Caravaggio. Le origini, i modelli. Ediz. illustrata 8809748050, 9788809748057

Un dossier dedicato alle origini e ai modelli di Caravaggio. In sommario: "Caravaggio e il modello antico"; &q

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Caravaggio. Le origini, i modelli. Ediz. illustrata
 8809748050, 9788809748057

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CARAVAGGIO Le origini� i mod Ili Rodolfo

Papa

SOMMARIO

Introduzione

4

Caravaggio e il modello antico

6

Caravaggio e i modelli contemporanei

26

Caravaggio e Michelangelo

36

Quadro cronologico

48

Bibliografia

50

In copertina: Conversione di

san Paolo

Nella pagina a fianco: San Matteo e l'angelo (1602),

(1600-1601),

particolare;

particolare;

Roma, San Luigi dei Francesi.

Roma,

Qui sopra: David con la testa di Golia (1609-161 o), particolare con il supposto autoritratto

Santo Moria

di Caravaggio;

del Popolo,

Roma, galleria Borghese.

cappella Cerasi.

IN

IONE

La comprensione di un'opera d'arte implica tre domande, distin­ te e in successione: perché?, cosa? e come? La risposta al "perché?", ovvero la ricerca del senso delle scelte e delle soluzio11i adottate dall'artista, richiede la. ricognizione del­ le motivazioni della commissione e del committente. La risposta alla domanda "cosa?", cioè la comprensione dell'argomento trat­ tato, richiede una attenta indagine iconologico-iconografica. In­ fine, la risposta al "come?" implica l'indagine di ciò che usual­ mente è chiamato "stile", ed è strettamente legato e co11seguente al perché e al cosa. L'analisi delle fonti e dei modelli dell'arte di Caravaggio richie­ de una particolare cura dell'ultima domanda, cioè una attenta ri­ flessione sul "come". La modalità espressiva ed esecutiva di un'o­ pera è sempre in diretta relazione con le finalità da svolgere e con l'oggetto da rappresentare, ed esprime la visione del mondo che è all'origine dell'opera, determinando a sua volta nel fruitore una produzione di senso adereme alla medesima "Weltanschatwng". La. ricerca delle peculiarità proprie della cifra artistica del gran­ de artista milanese richiede una prioritaria verifica della stessa categoria di "stile". Il termine "stile", introdotto da alCLtrzi storici dell'arte di ten­ denza fìlologica alla metà del XIX secolo, è infatti ormai divenuto un termine poco chiaro, talvolta sopravvalutato e invademe. Ad­ dirittura in alcuni casi viene equivocato con arte, di cui sem111ai è invece un sottoinsieme. Il concetto di "stile", così come venne utilizzato all'inizio, è i11teso come l'insieme delle convenz.ioni fi­ gurative che distinguo110 le personalità artisliche e le accomuna­ no con i loro maestri e scolari"', divenendo ben presto con Burcldimd! una astrazione storiografica per definir e schematica111ente perio­ di storici sotto l'insegna di w1 unico con1w1e denomi11atore, iguo­ rando di fatto le peculiarità specifiche delle s iugole per sonalità , in una indistinta sequenza di periodi stilistiei chiusi i11 conlparti­ menti, come il Rinasci1uento, il Barocco ecc. Se la nozione è ut i le per ge11erali ricostru�.ioui slor iografi c he, può invece essere d'impaccio per l'analisi di uu'opem d'ar te, in quanto appare troppo rigida e poco duuile. Servirebbe uu a no­ zio11e che, pur sottolineando gli ele111euti coluuui a u11 gruppo di artisti, fòsse capace di ri111auere aperta a i contributi delle sin gole persona l ità . Volendo aualiz.zare le opere di Caravaggio, è ut ile ricercare tale nozio11e nella lelleratura arlistica a lui coeva e, in modo partico­ lare, risulta interessante un lesto critico scritto da/ medico senese Giulio Mancini, in qua lilà di conoscitore e co/lez.ionista di opere d'arte, inlomo al 1620, in cui a proposito dell'arte del Merisi leg-

