Biologia
 9788808124135

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Cristina Cavazzuti

Biologia

SCIENZE

Cristina Cavazzuti

Biologia

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SCIENZE

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Realizzazione editoriale: – Coordinamento redazionale: Elena Bacchilega – Redazione: Cristina Rutigliano – Segreteria di redazione: Deborah Lorenzini – Progetto grafico: Studio Emme Grafica+ – Impaginazione: Roberta Marchetti – Ricerca iconografica: Elena Bacchilega, Chiara Lambertini, Claudia Patella – Disegni: Dmitrij Leoni, Thomas Trojer, Roberta Marchetti, Roberto Marchetti Contributi: – Revisione e indice analitico: Cristina Rutigliano – Stesura delle schede Per saperne di più e Storia della scienza: Elisa Frisaldi, Laura Caterina Russo, Lisa Vozza – Rilettura: Ada Messina Le fonti iconografiche si trovano sul sito www.online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura Copertina: – Progetto grafico: Miguel Sal & C., Bologna – Realizzazione: Roberto Marchetti – Immagine di copertina: Fred Leonero/Shutterstock Prima edizione: gennaio 2011 Ristampa: 5

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L’impegno a mantenere invariato il contenuto di questo volume per un quinquennio (art. 5 legge n. 169/2008) è comunicato nel catalogo Zanichelli, disponibile anche online sul sito www.zanichelli.it, ai sensi del DM 41 dell’8 aprile 2009, All. 1/B.

Zanichelli editore S.p.A. opera con sistema qualità certificato CertiCarGraf n. 477 secondo la norma UNI EN ISO 9001:2008

E-book: – Progettazione esecutiva e sviluppo software: bSmart – eLearning consulting and solutions Bioclip: – cap.2: ©PR4God/shutterstock; – cap.4: ©Jubal Harshaw/shutterstock; – cap.14: ©Jubal Harshaw/shutterstock; ©Dr.Morley Read/shutterstock; – cap.15: ©Susan Nicholls/shutterstock; ©Vittorio Bruno/shutterstock; ©Dr.Morley Read/shutterstock; ©Lathe Poland/shutterstock; ©Nautilus Media/shutterstock; ©Marcio Cardoso/shutterstock. Speaker: Massimo Rossi Animazioni: – Testi e sceneggiature: Licia Gambarelli – Revisione di testi e animazioni: Angela Simone – Realizzazione multimediale: Chia lab, Bologna – Registrazioni audio: formicablu, Bologna – Speaker: Massimo Rossi – Redazione: Enrico Poli Esercizi interattivi: – Stesura degli esercizi: Lorenzo Lancellotti, Cristina Rutigliano – Redazione: Agostino Tripaldi, Cristina Rutigliano – Interfaccia grafica e sviluppo: Bitness, Genova Esercizi di comprensione in lingua inglese: – Registrazioni audio: formicablu, Bologna – Speaker: Jonathan Clancy

INDICE

1 La biologia studia le caratteristiche della vita per saperne di più I gameti si formano grazie alla meiosi

2

storia della scienza

Il metodo scientifico e l’origine della vita sulla Terra

2 Popolazioni, comunità ed ecosistemi 3 Il flusso di energia negli ecosistemi 4 I cicli biogeochimici e il ciclo dell’acqua educazione ambientale

L’effetto serra

쑺 Esercizi

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RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – I biomi acquatici – La piramide alimentare

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

L’evoluzione dei viventi

1 Le teorie evolutive: un percorso storico Linneo

26 27

La vita e l’evoluzione del pensiero di Darwin

33

storia della scienza

8 9 11 15

3

capitolo

2

capitolo

capitolo

1

La biosfera

storia della scienza

2 Le prove e i documenti a favore dell’evoluzione 34 3 L’evoluzione della specie umana: il nostro albero evolutivo 41 쑺 Esercizi

19 23

46

La chimica della vita

1 La vita dipende dalle proprietà dell’acqua 48 2 I composti del carbonio e le biomolecole 53 educazione alla salute

Con l’aggiunta

di vitamine

54

educazione ambientale

La plastica fa ormai parte della nostra vita

56

3 I carboidrati e i lipidi: i combustibili delle cellule 4 Gli acidi nucleici e le proteine: struttura e funzioni

62

쑺 Esercizi

66

58

24

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RISORSE ONLINE

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RISORSE ONLINE

쐌 ANIMAZIONE – Le prove dell’evoluzione – La classificazione dei primati 쐌 BIOCLIP – Un gorilla e il suo piccolo

쐌 ANIMAZIONE – La polarità della molecola d’acqua – Il pH delle soluzioni

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

– Polisaccaridi e lipidi

III Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1 Le caratteristiche generali delle cellule storia della scienza

Robert Hooke

68 68

2 La cellula animale e la cellula vegetale 3 La membrana plasmatica e la comunicazione tra cellule 4 Il sistema delle membrane interne 5 Gli organuli che trasformano l’energia: i mitocondri e i cloroplasti 6 La cellula in movimento: citoscheletro, ciglia e flagelli

88

쑺 Esercizi

90

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RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – Cellule procariotiche ed eucariotiche – Cellule vegetali e animali – La membrana plasmatica – La permeabilità selettiva delle membrane – L’osmosi

73 76 82

6

capitolo

5

capitolo

capitolo

4

Il mondo della cellula

La cellula al lavoro

1 Il metabolismo cellulare: come le cellule ricavano energia 92 2 La glicolisi è la prima fase della demolizione del glucosio 96 3 La respirazione cellulare e la fermentazione 99 4 La fotosintesi produce glucosio 104 a partire da acqua e CO2

La divisione cellulare

1 Il ciclo cellulare: una visione d’insieme 2 La mitosi produce due cellule identiche 3 La meiosi è alla base della riproduzione sessuata

86

쑺 Esercizi

Il cariotipo umano e la sindrome di Down 쑺 Esercizi

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – La glicolisi – Il ciclo di Krebs – La catena di trasporto degli elettroni e la sintesi di ATP – La fotosintesi

107

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RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – La mitosi e la citodieresi – La meiosi – La variabilità genetica

쐌 BIOCLIP – Un paramecio si divide per scissione binaria

쐌 BIOCLIP – Vacuoli in un paramecio

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

IV Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

119 124 126

108

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

114

educazione alla salute

educazione ambientale

La fotosintesi ha cambiato la composizione dell’atmosfera

110

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

1 La genetica studia la trasmissione dei caratteri ereditari 128 2 Le leggi di Mendel: dominanza, segregazione e assortimento indipendente 130 134 3 Oltre le leggi di Mendel per saperne di più

Codominanza

138

ed eredità poligenica

4 Alcune malattie umane sono ereditarie educazione alla salute

139

9

capitolo

8

capitolo

capitolo

7

La trasmissione dei caratteri ereditari

Il linguaggio della vita

1 Qual è la struttura del DNA? 144 2 Il codice genetico e la sintesi delle proteine 148 3 Dal gene alla proteina: la trascrizione e la traduzione 151 per saperne di più

Lo splicing

152 4 Le mutazioni possono modificare 154 il significato dei geni e gli anticorpi

쑺 Esercizi

156

L’ingegneria genetica e le sue applicazioni

1 L’ingegneria genetica permette di manipolare il DNA 158 storia della scienza Louis Pasteur 159 storia della scienza Kary Mullis 164 2 Le applicazioni dell’ingegneria genetica 165 educazione alla salute

Le cellule

167

staminali educazione alla salute

Il dibattito

sugli OGM 쑺 Esercizi

169 170

Le malattie

genetiche 쑺 Esercizi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE

140 142

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE

쐌 ANIMAZIONE – La legge della segregazione

쐌 ANIMAZIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

– Gli acidi nucleici: DNA e RNA – La duplicazione del DNA – La sintesi proteica

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – Gli enzimi di restrizione – La clonazione dei geni nei batteri – L’elettroforesi su gel

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

V Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1 L’organizzazione del corpo umano 2 La pelle: la sua struttura e le sue funzioni 3 Il movimento: lo scheletro e i muscoli educazione alla salute

172 178 180

쑺 Esercizi

1 Il sistema respiratorio: struttura e funzione 188 educazione alla salute L’asma 192 2 Il sistema digerente e l’alimentazione 193 educazione alla salute

Helicobacter

196

pylori e l’ulcera

L’osteoporosi

rende fragili le ossa

Il corpo umano: respirazione, alimentazione e circolazione

183 186

educazione alla salute

La celiachia richiede una dieta senza glutine

3 Il sistema circolatorio e il sangue educazione alla salute

200 L’ipertensione

arteriosa 쑺 Esercizi

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RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – I tessuti del corpo umano – Lo scheletro assile – La contrazione muscolare

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

200

Le analisi

del sangue educazione alla salute

199

206

12

capitolo

11

capitolo

capitolo

10

Il corpo umano e il movimento

L’immunità, gli organi di senso e il sistema nervoso

1 Il sistema immunitario e la lotta contro le malattie 212 educazione alla salute

Il virus

è un virus!

I nuovi vaccini: una sfida per la mente 219

2 Gli organi di senso ci permettono di rispondere 221 agli stimoli 3 Il sistema nervoso: la trasmissione dell’impulso 226 4 Il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico 230 쑺 Esercizi

209

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – La respirazione e gli scambi gassosi – Il sistema digerente – La circolazione del sangue

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

VI Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

212

educazione alla salute

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – Il sistema immunitario – I neuroni

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

234

1 Il sistema endocrino è formato da cellule e ghiandole 236 educazione alla salute

Il diabete

242

mellito

2 L’omeostasi è la regolazione dell’ambiente interno 3 I reni mantengono costante la concentrazione dei fluidi corporei educazione alla salute

243

1 Come si classificano gli esseri viventi 266 2 I procarioti: batteri e archei 271 Batteri utili

275

e batteri patogeni

3 I protisti unicellulari e pluricellulari 247 250

4 L’apparato riproduttore maschile e femminile 251 5 La fecondazione e lo sviluppo embrionale 256 educazione alla salute La barriera placentare protegge il feto 259 educazione alla salute La contraccezione serve a evitare gravidanze indesiderate 260 educazione alla salute Le malattie a trasmissione sessuale 263

쑺 Esercizi

educazione alla salute

La malaria

276 277

4 Le caratteristiche generali delle piante 280 5 Le piante più antiche: muschi e felci 285 6 Dal seme al fiore: gimnosperme 288 e angiosperme 7 I funghi: eterotrofi saprofiti 291 쑺 Esercizi

15

capitolo

La classificazione dei viventi: microrganismi, piante, funghi

educazione alla salute

L’insufficienza

renale e la dialisi

14

capitolo

capitolo

13

La regolazione dell’ambiente interno e la riproduzione

Origine ed evoluzione degli animali

1 Gli invertebrati più semplici: dalle spugne ai lombrichi educazione alla salute

I parassiti

2 Molluschi, artropodi ed echinodermi 3 I pesci sono vertebrati adattati all’ambiente acquatico 4 Gli anfibi e i rettili si sono resi indipendenti dall’acqua 5 Gli uccelli e i mammiferi: i vertebrati più recenti

296 300 302 307 311 314

per saperne di più

Megattere musiciste: cultura nell’oceano 쑺 Esercizi

318 319

Indice analitico

I •1

294

264

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – Le ghiandole endocrine e gli ormoni – Il nefrone – L’apparato riproduttore maschile – L’apparato riproduttore femminile

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – L’evoluzione delle piante _ I funghi

쐌 BIOCLIP – Parameci in movimento – Un’ameba in movimento – Un colibrì si nutre di nettare

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

RISORSE ONLINE 쐌 ANIMAZIONE – I piani strutturali degli animali e la loro simmetria

– L’albero filogenetico dei rettili 쐌 BIOCLIP – Anemoni, coralli e meduse – Un polpo nel mare Mediterraneo – Un ragno si nutre di un centopiedi – Una farfalla esce dalla crisalide – Una stella marina in movimento – Il nuoto di una manta – I pesci della barriera corallina – Una targaruga di mare si nutre di corallo

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

쐌 ESERCIZI INTERATTIVI 쐌 VERIFICA LA COMPRENSIONE

VII Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

www.aulascienze.scuola.zanichelli.it

VIII Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOLOGIA STUDIA LE CARATTERISTICHE DELLA VITA

1

La biosfera

1 2 3 4

La biologia studia le caratteristiche della vita La biologia è la scienza che studia le proprietà degli esseri viventi, come la loro struttura e il loro comportamento, ma anche le interazioni che gli organismi hanno tra loro e con l’ambiente che li circonda.

Popolazioni, comunità ed ecosistemi Un ecosistema è una porzione delimitata di biosfera costituita da una comunità vivente (piante, animali e batteri) e dall’ambiente fisico circostante (il terreno, le rocce, l’acqua). In ogni ecosistema sono presenti diversi habitat che ospitano varie comunità. All’interno delle comunità, ogni popolazione riveste un ruolo specifico, occupando la propria nicchia ecologica.

Il flusso di energia negli ecosistemi L’energia entra negli ecosistemi sotto forma di luce solare; essa è utilizzata dagli autotrofi (produttori) per trasformare semplici sostanze inorganiche (come l’acqua e il diossido di carbonio) in composti organici come gli zuccheri, che costituiscono il cibo per i consumatori. I decompositori trasformano infine gli organismi morti in sostanze inorganiche nuovamente utilizzabili.

I cicli biogeochimici e il ciclo dell’acqua Sulla Terra, la materia viene continuamente riutilizzata attraverso i cicli biogeochimici e il ciclo dell’acqua, passando dall’ambiente fisico agli esseri viventi e poi di nuovo all’ambiente. I cicli biogeochimici più importanti sono quelli del carbonio e dell’azoto.

1 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

1

lezione

capitolo

obiettivi

il campo 쑺 Definire di studio della biologia. le caratteristiche 쑺 Spiegare che differenziano

RISPON DI

gli organismi viventi dalla materia inanimata.

Che contributo diede Antony Van Leeuwenhoek allo studio della vita? Perché tale contributo fu così importante?



쑽 Figura 1 Galileo dimostra la legge della caduta dei gravi (Tribuna di Galileo, Palazzo Torrigiani, Firenze, 1841).

쑺 Figura 2 Un microscopio ottico del Settecento.

LA BIOSFERA

La biologia studia le caratteristiche della vita 1

La biologia è la scienza che studia la vita

Il termine biologia, che deriva dal greco bios (vita) e logos (discorso, studio), fu usato per la prima volta all’inizio dell’Ottocento da due studiosi i quali adoperarono questo neologismo indipendentemente l’uno dall’altro: Jean Baptiste de Lamarck, un naturalista francese, e Gottfried Reinhold Treviranus, un medico tedesco. La biologia è dunque la scienza che studia la vita. Tra i vari argomenti di indagine di cui si occupa questa disciplina vi sono le caratteristiche fisiche e comportamentali degli organismi, la classificazione dei viventi, le teorie sull’origine e lo sviluppo delle specie e le osservazioni sul modo con cui gli organismi interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda. Fin dalla preistoria, gli esseri umani hanno dovuto apprendere per forza alcune nozioni di biologia: per esempio, essi avevano la necessità di distinguere le piante velenose da quelle commestibili, oppure di conoscere le abitudini degli animali per poterli cacciare o per addomesticarli. Le conoscenze acquisite furono tramandate oralmente fino a quando, con gli antichi Egizi e i Babilonesi (ottavo e settimo secolo a.C.), si iniziò a trascrivere sui papiri ciò che si sapeva sulle caratteristiche degli organismi viventi. Molto più tardi, intorno al 343 a.C., il filosofo greco Aristotele compì studi di biologia notevolmente più accurati: per esempio, egli descrisse il sistema digerente dei ruminanti e lo sviluppo dell’uovo di gallina. Nel corso dei secoli, il lavoro di numerosi scienziati ci ha permesso di accrescere notevolmente le nostre conoscenze sugli organismi viventi; un grande balzo in avanti nel progresso delle scienze biologiche si verificò nel diciassettesimo secolo, prima grazie a Galileo Galilei e poi a Antony Van Leeuwenhoek. Galileo Galilei (1564-1642, 쑺figura 1), fisico, filosofo, astronomo e matematico pisano, è considerato uno dei più grandi scienziati dell’epoca moderna. Tra le altre cose, Galileo perfezionò il telescopio e introdusse il metodo scientifico, cioè il metodo con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Esso consiste nella raccolta di dati empirici e misurabili attraverso l’osservazione e l’esperimento, e nell’uso di tali dati per formulare ipotesi e teorie; le teorie dovranno poi essere verificate attraverso nuove esperienze. Con l’introduzione del metodo scientifico, la biologia è diventata a tutti gli effetti una scienza sperimentale che opera secondo alcune regole di base: l osservare e descrivere un fenomeno raccogliendo dati sperimentali; l porsi domande riguardo a tale fenomeno; l formulare un’ipotesi per interpretarlo; l prevedere una o più conseguenze dipendenti da quest’ipotesi; l verificare le conseguenze sottoponendole a nuovi esperimenti; l confermare o confutare l’ipotesi iniziale. Antony Van Leeuwenhoek (1632-1723), un ottico e naturalista olandese, fu invece l’inventore del microscopio ottico (쑺figura 2). Come vedremo nel capitolo 4, l’uso del microscopio ha permesso all’indagine biologica di spingersi oltre il limite del mondo visibile e di osservare nei minimi dettagli la struttura della cellula, la più piccola unità costitutiva di tutti gli esseri viventi.

2 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA BIOLOGIA STUDIA LE CARATTERISTICHE DELLA VITA

2

1

Gli esseri viventi sono dotati di proprietà che li differenziano dalla materia inanimata

Come si fa a dire che un organismo è «vivo»? Intuitivamente è facile affermare che una mosca, un pesce o una quercia sono esseri viventi, mentre i sassi, la pioggia o l’aria che respiriamo non lo sono; tuttavia, dare una definizione esauriente di vita non è così semplice. Gli esseri viventi, infatti, assumono forme e strutture molto varie, e talvolta le differenze con la materia inanimata non sono così evidenti: pensa per esempio alle piante sasso (쑺figura 3), che sembrano quasi dei minerali, oppure ai coralli che assomigliano alle piante. Per distinguere la «vita» dalla «non vita», i biologi hanno identificato un insieme di proprietà comuni a tutti gli organismi viventi: 1. Organizzazione: gli esseri viventi sono organizzati, cioè sono dotati di strutture complesse e ordinate che cooperano tra loro (쑺figura 4A). 2. Autoregolazione: l’ambiente in cui vive un organismo può subire variazioni anche molto consistenti; esistono tuttavia specifici meccanismi di autoregolazione che mantengono costanti la struttura e le funzioni del vivente al variare delle condizioni ambientali. 3. Crescita e sviluppo: gli organismi crescono e si sviluppano secondo il modello caratteristico della propria specie.

쒀 Figura 3 La pianta sasso a prima vista non sembra un essere vivente, ma piuttosto un minerale.

4. Dipendenza da fonti esterne: per sopravvivere, i viventi acquisiscono materia ed energia dall’ambiente e la trasformano secondo le proprie necessità.

6. Riproduzione: tutti gli organismi si riproducono dando origine ad altri individui della stessa specie (쑺figura 4C). 7. Evoluzione: nel loro insieme, i viventi hanno la capacità di cambiare nel tempo, ossia di evolvere.

RISPON DI

5. Risposta agli stimoli: gli esseri viventi, come la pianta carnivora che vedi nella 쑺figura 4B, reagiscono agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno: la «trappola» scatta quando un insetto si posa sulla foglia.



Quali requisiti deve possedere un essere vivente per poter essere definito tale?

쑸 Figura 4 A. Gli esseri viventi possiedono una struttura ordinata, come puoi notare in questo fiore. B. La pianta carnivora risponde agli stimoli chiudendosi di scatto. C. Gli esseri viventi si riproducono, ovvero generano altri organismi simili a se stessi. A

B

C

3 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

3

A

B

쒀 Figura 5 Le cellule, come questo neurone (A), sono costituite da associazioni di atomi chiamate molecole; la figura B mostra due molecole di DNA.

쑽 Figura 6 Esistono due tipi di cellule: le cellule procariotiche e le cellule eucariotiche.

La vita è organizzata in livelli gerarchici

Il mondo dei viventi è estremamente complesso ed è organizzato in diversi livelli gerarchici: dal più semplice, la cellula, fino al più complesso, la biosfera. In realtà, la cellula (쑺figura 5A) è formata a sua volta, da atomi. Un atomo è la più piccola particella che costituisce la materia. Per esempio, il diamante è costituito da atomi dell’elemento carbonio: se fosse possibile suddividere un diamante in parti sempre più piccole fino a ottenere i singoli atomi, ognuno di essi presenterebbe le proprietà chimiche del carbonio. Gli atomi di elementi diversi o dello stesso elemento possono associarsi tra loro per formare le molecole; per esempio, un atomo di carbonio può combinarsi con quattro atomi di idrogeno e formare il metano, il gas che utilizziamo in cucina. Anche il DNA (쑺figura 5B) è una molecola, costituita dall’unione di molti atomi di carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e fosforo. Il DNA è fondamentale per gli organismi viventi, poiché contiene le informazioni per «costruire» le cellule ed è anche in grado di trasmettere tali informazioni dai genitori ai figli. Le molecole contenenti carbonio sintetizzate dalle cellule sono chiamate biomolecole e comprendono le proteine, i carboidrati, i lipidi e gli acidi nucleici (come il DNA). Le biomolecole appartengono alla più vasta categoria dei composti organici, che includono anche le materie plastiche, le fibre naturali e sintetiche, i coloranti e i farmaci, i diserbanti, i profumi, e i derivati del petrolio. Le sostanze come l’acqua e il diossido di carbonio, che si possono trovare anche nella materia inanimata, sono dette invece composti inorganici. In natura esistono due tipi di cellule: le cellule procariotiche e le cellule eucariotiche (쑺figura 6). Le cellule procariotiche sono più piccole e meno complesse di quelle eucariotiche;

La salmonella è un batterio che si sposta grazie ai flagelli.

parete cellulare

La cellula procariotica: un batterio materiale genetico

membrana plasmatica

flagello

membrana plasmatica

La cellula eucariotica

Una cellula eucariotica animale.

nucleo nucleo

materiale genetico

organuli cellulari

4 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

i microrganismi che chiamiamo batteri sono costituiti da cellule procariotiche, mentre le piante, gli animali e i funghi sono costituiti da cellule eucariotiche. Alcuni organismi, per lo più microscopici, sono formati da un’unica cellula (sono cioè unicellulari), mentre quelli più grandi sono costituiti da più cellule e sono detti pluricellulari. In un organismo pluricellulare, cellule simili formano il secondo livello di organizzazione biologica, quello dei tessuti: ne sono un esempio il tessuto nervoso e quello muscolare. Diversi tessuti possono riunirsi in un’unità strutturale e formare un organo come il cervello. Più organi che cooperano alla medesima funzione costituiscono un sistema o apparato: cervello, midollo spinale e nervi, per esempio, compongono il sistema nervoso. L’insieme ordinato e integrato di sistemi di organi, come il sistema nervoso, il sistema digerente e il sistema circolatorio, dà origine a un organismo (come il pappagallo). Organismi della stessa specie (cioè che abbiano le stesse caratteristiche e siano in grado di accoppiarsi e generare una prole feconda) che vivono nella stessa area (per esempio, i pappagalli di una foresta) formano una popolazione. L’insieme di tutte le popolazioni che vivono in un medesimo luogo, per esempio un bosco, compone la comunità dei viventi: la comunità del bosco, quindi, comprende animali, piante, funghi e batteri tipici di quell’ambiente. L’insieme di tutte le comunità che vivono in una certa zona e delle componenti fisiche non viventi (acqua, aria, suolo) che influenzano la presenza e la distribuzione degli organismi, prende il nome di ecosistema. Infine, il livello più alto di organizzazione gerarchica è rappresentato dalla biosfera, l’insieme di tutti gli ecosistemi presenti sulla Terra. La biosfera si estende per circa 20 km in altezza sulla superficie del nostro pianeta, dalle cime delle montagne fino agli abissi degli oceani (쑺figura 7).

1

RISPON DI

LA BIOLOGIA STUDIA LE CARATTERISTICHE DELLA VITA



Come di definisce un ecosistema?

쑽 Figura 7 I livelli gerarchici in cui è organizzata la biosfera.

BIOSFERA

ECOSISTEMA foresta pluviale

COMUNITÀ tutti gli organismi della foresta POPOLAZIONE gruppo di organismi appartenenti a una stessa specie

ORGANO cervello

TESSUTO tessuto nervoso

CELLULA cellula nervosa

ORGANISMO pappagallo

5 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

4 쑺 Figura 8 La sudorazione ci

Uno dei problemi fondamentali che tutti i viventi devono affrontare è quello di mantenere relativamente costante il proprio ambiente interno; infatti, tutte le attività che avvengono negli organismi richiedono condizioni di temperatura piuttosto stabili e un ambiente chimico accuratamente controllato. Per esempio, la temperatura corporea di un essere umano è di circa 36,8 °C anche quando la temperatura esterna è molto più bassa, come durante una giornata invernale oppure più alta come in una torrida giornata estiva in cui il termometro può anche superare i 40 °C. Il processo di regolazione che permette a un organismo di controllare e mantenere stabili le proprie condizioni interne, indipendentemente dalle condizioni dell’ambiente circostante, prende il nome di omeostasi. In assenza di omeostasi, nessun organismo può sopravvivere. Un semplice esempio di omeostasi è fornito da quello che succede al nostro corpo quando fa molto caldo (쑺figura 8): la nostra pelle si copre di sudore che evapora sottraendo calore alla superficie del corpo; la temperatura dell’organismo diminuisce così fino a tornare alla normalità. Gli organismi unicellulari e quelli pluricellulari più piccoli sopportano con più difficoltà variazioni di temperatura e di ambiente chimico; è probabile che le pressioni evolutive più forti verso la pluricellularità e le dimensioni maggiori siano proprio in relazione all’omeostasi. Infatti, gli organismi di dimensioni maggiori, come gli esseri umani, possiedono una superficie meno estesa rispetto al proprio volume e, soprattutto, sono dotati di un rivestimento protettivo (la pelle); per questo, sono meno vulnerabili alle variazioni dell’ambiente in cui vivono.

RISPON DI

aiuta a mantenere costante la temperatura del nostro corpo.



Che cosa si intende per omeostasi?

RISPON DI

5



Che cosa si intende per assimilazione?

Per un organismo vivente è importante mantenere costanti le proprie condizioni interne

Un organismo cresce e si sviluppa attraverso la costruzione di nuova materia vivente

Alla nascita, tutti gli esseri viventi, dai microrganismi agli esseri umani, hanno dimensioni inferiori a quelle tipiche della propria specie; per questo motivo si verifica sempre un processo di accrescimento. Per crescere, gli organismi devono trasformare le sostanze chimiche assorbite dall’ambiente nelle molecole che formano il loro corpo. Una quercia, per esempio, assorbe acqua e sali minerali dal terreno e diossido di carbonio e ossigeno dall’aria; queste poche e semplici sostanze vengono trasformate in tutte le numerosissime molecole complesse che formano le diverse parti della pianta. Un animale, invece, si nutre di piante o altri animali, che demolisce in sostanze semplici da utilizzare per costruire le proprie molecole. Alla capacità di fabbricare i componenti chimici del proprio corpo, manipolando sostanze di composizione diversa provenienti dall’esterno, si dà il nome di assimilazione (che significa «rendere simile a sé»).

6 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA BIOLOGIA STUDIA LE CARATTERISTICHE DELLA VITA

Per compiere il lavoro di assimilazione e di accrescimento, e per svolgere tutte le altre funzioni vitali (muoversi, percepire gli stimoli esterni, eliminare sostanze nocive, riparare i tessuti danneggiati), gli organismi hanno bisogno di energia. Così come un’automobile ricava l’energia necessaria per muoversi bruciando la benzina, i viventi ottengono energia «bruciando» particolari tipi di molecole, per esempio quelle di uno zucchero chiamato glucosio (쑺figura 9). Le molecole di glucosio sono molto ricche di energia: quando vengono demolite attraverso una serie di reazioni chimiche in presenza di ossigeno, questa energia viene liberata e resa disponibile per compiere un lavoro. Tale processo, detto respirazione cellulare, avviene attraverso le stesse tappe nella maggior parte delle cellule.

7

RISPON DI

Tutti gli organismi hanno bisogno di energia

Quali processi sono indispensabili affinché un organismo possa crescere?

RISPON DI

6

1

In che modo le piante rispondono agli stimoli luminosi?



Gli esseri viventi percepiscono i cambiamenti del loro ambiente e rispondono agli stimoli

Una delle proprietà fondamentali di tutti i viventi è la capacità di rispondere agli stimoli, ossia ai messaggi di varia natura che provengono sia dall’interno del corpo sia dall’ambiente esterno. Passando da un ambiente poco illuminato a un altro in piena luce, per esempio, le tue pupille si restringono rapidamente in risposta all’aumento di luminosità. Anche le piante sono sensibili alla luce: se osservi le piante di casa tua, noterai che esse hanno le foglie orientate verso la luce. Questo fenomeno, detto fototropismo, si può verificare anche guardando un campo di girasoli (쑺figura 10): per favorire la maturazione del seme, tutte le piante orientano il fiore verso il Sole e quindi, nell’arco della giornata, tutti i fiori si «girano».



쑸 Figura 9 (a sinistra) I cibi ricchi di zuccheri, come la banana, contengono molta energia.

쑸 Figura 10 (a destra) Il girasole orienta i fiori verso i raggi del Sole; per questo motivo, nei campi di girasole i fiori sono tutti rivolti nella stessa direzione.

8

La riproduzione consiste nella formazione di nuovi organismi

Gli organismi viventi sono capaci di produrre altri organismi simili a se stessi: questo processo è detto riproduzione. Tramite la riproduzione, le specie perpetuano se stesse nel tempo; gli individui, infatti, muoiono, ma le loro caratteristiche si trasmettono ai discendenti, che a loro volta sono in grado di riprodursi garantendo la conservazione della specie. La riproduzione ha assunto nel corso dell’evoluzione forme diverse e sempre più complesse; tuttavia, nonostante la grande diversificazione di questo processo, esso può ricondursi a due sole modalità fondamentali: la riproduzione asessuata e quella sessuata. La riproduzione asessuata è la modalità riproduttiva più semplice e più comune negli organismi in grado di produrre una grande quantità di discendenti in tempi rapidi, come avviene nei batteri. Anche molti altri organismi, sia unicellulari sia pluricellulari (come le spugne, le meduse, i coralli, le stelle di mare e diverse piante), possono riprodursi con successo per via asessuata.

7 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

쑺 Figura 11 La riproduzione asessuata porta alla formazione di due individui identici al genitore. Ne sono un esempio la scissione binaria (A) e la gemmazione (B).

LA BIOSFERA

La scissione binaria di un organismo unicellulare.

cellula madre

La gemmazione in un’idra.

cellula in divisione

쑽 Figura 12 La riproduzione sessuata prevede la formazione di gameti e la fecondazione, come puoi notare osservando il ciclo vitale degli esseri umani.

cellule figlie

A

B

gemma

fecondazione

zigote

spermatozoi

cellula uovo

RISPON DI

individui adulti



per saperne di più

Che differenza c’è tra la riproduzione asessuata e quella sessuata?

Come puoi vedere nella 쑺figura 11A, che mostra un microrganismo unicellulare che si sta riproducendo, gli organismi figli si possono formare tramite una semplice divisione del genitore (scissione binaria) o, nel caso di organismi più complessi come le idre (쑺figura 11B) e i coralli, per distacco di alcune parti (gemmazione); in entrambi i casi i figli saranno del tutto identici all’organismo di partenza. Questo processo risulta particolarmente efficiente se le condizioni ambientali sono favorevoli. La riproduzione sessuata è più complicata e comporta la formazione di speciali cellule chiamate gameti (vedi la scheda in fondo alla pagina); il gamete proveniente dalla madre (che negli esseri umani è detto cellula uovo) e il gamete proveniente dal padre (lo spermatozoo) si fondono insieme in un processo chiamato fecondazione per dare origine a un nuovo individuo (쑺figura 12). Diversamente da quanto accade nella riproduzione asessuata, la progenie è simile ai genitori, ma non identica: tu assomigli ai tuoi genitori, ma non sei perfettamente identico a loro.

» I gameti si formano grazie alla meiosi Il materiale genetico presente nelle cellule eucariotiche è organizzato in cromosomi, strutture a forma di bastoncino in cui il DNA è associato a proteine. Ogni cromosoma è presente in due copie aventi la stessa forma e le stesse dimensioni; uno di essi viene trasmesso dalla madre, mentre l’altro proviene dal padre. I cromosomi che formano una coppia sono detti omologhi. Due cromosomi omologhi portano le medesime caratteristiche, ma non necessariamente le stesse varianti; negli esseri umani, per esempio, uno dei due cromosomi che determinano il colore dei

capelli può portare l’informazione «capelli scuri», mentre sul suo omologo può esserci l’informazione «capelli chiari». Il numero dei cromosomi è tipico per ciascuna specie: gli esseri umani ne hanno 46, il gatto domestico 38, il moscerino della frutta 8 e così via.  La riproduzione sessuata comporta la fecondazione Nella riproduzione sessuata, ogni nuovo individuo si forma dall’unione di due cellule chiamate gameti. Se i gameti avessero lo stesso numero di cromosomi di tutte le altre cellule, il numero dei

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cromosomi presenti nelle cellule di un organismo continuerebbe a raddoppiare da una generazione all’altra. Ciò non si verifica perché i gameti sono cellule «speciali» che contengono soltanto una copia di ogni cromosoma, anziché due copie come tutte le altre cellule del corpo. Le cellule destinate a diventare gameti subiscono infatti un processo chiamato meiosi, in seguito al quale il numero dei cromosomi viene ridotto a metà. Il numero di cromosomi tipico della specie si ripristina con la fecondazione, che dà origine a un nuovo individuo.

storia della scienza

LA BIOLOGIA STUDIA LE CARATTERISTICHE DELLA VITA

» Il metodo scientifico e l’origine della vita sulla Terra La Terra si è formata circa 4,6 miliardi di anni fa e le prime tracce della presenza di vita sul nostro pianeta risalgono a 3,5 miliardi di anni fa; che cosa accadde in questo intervallo di tempo? In che modo si originò la vita partendo dalla materia inanimata? Queste domande sono tra le più difficili che gli scienziati si siano mai posti. Applicando il metodo scientifico, i ricercatori stanno cercando di rispondere formulando ipotesi, sottoponendole a verifica sperimentale e modificando o scartando le previsioni non sostenute dai dati sperimentali. Per formulare una teoria sull’origine della vita sulla Terra, occorre partire dalle seguenti osservazioni: 1. tutti i viventi sono formati da cellule; 2. anche le cellule più semplici contengono il materiale genetico (DNA) per poter trasmettere le proprie caratteristiche alla discendenza; 3. tutte le cellule sono circondate da un involucro esterno, chiamato membrana plasmatica, che regola gli scambi tra la cellula e l’ambiente esterno; 4. le prime forme di vita sono comparse quando le condizioni del pianeta erano diverse da quelle attuali.  Miller ricostruì le condizioni della Terra primordiale Nel 1953, il biochimico americano Stanley Miller ideò un esperimento per verificare la teoria sviluppata nel 1924 dal biologo russo Oparin. Secondo tale teoria, le condizioni della Terra primordiale avrebbero favorito reazioni chimiche necessarie alla formazione delle biomolecole a partire da semplici sostanze inorganiche. Miller era un ricercatore che lavorava con il premio Nobel per la chimica Harold Urey; il suo esperimento pertanto è noto come esperimento di Miller-Urey. La figura mostra l’apparecchiatura usata da Miller: un’ampolla contiene

acqua calda che riproduce il «mare», mentre l’altra simula l’atmosfera primitiva. I geologi che hanno ricostruito la storia della Terra hanno ipotizzato che l’atmosfera primordiale fosse priva di ossigeno e contenesse invece metano (CH4), monossido di carbonio (CO), diossido di carbonio (CO2), ammoniaca (NH3), azoto (N2), idrogeno (H2) e vapore acqueo, insieme a molti altri gas emessi da antichi vulcani. All’interno dell’ampolla «atmosfera» vi sono due elettrodi che generano le scintille (i «fulmini»). Sotto gli elettrodi si trova un dispositivo che serve a condensare il vapore acqueo presente nella miscela di gas, dando così origine a una «pioggia» che, portando con sé tutti i composti in soluzione, ritorna al recipiente in cui si trova il «mare». L’esperimento di Miller-Urey durò una settimana; al termine, gli scienziati trovarono nella soluzione una certa varietà di composti organici, inclusi alcuni amminoacidi (i mattoni che costituiscono le proteine). Da allora, modificando in parte le condizioni in base a nuove scoperte riguardanti la com-

1

posizione dei mari e dell’atmosfera primordiale, è stato possibile ottenere gran parte delle biomolecole che costituiscono gli esseri viventi: amminoacidi, zuccheri, lipidi e i componenti del DNA.  Dalle biomolecole alle protocellule L’esperimento di Miller-Urey ha aperto la strada a ricerche sempre più sofisticate; attraverso diverse simulazioni di laboratorio, i biologi hanno cercato di capire come dalle prime biomolecole si siano potute formare le prime cellule. Gli scienziati sono riusciti a ottenere delle sferule circondate da strutture simili alle membrane plasmatiche e contenenti molecole complesse, chiamate protocellule, che presentano almeno alcune delle caratteristiche tipiche delle cellule.

Il biochimico Stanley Miller (1930-2007).

9 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

RISPON DI

9



Quando un carattere ereditario si dice vantaggioso?

쑽 Figura 13 Variabilità all’interno di una popolazione di serpenti giarrettiera (Thamnophis sirtalis).

I caratteri che gli esseri viventi ereditano dai propri antenati sono stabili, ma non immutabili

Gli organismi che compongono una specie non sono tutti uguali tra loro, ma presentano una certa variabilità. Di tanto in tanto, in una popolazione può comparire un individuo con un carattere del tutto nuovo che viene trasmesso ai discendenti; in questo modo, le specie presenti in natura non restano sempre uguali nel tempo, ma cambiano lentamente. La 쑺figura 13 mostra uno straordinario esempio di variabilità in una popolazione di serpenti americani chiamati serpenti giarrettiera: questi esemplari appartengono alla stessa specie e sono stati catturati nella stessa zona, ma presentano colorazioni diverse. Una nuova caratteristica è vantaggiosa se consente un miglior adattamento all’ambiente: per esempio, la colorazione punteggiata può aiutare il serpente a mimetizzarsi. In tale caso, gli individui che possiedono il carattere vantaggioso vivranno più a lungo e avranno un numero maggiore di discendenti; in questo modo la nuova colorazione si diffonderà all’interno della popolazione. In determinate condizioni e nell’arco di molte generazioni, una popolazione che presenta caratteristiche diverse può anche dare origine a una nuova specie; questo processo si chiama evoluzione.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. In che cosa consiste il metodo scientifico?

B si producono cellule speciali dette

parole chiave

2. Perché il processo di assimilazione è importante per gli esseri viventi?

C si ottengono molti individui in

3. Che cosa può determinare l’affermazione di una nuova caratteristica ereditaria e la conseguente evoluzione della specie?

D è la modalità riproduttiva più sem-

 biologia  cellula  organo  sistema  organismo  popolazione  comunità  ecosistema  biosfera  omeostasi  accrescimento  tessuto  assimilazione  evoluzione  respirazione cellulare  riproduzione asessuata  riproduzione sessuata

gameti poco tempo plice 7. L’omeostasi può essere definita come la capacità di un essere vivente di:

4. Qual è la differenza tra popolazione e comunità?

A ottenere energia da molecole

5. Quale tra i seguenti livelli organizzativi comprende tutti gli altri?

B fabbricare i componenti chimici

A cellula C tessuto

B organo D sistema

6. Quale tra le seguenti caratteristiche non è tipica della riproduzione asessuata?

A i discendenti sono identici ai loro progenitori

10 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

come lo zucchero del proprio corpo, manipolando sostanze di composizione diversa

C mantenere il più possibile stabili le condizioni interne all’organismo

D rispondere ai messaggi provenienti sia dall’interno del corpo sia dall’ambiente esterno

2

2

Popolazioni, comunità ed ecosistemi

lezione

POPOLAZIONI, COMUNITÀ ED ECOSISTEMI

10

obiettivi

11

Le condizioni chimico-fisiche di uno stagno determinano la presenza di zone diverse

Uno stagno è un ecosistema acquatico (쑺figura 14); si tratta di uno specchio d’acqua dolce poco profondo, soggetto a scarso moto ondoso e molto ricco di sali, diossido di carbonio e ossigeno (presente, però, solo in superficie). Il terreno delle sponde è intriso di acqua perché viene periodicamente sommerso a seconda delle stagioni. I fondali sono ricoperti da una melma finissima (sabbia, limo e argilla), ricca di sostanze organiche in disfacimento. La temperatura dell’acqua, in genere, tende a essere più alta di quella dei biomi d’acqua salata o dei corsi d’acqua corrente. La radiazione solare attraversa facilmente le acque basse, riscaldando il fondale fangoso. Tuttavia, se lo stagno è abbastanza profondo, verso il centro la luce penetra solo fino a un certo limite e non illumina le acque degli strati più bassi, che restano fredde e buie.

caratterizzano un ecosistema. l’habitat 쑺 Distinguere dalla nicchia ecologica.

RISPON DI

Uno dei più affascinanti misteri della vita è la presenza, nella biosfera, di una straordinaria varietà di organismi che abitano ambienti completamente diversi tra loro: dalle profondità marine ai ghiacciai, dai deserti alle sorgenti termali, dalle foreste pluviali ai campi coltivati, e ancora stagni, laghi, oceani, tronchi d’albero e giardini di città, ciascuno con le proprie particolari forme di vita. Le diverse caratteristiche degli ecosistemi dipendono da due tipi di fattori: biotici e abiotici. La componente biotica comprende tutte le popolazioni di organismi che abitano l’ecosistema: animali, piante, funghi e vari microrganismi. La componente abiotica è invece rappresentata da fattori fisici e chimici che caratterizzano l’ambiente, come la presenza o l’assenza di acqua, il tipo di suolo, la temperatura e l’umidità dell’aria, la quantità di radiazione solare ricevuta nel corso dell’anno. I principali ecosistemi sono raggruppati a formare i biomi, che sono definiti in base alle comunità animali e vegetali che li popolano: i biomi possono essere terrestri (come la tundra o la foresta) oppure acquatici (d’acqua dolce o salata). Gli organismi sono influenzati dalle condizioni ambientali, ma, a loro volta, modificano l’ambiente in cui vivono; ogni essere vivente, infatti, preleva dal mondo esterno determinate sostanze e ne restituisce altre che non gli servono più, modificando in questo modo l’ambiente che lo circonda. La scienza che studia questa complessa rete di interazioni tra organismi e ambiente è l’ecologia. Per capire meglio come «funziona» un bioma e come interagiscono tra loro le sue diverse componenti, prenderemo come esempio uno stagno.

il campo di studio 쑺 Definire dell’ecologia. i fattori 쑺 Identificare ambientali che

Di che cosa si occupa l’ecologia?

RISPON DI

L’ecologia è la scienza che studia le interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui vivono

Quali caratteristiche chimico-fisiche presenta uno stagno?

쑺 쑺

쑸 Figura 14

Lo stagno è un esempio di bioma d’acqua dolce.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 I biomi acquatici

11 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

12

Nello stagno, come in ogni ecosistema, sono presenti diversi habitat

Ognuna delle quattro zone in cui può essere suddiviso lo stagno (쑺figura 15) rappresenta un habitat diverso che permette la sopravvivenza di popolazioni caratteristiche; l’habitat è il luogo naturale dove una determinata popolazione vive, la sua «casa» o, come spesso dicono gli ecologi, il suo «indirizzo». LUCE SOLARE

La zona delle acque aperte è formata dallo strato superficiale di acqua attraversato dalla luce; ospita alghe, pesci e organismi planctonici.

La zona litorale comprende le sponde e le acque più basse e ospita la maggior parte delle specie.

rana tartaruga d’acqua dolce

anatra

ZONA LITORALE

topo muschiato

ZONA LIMNETICA

mollusco

Nella zona delle acque profonde, dove la luce non arriva, si trovano numerosi predatori.

pesce persico

coleottero

plancton

luccio

ZONA PROFONDA

La zona del fondale, ricca di detriti organici, è abitata soprattutto da batteri, larve e microrganismi.

ZONA DEI FONDALI

쒀 Figura 15 Il disegno mostra le zone abiotiche (o habitat) di uno stagno e gli organismi che le popolano.

La zona litorale è la più densamente popolata (쑺figura 16). Qui si trovano insetti come l’idrometra, che sembra pattinare sull’acqua, o la notonetta, un’abile nuotatrice; si trovano, inoltre, larve di libellula e di zanzara che hanno bisogno dell’acqua per svilupparsi. Microscopiche alghe formano, sui ciottoli e nelle acque stagnanti, dei viscidi ammassi verdi in mezzo ai quali vive un gran numero di organismi unicellulari. Le piante più abbondanti sono le tife, gli scirpi e lo sparganio, che si sviluppano con le radici affondate nel terreno semisommerso, ma che hanno la maggior parte del fusto fuori dall’acqua. Tra le piante hanno la loro dimora rane, bisce, tartarughe d’acqua dolce, lontre, anatre, topi e aironi. Le ninfee crescono un po’ più lontane dalla riva; le loro foglie galleggiano sull’acqua proiettando ombra sul fondale, al quale sono fissate le radici. Analogamente, le lenticchie d’acqua formano «tappeti» vegetali galleggianti. Qui si incontrano le bisce d’acqua, i fenicotteri e gli svassi. Ci sono poi piante come l’elodea che vivono interamente o parzialmente nell’acqua; esse danno asilo a vermi come la planaria e a piccoli molluschi. Anche i piccoli pesci sono più abbondanti in prossimità delle rive. Nella zona delle acque aperte, detta anche zona limnetica, conviene distinguere gli esseri viventi in base alle dimensioni. Ovunque sono abbondanti le microscopiche diatomee e larve di vario tipo; nel loro insieme, questi organismi costituiscono il plancton. Il plancton (dal greco, vagabondo) è il complesso di organismi acquatici galleggianti che sono trasportati passivamente dal movimento delle acque. Per queste caratteristiche, il plancton si distingue dal necton, il complesso di organismi acquatici dotati di nuoto attivo, e dal benthos, costituito dagli organismi che vivono sui fondali. Tra gli abitanti di

12 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

POPOLAZIONI, COMUNITÀ ED ECOSISTEMI

L’idrometra cammina sull’acqua sfruttando la tensione superficiale.

A

La notonetta, che nuota capovolta rispetto al pelo dell’acqua, è un predatore di larve, insetti, girini e piccoli pesci.

B

Gli aironi vivono tra le piante della zona litorale.

Il fiore di uno sparganio che cresce sulla zona litorale.

C

Le ninfee formano tappeti galleggianti vicino alla riva.

E

D

2

I pesci popolano le zone delle acque aperte e delle acque profonde.

F

Gli svassi e altri uccelli acquatici nidificano tra la vegetazione.

H

I

dimensioni maggiori ci sono le alghe galleggianti e i pesci, che comprendono sia specie che si nutrono di piante e plancton sia predatori. Nella zona delle acque profonde, dove la luce non arriva, piante e alghe sono assenti; qui si aggirano principalmente i pesci predatori. Infine, sul fango del fondale ricco di detriti organici in decomposizione, si sviluppano colonie di batteri, funghi microscopici e miriadi di larve e di piccoli crostacei.

13

Il gammarus è un crostaceo che vive nel fango del fondale.

쒀 Figura 16 Gli abitanti dello stagno occupano habitat diversi. RISPON DI

G

La planaria è un minuscolo verme tipico delle acque stagnanti.



In quale zona dello stagno si concentra il maggior numero di organismi?

Ogni tipo di organismo svolge un ruolo all’interno della comunità

In un dato habitat, ogni popolazione occupa una sua nicchia ecologica. Per nicchia non si intende semplicemente il luogo dove una data specie vive, ma anche, per esempio, le sue abitudini alimentari e riproduttive; in generale, si può dire che la nicchia equivale allo «stile di vita» di una specie e comprende tutte le condizioni fisiche, chimiche e biologiche di cui essa ha bisogno per vivere e riprodursi. Tra queste condizioni ci sono la quantità di luce, di acqua e di sostanze nutritive, le concentrazioni di diossido di carbonio e di ossigeno, la temperatura dell’aria, il tipo di cibo, e la presenza di predatori e di altre specie che competono per le stesse risorse. La nicchia di un organismo può essere interpretata come la sua «professione» all’interno della comunità in cui vive. Per esempio nello stagno le alghe, svolgendo la fotosintesi, assorbono durante il giorno il diossido di carbonio presente nell’acqua e rilasciano ossigeno, che gli animali utilizzano per respirare; le alghe inoltre costituiscono il cibo per gli erbivori e offrono una superficie a cui possono attaccarsi gli organismi molto piccoli.

13 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

쑺 Figura 17 Ciascuna di queste quattro specie di uccelli cerca il cibo in una diversa zona dell’albero. Pertanto le quattro specie hanno una diversa nicchia ecologica pur colonizzando lo stesso habitat.

A

RISPON DI

C



Che differenza c’è tra habitat e nicchia ecologica?

Dendroica tigrina

Dendroica virens

Dendroica castanea

D

Dendroica coronata

Ogni tipo di organismo possiede la propria nicchia, cioè il proprio ruolo (쑺figura 17). Le nicchie di differenti specie possono parzialmente sovrapporsi, ma non sono mai identiche. Nello stagno, per esempio, la popolazione di notonette e quella di pulci d’acqua condividono lo stesso habitat (l’acqua poco profonda), ma non competono per lo stesso cibo; infatti, le notonette si nutrono di animaletti vivi, mentre le pulci d’acqua mangiano vegetali morti. Talvolta, una specie occupa nicchie diverse nei differenti stadi della sua vita; le larve di zanzara e di libellula, per esempio, si sviluppano a stretto contatto con l’acqua stagnante, mentre l’insetto adulto si spinge anche molto lontano dallo stagno, fino alle nostre case. Spesso un organismo riveste più di un ruolo all’interno della comunità. Per esempio, la tartaruga azzannatrice è un predatore di giovani tartarughe acquatiche, ma si ciba anche di resti di animali morti che non ha ucciso. In alcuni casi può accadere che due popolazioni di specie diverse tentino di occupare la medesima nicchia ecologica, oppure che una nuova specie si voglia insediare nella nicchia già occupata da un’altra specie; le due specie, quindi, entrano in competizione tra loro per il cibo, l’acqua, il territorio di caccia e i luoghi di rifugio. Generalmente una delle due finisce per dominare sull’altra e la specie meno adattata a sopravvivere in quell’ambiente si estingue, oppure viene relegata in una porzione della sua nicchia originaria.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. In che modo gli esseri viventi modificano l’ambiente che li circonda?

parole chiave

2. In quali zone può essere suddiviso un bioma di acqua dolce, per esempio uno stagno?

 bioma  ecologia  habitat  plancton  necton  benthos  componente abiotica  componente biotica  nicchia ecologica

B

3. Perché le nicchie ecologiche di due specie diverse non possono mai essere identiche? 4. La definizione unità funzionale formata dalla componente biotica e da quella abiotica corrisponde:

A all’habitat B alla nicchia ecologica

14 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

C all’ecosistema D alla popolazione 5. Per nicchia ecologica di un organismo s’intende:

A il luogo in cui vive in un periodo della sua esistenza

B il tipo di cibo di cui si nutre C il ruolo che occupa all’interno di una comunità

D le sue esigenze di luce, acqua e calore

3

3

Il flusso di energia negli ecosistemi

lezione

IL FLUSSO DI ENERGIA NEGLI ECOSISTEMI

14

obiettivi

Come abbiamo visto nella prima lezione di questo capitolo, tutti gli esseri viventi hanno bisogno di energia per crescere, muoversi, riprodursi e svolgere le proprie attività. Da dove proviene tale energia? La fonte primaria per tutti gli ecosistemi naturali è il Sole; questa stella, infatti, rifornisce continuamente il nostro pianeta di energia sotto forma di radiazione luminosa. La maggior parte di tale radiazione è assorbita dalla superficie terrestre e dissipata sotto forma di calore; una piccolissima parte (meno dell’1%) viene catturata dalle piante e dalle alghe, e utilizzata per trasformare semplici sostanze inorganiche prelevate dall’ambiente (diossido di carbonio e acqua) in sostanze nutritive. Tale processo è denominato fotosintesi (쑺figura 18). Il termine «fotosintesi» significa appunto «fabbricare sostanze tramite la luce». Poiché producono da sé il proprio nutrimento, gli organismi fotosintetici vengono detti autotrofi (dal greco autos, «da sé», e trophé, «cibo») e svolgono il ruolo di produttori all’interno di tutti gli ecosistemi della Terra; essi infatti sintetizzano le sostanze nutritive di base anche per tutti gli altri organismi. Negli ecosistemi terrestri i principali produttori sono le piante: erbe, arbusti e alberi; in quelli acquatici, come nell’ecosistema stagno di cui abbiamo parlato nella lezione precedente, gli autotrofi più importanti sono le microscopiche alghe che ricoprono la superficie dell’acqua e che costituiscono il fitoplancton. In genere il fitoplancton non è visibile, a meno che non sia molto abbondante; in questo caso l’acqua assume un colore verdastro. Nonostante sia formato da organismi molto piccoli, nel suo complesso il fitoplancton rappresenta una fonte di nutrimento molto più importante rispetto alle piante con radici o alle alghe di dimensioni maggiori.

il ruolo dei 쑺 Spiegare produttori e definire le relazioni con i consumatori. il ruolo dei 쑺 Spiegare decompositori nella catena alimentare. come si trasferisce 쑺 Spiegare l’energia tra i livelli trofici.

RISPON DI

Gli organismi produttori trasformano l’energia solare in energia utilizzabile da tutti i viventi



Perché piante e alghe sono organismi autotrofi?

쑸 Figura 18 I produttori usano l’energia solare per produrre sostanze nutritive attraverso la fotosintesi.

15 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

LA BIOSFERA

15

쑽 Figura 19 I livelli trofici di uno stagno.

I consumatori utilizzano le sostanze nutritive fabbricate dai produttori

Al contrario delle piante e delle alghe, gli animali, i funghi e anche molti batteri non sono in grado di produrre il proprio cibo da soli, ma devono nutrirsi a spese di altri organismi. Per questa ragione essi sono detti eterotrofi (dal greco heteros, «altro», e trophè, «nutrimento»); all’interno dell’ecosistema, gli eterotrofi svolgono il ruolo dei consumatori. Nella 쑺figura 19 sono rappresentate le relazioni alimentari tra i vari esseri viventi che popolano lo stagno. Come puoi vedere, ci sono organismi che ne mangiano altri e che venSOLE

PRODUTTORE (pianta)

CONSUMATORE SECONDARIO (pesce) PRODUTTORE (fitoplancton)

CONSUMATORE PRIMARIO (zooplancton) nutrienti disciolti nell’acqua DECOMPOSITORI (batteri e funghi)

쑽 Figura 20 La catena alimentare di un ecosistema terrestre.

CONSUMATORE TERZIARIO (tartaruga) azzannatrice)

gono a loro volta mangiati. Ogni gruppo di organismi con queste caratteristiche rappresenta un livello trofico (cioè di nutrimento) dell’ecosistema, mentre il percorso dell’energia da un livello all’altro è detto catena alimentare (쑺figura 20). In base a quello che mangiano, i componenti dei diversi livelli trofici possono essere suddivisi in categorie. Gli organismi che si cibano di vegetali, ovvero gli erbivori, sono i cosiddetti consumatori primari; nello stagno, oltre ai piccoli eterotrofi come le larve o i minuscoli crostacei che si nutrono di fitoplancton, sono erbivori alcuni molluschi, come le chiocciole, e certi pesci, come le carpe. In ecosistemi diversi dallo stagno possono esserci altri tipi di erbivori; tra gli insetti troviamo, per esempio, le cavallette, mentre i mammiferi possono essere rappresentati da conigli, cervi, zebre, topi, antilopi e molti altri animali di tutte le dimensioni.

pianta

cavalletta

produttori

consumatori primari

topo

consumatori secondari

16 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

serpente

consumatori terziari

rapace

consumatori quaternari

IL FLUSSO DI ENERGIA NEGLI ECOSISTEMI

3 쑸 Figura 21 In una rete alimentare più catene alimentari interagiscono: ad esempio, il gufo delle nevi e la volpe artica si cibano della pernice bianca.

Molti consumatori secondari predano più specie.

lupo artico

gufo delle nevi

CONSUMATORI

ermellino volpe artica ragno

arvicola

pernice bianca

lemming insetti

16

RISPON DI

Le larve dello stagno possono essere a loro volta mangiate dalle rane o da altri insetti adulti; i pesci invece si cibano di altri pesci più piccoli, oppure di crostacei e molluschi. Tutti questi organismi, chiamati carnivori, assumono il ruolo di consumatori secondari. Il leone, il ragno, il falco e il lupo sono altri esempi di consumatori secondari in ecosistemi terrestri. Esistono anche carnivori che si nutrono di altri carnivori, costituendo il livello trofico dei consumatori terziari. Spesso in un ecosistema le catene alimentari non sono lineari come quella mostrata nella 쑺figura 20 ma interagiscono l’una con l’altra formando una rete alimentare (쑺figura 21).

Perché un lupo si può definire sia un consumatore primario sia secondario?

RISPON DI

PRODUTTORI

caribù

Quale ruolo svolgono i decompositori nella catena alimentare?



I detritivori e i decompositori sono un tipo particolare di consumatori

Oltre agli organismi consumatori di cui abbiamo appena parlato, che si nutrono di materiale vivo, ve ne sono altri, detti detritivori, che si cibano invece di prodotti di rifiuto o di tessuti morti. Esempi di detritivori sono i piccoli crostacei chiamati pulci d’acqua, che si nutrono di vegetali morti, e il lombrico, un invertebrato che vive nel terreno umido (per esempio quello circostante gli stagni) e si nutre di residui animali e vegetali. Un altro tipo di consumatori adattati a vivere in qualsiasi habitat, in acqua e sulla terraferma, è costituito dai decompositori, che comprendono soprattutto microscopici funghi e batteri. I decompositori ricavano l’energia di cui hanno bisogno attraverso la demolizione dei resti organici fino a ridurli in semplici sostanze inorganiche, come sali minerali, diossido di carbonio e acqua, che possono essere nuovamente utilizzate dalle piante. Il ruolo dei detritivori e dei decompositori è molto importante sia negli ecosistemi terrestri sia in quelli acquatici; infatti, senza di loro non sarebbe possibile il riciclaggio delle sostanze di cui le piante hanno bisogno per compiere il loro lavoro di produttori. La fertilità di un terreno agricolo, per esempio, dipende in larga misura dalla presenza di questi organismi nel suolo.



17 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

RISPON DI

17



In che modo si disperde energia lungo la catena alimentare?

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La piramide alimentare

consumatori secondari

consumatori primari

produttori

쒀 Figura 22 La piramide alimentare di un ecosistema: tra un livello trofico e l’altro si conserva circa il 10% della biomassa.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave

Una parte dell’energia catturata dai produttori viene perduta nel passaggio da un livello trofico a un altro

Gli organismi produttori presenti sulla Terra fabbricano ogni anno, grazie all’energia solare, miliardi di kilogrammi di materia organica (o biomassa). Tuttavia, solo una piccola parte dell’energia immagazzinata nei produttori passa al livello trofico successivo; infatti, tutte le volte che l’energia viene trasferita da un organismo a un altro, la maggior parte di essa va perduta. Prendiamo come esempio un gruppo di conigli che si nutrono dell’erba di un prato; in questo caso, solo il 10-15% della biomassa del prato si trasforma in massa corporea dei conigli. Parte dell’erba, come quella troppo secca o troppo dura, viene scartata dai conigli stessi; una parte non viene digerita ed è restituita al campo sotto forma di feci; un’altra parte ancora serve 10 kg a ricavare l’energia che è necessaria ai conigli per svolgere le loro attività e mantenere la temperatura corporea costante, e viene dissipata poi nell’ambiente sotto forma di calore. Un campo che produce 1000 kg di erba, quindi, si trasforma solo in 100 kg di massa corporea complessiva di conigli. 100 kg Lo stesso ragionamento può essere fatto per il passaggio al livello trofico successivo. Una volpe che cattura un coniglio scarta sia le ossa sia la pelliccia; inoltre, essa disperde calore e consuma energia per le proprie funzioni vitali. Quindi, anche in questo caso 1000 kg solo una piccola parte dell’energia contenuta nella massa corporea del coniglio passa nella volpe; 100 kg di conigli servono a creare 10 kg di massa corporea delle volpi. Per evidenziare la perdita di biomassa da un livello trofico al successivo, gli ecologi utilizzano un diagramma chiamato piramide alimentare, illustrato nella 쑺figura 22.

1. Che differenza c’è tra catena e rete alimentare?

B immagazzinano l’energia solare

2. Perché il numero delle volpi in un ecosistema non può essere uguale a quello dei conigli?

C producono sostanze organiche a

 produttore  fitoplancton 3. Quando una rana mangia una caval consumatore letta, un insetto che si nutre di vege catena alimentare tali, assume il ruolo di:  livello trofico  rete alimentare A consumatore primario  detritivoro  decompositore B decompositore  biomassa C produttore  piramide alimentare

D consumatore secondario 4. I decompositori svolgono un ruolo importante all’interno dell’ecosistema perché:

A restituiscono

all’ambiente stanze inorganiche

so-

18 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

nel proprio organismo partire da molecole inorganiche

D rappresentano il secondo livello trofico 5. In un ecosistema non è essenziale che vi sia:

A un ugual numero di produttori e di consumatori

B una costante sorgente di energia C la presenza di organismi decompositori

D la presenza di organismi produttori

4

4

I cicli biogeochimici e il ciclo dell’acqua

lezione

I CICLI BIOGEOCHIMICI E IL CICLO DELL’ACQUA

18

obiettivi

L’acqua circola dalla terraferma e dal mare verso l’atmosfera e viceversa

Nella lezione precedente abbiamo visto che il Sole rifornisce costantemente la Terra di energia. Quest’energia viene in parte assorbita dalle rocce e successivamente dispersa sotto forma di calore, in piccola parte è trasformata dall’uomo in altre forme di energia (attraverso, per esempio, i pannelli solari), in parte alimenta il ciclo dell’acqua, mentre per un’altra parte fluisce lungo le catene alimentari. Per quanto riguarda la materia, invece, non esiste un processo analogo; in mancanza di un «rifornimento» proveniente dall’esterno, tutta la materia che costituisce la biosfera deve essere continuamente riciclata e ridistribuita tra gli esseri viventi e l’ambiente. Se così non fosse, la materia si esaurirebbe in breve tempo e la vita cesserebbe di esistere. Questo riciclaggio della materia, come vedremo, è estremamente efficiente e non accumula rifiuti. La natura ha una sua economia che si basa su un capitale, la materia, e su una energia disponibile, quella del Sole. Per illustrare come avviene il riciclo della materia, partiamo dall’esempio più semplice: il ciclo dell’acqua o ciclo idrologico (쑺figura 23). Dagli oceani, dai fiumi, dai laghi, dal terreno e anche dai ghiacciai, l’acqua superficiale riscaldata dal Sole passa allo stato di vapore. Il vapore acqueo sale nell’atmosfera dove si raffredda, condensa e forma le nuvole, che danno origine a precipitazioni sotto forma di pioggia, neve o grandine. Una parte dell’acqua cade nuovamente nei bacini idrici e il ciclo idrologico ricomincia. L’acqua che cade sulla terraferma, invece, può seguire tre strade: 1. una parte evapora direttamente grazie al calore del Sole; 2. una parte scorre sul terreno e si raccoglie in rigagnoli, ruscelli, torrenti e fiumi che la riconducono verso il mare; 3. una parte, infine, penetra nel suolo.

i passaggi 쑺 Spiegare fondamentali attraverso cui la materia si ricicla.

쑺 Descrivere il ciclo dell’acqua. analogie 쑺 Evidenziare e differenze tra i cicli del carbonio e dell’azoto.

쑸 Figura 23 Il ciclo idrologico o ciclo dell’acqua.

Le precipitazioni (come pioggia e neve) riportano l’acqua sulla superficie terrestre.

Il vapore acqueo sale nell’atmosfera e condensa formando le nuvole.

L’acqua torna nell’atmosfera grazie alla traspirazione e all’evaporazione.

evaporazione lago evaporazione

traspirazione

fiume

L’acqua piovana si infiltra nel suolo oppure defluisce nei corsi d’acqua.

19 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

1



Quale può essere il destino dell’acqua che cade sulla terraferma?

LA BIOSFERA

Nel suolo, l’acqua viene assorbita dalle radici delle piante e torna all’atmosfera attraverso il processo di traspirazione; una sola pianta di acero può liberare fino a 200 litri di acqua in un solo giorno. In alternativa, l’acqua penetra in profondità fino a incontrare uno strato di roccia impermeabile, dove si arresta formando una falda idrica. La falda idrica può poi riaffiorare in superficie attraverso le sorgenti. Il ciclo dell’acqua, quindi, è messo in moto dal Sole ed è caratterizzato da una serie di passaggi di stato (ghiaccio, acqua liquida, vapore) e spostamenti tra idrosfera, atmosfera e biosfera.

19

I cicli biogeochimici riciclano le molecole che formano il corpo dei viventi

RISPON DI

Gli elementi chimici che formano le biomolecole sono principalmente carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e fosforo. All’interno di un ecosistema, questi elementi passano continuamente dall’ambiente fisico agli esseri viventi e poi di nuovo all’ambiente; per compiere questa serie di passaggi è fondamentale il ruolo svolto dai vari organismi. 1. I produttori prelevano le sostanze in forma inorganica dall’ambiente e le trasformano nei composti organici di cui è fatto il loro corpo. 2. I consumatori, nutrendosi dei produttori, assimilano alcune sostanze e ne liberano altre nell’ambiente sotto forma di prodotti di rifiuto. 3. I decompositori demoliscono sia le sostanze di rifiuto sia i tessuti degli organismi morti, restituendo al suolo, all’aria o all’acqua le sostanze chimiche in forma inorganica. A questo punto i composti sono pronti per essere nuovamente utilizzati dai produttori.

Attraverso quali passaggi vengono riciclati gli elementi che costituiscono le molecole organiche?



쑽 Figura 24 Il ciclo del carbonio.

I processi di combustione liberano CO2.

Gli elementi chimici compiono perciò un ciclo, passando dalla forma inorganica (nel suolo, nell’aria o nell’acqua) a quella organica (negli esseri viventi) e poi nuovamente alla forma inorganica; questo processo, chiamato ciclo biogeochimico può avere durata diversa. Esaminiamo ora in dettaglio i cicli degli elementi più importanti per gli esseri viventi: il ciclo del carbonio e quello dell’azoto.

20

Il flusso del carbonio all’interno di un ecosistema è strettamente legato a quello dell’ossigeno

CO2 nell’atmosfera

Il diossido di carbonio sciolto nell’acqua passa nell’atmosfera.

La fotosintesi delle piante consuma CO2.

Le reazioni della respirazione cellulare demoliscono i composti organici e liberano CO2 nell’atmosfera. I consumatori si nutrono di composti organici che contengono carbonio.

La fotosintesi del fitoplancton consuma CO2.

Gli organismi decompositori del suolo producono CO2.

20 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Come puoi osservare nella 쑺figura 24, al ciclo del carbonio prendono parte molti processi biologici e alcune attività umane. Il carbonio è un elemento che si presenta spesso sotto forma di composti con l’ossigeno: il carbonio inorganico, infatti, si trova nell’atmosfera sotto forma di diossido di carbonio (CO2) ed è disciolto nelle acque come bicarbonato (HCO⫺ 3 ), mentre nelle rocce è presente soprattutto come calcare (il cui nome chimico è carbonato di calcio, CaCO3). Immaginiamo ora di seguire, partendo dal diossido di carbonio atmosferico, gli spostamenti di un atomo di carbonio all’interno di un ecosistema

come lo stagno. La tifa, una delle piante acquatiche che vivono lungo le rive degli stagni, assorbe CO2 attraverso gli stomi delle sue foglie (쑺figura 25) e, grazie alla fotosintesi, lo trasforma nello zucchero glucosio. Molte molecole di glucosio si legano insieme per formare un altro zucchero, la cellulosa, uno dei composti più abbondanti nel mondo dei vegetali. A questo punto il carbonio e l’ossigeno sono parte del corpo della pianta di tifa, sono cioè diventati organici (parte di un organismo vivente). Che cosa può succedere ora all’atomo di carbonio presente nella cellulosa di una foglia? Si possono verificare diversi eventi: 1. Un fulmine si abbatte vicino allo stagno e dà fuoco alla vegetazione; in tal caso la cellulosa, bruciando, si trasforma rapidamente in acqua e diossido di carbonio, con liberazione di energia sotto forma di luce e calore. Il carbonio torna rapidamente allo stato inorganico. 2. Una chiocciola mangia una foglia di tifa; nel sistema digerente dell’animale, la cellulosa è scomposta nel suo zucchero di base, ossia il glucosio. Una parte di glucosio viene demolita per produrre energia per la chiocciola, liberando nuovamente il carbonio sotto forma di CO2. In tal modo, il carbonio inorganico ritorna nell’atmosfera. Altri atomi di carbonio, invece, vengono utilizzati dalle cellule della chiocciola per costruire le proprie biomolecole, ossia le proteine, gli zuccheri, i lipidi e gli acidi nucleici. Alla morte della chiocciola, il carbonio ritorna all’ambiente grazie ai decompositori, che demoliscono i suoi resti organici fino a decomporli in sostanze inorganiche. 3. La vegetazione intorno allo stagno viene sepolta da una frana; dopo milioni di anni, a causa di una condizione ambientale priva di ossigeno, il legno si trasformerà in carbone. Se il carbone viene estratto e bruciato come combustibile, libererà nell’aria carbonio sotto forma di CO2; in tal caso, il ciclo del carbonio sarebbe molto più lungo, ma il risultato finale non cambierebbe.

4

RISPON DI

I CICLI BIOGEOCHIMICI E IL CICLO DELL’ACQUA

Come può tornare all’atmosfera un atomo di carbonio incorporato nei tessuti di una foglia?



쑽 Figura 25 Il «viaggio» di un atomo di carbonio attraverso una pianta di tifa. energia solare L’ossigeno (O2) si libera nell’atmosfera come prodotto di scarto.

La fotosintesi incorpora gli atomi di carbonio all’interno di composti organici (zuccheri e cellulosa).

fotosintesi

La pianta assorbe diossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera e acqua (H2O) dal suolo.

21 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

RISPON DI

21



Perché nel ciclo dell’azoto è necessario l’intervento dei batteri azotofissatori?

I batteri trasformano l’azoto atmosferico in composti che le piante utilizzano per sintetizzare molecole organiche

La 쑺figura 26 illustra il ciclo dell’azoto. Osservala attentamente e confrontala con la 쑺figura 24; noterai che l’azoto contenuto in grandi quantità nell’atmosfera sotto forma gassosa (N2) non viene utilizzato direttamente dai produttori come avviene nel caso del diossido di carbonio. Alghe e piante, infatti, non sono in grado di assimilare l’azoto inorganico presente nell’atmosfera (anche se l’aria che respiriamo ha una concentrazione di azoto intorno all’80%), ma possono assumere questo elemento dal suolo solo se prima due tipi di batteri, gli azotofissatori ⫺ e i nitrificanti, lo hanno trasformato in sali minerali (ioni ammonio, NH⫹ 4 , e ioni nitrato, NO3 ). Alcuni tipi di batteri azotofissatori vivono nel terreno, mentre quelli appartenenti al genere Rhizobium vivono a stretto contatto con le radici di alcune piante come i fagioli, i piselli, l’erba medica e il trifoglio. Il rapporto di aiuto reciproco tra questa famiglia di piante e i batteri azotofissatori è chiamato simbiosi: i batteri forniscono alle piante i sali di azoto, mentre le piante cedono ai batteri zuccheri e altre sostanze nutritive. Attraverso una serie di reazioni chimiche, le alghe e le piante trasformano poi i sali di ammonio e i nitrati in proteine e DNA. Gli animali, che necessitano a loro volta di molecole organiche azotate, le ricaveranno nutrendosi di produttori. Il ciclo dell’azoto si chiude quando le piante e gli animali muoiono: a questo punto, gli organismi decompositori provvedono a riconvertire l’azoto organico in sali inorganici che ritornano nel suolo. Qui un terzo tipo di batteri, i batteri denitrificanti, trasforma parte dei nitrati in azoto gassoso, che viene liberato nell’aria. Il ciclo così può ricominciare.

쑽 Figura 26 Il ciclo dell’azoto.

I consumatori primari si nutrono di vegetali. N2 atmosferico

I batteri denitrificanti trasformano NO3– in N2.

I batteri azotofissatori trasformano N2 in NH3.

Le piante usano NO3– e NH4+ per formare proteine e DNA.

Nel suolo NH3 si trasforma in NH4+.

NH4+ viene trasformato in NO3⫺ dai batteri nitrificanti.

I decompositori demoliscono le molecole organiche (proteine) restituendo NH4+ al suolo.

22 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione ambientale

I CICLI BIOGEOCHIMICI E IL CICLO DELL’ACQUA

» L’effetto serra

Il ciclo del carbonio è stato notevolmente alterato dalle attività umane. La produzione di diossido di carbonio, infatti, è enormemente aumentata a causa dei processi di combustione dovuti alle industrie, alle centrali elettriche, al riscaldamento e alle automobili. Questo gas ormai è largamente in eccesso rispetto alla quantità che può essere assorbita dai mari ed elaborata dalle piante nei processi di fotosintesi, anche a causa dell’intensa deforestazione. Agli inizi del Novecento, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera era pari allo 0,029%, nel 1970 era lo 0,031%, mentre nel 2005 aveva raggiunto lo 0,037%. n Le cause dell’effetto serra Il diossido di carbonio è uno dei gas responsabili del cosiddetto effetto serra; esso infatti trattiene parte del calore solare riflesso dalla superficie terrestre, proprio come fanno i vetri di una serra. L’aumento di CO2 nell’atmosfera corrisponde quindi a un incremento della temperatura dell’aria. n Le conseguenze del riscaldamento Se le emissioni di CO2 proseguiranno ai ritmi attuali, nel 2100 la concentrazio-

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  ciclo biogeochimico  simbiosi  fissazione dell’azoto  denitrificazione  condensazione  traspirazione  nitrificazione  fotosintesi  respirazione

ne atmosferica di questo gas raggiungerà un livello equivalente al doppio del valore presente prima dell’era industriale. Secondo alcuni studiosi, tale concentrazione porterà a un aumento della temperatura media sulla Terra di 2-4 °C rispetto a quella registrata nel 1990. L’aumento della temperatura globale avrà effetti sconvolgenti sul clima, alcuni dei quali hanno già iniziato a manifestarsi: piogge meno frequenti ma più intense, scioglimento dei ghiacci polari, arretramento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, riduzione della superficie delle terre emerse e scomparsa di lunghi tratti di coste e di isole.

4

tilatori a quello del condizionatore, diminuire di un grado la temperatura all’interno delle abitazioni durante l’inverno. Possiamo ridurre l’effetto serra anche riciclando la carta: per produrre la carta, infatti, occorre energia e vengono abbattuti molti alberi (che quindi non potranno più contribuire alla diminuzione della CO2 nell’aria) dai quali si ricava la materia prima della carta, la cellulosa.

n Che cosa possiamo fare? Per diminuire le emissioni di CO2 sono certamente necessari interventi economici e/o politici, ma ciascuno può fare la propria parte modificando i propri comportamenti quotidiani, limitando i consumi ed eliminando gli sprechi: percorrere il tragitto da casa a scuola a piedi o in bicicletta, utilizzare i mezzi pubblici, evitare di tenere le finestre aperte troppo a lungo quando è acceso il riscaldamento, preferire l’uso dei ven-

1. Descrivi il ciclo dell’acqua.

5. I batteri azotofissatori:

2. Quale percorso potrebbe seguire un atomo di carbonio presente nell’atmosfera per arrivare nel tuo organismo?

A trasformano l’azoto atmosferico

3. Quali particolarità presenta il ciclo dell’azoto rispetto a quello del carbonio?

C trasformano i nitrati in sostanze

4. Il processo che produce composti organici a partire da diossido di carbonio è:

A B C D

il ciclo dell’acqua la denitrificazione la fotosintesi la respirazione cellulare

in sali minerali

B sono decompositori e restituiscono nitrati all’ambiente organiche

D restituiscono all’atmosfera l’azoto gassoso 6. Le piante che vivono un uno stagno non possono:

A produrre la cellulosa B trasformare l’azoto atmosferico in nitrati

C convertire il diossido di carbonio in glucosio

D eliminare CO2 nell’atmosfera

23 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

1

LA BIOSFERA

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Una comunità di una certa zona è formata soltanto dagli organismi vegetali. 2. Il diagramma che evidenzia la perdita di biomassa da un livello trofico all’altro è chiamato rete alimentare. 3. Due popolazioni che vivono in uno stesso habitat costituiscono un ecosistema.

Completa le seguenti frasi. 6. La fotosintesi è il processo tramite cui un organismo

v f

carbonio in 7.

v f

......................................................................

trasforma il diossido di

...................................................................... .

Gli organismi che vivono in simbiosi con le leguminose e trasformano l’azoto atmosferico in .............................................................

sono detti

............................................................... .

v f

Barra il completamento che ritieni esatto. 4. Con il termine omeostasi s’intende:

A la capacità del corpo di fabbricare composti organici utilizzando sostanze inorganiche B l’insieme delle condizioni ambientali della regione in cui un organismo vive C l’organizzazione in livelli gerarchici sempre più complessi del mondo dei viventi D il processo che assicura il mantenimento delle condizioni interne stabili di un organismo 5. Con il termine biomassa s’intende l’insieme:

A della materia organica costruita dai produttori B di tutti gli organismi viventi presenti in un ecosistema

C delle condizioni ambientali necessarie per la sopravvivenza dei vegetali D della materia inorganica restituita all’ambiente dai decompositori

Rispondi in cinque righe. 8. Illustra con un esempio il concetto di habitat e di nicchia ecologica di un organismo. Rispondi alla domanda facendoti guidare dalla traccia. 9. Illustra con alcuni esempi le relazioni che si possono instaurare tra specie diverse all’interno di una comunità. Nel rispondere specifica: ● che cosa s’intende per organismi produttori e per organismi consumatori ● che cosa s’intende per livello trofico ● il concetto di catena alimentare ● il concetto di rete alimentare ● in che modo l’energia si disperde passando da un livello al successivo della catena alimentare ● quale rappresentazione grafica è usata dagli ecologi per evidenziare la perdita di energia.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 10. Quali ruoli svolgono le diverse componenti biotiche di un ecosistema coinvolte nei cicli biogeochimici? Descrivi in particolare come può realizzarsi il ciclo dell’azoto. 11. In che modo i fattori abiotici e quelli biotici influenzano la vita degli organismi presenti in un ecosistema? Completa e correggi. 12. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Una teoria/ipotesi è un tentativo di spiegazione di un particolare fenomeno e si basa su deduzioni/osservazioni; per essere scientificamente valida deve poter essere sottoposta a previsioni/verifiche. Per esempio, esaminando una torcia che non funziona

possiamo pensare che sia un problema di pile. Se sostituendo le pile usate con pile nuove la torcia non si dovesse accendere, vorrebbe dire che dobbiamo formulare una nuova ipotesi/teoria. 13. Nel seguente brano individua i quattro termini errati e correggili (i termini sottolineati non vanno corretti). L’azoto è un elemento essenziale nei composti come le proteine e gli acidi nucleici ed è presente nel corpo di tutti i viventi. Nell’atmosfera l’azoto è molto abbondante, ma gli organismi eterotrofi, pur essendo in grado produrre da soli il proprio nutrimento, non possono utilizzare l’azoto atmosferico per incorporarlo nei propri tessuti, ma lo devono assorbire dall’aria una volta trasformato in sali minerali. I responsabili di questa trasformazione sono i batteri denitrificanti.

24 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

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L’evoluzione dei viventi

1 2 3

Le teorie evolutive: un percorso storico Intorno alla metà del Settecento, i numerosi ritrovamenti fossili e le scoperte di nuove specie portarono naturalisti e geologi a mettere in discussione il principio di fissità delle specie e suggerirono l’idea che gli esseri viventi subissero dei cambiamenti nel tempo. Nel 1859 Charles Darwin propose la teoria dell’evoluzione per selezione naturale.

Le prove e i documenti a favore dell’evoluzione Darwin espose numerose prove a sostegno della teoria evolutiva: dall’analisi dei fossili agli studi sulla distribuzione geografica di piante e animali, al confronto tra le caratteristiche degli embrioni di organismi di specie diverse. Oggi la teoria dell’evoluzione trae ulteriore conferma dalle ricerche di biologia molecolare.

L’evoluzione della specie umana: il nostro albero evolutivo Gli esseri umani appartengono alla specie Homo sapiens; i fossili più antichi con caratteristiche tipiche della specie umana hanno circa 6 milioni di anni; le prime tracce del genere Homo risalgono a 2,5 milioni di anni fa, quando in Africa comparve Homo habilis. I fossili più recenti di ominidi appartengono alle specie Homo neanderthalensis e Homo sapiens.

25 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

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lezione

capitolo

obiettivi

le ragioni alla 쑺 Individuare base del pensiero evolutivo. la teoria 쑺 Descrivere delle catastrofi. l’importanza 쑺 Spiegare e i limiti della teoria di Lamarck.

RISPON DI

il meccanismo 쑺 Comprendere della selezione naturale.



Che cosa s’intende quando si afferma che un organismo è adattato al proprio ambiente?

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

Le teorie evolutive: un percorso storico 1

Gli organismi viventi sono adattati all’ambiente in cui vivono

Nel capitolo precedente abbiamo visto che all’interno di un ecosistema vivono organismi molto diversi; ciascun organismo possiede caratteristiche distintive per quanto riguarda la forma del corpo, per il modo in cui svolge le proprie funzioni vitali e per i rapporti che stabilisce con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. Tali caratteristiche consentono a ognuno di questi organismi di occupare un habitat ben preciso in cui vivere; in altre parole, di essere perfettamente adattato al proprio ambiente (쑺figura 1). Ma in che modo gli organismi hanno acquisito le loro caratteristiche? Se un organismo è perfettamente adattato al proprio ambiente, che cosa potrebbe accadere se tale ambiente si modificasse? Gli organismi sono in grado di sopportare un cambiamento delle condizioni ambientali? E ancora: gli organismi attuali, con le caratteristiche che conosciamo, sono uguali a quelli del passato?

쑺 Figura 1 La forma del becco degli uccelli costituisce un adattamento al tipo di alimentazione.

Il fenicottero vive in prossimità di laghi salati, lagune e delta nutrendosi di crostacei, insetti, alghe e vegetali presenti nel fango.

I rapaci sono predatori: il loro becco robusto e appuntito è adatto a lacerare e strappare la carne delle prede. L’acqua fangosa viene risucchiata dalla lingua e fatta passare attraverso le lamelle a pettine che si trovano sui lati del becco, e che svolgono un’azione filtrante.

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LE TEORIE EVOLUTIVE: UN PERCORSO STORICO

I primi tentativi di classificazione erano basati sulle caratteristiche morfologiche

storia della scienza

Queste domande hanno affascinato l’umanità fin dai tempi antichi. Il filosofo greco Aristotele, per esempio, aveva cercato di classificare tutte le creature viventi di cui era a conoscenza collocandole in uno schema gerarchico ordinato che aveva chiamato Scala Naturae (scala della natura). La scala si estendeva dalla materia inanimata fino all’essere umano, elevandosi, gradino dopo gradino, dalle forme più semplici (come i funghi e i muschi) a quelle più complesse, come gli animali e le piante. Aristotele era però convinto che gli organismi non si evolvessero e fossero quindi immutabili nel tempo. Le idee di Aristotele e l’interpretazione letterale del testo biblico della Genesi ebbero una grande influenza sul pensiero occidentale: il principio di fissità delle specie e la convinzione della loro formazione per intervento divino dominarono a lungo la scienza e la filosofia. A quel tempo, inoltre, non era stata ancora data una definizione di specie come la conosciamo oggi, cioè un insieme di singoli organismi capaci di incrociarsi generando una discendenza fertile. Nella prima metà del Settecento lo svedese Carl von Linné sviluppò un sistema in grado di mettere ordine nei precedenti tentativi di classificazione dei viventi. Linneo basò il suo lavoro sull’osservazione delle strutture presenti negli animali e nei vegetali: egli analizzò le varie parti di ogni organismo e le confrontò con quelle di organismi simili, concentrandosi su alcune caratteristiche chiave come il numero di zampe, il tipo di respirazione, la forma del fiore. Tale sistema, che è chiamato nomenclatura binomiale, è tuttora in uso. Linneo tuttavia rimaneva un sostenitore della fissità dei viventi; egli infatti riteneva che tutti gli organismi appartenenti a una specie tendessero a una «forma tipica» ideale, una specie di modello astratto predisposto da Dio. Le specie pertanto erano da considerarsi «continue, perpetue, invariabili», ordinate in una scala che va dall’ameba all’uomo. Tale approccio, chiamato creazionismo e basato sull’interpretazione letterale dei testi sacri come la Bibbia, sosteneva che l’universo, la Terra e l’uomo fossero stati creati per volontà divina e che dal momento della loro creazione si fossero conservati inalterati nel tempo.

» Carl von Linné (1707-1778), italia-

nizzato in Linneo, medico e botanico svedese, è noto per l’imponente opera di classificazione cui sottopose i regni

animale e vegetale. La sua opera prese le mosse dai viaggi che compì in tutto il mondo: primo fra tutti quello in Lapponia, dove elaborò il suo sistema di classificazione. Il sistema si basava su un criterio sessuale: nel caso degli animali, per esempio, gli anfibi si distinguono dai mammiferi perché producono le uova. Seguendo lo stesso criterio, l’uomo venne zoologizzato (ossia trattato alla stessa stregua degli animali) e inserito tra i mammiferi. n Perché classificare? Nel Settecento l’esigenza di dare un nome a piante e animali sorgeva da quella di comunicare: a ogni spedizione naturalistica si aggiungevano nuove specie, che gli esploratori nominavano

LO SAPEVI? Il concetto biologico di specie fu formulato per la prima volta dal genetista Theodosius Dobzhansky nel 1935, e ripreso da Ernest Mayr negli anni Quaranta del Novecento.

RISPON DI

2

1



Su quali osservazioni Linneo basò il suo lavoro di classificazione dei viventi?

a loro piacimento. I botanici avevano bisogno di un sistema di denominazione comune che, per quanto arbitrario, fosse sistematico e universale. Il problema della nomenclatura conduce a quello della tassonomia, ossia del criterio secondo cui suddividere gli esseri viventi. Linneo ideò un sistema di classi che si inscatolano, diventando sempre più piccole, così come uno Stato si suddivide in regioni e queste in province e poi in comuni. L’arbitrarietà dell’opera di Linneo è tipica del suo secolo: è l’uomo (e non più Dio) a decidere il punto di vista da adottare nella conoscenza del mondo. D’altro canto, spiega Linneo, è stato proprio Dio, nella Bibbia, ad affidare all’uomo il compito di dare il nome alle cose.

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capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

RISPON DI

3

Quali osservazioni spinsero gli studiosi della seconda metà del Settecento a ipotizzare che gli organismi viventi si siano evoluti nel tempo?



Verso la fine del Settecento, nuove teorie scientifiche si contrapposero al creazionismo

Nella seconda metà del diciottesimo secolo, grazie alle scoperte di nuove terre in Paesi lontani (l’Estremo Oriente, l’Oceania, l’Africa e l’America del Sud, 쑺figura 2), e al ritrovamento di un gran numero di nuove specie di organismi, i naturalisti cominciarono a mettere in dubbio le idee fissiste. Essi infatti si resero conto che la varietà delle forme viventi era nettamente superiore a qualsiasi ipotesi fatta fino ad allora. Nella seconda metà del Settecento, dunque, iniziava a farsi strada un’idea di evoluzione che metteva in discussione le certezze secolari sull’immutabilità dei viventi. Tra il 1749 e il 1804 venne pubblicata in Francia la Storia naturale del naturalista Georges-Louis Buffon (1707-1788); l’opera enciclopedica in 44 volumi percorre la storia della Terra dal punto di vista mineralogico, botanico e zoologico. In tale trattato, che avrebbe avuto una grandissima influenza sugli scienziati delle epoche successive, Buffon affermava, tra l’altro, che l’età della Terra fosse ben superiore ai 6000 anni indicati dalla Bibbia. Sempre in quegli anni l’inglese Erasmus Darwin, nonno di Charles, scrisse il trattato Zoonomìa in cui formulava alcune ipotesi sulla trasformazione dei viventi. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, tuttavia, la maggior parte dei naturalisti (che spesso erano anche ecclesiastici) era ancora saldamente creazionista. Tra questi vale la pena ricordare l’arcivescovo William Paley, docente a Cambridge e autore della Teologia naturale (1802). Nei suoi scritti, Paley spiegava razionalmente l’esistenza di Dio utilizzando la cosiddetta «metafora dell’orologiaio»: trovando per caso un orologio per terra, chiunque dedurrebbe che qualcuno deve averlo fabbricato; un oggetto così complesso, infatti, dev’essere necessariamente stato concepito da un progettista intelligente, in questo caso un orologiaio. Così come l’orologio deve essere stato creato da una mente intelligente, così l’universo, con tutta la sua complessità e grandezza, deve essere stato progettato da un creatore: l’orologiaio sta quindi all’orologio come Dio sta all’universo.

쑺 Figura 2 Questo dipinto rappresenta la fondazione di un insediamento in Australia nel 1789 da parte di militari e civili provenienti dall’Inghilterra; in quegli anni gli esploratori europei cominciarono a raccogliere in maniera sistematica organismi e fossili provenienti da tutto il mondo. (National Maritime Museum, Greenwich, London)

4

La teoria delle catastrofi cercò di spiegare il motivo dell’estinzione di molte specie

Il periodo a cavallo tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento fu un momento di grandi trasformazioni sociali, grazie anche alla nascita dell’industria che, soprattutto in Inghilterra, diede un forte impulso alle nuove tecnologie basate sulla ricerca scientifica. Sempre in quegli anni, gli scavi effettuati per tracciare nuove strade e per estrarre carbone e materie prime rivelarono nel sottosuolo la presenza di rocce di tipo stratificato; spesso in questi strati compariva un gran numero di fossili, cioè resti o impronte più o

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LE TEORIE EVOLUTIVE: UN PERCORSO STORICO

meno modificati di organismi vissuti nel passato. Tali resti sono giunti fino a noi grazie a un insieme di processi chimici e fisici che hanno permesso la loro conservazione dopo la morte dell’organismo (쑺figura 3A). Ben presto i geologi cominciarono ad analizzare questi fossili e a catalogarli con sistematicità: nacque la paleontologia, la scienza che studia gli esseri vissuti nel passato geologico e i loro ambienti di vita. Parallelamente si andava affermando anche la stratigrafia, ossia la branca della geologia che studia gli strati di rocce sedimentarie per calcolarne l’età (쑺figura 3B). Più aumentavano i ritrovamenti fossili, più i naturalisti si rendevano conto che molti di essi avevano una somiglianza davvero ridotta con gli organismi attuali; tuttavia, mettendo in relazione i fossili con l’età degli strati rocciosi in cui essi venivano rinvenuti, risultava evidente che passando dagli strati profondi (più antichi) a quelli superficiali (più recenti) le specie fossili divenivano sempre più simili alle specie attuali. Tipi differenti di organismi dunque erano vissuti in varie epoche del passato e si erano poi estinti per lasciare il posto a forme diverse. Ma come si poteva spiegare l’esistenza di tutte queste forme di vita? Un tentativo di risposta a questa domanda venne dal paleontologo e naturalista francese Georges Cuvier 쑺figura 4, considerato il padre dell’anatomia comparata. Nel 1812, Cuvier pose fine alla vecchia questione se i fossili rappresentassero oppure no organismi estinti: i suoi studi infatti gli consentirono di classificare una serie di animali fossili (come il Megaloceros, un gigantesco cervo erroneamente denominato «alce irlandese», 쑺figura 3C) che non presentavano corrispettivi con organismi viventi. Per spiegare l’estinzione degli organismi e conciliarla con il creazionismo, partendo dall’osservazione degli imponenti fenomeni di avanzamento del mare negli strati geologici della Francia, Cuvier si convinse che la terra fosse stata periodicamente sottoposta a delle gravi catastrofi, come inondazioni, terremoti ed eruzioni vulcaniche, e propose la teoria delle catastrofi naturali o catastrofismo. Secondo lo scienziato francese, il numero di specie creato da Dio sarebbe stato superiore a quello delle specie attualmente viventi; in seguito a eventi catastrofici molte delle specie presenti in una data area si sarebbero estinte e quelle regioni sarebbero state successivamente ripopolate da specie provenienti dalle zone circostanti. L’estinzione di una specie, quindi, poteva essere dovuta a cause naturali, ma le specie che sostituivano quelle estinte erano generate direttamente per intervento divino.

1 LO SAPEVI? Il termine fossile deriva dal verbo latino fodere, che significa «scavare».

쒀 Figura 4 Il naturalista francese C. Georges Cuvier (1769-1832).

쑽 Figura 3 A. Un fossile di dinosauro conservato nella roccia. B. Gli strati di questa roccia si sono depositati nel corso di milioni di anni. Gli strati più antichi si trovano in basso, quelli più recenti in alto. C. Uno scheletro di Megaloceros giganteus, un erbivoro simile a un cervo gigante estintosi circa 10 000 anni fa.

A

B

C

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RISPON DI

capitolo

2



In che modo Cuvier spiegava la presenza di organismi fossili diversi da quelli attuali?

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

Cuvier riteneva che l’ultima delle catastrofi fosse stata il Diluvio universale, il cui ricordo si è tramandato grazie alla Bibbia. Se l’ipotesi di Cuvier fosse stata corretta, si sarebbero comunque dovuti trovare negli strati rocciosi più antichi almeno alcuni fossili appartenenti a specie moderne; tali fossili, però, non furono mai rinvenuti. Cuvier rimase per tutta la vita un creazionista convinto. Egli osservò la presenza di strutture anatomiche simili nei vari gruppi di organismi, ma non fu in grado di collegarle all’esistenza di antenati comuni; secondo Cuvier, infatti, gli organismi di ciascun raggruppamento sono fondamentalmente diversi fra loro e non sono collegabili da alcun fenomeno di trasformazione.

5

쒀 Figura 5 Jean Baptiste Lamarck (1744-1829).

쑺 Figura 6 La giraffa: un esem-

RISPON DI

pio usato per convalidare la tesi di Lamarck.

Quale spiegazione fornì Lamarck per dare ragione del cambiamento degli organismi nel tempo?



Il primo scienziato che formulò una vera teoria evoluzionistica fu il francese Jean Baptiste Lamarck

Contemporaneamente a Cuvier visse in Francia un altro naturalista che si interessò allo studio dei fossili, Jean-Baptiste Lamarck (쑺figura 5). Oltre a coniare il termine «biologia», Lamarck elaborò anche una classificazione dei viventi nella quale le specie animali venivano ordinate secondo criteri di complessità via via crescente, tenendo conto dei logici rapporti di parentela tra le specie. Nel trattato Filosofia zoologica, pubblicato nel 1809, Lamarck giungeva alla conclusione che gli organismi attuali fossero il risultato di un processo graduale di modificazione generato dalla pressione delle condizioni ambientali. Egli sosteneva che in tutti gli esseri viventi era presente una «spinta» che tendeva a rendere gli organismi più adatti alle nuove necessità: tale «spinta» era determinata dall’ambiente. Secondo Lamarck, l’adattamento di un organismo al proprio ambiente si otteneva attraverso due processi: l’uso e il non uso delle parti («la funzione crea l’organo») e l’ereditarietà dei caratteri acquisiti. In seguito all’uso o al non uso di un determinato organo, l’individuo si modificava sviluppando caratteri vantaggiosi che venivano trasmessi ai discendenti. Lamarck utilizzò come esempio della sua tesi la giraffa: per brucare meglio le foglie degli alberi, un erbivoro primitivo avrebbe allungato il collo verso l’alto con tutte le sue forze. Anche le zampe e la lingua si sarebbero allungate e questa modificazione si sarebbe trasmessa ai discendenti, dando così origine all’attuale giraffa (쑺figure 6 e 7). ll punto debole della teoria erano proprio le modalità con cui i caratteri acquisiti si trasmettono alle generazioni successive: come vedremo nei prossimi capitoli, infatti, una caratteristica che un individuo acquisisce durante la propria esistenza non può essere tramandata ai suoi discendenti (se ciò avvenisse, tutti i figli dei culturisti, per esempio, nascerebbero più muscolosi degli altri bambini). Il grande merito scientifico di Lamarck fu quello di affermare che le specie non sono fisse come sosteneva Linneo, ma in continua, lenta e incessante evoluzione; in questo modo Lamarck portava la biologia fuori dal creazionismo e forniva una nuova prospettiva dinamica della storia della natura. Purtroppo, l’opera di Lamarck fu oggetto di feroci critiche da parte dei suoi contemporanei, soprattutto in Francia dove Georges Cuvier si opponeva tenacemente a qualsiasi idea di evoluzione.

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LE TEORIE EVOLUTIVE: UN PERCORSO STORICO

In origine le giraffe si nutrivano di arbusti.

6

Un cambiamento delle condizioni ambientali provoca la scomparsa degli arbusti e spinge la giraffa ad allungare il collo verso i rami degli alberi.

Darwin e Wallace proposero la selezione naturale come il principale meccanismo che determina l’evoluzione delle specie

Intorno alla metà dell’Ottocento, molti scienziati cominciavano a mettere seriamente in discussione le teorie catastrofiste, soprattutto nel campo della geologia. Da questo punto di vista, i Principi di geologia dell’inglese Charles Lyell (쑺figura 8) rappresentano un vero punto di svolta. Secondo Lyell, il presente è la chiave del passato: i processi che vediamo oggi in atto intorno a noi (la pioggia, l’erosione, l’azione del vento, la deposizione di sedimenti) sono sempre stati in azione; operando in modo costante, graduale e per tempi molto lunghi, essi hanno determinato l’aspetto della Terra come lo vediamo oggi (쑺figura 9). L’idea gradualistica di Lyell, chiamata uniformismo, si contrapponeva così alla vecchia visione catastrofistica di Cuvier. Nello stesso tempo, i seguaci di Lamarck si erano ormai convinti che la straordinaria varietà dei viventi e la diversità delle forme fossili si potessero spiegare solo ammettendo che le specie attuali si fossero evolute da specie preesistenti. Tuttavia, restava il problema di come l’evoluzione potesse avvenire: questo rimaneva, per i naturalisti della metà dell’Ottocento, il «mistero dei misteri». Nel 1858 i naturalisti inglesi Charles Darwin e Alfred Wallace presentarono al mondo scientifico una teoria evoluzionistica che ha rappresentato una vera rivoluzione culturale. Tale teoria è tuttora valida, seppure con le modificazioni determinate dall’acquisizione di nuove conoscenze nel campo della genetica e della biochimica. Darwin e Wallace erano giunti alle stesse conclusioni lavorando in maniera del tutto indipendente; come potrai approfondire leggendo la scheda «Storia della scienza» a pagina 33, nell’estate del 1858 Darwin si trovava a casa sua in Inghilterra e stava lavorando a quella che da vent’anni chiamava «la mia teoria», analizzando i dati raccolti e verificando le sue ipotesi. Quando Wallace gli scrisse per sottoporgli il proprio saggio sull’evoluzione, Darwin rimase impressionato dalla coincidenza delle due teorie: propose quindi a Wallace di pubblicare congiunta-

1 Le giraffe si abituano a brucare le foglie degli alberi e trasmettono il carattere «collo lungo» alla prole.

쒀 Figura 7 Secondo la teoria di Lamarck, le giraffe che avevano sviluppato un collo lungo trasmettevano questa caratteristica favorevole alla progenie.

쒀 Figura 8 Il geologo inglese Charles Lyell (1797-1875).

쑸 Figura 9 Il Grand Canyon (Stati Uniti) è una gigantesca gola scavata dal fiume Colorado e dai suoi affluenti nel corso di milioni di anni; ha un’ampiezza che varia da 500 m a 27 km, è lungo 446 km e profondo 1600 m. Sulle rocce sedimentarie che costituiscono le sue pareti è possibile leggere quasi due miliardi di anni di storia della Terra.

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capitolo

2

LO SAPEVI? Il primo luglio 1858, Darwin fece la propria comunicazione riguardo all’Evoluzione delle specie per mezzo della selezione naturale alla Linnean Society di Londra; insieme fu letta anche una comunicazione di Wallace.

쒀 Figura 10 Charles Darwin

RISPON DI

(1809-1882).



Che cosa s’intende per «selezione naturale»?

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  creazionismo  evoluzione  fossili  catastrofismo  stratigrafia  uniformismo  selezione naturale  paleontologia

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

mente i lavori. Nel 1859, Darwin (쑺figura 10) ampliò il breve articolo del 1858 e pubblicò il libro più importante della sua vita: L’origine delle specie per selezione naturale. Come scrive il grande biologo evoluzionista Ernst Mayr, la teoria presentata nell’Origine delle specie si può comprendere meglio se la si considera come una teoria composita, formata in realtà da cinque «sottoteorie»: 1. L’evoluzione in quanto tale. Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, Darwin contrappone alla concezione di un mondo immutabile quello di una realtà naturale in continuo divenire, dove tutti gli organismi si trasformano. 2. La discendenza comune. Secondo Darwin, la vita sulla Terra ha un’origine comune: tutti gli esseri viventi (microrganismi, piante e animali) discenderebbero infatti da un antenato comune attraverso un continuo processo di differenziazione. 3. La moltiplicazione delle specie. Questa sottoteoria spiega la straordinaria diversità della vita sul nostro pianeta e afferma che le specie aumentano di numero sia dando origine a specie «figlie» sia formando nuove specie a partire da popolazioni isolate. 4. La gradualità dell’evoluzione. Il cambiamento evolutivo avviene attraverso mutamenti graduali delle popolazioni e non per «salti», cioè non attraverso la comparsa improvvisa di nuove caratteristiche. 5. L’evoluzione per selezione naturale. All’interno di una popolazione esiste un gran numero di variazioni individuali (nell’aspetto, nella fisiologia e nel comportamento). Poiché la variabilità è ereditaria, le differenze individuali vengono trasmesse alla prole, che assomiglierà di più ai propri genitori che agli altri membri della popolazione. Alcune varianti favoriscono l’individuo che le possiede, il quale avrà maggiori probabilità di sopravvivere nel proprio ambiente e di riprodursi; di conseguenza, le varianti che provocano un aumento del numero di discendenti tendono a diventare più frequenti all’interno della popolazione. La selezione naturale quindi è il meccanismo fondamentale mediante cui avvengono i processi evolutivi: le specie animali e vegetali subiscono cambiamenti con il passare del tempo perché l’ambiente tende a selezionare gli individui più adatti e a sfavorire gli altri. Un aspetto innovativo di questa concezione evolutiva stava nel fatto che veniva tolto all’individuo qualsiasi ruolo di protagonista della sua evoluzione; secondo la teoria di Darwin, per esempio, le giraffe non avrebbero mai potuto allungare il collo di propria iniziativa per raggiungere un migliore adattamento all’ambiente, come affermava Lamarck, né tanto meno trasmettere questo cambiamento fisico ai propri discendenti. Nelle prossime lezioni avremo modo di trattare in dettaglio le prove a favore dell’evoluzione e di approfondire il pensiero di Darwin in relazione alla selezione naturale.

1. In che modo il rinvenimento dei fossili ha influito sul pensiero evoluzionistico? 2. Per quali ragioni la teoria del catastrofismo non può essere considerata corretta? 3. Come Cuvier ha cercato di conciliare la teoria del creazionismo con l’evoluzione delle specie? 4. La teoria del catastrofismo fu formulata da:

A B C D

Georges Cuvier Jean Baptiste Lamarck Linneo Charles Darwin

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5. Lamarck propose una teoria evolutiva basata:

A B C D

sulla selezione naturale su periodiche catastrofi naturali sull’immutabilità delle specie sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti

6. Il primo scienziato che elaborò una teoria evolutiva coerente con le testimonianze fossili fu:

A B C D

Georges Cuvier Jean Baptiste Lamarck Linneo Charles Darwin

storia della scienza

LE TEORIE EVOLUTIVE: UN PERCORSO STORICO

» La vita e l’evoluzione del pensiero di Darwin Charles Darwin nacque il 12 febbraio 1809 nel Kent in Inghilterra; egli fu fin da giovanissimo un appassionato studioso di scienze naturali. Indirizzato dal padre medico dapprima agli studi di medicina e in seguito alla carriera ecclesiastica, ebbe, a 22 anni, l’occasione che cambiò la sua vita.

 Il viaggio sul Beagle Nell’estate del 1831 Darwin ricevette da uno dei suoi professori una lettera che diceva «... il capitano Fitz-Roy è disponibile a dividere la sua cabina con un giovane che desideri seguire come naturalista, senza percepire stipendio, il viaggio del Beagle». La nave stava per iniziare un viaggio intorno al mondo allo scopo di effettuare rilievi cartografici per conto della Marina militare britannica. Vinte le resistenze del padre, Darwin si imbarcò sul Beagle: la nave partì da Plymouth il 27 dicembre 1831 e toccò le isole di Capo Verde, il Brasile, le isole Falkland, la Terra del Fuoco, le coste del Cile, le isole Galapagos e l’Australia, per fare ritorno in Inghilterra il 2 ottobre 1836. «Il viaggio sul Beagle è stato di gran lunga l’avvenimento più importante della mia vita e quello che ha determinato tutta la mia carriera. […] Ho sempre avuto coscienza che a questo viaggio io debbo il primo vero allenamento della mia intelligenza e la mia prima istruzione.» Alla partenza Darwin era fondamentalmente un creazionista, estimatore delle idee del reverendo Paley. Durante il viaggio, anche per sottrarsi al pessimo carattere del capitano FitzRoy, egli trascorse a terra quanto più tempo possibile. A ogni tappa, si inoltrava nell’entroterra per compiere le sue esplorazioni: osservò la successione degli strati del suolo e raccolse rocce, minerali e fossili; si procurò campioni di specie animali e vegetali, li classificò e ne studiò la distribuzione geografica. Soprattutto, annotò in modo meticoloso tutte le sue osservazio-

ni. Le sue ricerche geologiche furono stimolate dalla lettura dei Principi di geologia di Lyell; già durante il viaggio Darwin dimostrò che le Ande erano state originate da una serie di terremoti ed elaborò una teoria sulla struttura delle isole coralline. A mano a mano che proseguiva il suo viaggio, Darwin si rese conto che il creazionismo non era sufficiente a spiegare le sue osservazioni: in Sudamerica «mi aveva molto colpito lo scoprire grandi animali fossili ricoperti da armature simili a quelle degli armadilli viventi, ed ero rimasto impressionato dal modo in cui animali molto affini si sostituiscono l’uno all’altro procedendo verso sud nel continente, e infine dal fatto che la maggior parte delle specie dell’arcipelago delle Galapagos ha caratteri fortemente sudamericani e soprattutto che in ogni isola del gruppo esse si presentano con piccole differenze caratteristiche».

 Verso la teoria della selezione naturale Nel 1838, dopo solo due anni dal suo ritorno in Inghilterra, Darwin era ormai convinto che la vita si fosse evoluta per cause naturali e che il meccanismo centrale alla base di tale processo fosse la selezione naturale. Sapeva però che la sua teoria era sufficiente-

Isole Galápagos

OCEANO PACIFICO

mente rivoluzionaria da attirargli l’ostilità degli scienziati ortodossi e della Chiesa; soprattutto, Darwin diffidava profondamente delle teorie non basate sui fatti. Per vent’anni si dedicò quindi a una verifica estremamente meticolosa delle proprie idee, mettendole alla prova nei campi più diversi (zoologia, embriologia, botanica, anatomia comparata) fino a che la lettera di Wallace non lo costrinse ad anticiparne la pubblicazione. La grandezza di Darwin, che traspare in modo evidente dalle sue opere, sta proprio nella sua capacità di osservare e di trarre conclusioni da ciò che osservava; come scrisse egli stesso, «la mia mente sembra diventata una specie di macchina per estrarre delle leggi generali da una vasta raccolta di fatti». L’opera di Darwin fu molto apprezzata dalla comunità scientifica. Egli divenne membro della Royal Society nel 1839 (per la raccolta di informazioni effettuata durante il suo viaggio); nel 1870 fu nominato socio d’onore della Società Geografica Italiana e nel 1878 fu accolto anche dall’Académie des Sciences francese. Alla sua morte, avvenuta a Downe il 19 aprile del 1882, Darwin ricevette funerali di Stato e fu sepolto nell’Abbazia di Westminster, non lontano da Isaac Newton.

Inghilterra EUROPA

AMERICA DEL NORD

OCEANO ATLANTICO

1

ASIA OCEANO PACIFICO

AFRICA

AMERICA DEL SUD

Equatore AUSTRALIA

La rotta percorsa da Darwin a bordo del Beagle.

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2

2

lezione

capitolo

obiettivi

l’importanza 쑺 Evidenziare dello studio dei fossili per ricostruire la storia della Terra. le prove a favore 쑺 Illustrare dell’evoluzione dei viventi (nel campo dell’anatomia ed embriologia comparata e della biogeografia).

쑽 Figura 11 La scala geocronologica e i principali eventi della storia della vita.

3500

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

Le prove e i documenti a favore dell’evoluzione 7

La documentazione fossile mostra come gli organismi sono cambiati nel tempo

Come abbiamo visto nella lezione precedente, una delle principali testimonianze del fatto che gli esseri viventi si sono modificati nel corso del tempo è costituita dai fossili. I più antichi reperti fossili di tracce di vita sulla Terra sono stati rinvenuti in Groenlandia e risalgono a circa 3,8 miliardi di anni fa; i primi ritrovamenti di calchi di cellule, simili a quelle degli attuali batteri, sono datati intorno ai 3,5 miliardi di anni; le prime tracce di cellule più complesse, affini a quelle che costituiscono anche il corpo degli esseri umani, sono di circa 2 miliardi di anni fa; infine, i fossili di organismi pluricellulari hanno non più di 800 milioni di anni. Nella 쑺figura 11 è rappresentata la scala delle età dei più antichi fossili di alcuni tipi di organismi. Come puoi notare, anche i fossili di vertebrati compaiono negli strati rocciosi seguendo una successione temporale: i pesci sono i vertebrati più antichi, seguiti dagli anfibi, dai rettili e, infine, da uccelli e mammiferi. Talvolta, la documentazione fossile ci fornisce anche la possibilità di ricostruire la storia di una specie. Per esempio, in Nord America sono stati rinvenuti molti fossili ben conservati degli antenati degli attuali cavalli, che hanno permesso agli studiosi di ricostruire la storia evolutiva di questi animali. I primi cavalli, appartenenti a una specie chiamata Hyracotherium, comparvero circa 54 milioni di anni fa: essi avevano la taglia di una volpe, una testa piuttosto corta e 44 denti con molari irregolari, smussati e robusti. Questi animali vivevano su terreni paludosi, per cui avevano zampe relativamente lunghe e dita separate per offrire un’ampia superficie di sostegno. I fossili di cavalli relativi a epoche via via più recenti mostrano una statura crescente e una zampa con un numero via via inferiore di dita, fino ad arrivare alla forma della zampa del cavallo attuale in cui solo lo zoccolo del dito centrale tocca terra (쑺figura 12). Inoltre, con il passare del tempo i denti incisivi sono diventati più lunghi e sporgenti e i molari hanno acquisito un sistema di rilievi longitudinali che costituisce le cuspidi tipiche di gran parte dei mammiferi. Questi cambiamenti sono avvenuti nell’arco di milioni di anni e sono stati probabilmente favoriti dai mutamenti ambientali. Nel periodo successivo alla comparsa di Hyra-

545

500

440

410

355

Periodo Precambriano

Cambriano

Ordoviciano

Siluriano

Devoniano

Carbonifero

Principali eventi Compare la vita; nell’atmosfera, aumenta il livello di ossigeno; compaiono i primi eucarioti e i primi organismi pluricellulari.

Evolvono varie forme di vita animale; si diversificano le alghe e compaiono i primi vertebrati.

Aumentano gli organismi marini, si sviluppano i primi vegetali sulle terre emerse.

Si diversificano i pesci; sulle terre emerse si diffondono gli artropodi.

