l’opinione corrente considera vero e giusto non viene considerato un adulatore. Dobbiamo allora supporre che l’opinione corrente sia più degna di rispetto dei nostri genitori o del nostro monarca? Chiama una persona furfante e si adirerà. Chiamala adulatore e andrà su tutte le furie. Ciononostante resta un furfante e un adulatore. Costui abbellisce le sue frasi con metafore ricercate per conquistare l’uditorio; fa discorsi senza capo né coda; sceglie accuratamente i colori dei suoi abiti; adotta atteggiamenti per attirarsi la simpatia della gente; però non ammetterà mai di essere un furfante e un adulatore! Concordare in tutto con le opinioni dei propri simili e non considerarsi uno di loro: questo è il culmine della stupidità!318 Chi sa di essere uno stupido non è tanto stupido. Chi sa di essere confuso non è gravemente confuso. Chi è gravemente confuso per tutta la vita non se ne rende conto. Chi è un vero stupido per





Altre letture: “Coloro che non fanno che imitare gli altri adottandone i pregiudizi, senza tuttavia riconoscersi come appartenenti alla massa, si può dire che raggiungono il colmo dell’incoscienza” – L. Kia-hway (1969); “Guardalo con i suoi seguaci stabilire la legge del giusto e dello sbagliato e tuttavia non si riconosce come uno della massa. Questo è il massimo della sciocchezza!” – B. Watson (1968).



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tutta la vita non ne prende coscienza. Se su tre persone che viaggiano insieme una è confusa è ancora possibile che giungano alla meta, perché la confusione è in minoranza. Ma se due su tre sono confuse, cammineranno fino a cadere esauste e non arriveranno in nessun luogo, perché la confusione prevale. Oggi il mondo è confuso. Cerco di indicare il cammino, ma non serve a nulla. Non è triste ciò? La grande musica non entra nelle orecchie dei contadini; ma suona loro “Rami di salice spezzati” o “Fiori multicolori”319 e i loro sorrisi andranno da un orecchio all’altro. I discorsi elevati non si fissano nelle menti della gente rozza: non riescono a penetrare, perché i discorsi grossolani hanno il sopravvento. È la stessa cosa che succede ai viaggiatori confusi che non arrivano a destinazione. Oggi il mondo è confuso. Anche se cerco di indicare il cammino, a che serve? Se so che non serve, e tuttavia mi ostino a farlo, anche questa è una forma di confusione! Perciò è meglio lasciar perdere e non forzare le cose. Ma se non forzo le cose, chi se ne preoccuperà?320 La donna lebbrosa che nel cuore della notte partorisce un figlio si precipita a prendere una torcia per guardarlo, terrorizzata che possa assomigliarle.321 L’albero secolare viene tagliato per farne vasi sacrificali: questi vengono dipinti di blu e di giallo e decorati con disegni, mentre i trucioli vengono gettati nel fosso. Se paragoni i vasi dipinti con i Presumibilmente facili melodie popolari. Altre letture: “Ma se io non forzo, chi lo farà?” – H. A. Giles (1889); “Meglio lasciare [il mondo] qual è senza cercare di stimolarlo e viverci in mezzo senza crucciarmi” – L. Kia-hway (1969); “Se non forzo le cose, almeno non causerò preoccupazione ad alcuno” – B. Watson (1968). 321 Questo frammento non ha particolarmente senso qui. Più plausibilmente Graham lo lega al paragrafo del Capitolo 11 che inizia con le parole “L’essere umano comune ama coloro che gli assomigliano…” 319







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trucioli gettati nel fosso, troverai che possono differire per la bellezza o bruttezza, ma sono accomunati dal fatto di aver perso la loro natura originaria. Il brigante Zhi e Zeng e Shi322 differiscono fra loro per la condotta, ma sono uguali nell’aver perso la loro natura originaria. Ci sono cinque modi per perdere la propria natura originaria. Uno: i cinque colori323 confondono l’occhio e annebbiano la vista. Due: le cinque note confondono l’orecchio e indeboliscono l’udito. Tre: i cinque odori soffocano il naso e provocano congestione nella fronte. Quattro: i cinque sapori impastano la bocca e ottundono il senso del gusto. Cinque: attrazione e repulsione agitano la mente e destabilizzano la natura intrinseca. Tutte queste cose sono dannose per la vita. Ma Yang e Mo324 dibattono a questo proposito, ciascuno convinto di essere arrivato a qualcosa. Non è quello che io chiamo arrivare a qualcosa. Se il tuo arrivare a qualcosa ti imprigiona, si può dire che tu sia arrivato a qualcosa? Allora anche la tortora e il gufo in gabbia sono arrivati a qualcosa. Con il tuo interno bloccato da attrazione e repulsione e da suoni e colori e il tuo esterno appesantito dai simboli di stato - il berretto di cuoio e il cappello ornato di piume, la lunga cintura di seta e la tavoletta da udienza - prigioniero interiormente, legato con funi esteriormente, nonostante tutto questo dici di essere arrivato a qualcosa? Allora anche il condannato con i polsi incatenati, anche la tigre e il leopardo rinchiusi in gabbia possono affermare di essere arrivati a qualcosa!

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Zeng Shen e Shiyu sono classici esempi di virtù, più volte citati nel Zhuangzi (vedi Appendice 2). Insieme alla classificazione su base duale (yin e yang), la classificazione in base ai cinque movimenti o fasi trasformative (legno, fuoco, terra, metallo e acqua) era largamente usata in ogni campo del sapere. I filosofi Yang Zhu e Mozi avevano un atteggiamento opposto nei confronti dei piaceri dei sensi, il primo edonista, il secondo ascetico. Vedi Appendice 2.



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天 道

Il Dao del cielo

























L’altruismo è un’altra forma di egoismo. Vuoi che il mondo abbia un governo? Cielo e terra spontaneamente perseverano nel loro movimento, sole e luna spontaneamente illuminano, le stelle spontaneamente si dispongono in costellazioni, gli uccelli e gli animali spontaneamente formano le loro famiglie, gli alberi e i cespugli spontaneamente crescono. Lascia che la virtù di ogni cosa si manifesti spontaneamente e sarai vicino alla perfezione. Perché allora tanta insistenza su benevolenza e giustizia, come se stessi battendo il tamburo per cercare un figlio che si è perso?”.





Il Dao del cielo è costantemente in movimento senza mai accumulare, perciò le diecimila cose giungono a compimento. Il Dao dell’imperatore è costantemente in movimento senza mai accumulare, perciò il mondo si raccoglie intorno a lui. Il Dao del saggio è costantemente in movimento senza mai accumulare, perciò tutti coloro che vivono fra i quattro mari gli tributano la loro obbedienza. Chi comprende il cielo, comunica con la saggezza, è familiare con le sei direzioni e quattro frontiere della virtù di re e imperatori agisce spontaneamente e la sua mente è sempre in quiete. La quiete





Questo capitolo appartiene allo strato più tardo del testi del Zhuangzi, al gruppo di scritti che Graham definisce “sincretisti”, in cui il pensiero daoista si mescola con elementi provenienti da altre scuole. Cogliamo qui una voce assai diversa da quella che ci parla nei Capitoli Interni. Vari elementi del discorso confuciano, contro i quali si scagliano gli strali del Zhuangzi in altri capitoli, sono qui incorporati nella prospetti va daoista. “Benevolenza e giustizia”, per esempio, non sono più viste come “l’inizio del disordine”, bensì come aspetti di un “ordine del Dao”, anche se subordinate al concetti più fondamentali di Dao e virtù. Il Dao e la virtù sono a loro volta subordina te al cielo, che comprende l’idea di natura, di ordine naturale delle cose - e in questo cogliamo una risonanza moista. Quasi traumatico, per chi ha più affinità con l’anima “anarchica” del Zhuangzi, è in questo capitolo l’elogio della gerarchia: un rigoroso ordine gerarchico, al cui vertice si trova il sovrano per quanto riguarda la società e il padre per quanto riguarda la famiglia, viene proposto in termini non dissimili dal discorso confuciano. Infine, a differenza dei Capitoli Interni, la prospettiva è interamente politica e sociale, e il destino individuale recede sullo sfondo. Questo non toglie che anche in questo capitolo risuonino alcuni temi caratteristici del daoismo, come la non-azione, la critica della conoscenza e l’insufficienza del linguaggio. Ma si ha l’impressione che per l’autore de II Dao del cielo (possiamo plausibilmente parlare di un autore perché il corpo principale del capitolo è omogeneo per stile e contenuti) questi concetti siano divenuti quasi dei luoghi comuni, dei riferimenti obbligati in parte svuotati di contenuto.

del saggio non nasce dal ritenere la quiete un bene:325 nasce dal fatto che il frastuono dei diecimila esseri è insufficiente a disturbare la sua mente. L’acqua tranquilla riflette chiaramente la barba e le sopracciglia di chi vi si specchia; la sua superficie fa da riferimento per la livella del carpentiere. Se la quiete dell’acqua possiede tali qualità, a maggior ragione la quiete dello spirito! La mente quieta del saggio riflette cielo e terra ed è lo specchio dei diecimila esseri. Il vuoto, la tranquillità, la quiete, l’insapore,326 il silenzio, il distacco, il non-agire: queste qualità sono la livella di cielo e terra e la perfezione del Dao e della virtù. Perciò re, imperatori e saggi riposano in esse. Riposando, sono vuoti; vuoti, sono veri; veri, sono in contatto con l’ordine naturale. Vuoti, sono in quiete: dalla quiete sorge il movimento e il movimento permette di portare a compimento le cose. In quiete, si attengono al non-agire; non agendo, mettono alla prova coloro che hanno il compito di agire. Non agendo, sono sereni; essendo sereni, ansia e sofferenza non li toccano e possono vivere a lungo. Il vuoto, la tranquillità, la quiete, l’insapore, il silenzio, il distacco, il non-agire: queste qualità sono la radice dei diecimila esseri. Quando le comprendi chiaramente, se sei rivolto a sud sei un sovrano della qualità di Yao; se sei rivolto a nord sei un ministro della qualità di Shun.327 In alto, queste qualità sono la virtù di re e imperatori; sono la virtù del Figlio del Cielo.328 In basso, sono il Dao del saggio nascosto, del re senza corona. Portale con te ritirandoti a una vita di libero vagabondaggio e otterrai la devozione Altra lettura: “Il riposo del saggio non è ciò che il mondo chiama riposo” – H. A. Giles (1889). 326 Il termine dan, “insapore”, abbraccia i significati “scialbo, insipido, diluito, leggero, pallido” (l’etimologia è “acqua sul fuoco”). In Laozi, 35, troviamo: “Il Dao emerge dalla bocca scialbo e insapore”. Non nei colori, sapori o emozioni forti è, ma nel disegno sottile delle cose possiamo apprezzare l’azione del Dao. Questa anche una caratteristica generale dell’estetica cinese. 327 Tradizionalmente l’imperatore è rivolto a sud nell’impartire ordini, il ministro rivolto a nord nel riceverli. Yao e Shun sono mitici imperatori saggi, il secondo ministro del primo, che abdicò in suo favore, vedi Appendice 1. 328 Titolo che spetta tradizionalmente all’imperatore.





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degli eremiti che vivono presso i mari e i fiumi, nelle montagne e nei boschi. Portale con te facendoti avanti a soccorrere il mondo e il riconoscimento dei tuoi meriti unirà il mondo intero. In quiete sarai un saggio; in azione un re. Senza agire, sarai onorato; nella tua semplicità, nessuno al mondo potrà competere con la tua bellezza. Colui che ha una chiara comprensione della virtù di cielo e terra può essere detto la Grande Radice, il Grande Maestro.329 Costui è partecipe dell’armonia del cielo; pertanto eguaglia e armonizza il mondo e partecipa all’armonia degli esseri umani. Partecipare all’armonia degli esseri umani è detto la gioia umana; partecipare all’armonia del cielo è detto la gioia celeste. Zhuangzi ha detto:330 “Il mio maestro, ah, il mio maestro! Ordina i diecimila esseri, ma non lo considera giustizia; benefica le diecimila generazioni, ma non lo considera benevolenza; è più antico della più remota antichità, ma non si considera vecchio. Ricopre e sostiene cielo e terra, scolpisce e incide le innumerevoli forme, si considera abile”. ma non Questa è la gioia celeste. Perciò si dice che, per chi conosce la gioia celeste, la vita è il movimento del cielo, la morte la trasformazione delle cose. Una persona siffatta in quiete condivide la virtù dello yin, in movimento condivide l’onda dello yang. Colui che conosce la gioia celeste non incorre nell’ira del cielo né nel biasimo degli esseri umani, nella fatica delle cose né negli obblighi verso gli spiriti. Perciò si dice che il suo movimento appartiene al cielo, la sua quiete alla terra. Con la mente unificata nella quiete è il re del mondo: gli spiriti non lo tormentano e la sua anima non conosce stanchezza. Con la mente unificata nella quiete ottiene l’obbedienza dei diecimila esseri: il suo vuoto e la sua quiete pervadono cielo e terra e si comunicano ai diecimila esseri. Questo è ciò che si



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Ben, “radice”, è anche “origine, sorgente, fondamento, base”. Zong, “maestro”, è anche “antenato, modello”. Queste parole ricorrono identiche nel Capitolo 6, dove sono attribuite a Xuyou. È possibile che qui esse siano intese effettivamente come una citazione di quel passaggio, come suggerisce Graham, poiché il presente capitolo è sicuramente più recente. Il “maestro” di cui si parla è ovviamente il Dao.



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chiama la gioia celeste. La gioia celeste fa del saggio il pastore del mondo. La virtù di re e imperatori ha il cielo e la terra come antenati, il Dao e la virtù come maestri, il non-agire come regola costante. Se non agisci, usi l’agire del mondo e ti resta energia in abbondanza; se agisci, il mondo usa il tuo agire e questo non è mai sufficiente. Per questo nell’antichità si onorava il non-agire. Se sia i governanti sia i sudditi si attengono al non-agire, sudditi e governanti condividono la stessa virtù.331 Ma se sudditi e governanti condividono la stessa virtù, non c’è nessuno che possa fare il ministro. Se i sudditi agiscono e i governanti anche, governanti e sudditi condividono la stessa via. Ma se governanti e sudditi condividono la stessa via, non c’è nessuno che possa fare il re. I governanti devono attenersi al non-agire e usare l’agire del mondo; i sudditi devono agire e lasciare che il mondo usi il loro agire. Questo è il Dao immutabile. Perciò gli antichi re del mondo, benché la loro conoscenza comprendesse il cielo e la terra, non si occupavano personalmente delle cose.332 Benché la loro dialettica fosse in grado di convincere i diecimila esseri, non propugnavano teorie. Benché le loro capacità abbracciassero tutto ciò che esiste fra i quattro mari, non agivano personalmente. Il cielo non genera, eppure i diecimila esseri si riproducono; la terra non alleva, eppure i diecimila esseri crescono. Re e imperatori non agiscono, eppure l’opera del mondo si compie. Perciò si dice che non vi sia nulla di più spirituale del cielo, nulla di più ricco della terra e nulla di più grande di re e imperatori. Perciò si dice che la virtù di re e imperatori sia pari a quella di cielo e terra. Questo è il Dao che permette di cavalcare cielo e ter-

“Virtù”, de, qui è chiaramente “capacità, efficacia, potenziale”. Giles (1889) interpreta queste frasi esattamente al contrario: “Perciò, benché la conoscenza degli uomini dell’antichità non abbracciasse l’intero universo, la loro mente non era turbata”.







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ra, di far galoppare tutti gli esseri e di impiegare la massa degli esseri umani. Nella gerarchia colui che sta sopra corrisponde alla radice e al tronco, coloro che stanno sotto ai ramoscelli terminali. L’essenziale appartiene al monarca; i dettagli spettano al ministro. L’uso dei tre eserciti e delle cinque armi333 appartiene ai ramoscelli terminali della virtù. Ricompense e punizioni, promozioni e retrocessioni e la somministrazione dei cinque supplizi334 sono i ramoscelli terminali dell’educazione del popolo. Riti e leggi, pesi e misure, l’attento confronto di funzioni e titoli335 sono i ramoscelli terminali del governare. Campane e cimbali, piume e bandiere sono i ramoscelli terminali della musica. Pianto e mortificazioni, tamburi e vesti funebri sono i ramoscelli terminali del lutto. Tutti questi ramoscelli terminali per agire correttamente dipendono dal movimento dell’essenza e dello spirito, dall’attivazione della mente e del metodo. Gli antichi ne erano consapevoli e non li consideravano prioritari. Il sovrano precede e il ministro segue, il padre precede e il figlio segue, il fratello maggiore precede e il fratello minore segue, l’anziano precede e il giovane segue, l’uomo precede e la donna segue, il marito precede e la moglie segue. Il superiore e l’inferiore, il precedere e il seguire discendono dal movimento di cielo e terra; perciò il saggio li adotta come modello. Il cielo è superiore, la terra inferiore: nella luce dello spirito queste sono le loro posizioni. La primavera e l’estate precedono, l’autunno e l’inverno seguono: questo è l’ordine delle quattro stagioni. I diecimila esseri evolvono e mutano, sbocciano, crescono, fioriscono e appassiscono: è un flusso costante di cambiamenti e trasformazioni. Cielo e terra, che rappresentano il culmine della spiriL’esercito di uno stato feudale era solitamente diviso in tre armate; le cinque armi sono spesso elencate come lancia, alabarda, ascia da combattimento, scudo e arco, ma esistono altre classificazioni. 334 I cinque supplizi nella Cina pre-Han erano: il tatuaggio di caratteri sulla fronte, il taglio del naso, l’amputazione di uno o di entrambi i piedi, la castrazione e la pena di morte. 335 Letteralmente, “forme e nomi”.







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tualità, hanno anch’essi la loro sequenza di superiore e inferiore, di precedenza e segui to: quanto più dunque ciò deve valere per gli esseri umani! Nel tempio ancestrale l’onore è determinato dal grado di parentela, a corte dal grado di nobiltà, nel villaggio dall’età,336 nella gestione degli affari dalle capacità: questo è l’ordinamento del Grande Dao. Se parlando del Dao ometti il suo ordinamento, non è il Dao. Se parli di un dao che non è il Dao, come troverai il Dao? Perciò gli antichi che comprendevano chiaramente il Grande Dao ponevano al primo posto la comprensione del cielo e al secondo posto quella del Dao e della virtù. Una volta acquisita una chiara comprensione del Dao e della virtù, passavano alla benevolenza e alla giustizia. Una volta acquisita una chiara comprensione della benevolenza e della giustizia, passavano alla suddivisione dei compiti. Una volta acquisita una chiara comprensione della suddivisione dei compiti, passavano al confronto di funzioni e titoli. Una volta acquisita una chiara comprensione di funzioni e titoli, passavano all’assegnazione dei ruoli. Una volta acquisita una chiara comprensione dell’assegnazione dei ruoli, passavano a valutare le prestazioni di ciascuno. Una volta acquisita una chiara comprensione delle prestazioni di ciascuno, passavano alla distinzione fra il giusto e lo sbagliato. Una volta acquisita una chiara comprensione del giusto e dello sbagliato, passavano alle ricompense e punizioni. Comprese chiaramente le ricompense e le punizioni, gli ignoranti e i sapienti erano collocati correttamente, i nobili e i plebei si trovavano al loro posto, i virtuosi e i non virtuosi erano chiaramente distinti; tutti avevano compiti adeguati alle loro capacità e operavano in maniera conforme ai loro titoli. Così una persona poteva servire i propri superiori e guidare337 i propri inferiori; le cose erano ben ordinate e ciascuno poteva dedicarsi a coltivare il proprio carattere. Senza utilizzare la conoscenza e la pianificazione

Letteralmente, “dai denti” (che denotano l’età). Letteralmente “allevare”.



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ogni cosa ritornava al proprio corso naturale. Questo è detto “la Grande Pace” ed è la forma più perfetta di governo. Perciò quando i libri dicono che c’erano funzioni e titoli, è vero, queste cose esistevano, ma gli antichi non le consideravano prioritarie. Coloro che nell’antichità parlavano del Grande Dao potevano citare funzioni e titoli al quinto posto, ricompense e punizioni al nono posto.338 Mettere al primo posto funzioni e titoli significa ignorare la radice e il tronco; mettere al primo posto ricompense e punizioni significa ignorarne l’origine. Coloro che capovolgono l’ordine del Dao hanno bisogno di essere essi stessi governati: come possono governare gli altri? Coloro che considerano prioritari funzioni e titoli, ricompense e punizioni conoscono solo gli strumenti del governare, non il Dao del governare. Il mondo può usare il loro agire, ma essi non sono in grado di usare l’agire del mondo. Sono solo retori, sapienti unidimensionali.339 Riti e leggi, pesi e misure, l’attento confronto di funzioni e titoli, gli antichi conoscevano bene tutto questo: ma erano i mezzi con cui il popolo serviva i governanti, non i mezzi con cui i governanti guidavano il popolo. Un tempo Shun chiese a Yao: “In qualità di sovrano celeste, come usi la tua mente?”. “Non calpesto coloro che non hanno nessuno a cui ricorrere”, rispose Yao, “non abbandono i poveri, soffro per le morti, mi rallegro per le nascite, condivido il lutto delle vedove. Soltanto così uso la mia mente”. “Molto bene”, disse Shun, “ma non ancora grande”. “In tal caso, che altro dovrei fare?”.









Come nell’elenco che precede. Altre letture: “Costoro sono conosciuti come ‘i sottili consiglieri, ciascuno con il suo angolino’” – A. C. Graham (1981); “Ciò si applica ai sofisti, chiusi in conoscenze troppo parziali” – L. Kia-hway (1969).



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“La virtù celeste emerge nella pace: sole e luna splendono, le quattro stagioni si succedono, giorno e notte si avvicendano, le nubi corrono nel cielo e portano la pioggia”. “Ahimè!”, esclamò Yao. “Che pasticcio ho fatto! Tu sei in accordo con il cielo, con gli esseri umani”. Per gli antichi, cielo e terra erano la misura di tutto ciò che è grande; l’Imperatore Giallo, Yao e Shun li prendevano a modello di tutto ciò che è bene. Perciò coloro che nell’antichità regnavano sul mondo si limitavano a fare ciò che fanno cielo e terra. Confucio stava partendo verso occidente per depositare le sue opere nell’archivio imperiale di Zhou. Zilu340 gli suggerì: “Ho udito che l’archivista imperiale di Zhou, un certo Lao Dan341, si è appena dimesso e si è ritirato a vita privata. Poiché tu, maestro, vuoi depositare nell’archivio le tue opere, potresti andare a fargli visita”. “Molto bene!”, rispose Confucio, e andò a trovare Lao Dan. Ma Lao Dan non approvò il progetto. Confucio cominciò a esporre il contenuto dei suoi dodici classici342 per convincerlo. Ma nel mezzo dell’esposizione Lao Dan lo fermò, dicendo: “Troppe parole. Dimmi l’essenziale”. Confucio disse: “L’essenziale è: benevolenza e giustizia”. “Perdona”, chiese Lao Dan, “benevolenza e giustizia fanno parte della natura intrinseca degli esseri umani?”. “Certo”, rispose Confucio. “Se il nobile non è benevolo, non riuscirà a realizzare nulla, se non è giusto, non riuscirà neppure a sopravvivere. Benevolenza e giustizia fanno parte della natura intrinseca degli esseri umani. Che altro desideri sapere?”.343 “Se posso chiedere, cosa intendi con benevolenza e giustizia?”. Discepolo di Confucio, vedi Appendice 2. Laozi. 342 Questi “dodici classici” sono stati variamente interpretati. 343 Altre letture: “Senza la bontà e la giustizia […] che cosa farebbe l’uomo in questo mondo?” – L. Kia-hway (1969); “Che altro potrebbero essere?” – B. Watson (1968). 340





















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“Dal centro del proprio cuore provare gioia per tutti gli esseri e amarli tutti in maniera altruistica, questa è l’essenza di benevolenza e giustizia”. “Sembra aver senso,344 ma amare tutti è un ideale astratto e l’altruismo è un’altra forma di egoismo. Vuoi che il mondo abbia un governo? Cielo e terra spontaneamente perseverano nel loro movimento, sole e luna spontaneamente illuminano, le stelle spontaneamente si dispongono in costellazioni, gli uccelli e gli animali spontaneamente formano le loro famiglie, gli alberi e i cespugli spontaneamente crescono. Lascia che la virtù di ogni cosa si manifesti spontaneamente e sarai vicino alla perfezione.345 Perché allora tanta insistenza su benevolenza e giustizia, come se stessi battendo il tamburo per cercare un figlio che si è perso? Le tue idee, maestro, portano confusione nella natura intrinseca degli esseri umani”. Shi Chengqi andò a trovare Laozi e gli disse: “Ho sentito dire che tu, maestro, sei un saggio. Senza darmi pensiero della distanza mi sono messo in cammino per venire a trovarti. Ho camminato per cento giorni: i miei piedi sono coperti di calli e non mi sono mai fermato a riposare. Ma ora vedo che non sei un saggio. I topi fanno festa sui tuoi avanzi, eppure ti sei rifiutato di ospitare la tua sorella minore: questa non è benevolenza. Hai davanti a te un’abbondanza di cibi crudi e cotti, eppure continui ad accumulare!”. Laozi restò indifferente e non rispose. Il giorno dopo Shi Chengqi tornò a trovarlo e disse: “Ieri sono stato tagliente con te. Oggi me ne pento. Come mai?”.

Altre letture: “C’è un pericolo nell’ultima cosa che hai detto” – A. C. Graham (1981); “Quasi, eccetto per l’ultima parte” – B. Watson (1968). 345 Altre letture: “Sii come queste cose; segui il Tao; e sarai perfetto” – H. A. Giles (1889); “Se anche tu avanzi fidandoti del Potere che è in te e dirigendoti in accordo con il Dao, avrai già raggiunto il culmine” – A. C. Graham (1981); “Devi solo accordarti con la virtù nelle tue azioni e seguire il Dao nel tuo cammino e sarai già arrivato” – B. Watson (1968).











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Laozi disse: “Abile, sapiente, spirituale, saggio: ho lasciato cadere tutte queste categorie. Se ieri mi avessi chiamato bue, mi sarei considerato un bue; se mi avessi chiamato cavallo, mi sarei considerato un cavallo. Se in ciò che qualcuno mi dice c’è una verità e non l’accetto, sono doppiamente in torto. Ho accolto ciò che mi hai detto perché accolgo tutto, non solo quanto merita di essere accolto”. Shi Chengqi si ritrasse rispettosamente evitando di calpestare l’ombra di Laozi. Poi si avvicinò di nuovo e chiese: “Come posso coltivare il carattere?”. Laozi rispose: “Il tuo atteggiamento è come un precipizio, lo sguardo arrogante, la fronte e gli zigomi sporgenti, la bocca spalancata: sembri un cavallo imbrigliato, una freccia pronta a scoccare dalla balestra. Esamini tutto attentamente, sei astuto e sapiente. La gente comune non si fida di una persona così. Nelle regioni di frontiera passeresti per un ladro”.346 Il maestro ha detto: “Il Dao è infinito rispetto al grande, ma non trascura il piccolo. Perciò è in grado di contenere i diecimila esseri. Vasto! Non c’è nulla che non accolga. Profondo! È un abisso insondabile. Forma e virtù, benevolenza e giustizia sono solo i ramoscelli terminali dello spirito. Eppure solo l’essere umano perfetto sa collocare questi ramoscelli al loro posto. L’essere umano perfetto può possedere il mondo senza restarvi impigliato. Nel mondo tutti si sforzano di mettere le mani sulle leve del potere, ma egli non partecipa alla lotta347. Vede chiaramente ciò che non ha falsità e non cerca il profitto. Comprende la verità degli esseri e si attiene





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Il senso di questa risposta non è chiaro. È possibile che l’episodio sia troncato. Giles (1889) estende la risposta di Laozi includendo in essa i paragrafi che seguono, che tuttavia non sembrano aver a che fare con l’episodio fino a questo punto. Altra lettura: “Manovra le leve che controllano il mondo, ma non partecipa all’operato del mondo” – B. Watson (1968).



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alla radice.348 Perciò può estromettere da sé cielo e terra, lasciare andare le diecimila cose e il suo spirito non resta imprigionato da alcunché. Comunicando con il Dao, conformandosi alla virtù, abbandona benevolenza e giustizia e dimentica i riti e la musica. Il suo cuore ha un luogo in cui dimorare. Il mondo apprezza i libri sul Dao. Ma i libri contengono solo parole. Ciò che nelle parole ha valore è il significato. Il significato insegue qualcosa, ma ciò che insegue non può essere trasmesso dalle parole. Il mondo dà valore alle parole e tramanda i libri. Malgrado l’apprezzamento del mondo, ciò che è prezioso non sta nei libri. Ciò che il mondo considera prezioso non è ciò che veramente è prezioso. Guardando, vediamo solo forme e colori. Ascoltando, udiamo solo nomi e suoni. E triste che la gente ritenga forme e colori, nomi e suoni sufficienti a comunicare la realtà delle cose. Siccome forme e colori, nomi e suoni sono insufficienti a comunicare la realtà, “coloro che sanno non parlano e coloro che parlano non sanno”.349 Ma come potrà il mondo comprendere questo?350 Un giorno il duca Huan351 stava leggendo un libro nella sua alta sala. Nel cortile sottostante il carraio Bian stava fabbricando una ruota. Deposto il mazzuolo e lo scalpello, il carraio sali al piano di sopra e chiese al duca: “Posso osare chiedere quali parole contiene il libro che Vostra Signoria sta leggendo?”. “Le parole dei saggi”, rispose il duca. Altre letture: “Malgrado la massima genuinità, si limita all’essenziale” — H. A. Giles (1889); “Avendo compreso la verità degli esseri ed essendosi attenuto alla loro comune radice […]” – L. Kia-hway (1969); “Fa emergere la verità delle cose e sa attenersi alla sorgente” – B. Watson (1968). 349 Citazione da Laozi, 56. 350 Altra lettura: “E siccome quelli che sanno non parlano e quelli che parlano non sanno, donde potrebbe il mondo trarre la conoscenza [del Tao]?” – H. A. Giles (1889). 351 Dello stato di Qi, VII secolo a.C.











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“Questi saggi sono ancora in vita?”. “Sono morti da lungo tempo”, disse il duca. “In questo caso ciò che Vostra Signoria sta leggendo sono solo fantasmi e resti decomposti di persone vissute molto tempo fa”, disse il carraio. “Da quando in qua un carraio si permette di commentare i libri che leggo? Spero che tu sia in grado di darmi una spiegazione, altrimenti ne va della tua vita!”. “Il vostro servo considera la cosa dal punto di vista del suo lavoro. Quando faccio una ruota, se i colpi del mazzuolo sono troppo deboli lo scalpello scivola via e non morde, se sono troppo forti affonda e non taglia. Non devono essere né troppo deboli, né troppo forti: è una cosa che si sente nella mano prima di comprenderla con la mente. Non si lascia formulare in parole, ma contiene un’arte. Non posso trasmetterla a mio figlio e lui non può apprenderla da me. Perciò a settant’anni continuo a fabbricare ruote. L’arte che gli antichi non potevano trasmettere è scesa nella tomba con loro. Per questa ragione ciò che Vostra Signoria sta leggendo sono solo fantasmi e resti decomposti di persone vissute molto tempo fa”.

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天 運

Il movimento del cielo



























“Per viaggiare sull’acqua non c’è nulla di meglio di una barca; per viaggiare sulla terraferma non c’è nulla di meglio di un carro. Ma se cerchi di spingere la barca sulla terraferma, puoi sforzarti fino alla fine dei tuoi giorni e avanzerai ben poco. Il passato e il presente non sono forse come l’acqua e la terraferma? Lo stato di Zhou e quello di Lu non differiscono forse come una barca e un carro? Applicare oggi allo stato di Lu le pratiche dello stato di Zhou è tanto sciocco quanto spingere una barca sulla terraferma: è un duro lavoro con scarsi risultati e sicuro pericolo per chi lo compie. Il tuo maestro non ha ancora appreso il movimento senza spigoli, il movimento che si accorda con le cose e non si esaurisce.

Il cielo ruota, la terra sta ferma, sole e luna si inseguono nelle loro orbite. Chi presiede a tutto questo? Chi lo dispiega? Chi, sedendo immobile senza far nulla, dà l’impulso a tutto questo? C’è forse un meccanismo che lo fa muovere senza potersi mai arrestare? Ruota, ruota ed è incapace di fermarsi. Le nuvole producono la pioggia e la pioggia genera le nuvole. Chi le gonfia? Chi, sedendo immobile senza far nulla, scatena questa musica lussuriosa?352 Il vento del nord soffia ora da ovest ora da est, come irresoluto. Di chi è l’espirazione o l’inspirazione? Chi, sedendo immobile senza far nulla, lo soffia ora da una parte ora dall’altra? Posso cortesemente chiederlo? Lo sciamano Xian Zhao dice: “Vieni, te lo spiego. Il cielo ha sei poli353 e cinque costanti.354 Quando re e imperatori si conformano a queste costanti il mondo è ben governato; altrimenti acca-

L’espressione “nuvole e pioggia” o “vento e pioggia” è una metafora comunemente usata per il rapporto sessuale. 353 Le quattro direzioni, l’alto e il basso. 354 Le cinque “fasi trasformative”, corrispondenti al legno, al fuoco, alla terra, al metallo e all’acqua.



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Questo capitolo chiude la “triade del cielo”, rappresentata dai Capitoli 12, 13 e 14. L’impronta sincretista è qui meno evidente, mentre più marcata è la natura composita del capitolo. I frammenti qui raccolti sono, infatti, assai vari e in alcuni il testo è tanto incoerente da rendere difficile districarne il messaggio. Tuttavia, come spesso accade nel Zhuangzi, in mezzo al guazzabuglio (mi si perdoni l’espressione) si incontrano vere perle: il dialogo del discepolo di Confucio Yan Yuan con il maestro di musica Jin è una sequenza di squisite metafore; e il dialogo fra Confucio e Laozi che chiude il capitolo è una formulazione brillante e originale della “illuminazione” daoista. Piacevolmente insolito è anche il fatto che quel dialogo si concluda con un riconoscimento del “vecchio maestro” per l’ottuso Qiu (Il nome personale di Confucio): anche Qiu finalmente ha capito!

dono disastri. Se re e imperatori si attengono ai nove Luo,355 l’ordine regna e la virtù è realizzata. Chi governa irradia il proprio splendore giù sulla terra e tutto il mondo lo sostiene. Costui viene detto sovrano356 nell’alto dei cieli”. Tang, primo ministro dello stato di Song, interrogò Zhuangzi a proposito della benevolenza. Zhuangzi rispose: “Le tigri e i lupi sono benevoli”. “Cosa intendi dire?”, chiese Tang. “Genitori e cuccioli di tigre sono profondamente attaccati gli uni agli altri. Come si può dire che non siano benevoli?”. “Perdona, ma intendo parlare della perfetta benevolenza”. “La perfetta benevolenza”, rispose Zhuangzi, “non conosce predilezioni”.357 “Tuttavia ho udito”, soggiunse il primo ministro, “che senza predilezione non c’è amore e senza amore non c’è pietà filiale. Vuoi forse dire che la perfetta benevolenza non comprende la pietà filiale?”. “No”, disse Zhuangzi. “La perfetta benevolenza è una virtù più alta. La pietà filiale non è sufficiente a descriverla. Ciò di cui parli non è al di là della pietà filiale, bensì non la raggiunge nemmeno! Se un viaggiatore che giunge a Ying358 dal nord si volge a guardare indietro e non scorge più la Montagna Oscura, è perché la montagna è ormai troppo lontana. Perciò si dice che è più facile rispettare i nostri genitori che amarli; è più facile amare i nostri genitori che dimenticarci della nostra predilezione per loro; è più facile dimenticarci della nostra predilezione per loro che far sì che essi dimentichino la loro predilezione per noi; è più facile far sì che Probabilmente un riferimento al capitolo “Il grande piano” del Libro dei documenti, che è diviso in nove parti e sarebbe originariamente comparso scritto sul guscio di una tartaruga emersa dal fiume Luo. 356 Il termine huang, “sovrano” denota una condizione semidivina. 357 Il termine qui tradotto con “predilezione”, qin, si riferisce all’affetto fra genitori e figli, fra coniugi, fra parenti, fra persone intimamente legate. 358 Antica capitale dello stato di Chu.















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essi dimentichino la loro predilezione per noi che dimenticare noi stessi il mondo intero; è più facile dimenticare noi stessi il mondo intero che far sì che il mondo intero si dimentichi di noi. La virtù supera Yao e Shun359 e si astiene dall’agire; i suoi benefici si estendono alle diecimila generazioni e il mondo neppure se ne accorge. A che pro dunque questo continuo sospirare sulla benevolenza e la pietà filiale? Pietà filiale e amore fraterno, benevolenza e giustizia, lealtà e fiducia, castità e onestà, tutte queste cose sono solo una forzatura della virtù e non vanno lontano. Perciò si dice che la perfetta nobiltà val quanto tutte le insegne dello stato, la perfetta ricchezza val quanto tutte le ricchezze dello stato, la perfetta ambizione val quanto ogni onore e ogni fama. Il Dao soltanto è immutabile”. Il ministro Beimen Cheng disse all’Imperatore Giallo: “Quando Vostra Maestà ha fatto eseguire la musica Xianchi presso il lago Dongting, la prima volta mi ha spaventato; tornando a udirla mi sono sentito spossato;360 alla fine mi sono sentito confuso, sopraffatto, senza parole e incapace di dominarmi”. “Non sei lontano dal cogliere la vera natura di quella musica”, spose l’imperatore. “L’ho suonata per gli esseri umani, l’ho accordata con il cielo, l’ho eseguita con il giusto rituale e l’ho fondata nella Grande Chiarezza.361 Perciò dapprima in essa le quattro stagioni si succedevano e i diecimila esseri vivevano a turno la loro vita; ascesa e declino, cultura e guerra, rapporti umani e letteratura, chiarezza e torbidità, yin e yang, luce e suono si avvicendavano. Mitici imperatori saggi, vedi Appendice 1. Dai, “spossato”, abbraccia anche i significati “pigro, incurante, lento, scortese”. 361 Altra lettura: “Prima l’ho suonata come opera umana, ma accordata con il Cielo; l’ho fatta marciare in accordo con i Riti e la Giustizia, ma fondata nella chiarezza ultima” – A. C. Graham (1981). Alcune versioni del testo contengono a questo punto la frase: “Una musica perfetta deve in primo luogo rispondere ai bisogni degli esseri umani, poi essere in armonia con il cielo e infine sciogliersi nella spontaneità; solo così può ordinare le quattro stagioni e armonizzare i diecimila esseri”. 359







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A volte era simile al ronzio di insetti dormienti che cominciano a risvegliarsi, a volte al fragore spaventoso del tuono. Il finale era senza coda, l’inizio senza testa.362 Ora morta, ora viva, ora annientata, ora risorta, quella musica era inarrestabile. Per questo ti ha spaventato. Poi l’ho suonata armonizzando lo yin e lo yang, illuminata dallo splendore di sole e luna. Le note potevano essere corte o lunghe, morbide o dure: si uniformavano al cambiamento senza aderire ad alcuna convenzione. Nelle valli, riempivano le valli, nelle caverne, riempivano le caverne; chiudevano le fessure, contenevano lo spirito, aderivano alla misura degli esseri. Il suono era ampio, la voce alta e brillante. Perciò gli dei e gli spiriti rimanevano nel loro mondo infero e il sole, la luna e le stelle continuavano a percorrere le loro orbite. La musica si arrestava dove la melodia si arrestava e scorreva dove non c’era un arresto. Tu cercavi di afferrarla, ma ti risultava incomprensibile; cercavi di guardarla, ma era invisibile; cercavi di raggiungerla, ma era irraggiungibile. Ritto nel vuoto del Dao nelle quattro direzioni, ti appoggiavi a un albero emettendo lamenti; i tuoi occhi erano stanchi per lo sforzo di guardare; le forze ti venivano meno per lo sforzo di inseguire. Non potevo farci nulla: il tuo corpo si dissolveva nel vuoto fino a giungere a una totale indeterminatezza. È per via di questa indeterminatezza che ti sei sentito spossato.363 Poi ho suonato quella musica con note che non producevano spossatezza, accordandola alla spontaneità. Allora è sembrata una massa confusa in cui le cose crescevano fitte, una foresta musicale senza forma, una dispersione in cui nulla veniva trascinato, una nebulosa lontananza silenziosa. La musica non andava in nessuna direzione, bensì si adagiava in una profonda oscurità. Potevi chiamarla morte, potevi chiamarla vita; potevi chiamarla sostanza, po-



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Tutto questo discorso contiene varie allusioni alla descrizione del Dao contenuta, per esempio, in Laozi, 14. L. Kia-hway riferisce queste ultime frasi (da “Tu cercavi di afferrarla…”) allo stesso Imperatore Giallo anziché a Beimen Cheng.



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tevi chiamarla esteriorità; essa scorreva sciolta e mutevole, senza obbedire ad alcuna tonalità costante. Il mondo in dubbio si inchina davanti al saggio. Il saggio si attiene alla natura e segue il proprio destino. Quando il meccanismo celeste non si manifesta, ma i cinque sensi sono tutti desti, questo si può chiamare la musica celeste.364 Non ha parole, ma parla al cuore. Perciò l’uomo del clan Yan ne cantò le lodi così: “Ascolti e non ne odi il suono; guardi e non ne vedi la forma. Riempie cielo e terra, abbraccia le sei direzioni”. Tu volevi ascoltare quella musica e non ci sei riuscito, per questo ti sei sentito confuso.365 La mia musica comincia con la paura, e la paura suggerisce una maledizione. Poi si serve della spossatezza, e la spossatezza porta a ritirarsi. Finisce con la confusione, e la confusione produce stupore. Lo stupore apre al Dao e il Dao può sostenerti e accompagnarti ovunque tu vada”.366 Quando Confucio si mise in viaggio verso occidente per visitare lo stato di Wei, Yan Yuan367 chiese al maestro di musica Jin: “Cosa ne pensi dell’operato del mio maestro?”.368 “È un peccato che il tuo maestro si metta in situazioni senza via d’uscita”.369 “Perché dici questo?”,

Le ultime tre frasi sembrano fuori contesto. “Come può ben sentirsi anche il lettore a questo punto”, commenta Watson (1968). In effetti tutto il discorso dell’Imperatore Giallo è oscuro, pieno di incongruenze, forse volutamente assurdo. La sola cosa chiara è che la musica qui è una metafora per il Dao; ma la metafora resta largamente incomprensibile. 366 I nessi causali sembrano assai vaghi. È probabile che il testo di tutto questo frammento sia corrotto. 367 Discepolo di Confucio, vedi Appendice 2. 368 Altra lettura: “Cosa ne pensi dei viaggi del nostro maestro?” – A. C. Graham (1981). 369 Altre letture: “Ahimè! Non è un successo!” – H. A. Giles (1889): “Peccato! Si metterà nei guai!” – A. C. Graham (1981). 364













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“I cani di paglia”, disse il maestro Jin, “prima di essere offerti nei sacrifici sono tenuti in una cassa di bambù, avvolti in un panno ricamato, e il sacerdote, il rappresentante del defunto e il celebrante digiunano prima di toccarli. Ma, una volta eseguita l’offerta, vengono gettati sulla strada e i passanti li calpestano. Se vengono raccolti, è soltanto per essere usati come combustibile. Se qualcuno li rimettesse nella loro cassa di bambù, avvolti in un panno ricamato, e si stendesse a dormire ai loro piedi, non avrebbe sogni premonitori, bensì incubi!370 Il tuo maestro raccoglie cani di paglia offerti in sacrificio dagli antichi re e invita i suoi discepoli a dormire distesi ai loro piedi.371 Per questo la gente gli ha tagliato l’albero sotto cui si era seduto a insegnare a Song, ha cancellato le sue orme a Wei e lo ha affamato a Shang e a Zhou. Non sono questi i suoi sogni? Fra Chen e Cai lo hanno bloccato e per sette giorni non ha potuto mangiare cibi cotti, fino a ritrovarsi sospeso fra la vita e la morte. Non sono questi i suoi incubi?372 Per viaggiare sull’acqua non c’è nulla di meglio di una barca; per viaggiare sulla terraferma non c’è nulla di meglio di un carro. Ma se cerchi di spingere la barca sulla terraferma, puoi sforzarti fino alla fine dei tuoi giorni e avanzerai ben poco. Il passato e il presente non sono forse come l’acqua e la terraferma? Lo stato di Zhou e quello di Lu373 non differiscono forse come una barca e un carro? Applicare oggi allo stato di Lu le pratiche dello stato di I cani di paglia usati nei sacrifici sono menzionati anche in Laozi, 5. Sulla base di questo passaggio del Zhuangzi, Giles suppone che essi fossero usati per indurre sogni premonitori, mentre Watson (più verosimilmente, a mio avviso) ipotizza che fossero usati come capri espiatori per assorbire gli influssi nefasti nel sacrificio. 371 La metafora allude al culto confuciano degli antichi testi e rituali, altrettanto vuoti e consunti quanto i cani di paglia una volta eseguita l’offerta. 372 Le peripezie di Confucio e dei suoi discepoli nel loro vagare di stato in stato sono narrate nei Detti di Confucio. Questo elenco, con lievi varianti, ricorre più volte nel Zhuangzi. 373 Lo stato della dinastia Zhou (1046-256 a.C.) e quello dove vive Confucio.











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Zhou è tanto sciocco quanto spingere una barca sulla terraferma: è un duro lavoro con scarsi risultati e sicuro pericolo per chi lo compie. Il tuo maestro non ha ancora appreso il movimento senza spigoli, il movimento che si accorda con le cose e non si esaurisce. Hai mai visto un pozzo a bilanciere? Lo tiri e va giù; lo lasci andare e viene su. È l’essere umano a tirarlo, non viceversa, perciò nessuno può rimproverargli il suo movimento di salita e discesa. Così i riti e la giustizia, le leggi e i decreti dei Tre Sovrani e dei Cinque Imperatori374 sono pregevoli non per la loro uniformità, bensì per la loro efficacia nel governare. Potremmo paragonarli, per esempio, alla mela cotogna, alla pera, al mandarino e al pompelmo: i sapori di questi frutti sono diversi, ma tutti gradevoli al palato. I riti e la giustizia, le leggi e i decreti cambiano con i tempi. Prendi un macaco e fagli indossare gli abiti del duca di Zhou: comincerà a morderli e strapparli e non sarà soddisfatto finché non li avrà fatti a brandelli. Basta uno sguardo per rendersi conto che il passato e il presente sono tanto diversi fra loro quanto un macaco e il duca di Zhou. La bella Xi Shi,375 un giorno che il suo cuore era afflitto, aggrottò le sopracciglia e rivolse sguardi irosi all’intero villaggio. Una donna brutta la vide e si mise a imitarla. Si mise le mani sul cuore, aggrottò le sopracciglia e guardò irosamente tutti quanti. Gli uomini ricchi del villaggio vedendola si chiusero in casa; i poveri vedendola presero per mano la loro famiglia e fuggirono. La donna aveva colto la bellezza negli sguardi irosi di Xi Shi, ma non aveva capito in cosa consistesse quella bellezza! È un peccato che il tuo maestro si metta in situazioni senza via d’uscita!”. I Tre Sovrani (san huang) e i Cinque Imperatori (wu di) sono mitici re saggi di un’epoca che, partendo da una remota antichità, giunge fino all’avvento della dinastia Xia nel 2070 a.C. L’attributo huang, “sovrano”, indica uno stato semidivino; la durata del regno dei Tre Sovrani, secondo la tradizione, si estende fino a varie centinaia di migliaia di anni. L’identità di questi otto varia secondo le fonti. Alcuni di essi, per esempio l’Imperatore Giallo, sono trattati a volte come “sovrani”, altre come “imperatori”. 375 Famosa bellezza dell’antichità, vedi Appendice 2.







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Confucio aveva raggiunto l’età di cinquantun anni e ancora non aveva udito parlare del Dao. Perciò partì verso il sud per far visita a Lao Dan376 a Pei. Lao Dan gli disse: “Dunque sei venuto! Ho udito che sei un uomo virtuoso delle regioni settentrionali. Anche tu hai trovato il Dao?”. “Non ancora”, rispose Confucio. “Dove l’hai cercato?”. “L’ho cercato nelle misure e nei numeri per cinque anni e non l’ho trovato”. “E poi dove?”. “L’ho cercato nello yin e nello yang per dodici anni e non l’ho trovato”. “Giusto”, disse Laozi. “Se il Dao si potesse offrire, tutti lo offrirebbero al proprio sovrano. Se il Dao si potesse ricevere, tutti lo darebbero ai propri genitori. Se il Dao si potesse comunicare, tutti lo condividerebbero con i propri fratelli. Se il Dao si potesse lasciare in eredità, tutti lo lascerebbero ai propri figli e nipoti. Ma non si può! E solo per questa ragione: se dentro non c’è padronanza, il Dao non permane; se fuori non c’è correttezza, il Dao non può essere trasmesso. Se ciò che emerge dall’interno non viene ricevuto all’esterno, il saggio non lo trasmette; se ciò che entra dall’esterno non viene padroneggiato all’interno, il saggio non se ne serve. La fama è uno strumento pubblico, non va presa in dose eccessiva.377 La benevolenza e la giustizia sono come le capanne di paglia degli antichi re: puoi sostarvi una notte, ma non stabilirvi la tua dimora. Chi vi soggiorna a lungo va incontro a molti doveri.378 Per l’essere umano perfetto dei tempi antichi la benevolenza era un sentiero da seguire per un tratto, la giustizia una capanna in cui Laozi. Altre letture: “I nomi sono strumenti per uso pubblico, non bisogna avere preferenze troppo forti fra di essi” – A. C. Graham (1981); “Gli onori appartengono al pubblico; non si deve accettarne troppi” – L. Kia-hway (1969); “La fama è un’arma pubblica - non servirtene troppo spesso” – B. Watson (1968). 378 O “… a molti rimproveri” – L. Kia-hway (1969) e B. Watson (1968). 376















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soggiornare per una notte. L’essere umano perfetto dei tempi antichi vagava libero e senza vincoli nel mondo selvaggio, semplice e sobrio si cibava dei prodotti dei campi e stabiliva la sua dimora nel giardino Senza Obblighi. Libero e senza vincoli, si asteneva dall’agire; semplice e sobrio, trovava facile vivere; privo di obblighi, non era tenuto a produrre nulla. Gli antichi chiamavano questo stato Vagabondare nella Verità. Chi ritiene che la ricchezza sia la cosa più preziosa, non può rinunciare alle sue rendite; chi ritiene che gli onori siano la cosa più preziosa, non può rinunciare alla fama; chi è attaccato al potere, non può concepire di condividerlo con altri. Tutti costoro vivono nell’ansia mentre restano aggrappati al possesso di queste cose, nell’afflizione quando le perdono. Non si soffermano mai a riflettere e non cessano di guardare con cupidigia: sono i dannati del cielo. Biasimo e lode, prendere e dare, ammonire e istruire, vita e morte, questi otto sono gli strumenti del rettificare. Solo chi si attiene al Grande Mutamento senza esserne sopraffatto può servirsene. Perciò si dice: solo ciò che è retto può rettificare. A coloro che non comprendono questo, le porte del cielo non si aprono”. Confucio si recò a far visita a Lao Dan e gli parlò della benevolenza e della giustizia. Lao Dan disse: “La pula che si solleva setacciando il grano può accecare l’occhio al punto che cielo e terra e le quattro direzioni si scambino di posto. La puntura di una zanzara o di un tafano può tenerti sveglio tutta una notte. Ma questi penosi discorsi di benevolenza e giustizia - non c’è nulla che produca nella mente una maggiore confusione. Se vuoi evitare che il mondo perda la propria semplicità originaria, sii libero come il vento e stai saldo nella pienezza della virtù. Che senso ha allora insistere tanto su benevolenza e giustizia, come se stessi battendo il tamburo per cercare un figlio che si è perso?379 Il cigno non ha bisogno di lavarsi ogni giorno per restare bianco, né il corvo di immergersi nell’inchiostro per restare nero. Il bianco e il nero nella loro semplicità



Questa frase ricorre anche nel Capitolo 13.



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non danno adito a dispute. Fama e reputazione non meritano di essere ammirate.380 Quando una sorgente si esaurisce, i pesci restano a secco sulle rive e si inumidiscono a vicenda con il fiato e con lo sputo. Ma meglio sarebbe per loro se potessero ignorarsi a vicenda nuotando nei fiumi e nei laghi”.381 Quando Confucio ritornò dalla visita a Lao Dan, restò in silenzio per tre giorni. Un discepolo gli chiese: “Maestro, hai incontrato Lao Dan. Che insegnamento gli hai impartito?”382 Confucio rispose: “Posso dire di avere incontrato un drago. Un drago quando si condensa possiede un corpo, quando si dissolve è puro movimento; cavalca le nubi e le nebbie e si nutre dello yin e dello yang. Sono rimasto a bocca aperta e non riuscivo a chiuderla! Come pensi che avrei potuto impartire un insegnamento a Lao Dan?”. Zigong383 gli chiese: “È vero dunque che l’essere umano autentico può restare immobile come un cadavere e apparire come un drago, che il suo silenzio abissale risuona come un tuono 384 e che il movimento che si irraggia da lui è come quello di cielo e terra? Permetti che anch’io vada a incontrarlo!”. Con una presentazione di Confucio Zigong ottenne un incontro con Lao Dan. Lo trovò che stava seduto a gambe incrociate nella sua grande sala. Quasi in un sussurro Lao Dan gli disse: “Sono vecchio, ho visto molti anni andare e venire. Che insegnamento hai da impartirmi?”. “I Tre Sovrani e i Cinque Imperatori”,385 disse Zigong, “hanno governato il mondo in modi differenti, ma tutti godono di uguale Altre letture: “Mettersi in mostra per essere famoso e lodato non rende un uomo più grande” – A. C. Graham (1981); “Ammirare la fama e la lode è segno di ristrettezza mentale” – L. Kia-hway (1969); “Fama e reputazione, per quanto clamorose, non sono motivo di invidia” – B. Watson (1968). 381 Questa frase ricorre anche nel Capitolo 6. 382 Altra lettura: “Che opinione ti sei fatta di lui?” – B. Watson (1968). 383 Un discepolo di Confucio. 384 Questa frase ricorre anche nel Capitolo 11. 385 Mitici eroi fondatori della civiltà.











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fama e rispetto. Tu solo, maestro, non li consideri saggi. Perché mai?”. “Avvicinati, ragazzo”, disse Lao Dan. “Perché dici che governarono il mondo in modi differenti?”. “Yao cedette il trono a Shun e Shun lo cedette a Yu il Grande. Yu compì grandi fatiche e Tang si servì delle armi. Il re Wen non osò ribellarsi al tiranno Zhou, mentre suo figlio Wu si ribellò a Zhou.386 Per questo dico che governarono il mondo in modi differenti”. “Ragazzo”, disse Lao Dan, “avvicinati ancora un po’ e ti dirò come i Tre Sovrani e i Cinque Imperatori governarono il mondo. L’Imperatore Giallo governò il mondo unificando i cuori387 del popolo. Quando qualcuno perdeva i genitori, non li piangeva e nessuno lo disapprovava. Yao governò il mondo stimolando nei cuori gli affetti familiari. Quando qualcuno perdeva i genitori, portava il lutto e nessuno lo disapprovava. Shun governò il mondo instillando nei cuori la competizione. Le donne partorivano nel decimo mese; i bambini a cinque mesi già parlavano, e prima di ancora di aver imparato a sorridere già sapevano riconoscere le persone. Allora la gente cominciò a morire prematuramente. Yu governò il mondo rendendo i cuori mutevoli. Ciascuno cominciò a pensare a modo proprio. Il ricorso alle armi era ritenuto cosa normale e uccidere un ladro non era considerato omicidio. Ciascuno si occupava solo della propria famiglia: perciò nel mondo vi era grande scompiglio. A questo punto sorsero i confuciani e i moisti e cominciarono a istituire norme per regolare i rapporti umani. Cosa direbbero oggi di coloro che prendono come mogli le proprie figlie?388 Ti dirò come i Tre Sovrani e i Cinque Imperatori governarono il mondo. Si dice che lo governassero, ma, in effetti, lo fecero spro-

Su questi personaggi, a cavallo fra mito e storia, vedi Appendice 1. Xin, “cuore”, come sempre abbraccia anche l’idea di “mente”. 388 Così B. Watson (1968), sulla base di un commento di Guoxiang; ma il senso della frase è ambiguo. 386









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fondare in una confusione senza pari. In alto, la conoscenza dei Tre Sovrani oscurò lo splendore del sole e della luna; in basso, inficiò la vitalità dei monti e dei fiumi; nel mezzo, portò il disordine nel ciclo delle stagioni.389 La loro conoscenza era più pericolosa della coda di uno scorpione! Nessuna bestia poté più manifestare tranquillamente la propria natura e il proprio destino. E si consideravano saggi! Vergogna!”. Zigong, sconcertato, rimase ritto senza sapere dove mettere i piedi. Confucio disse a Lao Dan: “Qiu390 ha studiato a lungo i Sei Classici - le Odi, la Storia, i Riti, la Musica, i Mutamenti e gli Annali delle Primavere e degli Autunni - e li conosce a fondo. Con questa conoscenza si è recato a far visita a settantadue principi per insegnare loro il Dao degli antichi re e illuminare le orme dei regni di Zhou e di Shao; ma non un solo principe ha trovato in ciò qualcosa che catturasse la sua attenzione e gli riuscisse utile. Come è difficile persuadere gli esseri umani! Come è difficile illuminare il Dao!”. Laozi rispose: “È una fortuna che tu non abbia incontrato un principe disposto a governare il mondo come tu dici! I Sei Classici sono le orme lasciate dagli antichi re, non sono le persone i cui passi hanno prodotto quelle orme! Le orme sono prodotte da colui che cammina, ma sono forse colui che cammina? Gli aironi bianchi concepiscono guardandosi fissamente negli occhi; negli insetti la fecondazione avviene quando il maschio canta sopravvento e la femmina gli risponde sottovento; il lei è sia maschio che femmina e perciò si feconda da solo.391 La natura intrinseca degli esseri non si può cambiare, il destino non si può alterare, Di nuovo una ripetizione: questa frase ricorre alla fine del Capitolo 10. In questo dialogo Confucio parla di sé in terza persona usando il suo nome personale, Qiu. 391 Non è chiaro che animale (reale o immaginario) sia questo lei. Altra lettura: “Se la femmina e il maschio sono della stessa specie, il loro concepimento avviene senza difficoltà” – L. Kia-hway (1969). 389









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il tempo non si può fermare, il Dao non conosce ostacoli. In verità, se ottieni il Dao, non c’è nulla che tu non possa fare; se lo perdi, tutto ti è precluso”. Confucio non uscì di casa per tre mesi. Poi tornò a far visita a Laozi e gli disse: “Qiu ha capito.392 Il corvo e la gazza covano le uova, i pesci sputano il loro liquido seminale, la vespa riproduce per metamorfosi; quando nasce il fratellino minore il maggiore piange.393 A lungo Qiu non ha preso parte ai mutamenti degli esseri come uomo. Come può allora trasformare gli altri?”. “Qiu ha veramente capito!”, rispose Laozi.

Letteralmente, “Qiu ha ottenuto (de)’: è lo stesso termine che appare nella precedente risposta di Laozi (“se ottieni il Dao, non c’è nulla che tu non possa fare…”) e che viene confermato nella risposta finale di Laozi. Il significato è perciò più forte del semplice capire: ha una connotazione esperienziale che si avvicina all’idea di satori nello zen o a quella di illuminazione nel buddismo e nell’induismo. 393 Un’allusione all’allattamento nei mammiferi.









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刻 意

Presunzione e arroganza





























Perciò si dice: tristezza e gioia entrambe offuscano la virtù, attrazione e repulsione entrambe allontanano dal Dao, amore e odio entrambi comportano la perdita della virtù. Quando il cuore è libero sia dagli affanni, sia dalla gioia, questa è la perfezione della virtù; quando è unifica to e privo di mutamento, questa è la perfezione della quiete; quando non c’è nulla contro cui si ribelli, questa è la perfezione del vuoto; quando non è coinvolto nelle cose, questa è la perfezione dell’insapore; quando non si oppone a nulla, questa è la perfezione della purezza.

Staccarsi dal mondo con presunzione e arroganza, sentirsi diversi dalla gente comune, tenere discorsi elevati e sparlare degli altri, preoccuparsi solo della propria superiorità: queste sono le caratteristiche dei letterati394 che vivono ritirati nei monti e nelle valli, contestatori del mondo, personaggi aridi e secchi che amerebbero metter fine a tutto quanto con un tuffo nell’abisso.395 Predicare la benevolenza e la giustizia, la sincerità e la lealtà, la cortesia, la frugalità, la modestia, preoccuparsi solo di coltivare il carattere: que394 395

Shi, “letterati, gentiluomini”, la classe a cui lo stato attinge per formare i suoi quadri amministrativi. Altre letture: “… e hanno chiuso il loro cuore alle influenze del mondo” – H. A. Giles (1889); “… che si rinsecchiscono o si annegano” – A, C. Graham (1981); “… che aspirano a disseccarsi nell’ascesi e a gettarsi nell’abisso” – L. Kia-hway (1969).





Di nuovo un capitolo sincretista, forse opera dello stesso autore del Capitolo 13, che Graham ritiene essere il compilatore dell’intero Zhuangzi. Il capitolo possiede tuttavia una sua unità formale (non consiste di frammenti disgiunti e non contiene aneddoti) e un tono abbastanza diverso da quello de Il Dao del cielo. Lo spostamento verso le dottrine confuciane è qui assai meno marcato e la maggior parte del capitolo è occupata da una descrizione del saggio del tutto conforme alla concezione daoista. Il capitolo comincia con un interessante confronto fra vari “stili” di letterati, in cui non è difficile riconoscere i tratti caratteristici di confuciani, legalisti, daoisti e yanghisti. Notevole è il fatto che l’autore sembri mantenere una certa equidistanza nei confronti di tutti costoro: il modello di comportamento che egli propone accoglie quanto c’è di positivo in ciascuno di questi gruppi, lasciando cadere le loro specifiche ossessioni. Capace di questo sincretismo nel senso migliore del termine può essere solo il saggio, “la cui virtù è completa e il cui spirito è intatto, la cui vita manifesta l’azione del cielo e la cui morte manifesta la trasformazione degli esseri”. Come negli altri testi sincretisti del Zhuangzi troviamo anche qui che il cielo - che come sempre contiene l’idea di ordine naturale delle cose occupa una posizione privilegiata, assume il ruolo che nei Capitoli Interni spetta al Dao.

ste sono le caratteristiche dei letterati impegnati a correggere il mondo, insegnanti fissi o itineranti che si dedicano a istruire la gente e amano gli studi. Parlare di grandi gesta, ottenere grande fama, istituire il rituale appropriato fra sovrano e ministri, assicurare i rapporti corretti fra classe dirigente e popolo, preoccuparsi solo di governare: queste sono le caratteristiche dei letterati di corte, uomini che onorano il loro principe e cercano di rafforzare lo stato, realizzare opere meritorie ed estendere il territorio del loro paese. Vivere oziosi nella foresta o presso laghi e stagni, trascorrere le giornate pescando senza pensieri, curarsi solo della non-azione: queste sono le caratteristiche dei letterati che vivono sulle rive dei fiumi e del mare, ignorando il mondo e cercando solo la tranquillità. Espandere il respiro, espirare il vecchio e inspirare il nuovo, assumere la posizione dell’orso o quella dell’uccello, preoccuparsi solo di vivere a lungo: questo è il cammino dei letterati che coltivano il corpo mediante esercizi e vorrebbero competere in longevità con Peng Zu.396 Eccellere senza presunzione, coltivare il carattere senza darsi pensiero di benevolenza e giustizia, governare senza compiere grandi gesta e senza fama, godere della tranquillità senza aver bisogno di mari e fiumi, vivere a lungo senza praticare esercizi, dimenticare tutto eppure possedere tutto,397 essere rilassati nell’illimitato in cui tutte le cose buone spontaneamente accadono:398 questo è il Dao di cielo e terra ed è la virtù del saggio.

Yin, “esercizi”, significa precisamente “tendere, estendere, stirare (per esempio un arco)”. Il termine si riferisce probabilmente a una specifica pratica di yoga daoista i cui dettagli ci sono sconosciuti, ma che possiamo presumere includesse esercizi affini al moderno stretching. Peng Zu è un mitico matusalemme cinese che avrebbe vissuto ottocento anni. 397 Altra lettura: “perdere tutto eppure possedere tutto” – B. Watson (1968). 398 Altre letture: “una calma infinita che diventa una meta da raggiungere per tutti” – H. A. Giles (1889); “essere sereno e senza confini e avere tutte queste glorie come conseguenze” – A. C. Graham (1981); “È pacifico e immenso, Riunisce in sé tutte le perfezioni del mondo” – L. Kia-hway (1969).





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Perciò si dice: la tranquillità e la letizia, il silenzio e il distacco, il vuoto e la non-azione, queste cose sono la livella di cielo e terra e la sostanza del Dao e della virtù.399 Perciò si dice: quando il saggio si riposa in queste cose, tutto diviene piano e facile; quando tutto diventa piano e facile, vi sono la quiete e l’insapore;400 quando tutto è piano e facile e vi è tranquillità e letizia, affanni e disgrazie non possono entrare in lui e le influenze nocive non possono attaccarlo. La sua virtù è completa e il suo spirito intatto. Perciò si dice: la vita del saggio manifesta l’azione del cielo, la sua morte le trasformazioni degli esseri. A riposo, egli è partecipe della virtù dello yin; in azione, è partecipe dell’onda dello yang. Non cerca la buona fortuna, né si preoccupa di prevenire la disgrazia. Stimolato, risponde; quando è necessario, si muove; quando non può farne a meno, agisce. Dimentica la conoscenza e i condizionamenti del passato e si attiene solo alla legge del cielo. Perciò non incorre nell’ira celeste, né è appesantito dall’accumulazione di cose; non incorre nell’opposizione degli esseri umani né nella vendetta degli spiriti; vive come galleggiando sulla corrente e muore come se andasse a riposarsi; non rimugina sulle cose e non pianifica; splende, ma non abbaglia;401 è sincero, ma non fa promesse; dorme senza sogni e si sveglia senza preoccupazioni. Il suo spirito è puro e limpido, la sua anima instancabile. Lieto e tranquillo nel vuoto, si unisce alla virtù celeste. Perciò si dice: tristezza e gioia entrambe offuscano la virtù, attrazione e repulsione entrambe allontanano dal Dao, amore e odio entrambi comportano la perdita della virtù. Quando il cuore è libero sia dagli affanni, sia dalla gioia, questa è la perfezione della Una frase simile ricorre nel Capitolo 13. Il termine dan, “insapore”, abbraccia i significati “scialbo, insipido, diluito, leggero, pallido” (l’etimologia è “acqua sul fuoco’). In Laozi, 35, troviamo: “Il Dao emerge dalla bocca scialbo e insapore”. Non nei colori, sapori o emozioni forti ma nel disegno sottile delle cose possiamo apprezzare l’azione del Dao. Questa è anche una caratteristica generale dell’estetica cinese. 401 Vedi Laozi, 58. 399



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virtù; quando è unifica to e privo di mutamento, questa è la perfezione della quiete; quando non c’è nulla contro cui si ribelli, questa è la perfezione del vuoto; quando non è coinvolto nelle cose, questa è la perfezione dell’insapore; quando non si oppone a nulla, questa è la perfezione della purezza. Perciò si dice: se il corpo lavora incessantemente, si consuma; se l’energia vitale è utilizzata incessantemente, si affatica e si esaurisce. L’acqua quando non è mescolata con altre sostanze è limpida; quando è in quiete è piana; ma quando ristagna e non scorre, perde la sua limpidezza. In questo è un’immagine della virtù del cielo. Perciò si dice: essere puri e non mescolati, essere in quiete, unificati e senza mutamento, essere insapori e astenersi dall’agire, manifestare soltanto il movimento del cielo - questo è il dao del coltivare lo spirito. Colui che possiede una spada di Gan o di Yue, la tiene nel fodero e non osa servirsene, tanto è preziosa. L’essenza e lo spirito si estendono nelle quattro direzioni e non c’è luogo che non raggiungano. In alto, toccano il cielo; in basso, si avvolgono intorno alla terra; le loro trasformazioni alimentano i diecimila esseri, ma la loro forma è invisibile. La loro fama uguaglia quella del Supremo.402 Il Dao della purezza e della semplicità consiste unicamente nel conservare lo spirito; conservandolo, senza mai perderlo, diverrai uno con lo spirito, uno con l’essenza e con l’ordine celeste. Un detto popolare afferma: “La folla degli esseri umani persegue il profitto; il letterato onesto persegue la fama; il letterato virtuoso persegue le proprie aspirazioni; il saggio persegue l’essenza”. Semplice403 è detto ciò che non si mescola con nessuna altra cosa; puro è detto ciò in cui lo spirito non è carente. Una persona

Il termine di, “Supremo”, indicava originariamente il Grande Antenato, che regna sui quattro spiriti protettori della vita del suolo e tramite i suoi assistenti controlla le forze della natura e il destino degli esseri umani. In seguito venne a denotare l’imperatore. 403 Su, “semplice” indica specificamente la seta grezza, non tinta e priva di ricami.





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che incarna la purezza e la semplicità è detta un essere umano autentico.