giamo: «Proprio di questa schola è il lumeggiar con lume unito che venghi d'alto senza reflessi, come sarebbe in una stanza da una fenestra con le pariete colorite di negro, che così, havendo i chiari e l'ombre molto chiare e molto scure, vengono a dar rilie­ vo alla pittura, ma però con modo non naturale, né fatto, né pen­ sato da altro secolo o pittori più antichi, come Raffaello, Titiana, Correggio et altri. Questa schola in questo modo d'operare è mol­ to osservante del vero, che sempre lo tien davanti mentre ch'ope­ ra; fa bene una figura sola, ma nella composizione dell'historia et esplicar affetto, pendendo questo dall'immaginazion e non dal­ l'osservazione della cosa, per ritrar il vero che tengon sempre avan­ ti, non mi par che vi vagliano, essendo impossibil di mettere in una stanza una moltitudine d'huomini che rappresentin l'histo­ ria con quel lume d'una fenestra sola, et haver w1 che rida o pian­ ga o faccia atto di camminare e stia fermo per lasciarsi copiare, e così poi le !or fìgure, ancorché habbin forza, mancano di moto e d'af. {etti, di grafia, che sta in quell'atto d'operare come si dirà. E di questa schuola non credo farsi che si sia visto cosa con più gratia et affetto che quella zingara che dà la buona ventura a quel giovi­ netto, mano del Caravaggio, che possiede il signor Alessandro Vii­ triei, gentiluomo qui di Roma, che, ancorché sia per questa stra­ da, nondimeno la zingaretta mostra la sua furbaria con un riso fìnto nel levar l'anello al giovanotto, el questo la sua semplicità et affetto di libidine verso la vaghezza della zingaretta che le dà la ventura et leva l'anello»"'Mancini usa il tem1ine "schola" per indicare un metodo che ac­ comuna Caravaggio e i suoi seguaci, individuando nel «lumeg­ giar con lume �mito» un principio comune che si declina in mil­ le modalità sia nei seguaci che nello stesso Caravaggio, per ri­ spondere sempre meglio alle finalità che di volta in volta essi intendono perseguire. La "schola" sembra, allora, la chiave con­ cettuale unitaria ma duttile, utile per indagare il "come" caravag­ gesco, senza ridur/o in uno schema o escluderlo come un'ecce­ zione. Entro questa prospettiva, cercheremo di determinare il com­ plesso sistema di invenzione, composizione ed esecuzione che Caravaggio mette in alto nelle sue opere, nel confronto costante con le opere del passato e del suo presente, nell'attraversamento e nella rielaborazione di tanti "stili" diversi. (l) L. Venturi, Storia della critica d'arte, Toril10 1 964, p. 223. (2) G. Mancini, Considerazioni sulla pittura, a cura di A. Marucchini e L. Salemo, 2 voli., Roma 1 956-1957, vol. I, p. 146; S. Macioce, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Fonti e do­ cumenti 1532-1724, Roma 2003, p. 313. Per fulli gli altri testi citCIIi qui di seguito si (a nfe­ rimento al volu111e di Stefania Macioce.

CARAVAGGIO E IL MODELLO ANTICO

Nella pagina a fianco: La buona ventura ( 1 593- 1 594); Roma, Pinacoteca capitolina.

La formazione di Caravaggio, avvenuta nella bottega milanese di Simone Peterzano, è di tipo manierista, cioè legata all'eclettismo, secondo le teorie del tempo esemplificate dai trattati di Giovan Paolo Lomazzo

A

destra:

Artemide (detta anche La zingarella) (seconda metà del IV secolo a.C.; testa e braccia in bronzo del XVI secolo); Parigi, Louvre (in deposito alla reggia di Versailles).