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Aumentano i vari vegetali terrestri; i primi anfibi colonizzano la terraferma.

Le foreste si ampliano; gli anfibi dominano la vita sulla terraferma; si diversificano gli insetti; compaiono i primi rettili.

LE PROVE E I DOCUMENTI A FAVORE DELL’EVOLUZIONE

0,4 m

1m

1,6 m

Equus aveva un’altezza al garrese di circa 1,6 m; il suo zoccolo era formato da un unico dito.

Merychippus era alto circa 1 m e possedeva un dito centrale ingrandito a formare uno zoccolo.

Hyracotherium era alto circa 20 cm e aveva dita separate.

2

dito centrale ingrandito a formare uno zoccolo

unico dito

cotherium, infatti, il clima del Nordamerica era diventato più asciutto e le foreste avevano lasciato il posto alle praterie; mentre Hyracotherium poteva sfuggire ai propri nemici rifugiandosi nel folto della foresta, nella prateria aperta questa specie sarebbe stata in difficoltà, dato che la velocità nella corsa era diventata decisiva per sopravvivere. La selezione naturale favorì perciò l’aumento delle dimensioni del corpo e le modifiche nella forma degli arti e delle zampe (쑺figura 13). Hyracotherium, inoltre, si nutriva di foglie tenere e non aveva bisogno di una dentatura specializzata per masticarle; per mangiare la dura erba della prateria, invece, occorrono lunghi incisivi per strappare le piante e robusti molari adatti a triturarle.

쒀 Figura 12 Una possibile ricostruzione dell’evoluzione del cavallo.

RISPON DI

piede con dita separate

Quali cambiamenti morfologici hanno reso possibile l’adattamento dell’Hyracotherium alle modificazioni dell’ambiente?



쑸 Figura 13 Il cavallo attuale è un animale ben adattato a muoversi nell’ambiente delle praterie, caratterizzato da vasti spazi aperti e terreni asciutti.

290

250

Permiano

I continenti sono uniti nel supercontinente Pangea, dominio dei rettili.

205

Triassico

Compaiono i primi dinosauri e i primi mammiferi.

145

65

Cretaceo

Giurassico

I continenti si separano; compaiono gli uccelli e le angiosperme (piante con fiore).

Si diffondono le angiosperme. Alla fine del periodo si estinguono i dinosauri.

1,8 0,0

Terziario

I continenti sono circa nella posizione attuale; si diversificano gli uccelli, i mammiferi e gli insetti impollinatori.

Quaternario

Compare la specie umana; si estinguono mammiferi e uccelli di grandi dimensioni.

35 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

8

쒀 Figura 14 L’isola Bartolomé nell’arcipelago delle Galapagos.

쑽 Figura 15 Durante il suo viaggio, Darwin raccolse numerosi esemplari di fringuelli. Dopo il suo ritorno, gli uccelli (noti come i «fringuelli di Darwin») vennero classificati in quattordici specie appartenenti a quattro generi diversi. La differente forma del becco delle varie specie presenti sulle diverse isole suggerì a Darwin un meccanismo di differenziazione a partire da un antenato comune, legata alla necessità di adattarsi alle diverse fonti di cibo.

Analogie e differenze tra specie che abitano luoghi geografici vicini

Darwin e Wallace erano rimasti molto colpiti dalla distribuzione geografica delle diverse specie di organismi: durante i rispettivi viaggi, entrambi gli esploratori avevano osservato maggiore affinità tra le specie che vivevano nello stesso territorio, magari occupando habitat diversi, piuttosto che tra le specie che abitavano ambienti simili situati in continenti lontani. Darwin, in particolare, aveva notato una notevole somiglianza tra le specie animali e vegetali che vivevano sulle isole Galapagos e quelle che si trovavano sulle vicine coste del Sudamerica. Le Galapagos (쑺figura 14) costituiscono un arcipelago di origine vulcanica, formato da 13 isole maggiori e 47 isolotti, nell’oceano Pacifico all’altezza dell’Equatore. Darwin fu affascinato dalla contemporanea presenza sulle isole di pinguini, foche, leoni marini, uccelli tropicali, iguane, tartarughe e cactus. Egli notò inoltre che la maggior parte degli organismi che vivevano nelle Galapagos era simile, ma non uguale, a quelli che popolavano le coste più vicine (quelle dell’attuale Ecuador). Anche tra gli animali che vivevano nelle varie isole dell’arcipelago esistevano diverse differenze. In particolare, Darwin fu colpito dalla variabilità nelle popolazioni dei fringuelli (쑺figura 15). Durante il suo viaggio egli raccolse numerosi esemplari, che inviò in Inghilterra perché venissero classificati. Grazie al lavoro dell’ornitologo John Gould fu possibile stabilire che sulle isole erano presenti quattordici specie di fringuelli, simili tra loro tranne che per le dimensioni e la forma del becco. Darwin notò che questa caratteristica era correlata al tipo di cibo disponibile su ogni isola; per esempio, il fringuello terrestre dal becco grande (Geospiza magnirostris) si alimenta di semi grandi e duri, il fringuello arboreo grande (Camarhynchus psittacula) si nutre di grossi insetti, il fringuello gorgheggiatore (Certhidea olivacea) si alimenta di insetti più piccoli e il fringuello terrestre di minori dimensioni (Geospiza fuliginosa) mangia semi piccoli e duri.

I fringuelli di piccole dimensioni raccolgono insetti sulla superficie delle foglie.

Geospiza scadens

Geospiza difficilis

Pinaroloxias inornata (isola di Cocos)

Geospiza conirostris

Certhidea olivacea Cactospiza heliobates

Geospiza magnirostris

Cactospiza pallida

Geospiza fortis

Geospiza fuliginosa

I fringuelli con il becco più robusto possono rompere i semi più duri e più grandi.

Camarhynchus parvulus Camarhynchus psittacula

Camarhynchus pauper

Platyspiza crassirostris

36 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

capitolo

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

9

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

RISPON DI

쐌 Le prove dell’evoluzione



Quando due caratteri si dicono analoghi e quando omologhi?

쑽 Figura 17 Gli arti anteriori di quattro mammiferi messi a confronto.

uomo essere umano

È possibile evidenziare le somiglianze tra specie diverse mettendo a confronto le loro caratteristiche anatomiche

Altre prove a sostegno della teoria evolutiva proposta da Darwin e Wallace provengono dall’anatomia comparata, la scienza che studia e confronta l’anatomia delle diverse specie. Esaminando gli arti anteriori dei mammiferi, possiamo notare che essi hanno un aspetto molto diverso e che hanno funzioni altrettanto differenti (쑺figura 17): la pinna della balena è adatta al nuoto, l’ala del pipistrello al volo, la zampa del gatto serve per camminare e per arrampicarsi e la mano umana per afferrare oggetti. Dovremmo aspettarci che a funzioni così diverse corrispondano strutture di base altrettanto differenti. Eppure, analizzando l’architettura di questi arti, risulta chiaro che essi sono costituiti dagli stessi pezzi scheletrici (evidenziati nella figura 17 dagli stessi colori). A seconda della funzione, certe ossa sono più sviluppate mentre altre sono ridotte al minimo, ma il piano di costruzione è lo stesso. Questa somiglianza si può spiegare considerando il fatto che le balene, i pipistrelli, i gatti e gli esseri umani si sono evoluti a partire da un antenato comune i cui arti anteriori erano costituiti dalle medesime ossa. Ogni tipo di arto, da quello della balena a quello umano, corrisponde a una linea evolutiva diversa. Ogni caratteristica condivisa da due o più specie che sia stata ereditata da un antenato comune, come l’arto anteriore dei mammiferi, è chiamata carattere omologo. Tutti i caratteri ereditari possono essere omologhi, siano essi morfologici, fisiologici, molecolari o anatomici. Non tutti i caratteri simili, però, sono prove di una relazione evolutiva; infatti, l’evoluzione può produrre somiglianze tra organismi non imparentati. Queste caratteristiche, dette caratteri analoghi, si evolvono in modo indipendente in gruppi diversi a causa di pressioni evolutive simili: ne sono un esempio le ali degli insetti e quelle dei pipistrelli, strutture che condividono la stessa funzione (il volo) ma non la stessa struttura. Un «ricordo» dell’evoluzione sono gli organi rudimentali, ossia strutture molto ridotte che non hanno alcuna funzione in certe specie, mentre sono ben sviluppate e hanno una funzione specifica in altre. Le nostre ultime vertebre, che saldate insieme formano il coccige, sono ciò che resta della coda presente in altre specie di mammiferi.

gatto

balena

pipistrello Pur avendo uno sviluppo diverso, gli arti anteriori dei mammiferi sono formati dagli stessi «pezzi» scheletrici che costituiscono braccio, avambraccio e mano.

omero

radio

ulna metacarpo carpo falangi

38 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LE PROVE E I DOCUMENTI A FAVORE DELL’EVOLUZIONE

È possibile ottenere una grande varietà delle razze operando una selezione artificiale

Nell’introduzione de L’origine delle specie, Darwin scrisse: «Quando si riflette al problema dell’origine delle specie, considerando i mutui rapporti d’affinità degli esseri organizzati, le loro relazioni embrionali, la loro distribuzione geografica, la successione geologica ed altri fatti analoghi, si può conchiudere che ogni specie non è stata creata indipendentemente dalle altre, ma bensì discende (…) da altre specie. Pure una simile conclusione, anche fondata, non sarebbe soddisfacente fin tanto che non ci fosse dato dimostrare come le specie innumerevoli, che abitano il globo, si siano modificate al punto di acquistare quella perfezione di struttura, quell’adattamento che eccita a buon diritto la nostra ammirazione. (…) Quindi è di una importanza capitale il cercare di formarsi un concetto chiaro dei mezzi di modificazione e di adattamento impiegati dalla natura. Fino dai primordi delle mie ricerche fui d’avviso che un accurato studio degli animali domestici e delle piante coltivate mi avrebbe offerto probabilmente i dati migliori per risolvere questo oscuro problema.» Osservando le specie di animali domestici o di piante coltivate, si possono rilevare diversi cambiamenti indotti dall’azione dell’uomo nel corso del tempo: giardinieri, agricoltori e allevatori, infatti, ottengono le variazioni desiderate tramite la selezione artificiale. In particolare Darwin, che aveva una passione per i colombi, ne raccolse esemplari provenienti da tutto il mondo; studiando le loro caratteristiche, egli si convinse che la «meravigliosa varietà delle razze» era stata ottenuta dagli allevatori a partire da un’unica specie selvatica, Colomba livia, operando sulla variabilità dei caratteri (쑺figura 18). Tra i membri di una stessa specie, infatti, esistono lievi differenze anatomiche (per esempio nella forma e nella robustezza del becco, nella lunghezza della coda e nel colore del piumaggio), fisiologiche (come una diversa resistenza al volo) e comportamentali (quali un maggiore o minore senso dell’orientamento). Tali differenze si trasmettono alla prole, che assomiglia di più ai propri genitori che non agli altri colombi appartenenti alla stessa specie. Se l’allevatore sceglie per l’accoppiamento due colombi che presentano il requisito desiderato, per esempio un becco più corto, otterrà una nidiata di colombi in cui il carattere «becco corto» sarà prevalente. I colombi selezionati verranno a loro volta incrociati con quelli che presentano lo stesso carattere «becco corto» e così via per le generazioni successive. L’allevatore, dunque, non determina direttamente la comparsa del carattere desiderato, ma sceglie gli individui che casualmente presentano quel carattere e li seleziona facendoli riprodurre.

RISPON DI

10

2



In che modo opera la selezione artificiale?

쑽 Figura 18 Gli allevatori operano sulla variabilità dei caratteri per ottenere animali con le caratteristiche desiderate, come nel caso di questi colombi.

39 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

11 pesce

anfibio

uccello

쒀 Figura 19 Nelle prime fasi

RISPON DI

dello sviluppo, gli embrioni dei vertebrati presentano notevoli somiglianze che rivelano un piano strutturale comune.

Che cosa si può notare, dal punto di vista evolutivo, mettendo a confronto lo sviluppo embrionale di animali di specie diverse?



Più gli embrioni di due specie diverse si somigliano, più stretta è la loro parentela

La teoria dell’evoluzione permette di capire come mai gli embrioni di animali appartenenti a gruppi molto diversi si assomiglino duPrima fase di rante le prime fasi dello sviluppo. Per esempio, nelle prime settimasviluppo. ne di vita gli embrioni dei vertebrati sono praticamente identici e si differenziano a seconda della specie solo con il procedere dello sviluppo (쑺figura 19). Una caratteristica comune a tutti gli embrioni dei vertebrati è la presenza delle fessure branchiali. Nei pesci queste strutture danno origine alle branchie; nei mammiferi, invece, la prima fessura branchiale contribuisce a formare la mascella, la mandibola e l’orecchio interno, mentre la seconda, la terza e la quarta fessura concorrono alla formazione delle tonsille e di altre ghiandole. Il fatto che strutture così diverse derivino da organi embrionali tanto simili è una testimonianza del fatto che tutti i vertebrati discendono da un antenato comune. Nel libro L’origine delle specie Darwin scrisse: «Ogni naturalista ammetterà che (…) mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci discendono tutti da un singolo prototipo; hanno, infatti, molto in comune, specie durante lo sviluppo embrionale. Dato che i pesci hanno la più bassa organizzazione e sono comparsi prima degli altri, possiamo dire che tutti i membri del gruppo dei vertebrati sono derivati da un qualche animale simile a un pesce.»

coniglio

uomo

12

La biologia molecolare ha fornito ulteriori dati a conferma dell’evoluzione

La biologia molecolare è una disciplina molto recente la cui nascita può essere fatta risalire all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso. Come vedremo nei prossimi capitoli, nelle cellule di tutti gli organismi viventi è presente il DNA, una speciale molecola che viene trasmessa da una generazione all’altra e contiene tutte le informazioni necessarie per determinare la struttura delle proteine che costituiscono gli organismi; la biologia molecolare, che studia appunto la struttura chimica e le funzioni del DNA e delle proteine, ha fornito ulteriori conferme alla teoria evolutiva.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Perché i fossili rappresentano una prova dell’evoluzione dei viventi sulla

parole chiave

2. Che cosa notò Darwin osservando le quattordici specie di fringuelli presenti nelle isole Galapagos? Che cosa dedusse da tali osservazioni?

 fossile  biogeografia  anatomia comparata  carattere omologo  carattere analogo  organo rudimentale  biologia molecolare  embriologia  selezione artificiale  variabilità dei caratteri

A l’ambiente australiano non è adat-

Terra?

3. Le fessure branchiali e almeno un accenno di coda sono presenti nell’embrione:

A B C D

5. In Australia non ci sono mammiferi placentati autoctoni perché:

di tutti i vertebrati dei pesci e degli anfibi degli esseri umani e dei pesci solo dei pesci

4. Come si può spiegare la somiglianza nell’architettura degli arti anteriori dei vertebrati?

40 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

to alla loro sopravvivenza

B sono stati rimpiazzati dai marsupiali

C l’Australia è rimasta isolata dal resto del mondo prima della difusione dei placentati

D i placentati non hanno saputo adattarsi agli habitat presenti in Australia 6. Quali differenze puoi evidenziare tra selezione artificiale e selezione naturale?

3

3

L’evoluzione della specie umana: il nostro albero evolutivo

lezione

L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE UMANA: IL NOSTRO ALBERO EVOLUTIVO

13

obiettivi

Anche gli esseri umani sono il frutto dell’evoluzione

L’insieme degli esseri viventi che popolano attualmente la Terra è il risultato di una lunga evoluzione iniziata quasi 4 miliardi di anni fa con la comparsa delle prime forme di vita. Rispetto a questo periodo, la storia della specie umana (ossia, degli individui appartenenti al genere Homo) occupa solo una parte estremamente piccola, vale a dire gli ultimi 2-3 milioni di anni. Noi esseri umani siamo mammiferi placentati appartenenti all’ordine dei primati come, per esempio, i tarsi, i lemuri, le scimmie platirrine e catarrine (쑺figura 20), e le scimmie antropomorfe. La maggior parte dei primati possiede uno scheletro adatto a vivere sugli alberi, che consente loro di assumere una postura piuttosto eretta. Tale postura prevede un particolare allineamento del capo rispetto al resto del corpo (diverso da quello degli animali che camminano su quattro zampe) e implica che gli occhi siano collocati frontalmente e vicini tra loro (diversamente, per esempio, dagli erbivori, che hanno gli occhi posti lateralmente); i primati sono pertanto in grado di guardare diritto davanti a sé e hanno una buona percezione della profondità, requisiti fondamentali per quegli animali che si muovono saltando da un ramo all’altro. A differenza degli altri mammiferi, inoltre, i primati possiedono unghie al posto degli artigli, polpastrelli sensibili, pollice e alluce opponibili; la loro retina consente la visione a

le caratteristiche 쑺 Evidenziare che distinguono gli ominidi dalle scimmie antropomorfe. che la storia 쑺 Comprendere evolutiva della specie umana ha avuto diverse ramificazioni.

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ANIMAZIONE 쐌 La classificazione dei primati

쑸 Figura 20 I primati trascorrono gran parte della vita sugli alberi.

I gibboni vivono prevalentemente sugli alberi, spostandosi per mezzo delle braccia.

A

Il tarsio è un piccolo primate asiatico, caratterizzato dai grandi occhi da animale notturno.

B

I babbuini possono pesare fino a 30 kg; vivono in branco spostandosi sia al suolo sia sugli alberi e sono diffusi in Africa e in alcune zone della penisola arabica.

I lemuri, prevalentemente notturni, vivono solo in Madagascar e nelle isole circostanti.

LO SAPEVI?

C

D

Immaginando di comprimere tutta la storia della Terra in un solo anno, la divergenza tra l’essere umano e lo scimpanzè sarebbe avvenuta solo 18 ore prima della mezzanotte del 31 dicembre.

41 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

쑺 Figura 21 Le scimmie antropomorfe presentano espressioni e atteggiamenti simili a quelli degli esseri umani.

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BIOCLIP

RISPON DI

쐌 Un gorilla e il suo piccolo



Quali caratteristiche hanno in comune i primati?

A

Australopithecus afarensis. Questi ominidi, oggi estinti, comparvero in Africa circa 3,9 milioni di anni fa.

B

I gorilla sono animali piuttosto pacifici; si nutrono di foglie e frutti e, grazie alle loro dimensioni (fino a 200 kg nei maschi), in pratica non hanno nemici naturali.

colori e il cervello è molto grande rispetto alle dimensioni corporee. La dieta dei primati, scarsamente specializzata, ha permesso loro di sfruttare un’ampia varietà di fonti di sostentamento e questi diversi tipi di alimentazione hanno favorito l’evoluzione di un gran numero di specie. Nella maggior parte dei casi i primati sono animali sociali, danno alla luce un piccolo alla volta e investono molto tempo nelle cure parentali. I primati più strettamente imparentati con gli esseri umani sono le scimmie antropomorfe, ossia il gibbone, l’orango, il gorilla, lo scimpanzè e il bonobo (쑺figura 21). Tale parentela, stabilita anche confrontando il DNA umano e quello dello scimpanzè, che differiscono per meno dell’1% del totale, permette di ipotizzare che queste specie abbiano condiviso con noi un antenato comune in un periodo compreso tra i 5 e i 7 milioni di anni fa.

14

쑺 Figura 22 Il cranio di un

Gli scimpanzé sono scimmie antropomorfe che vivono in branchi. Le loro capacità di comunicare, apprendere ed usare utensili sono molto sviluppate.

Il genere umano presenta alcune caratteristiche che lo differenziano dalle scimmie antropomorfe

Per usare un criterio di classificazione più semplice, gli scienziati tendono a chiamare ominoidei l’insieme delle scimmie antropomorfe e dei membri della famiglia umana. Questi ultimi in particolare, sia che appartengano alle specie di australopitechi sia a quelle del genere Homo, sono detti invece ominidi; attualmente l’unico rappresentante di ominide è l’uomo moderno, appartenente alla specie Homo sapiens. Grazie ai reperti fossili, però, sappiamo che in passato sono esistite molte altre specie di ominidi e che in alcuni periodi esse hanno anche convissuto. La ricostruzione della storia dell’uomo si basa sull’analisi delle testimonianze fossili; la scienza che studia la comparsa della specie umana e la sua evoluzione è la paleoantropologia. I fossili dimostrano che la storia dell’uomo ebbe inizio in Africa, dove sono stati ritrovati i reperti più antichi; da questo continente gli esseri

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3

umani si sarebbero poi diffusi in tutto il mondo a partire da circa 1,8 milioni di anni fa. La linea evolutiva umana, che mostra chiare differenze con quella delle scimmie antropomorfe, comprende non solo il genere Homo, ma anche gli australopitechi, i nostri antenati più antichi, con molti caratteri ancora scimmieschi, ma altri decisamente umani (쑺figura 22). Quali sono gli elementi distintivi che permettono di attribuire un reperto fossile alla linea evolutiva umana piuttosto che a quella delle scimmie antropomorfe? Una delle differenze più sostanziali è la capacità della specie umana di muoversi utilizzando solo gli arti posteriori (bipedismo); l’acquisizione di tale capacità ha comportato numerosi vantaggi, primo fra tutti la possibilità di utilizzare le mani per afferrare e per fabbricare oggetti.



L’evoluzione umana non è stata un processo lineare

L’evoluzione umana, dunque, non ha seguito un percorso lineare che ha avuto inizio con il primo ominide e che è terminato con Homo sapiens: sembra piuttosto che negli ultimi 5 o 6 milioni di anni siano comparse, abbiano convissuto e si siano estinte circa 12 specie di ominidi, e che per qualche ragione ancora non chiarita alla fine sia rimasta solo Homo sapiens. La nostra evoluzione, pertanto, ha avuto un andamento «a forma di cespuglio» con molte ramificazioni, la maggior parte delle quali è terminata con un’estinzione. I fossili di ominidi del genere Homo, con un cranio decisamente più grande di quello degli australopitechi, fanno la loro comparsa in Africa attorno ai 2,5 milioni di anni fa (쑺figura 23); questi ominidi vennero denominati Homo habilis («uomo dotato di manualità»), poiché nelle vicinanze delle loro ossa sono stati rinvenuti strumenti di pietra. Questo cranio fossile mostra che Homo habilis aveva una capacità cranica di circa di 650 mm3, pari al 50% di quella di un uomo moderno.

A

Quali caratteristiche scheletriche distinguono i fossili umani da quelli delle scimmie antropomorfe?

Homo habilis era in grado di maneggiare strumenti e, forse, di usare il fuoco.

RISPON DI

15

RISPON DI

L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE UMANA: IL NOSTRO ALBERO EVOLUTIVO



Da cosa deriva il nome Homo habilis?

쑸 Figura 23 Homo abilis visse in Africa intorno a due milioni di anni fa. I reperti fossili mostrano che era in grado di costruire e maneggiare utensili di pietra, che utilizzava per uccidere e squartare gli animali.

B

Un’altra specie di ominide, Homo ergaster, visse tra 2 milioni e 1 milione di anni fa in molte zone del continente africano, coabitando talora con Homo habilis. Homo ergaster era più alto di Homo habilis, aveva un cervello più grande e sicuramente uno stile di vita più progredito. I reperti fossili ritrovati accanto a Homo ergaster (che in greco significa «lavoratore») indicano che questo ominide disponeva di un utensile in pietra lavorato su due lati chiamato amigdala che serviva per cacciare e per preparare gli alimenti per la cottura. Queste nuove abitudini avrebbero aumentato la varietà della dieta e reso più semplice la sopravvivenza. Homo ergaster è la prima specie di ominide i cui fossili sono stati trovati al di fuori del continente africano. Secondo alcuni paleoantropologi, Homo ergaster intraprese la migrazione verso l’Europa e l’Asia spinto dal cambiamento nella dieta, divenuta sempre più a base di carne, e alla conseguente ricerca di nuovi territori di caccia. Da questo ominide, estintosi circa 1 milione di anni fa, si ritiene che discendano due linee evolutive: quella di Homo erectus in Asia e quella di Homo heidelbergensis in Europa.

LO SAPEVI? Nel febbraio del 2001 sono stati trovati in Kenya da un’equipe franco-keniota numerosi reperti ossei appartenenti a uno scheletro datato 6 milioni di anni e denominato Orrorin tugenensis. Il nome deriva dalla parola kenyota Orrorin che significa «uomo originale» e dalla regione Tugen Hills, in Kenya. Gli scopritori dei reperti sono certi che Orrorin tugenensis sia l’ominide alla base di tutta la linea evolutiva umana.

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capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

RISPON DI

16



Quali caratteristiche rendono Homo erectus diverso dall’uomo moderno?

I fossili più noti di Homo erectus furono trovati in Indonesia

I fossili di Homo erectus sono stati rinvenuti in numerosi siti, prevalentemente in Cina, India e nel Sud-Est asiatico (come l’«uomo di Giava», trovato nel 1896). I reperti coprono un periodo che va da circa 1,5 milioni a 250000 anni fa e testimoniano che Homo erectus aveva un’andatura simile alla nostra; come mostra la 쑺figura 24, il cranio era, invece, molto diverso: basso e allungato, con spesse creste sopraorbitali, la mascella sporgente con grandi molari priva di mento. Il volume medio del cervello di Homo erectus variava da 950 a 1200 cm3 (per confronto, quello dell’uomo moderno è di circa 1360 cm3).

쑺 Figura 24 Homo erectus mostra una notevole somiglianza con gli esseri umani moderni; questi ominidi erano piuttosto alti, e i maschi erano più grandi delle femmine. Il cervello di Homo erectus aveva dimensioni corrispondenti a circa il 75% di quello di Homo sapiens. A

B

Homo erectus usava utensili di pietra più diversificati e avanzati rispetto ai suoi predecessori.

17

Homo sapiens è vissuto insieme a Homo neanderthalensis per circa 10 000 anni

Circa 400000 anni fa, gruppi di individui appartenenti a Homo erectus diedero probabilmente origine a una nuova specie denominata Homo neanderthalensis i cui reperti fossili sono stati ritrovati in Africa, Asia ed Europa. Gli «uomini di Neanderthal» si diffusero rapidamente in tutta l’Europa e in parte dell’Asia. Essi erano caratterizzati da una corporatura robusta e tarchiata e da un cranio con caratteri primitivi (massiccio e allungato, con viso prognato, fronte bassa con arcate sopracciliari molto marcate e mento sfuggente), ma anche da una capacità cranica praticamente analoga a quella dell’uomo moderno (쑺figura 25). I neanderthaliani utilizzavano utensili più sofisticati rispetto a quelli ritrovati fra i reperti fossili di Homo erectus; inoltre, essi seppellivano i loro morti accanto a offerte funerarie, il che fa pensare che credessero in una vita dopo la morte. Alcune ricerche condotte dal 1999 al 2005 mostrano che durante la diffusione dei neanderthaliani era già comparso Homo sapiens. I fossili di Homo sapiens furono scoperti per la prima volta in una località della Francia sud-occidentale denominata Cro-Magnon; per questo motivo l’Homo sapiens viene anche chiamato «uomo di Cro-Magnon». I reperti più antichi di uomo moderno (i crani fossilizzati di due adulti e un bambino) sono stati scoperti in Etiopia e hanno un’età stimata fra 154000 e 160000 anni. Altri reperti risalgono a circa 100 000 anni fa e sono stati rinvenuti sempre in Africa. Pare che la nostra specie, infatti, sia comparsa in Kenya o Tanzania a partire da una popolazione di Homo ergaster. La faccia di Homo sapiens non è prognata, il cranio è rotondo e il cervello voluminoso. La fronte è alta e spaziosa, le arcate sopraccigliari sono molto piccole o assenti e il mento è prominente; la mandibola è ridotta, così come la dentatura. Lo scheletro, inoltre, è molto più gracile rispetto a Homo neanderthalensis. Rispetto ai neanderthaliani, Homo sapiens presenta uno sviluppo più tardivo; ciò richiede un periodo più lungo di dipendenza dai genitori, ma ha il vantaggio di prolungare il tempo disponibile per l’apprendimento.

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L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE UMANA: IL NOSTRO ALBERO EVOLUTIVO

Homo neanderthalensis aveva una corporatura robusta e tarchiata.

I crani di Homo sapiens (a sinistra) e di Homo neanderthalensis (a destra) a confronto.

Con Homo sapiens comincia la nostra evoluzione culturale: vengono realizzate le pitture parietali sulle grotte, iniziano le prime forme di agricoltura e di allevamento, gli utensili si fanno sempre più sofisticati. Dall’Africa orientale i moderni esseri umani si diffondono in Medio Oriente, in Europa, nell’Asia del Sud e infine in tutto il mondo. Homo sapiens e Homo neanderthalensis hanno certamente convissuto per un periodo di tempo piuttosto lungo, pari a circa 10 000 anni. Lo sviluppo delle tecniche di analisi ha permesso di confrontare il DNA di alcuni reperti fossili neandertaliani, di Homo sapiens e di diverse popolazioni umane attuali, dimostrando la completa estraneità dei neandertaliani dalla nostra linea evolutiva. Homo neanderthalensis e Homo sapiens, pertanto, sono da considerarsi due specie distinte. Circa 30000 anni fa gli uomini di Neanderthal si estinsero per motivi ancora incerti, forse perché non riuscirono a competere con Homo sapiens, dotato di maggiore creatività e in grado di costruire e utilizzare strumenti più moderni.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  primate  bipedismo  ominoide  ominide

쒀 Figura 25 Homo sapiens e Homo neanderthalensis convissero per un lungo periodo di tempo.

RISPON DI

Con Homo sapiens iniziò la nostra evoluzione culturale.

3



Quali sono le caratteristiche peculiari di Homo neanderthalensis?

1. Quali vantaggi evolutivi ha portato il bipedismo?

6. Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti gli ominidi è vera?

2. Di che cosa si occupa la paleoantropologia?

A Si sono evoluti attraverso un processo

3. Quali caratteristiche hanno in comune i primati? 4. Quale caratteristica distingue Homo neanderthalensis da Homo sapiens?

A B C D

la posizione eretta il bipedismo il viso prognato la capacità di costruire utensili

5. Quale tra le seguenti specie appartenenti al genere Homo pensi sia più antica?

A B C D

Homo sapiens

graduale che ha avuto origine dalla scimmia e ha portato all’uomo moderno.

B Sono tutti bipedi, con stazione eretta ma con un cervello di dimensioni minori rispetto a quello delle scimmie antropomorfe.

C La fronte degli ominidi è sfuggente, la statura bassa; il pollice e l’alluce sono opponibili.

D La colonna vertebrale degli ominidi presenta due curvature e si articola con la base del cranio, facilitando il mantenimento della posizione eretta.

Homo erectus Homo neanderthalensis Homo habilis

45 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

46

capitolo

2

L’EVOLUZIONE DEI VIVENTI

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. La selezione artificiale opera sulla variabilità dei caratteri all’interno di una popolazione. v

f

2. Le ali degli uccelli e quelle delle farfalle sono un esempio di omologia. v

f

3. Homo sapiens è un diretto discendente di Homo neanderthalensis.

v f

Barra il completamento che ritieni esatto. 4. La teoria evolutiva di Cuvier afferma che:

A le specie si evolvono grazie alle loro interazioni con l’ambiente e trasmettono i caratteri acquisiti alla prole B l’ambiente opera una selezione sulle popolazioni, favorendo gli individui più adatti C tipi differenti di organismi vissuti nel passato si sono estinti a causa di catastrofi naturali per lasciare il posto alle specie attuali D l’Universo nella sua complessità è stato progettato da un Creatore

Completa le seguenti frasi. 5. Resti o impronte di organismi vissuti nel passato sono detti ...................................................................... . 6. La capacità della specie umana di muoversi utilizzando solo gli arti posteriori è detta ...................................................................... . Rispondi in cinque righe. 7.

Quali prove possono essere portate a favore dell’evoluzione?

Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 8. Quali caratteristiche hanno in comune gli ominoidei e che cosa invece distingue gli esseri umani dalle scimmie antropomorfe? Nel rispondere specifica: ● quali specie oltre a quella umana sono comprese negli ominoidei ● le caratteristiche comuni a tutti gli ominoidei ● quali differenze si possono evidenziare tra le scimmie antropomorfe e gli esseri umani ● quali specie sono più simili alla nostra.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 9. Quali sono i concetti fondamentali alla base della teoria di Darwin? 10. Che cosa s’intende per selezione artificiale? (Aiutati con un esempio.) Completa e correggi 11. Completa il brano scegliendo tra i termini proposti. Durante il suo viaggio, Charles Darwin aveva notato che in alcuni casi molti organismi, nonostante fossero .............. ...................................................................... , appartenevano a specie diverse; nelle isole Galapagos, per esempio, le varie specie di fringuelli ...................................................................... spesso per la forma del becco e questo stava a significare che avevano un tipo di ...................................................................... differente. La forma del becco era dunque frutto di una selezione naturale che aveva

......................................................................

gli individui col becco più ...................................................................... per il tipo di vegetazione presente su ciascuna isola.

omologhi  riproduzione  piumaggio  scelto  si assomigliavano  colorato  lontani  lungo  erano in competizione  penalizzato  alimentazione  differivano  eliminato  idoneo  simili 12. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Tramite la coltivazione e l’allevamento selettivi/liberi di piante e animali, si sono ottenuti individui con caratteristiche imprevedibili/desiderate; l’uomo si è dunque sostituito all’ambiente nell’operare una selezione che ha conservato/modificato le specie. Per esempio, i broccoli, il cavolfiore e i cavolini di Bruxelles derivano da un’unica specie di senape selvatica alla quale somigliano pochissimo; se un differenziamento così piccolo/grande si è potuto verificare nel corso di poche generazioni, a maggior ragione, secondo Darwin/Lamarck, la selezione naturale ha potuto ottenere in tempi molto lunghi l’eliminazione/accumulo di cambiamenti graduali ed ereditabili, in grado di spiegare l’evoluzione di nuove specie.

46 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

3

La chimica della vita

1 2 3 4

La vita dipende dalle proprietà dell’acqua L’acqua è una sostanza polare, in grado di formare facilmente legami a idrogeno. Dalle particolari caratteristiche della molecola dell’acqua dipendono le sue straordinarie proprietà e fenomeni importanti per la vita, come la capillarità e la tensione superficiale.

I composti del carbonio e le biomolecole I composti del carbonio possono essere costituiti o solo da carbonio e idrogeno (idrocarburi), oppure contenere gruppi funzionali che danno alla molecola particolari proprietà. Le molecole organiche possono essere costituite da pochi atomi a milioni di atomi. I composti più grossi sono i polimeri, formati dall’unione di monomeri che si legano tramite reazioni di condensazione.

I carboidrati e i lipidi: i combustibili delle cellule I carboidrati più semplici sono i monosaccaridi, che forniscono energia alle cellule; dall’unione di più monosaccaridi si ottengono i polisaccaridi, con funzione di riserva energetica o di sostegno. I lipidi costituiscono una famiglia di biomolecole molto diverse tra loro, ma tutte insolubili in acqua: trigliceridi, fosfolipidi, steroidi.

Gli acidi nucleici e le proteine: struttura e funzioni Le proteine e gli acidi nucleici sono le biomolecole più importanti per gli esseri viventi. Negli acidi nucleici, DNA e RNA, risiede l’informazione genetica, mentre dalle proteine dipende la struttura e il funzionamento degli organismi. Esistono decine di migliaia di proteine diverse, ognuna con una specifica sequenza di amminoacidi e una particolare conformazione spaziale, che conferiscono alla molecola le sue proprietà.

47 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

3

LA CHIMICA DELLA VITA

La vita dipende dalle proprietà dell’acqua

lezione

capitolo

1

obiettivi

la struttura 쑺 Descrivere dell’acqua e la sua polarità. l’importanza 쑺 Comprendere del legame a idrogeno e le sue conseguenze.

RISPON DI



Distinguere una soluzione acida da una basica.



Perché la molecola di acqua si definisce polare?

쑽 Figura 1 Una delle conseguenze del legame a idrogeno è che il ghiaccio galleggia sull’acqua allo stato liquido. legame a idrogeno

(+)

La molecola dell’acqua possiede proprietà speciali

Una molecola d’acqua è costituita da due atomi di idrogeno legati a un atomo di ossigeno mediante un legame covalente semplice. Apparentemente sembra che questa molecola non abbia nulla di speciale; in realtà, essa possiede proprietà fuori del comune. Il «segreto dell’acqua» sta nel fatto che gli elettroni del legame covalente non sono condivisi alla pari tra i due elementi: l’ossigeno li tiene legati a sé molto più saldamente rispetto all’idrogeno. Il nucleo dell’ossigeno, infatti, ha una maggiore affinità per gli elettroni rispetto all’idrogeno; di conseguenza, la coppia condivisa di elettroni trascorre molto più tempo attorno all’atomo di ossigeno che intorno al nucleo dell’idrogeno. La molecola dell’acqua presenta una forma a «V», con al vertice l’atomo di ossigeno e i due atomi di idrogeno dalle parti opposte. La distribuzione non omogenea degli elettroni fa sì che l’estremità della molecola corrispondente all’ossigeno presenti una parziale carica negativa, mentre l’estremità con i due atomi di idrogeno risulta leggermente positiva. Una molecola di questo tipo, che presenta ai due poli cariche elettriche opposte, è detta polare. L’acqua è quindi una sostanza composta da molecole polari. Grazie alla loro polarità, le molecole di acqua interagiscono tra loro in modo preciso: l’atomo di ossigeno di una molecola attrae gli atomi di idrogeno delle molecole di acqua vicine, facendo sì che le molecole si posizionino come vedi nella 쑺figura 1. Il legame chimico tra un atomo di idrogeno leggermente positivo di una molecola e un atomo leggermente negativo di un’altra molecola è chiamato legame a idrogeno. Il legame a idrogeno è molto più debole rispetto a un legame covalente o a un (–) legame ionico, perché non comporta condivisione o cessione di elettroni tra gli atomi; tuttavia, la sua presenza è determinante per spiegare le caratteristiche distin(+) tive dell’acqua che vedremo nei prossimi paragrafi. H O

(–)

H (–)

(+)

(+) (–)

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ANIMAZIONE 쐌 La polarità della molecola d’acqua

48 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA VITA DIPENDE DALLE PROPRIETÀ DELL’ACQUA

2

1

La coesione e l’adesione sono proprietà dell’acqua che determinano i fenomeni di capillarità e di tensione superficiale

RISPON DI

Ciascun singolo legame a idrogeno fra le molecole d’acqua allo stato liquido esiste solo per una frazione di secondo; in ogni istante, però, la maggior parte delle molecole è impegnata in legami a idrogeno con altre molecole perché nuovi legami si formano alla stessa velocità con cui si rompono i vecchi. Questa tendenza delle molecole a stare unite fra loro è chiamata forza di coesione e, nell’acqua, è molto più elevata che negli altri liquidi. Oltre che tra di loro, le molecole di acqua sono attratte anche da varie molecole di altro tipo; questo tipo di attrazione è detta forza di adesione. Le forze di coesione e di adesione sono molto importanti in biologia, perché contribuiscono a mantenere la disposizione delle molecole all’interno della cellula. La coesione e l’adesione sono anche alla base del fenomeno della capillarità, che permette il trasporto dell’acqua dalle radici alle foglie delle piante (쑺figura 2A). In seguito all’evaporazione dalle foglie, le molecole di acqua vengono risucchiate dalle radici attraverso sottili condotti presenti nel tronco dell’albero. L’adesione esistente fra l’acqua e la In che modo si realizza la risaparete dei condotti si oppone alla forza di gravità, che trascinerebbe l’acqua verso il baslita dell’acqua per capillarità so. Inoltre, la coesione fra le molecole di acqua fa sì che la forza aspirante provocata all’interno dei vasi conduttori di un albero? dall’evaporazione fogliare si propaghi lungo i condotti fino alle radici. L’acqua può così muoversi e risalire all’interno dei 쑸 Figura 2 Le proprietà della vasi della pianta fino alla cima di molecola d’acqua. alberi anche molto alti. Un’altra proprietà dell’acqua si nota osservando uno di quegli insetti che «pattinano» sulla superficie degli stagni (쑺figura 2B). Le molecole situate sulla superficie dell’acqua formano una Il fenomeno della capilspecie di «pellicola», capace di solarità permette l’assorbistenere il peso dell’insetto: questa mento e il trasporto dell’acqua. proprietà è chiamata tensione superficiale. Puoi sperimentare tu stesso la sua esistenza appoggiando con delicatezza una graffetta di metallo sull’acqua conteA nuta in un bicchiere (쑺figura 2C).



Grazie alla tensione superficiale l’acqua sostiene il peso dell’insetto e della graffetta di metallo.

B

C

49 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

RISPON DI

3

La densità del ghiaccio è minore di quella dell’acqua allo stato liquido

La densità è definita come la massa (cioè la quantità di materia) di un corpo divisa per il volume che occupa. In un certo senso, in una sostanza con una densità elevata le particelle sono più «stipate» che in una sostanza a bassa densità. Nella maggior parte delle sostanze, lo stato solido è più denso dello stato liquido. Per l’acqua è il contrario: il ghiaccio (la forma solida) è meno denso dell’acqua liquida a una temperatura di 4 °C. La causa va ricercata ancora nei legami a idrogeno. Nel ghiaccio, le molecole d’acqua sono quasi ferme e ciascuna molecola forma con le molecole vicine quattro legami a idrogeno molto stabili che la «fissano» in un reticolo cristallino (쑺figura 3A, a sinistra). Nell’acqua liquida, dove il movimento delle molecole è più intenso, i legami a idrogeno sono meno numerosi e hanno, come abbiamo detto, breve durata. Per questo motivo, allo stato liquido le molecole possono addossarsi l’una all’altra più che allo stato solido (쑺figura 3A, a destra). Dal momento che le sostanze a densità minore galleggiano su quelle a densità maggiore, il ghiaccio galleggia sull’acqua. Ma perché il fatto che il ghiaccio galleggi è importante per gli esseri viventi? Se il ghiaccio affondasse, esso si formerebbe a partire dal fondo della massa d’acqua: stagni, laghi e mari gelerebbero dal basso verso l’alto, intrappolando i pesci e gli altri organismi in uno strato di acqua sempre più sottile lontano dal fondo. Invece, quando una grande massa di acqua gela, il ghiaccio galleggiante isola l’acqua sottostante, consentendo agli organismi di sopravvivere sotto la superficie gelata (쑺figura 3B).



Perché il ghiaccio è meno denso dell’acqua liquida?

legame a idrogeno

GHIACCIO

ACQUA ALLO STATO LIQUIDO

I legami a idrogeno sono stabili.

I legami a idrogeno si spezzano e si formano continuamente.

A

쒀 Figura 3 A. Le molecole di acqua nel ghiaccio formano un reticolo, mentre allo stato liquido sono più libere di muoversi. B. La caratteristica del ghiaccio di galleggiare sull’acqua rende possibile la vita sia sopra che sotto la superficie gelata.

B

50 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA VITA DIPENDE DALLE PROPRIETÀ DELL’ACQUA

Perché un grande lago mitiga la temperatura dell’aria e delle terre circostanti?

Che differenza c’è tra solvente e soluto?



L’acqua è un ottimo solvente per le sostanze polari

쑽 Figura 4 Il cloruro di sodio si scioglie nell’acqua.

Le molecole d’acqua circondano i singoli ioni di sodio separandoli dagli ioni cloro. –

+ + –

+



+ +–

+ +–

+ +–

+ + – + –+



+ –+

+

+ –+

+

+ +–

+ + + + – –

+ + –

+ – +





+ +–

+ +–

+ + –

+ + –

+ –+

+ –+

+ –+

+

+ –+

+ –+

+ – +

+ –+



+ –+

Una soluzione è un miscuglio omogeneo di due o più sostanze, cioè una miscela in cui non è possibile distinguere i singoli componenti. Quando metti il sale nell’acqua per la pasta ottieni una soluzione liquida; l’aria che respiri è invece una soluzione gassosa, cioè un miscuglio omogeneo di azoto, ossigeno e altri gas in percentuale minore; infine, l’acciaio, il bronzo e le altre leghe metalliche sono esempi di soluzioni solide. La sostanza che scioglie le altre e che è presente in maggiore quantità, per esempio l’acqua della tua pentola, è detta solvente, mentre quella presente in quantità minore (il sale da cucina) è detta soluto. L’acqua è il principale solvente contenuto nelle cellule, nel sangue degli animali e nella linfa delle piante: in essa, infatti, si scioglie una vastissima gamma di sostanze. La 쑺figura 4 mostra che cosa succede quando si mette in acqua un composto ionico come il cloruro di sodio (Na+Cl–). Le molecole d’acqua, che sono polari, sono attratte dagli ioni presenti sulla superficie del sale; gli atomi di idrogeno, che hanno una parziale carica positiva, sono attratti dagli ioni cloruro (Cl–), mentre gli atomi di ossigeno (la parte negativa della molecola d’acqua) vengono attratti dagli ioni sodio, Na+. Queste interazioni indeboliscono via via i + + – legami ionici del cloruro di sodio; progressivamente, le + + – molecole d’acqua circondano gli ioni fino a separarli. + Molti composti molecolari importanti per i sistemi viNa+ – venti, come gli zuccheri, sono polari, cioè presentano zone – Cl di parziale carica positiva e zone di parziale carica negati+ va. A causa della loro polarità, anche queste molecole attraggono le molecole d’acqua e si sciolgono in essa. Le sostanze che formano facilmente soluzioni ac+ + quose, come il sale e lo zucchero, sono dette idrofile (dal greco, «che amano l’acqua»). Invece, le molecole – + –+ apolari, come quelle dei grassi, tendono a essere insolu– + + – bili in acqua; tali molecole sono dette idrofobiche (dal greco, «che temono l’acqua»).

+ – +

5

RISPON DI

Mettendo sul fuoco dell’acqua in una pentola puoi notare che l’acqua si scalda molto più lentamente del metallo. La presenza dei legami a idrogeno, infatti, fa sì che l’acqua abbia un calore specifico, cioè una capacità di resistere alle variazioni di temperatura, molto elevato. Quando riscaldi una sostanza, la sua temperatura aumenta perché le sue molecole si muovono più rapidamente; nell’acqua, parte dell’energia fornita sotto forma di calore serve a rompere i legami a idrogeno, che non sono presenti nel metallo della pentola. L’acqua quindi assorbe la stessa quantità di calore del metallo, ma subisce un cambiamento di temperatura inferiore. Analogamente, quando raffreddi una sostanza, le sue molecole rallentano; nel caso dell’acqua, la formazione di legami a idrogeno rilascia energia sotto forma di calore, riducendo anche in questo caso la variazione di temperatura. Una conseguenza dell’elevato calore specifico dell’acqua è che i grandi laghi e gli oceani mitigano la temperatura delle terre circostanti: un lago può immagazzinare un’enorme quantità del calore fornito dal Sole durante il giorno; di notte, il calore rilasciato gradualmente dall’acqua riduce il raffreddamento dell’aria e delle terre attigue attenuando gli sbalzi termici e rendendo il clima più mite. L’acqua modera anche la temperatura corporea grazie all’evaporazione: quando sudi, le molecole d’acqua evaporando sottraggono calore alla tua pelle.

RISPON DI

L’elevato calore specifico dell’acqua è importante per ridurre le variazioni della temperatura

+ + –

4

1

+ +–

51 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

6

La scala del pH indica se una soluzione è acida o basica

Nell’acqua allo stato liquido, una piccola percentuale di molecole tende a dissociarsi in ioni; l’acqua, infatti, è un solvente talmente efficace che riesce a «sciogliere» anche se stessa. Dalla scissione di una molecola d’acqua si ottengono uno ione idrogeno carico ANIMAZIONE positivamente (H+) e uno ione ossidrile carico negativamente (OH–). 쐌 Il pH delle soluzioni Nell’acqua pura, la quantità di ioni H+ corrisponde a quella di ioni OH–. Deve essere necessariamente così dal momento che, quando sono presenti soltanto molecole d’acqua, nessuno dei due ioni può formarsi senza l’altro. Tuttavia, la dissoluzione in acqua di un Quando una sostanza si dice composto ionico o di una sostanza con molecole polari può modificare il numero relativo acida? di ioni H+ e OH–. Un composto che in acqua libera ioni H+ è detto acido; per esempio, in acqua l’acido 쑽 Figura 5 La scala del pH micloridrico (HCl) è quasi completamente dissociato in ioni H+ e Cl–; perciò, una soluzione sura il grado di acidità delle sodi HCl contiene più ioni H+ che ioni OH– ed è acida. Invece, una sostanza che in acqua luzioni. causa una diminuzione della concentrazione di ioni H+ è detta base. L’idrossido di sodio Esempi di soluzioni pH (NaOH) in acqua libera ioni Na+ e OH–; perciò, in una solu0 zione di idrossido di sodio ci sono più ioni OH– che ioni H+ e 1 succhi gastrici, succo di limone la soluzione è basica. 2 I chimici esprimono il grado di acidità di una soluzione 3 cola mediante la scala del pH (il simbolo «pH» deriva dal tedesco 4 sugo di pomodoro potenz Hydrogen, «potere dell’idrogeno»). La scala varia da 0 5 (soluzione molto acida, con un’elevata concentrazione di ioni 6 H+) a 14 (soluzione molto basica, con una bassa concentra7 acqua pura zione di ioni H+). A pH = 7 la concentrazione degli ioni H+ e 8 acqua di mare OH– è identica, come avviene nell’acqua pura. Questa è la 9 bicarbonato di sodio condizione di neutralità; un valore di pH inferiore a 7 è acido 10 e un valore di pH superiore a 7 è basico (쑺figura 5). 11 La maggior parte delle reazioni chimiche che avvengono 12 ammoniaca 13 candeggina nei sistemi viventi hanno luogo all’interno di un ristretto in14 tervallo di pH che è prossimo alla neutralità.

RISPON DI

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

soluzioni basiche

soluzioni acide



hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  polarità  coesione  adesione  capillarità  tensione superficiale  densità  calore specifico  soluzione  solvente  soluto  idrofilo  idrofobico  acido  base  scala del pH  neutralità

1. Che cos’è una soluzione? 2. Come si forma il legame a idrogeno? 3. Che differenza c’è tra coesione e adesione? 4. Quale tra le seguenti caratteristiche del sale da cucina non riguarda la sua capacità di sciogliersi in acqua?

A si tratta di un composto ionico B forma legami a idrogeno con l’acqua

C forma un miscuglio omogeneo con l’acqua

D si presenta come un solido cristallino bianco

5. La proprietà dell’acqua che permette agli insetti di «pattinare» su di essa è la:

A B C D

tensione superficiale densità capillarità adesione

6. Una soluzione a pH 7:

A ha più ioni H+ rispetto agli OH– B contiene come soluto sicuramente HCl

C è basica e contiene in soluzione lipidi

D potrebbe essere costituita da un solo componente: l’acqua

52 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

I COMPOSTI DEL CARBONIO E LE BIOMOLECOLE

lezione

I composti del carbonio e le biomolecole Il carbonio è l’elemento più abbondante nelle molecole biologiche

obiettivi

Gli organismi viventi sono formati per la maggior parte da acqua (pensa che persino le nostre ossa sono costituite per circa il 60% da acqua!) e per la restante parte da sali minerali e da molecole contenenti atomi di carbonio chiamate biomolecole. Le biomolecole fanno parte di un gruppo molto ampio di composti del carbonio chiamati composti organici. Oltre alle biomolecole, sono composti organici anche le fibre naturali e sintetiche, i coloranti e i farmaci, le materie plastiche, i pesticidi e i diserbanti, i profumi, gli aromatizzanti e tutti i derivati del petrolio. L’esistenza di un numero così elevato di composti dipende da alcune proprietà caratteristiche del carbonio: l grazie alla presenza di quattro elettroni nel livello energetico più esterno, il carbonio può formare quattro legami covalenti sia con altri atomi di carbonio sia con atomi di elementi diversi; l il carbonio ha la possibilità di formare legami covalenti singoli, doppi, oppure tripli; l infine, gli atomi di carbonio possono legarsi tra loro a formare lunghe catene stabili (catene carboniose), che possono contenere anche migliaia di atomi. I composti organici costituiti solo da carbonio e idrogeno sono chiamati idrocarburi. Le molecole degli idrocarburi possono assumere diverse forme: lineare, ramificata o ad anello (쑺figura 6). L’unica regola è che ogni atomo di carbonio formi complessivamente quattro legami. Il petrolio, per esempio, è costituito da una miscela di idrocarburi che si sono formati nel corso di milioni di anni in seguito al seppellimento in ambienti privi di ossigeno di enormi masse di organismi animali e vegetali morti. Dalla separazione dei diversi componenti del petrolio si ottengono il metano che usiamo per il riscaldamento, la benzina, il gasolio e la nafta utilizzati per la propulsione dei veicoli a motore, il bitume usato per la pavimentazione delle strade. H

H

H

H

H

H

H

H

C

C

C

C

C

C

H

H

H

a catena lineare

8

H

H

H

H

H

C

H

H H

C

H H

H

C

C

C

C

H

H

H

H

H

H

H

C C

a catena ramificata

C

C

le caratteristiche 쑺 Descrivere delle molecole organiche. i diversi gruppi 쑺 Identificare funzionali. i monomeri 쑺 Distinguere dai polimeri. la reazione 쑺 Descrivere di condensazione e quella di idrolisi.

RISPON DI

7

2

2



Quali caratteristiche rendono il carbonio un elemento singolare?

쑸 Figura 6 Le molecole organiC C

H

che sono costituite da catene di atomi di carbonio, che possono avere diverse forme.

H

H ad anello

I gruppi funzionali determinano le proprietà chimiche e fisiche dei composti del carbonio

La famiglia dei composti organici diventa più numerosa quando sulle catene carboniose si inseriscono atomi o gruppi di atomi diversi dal carbonio e dall’idrogeno: questi atomi o gruppi di atomi sono chiamati gruppi funzionali. La presenza dei gruppi funzionali modifica la reattività e le proprietà fisiche e chimiche delle molecole. I composti che contengono lo stesso gruppo funzionale hanno caratte-

53 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

» Con l’aggiunta di vitamine Forse ti sarà capitato di notare che il succo d’arancia che bevi a colazione a volte contiene vitamine aggiunte. Ti sei mai chiesto perché? Dalla medicina sappiamo che la carenza di alcune vitamine nella dieta può causare malattie come per esempio la cecità, se manca la vitamina A, o lo scorbuto se è assente la vitamina C. Le vitamine si trovano soprattutto nella frutta e nella verdura, e le piante spendono molta energia per fabbricare queste sostanze che le aiutano a proteggersi dai danni delle molecole ossidanti, prodotte durante la fotosintesi. È verosimile che le vitamine che assumiamo con la dieta quando mangiamo vegetali proteggano anche il nostro organismo dagli effetti ossidanti, per esempio dei radicali liberi che possono danneggiare il DNA. Le vitamine sono molecole molto delicate. Un frutto o una verdura che viaggia a lungo prima di arrivare sulla nostra tavola, che rimane mesi in un frigorifero o che subisce trattamenti come la congelazione, la cottura o la pastorizzazione, perde rapidamente in valore nutritivo. La scienza della nutrizione e l’industria alimentare hanno perciò elaborato processi che permettono di isolare alcune componenti essenziali alla salute

da alimenti in cui si trovano in abbondanza e di inserirle in alimenti naturalmente carenti o nei quali la presenza di tali componenti si è ridotta. Purtroppo vitamine e antiossidanti aggiunti a un alimento che ne è privo non funzionano affatto come le stesse molecole contenute naturalmente in una verdura o in un frutto fresco. Torniamo all’arancia, ma questa volta procuriamoci un frutto fresco e non un succo conservato. In apparenza l’arancia è uno dei cibi più semplici della nostra dieta, eppure contiene un numero enorme di composti chimici che interagiscono in maniera complicata gli uni con gli altri e mutano nel tempo. Non solo, ma quegli elementi interagiscono anche con l’ambiente esterno: reagiscono per esempio con elementi dell’aria, con l’acqua, a seconda della temperatura e degli elementi presenti nel nostro sistema digerente. L’unica cosa che la scienza della nutrizione ha potuto fare finora è stata di spaccare l’arancia nei suoi elementi di base e di studiarli uno a uno. Questo approccio ha da un lato permesso di ridurre la complessità dell’arancia e di comprendere molte cose sui suoi singoli componenti (per esempio, che l’arancia contiene parecchia vitamina C). Dall’altro lato ha però ignorato un

fatto importante: che il valore nutritivo dell’arancia può essere superiore, o semplicemente diverso, da quello della somma delle sue parti. Può darsi che i progressi della ricerca consentiranno in futuro di progettare in laboratorio prodotti dalle performance nutritive inedite, superiori a quelle delle loro controparti naturali. Per il momento, quando ci troviamo di fronte alla scelta fra un’arancia fresca e un succo che ha perso e quindi riottenuto la vitamina C nel corso dei processi di produzione industriale, ci conviene lasciare da parte il succo in cartone e farci una bella spremuta!

ristiche molto simili fra loro, tanto da costituire una classe di sostanze. La 쑺figura 7 mostra i principali gruppi funzionali che si ritrovano nei composti del carbonio. Alcune classi di molecole organiche possono contenere due o più gruppi funzionali: gli amminoacidi che formano le proteine, per esempio, contengono sia il gruppo amminico 쑺 Figura 7 I gruppi funzionali determinano le caratteristiche dei composti organici.

H

H

H

C

C

H

H

OH

H C

HO

C

O

H

C

C

C

H

gruppo ossidrilico (ossidrile) O

H

H

H

gruppo carbonilico (carbonile) H

H H

H

gruppo carbossilico (carbossile)

54 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

H

N H

C

H

H

gruppo amminico

sia il gruppo carbossilico; gli zuccheri, come il glucosio e il fruttosio, presentano nella loro molecola sia il gruppo carbonilico sia due o più gruppi ossidrilici (쑺figura 8). O

H C

H

O

H N

C

H R gruppo amminico

C OH gruppo carbossilico (acido)

un generico amminoacido

gruppo carbonilico

H

C

OH

HO

C

H

H

C

OH

H

C

OH

H

C

OH gruppo ossidrilico

H lo zucchero glucosio

9

2 RISPON DI

I COMPOSTI DEL CARBONIO E LE BIOMOLECOLE



쑸 Figura 8 La struttura di un amminoacido e di uno zucchero (glucosio).

Le macromolecole sono costituite da moltissime piccole molecole unite in catene

Ciascuna classe di composti del carbonio comprende molecole di dimensioni assai eterogenee: il metano (CH4), gas che usiamo per cucinare, è un idrocarburo formato da un solo atomo di carbonio e da quattro atomi di idrogeno; l’etanolo (C2H5OH), l’alcol presente nel vino e nella birra, contiene due atomi di carbonio; il glucosio (C6H12O6), lo zucchero che le nostre cellule utilizzano per ottenere energia, è costituito da sei atomi di carbonio. Esistono poi le macromolecole, cioè molecole molto più grandi formate da centinaia, migliaia o perfino milioni di atomi. Le macromolecole sono polimeri formati dall’unione di molte molecole più piccole (indicate con il nome di monomeri) unite mediante legami covalenti. I monomeri hanno la caratteristica di possedere due o più gruppi capaci di interagire in modo da formare lunghe catene, o anche reti tridimensionali; il collegamento dei monomeri a formare polimeri è paragonabile a quello tra i vagoni di un treno che da una parte hanno un gancio e dall’altra un occhiello. Dal punto di vista chimico, quando un qualsiasi tipo di monomero si va ad aggiungere a un altro si verifica la perdita di un gruppo ossidrile (—OH) da un monomero e di un atomo di idrogeno (—H) dall’altro, con liberazione di una molecola di acqua e formazione di un legame covalente. Tale reazione viene detta condensazione (쑺figura 9A) ed è sempre uguale, qualsiasi sia il polimero che viene sintetizzato. Quando, al contrario, un polimero viene suddiviso nei monomeri che lo costituiscono, ha luogo una reazione di idrolisi, ossia una scissione per aggiunta di una molecola di acqua: il legame covalente tra i monomeri si rompe e il gruppo ossidrilico della molecola di acqua si lega a uno di essi, mentre l’atomo di idrogeno si lega all’altro (쑺figura 9B). SINTESI DI UN POLIMERO

HO

쑽 Figura 9 Reazioni di condensazione e di idrolisi. A. Nelle reazioni di condensazione, che prevedono la formazione di una molecola d’acqua, due monomeri si legano tra loro allungando la catena del polimero. B. Nelle reazioni di idrolisi l’aggiunta di una molecola d’acqua spezza la catena di un polimero tra due monomeri adiacenti.

SCISSIONE DI UN POLIMERO monomero

H

HO

HO

acqua

HO

H

H

acqua

H

HO

H

H A

Che cosa s’intende per gruppo funzionale?

nuovo legame

B

HO

rottura di un legame

55 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione ambientale

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

» La plastica fa ormai parte della nostra vita Ricordi i record raggiunti dagli atleti in occasione delle Olimpiadi di Pechino? Credi sarebbero stati possibili senza supporti tecnici d’avanguardia: piste di atletica, vasche, attrezzature, indumenti, barche a vela, canoe? Probabilmente no; la plastica e i suoi derivati, infatti, ci sono da diversi anni indispensabili. Se pensi alle esigenze di tutti i giorni, ti renderai conto che la plastica è ormai parte integrante della tua vita: dagli abiti che indossi alle case; dai CD che ascolti all’attrezzatura per un intervento chirurgico o per una missione spaziale. L’enorme diffusione della plastica è dovuta al fatto che è un materiale sicuro, igienico, con buone proprietà isolanti, resistente, duraturo, riutilizzabile, leggero, conveniente e comodo allo stesso tempo, e quindi necessario per l’innovazione tecnologica di molti settori.  Che cos’è la plastica? La plastica è una sostanza organica sintetica, ottenuta prevalentemente dal petrolio. A partire dal 1907, anno in cui è comparsa sul mercato la bakelite (il primo materiale plastico interamente di

쑽 Figura 10 Le scaglie che formano le ali di questa farfalla Vanessa io (Inachis io) sono costituite dal polimero chitina.

A

sintesi), in pochi decenni la plastica si è imposta con prepotenza nel mondo della produzione industriale, diventando simbolo di modernità e consumo. Per produrre la plastica si utilizzano essenzialmente due processi che richiedono entrambi specifici catalizzatori: quello di polimerizzazione e quello di policondensazione. Nel primo, i monomeri (come etilene e propilene, derivati del petrolio) vengono accorpati e legati in lunghe catene dando origine a polimeri le cui proprietà, struttura e dimensione variano in funzione dei monomeri di base. Durante il processo di policondensazione, invece, l’unione dei monomeri è favorita dall’eliminazione delle molecole che si formano durante la reazione chimica (per esempio, acqua e metanolo). Nonostante si presentino sotto forme diverse, esistono soltanto due tipi di materie plastiche: quelle che, una volta scaldate, possono essere rimodellate e quelle che, una volta raggiunta la loro forma, non possono più subire alcuna modifica. Le materie plastiche del primo tipo

vengono definite polimeri termoplastici in quanto modificano le loro proprietà al variare della temperatura. Ciò avviene perché tali molecole sono costituite da lunghi polimeri uniti fra loro da legami abbastanza deboli da poter essere spezzati mediante calore e consentire alle catene libere di spostarsi e unirsi in nuove forme. Le materie plastiche appartenenti al secondo gruppo vengono definite polimeri termoindurenti. Queste molecole sono costituite da lunghe catene unite fra loro da legami chimici forti, che il calore non è in grado di spezzare. Per arrivare al prodotto finale distribuito sul mercato, le materie plastiche sono spesso trattate con additivi che ne esaltano o ne attenuano le proprietà: l coloranti; l agenti antifiamma, antiossidanti, antistatici, plastificanti; l additivi che aumentano la rigidità e migliorano le proprietà meccaniche; l espandenti che rendono la plastica più leggera, come nel caso del polistirolo espanso.

I polimeri possono essere formati da monomeri tutti identici, oppure da monomeri di diverso tipo che si susseguono in un ordine ben preciso per ciascuna specie chimica. In natura esiste un’enorme varietà di polimeri con funzioni molto diverse: l’amido delle patate, per esempio, è un polimero del glucosio che ha funzione di riserva energetica; la chitina (un polimero di una molecola simile al glucosio) è uno dei principali componenti dell’esoscheletro

B

56 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

I COMPOSTI DEL CARBONIO E LE BIOMOLECOLE

USI (alcuni esempi)

polietilene ad alta densità bidoni per la spazzatura, flaconi, tubi (HDPE) polietilene a bassa densità borse e sacche, sacchetti per la spazzatura, flaconi di (LDPE, LLDPE) prodotti per la pulizia polipropilene (PP)

confezioni per alimenti, articoli da giardino, valigie, paraurti

polistirene (PS)

contenitori per i prodotti alimentari, frigoriferi, cassette (video e audio)

polivinilcloruro (PVC)

sacche per la raccolta del sangue, carte di credito, grondaie e tubi per l’acqua potabile

polietilentereftalato (PET)

bottiglie per bibite, imbottiture per arredamento e giacche a vento

poliuretano (PU)

imbottiture, suole per scarpe sportive, articoli sportivi, filati (lycra), piste di atletica

polimetilmetacrilato (PMMA, per esempio il plexiglass)

rivestimenti per vasche e lavabi, fanali posteriori delle automobili, barriere di protezione negli stadi

policarbonato

CD, fari per auto, caschi di protezione

Nella tabella qui sopra sono rappresentate le principali materie plastiche finora conosciute e i loro usi principali.  Quale impatto ambientale? L’uso delle materie plastiche costituisce un vantaggio per l’ambiente poiché la produzione e lavorazione della plasti-

a utilizzare con parsimonia le risorse del pianeta Terra. Il riutilizzo dei materiali è uno dei modi per incentivare lo sviluppo sostenibile e la plastica è la nostra risorsa più preziosa. Quando questi oggetti finiscono di svolgere la funzione per cui sono stati realizzati, infatti, hanno ancora molto da offrire perché possono essere recuperati in tre diversi modi: come materiale finito, come materia prima e come fonte di energia.

ca consuma solo una piccola percentuale (4%) del petrolio a disposizione nel mondo e una quantità minima di energia. Impegnarsi per uno sviluppo sostenibile significa agire in modo da non limitare la gamma delle opzioni economiche, sociali e ambientali che mirano

degli insetti (쑺figura 10) e di altri artropodi e della parete cellulare dei funghi; la cheratina è un polimero costituito da diversi amminoacidi che forma le unghie e i capelli. Le macromolecole organiche che costituiscono le cellule sono dunque innumerevoli; per passarle in rassegna è utile ripartirle in quattro classi, di cui parleremo nelle prossime lezioni: i carboidrati, i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Che cosa sono gli idrocarburi?

parole chiave

3. Quale affermazione riguardo alla reazione di condensazione è errata?

 biomolecola  idrocarburo  composto oganico  gruppo funzionale  macromolecola

2. Che cosa rende differenti i diversi composti organici?

A dissocia un polimero nei suoi monomeri

B avviene con liberazione di una molecola di acqua

C avviene con formazione di un legame covalente

D produce una molecola più grande di quella di partenza

RISPON DI

PLASTICA

2



Che cos’è un polimero?

4. Il gruppo funzionale contenente azoto è chiamato:

A ossidrilico B carbonilico C carbossilico D amminico 5. I due gruppi funzionali che caratterizzano gli amminoacidi sono:

A un gruppo amminico e uno carbossilico

B un gruppo amminico e uno ossidrilico

C un gruppo carbonilico e uno ossidrilico

D due gruppi amminici

57 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

3

lezione

capitolo

obiettivi

la struttura 쑺 Comprendere e le funzioni di carboidrati e lipidi.

RISPON DI

l’importanza 쑺 Evidenziare biologica dei carboidrati. le diverse 쑺 Distinguere famiglie di lipidi.



Che cosa sono gli isomeri?

LA CHIMICA DELLA VITA

I carboidrati e i lipidi: i combustibili delle cellule 10

I carboidrati più semplici sono i monosaccaridi, il combustibile principale delle cellule

I carboidrati sono composti organici costituiti da monomeri di zuccheri, molecole costituite da carbonio, idrogeno e ossigeno; per ogni atomo di carbonio ci sono due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. I carboidrati più semplici sono i monosaccaridi, formati da una sola molecola di zucchero. I monosaccaridi sono costituiti da una catena di 3-7 atomi di carbonio sulla quale si inseriscono due o più gruppi ossidrilici (che danno agli zuccheri caratteristiche alcoliche) e un gruppo carbonilico. A seconda del numero di atomi di carbonio presenti nella molecola, gli zuccheri sono detti rispettivamente triosi (3C), tetrosi (4C), pentosi (5C) ed esosi (6C), che sono i monosaccaridi più comuni. La 쑺figura 11 mostra il glucosio e il fruttosio, due monosaccaridi a sei atomi di carbonio. Osservando le formule e contando gli atomi, si nota che il glucosio e il fruttosio possiedono lo stesso numero di atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno, e pertanto hanno la stessa formula chimica, C6H12O6 (formula grezza). I due composti presentano, però, una diversa disposizione degli atomi (formula di struttura), cioè sono degli isomeri. Questa piccola differenza determina proprietà chimiche molto diverse: il fruttosio, che è lo zucchero presente nel miele e nella frutta ha, per esempio, un potere dolcificante inferiore a quello del glucosio. Le molecole dei monosaccaridi si possono presentare in forma lineare come quella della 쑺figura 11A e 11C oppure nella forma ad anello rappresentata nella 쑺figura 11B. I monosaccaridi, in particolare il glucosio, sono il combustibile principale che le cellule utilizzano per ottenere l’energia necessaria a svolgere le proprie attività; inoltre, la catena carboniosa fornisce alla cellula materiale per costruire altre molecole organiche.

쑺 Figura 11 La struttura di alcu-

C H

A

RISPON DI

11



Che differenza c’è tra saccarosio e maltosio?

H

O

H

ni monosaccaridi. A. Forma lineare del glucosio. B. Forma ad anello del glucosio. C. Forma lineare del fruttosio.

C

H

C

H

H

C

OH

H

C

OH

H

C

OH

H glucosio

OH

C

O

HO

C

H

H

C

OH

H

C

OH

H

C

OH

CH2OH

OH

HO

C

H HO

O H OH H

B

H

H OH

OH

glucosio (formula ad anello)

C

H fruttosio

I disaccaridi sono formati dall’unione di due molecole di monosaccaridi

Il saccarosio, il comune zucchero da tavola, è un disaccaride formato da una molecola di glucosio unita a una molecola di fruttosio tramite un legame glicosidico che si forma attraverso una reazione di condensazione. Il saccarosio è prodotto dalle piante, che lo utilizzano come nutrimento, e viene ricavato dai fusti della canna da zucchero e dalle radici della barbabietola da zucchero. Altri importanti disaccaridi sono il maltosio, formato da due molecole di glucosio (쑺figura 12), e il lattosio contenuto nel latte, formato da una molecola di galattosio e da una di glucosio.

58 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

I CARBOIDRATI E I LIPIDI: I COMBUSTIBILI DELLE CELLULE

3

lucosio

glucosio

glucosio m l osio

I disaccaridi, dopo essere stati ingeriti, vengono scissi nei monosaccaridi che li costituiscono tramite una reazione di idrolisi e possono essere utilizzati immediatamente dalle cellule come combustibile.

I polisaccaridi si ottengono per polimerizzazione dei monosaccaridi e hanno funzione strutturale e di riserva

I polisaccaridi sono polimeri formati dall’unione di numerose molecole di monosaccaridi; nonostante siano costituiti da molecole di zucchero, sono poco solubili in acqua e non sono dolci. I polisaccaridi sono i carboidrati più abbondanti in natura e svolgono funzioni di riserva, di sostegno e di protezione. Tra i polisaccaridi di riserva sono particolarmente importanti l’amido delle piante e il glicogeno contenuto nelle cellule di funghi e animali; nei mammiferi, il glicogeno si trova sotto forma di granuli nei muscoli scheletrici e nel fegato (쑺figura 13). Sia l’amido sia il glicogeno sono polimeri del glucosio e possono essere facilmente idrolizzati nei corrispondenti monosaccaridi. I polisaccaridi con funzione di protezione e di sostegno sono la chitina, che forma le pareti cellulari dei funghi e l’esoscheletro degli artropodi, e la cellulosa, che forma le pareti cellulari delle alghe e delle piante (쑺figura 13). Le molecole di cellulosa, costituite anch’esse da unità di glucosio, hanno una struttura filamentosa che conferisce loro resistenza alla trazione e una certa elasticità, e sono il componente principale della carta di questo libro e di molte fibre tessili come cotone, lino, canapa e iuta. La cellulosa è il polisaccaride più abbondante nella biosfera: ogni anno ne vengono sintetizzate dalle cellule vegetali circa mezzo miliardo di tonnellate. Nella cellulosa, il legame glicosidico fra le molecole di glucosio è differente rispetto a quello dell’amido: solo alcuni batteri e i funghi sono in grado di romperlo per utilizzare come cibo le molecole di glucosio, mentre gli animali non possono farlo. Nel sistema digerente degli erbivori, tuttavia, sono presenti batteri simbionti capaci di idrolizzare la cellulosa, che permettono a questi animali di ricavare energia da questo polisaccaride. Il glicogeno immagazzina energia nei muscoli del pollo.

RISPON DI

12

쒀 Figura 12 La condensazione di due molecole di glucosio forma il maltosio.

Perché non possiamo utilizzare la cellulosa come alimento energetico come utilizziamo l’amido?



쑸 Figura 13 I polisaccaridi: amido, glicogeno e cellulosa.

La cellulosa rende rigide le fibre del gambo degli asparagi.

monomero di glucosio L’amido immagazzina energia nelle cellule delle patate.

59 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

13 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 Polisaccaridi e lipidi

쑽 Figura 14 La struttura di un trigliceride.

glicerolo H

La classe dei lipidi comprende i trigliceridi, che sono le principali molecole energetiche

Come i carboidrati, anche i lipidi sono composti costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno. La classe dei lipidi è piuttosto eterogenea e include i trigliceridi, i fosfolipidi, gli steroidi e le cere. Questi composti sono diversi sia dal punto di vista strutturale sia per le funzioni che svolgono negli organismi viventi, ma hanno una caratteristica in comune: l’incapacità di sciogliersi in acqua. Se ti è capitato di condire l’insalata, ti sarai accorto che l’olio (un lipide) non si mescola bene con l’aceto, costituito per la maggior parte di acqua. Agitandoli con forza, olio e aceto formano temporaneamente un miscuglio omogeneo, ma in breve tempo tendono a separarsi di nuovo. Per questo motivo i lipidi sono detti composti idrofobici, cioè «che non amano l’acqua», a differenza dei composti idrofili («amanti dell’acqua») come gli zuccheri. L’idrofobicità dei lipidi costituisce, come vedremo, una proprietà importante per le loro caratteristiche biologiche. I trigliceridi (o grassi) sono costituiti da una molecola di glicerolo (un alcol a tre atomi di carbonio) alla quale sono legate tre lunghe catene di idrocarburi chiamate acidi grassi (쑺figura 14). Come avrai letto sulle etichette dei prodotti alimentari, i grassi possono essere di due tipi: saturi e insaturi. tre molecole di acidi grassi

O

H C O C CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH3 acido grasso saturo O H C O C CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH3 acido grasso saturo O L’olio di oliva contiene grassi insaturi. H C O C CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH2 CH CH CH H 2 CH acid 2 CH o gr asso 2 CH insa 2 CH turo 2 CH 2 CH 2 CH

3

쒀 Figura 15 Il burro contiene

RISPON DI

grassi saturi.



Qual è la caratteristica principale dei lipidi?

1. I grassi saturi sono quelli in cui le catene di acidi grassi contengono il numero massimo di atomi di idrogeno; in questi composti, pertanto, gli atomi di carbonio della catena sono uniti esclusivamente da legami covalenti semplici. I grassi di origine animale come burro (쑺figura 15), e strutto, che sono solidi a temperatura ambiente, sono tutti saturi. 2. I grassi contenuti nei pesci e nei vegetali (olive, noci e semi vari) sono liquidi a temperatura ambiente e si presentano sotto forma di oli. Questi grassi sono detti insaturi perché tra gli atomi di carbonio delle loro catene idrocarburiche sono presenti anche dei legami covalenti doppi: pertanto il numero di atomi di idrogeno contenuto in esse non è quello massimo possibile (쑺figura 14). Negli organismi animali e vegetali, i trigliceridi costituiscono una riserva energetica eccellente poiché, a parità di peso rispetto ad altri composti organici, racchiudono il massimo di energia utilizzabile. Essi presentano però lo svantaggio di essere metabolizzati molto più lentamente degli zuccheri; per questo motivo, in tutti i casi in cui l’ingombro non costituisce un problema, le riserve energetiche sono costituite prevalentemente da polisaccaridi: nei semi e nei tuberi di molte piante, per esempio, l’amido è più abbondante dei lipidi. Negli animali omeotermi, i grassi accumulati sotto la cute hanno anche un’importante funzione isolante che consente all’organismo di mantenere costante più facilmente la temperatura interna.

60 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

I CARBOIDRATI E I LIPIDI: I COMBUSTIBILI DELLE CELLULE

Fosfolipidi, steroidi e cere sono lipidi che svolgono varie funzioni

I fosfolipidi sono molecole molto importanti per le cellule perché fanno parte delle membrane cellulari. La testa loro struttura è simile a quella dei trigliceridi, ma anziché avere tre molecole di acidi grassi ne hanno solo due: il terzo acido grasso è sostituito da una molecola di code acido fosforico. L’acido fosforico, insieme al glicerolo, costituisce la testa idrofila della molecola, mentre i due acidi grassi sono le code idrofobiche (쑺figura 16). Gli steroidi costituiscono un’altra famiglia di lipidi che presenta una formula chimica del tutto diversa da quella dei trigliceridi; nella molecola degli steroidi, infatti, sono presenti quattro strutture ad anello (쑺figura 17A). Questi composti organici svolgono svariate funzioni: alcuni, detti ormoni steroidei, sono messaggeri chimici e mettono in comunicazione due o più distretti di un organismo pluricellulare; ne sono esempi gli estrogeni e il testosterone, rispettivamente ormoni sessuali femminili e maschili. Altre specie di steroidi servono invece alla comunicazione tra individui e vengono dette feromoni. Anche il colesterolo, che fa parte delle membrane cellulari, è uno steroide. Le molecole delle cere sono costituite da un acido grasso legato a un alcol. Le cere hanno la proprietà di limitare la perdita di acqua: nei climi aridi, le foglie e i fusti di molte piante sono rivestiti di cera; altrettanto avviene per alcuni frutti come prugne e uva. Anche gli insetti e molti altri animali sono protetti contro la disidratazione da un sottilissimo strato di cera (쑺figura 17B). H3 C

testa idrofilica (glicerolo e acido fosforico)

code idrofobiche (acidi grassi)

쒀 Figura 16 La struttura di un fosfolipide.

RISPON DI

14

CH3

쑸 Figura 17 A. Il colesterolo è uno steroide. B. Le cere sono lipidi con funzione di rivestimento.

CH3

CH3



Quali funzioni svolgono gli steroidi negli organismi viventi?

CH3

Le foglie sono ricoperte da cere che le rendono impermeabili all’acqua.

HO A

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  monosaccaride  isomero  disaccaride  polisaccaride  lipide  trigliceride  saturo  fosfolipide  steroide

B

1. Quali sono le funzioni dei polisaccaridi? 2. Quali differenze distinguono i grassi saturi da quelli insaturi? 3. Quali caratteristiche hanno in comune le diverse famiglie di lipidi? 4. Il colesterolo è:

A B C D

un monosaccaride un grasso di riserva uno steroide simile all’amido

5. I lipidi sono tutti:

A solidi a temperatura ambiente B componenti delle membrane cellulari

C messaggeri chimici D insolubili in acqua 6. Amido, glicogeno e cellulosa sono tutti:

A B C D

polimeri del glucosio di origine animale riserve energetiche zuccheri semplici

61 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

3

capitolo

LA CHIMICA DELLA VITA

lezione

Gli acidi nucleici e le proteine: struttura e funzioni 15

obiettivi

la struttura 쑺 Illustrare dei nucleotidi e dei loro

I nucleotidi costituiscono gli acidi nucleici, che contengono l’informazione genetica

Nella 쑺figura 18 è rappresentato un nucleotide, un monomero costituito da tre sostanze diverse: uno zucchero a cinque atomi di carbonio, un gruppo contenente fosforo e una sostanza di natura basica contenente azoto chiamata base azotata.

polimeri. le strutture 쑺 Descrivere che determinano la conformazione e le caratteristiche delle proteine.

H N

le diverse funzioni 쑺 Elencare svolte dalle proteine.

P

RISPON DI

H

OH H zucchero (desossiribosio)

Dalla polimerizzazione dei nucleotidi si ottengono gli acidi nucleici. Il gruppo fosfato di un monomero si lega allo G zucchero di quello successivo tramite una reazione di C condensazione; si forma così un filamento chiamato T polinucleotide nel quale un gruppo fosfato si alterna a uno A T zucchero costituendo uno scheletro zucchero-fosfato, mentre le basi azotate sporgono all’esterno di tale scheletro (쑺figura 18). Lo zucchero presente nei nucleotidi può essere di due tipi: ribosio oppure deossiribosio. Questi due monosaccaridi sono molto simili e differiscono solo per un atomo di ossigeno che manca nel deossiribosio. In base al tipo di zucchero presente, è possibile distinguere i ribonucleotidi (che formano l’RNA o acido ribonucleico) e i deossiribonucleotidi (che formano il DNA o acido deossiribonucleico). Le basi azotate sono cinque: adenina, guanina, citosina, timina (tipica del DNA) e uracile (tipico dell’RNA, 쑺figura 19).

ossatura zucchero-fosfato C G

C B

쒀 Figura 18 La struttura di un singolo nucleotide (A) e di una catena di nucleotidi (polinucleotide) (B).

H

O

H

base azotata (A) H

H

A

H3C

H

N

O

H

gruppo fosfato



N

CH2

O

O⫺

Quali sono le differenze tra i nucleotidi del DNA e quelli dell’RNA?

N

H

OH O

T

H

N

C C

C

N

N C

H

H 3C

O

H

H

C C

N C

N

H

H N

N C

C

H

N

O

C

C

N

H

O N

N C

H H

H

H

쑺 Figura 19 Il DNA contiene quattro diverse basi azotate: adenina, guanina, citosina e timina. Nell’RNA la timina è sostituita dall’uracile.

H

H

C C

C

N

N C

H

O

H uracile (U)

62 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

N

C

C

N

purine

N C

H

N H

guanina (G)

O pirimidine

C

C

H adenina (A)

citosina (C)

timina (T)

C

N

H

4

GLI ACIDI NUCLEICI E LE PROTEINE: STRUTTURA E FUNZIONI

La molecola dell’RNA è costituita in genere da un’unica catena di nucleotidi, mentre la struttura del DNA è più complessa: essa forma infatti una doppia elica in cui due catene polinucleotidiche si avvolgono una sull’altra (쑺figura 20). Le basi azotate sporgono dallo scheletro zucchero-fosfato verso il centro dell’elica; qui esse si appaiano sempre nello stesso modo: l’adenina si lega alla timina, mentre la citosina si lega alla guanina. Come vedremo nel capitolo 8, nel DNA è contenuta l’informazione genetica che controlla la vita e viene trasmessa da una generazione all’altra, mentre l’RNA può essere considerato come un «traduttore» che converte le informazioni contenute nel DNA in sequenze di amminoacidi.

A

T

G

C

C

G

A

T C

G

C

G A

T G

C T

16

C

Le proteine sono formate da lunghe catene di amminoacidi

T

H N

쒀 Figura 20 La struttura a doppia elica del DNA.

gruppo carbossilico H

A

C G

Le proteine sono composte da una o più catene peptidiche, ciascuna delle quali è un polimero lineare formato da amminoacidi legati uno di seguito all’altro. Ogni amminoacido è costituito da un atomo di carbonio centrale al quale sono legati quattro gruppi: un atomo di idrogeno, un gruppo carbossilico, un gruppo amminico e una catena laterale variabile che conferisce all’amminoacido le sue proprietà chimiche e che può contenere anche atomi di zolfo (쑺figura 21). gruppo amminico

A

G

쑸 Figura 21 La struttura di un generico amminoacido.

O

C

C

H

OH catena laterale

In natura esistono centinaia di amminoacidi che differiscono per la composizione della catena laterale, ma di questi solo venti entrano a far parte delle proteine. Un piccolo numero, ma sufficiente per formare un’infinità di proteine diverse; pensa che nel tuo corpo sono presenti oltre 50 000 proteine differenti. Come le lettere dell’alfabeto si combinano tra loro per formare le migliaia di parole della nostra lingua, così i venti amminoacidi, susseguendosi in modo diverso, costituiscono l’enorme varietà delle proteine. Gli amminoacidi sono legati l’uno all’altro da un legame chiamato legame peptidico, che si forma tramite una reazione di condensazione tra il gruppo amminico di un amminoacido e il gruppo carbossilico dell’amminoacido seguente (쑺figura 22). Le catene peptidiche più piccole contengono almeno una cinquantina di amminoacidi, ma normalmente una proteina è costituita da centinaia di amminoacidi. L’ordine secondo il quale si susseguono gli amminoacidi, che rende unica ogni proteina, viene definito struttura primaria (쑺figura 23A).

N

C

gruppo amminico

O C

H R amminoacido

OH

legame peptidico H

O

H N

⫹ H

legame peptidico.

C

C

reazione di condensazione

N H

OH

R

H

H 2O

amminoacido

H

O

C

C

R

H N

C

H

R

O C OH

dipeptide

Conoscere la struttura primaria è importante soprattutto per stabilire le parentele tra proteine diverse, magari con la medesima funzione, e ricostruirne la storia evolutiva; per comprendere, invece, il ruolo che svolgono negli organismi viventi e le loro proprietà fisiche è molto più importante conoscere la forma spaziale della molecola.

RISPON DI

H

H

gruppo carbossilico

쑽 Figura 22 Formazione del



Come si forma il legame peptidico?

63 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

capitolo

LA CHIMICA DELLA VITA

17

Tra i vari amminoacidi che formano la catena peptidica si instaurano interazioni di tipo attrattivo o repulsivo che costringono la molecola ad assumere una forma elicoidale, chiamata ␣ elica, oppure a foglietto ripiegato (foglietto ␤); la forma assunta dalla catena è denominata struttura secondaria della proteina (쑺figura 23B) In alcune proteine la struttura ad ␣ elica o a foglietto ␤ si estende per tutta la lunghezza della molecola; più spesso però questo avvolgimento è interrotto o distorto nei punti in cui si formano altri legami: di conseguenza la molecola tende ad aggomitolarsi. La forma così acquisita viene definita struttura terziaria (쑺figura 23C). Infine una proteina può essere costituita da più catene peptidiche, ciascuna caratterizzata da una propria struttura primaria, secondaria e terziaria, che interagiscono tra loro dando luogo alla struttura quaternaria della proteina. L’emoglobina, che trasporta l’ossigeno nel nostro sangue, è formata da quattro catene peptidiche (쑺figura 23D).

쑽 Figura 23 La struttura delle proteine. A. La struttura primaria dipende dalla sequenza degli amminoacidi. B. La struttura secondaria comprende la forma ad ␣ elica e a foglietto ␤. C. La struttura terziaria definisce l’avvolgimento della catena. D. La struttura quaternaria si instaura tra più catene polipeptidiche.

H

C

Le catene peptidiche si ripiegano assumendo una precisa configurazione spaziale

Primary y structure Struttura primaria I monomeri degli amminoacidi sono uniti a formare catene polipeptidiche. legame peptidico

R

N C

O

C H

C

H H

N

C

H

R

N A

Secondary y structure Struttura secondaria Le catene polipeptidiche possono formare ␣ eliche oppure foglietti ␤.

B

␣ elica foglietto ␤ pieghettato

Struttura terziaria Le catene polipeptidiche si ripiegano assumendo forme peculiari. I tipi di ripiegamento sono stabilizzati da legami diversi, tra cui legami a idrogeno e legami disolfuro.

legame a idrogeno legame disolfuro C

Struttura quaternaria Due o più catene polipeptidiche si associano a formare un complesso proteico di maggiori dimensioni. L’ipotetica molecola qui rappresentata è un tetramero di quattro catene polipeptidiche.

D

64 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

GLI ACIDI NUCLEICI E LE PROTEINE: STRUTTURA E FUNZIONI

La forma di una proteina dipende da interazioni deboli tra le diverse parti della catena peptidica; pertanto essa non è stabile, ma si modifica al variare delle condizioni ambientali. Se la variazione che la forma della proteina subisce è irreversibile, la molecola perde le sue proprietà: tale processo viene detto denaturazione. Un aumento di temperatura, per esempio, provoca la denaturazione dell’ovoalbumina una proteina contenuta nell’albume: quando ti prepari un uovo al tegamino, l’albume crudo, che è giallino, trasparente e gelatinoso, diventa solido, bianco e opaco (쑺figura 24). Se lasci raffreddare l’uovo, l’albume non ritorna più come prima della cottura: la proteina ha cambiato in modo irreversibile le sue proprietà, cioè si è denaturata.

A

B

쒀 Figura 24 La denaturazione

II termine proteina, proposto dallo scienziato svedese J.J. Berzelius e adottato per la prima volta dal chimico olandese G.J. Mulder nel 1838, deriva dal greco proteios, che significa «di primaria importanza»; ciò sta a indicare il ruolo fondamentale che le proteine svolgono negli organismi viventi. Passiamo in rassegna alcune funzioni: l le proteine che costituiscono i capelli e le unghie hanno funzioni strutturali; l i tuoi muscoli sono costituiti da proteine contrattili, che consentono il movimento; l tutte le reazioni chimiche che avvengono nel tuo corpo sono regolate da proteine chiamate enzimi; l altre proteine hanno funzione di trasporto, come l’emoglobina che trasporta l’ossigeno nel sangue; l altre ancora svolgono un’azione protettiva, partecipando alla riparazione delle ferite e alla difesa dai microbi; l sono proteine anche alcuni messaggeri chimici (ormoni), come per esempio l’insulina; l infine, le proteine rappresentano importanti forme di deposito di nutrienti, come l’ovoalbumina che costituisce una riserva di amminoacidi per l’embrione in via di sviluppo.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Descrivi le quattro strutture che determinano le proprietà delle proteine. 2. Elenca le funzioni delle proteine.

parole chiave  acido nucleico  doppia elica  catena peptidica  amminoacido  legame peptidico  proteina  struttura primaria  struttura secondaria  struttura terziaria  struttura quaternaria  denaturazione

3. Descrivi la polimerizzazione dei nucleotidi nella formazione del DNA. 4. Esporre una proteina come l’ovoalbumina a riscaldamento ne provoca:

A l’evaporazione, perché il bianco d’uovo contiene molta acqua

B la trasformazione delle molecole complesse in molecole semplici

C la denaturazione, perché si rompono i legami deboli che mantengono la forma della proteina

RISPON DI

Le proteine svolgono la maggior parte delle funzioni biologiche

In che cosa consiste la denaturazione di una proteina? Che cosa può provocarla?

RISPON DI

18

della proteina albumina, dovuta all’aumento di temperatura, è responsabile dell’aspetto dell’uovo cotto.

Perché le proteine sono così importanti per gli organismi viventi?





5. Quale tra le seguenti funzioni non è svolta dalle proteine?

A B C D

difesa dell’organismo riserva di nutrienti ormonale trasmissione dei caratteri ereditari

6. Gli acidi nucleici, a differenza delle proteine:

A contengono fosforo B sono polimeri complessi C si trovano in tutti gli organismi viventi

D contengono azoto

D la trasformazione in zuccheri più facilmente utilizzabili dall’organismo

65 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

3

LA CHIMICA DELLA VITA

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Il carbonio è l’elemento chimico più abbondante nei viventi. vf 2. Il legame a idrogeno è più forte del legame ionico. vf 3. I trigliceridi sono molecole polari. vf 4. Le proteine sono formate da lunghe catene di nucleotidi. vf

mato legame ...................................................................... . 9. Il nucleotide che forma il DNA contiene lo zucchero ...................................................................... , un gruppo fosfato e una ...................................................................... . 10. Le catene di acidi grassi che contengono il numero massimo di atomi di idrogeno sono ...................................................................... e costituiscono i grassi di origine ...................................................................... .

Barra il completamento che ritieni esatto.

Rispondi in cinque righe.

5. Due zuccheri si dicono isomeri quando: A dalla loro unione si forma un disaccaride B hanno lo stesso numero di atomi di carbonio, ma diverso numero di atomi di idrogeno C hanno la stessa formula di struttura, ma diversa formula grezza D hanno la stessa formula grezza, ma diversa formula di struttura

11. In quali gruppi vengono suddivise le proteine? Spiega le caratteristiche di ciascuno di essi facendo qualche esempio.

6. Il comune zucchero da tavola è un: A disaccaride B monosaccaride C oligosaccaride D polisaccaride Completa le seguenti frasi. 7.

In una soluzione, la sostanza presente in maggior quantità è detta ...................................................................... . 8. Il legame covalente che si forma per ...................................................................... tra due amminoacidi è chia-

Rispondi alla domanda facendoti guidare dalla traccia. 12. Quali caratteristiche del carbonio rendono questo elemento il principale costituente di tutte le molecole biologiche? Nel rispondere specifica: ● la struttura elettronica esterna del carbonio ● la sua tendenza a formare legami covalenti ● la capacità del carbonio di formare catene lineari o ramificate di atomi legati tra loro ● la possibilità che all’interno dello scheletro carbonioso compaiano doppi o tripli legami ● la capacità del carbonio di formare isomeri ● la presenza dei gruppi funzionali legati allo scheletro carbonioso che determinano le caratteristiche chimiche dei composti organici.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 13. Quali sono le caratteristiche degli acidi nucleici? Quali funzioni svolgono negli organismi viventi? 14. Quali tipi di lipidi conosci e quali funzioni svolgono? Completa e correggi. 15. Completa il brano scegliendo tra i termini proposti. I polimeri possono essere formati da monomeri tutti uguali, come per esempio ..........................................................., che è un polimero del glucosio con funzione di riserva energetica nelle piante, oppure costituiti da monomeri diversi come nel caso delle proteine. Un polimero viene suddiviso nei monomeri che lo compongono tramite una reazione di ....................................................................... : il legame ...................................................................... tra i monomeri si

...................................................................... con ...................................................................... di una molecola di acqua. Un esempio di questo tipo di reazione è dato dalla digestione del saccarosio nei due ...................................................................... che lo costituiscono: una molecola di glucosio e una molecola di fruttosio.

idrolisi  ionico  amido  rompe  monosaccaridi  liberazione  condensazione  forma  cellulosa  idrogeno  addizione  glicogeno  acidi grassi  indebolisce  eliminazione  sintesi  amminoacidi  covalente

66 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

Il mondo della cellula

1 2 3 4 5 6

Le caratteristiche generali delle cellule Secondo la teoria cellulare, tutti gli organismi sono costituiti da cellule. Esistono due tipi di cellule: quelle procariotiche, tipiche dei batteri e degli archei, e quelle eucariotiche, che costituiscono tutti gli altri esseri viventi.

La cellula animale e la cellula vegetale La cellula eucariotica è più grande e complessa di quella procariotica, ed ha al suo interno vari compartimenti (gli organuli, tra cui un nucleo che contiene il DNA). Esistono due tipi di cellule eucariotiche, la cellula animale e quella vegetale.

La membrana plasmatica e la comunicazione tra cellule La membrana plasmatica è costituita da un doppio strato di fosfolipidi e avvolge la cellula; il ruolo della membrana comprende la regolazione del passaggio dei materiali e il riconoscimento di segnali extracellulari.

Il sistema delle membrane interne Il nucleo, l’organulo più voluminoso, contiene i cromosomi, in cui risiedono le informazioni ereditarie. In continuità con la membrana nucleare si trova il reticolo endoplasmatico, in cui sono sintetizzate proteine e altre molecole.

Gli organuli che trasformano l’energia: i mitocondri e i cloroplasti Le reazioni che trasformano l’energia nella cellula avvengono principalmente in due speciali organuli: i cloroplasti, presenti solo negli organismi autotrofi, e i mitocondri.

La cellula in movimento: citoscheletro, ciglia e flagelli Per muoversi scivolando, mantenere una forma propria e coordinare i movimenti degli organuli, la cellula eucariotica utilizza una rete di filamenti proteici detta citoscheletro. Per muoversi rapidamente in ambiente acquoso alcuni tipi di cellule usano ciglia e flagelli.

67 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

4

lezione

68

obiettivi

la teoria cellulare 쑺 llustrare della vita. l’importanza 쑺 Comprendere del microscopio nello studio delle cellule. la cellula 쑺 Descrivere procariotica.

IL MONDO DELLA CELLULA

Le caratteristiche generali delle cellule 1

Gli esseri viventi sono costituiti da cellule

Nella seconda metà del Seicento visse in Inghilterra una figura singolare di scienziato e inventore: studioso di fisica, paleontologia, chimica e architettura, Hooke affiancò al lavoro di ricerca una frenetica attività di progettazione e perfezionamento di strumenti scientifici. Uno dei risultati più famosi di Hooke riguarda i perfezionamenti apportati al microscopio. Grazie a nuovi sistemi ottici e a un nuovo sistema di illuminazione, Hooke poté effettuare una serie di osservazioni, come per esempio quelle sull’anatomia degli insetti (쑺figura 1A). In una delle sue osservazioni al microscopio, Hooke esaminò alcune sottili fettine di sughero e notò che esse erano costituite da tante piccole cellette separate tra loro (쑺figura 1B). Egli chiamò queste singole unità cellule (in latino cellula significa proprio «piccola stanza»). Tuttavia, né Hooke né gli scienziati suoi contemporanei si resero conto dell’importanza di questa scoperta. Occorsero altri 170 anni prima che il naturalista francese Felix

쑺 Figura 1 A. Un insetto visto al microscopio ottico. B. La sezione di corteccia della quercia da sughero osservata al microscopio da Hooke.

storia della scienza

A

» Robert Hooke (1635-1703) fu un grande sperimentatore inglese e il primo scienziato a percepire uno stipendio: con questa mansione fu assunto dalla Royal Society di Londra. I suoi interessi eclettici lo portarono a occupar-

B

si di tantissime discipline – in molti casi come precursore – ma ad abbandonarle troppo presto perché il suo nome venisse associato per sempre alla scoperta: gettate le basi del nuovo studio, egli lo lasciava subito per dedicarsi ad altro. All’isolamento scientifico in vita e al lungo oblio dopo la morte contribuì la rivalità con Newton che, diventato presidente della Royal Society, si impegnò a cancellare il ricordo dell’avversario. E ne aveva ben donde: fu Hooke infatti a inventare il cosiddetto telescopio newtoniano a riflessione, con cui scoprì la rotazione di Giove, la pompa pneumatica (grazie a cui Boyle formulò la sua

68 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

legge), l’orologio e molti strumenti meteorologici. Ma soprattutto Hooke fu uno dei fondatori dell’ottica ondulatoria, la maggiore rivale della teoria corpuscolare della luce sostenuta da Newton. Uno dei successi di Hooke è connesso ai perfezionamenti da lui apportati al microscopio ottico. I microscopi da lui costruiti, infatti, si avvalevano di nuovi sistemi ottici e di un nuovo sistema di illuminazione, permettendogli una serie di osservazioni che egli espose nel libro Micrographia: dall’anatomia degli insetti alla famosa scoperta, nel sughero, delle cavità separate da pareti che egli chiamò cells.

LE CARATTERISTICHE GENERALI DELLE CELLULE

1

Dujardin notasse all’interno delle cellule la presenza di una sostanza, il citoplasma, che egli descrisse come un «riempimento fluido vivo». Egli capì inoltre che le cellule erano in grado di funzionare autonomamente come organismi unicellulari oppure potevano unirsi a formare esseri viventi pluricellulari. In seguito a una lunga serie di osservazioni sperimentali eseguite da diversi scienziati, tra cui il botanico Matthias J. Schleiden, lo zoologo Theodor Schwan e l’anatomopatologo Rudolf Virchow, nel corso del diciannovesimo secolo venne enunciata la teoria cellulare della vita; tale teoria è tuttora valida e, nella sua attuale formulazione, afferma che: l tutti gli organismi viventi sono costituiti da una o più cellule; l la cellula è la più piccola unità di materia vivente in cui è organizzato un organismo; l tutte le cellule derivano da altre cellule; l le reazioni chimiche svolte dai viventi avvengono all’interno delle cellule; l le cellule contengono le informazioni ereditarie dell’organismo di cui fanno parte; l le informazioni ereditarie si trasmettono dalla cellula madre alla cellula figlia.

RISPON DI

2



Che cosa afferma la teoria cellulare della vita?

Le cellule si osservano con diversi tipi di microscopi

Per osservare e studiare le cellule è necessario usare il microscopio. Nelle scuole si utilizzano di solito i microscopi ottici (쑺figura 2), che funzionano facendo passare un fascio di luce attraverso il campione da osservare. Oggi disponiamo di microscopi ottici con un elevato potere di risoluzione, in grado di farci distinguere due punti distanti tra loro solo 0,2 μm, e con un buon potere d’ingrandimento, cioè capaci di aumentare le dimensioni dell’immagine fino a 1000 volte. Tuttavia, con il microscopio ottico non si possono distinguere le strutture interne delle cellule né è possibile osservare i particolari della loro superficie.

쑽 Figura 2 Foto e disegno schematico di un microscopio ottico.

Queste cellule costituiscono l’epidermide di una cipolla (la pellicina che riveste il bulbo). Il tessuto è stato appoggiato su un vetrino e colorato in modo da mettere in evidenza le pareti cellulari e i nuclei.

oculare

lente dell’oculare tavolino portaoggetti lente dell’obiettivo

campione

lampada

viti per la messa a fuoco

69 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

generatore di elettroni

쑺 Figura 3 Foto e disegno schematico di un microscopio elettronico.

sistema di generazione dell’immagine

fascio di elettroni elettromagneti

rivelatore

LO SAPEVI?

RISPON DI

Se vogliamo osservare la struttura interna di una foglia utilizzando il microscopio ottico è necessario tagliare una fettina così sottile da poter essere attraversata dalla luce. Per ottenere questo risultato occorre utilizzare uno strumento chiamato microtomo. I moderni microtomi sono in grado di ottenere preparati di spessore non superiore ai 20-30 μm; poiché queste misure corrispondono all’incirca a quelle di una cellula eucariotica, con un microtomo è possibile ottenere sezioni che contengono uno strato unico di cellule, evitando così che la sovrapposizione di più strati cellulari possa disturbare la visione.

Che differenza c’è tra potere d’ingrandimento e potere di risoluzione di un microscopio?



campione

Dalla metà del ventesimo secolo i biologi hanno a disposizione un altro tipo di microscopio, il microscopio elettronico. Anziché utilizzare la luce visibile, questo microscopio usa un fascio di elettroni e, al posto delle lenti, utilizza magneti (쑺figura 3). Il microscopio elettronico ha un potere di risoluzione e un potere d’ingrandimento molto maggiori rispetto al microscopio ottico. Esistono due tipi di microscopi elettronici, il microscopio a scansione (SEM) e il microscopio a trasmissione (TEM). Per osservare le cellule con un microscopio a scansione occorre prepararle con un sottilissimo rivestimento metallico, che ha la funzione di impedire agli elettroni di attraversare il campione: pertanto un SEM fornisce un’immagine tridimensionale molto dettagliata e permette di evidenziare tutte le strutture presenti sulla superficie del campione, ma non consente di osservarne l’interno (쑺figura 4A); un TEM, invece, permette di osservare i dettagli interni della cellula (쑺figura 4B). I microscopi elettronici hanno contribuito a migliorare la conoscenza della struttura delle cellule, ma non hanno sostituito del tutto il microscopio ottico; infatti, per osservare una cellula con un microscopio elettronico è necessario mettere il preparato sotto vuoto, ossia senza aria né liquidi: non è quindi possibile studiare campioni vivi, per i quali si continua a usare il microscopio ottico.

쑺 Figura 4 A. Spermatozoi umani visti al microscopio elettronico a scansione (SEM). B. Uno spermatozoo visto al microscopio elettronico a trasmissione (TEM).

B

A

70 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LE CARATTERISTICHE GENERALI DELLE CELLULE

3

1

Tutte le cellule presentano alcune caratteristiche comuni

In base all’organizzazione del materiale genetico e alla presenza di compartimenti cellulari chiamati organuli, è possibile distinguere due tipi di cellule: le cellule procariotiche (tipiche dei microrganismi come batteri e archei) e le cellule eucariotiche, che costituiscono tutti gli altri esseri viventi. Le cellule hanno dimensioni molto varie (쑺figura 5). Le cellule procariotiche, come i batteri, hanno una grandezza pari a 1 ␮m (un milionesimo di metro). Le cellule eucariotiche invece sono più grandi, con dimensioni comprese tra i 10 e i 100 ␮m. La cellula uovo umana è la sola cellula del nostro corpo visibile a occhio nudo, mentre le uova di gallina sono costituite da un’unica cellula e misurano alcuni centimetri perché devono contenere tutto il nutrimento necessario all’embrione per svilupparsi in un pulcino.



Quali strutture hanno in comune tutte le cellule?

쑸 Figura 5 Confronto tra le di-

10 cm uovo di gallina (diametro di 5 cm)

mensioni delle cellule eucariotiche, delle cellule procariotiche e dei virus.

1 cm

millimetri

centimetri

RISPON DI

Tutte le cellule, da quelle di un batterio a quelle di un elefante, presentano tre strutture fondamentali comuni: la membrana plasmatica, il citoplasma e il materiale genetico. 1. La membrana plasmatica è un involucro che delimita la cellula separandola dalle altre cellule e dall’ambiente circostante; inoltre, essa regola il passaggio di varie sostanze verso l’interno e l’esterno della cellula stessa. 2. Il citoplasma è una soluzione gelatinosa, ricca di acqua, sali minerali e sostanze organiche, nella quale si compie gran parte delle funzioni cellulari. 3. Il materiale genetico (DNA) è la sostanza in cui sono immagazzinate tutte le informazioni necessarie per la regolazione delle attività cellulari e per la determinazione delle caratteristiche di ogni singola cellula.

Questa cellula uovo umana ha un diametro di circa 0,1 mm. 1 mm

micron

100 µm

cellula uovo umana

50 ␮m 25 ␮m 10 ␮m

cellula animale

1 µm

batterio

100 nm

nanometri

virus

Questo virus misura circa 100 nm (1 nm ⫽ 10⫺9 m).

10 nm

71 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

RISPON DI

4



Quali strutture sono presenti in una cellula procariotica?

쑽 Figura 6 A. Escherichia coli fa parte della flora batterica del nostro intestino. B. Struttura di una generica cellula procariotica.

A

Le cellule procariotiche sono le cellule più semplici e più antiche

Le prime cellule comparvero sulla Terra circa 3,5 miliardi di anni fa; anche se non esistono reperti fossili di questi organismi, i biologi ritengono che essi avessero una struttura molto simile a quella degli attuali batteri. I batteri sono tuttora le forme di vita più numerose presenti sul nostro pianeta; essi hanno dimensioni piccolissime, comprese tra 0,2 e 10 μm (1 μm equivale a un millesimo di millimetro) e, come gli archei, sono costituiti da cellule procariotiche (쑺figura 6). Nella cellula procariotica il materiale genetico è presente sotto forma di un’unica molecola circolare, il cromosoma batterico; questo cromosoma è costituito principalmente da DNA. Il DNA è una grande molecola formata da una sequenza di nucleotidi; all’interno di questa sequenza è contenuta l’informazione genetica, cioè il «programma» che stabilisce le varie attività che la cellula deve svolgere. Il DNA ha anche la capacità di duplicarsi in modo che, quando una cellula si divide, una copia dell’informazione possa essere trasmessa a ciascuna delle due cellule figlie. La zona del citoplasma in cui si trova concentrato il DNA è chiamata nucleoide. Oltre al nucleoide, nel citoplasma della cellula procariotica si trovano i ribosomi, piccole strutture tondeggianti che hanno il compito di costruire le proteine sotto il diretto controllo del DNA. All’esterno della membrana sono presenti alcune strutture tipiche: l la parete cellulare, un rivestimento rigido con funzione protettiva; l i flagelli, lunghe appendici filamentose che hanno la funzione di consentire alla cellula di muoversi in ambiente acquoso; l altri tipi di appendici chiamate pili, più corte e molto più numerose, utili per aderire alle superfici oppure ad altre cellule. membrana plasmatica DNA

flagelli

ribosomi nel citoplasma

parete cellulare B

pili

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  cellula  microscopio ottico  microscopio elettronico  membrana plasmatica  citoplasma  nucleoide  materiale genetico  pilo  parete cellulare  flagello  cellula procariotica

1. Che cosa significa la parola cellula? Da chi venne usata per la prima volta? 2. Dove si svolgono le funzioni fisiologiche nelle cellule procariotiche? 3. Che cosa sono e che ruolo hanno i pili e i flagelli? 4. Le dimensioni dell’uovo di gallina dipendono dal fatto che:

A è formato da molte cellule che si riuniscono a costituire il gamete femminile

B più è grande l’animale che l’ha prodotto più sono grandi i suoi gameti

C deve contenere tutte le sostanze nutritive necessarie allo sviluppo dell’embrione

72 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

D tutte le cellule eucariotiche hanno più o meno le sue stesse dimensioni 5. Le cellule procariotiche possono avere dimensioni:

A B C D

maggiori di quelle eucariotiche anche di alcuni centimetri inferiori ai 10 μm visibili a occhio nudo

6. Con un microscopio elettronico non si possono osservare:

A B C D

le cellule in movimento gli organuli cellulari i batteri le cellule vegetali

LA CELLULA ANIMALE E LA CELLULA VEGETALE

Se escludiamo i batteri e gli archei, tutti gli altri organismi viventi, dai semplici unicellulari fino ai mammiferi, sono costituiti da cellule eucariotiche. Le cellule eucariotiche sono chiamate così perché possiedono un vero e proprio nucleo più o meno sferico; l’aggettivo eucariotico significa infatti «con nucleo ben definito», dal greco eu, bene, e karion, nucleo. Il nucleo è circondato da un involucro chiamato membrana nucleare e contiene il materiale genetico della cellula. La caratteristica che maggiormente distingue la cellula procariotica da quella eucariotica è la «suddivisione dei compiti». Nei batteri e negli archei tutte le funzioni fisiologiche, come digerire il cibo o produrre energia, vengono svolte nel citoplasma o sulla membrana plasmatica; nelle cellule eucariotiche, invece, ogni funzione viene svolta in un compartimento specifico chiamato organulo, separato dal resto della cellula da una membrana molto simile alla membrana plasmatica. Questa suddivisione in compartimenti rende le cellule eucariotiche più efficienti di quelle dei procarioti, perché al loro interno possono avvenire contemporaneamente reazioni metaboliche complesse che richiedono condizioni differenti. Le cellule eucariotiche, comparse sulla Terra circa 1,5 miliardi di anni fa, costituiscono le piante e gli animali, ma anche i funghi e i protisti. Esseri viventi molto diversi come un ippopotamo, una quercia e un fungo prataiolo possiedono infatti la stessa organizzazione cellulare, anche se, come vedremo nel prossimo paragrafo, le cellule delle piante presentano alcune differenze rispetto alle cellule animali.

Il citoplasma delle cellule eucariotiche è suddiviso in compartimenti chiamati organuli.

L’ameba è un protista unicellulare che si muove cambiando la propria forma.

obiettivi

analogie 쑺 Spiegare e differenze tra cellula procariotica ed eucariotica.



Individuare le analogie e le differenze tra la cellula eucariotica animale e quella vegetale.

RISPON DI

Le cellule eucariotiche hanno numerosi organuli, ciascuno con un compito specifico

lezione

La cellula animale e la cellula vegetale 5

2

2

Quale caratteristica rende la cellula eucariotica più efficiente di quella procariotica?



쑸 Figura 7 Le cellule eucariotiche hanno una struttura più complessa di quelle procariotiche.

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ANIMAZIONE 쐌 Cellule procariotiche ed eucariotiche

73 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

CELLULA ANIMALE

poro nucleare nucleo

nucleolo

reticolo endoplasmatico liscio

membrana nucleare flagello reticolo endoplasmatico ruvido

lisosoma

vescicola

citoscheletro

apparato di Golgi

ribosoma membrana plasmatica

A

쒀 Figura 8 A. Una cellula eucariotica animale. B. Una cellula eucariotica vegetale. Gli organuli evidenziati in blu sono tipici delle cellule animali; quelli evidenziati in giallo si trovano solo nelle cellule vegetali.