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繕 性

Correttori della natura



























A quel tempo lo yin e lo yang erano armoniosi e tranquilli, gli dei e i demoni non disturbavano gli esseri umani, le quattro stagioni si succedevano secondo il loro ritmo naturale, i diecimila esseri non si ferivano a vicenda e ogni creatura viveva il tempo che le era destinato. Gli esseri umani possedevano la conoscenza, ma non se ne servivano. Questa condizione è ciò che si dice Perfetta Unità. A quel tempo nessuno faceva nulla e tutti si comportavano con perfetta spontaneità. Poi la virtù cominciò a declinare e Suiren e Fuxi cominciarono a governare il mondo. Di conseguenza vi fu obbedienza, ma non più unità…



Coloro che cercano di correggere la propria natura intrinseca mediante rozzi studi per riportarla a uno stato originario; coloro che cercano di giocare d’astuzia con i propri desideri mediante rozze teorie per raggiungere l’illuminazione; tutti costoro sono gli ottusi e gli ignoranti fra il popolo. Coloro che nell’antichità coltivavano il Dao si servivano della quiete per nutrire la conoscenza. Vivevano senza utilizzare la conoscenza: questo è detto usare la conoscenza per nutrire la quiete. Quando la conoscenza e la quiete si nutrono a vicenda, armonia e ordine emergono spontaneamente. La virtù è armonia e il Dao è ordine. La virtù abbraccia ogni cosa, perciò è benevola. Il Dao non trascura nulla, perciò è giusto. Quando la giustizia è illuminata e gli esseri hanno le loro relazioni di parentela, questa è la lealtà. Quando il centro è puro e vero e si ritorna alle emozioni, questa è la musica. Quando la sincerità si esprime nel corpo e obbedisce alla





Questo capitolo, come il precedente, è un breve saggio in sé completo, senza frammenti o divagazioni aneddotiche. Graham lo considera “il primo esempio documentato di un vero anarchico in Cina”. Non si può dire tuttavia che esso contenga esplicitamente una dottrina anarchica, né che si differenzi nettamente da altre formulazioni anarchicheggianti nel Zhuangzi. Come sempre, l’ideale sociale viene collocato in una remota antichità in cui gli esseri umani “pur vivendo nel caos, erano uniti con il loro mondo e in ciò trovavano pace e serenità”. Il declino di questa condizione armoniosa viene identificato con il regno dei primi imperatori, fondatori della cultura, e con l’avvento dell’idea di “voler governare il cambiamento ed educare il popolo”. A quel punto “la cultura distrugge il carattere e l’ampiezza dell’erudizione annega il cuore”. Che ruolo può svolgere il saggio in questo mondo decaduto? L’ideale di condotta proposto in questo capitolo si avvicina al modello di invisibile azione/non-azione proposto dal Laozi: “quando il destino dell’epoca lo permette, il saggio fa grandi cose nel mondo, poi ritorna a fondersi nell’Uno senza lasciare tracce; quando invece il destino dell’epoca è avverso e nel mondo vi è stanchezza, approfondisce le sue radici e tranquillamente attende”.

cultura, questo è il rituale. Ma se ci fossero soltanto rituale e musica, nel mondo vi sarebbe disordine. I rettificatori sarebbero ignoranti della propria virtù e la virtù perciò non verrebbe trasmessa; oppure verrebbe trasmessa, ma gli esseri perderebbero la loro natura intrinseca.404 Gli antichi, pur vivendo nel caos, erano uniti con il loro mondo e in ciò trovavano pace e serenità. A quel tempo lo yin e lo yang erano armoniosi e tranquilli, gli dei e i demoni non disturbavano gli esseri umani, le quattro stagioni si succedevano secondo il loro ritmo naturale, i diecimila esseri non si ferivano a vicenda e ogni creatura viveva il tempo che le era destinato. Gli esseri umani possedevano la conoscenza, ma non se ne servivano. Questa condizione è ciò che si dice Perfetta Unità. A quel tempo nessuno faceva nulla e tutti si comportavano con perfetta spontaneità. Poi la virtù cominciò a declinare e Suiren e Fuxi405 cominciarono a governare il mondo. Di conseguenza vi fu obbedienza, ma non più unità. La virtù declinò ulteriormente e Shennong e l’Imperatore Giallo406 assunsero il governo del mondo. Di conseguenza vi fu pace, ma non più obbedienza. Poi la virtù declinò ulteriormente, e Yao e Shun407 assunsero il governo del mondo. Essi cominciarono a voler governare il cambiamento ed educare il popolo. Così la purezza e la semplicità andarono perdute. Il Dao fu abbandonato per la bontà. La virtù fu messa in pericolo e le si preferì la morale. Dopo di che la natura intrinseca andò perduta e la mente cominciò a guidare il comportamento degli esseri umani. Le menti si unirono per generare la conoscenza, ma la conoscenza non era sufficiente Tutto questo paragrafo è oscuro. Watson commenta: “Questo passaggio, che cerca di derivare le virtù e le preoccupazioni confuciane dalla filosofia daoista, presenta molte difficoltà di interpretazione. Probabilmente il testo è corrotto”. Le altre traduzioni non offrono più lumi. 405 Mitici imperatori di un’era remota, eroi fondatori della civiltà. Vedi Appendice 1. 406 Altri mitici imperatori ed eroi civilizzatori: a Shennong, il “Contadino Divino”, è attribuita l’invenzione dell’agricoltura, all’Imperatore Giallo quella della medicina. Vedi Appendice 1. 407 Mitici imperatori saggi, vedi Appendice 1.





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per ordinare il mondo. Dopo di che fu aggiunta la cultura e sorse l’ampiezza dell’erudizione; ma la cultura distrusse il carattere e l’ampiezza dell’erudizione annegò il cuore.408 Dopo di che nel popolo cominciò a prevalere la confusione e divenne impossibile ritrovare la propria natura intrinseca e ritornare allo stato originario. Da questo vediamo che il mondo ha perso il Dao e il Dao ha perso il mondo: il Dao e il mondo si sono reciprocamente perduti. Come può allora una persona del Dao innalzarsi nel mondo? E come può il mondo innalzarsi nel Dao? Il Dao non può innalzarsi nel mondo e il mondo non può innalzarsi nel Dao. Perciò, anche se il saggio non si ritira nelle montagne o nelle foreste, la sua virtù resta nascosta. Resta nascosta anche se non è lui stesso a nasconderla.409 I cosiddetti letterati nascosti dell’antichità non si nascondevano, eppure non erano visti; non si astenevano dal parlare, eppure le loro parole non giungevano a destinazione; non nascondevano la loro conoscenza, eppure essa non raggiungeva la gente.410 Il destino dell’epoca411 era troppo fallace. Quando il destino dell’epoca lo permetteva, essi facevano grandi cose nel mondo e poi ritornavano a fondersi nell’Uno lasciare tracce. Quando invece il destino

Altre letture: “… la cultura obliterò la sostanza e l’informazione sommerse il cuore” – A. C. Graham (1981); “Ma la lettera uccide lo spirito e l’erudizione lo annega” – L. Kia-hway (1969); “La ‘cultura’ distrusse la sostanza e ‘l’ampiezza’ annegò la mente” – B. Watson (1968). 409 Altre letture: “Perciò non è che egli abbia scelto la sua oscurità” – A. C. Graham (1981); “È già nascosta, perciò non ha bisogno di nasconderla lui stesso” – B. Watson (1968). 410 Altra lettura: “I cosiddetti letterati nascosti dell’antichità non nascondevano il loro corpo, rifiutando di lasciarsi vedere; non trattenevano le parole, rifiutando di lasciarle uscire; non nascondevano la loro conoscenza, rifiutando di condividerla” – B. Watson (1968). 411 Shi ming, “il destino o la vita dell’epoca”, corrisponde al concetto di Zeitgeist.





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dell’epoca era avverso e vi412 era grande stanchezza nel mondo,413 essi approfondivano le loro radici e tranquillamente attendevano. Questo è il dao del preservare se stessi Coloro che nell’antichità seppero preservarsi non dibattevano per far bella mostra della loro sapienza e non si servivano della conoscenza per stancare il mondo e la virtù. Restavano tranquillamente al proprio posto e ritornavano alla loro natura intrinseca. Che altro potevano fare?” Il Dao è incompatibile con un agire meschino, la virtù è incompatibile con una conoscenza meschina. La conoscenza meschina nuoce alla virtù, l’agire meschino nuoce al Dao. Perciò si dice: “Rettifica te stesso, questo è tutto”. La gioia di conservare la propria integrità, questo è detto “realizzare i propri desideri”. Quando gli antichi parlavano di “realizzare i propri desideri” non intendevano un carro e un berretto da funzionario; alludevano a uno stato in cui nulla poteva accrescere la felicità di una persona. Oggi, quando si parla di “realizzare i propri desideri” si parla proprio di un carro e di un berretto da funzionario. Ma queste cose non appartengono alla natura intrinseca e al destino di una persona. Le cose che ci accadono sono solo dei viandanti che soggiornano temporaneamente presso di noi: non possiamo prevenire il loro arrivo, né impedire la loro partenza. Perciò non fare di un carro e di un berretto da funzionario l’oggetto della tua ambizione e non lasciare che la povertà ti induca a conformarti a valori volgari. Sii lieto in ogni condizione e sarai senza preoccupazioni. Oggi, quando perdiamo una cosa desiderata non siamo lieti. Dunque anche nella gioia non siamo liberi dall’infelicità. Perciò si dice: “Coloro che si lasciano dominare dalle cose e perdono la propria natura intrinseca per conformarsi a valori volgari si possono ben dire persone che vivono una vita capovolta”.

Vedi, per esempio, Laozi, 9: “Quando l’opera è compiuta, ritirati: questo è il Dao del cielo”. Altra lettura: “Se era fortunato nei suoi tempi e c’erano per lui grandi possibilità nel mondo…” – A. C. Graham (1981). 413 Altra lettura: “Se era sfortunato nei suoi tempi e non c’erano possibilità per lui nel mondo…” – A. C. Graham (1981).





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秋 ⽔

Piene autunnali

Zhuangzi stava pescando nel fiume Pu, quando il re di Chu gli invio due ministri con questo messaggio: “Il nostro re vorrebbe coinvolgerti nell’amministrazione dello stato”. Zhuangzi continuò a pescare senza degnarli di uno sguardo. Poi disse: “Ho udito che in Chu c’è una tartaruga magica, morta da tremila anni. Il re la tiene in uno scrigno collocato in un luogo elevato nel tempio dei suoi antenati, avvolta in un panno ricamato. Pensate che questa tartaruga preferisca essere venerata come una preziosa reliquia o che preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango?”. I due ministri risposero: “Preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango”. “Andatevene,” disse Zhuangzi, “lasciatemi qui a trascinare la mia coda nel fango”.



















































Zhuangzi e Huizi passeggiavano su un ponte sul fiume Hao. “Guarda i pesci”, disse Zhuangzi, “come vanno a spasso! Come sono felici!”. Huizi rispose: “Non sei un pesce. Come sai che i pesci sono felici?”. “Tu non sei me. Come sai che io non so che i pesci sono felici?”. “Non sono te, perciò non ti conosco. Tu di sicuro non sei un pesce, perciò non conosci la felicità dei pesci”. “Ricominciamo”, ribatté Zhuangzi. “Tu hai detto: ‘Come sai che i pesci sono felici?’. Perciò quando me l’hai chiesto già sapevi che lo so! Come lo so? Stando quassù, sopra il fiume Hao”.

Venne il tempo delle piene autunnali. Cento torrenti si riversarono nel Fiume Giallo414 e la corrente divenne tanto gonfia che da una riva all’altra non si riusciva a distinguere un bue da un cavallo. Hebo415 era fuori di sé dalla gioia: gli sembrava che tutta la bellezza del mondo fosse concentrata nelle sue acque. Si lasciò portare dalla corrente verso oriente finché giunse al Mare Settentrionale. Lì, guardando verso oriente, vide che le acque non avevano fine. Si Il secondo fiume della Cina, lungo 5500 chilometri. Il suo bacino è stato la regione più prospera della Cina antica, la culla della civiltà cinese. 415 Il dio del Fiume Giallo.



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Graham vede rappresentata in questo capitolo una tendenza in controcorrente in seno al daoismo, a cui dà il nome di “razionalizzazione del Dao”. Caratteristico di questa scuola è l’uso dell’aggettivo da, “grande”, per denotare lo sviluppo ultimo della conoscenza. In effetti nel dialogo fra il dio del fiume e il dio del mare che occupa la maggior parte di questo capitolo è menzionata una “scuola del Grande Metodo”, così come troviamo riferimenti al Grande Principio, alla Grande Conoscenza, al Grande Uomo, alla Grande Giustizia. Questa scuola, pur contrapponendosi ai sofisti, accetta diverse loro argomentazioni e dà della conoscenza ultima un’interpretazione moderata e ragionevole, in cui l’accento è lontano dall’estremo misticismo che caratterizza altre parti del Zhuangzi. Significativo, per esempio, è il fatto che il termine zhi, che significa sia “saggezza”, sia “conoscenza”, sia qui usato sempre in senso positivo, mentre nel resto del Zhuangzi indica prevalentemente la conoscenza come accumulo di informazioni, in contrapposizione alla saggezza che “sa di non sapere” e all’immediatezza della “natura intrinseca”. La tematica centrale del capitolo è la relatività di ogni giudizio e di ogni distinzione del senso comune, una tesi sostenuta anche dalle argomentazioni dei sofisti. Oltre al lungo dialogo fra il dio del fiume e il dio del mare, il capitolo contiene un paio di perle: l’ironica risposta di Zhuangzi ai delegati del re che vengono a offrirgli un posto nel governo e il breve, ma significativo, dialogo fra Zhuangzi e il sofista Huizi sulla “felicità dei pesci”.

accigliò allora e, lasciando vagare lo sguardo in quella immensità, si rivolse al dio del Mare Settentrionale Ruo con queste parole: “Si dice: chi ha udito parlare del Dao cento volte si crede superiore a chiunque altro. Questo detto sembra riferirsi proprio a me! Ho udito minimizzare la reputazione di Confucio e prendere alla leggera la giustizia di Boyi416 e non l’ho mai creduto.417 Ma oggi, vedendo la tua immensità, mi rendo conto che, se non fossi giunto alla tua porta, avrei corso il rischio di essere per sempre deriso dalla scuola del Grande Metodo”. Il dio del Mare Settentrionale Ruo rispose: “Non puoi parlare dell’oceano con una rana che vive in un pozzo: è limitata dallo spazio in cui vive. Non puoi parlare del ghiaccio con un insetto che vive una sola estate: conosce una sola stagione. Non puoi parlare del Dao con un letterato pedante: è limitato dagli insegnamenti che ha ricevuto. Ora che sei uscito dai tuoi argini e hai visto l’oceano e ti sei vergognato dei tuoi limiti posso parlarti del Grande Principio. Nessuna acqua al mondo è più grande del mare. Diecimila fiumi si riversano incessantemente in esso, eppure non trabocca; le sue acque defluiscono incessantemente attraverso la Porta della Coda,418 eppure non è mai vuoto. È insensibile alle primavere e agli autunni, è indifferente alle piene e alle siccità. La sua superiorità rispetto allo Yangtze419 e al Fiume Giallo è incalcolabile. Tuttavia non mi vanto di questa superiorità, perché la mia forma dipende dal cielo e dalla terra e mio respiro dallo yin e dallo yang. Rispetto a cielo e terra sono come una pietruzza o un arbusto su una grande montagna. Cosciente della mia piccolezza, di che potrei vantarmi?

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Boyi, figlio maggiore di re Wen di Zhou, abdicò a favore del fratello e preferì lasciarsi morire di fame che servire un monarca che considerava illegittimo. Era considerato un modello di giustizia. Non è chiaro cosa significhi questa frase in questo contesto. Altra lettura: “… non ho mai creduto loro” – A. C. Graham (1981). Secondo alcuni commentatori wei lu, la “Porta della Coda”, sarebbe un’immensa roccia infuocata contro la quale il mare batte e si trasforma in vapore. Lo Yangtze o Chang Jiang con i suoi 6400 km è il fiume più lungo dell’Asia. Nasce dai ghiacciai dell’altopiano del Tibet e si getta nel Mare della Cina Orientale a Shanghai.



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Paragonare l’estensione racchiusa dai quattro mari con lo spazio compreso fra cielo e terra, non è forse come paragonare un formicaio a un grande stagno? E se confronti il Paese di Mezzo420 con l’estensione racchiusa dai quattro mari, non è forse come paragonare un chicco di riso a un intero granaio? Quando enumeriamo le specie degli esseri diciamo che sono diecimila421 e gli esseri umani sono solo una di esse. Nelle nove regioni422 abitate dagli esseri umani, dove si coltivano i cereali e viaggiano barche e carri, un essere umano è solo uno fra tanti. In confronto ai diecimila esseri, non è forse come la punta di un pelo sul corpo di un cavallo? Ciò che è stato tramandato dai Cinque Imperatori, ciò per cui hanno lottato i Tre Re,423 le preoccupazioni della persona benevola, i travagli del funzionario responsabile, tutto si riduce a questo. Boyi424 si rese famoso rinunciandovi, Confucio ottenne la fama parlandone. Nel sentirsi tanto grandi, non somigliano a te quando un momento fa ti inorgoglivi delle tue acque?”. “In tal caso”, disse Hebo, “riconoscerò come grandi il cielo e la terra e come piccola la punta di un pelo. Può andare bene?”. “No”, rispose Ruo del Mare Settentrionale. “La misura delle cose è illimitata, il tempo non si ferma, le suddivisioni non sono costanti, la fine e l’inizio non discendono da una causa. Perciò la Grande Saggezza osserva il lontano e il vicino: per essa il piccolo non è carente e il grande non è eccessivo, perché sa che la misura delle cose è illimitata. Esamina il presente e passato: non si angustia per ciò che se n’è andato e non si alza in punta di piedi per spiare ciò che deve ancora venire perché sa che il tempo non si ferma. Contempla il pieno e il vuoto: non si compiace di ottenere e non si angustia di perdere, perché sa che le sorti non sono costanti. Vede chiaramente la via piana: perciò non si rallegra di nascere, né Zhongguo, la Cina. Diecimila sta per “un numero incalcolabile, innumerevoli”. 422 Regioni amministrative della Cina durante le prime dinastie. 423 I Tre Re: Yu il Grande, Tang e Wen, fondatori rispettivamente delle dinastie Xia, Shang e Zhou. Vedi Appendice 1. 424 Che rinunciò al trono imperiale a favore del fratello, re Wu di Zhou. 420







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considera una disgrazia il morire, perché sa che la fine e l’inizio non discendono da una causa. Ciò che gli esseri umani sanno non è paragonabile a quello che non sanno. La durata di una vita non è paragonabile al tempo trascorso prima di nascere. Usare il piccolo per cercare di conoscere il grande causa confusione e rende impossibile trovare se stessi. Da questo punto di vista, come posso sapere se la punta di un capello è sufficiente per misurare l’estremamente piccolo e se cielo e terra sono sufficienti per misurare l’estremamente grande?”. Hebo disse: “Fra i nostri contemporanei, tutti coloro che dibattono questi temi affermano che il culmine dell’essenza425 non ha forma e il culmine del grande non può essere abbracciato. È vero?”. Ruo del Mare Settentrionale rispose: “Se a partire dal sottile esamini il grande, la tua visione è incompleta; se a partire dal grande esamini il sottile, la tua visione è confusa. L’essenza è la parte più minuta del piccolo, l’immenso è la parte più grande del grande: la loro differenza è evidente. Ma dipende solo dalle circostanze. Possiamo parlare di sottile e di grossolano solo finché vi è una forma. Ciò che non ha forma non può essere diviso dal numero; ciò che non può essere abbracciato non può essere esaurito dal numero. Possiamo usare le parole per discutere di ciò che è grossolano e possiamo usare le idee per rappresentarci il sottile. Ma ciò che le parole non possono discutere, ciò che le idee non possono esaminare come può essere definito sottile o grossolano? Perciò il Grande Uomo nell’agire non danneggia il prossimo, ma non fa sfoggio di benevolenza e gentilezza; non cerca il profitto, ma non disprezza lo scriba che siede presso la porta della città; non lotta per acquisire denaro o beni, ma non si atteggia a un superiore distacco; negli affari non si serve dell’aiuto di nessuno, ma non si vanta della propria abilità e non disprezza i corrotti; si comporta diversamente dalla gente comune, ma non si atteggia a diverso; si mantiene sullo sfondo, in mezzo alla folla, ma non disprezza quelli che si fanno avanti con l’adulazione. I titoli nobiliari e gli





In questo contesto jing, “essenza” è la parte più sottile delle cose.



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emolumenti non bastano a conquistarlo e le punizioni e le gogne non bastano a farlo sentire disonorato. Sa che il giusto e lo sbagliato non sono nettamente separabili e che fra il piccolo e il grande non c’è un confine assoluto. Ho udito dire: ‘L’Uomo del Dao non è famoso, la Virtù Superiore non acquisisce, il Grande Uomo non ha un sé’. Perciò accetta pienamente la sua sorte”.426 Hebo chiese: “Sia essa esterna o interna agli esseri, come si arriva a questa distinzione di nobile e meschino, di piccolo e grande?”. Ruo del Mare Settentrionale rispose: “Dal punto di vista del Dao, nessun essere è nobile o meschino. Dal punto di vista degli esseri, ciascuno si considera nobile e considera gli altri meschini. Dal punto di vista convenzionale, la nobiltà o la meschinità non risiedono negli esseri stessi. Dal punto di vista della differenza, se consideriamo grande ciò che ha qualcosa di grande, fra i diecimila esseri non ce n’è nessuno che non sia grande; se consideriamo piccolo ciò che ha qualcosa di piccolo, fra i diecimila esseri non ce n’è nessuno che non sia piccolo. Se ci rendiamo conto che cielo e terra sono solo un filo d’erba e che la punta di un capello è una montagna abbiamo colto la misura della differenza. Dal punto di vista del merito, se consideriamo meritorio ciò che ha qualcosa di meritorio, fra i diecimila esseri non ce n’è nessuno che non abbia meriti; se consideriamo non meritorio ciò che ha qualcosa di non meritorio, fra i diecimila esseri non ce n’è nessuno che abbia meriti. Se ci rendiamo conto che l’oriente e l’occidente sono opposti, ma non possono esistere l’uno senza l’altro, abbiamo colto la suddivisione dei meriti. Dal punto di vista delle opinioni personali, se consideriamo giusto ciò che ha qualcosa di giusto, fra i diecimila esseri non ce n’è nessuno che non sia nel giusto; se consideriamo erroneo ciò che ha qualcosa di erroneo, fra i diecimila esseri non ce n’è nesAltre letture: “Questo è il culmine della sua auto-disciplina” – H. A. Giles (1889); “Questa è la suprema rinuncia” – L. Kia-hway (1969); “Nella misura più perfetta accoglie ciò che gli è stato destinato” – B. Watson (1968). Tutto questo paragrafo sembra un frammento estraneo al dialogo fra il dio del fiume e il dio del mare. Graham propone di spostarlo alla fine del capitolo.





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suno che non sia in errore. Se ci rendiamo conto che fra Yao e Jie427 ciascuno dei due si considera nel giusto e considera l’altro in errore, abbiamo compreso l’operato delle opinioni personali. Un tempo Yao abdicò a favore di Shun e questi regnò. Kuai similmente abdicò, ma il suo regno fu distrutto. Tang e Wu combattendo ottennero un regno; il duca Bo combattendo perì.428 Da questo punto di vista, il rituale del combattere o quello del cedere, il comportamento di uno Yao o quello di un Jie sono a volte nobili, a volte meschini: non è possibile dare un giudizio costante. Una trave può essere usata come ariete per sfondare le mura di una città, ma non serve per turare un buco: questa è detta diversità nell’uso. I purosangue Qiji e Hualiu potevano percorrere mille miglia in un giorno, ma per prendere un topo non erano all’altezza di un procione o di un furetto: questa è detta diversità nelle capacità. Di notte il gufo cattura le pulci ed è in grado di distinguere la punta di un capello; di giorno, per quanto spalanchi gli occhi, non riesce a vedere una montagna: questa è detta diversità nella natura. Perciò se vuoi prendere come maestro il giusto e lasciare lo sbagliato, se vuoi prendere come maestro l’ordine e lasciare il disordine, ancora non hai capito la legge di cielo e terra, né la condizione dei diecimila esseri. È come se volessi prendere come maestro il cielo e lasciare la terra, o prendere come maestro yin e lasciare lo yang: chiaramente è impossibile. E tuttavia si continua a predicare questo: se non è stupidità, è malafede. Re e imperatori hanno abdicato in vari modi; le Tre Dinastie hanno adottato varie regole di successione. Chi ottiene una corona agendo in disaccordo con i tempi e violando i costumi del momento è considerato un Yao è un mitico imperatore saggio, Jie un tiranno crudele e dissoluto, vedi Appendice 1. 428 Yao, Shun, Tang e Wu sono figure di imperatori a cavallo fra leggenda e storia, vedi Appendice 1. Il re Kuai di Yan, seguendo il mitico esempio di Yao, abdicò a favore del ministro Zhi nel 316 a.C., ma tre anni dopo il regno fu invaso e annesso dallo stato di Qi (è interessante che questo riferimento storico ci fornisca una data post quem per la stesura di questo capitolo). Il duca Bo è un rampollo della famiglia reale di Qu che organizzò una sfortunata ribellione e fu costretto a suicidarsi nel 479 a.C.





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usurpatore, mentre chi agisce in accordo con i tempi e si attiene ai costumi del momento viene considerato un ‘allievo della giustizia’. Perciò taci, Hebo! Come puoi conoscere la porta del nobile e del meschino, la casa del piccolo e del grande?”. “In tal caso”, disse Hebo, “cosa devo fare e cosa non devo fare? Cosa posso accettare, cosa debbo rifiutare? A cosa mi devo attenere e cosa devo lasciar andare?”. Ruo del Mare Settentrionale rispose: “Dal punto di vista del Dao, nobiltà e meschinità sono solo gli alti e i bassi della sorte. Non irrigidirti nelle tue aspirazioni, o sarai troppo zoppicante per camminare nel Dao. Il poco e il molto sono solo come il ricevere e l’offrire.429 Non agire sempre in un unico modo o sarai in disaccordo con il Dao. Sii severo come il signore di uno stato, che non concede favori personali. Sii generoso come il dio del suolo nei sacrifici, che non concede benedizioni personali. Sii vasto come lo spazio che si estende nelle quattro direzioni e non ha confini. Abbi a cuore ugualmente tutti i diecimila esseri: quale di essi merita una protezione particolare? Questa è imparzialità. Se consideri i diecimila esseri tutti insieme, chi è corto e chi è lungo? Il Dao non ha fine né inizio. Gli esseri nascono e muoiono: non contare sul loro aiuto. Ora sono pieni, ora sono vuoti: non appoggiarti alla loro forma. Gli anni non si possono trattenere, il tempo non si può fermare. Ogni cosa scompare e riappare, pieno e vuoto si alternano, ogni fine è anche un inizio. Questa è quella che si dice la Grande Giustizia, questo è l’ordine intrinseco di tutte le cose. La vita degli esseri è una continua sorpresa, è un galoppo: non c’è movimento senza mutamento e non c’è attimo senza movimento. Cosa devi fare e cosa non devi fare? Ogni cosa certamente si trasforma da sé”. “In tal caso”, chiese Hebo, “cos’è tanto prezioso nel Dao?”.









Altre letture: “Questo è detto lasciare che venga il turno di ogni cosa” – A. C. Graham (1981); “Questi sono soltanto apprezzamenti passeggeri” – L. Kiahway (1969); “Questi sono solo quelli che si dicono rivolgimenti illimitati” – B. Watson (1968).



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Ruo del Mare Settentrionale rispose: “Chi comprende il Dao è in contatto con l’ordine intrinseco delle cose. Chi è in contatto con l’ordine intrinseco delle cose è chiaro nel gestire le circostanze. Chi è chiaro nel gestire le circostanze non permette alle cose di nuocergli. Colui la cui virtù è perfetta non è bruciato dal fuoco, non è annegato dall’acqua, non è disturbato dal freddo e dal caldo e non è aggredito dalle bestie selvatiche, Non voglio dire che prende queste cose alla leggera; voglio dire che sa distinguere la sicurezza e il pericolo, che è sereno nella fortuna e nella sfortuna ed è prudente nel suo andare a venire. Perciò nulla può nuocergli,430 Si dice che il cielo sia l’interno e l’umano l’esterno e che la virtù stia nel cielo. Perciò comprendi l’agire del cielo e quello degli esseri umani, radicati nel cielo e risiedi nella virtù:431 allora avanzando o ritraendoti, ripiegandoti o estendendoti, ritornerai all’essenziale e parlerai della realtà ultima”. Hebo chiese: “Cosa è celeste e cosa è umano?”. Ruo del Mare Settentrionale rispose: “Cavalli e buoi hanno quattro zampe: questo è ciò che si dice celeste.432 Mettere la cavezza a un cavallo, forare il naso di un bue, questo è ciò che si dice umano. Perciò ti dico: non lasciare che l’umano prevalga sul celeste, non lasciare che l’intenzione prevalga sul destino, non lasciare che la virtù433 muoia per cercare la fama. Custodisci la tua virtù e non perderla: questo è ciò che si dice ‘ritornare al reale’”.

Questa descrizione è reminiscente di un paio di passaggi del Laozi, Capitoli 50 e 55, dove viene descritta l’invulnerabilità dell’adepto del Dao. Un’interpretazione letterale di questi passaggi - come di vari passaggi del Zhuangzi - ha tradizionalmente alimentato il filone sciamanico del daoismo, che mette l’accento sui poteri magici e la ricerca dell’immortalità. È interessante invece che qui venga esplicitamente sottolineato come l’invulnerabilità dell’adepto vada intesa in senso metaforico. 431 Leggendo de, “virtù”, in luogo dell’omofono de, “ottenere”, due termini che spesso si confondono. 432 Cioè conforme all’ordine naturale delle cose (cielo equivale a natura). 433 Di nuovo leggendo de, “virtù”, in luogo di de, “ottenere”.









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Il kui434 invidia il millepiedi, il millepiedi invidia il serpente, il serpente invidia il vento, il vento invidia l’occhio, l’occhio invidia la mente. Il kui disse al millepiedi: “Io ho solo questo piede, di cui mi servo per spostarmi come posso. Tu come riesci a gestire i tuoi innumerevoli piedi tutti insieme?”. Il millepiedi rispose: “Non li gestisco. Hai mai visto una persona sputare? La saliva esce di getto, le grosse gocce come perle, le piccole gocce come nebbia. Tutte insieme cadono al suolo, innumerevoli. Nello stesso modo io uso il meccanismo di cui la natura mi ha dotato, senza sapere in verità come”. Il millepiedi disse al serpente: “Io uso tutti questi piedi per spostarmi, ma non sono veloce quanto te, che di piedi non ne hai nessuno. Come è possibile?”. II serpente rispose: “È il meccanismo di cui la natura mi ha dotato che mi muove. Come potrei cambiarlo? Sarei ugualmente felice di usare i piedi se li avessi!”.435 Il serpente disse al vento: “Per muovermi uso il movimento della mia spina dorsale e dei miei fianchi e ho una forma ben precisa. Tu vieni ululando dal Mare Settentrionale e arrivi fino al Mare Meridionale, pur non avendo forma. Come è possibile?”. Il vento rispose: “Effettivamente vengo ululando dal Mare Settentrionale e arrivo fino al Mare Meridionale. Ma chiunque mi può vincere semplicemente alzando un dito. Eppure sono in grado di abbattere grandi alberi e di distruggere interi edifici: questa è una capacità che solo io ho. Uso una moltitudine di piccole sconfitte per costruire una grande vittoria. Questa è una cosa che solo il saggio sa fare”.











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Demone con una gamba sola che vive sulle montagne secondo la mitologia cinese. Altre letture: “Che bisogno ho di gambe?” – H. A. Giles (1889); “A che cosa mi servirebbero i piedi?” – L. Kia-hway (1969); “Cosa me ne farei delle gambe, se le avessi?” – B. Watson (1968).



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Attraversando la città di Kuang, Confucio si trovò circondato da varie file di armati di Song.436 Ma continuò a suonare il liuto e a cantare come se nulla fosse. Il suo discepolo Zilu gli chiese: “Maestro, come puoi essere tanto allegro?”. Confucio rispose: “Vieni, te lo spiegherò. A lungo ho cercato di sottrarmi alla povertà, ma non si può evitare il destino. A lungo ho cercato il successo, ma non era il tempo giusto. Ai tempi di uno Yao o di uno Shun nel mondo non ci sono poveri, ma non perché la gente sia saggia. Ai tempi di un Jie o di uno Zhou437 nel mondo nessuno ha successo, ma non perché manchi la saggezza: piuttosto sono le circostanze a non essere appropriate. Viaggiare sull’acqua senza temere di incontrare il drago Jiao,438 questo è il coraggio del pescatore. Viaggiare per terra senza temere di incontrare rinoceronti e tigri, questo è il coraggio del cacciatore. Trovarsi di fronte a lame sguainate e considerare la morte come la vita, questo è il coraggio del soldato valoroso. Riconoscere la povertà come destino e il successo come condizionato dai tempi, affrontare grandi difficoltà senza timore, questo è il coraggio del saggio. Stai tranquillo! Il mio destino è già tracciato”. Poco dopo il comandante delle truppe venne a scusarsi, dicendo: “Ti abbiamo scambiato per un certo Yang Hu: perciò ti abbiamo circondato. Ora ci siamo accorti dell’errore”. Chiese il permesso di congedarsi e si ritirò. Gongsun Long disse al principe Mou di Wei:439 “Da giovane ho studiato il Dao degli antichi re, da vecchio ho compreso i prinLeggi “di armati di Wei”: la città di Kuang si trovava nello stato di Wei. Yao e Shun sono mitici imperatori saggi, frequentemente citati nel Zhuangzi; Jie è il tiranno che fu l’ultimo imperatore della dinastia Xia, vedi Appendice 1. Il carattere “Zhou” che ricorre qui potrebbe essere un errore di copiatura per l’omofono “Zhou”, che fu l’ultimo imperatore della dinastia Shang. 438 Leggendario drago che aveva il potere di controllare le piogge e le inondazioni. 439 Gongsun Long (circa 325-250 a.C.) fu un importante pensatore della scuola dei sofisti. Al principe Mou di Wei è attribuito un trattato daoista che non ci è pervenuto. 436







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cipi della benevolenza e della giustizia. Ho riconciliato identità e differenza, ho distinto il duro e il bianco, ho dimostrato che il vero non è vero e che il possibile è impossibile.440 Ho messo in trappola la sapienza delle Cento Scuole,441 ho demolito le argomentazioni di innumerevoli oratori. Credevo di aver raggiunto la meta ultima. Ma ora che ho udito le parole di Zhuangzi, sono allibito di fronte alla loro stranezza. Non so se le mie argomentazioni non sono all’altezza o se la mia comprensione è carente. Ora mi sento perfino incapace di aprire becco. Posso osare chiedere da cosa derivi ciò?”.442 Il principe Mou si appoggiò al suo bracciolo, sospirò profondamente, levò gli occhi al cielo e sorrise. Poi disse: “Non hai mai udito la storia della rana nel vecchio pozzo abbandonato? La rana disse alla testuggine del Mare Orientale: ‘Che vita felice la mia! Esco e saltello sulla balaustra del mio pozzo, poi rientro e mi fermo a riposare in una cavità delle pareti. Quando mi tuffo nell’acqua, essa mi sostiene sotto le ascelle e sotto il mento. Quando zampetto nel fango affondo fino alle caviglie. Fra i vermi, i granchi e i girini che abitano il mio pozzo nessuno ha le mie capacità. Regnare sulle acque di una forra, godere di tutte le amenità di un pozzo abbandonato, questo è il massimo della felicità! Perché non vieni ogni tanto a dare un’occhiata?’. La testuggine cercò di entrare nel pozzo, ma il suo piede sinistro non era ancora entrato che il ginocchio destro era già incastrato. Perciò si ritrasse e disse alla rana: ‘Ti parlerò del mare. Una distanza di mille miglia non basta a rendere l’idea di quanto sia granAltra lettura: “Sono giunto ad affermare ciò che gli altri negano e ad ammettere ciò che gli altri contestano” – L. Kia-hway (1969). La dialettica a cui Gongsun Long fa riferimento è tipica dei sofisti (l’allusione al “duro” e al “bianco” si riferisce alle disquisizioni dei sofisti sul rapporto fra tali attributi e le cose a cui si riferiscono). 441 Questa espressione designa l’insieme delle scuole di pensiero fiorite fra il 770 e il 221 a.C., l’epoca aurea della filosofia cinese. 442 Altre letture: “Posso chiedere il segreto di ciò?” – A. C. Graham (1981); “Permettetemi di chiedervi quale sia l’idea generale della sua dottrina” – L. Kiahway (1969); “Posso chiederti cosa consigli?” – B. Watson (1968).





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de. Un’altezza di mille braccia non è sufficiente a rendere l’idea di quanto sia profondo. Al tempo di Yu il Grande nove anni su dieci c’era un’inondazione, ma il livello delle sue acque non cresceva. Al tempo di Tang443 sette anni su otto c’era siccità, ma la linea delle sue coste non si ritraeva. Non dover cambiare, per un attimo o per un’eternità, non avanzare o ritirarsi a seconda del molto o del poco, questa rana del pozzo è la felicità del Mare Orientale’. Udendo queste cose la abbandonato fu presa da spavento e stupore”. “E tu”, continuò il principe, “la cui conoscenza non arriva neppure a distinguere il vero dal falso, vorresti comprendere le parole di Zhuangzi? È come per una zanzara cercare di portare una montagna sulle spalle o per una formica attraversare a nuoto il Fiume Giallo! Non sarai mai all’altezza. Una conoscenza che non è in grado di comprendere la discussione di questi temi sottili e persegue solo un temporaneo beneficio per sé - non è forse simile alla rana che abita nel pozzo abbandonato? Zhuangzi calca le Sorgenti Gialle444 e ascende all’alto dei cieli. Per lui non esistono né il sud, né il nord: maestosamente si dissolve nelle quattro direzioni e affonda nell’infinito. Per lui non esistono né l’est, né l’ovest: ha il suo inizio in una misteriosa oscurità e ritorna alla Grande Connessione. Tu vorresti esaminarlo, coinvolgerlo in una discussione: è come usare un tubo per guardare il cielo, o usare un punteruolo per perforare la terra. Non è forse lo strumento troppo piccolo? Vattene, suvvia! Non hai mai sentito parlare di quel giovane di Shouling che si recò a studiare a Handan? Non aveva ancora imparato le arti della capitale, ma aveva perso il suo vecchio modo di camminare, perciò dovette tornarsene a casa strisciando. Se non te ne vai subito, dimenticherai tutto quello che sai e perderai il tuo mestiere”.

Yu il Grande è il fondatore della dinastia Xia, Tang il fondatore della dinastia Shang (vedi Appendice 1). 444 Il mondo degli inferi nella mitologia cinese.





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Gongsun Long restò a bocca spalancata e non riusciva più a chiuderla, con la lingua incollata al palato. Infine scappò di corsa. Zhuangzi stava pescando nel fiume Pu, quando il re di Chu gli invio due ministri con questo messaggio: “Il nostro re vorrebbe coinvolgerti nell’amministrazione dello stato”. Zhuangzi continuò a pescare senza degnarli di uno sguardo. Poi disse: “Ho udito che in Chu c’è una tartaruga magica, morta da tremila anni. Il re la tiene in uno scrigno collocato in un luogo elevato nel tempio dei suoi antenati, avvolta in un panno ricamato. Pensate che questa tartaruga preferisca essere venerata come una preziosa reliquia o che preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango?”. I due ministri risposero: “Preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango”. “Andatevene,” disse Zhuangzi, “lasciatemi qui a trascinare la mia coda nel fango”. Quando Huizi era primo ministro nello stato di Liang, Zhuangzi recò a fargli visita. Qualcuno disse a Huizi: “Zhuangzi viene perché vuole prendere il tuo posto come primo ministro”. Huizi si spaventò e fece cercare Zhuangzi in tutto lo stato per tre giorni e tre notti. Infine Zhuangzi si presentò davanti a lui e disse: “Nel sud c’è un uccello il cui nome è Yuan Chu,445 lo conosci? Questo uccello emerge dal Mare Meridionale e vola fino al Mare Settentrionale. Non si ferma a riposare se non sull’albero wutong,446 si nutre solo di germogli di bambù e beve solo alle sorgenti più dolci. Un gufo aveva appena trovato il cadavere decomposto di un topo quando l’uccello Yuan Chu passò in volo sopra di lui. Il gufo guardò in su e gli lanciò uno stridio minaccioso. Oggi tu sei come quel gufo: preoccupato di tenere per te lo stato di Liang, mi lanci stridii minacciosi!”.











A volte identificato con la fenice. Fermiana platanifolia.



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Zhuangzi e Huizi passeggiavano su un ponte sul fiume Hao. “Guarda i pesci”, disse Zhuangzi, “come vanno a spasso! Come sono felici!”. Huizi rispose: “Non sei un pesce. Come sai che i pesci sono felici?”. “Tu non sei me. Come sai che io non so che i pesci sono felici?”. “Non sono te, perciò non ti conosco. Tu di sicuro non sei un pesce, perciò non conosci la felicità dei pesci”. “Ricominciamo”, ribatté Zhuangzi. “Tu hai detto: ‘Come sai che i pesci sono felici?’ Perciò quando me l’hai chiesto già sapevi che lo so! Come lo so? Stando quassù, sopra il fiume Hao”.447













Graham commenta: “Questo è il solo esempio di una disputa con il sofista Huizi nei Capitoli Esterni (l’interesse per i sofisti stava già decrescendo) ed è notevole per una giocosità che, nel fare la parodia del dibattito logico, è più fedele ai dettagli della struttura di tale dibattito di qualsiasi altro passaggio nel Zhuangzi… L’ultima battuta del dialogo è più che un semplice gioco di parole sull’espressione usata da Huizi, ‘come sai…’. Ciò che Zhuangzi sta dicendo è che ogni affermazione è relativa a un punto di vista non meno della sua visione dei pesci dall’alto del ponte sopra il fiume Hao”. È bene notare, tuttavia, che, oltre all’interpretazione relativista proposta da Graham, l’ultima battuta di questo dialogo ammette un’interpretazione mistica che va al di là del relativismo della “scuola del Grande Metodo”: Zhuangzi conosce la felicità dei pesci stando sul ponte semplicemente perché non separato dal resto dell’esistenza, dai “diecimila esseri”.

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⾄ 樂

La felicità perfetta









































Quando la moglie di Zhuangzi morì, Huizi si recò a fargli le condoglianze. Zhuangzi stava accovacciato e tamburellava su una pentola cantando. Huizi gli disse: “Hai condiviso con lei la tua casa, ha cresciuto i tuoi figli, siete diventati vecchi insieme. Non ti basta astenerti dal piangere la sua morte? Tamburellare su una pentola e cantare, non ti sembra eccessivo?”. “Per nulla”, rispose Zhuangzi. “All’inizio come potevo non piangerla? Poi ho cominciato a pensare a ciò che vi era prima che nascesse. Non solo prima che nascesse, ma prima che possedesse un soffio vitale. A un certo punto, nel mezzo del mistero indistinto, avvenne un cambiamento e vi fu un soffio vitale. Poi nel soffio vitale avvenne un cambiamento e vi fu una forma. Poi nella forma avvenne un cambiamento e vi fu una nascita. Ora di nuovo è avvenuto un cambiamento e vi è stata una morte. E come il succedersi delle stagioni: primavera, estate, autunno, inverno. Ora mia moglie giace in una grande sala. Se io piangessi e mi lamentassi, significherebbe che non comprendo il senso del destino”.

Nel mondo esiste o non esiste la felicità perfetta? Esiste o non esiste qualcosa per cui vivere?448 Cosa fare? Cosa evitare? Dove restare? Da cosa allontanarsi immediatamente? Cosa dà felicità? Cosa è odioso? Queste sono le cose che il mondo onora: ricchezza, prestigio, lunga vita, bontà. Queste sono le cose in cui trova felicità: vita tranquilla, cibi ricchi, bei vestiti, bellezza, musica. Queste sono le cose che disprezza: povertà, morte prematura, cattiveria. Queste sono le cose che trova amare: vita senza quiete né riposo, mancanza di cibi ricchi e di bei vestiti, assenza di bellezza e musica. Alcuni che non hanno queste cose si consumano nelle preoccupazioni e nel timore: che stupido modo di trattare il loro corpo! Altri sono ricchi, ma si consumano per accumulare più ricchezza di quanta potranno mai utilizzare: che modo estraneo di trattare il loro corpo! Altri occupano posizioni di prestigio, ma si consumano pensando notte e giorno come fare il bene ed evitare il male: che modo distante di trattare il loro corpo! Gli esseri umani trascorrono tutta la vita in compagnia delle preoccupazioni. Se vivono fino a diventare sciocchi e confusi, per anni sono assillati dalla preoccu-

Altre letture: “Ci sono alcuni che si godono la vita o no?” – H. A. Giles (1889); “C’è al mondo una gioia suprema che possa far vivere la persona umana?” – L. Kia-hway (1969); “C’è un modo per mantenersi in vita o non c’è?” – B. Watson (1968).



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È questo uno del capitoli del Zhuangzi in cui il compilatore sembra aver raccolto in maniera abbastanza casuale materiale di varia provenienza in qualche modo relazionato con le tematiche del libro. La dissertazione sulla felicità, sulla virtù e sul non-agire che apre il capitolo è scolastica e banale. Più interessanti sono gli aneddoti che seguono, alcuni dei quali semplici frammenti, sulla morte come trasformazione e sul “meccanismo misterioso” della vita.

pazione di evitare la morte:449 sorte amara, davvero! Che modo lontano di trattare il loro corpo! L’eroe appare virtuoso agli occhi del mondo, ma questo non basta per salvargli la vita. Perciò non so se la sua virtù sia vera virtù. Possiamo considerarlo virtuoso, ma non è in grado di salvarsi la vita; possiamo considerarlo non virtuoso, ma è in grado di salvare la vita di altri. Perciò dico: se il tuo leale ammonimento non è ascoltato, stai tranquillo, ritirati e non discutere. Zixu discusse e perse la vita.450 Tuttavia, se non avesse discusso non sarebbe famoso: perciò la virtù esiste o non esiste? Non so se ciò che oggi la gente fa per cercare la felicità generi felicità o infelicità. Tutti si precipitano verso ciò che chiamano felicità come se non avessero altra scelta. Io non la chiamo felicità né infelicità. Di conseguenza c’è o non c’è la felicità? Per me il non-agire è la vera felicità. Ma la gente ordinaria lo considera una medicina amara. Perciò dico: la perfetta felicità non è felice, la perfetta fama non è famosa. Il mondo non è in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato; il non-agire lo è. La perfetta felicità, il nutrimento della vita: solo il non-agire si avvicina a ciò. Provo a dirlo in questo modo: la non-azione del cielo è la chiarezza; la non-azione della terra è la pace. Quando queste due non-azioni si congiungono, i diecimila esseri si trasformano e crescono. Misteriosamente, meravigliosamente, non c’è alcun luogo da cui emergano. Meravigliosamente, misteriosamente, non c’è una forma. I diecimila esseri assolvono ciascuno al proprio compito e tutti emergono dalla non-azione. Perciò si dice: “Cielo e terra non







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Altre letture: “Che disgrazia quella di coloro la cui vecchiaia con facoltà diminuite solo significa un’infelicità più prolungata!” – H. A. Giles (1889); “Se vive troppo a lungo, cade nell’abbruttimento e finisce col temere che la morte non arrivi mai!” – L. Kia-hway (1969); “E se vive a lungo, fino a essere noioso e barcollante, ha passato tutto quel tempo a preoccuparsi invece di morire…” – B. Watson (1968). Zixu, generale e ministro del re di Wu, ammonì ripetutamente il suo sovrano sui pericoli di un attacco da parte dello stato di Yue. Infine si attirò l’ira del re e fu costretto a suicidarsi nel 484 a.C.



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agiscono, eppure nulla rimane incompiuto”. Fra gli esseri umani, chi è in grado di attenersi a questo? Quando la moglie di Zhuangzi morì, Huizi451 si recò a fargli le condoglianze. Zhuangzi stava accovacciato e tamburellava su una pentola cantando. Huizi gli disse: “Hai condiviso con lei la tua casa, ha cresciuto i tuoi figli, siete diventati vecchi insieme. Non ti basta astenerti dal piangere la sua morte? Tamburellare su una pentola e cantare, non ti sembra eccessivo?”. “Per nulla”, rispose Zhuangzi. “All’inizio come potevo non piangerla? Poi ho cominciato a pensare a ciò che vi era prima che nascesse. Non solo prima che nascesse, ma prima che possedesse un soffio vitale.452 A un certo punto, nel mezzo del mistero indistinto, avvenne un cambiamento e vi fu un soffio vitale. Poi nel soffio vitale avvenne un cambiamento e vi fu una forma. Poi nella forma avvenne un cambiamento e vi fu una nascita. Ora di nuovo è avvenuto un cambiamento e vi è stata una morte. E come il succedersi delle stagioni: primavera, estate, autunno, inverno. Ora mia moglie giace in una grande sala.453 Se io piangessi e mi lamentassi, significherebbe che non comprendo il senso del destino. Per questo ho smesso di piangere”. Lo zio Zhili e lo zio Huajie454 erano in contemplazione della Collina del Signore Oscuro455 nei selvaggi monti Kunlun,456 dove

Il sofista amico e antagonista dialettico di Zhuangzi. “Soffio vitale”, qi: “respiro, vapore, aria, energia vitale, sostrato dinamico dell’universo”. Il qi contribuisce a formare il feto ancor prima della nascita. 453 Shi è “sala, casa, dimora”, ma anche “tomba”. Altre letture: “Giace addormentata nell’Eternità” – H. A. Giles (1889); “È tranquillamente sdraiata nella Grande Casa” – L. Kia-hway (1969). 454 Questi nomi possono essere tradotti come “zoppo, deforme, con una gamba sola”. 455 Altra lettura: “… delle tombe degli eroi defunti” – H. A. Giles (1889). 456 Catena montuosa che si estende per oltre tremila chilometri, formando il bordo settentrionale dell’altopiano del Tibet e continuando a sud del fiume Wei fino ai bordi della pianura della Cina settentrionale. 451







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riposa l’Imperatore Giallo. Improvvisamente un salice457 spuntò dal gomito sinistro di Huajie, orrendo a vedersi.458 Zhili disse: “Ti fa orrore?”. Huajie rispose: “No! Orrore di che? La vita è un prestito. La prendiamo in prestito nascendo. Siamo solo polvere: vita e morte sono come il giorno e la notte. Tu e io siamo venuti qui a contemplare il mutamento: il mutamento ora mi ha raggiunto. Di che dovrei avere orrore?”. Zhuangzi era in viaggio verso Chu quando vide un teschio vuoto. Lo sospinse con il frustino e lo interrogò così: “Maestro, hai forse bramato troppo intensamente la vita e trascurato l’intrinseca legge delle cose - per questo ti sei ridotto così? O il tuo regno è stato invaso e hai dovuto piegarti sotto l’ascia del carnefice - per questo ti sei ridotto così? O hai compiuto atti infami e ti sei vergognato di lasciare un nome macchiato ai tuoi genitori, a tua moglie, ai tuoi figli - per questo ti sei ridotto così? O hai sofferto il freddo e la fame - per questo ti sei ridotto così? O le tue primavere e i tuoi autunni si sono accumulati fino a giungere a questo stato?”. Detto questo, trasse a se il teschio e usandolo come cuscino si addormentò. Nel mezzo della notte il teschio gli apparve in sogno e gli disse: “Parli con eloquenza, ma le tue parole riflettono solo le preoccupazioni dei vivi. I morti non hanno nulla a che fare con tutto ciò! Vuoi udire il discorso di un morto?”. “Certo”, rispose Zhuangzi. “Nella morte”, disse il teschio, “non ci sono signori sopra, né servi sotto e non ci sono le fatiche delle quattro stagioni. Siamo rilassati e senza fretta: cielo e terra sono per noi le primavere e gli autunni. Neppure un re sul suo trono rivolto a sud può competere con la nostra felicità”.









Secondo alcuni commentatori “salice” sta per “tumore”. Altre letture: “Dopo un attimo di sgradevole sorpresa…” – L. Kia-hway (1969); “[Huajie] sembrò stupito e contrariato” – B. Watson (1968).



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Zhuangzi non gli credette e disse: “Se chiedessi al Governatore del Destino di restituirti un corpo, di darti ossa, carne e pelle e ricondurti ai tuoi genitori, a tua moglie e ai tuoi figli, al tuo villaggio e ai tuoi conoscenti, lo vorresti?”. Il teschio assunse un’espressione irosa, aggrottò le sopracciglia e disse: “Come potrei lasciare la felicità di un re sul suo trono rivolto a sud per ritornare alle pene degli esseri umani?”. Quando Yan Yuan459 si mise in viaggio verso oriente per recarsi a Qi, Confucio assunse un’espressione preoccupata. Zigong si alzò dalla sua stuoia e disse: “Può un discepolo osare chiedere come mai il maestro ha assunto un’espressione preoccupata quando Hui si è messo in viaggio verso oriente per recarsi a Qi?”. “Fai bene a chiederlo!”, rispose Confucio. “Un tempo Guanzi460 ha detto queste sagge parole: ‘Un piccolo sacco non può contenere una cosa grande, una corda troppo corta non può attingere acqua dal pozzo’. Similmente credo che il destino di una persona possa avere successo solo in certe faccende e che il corpo di una persona sia adatto solo a certi compiti. Queste cose non possono essere accresciute né diminuite. Temo che Hui, giunto a Qi, comincerà a parlare al marchese del Dao di Yao, di Shun e dell’Imperatore Giallo e continuerà citando Suiren e Shennong,461 finché il marchese, non trovando dentro di sé qualcosa che si connetta con tutto ciò, si sentirà confuso; e quando un uomo di potere si sente confuso, il suo consigliere è in pericolo. Conosci la storia dell’uccello marino che si posò nei sobborghi di Lu? Il marchese di Lu lo portò nel suo tempio ancestrale, dove fece imbandire per lui un banchetto, fece suonare la musica Jiushao462 per rallegrarlo e gli offrì le carni del massimo sacrificio. Ma Yan Yuan o Yan Hui e Zigong sono entrambi discepoli di Confucio, vedi Appendice 2. 460 Guanzi o Guan Zhong, famoso uomo politico dello stato di Qi nel VII secolo a.C. 461 Mitici imperatori ed eroi culturali. Vedi Appendice 1. 462 “Nove armonie”.









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l’uccello parve solo triste e confuso, non mangiò un solo boccone, né bevve una sola coppa, e tre giorni dopo era morto. Questo è ciò che succede quando vuoi nutrire un uccello con il cibo adatto a te, anziché con il cibo adatto a un uccello, Se vuoi nutrire un uccello con il cibo che gli è adatto, lascia che si posi nel profondo della foresta, che vaghi fra rive e isolotti, che galleggi su laghi e fiumi, che mangi anguille e pesci, che segua in volo il suo stormo e si posi con esso. Un uccello è disturbato anche solo dalle voci umane, figuriamoci da tutto quel trambusto! Suona la musica Xianchi463 o la musica Jiushao presso il lago Dongting: udendola gli uccelli voleranno via, le bestie selvatiche fuggiranno, i pesci si inabisseranno nel profondo. Solo gli esseri umani si raccoglieranno intorno ad ascoltare. I pesci vivono nell’acqua e vi si trovano a loro agio, gli esseri umani nell’acqua muoiono: le loro preferenze sono diverse. Perciò gli antichi saggi non richiedevano a tutti le stesse capacità e non assegnavano a tutti gli stessi compiti. I ruoli si adattavano alla realtà, i doveri erano distribuiti in maniera appropriata. Questo è quel che si dice coltivare una giusta relazione con gli altri e buona fortuna per sé”.464 Liezi465 era in viaggio e stava mangiando tranquillamente sul bordo della strada quando vide un teschio vecchio di cent’anni. Colse un filo d’erba e, indicando il teschio, disse: “Tu e io soli sap-

Musica che sarebbe stata composta dall’Imperatore Giallo; è già stata citata nel Capitolo 14. 464 Accolgo per questa frase di difficile interpretazione la lettura di Giles. Altre letture: “Questo è quel che si dice ‘rami che si estendono in fuori come raggi tenuti saldamente nel centro’” – A. C. Graham (1981); “In questo risiede la comprensione dell’ordine e il perdurare della felicità” – L. Kia-hway (1969); “Questo è ciò che significa essere padroni della ragione e avere la fortuna dalla nostra parte” – B. Watson (1968). 465 Adepto daoista più volte menzionato nel Zhuangzi. Vedi Appendice 2.



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piamo che non sei mai morto e non hai mai vissuto. Nasciamo dunque veramente? Io sono veramente felice?”466 Il germe della vita opera secondo un meccanismo misterioso. Quando i semi cadono nell’acqua diventano il cavolaccio. Quando cadono al confine fra acqua e terra diventano il “mantello di rana”. Quando nascono sul pendio diventano plantano. Quando il plantano cresce in un terreno ricco diventa il “piede di corvo”. Le radici del “piede di corvo” si trasformano in larve di Mimela lucidula, mentre le foglie diventano farfalle. Le farfalle a loro volta si trasformano in quegli insetti che nascono sotto la stufa della cucina e che sembrano aver appena deposto il loro guscio, detti quduo. Dopo mille giorni il quduo diventa un uccello di nome ganyugu. La saliva del ganyugu genera lo simi, il quale diviene la madre dell’aceto, yilu. L’insetto yilu nasce dall’insetto huangguang, che a sua volta nasce dal jiyou, che nasce dalla zanzara, che nasce dalla lucciola, che è generata dal yangxi. Se lo yangxi sta vicino a un germoglio bambù, a lungo andare il germoglio di bambù si trasforma nel qingning, il quale genera il leopardo, che genera il cavallo, il quale a sua volta genera gli esseri umani. L’essere umano alla fine ritorna al meccanismo misterioso. Le diecimila cose tutte emergono da questo meccanismo e tutte a esso ritornano.467



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Altre letture: “Sei tu davvero in pace? Sono io davvero felice?” – H. A. Giles (1889); “Sei tu davvero infelice, mentre io sono felice?” – A. C, Graham (1981), L. Kia-hway (1969), B. Watson (1968). Va da sé che molti animali e piante menzionati in questa biologia fantastica sono di difficile identificazione.



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達 ⽣

Comprendere la vita

Confucio era in contemplazione della cascata di Luliang. L’acqua precipita da un’altezza di trecento braccia e ribolle e schiumeggia per quaranta miglia. Né pesci, né coccodrilli, né tartarughe sono in grado di nuotare in quelle acque turbolente. Tuttavia in quei vortici c’era un uomo. Pensò che l’uomo, afflitto da qualche disgrazia, volesse togliersi la vita… Ma poche centinaia di passi più a valle l’uomo uscì dall’acqua, i capelli grondanti sciolti lungo la schiena, e si mise a camminare sulla riva cantando. Confucio lo raggiunse e gli disse: “Ti credevo uno spirito, ma ora, guardandoti da vicino, vedo che sei un essere umano. Permettimi di chiederti: possiedi un dao che ti permette di stare a galla nell’acqua in questo modo?”. “No”, rispose l’uomo, “nessun dao… Mi immergo lasciandomi trascinare sott’acqua dalla corrente e riemergo portato in superficie dalla corrente: seguo il dao dell’acqua senza opporre resistenza. In questo modo sto a galla”.



















































Quando la scarpa calza, dimentichi il piede; quando la cintura è comoda, dimentichi la pancia; quando il cuore è a suo agio, dimentichi il giusto e lo sbagliato. Quando ti trovi a tuo agio con ciò che è dato, non c’è mutamento all’interno né trascinamento all’esterno. A tuo agio fin dal principio e non perdendo mai questo senso di agio, dimentichi perfino l’agio di sentirti a tuo agio.

Chi comprende l’essenza della vita non occupa di ciò che per la vita è irrilevante; chi comprende l’essenza del destino non si occupa di ciò che la conoscenza non può cambiare. Per nutrire il corpo, indubbiamente in primo luogo occorrono cose materiali: tuttavia alcuni posseggono cose materiali in abbondanza, eppure il loro corpo non è nutrito. Per vivere, indubbiamente in primo luogo occorre non separarsi dal proprio corpo: tuttavia vi sono alcuni che, pur non separandosi dal proprio corpo, non vivono. L’ingresso nella vita è qualcosa che non possiamo rifiutare, la dipartita dalla vita è qualcosa che non possiamo fermare. Triste è la condizione dell’umanità contemporanea, che crede che nutrire il corpo sia sufficiente per vivere! Se nutrire il corpo non è sufficiente per vivere, a





Un tema ricorrente nel Zhuangzi sono le straordinarie abilità che emergono quando le preoccupazioni dell’io e il chiacchiericcio della mente tacciono e ci troviamo in quel particolare stato di grazia in cui ogni gesto è spontaneo e appropriato, in cui l’agente per così dire svanisce e l’azione sembra accadere da sé. Nei Capitoli Interni, questo tema è illustrato dalla parabola del cuoco Ding, che nel macellare un animale lascia che “lo spirito agisca secondo la struttura naturale della bestia”. ma altri esempi sono sparsi nei Capitoli Esterni e questo capitolo ne contiene un buon campionario. Un’allusione velata a quello stato di grazia appare già nel secondo frammento del capitolo, con la miracolosa incolumità dell’ubriaco che cade dal carro. I frammenti seguenti contengono alcune delle storie più belle dell’intero Zhuangzi: il gobbo che cattura le cicale, il traghettatore che manovra la sua barca con abilità divina, il nuotatore in acque turbolente che si mantiene a galla lasciandosi trascinare dalla corrente senza opporre resistenza, il falegname che si prepara per la sua opera con la meditazione e sceglie il legno “vedendo” l’opera finita già presente nell’albero. Questa tematica infine viene riassunta magistralmente nel commento alla brevissima descrizione dell’artigiano Chui nel penultimo frammento del capitolo, un commento che, per stile e profondità di pensiero, è senz’altro accostabile ai passaggi più significativi dei Capitoli Interni.

cosa serve ciò che fa l’umanità contemporanea? Pur essendo inutile, non può astenersi dal farlo: è quello che si dice inevitabile. Se vuoi evitare di occuparti del tuo corpo, ritirati dal mondo. Ritirandoti dal mondo, sarai libero dai coinvolgimenti.468 Libero dai coinvolgimenti, sarai retto e tranquillo; retto e tranquillo, parteciperai a una rinascita;469 rinascendo, sarai quasi arrivato alla meta! Vale la pena di abbandonare gli affari del mondo e ritirarsi dalla vita stessa? Se abbandoni gli affari del mondo, il tuo corpo non sarà affaticato; se ti ritiri dalla vita, la tua essenza non sarà consumata. Quando il corpo è integro e l’essenza è intatta, ti unisci al cielo. Il cielo e la terra sono il padre e la madre dei diecimila esseri: la loro unione crea i corpi, la loro separazione crea gli inizi. Quando il corpo e l’essenza non sono carenti, puoi muoverti. Di essenza in essenza ritorni a essere l’aiutante del cielo. Maestro Liezi disse a Guan Yin:470 “L’essere umano perfetto può attraversare qualsiasi ostacolo,471 può camminare sul fuoco senza bruciarsi, può volare sopra i diecimila esseri senza timore. Posso chiedere come questo sia possibile?”. Guan Yin rispose: “È perché conserva puro il suo soffio vitale.472 Non si tratta di saggezza, abilità, risolutezza o coraggio. Te lo spiegherò. Tutto ciò che ha un aspetto, una forma, un suono, un colore è una cosa. Una cosa non può distaccarsi dalle altre cose, non può essere superiore a esse: è solo una forma, nulla di più. Ma O “dalla fatica”. Altre letture: “Se è retto e liscio, rinnova la vita insieme a ciò che è altro da sé” – A. C. Graham (1981); “Chi conserva l’equilibrio e la pace partecipa di una vita completamente nuova” – L. Kia-hway (1969); “Essendo retto e calmo, può rinascere insieme con gli altri” – B. Watson (1968). 470 Un filosofo con questo nome è citato insieme a Laozi nel Capitolo 33. Guan Yin può essere letto come “guardiano del passo”, un’immagine che potrebbe aver dato origine alla leggenda relativa alle origini del Laozi (vedi Appendice 2). 471 Altra lettura: “… nuota sott’acqua senza soffocare” – A. C. Graham (1981). 472 “Soffio vitale”, qi: “respiro, vapore, aria, energia vitale, sostrato dinamico dell’universo, insieme delle energie yin e yang che animano gli esseri”. 468







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le cose hanno origine in ciò che non ha forma e hanno fine in ciò che non muta. Per chi comprende questo fino in fondo, le cose cessano di essere un ostacolo.473 Chi comprende questo risiede nell’equilibrio, nel segreto illimitato, e cammina là dove le diecimila cose hanno la loro fine e il loro inizio. Unifica la propria natura, nutre il proprio soffio vitale, si unisce alla virtù ed è in contatto con ciò che crea le cose. Mantiene integro ciò che appartiene al cielo e il suo spirito è senza macchia. Come potrebbero le cose penetrare in una persona siffatta?”. Se un ubriaco cade da un carro, si ferisce,474 ma non muore. Le sue ossa e giunture sono come quelle di chiunque altro, ma il danno causato dall’incidente è diverso, perché il suo spirito è integro. Non sapeva di viaggiare su un carro e non sa di essere caduto. Il terror panico di vita e morte non entra nel suo petto, perciò va a sbattere contro le cose senza paura. Se è possibile raggiungere l’integrità di spirito tramite il vino, quanto più sarà possibile raggiungerla mediante il cielo! Il saggio ha il suo rifugio nel cielo, perciò nulla può ferirlo. Chi si vendica di un nemico non se la prende con la sua spada; neppure la persona più iraconda si arrabbia con una tegola che le è caduta in testa. Se il mondo seguisse la via dell’uguaglianza non ci sarebbero aggressioni e guerre, punizioni e torture.475 Non sviluppare la natura476 dell’essere umano; sviluppa piuttosto la natura della natura. colui che sviluppa la natura della natura, la virtù vive; Altra lettura: “L’uomo differisce da tutto il resto ed è superiore a tutte le cose semplicemente perché esse sono solo ciò che appaiono essere e nulla più. Ma l’uomo può raggiungere ciò che non ha forma e vincere la morte. E con ciò che è in possesso dell’eterno come possono delle mere cose competere?” – H. A. Giles (1889). 474 Altra lettura: “anche se il carro va velocemente…” – A. C. Graham (1981), B. Watson (1968). 475 Altra lettura: “Per questo non ci sono disordini di invasioni e battaglie, non ci sono esecuzioni e stermini, perché segue questa via” – A. C. Graham (1981). 476 Tian, che è insieme “cielo” e “natura”.





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in colui che sviluppa la natura dell’essere umano, si genera il male.477 Non odiare ciò che appartiene alla natura, non trascurare ciò che appartiene all’essere umano e la gente sarà vicina alla propria autenticità. In viaggio verso lo stato di Chu, attraversando una foresta, Confucio si imbatté in un gobbo che catturava cicale con una pertica tanto facilmente come se le prendesse con le mani. Gli disse: “Sei molto abile! C’è un dao478 in questa tua arte?”. “Ho un dao”, rispose il gobbo. “Verso il quinto o il sesto mese mi esercito portando due palle, una sopra l’altra, in equilibrio sulla cima della mia pertica. Se non cadono, so che mancherò poche cicale. Poi mi esercito con tre palle: se non cadono, so che mancherò una cicala su dieci. Poi mi esercito con cinque palle: se non cadono, catturare le cicale sarà facile come prenderle con le mani. Tengo il corpo immobile come un tronco d’albero e le mie braccia diventano rami rinsecchiti. Nell’immensità di cielo e terra, fra tutte le innumerevoli creature, mi concentro solo sulle ali di cicala. Non guardo indietro, né di fianco: non lascio che alcun altro essere prenda il posto delle ali di cicala.479 Come potrei non catturarle?”. Confucio si rivolse ai suoi discepoli e disse: “L’attenzione indivisa porta alla concentrazione dello spirito. Questo venerabile vecchio gobbo ne è un esempio”. Yan Yuan480 disse a Confucio: “Un tempo ho attraversato le acque profonde a Shangshen. Il traghettatore manovrava la barca con abilità divina. Gli chiesi: ‘Manovrare una barca così è una cosa che si può imparare?’. Mi rispose: ‘Si può. Un buon nuotatore lo impara facilmente; e chi nuota sott’acqua lo sa fare anche se non Altra lettura: “Non sviluppare la tua intelligenza artificiale, sviluppa l’intelligenza che viene da Dio. Quest’ultima genera virtù, la prima genera astuzia” – H. A. Giles (1889). 478 Una tecnica, un metodo. 479 Altra lettura: “Non scambierei le ali di una cicala per tutte le innumerevoli cose” – A. C. Graham (1981). 480 Il discepolo prediletto di Confucio.









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ha mai visto una barca prima’. Lo interrogai ulteriormente, ma non volle dirmi altro. Posso osare chiedere cosa può aver voluto dire?”. Confucio rispose: “Un buon nuotatore lo impara facilmente, perché si dimentica dell’acqua. Chi nuota sott’acqua lo sa fare anche se non ha mai visto una barca prima, perché per lui l’acqua profonda è come una collina e il capovolgimento di una barca non è più grave di un carro che su un pendio scivola indietro. Anche se gli si presentano diecimila possibilità di capovolgimento o di scivolamento,481 non possono penetrare nello spazio in cui si trova. Dove mai potrebbe sentirsi a disagio? Se in una gara di tiro con l’arco la posta è una semplice tegola, ti senti un abile arciere; se la posta è una fibbia di pregio, ti senti insicuro; se posta è oro genuino, sei sull’orlo di una crisi di nervi. Eppure la tua abilità è la stessa. Ma quando dai importanza a qualcosa, dai peso a ciò che è fuori di te; e chi dà peso a ciò che sta fuori diventa goffo dentro”. Tian Kaizhi fece visita al duca Wei di Zhou. Il duca gli disse: “Ho udito che Zhushen ha studiato l’arte di vivere e che tu sei un suo compagno. Cosa hai appreso da lui?”. “Io non facevo altro che spazzare l’ingresso e il cortile della sua scuola”, disse Tian Kaizhi, “come potrei avere appreso qualcosa dal maestro?”. “Non essere modesto, maestro Tian”, disse il duca. “Questa persona sola482 veramente desidera udire quello che hai appreso”. “Ho udito il maestro dire: ‘Colui che sa prendersi cura della vita è come il pastore che tiene d’occhio le pecore ritardatarie e le frusta”” “Cosa intendi dire?”.















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Altra lettura: “Anche se i diecimila esseri tutti si capovolgessero e scivolassero nello stesso tempo davanti a lui…” – B. Watson (1968). Gua ren, “persona sola, vedova, orfana, indegna” è un’espressione modesta che un re o un principe usa parlando di sé in terza persona - una sorta di forma capovolta di plurale maiestatis.



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“Nel paese di Lu viveva un certo Shan Bao. Abitava in mezzo ai dirupi, beveva solo acqua e non si curava del guadagno, come invece fa la maggioranza degli esseri umani. A settant’anni aveva ancora la carnagione di un bambino. Disgraziatamente incontrò una tigre affamata, che se lo mangiò. Un certo Zhang Yi, invece, non c’era casa nobile o povera che non frequentasse.483 Continuò così per quarant’anni, poi sviluppo una febbre interna, si ammalò e morì. Bao si curava del proprio interno e la tigre ne mangiò la forma esteriore. Yi si curava del proprio esterno e la malattia ne divorò l’interno. Entrambi avevano trascurato di frustare le loro pecore ritardatarie. Confucio ha detto: ‘Non nasconderti e non emergere splendente come il puro yang: mantieniti esattamente nel mezzo. Chi si attiene a queste tre cose sicuramente otterrà grande fama’. In luoghi pericolosi, dove un viaggiatore su dieci viene ucciso, padre e figlio, fratello e fratello si mettono in guardia reciprocamente e non osano mettersi in cammino, se non con una forte scorta di soldati. Non sono saggi? Ma su ciò che la gente maggiormente dovrebbe temere il cibo, le bevande e il letto - nessuno è saggio abbastanza da stare in guardia. Questo è un errore davvero!”. Il sacerdote che celebra il sacrificio agli antenati, indossata la sua veste nera, si accosta al recinto dei maiali e parla loro: “Perché mai non volete morire? Per tre mesi vi nutrirò abbondantemente, per dieci giorni praticherò l’astinenza e per tre giorni digiunerò. Poi disporrò una stuoia di bianche canne e collocherò le vostre spalle e le vostre cosce su un altare decorato con incisioni. Accettate, dunque?”. Mettendoti dal punto di vista dei maiali, gli risponderesti: “Preferiamo mangiare bucce e avanzi e restarcene qui nel nostro recinto”.







Altra lettura: “Non c’era grande famiglia o ricco palazzo che non si precipitasse a visitare” – B. Watson (1968).



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Eppure, quando ti metti dal tuo proprio punto di vista, se in vita ti vengono offerti gli onori di un carro e di un berretto da funzionario e da morto quelli di una bara sontuosa su un carro dipinto, li accetti. Ciò che rifiuti per i maiali, lo accetti per te. Che differenza c’è allora fra te e i maiali? Mentre cacciava nelle paludi con il ministro Guan Zhong484 come auriga, il duca Huan vide uno spirito. Il duca si afferrò alla mano del suo ministro e disse: “Padre Zhong, cos’è quello che vedo?”. “Il vostro servo485 non vede nulla”, rispose il ministro. Ritornato a casa, il duca cadde in un delirio, si ammalò e per diversi giorni non si alzò dal letto. Un funzionario dello stato di Qi di nome Hangzi Gaoao andò a trovarlo e gli disse: “Vostra Signoria si procura sa sé il suo male. Come potrebbe uno spirito ferire Vostra Signoria? Se il soffio vitale iroso accumulato si disperde all’esterno e non ritorna nel corpo, si crea una carenza. Se sale e non ridiscende, la persona diventa irascibile. Se scende e non risale, la persona diventa smemorata. Se non sale, né scende, ma si fissa nel centro intorno al cuore, la persona si ammala”. “Ma allora”, chiese il duca, “gli spiriti esistono?”. “Esistono. Ci sono lo spirito Lu nel focolare e lo spirito Ji nella stufa. Nel mucchio di rifiuti vicino alla porta abita lo spirito Leiting. Sotto l’angolo nordest della casa saltellano Beia e Guilong; mentre sotto l’angolo nordovest vive Yiyang. Nell’acqua c’è Wang-

Il duca Huan di Qi è il primo dei Cinque Egemoni, i più potenti signori feudali del periodo delle Primavere e degli Autunni (771-403 a.C.). Guan Zhong era il suo primo ministro. Vedi Appendice 2. 485 Chen, formula rispettosa usata parlando con un regnante.