(Trattato dell'arte della pittura, sco/tura et architettura, 1584) e di Giovan Battista Ar­ menini (I veri precetti della pittura, 1586). Caravaggio assume alcuni elementi tipici della mentalità manierista entro il suo pro­ prio sistema compositivo. In modo pat-ti­ colare, ha incidenza su Caravaggio la no­ zione di «bella e dotta maniera» proposta da Arm e n i n i e fondata sullo studio dei maestri attraverso la copia di modelli sem­ pre più difficili: prima disegni e incisioni, poi quadri in chiaroscuro e a colm-i, e in­ fine marmi antichi e il Giudizio universa­ le di Michelangelo. Come vedremo ancora

Da sinistra: Giovanni Paolo Lomazzo, frontespizio

·\b''

TRATTAT

ù

"o E L L" A R T E

et architettura

Giovan Battista Armenini, frontespizio di De' Veri precetti di pittura

pubblicato a Ravenna

DEL LA

ET ARCHITETTYRA,

D l G 10. P A O L O L O M AZ Z O M Il. A N ES E

P l T T O R E,

Diuifo in fitte l1bri.

(l 584) in un'edizione milanese del l 585.

155ti02

NE'

Q_YALI

Ot h Propouione De'Mori. D.:' Colori, C��rlPI/rarrD_fo:rcrc_·. 't:'!J. . �lk'n1nt -dtt .w,r-+tfn; .C1J(IIIm tftfl1_1;111�1;;trlf i P sntt_,.!fll;i/, (!.fnr rwn.niJir dd.ft1tblrt:.:1 �Um mn._rjMY1/UM ift"rt·m� JUffiJ mlr rmflftfl' !./tifi' 111/.f fi}Pt!/rnf cfu ttfm1f!rrtht1 111 � iJ!.ùlllf_}!Jilllif lt/# IJ..."; . tJ. >z/.,./. . .

solamente del colorito appagansi; onde non sanno metter due figure insieme, né tessere istoria veruna, per non compren­ dere la bontà di sì nobil arte». Questo giudizio è in tutto simile a quel­ lo espresso trent'anni prima da monsignor Giovan Battista Agucchi ( 1570-1630), nel suo Trattato d'arte ( 1607 circa), il quale

Dall'alto:

rimprovera a Caravaggio di non perseguire

Leonardo,

una bellezza ideale, ma di ispirarsi diret­

frontespizio

tamente alla realtà, con il risultato di pro­

del Libro di pittura

durre una pittura non bella: «Caravaggio

(1530-1550 circo);

eccellentissimo nel colorire si dee com­

Città del Vaticano,

parare a Demetrio [pittore di paesaggi ales­

Biblioteca apostolica

sandrino trapiantato a Roma nel II secolo

vaticano, Codice

d.C., ndr]. perché ha lasciato indietro l'I­

Vaticano Urbinate

dea di Bellezza, disposto di seguire del tut­

1270.

to la similitudine». Questi giudizi, che tanto hanno in­

Giovanni Boglione,

fluenzato la storiografia contemporanea,

Resurrezione

non appaiono del tutto fondati. Miche­

di Cristo

langelo Merisi ha studiato i modelli anti­

(1601-1603);

chi, ha osservato quanto di nuovo i suoi

Parigi,

contemporanei stavano introducendo nel

Louvre.

linguaggio dell'arte e ha soprattutto guar­ dato Michelangelo Buonarroti, tanto da prenderlo come modello ispiratore per molte delle sue opere maggiori. La cifra di Caravaggio, entro la "schola" dei lu­ meggiatori «Con lume unitO>>, sta nella ca­ pacità di smontare i meccanismi lingui­ stici dei maestri, rimontandoli in innova­ tive composizioni, utilizzando i modelli

Narciso (1599-1600); Roma, palazzo Borberini, Galleria nazionale d'orte antica.

Il tema mitologico è una costante nella produzione artistico medievale e rinascimentale, inteso come luogo di riflessione sulla natura dell'uomo e interpretato in chiave morale, come nel coso di Narciso, e teologica, come nel coso di Frisso. Caravaggio non si discosta da questa modalità di approccio all'antico, ma

è

in grado

di reinterpretorla allo luce della visione culturale del suo tempo.

come forme linguistiche e t1·aducendole in un linguaggio natw·alistico. Questo mo­ do eli procedere ha l'ef fe t t o di produ1Te qualcosa di veramente innovat ivo, che col­ pisce i contem poranei al punto tale che lo stesso Giulio Manc ini, che abbiamo già incontrato in precedenza, in un altro pas­ so, a l'l'erma che ''Michelangelo da Cara­ vaggio fra' moderni pit tori [è] di grandez­ za tale che si può dire !"allo nuova schola con nuova manie1·a di clipinge1·e limalis­ sima al pa1· di qualsisia a l t ra maniera e schuola eli pittori » .