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ANIMAZIONE 쐌 Cellule vegetali e animali

RISPON DI

centriolo

mitocondrio



Quali peculiarità presenta la cellula vegetale?

6

La cellula eucariotica è molto più complessa di quella procariotica

Nella 쑺figura 8 puoi vedere una rappresentazione schematica delle strutture interne presenti in una cellula eucariotica animale e in una vegetale. Come abbiamo visto nella lezione precedente, le cellule eucariotiche hanno dimensioni maggiori di quelle procariotiche; inoltre, esse presentano al loro interno numerosi organuli circondati da membrana, ciascuno dei quali svolge un compito specifico. Le strutture e le funzioni dei diversi organuli presenti nelle cellule eucariotiche saranno oggetto di studio delle prossime lezioni; per ora ci limitiamo a osservare le figure nelle quali si nota che il nucleo, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico e l’apparato di Golgi sono comuni sia alle cellule vegetali sia a quelle animali, mentre i lisosomi, il centriolo e il flagello si trovano solo in quelle animali. L’organizzazione della cellula vegetale, pur essendo molto simile a quella della cellula animale, presenta alcune peculiarità: l la parete cellulare è una struttura rigida costituita prevalentemente da cellulosa posta all’esterno della membrana plasmatica, che ha il compito di sostenere la cellula e di conferirle una forma poligonale; l i cloroplasti, nei quali avviene la fotosintesi; l il vacuolo centrale, che ha funzione di serbatoio e può contenere acqua, sostanze nutritive o prodotti di rifiuto.

74 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA CELLULA ANIMALE E LA CELLULA VEGETALE

CELLULA VEGETALE poro nucleare

nucleo

membrana nucleare

2

reticolo endoplasmatico ruvido

nucleolo

reticolo endoplasmatico liscio

cloroplasto

vacuolo centrale ribosomi

apparato di Golgi

mitocondrio

citoscheletro

parete cellulare

membrana plasmatica

B

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  cellula eucariotica  nucleo  organulo  parete cellulare  cloroplasto  vacuolo centrale

1. Che cos’è un organulo? 2. Che funzione ha la parete della cellula vegetale? 3. Quali caratteristiche hanno in comune le cellule procariotiche ed eucariotiche?

C contiene DNA come materiale genetico

D suddivide il suo interno in diversi compartimenti 6. Le strutture comuni sia alla cellula vegetale sia a quella animale sono:

4. Quali caratteristiche distinguono la cellula animale da quella vegetale?

A la membrana plasmatica, la pare-

5. La cellula eucariotica, a differenza di quella procariotica:

B la membrana plasmatica, il nu-

A possiede una membrana plasma-

C il nucleo, i mitocondri, il vacuolo

tica

B può avere la parete cellulare

te cellulare, i mitocondri cleo, i cloroplasti centrale

D i ribosomi, il nucleo, i mitocondri

75 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

4

capitolo

IL MONDO DELLA CELLULA

La membrana plasmatica e la comunicazione tra cellule

lezione

76

7

obiettivi

la struttura della 쑺 Descrivere membrana plasmatica. tra diffusione 쑺 Distinguere semplice, diffusione

Come abbiamo visto nella prima lezione, la membrana plasmatica è una delle strutture più importanti della cellula ed è presente in tutte le cellule, sia procariotiche sia eucariotiche. Essa separa la cellula dall’ambiente circostante, mantiene l’equilibrio idrico e salino al suo interno, riceve e seleziona le informazioni provenienti dall’esterno e regola il passaggio delle sostanze nutritive e dei materiali di rifiuto. La membrana plasmatica è costituita principalmente da un doppio strato di fosfolipidi nel quale sono inserite numerose molecole proteiche (쑺figura 9). Nella struttura dei fosfolipidi è possibile distinguere due regioni: la parte lipidica è formata da due lunghe catene apolari (le «code») la cui caratteristica principale è quella di non sciogliersi in acqua; per questo vengono dette idrofobiche.

facilitata e trasporto attivo. in relazione osmosi 쑺 Mettere e concentrazioni di soluti. le funzioni delle 쑺 Descrivere proteine di membrana. RISPON DI

La membrana plasmatica mette la cellula in comunicazione con l’ambiente



Perché la struttura della membrana plasmatica è detta a mosaico fluido?

ambiente extracellulare proteine

쑺 Figura 9 La membrana plasmatica è costituita da un doppio strato di fosfolipidi nel quale sono inserite molecole proteiche.

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ANIMAZIONE 쐌 La membrana plasmatica

doppio strato di fosfolipidi interno della cellula (citoplasma)

쑺 Figura 10 La molecola di un fosfolipide è costituita da un gruppo fosfato, «testa», e da due catene lipidiche, «code».

testa idrofila

code idrofobiche

L’altra regione della molecola, che comprende il glicerolo e il gruppo fosfato, corrisponde alla «testa» ed è polare; le teste sono idrofile (쑺figura 10), cioè hanno affinità per l’acqua, e si dispongono verso l’esterno, diversamente dalle code idrofobiche le quali invece si orientano verso l’interno del doppio strato. La membrana plasmatica non è rigida; solo alcune molecole proteiche appaiono ancorate in determinati punti, mentre altre proteine e i fosfolipidi hanno una notevole libertà di movimento laterale, formando di volta in volta configurazioni diverse. Per tale motivo, la membrana plasmatica viene descritta come un mosaico fluido. Una certa stabilità è conferita alla membrana delle cellule animali dal colesterolo; dalla percentuale di questa molecola piuttosto rigida dipende appunto il grado di fluidità della membrana plasmatica che si riduce all’aumentare del contenuto in colesterolo.

76 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA MEMBRANA PLASMATICA E LA COMUNICAZIONE TRA CELLULE

La membrana plasmatica si lascia attraversare liberamente da alcune sostanze e non da altre

La diffusione semplice è il processo mediante il quale delle particelle che si muovono all’interno di un ambiente liquido o gassoso tendono, con il passare del tempo, a distribuirsi uniformemente. Per capire meglio il fenomeno della diffusione, pensa a che cosa accade mettendo una zolletta di zucchero in un bicchiere pieno d’acqua; dopo un po’ di tempo, tutta l’acqua del bicchiere risulta dolce. Analogamente, come vedi nella 쑺figura 11, se aggiungi all’acqua alcune gocce d’inchiostro, si formerà poco dopo una soluzione di colore uniforme, dovuta al mescolamento delle particelle di inchiostro con le particelle di acqua. Questi sono due esempi di diffusione: a causa del loro moto casuale, le particelle tendono a distribuirsi in modo omogeneo in tutto lo spazio che hanno a disposizione. Il processo avviene perché le particelle tendono a diffondere dalla zona dove esse sono più concentrate a quella dove sono meno concentrate, ossia a distribuirsi secondo il proprio gradiente di concentrazione; con il passare del tempo, tuttavia, proprio grazie al movimento continuo delle particelle, la concentrazione diventerà uniforme, il gradiente si annullerà e il sistema raggiungerà l’equilibrio. L’inchiostro si diffonde creando una soluzione con un colore uniforme.

Si versano in un contenitore cilindrico gocce di inchiostro di 3 colori.



Che cosa si intende per diffusione?

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La permeabilità selettiva delle membrane

쑽 Figura 11 Il fenomeno della diffusione.

L’inchiostro rosso, il verde e il blu avranno la stessa concentrazione in ogni punto del contenitore.

Ciascun colore diffonde verso la zona in cui ha concentrazione minore.

Dopo 5 minuti.

RISPON DI

8

3

Dopo 10 minuti.

Le sostanze possono muoversi per diffusione all’interno di una cellula. Solo alcune di 쑽 Figura 12 Diffusione facilitata attraverso una membrana esse, tuttavia, possono attraversare liberamente la membrana plasmatica; le membrane plasmatica. biologiche, infatti, sono selettivamente permeabili, cioè si lasciano attraversare da alcune piccole molecole, come l’ossigeno, il diossido di carbonio, l’acqua e da alcune sostanze capaci di sciogliersi nei lipidi, ma sono impermeabili ad altre sostanze. Nella diffusione facilitata una proteina funge da canale d’acLa diffusione attraverso la membrana è un esempio di trasporto passivo, perché avcesso per alcune molecole. viene senza consumo di energia da parte della cellula: è il movimento casuale delle molecole che le fa spostare tra i soluto diversi compartimenti. Altre molecole indispensabili per la vita, come gli zucconcentrazione alta cheri, gli amminoacidi e i sali minerali, non riescono ad attraversare la membrana plasmatica per diffusione semplice, perché sono troppo grandi oppure perché sono fortemente polari; tali molecole possono però entrare ugualmente nella cellula grazie all’intervento di alcune proteine membrana di membrana che hanno funzione di trasporto e che forplasmatica mano nel doppio strato lipidico dei veri e propri «canali» per consentire il passaggio delle molecole. Ogni sostanza è riconosciuta da una specifica proteina trasportatrice che è in grado di farle attraversare la memconcentrazione proteina brana; questo processo è chiamato diffusione facilitata. bassa di trasporto Anche la diffusione facilitata è un tipo di trasporto passivo ed è il modo con cui il glucosio (una delle più importanti sostanze nutritive) entra nelle cellule (쑺figura 12).

77 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

9 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

RISPON DI

쐌 L’osmosi



Che cos’è l’osmosi?

쑽 Figura 13 Il fenomeno dell’osmosi.

La diffusione dell’acqua attraverso una membrana a permeabilità selettiva avviene per osmosi

Immagina di avere a disposizione un sacchetto sigillato pieno di acqua zuccherata immerso in un recipiente con una soluzione meno concentrata di zucchero (쑺figura 13A). La parete del sacchetto (la membrana) è semipermeabile, cioè può essere attraversata dalle molecole d’acqua ma non da quelle di zucchero. La soluzione con una minore concentrazione di soluto (lo zucchero) è detta ipotonica (ipo significa «poco»), mentre quella a concentrazione maggiore è detta ipertonica (iper significa «molto»). L’acqua contenuta nel recipiente (dove si trova la soluzione ipotonica) tenderà a diffondere attraverso la membrana verso l’interno del sacchetto (soluzione ipertonica). Le molecole di zucchero, invece, non sono in grado di attraversare la membrana. In seguito al flusso dell’acqua, il volume di soluzione all’interno del sacchetto aumenterà e, se il sacchetto è abbastanza grande, la concentrazione di zucchero finirà per essere la stessa da entrambi i lati della membrana (쑺figura 13B). Due soluzioni che contengono uguale concentrazione di soluto si dicono isotoniche (iso significa «uguale»). Il processo di diffusione dell’acqua attraverso una membrana semipermeabile è detto osmosi.

Un sacchetto semipermeabile è immerso in una soluzione ipotonica: l’acqua entra per osmosi.

molecola di zucchero

soluzione ipertonica soluzione ipotonica

flusso netto di acqua

A

OSMOSI

RISPON DI

10 Che cosa succede a una cellula animale quando l’ambiente extracellulare è ipertonico rispetto a quello intracellulare?



쑽 Figura 14 Un globulo rosso immerso in soluzioni a concentrazione differente. in una soluzione isotonica

Tante molecole di acqua entrano nel globulo rosso quante ne escono.

Il volume del sacchetto aumenta finché non si raggiunge l’equilibrio.

soluzioni isotoniche

membrana semipermeabile

B

EQUILIBRIO

Il bilancio idrico all’interno delle cellule animali

Nella 쑺figura 13 puoi notare che, via via che l’acqua entra nel sacchetto, le soluzioni ai due lati della membrana tendono a diventare isotoniche e il sacchetto si dilata perché ingloba acqua. Che cosa succederebbe a una cellula animale se venisse posta in una soluzione ipotonica, cioè con una concentrazione di soluti inferiore a quella del citoplasma? L’acqua inizierebbe ad entrare nella cellula, che si gonfierebbe fino a scoppiare. Al contrario, se fosse posta in un ambiente ipertonico rispetto al citoplasma, la cellula perderebbe acqua, avvizzirebbe e morirebbe. 쑺La figura 14 mostra l’effetto di queste due diverse condizioni su un globulo rosso: un globulo rosso normale ha una forma simile a un cuscino rotondo leggermente schiacciato al centro; quando l’ambiente in cui si trova non è isotonico, il globulo rosso si deforma. in una soluzione ipotonica

Le molecole di H2O entrano nel globulo rosso che si gonfia e scoppia.

78 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

in una soluzione ipertonica

Le molecole di H2O escono dal globulo rosso che si raggrinzisce.

LA MEMBRANA PLASMATICA E LA COMUNICAZIONE TRA CELLULE

11

3

Il bilancio idrico all’interno delle cellule vegetali

Il trasporto attivo comporta dispendio di energia

Talvolta, la cellula deve trasportare sostanze da una zona in cui sono meno concentrate a una zona dove sono più concentrate; questo trasporto avviene contro il gradiente di concentrazione, ossia in direzione contraria a quella della diffusione. Come nella diffusione facilitata, anche in questo caso la cellula utilizza delle speciali proteine di trasporto chiamate pompe; in questo caso però il processo non è spontaneo ma richiede da parte della cellula un «lavoro», che comporta un consumo di energia. Un processo di trasporto che richiede energia alla cellula si definisce trasporto attivo (쑺figura 16). Il trasporto attivo svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’ambiente chimico cellulare. Per esempio, rispetto all’ambiente extracellulare, una cellula animale ha una concentrazione maggiore di ioni potassio (K+) e minore di ioni sodio (Na+). La membrana plasmatica contribuisce a mantenere tale differenza di concentrazione tra l’interno e l’esterno della cellula pompando continuamente potassio verso l’interno della cellula e sodio verso l’esterno grazie a una proteina detta pompa sodio-potassio che consuma ATP. Questo tipo di trasporto è fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose. Durante il trasporto attivo, la proteina consuma energia per trasportare le particelle di soluto dall’ambiente dove sono meno concentrate a quello dove lo sono di più. concentrazione inferiore

MO 82⫻

RISPON DI

12

Che cosa succede ad una cellula vegetale se è in un ambiente ipertonico?

RISPON DI

MO 84⫻

La cellula vegetale in A causa della presenza di una parete cellulare rigida, membrana un ambiente ipotonico le cellule vegetali hanno problemi di bilancio idrico plasmatica diventa turgida. differenti da quelle animali. Messa in un ambiente ipotonico, una cellula vegetale rimane turgida e vitale per effetto del flusso di acqua in ingresso (쑺figura 15A). La parete cellulare, pur espandendosi leggermente, si oppone all’immissione eccessiva di acqua; la cellula quindi non scoppia, come farebbe invece una cellula La cellula vegetale in un ambiente ipertonico avanimale. vizzisce e la sua memIn un ambiente isotonico (che è l’ideale per una celbrana cellulare si stacca parete cellulare dalla parete. lula animale), non si verifica ingresso di acqua dall’esterno e la cellula vegetale tende a diventare flacB cida; in queste condizioni le piante non legnose, come le A piante d’appartamento, tendono ad afflosciarsi. 쒀 Figura 15 Cellula vegetale In un ambiente ipertonico, infine, una cellula vegetale si trova in difficoltà come una celimmersa in soluzioni a diversa lula animale: perde acqua e avvizzisce, e la sua membrana plasmatica si distacca dalla concentrazione. parete (쑺figura 15B). In queste condizioni, le cellule vegetali non possono sopravvivere.

Che differenza c’è tra trasporto attivo e trasporto passivo?

쑺 쑺

쑽 Figura 16 Il trasporto attivo.

concentrazione inferiore

particelle ell di soluto

proteine di trasporto

energia

concentrazione maggiore

concentrazione maggiore

79 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

RISPON DI

13



Che differenza c’è tra pinocitosi e fagocitosi?

Le grosse molecole o i frammenti cellulari entrano nella cellula per endocitosi ed escono per esocitosi

Non potendo attraversare liberamente la membrana plasmatica, le molecole di grosse dimensioni (come le proteine), i frammenti cellulari da digerire e i batteri o virus da distruggere entrano nella cellula tramite un processo chiamato endocitosi. Le particelle vengono inizialmente a contatto con la membrana plasmatica; la membrana quindi si introflette e le particelle vengono inglobate in una vescicola (쑺figura 17). Se all’interno della vescicola le particelle trasportate sono solide, il fenomeno è chiamato fagocitosi; viene detto invece pinocitosi se all’interno ci sono goccioline di liquido. Una volta formatasi, la vescicola si stacca dalla membrana e si dirige verso un lisosoma dentro cui riversa il materiale da digerire o da distruggere.

쑺 Figura 17 Il processo dell’endocitosi.

La membrana si chiude intorno alla molecola.

La membrana si introflette.

Si forma una vescicola che si stacca ed entra nel citoplasma.

La cellula eucariotica produce anche molecole complesse che in alcuni casi devono essere riversate all’esterno e inviate ad altre cellule. È questo il caso, per esempio, degli ormoni, messaggeri chimici che servono alla comunicazione cellulare. Le biomolecole sintetizzate dentro la cellula possono essere trasportate all’esterno tramite l’esocitosi, un processo che prevede la fusione con la membrana plasmatica delle vescicole contenenti i materiali da riversare all’esterno (쑺figura 18). 쑺 Figura 18 Il processo dell’eso-

…e l’espulsione del contenuto.

citosi.

Avvengono la fusione con la membrana cellulare… La vescicola contenente macromolecole si sposta verso la membrana cellulare.

80 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

LA MEMBRANA PLASMATICA E LA COMUNICAZIONE TRA CELLULE

14

Oltre a regolare gli scambi con l’esterno, le proteine di membrana svolgono altre importanti funzioni

Oltre a regolare gli scambi di sostanze tra la cellula e l’ambiente esterno, le proteine di membrana svolgono diverse altre funzioni. Alcune di esse costituiscono le cosiddette impronte molecolari che conferiscono alla cellula una speciale identità. Come per le impronte digitali, anche le impronte molecolari sono caratteristiche di ogni singolo individuo; grazie a queste proteine, le cellule appartenenti a un dato organismo si differenziano da quelle estranee. Le impronte molecolari sono tanto più simili quanto più gli individui sono legati da parentela stretta (i gemelli identici hanno le stesse proteine di membrana) (쑺figura 19).

LO SAPEVI? I trapianti consistono nel prelevare un organo da un soggetto donatore e nel trasferirlo in un soggetto ricevente al posto di un organo malfunzionante. La possibilità che un trapianto attecchisca è legata soprattutto alla compatibilità tra le cellule che si vengono a trovare a diretto contatto. La presenza di cellule trapiantate suscita una reazione di difesa da parte dell’organismo ricevente, che termina con il rigetto dell’organo trapiantato.

쑸 Figura 19 I gemelli identici (o

Un altro gruppo di proteine di membrana svolge la funzione di enzimi, ossia di molecole in grado di velocizzare le reazioni chimiche (vedi il capitolo 3); nei procarioti, per esempio, la maggior parte delle reazioni cellulari avviene sulla membrana plasmatica grazie agli enzimi presenti su di essa. Vi sono poi altre proteine di membrana che si comportano da recettori; esse sono piccole antenne molecolari in grado di riconoscere i segnali provenienti dall’esterno della cellula e trasmettere il «messaggio» al suo interno.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. In che cosa consiste il fenomeno della diffusione? Fai alcuni esempi. 2. Descrivi il processo dell’esocitosi.

parole chiave

3. Che cosa si intende per impronta molecolare?

 gradiente di concentrazione  trasporto passivo  enzima 4. Quale tra le seguenti affermazioni ri proteina di membrana guardanti il trasporto attivo non è  diffusione facilitata vera?  ipotonico  ipertonico A avviene contro il gradiente di  isotonico  osmosi concentrazione  trasporto attivo  endocitosi  recettore B utilizza trasportatori proteici  esocitosi  impronta C viene utilizzato dall’ossigeno molecolare

D consuma energia cellulare

RISPON DI

monozigoti) derivano da una singola cellula uovo fecondata che dà origine a due embrioni; i gemelli possiedono pertanto lo stesso patrimonio genetico.



Quale funzione svolgono le proteine recettrici di membrana?

5. Le grosse molecole proteiche o i frammenti cellulari possono entrare nella cellula tramite il processo di:

A B C D

endocitosi diffusione semplice trasporto attivo diffusione facilitata

6. Le molecole più abbondanti nella struttura della membrana plasmatica sono:

A B C D

i fosfolipidi le proteine l’acqua gli zuccheri

81 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

Il sistema delle membrane interne

lezione

82

15

obiettivi

il ruolo del nucleo 쑺 Spiegare nella cellula eucariotica. la funzione 쑺 Descrivere dei ribosomi, dei reticoli

Il nucleo e i ribosomi elaborano l’informazione genetica

Come abbiamo visto nella prima lezione di questo capitolo, la caratteristica che maggiormente distingue la cellula procariotica da quella eucariotica è la «suddivisione dei compiti»: nella cellula eucariotica infatti ogni funzione avviene in un compartimento cellulare separato dal citoplasma da una membrana. L’organulo più voluminoso è il nucleo, circondato da una doppia membrana attraversata da pori che permettono l’ingresso e l’uscita delle sostanze. Il nucleo contiene il materiale genetico della cellula, costituito da DNA avvolto intorno a particolari proteine. Osservato al microscopio elettronico, il materiale genetico assume l’aspetto di un gomitolo aggrovigliato (쑺figura 20) che risulta facilmente colorabile con sostanze chimiche e viene pertanto chiamato cromatina (dalla parola greca croma, colore).

endoplasmatici e dell’apparato di Golgi. le funzioni 쑺 Confrontare dei lisosomi e dei vacuoli.

nucleolo

cromatina

poro nucleare

A

쒀 Figura 20 A. Il nucleo di una cellula animale. B. Fotografia al microscopio elettronico del nucleo.

쑺 Figura 21 Cellule vegetali in divisione.

Durante la divisione sono visibili i cromosomi.

membrana nucleare

B

Durante la divisione cellulare, la cromatina si avvolge su se stessa compattandosi e dando origine a piccolissime strutture dall’aspetto di bastoncelli, i cromosomi (쑺figura 21). Nei cromosomi risiedono tutte le informazioni necessarie per dirigere le attività della cellula. Quando, per esempio, una cellula ha bisogno di energia, manda dei messaggi al nucleo il quale si attiva determinando la sintesi degli enzimi che regolano le reazioni chimiche in grado di ricavare energia dai nutrienti. Nel nucleo è anche presente il nucleolo, dove vengono fabbricati i ribosomi: queste piccole strutture tondeggianti, costituite da RNA e proteine, sono il sito dove ha luogo la sintesi delle proteine sulla base delle istruzioni contenute nel DNA. I ribosomi sono presenti sia nelle cellule procariotiche sia nelle

82 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL SISTEMA DELLE MEMBRANE INTERNE

4

cellule eucariotiche, dove possono essere liberi nel citoplasma oppure, come vedremo, addossati alle membrane del reticolo endoplasmatico. Il loro numero varia da qualche migliaio nei procarioti fino a qualche milione negli eucarioti. I ribosomi dei procarioti presentano alcune differenze nella struttura e nella composizione rispetto a quelli delle cellule eucariotiche; questo fatto rende possibili trattamenti con farmaci che aggrediscano solo i ribosomi batterici senza danneggiare quelli del paziente.

RISPON DI

16



Che differenza c’è tra cromatina e cromosomi?

Il reticolo endoplasmatico costruisce biomolecole che vengono poi elaborate nell’apparato di Golgi

A diretto contatto con la membrana nucleare si trova il reticolo endoplasmatico. Questo organulo è costituito da una serie di sacchetti membranosi collegati tra loro a formare una sorta di «rete stradale» che consente il trasferimento delle sostanze da una parte all’altra della cellula (쑺figura 22). Alcune di queste «strade» sono punteggiate di ribosomi; a causa dell’aspetto che assume al microscopio elettronico, questa parte del reticolo viene detta reticolo endoplasmatico ruvido (RER). La funzione principale del RER è sintetizzare le proteine. Nella porzione di reticolo priva di ribosomi, che è detta reticolo endoplasmatico liscio (REL), vengono invece sintetizzate altre biomolecole come i fosfolipidi e gli ormoni steroidei. Il REL ha anche la funzione di immagazzinare ioni calcio, indispensabili per innescare la contrazione muscolare; inoltre, è responsabile della trasformazione chimica di sostanze tossiche, farmaci e pesticidi. Una volta sintetizzate, le proteine e le altre molecole vengono impacchettate in vescicole di trasporto che si staccano dal reticolo endoplasmatico per uscire dalla cellula o per raggiungere l’apparato di Golgi, dove terminerà la loro elaborazione: è in questo organulo, per esempio, che le proteine assumono la loro forma tridimensionale.

쑽 Figura 22 A. Il reticolo endoplasmatico (RE). B. Fotografia al microscopio elettronico del reticolo endoplasmatico ruvido.

reticolo endoplasmatico liscio

Nel RER sono visibili i ribosomi che hanno il compito di sintetizzare le proteine.

A

reticolo endoplasmatico ruvido

B

83 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

IL MONDO DELLA CELLULA

vescicola diretta alla membrana

Colorizzata SEM 55 000⫻

capitolo

Il compito dell’apparato di Golgi è di modificare, assemblare e smistare le molecole prodotte dal reticolo endoplasmatico. vescicola proveniente dal RE

apparato di Golgi

A

쒀 Figura 23

RISPON DI

A. L’apparato di Golgi. B. Fotografia al microscopio elettronico dell’apparato di Golgi.

In che cosa differiscono le funzioni del reticolo endoplasmatico da quelle dell’apparato di Golgi?



B

L’apparato di Golgi (쑺figura 23) prende il nome dal biologo e medico italiano Camillo Golgi (1843-1926) che nel 1898 lo individuò osservando le cellule al microscopio ottico; si tratta di un organulo formato da sacchetti appiattiti e impilati che ha il compito di modificare le molecole prodotte dal reticolo endoplasmatico per poi smistarle ai vari compartimenti cellulari, o di farle uscire da essa, racchiuse in vescicole. Nelle cellule animali possono essere presenti alcune decine di apparati di Golgi; nelle cellule vegetali, dove questi organuli partecipano alla costruzione della parete cellulare, se ne possono contare alcune centinaia.

17

I vacuoli possono immagazzinare sostanze nutritive

I vacuoli sono delle cavità circondate da membrana e ripiene di liquido che hanno la funzione di serbatoio di acqua, sostanze nutritive o prodotti di rifiuto. I vacuoli sono particolarmente evidenti nelle cellule vegetali: in una cellula matura, il vacuolo centrale può occupare fino al 90% dello spazio interno (쑺figura 24) e, riempiendosi di acqua per osmosi, può far aumentare enormemente il volume cellulare. Nelle cellule dei fiori, invece, i vacuoli sono pieni di pigmenti colorati, che hanno lo scopo di attirare gli insetti. Alcuni protisti, come il paramecio, possiedono diversi tipi di vacuoli che svolgono varie funzioni: i vacuoli alimentari, al cui interno vengono racchiuse e demolite le particelle di cibo, e i vacuoli contrattili, capaci di regolare l’equilibrio idrico e salino all’interno della cellula in base alle variazioni dell’ambiente esterno. Quando il paramecio si trova in 쑺 Figura 24 Fotografia al microscopio elettronico di una cellula vegetale con un grande vacuolo centrale.

vacuolo

84 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Il vacuolo centrale può occupare la maggior parte del volume della cellula.

un ambiente ipotonico il vacuolo si contrae espellendo l’acqua in eccesso che tende a entrare per osmosi, impedendo che la cellula si rigonfi eccessivamente; se al contrario la cellula si trova in un ambiente con elevata concentrazione di soluti, il vacuolo assorbe acqua opponendosi al raggrinzimento della cellula (쑺figura 25).



Quali funzioni svolge il vacuolo centrale nella cellula vegetale?

I lisosomi e i perossisomi demoliscono le sostanze alimentari e di rifiuto delle cellule

I lisosomi (쑺figura 26) sono organuli ricchi di enzimi digestivi in grado di scomporre le macromolecole (polisaccaridi, proteine lipidi e acidi nucleici) in molecole semplici utilizzabili dalla cellula per ottenere energia o materiale per costruire le proprie strutture. Se questi enzimi fossero sparsi nel citoplasma e non isolati in un organulo, la cellula digerirebbe se stessa danneggiandosi. I lisosomi partecipano anche alla distruzione dei batteri nocivi che possono invadere la cellula e demoliscono gli organuli danneggiati riciclandone le componenti. I perossisomi, infine, sono la sede di alcune reazioni chimiche che demoliscono sostanze nocive per la cellula; per esempio contengono l’enzima catalasi, capace di scomporre il perossido di idrogeno (l’acqua ossigenata), un composto molto tossico per la cellula che si può formare durante il metabolismo, in acqua e ossigeno. Il vacuolo contrattile serve agli organismi unicellulari a regolare l’equilibrio idrico della cellula.

Gli organuli colorati di rosso sono lisosomi che contengono enzimi digestivi.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP 쐌 Vacuoli in un paramecio

RISPON DI

18

4 RISPON DI

IL SISTEMA DELLE MEMBRANE INTERNE



Perché gli enzimi digestivi non possono essere sparsi nel citoplasma?

쑸 Figura 26 Questa immagine al microscopio elettronico a trasmissione mostra un macrofago, un tipo particolare di globulo bianco che è in grado di inglobare e digerire batteri, polline e altre particelle. Per questo motivo i macrofagi sono molto ricchi di lisosomi.

쒀 Figura 25 I vacuoli contrattili sono tipici dei protisti unicellulari, come questo paramecio fotografato con il microscopio ottico.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  nucleo  cromatina  cromosoma  ribosoma  reticolo endoplasmatico  apparato di Golgi  RER  vacuolo centrale  REL  lisosoma  perossisoma

mitocondrio

nucleo

1. Quali funzioni svolgono il RER e il REL? 2. Che ruolo svolge il nucleo nella cellula? 3. Che cosa sono i lisosomi? 4. Quale tra le seguenti funzioni è svolta dal lisosoma?

A scompone molecole complesse in molecole più semplici

B sintetizza le proteine su istruzione del nucleo

C rielabora e completa la struttura

5. Quale tra i seguenti organuli è in diretto contatto con il nucleo?

A B C D

l’apparato di Golgi il lisosoma il reticolo endoplasmatico il perossisoma

6. I ribosomi si trovano:

A B C D

nel nucleo della cellula legati al reticolo endoplasmatico all’interno di speciali vacuoli nella parte esterna dei lisosomi

delle macromolecole

D immagazzina temporaneamente le sostanze nutritive

85 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

lezione

86

Gli organuli che trasformano l’energia: i mitocondri e i cloroplasti

obiettivi

19

la struttura 쑺 Descrivere del mitocondrio e del cloroplasto evidenziandone le analogie. nel mitocondrio 쑺 Identificare la centrale energetica della cellula.

RISPON DI



Evidenziare il ruolo di produttore di materia organica svolto dal cloroplasto.



Come sono fatti i mitocondri? Qual è la loro funzione?

쑽 Figura 27

Nei mitocondri ha luogo la respirazione cellulare, che libera l’energia contenuta negli alimenti

I mitocondri rappresentano la «centrale energetica» della cellula. I mitocondri hanno forma allungata, misurano da 0,5 a 2 µm e il loro numero varia da cellula a cellula; nelle cellule del nostro fegato ci possono essere tra 1000 e 1600 mitocondri, mentre nella cellula uovo sono anche 30 000. Questi organuli sono circondati da una doppia membrana che racchiude una soluzione acquosa chiamata matrice. La membrana mitocondriale interna è ripiegata a formare le cosiddette creste (쑺figura 27). Come vedremo nel prossimo capitolo, nei mitocondri si svolgono le reazioni della respirazione cellulare che ricavano energia dagli alimenti: tale energia viene immagazzinata in una molecola speciale chiamata ATP. I prodotti secondari della respirazione cellulare sono anidride carbonica e acqua (쑺figura 28). L’ATP è poi utilizzato dalla cellula per tutte le reazioni che hanno bisogno di energia. I mitocondri contengono, al loro interno, un filamento di DNA di forma circolare e alcuni ribosomi che servono per la sintesi di proteine specifiche del metabolismo degli zuccheri. membrana interna

A. Schema di un mitocondrio. B. Un mitocondrio osservato al microscopio elettronico a trasmissione. Le cellule che necessitano di molta energia sono in genere ricche di mitocondri.

membrana esterna

matrice

cresta A

B

쑺 Figura 28 La molecola di glucosio viene demolita per ricavare energia.

O + 6 C6H12O6 glucosio

6 O2

ossigeno

+ 6

+

CO2

H2O

diossido di carbonio

acqua

86 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

circa 38

ATP

energia (immagazzinata nell’ATP)

GLI ORGANULI CHE TRASFORMANO L’ENERGIA: I MITOCONDRI E I CLOROPLASTI

I cloroplasti trasformano acqua e diossido di carbonio in alimenti utilizzando l’energia solare

I cloroplasti sono organuli piuttosto grossi che misurano da 2 a 5 µm, circondati da una doppia membrana (쑺figura 29); essi sono contenuti nelle cellule delle piante e dei protisti autotrofi come le alghe. La membrana interna dei cloroplasti si ripiega a formare dei dischetti impilati chiamati tilacoidi; ciascuna pila di tilacoidi costituisce un grano. I grani sono immersi in una sostanza gelatinosa chiamata stroma. I cloroplasti sono verdi perché i tilacoidi contengono una molecola verde, la clorofilla. La funzione di questi organuli è produrre le sostanze nutritive per gli organismi autotrofi: all’interno del cloroplasto, infatti, sono sintetizzati, grazie all’energia solare, gli zuccheri e le altre sostanze indispensabili alla pianta a partire da diossido di carbonio e acqua. Questo processo è detto fotosintesi. La clorofilla è essenziale per la fotosintesi perché ha la funzione di assorbire l’energia della luce. Anche i cloroplasti, come i mitocondri, possiedono un proprio DNA che serve per la produzione delle proteine necessarie alla fotosintesi.

RISPON DI

20

5



Quale ruolo svolge la clorofilla e dove si trova?

쑽 Figura 29 A. Schema di un cloroplasto in cui si osservano le pile di tilacoidi e il sistema delle doppie membrane. B. Due cloroplasti di una foglia di pianta di pisello al microscopio elettronico a trasmissione.

membrana esterna

tilacoide

A

spazio interno al tilacoide

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

stroma

grano

membrana interna

1. Quali reazioni si svolgono nei mitocondri? 2. Descrivi la struttura dei cloroplasti.

parole chiave  mitocondrio  cloroplasto  fotosintesi  ATP

3. A differenza dei mitocondri, i cloroplasti:

A sono circondati da una doppia membrana

B contengono una soluzione acquosa

C producono molecole organiche D trasformano l’energia chimica in energia luminosa

B

4. I cloroplasti si trovano:

A B C D

negli organismi autotrofi eucarioti solo nei procarioti autotrofi negli organismi eterotrofi in tutte le cellule animali

5. Quale caratteristica non è propria dei mitocondri?

A contengono una molecola di DNA

B la membrana interna si ripiega a formare le creste

C demoliscono molecole organiche D l’insieme delle creste costituisce i grani

87 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

6

capitolo

4

lezione

88

obiettivi

IL MONDO DELLA CELLULA

La cellula in movimento: citoscheletro, ciglia e flagelli 21

in relazione i diversi 쑺 Mettere tipi di filamenti che

Una rete di proteine costituisce lo «scheletro» della cellula

Che cosa permette a una cellula priva di una parete rigida di mantenere una forma stabile? Perché gli organuli cellulari non fluttuano liberamente nel citoplasma, ma si spostano lungo direzioni precise? La forma tridimensionale della cellula, la sua organizzazione interna, Descrivere struttura i suoi movimenti e quelli dei suoi organuli dipendono da una complessa rete di filamenti e funzioni di ciglia e flagelli. proteici presenti nel citoplasma, i quali costituiscono lo «scheletro» e la «muscolatura» della cellula eucariotica. Questo sistema di filamenti prende il nome di I microtubuli, costituiti dalla proteina tubulina, citoscheletro (쑺figura 30). appaiono gialli. I due più importanti tipi di filamenti che formano il citoscheletro sono i microtubuli e i microfilamenti. I microtubuli sono formati da proteine cave e diritte che conferiscono rigidità alla cellula e funzionano da «binari» lungo i quali si muovono, per esempio, le vescicole che si staccano dall’apparato di Golgi per dirigersi verso la membrana plasmatica e riversare all’esterno il proprio contenuto. I microfilamenti sono costituiti prevalentemente da una proteina, l’actina, capace di contrarsi: essi consentono alle vescicole di coordinare i propri spostamenti all’interno Il nucleo appare del citoplasma e alla cellula di muodi color porpora. versi scivolando e protendendosi. Le I microfilamenti, formati dalla proteina actina, amebe e certi globuli bianchi si muosono colorati di blu. vono nel loro ambiente proprio grazie ai cambiamenti di forma dei microfilamenti. In molte cellule animali è presente un terzo tipo di filamenti proteici, di diametro inter쒀 Figura 30 Questa fotografia, medio fra i precedenti, che per questo motivo vengono detti filamenti intermedi. I filamenrealizzata con la tecnica della microscopia a fluorescenza, moti intermedi hanno la funzione di tenere alcuni organuli, come il nucleo, ancorati al proprio stra il citoscheletro di due celluposto. Oltre a questi tre tipi principali di filamenti proteici, nel citoscheletro sono presenle del tessuto connettivo (fibroti anche molte altre specie di proteine accessorie che legano i filamenti fra loro o ad altri blasti). componenti cellulari, per esempio la membrana plasmatica. compongono il citoscheletro con le rispettive funzioni.

RISPON DI





Quali differenti funzioni svolgono i microtubuli e i microfilamenti?

22

Ciglia e flagelli sono appendici mobili delle cellule

Molte cellule presentano appendici filiformi più o meno numerose e più o meno lunghe che ne consentono il movimento. Nei procarioti, le appendici sono semplici molecole proteiche lisce, attaccate alla superficie della cellula tramite un sistema di anelli rotanti inserito nella membrana e nella parete (쑺figura 31A e B).

88 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA CELLULA IN MOVIMENTO: CITOSCHELETRO, CIGLIA E FLAGELLI

6

Colorizzato TEM 14 000⫻

Negli eucarioti le appendici sono formate da una regione centrale costituita da dieci coppie di microtubuli (nove esterne più una in flagello mezzo), avvolta da una sottile estroflessione della membrana plasmatica. Le appendici più corte e di solito più numerose sono le ciglia, mentre quelle più lunghe sono i flagelli. A C I parameci (protisti ciliati molto Le ciglia del paramecio funmembrana comuni nelle acque stagnanti) si zionano come i remi di una plasmatica barca che battono l’acqua con muovono nell’acqua per mezzo andamento sincrono, impridelle ciglia che ne rivestono la suparete mendo alla cellula un movicellulare mento rapido. perficie corporea (쑺figura 31C). Le ciglia sono presenti anche in determinati tessuti di organismi pluricellulari: gli organi respiratori di molti animali, per esempio, sono tappezzati da cellule cigliate (쑺figura 32A) che, con il loro continuo movimento rotatorio movimento controcorrente, con- B del flagello sentono di espellere le particelle estranee dalle vie aeree convo쒀 Figura 31 Le ciglia e i flagelli gliandole all’esterno dell’organismo o verso il sistema digerente dove verranno poi didelle cellule procariotiche ed strutte. eucariotiche. Una cellula tipicamente flagellata è il gamete maschile dei mammiferi, lo spermatozoo (쑺figura 32B): il viaggio che questa cellula compie verso la cellula uovo è consentito da 쑽 Figura 32 Le ciglia e i flagelli un lungo flagello. Lo scorrimento coordinato dei numerosi microtubuli impartisce al fladelle cellule eucariotiche viste al microscopio elettronico. gello un movimento ondeggiante, simile al movimento tipico dei serpenti. Questi spermatozoi umani sono un esempio di cellule eucariotiche dotate di flagello.

Nel tessuto che riveste la trachea sono presenti numerose cellule rivestite di ciglia.

A

B

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Descrivi i tre principali tipi di filamenti che costituiscono il citoscheletro. 2. Quali funzioni svolgono le ciglia?

parole chiave  citoscheletro  microtubulo  microfilamento  filamento intermedio  ciglia  flagello

3. In che modo si muovono le amebe e alcuni tipi di globuli bianchi?

4. La regione centrale di flagelli e ciglia è formata da dieci coppie di:

A B C D

microtubuli microfilamenti filamenti intermedi fosfolipidi

89 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

4

IL MONDO DELLA CELLULA

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Il microscopio ottico permette di osservare anche i dettagli degli organuli cellulari come i cloroplasti e i mitocondri. vf 2. I lisosomi hanno il compito di demolire grosse molecole organiche in frammenti più piccoli. v f 3. I fosfolipidi di membrana sono responsabili del trasporto attivo. vf 4. I mitocondri rappresentano la centrale energetica della cellula. vf Barra il completamento che ritieni esatto. 5. Tutte le cellule sono dotate di: A parete cellulare, mitocondri e materiale genetico B membrana plasmatica, nucleo e citoplasma C membrana plasmatica, parete e materiale genetico D materiale genetico, membrana plasmatica e citoplasma 6. Per compiere la fotosintesi le piante hanno bisogno di: A acqua, energia e diossido di carbonio B energia, ossigeno e acqua C acqua, glucosio ed energia D ossigeno, energia e glucosio Completa le seguenti frasi. 7. La parete cellulare delle cellule vegetali è costituita di ...................................................................... .

8. L’organulo in cui sono contenute le informazioni ereditarie è detto ...................................................................... . 9. La soluzione acquosa presente all’interno dei mitocondri è detta ...................................................................... . 10. Una cellula animale immersa in una soluzione ...................................................................... scoppia. 11. L’architettura interna della cellula è mantenuta grazie al ............................................................, formato da due tipi di filamenti, i microfilamenti e i ................................................................ . Rispondi in cinque righe. 12. Descrivi la membrana plasmatica. 13. In quale organulo avviene la fotosintesi e qual è la sua struttura? 14. Quale funzione svolge l’apparato di Golgi? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 15. Come avvengono gli scambi tra la cellula e l’ambiente esterno? Nel rispondere specifica: ● quali sostanze possono diffondere liberamente attraverso la membrana plasmatica e in che modo ● come avviene il passaggio dell’acqua attraverso la membrana ● che cosa s’intende per diffusione facilitata ● le caratteristiche del trasporto attivo ● come entrano o escono dalla cellula le macromolecole.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 16. Descrivi le funzioni dei principali organuli cellulari e il tipo di cellule in cui sono presenti. Nelle cellule muscolari e nelle cellule delle foglie quali organuli saranno particolarmente numerosi? Completa e correggi. 17. Accanto a ogni affermazione, scrivi la lettera A se l’affermazione si riferisce alla diffusione semplice, la lettera B se si riferisce al trasporto attivo e la lettera C se si riferisce a entrambi i processi. 1) Avviene anche nelle cellule animali e sempre con consumo di energia.

.................

2) Consente il passaggio di sostanze sia all’interno ................. sia all’esterno delle cellule. 3) È un processo che consente il passaggio di sostanze contro gradiente di concentrazione.

.................

4) Il passaggio di sostanze può avvenire solo attraverso specifici trasportatori proteici.

.................

5) È il processo utilizzato dall’ossigeno e dal diossido di carbonio per attraversare la membrana plasmatica.

.................

18. Barra i termini in neretto che ritieni errati. La membrana plasmatica è semipermeabile e impedisce/consente il libero passaggio di acqua per osmosi/diffusione facilitata attraverso di essa; se la concentrazione dell’acqua all’esterno della cellula è minore/maggiore, si avrà un flusso netto di acqua verso l’interno della cellula: in questo caso, infatti, l’acqua passa da una regione dove è più/meno concentrata a una regione dove è maggiore/minore la concentrazione dei soluti. Attraverso la membrana plasmatica, invece, non passano i soluti se le loro dimensioni molecolari sono troppo grosse/piccole.

90 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

5

IL METABOLISMO CELLULARE

1

La cellula al lavoro

1 2 3 4

Il metabolismo cellulare: come le cellule ricavano energia Per svolgere le proprie attività gli organismi hanno bisogno di energia, che traggono dagli alimenti. La cellula libera l’energia delle molecole nutritive attraverso processi metabolici, tra cui la glicolisi e la respirazione cellulare, che immagazzina nelle molecole di ATP.

La glicolisi è la prima fase della demolizione del glucosio Il glucosio viene demolito fino a diossido di carbonio e acqua attraverso una serie di reazioni che costituiscono il metabolismo del glucosio; esso comprende tre processi: la prima fase, anaerobica, è la glicolisi e avviene nel citoplasma.

La respirazione cellulare e la fermentazione Dopo la glicolisi, il metabolismo del glucosio può proseguire in due modi diversi. In presenza di ossigeno, il glucosio viene completamente ossidato a CO2 e H2O, producendo energia sotto forma di ATP attraverso la respirazione cellulare. Se l’ossigeno manca, al termine della glicolisi si verifica la fermentazione alcolica oppure la fermentazione lattica.

La fotosintesi produce glucosio a partire da acqua e CO2 Tramite la fotosintesi, gli organismi autotrofi sono in grado di trasformare l’energia solare in energia chimica, che viene accumulata in molecole di glucosio. La fotosintesi si svolge nei cloroplasti ed è suddivisa in una fase luminosa e una fase indipendente dalla luce (ciclo di Calvin).

91 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

5

lezione

92

obiettivi

perché la cellula 쑺 Spiegare ha bisogno di energia. le analogie 쑺 Descrivere e le differenze tra la combustione del metano e la demolizione del glucosio. il ruolo dell’ATP 쑺 Illustrare nella cellula. l’azione 쑺 Descrivere degli enzimi.

LA CELLULA AL LAVORO

Il metabolismo cellulare: come le cellule ricavano energia 1

Le cellule hanno bisogno di energia per vivere

Durante una reazione chimica si verifica quasi sempre assorbimento oppure rilascio di energia. La reazione di combustione tra il metano e l’ossigeno, per esempio, libera energia che viene in parte utilizzata per far muovere i veicoli e in parte trasformata in calore. In generale, possiamo dire che un corpo possiede energia quando può produrre calore o quando può compiere un lavoro: lavoro e calore, quindi, sono due modi diversi per trasferire energia. Tutti gli organismi ricavano dall’ambiente l’energia necessaria per il proprio «lavoro»: per crescere, riprodursi, rispondere agli stimoli, muoversi, riparare eventuali danni alle proprie cellule. Per comprendere meglio questo concetto possiamo paragonare un organismo vivente a un’automobile: così come il metano è il combustibile che fornisce l’energia necessaria per il funzionamento del motore, allo stesso modo le cellule utilizzano come combustibile molecole di nutrienti, per esempio lo zucchero glucosio. Sia il metano sia il glucosio, infatti, sono sostanze costituite da molecole organiche che contengono all’interno della loro struttura, ossia nei legami chimici che uniscono gli atomi tra di loro, una grande quantità di energia chiamata energia chimica. Gli organismi autotrofi, come le piante, sono in grado di costruire da sé le molecole di glucosio e altre biomolecole a partire da acqua e diossido di carbonio utilizzando come fonte di energia la luce del Sole. Al contrario gli organismi eterotrofi, come gli esseri umani, prelevano dall’ambiente molecole organiche complesse già sintetizzate: quando mangi un panino, il tuo corpo assume proteine, grassi e carboidrati (쑺figura 1). Sia gli autotrofi sia gli eterotrofi utilizzano poi tali molecole come combustibile per ricavare energia.

쒀 Figura 1 Gli organismi eterotrofi assumono le sostanze organiche necessarie per fornire energia attraverso il cibo.

Nel caso dell’automobile, l’energia è resa disponibile dalle reazioni di combustione che avvengono nel motore (쑺figura 2A): il metano si combina con l’ossigeno presente nell’aria e i legami chimici che lo compongono si spezzano, liberando molta energia. L’energia liberata viene in parte utilizzata per far muovere l’auto e in parte viene dispersa sotto forma di calore. Al termine di questo processo, dal tubo di scappamento escono piccole molecole povere di energia (il diossido di carbonio e l’acqua). Anche all’interno delle cellule avvengono costantemente delle reazioni che nel loro complesso costituiscono il metabolismo cellulare. Le reazioni metaboliche si possono dividere in due gruppi: 1. Le reazioni anaboliche sintetizzano molecole complesse a partire da molecole più semplici: queste reazioni richiedono un apporto di energia e la imprigionano nei legami chimici che si formano. Un esempio di reazione anabolica è la costruzione di una proteina a partire dai singoli amminoacidi. 2. Le reazioni cataboliche riducono le molecole complesse in molecole più semplici, liberando l’energia intrappolata nei legami chimici. Sono esempi di reazioni cataboliche la glicolisi e la respirazione cellulare, che demo-

92 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL METABOLISMO CELLULARE: COME LE CELLULE RICAVANO ENERGIA

쑸 Figura 2 La demolizione di

emissione di calore prodotti di scarto benzina +

diossido di carbonio +

combustione produzione di energia cinetica

ossigeno A

acqua

emissione di calore

respirazione cellulare

zucchero

cellula

+

1

produzione di energia per le attività della cellula

molecole organiche produce energia. A. L’automobile combinando la benzina con l’ossigeno produce energia e prodotti di scarto (diossido di carbonio e acqua). B. La cellula utilizza zuccheri e ossigeno per produrre energia; questo processo ha come prodotti di scarto diossido di carbonio e acqua.

diossido di carbonio +

prodotti di scarto

ATP acqua ossigeno B

Tra la combustione del metano e le reazioni di demolizione del glucosio ci sono tuttavia delle differenze fondamentali: nel caso dell’automobile, una volta che la reazione è innescata dall’accensione del motore, l’energia contenuta nel combustibile si libera molto rapidamente ed è immediatamente trasformata in movimento e calore. Nella cellula, invece, il processo avviene per tappe, grazie a una lunga sequenza di reazioni chimiche ciascuna delle quali è regolata da uno specifico enzima. L’energia liberata viene temporaneamente immagazzinata nei legami chimici di una speciale molecola chiamata ATP.

2

RISPON DI

liscono il glucosio in molecole più piccole come diossido di carbonio e acqua (쑺figura 2B). Tali trasformazioni sono l’argomento di questo capitolo.



Perché gli organismi hanno bisogno di energia?

L’ATP è una molecola speciale capace di immagazzinare energia e rilasciarla quando serve

L’ATP o adenosintrifosfato (쑺figura 3) è una molecola formata da un nucleotide (costituito dalla base adenina, dallo zucchero ribosio, detti complessivamente adenosina, e dal gruppo fosfato) e da altri due gruppi fosfato. Nel legame tra il secondo e il terzo gruppo fosfato si accumula una certa quantità di energia, sufficiente ad attivare gran parte delle reazioni cellulari ma non così elevata da rendere instabile la molecola. Come puoi vedere nucleotide

NH 2 C H

N

C

C

C

C adenina

쑸 Figura 3 I componenti principali della molecola di ATP.

N C

H

N

O–

–O O

CH 2

H

H

OH

H OH

H

O

P O

O

⬃ P

O– O

O

⬃ P

O

O

gruppi fosfato

ribosio

93 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5

capitolo

LA CELLULA AL LAVORO

adenosina

energia immagazzinata

P

P

+

gruppi fosfato

P

P

P

P

adenina ribosio ADP

+

gruppo fosfato libero

ATP energia liberata

쒀 Figura 4 Durante la demoli-

RISPON DI

zione del glucosio, l’energia liberata viene utilizzata per legare un gruppo fosfato a una molecola di ADP, formando ATP.



Quale funzione svolge l’ATP nelle cellule?

nella 쑺figura 4, quando una delle reazioni di demolizione del glucosio libera energia, questa viene utilizzata per aggiungere un gruppo fosfato a una molecola di adenosindifosfato (ADP), formando una molecola di ATP. L’ATP è un sistema ingegnoso per «immagazzinare» piccole quantità di energia da utilizzare a seconda delle necessità. Quando la cellula deve svolgere una reazione che richiede energia, mobilita una molecola di ATP e rompe il legame tra i due gruppi fosfato, producendo ADP e fosfato inorganico. Questa rottura libera l’energia immagazzinata nel legame, che viene impiegata nel corso della reazione (쑺figura 5). Nelle nostre cellule l’ATP si consuma e si rinnova continuamente: si è calcolato che in una cellula muscolare in attività vengano riciclate 10 milioni di molecole di ATP al secondo.

쑺 Figura 5 Schema del ciclo dell’ATP.

ATP

ciclo dell’ATP

energia contenuta nel cibo

ADP

energia per le attività della cellula

+ P

3

Gli enzimi permettono alla cellula di svolgere le proprie reazioni a temperature compatibili con la vita

Abbiamo detto che la combustione della benzina è avviata da una scintilla e avviene rapidamente; se la demolizione metabolica del glucosio dovesse essere innescata da una scintilla e avvenisse con la stessa rapidità della combustione, la cellula brucerebbe. La cellula «aggira» questo problema suddividendo il processo di combustione in moltissimi passaggi e utilizzando speciali molecole chiamate enzimi, affinché ogni passaggio avvenga a temperature e velocità compatibili con la vita. Un enzima è una proteina che ha una forma globulare; all’interno della sua struttura molecolare è presente una regione molto particolare detta sito attivo dove sono ospitate le molecole che devono reagire, dette substrato (쑺figura 6). Nel sito attivo si raggiungono le condizioni ideali affinché la reazione avvenga a temperature compatibili con la vita. Una volta che la reazione ha avuto luogo, i prodotti si staccano dal sito attivo, il quale riacquista la sua forma originaria ed è pronto per attivare una nuova reazione chimica uguale alla precedente. Ogni molecola di enzima quindi può essere utilizzata molte volte e non si consuma durante la reazione.

94 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL METABOLISMO CELLULARE: COME LE CELLULE RICAVANO ENERGIA

1

Ciascun enzima è altamente specifico e accetta solo un determinato tipo di substrato nel suo sito attivo; il modo con cui l’enzima si adatta al suo substrato è paragonabile a quello con cui una chiave si combina con la propria serratura.

RISPON DI

Il sito attivo dell’enzima è un incavo con una forma complementare a quella del substrato.



Quali caratteristiche presenta un enzima?

Il substrato entra nel sito attivo.

substrato enzima

sito attivo

prodotti prodotti I prodotti si staccano dall’enzima che rimane inalterato ed è pronto per una nuova reazione. Avviene la reazione e il substrato si scinde nei prodotti.

Figura 6 Schema di funzionamento di un enzima.



hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  energia  combustione  metabolismo  ADP  reazione anabolica  reazione catabolica  ATP  enzima  sito attivo

1. Quali analogie e quali diferenze ci sono tra la combustione del metano e la demolizione metabolica del glucosio? 2. Qual è la struttura dell’ATP? Quale ruolo svolge nella cellula?

A sono proteine globulari B sono consumati in ogni reazione chimica

C sono specifici per ogni tipo di substrato

3. Che cosa sono gli enzimi? 4. Quale tra le seguenti caratteristiche non è propria dell’ATP?

A acquista

5. Quale tra le seguenti caratteristiche non è propria degli enzimi?

D hanno un sito attivo 6. Una reazione catabolica:

altro

A costruisce molecole complesse a

B contiene tre gruppi fosfato legati

B consuma energia sotto forma

facilmente gruppo fosfato

un

tra loro

C cede facilmente energia alle reazioni che ne hanno bisogno

D contiene l’adenina e lo zucchero ribosio

partire da molecole semplici di calore

C intrappola

l’energia

luminosa

nei nutrienti

D libera energia intrappolata nei legami chimici

95 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

5

capitolo

LA CELLULA AL LAVORO

La glicolisi è la prima fase della demolizione del glucosio

lezione

96

4

obiettivi

i diversi processi 쑺 Spiegare metabolici a cui va incontro il glucosio. la glicolisi 쑺 Riassumere specificando la regione della cellula in cui si svolge la resa energetica della glicolisi.

쑺 Illustrare il ruolo del NAD . +

Il glucosio è il combustibile più usato dagli organismi viventi

Come abbiamo visto nella lezione precedente, tutte le cellule per vivere hanno bisogno di ricavare energia dalla demolizione di sostanze nutritive. Il nutriente più comune è lo zucchero glucosio, che ha formula chimica C6H12O6. Il glucosio è una molecola con un elevato contenuto energetico, paragonabile a quello di un combustibile. In effetti, se proviamo a bruciarlo sulla fiamma si comporta come il metano: reagisce con l’ossigeno gassoso (O2) per formare diossido di carbonio e acqua, liberando energia sotto forma di calore. L’equazione generale della reazione è la seguente: C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 + 6H2O + energia (circa 32 ATP) O

쑺 Figura 7 La reazione di demolizione del glucosio libera energia.

+

RISPON DI

glucosio



Quali sostanze si ottengono dalla combustione di una molecola di glucosio?

6

+

6

ossigeno

diossido di carbonio

+

6

acqua

circa 32

ATP

energia immagazzinata nell’ATP

Se osservi attentamente l’equazione, puoi notare che durante questa reazione si ha un cambiamento nella disposizione degli atomi: infatti, gli atomi di idrogeno inizialmente presenti nel glucosio si staccano per andare a legarsi all’ossigeno con formazione di acqua, mentre i restanti atomi di carbonio e ossigeno si riorganizzano formando diossido di carbonio; diossido di carbonio e acqua sono composti poveri di energia. Come vedremo, l’energia liberata da una molecola di glucosio è sufficiente a sintetizzare 32 molecole di ATP.

5

Il metabolismo del glucosio comprende tre processi

I processi metabolici più importanti per sfruttare l’energia contenuta nel glucosio sono tre: la glicolisi, la respirazione cellulare e la fermentazione: l

l

l

In tutte le cellule, il metabolismo del glucosio inizia con la glicolisi, che si svolge nel citoplasma e che non utilizza l’ossigeno; si tratta quindi di un processo anaerobico. La glicolisi spezza la molecola del glucosio in due molecole di un composto a tre atomi di carbonio, l’acido piruvico, liberando una piccola quantità di energia che viene trasformata in ATP (la resa totale è di 2 ATP). In presenza di ossigeno, la demolizione del glucosio viene completata attraverso la respirazione cellulare, che attua la trasformazione completa di ciascuna molecola di acido piruvico in molecole di CO2. Si tratta pertanto di un processo aerobico, nel corso del quale si libera una gran quantità di energia utilizzata per sintetizzare ATP a partire da ADP e fosfato (la resa totale è di 32 ATP). In assenza di ossigeno, alla glicolisi segue la fermentazione, un altro processo anaerobico che trasforma l’acido piruvico in acido lattico o in alcol etilico, molecole ancora relativamente ricche di energia. Durante la fermentazione non si producono molecole di ATP.

La glicolisi non avviene mai da sola: essa è seguita sempre dalla fermentazione oppure dalla respirazione cellulare. In presenza di O2 ha luogo la respirazione cellulare, mentre in assenza di O2 può svolgersi solo la fermentazione.

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LA GLICOLISI È LA PRIMA FASE DELLA DEMOLIZIONE DEL GLUCOSIO

2

Solamente quando glicolisi e respirazione cellulare si verificano in successione la demolizione del glucosio è completa e porta a un guadagno energetico paragonabile a quello di una combustione; se invece alla glicolisi segue la fermentazione, il guadagno energetico è notevolmente inferiore perché la degradazione è incompleta. La fermentazione, infatti, è davvero un modo davvero poco efficiente per ricavare energia dal glucosio; in un certo senso, è un po’ come se un’automobile funzionasse con un solo cilindro anziché con quattro. Ognuno di questi processi si svolge attraverso un gran numero di reazioni chimiche che procedono in sequenza: i prodotti di ciascuna reazione sono i composti di partenza di quella successiva e ogni reazione è controllata da un enzima specifico.

RISPON DI

In quali condizioni avviene la glicolisi e in quali la fermentazione?

RISPON DI

Che cosa comportano l’ossidazione e la riduzione di una sostanza?

6

97



Le reazioni redox trasferiscono elettroni ed energia

Molte reazioni cellulari hanno una caratteristica in comune: sono reazioni di ossidoriduzione. Si chiama reazione di ossidoriduzione o reazione redox una reazione in cui una sostanza cede uno o più elettroni a un’altra sostanza: l la riduzione è l’acquisto di uno o più elettroni da parte di un atomo, uno ione o una molecola; l l’ossidazione è la perdita di uno o più elettroni. Pertanto, diciamo che una sostanza si riduce quando acquista elettroni, mentre diciamo che si ossida quando perde elettroni. Sebbene ossidazione e riduzione siano sempre descritte in termini di spostamento di elettroni, nelle reazioni biochimiche di cui parleremo non fa differenza se parliamo di acquisto o cessione di atomi di idrogeno (atomi, non ioni idrogeno); lo spostamento di un atomo di idrogeno, infatti, comporta sempre un trasferimento di elettroni: H ⫽ H ⫹ ⫹ e⫺ Di conseguenza, una molecola che perde atomi di idrogeno si ossida; una molecola che li acquista si riduce. Un trasferimento di elettroni richiede sia un donatore sia un accettore; l’ossidazione e la riduzione, quindi, avvengono sempre insieme: quando una sostanza si ossida, gli elettroni si spostano su un’altra sostanza, che così si riduce. Per esempio, nella respirazione cellulare il glucosio funziona da donatore di elettroni, mentre l’accettore di elettroni è l’ossigeno. Ogni reazione redox comporta un trasferimento di energia: alcune ossidoriduzioni liberano energia, altre invece la richiedono. Come vedremo, le reazioni chiave della glicolisi e della respirazione cellulare sono reazioni redox che liberano energia, che viene utilizzata per formare ATP.

7



Il NAD e il FAD sono «navette» che trasportano elettroni

Il NAD (nicotinamideadenindinucleotide) e il FAD (flavinadenindinucleotide) sono esempi di coenzimi, piccole molecole che favoriscono le reazioni enzimatiche; in particolare, essi agiscono da trasportatori di elettroni durante le reazioni redox. Il NAD esiste in due forme chimicamente distinte: la forma ossidata (NAD+) e la forma ridotta (NADH ⫹ H⫹). La reazione di riduzione NAD⫹ ⫹ 2H → NADH ⫹ H⫹ equivale al trasferimento di due atomi di idrogeno, cioè di due elettroni (2H⫹ ⫹ 2e⫺). Con l’aiuto di uno specifico enzima, quindi, ogni molecola di NAD⫹ è in grado di rimuovere due elettroni da una molecola organica, diventando NADH ⫹ H⫹ (쑺figura 8). Analogamente, acquistando due protoni e due elettroni il FAD si riduce a FADH2. Le molecole di NADH e

97 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

5

LA CELLULA AL LAVORO

쑺 Figura 8 Il NAD⫹ si riduce a NADH acquistando gli elettroni liberati da una reazione di ossidazione.

H

O

ossidazione

H

O ⫹ 2H

deidrogenasi

riduzione

NAD⫹ ⫹ 2H

NADH ⫹ H⫹ (trasporta 2 elettroni)

RISPON DI

2H⫹ ⫹ 2 e⫺



Quale compito svolgono il NAD e il FAD nella cellula?

di FADH2 sono ricche di energia, sebbene ciascuna ne contenga molta meno del glucosio; come vedremo, il loro compito è trasportare atomi di idrogeno dal glucosio ad altre molecole.

8 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La glicolisi

La glicolisi spezza la molecola di glucosio in due molecole a tre atomi di carbonio

La glicolisi avviene nel citoplasma della cellula sia negli organismi procarioti sia in quelli eucarioti. La parola glicolisi significa «scissione dello zucchero»; in questo processo, infatti, una molecola di glucosio costituita da 6 atomi di carbonio viene scissa e ossidata producendo due molecole di acido piruvico, un composto a 3 atomi di carbonio, e una piccola quantità di energia.

쑺 Figura 9 Lo schema della gli-

2

colisi.

RISPON DI

glucosio



Quali sono i prodotti della glicolisi? Perché il suo rendimento netto è così scarso?

NAD⫹

2 ADP ⫹ 2 P

2

NADH

2

ATP

⫹2 H

2 molecole di acido piruvico

La glicolisi avviene in 10 tappe, ciascuna delle quali è catalizzata da uno specifico enzima. All’inizio del processo, la cellula deve consumare 2 molecole di ATP per attivare la reazione; in seguito la glicolisi libera energia, che viene utilizzata per produrre 4 molecole di ATP e per ridurre 2 molecole di NAD⫹ a NADH ⫹ H⫹. Il guadagno energetico netto pertanto è pari a 2 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio (4 molecole prodotte – 2 molecole utilizzate per attivare il processo). Si tratta di un rendimento molto limitato, che corrisponde al 5% dell’energia che una cellula può ricavare da una molecola di glucosio. Il prodotto finale della glicolisi, l’acido piruvico, è infatti un composto ancora ricco di energia. Osservando la 쑺figura 9 non bisogna dimenticare il ruolo del NAD⫹. Poiché nella cellula il NAD⫹ è presente in quantità limitata, perché la glicolisi possa avvenire è necessario che esso venga continuamente riciclato; se il NADH non venisse riossidato a NAD⫹, la glicolisi si arresterebbe. Come vedremo, questa operazione è compiuta dalle vie metaboliche successive: la respirazione cellulare, che avviene in presenza di ossigeno, oppure la fermentazione (in assenza di ossigeno).

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Quali processi comprende il metabolismo del glucosio?

B spezzare la molecola di glucosio C innescare il ciclo di Krebs fornen-

parole chiave

2. Dove avviene la glicolisi? Qual è la sua resa energetica e quali i suoi prodotti finali?

 ossidazione  riduzione  NAD⫹  FAD  glicolisi

3. Il compito svolto dal NAD+ è:

A trasportare atomi di idrogeno fino alla catena di trasporto degli elettroni

98 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

in due molecole di acido piruvico do l’energia iniziale

D favorire l’eliminazione di CO2 dalla cellula per diffusione

LA RESPIRAZIONE CELLULARE E LA FERMENTAZIONE

La respirazione cellulare avviene nei mitocondri

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, i mitocondri sono circondati da due membrane. La membrana esterna è liscia, mentre la membrana interna è ripiegata a formare delle creste. Grazie alla doppia membrana, i mitocondri sono di fatto suddivisi in due compartimenti: lo spazio intermembrana, posto tra la membrana esterna e la membrana interna, e la matrice, una soluzione gelatinosa delimitata dalla membrana interna. Le reazioni del ciclo di Krebs hanno luogo nella matrice; la catena di trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa si svolgono invece sulla membrana interna.

10

obiettivi

le fasi della 쑺 Riassumere respirazione cellulare. le differenze tra 쑺 Spiegare il ciclo di Krebs e la catena di trasporto degli elettroni.



RISPON DI

Come abbiamo visto nella lezione precedente, la glicolisi libera solo una piccola quantità dell’energia contenuta nella molecola del glucosio. In presenza di ossigeno, la maggior parte delle cellule (comprese quelle che costituiscono il tuo corpo) completa l’ossidazione del glucosio attraverso il processo della respirazione cellulare. Negli eucarioti, la respirazione cellulare avviene nei mitocondri, di cui abbiamo parlato nel capitolo 4; il numero dei mitocondri varia a seconda dei tessuti e delle loro esigenze energetiche, ma in media in una cellula ne sono presenti circa 2000. La respirazione cellulare comprende due fasi principali: 1. Il ciclo di Krebs demolisce completamente l’acido piruvico in CO2 e H2O; l’energia liberata in questa fase viene immagazzinata nelle molecole di NADH e FADH2. 2. Il trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa, che coinvolgono l’ossigeno, utilizzano l’energia del NADH e del FADH2 per sintetizzare molecole di ATP.

99

lezione

La respirazione cellulare e la fermentazione 9

3

3

Comprendere lo scopo e l’importanza della fermentazione.



Dove avviene il ciclo di Krebs?

Il ciclo di Krebs completa la demolizione del glucosio

Il composto di partenza del ciclo di Krebs è l’acetil-CoA. Questa molecola ad alto contenuto energetico viene prodotta all’interno dei mitocondri per ossidazione dell’acido piruvico proveniente dalla glicolisi: l’acido piruvico perde un atomo di carbonio sotto forma di CO2 e si trasforma in un composto a 2 atomi di carbonio chiamato gruppo acetile; quest’ultimo si lega al coenzima A, che deriva da una vitamina, e si trasforma in acetilcoenzima A, abbreviato in acetil-CoA (쑺figura 10). Nel mitocondrio, l’acetil-CoA va incontro alle reazioni chimiche del ciclo di Krebs (쑺figura 11). L’acido piruvico cede

쑸 Figura 10 L’acido piruvico vie-

due elettroni al NAD⫹.

NAD⫹

NADH ⫹ H⫹

CoA acetil-CoA

acido piruvico CO2

Un atomo di carbonio viene liberato sotto forma di CO2.

ne convertito in acetilcoenzima A all’interno del mitocondrio.

Coenzima A

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

Il frammento a due atomi di carbonio

(gruppo acetile) si lega al coenzima A formando l’acetilcoenzima A (acetil-CoA).

쐌 Il ciclo di Krebs

99 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo RISPON DI

100

5



Quali sono i prodotti del ciclo di Krebs?

쑽 Figura 11 Il ciclo di Krebs.

LA CELLULA AL LAVORO

Le tappe del ciclo di Krebs sono catalizzate da enzimi specifici e portano all’ossidazione completa del gruppo acetile fino a ottenere diossido di carbonio. L’energia liberata da queste reazioni viene catturata dall’ATP e dai trasportatori di elettroni NAD e FAD. Per ogni molecola di glucosio che imbocca la glicolisi, il ciclo di Krebs si compie due volte (una per ogni molecola di acido piruvico), producendo 4 molecole di CO2; la resa energetica complessiva del processo è pari a 2 ATP, 6 NADH ⫹ H⫹ e 2 FADH2. A questo punto della respirazione cellulare tutto il carbonio, che costituiva la molecola iniziale di glucosio, si trova nelle molecole di diossido di carbonio che la cellula elimina per diffusione come prodotto di scarto.

Un giro del ciclo di Krebs si compie con la trasformazione di una molecola di acido ossalacetico. Questo composto è pronto per iniziare un altro giro del ciclo legandosi a un altro gruppo acetile proveniente dall’acetil-CoA. Aggiungere l’acetile al ciclo è come caricare di carbone una caldaia: il ciclo di Krebs (ossia la caldaia) funziona grazie all’energia chimica immagazzinata nel gruppo acetile.

L’aceti-CoA innesca il ciclo. Un giro del ciclo di Krebs inizia quando gli enzimi staccano la porzione CoA dall’acetilCoA e legano il gruppo acetile, formato da due atomi di carbonio, con l’acido ossalacetico presente nel mitocondrio. Il prodotto di questa reazione è l’acido citrico, una molecola a sei atomi di carbonio che contiene gran parte dell’energia del gruppo acetile.

acetil-CoA CoA

CoA

2 atomi di carbonio entrano nel ciclo

acido ossalacetico

NADH



⫹ H⫹

acido citrico CO2 esce dal ciclo

NAD⫹

NAD⫹

CICLO DI KREBS acido malico

NADH

⫹ H⫹



FADH2

ADP ⫹ P ATP

FAD

acido alfa-chetoglutarico CO2 esce dal ciclo

acido succinico

e Le reazioni redox danno luogo alla formazione di FADH2 e NADH. Gli enzimi riassemblano i legami chimici, completando così il ciclo con la rigenerazione dell’acido ossalacetico. Contemporaneamente, i trasportatori di idrogeno FAD e NAD⫹ vengono ridotti a FADH2 e NADH.

NADH

⫹ H⫹

NAD⫹

e Durante le reazioni redox si formano NADH, ATP e CO2. Le successive reazioni redox usano l’energia del gruppo acetile per prelevare atomi di idrogeno dai prodotti intermedi (quali l’acido alfa-chetoglutarico) e formare molecole di NADH ricche di energia. Gli atomi di carbonio vengono completamente ossidati e liberati sotto forma di due molecole di CO2. Si ottiene energia anche per fosforilazione a livello di substrato dell’ADP per produrre ATP. Al termine della tappa 3 si forma un composto a quattro atomi di carbonio, l’acido succinico.

100 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA RESPIRAZIONE CELLULARE E LA FERMENTAZIONE

11

3

Il trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa convertono in ATP l’energia contenuta nel NADH e nel FADH2

Nel paragrafo precedente abbiamo visto che l’energia contenuta nell’acido piruvico viene utilizzata dal ciclo di Krebs per generare grandi quantità di trasportatori di elettroni (NADH e FADH2) in forma ridotta. Nell’ultima fase della respirazione cellulare, il NADH e il FADH2 si ossidano cedendo atomi di idrogeno (elettroni ⫹ ioni H⫹) all’ossigeno, che si riduce formando una molecola d’acqua. Il trasferimento di elettroni all’ossigeno non avviene direttamente, ma attraverso una serie di passaggi che coinvolgono i grandi complessi enzimatici della catena di trasporto degli elettroni, detta anche catena respiratoria (쑺figura 12). sintesi di ATP

NADH NAD⫹ ⫹

ATP 2e⫺

H⫹

쑸 Figura 12 La catena di trasporto degli elettroni è un processo a cascata in cui gli elettroni passano da un trasportatore all’altro liberando energia.

energia catena di trasporto degli elettroni 2e⫺ 1 O 2 2

2 H⫹

H2O

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La catena di trasporto degli elettroni e la sintesi di ATP

RISPON DI

Puoi immaginare la catena respiratoria come un processo a cascata in cui gli elettroni «scendono» lungo un «pendio» energetico passando da un trasportatore all’altro grazie a una serie di reazioni redox. L’ultimo «anello» della catena è rappresentato dall’ossigeno, che grazie alla sua forte affinità per gli elettroni li cattura, riducendosi e trasformandosi in uno ione O2⫺. Ogni atomo di ossigeno che ha accettato due elettroni si combina poi con due ioni H⫹ per formare H2O. Durante il passaggio lungo la catena di trasporto, gli elettroni rilasciano gradualmente la propria energia, che viene utilizzata per sintetizzare ATP tramite la fosforilazione ossidativa. La sintesi di ATP a partire da ADP e Pi avviene grazie a un enzima di membrana mitocondriale chiamato ATP sintetasi. La quantità di ATP che un essere umano utilizza nel corso della propria vita è davvero impressionante: un uomo del peso di 70 kg consuma circa 2000 kcal al giorno, corrispondenti a 83 kg di ATP. Dato che però il corpo umano ne possiede solo 250 g, il metabolismo energetico deve continuamente riciclare l’ADP in ATP. Ogni singola molecola di ATP, quindi, viene riciclata circa 300 volte al giorno, soprattutto attraverso la fosforilazione ossidativa. Come abbiamo detto nel paragrafo 9, le proteine che permettono il trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa si trovano sulla membrana mitocondriale interna. L’aumento della superficie dovuto alla presenza delle creste crea un numero di siti per la fosforilazione ossidativa maggiore di quello che si avrebbe in una membrana senza pieghe; in un essere umano, infatti, l’estensione della membrana interna dei mitocondri è pari a quella di tre campi da calcio. Tale estensione è fondamentale per assicurare al nostro organismo tutta l’energia di cui ha bisogno. La catena di trasporto degli elettroni ha anche lo scopo di riossidare il NADH a NAD⫹ e il FADH2 a FAD rendendoli nuovamente disponibili per la glicolisi e il ciclo di Krebs.



Perché la catena di trasporto degli elettroni è paragonata a una cascata?

101 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

5

LA CELLULA AL LAVORO

12

La glicolisi seguita dalla respirazione cellulare produce 32 molecole di ATP

RISPON DI

Riassumendo, attraverso la glicolisi e la respirazione cellulare una molecola di glucosio viene completamente demolita fino a formare i prodotti di scarto CO2 e H2O; durante questo processo si libera energia, che viene utilizzata dalla cellula per produrre ATP. La resa energetica dei singoli stadi è la seguente: l glicolisi ⫽ 4 molecole di ATP l ciclo di Krebs ⫽ 2 molecole di ATP l catena di trasporto degli elettroni ⫽ fino a un massimo di 34 molecole di ATP.

Qual è la resa complessiva della respirazione cellulare? Come si suddivide nei diversi stadi?



Dato che per innescare il processo di glicolisi la cellula consuma 2 molecole di ATP, possiamo concludere che il guadagno finale netto è di 38 molecole di ATP (쑺figura 13). In realtà, la resa effettiva è un po’ inferiore a causa dei trasferimenti dei composti dal citoplasma al mitocondrio, che comportano consumo di energia; un valore abbastanza realistico è di 32 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio.

쑺 Figura 13 Nei processi di glicolisi e respirazione cellulare si producono fino a 38 molecole di ATP.

2 NADH

6NADH 2FADH2 ciclo di Krebs

glicolisi glucosio : 2 acido piruvico

catena di trasporto degli elettroni

2 acetil-CoA citoplasma 2

mitocondrio

ATP

2

circa 38

13

LO SAPEVI? La fermentazione alcolica è utilizzata dall’uomo da migliaia di anni; lo zucchero dell’uva si trasforma prima in acido piruvico e poi in alcol etilico, componente essenziale del vino. I fornai, invece, sfruttano la fermentazione alcolica per far lievitare il pane; in questo caso, le bollicine di diossido di carbonio (che è un gas) prodotte dal lievito fanno aumentare il volume dell’impasto: l’alcol etilico poi evapora durante la cottura.

ATP

circa 34

ATP

ATP

La fermentazione avviene in assenza di O2 e rigenera il NAD⫹ consumato dalla glicolisi

Nella maggior parte delle cellule, la glicolisi è seguita dalla respirazione cellulare; come abbiamo visto, questo processo produce molto ATP, ma richiede la presenza di ossigeno. In condizioni anaerobiche, quindi, la respirazione cellulare non può avvenire. Numerosi organismi unicellulari, come i lieviti e alcuni batteri, possono sopravvivere anche in assenza di ossigeno se dispongono di un’adeguata quantità di zuccheri, producendo piccole quantità di ATP attraverso la glicolisi. In queste condizioni, però, la glicolisi può procedere solo se viene seguita dalla fermentazione. La fermentazione avviene nel citoplasma e non richiede ossigeno. In sostanza, questo processo serve per riossidare il NADH prodotto durante la glicolisi, rigenerando così NAD⫹: l’acido piruvico, infatti, «riprende» dal NADH due atomi di idrogeno, riducendosi. In caso contrario, la glicolisi si arresterebbe una volta esaurita la scorta di NAD⫹. Questa reazione, tuttavia, non produce energia e non fornisce alcun guadagno aggiuntivo in termini di ATP oltre alle due molecole prodotte dalla glicolisi. Le fermentazioni più diffuse sono due brevi vie metaboliche: la fermentazione alcolica (쑺figura 14A) svolta dai lieviti come Saccaromyces cervisiae (쑺figura 15) i cui prodotti finali sono etanolo e diossido di carbonio, e la fermentazione lattica, il cui prodotto finale è l’acido lattico (쑺figura 14B).

102 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA RESPIRAZIONE CELLULARE E LA FERMENTAZIONE

3 쑸 Figura 14

2



NAD

NADH

2

2

GLICOLISI

2 ADP

⫹ 2

2



A. La fermentazione alcolica. B. La fermentazione lattica.

NAD

LO SAPEVI?

fermentazione alcolica

2

P

NADH

2 CO2 liberato

ATP 2 molecole di acido piruvico

glucosio

La fermentazione lattica viene utilizzata per produrre formaggi e yogurt a partire dal latte. Gli yogurt, per esempio, sono ottenuti inoculando nel latte i batteri Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, i cosiddetti «fermenti lattici»: in seguito all’attività dei batteri, una parte dello zucchero lattosio presente nel latte viene trasformato in acido lattico, rendendo lo yogurt più digeribile del latte.

2 molecole di etanolo

A

2



NAD

NADH

2

2

GLICOLISI

2 ADP

⫹ 2

P

2

NADH

2



NAD

fermentazione lattica

ATP

glucosio

2 molecole di acido piruvico

2 molecole di acido lattico

B

쑸 Figura 15

A

RISPON DI

A. Cellule di lievito di birra al microscopio elettronico a scansione e colorate artificialmente. B. Forme di pane ben lievitate. La fermentazione alcolica è avvenuta regolarmente.



B

Quando viene utilizzata la fermentazione lattica e che cosa produce?

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. In quali tappe può essere suddivisa la respirazione cellulare?

5. La fermentazione lattica a differenza di quella alcolica:

parole chiave

2. In che cosa consistono la catena respiratoria e la fosforilazione ossidativa?

A rigenera il NAD+ B produce una molecola a 3 atomi

3. Quale fase della respirazione cellulare non utilizza direttamente l’ossigeno? Dove si svolge?

C può essere svolta solo dai batteri

 respirazione cellulare  ciclo di Krebs  trasporto degli elettroni  fosforilazione ossidativa  fermentazione  catena di trasporto degli elettroni

4. La funzione dell’ossigeno nella respirazione cellulare è:

A immagazzinare energia trasformando l’ADP in ATP

B catturare gli elettroni alla fine della catena di trasporto

C unirsi al carbonio per formare CO2 come prodotto di scarto

D partecipare alle reazioni della glicolisi nel citoplasma della cellula

di carbonio e dai funghi

D libera CO2 insieme ad acido lattico 6. Se nella cellula non fosse disponibile ossigeno:

A non avverrebbe alcuna delle fasi della respirazione cellulare

B la fase aerobica avverrebbe molto lentamente

C non si potrebbe in alcun modo formare ATP

D si potrebbero svolgere solo la glicolisi e la fermentazione

103 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

capitolo

5

lezione

104

obiettivi

la funzione della 쑺 Spiegare fotosintesi negli organismi autotrofi.

RISPON DI

i reagenti e i 쑺 Identificare prodotti della fotosintesi. la fase luminosa 쑺 Descrivere e il ciclo di Calvin.



Qual è lo scopo della fotosintesi?

LA CELLULA AL LAVORO

La fotosintesi produce glucosio a partire da acqua e CO2 14

Nelle lezioni precedenti abbiamo visto che il glucosio è la sostanza più usata dagli organismi per ricavare l’energia necessaria a compiere le loro funzioni vitali. Ma come si produce il glucosio? Il processo principale attraverso cui si generano biomolecole (per esempio il glucosio) a partire da sostanze inorganiche (come il diossido di carbonio e l’acqua) è la fotosintesi. La fotosintesi è un fenomeno complesso per mezzo del quale gli organismi come i cianobatteri, le piante e le alghe sintetizzano il proprio nutrimento; come sappiamo, questi organismi «autosufficienti» dal punto di vista alimentare sono detti autotrofi, ossia capaci di «nutrirsi da soli». La fonte di energia che permette alle cellule vegetali di trasformare le sostanze inorganiche in sostanze organiche è la luce del Sole. La luce solare viene catturata da speciali molecole chiamate pigmenti, sensibili alle radiazioni luminose di colori differenti; il pigmento più diffuso è la clorofilla, la sostanza da cui dipende il colore verde delle foglie che è contenuta all’interno dei tilacoidi del cloroplasto.

15

쑽 Figura 16 Sezione di una foglia di stella di Natale vista al microscopio elettronico a scansione.

La cellula vegetale non ha bisogno di mangiare per nutrirsi

La fotosintesi avviene nei cloroplasti e trasforma il diossido di carbonio e l’acqua in glucosio

Come ricorderai dalla lezione 5 del capitolo 4, la cellula vegetale possiede degli organuli speciali, chiamati cloroplasti; all’interno di questi organuli si trovano speciali strutture membranose, i tilacoidi, nei quali si svolge la fotosintesi (쑺figura 16). Nei cianobatteri, che sono procarioti, i processi fotosintetici avvengono su ripiegamenti interni della membrana plasmatica. L’equazione generale che riassume tutte le tappe della fotosintesi è la seguente: 6CO2 ⫹ 12H2O ⫹ energia luminosa → C6H12O6 ⫹ 6O2 ⫹ 6H2O cloroplasto

I cloroplasti all’interno delle singole cellule.

stroma

tilacoide

A

B

membrana esterna

spazio interno al tilacoide

104 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

grano

membrana interna

16

RISPON DI

L’equazione riassuntiva della fotosintesi è scritta in questo modo allo scopo di mettere in evidenza che l’ossigeno liberato durante il processo (in rosso) deriva dalla scissione delle molecole d’acqua e non del diossido di carbonio. Come nel caso della respirazione cellulare, anche nella fotosintesi avviene una riorganizzazione della disposizione degli atomi: gli atomi di idrogeno presenti nelle molecole d’acqua si staccano da quelli di ossigeno per andare a legarsi con il diossido di carbonio e formare glucosio, mentre gli atomi di ossigeno vengono liberati nell’aria sotto forma di ossigeno gassoso (O2). L’energia necessaria per scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno e per costruire il glucosio a partire dal diossido di carbonio è fornita dalla luce del Sole.

4

Da dove proviene l’idrogeno necessario a trasformare il diossido di carbonio in glucosio?

RISPON DI

LA FOTOSINTESI PRODUCE GLUCOSIO A PARTIRE DA ACQUA E CO2

Perché il ciclo di Calvin è chiamato anche fase oscura?



La fotosintesi è suddivisa in due fasi: la fase luminosa e il ciclo di Calvin

La fotosintesi non avviene in un unico passaggio, ma si svolge attraverso un gran numero di reazioni chimiche ognuna delle quali è controllata da un enzima specifico. Le reazioni chimiche della fotosintesi sono suddivise in due fasi: la prima fase è chiamata fase luminosa, perché si svolge solo in presenza della luce del Sole e avviene sulle membrane dei tilacoidi; la seconda fase, il ciclo di Calvin, si svolge nello stroma ed è anche detta fase indipendente dalla luce, perché non utilizza direttamente la luce solare (쑺figura 17). Tuttavia, se una pianta è tenuta al buio, dopo poco tempo anche il ciclo di Calvin si arresta; le reazioni indipendenti dalla luce, infatti, non possono avvenire senza l’energia fornita dalla fase luminosa.



쑸 Figura 17 Schema della fotoH 2O cloroplasto

CO2

sintesi clorofilliana all’interno del cloroplasto.

luce online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ATP

ANIMAZIONE

NADPH reazioni della fase luminosa

ADP

O2

쐌 La fotosintesi

P

glucosio

La clorofilla cattura l’energia luminosa e la trasforma in energia chimica

Durante la fase luminosa, le molecole di clorofilla inserite nelle membrane dei tilacoidi catturano la luce solare, che viene poi utilizzata per scindere una molecola di acqua nei suoi componenti, l’idrogeno e l’ossigeno (fotolisi). L’ossigeno così formato si libera nell’ambiente, mentre l’idrogeno e gli elettroni vengono catturati da una speciale molecola, il NADP⫹, che si riduce a NADPH ⫹ H⫹. Il NADP⫹ è un coenzima molto simile alla molecola di NAD⫹ che abbiamo studiato nella lezione precedente, rispetto al quale ha solo un gruppo fosforico in più; il NADP⫹ è dunque un trasportatore di elettroni. Parte dell’energia solare, inoltre, viene utilizzata direttamente per produrre ATP a partire da ADP e fosfato. In questa prima fase della fotosintesi, quindi, si generano le molecole ricche di energia (NADPH e ATP) che serviranno per far avvenire la serie di reazioni del ciclo di Calvin.

RISPON DI

17

ciclo di Calvin

NADP+



Quali sono i prodotti della fase luminosa della fotosintesi?

105 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

5

LA CELLULA AL LAVORO

18

Attraverso le reazioni del ciclo di Calvin il diossido di carbonio si trasforma in zucchero

La seconda fase della fotosintesi comprende una serie di reazioni controllate da enzimi che si trovano nello stroma del cloroplasto; nel loro insieme tali reazioni costituiscono il ciclo di Calvin. Queste reazioni, che come abbiamo detto sono indipendenti dalla luce, usano l’energia contenuta nell’ATP e nel NADPH prodotti durante la fase luminosa e gli atomi di carbonio del CO2 atmosferico per «costruire» molecole di glucosio. L’equazione che riassume il processo è la seguente:

RISPON DI

6CO2 ⫹ NADPH ⫹ H⫹ ⫹ ATP → C6H12O6 ⫹ NADP⫹ ⫹ ADP ⫹ Pi



Quali sono i composti coinvolti nelle reazioni del ciclo di Calvin?

Il glucosio prodotto dalla fotosintesi può ora essere metabolizzato attraverso la glicolisi e la respirazione cellulare, per sopperire ai bisogni energetici della pianta, oppure essere usato per sintetizzare altre biomolecole come proteine e carboidrati complessi; tra questi ultimi ricordiamo l’amido e l’inulina (che vengono immagazzinati in strutture di riserva come i tuberi (쑺figura 18) e la cellulosa, che costituisce la parete della cellula vegetale.

쑺 Figura 18 I tuberi come le patate (A) e i topinambur (B) sono porzioni di fusto modificate dove la pianta accumula sostanze di riserva, come l’amido.

Nella patata (Solanum tuberosum) i carboidrati prodotti dalle parti verdi della pianta attraverso la fotosintesi vengono trasportati nei fusti sotterranei e accumulati all’interno dei tuberi. A

Il topinambur (Helianthus tuberosus) è una pianta appartenente alla famiglia Composite, molto comune lungo i corsi d’acqua. In passato veniva usata per i tuberi commestibili, che in seguito sono stati soppiantati dalle patate. I tuberi di topinambur sono ricchi di inulina, un polimero del fruttosio che li rende molto nutrienti e adatti all’alimentazione dei diabetici; l’inulina infatti, a differenza dell’amido, offre una riserva di carboidrati che può essere utilizzata indipendentemente dall’ormone insulina.

B

106 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione ambientale

LA FOTOSINTESI PRODUCE GLUCOSIO A PARTIRE DA ACQUA E CO2

» La fotosintesi ha cambiato la composizione dell’atmosfera

Quando gli organismi viventi iniziarono a compiere la fotosintesi, essi cambiarono per sempre la composizione dell’atmosfera terrestre. Circa 3,5 miliardi di anni fa, infatti, l’atmosfera del nostro pianeta era priva di ossigeno; tutti gli organismi viventi che si erano evoluti fino a quel momento erano anaerobi e ricavavano energia da processi simili alla fermentazione. I primi organismi a rilasciare ossigeno nell’atmosfera furono certi batteri fotosintetici simili agli attuali cianobatteri. I dati geologici sulla composizione chimica delle rocce indicano che intorno a due miliardi di anni fa la concentrazione di O2 raggiunse in molti luoghi del pianeta una concentrazione pari circa a un centesimo di quella attuale. A quelle concentrazioni di ossigeno, alcune cellule procariotiche acquisirono la capacità di utilizzare tale gas per demolire le molecole di glucosio attraverso la respirazione, un processo che ha un rendimento nettamente superiore a quello della fermentazione. In seguito, intorno a un miliardo e

mezzo di anni fa, si formarono le prime cellule eucariotiche. La comparsa dell’ossigeno ebbe anche altri effetti importanti per l’evoluzione degli esseri viventi; nelle parti alte dell’atmosfera, tra i 12 e i 24 km al di sopra della superficie terrestre, le radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole provocano la trasformazione del normale ossigeno atmosferico (O2) in ozono (O3). Questo strato di ozono assorbe le radiazioni ultraviolette e riduce la quantità di UV che raggiunge la superficie terrestre. Le radiazioni ultraviolette possono danneggiare il

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Perché gli organismi vegetali sono detti autotrofi?

parole chiave

2. In quali fasi può essere suddivisa la fotosintesi? In quali parti della cellula si svolgono?

 fotosintesi  clorofilla  cloroplasto  fase luminosa  ciclo di Calvin

3. Il compito svolto dal NADP⫹ è:

A trasportare elettroni dalle molecole d’acqua a quelle di diossido di carbonio

B fornire l’ossigeno necessario allo svolgimento del ciclo di Calvin

C sostituire la clorofilla nel catturare l’energia del Sole durante la fase luminosa

D favorire la produzione di amido e cellulosa a partire dal glucosio

4

DNA degli organismi viventi; lo strato di ozono quindi rappresenta una sorta di barriera contro queste radiazioni. Inoltre, in passato la presenza dello strato di ozono consentì agli esseri viventi di abbandonare la protezione dell’acqua, ambiente in cui si erano evoluti fino a quel momento, e conquistare le terre emerse. L’ossigeno atmosferico ha raggiunto l’attuale concentrazione circa 500 milioni di anni fa; si calcola che ogni 5000-6000 anni tutto l’ossigeno molecolare esistente nell’atmosfera venga riciclato dagli organismi viventi.

4. Nella fotosintesi l’ossigeno è:

A B C D

uno dei reagenti uno dei prodotti un trasportatore di idrogeno la principale fonte di energia

5. Se una pianta viene tenuta al buio:

A non può svolgere la fotosintesi B se ha abbastanza acqua, riesce a sopravvivere producendo NADPH

C continua a vivere compiendo solo la fase oscura

D non può svolgere la respirazione cellulare 6. Scrivi la reazione chimica che riassume la fotosintesi.

107 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

5

LA CELLULA AL LAVORO

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe.

C sono molecole di natura inorganica come, per

1. L’ossigeno che si libera durante la fotosintesi proviene dalla scissione del diossido di carbonio. 2. Al termine della glicolisi si ottengono due molecole di acido piruvico. 3. L’accettore finale degli elettroni nella catena di trasporto è l’ossigeno. 4. In assenza di ossigeno i nostri muscoli possono occasionalmente effettuare la fermentazione alcolica. 5. Cloroplasti e mitocondri svolgono le stesse funzioni in organismi differenti.

D agiscono solo in alcune cellule dove hanno il compito di demolire i carboidrati e i grassi vf Completa le seguenti frasi. vf vf

9. Nel processo di

vf

A fornisce molecole di NADH alla catena di trasporto degli elettroni B si svolge sulle creste mitocondriali contemporaneamente al ciclo di Krebs C avviene solo in presenza di ossigeno D è un processo che richiede più energia di quanta ne produce L’ATP è una molecola:

A che immagazzina energia chimica B che agisce come catalizzatore C che viene consumata durante le reazioni di combustione D di natura proteica 8. Gli enzimi:

A sono sintetizzati in continuazione nelle cellule perché vengono «consumati» rapidamente

B sono proteine di forma globulare che catalizza-

l’acqua e il

respirazione cellulare gli stessi composti rappre...................................................................... .

10. Il NAD è un

......................................................................

trasportatore di vf

......................................................................

diossido di carbonio sono i reagenti, mentre nella sentano i

Barra il completamento che ritieni esatto. 6. La glicolisi:

7.

esempio, l’ossido di manganese

che agisce da

...................................................................... .

11. Nei nostri muscoli, al termine della glicolisi, in assenza di ossigeno l’ ...................................................................... viene trasformato in

...................................................................... .

Rispondi in cinque righe. 12. Quale ruolo svolgono gli enzimi nella cellula? 13. Quale ruolo svolgono il NAD+ e il FAD nella demolizione ossidativa del glucosio? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 14. Qual è lo scopo della fotosintesi? In quali fasi può essere suddivisa? Da quale equazione generale può essere riassunta? Nel rispondere specifica: ● perché gli organismi fotosintetici sono detti autotrofi ● l’equazione bilanciata della fotosintesi partendo da diossido di carbonio e acqua ● dove avviene la fotosintesi ● le due fasi in cui viene suddivisa ● quali sono i prodotti della fase luminosa ● che cosa succede durante il ciclo di Calvin.

no le reazione cellulare

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 15. Perché in assenza di ossigeno la glicolisi non si può fermare ad acido piruvico ma prosegue con la fermentazione lattica oppure alcolica? 16. In quali fasi può essere distinto il metabolismo cellulare del glucosio? Quale ruolo svolge l’ATP in tali reazioni? Completa e correggi. 17. Negli spazi predisposti, scrivi la lettera A se l’affermazione si riferisce alla fase luminosa della

fotosintesi, la lettera B se si riferisce alla fase indipendente dalla luce, la lettera C se si riferisce a entrambe le fasi oppure la lettera D se non si riferisce a nessuna delle due. 1) Durante questa fase avviene la fotolisi dell’acqua.

.................

2) Può avvenire anche durante la notte.

.................

3) Libera ossigeno.

.................

4) Utilizza CO2, ATP e NADPH.

.................

5) Si verifica anche nelle alghe.

.................

108 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

6

La divisione cellulare

1 2 3

Il ciclo cellulare: una visione d’insieme La capacità di generare nuove cellule a partire da una cellula madre è alla base della crescita degli organismi, della sostituzione di cellule danneggiate e della riproduzione. La divisione cellulare può originare cellule identiche a quella di partenza oppure i gameti utilizzati nella riproduzione sessuata. Nei procarioti la divisione cellulare è l’unico modo per riprodursi ed è detta scissione binaria. L’arco di vita di una cellula eucariotica, chiamato ciclo cellulare, si divide in cinque fasi, dalla nascita della cellula alla riproduzione.

La mitosi produce due cellule identiche Lo stadio del ciclo cellulare in cui le cellule si dividono è chiamato fase mitotica e comprende la mitosi (cioè la spartizione del materiale genetico alle due cellule figlie) e la divisione del citoplasma, la citodieresi. La mitosi è un processo continuo e senza alcuna interruzione, ma può essere suddivisa in quattro stadi: profase, metafase, anafase e telofase.

La meiosi è alla base della riproduzione sessuata La maggior parte degli eucarioti pluricellulari si riproduce per via sessuata. Due genitori di sesso diverso producono cellule specializzate, i gameti: quando il gamete maschile si fonde con quello femminile, si origina un nuovo individuo con caratteristiche simili, ma non identiche, a quelle dei genitori. I gameti contengono un numero di cromosomi pari alla metà del numero tipico della specie. Per dimezzare il numero dei cromosomi, l’organismo mette in atto una speciale divisione cellulare chiamata meiosi.

109 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

6

lezione

capitolo

obiettivi

l’importanza 쑺 Comprendere della divisione cellulare per la riproduzione degli individui, la crescita e la riparazione dei tessuti. il processo 쑺 Descrivere di scissione binaria. le diverse fasi 쑺 Identificare del ciclo cellulare. online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP 쐌 Un paramecio si divide per scissione binaria

쑽 Figura 1 Tre esempi di riproduzione asessuata. A. Fotografia al microscopio ottico di due protozoi in divisione. B. Un’idra che si sta dividendo per gemmazione fotografata al miscoscopio ottico. C. Le piante stolonifere si riproducono per via vegetativa.

Questi eucarioti unicellulari appartenenti al gruppo dei ciliati si stanno dividendo per scissione.

A

LA DIVISIONE CELLULARE

Il ciclo cellulare: una visione d’insieme 1

Crescere e riprodursi sono caratteristiche fondamentali degli esseri viventi

Nei capitoli precedenti abbiamo studiato alcune caratteristiche che contraddistinguono i viventi; ricordiamone alcune: l tutti gli organismi sono fatti di cellule: alcuni, come le amebe, sono unicellulari, mentre altri, come noi umani, possono essere costituiti da decine di miliardi di cellule; l tutti gli esseri viventi convertono l’energia contenuta negli alimenti in energia chimica utilizzabile per compiere le proprie funzioni vitali; questo insieme di processi è noto come metabolismo. In questa lezione e nelle prossime due prenderemo in esame un’altra caratteristica propria dei viventi: la capacità di generare nuove cellule. Tale facoltà è alla base di importantissimi processi vitali tra cui: 1. la riproduzione, ossia la possibilità di perpetuare nel tempo la propria specie; 2. la crescita di un organismo pluricellulare; 3. la sostituzione delle cellule morte o danneggiate durante la vita dell’individuo. In natura esistono due tipi di riproduzione: gli esseri umani, come quasi tutti gli animali, si riproducono tramite la riproduzione sessuata, mentre la maggior parte degli organismi più semplici e meno evoluti utilizza la riproduzione asessuata. Le piante e alcuni tipi di animali si possono riprodurre utilizzando entrambe le modalità. La semplice divisione cellulare (detta di volta in volta scissione, gemmazione o propagazione) rappresenta una delle modalità, se non l’unica, mediante cui potersi riprodurre per molti organismi: i procarioti, gli eucarioti unicellulari (come i protozoi) (쑺figura 1A), animali come l’idra (쑺figura 1B), piante come Saxifraga (쑺figura 1C). Nella riproduzione asessuata, la prole è costituita da un clone dell’organismo di partenza: tutti i figli, infatti, sono geneticamente identici al genitore. Questa modalità riproduttiva L’idra è un piccolo animale d’acqua dolce che appartiene al gruppo delle meduse; quando il cibo è abbondante, l’idra si riproduce asessualmente gemmando un organismo «figlio».

Saxifraga platysepala si riproduce asessualmente attraverso gli stoloni, rami laterali in grado di formare germogli e radici.

C

B

110 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

6

LA DIVISIONE CELLULARE

3

Grazie alla divisione cellulare, gli organismi pluricellulari si accrescono e sostituiscono le cellule morte

RISPON DI

In un organismo pluricellulare, gli scopi della divisione cellulare sono molteplici: l dare vita a nuove cellule; l fornire a ognuna di esse le stesse caratteristiche morfologiche (forma e dimensioni) della cellula madre; l garantire a ogni nuova cellula il numero corretto di cromosomi, che contengono le «istruzioni» per costruire le molecole (in particolare le proteine) e gli organuli.



Per quali motivi una cellula si divide sia negli organismi in crescita sia in quelli adulti?

La capacità di duplicare le proprie cellule, che consente a un organismo unicellulare di riprodursi, è alla base dei processi di crescita degli organismi pluricellulari e di sostituzione delle cellule danneggiate. Quando sei nato pesavi circa 3,5 kg e misuravi circa 50 cm; oggi la tua altezza e il tuo peso sono decisamente cambiati. Le dimensioni del tuo corpo sono aumentate perché nei primi anni di vita le tue cellule hanno cominciato a riprodursi molto velocemente, aumentando drasticamente di numero, così che i tuoi tessuti e organi si sono accresciuti. Quando sarai adulto e avrai completato lo sviluppo, il tuo corpo smetterà di crescere; ciononostante, le tue cellule continueranno a dividersi a ritmi molto alti allo scopo di rimpiazzare le cellule che muoiono perché vecchie o danneggiate: si è calcolato che ogni secondo un essere umano adulto produce più di 3 milioni di nuove cellule. Soltanto alcuni tipi di cellule, come quelle nervose e quelle del cristallino dell’occhio, non sono in grado di riprodursi nell’adulto e quando muoiono non vengono più sostituite.

4

Le cellule eucariotiche vanno incontro a una sequenza ripetitiva di eventi detta ciclo cellulare

rfa

L’arco di vita di una cellula eucariotica viene chiamato ciclo cellulare: un ciclo cellulare comincia con la «nascita» della cellula e si conclude quando questa cellula si divide a sua volta. Il ciclo cellulare (쑺figura 3) 쑺 Figura 3 Le fasi del ciclo Il materiale cellulare: interfase e mitosi. può essere suddiviso in due genetico si duplica. fasi principali, l’interfase e la fase mitotica, durante S le quali si verificano specifici eventi. Inizialmente la cellula deve crescere; poi, int e La cellula si dopo un periodo più accresce. o meno lungo duranG1 te il quale ogni cellula svolge i processi metabolici per i quali G2 è specializzata, deve e M La cellula si ica duplicare il proprio prepara alla divisione. materiale genetico, costruire le strutture necessarie alla divisione e distribuire equamente i cromosomi alle due celIn che cosa consiste lule figlie; infine, deve diil ciclo cellulare? vidersi in due. se

RISPON DI

t mi

fas t o



112 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL CICLO CELLULARE: UNA VISIONE D’INSIEME

5

1

L’interfase occupa il 90% del ciclo cellulare

RISPON DI

L’interfase è il momento in cui la cellula si accresce e svolge le proprie funzioni, ed è caratterizzata da un’intensa attività metabolica. L’interfase comprende anche l’attivazione delle funzioni che portano alla divisione cellulare: da questo punto di vista, un evento chiave è la duplicazione del DNA che avviene durante la sottofase S (S sta per sintesi del DNA). La sottofase S è preceduta ed è seguita da altre due sottofasi chiamate rispettivamente G1 e G2 (dove G sta per gap, che significa «intervallo»): l Durante la sottofase G1 la cellula raddoppia le sue dimensioni, sintetizza biomolecole (soprattutto proteine e fosfolipidi) e fabbrica la maggior parte degli organuli, come il reticolo endoplasmatico e l’apparato di Golgi. Anche i mitocondri e i cloroplasti, che contengono ciascuno un proprio cromosoma, si duplicano. Una volta che la cellula è diventata «adulta», rimane in G1 per un tempo che varia a seconda del tessuto cui appartiene. Per esempio le cellule nervose, che non vanno incontro a divisione, rimangono in questa fase per tutta la loro vita; altre possono restare in G1 per pochi minuti, come nel caso delle cellule embrionali, oppure per settimane, mesi o anni. Particolari segnali biochimici, provenienti dall’esterno della cellula oppure dal suo interno, indicano che è giunto il momento di riprodursi: inizia la sottofase S. l La sottofase S è il momento chiave della riproduzione cellulare, durante la quale la cellula continua ad accrescersi e duplica il proprio corredo genetico, cioè sintetizza una copia identica del DNA presente nel nucleo. A questo punto il materiale genetico si presenta come un miscuglio di DNA 쑸 Figura 4 Questa microfotoe proteine che forma una massa di grafia a fluorescenza mostra fibre lunghe e aggrovigliate detta una cellula tumorale durante l’interfase. cromatina (쑺figura 4). Le fibre di cromatina sono troppo sottili per essere visibili al microscopio ottico. l Durante la sottofase G2 si verificano gli ultimi preparativi per la divisione: la cellula assembla gli «strumenti» Il DNA, che appare di colore rosa, si è già duplicato. necessari a dividersi, come i microtubuli e i filamenti; inoltre produce le proteine che saranno attive durante la divisione e controlla il DNA dupliIn quali sottofasi può essere cato al fine di correggere eventuali suddivisa l’interfase? errori.



hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  riproduzione  clone  scissione binaria  ciclo cellulare  interfase  sottofase S  sottofase G1  sottofase G2  cromatina

1. Che differenza c’è tra la riproduzione sessuata e quella asessuata?

5. La sottofase G1 corrisponde a un periodo:

2. Che cosa si intende per ciclo cellulare?

A di intensa attività biochimica B in cui la cellula è in uno stato di

3. Che cos’è l’interfase? 4. L’evento chiave della sottofase S è:

A la duplicazione degli organuli cellulari

B la duplicazione del materiale ge-

riposo

C che precede la scissione binaria di un batterio

D in cui avviene la fusione dei gameti

netico

C la scissione del nucleo D la scissione del citoplasma

113 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

6

llezione ezione

capitolo

obiettivi

le fasi della 쑺 Descrivere mitosi. la citodieresi 쑺 Distinguere delle cellule animali da quella delle cellule vegetali.



Comprendere l’importanza di una buona regolazione del ciclo cellulare.

LA DIVISIONE CELLULARE

La mitosi produce due cellule identiche 6

Subito prima della divisione cellulare, la cromatina si addensa a formare i cromosomi

Alla fine della sottofase G2 dell’interfase, quando la cellula si prepara a dividersi, la cromatina si addensa a formare i cromosomi. Utilizzando tecniche particolari, i cromosomi possono essere colorati e osservati al microscopio ottico, dove appaiono come strutture a bastoncino dall’aspetto caratteristico. Il numero di cromosomi presenti in una cellula eucariotica dipende dalla specie: per esempio, ogni cellula del tuo corpo contiene 46 cromosomi (ciascuno dei quali contiene da 200 a 3000 geni). Ogni cromosoma è costituito da un’unica molecola di DNA enormemente più lunga del nucleo che la contiene: pensa che tutto il DNA presente nel genoma umano disteso e allineato misurerebbe circa 2 metri! Poiché il nucleo della cellula ha un diametro medio di soli 5-10 ␮m, il DNA deve accorciarsi e compattarsi di almeno 10000 volte, attraverso diversi livelli di avvolgimento per poter entrare in uno spazio tanto ridotto. Nel primo livello di «impacchettamento» la doppia elica del DNA si avvolge attorno a un nucleo di 8 proteine basiche, gli istoni, e forma il nucleosoma. I nucleosomi si susseguono con regolarità, intercalati da brevi tratti di DNA (chiamati anche DNA linker) a formare una struttura simile a una collana di perle. Questa struttura viene resa ancora più compatta da un’ulteriore spiralizzazione dei nucleosomi e dalla formazione di anse, fino a dare origine alle fibre di cromatina condensate e superavvolte che vedi nella 쑺figura 5. cromosoma

쑺 Figura 5 Un cromosoma (A) e la cromatina (B) visti al microscopio elettronico. cromatidi fratelli

A

centromero

Ogni nucleosoma che costituisce la cromatina è formato dal DNA avvolto intorno agli istoni.

cromatina

DNA linker DNA



istone

nucleosoma

114 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

B

LA MITOSI PRODUCE DUE CELLULE IDENTICHE

2 쑸 Figura 6 Tre cromosomi umani visti al microscopio elettronico a scansione.

centromero centromero

cromosoma in fase di duplicazione

cromatidi fratelli

cromatidi fratelli

Quando possiamo osservare i cromosomi essi si sono già duplicati, ossia sono costituiti da due cromatidi fratelli uniti a livello di una zona chiamata centromero (쑺figura 6). Nel corpo umano, quindi, ogni cellula in divisione possiede 46 cromosomi doppi e ogni cellula figlia risultante verrà a possedere 46 cromosomi singoli.

7

RISPON DI

Dopo la fase S, ogni cromosoma è costituito da due cromatidi fratelli uniti a livello del centromero.



Che cosa sono i cromatidi fratelli?

La divisione cellulare avviene durante la fase mitotica, che comprende mitosi e citodieresi

La fase mitotica, o fase M, è lo stadio del ciclo cellulare in cui la cellula effettivamente si divide. Questa fase comprende due processi: la mitosi e la citodieresi (쑺figura 7). La mitosi assicura un’equa distribuzione dei cromosomi nelle cellule figlie e, di conseguenza, la formazione di due cellule identiche tra loro e uguali alla cellula di partenza. Sebbene avvenga senza interruzioni, la mitosi può essere suddivisa in quattro passaggi denominati profase, metafase, anafase e telofase (쑺figura 8, a pagina seguente). 쑸 Figura 7 La divisione cellulare avviene durante la fase mitotica del ciclo cellulare. Il citoplasma si divide formando due nuove cellule.

S

G1

int

e

rfa se

fas t to mi

citodieresi

e ica

mitosi

G2

M

I cromatidi fratelli si separano e si formano due nuovi nuclei.

I cromosomi diventano visibili; si dissolve la membrana nucleare.

115 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

6

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La mitosi e la citodieresi

쑽 Figura 8 Le fasi della mitosi nella cellula animale e in quella vegetale.

cellula animale in profase

LA DIVISIONE CELLULARE

1. Durante la profase la cromatina si compatta a formare i cromosomi, ciascuno formato da due cromatidi fratelli uniti a livello del centromero; i cromosomi si condensano, e diventano visibili al microscopio ottico. Nello stesso tempo la membrana nucleare incomincia a dissolversi e nel citoplasma inizia a formarsi il fuso mitotico, una struttura di forma ellittica costituita da microtubuli, che guiderà i movimenti dei cromosomi durante le diverse fasi della mitosi. 2. Il passaggio dalla profase alla metafase è segnato dalla graduale scomparsa della membrana nucleare. I cromosomi restano liberi nel citoplasma e si spostano verso la parte mediana della cellula, disponendosi su un piano immaginario detto piano equatoriale; i microtubuli che costituiscono il fuso, ormai completamente formato, si collegano a ogni centromero. In questa fase i cromosomi raggiungono il massimo grado di visibilità al microscopio a causa della loro forte spiralizzazione. cellula vegetale in profase

fuso mitotico in formazione

centrioli

PROFASE Si rendono visibili i cromosomi.

cellula animale in telofase

La membrana nucleare scompare.

TELOFASE Si formano i nuclei figli; la cellula completa la fase mitotica con la citodieresi.

Si forma una nuova membrana nucleare.

cellula vegetale in telofase

I cromatidi si despiralizzano.

116 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3. L’anafase inizia quando i cromatidi fratelli si separano; da questo momento, ciascuno di essi viene considerato un cromosoma figlio. I centromeri scorrono sui microtubuli del fuso, trascinando i cromosomi figli che vanno a posizionarsi ai poli opposti della cellula. Alla fine dell’anafase, a ciascun polo si trova una serie completa di cromosomi. 4. La telofase ha inizio quando i cromosomi figli hanno raggiunto le estremità della cellula; essi vengono circondati da una nuova membrana nucleare, formando i due nuclei figli. La cellula si allunga, i cromosomi si despiralizzano e si ricostituisce la cromatina. Alla fine della telofase, il fuso mitotico scompare; ogni cellula figlia possiede ora una copia di ciascun cromosoma, e quindi un patrimonio cromosomico completo (negli esseri umani, pari a 46 cromosomi). Al termine della mitosi le cellule figlie, ciascuna con il proprio nucleo, si separano per mezzo di un processo chiamato citodieresi, che in genere è contemporaneo alla telofase. cellula vegetale in metafase

2

RISPON DI

LA MITOSI PRODUCE DUE CELLULE IDENTICHE



Qual è la funzione del fuso mitotico?

cellula animale in metafase

fuso mitotico METAFASE I cromosomi si allineano al piano equatoriale.

cellula vegetale in anafase

cellula animale in anafase

ANAFASE I cromatidi fratelli si separano trascinati dalle fibre del fuso; ogni cellula riceve la stessa quantità di DNA.