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xiang e sulla collina Xin. Nelle montagne c’è Kui; nei campi possiamo incontrare Panghuang e nelle paludi Weituo”.486 “Posso chiedere”, disse il duca. “che aspetto ha questo spirito Weituo?” “Non è più grosso del mozzo di una ruota, ma è lungo quanto il timone di un carro. E vestito di viola con un berretto rosso. Fra le creature è una delle più brutte. Quando ode il fragore di un carro in arrivo si rizza tenendosi la testa fra le mani. Chi lo vede è sul punto di diventare re”. Il duca rise contento e disse: “E proprio ciò che questa persona sola ha visto!”. Poi si riassettò l’abito e il berretto e si mise a sedere accanto a Hangzi. Prima che il giorno fosse terminato la sua malattia era svanita senza che neppure se ne accorgesse. Maestro Ji Xing addestrava galli da combattimento per il re. Dopo dieci giorni il re chiese se i galli erano pronti. “Non ancora”, disse Ji Xing, “sono arroganti e aggressivi”. Dopo altri dieci giorni il re chiese di nuovo. “Non ancora”, disse Ji Xing. “reagiscono a qualsiasi suono o movi mento”. Dopo altri dieci giorni il re chiese di nuovo. “Non ancora”, disse Ji Xing, “si guardano intorno con ferocia e sono pieni di energia”. Dopo altri dieci giorni il re chiese di nuovo.























Graham commenta: “Casomai il lettore volesse cercare questi spiriti in giro per la casa, queste sono le descrizioni fornite da vari commentatori fra il III e il VII secolo d.C. Lo spirito della stufa, Ji (crocchia) è una bella ragazza vestita di rosso. Guilong è un bambino alto due spanne, vestito di nero con un turbante rosso, che porta una spada e una lancia. Yiyang (yang libertino) ha la testa di cane o di leopardo e la coda di cavallo. Lo spirito dell’acqua, Wangxiang, è un bambino rosso e nero, con mandibole rosse, grandi orecchie e lunghe braccia. Xin è un cane con le corna e con il corpo coperto di tatuaggi multicolori. Kui [che abbiamo già incontrato nel Capitolo 17] è grande come un bue, ha la forma di un tamburo e cammina su una gamba sola. Panghuang è un serpente a due teste, anch’esso con il corpo coperto di tatuaggi multicolori”.



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“Ora sono quasi pronti”, disse Ji Xing, “anche se un altro gallo canta, restano immobili. Da lontano sembrano galli di legno. La loro virtù è integra. Un altro gallo non oserà affrontarli: farà dietrofront e fuggirà”.487 Confucio era in contemplazione della cascata di Luliang. L’acqua precipita da un’altezza di trecento braccia e ribolle e schiumeggia per quaranta miglia. Né pesci, né coccodrilli, né tartarughe sono in grado di nuotare in quelle acque turbolente. Tuttavia in quei vortici c’era un uomo. Confucio pensò che l’uomo, afflitto da qualche disgrazia, volesse togliersi la vita; perciò ingiunse ai suoi discepoli di sparpagliarsi lungo la riva per cercare di salvarlo. Ma poche centinaia di passi più a valle l’uomo uscì dall’acqua, i capelli grondanti sciolti lungo la schiena, e si mise a camminare sulla riva cantando. Confucio lo raggiunse e gli disse: “Ti credevo uno spirito, ma ora, guardandoti da vicino, vedo che sei un essere umano. Permettimi di chiederti: possiedi un dao488 che ti permette di stare a galla nell’acqua in questo modo?”. “No”, rispose l’uomo, “nessun dao. Ho cominciato molto tempo fa.489 A lungo andare è diventato la mia natura. Infine è diventato il mio destino. Mi immergo lasciandomi trascinare sott’acqua dalla corrente e riemergo portato in superficie dalla corrente. Seguo il dao dell’acqua senza opporre resistenza: in questo modo sto a galla”. “Cosa intendi”, gli chiese Confucio, “quando dici: ‘Ho cominciato molto tempo fa, a lungo andare è diventato la mia natura, infine è diventato il mio destino’?”. “Sono nato sulla terraferma”, disse l’uomo, “perciò mi trovo a mio agio sulla terraferma. Ma sono cresciuto nell’acqua, perciò mi

Una bella illustrazione dello spirito delle arti marziali orientali. Arte, tecnica, metodo. 489 Altre letture: “C’era la mia condizione originaria per cominciare” – H. A. Giles (1889); “Ho cominciato con ciò che mi era nativo” – A. C. Graham (1981); “Ho cominciato con ciò che mi era abituale” – B. Watson (1968). 487









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trovo a mio agio nell’acqua: è la mia natura. Non so perché sia così: è semplicemente il mio destino”. Il falegname Qing aveva scolpito un banco per campane musicali. Quando il lavoro fu terminato, tutti si stupirono: sembrava l’opera di un dio o di un demone. Il marchese di Lu venne a vedere questa meraviglia e chiese: “Di che arte ti sei servito?”. “Il vostro servo,” rispose Qing, “è un semplice artigiano; quale arte potrebbe mai possedere? Ma c’è una cosa che faccio. Quando mi appresto a costruire un banco per campane musicali non oso disperdere la mia energia vitale. Medito per calmare la mente. Dopo tre giorni di meditazione dimentico complimenti e ricompense, onori e salario. Dopo cinque giorni, dimentico approvazione e disapprovazione, abilità o inettitudine. Dopo sette giorni dimentico di avere quattro membra e un corpo. Durante questo tempo la corte di Vostra Signoria cessa di esistere per me: la concentrazione sull’opera cresce e ogni distrazione esterna svanisce. A questo punto vado nelle foreste montane e studio la natura degli alberi così come il cielo li ha formati. Se ne trovo uno la cui forma sia perfetta e nel quale io possa vedere un banco per campane, metto mano a esso490, altrimenti no. Mi limito a unire ciò che appartiene alla natura con ciò che appartiene alla natura. Forse è questa la ragione per cui la gente pensa che alla mia opera abbiano partecipato gli spiriti!”. Dongye Ji stava mostrando le sue arti di cocchiere al duca Zhuang,491 Andava avanti e indietro in linee così rette come se fossero state tracciate con la riga e le sue curve verso destra e verso sinistra sembravano traccia te con il compasso. Il duca concluse che





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Altra lettura: “L’attitudine del corpo raggiunge l’apice; solo allora ho una visione completa del banco per campane e solo allora metto mano a esso” – A. C. Graham (1981). Potrebbe trattarsi del duca Zhuang di Chu (613-591 a.C.) o del duca Zhuang di Zheng (757-701 a.C.).



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neppure Zaofu avrebbe potuto superarlo.492 Gli ordinò di fare cento circuiti e ritornò al palazzo. Yan He493 si trovò a passare di lì ed entrò a far visita al duca. Disse: “I cavalli di Ji saranno presto sfiancati”. Il duca tacque e non gli diede risposta. Poco dopo Ji ritornò: i suoi cavalli avevano in effetti ceduto. Il duca chiese a Yan He: “Come potevi saperlo?”. Yan He rispose: “La forza dei suoi cavalli era esaurita, eppure Ji ancora li spingeva.494 Per questo sapevo che avrebbero ceduto”. L’artigiano Chui poteva tracciare linee tanto precise quanto quelle di una squadra o un compasso. Le sue dita partecipavano al mutamento delle cose senza che la sua mente intervenisse a verificare. Pertanto la torre del suo spirito495 restava unificata e libera. Quando la scarpa calza, dimentichi il piede; quando la cintura è comoda, dimentichi la pancia; quando il cuore è a suo agio, dimentichi il giusto e lo sbagliato. Quando ti trovi a tuo agio con ciò che è dato, non c’è mutamento all’interno né trascinamento all’esterno. A tuo agio fin dal principio e non perdendo mai questo senso di agio, dimentichi perfino l’agio di sentirti a tuo agio. Un certo Sun Xiu si presentò inaspettatamente alla porta del maestro Bian Qing e disse: “Quando vivevo nel mio villaggio, in tempo di pace nessuno poteva rimproverarmi la mancanza di decoro e nelle situazioni di pericolo nessuno poteva rimproverarmi la mancanza di coraggio. Tuttavia, se lavoravo nei campi, per i raccolti era una cattiva annata; se mi occupavo degli affari del principe, i tempi non mi offrivano alcuna possibilità di successo. Così sono diventato un estraneo nel mio villaggio e un fuorilegge nel mio sta-

Zaofu è un famoso auriga. Altra lettura: “Il duca tuttavia disse che questo non era nulla di più che una tessitura” – H. A. Giles (1889). 493 Letterato dello stato di Lu, menzionato anche nei Capitoli 4, 28 e 32. 494 Altra lettura: “Ji stava spingendo i suoi cavalli a fornire una prestazione di cui non erano all’altezza” – H. A. Giles (1889). 495 “Torre dello spirito” è un termine daoista per indicare il cuore/mente.











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to. Che crimine ho commesso contro il cielo? Perché mi tocca questo destino?”. Maestro Bian disse: “Non hai mai sentito parlare della condotta dell’essere umano perfetto? L’essere umano perfetto si dimentica il proprio fegato e la cistifellea ed è come se non avesse occhi né orecchie. Tranquillo e senza scopo, vaga al di là della polvere e delle disgrazie del mondo; libero e senza vincoli, fa del non-agire la sua occupazione. Questo è ciò che si chiama ‘agire senza contare sui risultati, coltivare senza impadronirsi’.496 Tu invece ti fai bello delle tue conoscenze per impressionare gli ignoranti, coltivi il tuo carattere per splendere al di sopra degli indegni, ti pavoneggi come se portassi a spasso sole e luna. Hai un corpo umano integro, hai tutti i nove orifizi, non sei stato colpito a metà del cammino da sordità, cecità, perdita di arti o deformità: in confronto a molte persone sei fortunato! Eppure trovi il tempo di andare in giro a lamentarti del cielo! Vattene!”. Quando Sun se ne fu andato, maestro Bian rientrò in casa, rimase seduto per un po’, poi rivolse gli occhi al cielo e sospirò. Un discepolo gli chiese: “Maestro, perché sospiri?”. “Poco fa”, disse maestro Bian, “è venuto a trovarmi Xiu e gli ho parlato della virtù dell’essere umano perfetto. Ho paura di averlo spaventato e che finirà in uno stato di confusione”. Il discepolo disse: “Niente affatto. Forse le parole di Sun Xiu erano giuste e le tue, maestro, sbagliate? In tal caso ciò che è sbagliato non può mai confondere ciò che è giusto. Oppure le parole di Sun Xiu erano sbagliate e le tue, maestro, giuste? In tal caso sicuramente quando Sun Xiu è venuto da te era già in uno stato di confusione. In entrambi i casi, non hai fatto alcun danno”.497 “Niente affatto”, rispose maestro Bian. “Un tempo un uccello si posò nei sobborghi di Lu. Il signore di Lu ne fu incantato: fece preparare per lui il massimo sacrificio e fece suonare la musica Jiushao per rallegrarlo. Ma l’uccello si fece triste e preoccupato e non







Una citazione dal Laozi, Capitoli 10 e 51. Una perfetta argomentazione di stile sofista.



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osò toccare cibo né bevanda. Questo è quello che si dice voler nutrire un uccello con il cibo adatto a te. Se vuoi nutrire un uccello con il cibo che gli è adatto, lascia che si posi nel profondo della foresta, che galleggi su laghi e fiumi e che si nutra di serpenti sulle rive pianeggianti, non gli occorre altro.498 Ora, Xiu è un uomo dalla comprensione limitata. Da parte mia, avergli parlato della virtù dell’essere umano perfetto è stato come voler portare un topo in carrozza o cercare di compiacere una quaglia con la musica di campane e tamburi. Come poteva non spaventarsi?”.

Questo stesso aneddoto è narrato in forma un po’ più dettagliata nel capitolo precedente.



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⼭ ⽊

L’albero sulla montagna

Se un barcaiolo sta attraversando un fiume e una barca vuota, portata dalla corrente, entra in collisione con la sua, anche se è un uomo collerico, non potrà adirarsi. Ma se nell’altra barca c’è qualcuno, il barcaiolo prima gli griderà di virare a destra o a sinistra; se l’altro non lo fa, griderà i nuovo; se ancora non gli dà retta, lo coprirà di improperi. Nel primo caso il barcaiolo non si arrabbia, nel secondo sì. Prima si trovava di fronte al vuoto, ora si trova di fronte a una presenza. Perciò, se un essere umano si svuota di sé e vuoto se ne va per il mondo, chi può nuocergli?”.

















































Maestro Yang, in viaggio verso Song, si fermò a pernottare in una locanda. Il locandiere aveva due concubine, una bella e l’altra brutta. La brutta gli era molto cara, mentre teneva la bella in poca considerazione. Yang ne domandò la ragione. Un garzone della locanda gli diede questa spiegazione: “La bella è tanto consapevole di essere bella che noi non ne vediamo più la bellezza. La brutta è tanto consapevole di essere brutta che noi non ne vediamo più la bruttezza”.











Camminando in montagna Zhuangzi si imbatté in un grande albero, con lunghi rami e denso fogliame. Un boscaiolo di passaggio si fermò un momento accanto all’albero, poi proseguì per la sua strada senza prenderlo in considerazione. Zhuangzi gli chiese perché. Il boscaiolo rispose: “Il suo legno non è buono a nulla”. Rivolto ai suoi discepoli Zhuangzi disse: “Grazie alla sua inutilità, questo albero potrà vivere gli anni che la natura gli ha destinato”. Sceso dalla montagna, Zhuangzi prese alloggio presso un amico. L’amico, contento di vederlo, ordinò al figlio di uccidere un’oca e metterla a cuocere. Il figlio chiese: “Quale delle due oche devo uccidere, quella che schiamazza o quella che è muta?”. Il padre rispose: “Uccidi quella che è muta”. Un discepolo chiese allora a Zhuangzi: “Ieri l’albero sulla montagna poteva vivere gli anni destinatigli dalla natura grazie alla sua inutilità. Ma oggi l’oca muta del nostro anfitrione per via della sua inutilità perde la vita. Maestro, cosa raccomandi dunque?”.





Questo capitolo contiene una varietà di storie su alcune delle tematiche consuete del Zhuangzi (utilità dell’inutile, disfarsi dei vincoli dei ruoli nel mondo, dignità del saggio in tempi avversi, indifferenza ai colpi del destino e così via). Parecchi di questi frammenti sono corrotti o aggiungono poco alla trattazione degli stessi temi in altre parti del libro. Tuttavia, come sempre nel Zhuangzi, fra le scorie incontriamo improvvisamente immagini molto belle: per esempio, la barca vuota, Zhuangzi a caccia nel boschetto di castagni o le due concubine del locandiere.

Zhuangzi rise e disse: “Forse una via di mezzo fra utilità e inutilità. Tuttavia in questo modo non si evitano i legami.499 Solo vagando senza meta e cavalcando il Dao e la virtù puoi evitarli. Immune alla lode, immune al biasimo, ora un drago, ora un serpente, partecipi alla trasformazione dei tempi senza mai identificarti con una singola cosa. Ora in alto, ora in basso, fai dell’armonia il tuo metro e vaghi in compagnia dell’Antenato delle diecimila cose. Se consideri le cose come cose e non permetti alle cose di trasformarti in una cosa, cosa mai potrà vincolarti? Questa è la norma a cui si attenevano Shennong e l’Imperatore Giallo.500 Ma nell’attuale situazione dei diecimila esseri e dei rapporti umani non è così. Ciò che è unito si separa, ciò che giunge a compimento viene distrutto, gli onesti sono ostacolati, gli anziani sono criticati, le p promesse non sono mantenute, contro le persone virtuose si tramano complotti, contro gli sciocchi si tramano inganni. Su cosa si può far conto? Che tristezza! Ricordate, o miei discepoli: il Dao e la virtù siano il vostro unico rifugio”. Quando Yiliao di Shinan si recò a visitare il marchese di Lu, il marchese aveva un’espressione preoccupata. Il maestro di Shinan gli chiese: “Come mai Vostra Signoria ha questa espressione preoccupata?”. “Ho studiato il Dao degli antichi re”, rispose il marchese, “mi sforzo di coltivare l’eredità che ho ricevuto dai miei antenati e rispetto gli spiriti. Onoro le persone degne e me le tengo vicine, se-

Queste frasi sono di difficile interpretazione. Altre letture: “In quella posizione, apparendo come ciò che non sono, è impossibile evitare i guai della mortalità” – H. A. Giles (1889); “Sembra la cosa da fare, ma non lo è, perciò ancora non riusciamo a disfarci dei legami” – A. C. Graham (1981); “[Chi sta nel mezzo fra capacità e incapacità] non coglie che una verità apparente e non si sottrae alle difficoltà del mondo” – L. Kia-hway (1969); “[Nel mezzo fra valore e assenza di valore] sembra una buona posizione, ma non lo è - non riuscirai mai a liberarti dai guai in quel modo” – B. Watson (1968). 500 Mitici imperatori saggi. Vedi Appendice 1.







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guo i loro consigli e neppure per un istante me ne discosto.501 Eppure non riesco a evitare i guai. Per questo sono preoccupato”. “Il metodo che usate per liberarvi dai guai è superficiale. La volpe con la sua folta pelliccia e il leopardo con il suo pelo maculato si nascondono nelle foreste montane e si rintanano nelle caverne dei pendii rocciosi. Escono solo di notte e stanno acquattati durante il giorno: tanta è la loro prudenza. Anche quando hanno fame, sete o sono in difficoltà, scendono solo uno per volta ai laghi e ai fiumi per bere o cercare il cibo: tanta è la loro disciplina. Se ciononostante non sfuggono alle reti e alle trappole, che possono farci? Il guaio è la loro pelliccia. Ora, nel vostro caso, non è forse lo stato di Lu la vostra pelliccia? Auguro a Vostra Signoria di disfarsi della pelliccia, lavare la mente, abbandonare i desideri e vagare libero nel mondo selvaggio, lontano dagli esseri umani. Nelle terre del sud502 c’è una città detta il Paese della Virtù Consolidata. I suoi abitanti sono sciocchi e semplici, quasi privi di egoismo e di desideri. Lavorano senza accumulare e danno senza alcun pensiero di ricompensa. Non sanno cosa voglia dire la giustizia, né a cosa serva il rituale. Liberi e impulsivi, camminano sul sentiero del Grande Metodo e festeggiano le morti come le nascite. Auguro a Vostra Signoria di disfarsi dello stato, abbandonare le convenzioni e mettersi in cammino con il Dao come unico aiuto”. “Il viaggio è lungo e pericoloso”, disse il signore di Lu. “Attraversa fiumi e montagne. Io non ho barca né carro. Come posso fare?”. “Siate senza forma prefissata, lasciate ogni dimora: questo sarà il vostro carro”.503 Altra lettura: “Faccio tutto da solo e non mi riposo un istante” – A. C. Graham (1981). 502 Nan yue, “terre del sud”, è un termine generico per indicare popoli e paesi della Cina meridionale o del Sudest asiatico. 503 Altre letture: “Non ostacolato nel corpo e libero nella mente, Vostra Altezza sarà il suo proprio carro!” – H. A. Giles (1889); “Non avvaletevi della vostra nascita, non legatevi al vostro palazzo, ciò vi eviterà l’uso del carro” – L. Kiahway (1969); “Non siate imperioso né convenzionale - sia questo il vostro carro” – B. Watson (1968).











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“Il viaggio è lungo e attraversa terre disabitate”, reiterò il signore di Lu. “Chi mi potrà soccorrere? Non ho provviste né cibo. Come potrò arrivare a destinazione?”. “Riducete i vostri consumi e i vostri desideri: allora anche senza provviste avrete sempre a sufficienza. Varcate i fiumi e lasciatevi portare dalle onde dell’oceano, dove lo sguardo spazia in una lontananza senza fine e il viaggio non conosce meta. Coloro che verranno a salutare la vostra partenza lasceranno infine la riva e torneranno a casa, mentre voi scomparirete in lontananza. Chi possiede altri esseri umani ha legami; chi è posseduto da altri esseri umani ha preoccupazioni. Perciò Yao504 non volle mai possedere altri né esserne posseduto. Auguro a Vostra Signoria di lasciare andare i legami, disfarsi delle preoccupazioni e camminare solo in compagnia del Dao verso la terra del Grande Vuoto. Se un barcaiolo sta attraversando un fiume e una barca vuota, portata dalla corrente, entra in collisione con la sua, anche se è un uomo collerico, non potrà adirarsi. Ma se nell’altra barca c’è qualcuno, il barcaiolo prima gli griderà di virare a destra o a sinistra; se l’altro non lo fa, griderà i nuovo; se ancora non gli dà retta, lo coprirà di improperi. Nel primo caso il barcaiolo non si arrabbia, nel secondo sì. Prima si trovava di fronte al vuoto, ora si trova di fronte a una presenza. Perciò, se un essere umano si svuota di sé e vuoto se ne va per il mondo, chi può nuocergli?”. Beigong She era stato incaricato dal duca Ling di Wei di riscuotere una tassa per costruire un banco di campane musicali.505 Fece costruire una piattaforma fuori dalle mura della città e nel giro di tre mesi le campane erano fatte, sia la fila superiore, sia





Mitico imperatore dell’antichità. Vedi Appendice 1. Un grande strumento musicale che consisteva di due serie di otto campane l’una.



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quella inferiore. Il principe Qingji506 vedendo le campane chiese: “Come hai potuto organizzare tutto questo?”. “She rispose: “Nel dominio dell’Uno non oso organizzare nulla. Ho udito dire: ‘Quando l’incisione e il taglio sono compiuti, ritorna alla materia grezza’.507 Perciò ho accolto anche l’ignoranza e il dubbio. Non ho mostrato alcuna emozione quando la mia richiesta veniva accettata o rifiutata. Non ho allontanato quelli che venivano, né trattenuto quelli che se ne andavano. Non ho provato risentimento verso coloro che non erano disposti a contribuire, né gratitudine verso quelli che davano. Ciascuno versava quello che voleva; perciò nella mia raccolta di fondi non danneggiavo nessuno. Quanto più ciò deve essere vero per chi possiede il Grande Cammino!”. Bloccato fra Chen e Cai, Confucio non mangiava cibi cotti da sette giorni.508 Il ministro Ren andò a trovarlo e a esprimergli la sua solidarietà. “Maestro”, disse, “sembri quasi in punto di morte”. “Lo sono”. “Hai paura della morte?”. “Sì”. “Cercherò allora”, disse Ren, “di insegnarti la via per non morire. Nel mare orientale vivono degli uccelli detti dai.509 Questi uccelli sono quasi incapaci di spiccare il volo e di posarsi. Non osano avanzare per primi, né ritirarsi per ultimi. Anche nel cibarsi mangiano solo gli avanzi degli altri. Perciò fra di loro non sorgono conflitti e gli altri esseri non li attaccano. Così sono protetti dalla sofferenza. L’albero dal tronco diritto il primo a essere tagliato; il Il principe Quingji, figlio del re Liao di Wu, si era rifugiato nello stato di Wei per sfuggire all’usurpatore e assassino di suo padre, salito al trono di Wu nel 514 a.C. 507 Altra lettura: “Ciò che è inciso e lucidato ritorna comunque alla sua condizione naturale” – H. A. Giles (1889). 508 A questo episodio della vita di Confucio si è già accennato nel Capitolo 14. 509 Oziosi, pigri, negligenti.















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pozzo d’acqua dolce è il primo a esaurirsi. Tu, maestro, ti fai bello delle tue conoscenze per impressionare gli ignoranti, coltivi il tuo carattere per splendere al di sopra degli indegni, ti pavoneggi come se portassi a spasso sole e luna.510 Per questo non puoi fuggire alla sofferenza! Ho udito un tempo un uomo di grande saggezza dire: ‘Chi si vanta non ha meriti; quando un’opera meritoria è compiuta, inevitabilmente è seguita da un declino; quando la fama giunge all’apice, inevitabilmente viene perduta’. Chi è capace di lasciare meriti e fama e ritornare a mescolarsi con la massa degli esseri umani? Il dao di una persona siffatta risiede nella virtù e il suo dao permea ogni cosa, ma non splende: pura e genuina, si avvicina alla follia. Cancella le proprie orme, disdegna il potere, non si cura del successo e della fama. Perciò non rimprovera nulla a nessuno e non le viene rimproverato nulla. L’essere umano perfetto disdegna la fama. Perché tu la desideri tanto?”. “Eccellente!”, rispose Confucio. Disse addio ai suoi amici, allontanò i suoi discepoli e si ritirò a vivere presso la grande palude. Si vestì di pelli e di canapa grezza e si cibò di ghiande e castagne. Poteva camminare fra gli animali senza che il branco si disperdesse, poteva camminare fra gli uccelli senza che lo stormo si alzasse in volo. Se neppure gli uccelli e le bestie lo temevano, quanto più ciò doveva valere per gli esseri umani! Confucio disse al maestro Sanghu: “Due volte mi hanno cacciato da Lu. Hanno tagliato l’albero sotto cui ho insegnato a Song, hanno cancellato le mie orme a Wei, mi hanno affamato a Shang e Zhou e mi hanno bloccato fra Chen e Cai - tante sono state le sventure che ho sofferto.511 I miei più intimi amici si sono dispersi, i miei discepoli uno dopo l’altro se ne sono andati. Perché mi succede tutto questo?”.



Questa frase compare identica anche nel capitolo precedente. Questo elenco di sventure, narrate nei Detti di Confucio, ricorre anche nei Capitoli 14 e 29.



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Sanghu rispose: “Hai mai udito parlare di Lin Hui che fuggì da Jia abbandonando un disco di giada del valore di mille libbre d’oro e portando sulle spalle il figlioletto neonato? Qualcuno gli disse: ‘Hai tenuto conto del valore? Il valore di un neonato non è gran che. O hai tenuto conto della fatica richiesta? La fatica di occuparsi di un neonato è molto superiore. Perché dunque abbandonare un disco di giada del valore di mille libbre d’oro e fuggire portando sulle spalle un neonato?’. Lin Hui rispose: ‘Il disco di giada e io eravamo uniti dall’interesse. Il neonato e io eravamo uniti dal cielo. Ciò che è unito dall’interesse, sotto la pressione di un disastro o di una calamità si separa. Ciò che è unito dal cielo, sotto la pressione di un disastro o di una calamità si unisce maggiormente. Unirsi e separarsi sono due cose diverse davvero!’. L’amicizia del nobile è insipida come acqua; quella della persona dappoco è dolce come il vino liquoroso. Ma l’amicizia insipida del nobile genera affetto, mentre la dolcezza della persona dappoco è di breve durata.512 Coloro che si uniscono senza ragione, senza ragione si separano”. “Onoro le istruzioni ricevute”, disse Confucio. Con passo tranquillo e rilassato tornò a casa. Abbandonò gli studi e regalò i suoi libri. I discepoli non vennero più a rendergli omaggio, ma il loro affetto per lui crebbe. Un altro giorno maestro Sanghu disse: “Quando Shun era in punto di morte lasciò a Yu513 queste istruzioni: ‘Ricorda. Per quanto riguarda il corpo, è meglio lasciar fare al destino. Per quanto riguarda le emozioni, è meglio esprimerle francamente.514 Se lasci Altra lettura: “… porta al disgusto” – B. Watson (1968). Vedi Appendice 1. 514 Altre letture: “Agisci in accordo con il tuo corpo fisico; parla in accordo con le tue emozioni” – H. A. Giles (1889); “Quanto al comportamento, è meglio mostrarsi come si è; quanto al sentimento è meglio seguire il proprio cuore” – L. Kia-hway (1969); “Nel caso del corpo è meglio lasciare che sia in accordo con le cose. Nel caso delle emozioni, è meglio lasciare che vadano dove vogliono” – B. Watson (1968). 512







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fare al destino, non c’è separazione; se esprimi francamente le emozioni, non c’è fatica. Senza separazione e senza fatica, non dipendi dal linguaggio per rapportarti al tuo corpo.515 Quando non dipendi dal linguaggio per rapportarti al tuo corpo, non hai bisogno di rapportarti alle cose’”.516 Zhuangzi vestito di una tunica rattoppata e con le scarpe legate con la corda si imbatté nel re di Wei. “Maestro”, disse il re, “sei proprio ridotto alla disperazione!”. “Povero, sì”, rispose Zhuangzi, “disperato, no. Quando una persona non può praticare il Dao e la virtù è ridotta alla disperazione. Quando i suoi abiti sono logori e le scarpe sono bucate è solo povera, non disperata. È in sintonia con lo spirito dei tempi. Vostra Maestà ha mai osservato le scimmie? Se riescono ad arrivare su un cedro, una catalpa, una quercia o un albero di canfora, si dondolano e volteggiano fra i rami e creano lassù il loro regno: neppure uno Yi o un Peng Meng517 riuscirebbe a prenderle di mira. Ma se si trovano fra i rovi e le spine si muovono con grande cautela, guardando da una parte e dall’altra e tremando di paura. Non è che le loro ossa e i loro muscoli siano sottoposti a uno sforzo maggiore o abbiano perso flessibilità: è che si trovano in una situazione non adatta a loro, una situazione in cui non possono utilizzare le loro capacità. Vivendo sotto un sovrano degenere e ministri senza

Altre letture: “Non hai bisogno di abbellimenti di alcun genere” – H. A. Giles (1889); “Non ha bisogno di ricette per curare la propria persona” – L. Kiahway (1969); “Non cerchi un ornamento esterno o dipendi dal corpo” – B. Watson (1968). Wen (qui tradotto con “linguaggio”, “abbellimento”, “ricetta”, “ornamento”) ha una vasta gamma di significati: disegno, ideogramma, linguaggio, testo, composizione letteraria, letteratura, cultura, civiltà, eleganza, raffinatezza, bellezza, ornamento, lusso, armonia… 516 Tutto questo frammento è oscuro. 517 Un antico arciere e il suo discepolo.





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scrupoli, come è possibile non essere ridotti alla disperazione?518 Bigan si vide strappare il cuore: eccone la prova”. Bloccato fra Chen e Cai, Confucio non mangiava cibi cotti da sette giorni. Appoggiato con la mano sinistra a un albero morto e battendo il tempo con la destra su un ramo secco cantava un’aria del clan Piao. Il ritmo di quello strumento improvvisato era irregolare e la voce non obbediva ai canoni melodici: quei suoni avevano un pathos che lacerava il cuore dei presenti. Yan Hui,519 le mani rispettosamente congiunte sul petto in posizione di saluto, guardò il maestro. Confucio, temendo che l’ammirazione di Hui nei suoi confronti fosse eccessiva e il suo amore lo facesse soffrire,520 disse: “Hui! Restare indifferenti alle afflizioni inviate dal cielo è facile; restare indifferenti ai benefici ricevuti dagli esseri umani è difficile. Non c’è inizio che non sia anche una fine.521 L’essere umano e il cielo sono una cosa sola. Chi dunque canta questa canzone ora?”. “Posso osare chiedere”, disse Hui, “cosa significa che è facile restare indifferenti alle afflizioni inviate dal cielo?”. “La fame e la sete”, rispose Confucio, “il freddo e il caldo, i vincoli e gli ostacoli, tutte queste cose sono opera di cielo e terra, conseguenza del continuo movimento delle cose. Questo è detto essere partecipi del passaggio del tempo.522 Un ministro non osa abbandonare il suo sovrano: se un ministro è tanto fedele al serviAltra lettura: “Se uno vive fra i ministri senza scrupoli di un principe degenere e tuttavia non vuole cadere in basso, quanto può aspettarsi di durare?” – A. C. Graham (1981). Il principe Bigan fu ucciso per aver rimproverato al suo re la condotta irresponsabile. 519 Il discepolo favorito di Confucio. 520 Altre letture: “… temendo che fosse portato dall’esaltazione alla spavalderia o dal desiderio di sicurezza alla sofferenza…” – H. A. Giles (1889); “Non volendo che il suo discepolo gli attribuisse un comportamento orgoglioso o di commiserazione verso se stesso…” – L. Kia-hway (1969). 521 Altra lettura: “Non c’è inizio e non c’è fine” – H. A. Giles (1889). 522 Altre letture: “… e in obbedienza a esse io trascorro il tempo che mi è destinato” – H. A. Giles (1889); “Ogni uomo è capace di adattarsi a queste prove naturali” L. Kia-hway (1969); “Questo è quello che si dice viaggiare a fianco degli altri” – B. Watson (1968).







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zio di un essere umano, quanto più dovremmo esserlo al servizio del cielo!”. “E cosa intendi quando dici che è difficile restare indifferenti ai benefici ricevuti dagli esseri umani?”. “Se cominci utilizzando tutto ciò che ti circonda,523 onori e stipendi si riversano su di te senza fine. Ma il tuo profitto deriva dalle cose, non da te stesso. Il mio destino è altrove.524 Un gentiluomo non ruba. Perché mai dovrei appropriarmi di queste cose? Si dice che il più intelligente degli uccelli sia la rondine. Se i suoi occhi si posano su un luogo inadatto a costruirvi il nido, non lo degna di un secondo sguardo. Se un chicco le cade dal becco, lo abbandona e procede nel suo volo. Teme gli esseri umani, ma vive nel loro mondo e trova protezione negli altari degli dei del suolo e dei cereali”.525 “E cosa intendi quando dici che non c’è inizio che non sia anche una fine?”. “Le diecimila cose si trasformano incessantemente e non sappiamo cosa presieda al cambiamento. Come possiamo sapere cosa sia una fine? Come possiamo sapere cosa sia un inizio? La sola cosa che possiamo fare è aspettare”. “E cosa intendi quando dici che l’essere umano e il cielo sono una cosa sola?”. “Ciò che appartiene all’essere umano appartiene al cielo. E ciò che appartiene al cielo anch’esso appartiene al cielo.526 L’essere umano non può appropriarsi di ciò che appartiene al cielo:

Altre letture: “Se si comincia adattandosi a ciò che sta intorno” – H. A. Giles (1889); “Se fin dal mio primo impiego tutto mi riesce facilmente…” – A. C. Graham (1981); “Ecco un funzionario che inizia la sua carriera. È ovunque ben accolto” – L. Kia-hway (1969); “Un uomo intraprende una carriera e ben presto avanza in tutte le quattro direzioni insieme” – B. Watson (1968). 524 Altre letture: “E la mia vita dipende più o meno dall’esterno” – H. A. Giles (1889); “Il mio destino è qualcosa di esterno a me” – A. C. Graham (1981); “L’influenza esterna è parte del suo destino” – L. Kia-hway (1969). 525 Questa risposta di Confucio non sembra aver nulla a che fare con la domanda. 526 Altre letture: “L’uomo è celeste come il cielo è celeste” – L. Kia-hway (1969); “L’uomo esiste per via del Cielo e il Cielo anch’esso esiste per via del Cielo” – B. Watson (1968).









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questa è l’intrinseca natura delle cose. Il saggio tranquillamente incarna lo scorrere del tempo fino alla fine”. Zhuangzi passeggiava nel parco cintato di Diaoling quando vide una strana gazza venire in volo dal sud. Le sue ali misuravano sette piedi e gli occhi erano grandi un pollice. L’uccello sfiorò la fronte di Zhuangzi e si posò in un boschetto di castagni. “Che uccello è mai questo?”, disse Zhuangzi. “Con le sue grandi ali non si mette in salvo, con i suoi grandi occhi non mi ha nemmeno visto!”. Zhuangzi raccolse i lembi della veste, corse verso il boschetto e, balestra alla mano, si preparò a prendere la mira. Giunto vicino al boschetto, notò una cicala che aveva trovato un bell’angolino ombroso e vi si era posata, incurante di potenziali pericoli. Nascosta da una foglia, una mantide religiosa si preparava ad afferrare la cicala. Intenta a osservare la preda, anche la mantide non si curava del proprio corpo e la gazza era pronta ad approfittare della situazione. Ma anche la gazza, tutta presa dall’osservazione della preda, era dimentica di sé.527 “Ahimè!”, disse Zhuangzi. “Come gli esseri si nuocciono a vicenda! Ogni creatura è causa di sciagura per un’altra!”. Gettò la balestra e tornò sui suoi passi, seguito dal guardiacaccia, che lo copriva di ingiurie. Dopodiché, per tre mesi non uscì di casa. Il discepolo Lin Ju gli chiese: “Maestro, perché sei tanto cupo ultimamente e non esci nemmeno di casa?”. “Perso nella contemplazione delle forme esteriori, ho dimenticato il mio essere. Osservando una pozza fangosa mi sono illuso che fosse un abisso limpido. Ho udito tutti i maestri dire: ‘Dovunque vai, adotta i costumi locali’. Invece passeggiando nel parco di Diaoling mi sono dimenticato di me. Una strana gazza mi ha sfiora-









Giles commenta: “Questo episodio è entrato nella cultura popolare cinese. Una rozza incisione che ritrae la scena aggiunge due ulteriori elementi: una tigre pronta a balzare sull’uomo e un pozzo, dentro al quale entrambi stanno per cadere. La didascalia dice: “Tutto è destino!’”.



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to la fronte e si è posata in un boschetto di castagni, dimentica di sé. Il guardiacaccia quasi voleva uccidermi. Per questo non esco di casa”.528 Maestro Yang, in viaggio verso Song, si fermò a pernottare in una locanda. Il locandiere aveva due concubine, una bella e l’altra brutta. La brutta gli era molto cara, mentre teneva la bella in poca considerazione. Yang ne domandò la ragione. Un garzone della locanda gli diede questa spiegazione: “La bella è tanto consapevole di essere bella che noi non ne vediamo più la bellezza. La brutta è tanto consapevole di essere brutta che noi non ne vediamo più la bruttezza”. Yang disse: “Ricordate, o miei discepoli! Se vi comportate virtuosamente e abbandonate ogni presunzione di virtù, ovunque andiate sarete amati!”.







La causa dell’ira del guardiacaccia non è chiara nel contesto. I traduttori e i commentatori la spiegano in vario modo: il guardiacaccia ha scambiato Zhuangzi per un bracconiere, per un ladro di castagne, ritiene che si sia introdotto furtivamente nel parco e così via. In ogni caso sembra che Zhuangzi, preso dalla caccia alla gazza e dimentico di sé (così come del resto la cicala, la mantide e la gazza) abbia in qualche modo violato “i costumi locali”.

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⽥ ⼦ ⽅

Tian Zifang























Yuan, duca di Song, volle commissionare delle pitture. Molti scribi si presentarono, ricevettero le loro tavolette e se ne stettero in piedi, leccando i pennelli e sciogliendo l’inchiostro. Altrettanti aspettavano fuori. Uno scriba arrivò in ritardo. Si avvicinò senza fretta, ricevette la sua tavoletta, ma non si mise in fila, bensì si ritirò nelle sue stanze. Quando il duca mandò qualcuno a cercarlo, lo trovarono che dipingeva, nudo, seduto per terra. “Questo”, disse il duca, “è un vero pittore”.

Tian Zifang, al servizio del marchese Wen di Wei,529 spesso parlava con ammirazione di un certo Qi Gong. “È il tuo maestro?”, chiese il marchese. “No”, rispose Zifang. “Veniamo dallo stesso villaggio. Parlando del Dao con lui ho trovato che spesso dice cose giuste. Per questo lo elogio”. “Tu non hai un maestro?”. “Ce l’ho”. “Chi è il tuo maestro?”. “Maestro Shun di Dongguo”. “In tal caso, come mai non ti ho sentito neppure una volta tesserne l’elogio?”. “Perché è un essere umano autentico”, disse Zifang. “Ha l’aspetto di un essere umano, ma è vuoto come il cielo. Adeguandosi agli altri, vela la propria vera natura530 e così tranquillamente abbraccia tutti gli esseri. Se un essere non possiede il Dao, egli rettifica il proprio comportamento e l’altro comprende.531 Fa sì che i













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Il marchese Wen di Wei (424-387 a.C.) fu un famoso mecenate della cultura. Tian Zifang è probabilmente uno dei filosofi vissuti alla sua corte. Altre letture: “Incondizionato lui stesso, si adegua ai condizionati” - H. A. Giles (1889); “Si adegua agli uomini restando vero a se stesso” - L. Kia-hway (1969); “Segue, mantenendo una salda presa sulla Verità” - B. Watson (1968). Altre letture: “… con un solo sguardo li rende coscienti del loro errore” - H. A. Giles (1889);” fa il viso serio ed essi sono illuminati” - B. Watson (1968).



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Un altro capitolo contenente una varietà di frammenti genericamente attribuibili alla “scuola di Zhuangzi”. Le tematiche principali sono la superiorità dell’essere umano perfetto, l’indifferenza del saggio agli alti e bassi del destino e l’accettazione di vita e morte come naturale alternanza. La maggior parte di questi aneddoti manca della forza di immaginazione dei passi migliori del Zhuangzi. Due storie graziose sono quella di Zhuangzi che smaschera l’ipocrisia dei confuciani di Lu e quella del concorso di pittura indetto dal duca di Song.

desideri e le intenzioni della gente svaniscano. Come si può tessere l’elogio di tutto ciò?”.532 Quando Zifang si fu congedato, il marchese restò in silenzio per il resto della giornata. Poi convocò i suoi ministri e disse loro: “Quanto è lontano il nobile la cui virtù è perfetta! Credevo che le parole dei saggi, la benevolenza e la giustizia rappresentassero il più alto ideale di condotta. Ma ora che ho udito parlare del maestro di Zifang, il mio corpo è a pezzi e non provo più alcun desiderio di muovermi; la mia bocca è sigillata e non provo più alcun desiderio di parlare. Tutto ciò che ho studiato non è altro che la diga di argilla di una risaia.533 Lo stato di Wei è diventato un peso per me!”. Maestro Wenbo Xue, in viaggio verso Chi, si fermò a Lu. Un uomo di Lu chiese un incontro con lui, ma Wenbo Xue disse: “Impossibile. Ho udito parlare dei nobili di questo paese di mezzo,534 illuminati per quanto riguarda la benevolenza e la giustizia, ma ignoranti del cuore umano. Non desidero incontrarlo”. Sulla via del ritorno da Chi si fermò nuovamente a Lu e l’uomo di nuovo chiese un incontro con lui. Wenbo Xue disse: “In passato ha chiesto di vedermi e ora lo chiede di nuovo. Sicuramente ha qualcosa di importante da dirmi”. E uscì a incontrare il visitatore. Ma rientrò nelle sue stanze sospirando. Il giorno dopo ebbe un nuovo incontro con il visitatore e nuovo rientrò nelle sue stanze sospirando. Il suo servo gli disse: “Ogni volta che incontri questo ospite ritorni sospirando. Perché?”.

Altra lettura: “Come potrei esser degno di fare l’elogio di un uomo simile?”L. Kia-hway (1969). 533 Una fragile delimitazione, che la pioggia può portarsi via. 534 Zhong guo, il “paese di mezzo”, designa in generale la Cina, ma in questo contesto indica gli stati del bacino del Fiume Giallo, culla della civiltà cinese, in contrapposizione allo stato meridionale di Chu, a cui, secondo i commentatori, Wenbo Xue appartiene.













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“Te l’ho detto. Questa gente del paese di mezzo sa tutto riguardo ai riti e alla giustizia, ma è ignorante nella comprensione del cuore umano. Quando quest’uomo è venuto a vedermi ieri, il suo avanzare e il suo ritrarsi erano precisi come se fossero stati tracciati con la riga e il compasso. Il suo comportamento era a volte quello di un drago, altre volte quello di una tigre. Mi ha ammonito come se fossi suo figlio, mi ha offerto la sua guida come se fosse mio padre. Per questo sospiravo”. Confucio si recò a incontrare Wenbo Xue, ma ritornò senza aver detto una sola parola. Zilu gli disse: “Maestro, a lungo hai desiderato conoscere Wenbo Xue. Ora lo hai incontrato e non hai detto una sola parola. Come mai?”. “Con un uomo siffatto, un’occhiata è sufficiente a mostrarti il Dao. Non resta spazio per le parole”. Yan Yuan535 disse a Confucio: “Maestro, quando cammini, cammino con te; quando ti affretti, mi affretto con te; e quando corri, corro con te. Ma quando fai uno di quegli scatti che si lasciano alle spalle anche la polvere, non posso che restare indietro e guardarti da lontano”. “Cosa vuoi dire, Hui?”, chiese Confucio. “Quando cammini, cammino con te’ vuol dire: come tu parli, anch’io parlo. ‘Quando ti affretti, mi affretto con te’ vuol dire: come tu difendi un’argomentazione, anch’io lo faccio. ‘Quando corri, corro con te’ vuol dire: come tu parli del Dao, anch’io parlo del Dao. ‘Quando fai uno di quegli scatti che si lasciano alle spalle anche la polvere, non posso che restare indietro e guardarti da lontano’ vuol dire: tu, maestro, non hai bisogno di parlare per ottenere fiducia; non sei di parte, bensì sei universale; non ricopri un in-









Yan Yuan o Yan Hui è il discepolo prediletto di Confucio.



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carico, eppure la gente accorre a vederti. Nessuno sa perché sia così, ma è così”.536 “Dobbiamo esaminare questo”, disse Confucio. “Non c’è lutto più grande della morte del cuore. La morte del corpo fisico viene al secondo posto. Il sole sorge a oriente e tramonta a occidente, e fra le diecimila creature non ce n’è nessuna che non si conformi a questo ciclo. Tutto ciò che ha occhi e piedi dipende dal compiersi di questo processo: sorge nell’esistenza e tramonta nella morte. Le diecimila creature dipendono da questo ciclo per la loro morte e per la loro vita. Riceviamo la forma compiuta di questo corpo, che non muta finché non è completamente esaurita. La trattiamo come una cosa, giorno e notte, incessantemente, senza sapere quando verrà la fine. Quanto a ciò che fermenta in questa forma, sappiamo quale destino ci attenda, ma non siamo in grado di prevederne il momento. Perciò Qiu537 vive giorno per giorno! Tu e io abbiamo vissuto a braccetto e un giorno perderemo questo, non è triste? Tu afferri di me la parte che può essere afferrata, ma questa è già esaurita. Cercarla e credere che esista è come andare al mercato a comprare un cavallo quando il mercato è ormai vuoto e deserto. Ti servo al meglio dimenticandoti, tu mi servi al meglio dimenticandomi.538 Malgrado ciò, perché soffrire? Anche se dimentichiamo la nostra vecchia identità, c’è qualcosa di noi che non dimentica e sopravvive”.539 Confucio andò a trovare Laozi. Laozi aveva appena finito di lavarsi i capelli e li aveva sciolti sulle spalle ad asciugare. La sua immobilità aveva qualcosa di non umano. Confucio si sedette e attese. Dopo un po’ si fece avanti e disse: “È un’allucinazione o è vero ciò che ho visto? Poco fa, maestro, il tuo corpo era come un Altre letture: “Non capisco come possa essere” - H. A. Giles (1889); “E tu non sai come succede” - A. C. Graham (1981). 537 Nome personale di Confucio. 538 Cioè ciascuno vedendo nell’altro il processo ininterrotto della vita al di là dell’identità personale. 539 Passaggio che ammette più interpretazioni e ha causato difficoltà ai traduttori.





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albero rinsecchito, era come se avessi dimenticato ogni cosa, come se ti fossi congedato dagli esseri umani e stessi in assoluta solitudine!”. Laozi rispose: “Vagavo con la mente all’inizio delle cose”. “Cosa vuoi dire?”, chiese Confucio. “La mente è limitata e non può capire; la bocca si apre, ma non trova le parole. Provo a suggerire qualcosa che ti possa fare da guida. L’estremo yin è gelo assoluto; l’estremo yang è brillantezza accecante. Quando il gelo sale verso il cielo e la brillantezza scende verso la terra queste due energie si mescolano, si completano e si armonizzano: così gli esseri vengono generati. Chissà se qualcosa o qualcuno ordina tutto ciò! Nessuno ne ha mai visto la forma. Decrescere e crescere, pieno e vuoto, oscurità e luce si alternano: il sole trascorre nel cielo e la luna attraversa le sue fasi. Giorno dopo giorno tutto ciò procede, e nessuno sa spiegarsi come. La vita è un germogliare, la morte un ritorno. Gli inizi e le fini si susseguono inesorabilmente e nessuno sa quando tutto ciò avrà fine. Se non è questo, cos’è l’Antenato?”.540 “Posso chiedere”, disse Confucio, “cosa significhi vagare in un luogo siffatto?”. “Significa raggiungere la perfetta bellezza e la perfetta felicità. Colui che raggiunge la perfetta bellezza e la perfetta felicità è detto un essere umano perfetto”. “Vorrei udire da te come si arriva a questo”. “Alle bestie che si nutrono di erba non importa cambiare pascolo; le creature che vivono nell’acqua non si preoccupano se passano da una pozza a un’altra. Attraversando un piccolo cambiamento non perdono ciò che in esse è costante. Similmente attrazione e repulsione, gioia e tristezza non possono penetrare nel profondo del petto. Nel mondo i diecimila esseri sono una cosa sola: raggiungi il luogo di questa unità e fonditi in essa. Allora le tue quattro membra e le tue cento ossa saranno solo polvere e scorie; vita e morte, inizio e fine, saranno solo come il giorno e la e notte; nulla potrà disturbarti, meno che mai l’alternanza di guadagno









Cioè il Dao.





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perdita, fortuna e disgrazia! Un padrone può licenziare un servo come se fosse fango, perché considera la propria persona più preziosa di quella del servo. Ciò che è prezioso perdura in noi e non va perduto in qualsiasi cambiamento. Inoltre i diecimila cambiamenti si susseguono senza fine: come potrebbero essere sufficienti a turbare la mente? Chi pratica il Dao dissolve tutto questo”. “La tua virtù, maestro”, disse Confucio, “eguaglia quella di cielo e terra. Ma devi pur sempre adottare questi perfetti insegnamenti per coltivare la mente. Chi dunque fra i nobili dell’antichità avrebbe potuto farne a meno?”. “No”, rispose Laozi. “Lo scorrere dell’acqua non è un fare, è semplicemente il suo talento naturale. La virtù dell’essere umano perfetto non è qualcosa che si possa coltivare e nulla può togliergliela. È naturale, così come l’altezza è propria del cielo, la profondità è propria della terra, la luminosità è propria del sole e della luna. Come si potrebbe coltivare?”. Dopo questo incontro, Confucio riferì l’accaduto a Yan Hui dicendo: “Per quanto riguarda il Dao, Qiu era come un moscerino nel vaso dell’aceto. Se il maestro non avesse tolto il tappo, non avrei mai compre so la grande unità di cielo e terra!”.













Zhuangzi si recò a far visita al duca Ai di Lu. Il duca disse: “Nello stato di Lu abbiamo molti confuciani, ma pochi praticanti del tuo metodo, maestro”. “Ci sono pochi confuciani nello stato di Lu”, rispose Zhuangzi. “L’intero stato di Lu indossa abiti confuciani!”, disse il duca. “Come puoi dire che ci sono pochi confuciani?”. “Ho udito che i confuciani portano un berretto tondo per indicare la loro conoscenza dei cicli celesti, sandali quadrati per rappresentare la loro conoscenza delle forme terrestri e un mezzo disco di giada alla cintura come simbolo della loro capacità di agire risolutamente. Ma chi possiede queste qualità non ne indossa necessariamente gli abiti e chi ne indossa gli abiti non possiede necessariamente queste qualità. Se Vostra Signoria non lo crede, provi a emettere un decreto che proclami: ‘Tutti coloro che indossano

l’abito confuciano senza praticare la dottrina sono condannati a morte’”. Il duca emise effettivamente il decreto ed entro cinque giorni nello stato di Lu nessuno più osava indossare abiti confuciani. Solo un vecchio si presentò alla porta del palazzo del duca vestito da confuciano. Il duca immediatamente lo fece chiamare e lo interrogò a proposito degli affari di stato. La conversazione prese mille svolte ed entrò in diecimila dettagli, ma il vecchio non si trovò mai a corto di argomenti. Zhuangzi disse: “Nello stato di Lu c’è un solo confuciano. Come può Vostra Signoria dire che ce ne sono molti?”. Rango e ricompense non sfioravano la mente di Baili Xi.541 Dava da mangiare al bestiame affidatogli, che ingrassava bene. Questo fece sì che il duca Mu di Qin, incurante della sua bassa condizione, gli affidasse il governo dello stato. Vita e morte non sfioravano la mente dell’uomo del clan Youyu.542 Questo lo rese capace di influire sugli esseri umani. Yuan, duca di Song, volle commissionare delle pitture.543 Si presentò una moltitudine di scribi: ricevettero le loro tavolette e se ne stettero in piedi, leccando i pennelli e sciogliendo l’inchiostro. Altrettanti aspettavano fuori. Uno scriba arrivò in ritardo. Si avvicinò senza fretta, ricevette la sua tavoletta, ma non si mise in fila, bensì si ritirò nelle sue stanze. Quando il duca mandò qualcuno a cercarlo, lo trovarono che dipingeva, nudo, seduto per terra. “Questo”, disse il duca, “è un vero pittore”. Il re Wen,544 in viaggio di ispezione nel paese di Zang, vide un vecchio pescare. Il suo non era un pescare ordinario: il vecchio Uomo di stato del VII secolo a.C. In seguito a sfortunate vicende (variamente descritte da varie fonti) visse per alcuni anni come umile bovaro, finché il suo valore fu riconosciuto dal duca Mu di Qin, che lo nominò suo primo ministro. 542 Il saggio imperatore Shun, vedi Appendice 1. 543 Secondo alcuni commentatori, “delle mappe”. 544 Padre di re Wu, fondatore della dinastia Zhou, vedi Appendice 1.











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non cercava di prendere qualcosa, bensì pescava semplicemente, come se da sempre non avesse fatto altro. Wen ne rimase ammirato e pensò di affidargli il governo dello stato. Temette però che i suoi ministri e suo zio non avrebbero approvato. Pensò allora di lasciar perdere e non farne nulla; ma non poté sopportare l’idea che i cento clan fossero privati di quella influenza celeste. Perciò l’indomani all’alba convocò i ministri e disse loro: “La notte scorsa ho visto in sogno un uomo buono, di carnagione scura e barbuto, che montava un cavallo multicolore con gli zoccoli rossi. Mi ha detto: ‘Affida il governo al vecchio di Zang e i mali del popolo saranno curati!””. I ministri stupefatti gridarono: “È il nostro vecchio re, il signore tuo padre!”. “Se è così”, disse Wen, “consultiamo l’oracolo”. “È un ordine del re tuo padre!”, dissero unanimi i ministri. “A che serve consultare l’oracolo?”. Perciò Wen fece venire il vecchio di Zang e gli affidò il governo dello stato. I canoni delle leggi rimasero immutati e non un solo decreto venne emesso. Dopo tre anni Wen fece un giro di ispezione nello stato. Trovo che le cricche dei letterati si erano disperse, i ministri non si facevano più una virtù del loro lavoro e ai confini dello stato i mercanti non osavano più introdurre i loro stai per misurare i cereali,545 Le cricche dei letterati si erano disperse perché tutti erano apprezzati in ugual misura.546 I ministri non si facevano più una virtù del loro lavoro perché tutti i compiti erano considerati di pari dignità. Ai confini dello stato i mercanti non osavano più introdurre i loro stai per misurare i cereali perché non vi era più doppiezza nei rapporti fra i signori feudali.









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Altra lettura: “L’uso delle misure per il grano era sconosciuto entro i quattro confini dello stato” - H. A. Giles (1889). Altre letture: “… perché si conformavano al loro signore sopra” - A. C. Graham (1981); “… perché regnava la concordia” - L. Kia-hway (1969); “… perché avevano imparato a identificarsi con i loro superiori” - B. Watson (1968).



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Perciò Wen considerò il vecchio un grande maestro e, rivolgendosi verso il nord,547 gli chiese: “Può questa politica di governo essere estesa a tutto il mondo?”. Ma il vecchio di Zang restò impassibile e non rispose, limitandosi ad addurre qualche generica scusa. Il mattino dopo l’ordine fu impartito,548 ma prima di sera il vecchio era scomparso e di lui non si seppe più nulla. Yan Yuan chiese a Confucio: “Il re Wen dunque non era perfetto? Perché si inventò la storia del sogno?”. “Taci!”, rispose Confucio. “Non una parola di più. Il re Wen fece tutto ciò che doveva. Che motivo c’è allora per criticarlo? Semplicemente aderì alla necessità del momento”.549 Lie Yukou stava mostrando le sue doti di arciere a Bohun Wuren.550 Tendeva l’arco fino in fondo e scoccava la freccia con mano così ferma che poteva tenere una tazza d’acqua appoggiata sul gomito senza rovesciarla. Inoltre, non appena scoccata la freccia, una seconda già era al suo posto; il tutto restando immobile come se fosse una statua. Bohun Wuren disse: “Questo è un tiro che è un tiro, ma non è un tiro che non è un tiro.551 Vieni con me su un’alta montagna. Ritto su un dirupo, sull’orlo di un abisso di mille piedi, sarai ancora in grado di tirare con l’arco?”.

Il sovrano si rivolgeva verso il sud nell’impartire ordini, il ministro si rivolgeva verso il nord nel riceverli. 548 Presumibilmente l’ordine di estendere la politica di governo del vecchio di Zang a tutto il mondo. 549 Altre letture: “Il sogno fu solo per soddisfare la mente del volgo” - H. A. Giles (1889); “Il sogno fu solo un modo per superare una difficoltà momentanea” B. Watson (1968). 550 Lie Yukou è il nome completo di Liezi, un adepto daoista a cui è attribuita un’opera giunta fino a noi in una redazione del III secolo d.C., vedi Appendice 2. Il suo maestro Bohun Wuren è già stato menzionato nel Capitolo 5. 551 Cioè il tiro con l’arco di Liezi è ancora azione: non ha raggiunto la perfezione della non-azione.













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Perciò si arrampicarono su un’alta montagna. Ritto su un dirupo, sull’orlo di un abisso di mille piedi, Bohun Wuren volse le spalle al precipizio e arretrò fino al punto in cui i suoi piedi per metà sporgevano nel vuoto. Dopodiché, congiungendo le mani sul petto e inchinandosi, invitò Liezi a raggiungerlo. Ma Liezi era prostrato al suolo, coperto di sudore da capo a piedi. Bohun Wuren gli disse: “L’essere umano perfetto contempla il cielo azzurro in alto, scende fino alle Sorgenti Gialle in basso552 e si spinge fino ai confini delle otto direzioni senza che il suo spirito e il suo respiro siano turbati. Tu invece tremi e volgi via lo sguardo! Se volessi centrare il bersaglio in questo momento, saresti certamente in pericolo!”. Jian Wu disse a Sunshu Ao:553 “Tre volte hai occupato un posto di governo senza mai gloriartene; tre volte lo hai perduto senza mai preoccuparti. All’inizio non ci credevo. Ma ora che sono qui davanti a te, vedo che il tuo respiro è calmo e rilassato. Usi dunque la tua mente in qualche modo speciale e unico?”. Sunshu Ao rispose: “Come potrei essere superiore agli altri? Semplicemente ho ritenuto che il conferimento di quell’onore non potesse essere rifiutato e che la sua perdita non potesse essere evitata. L’ottenere e il perdere non dipendevano da me, perciò non mi sono preoccupato e non ho cambiato espressione. Come potrei essere superiore agli altri? Inoltre non so se l’onore stava nell’incarico o in me.554 Se stava nell’incarico, non mi riguardava. Se stava in me, non riguardava l’incarico. Soppesando questo dilemma non ho tempo di preoccuparmi della stima o del disprezzo degli esseri umani!”.555 Il mondo sotterraneo della mitologia cinese. Abbiamo incontrato Jian Wu nei Capitoli 1 e 7. Sunshu Ao era un ministro dello stato di Chu nel VI secolo a.C. 554 Altra lettura: “D’altronde non so a chi appartenga questa dignità, se a me o a un altro” - L. Kia-hway (1969). 555 Altra lettura: “Ora sto andando a fare una passeggiata e a guardarmi intorno nelle quattro direzioni. Come potrei avere il tempo di preoccuparmi di chi ha una posizione eminente e chi umile?” - B. Watson (1968). Le ultime frasi della risposta di Sunshu Ao sono di difficile interpretazione. 552







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Udendo questo, Confucio commentò: “Era un autentico essere umano di vecchio stampo, di quelli che argomentazioni dei sapienti non arrivano a persuadere, la bellezza non arriva a sedurre, i ladri non possono derubare. Neppure Fuxi o l’Imperatore Giallo avrebbero potuto essergli amici.556 Morte e vita, i grandi dilemmi umani, non lo toccavano: quanto meno perciò doveva preoccuparsi di onori ed emolumenti! Lo spirito di un essere umano siffatto può attraversare il Monte Tai557 senza incontrare ostacoli, può tuffarsi nelle sorgenti profonde senza bagnarsi, può occupare la posizione più infima senza soffrirne. È colmo come cielo e terra; e più dà agli altri, più lui stesso possiede”. Il re di Chu era seduto in compagnia del principe di Fan quando i suoi cortigiani vennero ad annunciare che il principato di Fan era tre volte perduto. “La perdita di Fan”, disse il principe, “non è sufficiente a distruggere la sua esistenza.558 E se la perdita di Fan non è sufficiente a distruggerne l’esistenza, la persistenza di Chu non è sufficiente a garantirne l’esistenza. Guardando le cose in questo modo, Fan non ha ancora cominciato a essere perduta e Chu non ha ancora cominciato a esistere”.559

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Fuxi e l’Imperatore Giallo sono mitici imperatori ed eroi civilizzatori, vedi Appendice 1. Il senso potrebbe essere che neppure quanto di più prestigioso esiste per gli esseri umani aveva per lui un valore; oppure, con un po’ di esagerazione retorica, che neppure Fuxi e l’Imperatore Giallo erano alla sua altezza. Situato nell’odierna provincia di Shandong, è una delle Cinque Montagne Sacre, luogo di culto da almeno tremila anni, uno dei più importanti centri cerimoniali della Cina. Altre letture: “ non basta a ferire la mia esistenza” - H. A. Giles (1889); “… non basta ad annientare la sua esistenza” - L. Kia-hway (1969); “… non è sufficiente a farmi perdere ciò che intendo preservare” - B. Watson (1968). Il senso potrebbe essere: Fan, che possiede il Dao, esiste al di là della sua esistenza concreta come stato; Chu, che non lo possiede, non esiste veramente, malgrado la sua esistenza concreta come stato.



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Luce Brillante chiese a Non-essere: “Sei o non sei?”. Non ottenendo risposta, Luce Brillante si mise a osservare attentamente l’aspetto del suo interlocutore: tutto era vacuità e oscurità. Per tutto il giorno lo scrutò, ma non vide nulla; lo ascoltò, ma non udì nulla; cercò di afferrarlo, ma non afferrò nulla. “Perfetto!”, esclamò Luce Brillante. “Chi è in grado di giungere a tanto? Posso concepire l’esistenza del non-essere, ma non posso concepire la non esistenza del non-essere. Costui è giunto al punto in cui non vi è più nulla. Come si può arrivare a tanto?”.



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知 北 遊

Conoscenza viaggia verso il nord

Conoscenza andò a nord fino alle rive delle Acque Oscure, ascese il Colle Nascosto e si imbatté in Non-azione-non-parola. Conoscenza disse a Non-azione-non-parola: “Vorrei farti alcune domande. Su cosa devo riflettere, su cosa devo meditare se voglio conoscere il Dao? In quale posizione, mediante quali pratiche posso consolidarmi nel Dao? Quale percorso, quale cammino devo seguire per giungere al Dao?”.

A. C. Graham (1981), p. 158.



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In questo, che è l’ultimo dei Capitoli Esterni, la tendenza “irrazionalizzante” del Zhuangzi tocca uno dei suoi punti più estremi e trova alcune delle sue espressioni più ardite. In questo capitolo, commenta Graham, “parlare chiaramente del Dao e sufficiente a mostrare che non lo si è capito; mentre prova di una qualche forma di intuizione è il rifiutare di parlarne; o cercare di parlarne e dimenticare ciò che si stava per dire; o cadere in trance mentre se ne ode parlare; o avere un lampo di illuminazione stimolato da un aforisma che, sottoposto a fredda riflessione, sembra privo di significato; o prorompere nel canto…”,560 Siamo vicini alla dimensione del koan zen e al primo verso del Laozi: “Il Dao di cui si può parlare non è l’eterno Dao”, Gli aneddoti narrati in questo capitolo tracciano quella che possiamo definire una “via negativa”, peraltro esplicitamente enunciata mediante una citazione del Laozi messa in bocca all’Imperatore Giallo: “Cercando il Dao giorno per giorno decresci, Decrescendo e ancora decrescendo arrivi al non-agire. Senza agire, nulla rimane incompiuto” (Laozi, 48). Il cammino dell’adepto consiste dunque in un “decrescere”, nel liberarsi della zavorra delle conoscenze acquisite, dei condizionamenti e delle identificazioni dell’io e, in ultima analisi, nel disfarsi dell’identificazione con lo stesso io: nel diventare quindi un “vuoto”, un “non-essere”, che nel contempo è infinita potenzialità, è coestensivo con il cosmo. L’espressione più concisa della “via negativa” proposta in questo capitolo è forse lo straordinario dialogo fra Luce Brillante e Non-essere.

Conoscenza fece queste tre domande; ma Non-azione-nonparola non rispose. Non solo non rispose: neppure avrebbe saputo cosa rispondere. Senza aver ottenuto risposta, Conoscenza se ne tornò a sud fino alle rive delle Acque Chiare, ascese il Colle della Volpe Esaurita e si imbatté in Folle Inclinazione. Conoscenza sottopose le stesse domande a Folle Inclinazione. Folle Inclinazione disse: “Ah! Lo so! Ora te lo dico…”. Ma nel mezzo della frase si dimenticò di ciò che voleva dire. Senza aver ottenuto risposta, Conoscenza se ne tornò al palazzo imperiale, dove chiese un’udienza con l’Imperatore Giallo e gli sottopose le stesse domande. L’Imperatore Giallo disse: “Non riflettere, non meditare: solo così potrai conoscere il Dao. Non adottare alcuna posizione, non praticare nulla: solo così potrai consolidarti nel Dao. Non seguire alcun percorso, lascia ogni cammino: solo così potrai giungere al Dao”. “A quanto pare tu e io sappiamo”, disse Conoscenza. “Quei due invece non sanno nulla. Chi dunque ha ragione?”. “Solo Non-azione-non-parola ha veramente ragione”, disse l’Imperatore Giallo. “Folle Inclinazione si avvicina al vero. Ma tu e io non ci avviciniamo neppure. Coloro che sanno non parlano, coloro che parlano non sanno:561 per questo il saggio pratica l’insegnamento senza parole.562 Il Dao è incomunicabile, la virtù è irraggiungibile. La benevolenza si può praticare, la giustizia si può simulare, i riti sono solo falsa esteriorità. Perciò è stato detto: ‘Quando il Dao va perduto, emerge virtù, quando va perduta la virtù, emerge l’umanità, quando va perduta l’umanità, emerge la giustizia, quando va perduta la giustizia, emerge il rituale. Il rituale è la decorazione esteriore del Dao e l’inizio del disordine’,563 anche: ‘Cercando il Dao giorno per giorno decresci. Decrescendo e ancora decre-

Laozi, 56. Laozi, 2. 563 Laozi, 38. 561









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scendo arrivi al non-agire. Senza agire, nulla rimane incompiuto’.564 Una volta assunta questa forma umana,565 è difficile tornare alla radice: solo la persona grande è in grado di farlo. La vita si trasforma nella morte, la morte è l’inizio della vita. Chi comprende il loro ordine? La vita umana solo un’aggregazione del soffio vitale:566 quando il soffio vitale si raccoglie c’è vita, quando si disperde c’è morte. Vita e morte si trasformano l’una nell’altra: perché allora dovremmo esserne turbati? I diecimila esseri sono una cosa sola. Ciò che consideriamo bello ci divino e meraviglioso, ciò che consideriamo brutto ci appare appare laido e putrescente. Ma il laido e putrescente si trasforma nel divino e meraviglioso, e il divino e meraviglioso si trasforma nel laido e putrescente. Perciò si dice che il mondo è pervaso da un unico soffio vitale. Per questo il saggio ha cara l’unità di tutte le cose”. “Ho interrogato Non-azione-non-parola”, disse Conoscenza, “e non mi ha risposto. Non solo non mi ha risposto, ma neppure avrebbe saputo cosa rispondermi. Ho interrogato Folle Inclinazione e stava per dirmi qualcosa, ma infine non mi ha detto nulla. Non solo non mi ha detto nulla, ma nel mezzo della frase si è dimenticato di ciò che voleva dire. Ora ho interrogato te e tu sembri conoscere la risposta. Perché allora dici che tu e io non ci avviciniamo neppure?”. “Solo Non-azione-non-parola ha ragione”, ribatté l’Imperatore Giallo, “perché non sa. Folle Inclinazione è vicino al vero perché dimentica. Tu e io non ci avviciniamo neppure perché sappiamo”.

Laozi, 48. Letteralmente: “Quando ormai siamo esseri…”. 566 “Soffio vitale”, qi: “respiro, vapore, aria, energia vitale, sostrato dinamico dell’universo, insieme delle energie yin e yang che animano gli esseri”. 564









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Quando Folle Inclinazione venne a sapere di questa conversazione concluse che l’Imperatore Giallo sapeva di cosa stesse parlando.567 Cielo e terra hanno una grande bellezza, ma non parlano; le quattro stagioni si succedono secondo una legge luminosa, ma non discutono; i diecimila esseri si sviluppano secondo un ordine intrinseco, ma non cercano di argomentare la loro crescita. Il saggio adotta come modello la bellezza di cielo e terra e comprende l’ordine intrinseco dei diecimila esseri. L’essere umano perfetto non agisce, il grande saggio non si dà da fare, bensì si limita a contemplare l’operato di cielo e terra. Una divina essenza luminosa partecipa alle cento trasformazioni degli esseri. Nessuno conosce la radice del ciclo di vita e morte: immersi in questo ciclo, i diecimila esseri esistono da tempo immemorabile. Lo spazio racchiuso dai sei punti cardinali, per quanto immenso, è contenuto in ciò;568 un pelo autunnale, per quanto minuscolo, dipende da ciò per realizzare la propria forma. Nel mondo ogni cosa compare e scompare e durante il corso della propria vita si trasforma senza una ragione evidente. Lo yin e lo yang e le quattro stagioni si succedono, ciascuna al proprio posto nell’ordine stabilito. Confuso e invisibile, assente eppure presente, privo di forma, ma dotato di un’essenza spirituale, esso nutre i diecimila esseri senza che se ne rendano con-

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Altre letture: “… che l’Imperatore Giallo aveva parlato bene” - H. A. Giles (1889); “… che l’Imperatore Giallo comprendeva la natura delle parole” - A. C. Graham (1981). Nella sua libera traduzione di alcuni passi del Zhuangzi Thomas Merton aggiunge a questo punto: “Non sembra che Non-azione-nonparola sia mai venuto a sapere di questa conversazione, né che abbia fatto alcun commento”. Questa frase non c’è nell’originale, ma combacia tanto bene con lo spirito del racconto che lo stesso Zhuangzi, credo, l’avrebbe accolta volentieri. Il riferimento sottinteso in queste frasi (di difficile interpretazione) sembra essere il Dao.