Come abbiamo già sottoli neato, nella formazione anistica teorizzata alla fine del Cinquecento da traltatisti quali, per esem­ pio, Giovan Paolo Lomazzo o Giovan Bat­ tista Armenini, lo studio della statuaria an­ t ica è contemplato come indispensabile per raggiungere un livello alto di prepara­ zione. Del resto, fin dal Quattrocento era entralo nelle botteghe d'arte lo studio si­ stematico delle opere degli antichi, sulla scorta delle p1-atiche che, già nel Medioevo, awenivano in maniera meno sistematica ma altrettanto efficace. In sostanza, il con-

Frisso

(già

San Giovanni Battista)

(1609-161 0 o primissimi anni del XVII secolo); Roma, Galleria Borghese.

Il

Bacco (1596-1597 circa); Firenze, Uffizi.

Bacchino malato (1 593-1 594); Roma, Galleria Borghese.

Qui sopra: Riposo durante la fuga in Egitto ( 1 595-1 596); Roma, Galleria Doria Pamphilj.

A destra: Le tre Grazie (copia romana do modello di tarda età ellenistica); Parigi, Louvre.

[Tonto con le antichità non ha mai cessa­ to di esistere, se non in piccole e sporadi­ che eccezioni. Ma sul finire del Cinque­ cento, accanto al lavoro di bottega che si svolgeva in ogni città, si assiste a una si­ stemati zzazione di tale studio, divenendo per ceni ve1·si acquisizione "accademica". Entro questo contesto va compresa an­ che l'arte di Michelangelo Merisi. Ben lon­ tano da un presunto spontaneismo e da una mitizzata sregolatezza, egli vive nel suo t empo , si rorma nelle botteghe d'arte e l av o ra pe1· committenti colti capaci di apprezza1·e s u più livelli un'opera d'arte. Del resto abbiamo già incontrato la tela con La buoua veu1w·a nel testo di Giulio Mancini, in cui è descritta come una "zin­ garetta" che p1·edice la buona sorte a un giovane, e già in questo dipinto si può rin­ tracciare una eco della s ta tuaria antica, giacché la statua di Artemide detta Zin­ gare/la, appartenuta alla cinquecentesca

collezione romana di Domenico Capocci e poi a quella Borghese, oggi appartenen­ te al Louvre e in deposito presso la reggia di Versailles, è sicuramente il modello al quale Caravaggio si ispira131. In tal modo vediamo come nella sua pri­ ma produzione Caravaggio sappia adot­ tare sapientemente temi all'antica, come quello di Narciso, nell'omonimo dipinto realizzato tra il 1 599 e il 1 600 (oggi con­ servato nella Galleria nazionale d'arte an­ tica di palazzo Barberini a Roma) e come il tema di Ft;sso, nella tela della Galle,;a Bor­ ghese (tradizionalmente indicato come un San Giovanni Ballisla), utilizzando in mo­ do profondo le tematiche mitologiche per committenti diversi, ponendo una rifles­ sione morale nel caso del Narciso e una più complessa di carattere cristologico per quanto riguarda il Frisso. Parimenti, affronta molte volte il tema del Bacco, con vm;e sfumature, che vanno

Qui sopra, da sinistra: Amore vincitore (1601-1602); Berlino, Staatliche Museen.

Caravaggio studia rantico tanto da riuscire a rielaborare modelli preesistenti e a tradurli in nuove

Eros Farnese (copia del/V sec. a.C. dall'originale di Prassitele); Napoli, Museo archeologico nazionale.

forme, che però mantengono netto il sapore e il gusto per rantico. L'orizzonte culturale rimane ancora quello del monito morale sulle scelte dell'uomo, come riflessione sulla caducità delle cose mondane e sulla scoperta di un bene superiore che

è

Amore,

inteso qui come metafora spirituale.