117 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

6

LA DIVISIONE CELLULARE

8



Che cosa s’intende per citodieresi?

쑺 Figura 9 La citodieresi di una cellula animale.

La citodieresi delle cellule animali è diversa da quella delle cellule vegetali

Nelle cellule animali la citodieresi, cioè la divisione del citoplasma, avviene tramite la formazione di un solco nel citoplasma della cellula madre. Il solco si forma grazie a un anello di microfilamenti localizzato sotto la membrana stessa che si restringe generando una strozzatura che finisce per separare del tutto le due cellule figlie (쑺figura 9). cellula animale in citodieresi

A

B

Le cellule animali si separano grazie alla formazione di una strozzatura che crea un solco profondo all’interno del citoplasma.

쑽 Figura 10 La citodieresi di una cellula vegetale.

La separazione del citoplasma ha inizio con la formazione di un anello contrattile costituito da filamenti di actina.

setto di separazione in via di formazione

parole chiave  cromosoma  mitosi  cromatidi fratelli  centromero  fase M  profase  metafase  anafase  telofase  citodieresi

La strozzatura dell’anello avviene grazie allo scorrimento di molecole di miosina sui filamenti di actina.

Nelle cellule vegetali la citodieresi avviene diversamente: all’interno della cellula si forma un setto di separazione costituito di cellulosa, la piastra cellulare, che si accresce verso l’esterno dividendo progressivamente in due la cellula madre (쑺figura 10).

A

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

C

piastra cellulare

B

Le cellule vegetali si separano grazie alla formazione della piastra cellulare.

1. Come puoi definire la mitosi? 2. Descrivi le fasi della mitosi. 3. La citodieresi:

A avviene solo negli organismi unicellulari e nelle cellule animali

B è il processo di separazione del

cellula vegetale in citodieresi

4. I cromatidi fratelli si separano durante:

A la profase C l’anafase

B la metafase D la telofase

5. I cromosomi si vedono particolarmente bene al microscopio:

citoplasma che dà origine a due cellule figlie

A quando costituiscono la cromati-

C è il processo attraverso cui si rea-

B durante la citodieresi C quando si distribuiscono sul pia-

lizza la distribuzione equa del corredo cromosomico

na

no equatoriale della cellula

D avviene solo quando l’organismo

D quando sono costituiti da un uni-

si riproduce e non quando le cellule si moltiplicano durante la crescita

co filamento di DNA che rappresenta il cromosoma maturo

118 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA MEIOSI È ALLA BASE DELLA RIPRODUZIONE SESSUATA

Nella prima lezione di questo capitolo abbiamo visto che, tramite la riproduzione asessuata, si generano individui del tutto identici al genitore da cui derivano. Se però osservi una famigliola di cani o di gatti o di qualunque altro animale (esseri umani compresi), ti accorgerai subito che i figli sono simili ai genitori, ma non del tutto identici. Nella maggior parte degli organismi pluricellulari, infatti, la riproduzione degli individui avviene per via sessuata: i genitori sono due, sono di sesso diverso e producono cellule specializzate, i gameti (o cellule sessuali, 쑺figura 11). In un processo chiamato fecondazione, un gamete maschile (spermatozoo) si unisce a un gamete femminile (cellula uovo). Il risultato della fecondazione è lo zigote, la prima cellula da cui si svilupperà un nuovo individuo. Dato che lo zigote eredita metà dei cromosomi dal padre e metà dalla madre, il patrimonio genetico del figlio sarà una combinazione del patrimonio genetico di entrambi i genitori. Lo spermatozoo è una cellula molto piccola, agile e dalla forma aerodinamica, costituita da una testa che contiene i cromosomi e da una coda mobile che gli permette di spostarsi per poter raggiungere la cellula uovo. La cellula uovo è molto più grande dello spermatozoo perché, oltre al nucleo con i cromosomi, deve contenere le sostanze nutritive necessarie all’embrione per crescere.

obiettivi

l’importanza 쑺 Comprendere della formazione di cellule specializzate per la riproduzione sessuata. le caratteristiche 쑺 Evidenziare dei gameti. le fasi della 쑺 Descrivere meiosi.

RISPON DI

La riproduzione sessuata implica la presenza dei gameti e della fecondazione

lezione

La meiosi è alla base della riproduzione sessuata 9

3

3



Che cosa s’intende per fecondazione?

쑽 Figura 11 Gli spermatozoi sono i gameti maschili (A, B), mentre i gameti femminili sono le cellule uovo (C, D).

testa

nucleo contenente il DNA

C

rivestimento gelatinoso B

citoplasma nucleo A

D

119 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

6

LA DIVISIONE CELLULARE

10

쑽 Figura 12 A. Il cariotipo dell’uomo è formato da 23 coppie di cromosomi omologhi. B. Due cromosomi omologhi.

Ogni individuo presenta un cariotipo formato da coppie di cromosomi omologhi

Esaminando un certo numero di cellule di un organismo, si scopre che quasi tutte contengono lo stesso numero e lo stesso tipo di cromosomi. Analogamente, tutti gli individui di una certa specie presentano lo stesso numero e tipo di cromosomi, salvo un piccola differenza tra maschi e femmine. Per esempio, tutte le cellule del tuo corpo possiedono 46 cromosomi e sono dette cellule somatiche (dal greco soma che significa «corpo»); le cellule dei polmoni, del cuore o del cervello sono tutte esempi di cellule somatiche. L’insieme dei tuoi 46 cromosomi costituisce il tuo cariotipo o corredo cromosomico (쑺figura 12A e B). Osservando la figura, puoi notare che ogni cromosoma possiede un gemello simile per forma e dimensioni; i componenti di ciascuna coppia sono chiamati cromosomi omologhi. Ognuno di noi ha ereditato un cromosoma omologo dalla madre e l’altro dal padre. coppia di cromosomi omologhi

B

RISPON DI

A



Quando due cromosomi si dicono omologhi?

cromatidi fratelli di uno stesso cromosoma duplicato

I due cromosomi omologhi di una coppia contengono la stessa sequenza di informazioni e controllano le stesse caratteristiche ereditarie: per esempio, se un ipotetico gene che controlla il colore degli occhi si trova in una certa posizione (detta locus) di un cromosoma, il cromosoma omologo conterrà, esattamente nello stesso punto, un gene per il colore degli occhi. I due geni tuttavia potrebbero essere leggermente differenti: su un cromosoma ci potrebbe essere il gene che determina il carattere «occhi marroni» e sull’altro il gene per gli «occhi azzurri». Ricorda che la relazione tra i cromosomi omologhi è del tutto diversa da quella tra i cromatidi fratelli di cui abbiamo parlato nella lezione precedente: i cromatidi fratelli infatti sono copie identiche ottenute per duplicazione dello stesso cromosoma (per tornare al nostro esempio, tutti e due contengono la stessa informazione «occhi azzurri») e sono uniti a livello del centromero. Complessivamente, quindi, ogni cellula umana contiene 23 coppie di cromosomi. Nel cariotipo di una donna, i 46 cromosomi corrispondono perfettamente a 23 coppie di omologhi; nel maschio invece una delle coppie, la ventitreesima, è formata da due cromosomi diversi, detti eterocromosomi (쑺figura 12). La ventitreesima coppia di cromosomi, chiamati cromosomi sessuali per differenziarli dagli altri, chiamati autosomi, determina il sesso di un individuo. I cromosomi sessuali si presentano in due forme, indicate con X e Y. Negli esseri umani le femmine hanno due cromosomi X, mentre i maschi hanno un cromosoma X e un cromosoma Y. La maggior parte dei geni presenti sul cromosoma X pertanto non ha un corrispettivo sul cromosoma Y, il quale a sua volta contiene geni diversi da quelli che si trovano su X.

120 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

6

capitolo

LA DIVISIONE CELLULARE

PRIMA DIVISIONE MEIOTICA

Nella prima divisione meiotica si separano i cromosomi omologhi e il corredo genetico delle due cellule figlie risulta pertanto aploide, ma doppio: ogni cromosoma è formato da due cromatidi. centrioli fuso

membrana nucleare

polo

piano equatoriale

fuso tetrade

PROFASE I La cromatina si condensa e i cromosomi diventano visibili. Le coppie di cromosomi si appaiano formando delle strutture, dette tetradi, in cui possono avvenire scambi di parti più o meno lunghe di cromatidi fratelli (crossing-over). La membrana che avvolge il nucleo si disgrega. Si forma un fascio di microtubuli che si estende da un polo all’altro della cellula e le cui due estremità fanno capo ai centrioli.

쒀 Figura 14 Le fasi della meiosi comprendono una prima e una seconda divisione della cellula.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La meiosi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La variabilità genetica

METAFASE I Le tetradi si allineano sul piano equatoriale della cellula.

12

ANAFASE I Le fibre del fuso prendono contatto con i centromeri; i cromosomi di ciascuna coppia migrano verso uno dei due poli della cellula.

TELOFASE I Ai due poli della cellula madre si formano due agglomerati di cromosomi, in cui è presente un solo cromosoma per ciascun tipo. I cromosomi sono ancora doppi (ossia costituiti da due cromatidi). Il citoplasma delle due cellule si ripartisce e avviene la citodieresi, ossia la vera e propria divisione della cellula originaria in due cellule figlie distinte aploidi. Le fibre del fuso si disgregano; i cromosomi si despiralizzano.

La meiosi è il processo che produce cellule aploidi a partire da cellule diploidi

I gameti derivano da cellule chiamate cellule germinali che subiscono uno speciale processo chiamato meiosi. Tale processo si realizza attraverso due divisioni cellulari successive, la meiosi I e la meiosi II, precedute da un’unica duplicazione del DNA; la conseguenza è che le coppie di cromosomi omologhi delle cellule germinali si separano e le cellule figlie ricevono ciascuna un cromosoma omologo. A partire da una singola cellula germinale diploide, quindi, si ottengono quattro gameti aploidi. Nel seguire gli stadi della meiosi riportati nella 쑺figura 14 devi continuare a tenere presente la differenza tra cromosomi omologhi e cromatidi fratelli. I due cromosomi di una coppia di omologhi sono cromosomi distinti, ereditati da genitori diversi, e sono colorati in colori differenti (rosso e blu); i cromatidi fratelli sono uno la copia esatta dell’altro e sono rappresentati con lo stesso colore. La prima divisione meiotica (meiosi I) è preceduta come la mitosi dalla sintesi del DNA e determina la formazione di due cellule figlie. Si tratta però di un processo diverso dalla mitosi per due aspetti importanti: 1. Nella mitosi ogni cromosoma (formato da due cromatidi fratelli) si divide a livello del centromero e ciascun cromatidio migra a una delle estremità della cellula madre; nella meiosi I, invece, i cromatidi fratelli non si separano, ma ciascun cromosoma di una coppia di omologhi migra a una estremità della cellula. Così, alla fine della prima divisione meiotica, ogni cellula figlia contiene la metà dei cromosomi duplicati, ognuno dei quali è ancora composto da due cromatidi fratelli. 2. Prima di separarsi, le coppie di cromosomi omologhi sono strettamente appaiate a costituire le tetradi (쑺figura 15); in questa fase i cromatidi fratelli, che sono vicinissimi, si scambiano materiale genetico in un processo chiamato crossing-over. La seconda divisione meiotica comporta semplicemente la rottura del centromero di ogni cromosoma, in modo che i due cromatidi si separino e migrino ai poli opposti del

122 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

LA MEIOSI È ALLA BASE DELLA RIPRODUZIONE SESSUATA

SECONDA DIVISIONE MEIOTICA

Nella seconda divisione meiotica, che non è preceduta da alcuna duplicazione del DNA, si separano i cromatidi. I microtubuli si attaccano al centromero.

fuso

PROFASE II La cromatina si condensa nuovamente; si possono osservare i cromosomi formati da due cromatidi uniti dal centromero. Si forma nuovamente il fuso.

METAFASE II I cromosomi si dispongono su una linea equatoriale, trasversale rispetto alle fibre del fuso, in modo che ciascun cromatidio sia rivolto verso uno dei due poli della cellula. I centromeri prendono contatto con le fibre.

ANAFASE II I cromatidi migrano ciascuno verso un polo della cellula, spostandosi verso le fibre del fuso. In tal modo, ciascun cromatidio diviene un nuovo cromosoma maturo.

fuso. Durante questa separazione vi è una distribuzione indipendente dei cromosomi di origine paterna e materna per cui, alla fine, vi sarà un diverso assortimento dei cromosomi nelle quattro cellule figlie. Alla fine delle due divisioni meiotiche, come puoi vedere nella figura, da una singola cellula germinale diploide si originano quattro gameti aplodi. Durante entrambe le divisioni, la cellula passa attraverso stadi che presentano caratteristiche simili alla profase, metafase, anafase e telofase della mitosi. A differenza della mitosi però, il processo di divisione meiotica può essere sospeso per un tempo anche molto lungo. Inoltre, grazie al crossing-over, le cellule prodotte per meiosi sono geneticamente differenti l’una dall’altra e ciò favorisce una certa variabilità genetica all’interno di tutte le specie che si riproducono per via sessuata.

RISPON DI



Quali eventi si verificano nella prima divisione meiotica?

쑽 Figura 15 Il crossing-over avviene prima che i cromosomi omologhi si separino.

fuso

punti di crossing-over

profase I



RISPON DI

I cromatidi fratelli si separono.

TELOFASE II Ai poli della si formano Che cosacellula, si intende per due «cellula aggregati di cromosomi; le aploide»? fibre del fuso si disgregano, i cromosomi cominciano a decondensarsi e si forma infine la membrana nucleare. Il citoplasma della cellula si divide in due formando due cellule figlie aploidi. Poiché il processo avviene in entrambe le cellule che si sono formate al termine della meiosi I, al termine dell’intero processo si ottengono quattro cellule.

metafase I tetrade

metafase II

123 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

6

LA DIVISIONE CELLULARE

» Il cariotipo umano e la sindrome di Down Il cariotipo di una cellula eucariotica è la «fotografia» del suo corredo cromosomico completo. Esso si ottiene somministrando alla cellula durante la metafase di una divisione mitotica una sostanza (la colchicina) che blocca le fasi sucLa colchicina fa esplodere le cellule in metafase.

cessive della mitosi e fa «esplodere» la cellula. Sul vetrino del microscopio rimangono solo i cromosomi, i quali vengono colorati, fotografati, ingranditi, ritagliati e sistemati in base alle dimensioni. Nella figura A puoi osservare le

fasi di preparazione di un cariotipo. La figura B mostra, invece, un cariotipo difettoso: infatti il cromosoma 21, evidenziato nel riquadro, è presente in tre esemplari anziché due (si parla pertanto di trisomia del 21).

cellule non esplose

Ciascun cromosoma viene ritagliato.

fotografia

A

Il procedimento per ricavare il cariotipo.

B

Questo cariotipo umano presenta una trisomia del cromosoma 21.

Down, di cui il 61% ha più di 25 anni. cardiache, difetti intestinali, disturbi Nella maggior parte dei casi, la causa di della vista e dell’udito, disfunzioni tiroiquesta anomalia genetica è la non diGrazie allo sviluppo della medicina e dee e problemi odontoiatrici. Attualsgiunzione, cioè la mancata separazioalle maggiori cure dedicate alle persone mente in Italia 1 bambino su 1200 ne, dei cromosomi 21 che si verifica Down, la durata della loro vita si è molto nasce con questa sindrome (figura C). durante una delle divisioni meiotiche allungata: ora si può parlare di un’aspetSi stima che oggi vivano in Italia cirche portano alla formazione dei gametativa di vita di oltre 60 anni, destinata a ca 38000 persone con sindrome di ti di un genitore (nel 90% dei casi ducrescere ulteriormente in futuro. rante la meiosi della cellula uovo materna e solo nel 10% dei casi durante la meiosi degli spermatozoi paterni). Ne consegue che lo zigote avrà un assetto di 47 cromosomi, con un cromosoma 21 soprannumerario, anziché il normale numero diploide di 46 cromosomi tipici della nostra specie. La conseguenza di questa alterazione cromosomica è la cosiddetta sindrome di Down (dal dottor John Langdon Down, che per primo la descrisse nel 1866), caratterizzata da un ritardo più o meno accentuato nello sviluppo mentale, fisico e motorio del bambino. Dal punto di vista medico, C si presentano spesso malformazioni Lo sviluppo del bambino Down segue le stesse tappe di quello degli altri bambini.

124 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA MEIOSI È ALLA BASE DELLA RIPRODUZIONE SESSUATA

Mitosi Interfase (duplicazione del DNA, in preparazione della mitosi)

3

Meiosi cellula diploide (2n ⫽ 4)

Interfase (duplicazione del DNA, in preparazione della meiosi)

cellula diploide (2n ⫽ 4)

Profase

Profase I cromosomi duplicati (formati da due cromatidi fratelli)

punto di crossing-over

tetradi (cromosomi omologhi appaiati)

Metafase

Metafase I

tetradi

cromosomi

Anafase, telofase e citodieresi I cromatidi fratelli si separano. (2n ⫽ 4)

(2n ⫽ 4)

cellule figlie diploidi

Anafase I, telofase I Durante l’anafase I e citodieresi si separano i cromosomi omologhi, mentre i cromatidi fratelli rimangono uniti. (n = 2) (n = 2) cellule figlie della meiosi I (aploidi) ellule figlie della meiosi I sono aploidi Completamento della meiosi II

Solo ora si separano i cromatidi Le cellule figlie della meiosi I sono aploidi fratelli.

(n = 2)

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  gamete  fecondazione  cariotipo  zigote  cromosoma omologo  cromosoma sessuale  diploide  aploide  meiosi  crossing-over  variabilità genetica

1. Quali processi sono indispensabili affinché si formi uno zigote? 2. Che differenza c’è tra una cellula aploide e una diploide? 3. Descrivi le differenze tra la prima e la seconda divisione meiotica. 4. Sapendo che le cellule del topo contengono 40 cromosomi, quanti cromosomi ci sono nei suoi spermatozoi?

A B C D

40 80 20 un numero variabile

(n = 2) (n = 2) cellule figlie della meiosi II (aploidi)

(n = 2)

5. Nella meiosi la citodieresi avviene:

A solo alla fine della telofase I B solo alla fine della seconda divisione meiotica

C dopo il crossing-over della prima divisione meiotica

D sia alla fine della meiosi I sia al termine della meiosi II 6. Quale processo porta alla formazione dello zigote?

A B C D

la meiosi la mitosi il crossing-over la fecondazione

125 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

6

LA DIVISIONE CELLULARE

esercizi

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Esercizi interattivi

www.online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Durante la profase della mitosi, la cromatina si addensa a formare i cromosomi. vf 2. Al momento della mitosi i cromosomi sono vf già duplicati e formati da due cromatidi. Barra il completamento che ritieni esatto. 3. Quale dei seguenti eventi si verifica durante l’anafase mitotica? A si forma il fuso mitotico B i cromatidi fratelli si separano C si riforma la membrana nucleare D i microtubuli del fuso si legano al centromero 4. Il crossing-over si verifica: A prima di ogni mitosi B durante la seconda divisione meiotica C solo nelle cellule vegetali D durante la metafase della meiosi I 5. I gameti sono cellule che diventano aploidi in seguito: A a due divisioni mitotiche successive B al processo meiotico C al crossing-over D alla fecondazione 6. Quale delle seguenti affermazioni non riguarda la mitosi? A genera cellule uguali a quelle di partenza B interviene nel processo di riproduzione asessuata C forma cellule dette gameti diverse da quelle di partenza D genera nuove cellule per sostituire le cellule morte

Completa le seguenti frasi. 7. I procarioti si riproducono con un processo di divisione chiamato ...................................................................... . 8. Il ciclo cellulare di una cellula eucariotica può essere suddiviso in due fasi principali, l’ ...................................................................... e la fase ...................................................................... . 9. Se la cellula non si sta dividendo, all’interno del nucleo il DNA è associato a speciali ...................................................................... e forma una massa di fibre aggrovigliate dette ...................................................................... . 10. Al termine della mitosi si verifica la ................................................. , in genere contemporanea alla ................................................................. . Rispondi in cinque righe. 11. Quando si verifica la mitosi e qual è il suo scopo? 12. Come si riproducono gli organismi procariotici? 13. Che differenza c’è tra la citodieresi delle cellule vegetali e quella delle cellule animali? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 14. Qual è l’importanza della meiosi nella riproduzione sessuata? Quali eventi sono responsabili della variabilità dei gameti? Nel rispondere specifica: ● l’assetto cromosomico diploide degli eucarioti e le caratteristiche dei cromosomi omologhi ● le caratteristiche della riproduzione sessuata ● le caratteristiche dei gameti e l’importanza di dimezzare il corredo cromosomico durante la loro formazione ● quali eventi si susseguono durante il processo meiotico ● in che modo si formano gameti differenti a partire dalla stessa cellula madre.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 15. Quali sono le differenze tra la mitosi e la meiosi? Completa e correggi. 16. Individua i cinque termini errati e scrivili in una tabella sul tuo quaderno, con accanto i termini corretti (i termini sottolineati non vanno corretti.) A differenza della mitosi, la meiosi avviene solo negli organismi procarioti pluricellulari e produce cellule diploidi chiamate gameti. Questo importante processo si verifica in due divisioni cellulari successive e porta alla formazione di due cellule figlie. Nella

seconda divisione meiotica avviene il crossing-over che, insieme all’assortimento indipendente dei cromosomi, garantisce la formazione di gameti geneticamente uguali l’uno all’altro. 17. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Durante telofase/metafase della mitosi, la membrana nucleare gradualmente si riforma/scompare, mentre si forma/sparisce il fuso mitotico. I cromosomi si dispongono sul piano equatoriale e, a causa della loro forte spiralizzazione, raggiungono la massima/minima visibilità al microscopio.

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capitolo

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La trasmissione dei caratteri ereditari

1 2 3 4

La genetica studia la trasmissione dei caratteri ereditari I caratteri ereditari sono determinati dai geni che si trovano sui cromosomi. In ciascun individuo, ogni carattere è rappresentato da due alleli, forme diverse dello stesso gene. L’insieme degli alleli di un organismo costituisce il suo genotipo, mentre la manifestazione visibile delle caratteristiche determinate da tali alleli è detta fenotipo.

Le leggi di Mendel: dominanza, segregazione e assortimento indipendente Nella seconda metà dell’Ottocento Mendel formulò tre importanti leggi: la legge della dominanza, la legge della segregazione e la legge dell’indipendenza dei caratteri.

Oltre le leggi di Mendel Durante la meiosi, gli alleli si separano e si distribuiscono nei gameti in modo indipendente, per cui nella discendenza si possono trovare tutte le combinazioni dei vari caratteri. Anche il sesso dello zigote è geneticamente determinato. Gli spermatozoi possono contenere il cromosoma X oppure Y, mentre la cellula uovo contiene solo X: se al momento della fecondazione si forma la combinazione XX si ha una femmina, se la combinazione è XY si ha un maschio.

Alcune malattie umane sono ereditarie Le malattie ereditarie umane sono dovute ad alleli recessivi o dominanti. Alcune malattie ereditarie si presentano con maggior frequenza nei maschi che nelle femmine, perché dipendono da un allele che si trova sul cromosoma X.

127 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

7

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

lezione

capitolo

La genetica studia la trasmissione dei caratteri ereditari

obiettivi

1

che i caratteri 쑺 Comprendere ereditari dipendono dai geni.

RISPON DI

il genotipo 쑺 Distinguere dal fenotipo.



Che cosa s’intende per variabilità?

La genetica è la scienza che studia le modalità di trasmissione dei caratteri ereditari

Gli organismi che si riproducono sessualmente trasmettono alla prole sia le caratteristiche tipiche della propria specie sia le caratteristiche individuali che rendono i figli simili, ma non identici, ai genitori. Per esempio, un bambino condivide con i propri genitori sia caratteristiche comuni alla specie umana (come la capacità di camminare) sia caratteri individuali, come il colore degli occhi. Da che cosa dipendono le peculiarità degli individui? Come si trasmettono tali peculiarità attraverso le generazioni? Per rispondere a queste domande occorre tener presente alcuni concetti che abbiamo studiato nelle lezioni precedenti: l tutte le informazioni necessarie alla cellula per costruire le proprie strutture e per svolgere le proprie funzioni sono contenute nei cromosomi; l le cellule somatiche degli organismi che si riproducono sessualmente sono diploidi, cioè contengono due copie di ciascun cromosoma omologo (nell’uomo, 2n = 46); l le cellule sessuali o gameti sono invece aploidi, cioè possiedono un’unica serie di cromosomi (nella specie umana, n = 23); l al momento della fecondazione i gameti si fondono dando origine allo zigote, una nuova cellula diploide che ha ricevuto una serie di cromosomi omologhi dalla madre e una dal padre. La scienza che studia in che modo i caratteri ereditari si manifestano e si trasmettono da una generazione all’altra è la genetica; questa disciplina deve il suo nome al fatto che le unità che si trasmettono da una generazione all’altra sono i geni. I caratteri ereditari non sono identici in tutti gli individui della stessa specie, ma presentano una certa variabilità. Nella specie umana, per esempio, la variabilità si manifesta nel colore degli occhi o dei capelli, nella pigmentazione della pelle, nella statura o nella predisposizione a determinate malattie (쑺figura 1). In una pianta possono presentare variabilità il colore del fiore o la forma e il colore del seme, oppure l’altezza del fusto.

쑺 Figura 1 Individui della stessa specie con caratteristiche ereditarie diverse. La variabilità genetica si manifesta in molteplici caratteristiche diverse: il colore della pelle e dei capelli, i lineamenti, la forma del naso, la statura.

128 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA GENETICA STUDIA LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

LO SAPEVI?

Come abbiamo detto, ciascuno di noi possiede 23 coppie di cromosomi omologhi che costituiscono il nostro patrimonio ereditario; una serie di cromosomi proviene dal padre e l’altra dalla madre. I due cromosomi che costituiscono una coppia di omologhi presentano la stessa forma e le stesse dimensioni e contengono la stessa sequenza di geni. Un gene è un tratto di DNA che fornisce le istruzioni per fabbricare una determinata proteina; le proteine, come abbiamo visto nel capitolo 3, sono biomolecole di fondamentale importanza per la vita. I geni, controllando la sintesi delle proteine, determinano i caratteri ereditari. Nel sangue, per esempio, esistono numerose proteine che regolano il processo della coagulazione. Grazie a queste proteine, quando ti procuri una ferita, in breve tempo il sangue coagula formando una specie di «tappo» gelatinoso grazie al quale la ferita smette di sanguinare. Ognuna delle proteine responsabili della coagulazione è codificata da uno specifico gene. Se un bambino eredita dai genitori un gene difettoso per questo carattere (che determina la capacità del sangue di coagulare), egli sarà affetto da una malattia chiamata emofilia.

3

Tutte le cellule del tuo corpo derivano dallo stesso zigote e quindi hanno tutte gli stessi geni; non tutti i geni, però, sono attivi in ogni cellula.

RISPON DI

I caratteri ereditari sono determinati dai geni

In che modo i geni determinano i caratteri ereditari?

RISPON DI

2

1

Che cos’è il genotipo?



Il genotipo è l’insieme degli alleli che controllano un carattere, il fenotipo è la caratteristica osservabile che essi determinano

I due cromosomi omologhi di ogni coppia contengono gli stessi geni situati nella stessa posizione, ossia nel medesimo locus genico; questo significa che in ogni organismo diploide ciascun carattere è presente in doppia copia. Non è detto che le due copie siano identiche; per ogni gene, infatti, esistono differenti versioni chiamate alleli. La parola «allele» deriva dal termine originario allelomorfo (dal greco allélon, «l’un l’altro», e morphé, «forma»), che significa «di forma alternativa». La combinazione di alleli che determina un carattere costituisce il genotipo di un individuo per quel carattere; la caratteristica visibile che si manifesta nell’individuo è invece chiamata fenotipo. Il colore dei tuoi occhi, che è determinato geneticamente, è un esempio di fenotipo (쑺figura 2).



쑸 Figura 2 Il fenotipo rappresenta il carattere espresso dall’individuo; il colore degli occhi ne è un esempio.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Che differenza c’è tra genotipo e fenotipo di un individuo? 2. Che cosa si intende per gene?

parole chiave  genetica  gene  genotipo  locus genico  fenotipo  allele

3. La posizione occupata da un gene su un cromosoma è detta:

A B C D

locus genico allelle omologa

4. Quale affermazione riguardante i cromosomi omologhi è errata?

A contengono sempre lo stesso numero di geni

B hanno loci genici corrispondenti C presentano sempre gli stessi alleli D sono uno di origine paterna e uno di origine materna

centromero

129 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

7

lezione

capitolo

obiettivi

la differenza 쑺 Evidenziare tra omozigote ed eterozigote. 쑺 Spiegare le tre leggi di Mendel.

쒀 Figura 3 Gregor Mendel

RISPON DI

(1822-1884).



Quali furono le conseguenze del lavoro di Mendel sulla teoria della mescolanza?

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

Le leggi di Mendel: dominanza, segregazione e assortimento indipendente 4

Grazie a Gregor Mendel si è arrivati a capire la trasmissione dei caratteri dai genitori ai figli

In che modo si è arrivati a comprendere che i geni controllano le caratteristiche di un individuo e che alleli diversi sono responsabili delle varianti di uno stesso carattere presente in una popolazione? L’ereditarietà biologica dei caratteri è stata oggetto di interesse per naturalisti e filosofi fin dall’antichità; tuttavia, solo nella seconda metà dell’Ottocento, grazie agli studi del naturalista boemo Gregor Mendel (쑺figura 3), si è iniziato a capire in che modo le caratteristiche ereditarie si trasmettono dai genitori ai figli. Al tempo di Mendel non erano ancora state sviluppate tecniche di microscopia ottica, non si conoscevano i cromosomi e non si sapeva nulla della struttura e della fisiologia della cellula; ciononostante, egli compì studi che costituiscono la base della genetica moderna. Nel diciannovesimo secolo, gli studi sull’ereditarietà avevano portato alla cosiddetta teoria della mescolanza; tale teoria era basata su due presupposti fondamentali, uno dei quali si è rivelato corretto e l’altro sbagliato: l i due genitori danno un uguale contributo alle caratteristiche della prole (presupposto corretto); l nella prole i fattori ereditari si mescolano (presupposto sbagliato). Secondo la teoria della mescolanza, gli elementi ereditari contenuti nelle cellule uovo e negli spermatozoi, una volta fusi, non si sarebbero più potuti separare, come due inchiostri di colore diverso. Con il suo lavoro, Mendel confermò il primo presupposto, mentre smentì il secondo: dimostrò infatti che la trasmissione dei caratteri si basa sull’esistenza di «elementi unitari» distinti tra loro e che si trovano in coppia in ciascun individuo. Oggi sappiamo che gli «elementi» di Mendel sono i geni e che durante la formazione dei gameti essi si separano l’uno dall’altro in modo che ogni gamete ne erediti soltanto uno. Ciascun elemento, inoltre, si distribuisce nei gameti in modo indipendente dagli altri.

5 쑽 Figura 4 Queste due piante di pisello differiscono per il carattere «colore del fiore».

A

La prima legge di Mendel: la dominanza

Prendiamo ora in esame il lavoro di Mendel: oltre a segnare l’inizio della genetica, esso rimane tuttora un modello di brillante procedura sperimentale. Per i suoi esperimenti Mendel scelse il pisello odoroso, una pianta che offriva numerosi vantaggi. Il pisello, infatti, è facile da coltivare e presenta diverse varietà con forme molto differenti nell’aspetto (쑺figura 4). Inoltre, esso può riprodursi sia per fecondazione incrociata sia per autofecondazione; nel primo caso il fiore di una pianta viene fecondato trasportando manualmente il polline da una pianta all’altra, mentre nell’autofecondazione la parte femminile riceve il polline dalla parte maschile dello stesso fiore. B

130 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LE LEGGI DI MENDEL: DOMINANZA, SEGREGAZIONE E ASSORTIMENTO INDIPENDENTE

La terza legge di Mendel: l’indipendenza dei caratteri

gamete femminile

Mendel si occupò anche della trasmissione contemporanea di due caratteri diversi, prendendo in considerazione, per esempio, il colore del seme (giallo o verde) e l’aspetto della buccia dei piselli (liscia o rugosa). Egli incrociò una pianta con semi gialli e lisci con una pianta con semi verdi e grinzosi (generazione parentale). Nella F1 tutte le piante presentavano i due tratti dominanti (giallo e liscio), erano infatti eterozigoti per entrambi i caratteri. La domanda a cui Mendel voleva rispondere era questa: gli alleli liscio e giallo (L e G) presenti nell’ibrido dovevano per forza finire insieme in uno stesso gamete, mentre quelli rugoso e verde (l e g) sarebbero finiti in un altro? Oppure un gamete poteva anche ricevere una combinazione tra un allele recessivo e uno dominante (L e g oppure l e G)? 1 LG 4 Se i geni fossero stati associati, cioè se avessero conservato la relazione che avevano nella generazione parentale, le piante F1 avrebbero prodotto 1 due soli tipi di gameti (LG e lg) e la generazione F2 avrebbe dovuto essere 4 LG LLGG composta da piante con semi lisci e gialli e da piante con semi rugosi e verdi, con un rapporto 3:1. 1 lG 9 liscio Se invece i geni fossero stati indipendenti, sareb4 16 giallo LlGG bero state possibili tutte le combinazioni tra gli alle3 rugoso li (LG, Lg, lG e lg) e dall’unione casuale dei gameti si 16 giallo 1 Lg sarebbe generata una F2 con nove genotipi differen4 3 LLGg liscio ti (쑺figura 7) che avrebbero prodotto quattro fenoti16 verde pi diversi. Effettivamente nella F2 Mendel ottenne 1 lg 1 rugoso quattro varietà di piante che presentavano tutti e 4 16 verde LlGg quattro i fenotipi possibili: quelli dei nonni (gialloliscio e verde-rugoso) più due nuovi fenotipi, detti ricombinanti, prodotti dalle nuove combinazioni di alleli: giallo-rugoso e verde-liscio. Questi risultati suggerirono a Mendel la legge dell’indipendenza dei caratteri, detta anche terza legge di Mendel: durante la formazione dei gameti, geni diversi si distribuiscono l’uno indipendentemente dall’altro.

쑽 Figura 7 La combinazione casuale degli alleli nei gameti determina una F2 con nove possibili combinazioni genotipiche, corrispondenti a quattro diversi fenotipi. gamete maschile 1 lG 1 Lg 4 4

1 lg 4

LlGG

LLGg

LlGg

llGG

LlGg

llGg

LlGg

LLgg

Llgg

llGg

Llgg

llgg

RISPON DI

7

2



Quali risultati avrebbe ottenuto Mendel se l’allele L fosse stato associato con G?

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. In quale caso un tratto recessivo si manifesta nel fenotipo?

tengono gli stessi geni, ma in posizioni diverse

C l’allele che si manifesta in un indi-

parole chiave

2. Quali sono le caratteristiche genotipiche e fenotipiche di un individuo eterozigote per un carattere?

 carattere  tratto  generazione parentale  generazione F1  generazione F2  recessivo  omozigote  eterozigote  ricombinante  dominante

3. Due geni si dicono associati se:

A influiscono sullo stesso carattere B si trovano nello stesso cromosoma

C le loro caratteristiche si mescolano nel fenotipo

D presentano entrambi genotipo omozigote 4. Barra l’affermazione che ritieni errata:

A un individuo eterozigote presenta due alleli diversi per uno stesso carattere

B due cromosomi omologhi con-

viduo eterozigote è detto dominante

D un individuo con fenotipo recessivo può essere solo omozigote 5. Secondo la prima legge di Mendel:

A gli individui omozigoti recessivi o dominanti presentano sempre lo stesso fenotipo

B gli individui ibridi presentano lo stesso fenotipo di uno dei genitori

C gli individui ibridi presentano un carattere intermedio tra quello dei genitori

D i due alleli di uno stesso carattere si separano al momento della formazione dei gameti

133 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

7

8

obiettivi

come si 쑺 Comprendere distribuiscono gli alleli nei gameti e il prodotto del loro incrocio. la distribuzione 쑺 Spiegare indipendente di due caratteri. come si determina 쑺 Spiegare il sesso dello zigote.

RISPON DI

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

Oltre le leggi di Mendel

lezione

capitolo

Un individuo eterozigote per un determinato carattere quale probabilità ha di trasmettere un allele recessivo?



Un allele si trasmette alla discendenza attraverso i gameti

Dopo aver studiato le leggi di Mendel, in questa lezione scopriremo come si interpretano queste leggi alla luce di ciò che si sa oggi sul corredo cromosomico e su come si formano i gameti. Sappiamo che i gameti sono cellule aploidi, che possiedono un numero di cromosomi pari alla metà di quelli tipici della specie; in particolare, i gameti umani (spermatozoi e cellule uovo) contengono 23 cromosomi, ossia un solo cromosoma per ogni coppia di omologhi. Prendiamo ora in considerazione il caso di un uomo eterozigote per un carattere (Aa). Durante il processo di meiosi, tutti i cromosomi si separeranno dai loro omologhi andando a finire in gameti differenti: il cromosoma che porta l’allele A andrà quindi in uno spermatozoo e il suo omologo, che porta l’allele a, in un altro. Metà degli spermatozoi prodotti avrà quindi genotipo A e metà il genotipo a. Quindi, un uomo eterozigote può trasmettere ai suoi figli sia l’allele dominante sia l’allele recessivo.

9

Gli alleli si separano al momento della formazione dei gameti

Supponiamo che un uomo eterozigote per un carattere abbia un figlio con una donna omozigote recessiva (aa); in questo caso, tutte le cellule uovo conterranno l’allele a (쑺figura 8). 쑺 Figura 8 Un eterozigote produce il 50% dei gameti con l’allele dominante e l’altro 50% con l’allele recessivo.

maschio eterozigote

femmina omozigote recessiva

Aa

aa

genotipo dei genitori

gameti

nett ottenuto dall’incrocio di un individuo eterozigote e uno omozigote recessivo. gameti maschili

gameti femminili

A

a

a

a

a

a

a

A ogni atto riproduttivo, tra le centinaia di migliaia di spermatozoi che hanno la possibilità di raggiungere la cellula uovo, uno solo riuscirà a compiere la fecondazione. Le probabilità che lo spermatozoo «vincente» contenga l’allele A è uguale alla probabilità che il vincitore porti l’allele a: tale probabilità è pari al 50%. Puoi rappresentare in modo chiaro e semplice i possibili incroci utilizzando il quadrato di Punnett che vedi nella 쑺figura 9; se provi a costruirne uno, potrai verificare che lo zigote ha le stesse probabilità di avere genotipo Aa oppure aa. gameti maschili

Si scrivono i dati in entrata, cioè i due tipi di gameti di ciascun genitore. gameti femminili

쑽 Figura 9 Quadrato di Pun-

A

A

a

a

Aa

aa

a

Aa

aa

134 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

a ⫻ a = aa Come nelle tabelline, si moltiplicano i dati in entrata.

La prole sarà 50% eterozigote e 50% omozigote recessivo.

OLTRE LE LEGGI DI MENDEL

1 3

Che cosa accadrebbe, invece, se sia la madre sia il padre fossero eterozigoti (Aa)? Come puoi vedere nella 쑺figura 10, il genotipo della prole sarebbe per il 50% eterozigote, per il 25% omozigote recessivo e per il restante 25% omozigote dominante; se l’allele recessivo a fosse responsabile di un fenotipo anomalo, per esempio di una malattia rara, 3 dei figli 4 sarebbero sani e 1 sarebbe malato. 4

gameti femminili

gameti maschili a A

A

a

AA

Aa

쑸 Figura 10 Quadrato di Punnett di una coppia in cui madre e padre sono eterozigoti.

Aa

aa

Solo il 25% della prole ha la probabilità di essere malata (omozigote recessiva).

A questo punto è necessaria una precisazione: quando diciamo che il 25% dei figli della coppia Aa × Aa potrebbe essere malato, non significa che se questa coppia avesse quattro figli necessariamente uno di loro sarebbe malato; stiamo parlando, infatti, di probabilità, cioè di eventi che risultano attendibili solo per numeri molto grandi. Lanciando in aria una moneta, la probabilità di ottenere «testa» è uguale al 50%, così come quella di ottenere «croce». Se tu lanciassi in aria la moneta cento o meglio ancora mille volte, il tuo risultato si avvicinerebbe molto a queste percentuali; invece, lanciando la moneta solo quattro volte, difficilmente otteresti per due volte testa e per due volte croce. Nella nostra specie il numero di figli per coppia è basso: per questo, di solito i numeri previsti dalla genetica non coincidono con quelli reali. Al contrario, nelle specie in cui il numero di discendenti per ogni generazione è molto elevato, si ottengono effettivamente dei rapporti percentuali molto simili a quelli attesi; per esempio, poiché le femmine del moscerino della frutta possono deporre fino a 400 uova, tra i discendenti di un incrocio si osservano effettivamente le percentuali attese dalle leggi della genetica. Ricapitolando, possiamo concludere che ciascun tratto ereditario è determinato da una coppia di alleli e che nei gameti finisce un solo allele per ciascun tratto. La combinazione degli alleli nei figli è casuale e dipende non solo dal genotipo dei genitori, ma anche da quale spermatozoo e quale cellula uovo prendono parte al processo di fecondazione.

10

L’albinismo non compare solo negli esseri umani, ma anche in numerosi mammiferi, pesci, uccelli e rettili.

Gli alleli di geni diversi si distribuiscono indipendentemente l’uno dall’altro

Finora abbiamo visto in che modo viene trasmesso alla generazione successiva un solo carattere; proviamo ora a seguire l’eredità contemporanea di due caratteri: il carattere relativo alla capacità di produrre melanina e il carattere «attaccatura dei capelli». Per quanto riguarda il primo carattere, l’allele dominante M permette la produzione del pigmento melanina, mentre l’allele recessivo m non lo consente: se l’individuo è omozigote dominante (MM) oppure eterozigote (Mm), la pelle è in grado di produrre melanina; se invece sono presenti due copie dell’allele m (mm), la pelle non produce il pigmento in quantità sufficiente. Gli omozigoti recessivi sono albini (쑺figura 11): la loro pelle, i capelli e l’iride dei loro occhi non sono colorati. Gli individui albini devono stare molto attenti a proteggersi dal sole, poiché la loro pelle si scotta facilmente e i loro occhi sono molto sensibili alla luce. Il gene del secondo carattere è localizzato su una coppia di cromosomi omologhi diversa da quella in cui si trova il gene per la produzione di melanina. Anche questo gene si presenta in due forme alternative: «attaccatura a punta» (allele dominante) o «attaccatura diritta» (allele recessivo). Chiamiamo P l’allele per l’attaccatura dei capelli a punta e p quello per l’attaccatura diritta.

쒀 Figura 11 Femmina di canguro albina con piccolo normale.

135 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

7

Che probabilità c’è che compaia un carattere recessivo incrociando un individuo eterozigote per un dato carattere con uno omozigote dominante?



LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

Supponiamo di partire dall’incrocio di due genitori omozigoti per entrambi i caratteri: il padre omozigote recessivo (mmpp, albino e con attaccatura dei capelli diritta) e la madre omozigote dominante (MMPP, capace di produrre melanina e con attaccatura a punta). Indichiamo con i simboli l’incrocio: mmpp ⫻ MMPP Ogni gamete conterrà un allele per ciascun carattere: gli spermatozoi conterranno l’allele m oppure l’allele p, mentre le cellule uovo conterranno l’allele M oppure l’allele P; il genotipo di tutti i possibili figli sarà, pertanto, eterozigote per entrambi i caratteri (MmPp) (쑺figura 12). Per quanto riguarda il fenotipo, i figli di questa coppia saranno capaci di produrre melanina e avranno l’attaccatura dei capelli a punta.

쑺 Figura 12 L’incrocio di due individui omozigoti per entrambi i caratteri produrrà sempre individui eterozigoti.

gameti femminili

mp

gameti maschili mp mp

mp

MP

MmPp

MmPp

MmPp

MmPp

MP

MmPp

MmPp

MmPp

MmPp mp ⫻ MP ⫽ MmPp

MP

MmPp

MmPp

MmPp

MmPp

MP

MmPp

MmPp

MmPp

MmPp

Supponiamo ora che una delle figlie si sposi con un individuo anch’egli eterozigote per entrambi i geni presi in esame. Quali caratteri avranno i figli? Ricomparirà in questa generazione il fenotipo albino del nonno?

RISPON DI

Indichiamo con i simboli l’incrocio: MmPp ⫻ MmPp

Qual è la probabilità che una coppia di genitori eterozigoti per due caratteri abbia un figlio omozigote per entrambi? Per rispondere a questa domanda costruisci un quadrato di Punnett.



Durante la formazione dei gameti (meiosi), le coppie di alleli che determinano i due caratteri si separano indipendentemente l’una dall’altra. Ciascun genitore produrrà quindi quattro tipi diversi di gameti: MP, Mp, mP, mp. Compilando un quadrato di Punnett come nella 쑺figura 13 puoi vedere che si ottengono 16 combinazioni possibili di genotipi. Per quanto riguarda il fenotipo, oltre a quelli dei genitori e dei nonni compaiono anche due nuove combinazioni: l’albinismo associato all’attaccatura dei capelli a punta e la capacità di produrre melanina insieme all’attaccatura dei capelli diritta.

쑺 Figura 13 L’incrocio di due individui eterozigoti per entrambi i caratteri porta alla comparsa di nuove combinazioni.

MP

gameti femminili

MP

MMPP

gameti maschili mP Mp MMPp

MPPm

mp MPPm 9 producono melanina e 16 hanno l’attaccatura a punta

Mp

MMPp

MMpp

MmPp

Mmpp

mP

MmPP

MmPp

mmPp

mmPp

mp

MmPp

Mmpp

mmPp

136 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

mmpp

3 producono melanina e 16 hanno l’attaccatura diritta 3 sono albini 16 con l’attaccatura diritta 1 della prole può nascere 16 albino con attaccatura diritta

OLTRE LE LEGGI DI MENDEL

3

Come abbiamo visto nella lezione sulla meiosi, la ventitreesima coppia di cromosomi umani è quella che determina il sesso dell’individuo. Nella donna i due cromosomi sessuali sono uguali, di grosse dimensioni e denominati XX; nell’uomo, invece, la coppia di cromosomi sessuali è formata da due cromosomi diversi tra di loro, X (come quello della donna) e Y. Il cromosoma Y ha dimensioni minori e porta geni diversi rispetto al cromosoma X. Il genotipo dell’uomo è dunque XY. Poiché questi due cromosomi sono differenti, essi sono chiamati eterocromosomi. Quando le cellule che danno origine ai gameti femminili si dividono per meiosi, ognuno di essi non può che ricevere un cromosoma X: pertanto, tutti i gameti femminili hanno genotipo X. Quando, invece, gli spermatociti dell’uomo si dividono per dare origine agli spermatozoi, metà degli spermatozoi riceve il cromosoma X e l’altra metà il cromosoma Y: il 50% degli spermatozoi ha quindi genotipo X e il 50% genotipo Y. Lo spermatozoo che feconda la cellula uovo può essere uno spermatozoo con il cromosoma X oppure uno spermatozoo con il cromosoma Y: nel primo caso, il genotipo dello zigote sarà XX e quindi il discendente sarà una femmina, mentre nel secondo caso lo zigote avrà genotipo XY e avremo un maschio (쑺figura 14).

RISPON DI

11

Il sesso della prole è determinato dallo spermatozoo

XX

X

쑸 Figura 14 Il sesso del nascitu-

XY

X

X

cellula uovo



Perché, nella specie umana, la determinazione del sesso dei figli dipende solo dal padre?

ro dipende dal genotipo dello spermatozoo.

Y spermatozoi

fecondazione

50% femmine

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  quadrato di Punnett

X

XX X

X

XY Y

50% maschi

1. Per quale ragione tra i discendenti possono comparire combinazioni di caratteri diverse da quelle presenti nei genitori? 2. Perché, se una coppia ha la probabilità genetica del 25% di avere un figlio albino e ha quattro figli, non è detto che uno di loro presenti tale anomalia genetica? 3. Nei conigli l’allele per il pelo marrone è dominante sull’allele per il pelo bianco. Indica con B il pelo marrone e con b il pelo bianco. Di che colore sarà la prole derivante dall’accoppiamento di due conigli bianchi? Di che colore sarà la prole derivante dall’accoppiamento di un coniglio omozigote marrone e uno bianco?

Due conigli di colore marrone si sono accoppiati e hanno avuto 12 piccoli, 3 con pelo bianco e 9 con pelo marrone. Spiega questo risultato utilizzando un quadrato di Punnett. 4. Nella specie umana esiste una malattia chiamata sordità ereditaria. La lettera S rappresenta l’allele normale e la lettera s simboleggia l’allele recessivo della sordità. Un uomo e una donna con udito normale hanno tre figli: due hanno udito normale e uno è sordo. Qual è il genotipo dei genitori? Uno dei figli con udito normale sposa una donna con udito normale; hanno quattro figli, tutti con udito normale. Qual è il probabile genotipo della moglie? Spiega la tua risposta.

137 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

7

per saperne di più

capitolo

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

» Codominanza ed eredità poligenica

Nel 1901, il medico austriaco Karl Landsteiner scoprì i gruppi sanguigni. La scoperta, che valse a Landsteiner il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1930, fu rivoluzionaria: all’epoca, infatti, si riteneva che il sangue fosse un tessuto identico in tutti gli individui. In particolare, Landsteiner individuò la presenza di quattro diversi gruppi sanguigni, che denominò A, B, AB e 0 (zero). Le lettere si riferiscono alla presenza, sulla superficie dei globuli rossi, di due diversi tipi di carboidrati chiamati A e B. Coloro che hanno gruppo sanguigno A possiedono il carboidrato A, chi appartiene al gruppo B possiede il carboidrato B, coloro che hanno entrambi i tipi di carboidrati hanno gruppo sanguigno AB, mentre, se i globuli rossi non presentano nessuno dei due carboidrati, gli individui appartengono al gruppo 0. L’ereditarietà dei gruppi sanguigni è più complicata di quella di altri caratteri. I gruppi sanguigni, infatti, sono controllati da un gene che non presenta due sole forme alternative, bensì tre: l’allele IA (carboidrato A), l’allele IB (carboidrato B) e l’allele i (assenza sia del carboidrato A sia del B). I tre alleli, inoltre, hanno tra loro differenti rapporti di dominanza: gli alleli IA e IB, infatti, sono entrambi dominanti su i, ma fra loro mostrano codominanza. Per capire meglio, facciamo degli esempi. Ogni individuo possiede due

Fenotipo

Genotipo

Gruppo A

IAIA o IAi

Gruppo B

I B I B o I Bi

Gruppo AB

IAIB

Gruppo 0

ii

alleli che determinano il gruppo sanguigno di appartenenza. Quando sono presenti sia l’allele IA sia l’allele IB, entrambi gli alleli sono espressi e la persona appartiene al gruppo AB. Un individuo è invece di gruppo 0 solo se entrambi gli alleli IA e IB sono assenti; queste relazioni sono riassunte nella tabella sopra. La figura sotto mostra come due coppie di genitori con lo stesso gruppo sanguigno (stesso fenotipo, ma diverso genotipo) possano generare figli con gruppi sanguigni differenti.  Un esempio di eredità poligenetica: la statura Molte caratteristiche umane, come la statura o il colore della pelle, degli occhi e dei capelli, variano all’interno della popolazione in modo continuo. Per esempio, nel caso della statura, all’interno di una classe di scuola media superiore, l’altezza degli studenti può variare mediamente da circa 1 metro e 30 cm a circa 1 metro e 90, con una notevole gamma di altezze intermedie.

genitori

genitori B

A

IB IB

IA IA

fenotipo

A

B

genotipo

IA i

IB i

figli

figli

AB

AB

AB

AB

fenotipo

A

AB

O

B

IA IB

IA IB

IA IB

IA IB

genotipo

IA i

IA IB

i i

IB i

138 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Puoi verificare questo fatto misurando la statura di tutti i tuoi compagni di classe e riportandola su un grafico; noterai che il carattere «statura» presenta una variazione continua. Qual è la causa di una gamma così ampia di fenotipi? La statura di un individuo non è il risultato dell’interazione di due alleli di un solo gene, ma dipende dagli effetti combinati di molti geni, ognuno dei quali contribuisce a determinare un unico carattere fenotipico. Questo fenomeno è detto eredità poligenica.

ALCUNE MALATTIE UMANE SONO EREDITARIE

4

12

4

lezione

Alcune malattie umane sono ereditarie Le malattie ereditarie recessive si manifestano solo negli individui omozigoti

obiettivi

Come vedremo nel prossimo capitolo, i diversi alleli di uno stesso gene esistono perché i geni sono soggetti a mutazioni. Nei casi più semplici, una mutazione è dovuta a un cambiamento chimico di singolo nucleotide del DNA. Una mutazione, nonostante sia un evento piuttosto raro e del tutto casuale, può dare origine a un nuovo allele. I genetisti definiscono selvatico quel particolare allele di un gene che in natura è presente nella maggior parte degli individui. Esso dà origine a un carattere, o fenotipo, atteso, mentre gli altri alleli del gene, detti alleli mutanti, producono un fenotipo diverso. Se la mutazione ha prodotto un allele «difettoso», che codifica per una proteina anomala (per esempio, un enzima che non funziona più), il risultato può essere una malattia genetica. Se la mutazione riguarda anche i gameti, la malattia sarà ereditaria, cioè potrà trasmettersi dai genitori ai figli. Oggi sappiamo che la specie umana può essere colpita da alcune migliaia di malattie ereditarie. Se infine l’allele mutante è recessivo, la malattia si manifesta solo se l’individuo è omozigote (malattia recessiva); gli eterozigoti non presentano, in genere, alcun sintomo della malattia e sono detti portatori sani. La 쑺figura 15 è un albero genealogico che mostra lo schema di trasmissione ereditaria di una malattia recessiva, come l’anemia mediterranea e la fibrosi cistica. Le caratteristiche chiave da ricercare in una simile genealogia sono le seguenti: l le persone malate hanno due genitori che di solito non lo sono; l circa un quarto dei figli di genitori sani è malato; l il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi.

le malattie 쑺 Distinguere ereditarie recessive da quelle dominanti. le modalità di 쑺 Illustrare trasmissione delle malattie recessive e di quelle dominanti. perché alcune 쑺 Comprendere malattie genetiche si manifestano più facilmente nei maschi.

쑽 Figura 15 L’albero genealogico di una famiglia portatrice di un allele recessivo, per esempio quello per l’anemia mediterranea.

Uno dei genitori è eterozigote.

eterozigote (portatore sano)

generazione I

generazione II

L’allele recessivo viene trasmesso a metà della progenie. Questi cugini sono eterozigoti.

sano

malato

femmina

maschio

generazione III unione

unione tra parenti

generazione IV

L’unione di due eterozigoti può dare origine a figli omozigoti recessivi, affetti dalla malattia.

139 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

7

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

RISPON DI

13



Quando una malattia ereditaria si dice dominante e quando recessiva?

쑽 Figura 16 L’albero genealogico di una famiglia in cui alcuni individui sono affetti da una malattia genetica dominante, come la còrea di Hungtington.

Le malattie dominanti si manifestano in tutti gli individui portatori

Nel caso in cui l’allele mutante sia dominante, la malattia si manifesta in tutti gli individui che presentano tale allele nel loro genotipo (malattia dominante); non esistono portatori sani e non è possibile che la malattia «salti una generazione»: i figli di una persona affetta, per esempio, da còrea di Huntington hanno il 50% di probabilità di ereditare l’allele responsabile e quindi di essere malate a loro volta e di trasmettere la malattia ai propri figli. Se però l’allele dominante che provoca la malattia non viene ereditato, scomparirà completamente e nessuna nuova generazione verrà colpita dalla patologia da esso determinata. La 쑺figura 16 mostra la trasmissione di una malattia dominante: l ogni persona malata ha un genitore malato; l circa la metà dei figli di un genitore malato è a sua volta malata; l il fenotipo compare con la stessa frequenza nei due sessi. Ciascun individuo malato possiede un genitore affetto dalla malattia.

eterozigote (portatore sano) sano

malato generazione I g

femmina

maschio

generazione II

unione

generazione III

educazione alla salute

unione tra parenti

» Le malattie genetiche

Una malattia recessiva può essere ereditata da un figlio con genitori sani (con una probabilità del 25%) solo quando entrambi i genitori sono eterozigoti, portatori sani dell’allele mutante. L’anemia mediterranea o talassemia è una malattia recessiva caratterizzata da un difetto in un gene situato sul cromosoma 11; tale difetto provoca la sintesi di un’emoglobina imperfetta. L’emoglobina è la proteina contenuta nei globuli rossi del sangue che ha il compito di trasportare l’ossigeno ai tessuti. Quando tutti e due gli alleli presentano la mutazione, la malattia si manifesta nei bambini subito dopo la nascita. In genere, nelle persone eterozigoti il gene sano consente una produzione di globuli rossi e di emoglobina più che sufficiente per condurre una vita normale.

Circa la metà dei figli di un genitore affetto dalla malattia è malato.

In Italia si contano circa 2 milioni e mezzo di eterozigoti (portatori sani) e circa 7000 individui omozigoti; tutte queste persone sono concentrate soprattutto in Sardegna e in Sicilia, ma anche nel delta del Po. Anche la fibrosi cistica è una malattia ereditaria provocata da un allele recessivo che produce una forma alterata di una proteina chiamata CTFR. La malattia provoca un’anomalia nelle secrezioni dell’organismo, che risultano dense e viscose. In Italia la frequenza stimata è di un malato ogni 2700 nati, mentre i portatori sani del gene (che possono quindi trasmettere la malattia) sono di uno ogni 26 individui della popolazione. Un esempio di malattia ereditaria trasmessa da un allele dominante è la còrea di Huntington: essendo domi-

140 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

nante, tutti gli individui che manifestano la malattia possono trasmetterla ai propri figli. La còrea di Huntington colpisce il sistema nervoso e comporta difficoltà di movimento e problemi psichici che diventano sempre più gravi con l’età. Il termine «còrea» deriva dal greco e significa «danza»; il riferimento è dovuto ai movimenti involontari che caratterizzano clinicamente questa malattia. Un altro aspetto negativo di questa patologia è che le persone che presentano l’allele responsabile della còrea di Huntington non avvertono in genere alcun sintomo sino all’età di 40-50 anni. Se queste persone hanno avuto figli, potrebbero aver trasmesso loro l’allele difettoso senza saperlo; come abbiamo detto, i figli avrebbero in tal caso il 50% di probabilità di essere malati.

ALCUNE MALATTIE UMANE SONO EREDITARIE

Le malattie legate al sesso

In altri casi ancora, l’allele difettoso è localizzato sulla coppia di cromosomi sessuali (o eterocromosomi); la malattia è pertanto detta eterocromosomica, o legata al sesso, perché essa si manifesta con una frequenza diversa nei due sessi. Gli alberi genealogici per le malattie recessive legate al cromosoma X, come il daltonismo e l’emofilia (쑺figura 17) mostrano le seguenti caratteristiche: l la malattia compare molto più spesso nei maschi che nelle femmine; affinché si manifesti nei maschi è sufficiente una sola copia dell’allele difettoso, mentre nelle femmine ne servono due; l un maschio con la mutazione può trasmetterla soltanto alle figlie femmine; infatti a tutti i figli maschi cede il suo cromosoma Y; l le femmine che ricevono un cromosoma X mutante sono portatrici, fenotipicamente normali in quanto eterozigoti, ma in grado di trasmettere l’X mutante tanto ai figli quanto alle figlie (con una probabilità del 50%); l il fenotipo mutante può saltare una generazione qualora la mutazione passi da un maschio a sua figlia (che sarà fenotipicamente normale) e da questa a un suo figlio.

generazione I

Questo figlio ha ereditato un X mutante dalla madre e l’Y dal padre, e manifesta la malattia.

Donna sana, portatrice per l’allele mutato.

RISPON DI

14

5

In quale caso una malattia legata al sesso sarà espressa in una donna? Come deve essere il genotipo dei genitori?



쑽 Figura 17 L’albero genealogico di una malattia legata al sesso, come il daltonismo.

Questa figlia ha ereditato un X mutante dalla madre e un X normale dal padre.

sano generazione II

femmina maschio

generazione III

unione

generazione IV

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  malattia recessiva  portatore sano  malattia dominante  malattia legata al sesso

malato

1. Che cosa significa essere portatore sano della fibrosi cistica?

avere un figlio affetto da tale malattia?

2. Perché non ci possono essere portatori sani della còrea di Huntington?

A B C D

3. Perché le malattie recessive legate al sesso sono più frequenti nei maschi che nelle femmine? 4. Il nanismo acondroplastico è una malattia dominante; ciò significa che una coppia di genitori nani avrà:

A solo figli nani B almeno uno dei figli nano C il 50% di probabilità che un figlio sia nano

D il 25% di probabilità che un figlio abbia una statura normale 5. Quale probabilità hanno due genitori eterozigoti per la fibrosi cistica di

nessuna il 25% il 50% il 100%

6. Il daltonismo è una malattia legata al sesso e quindi:

A si manifesta solo in uno dei due sessi e mai nell’altro

B riguarda gli organi sessuali maschili che non si sviluppano correttamente

C viene ereditata solo dai maschi perché è determinata da un allele presente sul cromosoma Y

D viene ereditata più spesso dai maschi perché determinata da un allele presente sul cromosoma X

141 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

7

LA TRASMISSIONE DEI CARATTERI EREDITARI

esercizi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Esercizi interattivi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe.

na il colore del pelo bianco (n). Possono due genitori a pelo nero generare uno o più figli a pelo bianco?

1. Se due geni sono situati su cromosomi diversi, al momento della formazione dei gameti li alleli si separano indipendentemente l’uno dall’altro. vf 2. Gli individui omozigoti per un carattere possono essere portatori sani della malattia vf codificata da quel gene.

A no, il carattere recessivo si potrà manifestare solo nella seconda generazione

B sì, perché potrebbero essere entrambi eterozigoti (Nn)

C sì, purché uno dei due genitori sia omozigote recessivo

D no, perché i genitori a pelo nero possono generare solo figli neri

Barra il completamento che ritieni esatto. 3. Il genotipo di un individuo è: A l’insieme di tutti gli alleli, recessivi e dominanti, presenti nel patrimonio genetico B l’insieme delle sue caratteristiche fisiche C la combinazione di tutti gli alleli dominanti presenti nel corredo cromosomico D la combinazione di alleli responsabili della determinazione di un carattere 4. Un allele si dice recessivo se: A si manifesta solo quando è presente su entrambi i cromosomi omologhi B appare nel fenotipo solo se è presente nel genotipo allo stato eterozigote C non si manifesta mai in nessun incrocio D si manifesta solo in F2, ma mai in F1 5. La còrea di Huntington è una malattia: A provocata da un allele dominante B legata al sesso C dovuta a un gene pleiotropico D provocata da un allele recessivo 6. Nelle cavie l’allele che determina il colore nero del pelo (N) è dominante rispetto a quello che determi-

Completa le seguenti frasi. 7.

Un individuo che per uno stesso carattere presenta due alleli diversi si dice ............................................................., l’allele che si manifesta nel suo aspetto è l’allele ...................................................................... . 8. L’allele che si può manifestare solo allo stato omozigote è chiamato ...................................................................... . 9. La caratteristica visibile di un carattere determinato geneticamente è chiamata ...................................................................... .

Rispondi in cinque righe. 10. Come si eredita una malattia determinata da un allele portato dal cromosoma Y? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 11. Descrivi la legge della segregazione dei caratteri. Nel rispondere specifica: ● quante informazioni sono presenti per ciascun carattere secondo Mendel in un individuo ● che cosa accade secondo Mendel al momento della formazione dei gameti e della fecondazione ● come si possono interpretare i dati ottenuti da Mendel in riferimento al processo meiotico.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe.

Completa e correggi.

per quel carattere; metà dei figli ha genoti...................................................................... e presenta il fenotipo po ...................................................................... , mentre la percentuale dei figli che ha fenotipo dominante e ha gli alleli ...................................................................... è di un quarto.

13. Completa il seguente brano scegliendo tra i termini proposti. Dall’incrocio di due individui eterozigoti possono nascere figli che presentano per ...................................................................... il fenotipo recessivo e sono ......................................................................

omozigote  diversi  un mezzo  recessivo  albino  un quarto  omozigoti  aploidi  eterozigoti  recessivi  eterozigote  dominante  tre quarti  uguali  recessivo  omozigote dominante

12. Quali esperimenti utilizzò Mendel per formulare la legge della dominanza?

142 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

8

Il linguaggio della vita

1 2 3 4

Qual è la struttura del DNA? Secondo il modello proposto nel 1953 da Watson e Crick, il DNA è costituito da due catene complementari di polinucleotidi tenute insieme da legami a idrogeno e avvolte a doppia elica.

Il codice genetico e la sintesi delle proteine Nel messaggio genetico scritto nel DNA, ogni tripletta di nucleotidi codifica per un amminoacido. Per tradurre il messaggio in proteine è necessario l’intervento di un altro acido nucleico, l’RNA.

Dal gene alla proteina: la trascrizione e la traduzione I geni eucariotici sono formati da tratti codificanti, gli esoni, e tratti privi di significato, gli introni. Dopo la trascrizione, gli introni vengono tagliati e gli esoni saldati insieme. L’mRNA maturo migra poi verso i ribosomi per essere tradotto.

Le mutazioni possono modificare il significato dei geni Le mutazioni possono riguardare un intero cromosoma o un singolo gene; possono essere spontanee o provocate da agenti mutageni sia di natura chimica sia fisica.

143 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

8

capitolo

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

lezione

Qual è la struttura del DNA? 1

obiettivi

nei nucleotidi 쑺 Identificare le unità funzionali del DNA. la struttura 쑺 Descrivere a doppia elica del DNA. la duplicazione 쑺 Spiegare del DNA.

I nucleotidi sono i «mattoni» del DNA

Come abbiamo visto nel capitolo 3, il DNA o acido deossiribonucleico è un polimero costituito da una sequenza di monomeri chiamati nucleotidi. Ogni nucleotide (쑺figura 1) è costituito da tre componenti: un gruppo fosfato, uno zucchero chiamato deossiribosio e una base azotata, ossia una molecola contenente azoto. Nel DNA vi sono quattro differenti tipi di basi azotate: adenina (A), timina (T), citosina (C) e guanina (G). A seconda della base azotata, quindi, esistono quattro tipi diversi di nucleotidi.

filamento di DNA

쑺 Figura 1 I nucleotidi, sono i mattoni del DNA.

gruppo fosfato A

Ogni nucleotide è costituito da una base azotata, uno zucchero e un gruppo fosfato.

A

zucchero

base azotata

base azotata (T) C

C

O nucleotide

H3C

C

O T

T

O

P

O

CH2

O–

C

N

N C

H

O

O

gruppo fosfato G

G

H

C

C H

H C

H C

C H H

O

zucchero (deossiribosio)

RISPON DI

T

T



Inoltre, come puoi vedere nella 쑺figura 2, le molecole delle basi azotate sono simili a due a due: timina e citosina sono formate da un solo anello e appartengono a un gruppo di molecole organiche dette pirimidine, mentre adenina e guanina, che presentano due anelli, sono chiamate purine. I monomeri che costituiscono il DNA si legano tra loro a formare catene che possono essere lunghe anche diversi milioni di nucleotidi e contenere tutte le sequenze possibili.

Quali basi azotate sono purine e quali pirimidine?

쑽 Figura 2 Le basi azotate sono simili a due a due. H N H

C N

C C

N C

N

H

N

N C

H

C N

H

H

C C

C

N

N

H adenina

purine

H

O

O

C

H3C

H N

H

H guanina

144 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

H

C C

C

N

N C

H

H

O

H

H timina

C C

N C

N

H

N C

H pirimidine

citosina

O

QUAL È LA STRUTTURA DEL DNA?

La scoperta della struttura del DNA segnò l’inizio di una nuova disciplina: la genetica molecolare

La struttura del DNA rimase sconosciuta fino all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento, quando i biofisici Rosalind Franklin e Maurice Wilkins ottennero alcune interessanti fotografie del DNA usando un metodo chiamato cristallografia a raggi X, che fornisce indizi sulla forma e sulle dimensioni di molecole complesse. Le fotografie suggerivano che il DNA avesse una forma a elica e fornivano anche le dimensioni principali dell’elica. Negli stessi anni, il biologo americano James Watson e il fisico britannico Francis Crick (쑺figura 3) si ritrovarono a lavorare insieme alla struttura del DNA all’università di Cambridge, in Inghilterra. I primi modelli elaborati, però, non si accordavano con le proprietà chimiche e fisiche della molecola. Si rivolsero quindi a Wilkins e alla Franklin, e grazie agli elementi forniti dal loro lavoro prepararono un nuovo modello, secondo il quale due catene di nucleotidi erano avvolte l’una attorno all’altra a formare una doppia elica (쑺figura 4). Il modello prevedeva che le molecole di zucchero e i gruppi fosfato, posizionati all’esterno della doppia elica, avessero una funzione di supporto, come i montanti di una scala a pioli, e che le basi azotate fossero i pioli, messi «a cavallo» fra le due ossature zuccherofosfato. La «scala» è poi avvolta su se stessa da destra verso sinistra a formare una struttura a spirale. Nel 1953 Watson e Crick pubblicarono sulla rivista «Nature» i risultati del loro lavoro e nel 1962, insieme a Wilkins, ricevettero il premio Nobel per la Medicina. Rosalind Franklin, purtroppo, era morta di cancro quattro anni prima, probabilmente a causa delle radiazioni a cui era stata esposta durante le sue ricerche.

C

G T

O

A

–O

T

A coppia di basi G

C

C

G

A

T

C

–O

T

O

A

O

A

–O

A

T A

G

A modello a nastro

C

P

O

CH2 P

O

C

CH2 O

O

P

O

A

I «pioli» della scala sono formati da coppie di basi azotate.

O– O

T O

O– O

G O

O– O

O

OH

G

CH2

C O

T

DNA è stabilizzata dai legami a idrogeno che si formano tra le basi complementari.

A

O

O

O P O H2C

쑽 Figura 4 La doppia elica del

OH

T

O

O P –O O H2C



Come sono disposti i nucleotidi nel modello di Watson e Crick?

legame a idrogeno

O

O P O H2C

Francis Crick con il loro modello della doppia elica.

La molecola del DNA assomiglia a una scala.

O

G

T

O

OH P O H2C

I «montanti» della scala sono costituiti da molecole di zucchero e gruppi fosfato.

쒀 Figura 3 James Watson e

RISPON DI

2

1

CH2 O HO

P

O– O

T struttura chimica

modello elaborato al computer

145 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

8

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

3 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

RISPON DI

쐌 Gli acidi nucleici: DNA e RNA



Perché l’adenina si accoppia solo con la timina e la citosina solo con la guanina?

L’intuizione più importante di Watson fu che le basi azotate poste su uno dei due filamenti di DNA si possono appaiare in modo specifico con quelle dell’altro filamento: A con T e C con G. Questa complementarietà tra le basi dipende dall’ingombro delle molecole e dal fatto che l’adenina forma due legami idrogeno con la timina, mentre la citosina forma tre legami idrogeno con la guanina (쑺figura 4): l’appaiamento di una purina (più grande) con una pirimidina (più piccola) mantiene costante la distanza tra i due montanti della «scala». Per questo motivo, si dice che A è complementare di T, mentre G è complementare di C. Sebbene la sequenza di nucleotidi lungo uno dei due filamenti di DNA possa variare in innumerevoli modi, la successione delle basi sull’altro filamento è vincolata dalla regola della complementarietà: ogni base può appaiarsi soltanto con la base a essa complementare. Come vedremo più avanti, questa regola ci permette di capire il modo in cui l’informazione contenuta nel DNA si trasmette di generazione in generazione.

4

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La duplicazione del DNA

쑺 Figura 5 La duplicazione

RISPON DI

semiconservativa del DNA.



Perché la duplicazione del DNA è semiconservativa?

Il DNA contiene un codice che trasmette l’informazione genetica

Il DNA si duplica utilizzando una delle due catene come stampo

Quando venne scoperta la struttura a doppia elica del DNA, la caratteristica che maggiormente colpì Watson e Crick fu la relazione di complementarietà tra le basi: A si appaia con T e G si appaia con C. Di conseguenza, se si conosce una sequenza di nucleotidi su uno dei due filamenti, automaticamente è possibile determinare anche la sequenza di nucleotidi sull’altro: per esempio, se su una catena di DNA si legge la sequenza ATGGC, sull’altra si troveranno le basi complementari TACCG. Questa caratteristica forniva una risposta a una domanda che i genetisti si ponevano da tempo: in che modo le istruzioni genetiche si trasmettono da una generazione all’altra? Quando una cellula si divide, infatti, ognuna delle cellule figlie riceve in dotazione una serie completa di geni; perché questo avvenga, deve esistere un sistema per «copiare» le istruzioni genetiche. Il modello di Watson e Crick suggeriva che la molecola del DNA contenesse l’informazione necessaria per produrre una copia identica di se stessa secondo un meccanismo di stampo. L’ipotesi fu G C A T confermata da una serie di esperimenti condotti G C alla fine degli anni Cinquanta del Novecento. filamenti A T Quando la cellula inizia a duplicare il proprio di DNA di partenza DNA, la doppia elica si despiralizza e la moleCon la duplicaC G zione del DNA si cola si apre come una cerniera lampo a mano a A T forma una nuova G C mano che le due catene complementari si sepacatena sul filaG C mento stampo. rano. A questo punto, ciascuno dei due filamenti funA T G C ziona come uno «stampo» per la produzione di A T un nuovo filamento complementare (쑺figura C G C G 5). I singoli nucleotidi si allineano l’uno C G C G filamento dietro l’altro lungo il filamento-stampo T A T A stampo secondo la regola dell’appaiamento delC G C G le basi; poi alcuni enzimi legano tra loro nuovo A A T T filamento i nucleotidi per formare le due nuove G C G C di DNA nuovo doppie eliche, ciascuna costituita da un T A T A filamento filamento «vecchio» e da un filamento di DNA G C G C «nuovo». Questo processo di copiatura A A T T delle molecole di DNA è detto duplicaG G C C zione semiconservativa.

146 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

QUAL È LA STRUTTURA DEL DNA?

La duplicazione del DNA utilizza diversi enzimi

La duplicazione del DNA è un processo che richiede energia e che coinvolge una dozzina di enzimi, riuniti in una struttura chiamata complesso di duplicazione: per esempio, l’enzima elicasi srotola la doppia elica di DNA e rompe i legami idrogeno tra le basi dei due filamenti complementari generando i filamenti stampo; l’enzima topoisomerasi mantiene staccati i filamenti, impedendo loro di riunirsi. L’enzima DNA polimerasi catalizza la formazione di una nuova catena di DNA creando i legami covalenti che uniscono i nucleotidi del filamento nascente. Nei procarioti, le piccole molecole di DNA circolare si duplicano a partire da un punto chiamato sito di origine della duplicazione. Negli eucarioti, invece, ogni cromosoma possiede diversi siti di origine ai quali si lega il complesso di duplicazione: ciò permette di abbreviare il tempo necessario a copiare l’intero DNA. Dai siti di origine, la duplicazione procede in entrambe le direzioni creando delle bolle di duplicazione (쑺figura 6). Alla fine, tutte le bolle si uniscono formando due molecole figlie di DNA. La duplicazione del DNA è un processo complicato e nello stesso tempo molto rapido: nei procarioti, per esempio, la velocità di polimerizzazione della DNA polimerasi può arrivare a 250-1000 nucleotidi al seconsiti di origine della duplicazione do. Ciononostante, si tratta di un meccanismo estremamente preciso, con una frequenza di errore sorprendentemente bassa (circa 1/10–9 apbolle di duplicazione paiamenti).

RISPON DI

5

1



Che cosa sono le bolle di duplicazione?

쑽 Figura 6 La duplicazione del DNA inizia nei siti di origine della duplicazione e procede in entrambe le direzioni, producendo delle bolle di duplicazione che alla fine si fondono dando origine a due molecole complete di DNA.

due molecole figlie di DNA

A

Una bolla di duplicazione del DNA ripresa con il microscopio elettronico in una cellula umana.

B

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Illustra la struttura del DNA secondo il modello proposto da Watson e Crick.

5. L’enzima elicasi: basi azotate

parole chiave

2. Quali sono i principali enzimi coinvolti nella duplicazione del DNA e quali funzioni svolgono?

 nucleotide  basi complementari  doppia elica  bolla di duplicazione  duplicazione semiconservativa

3. Quale meccanismo rende rapida la duplicazione del DNA negli eucarioti? 4. Nella duplicazione del DNA:

A le purine si appaiano sempre tra loro

B si forma una doppia elica completamente nuova e una vecchia

C l’enzima elicasi rompe i legami covalenti tra le basi azotate

D entrambi i filamenti di DNA fungono da stampo

A rompe i legami idrogeno tra le B mantiene aperta la doppia elica del DNA

C produce una nuova catena di DNA

D digerisce il DNA rompendolo in piccoli pezzi 6. Se la sequenza di basi su una catena di DNA è TATTG, quella dell’altra catena è:

A B C D

CAATA ATAAC GTTAT TATTG

147 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

8

lezione

capitolo

obiettivi

il ruolo svolto 쑺 Comprendere dall’RNA messaggero. nel codice 쑺 Identificare genetico il mezzo per

RISPON DI

tradurre il messaggio scritto sul DNA in una sequenza di amminoacidi.

Quali osservazioni hanno indotto Beadle e Tatum a formulare l’espressione «un gene – un enzima»?



IL LINGUAGGIO DELLA VITA

Il codice genetico e la sintesi delle proteine 6

L’informazione per sintetizzare le proteine è codificata nei geni

Nel capitolo 7 abbiamo parlato di genotipo (l’insieme degli alleli che controllano un carattere ereditario) e di fenotipo (l’insieme delle caratteristiche osservabili che essi determinano). Alla luce delle scoperte della genetica molecolare, siamo ora in grado di trattare in termini molecolari tali concetti: il genotipo di un organismo è quindi la sequenza di nucleotidi del suo DNA; la base molecolare su cui poggia il fenotipo è costituita dalle proteine, con la loro straordinaria varietà di forme e funzioni. Ma qual è il collegamento fra il DNA, che definisce il genotipo, e le proteine che, insieme alle influenze dell’ambiente, determinano il fenotipo? Le scoperte più importanti riguardo alla relazione esistente fra geni e proteine risalgono agli anni Quaranta del Novecento, quando i genetisti americani George Beadle e Edward Tatum stavano lavorando con la muffa che si forma sul pane, Neurospora crassa (쑺figura 7). Beadle e Tatum studiavano alcuni ceppi della muffa che erano diventati incapaci di crescere nel solito terreno di coltura. Ciascuno di questi ceppi, chiamati «mutanti», risultò privo di uno specifico enzima necessario alla sintesi di una certa sostanza indispensabile alla muffa. Beadle e Tatum scoprirono inoltre che ogni mutante era privo di un solo gene. Questo fatto li portò ad avanzare l’ipotesi «un gene – un enzima», secondo la quale la funzione di ogni gene consiste nel dirigere la produzione di uno specifico enzima. Studi successivi misero in luce che in realtà i geni determinano la produzione di specifiche sequenze di amminoacidi, le quali possono far parte di un enzima come pure di altri tipi di proteine; l’ipotesi iniziale di Beadle e Tatum venne quindi riformulata con l’espressione «un gene – una proteina». Grazie alla scoperta del ruolo dei geni nella regolazione dei processi biochimici cellulari, nel 1958 ai due ricercatori fu assegnato il premio Nobel per la Medicina.

쑺 Figura 7 Per i loro studi, Beadle e Tatum utilizzarono come organismo modello Neurospora crassa, la muffa che cresce sul pane.

Sopra una fetta di pane ammuffita si possono trovare diverse specie di muffe, tra cui Neurospora crassa (la muffa arancione).

148 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

IL CODICE GENETICO E LA SINTESI DELLE PROTEINE

7

gruppo fosfato

Il flusso dell’informazione: DNA → RNA → proteine

A

RISPON DI

Il linguaggio dei geni è scritto nella sequenza delle basi azotate lungo una catena di DNA, ribosio proprio come un alfabeto. Una proteina è invece una lunga catena di amminoacidi; negli esseri viventi esistono 20 diversi tipi di amminoacidi e una proteina può contenerne centinaia o migliaia. La sequenza degli amminoacidi, cioè la struttura primaria della proteina, è alla base della conformazione e della funzione della proteina stessa. Ma qual è il G legame tra i geni e le proteine in una cellula? Come vedremo, l’ordine in cui i diversi amminoacidi sono legati tra loro è determinato dalla sequenza dei nucleotidi del DNA; si tratta però di due «linguaggi» diversi, che devono essere convertiti l’uno nell’altro. Per scoprire in che modo le cellule passano dal linguaggio del DNA a quello delle proteine fu necessario aspettare gli anni Sessanta del Novecento. In quel periodo, il bioC chimico statunitense Marshall Nirenberg e i suoi collaboratori si misero al lavoro per scoprire il ruolo di un altro acido nucleico, l’RNA (쑺figura 8). Come abbiamo visto nel L’uracile capitolo 3, l’RNA o acido ribonucleico si presenta normalmente sotto forma di una singosostituisce la catena di nucleotidi ed è caratterizzato dalla presenza dello zucchero ribosio e della la timina. base azotata uracile (U) al posto della timina. U I ricercatori riuscirono a sintetizzare in laboratorio un filamento di RNA, mescolando tale filamento con un estratto cellulare di Escherichia coli, e si osservò la formazione di un polipeptide: era stato scoperto l’mRNA o RNA messaggero. L’RNA messaggero è una molecola chiave nei passaggi intermedi dai geni alle proteine. Il primo di questi passaggi è un processo chiamato trascrizione, nel quale la sequenza nuFigura 8 L’RNA è costituito cleotidica del DNA fa da stampo per produrre una catena a filamento singolo di mRNA 쒀 da un singolo filamento di nu(쑺figura 9). Negli eucarioti, il messaggio così «trascritto» esce dal nucleo e si sposta nel cito- cleotidi. plasma per dirigere la produzione di proteine, mentre il DNA resta nel nucleo. Il passaggio successivo richiede un cambiamento di linguaggio, cioè la traduzione dal Quali sono le differenze tra linguaggio degli acidi nucleici a quello degli amminoacidi. Il passaggio dell’informazione DNA e RNA? dal gene alla proteina è affidato ai codoni. Un codone o tripletta è una «parola» di tre lettere (le basi azotate) che corrisponde a un amminoacido. Più codoni insieme formano una «frase» che si traduce in una proteina. Sigle degli amminoacidi



DNA

RNA

trascrizione

nucleo

citoplasma

traduzione amminoacidi polipeptide

쒀 Figura 9 I processi di trascrizione e traduzione.

Ala

alanina

Arg

arginina

Asn

asparagina

Asp

acido aspartico

Cys

cisteina

Gln

glutammina

Glu

acido glutammico

Gly

glicina

His

istidina

Ile

isoleucina

Leu

leucina

Lys

lisina

Met

metionina

Phe

fenilalanina

Pro

prolina

Ser

serina

The

treonina

Trp

triptofano

Tyr

tirosina

Val

valina

149 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

8

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

RISPON DI

8



Che cos’è il codice genetico?

쑽 Figura 10 Il codice genetico è universale ed è formato da 64 triplette.

U UUU U

UUC UUA

fenilalanina leucina

UUG CUU C

CUC

leucina

CUG AUU A

AUC

isoleucina

AUA AUG

metionina, inizio

GUU G

GUC

Esperimenti successivi permisero a Nirenberg di decifrare completamente il codice genetico; il ricercatore ottenne il premio Nobel per la Medicina nel 1968. Puoi immaginare il codice genetico come una sorta di «dizionario» (쑺figura 10) che consente di passare dal linguaggio del DNA a quello delle proteine; 61 delle 64 possibili triplette corrispondono a un amminoacido. Poiché gli amminoacidi sono solo 20, alcuni codoni indicano lo stesso amminoacido, cioè sono «sinonimi», ma nessuno ne indica più di uno. I tre codoni UAA, UAG e UGA, che non corrispondono a nessun amminoacido, sono invece «codoni di arresto», una sorta di punteggiatura che segna la fine di una determinata sequenza genica. Quasi tutti gli orgaseconda base nismi condividono lo stesC A G so codice genetico. I geni UCU UAU UGU U possono essere trascritti e tirosina cisteina tradotti anche dopo essere UCC UAC UGC C serina stati trasferiti sperimenUAA UGA STOP UCA A talmente da una specie STOP UAG UCG UGG triptofano G all’altra, persino fra specie molto diverse come un esCGU CCU CAU U istidina sere umano e un batterio. CGC CCC CAC C In effetti, oggi l’ormone prolina arginina insulina, indispensabile ai CGA CCA CAA A glutammina diabetici, viene prodotto CGG CCG CAG G grazie a colonie di batteri ACU AAU AGU U della specie Escherichia serina aspargina coli nel cui DNA è stato ACC AAC AGC C treonina inserito il gene umano per ACA AAA AGA A arginina lisina la proteina insulina. ACG AAG AGG G L’universalità del codice genetico fa ritenere acido GCU GAU GGU U aspartico che esso sia comparso GCC GAC GGC C molto presto nella storia glicina alanina acido GCA GGA GAA A della vita, per poi trasmetglutammico tersi invariato a tutti gli GCG GGG GAG G organismi che popolano la Terra. terza base

prima base

CUA

La scoperta del codice genetico

valina

GUA GUG

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Che relazione c’è tra i geni e le proteine? 2. Spiega l’esperimento di Niremberg.

parole chiave

3. Che cosa sono i codoni d’arresto?

 gene  RNA messaggero  trascrizione  traduzione  codice genetico

4. Dei 64 codoni possibili:

A solo 20 sono importanti perché codificano per i 20 amminoacidi

B alcuni indicano lo stesso ammi-

5. Ciascuna tripletta può codificare:

A per un solo amminoacido B sia per un amminoacido sia per un punto di stop

C per più amminoacidi D solo per amminoacidi simili 6. L’RNA messaggero:

A tra le basi azotate contiene anche l’uracile

noacido

C una metà codifica per gli amminoacidi e l’altra per i segnali d’arresto

D tutti codificano per un amminoa-

B a differenza del DNA è un polimero di nucleotidi

C è formato sia da nucleotidi sia da amminoacidi

D è composto da un solo nucleotide

cido

150 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

DAL GENE ALLA PROTEINA: LA TRASCRIZIONE E LA TRADUZIONE

lezione

Dal gene alla proteina: la trascrizione e la traduzione La trascrizione: dal DNA all’RNA messaggero

Nella sintesi di una proteina a partire dalle istruzioni contenute nei geni sono coinvolti tre tipi di acidi ribonucleici (RNA). Il primo tipo, di cui abbiamo già parlato, si forma quando lo stampo di DNA viene trascritto in una molecola di RNA messaggero. Il processo della trascrizione è simile a quello della duplicazione del DNA, con la differenza che nella trascrizione uno solo dei due filamenti di DNA serve da stampo per la sintesi della molecola di mRNA. Dapprima la doppia elica si srotola e si divide in due filamenti nel punto in cui avrà inizio la trascrizione; poi i nucleotidi dell’RNA sono assemblati utilizzando come stampo le basi complementari del filamento di DNA (쑺figura 11). Si origina così la catena di RNA messaggero. Il sistema di appaiamento delle basi nella trascrizione è lo stesso utilizzato nella duplicazione del DNA, tranne per il fatto che l’RNA presenta l’uracile al posto della timina: nell’mRNA, pertanto, alla base A corrisponde la base U. Per esempio, se sul DNA si trova la tripletta GAC, sull’mRNA si avrà la tripletta CUG, anch’essa corrispondente alla leucina. L’enzima RNA polimerasi lega fra loro i nucleotidi dell’RNA; i codoni di inizio e di arresto sul DNA segnalano all’RNA polimerasi in quali punti deve iniziare o interrompere il processo di trascrizione di un gene. enzima RNA polimerasi A

T C C A A

C T

10 DNA

il processo 쑺 Descrivere di trascrizione del DNA in mRNA. l’importanza 쑺 Evidenziare del processo di maturazione dell’RNA negli eucarioti. il processo 쑺 Illustrare di traduzione.



Qual è il ruolo dell’RNA-polimerasi?

쑸 Figura 11 La trascrizione del DNA.

T

U

C A U C C A A T A G G T T A

filamento di mRNA neoformato

obiettivi

RISPON DI

9

3

3

direzione della trascrizione

T G

A filamento stampo del DNA

La maturazione dell’mRNA eucariotico ne introne esone introne eson e eso

trascrizione trascritto di RNA

rimozione degli introni montaggio degli esoni

nucleo mRNA

citoplasma

Nelle cellule procariotiche, l’RNA trascritto da un gene viene utilizzato così com’è nelle cellule degli eucarioti, invece, prima di uscire dal nucleo il trascritto di RNA subisce una rielaborazione che lo trasforma in mRNA maturo. I geni degli eucarioti, infatti, presentano una struttura «discontinua»: essi sono costituiti da regioni codificanti, chiamate esoni, intervallate da tratti non codificanti, denominati introni (쑺figura 12). Per capire meglio la differenza tra introni ed esoni puoi immaginare un gene come una frase di senso compiuto che presenta tra una parola e l’altra (gli esoni) delle sequenze di lettere senza senso (gli intro-

쑸 Figura 12 Lo splicing del DNA consiste nell’eliminazione degli introni e nella saldatura degli esoni.

151 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

per saperne di più

capitolo

8

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

» Lo splicing e gli anticorpi

Sembra ormai probabile che oltre la metà dei geni presenti nel nostro genoma possa subire degli splicing alternativi dando origine a proteine diverse per funzione, localizzazione o altre proprietà. Inoltre, si rafforza l’ipotesi che tale meccanismo abbia giocato un ruolo molto importante nell’aumentare la complessità degli organismi viventi e nel differenziare tra loro le tipologie cellulari.



11 anticodone A

C

RNA di trasporto (tRNA)

amminoacido

쒀 Figura 13 La struttura del tRNA.

쑺 Figura 14 Ciascun ri-

RISPON DI

bosoma presenta un sito di attacco per l’mRNA e due siti di attacco per i tRNA.



Un esempio è costituito dagli anticorpi, molecole prodotte dai linfociti B per difendere l’organismo dagli agenti estranei. Grazie allo splicing alternativo, si calcola che un essere umano produca complessivamente almeno 1015 molecole anticorpali diverse, il che vuol dire più di quanti sono i geni del proprio genoma.

ni). L’RNA polimerasi non distingue gli introni dagli esoni, ma copia tutto il gene producendo un trascritto immaturo contenente sia esoni sia introni. Quando l’RNA si trova ancora all’interno del nucleo, alcuni enzimi rimuovono gli introni e saldano gli esoni tra loro, producendo una molecola di mRNA con una sequenza codificante continua corrispondente a quelle parti del gene che saranno tradotte o, come si usa dire, «espresse». Questa operazione di «taglia e cuci» è detta splicing dell’RNA, che significa appunto «montaggio». Completato il montaggio, la «bozza finale» dell’mRNA eucariotico esce dal nucleo ed è pronta per essere tradotta nel citoplasma. Per circa la metà dei geni presenti nel genoma umano è possibile operare uno splicing alternativo che permette di rielaborare in modi differenti gli introni e gli esoni che costituiscono un gene; a partire dallo stesso trascritto primario, è così possibile ottenere più mRNA maturi diversi che porteranno alla formazione di proteine differenti.

Che cosa sono gli introni?

U

All’interno di ciascun tessuto, l’assemblaggio delle molecole necessarie a realizzare lo splicing è influenzato da proteine specifiche. Le possibili combinazioni tra le proteine regolatrici espresse in un particolare tessuto e il complesso di splicing fanno sì che uno stesso mRNA precursore maturi in modo diverso a seconda dei tessuti in cui avviene la trascrizione.

Qual è la funzione del tRNA?

mRNA

La traduzione: dall’mRNA alla proteina

La traduzione del messaggio genetico dal linguaggio degli acidi nucleici al linguaggio delle proteine richiede enzimi e fonti di energia chimica come l’ATP; i veri protagonisti sono però delle particelle chiamate ribosomi e un tipo di RNA chiamato RNA di trasporto o RNA transfer (쑺figura 13). L’RNA di trasporto (tRNA) è l’«interprete» che riconosce le parole di una lingua e le trasforma nell’altra: il tRNA infatti traduce i codoni di tre lettere dell’mRNA negli amminoacidi che costituiscono le proteine. Per fare questo, una molecola di tRNA deve legarsi all’amminoacido giusto e riconoscere il codone appropriato dell’mRNA. Entrambe le funzioni sono rese possibili dalla struttura della molecola del tRNA, che ha forma ripiegata e porta a una estremità una tripletta di basi chiamata anticodone; ciascun anticodone è complementare a uno specifico codone. L’anticodone del tRNA ha la funzione di riconoscere il codone sull’mRNA secondo le regole dell’appaiamento delle basi. All’altra estremità della molecola del tRNA si trova invece un sito di legame per l’amminoacido codificato dal codone. Per ciascun amminoacido esiste un enzima specifico che riconosce sia il tRNA sia l’amminoacido corrispondente e li lega l’uno all’altro utilizzando l’energia dell’ATP. I ribosomi sono piccole strutture che negli eucariosubunità minore del ribosoma ti hanno un diametro di circa 25 nm e che coordinano il funzionamento dell’mRNA e del tRNA. Un ribosoma è formato da due subunità ciascuna costituita da proteine e AUG da una grande quantità di un altro tipo di RNA chiamato UAC RNA ribosomiale. La subunità più piccola presenta un tRNA sito sito sito di legame per l’mRNA, mentre la subunità più grande «P» «A» porta i siti di legame per i tRNA (쑺figura 14). Uno di questi, il sito P, ospita il tRNA a cui è legata la catena polipepet M tidica in crescita; l’altro sito, il sito A, ospita un tRNA che subunità maggiore del ribosoma porta con sé l’amminoacido da aggiungere alla catena.

152 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

DAL GENE ALLA PROTEINA: LA TRASCRIZIONE E LA TRADUZIONE

RISPON DI

Le tre fasi della traduzione: inizio, allungamento e terminazione



La traduzione può essere divisa in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione. l La fase di inizio mette insieme i pezzi necessari: l’mRNA, il primo tRNA con il suo amminoacido e le due subunità del ribosoma. Il codone di inizio AUG (che codifica per la metionina) determina il punto d’inizio della traduzione; in seguito, gli amminoacidi si aggiungono, uno alla volta, alla catena in formazione (쑺figura 15). codone secondo di inizio codone A U

A

G C U G A U

et

u

Le

La metionina si lega all’amminoacido successivo che giunge sul sito A del ribosoma. l

l

ge un amminoacido alla volta alla catena in formazione.

Il sito A libero è riconosciuto dal successivo tRNA che porta il terzo amminoacido.

terzo codone

C

u

M

쑽 Figura 15 Il ribosoma aggiun-

et M

A U G C U A G C C G A U G G C

Le

Il tRNA per la metionina lascia il sito P. Il ribosoma scorre e sposta il tRNA dal sito A al sito P (codone e anticodone restano legati perché mRNA e tRNA si spostano insieme).

catena polipeptidica in formazione

u

et M

Le

a

A U G C U A U A U C G A U

Quando si arresta la traduzione?

Al

12

La fase di allungamento si articola in diversi passaggi: durante il riconoscimento del online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura codone, l’anticodone di una molecola di tRNA, che reca con sé il suo amminoacido, si ANIMAZIONE appaia col codone dell’mRNA posto nel sito A del ribosoma. Subito dopo avviene la formazione del legame peptidico: la proteina in formazione si stacca dal tRNA a cui 쐌 La sintesi proteica era legato (quello del sito P) e si attacca mediante un legame peptidico all’amminoacido trasportato dal tRNA posizionato nel sito via A. La formazione del legame è favorita dal ribosoma. In questo modo un altro amminoacido viene aggiunto alla catena. Infine, durante la La traduzione termina in corrispondentraslocazione, il tRNA del sito P si allontana e za del codone UGA. il ribosoma sposta il tRNA che trasporta il polipeptide dal sito A al sito P. Questo movimento stop porta nel sito A il successivo codone di mRNA U G da tradurre e il processo può iniziare di nuovo A dalla prima tappa. L’allungamento continua fino a quando un codone di arresto (UAA, UAG e UGA), che non è riconosciuto da alcuni tRNA, giunge nel sito A del ribosoma. Questa è la fase di terminazione della traduzione. Il polipeptide completo 쒀 Figura 16 Visione Il polipeptide complesi libera dall’ultimo tRNA e dal ribosoma, che a d’insieme della sintesi tato viene rilasciato dal ribosoma. proteica. questo punto si divide nelle sue due subunità)

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Descrivi il processo di traduzione.

parole chiave

3. Al termine della trascrizione si ottiene una molecola di:

 esone  RNA polimerasi  introne  splicing  RNA di trasporto (tRNA)  anticodone  ribosoma

2. In che modo il tRNA si lega all’mRNA?

A tRNA C mRNA

B DNA D proteina

4. Lo splicing dell’mRNA:

A elimina gli introni e cuce insieme 쑺 Figura 20 Visione d’insieme gli esoni della sintesi proteica.

B avviene in tre fasi: inizio, allungamento, terminazione

C nei procarioti avviene più rapidamente che negli eucarioti

D elimina gli esoni e cuce insieme gli introni

153 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

8

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

lezione

capitolo

Le mutazioni possono modificare il significato dei geni

obiettivi

13

in che modo 쑺 Spiegare possono mutare i geni. la differenza 쑺 Evidenziare tra le mutazioni di senso

Una mutazione è un cambiamento nella sequenza di nucleotidi. Le mutazioni possono riguardare intere regioni di un cromosoma oppure colpire un singolo gene, ossia un tratto di DNA che codifica per una specifica proteina; alcune poi sono così piccole da coinvolgere solo una singola coppia di nucleotidi. Le mutazioni si verificano più frequentemente al momento della meiosi oppure durante la duplicazione del DNA, se al filamento in formazione viene aggiunto un nucleotide «sbagliato». Nonostante nel nucleo esistano specifici enzimi con il compito di «correggere» il DNA, un certo numero di errori riesce comunque a sfuggire. Le mutazioni possono essere spontanee o provocate da agenti di natura chimica o fisica chiamati agenti mutageni. Gli agenti mutageni di natura chimica, come l’amianto e il benzene, appartengono a diverse classi di composti; gli agenti fisici sono soprattutto radiazioni ad alta energia come i raggi X e le radiazioni ultraviolette. Un’importante differenza tra mutageni fisici e chimici è che i primi colpiscono direttamente il DNA, mentre i secondi possono avere effetti diversi che dipendono dalle caratteristiche metaboliche dell’organismo. Come abbiamo visto nel capitolo 7, molte malattie genetiche sono causate da mutazioni: l’anemia falciforme, per esempio, è dovuta a una variazione di un solo nucleotide sui 438 che costituiscono il gene che codifica per una delle catene polipeptidiche dell’emoglobina. In che modo una variazione così piccola può determinare un cambiamento tanto rilevante nel fenotipo? Le mutazioni che riguardano uno singolo nucleotide, come quella che provoca l’anemia falciforme, si definiscono mutazioni puntiformi e si dividono in due gruppi principali: il primo gruppo comprende le sostituzioni di basi; del secondo gruppo fanno parte le inserzioni e le delezioni.

e quelle non senso. Indicare le possibili cause delle mutazioni.

RISPON DI



Una mutazione è un cambiamento nella sequenza nucleotidica del DNA



Che cos’è una mutazione?

14 쑽 Figura 17 Le mutazioni per

Una mutazione per sostituzione può avere vari effetti

Una mutazione per sostituzione si verifica quando, durante la duplicazione del DNA, l’enzima DNA polimerasi inserisce un nucleotide sbagliato nel filamento in formazione; al momento della trascrizione, quindi, si formerà un mRNA diverso dall’originario (쑺figura 17).

sostituzione possono essere silenti, di senso oppure non senso.

sequenza del DNA di un gene normale mRNA polipeptide

T A C T T C A A A C T C C G T A U G A A G U U U G A G G C A Lys

Met

mutazione silente

Phe

Glu

Ala

mutazione di senso

mutazione non senso

T

A

C

T

T

C

A

A

A

C

T

T

C

G

T

T

A

C

T

T

C

A

A

A

C

A

C

C

G

T

T

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C

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T

A

A

U

G

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U

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A

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G

A

A

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U

U

U

G

U G

G

C

A

A

U

G

U

A

G

U

U

G

G

C

G

C

A

U

Met

Lys

Phe

Glu

Ala

Nessun cambiamento nella sequenza amminoacidica.

Met

Lys

Phe

Val

Ala

L’acido glutammico viene sostituito da una valina.

154 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Met

STOP

La sintesi proteica si arresta; la proteina non viene prodotta.

LE MUTAZIONI POSSONO MODIFICARE IL SIGNIFICATO DEI GENI

4

In altri casi una sostituzione può portare a un cambiamento della sequenza primaria della proteina che ne altera gravemente la funzione. Nel caso dell’anemia falciforme, la mutazione trasforma il codone GAG (che codifica per l’acido glutammico, polare e idrofilico) nel codone GUG che codifica per la valina, apolare e idrofobica. La mutazione modifica quindi le proprietà fisiche della catena polipeptidica, riducendola solubilità dell’emoglobina. In condizioni di carenza di ossigeno, per esempio nei capillari, l’emoglobina mutata precipita determinando la caratteristica forma a falce dei globuli rossi. Una mutazione come questa, che scambia un amminoacido con un altro, è detta mutazione di senso. Una mutazione non senso è invece una sostituzione che origina un codone di stop. Per esempio, se il codone AAG (che codifica per la lisina) muta in UAG (codone di stop), la sintesi proteica termina precocemente e viene prodotta una proteina incompleta che nella maggior parte dei casi non è funzionale.

RISPON DI

Che cos’è una mutazione di senso?

RISPON DI

Quali sono gli effetti di una delezione o di un’inserzione?

15



Le delezioni e le inserzioni hanno effetti deleteri sul fenotipo

Durante la duplicazione del DNA può capitare che venga inserito un nucleotide in più (inserzione) oppure uno in meno (delezione). Questo tipo di errore provoca sempre notevoli cambiamenti nella proteina codificata, perché determina uno scivolamento del sistema di lettura del codice genetico con perdita di senso di tutto il messaggio a valle della mutazione; vediamo un esempio: l pensiamo ai codoni come a parole di tre lettere ognuna delle quali corrisponde a un amminoacido; l scriviamo una frase di senso compiuto costituita da parole di tre lettere e leggiamola in modo continuo, senza segni di punteggiatura: AHI AHI NON SEI PIÙ QUI CON NOI PER FAR TRE BEI GOL l se si inserisce una lettera a metà della frase e si continua a leggere la frase a gruppi di tre lettere alla volta, si ottiene: AHI AHI NON SEI PIÙ QUA ICO NNO IPE RFA RTR EBE IGO L l se invece si toglie una lettera, per esempio la E di SEI, si leggerà: AHI AHI NON SIP IÙQ UIC ONN OIP ERF ART REB EIG OL Sia un’inserzione sia una delezione, quindi, portano alla sintesi di una proteina in cui tutti gli amminoacidi dal punto della mutazione in avanti sono errati (쑺figura 18). Quasi sempre questo tipo di mutazione causa la perdita di funzione della proteina. sequenza del DNA di un gene normale T mRNA polipeptide

A C T

T C A A A C C G C G T

A U G A A G U U U G G C G C A Met

Lys

Phe

Gly



쑽 Figura 18 Una delezione altera la sequenza amminoacidica a valle della mutazione.

delezione di una base A T

A C T

T C A A C C G C G T

A

A U G A A G U U G G C G C A U

Ala Met

Lys

Leu

Ala

His

Tutti gli amminoacidi a valle del punto della delezione risultano cambiati.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  mutazione  agente mutageno  sostituzione  inserzione  delezione

1. Che cosa succede alla proteina se il gene che la codifica subisce una mutazione per inserzione?

3. Che cosa sono gli agenti mutageni?

2. In quali momenti avvengono più frequentemente le mutazioni?

5. Che differenza c’è tra una mutazione di senso e una mutazione non senso?

4. Quanti tipi di mutazioni puntiformi conosci?

155 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

8

IL LINGUAGGIO DELLA VITA

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Nei procarioti la duplicazione del DNA procede in entrambe le direzioni. v f 2. Il codice genetico consente di passare dal linguaggio del DNA a quello delle proteine. v f 3. L’RNA è un polimero formato da lunghe catene di basi puriniche. v f 4. Il tRNA partecipa al processo di trascrizione. v f 5. Lo splicing dell’RNA è un processo tipico degli organismi eucarioti. v f Barra il completamento che ritieni esatto. 6. L’RNA maturo:

A B C D 7.

non contiene esoni contiene sia esoni sia introni non contiene introni subisce un processo di splicing

Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti una mutazione per sostituzione è errata?

A Cambia il codice di lettura B Cambia un singolo amminoacido all’interno del polipeptide

C Può dare origine a un polipeptide identico a quello previsto

D Può alterare gravemente la formazione della proteina Completa le seguenti frasi. 8. L’unità di base che costituisce i filamenti di DNA è il ...................................................................... . 9. Nell’RNA invece della base azotata timina è presente l’ ...................................................................... . 10. Una mutazione che dà origine a un codone di stop determinando la produzione di una proteina incompleta è detta ...................................................................... . Rispondi in cinque righe. 11. Descrivi la struttura e il ruolo del tRNA. Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 12. In che modo può cambiare il significato di un gene? Nel rispondere specifica: ● che cos’è una mutazione genica ● quali possono essere le cause di mutazioni ● quando e come può insorgere una mutazione ● quali sono le conseguenze di una sostituzione ● quali sono le conseguenze di una inserzione o di una delezione.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 13. Quali sono i principali eventi che caratterizzano la traduzione del messaggio genetico in una catena proteica? Completa e correggi. 14. Completa il seguente brano scegliendo tra i termini proposti. Nel messaggio genetico scritto ........................................................... ogni «parola», formata da una tripletta di ................................................. , codifica per un amminoacido. Le possibili triplette sono ...................................., mentre gli amminoacidi sono 20, quindi ci sono più triplette che codificano per ........................................................... amminoacido oltre ai segnali che indicano la fine della catena polipeptidica. Per ......................................................................

ne

è

necessario

il messaggio genetico in proteil’intervento di un altro

...................................................................... , l’RNA. La sintesi di una proteina avviene in due tappe: la trascrizione e la traduzione.

più di un  4  modificare  nell’RNA  enzima  geni  negli istoni  16  nessun  amminoacidi  migliorare  zucchero  lo stesso  tradurre  acido nucleico  64  nel DNA  nucleotidi 15. Barra i termini in neretto che ritieni errati. I geni degli eucarioti/dei procarioti sono formati da tratti codificanti, gli esoni/introni, e tratti privi di significato, gli esoni/introni. In seguito alla trascrizione si forma un RNA messaggero primario che ha copiato sia gli esoni sia gli introni. Prima di uscire dal nucleo l’mRNA subisce un processo di maturazione/traduzione: il trascritto viene tagliato, esoni/introni sono eliminati e gli esoni/introni sono saldati insieme. L’RNA messaggero così formato migra verso i ribosomi dove, in collaborazione con il tRNA, ha luogo la maturazione/traduzione del messaggio, cioè la sintesi della proteina che avviene in tre tappe: inizio, allungamento e terminazione.

156 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

9

lezione

158

obiettivi

le biotecnologie 쑺 Distinguere moderne da quelle antiche. l’importanza 쑺 Evidenziare degli enzimi di restrizione, della PCR e dell’elettroforesi su gel. perché l’aver 쑺 Spiegare sequenziato il genoma umano ha aperto la strada a nuove ricerche.

쑺 Figura 1 La selezione artificiale ha permesso di ottenere varietà diverse di piante e razze eterogenee di animali.

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

L’ingegneria genetica permette di manipolare il DNA 1

Le biotecnologie hanno un’origine antica

Il mais che mangiamo oggi non assomiglia affatto a quello che 8000 anni fa faceva parte della dieta quotidiana dei primi contadini. Il nome dell’antico mais era teosinte: le sue pannocchie erano molto più piccole (쑺figura 1A) e i chicchi, una volta maturi, si staccavano dalla pannocchia e venivano dispersi dal vento. Attraverso i secoli, a partire da questa specie, gli agricoltori hanno selezionato e incrociato gli esemplari che presentavano le caratteristiche più vantaggiose, come per esempio, i semi più grossi e pannocchie più ricche di chicchi, che non si staccano dall’asse della pannocchia. Sono state così ottenute varietà di mais sempre più produttive (쑺figura 1B). Allo stesso modo sono state modificate nel tempo molte altre specie vegetali di interesse alimentare (il riso, il grano, il fagiolo e il pomodoro) e ornamentale, come la rosa. Questo tipo di selezione (chiamata selezione artificiale) è stata condotta anche sugli animali; per esempio, le razze canine che conosciamo oggi derivano tutte dal lupo e sono state ottenute facendo incrociare gli individui che presentavano le caratteristiche desiderate. In tal modo, con il passare del tempo si sono ottenute razze di cani assai eterogenee: dai cani di grossa taglia ma docili e facilmente addestrabili, come i San Bernardo (쑺figura 1C), ai cani «da borsetta», come i chihuahua (쑺figura 1D). Oltre che creare nuove razze attraverso la selezione di organismi vegetali e animali, gli esseri umani hanno saputo utilizzare anche i microrganismi (batteri e lieviti) per migliorare la qualità della propria alimentazione: in questo modo sono stati ottenuti prodotti Il teosinte è una pianta selvatica che cresce in Messico, da cui ha avuto origine il mais.

Zea mais è il mais attuale, con chicchi più grossi e pannocchie più grandi. A

B

Il San Bernardo e il Chihuahua sono due razze di cane molto diverse, ottenute per selezione artificiale.

C

D

158 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

ro ripercussioni anche in medicina: Paganismi e la loro capacità di sviluppare steur comprese che i batteri, così come effetti patogeni per un certo periodo. danneggiano il vino, sono all’origine di Introdotta in molti Paesi alla fine molte malattie dell’uomo e degli anidell’Ottocento, la pastorizzazione del mali. Nel 1877 isolò il bacillo responsalatte contribuì a far calare notevolmenbile del carbonchio (morbo diffusissite la mortalità infantile. mo tra pecore e mucche) e ne ricavò un Con la teoria dei microrganismi, potente vaccino. Pasteur si oppose al pensiero allora Queste scoperte aprirono la strada dominante, secondo cui la fermentaall’immunologia: le ricerche sui batteri zione era un fenomeno puramente rivelarono l’esistenza dei virus, microrchimico, causato da agenti privi di vita. ganismi ancora più piccoli responsabili A quei tempi, infatti, non si capiva codi malattie come vaiolo e influenza. me potessero esistere organismi microscopici capaci di vivere in assenza di ossigeno. Fu Pasteur a scoprire questi microrganismi e li chiamò, appunto, anaerobici, perché sono in grado di vivere senza aria. Gli studi sui microrganismi ebbe- Il latte in bottiglia è sottoposto a pastorizzazione.

importanti come le bevande alcoliche e il pane lievitato. Nonostante che gli Egizi si cibassero di pane lievitato fin dal 4000 a.C., in realtà gli antichi non conoscevano i microrganismi né il loro ruolo nei processi di fermentazione. Solo nel 1854, infatti, lo scienziato francese Louis Pasteur riuscì a dimostrare l’importanza dei microrganismi nei processi fermentativi. Le straordinarie possibilità legate all’uso dei microrganismi divennero evidenti nel 1928, quando Alexander Fleming osservò casualmente alcune colture di batteri contaminate da una muffa; egli notò che intorno al punto in cui cresceva la muffa non si sviluppavano colonie batteriche. La sua conclusione fu che la muffa Penicillum notatum producesse una sostanza in grado di impedire la crescita dei batteri; Fleming chiamò questa sostanza penicillina. Grazie a questa scoperta ebbe inizio la produzione di nuovi medicinali ricavati da muffe e batteri per curare le malattie infettive: gli antibiotici. Tutti questi esempi riguardano tecniche di manipolazione di organismi viventi a beneficio degli esseri umani, che prendono il nome di biotecnologie. Attualmente, l’avanguardia delle biotecnologie è rappresentata dall’ingegneria genetica, l’insieme delle procedure che analizzano il genoma degli organismi e permettono di modificarlo a livello molecolare.