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to. È ciò che chiamiamo la sorgente, I la radice, ciò che ci permette di osservare il cielo.569 Nie Que interrogò Beiyi570 a proposito del Dao. Beiyi disse: “Raddrizza il tuo corpo, unifica la tua visione e l’armonia celeste scenderà in te. Limita la tua conoscenza, unifica il tuo pensiero e gli spiriti verranno ad abitare in te. La virtù sarà la tua bellezza, il Dao sarà la tua dimora. Fa che il tuo occhio sia come quello di un vitellino appena nato e non chiederti la ragione delle cose”. Prima ancora che Beiyi avesse finito di parlare, Nieque si era addormentato profondamente. Beiyi ne fu entusiasta e si allontanò cantando questa canzone: “Il corpo come ossa marce, la mente come ceneri spente, genuina la sua conoscenza, non ha bisogno di chiedersi la ragione delle cose per sostenersi. Confuso, confuso, oscuro, oscuro, senza mente, incapace di fare piani: che razza di uomo è questo?”571 Shun interrogò Cheng:572 “È possibile possedere il Dao?”. Cheng rispose: “Non possiedi neppure il tuo corpo, come potresti possedere il Dao?”. “Se non possiedo il mio corpo”, chiese Shun, “chi lo possiede?”. “È la forma che ti è stata prestata da cielo e terra. La Altre letture: “per mezzo della quale cogliamo un barlume di Dio”-H. A. Giles (1889); “Colui che conosce questa radice comune è degno di osservare il cielo” - L. Kia-hway (1969); “Questo è ciò che possiamo percepire nel cielo” - B. Watson (1968). 570 Beiyi è il maestro del maestro di Nie Que, secondo la linea di trasmissione di insegnamenti contenuta nel Capitolo 12. 571 Vedi la descrizione dell’adepto daoista in Laozi, 20. 572 Shun è un mitico imperatore dell’antichità (vedi Appendice 1), Cheng il suo tutore.





























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vita non è di tua proprietà: è un equilibrio che ti è stato affidato da cielo e terra. La tua natura e il tuo destino non sono di tua proprietà: sono il corso tracciato per te da cielo e terra. I tuoi figli e nipoti non sono di tua proprietà: ti sono stati affidati da cielo e terra come il guscio lasciato da un insetto nella muta. Ti muovi senza sapere dove vai, ti fermi senza sapere a cosa attaccarti, mangi senza sapere cosa gusti. Tutto ciò dipende dal potente soffio yang di cielo e terra. Cosa potresti mai possedere?”573 Confucio chiese a Lao Dan:574 “Oggi che hai un momento di tranquillità, posso osare chiederti di parlarmi del Dao perfetto?”. Lao Dan disse: “Digiuna e pratica l’ascesi per sgombrare le ostruzioni della mente, purifica la tua essenza spirituale, spezza la tua conoscenza. Il Dao è profondo e oscuro: è difficile formularlo in parole. Ma cercherò di darti un’idea dell’essenziale. La luce nasce dall’oscurità, ciò che ha ordine nasce dal senza forma, l’essenza e lo spirito nascono dal Dao. La forma corporea nasce dall’essenza e i diecimila esseri si generano a vicenda. Le creature con nove aperture emergono dall’utero, quelle con otto aperture dall’uovo.575 Esse vengono senza lasciar traccia e se ne vanno senza incontrare ostacoli. Non c’è porta, non ci sono stanze, è una casa aperta nelle quattro direzioni.576 Chi incontra questo diviene forte nelle membra, chiaro nei pensieri, acuto nella vista e nell’udito; usa la mente senza stancarsi e risponde alle situazioni senza discriminare. Il cielo non può che essere alto, la terra non può che essere vasta, il sole e

Altra lettura: “Sei il respiro di cielo e terra che entra e che esce, come potresti mai possederlo?” - A. C. Graham (1981). 574 Laozi. 575 Le nove aperture dei mammiferi sono: gli occhi, le orecchie, le narici, la bocca, l’ano e l’orifizio urinario. Negli uccelli le ultime due aperture coincidono. 576 Altre letture: “L’apparizione del Dao non lascia traccia; non scompare dietro un orizzonte; non c’è ne porta né camera; è grande come l’immensità dell’universo”- L. Kia-hway (1969); “[Nel caso del Dao] non c’è traccia della sua venuta, non c’è limite alla sua dipartita. Senza porta e senza stanze è arioso e aperto come le vie delle quattro direzioni” - B. Watson (1968).



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la luna non possono che seguire le loro orbite, i diecimila esseri non possono che crescere. Tutto questo è opera del Dao. Una vasta sapienza non è conoscenza e un’abile dialettica non è intelligenza: perciò il saggio rifiuta queste cose. Invece, ciò che nessun aumento può aumentare e nessuna diminuzione diminuire, questo il saggio lo conserva con cura. Profondo! Come l’oceano. Torreggiante! Ogni sua fine è un nuovo inizio. Porta sulle spalle i diecimila esseri, senza fine. La via del nobile577 è pura esteriorità. Ma le diecimila creature tutte vanno verso la risorsa inesauribile. Tutto questo è opera del Dao. Considera un essere umano del Paese di Mezzo578, né yin né yang, un abitante dello spazio fra cielo e terra. Resta un essere umano per poco; poi ritorna all’Antenato.579 Vista dal punto di vista dell’origine, la vita non è che un soffio.580 Alcuni vivono a lungo, altri muoiono prematuramente, ma che differenza fa? La vita non è che un istante. Che importanza può avere allora decidere fra Yao e Jie581 chi ha ragione e chi ha torto? I frutti degli alberi e dei cespugli hanno ciascuno un proprio ordine intrinseco. Le relazioni umane, benché più difficili, comportano un reciproco adattamento. Il saggio, quando si imbatte in questo adattamento, non si sottrae a esso; e quando procede oltre, non vi si aggrappa.582 Entrare in sintonia con la situazione e riChe Confucio predica. Questa frase tuttavia è assai ambigua. Altre letture: “Il Tao dell’uomo perfetto opera spontaneamente” - H. A. Giles (1889); “La tua ‘via del gentiluomo’ sarebbe esterna rispetto a questo?” - A. C. Graham (1981); “Il Tao del saggio gli è forse esteriore?” - L. Kia-hway (1969). 578 La Cina. 579 Alla realtà non manifesta. 580 Altre letture: “… non è che una concentrazione del fluido vitale” - H. A. Giles è (1889); non è altro che un agglomerato di soffio”-L. Kia-hway (1969); “… una semplice convergenza dei soffi [yin e yang]” - B. Watson (1968). 581 Il primo è un imperatore saggio di una remota antichità, il secondo è un tiranno (vedi Appendice 1). 582 Altre letture: “Il saggio non perde l’occasione quando è presente, né vi si aggrappa quando è passata” - A. C. Graham (1981); “Quando incontra difficoltà sociali, il Santo non si ribella; lascia correre e non si ostina”-L. Kia-hway (1969).







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spondere da quello spazio, questa è la virtù. Accogliere la situazione e rispondere da quello spazio, questo è il Dao. Da ciò hanno avuto origine gli imperatori, da ciò sono sorti i re. La vita umana fra cielo e terra è come un bianco puledro in corsa visto attraverso la fessura di una muraglia: un lampo, ed è svanito. In un attimo ogni cosa trabocca ed emerge; in un altro attimo ogni cosa scivola via e scompare nuovamente. Avviene una trasformazione ed è la vita; avviene un’altra trasformazione ed è la morte. Tutti gli esseri viventi sentono la tristezza di ciò; l’essere umano la vive come lutto. Ma è solo aprire il fodero dell’arco ricevuto dal cielo, è solo lasciar cadere la tunica ricevuta dal cielo. Confusamente l’anima eterea e l’anima corporea583 si involano e il corpo le segue, prendendo la via del Grande Ritorno. Che la forma emerga dal senza forma e si dissolva nel senza forma, questo è conoscenza comune degli esseri umani. Coloro che sono sulla via della realizzazione non se ne preoccupano. La generalità degli esseri umani ne discute; ma quelli che sono arrivati non ne discutono; quelli che ne discutono non sono arrivati.584 La chiara visione non serve. Discutere non vale quanto restare in silenzio. Il Dao non può essere udito. Udire non vale quanto tapparsi le orecchie. Questo è ciò che si chiama la Grande Acquisizione”. Maestro Dongguo chiese a Zhuangzi: “Dove si trova ciò che chiamiamo il Dao?”. Zhuangzi rispose: “Non c’è alcun luogo dove non si trovi”.









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I cinesi tradizionalmente distinguono due tipi di anima, che in punto di morte si separano. L’anima eterea o spirituale (hun) ascende al cielo, mentre l’anima corporea, vegetativa o animale (po) resta in qualche modo legata al corpo e può tormentare come fantasma fra i viventi se non è onorata con opportuni rituali. Altre letture: “… non c’è bisogno di sforzarsi per rendersene conto; tutti ne discutono, ma non c’è bisogno di discuterne per arrivarvi, anzi la discussione impedisce di arrivarvi” - L. Kia-hway (1969); “Ma non è qualcosa che si può raggiungere sforzandosi. La gente comune discute come arrivarci. Ma quelli che ci sono arrivati non discutono, e quelli che discutono non ci sono arrivati” - B. Watson (1968).



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“Puoi essere più specifico?”. “In questa formica”. “Tanto in basso?”. “In questo filo d’erba”. “Ancora più in basso?”. “In questo frammento di tegola”. “Ancora più in basso?”. “Nelle feci e nell’urina”. Dongguo non rispose. “Le tue domande, maestro”, disse allora Zhuangzi, “semplicemente non colgono l’essenza della cosa. Quando l’ispettore Huo chiese al sovrintendente del mercato come si possa sondare il grasso di un porco premendolo con il piede, gli fu risposto che quanto più in basso si esegue la prova, tanto più essa è accurata.585 Non insistere perciò, perché nulla sfugge al Dao perfetto: tale è la sua natura586 e tale è la natura delle parole grandi. ‘Universale’, ‘ovunque’ e ‘tutto’ sono tre nomi diversi per indicare un’unica cosa. Vieni con me a vagare nel palazzo del nulla: discuteremo dell’identità e del combaciare e le nostre discussioni non avranno fine!587 Unisciti a me nel non-agire, nella tranquilla immobilità, nella purezza del vuoto, nell’armonia della libertà. Già la mia men-

















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Questa frase è di dubbia interpretazione. Altre letture: “… la prova viene sempre fatta sulle parti che meno verosimilmente sono grasse” - H. A. Giles (1889); più il piede scende in basso, più la prova è probante” - L. Kia-hway (1969). Altra frase difficile. Altre letture: “Tu ti occupi solo di ‘in nessun caso’ e ‘necessariamente’, non hai dove sfuggire alle cose. Ciò che è proprio del Dao ultimo…” – A. C. Graham (1981); “Non fatevi domande troppo precise. Così non vi lascerete sfuggire nulla, poiché tale è il Dao supremo…” - L. Kia-hway (1969). Altre letture: “… e là fra l’identità di tutte le cose, porteremo le nostre discussioni nell’infinito” - H. A. Giles (1889); “… dove metti le cose al loro posto congiungendole come identiche, senza una fine o un limite” - A. C. Graham (1981); “[Colui che] con il discorso ha abbracciato la totalità non conosce forse l’infinito?” - L. Kia-hway (1969).



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te è vuota di ogni intenzione,588 Mi aggiro senza sapere dove; vado e vengo senza sapere dove il movimento si arresterà, né quando avrà fine. Vago in un’immensità senza confini; la grande conoscenza vi si addentra, ma non arriva a esaurirla. Ciò che fa sì che le cose siano cose partecipa dell’illimitato nelle cose. Le cose hanno limiti e quelli che chiamiamo i limiti delle cose sono i limiti dell’illimitato o l’illimitato dei limiti.589 Parliamo di pienezza e di vuoto, di declino e di estinzione: ma ciò che si manifesta come pienezza e vuoto non conosce pienezza né vuoto; ciò che si manifesta come declino ed estinzione non conosce declino né estinzione; ciò che diviene radici e fronde non conosce radici né fronde; ciò che diviene accumulazione e dispersione non conosce accumulazione né dispersione”. Hegan e Shennong erano insieme studenti di Vecchio Drago. In pieno giorno Shennong dormiva appoggiato al bracciolo della sua poltrona nel chiuso delle sue stanze. A mezzogiorno Hegan spalancò la porta ed entrò nella stanza annunciando: “Il Vecchio Drago è morto!”. Shennong afferrò il suo bastone e balzò in piedi. Poi lasciando cadere il bastone scoppiò a ridere e disse: “Il mio celeste maestro sapeva quanto sono rozzo e limitato, lento e bugiardo: perciò mi



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Questa frase e le seguenti possono essere riferite a Zhuangzi, che descrive la sua esperienza, o possono essere intese come invito rivolto a Dongguo (“Vuota la mente da ogni intenzione…”). Altre letture: “Ciò che fa sì che le cose siano cose non ha confini fra sé e le cose; sono i confini che stanno fra le cose ciò che indichiamo come i confini delle cose. È il confine sconfinato o lo sconfinato che confina” - A. C. Graham (1981); “Ciò che fa sì che le cose siano le cose non è limitato dalle cose; tutte le cose hanno i loro limiti propri; è quel che si chiama il limite delle cose. Il Senza-limite va verso i limiti, questi vanno verso il Senza-limite” - L. Kia-hway (1969).



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ha abbandonato ed è morto! Non mi ha neppure inviato, prima di morire, uno di quei suoi folli detti!”.590 Udendo ciò, Yan Gangdiao disse: “A colui che incarna il Dao tutti gli spiriti nobili del mondo legano. Quest’uomo non possedeva che la punta di un pelo autunnale591 del Dao, non ne possedeva che la decimillesima parte; tuttavia ha saputo morire trattenendo le sue folli parole. A maggior ragione dunque tratterrà le sue parole colui che incarna il Dao! Lo guardi e non ha forma, lo ascolti ed è silenzioso: nei discorsi umani è detto il mistero. Discorrere del Dao non è il Dao!”.592 Purezza Suprema chiese a Illimitato: “Conosci il Dao?”. “Non lo conosco”, rispose Illimitato. Purezza Suprema rivolse la stessa domanda a Non-agire. “Lo conosco”, rispose Non-agire. “La tua conoscenza del Dao è anche quantitativa?”. “Sì”. “E qual è il suo aspetto quantitativo?”. “So che il Dao può dare o togliere valore, può far convergere o disperdere. Così conosco l’aspetto quantitativo del Dao”. Purezza Suprema riferì le parole di Illimitato e quelle di Nonagire a Senza-inizio, dicendo: “Illimitato non sapeva e Non-agire sapeva. Chi dei due è nel giusto e chi non lo è?”. Senza-inizio rispose: “Non sapere è profondo, sapere è superficiale. Non sapere è interno, sapere è esterno”.

Altre letture: “Ora, senza più uno scopo per le mie vane parole, anch’io morirò” – H. A. Giles (1889); “Non avendo più alcun folle detto per aprire la mia mente, è morto” - A. C. Graham (1981); “Non può più rivelarmi la verità con quei suoi discorsi che mi sembravano folli. Eccolo morto!” - L. Kia-hway (1969). 591 Si riteneva che il pelo degli animali fosse particolarmente fine in autunno: perciò “la punta di un pelo autunnale” è un’espressione di uso comune per indicare qualcosa di estremamente piccolo. 592 Un’allusione al primo verso del Laozi: “Il Dao di cui si può parlare non è l’eterno Dao”.

























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Purezza Suprema volse gli occhi al cielo ed esclamò: “Dunque non sapendo sai e sapendo non sai! Chi possiede questa sapienza del non sapere?”. “Il Dao”, disse Senza-inizio, “non può essere udito; udito, non è il Dao. Il Dao non può essere visto; visto, non è il Dao. Il Dao non può essere detto; detto, non è il Dao. Ciò che conosce la forma delle forme non ha forma.593 Il Dao è innominabile”. E aggiunse: “Colui che, interrogato a proposito del Dao, risponde, non conosce il Dao; e chi chiede non riceve una spiegazione del Dao. Non si può chiedere del Dao; e se qualcuno chiede non gli si può rispondere. Chiedere ciò che non può essere chiesto vuol dire chiedere all’infinito; rispondere a ciò che non ammette risposta vuol dire non comprendere l’interno.594 Se chi non comprende l’interno incontra chi chiede fino all’esaurimento, entrambi non saranno in grado di osservare all’esterno l’universo che li circonda, né di conoscere all’interno il Grande Inizio. Non potranno mai ascendere i monti Kunlun né vagare nel595 Grande Vuoto”. Luce Brillante chiese a Non-essere: “Sei o non sei?”. Non ottenendo risposta, Luce Brillante si mise a osservare attentamente l’aspetto del suo interlocutore: tutto era vacuità e oscurità. Per tutto il giorno lo scrutò, ma non vide nulla; lo ascoltò, ma non udì nulla; cercò di afferrarlo, ma non afferrò nulla.

Oppure: “Ciò che dà forma alle forme è a sua volta senza forma” - H. A. Giles (1889). 594 Il senso di questa frase è incerto. Altre letture: “Chiedere ciò che non può essere chiesto è vano. Rispondere a ciò che non ammette risposta è irreale”-H. A. Giles (1889); “Porre domande su ciò che non ammette domande è chiedere del finito, rispondere a ciò che non ammette risposta è mancare l’interno”- A. C. Graham (1981); “Chiedere ciò che non può essere chiesto è chiedere il cielo. Rispondere a ciò che non ammette risposta è spaccare il capello”-B. Watson (1968). 595 Catena montuosa che si estende per oltre tremila chilometri, formando il bordo settentrionale dell’altopiano del Tibet e continuando a sud del fiume Wei fino ai bordi della pianura della Cina settentrionale.











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“Perfetto!”, esclamò Luce Brillante. “Chi è in grado di giungere a tanto? Posso concepire l’esistenza del non-essere, ma non posso concepire la non esistenza del non-essere. Costui è giunto al punto in cui non vi è più nulla. Come si può arrivare a tanto?”. L’artigiano che forgiava fibbie per il Gran Maresciallo aveva ottant’anni, ma non aveva perso nulla della sua grande abilità. Il Gran Maresciallo gli chiese: “Questa tua arte è un dono, oppure c’è un dao596 in essa?”. “Il vostro servo ha un dao. Dall’età di vent’anni ha sempre amato forgiare fibbie. Non lo interessava nient’altro: se non era una fibbia, non la guardava nemmeno. Così l’uso durevole della sua arte è scaturito dal suo non uso,597 Quanto maggiore allora dev’essere l’arte di colui che non si astiene dall’utilizzare alcunché! Per costui ogni cosa è una risorsa”. Ran Qiu chiese a Confucio: “Possiamo sapere cosa c’era prima che esistessero il cielo e la terra?”. “Sì”, rispose Confucio. “Ciò che esisteva un tempo è come ciò che esiste oggi”. Ran Qiu non seppe che altro domandare e si ritirò. L’indomani tornò a far visita al maestro e disse: “Ieri ti ho chiesto se possiamo sapere cosa c’era prima che esistessero il cielo e la terra. Tu, maestro, mi hai risposto: Sì. Ciò che esisteva un tempo è come ciò che esiste oggi’. Ieri la tua risposta mi era chiara. Oggi invece mi risulta oscura. Posso osare chiederti perché?”. “Ieri”, disse Confucio, “ti era chiara perché il tuo spirito l’aveva afferrata prima della tua mente. Oggi ti riesce oscura perché non stai cercando la risposta con il tuo spirito. Non c’è passato né presente. Non c’è inizio né fine. Prima che vi fossero figli e nipoti già vi erano figli e nipoti, se possiamo dir così”.











Metodo, tecnica. Di tutto ciò che non è una fibbia.



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Prima ancora che Ran Qiu potesse rispondere, soggiunse: “Fermati, non rispondere! Non si può mediante la vita riportare in vita i morti, né mediante la morte far morire i vivi. Vita e morte dipendono l’una dall’altra: entrambe contengono un punto che ne fa una cosa sola. C’è qualcosa che è nato prima di cielo e terra; ma ciò che rende cose le cose non è esso stesso una cosa. Una cosa che ha un’origine non può precedere ogni altra cosa, perché prima di essa vi erano delle cose, e prima di queste altre ancora, senza fine. Analogamente l’amore del saggio per gli esseri umani è senza fine”.598 Yan Yuan599 chiese a Confucio: “Hui ha udito il maestro dire: ‘Non desiderare nulla, non accogliere nulla’. Posso osare chiedere come ci si muove in tali spazi?”. Confucio rispose: “Gli antichi cambiavano l’esterno, ma non cambiavano l’interno. L’umanità di oggi cambia l’interno, ma non cambia l’esterno.600 Chi partecipa alla trasformazione delle cose è unito a ciò che non si trasforma ed è tranquillo nel cambiamento come nel non cambiamento; è tranquillo nel condividere e si astiene dall’eccedere. L’uomo del clan Wei aveva il suo parco, l’Imperatore Giallo il suo giardino, l’uomo del clan Yu aveva il suo palazzo, Tang e Wu avevano le loro sale.601 Poi fra i nobili alcuni divennero maestri, confuciani o moisti. Allora cominciarono a combattersi a vicenda mediante il giusto e lo sbagliato. Da allora la condizione degli esseri umani non ha fatto che peggiorare.

Si intuisce il senso generale di questa risposta di Confucio, ma i dettagli sono incerti e le varie traduzioni differiscono abbastanza fra loro. 599 Yan Yuan, o Yan Hui, era il discepolo favorito di Confucio, vedi Appendice 2. 600 Il senso è probabilmente che gli antichi sapevano adattarsi al mutare delle circostanze restando interiormente saldi nella propria identità, mentre i moderni sono mossi come banderuole da circostanze che sono incapaci di dirigere. 601 Mitici imperatori dell’antichità, vedi Appendice 1. La funzione di questo breve elenco nel contesto non è chiara.









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Il saggio vive con gli esseri senza nuocere ad alcuno; e poiché non nuoce ad alcuno, nulla gli può nuocere. Solo colui a cui nulla può nuocere può condividere con gli altri il desiderare e l’accogliere. Montagne e boschi, stagni e colline ci riempiono di gioia. Ma prima ancora che la gioia si sia spenta, il dolore la segue. Gioia e dolore vengono e non siamo in grado di resistere loro; se ne vanno e non siamo in grado di trattenerli. Ahimè, gli esseri umani nel mondo non sono che viaggiatori che sostano per una notte in una locanda. Conoscono ciò che incontrano, ma non conoscono ciò che non incontrano. Sanno fare ciò che sanno fare, ma non sanno fare ciò che non sanno fare. Il non sapere e il non potere sono condizioni intrinseche alla condizione umana. Cercare di evitare l’inevitabile non è una cosa triste? La parola perfetta consiste nell’abbandonare la parola; l’azione perfetta consiste nell’abbandonare l’azione. Limitarsi alla conoscenza di ciò che si conosce è superficiale davvero!”

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庚 桑 楚

Gengsang Chu





























La conoscenza degli antichi si spingeva lontano. Fin dove si spingeva? Vi erano alcuni che ritenevano che le cose non esistessero. Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da aggiungere. Poi vennero coloro che ritenevano che le cose esistessero, ma consideravano la nascita un lutto e la morte un ritorno: perciò già dividevano. Poi vennero quelli che dissero: “All’inizio vi era il non-essere. Poi vi fu la vita e con la vita improvvisamente comparve la morte. Il non-essere è la testa, la vita è il согро, morte è la coda. Chi custodisce la conoscenza che essere e non-essere, vita e morte sono una cosa sola? Di costui voglio essere amico!”.

Fra gli allievi di Lao Dan602 vi era un certo Gengsang Chu che, appresi i fondamenti del Dao, se ne andò a vivere nel nord sulle montagne di Wei- lei. Licenziò i suoi servi migliori, allontanò le sue concubine più amabili e si circondò di persone sciatte e ignoranti, di servi pigri e inetti. Abitava lì da tre anni quando Weilei cominciò a godere di raccolti abbondanti. La gente disse: “Quando maestro Gengsang è arrivato fra noi ci è sembrato un uomo molto strano. I benefici della sua presenza non si notavano giorno per giorno; ma se facciamo i conti anno per anno essi sono stati copiosi!603 Forse quest’uomo è un saggio. Perché non gli chiediamo di fare il rappresentante del defunto nei riti funebri e gli rivolgiamo le preghiere dirette agli dei del suolo e dei cereali?”. Quando questi discorsi gli furono riferiti, Gengsang si volse verso il sud604 e assunse un’espressione corrucciata. I suoi discepoli trovarono strano questo atteggiamento. Ma Gengsang disse loro: “Perché trovate strano che io sia dispiaciuto? Quando soffia la brezza primaverile le piante crescono e fioriscono; poi giunge l’auLaozi. Altre letture: “Ora non possiamo dire abbastanza di lui in un giorno, e anche in un anno resterebbe qualcosa di non detto” - H. A. Giles (1889); “La sua influenza non si manifesta da un giorno all’altro, ma solo da un anno all’altro” - L. Kia-hway (1969). 604 Verso la direzione in cui si trovava il suo maestro, Laozi. 602





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A parte l’esteso episodio iniziale, questo capitolo, il primo dei Capitoli Misti, consiste di frammenti eterogenei e in gran parte corrotti, raccolti senza un criterio discernibile. In alcuni risuonano tematiche del Capitoli Interni e potrebbe essere presente la mano di Zhuangzi. Il bell’apologo sulla “conoscenza degli antichi” del Capitolo 2 ritorna qui identico nelle prime frasi, per poi deviare in una conclusione diversa. Altri frammenti contengono citazioni più o meno letterali del Laozi, che doveva quindi già costituire un riferimento familiare all’epoca della composizione di questi testi.

tunno e i diecimila frutti maturano. Come potrebbero la primavera e l’autunno fare diversamente? È la legge del cielo che li muove. Ho udito che l’essere umano perfetto siede immobile come un cadavere fra le sue quattro mura, mentre i cento clan, feroci e folli, si agitano senza sapere dove stanno andando.605 Ora il popolino di Weilei vuole portare qui i suoi altari e i suoi vasi sacrificali, venerarmi come un antenato e mostrarmi come esempio. Per questo sono dispiaciuto, ricordando le parole di Lao Dan”. “Non ne hai ragione”, gli dissero i discepoli. “In un fosso largo sedici piedi un grosso pesce non riesce a voltarsi, ma i pesciolini e le anguille si trovano a loro agio. In un monticello alto otto piedi un grosso animale non può costruire la sua tana, ma l’astuta volpe lo trova ideale. Inoltre, onorare i saggi e promuovere le persone capaci, dare la precedenza ai virtuosi e conferire loro benefici è costume fin dai tempi di Yao e di Shun.606 A maggior ragione dovrebbe esserlo per il popolo di Weilei. Maestro, ascoltali!”. Gengsang rispose: “Venite qui, miei cari. Una bestia tanto grande da poter divorare un carro non può evitare l’insidia delle reti se lascia il suo rifugio montano. Un pesce tanto grande da poter divorare una barca non può evitare di essere consumato dalle formiche se lascia la sua dimora acquatica. Per questo gli uccelli e le bestie selvatiche non si stancano delle altezze, né i pesci e le tartarughe delle profondità. Colui che vuole conservare intatto il proprio corpo deve nascondersi, incurante di quanto remoto e umile possa essere il suo rifugio. E quanto ai due personaggi che avete citato, meritano forse di essere lodati? Le loro disquisizioni sono assurde quanto il comportamento di una persona che scavi buchi in un muro per piantarvi la gramigna, che scelga uno a uno i capelli prima di pettinarli, che conti i grani di riso prima di cuocerli. Come possono queste me-

Altre letture: “… e tuttavia il popolo diviene spontaneo e senza preoccupazioni” - H. A. Giles (1889); “… mentre il popolo si agita senza sapere dove trovarlo” L. Kia-hway (1969). 606 Mitici imperatori saggi, vedi Appendice 1.







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schinità giovare al mondo? Innalzare i virtuosi fa sì che la gente competa, conferire incarichi ai sapienti fa sì che la gente rubi.607 Queste pratiche non rendono la gente migliore. popolo diverrà solo più incline a perseguire il profitto, finché vi saranno figli che uccidono i padri, ministri che uccidono i sovrani, persone che rubano alla luce del sole e che scavano buchi nei muri a mezzogiorno. Lasciate che vi dica: le radici della grande confusione sono proprio lì, con Yao e Shun, e le conseguenze si manifesteranno per mille generazioni! Fra mille generazioni gli esseri umani si divoreranno a vicenda”. Nanrong Cu si raddrizzò rispettosamente sulla sua stuoia e disse: “Una persona come me, già avanzata negli anni, cosa può fare realizzare il tuo per insegnamento?”. Gengsang rispose: “Conserva intatto il tuo corpo, abbi cura della tua vita, non farti dominare dai pensieri e dall’ansia. Fai questo per tre anni e potrai realizzare il mio insegnamento”. “Gli occhi di un cieco”, disse Nanrong Cu, “hanno la stessa forma di quelli di un vedente, ma non vedono; le orecchie di un sordo hanno la stessa forma di quelle di un udente, ma non odono; il cuore di un pazzo ha la stessa forma di quello di un savio, ma non comprende.608 Le forme si assomigliano, ma qualcosa si frappone: per quanto io cerchi di raggiungerti, non ci riesco.609 Tu mi hai detto: “Conserva intatto il tuo corpo, ,abbi cara la tua vita, non farti dominare dai pensieri e dall’ansia”. Per quanto io mi sforzi di udire il Dao, esso giunge solo alle mie orecchie”. “Non ho altro da dirti”,610 rispose Gengsang. “Una vespa dalla vita sottile non può trasformare un grosso bruco;611 una gallinella Laozi, 3: “Non esaltare l’eccellenza fa sì che la gente non competa. Non dar valore ai beni difficili da ottenere fa sì che la gente non diventi ladra”. 608 Il cuore è per i cinesi sede dell’intelletto oltre che delle emozioni. 609 Altre letture: “Uno ci riesce, l’altro no” - H. A. Giles (1889); “Cerco il mio corpo, ma non riesco a trovarlo” - B. Watson (1968). 610 Altra lettura: “Ben detto!” - H. A. Giles (1889). 611 I cinesi antichi ritenevano che le vespe non avessero una progenie propria, bensì se la procurassero provocando una metamorfosi nei bruchi.









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di Yue non può covare l’uovo di un cigno, mentre può farlo una grossa gallina di Lu. Entrambe sono galline, la loro virtù non è diversa: ma una può e l’altra non può, perché il talento di una è grande e quello dell’altra è piccolo. Ora, temo che il mio talento sia troppo piccolo per produrre una trasformazione in te. Perché non vai a sud a trovare Laozi?”. Perciò Nanrong Cu si munì di viveri e si mise in viaggio. Dopo sette giorni e sette notti giunse alla casa di Laozi. Laozi gli chiese: “Vieni dal paese di Gengsang Chu?”. “Sì”. “Come mai porti con te tutta una folla?”.612 Nanrong Cu, stupefatto, si volse a guardare indietro. “Capisci quello che voglio dire?”, soggiunse Laozi. Nanrong Cu abbassò lo sguardo, vergognandosi. Poi sospirando disse: “Non sapendo cosa rispondere alla tua domanda ho dimenticato anche quello che ero venuto a chiederti”. “Cosa eri venuto a chiedermi?”. “Se non so”, disse Nanrong Cu, “la gente mi considera sciocco; se so, mi metto nei guai. Se non sono benevolo, danneggio gli altri; se sono benevolo, danneggio me stesso. Se sono ingiusto, ferisco qualcun altro; se sono giusto, devo preoccuparmi per me stesso. Questi tre dilemmi mi tormentano. Come posso sfuggire loro? Perciò seguendo il consiglio di Gengsang Chu sono venuto a interrogarti”. “Un momento fa”, disse Laozi, “guardando lo spazio fra le tue sopracciglia, ho capito qual è il tuo problema. Ora le tue parole lo confermano. Sei sperduto come un bambino che ha perso i genitori e li cerca in fondo al mare con una pertica. Sei confuso! Vorresti ritrovare la tua vera natura, ma non sai da che parte entrare. Una situazione penosa davvero!”.























Possiamo supporre che Laozi si riferisca alla folla di pensieri nella mente di Nanrong Cu.

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Nanrong Cu chiese di ritirarsi nelle sue stanze. Per dieci giorni si sforzò di coltivare le sue buone qualità e di liberarsi delle cattive. Dopo dieci giorni di questo tormento tornò a far visita a Laozi. Laozi gli disse: “Ti sei parecchio ripulito, ma il tuo aspetto malinconico indica che c’è ancora un’ostruzione. Se il disturbo è esterno, non combatterlo, bensì chiudi le porte dall’interno. Se il disturbo è interno, chiudi le porte dall’esterno. Se il disturbo è sia esterno, sia interno, il Dao e la virtù non possono aiutarti. Come puoi allora prendere il Dao come guida?”.613 “Quando un contadino si ammala”, disse Nanrong Cu, “se è in grado di parlare del suo male ai vicini che vengono a fargli visita significa che riconosce la malattia come malattia e quindi non è gravemente malato. Ogni volta che ho udito parlare del Grande Dao è stato come bere una medicina che non faceva che aggravare il mio male. Perciò vorrei apprendere da te semplicemente le regole per prendersi cura della vita”. “Ecco”, disse Laozi, “le regole per prendersi cura della vita. Sai abbracciare l’Uno e non separartene?614 Sai prevedere la buona e la cattiva sorte senza ricorrere alla divinazione? Sai dove fermarti? Sai quando smettere? Sai ignorare gli altri e guardare dentro te stesso? Sai essere rude e brusco? Sai essere come un neonato? Un neonato grida tutto il giorno, ma non diviene rauco: la sua armonia è al culmine.615 Stringe i pugni tutto il giorno, ma non si irrigidisce: la sua virtù è universale. Guarda tutto il giorno senza muovere gli occhi: il mondo esterno non esiste per lui. Cammina senza sapere dove sta andando e si ferma senza sapere cosa sta facendo. Partecipa a ogni cosa e ne segue le fluttuazioni, condividendo la stessa onda. Queste sono le regole per prendersi cura della vita”. “Dunque”, disse Nanrong Cu, “la virtù dell’essere umano perfetto consiste in questo?”.

L’interpretazione di queste frasi è assai incerta. Laozi, 10. 615 Laozi, 10 e 55. 613











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“No”, rispose Laozi. “Questo è solo quello che si dice sciogliere il ghiaccio. Sei in grado di farlo? L’essere umano perfetto condivide con gli altri il nutrimento che viene dalla terra e la gioia che viene dal cielo, ma non si lascia turbare dalle persone e dalle cose, dal profitto e dalla perdita. Non partecipa ai loschi affari, alle trame e ai progetti del mondo. Rude e brusco, viene e se ne va. Queste sono le regole per prendersi cura della vita”. “Dunque questa è la perfezione?”. “Non ancora”, soggiunse Laozi. “Un momento fa ti ho chiesto: sai essere come un neonato? Un neonato si muove senza sapere cosa sta facendo, cammina senza sapere dove sta andando. Il suo corpo è come un ramo secco, la sua mente è come cenere spenta.616 Pertanto la disgrazia non può toccarlo e la fortuna nemmeno: libero dalla fortuna e dalla disgrazia, quale calamità può raggiungerlo?”. Colui che riposa nella pace dell’universo emette una luce celeste. Ma, benché emetta una luce celeste, la gente continua a vederlo come un essere umano. Quando una persona è giunta a questo grado di sviluppo ottiene la costanza. Colui che ha raggiunto la costanza è ricercato dagli esseri umani e aiutato dal cielo. Coloro che sono ricercati dagli esseri umani sono detti il popolo del cielo; coloro che sono aiutati dal cielo sono detti i figli del cielo. Apprendere significa apprendere ciò che non può essere appreso; praticare significa praticare ciò che non può essere praticato; dibattere significa dibattere ciò che non può essere dibattuto. La conoscenza che si arresta di fronte all’ignoto è la conoscenza







Questa metafora ricorre più volte nel Zhuangzi (per esempio all’inizio del Capitolo 2) per indicare uno stato di trance o di completa astrazione dal mondo. Ma non sembra combaciare bene con la metafora del neonato. L. Kia-hway (1969) evita l’incongruenza supponendo che Laozi si rivolga direttamente a Nanrong Cu: “Che il vostro corpo sia simile a un ramo di un albero secco!”



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ultima617 e chi ignora questo limite sarà sconfitto dal movimento del cielo. Utilizza le cose per nutrire il tuo corpo,618 ritirati nell’assenza di pensieri per alimentare il tuo cuore, onora il tuo centro ed estendi la stessa riverenza agli altri. Se ciononostante i diecimila mali arrivano, sappi che essi sono inviati dal cielo, non dagli esseri umani. Non devono quindi turbare la tua quiete, non devono penetrare nella torre della tua anima. La torre della tua anima ha un guardiano; ma se il guardiano non sa cosa custodire, non può custodire.619 Se non sei in contatto con la tua propria sincerità, ciò che manifesti all’esterno è sempre inappropriato e ciò che entra è sempre fuori luogo e non si fissa in te. Chi fa il male alla luce del sole, viene punito dagli esseri umani. Chi fa il male nell’oscurità e in segreto, viene punito dagli spiriti. Solo chi conosce chiaramente gli esseri umani e gli spiriti è capace di camminare in solitudine.620 L’agire di coloro che si dedicano all’interno non porta alla fama; l’aspirazione di coloro che si dedicano all’esterno consiste nell’accumulare beni. L’agire che non porta alla fama conferisce una luce. L’aspirazione ad accumulare beni è propria di un mercan-

Questa frase ricorre nel Capitolo 2. Altra lettura: “La comprensione che riposa su ciò che non può comprendere è la migliore” - B. Watson (1968). 618 Altra lettura: “Adattatevi agli esseri nel vostro comportamento esteriore” - L. Kia-hway (1969). 619 Altre letture: “Ivi abita la Volontà. E se la volontà non sa cosa volere, non è capace di Volere” - H. A. Giles (1889); “La terrazza dell’anima è diretta da qualcosa. Ma nessuno conosce ciò da cui è diretta e non può dunque dirigerla” - L. Kia-hway (1969); “La Torre dello Spirito ha un proprio guardiano; ma a meno che capisca chi è il suo guardiano non può essere custodita” - B. Watson (1968). 620 Altra lettura: “Chi ha capito l’incessante sorveglianza degli uomini e dei mani non fa del male nemmeno quando è solo” - L. Kia-hway (1969).







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te. Gli altri lo vedono alzarsi in punta di piedi spinto dall’avidità, ma egli si considera un grand’uomo. Se una persona è spontaneamente in sintonia con gli altri, la gente raccoglie intorno a lei. Colui che si adatta agli altri a forza invece non ha spazio neppure per sé: tanto meno per gli altri.621 Chi non ha spazio per gli altri è isolato e chi è isolato è una persona finita. Nessun arma, neppure la spada Moye,622 è più mortale dell’ambizione. Nessun brigante è più temibile dello yin e dello yang: in nessun luogo fra cielo e terra puoi sfuggire loro. Ma a uccidere non sono lo yin e lo yang, bensì è il cuore degli esseri umani.623 Il Dao permea e divide. Nel giungere a compimento le cose si distruggono.624 Il male nella divisione è il suo permanere come divisione: cioè il male sta nel permanere. Le cose emergono e non ritornano: perciò divengono simili a fantasmi. Emergendo credono di aver ottenuto qualcosa: quello che hanno ottenuto si chiama morte. Estinte, entrano nel loro vero essere, che è l’Uno che sta dietro ai fantasmi. L’Uno si è servito della forma per forgiarla a

Altre letture: “Ma colui che tratta le cose alla leggera non può sopportare se stesso. Come potrebbe sopportare gli altri?” - L. Kia-hway (1969); “Ma se eleva barriere contro le cose, non trova abbastanza spazio neppure per sé, ancor meno per gli altri” - B. Watson (1968). 622 Famosa spada dell’antichità, già menzionata nel Capitolo 6. 623 Watson suggerisce che l’agitazione della mente (ricordiamo che in cinese il “cuore” comprende anche la mente) in preda all’ambizione turba l’equilibrio di yin e yang e porta alla malattia. 624 Questa idea è sviluppata più a fondo nel Capitolo 2.







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immagine del senza forma, e nel far questo si è fissato.625 Non c’è radice da cui emerga, non c’è canale attraverso il quale torni a entrare. È reale, ma non risiede in nessun luogo. Ha durata, ma non ha radici, né foglie. Ciò che emerge senza un canale è reale, ma non risiede in nessun luogo. Ciò che è reale, ma non risiede in nessun luogo, è lo spazio. Ciò che ha durata, ma non ha radici né foglie è il tempo.626 C’è qualcosa attraverso cui nasciamo, attraverso cui moriamo, attraverso cui emergiamo e attraverso cui torniamo a entrare. Entriamo ed emergiamo, ma non se ne vede la forma: è detto la Porta del Cielo. La Porta del Cielo è il non-essere. Le diecimila cose emergono dal non-essere. L’essere non può creare l’essere a partire dall’essere: inevitabilmente deve emergere dal non-essere. Ma l’unità del non-essere è il non-essere stesso. Questo è il rifugio del saggio. La conoscenza degli antichi si spingeva lontano. Fin dove si spingeva? Vi erano alcuni che ritenevano che le cose non esistessero. Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da agTutto questo paragrafo è assai difficile e nessuna delle traduzioni che conosco è interamente convincente. L’idea potrebbe essere: la natura ultima della realtà è l’emergere del molteplice dall’uno e il suo riassorbirsi in esso. Emergere nell’esistenza è emergere nella divisione; emergere nella divisione è entrare nel ciclo di compimento e distruzione. Dal punto di vista del molteplice, della forma, questo ciclo contiene il dramma della vita e della morte. L’identificazione con un io è identificazione con il “permanere”, con il “non ritorno”. 626 Le radici rappresentano l’inizio, le foglie la forma manifesta. “Spazio”, yu, è “casa, dimora, abitazione, territorio, campagna, universo, grande, immenso”. “Tempo”, zhou, è “tempo trascorso dall’antichità ai nostri giorni, cielo”. Graham osserva: “Qui [Zhuangzi] formula il pensiero, non esplicitato in alcun altro luogo del libro, che l’abitudine all’analisi ci collochi in mezzo a un universo illusorio di cose rigide, statiche, che persiste come il fantasma di un morto, mentre il processo di trasformazione continua. In particolare, separando Qualcosa dal Nulla evochiamo un cosmo che galleggia nello spazio vuoto ed è tagliato via dalla radice vivente che alimenta la crescita delle cose” - A. C. Graham (1981), p. 103.





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giungere.627 Poi vennero coloro che ritenevano che le cose esistessero, ma consideravano la nascita un lutto e la morte un ritorno: perciò già dividevano. Poi vennero quelli che dissero: “All’inizio vi era il non-essere. Poi vi fu la vita e con la vita improvvisamente comparve la morte. Il non-essere è la testa, la vita è il согро, morte è la coda. Chi custodisce la conoscenza che essere e non-essere, vita e morte sono una cosa sola? Di costui voglio essere amico!”. Queste tre cose,628 benché diverse, appartengono allo stesso clan. Sono come Zhao e Jing rispetto alla posizione ereditaria, o come la casa di Chu rispetto al feudo.629 La vita umana è come fuliggine su una pentola. Astutamente cerchi di analizzarla. Cerchi di formulare la tua analisi in parole, benché non sia qualcosa che si possa esprimere in parole. Non riesci ad arrivare a una comprensione. Nel sacrificio del solstizio invernale puoi indicare le interiora o gli zoccoli dell’animale sacrificale: queste si possono considerare cose distinte, pur non essendo cose distinte. Chi visita una casa esamina prima le stanze e il tempio degli antenati e poi, quando il giro è finito, la latrina. Per questo ti lanci nella tua analisi.630 di Proviamo a esaminare questa tua analisi. Prende la vita come punto partenza e la conoscenza come tutore e di lì procede a

Altre letture: “La conoscenza degli antichi aveva un limite. Si spingeva indietro fino a un tempo in cui la materia non esisteva. Questo era il punto estremo raggiunto dalla loro conoscenza” - H. A. Giles (1889); “Tra gli Antichi, quei pochi che erano giunti alla conoscenza suprema pensavano che all’origine dell’universo non vi fosse nulla” - L. Kia-hway (1969). Le prime righe di questo paragrafo ricorrono identiche nel Capitolo 2. 628 Il non-essere, la vita e la morte; o, secondo un’altra interpretazione, questi tre gruppi di persone. 629 Questa frase è oscura. Zhao e Jing sono i nomi postumi dei fondatori delle omonime famiglie regnanti nello stato di Chu. 630 “Questo paragrafo”, scrive Watson, “è una massa di problemi testuali e di incertezze e se ne può dare solo una traduzione altamente ipotetica”. Lo stesso vale, in minor misura, per il paragrafo che lo segue.







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decidere il giusto e lo sbagliato. Perciò alla fine abbiamo nomi e sostanze e ciascuno se ne considera l’arbitro. Chi vuole essere apprezzato per la sua devozione al dovere può spingersi fino a pagare questa devozione con la vita. Chi la pensa così considera saggi coloro che hanno un impiego e sciocchi coloro che sono disoccupati; considera onorevole il successo e disonorevole il fallimento. I nostri contemporanei sono come la cicala e la tortora,631 che vedono le cose unicamente dal punto di vista della loro limitatezza. Chi al mercato schiaccia il piede di un estraneo si profonde in scuse. Un fratello maggiore che schiaccia il piede di un fratello minore si limita a un’espressione di empatia. Un genitore che schiaccia il piede di un figlio non ha bisogno di dire nulla. Perciò si dice: “La cortesia perfetta non distingue le persone; la giustizia perfetta non discrimina; la conoscenza perfetta non fa piani; la benevolenza perfetta non fa favoritismi; l’onestà perfetta non si cura dell’oro”. Liberati delle illusioni dell’ambizione, sciogli gli inganni del cuore, lascia andare gli intralci alla virtù, dissolvi gli ostacoli che ostruiscono il Dao. L’eminenza e la ricchezza, i riconoscimenti e l’autorità, la fama e il profitto: queste sono le sei illusioni dell’ambizione. L’aspetto e il carro, la carnagione e la fisionomia, il temperamento e l’intenzione: questi sono i sei inganni del cuore. Repulsione e attrazione, affetto e ira, dolore e gioia: questi sono i sei intralci alla virtù. Rifiuto e accettazione, prendere e dare, sapere e potere: questi sono i sei ostacoli che ostruiscono il Dao. Quando questi quattro gruppi di sei cose non avranno più presa sulla tua mente, avrai raggiunto la rettitudine. Essendo retto, sarai calmo; essendo calmo, sarai illuminato; essendo illuminato, sarai vuoto; essendo vuoto, praticherai il non-agire e nulla rimarrà incompiuto. Il Dao è oggetto di venerazione per la virtù. La vita è la luce della virtù. La natura innata è la sostanza della vita. Quando la na-





Per la cicala e la tortora vedi il Capitolo 1.



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tura innata si muove, questo è detto azione. Quando l’azione è falsa, questo è detto perdita. La conoscenza va incontro alle cose e pianifica. Ma quando la conoscenza è applicata all’inconoscibile è come guardare di traverso.632 Fare l’inevitabile, questo è detto la virtù. Fare solo ciò che viene dal proprio interno è detto governare. Queste due cose sembrano opposte, ma in realtà concordano. L’arciere Yi sapeva centrare un bersaglio minuscolo, ma era incapace di far sì che la gente non lo esaltasse. Il saggio è abile in ciò che riguarda il cielo, ma è maldestro in ciò che riguarda gli esseri umani. Solo l’essere umano completo è abile sia in ciò che riguarda il cielo, sia in ciò che riguarda gli esseri umani. Solo il verme può essere verme, perché conserva la sua natura celeste. L’essere umano completo detesta il cielo e detesta la parte celeste degli esseri umani. A maggior ragione perciò detesta l’io che distingue fra il celeste e l’umano.633 Se un passero passa davanti all’arciere Yi, questi necessariamente lo colpisce. Se consideriamo tutto il mondo come una gabbia, il passero non ha dove rifugiarsi. Tang mise in gabbia Yi Yin facendone il suo cuoco; il duca Mu di Qin comprò Baili Xi per il prezzo di cinque pelli d’ariete.634 Se vuoi legare qualcuno a te, devi metterlo in gabbia mediante ciò che ama.

Altre letture: “Ma ciò che coloro che sanno non sanno è essere come l’occhio” - H. A. Giles (1889); “La conoscenza umana non può cogliere alcuni aspetti della realtà, come gli occhi strabici non colgono certi aspetti di un oggetto” L. Kia-hway (1969); “Ma la comprensione di ciò che non va compreso è come uno sguardo infantile” - B. Watson (1968). 633 Un altro passaggio incomprensibile, assai probabilmente corrotto. 634 Tang è il fondatore della dinastia Shang e Yi Yin il suo ministro, che lo aiutò a sconfiggere Jie, l’ultimo imperatore Xia (vedi Appendice 1). Baili Xi è un uomo di stato del VII secolo a.C. che in seguito a sfortunate vicende (variamente descritte da varie fonti) visse per alcuni anni come umile bovaro, finché il suo valore fu riconosciuto dal duca Mu di Qin, che lo nominò suo primo ministro.







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Colui che ha avuto un piede amputato getta via i suoi abiti eleganti perché l’ammirazione e il disprezzo degli altri non lo toccano più. Il condannato a morte può scalare il picco più alto senza paura, perché ha ormai lasciato ogni pensiero di vita e morte. Costoro non si vergognano più di nulla perché hanno dimenticato gli esseri umani, e dimenticando gli esseri umani sono divenuti esseri celesti. Perciò se li tratti con rispetto non si compiacciono, se li insulti non si arrabbiano: essi sono uniti all’armonia celeste.





In chi è al di sopra della collera, la collera emerge dalla noncollera; in chi è al di sopra dell’azione, l’azione emerge dalla nonazione. Chi vuole essere calmo pacifica la propria respirazione; chi vuole seguire il cammino dello spirito obbedisce al proprio cuore; chi vuole agire in maniera efficace fa ciò che è inevitabile. Tale è il Dao del saggio.

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徐 無 ⿁

Xu Wugui

Un giorno Zhuangzi, passando accanto alla tomba di Huizi, disse ai suoi allievi: “Un imbianchino di Ying aveva sul naso una macchia d’intonaco non più grande dell’ala di una mosca. Pregò il suo amico, il falegname Shi, di asportargliela con la sua ascia. Il falegname Shi, facendo roteare l’ascia con un sibilo di vento, vibrò il colpo e asportò ogni traccia della macchia senza ferire il naso dell’amico, il quale non batté ciglio. Il duca Yuan di Song, udendo raccontare questa storia, mandò a chiamare il falegname Shi e gli disse: ‘Potresti ripetere la tua prodezza per me?’. Il falegname rispose: ‘Il vostro servo è capace di farlo; ma il materiale su cui lavorò in quella occasione è morto da lungo tempo’. Da quando tu sei morto, maestro Hui, mi manca il materiale su cui lavorare: non ho più nessuno con cui discutere!”.



















































Il piede calpesta solo una piccola parte del suolo; ma è grazie all’esistenza del suolo non calpestato che può camminare sulla vasta terra. La conoscenza di un essere umano è limitata; ma è grazie all’ignoto che può conoscere quello che chiamiamo il cielo.

L’eremita Xu Wugui ottenne tramite Nu Shang un incontro con il marchese Wu di Wei.635 Il marchese lo accolse con parole di conforto: “Maestro, tu sei malato. Immagino che la durezza della vita nelle foreste montane sia ormai per te troppo pesante. Per questo hai acconsentito a far visita a questa persona sola”.636 “Che motivo avete per consolarmi? Dovrei essere io a consolare Vostra Signoria”, rispose Xu Wugui. “Se Vostra Signoria continuerà a cercare di soddisfare tutti i propri desideri e a seguire costantemente le proprie attrazioni e repulsioni, farà danno alla propria natura intrinseca e al proprio destino. Al contrario, se cercherà di controllare le proprie attrazioni e repulsioni, farà danno ai propri occhi e alle proprie orecchie. Sta dunque piuttosto a me consolare Vostra Signoria. Che motivo avete voi per consolarmi?”. Il marchese, stupefatto, tacque. Xu Wugui soggiunse: “Permettetemi di raccontarvi come giudico la qualità dei cani. Un cane di qualità scadente pensa solo a riempirsi la pancia: ha la natura di una lince. Un cane di qualità



Vedi Appendice 2. Gua ren, “persona sola, vedova, orfana, indegna”; è un’espressione modesta che un re o un principe usa parlando di sé in terza persona - una sorta di forma capovolta di plurale maiestatis.



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Anche questo capitolo è una collezione di frammenti eterogenei, alcuni dei quali praticamente indecifrabili. A differenza del precedente, tuttavia, contiene diverse narrazioni compiute, a cominciare da due diverse versioni dell’incontro fra l’eremita Xu Wugui, che dà il nome al capitolo, e il marchese Wu. Fra gli episodi narrati spiccano la storia del giovane cavallaro che insegna all’Imperatore Giallo come governare il mondo e un paio di episodi “biografici” riferiti allo stesso Zhuangzi. Il secondo di questi è un omaggio postumo di Zhuangzi all’amico-antagonista Huizi. Passando accanto alla tomba del sofista, Zhuangzi commenta: “Da quando tu sei morto, maestro Hui, non ho più nessuno con cui discutere”. In qualche passaggio di questo capitolo ritroviamo il linguaggio della scuola del “Grande Metodo”, che abbiamo incontrato nel Capitolo 18.

mediocre sembra stia sempre a guardare il sole. Un cane di qualità superiore, d’altro canto, ha perso la propria identità. Giudicare i cavalli mi riesce ancor meglio che giudicare i cani. Se un cavallo galoppa diritto come una corda tesa, se agli angoli del maneggio curva come una squadra, se descrive cerchi che sembrano tracciati con curva come una il compasso, è un cavallo degno dello stato, ma non ancora un cavallo degno del mondo. Quando un cavallo è degno del mondo, i suoi talenti completi. Allora sembra malinconico, sperduto, sembra aver perso la propria identità: ma in questo modo supera, distanzia e lascia indietro sono nella polvere tutti gli altri cavalli e nessuno sa più dove sia finito!”. . Il marchese, divertito, scoppiò a ridere Dopo questo incontro Nu Shang chiese a Xu Wugui: “Maestro, posso chiederti di cosa hai parlato con il nostro sovrano? Quando ho un incontro con lui, conversiamo di poesia e di storia, di rituali e di musica.637 Gli illustro le Tavole Auree e i Sei Astucci dell’Arciere.638 Molte volte gli ho dato consigli che hanno portato a grandi successi, eppure il nostro signore non si è mai degnato neppure di mostrarmi i denti in un sorriso. Di cosa gli hai parlato per rallegrarlo tanto?”. “Gli ho solo spiegato come giudico la qualità dei cani e dei cavalli, nient’altro”, disse Xu Wugui. “Nient’altro?”. “Hai mai udito raccontare di quelli che vengono esiliati a Yue?639 Pochi giorni dopo aver lasciato il loro paese, se si imbattono in una vecchia conoscenza si rallegrano. Passato un mese, sono felici anche solo se incontrano qualcuno che conoscevano di vista. Trascorso un anno, incontrare qualcuno che anche solo assomiglia Altra lettura: “Tra gli innumerevoli visitatori che hanno cercato di piacergli con poesie, annali, riti e musica…” - L. Kia-hway (1969). 638 Forse trattati di strategia militare. 639 Yue è un nome generico di popoli e stati della Cina Meridionale o del Sudest Asiatico. Altra lettura: “Non avete mai sentito la storia di quell’uomo di Yue che era stato esiliato in una regione lontana?” - L. Kia-hway (1969).













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a un loro concittadino li manda in visibilio. Quanto più a lungo sono lontani dal loro paese, tanto più profonda si fa la nostalgia. Similmente chi si è perso in una foresta dove il chenopodio e la lonicera ostruiscono i sentieri delle faine e delle martore, chi si fa strada a stento in quella solitudine, è felice anche solo udendo un rumore di passi. Quanto più si rallegrerebbe udendo i suoi fratelli o i suoi amici chiacchierare e ridere al suo fianco! Da lungo tempo, credo, un essere umano autentico non si era seduto a chiacchierare e a ridere con il nostro sovrano!”. Xu Wugui fu ricevuto in udienza dal marchese Wu. Il marchese disse: “Maestro, a lungo hai abitato nelle foreste montane, nutrendoti di bacche e di ghiande, vivendo di porri selvatici e di erba cipollina, e hai trascurato di far visita a questa persona sola. Ora è la vecchiaia o la nostalgia del gusto della carne e del vino a portarti qui? O forse sei venuto a portare benedizioni ai miei altari del suolo e dei cereali?”.640 “Sono nato in povertà e da gente umile”, rispose Xu Wugui. “Non ho mai osato nutrirmi della carne e del vino di un sovrano. Sono venuto solo per confortare Vostra Signoria”. “Come? Perché mai dovresti confortare questa persona sola?”. “Voglio confortare lo spirito e il corpo di Vostra Signoria”. “Cosa intendi dire?”. “Il nutrimento di cielo e terra è uno”, disse Xu Wugui. “Ascendere a una posizione elevata non può essere considerato superiorità; restare in una posizione umile non può essere considerato inferiorità. Voi, solo signore di diecimila carri,641 potete far soffrire tutto il popolo del vostro stato per nutrire gli appetiti dei vostri sensi. Ma lo spirito non lo permette. Lo spirito ama l’armonia e odia la lussuria. La lussuria è una malattia: per questo sono venu-

Gli altari agli dei del suolo e dei cereali erano il cuore spirituale dello stato e quindi sono spesso usati metaforicamente per indicare lo stato stesso. 641 Espressione convenzionale per denotare la potenza di un sovrano.













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to a offrire il mio conforto. Solo mi chiedo se Vostra Signoria sia consapevole della sua malattia”. “A lungo ho desiderato vederti, Maestro!”, disse il marchese. “Voglio amare il mio popolo, praticare la giustizia e deporre le armi. Può andar bene?”. “Niente affatto”, rispose Xu Wugui. “Amare il popolo porta alla lunga a rovinarlo. Praticare la giustizia e deporre le armi porta a un ulteriore armamento. Se Vostra Signoria procede in questo modo, temo che non avrà successo. Ogni tentativo di realizzare il bene si converte in uno strumento del male. Anche se Vostra Signoria pratica la benevolenza e la giustizia, questo sarà qualcosa di falso. Dove c’è un modello, viene copiato; il successo è seguito dall’arroganza; ogni cambiamento provoca un conflitto. Vostra Signoria non faccia sfilare la fanteria fra le torri della sua fortezza, non faccia schierare la cavalleria davanti all’altare del suo palazzo. Non coltivi nulla che sia contrario alla virtù. Non cerchi di sconfiggere i suoi nemici mediante stratagemmi, complotti o guerre. Se un principe uccide i funzionari e il popolo di uno stato vicino per appropriarsi del loro territorio e nutrire il proprio egoismo, non so dire chi dei contendenti sia più virtuoso e meriti la vittoria. Se Vostra Signoria non può fare a meno di agire, coltivi la sincerità nel proprio petto e se ne serva per rispondere alla situazione di cielo e terra senza opporsi ad alcunché. In tal modo i vostri sudditi eviteranno di andare incontro a morte prematura. Perché mai dunque Vostra Signoria dovrebbe deporre le armi?”. L’Imperatore Giallo si mise in viaggio per far visita alla Grande Zolla642 sul Monte Ordine Perfetto. Alla sua sinistra sul carro si trovava l’auriga Spazio Luminoso e alla sua destra Prospera Dimora. Zhangruo e Xipeng governavano i cavalli davanti; Kunhun e Huaji seguivano il carro.643 Nella piana desolata di Xiangcheng i



La terra. Anche gli ultimi quattro nomi hanno probabilmente un significato simbolico, che è però meno chiaro.



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sette saggi smarrirono il cammino. Intorno non c’era nessuno a cui chiedere indicazioni. Dopo qualche tempo, tuttavia, si imbatterono in un ragazzo che sorvegliava dei cavalli al pascolo. Gli chiesero: “Conosci la via per giungere al Monte Ordine Perfetto?”. “Sì”. “E sai dove si trova la Grande Zolla?”. “Si”. “Che ragazzo sorprendente!”, disse l’Imperatore Giallo. “Non solo conosci la via per giungere al Monte Ordine Perfetto, ma sai anche dove si trova la Grande Zolla. Posso chiederti indicazioni su come governare il mondo?”. “Governare il mondo”, disse il ragazzo, “è come ciò che sto facendo, nient’altro. Qual è il problema? Da piccolo andavo girovagando all’interno dei sei punti cardinali. A un certo punto mi ammalai e mi si appannò la vista. Un vecchio mi diede questo consiglio: sali sul carro del sole e vaga nella piana di Xiangcheng. Ora la mia malattia va un po’ meglio. Presto tornerò a girovagare, questa volta al di là dei sei punti cardinali. Governare il mondo? È come ciò che sto facendo, nient’altro. Non vedo quale sia il problema”. “È vero che governare il mondo non è un affare che ti riguarda, ragazzo mio”, disse l’Imperatore Giallo. “Ma permettimi di chiederti come va fatto”. Il ragazzo cercò di schermirsi. Cedendo infine all’insistenza dell’Imperatore Giallo disse: “Governare il mondo è come pascolare i cavalli. Basta allontanare tutto ciò che nuoce ai cavalli, nient’altro”. L’Imperatore Giallo salutò il ragazzo come “maestro celeste”, si chinò due volte con la fronte a terra e prese congedo.



















Il dotto non è felice senza le trasformazioni del pensiero e della riflessione; il retore non è felice senza l’ordine del discorso e della persuasione; l’ispettore non è felice senza il compito di criticare e rimproverare. Tutti sono limitati da qualcosa. Coloro che sanno conquistare i loro e contemporanei fanno carriera a corte; coloro

che sanno trattare con la gente hanno successo nel pubblico impiego; coloro che hanno forza carattere amano le difficoltà; i coraggiosi e gli audaci danno il meglio di644 sé nel pericolo; coloro che amano indossare armi e corazza sono felici in battaglia; l’eremita vestito di cenci cerca la fama; il legalista vuole estendere le competenze del governo; il cultore dei riti e della musica coltiva le apparenze; il cultore della benevolenza e della giustizia ha care le relazioni umane.645 Il contadino non è contento se non coltiva e diserba. Il mercante non è contento se non fa affari al mercato e accanto al pozzo. La gente comune è più attiva quando è occupata dall’alba al tramonto. I cento artigiani sono più efficaci quando hanno i loro strumenti e le loro macchine. L’avido va in ansia se denaro e beni non continuano ad accumularsi. L’ambizioso si rattrista se il suo potere e la sua influenza non crescono. Servi delle circostanze e delle cose, tutti costoro si rallegrano del cambiamento e quando si presenta il momento in cui possono rendersi utili sono incapaci di non agire. Tutti obbediscono alla legge che li muove così come le stagioni si susseguono invariabilmente nel corso dell’anno. Frustano il loro corpo e alterano la loro natura intrinseca646 per immergersi nelle diecimila cose e per tutta la vita non ritornano a sé. Triste davvero!647

Il legalismo è una corrente filosofica fiorita verso la fine del Periodo degli Stati Combattenti, il cui principale rappresentante è Han Fei Zi (280-233 a.C.). I legalisti consideravano un codice di leggi chiaro e imparziale, rigorosamente applicato, il principale strumento di governo dello stato. Non il monarca, ma le leggi governano. 645 Fin qui le figure descritte sono tutte varianti del shi, il gentiluomo/letterato/ funzionario, membro della classe colta che è la spina dorsale dell’impero. Quindi letteralmente: il gentiluomo dotto…, il gentiluomo retore…, il gentiluomo ispettore… e così via. 646 Altra lettura: “In questo modo tutti seguono con il volgere degli anni, lasciandosi cambiare dalle cose” - B. Watson (1968). 647 Questo paragrafo presenta diverse oscurità e contraddizioni.



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Zhuangzi disse: “Se un arciere centra il bersaglio senza mirare, possiamo chiamarlo un buon arciere? In tal caso nel mondo tutti sarebbero degli Yi,648 è possibile?”. Huizi rispose: “È possibile”. Zhuangzi aggiunse: “Se nel mondo non c’è un senso condiviso del giusto,649 ciascuno considera giusto ciò che ritiene giusto. In tal caso nel mondo tutti sarebbero degli Yao,650 è possibile?”. Huizi rispose: “È possibile”. Zhuangzi disse: “I confuciani, la scuola di Mo, quella di Yang e quella Bing sono quattro scuole; con la tua, maestro, fanno cinque.651 Chi ha ragione? O forse è come nella storia di Luju? Un discepolo disse a Luju: Maestro, ho capito il tuo Dao. Sono in grado di scaldare un tripode652 in inverno e di fabbricare il ghiaccio in estate’. ‘Questo’, rispose Luju, ‘è semplicemente usare lo yang per attrarre lo yang e lo yin per attrarre lo yin. Non è quello che io chiamo il Dao! Ti mostrerò il mio Dao’. Dopodiché accordò due se653 e depose il primo nella sala e il secondo in una stanza interna. Quando suonava la nota gong su uno strumento, la nota gong risuonava nell’altro; quando suonava la nota jue su uno strumento, la nota jue risuonava nell’altro. I due strumenti erano perfettamente accordati. Se avesse cambiato la tensione di una corda in modo tale da non far corrispondere il suo suono a nessuno dei cinque toni, pizzicando quella corda le venticinque corde dell’altro strumento sarebbero tutte entrate in risonanza. Avrebbero prodotto le stesse note, ma discordanti, ciascuna risuonando solo per sé. Non è questo simile?”.654

Leggendario arciere dell’antichità. Shi, “giusto” nel senso di “vero, corretto”. 650 Leggendario imperatore saggio, vedi Appendice 1. 651 I filosofi Mo Di e Yang Zhu compaiono anche nel Capitolo 8. Bing è il nome di cortesia del sofista Gongsun Long, citato nei Capitoli 17 e 33. Vedi Appendice 2 652 Ding, antico recipiente rituale, solitamente con tre gambe e due anelli, in cui si cuoceva il cibo destinato ai sacrifici agli dei e agli antenati. 653 Una specie di piccola arpa con un numero variabile di corde. 654 A ciò che accade nei dibattiti delle cinque scuole. 648









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Huizi rispose: “I discepoli di Confucio, Mo, Yang e Bing spesso dibattono con me. Ciascuno cerca di sopraffare gli altri con argomenti o di zittirli con il volume della voce. Ma non sono mai riusciti a dimostrare che sbagliassi. Che te ne pare?”. “Un uomo di Qi”, disse Zhuangzi, “si recò nel paese di Song alla ricerca del figlio scomparso. Ma non diede al portiere tutte le informazioni utili a rintracciare il figlio. Al ritorno, portò con sé accuratamente imballati dei vasi e delle campane. La vana ricerca del figlio non era andata al di là dei confini del suo paese. Un uomo di Chu, mentre era ospite di altri, insultò il portiere della casa dove alloggiava. Poi attraversando un fiume a mezzanotte ed essendo l’unico passeggero attaccò lite con il traghettatore, che lo gettò in acqua prima ancora di salpare”.655 Un giorno Zhuangzi, passando accanto alla tomba di Huizi, disse ai suoi allievi: “Un imbianchino di Ying aveva sul naso una macchia d’intonaco non più grande dell’ala di una mosca. Pregò il suo amico, il falegname Shi,656 di asportargliela con la sua ascia. Il falegname Shi, facendo roteare l’ascia con un sibilo di vento, vibrò il colpo e asportò ogni traccia della macchia senza ferire il naso dell’amico, il quale non batté ciglio. Il duca Yuan di Song, udendo raccontare questa storia, mandò a chiamare il falegname Shi e gli Questi due aneddoti (o si tratta di un’unica storia?) sono indecifrabili e non sembrano avere nulla a che fare con il contesto. La versione data sopra segue sostanzialmente la traduzione di L. Kia-hway (1969). Il confronto con quest’altra versione, di B. Watson (1968), può dare un’idea del grado di incertezza dell’interpretazione di questo passaggio: “Un uomo di Qi vendette il figlio come portiere a Song dopo averlo mutilato [coloro che avevano avuto uno o entrambi i piedi amputati venivano sovente impiegati come portieri]; ma quando comprava campane o sonagli li imballava accuratamente perché non si rompessero. Un altro parti per cercare il figlio scomparso, ma nella sua ricerca non fu disposto a spingersi oltre il confine dello stato - ci sono persone tanto confuse. O come l’uomo di Chu che era stato mutilato e venduto come portiere, che nel mezzo della notte mentre intorno non c’era nessuno, attaccò lite con il traghettatore. Non fu oggetto di alcuna critica, ma lasciò dietro di sé un forte risentimento”. 656 Che abbiamo incontrato nel Capitolo 4.





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disse: ‘Potresti ripetere la tua prodezza per me?’. Il falegname rispose: ‘Il vostro servo è capace di farlo; ma il materiale su cui lavorò in quella occasione è morto da lungo tempo’. Da quando tu sei morto, maestro Hui, mi manca il materiale su cui lavorare: non ho più nessuno con cui discutere!”. Quando Guan Zhong si ammalò, il duca Huan657 si recò a fargli visita e disse: “Padre Zhong, sei molto malato, innegabilmente. Se la tua malattia dovesse diventare critica, a chi posso affidare gli affari dello stato?”. Guan Zhong rispose: “A chi Vostra Signoria pensa di affidarli?” . “A Bao Shuya”, disse il duca. “Non va bene”, disse Guan Zhong. “È un uomo incorruttibile e un funzionario virtuoso. Ma non vuole avere nulla a che fare con quelli che non sono come lui. Se viene a sapere di un errore che qualcuno ha commesso, non lo dimentica fino alla fine dei suoi giorni. Se gli affidate gli affari dello stato, in alto entrerà in conflitto con voi, in basso si inimicherà il popolo. Dopo breve tempo dispiacerà a Vostra Signoria”. “Chi allora può andar bene?”. “Se devo dare la mia opinione, Xi Peng può andar bene. È un uomo che si dimentica dell’autorità di chi gli è superiore e chi gli è inferiore può dimenticarsi della sua.658 Si vergogna di non essere all’altezza dell’Imperatore Giallo e prova compassione per quelli che non sono come lui. Chi condivide con gli altri la propria virtù Il duca Huan di Qi (685-643 a.C.) è il primo dei Cinque Egemoni del periodo delle Primavere e degli Autunni e Guan Zhong il suo primo ministro. Questa conversazione al capezzale del ministro è narrata in varie versioni nel Guanzi, nel Huainanzi e in altre fonti. Come particolare segno di stima, il duca qui lo chiama “padre Zhong”. Vedi anche Appendice 2. 658 Che incarna perciò l’ideale daoista del non-agire, del governare senza interferire. Altre letture: “Il suo superiore percepirà appena la sua presenza; i suoi inferiori non si rivolteranno contro di lui” - L. Kia-hway (1969); “Dimentica quelli in posizione elevata e non abbandona quelli in posizione inferiore” - B. Watson (1968).













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è detto saggio; chi condivide con gli altri le proprie risorse è detto virtuoso. Chi esibisce la propria virtù di fronte agli altri non arriverà mai a conquistarli; colui la cui virtù si abbassa di fronte agli altri sempre li conquisterà. Ci sono cose nello stato che il saggio non si cura di ascoltare; ci sono cose in una famiglia che il saggio non si cura di vedere. Se devo dare la mia opinione, Xi Peng può andar bene”. Il re di Wu, viaggiando in barca sullo Yangtze,659 si arrestò per scalare il Monte delle Scimmie. Quando le scimmie lo videro, lasciarono ogni cosa e fuggirono a nascondersi nel folto della foresta. Solo una di esse restò li tranquillamente, mordicchiando un frutto e grattandosi, come in atteggiamento di sfida. Il re scoccò una freccia, ma la scimmia la prese al volo con incredibile agilità. Il re allora ordinò a tutto il suo seguito di tirare sulla scimmia, che morì sotto una pioggia di frecce. Rivolgendosi all’amico Yan Buyi, il re disse: “Questa scimmia, orgogliosa dei suoi talenti e facendo troppo conto dei suoi trucchi, mi ha sfidato: così è perita! Impara da questo: non essere mai arrogante!”. Ritornato nella capitale, Yan Buyi prese Dong Wu come maestro per imparare a liberarsi del proprio atteggiamento arrogante, a lasciare andare i piaceri e a essere indifferente alla fama. Nel giro di tre anni, tutti nello stato di Wu ne tessevano le lodi. Ziqi di Nanbo sedeva appoggiato a un bracciolo, guardando il cielo e sospirando. Yancheng Zi entrò in quel momento e lo vide.660







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Lo Yangtze o Chang Jiang con i suoi 6400 km è il fiume più lungo dell’Asia. Nasce dai ghiacciai dell’altipiano del Tibet e si getta nel Mare della Cina Orientale a Shanghai. Questo episodio è una variante di quello narrato all’inizio del Capitolo 2. Graham suppone che si tratti di una prima versione, poi abbandonata, di quella narrazione.