I

l

s

Qui sopra, dall'alto: Erote dormiente con gli attributi di Eracle (111 secolo); Firenze, Uffìzi.

Erote/Ercole fanciullo dormiente (tarda età adrianea inizio età antonino); Torino, Museo di antichità.

dal tema morale allegorico al vero e proprio "scherzo" intellettuale. In queste opere l'arte del Merisi si con­ fronta per certi versi "a distanza" con l'an­ tico, mentre in altre opere scende anche di­ rettamente al confronto, alla ispirazione e all'utilizzo del modello i n presa diretta. Il primo caso che si può citare al proposito è la tela che rappresenta il Riposo duran­ te la fuga in Egitto dipinta tra il 1 5 95 e i l I 5 9 6 , m o l t o probab i l m e n t e p e r donna Olimpia Aldobrandini, oggi conservata nella Galleria Doria Pamphilj a Roma, do­ po che la nipote di questa andò in sposa al principe Camillo Pamphilj nel 1 647, por­ tando l'opera tra i beni della dote. Nella tela, Caravaggio inserisce, all'in­ terno di un ricchissimo e complesso in­ treccio di simbologie allegoriche, che ri­ mandano a una dottissima iconografia ma­ riana e cristologica, la figura di un angelo musicante, che si richiama direttamente alla statuaria antica senza citarne una in particolare, ma rielaborando lo schema classico della sinuosità e della grazia del corpo umano. Un confronto si può tenta­ re con il gruppo marmoreo delle Tre Grazie, che fu rinvenuto a Roma tra la fine del Cin­ quecento e l'inizio del Seicento, durante gli scavi al èeiio, poi passato nella colle­ zione Borghese e di qui nel 1807 a Parigi, dove ancora oggi viene conservato al Lou­ vre. L impianto compositivo dei corpi del­ le Grazie è il medesimo che 1itroviamo nel­ la tela del Caravaggio: una gamba legge1� mente piegata, rimanendo però aderente all'altra e spostata all'indietro, con la pian­ ta del piede leggermente sollevata, impo­ ne al corpo una flessione verso l'esterno in modo da imprimere al bacino una legge­ ra inclinazione controbilanciata dallo spo­ stamento delle spalle nel senso opposto. Questo gruppo è un evidente modello dal quale viene desunto !"impianto anatomico per l'angelo musicante. Laggiunta del velo da pane di Ca1·avaggio non solo serve a co­ prire le terga dell"angelo, ma a raffm·zare la slruttLII"a serpent i nata che, awolta a spi­ I·ale, è capace di tradurre in una stnittura stalica il senso del movimento ascensio­ nale del contrappunto musicale che nello spart i to, 1·etto da san Giuseppe, indica il suono che accompagna il sonno di Maria e del Bambino. Del resto, una figura simi­ le a quella dell'angelo musicante è pi·esen­ te anche nella famosissima tela dell'Erco­ le al bivio di Annibale CmTacci, dipinta nel

1 596 circa per la Galleria Farnese nel palazzo romano della famiglia e oggi conservata a Capodimonte a Napoli, ed è esattamente la figura della Voluttà che, posta sulla de­ stra del dipinto, promette ad Ercole, raffi­ gurato al centro, la vita piacevole e sicura in contrapposizione alla Virtù che, posta alla sinistra della tela, indica la strada dif­ ficile e aspra dell'onestà. Appare chiaro co­ me l'attenzione ai medesimi modelli non implichi tuttavia soluzioni stilistiche egua­ li in situazioni diverse. Il confronto con questo tipo di statua­ ria non si esaurisce in quest'opera di Ca­ ravaggio, ma è presente ancora nell'Amo­ re vincitore, dipinto tra il 1 60 1 e il 1 602 per il marchese Vincenzo Giustiniani e og­ gi conservato nello Staatliche Museum di Berlino. In questa tela allegorica, Cara­ vaggio, necessitato dal tema, prende an­ cora in prestito un modello antico, assi­ m i labile alla statua del cosiddetto Eros

Amore dormiente (1608-1609); Firenze� palazzo Pitti, Galleria palatino.