2

LO SAPEVI? Alexander Fleming (1881-1955), batteriologo scozzese, ottenne il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1945 insieme a Howard Florey ed Ernst Chain, due scienziati che lo affiancarono nei suoi studi.

RISPON DI

chimico francese Louis Pasteur (1822-1895) è considerato il fondatore della microbiologia: a lui si deve infatti la scoperta del ruolo dei microrganismi nella fermentazione degli alimenti e nella proliferazione di molte malattie. A questi studi Pasteur si dedicò a partire dalla metà dell’Ottocento presso la nuova Facoltà di Scienze di Lille, spinto fra l’altro dalle esigenze delle industrie alimentari della regione (soprattutto quella del vino): queste infatti subivano periodicamente gravi danni economici per la contaminazione dei propri prodotti con sostanze misteriose. Pasteur scoprì che il danneggiamento era causato dalla permanenza di alcuni batteri negli alimenti in via di fermentazione e ideò un sistema per eliminarli: la pastorizzazione. Questo processo, applicato ancora oggi alla conservazione di latte, birra e succhi di frutta, consiste nel riscaldare per poco tempo il liquido a 70-80 °C. In questo modo si riducono il numero dei micror-

» Il

In che modo è possibile selezionare artificialmente una varietà di animali con determinate caratteristiche?

RISPON DI

storia della scienza

L’INGEGNERIA GENETICA PERMETTE DI MANIPOLARE IL DNA

Come agiscono gli enzimi di restrizione?



Per tagliare il DNA si usano speciali «forbici» molecolari chiamate enzimi di restrizione

Per isolare un gene da una molecola di DNA e inserirlo in un’altra, la prima cosa da fare è «ritagliare» il tratto di DNA che interessa; le «forbici» che i biologi usano per tagliare il DNA sono speciali enzimi chiamati enzimi di restrizione, scoperti nel 1978 dal microbiologo svizzero e premio Nobel Werner Arber.



159 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

9

쑺 Figura 2 L’uso di enzimi di restrizione permette di ottenere una molecola di DNA ricombinante.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 Gli enzimi di restrizione

LO SAPEVI? Gli enzimi di restrizione sono specifici per diversi gruppi di batteri; ogni gruppo protegge il suo DNA dall’azione del proprio enzima «coprendo» i siti di restrizione tramite l’aggiunta di gruppi chimici.

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

L'enzima di restrizione ricoGli enzimi di restrizione sono pronosce una sequenza specifica. teine naturalmente presenti nei batteri e hanno la funzione di proteggere il DNA batterico dall’inG A AT TC gresso di acidi nucleici apparteDNA A AT TC G nenti a organismi estranei, per L’enzima di restrizione esempio batteriofagi (virus che intaglia il DNA in framfettano i batteri). Ogni enzima di menti. 1 restrizione è in grado di riconoscere specifiche sequenze di coppie di estremità AA coesiva basi e tagliare il DNA a doppia T TC C elica in un punto preciso della seTT G G AA quenza riconosciuta, detto sito di restrizione, rompendo il legame covalente tra lo zucchero deossiriG T TC bosio e il gruppo fosfato. AA Gli enzimi di restrizione framT TC G AA mentano il DNA estraneo renden2 Viene dolo innocuo, ma non quello del aggiunto un frammento di DNA di albatterio che li ha prodotti; ogni tra provenienza, trattato batterio infatti produce, oltre con lo stesso enzima. all’enzima di restrizione, anche un altro enzima, chiamato metilasi, I diversi frammenti si che protegge il sito di restrizione legano appaiando le del DNA batterico legando a esso basi complementari. un gruppo metilico, che «nasconde» così il punto d’attacco per G A AT TC G A AT TC l’enzima di restrizione. A AT TC A AT TC G G Facciamo ora un esempio per capire come utilizzando gli enzimi di restrizione si può costruire La DNA ligasi «incolDNA ricombinante. L’enzima Ecola» tutti i frammenti insieme. RI (si legge eco erre uno) estratto dal batterio E. coli riconosce la sequenza GAATTC e la taglia tra la G e la A. molecola di DNA ricombinante Come vedi nella 쑺figura 2 il taglio è sfalsato e i due frammenti risultanti presentano un tratto a filamento singolo alle estremità. Queste porzioni di DNA a filamento singolo vengono chiamate estremità coesive (sticky ends) perché si possono combinare con qualunque sequenza ad esse complementare. Le terminazioni coesive sono sfruttate dai ricercatori per ottenere DNA ricombinante unendo insieme tratti di DNA di provenienza diversa (쑺figura 2): prima si tagliano i campioni di DNA con il medesimo enzima di restrizione, poi li si mescola insieme in modo che le estremità coesive possano appaiarsi e infine si aggiunge un altro enzima, chiamato DNA ligasi, che «incolla» le estremità coesive ripristinando l’integrità della doppia elica.

3

Le tecnologie del DNA ricombinante consentono di trasferire geni da un organismo a un altro

L’ ingegneria genetica ha preso avvio dallo studio delle modalità di ricombinazione genica che si verificano nei batteri. La maggior parte dei batteri possiede dei plasmidi, piccole molecole circolari di DNA esterne al cromosoma batterico (쑺figura 3). Al pari di un cromosoma, un plasmide contiene un certo numero di geni ed è in grado di duplicarsi autonoma-

160 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

9

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

Primer (brevi sequenze di DNA che si appaiano a una sequenza nota nel DNA bersaglio, innescando la reazione di polimerizzazione a catena).

primo ciclo: 2 copie

segmenti del DNA da amplificare

secondo ciclo: 4 copie

terzo ciclo: 8 copie

DNA polimerasi nucleotidi

continua...

1 Il DNA viene riscaldato per separare i filamenti.

2 La miscela viene raffreddata; i primer si legano ai filamenti.

4 쒀 Figura 5 La PCR permette di

RISPON DI

amplificare il DNA.



Perché il campione di DNA da amplificare viene sottoposto a riscaldamento?

3 La DNA polimerasi aggiunge nucleotidi ai nuovi filamenti producendo due molecole figlie.

4 La procedura viene ripetuta, ripartendo dallo stadio .

La PCR permette di amplificare il DNA

La PCR (Polymerase Chain Reaction) o reazione a catena della polimerasi è una tecnica che si usa comunemente per «amplificare», cioè copiare più volte, un tratto di DNA senza usare cellule viventi. A partire da un’unica molecola di DNA, in poche ore si possono ottenere 100 miliardi di molecole perfettamente identiche. Le linee generali della PCR sono semplici; puoi vederle nella 쑺figura 5. Il campione di DNA da amplificare viene sottoposto a riscaldamento per separare la doppia elica e mescolato con la DNA polimerasi, con una miscela di nucleotidi e con una breve sequenza di innesco chiamata primer. Il tutto viene raffreddato in modo che la DNA polimerasi possa aggiungere i nucleotidi ai filamenti figli duplicando il DNA. Quindi si riscalda di nuovo il tutto e il ciclo si ripete più volte fino a che i reagenti non sono consumati. La PCR presenta alcuni straordinari vantaggi: il primo è che, scegliendo opportunamente il primer, è possibile copiare una specifica sequenza all’interno di una molecola lunghissima di DNA; il secondo è che la tecnica è così precisa e potente che non è necessario purificare preventivamente il campione di DNA; infine, per iniziare il processo basta una quantità piccolissima di DNA, meno di un milionesimo di grammo. Grazie alla PCR i ricercatori hanno avuto la possibilità di amplificare DNA molto rari, come i campioni ricavati da resti umani o da fossili; inoltre, la PCR permette di avere a disposizione più copie multiple dello stesso campione di DNA, facilitando l’esecuzione di ulteriori analisi.

5

L’elettroforesi su gel serve a separare molecole di lunghezze diverse

Molto spesso gli scienziati hanno bisogno di confrontare campioni di DNA di lunghezze diverse. Una tecnica che permette di separare le macromolecole (siano esse proteine o acidi nucleici) in base alla loro lunghezza è l’elettroforesi su gel (쑺figura 6).

162 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

9



storia della scienza

Quanti geni sono contenuti nel nostro DNA e a che percentuale corrispondono?

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

spesso accade in ambito scientifico, la conoscenza della sequenza del nostro genoma ha fornito alcune risposte ma ha anche aperto il campo a una serie di nuove domande, inaugurando la cosiddetta era post-genomica. Una domanda, per esempio, riguarda il DNA non codificante: in una cellula umana è contenuta una quantità di DNA 1000 volte maggiore di quella di un batterio. Questo però non significa che gli esseri umani possiedono 1000 volte più geni dei 200 posseduti da Escherichia coli: infatti, il nostro genoma contiene meno di 30000 geni, pari a circa il 3% del DNA. Il restante 97%, pertanto, non codifica per alcuna proteina e comprende sequenze di controllo (come i siti di legame per l’attacco di enzimi come, l’RNA polimerasi)), gli introni e altri tratti di DNA che in passato vennero definiti DNA spazzatura. Ma a che cosa serve tutto questo DNA? Oggi non sappiamo ancora quale sia la sua funzione, ma sembra sempre più chiaro che esso è indispensabile alle funzioni del DNA codificante. I risultati del Progetto Genoma hanno anche dimostrato che lo splicing alternativo – che permette di ottenere una grandissima varietà di proteine a partire da un numero relativamente piccolo di geni – è un processo molto comune nella nostra specie; ciò spiega la grande flessibilità del genoma umano.

» Il biochimico californiano Kary Mul-

lis (1944-vivente) è uno dei personaggi più noti e discussi della scienza contemporanea. Professore emerito presso il Children’s Hospital and Research Institute di Oakland, nel 1998 ha ricevuto il premio Nobel per la scoperta della PCR (Polymerase Chain Reaction). Questa tecnica – definita uno dei maggiori progressi scientifici del Novecento – ha rivoluzionato il mondo della genetica, diffondendosi in moltissimi campi: è impiegata perfino nelle investigazioni della magistratura e, per le sue implicazioni nella paleobiologia,

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  selezione artificiale  biotecnologie  plasmide  DNA ricombinante  enzima di restrizione  sito di restrizione  estremità coesiva  PCR  elettroforesi

ha ispirato il romanzo di Michael Crichton Jurassic Park. Questo infatti prende le mosse dalla possibilità di «amplificare» il DNA di organismi estinti dopo averlo estratto dai fossili. Anticonformista e provocatore, Mullis ha il pregio indubbio di stimolare il dibattito all’interno della comunità scientifica, facendo sì che questa non si cristallizzi attorno a posizioni dogmatiche. La polemica più celebre è quella che oppone il Nobel californiano ai sostenitori della teoria secondo cui l’AIDS sarebbe causato dal virus HIV: benché comunemente accettata, per Mullis es-

1. A che cosa servono gli enzimi di restrizione negli organismi che li producono? 2. Quali prospettive di ricerca ha aperto la conclusione del Progetto Genoma Umano? 3. In che modo vengono uniti i frammenti di DNA ottenuti con gli enzimi di restrizione? 4. La PCR è una tecnica che:

A separa frammenti di DNA di lunghezza diversa

B utilizza l’enzima DNA polimerasi C grazie agli enzimi di restrizione taglia il DNA

D utilizza il metabolismo dei batteri

164 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

sa non è mai stata dimostrata seguendo i canoni del metodo scientifico. Tuttavia, giocano spesso a sfavore della sua credibilità le sue eccentriche esternazioni, come quando ha dichiarato di essere stato rapito dagli alieni o di avere scoperto la PCR grazie all’uso di sostanze stupefacenti. Per saperne di più, puoi visitare il suo sito personale (www.karymullis. com) o leggere la sua curiosa autobiografia, Ballando nudi nel campo della mente. Le idee (e le avventure) del più eccentrico tra gli scienziati moderni, Baldini & Castoldi, Milano 1998.

5. Gli enzimi di restrizione:

A riconoscono sequenze specifiche di DNA

B sono prodotti dalle cellule umane C riducono le dimensioni del nucleo D provocano mutazioni geniche 6. Il genoma umano:

A contiene una quantità di DNA 1000 volte maggiore di quello di E. coli

B contiene 1000 volte più geni di quelli contenuti in E. coli

C rimane ancora sconosciuto per la maggior parte

D per il 97% codifica per proteine, mentre per il 3% è costituito da DNA spazzatura

LE APPLICAZIONI DELL’INGEGNERIA GENETICA

I batteri geneticamente modificati servono a produrre proteine umane da utilizzare come farmaci

lezione

Le applicazioni dell’ingegneria genetica 7

2

2

obiettivi

l’importanza degli 쑺 Spiegare OGM per la ricerca scientifica e per la lotta alle malattie.

In generale, per organismo geneticamente modificato (OGM) si intende un organismo Descrivere come si possono che ha acquisito artificialmente uno o più geni provenienti da un donatore; se il donatore inserire geni estranei in una cellula vegetale. appartiene a una specie diversa dal ricevente, l’OGM si definisce transgenico. Tramite l’ingegneria genetica è quindi possibile modificare in laboratorio virus, batteri, funghi, Illustrare le tecniche di clonazione. piante e anche animali. Le cellule modificate seguiranno le istruzioni contenute nel nuovo DNA ricombinante e fabbricheranno la proteina codificata da quel gene. Già dagli anni Ottanta l’or쑸 Figura 7 I bioreattori sono cisterne di acciaio inossidabile in mone umano insulina (necescui vengono fatti moltiplicare i sario ai malati di diabete) è batteri. prodotto grazie a batteri ingegnerizzati. Questo risultato è stato di straordinaria importanza, perché il 5% dei Grazie ai bioreattori si diabetici è allergico all’insulipossono produrre grandi quantità di proteine otna di origine animale che vetenute con la biotecnoniva usata in passato. logia. Grazie all’ingegneria genetica, il gene che codifica per l’insulina umana è stato inserito nel batterio Escherichia coli; il batterio, posto in un terreno di coltura favorevole, si riproduce formando una colonia (clone) di cellule geneticamente modificate identiche tra loro e contenenti il gene dell’insulina umana. Questi batteri vengono fatti crescere in grandi contenitori chiamati bioreattori (쑺figura Come viene prodotta l’insuli7) dove producono insulina na umana grazie all’ingegneche viene poi estratta e purifiria genetica? cata.



RISPON DI





8

Con l’ingegneria genetica si può modificare il corredo genetico delle piante

Modificare geneticamente le piante è un compito piuttosto complesso, anche perché le molecole del DNA estraneo non riescono a passare attraverso la parete delle cellule vegetali. Per aggirare questo ostacolo gli scienziati hanno utilizzato un metodo «naturale»: si sono cioè serviti di un batterio, chiamato l’Agrobacterium tumefaciens, che ha la capacità di infettare alcune piante trasferendo alle loro cellule parte del proprio DNA.

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capitolo

9

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

DNA

Il DNA batterico opportunamente modificato in laboratorio può così essere utilizzato per introdurre nella cellula vegetale geni specifici Il DNA viene introdotto (쑺figura 8). In questo modo si sono in Agrobacterium. plasmide ottenute piante transgeniche resistenti agli insetti dannosi, al gelo o alla siccità, oppure dotate di una gene desiderato maturazione più lenta o di una Il batterio trasferisce il resa produttiva maggiore; le pianDNA nella cellula vegete transgeniche possono anche tale. contenere sostanze utili per una migliore alimentazione, come il golden rice (riso dorato). cellula vegetale In questa nuova varietà di riso modificata geneticamente modificato sono stati introdotti tre nuovi geni: due La cellula si divide. estratti dalle giunchiglie e il terzo preso da un batterio. Il chicco del golden rice contiene una grande quantità di betacarotene, il composto che il nostro corpo converte in vitamina A. La vitamina A svolge numerose funzioni, che riguardano soprattutto la visione e il differenziamento cellulare; la sua carenza, frequente nei paesi poveri, provoca cecità e morte prematura. pianta GM Il golden rice non può certo risoladulta vere tutti i problemi della malnutripiante geneticamente modificate (GM) zione nel mondo; oltre alle vitamina A, infatti, una dieta bilanciata riQuale tecnica si usa per introchiede un equilibrato apporto di proteine e di grassi. Il golden rice, tuttavia, rappresenta durre geni estranei in una celuna parziale soluzione a questi problemi, soprattutto per quelle zone dell’Asia in cui la lula vegetale? maggior parte della popolazione si nutre esclusivamente di riso.

쑺 Figura 8 Il batterio Agrobac-

RISPON DI

terium tumefaciens può essere usato come vettore per ottenere piante geneticamente modificate (GM).



RISPON DI

9



Descrivi la tecnica utilizzata per ottenere il «supertopo».

쒀 Figura 9 Questo topo gigante è stato ottenuto trasferendo nell’embrione il gene umano per l’ormone della crescita.

Proteine utili possono essere presenti nel latte di animali transgenici Le tecniche dell’ingegneria genetica consentono di produrre anche mammiferi transgenici inserendo il gene estraneo in una cellula uovo appena fecondata. Le cellule embrionali geneticamente modificate, fatte crescere inizialmente in laboratorio, danno vita a un embrione che viene poi trasferito nell’utero di una femmina adottiva. I primi mammiferi transgenici sono stati i topi. Nel 1982 la rivista Nature annunciò la nascita di un «supertopo» (쑺figura 9): nel suo patrimonio genetico era stato inserito un gene per la produzione dell’ormone umano della crescita, grazie al quale l’animale si era sviluppato molto più del normale. Da allora si sono ottenuti topi privi di difese immunitarie, resistenti ai virus, oppure affetti dal morbo di Alzheimer; questi animali sono stati usati in laboratorio come modelli per studiare numerose malattie umane. Nel 1988 sono state ottenute le prime pecore transgeniche in grado di produrre latte contenente un enzima umano utilizzato nella cura dell’enfisema, oppure una proteina, il fattore IX, la cui carenza provoca una forma di emofilia.

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educazione alla salute

LE APPLICAZIONI DELL’INGEGNERIA GENETICA

» Le cellule staminali

Il nostro organismo è una struttura complessa che funziona grazie all’interazione coordinata di diverse tipologie cellulari, tutte altamente specializzate. Al termine della propria vita, ogni cellula ha bisogno di essere sostituita e il nostro organismo è preparato ad affrontare questa esigenza grazie a una «riserva cellulare». Tale riserva corrisponde al gruppo di cellule staminali (CS) di cui ognuno di noi dispone e senza le quali le nostre ferite non guarirebbero, sangue e tessuti non potrebbero rinnovarsi, lo zigote non riuscirebbe a generare l’embrione e un bambino non potrebbe diventare adulto.  Lente di ingrandimento sulle CS Le classi principali di CS sono tre: 1. staminali unipotenti, in grado di generare un unico tipo cellulare; 2. staminali pluripotenti, progenitrici di più tipi di cellule; 3. staminali totipotenti, cellule indifferenziate capaci di replicarsi illimitatamente e di dare origine, potenzialmente, a tutte le cellule di un organismo. Le cellule staminali embrionali, come quelle che vedi colorate in verde nella figura, sono cellule totipotenti che costituiscono l’embrione nelle primissime fasi dello sviluppo. Nell’essere umano,

dopo alcuni giorni dalla fecondazione lo zigote, dividendosi, arriva a formare un grappolo di alcune centinaia di cellule chiamato blastocisti. Al suo interno si trova un piccolo numero di cellule staminali embrionali che continuerà a replicarsi trasformandosi poi nelle cellule staminali pluripotenti, che consentiranno lo sviluppo dei tre foglietti germinativi da cui origineranno tutti gli organi dell’embrione. Le cellule staminali adulte, invece, comprendono le staminali pluripotenti e unipotenti che si trovano in un organismo già formato e servono a rimpiazzare le cellule mature specializzate. Distribuite in tutto l’organismo, in realtà sono abbondanti e quindi più facilmente reperibili nei tessuti che si rinnovano di frequente durante la vita dell’individuo (come le cellule del midollo osseo o quelle della cute), mentre sono rare o non esistono nei tessuti che non si rinnovano. Da un punto di vista tecnico, anche le cellule dei tessuti fetali e del cordone ombelicale sono staminali adulte, ed è per questo motivo che molti ricercatori preferiscono indicare con il termine cellule staminali tissutali tutte quelle non embrionali.  Le potenzialità terapeutiche delle cellule staminali Le potenzialità terapeutiche delle sta-

Una cellula staminale embrionale al microscopio elettronico.

2

minali sono la più grande promessa del ventunesimo secolo e senza dubbio costituiscono uno dei campi più innovativi della scienza di oggi. Infatti, oltre ad ampliare le attuali conoscenze dei meccanismi che regolano lo sviluppo di un organismo a partire dal suo concepimento, esse potrebbero rappresentare una svolta per la cura di molte malattie. L’utilizzo in laboratorio delle staminali embrionali prevede la loro estrazione da blastocisti in sovrannumero rispetto a quelle utilizzate durante le procedure di fecondazione assistita.  Quando comincia la vita? I dubbi e le contrarietà rispetto alle ricerche sulle staminali embrionali nascono da forti divergenze etiche riguardo a una tematica ben precisa: quando ha inizio la vita? La questione è sfuggente. Come sostiene la filosofa Mary Warnock, presidente della Commitee of Inquiry on Human Fertilization and Embryology (la prima importante Commissione di bioetica), l’interrogativo su cui concentrarsi non è tanto quando ha inizio la vita?, ma piuttosto quand’è che la vita umana diventa moralmente e giuridicamente importante? In altre parole, a partire da quale momento dobbiamo assicurare agli embrioni umani una tutela della legge? Per chi definisce la vita in base alle leggi biologiche, l’embrione non può essere considerato un essere umano prima del quattordicesimo giorno, ovvero prima che avvenga l’impianto nell’utero. È un dato di fatto che una grande quantità di embrioni vengono distrutti proprio dallo stesso processo naturale di generazione della vita: per uno che riesce a impiantarsi nell’utero materno, almeno un altro va perduto. È invece nella fase della gastrulazione (cioè quella in cui gli abbozzi degli organi vengono portati nelle posizioni in cui si svilupperanno gli organi) che l’embrione cessa di essere un gruppo di cellule omogenee e si trasforma in un essere pluricellulare.

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capitolo

9

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

10 쑺 Figura 10 La pecora Dolly è stata il primo mammifero clonato.

쑽 Figura 11 Il procedimento di clonazione grazie al quale è nata la pecora Dolly.

Tramite la clonazione riproduttiva è possibile ottenere un animale identico a un altro

Per clonazione di un individuo adulto s’intende la generazione di un nuovo essere vivente a partire da una cellula somatica di tale individuo, in modo da ottenere una «fotocopia» geneticamente identica a quella di partenza. Come ricorderai, una cellula somatica contiene tutto il patrimonio genetico di un essere vivente (contrariamente alle cellule sessuali che ne contengono la metà). Il primo mammifero clonato da un individuo adulto è stato una pecora chiamata Dolly (쑺figura 10); i dettagli scientifici di questo straordinario esperimento furono pubblicati il 27 febbraio 1997. La tecnica utilizzata non era molto complessa: i ricercatori del Roslin Institute di Edimburgo prelevarono il nucleo di una cellula mammaria da una pecora adulta e lo trasferirono in una cellula uovo, privata del nucleo, di una seconda pecora; infine, impiantarono la cellula uovo nell’utero di una terza pecora, che diede alla luce la pecora clone (쑺figura 11).

La prima pecora dona la cellula uovo.

Si aspira il nucleo dalle cellule uovo.

cellule uovo

Da una seconda pecora si prelevano le cellule mammarie.

Si estrae il nucleo dalle cellule mammarie messe in coltura.

Il nucleo di una cellula adulta viene trasferito nella cellula uovo privata del proprio nucleo.

Dolly (clone della seconda pecora)

L’embrione viene impiantato in una terza pecora.

citoplasma della cellula uovo

nucleo della cellula mammaria

Si attiva la divisione cellulare mediante scosse elettriche; la cellula entra in mitosi e si forma un embrione.

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LE APPLICAZIONI DELL’INGEGNERIA GENETICA

educazione alla salute

L’altro tipo di clonazione riproduttiva venne sperimentata nel 1984 da Steen Willadsen a Cambridge (in Gran Bretagna). Questa tecnica, chiamata embryo splitting, permette di ottenere animali perfettamente uguali suddividendo un unico embrione, cioè riproducendo quello che si verifica in natura con la nascita di gemelli identici. Nel 2000 negli Stati Uniti grazie all’embryo splitting è nata la scimmia ANDi (쑺figura 12).

» Il dibattito sugli OGM

Avrai probabilmente sentito parlare di avvenimenti per i quali si mette in discussione la sicurezza delle colture portatrici di geni inseriti artificialmente. Possono rappresentare un pericolo per la salute umana o per l’ambiente? Per esempio, le coltivazioni GM potrebbero trasferire i loro geni nuovi a piante strettamente imparentate che crescono spontanee nelle aree vicine a quelle coltivate. Il polline di piante contenenti i geni per la resistenza ai diserbanti potrebbe fecondare i fiori di piante selvatiche affini, dando origine a una discendenza «super-infestante», ben difficile da controllare. Nel 2000, l’Accademia Nazionale delle Scienze americana ha diffuso uno studio dal quale non sono emerse prove che le coltivazioni GM resistenti agli insetti nocivi costituissero

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  organismo geneticamente modificato o OGM  transgenico  insulina  clonazione

쑸 Figura 12 ANDi è stata la

RISPON DI

prima scimmia clonata con l’embryo splitting.



un rischio significativo per la salute o per l’ambiente. Tuttavia gli stessi autori dello studio raccomandano regole sull’impiego di colture GM e suggeriscono di proseguire l’indagine. Un’altra preoccupazione è che le piante o gli animali GM per il consumo umano possano dare effetti non previsti. Un’altra potenziale fonte di rischio sono gli animali transgenici allevati per produrre medicinali. Per esempio, le proteine umane prodotte nel latte di un animale manipolato possono essere leggermente diverse da quelle naturali umane, perciò devono essere sottoposte a controlli molto accurati. Questo è importante per avere la certezza che le proteine contenute nei cibi o nei medicinali prodotti da OGM non provochino reazioni allergiche o altri effetti indesiderati.

1. Quando un organismo si dice transgenico?

2

Perché si può dire che la pecora Dolly ha avuto tre genitori?

Le amministrazioni e gli organi di controllo di tutto il mondo stanno affrontando il problema di come accertare la sicurezza dei procedimenti e dei prodotti delle nuove biotecnologie. Nei principali paesi produttori sono stati istituiti enti governativi con il compito di valutare i rischi dei progetti di ingegneria genetica in corso. L’Italia non è un paese produttore di nuove biotecnologie, quindi l’azione di controllo è esercitata non sulla produzione, ma sulla loro adozione. In campo alimentare si fa differenza fra coltivazioni, prodotti e derivati dei prodotti. Questi ultimi sono considerati equivalenti ai derivati dei prodotti naturali e sono liberamente commercializzati. Nel caso dei prodotti vige invece l’obbligo di indicare in etichetta la presenza di OGM negli alimenti e nei mangimi.

5. Un animale transgenico:

A è nato grazie alla tecnica di clonazione chiamata embryo splitting

2. Per quali scopi si possono utilizzare i batteri geneticamente modificati?

B possiede nel suo patrimonio ge-

3. In che modo è stata ottenuta la pecora Dolly?

C ha un numero di cromosomi di-

4. Il golden rice è una varietà di riso:

A che può contribuire a risolvere le carenze di vitamina D

B ottenuta da incroci mirati tra di-

netico uno o più geni estranei verso da quello della sua specie

D si può ottenere tramite incroci selettivi di individui con caratteristiche utili

verse varietà di riso

C contenente betacarotene D geneticamente modificata

169 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

9

L’INGEGNERIA GENETICA E LE SUE APPLICAZIONI

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. L’enzima che protegge il DNA batterico dall’azione dei propri enzimi di restrizione è la ligasi. vf 2. Le piccole molecole circolari di DNA batterico esterne al cromosoma sono i batteriofagi. vf 3. Un organismo clonato è geneticamente identico all’organismo di partenza. vf Barra il completamento che ritieni esatto. 4. La penicillina fu scoperta da: A Louis Pasteur B Alexander Fleming C Werner Arber D Steen Willedsen 5. Tramite la clonazione riproduttiva è possibile: A inserire un gene umano in una cellula batterica per produrre una proteina utile B modificare nel tempo una specie vegetale per ottenere varietà sempre più produttive C produrre sostanze medicinali, chiamate antibiotici, ottenute da muffe e batteri D generare un nuovo individuo partendo dalla cellula somatica di un altro 6. Ogni enzima di restrizione: A possiede una propria estremità coesiva B riconosce una sequenza specifica di DNA C può essere amplificato tramite la PCR D incolla tra loro frammenti di DNA

Completa le seguenti frasi. 7. L’enzima che unisce i frammenti di DNA tagliati dagli ................................................................. è detto ............................................................... . 8. Un organismo geneticamente modificato è anche detto ...................................................................... . 9. Il DNA che include materiale estraneo è definito ...................................................................... . 10. Le tecniche di ...................................................................... consentono di inserire il gene umano che codifica per l’insulina in un batterio. 11. La tecnica che permette di ottenere animali perfettamente uguali suddividendo un unico embrione è detta ...................................................................... . Rispondi in cinque righe. 12. In che modo si possono ottenere tante copie di un determinato DNA tramite la tecnica della PCR? 13. A che cosa serve l’elettroforesi su gel e su quale principio si basa? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 14. Qual è la funzione in natura degli enzimi di restrizione? In che modo tagliano il DNA? Nel rispondere specifica: ● la funzione naturale degli enzimi di restrizione ● a che cosa devono il loro nome ● perché gli enzimi di restrizione tagliano sempre nello stesso punto ● in che modo tagliano il DNA ● che cosa si ottiene dopo l’azione degli enzimi di restrizione.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 15. In che modo è possibile ottenere DNA ricombinante in grado di produrre sostanze utili su larga scala? Completa e correggi. 16. Nel seguente brano individua i cinque termini errati e scrivili in una tabella sul tuo quaderno, riportando accanto i termini corretti (i termini sottolineati non vanno corretti). Gli enzimi di restrizione sono particolari molecole nucleotidiche in grado di trascrivere una molecola di DNA; i batteriofagi utilizzano questi enzimi per difendersi dal DNA estraneo. Ogni enzima riconosce una determinata sequenza nucleotidica e agisce

presso determinati siti, detti omeobox, in modo da lasciare su entrambi i filamenti un’estremità coesiva formata da lunghe sequenze di nucleotidi. 17. Ordina da 1 a 6 le fasi di lavoro attraverso le quali, grazie all’ingegneria genetica, si giunge alla produzione di specifiche proteine. A i batteri vengono clonati B il DNA viene prelevato da una cellula umana C i batteri sono in grado di produrre la proteina desiderata D il DNA viene frammentato E la proteina viene estratta e purificata F i frammenti di DNA vengono inseriti nei batteri

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capitolo

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Il corpo umano e il movimento

1 2 3

L’organizzazione del corpo umano Il corpo umano è composto da dodici sistemi di organi che svolgono una o più funzioni integrate tra loro. Gli organi sono costituiti da diversi tessuti, ognuno formato da cellule che svolgono la stessa funzione. I principali tipi di tessuti sono quattro: il tessuto epiteliale, il tessuto connettivo, il tessuto muscolare, il tessuto nervoso.

La pelle: la sua struttura e le sue funzioni La pelle, formata dall’epidermide e dal derma, costituisce una barriera tra gli agenti esterni e l’interno del nostro corpo.

Il movimento: lo scheletro e i muscoli Lo scheletro sostiene e protegge gli organi e, insieme ai muscoli, costituisce il sistema locomotore. Il sistema scheletrico si divide in due parti: lo scheletro assile e lo scheletro appendicolare. La muscolatura scheletrica è collegata alle ossa attraverso i tendini ed è costituita da fibre muscolari striate controllate dai nervi motori.

171 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

10

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

L’organizzazione del corpo umano

lezione

172

1

obiettivi

l’organizzazione 쑺 Descrivere strutturale del corpo umano. i diversi tipi di 쑺 Elencare sistemi che compongono l’organismo umano e le rispettive funzioni.

Il corpo umano è organizzato in livelli gerarchici

Le strutture del corpo umano sono organizzate in diversi livelli gerarchici strettamente integrati tra loro. Come puoi vedere nella 쑺figura 1, i più piccoli elementi costitutivi del nostro corpo sono le cellule; gruppi di cellule che cooperano a svolgere la medesima funzione formano i tessuti.

i quattro 쑺 Descrivere principali tipi di tessuti

CELLULA Le cellule si riuniscono a formare i tessuti.

che costituiscono il corpo umano.

sistema circolatorio

쑺 Figura 1 Un organismo è costituito da un insieme di sistemi, formati a loro volta da organi, tessuti e cellule.

cellula muscolare liscia

TESSUTO I tessuti sono formati da cellule che svolgono la stessa funzione.

ORGANISMO Gli organismi sono costituiti da diversi sistemi di organi.

tessuto muscolare liscio

ORGANO Gli organi sono costituiti da diversi tessuti che interagiscono tra loro. tessuto muscolare liscio

tessuto epiteliale

vaso sanguigno

tessuto connettivo

SISTEMA I sistemi, come quello circolatorio, sono formati da organi che lavorano insieme.

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Diversi tipi di tessuti sono organizzati insieme a costituire gli organi; ogni organo svolge un compito specifico: il cuore, per esempio, si contrae e spinge il sangue nei vasi sanguigni affinché raggiunga tutte le parti del corpo. Infine, organi differenti sono raggruppati in sistemi o apparati: cuore e vasi sanguigni, per esempio, costituiscono il sistema circolatorio. L’insieme degli apparati costituisce l’organismo. Studiando le varie funzioni del corpo umano ti renderai conto che tutti i sistemi lavorano in maniera combinata; in tal modo, in qualsiasi condizione si trovi un organismo (in intensa attività fisica o a riposo, addormentato o sveglio), viene garantito il mantenimento pressoché costante delle sue caratteristiche interne. La 쑺figura 2 illustra le principali funzioni dei dodici sistemi che formano il corpo umano. Nei prossimi paragrafi vedremo in dettaglio i quattro principali tipi di tessuti che compongono i nostri organi: il tessuto epiteliale, il tessuto connettivo, il tessuto muscolare e il tessuto nervoso.

uomo Lo scheletro sostiene il nostro corpo e insieme alla pelle protegge gli organi interni.

I muscoli, collegati allo scheletro, permettono il movimento.

Il sistema nervoso e gli organi di senso coordinano il nostro corpo e lo mettono in comunicazione con l’esterno.

1

RISPON DI

L’ORGANIZZAZIONE DEL CORPO UMANO



쑽 Figura 2 I diversi sistemi e apparati che compongono il corpo umano.

donna

Il sistema endocrino regola i processi fisiologici mediante la sintesi e il rilascio di ormoni.

uomo Il sistema digerente elabora il cibo, assorbe le sostanze nutritive ed elimina quelle non digerite.

Il sistema circolatorio trasporta l’ossigeno e i nutrienti alle cellule e i rifiuti metabolici agli organi che li eliminano.

Il sistema respiratorio immette ossigeno nell’organismo ed elimina diossido di carbonio.

Il sistema immunitario difende l’organismo dagli agenti patogeni.

Quali sono i livelli di organizzazione strutturale del nostro corpo?

Il sistema escretore elimina i rifiuti e mantiene l’equilibrio chimico e idrico del sangue.

donna

Il sistema riproduttore produce le cellule necessarie alla riproduzione e nella donna provvede alla protezione e al nutrimento dell’embrione.

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capitolo

10

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

RISPON DI

2



Da quale tessuto sono costituite le ghiandole?

Il tessuto epiteliale ha il compito di formare le ghiandole e di rivestire e proteggere organi o tessuti

Il tessuto epiteliale è composto da cellule di forma regolare, quasi geometrica, strettamente unite tra loro a formare una superficie continua; si distinguono diversi tipi di tessuto epiteliale in base alla forma delle cellule, che può essere appiattita, cubica o prismatica. Il tessuto epiteliale poggia su una membrana basale formata da proteine o polisaccaridi prodotti dalle cellule epiteliali stesse. Questo tessuto non è vascolarizzato; per il suo nutrimento, quindi, dipende dalla diffusione di sostanze provenienti dai capillari che si trovano nei tessuti circostanti. Le cellule del tessuto epiteliale, se ben nutrite, hanno la capacità di rigenerarsi rapidamente. Il tessuto epiteliale costituisce le ghiandole (epitelio ghiandolare) e riveste l’interno e l’esterno del nostro corpo (epitelio di rivestimento). Le ghiandole sono formate da cellule epiteliali cubiche o cilindriche; queste strutture sono specializzate nella sintesi e nella secrezione di diverse sostanze che si possono riversare nel sangue (ghiandole endocrine) oppure all’esterno dell’organismo (ghiandole esocrine). Gli ormoni, per esempio, sono prodotti da ghiandole endocrine, mentre il sudore, la saliva, il latte e gli enzimi digestivi sono sintetizzati da ghiandole esocrine. Gli epiteli di rivestimento, che hanno la funzione di proteggere l’organismo o l’organo che tappezzano, svolgono anche compiti come la filtrazione e l’assorbimento di sostanze; essi possono essere costituiti dalla membrana basale su cui poggia un singolo strato di cellule (epitelio semplice o monostratificato) oppure da più strati sovrapposti (epitelio composto o pluristratificato) (쑺figura 3).

쑺 Figura 3 A. Gli epiteli si classificano in base alla forma delle cellule. B. L’epitelio pavimentoso semplice.

epitelio pavimentoso semplice

epitelio pseudostratificato epitelio cubico semplice

A

3

epitelio cilindrico semplice

L’epitelio pavimentoso semplice, essendo molto sottile, permette la diffusione delle sostanze.

B

Il tessuto connettivo tiene uniti, sostiene e protegge gli altri tipi di tessuti

Il tessuto connettivo è uno dei tessuti più abbondanti nell’organismo; esso forma le ossa, la cartilagine, i tendini, che collegano i muscoli alle ossa, e i legamenti, che mantengono nella giusta posizione i vari segmenti ossei o cartilaginei (come le strutture del ginocchio). Inoltre, questo tessuto costituisce le valvole cardiache e parte della parete dei grossi vasi sanguigni, riveste le articolazioni, forma uno strato continuo sotto l’epidermide e sostiene, come un cuscinetto, alcuni organi come l’occhio o il cuore. Le cellule del tessuto connettivo non si trovano a stretto contatto le une con le altre, ma sono immerse in una sostanza detta matrice extracellulare. La matrice può essere più o meno fluida e ricca di proteine fibrose o elastiche, a volte indurite dalla presenza di sali minerali. A seconda della consistenza della matrice si distinguono vari tipi di tessuto connettivo: il tessuto osseo il tessuto cartilagineo, il connettivo denso, il connettivo lasso, il sangue e la linfa (questi ultimi sono due tessuti connettivi particolari di cui ci occuperemo nel prossimo capitolo.

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capitolo

10

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

RISPON DI

5



Quale funzione svolge il tessuto connettivo denso?

Il tessuto connettivo denso, detto anche tessuto fibroso, ha il compito di difendere l’organismo da strappi o traumi meccanici e conferisce robustezza agli organi che riveste; questo tessuto è ricco di fibre collagene ed elastiche raccolte in fasci, che gli conferiscono compattezza ed elasticità. Tra le fibre si trovano le cellule (fibroblasti) che le producono. Il tessuto connettivo lasso è un tessuto soffice e cedevole, ricco di acqua, più molle degli altri connettivi (a esclusione del sangue e della linfa che sono liquidi); esso infatti contiene meno fibre e più cellule di forma stellata dotate di attività ameboide, immerse in una sostanza amorfa piuttosto fluida. Il connettivo lasso è la varietà più diffusa di tessuto connettivo e riempie tutti gli spazi liberi situati tra gli organi interponendosi tra questi e collegandoli tra loro; circonda i muscoli e i nervi e penetra nel loro interno avvolgendo fasci di fibre muscolari o nervose. Oltre a svolgere una funzione meccanica di sostegno, ha il compito di provvedere alla nutrizione e agli scambi ionici e gassosi tra il sangue e le cellule, e alla difesa contro i microrganismi patogeni e le sostanze estranee. Un tipo particolare di connettivo lasso è il tessuto adiposo, le cui cellule contengono gocce di grasso. Esso rappresenta una riserva di sostanze energetiche da utilizzare in caso di necessità, ma ha anche la funzione di isolare l’organismo dall’ambiente esterno limitando la dispersione di calore.

6 쑽 Figura 6 L’aspetto del muscolo scheletrico è dovuto alla presenza di unità contrattili dette sarcomeri. Il tessuto muscolare scheletrico osservato al microscopio presenta le caratteristiche striature.

Il tessuto connettivo denso e il tessuto connettivo lasso

Il tessuto muscolare può essere di tre tipi

Il tessuto muscolare è formato da cellule allungate chiamate fibre muscolari. Nel citoplasma di queste cellule vi sono dei filamenti costituiti da due speciali proteine contrattili, l’actina e la miosina; grazie a questi filamenti, la fibra muscolare è in grado di accorciarsi e rilassarsi variando la propria lunghezza. Il tessuto muscolare consente al corpo di muoversi e di mantenere la postura, ma è anche responsabile delle contrazioni del tubo digerente, dei vasi sanguigni e del cuore. In base alla sua collocazione e ad alcune caratteristiche strutturali e funzionali si distinguono tre tipi di tessuto muscolare: scheletrico, cardiaco e liscio. A causa del loro aspetto al microscopio ottico, il tessuto muscolare scheletrico e quello cardiaco sono anche detti striati.  Il tessuto muscolare scheletrico costituisce i muscoli che ci permettono di correre, saltare, sorridere e compiere tutte le attività manuali. Questi muscoli sono sotto il diretto controllo della nostra volontà e pertanto sono anche detti volontari. Osservando al microscopio ottico il tessuto muscolare scheletrico (쑺figura 6, si nota che le fibre muscolari sono lunghe, di forma cilindrica e hanno parecchi nuclei disposti nella parte periferica della cellula; inoltre, si distinguono diverse striature, ossia bande chiare alternate a bande scure, dovute alla regolare disposizione dei filamenti formati da actina e miosina nelle unità contrattili, chiamate sarcomeri.

nucleo

 Il tessuto muscolare cardiaco costituisce le pareti del cuore, ha un aspetto molto simile al tessuto muscolare scheletrico: esso presenta, infatti, le medesime striature (쑺figura 7A). Tuttavia, le sue fibre hanno in genere un solo nucleo centrale e parecchie connessioni ramificate; inoltre, sono involontarie, cioè si contraggono in modo autonomo dalla nostra volontà.

쑺 Figura 7 Il tessuto cardiaco e il tessuto muscolare liscio.

nucleo centrale A

nucleo centrale cellula allungata

B

fibra muscolare cardiaca

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fibra muscolare liscia

L’ORGANIZZAZIONE DEL CORPO UMANO

1

 Il tessuto muscolare liscio si trova, per esempio, nelle pareti del tubo digerente, della vescica e dei vasi sanguigni; è involontario ed è formato da cellule allungate con un nucleo in posizione centrale. A differenza degli altri due tipi di tessuto muscolare, nelle cellule di quello muscolare liscio la disposizione delle fibre contrattili non dà luogo a striature (쑺figura 7B).

RISPON DI

Il tessuto nervoso permette all’organismo di relazionarsi con l’esterno

Il tessuto nervoso costituisce il sistema nervoso (encefalo, midollo spinale e nervi) ed è formato da due tipi di cellule: le cellule gliali e i neuroni. Le cellule gliali hanno il compito di proteggere, sostenere e nutrire i neuroni. I neuroni invece sono cellule altamente specializzate e, a seconda della funzione, possono essere suddivisi in neuroni sensoriali, neuroni di associazione e neuroni motori. Come vedrai nel capitolo 12, i neuroni sensoriali sono in grado di trasportare sotto forma di segnali elettrochimici le informazioni provenienti dall’ambiente esterno (raccolte mediante gli organi di senso), dall’ambiente interno (per esempio, dai sistemi respiratorio e digerente) o anche da altri neuroni. Compito dei neuroni di associazione è quello di elaborare le informazioni che giungono al cervello per poi trasmettere, tramite i neuroni motori, una risposta ai muscoli o ad altre parti del corpo. Anche le cellule gliali possono essere di tipi differenti a seconda della loro funzione; gli oligodendrociti, per esempio, proteggono i neuroni grazie a un rivestimento isolante chiamato guaina mielinica, mentre gli astrociti hanno funzione di difesa e impediscono alle sostanze nocive di danneggiare il tessuto nervoso. La maggior parte dei neuroni è costituita da un corpo cellulare, contenente il nucleo, e da due tipi di prolungamenti: i dendriti, relativamente corti, molto ramificati e numerosi, e l’assone, molto più lungo dei dendriti (쑺figura 8). La funzione dei dendriti è raccogliere i segnali diretti al corpo cellulare, mentre quella dell’assone è trasmettere l’impulso nervoso dal corpo cellulare ad altri neuroni oppure alla muscolatura.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  tessuto epiteliale  tessuto osseo  ghiandola  tessuto cartilagineo  tessuto connettivo  tessuto muscolare  tessuto nervoso

1. Quali funzioni svolge il tessuto connettivo denso? 2. Che cosa differenzia il tessuto muscolare striato da quello liscio? 3. Come si definisce un organo? 4. Quale tra i seguenti non è un organo?

A B C D

il cuore un vaso sanguigno la fibra muscolare il polmone

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 I tessuti del corpo umano

쑸 Figura 8 Una rete di neuroni.

RISPON DI

7



Qual è la differenza tra i tessuti muscolari scheletrico e cardiaco?



Da quali componenti è costituito un neurone?

5. Quale tra le seguenti caratteristiche distingue il tessuto epiteliale dagli altri tipi di tessuti?

A le cellule che lo formano sono strettamente unite tra loro

B osservato al microscopio presenta tipiche bande chiare e scure alternate

C trasmette i segnali provenienti dall’esterno sotto forma di impulsi elettrici

D non è formato da cellule, ma solo da fibre proteiche

177 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

9

L’epidermide è la parte più esterna della pelle

L’epidermide (쑺figura 10) è la parte più esterna della pelle ed è formata da un epitelio pavimentoso stratificato che, come tutti gli epiteli, non è vascolarizzato. Lo strato più profondo dell’epidermide, chiamato strato germinativo o basale, è situato a ridosso del derma e riceve da esso il nutrimento. Le cellule dello strato germinativo si dividono in continuazione, generando ogni giorno migliaia di nuove cellule. A mano a mano che si procede verso l’esterno, le cellule epiteliali si trasformano producendo la proteina cheratina, che conferisce loro resistenza e durezza. Gli strati più superficiali accumulano sempre più cheratina e muoiono. Le cellule cheratinizzate sono continuamente sottoposte a un lento processo di desquamazione e vengono sostituite da nuove cellule prodotte dallo strato germinativo. Alcune cellule particolari dello strato germinativo, denominate melanociti, producono un pigmento proteico, la melanina, il cui colore può variare dal giallo al marrone al nero e che è responsabile della colorazione della nostra pelle; la melanina viene fagocitata dalle cellule circostanti i melanociti e si dispone a protezione del DNA, formando uno schermo per i dannosi raggi ultravioletti. La produzione di melanina è stimolata proprio dai raggi ultravioletti; infatti, quando ci esponiamo al sole ci abbronziamo, ossia aumentiamo la produzione di melanina rendendo più intensa ed efficace la protezione. Su tutta la superficie corporea, ad eccezione della pianta del piede e del palmo della mano, gli strati più interni dell’epidermide formano delle sottili invaginazioni che sprofondano nel derma e terminano con una struttura concava, detta bulbo, ciascuna contenente un pelo.

10

2 Lo strato superiore dell’epidermide è costitito da cellule morte che vengono continuamente sostituite dallo strato germinativo (in rosso). Al di sotto si trova il derma (in marrone).

쒀 Figura 10 Questa sezione della pelle umana, vista al microscopio elettronico, mostra il derma e l’epidermide. RISPON DI

LA PELLE: LA SUA STRUTTURA E LE SUE FUNZIONI



Che funzione ha la melanina?

L’epidermide poggia sul derma, costituito da tessuto connettivo

Il derma (쑺figura 9) è costituito da tessuto connettivo denso, ricco di fibre collagene ed elastiche. Le fibre collagene sono responsabili della robustezza del derma; inoltre, attraggono e legano molecole di acqua contribuendo a mantenere idratata la pelle. Le fibre elastiche, particolarmente abbondanti nel periodo giovanile, conferiscono elasticità alla cute. Con l’avanzare dell’età la concentrazione delle fibre collagene ed elastiche diminuisce; la pelle perde idratazione ed elasticità, si affloscia e raggrinzisce.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  pelle  epidermide  cheratina  melanina  derma  fibre elastiche  fibre collagene

1. Quali funzioni svolge la pelle? 2. Perché la pelle invecchia? 3. Le cellule superficiali dell’epidermide muoiono perché in esse si accumula:

A B C D

melanina cheratina collagene sudore

4. Quale tra le seguenti funzioni non è caratteristica dell’ipoderma?

A connettere la cute con la muscolatura

B contenere riserve energetiche C proteggere da sostanze acide o abrasive

D isolare termicamente

179 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

capitolo

10

lezione

180

obiettivi

la struttura delle 쑺 Descrivere ossa e dei muscoli. tra articolazioni, 쑺 Distinguere legamenti e tendini. le diverse parti 쑺 Elencare dello scheletro e le

Il movimento: lo scheletro e i muscoli 11

Lo scheletro e i muscoli volontari formano il sistema locomotore

Quando tocchi una pentola che scotta o un oggetto appuntito, i recettori presenti sulla tua pelle inviano al cervello un’informazione che viene elaborata come sensazione dolorosa; in risposta a tale sensazione, il tuo corpo attua un movimento grazie al quale la mano viene ritratta dalla fonte del dolore. In che modo il nostro corpo si muove? L’insieme delle strutture che permettono al nostro corpo di muoversi, nuotare, respirarispettive funzioni. re, mangiare, scrivere, suonare oppure parlare costituisce il sistema locomotore; esso Spiegare la meccanica comprende le ossa che, collegate tra loro dai legamenti e dalle articolazioni, formano lo dei muscoli che consente scheletro, e i muscoli volontari connessi allo scheletro tramite i tendini. I muscoli, conflessione e distensione traendosi, determinano lo spostamento dei segmenti ossei su cui sono inseriti, consentendel braccio. do i movimenti del corcranio po; questi movimenti Quale funzione svolgono i muscoli volontari? sono detti volontari perché la durata, l’inmandibola tensità e la frequenza delle contrazioni della sterno clavicola muscolatura sono descapola terminate volontariamente dal sistema nercostole voso centrale mediante omero la stimolazione dei nercolonna vi motori. vertebrale Lo scheletro umano è formato da 206 ossa radio di varie misure e dicarpo mensioni (쑺figura 11); ileo le ossa costituiscono complessivamente il metacarpo coccige 6% della massa corpoulna ischio rea, mentre i muscoli volontari, che sono oltre 600, rappresentano pube falangi ben il 40% della nostra massa. Delle 206 femore ossa che costituiscono il nostro scheletro, 29 tibia si trovano nel cranio rotula (di cui 14 nella faccia e perone 6 nell’orecchio), 27 nella mano e 26 nel piede.

RISPON DI



IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO



쑺 Figura 11 Lo scheletro umano:

tarso

metatarso

una visione d’insieme. falangi

180 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL MOVIMENTO: LO SCHELETRO E I MUSCOLI

12

1 3

Lo scheletro è costituito da tre tipi di ossa collegate tra loro dalle articolazioni

Nel tessuto osseo, che abbiamo descritto nella lezione precedente, la matrice è disposta in strati o lamelle; a seconda della disposizione delle lamelle l’osso può essere spugnoso o compatto: l nell’osso spugnoso le lamelle sono organizzate in modo da formare strutture, dette trabecole, intrecciate tra loro (쑺figura 12A); l nell’osso compatto le lamelle non sono intrecciate, ma sono addossate le une alle altre (쑺figura 12B). È organizzato in unità ripetute: gli osteoni. 쑸 Figura 12

Lacuna che ospita l’osteocita.

A. L’osso spugnoso è organizzato in trabecole. B. Nell’osso compatto è visibile la struttura dell’osteone. Canale centrale contenente vasi sanguigni, nodi linfatici e nervi.

trabecole

LO SAPEVI? A

A

B

B

In base alla loro forma, invece, le ossa possono essere classificate in lunghe, corte e piatte (쑺figura 13). 1. Le ossa lunghe come il femore, la tibia e l’omero sono formate da una parte mediana, detta diafisi, e da due estremità arrotondate, le epifisi. La diafisi è formata da tessuto compatto che delimita un’ampia cavità centrale, mentre le epifisi sono costituite da tessuto osseo spugnoso. Le minuscole cavità presenti nel tessuto spugnoso sono riempite dal midollo osseo rosso, che produce le cellule del sangue (per esempio, i globuli rossi). Nella diafisi, invece, si trova il midollo osseo giallo, costituito prevalentemente da grassi, che rappresenta una riserva energetica per l’organismo. 2. Le ossa corte comprendono le ossa del polso e della caviglia, che hanno una forma abbastanza regolare, e le vertebre, che sono considerate invece ossa irregolari. 3. Le ossa piatte come, per esempio, la scapola, l’anca e le ossa del cranio hanno uno spessore molto ridotto e presentano una forma appiattita. omero: osso lungo

vertebra: osso corto irregolare

쑽 Figura 13 A. La classificazione delle ossa in base alla loro forma. B. Le parti dell’osso (un femore). tessuto osseo spugnoso

epifisi

tessuto osseo compatto

diafisi

midollo osseo

scapola: osso piatto A

Il trapianto di midollo osseo salva ogni anno migliaia di vite. Il midollo osseo, infatti, è un concentrato di cellule capaci di produrre tutti i componenti cellulari del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Il trapianto di midollo osseo fu eseguito per la prima volta nel 1956 da Donnall Thomas e Joseph Murray su un malato di leucemia. Il paziente guarì e i due medici ricevettero nel 1990 il premio Nobel per la medicina.

B

181 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

10

Come vengono classificate le ossa in base alla loro forma e secondo la disposizione delle lamelle?



쑽 Figura 14 La struttura del ginocchio, un’articolazione molto complessa.

capsula articolare

legamento crociato posteriore

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

Esternamente, le ossa sono ricoperte da una membrana di tessuto connettivo denso, il periostio, che in alcuni punti, come per esempio nelle epifisi delle ossa lunghe, è sostituita da cartilagine. Il periostio si interrompe anche nei punti di inserzione della muscolatura, in cui la superficie dell’osso si fa ruvida e irregolare per favorire l’adesione delle fibre dei tendini, i cordoni di tessuto fibroso che legano il muscolo all’osso. Le superfici di contatto fra due o più ossa vicine sono dette articolazioni e possono essere di vari tipi in base al loro diverso grado di mobilità: le suture che si trovano tra le ossa del cranio, per esempio, sono articolazioni che non muscolo permettono il movimento, mentre le articolazioni tra le costole e le vertebre consentono movimenti molto limiIl tendine collega il muscolo all’osso. tati. Le articolazioni degli arti, invece, sono strutturate in modo tale da permettere la massima mobilità: in rotula queste giunture, le superfici ossee che si trovano a contatto sono rivestite da cartilagine e sono separate da una cavità articolare nella quale è contenuto un liquido legamento crociato anteriore denso e limpido, detto liquido sinoviale, che favorisce lo scorrimento riducendo l’attrito tra i segmenti ossei. Le ossa delle articolazioni mobili sono tenute insieme da cuscinetto adiposo un tessuto connettivo fibroso molto robusto che ne cirIl legamento rotuleo colconda le estremità come un manicotto e forma dei piclega la rotula alla tibia. coli cordoni chiamati legamenti (쑺figura 14).

RISPON DI

13



Qual è il ruolo degli osteoclasti?

Lo scheletro si forma a partire da un modello cartilagineo

Quando si forma, il nostro scheletro è quasi completamente costituito da cartilagine ialina. La cartilagine viene poi quasi completamente distrutta e sostituita da tessuto osseo. L’ossificazione prende il via dalla parte centrale delle ossa cartilaginee, dove si differenzia un centro di ossificazione in cui i condrociti si ingrandiscono; nella matrice inizia invece la deposizione di sali di calcio. A questo punto i condrociti, che a causa della calcificazione del tessuto non riescono più ad assorbire sostanze nutritive, degenerano e lasciano spazi sempre più ampi. Nelle ossa lunghe, per il confluire di cavità dovute alla degenerazione della cartilagine, si forma la cavità midollare. La parte centrale dell’osso embrionale viene invasa da vasi sanguigni e da cordoni di tessuto connettivo, ricco di cellule da cui avranno origine gli osteoblasti. Queste cellule sono capaci di sintetizzare le componenti organiche della matrice ossea (una miscela di fibre collagene e di glicoproteine) e sono i precursori degli osteociti. La matrice ossea successivamente si mineralizza e sostituisce il tessuto cartilagineo. L’attività degli osteoblasti è particolarmente intensa prima della nascita e durante la crescita, ma continua anche durante la vita adulta: lo scheletro dell’adulto, infatti, è periodicamente sottoposto a un rimodellamento (cioè, alla sostituzione del tessuto osseo più vecchio con osso di nuova formazione) e si rigenera completamente ogni 10 anni. Il tessuto osseo vecchio è rimosso dagli osteoclasti, i quali producono acidi ed enzimi che dissolvono la matrice ossea liberando i sali minerali in essa contenuti e immettendoli nella circolazione sanguigna. Contemporaneamente, gli osteoblasti formano nuovo tessuto osseo che va a sostituire quello eliminato. Grazie a ciò le ossa crescono anche in spessore, in quanto le cellule della regione più esterna possono secernere nuova matrice aggiungendo lamelle ossee sulla superficie dell’osso. Gli osteoclasti situati nella regione più interna svolgono invece un’azione distruttiva sull’osso tale da formare una cavità interna sempre più larga che verrà occupata da midollo osseo.

182 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL MOVIMENTO: LO SCHELETRO E I MUSCOLI

14

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Lo scheletro può essere suddiviso in scheletro assile e scheletro appendicolare

ANIMAZIONE

Nel nostro scheletro si distinguono due parti: lo scheletro assile e lo scheletro appendicolare (쑺figura 15). Lo scheletro assile è composto da cranio, colonna vertebrale e gabbia toracica: l Il cranio è formato dalle ossa della faccia e dalla scatola cranica, che ha cranio la funzione di proteggere l’encefalo ed è costituita da otto ossa piatte: quattro pari (di cui due parietali e due temporali) e quattro impari (froncinto tale, occipitale, etmoide e sfenoide). scapolare l La colonna vertebrale, composta da 33-34 vertebre impilate, è responsabile della postura eretta e regge il peso del corpo insieme agli arti inferiori. Nelle prime 20 vertebre è presente un canale centrale che congabbia tiene il midollo spinale, mentre le ultime 7-8 sono saldate insieme a toracica formare un unico osso chiamato coccige. Interposti tra una vertebra e colonna l’altra ci sono i dischi intervertebrali, cioè dei cuscinetti cartilaginei che vertebrale funzionano da ammortizzatori. l La gabbia toracica protegge il cuore e i polmoni, ed è coinvolta nei mocinto vimenti di inspirazione ed espirazione; questa struttura ossea è formata pelvico dalle costole, che dorsalmente sono collegate alle vertebre, mentre nella parte anteriore si attaccano allo sterno.

educazione alla salute

» L’osteoporosi rende fragili le ossa Per la maggior parte della vita, i processi di produzione e distruzione del tessuto osseo rimangono in equilibrio. A partire dai 50 anni di età, però, questo equilibrio si modifica e il tessuto osseo viene demolito più velocemente di quanto non venga rinnovato; di conseguenza, la densità ossea (cioè, la massa ossea per unità di volume) si riduce progressivamente. Questo fenomeno si verifica in entrambi i sessi, ma in modo più rapido e accentuato nelle donne. Si determina così un aumento della fragilità ossea e un incre-

mento del rischio di fratture, una condizione nota come osteoporosi. L’osteoporosi è legata ai cambiamenti ormonali che accompagnano l’invecchiamento: nelle donne, in particolare, il principale responsabile del-

Tessuto osseo colpito da osteoporosi.

쐌 Lo scheletro assile

쑽 Figura 15 Lo scheletro assile e lo scheletro appendicolare.

scheletro assile

scheletro appendicolare

RISPON DI

Lo scheletro appendicolare è formato dagli arti superiori e inferiori, oltre che dal cinto pelvico e dal cinto scapolare, ossia dalle ossa che collegano gli arti al tronco: l Il cinto scapolare corrisponde alla spalla ed è formato da due ossa: la clavicola (anteriormente), che ha forma di S ed è articolata allo sterno, e la scapola (posteriormente). l Il cinto pelvico corrisponde al bacino e deriva dalla fusione di tre ossa: l’ileo, l’ischio e il pube. Internamente il bacino presenta due cavità, una superiore più ampia detta grande pelvi e una inferiore più stretta detta piccola pelvi. l Gli arti, superiori e inferiori, presentano la stessa struttura di base: un osso lungo (l’omero nel braccio e il femore nella gamba) che si articola al cinto, due ossa parallele nella parte intermedia (radio e ulna nel braccio, tibia e perone nella gamba) e numerose ossa corte che formano il piede e la mano.

3



Quali insiemi di ossa fanno parte dello scheletro assile?

l’osteoporosi sembra essere il calo dei livelli di ormoni sessuali che si verifica durante la menopausa. Esistono anche altri fattori che contribuiscono all’impoverimento del tessuto osseo: la predisposizione genetica, la gravidanza, un’insufficiente attività fisica, il consumo di alcol, il fumo e un’alimentazione povera di proteine e di calcio. Per prevenire l’osteoporosi è utile misurare la propria densità ossea a partire dai 40 anni e, in caso di necessità, intervenire assumendo ogni giorno calcio e vitamina D3.

183 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

10

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

15

L’interazione tra le ossa e i muscoli produce il movimento

Come abbiamo visto, i muscoli scheletrici e lo scheletro lavorano insieme per muovere l’intero organismo (per esempio quando camminiamo) oppure alcune sue parti (quando scriviamo o respiriamo). Nella 쑺figura 16 puoi vedere l’insieme della muscolatura del corpo umano. Solo pochi tra i muscoli volontari non interagiscono con lo scheletro; si tratta dei cosiddetti muscoli pellicciai o mimici del volto, che sono ancorati alla pelle e non alle ossa e che, contraendosi, fanno assumere al viso espressioni diverse. Alcuni di essi sono anche fondamentali per la produzione dei suoni. sternocleidomastoideo

쑺 Figura 16 I muscoli scheletrici visti anteriormente e posteriormente.

frontale trapezio

grande pettorale

deltoide deltoide tricipite gran dorsale

bicipite

grande gluteo

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ANIMAZIONE 쐌 La contrazione muscolare

quadricipite

bicipite femorale

tibiale gastrocnemio

쑽 Figura 17 L’organizzazione del muscolo scheletrico. muscolo

fibra muscolare miofibrilla

a

hiar

da c

ban

a nd

fascio di fibre muscolari

m

co

sar

ero

ba

ra

scu

Come puoi osservare nella 쑺figura 17, il muscolo scheletrico è una struttura gerarchica di filamenti paralleli sempre più piccoli. Ogni muscolo infatti è formato da fasci di fibre muscolari; ogni fibra muscolare è una singola cellula cilindrica con più nuclei costituita da centinaia di lunghi fascetti contrattili detti miofibrille. Ogni miofibrilla, a sua volta, è composta da unità ripetute chiamate sarcomeri. Ogni sarcomero è costituito dal regolare alternarsi di filamenti proteici spessi costituiti dalla proteina miosina, che presenta delle protuberanze laterali dette teste miosiniche, e da filamenti sottili costituiti dalla proteina actina, che ha l’aspetto di una corda attorcigliata (vedi paragrafo 6). Le miofibrille hanno la capacità di accorciarsi in risposta allo stimolo di un nervo motorio e di tornare alla lunghezza originaria quando

184 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

IL MOVIMENTO: LO SCHELETRO E I MUSCOLI

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Come è strutturato un muscolo scheletrico?

 sistema locomotore  osso  scheletro  arto  muscolo volontario  articolazione  legamento  ossificazione  tendine  osteoblasto  osteoclasto  cranio  colonna vertebrale  miosina  actina

3. Il midollo osseo rosso:

A è responsabile della continua produzione di tessuto osseo

B si trova all’interno del canale vertebrale e fa parte del sistema nervoso

C produce gli elementi figurati del sangue e riempie il tessuto spugnoso

D è costituito prevalentemente da grassi e si trova nelle diafisi

bicipite contratto



Quando due muscoli si dicono antagonisti?

4. I legamenti:

A collegano tra loro le cellule nel tessuto osseo

2. Che cosa sono le articolazioni?

parole chiave

쑽 Figura 18 Il tricipite e il bicipite sono muscoli antagonisti.

RISPON DI

lo stimolo cessa. Il contemporaneo contrarsi di tante fibre muscolari provoca l’accorciamento dell’intero muscolo. La miofibrilla si contrae perché lo stimolo nervoso innesca una serie di reazioni chimiche che, consumando energia, inducono i filamenti della proteina miosina ad agganciarsi, tramite le teste, ai filamenti di actina. Scorrendo gli uni sugli altri, i filamenti provocano l’accorciamento del sarcomero. Osserva ora la 쑺figura 18, che mostra che cosa succetendini de quando il muscolo bicipite del braccio si contrae. Il bicipite è collegato da una parte alla scapola e dall’altra al radio tramite i tendini. Per piegare il braccio, il tuo cervello ordina al bicipite di contrarsi: l’accorciamento del muscolo agisce sul radio «tirando» l’avambraccio e facendolo piegare sul gomito. Quetricipite sto movimento è detto flessione; pertanto il bicipite è rilassato tricipite un muscolo flessore. Quando invece vuoi distendere il braccio, non ti contratto basta rilassare il bicipite: i muscoli infatti possono bicipite solo tirare a sé le ossa cui sono collegati. Per compiere rilassato questo movimento è necessaria la contrazione di un altro muscolo, il tricipite, che tirando l’ulna provoca legamenti l’estensione dell’avambraccio: il tricipite è, perciò, un muscolo estensore. Bicipite e tricipite sono detti muscoli antagonisti, perché quando il bicipite si contrae il tricipite si rilassa e viceversa; lavorando in coppia, essi fanno muovere l’avambraccio in due direzioni opposte. Alcuni muscoli aiutano il muscolo sotto tensione a lavorare più efficacemente ed efficientemente in modo da ottenere la massima precisione nel movimento. I muscoli scheletrici non sono mai completamente rilassati, neppure durante il sonno, ma si trovano sempre in uno stato di lieve tensione chiamato tono muscolare; ciò è dovuto al fatto che in ogni momento in un muscolo vi sono sempre alcune fibre attivate dal sistema nervoso.

B connettono i muscoli alle ossa C collegano ossa diverse in una stessa articolazione

D sono fatti da cartilagine e rivestono le articolazioni 5. Quale tra le seguenti strutture ossee appartiene allo scheletro assile?

A B C D

lo sterno l’omero la scapola il perone

185 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

10

IL CORPO UMANO E IL MOVIMENTO

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Il liquido sinoviale riempie le trabecole delle ossa spugnose. v f 2. Gli osteoclasti producono acidi ed enzimi che demoliscono la matrice ossea. v f 3. I muscoli pellicciai sono i muscoli del volto. v f 4. I tendini collegano i muscoli alle ossa. v f 5. Il cinto pelvico è formato da due ossa, l’ileo e la clavicola. v f Barra il completamento che ritieni esatto. 6. Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti il tessuto connettivo è errata?

A si trova nelle pareti dei vasi sanguigni B costituisce le valvole cardiache e i legamenti C le sue cellule cilindriche formano ghiandole che secernono ormoni

D le sue cellule, poco numerose, sono immerse in una matrice 7.

Quale tra le seguenti funzioni non è svolta dallo scheletro umano?

A B C D

sostenere il corpo mantenere il calore corporeo permettere il movimento proteggere gli organi interni

A B C D

contiene proteine contrattili presenta striature come quello cardiaco si può contrarre volontariamente le sue cellule sono mononucleate

Completa le seguenti frasi. 10. L’unità fondamentale che forma il tessuto osseo è chiamata ...................................................................... . 11. I dischi intervertebrali sono formati da ...................................... ; le cellule di questo tipo di tessuto sono dette ...................................................................... . 12. Le unità contrattili che costituiscono il tessuto muscolare scheletrico sono i ...................................................................... formati da due proteine contrattili, l’ ........................................................ e la ...................................................................... . 13. La ...................................................................... costituisce quasi completamente lo scheletro appena formato. 14. I prolungamenti relativamente corti e molto ramificati del neurone si chiamano ................................................................... Rispondi in cinque righe. 15. Quali tipi di cellule costituiscono il tessuto nervoso? Quali funzioni svolgono? 16. Descrivi la struttura di un osso lungo. 17. Dove si trova lo strato reticolare del derma? Quali strutture vi si trovano e qual è la loro funzione?

8. Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti lo scheletro è esatta?

A i dischi intervertebrali sono costituiti da tessuto nervoso B le ossa non contengono cellule vive ma solo sali minerali C molte ossa contengono midollo osseo rosso D le ossa sono formate soprattutto da cartilagine 9. Che cosa distingue il tessuto muscolare liscio da quello scheletrico?

Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 18. Descrivi lo scheletro umano. Nel rispondere specifica: ● la differenza tra scheletro assile e appendicolare ● il ruolo svolto dal cranio e dalla gabbia toracica ● l’importanza delle articolazioni mobili ● quali caratteristiche consentono la postura eretta degli esseri umani ● la struttura della mano in rapporto alla sua funzione.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 19. Descrivi la struttura del muscolo scheletrico e in che modo si realizza la contrazione muscolare. 20. Che differenza c’è tra suture e articolazioni mobili? Come sono fatte le articolazioni degli arti? Completa e correggi. 21. Barra i termini in neretto che ritieni errati. La pelle è formata dall’epidermide e dal derma. Al di

sotto del derma si trova l’ipoderma costituito soprattutto da tessuto muscolare/adiposo, che svolge tra gli altri il compito di isolante termico. L’epidermide è formata da un epitelio stratificato pavimentoso/cubico, fortemente/non vascolarizzato che porta al/ riceve dal derma il nutrimento. Lo strato più profondo/esterno dell’epidermide è costituito da cellule completamente piene di cheratina, mentre lo strato più profondo/esterno contiene i melanociti.

186 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

11

Il corpo umano: respirazione, alimentazione e circolazione

1 2

3

Il sistema respiratorio: struttura e funzione

La respirazione, cioè l’approvigionamento di ossigeno e l’eliminazione del diossido di carbonio, avviene grazie al sistema respiratorio. L’aria entra attraverso il naso e la bocca, e raggiunge i polmoni tramite la trachea e i bronchi. Gli scambi gassosi avvengono per diffusione tra la parete degli alveoli polmonari e quella dei capillari sanguigni che li circondano; l’ossigeno viene catturato dai globuli rossi del sangue, mentre il diossido di carbonio passa dal sangue ai polmoni e, attraverso l’espirazione, esce dall’organismo.

Il sistema digerente e l’alimentazione Il sistema digerente trasforma i composti che costituiscono gli alimenti in molecole più piccole utilizzabili dalle cellule. Il cibo in bocca si trasforma in bolo alimentare; nello stomaco inizia la digestione delle proteine e si forma il chimo. Nel duodeno termina la demolizione delle proteine e degli zuccheri e vengono digeriti i grassi e gli acidi nucleici. Le molecole digerite attraverso i villi intestinali si riversano nel sangue o nella linfa e vengono distribuite a tutte le cellule dell’organismo. Infine nell’intestino crasso viene riassorbita la maggior parte dell’acqua presente nel cibo e sono prodotte le feci.

Il sistema circolatorio e il sangue Il sangue, spinto dalle contrazioni del cuore, scorre nei vasi sanguigni e svolge varie funzioni: trasporta le sostanze nutritive alle cellule e porta via quelle di rifiuto, difende l’organismo dagli agenti patogeni e ripara le lesioni dei vasi sanguigni. La circolazione umana è doppia e completa: il sangue ossigenato e quello povero di ossigeno non si mescolano mai. Gli scambi tra il sangue e le cellule avvengono attraverso la sottile parete dei capillari, dai quali fuoriesce il liquido interstiziale che circonda le cellule.

187 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

capitolo

11

1

obiettivi

gli organi che 쑺 Descrivere costituiscono il sistema respiratorio. le funzioni svolte 쑺 Illustrare dalle cellule ciliate che tappezzano le vie respiratorie. come avvengono gli 쑺 Spiegare scambi gassosi nei polmoni. alcuni degli effetti 쑺 Evidenziare prodotti dal fumo di sigarette sul sistema respiratorio. RISPON DI

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

Il sistema respiratorio: struttura e funzione

lezione

188



Che cosa s’intende per scambi gassosi?

Le cellule utilizzano l’ossigeno per ossidare gli alimenti e ricavare energia

Come abbiamo visto nel capitolo 5, per crescere, riprodursi e svolgere le proprie funzioni vitali le cellule hanno bisogno di energia, che esse ricavano demolendo le molecole di nutrienti come il glucosio. La fase finale della demolizione del glucosio è costituita dalla respirazione cellulare. Nel corso di questo processo, ogni cellula del nostro corpo «consuma» ossigeno (O2) e forma come sostanza di scarto il diossido di carbonio (CO2); le cellule devono quindi essere continuamente rifornite di O2 e, nello stesso tempo, allontanare il CO2 prodotto. I processi di rifornimento di ossigeno ed eliminazione del diossido di carbonio avvengono mediante scambi gassosi che hanno inizio nei polmoni. L’ossigeno arriva ai polmoni tramite le vie respiratorie costituite da naso, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli (쑺figura 1); una volta nei polmoni, l’ossigeno passa nel sangue, che lo distribuirà a tutte le cellule dell’organismo. Il diossido di carbonio, al contrario, viene riversato dalle cellule dei vari tessuti nel sangue, trasportato ai polmoni ed eliminato, percorrendo le vie respiratorie, attraverso il naso e la bocca.

쑺 Figura 1 Il sistema respiratorio umano.

Il sistema respiratorio umano comprende le vie respiratorie (naso, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli) e i polmoni, nei quali avvengono gli scambi gassosi.

naso faringe laringe trachea

polmone sinistro polmone destro bronchiolo

bronco

cuore diaframma

2

Le vie respiratorie sono costituite da naso, bocca, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli

L’aria entra nel nostro corpo tramite le narici e attraversa le cavità nasali dove viene riscaldata, inumidita e filtrata dai piccoli peli presenti sulle loro pareti. Quando abbiamo il naso ostruito a causa di un raffreddore, ma anche quando facciamo un intenso sforzo fisico, l’aria entra anche dalla bocca. La faringe, o retrobocca, è il canale dal quale passa sia l’aria diretta ai polmoni sia il cibo diretto allo stomaco. Nella faringe si trovano le tonsille, piccoli organi disposti ad anello che svolgono una fondamentale funzione di difesa del sistema respiratorio, proteggendolo dai microrganismi presenti nell’aria; le tonsille raggiungono la massima dimensione durante la pubertà, riducendo in seguito le loro dimensioni. Nella

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laringe si trovano le corde vocali, delle lamine di tessuto che vibrano al passaggio dell’aria espirata producendo suoni. La trachea è un tubo lungo circa 10 cm che si dirama in due condotti, i bronchi, ognuno dei quali porta l’aria a un polmone. Ciascun bronco si ramifica ulteriormente in condotti sempre più piccoli chiamati bronchioli. I bronchioli terminano negli alveoli polmonari (쑺figura 2), minuscoli «palloncini» di tessuto epiteliale dove si verificano gli scambi gassosi. Trachea e bronchi sono rinforzati da anelli cartilaginei che li mantengono ben aperti per garantire un flusso continuo di aria. bronchiolo

arteriola polmonare

1

RISPON DI

IL SISTEMA RESPIRATORIO: STRUTTURA E FUNZIONE



Descrivi l’albero respiratorio.

쑸 Figura 2 Gli alveoli polmonari sono riccamente vascolarizzati.

venula polmonare lobulo alveoli

Lo scambio dei gas respiratori avviene negli alveoli polmonari

La funzione dei polmoni è quella di effettuare gli scambi gassosi con l’esterno. I polmoni hanno una struttura spugnosa perché sono costituiti da grappoli di minuscoli sacchi, chiamati alveoli polmonari, il cui diametro è 0,1-0,2 mm. La superficie degli alveoli è formata da un sottile strato di cellule epiteliali mantenute costantemente umide da una pellicola di liquido in cui si scioglie l’ossigeno presente nell’aria inspirata. Ogni alveolo è avvolto in una fitta rete di capillari, la cui parete, sottilissima, è formata anch’essa da tessuto epiteliale pavimentoso monostratificato. Le due pareti, quella degli alveoli e quella dei capillari, costituiscono la superficie attraverso cui avvengono gli scambi gassosi grazie al processo di diffusione. L’ossigeno diffonde dall’aria alveolare, dove è più concentrato, al sangue dei capillari, dove è meno concentrato; al contrario, il diossido di carbonio diffonde dal sangue dei capillari all’aria degli alveoli (쑺figura 3). Poiché l’ossigeno è poco solubile nel plasma, che è la parte liquida del sangue, esso viene trasportato da una molecola speciale, l’emoglobina, una proteina presente nei globuli rossi che contiene atomi di ferro capaci di legare le molecole di ossigeno. Grazie all’emoglobina è possibile trasportare una quantità di ossigeno molto più elevata rispetto a quella che si potrebbe trovare disciolta nel plasma. aria che esce dai polmoni

sangue dall’arteria polmonare

aria che entra nei polmoni

LO SAPEVI? Il numero degli alveoli è elevatissimo, pari a circa 300 milioni; di conseguenza, la superficie attraverso cui avvengono gli scambi gassosi è molto ampia, circa 70 m2 (l’area di un campo da tennis). Questa grandissima superficie di scambio fa sì che la diffusione tra l’aria e il sangue possa avvenire molto rapidamente.

RISPON DI

3

Il polmone è costituito da lobuli, strutture formate da bronchioli che terminano ramificandosi negli alveoli polmonari.



In che modo l’aria entra ed esce dai polmoni?

쑸 Figura 3 Gli scambi respiratori avvengono per diffusione.

sangue alla vena polmonare

plasma globuli rossi

parete dell’alveolo

parete del capillare

O2 che diffonde verso l’interno.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE CO2 che diffonde verso l’esterno.

쐌 La respirazione e gli scambi gassosi

189 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

11

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

RISPON DI

4



Quali funzioni svolgono le cellule cigliate che tappezzano le pareti delle vie respiratorie?

Il muco trattiene particelle di polveri e batteri. superficie dei bronchi ciglia

cellula a calice che produce muco A

B

쒀 Figura 4 Le vie respiratorie sono tappezzate di cellule epiteliali ciliate.

Le pareti delle vie respiratorie sono tappezzate da cellule specializzate nella protezione dei polmoni

L’aria che respiriamo contiene polveri di ogni genere, fuliggine e sostanze nocive, oltre a batteri e virus. Gli alveoli polmonari sono molto delicati e si danneggiano facilmente; inoltre, l’ambiente polmonare, caldo e umido, è un luogo ideale per la proliferazione dei batteri. Fortunatamente, la struttura delle vie respiratorie è adatta a proteggere i polmoni dai materiali pericolosi che inspiriamo. Le pareti della trachea e dei bronchi sono tappezzate da cellule munite di ciglia che secernono muco (쑺figura 4). Grazie a queste cellule, la maggior parte della polvere e dei batteri rimane intrappolata nel muco e, grazie al movimento delle ciglia, viene spinta verso l’alto; da qui il muco passa direttamente all’esterno (quando ci soffiamo il naso) oppure, tramite la faringe, entra nel tubo digerente, dove polveri e batteri vengono distrutti. Nel caso in cui alcuni germi patogeni, nonostante questi meccanismi di difesa, riescano a insediarsi e a moltiplicarsi nei vari tratti delle vie respiratorie, si possono generare malattie come la laringite, la tracheite, la bronchite e la polmonite. Il fumo di sigaretta contiene, tra le altre sostanze nocive, alcuni composti irritanti che ostacolano il movimento delle ciglia che tappezzano le vie respiratorie; se poi una persona fuma molto, le ciglia scompaiono del tutto. La produzione di muco, al contrario, aumenta: senza le ciglia, però, il muco contenente polveri e batteri ristagna nei bronchi e nei polmoni. Interviene allora la tosse, con la quale l’organismo cerca di espellere meccanicamente il muco. La tosse può diventare insistente e cronica, e danneggiare gli alveoli polmonari, provocando la rottura delle sottili pareti che li costituiscono. I polmoni di un fumatore, a lungo andare, diventano molto meno efficienti nell’effettuare gli scambi respiratori fino a manifestare una patologia, denominata enfisema, in cui la respirazione risulta estremamente difficoltosa. La superficie degli alveoli è estremamente delicata e anch’essa viene fortemente danneggiata dal fumo di sigaretta; nel fumo, infatti, è presente il catrame, che si deposita proprio sulla superficie degli alveoli polmonari rendendoli meno efficienti. Nella 쑺figura 5 puoi osservare la differenza tra i polmoni di un neonato (A) e quelli di un fumatore (B). Nei polmoni di una persona che fuma un pacchetto di sigarette al giorno, in 20 anni passano ben 3 kg di catrame! Questa sostanza ha anche un effetto cancerogeno: non tutti i fumatori si ammalano di cancro, ma le statistiche dimostrano che il 90% delle persone affette da cancro ai polmoni sono fumatori.

쑺 Figura 5 I polmoni di un neonato (A) e di un fumatore (B) a confronto.

Gli alveoli sono anneriti dal catrame.

A

B

190 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5

L’aria entra ed esce dai polmoni tramite l’inspirazione e l’espirazione

I meccanismi che rendono possibile l’immissione dell’aria nei polmoni e la sua successiva emissione sono, rispettivamente, quelli di inspirazione ed espirazione. Durante l’inspirazione, i polmoni si espandono richiamando aria dall’esterno. Poiché i polmoni sono organi privi di tessuto muscolare e, quindi, incapaci di movimenti propri, la loro espansione avviene in modo passivo. I polmoni, infatti, aderiscono perfettamente alla gabbia toracica tramite una doppia membrana, la pleura; quando i muscoli legati alle costole (muscoli intercostali) si contraggono e il diaframma si abbassa (쑺figura 6A), il torace aumenta di volume: di conseguenza, i polmoni si espandono e l’aria entra. Al contrario, quando i muscoli intercostali e il diaframma si rilassano (쑺figura 6B), il volume della cassa toracica diminuisce e l’aria esce dai polmoni. Inspirazione: l’aria entra nei polmoni.

La cassa toracica aumenta di volume.

A

Espirazione: l’aria esce dai polmoni.

La cassa toracica torna al volume iniziale.

Il diaframma si abbassa. B

Il diaframma si alza.

1 LO SAPEVI? La pleura è una membrana formata da due foglietti separati da un sottilissimo spazio contenente un liquido con proprietà lubrificanti, per permetterne lo scivolamento reciproco. Un’infiammazione di questa membrana dà luogo a una malattia, la pleurite, che si manifesta con tosse, dolori ai polmoni e febbre alta.

쑸 Figura 6 La ventilazione polmonare è lo scambio di aria tra i polmoni e l’ambiente esterno ed è resa possibile da variazioni di pressione.

RISPON DI

IL SISTEMA RESPIRATORIO: STRUTTURA E FUNZIONE



Qual è il principale segnale che induce un aumento degli atti respiratori?

쑽 Figura 7 Il controllo della re-

Il normale alternarsi di inspirazioni ed espirazioni è controllato in automatico da centri nervosi involontari che si trovano in due aree situate alla base dell’encefalo, denominate rispettivamente ponte e midollo allungato. Da questi centri (in giallo nella 쑺figura 7) partono i nervi che inviano al diaframma e ai muscoli intercostali i segnali che ne inducono la contrazione, provocando l’inspirazione. Tra un’inspirazione e l’altra i muscoli si rilassano e avviene l’espirazione. In condizioni di riposo si verificano circa 10-14 inspirazioni al ponte minuto. Ma come può cambiare il ritmo respiratorio in base midollo alle diverse esigenze dell’organismo? Quando il tuo corpo allungato compie uno sforzo, per esempio una corsa, il fabbisogno di ossigeno da parte delle cellule aumenta; contemporaneamente, aumenta anche la produzione di diossido di carbonio, che deve essere eliminato. Di conseguenza, gli atti respiratori devono diventare più frequenti e più profondi. Segnali nervosi Il segnale principale che induce i centri respiratori a in- che inducono la contrazione viare un maggior numero di impulsi motori al diaframma e dei muscoli. ai muscoli intercostali è l’aumento di acidità del sangue e del liquido che bagna l’encefalo (liquido cerebrospinale) dovuto alla maggiore concentrazione di CO2. Il diossido di carbonio prodotto dai tessuti, infatti, si riversa nel sangue, dove reagisce con l’acqua, formando acido carbonico che determina un lieve abbassamento del pH. Quando i centri di regolazione del respiro percepiscono la variazione del pH, inducono l’accelerazione del ritmo respiratorio; in tal modo il diossido di carbonio viene eliminato più rapidamente e il pH torna a valori normali.

spirazione è attuato da centri nervosi situati nel ponte e nel midollo allungato. cervello liquido cerebrospinale centri di controllo della respirazione L’aumento di CO2 o la diminuzione del pH nel sangue attivano i centri della respirazione. Segnale nervoso che rileva i livelli di CO2 e O2.

sensore per CO2 e O2 nell’aorta

diaframma muscoli intercostali

191 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

11

» L’asma

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

L’asma è una patologia del sistema respiratorio molto diffusa soprattutto nei paesi industrializzati. Durante un attacco d’asma, le vie respiratorie (in particolare i bronchi e i bronchioli) si restringono; l’aria quindi fatica ad arrivare ai polmoni, il respiro si fa sibilante e si prova la sensazione di «fame d’aria» (dispnea). La crisi asmatica inizia più frequentemente di notte e durante il sonno, e colpisce prevalentemente i bambini; può essere determinata dall’inalazione di sostanze inquinanti (presenti per

esempio nei gas di scarico delle industrie o delle automobili, oppure nel fumo di sigaretta), ma anche di altri materiali, come i pollini di alcune piante, il pelo di gatti e cani o le feci dei minuscoli acari della polvere che vedi nella 쑺figura. Queste sostanze, innocue per la maggior parte della popolazione, scatenano in alcuni individui reazioni di difesa eccessive chiamate reazioni allergiche: restringendo il lume di bronchi e bronchioli, ovvero la cavità al loro interno, l’organismo cerca di impedire agli agenti potenzialmente

pericolosi di venire in contatto con gli alveoli polmonari. In Italia soffre d’asma circa il 7% della popolazione, particolarmente nelle città dove l’inquinamento è più alto; i sintomi di questa patologia vengono attenuati da farmaci a base di cortisone, che riducono la costrizione delle vie aeree. Solitamente i sintomi dell’asma infantile recedono spontaneamente intorno ai 6-8 anni, ma possono continuare anche durante l’adolescenza e in alcuni casi per tutta la vita.

쒀 Gli acari della polvere sono responsabili di varie

쒀 I farmaci per l’asma sono assunti

쒀 L’aria inquinata può favorire crisi

forme di allergia.

per via inalatoria.

d’asma.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  scambio gassoso  narice  cavità nasale  faringe  laringe  bronco  bronchiolo  diffusione  alveolo polmonare  inspirazione  espirazione

1. Dove avvengono gli scambi gassosi? 2. Perché il fumo rappresenta un pericolo per il sistema respiratorio? 3. Descrivi il processo di inspirazione e quello di espirazione. 4. L’inspirazione avviene grazie:

A alla dilatazione degli alveoli e dei

5. Le corde vocali si trovano:

A B C D

nella faringe nella trachea nella laringe nei bronchioli

6. Quale tra i seguenti problemi non è attribuibile al fumo?

A le ciglia che tappezzano le vie re-

bronchi

B all’abbassamento del diaframma C al rilassamento dei muscoli inter-

spiratorie perdono motilità

B aumenta la probabilità di ammalarsi di cancro

costali

D alla contrazione del tessuto muscolare presente nei polmoni

C aumenta la probabilità di ammalarsi di enfisema

D aumenta la probabilità di ammalarsi di pleurite

192 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL SISTEMA DIGERENTE E L’ALIMENTAZIONE

6

lezione

Il sistema digerente e l’alimentazione Il sistema digerente trasforma il cibo in molecole abbastanza piccole da poter essere utilizzate dalle cellule

Il cibo che noi mangiamo contiene tutte le sostanze nutritive che servono alle nostre cellule sia per ricavare energia sia come materia prima per costruire nuovi organuli e nuove cellule. Affinché queste sostanze possano essere utilizzate, il nostro corpo deve frantumare e demolire il cibo fino a ottenere molecole abbastanza piccole da poter essere assorbite e trasportate attraverso il sangue. La digestione e l’assorbimento degli alimenti si realizza tramite un insieme di organi chiamato sistema digerente. Il sistema digerente è costituito da bocca, faringe, esofago, stomaco e intestino; a questi organi sono annesse due grosse ghiandole, il fegato e il pancreas (쑺figura 8). A parte la bocca e la faringe, il sistema digerente è in pratica un lungo tubo che viene chiamato canale alimentare.

2

2

obiettivi

gli organi che 쑺 Descrivere costituiscono il sistema digerente. come avviene 쑺 Spiegare la digestione degli alimenti nei diversi tratti del canale alimentare.

faringe

il processo 쑺 Illustrare di assorbimento degli alimenti digeriti.

bocca

쑸 Figura 8 Il sistema digerente umano.

esofago

Gli organi del sistema digerente permettono di frammentare e assorbire gli alimenti.

fegato stomaco cistifellea

pancreas intestino tenue

intestino crasso retto

ano

7

I nutrienti essenziali sono indispensabili alla vita 쑸 Figura 9 La pizza è un ali-

Nei nostri cibi sono presenti cinque tipi di sostanze nutritive: oltre all’acqua, ci sono i sali minerali, le vitamine, le proteine, i grassi e i carboidrati. Spesso questi nutrienti sono combinati insieme; per esempio, mangiando una fetta di pizza come quella che vedi nella 쑺figura 9, ingeriresti i carboidrati contenuti nella farina, i grassi presenti nell’olio, le proteine del latte con cui è fatta la mozzarella,

mento completo, che contiene carboidrati, lipidi, proteine e vitamine.

193 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

11



Quale funzione svolge il sistema digerente?

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

nonché le vitamine, l’acqua e i sali minerali contenuti nelle fette di pomodoro e nelle foglie di basilico freschi. Nella 쑺tabella 1 sono riportate le diverse categorie di sostanze nutritive presenti negli

alimenti, alcuni esempi di cibo che le contengono, la loro composizione chimica e le principali funzioni che tali sostanze svolgono nel nostro organismo. 쑽 TABELLA 1 Le sostanze nutritive presenti negli alimenti e loro principali funzioni nell’organismo. Sostanza nutritiva

Fonte

Principali funzioni

Carboidrati (amido, zucchero)

farina, patate, riso

fonte primaria di energia, sintesi di altre molecole organiche

Grassi (trigliceridi, colesterolo)

olio d’oliva o di semi e grassi animali come il lardo e il burro

sintesi delle membrane, riserva di energia, isolamento dal freddo

Proteine (amminoacidi, enzimi)

carne, pesce, latte

sintesi di enzimi e di strutture cellulari come l’actina e la miosina dei muscoli

Vitamine

frutta e verdure fresche

funzionamento degli enzimi

Acqua

tutti gli alimenti

indispensabile per lo svolgimento di tutte le reazioni chimiche

frutta e verdura

funzioni varie

Sali minerali

8 La digestione ha inizio in bocca mediante processi meccanici e chimici

incisivi canino premolari molari ugola Ciascun dente ha la forma adatta alla funzione che svolge.

lingua

쑺 Figura 10 La bocca provvede

RISPON DI

alla digestione meccanica (tramite la lingua e i denti) e chimica (tramite la ptialina) del cibo.



Quale funzione ha l’epiglottide?

LO SAPEVI? Le contrazioni peristaltiche sono talmente potenti che sarebbe possibile bere un bicchiere d’acqua anche a «testa in giù».

Gli alimenti entrano nel nostro corpo (ingestione) attraverso la bocca (쑺figura 10) ed è proprio in bocca che il cibo subisce le prime modificazioni meccaniche e chimiche trasformandosi per azione di denti, saliva e lingua in bolo alimentare. I denti riducono il boccone in piccoli pezzi, rendendone più facile la deglutizione, e la lingua lo rimescola. La saliva prodotta dalle sei ghiandole salivari, tre per ogni lato del viso (쑺figura 11A), è una soluzione acquosa con funzioni sia digestive sia di protezione del cavo orale. Essa, infatti, contiene un importante enzima, l’amilasi salivare o ptialina, che demolisce le grosse molecole di amido riducendole in molecole più piccole costituite da poche unità di glucosio (oligosaccaridi) e nel disaccaride maltosio (formato da due unità di glucosio). Il maltosio è dolce, per cui masticando a lungo un pezzo di pane o un cucchiaio di riso si percepisce un gusto dolce. La funzione difensiva è invece svolta dal muco e diverse sostanze che agiscono contro i batteri proteggendo i denti dalla carie. La carie dentaria è una malattia degenerativa dei tessuti duri del dente, che inizia dalla superficie e procede in profondità. Questa patologia è provocata da un’eccessiva presenza di batteri (per esempio Streptococco mutans) nel cavo orale, i quali divengono così numerosi da superare i meccanismi di difesa e danneggiare la struttura del dente. Il bolo alimentare è spinto dalla lingua nella faringe, dove viene deglutito. Come la bocca, la faringe è un tratto comune al sistema digerente e a quello respiratorio; qui si aprono due vie: la laringe, che è percorsa dall’aria, e l’esofago, nel quale entra il bolo. Per evitare che il cibo «vada di traverso» e imbocchi la laringe invece dell’esofago, all’entrata della laringe è presente una membrana, l’epiglottide, che si chiude al momento della deglutizione interrompendo momentaneamente la respirazione e incanalando in tal modo il bolo verso l’esofago.

194 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL SISTEMA DIGERENTE E L’ALIMENTAZIONE

Le ghiandole salivari rilasciano saliva nella cavità orale e il cibo si sposta attraverso l’esofago grazie a onde peristaltiche.

Onde di contrazione della muscolatura spingono il bolo verso lo stomaco.

sezione dell’esofago

parotide

bolo alimentare muscoli longitudinali contratti

sottolinguale

sottomascellare

A

muscolatura liscia

Una contrazione della muscolatura liscia a monte del bolo lo spinge in avanti.

B

L’esofago è un tubo lungo circa 25 cm che attraversa il diaframma e arriva nello stomaco. La parete dell’esofago, come quella di tutto il resto del canale alimentare, è costituita da due strati di muscolatura liscia (쑺figura 11B). Lo strato più interno è orientato in senso circolare intorno all’esofago e la sua contrazione provoca la chiusura del canale alimentare, mentre lo strato muscolare più esterno è disposto in senso longitudinale e la sua contrazione provoca l’accorciamento dell’esofago. Le contrazioni combinate della muscolatura circolare e di quella longitudinale sono responsabili dei movimenti peristaltici, che spingono in avanti il cibo.

9

2

La digestione delle proteine inizia nello stomaco

쒀 Figura 11 A. Le ghiandole salivari. B. Il meccanismo della peristalsi.

LO SAPEVI? Gli enzimi digestivi sono speciali proteine che hanno la funzione di far avvenire più rapidamente le reazioni chimiche di demolizione degli alimenti. Senza la presenza degli enzimi, la digestione sarebbe praticamente impossibile perché avverrebbe in tempi troppo lunghi. Pensa che per digerire un normale pasto senza l’aiuto degli enzimi occorrerebbero 40 anni!

Le proteine, contenute soprattutto nella carne, nel pesce, nelle uova, nei latticini e nei legumi come i fagioli, i ceci e la soia, sono grossi polimeri formati da lunghe catene di amminoacidi legati tra loro. Durante la digestione, che ha inizio nello stomaco e termina nell’intestino, le catene vengono demolite in pezzi sempre più piccoli fino a separare i singoli amminoacidi. Il bolo alimentare proveniente dall’esofago entra nello stomaco attraverso una valvola, il cardias, che si richiude impedendo il riflusso verso l’alto anche quando siamo sdraiati. Lo stomaco (쑺figura 12) è un sacco nella cui parete più interna sono inserite numerose ghiandole che, a ogni pasto, secernono circa 500 ml di succhi gastrici. I succhi gastrici contengono acido cloridrico (HCl), enzimi e muco. La secrezione dei succhi gastrici è stimolata sia 쑸 Figura 12 La struttura dello dal sistema nervoso sia da un ormone, la gastristomaco. esofago stomaco na, prodotto da alcune cellule situate nella parete stessa dello stomaco. Il sistema nervoso agisce cardias Nello stomaco, il cibo quando vediamo il cibo, sentiamo il suo odore e viene mescolato ai sucsapore, mentre la gastrina viene prodotta quando chi gastrici e trasformato in chimo, in un tempo il bolo alimentare, arrivando nello stomaco, che va da 40 minuti a ne dilata le pareti. poche ore. piloro L’acido cloridrico sterilizza il contenuto dello stomaco uccidendo i microrganismi presenti nel cibo; inoltre, crea l’amstrati di tessuto biente adatto affinché si muscolare liscio attivi l’altra sostanza secreta tessuto epiteliale duodeno dalle ghiandole gastriche, con ghiandole gastriche l’enzima pepsinogeno. Questo

195 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

11

» Helicobacter pylori e l’ulcera

Negli anni Ottanta del Novecento cominciò a farsi strada l’idea che l’ulcera fosse dovuta all’azione di un batterio. Nel 1982 i due medici australiani Robin Warren e Barry Marshall isolarono per la prima volta Helicobacter pylori, il batterio che ritenevano responsabile dell’ulcera gastrica e duodenale (cioè dello stomaco e del primo tratto dell’intestino). La comunità scientifica accolse con freddezza questa scoperta perché era opinione comune che nessun batterio potesse sopravvivere nell’ambiente acido dello stomaco. In seguito, però, i ricercatori scoprirono che Helicobacter

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

RISPON DI

쐌 Il sistema digerente



IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

A che cosa serve l’acido cloridrico secreto dalle ghiandole gastriche?

쒀 Una colonia di Helicobacter pylori (in rosa) sulla mucosa gastrica.

pylori possiede un enzima chiamato ureasi che neutralizza l’acidità gastrica. Nel 1994 il National Institute of Health (NIH) americano dichiarò l’esistenza di una stretta associazione tra l’infezione da Helicobacter e l’insorgenza dell’ulcera. Attualmente si stima che circa l’80% delle ulcere gastriche e il 90% di quelle duodenali siano di origine batterica. La diagnosi è molto semplice e si basa sul test del respiro, mentre la terapia consiste in una cura antibiotica specifica. Nel 2005, per l’importanza dei loro studi, Marshall e Warren hanno ricevuto il premio Nobel.

enzima, che digerisce le proteine, viene prodotto in forma inattiva per evitare che danneggi la mucosa dello stomaco stesso. In ambiente acido, il pepsinogeno si trasforma in pepsina; la pepsina rompe alcuni dei legami che tengono uniti gli amminoacidi spezzando le catene proteiche in piccoli frammenti chiamati peptidi. Il terzo prodotto delle ghiandole gastriche è il muco, che ha la funzione di proteggere le pareti dello stomaco dall’azione corrosiva dell’acido cloridrico e da quella digestiva della pepsina. Se il muco è prodotto in quantità insufficiente, se l’HCl è secreto in eccesso o se vengono ingerite regolarmente sostanze irritanti come i superalcolici, la parete dello stomaco viene danneggiata: si formano lesioni, simili a bruciature, chiamate ulcere. Il sintomo che rivela la presenza di un’ulcera è un dolore profondo nella parte alta dell’addome, in particolare a stomaco vuoto. Al termine della digestione, nello stomaco si è formata una poltiglia semi-liquida, acida e dall’aspetto cremoso chiamata chimo; il chimo passa nell’intestino attraverso il piloro, la valvola che si trova all’estremità terminale dello stomaco.

10

Nell’intestino tenue termina la digestione e ha luogo l’assorbimento

L’intestino umano è costituito da due porzioni: l l’intestino tenue, lungo circa 6 m e con un diametro di 2,5 cm; l l’intestino crasso, più corto (circa 1,5 m) e con un diametro maggiore (5 cm). L’intestino tenue è, a sua volta, suddiviso in tre parti: il duodeno, dove si completa la digestione degli alimenti, il digiuno e l’ileo, dove ha luogo circa il 90% dell’assorbimento delle sostanze nutritive. Attraverso il piloro, il chimo acido giunge nel duodeno; in questo tratto dell’intestino si riversano il succo enterico, prodotto da ghiandole situate nella parete del duodeno, il succo pancreatico secreto dal pancreas e la bile prodotta dal fegato. Anche la produzione dei succhi che si riversano nell’intestino è stimolata dal sistema nervoso e da ormoni, la secretina e la colecistochinina (CCK). Questi due ormoni, prodotti da cellule della mucosa intestinale quando il chimo entra nel duodeno, stimolano il fegato a produrre e a rilasciare la bile e il pancreas a secernere enzimi e bicarbonato. La secretina, inoltre, induce le ghiandole gastriche a interrompere il rilascio di succhi gastrici.

196 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL SISTEMA DIGERENTE E L’ALIMENTAZIONE

2

쑽 TABELLA 2 Gli enzimi digestivi. Origine

Funzione

amilasi pancreatica

pancreas

agisce sull’amido suddividendolo in molecole di glucosio

tripsina e chimotripsina

pancreas

agiscono sulle proteine suddividendole in amminoacidi

lipasi pancreatica

pancreas

agisce sui grassi suddividendoli in acidi grassi e glicerolo

ribonucleasi

pancreas

agisce sugli acidi nucleici suddividendoli in molecole più piccole (nucleotidi)

peptidasi enterica

ghiandole duodenali

agisce sulle proteine suddividendole in amminoacidi

maltasi, saccarasi, lattasi

ghiandole duodenali

agiscono sugli zuccheri suddividendoli in monosaccaridi

lipasi enterica

ghiandole duodenali

agisce sui grassi suddividendoli in acidi grassi e glicerolo

Il succo pancreatico e il succo enterico contengono numerosi enzimi (쑺tabella 2), che agiscono su proteine, carboidrati, grassi e acidi nucleici completando la loro demolizione in molecole più piccole. Poiché questi enzimi non funzionano bene in ambiente acido, il succo pancreatico contiene anche del bicarbonato, che ha la funzione di neutralizzare l’acidità del chimo. La bile ha invece la funzione di emulsionare i grassi presenti nel chimo, cioè di suddividere le grosse gocce di grasso in tante minuscole goccioline su cui gli enzimi possono agire più facilmente. Prima di essere riversata nel duodeno, la bile prodotta dal fegato si accumula in una specie di «sacchetto», la cistifellea. Quando gli enzimi hanno terminato il loro lavoro, il chimo si è trasformato in chilo e le sostanze nutritive sono pronte per attraversare la parete intestinale ed essere trasferite nel sangue o nella linfa. L’assorbimento delle piccole molecole organiche presenti nel chilo avviene attraverso i villi intestinali che tappezzano le pareti del digiuno e dell’ileo (쑺figura 13). I villi sono estroflessioni a forma di dito lunghe circa 1 mm; ognuno di essi è percorso all’interno da una rete di capillari sanguigni in cui passano il glucosio, gli amminoacidi, i sali minerali e le vitamine prodotti dalla digestione. Dall’unione di più capillari si originano i vasi sanguigni che, a loro volta, si uniscono confluendo nella vena porta, la quale trasporta al fegato il sangue ricco di nutrienti. Oltre ai capillari, ogni villo contiene anche un piccolo vaso linfatico, che assorbe il glicerolo e gli acidi grassi trasportandoli nei vasi linfatici più grandi; questi riversano poi il loro contenuto in una grossa vena vicino al cuore.

In ogni centimetro quadrato di intestino tenue sono presenti circa 3000 villi. La superficie di ogni villo è ulteriormente aumentata perché la membrana delle sue cellule si ripiega in minuscole creste, i microvilli.

Che differenza c’è tra la funzione svolta dalla bile e quelle svolte dai succhi enterico e pancreatico?



쑽 Figura 13 A. Struttura di un tratto di intestino tenue e di un villo. B. Villi intestinali visti al microscopio elettronico.

La superficie assorbente totale (villi e microvilli) di un individuo medio è di circa 300 metri quadrati (all’incirca uguale a quella di un campo da tennis). B

parete intestinale rivestita di villi

tratto di intestino

RISPON DI

Enzima

villo microvilli strati di muscoli

cellula epiteliale

vasi sanguigni

A

epitelio

vaso linfatico

capillari

197 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

11

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

11

Il fegato produce la bile, rielabora molte sostanze nutritive, immagazzina glicogeno, sostanze minerali e vitamine, e trasforma sostanze potenzialmente tossiche in composti innocui.

fegato

bile

cistifellea

duodeno (parte dell’intestino tenue)

쒀 Figura 14 Gli organi e le

RISPON DI

ghiandole che partecipano alla digestione.



Quali altre funzioni svolge il fegato oltre alla produzione di bile?

Il pancreas è una grossa ghiandola di forma triangolare che si trova nella parte sinistra della cavità addominale. Questa ghiandola svolge una doppia funzione: l la maggior parte delle cellule del pancreas produce gli enzimi digestivi che, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, si riversano nel duodeno; l un altro tipo di cellule pancreatiche, riunite in piccoli ammassi chiamati isole di Langerhans, secerne due ormoni, che vengono immessi nel circolo sanguigno e regolano l’attività di tutto l’organismo; come vedremo nel prossimo capitolo, gli ormoni prodotti dal pancreas, cioè l’insulina e il glucagone, regolano la concentrazione di zucchero nel sangue (glicemia). Il fegato (쑺figura 14) è, dopo la pelle, l’organo più grande del nostro corpo e pesa circa 1,4 kg; è di colore rosso brunastro e di consistenza molle, e si trova nella parte superiore destra della cavità addominale. Oltre a produrre la bile, il fegato svolge altre importantissime funzioni: in un certo senso, può essere stomaco considerato il «laboratorio chimico» del nostro organismo. Le funzioni del fegato si possono suddividere in due gruppi: Funzioni di rielaborazione e di deposito Come abbiamo detto nel paragrafo precedente, tutte le sostanze nutritive assorbite dall’intestino arrivano al fegato attraProduce verso la vena porta. Qui tali sostanze vengono trasformate ormoni a seconda delle esigenze dell’organismo; per esempio, gli ed enzimi. pancreas zuccheri fruttosio e galattosio sono trasformati in glucosio e poi inglicogeno, che viene trattenuto dalle cellule del fegato come sostanza di riserva; nel fegato vengono immagazzinati anche vitamine e minerali. Funzioni protettive e disintossicanti Il fegato trasforma un grandissimo numero di sostanze potenzialmente tossiche in composti innocui e facilmente eliminabili; tali sostanze nocive possono essere prodotte dal nostro corpo, come gli ormoni o l’ammoniaca, oppure possono provenire dall’esterno, come i farmaci e l’alcol. Una volta resi innocui, i prodotti vengono eliminati con le feci oppure con le urine.

12

RISPON DI

쒀 Figura 15 L’intestino crasso.



Quale ruolo svolge la flora intestinale?

Il pancreas e il fegato svolgono numerose funzioni

L’intestino crasso assorbe l’acqua e gli ioni inorganici

Dopo il processo di assorbimento svolto dall’intestino tenue, nel canale alimentare rimangono ancora molte sostanze: acqua, ioni inorganici, sostanze non digerite come la cellulosa, muco e cellule morte. Attraverso la valvola ileocecale, questo miscuglio di materiali passa nell’intestino crasso (쑺figura 15), che è suddiviso in tre porzioni: cieco, colon e retto. Il retto termina con l’ano, uno sfintere costituito da un anello di muscolatura circolare che comunica con l’esterno. Nell’intestino crasso non sono presenti villi; tuttavia, in questo tratto viene riassorbita gran parte dell’acqua e degli ioni inorganici presenti nel canale intestinale, mentre il restante materiale viene trasformato in feci, eliminate attraverso l’ano. Quando il riassorbimento di acqua è eccessivo, per esempio perché la peristalsi è troppo lenta, le feci diventano molto solide e si ha una condizione denominata stipsi; se, al contrario, il riassorbimento di acqua è scarso perché la parete interna del colon è irritata (per esempio, a causa di infezioni batteriche o virali), si ha la diarrea. Nel colon sono presenti numerose colonie di batteri (la cosiddetta flora intestinale) mediante il loro metabolismo, questi batteri producono sostanze indispensabili al nostro organismo come la vitamina K.

198 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

IL SISTEMA DIGERENTE E L’ALIMENTAZIONE

Il nostro organismo ha bisogno di alcune sostanze

educazione alla salute

Come abbiamo detto, noi assumiamo attraverso il cibo sia le sostanze che ci servono per produrre energia sia le materie prime indispensabili per la costruzione dei nostri tessuti. A partire da composti come gli zuccheri e le proteine, il nostro organismo è capace di assemblare una grande varietà di molecole organiche; tuttavia, vi sono alcune molecole che noi non siamo in grado di sintetizzare e che, perciò, dobbiamo procurarci attraverso gli alimenti. Queste sostanze sono dette essenziali e comprendono ioni inorganici, molte vitamine e alcuni amminoacidi. La carenza di iodio, per esempio, può determinare scompensi alla tiroide che si accresce a dismisura formando il gozzo (쑺figura 16). La mancanza di vitamina D, invece, può causare gravi malattie come il rachitismo, tuttora molto diffuso nei paesi del Terzo Mondo, mentre una quantità inadeguata di vitamina C provoca lo scorbuto. Il nostro organismo, infatti, necessita di circa 60-90 mg al giorno di vitamina C, che può essere assunta tramite il regolare consumo di frutta e verdura fresche.

» La celiachia richiede una dieta senza glutine

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, una proteina presente in numerosi cereali (avena, frumento, farro, orzo, segale e triticale). In Italia si stima che l’intolleranza al glutine interessi l’1% della popolazione; secondo tali dati, i potenziali celiaci sarebbero quindi 400000. Nei soggetti geneticamente predisposti, il consumo di alimenti contenenti glutine (come la pasta e il pane) determina una violenta risposta immunitaria a livello dell’intestino, che genera un’infiammazione cronica con scomparsa dei villi intestinali; di conseguenza, l’assorbimento delle sostanze nutritive viene gra-

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

2. Come avviene la digestione?

parole chiave

3. Descrivi il processo di assorbimento.

 digestione  assorbimento  sistema digerente  bocca  bolo alimentare  faringe  laringe  esofago  stomaco  succo gastrico  gastrina  acido cloridrico  pepsina  muco  chimo  secretina  colecistochinina  succo pancreatico  bile  succo  chilo  villo  pancreas  fegato  feci

4. La peristalsi è:

A il movimento del canale alimentare che consente il progredire del cibo

B la trasformazione delle molecole complesse in molecole semplici

C la demolizione degli alimenti in frammenti più piccoli

D il passaggio delle sostanze digerite attraverso i villi intestinali



Quando una sostanza viene detta essenziale per l’alimentazione?

rende difficile il riconoscimento della malattia. Infine, esistono soggetti che non presentano sintomi evidenti e che vengono diagnosticati solo perché in famiglia c’è un altro membro affetto da celiachia. Per curare la celiachia non servono farmaci, ma occorre sostituire il pane, la pasta, i biscotti e la pizza con prodotti privi di glutine. Inoltre, bisogna fare molta attenzione ai cibi apparentemente insospettabili, ma che contengono glutine, come i gelati, gli insaccati e il cioccolato. Infine, è necessario evitare le contaminazioni dovute, per esempio, al contatto con pane o con farina.

vemente compromesso. Se non diagnosticata, la celiachia provoca patologie molto gravi tra cui osteoporosi, sterilità, aborti ripetuti, diabete e linfoma intestinale. La diagnosi è basata sulla ricerca di anticorpi nel sangue e viene confermata prelevando una minuscola porzione di tessuto dall’intestino tenue (biopsia). Per molto tempo la celiachia è stata considerata una malattia tipica dei bambini, nei quali si manifesta con diarrea, vomito e arresto della crescita. Negli ultimi anni, tuttavia, sono diventate sempre più frequenti le diagnosi nei giovani e negli adulti; in queste fasce d’età però i sintomi sono meno caratteristici, il che

1. Quali processi trasformano un boccone in bolo alimentare?

쒀 Figura 16 Uno dei sintomi della carenza di iodio nella dieta è il gozzo tiroideo. RISPON DI

13

2

5. Se si assume un farmaco che distrugge la flora intestinale, per esempio un antibiotico, potrebbe risultare carente la produzione:

A B C D

delle feci del succo enterico di alcuni sali minerali di alcune vitamine

6. La digestione chimica degli alimenti avviene per opera:

A B C D

della bile degli enzimi dei villi intestinali dell’acido cloridrico

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3

capitolo

11

lezione

200

obiettivi

le componenti 쑺 Conoscere del sangue e descriverne le funzioni. la struttura 쑺 Descrivere e la funzione del cuore e dei vasi sanguigni. quale percorso 쑺 Spiegare compie il sangue nel corpo umano partendo dal lato destro del cuore.

educazione alla salute

le funzioni 쑺 Descrivere del sistema linfatico.