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“Maestro”, disse, “tu che sei superiore a ogni altro essere, come puoi sembrare un albero rinsecchito e rendere il tuo cuore come cenere spenta?”. “Un tempo vivevo in una caverna in montagna”, disse Ziqi. “A quel tempo Tian He661 riuscì a rintracciarmi e la gente di Qi si congratulò con lui tre volte. Certamente devo essermi manifestato in qualche modo perché mi potesse scoprire; certamente devo essermi messo in vendita in qualche modo perché mi potesse comprare. Se non mi fossi manifestato, come avrebbe potuto scoprirmi? Se non mi fossi messo in vendita, come avrebbe potuto comprarmi? Ahimè! Lamento l’uomo che ha perso se stesso;662 e poi lamento l’uomo che si lamenta; e lamento l’uomo che lamenta l’uomo che si lamenta!663 Da allora ogni giorno mi allontano maggiormente”.664 Quando Confucio visitò lo stato di Chu, il re di Chu ordinò una libagione di benvenuto. Sunshu Ao si fece avanti sorreggendo la coppa.665 Yiliao di Shinan versò il vino e compì il rituale dell’offerta. Poi, rivolgendosi a Confucio, disse: “Gli antichi in queste circostanze tenevano un discorso”. “Qiu666 ha udito il discorso senza parole”, disse Confucio, “ma finora non ha mai provato a parlarne. Ne parlo in queste circostanze. Yiliao di Shinan si è limitato a giocare con delle biglie e il conflitto fra due casate è stato risolto. Sunshu Ao si è adagiato Ministro dello stato di Qi. Altra lettura: “Come ho compatito coloro che si distruggono!” - B. Watson (1968). 663 Ziqi lamenta la perdita della sua vita di eremita nei monti. Ma il lamento discende dall’errore primario insito nell’avere preferenze, nel provare attrazione e repulsione. Perciò Ziqi lamenta l’uomo che si lamenta, e lamenta l’uomo che lamenta l’uomo che si lamenta e così via. Secondo Graham la soluzione di questa infinita ricorsività è lo stato di trance descritto nell’episodio del Capitolo 2. 664 Altra lettura: “Ma tutto questo è stato molto tempo fa” - B. Watson (1968). 665 Jie, tripode in bronzo con manico ad anello, simbolo di nobiltà. 666 Qiu è il nome personale di Confucio. 661







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tranquillamente sventolandosi con un ventaglio di piume e la gente di Ying ha deposto le armi. Qiu vorrebbe avere un becco lungo tre piedi!”.667 Questo è il Dao che non è un dao, questi erano uomini che discutevano senza parole. Quando la virtù si raccoglie nell’unità del Dao e le parole cessano là dove la conoscenza diviene sapere di non sapere,668 questa è la perfezione. La virtù non può abbracciare l’unità del Dao; la discussione non può esplicitare la conoscenza che va al di là della conoscenza. Il nominare, come fanno i confuciani e i moisti, conduce in un vicolo cieco. Il mare accoglie tutti i fiumi che scorrono verso oriente ed è la perfezione della grandezza: il saggio abbraccia cielo e terra e la sua generosità si estende al mondo intero, senza distinzione di clan.669 Perciò in vita non riceve titoli nobiliari e da morto non riceve un nome postumo.670 Non raccoglie i frutti delle sue azioni e la fama non gli aderisce: questo è un Grande Uomo. Un cane non è un bravo cane perché abbaia molto; una persona non è una persona virtuosa perché parla bene. Meno che mai perciò è un Grande Uomo. Atteggiarsi a grande non I fatti ai quali si fa riferimento ebbero luogo il primo, presumibilmente, nel 479 a.C., anno della morte di Confucio, il secondo oltre un secolo prima. C’è perciò un anacronismo sia nella presenza simultanea di questi due personaggi vissuti a un secolo di distanza, sia nel fatto che Confucio faccia riferimento a un evento non ancora accaduto; ma la precisione del dettaglio storico non è una preoccupazione principale degli autori del Zhuangzi. Il senso è: solo il discorso senza parole merita di essere pronunciato, solo il non-agire porta a compimento ogni cosa. Yiliao di Shinan è già stato citato nel Capitolo 20. Sunshu Ao fu primo ministro dello stato di Chu sotto il duca Zhuang. Non è chiaro quale sia il senso del “becco lungo tre piedi” che Confucio vorrebbe avere. 668 Altre letture: “… e il discorso si ferma all’inconoscibile…” - H. A. Giles (1889); “La parola si basa su ciò che l’intelligenza umana non può conoscere” - L. Kia-hway (1969);” e le parole si arrestano là dove la comprensione non comprende più…” - B. Watson (1968). 669 Altre letture: “. tuttavia … senza … senza discriminare le persone” - H. A. Giles (1889); “. la sua identità e il suo clan restano sconosciuti”-A. C. Graham (1981); “. che nessuno lo conosca” - L. Kia-hway (1969). 670 Come è consuetudine per i regnanti.



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è sufficiente per essere grande; ancor meno lo è atteggiarsi a virtuoso.671 Nulla è grande quanto cielo e terra, ma cielo e terra hanno forse fatto qualcosa per ottenere questa grandezza? Chi capisce cosa sia la grandezza non la cerca, non la perde, non la rifiuta e non si lascia trasformare dalle cose. Ritornando a sé trova l’inesauribile; seguendo il cammino degli antichi non incontra attrito. Questa è la verità di un Grande Uomo. Ziqi aveva otto figli. Chiamò l’indovino Jiufang Yin e, schierati i figli davanti a sé, gli disse: “Esamina le fisionomie dei miei figli e dimmi quale di essi è destinato ad avere fortuna”. Jiufang Yin disse: “Kun sarà fortunato”. Ziqi, stupito e felice, chiese: “In che modo?”. “Condividerà la mensa di un sovrano fino alla fine dei suoi giorni”. Al che Ziqi scoppiò in lacrime e disse: “Cosa ha fatto mio figlio per essere ridotto a questo?”. “Colui che condivide la mensa di un sovrano”, disse Jiufang Yin, “apporta benefici alla propria famiglia per tre generazioni, per non parlare del padre e della madre. E tu, maestro, udendo questo piangi! Questo è opporsi alla fortuna. Il figlio è di buon auspicio, ma il padre non lo è!”. “Yin”, disse Ziqi, “cosa ne sai? Pensi che Kun sia fortunato? Tu badi solo al vino e alle carni che gratificheranno il suo olfatto e il suo palato. Ma come puoi sapere da dove verranno queste cose? Supponi che, benché io non sia un pastore, trovi un agnello nell’angolo sudoccidentale della mia casa; oppure che, benché io non sia un cacciatore, trovi una nidiata di quaglie nell’angolo sudorientale della mia casa; come potrei non meravigliarmi? Quando io e i miei figli passeggiamo, vaghiamo in cielo e in terra. Partecipiamo











Altre letture: “E se fare cose grandi non è sufficiente per assicurare la grandezza, ancor meno assicura la virtù” - H. A. Giles (1889); “Non basta sforzarsi per essere grandi, ancor meno per essere virtuosi - L. Kia-hway (1969). “Ciò che è diventato grande non ritiene che valga la pena di cercare di diventare grande, ancor meno di diventare virtuoso” - B. Watson (1968).





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alla gioia del cielo e al nutrimento della terra. Non ci occupiamo di faccende, non facciamo piani, non partecipiamo alle perversità del mondo. Cavalchiamo la verità di cielo e terra e non lasciamo che le cose ci dividano. Siamo partecipi dell’unità e non ci curiamo di adattarci alle faccende del mondo. Ora tu mi parli e mondana ricompensa che toccherà a mio figlio. Una conseguenza per versa certamente deve discendere da una causa perversa. Questa non può questa volgare essere una colpa mia o dei miei figli. Dunque deve trattarsi di un decreto del cielo: per questo piango”. Non molto tempo dopo, Ziqi mandò Kun in missione nello stato di Yan. Per via Kun fu catturato dai briganti. Questi ritennero che venderlo tutto intero fosse difficile, mentre sarebbe stato più facile venderlo se gli avessero amputato i piedi.672 Perciò gli tagliarono i piedi e lo vendettero Xu nello stato di Qi, dove divenne il portiere del duca.673 Così poté mangiare carne fino alla fine dei suoi giorni. Nie Que si imbatté in Xuyou e gli chiese: “Dove vai così di fretta?”. “Sto fuggendo da Yao”.674 “E perché?”. “Yao è costantemente benevolo”, disse Xuyou, “temo che diverrà lo zimbello del mondo e che nelle generazioni future gli esseri umani si divoreranno a vicenda.675 Non è difficile conquistarsi il favore del popolo: amali e ti ameranno, colmali di benefici e accorreranno a te, lodali e si lasceranno persuadere. Ma fai qualcosa che Nella Cina antica, chi aveva subito l’amputazione di uno o dei due piedi (generalmente come punizione per un crimine) veniva spesso impiegato come portiere. 673 Altra lettura: “… lo vendettero nel principato di Qi a un certo Qu che fece di lui un ispettore delle strade” - L. Kia-hway (1969). 674 Nel Capitolo 12 troviamo questa linea di trasmissione di insegnamenti: “Il maestro di Yao [mitico imperatore saggio, vedi Appendice 1] si chiamava Xuyou, il maestro di Xuyou si chiamava Nie Que, il maestro di Nie Que si chiamava Wang Ni, il maestro di Wang Ni si chiamava Beiyi”. 675 Cfr. il discorso di Gengsang Chu nel Capitolo 23.











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dispiaccia loro e ti abbandoneranno. Siccome l’amore e i benefici sorgono dalla benevolenza e dalla giustizia, pochi sono disposti a rinunciare a queste qualità, ma molti sono disposti ad approfittarne. La pratica della benevolenza e della giustizia non solo è insincera, ma diviene uno strumento al servizio dell’avidità. Che un singolo uomo decida e promulghi norme per il mondo intero è come prendere decisioni in base a un singolo colpo d’occhio. Yao sa che la persona virtuosa può arrecare beneficio al mondo; ma non si rende conto che può anche tradirlo. Solo chi si è collocato al di fuori della virtù è consapevole di questo”.676 Alcuni sono fatui e soddisfatti,677 altri sono parassiti,678 altri ancora sono carichi di pesi.679 Quelli che chiamo fatui e soddisfatti studiano le parole di un singolo maestro, assumono un’aria vanesia, sono molto contenti di sé, sono convinti che ciò che hanno imparato sia più che sufficiente e non si rendono conto che in realtà non hanno imparato nulla. Per questo li chiamo fatui e soddisfatti. Quelli che chiamo parassiti sono come le pulci su un maiale. Trovano un posto dove le setole siano rade e ne fanno il loro palazzo con giardino. Nelle pieghe della pelle all’inguine, sulle zampe, fra le mammelle e sulle cosce trovano le loro sale da riposo, le loro residenze di piacere. Non sanno che un giorno il cuoco con un ampio movimento del braccio spargerà la paglia, accenderà il fuoco ed esse verranno arrostite tutte quante insieme al maiale. Come seminano, così raccolgono.680 Per questo li chiamo parassiti. Altra lettura: “Solo chi supera la saggezza può rendersene conto” - L. Kiahway (1969). 677 Altra lettura: “sciocchi” - H. A. Giles (1889). 678 Altre letture: “traggono le loro risorse dagli altri” - L. Kia-hway (1969); “sono in posizione precaria” - B. Watson (1968). 679 Altra lettura: “entusiasti” - H. A. Giles (1889). 680 Altre letture: “Come loro i parassiti salgono di grado con il loro protettore e insieme con lui cadono in disgrazia” - L. Kia-hway (1969); “La loro ascesa nel mondo è soggetta a limitazioni come questa e la loro discesa anche” - B. Watson (1968).









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Quelli che chiamo carichi di pesi sono simili a Shun.681 La carne di montone non ama le formiche, ma le formiche amano la carne di montone. La carne di montone ha un odore rancido e Shun deve aver fatto qualcosa di rancido per far sì che i cento clan lo amassero tanto. Cambiò di residenza tre volte e in ciascuno dei luoghi in cui soggiornò nacque una città. Quando arrivò nel deserto di Deng aveva con sé centomila famiglie. Yao udì del suo valore e lo innalzò dalla polvere, dicendo: “Spero che tu possa venire a condividere le tue doti benefiche con noi”,682 Quando Yao lo innalzò dalla polvere Shun era già avanti negli anni e la sua 682 e il suo udito già andavano indebolendosi; ma non poté ritirarsi a riposare. Per questo lo chiamo carico di pesi. Il saggio detesta essere circondato da una folla. La folla comporta sempre dissensi e i dissensi non sono benefici.683 Perciò il saggio non familiarizza eccessivamente né è eccessivamente distante. Mantiene salda la sua virtù e si armonizza con le esigenze del mondo. Questo è un essere umano autentico. Scarta la conoscenza della formica, adotta l’astuzia del pesce, evita di trovarsi nella posizione della carne di montone. Usa l’occhio per guardare l’occhio, l’orecchio per ascoltare l’orecchio, la mente per ritornare alla mente originaria. Il suo equilibrio è perfetto e le sue trasformazioni sono un conformarsi alle situazioni. L’essere umano autentico dell’antichità si serviva del cielo per raggiungere gli esseri umani, non si serviva degli esseri umani per raggiungere il cielo. Per lui nascere era ottenere e morire era perdere, o morire era ottenere e nascere era perdere. Fra le piante

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Fedele ministro dell’imperatore Yao, che abdicò a suo favore, vedi Appendice 1. Altra lettura: “gli affidò il governo di una regione desolata, contando, come disse, che l’arrivo di Shun la arricchisse” - H. A. Giles (1889). Altra lettura: “… e se la folla lo circonda non cerca di farsela amica e non fa nulla per apportarle benefici” - B. Watson (1968).



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medicinali a volte l’una a volte l’altra684 è il rimedio principe. Come si può saperlo in anticipo? Quando Goujian fu costretto a ritirarsi con i suoi tremila uomini sul Monte Quaiqi, solo Zhong fu in grado di prevedere che il suo paese in rovina sarebbe sopravvissuto. Ma lo stesso Zhong non fu in grado di prevedere la rovina della sua persona.685 Perciò si dice che gli occhi del gufo hanno una loro funzione, le zampe della hanno una loro gru utilità: la loro perdita rattristerebbe la creatura. Si dice che l’azione del vento e del sole faccia evaporare il fiume; ma il fiume non si oppone a questa azione, perché conta sulle sorgenti che lo alimentano e continua a scorrere. L’acqua aderisce alla terra, l’ombra non si separa dalla persona che la proietta, le cose aderiscono alle cose. L’acume della vista è un pericolo per l’occhio, l’acume dell’udito è un pericolo per l’orecchio, la devozione del cuore è un pericolo per il cuore.686 Tutte le facoltà umane sono potenzialmente pericolose: se questo pericolo si realizza e non vi si pone rimedio, esso produce una sequela di disastri. Il ritorno alla condizione originaria comporta uno sforzo e richiede tempo.687 E tuttavia gli esseri umani considerano queste facoltà come un tesoro: non è triste? La distruzione di stati e il continuo massacro di esseri umani derivano dal non sapersi interrogare su questo.688 Il testo qui menziona specifiche piante medicinali difficilmente identificabili. Il re Goujian di Yue (496-465 a.C.), sconfitto dalle truppe dello stato di Wu, fu costretto a ritirarsi sul Monte Quaiqi, dove con l’aiuto del ministro Zhong per diversi anni preparò la controffensiva. Vinta infine la guerra contro Wu, Goujian si insospettì di Zhong e lo costrinse a suicidarsi. 686 O cuore/mente. Altre letture: “La relazione fra la mente è il suo oggetto è dannosa” - H. A. Giles (1889); “L’ambizione dell’uomo consuma il suo spirito” L. Kia-hway (1969); “Perseguire il pensiero può essere un pericolo per la mente” – B. Watson (1968). 687 Altra lettura: “Il rovescio di fortuna deriva dall’amore per il successo; il disastro diventerà evidente solo dopo molto tempo” - L . Kia-hway (1969). 688 Watson ritiene che “questo” si riferisca al Dao. 684







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Il piede calpesta solo una piccola parte del suolo; ma è grazie all’esistenza del suolo non calpestato che può camminare sulla vasta terra. La conoscenza di un essere umano è limitata; ma è grazie all’ignoto che può conoscere quello che chiamiamo il cielo. Comprendere la Grande Unità, comprendere il Grande Yin, comprendere la Grande Visione, comprendere la Grande Uguaglianza, comprendere il Grande Metodo, comprendere la Grande Fiducia, comprendere il Grande Ordine: questa è la perfezione. La Grande Unità unisce ogni cosa; il Grande Yin divide ogni cosa; la Grande Visione penetra ogni cosa; la Grande Uguaglianza abbraccia ogni cosa; il Grande Metodo dà corpo a ogni cosa; la Grande Fiducia onora ogni cosa; il Grande Ordine amministra ogni cosa. Nel fine di ogni cosa vi è il cielo, nel seguire vi è una luce, nell’oscurità vi è un cardine, nell’origine di ogni cosa vi è questo.689 Chi scioglie questo enigma sembra non scioglierlo; chi lo comprende sembra non comprenderlo. Non comprendendo, alfine comprendi. L’interrogare non può avere limiti né può essere illimitato. Ciò che ricerchiamo è elusivo e scivoloso, ma contiene una realtà. Non si trasforma, eppure non viene mai a mancare. Non possiamo forse dire che abbiamo in ciò una Grande Guida? Perché non interrogarla per risolvere il dubbio? Servendoci dell’indubitabile per risolvere il dubbio, ritorniamo all’indubitabile. Questo è onorare il Grande Indubitabile.



Altre letture: “Il fine ultimo è Dio [il cielo]. Egli si manifesta nelle leggi di natura. Egli è la sorgente nascosta. All’inizio Egli era”. - H. A. Giles (1889); “Ogni esistenza ha il suo cielo; ogni ricerca la sua luce; ogni comunione il suo cardine; il principio ha il suo Ciò” - L. Kia-hway (1969); “Finiscila con ciò che è Celeste, segui ciò che è luminoso, nasconditi in ciò che è cardinale, comincia in ciò che è oggettivo” - B. Watson (1968).



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則 陽

Zeyang



































Piccola Conoscenza disse: “Ji Zhen sostiene ‘l’azione del nulla’; Jiezi sostiene invece che ‘c’è una causa’. Delle due scuole quale ha ragione? Quale coglie la natura delle cose?”. Grande Armonia Collettiva rispose: “I galli cantano e i cani abbaiano, questo tutti lo sanno. Ma nessuno, per quanto sapiente, è in grado di dire come galli e cani siano venuti a essere ciò che sono o come diverranno ciò che sono destinati a divenire. Puoi spingere la tua analisi fino a ciò che è tanto piccolo da non aver forma o a ciò che è tanto grande da non poter essere abbracciato dal pensiero. Ma, sia che tu dica che c’è qualcosa che fa sì che le cose siano così come sono, o che esse sono così come sono per opera del nulla, entrambe sono rappresentazioni in termini di cose e quindi in senso ultimo inadeguate”.









Questo capitolo contiene due dialoghi che, insieme al dialogo “piene autunnali” del Capitolo 17, Graham considera rappresentativi della “corrente razionalizzante” in seno al daoismo: il dialogo fra Dai Jinren e il re di Wei (“dialogo della lumaca”) quello fra Piccola Conoscenza e Grande Armonia Collettiva. Caratteristico di questa scuola razionalizzante è l’uso dell’aggettivo “grande” per indicare lo sviluppo ultimo del cammino spirituale: si parla quindi di Grande Uomo, Grande Principio e così via. La problematica centrale è la distinzione fra finito e infinito, fra l’uno e il molteplice, fra la comprensione delle parti e la comprensione del tutto. Quest’ultima è nettamente collocata al di là della sfera delle parole, trascende l’universo del discorso, come è esplicitamente affermato nella conclusione del dialogo fra Piccola Conoscenza e Grande Armonia Collettiva. Perciò la “scuola del Grande Uomo” rappresentata da questi tre dialoghi, secondo l’ipotesi di Graham, pur accettando alcune argomentazioni razionalizzanti dei sofisti, si distacca da essi su questo punto fondamentale e resta nell’alveo dell’epistemologia dei Capitoli Interni. Particolarmente interessante è l’ultimo scambio del dialogo fra Piccola Conoscenza e Grande Armonia Collettiva. La domanda è profonda: esiste una causa che fa sì che le cose siano così come sono, oppure tutto emerge semplicemente dal vuoto, dal non-essere? La risposta di Grande Armonia Collettiva è che entrambe queste formulazioni sono rappresentazioni del non-rappresentabile. Le parole sono limitate alla dimensione delle cose (o degli esseri, delle esistenze finite, della comprensione delle parti, anziché del tutto). “Cerco le radici delle cose”, dice Grande Armonia Collettiva, “ma queste vanno indietro nel passato senza un inizio. Cerco gli sviluppi ultimi delle cose: ma questi continuano ad arrivare senza fine. Dove non c’è inizio né fine le parole si arrestano”. Nella prospettiva dell’infinito, le dimensioni del finito si confondono e ciò che ci appare grande perché ci tocca da vicino, perché siamo identificati con esso, diviene infinitesimo non appena cambiamo prospettiva: questo è il tema del “dialogo della lumaca”. L’intero regno di Wei potrebbe stare sulla punta di un corno di lumaca. E la metafora ha anche un altro risvolto interessante: i due regni che si combattono sanguinosamente stando uno sul corno destro, l’altro sul corno sinistro della lumaca non si rendono conto che il corpo della lumaca è uno: le loro differenze sono puramente immaginarie.

Quando Zeyang era in viaggio nello stato di Chu, Yijie volle presentarlo al re di Chu, ma il re rifiutò di riceverlo. Yijie non insistette. Zeyang perciò si recò a far visita a Wang Guo e gli disse: “Maestro, parleresti di me al re?”. Wang Guo rispose: “Non sono tanto adatto a questo compito quanto Gongyue Xiu”. “Gongyue Xiu? Cosa fa costui?”. “Durante l’inverno caccia le tartarughe d’acqua dolce con la fiocina, durante l’estate si riposa nelle montagne. Se un passante lo interroga, dice: ‘Questa è la mia casa’. Dove Yijie non è riuscito, ancor meno riuscirei io, che non sono alla sua altezza. Yijie è intelligente, ma non è un uomo virtuoso. Non si risparmia e impiega il suo spirito per conquistare amicizie fra i ricchi e i potenti.690 Aiuta piuttosto a perdere la virtù che a coltivarla. In primavera chi ha freddo può coprirsi; in inverno chi ha caldo può esporsi a un vento freddo.691 Il re di Chu è intelligente, autorevole e severo: nel punire le colpe è spietato come una tigre. Nessuno, se non un adulatore o un uomo la cui virtù sia perfetta, può sperare di influire su di lui. Il saggio, quando vive in povertà, può far dimenticare ai familiari le loro ristrettezze; quando occupa una posizione elevata, può far sì che re e duchi dimentichino i loro titoli e il loro rango e vengano a rendergli omaggio. Pur restando centrato in sé, condivide con tutti gli esseri la sua gioia. Senza pronunciare una parola è portatore di armonia. La sua semplice presenza induce cambiamenti nelle persone e fa tornare il giusto rapporto fra padri e figli. La sua

Altre letture: “Se non fosse per una certa arroganza sarebbe molto popolare con i suoi superiori” - H. A. Giles (1889); “Non ascolta la propria anima ed è compiacente con i ricchi e i dignitari” - L. Kia-hway (1969); “Non è permissivo con se stesso e concentra tutto il suo spirito nel compiacere i suoi amici” B. Watson (1968). 691 Il senso di questa metafora nel contesto non è chiaro.











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influenza benefica deriva dal suo risiedere nell’unità.692 Tanto il suo cuore è lontano da quello dell’umanità ordinaria! Perciò ti suggerisco di aspettare Gongyue Xiu”. Il saggio si libera di ogni attaccamento e contempla il tutto come unità senza sapere perché: tale è la natura intrinseca delle cose.693 Ritorna al proprio destino e agisce conformemente a esso, prende il cielo come maestro e gli altri lo seguono. Chi si preoccupa di conoscere, ma non possiede costanza, come potrà mai arrivare a un punto fermo?694 A una persona bella fin dalla nascita sono gli altri a fare da specchio, se non le viene detto che è bella, non sa di essere più bella di altri. Ma che lo sappia o non lo sappia, che le venga detto o non le venga detto, la sua vista continua a rallegrare gli altri e tutti continuano ad amarla: tale è la sua natura intrinseca. Analogamente il saggio ama gli esseri umani, ma sono gli altri a dare un nome a questo fatto: se non gli viene detto, il saggio non sa di amare gli esseri umani. Ma che lo sappia o non lo sappia, che gli venga detto o non gli venga detto, continua ad amare gli esseri umani ed essi continuano ad amarlo: tale è la sua natura intrinseca.

Altre letture: “Dal suo ritorno alla passività discende la sua attiva influenza benefica” - H. A. Giles (1889); “La sua generosità è così tranquilla” - L. Kiahway (1969); “Fa tutto questo in uno spirito di unità e di assenza di sforzo” B. Watson (1968). 693 O “tale è la sua natura intrinseca”. 694 Questa frase è probabilmente corrotta. Altre letture: “Si rattrista che la saggezza non porti lontano e a volte si arresti del tutto” - H. A. Giles (1889); “Se continui a preoccuparti di conoscere e tutto ciò che fai finisce in un attimo, quando ciò finisce cosa farai?” – A. C. Graham (1981); “Chi si preoccupa di conoscere, ma non agisce di conseguenza, come può giungere al suo scopo?” L. Kia-hway (1969); “Ma se si preoccupasse di quanto sa e le sue azioni non fossero costanti neppure per un anno o una stagione, come potrebbe mai trovare un punto di arresto?” - B. Watson (1968).







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Un viaggiatore che ritorna al paese natale dopo lungo tempo riconosce ogni cosa e si rallegra; anche se la vegetazione ha ricoperto i nove decimi del paesaggio, tutto gli appare familiare.695 Quanto più allora si rallegra contemplando ogni cosa da una terrazza alta cento piedi!696 Ranxiang697 trovò il centro del cerchio dove ogni cosa compie. Si rese partecipe del destino degli esseri, senza fine, senza inizio, senza stagione, senza tempo. Cambiando con essi giorno per giorno, arrivò a unirsi all’immutabile. Perché mai lasciare andare ciò?698 Chi vuol prendere il cielo come maestro non avrà mai il cielo come maestro699 e sarà trascinato nel ciclo delle cose. Come potrà allora portare a termine i suoi compiti? Per il saggio non c’è cielo, non ci sono esseri umani, non c’è inizio e non ci sono cose. Egli si muove con i tempi e provvede a ogni cosa senza errore. Come possiamo emularlo?700 Quando Tang ottenne il dominio del mondo, adottò come tutore Deng Heng, il funzionario incaricato della sorveglianza delle

Altra lettura: “Anche se le sue colline sono un intrico di vegetazione e i nove decimi delle persone che conosceva giacciono ora sotto di esse…” - B. Watson (1968). 696 Forse una metafora per la gioia che si prova ritornando alla propria natura intrinseca. 697 Vagamente identificato con un mitico sovrano dell’antichità. 698 Altre letture: “Perché non cercare di lasciarle andare [le cose]?” - A. C. Graham (1981); “Perché mai dovrebbe smettere di fare ciò?” - B. Watson (1968). 699 Altra lettura: “Chi vuol prendere il cielo a maestro e non vi riesce…” - L. Kiahway (1969). 700 Altre letture: “Perché mai dovresti preoccuparti di adattarti?” - A. C. Graham (1981); “Fino a che punto egli si conforma alle circostanze?” - L. Kia-hway (1969); “Altri cercano di stare al passo con lui, ma che possono fare?” - B. Watson (1968).





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porte.701 Ne seguì i consigli illimitatamente702 e riuscì a portare ogni cosa a compimento. In questo modo ottenne la fama. Le leggi che promulgarono resero entrambi famosi.703 Confucio lasciò ogni preoccupazione e divenne tutore del mondo.704 Rongcheng ha detto: “Sottrai i giorni e non vi saranno gli anni. Elimina l’interno e non vi sarà l’esterno”.705 Il re Ying di Wei si alleò con il marchese Tian Mou di Qi, ma quest’ultimo violò i patti. Il re si infuriò e volle inviare un sicario ad assassinare il marchese. Il generale Gongsun Yan, udendo ciò, ne ebbe vergogna e disse: “Voi, signore di diecimila carri,706 volete inviare un uomo del popolo a compiere la vostra vendetta! Vi prego invece di darmi il comando di un esercito di duecentomila uomini. Attaccherò Tian Mou per vostro conto, farò prigioniero il suo popolo, mi impadronirò delle sue mandrie e dei suoi cavalli e lo farò ribollire di rabbia fino a che si formino ulcere sulla sua schiena. Poi prenderò Altra lettura: “Il santo sovrano Tang prese come maestri Men Yin e Deng Heng” - L. Kia-hway (1969). 702 Altra lettura: “Ascoltando i suoi consigli, ma non lasciandosi limitare da essi…” - H. A. Giles (1889). 703 Una frase quasi indecifrabile. Altre letture: “… ottenne il Tao per sé e la fama per il suo tutore. Ma questa fama era una violazione di principio e lo condusse nel regno delle alternative” - H. A. Giles (1889); “Per questo istituì nomi, e per questi nomi regole corrispondenti; ottenne una doppia visione di ciò” - A. C. Graham (1981); “Il raggiungimento della reputazione e l’adempimento delle leggi ottennero, rispettivamente, piena espressione” - L. Kia-hway (1969); “… divenendo di conseguenza un mero portatore di titoli. Questo è detto rendersi superfluo, un metodo che permette di raggiungere due manifestazioni” – B. Watson (1968). 704 Anche di questa frase ci sono interpretazioni discordanti. Per esempio: “Come tutore Confucio portò l’ansia e la preoccupazione fino a un limite estremo” – H. A. Giles (1889). 705 Un’altra frase di dubbio significato. Altra lettura: “Cancellate i giorni e gli anni. Annientate il mondo interiore e il mondo esteriore” - L. Kia-hway (1969). Rongcheng è citato nel Capitolo 10 insieme a mitici sovrani dell’antichità. Secondo un’altra interpretazione sarebbe stato il maestro di Laozi. 706 Un’espressione standard p per indicare il potere di un sovrano.





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la sua capitale, e quando Ji, il suo generale, cercherà di fuggire, lo colpirò alla schiena e gli spezzerò la colonna vertebrale”. Jizi, udendo le parole del generale, ne ebbe vergogna e disse: “Se si costruisce un muro alto cento piedi e appena completato lo si distrugge, la sofferenza e la fatica sono state invano. Non abbiamo mobilitato le truppe per sette anni: questo, signore, è il fondamento del tuo potere. Costui è un provocatore e non va ascoltato”. Huazi, udendo le parole di Jizi, ne fu disgustato e disse: “Chi cerca con belle parole di convincerti ad attaccare Qi è un provocatore; e chi cerca con belle parole di dissuaderti dall’attaccare Qi è un provocatore. Infine chi dice che entrambi sono provocatori, anche questi è un provocatore!”. Il re disse: “In tal caso cosa devo fare?”. “Solo cercare il Dao, nient’altro!”, rispose Huazi. Huizi,707 udendo questo, condusse Dai Jinren dal re. “C’è una creatura chiamata lumaca”, disse Dai Jinren. “Vostra Maestà la conosce?”. “Certo”. “Sul suo corno sinistro c’è uno stato che si chiama Aggressione, sul suo corno destro c’è uno stato che si chiama Prepotenza. Spesso questi stati hanno conflitti territoriali, si fanno guerra e lasciano sul terreno decine di migliaia di cadaveri. Il vincitore insegue il vinto per quindici giorni prima di ritornare a casa”. “Che razza di parole a vanvera sono queste?”, disse il re. “Permettetemi di mostrarvi la verità di queste parole. Vostra Maestà ritiene che le quattro direzioni dello spazio, l’alto e il basso abbiano un limite?”. “Non hanno limite”, disse il re. “E Vostra Maestà sa che quando la mente vaga in queste dimensioni illimitate e poi ritorna nei territori che le sono familiari questi territori ci appaiono tanto piccoli da sembrare quasi inesistenti?”.





























Il sofista, spesso menzionato nel libro, amico e antagonista di Zhuangzi.

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“Vero”, disse il re. “Fra questi territori che ci sono familiari c’è lo stato di Wei. All’interno dello stato di Wei c’è la città di Liang. All’interno della città di Liang ci siete voi, Maestà. Fra voi e il re di Prepotenza c’è allora una qualche differenza?”.708 “Nessuna differenza”, rispose il re. Quando il visitatore si fu ritirato, il re restò per un certo tempo stupefatto e come morto al mondo. Quando Huizi venne a fargli visita disse: “Questo visitatore che mi hai presentato è un Grand’Uomo. I saggi stessi non sono pari a lui”. “Se soffi in un flauto”, disse Huizi, “ne esce un suono chiaro; se soffi nell’anello dell’elsa di una spada, ne esce solo un fruscio. Tutti lodano Yao e Shun,709 ma parlare di Yao e Shun davanti a Dai Jinren equivale a emettere solo un fruscio”. In viaggio verso lo stato di Chu, Confucio si fermò a mangiare una minestra nella Locanda del Formicaio. Nella casa accanto, marito e moglie, servi e serve erano tutti saliti sul tetto della casa.710 Il discepolo Zilu chiese: “Chi sono costoro?”. Confucio rispose: “Sono i servi di un saggio, che si è sepolto in mezzo al popolo, nascosto in mezzo ai campi. Non fa rumore, ma il compito che si è dato è infinito. Quando la sua bocca parla, la sua mente resta in silenzio. È in disaccordo con i tempi e in cuor suo li disdegna. Vive sommerso pur vivendo sulla terraferma. Si chiama Yiliao di Shinan”.711 “Posso andare a invitarlo?”, chiese Zilu.

Letteralmente: “c’è un qualche conflitto?” Il senso è che in confronto all’infinità dell’universo il regno di Wei è tanto piccolo come quello che si trova sopra un corno di lumaca. Le contese territoriali sono dunque tanto futili quanto i due regni sui corni della lumaca che si fanno la guerra. 709 Saggi imperatori mitici dell’antichità, vedi Appendice 1. 710 I vicini sono saliti sul tetto presumibilmente per vedere il famoso saggio forestiero Confucio. 711 Che abbiamo già incontrato nei Capitoli 20 e 24.

















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“Inutile”, rispose Confucio. “Sa che lo conosco, sa che sono in viaggio verso Chu e sa che ho intenzione di raccomandarlo al re di Chu. Inoltre mi considera un adulatore:712 un uomo simile si vergogna anche solo di udire le parole di un adulatore, figuriamoci di incontrarlo di persona! Cosa ti fa pensare che sia in casa?”. Zilu andò comunque a cercarlo, ma trovò la casa vuota. La guardia di frontiera di Changwu disse a Zilao:713 “Un principe nell’amministrare lo stato non deve essere superficiale; nel governare il popolo non deve essere sbrigativo. In passato coltivavo cereali. Un anno ho arato in maniera superficiale e il raccolto è stato superficiale; ho diserbato in maniera sbrigativa e il raccolto è stato scarso. L’anno seguente ho cambiato modo di lavorare: ho arato profondamente e ho diserbato con cura. Il raccolto è stato abbondante e mi ha procurato cibo per tutto l’anno”. Udendo queste parole, Zhuangzi disse: “La gente d’oggi cura il proprio corpo e ordina la propria mente proprio come ha detto la guardia di frontiera.714 Abbandonano la loro connessione con il cielo, deviano dalla loro natura intrinseca e uccidono il loro spirito per comportarsi come si comporta la folla. Chi è superficiale nel coltivare la propria natura troverà che desiderio e odio crescono in lui come gramigna e rovi. All’inizio queste cose sembrano nutrirci, ma poi finiscono per soffocare la nostra natura. A lungo andare scoppiano qua e là sotto forma di ulcere, febbri, tumori e pus nelle urine”.

Altra lettura: “Sa che intendo diventare famoso e sa che sono in viaggio verso la capitale di Chu. Sicuramente immagina che io stia cercando di ottenere un incarico dal re e di conseguenza mi considera un furfante” - B. Watson (1968). 713 Un discepolo di Confucio. 714 Nel senso che coltiva corpo e mente in maniera superficiale.









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Bai Ju, un discepolo di Lao Dan,715 disse al maestro: “Ti prego, dammi il permesso di andarmene per il mondo”.716 “Il mondo è già qui”, rispose Lao Dan. Quando però Bai Ju ripeté la sua richiesta, Lao Dan gli chiese: “Dove andrai per primo?”. “Comincerò con lo stato di Qi”, disse Bai Ju. Giunto a Qi, Bai Ju vide il corpo di un criminale giustiziato.717 Si sforzò di ricomporlo come poté, poi lo ricoprì con i suoi abiti da cerimonia, elevando lamenti al cielo e piangendo: “Ahimè! Ahimè! Il mondo è in grande rovina e tu per primo ne hai fatto esperienza!718 Dicono: non rubare, non uccidere. Ma quando vengono istituiti l’onore e il disonore si genera la malattia,719 quando si accumulano beni e ricchezze si genera il conflitto. Oggi le istituzioni generano malattia, l’accumulazione genera conflitto. Queste miserie tormentano la nostra epoca e non le danno pace. Come si può sperare di non arrivare a questo?720 Gli antichi governanti attribuivano al popolo ogni loro successo e a se stessi ogni fallimento, attribuivano al popolo ogni rettitudine e a se stessi ogni errore. Quando anche una sola persona moriva se ne assumevano la colpa. Non così oggi. I governanti attuali nascondono il loro operato e ingannano gli ignari; creano grandi difficoltà e incolpano coloro che non osano affrontarle; assegnano compiti pesanti e puniscono chi non ne è all’altezza; fissano mete lontane e giustiziano coloro che non le raggiungono. Così l’intelligenza e la forza del popolo si esauriscono e la gente è ridotta a servirsi dell’ipocrisia. Se giorno per giorno l’ipocrisia cresce in seno alla classe dominante, Laozi. Altra lettura: “Andiamocene in giro per il mondo” - H. A. Giles (1889). 717 Il corpo di un criminale giustiziato veniva spesso esposto nella piazza del mercato. 718 Altra lettura: “La più grande calamità si è abbattuta su di te” - L. Kia-hway (1969). 719 Dell’ambizione, dell’invidia e così via, nei cuori degli esseri umani. 720 Al crimine e alla punizione. 715











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come potrebbe il popolo non servirsene? Quando la forza non è sufficiente, ci si serve dell’ipocrisia; quando l’intelligenza non è sufficiente, si ricorre all’inganno; quando le risorse materiali non sono sufficienti si ricorre al furto. Ma di questi furti chi è responsabile?”. Qu Boyu721 nei sessant’anni della sua vita ha cambiato idea sessanta volte. Non c’è nulla di ciò che un tempo ha ritenuto vero che non abbia in un altro momento rinnegato come falso. Come possiamo allora sapere se ciò che oggi ritiene vero non sia tanto falso quanto ciò che ha ritenuto falso nei precedenti cinquantanove anni?722 I diecimila esseri sorgono e non ne vediamo le radici, emergono e non vediamo la porta da cui entrano. Tutti gli esseri umani rendono omaggio a ciò che il sapere sa, ma nessuno conosce il sapere che si fonda sul sapere di non sapere.723 Non è forse questa la suprema incertezza? Basta, basta! Non c’è modo di sfuggirle. Non è forse questa l’identità dell’affermazione e del dubbio?724 Confucio sottopose ai grandi storici Da Tao, Bo Changqian e Xi Wei questo dilemma: “Il duca Ling di Wei era dedito al vino e ai piaceri e non si curava di governare lo stato. Andava a caccia con

Un ministro dello stato di Wei che abbiamo già incontrato nel Capitolo 4. Altra lettura: “Non conosciamo nessuna cosa che ora affermiamo e che non rinnegheremo cinquantanove volte” - A. C. Graham (1981). 723 Altre letture: “ … ma nessuno sa come conoscere basandosi su ciò che la sua intelligenza non conosce” - A. C. Graham (1981); “Non sanno come servirsi dell’ignoto per raggiungere la conoscenza” - H. A. Giles (1889); “… ma nessuno si accorge che ciò che conosce riposa su ciò che la sua intelligenza non può conoscere” - L. Kia-hway (1969); “… ma nessuno capisce abbastanza per basarsi su ciò che la conoscenza non conosce e così arrivare a conoscere” - B. Watson (1968). 724 Altre letture: “È questo ciò che si potrebbe chiamare l’alternativa fra ‘l’essere così e l’essere così’?”-A. C. Graham (1981); “Questo è quello che si dice dire sia ‘è così’ sia ‘è così?’” - B. Watson (1968). 721







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reti e frecce cordate e non si curava delle sue responsabilità verso gli altri signori feudali. Perché allora lo chiamiamo duca Ling?”.725 Da Tao disse: “Lo chiamiamo così perché si chiamava così”. Bo Changqian disse: “Il duca aveva tre mogli. Un giorno che si stava bagnando insieme a esse lo storico Qiu si presentò per offrirgli in dono una stoffa di seta. Il duca lo ricevette personalmente e lo trattò con deferenza.726 Era tanto lascivo per un verso, quanto rispettoso verso una persona virtuosa. Per questo lo chiamiamo duca Ling”. Xi Wei disse: “Quando il duca morì, si compì una divinazione per vedere dove lo si dovesse seppellire. Il responso relativo alla vecchia tomba di famiglia fu infausto, mentre si ottenne una risposta favorevole per seppellire il duca nella Collina Sabbiosa. Ivi, scavando molte braccia, si incontrò un sarcofago di pietra. Dopo averlo lavato ed esaminato, si trovò che portava la seguente iscrizione: ‘Non fidandosi dei figli, il duca Ling ha scelto questa come sua dimora’.727 Perciò il nome Ling apparteneva al duca già da lungo tempo! Come possono questi altri due saperne qualcosa?”. Piccola Conoscenza chiese a Grande Armonia Collettiva: “Cosa significano le ‘parole del villaggio’?”728 Ling, nome postumo del duca, abbraccia i significati: “magico, meraviglioso, soprannaturale, essere spirituale, anima, efficacia, potere, ingegno, bontà, beneficenza”. 726 La narrazione di questo episodio presenta varie incertezze. Graham dissocia il bagno con le mogli e la visita del funzionario considerandoli due eventi distinti. Secondo Giles e Liou Kia-hway il ministro si presenta per sottoporre al duca una decisione di stato e questi manifesta il suo rispetto coprendo la propria nudità e quella delle mogli. 727 Altre letture: “Della posterità non ci si può fidare. Il duca Ling sceglierà questa come la sua tomba” - H. A. Giles (1889); “Né tu né i tuoi posteri riposerete qui, perché il duca Ling prenderà il vostro posto” - L. Kia-hway (1969). 728 Il senso della domanda è oscuro, così come non è chiaro cosa la risposta abbia a che fare con essa. Altre letture: “Cosa significa società?”- H. A. Giles (1889); “Cosa significano le parole ‘reparto o settore’?”-A. C. Graham (1981); “Che cosa bisogna intendere per proverbi del villaggio?” - L. Kia-hway (1969); “Che cosa si intende con il termine ‘parole comunitarie’?” - B. Watson (1968).











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Grande Armonia Collettiva rispose: “Un villaggio riunisce una decina di famiglie, ovvero un centinaio di persone, e possiede le proprie tradizioni. Riunisce il diverso considerandolo simile e divide il simile considerandolo diverso. Puoi indicare cento diverse parti del согро di un cavallo, senza che queste arrivino a essere un cavallo. Eppure il cavallo è lì davanti ai tuoi occhi. Solo considerando l’insieme delle cento parti diventa un cavallo. Similmente colline e montagne sono alte perché sono l’accumulo di molti bassi monticelli di terra; lo Yangtze o il Fiume Giallo729 sono grandi perché raccolgono le acque di molti torrenti; e il Grande Uomo raccoglie insieme gli interessi particolari per il bene collettivo. Accoglie ciò che gli giunge dall’esterno, ma non vi si afferra; ciò che emerge dal suo interno è retto, ma non tiene a distanza le persone. Le quattro stagioni hanno soffi diversi, ma il cielo non ha preferenze, e così l’anno compie il suo ciclo. I cinque ministeri hanno funzioni diverse, ma il sovrano non ha preferenze, e così il paese è ben governato. Fra i civili e i militari il Grande Uomo non ha preferenze e così la sua virtù è completa. I diecimila esseri hanno ciascuno un’essenza propria, ma il Dao non è parziale: così resta senza nome.730 Resta senza nome, perciò non agisce; non agisce, perciò nulla resta incompiuto.731 Le stagioni hanno una fine e un inizio, i tempi hanno le loro trasformazioni. Disastri e felicità si alternano e ciò che viene scartato da un lato si rivela appropriato da un altro. Ciascun essere segue il proprio corso e ciò che è corretto per uno di essi è sbagliato per un altro. È come una grande foresta, dove cento specie di alberi convivono; o come una grande montagna, dove alberi e rocce condividono lo stesso supporto. Questo è il significato delle ‘parole del villaggio””. Piccola Conoscenza disse: “In tal caso, possiamo chiamare tutto ciò il Dao?”. I due massimi fiumi della Cina. Altre letture: “… così non ha il nome di uno piuttosto che di un altro” - A. C. Graham (1981); “… così possono giungere all’assenza di nomi” - B. Watson (1968). 731 Una formula che ricorre con frequenza nel Laozi. 729





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“No”, rispose Grande Armonia Collettiva. “Se contiamo il numero degli esseri, diecimila non è sufficiente; parliamo di ‘diecimila esseri’ solo per indicare un numero molto grande. La forma di cielo e terra è grande, il respiro dello yin e dello yang è grande, e il Dao abbraccia tutto ciò. Perciò usiamo il termine ‘Dao’ solo per indicarne la grandezza. È un semplice paragone. Se lo trattiamo come un concetto, come per esempio ‘cane’ o ‘cavallo’, si rivela di gran lunga inadeguato”.732 Piccola Conoscenza disse: “All’interno dei quattro punti cardinali e delle sei direzioni, da dove emergono nascendo i diecimila esseri?”. “Lo yin e lo yang si illuminano a vicenda, si ricoprono a vicenda e si governano a vicenda”, disse Grande Armonia Collettiva. “Le quattro stagioni si succedono, si producono e si sopprimono ciclicamente. Così si generano desiderio e avversione, attrazione e repulsione e l’unione del maschio e della femmina, e così si dà l’esistenza. Sicurezza e pericolo si alternano, disastri e felicità si avvicendano, urgenza e tranquillità vanno gomito a gomito e il riunire e il separare portano ogni cosa a compimento. Queste realtà possono essere dette; la loro sottigliezza e profondità può essere descritta. La successione ordinata, l’alternarsi, l’invertire il cammino quando si esaurisce l’impulso ad avanzare, l’avere una fine e un inizio, questo è proprio di tutte le cose. Ma ciò che le parole possono esaurire, ciò a cui la conoscenza può arrivare si limita alle cose, nulla di più. Colui che ricerca il Dao non insegue le cose quando scompaiono, né si chiede donde emergano quando compaiono. Questo è il luogo dove ogni possibile discussione si arresta”.







Altre letture: “Per convenienza il legame sociale è detto grande. Ma come può ciò che è così condizionato essere paragonato al Dao? C’è una differenza tanto grande quanto fra un cavallo e un cane” - H. A. Giles (1889); “Se dal punto di vista della grandezza acconsentiamo ad applicare fil nome ‘Dao’] a ciò, non vi sono obiezioni. Ma se, una volta stabilito questo nome, cerchiamo di paragonarlo alla realtà, è come paragonare un cane a un cavallo: la distanza fra loro è estremamente grande” - B. Watson (1968).

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Piccola Conoscenza disse: “Ji Zhen sostiene ‘l’azione del nulla’; Jiezi sostiene invece che ‘c’è una causa’. Delle due scuole quale ha ragione? Quale coglie la natura delle cose?”733 Grande Armonia Collettiva rispose: “I galli cantano e i cani abbaiano, questo tutti lo sanno. Ma nessuno, per quanto sapiente, è in grado di dire come galli e cani siano venuti a essere ciò che sono o come diverranno ciò che sono destinati a divenire. Puoi spingere la tua analisi fino a ciò che è tanto piccolo da non aver forma o a ciò che è tanto grande da non poter essere abbracciato dal pensiero. Ma, sia che tu dica che c’è qualcosa che fa sì che le cose siano così come sono o che esse sono così come sono per opera del nulla, entrambe sono rappresentazioni in termini di cose e quindi in senso ultimo inadeguate.734 Se c’è qualcosa che fa sì che cose siano così come sono, esse sono reali; se esse sono opera del nulla, la loro natura è vuota. Se vi sono nomi e realtà, le cose hanno in essi il loro fondamento; se non vi sono nomi né realtà, le cose hanno il loro fondamento nel vuoto.735 Più ne parli, più ci pensi, più ti allontani dal capire. Non possiamo rifiutarci di nascere, né di morire. Vita e morte non sono lontane fra di loro, ma il loro principio comune è invisi-

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Non sappiamo nulla di questi due filosofi, forse figure immaginarie. Giles interpreta la contrapposizione fra le due scuole come quella fra “caso” e “predestinazione”, che, uscendo dal contesto teologico di questo autore, potremmo tradurre in termini moderni come la contrapposizione/complementarità di “caso” e “necessità”. Altre letture: “Con ‘qualcosa lo causa’ e ‘nulla lo fa’ non sfuggiamo al regno delle cose, benché continuiamo a supporre di essere andati oltre” - A. C. Graham (1981); “Ma, sia che tu dica che ‘nulla lo fa” o che ‘qualcosa lo fa essere così com’è’, non sei sfuggito al regno delle cose, e così alla fine cadi in errore” - B. Watson (1968). Altre letture: “C’è un nome, c’è una sostanza allora occupa un posto con le altre cose. Non c’è nome, non c’è sostanza - allora occupa il vuoto che sta fra le cose”-A. C. Graham (1981); “Tutto ciò che appartiene ai nomi e alle realtà rimane nell’ambito degli esseri; ciò che non ha né nome, né realtà si situa nel vuoto degli esseri” -L. Kia-hway (1969); “Finché ci sono nomi e realtà sei in presenza di cose. Quando non ci sono nomi né realtà, esisti in assenza di cose” - B. Watson (1968).



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bile. Sia l’esistenza di una causa, sia l’azione del nulla sono teorie che hanno la loro base nel dubbio. Cerco le radici delle cose: ma queste vanno indietro nel passato senza un inizio. Cerco gli sviluppi ultimi736 delle cose: ma questi continuano ad arrivare737 senza fine. Dove non c’è inizio né fine, le parole si arrestano: le parole sono partecipi della stessa legge che governa le cose. ‘C’è una causa’ e ‘l’azione del nulla’ sono l’inizio delle parole e in quanto tali partecipano della fine e dell’inizio delle cose. Il Dao non può essere descritto come essere né come non-essere. Lo chiamiamo Dao solo per indicare il cammino. ‘C’è una causa’ e ‘l’azione del nulla’ occupano solo un angolo delle cose: il Grande Principio sfugge loro. Se le parole fossero sufficienti, parlando tutto il giorno potresti esaurire il Dao; ma poiché non lo sono, parlando tutto il giorno esaurisci solo cose specifiche. Il Dao e il culmine ultimo delle cose, né le parole né il silenzio sono sufficienti a esprimerli. Non parole e non silenzio: questo è il culmine ultimo della discussione”.

Letteralmente “i ramoscelli terminali”. I cinesi tendevano a rappresentarsi il tempo come futuro che ci viene incontro e passato che se ne va alle nostre spalle piuttosto che come un nostro movimento lungo la linea del tempo.



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外 物

Le cose esterne

Comprendi l’inutile e potrai cominciare a parlare dell’utile. Cielo e terra sono immensi. La parte che un essere umano ne usa è solo il terreno che sta sotto i suoi piedi. Ma se, riconoscendo questo fatto, scavassimo tutto intorno ai suoi piedi giù, giù fino alle Sorgenti Gialle, quel pezzetto di terreno gli sarebbe ancora utile?



































La nassa serve per prendere il pesce; preso il pesce, puoi dimenticarti della nassa. Il laccio serve per prendere il coniglio; preso il coniglio, puoi dimenticarti del laccio. Le parole servono per catturare il significato: afferrato il significato, puoi dimenticarti delle parole. Dove posso trovare una persona che abbia dimenticato le parole? Vorrei scambiare qualche parola con lei!

Sulle cose esterne non si può fare affidamento. Così Longfeng fu condannato a morte, Bigan fu sventrato, Jizi dovette fingere la pazzia, Lai738 fu messo a morte e Jie e Zhou739 furono spodestati e uccisi. Ogni principe vorrebbe un ministro leale: ma i ministri leali non vengono necessariamente creduti. Così Wu Yuan740 fu costretto a suicidarsi e Chang Hong741 morì in Shu, dove il suo sangue fu raccolto e dopo tre anni si trasformò in giada verde. Ogni genitore vorrebbe un figlio devoto, ma i figli devoti non sono necessariamente amati. Così Xiaoji visse nell’angoscia e Zeng Shen nella tristezza.742 Due pezzi di legno sfregati insieme possono accendere un fuoco; il metallo tenuto a lungo nel fuoco si fonde e diventa liquido. Quando l’equilibrio di yin e yang è in disordine, in cielo e in terra compaiono strani portenti. I lampi provocano incendi sotto la pioggia e bruciano alberi giganteschi. Presi fra due opposte minac-

738 Su questi personaggi vedi Appendice 2. Gli ultimi imperatori delle dinastie Xia e Shang rispettivamente, vedi Appendice 1. 740 Su Wu Yuan o Wu Zixu, generale e ministro dello stato di Wu, vedi Appendice 2. 741 Ministro di Zhou, ucciso nel 492 a.C. 742 Famosi esempi di pietà filiale. Zeng Shen è un discepolo di Confucio, vedi Appendice 2. 738



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Un altro capitolo composto di frammenti eterogenei. Alcuni di questi sono probabilmente corrotti o incompleti e il loro messaggio è difficilmente decifrabile. Il capitolo presenta tuttavia due punti salienti. La metafora del “piede che calpesta solo una piccola parte del suolo”, che abbiamo già incontrato nel Capitolo 24, viene qui ulteriormente sviluppata nel contesto di una conversazione fra Zhuangzi e Huizi. Splendido infine il frammento che conclude il capitolo: “la nassa serve per prendere il pesce”.

ce non troviamo via di fuga.743 La paura ci paralizza e il cuore è come sospeso fra cielo e terra. Divisi fra la speranza e il timore, piombiamo nell’irresolutezza. L’attrito fra utile e danno produce una moltitudine di fuochi che bruciano la nostra pace interiore. La luna non è in grado di combattere il fuoco, che divampa inarrestabile e il Dao va perduto.744 La famiglia di Zhuang Zhou745 era povera, perciò egli si recò a chiedere in prestito dei cereali al marchese di Jianhe. Il marchese disse: “Certo. Fra poco riscuoterò i tributi dei miei villaggi. Ti presterò trecento pezzi d’oro: ti bastano?”. Zhuang Zhou arrossì di collera e disse: “Ieri, mentre stavo venendo qui, mi sono sentito chiamare. Nel solco di un carro c’era una pozzanghera e in questa una carpa. Le ho chiesto: ‘Carpa, cosa fai tu qui?’. Mi ha risposto: ‘Sono il ministro delle onde del Mare Orientale. Non avresti una tazza d’acqua per permettermi di sopravvivere?’. ‘Certo’, le ho detto. ‘Sono in viaggio verso il sud per far visita ai re di Wu e di Yue. Farò deviare il corso del Fiume Occidentale e lo farò arrivare qui dove sei tu. Ti basta?’. La carpa è arrossita di collera e mi ha detto: ‘Ho perso il mio ambiente naturale e non ho dove stare. Ti ho chiesto solo una tazza d’acqua per permettermi di sopravvivere. Se mi parli in questo modo, tanto

Altre letture: “Si teme che cielo e terra possano crollare e non lascino via di fuga” - H. A. Giles (1889); “Così, colui che si lascia divorare dalle preoccupazioni cadrà in uno squilibrio senza uscita” - L. Kia-hway (1969); “Piacere e dispiacere intrappolano l’uomo da ambo i lati, cosicché non ha via di fuga” B. Watson (1968). 744 Watson nota che questo paragrafo presenta molte difficoltà di interpretazione. Queste difficoltà si risolvono in parte se si considera che il testo ci porta impercettibilmente dallo squilibrio fra yin e yang, ovvero all’esterno, nella natura (dove il fuoco e l’acqua si mescolano e imperversano insieme), allo squilibrio interno, nel cuore/mente dell’essere umano. La luna, nell’ultima frase, potrebbe essere una metafora per la fredda luce della ragione, incapace di dominare le passioni. 745 Zhuangzi.





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vale che tu venga a cercarmi domattina al mercato del pesce secco!’”. Il principe Ren attaccò un amo enorme a una lunga lenza, si servì cinquanta buoi come esca, si sedette sul Monte Kuaiji e gettò l’amo nel Mare Orientale. Tornò a pescare ogni mattina, ma per tutto un anno non prese nulla. Poi un giorno un pesce enorme abboccò. Vincolato a quell’amo enorme, si inabissò e riemerse; agitando le pinne, sollevò masse di spuma grandi come montagne e fece ribollire le acque del mare; il frastuono era come quello di una schiera di dei e demoni e spargeva il terrore intorno per mille miglia. Quando il principe ebbe tirato a riva il pesce, lo tagliò a pezzi e lo fece seccare. Dal fiume Zhi a oriente fino a Cangwu a nord tutti ne mangiarono a sazietà. Dopodiché per generazioni tutti quelli che avevano una propensione per il favoloso e lo straordinario continuarono a stupirsi a vicenda raccontando questa storia.746 Ora, se prendi la tua canna e te ne vai lungo un fosso o un canale a pescare ghiozzi e carpe, sarà ben difficile che tu prenda un grosso pesce. Se sei orgoglioso dei tuoi piccoli discorsi e la tua massima aspirazione è un posto di magistrato provinciale, sei ben lontano dalla Grande Realizzazione. Chi non ha mai udito parlare della storia del principe Ren non sarà mai una guida per la sua generazione.747

Altra lettura: “In seguito critici e censori si meravigliarono di questa storia, che giudicavano inverosimile” - L. Kia-hway (1969). 747 Altra lettura: “Sarà ben lontano dall’essere capace di unirsi agli uomini che governano il mondo” - B. Watson (1968).







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Un gruppo di confuciani748 stava saccheggiando una tomba conformemente al Libro delle Odi e al Libro dei Riti. Il più anziano di loro disse: “L’oriente già si sta schiarendo! A che punto siete?”. I giovani risposero: “Non siamo ancora riusciti a togliergli le vesti funebri, ma c’è una perla nella sua bocca!749 Proprio com’è detto nel Libro delle Odi: ‘Verde, verde è il grano che cresce sulla tomba! Se in vita non hai mai fatto offerte, perché da morto hai una perla in bocca?’”. Tirarono i capelli sulle tempie del morto verso l’alto e la barba verso il basso. Poi, infilandogli la punta di un chiodo fra le mascelle, gli aprirono delicatamente la bocca facendo attenzione a non danneggiare la perla. Un discepolo di Lao Laizi,750 uscito a raccogliere legna, si imbatté in Confucio. Ritornato presso il maestro riferì: “C’è un uomo laggiù con il busto lungo e le gambe corte, con la schiena gobba e le orecchie arretrate. Sembra volersi far carico del mondo intero. Non so a quale clan appartenga”. “Indubbiamente è Qiu”,751 disse Lao Laizi. “Digli di venire qui”. “Confuciani’: il termine qui è ru, che indica i letterati/funzionari in genere, onde l’aneddoto potrebbe anche non riferirsi specificamente a dei confuciani. Ma il riferimento al Libro delle Odi e al Libro dei Riti, insieme alla propensione a ridicolizzare i confuciani prevalente nel Zhuangzi, rende l’identificazione più che probabile. In ogni caso si tratta di uno strano aneddoto, forse tronco, la cui morale non è chiara. Secondo Giles l’intento satirico è: “i confuciani sono pronti a commettere qualsiasi violazione del sentimento naturale, purché siano rispettati i dettagli del loro sistema artificiale”. 749 Era uso comune mettere una perla o altra pietra preziosa nella bocca del defunto. 750 Un maestro daoista dello stato di Chu. 751 Nome personale di Confucio.

















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Quando Confucio si presentò, Lao Laizi gli disse: “Qiu, se ti liberassi della tua arroganza e della presunzione di sapere saresti un gentiluomo”.752 Confucio salutò a mani giunte e si ritrasse. Poi, aggrottando le sopracciglia e cambiando espressione, chiese: “Ritieni che io possa progredire nelle mie occupazioni?”. “Non sopportando di vedere le sofferenze di una generazione”, disse Lao Laizi, “crei sofferenza per diecimila generazioni a venire. Non è forse questo dovuto alla tua ostinazione e alla natura demoniaca dei tuoi piani?753 Chi cerca il favore degli altri mediante i benefici non potrà che vergognarsene per tutta la vita. Questa è la via dei mediocri, che si uniscono in base alla fama e formano segrete alleanze. Anziché lodare Yao e biasimare Jie,754 meglio sarebbe dimenticarli entrambi e astenersi da ogni giudizio. Chi si oppone alla natura non fa che ferirla: il suo agire è demoniaco.755 Il saggio è prudente nell’intraprendere faccende, perciò ha successo. Il tuo agire, invece, è solo dettato dall’orgoglio”.756 Yuan, principe di Song, una notte sognò che un uomo coperto dai suoi lunghi capelli si affacciava alla porta della sua camera e gli diceva: “Vengo dagli abissi di Zailu. Il fiume Qingjiang757 mi ha Pur sempre qualcosa meno di un saggio. Altre letture: “… vorresti accollarti le sofferenze di tutti i tempi. Non sei stanco? La tua forza è all’altezza del compito?” - H. A. Giles (1889); “… e provochi guai per diecimila ere a venire. Sei forse un rozzo villano? O non arrivi a capire la situazione?” - B. Watson (1968). 754 Il primo è un mitico imperatore saggio, il secondo è un efferato tiranno, vedi Appendice 1. 755 Altre letture: “Queste cose reagiscono sul sé, ferendolo; l’agitazione del movimento provoca una deviazione” - H. A. Giles (1889); “Chi violenta la natura degli uomini, la ferisce; chi l’agita, la fuorvia” - L. Kia-hway (1969); “Ciò che si oppone non può che essere ferito, ciò che si muove quando non dovrebbe non può che essere sbagliato”. 756 Altra lettura: “Il vero Saggio è un agente passivo. Se ha successo, semplicemente sente che, senza alcuno sforzo da parte sua, gli è stata data l’energia necessaria”. – H. A. Giles (1889). 757 Affluente dello Yangtze. 752







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inviato come messaggero presso Hebo,758 ma il pescatore Yu Qie mi ha preso”. Al suo risveglio, il principe ordinò che si facesse una divinazione per interpretare il sogno. Gli indovini dissero: “Il sogno si riferisce a una tartaruga sacra”. “C’è un pescatore di nome Yu Qie?”, chiese il principe. I cortigiani risposero: “C’è, in effetti”. “Fatelo venire a corte domani mattina”. Il giorno dopo Yu Qie si presentò a corte. Il principe gli chiese: “Cosa pescato ultimamente?”. hai “La rete di Qie ha preso una tartaruga bianca”, rispose il pescatore, “con una circonferenza di cinque piedi”. “Portala qui”, ordinò il principe. Il pescatore portò la tartaruga al principe. Questi non sapeva decidersi se volesse ucciderla o tenerla in vita. Fece fare perciò una nuova divinazione. Il responso fu: “Uccidi la tartaruga e usala come oracolo: porterà fortuna”. Così fu fatto. Nel guscio della tartaruga furono praticati settantadue fori e non mancò mai di dare un responso affidabile.759 Confucio commentò: “La tartaruga sacra fu capace di apparire in sogno al principe Yuan, ma non fu in grado di evitare la rete del pescatore Yu Qie. Fu capace di dare settantadue responsi corretti, ma non fu in grado di evitare di essere sbudellata. La conoscenza ha le sue trappole e ci sono cose che neppure gli spiriti possono cambiare. Anche la saggezza più perfetta cade preda delle macchinazioni dei diecimila esseri. I pesci sanno guardarsi dai pellicani, ma non dalle reti. Scarta la piccola conoscenza e la Grande Conoscenza splenderà naturalmente. Lascia andare la virtù e la tua virtù

















Hebo è il dio del Fiume Giallo, che abbiamo incontrato nel Capitolo 17. La piromanzia, la divinazione mediante il fuoco, era la forma classica di divinazione in Cina durante le dinastie Shang e Zhou. Lo sciamano applicava un’asta rovente a un guscio di tartaruga o a una scapola di bovino e, in stato di trance, leggeva il disegno delle fessure che si producevano nell’osso, emettendo un pronostico. Nelle forme più avanzate di queste pratiche, nel guscio venivano praticati fori o piccoli incavi, per facilitare la formazione delle fessure.



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si svilupperà da sé. Un bambino non ha bisogno di maestri per imparare a parlare: accade naturalmente vivendo in mezzo a gente che sa parlare”. Huizi760 disse a Zhuangzi: “Le tue parole sono inutili”. Zhuangzi rispose: “Comprendi l’inutile e potrai cominciare a parlare dell’utile. Cielo e terra sono immensi. La parte che un essere umano ne usa è solo il terreno che sta sotto i suoi piedi. Ma se, riconoscendo questo fatto, scavassimo tutto intorno ai suoi piedi giù giù fino alle Sorgenti Gialle,761 quel pezzetto di terreno gli sarebbe ancora utile?”. “Sarebbe inutile”. “In tal caso”, soggiunse Zhuangzi, “è chiaro che anche l’inutile è utile”. Zhuangzi ha detto: “Se sei in grado di fare, come puoi astenerti dal fare? Ma se non sei in grado di fare, come puoi fare? Il desiderio di ritirarsi dalla società e andare vagando per il mondo non è forse sottrarsi alla responsabilità che compete a una persona di perfetta saggezza e profonda virtù?762 Inciampi e cadi, ma non torni indietro; ti precipiti come fuoco che divampa, senza darti pensiero di nulla. A volte sei un re, a volte un suddito: questo è solo effetto delle circostanze. Le circostanze cambiano: perciò non puoi considerare nessuno come inferiore. Di qui il detto: ‘L’azione dell’essere umano perfetto non lascia tracce’.763 Onorare gli antichi e disprezzare il mondo attuale è un’abitudine dei letterati. Se osserviamo il mondo odierno alla luce dell’e-

Il sofista amico e antagonista di Zhuangzi, più volte menzionato nel libro, vedi Appendice 2. 761 L’Ade della mitologia cinese. 762 Altra lettura: “Una volontà che si rifugia nel conformarsi, un comportamento altezzoso ed eccentrico - nessuna di queste cose è compatibile con una saggezza perfetta e una solida virtù” - B. Watson (1968). 763 Altre letture: “L’uomo superiore non si comporta con piccineria” - L. Kiahway (1969); “L’Uomo Perfetto non è mai pedante nell’agire” - B. Watson (1968). Il senso di tutto questo periodo è abbastanza oscuro.













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poca di Xiwei,764 chi può non esserne scosso? Solo l’essere umano perfetto può vagare nel mondo restando esente da pregiudizi e accordarsi con gli altri senza perdere se stesso. Il suo insegnamento non richiede studio: chi ne comprende il significato non ne ha bisogno.765 L’occhio penetrante vede, l’orecchio penetrante ode, il naso penetrante distingue gli odori, la bocca penetrante distingue i sapori, la mente penetrante conosce, la conoscenza penetrante è virtuosa. In ogni cosa il Dao non vuole essere ostruito: l’ostruzione soffoca, il soffocamento prolungato porta al disordine e il disordine è l’origine di molti mali. Tutti gli esseri dotati di coscienza dipendono dal respiro. Se non coltivano il loro respiro, non è colpa del cielo: il cielo li ha dotati delle aperture di cui hanno bisogno e giorno e notte non li abbandona. Ma gli esseri umani ostruiscono le loro aperture. Le cavità del corpo umano sono volte spaziose e il cuore umano ha il cielo in cui spaziare. Ma se in casa lo spazio è insufficiente, la suocera e la nuora litigano; se il cuore non ha il cielo in cui spaziare, le sei aperture entrano in conflitto fra loro. Le grandi foreste, le colline e le montagne sono benefiche per gli esseri umani perché in esse lo spirito si espande.766 La virtù sbocca nella fama e la fama sbocca nell’ostentazione. L’intrigo nasce dal desiderio di primeggiare; la conoscenza nasce dalla competizione; l’ostinazione nasce dal difendere la propria posizione; gli affari di stato si conformano ai capricci della folla. Quando le piogge primaverili arrivano al momento giusto, la vegetazione creMitico imperatore saggio, la cui leggenda non ci è pervenuta. Altra lettura: “Dagli insegnamenti del mondo non apprende nulla. Ha dentro di sé ciò che lo rende indipendente dagli altri” - H. A. Giles (1889). 766 Altre letture: “Coloro che vorrebbero beneficare l’umanità stando in profonde foreste e alte montagne non sono all’altezza dello sforzo imposto alla loro natura superiore” - H. A. Giles (1889); “Se le foreste e le montagne sono adatte all’uomo, è perché il suo spirito non è capace, da solo, di vincere la sua oppressione interiore” - L. Kia-hway (1969); “Le grandi foreste, le colline e le montagne sono superiori all’uomo, in quanto la loro crescita è irresistibile” B. Watson (1968). 764







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sce lussureggiante. In questa stagione, quando si diserba con la zappa, più della metà delle piante ricresce: nessuno sa perché.767 La tranquillità e il silenzio sono benefici per i malati. Massaggiare gli occhi riposa gli anziani. La calma può arrestare l’agitazione. Ma questi rimedi sono solo per chi ne ha bisogno. Chi si trova a proprio agio non ne ha bisogno e non se ne preoccupa. L’essere umano spirituale non si preoccupa di ciò che nel mondo preoccupa il saggio. Il saggio non si preoccupa di ciò che nel mondo preoccupa il principe. Il principe non si preoccupa di ciò che nel mondo attira l’attenzione del nobile. Il popolo si conforma ai costumi del tempo, ma il nobile non se ne preoccupa”. Un uomo che viveva presso la porta Yan della capitale di Song perse i genitori. Il digiuno e le severe penitenze che si impose gli attirarono grande ammirazione e infine gli fu offerto il posto di maestro dei funzionari. Diversi suoi vicini fecero lo stesso: ma metà di loro morì per le privazioni senza aver ottenuto alcuna carica. Yao offrì l’impero a Xuyou e Xuyou fuggì da lui.768 Tang offrì l’impero a Wu Guang e Wu Guang si adirò con lui. Quando Ji Ta udì questo, insieme ai suoi discepoli andò a installarsi presso il fiume Kuan. I signori feudali vennero a porgergli le loro condoglianze per tre anni. Per la stessa ragione Shentu Di si gettò in un fiume.769

Anche il senso di questo paragrafo è dubbio. Questo episodio è narrato nel Capitolo 1. 769 Il senso di questi aneddoti non è chiaro. Watson ritiene che si tratti di gesti di solidarietà nei confronti di Wu Guang, che Tang avrebbe offeso offrendogli l’impero. Giles interpreta le ultime tre frasi diversamente: il suicida sarebbe Ji Ta con tutti i suoi discepoli, compianto dai signori feudali per tre anni; mentre Shentu Di avrebbe fatto insabbiare il letto del fiume per evitare il ripetersi di simili gesti sconsiderati. 767











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La nassa serve per prendere il pesce; preso il pesce, puoi dimenticarti della nassa. Il laccio serve per prendere il coniglio; preso il coniglio, puoi dimenticarti del laccio. Le parole servono per catturare il significato: afferrato il significato, puoi dimenticarti delle parole. Dove posso trovare una persona che abbia dimenticato le parole? Vorrei scambiare qualche parola con lei!