Il tema dell'erote o Ercole fanciullo dormiente viene ripreso da Caravaggio in senso letterale, ovvero con un significato morale che fa riferimento allo stato di quiete dei sensi; allude metaforicamente alla morte e quindi è iconograficamente interpretobile come tema funebre, probabilmente commissionato all'artista proprio con questo intento.

1

17

Farnese (oggi conservata a Napoli presso il

Nella pagina a fianco,

Per rappresentare la figura di Pietro

( 1 605);

dall'alto: Sette opere di misericordia

già al Kaiser Friedrich Museum di Berlino e oggi perduto.

corporale ( 1 606- 1 6 0 7); Napoli,

-perduto durante l'ultima guerra -

Pio Monte della misericordia.

il modello antico del Tevere per

Qui sopra: Cristo nel l'Orto degli ulivi

Galata ferito (l secolo a. C.), copia romana In basso:

o un gruppo

Fontana del Tevere; Roma,

in bronzo pergamena; Napoli, Museo archeologico nazionale.

piazza del Campidoglio.

nel Cristo nell'Orto degli ulivi

Caravaggio usa

rafforzare il senso , "romano . del fondatore della comunità cristiana di Roma, e di conseguenza la romanità stessa del primato petrino nello Chiesa universale.

Museo archeologico), divenuta famosa nel 1 5 62 quando fu acquistata dal cardinale Alessandro Farnese, insieme ad altre im­ portanti sculture della famiglia Del Bufa­ lo, al fine di accrescere la raccolta di an­ tichità della sua collezione. Questo confronto non d imostra una di­ retta dipendenza tra i due capolavori, quan­ to p i u ttosto mostra come l'antico fosse non solo studiato, ma rielaborato fino al­ l'invenzione di nuove forme, capaci d i ri­ flettere il modello allora consideralo co­ me rappresentativo del "bello ideale". I.:E­ ros Farnese ornava la ricordata Galleria affrescata dai Carracci in palazzo Farnese a Roma, e il confronto con essa vuoi por­ re in evidenza i l fatto che lo stesso Cara­ vaggio non era estraneo al medesimo im­ pianto culturale d i Annibale CatTacci, an­ che se l'attenzione alla natura rimaneva sempre il punto di partenza delle sue ri­ flessioni colte. I n altre parole, il classici­ smo in Caravaggio non s i aggiunge o si giustappone alla sua "schola" ma ne fa parte, tanto da essere trattato in modo "na­ turale", con esiti strabilianti. Caravaggio affronta anche i l tema d i Amore dormiente, probabilmente intorno al 1 608- 1 609 (nel dipinto omonimo oggi conservato nella Galleria palatina di pa­ lazzo Pitti a Firenze). In questo caso, i l ri­ mando alla statuaria antica è amplissimo, giacché si potrebbe c itare un Cupido dor­ miente di età tardo-romana e databile nel III secolo d. C . , donato a Lorenzo il Ma­ gnifico nel 1 488 da Ferdinando d'Arago­ na, re di Napoli. Il pezzo, che è stato di re­ cente riconosciuto nella scultura in marmo nero 1·affigurante un Erore donnienle con gli atrributi di Eracle conservata agli Uffi­ zi. ha le medesime caratteristiche icono­ grafiche, ma non gli stessi atteggiamenti di altre sculture antiche che erano con­ servate nelle collezioni romane del cardi­ nal Mattei e dei principi Doria Pamphilj. Il confronto si può effe tt u a re anche con una statua d i amorino dormiente, che ha i me­ desimi atti·ibuti iconografici dell'Ercole fanciullo, conservata nel Museo d i anti­ chità di Torino. In questo caso, il tema è allrontato in maniera tale da rimandare direttamente alla statua1·ia antica e la com­ posizione, che allude allegoricamente al tema della morte e a quello della quiete delle passioni, è mutuata direttamente dai modelli originali .