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

Il sistema circolatorio e il sangue 14

Il sangue è formato dagli elementi figurati e dal plasma

Come abbiamo visto nelle due lezioni precedenti, le sostanze nutritive entrano nel nostro corpo attraverso il sistema digerente che le riduce in molecole sufficientemente piccole da poter essere introdotte nelle cellule, mentre l’ossigeno entra nell’organismo tramite le vie respiratorie; ma chi si occupa di distribuire alle cellule nutrimento e ossigeno? In che modo i rifiuti del metabolismo cellulare raggiungono gli organi che hanno il compito di espellerli? Il sangue è il tessuto connettivo che assolve tutti questi compiti, che, tra l’altro, rappresentano solo alcune delle sue numerose funzioni. Il sangue è costituito da cellule e da una parte liquida detta plasma; nel loro complesso, le cellule del sangue (come i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine) sono chiamati elementi figurati. In un uomo adulto il sangue costituisce circa 1/12 del peso corporeo; dei 5-6 litri circa di sangue che abbiamo nel nostro corpo, il 55% è costituito da plasma e il 45% dagli elementi figurati. Il plasma ha un caratteristico colore giallino ed è una soluzione acquosa contenente numerose sostanze inorganiche e organiche. Disciolti nel plasma, infatti, si trovano, oltre ai diversi ioni indispensabili per molti dei processi cellulari più importanti, anche le sostanze nutritive assorbite dall’intestino, i materiali di rifiuto prodotti dalle cellule e nume-

» Le analisi del sangue

L’emocromo, o esame emocromocitometrico, chiamato comunemente «analisi del sangue», fornisce una visione generale del quadro clinico del paziente. L’esame comprende il conteggio del numero dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine, la determinazione della concentrazione di emoglobina. Valori di emocromo che si discostano dalla norma sono indice di patologie in atto. Il prelievo viene fatto di solito a digiuno, da una vena superficiale del braccio; il sangue viene trattato con un anticoagulante e inviato al laboratorio di analisi.  La formula leucocitaria La formula leucocitaria è il conteggio di cinque tipi di globuli bianchi: neutrofili, eosinofili, basofili, linfociti e monociti. L’analisi, che viene fatta automaticamente, riporta i dati riferiti a cento cellule e fornisce indicazioni sulla presenza di eventuali patologie associate a leucopenia (diminuzione dei globuli

bianchi) o leucocitosi (aumento dei globuli bianchi): l l’aumento dei neutrofili (neutrofilia) è tipico delle infezioni batteriche; l l’aumento dei linfociti (linfocitosi) è spesso associato a malattie virali; l l’aumento degli eosinofili (eosinofilia) e dei basofili (basofilia) è un segnale di allergie in corso; l l’aumento dei monociti (monocitosi) segnala infine infezioni, intolleranze farmacologiche o malattie del sangue. Tra le leucopenie, ricordiamo le neutropenie (diminuzioni dei neutrofili) che sono spesso associate a immunodeficienze o a terapie immumodepressive.

200 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

 Le alterazioni dei globuli rossi e delle piastrine La diminuzione del numero dei globuli rossi e degli indici ad essi correlati (Hb, Ht) è un segnale di anemia; i segni clinici associati a questa condizione, che può essere una spia di eventuali patologie in atto, comprendono affaticamento, stanchezza e capogiri. Se invece diminuisce il numero delle piastrine (trombocitopenia) si possono avere problemi nella

IL SISTEMA CIRCOLATORIO E IL SANGUE

3

rose proteine plasmatiche; tali proteine sono coinvolte in vari processi come la coagulazione del sangue, la difesa dell’organismo dagli agenti estranei e il trasporto di molecole non solubili in acqua, come i lipidi e alcune vitamine. I globuli rossi o eritrociti (쑺figura 17A) sono piccole cellule di forma discoidale biconcava, prodotte dal midollo osseo rosso; per ogni mm3 di sangue ne esistono circa 5 milioni. Durante la loro maturazione, i globuli rossi perdono il nucleo (쑺figura 17B) e la maggior parte degli organuli: si tratta perciò di cellule che non hanno la capacità di riprodursi. La vita media di un globulo rosso è di circa 180 giorni, dopodiché viene distrutto dalla milza e sostituito. La milza è un organo situato nella cavità addominale tra lo stomaco e il rene sinistro. La sua funzione principale è appunto quella di distruggere i globuli rossi vecchi presenti nel sangue, trattenendo una piccola riserva di sangue che viene immediatamente rilasciata nel circolo sanguigno in caso di emorragia. 쑸 Figura 17 A. Globuli rossi in un capillare. B. Un globulo rosso che perde il nucleo. nucleo

corpo cellulare A

B

In una goccia di sangue ci sono circa 50 milioni di globuli rossi.

Indice

Sigla e unità di misura

Valori di riferimento nell’adulto

Globuli bianchi

WBC (White Blood Cells): numero di cellule per mm3 di sangue

4000-10000/mm3

Globuli rossi

RBC (Red Blood Cells): milioni di cellule per mm³ di sangue

4,5 – 6,3 milioni/mm3

Emoglobina

Hb (Hemoglobin): grammi di Hb per dL (decilitro) di sangue.

11,5 – 17,2 g/dL

Ematocrito

Ht (Hematocrit): percentuale del volume di cellule sul volume totale di sangue

31 – 49%

Conteggio piastrinico

PLT (Platelets): migliaia di piastrine per mm³ di sangue

150000-400 000/mm³

coagulazione del sangue, a cui sono associate piccole emorragie, sanguinamenti e presenza di sangue nelle feci. Questa condizione può essere dovuta, per esempio, all’assunzione di farmaci oppure a un’infezione virale.  Altri parametri Analizzando il sangue si può evidenziare la presenza di patologie cardiovasco-

lari o renali. L’azotemia, per esempio, segnala la funzionalità dei reni; questo indice si riferisce alla quantità di composti azotati non proteici presenti nel sangue. I valori normali variano da 10 a 50 mg/100ml; valori diversi possono segnalare una ridotta funzionalità renale. Un alto livello di LDL (le proteine che trasportano il colesterolo) può rappresentare un fattore di rischio per l’in-

farto o l’ictus. Infine, una valore della VES (velocità di sedimentazione degli eritrociti) più alto del normale segnala che è in atto un’infezione. Sul foglio del risultato delle analisi, accanto agli esami effettuati e ai valori riscontrati nel paziente, sono indicati i valori normali di riferimento che, tuttavia, non tengono conto delle situazioni particolari in cui si può trovare l’organismo, come le fasi dell’infanzia, il processo di crescita, la gravidanza o la senescenza; è quindi importate precisare che, se si ottengono valori diversi da quelli considerati normali, non ci si deve preoccupare né, tanto meno, fare diagnosi in proprio o assumere farmaci in maniera autonoma. È, invece, opportuno far valutare i risultati delle analisi dal proprio medico che, dopo aver individuato la presenza o meno di una patologia, di una carenza o di un rischio, prescriverà la giusta terapia o un supplemento di analisi per giungere alla corretta diagnosi.

201 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

11

쑺 Figura 18 L’emoglobina trasporta l’ossigeno.

RISPON DI

L’emoglobina è costituita da quattro catene proteiche e da quattro gruppi «eme» contenenti ferro che legano l’ossigeno e lo trasportano nel sangue.

Dove si originano gli elementi figurati del sangue? Quali differenze strutturali si possono individuare tra loro?



쑽 Figura 19 A. Globuli bianchi di diversa forma stanno distruggendo la membrana di una cellula cancerosa. B. La coagulazione del sangue; i globuli rossi sono stretti da una rete di filamenti di fibrina.

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

atomo di ferro

L’eritrocita maturo contiene quasi esclusivamente emoglobina, la molecola responsabile del trasporto dell’ossigeno, che conferisce a queste cellule il tipico colore rosso. L’emoglobina è una proteina complessa, di forma globulare, costituita da quattro catene di amminoacidi; ognuna di queste catene si ripiega su se stessa in modo da creare una nicchia al centro della quale si trova un atomo di ferro (쑺figura 18). È proprio l’atomo di ferro che lega a sé l’ossigeno nel momento in cui il sangue passa per i poll’emoglobina moni e lo rilascia alle cellule quando, invece, arriva nei tessuti. l’emoglobina si arricchisce libera O2 I globuli bianchi o leucociti sono cellule di dimensioni di O2 maggiori rispetto ai globuli rossi e sono tutte dotate di nucleo. Come vedremo meglio nel prossimo capitolo, esistono diversi tipi di globuli bianchi, anch’essi generati per la maggior parte nel midollo osseo rosso; la loro funzione principale O2 O2 è quella di difendere il corpo dagli agenti patogeni, come i virus e i batteri, e di eliminare le cellule morte, quelle infettaO2 O2 te dai virus oppure divenute cancerose (쑺figura 19A). A differenza dei globuli rossi, i leucociti possono uscire dai vasi sanguigni e recarsi nel luogo dell’infezione, per esempio una ferita. In condizioni normali, il numero dei leucociti si aggira intorno ai 6000-7000 per mm3 di sangue, ma può aumentare anche di molto nel corso di un’infezione. Le piastrine sono frammenti di cellule molto piccoli (circa 2 micrometri); come gli altri elementi figurati del sangue, si originano nel midollo osseo rosso. In ogni mm3 di sangue sono presenti circa 400 000 piastrine. Le piastrine hanno un ruolo essenziale nel riparare le ferite e favoriscono la coagulazione del sangue. Quando un vaso sanguigno subisce una lesione, le piastrine liberano diverse sostanze che attivano una proteina plasmatica solubile, il fibrinogeno. Il fibrinogeno attivato si trasforma in fibrina, una proteina filamentosa e insolubile che forma una rete a maglie piuttosto strette nella quale restano intrappolati i globuli rossi e le piastrine stesse (쑺figura 19B); si forma così una sorta di «tappo» che impedisce la fuoriuscita di sangue dal vaso sanguigno. In seguito, dal tessuto danneggiato vengono prodotte nuove cellule che riparano il danno.

A

B

15

Il cuore è la pompa che consente al sangue di circolare all’interno dei vasi

Il sangue scorre all’interno di condotti chiamati vasi sanguigni ed è tenuto in continuo movimento da una pompa, il cuore (쑺figura 20A). Il cuore umano si trova in una cavità, detta mediastino, posta al centro del torace tra i due polmoni; esso ha più o meno le dimensioni del nostro pugno (쑺figura 20B), pesa circa 300 g ed è costituito prevalentemente da uno spesso strato di tessuto muscolare detto miocardio. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il tessuto muscolare cardiaco è involontario, cioè non è sotto il controllo della nostra volontà.

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IL SISTEMA CIRCOLATORIO E IL SANGUE

3 쑸 Figura 20 A. Il sistema circolatorio umano. B. La coronografia è un’indagine diagnostica che permette di visualizzare le arterie coronarie utilizzando un liquido di contrasto opaco ai raggi X. Nell’immagine si notano entrambe le coronarie (destra e sinistra). C. Veduta frontale del cuore in sezione longitudinale.

Le arterie coronarie forniscono sangue ossigenato al muscolo cardiaco. cuore

B

aorta vena cava

arteria

arteria polmonare

vena

vene polmonari

atrio sinistro

valvola bicuspide

atrio destro

A

ventricolo sinistro

valvola tricuspide ventricolo destro

L’interno del cuore è diviso in quattro cavità, due superiori e due inferiori. Le cavità superiori sono dette atri, destro e sinistro, e le cavità inferiori sono chiamate ventricoli, destro e sinistro (쑺figura 20C). Queste quattro cavità sono costituite dallo stesso tipo di tessuto, ma le pareti dei ventricoli, soprattutto quella del ventricolo sinistro, sono molto più spesse e robuste di quelle degli atri. La parte sinistra e la parte destra del cuore sono completamente separate; ogni atrio invece comunica con il ventricolo sottostante attraverso una valvola che, aprendosi e chiudendosi ritmicamente, permette al sangue di passare dall’atrio al ventricolo, ma non viceversa. A sinistra si trova la valvola bicuspide o mitrale, a destra la tricuspide. Se una delle due valvole cardiache è difettosa o viene danneggiata da una malattia, il sangue refluisce in parte attraverso di essa producendo un rumore caratteristico, noto come «soffio al cuore», udibile con lo stetoscopio del medico. La parte destra del cuore pompa il sangue povero di ossigeno e carico di diossido di carbonio verso i polmoni, dove avvengono gli scambi gassosi (vedi la lezione precedente). La parte sinistra, invece, spinge il sangue ricco di ossigeno proveniente dai polmoni verso tutte le altre parti del corpo, per distribuire l’ossigeno a ogni cellula dell’organismo.

RISPON DI

C



Quali cavità cardiache sono in comunicazione tra loro e quali, invece, non comunicano?

203 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

11

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

16

Il sangue percorre un doppio circuito passando due volte dal cuore

Seguiamo ora una goccia di sangue nel suo percorso attraverso il sistema circolatorio, partendo dalla parte destra del cuore (쑺figura 21). Ricorda che il tipo di vaso sanguigno dipende dalla direzione del flusso di sangue: le vene sono i vasi in cui corre il sangue diretto verso il cuore, mentre le arterie sono i vasi attraverso cui il sangue si allontana dal cuore. rete capillare della parte superiore del corpo

쑺 Figura 21 Il flusso di sangue comprende la piccola circolazione (dal cuore ai polmoni) e la grande circolazione (dal cuore ai tessuti di tutto il corpo).

vena cava superiore

aorta

G

atrio destro

E

rete capillare del polmone destro

arteria polmonare

C atrio sinistro

A B

vena cava inferiore

ventricolo sinistro rete capillare del polmone sinistro

F ventricolo destro

D vena polmonare

rete capillare della parte inferiore del corpo online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 La circolazione del sangue

LO SAPEVI? Il sistema circolatorio umano è costituito da una rete di vasi sanguigni che, se fossero posti uno in fila all’altro, raggiungerebbero la lunghezza di due volte e mezzo la circonferenza della Terra.

Una goccia di sangue povera di ossigeno e carica di diossido di carbonio, proveniente per esempio da una gamba, entra nell’atrio destro attraverso un grosso vaso chiamato vena cava inferiore; A l’atrio destro si contrae spingendo la goccia nel ventricolo destro attraverso la valvola tricuspide, che si richiude immediatamente per impedire il reflusso; B la contrazione del ventricolo destro fa passare la goccia nell’arteria polmonare attraB verso un’altra valvola detta semilunare: dopo pochi centimetri l’arteria polmonare si dirama in arterie più piccole dirette ai polmoni; C nel polmone l’arteria si suddivide in capillari sempre più piccoli fino ad arrivare a livello degli alveoli: qui il plasma della goccia di sangue cede il diossido di carbonio e i globuli rossi si arricchiscono di ossigeno; D effettuati gli scambi gassosi, la goccia ritorna verso il cuore scorrendo in una serie di vene sempre più grosse, fino alla vena polmonare che sbocca nell’atrio sinistro; E la contrazione dell’atrio sinistro spinge la goccia nel ventricolo sinistro attraversando la valvola bicuspide; F il ventricolo sinistro, che è il più robusto dei due ventricoli, si contrae imprimendo al sangue una spinta sufficiente a imboccare il più grosso vaso sanguigno del nostro corpo, l’arteria aorta; G dall’aorta, percorrendo vasi via via sempre più piccoli, il sangue carico di ossigeno arriva a tutti i tessuti del nostro corpo, dove cede l’ossigeno alle cellule e raccoglie il diossido di carbonio. Anche il cuore ha bisogno di ossigeno; nel punto in cui emerge dal ventricolo sinistro, l’aorta si dirama in diverse piccole arterie, chiamate coronarie, che vanno a vascolarizzare il muscolo cardiaco. Poiché il sangue attraversa due volte il cuore, la circolazione umana, come quella di tutti i mammiferi e degli uccelli, è detta doppia. Il circuito cuore-polmoni-cuore è la piccola cir-

204 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

colazione (o circolazione polmonare), mentre quello che trasporta il sangue dal cuore al resto del corpo e poi di nuovo al cuore è la grande circolazione (o circolazione sistemica). A riposo, per esempio mentre leggiamo o guardiamo un programma televisivo, la goccia di sangue percorrere l’intero tragitto in circa 45 secondi; se, invece, stiamo correndo o siamo emozionati, il nostro cuore «batte forte» e la goccia di sangue percorre la sua strada in un tempo molto minore.

17

3 RISPON DI

IL SISTEMA CIRCOLATORIO E IL SANGUE

In quale parte del cuore arriva il sangue proveniente dalla vena polmonare? Si tratta di sangue povero o ricco di ossigeno?



Il cuore si contrae e si rilassa ritmicamente

In che modo il cuore riesce a tenere il sangue sempre in movimento all’interno dei vasi sanguigni? Il meccanismo che mantiene attiva la circolazione è una successione ritmica di contrazioni e distensioni del muscolo cardiaco (miocardio) alla quale si dà il nome di ciclo cardiaco. Il ciclo cardiaco è costituito da una sequenza di eventi che hanno una durata complessiva di 0,8 secondi e si ripete mediamente nell’adulto 75 volte al minuto (frequenza cardiaca), pari a circa 100000 volte al giorno. Vediamo ora i principali eventi del ciclo cardiaco (쑺figura 22): Sistole atriale Gli atri si contraggono; il sangue fluisce nei ventricoli.

comprende fasi di rilassamento (diastole) e di contrazione (sistole).

0,1 s

valvole aperte Diastole Il cuore è rilassato e le valvole atrioventricolari sono aperte: il sangue fluisce nel cuore.

쑸 Figura 22 Il ciclo cardiaco

0,4 s

0,3 s Sistole ventricolare I ventricoli si contraggono, chiudendo le valvole atrioventricolari e aprendo quelle semilunari; il sangue fluisce nelle arterie.

bicuspide chiusa tricuspide chiusa

l

l

Durante la fase chiamata diastole il cuore è rilassato: il sangue proveniente dalle vene fluisce all’interno delle quattro cavità cardiache, riempiendo completamente gli atri e in parte i ventricoli. Le valvole atrioventricolari, infatti, sono aperte; le valvole semilunari che separano i ventricoli dalle arterie aortica e polmonare, invece, sono chiuse. La diastole dura circa 0,4 secondi. La fase in cui il cuore si contrae è chiamata sistole . Essa inizia con una brevissima contrazione degli atri (sistole atriale) che dura circa 0,1 secondi e che riempie completamente i ventricoli di sangue. Al termine della sistole atriale inizia la sistole ventricolare , che ha una durata di circa 0,3 secondi. La contrazione dei ventricoli chiude le valvole atrioventricolari e apre le valvole semilunari, pompando il sangue nell’arteria polmonare e nell’aorta. Alla fine della sistole ventricolare, gli atri iniziano a rilassarsi e il sangue proveniente dalle vene comincia a fluire al loro interno, dando il via a un nuovo ciclo.

Il ciclo cardiaco viene percepito come un battito che si può ascoltare appoggiando al torace l’orecchio, o ancora meglio uno stetoscopio: all’inizio della sistole ventricolare, quando le valvole atrioventricolari si chiudono simultaneamente, si sente un rumore secco;

205 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

11



Che ruolo svolge il pace-maker cardiaco?

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

subito dopo, si ha un secondo suono dovuto alle valvole semilunari, che si chiudono quando il sangue entra nelle arterie. La frequenza cardiaca varia da una persona all’altra e dipende anche dall’età: nei bambini è pari a circa 110 battiti al minuto, negli adulti a 70-80, mentre gli atleti hanno, in genere, una frequenza decisamente minore, di circa 50-60 battiti al minuto. Se il numero dei battiti aumenta improvvisamente, si ha tachicardia; il fenomeno opposto è detto bradicardia. Il regolare susseguirsi di sistole e diastole è dovuto a una serie di impulsi elettrici che arrivano alle cellule del miocardio da una «regione regolatrice» situata nel cuore stesso e chiamata nodo senoatriale, o pace-maker cardiaco. Il cuore infatti è un muscolo autonomo che non dipende dal sistema nervoso per contrarsi. L’impulso si propaga come un’onda dagli atri ai ventricoli e può essere registrato in un grafico chiamato elettrocardiogramma (쑺figura 23A). La forza che il sangue esercita sulle pareti delle arterie quando viene pompato al loro interno è chiamata pressione sanguigna (쑺figura 23B). La pressione è massima durante la contrazione ventricolare, che determina una momentanea dilatazione dell’arteria, e minima quando il cuore è in diastole e la parete arteriosa si restringe tornando nella sua posizione originaria.

쑺 Figura 23 A. L’elettrocardiogramma registra il passaggio di «impulsi elettrici» nel cuore. B. Lo sfigmomanometro misura la pressione durante la diastole (minima) e la sistole (massima).

educazione alla salute

A

» L’ipertensione arteriosa

La pressione sanguigna dipende dalla forza con cui il cuore spinge il sangue nelle arterie durante la sistole ventricolare e dalla resistenza che il sangue può incontrare scorrendo nei vasi. Il valore normale di pressione sistolica (o massima) in una persona adulta è di 120 mmHg (millimetri di mercurio, unità di misura della pressione), mentre quello della pressione diastolica (o minima) è di 70 mmHg. Se il lume dei vasi sanguigni si dilata o la loro parete diventa meno elastica, la resistenza al flusso del sangue aumenta e, pertanto, deve aumentare la forza con cui il cuore pompa il sangue. Si verifica così un aumento della pressione arteriosa (ipertensione). Quan-

B

do questo stato si prolunga nel tempo, quindi con un aumento della pressione costante e non occasionale, si dice che una persona è ipertesa o che ha la «pressione alta». Il fatto che l’aumento sia costante è fondamentale per la diagnosi di ipertensione: infatti, le variazioni che la pressione arteriosa può subire sono molte. Il valore massimo di pressione aumenta soprattutto con l’età, probabilmente per l’inevitabile maggiore rigidità dei vasi arteriosi dovuta al fisiologico processo di invecchiamento. Sia la pressione «massima» sia la «minima» sono più alte al mattino appena svegli, si riducono durante la giornata per aumentare un poco verso la

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sera fino a scendere di nuovo molto mentre si dorme; i valori di pressione, infine, si alzano in occasione di intensi sforzi fisici e intense emozioni, oppure se si è in ansia o in situazioni di paura. Inizialmente l’ipertensione non provoca disturbi e spesso ci si accorge di una pressione arteriosa superiore alla norma dopo anni dalla sua insorgenza. Solo in alcune circostanze, infatti, la pressione alta dà chiari segnali, per esempio quando si innalza molto e rapidamente (crisi ipertensiva); in tal caso, il paziente accusa mal di testa improvvisi, una sensazione di testa pesante, ronzii alle orecchie, vertigine e, non di raso, perdita di sangue dal naso.

IL SISTEMA CIRCOLATORIO E IL SANGUE

18

LO SAPEVI?

Arterie, vene e capillari hanno strutture perfettamente adattate alla loro funzione

Come abbiamo detto seguendo il percorso della nostra goccia di sangue attraverso il sistema circolatorio, i vasi sanguigni che partono dal cuore si chiamano arterie, mentre quelli che riportano il sangue dalla periferia verso il cuore sono le vene. Le pareti delle arterie e delle vene sono costituite dagli stessi tre strati di tessuto: epiteliale, muscolare liscio e connettivo elastico. Tuttavia, poiché le arterie devono sopportare la pressione impressa al sangue dai ventricoli, la loro componente elastica e muscolare è più spessa di quella delle vene: le arterie sono dunque più robuste delle vene. Il lume del vaso sanguigno, al contrario, è maggiore nelle vene che nelle arterie per rendere minima la resistenza al flusso sanguigno nel suo ritorno verso il cuore (쑺figura 24). tessuti epiteliale vena

muscolare

3

Il sangue povero di ossigeno, di colore rosso scuro, viene detto sangue venoso, mentre il sangue ricco di ossigeno, di colore più brillante, è chiamato anche sangue arterioso. Nella circolazione sistemica, il sangue venoso scorre nelle vene e il sangue arterioso scorre nelle arterie. Nella circolazione polmonare, invece, si verifica il contrario: le arterie che lasciano il ventricolo destro dirette ai polmoni trasportano sangue venoso, mentre le vene che ritornano al cuore trasportano sangue arterioso.

arteria

connettivo

쑸 Figura 24 Le pareti delle arterie sono più spesse di quelle delle vene perché sopportano una pressione maggiore.

RISPON DI

rete capillare

Allontanandosi dal cuore, il sangue incontra vasi arteriosi sempre più piccoli e ramificati, Quali sono le differenze fino ad arrivare alle arteriole e poi ai capillari. A livello dei capillari avvengono gli scambi strutturali tra arterie e vene? tra il sangue e i tessuti: ossigeno, acqua, sali minerali e sostanze nutritive vengono cedute dal sangue alle cellule, mentre il diossido di carbonio e altri materiali di rifiuto passano dalle cellule al sangue. Le pareti dei capillari sono quindi estremamente sottili e permeabili: sono costituite da un solo strato di tessuto epiteliale pavimentoso chiamato endotelio e 쑽 Figura 25 Il lento scorrere del sangue nei capillari permetpossiedono dei piccoli pori per facilitare gli scambi (쑺figura 25). Dai capillari possono fuo- te lo scambio tra sangue e tesriuscire anche liquidi e cellule dotate di mobilità come i globuli bianchi, mentre i globuli suti. rossi e alcune grosse proteine plasmatiche non sono in grado di attraversare cellula epiteliale cellula del tessuto la parete. della parete capilare Una volta avvenuti gli scambi, i caliquido interstiziale pillari venosi confluiscono in vene di portata sempre maggiore. Nel circuito estremità estremità arteriosa del venosa del venoso il sangue ritorna al cuore sopratcapillare capillare tutto grazie al movimento del corpo: infatti, i muscoli scheletrici, contraendosi, comprimono le vene e spingono il sanmovimento netto movimento netto di liquidi in uscita di liquidi in entrata gue in avanti. All’interno delle vene più direzione ne o i s s tratto con e r p del flusso grosse, inoltre, si trovano alcune valvopr re o con sanguigna essione tratt igna maggio sanguigno minor le (dette a nido di rondine) che consentou g e san no al sangue di scorrere in un’unica direzione, ossia verso il cuore.



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capitolo

11

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

RISPON DI

19

Le cellule del nostro corpo sono bagnate dalla linfa che si raccoglie nei vasi linfatici



Il liquido che fuoriesce dai capillari e bagna tutte le cellule del nostro corpo è chiamato liquido interstiziale. Ogni giorno circa 4 litri di liquidi passano dal sangue ai tessuti; una piccola quantità rientra direttamente nei capillari, ma la maggior parte è raccolta dal sistema linfatico. Quando il liquido interstiziale è contenuto nei vasi linfatici prende il nome di linfa. linfonodi Il sistema linfatico è costituito da tubicini a fondo cieco, di diametro crescente, che riportano al sistema circolatorio sanguigno la linfa proveniente dai tessuti immettendola nella corrente sanguigna a livello delle grosse vene alla base del collo (쑺figura I dotti linfatici si immettono 26). I vasi linfatici non hanno pompe che mantengano in movinelle vene mento il fluido al loro interno ma, come le vene, scorrono tra i del collo. muscoli scheletrici; di conseguenza, quando il corpo si muove, i linfonodi muscoli comprimono la linfa e la spingono in avanti. Inoltre, la parete dei vasi linfatici possiede una componente muscolare che, contraendosi, aiuta il progredire della linfa. Il flusso unidireziodotto toracico nale è garantito dalla presenza di strutture valvolari. L’ostruzione o l’asportazione dei vasi linfatici comporta la formazione di un edema, ossia l’accumulo di liquido interstiziale nei tessuti a linfonodi valle che, di conseguenza, si gonfiano. Lungo tutto il sistema linfatico, nei punti d’incontro tra due o più vasi (in particolare in zone del corpo come le ascelle, il collo e l’inguine) sono presenti delle masserelle di tessuto spugnoso chiamate linfonodi. I linfonodi hanno il compito di filtrare la linfa che passa attraverso di essi, rimuovendo e distrugvasi linfatici gendo eventuali virus, batteri o altre particelle estranee in essa presenti. I linfonodi, infatti, contengono e producono un gran numero di globuli bianchi che difendono il nostro organismo dagli agenti patogeni. Durante un raffreddore, un mal di gola o un’influenza, può accadere di sentire i linfonodi del collo ingrossati e doloranti. Gonfiore e dolore sono indice di una risposta infiammatoria in atto. 쒀 Figura 26 Il sistema linfatico umano. Quali caratteristiche contraddistinguono il sistema linfatico umano?

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  sangue  elemento figurato  plasma  globulo rosso  globulo bianco  piastrina  cuore  miocardio  atrio  ventricolo  vena  arteria  piccola circolazione  grande circolazione  ciclo cardiaco  diastole  sistole  arteriola  pressione sanguigna  capillare  sistema  liquido interstiziale  sistema linfatico  linfa  linfonodo

1. Descrivi le diverse funzioni svolte da globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. 2. Perché si dice che il cuore è un muscolo autonomo? 3. Quale funzione svolgono le valvole cardiache? 4. Quale tra le seguenti caratteristiche non riguarda i capillari?

A hanno una parete sottile costituita da un unico strato di cellule

B attraverso la loro parete avvengono gli scambi tra sangue e cellule

C in essi rientra parte del liquido interstiziale che bagna le cellule

D al loro interno sono presenti valvole che impediscono il riflusso

208 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5. Tra atrio e ventricolo destro si trova la valvola:

A B C D

semilunare bicuspide a nido di rondine tricuspide

6. Quando i ventricoli si contraggono:

A il cuore è in diastole e si riempie di sangue

B il sangue viene spinto nelle arterie aortica e polmonare

C le valvole atrioventricolari sono aperte

D le valvole semilunari sono chiuse

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Esercizi interattivi

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11 capitolo Verifica la comprensione

Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. L’ossigeno passa dall’aria al sangue attraverso gli alveoli polmonari utilizzando un trasporto vf attivo che consuma energia. 2. Il fumo di sigaretta può danneggiare gravemente le cellule ciliate che tappezzano vf le vie respiratorie. 3. La gastrina prodotta dallo stomaco digerisce vf le proteine. 4. La cistifellea produce la bile. vf 5. I globuli rossi maturi si riproducono ogni 180 giorni circa. vf Barra il completamento che ritieni esatto. 6. Il muco prodotto dalle ghiandole gastriche ha la funzione di: A proteggere le pareti dello stomaco dall’azione corrosiva dei succhi gastrici B intrappolare batteri e virus eventualmente entrati con gli alimenti C digerire le sostanze alimentari di origine animale contenenti proteine D impedire il riflusso verso l’alto del bolo anche quando si è sdraiati 7. Le valvole semilunari: A sono direttamente collegate al pace-maker B sono poste tra gli atri e i ventricoli C possono bloccare il sangue che passa dalle arterie agli atri D impediscono il riflusso del sangue nei ventricoli 8. Durante l’inspirazione: A i muscoli intercostali si rilassano e il diaframma si alza B si crea nei polmoni una pressione maggiore di quella dell’aria esterna C la gabbia toracica si allarga grazie all’azione dei muscoli intercostali D il volume del torace diminuisce perché il diaframma si abbassa 9. Le ciglia presenti sulla trachea: A favoriscono gli scambi gassosi tra l’aria inspirata e il sangue B sono appendici filiformi identiche a quelle presenti sugli alveoli polmonari C spingono ritmicamente il muco della trachea in su verso la gola D muovono l’aria dirigendola verso gli alveoli polmonari

10. A differenza delle arterie, le vene: A trasportano sangue povero di ossigeno B sono vasi praticamente privi di valvole C trasportano il sangue verso il cuore D hanno pareti più spesse e robuste

esercizi

쑺 verifica le tue conoscenze

Completa le seguenti frasi. 11. La trachea si dirama in due .............................................................. che a loro volta si suddividono in ......................................................... . 12. La membrana formata da due foglietti che ricopre i polmoni facilitando l’atto respiratorio viene detta ......................................................... . 13. L’intestino crasso è suddiviso in tre parti: .................................................................................. , ....................................................................... e ......................................................... . 14. La contrazione del cuore che spinge il sangue nelle arterie è chiamata ......................................................... . 15. La cavità toracica in cui è alloggiato il cuore si chiama ......................................................... . 16. Le estroflessioni digitiformi lunghe circa 1 mm che tappezzano l’intestino tenue sono dette ......................................................... . Rispondi in cinque righe. 17. Dove si trovano e quali funzioni svolgono le valvole semilunari? 18. Quali sono le differenze strutturali e funzionali tra arterie e vene? 19. In che modo il bolo alimentare si trasforma in chimo? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 20. Dove si completa la digestione degli alimenti? Che ruolo svolge il pancreas nella digestione? Nel rispondere specifica: ● la funzione del duodeno ● la funzione del pancreas ● la funzione del dotto pancreatico ● la sostanza basica prodotta dal pancreas e la sua importanza ● gli enzimi prodotti dal pancreas e dalle ghiandole duodenali ● le sostanze alimentari su cui agiscono gli enzimi ● l’importanza della bile nel processo di digestione dei grassi.

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esercizi

capitolo

11

IL CORPO UMANO: RESPIRAZIONE, ALIMENTAZIONE E CIRCOLAZIONE

쑺 verifica le tue abilità Barra il completamento che ritieni esatto. 21. Quale tra le seguenti condizioni contribuisce maggiormente ad aumentare il ritmo respiratorio durante un intenso esercizio fisico? A l’aumento della temperatura corporea B l’aumento della sudorazione C l’abbassamento del pH del sangue D la stimolazione volontaria dei muscoli intercostali 22. Quale condizione patologica può essere risolta con l’istallazione di un pace-maker artificiale? A un’infezione batterica a carico del miocardio B l’ipertensione arteriosa C la malocclusione della valvola bicuspide D la tachicardia 23. Il rilassamento del diaframma durante l’atto respiratorio: A si verifica durante l’inspirazione determinando l’aumento del volume della cassa toracica B provoca una diminuzione della pressione all’interno dei polmoni C è contemporaneo alla contrazione dei muscoli intercostali D contribuisce a far uscire l’aria dai polmoni Rispondi in dieci righe. 24. In che modo l’ossigeno raggiunge i tessuti e il diossido di carbonio viene eliminato? 25. Quali funzioni svolge il fegato? Completa e correggi. 26. Negli spazi predisposti scrivi la lettera A se l’affermazione si riferisce al fegato, la lettera B se si riferisce al pancreas, la lettera C se si riferisce a entrambi gli organi oppure la lettera D se non si riferisce a nessuno dei due. 1) immagazzina glicogeno

.................

2) produce sia ormoni sia enzimi

.................

3) assorbe le sostanze digerite

.................

4) si trova nella parte sinistra dell’addome

.................

5) partecipa alla digestione producendo la bile

.................

tacco da parte di molti microrganismi che possono infettare le vie respiratorie nonostante l’azione ......................................................................

......................................................................

barriera  protezione  diossido di carbonio  patogena  nutrite  ostacola  protette  glucosio  impedisce  difensiva  predisposizione  danneggiate  catrame  favorisce  di trasporto 28. Barra i termini in neretto che ritieni errati. A livello dei tessuti/degli alveoli, l’ossigeno, che è meno/più concentrato nell’aria interna ai polmoni, tende a passare nel sangue staccandosi dalla/legandosi alla emoglobina contenuta nei globuli rossi; ciò è reso possibile anche dal notevole/sottile spessore della parete del tessuto polmonare. 29. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Il diossido di carbonio reagendo con l’acqua presente nel sangue forma un composto che fa innalzare/ abbassare il pH sanguigno. In caso di iperventilazione, determinata per esempio da uno stato ansioso, la concentrazione di CO2 nel sangue aumenta/diminuisce, il sangue diventa perciò meno/più acido. Per ritornare ad una situazione di equilibrio è utile respirare all’interno di un sacchetto di carta l’aria espirata il cui contenuto di CO2 è maggiore/minore rispetto quello dell’aria circostante. 30. Nel seguente brano individua i quattro termini errati e scrivili in una tabella sul tuo quaderno, riportando accanto i termini corretti (i termini sottolineati non vanno corretti.) Se le ghiandole salivari non producono HCl si determina una patologia chiamata acloridria. Di conseguenza la massa di cibo presente nello stomaco non viene sterilizzata e assume un pH acido. L’enzima pepsina non può essere eliminato per trasformazione del pepsinogeno, pertanto, la digestione dei carboidrati non può iniziare nello stomaco.

Il ...................................................................... contenuto nella carta delle sigarette ha proprietà cancerogene e, inoltre, depositandosi sulle pareti degli alveoli polmonari ......................................................................

gli scambi respiratori. Il fumo, ......................................................................

dalle sostanze irritanti presenti

nel fumo.

27. Completa il seguente brano scegliendo tra i termini proposti.

in generale, crea una

dei globuli bianchi. Infat-

ti le ciglia che tappezzano le vie respiratorie sono

all’at-

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12

capitolo

IL SISTEMA IMMUNITARIO E LA LOTTA CONTRO LE MALATTIE

1

L’immunità, gli organi di senso e il sistema nervoso

1 2 3 4

Il sistema immunitario e la lotta contro le malattie Nell’ambiente sono presenti moltissimi microrganismi, alcuni dei quali potenzialmente patogeni. La prima difesa contro le malattie è data da barriere fisiche come la pelle, il sudore, le lacrime o gli acidi dello stomaco. Dopo interviene l’infiammazione, un processo che attiva i fagociti, capaci di distruggere i batteri. Un’ulteriore difesa è rappresentata dal sistema immunitario, che agisce soprattutto grazie ai linfociti B e ai linfociti T.

Gli organi di senso ci permettono di rispondere agli stimoli Gli esseri umani, come tutti gli altri animali, utilizzano il sistema nervoso per relazionarsi col mondo esterno e per mettere in comunicazione tra loro gli organi del proprio corpo. Gli stimoli vengono raccolti mediante i recettori sensoriali, che possono essere sparsi nell’organismo, come quelli tattili o dolorifici, oppure riuniti a formare organi di senso come l’occhio o l’orecchio.

Il sistema nervoso: la trasmissione dell’impulso Il sistema nervoso, costituito dai neuroni e dalle cellule gliali, coordina tutte le azioni del nostro organismo. In un neurone a riposo l’interno della cellula ha carica elettrica negativa, mentre l’esterno ha carica positiva. Quando un neurone viene stimolato, la situazione si inverte e si instaura il potenziale d’azione, che si propaga fino alla terminazione sinaptica; qui il segnale nervoso viene trasportato al neurone postsinaptico o all’organo effettore da un neurotrasmettitore.

Il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico Il sistema nervoso centrale comprende l’encefalo e il midollo spinale; il sistema nervoso periferico è formato dai nervi sensoriali e motori che raggiungono le varie regioni del corpo. La parte motoria del sistema nervoso periferico può essere suddivisa in sistema nervoso volontario e sistema nervoso autonomo. A sua volta, il sistema nervoso autonomo si distingue in simpatico e parasimpatico.

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1

capitolo

12

lezione

212

obiettivi

quale ruolo 쑺 Spiegare svolgono le barriere fisiche e i processi infiammatori nella difesa dell’organismo. le differenze 쑺 Illustrare funzionali tra linfociti B e linfociti T. le risposte 쑺 Descrivere immunitarie primaria e secondaria. l’importanza 쑺 Evidenziare dei vaccini nella lotta contro

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

Il sistema immunitario e la lotta contro le malattie 1

Tutti gli ambienti della Terra sono popolati da microrganismi, ossia da esseri viventi così piccoli da essere visibili solo al microscopio; persino gli oggetti più comuni come la tastiera del computer o la cornetta del telefono sono un ricettacolo di batteri. Buona parte dei microrganismi con cui veniamo continuamente a contatto sono patogeni, ossia in grado di causare malattie; tra essi, oltre ai batteri, ci sono i virus, i protisti e i funghi unicellulari. Nella 쑺tabella 1 sono riportati alcuni agenti patogeni, le malattie da essi provocate e le modalità con cui si trasmettono. 쑽 TABELLA 1 Esempi di malattie infettive.

le malattie infettive.

educazione alla salute

Negli esseri umani le malattie possono essere causate da una gran varietà di microrganismi

Malattia

Agente patogeno

Modalità di trasmissione

Piede d’atleta

Trichophyton rubrum (fungo)

Contatto fisico con il fungo

Trichinosi

Trichinella spiralis (verme)

Ingestione di carne suina infetta poco cotta

Comune raffreddore

Rhinovirus (virus)

Contatto fisico o per via aerea

Tripanosomiasi africana

Trypanosoma (protozoo)

Puntura della mosca tse-tse

Malattia di Lyme

Borrelia burgdorferi (batterio)

Puntura di zecca infetta

Malaria

Plasmodium malariae (protozoo)

Puntura di zanzara Anopheles

Broncopolmonite

Streptococcus pneumoniae (batterio)

Contatto fisico

» Il virus è un virus!

Il biologo francese André Lwoff, che grazie ai suoi lavori di genetica dei microrganismi ricevette il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel 1965, disse riguardo ai virus: «Considerare o no i virus come organismi viventi è più che altro una questione di gusti». Per quasi un secolo, la comunità scientifica ha cambiato più volte idea sul fatto che i virus debbano essere considerati o meno esseri viventi. La parola virus deriva dal latino e significa «veleno»; inizialmente, infatti, i virus erano considerati veleni. Il termine venne usato per la prima volta alla fine del diciannovesimo secolo, quando i ricercatori compresero che alcune malat-

L’adenovirus è un virus poliedrico. Il virus del mosaico del tabacco ha forma elicoidale.

tie animali come la rabbia e l’afta epizootica erano causate da particelle che

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sembravano comportarsi come batteri, ma erano molto più piccole; si pensò al-

IL SISTEMA IMMUNITARIO E LA LOTTA CONTRO LE MALATTIE

Le malattie si possono trasmettere in vari modi: per contatto diretto da una persona all’altra, attraverso oggetti come le posate, le stoviglie e gli asciugamani, per inalazione e anche per ingestione di microrganismi o di sostanze di origine microbica presenti nei cibi, nel terreno e nell’acqua. In altri casi, l’organismo che trasmette la malattia può essere un animale: la peste bubbonica, per esempio, è una patologia provocata dal batterio Yersinia pestis che ha come ospite intermedio la pulce del ratto nero. Quando una pulce punge un essere umano, il batterio della peste attraverso il sangue raggiunge un linfonodo, dove si riproduce provocandone il rigonfiamento (bubbone); l’infezione si propaga poi a tutto l’organismo e spesso conduce alla morte. Nel quattordicesimo secolo la peste bubbonica, conosciuta come «morte nera» (dal colore dei linfonodi infettati), distrusse un quarto della popolazione europea. Oggi le migliori condizioni igieniche, la disponibilità di antibiotici e il controllo delle popolazioni di ratti hanno reso questa malattia molto rara in Europa; tuttavia la peste bubbonica è ancora presente in altre parti del mondo. Gli organismi patogeni agiscono in vari modi. Spesso, una volta entrati all’interno del corpo, essi possono penetrare nelle cellule e distruggerle, come nel caso del plasmodio della malaria; questo protista viene trasmesso dalle zanzare del genere Anopheles (쑺figura 1A); quando la zanzara punge una persona, il parassita entra nel sangue e si moltiplica all’interno dei globuli rossi fino a farli scoppiare (쑺figura 1B). I nuovi plasmodi vanno poi a infettare altri globuli rossi.

1 LO SAPEVI? Secondo una ricerca condotta dal professor Charles Gerba dell’Università dell’Arizona, che ha analizzato più di un centinaio di uffici sparsi per le città americane, sulla tastiera di un computer ci sono 400 volte più batteri di quanti non se ne trovino sulle tazze dei bagni degli uffici stessi.

쑸 Figura 1 A. Le zanzare del genere Anopheles sono i vettori della malaria. B. Il plasmodio della malaria si moltiplica nei globuli rossi umani facendoli scoppiare.

A

lora che i virus fossero le più semplici tra tutte le forme di vita. Nel 1935 i ricercatori della Rockefeller University di Princeton (New York) cristallizzarono per la prima volta il virus del mosaico del tabacco; gli scienziati osservarono che tale virus era composto da un involucro di biomolecole complesse, ma era privo delle strutture fondamentali per svolgere tutte le attività vitali. I virus vennero perciò retrocessi a livello di semplici sostanze chimiche. Studi successivi stabilirono che un virus è composto da acido nucleico (DNA o RNA) racchiuso in un involucro proteico di forma varia, in genere polie-

B

drica o elicoidale, e che talvolta esso contiene anche altre proteine virali coinvolte nel processo infettivo. Basandosi su questa descrizione, un virus sembra più simile a un aggregato di molecole chimiche che a un essere vivente. Tuttavia, quando il virus penetra in una cellula (che prende il nome di «ospite») è tutt’altro che inattivo: si libera dell’involucro e induce l’apparato enzimatico della cellula sia a riprodurre il proprio DNA o RNA sia a fabbricare altre copie delle proteine virali sulla base delle istruzioni contenute nel proprio genoma; le nuove particelle virali quindi si assemblano, formando nuovi virus

che possono, a loro volta, infettare altre cellule. I virus, dunque, sono parassiti intracellulari obbligati, cioè la cui riproduzione può avvenire solo in cellule metabolicamente attive; essi provocano notevoli modificazioni nella cellula ospite e spesso ne determinano la morte. A differenza delle malattie batteriche, che possono essere combattute mediante antibiotici, le malattie virali non sono facili da debellare, poiché non ci sono medicine specifiche. Per eliminare i virus presenti nel nostro organismo, come quelli che causano l’influenza, l’unica soluzione è quella di potenziare il nostro sistema immunitario con farmaci specifici e rimanere a riposo.

213 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

Le particelle virali sono colorate in verde.

쒀 Figura 2 La superficie di un

RISPON DI

linfocita T (un tipo di globulo bianco) infettato dal virus HIV. La foto è stata ottenuta con il microscopio elettronico a scansione e poi colorata artificialmente.



In che modo si sviluppa una infezione virale?

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

Anche i virus si riproducono all’interno delle cellule (쑺figura 2): dopo aver iniettato il proprio materiale genetico all’interno della cellula ospite, il virus la obbliga a produrre altre copie virali utilizzando gli organuli cellulari e le sostanze chimiche presenti nel citoplasma dell’ospite. Un virus particolarmente insidioso, in quanto attacca i linfociti, è il virus HIV (o virus dell’immunodeficienza umana) responsabile della malattia chiamata AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome). I linfociti sono globuli bianchi che, come vedremo, hanno il compito di difendere l’orgaLa superficie della celnismo dalle malattie: pertanto, la persona colpita è particolarlula appare di colore mente esposta alle infezioni e, talvolta, anche all’insorgenza di arancio. certe forme tumorali. Molti batteri, invece, si riproducono fuori dalle cellule, assimilando materiale organico dai fluidi (sangue e liquidi interstiziali) oppure producendo enzimi che digeriscono parti delle cellule per poterne assorbire il contenuto. In altri casi, l’azione patogena non è dovuta ai batteri, ma a sostanze nocive di origine batterica chiamate tossine: il batterio Clostridium, che normalmente vive nel terreno ma che può essere presente nei cibi in scatola, produce vari tipi di tossine che provocano una grave malattia chiamata botulismo. In tutti i casi, comunque, gli agenti patogeni danneggiano il nostro organismo provocando sintomi come febbre, tosse, raffreddore, dolore localizzato o diffuso, senso di spossatezza e mancanza di appetito.

2

La prima linea di difesa del nostro corpo agisce in maniera aspecifica

Abbiamo detto che, per provocare una malattia, un virus o un batterio devono innanzitutto penetrare nel nostro corpo. Allo scopo di proteggersi, l’organismo mette in campo una prima linea di difesa chiamata non specifica perché non distingue un agente patogeno da un altro. La prima barriera è rappresentata dalla pelle che, se non presenta ferite o escoriazioni, è praticamente impenetrabile per la maggior parte dei microrganismi; inoltre, sudore, saliva e lacrime contengono un enzima, il lisozima, che attacca e distrugge le pareti cellulari di molti batteri. Anche le parti del corpo che comunicano con l’esterno sono protette da difese non specifiche: la maggior parte dei batteri ingeriti con il cibo, infatti, viene uccisa dall’acidità dei succhi gastrici, mentre l’aria che entra nel naso è filtrata da una fitta rete di peli che trattiene le particelle estranee. Inoltre, come abbiamo visto nella lezione 1 del capitolo 11, l’epitelio che riveste le pareti della trachea e dei bronchi è tappezzato da cellule munite di ciglia che secernono muco; il muco intrappola gran parte dei microbi e del pulviscolo passati attraverso il filtro nasale e le ciglia spingono il muco verso l’alto. A volte, tuttavia, i microrganismi riescono a superare queste barriere fisiche e penetrano nell’organismo, per esempio attraverso un’abrasione o una puntura d’insetto. In tal caso, il nostro corpo mette in atto un secondo tipo di difesa; il punto d’ingresso dei microbi diventa gonfio, rosso e caldo e si ha un’infiammazione. Il segnale d’allarme che dà il via al processo infiammatorio viene dalle cellule lesionate, che liberano alcune sostanze chimiche tra cui l’istamina. Tali sostanze provocano diversi effetti, come l’aumento dell’afflusso di sangue verso la zona danneggiata e la dilatazione dei capillari, che diventano più permeabili favorendo la fuoriuscita di plasma e di alcuni globuli bianchi chiamati fagociti. I fagociti sono in grado di inglobare (fagocitare) le particelle estranee e distruggerle (쑺figura 3 e 4 a pagina seguente). Lo scopo dell’infiammazione è quello di ripulire il tessuto lesionato; durante questo processo molti globuli bianchi muoiono mentre «combattono» e i loro resti, insieme a quelli dei microrganismi morti, a varie sostanze di rifiuto e al liquido fuoriuscito dai capillari, formano il pus.

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IL SISTEMA IMMUNITARIO E LA LOTTA CONTRO LE MALATTIE

1

lesione della pelle Un fagocita emette diversi pseudopodi per inglobare cellule di E. coli.

Microrganismo che entra attraverso una ferita. Fagocita che attacca il microrganismo. Fagocita che esce dal capillare.

쒀 Figura 3 Un globulo bianco in azione.

3

쒀 Figura 4 Reazione infiammatoria innescata dall’ingresso di microorganismi.

RISPON DI

La risposta infiammatoria può essere locale, come nel caso di una piccola ferita, oppure, se i microrganismi entrano nel sangue o vi rilasciano le tossine, può essere estesa a tutto l’organismo (sistemica); in tal caso, l’intero corpo reagisce aumentando sia il numero di globuli bianchi circolanti sia la temperatura corporea. Un moderato incremento di temperatura, infatti, contribuisce alla difesa dell’organismo stimolando la fagocitosi e inibendo la proliferazione di molti microrganismi, che possono riprodursi solo all’interno di specifici intervalli di temperatura.



Quali eventi si susseguono durante la risposta infiammatoria locale?

Una seconda linea di difesa è costituita dalle cellule del sistema immunitario

Quando un microrganismo riesce a superare le barriere rappresentate dalla pelle, dalle sostanze antimicrobiche e dai processi infiammatori, entra in gioco una seconda linea di difesa dell’organismo: il sistema immunitario. Il sistema immunitario opera attraverso una complessa rete di cellule ampiamente diffusa in tutto il corpo; i principali artefici della difesa immunitaria sono particolari globuli bianchi chiamati linfociti. I linfociti, prodotti soprattutto nel midollo osseo e nel timo, circolano liberamente nel sangue e nella linfa e si trovano localizzati in grandi quantità in alcuni organi linfatici come la milza, le tonsille, le adenoidi, i linfonodi e, nell’intestino, le placche di Peyer e l’appendice (쑺figura 5). I linfociti hanno la capacità di distinguere le cellule normali del nostro corpo (denominate self) da tutto ciò che è estraneo (non self): sono in grado, cioè, di riconoscere e attaccare invasori specifici (sia cellule sia sostanze chimiche), ma anche le cellule del nostro corpo infettate da virus o diventate cancerose. In alcuni casi, tuttavia, i linfociti «fanno confusione» e attaccano tessuti dell’organismo non riconoscendoli come self. Si scatenano così le malattie autoimmuni: nell’artrite reumatoide, per esempio, vengono danneggiate le cartilagini delle articolazioni tra le ossa; nella sclerosi multipla, invece, i linfociti attaccano e distruggono la guaina mielinica che riveste le cellule nervose, fino a causare difficoltà di deambulazione, deficit di memoria e perdita della parola. Le malattie autoimmuni sono molto difficili da curare; per ora è solo possibile alleviarne i sinto-

adenoidi tonsille

linfonodi

timo

milza

placche di Peyer appendice midollo osseo

쑺 Figura 5 Gli organi linfatici sono dislocati nel corpo e provvedono alla risposta immunitaria specifica.

215 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

LO SAPEVI?

RISPON DI

I linfociti B prendono il loro nome da un organo tipico degli uccelli chiamato «borsa di Fabrizio», scoperto nel Cinquecento dall’anatomista e fisiologo italiano Girolamo Fabrici d’Acquapendente, organo in cui ha luogo appunto lo sviluppo dei linfociti B. I linfociti T devono invece il proprio nome al timo.



Perché l’immunità generata dai linfociti è specifica?

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

mi e deprimere il sistema immunitario, correndo oltretutto il rischio che l’abbassamento delle difese porti all’insorgenza di altre patologie. I linfociti, dunque, rappresentano una linea di difesa specifica contro le malattie. Questi globuli bianchi si dividono in due tipi principali: i linfociti B, che restano nel midollo osseo fino alla maturità, e i linfociti T, anch’essi prodotti dal midollo osseo, ma che raggiungono la maturità nel timo. Ogni linfocita T o B è in grado di riconoscere un agente estraneo grazie a recettori specifici presenti sulla membrana cellulare. Tali recettori si adattano perfettamente agli antigeni, ossia alle sostanze di natura proteica che si trovano esposte sulla superficie delle particelle o dei microrganismi estranei, un po’ come una spina si attacca a una presa di corrente. Nel nostro corpo esiste un numero enorme di linfociti T e B, compreso tra i 100 milioni e i 100 miliardi; il midollo osseo e il timo producono continuamente migliaia di linfociti, ognuno dei quali è provvisto di un particolare recettore in grado di riconoscere un possibile antigene. Di conseguenza, il nostro sistema immunitario è in grado di riconoscere praticamente tutti gli antigeni che potremmo incontrare nel corso della nostra vita.

4

I linfociti B riconoscono gli antigeni e producono anticorpi

Quando un linfocita B incontra un antigene e lo riconosce, si lega ad esso e dà inizio alla risposta immunitaria (쑺figura 6). La prima volta che il nostro sistema immunitario viene a contatto con un certo antigene si ha la risposta immunitaria primaria: il linfocita B che, tramite il suo specifico recettore, ha riconosciuto l’antigene comincia a dividersi attivamente e genera un clone, cioè una popolazione di cellule figlie identiche. Da queste prenderanno origine due tipi di cellule: le plasmacellule e le cellule della memoria. 쑺 Figura 6 La risposta immunitaria primaria attiva la formazione di anticorpi e di cellule della memoria.

antigeni recettore

Gli antigeni si legano a specifici recettori presenti solo su un determinato tipo di linfocita B.

nucleo del linfocita I linfociti B attivati dagli antigeni si dividono e si trasformano in plasmacellule e cellule della memoria.

plasmacellula

cellula della memoria

Le plasmacellule secernono anticorpi.

anticorpi

쒀 Figura 7 Struttura tridimensionale di un anticorpo.

Le cellule della memoria rimangono in circolazione per molto tempo.

Le plasmacellule sono cellule a vita breve capaci di produrre e secernere una gran quantità di anticorpi (circa 2000 molecole al secondo). Un anticorpo (쑺figura 7), o immunoglobulina, è una proteina specifica che riesce a identificare in maniera precisa e pressoché univoca un certo antigene. Le plasmacellule riversano gli anticorpi nel sangue e nella linfa; attraverso i fluidi del corpo, essi raggiungono il luogo dell’infezione e si legano all’antigene da neutralizzare formando il complesso antigene-anticorpo. La presenza del complesso antigene-anticorpo mette in moto a sua volta una serie di meccanismi di difesa: l attiva le proteine del sistema del complemento, che si legano alle membrane delle cellule estranee provocandone la rottura; l richiama speciali cellule immunitarie chiamate mastociti che svolgono attività fagocitaria, cioè sono in grado di inglobare nel proprio citoplasma particelle estranee e microrganismi e distruggerli.

216 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Le plasmacellule sono destinate a morire nel giro di circa 7 giorni e comunque non appena l’infezione è stata vinta; le cellule B della memoria, al contrario, hanno una vita molto lunga, anche decine di anni, e hanno il compito di mantenere il «ricordo» dell’antigene che è stato riconosciuto per la prima volta dal linfocita capostipite. A un secondo attacco dello stesso agente patogeno, per esempio un virus, i linfociti B della memoria riconoscono immediatamente l’antigene e si moltiplicano rapidamente dando vita a un nuovo clone di plasmacellule (risposta immunitaria secondaria); queste producono un numero elevato di anticorpi che neutralizzano il virus in tempi molto più brevi rispetto alla prima volta, addirittura prima che la malattia possa manifestarsi. È per questa ragione che non ci ammaliamo per due volte di rosolia oppure di morbillo. Poiché i linfociti B reagiscono all’infezione producendo anticorpi che circolano nei liquidi corporei, l’immunità prodotta da queste cellule è detta immunità umorale. In certi casi, l’immunità umorale può essere indotta artificialmente iniettando nel paziente un siero contenente anticorpi specifici per la malattia. In questo caso l’organismo, pur non acquisendo la capacità di produrre in proprio tali anticorpi, ottiene un’immunità temporanea che lo aiuta a combattere l’infezione. Gli anticorpi immessi nell’organismo restano attivi solo per alcune settimane.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 Il sistema immunitario



Che differenza c’è tra plasmacellule e cellule della memoria?

I linfociti T sono i protagonisti dell’immunità mediata da cellule

Come abbiamo detto, i linfociti T sono prodotti dal midollo osseo e completano la propria maturazione nel timo, dove «imparano» a distinguere le cellule del nostro corpo dagli agenti estranei. Questi linfociti sono responsabili dell’immunità mediata da cellule o immunità cellulare. Il timo è un organo che si trova sotto lo sterno ed è particolarmente attivo dalla fine del periodo embrionale alla pubertà; durante l’adolescenza, in seguito all’azione degli ormoni sessuali, il timo riduce progressivamente le proprie dimensioni e la propria attività fino ad atrofizzarsi del tutto. A questo punto, i linfociti T che sono ormai giunti a maturazione rimarranno funzionali per il resto della vita. Come i linfociti B, anche i linfociti T si attivano quando incontrano lo specifico antigene che si lega al proprio recettore di membrana. Anche in questo caso il linfocita T inizia a dividersi producendo un clone di cellule: la maggior parte di esse metterà in atto la risposta immunitaria primaria, mentre la restante porzione darà origine alle cellule T della memoria. Queste rimarranno in circolazione pronte a dare luogo alla risposta immunitaria secondaria in caso di un nuovo contatto con lo stesso agente patogeno (쑺figura 8). Mentre i linfociti B possono attivarsi anche in risposta agli antigeni solubili – per esempio tossine proteiche – presenti nei liquidi corporei, i linfociti T sono in grado di riconoscere un antigene solo se questo viene loro «presentato» sulla superficie di una cellula, legato a speciali proteine di membrana. È questo il caso delle cellule tumorali, che espongono sulla propria membrana delle proteine «anomale», oppure delle cellule infettate da virus o batteri, sulla cui membrana sono presenti proteine virali diverse da quelle self. Esistono almeno due tipi principali di linfociti T: i linfociti T citotossici, che hanno il compito di attaccare e ucci-

linfociti B o T primo legame con un antigene risposta immunitaria primaria (primo clone)

plasmacellule

cellule della memoria secondo legame con lo stesso antigene

risposta immunitaria secondaria (secondo clone)

nuove plasmacellule

nuove cellule della memoria

risposta immunitaria primaria e secondaria

concentrazione di anticorpi

5

1

RISPON DI

IL SISTEMA IMMUNITARIO E LA LOTTA CONTRO LE MALATTIE

risposta immunitaria secondaria

seconda esposizione prima esposizione risposta immunitaria primaria

0

7

14

21

28

35

42

49

56

63

tempo (giorni)

쒀 Figura 8 La risposta primaria è più lenta e meno intensa di quella secondaria.

217 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

» I nuovi vaccini: una sfida per la mente

di 1-2 anni: prima di questa rivoluzione tecnologica ne occorrevano 15. Un bel risparmio di tempo e di denaro! I grandi e recenti progressi nella tecnologia per produrre i vaccini sono tuttavia avvenuti in maniera molto più veloce rispetto al nostro modo di ragionare, che di fronte alle novità a volte arranca. È ora che il nostro hard disk mentale si aggiorni, perché ci sono ottime opportunità per la nostra salute da cogliere e qualche paura ormai infondata da abbandonare. Guai però ad abbandonare le vaccinazioni, pensando che non servano più! Parecchie malattie sono quasi scomparse proprio perché esistono i vaccini; non sono però scomparsi i batteri e i virus che le causano. In Russia,

1

per esempio, la difterite è riapparsa, negli anni Novanta, con violente epidemie: le prime su larga scala in un Paese industrializzato dopo tre decenni di «silenzio» da parte del batterio. La causa? L’interruzione delle vaccinazioni in seguito alla dissoluzione del regime sovietico e al caos conseguente nel sistema sanitario nazionale. Oggi i germi si spostano in jet, non si fermano ai controlli di frontiera e sviluppano resistenze contro i famaci più comuni: tre ulteriori ragioni per affidare ai vaccini la protezione della nostra salute.

쑽 I casi di difterite riportati in Unione Sovietica e nei nuovi stati indipendenti, 1965-1996. (www.cdc.gov)

60000 50000 40000 30000 20000 10000 0

65 67 69 71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95 anno

e cellule della memoria. La successiva esposizione allo stesso virus o allo stesso batterio determinerà la rapida comparsa di una risposta immunitaria secondaria prima che il patogeno sia in grado di provocare la malattia. Alcune vaccinazioni conferiscono un’immunità che dura per tutta la vita, mentre altre devono essere «richiamate» periodicamente perché le cellule della memoria un po’ alla volta muoiono: la vaccinazione contro il tetano, per esempio, deve essere ripetuta ogni 10 anni. Grazie alle vaccinazioni di massa, oggi possiamo proteggerci da molte malattie di origine sia batterica sia virale come il morbillo, la difterite, la pertosse o l’epatite (oltre, come abbiamo detto, al vaiolo e alla polio). Di fatto, si può affermare che i vaccini sono l’unica difesa efficace contro i virus, che come sappiamo non sono sensibili agli antibiotici: vaccinando la maggior parte della popolazione, infatti, non si proteggono solo gli individui vaccinati, ma indirettamente anche tutti gli altri, perché le probabilità di contagio diminuiscono proporzionalmente.

RISPON DI

«Isola il germe, uccidilo, iniettalo» è il principio empirico usato fin dai tempi di Pasteur per fabbricare vaccini contro microrganismi temibili ma stabili. Oggi le conoscenze sul genoma ci permettono di rendere inoffensivi anche germi «instabili» e pericolosi, come il meningococco e il virus dell’influenza, che parevano impossibili da prevenire a causa dei loro ingegnosi e frequenti travestimenti. Le nuove vaccinazioni sono più sicure ed efficaci rispetto ai preparati del passato. Basti dire che i 14 vaccini attuali, somministrati di routine ai bambini, contengono complessivamente meno di 200 fra proteine virali e batteriche o zuccheri: nel 1980 le componenti erano più di 3000, in soli 7 vaccini. Come mai il numero di componenti di ciascun vaccino si è ridotto di così tanto? I vaccini del secolo scorso erano preparati piuttosto grezzi: non c’era la possibilità di selezionare le parti più antigeniche di un virus o di un batterio, e perciò si iniettavano i microrganismi interi, uccisi o attenuati. Oggi questo non si fa più: i vaccini del ventunesimo secolo sono progettati tramite modelli al computer ed esperimenti di laboratorio che permettono di inserire soltanto le parti necessarie a stimolare la risposta immune. E il tempo necessario a scoprire e portare a prove cliniche un nuovo vaccino è

casi

educazione alla salute

IL SISTEMA IMMUNITARIO E LA LOTTA CONTRO LE MALATTIE



Che funzione hanno i vaccini?

219 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

7

Alcune sostanze innocue possono dare origine a reazioni eccessive del sistema immunitario

RISPON DI

Alcune sostanze innocue, come per esempio le proteine presenti sui granuli di polline, possono essere responsabili delle reazioni allergiche; queste sostanze sono chiamate allergeni. Il sistema immunitario di una persona allergica è ipersensibile, cioè «scambia» una sostanza innocua per un antigene e produce anticorpi contro di essa innescando una risposta infiammatoria locale o sistemica. Le allergie sono di diverso tipo: si può essere allergici agli acari della polvere, alle particelle di saliva che si trovano sul pelo del gatto, al veleno delle vespe, a diversi tipi di polline, ai farmaci, al lattice, al nichel oppure a numerose sostanze alimentari. I sintomi di un’allergia riguardano spesso gli occhi, le vie respiratorie o la pelle. Starnuti a raffica, naso «che cola», attacchi d’asma, occhi che lacrimano, prurito e arrossamento sono i sintomi più frequenti che accompagnano l’esposizione agli allergeni. La maggior parte delle allergie è solo fastidiosa; tuttavia, in alcuni casi, questa ipersensibilità può essere una minaccia per la vita stessa. Infatti, una risposta allergica sistemica, detta anche anafilassi, può causare reazioni cutanee, broncocostrizione e difficoltà respiratorie, edema e calo della pressione arteriosa; questa condizione molto pericolosa, denominata shock anafilattico, ha come estreme conseguenze il coma e la morte. L’allergia è una malattia ereditaria; tuttavia, non si eredita l’ipersensibilità a una specifi ca sostanza, ma piuttosto una generica predisposizione all’ipersensibilità. In altre parole, Che differenza c’è tra antigene un genitore allergico al polline delle graminacee potrebbe avere figli allergici ad acari e e allergene? nipoti allergici al pelo animale, e così via. Nei soggetti predisposti, molti fattori favoriscono il manifestarsi dell’allergia: l’inquinamento atmosferico (in particolare le polveri sottili), le infezioni virali o l’uso ripetuto di antibiotici nella pri쑺 Figura 11 Un test cutaneo per ma infanzia e l’allattamento artificiale. Questi e altri diagnosticare l’allergia. fattori, tuttavia, possono solo accelerare o facilitare l’insorgere dell’allergia, ma non sono in grado di proIl medico inocula nella vocarla in assenza di una predisposizione genetica. pelle una piccola La diagnosi di allergia si basa solitamente su un quantità di allergene. Se compare il ponfo, il test cutaneo, il prick-test: il medico pratica una serie test è positivo e il padi piccole scalfitture sulla pelle nelle quali inocula ziente è allergico. una minima quantità di allergene. Se il paziente possiede anticorpi attivi contro quell’allergene, si osserverà una reazione di gonfiore localizzato con prurito (ponfo) (쑺figura 11).



hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  patogeno  infiammazione  fagocitosi  difesa specifica  malattia autoimmune  antigene  risposta immunitaria  anticorpo  allergene  reazioni allergiche  vaccino  immunità umorale  immunità mediata da cellule  linfocita

1. Quali sintomi può provocare una reazione allergica? 2. Che differenza c’è tra immunità primaria e secondaria? 3. Che differenza c’è tra antigene e anticorpo? 4. Quale caratteristica distingue i linfociti B dai linfociti T?

A sono in grado di riconoscere gli antigeni

B sono responsabili dell’infiammazione

C agiscono anche contro gli antigeni solubili

D si trasformano in plasmacellule

220 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5. Quali tra le seguenti cellule sono responsabili dell’immunità umorale?

A B C D

i fagociti i linfociti B i linfociti T helper i linfociti T citotossici

6. Quale tra i seguenti eventi non è un effetto dell’infiammazione?

A B C D

rilascio di istamina dilatazione dei capillari azione dei fagociti aumento del flusso sanguigno

2

2

Gli organi di senso ci permettono di rispondere agli stimoli

lezione

GLI ORGANI DI SENSO CI PERMETTONO DI RISPONDERE AGLI STIMOLI

8

obiettivi

Le attività del nostro corpo e la risposta agli stimoli sono coordinate dal sistema nervoso

Gli organi e i sistemi che costituiscono il nostro corpo agiscono come un insieme coordinato; affinché ciò sia possibile è necessario che essi comunichino encefalo rapidamente l’uno con l’altro e che siano in grado di rilevare i cambiamenti dell’ambiente interno ed esterno, e di reagire a tali variazioni. Negli esseri umani e in tutti gli animali, il sistema nervoso è la «centralina» che, attraverso una fitta midollo rete di speciali cellule, compie quest’opera di collegaspinale mento e coordinamento. Il sistema nervoso, che studieremo nella prossima lezione, si divide in centrale e periferico (쑺figura 12): l il sistema nervoso centrale comprende l’encefalo e il midollo spinale; l il sistema nervoso periferico è formato dai nervi sensoriali e motori che raggiungono le varie regioni del corpo e le collegano al sistema nervoso centrale.

9

쑸 Figura 12 Il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) e quello periferico (nervi) percepiscono gli stimoli, li elaborano e inviano una risposta adeguata agli organi effettori.

nervi

RISPON DI

Gli stimoli provenienti dall’esterno e dall’interno dell’organismo vengono raccolti mediante specifici recettori sensoriali che li convertono in impulsi elettrici; tali impulsi poi corrono lungo i nervi sensoriali fino al sistema nervoso centrale, dove l’informazione viene tradotta in sensazione. La sola sensazione, però, non ci sarebbe utile se non fossimo anche in grado di elaborarla e di rispondere in modo adeguato; l’organo del sistema nervoso centrale che elabora le sensazioni, trasformandole in percezioni, ed è responsabile della formulazione delle risposte è l’encefalo, che invia poi tali risposte attraverso le vie nervose motorie fino agli organi effettori, come i muscoli o le ghiandole endocrine.

i diversi tipi 쑺 Elencare di recettori sensoriali. la sensazione 쑺 Distinguere dalla percezione. gli organi 쑺 Descrivere di senso.



In che modo gli stimoli raggiungono il sistema nervoso centrale?

Che differenza c’è tra sensazione e percezione?

I recettori sensoriali ricevono gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno (per esempio una luce, un suono, un contatto) e li trasmettono al sistema nervoso centrale; quest’ultimo si «accorge» dell’informazione e la confronta con esperienze precedenti trasformandola in percezione, ossia in un’interpretazione dei dati dotata di un significato. Puoi capire la differenza tra sensazione e percezione guardando la 쑺figura 13. Gli stimoli che vengono trasmessi dagli occhi all’encefalo sono delle differenze di colore recepite dal no-

쑸 Figura 13 La differenza tra sensazione e percezione: che cosa vedi?

221 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

12



In che modo una sensazione si trasforma in percezione?

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

stro sistema nervoso come macchie nere su sfondo azzurro: questa è la sensazione. Se però qualcuno ti suggerisce che le macchie siano disposte a rappresentare una persona a cavallo, l’immagine acquista un significato diverso: improvvisamente «vedi» un cavaliere in sella a un cavallo. Ma come si arriva a questo risultato? L’indizio fornito rappresenta un aiuto solo a condizione che l’osservatore conosca i cavalli, sappia che cosa significa cavalcare e possa recuperare dalla memoria immagini corrispondenti alla figura che sta osservando. Solo se si verificano queste condizioni la sensazione diventa percezione.

RISPON DI

10



Quale funzione svolgono i recettori sensoriali?

쑽 Figura 14 Questa immagine, ottenuta con il microscopio elettronico a scansione, mostra gli strati che compongono la retina umana. Prima di raggiungere i fotocettori, che si trovano sulla destra, la luce deve attraversarli tutti.

Da sinistra a destra: in marrone, lo strato superficiale; i corpi cellulari delle cellule gangliari (i cui assoni formano il nervo ottico), delle cellule bipolari e dei recettori, con i nuclei colorati in rosso; infine, i coni (gialli) e i bastoncelli (bianchi).

Recettori sensoriali di tipi diversi raccolgono informazioni dall’ambiente esterno e dall’interno del nostro corpo

Come abbiamo detto, le informazioni sul mondo esterno e sui cambiamenti che avvengono dentro di noi sono trasmesse al sistema nervoso centrale dai recettori sensoriali. Nel nostro organismo esistono cinque tipi di recettori, ciascuno dei quali è sensibile a un particolare stimolo (chimico, meccanico, termico). Il recettore è una struttura capace di rilevare lo stimolo e di trasformarlo in un impulso elettrico che si propaga attraverso i nervi fino a raggiungere la propria destinazione specifica in un’apposita area dell’encefalo. Alcuni recettori, come quelli dolorifici, sono sparsi in tutto il corpo; altri invece, come i recettori degli impulsi luminosi (i coni e i bastoncelli) o i recettori acustici, sono riuniti in organi di senso dove sono associati ad altre strutture che aiutano i recettori a raccogliere le informazioni da trasmettere al sistema nervoso centrale. Vediamo ora in dettaglio i cinque tipi di recettori sensoriali. l I recettori del dolore sono terminazioni nervose libere che si trovano in tutte le regioni del corpo tranne che nel cervello. Il dolore costituisce un segnale molto importante perché spesso indica che una parte del nostro corpo è in pericolo. In altre parole, il dolore ci protegge: se non avvertissimo una sensazione dolorosa toccando un oggetto incandescente, non avremmo modo di evitare le ustioni. l I termocettori, costituiti anch’essi da terminazioni nervose libere, sono localizzati nella pelle e in alcuni organi interni, e sono sensibili al caldo e al freddo. Le informazioni raccolte dai termocettori raggiungono il nostro «termostato», che si trova in una regione dell’encefalo chiamata ipotalamo; qui le informazioni vengono integrate e viene elaborata la risposta utile a mantenere costante la temperatura corporea. l I meccanocettori sono particolari cellule situate nella pelle e nei muscoli che vengono stimolate da diverse forme di energia meccanica, come la pressione, il contatto, lo stiramento e il movimento. l I chemiocettori si trovano nel naso, sulla lingua e in alcune arterie; essi sono in grado di rilevare le sostanze chimiche volatili che ci consentono di percepire gli odori, quelle disciolte nella saliva (responsabili dei sapori) e quelle disciolte nel sangue. Un aumento di CO2 determina un aumento di acido carbonico nel sangue con variazione di pH; questa variazione di acidità viene rilevata dai chemiocettori che inviano segnali all’encefalo, il quale a sua volta provvede a far aumentare il ritmo respiratorio in modo da riportare il livello di CO2 (e di conseguenza la concentrazione di acido carbonico e il pH) alla normalità. l I fotocettori sono cellule specializzate chiamate coni e bastoncelli (쑺figura 14) che si trovano nella retina dell’occhio e sono sensibili alla luce. I coni sono stimolati dai colori e sono di tre tipi diversi, ciascuno dei quali è sensibile a uno dei colori fondamentali della luce (blu, verde e rosso); un’anomalia nella loro struttura dà luogo al daltonismo, una malattia di origine genetica che non permette

222 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

GLI ORGANI DI SENSO CI PERMETTONO DI RISPONDERE AGLI STIMOLI

2

di distinguere i colori, soprattutto il rosso dal verde. I bastoncelli non distinguono i colori, ma sono più sensibili dei coni e ci permettono di vedere gli oggetti in condizioni di penombra, seppure in bianco e nero.

Oltre la metà degli stimoli sensoriali diretti al cervello di un essere umano è di natura visiva

12

sclera

coroide

retina

nervo ottico

umor vitreo

쒀 Figura 15 La struttura dell’occhio comprende diversi strati.

RISPON DI

La visione da sola rappresenta circa il 70% delle nostre percezioni dell’ambiente esterno. L’organo di senso che ci permette di vedere il mondo intorno a noi è l’occhio (쑺figura 15): iride l La parte più esterna dell’occhio è formata dalla sclera, una spessa membrana bianca di tessuto connettivo con funzione protettiva. La parte centrale della sclera è trapupilla sparente e prende il nome di cornea. La cornea è la parte più vulnerabile dell’occhio, ma possiede una grande umor acqueo capacità di autoriparazione; inoltre, si tratta dell’unica cornea parte dell’occhio che può essere trapiantata senza pericristallino colo di rigetto, perché è priva di vasi sanguigni e non viene raggiunta dalle cellule del sistema immunitario. muscolo Non essendo vascolarizzata, la cornea riceve ossigeno e ciliare nutrienti dai tessuti circostanti, per diffusione. l Al di sotto della sclera si trova la coroide, uno strato pigmentato contenente i vasi sanguigni che nutrono l’occhio. Tra la sclera e la coroide esiste una tasca piena di liquido detto umor acqueo. Nella parte anteriore, la coroide si modifica per formare due strutture muscolari, l’iride e i muscoli ciliari. L’iride può avere colori diversi e presenta al centro un foro circolare, di cui può regolare le dimensioni, chiamato pupilla. l Attraverso la pupilla, la luce entra nell’occhio e attraversa due strati trasparenti (che, insieme alla cornea e all’umor acqueo, formano il sistema di lenti dell’occhio): il cristallino, sorretto dai muscoli ciliari, e l’umor vitreo, un liquido gelatinoso e trasparente che riempie la cavità interna dell’occhio. l Lo strato più interno dell’occhio, quello su cui vengono convogliati i raggi di luce, è la retina; questo tessuto contiene milioni di fotocettori, i quali trasmettono informazioni al cervello inviando impulsi elettrici attraverso il nervo ottico.

Che funzione ha la retina e quali cellule presenta?

RISPON DI

11

Quale funzione ha il sistema di lenti dell’occhio?



I difetti della vista sono dovuti alla forma dell’occhio o alla curvatura del cristallino

Il sistema di lenti presente nell’occhio (cornea, umor acqueo, cristallino e corpo vitreo) ha lo scopo di focalizzare, ossia di concentrare in un unico punto i raggi di luce che arrivano all’occhio paralleli tra loro. In alcuni casi la forma dell’occhio o la curvatura del cristallino non consentono di mettere correttamente a fuoco gli oggetti e la visione è poco precisa. Si parla allora di difetti della vista; i più comuni sono la miopia, l’astigmatismo, l’ipermetropìa e la presbiopìa. Quando esiste un difetto della vista, i raggi luminosi provenienti dall’esterno non sono focalizzati sulla retina bensì prima della retina (nel caso di miopia) o dopo la retina (nel caso di ipermetropia e presbiopia). Con l’astigmatismo, invece, si hanno due punti di fuoco e quindi si possono presentare più casistiche a seconda della tipologia dell’astigmatismo stesso. I primi tre difetti della visione sono in gran parte da imputare alle dimensioni dell’occhio e alla curvatura della sua parte anteriore e sono chiamati ametropie; la presbiopia, invece, è dovuta al naturale invecchiamento dell’occhio e solitamente compare dopo i quarant’anni.



223 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

RISPON DI

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Che funzione hanno gli otoliti?

쑺 Figura 16 La struttura dell’orecchio comprende orecchio esterno, medio e interno.

Il senso dell’udito e quello dell’equilibrio dipendono entrambi da recettori contenuti nell’orecchio

Insieme alla vista, l’udito è il senso su cui facciamo maggiore affidamento per relazionarci con l’ambiente in cui viviamo. L’orecchio ha il compito di trasformare le onde sonore in impulsi elettrici. In generale, qualsiasi suono è prodotto da un corpo che vibra, come per esempio le corde di una chitarra quando vengono pizzicate; vibrando, le corde trasmettono la propria energia meccanica alle particelle dell’aria, generando così le onde sonore che si propagano nell’ambiente. La 쑺figura 16 ti permette di seguire il percorso delle onde sonore che raggiungono l’orecchio. Nell’orecchio si trovano anche altre cinque strutture membranose (tre canali semicircolari e due vescicole chiamate utricolo e sacculo) che contengono un liquido gelatinoso, l’endolinfa, nel quale sono immerse delle piccole concrezioni calcaree chiamate otoliti. Le pareti dell’utricolo e del sacculo presentano una piccola area ispessita detta macula, costituita da cellule ciliate che sono i recettori dell’equilibrio. Quando il capo si muove, gli otoliti e l’endolinfa si muovono a loro volta toccando i meccanocettori dell’equilibrio i quali mandano impulsi al cervelletto, informandolo della posizione della testa nello spazio. Il timpano è una membrana situata all’ingresso dell’orecchio medio; quando il suono la raggiunge, la membrana si mette a vibrare e trasmette le proprie vibrazioni a tre ossicini collegati tra loro: il martello, l’incudine e la staffa. osso temporale

Il compito dei tre ossicini è amplificare le vibrazioni e trasmetterle all’orecchio interno attraverso la membrana che ricopre la finestra ovale.

martello incudine staffa

canali semicircolari

condotto uditivo

finestra ovale chiocciola

Il padiglione auricolare convoglia il suono verso il condotto uditivo, che fa parte dell’orecchio esterno e termina con il timpano.

L’orecchio medio comunica con la faringe attraverso un canale chiamato tromba di Eustachio; esso consente il passaggio dell’aria in modo da mantenere la stessa pressione su entrambi i lati della membrana.

224 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Nell’orecchio interno le vibrazioni imboccano la chiocciola, un piccolo canale avvolto a spirale e pieno di liquido; le vibrazioni generano onde di pressione, che stimolano i recettori dell’organo del Corti, posto alla base della chiocciola. L’organo del Corti è composto da oltre 20 000 meccanocettori dotati di ciglia; muovendosi, le ciglia trasformano le vibrazioni in impulsi elettrici e li mandano al cervello tramite il nervo acustico.

3

12

lezione

capitolo

obiettivi

la struttura 쑺 Descrivere del neurone. come il neurone 쑺 Descrivere trasmette un segnale nervoso. perché nelle 쑺 Spiegare sinapsi chimiche il segnale

RISPON DI

nervoso non si trasmette elettricamente.

Quali differenze funzionali distinguono i neuroni motori da quelli sensoriali e dagli interneuroni?



쑽 Figura 18 La struttura di un neurone permette di rilevare e trasmettere i segnali.

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso: la trasmissione dell’impulso 16

Le principali cellule che formano il sistema nervoso sono i neuroni

Come abbiamo visto nella prima lezione del capitolo 10, il sistema nervoso è formato da due tipi di cellule: le cellule gliali e i neuroni. I neuroni (o cellule nervose) sono le unità strutturali su cui si basa tutta la rete di trasmissione degli impulsi nervosi: i loro prolungamenti sono i «cavi» lungo cui corrono tutte le informazioni dirette a ogni altra regione del nostro organismo; le cellule gliali hanno il compito di proteggere, sostenere e nutrire i neuroni. L’organizzazione dei neuroni in reti complesse e ricche di collegamenti in grado di consentire lo scambio e l’integrazione di informazioni elaborate in aree diverse del sistema nervoso rende possibile molteplici funzioni quali l’esperienza sensoriale e l’esecuzione dei movimenti, ma anche l’elaborazione del pensiero, l’apprendimento, il linguaggio. Da un punto di vista funzionale si distinguono tre classi di neuroni: neuroni sensoriali, neuroni motori e interneuroni: 1. i neuroni sensoriali ricevono gli stimoli dagli organi di senso, dai recettori periferici e dagli organi interni, e li trasmettono al sistema nervoso centrale; 2. i neuroni motori (o motoneuroni) trasmettono gli impulsi dal sistema nervoso centrale agli organi effettori (per esempio, i muscoli e le ghiandole); 3. gli interneuroni stabiliscono collegamenti fra neuroni motori e sensoriali formando reti complesse che permettono di modulare l’attività dell’intero sistema nervoso. Tutti i neuroni sono costituiti da una parte centrale, il corpo cellulare, e da due tipi di prolungamenti, i dendriti e l’assone (쑺figura 18). Il corpo cellulare (detto anche pirenoforo, che significa «portatore di nucleo»), contiene il nucleo e gli organuli. I dendriti (da dendron, che significa «albero») sono prolungamenti corti e ramificati che ricevono i segnali provenienti da altri neuroni e li trasportano verso il corpo cellulare; l’assone (da axon, che significa «asse»), è invece molto più lungo e trasmette impulsi ad altre cellule tra cui neuroni, cellule ghiandolari o cellule muscolari. Alcuni assoni, come quelli che partono dalla regione inferiore del midollo spinale e arrivano ai muscoli delle dita dei piedi, possono essere lunghi più di un metro. L’assone trasmette il segnale in uscita.

I dendriti ricevono i segnali in entrata.

nucleo dendriti

Le cellule di Schwann ricoprono l’assone formando la guaina mielinica.

Il corpo cellulare integra le informazioni. assone

226 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

guaina mielinica

IL SISTEMA NERVOSO: LA TRASMISSIONE DELL’IMPULSO

3

Gli assoni sono rivestiti da una guaina isolante ricca di lipidi e proteine chiamata guaina mielinica; essa viene prodotta da particolari cellule gliali chiamate cellule di Schwann e conferisce al tessuto nervoso una colorazione chiara (sostanza bianca). Gli assoni rivestiti di mielina formano fasci che costituiscono i nervi.

17

I neuroni sono collegati tra loro da speciali giunzioni chiamate sinapsi

L’assone termina con centinaia o migliaia di ramificazioni, ciascuna delle quali mostra un rigonfiamento; la zona che mette in comunicazione il rigonfiamento terminale di un assone con la membrana di un’altra cellula è chiamata sinapsi (쑺figura 19). Come vedremo, è attraverso le sinapsi che le informazioni passano da un neurone a un altro o da un neurone all’organo effettore (per esempio un muscolo). 쑸 Figura 19 I neuroni comunicano tramite le sinapsi, che possono essere chimiche oppure elettriche.

La sinapsi è il punto di contatto tra l’assone di una cellula nervosa e il corpo cellulare o i dendriti di un altro neurone (neurone postsinaptico) o di una cellula muscolare.

L’impulso nervoso viaggia lungo l’assone in modo analogo a quello della corrente lungo i fili elettrici. A livello della sinapsi, però, il «filo» si interrompe: tra i due neuroni, infatti, si trova uno spazio, chiamato spazio sinaptico, che non può essere attraversato dall’impulso senza che esso subisca una trasformazione; il passaggio dell’impulso nervoso da un neurone all’altro, o tra un neurone e un organo effettore, non sarà più infatti di tipo elettrico, ma avverrà per via chimica e sarà affidato a speciali molecole chiamate neurotrasmettitori. I neurotrasmettitori sono prodotti e rilasciati nello spazio sinaptico dal neurone presinaptico, ossia dalla cellula che trasmette l’impulso, al neurone postsinaptico. Il neurotrasmettitore diffonde attraverso lo spazio sinaptico e si lega a specifici recettori che si trovano sulla membrana del neurone postsinaptico; il legame con i recettori genera un nuovo flusso di corrente che si propaga lungo l’assone del neurone (쑺figura 20). Nel caso di una cellula muscolare, invece, il neurotrasmettitore innesca la contrazione. 쑸 Figura 20 Nella sinapsi chimi-

sinapsi d de irezi ll’im on pu e lso

ca, il neurone presinaptico non tocca mai direttamente quello postsinaptico e rilascia un neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. neurone postsinaptico

neurone presinaptico

assone

227 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

RISPON DI

쑽 TABELLA 2 Alcuni tra i neurotrasmettitori più conosciuti.



Come funziona una sinapsi?

Neurotrasmettitore

Localizzazione e attività

acetilcolina

Il neurotrasmettitore dei neuroni motori dei vertebrati e di alcune vie nervose del cervello.

noradrenalina

Utilizzato in alcune aree del cervello; si trova anche nel sistema nervoso periferico, dove provoca il rilasciamento dei muscoli dell’intestino e l’aumento di velocità del battito cardiaco.

dopamina

Un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale.

istamina

Un neurotrasmettitore del cervello.

serotonina

Un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale coinvolto in molti sistemi, fra cui il controllo del dolore, il controllo del sonno e della veglia e l’umore.

glutammato

Il neurotrasmettitore eccitatorio più comune nel sistema nervoso centrale.

glicina acido ␥-aminobutirrico (GABA)

Comuni neurotrasmettitori inibitori.

endorfine encefaline

Modulazione delle vie nervose del dolore.

sostanza P

Utilizzata da alcuni neuroni sensoriali, specialmente nelle vie nervose del dolore.

ossido nitrico

Largamente presente in tutto il sistema nervoso.

La maggior parte dei neurotrasmettitori è costituita da piccole molecole organiche come gli amminoacidi, le ammine o brevi peptidi (쑺tabella 2); si conoscono circa venti diversi tipi di neurotrasmettitori attivi, presenti in differenti zone del sistema nervoso, ma si pensa che in realtà ne esistano molti di più. Oltre alle sinapsi chimiche esistono anche le sinapsi elettriche; nel corpo umano si trovano solo nel cuore e nel tubo digerente, mentre sono molto diffuse negli invertebrati. In una sinapsi elettrica la giunzione tra il neurone e l’organo effettore è molto stretta: lo spazio sinaptico è infatti di soli 2 o 3 nanometri, tanto piccolo che le proteine di membrana dei due versanti formano dei canali molecolari che fanno da «ponte» tra le due cellule, permettendo il passaggio di corrente e di ioni.

18

Come si trasmette un’informazione attraverso un neurone?

Per comprendere in che modo gli stimoli si trasmettono da un punto all’altro del sistema nervoso dobbiamo innanzitutto studiare un neurone a riposo, cioè un neurone che non sta trasmettendo impulsi. Tra l’esterno della membrana plasmatica del neurone e il suo interno c’è uno squilibrio di cariche elettriche generato dalla diversa concentrazione di particolari ioni (ricorda che gli ioni sono atomi o molecole dotati di una carica elettrica positiva o negativa): l’esterno della cellula è positivo, mentre l’interno è negativo. A causa di questa separazione di cariche ai due lati della membrana, si genera una forma di energia potenziale paragonabile all’energia posseduta dall’acqua trattenuta dalle pareti di una diga in un bacino montano. Questa energia potenziale, chiamata potenziale di riposo, può essere misurata tramite microelettrodi collegati a uno strumento chiamato voltmetro ed è pari a circa –70 millivolt (mV), il 5% circa del potenziale presente in una comune pila stilo (il segno meno indica che l’interno della cellula è negativo rispetto all’esterno).

228 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Ogni volta che un neurone viene stimolato, la polarità della membrana si inverte per un breve istante: l’interno del neurone diventa positivo, mentre l’esterno diventa negativo (è come se venissero aperte le paratie della diga e l’acqua scorresse verso valle trasformando la propria energia potenziale in energia cinetica). Si instaura così il potenziale d’azione, che costituisce l’inizio del segnale nervoso. Subito dopo la stimolazione, nel punto dove la polarità si è invertita, la membrana mette in atto meccanismi che restaurano rapidamente il potenziale di riposo; nel frattempo il potenziale d’azione si propaga alla porzione di membrana contigua e così via fino ad arrivare alla terminazione del neurone (쑺figura 21).

3 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 I neuroni

RISPON DI

IL SISTEMA NERVOSO: LA TRASMISSIONE DELL’IMPULSO



Che cosa succede alla membrana plasmatica quando un neurone viene stimolato?

쑸 Figura 21 La cellula nervosa presenta un potenziale di riposo; al sopraggiungere di uno stimolo si instaura un potenziale d’azione che rappresenta l’«impulso nervoso». membrana plasmatica esterno della cellula + + + – – – interno della cellula + – – – + + + – Quando entrano gli ioni Na+ la membrana si depolarizza. L’interno della cellula diventa positivo rispetto all’esterno. – +

+ – – +

potenziale d’azione – + + – Na+ + – + –

K+

K+

+ – – +

potenziale d’azione – – + + Na+ + + – –

+ –

+ –

– +

– +

+ –

+ –

+ –

+ –

– +

– +

– +

– +

Il potenziale d’azione provoca l’apertura dei canali Na+ nell’area attigua della membrana. Allo stesso tempo, nell’area di partenza, i canali K+ si aprono permettendo agli ioni K+ di defluire all’esterno. potenziale di riposo + + – – –



+

+

+ – – +

K+

K+

+ – – +

potenziale d’azione – – + + + Na + + –



+ –

+ –

– +

– +

Il segnale nervoso si sposta lungo il neurone; a monte del potenziale d’azione si ristabilisce il potenziale di riposo.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave

1. Che ruolo svolge un neurotrasmettitore? 2. Che cosa distingue una sinapsi elettrica da una chimica? 3. Quale funzione svolgono le cellule di

 sinapsi  Schwann? neurotrasmettitore  neurone sensoriale  neurone motore 4. Quando un neurone viene stimolato:  interneurone  dendrite A si instaura il potenziale d’azione  assone  nervo  potenziale B la parte interna della membrana di riposo  potenziale d’azione diventa negativa

C si instaura una differenza di po-

5. Le cellule gliali hanno il compito di:

A sostituire i neuroni danneggiati B interporsi tra un neurone e un altro

C condurre l’impulso nervoso D nutrire e sostenere i neuroni 6. Il nucleo del neurone è contenuto:

A B C D

nell’assone nel pirenoforo nella mielina nel dendrite

tenziale di –70 mV

D gli ioni positivi sono tutti all’interno della cellula

229 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

12

lezione

capitolo

obiettivi

le diverse parti 쑺 Distinguere del sistema nervoso centrale e le rispettive funzioni.



Spiegare la funzione del sistema nervoso periferico e le sue suddivisioni.

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico 19

Il sistema nervoso periferico è costituito dai nervi

Il sistema nervoso periferico è costituito dai nervi, che collegano il sistema nervoso centrale al resto del corpo. Alcuni di questi, i nervi cranici, escono direttamente dalla base del cranio; altri, i nervi spinali, emergono invece da vari punti del midollo spinale. Come abbiamo detto, i nervi sono fasci di fibre formati dagli assoni delle cellule nervose rivestiti dalla guaina mielinica. I nervi sensoriali trasmettono al sistema nervoso centrale le informazioni provenienti da tutte le parti del corpo, mentre i nervi motori trasmettono gli impulsi dal sistema nervoso centrale agli organi e ai muscoli; ci sono infine i nervi misti, che contengono sia fibre sensoriali sia fibre motorie. La componente motoria del sistema nervoso periferico può essere suddivisa in due parti: il sistema nervoso volontario e il sistema nervoso autonomo. I neuroni motori del sistema nervoso volontario (o somatico) sono collegati con i muscoli scheletrici e ne controllano il movimento; i loro corpi cellulari si trovano nel midollo spinale e i loro assoni raggiungono direttamente i muscoli. I neuroni motori del sistema nervoso autonomo, invece, controllano le risposte involontarie e formano sinapsi con la muscolatura liscia, con le ghiandole e con gli organi interni come il cuore e lo stomaco. Il sistema nervoso autonomo viene ulteriormente suddiviso in sistema nervoso simpatico e sistema nervoso parasimpatico (쑺figura 22): l Il sistema nervoso simpatico agisce sugli organi interni in modo da preparare l’organismo ad affrontare le situazioni stressanti (per esempio la fuga) o dispendiose da un punto di vista energetico: per esempio, quando si attiva il sistema simpatico, il cuore

쑺 Figura 22 Il sistema nervoso

parasimpatico

simpatico

autonomo si differenzia in simpatico e parasimpatico; questi due sistemi agiscono determinando un effetto opposto nello stesso organo bersaglio.

contrae la pupilla

dilata la pupilla

stimola la salivazione

inibisce la salivazione

contrae i bronchi

dilata i bronchi

rallenta la frequenza cardiaca

accelera la frequenza cardiaca

stimola la digestione

inibisce i processi digestivi

stimola la cistifellea a rilasciare la bile

stimola il rilascio di glucosio da parte del fegato

provoca la contrazione della vescica

stimola la risposta sessuale

230 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

stimola la secrezione di adrenalina e noradrenalina provoca il rilassamento della vescica inibisce la risposta sessuale

4

batte più velocemente, il sangue va a irrorare i muscoli, le pupille si dilatano per ricevere una maggior quantità di luce, le vie aree si espandono per far affluire più ossigeno, aumenta il metabolismo e quindi la sudorazione. Il sistema nervoso parasimpatico è invece associato all’acquisizione e alla conservazione dell’energia, cioè ad attività quali «riposare» e «digerire». Sotto il suo controllo, la muscolatura liscia del sistema digerente si attiva, il battito cardiaco rallenta e le vie respiratorie si contraggono in modo da favorire la digestione e l’assorbimento.

RISPON DI

Che differenza c’è tra il sistema nervoso autonomo e il sistema nervoso volontario?

RISPON DI

l

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO

Che cosa s’intende per riflesso spinale?

20



Il sistema nervoso centrale comprende l’encefalo e il midollo spinale

Il «centro di controllo» del sistema nervoso è costituito da due parti, che costituiscono il sistema nervoso centrale: l’encefalo e il midollo spinale. Queste due preziose strutture sono protette dalle ossa (rispettivamente del cranio e della colonna vertebrale), da tre membrane chiamate meningi e da un liquido, il liquido cerebrospinale, che ha la funzione di attutire gli urti. Alcuni batteri e virus possono infettare le meningi e causare la meningite, una pericolosa patologia che si manifesta con forte mal di testa, febbre alta, nausea e irrigidimento del collo. Il midollo spinale è la principale via di comunicazione fra il cervello e la periferia del sistema nervoso; è costituito da un cordone di tessuto nervoso spesso circa un dito che è racchiuso nel canale vertebrale, ed è lungo circa 45 cm nell’uomo e 43 cm nella donna. Nel midollo spinale viaggiano gli stimoli sensoriali provenienti da tutto il corpo e diretti al cervello, e quelli motori provenienti dal cervello e diretti agli organi effettori. A livello del midollo spinale si trovano i circuiti nervosi (archi riflessi) coinvolti nei riflessi spinali. Questi circuiti ricevono stimoli e generano una risposta diretta ai muscoli senza coinvolgere l’attività del cervello; un riflesso, infatti, è un meccanismo che fa agire il corpo senza bisogno che si formi un pensiero cosciente. Per esempio, se tocchi una pentola bollente, l’impulso ad allontanare la mano scatta prima ancora di percepire il dolore della scottatura. Il segnale raccolto dal recettore dolorifico posto sulla mano, infatti, viene trasmesso attraverso un neurone sensoriale a un interneurone situato nel midollo spinale e questo interneurone attiva direttamente il neurone motorio che controlla i muscoli del braccio (쑺figura 23).



쑸 Figura 23 Gli archi riflessi per-

Il messaggio viene trasmesso lungo un neurone di connessione che si trova nel midollo spinale.

mettono una risposta rapida agli stimoli. midollo spinale

Il messaggio viaggia lungo un neurone motorio fino al muscolo, inducendone la contrazione. Il messaggio è trasmesso lungo il neurone sensoriale.

La mano si sposta.

La mano tocca un oggetto bollente; viene stimolato un recettore del dolore.

231 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

12

L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

cervello

solco tra i due emisferi

talamo emisfero sinistro

ipotalamo

emisfero destro

cervelletto A

쒀 Figura 24 L’encefalo com-

RISPON DI

prende cervello, talamo, ipotalamo, midollo allungato e cervelletto.



Quali sono le principali regioni dell’encefalo?

midollo allungato

21

midollo spinale

B

L’encefalo controlla tutte le attività del nostro corpo

L’encefalo controlla tutte le attività del nostro corpo: quelle involontarie, come la respirazione, la secrezione delle ghiandole o il battito cardiaco, e quelle volontarie, come muoversi, parlare e mangiare. L’encefalo è costituito da diverse strutture, le più importanti delle quali sono il cervello, il talamo e l’ipotalamo, il midollo allungato o bulbo e il cervelletto (쑺figura 24). Alla base del cervello si trovano il talamo e l’ipotalamo. Il primo ha il compito di smistare le informazioni sensoriali alle varie aree del cervello, mentre il secondo regola la temperatura corporea, la sensazione di fame e il sonno. L’ipotalamo inoltre è direttamente connesso alla ghiandola ipofisi e la induce a secernere ormoni che controllano l’attività di altre ghiandole o di organi come il rene e le gonadi. Il midollo allungato è situato tra il cervello e il midollo spinale; in esso si trovano i centri nervosi che regolano il battito cardiaco e il respiro, nonché fenomeni come la tosse e il vomito. Il cervelletto è il centro di controllo e coordinazione dei movimenti fini, dell’equilibrio e del tono muscolare. Nell’adulto il cervello, che è la parte più cospicua dell’encefalo, pesa mediamente da 1300 a 1400 g, pari a circa il 2% del peso corporeo. Il cervello è formato da due emisferi, il destro e il sinistro; gli emisferi sono separati da un profondo solco, ma sono collegati alla base da un fascio di fibre nervose, chiamato corpo calloso, che garantisce la comunicazione (쑺figura 24). La continua attività del cervello consuma circa il 20% dell’ossigeno disponibile: nel cervello vengono immagazzinati i ricordi, si formano le immagini, i suoni, i sapori e gli odori (쑺figura 25). gusto

쑺 Figura 25 Nel cervello è possibile distinguere diverse aree in relazione alla loro funzione.

Il corpo calloso, che si trova in profondità, collega i due emisferi.

lobo parietale

movimento

tatto linguaggio

lobo frontale

memoria

lobo occipitale

visione linguaggio

olfatto

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udito

lobo temporale

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO

La memoria

Tra le funzioni dell’encefalo, una delle più affascinanti è l’apprendimento, ossia la capacità di modificare il proprio comportamento in base all’esperienza. L’apprendimento dipende dalla memoria, cioè dalla capacità di immagazzinare informazioni e recuperarle in un secondo tempo. Il nostro cervello è in grado di accumulare esperienze e organizzarle in due diversi tipi di memoria: la memoria a breve termine, che «fotografa» gli eventi in corso ed è destinata a durare pochi minuti, e la memoria a lungo termine, che invece dura più a lungo. Quando consulti l’elenco telefonico e memorizzi un numero, il ricordo dura solo per il tempo necessario a digitare il numero (utilizzi cioè la memoria a breve termine); se però scrivi il numero, lo ripeti più volte oppure lo associ a una persona che suscita in te una forte emozione, allora il ricordo può venire archiviato nella tua memoria a lungo termine. La memorizzazione a lungo termine, infatti, risulta facilitata se il ricordo è associato a un’emozione come la gioia o la paura oppure a una sensazione come un’immagine, un odore o un sapore. La memoria a lungo termine si instaura con un meccanismo analogo a quello in cui viene tracciato un sentiero: passando e ripassando più volte sulla stessa traccia. Un ricordo, dunque, è tanto più duraturo quanto più frequentemente viene rivissuto mentalmente. La lettura di un testo, per esempio, permette di acquisire e ricordare a lungo le informazioni in esso contenute solo se viene ripetuta più volte, magari evidenziando o sottolineando le parti più importanti (쑺figura 26). L’apprendimento è facilitato anche dall’associazione di nuove informazioni ad altre già apprese e immagazzinate nella memoria a lungo termine. Per esempio, è più facile imparare un nuovo gioco di carte se si conoscono già altri giochi di carte. I recenti progressi delle neuroscienze stanno svelando differenze anatomiche, chimiche e funzionali tra il cervello maschile e quello femminile. Queste diversità riguardano aree collegate al linguaggio, alla memoria, alle emozioni, alla visione, all’udito e all’orientamento. I ricercatori stanno ora cercando di determinare quale sia il rapporto tra queste diversità e le differenze cognitive e comportamentali tra uomini e donne; ciò permetterà di mettere a punto terapie differenziate per patologie come schizofrenia, depressione, dipendenza e disturbo post-traumatico da stress.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  sistema nervoso volontario  sistema nervoso autonomo  sistema nervoso simpatico  sistema nervoso parasimpatico  ipotalamo  cervello  midollo allungato  talamo  cervelletto  encefalo  riflessi spinali  midollo spinale

1. Come è organizzato il sistema nervoso autonomo? 2. Quali funzioni svolgono il talamo e l’ipotalamo? 3. Quali strutture proteggono il sistema nervoso centrale? 4. Nell’arco riflesso:

A è coinvolto solo il neurone sensoriale e non quello motorio

B lo stimolo arriva al cervello che

RISPON DI

22

4



Che differenza c’è tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine?

쑽 Figura 26 Leggere e ripetere favorisce la memorizzazione a lungo termine.

5. Il sistema parasimpatico:

A è attivo durante la digestione B prepara l’organismo a situazioni di allerta

C provoca l’accelerazione del battito cardiaco

D porta i segnali acustici al cervello 6. Il sistema nervoso periferico:

A comprende le zone più esterne dell’encefalo

elabora una risposta e la invia all’organo effettore

B connette il midollo spinale all’en-

C lo stimolo arriva al midollo spina-

C si divide in volontario e autono-

le, che invia direttamente la risposta

D la risposta implica sempre la sti-

cefalo mo

D è la sede della memoria e dell’apprendimento

molazione di una ghiandola che secerne un ormone

233 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

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L’IMMUNITÀ, GLI ORGANI DI SENSO E IL SISTEMA NERVOSO

esercizi

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Esercizi interattivi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. L’attacco di un agente patogeno al nostro organismo è detto infiammazione. vf 2. I recettori dell’equilibrio si trovano nell’orecchio interno. vf 3. Le sensazioni di fame e di sonno sono regolate dall’ipotalamo. vf

7.

Quale tra le seguenti caratteristiche non appartiene ai linfociti B? A sono prodotti soprattutto nel midollo osseo B sono responsabili dell’immunità umorale C rappresentano la prima linea di difesa aspecifica D presentano sulla loro membrana recettori specifici per gli antigeni

Completa le seguenti frasi. Barra il completamento che ritieni esatto. 4. La sinapsi: A è il collegamento tra un neurone e un altro per la comunicazione nervosa B è il foro circolare dell’occhio che permette l’entrata della luce C è l’ormone che produce una reazione di eccitazione o paura D è la conservazione di un ambiente corporeo interno costante 5. Il sistema nervoso simpatico: A è formato da nervi che ricevono informazioni dall’esterno B prepara l’organismo ad affrontare le situazioni stressanti C stimola attività quali «riposare» e «digerire» D controlla le attività volontarie dell’organismo 6. Un arco riflesso: A prevede l’azione coordinata di tre neuroni tra loro collegati da sinapsi B trasforma le onde sonore in energia elettrica che corre lungo il nervo acustico C collega il cristallino alla retina per la proiezione dell’immagine visiva D mette in comunicazione ogni ghiandola endocrina con il rispettivo organo bersaglio

8. I linfociti B fanno parte delle difese ................................................. , in quanto riconoscono gli ...................................................................... tramite recettori situati sulla loro ............................................................ 9. Il sistema nervoso centrale comprende l’ ...................................................................... e il ...................................................................... . Rispondi in cinque righe. 10. Quali sono le analogie tra i linfociti B e i linfociti T? 11. Che ruolo svolgono le strutture che si trovano nell’orecchio interno? 12. Che cos’è la retina? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 13. Che differenza c’è tra risposta immunitaria primaria e secondaria? Nel rispondere specifica: ● che cosa innesca la risposta immunitaria primaria ● che cosa succede quando un antigene incontra i pochi linfociti che possiedono recettori antigenici complementari ● le tappe della selezione clonale ● la differenza tra plasmacellule e cellule della memoria ● quando si verifica la risposta immunitaria secondaria ● le caratteristiche della risposta immunitaria secondaria.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 14. Come si trasmette l’impulso nervoso da un neurone all’altro? 15. In che cosa consiste la vaccinazione? Perché è utile vaccinare la popolazione contro le malattie virali? Completa e correggi. 16. Nel seguente brano individua i sei termini errati e scrivili in una tabella sul tuo quaderno, riportando accanto i termini corretti (i termini sottolineati sono esatti, pertanto non vanno corretti).

Dal momento in cui un agente patogeno supera le barriere fisiche ed entra nel nostro corpo viene messa in atto una prima difesa, il processo infettivo. Le cellule attaccate dai microbi assorbono alcune sostanze, tra cui l’istamina, che provocano diversi effetti, come l’aumento dell’afflusso di sangue verso la zona colpita e la dilatazione dei capillari, che diventano più permeabili impedendo la fuoriuscita di plasma e di alcuni globuli bianchi detti eritrociti. Un’altra linea di difesa è rappresentata dai linfociti B che producono antigeni specifici contro gli agenti patogeni.

234 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

La regolazione dell’ambiente interno e la riproduzione

1 2 3 4 5

Il sistema endocrino è composto da cellule e ghiandole Gli ormoni sono molecole responsabili del controllo di processi come la crescita, lo sviluppo e la riproduzione. Prodotti dalle ghiandole endocrine e secreti nel sangue, gli ormoni (steroidei e non steroidei) hanno un’azione più lenta rispetto a quella del sistema nervoso.

L’omeostasi è la regolazione dell’ambiente interno Per svolgere le loro funzioni, le cellule del nostro corpo hanno bisogno di vivere in un ambiente stabile. L’omeostasi comprende tutti quei processi che concorrono a mantenere costanti le condizioni chimico-fisiche del sangue e dei liquidi interstiziali.

I reni mantengono costante la concentrazione dei fluidi corporei I reni regolano la quantità di acqua all’interno dell’organismo e si occupano dell’escrezione delle sostanze di rifiuto. L’urina si forma in seguito a tre processi: la filtrazione del sangue, il riassorbimento e la secrezione, che avvengono nel nefrone, l’unità funzionale del rene.

L’apparato riproduttore maschile e femminile Le cellule germinali conservate nelle gonadi (i testicoli e le ovaie) restano inattive fino alla pubertà, quando si trasformano in gameti; in questa fase l’ipotalamo, l’ipofisi e le gonadi iniziano a produrre specifici ormoni responsabili sia della produzione di cellule uovo e di spermatozoi, sia della comparsa dei caratteri sessuali secondari.

La fecondazione e lo sviluppo embrionale La fecondazione avviene quando il nucleo del gamete femminile si unisce a quello dello spermatozoo, formando lo zigote. La gestazione dura circa 39 settimane: nei primi tre mesi, si formano gli organi embrionali; nel periodo successivo il feto si accresce fino al momento del parto.

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1

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

lezione

236

Il sistema endocrino è composto da cellule e ghiandole

obiettivi

1

il ruolo svolto dal 쑺 Spiegare sistema endocrino. gli ormoni 쑺 Distinguere steroidei da quelli non steroidei e il loro diverso meccanismo di azione. le principali 쑺 Elencare ghiandole endocrine, gli ormoni da esse prodotti e le loro funzioni.

Il sistema endocrino affianca il sistema nervoso nel regolare le funzioni dell’organismo

Come abbiamo visto, il sistema nervoso si occupa di coordinare le diverse funzioni dell’organismo, di elaborare le informazioni ricevute dall’esterno e di trasmettere le risposte agli organi effettori. Nel suo complesso lavoro, il sistema nervoso è affiancato dal sistema endocrino, che è costituito da una serie di ghiandole (쑺figura 1) e cellule capaci di secernere messaggeri chimici chiamati ormoni (dal greco hormôn, «che eccita»). Gli ormoni vengono riversati nel sangue e trasportati attraverso tutto il corpo fino alle loro cellule bersaglio dove provocano un effetto specifico come, per esempio, la produzione di un enzima. Il sistema nervoso è costruito per agire velocemente, inducendo risposte rapide ai cambiamenti; il sistema endocrino invece agisce più lentamente, regolando anche processi che si attuano in tempi lunghi (come la crescita, lo sviluppo e la riproduzione) e che, in alcuni casi, possono durare per tutta la vita (쑺tabella 1). Alcuni ormoni hanno effetto su un solo tipo di cellula: la prolattina, per esempio, è prodotta dall’ipofisi (una ghiandola che si trova alla base dell’encefalo) e agisce esclusivamente sulle cellule della ghiandola mammaria stimolando la produzione di latte. Altri ormoni, invece, provocano più di un effetto; per esempio, il testosterone prodotto dai testicoli induce la formazione degli spermatozoi nei testicoli stessi (vedi la lezione 4), ma agisce anche sulle cellule di altre parti del corpo sviluppando e mantenendo i caratteri sessuali secondari maschili. In tutti i casi, ogni ormone agisce solo ed esclusivamente sulle proprie cellule bersaglio, legandosi chimicamente a specifici recettori proteici. Soltanto le cellule bersaglio di un ormone, infatti, possiedono il recettore che riconosce e lega quell’ormone.