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寓 ⾔

Parole attribuite



































Doppio Nulla disse a Ombra: “Un momento fa eri china a guardare verso il basso, ora guardi verso l’alto; un momento fa i tuoi capelli erano raccolti a crocchia, mentre ora sono sciolti; un momento fa eri seduta, ora sei in piedi; un momento fa camminavi, ora stai ferma. Perché mai questi cambiamenti?”. Ombra rispose: “Domande, domande! Perché me lo chiedi? Sono così, senza sapere perché… Alla luce del fuoco o del giorno appaio. Al buio o di notte scompaio. E se io dipendo da queste cose, esse a loro volta devono dipendere da qualcos’altro.

“Parole attribuite”:770 nove su dieci. “Parole autorevoli”: sette su dieci.



770 O “favole”.



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In questo breve capitolo, forse più che in ogni altro al di fuori del Capitoli Interni, ritroviamo tracce del Zhuangzi del secondo capitolo, che contesta le posizioni dei logici, problematizzando la natura del linguaggio. È perciò lecito chiedersi come mai questi frammenti siano finiti in mezzo all’accozzaglia generalmente abbastanza casuale dei Capitoli Misti. Graham ne propone la seguente spiegazione: “Poiché [Zhuangzi] sviluppò la sua filosofia come reazione ai sofisti, dovette mettere a punto una terminologia propria per chiarire la sua posizione. Questa terminologia non gli sopravvisse; in generale si ha l’impressione che egli fosse un nemico della logica, ma sapesse bene in cosa consiste la logica, a differenza dei suoi successori… I compilatori sincretisti del II secolo a.C. [a cui dobbiamo, secondo Graham, la stesura del testo che ci è pervenuta] devono aver trovato questo materiale poco invitante, se non addirittura incomprensibile, il che può forse spiegare perché ne relegarono tanta parte ai capitoli ‘cestino’…”. Il capitolo comincia con una rassegna di tre tipi di argomentazione presenti in tutto il Zhuangzi: i dialoghi fantastici (“parole attribuite”), i detti degli antichi (“parole autorevoli”) e il diretto argomentare in quello stile fluido che muta continuamente di punto di vista, tanto caratteristico di Zhuangzi (“parole calice”). La metafora del calice, secondo alcuni commentatori, si riferirebbe a un particolare tipo di coppa che, riempita fino all’orlo, si inclina e trabocca; e traboccando ritrova l’equilibrio e si raddrizza. Ai primi due stili retorici viene dato un “voto”: nove su dieci e sette su dieci rispettivamente. Questa valutazione viene variamente interpretata dai traduttori (come valore di verità, come efficacia, come frequenza di uso e così via), ma il testo non offre alcun indizio in proposito.

“Parole calice”: emergono nuove ogni giorno, in armonia con le distinzioni del cielo.771 Parole attribuite: nove su dieci. Questo significa prendere un punto di riferimento esterno. Un padre non può fare da mezzano per il proprio figlio, perché le sue lodi non valgono quanto quelle di un estraneo. Inoltre, attribuendo le parole a un altro non ci può venire imputato nulla: la colpa ricade sull’altro. Siamo d’accordo con ciò che ci assomiglia, siamo contrari a ciò che non ci assomiglia. Ciò che ci assomiglia lo consideriamo vero, ciò che è diverso da noi lo consideriamo falso. Parole autorevoli: sette su dieci. Queste sono le parole di un anziano. Ma l’anzianità in anni, quando non è accompagnata dalla trama e dall’ordito, dalle radici e dalle punte che fanno l’esperienza772 di un anziano, non è vera anzianità. Chi è un essere umano [avanzato nell’età], ma non veramente un anziano, non possiede il Dao umano. Chi è un essere umano [avanzato nell’età], ma non possiede il Dao umano, è solo un vecchio. Parole calice, che emergono nuove ogni giorno, in armonia con le distinzioni del cielo. Poiché le mie parole traboccano continuamente, posso portare a termine i miei anni. Senza parole, vi è





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Altre letture: “Del linguaggio messo in bocca ad altri, i nove decimi avranno successo. Del linguaggio basato sul peso di un’autorità, i sette decimi. Ma il linguaggio che scorre costantemente, come da un calice colmo, è in accordo con Dio” - H. A. Giles (1889); “Ciò che è detto da un alloggio funziona nove volte su dieci, un detto che ha un peso funziona sette volte su dieci. Il detto ‘traboccante’ è nuovo ogni giorno: liscialo sulla mola del Cielo” - A. C. Graham (1981); “Le parole rivelatrici contengono nove decimi di verità; le parole che hanno peso ne contengono sette decimi; le parole di circostanza nascono tutti i giorni conformemente alla legge naturale” - L. Kia-hway (1969); “Le parole attribuite ne costituiscono i nove decimi; le parole ripetute i sette decimi; le parole calice vengono fuori giorno dopo giorno, armonizzando le cose nell’Uguaglianza Celeste” - B. Watson (1968). I tre tipi di argomentazione qui descritti coincidono con quelli che vengono attribuiti a Zhuangzi nell’ultimo capitolo del libro. Cioè dalla pienezza di esperienza: le radici sono il fondamento, le punte gli sviluppi o le conseguenze.



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uguaglianza;773 l’uguaglianza con le parole non è uguaglianza; le parole con l’uguaglianza non sono uguaglianza. Perciò dico: chi parla senza parole, pur tacendo per tutta la vita parla; chi non tace mai, pur parlando per tutta la vita non dice nulla. Alcune cose sono di per sé possibili, altre sono di per sé impossibili. Ci sono cose di per sé vere, ci sono cose di per sé false. Cosa definisce il vero? Il dichiararlo vero definisce il vero. Cosa definisce il falso? Il dichiararlo falso definisce il falso. Cosa definisce il possibile? Il dichiararlo possibile definisce il possibile. Cosa definisce l’impossibile? Il dichiararlo impossibile definisce l’impossibile. Tutto è perciò in una certa misura vero, tutto è in una certa misura possibile. Non c’è nulla che non sia mai vero, nulla che non sia mai possibile. La sola durata possibile si serve di parole “calice”, che emergono nuove ogni giorno, in armonia con le distinzioni del cielo. Le diecimila cose appaiono sotto diverse forme, ma hanno un’origine comune. Nessuno ne comprende l’ordine. Questo è ciò che si chiama l’uguagliare del cielo: l’uguagliare del cielo coincide con il distinguere del cielo. Zhuangzi disse a Huizi: “In sessant’anni di vita, Confucio ha cambiato idea sessanta volte. Ciò che considerava vero all’inizio ha finito per considerarlo falso. Perciò non possiamo sapere se ciò che considera vero oggi non sia tanto falso quanto ciò che ha ritenuto falso nei precedenti cinquantanove anni”.774 Huizi rispose: “Confucio è sempre stato perseverante nella sua aspirazione a servire la conoscenza”. “Da tempo Confucio ha rinunciato a ciò”, disse Zhuangzi, “benché non lo dica.775 Confucio ha detto: ‘Riceviamo i nostri talenti dalla Grande Radice e a essa “Uguaglianza”, qi, è “allo stesso livello, unito, uniforme, piano, uguagliare, insieme, d’accordo, disporre, ordinare, completo, perfetto, centro”. È la stessa parola che compare nel titolo del Capitolo 2, “Sull’uguaglianza di tutte le cose”, e l’argomentazione qui è strettamente imparentata con quel capitolo. 774 La stessa osservazione appare nel Capitolo 25 riferita a Qu Boyu. 775 Altre letture: “Benché parlasse con la bocca, non parlava con il cuore” - A. C. Graham (1981); “Ma tu non ne dici nulla” - L. Kia-hway (1969).







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l’anima ritorna per rinascere’.776 [Confucio]777 canta secondo i canoni, parla secondo la legge, distingue il vantaggio dalla giustizia, ma ciò che considera giusto o sbagliato, vero o falso, serve solo la bocca degli esseri umani, nient’altro. Per dare al mondo un ordinamento stabile, occorre convincere il cuore degli esseri umani con qualcosa a cui non osino ribellarsi. Ma basta, basta! Come possiamo noi giungere a tanto?”.778 Per due volte Zengzi779 fu funzionario, ogni volta con uno stato d’animo diverso, che egli descrisse così: “La prima volta, quando ancora mi prendevo cura dei miei genitori, ottenni un salario di tre stai di cereali e il mio cuore ne fu felice. La seconda volta i miei genitori non erano ormai più in vita. Il mio salario era di tremila stai di cereali, ma il mio cuore era triste”. Un discepolo chiese a Confucio: “Si può dire che Zengzi fosse libero dalla colpa dell’attaccamento?”. Confucio rispose: “Un attaccamento c’era. Una persona libera da ogni attaccamento come può essere angosciata? Considera tre stai di cereali o tremila stai di cereali come altrettanti passeri o zanzare che gli passano davanti in volo!”. Yancheng Ziyou disse a Ziqi di Dongguo:780 “Da quando ho udito le tue parole, il primo anno sono diventato ordinario, il se-

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Altre letture: “… e ritorniamo alla magia di essa per crescere” - A. C. Graham (1981); “. e solo colui che ritrova la sua essenza originaria vivrà” - L. Kiahway (1969); “… e con lo spirito nascosto al nostro interno viviamo” - B. Watson (1968). Il soggetto sottinteso di questa frase (che io leggo come “Confucio”) è “un letterato” secondo Liou Kia-hway, “tu [Huizi]” secondo Watson. Non è chiaro a cosa questa frase si riferisca, Graham, Liou Kia-hway e Watson la leggono (in senso proprio o ironico): “Come potremmo noi essere all’altezza di Confucio?”. Zeng è già stato menzionato più volte come modello di virtù e di pietà filiale, particolarmente all’inizio del Capitolo 26. Quest’ultimo probabilmente identificabile con lo Ziqi di Nanguo che figura all’inizio del secondo capitolo.



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condo anno ho perso ogni senso di urgenza, il terzo anno ho cominciato a penetrare il senso degli insegnamenti, il quarto anno sono diventato semplicemente un essere, il quinto anno sono arrivato alla meta, il sesto anno sono entrati in gioco gli spiriti, il settimo anno il cielo ha completato la sua opera, l’ottavo anno non conoscevo più né morte, né vita, il nono anno ho compreso il Grande Segreto. La vita ha le sue distinzioni, ma nella morte siamo tutti uguali. È mai possibile che la morte abbia un’origine, ma la vita non ne abbia alcuna? Cosa ne determina la presenza in un caso, l’assenza nell’altro? Il cielo ha i suoi cicli che si ripetono regolarmente, la terra ha i suoi territori occupati dagli esseri umani. Dove posso cercare un’origine della vita? Poiché nessuno ne conosce la fine, come possiamo negare che vi sia un destino? Poiché nessuno ne conosce l’inizio, come possiamo affermare che vi sia un destino? Quando si verifica una corrispondenza, come possiamo negare che ciò sia opera degli spiriti? Quando non si verifica una corrispondenza, come possiamo affermare che ciò sia opera degli spiriti?”781 Doppio Nulla782 disse a Ombra: “Un momento fa eri china a guardare verso il basso, ora guardi verso l’alto; un momento fa i tuoi capelli erano raccolti a crocchia, mentre ora sono sciolti; un momento fa eri seduta, ora sei in piedi; un momento fa camminavi, ora stai ferma. Perché mai questi cambiamenti?”. Ombra rispose: “Domande, domande! Perché me lo chiedi? Sono così, senza sapere perché. Sono come il guscio da cui è uscita la cicala o la pelle di cui il serpente si è spogliato: sembro esistere, ma non sono. Alla luce del fuoco o del giorno appaio. Al buio o la notte scompaio. E se io dipendo da queste cose, esse a loro volta devono dipendere da qualcos’altro. Quando vengono, io vengo



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Le traduzioni proposte di questo difficile passaggio sono notevolmente diverse fra loro. Per le prime tre frasi mi sono attenuto alla versione di Giles. Questo frammento è un’amplificazione del dialogo che figura alla fine del Capitolo 2. L’espressione wang liang “Doppio Nulla”, può essere interpretata come “la penombra” o come “l’ombra dell’ombra”.



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insieme a loro. Quando se ne vanno, insieme a loro me ne vado. Quando lo splendore dello yang è forte, anch’io lo sono. Ma, ti chiedo, da dove viene lo splendore dello yang?”. Yang Ziju783 stava viaggiando verso sud per andare a Pei. Lao stava viaggiando verso occidente per recarsi a Qin. Yang Ziju si recò ad accoglierlo al suo ingresso nella città di Liang. Laozi si fermò nel mezzo della strada, volse gli occhi al cielo, sospirò e disse: “Al principio ho creduto che fosse possibile insegnarti qualcosa, ma ora mi rendo conto che è impossibile!”. Yang Ziju non rispose. Però, quando furono arrivati alla locanda, si recò da Laozi portando un bacino d’acqua, un asciugamano e un pettine.785 Lasciò i sandali fuori dalla porta e avanzando nella stanza in ginocchio disse: “Poc’anzi questo discepolo avrebbe desiderato interrogare il maestro, ma poiché eravate in cammino e non avevate tempo non ha osato. Ora vedo che avete tempo. Posso chiedervi qual è la ragione del vostro commento?”. Laozi disse: “Con quello sguardo arrogante, chi vorrebbe abitare con te?786 La purezza più grande è come una vergogna, la virtù più generosa è come insufficiente”.787 A queste parole Yang Ziju impallidì e rispose: “Ascolto e obbedisco”. Al suo arrivo alla locanda, tutti erano venuti ad accoglierlo. L’oste aveva steso una stuoia per lui, la moglie dell’oste gli aveva porto un pettine e un asciugamano, gli altri ospiti si erano fatti da parte per lasciargli il posto davanti alla stufa. Ma quando ritornò dall’incontro con Laozi dovette combattere per assicurarsi un posto a sedere.788 Dan784

Che abbiamo incontrato nel Capitolo 7. Laozi. 785 Nell’atteggiamento di un servitore. 786 Un gioco di parole: il nome di Yang Ziju contiene la parola ju, “abitare”. 787 Una citazione di Laozi, 41. 788 Tanto umile era diventato il suo atteggiamento che nessuno gli dava più importanza. 783











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讓 王

Cedere l’impero













































Confucio disse a Yan Hui: “Vieni qui, Hui. La tua famiglia è povera e la tua posizione sociale umile. Perché non intraprendi la carriera di funzionario?”. Yan Hui rispose: “Hui non vuole diventare un funzionario. Fuori dalle mura ho un campo di cinquanta mu, che mi fornisce la mia minestra; dentro le mura ho un campo di dieci mu, che mi basta per vestirmi. Suonare il liuto mi basta per divertirmi; studiare il Dao del mio maestro mi basta per essere felice. Hui non vuole diventare un funzionario”. Confucio arrossì e disse: “La tua determinazione è eccellente, Hui. Qiu ha udito che chi sa accontentarsi, non si consuma cercando il profitto; chi comprende cosa sia il vero acquisire, non teme la perdita; chi coltiva l’interno, non si vergogna di non avere una posizione nel mondo. Ho predicato queste cose a lungo; oggi finalmente le vedo realizzate in te. Questa è la mia ricompensa!”.

Yao volle cedere l’impero a Xuyou, che lo rifiutò.789 Poi lo offrì a Zizhou Zhifu, che disse: “Fare di me il Figlio del Cielo?790 È possibile, suppongo. Ma soffro di una malattia nascosta, che mi preoccupa e che sto cominciando a curare. Non ho tempo per curare l’impero”. Benché l’impero sia cosa della massima importanza, Zizhou Zhifu non permise che interferisse con la sua salute. A maggior ra-

789 Questo episodio è narrato nel primo capitolo del libro. Per le varie figure di re e imperatori citati in questo capitolo vedi Appendice 1. 790 L’imperatore.





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Questo è il primo di un blocco di quattro capitoli (28-31) che hanno ben poco di daoista. Graham li ritiene composti intorno alla fine del III secolo a.C. da rappresentanti della scuola del filosofo edonista Yang Zhu (370-319 a.C.). Di questo filosofo non si conoscono scritti, ma i cardini della sua dottrina sono così riassunti nel Capitolo 13 del Huainanzi (un trattato daoista del 120 a.C. circa): “Mantenere intatta la propria natura, proteggere la propria genuinità e non vincolare il corpo in coinvolgimenti di altro tipo”. Il presente capitolo contiene una serie di aneddoti storico-fantastici il cui tema principale è il disdegno del saggio per il potere e la ricchezza. Questi racconti erano probabilmente strumenti retorici della scuola yanghista. Alcuni di essi, con i relativi commenti, ricorrono identici nell’enciclopedia filosofica Lüshi Chunqiu del 240 a.C. In questo filone di pensiero anche l’idea del governante illuminato che si adopera per servire il bene collettivo viene considerata come una sciocca e nociva illusione. Gli unici criteri guida affidabili sono la cura del proprio corpo, il condurre una vita semplice e sana e la coerenza con i propri principi. In alcuni degli episodi narrati, questa coerenza viene portata fino all’estremo di preferire il suicidio al “disonore” di accettare una posizione di potere e di prestigio. Si ha l’impressione che questa tematica sia andata irrigidendosi fino a diventare ideologia: incontriamo qui ben poco della fluida giocosità che caratterizza le parti migliori del Zhuangzi.

gione non lo avrebbe permesso a qualsiasi altra cosa! Solo a chi non sa cosa farsene di un impero puoi affidare l’impero. Shun volle cedere l’impero a Zizhou Zhibo, che disse: “Soffro di una malattia nascosta, che mi preoccupa e che sto cominciando a curare. Non ho tempo per curare l’impero”. L’impero è un grande recipiente, ma Zizhou Zhibo non era disposto a scambiarlo per la sua salute. Così chi possiede il Dao differisce da una persona comune. Shun volle cedere l’impero a Shan Juan, che disse: “Vivo nello spazio e nel tempo del mondo. Nei giorni d’inverno mi vesto di pellicce, nelle giornate estive mi vesto di canapa e di lino. In primavera aro e semino e il mio corpo è forte abbastanza per questo, in autunno raccolgo e immagazzino e il mio corpo si gode la tranquillità e il buon cibo. Quando il sole sorge, mi metto al lavoro; quando il sole tramonta, mi riposo. Vago libero e senza vincoli fra cielo e terra e ogni desiderio del mie cuore è soddisfatto. Cosa me ne farei dell’impero? Ahimè, come non mi conosci!”. Perciò rifiutò e parti. Andò a rifugiarsi nel profondo delle montagne, nessuno sa dove. Shun volle cedere l’impero al suo amico, il contadino di Shibu, che disse: “Il nostro imperatore non resiste alla tentazione di mettere la sua forza al servizio degli altri”, Ritenendo che la virtù di Shun non fosse perfetta, si caricò i suoi averi sulle spalle e, aiutato dalla moglie e accompagnato dai figli, prese il mare per non più ritornare. Quando il grande re Danfu791 risiedeva a Bin, le tribù Di lo attaccarono. Egli cercò di trattare con loro offrendo pelli e seta, ma non accertarono; offrì loro cani e cavalli, ma non accettarono;





Nonno di re Wen e bisnonno di re Wu, il fondatore della Zhou (vedi Appendice 1). I Di erano una popolazione barbarica sui confini dell’impero.





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offri loro perle e giada, ma non accettarono. Ciò che i Di volevano era la terra. Il grande re Danfu disse: “Che i fratelli minori e i figli di coloro con cui vivo siano uccisi, questo non lo posso sopportare. Voi, mio popolo, cercate di resta re qui. Che siate i miei sudditi o i sudditi della gente Di, che differenza fa? Inoltre ho sentito dire: ‘Non danneggiare coloro che nutri per salvare i mezzi con cui li nutri”. Perciò parti con un bastone in mano. Ma la sua gente lo seguì in lunga processione e infine fondarono uno stato ai piedi del Monte Qi. Si può ben dire che il grande re Danfu sapesse rispettare la vita. Chi sa rispettare la vita, benché ricco e onorato, non permette alla ricchezza di danneggiare la sua salute; benché povero e umile, non lascia che il desiderio di profitto e accumulazione consumi il suo corpo, Gli uomini d’oggi, se esercitano un ufficio elevato e sono onorati con titoli nobiliari, si preoccupano unicamente del rischio di perdere queste cose. Vedendo solo il profitto, prendono alla leggera la perdita del loro stesso corpo, Non è questo un grande errore? Per tre volte consecutive gli abitanti di Yue assassinarono il loro re. Il principe Sou, temendo per la propria vita, andò a nascondersi nella Caverna di Cinabro e lo stato di Yue rimase senza un sovrano. La gente di Yue dapprima lo cercò invano. Quando finalmente lo trovarono, il principe si rifiutò di uscire dalla caverna. Perciò lo scovarono affumicando la grotta con artemisia e lo collocarono a forza nel carro reale. Salendo nel carro il principe volse gli occhi al cielo ed emise questo lamento: “Un re! Un re! Non possono lasciarmi in pace!”. Ciò che faceva orrore al principe non era essere un monarca: gli facevano orrore i pericoli e le disgrazie che possono abbattersi su un monarca. Si può dire che il principe Sou fosse il tipo d’uomo che non permette al suo paese di nuocere alla sua salute. Proprio per questo la gente di Sou lo voleva come monarca.







Gli stati di Han e di Wei erano in conflitto per il controllo di un territorio. Quando il maestro Huazi si recò a far visita al mar-

chese Zhaoxi, il marchese aveva un’aria preoccupata. Huazi disse: “Supponiamo che il mondo presenti a Vostra Signoria un documento, nel quale è scritto: ‘Se afferri l’impero con la mano sinistra, perderai la mano destra; se lo afferri con la destra, perderai la sinistra. Ma afferrandolo certamente possiederai l’impero. Vostra Signoria lo afferrerebbe?”. “Questa persona sola792 non lo afferrerebbe”, rispose il marchese. “Molto bene! Perciò vedete che le vostre due braccia sono per voi più importanti dell’impero. E il corpo è certamente più importante delle due braccia. Han è poca cosa in confronto all’impero, e il territorio per cui oggi lottate è poca cosa in confronto allo stato di Han. E Vostra Signoria si angustia e mette in pericolo il proprio corpo per l’affanno di non riuscire a ottenerlo!”. “Eccellente!”, disse il marchese. “Molti mi hanno dato consigli, ma non ho mai udito parole come le tue”. Si può dire che Huazi avesse chiara la differenza fra le cose importanti e quelle non importanti. Il signore di Lu, avendo udito che Yan He793 era un uomo del Dao e volendo entrare in relazione con lui, gli inviò un messaggero con un dono di sete preziose. Yan He abitava in un’umile capanna alle porte del villaggio, vestiva di tela di sacco e dava da mangiare alle sue vacche con le proprie mani. Quando l’emissario del signore di Lu arrivò, Yan He venne ad aprirgli. Il messaggero chiese: “È questa la casa di Yan He?”. “Lo è”. Il messaggero gli porse i regali. Yan He disse: “Temo che abbiate capito male il nome. In quanto messaggero rischiate di essere punito: sarà meglio che verifichiate”.

Gua ren, “persona sola, vedova, orfana, indegna” è un’espressione modesta che un re o un principe usa parlando di sé in terza persona - una sorta di forma capovolta di plurale maiestatis. 793 Letterato dello stato di Lu, menzionato anche nei Capitoli 4, 19 e 32.















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Il messaggero ritornò dal signore di Lu per verificare la sua consegna. Quando si ripresentò alla porta di Yan He, questi si era reso introvabile. Si può ben dire che le persone del calibro di Yan He disprezzino le ricchezze e gli onori. Perciò si dice: il fior fiore del Dao consiste nel governare il proprio corpo; il resto è per servire il proprio paese; gli avanzi sono per governare l’impero. Da questo punto di vista le gesta di re e imperatori sono solo gli avanzi dell’operato del saggio, non sono la via per mantenere l’integrità del corpo e prendere cura della propria salute. I nobili del giorno d’oggi, invece, si espongono a molti pericoli e trascurano la propria salute per ottenere beni materiali. Non è triste? Quando il saggio agisce, si assicura di aver ben esaminato i fini e i mezzi. Ora, supponi che un uomo usi la perla del marchese di Sui794 come proiettile per tirare a un passero a mille piedi di distanza. La gente certamente riderebbe di lui. Perché? Perché rischia una cosa tanto preziosa per un risultato tanto insignificante. Ma la vita non è forse più importante della perla del marchese di Sui? Maestro Liezi viveva in grande povertà e il suo volto era scavato dalla fame. Un viaggiatore riferì questo fatto a Ziyang, primo ministro di Zheng, dicendo: “Lie Yukou795 è un gentiluomo che ha ottenuto il Dao. Risiede nel vostro stato e vive in miseria. Sembra quasi che Vostra Eccellenza non ami le persone come lui”. Ziyang immediatamente ordinò che un funzionario portasse a Liezi una quantità di grano. Ma Liezi, fattosi incontro all’inviato del primo ministro, si inchinò due volte e rifiutò il dono. Poi, partito quest’ultimo, rientrò in casa. Sua moglie guardò l’inviato allontanarsi e, battendosi il petto, disse: “Ho udito che le mogli e i figli di coloro che hanno ottenuto il Dao vivono negli agi e nella con-



Secondo la tradizione una perla di straordinario splendore. Lie Yukou è il nome completo di Liezi, un adepto daoista a cui è attribuita un’opera che ci è giunta in una redazione del III secolo. Vedi Appendice 2.



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tentezza! Invece le nostre facce sono scavate dalla fame. Eppure, quando Sua Eccellenza se ne accorge e ci manda del cibo, tu lo rifiuti. Che destino avverso è il mio!”. Liezi rise e disse: “Sua Eccellenza non mi conosce personalmente. Mi manda del grano in base a ciò che qualcuno gli ha detto. Un giorno potrebbe ugualmente trovarmi colpevole e condannarmi in base a ciò che qualcuno gli ha detto! Per questo ho rifiutato”. Poco dopo il popolo di Zheng si ribellò e uccise Ziyang. Quando il re Zhao di Chu perse il suo stato,’796 il suo macellaio di capre Yue lo seguì nella fuga. Recuperato lo stato, il re volle ricompensare tutti coloro che lo avevano seguito, incluso il macellaio Yue. Ma Yue disse: “Vostra Maestà ha perso lo stato e Yue ha perso il suo posto di lavoro; Vostra Maestà ha recuperato lo stato e Yue ha recuperato il suo posto di lavoro. Perciò il mio titolo e il mio emolumento nobiliare mi sono già stati restituiti! Che bisogno c’è di una ricompensa?”. “Costringetelo ad accettare!”, ordinò il re. Ma il macellaio disse: “Se Vostra Maestà ha perso lo stato non è stato colpa del suo servo: perciò non potrei accettare di essere punito per questo. E se ora lo ha recuperato non è merito del suo servo: perciò non posso accettare di essere ricompensato per questo”. “Fatelo comparire davanti a me!”, ordinò il re. Ma il macellaio disse: “Secondo le leggi dello stato di Chu un’udienza con il re può essere concessa solo come ricompensa per importanti meriti di stato. Ora questo servo non è stato saggio abbastanza per salvare lo stato, né coraggioso abbastanza per morire battendosi contro gli invasori. Quando le armate di Wu sono entrate nella città di Ying, Yue ha avuto paura ed è fuggito dagli invasori: non ha intenzionalmente seguito Vostra Maestà. Ora Vostra Maestà vuole violare la legge e ignorare le tradizioni concedendo-











Il re Zhao di Chu lasciò il suo stato invaso dalle armate di Wu nel 506 a.C. Ritornò sul trono l’anno seguente.





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mi un’udienza. Non è così che il Vostro servo vuole essere conosciuto nel mondo”.797 Il re disse allora al suo ministro della guerra Ziqi: “Il macellaio Yue è un uomo di umile condizione, ma il suo concetto giustizia è nobile davvero! Offritegli per mio conto una delle tre posizioni bandiera798 del regno”. Ma il macellaio rispose: “Mi rendo conto che una delle tre posizioni bandiera è un ufficio assai più nobile di quello di macellaio; e un emolumento di diecimila zhong è ben più di quanto potrò mai guadagnare macellando capre. Ma come potrei per desiderio di rango e ricchezza permettere che il mio sovrano sia reputato irresponsabile nel distribuire favori? Yue non può accettare: vuole solo ritornare al suo lavoro di macellaio”. Così rifiutò il posto che gli veniva offerto. Yuan Xian799 abitava nel paese di Lu, in una capanna coperta di rampicanti sul cui tetto cresceva l’erba. La porta era un intrico di rovi e le finestre delle due stanze erano vasi di terracotta senza fondo fissati con stracci cacciati nelle fessure. Sotto il tetto gocciolante Yuan Xian sedeva con la schiena diritta suonando il liuto e cantando. Zigong venne a fargli visita su una carrozza tirata da quattro grandi cavalli, vestito di seta bianca sopra un sottabito viola. La carrozza era troppo grande per entrare nel vicolo. Yuan Xian venne alla porta indossando un copricapo di corteccia, portando sandali consunti e appoggiandosi su un bastone di chenopodio. Zigong rise e disse: “In che stato miserevole ti sei ridotto!”. “Ho udito che la mancanza di denaro si chiama povertà”, rispose Yuan Xian. “L’incapacità di mettere in pratica ciò che uno

Altra lettura: “Non è così che concepisco un comportamento corretto da parte di un monarca” - H. A. Giles (1889). 798 Alcuni commentatori interpretano questa espressione come “le tre più alte posizioni ministeriali” del regno. Altra lettura: “Promuovetelo a una posizione con tre bandiere” - A. C. Graham (1981). 799 Yuan Xian e Zigong erano entrambi discepoli di Confucio, vedi Appendice 2.













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apprende, questo è miseria. La mia condizione è povertà, non miseria”. Zigong si ritrasse imbarazzato. “Essere mossi dall’ambizione”, soggiunse Yuan Xian, “fare parte di circoli esclusivi, studiare per compiacere gli altri, insegnare per compiacere il proprio io, rivestire i propri pensieri malvagi di benevolenza e giustizia, farsi belli di una carrozza sontuosa: queste sono le cose che io non potrei tollerare”. Maestro Zeng800 viveva nello stato di Wei. Portava una lisa tunica di canapa, il suo volto era gonfio e le sue mani e i suoi piedi erano coperti di calli. Da tre giorni non accendeva un fuoco e da dieci anni non indossava un abito nuovo. Quando cercava di raddrizzarsi il berretto, il sottogola si rompeva; quando si stringeva il bavero, gli spuntavano fuori i gomiti; quando si infilava i sandali, i tacchi cedevano. Trascinandosi in questo modo, cantava gli inni della dinastia Shang con una voce che riempiva cielo e terra e pareva emessa da una campana di pietra o di metallo. Il Figlio del Cielo non poteva conquistarselo come ministro, i signori feudali non potevano conquistarselo come amico. Colui che alimenta le proprie aspirazioni dimentica il corpo; colui che alimenta il proprio corpo dimentica il profitto; colui che coltiva il Dao dimentica la mente. Confucio disse a Yan Hui:801 “Vieni qui, Hui. La tua famiglia è povera e la tua posizione sociale umile. Perché non intraprendi la carriera di funzionario?”. Yan Hui rispose: “Hui non vuole diventare un funzionario. Fuori dalle mura ho un campo di cinquanta mu,802 che mi fornisce la mia minestra e il mio porridge; dentro le mura ho un campo di dieci mu, che mi basta per vestirmi. Suonare il liuto mi basta per

Zeng Shen, che abbiamo già incontrato nei Capitoli 26 e 27. Il discepolo prediletto di Confucio, vedi Appendice 2. 802 Unità di misura di superficie, pari all’incirca a un quindicesimo di ettaro. 800









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divertirmi; studiare il Dao del mio maestro mi basta per essere felice. Hui non vuole diventare un funzionario”. Confucio arrossì e disse: “La tua determinazione è eccellente, Hui. Qiu803 ha udito che chi sa accontentarsi non si consuma cercando il profitto; chi comprende cosa sia il vero acquisire non teme la perdita; chi coltiva l’interno non si vergogna di non avere una posizione nel mondo. Ho predicato queste cose a lungo; oggi finalmente le vedo realizzate in te. Questa è la mia ricompensa!”. A Zhongshan il principe Mou di Wei804 disse al maestro Zhan: “Il mio corpo è qui fra questi fiumi e questi mari, ma il mio cuore è ancora là, ai piedi delle torri del palazzo di Wei. Cosa posso fare?”. “Dai più importanza alla vita”, rispose Zhan. “Chi dà importanza alla vita non si cura del profitto”. “Lo so”, disse il principe, “ma non posso vincere le mie inclinazioni”. “Se non puoi vincere le tue inclinazioni, seguile!”. “Ma ciò non danneggerà il mio spirito?”. “Chi non riesce a vincere le proprie inclinazioni”, disse Zhan, “e cerca di forzarsi a non seguirle si ferisce due volte. Chi si ferisce due volte non vive a lungo”.805 Per il principe Mou di Wei, un signore di diecimila carri,806 vivere nascosto fra caverne e dirupi era più difficile che per un semplice funzionario. Benché non fosse ancora arrivato al Dao, si può dire che ne avesse l’intenzione.

Nome personale di Confucio. Il principe Mou di Wei è già stato menzionato nel Capitolo 17. La remota località di Zhongshan gli era forse stata data come feudo e lì, secondo Watson, stava cercando, senza molto successo, di condurre la vita di un eremita. 805 Nella ripartizione delle battute di questo dialogo seguo Watson. Altri traduttori mettono le ultime tre battute in bocca a Zhan. 806 Espressione convenzionale per indicare la potenza di un re o di un principe. 803



















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Bloccato fra Chen e Cai, Confucio per sette giorni non mangiò cibi cotti, ma solo una minestra di verdura senza cereali.807 Il suo volto era emaciato; tuttavia sedeva nella sua stanza suonando il liuto e cantando. Yan Hui era uscito a raccogliere erbe selvatiche accompagnato da Zilu e Zigong. Questi gli dicevano: “Il nostro maestro per due volte è stato cacciato da Lu; a Wei hanno cancellato le sue orme; a Song hanno tagliato l’albero sotto cui si era seduto a insegnare; a Shang e Zhou lo hanno ridotto alla fame; e ora è bloccato qui fra Chen e Cai. Chiunque voglia ucciderlo può farlo impunemente e calpestarlo non è proibito. Tuttavia continua a suonare il liuto e a cantare senza un attimo di Può un gentiluomo essere tanto privo di senso del pudore?”. pausa. Yan Hui non seppe cosa rispondere. Rientrato, riferì questa conversazione a Confucio. Confucio mise da parte il liuto, emise un profondo sospiro e disse: “Lu e Gong sono persone dappoco. Chiamali, parlerò loro”. Quando Zilu e Zigong furono entrati nella stanza, Zilu disse: “Questa volta si può dire che siamo veramente bloccati”.808 “Che discorsi sono questi!”, disse Confucio. “Quando un gentiluomo attraversa ogni ostacolo e giunge al Dao, questo si chiama ‘attraversare’.809 Quando l’accesso al Dao è bloccato, questo si chiama ‘essere bloccato’. Ora Qiu, abbracciando la via della benevolenza e della giustizia, incontra i pericoli di un’epoca caotica. Dove sta il blocco in ciò? Se guardo dentro di me, vedo che l’accesso al Dao non è bloccato; incontrando i pericoli del momento, vedo che la virtù non va perduta. Quando giungono i giorni freddi e scendono il gelo e l neve, allora possiamo apprezzare il verdeggiare del pino

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Queste traversie della vita di Confucio sono già state citate nei Capitoli 14 e 20. Qiong, “bloccato”, significa anche: “in condizioni estreme, il limite ultimo, andare fino in fondo, esaurito, esausto, senza altro ricorso, povero, indigente, nudo”. Tong, “attraversare”, significa anche: “comunicare, essere collegato, penetrare, passare liberamente, procedere senza ostacoli, informare, comprendere (particolarmente comprendere la realtà profonda delle cose)”.



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e del cipresso. Queste difficoltà fra Chen e Cai sono una fortuna per Qiu!”. Detto questo, riprese il liuto e ricominciò a cantare. Zilu, eccitato, prese uno scudo e si mise a ballare. Zigong disse: “Non sapevo che il cielo fosse così alto e la terra così bassa!”. Coloro che nell’antichità avevano ottenuto il Dao erano ugualmente felici nell’attraversare come nell’essere bloccati. La loro felicita non dipendeva dall’attraversare o dall’essere bloccati. Possedendo il Dao e la virtù, l’alternanza di attraversamento e blocco era per loro come l’alternanza di caldo e freddo, di vento e pioggia. Così Xuyou viveva contento sul lato yang di Yin e Gong Bo sul Monte Gongshou.810 Shun811 volle cedere l’impero al suo amico Wuze, che veniva dal nord. Wuze disse: “Che strano personaggio è il nostro imperatore! Quando abitava in mezzo ai campi e ai fossi, si presentò alla porta di Yao. Come se questo non fosse abbastanza, ora vuole coinvolgermi nelle sue disgraziate gesta. Mi vergognerei anche solo di incontrarlo”. Dopodiché si getto nelle acque profonde di Qingling. Quando Tang decise di attaccare Jie,812 volle incaricare Bian Sui di pianificare la condotta della guerra. Ma Bian Sui disse: “Non è affar mio”. Tang gli chiese: “Chi potrebbe farlo?”. “Non lo so”. Tang allora volle incaricare Wu Guang. Ma Wu Guang rispose: Yin potrebbe essere il nome di un fiume, nel qual caso il lato yang sarebbe la riva settentrionale, che è rivolta a sud. Xuyou era il maestro del mitico imperatore Yao. Gong Bo fu reggente del regno di Zhou per quattordici anni, dal 842 al 828 a.C dopodiché stabili la sua dimora sul Monte Gongshou. Liou Kia-hway include tutto questo paragrafo nel discorso di Zigong. 811 Mitico imperatore saggio, vedi Appendice 1. 812 Jie è il corrotto ultimo imperatore della dinastia Xia, Tang il fondatore della dinastia Shang, vedi Appendice 1.



















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“Non è affar mio”. Tang gli chiese: “Chi potrebbe farlo?”. “Non lo so”. “Cosa ne pensi di Yi Yin?”. “É un uomo forte e violento”, disse Wu Guang, “capace di sopportare le disgrazie. Non so altro di lui”. Tang ottenne che Yi Yin accettasse di pianificare le operazioni contro Jie. Conseguita la vittoria, volle cedere l’impero a Bian Sui. Ma questi rifiutò, dicendo: “Quando l’imperatore attaccò Jie, volle incaricarmi di pianificare la guerra. Di sicuro mi considerava un traditore. Ora, sconfitto Jie, vuole cedermi l’impero. Certamente mi considera un avido. Sono nato in tempi caotici e una persona priva del Dao due volte ha cercato di coinvolgermi nelle sue disgraziate gesta. Non posso sopportare più a lungo simili indegnità!”. Dopodiché, si gettò nel fiume Chou e annegò. Tang allora volle offrire il trono a Wu Guang, dicendo: “Il saggio pianifica, il guerriero vince, l’uomo benevolo risiede nelle terre conquistate: questo era il Dao degli antichi. Perché non assumi tu stesso questa funzione?”. Ma Wu Guang rifiutò, dicendo: “Deporre il proprio sovrano non è un atto di giustizia. Massacrare la gente non è benevolenza. Offendere altri per ottenere un beneficio personale non è onestà. Ho udito dire: non accettare i doni dell’ingiusto, non calcare il suolo di un mondo senza Dao. E per giunta mi offri una posizione d’onore? Non posso sopportarlo!”. Dopodiché si caricò un masso sulla schiena e si gettò nel fiume Lu. Un tempo, all’epoca dell’ascesa della dinastia Zhou,813 c’erano due gentiluomini che vivevano a Guzhu e si chiamavano Boyi e Shuqi. Essi si dissero: “Abbiamo udito che nelle regioni occidentali















Verso la metà dell’XI secolo a.C.





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c’è un uomo che sembra aver ottenuto il Dao. Andiamo a cercarlo”. Quando giunsero al pendio meridionale del Monte Qi, il re 814 Wu sentì parlare di loro e incaricò il suo fratello minore Dan di andare a incontrarli. Dan offrì loro un patto che garantiva loro ricchezze del second’ordine e incarichi del prim’ordine. Il patto doveva essere sigillato col sangue e sepolto.815 I due uomini si guardarono l’un l’altro e risero. Poi dissero: “Che strano! Questo non è ciò che noi chiamiamo il Dao! Nell’antichità, quando Shennong816 governava il mondo, egli compiva scrupolosamente i sacrifici stagionali, ma non invocava alcun favore. Nei rapporti con gli altri era scrupolosamente onesto e sincero, ma non chiedeva nulla in cambio. Si rallegrava di governare per governare, si rallegrava di portare ordine per portare ordine. Non costruiva il proprio successo sulla rovina altrui, non si serviva della bassezza degli altri per innalzarsi, non cercava il profitto personale nella fortuna dei tempi. Ora invece i Zhou, approfittando del disordine degli Yin,817 si affrettano a impadronirsi del governo. In alto tessono intrighi, in basso corrompono gli uomini con doni. Difendono il potere con la forza delle armi; offrono sacrifici e stringono patti per creare un sembiante di sincerità; vantano le proprie gesta per persuadere le masse; massacrano e uccidono per ottenere un profitto. Questo è rimpiazzare il disordine con la violenza. Il re Wu di Zhou sconfisse il corrotto ultimo imperatore della dinastia Shang nel 1046 a.C. e diede inizio alla dinastia Zhou. Watson nota che altre versioni di questa storia indicano che “l’uomo che sembra aver ottenuto il Dao”, che i due letterati stanno cercando è il padre di Wu, il saggio re Wen, tradizionalmente ritenuto l’autore dell’Yijing, il Libro dei mutamenti. Vedi anche Appendice 1. 815 “Secondo un costume antico, un patto era consacrato dall’offerta di un sacrificio in cui le parti in causa si macchiavano gli angoli della bocca con il sangue della vittima; poi anche il testo del documento veniva macchiato con il sangue e sepolto sotto l’altare sacrificale” - B. Watson (1968). 816 Mitico imperatore saggio, vedi Appendice 1. 817 La dinastia Shang o Yin, in piena decadenza.









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Abbiamo udito che i gentiluomini di un tempo, se incontravano tempi ben ordinati, non rifiutavano posti di responsabilità; ma se si imbattevano in un’epoca caotica non si compravano la sopravvivenza con la scorrettezza.818 Ora il mondo è nell’oscurità e la virtù dei Zhou è in declino.819 Piuttosto che rimanere al loro fianco e insudiciare la nostra persona, è meglio fuggire e mantenere la nostra condotta pulita”. I due se ne andarono a nord fino al Monte Shouyang, dove infine morirono di fame. Persone come Boyi e Shuqi non sono disposte a comportarsi scorrettamente per ottenere ricchezze e onori.820 Alti principi e inflessibile condotta, compiacersi unicamente della propria volontà e non accettare alcun compromesso con il mondo: tale era il codice etico di quei due gentiluomini.

Altra lettura: “Non cercavano di mantenere i loro posti a ogni costo” - B. Watson (1968). 819 Ciò che i due letterati stanno qui suggerendo è che Wu, conquistando il potere con la forza delle armi, si è dimostrato meno virtuoso del padre Wen o del bisnonno Danfu, menzionato all’inizio di questo capitolo, che rifiutarono l’uso della forza. 820 Altre letture: “Non riconoscevano alcuna giustificazione per accettare [ricchezze e onori]” - A. C. Graham (1981); “Se ricchezze e onori fossero stati offerti loro in maniera tale che li potessero accettare, non sarebbero ricorsi a misure tanto eroiche” - H. A. Giles (1889); “Sanno proteggersi da ogni condotta perversa dissimulata sotto parvenze di integrità” - L. Kia-hway (1969); “Non vogliono saperne di ricchezze e onori se appena possono evitarli” - B. Watson (1968).





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盜 跖

Il brigante Zhi





























Torto o diritto, attieniti alla natura fino in fondo. Rivolgi lo sguardo alle quattro direzioni, segui il corso delle stagioni. Giusto o sbagliato, afferra il centro della macchina dell’universo. In solitudine, realizza le tue aspirazioni. In compagnia del Dao, passeggia senza meta. Non cercare di essere troppo coerente, non portare il senso del dovere all’estremo, o perderai ciò che già possiedi. Non cercare la ricchezza, non perseguire il successo, o perderai la tua natura.



Confucio era amico di Liuxia Ji, il cui fratello minore era noto come “il brigante Zhi”. Il brigante Zhi, seguito da un’armata di novemila uomini, infuriava in tutto l’impero: si introduceva nelle case scavando gallerie e scardinando porte, invadeva e saccheggia-





Questo capitolo consiste di tre dialoghi. Il primo è una feroce satira di Confucio, messo a confronto con il bandito Zhi. Confucio cerca con l’adulazione di ammansire il brigante (che ci viene presentato mentre sta facendo uno spuntino con fegati umani): ma il suo gioco viene immediatamente smascherato e messo alla berlina da Zhi, che attacca il malcapitato filosofo con un elegante sfoggio di argomenti yanghisti e primitivisti (Graham nota che le parole del brigante sono “un po’ fuori carattere rispetto al personaggio”: ma questo non è affatto Inusuale nel Zhuangzi). In questo, come negli altri due dialoghi, abbondano le citazioni di episodi storici o mitologici, spesso piegati al fine di illustrare una tesi. Il filo conduttore comune dei tre dialoghi è il valore del conservare intatti il proprio corpo e la propria energia vitale. Le grandi imprese, le funzioni di governo, così come il perseguire la fama e la ricchezza, sono tutte deviazioni nocive al benessere, che è invece semplice espressione della natura intrinseca di ognuno. I nobili esempi di rettitudine che i confuciani si sforzano di proporre come modello di comportamento sono qui irrisi o deprecati: l’autore yanghista nota che il più delle volte essi hanno portato alla rovina i loro protagonisti (violando così il principio fondamentale dell’autoconservazione!) senza apportare alcun beneficio all’umanità. Inoltre, come viene spesso ripetuto in questi dialoghi, la vera motivazione di queste gesta è la ricerca della fama, che non è meno egoica della ricerca del profitto: entrambi atteggiamenti portano a perdere “ciò che c’è già” per cercare qualcosa che “non c’è ancora”. Il secondo e il terzo dialogo sono fra i pochi nel Zhuangzi che costituiscono dei veri dibattiti, con argomentazioni efficaci messe in bocca a entrambi i protagonisti. Graham ritiene di poter datare questo capitolo all’interregno fra Qin e Han, 209-202 a.C. Se questa datazione è corretta, la satira di Confucio che cerca di vendersi al bandito potrebbe alludere a un fatto di cronaca di quegli anni: Kong Fu, discendente di Confucio e capo della sua famiglia, accettò un incarico nel governo del contadino ribelle Chen Sheng (209-208 a.C.).

va i palazzi dei signori feudali, rubava vacche e cavalli, rapiva donne e ragazze. Nella sua feroce avidità ignorava i parenti, dimenticava padre, madre e fratelli e ometteva di sacrificare agli antenati. Quando si avvicinava a una città, i grandi stati schieravano l’esercito sulle mura, i piccoli stati si ritraevano nelle loro cittadelle fortificate. Era un flagello universale. Confucio disse a Liuxia Ji: “Un padre deve disciplinare i propri figli; un fratello maggiore deve istruire i propri fratelli minori. Se i padri non sono in grado di imporre la disciplina ai figli, se i fratelli maggiori non sono in grado di istruire i fratelli minori, le relazioni fra padri e figli e quelle fra fratelli perdono ogni valore. Ora tu, maestro, sei uno dei gentiluomini di maggior talento del nostro tempo; eppure il tuo fratello minore è il brigante Zhi, che è una calamità per tutto l’impero, e non sei in grado di correggerlo. Permettimi di vergognarmi per te, maestro. Qiu821 ti chiede il permesso di andare a parlare a Zhi per conto tuo”. Liuxia Ji rispose: “Tu dici, maestro, che i padri devono essere in grado di disciplinare i propri figli, i fratelli maggiori devono essere in grado di istruire i fratelli minori. Ma se un figlio non obbedisce agli ordini del padre, se un fratello minore non accetta gli insegnamenti del fratello maggiore, anche con tutta l’eloquenza di cui tu sei dotato cosa si può fare? La mente di Zhi è come una sorgente gorgogliante, i suoi umori sono come un vento tempestoso; è abbastanza forte da resistere a qualsiasi nemico, abbastanza eloquente da fare sembrare bene il male. Se sei d’accordo con lui, si rallegra; ma se ti opponi alle sue idee, va su tutte le furie e ti insulta. Ti consiglio di non andare, maestro”. Confucio non volle dargli retta. Con Yan Hui alla guida del carro e Zigong alla sua destra, andò a trovare il brigante Zhi. Zhi





Nome personale di Confucio.



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riposava con la sua armata sul lato soleggiato del Monte Tai822 e stava facendo uno spuntino di fegati umani. Confucio scese dal carro e si fece avanti, presentandosi all’aiutante del brigante: “Sono Kong Qiu823 di Lu. Ho udito parlare dell’alto senso di giustizia del generale e sono venuto a porgergli i miei omaggi”.824 L’aiutante entrò a riferire il messaggio. Udendo queste parole, Zhi andò su tutte le furie. I suoi occhi sfavillavano come stelle e i capelli gli stavano ritti sul capo a formare una cresta. “Dev’essere quel Kong Qiu”, disse, “quell’ipocrita infingardo dello stato di Lu! Digli da parte mia: ‘Tu, che ti servi delle parole di Wen e di Wu825 per comporre aforismi tendenziosi, che porti un cappello che sembra un ramo d’albero e ti cingi la vita di una pelle di vacca morta; tu, che con la tua verbosa eloquenza ti procuri il cibo senza coltivarlo, gli abiti senza tessere; tu, che con il tremito delle labbra e l’agitazione della lingua ti arroghi il diritto di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato; tu, che porti la confusione nella condotta dei grandi e fai sì che i sapienti dell’impero perdano di vista i fondamenti; tu, che inventando assurdi obblighi filiali e fraterni cerchi solo il favore dei nobili e dei potenti!826 I tuoi crimini sono grandi e pesanti: torna di corsa donde sei venuto o aggiungerò il tuo fegato al mio spuntino!’”. Confucio inviò un secondo messaggio: “Qiu ha la fortuna di conoscere vostro fratello Ji. Desidera solo vedere le vostre scarpe sotto la tenda”.827 Situato nell'odierna provincia di Shandong, è una delle Cinque Montagne Sacre, luogo di culto da almeno tremila anni, uno dei più importanti centri cerimoniali della Cina. 823 Qiu è il nome personale di Confucio. 824 Altra lettura (anziché "sono venuto a porgergli i miei omaggi"): “Rispettosamente si inchinò due volte all'aiutante" - B. Watson (1968) 825 Fondatori della dinastia Zhou, vedi Appendice 1. 826 Altra lettura: “… cerchi di diventare nobile e ricco, con un feudo tuo proprio” - A. C. Graham (1981). 827 Espressione di grande deferenza. Altra lettura: “Essendo amico di vostro fratello, desidero mettere il piede sotto la vostra tenda” - L. Kia-hway (1969).









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L’aiutante riferì il messaggio. “Fallo entrare”, disse Zhi. Confucio entrò in fretta, rifiutò una stuoia, fece un passo indietro e si inchinò due volte al brigante. Zhi, furioso, era seduto con le gambe spalancate, la mano sull’elsa della spada, gli occhi fiammeggianti. Con la voce di una tigre che sta allattando disse: “Fatti avanti, Qiu. Se le tue parole sono conformi ai miei desideri, vivrai. Se no, morirai”. Confucio disse: “Qiu ha udito che nel mondo ci sono tre tipi di virtù. Crescere alto e forte, essere dotato di incomparabile bellezza, cosicché tutti, giovani e vecchi, nobili e plebei, guardandoti non possano fare a meno di ammirarti, questa è la virtù più alta. Sapere abbastanza da tenere insieme cielo e terra ed essere in grado di discutere di qualsiasi cosa, questa è la virtù intermedia. Essere coraggioso e audace, raccogliere intorno a sé molti uomini e comandare un’armata, questa è la virtù inferiore. Chiunque abbia anche solo una di queste tre virtù è degno di sedere rivolto al sud e chiamarsi “solitario”.828 Voi, generale, le avete tutte e tre: siete alto otto piedi e due pollici,829 il vostro volto e i vostri occhi sono radiosi, le vostre labbra lucente cinabro, i vostri denti conchiglie ben allineate, la vostra voce è paragonabile al suono delle campane zhong e huang. Eppure siete conosciuto solo come “il brigante Zhi”. Qiu umilmente si sente imbarazzato per voi, generale, e non lo ritiene accettabile. Se il generale è disposto ad ascoltare il suo servo, Qiu vorrebbe essere inviato come vostro messaggero a sud, negli stati di Wu e Yue; a nord, negli stati di Zhang e Lu; a est, ne-



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In Cina un monarca sedeva rivolto a sud nel dare udienza e impartire ordini. “Solitario, orfano” e simili erano espressioni modeste con cui un regnante si riferiva a sé. Se le misure sono quelle della dinastia Zhou, il brigante sarebbe alto un metro e sessanta centimetri; se sono quelle della dinastia Qin e della successiva Han, sarebbe alto due metri e venti centimetri. Se la prima altezza sembra insufficiente per definirlo “alto e forte” (ma non sappiamo quale fosse l’altezza media della popolazione a quei tempi!), la seconda sembra eccessiva. La scelta fra queste due ipotesi potrebbe fornire un indizio per la datazione del testo (la caduta dello stato di Zhou è del 256 a.C., l’unificazione della Cina nell’impero Qin del 221 a.C.).



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gli stati di Song e Wei; a ovest, negli stati di Jin e Chu. Chiederà che tutti i principi erigano per voi, generale, una città con una circonferenza di varie centinaia di miglia, che ne facciano la capitale di un territorio con centomila focolari e che vi onorino come signore feudale. Così parteciperete alla rigenerazione dell’impero, deporrete le armi e lascerete riposare le vostre truppe. Raccoglierete intorno a voi i vostri fratelli, vi prenderete cura di loro e tutti insieme offrirete sacrifici ai vostri antenati. Questo è il comportamento di un saggio e di un gentiluomo di talento. È ciò che il mondo si aspetta da voi”. Furioso, il brigante disse: “Fatti avanti, Qiu. Coloro che si lasciano allettare da considerazioni di profitto o si lasciano sviare dalle chiacchiere sono gli ignoranti, i semplici, la gente più rozza. Che io sia alto, forte e bello e che la gente guardandomi non possa fare a meno di ammirarmi, questa è una virtù che ho ereditato da mio padre e da mia madre. Anche senza che tu me lo ricordi, credi che io non ne sia consapevole? Ho udito che coloro che ti adulano quando ti stanno davanti, sparlano di te alle tue spalle. Quando mi parli di una grande città con molti abitanti, speri di sedurmi con il desiderio di ricchezza e di addomesticarmi come la gente comune? Ma, se avessi quella città, per quanto tempo potrei godermela in pace? Nessuna città è più grande dell’impero: Yao e Shun830 possedevano l’impero e ai loro discendenti non è rimasta neppure terra sufficiente per infilarvi un punteruolo. Tang e Wu erano Figli del Cielo, ma nelle generazioni seguenti i loro eredi sono stati sterminati. Non è stata questa perdita una conseguenza del precedente grande profitto? Ho udito che nei tempi antichi gli animali e gli uccelli erano molti e gli esseri umani pochi. Perciò gli uomini vivevano in nidi per difendersi dai predatori. Durante il giorno raccoglievano ghiande e castagne, di notte si appollaiavano sulle cime degli alberi. Per questo li chiamiamo ‘la gente del clan dei nidi’. A quei tempi non conoscevano i vestiti; d’estate raccoglievano legna, d’inverno



Mitici imperatori dell’antichità, vedi Appendice 1.



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la bruciavano. Perciò li chiamiamo ‘i conoscitori della vita’. Ai tempi di Shennong831 gli esseri umani dormivano tranquilli e si svegliavano senza pensieri; conoscevano la propria madre, ma non il proprio padre, e vivevano accanto alle alci e ai cervi. Arando la terra si procuravano da mangiare, tessendo si procuravano di che vestire; e nei loro cuori non vi era alcun desiderio di nuocere. Questo era il culmine della virtù perfetta. Tuttavia l’Imperatore Giallo non fu in grado di conservarla. Combatté Chi You832 nella piana di Zhuolu e il sangue scorse per cento miglia. Yao e Shun istituirono i ministri; Tang bandì il suo sovrano; Wu uccise Zhou,833 Da allora i forti opprimono i deboli, i molti sopraffanno i pochi. Dai tempi di Tang e Wu tutti sono allievi del disordine. E tu studi la via di Wen e di Wu e ti adoperi con tutta l’eloquenza del mondo a insegnarla alle generazioni future! Vestito della tua ampia tunica chiusa da una cintura sottile, manipoli le parole e falsifichi i fatti per confondere i signori dell’impero nella speranza di ottenere ricchezze e onori. Non c’è maggior ladro di te. Il mondo dovrebbe chiamarti ‘il brigante Qiu’ invece di chiamare me ‘il brigante Zhi’! Con le tue parole dolciastre hai convinto Zilu834 a diventare tuo discepolo, ad abbandonare il suo copricapo marziale e a deporre la sua lunga spada per ricevere i tuoi insegnamenti. Così nel mondo tutti dicono: ‘Confucio sa fermare i violenti e impedire il male’. Ma alla fine Zilu cercò di uccidere il signore di Wei, non ci riuscì e il suo corpo fu messo in salamoia e appeso alla torre orientale di Wei. Tale è il frutto dei tuoi insegnamenti!835 Ti consideri un gentiluomo di talento e un saggio? Ma due volte ti hanno cacciato da Lu, a Wei hanno cancellato le tue orme, a Qi ti Mitico imperatore che introdusse l’agricoltura, vedi Appendice 1. Scrive Sima Qian (il primo grande storico cinese, 145-86 a.C.): “Chi You provocò una ribellione contro l’Imperatore Giallo. Questi inviò l’armata dei suoi nobili, che diede battaglia a Chi You nella piana di Zhuolu, lo fece prigioniero e lo uccise”. 833 Vedi Appendice 1. 834 Allievo di Confucio, vedi Appendice 2. 835 Altra lettura: “Tanto poco effetto i tuoi insegnamenti hanno avuto su di lui” – B. Watson (1968). 831



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hanno ridotto in condizioni disperate e fra Chen e Cai ti hanno bloccato:836 non c’è un posto per te nel mondo. Hai insegnato a Zilu a farsi mettere in salamoia. Se per primo uno non sa prendersi cura del proprio corpo, certamente non saprà prendersi cura degli altri. Perciò come può questo tuo dao valere qualcosa? Fra coloro che i nostri contemporanei stimano, nessuno è superiore all’Imperatore Giallo. Ma neppure l’Imperatore Giallo seppe mantenere intatta la virtù: combatté a Zhuolu e il sangue scorse per cento miglia. Yao non fu compassionevole, Shun non fu un buon figlio, Yu restò paralizzato da un lato, Tang bandì il suo sovrano, Wu uccise Zhou, Wen fu imprigionato a Youli. Questi sei837 sono tenuti in alta stima dai nostri contemporanei; ma tutti furono indotti dalla ricerca dell’utile a trascurare la propria natura intrinseca, a piegare con la forza il proprio carattere e a comportarsi in maniera vergognosa. La nostra epoca considera Boyi e Shuqi838 gentiluomini virtuosi. Tuttavia essi rifiutarono il feudo di Zhuzhi e preferirono andare a morire di fame sul Monte Shouyang, senza parenti che potessero seppellirli. Bao Jiao fece grande mostra della propria virtù, condannando tutti i suoi contemporanei; ma poi si lasciò morire abbracciato a un albero. Shentu Di839 rimproverò il suo sovrano e non fu ascoltato: allora si legò un macigno sulla schiena e si gettò nel fiume, dove divenne cibo per i pesci e le tartarughe. Jie Zitui spinse la propria devozione fino al punto di tagliare una fetta della propria coscia per nutrire il suo signore, il duca Wen. Ma quando il duca si dimenticò di lui, Zitui si adirò e morì bruciato abbracciato

Il consueto elenco di sventure di Confucio, tratto dai Detti di Confucio, che ricorre anche nei Capitoli 14 e 20. 837 I personaggi menzionati, mitici re e imperatori, sono in effetti sette. I commentatori risolvono l’incongruenza cambiando il sei in sette o sopprimendo l’ultimo personaggio citato, il re Wen. 838 Questi due esempi di virtù sono stati menzionati nei Capitoli 6, 8 e 17 e la loro storia è narrata nel Capitolo 28. 839 Già citato nei Capitoli 6 e 26.





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a un albero.840 Wei Sheng aveva appuntamento con una donna sotto un ponte. La donna non si presentò e il livello delle acque cominciò a salire. Piuttosto che mancare alla parola data, Wei Sheng preferì abbracciare un pilastro del ponte e lasciarsi annegare. Questi sei non valgono più di un cane mutilato, di un porco affogato o di un medicante con la sua ciotola. Tutti si sono lasciati sedurre dal desiderio di gloria e hanno preso la morte alla leggera, dimenticando la loro origine e gli anni di vita loro destinati. Fra coloro che la nostra generazione considera ministri devoti, i più grandi sono Bigan e Wu Zixu.841 Zixu si gettò nel fiume e a Bigan fu strappato il cuore. I nostri contemporanei li considerano ministri devoti: ma entrambi finirono per essere lo zimbello dell’impero. Considera tutti gli esempi che ho menzionato, dal primo fino a Zixu e Bigan: nessuno di essi merita rispetto. Ora, in questo tuo sermone, Qiu, se mi parli di faccende di spiriti, non ne so nulla. Ma se mi parli di faccende umane, ciò che ho udito già lo conosco e non c’è nulla da aggiungere.842 Ora ti dico io qualcosa a proposito della condizione umana. L’occhio umano vuole vedere colori, l’orecchio vuole udire suoni, la bocca vuole gustare sapori, la volontà e l’energia vitale vogliono manifestarsi pienamente. Un uomo longevo vive cento anni; uno mediamente longevo, ottanta; uno poco longevo, sessanta. Sottrai il tempo trascorso nelle malattie, nel lutto e nelle sofferenze, e non ti

Il duca Wen di Jin visse in esilio per diciannove anni. L’amico Jie Zitui lo servi fedelmente durante tutti quegli anni. Ritornato a Jin nel 636 a.C. e divenutone il sovrano, il duca omise di invitare a corte Jie Zitui, che amareggiato si rifugiò in un bosco montano. Quando il duca lo venne a sapere, cercò di snidarlo appiccando fuoco al bosco, ma il fuoco finì per uccidere Zitui e sua madre. Sentendosi colpevole della morte dell’amico, Wen diede il nome dell’amico alla montagna e istituì in memoria di lui il festival Hanshi, o “festival del cibo freddo”, tre giorni durante i quali è proibito accendere fuochi (e quindi cucinare). 841 Più volte menzionati in precedenza, vedi Appendice 2. 842 Altre letture: “… non ci sono altri [racconti] più centrati di questi” – A. C. Graham (1981); “… non è nulla di più di quanto tu abbia detto finora” - B. Watson (1968).





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rimangono più di quattro o cinque giorni in un mese in cui puoi farti una bella risata. Cielo e terra sono eterni; ma la morte dell’essere umano ha un tempo che le è assegnato. Prendi questo strumento limitato nel tempo e collocalo nel mezzo dell’illimitato: è come un purosangue i in di corsa visto attraverso la fessura di una muraglia.843 Chi non è capace soddisfare le proprie aspirazioni e i propri desideri e di coltivare gli anni che il destino gli ha concesso non è in contatto con il Dao. Il tuo discorso, Qiu, lo rifiuto in blocco. Ora vattene in fretta, torna donde sei venuto, non una parola di più! Questo tuo dao è folle e vano, ipocrita e ingannevole. Non serve l’integrità della natura umana. Che altro c’è da discutere?”. Confucio si inchinò due volte e si affrettò a uscire. Salito sul suo carro cercò tre volte invano di afferrare le redini. I suoi occhi erano vacui e ciechi e il suo volto aveva il colore della cenere spenta. Appoggiò la testa sulla traversa del carro, incapace di richiamare la sua energia vitale. Ritornato a Lu, fuori dalla porta orientale si imbatté in Liuxia Ji. “Da parecchi giorni non ti vedo”, disse Ji. “Il tuo carro e i tuoi cavalli hanno l’aria di aver viaggiato. Non sarai per caso andato a trovare mio fratello Zhi?”. Confucio volse gli occhi al cielo e disse: “Proprio così”. “E Zhi non si è infuriato per le tue idee844 come avevo previsto?”. “Proprio così”, rispose Confucio. “Ho bruciato moxa sulla mia pelle senza essere malato.845 Sono andato ad accarezzare la testa della tigre e a pettinarle i baffi. Poco è mancato che le finissi in bocca!”.

Questa immagine ricorre anche nel Capitolo 22. Altre letture: “E non ti ha rimbrottato…” - H. A. Giles (1889); “E non ti ha urlato contro…” - A. C. Graham (1981). 845 La pratica della moxa consiste nel bruciare artemisia in corrispondenza di un punto dell’agopuntura. Il detto presumibilmente significa: mi sono messo da solo in una situazione scottante. 843















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Zizhang chiese a Man Goude:846 “Perché non badi alla tua condotta?847 Se non badi alla tua condotta, non ottieni fiducia; se non ottieni fiducia, non ti viene dato un incarico; se non ti viene dato un incarico, non hai un profitto. Perciò, sia che tu tenga d’occhio la fama o consideri importante il profitto, badare alla condotta è ciò che veramente conta. E se scarti sia la fama, sia il profitto e ritorni al giudizio del cuore, troverai che ugualmente un gentiluomo non omette neppure per un solo giorno di badare alla propria condotta”. Man Goude rispose: “Coloro che ignorano la vergogna diventano ricchi, coloro che sanno ispirare fiducia ottengono posizioni preminenti. Il massimo della fama e del profitto va agli svergognati che ispirano fiducia. Perciò, sia che tu tenga d’occhio la fama o consideri importante il profitto, ispirare fiducia è ciò che veramente conta. E se scarti sia la fama, sia il profitto e ritorni al giudizio del cuore, troverai che la condotta di un gentiluomo consiste nell’abbracciare la propria natura”. Zizhang soggiunse: “Un tempo Jie e Zhou848 furono onorati come Figli del Cielo e possedettero tutta la ricchezza dell’impero. Ma se oggi dici a una persona qualunque che si comporta come un Jie o uno Zhou, arrossisce d’ira e in cuor suo rifiuta l’insulto; perché anche un uomo dappoco disprezza questi nomi. Invece Confucio e Mo Di849 erano poveri e di umili origini, ma se oggi dici a un primo ministro che si comporta come un Confucio o un Mo Di, arrossisce per l’imbarazzo e protesta di non essere degno del confronto; perché ogni gentiluomo sinceramente onora questi nomi. Zizhang è un discepolo di Confucio. Il nome Man Goude può essere letto come “avido afferratutto” - A. C. Graham (1981) o “guadagni mal ottenuti” – B. Watson (1968). 847 Altre letture: “Perché non pratichi la virtù?” - H. A. Giles (1889); “Perché non prendi la cosa fatta come tuo scopo nella vita?” -A. C. Graham (1981), “Perché non coltivate la buona condotta?” - L. Kia-hway (1969); “Perché non rifletti di più sulla tua condotta?” - B. Watson (1968). 848 Efferati tiranni, il primo è stato l’ultimo imperatore della dinastia Xia, il secondo è stato l’ultimo imperatore della dinastia Shang. Vedi Appendice 1. 849 Il filosofo Mozi, vedi Appendice 2.





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Perciò possedere il potere di un Figlio del Cielo850 non è necessariamente onorevole ed essere povero e di umili origini non è necessariamente disonorevole. La distinzione fra il nobile e l’ignobile sta nella bontà o cattiveria della condotta”. Man Goude disse: “Il piccolo ladro viene messo in prigione, il grande ladro diventa un signore feudale e alle porte del suo palazzo accorrono i paladini della benevolenza e della giustizia. Un tempo Xiaobo, duca Xuan di Qi, uccise il suo fratello maggiore e ne sposò la moglie; ciononostante Guan Zhong fu disposto a diventare suo ministro.851 Il visconte Tian Cheng852 assassinò il suo sovrano e rubò lo stato; eppure Confucio fu disposto ad accettare doni da lui. A parole i letterati deprecano gli usurpatori, nei fatti si inchinano davanti a loro: questa contraddizione fra parole e fatti è un conflitto interno che non riescono a ignorare. Perciò il libro dice: ‘Chi è cattivo? Chi è buono? Colui che ha successo ottiene il primo posto, colui che fallisce l’ultimo””. “Ma”, disse Zizhang, “se non prendi in considerazione la condotta, le relazioni fra parenti vicini e lontani saranno turbate, le relazioni fra signori e sudditi saranno pervertite, le relazioni fra maggiori e minori d’età saranno sconvolte. Che ne sarà allora dei cinque principi morali e delle sei relazioni?”. “Yao”, rispose Man Goude, “uccise il suo figlio maggiore; Shun esiliò il fratello minore di sua madre. È questa armonia nelle relazioni fra parenti vicini e lontani? Tang spodestò il suo sovrano Jie, Wu uccise il suo sovrano Zhou. Sono queste relazioni corrette fra signori e sudditi? Ji succedette a suo padre invece del fratello, il duca di Zhou uccise il suo fratello maggiore. È questo l’ordine corretto nelle relazioni fra maggiori e minori d’età? I confuciani con le loro prediche ipocrite, i moisti con il loro amore universale, aiutano forse a mantenere le distinzioni richieste dai cinque principi

Imperatore. A proposito di questi personaggi, già menzionati nel Capitolo 19, vedi Appendice 2. 852 Già menzionato nel Capitolo 10. 850







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morali e dalle sei relazioni? Tu ti preoccupi della fama, io del profitto; ma in verità né fama, né profitto obbediscono a una logica o sono in accordo con il Dao. Sottoponiamo la nostra discussione all’arbitrato di Wu Yao”. Wu Yao disse:853 “Il piccolo uomo muore per il profitto, il nobile muore per la fama. I modi in cui alterano la propria essenza e cambiano la propria natura intrinseca sono diversi, ma nell’abbandonare ciò che possiedono ed essere pronti a morire per qualcosa che non possiedono sono identici. Perciò si dice: ‘Non essere un piccolo uomo: ritorna alla tua natura’.854 Non essere un nobile: segui la legge naturale. Torto o diritto, attieniti alla natura fino in fondo. Rivolgi lo sguardo alle quattro direzioni, segui il corso delle stagioni. Giusto o sbagliato, afferra il centro della macchina dell’universo. In solitudine, realizza le tue aspirazioni. In compagnia del Dao, passeggia senza meta. Non cercare di essere troppo coerente, non portare il senso del dovere all’estremo o perderai ciò che già possiedi. Non cercare la ricchezza, non perseguire il successo o perderai la tua natura. A Bigan strappato il cuore, a Zixu furono cavati gli occhi: la loro lealtà fu la loro rovina. L’onesto Gong denunciò il padre, Wei Sheng morì annegato: la loro affidabilità fu la loro disgrazia. Baozi restò immobile fino a disseccarsi, Shenzi non si protesse: la loro

Il nome di Wu Yao può essere letto, secondo A. C. Graham, come “colui che non si impegna” e secondo B. Watson come “senza limiti”. L. Kia-hway non lo interpreta del dialogo, leggendo “Wu Yao disse” come “vi parlerò senza convenzioni”. Ho come un nome di persona e fa continuare il discorso di Man Goude fino alla fine accettato la lettura di Giles, Graham e Watson, nella quale Wu Yao è un terzo personaggio chiamato ad arbitrare la disputa. Per Giles e Graham è direttamente Wu Yao che parla, mentre secondo Watson l’arbitrato è già avvenuto e Man Goude riferisce le parole di Wu Yao. 854 Tian, “cielo”, che qui equivale a “natura”.