Nella trasposizione dei temi antichi in nuove opere d'arte per i suoi committen­ ti, Caravaggio non produce semplicemente delle copie o dei rifacimenti all'antica, ma opera uno spostamento di senso alla luce della visione cristiana, che è alla base di questa sua produzione artistica. Infatti, sebbene il modello o finanche il tema sia mitologico, il senso è diverso, giacché tut­ to si muove all' interno di una visione mo­ ralizzante che ha come spunto l'antichità classica e come approdo una visione del mondo totalmente cristiana, secondo il ti­ pico movimento della visione u niversale della Chiesa che, entrando in profondo rapporto con la cultura pagana, ne mutua le forme, riattribuendo a esse nuovi e più profondi significati. Questo passaggio di significato è uno dei capisaldi dell'arte di Caravaggio. In una seconda serie di opere, prodot­ te negli anni successivi, Caravaggio uti­ lizza la statuaria classica come modello colto e non come tema all'antica. In altre parole, non troviamo modelli che rappre­ sentano se stessi, ma vengono utilizzati per creare una atmosfera all'antica o co­ me riferimento colto per esprimere di vol­ ta in volta le virtù di colui che è ritratto, o per evidenziare semplicemente un tema narrativo o ancora come canone estetico. In questo secondo gruppo, il confronto si fa serrato. Infatti, la figura di san Pie­ tro del Cristo nell'Orto degli ulivi, realiz­ zato nel 1 605 e andato perduto in un bom­ bardamento alleato di Berlino nella se­ conda guerra mondiale, mutua le forme dal tipo della divinità fluviale confronta­ bile per esempio con la statua del fiume Tevere, collocata in una delle fontane di piazza del Campidoglio a Roma. Il senso dell'utilizzo del tipo della divinità fluvia­ le"' è un rafforzativo della figura di san Pietro, che in tal modo viene indicato co­ me colui che, giunto a Roma e fondatavi la comunità cristiana, è il capo della Chiesa u n iversale. In questo caso, la scelta del 'modello antico si comprende nell'indicazione geografica che, per metonimia, allude al concetto più ampio di Chiesa. Caravaggio sa rivolgersi all'antico con modalità e finalità diverse. Molto interes­ sante è il duplice utilizzo del modello an­ tico della statua detta del Calata ferito, co­ pia romana del I secolo a. C. da un grup­ po in bronzo pergamene, proveniente dalle Terme di Agrippa a Roma e oggi conser19

In alto:

Galata ferito

San Gerolamo scrivente

(l secolo a. C.),

(1608 ); La Valletto (Malta ),

da un gruppo

St. John Musem.

copia romana in bronzo pergamena; Napoli, Museo archeologico nazionale.

vata nel Museo archeologico nazionale d i Napoli. Tale statua è modello p e r la figu­ ra del povero ignudo al quale san Marti­ no offre il mantello, nella tela delle Sette opere di 111isericordia corporale realizzata tra il 1 606 e il 1 60 7 per la cappella del Pio Monte della misericordia a Napoli: il mo­ dello antico senre come rimando imme­ diato al tipo del derelitto, d i colui che è sconfitto dalle circostanze della vita. M a tale statua è modello anche per il ritratto del Gran maestro dell'ordine dei Cavalie­ ri di Malta, Alof de Wignacourt, t·appre­ sentato nei panni di san Gemiamo nella tela del Sau Gerola111o scrive111e. conser­ vata nel S t . John Museum della Valletta a Malta. Questa tela doveva essere un dono al Gt·an maestro e un omaggio alle sue im­ pt·ese eli difesa della cristianità, simboleg­ giate nella figura del santo eremita e in­ tellettuale, vissuto in Terrasanta per la eli­ fesa della ven1 fede. Ebbene, in questo contesto del tutto diverso, Caravaggio el i nuovo u t ilizza i l modello classico d e l Ca-

Resurrezione

La scelta di utilizzare

di Lazzaro (1608-1609);

il modello antico

Messina, Museo regionale.