쑺 Figura1 Le principali ghiandole endocrine del corpo umano.

ipofisi

ghiandole surrenali

ghiandola pineale tiroide e paratiroide

RISPON DI

timo



Come si possono definire gli ormoni?

pancreas

ovaie

236 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

testicoli

IL SISTEMA ENDOCRINO È COMPOSTO DA CELLULE E GHIANDOLE

1

쑽 TABELLA 1 Le principali ghiandole endocrine e ormoni che secernono. Ghiandola

Ormone

Attività biologica

ipofisi: lobo posteriore o neuroipofisi

ossitocina

Stimola la contrazione dell’utero e le cellule delle ghiandole mammarie.

ormone antidiuretico (ADH)

Promuove il riassorbimento dell’acqua da parte dei reni.

somatotropina (GH)

Stimola la crescita e le funzioni metaboliche.

prolattina (PRL)

Stimola la produzione di latte.

ipofisi: lobo anteriore o adenoipofisi

ormone follicolo stimolante (FSH) Stimola la produzione di cellule uovo e spermatozoi.

ghiandola pineale

ormone luteinizzante (LH)

Stimola ovaie e testicoli.

ormone tireotropo (TSH)

Stimola la ghiandola tiroide.

ormone adrenocorticotropo (ACTH)

Stimola le ghiandole surrenali.

melatonina

Coinvolta nelle attività cicliche (giornaliere e stagionali).

tiroxina (T4) e triiodotironina (T3)

Stimolano e regolano i processi metabolici.

calcitonina

Abbassa i livelli di calcio nel sangue.

paratiroidi

ormone paratiroideo (PTH)

Alza i livelli di calcio nel sangue.

timo

timosina

Stimola lo sviluppo dei linfociti T.

adrenalina e noradrenalina

Aumentano i livelli di glucosio nel sangue e le attività metaboliche.

tiroide

ghiandole surrenali: midollare surrenale ghiandole surrenali: corticale surrenale

glicocorticoidi

Innalzano i livelli di glucosio nel sangue.

mineralcorticoidi

Promuovono il riassorbimento di Na+ e l’escrezione di K+ a livello renale.

insulina

Abbassa i livelli di glucosio nel sangue.

glucagone

Alza i livelli di glucosio nel sangue.

testicoli

androgeni

Inducono la spermatogenesi; sviluppano e mantengono i caratteri secondari maschili.

ovaie

estrogeni

Promuovono la crescita della parete uterina interna; sviluppano e mantengono i caratteri sessuali secondari femminili.

progesterone

Promuove la crescita della parete uterina interna.

pancreas

2

Gli ormoni si distinguono in due classi: steroidei e non steroidei

Gli ormoni possono essere distinti in due classi di composti chimici, gli ormoni steroidei e gli ormoni non steroidei. 1. Gli ormoni steroidei derivano dal colesterolo (쑺figura 2); sono quindi sostanze liposolubili in grado di entrare facilmente nelle H 3C CH3 cellule diffondendo attraverso il doppio strato fosfolipidico della CH3 membrana plasmatica. CH3 2. Gli ormoni non steroidei hanno natura idrofila e non possono entrare liberamente nelle cellule. Nella maggior parte dei casi gli CH3 ormoni non steroidei sono amminoacidi modificati: per esempio, l’amminoacido tirosina viene modificato per formare gli ormoni adrenalina e noradrenalina. Altri ormoni idrosolubili sono costi- HO tuiti da brevi catene di amminoacidi (ormoni peptidici) oppure da catene di amminoacidi più lunghe (ormoni proteici) come l’insuli쒀 Figura 2 Il colesterolo è il precursore degli ormoni steroidei. na e l’ormone della crescita.

237 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

L’ipofisi è formata da due parti: un lobo posteriore, la neuroipofisi, e un lobo anteriore, l’adenoipofisi. 1. La neuroipofisi ha la funzione di immagazzinare e rilasciare due ormoni prodotti dall’ipotalamo, l’ossitocina e l’ormone antidiuretico (쑺figura 5A). L’ossitocina viene rilasciata durante e dopo il parto: durante il travaglio, essa stimola la contrazione della muscolatura liscia della parete uterina; dopo il parto, attiva l’emissione di latte dalle ghiandole mammarie in risposta allo stimolo della suzione. L’ormone antidiuretico (ADH, da Anti Diuretic Hormone) riduce il volume di acqua eliminato con le urine e con il sudore; l’ADH infatti agisce sulle ghiandole sudoripare e sui reni, facendo sì che trattengano più acqua. 2. L’adenoipofisi sintetizza e secerne ormoni che regolano numerose attività fisiologiche che avvengono sotto il diretto controllo dell’ipotalamo (쑺figura 5B). La secrezione degli ormoni adenoipofisari è stimolata, infatti, dai cosiddetti fattori di rilascio e soppressa dai fattori di inibizione, che sono ormoni prodotti dalle cellule neurosecretrici dell’ipotalamo. L’ormone della crescita (GH o somatotropina) è l’ormone più abbondante prodotto dall’adenoipofisi; esso agisce sia a livello dell’intero organismo, favorendo la crescita e lo sviluppo dell’individuo, sia a livello cellulare, stimolando la sintesi proteica, la riparazione dei tessuti e l’utilizzo degli accumuli di grasso per ricavare energia utilizzabile per il metabolismo. Oltre all’ormone della crescita, l’adenoipofisi produce: l l’ormone tireotropo (TSH), che stimola la sintesi e la secrezione degli ormoni tiroidei da parte della tiroide; l l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH) che agiscono sulle gonadi maschili e femminili; l la prolattina (PRL), che nelle femmine stimola la produzione di latte dalle ghiandole mammarie; l l’ormone adrenocorticotropo o corticotropina (ACTH), che stimola la secrezione di ormoni da parte delle ghiandole surrenali; l l’ormone stimolante i melanociti (MSH), il cui ruolo preciso è ancora sconosciuto (si sa però che influenza l’attività cerebrale). ipotalamo

1

RISPON DI

IL SISTEMA ENDOCRINO È COMPOSTO DA CELLULE E GHIANDOLE



Quali funzioni svolge l’ipofisi?

쑽 Figura 5 A. La neuroipofisi rilascia ormoni ipotalamici. B. L’adenoipofisi produce ormoni sotto il controllo dell’ipotalamo. ipotalamo

cellula neurosecretrice

cellula neurosecretrice

ormone ipotalamico

fattore di rilascio ipotalamico

vaso sanguigno adenoipofisi

adenoipofisi

neuroipofisi

neuroipofisi

vaso sanguigno ormone ipofisario

ossitocina

ADH TSH

A

muscolatura uterina; ghiandola mammaria

rene

tiroide B

ACTH

FSH e LH

corticale testicoli surrenale e ovaie

GH

PRL

endorfine

tutto corpo

ghiandola mammaria

recettori encefalici del dolore

239 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

1

IL SISTEMA ENDOCRINO È COMPOSTO DA CELLULE E GHIANDOLE

La parte endocrina del pancreas regola il livello di glucosio nel sangue

Il pancreas è una ghiandola che abbiamo già incontrato studiando il sistema digerente; produce infatti numerosi enzimi che riversa nell’intestino tenue. Oltre alla funzione esocrina, il pancreas ha anche una funzione endocrina: secerne infatti due ormoni molto importanti, il glucagone e l’insulina. Questi ormoni svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo del glucosio, il principale combustibile utilizzato dal nostro corpo per produrre energia all’interno delle cellule. La funzione endocrina del pancreas è svolta da gruppi di cellule chiamati isole di Langerhans (쑺figura 7): il glucagone è prodotto dalle cellule alfa mentre l’insulina è secreta dalle cellule beta. Quando la glicemia – cioè la concentrazione di glucosio nel sangue – si abbassa, le cellule alfa immettono glucagone nel circolo sanguigno; l’ormone agisce sulle cellule del fegato stimolando la demolizione del glicogeno in glucosio e la trasformazione dell’acido lattico e di alcuni aminoacidi in glucosio. Di conseguenza, il fegato rilascia glucosio nel sangue e la glicemia aumenta. L’insulina, al contrario, aiuta il glucosio a entrare nelle cellule (specialmente nelle fibre muscolari), abbassando così la glicemia. Poiché le azioni del glucagone e dell’insulina sono opposte, i due ormoni sono detti antagonisti.

7

isola di Langerhans

쒀 Figura 7 Il pancreas endocrino controlla il livello ematico di glucosio tramite gli ormoni insulina e glucagone. RISPON DI

6



Qual è la funzione endocrina svolta dal pancreas?

Le ghiandole surrenali si attivano in situazioni di stress RISPON DI

Le ghiandole surrenali sono situate sopra i reni; ciascuna di esse è formata da una zona In che modo adrenalina e nocorticale, esterna, e da una midollare, più interna (쑺figura 8). La parte midollare secerne radrenalina preparano l’organismo all’azione? ormoni che aiutano l’organismo a reagire prontamente alle situazioni di stress. Quando dagli organi di senso giungono all’encefalo informazioni che indicano una situazione di pericolo, il nostro cervello invia impulsi alle ghiandole surrenali inducendole a produrre adrenalina e noradrenalina. Questi due ormoni preparano l’organismo all’azione (per esempio la fuga): stimolano le cellule del fegato a liberare glucosio, aumentano la frequenza cardiaca e respiratoria e la pressione sanguigna, favoriscono l’afflusso di sangue all’encefalo e ai muscoli scheletrici, 쑽 Figura 8 Le ghiandole surrenali producono vari ormoni. mentre provocano vasocostrizione (ossia minor afflusso di sangue) al sistema digerente. Anche gli ormoni secreti dalRISPOSTE A LUNGO TERMINE RISPOSTE A BREVE TERMINE la corteccia surrenale forniscono L’ipotalamo invia L’ipotalamo liuna risposta allo stress, ma più segnali nervosi alle bera un fattore di lenta e prolungata. Quando l’orsurrenali attraverso il rilascio per l’ademidollo spinale. noipofisi. ganismo è sotto pressione, l’ipotalamo può reagire aumentando la L’adenoipofisi rilascia ACTH nel produzione del fattore di rilascio sangue. che induce l’adenoipofisi a secer La midollare viene stimolata a produrre corticale nere ACTH. Questo, a sua volta, adrenalina e norasegnala alle cellule della corteccia drenalina. ACTH surrenale di secernere un altro L’ACTH stimola midollare la corticale a protipo di ormoni, i corticosteroidi: durre corticostealcuni provocano un aumento delghiandola roidi. surrenale la pressione sanguigna inducendo i reni a riassorbire una maggior ghiandola surrenale quantità di acqua e di sali minecorticosteroidi rali, mentre altri favoriscono un nel sangue aumento della glicemia stimolando la trasformazione di grassi e rene adrenalina proteine in glucosio. e noradrenalina nel sangue



241 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

» Il diabete mellito

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, cioè da una concentrazione troppo elevata di glucosio nel sangue. La parola mellito deriva dal latino «dolce» ed è dovuto al fatto che le urine delle persone colpite dalla malattia contengono glucosio, mentre di norma questo zucchero viene riassorbito dai reni. Il diabete mellito è provocato da una ridotta secrezione di insulina da parte del pancreas. La malattia era già conosciuta dagli Egizi, che nel 500 a.C. la descrivevano come una condizione morbosa caratterizzata da una sete estrema e dalla produzione di grandi quantità di urina; poiché tale patologia colpiva preferibilmente i ricchi, si pensava fosse dovuta a peccati di gola. Durante il

RISPON DI

8



Di quali effetti è responsabile il testosterone?

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

scozzese individuò la molecola coinvolta nel diabete, che battezzò insulina perché era prodotta dalle isole di Langerhans (dal latino insula, «isola»). Nel 1921, prima il fisiologo rumeno N. Paulescu e poi un gruppo di ricercatori guidato dagli scienziati canadesi Sir Frederick Banting e John Macleod dimostrarono che, nei cani a cui era stato tolto il pancreas, il diabete poteva essere curato somministrando insulina estratta dalle isole di Langerhans di un cane sano. Nello stesso anno fu trattato con successo il primo paziente umano: questa terapia ha cambiato la storia della medicina e ha salvato la vita a milioni di persone. Nel 1923 Banting condivise con Macleod il premio Nobel per la medicina.

Medioevo vennero messi a punto trattamenti di varia efficacia, compreso il digiuno prolungato che portava rapidamente alla morte; tuttavia, le cause di questa malattia rimasero completamente oscure fino al ventesimo secolo. La scoperta del ruolo del pancreas risale al 1889, quando venne per la prima volta rilevata l’insorgenza dei sintomi del diabete mellito in un cane a cui era stato asportato sperimentalmente il pancreas. Nel 1910, uno studioso

Un test rapido per la glicemia.

Le gonadi producono gli ormoni sessuali

Le gonadi sono gli organi che producono i gameti: gli spermatozoi nei maschi e le cellule uovo nelle femmine. Le gonadi femminili, le ovaie, sono organi di forma ovale posti nella cavità pelvica e, oltre ai gameti, producono gli ormoni sessuali femminili estrogeni e progesterone. Insieme all’FSH e all’LH sintetizzati dalla adenoipofisi, questi ormoni regolano il ciclo mestruale, sostengono la gravidanza e preparano le ghiandole mammarie per l’allattamento. Inoltre, contribuiscono a delineare e a mantenere la forma femminile del corpo nelle donne. Le gonadi maschili sono i testicoli, che si trovano nello scroto. Essi producono testosterone, il principale ormone sessuale maschile che, oltre a regolare la produzione degli spermatozoi, stimola lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri maschili.

1. In che modo un ormone steroideo agisce sulla sua cellula bersaglio?

5. Gli ormoni non steroidei:

A entrano per diffusione nelle cellu-

2. Qual è il legame tra ipotalamo e sistema endocrino?

B attivano un secondo messaggero

3. Quali sono le principali ghiandole en ipotalamo  ipofisi  tiroide docrine del corpo umano?

C come quelli steroidei derivano dal

parole chiave

 ossitocina  triiodotironina  adenoipofisi  adrenalina  noradrenalina  insulina  corticosteroide  tiroxina  pancreas  glucagone  ghiandola surrenale  ovaia  estrogeno  progesterone  testicolo  testosterone

4. Qual è la funzione dell’ormone insulina?

A abbassa il valore della glicemia

le bersaglio all’interno delle cellule colesterolo

D hanno un’azione più lenta di quelli steroidei

nel sangue

B favorisce la demolizione del glicogeno nel fegato

C aumenta la concentrazione dello ione calcio nel sangue

D agisce sulle cellule esocrine del pancreas stimolando la secrezione di bicarbonato

242 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

6. Quale tra i seguenti non è un effetto dell’ipertiroidismo?

A B C D

intolleranza al freddo irritabilità aumento della sudorazione ipertensione

L’OMEOSTASI È LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO

Il liquido interstiziale è l’ambiente in cui le nostre cellule vivono e con il quale scambiano acqua e altre sostanze. Affinché le cellule possano operare in maniera efficiente, questo ambiente deve essere mantenuto il più possibile costante e non subire variazioni di rilievo. In realtà, però, il nostro organismo è sottoposto a continue variazioni ambientali: trovarsi al caldo in una casa o all’aperto in una fredda giornata invernale, bere molta acqua o berne poca, essere a digiuno o avere da poco terminato un pranzo abbondante sono esempi di variazioni chimico-fisiche a cui le cellule del nostro corpo devono fare fronte. In tutti questi casi, il nostro organismo deve mettere in atto dei meccanismi di regolazione per mantenere relativamente stabili le condizioni interne (per esempio, di garantire una temperatura corporea di circa 36,5 °C sia in un luogo caldo sia in uno freddo, 쑺figura 9). Questa tendenza dell’organismo a mantenere uno stato stazionario è detta omeostasi. L’omeostasi si realizza grazie alla continua interazione tra recettori, sistema nervoso e sistema endocrino. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, in diversi punti del nostro corpo, per esempio nelle grandi arterie e nel cervello, si trovano vari tipi di recettori che compiono un continuo monitoraggio di diversi parametri quali la temperatura del sangue, la pressione arteriosa e la concentrazione del glucosio, dell’ossigeno e del diossido di carbonio. I recettori trasmettono tutte le informazioni all’encefalo che, a sua volta, invia le istruzioni agli organi effettori affinché, in caso di variazioni troppo elevate, agiscano di conseguenza. La parte cosciente del nostro cervello non è consapevole di tutti questi processi: non hai bisogno di decidere di aumentare la tua temperatura corporea o di reagire a una variazione di pH del sangue o a una carenza di glucosio. Nei prossimi paragrafi prenderemo in esame i meccanismi di regolazione che tendono a mantenere costanti alcune condizioni interne dell’organismo, come la temperatura corporea e la concentrazione del glucosio e del calcio nel sangue.

obiettivi

la regolazione 쑺 Descrivere a feedback negativo della temperatura corporea. come gli ormoni 쑺 Spiegare contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi.

RISPON DI

Un ambiente interno costante permette alle cellule di operare in modo efficiente

lezione

L’omeostasi è la regolazione dell’ambiente interno 9

2

2



Che cosa s’intende per omeostasi?

쑸 Figura 9 La temperatura corporea degli esseri umani si mantiene costantemente intorno ai 36,5 °C, indipendentemente dalle variazioni esterne, grazie alle risposte messe in atto con l’omeostasi.

243 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

10

L’ipotalamo tiene continuamente sotto controllo la temperatura corporea

Tutte le reazioni chimiche che avvengono nel nostro organismo sono regolate dagli enzimi. Queste proteine agiscono nel modo migliore tra i 36 e i 37 °C; per questo motivo, affinché l’attività cellulare si svolga con regolarità ed efficienza, la temperatura corporea deve essere mantenuta vicina a questi valori. Nell’ipotalamo si trova una specie di «termostato» che tiene continuamente sotto controllo la temperatura del sangue mentre scorre nei vasi che lo attraversano. Quando compiamo un intenso esercizio fisico, i nostri muscoli producono calore e la temperatura del sangue aumenta. La reazione dell’ipotalamo è immediata; tramite il sistema nervoso, invia impulsi a diverse parti dell’organismo, che si attivano per contrastare l’aumento di temperatura (쑺figura 10): l i capillari che irrorano la pelle si dilatano per aumentare la dispersione di calore attraverso la superficie del corpo; l la frequenza del respiro accelera, eliminando altro calore attraverso l’espirazione; l le ghiandole sudoripare della pelle vengono stimolate a produrre sudore che, evaporando, raffredda il corpo. Lo stesso tipo di reazioni si verifica quando la temperatura del sangue aumenta in seguito a un innalzamento della temperatura esterna. 쑺 Figura 10 La temperatura corporea è controllata da un sistema a feedback negativo.

Le ghiandole sudoripare producono sudore che, evaporando, raffredda il corpo.

L’ipotalamo rileva lo stimolo e invia impulsi alle varie parti del corpo tramite il sistema nervoso.

La temperatura corporea aumenta.

I capillari cutanei si dilatano (vasodilatazione) per disperdere calore.

Omeostasi: temperatura corporea interna di circa 36,5° C. I capillari cutanei si costringono (vasocostrizione), riducendo la perdita di calore.

La temperatura corporea diminuisce.

LO SAPEVI? La pelle d’oca è solo un ricordo evolutivo di una funzione molto importante in altri mammiferi nella difesa contro il freddo: quando i peli di un animale dotato di pelliccia si rizzano, catturano uno strato d’aria che aumenta l’effetto isolante del pelo.

I muscoli scheletrici si contraggono, producendo calore (brivido).

244 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

L’ipotalamo reagisce allo stimolo.

L’OMEOSTASI È LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO

2

Queste modalità di regolazione sono dette a feedback negativo: infatti, i cambiamenti di un fattore variabile (come la temperatura del sangue) determinano reazioni che tendono a neutralizzare i cambiamenti stessi.

11

RISPON DI

Se, al contrario, la temperatura del sangue diminuisce (per esempio, perché ci troviamo all’aperto in una giornata fredda), il nostro corpo mette in atto risposte tendenti a produrre calore e a ridurre al minimo la dispersione termica: l i muscoli scheletrici si contraggono ritmicamente e in modo involontario (generando i brividi); l si verifica una vasocostrizione dei capillari della pelle; l i piccoli muscoli che si trovano alla base dei peli si contraggono e i peli si rizzano, generando la cosiddetta pelle d’oca.



Che cosa s’intende per regolazione a feedback negativo?

La concentrazione di molti soluti è regolata dagli ormoni

Vediamo ora, mediante due esempi, in che modo gli ormoni contribuiscono a mantenere costante l’ambiente interno. Il primo esempio riguarda la concentrazione del glucosio nel sangue che come abbiamo visto è controllato da due ormoni, l’insulina e il glucagone, prodotti dalle isole di Langerhans del pancreas (쑺figura 11). È molto importante che la glicemia si mantenga costante: il glucosio infatti è l’unico metabolita utilizzato dalle cellule nervose per produrre energia e il suo eccesso nel sangue comporta diversi problemi a livello circolatorio. Il controllo della glicemia è affidato al pancreas tramite la produzione degli ormoni insulina e glucagone. 쑸 Figura 11 Il controllo della

L’insulina facilita l’assorbimento del glucosio nelle cellule delle varie parti del corpo.

Le cellule ␤ del pancreas reagiscono producendo insulina.

Dopo i pasti, la glicemia aumenta.

Nel fegato, il glucosio in eccesso viene immagazzinato sotto forma di glicogeno. Omeostasi: livello normale di glucosio (circa 90 mg/100 ml).

concentrazione di glucosio nel sangue.

La glicemia si abbassa.

Dopo uno sforzo fisico, la glicemia si abbassa.

La glicemia aumenta. Le cellule ␣ del pancreas producono glucagone.

A digiuno la glicemia, ossia la concentrazione di glucosio nel sangue, presenta valori che vanno da 60 a 110 mg/100 ml; dopo un pasto, il livello della glicemia sale e questo aumento viene rilevato dalle cellule ␤ delle isole di Langerhans, che iniziano a produrre insulina. L’insulina agisce su tutte le cellule facilitando l’assorbimento del glucosio e inoltre stimola le fibre muscolari e le cellule del fegato a immagazzinare il glucosio eccedente sotto forma di glicogeno; pertanto, la glicemia si abbassa ritornando ai livelli normali. Se, viceversa, la glicemia scende al di sotto dei valori medi (per esempio, durante uno sforzo fisi-

RISPON DI

Il glucagone stimola il fegato a demolire il glicogeno, liberando glucosio nel sangue.



Quali effetti ha il rilascio dell’ormone glucagone nel sangue?

245 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

La tiroide rilascia calcitonina.

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

Viene stimolato il deposito di Ca2⫹ nelle ossa.

Il riassorbimento renale di calcio viene ridotto. La calcemia supera il valore normale.

Omeostasi: 10 mg di Ca2⫹/100 ml di sangue.

La glicemia scende. Aumenta il riassorbimento renale di Ca2⫹. Aumenta l’assorbimento di Ca2⫹ nell’intestino.

쒀 Figura 12 La tiroide e le paratiroidi producono ormoni che provvedono alla omeostasi del calcio.

Le ghiandole paratiroidi rilasciano l’ormone paratiroideo.

Viene stimolato il rilascio di Ca2⫹ dalle ossa.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Come reagisce il nostro organismo a un aumento della temperatura interna?

parole chiave

2. In che modo viene regolata la glicemia dopo un pasto abbondante?

 omeostasi  feedback negativo

co o in caso di digiuno prolungato), le cellule ␣ del pancreas producono l’ormone glucagone, che stimola il fegato a demolire il glicogeno liberando glucosio nel sangue e riportando la glicemia ai valori normali. Il secondo esempio riguarda la concentrazione di ioni calcio (Ca2+) nel sangue, chiamata calcemia. Il calcio è il minerale più abbondante nel nostro corpo e lo ione Ca2+ è coinvolto in numerosi processi biologici, come la contrazione muscolare, la conduzione dell’impulso nervoso, la regolazione di molti enzimi e la coagulazione del sangue. Inoltre, il calcio entra nella composizione di ossa, denti e unghie. Il mantenimento di un equilibrio stabile tra il calcio che entra nell’organismo e quello che viene perduto con le feci e le urine è, pertanto, di fondamentale importanza (쑺figura 12). La tiroide e le ghiandole paratiroidi producono due ormoni, rispettivamente la calcitonina e l’ormone paratiroideo (PTH), che regolano la concentrazione degli ioni calcio in modo che il suo valore si mantenga tra 8,5 e 10,5 mcg/100 ml. Se il livello di calcio diminuisce, le paratiroidi liberano il PTH, che favorisce il rilascio di calcio dalle ossa rendendolo disponibile nel sangue; la calcitonina ha l’effetto opposto, intervenendo quando la calcemia è alta per favorire la deposizione del minerale nelle ossa.

3. Perché è importante regolare la calcemia?

5. La concentrazione di calcio nel sangue è regolata da:

A B C D

ipotalamo e ipofisi tiroide e cellule ␣ del pancreas cellule ␣ e ␤ del pancreas tiroide e paratiroidi

4. Una diminuzione della glicemia induce:

6. Quale reazione tra le seguenti non è provocata dall’aumento della temperatura corporea?

A la produzione di insulina B l’attivazione delle cellule ␣ del

A la frequenza respiratoria aumenta B le ghiandole sudoripare si attiva-

pancreas

C la produzione sia di insulina sia di glucagone

D la stimolazione delle ghiandole paratiroidi

246 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

no

C i vasi sanguigni superficiali si dilatano

D i peli si rizzano

3

3

I reni mantengono costante la concentrazione dei fluidi corporei

lezione

I RENI MANTENGONO COSTANTE LA CONCENTRAZIONE DEI FLUIDI CORPOREI

12

obiettivi

L’equilibrio idrico e l’escrezione sono regolati dai reni

I reni sono i principali organi che si occupano di mantenere costanti la composizione e il volume dei liquidi corporei; essi, infatti, filtrando il sangue e producendo urina, controllano la quantità d’acqua e la concentrazione di sali minerali presenti nell’organismo ed eliminano le sostanze di rifiuto che si accumulano nel sangue, soprattutto quelle contenenti azoto derivante dalla demolizione delle proteine. Come ricorderai, le proteine sono grosse biomolecole costituite da amminoacidi, i quali possono essere metabolizzati dalle cellule per ricavare energia o per sintetizzare altri composti, per esempio zuccheri; dalla demolizione degli amminoacidi si ottiene come prodotto di rifiuto l’ammoniaca, una sostanza altamente tossica che il fegato provvede a trasformare in una molecola meno nociva, l’urea, che viene eliminata appunto dai reni. I reni sono due organi a forma di fagiolo, larghi circa 7 cm e lunghi circa 12 cm, che si trovano nella parte posteriore della cavità addominale, appena sotto il diaframma (쑺figura 13A). In ognuno di essi, in corrispondenza della concavità, entra un ramo dell’arteria renale ed esce la vena renale. Da ogni rene fuoriesce anche un condotto, l’uretere, che convoglia l’urina nella vescica, un serbatoio nel quale l’urina può stazionare per un certo tempo prima di essere espulsa attraverso l’uretra.

i reni e il sistema 쑺 Descrivere escretore. in relazione 쑺 Mettere la struttura del nefrone con la formazione dell’urina.



Chiarire il ruolo dell’ormone ADH nel mantenimento dell’equilibrio idrico.

쑽 Figura 13 La struttura del rene.

nefrone

dotto collettore zona corticale

rene

zona midollare

uretere

vescica uretra

pelvi renale

A

uretere

Osservando una sezione longitudinale del rene (쑺figura 13B), si distinguono una zona esterna più chiara, la corticale, e una zona interna più scura, chiamata midollare, che è formata da strutture piramidali. Ciascun rene è costituito da circa un milione di microscopiche unità funzionali, i nefroni; ogni nefrone inizia e termina nella regione corticale del rene, ma parte di esso si estende nella regione midollare.

RISPON DI

B



Quali funzioni svolgono i reni?

247 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

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La formazione dell’urina avviene in tre fasi: filtrazione, riassorbimento e secrezione

Il nostro sistema escretore produce urina mediante tre processi (filtrazione, riassorbimento e secrezione) che si realizzano in zone diverse del nefrone. Dal punto di vista funzionale ciascun nefrone si compone di due parti distinte (쑺figura 14): l il corpuscolo renale, che si occupa della filtrazione; l il tubulo renale, in cui avvengono i processi di riassorbimento e di secrezione. Il corpuscolo renale è formato da una struttura a forma di coppa, la capsula di Bowman, che circonda un gomitolo di capillari detto glomerulo (쑺figura 14). La capsula di Bowman è collegata al tubulo renale, che comprende due tratti (prossimale e distale) separati da un lungo dotto ripiegato a forma di U chiamato ansa di Henle. La filtrazione Le pareti dei capillari e la capsula di Bowman costituiscono il «filtro» del nefrone; questo filtro è paragonabile a un colino con fori piuttosto piccoli attraverso i quali passano l’acqua e i piccoli soluti, come l’urea, contenuti nel sangue. Invece, gli elementi figurati (per esempio i globuli bianchi) e le proteine non attraversano il filtro perché sono troppo grossi. Il liquido che si raccoglie all’inizio del tubulo renale prende il nome di filtrato e il processo che lo produce è detto filtrazione.

쑽 Figura 14 Il corpuscolo renale filtra il sangue trattenendo le molecole più grosse; il sistema di tubuli riassorbe le sostanze utili nel sangue e secerne, nel fluido contenuto nei tubuli, sostanze di rifiuto.

Il riassorbimento Ogni ora passano attraverso il filtro renale circa 7,5 litri di liquido. Per evitare che l’organismo si disidrati, è necessario un meccanismo che recuperi la maggior parte del filtrato: questo avviene tramite il processo di riassorbimento. A mano a mano che il filtrato passa attraverso il tubulo renale, la maggior parte dell’acqua e dei soluti utili, come il glucosio, gli amminoacidi e molti sali, viene riassorbita all’interno dei capillari peritubolari che circondano i nefroni e restituita al sangue. Il riassorbimento dell’acqua, pari a circa il 99%, avviene per osmosi; quello dei soluti invece può avvenire per semplice diffusione o grazie all’azione di specifiche proteine di corpuscolo renale capsula di Bowmann

glomerulo

FILTRAZIONE

tubulo contorto prossimale

arteriola afferente tubulo contorto distale dotto collettore

arteriola efferente

SECREZIONE

capillari peritubolari RIASSORBIMENTO

248 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

ansa di Henle

trasporto poste nell’epitelio del tubulo (per ripassare in che modo si verificano i passaggi di soluti e di acqua attraverso le membrane plasmatiche vedi la terza lezione del capitolo 4). La secrezione Nella terza fase, la secrezione, si verifica un processo opposto al riassorbimento: alcuni soluti che non erano passati per filtrazione nella capsula di Bowman vengono prelevati dai capillari peritubolari e portati nel filtrato; in questo modo sono rimossi dal plasma gli ioni potassio e gli ioni idrogeno in eccesso, ma anche alcuni farmaci (come la penicillina) e alcune sostanze tossiche. Al termine di queste tre fasi, il filtrato presente nei tubuli distali di un certo numero di nefroni si raccoglie nel dotto collettore. Passando attraverso questo dotto, il filtrato diventa urina e subisce le ultime modifiche sotto il controllo dell’ormone antidiuretico (ADH) rilasciato dall’ipofisi. L’ADH favorisce un ulteriore riassorbimento di acqua in caso di necessità. Per esempio, se durante una giornata calda abbiamo sudato molto e abbiamo perso molta acqua, il sangue risulta più concentrato; quindi, per mantenere il giusto equilibrio idrico, occorre risparmiare acqua a livello renale. L’ipofisi viene stimolata a secernere ADH, che rende la parete del dotto collettore permeabile all’acqua favorendone il riassorbimento; l’urina viene perciò prodotta in minore quantità ed è più concentrata. Se al contrario abbiamo bevuto molto e il nostro sangue è troppo diluito, l’ipofisi cessa di rilasciare ADH; in assenza di tale ormone, il dotto collettore resta impermeabile all’acqua e il volume di urina prodotta è maggiore rispetto alla norma. Anche l’ingestione di bevande alcoliche influisce sulla quantità di urina prodotta; l’alcol infatti inibisce il rilascio di ADH, provocando una maggior perdita di acqua, con conseguente possibile disidratazione. I neonati non sono capaci di risparmiare acqua a livello renale perché la loro ipofisi non è ancora in grado di produrre ADH; il volume giornaliero di urina che producono, quindi, è sempre uguale. In caso di grande caldo o di perdita di liquidi attraverso le feci (diarrea), è necessario che i bambini piccoli bevano molto per reintegrare i liquidi perduti.

14

3 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 Il nefrone

RISPON DI

I RENI MANTENGONO COSTANTE LA CONCENTRAZIONE DEI FLUIDI CORPOREI



Attraverso quali processi si forma l’urina?

I reni contribuiscono a mantenere l’equilibrio di acidi e basi nel sangue

Oltre a regolare il bilancio dei sali e dell’acqua e ad espellere i rifiuti azotati, i reni svolgono un’altra importante funzione nel mantenimento dell’omeostasi: la regolazione della concentrazione degli ioni idrogeno presenti nel sangue. Il pH del sangue è una variabile fondamentale, perché influenza la struttura e la funzione delle proteine, e per questo motivo dev’essere mantenuto in un intervallo di valori molto limitato, compreso tra 7,35 e 7,45. Numerose sostanze prodotte dalle reazioni metaboliche sono in grado di far variare il pH del sangue: l’acido lattico o gli acidi grassi, per esempio, possono ridurre il pH, mentre l’ammoniaca può alzare il pH del sangue rendendolo basico. Nel sangue esistono dei sistemi tampone, costituiti principalmente da ioni bicarbonato (HCO⫺ 3 ), che limitano in piccola misura le variazioni di pH; un tampone infatti è una sostanza o una miscela di sostanze che possono neutralizzare almeno in parte l’effetto di acidi e basi. I reni collaborano a mantenere stabile il pH del sangue controllando sia l’escrezione degli ioni bicarbonato e idrogeno sia il riassorbimento e la produzione di questi stessi ioni. Se il pH del sangue sale, le cellule dei tubuli secernono ioni bicarbonato e trattengono ioni idrogeno; se invece il pH scende, le cellule riassorbono ioni bicarbonato e secernono ioni idrogeno.

249 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

» L’insufficienza renale e la dialisi

Le malattie renali in Italia sono sempre più frequenti, con una crescita annua di circa il 5%, e questo dato si spiega facilmente esaminandone le cause; una malattia renale, infatti, è dovuta per il 90-95% al diabete, all’ipertensione e all’obesità, patologie sempre più diffuse in tutte le fasce di età, ma soprattutto negli anziani. Quando i reni di una persona funzionano male, si sviluppa un’insufficienza renale. Se a essere colpito è un rene solo, le condizioni di vita di un individuo non subiscono drastiche variazioni; se invece vengono compromessi entrambi gli organi, la depurazione del sangue non è più assicurata e le sostanze di rifiuto si accumulano progressivamente nell’organismo, mettendo in pericolo la sua sopravvivenza. Un metodo per rimediare a un’insufficienza renale è la dialisi, un processo che consiste nella filtrazione extracorporea del sangue con un apparecchio chiamato rene artificiale. L’apparecchio per dialisi filtra il sangue del paziente in maniera del tutto analoga al nefrone, depurandolo dall’urea, dai sali in eccesso e da altre sostanze tossiche. Il sangue depurato viene poi «reinfuso» nel paziente. Ciascuna seduta di dialisi dura in media dalle tre alle sei ore e deve essere ripetuta almeno tre

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  uretere  riassorbimento  vescica  uretra  sistema escretore  urea  capsula di Bowman  rene  glomerulo  nefrone  filtrazione  secrezione  riassorbimento

volte alla settimana. In Italia vi sono circa 40 000 dializzati; poiché però la qualità della vita di questi pazienti è molto condizionata da questo costante impegno, il rimedio più efficace per l’insufficienza renale sarebbe il trapianto di rene, che può essere eseguito anche da un donatore vivente. Tutti i dializzati sono teoricamente candidati al trapianto; nella realtà, però, il numero scende drasticamente al 15-20% del totale. «La valutazione per l’idoneità al trapianto viene fatta sulla base dell’età, un limite che si sta spostando sempre più avanti, e sulle condizioni cliniche generali», spiega il presidente della Società Italiana di Nefrologia, Carmine Zoccali, «vengono esclusi i pazienti per i quali i rischi associati all’operazione sono maggiori dei benefici che se ne possono trarre. In questo modo si rende massimo il successo del trapianto.» Sebbene esista il rischio di rigetto dell’organo da parte del ricevente, le attuali terapie antirigetto hanno ridotto di molto tale effetto collaterale facendo aumentare notevolmente il numero di trapianti riusciti. L’Italia può vantare una percentuale di successo davvero invidiabile: a un anno dal trapianto è vivo il 97,5% dei pazienti, percentuale che dopo 4 anni passa al 93%.

1. Attraverso quali vie viene eliminata l’urina prodotta nei reni? 2. Che cosa differenzia la composizione del sangue da quella del filtrato renale? 3. Perché i neonati sono maggiormente soggetti al pericolo della disidratazione? 4. Dalla demolizione di quali sostanze si formano i prodotti di rifiuto azotati che vengono eliminati con l’escrezione renale?

A B C D

grassi proteine vitamine zuccheri

250 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Un apparecchio per la dialisi.

Tra i vari trapianti di organi, quello dei reni è il più frequente: per ogni donatore deceduto, infatti, si rendono disponibili due organi. Dal 2000 a oggi, in Italia i trapianti di rene sono cresciuti del 30%, passando da poco più di 1300 a 1500-1700 all’anno (di cui solo il 6-7% viene eseguito da un donatore vivente). Ciononostante, la lista di attesa per un rene nuovo è quella più lunga: alla fine del 2007 erano 6805 i pazienti in attesa di un rene, contro i 1479 in attesa di fegato e i 829 per un cuore, 258 per il pancreas e 318 per il polmone.

5. L’ormone ADH viene prodotto in maggior quantità?

A B C D

in una giornata fredda se si ha bevuto molta acqua in caso di forte sudorazione se si sono assunti alcolici

6. Quali strutture costituiscono il corpuscolo renale?

A il glomerulo e la capsula di Bowman

B la vescica e l’uretra C l’ansa di Henle e il dotto collettore

D il glomerulo e il tubulo renale

L’APPARATO RIPRODUTTORE MASCHILE E FEMMINILE

Nella maggior parte degli organismi pluricellulari la riproduzione degli individui avviene per via sessuata: i due genitori sono di sesso diverso e producono cellule specializzate, i gameti o cellule sessuali, che contengono la metà esatta del numero di cromosomi tipico della specie. I gameti si formano attraverso una speciale divisione cellulare, la meiosi. Durante un processo chiamato fecondazione, un gamete maschile, lo spermatozoo, si unisce a un gamete femminile, la cellula uovo; in questo modo, si forma lo zigote, ossia la prima cellula da cui si svilupperà, mediante continue divisioni mitotiche, un nuovo individuo. Negli esseri umani, come in tutti i mammiferi e nella maggior parte degli altri vertebrati, le cellule uovo e gli spermatozoi sono prodotti nelle gonadi (testicoli nell’uomo e ovaie nella donna). Oltre alle gonadi, il sistema riproduttore comprende gli organi genitali, che consentono la fecondazione: l’organo genitale maschile è il pene, mentre quello femminile è la vagina. Nella femmina di tutti i mammiferi placentati è anche presente l’utero, l’organo in cui avviene lo sviluppo dell’embrione fino al momento della nascita.

16

obiettivi

l’anatomia 쑺 Descrivere dei sistemi riproduttori maschile e femminile. la produzione 쑺 Confrontare degli spermatozoi con quella delle cellule uovo. le modificazioni 쑺 Evidenziare che intervengono nell’organismo durante la pubertà. il ciclo ovarico 쑺 Descrivere e il ciclo mestruale indicandone le differenze. RISPON DI

Le gonadi, ovvero i testicoli e le ovaie, producono i gameti

lezione

L’apparato riproduttore maschile e femminile 15

4

4



Che differenza c’è tra gonadi e organi genitali?

Nell’uomo i testicoli sono collocati all’esterno del corpo

La 쑺figura 15 mostra il sistema riproduttore maschile. I testicoli si trovano all’interno di un sacco cutaneo chiamato scroto e sono costituiti da centinaia di tubuli seminiferi, i piccoli tubicini che formano un’intricata rete; le gonadi maschili sono poste all’esterno dell’organismo perché la produzione di spermatozoi richiede una temperatura inferiore di circa 2 °C rispetto a quella corporea. I testicoli si posizionano nello scroto nel corso della vita fetale, quando attraversano la muscolatura della porzione ventrale del tronco formando il canale inguinale e trascinando con sé il peritoneo, ossia la membrana che avvolge l’intestino. Il canale inguinale si chiude alla nascita, anche se a volte può rimanere apervescica to e diventare sede di vescicola un’ernia. Talvolta, però, seminale i testicoli non scendono retto nel sacco scrotale; se questa condizione, chiamata prostata criptorchidismo, non si corregge spontaneamen- osso ghiandole te nei primi anni di vita, pubico bulbouretrale deve essere risolta attraverso un intervento chi- uretra dotto deferente rurgico per evitare che epididimo provochi sterilità. pene Gli spermatozoi prodotti nel tessuto che riveste internamente i tubuli testicolo seminiferi viaggiano at- scroto

쑸 Figura 15 Il sistema riproduttore machile.

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 L’apparato riproduttore maschile

251 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

acrosoma

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

coda testa nucleo aploide

colletto

쒀 Figura 16 Lo spermatozoo è suddiviso in tre parti: testa, colletto e coda.

LO SAPEVI?

RISPON DI

Se si svolgessero e si mettessero in fila, i tubuli seminiferi sarebbero lunghi più di 100 m.



Perché i testicoli non possono essere situati all’interno dell’addome?

traverso la rete di tubicini fino a raggiungere l’epididimo, un condotto che si avvolge più volte su se stesso. Nell’epididimo, gli spermatozoi maturano e stazionano fino al momento dell’espulsione (eiaculazione). Uno spermatozoo maturo ha l’aspetto che puoi vedere nella 쑺figura 16 ed è formato da: l la testa, che contiene il nucleo aploide ed è corredata di una struttura, l’acrosoma, utile per forare la parete della cellula uovo; l il colletto, ricco di mitocondri, ossia degli organuli cellulari che forniscono energia allo spermatozoo; l la coda che assicura il movimento.

Tra gli spermatozoi in via di sviluppo nei tubuli seminiferi si trovano le grandi cellule del Sertoli, che sostengono, proteggono e nutrono le cellule da cui si formano gli spermatozoi, «guidandole» lungo il processo di differenziamento. Queste cellule secernono anche un fluido che permette il trasporto dello sperma e rilasciano un ormone chiamato inibina che aiuta a regolarne la produzione. Se l’eiaculazione non avviene, gli spermatozoi vengono distrutti e riassorbiti. Fra i tubuli seminiferi ci sono anche raggruppamenti di cellule del Leydig, che secernono il testosterone, il più importante ormone androgeno; questo ormone ha il compito di promuovere lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie maschili. L’epididimo si collega con il dotto deferente o vaso spermatico, che sale verso l’alto e gira intorno alla vescica fino a confluire nell’uretra. Come abbiamo visto nella lezione precedente, l’uretra, che corre lungo il pene e si apre all’esterno, è un condotto che viene utilizzato per espellere sia lo sperma sia l’urina proveniente dalla vescica; questa doppia funzione è resa possibile dalla presenza di muscoli alla base della vescica che, al momento dell’eiaculazione, si contraggono e impediscono all’urina di confluire nell’uretra. Durante il percorso attraverso il dotto deferente, gli spermatozoi acquisiscono la mobilità e vengono arricchiti da alcune sostanze prodotte da tre tipi di ghiandole: le vescicole seminali, la prostata e le ghiandole bulbouretrali. Le vescicole seminali producono un liquido ricco di fruttosio (uno zucchero che serve a fornire energia per il movimento), la prostata secerne un liquido basico che aiuta a neutralizzare l’ambiente acido del canale riproduttivo femminile, mentre le ghiandole bulbouretrali forniscono un liquido con funzione lubrificante. Questi fluidi, insieme agli spermatozoi, costituiscono lo sperma. Lo sperma viene depositato nella vagina femminile durante l’accoppiamento. La stimolazione sessuale determina la dilatazione delle arterie che percorrono il pene e fa affluire sangue nel tessuto spugnoso che lo costituisce; si realizza così l’erezione del pene, ossia il suo indurimento, che rende possibile il rapporto sessuale.

17

La maggior parte degli organi sessuali femminili è interna e ben protetta

La 쑺figura 17 a pagina seguente mostra il sistema riproduttore femminile, che comprende la vulva, la vagina, le ovaie, le tube di Falloppio e l’utero. La vulva è formata da due strutture protettive esterne chiamate grandi labbra (che a partire dalla pubertà si ricoprono di peli); all’interno di queste si trovano due pieghe cutanee, le piccole labbra, le quali si congiungono anteriormente proteggendo il clitoride. Il clitoride è una piccola formazione erettile, omologa al pene dell’uomo, che durante l’eccitazione sessuale si riempie di sangue. La vulva costituisce la parte esterna dell’apparato femminile e protegge la zona in cui escono le vie urinarie (uretra) e genitali (vagina). La vagina è un breve condotto, lungo 6-10 cm, situato tra l’intestino retto e la vescica; qui, durante l’accoppiamento, viene riversato lo sperma. Inoltre, essa permette il passaggio del sangue mestruale ed è il canale che si dilata per far passare il bambino durante il parto. L’ambiente vaginale è piuttosto acido e non permette quindi la sopravvivenza di eventuali microrganismi che occasionalmente possono penetrarvi.

252 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

L’APPARATO RIPRODUTTORE MASCHILE E FEMMINILE

tuba di Falloppio ovaia

4 oocita in via di maturazione

follicolo in accrescimento

utero

retto

vescica

osso pubico uretra vagina clitoride piccole labbra

grandi labbra

Follicolo maturo che sta per liberare l’oocita nelle tube. corpo luteo

쒀 Figura 18 La maturazione dell’oocita avviene nel

쒀 Figura 17 Il sistema riproduttore femminile.

Come abbiamo detto, le ovaie costituiscono le gonadi femminili, ossia gli organi deputati alla produzione dei gameti (le cellule uovo) e di diversi ormoni; esse si trovano nella parte bassa dell’addome, protette dalle ossa del bacino. Ciascuna delle due ovaie ha la forma di una mandorla, misura circa 3 cm ed è costituita da migliaia di follicoli ovarici; i follicoli si formano durante la vita fetale e, come vedremo, giungono a maturazione nel corso della vita di una donna, dalla pubertà fino alla menopausa. Il follicolo consiste in un gruppo di cellule che protegge e nutre la cellula uovo durante il suo sviluppo (쑺figura 18). Da ogni ovaia parte un canale, chiamato tuba di Falloppio, che misura circa 12-13 cm, dove viene immesso l’oocita dopo la sua maturazione. Le tube collegano le ovaie con l’utero e al loro interno avviene la fecondazione, ossia l’incontro tra la cellula uovo e lo spermatozoo. L’utero è un organo muscolare cavo, dalle pareti spesse e rivestite internamente da uno strato mucoso chiamato endometrio. Se avviene la fecondazione, all’interno dell’utero hanno luogo l’impianto dell’embrione e il suo sviluppo. La parte inferiore dell’utero, detta collo o cervìce, collega questo organo alla vagina.

18

RISPON DI

follicolo, che si trasforma poi in corpo luteo.



Qual è la funzione delle tube di Falloppio?

Nei maschi e nelle femmine l’inizio dello sviluppo sessuale si manifesta con la pubertà

La pubertà è la fase della vita in cui compaiono i caratteri sessuali secondari. Nei maschi essa si manifesta in genere tra i 13 e i 16 anni; nelle femmine, invece, tra gli 11 e i 14 anni. All’inizio della pubertà l’ipotalamo secerne un ormone, il fattore di rilascio delle gonadotropine (Gonadotropin-Releasing Hormone o GnRH), che avvia lo sviluppo. Il GnRH raggiunge l’ipofisi, che a sua volta rilascia altri due ormoni necessari alla pubertà: l’ormone luteinizzante (LH) e l’ormone follicolo-stimolante (FSH). Questi ormoni sono presenti sia nei ragazzi sia nelle ragazze, ma in quantità differente e con bersagli diversi: l nei ragazzi, l’LH e l’FSH stimolano le cellule dei testicoli a produrre gli spermatozoi e gli ormoni sessuali maschili, ossia gli androgeni (soprattutto il testosterone); l nelle ragazze, invece, stimolano le ovaie ad avviare la produzione degli ormoni femminili, chiamati estrogeni; la maturazione delle ovaie si manifesta con la comparsa delle prime mestruazioni (un fenomeno detto menarca).

253 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

13



Quali ormoni sono responsabili della pubertà e quali sono i loro effetti sull’organismo?

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

Recentemente è stato identificato un gene che rimane silente per tutta l’infanzia e che, una volta attivato, scatena l’attacco ormonale dando inizio alla pubertà: si tratta del gene GPR54, che è localizzato sul cromosoma 19 e che produce la proteina responsabile dell’attivazione della cascata di ormoni richiesti per raggiungere la maturità sessuale. Questa scoperta è di fondamentale importanza per curare i disturbi dello sviluppo che si verificano quando il gene è assente o difettoso e impedisce la normale maturazione sessuale, provocando una pubertà anormalmente precoce o tardiva o addirittura del tutto assente.

19

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE 쐌 L’apparato riproduttore femminile

쑽 Figura 19 Il ciclo ovarico.

Ogni 28 giorni nella donna una cellula uovo giunge a maturazione e viene espulsa dall’ovaia

Durante la vita fetale nelle ovaie si formano i follicoli, in ognuno dei quali è presente una cellula uovo ferma all’inizio del proprio sviluppo. I follicoli rimangono quiescenti fino alla pubertà, cioè fino a quando gli ormoni prodotti dall’ipotalamo e dall’ipofisi danno inizio allo sviluppo sessuale e fanno giungere a maturazione i gameti; a questo punto dello sviluppo, il numero delle cellule uovo è di circa 400000 unità. Per un periodo di 30-40 anni, mediamente ogni 28 giorni una cellula uovo giungerà a maturazione e nel corpo della donna si verificheranno alcune modificazioni che preparano l’utero a ricevere l’eventuale uovo fecondato. L’insieme degli eventi che portano alla maturazione di una cellula uovo costituisce il ciclo ovarico, mentre le modificazioni uterine che si verificano contemporaneamente sono dette nel complesso ciclo mestruale. Entrambi i cicli sono sotto il controllo degli ormoni prodotti dall’ipotalamo e dall’ipofisi. Il fattore di rilascio delle gonadotropine secreto dall’ipotalamo induce il rilascio dell’ormone follicolo-stimolante e dell’ormone luteinizzante dal lobo anteriore dell’ipofisi. L’FSH avvia lo sviluppo del follicolo e la secrezione di estrogeni dal follicolo, che così matura grazie anche all’azione dell’LH. Come puoi vedere nella 쑺figura 19, all’inizio del ciclo ovarico un follicolo si ingrandisce e si avvicina alla superficie dell’ovaia; quando è giunto a maturazione, l’LH scatena l’ovulazione: il follicolo si rompe ed espelle un ovulo pronto per essere fecondato. Dopo essersi liberato dal follicolo, l’ovulo viene attratto dall’ovidotto e inizia a percorrere la strada verso l’utero, aiutato dalle contrazioni della parete dell’ovidotto stesso e dal movimento delle ciglia che ne rivestono la parte interna. Nella porzione iniziale dell’ovidotto può avvenire la fecondazione, che si può verificare solo nelle 24 ore successive all’ovulazione; se la cellula uovo non viene fecondata, degenera rapidamente. In alcuni casi piuttosto rari possono maturare contemporaneamente due follicoli e, di conseguenza, possono venire liberati due ovuli. Se entrambi vengono fecondati da due diversi spermatozoi, si ha una gravidanza gemellare: nasceranno due bambini fratelli (o gemelli dizigotici, che non sono identici perché non condividono lo stesso patrimonio genetico). Nel frattempo, sempre stimolato dall’LH, il follicolo, dal quale è stato espulso l’ovulo, si modifica trasformandosi in corpo luteo, una ghiandola capace di secernere gli ormoni Solo alcuni dei follicoli ovarici presenti al momento della pubertà maturano andando incontro alla ovulazione; gli altri degenerano.

tuba di Falloppio

follicolo maturo

follicolo

utero ovaia ovulazione vagina

corpo luteo

254 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

cellula uovo

(estrogeni, progesterone, relaxina e inibina) che preparano l’utero a ricevere l’embrione. Sotto l’influsso del progesterone, la vascolarizzazione della parete uterina aumenta e l’endometrio si ispessisce formando una specie di «nido». L’ormone relaxina rilassa le pareti dell’utero inibendone la contrazione, presumibilmente perché l’impianto di un ovulo fecondato avviene più rapidamente in un utero disteso. Se si instaura la gravidanza, la produzione di relaxina aumenta in modo da continuare a rilassare la muscolatura liscia dell’utero. L’inibina inibisce la secrezione di FSH e, in misura minore, di LH. A questo punto, se la cellula uovo è stato fecondata, lo zigote si annida nell’utero e ha inizio la gravidanza; se invece la fecondazione non è avvenuta, il corpo luteo degenera e la produzione di ormoni cessa. Nelle arterie che irrorano la parete uterina diminuisce l’apporto di sangue; di conseguenza, una parte dell’endometrio si sfalda e viene espulsa attraverso la vagina assieme alla cellula uovo non fecondata, dando origine a una perdita di sangue che dura alcuni giorni e che viene chiamata mestruazione. Nella 쑺figura 20 sono rappresentati gli effetti prodotti sulle ovaie e sull’utero dalle variazioni delle concentrazioni ormonali in un ciclo di 28 giorni.



Che cosa s’intende con il termine ovulazione?

쑽 Figura 20 Il ciclo ovarico e quello mestruale durano circa 28 giorni e sono regolati dagli ormoni ipofisari (FSH, LH), dagli estrogeni e dal progesterone.

progesterone

FSH

livello di ormoni nel sangue

4 RISPON DI

L’APPARATO RIPRODUTTORE MASCHILE E FEMMINILE

LH

estrogeno

ciclo mestruale

GIORNI

1

2

4

6

8

10

fase follicolare

12

14

16

18

20

22

24

26

28

fase luteinica

ovulazione

ciclo ovarico follicolo in via di sviluppo

corpo luteo

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Descrivi le funzioni delle ghiandole annesse al sistema riproduttore maschile.

parole chiave

2. Che cosa s’intende per caratteri sessuali secondari?

 spermatozoo  cellula uovo  zigote  tubulo seminifero  epididimo  testosterone  dotto deferente  sperma  pene  vagina  ovaia  tuba di Falloppio  utero  pubertà  androgeno  estrogeno  ciclo ovarico  ciclo mestruale  ovulazione  testicolo

3. Che differenza c’è tra ciclo ovarico e ciclo mestruale? 4. Con il termine mestruazione si indica:

A l’espulsione dall’ovaia di una cellula uovo

B l’ispessimento e l’irrorazione sanguigna dell’endometrio

C la perdita di sangue dalla vagina che si verifica mediamente ogni 28 giorni

D la formazione del corpo luteo e la produzione di estrogeni e progesterone 5. Quale ormone dà avvio alla pubertà?

A LH C estrogeno

B FSH D GnRH

6. Quale tra le seguenti affermazioni non riguarda il follicolo ovarico?

A contiene e nutre la cellula uovo B è già presente al momento della nascita

C produce gli ormoni LH e FSH D dopo l’ovulazione si trasforma in corpo luteo

255 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LA FECONDAZIONE E LO SVILUPPO EMBRIONALE

Numerosi spermatozoi circondano la cellula uovo nel tentativo di fecondarla; solo uno avrà successo.

5 Gli enzimi perforano la membrana della cellula uovo.

Lo spermatozoo libera gli enzimi acrosomali.

Il nucleo dello spermatozoo entra nel citoplasma e si unisce al nucleo della cellula uovo.

citoplasma nucleo dello spermatozoo nucleo della cellula uovo

cellula uovo

B

fusione dei nuclei

Gli spermatozoi che giungono nei pressi della cellula uovo si raccolgono intorno a essa (쑺figura 22A) e si attaccano alla sua superficie liberando gli enzimi contenuti nel loro acrosoma; questi enzimi hanno il compito di digerire il rivestimento protettivo esterno dell’ovulo e di far entrare lo spermatozoo in contatto con la sua membrana plasmatica (쑺figura 22B). Non appena lo spermatozoo ha oltrepassato anche quest’ultima barriera, la testa contenente il nucleo della cellula può entrare, mentre la coda rimane fuori; a questo punto la membrana plasmatica della cellula uovo si modifica formando la membrana di fecondazione, che impedisce l’ingresso a qualsiasi altro spermatozoo. Subito dopo l’ingresso dello spermatozoo, nell’ovulo il processo meiotico giunge al termine e il numero dei cromosomi si riduce a 23 (corredo aploide); quando il nucleo dello spermatozoo (anch’esso con 23 cromosomi) si fonde con quello della cellula uovo, si ripristina il normale assetto diploide con 46 cromosomi tipico della specie umana. Il corredo genetico dello zigote sarà, quindi, per metà di origine materna e per metà di origine paterna. La fusione dei due nuclei costituisce il momento della fecondazione, cui seguirà il processo di sviluppo embrionale all’interno del corpo della madre, che durerà circa 38 settimane. Durante lo sviluppo del nuovo individuo si possono evidenziare tre eventi fondamentali: un rapido aumento del numero di cellule (che avviene per mitosi), la formazione dei diversi tipi di tessuti (differenziamento cellulare) e la formazione dei diversi organi (organogenesi).

22

쒀 Figura 22 La fecondazione è l’incontro tra i nuclei della cellula uovo e dello spermatozoo.

RISPON DI

A

nucleo dello zigote

Perché una volta che nella cellula uovo è penetrato uno spermatozoo non ne possono entrare altri?



L’embrione si impianta nell’utero e viene nutrito dalla placenta

La fecondazione avviene in genere nella parte alta dell’ovidotto, mentre l’impianto dell’embrione nell’utero si verifica solo 6-8 giorni dopo. Durante questo periodo lo zigote va incontro a molte divisioni mitotiche (per ripassare la mitosi vedi la lezione 2 del capitolo 6); la cellula iniziale diventa prima un piccolo ammasso compatto di cellule chiamato morula (per il suo aspetto simile a una mora) e successivamente si trasforma in una sferetta cava detta blastocisti. Nei primi stadi dello sviluppo le cellule dell’embrione sono totipotenti, si possono cioè differenziare in qualsiasi tessuto. In questa fase può accadere che la morula si divida in due masserelle distinte di cellule e che da ciascuna di esse si sviluppi un individuo completo: è il caso dei gemelli monozigoti, che possiedono lo stesso patrimonio genetico perché sono derivati dalla stessa cellula uovo e dallo stesso spermatozoo.

257 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

prime divisioni embrionali morula

blastocisti

tuba di Falloppio

쒀 Figura 23 Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale lo zigote si divide ripetutamente trasformandosi in una morula e poi in una blastocisti, che si impianta nella parete uterina.

La blastocisti si impianta nella parete dell’utero.

ovaia

endometrio

LO SAPEVI? Il talidomide è un farmaco che è stato molto utilizzato negli anni Cinquanta e Sessanta dalle donne in gravidanza come sedativo e anti-nausea. Alla fine del 1961 venne ritirato dal commercio perché si scoprì che, se assunto durante le prime sette settimane, interferiva con lo sviluppo embrionale inibendo la normale formazione dei vasi sanguigni. Molte madri partorirono neonati malformati senza braccia, gambe oppure orecchie.

Al momento dell’impianto nell’utero, l’embrione penetra in profondità nella parete uterina e si fissa a essa insinuando al suo interno piccole estroflessioni chiamate villi coriali (쑺figura 23). L’embrione produce anche alcune sostanze chimiche che attenuano l’attività del sistema immunitario della madre in modo che questo minuscolo «corpo estraneo» non sia «rifiutato» dal corpo della donna. Tale processo dà inizio alla gravidanza. Durante la seconda settimana dall’impianto si forma il sacco amniotico, una membrana trasparente e ripiena di liquido che proteggerà l’embrione durante tutto il suo sviluppo. Verso la terza settimana l’embrione perde il suo aspetto informe: si è già formata la testa, si sta sviluppando il cervello e inizia a battere il cuore, pompando il sangue per tutto il corpo. A circa tre mesi dall’inizio della gravidanza si completa l’organogenesi; sebbene immaturi, tutti gli organi sono ormai formati. L’embrione ha svolto il lavoro più difficile e ha assunto un aspetto decisamente umano (쑺figura 24A); a questo punto viene già chiamato feto e, nonostante misuri solo pochi cm, si iniziano a distinguere la faccia e le dita delle mani e dei piedi (쑺figura 24B).

쑺 Figura 24 A. A circa tre mesi di gravidanza l’organogenesi è completata: si parla di feto. B. Sono ben visibili e distinguibili la faccia e le dita.

A

B

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LA FECONDAZIONE E LO SVILUPPO EMBRIONALE

5

utero

I prodotti metabolici di rifiuto e il diossido di carbonio passano dal feto alla madre.

arteria ombelicale cordone ombelicale

Le sostanze nutritive e l’ossigeno passano dalla madre al feto. liquido amniotico

vena ombelicale placenta

educazione alla salute

쒀 Figura 25 La placenta permette gli scambi tra la madre e il feto.

RISPON DI

Entro il terzo mese si è completamente sviluppata anche la placenta, un organo costituito dai villi coriali (di origine embrionale) posti a stretto contatto con i vasi sanguigni dell’utero materno. Attraverso la placenta avvengono tutti gli scambi di gas e di sostanze nutritive tra il sangue del feto e quello della madre (쑺figura 25). La placenta è collegata al feto dal cordone ombelicale attraverso cui le sostanze nutritive e l’ossigeno passano dalla madre al feto; i prodotti di rifiuto (provenienti dal metabolismo fetale) e il diossido di carbonio (che deriva dalla sua respirazione cellulare) percorrono invece la strada inversa per essere poi eliminati dai polmoni e dai reni della madre. Nelle ultime settimane di gravidanza la madre passa al feto anche gli anticorpi che difenderanno dalle malattie il neonato per settimane o mesi dopo la nascita. La placenta assume anche il ruolo che, all’inizio della gravidanza, era stato del corpo luteo, ossia quello di produrre estrogeni, progesterone e relaxina; il corpo luteo infatti degenera nel corso del secondo trimestre.



Quando si completa l’organogenesi?

» La barriera placentare protegge il feto La placenta costituisce una sorta di «barriera» che protegge il feto dalle sostanze potenzialmente dannose; tuttavia alcune molecole e persino virus, come per esempio il virus della rosolia e quello dell’AIDS, possono attraversarla e rivelarsi molto dannosi, soprattutto nei primi mesi del suo sviluppo. Per questo motivo, prima di iniziare la gravidanza, è opportuno sottoporsi ad alcuni esami per accertare di essere immuni ad alcuni virus e di non presentare positività per il virus HIV. Inoltre, durante la gravidanza è necessario astenersi dal fumare e soprattutto dall’uso di stupefacenti e alcolici; la nicotina, l’alcol e le droghe come la

cocaina o l’eroina, infatti, raggiungono il feto e possono provocare danni irreparabili al suo sistema nervoso. Anche numerosi farmaci passano la barriera

placentare; è dunque meglio non assumere medicine almeno nei primi tre mesi di gravidanza (se non sotto stretto controllo medico e in caso di reale necessità) per evitare qualunque interferenza con lo sviluppo fetale.

L’ecografia permette di valutare lo sviluppo del feto.

259 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

23 쑺 Figura 26 Nel secondo trime-

educazione alla salute

stre di gravidanza il feto si accresce triplicando le sue dimensioni.

Durante gli ultimi sei mesi di gravidanza nell’utero si completa lo sviluppo del feto

Una volta avvenuta l’organogenesi, i sistemi che costituiscono il corpo del feto continuano ad accrescersi e a svilupparsi. A partire dal secondo trimestre di gravidanza le dimensioni del feto (e del ventre della mamma) aumentano sempre più rapidamente e i suoi movimenti si fanno sempre più attivi e percepibili (쑺figura 26); in molti casi, verso il sesto mese il feto comincia a succhiarsi il pollice. Nell’ultimo trimestre il sistema digerente diventa funzionale, il fegato inizia a immagazzinare glicogeno,

» La contraccezione serve a evitare gravidanze indesiderate

Al contrario di tutte le altre specie animali, in cui lo scopo dei rapporti sessuali è unicamente la procreazione, nell’uomo e nella donna il rapporto sessuale risponde a profonde esigenze affettive e, per la maggior parte della vita dell’individuo, non è finalizzato alla riproduzione. Sorge quindi il problema della contraccezione, ossia della prevenzione delle gravidanze indesiderate. Nei paesi più sviluppati esistono attualmente molti metodi per evitare di concepire un figlio, che si basano su tre principi: l evitare che lo spermatozoo incontri la cellula uovo (metodi naturali e metodi barriera); l impedire la liberazione dei gameti (metodi ormonali e chirurgici); l impedire l’impianto dell’embrione nell’utero. La maggior parte dei metodi contraccettivi è reversibile: nel momento in cui si smette di utilizzarli, infatti, diventa possibile il concepimento. La tabella elenca i principali metodi anticoncezionali suddivisi per categorie; osservando questo schema, puoi notare che vi sono riportate le percentuali teoriche di fallibilità (prima colonna) e quelle reali (seconda colonna). La percentuale di insuccesso del metodo

contraccettivo, infatti, dipende dal suo corretto utilizzo. Il preservativo, per esempio, per essere efficace deve essere usato una sola volta, va conservato in un luogo fresco e asciutto (certamente non in tasca) e non deve essere vecchio o danneggiato; inoltre, la confezione deve essere integra e si devono seguire le istruzioni su come indossarlo. Esaminiamo ora in maggior dettaglio i tre tipi di metodi anticoncezionali. I metodi naturali consistono nell’evitare di avere rapporti sessuali in

prossimità dell’ovulazione. Lo spermatozoo sopravvive nel corpo della donna al massimo tre giorni, mentre la cellula uovo può essere fecondata solo nelle 24 ore successive all’ovulazione; quindi, per non concepire un figlio è necessario astenersi dai rapporti almeno tre giorni prima dell’ovulazione e un giorno dopo. Per individuare il periodo fertile si può misurare la temperatura corporea al mattino (che si innalza di qualche decimo di grado al momento dell’ovulazione e si mantiene costante fino all’av-

쑽 TABELLA Efficacia di alcuni metodi contraccettivi. Gravidanze ogni 100 donne all’anno* metodo anticoncezionale Impedisce la liberazione dei gameti pillola (estrogeni + progesterone)

dati teorici 0,1

Impedisce la fecondazione vasectomia legatura delle tube metodo ritmico coito interrotto profilattico diaframma con spermicida

0,1 0,2 1-9 4 2 6

Impedisce l’impianto dispositivo intrauterino (IUD)

1-2

*Senza dispositivi anticoncezionali si verificano in media circa 85 gravidanze.

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dati reali 3 0,15 0,4 20 18 12 18

3

i reni producono urina e i periodi di sonno si alternano con la veglia. Le ultime strutture che giungono a completa maturazione sono i polmoni; poiché l’ossigeno viene prelevato direttamente dal sangue della madre, questi organi non vengono utilizzati durante la vita fetale, che si svolge «sott’acqua». La maturazione dei polmoni si completa durante le ultime settimane di gestazione, grazie alla produzione da parte delle cellule polmonari del feto di una miscela di fosfolipidi e di proteine chiamata surfattante; si tratta di una soluzione tensioattiva che tiene aperti gli alveoli polmonari avviando e permettendo la respirazione. In caso di nascita prematura, in assenza di surfattante, i polmoni non riescono a espandersi e il neonato ha gravi difficoltà respiratorie. Nel corso dell’ultimo trimestre si forma sotto la pelle un deposito di grasso che fornirà energia e riscaldamento dopo la nascita. Il peso aumenta di circa 200 g la settimana e, di solito, il feto si posiziona a testa in giù. Nel frattempo l’utero della madre continua a ingrossarsi e a esercitare una pressione via via crescente sugli organi circostanti. Durante tutta la gravidanza, l’utero è soggetto a deboli contrazioni (note come contrazioni di Braxton-Hicks) che aumentano a mano a mano che l’utero si dilata e, poco prima del parto, diventano progressivamente più forti allo scopo di accorciare il collo dell’utero e preparare l’organismo al parto. Quando la testa del feto comincia a esercitare una pressione sul collo dell’utero, il sistema nervoso percepisce questa pressione e la comunica all’ipotalamo, che stimola l’ipofisi a produrre

vicinarsi della mestruazione), oppure valutare l’aspetto del muco cervicale, che in prossimità dell’ovulazione è trasparente e filamentoso; attualmente sono in commercio anche apparecchi che segnalano i giorni fertili, cosa utile anche per chi vuole concepire un figlio. I metodi barriera evitano che gli spermatozoi raggiungano la cellula uovo nell’ovidotto: l il preservativo (o profilattico o condom) è una sottile guaina in lattice che va applicata sul pene; l il diaframma è un cappuccio di gomma a forma di cupola, destinato a ricoprire il collo dell’utero; l il cappuccio cervicale è simile al diaframma, ma più piccolo e più aderente alla cervice. Per aumentare l’efficacia del diaframma o del cappuccio cervicale è consigliabile abbinarli a composti chimici, chiamati spermicidi, che uccidono gli spermatozoi. In generale però gli spermicidi, se usati da soli, sono poco efficaci. I metodi chirurgici sono gli unici a essere del tutto sicuri e privi di effetti collaterali ma, generalmente, sono irreversibili; si tratta di piccole operazioni chiamate vasectomia nell’uomo e legatura delle tube nella donna.

5 RISPON DI

LA FECONDAZIONE E LO SVILUPPO EMBRIONALE



Quali eventi si susseguono nel momento del parto?

dose di ormoni assunta quotidianamenLa vasectomia prevede la recisione di te in passato. un breve segmento di entrambi i vasi I metodi post-concezionali comdeferenti affinché gli spermatozoi non prendono la pillola del giorno dopo e la possano raggiungere l’uretra, mentre la spirale o IUD. La pillola del giorno dopo legatura delle tube consiste nell’asporè un farmaco a base di progestinici che tazione di una piccola parte dei due oviserve a bloccare l’ovulazione e a impedotti e nella legatura delle estremità, in dire l’impianto dell’embrione; la spirale modo che le cellule uovo non possano è un piccolo dispositivo che va inserito più incontrare gli spermatozoi. permanentemente all’interno dell’uteI metodi ormonali impediscono lo ro e che ha la capacità di modificare la sviluppo del follicolo e la liberazione mucosa uterina, rendendola incapace della cellula uovo mediante il rilascio di ospitare l’embrione. La spirale viene nella circolazione sanguigna di estrogeinserita nella cavità uterina dal medico e ni di sintesi e di progestinici, cioè ormoni va controllata periodicamente perché un simili al progesterone. I contraccettivi suo spostamento può provocare emorormonali sono disponibili in pillole, in ragie, infezioni e perforazioni dell’utero. cerotti da applicare sulla pelle o in anelli da inserire all’interno della vagina. Non tutte le donne, però, possono assumere ormoni come contraccettivi: il medico deve valutare, attraverso la raccolta di dati sulla storia personale spirale e familiare ed esami medici, che non sussistano diaframma spermicidi controindicazioni. Con gli attuali dosaggi ormonali, tuttavia, i rischi si sono noa lol pil tevolmente ridotti: in un mese, infatti, si assume profilattico più o meno la metà della

261 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

쒀 Figura 27 La nascita di un bambino prevede la dilatazione della cervice e può durare da 10 minuti a diverse ore.

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

l’ormone ossitocina, il quale agisce sull’utero aumentando la frequenza e la forza delle contrazioni. Il parto avviene circa 39 settimane dopo la fecondazione; questo evento può essere suddiviso in due fasi: il travaglio e l’espulsione. Durante la fase del travaglio, la cervice si dilata grazie a contrazioni sempre più ravvicinate e intense. Quando la dilatazione raggiunge i 10 cm, inizia la fase di espulsione e il bambino nasce: la testa si insinua nel canale vaginale e il piccolo, aiutato dalle contrazioni attive dei muscoli addominali della madre, viene alla luce. Se il bambino anziché presentarsi con la testa si presenta con i piedi o con il sedere in avanti, il parto (detto podalico) risulta molto più difficoltoso; spesso in questi casi è necessario ricorrere al parto cesareo, una operazione chirurgica che estrae il piccolo da un’incisione effettuata sull’addome materno. Appena nato, il bambino inizia a respirare autonomamente, rendendosi indipendente dalla circolazione materna (쑺figura 27). A questo punto il cordone ombelicale viene tagliato; il segmento di cordone che resta attaccato al neonato si secca e si distacca spontaneamente nel giro di pochi giorni, lasciando la sua traccia tipica, l’ombelico. Il distacco e l’espulsione della placenta e delle membrane fetali (secondamento) avvengono entro un’ora dal parto e possono essere accompagnate da altre contrazioni uterine. Se il bambino è in grado di attaccarsi al seno materno immediatamente dopo la nascita, l’atto di suzione stimola ulteriore secrezione di ossitocina e dunque altre contrazioni uterine che contribuiscono al ripristino delle normali dimensioni dell’utero e al blocco del sanguinamento.

24

Lo sviluppo continua dopo la nascita

Lo sviluppo non termina al momento della nascita. La crescita continua fino al raggiungimento della taglia da adulto, ma anche quando essa termina, i vari organi continuano a ripararsi e rinnovarsi attraverso cicli di ricambio cellulare. Notevoli cambiamenti inerenti allo sviluppo si verificano nell’encefalo tra la nascita e l’adolescenza: soprattutto nel corso dei primi anni di vita, infatti, vi è una grande plasticità nell’organizzazione del sistema nervoso, poiché le connessioni fra neuroni sono ancora in corso di definizione. Le prime osservazioni sul formarsi di nuovi neuroni sono state fatte sugli uccelli canori, che ogni anno, prima della stagione degli amori, imparano di nuovo il proprio canto. In quella fase, le regioni del loro encefalo coinvolte nelle capacità di vocalizzazione si accrescono e si formano nuove cellule nervose. Gli scienziati stanno ora valutando se la formazione di nuovi neuroni si verifichi anche negli adulti di altre specie.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  fecondazione  gravidanza  sacco amniotico  parto  travaglio  espulsione

1. Quale processo dà inizio alla gravidanza? 2. Quali scambi avvengono attraverso la placenta? 3. I gameti femminili:

A si formano allo stesso modo dei gameti maschili

B completano la meiosi dopo la fecondazione

C sono in grado di nuotare verso gli spermatozoi

D contengono tutte le istruzioni per formare un nuovo individuo

262 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4. La placenta:

A si forma ogni mese per preparare l’utero all’annidamento dell’embrione

B è una membrana trasparente piena di liquido che protegge l’embrione

C è una barriera che non può essere attraversata da farmaci, droghe o virus

D permette gli scambi di soluti tra il sangue materno e quello fetale

educazione alla salute

LA FECONDAZIONE E LO SVILUPPO EMBRIONALE

» Le malattie a trasmissione sessuale

A tutt’oggi sono noti due tipi di virus, HIV-1 e HIV-2, con numerosi sottogruppi. Tra il momento del contagio e l’insorgere della malattia vera e propria (AIDS conclamato) trascorrono in media 12 anni. In questo periodo, le persone affette da HIV possono trasmettere il virus ad altri senza rendersene conto. In presenza di altre malattie sessuali «classiche» (specialmente la sifilide) si è maggiormente esposti al rischio di contagio con il virus dell’AIDS. La diagnosi dell’infezione da HIV avviene mediante l’analisi del sangue (test degli anticorpi HIV). A tutt’oggi la malattia è inguaribile e ha esito letale. Un accertamento precoce dell’infezione e l’adozione di appropriate misure terapeutiche permettono di ritardare anche per molti anni l’insorgere della malattia e di migliorare la qualità della vita del paziente. Gran parte delle malattie veneree, in particolare le infezioni da herpes, è trasmissibile anche tramite rapporti orali, baci e contatto diretto con i liquidi organici infetti. Il contagio può anche prodursi tra una madre sieropositiva e il feto o il neonato. Alcune malattie veneree

Vengono definite malattie a trasmissione sessuale, o malattie veneree, quelle malattie infettive provocate da batteri, virus o piccoli parassiti che si possono trasmettere con l’attività sessuale a causa della presenza degli agenti patogeni nelle secrezioni genitali o nel sangue. Si tratta di oltre venti malattie che si differenziano per la contagiosità, per il decorso e per le possibilità di cura e prevenzione. Nella tabella a fianco sono riportate alcune delle più importanti malattie veneree. Ogni anno in tutto il mondo 330 milioni di persone contraggono una malattia a trasmissione sessuale. La più diffusa è la tricomoniasi (120 milioni di casi), un’infezione vaginale causata dal protozoo Trichomonas vaginalis; seguono le infezioni da clamidia (50 milioni), causate dal batterio Chlamydia trachomatis, e la gonorrea (25 milioni), determinata anch’essa da un batterio chiamato Neisseria gonorrhoeae. L’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) è lo stadio finale di un’infezione causata dall’HIV (il virus dell’immunodeficienza umana).

5

(epatite B/C, AIDS e sifilide) possono essere trasmesse tramite lo scambio di siringhe. Altre infezioni si contraggono tramite l’uso in comune di asciugamani oppure oggetti, ma si tratta di casi estremamente rari. Un contagio con goccioline (tosse, starnuti) è escluso. Nei comuni contatti sociali (lavori di casa, ufficio, mezzi pubblici, viaggi e simili) è impossibile infettarsi a condizione che si rispettino le comuni norme igieniche. Poiché il contagio avviene generalmente durante i rapporti sessuali, occorre adottare misure precauzionali. In alcuni casi il partner presenta segni visibili, ma in genere non sappiamo se può essere affetto da una malattia sessualmente trasmissibile. Vi sono alcuni comportamenti che è utile adottare per evitare il rischio di contrarre malattie come, per esempio, evitare i rapporti sessuali occasionali e utilizzare il preservativo; inoltre, è bene evitare le sostanze come droghe e alcol, che alterano la percezione della realtà e attenuano la capacità di giudizio e di autocontrollo.

Malattia

Agente patogeno

Tempo di incubazione

Cura

Esito

sifilide

batterio (Treponema pallidum)

3 settimane

antibiotici

Guarigione completa in caso di diagnosi e cure precoci.

gonorrea

batterio (Neisseria gonorrhoeae)

pochi giorni

antibiotici

Guarigione completa in caso di diagnosi e cure precoci.

infezioni da clamidia

batterio (Chlamydia trachomatis)

alcuni giorni

antibiotici

Guarigione completa in caso di diagnosi e cure precoci.

infezione HIV/Aids

virus (HIV 1/2); test HIV positivo dopo 2-6 settimane, al più tardi dopo 3 mesi

circa 12 anni

farmaci antiretrovirali

Incurabile; il virus resta nell’organismo; le terapie prolungano la vita, migliorandone la qualità.

epatite B/C

virus (HBV/HCV)

alcune settimane o mesi

sintomatica, farmaci antivirali

In genere guarigione spontanea, possibile terapia antivirale; vaccinazione contro HBV.

herpes genitale

virus (Herpes simplex, Virus 2)

alcuni giorni

sintomatica

Guarigione parziale; il virus può restare nell’organismo.

condilomi

virus (papillomavirus)

4 settimane

chirurgica vaccinazione

Guarigione possibile, rischio elevato di cancro della cervice uterina.

tricomoniasi

parassita (Trichomonas vaginalis)

alcuni giorni

antiparassitari

Possibile guarigione completa.

infezioni fungine

miceti (spec. Candida albicans)

alcuni giorni

antimicotici

Possibile guarigione completa.

263 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

13

LA REGOLAZIONE DELL’AMBIENTE INTERNO E LA RIPRODUZIONE

esercizi

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Esercizi interattivi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Nel filtrato renale si trovano anche zuccheri e proteine che poi sono riassorbiti. 2. LH e FSH sono ormoni esclusivamente femminili. 3. I gemelli identici si sviluppano quando due spermatozoi penetrano in una sola cellula uovo. 4. Livelli troppo alti di ormoni tiroidei possono provocare la malattia di Graves. 5. Il PTH stimola il rilascio di calcio dalle ossa.

massima vf

Completa le seguenti frasi. vf

vf vf vf

Barra il completamento che ritieni esatto. 6. Quale delle seguenti non è una caratteristica dell’insulina? A insieme al glucagone regola la glicemia B è un ormone prodotto dal pancreas C è una sostanza di natura proteica D agisce stimolando la demolizione del glicogeno 7.

C durante la mestruazione D quando la concentrazione di progesterone è

Il sistema renale: A regola la concentrazione dei soluti nel sangue B è collegato all’esterno tramite l’uretere C trasforma l’ammoniaca in urea e la elimina D elimina sempre la stessa quantità di acqua

8. La formazione dei gameti femminili inizia durante: A il ciclo ovarico B la vita fetale C la pubertà D il ciclo mestruale 9. La concentrazione più elevata degli ormoni LH e FSH nella donna si rileva: A al momento dell’ovulazione B quando degenera il corpo luteo

10. L’ormone ADH è immagazzinato nel lobo .................................. dell’ ...................................................................... e ...................................................................... il volume di acqua eliminata con il .............................................................. e con le urine. 11. La porzione ...................................................................... del pancreas secerne gli ormoni insulina e ...................................................................... . 12. Il testosterone è un ormone ...................................................................... secreto dalle cellule ...................................................................... . 13. Il corpuscolo renale è formato dalla ........................................................ e da un gomitolo di capillari detto ................................................. . 14. Gli spermatozoi vengono prodotti nei ................................................ e maturano nell’ ......................................................... Rispondi in cinque righe. 15. Perché il processo meiotico nella femmina produce una sola cellula uovo? 16. Che ruolo svolge l’ormone paratiroideo nella regolazione della calcemia? Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 17. Che funzione hanno, dove vengono prodotti e come agiscono gli ormoni steroidei e non steroidei? Nel rispondere specifica: ● quali sostanze si definiscono ormoni ● dove vengono prodotti gli ormoni e come arrivano alle cellule bersaglio ● in che modo agiscono sulla cellula bersaglio gli ormoni idrosolubili ● in che modo agiscono sulla cellula bersaglio gli ormoni steroidei.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 18. Da quali ormoni e in che modo viene regolata la glicemia? 19. Attraverso quali processi il filtrato renale si trasforma in urina? Completa e correggi. 20. Nel seguente brano individua i cinque termini errati e scrivili in una tabella riportando accanto i termini

corretti (i termini sottolineati sono esatti, pertanto non vanno corretti). Dal momento in cui una cellula uovo viene fecondata all’interno dell’utero, si forma il feto che inizia a dividersi per meiosi, originando dapprima la morula, una sferetta cava di cellule totipotenti, e poi la blastocisti che si impianta nella parete uterina. Dopo l’impianto dell’embrione nell’endometrio, si forma la placenta, una membrana trasparente e piena di liquido amniotico, che avvolge l’embrione per tutta la gravidanza.

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capitolo

14

La classificazione dei viventi: microrganismi, piante, funghi

1 2 3 4 5 6 7

Come si classificano gli esseri viventi Nel Settecento Linneo propose la prima classificazione moderna degli esseri viventi, organizzata in modo gerarchico. Per stabilire il grado di parentela tra gli organismi occorre studiarne non solo la morfologia e l’anatomia, ma anche i caratteri embrionali e l’organizzazione del DNA e delle proteine.

I procarioti: batteri e archei I procarioti sono caratterizzati da una cellula piccola e relativamente semplice, e sono suddivisi nei due domìni Archaea e Bacteria. Gli archei possono vivere anche in ambienti inospitali e sono considerati i procarioti più antichi, dai quali si sono originati sia i batteri sia gli eucarioti. I batteri ricavano cibo ed energia dalle fonti più varie; molti, essendo decompositori, restituiscono al terreno sostanze che vengono poi riciclate dalle piante.

I protisti unicellulari e pluricellulari Il regno dei protisti fa parte del dominio degli eucarioti. I protisti sono organismi sia unicellulari sia pluricellulari; nei protisti pluricellulari, però, le cellule non sono specializzate, quindi non presentano una netta divisione dei compiti. I protisti possono essere autotrofi o eterotrofi.

Le caratteristiche generali delle piante Le piante sono organismi fotosintetici che, per adattarsi a vivere sulla terraferma, hanno dovuto proteggersi dal disseccamento, evolvere organi per la riproduzione e la dispersione degli embrioni, sviluppare strutture per ancorarsi al suolo. Inoltre, possiedono tessuti conduttori per rifornire l’organismo di acqua e sali minerali e per distribuire le sostanze nutritive dalle foglie dove avviene la fotosintesi al resto della pianta.

Le piante più antiche: muschi e felci L’evoluzione delle piante è caratterizzata dal progressivo affrancamento dall’ambiente acquatico. Le piante che hanno iniziato la conquista della terraferma sono le briofite, che però possono vivere solo in ambienti molto umidi. Le felci hanno risolto il problema dell’approvvigionamento dell’acqua, ma hanno ancora bisogno di umidità per la riproduzione.

Dal seme al fiore: gimnosperme e angiosperme Le gimnosperme e le angiosperme sono piante adattate alla vita terrestre grazie al polline e ai semi. Le gimnosperme più conosciute, le conifere, portano i semi sulle squame delle pigne; le angiosperme, invece, producono i semi all’interno dei fiori e utilizzano i frutti per proteggere e disperdere i semi nell’ambiente.

I funghi: eterotrofi saprofiti I funghi hanno caratteristiche per certi versi simili a quelle degli animali e per altri simili a quelle delle piante. Possono essere unicellulari o pluricellulari e sono saprofiti; svolgono il ruolo di decompositori e molte specie sono utili in alcuni processi industriali. Si riproducono per via asessuata, per scissione o gemmazione, o per via sessuata tramite spore.

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1

capitolo

14

lezione

266

obiettivi

l’importanza 쑺 Comprendere della classificazione. le categorie 쑺 Elencare sistematiche dal dominio alla specie. le caratteristiche 쑺 Indicare utilizzate per classificare un organismo.

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

Come si classificano gli esseri viventi 1

La classificazione rende più facile identificare i viventi

Nei capitoli precedenti ci siamo fatti un’idea della complessità del mondo dei viventi. Già 2400 anni fa, il filosofo greco Aristotele cercò di mettere ordine collocando gli organismi in una scala gerarchica della natura. Per arrivare a una vera e propria classificazione dei viventi, però, si dovette aspettare il diciottesimo secolo, quando Linneo fondò una nuova disciplina scientifica denominata sistematica dal nome della sua opera Sistema Naturae, pubblicata nel 1740. Il criterio di classificazione utilizzato da Linneo consisteva nel suddividere tutti gli esseri viventi in categorie sistematiche organizzate in un insieme gerarchico costituito da diversi livelli. Prendi per esempio le scatole cinesi (쑺figura 1), che hanno tutte una grandezza diversa: la più grande che ne contiene una più piccola e così via fino ad arrivare a quella troppo piccola per poterne contenere altre. Allo stesso modo, ogni categoria sistematica comprende quella di grado inferiore ed è contenuta in quella di grado superiore.

쑺 Figura 1 Come le scatole cinesi, le categorie sistematiche (taxa) di Linneo hanno la stessa forma e misure via via crescenti.

regno

LO SAPEVI? classe

RISPON DI

La classificazione non è un procedimento esclusivo degli scienziati; «classificare» infatti significa dividere in gruppi degli oggetti in base a criteri prestabiliti. Per esempio, in una biblioteca i libri possono essere classificati per genere (avventuroso, poliziesco, letterario, scientifico), per autore oppure per anno di pubblicazione.



Secondo Linneo, quali categorie sistematiche sono comprese tra la specie e il regno?

ordine

famiglia genere specie

La «scatola cinese» più piccola per Linneo è la specie; più specie con caratteri simili formano un genere, più generi una famiglia, più famiglie un ordine, più ordini una classe. Le classi sono infine raggruppate nella categoria più vasta, il regno. Linneo propose di suddividere tutti gli organismi conosciuti a quei tempi in due regni, il regno animale e il regno vegetale.

2

Rispetto alla classificazione di Linneo, oggi esistono due categorie in più: il phylum e il dominio

Nel sistema di classificazione moderno sono state inserite altre due categorie: il phylum (dal greco phylé, tribù) e il dominio. Il phylum (al plurale, phyla) fu introdotto dal paleontologo francese Georges Cuvier; questa categoria sistematica si pone tra la classe e il regno. Il dominio, invece, è una categoria che è stata aggiunta molto più recentemente, attorno al 1990, e si trova al di sopra del regno.

266 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

3

Il nome scientifico del cane domestico è Canis familiaris.

Linneo propose la nomenclatura binomiale per identificare gli organismi

Per identificare in modo univoco e inequivocabile un essere vivente, Linneo attribuì a ciascun organismo due nomi in latino: il primo nome si riferisce al genere di appartenenza dell’organismo e si scrive in corsivo con la lettera maiuscola, mentre il secondo, che si scrive in corsivo minuscolo, indica la specie. Per esempio, Canis familiaris è il nostro cane domestico, Canis latrans è il coyote e Canis lupus è il lupo (쑺figura 3); come indica il nome, tutte e tre le specie appartengono allo stesso genere Canis. Il lupo (Canis lupus). Il coyote appartiene alla specie Canis latrans.

A

B

쒀 Figura 3 Il cane (A), il coyo-

RISPON DI

te (B) e il lupo (C) appartengono tutti al genere Canis.

A quali categorie sistematiche si riferisce il nome latino Homo sapiens, che identifica gli esseri umani?



쑺 Figura 4 L’istrice (A) e il riccio (B) vengono spesso confusi tra loro e indicati con il nome «porcospino». La nomenclatura binomiale assegna un nome a ciascuna specie e permette di risolvere questa ambiguità.

C

Con questo tipo di nomenclatura, detta binomiale («con due nomi»), Linneo mise ordine nel grande caos di nomi scientifici che fino ad allora erano stati attribuiti ai vari organismi, spesso in base solo alle caratteristiche morfologiche ritenute più importanti. Il metodo di Linneo è ancora oggi utilizzato in tutto il mondo ed è molto utile per evitare ambiguità nelle comunicazioni tra biologi. A seconda della regione o della nazione in cui si vive, infatti, si può attribuire lo stesso nome comune a organismi diversi, oppure nomi diversi allo stesso organismo. Per esempio, in alcune regioni italiane si indica con il nome di porcospino sia Hystrix cristata (쑺figura 4A) sia Erinaceus europaeus (쑺figura 4B), due mammiferi che, pur avendo un aspetto simile, appartengono a generi diversi. L’istrice (Hystrix cristata) è un mammifero roditore che appartiene alla famiglia Istricidi.

A

4

Il riccio comune (Erinaceus europaeus) è un insettivoro che appartiene alla famiglia Erinaceidi.

B

La specie è la categoria sistematica fondamentale

La definizione di specie biologica è stata proposta nel 1942 dallo scienziato statunitense Ernst Mayr, uno dei padri dell’evoluzionismo. Secondo Mayr, le specie sono insiemi di popolazioni naturali i cui individui possono incrociarsi tra loro e generare prole fertile, cioè capace a sua volta di accoppiarsi e di avere figli. Ne consegue che i membri di una specie non sono in grado di accoppiarsi con individui di un’altra specie, oppure, se si accoppiano, non generano prole fertile. Per esempio, un cavallo e un’asina, che appartengono a due specie diverse, possono accoppiarsi e generare un bardotto (così come un asino e una cavalla generano il mulo), ma sia il mulo sia il bardotto sono sterili; perciò la

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specie degli asini e quella dei cavalli continueranno a mantenere, nel corso del tempo, caratteristiche diverse. In cattività, per esempio negli zoo, gli incroci tra specie simili sono molto più frequenti che in natura: il dromedario può incrociarsi con il cammello, la tigre con il leone (쑺figura 5A), il pony con la zebra (쑺figura 5B). Anche in questo caso, però, gli ibridi (cioè i figli di genitori appartenenti a specie diverse) risultano sterili. La definizione di specie data da Mayr presenta dei limiti di applicabilità; infatti, non è sempre possibile verificare la possibilità di accoppiamento tra individui. Pensa per esempio a come sarebbe difficile classificare i membri di due popolazioni ormai estinte oppure quegli organismi che si riproducono per via asessuata. In questi casi, per distinguere due specie diverse occorre combinare insieme lo studio delle forme (i caratteri morfologici), delle funzioni (i caratteri fisiologici), dei comportamenti e delle nicchie ecologiche occupate; attualmente, però, si ricorre soprattutto all’analisi delle sequenze del DNA e delle proteine. Il risultato dell’accoppiamento tra una leonessa e un maschio di tigre.

Chiunque scopra e descriva per primo una specie ha il diritto di assegnarle un nome. Il batterio Escherichia coli, per esempio, prende il nome da Theodor Escherich, un medico tedesco che nel 1885 lo isolò nell’intestino umano (coli significa «intestinale»).



Come si definisce una specie?

mali appartenenti a specie diverse possono accoppiarsi tra loro e generare degli ibridi; questi individui, in genere, sono sterili e non possono riprodursi a loro volta.

Questo «zony» è figlio di un pony e di una zebra.

B

Oggi gli scienziati usano criteri di classificazione più affidabili e complessi

Ai tempi di Linneo, la classificazione degli organismi si basava solo sull’osservazione dei caratteri morfologici (forma e dimensioni) e anatomici (struttura e correlazione delle diverse parti del corpo). Oggi a questi due criteri se ne sono aggiunti altri, che i naturalisti ritengono più sicuri e affidabili. Nel capitolo precedente abbiamo parlato di strutture omologhe, cioè strutture che hanno un’origine comune; pur svolgendo funzioni diverse, il braccio umano e l’ala del pipistrello sono caratteri omologhi che sono costituiti dai medesimi elementi scheletrici e che presentano un’elevata somiglianza strutturale (쑺figura 6A e B): queste strutture rivelano che tra esseri umani e pipistrelli esiste una parentela molto più stretta di quella esistente, per esempio, tra pipistrelli e insetti alati (쑺figura 6C). Più numerosi sono i caratteri omologhi tra le specie, più elevato sarà il loro grado di parentela. Nonostante svolgano funzioni diverse, le omologie tra il braccio umano e l’ala del pipistrello indicano un grado di parentela molto stretto tra le due specie; entrambe infatti, appartengono alla classe dei mammiferi.

A

LO SAPEVI?

쑸 Figura 5 In alcuni casi gli ani-

A

5

1

RISPON DI

COME SI CLASSIFICANO GLI ESSERI VIVENTI

B

쑽 Figura 6 I caratteri omologhi sono utili per stabilire i gradi di parentela tra le specie. Le ali del pipistrello e quelle della libellula sono adatte al volo, ma non presentano alcuna somiglianza strutturale. Tra questi due animali, infatti, non esiste un grado elevato di parentela.

C

269 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

쑺 Figura 8 Un albero filogeneti-

Panthera

Mephitis

Lutra

Canis lupus (lupo)

Canis familiaris (cane)



Cosa indica la presenza di strutture omologhe?

Per scoprire parentele difficilmente identificabili può essere utile ricorrere allo studio dei fossili o delle fasi embrionali dello sviluppo. L’ascidia, per esempio, è un piccolo animale che da adulto vive in colonie, attaccato alle rocce marine; il suo corpo praticamente trasparente non assomiglia affatto a quello di un pesce (쑺figura 7). Tuttavia allo stadio embrionale questo organismo ha un’organizzazione strutturale abbastanza complessa; per questo motivo, l’ascidia viene classificata tra i cordati, lo stesso phylum a cui appartengono anche i pesci e gli esseri umani. I biologi moderni confrontano le specie e le classificano analizzando anche le sequenze del DNA e delle proteine dei vari organismi. Lo scopo di questo tipo di indagine scientifica è quello di ottenere informazioni sulla storia evolutiva di un gruppo di organismi in modo da poter costruire dei diagrammi dalla forma di albero, chiamati alberi filogenetici, in cui sono rappresentate le relazioni di parentela tra le specie, i generi o le classi (쑺figura 8).

Lutra lutra (lontra)

RISPON DI

쒀 Figura 7 L’ascidia è un animale marino a forma di sacco che allo stadio larvale assomiglia a un girino; per questo motivo esso viene classificato all’interno del phylum dei cordati, a cui appartengono anche i vertebrati.

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

Mephitis mephitis (moffetta)

14

Panthera pardus (leopardo)

capitolo

specie

Canis

genere

Canidi

famiglia

co è uno schema che tiene conto delle parentele evolutive tra le specie. Felidi Ogni biforcazione rappresenta il progenitore comune da cui hanno avuto origine i gruppi nelle ramificazioni superiori.

Mustelidi

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Perché la nomenclatura binomiale di Linneo è utile per identificare un organismo?

parole chiave

2. Quali criteri vengono applicati per classificare un organismo?

 sistematica  specie  genere  famiglia  ordine  classe  regno  phylum  dominio  binomiale  virus  albero filogenetico

3. Panthera leo e Panthera pardus non hanno in comune:

A il genere C il regno

B la specie D la classe

4. La categoria sistematica su cui si basa la classificazione di un organismo è:

A il genere C il regno

ordine

Carnivori

B la specie D la classe

270 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5. Il cavallo e l’asino non appartengono alla stessa specie perché:

A il cavallo è più alto e ha orecchie più corte

B l’asino non si può incrociare con una cavalla

C la prole di un asino e di una cavalla non è fertile

D vivono in aree geografiche diverse e non si incontrano

I PROCARIOTI: BATTERI E ARCHEI

6

2

lezione

I procarioti: batteri e archei

2

Gli organismi procarioti sono suddivisi in due domìni: gli archei e i batteri

obiettivi

In questa lezione conosceremo i microrganismi appartenenti ai domìni Archaea (detti anche Archeobatteri o archei) e Bacteria (chiamati anche Eubatteri o batteri); in entrambi i casi si tratta di procarioti unicellulari. La cellula procariotica è piuttosto piccola e ha una struttura più semplice di quella eucariotica. Le dimensioni dei procarioti variano da 0,2 a 10 μm: 1 μm (micrometro) è pari a 1/1000 di mm. I componenti fondamentali delle cellule procariotiche sono una parete cellulare esterna, la membrana plasmatica, il materiale genetico (DNA) immerso nel citoplasma e i ribosomi, ovvero le strutture dove vengono assemblate le proteine; inoltre, sono spesso presenti delle appendici chiamate flagelli che consentono il movimento (쑺figura 9A). Gli organismi procariotici sono i più diffusi sul nostro pianeta, soprattutto per tre motivi: 1. sono in grado di riprodursi molto rapidamente, duplicando il materiale contenuto nella cellula e dividendosi in due per scissione binaria: in poche ore, a partire da una sola cellula, si può ottenere una colonia di miliardi di individui; 2. sono estremamente adattabili alle condizioni ambientali più diverse; 3. molte specie possono resistere alla mancanza di nutrimento e di acqua trasformandosi in spore.

le caratteristiche 쑺 Identificare comuni a tutti i procarioti. le differenze 쑺 Evidenziare tra batteri fotoautotrofi, chemioautotrofi ed eterotrofi. l’importanza 쑺 Comprendere del ruolo svolto dai batteri decompositori.

쑸 Figura 9 I procarioti. A. Lo schema della struttura di una cellula procariotica. B. I batteri costituiscono uno dei due domini procarioti.

parete cellulare membrana plasmatica materiale genetico (DNA) ribosomi

flagelli pili

A

una singola cellula procariotica

B

271 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

쑺 Figura 10 Alcuni batteri, come

Endospora

questo Clostridium difficile, producono endospore in grado di resistere a lungo nell’ambiente.

Clostridium difficile vive nel nostro intestino; in alcuni casi può prendere il sopravvento sugli altri componenti della flora intestinale e provocare crampi e coliti.

LO SAPEVI?

RISPON DI

Anche dopo oltre 2000 anni di inattività totale, alcune spore prelevate da mummie dell’antico Egitto sono state in grado di germinare e dare origine a nuove colonie batteriche.



Quali caratteristiche rendono i procarioti gli organismi più numerosi e diffusi sulla Terra?

La spora (쑺figura 10) è una struttura disidratata, con parete ispessita, in cui le attività vitali sono sospese; quando però si trova in un ambiente ricco di acqua e sostanze nutritive, la spora inizia a germinare dando vita a nuove cellule vitali in grado di riprodursi. Le prime cellule procariotiche fecero la loro comparsa circa 3,5 miliardi di anni fa in un ambiente acquatico, molto caldo e privo di ossigeno, detto «brodo primordiale». Si trattava probabilmente di cellule allungate, filamentose o a bastoncino, simili agli attuali archei. Nel corso del tempo le cellule procariotiche si sono diffuse e differenziate, rimanendo ancora per 2 miliardi di anni l’unica forma di vita del pianeta. In passato, tutti i procarioti venivano classificati in un unico gruppo, chiamato regno delle Monere; tuttavia, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso divenne sempre più chiaro che gli archei si sono separati dai batteri in tempi molto lontani, agli inizi della vita sulla Terra. Nonostante questi due gruppi di procarioti abbiano avuto sicuramente un antenato comune, gli archei e i batteri non mostrano uno stretto grado di parentela; i due domìni, infatti, presentano profonde differenze sia nella struttura della parete sia nelle sequenze del loro DNA.

7

La maggior parte degli archei è adattata a vivere in condizioni ambientali estreme

Gli archei comprendono numerose specie chiamate estremofile perché capaci di vivere in ambienti del tutto inospitali. Alcuni archei, per esempio, colonizzano le saline e sono detti alofili (쑺figura 11); altri resistono a temperature molto elevate (termofili) e vivono 쑺 Figura 11 Diverse specie di archei possono vivere in ambienti estremi e inospitali, come acque molto calde o fredde, salate o acide. Il colore rosa delle acque di questo lago salato africano è dovuto alla presenza di archei alofili.

272 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

I PROCARIOTI: BATTERI E ARCHEI

Perché molte specie di archei vengono dette estremofile?

Che differenza c’è tra streptococchi, stafilococchi e spirochete?



I batteri vengono classificati principalmente in base alla loro forma

La classificazione dei procarioti è complicata dal fatto che questi organismi si riproducono per via asessuata; per questo motivo, non è possibile applicare loro il concetto di specie che sta alla base della sistematica. Attualmente, grazie alla possibilità di conoscere la struttura e la sequenza del materiale genetico e delle proteine, si sono potuti differenziare molti phyla sia tra gli archei sia tra i batteri; tuttavia, per classificare i procarioti si utilizzano soprattutto caratteristiche come la forma, l’alimentazione, il movimento e la capacità di sfruttare habitat diversi. I batteri, che costituiscono la maggioranza dei procarioti, si possono distinguere in diversi gruppi in base al loro aspetto. Infatti, osservando questi microrganismi al microscopio, notiamo che possono avere forme differenti (쑺figura 12): l i batteri sferici, chiamati cocchi, possono esistere come cellule singole, essere riuniti a due a due (diplococchi), oppure formare delle catenelle (streptococchi) o dei grappoli (stafilococchi); l i batteri a forma di bastoncini sono detti bacilli, come per esempio i fermenti lattici del genere Lactobacillus che trasformano il latte in yogurt; l i vibrioni sono batteri a forma di virgola, come Vibrio cholerae, il batterio responsabile del colera; l i batteri a forma di spirale sono chiamati spirochete; alcuni di essi sono responsabili di gravi malattie umane: per esempio, il Treponema pallidum causa la sifilide. Streptococcus pyogenes è un batterio sferico (cocco) che forma lunghe catene. Si trova nella gola e nel naso e può causare varie malattie, tra cui la scarlattina.

A

Alcune specie di archei vivono nell’apparato digerente delle mucche e di altri erbivori ruminanti; qui essi digeriscono la cellulosa contenuta nell’erba e producono gas metano.

RISPON DI

8

LO SAPEVI?

RISPON DI

in ambienti ricchi di zolfo: ne sono un esempio i solfobatteri che si trovano nella solfatara calda di Pozzuoli, vicino a Napoli, e in prossimità dei camini vulcanici sottomarini che emettono getti bollenti di materiali contenenti ferro e zolfo. Altri gruppi di archei vivono in ambienti privi di ossigeno, come i fondali fangosi delle paludi o dei laghi; svolgendo le proprie attività vitali essi producono bolle di gas metano e, pertanto, sono detti metanogeni. Per i biologi, gli archei rappresentano un campo di studio interessante per due motivi: 1. dal punto di vista biochimico, gli eucarioti sono più simili agli archei che ai batteri; per questo motivo si ipotizza che gli eucarioti si siano evoluti proprio a partire dagli archei; 2. poiché vivono in ambienti così particolari, gli archei hanno sviluppato diversi adattamenti che possono avere applicazioni utili: alcune molecole prodotte dai termofili, per esempio, resistono a temperature molto elevate senza perdere le proprie caratteristiche e, perciò, sono usate come additivi nei detersivi.

2

Salmonella typhimurium è un bacillo che provoca due malattie dell’apparato digerente: la febbre tifoide e la salmonellosi.

B



쑽 Figura 12 Batteri di forma differente: cocchi a catena, bacilli, spirochete. Leptospira interrogans è una spirocheta responsabile della leptospirosi, una malattia che colpisce l’uomo e gli animali.

C

273 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

9

Alcuni batteri producono energia utilizzando la luce o demolendo molecole inorganiche

I batteri hanno una straordinaria capacità di trarre nutrimento ed energia dalle fonti più diverse. Alcuni gruppi sono autotrofi, ossia sono capaci di fabbricare da soli il proprio nutrimento mediante reazioni chimiche che richiedono energia. Gli autotrofi più diffusi sulla Terra sono i cianobatteri (un tempo chiamati alghe azzurre), che ricavano dalla luce del Sole l’energia necessaria alla sintesi di sostanze organiche. I cianobatteri contengono un tipo di clorofilla chiamata batterioclorofilla e svolgono la fotosintesi come le piante: perciò, sono organismi fotoautotrofi. I cianobatteri sono i produttori di materia organica più abbondanti nelle acque dolci (쑺figura 13). Questi procarioti, insieme a microscopiche 쑺 Figura 13 I cianobatteri sono

considerati tra gli organismi più antichi, risalenti al periodo Precambriano. Questa immagine è stata ottenuta grazie al microscopio ottico.

Oscillatoria è un genere di cianobattero filamentoso che comprende numerose specie d’acqua dolce e marine.

쑺 Figura 14 Il colore verde delle

RISPON DI

acque di questo lago è dovuto alla presenza di cianobatteri.



Qual è la differenza tra i batteri fotoautotrofi e quelli chemioautotrofi?

alghe, costituiscono il fitoplancton, che ricopre i laghi, gli stagni e i vari corsi d’acqua (쑺figura 14). Tra i batteri autotrofi, un posto di rilievo spetta ai batteri chemioautotrofi. Questi organismi per costruire le biomolecole traggono energia da reazioni inorganiche nelle quali i reagenti sono sostanze come l’acido solfidrico (H2S), l’idrogeno (H2), l’ammoniaca (NH3), lo zolfo o alcuni metalli. Tra i chemioautotrofi, i batteri più importanti sono quelli nitrificanti: infatti i batteri nitrificanti svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo dell’azoto; infatti, per ottenere energia, essi trasformano l’ammoniaca presente nel suolo o nelle acque in nitrati, che sono i sali minerali azotati più facilmente assimilabili dalle piante.

274 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

I PROCARIOTI: BATTERI E ARCHEI

» Batteri utili e batteri patogeni

Molti batteri sono eterotrofi in quanto traggono il proprio nutrimento da sostanze organiche sintetizzate da altri organismi; essi si dividono in aerobi (cioè, che utilizzano l’ossigeno) e anaerobi. Gli anaerobi che possono vivere sia in presenza sia in assenza di ossigeno sono detti anaerobi facoltativi; gli anaerobi obbligati, invece, vivono solo in ambienti privi di ossigeno, che per loro è fortemente tossico. Clostridium tetani e Clostridium botulinum, due esempi di batteri anaerobi obbligati, provocano negli esseri umani il tetano e il botulismo, due gravi malattie che possono essere anche mortali; i batteri responsabili di patologie sono detti patogeni. Alcuni batteri anaerobi facoltativi svolgono funzioni utili, come i lactobacilli: Lactobacillus bifidus è abbondante nell’intestino dei neonati e dei cuccioli dei mammiferi, dove contribuisce alla digestione del lattosio (lo zucchero presente nel latte); da diversi secoli, invece, Lactobacillus bulgaricus viene utilizzato per produrre lo yogurt. Il gruppo più numeroso di batteri eterotrofi è costituito dai de-

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  archei  batteri  spora  cocchi  bacilli  vibrioni  spirochete  metanogeni  autotrofi  eterotrofi  aerobi  anaerobi  decompositori  saprofiti estremofili

compositori. Essi vivono nel terreno e si nutrono di materiali di rifiuto, come le feci degli animali, o di organismi morti: quando una foglia o un animale muore, diventa immediatamente cibo per i batteri che degradano le grandi molecole organiche in molecole più piccole e poi le assorbono. Tali batteri, detti anche saprofiti, o saprotrofi, sono essenziali per tutti gli ecosistemi perché restituiscono al terreno le sostanze inorganiche che verranno poi nuovamente utilizzate dalle piante per produrre materia organica. I batteri saprofiti sono responsabili anche dell’alterazione delle nostre provviste: la carne, il pesce,

2

i formaggi freschi e le salse a base di uova (come la maionese) costituiscono un ottimo cibo per le salmonelle o per Campylobacter. Questi alimenti, lasciati fuori dal frigorifero anche per breve tempo, rappresentano un terreno favorevole dove i batteri si riproducono molto velocemente, soprattutto d’estate; mangiando cibi alterati, noi ingeriamo anche un bel po’ di batteri e dei loro prodotti di rifiuto, che possono provocare intossicazioni oppure malattie come il tifo.

Alcune cellule di Lactobacillus bulgaricus.

1. A quali caratteristiche devono il loro successo i procarioti?

5. Il Lactobacillus bifidus è un procariote che vive:

2. Quali possono essere le forme dei batteri visti al microscopio?

A nelle solfatare B nelle saline

3. Perché alcuni batteri sono detti patogeni?

C nell’intestino dei ruminanti D nell’intestino dei neonati

4. Per un batterio anaerobio, l’ossigeno rappresenta:

6. I cianobatteri sono:

A una fonte di energia B un componente essenziale per il metabolismo

C una sostanza letale D una sostanza utilizzabile solo in alcu-

A decompositori B chemioautotrofi C eterotrofi D fotoautotrofi

ne situazioni

275 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

14

lezione

capitolo

obiettivi

RISPON DI

le caratteristiche 쑺 Descrivere generali dei protisti. i principali gruppi 쑺 Descrivere di alghe. le alghe dai pro쑺 Distinguere tozoi.



Per quali aspetti una cellula eucariotica si differenzia da una procariotica?

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP 쐌 Parameci in movimento

쑺 Figura 15 I protisti, come questo paramecio, sono organismi costituiti da una sola cellula eucariotica.