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integrità fu la loro condanna,855 Confucio non fu presente alla morte di sua madre, Kuangzi non fu presente a quella di suo padre: il senso del dovere fu la causa di queste omissioni. Questi sono i racconti tramandati dalle generazioni passate, trasmessi di generazione in generazione. Essi dimostrano che un gentiluomo retto nel suo discorrere e coerente nella sua condotta necessariamente si imbatte in calamità, necessariamente soffre”. Wuzu disse a Zhihe:856 “Alla fin fine, tutti gli esseri umani perseguono la fama e il profitto. Se sei ricco, la gente accorre a te; accorre e si inchina e inchinandosi mostra di onorarti. Vedere che la gente si inchina e ti onora è la via per ottenere lunga vita, tranquillità, salute del corpo e soddisfazione dei desideri. Ora, tu solo non desideri queste cose. Forse la tua conoscenza è insufficiente? Oppure ne conosci il valore ma non hai abbastanza forza per agire di conseguenza? Per questo ti attieni ai tuoi principi evitando ogni tentazione fantastica?”.857 Zhihe rispose: “L’uomo di cui parli si ritiene straordinario e superiore per essere riconosciuto tale da coloro che sono nati nel suo tempo e nella sua comunità. Perciò nel formare le proprie opinioni non ha in sé un criterio per valutare ciò che gli viene dagli altri o ciò che dà agli altri. Il suo modo di guardare al passato e al presente, al giusto e allo sbagliato, varia con l’opinione corrente.

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La maggior parte di questi personaggi è già comparsa. “L’onesto Gong” denunciò il padre che aveva rubato una pecora; invece di essere lodato, fu condannato a morte per essersi comportato in maniera non filiale. Shenzi, scrive Watson, “è probabilmente Shensheng, principe di Jin, che rifiutò di discolparsi della falsa accusa di aver cercato di avvelenare suo padre per non esporre il padre al ridicolo”. Wuzu può essere letto come “mai abbastanza” o “insaziabile”, Zhihe come “conoscenza dell’armonia” o “temperanza”. Altre letture: “Perciò scegli di essere virtuoso, benché sempre incapace di dimenticare?” - H. A. Giles (1889); “Per questo sei così meticoloso nello spingere esattamente al giusto grado?”-A. C. Graham (1981); “Per questo osservi la dirittura morale senza mai dimenticarla?” - L. Kia-hway (1969); “Perciò cerchi deliberatamente di essere corretto e non dimenticare mai?” - B. Watson (1968).



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Nella scelta dei suoi fini tralascia ciò che è più importante, abbandona ciò che è più venerabile. Il modo in cui discorre di lunga vita, tranquillità, salute del corpo e soddisfazione dei desideri è lungi dal cogliere il segno. Nella miseria dell’ansia o nel conforto dell’agio non si rende conto degli effetti che queste cose hanno sul suo corpo; nel palpito della paura o nell’eccitazione della gioia non si rende conto degli effetti che queste cose hanno sulla sua mente.858 Una persona siffatta sa di agire, ma non sa perché agisce. Perciò può essere onorato come un Figlio del Cielo, può possedere tutta la ricchezza dell’impero, ma non sarà risparmiato dalla sofferenza”. “Ma”, disse Wuzu, “non c’è vantaggio che la ricchezza non possa portare a chi la possiede: il massimo della bellezza, il massimo del potere, tutte cose che l’essere umano perfetto’ non potrà mai raggiungere, tutte cose che il grande uomo’ non potrà mai afferrare. Il ricco può comprare la forza e l’ardire dei guerrieri, rendendosi potente e temibile; può comprare la conoscenza e la pianificazione dei sapienti, rendendosi illuminato e bene informato; può comprare la virtù dei buoni, rendendosi virtuoso e stimabile. Senza sedere su un trono, gode dello stesso rispetto di un monarca o di un padre. Suoni gradevoli, bei colori, ricchi sapori, autorità e prestigio, godere di queste cose è innato nell’essere umano; non occorre istruire la mente per apprezzarle, non occorre allenare il corpo per goderne. Cosa desiderare, cosa odiare, cosa cercare, cosa sfuggire: nessuno ha bisogno di un maestro per apprendere queste cose, esse appartengono alla natura intrinseca dell’essere umano. Non solo io sono fatto cosi! Chi nel mondo intero è disposto a rinunciare a queste cose?”. Zhihe rispose: “Quando il saggio agisce, agisce a beneficio dei cento clan e sempre si attiene alla giusta misura. Se una cosa è sufficiente, non si sforza di aumentarla. Quando non c’è ragione per cercare, non cerca nulla. Ma, se vi è una carenza, cerca e dirige i suoi sforzi nelle quattro direzioni. Non è avido per sé: ciò che ha in abbondanza lo regala; e può regalare il Nella lettura di queste frasi, difficili da interpretare e probabilmente corrotte, seguo A. C. Graham (1981).



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mondo intero senza considerarsi generoso. La generosità e l’avidità, in verità, non sono il prodotto di situazioni esterne: sono effetti interni di principi innati. Perciò il saggio può esercitare il potere di un Figlio del Cielo senza diventare arrogante; può possedere tutta la ricchezza del mondo senza metterla in mostra per impressionare gli altri. Se, valutando il proprio disturbo e ritenendolo contrario alla propria natura, rifiuta un onore che gli viene offerto, non è per ottenere lode o fama. Durante il regno di Yao e di Shun vi fu armonia non perché questi sovrani si sforzassero di introdurre la benevolenza nel mondo, bensì semplicemente perché non lasciarono che la bontà nuocesse loro. Shan Juan e Xuyou859 rifiutarono l’impero non per un vuoto gesto, bensì per evitare che le faccende di governo nuocessero loro. Tutti costoro cercarono il proprio vantaggio e rifiutarono ciò che poteva essere loro dannoso. Il mondo li considera virtuosi, ed è bene che sia così, ma essi non si sono mai dati pensiero di fama o di prestigio”. Wuzu disse: “Ma certamente per ottenere una simile fama è necessario mortificare il corpo, rinunciare a ogni dolcezza e ridurre le proprie esigenze allo stretto necessario. È come soffrire di una malattia cronica e patire per lunghi anni senza morire”. Zhihe rispose: “La giusta misura è benefica, l’eccesso è dannoso. Questo è vero per ogni cosa, ma particolarmente per il denaro. Le orecchie del ricco desiderano il suono di campane e tamburi, flauti e canne, la sua bocca desidera i sapori della carne degli animali d’allevamento, dei vini dolci e dei liquori, finché le sue passioni si accendono e dimentica i suoi compiti. Questo si può dire disordine. Avvolto e sommerso nel tumulto della sua energia vitale, ansima come chi trasporta un pesante fardello su per il pendio di una collina. Questo si può dire sofferenza. L’avidità di denaro compromette la sua salute. L’avidità di potere esaurisce le sue energie. Quando è ozioso in casa, indulge nei vizi e il suo corpo diviene lucido e grasso. Questo si può dire malattia. Nella sua bramosia di ricchezza e di profitto riempie le proprie stanze fino a soffocare e



Questi personaggi sono già stati citati nei Capitoli 26 e 28.



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non sa come sfuggire al proprio destino; è lanciato come un cavallo al galoppo e non ha riposo. Questo si può dire vergogna. Anche quando ha accumulato più denaro di quanto mai potrà utilizzare, continua a preoccuparsi senza sosta; la sua mente è piena d’ansia, vuole sempre di più e non riesce a fermarsi. Questo si può dire angoscia. A casa teme di essere derubato da ladri e parassiti; in viaggio teme gli attacchi di banditi e rapinatori. A casa si circonda di torri e fossati; fuori non osa camminare da solo. Questo si può dire terrore. Questi sei mali sono i più gravi che vi siano al mondo; ma il ricco non se ne rende conto. E, quando il disastro lo raggiunge, anche se impegna tutte le sue energie e tutto il suo denaro, non può ritrovare neppure un solo giorno senza affanni. Se hai di mira la fama, non la troverai in nessun luogo; se cerchi il profitto, non l’otterrai. Impigliare i propri pensieri e rovinare il proprio corpo cercando queste cose, non è forse segno di confusione?”.

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說 劍

Discorso sulle spade



















Un tempo il re Wen di Zhao amava le spade. Gli esperti spadaccini si accalcavano alle porte del suo palazzo e oltre tremila di essi erano suoi ospiti. Giorno e notte si susseguivano i duelli alla sua presenza e ogni anno si contavano centinaia di morti o feriti. Ma il re non si stancava dello spettacolo, che proseguì così per tre anni, mentre lo stato andava in declino e i signori feudali cominciavano a tramare per impadronirsene.

Un tempo il re Wen di Zhao860 amava le spade. Gli esperti spadaccini si accalcavano alle porte del suo palazzo e oltre tremila di essi erano suoi ospiti. Giorno e notte si susseguivano i duelli alla sua presenza e ogni anno si contavano centinaia di morti o feriti. Ma il re non si stancava dello spettacolo, che proseguì così per tre anni, mentre lo stato andava in declino e i signori feudali cominciavano a tramare per impadronirsene. Il principe ereditario, Kui, afflitto per questo stato di cose, convocò i suoi cortigiani e disse loro: “Chiunque sia in grado di convincere il re a metter fine a questi duelli, lo ricompenserò con mille pezzi d’oro”. “Zhuangzi è la persona che può farlo”, dissero i cortigiani.





Il riferimento dev’essere al re Huiwen di Zhao (299-266 a.C.) figlio del re Wuling di Zhao. Vedi Appendice 2.



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Questo capitolo consiste di un singolo episodio-favola: come Zhuangzi riesce a guarire il re di Zhao dalla sua sanguinaria passione per i duelli alla spada, che sta mietendo centinaia di vittime e portando alla rovina lo stato. Seguendo immediatamente il capitolo contenente la storia di Confucio e del brigante Zhi, viene spontaneo confrontare i due aneddoti. In entrambi la dialettica di un saggio (o presunto tale) mira a cambiare la condotta di un violento. Ma, mentre Confucio si presenta alla presenza del brigante per così dire strisciando e tenta di convertirlo con la manipolazione, Zhuangzi è pronto a mettere a repentaglio la propria vita con perfetta tranquillità. I suoi argomenti non sono molto diversi da quelli di Confucio; ma molto diversa è la presenza dei due, e opposto perciò l’impatto che hanno sui loro interlocutori. Graham considera questo capitolo il meno daoista dell’intero Zhuangzi, ma questo giudizio non mi sembra condivisibile. È vero che in esso non si fa menzione del Dao e il capitolo non contiene alcuna elaborazione filosofica; ma l’episodio narrato è un’eccellente illustrazione di un saggio daoista in azione - o piuttosto in non-azione, poiché l’agire di Zhuangzi si limita a indossare un vestito da spadaccino e a inventare una fantasiosa metafora!

Il principe ereditario perciò inviò un suo emissario a offrire mille pezzi d’oro a Zhuangzi. Zhuangzi rifiutò il dono, ma insieme al messaggero si recò al palazzo e fece visita al principe ereditario. “Che incarico avete per Zhou”,861 chiese, “che vi induce a offrirgli mille pezzi d’oro?”. Il principe disse: “Ho udito, maestro, che sei un saggio illuminato. Vorrei sinceramente offrire questo dono di mille pezzi d’oro ai tuoi seguaci. Ma se il maestro lo rifiuta, non oserò più farne parola”.862 “Ho udito”, disse Zhuangzi, “che il principe ereditario vuole utilizzare Zhou perché spera che possa estinguere la passione del re. Ora, supponiamo che il vostro servo, cercando di convincere Sua Maestà, ne susciti l’ira e deluda le aspettative del principe ereditario. La sua punizione sarebbe la morte. In tal caso, che se ne farebbe Zhou dell’oro? Al contrario, supponiamo che il vostro servo convinca Sua Maestà e si dimostri all’altezza delle aspettative del principe ereditario. In tal caso, c’è qualcosa in tutto lo stato di Zhao che non gli verrebbe concessa su sua semplice richiesta?”. “D’accordo”, disse il principe ereditario, “ma mio padre il re vuol vedere solo gentiluomini di spada”. “Zhou sa maneggiare la spada”. “Bene”, disse il principe ereditario, “ma mio padre il re vuol vedere solo gentiluomini di spada che abbiano capigliatura disordinata, ciocche che ricadono sulle tempie, cappello floscio con lunghi nastri grezzi, tunica tagliata corta dietro, sguardo feroce e linguaggio sboccato. Questo è ciò che piace al re. Se tu, maestro, vai a incontrare il re indossando un abito da letterato, l’affare parte subito male”. “Permettetemi dunque di farmi fare un abito da spadaccino”. Dopo tre giorni l’abito da spadaccino era pronto e Zhuangzi si recò di nuovo a far visita al principe ereditario. Insieme andarono













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Il nome personale di Zhuangzi è Zhou, Altra lettura: “Avete rifiutato la mia offerta. Come potrei osare di chiedervi ciò che desidero da voi?” - L. Kia-hway (1969).

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a trovare il re. Il re li aspettava con la spada sguainata in mano. Zhuangzi entrò nella sala senza fretta e andò incontro al re senza inchinarsi. Il re disse: “Che insegnamento vuoi impartire a questa persona solitaria,863 ora che ti sei fatto presentare dal principe ereditario?”. “Il vostro servo”, disse Zhuangzi, “ha udito che Vostra Maestà ama le spade; perciò sono venuto con la mia spada a presentarmi a voi”. “E di cosa è capace questa tua spada?”. “La spada del vostro servo, se dovesse incontrare un uomo ogni dieci passi, non si fermerebbe per mille miglia”. Molto compiaciuto, il re esclamò: “Dunque non ha uguali nel mondo!”. Zhuangzi disse: “Colui che impugna la spada deve mostrarsi scoperto e tentare l’avversario ad approfittarne; deve essere lento nello sferrare il colpo, ma veloce nel metterlo a segno. Vorrei essere messo alla prova”. “Maestro”, disse il re, “vai a riposare nelle tue stanze e aspetta il mio ordine. Quando avrò predisposto il duello ti manderò a chiamare”. Per sette giorni il re mise a confronto le capacità dei suoi spadaccini. I morti e i feriti furono oltre sessanta. Cinque o sei superarono la selezione e furono invitati a presentarsi sotto la sala del re con la spada in pugno. Poi il re mandò a chiamare Zhuangzi e gli disse: “Ora vediamo cosa accade quando incroci la tua spada con questi gentiluomini”. “È ciò che desidero da lungo tempo”, rispose Zhuangzi. “Che arma userai, maestro, una spada lunga o corta?”. “Il vostro servo”, disse Zhuangzi, “è pronto a usare qualsiasi spada. Si dà il caso che abbia tre spade: Vostra Maestà non ha che

















Gua ren, “persona sola, vedova, orfana, indegna” è un’espressione modesta che un re o un principe usa parlando di sé in terza persona - una sorta di forma capovolta di plurale maiestatis.





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da indicare quale vuole che usi. Permettetemi in primo luogo di descriverle, poi di metterle alla prova”. Il re disse: “Parlami di queste tre spade”. “C’è la spada del Figlio del Cielo,864 quella del feudatario e quella del volgo”. “Com’è la spada del Figlio del Cielo?”, chiese il re. “La spada del Figlio del Cielo”, rispose Zhuangzi, “ha la valle dello Yanxi e la muraglia di pietra come punta; lo stato Qi e il Monte Tai865 sono il filo della sua lama; gli stati Jin e Wei sono il dorso della lama; gli stati Zhou e Song ne sono la guardia; gli stati Han e Wei l’elsa.866 Le quattro tribù barbare sono il fodero della spada; le quattro stagioni l’avvolgono; il mare di Bohai la circonda; le montagne di Changshan ne formano la cintura. È governata dalle cinque fasi trasformative,867 è diretta da considerazioni di punizione o premio, viene estratta in base allo yin e allo yang, impugnata durante la primavera e l’estate, utilizzata durante l’autunno e l’inverno. Questa spada, quando affonda in avanti, non incontra nulla; quando la sollevi in alto, nulla la sovrasta; quando la premi verso il basso, sotto non c’è nulla; quando la fai ruotare, non trova nulla intorno. In alto fende le nubi che scorrono in cielo; in basso taglia le vene della terra. Quando questa spada viene usata, i feudatari sono ricondotti all’ordine e il mondo intero si sottomette. Questa è la spada del Figlio del Cielo”. Il re Wen, sconcertato, chiese: “E com’è la spada del feudatario?”. “La spada del feudatario”, rispose Zhuangzi, “ha guerrieri coraggiosi e sapienti come punta; il filo della sua lama consiste di gentiluomini giusti e incorruttibili; il dorso di gentiluomini virtuosi e abili; la guardia di gentiluomini leali e saggi; l’elsa di eroi e granDell’imperatore. Situato nell’odierna provincia di Shandong, è una delle Cinque Montagne Sacre, luogo di culto da almeno tremila anni, uno dei più importanti centri cerimoniali della Cina. 866 Stati o località strategiche intorno allo stato di Zhao nella Cina settentrionale (i due Wei qui menzionati sono due stati diversi). 867 Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua. 864









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di uomini. Anche questa spada, quando affonda in avanti, non incontra nulla; quando la sollevi in alto, nulla la sovrasta; quando la premi verso il basso, sotto non c’è nulla; quando la fai ruotare, non trova nulla intorno. In alto ha come modello la rotondità del cielo e si conforma ai tre luminari,868 in basso ha come modello il quadrato della terra e si conforma alle quattro stagioni; nel mezzo armonizza le intenzioni del popolo e porta la pace nelle quattro terre. Quando questa spada viene usata, è come lo scoppio di un tuono; non c’è nessuno entro i quattro confini dello stato che non si sottometta, nessuno che osi disobbedire agli ordini del principe. Questa è la spada del feudatario”. Il re chiese: “E com’è la spada del volgo?”. “La spada del volgo”, rispose Zhuangzi, “è impugnata da uomini che hanno capigliatura disordinata, ciocche che ricadono sulle tempie, cappello floscio con lunghi nastri grezzi, tunica tagliata corta dietro, sguardo feroce e linguaggio sboccato; uomini che si colpiscono a vicenda davanti a Vostra Maestà. In alto taglia teste e colli; in basso sfonda fegati e polmoni. Coloro che impugnano la spada del volgo sono simili ai galli da combattimento: un giorno qualsiasi la loro vita si estingue. Non sono di alcuna utilità negli affari di stato. Ora, Vostra Maestà occupa la posizione di un Figlio del Cielo,”869 ma ha una predilezione per la spada del volgo. Il vostro servo suggerisce umilmente che questo sia indegno di Vostra Maestà!”. A questo punto il re fece salire Zhuangzi nella grande sala, dove il maggiordomo portò del cibo. Ma il re, inquieto, continuava a passeggiare avanti e indietro. Zhuangzi disse: “Maestà, sedetevi e calmate il vostro spirito. La faccenda delle spade è conclusa e terminata”.





Sole, luna e stelle, collettivamente. Osserva Watson che questa è un po’ un’esagerazione: lo stato di Zhao, nella Cina centro-settentrionale, non è mai stato molto potente e il suo sovrano era semplicemente uno fra i tanti signori feudali dell’epoca.





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Dopodiché il re Wen non uscì dal suo palazzo per tre mesi. I suoi spadaccini morirono tutti nelle loro stanze.870

Il senso dell’ultima frase è ambiguo. Un commentatore la interpreta nel senso che gli spadaccini commisero suicidio nelle loro stanze e questa lettura è accolta da Watson. Giles la interpreta nel senso che gli spadaccini, sottomettendosi al nuovo ordine delle cose, morirono di morte naturale nelle loro case, cioè abbandonarono i duelli. Graham e Liou Kia-hway lasciano la questione aperta: potrebbe trattarsi di un suicidio collettivo o del fatto che gli spadaccini continuarono i duelli fino a morire tutti.



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漁 ⽗

Il vecchio pescatore

C’era una volta un uomo che aveva paura della sua ombra e odiava le sue orme. Perciò cercò di liberarsene correndo. Ma più correva, più orme lasciava; e per quanto velocemente corresse, la sua ombra non si separava dal suo corpo. Credendo di andare ancora troppo lentamente, corse sempre più, fino a cadere esausto e morire. Non sapeva che, sedendosi tranquillamente all’ombra avrebbe eliminato la sua ombra e stando fermo avrebbe cessato di lasciare impronte.











































Chi non è sincero non è in grado di toccare gli altri. Chi si costringe a piangere, anche se è triste non risveglia pietà; chi si costringe ad arrabbiarsi, anche se è severo non fa paura; chi si costringe a provare affetto, anche se sorride non crea armonia. La vera tristezza risveglia pietà senza un lamento; la vera ira fa paura anche senza manifestarsi; il vero affetto crea armonia anche senza sorrisi. Quando c’è verità all’interno, lo spirito si manifesta all’esterno.





È questo l’ultimo del blocco di quattro capitoli che Graham attribuisce al filosofi yanghisti. Ma la tematica yanghista è qui accennata in maniera assai più casuale che nei precedenti capitoli, mentre non mancano pronunciamenti schiettamente daoisti, come il discorso di Confucio che chiude il capitolo. Quello che distingue questo capitolo è invece uno stile narrativo originale, che ha poche analogie nel resto del Zhuangzi, come Graham acutamente osserva. È uno stile già riscontrabile nel capitolo precedente, ma che trova nel Vecchio pescatore l’esempio più perfetto. Le narrazioni del Zhuangzi si possono ripartire grossomodo in tre classi. 1) Le storie totalmente fantastiche, come quella del pesce Kun e dell’uccello Peng con cui il libro si apre. 2) Gli episodi mitico-storici. Questi sono strutturati come informazione fattuale (o pseudo-tale), in genere assai scarna, e fanno riferimento a personaggi individuati unicamente o quasi dal loro nome. L’informazione fornita è solo lo stretto necessario (a volte neppure questo!) per argomentare una tesi specifica. 3) I dialoghi filosofici. Anche qui in generale non ci viene fornito quasi nessun dettaglio degli interlocutori (a parte il loro nome, reale o inventato) e delle circostanze. Veramente importanti sono solo le argomentazioni che si contrappongono nel dialogo. Nel Discorso sulle spade e nel Vecchio Pescatore, invece, incontriamo uno stile narrativo radicalmente diverso. Entrambe queste storie (particolarmente la seconda) sono narrate con una ricchezza di particolari che ci permettono di immaginare concretamente le scene descritte. Il protagonista della seconda storia, il vecchio pescatore, non è un personaggio storico o mitico, ma un saggio anonimo (ricordiamo che la pesca è uno stile di vita particolarmente congeniale all’adepto daoista che si ritira dal mondo). Al suo arrivo questo personaggio ci viene descritto accuratamente, nell’aspetto e nei gesti: “Aveva la barba e le sopracciglia bianche; i capelli sciolti gli ricadevano sulle spalle; teneva le mani infilate nelle maniche […] Si sedette con la mano sinistra appoggiata al ginocchio e la destra che sosteneva il mento”. Non meno dettagliata ed espressiva è la descrizione della sua partenza e dell’impatto che essa ha su Confucio: “Fal del tuo meglio! Ora ti lascio! Ora ti lascio!’. Ciò detto, spinse la barca con la pertica e si allontanò fra le canne. Yan Yuan voltò il carro e Zilu offri a Confucio la corda per salire, ma questi non gli badò. Solo quando le increspature dell’acqua si furono appianate e non poté più udire il rumore della pertica osò salire sul carro”. Abbiamo l’impressione di trovarci di fronte a scene di un romanzo,

piuttosto che a una narrazione filosofica. L’insegnamento di entrambi questi episodi è indiretto, sotto forma di esempio, mediante un incontro immaginario con Zhuangzi nel primo, con il vecchio pescatore nel secondo.

Viaggiando attraverso la foresta Cortina Oscura, Confucio sostò a riposare sulla collinetta Altare dell’Albicocco. I discepoli si immersero nello studio dei loro libri; Confucio prese a suonare il liuto e cantare. Non era ancora giunto a metà della melodia, quando un vecchio pescatore scese dalla sua barca e venne verso di loro. Aveva la barba e le sopracciglia bianche; i capelli sciolti gli ricadevano sulle spalle; teneva le mani infilate nelle maniche. Salì il pendio e giunto a una certa distanza dalla riva si fermò. Si sedette con la mano sinistra appoggiata al ginocchio e la destra che sosteneva il mento ad ascoltare il resto della canzone. Poi fece cenno a Zigong e Zilu,871 che entrambi si avvicinarono. Indicando Confucio, il vecchio chiese: “Cosa fa quell’uomo?”. Zilu rispose: “È un gentiluomo di Lu”. “A quale clan appartiene?”. “Al clan Kong”, disse Zilu. “E questo signore del clan Kong di cosa si occupa?”, chiese il vecchio. Zilu stava ancora cercando di formulare una risposta, quando Zigong disse: “È per natura leale e sincero; nella sua vita pratica la benevolenza e la giustizia; abbellisce i riti e la musica e sceglie ciò che è appropriato nelle relazioni umane. In alto è devoto al nostro sovrano; in basso si adopera per riformare la gente comune a beneficio del mondo intero. Di questo si occupa questo signore del clan Kong”. Il pescatore insistette con le domande: “Ha un territorio di cui è padrone?”. “No”, rispose Zigong. “È il consigliere di qualche re o di qualche nobile?”.





















Discepoli di Confucio, vedi Appendice 2.

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“No”, rispose Zigong. Il pescatore sorrise e si volse per andare, dicendo: “Sarà anche benevolo, ma temo che non riuscirà a salvarsi. Angustiando la sua mente e consumando il suo corpo in questo modo, mettendo a repentaglio la sua vera natura, ahimè, è ben lontano dal realizzare il Dao!”. Zigong ritornò e riferì questa conversazione a Confucio. Immediatamente Confucio mise da parte il liuto e si alzò in piedi, dicendo: “Quest’uomo dev’essere un saggio”. Si avviò giù per il pendio, cercandolo. Lo raggiunse in riva al lago proprio quando il pescatore era sul punto di staccarsi dalla riva spingendo la barca con la sua lunga pertica. Guardando indietro, il pescatore lo vide e si voltò verso di lui. Confucio arretrò di qualche passo, fece due inchini, poi si fece avanti. Il vecchio disse: “Cosa vuoi?”. “Un momento fa, maestro”, disse Confucio, “hai fatto alcuni accenni e poi te ne sei andato. Nella sua indegnità Qiu872 non ne comprende il significato. Chiedo umilmente che mi sia concesso di mettermi in attesa della fortuna di udire il suono anche solo della tua tosse e del tuo sputo per rimediare alla mia ignoranza”.873 Il vecchio rise e disse: “Tanto davvero è il tuo desiderio di apprendere!”. Confucio si inchinò due volte, poi raddrizzandosi disse: “Dall’infanzia fino a oggi, che ho sessantanove anni, ho coltivato il sapere, ma non ho ancora mai udito l’insegnamento ultimo. Come posso osare non mantenere il mio cuore vuoto?”.874 “Il simile segue il simile”, disse il vecchio, “voci consonanti si rispondono: questa è la legge del cielo. Permettimi perciò di spiegare quello che So, al fine di illuminare ciò di cui ti occupi.875 Ciò Nome personale di Confucio. Formula di estrema modestia. 874 Cioè aperto a ricevere l’insegnamento ultimo. Il “cuore vuoto” descrive l’atteggiamento meditativo (ricordiamo sempre che “cuore” è anche “mente” per i Cinesi). 875 Altra lettura: “Propongo di non parlare di ciò che appartiene al mio tipo, bensì correggerti in ciò che ti riguarda” – A. C. Graham (1981). 872











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di cui ti occupi sono gli affari umani. Il Figlio del Cielo, i signori feudali, i ministri e il popolo: quando queste quattro componenti sono in sé corrette, regna l’ordine più perfetto. Quando esse si allontanano dalla loro posizione, non c’è confusione più grande. Finché chi governa assolve ai propri compiti e la gente si occupa degli affari propri, nessun danno. Campi incolti, stanze in cui piove, abiti e cibo insufficienti, corvée e tasse impossibili da pagare, mogli e concubine che non vanno d’accordo, relazioni turbate fra anziani e giovani: queste sono le preoccupazioni dell’uomo comune. Capacità insufficienti per far fronte a un compito, affari di governo che non vanno a buon fine, comportamento non limpido e onesto, dipendenti disattenti e pigri, mancanza di riconoscimenti ed elogi, perdita di rango ed emolumenti: queste sono le preoccupazioni del ministro. Una corte senza ministri leali, disordine nello stato e nella famiglia, artigiani incapaci, tributi e servizi inadeguati, mancato riconoscimento del rango nelle visite primaverili e autunnali alla capitale, cadere in disgrazia con il Figlio del Cielo: queste sono le preoccupazioni del feudatario. Yin e yang non in armonia, l’eccesso di freddo o di caldo fuori stagione che danneggia ogni cosa, feudatari ribelli che si aggrediscono a vicenda e opprimono il popolo, rituali e musica non correttamente celebrati, denaro e risorse sempre insufficienti, disordine nelle relazioni umane, i cento clan876 promiscui e disordinati: queste sono le preoccupazioni del Figlio del Cielo e dei suoi ministri. Ora tu in alto non hai il potere decisionale di un monarca o di un feudatario, in basso non appartieni all’organico di un ministero. Tuttavia ti arroghi il diritto di ‘abbellire i riti e la musica, scegliere ciò che è appropriato nelle relazioni umane e riformare la gente comune’. Non è questo un po’ grandioso? Inoltre gli esseri umani hanno otto vizi e nella conduzione degli affari umani ci sono quattro comportamenti dannosi di cui non si può non tenere conto.









Il popolo, la gente comune.

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Chi si occupa di ciò che non è affar suo è un intrigante. Chi si fa avanti anche quando non è chiamato è un ossequioso. Chi imita le idee e fa eco alle parole altrui è un adulatore. Chi parla senza curarsi se ciò che dice è giusto o sbagliato è un superficiale. Chi ama parlar male degli altri è un calunniatore. Chi divide gli amici e semina discordia nelle famiglie è un disgregatore. Chi loda falsamente una persona per ottenere un vantaggio è un manipolatore. Chi non sceglie fra i virtuosi e i malvagi e assume di volta in volta un atteggiamento o l’altro per ottenere furtivamente ciò che desidera è un lestofante.877 Questi otto vizi creano confusione nel mondo e danneggiano la persona che li ha. Un gentiluomo non si lega di amicizia con un uomo simile e un monarca illuminato non lo prende come ministro. I quattro comportamenti dannosi sono i seguenti. Lanciarsi in grandi imprese e voler cambiare ciò che è costante per accumulare meriti e fama è ambizione. Ritenere di sapere più degli altri e appropriarsi delle faccende altrui per il proprio uso è presunzione. Essere consapevole dei propri difetti e non voler cambiare, ignorare i rimproveri e continuare peggio di prima è ostinazione. Accettare chi è d’accordo con te e rifiutare chi non è d’accordo, anche se quest’ultimo può avere ragione, è arroganza. Questi sono i quattro comportamenti dannosi. Se riesci a eliminare gli otto vizi e a non coinvolgerti nei quattro comportamenti dannosi, comincerà a essere possibile insegnarti qualcosa”. Confucio cambiò espressione, sospirò, si inchinò due volte, poi, raddrizzandosi, disse: “Due volte Qiu è stato cacciato da Lu. Hanno cancellato le sue orme a Wei. Hanno tagliato l’albero sotto cui insegnava a Song. È stato bloccato fra Chen e Cai.878 Qiu non

I nomi assegnati a queste otto tipologie negative nel testo non sono chiaramente distinti fra loro, né necessariamente coerenti con le definizioni che ne vengono date. La traduzione proposta è un’interpretazione e una riorganizzazione del testo. 878 Il consueto elenco delle sventure di Confucio che con lievi varianti ricorre in vari capitoli del Zhuangzi.





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sa in cosa consista il suo errore: come può sottrarsi a queste persecuzioni?”. Il vecchio assunse un’espressione malinconica e disse: “Com’è difficile farti capire! C’era una volta un uomo che aveva paura della sua ombra e odiava le sue orme. Perciò cercò di liberarsene correndo. Ma più correva, più orme lasciava; e per quanto velocemente corresse, la sua ombra non si separava dal suo corpo. Credendo di andare ancora troppo lentamente, corse sempre più, fino a cadere esausto e morire. Non sapeva che, sedendosi tranquillamente all’ombra, avrebbe eliminato la sua ombra e stando fermo avrebbe cessato di lasciare impronte. Che follia! Tu esamini la differenza fra benevolenza e giustizia, consideri la distinzione fra l’uguale e il diverso, osservi il trapasso fra attività e quiete, stabilisci la misura del ricevere e del dare, studi le emozioni di amore e odio, armonizzi i tempi della gioia e dell’ira; ma tutto ciò non ti aiuta a evitare.879 Coltiva diligentemente te stesso, sii scrupoloso nell’attenerti alla tua verità, restituisci la gestione delle cose agli altri880 e ti libererai di questi intralci. Ora, senza coltivare il carattere in te stesso, lo richiedi agli altri: può essere qualcosa di più che mera esteriorità?”.881 Confucio arrossì e disse: “Posso chiedere cosa intendi con ‘attenersi alla propria verità”?”. Il vecchio disse: “Verità significa sincerità e onestà nel grado più alto. Chi non è sincero non è in grado di toccare gli altri. Chi si costringe a piangere, anche se è triste non risveglia pietà; chi si costringe ad arrabbiarsi, anche se è severo non fa paura; chi si co-





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“Non ti aiuta a evitare le ‘persecuzioni’ di cui parli”, secondo H. A. Giles (1889), A. C. Graham (1981) e B. Watson (1968); oppure “Non ti aiuta a evitare di cadere negli otto vizi e nei quattro comportamenti dannosi”, secondo L. Kia-hway (1969). Altre letture: “Lascia le cose esterne agli altri” – H. A. Giles (1889); “Torna a te e lascia il resto ad altri” – A. C. Graham (1981); “Lascia i tuoi beni ad altri” – L. Kia-hway (1969). Altre letture: “Non ti allontani così dall’assolvere il tuo compito?” – L. Kiahway (1969); “Non è certo il modo corretto di gestire la cosa” – B. Watson (1968).



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stringe a provare affetto, anche se sorride non crea armonia. La vera tristezza risveglia pietà senza un lamento; la vera ira fa paura anche senza manifestarsi; il vero affetto crea armonia anche senza sorrisi. Quando c’è verità all’interno, lo spirito si manifesta all’esterno: per questo apprezziamo la verità. Il suo uso nella sfera dell’umano è il seguente. Nell’ambito della famiglia si manifesta come docilità e pietà filiale; negli affari che riguardano il sovrano si manifesta come lealtà e affidabilità;882 nel fare festa e bere vino si manifesta come gioia e allegria; nei periodi di lutto si manifesta come tristezza e dolore. Nella lealtà e affidabilità il servire e acquisire meriti è la cosa più importante; nel fare festa e bere vino l’allegria è la cosa più importante; nei periodi di lutto la tristezza è la cosa più impor tante; nell’ambito della famiglia l’obbedienza è la cosa più importante. Per giungere alla gloria nel servire e acquisire meriti non c’è un’unica via; l’obbedienza nell’ambito della famiglia può avvenire in molti modi;883 l’allegria del fare festa e bere vino non bada a quale piatto o quale tazza utilizzare; la tristezza del lutto non si preoccupa di quali rituali eseguire. Il rituale è una creazione umana; la verità proviene dal cielo. Per natura è così com’è e non si può cambiare. Perciò il saggio si attiene alla legge del cielo, ha cara la verità e non è limitato dalle convenzioni. Lo sciocco fa l’opposto: non sa attenersi alla legge del cielo, ma va in ansia riguardo alle convenzioni umane. Non è abbastanza saggio per apprezzare la verità: cercando fortuna e salario, si lascia modellare dalle convenzioni. Perciò è sempre inadeguato e infelice. Che peccato che tanto presto tu ti sia immerso nelle falsità umane e tanto tardi sia giunto a udire il Grande Dao!”. Confucio di nuovo si inchinò due volte e raddrizzandosi disse: “Ora che ti ho incontrato, maestro, mi sembra di essere stato benedetto dal cielo. Se non ti vergogni che uno come me entri al tuo Altra lettura: “Nel servizio nell’ambito della famiglia il figlio è filiale e il padre compassionevole; nel servizio nell’ambito dello stato il ministro è leale e il signore giusto” – A. C. Graham (1981). 883 Altra lettura: “Nel servire i genitori, se fai loro piacere, non solleveranno difficoltà sul come lo hai fatto” – A. C. Graham (1981).





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servizio per ricevere il tuo diretto insegnamento, oserei chiederti di indicarmi dove si trova le tua abitazione e di accettarmi come tuo discepolo, affinché io possa finalmente studiare il Grande Dao”. Il vecchio rispose: “Ho udito dire: ‘Se qualcuno è pronto ad andare con te, vai con lui fino al Dao misterioso. Ma se qualcuno non è pronto, se non conosce il proprio dao,884 stai attento, non prenderlo con te; solo così eviterai l’errore.’885 Fai del tuo meglio! Ora ti lascio! Ora ti lascio!”. Ciò detto, spinse la barca con la pertica e si allontanò fra le canne. Yan Yuan voltò il carro e Zilu offrì a Confucio la corda per salire, ma questi non gli badò. Solo quando le increspature dell’acqua si furono appianate e non poté più udire il rumore della pertica osò salire sul carro. Zilu, camminando accanto al carro, gli disse: “Ho avuto il privilegio di servirti a lungo, maestro, ma mai ti ho visto incontrare una persona con altrettanto reverenziale timore. Quando i signori di diecimila carri ti incontrano, maestro, ti offrono un seggio al loro livello e ti onorano con un rituale da loro pari; eppure tu mantieni un atteggiamento orgoglioso e altero. E oggi questo vecchio pescatore ti si presenta con la sua pertica in mano e tu, maestro, ti pieghi in due come una pietra musicale886 e ti inchini ogni volta prima di rispondere alle sue parole. Non ti sembra eccessivo? I tuoi discepoli sono sconcertati da questo tuo comportamento. Perché mai un pescatore merita questo trattamento?”. Confucio si chinò sulla traversa del carro, sospirò e disse: “Certo sei difficile da cambiare! Da lungo tempo sei immerso nello studio dei riti e della giustizia, ma questa tua mente rozza e limitata Altre letture:”…e non conosce il Dao” – H. A. Giles (1889); “… poiché tu non sai quale sia il Dao appropriato a lui” – A. C. Graham (1981); “… qualcuno che non capisce il Dao” – B. Watson (1968). 885 Altre letture: “ affinché non accada nulla di male” – H. A. Giles (1889); semplicemente per la tua protezione” – A. C. Graham (1981); “… e sarai senza rimprovero” – L. Kia-hway (1969); “… solo così eviterai un pericolo per te” – B. Watson (1968). 886 “Le pietre musicali avevano la forma di una ‘V’ capovolta” – B. Watson (1968).









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non vuole andarsene. Avvicinati e ti spiegherò. Incontrare un anziano e non tributargli rispetto è mancanza di buone maniere. Incontrare una persona virtuosa e non onorarla è mancanza di benevolenza. Chi non è un essere umano perfetto è incapace di abbassarsi davanti a un altro.887 E se l’abbassarsi non è sincero, non raggiunge la verità e produce un danno durevole. Ahimè! Non c’è disgrazia più grande della mancanza di benevolenza! E tuttavia ne siamo noi stessi la causa. Inoltre il Dao è il luogo da cui emergono i diecimila esseri. Quelli che lo perdono, muoiono; quelli che lo trovano, vivono. Nell’intraprendere qualcosa, ciò che è contrario al Dao, fallisce; ciò che è conforme a esso, ha successo. Perciò dovunque il Dao si trovi, il saggio gli rende omaggio. Il vecchio pescatore che abbiamo incontrato or ora, si può ben dire che possedesse il Dao. Come avrei potuto non tributargli rispetto!”.



Altra lettura: “Se questo pescatore non fosse un essere umano perfetto, non sarebbe capace di far sì che altri si abbassino di fronte a lui” – B. Watson (1968).



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列 禦 寇

Lie Yukou





























Zhuangzi era in punto di morte. I suoi discepoli volevano dargli un sontuoso funerale. Zhuangzi disse: “Avrò il cielo e la terra come bara, il sole e la luna come dischi di giada, le stelle come perle e le diecimila cose come dono funebre. Il mio arredo funebre non è forse completo? Cosa si potrebbe aggiungere?”. I discepoli dissero: “Abbiamo paura che i corvi e gli avvoltoi ti mangino, maestro!”. “Sopra la terra”, rispose Zhuangzi, “sarò mangiato da corvi e avvoltoi, sotto la terra da grillotalpe e formiche. Non sarebbe parzialità togliere il cibo agli uni per darlo agli altri?”.

Lie Yukou888 si mise in viaggio verso Qi, ma a metà strada tornò indietro. Ritornando si imbatté in Bohun Wuren.889 “Come mai sei tornato indietro?”, gli chiese Bohun Wuren. “Ho avuto paura”, rispose Liezi. “Di cosa hai avuto paura?”. “Mi sono fermato a mangiare presso dieci banchi di minestra, e cinque mi hanno servito per primo”.890 “Che cosa ti ha spaventato in questo?”. “Se non siamo in grado di tenere a bada la nostra verità interiore”,891 disse Liezi, “essa si manifesta nel corpo come una radiosità che sopraffà la mente delle persone e le rende incuranti di ciò che è dovuto ai superiori o agli anziani:892 un simile disordine mi sembra deprecabile. I venditori di minestra hanno solo la loro minestra da vendere e non possono certo guadagnare granché. Se persone che hanno profitti tanto miseri e tanto poco potere mi Lie Yukou è il nome completo di Liezi, un adepto daoista che abbiamo già incontrato nei Capitoli 1, 7, 18, 19 e 21. A lui è attribuita un’opera che ci è giunta in una redazione del III secolo, vedi Appendice 2. 889 Abbiamo già incontrato Bohun Wuren in dialogo con Liezi nel Capitolo 21. 890 Altra lettura: “… e cinque di queste non hanno voluto essere pagate” – H. A. Giles (1889). 891 Altre letture: “Quando la verità interiore non è stata correttamente assimilata” – H. A. Giles (1889); “È che la mia sincerità interiore non è perfetta” – L. Kiahway (1969); “Se non puoi dissolvere la sincerità al tuo interno…” – B. Watson (1968). 892 Altra lettura: “Conquistare il cuore degli uomini per mezzo dell’esteriore è indursi a trascurare l’autorità e l’età” – H. A. Giles (1889).











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Un altro capitolo contenente materiali di varia provenienza, alcuni corrotti e quasi incomprensibili. Qual è il senso della sua collocazione qui alla fine del libro, fra la “miscellanea yanghista” e il capitolo finale, che è una rassegna delle scuole di pensiero imparentate con Zhuangzi? Secondo Graham, la motivazione potrebbe essere il fatto che il capitolo si conclude con un aneddoto sulla morte di Zhuangzi.

trattano in questo modo, cosa posso aspettarmi da un signore di diecimila carri?893 Con il corpo affaticato dal peso dello stato, ogni risorsa esaurita nella gestione degli affari pubblici, certamente il signore di Qi avrebbe cercato di affidarmi un incarico nel governo e allettarmi con ricompense. Di questo mi sono spaventato”. Bohun Wuren disse: “Eccellente osservazione! Però, anche stando a gente ti si affollerà intorno”. casa Poco dopo Bohun Wuren andò a trovare Liezi e trovò lo spazio fuori dalla porta interna della sua casa pieno di sandali. Per un po’ restò in piedi rivolto a nord, il mento appoggiato sul bastone e le sopracciglia aggrottate; poi si allontanò senza proferire parola. Il servo incaricato di ricevere gli ospiti se ne accorse e riferì la cosa a Liezi. Questi uscì di corsa e, raccolti i suoi sandali, rincorse a piedi nudi Bohun Wuren. Lo raggiunse presso il cancello. “Maestro”, gli disse, “giacché sei venuto fin qui, non vuoi darmi la mia medicina?”.894 “Inutile”, rispose Bohun Wuren. “Ti ho detto chiaramente che la gente ti si sarebbe affollata intorno. Ed è accaduto! Il punto non è che tu sei capace di farli venire; è che sei incapace di non farli venire. A che serve?895 Se commuovi le persone e le rendi felici, vuol dire che proietti qualcosa di strano. Certamente allora anche tu ne sei influenzato896 e disturbi la tua costituzione originaria. Non occorre dire altro. Questa gente che va in giro con te non ha niente da dirti.897 Fanno solo discorsi piccini, che avvelenano un uomo. Sono inconsapevoli, non capiscono. Chi può aiutare chi, allora? Chi è abile, fatica; chi è saggio, si preoccupa. Ma chi non

Formula convenzionale per indicare il potere di un monarca o di un grande feudatario. 894 I tuoi insegnamenti. 895 Secondo H. A. Giles (1889), “A che ti servirebbe il mio insegnamento?”; secondo B. Watson (1968), “A cosa ti serve questa gente che ti circonda?” 896 Altra lettura: “Esercitando un’influenza indebita sugli altri, ne sei influenzato a tua volta” – H. A. Giles (1889). 897 Altre letture: “Nessuno dei tuoi compagni ti avvisa di questo” – H. A. Giles (1889); “Nessuno di costoro ti darà un buon consiglio” – B. Watson (1968).







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ha abilità non cerca nulla;898 mangia a sazietà e vaga senza meta, va alla deriva come una barca vuota non ormeggiata”.899 Huan, originario di Cheng, dopo tre anni trascorsi a Qiushi a memorizzare e recitare testi, divenne un letterato confuciano. Come il Fiume Giallo900 diffonde la sua umidità fino a nove miglia dalla riva, Huan condivise la sua fortuna con i tre clan dei suoi parenti e permise al suo fratello minore di studiare e diventare moista,901 I due fratelli, il confuciano e il moista, discutevano continuamente; ma il padre prendeva sempre le parti del figlio minore. Dopo dieci anni, Huan si suicidò. Apparve in sogno al padre e disse: “Sono io che ho permesso a tuo figlio di diventare moista. Perché non dai un’occhiata alla mia tomba? Sono già diventato le pigne del cipresso”.902 Quando il creatore ricompensa un essere umano, non ricompensa ciò che è umano in lui, ma ciò che gli viene dal cielo. Il fratello minore divenne moista perché tale era la sua natura. La gente come Huan si ritiene superiore perfino ai propri familiari. Si comporta come quei contadini di Qi che, bevendo a un pozzo, cercavano di allontanarsi a vicenda a gomitate. Perciò si dice che al Altre letture: “Coloro che non hanno abilità, non hanno ambizioni” – H. A. Giles (1889); “Solo coloro che non hanno alcuna capacità particolare non cercano nulla” – L. Kia-hway (1969). 899 L’ultima frase è ambigua: descrive il distacco dell’adepto daoista che non agisce e si lascia trasportare dal flusso delle cose o la deriva degli ignoranti e inconsapevoli di cui si è parlato appena prima? Siamo tentati di scegliere la prima interpretazione in base all’analogia con vari altri passaggi del Zhuangzi, non ultimo quello sulla barca vuota del Capitolo 20, che ha un senso decisamente positivo. 900 Il secondo fiume della Cina, lungo 5500 chilometri. Il suo bacino è stato la regione più prospera della Cina antica, la culla della civiltà cinese. 901 Cioè seguace del filosofo Mozi, vedi Appendice 2. 902 Il senso di questo episodio è assai incerto e il testo è probabilmente corrotto. Graham commenta: “Nella morale confuciana la famiglia viene al primo posto, mentre per i moisti l’amore è uguale per tutti. Colui che per primo solleva la questione, distinguendo Ciò e Altro, è responsabile del fatto che qualcun altro scelga l’alternativa da lui rifiutata”.





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giorno d’oggi tutti sono degli Huan. Tutti si credono in possesso della verità. Chi veramente possiede la virtù non sa di possederla; a maggior ragione chi possiede il Dao! Nei tempi antichi questo si chiamava sfuggire alla punizione del cielo.903 Il saggio si riposa dove c’è riposo e non si riposa dove non c’è riposo. La gente comune cerca di riposarsi dove non c’è riposo e non si riposa dove c’è veramente riposo. Zhuangzi ha detto: “Conoscere il Dao è facile; non parlarne è difficile. Sapere e non parlare, questo è celeste; sapere e parlare, questo è umano. Gli antichi cercavano il celeste, non l’umano”. Zhuping Man studiò l’arte di macellare draghi sotto Zhili Yi.904 Questa educazione gli costò tutti i mille pezzi d’oro che la sua famiglia possedeva. Nel giro di tre anni la sua arte era perfetta; ma non trovò nessuno che fosse interessato a usarla. Il saggio considera anche il necessario come inessenziale: perciò non ricorre mai alle armi. La gente comune considera anche l’inessenziale come necessario: perciò ricorre alle armi. Il ricorso alle armi mira a raggiungere un fine, ma chi si affida alle armi perisce. La comprensione del piccolo uomo non va al di là delle mance e delle lettere di raccomandazione: consuma il suo spirito e la sua essenza in banalità. Eppure vorrebbe essere il salvatore del Dao e









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Altre letture: “Anticamente questo era detto la punizione per essersi ritirati dal cielo” – A. C. Graham (1981); “E ciò che gli antichi chiamavano il crimine di frustrare il cielo” – L. Kia-hway (1969); “Nei tempi antichi si diceva di uomini come Huan che avevano commesso il crimine di nascondersi dal cielo” – B. Watson (1968), I nomi possono essere resi rispettivamente come “Vermiglio riversarsi di un’inondazione” e “Profitto incoerente”.



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del mondo e cogliere la suprema unità di forma e vacuità.905 Folle e confuso nello spazio e nel tempo, affatica il suo corpo senza mai giungere ad afferrare l’origine ultima delle cose. Al contrario, l’essere umano perfetto riconduce il suo spirito e la sua essenza a ciò che non ha inizio e si riposa nel paese del nulla: è come acqua che scorre nel senza forma o che sgocciola dalla suprema chiarezza. Che tristezza conoscere solo ciò che sta sulla punta di un capello e ignorare la Grande Pace! Un uomo di Song, un certo Cao Shang, fu inviato in missione per conto del suo re nello stato di Qin. Partendo, aveva con sé solo pochi carri; ma il re di Qin lo prese in simpatia e gliene regalò cento. Tornato a Song, si recò a far visita a Zhuangzi e gli disse: “Vivere nei miseri vicoli di un villaggio, cucirmi da me i miei sandali, avere il collo avvizzito e la carnagione giallastra, queste cose non sono il punto forte di Shang! Ma conquistare in breve tempo la stima di un signore di diecimila carri e ritornare con cento carri al suo seguito, in questo Shang eccelle!”. Zhuangzi disse: “Quando il re di Qin si ammala, manda a chiamare i suoi medici. Al medico che gli apre una vescica o gli drena un ascesso regala un carro. A quello che gli lecca le emorroidi ne regala cinque. Più il servizio che gli si rende è vile, più numerosi sono i carri che offre come compenso. Tu come gli hai curato le emorroidi per ricevere tutti quei carri? Vattene!”. Il duca Ai di Lu chiese a Yan He:906 “Se facessi di Confucio un pilastro del mio governo, questo contribuirebbe a risanare lo stato?”. “Sarebbe pericoloso!”, disse Yan He. “Confucio abbellisce l’esterno, affronta i problemi con eloquenza fiorita, scambia i dettagli per la sostanza. Reprime la sua natura per porsi come modello per gli altri e non si rende neppure conto di essere insincero. Come Parrebbe un accenno alla dottrina buddista della Prajnaparamita (ma questo testo precede di almeno un paio di secoli i primi sutra di quella scuola). 906 Vedi gli aneddoti narrati nei Capitoli 4, 19 e 28.









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può un uomo simile essere una guida per il popolo? Vostra Grazia lo considera la persona adatta? Vuole dargli uno stipendio? Potete farlo, ma è un errore. Chi induce il popolo a trascurare la propria verità e a studiare delle falsità non può essere un buon modello. Se ci preoccupiamo per le generazioni future, la cosa migliore è non farne nulla. Governare è difficile!”. Dare senza dimenticare che si dà non è il dare del cielo. Disprezziamo i mercanti anche quando dobbiamo sbrigare affari con essi.907 All’esterno le punizioni sono inflitte dal metallo e dal legno; all’interno dall’agitazione e dall’eccesso. Quando il piccolo uomo incorre in una punizione esterna, incontra il metallo e il legno; quando incorre in una punizione interna, lo yin e lo yang lo divorano. Solo l’essere umano autentico è in grado di sottrarsi alle punizioni esterne e interne.908 Confucio disse: “La mente dell’essere umano comune è più pericolosa delle montagne e dei fiumi, più difficile da capire del cielo. Il cielo ha i suoi cicli di primavera e autunno, estate e inverno, alba e tramonto; ma l’essere umano è impenetrabile e cova le sue emozioni nel profondo. Alcuni sembrano sinceri, ma hanno ulteriori motivi; alcuni sembrano dei capi, ma non valgono nulla; alcuni sembrano obbedienti, ma perseguono un loro scopo; alcuni sembrano forti, ma sono morbidi come seta; alcuni sembrano lenti,

Altra lettura: “Neppure i mercanti vogliono essere messi al pari di una persona siffatta e, anche se la loro occupazione sembra collocarli a quel livello, in cuor loro non lo accetteranno mai” – B. Watson (1968). 908 La maggior parte dei traduttori include gli ultimi due paragrafi nella risposta di Yan He, dove sembrano però fuori contesto. In ogni caso il loro significato è molto dubbio.







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ma sono veloci; alcuni inizialmente cercano la giustizia come l’assetato cerca l’acqua, poi la fuggono come se fosse fuoco.909 Perciò il nobile, inviando un uomo in missione lontano, ne mette alla prova la lealtà; conferendogli un incarico vicino, ne mette alla prova la devozione; affidandogli un compito difficile, ne mette alla prova le capacità; chiedendogli improvvisamente consiglio, ne mette alla prova la saggezza; assegnandogli una faccenda urgente, ne mette alla prova l’affidabilità; dandogli dei fondi da distribuire, ne mette alla prova la benevolenza; avvisandolo che è in pericolo, ne mette alla prova l’integrità morale; facendogli bere vino, ne mette alla prova il carattere; osservandolo in compagnia di donne, mette alla prova il potere che ha su di lui la bellezza femminile. Per mezzo di queste nove prove può valutare se una persona è indegna”. Quando Zheng Kaofu ricevette il suo primo incarico a corte, chinò il capo; quando ricevette il secondo, piegò la schiena; quando ricevette il terzo, volse lo sguardo al suolo e strisciò via lungo il muro.910 Chi oserebbe non seguirne l’esempio? Invece l’essere umano ordinario, ricevendo il suo primo incarico diviene impettito e solenne; ricevendo il secondo, si mette a ballare sul suo carro; ricevendo il terzo, comincia a chiamare il padre e gli zii con i loro nomi personali. Che differenza rispetto al comportamento di un Xuyou!911 Non vi è peggior traditore della virtù intenzionale e dell’intenzione che ha occhi. Avendo occhi rivolge lo sguardo all’interno; rivolgendo lo sguardo all’interno si perde. Ci sono cinque tipi di Il testo di questo paragrafo è probabilmente corrotto e la traduzione è molto incerta. 910 Zheng Kaofu, il “Retto Antenato”, è un antenato di Confucio che servì alla corte di Song nell’VIII secolo a.C. La progressione dei tre incarichi è una sequenza di avanzamenti nella sua carriera, che Zheng accetta con umiltà e a malincuore. 911 Mitico eremita saggio, maestro di Yao.







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virtù insidiosa: fra questi la virtù che si ritiene il centro è la peggiore. Cosa intendo con “la virtù che si ritiene il centro”? La virtù che si ritiene il centro crede sempre di essere nel giusto e disprezza tutto ciò che non ritiene alla sua altezza.912 Ci sono otto eccessi che portano guai, tre condizioni necessarie per la riuscita e sei sorgenti di forza e debolezza. Bellezza, una barba fluente, un’alta statura, un corpo grande, forza fisica, grazia, coraggio e audacia: queste otto qualità, quando le possediamo in misura superiore agli altri, portano guai. Obbedienza al proprio destino, umiltà, timore di non essere all’altezza:913 queste tre qualità portano alla riuscita e al successo. Conoscenza e intelligenza si manifestano all’esterno; coraggio e determinazione attirano molte critiche; benevolenza e giustizia comportano molti doveri.914 Chi ha raggiunto la comprensione della vita è grande; chi ha raggiunto soltanto la conoscenza è piccolo. Chi ha raggiunto il grande destino, lo segue; chi ha raggiunto soltanto il piccolo destino è in balia degli eventi. Un uomo aveva avuto un’udienza con il re di Song e aveva ricevuto in dono dal re dieci carri. Infantilmente orgoglioso dei suoi carri si recò a far visita a Zhuangzi. Zhuangzi disse: “In riva al fiume c’è una famiglia povera, che si guadagna da vivere intrecciando artemisia. Un giorno il figlio, immergendosi negli abissi del fiume, trovò una perla del valore di mille pezzi d’oro. Il padre gli disse: ‘Prendi una pietra e rompila! Una perla del valore mille pezzi d’oro può trovarsi solo in fondo al nono abisso, sotto il mento del Drago Nero! Sicuramente hai potuto prendere la perla perché ti sei Il testo di questo paragrafo è probabilmente corrotto. Altre letture: “Modestia, adattabilità, umiltà” – H. A. Giles (1889); “Mettersi al seguito degli altri, obbedire ai loro ordini e temerli” – L. Kia-hway (1969); “Seguire le cose, vacillare e serpeggiare, temere e adulare” – B. Watson (1968). 914 Watson suggerisce che il completamento della frase (per esempio “queste sono le sei sorgenti di forza e debolezza”) sia andato perduto. 912







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trovato lì mentre il drago dormiva. Ora, se il drago dovesse svegliarsi, non rimarrebbe un solo brandello di te!’. Gli abissi dello stato di Song sono più profondi del nono abisso e il re di Song è più feroce del Drago Nero. Per ottenere quei carri devi essere capitato lì mentre il re dormiva. Se il re di Song dovesse svegliarsi, sarai ridotto in polvere!”. Un principe inviò doni a Zhuangzi per farlo diventare suo ministro. Zhuangzi rispose al messaggero: “Hai mai visto un bue sacrificale? Viene vestito e decorato con stoffe ricamate e nutrito con fieno e legumi. Ma quando viene condotto nel tempio ancestrale desidererebbe tornare a essere un vitellino qualsiasi. Lo può forse?”. Zhuangzi era in punto di morte. I suoi discepoli volevano dargli un sontuoso funerale. Zhuangzi disse: “Avrò il cielo e la terra come bara, il sole e la luna come dischi di giada, le stelle come perle e le diecimila cose come dono funebre. Il mio arredo funebre non è forse completo? Cosa si potrebbe aggiungere?”. I discepoli dissero: “Abbiamo paura che i corvi e gli avvoltoi ti mangino, maestro!”. “Sopra la terra”, rispose Zhuangzi, “sarò mangiato da corvi e avvoltoi, sotto la terra da grillotalpe e formiche. Non sarebbe parzialità togliere il cibo agli uni per darlo agli altri?”.











Se usi l’ingiustizia per stabilire la giustizia, la tua giustizia sarà ingiusta. Se usi ciò che non è dimostrato per dimostrare una tesi, la tua dimostrazione sarà indimostrata. Il visibile è solo un messagge-

ro; lo spirito è l’evidenza ultima.915 Che il visibile non sia all’altezza dello spirito è noto da lungo tempo. Ma lo sciocco si affida a ciò che vede e si immerge nell’umano e ciò che ottiene è unicamente esterno. Non è triste ciò?916

Altre letture: “Quelli che si fidano dei loro sensi diventano schiavi delle esistenze oggettive. Solo quelli che sono guidati dalle loro intuizioni trovano la vera misura” – H. A. Giles (1889); “La vista dell’occhio è solo qualcosa che impiega, è [lo spirito] in noi che mette alla prova” – A. C. Graham (1981); “La semplice visione delle cose è asservita dalle cose; solo lo spirito è probante” – L. Kia-hway (1969); “L’uomo dagli occhi luccicanti è solo un servo delle cose, ma l’uomo spirituale sa come trovare delle vere prove” – B. Watson (1968). 916 H. A. Giles (1889) e B. Watson (1968) includono questo paragrafo nella risposta di Zhuangzi, dove però appare fuori contesto. A. C. Graham (1981) lo sposta, insieme ad altri frammenti, nel Capitolo 3, dove risuona con l’affermazione del cuoco Ding: “Ora non uso più nemmeno gli occhi, ma solo lo spirito. La mente si arresta e lo spirito agisce secondo la struttura naturale della carne”.



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天 下

Il mondo



















































Vuota, deserta, senza forma, mutevole, incostante: questa realtà partecipa della morte o della vita? Siamo una cosa sola con cielo e terra? Siamo in viaggio verso la luce degli spiriti? Dimentichi, donde veniamo? Inconsapevoli, dove andiamo? Le diecimila cose si manifestano, ma nessuna è in grado di tornare alle proprie origini… [Zhuangzi] sentì parlare di questi principi e li adottò. Li espose in maniera caotica e iperbolica, servendosi di immagini assurde ed esagerate, di parole azzardate e irragionevoli… Benché i suoi scritti siano stravaganti, essi non recano danno ad alcuno. Benché siano incostanti, i loro enigmi meritano di essere presi in considerazione, perché ciò che racchiudono di genuino è irrinunciabile… La sorgente dei suoi insegnamenti è grande, aperta, liberale e profonda; si può ben dire che egli abbia seguito le orme dell’Antenato e si sia innalzato fino a esso. La sua comprensione del cambiamento e la sua analisi delle cose possiedono una logica insondabile e le sue conclusioni non possono essere facilmente liquidate. Astruso e oscuro, non è mai stato compreso fino in fondo.





Graham attribuisce questo capitolo a un autore sincretista, forse il compilatore dell’intero libro, che ci offre qui, a conclusione della raccolta di testi che compongono il Zhuangzi, una rassegna dell’operato di sei scuole filosofiche attive all’epoca in cui scrive (probabilmente verso la fine del Ill o l’inizio del II secolo a.C.) che, tutte, si proclamano eredi di una tradizione del Dao ricevuta dagli antichi. Di alcuni dei personaggi citati non abbiamo altre Informazioni che quelle contenute in questo capitolo e il quadro tracciato indubbiamente copre solo una piccola parte della realtà delle Cento scuole fiorite durante la dinastia Zhou Orientale. Il panorama che ci dischiude è tuttavia interessante e per certi versi sorprendente. Un primo elemento degno di nota è il fatto che il daoismo ancora non è contemplato come scuola riconosciuta. Laozi e Zhuangzi sono entrambi citati, ma come appartenenti a scuole diverse, che sono solo due fra le varie che si richiamano al Dao degli antichi. Di ciascuno del filosofi, o di ciascuna delle scuole citate, si dice che essi “sentirono parlare [di alcuni aspetti del Dao praticato dagli antichi] e li adottarono”. Questo schema espositivo si ripete identico in tutto il capitolo (solo nella presentazione della sesta scuola, i sofisti, l’autore se ne discosta): Il sincretista comincia con Il sottolineare gli aspetti della pratica del Dao che ciascuna scuola ha valorizzato, per poi criticarne gli eccessi o l’unilateralità. La prima scuola esaminata è quella di Mo Di, o Mozi, che emerge verso la fine del V secolo a.C. come antagonista del confucianesimo e di cui ci è pervenuto Il canone in 71 capitoli. Confuciani e moisti hanno in comune un forte imperativo etico, che nel moisti si traduce nell’ideale di un amore universale e incondizionato. Divergono tuttavia nelle “vie” che perseguono per realizzare il bene: per i confuciani il criterio guida è la sapienza, che si manifesta negli scritti e nel rituali degli antichi, mentre per I moisti è la legge del cielo - la legge di natura, quindi, piuttosto che le norme culturali umane. La critica del moismo in questo capitolo (una critica non scevra da ammirazione) si incentra sull’imposizione di una disciplina morale troppo dura: “anche se Mozi ne era capace”, scrive l’autore, “come poteva aspettarsi la stessa disciplina da tutti gli altri?”. Questo rigore è esemplificato per un verso dal rifiuto moista nel confronti della musica e del rituali funebri elaborati, considerati come lussi superflui (Mozi, 23-5 e 32-4): per un altro dagli eccessi di auto-sacrificio a cui gli allievi di Mozi si spingevano nel loro tentativo di soccorrere il mondo (essi “indossavano pelli o vesti di tela







grezza, calzavano zoccoli o sandali di canapa e giorno e notte, incessantemente, si prodigavano […] finché I loro polpacci erano privi di pelo”). “L’intenzione di Mo Di e di Qin Huali [suo principale allievo] era positiva”, scrive il sincretista, “ma la loro pratica non lo era […] Staccandosi così dal resto del mondo, Mozi era ben lontano dalla saggezza degli antichi re”. La seconda scuola presa in considerazione è quella dei filosofi Song Xing e Yin Wen. entrambi membri dell’Accademia Jixia del re Xuan di Qi (319-301 a.C.). Le loro opere sono andate perdute e perciò sappiamo ben poco di loro. Il loro approccio è simile a quello moista e presta il fianco alle stesse critiche agli occhi dell’autore di questo capitolo. Essi “fecero dell’accogliere tutti gli esseri senza distinzione il loro principio fondamentale. Predicarono la tolleranza, che chiamarono ‘la condotta naturale del cuore’, affinché tutti potessero vivere in uguaglianza e in gioia”. Tuttavia “si preoccuparono troppo per gli altri e troppo poco per se stessi”. Song Xing è menzionato nel primo capitolo del Zhuangzi con il nome di Song Rongzi. La terza scuola ha anch’essa origine nell’Accademia Jixia ed è rappresentata dal filosofi Peng Meng. Tian Plan e Shen Dao. Dei loro scritti ci sono pervenuti solo frammenti dell’opera dell’ultimo. “Il trattamento che qui viene loro riservato”, scrive Graham, “è a prima vista sorprendente. I loro pensieri sembrano essere gli stessi che ci sono familiari in tutto il Zhuangzi. Perché, allora, vengono giudicati più severamente di tutte le altre scuole, moisti compresi?”. Secondo Graham la risposta starebbe nel fatto che essi erano del legalisti, che si servivano solo superficialmente del gergo daoista. Shen Dao è considerato un precursore sia del legalismo, sia del daoismo. La quarta scuola è associata ai nomi di Guan Yin e Lao Dan (Laozi). Il primo è autore di un libro menzionato nel catalogo della biblioteca imperiale Han, che tuttavia non ci è pervenuto: nel Zhuangzi compare anche nel Capitolo 19. Il suo nome significa “guardiano del passo”, il che fa pensare che una traccia della sua esistenza possa essere la leggenda circa le origini del Laozi narrataci da Sima Qian (145-86 a.C.), secondo la quale Laozi avrebbe scritto il suo libro accedendo alla richiesta di un “guardiano del passo” mentre era in cammino verso un volontario esilio. A prima vista è abbastanza stupefacente che il grande Laozi, che sarà in seguito riconosciuto dai daoisti come loro maestro e caposcuola, e sarà un giorno amato e ammirato da generazioni di lettori in tutto il mondo, sia menzionato solo al secondo posto dopo un filosofo di cui non sappiamo nulla!





Tuttavia, il pensiero attributo a Guan Yin combacia molto bene con quello che ritroviamo nel Laozi: di fatto la presentazione di entrambi gli autori si serve di citazioni o quasi citazioni di quest’ultimo testo. Il sincretista conclude affermando che “Guan Yin e Lao Dan possedevano davvero la grandezza degli esseri umani autentici dei tempi antichi”. La quinta scuola è quella dello stesso Zhuangzi. Di lui si dice che si servi “di immagini assurde ed esagerate, di parole azzardate e irragionevoli, a volte troppo libere, ma mai vincolate a un punto di vista particolare”. Viene quindi ripresa la classificazione dei suoi meccanismi comunicativi, che abbiamo incontrato nel Capitolo 27: Zhuangzi si servi di “parole calice”, di “parole autorevoli” e di “parole attribuite” (vedi il commento introduttivo a quel capitolo). I suoi scritti sono stravaganti e incostanti, ma “I loro enigmi meritano di essere presi in considerazione perché ciò che racchiudono di genuino è irrinunciabile […] La sua comprensione del cambiamento e la sua analisi delle cose possiedono una logica insondabile e le sue conclusioni non possono essere facilmente liquidate”. Il sincretista nutre indubbiamente una forte simpatia per Zhuangzi, anche se deve concludere che “astruso e oscuro, non è mai stato compreso fino in fondo”. L’ultima scuola è quella del sofisti, di cui Huizi, l’amico-antagonista di Zhuangzi che abbiamo più volte incontrato nel corso del libro, ci viene presentato come l’esponente più rappresentativo. Dei sofisti in generale viene detto che essi “sapevano sbalordire la mente delle persone e scuoterne le credenze”: un loro strumento prediletto era il paradosso, l’affermazione provocatoria e a prima vista assurda (“l’uovo ha le piume”, “una gallina ha tre zampe”), che tuttavia la loro dialettica perveniva in qualche senso a “dimostrare” e di cui questo capitolo ci offre vari esempi. L’intenzione, almeno nel caso di Huizi, era quella di “allargare la visione della gente” e “illuminare la mente”. L’ultima delle sue dieci tesi citate in questo capitolo (“L’amore abbraccia i diecimila esseri; cielo e terra sono una cosa sola”) suggerisce inoltre un lato mistico, non lontano dallo spirito dell’amico Zhuangzi. Questo e l’uso del paradosso per decostruire il linguaggio possono ben aver cementato la loro amicizia. Né Huizi, né i suoi colleghi possedevano tuttavia la profondità di Zhuangzi. “Erano in grado di avere la meglio nelle discussioni, ma non di convincere”, ci dice il sincretista. E la sua conclusione è che Huizi e tutta la sua scuola non andarono mai al di là di un mero esercizio dialettico. Huizi dunque “dissipò i suoi talenti senza arrivare a nulla. Inseguendo le diecimila cose, senza mai ritornare

alle origini, fu come chi cerca di zittire un’eco gridando, come chi cerca di superare in corsa la propria ombra”.