del Menelao che sorregge il corpo di Patroclo è

funzionale alla rappresentazione del dramma dello morte, che nel racconto evangelico della risurrezione di Lazzaro muta

vincitore della morte. Il cadavere, con il capo ancora reclino, tra le braccia

Qui sopra, dall'alto: Pasquino (Ili secolo a. C.); Roma,

di uno dei parenti, si rianima e,

piazzo del Posquino.

muovendo lentamente

Menelao con il corpo di Patroclo (copia romano

gli arti, assume una positura che direttamente

di epoca flavia

allude alla croce, divenendo così, nella

da un originale greco del 240-230 a.C.);

drammatizzazione

Firenze, Loggia dei lanzi.

il compianto

pittorica, chiara

deWamico

allusione alla morte

in manifestazione

e risurrezione

della gloria di Cri;to

di Cristo stesso.

Qui sopra: Decollazione di san Giovanni Battista (1608 ); La Valletto (Malta), oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri.

Qui a destro: Ninfa con catino (120-140 d.C.), copia romana da originale ellenistico; Roma, galleria Borghese.

lata ferito, già proposto di spalle nelle Set­ te opere, ma qui rappresentato ft·ontal­ mente, mentre presta il volto a san Gero­ lamo e du nque ad Alof de Wignacourt; il modello classico serve a evocare un com­ plesso mondo di coraggio e di onore, fino all'eroismo estremo del sacrificio di sé. Caravaggio util izza anc01·a nelle ultime opere i modelli antichi , con motivazioni dettate, di volta i n volta, da esigenze lin­ guistiche e di retol'ica dotta. Nel caso del­ la Resurre�ione di Ln��.aro, realizzata du­ ,·ante il soggiorno siciliano tra il 1608 e il 1609 (oggi al Museo regionale di Messi­ na), è espl icito il riferimento al t i po del gruppo stat uario di Menelao con il corpo di Patroclo, conse1vato a Firenze nella Log­ gia dei !anzi e a Roma nella versione co­ nosciuta come la statua del Pasquino, i n piazza d e l Pasquino vicino a piazza Na­ vona. La d1·ammaticità della tragedia mi­ tologica di Menelao, che disperatamente socco1-re l'amico morto, serve per raf{o,-­ zare il miracolo che Gesù opera nel risu­ sci tai-e l'amico Lazzaro dalla morte, po-

Qui a fianco, da sinistra: Lo scita (L'arrotino) (l secolo d.C.), copia romana da originale ellenistico; Firenze, Uffizi.

Vecchia ebbra (Vecchia capitolina) (Ili sec. a. C.); Roma, Musei capitolini.

In alto, da sinistra: Flagellazione

Crocifissione di sant'Andrea

( 1607);

(1607 circa); Cleveland,

Napoli,

Museum of Art.

di Cristo

Capodimonte.

T husnelda, la sch iava barbara ( 1 1 0- 1 20 d.C.), originale di epoca romana; Firenze, Loggia dei lanzi. L'utilizzo del modello antico della T husnelda, principessa di una tribù germanica - statua d'epoca romano rinvenuto a Roma o metà del XVI secolo, fuori Porto Portese, nella zona dei Giardini di Cesare serve come rafforzativo per mettere in scena il senso dell'umiltà della beata Vergine Mario, che nel testo evangelico di san Luco si definisce come schiava del Signore. L'utilizzo, dunque, del modello antico dello uschiovo" è

coerente con il senso

linguistico del termine evangelico. Caravaggio utilizza un modello linguisticamente colto per rappresentare nel contempo la regalitò e l'umiltà della Vergine.

nendo in essere una trasposizione narrativa tra i due registri (l'antico e l'evangelico), rafforzando così il senso salvi fico dell'a­ more di Cristo per l'uomo. Nel caso della Decollazione di san Gio­ vwmi Bartista, dipinta nel 1 608 per l'ora­ torio di San Giovanni Battista dei Cava­ lieri a La Valletta, il riferimento alla Nin­ fa con catino, copia romana da origin.

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