Nel mondo vi sono molte teorie sull’arte di governare e ciascuna scuola ritiene di aver detto l’ultima parola in proposito. Dove si trova allora l’arte di ciò che gli antichi chiamavano il Dao? Io dico: non vi è alcun luogo in cui non si trovi. Tu chiedi: donde vengono gli spiriti? Donde emerge la luce? Donde nasce la saggezza? Cosa dà forma alla regalità? Ogni cosa ha la sua origine nell’Uno! Colui che non si separa dall’Antenato917 è un essere umano celeste; colui che non si separa dall’essenza è un essere umano divino; colui che non si separa dalla propria verità è un essere umano perfetto. Colui che, prefigurando il mutamento,918 prende il cielo come modello, la virtù come fondamento e il Dao come porta è un saggio. Colui che fa della benevolenza il principio ispiratore della sua gentilezza verso il prossimo, della giustizia l’ordine naturale del suo gestire le situazioni, del rituale lo stile del suo agire, della musica la fonte della sua armonia ed esala una dolce fragranza di correttezza, compassione e benevolenza è un nobile. Usare le leggi per distribuire le risorse, i nomi per definire le funzioni, le differenze per mettere alla prova i funzionari, le ispezioni per prendere decisioni: esaminando così, uno, due, tre, quattro - i cento uffici si controllano a vicenda919 e portano costanza negli affari amministrativi. Vestire e alimentare il popolo è la loro Dal Dao. Altre letture: “. adattandosi passivamente ai mutamenti del suo ambiente” – H. A. Giles (1889); “… che è andato al di là dei mutamenti e delle trasformazioni” – A. C. Graham (1981); “… che pronostica i cambiamenti e le trasformazioni” – L. Kia-hway (1969); “… che si rivela attraverso il cambiamento e la trasformazione” – B. Watson (1968). 919 Altre letture: “Questi uomini sono classificati uno, due, tre, quattro e così via. Tale è il rango dei funzionari” – H. A. Giles (1889); “Ecco i quattro compiti in base ai quali tutti i funzionari si organizzano secondo il loro rango” – L. Kiahway (1969); “Spuntando [questi quattro criteri], uno, due, tre, quattro, e così assegnando i cento funzionari ai loro ranghi” – B. Watson (1968). 917







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priorità. Essi tengono presente la necessità di coltivare e allevare, mettere da parte scorte e provvedere ai vecchi e ai deboli, agli orfani e alle vedove, affinché tutti abbiano il loro cibo. Questi sono i principi di organizzazione del popolo.920 Gli antichi sapevano provvedere a tutto ciò. Simili agli spiriti e agli esseri illuminati, puri come cielo e terra, si prendevano cura dei diecimila esseri, portavano armonia nel mondo ed estendevano i loro benefici ai cento clan. Avevano una luminosa conoscenza delle cause e sapevano metterle in relazione con gli effetti.921 La loro azione toccava ogni cosa nelle sei direzioni e nei quattro regni; abbracciava il piccolo e il grande, il sottile e il grossolano. Molte tracce della loro luminosa conoscenza del numero e della misura sussistono nelle antiche leggi che ci sono state tramandate dagli storici. Quanto al contenuto dei libri delle Odi, dei Documenti, dei Riti e della Musica, molti gentiluomini di Zou e di Lu, maestri che portano tavolette infilate nella cintura, sono in grado di illuminarlo. Il Libro delle Odi illustra il dao dei sentimenti; il Libro dei Documenti quello degli affari di stato; il Libro dei Riti quello dell’azione; il Libro della Musica quello dell’armonia; il Libro dei Mutamenti quello dello yin e dello yang; gli Annali delle Primavere e degli Autunni quello della fama e del giudizio.922 Alcune di queste tracce sono sparse nel mondo, si riflettono nelle istituzioni del Paese di Mezzo e sono studiate dalle Cento

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Altre letture: “Tutti [i funzionari] esemplificano il principio del vero governo’ H. A. Giles (1889); “Tutti [i cento uffici] hanno le loro forme di azione per nutrire il popolo” – A. C. Graham (1981). Watson suggerisce che la descrizione del saggio potrebbe rappresentare l’ideale di governo daoista, quella del nobile l’ideale confuciano e quella dei “cento uffici” l’ideale dei legalisti. Letteralmente: “Erano illuminati riguardo al numero delle radici e lo mettevano in relazione con la misura delle fronde”. I libri menzionati sono i classici che costituivano il pilastro della cultura dei letterati/gentiluomini confuciani e che diverranno sotto gli Han i testi canonici nella formazione dei funzionari dell’impero. I “gentiluomini di Zou e di Lu” sono i confuciani stessi (Confucio era originario di Lu e Mencio di Zou).



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scuole.923 Ma oggi nel mondo regna grande confusione, la luce della saggezza e della virtù non splende e il Dao e la virtù non si congiungono. Molti si appropriano di un singolo punto e lo identificano con il bene. Ma è come nel caso dell’occhio e dell’orecchio, del naso e della bocca: ciascuno di questi sensi illumina una parte della realtà, ma non può sostituire gli altri. Così è delle capacità delle Cento scuole. Ciascuna ha i propri punti di forza ed è a volte utile, ma nessuna ha una visione globale. Il letterato che, rintanato nel suo angolo, pretende di conoscere cielo e terra, di analizzare l’ordine dei diecimila esseri e di comprendere la perfezione degli antichi, raramente è in grado di vedere la bellezza del mondo e di comprendere l’attitudine degli spiriti illuminati. Perciò il dao della saggezza all’interno e della regalità all’esterno si è offuscato, si è addensato e non è in grado di emergere. Nel mondo ciascuno fa del proprio desiderio la propria legge. È una cosa triste davvero! Le Cento scuole se ne vanno ciascuna per proprio conto e non tornano indietro. Così non si incontreranno mai! Gli studiosi delle future generazioni non saranno più in grado di cogliere la purezza originaria di cielo e terra, né di comprendere il grande sistema degli antichi e la pratica del Dao nel mondo andrà perduta. Non lasciare insegnamenti stravaganti a uso delle generazioni future, essere parchi nell’uso delle diecimila cose, non cercare lo splendore nel numero e nella misura,924 bensì applicare il filo a piombo del carpentiere nel correggere se stessi ed essere pronti a rispondere alle urgenze della propria epoca: fra gli antichi, alcuni ritenevano che in questo consistesse la pratica del Dao.925 Mo Di e

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Un termine tradizionale per indicare le numerose scuole filosofiche fiorite in Cina (il “Paese di Mezzo’) durante la dinastia Zhou Orientale. Il senso è poco chiaro. Altre letture: “Non posare come benefattore dell’umanità” – H. A. Giles (1889); “Non elaborare inutilmente numeri e misure” – A. C. Graham (1981); “Non brillare per competenza in ciò che riguarda le istituzioni” – L. Kia-hway (1969); “Astenersi dal glorificare leggi e regolamenti” – B. Watson (1968). Altra lettura: “Una parte dell’antica tradizione del Dao si trova in questi principi…” – A. C. Graham (1981).



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Qin Huali926 sentirono parlare di questi principi e li adottarono. Ma li portarono all’eccesso nella loro condotta. Mozi scrisse un trattato Contro la musica, motivandolo con considerazioni di parsimonia:927 nessuna canzone in vita, né vestimenti funebri in occasione della morte. Mozi predicava l’amore universale e la ricerca del beneficio reciproco; era contrario alla guerra e nella sua via non c’era posto per l’ira. Era amante degli studi e aveva una vasta cultura, e in questo non era diverso dagli altri maestri:928 ma differiva da essi nel disapprovare i rituali e la musica degli antichi. L’Imperatore Giallo aveva la musica Xianchi,929 Yao la musica Dazhang, Shun la musica Dashao, Yu il Grande la musica Daxia, Tang la musica Dahuo, il re Wen la musica Biyong; il re Wu e il duca di Zhou composero la musica Wu.930 I riti funebri dell’antichità prescrivevano cerimonie differenziate per nobili e popolo: superiori e inferiori avevano ciascuno il proprio rango rituale. Il Figlio del Cielo aveva sette bare interne ed esterne, un feudatario ne aveva cinque, un ministro tre e un funzionario due. Ma Mozi, unico in questo, proibì il canto durante la vita e i vestimenti funebri in occasione della morte. Prescrisse una semplice bara di legno spessa tre pollici, senza alcun rivestimento esteriore: questa era la regola. Imporre questo alla gente non era un atto di amore verso la gente; applicare questo a sé, certamente non era un atto di amore verso se stesso. Non voglio negare ogni valore alla via di Mozi; ma la gente desidera cantare e Mozi dice “non cantare”; la gente desidera piangere i propri morti e Mozi dice “non piangere”; la gente ama la musica e Mozi dice “niente musica”. È veramente uno di noi? Una disciplina di vita tanto severa, un tal disdegno della morte: la Questi sono il filosofo Mozi (vedi Appendice 2) e il suo principale discepolo. Altra lettura: “Mozi scrisse un saggio Contro la musica e un altro intitolato Moderazione nelle spese” – B. Watson (1968). Watson nota che questi sono i titoli di due capitoli del Mozi. 928 Altre letture: “… ma non per differenziarsi dagli altri” – H. A. Giles (1889); “… ma la sua cultura si limitava agli argomenti favorevoli alla sua dottrina” – L. Kia-hway (1969). 929 Citata nei Capitoli 14 e 18. 930 A proposito di questi re e imperatori vedi Appendice 1. 926 927

sua via era troppo dura, rendeva le persone ansiose e tristi, i suoi precetti erano troppo difficili da praticare. Temo che non si possa chiamare una via di saggezza: è troppo contraria alla mente degli esseri umani, il mondo non è in grado di sopportarla. Anche se Mozi era capace di una tale disciplina, come poteva aspettarsi la stessa disciplina da tutti gli altri? Staccandosi così dal resto del mondo, Mozi era ben lontano dalla saggezza degli antichi re. Mozi difendeva la propria via dicendo: “Quando nell’antichità Yu il Grande931 contenne il diluvio e indirizzò le acque dello Yangtze e del Fiume Giallo932 nei loro alvei, bagnando le terre dei quattro barbari e le nove province dell’impero insieme ai trecento grandi fiumi, ai loro tremila tributari e agli innumerevoli ruscelli e torrenti che li alimentano, egli personalmente si carico del cesto e maneggiò la vanga per congiungere fiumi delle nove parti del mondo,933 finché i suoi polpacci furono privi di pelo e i suoi capelli fradici di pioggia e pettinati dagli uragani. Così fondò i diecimila stati. Essendo un grande saggio, Yu sacrificò il proprio corpo in questo modo a beneficio del mondo!”. Perciò molti moisti delle generazioni seguenti indossarono pelli o vesti di tela grezza, calzarono zoccoli o sandali di canapa, e giorno e notte, incessantemente, si prodigarono all’estremo, dicendo: “Se non siamo in grado di far questo, non stiamo seguendo la via di Yu e non siamo degni di essere chiamati moisti”. I discepoli di Xiangli Qin, i seguaci di Wu Hou e i moisti del sud, come Huo, Ji Chi, Deng Lingzi e altri, tutti recitano il canone moista, ma lo interpretano diversamente e si trattano a vicenda come “moisti secessionisti”. Discutendo del “duro” e del

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Leggendario imperatore che insegnò agli umani il controllo delle acque, vedi Appendice 1. I due massimi fiumi della Cina. Altra lettura: “… nove volte fece il giro dei fiumi dell’impero…” – A. C. Graham (1981).



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“bianco”,934 del “simile” e del “dissimile”, si insultano a vicenda; dibattendo il “pari” e il “dispari” non riescono a trovare punti d’accordo. Tutti concordano nel ritenere il Grande Maestro Mo Di un saggio, e ciascuno si proclama suo erede, nella speranza di essere riconosciuto tale dalle generazioni future; ma a tutt’oggi la loro controversia è irrisolta. L’intenzione di Mo Di e di Qin Huali era positiva, ma la loro pratica non lo era. Ciò indusse i moisti delle generazioni seguenti a prodigarsi all’estremo “finché i loro polpacci furono privi di pelo” unicamente allo scopo di superarsi a vicenda. Era meglio del disordine, ma non all’altezza del buon governo.935 Tuttavia dobbiamo riconoscere che Mozi nutriva un amore sincero per il mondo. Non raggiunse ciò che si proponeva, ma anche quando fu ridotto a un albero rinsecchito non abbandonò mai i suoi sforzi. Era in verità un gentiluomo di valore! Non lasciarsi coinvolgere nelle ambizioni del volgo, non perseguire la bellezza esteriore, non essere negligenti nei rapporti con gli altri, rispettare le masse, desiderare che il mondo sia in pace affinché la gente possa realizzarsi, provvedere agli altri e a sé in modo che ciascuno abbia quanto gli occorre senza eccessi936 e in tal modo purificare il cuore: fra gli antichi alcuni ritenevano che in questo consistesse la pratica del Dao. Song Xing e Yin Wen sentirono parlare di questi principi e li adottarono. Adottarono un cappello con la forma del Monte Hua come loro simbolo937 e fecero dell’accogliere tutti gli esseri senza distinzione il loro principio Questo tipo di disquisizioni, che è tipico dei sofisti, ma che si ritrova anche nel canone moista, è stato già più volte menzionato con ironia (vedi i Capitoli 2, 5, 8, 10 e 12). Vedi anche i paradossi dei sofisti citati alla fine di questo capitolo. 935 Altre letture: “Era una specie superiore di disordine, una specie inferiore di ordine” – A. C. Graham (1981); “Questi sforzi rappresentano il culmine della confessione, il minimo grado di ordine” – B. Watson (1968). 936 Altra lettura: “… riposando contenti quando questi fini erano realizzati” – B. Watson (1968). 937 Una delle montagne sacre, la cui cima è piatta, simbolo di uguaglianza e imparzialità.





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fondamentale.938 Predicavano la tolleranza, che chiamavano “la condotta naturale del cuore”, affinché tutti potessero vivere in uguaglianza e gioia e l’armonia regnasse all’interno dei quattro mari. Consideravano questo il loro compito principale.939 Non ritenevano essere insultati un disonore e si sforzavano di allontanare la gente da ogni conflitto. Proibivano l’aggressione940 e l’uso delle armi per salvare il mondo dalla guerra. Con questi ideali viaggiavano attraverso l’impero, rimproverando i potenti e insegnando al popolo. Pur non essendo ascoltati, continuavano a gridare sempre più forte e non si davano per vinti. Alla fine la gente diceva di loro: “In alto e in basso tutti sono stanchi di vederli e ancora si ostinano a voler essere visti!”. Si preoccupavano troppo per gli altri e troppo poco per se stessi. Dicevano: “Dateci cinque stai di riso e ci basterà: temiamo che a voi non ne rimanga abbastanza”.941 I loro discepoli, benché affamati, non si dimenticavano mai del mondo. Giorno e notte, senza sosta dicevano: “Tutti dobbiamo vivere!”942 Tanto ambizioso era il disegno di salvare il mondo di questi gentiluomini! Essi dicevano: “Il nobile non è severo nel giudicare gli altri e non si circonda di cose inutili”. Se ritenevano che una cosa non fosse di beneficio per il mondo, preferivano abbandonarla che prenderla in considerazione. Eliminare l’aggressione e l’uso delle armi era il loro ideale esterno; ridurre i desideri e le passioni era il loro ideale in-

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Altra lettura: “ … nel rapportarsi alle diecimila cose fecero del ‘definire i confini’ il loro punto di partenza” – B. Watson (1968). Altra lettura: “Identificare i desideri essenziali è la cosa a cui diedero la massima importanza” – A. C. Graham (1981). O “invitavano a tollerare l’aggressione”. Altre letture: “Il maestro così non aveva mai cibo a sufficienza” – H. A. Giles (1889); “Neppure i maestri, temo, avevano un buon pasto” – A. C. Graham (1981); “Temiamo che non abbiate cibo a sufficienza” dicevano [i discepoli] al maestro” – L. Kia-hway (1969). Altre letture: “Dobbiamo necessariamente vivere?” – H. A. Giles (1889); “Dobbiamo far vivere gli uomini” – L. Kia-hway (1969); “Siamo decisi a far sì che tutti gli uomini possano vivere” – B. Watson (1968).



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terno. In ogni cosa, grande o piccola, sottile o grossolana, il loro comportamento si atteneva unicamente a questo.943 Essere devoti al bene pubblico e non partigiani, flessibili e non egoisti, agire senza essere condizionati da alcuna nozione a priori, interessarsi alle cose senza distinzioni, non perdersi in elucubrazioni, non cercare la conoscenza, non scegliere fra le cose, bensì seguirle tutte senza eccezioni: fra gli antichi alcuni ritenevano che in questo consistesse la pratica del Dao. Peng Meng, Tian Pian e Shen Dao944 sentirono parlare di questi principi e li adottarono. Uguagliare le diecimila cose era la loro principale preoccupazione. Essi dicevano: “Il cielo è in grado di coprire ogni cosa, ma non di sostenerla; la terra è in grado di sostenere ogni cosa, ma non di coprirla. Il Grande Dao è in grado di abbracciare ogni cosa senza distinzioni”.945 Sapevano che fra le diecimila cose ciascuna ha le proprie possibilità e le proprie impossibilità.946 Perciò dicevano: “Scegliere è perdere l’universalità; ogni insegnamento è imperfetto; solo il Dao non omette nulla”. Perciò Shen Dao abbandonò la conoscenza, lasciò andare il sé e seguì il corso dell’inevitabile, restando indifferente alle cose e ritenendo che tale fosse il principio del Dao. Diceva: “Sapere è non sapere”.947 Aveva in uggia la conoscenza e intendeva sopprimerla. Ironico e scevro da ogni coinvolgimento nella vita pubblica, rideva del fatto che il mondo onorasse le persone di merito. Indipendente e nascosto, si asteneva dall’agire e disprezzava i grandi saggi del mondo. Smussando gli angoli, scal-

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Altra lettura: “La pratica di queste cose non si è mai spinta oltre questo” – A. C. Graham (1981). Questi tre filosofi appartenevano all’Accademia Jixia, fondata intorno al 318 a.C. in Linzi, capitale dello stato Qi, vedi Appendice 2. Altra lettura: “. (1981). … ma non è in grado di decidere fra alternative” – A. C. Graham Altre letture: “… ciascuna è in certe circostanze permissibile, in altre non permissibile” – A. C. Graham (1981); “ “… ciascuna ha in sé l’accettabile e l’inaccettabile” – B. Watson (1968). Vedi, per esempio, Laozi, 71: “Sapere di non sapere è la conoscenza suprema” .



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pellando via le asperità, rotolava in compagnia degli esseri.948 Astenendosi dall’affermare e dal negare sfuggiva ai guai. Non prendeva come maestro la conoscenza, né la riflessione e non sapeva distinguere l’inizio dalla fine: semplicemente restava lì dov’era. Spinto, agiva; tirato, si muoveva. Il suo movimento allora era come quello di un vortice, di una piuma presa in un mulinello, di una macina che continua a girare. In tal modo si manteneva integro e senza biasimo. In quiete o in movimento si asteneva da ogni eccesso ed era scevro da colpe. Perché? Perché chi si attiene al non sapere non incorre nella sofferenza che deriva dal costruirsi un io e non si impiglia nelle pastoie dell’accumulazione di conoscenze. In quiete o in movimento non si allontana dall’ordine intrinseco delle cose, perciò vive la sua vita sconosciuto. Shen Dao diceva: “Basta giungere ad assomigliare agli esseri privi di conoscenza: non occorre altro. Essi non sanno che farsene della virtù e della saggezza. Simili a una zolla di terra, non perdono mai il Dao!”. Gli uomini illustri ridevano di lui, dicendo: “La via di Shen Dao non è per i vivi, ma per i morti. Giustamente viene considerato un eccentrico!”. Lo stesso accadde a Tian Pian. Studiò sotto Peng Meng e apprese da lui a non insegnare. Il maestro di Peng Meng soleva dire: “Gli antichi uomini del Dao si spingevano fino a ritenere che nulla fosse giusto o sbagliato: questo era tutto. Ma la conoscenza di ciò è andata perduta: come si potrebbe tradurre in parole?”.949 Tutti costoro si mossero sempre controcorrente rispetto ai loro contemporanei e perciò non furono presi in considerazione e non furono

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Seguo Watson nel tradurre questa frase di difficile interpretazione. Altre letture: “Sottoponili a tortura e faranno voltafaccia” – H. A. Giles (1889); “Si conforma agli esseri del mondo nelle loro tendenze fondamentali e secondo la loro naturale complessità” – L. Kia-hway (1969). Altre letture: “Ma il vento di ciò tace, da che punto potrebbe essere dicibile?” – A. C. Graham (1981); “Come esprimere con la parola una dottrina così evasiva?”; “Ma questi approcci sono muti e attenuati - come si possono catturare in parole?” – B. Watson (1968).



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risparmiate loro le critiche.950 Ciò che essi chiamavano il Dao non è il Dao e anche ciò che vi era di giusto nelle loro parole era in parte sbagliato. Peng Meng, Tian Pian e Shen Dao non arrivarono a conoscere il Dao, benché tutti ne avessero colto qualcosa. Ricercare l’essenza nelle origini e considerare le cose come una rozza manifestazione di essa, ritenere l’abbondanza insufficienza, soggiornare in solitudine, calma e indifferenza nella luce degli spiriti: fra gli antichi, alcuni ritenevano che in questo consistesse la pratica del Dao. Guan Yin e Lao Dan951 sentirono parlare di questi principi e li adottarono. Li fondarono nella costanza del non-essere e identificarono il principio ultimo nella suprema unità. Le manifestazioni esteriori di tale principio sono il morbido e il debole, la modestia e l’abbassarsi; la sua intima sostanza è il vuoto e l’astenersi dal nuocere ai diecimila esseri. Guan Yin diceva: “Se non dimori nell’io, la forma delle cose ti si rivela. Nell’agire sii come l’acqua; in quiete sii come uno specchio; nel rispondere sii come un’eco. Vuoto! Come assente. Silenzioso! Come acqua limpida. Unendoti alle cose, entri in sintonia con esse: possedendole, le perdi. Non cercare mai di essere il primo: sii piuttosto colui che segue”. Lao Dan diceva: “Conosci il tuo maschile, ma attieniti al tuo femminile e diventa il torrente del mondo. Conosci la tua gloria, ma attieniti alla tua indegnità e diventa la valle del mondo”.952 Tutti desiderano essere i primi, lui solo sceglieva di restare indietro. Diceva: “Accogli la polvere del mondo”.953 Tutti desiderano la pienezza, lui solo sceglieva di essere vuoto. Non accumulò mai nulla, Altre letture: “Non riuscirono a sfuggire all’arrotondamento degli angoli” – A. C. Graham (1981); “[La loro dottrina] non sfugge al rimprovero di essere sprovvista di qualsiasi giudizio” – L. Kia-hway (1969). 951 Lao Dan è Laozi, il tradizionale autore del Laozi o Daodejing; Guan Yin potrebbe essere il “guardiano del passo” che figura nella leggenda intorno alle origini del Laozi. Vedi Appendice 2. 952 Laozi, 28. 953 Laozi, 4, 56 e 78.







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perciò sempre ebbe in abbondanza: la sua abbondanza era come una montagna. Nell’agire era attento e non sprecava energia; nel non agire si prendeva gioco dell’astuzia altrui. Tutti cercano la fortuna; lui solo, piegandosi, restava integro. Diceva: “Agendo in conformità con il momento eviterai la disgrazia”.954 Riteneva che il profondo fosse la radice, la parsimonia la disciplina. Diceva: “Il forte viene distrutto, ciò che è affilato viene smussato”. Era tollerante con tutti gli esseri e non recava danno ad alcuno: questa può essere detta la perfezione suprema.955 Guan Yin e Lao Dan possedevano davvero la grandezza degli esseri umani autentici dei tempi antichi. Vuota, deserta, senza forma, mutevole, incostante: questa realtà partecipa della morte o della vita? Siamo una cosa sola con cielo e terra? Siamo in viaggio verso la luce degli spiriti? Dimentichi, donde veniamo? Inconsapevoli, dove andiamo? Le diecimila cose si manifestano, ma nessuna è in grado di tornare alle proprie origini.956 Fra gli antichi, alcuni ritenevano che in questo consistesse la pratica del Dao. Zhuang Zhou957 sentì parlare di questi principi e li adottò. Li espose in maniera caotica e iperbolica, servendoAccolgo la lettura di A. C. Graham (1981) per questa frase poco chiara. Altre letture: “Potrei forse sfuggire al rimprovero degli altri uomini?” – L. Kia-hway (1969); “Evitiamo in qualche modo di incorrere nel biasimo?” – B. Watson (1968). 955 A. C. Graham (1981), servendosi di una variante del testo, traduce: “Pur non avendo raggiunto la perfezione suprema…”. Commenta dicendo che questa variante è “tanto inattesa in un testo daoista che non possiamo dubitare della sua originalità. Combacia con lo schema sincretista, che considera ciascuna delle cinque scuole come unilaterale; ma nessun daoista posteriore potrebbe avere scritto queste parole”. Graham ritiene che il testo standard sia una “pia correzione”. 956 Altre letture: “Tutte le cose a turno se ne vanno, senza mai ritornare” – H. A. Giles (1889); “Ho davanti le diecimila cose, ma nessuna merita di essere la mia destinazione” – A. C. Graham (1981); “Tra tutti gli esseri che si manifestano nell’universo, non se ne scorge uno solo che meriti che si ritorni a lui” – L. Kia-hway (1969). 957 Zhou è il nome personale di Zhuangzi.



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si di immagini assurde ed esagerate, di parole azzardate e irragionevoli, a volte troppo libere, ma mai vincolate a un punto di vista particolare. Riteneva che il mondo fosse sprofondato nel fango e che non si potesse parlargli in un linguaggio misurato e formale. Perciò si servì di “parole calice” per il loro traboccare, di “parole autorevoli” per la loro genuinità, di “parole attribuite” per la loro ampiezza.958 Solo in compagnia di cielo e terra e delle essenze e degli spiriti, andava e veniva senza mai mostrarsi arrogante nei confronti dei diecimila esseri. Si asteneva dal giudicare il giusto e lo sbagliato e partecipava ai costumi del suo tempo. Benché i suoi scritti siano stravaganti, essi non recano danno ad alcuno. Benché siano incostanti, i loro enigmi meritano di essere presi in considerazione, perché ciò che racchiudono di genuino è irrinunciabile.959 Zhuang Zhou in alto camminava con il creatore degli esseri; in basso i suoi amici erano coloro che si pongono al di fuori della vita e della morte e non riconoscono né inizio, né fine. La sorgente dei suoi insegnamenti è grande, aperta, liberale e profonda; si può ben dire che egli abbia seguito le orme dell’Antenato960 e si sia innalzato fino a esso. La sua comprensione del cambiamento e la sua analisi delle cose possiedono una logica insondabile e le sue conclusioni non possono essere facilmente liquidate. Astruso e oscuro, non è mai stato compreso fino in fondo.961

Questa classificazione è ulteriormente elaborata nel Capitolo 27. Altre letture: “Di ciò che in essi vi è di solido non possiamo fare a meno” – A. C. Graham (1981); “Possiede una tale pienezza interiore che egli stesso non ne viene a capo” – L. Kia-hway (1969); “Sono zeppi di verità che non finiscono mai” – B. Watson (1968). 960 Del Dao. 961 Altra lettura: “Un uomo che non arrivò a comprendere tutto” – A. C. Graham (1981). La lettura di Graham sembra condizionata dalla sua interpretazione della posizione sincretista dell’autore del capitolo, che troverebbe qualcosa di buono in ciascuna delle scuole, senza mai arrivare ad approvarne una completamente. 958



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Hui Shi962 aveva molti lati: i suoi scritti potrebbero riempire cinque carri. Ma la sua via è erronea e contraddittoria e le sue parole non coglievano il segno. La sua comprensione del significato delle cose è illustrata da questi suoi detti. “La grandezza ultima è ciò che non ha nulla al proprio esterno: la chiamiamo l’Unità del Grande. La piccolezza ultima è ciò che non ha nulla al proprio interno: la chiamiamo l’Unità del Piccolo”. “Ciò che non ha spessore non si accumula, eppure è alto mille miglia”. “Il cielo è basso quanto la terra; la montagna è alta quanto il lago”. “A mezzogiorno il sole comincia a tramontare; ogni essere, nascendo, comincia a morire”. “La grande somiglianza è diversa dalla piccola somiglianza: questo è ciò che si dice la differenza delle piccole somiglianze.963 Le diecimila cose sono tutte simili e tutte diverse: questo è ciò che si dice la differenza delle grandi somiglianze”.964 “Il sud è illimitato, eppure ha un confine”. “Posso partire per Yue oggi e arrivarci ieri”.965 “Gli anelli di una catena possono essere separati”. “So dove si trova il centro del mondo: a nord di Yan e a sud di Yue”.966 “L’amore abbraccia i diecimila esseri; cielo e terra sono una cosa sola”. Hui Shi si servì di questi paradossi per allargare la visione della gente e illuminare la mente dei sofisti. I sofisti del suo tempo si unirono allegramente a lui con formulazioni di questo tipo: “Un uovo ha le piume”. Il sofista Huizi, spesso menzionato nel corso del libro. Vedi Appendice 2. O “la piccola differenza delle somiglianze”. 964 O “la grande differenza delle somiglianze”. 965 Questo paradosso è citato nel Capitolo 2. 966 Yan è uno stato della Cina settentrionale, Yue un nome generico per gli stati e popoli della Cina meridionale. 962



























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“Una gallina ha tre zampe”.967 “La città di Ying968 contiene il mondo intero”. «Un cane può essere considerato una pecora”. “I cavalli depongono uova.”. “Le rane hanno la coda”. “Il fuoco non è caldo”. “Una montagna emerge dalla bocca”.969 “Una ruota non rotola sul terreno”. “L’occhio non vede”. “Il dito che indica non raggiunge la meta; se la raggiungesse non vi sarebbe separazione”. “La tartaruga supera il serpente”.970 “La squadra del carpentiere non è retta; il compasso non può tracciare cerchi”. “La mortasa non racchiude il tenone”. “L’ombra di un uccello in volo non si muove”. «C’è un momento in cui la freccia più veloce non si muove, né sta ferma”. “Un cane non è un cane”. “Un cavallo giallo e una mucca nera fanno tre”. “Un cane bianco è nero”. “Un vitello orfano non ha mai avuto una madre”. “Prendi un bastone lungo un piede: se ogni giorno ne tagli via la metà, dopo diecimila generazioni ancora non lo avrai consumato interamente”.971

Watson collega questa affermazione paradossale a un passaggio del Capitolo 2: “L’uno insieme con la parola che lo indica fa due. Questi due e l’uno originale fanno tre”. 968 Capitale dello stato di Chu. 969 O “ da un buco”. 970 Questo paradosso ricorda quello di Achille e la tartaruga e mi sembra che vada interpretato nello stesso senso. La maggior parte dei commentatori tuttavia lo interpreta nel senso che la tartaruga è più lunga del serpente. 971 In quest’ultima affermazione (che in verità non è un paradosso) è contenuto il seme del calcolo differenziale.













































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Su questi paradossi i sofisti dibattevano con Hui Shi, senza arrivare a esaurirli in tutta una vita. Huan Tuan e Gongsun Long972 appartenevano a questa scuola. I sofisti sapevano sbalordire la mente delle persone e scuoterne le credenze; erano in grado di avere la meglio nelle discussioni, ma non di convincere. Questo era il loro limite. Hui Shi, giorno dopo giorno, fece uso di tutte le sue conoscenze nel dibattere, distinguendosi nelle cerchie dei sofisti con le sue strane argomentazioni: questo era il suo ambito.973 Della propria dialettica aveva un’altissima stima. Diceva: “Ha la forza di cielo e terra!”.974 Si atteggiava a grande, ma non aveva un vero metodo. Nelle terre del sud viveva un eccentrico di nome Huang Liao. Questi faceva domande del tipo: come mai il cielo non cade e la terra non sprofonda? Che cosa causa il vento, la poggia e il tuono? Hui Shi gli rispondeva senza fermarsi un attimo a riflettere, offrendo ragioni per tutte le diecimila cose, continuando a spiegare senza sosta, aggiungendo moltissime parole, che tuttavia non gli sembravano mai abbastanza; sempre gli sembrava di avere qualche altra meraviglia da aggiungere. Soleva prendere per vera qualsiasi cosa contraddicesse l’opinione altrui e aspirava a farsi un nome superando gli altri con la sua dialettica. Perciò non fu mai apprezzato dalla gente comune. Debole in virtù, forte riguardo alle cose, Hui Shi seguì un cammino tortuoso. Se osserviamo le sue capacità dal punto di vista del Dao di cielo e terra, esse non sono più grandi di una mosca o di una zanzara. Anche restando nell’ambito delle cose, a che serviva-





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Gongsun Long (circa 323-250 a.C.) fu un importante pensatore della scuola dei sofisti. Altre letture: “Questo è tutto ciò a cui ammontava” – A. C. Graham (1981); “Così è, in sostanza” – L. Kia-hway (1969); “Gli esempi citati illustrano questo” – B. Watson (1968). Altre letture: “L’universo non contiene un mio pari!” – H. A. Giles (1889); “Quale tema è più nobile di cielo e terra?” – A. C. Graham (1981); “Com’è magnifico l’universo!” – L. Kia-hway (1969); “Cielo e terra forse sono più grandi di me” – B. Watson (1968).



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no? Eccellendo in un’unica capacità, si sarebbe potuto dire di lui: “Più ha caro il Dao, più si avvicina al vero”.975 Ma Hui Shi non fu mai capace di accontentarsi di questo. Non si stancò mai di analizzare le diecimila cose e finì per farsi la fama di essere soltanto un abile dialettico. Che peccato! Dissipò i suoi talenti senza arrivare a nulla. Inseguendo le diecimila cose, senza mai ritornare alle origini, fu come chi cerca di zittire un’eco gridando, come chi cerca di superare in corsa la propria ombra. Triste davvero!

Il senso di questa frase è molto incerto. Altre letture: “Come specialista avrebbe potuto avere successo, ma farsi avanti come esponente del Dao sarebbe stato pericoloso davvero” – H. A. Giles (1889); “Coloro che eccellevano in un’unica direzione erano ancora lodevoli; di ciascuno di loro si può dire: ‘Se avesse onorato il Dao sarebbe quasi arrivato”” – A. C. Graham (1981); “Il suo sapere avrebbe potuto rappresentare un aspetto della verità se si fosse detto: ‘Più si rende omaggio al Dao, più ci si avvicina a esso”” – L. Kia-hway (1969); “Vero, merita di essere considerato il fondatore di una scuola, ma dico, se solo avesse mostrato maggior rispetto per il Dao, si sarebbe avvicinato maggiormente a essere nel giusto” – B. Watson (1968).



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APPENDICE 1

Sovrani e imperatori menzionati nel Zhuangzi

Periodo dei Tre Sovrani e dei Cinque Imperatori













È tradizione designare i primi mitologici regnanti ed eroi fondatori della civiltà cinese come “i Tre Sovrani e i Cinque Imperatori”, dove il termine Sovrano “huang” denota uno stato semi-divino e il termine Imperatore “di” ha una connotazione reverenziale più forte del suo moderno corrispondente. Ma l’identità di questi otto varia secondo le fonti. Sette leggendari personaggi appartenenti a quest’epoca sono menzionati nel Zhuangzi. Suiren. Leggendario eroe fondatore, scopritore del fuoco. È raffigurato con tre occhi e avrebbe regnato per 456.000 anni. Fuxi. Mitico primo imperatore protostorico e fondatore della civiltà. Secondo la leggenda solo Fuxi e sua sorella Nuwa sopravvissero al diluvio e si ritirarono sui monti Kunlun, dove, ricevuta la benedizione del cielo, si accoppiarono e procrearono la razza umana. Secondo un’altra versione del mito formarono figurine umane con la creta e vi insufflarono la vita. Fuxi insegnò agli esseri umani le arti della caccia, della pesca e della scrittura. Fuzi e Nuwa sono spesso raffigurati con coda di serpente. Datazione tradizionale del regno di Fuxi: 2852-2737 a.C. Shennong o Yan Di, detto “il Contadino Divino” o “l’Imperatore dei Cinque Cereali”, insegnò agli uomini l’agricoltura e l’uso

delle piante medicinali. Datazione tradizionale del regno: 2737-2699 a.C. L’Imperatore Giallo, Huang Di (nome personale Gongsun Xuanyuan). Mitico imperatore ed eroe fondatore della civiltà a cui sono attribuite molte invenzioni, fra cui gli abiti, i carri, le barche e la medicina. Il Nei Jing, canone di medicina interna, a lui attribuito, è il più antico testo di medicina cinese. La storiografia cinese tradizionale tende a riconoscere all’Imperatore Giallo un carattere più marcatamente storico in confronto alle figure che lo precedono. Gli studiosi contemporanei invece lo considerano piuttosto come in origine una figura divina, in seguito umanizzata dalle tendenze razionalizzanti prevalenti nel periodo degli Stati Combattenti. Datazione tradizionale del regno: 2699-2588 a.C. Gaoyang o Zhuanxu. Mitico imperatore, nipote dell’Imperatore Giallo, riformò il calendario, l’astrologia e la religione, si oppose allo sciamanesimo e introdusse il patriarcato e il tabù dell’incesto. Datazione tradizionale del regno: 2490-2413 a.C. Yao, o Yaotangshi. Mitico imperatore, considerato un modello di saggezza, benevolenza e virtù. Abdicò a favore del fedele ministro Shun. Datazione tradizionale del regno: 2333-2234 a.C. Shun o Youyushi. Da ministro, Shun in tre anni mise in ordine gli affari dell’impero. Ricevuto il trono da Yao, viaggiò per tutta la Cina, uniformando il calendario, i pesi, le misure e le leggi cerimoniali, dividendo il territorio in province e offrendo sacrifici alle colline, ai fiumi e agli spiriti. Datazione tradizionale del regno: 2233-2184 a.C.

Dinastia Xia (circa 2070-1600 a.C.)













La tradizione che individua una linea di continuità fra i primi mitici monarchi e imperatori e le dinastie successive è basata sull’idea del Mandato del Cielo, in base alla quale in ogni dato momento può esserci un solo legittimo sovrano per investimento divino,







un’idea promossa dalla scuola confuciana e divenuta dottrina ufficiale della storiografia e dell’ideologia imperiale. La dinastia Xia è menzionata in vari testi antichi, compresi i resoconti dello storico di Sima Qian; ma non disponiamo a tutt’oggi di prove certe della sua esistenza. A maggior ragione la sua datazione, se non completamente fantastica come quella dei Tre Sovrani e dei Cinque Imperatori, è perlomeno fortemente congetturale. Solo due sovrani della dinastia Xia sono menzionati nel Zhuangzi: il primo, Yu il Grande, e l’ultimo, il tiranno Jie. Yu il Grande ricevette da Shun l’incarico di mettere in atto opere per controllare le inondazioni del Fiume Giallo, progetto già intrapreso senza successo da suo padre. Yu coinvolse nell’impresa le varie tribù e costruì canali per il deflusso delle acque al mare, lavorando incessantemente per tredici anni. Secondo la leggenda era tanto coinvolto nella sua opera che in questi anni sarabbe passato tre volte davanti a casa sua senza neppure entrarvi. È ricordato come il divino ingegnere, che insegnò agli umani il controllo delle acque, necessità primaria per l’agricoltura nelle grandi pianure della Cina. Consapevole del valore di Yu, Shun abdicò in suo favore. Yu invece abbandonò il costume di scegliere il futuro imperatore in base alle qualità personali e nominò come successore suo figlio, dando origine alla trasmissione ereditaria dell’impero e alla dinastia Xia. Jie (nome di regno Lu Gui), ultimo imperatore della dinastia Xia, fu un tiranno corrotto e crudele. Secondo la leggenda, insieme alla sua favorita, la bella e perversa Mo Xi, fece costruire nel suo palazzo un lago di vino sul quale entrambi navigavano in un battello durante colossali. orge Mise a morte il ministro Guan Longfen, responsabile di aver criticato il suo malgoverno. Fu infine sconfitto e deposto da Tang, fondatore della dinastia Shang.

Dinastia Shang (o Yin, circa 1600-1046 a.C.)









Gli scavi archeologici delle rovine di Yin, l’ultima capitale Shang, presso l’odierna Anyang, hanno messo in luce undici tombe regali e le fondamenta di palazzi ed edifici rituali. Sono stati ritrovati artifatti in bronzo, giada, pietra, ossa e ceramica, armi e resti di sacrifici animali e umani. La qualità degli artifatti attesta un alto livello di civiltà. Le informazioni storiche più significative sulla dinastia Shang provengono dalle iscrizioni oracolari sulle ossa (particolarmente scapole di bovini e gusci di tartaruga) che venivano usate nella pratiche divinatorie: sono state ritrovate oltre centomila iscrizioni, non ancora interamente decifrate. Secondo lo storico Sima Qian, Xie, antenato del clan Yin, avrebbe aiutato Yu il Grande nella sua opera di controllo delle acque e avrebbe ricevuto in cambio un feudo di nome Shang. Tre imperatori della dinastia Shang sono menzionati nel Zhuangzi. Tang (nome di regno Tian Yi), tredici generazioni dopo Xie, riuscì a coalizzare numerosi vassalli dell’impero, insofferenti del malgoverno del tiranno Jie e a dar battaglia alle forze Xia sotto un furioso temporale a Mingtiao, sconfiggendole e catturando l’imperatore. Jie venne deposto ed dato come un sovrano benevolo. Nel Zhuangzi sono ricordati in particolare i suoi successi militari e le siccità che contrassegnarono i primi anni del suo regno. Wu Ding o Gaozong. Regnò dal 1250 al 1192 a.C. È la più antica figura nella storia delle dinastie cinesi la cui esistenza sia stata confermata dai reperti archeologici. Scelse come ministro l’abile Fu Yue, un uomo di umili origini, seguendo le indicazioni di un sogno. Zhou. Ultimo imperatore della dinastia Shang, di nome personale Di Xin, nome postumo (peggiorativo) Zhou. In gioventù si distinse per forza e intelligenza, ma in seguito divenne il peggior esempio di malgoverno, corruzione e violenza ricordato dalla tradizione cinese. Le leggende che circondano il suo nome sono simili a quelle relative all’ultimo imperatore Xia, incluso il lago di vino,

le orge e le crudeltà. Insieme alla perversa moglie Daji si eccitava contemplando torture efferate inflitte a prigionieri e perfino a funzionari del suo governo. Per mantenere i lussi della corte impose tasse pesantissime al popolo, riducendolo in miseria. Rimproverato dal principe Bigan suo zio, gli fece strappare il cuore, dicendo che era curioso di vedere il cuore di un saggio. Durante gli ultimi anni del suo regno dovette affrontare il crescente potere del clan alleato Zhou (questo “Zhou” è un carattere diverso rispetto al nome postumo dell’imperatore Di Xin). Sconfitto da Wu, re del clan Zhou, nel 1046 a.C. si suicidò raccogliendo intorno a sé tutti i suoi tesori e dando fuoco al palazzo.

Dinastia Zhou (1046-256 a.C.) Questa è tradizionalmente divisa in Zhou Occidentale (1046-771 a.C.) e Zhou Orientale (770-256 a.C.): l’evento che separa questi due periodi è la caduta della capitale Haojing e lo spostamento della corte nella nuova capitale di Luoyang, più a oriente. La dinastia Zhou Orientale a sua volta comprende:



il Periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.) e



il Periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.)













che prendono il nome da famose cronache dei rispettivi periodi. L’antenato fondatore del clan, Gugong Danfu (“l’antico duca Danfu”), condusse gli Zhou dalla loro originaria sede di Bin a stabilirsi nella fertile valle del fiume Wei. Suo figlio Jili aiutò l’imperatore Wen Ding (1112-1102 a.C.) nella lotta contro i barbari Rong, ma fu da lui fatto uccidere. Il figlio di Jili, re Wen di Zhou, fu per diversi anni tenuto prigioniero dall’ultimo imperatore Shang. Il figlio di Wen, re Wu di Zhou, nel 1046 a.C. vendicò il padre e il nonno sconfiggendo Di Xin nella battaglia di Muye e dando inizio









alla dinastia Zhou. Solo durante il periodo Zhou Occidentale gli imperatori esercitarono un effettivo controllo politico e militare sugli stati vassalli. A partire dal 770 a.C. questi ultimi si mossero essenzialmente come stati indipendenti. Infine, nel Periodo degli Stati Combattenti l’autorità imperiale si ridusse a essere puramente nominale. Nel 256 a.C. la capitale Luoyang cadde nelle mani dei Qin, che in breve tempo sconfissero tutti gli altri stati dell’impero e fondarono la dinastia Qin (221-207a.C.). I Qin ebbero breve durata: ma arrivando per la prima volta a esercitare un potere reale su tutto il territorio della Cina diedero all’impero cinese la forma che manterrà per i successivi duemila anni. Solo gli antenati fondatori, Danfu, Wen e Wu, fra tutti i re Zhou, sono menzionati nel Zhuangzi, mentre numerosi sono i riferimenti ai sovrani degli stati vassalli (cosa forse indicativa dello scarso credito di cui godettero gli imperatori della dinastia Zhou Orientale). Danfu o Gugong Danfu o re Tai di Zhou (XII secolo a.C.). Antenato fondatore del clan Zhou, responsabile in particolare della migrazione verso la valle del fiume Wei, luogo in cui nei secoli seguenti i Zhou conosceranno un grande sviluppo di ricchezza e potenza. Wen, re di Zhou, nome personale Chang (morto nel 1050 a.C.). Nipote di Danfu e contemporaneo di Di Xin, l’ultimo imperatore Shang, era considerato un governante saggio e illuminato. Di Xin, preoccupato del crescente potere del clan Zhou e del prestigio morale di re Wen, lo fece rinchiudere per lunghi anni in una prigione sotterranea. Secondo la tradizione durante questa prigionia Wen scrisse i testi divinatori del Zhouyi, il Libro del Mutamento degli Zhou, che diverrà in seguito sotto la dinastia Han l’Yijing (I Ching, nella romanizzazione Wade-Giles), il Classico del Mutamento. Wu, re di Zhou, nome personale Fa. Figlio di re Wen, nel 1046 a.C. sconfisse Di Xin nella battaglia di Muye e diede inizio alla dinastia Zhou. Diede in feudo i territori conquistati a vari membri della sua famiglia e ai suoi generali. Morì solo tre anni dopo essere asceso al trono imperiale.

APPENDICE 2

Nomi di persone che ricorrono frequentemente nel Zhuangzi



il duca Xiang di Song (650-637 a.C.).







il duca Mu di Qin (659-621 a.C.);







il re Zhuang di Chu (613-591 a.C.);







il duca Wen di Jin (636-628 a.C.);







il duca Huan di Qi (685-643 a.C.);







Questo elenco non è esaustivo. Molti personaggi che appaiono nel libro sono immaginari e alcuni di questi hanno nomi suggestivi in senso simbolico. Numerosi sono però anche i personaggi storici, generalmente usati liberamente al fine di argomentare una qualche tesi. Qualche sommaria notizia su questi ultimi può aiutare a inquadrare l’uso che ne viene fatto nel libro. Non mancano, infine, personaggi di cui non sappiamo nulla e che potrebbero essere reali o immaginari. Bigan (XI secolo a.C.). Leggendario saggio, messo a morte dal nipote, il tiranno Di Xin, ultimo imperatore Shang, per avergli rimproverato il cattivo governo e la dissolutezza. Bohun Wuren, adepto daoista menzionato nel Zhuangzi come maestro di Liezi. Cinque Egemoni. La tradizione storica elenca Cinque Egemoni (signori feudali che occupavano una posizione dominante) durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.):

Un elenco alternativo sostituisce gli ultimi due con:



il re Fuchai di Wu (495-473 a.C.);



il re Goujian di Yue (496-465 a.C.).











Confucio, Kong Fuzi, “maestro Kong”, nome personale Qiu (551-479 a.C.). È il filosofo che più di ogni altro ha influenzato il pensiero e la cultura cinese fino ai nostri giorni. Nacque nello stato Lu da una nobile famiglia decaduta. Il padre, un guerriero, morì quando Confucio aveva tre anni e il bimbo fu allevato dalla madre in condizioni di povertà. Da giovane esercitò vari mestieri. All’età di 53 anni divenne ministro della giustizia, ma deluso dalla politica di Lu lasciò l’incarico e lo stato. Accompagnato dai suoi discepoli, intraprese una serie di viaggi negli stati della Cina centrale e nordorientale, esponendo nelle corti la sua filosofia del governare improntata a un forte senso di responsabilità morale - a quanto pare senza molto successo. A 68 anni tornò a stabilirsi a Lu, dove trascorse gli ultimi anni insegnando ai discepoli. Confucio desiderava porre rimedio alla corruzione e violenza dei suoi tempi ripristinando i forti principi etici che vedeva rappresentati nelle tradizioni degli inizi della dinastia Zhou. Centrali nel suo pensiero erano le idee di benevolenza e giustizia, così come l’idea di un ordine sociale basato su una corretta distribuzione dei ruoli in seno alla famiglia, alla società e allo stato. Grande importanza avevano anche i rituali e la musica, che di quell’ordine erano il simbolo visibile e il cemento. Nessuno degli scritti che gli sono attribuiti dalla tradizione può essere con certezza considerato autografo. La principale raccolta dei suoi insegnamenti sono i Detti di Confucio, una collezione di aforismi messi per iscritto dalla sua scuola durante il periodo degli Stati Combattenti. Gongsun Long (circa 325-250 a.C.), sofista citato nell’ultimo capitolo del Zhuangzi. Fra i suoi paradossi è famoso quello secondo il quale “un cavallo bianco non è un cavallo”.















Guan Longfeng, ministro di Jie, l’ultimo crudele e corrotto imperatore della dinastia Xia. Guan Longfeng fu messo a morte per aver rimproverato a Jie il suo malgoverno. Guan Yin, filosofo citato nell’ultimo capitolo del Zhuangzi. Una sua opera è menzionata nel catalogo della biblioteca imperiale Han, ma non ci è pervenuta. Il suo pensiero sembra essere stato molto vicino a quello di Laozi. Il suo nome significa “guardiano del passo”: una traccia della sua esistenza potrebbe essere la leggenda circa le origini del Laozi narrataci da Sima Qian (145-86 a.C.), secondo la quale Laozi avrebbe scritto il suo libro accedendo alla richiesta di un “guardiano del passo”, mentre era in cammino verso un volontario esilio. Guan Zhong, primo ministro di Qi sotto il duca Huan (685-643 a.C.). Eccellente uomo di stato, fece dello stato di Qi la prima potenza della Cina del tempo. Huan, duca di Qi (685-643 a.C.). Durante il suo regno, grazie all’abilità del suo primo ministro Guan Zhong, Qi divenne la massima potenza della Cina e il duca divenne il primo dei Cinque Egemoni (vedi). Hui Shi (380-305 a.C.) o Huizi, filosofo della scuola dei logici o sofisti (la “scuola dei nomi”, ming jia). I suoi scritti non ci sono pervenuti. Ciò che sappiamo di lui proviene quasi interamente dal Zhuangzi, dove lo incontriamo come amico e antagonista dialettico di Zhuangzi. Nell’ultimo capitolo del libro la sua filosofia è condensata in dieci tesi, riguardanti soprattutto la relatività dello spazio e del tempo. Huiwen, re di Zhao (299-266 a.C.), figlio di Wuling (325-299 a.C.), sotto il quale lo stato di Zhao divenne una fra le massime potenze militari dell’epoca. Huizi, vedi Hui Shi. Jixia, accademia. Fondata intorno al 318 a.C. nella città di Linzi, capitale dello stato Qi, prendeva il nome dalla porta della città presso la quale sorgeva. Filosofi e sapienti provenienti da varie parti della Cina si raccolsero nell’accademia, ricevendo un trattamento di particolare favore da parte del re di Qi, che li equiparò











ai suoi ministri. Fra i filosofi che sono stati membri dell’accademia spiccano i daoisti Tian Pian, Shen Dao e Peng Meng; il fondatore della scuola yin-yang Zou Yan; il moista Song Xing; i confuciani Mencio, Xun Zi e Chunyu Kun. L’accademia ebbe fine e i suoi membri si dispersero nel 284 a.C., quando la città di Linzi fu presa dalle armate di Yan. Jizi (XI secolo a.C.). Figura forse leggendaria che si oppose al tiranno Di Xin, ultimo imperatore della dinastia Shang, e, secondo alcune versioni della storia, sopravvisse fingendosi pazzo. Dopo la caduta della dinastia Shang fu consigliere di re Wu, il primo imperatore della dinastia Zhou, da cui ricevette in feudo il regno di Gojoseon, corrispondente all’odierna Corea del Nord, dove introdusse l’agricoltura e molti aspetti della civiltà cinese. Lai, guardia del corpo dell’ultimo imperatore della dinastia Shang, il tiranno Di Xin (nome postumo Zhou). Lai era famoso per la sua immensa forza fisica. Fu fatto uccidere dall’imperatore. Lao Dan o Laozi (VI secolo a.C.?). Il “vecchio Dan” è il personaggio, probabilmente leggendario, meglio conosciuto come Laozi (Lao Tzu nella romanizzazione Wade-Giles), “il vecchio maestro”, che i daoisti considerano il proprio caposcuola o antenato fondatore. Secondo il racconto di Sima Qian (145-86 a.C.), il primo grande storico cinese, Lao Dan sarebbe stato un contemporaneo anziano di Confucio. A lui è attribuita la stesura del Daodejing (Tao Te Ching nella romanizzazione Wade-Giles) o Laozi, sotto forma di aforismi contenuti in ottantuno brevi capitoli. Secondo la leggenda Laozi avrebbe scritto il Daodejing su richiesta di un “guardiano del passo” mentre era in cammino verso un volontario esilio per andare a morire in solitudine (Bertold Brecht ha scritto una poesia su questo incontro). Laozi, vedi Lao Dan. Lie Yukou (circa 400 a.C.) o Liezi. Filosofo daoista, forse figura puramente leggendaria, presunto autore di un’opera che ci è pervenuta in una redazione del III secolo d.C. ed è considerata il terzo dei classici daoisti, dopo il Laozi e il Zhuangzi. Sappiamo di lui solo quello che egli stesso ci dice nel suo libro e quello che pos-





















siamo dedurre dai riferimenti contenuti nel Zhuangzi. In quest’ultimo libro spesso ci appare in veste sciamanica (“cavalcando il vento”) o affascinato dalla dimensione magica. Liezi, vedi Lie Yukou. Ling, duca di Wei (534-492 a.C.), famoso per i suoi vizi, citato nel Capitolo 25 del Zhuangzi. Longfeng, vedi Guan Longfeng. Mo Di o Mozi, “maestro Mo” (circa 470-391 a.C.). Cresciuto in una famiglia di artigiani, Mozi era egli stesso un abile ingegnere e divenne famoso come architetto di fortificazioni militari. Era tuttavia profondamente pacifista e sostenitore di un ideale di amore universale. Trascorse vari anni della sua vita viaggiando dall’una all’altra zona di crisi nella generale devastazione del Periodo degli Stati Combattenti predicando la pace e cercando di convincere i nobili a rinunciare all’uso della forza per la risoluzione dei conflitti. Nei secoli seguenti l’etica moista andò vieppiù configurandosi come un razionalismo utilitaristico, tendente a massimizzare il beneficio e minimizzare il danno per il maggior numero di persone possibile. Il moismo cadde in discredito durante la dinastia Han e scomparve praticamente dalla scena filosofica cinese. Possediamo una raccolta di testi della scuola, il Mozi, in 53 capitoli, sopravvissuti degli originali 71, in gran parte corrotti o incompleti. Mozi, vedi Mo Di. Shen Dao, filosofo (circa 395-315 a.C.), membro dell’accademia Jixia (vedi). Solo 7 dei suoi 42 saggi ci sono pervenuti. Può essere considerato un precursore sia del legalismo, sia del daoismo. Contesta l’idea che i giudizi morali abbiano un fondamento nella natura e suggerisce l’abbandono di ogni etica per seguire semplicemente il corso del Grande Dao. Shiyu, storiografo dello stato Wei, è citato nel Zhuangzi come paragone di giustizia. Wu, secondo marchese di Wei (396-370 a.C.). Wu Yuan, vedi Zixu. Xi Shi. Leggendaria donna bellissima, nata nel 506 a.C. Quando il re Guojian di Yue era prigioniero del re Fuchai di Wu, i















suoi ministri offrirono a Fuchai la bella Xi Shi come strategia per distrarlo dagli affari di governo. La strategia ebbe successo e nel 473 a.C. l’esercito di Yue poté sconfiggere quello di Wu. Secondo la leggenda, dopo questa vittoria Fan Li, il ministro che aveva “scoperto” Xi Shi, lasciò il suo posto e andò a vivere con lei su una barca fra le brume del lago Tai He. Di lei si diceva che fosse tanto bella che, vedendola, i pesci dimenticavano di nuotare e andavano a fondo. Xuyou, adepto daoista che nel Zhuangzi ci viene presentato come maestro del mitico imperatore saggio Yao. Non sappiamo altro di lui. Yan Hui o Yan Yuan. Discepolo di Confucio (551-479 a.C.), nativo di Lu, di trent’anni più giovane del maestro e suo discepolo favorito. Morì all’età di trentadue anni. Yan Yuan, vedi Yan Hui. Yang Zhu (370-319 a.C.), filosofo edonista. Non si conoscono suoi scritti, ma i cardini della sua dottrina sono così riassunti nel Capitolo 13 del Huainanzi (un trattato daoista del 120 a.C.): “mantenere intatta la propria natura, proteggere la propria genuinità e non vincolare il corpo in coinvolgimenti di altro tipo”. La sua filosofia, centrata sulla nozione di autoconservazione, proponeva un egoismo etico che si contrapponeva all’etica altruista di confuciani e moisti. Yuan Xian. Discepolo di Confucio (551-479 a.C.), nativo di Song o di Lu, di trentasei anni più giovane del maestro, famoso per la sua purezza e modestia. Dopo la morte del maestro visse in semplicità e povertà. Zeng Shen. Discepolo di Confucio (551-479 a.C.), di quarantasei anni più giovane del maestro, è probabilmente insieme a Yan Hui il più notevole dei discepoli. Zigong, un altro discepolo, disse di lui: “Non c’è argomento che non abbia studiato. Il suo comportamento è rispettoso, la sua virtù è solida, le sue parole ispirano fiducia”. Nel Zhuangzi è citato come paragone di benevolenza. Zigong. Discepolo di Confucio (551-479 a.C.), nativo di Wei, di trentun anni più giovane del maestro, dotato di mente agile e di







grandi capacità dialettiche. Fu un alto funzionario in Lu e Wei e morì in Qi. Zilu. Discepolo di Confucio (551-479 a.C.), di nove anni più giovane del maestro, coraggioso guerriero e valente magistrato incaricato del distretto di Pu. Nella rivolta di Wei del 480 a.C., combatté e mori per lealtà verso il nobile alla cui corte apparteneva. Zixu, altresì detto Wu Zixu o Wu Yuan, fu un generale che combatté al servizio dello stato Wu. Mise in guardia il suo re sul pericolo di un attacco da parte dello stato Yue, ma non fu creduto e fu costretto a suicidarsi nel 484 a.C.

APPENDICE 3

Stati della Cina menzionati nel Zhuangzi









La Cina della dinastia Zhou Orientale era frazionata in un mosaico di stati, la cui forma ed estensione variava continuamente per effetto delle guerre praticamente costanti di quel periodo. Alcune brevi notizie su di essi e le mappe contenute nell’Appendice 4 possono aiutare la lettrice o il lettore a orientarsi in questa complessa realtà. Cao (XI secolo a.C.-487 a.C.). Piccolo stato della Cina centrale, creato come feudo per il fratello minore del re Wu di Zhou dopo la caduta della dinastia Shang. Durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.) fu a lungo coinvolto nella lotta per l’egemonia fra gli stati Jin e Chu. Per oltre un secolo combatté con alterne vicende con lo stato confinante, Song, da cui fu infine invaso e distrutto nel 487 a.C. Chu (circa 1030-223 a.C.). Inizialmente stato vassallo dei Zhou, si proclamò autonomo nel 703 a.C. Condusse una politica militaristica ed espansionistica, assorbendo gli stati confinanti e assicurandosi il controllo di un vasto territorio della Cina meridionale. Il duca Zhuang (613-591 a.C.) di Chu divenne il terzo dei Cinque Egemoni (i massimi signori feudali del Periodo delle Primavere e degli Autunni). Con l’aiuto del primo ministro Sunshu Ao realizzò importanti opere idrauliche. Ottenne numerose vittorie militari e cercò, senza successo, di impadronirsi del potere imperiale. L’espansione dello stato Chu fece sì che vari stati del nord si coalizzassero contro di esso sotto l’egida dello stato Jin, riuscendo









ad arginarne l’avanzata. Con alterne vicende Chu continuò a costituire una notevole potenza militare durante gran parte del Periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.). Verso la fine di quel periodo fu ripetutamente invaso dagli stati Zhao e Qin e fu infine soggiogato da Qin. Han (403-230 a.C.). Stato vassallo della dinastia Zhou nella Cina centrale, fu creato nel 403 a.C. dallo smembramento del potente stato Jin nei tre stati Han, Wei e Zhao. Costantemente minacciato dai più potenti vicini, cadde infine nelle mani dei Qin nel 230 a.C. Jin (XI secolo a.C.-376 a.C.). Viene creato come feudo per il fratello minore di re Cheng di Zhou, il secondo imperatore della dinastia Zhou. Nel 745 a.C. il marchese Zhao di Jin assegnò il feudo di Quwo a suo zio, creando una secessione che si protrasse fino al 678 a.C., quando il terzo reggente di Quwo sconfisse e uccise il legittimo sovrano, venendo riconosciuto l’anno dopo come duca di Jin. Sotto il duca Wen, che governò lo stato dal 636 al 628 a.C., Jin conobbe una rapida espansione e divenne per vari decenni il più potente stato cinese. Gradualmente, tuttavia, il potere reale andò passando dalle mani dei duchi ai vari clan ministeriali in conflitto fra di loro. Intorno al 450 a.C. questi clan erano ormai in guerra aperta: tre clan minori, alleatisi, sconfissero il più forte clan Zhi e si ripartirono le sue terre, così come quasi tutto il territorio di Jin, lasciando ai duchi solo un brandello di territorio intorno alla capitale. Nel 403 a.C. questa ripartizione fu formalizzata con la creazione dei tre stati Han, Wei e Zhao. Nel 349 a.C., infine, Wei e Zhao uccisero l’ultimo duca di Jin e si divisero le sue terre. Lu (XI secolo a.C.-256 a.C.). Ducato vassallo dei Zhou nella Cina centrale, il suo primo monarca fu un figlio del duca di Zhou, fratello del primo imperatore della dinastia Zhou. Confinava a nord con il potente stato Qi, a sud con il potente stato Chu. Il duca Ai di Lu, citato nel Capitolo 5, regnò dal 494 al 477 a.C. In costante declino durante il Periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.), Lu fu infine annesso dallo stato Chu.



Qi (1046-221 a.C.). Corrisponde all’odierna provincia di Shandong, nel nordest della Cina. Creato come stato vassallo dei Zhou, fu retto per quasi sette secoli dalla famiglia Jiang, rovesciata nel 386 a.C. dalla famiglia Tian. Raggiunse il suo apogeo sotto il duca Huan di Qi (685-643 a.C.). Grazie all’abilità del suo primo ministro Guan Zhong, eccellente uomo di stato, lo stato Qi divenne la massima potenza della Cina del tempo e il duca divenne il primo dei Cinque Egemoni. Fu l’ultimo stato conquistato da Qin nel 221 a.C. Qin (IX secolo a.C.-221 a.C.). Secondo la leggenda un antenato del clan reale di Qin avrebbe aiutato Yu il Grande nella realizzazione delle opere per il controllo delle acque. Nel IX secolo a.C. il clan ricevette un feudo come ricompensa per aver servito il re di Zhou nell’allevamento dei cavalli. Quando nel 770 a.C. gli stati Shen e Zeng con l’aiuto dei nomadi Rong assediarono e conquistarono la capitale Zhou, questi ultimi dovettero ritrarsi a oriente, stabilendo una nuova capitale a Luoyang (questo evento segna la transizione fra Zhou Occidentali e Zhou Orientali). In cambio dell’aiuto ricevuto in quella circostanza, il re di Zhou promise ai Qin tutte le terre che fossero in grado di recuperare dalle mani dei Rong. Incoraggiati da questa promessa i Qin condussero varie campagne militari contro i Rong, espandendo il loro territorio al di là di quello originariamente controllato dai Zhou Occidentali. Il duca Mu di Qin, menzionato nel Capitolo 21, regnò dal 660 al 621 a.C. e fu uno dei Cinque Egemoni del Periodo delle Primavere e degli Autunni. Qin declinò e perse una parte del suo territorio agli inizi del Periodo degli Stati Combattenti, mentre i suoi confinanti orientali conobbero un rapido sviluppo. Ma nel 361 a.C. il duca Xiao di Qin intraprese un’opera di radicale riforma dello stato, chiamando ad assisterlo uomini di talento da tutta la Cina. Sotto l’egida del filosofo legalista Shang Yang abolì il potere dell’aristocrazia e creò uno stato meritocratico e centralizzato con un esercito di un milione di uomini. Verso la metà del terzo secolo a.C. Qin realizzò grandi opere di irrigazione, espandendo la produzione agricola, il che consentì di rafforzare ulteriormente l’eser-









cito. Yin Zheng, asceso al trono di Qin nel 247 a.C. all’età di tredici anni, concepì un piano per conquistare gli altri sei stati della Cina. La campagna durò dal 230 al 221 a.C. e portò all’unificazione della Cina sotto la dinastia Qin. Song (XI secolo a.C.-286 a.C.). Agli inizi della dinastia Zhou il duca di Zhou assegnò un feudo al fratello maggiore illegittimo dello sconfitto ultimo imperatore Shang, dando origine allo stato Song nella Cina centrale. Il duca Yuan di Song, menzionato nel Capitolo 21, regnò dal 531 al 517 a.C. Lo stato fu annesso da Qi nel 286 a.C. Wei (XI secolo a.C.-209 a.C., distinto dall’omofono stato Wei/ Liang del Periodo degli Stati Combattenti). Creato come feudo per il fratello minore di re Wu di Zhou, Wei raggiunse il suo massimo splendore all’inizio del Periodo delle Primavere e degli Autunni (770-476 a.C.). Il duca Ling di Wei, più volte menzionato nel Zhuangzi, regnò dal 534 al 492 a.C. ed era famoso per i suoi vizi. Suo figlio Kuaikui fu deposto ed esiliato per aver complottato per uccidere madre. Il trono passò quindi a suo figlio, il duca Chu; ma Kuaikui ritornò a combattere il proprio figlio e lo sconfisse, riprendendosi il potere nel 481 a.C. con il nome di duca Zhuang. Morì assassinato tre anni dopo. Dalla metà del IV secolo a.C. lo stato Wei conobbe un progressivo declino. Occupato da Qin nel 239 a.C., Wei sopravvisse formalmente come stato fino a venir dissolto nel 209 a.C., due anni prima del crollo della dinastia Qin. Wei/Liang (403-225 a.C., distinto dall’omofono stato Wei di ben più lunga durata). Stato vassallo della dinastia Zhou nella Cina centro-settentrionale, fu creato nel 403 a.C. dallo smembramento del potente stato Jin nei tre stati Han, Wei e Zhao. Raggiunse l’apice della potenza sotto i primi due principi, il marchese Wen di Wei (445-396 a.C.) e il marchese Wu di Wei (396-370 a.C.). Dopo il trasferimento della capitale da Anyi a Daliang nel 344 a.C. lo stato prese il nome di Liang. Il marchese Hui di Wei o re Hui di Liang, probabilmente identificabile con il “principe Wen Hui” menzionato nel Capitolo 3, regnò dal 370 al 319 a.C. Wei si arrese ai Qin nel 225 a.C.







Wu (XI secolo a.C.-473 a.C.). Fu creato come feudo dei Zhou dopo la deposizione della dinastia Shang. Situato alla foce dello Yangtze, a est dello stato Chu, era considerato semi-barbaro dagli antichi storici cinesi. Rappresentò una costante minaccia per lo stato Chu. Nel 506 a.C. con un attacco a sorpresa giunse a occupare la capitale di Chu e per breve tempo fu il più potente fra gli stati dell’epoca. Fu in seguito ripetutamente attaccato e infine soggiogato dallo stato Yue nel 473 a.C. Yue (VI secolo a.C.-334 a.C.). Nel 473 a.C. il re Goujian (496-465 a.C.) di Yue sconfisse e annesse lo stato Wu, assurgendo al rango di grande potenza. Nel 334 a.C. Yue fu invaso e annesso dallo stato Chu. Zhao (403-222 a.C.). Creato dalla tripartizione di Jin, formalizzata nel 403 a.C., insieme agli stati Han e Wei. Inizialmente uno degli stati più deboli del suo tempo, fu notevolmente rafforzato dalle riforme operate dal re Wuling (325-299 a.C.), ispirate ai costumi militari degli Unni, suoi vicini settentrionali. La cavalleria di Zhao divenne una forza temibile e questa accresciuta potenza militare permise a Zhao di annettere lo stato Zhongshan e territori degli stati Wei, Yan e Qin. Verso la fine del periodo degli Stati Combattenti, Zhao era l’unico stato in grado di opporsi al crescente strapotere di Qin. Sconfitto tuttavia in due sanguinose battaglie, Zhao fu invaso dalle truppe di Qin nel 228 a.C. Sei anni dopo Qin catturò l’ultimo re di Zhao e spense l’ultimo focolaio di resistenza. Zhou (XI secolo a.C.-249 a.C.). Il clan Zhou fu inizialmente vassallo della dinastia Shang. Il re Jili di Zhou combatté i barbari ai confini occidentali dell’impero per conto dell’imperatore Wen Ding, che in seguito lo fece uccidere. Il figlio di Jili, re Wen di Zhou, il leggendario autore dell’Yijing, fu per diversi anni prigioniero degli Shang. Nel 1046 a.C. suo figlio, re Wu di Zhou sconfisse l’ultimo imperatore Shang e fondò la dinastia Zhou. Il re Wu morì poco dopo e suo figlio, re Cheng, fu assistito dallo zio, il duca di Zhou, nell’organizzare l’impero. Il cardine di questa organizzazione era una sistema feudale, che tuttavia andò man mano indebolendosi, con il diluirsi delle relazioni di parentela fra i clan feudata-





ri e famiglia regnante e con l’accrescersi della potenza degli stati periferici. Nel 770 a.C. un’alleanza di nobili con l’aiuto dei barbari Rong conquistò e saccheggiò la capitale, costringendo i re Zhou a spostarsi a oriente, nella nuova capitale di Luoyang. Questa data segna lo spartiacque fra la Dinastia Zhou Occidentale (1046-770 a.C.) e la Dinastia Zhou Orientale (770-259 a.C.). In quest’ultimo periodo il potere imperiale si deteriorò ulteriormente, fino a ridursi a un’autorità puramente nominale, mentre gli stati vassalli si muovevano con totale indipendenza e si facevano guerra fra loro. Nel 256 a.C. la capitale Zhou cadde nelle mani delle forze Qin. Alla morte di re Hui di Zhou nel 249 a.C. nessuno dei suoi figli osò proclamarsi imperatore. Zhu/Zou (XI secolo a.C.-circa 350 a.C.). Piccolo stato vassallo di Lu, creato dal re Wu di Zhou come feudo per un discendente dell’Imperatore Giallo. Diede i natali al filosofo confuciano Mencio. Fu conquistato e annesso dallo stato di Chu intorno alla metà del IV secolo a.C.

APPENDICE 4

Mappe degli Stati della Cina







La redazione del Zhuangzi e la maggior parte dei riferimenti storici in esso contenuti appartengono al periodo cosiddetto degli Stati Combattenti (475-221 a.C.). È un’epoca in cui il potere della dinastia imperiale Zhou è andato sfaldandosi fino a diventare puramente nominale. I feudatari si ergono ormai a potenze autonome e si fanno la guerra, insanguinando l’intero Paese. I confini fra gli stati mutano continuamente per le alterne vicende di queste guerre. Le due mappe che seguono possono aiutare a collocare, almeno per sommi capi, i riferimenti di luogo contenuti nel Zhuangzi. La prima rappresenta la situazione all’inizio del periodo degli Stati Combattenti. La seconda rappresenta i sette stati più potenti intorno alla metà del III secolo a.C., alla vigilia delle campagne vittoriose che porteranno lo stato di Qin a impadronirsi dell’intera Cina e a fondare una nuova dinastia imperiale. La dinastia Qin ebbe breve durata (221-207 a.C.), ma segnò un cambiamento irreversibile: l’avvento dell’idea di un forte potere centralizzato, destinato a caratterizzare la storia della Cina fino ai nostri giorni.



Stati della Cina nel V secolo a.C.



Stati della Cina intorno al 260 a.C.

Questa bibliografia parziale include soltanto libri in lingue occidentali. Non comprende quindi la vasta letteratura esistente su Zhuangzi in cinese (nonché in giapponese e in coreano), né gli articoli apparsi su riviste sinologiche. Per una bibliografia più estesa vedi Kjellberg e per le fonti asiatiche vedi Wu Kuang-ming.

Zhuangzi

















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Cina, daoismo, filosofia, religione



































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