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

I protisti unicellulari e pluricellulari 10

Tutti gli organismi che incontreremo da qui in poi appartengono al dominio degli eucarioti. La cellula eucariotica (che abbiamo studiato nel capitolo 4) è più grande e complessa di quella procariotica: le sue dimensioni variano da 10 a 100 μm e, inoltre, essa possiede un nucleo ben distinto, delimitato da una membrana nucleare che contiene il DNA. Oltre al nucleo, nel citoplasma sono immersi altri organuli che svolgono diverse attività, contribuendo al funzionamento della cellula (쑺figura 15). Le caratteristiche strutturali comuni a tutti i protisti sono davvero poche; questo gruppo, infatti, comprende una straordinaria varietà di organismi. La maggior parte dei protisti è unicellulare, anche se molti vivono in colonie; alcuni protisti sono eterotrofi, altri autotrofi. Esistono anche protisti pluricellulari, che però non I parameci vivono nelle ac- presentano veri e propri tessuti, ossia que stagnanti e si muovogruppi di cellule specializzate a compiere no grazie alle vibrazioni delle microscopiche ciglia una determinata funzione. che rivestono la cellula. In questa lezione studieremo brevemente due grandi gruppi di protisti, i protozoi (eterotrofi) e le alghe (autotrofi).

11 online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP 쐌 Un’ameba in movimento

Il regno dei protisti comprende organismi unicellulari e pluricellulari

I protozoi sono organismi unicellulari, acquatici o parassiti

La maggior parte dei protozoi vive in ambienti acquatici; i diversi gruppi in cui sono suddivisi questi organismi differiscono tra loro soprattutto per le modalità di locomozione. I ciliati, come il paramecio e la vorticella della 쑺figura 16A, si muovono per mezzo di corte appendici (le ciglia) che possono essere distribuite su tutta la superficie corporea o solo in alcune zone.

쑺 Figura 16 I protozoi sono pro-

L’ameba è un protozoo caratterizzato dalla capacità di cambiare continuamente forma, che si nutre inglobando organismi unicellulari più piccoli all’interno del proprio citoplasma.

tisti unicellulari che presentano una straordinaria varietà di stili di vita.

Le vorticelle vivono negli stagni e sono dotate di un lungo peduncolo che si può retrarre come un molla. Le ciglia disposte intorno alla «bocca» servono a creare correnti d’acqua utili all’alimentazione.

A

B

276 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

3

I PROTISTI UNICELLULARI E PLURICELLULARI

A

277

B

Il tripanosoma è dotato di un flagello collegato al corpo da una membrana ondulante; molte specie sono parassiti che si localizzano nel sistema digerente o nel sangue (come questi, ripresi insieme ai globuli rossi).

La giardia è un parassita intestinale dell’uomo e di altri mammiferi; questi esemplari sono stati fotografati all’interno dell’intestino di un bambino.

educazione alla salute

I sarcodini, che comprendono organismi come le amebe (쑺figura 16B), non hanno appendici e si muovono emettendo pseudopodi (una parola che deriva dal greco e significa «falso piede»). Gli pseudopodi sono estensioni della superficie cellulare che permettono al protozoo di spostarsi cambiando continuamente forma, ma servono anche per ingerire il cibo attraverso un processo chiamato fagocitosi. I flagellati sono invece provvisti di una o più strutture allungate chiamate flagelli che permettono loro il movimento. Questo gruppo di protozoi comprende il tripanosoma (쑺figura 17B), che provoca la malattia del sonno trasmessa agli esseri umani dalla mosca tse-tse, e la giardia (쑺figura 17A), che è spesso presente nelle acque non potabili ed è responsabile di gravi forme di diarrea. Gli sporozoi sono protozoi incapaci di muoversi; sono tutti parassiti, cioè vivono in stretta relazione con altri organismi traendone vantaggi (come il nutrimento o un ambiente adatto alla propria riproduzione) e, spesso, danneggiandoli. Il toxoplasma, per esempio, infetta topi e gatti; attraverso la contaminazione di cibi crudi, questo protozoo può colpire gli esseri umani e provocare la toxoplasmosi, una malattia pericolosa per le donne in gravidanza perché può causare malformazioni nel feto.

» La malaria

Il plasmodio (Plasmodium malariae) è lo sporozoo agente della malaria, una delle malattie più diffuse e devastanti nei paesi meno sviluppati. Il plasmodio viene trasmesso dalle zanzare del ge-

nere Anopheles. Quando la zanzara punge una persona, inocula il parassita nel sangue; qui, il plasmodio si moltiplica nei globuli rossi fino a farli scoppiare. Quando un’altra zanzara succhia il san-

쒀 Figura 17 Due flagellati pa-

togeni: la giardia e il tripanosoma.

gue di un individuo infetto, ingerisce anche i plasmodi e il ciclo ricomincia. La malaria causa ogni anno nel mondo dai due ai tre milioni di morti, di cui almeno un milione tra i bambini dell’Africa.

La zanzara si infetta pungendo un individuo malato.

C

La zanzara infetta inocula la forma infettante del plasmodio.

I globuli rossi si rompono liberando plasmodi che infettano altri eritrociti.

Il plasmodio invade i globuli rossi e si moltiplica

Il ciclo vitale del plasmodio della malaria prevede due ospiti: l’uomo, in cui si riproduce per via asessuata, e la zanzara, dove il protozoo si riproduce sessualmente.

277 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

12 LO SAPEVI? Quando le diatomee muoiono, i loro gusci silicei si depositano sui fondali formando strati di sedimenti da cui si ricava la farina fossile utilizzata nei filtri delle piscine e, per le sue proprietà abrasive, nella produzione di dentifrici.

쑽 Figura 18 Le diatomee, i dinoflagellati e le euglene sono protisti autotrofi unicellulari.

A

Le alghe sono protisti autotrofi

I protisti unicellulari autotrofi (le cosiddette alghe unicellulari) vivono nelle acque dolci o salate in prossimità della superficie, fin dove riesce a penetrare la luce solare; le alghe, infatti, utilizzano la fotosintesi clorofilliana per sintetizzare zuccheri e altre molecole organiche. Le alghe unicellulari più importanti sono le diatomee (쑺figura 18A) che, dopo i batteri, costituiscono gli organismi più numerosi del la Terra. Le diatomee possiedono una parete cellulare molto rigida contenente silice (SiO2, un minerale usato per produrre il vetro). Queste piccole alghe fotosintetiche immagazzinano le proprie riserve nutritive in microscopiche goccioline oleose che permettono loro di galleggiare rimanendo vicine alla superficie, ben esposte ai raggi solari. Le diatomee sono tipiche dei mari aperti, ma si trovano anche nelle acque degli stagni e dei laghi: esse fanno parte del fitoplancton di cui si nutrono molti consumatori primari acquatici, come per esempio i minuscoli crostacei chiamati pulci d’acqua. Oltre alle diatomee, nelle acque di uno stagno si possono trovare altri protisti come i dinoflagellati della 쑺figura 18B e l’euglena che vedi nella 쑺figura 18C. L’euglena è un protista piuttosto anomalo: se si trova esposto alla luce è verde e compie la fotosintesi, mentre al buio diventa eterotrofo.

C

B

Le diatomee possiedono un astuccio siliceo formato da due gusci; quello superiore ricopre quello inferiore come il coperchio di una scatola. All’interno della «scatola» è contenuto il citoplasma.

I dinoflagellati sono protozoi fotosintetici dotati di due flagelli collocati in due solchi che corrono lungo la superficie della cellula.

RISPON DI

13



Quali caratteristiche differenziano le alghe pluricellulari dalle piante?

L’euglena è un’alga unicellulare provvista di un flagello per la locomozione; una macchia oculare capace di percepire la luce le permette di orientarsi nel suo habitat individuando le fonti luminose.

Anche le alghe di grandi dimensioni sono classificate tra i protisti

Attualmente, sono classificate tra i protisti anche le alghe pluricellulari che per lungo tempo sono state incluse nel regno delle piante. Rispetto alle piante, infatti, le alghe hanno un’organizzazione molto più semplice: il loro corpo, detto tallo, non è suddiviso in radici, fusto e foglie né possiede organi sessuali differenziati e complessi come la maggior parte delle piante terrestri. Oltre alla clorofilla, le alghe pluricellulari contengono spesso altri pigmenti colorati: per questo motivo sono suddivise nei tre grandi gruppi delle alghe verdi (쑺figura 19A e B), alghe brune e alghe rosse (쑺figura 19C e D). Le più moderne ricerche indicano, tuttavia, l’esistenza di almeno 16 phyla di alghe, distinti, oltre che in base al tipo di pigmenti fotosintetici, anche al tipo di sostanza chimica immagazzinata come riserva, alla composizione della parete cellulare, alla presenza di flagelli sulle cellule mobili e alla struttura di componenti cellulari quali il nucleo, il cloroplasto e in particolare l’area del cloroplasto implicata nella sintesi dell’amido.

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I PROTISTI UNICELLULARI E PLURICELLULARI

3

A

Ulva lactuca, chiamata anche lattuga di mare, è una comune alga marina che in Giappone e in Scozia viene usata come alimento.

Le caroficee sono alghe verdi dall’aspetto simile a piccole piante, che formano fitti tappeti sul fondo delle acque stagnanti B

Le alghe brune possono raggiungere la lunghezza di diversi metri; in Giappone e in Cina sono coltivate per uso alimentare.

Quest’alga rossa produce carbonato di calcio, che depositandosi contribuisce alla formazione delle barriere coralline.

C

D

쒀 Figura 19 Le alghe verdi sono protisti autotrofi pluricellulari che vivono in acque dolci o salate. Le alghe rosse e le alghe brune sono prevalentemente marine.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  protista  protozoo  alga

1. Quale caratteristica rende l’euglena un protista speciale? 2. Perché attualmente le alghe pluricellulari sono classificate tra i protisti? 3. La parete cellulare delle diatomee è arricchita da:

A silice B carbonato di calcio C clorofilla D amido 4. L’agente della malaria è:

A la mosca tse tse

B la zanzara del genere Anopheles C un protozoo simile all’ameba D uno sporozoo del genere Plasmodium 5. Quale tra le seguenti caratteristiche distingue le diatomee dai cianobatteri?

A compiono la fotosintesi B fanno parte del fitoplancton C costituiscono il cibo di molti consumatori acquatici

D il loro DNA è circondato da una membrana nucleare

279 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

4

14

lezione

capitolo

obiettivi

gli 쑺 Comprendere adattamenti delle piante alla vita terrestre. le strutture 쑺 Descrivere fondamentali che costituiscono una pianta. la differenza tra 쑺 Spiegare gametofito e sporofito.

쑽 Figura 20 Le piante sono organismi molto diversificati che hanno occupato tutti gli ambienti terrestri.

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

Le caratteristiche generali delle piante 14

Il regno delle piante comprende gli organismi fotosintetici che hanno conquistato la terraferma

Tutti gli organismi pluricellulari terrestri capaci di effettuare la fotosintesi appartengono al regno delle piante; le erbe dei prati, gli arbusti, i grandi alberi delle foreste o dei giardini, le ninfee e le tife che vivono a stretto contatto con l’acqua, le felci e i muschi ne sono un esempio (쑺figura 20). Tali organismi sono costituiti da cellule eucariotiche, che presentano pareti cellulari composte prevalentemente da cellulosa, e speciali organuli, chiamati cloroplasti, che contengono la clorofilla. L’evoluzione delle piante ha avuto inizio oltre 400 milioni di anni fa, quando semplici organismi discendenti dalle alghe verdi, che colonizzavano le coste umide dei laghi e delle paludi salmastre si adattarono a vivere sulla terraferma; come ci testimoniano i ritrovamenti fossili, dopo circa 50 milioni di anni vasti territori erano già ricoperti da foreste di alberi ad alto fusto con fronde simili a quelle delle attuali felci. I cactus, come quello «a canna d’organo», trattengono l’acqua nel fusto riducendo la superficie di traspirazione delle foglie, sostituite dalle spine.

Nella foresta tropicale felci, muschi, piante rampicanti e alberi sono in competizione fra loro per ricevere la luce del Sole.

La fioritura estiva di un prato dell’altopiano del Tibet.

280 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

15

RISPON DI

쑺 Figura 22 Le radici hanno il duplice compito di tenere ancorata la pianta al terreno e di assorbire acqua e sali minerali.



Quale funzione svolge il meristema radicale?

쑽 Figura 23 Il trasporto dell’acqua e dei nutrienti avviene grazie ai tessuti conduttori. Le nervature che percorrono questa foglia sono costituite da tessuti conduttori.

A

Le piante utilizzano le radici per rifornirsi di acqua e di sali minerali che raggiungono le foglie tramite il sistema vascolare

Le strutture che hanno il compito di ancorare la pianta al terreno e assorbire acqua e sali minerali sono le radici (쑺figura 22). Più il sistema radicale è sviluppato, più facilmente la pianta riesce a mantenere la propria posizione e ad approvvigionarsi dell’acqua necessaria per svolgere la fotosintesi. Pensa che le radici dell’erba medica (una pianta erbacea usata per l’alimentazione degli erbivori che raggiunge circa i 60 cm di altezza) possono raggiungere anche i sei metri di profondità! Una volta formate, le cellule della radice si accrescono prevalentemente nel senso della lunghezza, talvolta decuplicando le loro dimensioni originali; è proprio questo allungamento che permette alle radici di penetrare profondamente nel suolo. Il trasporto di acqua e di sali minerali dalle radici alle foglie (dove avviene la fotosintesi) e delle sostanze nutritive dalle foglie a tutte le parti della pianta è assicurato da lunghe colonne di cellule organizzate in sottili canali che costituiscono il tessuto vascolare. Il tessuto vascolare forma il fusto della pianta e si dirama in tutte le parti del corpo, insinuandosi anche all’interno delle foglie in tante sottili nervature (쑺figura 23). Esistono due tipi di tessuto vascolare: lo xilema, formato da cellule morte, e il floema, costituito da colonne di cellule vive. Lo xilema o legno è costituito da cellule morte e trasporta la linfa grezza dalle radici al resto della pianta.

B

282 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

Il floema o libro è costituito da cellule vive che trasportano la linfa elaborata dalle zone verdi al resto della pianta.

C

LE CARATTERISTICHE GENERALI DELLE PIANTE

4

Le cellule di guardia controllano l’apertura dello stoma.

cuticola

mesofillo

B

Il mesofillo è un tessuto specializzato per lo svolgimento della fotosintesi.

16

쒀 Figura 24 A. Disegno di una sezione ingrandita di una foglia. B. Uno stoma osservato al microscopio elettronico.

stoma

Le foglie compiono la fotosintesi da cui dipende la vita della pianta

La fotosintesi avviene principalmente nelle foglie, che assolvono quindi il compito primario di nutrire la pianta. La struttura di una foglia è il risultato di un compromesso fra tre diverse esigenze: esporre alla luce del Sole la maggiore superficie possibile, trattenere l’acqua e consentire gli scambi gassosi con l’atmosfera. Il diossido di carbonio necessario per la fotosintesi, infatti, deve entrare nelle cellule della foglia, mentre l’ossigeno prodotto dalle reazioni fotosintetiche deve uscire. La parte centrale della foglia è chiamata mesofillo (쑺figura 24A) ed è formata da due strati: il primo strato, situato proprio sotto la superficie, è costituito da cellule cilindriche strettamente unite le une alle altre tanto da assomigliare a una palizzata, per cui viene detto parenchima a palizzata. Il secondo è uno strato di cellule dalla forma irregolare con grandi spazi intercellulari, denominato parenchima spugnoso. Il parenchima a palizzata è specializzato nel ricevere la radiazione luminosa, mentre gli spazi del parenchima spugnoso sono riempiti dall’acqua proveniente dalle radici e dai gas (diossido di carbonio e ossigeno). Al di sopra e al di sotto del mesofillo si trovano due strati protettivi di cellule strettamente appaiate a formare l’epidermide. L’epidermide secerne un rivestimento ceroso, la cuticola, che consente alla pianta di non disperdere acqua; la presenza della cuticola, tuttavia, impedisce anche gli scambi gassosi con l’aria circostante, che perciò avvengono attraverso speciali aperture chiamate stomi. Gli stomi (쑺figura 24B) sono delimitati da due cellule specializzate dell’epidermide fogliare, le cellule di guardia, che hanno il compito di aprire e chiudere l’apertura. Gli stomi sono molto più numerosi sulla pagina inferiore della foglia, quella che non è direttamente esposta ai raggi del Sole e dalla quale l’acqua tende perciò a evaporare di meno.

RISPON DI

A

Lo stoma è un microscopico poro sulla superficie delle foglie, che permette il passaggio dei gas limitando la perdita d’acqua.



Quale funzione svolgono gli stomi?

283 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

RISPON DI

17



Che differenza c’è tra sporofito e gametofito?

Le piante hanno cicli vitali molto diversi dal nostro

Nel ciclo riproduttivo umano e in quello di quasi tutti gli animali, l’unica cellula aploide, ossia dotata della metà del numero dei cromosomi tipico della specie, è il gamete; la condizione aploide si indica con la lettera n: nella specie umana n = 23. Al momento della fecondazione si ha l’unione del gamete maschile con quello femminile con formazione di uno zigote diploide (2n), ossia di una cellula con il numero di cromosomi tipico della specie (nel nostro caso 2n = 46). Tramite una serie di successive divisioni, lo zigote dà origine a un individuo adulto costituito di cellule diploidi. Le piante, a differenza degli animali, presentano nel loro ciclo vitale un’alternanza di generazioni (쑺figura 25): dallo zigote si generano individui diploidi che vengono chiamati sporofiti; all’interno degli sporofiti avviene il dimezzamento del numero dei cromosomi per meiosi con formazione di cellule aploidi dette spore. Da queste cellule si sviluppano individui aploidi chiamati gametofiti che per semplice divisione producono i gameti.

쑺 Figura 25 Il ciclo vitale di una

gameti maschili (n)

etofito (pianta n) gam

pianta mostra alternanza di generazioni tra lo sporofito diploide e il gametofito aploide.

gameti femminili (n)

spore (n) MEIOSI

FECONDAZIONE

Legenda aploide (n) spor of

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

ito (pianta 2n)

1. Che cosa s’intende per alternanza di generazioni? 2. Come è fatto il floema?

parole chiave  tessuto vascolare  xilema  floema  mesofillo  cuticola  stoma  sporofito  gametofito  alternanza di generazioni

3. Il compito degli stomi è:

A consentire il passaggio dei gas dalla pianta all’atmosfera e viceversa

B far passare la linfa grezza dalle radici alle foglie

C favorire il flusso della linfa elaborata dalle foglie al resto della pianta

D proteggere l’embrione dal disseccamento

284 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

diploide (2n)

4. Il tessuto costituito da cellule morte sovrapposte è:

A B C D

il floema il mesofillo l’epidermide lo xilema

5. Nelle piante, a differenza delle alghe:

A non è necessaria acqua per la fotosintesi

B i cloroplasti contengono clorofilla C il corpo è diviso in radici, fusto e foglie

D la nutrizione avviene per assorbimento di zuccheri da parte delle radici

LE PIANTE PIÙ ANTICHE: MUSCHI E FELCI

Nel corso della loro evoluzione le piante si sono adattate alla vita terrestre

La resistenza all’essiccamento, il trasporto delle sostanze, il sostegno, la fecondazione e gli altri problemi dovuti all’adattamento alla vita terrestre non sono stati risolti simultaneamente, ma attraverso una serie di tappe evolutive successive; i quattro diversi tipi di forme vegetali attualmente presenti sul nostro pianeta rappresentano una testimonianza di tali tappe (쑺figura 26): l le briofite, come i muschi, sono i vegetali terrestri più primitivi e maggiormente dipendenti dall’acqua; l le pteridofite, cioè le felci, hanno risolto il problema del trasporto dell’acqua e delle sostanze nutritive, ma non quello della fecondazione; l le gimnosperme, come le conifere, possiedono strutture per il trasporto, ma non per la dispersione e la protezione degli embrioni; l le angiosperme, ovvero le piante con fiori e frutti, sono gli organismi meglio adattati all’ambiente terrestre e comprendono attualmente più di duecentomila specie.

obiettivi

la differenza 쑺 Comprendere tra briofite e pteridofite. la struttura e il 쑺 Descrivere ciclo riproduttivo di briofite e pteridofite.

RISPON DI

18

5

285

lezione

Le piante più antiche: muschi e felci

5



Qual è il gruppo di piante maggiormente legato a un ambiente ricco di acqua?

gimnosperme (conifere e gruppi affini)

pteridofite (felci e gruppi affini)

briofite (muschi e gruppi affini)

angiosperme (piante con fiori)

쑸 Figura 26 Questo albero filogenetico mostra i rapporti evolutivi tra i principali gruppi di piante, dal più antico (briofite) al più recente (angiosperme).

Comparsa dei fiori.

Comparsa dei semi.

Comparsa di tessuti vascolari lignificati.

L’antenato delle piante era un organismo che poteva vivere solo a stretto contatto con l’acqua.

285 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

19

Particolare della fogliolina di un’epatica.

쒀 Figura 27 Le briofite forma-

RISPON DI

no densi tappeti nelle zone umide e riparate dal sole, come questa valle in Nuova Zelanda.



Quali sono le principali caratteristiche delle tracheofite?

Le briofite, che comprendono i muschi e le epatiche, sono piante dalle dimensioni di pochi centimetri che vivono in ambienti molto umidi e riparati dal sole (쑺figura 27). Le briofite derivano probabilmente da un’alga verde che ha colonizzato la terraferma in tempi remoti senza cambiare radicalmente la sua organizzazione. Ancora oggi, infatti, sono le piante che possiedono meno adattamenti alla vita terrestre: non possiedono vere radici e nemmeno tessuti vascolari. Poiché le briofite sono prive di tessuti conduttori, l’acqua viene assorbita dal suolo o dall’aria attraverso cellule allungate chiamate rizoidi e si distribuisce a tutte le parti della pianta per imbibizione, come avviene in una spugna parzialmente immersa nell’acqua. Per questa ragione le briofite non possono raggiungere grandi dimensioni. Le briofite dipendono strettamente dall’acqua anche per la riproduzione. Il gamete maschile è dotato di un flagello che gli consente di raggiungere il gamete femminile nuotando nella pellicola d’acqua che circonda la piantina. In seguito alla fecondazione, dallo zigote si sviluppa un esile filamento, lo sporofito, all’estremità del quale si trova una capsula: al suo interno sono prodotte per meiosi le spore (che sono quindi cellule aploidi). Cadendo nel terreno umido, le spore emettono un sottile filamento che si allunga e si ramifica dando origine a una nuova piantina aploide, il gametofito, con le caratteristiche foglioline. Nella zona apicale del gametofito si formano i gametangi, cioè gli organi che producono e racchiudono i gameti.

20

쑽 Figura 28 Il gruppo delle pteridofite comprende le piante vascolari più antiche.

Le piante più semplici: i muschi e le epatiche

La maggior parte delle piante ha sviluppato sistemi di trasporto per l’acqua e i nutrienti

Le piante che hanno sviluppato sistemi di conduzione dell’acqua e delle sostanze nutritive sono dette piante vascolari. Esse comprendono un’enorme varietà di forme vegetali, dalle felci alle piante con fiori, e possiedono un corpo suddiviso in radici, fusto e foglie. Le prime piante vascolari comparse sulla Terra furono le felci (쑺figura 28A), gli equiseti (쑺figura 28B) e i licopòdi (쑺figura 28C), che nel loro insieme formano il gruppo delle pteridofite. A differenza delle briofite, la presenza dei vasi conduttori ha permesso il trasporto Gli equiseti crescono vicino ai corsi d’acqua.

Le felci sono piante comuni nel sottobosco.

A

B

I licopòdi sono pteridofite di piccole dimensioni.

C

286 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

LE PIANTE PIÙ ANTICHE: MUSCHI E FELCI

5 쑸 Figura 29 Durante il periodo

dell’acqua verso l’alto e quindi un grande sviluppo del fusto e delle foglie. La 쑺figura 29 mostra come poteva apparire un’antica foresta di felci circa 300 milioni di anni fa. Le felci sono attualmente molto più diffuse degli equiseti e dei licopòdi, e costituiscono gran parte della vegetazione del sottobosco. Osservando la pagina inferiore di una foglia di felce, puoi vedere numerose macchioline brune chiamate sori: esse contengono le spore aploidi che, cadendo nel terreno, germinano dando origine a una piccola piantina (il gametofito) a forma di cuore chiamata protallo. Il protallo, che ha una struttura esile e non presenta vere e proprie radici ma rizoidi simili a quelli delle briofite, produce i gameti maschili e femminili. Come nei muschi, anche nelle felci i gameti maschili posseggono un flagello e per raggiungere quelli femminili devono nuotare in un sottile velo d’acqua: per questa ragione, anche le felci sono legate agli ambienti umidi. In seguito alla fecondazione si svilupperà una nuova felce.

RISPON DI

Carbonifero (tra 345 e 280 milioni di anni fa) la maggior parte della vegetazione era costituita da pteridofite.



Che ruolo svolge il protallo nel ciclo vitale di una felce?

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Spiega le ragioni per cui un muschio non può raggiungere grandi dimensioni.

5. Per quale ragione le felci non possono vivere in ambienti aridi?

parole chiave

2. Metti in relazione la generazione gametofitica con quella sporofitica in un muschio.

per far arrivare l’acqua fino alle foglie

 briofita  rizoide  pianta vascolare  protallo  pteridofita  sori

3. Le spore prodotte dai muschi:

A B C D

contengono l’embrione sono aploidi sono diploidi corrispondono ai gameti

4. Il problema del trasporto dell’acqua dal suolo alle foglie viene risolto per la prima volta:

A dalle felci C dai muschi

B dalle alghe D dai pini

A non possiedono tessuti conduttori

B il gamete maschile deve raggiungere quello femminile nuotando in un velo d’acqua

C perdono troppa acqua attraverso la superficie fogliare perché non hanno stomi

D non hanno vere e proprie radici che consentano di approvvigionarsi dell’acqua necessaria alla fotosintesi 6. Che cosa sono i sori?

287 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

6

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

lezione

capitolo

Dal seme al fiore: gimnosperme e angiosperme

obiettivi

21

l’importanza 쑺 Comprendere evolutiva del polline e del seme. i caratteri 쑺 Evidenziare distintivi di gimnosperme e

RISPON DI

angiosperme. Quali innovazioni hanno permesso alle spermatofite di svincolarsi completamente dall’acqua?



쑽 Figura 30 La presenza del seme rappresenta la chiave del successo delle spermatofite.

A

Le gimnosperme e le angiosperme proteggono l’embrione all’interno del seme

La maggior parte delle piante vascolari odierne è rappresentata dalle piante che producono semi: le gimnosperme e le angiosperme. Il successo evolutivo di questi due gruppi di piante, che nel loro complesso sono dette spermatofite (dal greco sperma, seme, e phyton, pianta), è dovuto alla loro completa indipendenza dall’acqua per quanto riguarda la riproduzione; il gamete maschile, infatti, non ha flagelli e non ha bisogno di nuotare nell’acqua per raggiungere la cellula uovo, ma è contenuto nei granuli di polline. All’interno del polline i gameti maschili possono raggiungere la cellula uovo in vari modi, per esempio trasportati dal vento oppure da animali impollinatori. In seguito alla fecondazione, si forma un embrione che viene circondato da sostanze nutritive e di protezione all’interno di una struttura chiamata seme. Sono esempi di semi i pinoli, i chicchi di grano e i fagioli (쑺figura 30).

B

I pinoli sono i semi delle conifere e sono caratterizzati da un rivestimento legnoso.

C

I fagioli sono semi particolarmente ricchi di proteine.

22

Questo soffione affida al vento la dispersione dei propri semi.

Nelle gimnosperme il seme è nudo

Le gimnosperme più diffuse sono le conifere come i pini, gli abeti, i ginepri, i cipressi e i larici (쑺figura 31A) che formano i boschi nelle nostre regioni alpine e appeniniche. Nelle conifere, le cellule uovo sono contenute nei gametangi portati da strutture chiamate pigne o coni femminili (쑺figura 31B), formate da foglioline modificate disposte in senso elicoidale attorno a un asse. I granuli di polline (il gametofito maschile) si trovano in strutture simili ma più piccole, dette coni maschili (쑺figura 31C). Il polline raggiunge le cellule uovo trasportato dal vento; in seguito alla fecondazione, le foglioline delle pigne diventano scaglie legnose tra le quali si trovano le cellule uovo trasformate in semi (i pinoli). Gimnosperma significa appunto «dal seme nudo» (dal greco gymnos, nudo, e sperma, seme); in queste piante, infatti, i semi sono protetti solo dalle squame delle pigne (come, appunto, i pinoli di un pino 쑺figura 30A) e non alloggiati in un frutto come accade invece nelle angiosperme.

288 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

DAL SEME AL FIORE: GIMNOSPERME E ANGIOSPERME

coni femminili

6

coni maschili

Le conifere formano boschi molto estesi.

B

C

Il seme delle gimnosperme contiene la riserva di nutrienti per l’embrione. I pinoli si staccano dalle pigne circa due anni dopo l’impollinazione e cadono nel terreno in prossimità della pianta madre. Quando le condizioni ambientali lo consentono, l’embrione comincia a svilupparsi per dare origine a un nuovo albero.

23

II coni maschili producono il polline.

쒀 Figura 31 Le gimnosperme sono piante molto diffuse. coni femminili RISPON DI

A

I coni femminili delle conifere daranno origine alle pigne.



Che cosa significa la parola gimnosperma?

Le angiosperme hanno «inventato» il fiore e il frutto

Angiosperma significa «dal seme protetto» (dal greco angeion, vaso); in queste piante, infatti, il seme è protetto all’interno del frutto, come il fagiolo in un baccello. Le angiosperme sono oggi le piante più diffuse; esse dominano le regioni temperate e tropicali, e comprendono tutte gli alberi a foglie larghe (latifoglie), le erbe dei prati e la maggior parte delle piante coltivate. Il grande successo delle angiosperme è dovuto allo sviluppo di due organi speciali: il fiore e il frutto. Il fiore è un perfezionamento della struttura dei coni delle gimnosperme, ed è costituito da un insieme di foglioline modificate disposte in modo concentrico (쑺figura 32). L’anello più esterno del fiore è formato dai sepali, che in genere sono verdi e proteggono il bocciolo prima che sbocci; i petali presentano spesso colori vivaci per attirare gli insetti o altri animali impollinatori. Sempre allo stesso scopo, i fiori emettono profumi o secernono sostanze zuccherine (il nettare) di cui gli animali si nutrono. petalo

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP 쐌 Un colibrì si nutre di nettare

쑽 Figura 32 I fiori sono organi tipici delle angiosperme. La maggior parte delle specie dipende dagli insetti, dagli uccelli o da altri animali per l’impollinazione.

I colori vivaci dei petali attirano gli insetti impollinatori, che trasportano il polline da un fiore all’altro. stigma

antera

pistillo

stami

stilo filamento

ovario ovulo

B

sepalo

A

ricettacolo

Il becco del colibrì e la sua lingua lunga e sottile sono adatti a suggere il nettare dai fiori. C

289 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

RISPON DI

capitolo

14



Che cos’è il pistillo?

쑽 Figura 33 I frutti derivano da ovari modificati; servono a fornire nutrimento e protezione al seme, oltre che a facilitarne la diffusione.

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

Nella maggior parte delle specie di angiosperme il fiore è ermafrodita, cioè contiene sia gli organi riproduttori maschili sia quelli femminili. Gli stami sono formati da filamento e antera e rappresentano gli organi riproduttori maschili, all’interno dei quali si forma il polline, ossia il gametofito maschile. Il pistillo, l’organo femminile, è costituito da una camera detta ovario nella quale si sviluppano le cellule uovo e da una struttura allungata, lo stilo, che termina con una punta appiccicosa, lo stigma. La presenza all’interno del medesimo fiore sia delle cellule uovo sia dei granuli di polline facilita la riproduzione: un fiore può essere fecondato dal polline trasportato da un insetto e, a sua volta, fornire allo stesso insetto il polline per fecondare un altro fiore della stessa specie. Esistono tuttavia specie con fiori femminili diversi da quelli maschili, come per esempio il mais, e specie con sessi separati, come il salice, il pioppo e la palma da dattero, che producono solo fiori femminili o solo fiori maschili. Nel ciclo vitale di un’angiosperma, dopo la fecondazione e durante lo sviluppo del seme, l’ovario si ingrossa e forma il frutto; sono frutti la ciliegia che vedi nella 쑺figura 33, la mora o la pesca ma anche la melanzana, il pomodoro e il peperone, che noi normalmente chiamiamo verdure. Il baccello è il frutto delle leguminose.

La ciliegia è una drupa; il nocciolo è il seme.

Il pomodoro è una bacca.

La fragola è un falso frutto: la parte rossa deriva dal ricettacolo dell’infiorescenza, mentre i frutti veri sono i «semini» gialli che si chiamano acheni.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Da quali parti è composto il fiore di un’angiosperma? Qual è la funzione svolta da ciascuna di queste parti?

parole chiave

2. Come avviene la dispersione dei semi nelle angiosperme?

B gameti flagellati che nuotano in

3. Descrivi le caratteristiche delle gimnosperme.

C tessuti vascolari che riforniscono

 spermatofita  fiore  gimnosperma  petalo  angiosperma  sepalo  stame  pistillo

4. Il frutto deriva dall’ingrossamento:

A B C D

dell’ovario dei sepali delle antere dello stilo

290 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5. A differenza delle pteridofite, le spermatofite presentano:

A il corpo diviso in radici, fusto e foglie un velo di acqua la pianta di linfa grezza ed elaborata

D il polline contenente il gamete maschile e il seme contenente l’embrione

I FUNGHI: ETEROTROFI SAPROFITI

Per molto tempo la classificazione dei funghi è stata complicata dal fatto che questi organismi condividono alcune caratteristiche sia con le piante sia con gli animali. I funghi crescono sul terreno e non si muovono, come le piante, ma sono eterotrofi come gli animali e immagazzinano zuccheri di riserva sotto forma di glicogeno; a differenza degli animali, però, i funghi non digeriscono il cibo all’interno del proprio corpo, ma assorbono la materia organica presente nell’ambiente dopo averla demolita grazie alla secrezione di enzimi digestivi. I funghi dunque sono saprofiti come i batteri decompositori e alcuni protisti. I funghi sono i principali decompositori del legno, che in genere non viene demolito dai batteri. Nei boschi gestiti dall’uomo è difficile che un albero caduto rimanga a lungo a terra, ma nelle foreste naturali questo si verifica normalmente; i funghi digeriscono molto rapidamente i tronchi abbattuti, così come i rami caduti, le foglie morte e i resti animali e vegetali di ogni genere, riducendoli in piccoli detriti che si confondono con il suolo. Si forma così l’humus, ossia quello strato superficiale del terreno ricco di sostanze organiche dalle quali i batteri (e i funghi stessi) liberano le sostanze minerali che le piante possono riutilizzare. I funghi saprofiti sono, perciò, molto importanti per mantenere la fertilità del suolo. Un’altra caratteristica distintiva dei funghi è la presenza di una parete rigida, esterna alla membrana plasmatica, costituita da una sostanza chiamata chitina. La chitina forma anche lo scheletro esterno degli insetti, dei ragni e dei crostacei come l’aragosta o il gambero; rispetto alla cellulosa, che costituisce la parete delle cellule vegetali, la chitina è molto più resistente alla degradazione da parte dei microbi, al caldo, al freddo e alla siccità. Il corpo dei funghi è formato da un intreccio sotterraneo di cellule filamentose e ramificate chiamate ife (쑺figura 34A); nel loro insieme le ife costituiscono il micelio (쑺figura 34B). Il micelio cresce molto velocemente e può raggiungere anche dimensioni notevoli. Osservando il micelio al microscopio si possono vedere le ife che lo costituiscono.

obiettivi

le caratteristiche 쑺 Descrivere comuni a tutti gli organismi appartenenti al regno dei funghi. l’importanza del 쑺 Evidenziare ruolo svolto dai funghi negli ecosistemi.

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ANIMAZIONE 쐌 I funghi

RISPON DI

I funghi sono specializzati nel riciclaggio della materia organica

lezione

I funghi: eterotrofi saprofiti 24

7

7



Qual è il ruolo ecologico dei funghi?

쑸 Figura 34 I funghi sono costituiti da un insieme di ife, microscopici filamenti che si intrecciano a formare il micelio.

Il micelio di questo fungo ha attaccato un ago di pino posato su un letto di muschio.

A

B

291 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: MICRORGANISMI, PIANTE, FUNGHI

I funghi del genere Boletus comprendono quattro specie mangerecce (i «porcini»).

Una spugnola, appartenente al genere Morchella.

A

B

쒀 Figura 35 I corpi fruttiferi dei funghi a cappello mostrano una straordinaria varietà di forme e colori.

LO SAPEVI? Un fungo del genere Armillaria è stato dichiarato il più grande organismo del mondo: la sua superficie si estende per 150 km2 e il suo peso ha raggiunto le 11 tonnellate.

RISPON DI



C

Nel regno dei funghi sono compresi sia organismi pluricellulari, come i funghi mangerecci e le muffe, sia organismi unicellulari come i lieviti. Quelli che vediamo nei boschi sono i cosiddetti funghi «a cappello»: molti sono commestibili, come i prataioli, i chiodini e le spugnole (쑺figura 35A e B), mentre altri sono velenosi, come l’Amanita muscaria che può provocare gravi intossicazioni (쑺figura 35C). Alcune specie di funghi sono parassiti: le loro ife invadono i tessuti di altri organismi nutrendosi a loro spese. La candida, per esempio, forma delle caratteristiche macchie bianche (il cosiddetto «mughetto») nella bocca dei neonati e procura fastidiose irritazioni alle vie genitali femminili.

25

Perché buona parte di muffe e lieviti è considerata utile?

La specie Amanita muscaria contiene numerose tossine che agiscoCno sul sistema nervoso.

Molte specie di muffe e di lieviti ci sono utili

I funghi più semplici sono le muffe e i lieviti. Le muffe in genere si riproducono per via asessuata e sono in grado di diffondersi molto rapidamente anche se, in condizioni ambientali sfavorevoli, possono originare spore per la riproduzione sessuata. Alcune specie sono utilizzate per produrre formaggi (gorgonzola, camembert e roquefort) o per sintetizzare antibiotici come la penicillina o le ciclosporine; altre invece sono dannose, come la muffa nera del pane o alcune specie di Aspergillus (쑺figura 36) che contaminano gli alimenti e producono sostanze cancerogene (ossia che hanno la capacità di indurre la formazione del cancro) chiamate aflatossine. I lieviti sono funghi unicellulari e si riproducono asessualmente, per scissione o per gemmazione. Nella gemmazione la divisione è asimmetrica: sulla cellula madre si forma una piccola escrescenza che si stacca per dare origine a una cellula figlia più piccola. Tra le specie più note di lieviti ricordiamo Saccaromyces cerevisiae (il lievito di birra) che degrada lo zucchero glucosio in diossido di carbonio e alcol e viene utilizzato per la lievitazione del pane e per produrre birra e vino.

쑺 Figura 36 La muffa Aspergillus sulla buccia di un limone: nell’ingrandimento al microscopio si vedono le strutture che contengono le spore per la riproduzione.

292 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo 14

LA CLASSIFICAZIONE DEI VIVENTI: DAI MICRORGANISMI AI FUNGHI

esercizi

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Esercizi interattivi

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Verifica la comprensione

쑺 verifica le tue conoscenze Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. Il dominio degli archei comprende specie alofile e termofile. 2. I lieviti sono funghi pluricellulari che si riproducono per via asessuata. 3. Le alghe verdi possono vivere anche sulla terraferma. 4. Le angiosperme sono le uniche piante che proteggono l’embrione con il seme.

vf vf

Rispondi in cinque righe.

vf

5. I protisti comprendono solo:

7.

11. Come è fatto il fiore delle angiosperme?

Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia.

piccole alghe unicellulari piante con fiori molto colorati organismi decompositori piante non vascolari

Nella classificazione del gatto, col nome latino Felis catus indichiamo:

A B C D

10. Perché il modello di classificazione degli organismi in tre domini non comprende i virus?

12. Come ha avuto inizio l’evoluzione delle piante terrestri?

organismi unicellulari organismi eucarioti eterotrofi saprofiti autotrofi chemiosintetici

6. Le briofite sono:

A B C D

8. I filamenti fungini sotterranei sono chiamati ...................................................................... . 9. Il sistema di classificazione degli organismi viventi adottato da Linneo e usato ancora oggi si chiama ...................................................................... .

vf

Barra il completamento che ritieni esatto.

A B C D

Completa le seguenti frasi.

la classe e la famiglia il phylum e il dominio il genere e la specie il regno e l’ordine

13. Quali caratteristiche strutturali e fisiologiche consentono ai procarioti di colonizzare quasi tutti gli ambienti, anche i più inospitali? Nel rispondere specifica: ● la funzione protettiva svolta dalla parete ● quale struttura consente a molti procarioti di sopravvivere in condizioni sfavorevoli quali la disidratazione, temperature estreme, mancanza di sostanze nutritive ● le diverse modalità nutritive adottate dai procarioti ● la capacità di alcuni procarioti di ottenere energia in condizioni di anaerobiosi ● la capacità dei procarioti di riprodursi molto rapidamente ● perché molti archei possono sopravvivere anche in sorgenti termali.

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe.

Completa e correggi.

14. Su che cosa si basa la moderna classificazione e quali categorie sistematiche si utilizzano per classificare gli organismi viventi?

17. Barra i termini in neretto che ritieni errati.

15. Come definì Mayr la specie biologica? Quali limiti di applicabilità presenta tale definizione? 16. Quali caratteristiche rendono le angiosperme le piante più evolute e diffuse?

I funghi mangerecci sono organismi autotrofi/eterotrofi come le piante/gli animali, crescono sul terreno e non si muovono; però, i funghi assorbono/digeriscono il cibo presente nell’ambiente dopo averlo demolito grazie alla secrezione di enzimi digestivi. I funghi sono dunque saprofiti/parassiti, come i batteri decompositori e alcuni protisti. Un’altra caratteristica distintiva delle cellule dei funghi è la presenza di una parete rigida, esterna alla membrana plasmatica, ma costituita da uno zucchero chiamato cellulosa/chitina.

294 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

Origine ed evoluzione degli animali

1 2 3 4 5

Gli invertebrati più semplici: dalle spugne ai lombrichi Gli animali sono eucarioti eterotrofi pluricellulari, che si possono dividere in invertebrati e vertebrati, a seconda della presenza o meno della colonna vertebrale. Le spugne appartengono al phylum dei poriferi, sono gli invertebrati più semplici privi di veri tessuti. Gli cnidari, che comprendono meduse e coralli, sono animali a simmetria raggiata; possiedono tessuti e semplici organi come i tentacoli e la bocca. I vermi piatti sono gli animali più primitivi a simmetria bilaterale. Sono suddivisi in tre gruppi, uno a vita libera (turbellari) e due parassiti (trematodi e cestodi).

Molluschi, artropodi ed echinodermi Il phylum dei molluschi è molto eterogeneo; tuttavia i molluschi hanno caratteristiche comuni, come il celoma ripartito in tre cavità e il corpo suddiviso in capo, piede e massa dorsale. Gli artropodi comprendono più specie di qualsiasi altro gruppo di animali e si trovano in ogni ambiente. Hanno arti articolati, che consentono spostamenti rapidi, e uno scheletro esterno segmentato, l’esoscheletro, che dà protezione, fornisce supporto meccanico per muoversi sulla terraferma e preserva dalla disidratazione. Gli echinodermi, che comprendono ricci e stelle marine, hanno uno scheletro calcificato e un sistema di locomozione formato da piccoli tentacoli collegati a un sistema acquifero.

I pesci sono vertebrati adattati all’ambiente acquatico I vertebrati, gli urocordati e i cefalocordati appartengono al phylum dei cordati. I cordati sono caratterizzati dalla presenza del tubo neurale, delle fessure branchiali e di una notocorda presente per tutta la vita o solo durante lo sviluppo embrionale. Nell’adulto dei vertebrati, la notocorda viene sostituita dalla colonna vertebrale. I pesci sono vertebrati che respirano per mezzo delle branchie e hanno uno scheletro interno; si suddividono in due gruppi: i pesci cartilaginei e i pesci ossei.

Gli anfibi e i rettili si sono resi indipendenti dall’acqua Gli anfibi possono respirare l’ossigeno presente nell’aria e muoversi sulla terraferma, ma rimangono legati all’acqua per riprodursi e per mantenere umida la propria pelle. I rettili sono del tutto adattati alla vita terrestre: la respirazione polmonare è più efficiente di quella degli anfibi e la pelle è ricoperta da squame che li proteggono dalla disidratazione. La fecondazione è interna: i rettili inoltre depongono uova, che proteggono e nutrono l’embrione

Gli uccelli e i mammiferi: i vertebrati più recenti Uccelli e mammiferi sono vertebrati in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea. Gli uccelli sono ricoperti di penne e di piume, e il loro corpo ha numerose caratteristiche che li rendono adatti al volo. I mammiferi nutrono i piccoli con una secrezione prodotta dalle ghiandole mammarie, il latte; in base alle modalità con cui si sviluppa l’embrione si dividono in tre gruppi: i monotremi, i marsupiali e i placentati.

295 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

GLI INVERTEBRATI PIÙ SEMPLICI: DALLE SPUGNE AI LOMBRICHI

2

1

297

Le spugne sono gli animali dalla struttura più semplice

Nonostante i diversi tipi di cellule delle spugne svolgano funzioni differenti, essi non sono organizzati in tessuti e organi. Le spugne possiedono una specie di «scheletro» formato da piccole spine dette spicole. A seconda della specie, le spicole possono essere costituite da carbonato di calcio, da silice oppure da fibre di una proteina chiamata spongina. La riproduzione dei poriferi può essere sia sessuata sia asessuata per mezzo di gemme. Le gemme resistono alla mancanza d’acqua per poi svilupparsi quando le condizioni ambientali diventano idonee. Nella riproduzione sessuata, i gameti maschili e femminili vengono spesso prodotti dallo stesso individuo, anche se in momenti differenti per evitare l’autofecondazione. Dall’uovo fecondato si sviluppa una larva flagellata che nuota liberamente e poi si fissa al substrato.

osculo

L’apertura rivolta verso l’alto si chiama osculo.

3



Quali funzioni svolgono gli amebociti?

쑽 Figura 2 Le spugne sono animali dalla struttura piuttosto semplice, con cellule differenziate ma non organizzate a formare veri tessuti. Le spugne si nutrono sfruttando il flusso d’acqua che entra dai pori e fuoriesce dall’osculo. Le particelle alimentari vengono catturate dai coanociti e fagocitate dagli amebociti.

amebocita (fagocita le particelle alimentari) poro coanocita (cattura le particelle alimentari)

A

RISPON DI

Le spugne appartengono al phylum dei poriferi; sono animali acquatici, quasi tutti marini, che vivono immobili attaccati ai fondali (e sono perciò detti sessili). Le spugne assomigliano a sacchi provvisti di numerose piccolissime aperture chiamate pori (da qui il nome poriferi, «portatori di pori»), con un’apertura più grande, detta osculo, orientata verso l’alto (쑺figura 2A). Come puoi vedere nella 쑺figura 2B, il corpo delle spugne è formato da tre strati: 1. uno strato esterno costituito da cellule strettamente appaiate dette cellule epiteliali; 2. uno strato intermedio, la mesoglea, composto da poche cellule dette amebociti immerse in una sostanza gelatinosa nella quale possono muoversi; 3. uno strato interno formato da cellule flagellate, i coanociti.

B

flusso idrico dell’acqua

cellule epiteliali

Meduse e coralli sono animali a simmetria radiale

I primi animali in cui si incontrano veri e propri tessuti, seppure molto primitivi, sono gli cnidari o celenterati. I rappresentanti più conosciuti di questo phylum sono i coralli e le meduse. In confronto ai poriferi, questi animali presentano un’organizzazione più complessa: il loro corpo, a simmetria radiale, possiede una cavità digerente, cellule nervose e muscolari, e semplici organi come i tentacoli e la bocca. Gli cnidari possono presentare due organizzazioni corporee molto diverse tra loro: i polipi e le meduse. I polipi, come le idre o gli anemoni di mare (쑺figura 3A), sono piccoli

LO SAPEVI? I polipi non vanno confusi con i polpi o piovre, che sono molluschi dotati di un sistema nervoso molto sviluppato e di otto robusti tentacoli forniti di ventose.

297 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

GLI INVERTEBRATI PIÙ SEMPLICI: DALLE SPUGNE AI LOMBRICHI

La maggior parte degli animali presenta simmetria bilaterale

A differenza degli cnidari, la maggior parte degli animali presenta simmetria bilaterale; mentre nelle meduse le parti del corpo sono disposte come le fette di una torta intorno a un asse centrale, negli animali a simmetria bilaterale è possibile distinguere un’estremità anteriore (la «testa») e un’estremità posteriore (la «coda»), una metà destra e una metà sinistra speculari tra loro, una superficie dorsale (il «sopra») e una ventrale (il «sotto»). Di solito la testa ospita gli organi di senso, il cervello e (spesso ma non sempre) la bocca. Il passaggio dalla simmetria radiale a quella bilaterale è stato un passo decisivo verso la diversificazione delle forme, che si è rivelato ricchissimo di possibilità. Oltre agli cnidari, ritroveremo la simmetria radiale solo una volta, negli echinodermi adulti (ricci e stelle di mare), ma con poco successo: questi animali sembrano rappresentare una via secondaria senza sbocco nell’evoluzione. Un animale a simmetria radiale è, in genere, adattato a compiere movimenti lenti o a farsi trasportare dall’acqua, oppure conduce una vita sedentaria (쑺figura 5A); la simmetria bilaterale invece, accompagnata dalla concentrazione a livello cefalico di organi di senso e cervello, permette di muoversi in maniera più efficiente, spostandosi attivamente in una direzione definita per cercare il cibo, un compagno per la riproduzione o ambienti adatti alla propria sopravvivenza (쑺figura 5B). Negli organismi a simmetria radiale, come questo anemone, non è possibile distinguere un’estremità anteriore e un’estremità posteriore.

alto

Questi animali in genere non si spostano attivamente in una direzione, ma vivono attaccati a un substrato o trasportati dalle correnti.

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ANIMAZIONE 쐌 I piani strutturali degli animali e la loro simmetria

RISPON DI

4

1

Quali caratteristiche permettono alla maggior parte degli animali di spostarsi attivamente in una direzione?



쑽 Figura 5 La simmetria bilaterale è caratteristica della maggior parte degli animali, compresi gli esseri umani.

superficie dorsale

estremità posteriore

estremità anteriore

A

basso

superficie ventrale B

Un gambero è un organismo a simmetria bilaterale, che può essere tagliato a metà da un piano longitudinale. Presenta un’estremità anteriore (capo) e un’estremità posteriore (coda); queste caratteristiche sono indispensabili per il movimento in una direzione.

I platelminti sono gli animali più semplici a simmetria bilaterale

I vermi piatti, o platelminti, comprendono circa 20 000 specie dalle dimensioni estremamente varie (da 1 mm a 20 m) e sono suddivisi in tre classi principali: i turbellari, i trematodi e i cestodi. Essi possiedono semplici organi di senso concentrati nella zona del capo e una cavità digerente con un’unica apertura che funziona sia da bocca sia da ano. Molte specie di platelminti sono ermafrodite: in un solo individuo sono presenti sia l’organo sessuale maschile sia quello femminile. I turbellari, come la planaria che vive sui fondali degli stagni o negli ambienti umidi, conducono vita libera e sono capaci di muoversi cercando attivamente il cibo o il partner per l’accoppiamento; i trematodi come lo schistosoma e i cestodi come la tenia sono, invece, parassiti.

RISPON DI

5



Quale particolarità caratterizza la cavità digerente dei platelminti?

299 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

educazione alla salute

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

» I parassiti Il parassitismo è una modalità di vita che si basa sullo sfruttamento di un altro organismo. Il parassita, infatti, non deve preoccuparsi di procurarsi attivamente il cibo: insediandosi all’interno del corpo di un altro animale, infatti, esso sfrutta le sostanze già digerite dall’ospite o addirittura le sue stesse cellule per il proprio fabbisogno personale.

RISPON DI

6



Quali habitat sono colonizzati dai nematodi?

Gli schistosomi, di cui si conoscono diverse specie, vivono nei vasi sanguigni e si nutrono di sangue. La malattia che provocano, la schistosomiasi, è una delle principali cause di disabilità e di morte in molte parti del mondo, in particolare nell’Africa subsahariana. Un altro parassita degli esseri umani è la tenia che, attraverso l’ingestione di carni suine poco

cotte, arriva nell’apparato gastroenterico sotto forma di larva. Le larve si ancorano alle cellule epiteliali del duodeno e si accrescono fino alla forma adulta in grado di sopravvivere nell’intestino dell’ospite per diversi anni. La malattia che provocano, la teniasi, è nota anche come malattia del «verme solitario» ed era molto diffusa in passato.

Nei nematodi compare una seconda apertura del tubo digerente

I nematodi, o vermi cilindrici, possono essere lunghi da pochi centimetri a qualche metro e comprendono numerose specie sia a vita libera sia parassite. Questi animali sono presenti in moltissimi tipi di ambienti, dalle regioni polari ai tropici e alle zone desertiche. I nematodi occupano anche habitat acquatici molto particolari, come le grandi profondità marine e le sorgenti calde, dove la temperatura può superare i 50 °C. Una delle caratteristiche evolutive più importanti della loro organizzazione corporea è la presenza di una seconda apertura del tubo digerente, l’ano. Almeno otto specie di nematodi appartenenti al gruppo delle filarie sono parassiti umani e possono causare gravi malattie.

7

Negli anellidi compare il celoma

Il terzo gruppo di vermi, gli anellidi, comprende organismi per la maggior parte marini; esistono però anche anellidi terrestri, come il lombrico (쑺figura 7B), e di acqua dolce, come la sanguisuga (쑺figura 7A). Il corpo degli anellidi è allungato e diviso in segmenti chiamati metameri. I metameri sono tutti uguali fra loro ad eccezione dei primi due e dell’ultimo. La segmentazione in metameri conferisce all’animale una struttura articolata simile a quella di un treno con tanti vagoni e ne favorisce il movimento; tale suddivisione non è solo superficiale, ma anche interna: i diversi organi, infatti, si ripetono nei vari segmenti (쑺figura 6). 쑺 Figura 6 Gli anellidi sono organismi caratterizzati dalla presenza di metameri e di celoma.

celoma

cuore dorsale

vasi sanguigni

ganglio celebrale

metamero

tubo digerente

bocca cordone nervoso

300 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

ano

1

GLI INVERTEBRATI PIÙ SEMPLICI: DALLE SPUGNE AI LOMBRICHI

I lombrichi sono ermafroditi; nel corso dell’accoppiamento, ciascun individuo svolge sia il ruolo di maschio (donatore di spermatozoi) sia quello di femmina (donatore di uova).

A B

Il clitello è un manicotto di tessuto rigonfio che svolge un ruolo durante l’accoppiamento.

La struttura segmentata è evidente sia all’esterno sia all’interno: molti organi sono ripetuti «in serie».

Il phylum degli anellidi è particolarmente importante perché presenta una novità evolutiva assente nei gruppi precedenti, ossia una cavità corporea chiamata celoma che rende più agile e flessibile il corpo dell’animale; inoltre, il liquido in esso contenuto conferisce rigidità al corpo, consentendo al lombrico di scavare nel terreno. Un altro importante adattamento che compare negli anellidi è il sistema circolatorio, ossia una serie di vasi all’interno dei quali circola il sangue, che ha il compito di portare a tutte le cellule ossigeno e sostanze nutritive e di rimuovere le sostanze di rifiuto. La maggior parte degli anellidi è, invece, priva di un sistema respiratorio che rifornisca il sangue di ossigeno, il quale entra nell’organismo attraversando la pelle; tale tipo di respirazione è detta cutanea. Il sistema nervoso è costituito da ammassi di cellule nervose dette gangli (un ganglio per ogni segmento) uniti come in una catena; il ganglio cerebrale è più grande degli altri ed è in grado di percepire sensazioni ed elaborare risposte adeguate.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Quali sono le caratteristiche fondamentali comuni a tutti gli animali?

 invertebrato  vertebrato  osculo  amebocita  coanocita  cnidocita  mesoglea  ermafroditismo  parassitismo  metameria  celoma

3. Le spugne:

A non hanno veri e propri tessuti e organi

B presentano un primitivo sistema nervoso

C appartengono al phylum dei celenterati

D vivono sia in ambienti acquatici sia terrestri 4. Come si nutrono i poriferi? 5. Gli cnidari, a differenza dei poriferi:



Che cosa s’intende per metameria? Quale vantaggio offre all’animale?

B hanno tessuti e semplici organi C si possono riprodurre anche per

2. Descrivi la struttura di una spugna.

parole chiave

쒀 Figura 7 A. Le sanguisughe sono anellidi che appartengono alla sottoclasse irudinei. B. I lombrichi appartenenti alla sottoclasse oligocheti, vivono nel terreno, inghiottendo il terriccio e digerendone le componenti organiche.

RISPON DI

La sanguisuga vive nelle zone paludose. La sua bocca è provvista di una ventosa e di mascelle dentellate con cui si attacca al corpo di un altro animale, in genere un mammifero, di cui incide la pelle per nutrirsi del sangue.

via asessuata

D possono essere sessili 6. In che gruppo di vermi compare una seconda apertura del tubo digerente? 7. Perché il gruppo degli anellidi è molto importante dal punto di vista evolutivo? 8. Il celoma compare:

A B C D

nei nematodi negli anellidi nei turbellari nei cestodi

A nella forma polipoide sono autotrofi

301 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

2

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

Molluschi, artropodi ed echinodermi

lezione

302

8

obiettivi

le caratteristiche 쑺 Identificare comuni a tutti i molluschi. le caratteristiche 쑺 Evidenziare degli artropodi suddividendoli nei diversi gruppi. le peculiarità del 쑺 Descrivere phylum degli echinodermi.

Il phylum dei molluschi presenta una grande diversificazione di forme

Platelminti, nematodi e anellidi sono animali che hanno tutti l’aspetto sottile e allungato tipico dei vermi; il phylum dei molluschi, invece, comprende forme animali spesso molto diversificate e viene suddiviso in tre classi principali: 1. i cefalopodi, come i polpi, i calamari e le seppie (쑺figura 8A); 2. i bivalvi, che includono i mitili, le vongole e numerosi altri animali marini chiusi in una doppia conchiglia (쑺figura 8B); 3. i gasteropodi di cui fanno parte le lumache e le chiocciole, con il tipico guscio a forma di spirale (쑺figura 8C). Il pettine è un bivalve.

I cefalopodi, come questo polpo, sono dotati di un sistema nervoso e di organi di senso molto sviluppati.

A

쒀 Figura 8 I molluschi costituiscono uno dei gruppi più grandi e diversificati del regno animale.

C

B

Con oltre 100 000 specie, i molluschi costituiscono uno dei più ampi raggruppamenti del regno animale, secondo per numero solo al phylum degli artropodi. Nonostante si tratti di un gruppo molto eterogeneo, i molluschi possiedono un celoma formato da tre piccole cavità: una che circonda il cuore, una attorno al sistema riproduttore e la terza che costituisce una parte dell’organo escretore; inoltre nel corpo di questi animali si possono individuare tre regioni comuni (쑺figura 9). cuore

쑺 Figura 9 Schema del corpo di un mollusco gasteropode.

La chiocciola è un gasteropode terrestre.

mantello organo escretore

organi riproduttivi tubo digerente conchiglia

cavità palleale ano online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP

bocca

branchia piede

쐌 Un polpo nel mare Mediterraneo

radula

sistema nervoso

302 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

MOLLUSCHI, ARTROPODI ED ECHINODERMI

2

303

1. Il capo è munito di organi di senso, tentacoli e bocca. Nella bocca si trova la radula, un organo simile a una lingua e dotato di file di dentelli trasversali. 2. Il piede è una struttura muscolare posta ventralmente che serve per muoversi e per sostenere le viscere. 3. La massa dorsale, che contiene gli organi interni ed è avvolta in un tessuto molle, il mantello, in grado di produrre, in molte specie, una conchiglia calcarea. Nella regione posteriore, tra il piede e il mantello, si trova una cavità comunicante con l’esterno, la cavità palleale; in essa si apre l’ano e trovano posto anche le branchie. Nei molluschi terrestri, la cavità palleale è ricca di vasi sanguigni e funziona da polmone. Le branchie sono gli organi respiratori che hanno il compito di trasferire l’ossigeno dall’acqua al sangue (mentre i polmoni trasferiscono l’ossigeno dall’aria al sangue). Il sistema circolatorio è formato per lo più da piccole cavità piene di sangue, con un cuore contrattile da cui partono vasi che raggiungono le branchie o i polmoni. Il sistema nervoso è formato da un anello posto intorno al tubo digerente e da due paia di cordoni longitudinali; spesso gli organi di senso sono ben sviluppati.

9

Gli artropodi sono invertebrati provvisti di uno scheletro esterno

Il phylum degli artropodi comprende circa i 5/6 delle specie viventi finora identificate. L’organizzazione del corpo degli artropodi ha permesso a questi organismi di sviluppare una straordinaria molteplicità di forme e di adattarsi in tal modo praticamente a tutti i tipi di ambiente; l’intera biosfera, dai mari ai fiumi, dall’atmosfera al suolo, dai deserti ai ghiacciai polari, è stata colonizzata da qualche tipo di artropode. Il corpo degli artropodi è suddiviso in metameri e possiede appendici specializzate che servono per camminare, volare, nuotare, catturare le prede o per difendersi (쑺figura 10). Una delle ragioni del successo degli artropodi è la presenza di uno scheletro esterno chiamato esoscheletro, che protegge l’animale e fornisce punti di attacco per i muscoli. L’esoscheletro, formato da pezzi articolati tra loro per permettere i movimenti, contiene una sostanza organica ricca di azoto detta chitina talvolta impregnata di composti colorati e sali minerali che conferiscono all’esoscheletro una notevole resistenza e rigidità. La rigidità dell’esoscheletro impedisce un accrescimento uniforme e continuo dell’animale; pertanto l’esoscheletro deve essere periodicamente sostituito con uno nuovo, più grande, in un processo chiamato muta.

di una cavalletta, un artropode. Le antenne sono appendici utili per la ricezione sensoriale.

tubo digerente

sistema circolatorio aperto

addome

쑽 Figura 10 Schema del corpo

torace

capo

antenna

cordone nervoso sistema escretore

trachee (sistema respiratorio)

arto

303 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

쑺 Figura 11 Gli insetti hanno colonizzato la terraferma circa 300 milioni di anni fa e comprendono oltre un milione di specie.

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

Osservando questa formica puoi notare il corpo suddiviso in tre segmenti (capo, torace e addome) e l’apparato boccale adatto a triturare il cibo.

A

LO SAPEVI? Alcune specie di ragni sono vivipare: le femmine trattengono le uova fecondate all’interno del proprio corpo fino a quando l’embrione non è completamente sviluppato e danno alla luce forme giovanili attive, del tutto simili agli adulti.

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BIOCLIP

RISPON DI

쐌 Un ragno si nutre di un centopiedi

Quali caratteristiche hanno consentito agli insetti di adattarsi perfettamente alla vita sulla terraferma?



쑽 Figura 12 Il gruppo dei chelicerati comprende la classe degli aracnidi a cui appartengono ragni, scorpioni e acari.

A

Gli insetti, come le libellule, sono stati i primi animali a evolvere la capacità di volare.

B

Gli artropodi sono suddivisi in quattro grandi gruppi: miriapodi, insetti, crostacei e chelicerati. l I miriapodi hanno il loro corpo diviso in segmenti tutti uguali e ogni segmento è provvisto di appendici: due paia nei diplopodi (detti anche millepiedi) e un paio nei chilopodi (centopiedi). l Gli insetti (쑺figura 11) sono il gruppo di artropodi più numeroso, di maggior successo e meglio adattato alla vita sulla terraferma; presentano segmenti corporei fusi a costituire un capo, un torace e un addome). In molti insetti, lo sviluppo dall’embrione all’adulto avviene attraverso una serie di modificazioni strutturali che, nel loro complesso, sono dette metamorfosi. l I crostacei (come granchi, gamberi e aragoste) presentano capo e torace fusi nel cefalotorace. La maggior parte dei crostacei vive nell’acqua e respira attraverso le branchie, colonizzando gli ambienti più disparati, dalle coste alle acque superficiali agli abissi. l I chelicerati sono anch’essi contraddistinti dalla presenza del cefalotorace e devono il loro nome ai cheliceri, appendici appuntite specializzate per la nutrizione. Questo gruppo comprende gli aracnidi, cioè i ragni, gli acari e gli scorpioni. Gli aracnidi hanno organi di senso limitati a occhi molto semplici e a setole sensoriali che ricoprono tutto il corpo; inoltre essi non hanno vere mandibole, ma in prossimità della bocca presentano due cheliceri a forma di pinza, che spesso comunicano con ghiandole che producono veleno. Il corpo degli aracnidi è nettamente diviso in cefalotorace e addome; il cefalotorace porta quattro paia di zampe, mentre l’addome ne è privo (쑺figura 12). La riproduzione degli artropodi è esclusivamente sessuata, anche se alcune specie si possono riprodurre per partenogenesi; in questo processo, i gameti femminili si sviluppano senza bisogno di essere fecondati, dando origine a un nuovo individuo che sarà perciò aploide.

Nella parte terminale dell’addome dei ra- B gni si trovano le filiere, che producono la seta per costruire le ragnatele e avvolgere le prede. Sono note circa 40 000 specie di ragni, e tutte tranne una sono predatrici; i ragni più grandi possono catturare senza difficoltà lucertole o piccoli uccelli.

Lo scorpione imperatore (Pandinus imperator) è originario dell’Africa ed è una delle specie più grandi del mondo. Gli scorpioni sono predatori: all’estremità dell’addome si trovano una ghiandola velenifera e un aculeo incurvato per iniettare il veleno.

304 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

C

Gli acari misurano al massimo qualche centimetro. Molte specie sono parassite e possiedono un apparato boccale adatto a scavare, succhiare o pungere.

MOLLUSCHI, ARTROPODI ED ECHINODERMI

Nel ciclo vitale di molti insetti, il passaggio da larva ad adulto avviene attraverso la metamorfosi

In molti insetti, lo sviluppo dall’embrione all’adulto avviene attraverso una serie di modificazioni strutturali che, nel loro complesso, sono dette metamorfosi. Negli insetti più primitivi il cambiamento è graduale e la metamorfosi è detta incompleta, mentre nei gruppi più recenti il cambiamento è spesso radicale e la metamorfosi è completa. Nel primo caso, allo stadio giovanile l’individuo è chiamato neanide: è molto simile all'adulto, ma è privo di ali e organi riproduttivi. Le ali si sviluppano gradualmente con una serie di mute durante lo stadio di ninfa, e si aprono al momento della muta finale. Nella metamorfosi completa, invece, l’individuo allo stato giovanile è chiamato larva e ha un aspetto totalmente diverso dall’adulto.Prendiamo per esempio le farfalle; dopo l’accoppiamento, la femmina trova una pianta adatta e depone le uova sulla pagina inferiore di una foglia. Dopo due o tre settimane, dall’uovo fuoriesce una larva, il bruco (쑺figura 13A). Il bruco ha un capo ben sviluppato, capace di recepire gli stimoli gustativi e le variazioni di intensità luminosa. Nella parte inferiore del capo si trovano potenti mandibole che permettono al bruco di triturare le foglie di cui si nutre. Dal momento che non fa altro che mangiare, il bruco cresce molto in fretta, moltiplicando il proprio peso corporeo diverse centinaia di volte e cambiando periodicamente la sua cuticola chitinosa. Alla fine di tale periodo, il bruco smette di alimentarsi e inizia la metamorfosi in pupa o crisalide (쑺figura 13B); ora l’insetto cerca un luogo protetto dove appendersi o aderire a un supporto tramite uncini addominali e fili di seta prodotti da apposite ghiandole. Il vecchio involucro larvale viene così sostituito dall’involucro della pupa, chiamato bozzolo. Nella crisalide si sviluppano le strutture della farfalla adulta (쑺figura 13C). I cambiamenti più evidenti che si verificano durante questo stadio, della durata di tre-quattro settimane, sono quelli dell’apparato boccale, che da masticatore diviene succhiatore, e lo sviluppo di ali e occhi composti. Al termine del periodo di crisalide, la farfalla fuoriesce dal bozzolo. Le ali, ancora molli, si stendono e si induriscono, consentendo all’insetto adulto di volare. Da questo momento le sue dimensioni non aumenteranno più e la farfalla si dedicherà alla ricerca di un compagno per riprodursi.

RISPON DI

10

2



In che modo un bruco si trasforma in farfalla?

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BIOCLIP 쐌 Una farfalla esce dalla crisalide

쑽 Figura 13 Il cilo vitale della farfalla monarca, Danaus plexippus.

L’insetto adulto o immagine ha il compito di spostarsi e riprodursi. La farfalla monarca, in particolare, compie lunghe migrazioni periodiche dall’America del Nord alla California e al Messico per svernare; il volo più lungo misurato è stato di 2112 km in 46 giorni.

A

Il bruco è una larva dotata di un robusto apparato boccale masticatore, che passa la maggior parte del suo tempo a nutrirsi di vegetali.

La pupa o crisalide è lo stadio in cui avviene la trasformazione in adulto (metamorfosi). B

C

305 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

RISPON DI

11



Stelle e ricci di mare appartengono al phylum degli echinodermi

Il phylum degli echinodermi comprende quasi 6000 specie di organismi, tutti marini, raggruppate in cinque classi. Questi animali hanno una diffusione molto ampia, dagli oceani tropicali a quelli polari; i ricci e le stelle marine (쑺figura 14) ne sono i rappresentanti più noti.

Che cosa sono i pedicelli ambulacrali?

Lo scheletro della stella marina è formato da placche articolate.

Il riccio di mare possiede uno scheletro costituito da placche calcaree fuse tra loro.

쑺 Figura 14 Gli echinodermi sono un gruppo di animali a simmetria radiale caratterizzati da uno scheletro superficiale.

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BIOCLIP 쐌 Una stella marina in movimento

쑽 Figura 15 Lo schema del corpo di una stella marina, un echinoderma.

stomaco

ano

spina

tentacolo

sistema acquifero

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  radula  massa dorsale  mantello  pedicello ambulacrale  esoscheletro  metamorfosi  cefalotorace  trachea  partenogenesi  muta

Il corpo di questi animali presenta nella fase adulta una simmetria radiale e può essere idealmente diviso in cinque sezioni disposte intorno a un asse centrale. Gli echinodermi possiedono uno scheletro interno ma superficiale, ricoperto solo da uno strato sottile di muscoli e da un rivestimento esterno. Tale scheletro è costituito da placche calcaree; le placche possono essere articolate tra loro, come nelle stelle marine, o fuse insieme a formare una «scatola» rigida, come nei ricci. Gli echinodermi si spostano per mezzo di minuscoli tentacoli, i pedicelli ambulacrali, connessi a un complesso sistema acquifero (쑺figura 15); la punta dei pedicelli produce una secrezione adesiva che consente a questi animali di spostarsi lungo piani verticali o di vincere, insieme alla forza delle loro «braccia», la resistenza dei molluschi bivalvi di cui si nutrono. La digestione delle stelle di mare è esterna: esse estroflettono una parte dello stomaco con la quale avvolgono la preda, riversandole addosso potenti enzimi digestivi prima di introdurla nella parte superiore dello stomaco, dove avviene l’aspedicelli ambulacrali sorbimento delle sostanze nutritive. In genere, gli echinodermi hanno sessi separati; i gameti vengono espulsi in acqua dove hanno luogo la fecondazione e lo sviluppo delle larve. 1. Quali funzioni ha la cavità palleale? 2. In che cosa differisce lo scheletro degli echinodermi dalla conchiglia dei molluschi? 3. Descrivi le caratteristiche principali degli echinodermi. 4. Perché è necessaria e in che cosa consiste la muta degli artropodi? 5. In che cosa differiscono i diplopodi dai chilopodi?

306 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

6. Quale tra i seguenti animali non appartiene al gruppo degli aracnidi?

A scorpione C millepiedi

B ragno D acaro

7. Il gruppo di artropodi più numeroso è quello:

A degli insetti C dei chilopodi

B dei crostacei D degli aracnidi

I PESCI SONO VERTEBRATI ADATTATI ALL’AMBIENTE ACQUATICO

307

lezione

I pesci sono vertebrati adattati all’ambiente acquatico I cordati posseggono la notocorda

obiettivi

Tutte le specie animali che presentano, almeno per un certo periodo della loro vita, un organo di sostegno interno chiamato notocorda fanno parte del phylum dei cordati. La notocorda è una struttura costituita da tessuto rigido, ma elastica e flessibile (simile a un tubo di gomma pieno), che corre lungo l’asse dorsale del corpo; alla notocorda si attaccano i muscoli che consentono il movimento dell’animale. Nei vertebrati, che sono il gruppo più numeroso di cordati, la notocorda esiste soltanto durante lo sviluppo embrionale e viene poi sostituita da una serie concatenata di vertebre che, nel loro insieme, formano la colonna vertebrale. Oltre alla notocorda, i cordati presentano altre due strutture caratteristiche che li differenziano dagli altri gruppi animali: il tubo neurale e le fessure branchiali. l Il tubo neurale è un cordone di tessuto nervoso situato dorsalmente alla notocorda. Nei vertebrati il tubo neurale si ingrossa nella parte anteriore formando il cervello, mentre la parte posteriore costituisce il midollo spinale. l Le fessure branchiali sono una serie di aperture situate posteriormente alla bocca che mettono in comunicazione il tratto anteriore del tubo digerente (faringe) con l’esterno. Queste fessure sono presenti nell’embrione di tutti i cordati, esseri umani compresi, mentre nell’adulto si trovano solo nelle forme più primitive.

i caratteri 쑺 Identificare distintivi dei cordati. i tre sottogruppi 쑺 Distinguere appartenenti al phylum

Il phylum dei cordati è suddiviso in tre sottogruppi o subphyla: urocordati, cefalocordati e vertebrati. I primi due comprendono animali marini poco noti come l’ascidia e l’anfiosso mentre i vertebrati includono i pesci, gli anfibi, i rettili, gli uccelli e i mammiferi.

RISPON DI

12

3

3

13

dei cordati.



Che cos’è la notocorda e qual è la sua funzione?

Gli urocordati, i cefalocordati e i vertebrati

Negli urocordati come l’ascidia, che vedi nella 쑺figura 16, la notocorda è presente solo allo stadio larvale, nella coda (uro deriva dal greco ourà, che significa «coda»). Quando diventano adulti, questi animali perdono la coda e quindi anche la notocorda e buona parte del tubo neurale, del quale resta solo una piccola parte. L’epidermide che riveste il corpo di questi animali secerne uno spesso strato di un materiale gelatinoso, che avvolge l’animale come una tunica: per questo gli urocordati si chiamano anche tunicati. Le ascidie adulte hanno forma a sacco e dimensioni che variano da 1 a 15 cm; vivono sulle scogliere, meno frequentemente su fondali sabbiosi o ghiaiosi. Alcune specie sono abissali.

Nelle ascidie, la notocorda è presente solo allo stadio larvale.

FORMA LARVALE

쑸 Figura 16 Le ascidie sono urocordati.

coda cordone nervoso

bocca

muscoli segmentati notocorda

A

B

C

fessure branchiali

307 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

Il nome anfiosso deriva dal greco e significa «appuntito alle due estremità» in riferimento alla forma di questo animale. capo

notocorda cordone nervoso dorsale

bocca

tubo digerente

faringe fessure branchiali

coda

aperture per l’uscita dell’acqua muscoli segmentati ano A

B

쒀 Figura 17 L’anfiosso è un cefalocordato.

La colonna vertebrale, costituita dalle vertebre, forma l’asse portante del corpo e fornisce protezione al midollo spinale.

cranio

I cefalocordati, di cui l’anfiosso della 쑺figura 17 è un rappresentante tipico, comprendono meno di trenta specie, tutte marine. Il loro tubo digerente possiede una struttura traforata chiamata faringe branchiale, che svolge funzione respiratoria e nutritiva; i cefalocordati, infatti, si nutrono filtrando attraverso la faringe grandi masse d’acqua grazie al battito delle ciglia che contornano la bocca. Dorsalmente alla notocorda si trova il tubo neurale; l’anfiosso è privo di veri organi di senso, ma possiede dei recettori, in grado per esempio di raccogliere gli stimoli luminosi. Nei vertebrati, la notocorda viene sostituita dalla colonna vertebrale durante lo sviluppo embrionale. La colonna vertebrale costituisce l’asse portante dello scheletro interno osseo articolato (쑺figura 18) che è una delle caratteristiche tipiche del gruppo. Oltre allo scheletro interno, che sostiene e protegge gli organi interni e, insieme ai muscoli, permette il movimento, tutti i vertebrati possiedono alcuni caratteri distintivi colonna vertebrale comuni: l la pelle è rivestita da scaglie, squame, penne o peli; l il sistema nervoso è altamente sviluppato, corre longitudinalmente al corpo e comprende un cervello protetto dal cranio; l gli organi di senso sono specializzati e complessi; l i sistemi digerente, respiratorio e circolatorio sono ben sviluppati; l la riproduzione è sessuata e il nascituro può svilupparsi all’interno dell’uovo oppure nel corpo della madre. I vertebrati comprendono animali esotermi e endotermi: gli esotermi, come i pesci, gli anfibi e i rettili, sono animali la cui temperatura corporea dipende da quella dell’ambiente. Gli endotermi invece, come gli uccelli e i mammiferi, sono in grado di controllare e mantenere costante la temperatura del proprio corpo indipendentemente da quella dell’ambiente esterno, producendo calore attraverso le proprie reazioni metaboliche.

쒀 Figura 18 I vertebrati, come questo gatto, sono caratterizzati dalla presenza di uno scheletro interno.

308 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

I PESCI SONO VERTEBRATI ADATTATI ALL’AMBIENTE ACQUATICO

309

I pesci sono animali perfettamente adattati alla vita acquatica

I pesci o ittiopsidi si sono evoluti nell’arco di oltre 400 milioni di anni dando origine a più di 30000 specie. Questi animali dispongono di branchie che consentono di respirare l’ossigeno disciolto nell’acqua e di pinne la cui funzione è quella di stabilizzare l’assetto corporeo dell’animale durante il nuoto. I pesci sono i vertebrati più diffusi negli ambienti acquatici; essi popolano i mari e i corsi d’acqua dolce, dalle profondità degli abissi alle gelide acque dell’Antartico fino alle acque calde dei mari tropicali. I pesci sono animali esotermi, la cui temperatura corporea dipende da quella dell’ambiente circostante. Gli scambi gassosi avvengono per mezzo delle branchie; il cuore, diviso in due parti o cavità (un atrio e un ventricolo), spinge il sangue nelle branchie, dove si arricchisce di ossigeno e si libera di diossido di carbonio. La riproduzione dei pesci è sessuata e la fecondazione è per lo più esterna. Oltre agli occhi e agli organi dell’udito e dell’olfatto, questi vertebrati possiedono un organo di senso esclusivo, chiamato organo della linea laterale e costituito da canali comunicanti con l’esterno grazie a piccoli pori disposti lateralmente lungo il corpo. La funzione principale di tale organo è quella di percepire nell’acqua vibrazioni a bassa frequenza, onde di pressione e anche, in alcune specie, deboli campi elettrici; il pesce può così rilevare la presenza di altri pesci oppure di ostacoli. I pesci si possono suddividere in due gruppi: la classe condroitti (o pesci cartilaginei) e il gruppo degli osteitti (o pesci ossei) suddiviso in due classi, gli attinopterigi e i sarcopterigi. Ai condroitti appartengono circa 750 specie viventi, quasi tutte marine, caratterizzate da uno scheletro flessibile costituito di cartilagine, caratterizzato da vertebre complete, mascelle mobili e cranio ben sviluppato. I pesci cartilaginei comprendono gli squali (쑺figura 19A) e i raiformi (mante, torpedini e razze, 쑺figura 19B).

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BIOCLIP 쐌 Il nuoto di una manta

RISPON DI

14

3



Quali caratteristiche distinguono i cefalocordati dagli urocordati?

쑽 Figura 19 Gli squali (A) e i raiformi (B) sono i più noti rappresentanti dei pesci cartilaginei.

Il corpo dei pesci ha forma idrodinamica. L’organo della linea laterale percepisce le vibrazioni dell’acqua e completa l’udito e la vista.

A

La maggior parte delle razze, come il trigone a macchie blu, misura da 30 a 90 cm.

Le fessure branchiali sono caratteristiche dei pesci cartilaginei.

B

I pesci ossei o osteitti sono il gruppo di vertebrati più numeroso; costituiscono la stragrande maggioranza dei pesci e comprendono specie marine e di acqua dolce. Oltre che per la presenza di uno scheletro osseo (쑺figura 20), gli osteitti si distinguono dai pesci cartilaginei anche per altre caratteristiche: l le branchie sono ricoperte da un coperchio protettivo chiamato opercolo; l dalla faringe si dirama un diverticolo, la vescica natatoria; questa struttura elastica, piena di aria o altri gas, serve al pesce per spostarsi in senso verticale nell’acqua.

branchie

scheletro osseo

pinna dorsale pinna caudale

pinna anale pinna pettorale

pinna pelvica

쒀 Figura 20 La struttura di un pesce osseo.

309 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

Gli osteitti comparvero circa 500 milioni di anni fa e si distinsero presto in due linee evolutive: gli attinopterigi e i sarcopterigi. Le forme più recenti di pesci appartenenti alla classe degli attinopterigi (pesci a pinne raggiate) sono riunite nel grande gruppo dei teleostei che conta il maggior numero di specie viventi, sia d’acqua dolce sia marine (쑺figura 21). 쑺 Figura 21 Gli attinopterigi comprendono moltissime specie di pesci dalle forme più diverse.

A online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

BIOCLIP

B

I pesci angelo vivono nella barriera corallina, dove si nutrono di piccoli invertebrati, alghe e coralli.

La trota è un pesce molto adattabile, che può vivere in acqua dolce e salata purché fredda e ben ossigenata.

쐌 Pesci della barriera corallina

La classe dei sarcopterigi, o pesci a pinne lobate, comprende i dipnoi e i celacanti. I dipnoi sono pesci polmonati che vivono nelle acque dolci delle paludi dell’Amazzonia, dell’Australia e del Senegal; questi animali sono provvisti di un polmone primitivo che consente loro di incamerare ossigeno direttamente dall’aria in alternativa alla normale respirazione con le branchie. I celacanti (쑺figura 22), gli unici sarcopterigi marini viventi, sono considerati gli ultimi sopravvissuti di un gruppo di pesci molto diffuso nei mari preistorici ed estremamente importante dal punto di vista evolutivo: da essi infatti si originarono gli antenati dei vertebrati terrestri. I celacanti erano ritenuti estinti quando nel 1983 venne pescato in Sudafrica un esemplare di Latimeria chalumnae. Questi animali pesano in media 80 kg, misurano 2 m di lunghezza e possono vivere per circa 60 anni.

쑺 Figura 22 I celacanti fanno parte della classe sarcopterigi, o pesci a pinne lobate.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  vescica natatoria  opercolo  esotermo  endotermo  pinna  spiracolo  notocorda  faringe branchiale  organo della linea laterale

1. Quali caratteristiche rendono i pesci adatti alla vita acquatica?

4. In quali gruppi è presente e a che cosa serve la vescica natatoria?

2. Quali differenze conosci tra gli osteitti e i condroitti?

A è un organo di senso presente in

3. I teleostei appartengono al gruppo:

A B C D

dei raiformi dei condroitti degli attinopterigi dei sarcopterigi

310 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

tutti i pesci

B è utile per pompare acqua nelle branchie degli squali

C serve ai pesci ossei per respirare fuori dall’acqua

D è tipico nei pesci ossei ed è utile per il galleggiamento

Gli anfibi e i rettili si sono resi indipendenti dall’acqua 15

4

4

311

lezione

GLI ANFIBI E I RETTILI SI SONO RESI INDIPENDENTI DALL’ACQUA

Gli anfibi sono animali «dalla doppia vita»

obiettivi

Gli anfibi sono stati i primi vertebrati terrestri. Questi animali sono dotati di polmoni, hanno un cuore diviso in tre cavità (due atri e un ventricolo) e sono esotermi; si nutrono soprattutto di artropodi e di piccoli pesci. Sono note circa 4800 specie appartenenti alla classe degli anfibi, suddivise in tre gruppi: 1. gli anuri, come le rane e i rospi (쑺figura 23A), sono privi di coda e hanno arti posteriori allungati adatti per il nuoto e il salto; 2. gli urodeli, come le salamandre e i tritoni, con coda e quattro arti (쑺figura 23B); 3. gli apodi, come le cecilie, che sono privi di arti e quasi ciechi 쑺figura 23C).

le caratteristiche 쑺 Identificare che hanno consentito agli anfibi di essere i primi vertebrati a colonizzare gli ambienti terrestri. gli aspetti che 쑺 Descrivere tengono gli anfibi legati all’acqua.



Spiegare perché i rettili sono più adatti degli anfibi agli ambienti terrestri.

쑸 Figura 23 Gli anfibi attuali.

Gli anuri comprendono le rane, le raganelle e i rospi.

A

Gli urodeli, come le salamandre, non possiedono affatto polmoni e respirano unicamente attraverso la pelle.

B

Le cecilie appartengono al gruppo degli apodi; hanno corpo vermiforme e vivono nel terreno, nutrendosi di formiche, termiti e altri piccoli invertebrati. C

La parola greca amphibios significa «dalla doppia vita»; gran parte degli anfibi presenta infatti adattamenti sia per l’ambiente acquatico sia per quello terrestre. Come abbiamo visto, gli anfibi trascorrono la maggior parte della vita adulta sulla terraferma; tuttavia essi sono dipendenti dall’acqua per due ragioni: 1. I loro polmoni sono molto rudimentali e non sono in grado di compiere efficacemente gli scambi gassosi; la respirazione polmonare è quindi integrata con quella cutanea.

311 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

rana adulta

esemplare giovane

La rana respira con i polmoni, la coda è quasi scomparsa.

Compaiono gli arti anteriori.

L’accoppiamento avviene in acqua.

Compaiono gli arti posteriori.

spermatozoi embrione

cellule uovo

Le cellule uovo e gli spermatozoi sono deposti nell’ambiente.

쒀 Figura 24 Il ciclo vitale di

RISPON DI

una rana.



Quali caratteristiche rendono i girini diversi dalle rane adulte?

La larva (girino) respira mediante le branchie.

2. La prima fase della vita degli anfibi si svolge nell’acqua. Le uova, rivestite da un involucro gelatinoso, vengono deposte in acqua o in un ambiente umido per proteggerle dall’essiccamento; dalle uova si sviluppa una larva acquatica priva di arti, con branchie esterne e coda. La larva, che nelle rane è detta girino, si accresce e subisce una metamorfosi assumendo le sembianze di un adulto. Nella maggior parte degli anfibi, inoltre, anche la fecondazione è esterna e avviene in acqua (쑺figura 24).

16

I rettili conducono una vita completamente indipendente dall’acqua

I rettili rappresentano i primi animali completamente adattati alla vita terrestre: l respirano per mezzo di polmoni più efficienti di quelli degli anfibi e pertanto non hanno bisogno di una respirazione cutanea; l possiedono una pelle spessa, dotata di scaglie cornee, che li protegge dalla disidratazione; l non hanno bisogno dell’acqua per la riproduzione, dato che la fecondazione è interna. l l’embrione si sviluppa all’interno di un uovo provvisto di un guscio, che protegge l’animale dalla disidratazione. online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

ANIMAZIONE

RISPON DI

쐌 L’albero filogenetico dei rettili



Perchè i rettili sono completamente adattati alla vita sulla terraferma?

Alcuni rettili sono ovipari, cioè depongono le uova, mentre altri le trattengono fino alla schiusa e partoriscono i piccoli; queste specie sono dette vivipare. I rettili moderni sono animali esotermi in grado di utilizzare degli stratagemmi che consentono loro di innalzare o abbassare la temperatura corporea: una lucertola che si crogiola al sole, per esempio, assorbe calore e aumenta la propria temperatura; quando invece si surriscalda, cerca riparo all’ombra. I rettili respirano per mezzo di polmoni che vengono ventilati grazie ai movimenti della gabbia toracica. Il loro cuore è diviso in quattro cavità, due atri e due ventricoli: i due ventricoli tuttavia non sono separati da un setto completo come negli uccelli e nei mammiferi. Questa caratteristica rende la circolazione dei rettili più efficiente di quella degli anfibi, ma meno di quella di uccelli e mammiferi. Gli arti sono adattati a camminare sulla terraferma, ma in alcuni gruppi possono essere trasformati in pinne o mancare del tutto. Secondo la classificazione tradizionale, i rettili odierni comprendono circa 6000 specie raggruppate in quattro ordini: cheloni, loricati, rincocefali e squamati.

312 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

GLI ANFIBI E I RETTILI SI SONO RESI INDIPENDENTI DALL’ACQUA

La parte superiore del «guscio» delle tartarughe si chiama carapace, mentre la parte inferiore è detta piastrone. Esistono diverse specie di tartarughe adattate per diversi ambienti: per i fiumi e laghi, per i mari e per la terraferma. Le specie acquatiche sono carnivore, mentre le terrestri sono erbivore.

A

C

4

I coccodrilli devono il nome di loricati alla robusta armatura di cui sono dotati (lorica in latino significa «corazza»). Questi potenti rettili comparvero nel Cretaceo, circa 90 milioni di anni fa.

B

Il tuatara è il più antico rettile vivente; se ne conoscono due specie, che vivono entrambe in Nuova Zelanda. I tuatara sono lunghi 50-65 cm e il loro D sesso è determinato dalla temperatura a cui vengono mantenute le uova: sotto i 21 °C nascono femmine, oltre i 22 °C nascono solo maschi.

Gli squamati sono rettili caratterizzati dalla pelle ricoperta di squame cornee. I boidi sono un gruppo di serpenti diffusi in tutto il mondo che hanno la capacità di riuscire a individuare le fonti di calore, come quelle emesse dal corpo di un mammifero.

l I cheloni, come le tartarughe, comprendono specie marine (쑺figura 25A) e terrestri. Sono caratterizzati dalla presenza del carapace, una struttura protettiva dorsale formata da piastre ossee saldate alle costole e alle vertebre dorsali e lombari, e da un piastrone ventrale. Mancano di denti, che sono sostituiti da un becco corneo e tagliente. l I loricati, che comprendono coccodrilli (쑺figura 25B), caimani, gaviali e alligatori, sono quasi tutti temibili predatori. Essi vivono in fiumi, laghi e paludi; nuotano velocemente, ma sono in grado di spostarsi rapidamente anche sulla terraferma. l I rincocefali, comparsi nel periodo Triassico, oggi comprendono due sole specie di tuatara della Nuova Zelanda (쑺figura 25C). l Gli squamati sono il gruppo più importante dell’intera classe; esso comprende i sauri, come lucertole, camaleonti, gechi, iguane e varani, e gli ofidi, cioè i serpenti, caratterizzati dall’assenza di zampe (쑺figura 25D). Gli squamati sono soggetti al fenomeno della muta: a mano a mano che l’animale si accresce, lo strato della pelle ricoperto da squame cornee viene eliminato e sostituito da uno nuovo.

hai raggiunto i tuoi obiettivi? parole chiave  oviparo  viviparo  becco  girino  muta  ventriglio

1. Quali caratteristiche tengono gli anfibi vincolati all’ambiente acquatico? 2. Che differenza c’è tra la respirazione dei rettili e quella degli anfibi? 3. Gli squamati comprendono:

A B C D

tartarughe e alligatori coccodrilli e lucertole tuatara e iguane gechi e serpenti

쒀 Figura 25 Tutti i rettili sono caratterizzati da una pelle dotata di squame per evitare la disidratazione.

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BIOCLIP 쐌 Una tartaruga di mare si nutre di corallo

4. Quale tra le seguenti caratteristiche degli anfibi rappresenta un adattamento alla vita terrestre?

A B C D

lo sviluppo larvale la respirazione polmonare la fecondazione esterna la pelle nuda

5. Qual è la funzione dell’uovo dei rettili?

313 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

5

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

Gli uccelli e i mammiferi: i vertebrati più recenti

lezione

314

obiettivi

le caratteristiche 쑺 Descrivere che rendono gli uccelli adatti al volo. le differenze tra 쑺 Spiegare monotremi, marsupiali e placentati.

17

Gli uccelli sono i vertebrati che si sono adattati meglio al volo

Gli uccelli sono la classe di vertebrati che ha avuto maggior successo nel colonizzare l’ambiente aereo; il loro corpo presenta infatti una straordinaria varietà di adattamenti al volo. Lo scheletro, per esempio, è robusto ma allo stesso tempo leggero, poiché alcune ossa sono cave. Inoltre, gli uccelli possiedono i sacchi aerei, cavità elastiche disposte tra i muscoli e comunicanti con i polmoni; i sacchi aerei facilitano gli scambi gassosi e rendono l’animale più leggero. Allo sterno carenato si attaccano i potenti muscoli pettorali che muovono gli arti anteriori, modificati in ali e ricoperti da penne (쑺figura 26B). Le penne e le piume che rivestono il corpo dell’animale rappresentano il principale carattere distintivo di questa classe di vertebrati. Tali strutture, oltre a renderli adatti al volo, hanno anche la funzione di proteggerli dal caldo e dal freddo; gli uccelli, infatti, sono endotermi in grado di controllare e di mantenere costante la propria temperatura corporea nonostante le variazioni ambientali. Negli uccelli acquatici, il piumaggio è reso impermeabile da uno strato di grasso prodotto da apposite ghiandole: i gabbiani, le anatre o i pinguini possono così nuotare e tuffarsi anche in acque molto fredde (쑺figura 26C). Gli uccelli hanno bisogno di molta energia per volare e per mantenere costante la propria temperatura corporea; per soddisfare tali esigenze, essi hanno sviluppato un sistema respiratorio e un sistema circolatorio molto efficienti, che permettono una distribuzione dell’ossigeno in modo più efficace rispetto ai rettili. Gli uccelli non hanno denti, ma sono dotati di un becco corneo che ha forma e dimensioni diverse a seconda del tipo di alimentazione: il becco è corto e robusto se l’animale si nutre di semi (쑺figura 26A), è lungo e sottile se serve per estrarre il nettare dai fiori, o ricurvo per lacerare la carne delle prede. Per triturare il cibo, gli uccelli granivori come le galline possiedono una struttura particolare, chiamata ventriglio, nella quale il cibo viene macinato con l’aiuto di sassolini che l’animale ingerisce.

쑺 Figura 26 La classe degli uc-

Le penne, poste sopra alle piume, permettono a questo gheppio il controllo del volo.

celli è caratterizzata dalla presenza di piume e penne.

Le piume hanno la funzione di isolante termico, come i peli dei mammiferi. Nelle specie acquatiche, tra cui i pinguini, il piumaggio è impermeabile all’acqua.

Il becco dei pappagalli, robusto e ricurvo, è adatto per aprire i frutti e i semi legnosi.

A

B

C

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GLI UCCELLI E I MAMMIFERI: I VERTEBRATI PIÙ RECENTI

Gli uccelli, soprattutto i predatori, hanno il senso della vista molto sviluppato; in molte specie, come per esempio nei gufi e nelle civette, la vista è specializzata per la visione notturna. Come nei rettili, anche negli uccelli la riproduzione è sessuata e la fecondazione è interna; vengono deposte uova dotate di guscio, dentro cui l’embrione si sviluppa fino alla schiusa. I piccoli necessitano di cure parentali poiché devono essere accuditi e nutriti fino a quando non sono in grado di volare e nutrirsi da soli (쑺figura 27).

gono uova amniotiche dotate di guscio e si prendono cura dei piccoli.

I mammiferi comprendono tutti gli animali che allattano i piccoli

I mammiferi comprendono organismi di svariate forme e dimensioni che vivono in tutti gli ambienti terrestri, dalle calotte glaciali ai deserti. Alcuni mammiferi, come le foche, le otarie, le balene e i delfini (쑺figura 28A), sono riusciti a colonizzare con successo l’ambiente acquatico; altri invece, come i pipistrelli (쑺figura 28B), hanno sviluppato adattamenti che consentono loro di vivere in un ambiente aereo, altri ancora sono diventati veloci corridori. Come gli uccelli, i mammiferi sono endotermi, respirano per mezzo di polmoni e hanno una circolazione sanguigna estremamente efficiente; la suddivisione del cuore in quattro cavità, infatti, fa sì che il sangue ossigenato proveniente dai polmoni non si mescoli mai con quello proveniente dai tessuti, povero di ossigeno e ricco di diossido di carbonio. Un’altra caratteristica tipica dei mammiferi è la presenza della pelliccia, che contribuisce a mantenere costante la temperatura corporea. In molti mammiferi la pelliccia è parA

315

쑸 Figura 27 Gli uccelli depon-

La pinna dorsale, priva di struttura ossea, serve a stabilizzare l’animale.

Esistono circa 40 specie di delfini, che per la maggior parte hanno un peso compreso tra i 50 e i 200 kg. I delfini respirano grazie allo sfiatatoio, un organo respiratorio posto all’apice del capo che è collegato alla trachea.

RISPON DI

18

5



Quali funzioni svolgono i sacchi aerei?

쑽 Figura 28 I mammiferi sono animali terrestri che hanno colonizzato anche gli ambienti acquatici ed aerei.

B

Le pinne pettorali del delfino sono arti anteriori modificati che permettono all’animale i movimenti di rotazione.

La pinna caudale non ha una struttura ossea, ma è sostenuta da tessuti rigidi e fibrosi. La coda serve a fornire la spinta per il nuoto, che può arrivare alla velocità di 50 km/ora.

I pipistrelli o chirotteri sono mammiferi molto antichi; allattano i piccoli e sono ricoperti di pelo, ma sono in grado di volare grazie agli arti anteriori modificati in ali. Le specie notturne si nutrono di insetti e piccoli vertebrati, mentre quelle diurne, come questa volpe volante, sono frugivore.

315 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

쑺 Figura 29 I monotremi sono

Le echidne, che comprendono quattro specie viventi, vivono in Nuova Guinea, Australia e Tasmania; sono insettivori e hanno il corpo ricoperto di peli e spine.

gli unici mammiferi che depongono le uova; questo ordine comprende la famiglia delle echidne (A) e l’ornitorinco (B).

A

L’ornitorinco (Ornithorhynchus anatinus) è un piccolo mammifero australiano; i suoi piedi palmati e il becco gommoso hanno fatto sì che i primi esploratori europei lo scambiassero per un’anatra.

B

ticolarmente folta, mentre in altri, come l’ippopotamo o l’elefante, è ridotta a radi peli; nella specie umana i peli sono limitati ad alcune parti del corpo, mentre nei delfini e nelle balene mancano del tutto. A seconda della loro dieta, i mammiferi possiedono denti specializzati di forma diversa: i denti appuntiti dei predatori, per esempio, consentono loro di tagliare e lacerare la carne, mentre i larghi molari degli erbivori sono utili per triturare e macinare piante, semi e frutti. Il numero, la forma e le dimensioni dei denti variano nei diversi ordini di mammiferi e costituiscono quindi un carattere molto utile per la classificazione. La maggior parte dei mammiferi presenta una vita sociale complessa e articolata grazie a un sistema nervoso e ad organi di senso che sono tra i più sofisticati ed evoluti in tutto il mondo animale. La riproduzione è sessuata e la fecondazione è interna. Tutti i mammiferi nutrono i propri piccoli allattandoli con una secrezione prodotta dalle ghiandole mammarie (dalle quali deriva il nome della classe), ma a seconda delle modalità di sviluppo dell’embrione si distinguono in tre sottogruppi: monotremi, marsupiali e placentati. I monotremi, come l’echidna e l’ornitorinco (쑺figura 29), sono i mammiferi che presentano i caratteri più primitivi, tra i quali: l una termoregolazione imperfetta; l la presenza della cloaca, nella quale confluiscono i sistemi escretore, digerente e genitale, e un tipo di riproduzione che avviene tramite la deposizione di uova, nelle quali l’embrione giunge a sviluppo completo. Alla schiusa dell’uovo anche i monotremi, come tutti i mammiferi, allattano i propri piccoli. Le mammelle dei monotremi sono molto primitive: i condotti delle ghiandole mammarie si aprono singolarmente tra i peli ventrali, invece di riunirsci in un capezzolo; i piccoli quindi non succhiano un capezzolo come fanno i neonati di tutti gli altri mammiferi, ma leccano i peli della madre bagnati dal latte. I monotremi comprendono pochissime specie, confinate in Australia orientale, Tasmania e Nuova Guinea. L’ornitorinco conduce vita acquatica, ha zampe palmate e si serve del becco appiattito per scovare i molluschi, le larve e i crostacei di cui si nutre. L’echidna è insettivora e predilige le tèrmiti, che cattura usando i suoi robusti unghioni per praticare fori nei termitai e introducendo nella fenditura la lunga lingua vischiosa alla quale gli insetti rimangono appiccicati.

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GLI UCCELLI E I MAMMIFERI: I VERTEBRATI PIÙ RECENTI

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I cuccioli dei carnivori, come questo piccolo ghepardo, alla nascita sono molto immaturi: sono incapaci di muoversi e hanno le palpebre ancora chiuse.

A

B

RISPON DI

I marsupiali devono il loro nome alla presenza nella femmina di una La gestazione dura tasca addominale cutanea, il marsupio, al fondo della quale si trovano 20-40 giorni; alla nascita il piccolo, che le mammelle. pesa circa 1 g e misuIl regno dei marsupiali è l’Australia; qui, questi mammiferi hanno ra 2 cm, raggiunge il marsupio. Il cucciolo avuto la possibilità di diversificarsi e diffondersi, occupando tutte le resta nel marsupio alnicchie ecologiche disponibili con una sorprendente varietà di forme e meno fino al sesto e continua a dimensioni. Il canguro che vedi nella 쑺figura 30 è solo un esempio della mese essere allattato fino ben più numerosa fauna di marsupiali. Le più importanti differenze tra un anno e mezzo di i marsupiali e gli altri due gruppi di mammiferi riguardano lo sviluppo vita. dell’embrione. Le cellule uovo dei marsupiali, contrariamente a quelle dei monotremi, sono povere di sostanze di riserva; per questo motivo, nelle primissime fasi dello sviluppo l’embrione si insedia nell’utero, dove trae nutrimento dal sangue materno attraverso la placenta. La placenta è un organo costituito da una componente embrionale (chiamata corion) e da una componente materna (il tessuto uterino). Il compito della placenta, che è collegata all’embrione tramite il cordone ombelicale, è permettere gli scambi di nutrienti, gas respiratori e prodotti di rifiuto tra la madre e l’embrione. Tuttavia la placenta dei marsupiali non è abbastanza 쒀 Figura 30 I cuccioli di canguro si sviluppano nel marsusviluppata da consentire il completo sviluppo dell’animale, che si completa nel marsupio. pio. I placentati costituiscono il gruppo principale dei mammiferi e comprendono anche gli esseri umani. Essi hanno forme e dimensioni molto varie e rappresentano il 96% di tutti i mammiferi per un totale di 3800 specie viventi. I placentati sono diffusi in tutti i climi e in tutti gli habitat: nel terreno, sugli alberi, nelle praterie e nei deserti, sulle montagne e tra i ghiacci polari, negli oceani e perfino nell’aria (i pipistrelli). Le loro dimensioni vanno dai pochi centimetri del mustiolo (un toporagno che pesa circa 2 g) ai 30 m (e 150 tonnellate) della balenottera azzurra. Il nome placentati deriva dal fatto che in questi animali la placenta è molto più efficiente di quella dei marsupiali; grazie a questa caratteristica, il piccolo si sviluppa completamente all’interno del corpo della madre. Dopo il parto, i neonati hanno bisogno di Perché la gestazione dei canessere accuditi da uno o da entrambi i genitori per un periodo di tempo che varia a seconguri è breve? da della specie (쑺figura 31).



쑸 Figura 31 Le cure parentali nei mammiferi.

I piccoli degli erbivori, come questo cerbiatto, già poche ore dopo la nascita sono in grado di camminare e seguire la madre.

hai raggiunto i tuoi obiettivi?

1. Quali caratteristiche rendono gli uccelli adatti al volo?

4. I mammiferi placentati, a differenza dei monotremi:

parole chiave

2. Quali caratteri dei monotremi li rendono i mammiferi più primitivi?

A allattano i propri piccoli B sono endotermi C hanno uno sviluppo embrionale

 penna  pelliccia  cure parentali  sacchi aerei  marsupio  placenta  cloaca  mammella

3. Qual è la funzione del marsupio?

interno alla madre

D hanno riproduzione sessuata e fecondazione interna

317 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

per saperne di più

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

» Megattere musiciste: cultura nell’oceano I cetacei compongono ed emettono suoni che potrebbero avere imparato in un conservatorio. Le balene in particolare «usano frequenze molto basse, che possono propagarsi nell’acqua per decine, e forse persino centinaia, di kilometri». A scriverne è Michelangelo Bisconti, paleontologo, fra i massimi studiosi italiani di evoluzione dei cetacei. A che cosa servono questi suoni? Forse a «raccogliere tanti individui all’interno di un grande branco che si muoverà in maniera compatta verso le aree di riproduzione o verso zone ricche di cibo», continua Bisconti. Numerosi studiosi hanno ascoltato i vocalizzi delle balene in tutto il mondo; dalle registrazioni hanno capito che quei suoni non sono sempre uguali, ma cambiano con la geografia proprio come le lingue e i dialetti umani. Non solo, ma i dialetti variano nel tempo, anche all’interno della stessa popolazione. Negli anni Novanta alcuni ricercatori diretti da Kurt e Micheline Jenner, del Centro australiano per la ricerca sulle balene, si accorgono che due megattere di un gruppo abituato a riprodursi

nell’Oceano Indiano sono migrate in un gruppo numeroso, avvezzo a figliare nell’Oceano Pacifico. Le due megattere portano con sé un canto mai sentito dagli 82 individui che compongono il gruppo del Pacifico. Come un singolo in cima alla hit parade, il nuovo repertorio di suoni è adottato nel giro di pochi mesi da tutte le megattere, che abbandonano così il vecchio motivo fuori moda. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature con il titolo Una rivoluzione culturale nei canti delle balene. In effetti proprio di cultura si tratta. La capacità di questi cetacei di trasmettere suoni da un individuo all’altro è un’indicazione del fatto che anche gli animali, e non solo gli esseri umani, sono in grado di produrre e scambiare informazioni, e di farlo non solo per via genetica. Il nostro cammino evolutivo si è separato da quello dei cetacei circa 60 milioni di anni fa. La musica, un’invenzione che pensiamo sia tipica della specie umana, ci ha forse preceduto con i suoni prodotti da questi straordinari mammiferi.

318 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

» Impara a imparare

Se vuoi saperne di più su Michelangelo Bisconti e sul suo libro Le culture degli altri animali. È Homo l’unico sapiens? puoi collegarti a questa pagina: http://scuola.zanichelli.it/online/chiavidilettura/category/bisconti/ Puoi approfondire gli studi sui canti dei cetacei collegandoti al sito del Centro australiano per la ricerca sulle balene: http://www.cwr.org.au/ Cliccando su questo link puoi sentire i suoni di alcune megattere, registrati al largo della costa orientale australiana http://it.youtube.com/atch?v=vPPjS4uMwtw La voce che Wikipedia dedica alla Megaptera novaeangliae, la specie di cetacei di cui abbiamo raccontato in questa scheda: http://en.wikipedia.org/wiki/Humpback_Whale

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

Esercizi interattivi

online.zanichelli.it/cavazzuti_scienzenatura

15 capitolo Verifica la comprensione

Indica se le seguenti affermazioni sono vere oppure false, motivando la tua risposta in due righe. 1. I coanociti sono cellule flagellate presenti nelle spugne.

v f

2. Le spugne non possiedono veri e propri tessuti.

v f

3. La cavità corporea chiamata celoma compare nei platelminti.

v f

4. I monotremi sono i mammiferi più primitivi.

v f

5. Il cuore di uccelli e mammiferi è diviso in quattro cavità.

v f

Barra il completamento che ritieni esatto. 6. I coralli sono:

A piante marine che formano imponenti barriere sottomarine B organismi fotosintetici pluricellulari appartenenti al regno dei protisti C un gruppo di animali marini appartenenti al phylum degli echinodermi D un gruppo di animali appartenenti al phylum degli cnidari che secernono uno scheletro duro 7.

Quali tra le seguenti caratteristiche non si può attribuire all’esoscheletro degli artropodi?

10. I mammiferi:

A B C D

allattano i cuccioli e sono dotati di pelliccia sono endotermi e hanno le penne fanno le uova e sono esotermi hanno le ali e allattano i cuccioli

Completa le seguenti frasi. 11. Gli artropodi sono suddivisi in quattro subphyla: ......................................................., che comprendono gamberi e granchi, miriapodi che comprendono ............................................................ e centopiedi, ............................................................. come ragni e scorpioni e ...................................................................... , che rappresentano il gruppo più ricco di specie. 12. Lo strato intermedio del corpo delle spugne costituito da una sostanza gelatinosa nella quale sono immerse poche cellule chiamate ...................................................................... , è detto ...................................................................... . 13. L’esoscheletro dei crostacei è costituito da una sostanza organica ricca di ...................................................................... , chiamata ............................................. e indurita da .......................................... . 14. Nei vertebrati, la ...................................................................... esiste soltanto durante lo sviluppo embrionale e viene poi sostituita da una serie concatenata di ...................................................................... . 15. Il gruppo di rettili cui appartengono i coccodrilli è quello dei ...................................................................... .

A nei crostacei è impregnato di sali di calcio

Rispondi in cinque righe.

B isola l’animale dall’ambiente esterno

16. Perché le spugne sono considerate gli animali più semplici? 17. Quali caratteristiche hanno in comune i vertebrati?

C cresce continuamente insieme all’animale D fornisce punti di attacco per i muscoli 8. La seconda apertura del tubo digerente compare:

A nei nematodi C nei poriferi

B nei platelminti D negli cnidari

9. Quale tra le seguenti descrizioni si adatta a un anfibio?

A respira per mezzo di polmoni, la riproduzione è sessuata e la fecondazione esterna

B vive a stretto contatto con l’acqua, il suo corpo è suddiviso in metameri tutti uguali

C è un vertebrato, il suo cuore è diviso in quattro cavità, la riproduzione è sessuata

D lo scheletro è osseo, la pelle è stratificata, lo sviluppo embrionale avviene all’interno dell’uovo

esercizi

쑺 verifica le tue conoscenze

18. Illustra il ciclo biologico di una rana. Rispondi alla seguente domanda facendoti guidare dalla traccia. 19. Quali differenze si possono evidenziare tra i pesci con scheletro cartilagineo e quelli con scheletro osseo? Nel rispondere specifica: ● le caratteristiche comuni a tutti i pesci ● quali sono le principali classi di pesci viventi ● quali pesci comprendono i condroitti e dove vivono ● le caratteristiche peculiari dei pesci cartilaginei ● quante specie comprendono gli osteitti e dove vivono ● le caratteristiche peculiari dei pesci ossei.

319 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

esercizi

capitolo

15

ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI ANIMALI

쑺 verifica le tue abilità Rispondi in dieci righe. 20. Quali caratteristiche comuni a tutti gli animali rendono gli organismi appartenenti a questo regno diversi sia dalle piante sia dai funghi? 21. Quali caratteristiche fanno di rettili, uccelli e mammiferi animali ben adattati alla vita terrestre? 22. Come si è evoluta la riproduzione nei mammiferi? Completa e correggi. 23. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Gli echinodermi possiedono uno scheletro esterno/ interno costituito da placche di chitina/calcare si muovono grazie a estroflessioni chiamate pseudopodi/pedicelli ambulacrali. La digestione delle stelle di mare è esterna/interna al corpo dell’animale. Il ciclo riproduttivo degli echinodermi comprende una larva planctonica/bentonica, che presenta una simmetria radiale/bilaterale. 24. Sotto a ogni affermazione scrivi la lettera A se l’affermazione si riferisce ai rettili, la lettera B se si riferisce agli anfibi oppure la lettera C se si riferisce a entrambe le classi di vertebrati. 1) La loro pelle è nuda e priva di scaglie, ma stratificata e fornita di numerose ghiandole. ......................................................................

2) Si riproducono esclusivamente per via sessuata. ......................................................................

25. Nel seguente brano individua i cinque termini errati e scrivili in una tabella sul tuo quaderno, riportando accanto i termini corretti (i termini sottolineati non vanno corretti). Il phylum degli anellidi comprende organismi a simmetria radiale come il lombrico, il cui corpo è allungato e diviso in segmenti tutti diversi fra loro ad eccezione dei primi due e dell’ultimo; questi segmenti sono chiamati metameri. La segmentazione in metameri conferisce all’animale una struttura rigida che ne ostacola il movimento; tale suddivisione non è solo superficiale, ma anche interna: i diversi organi, infatti, si ripetono nei vari segmenti. Una delle principali novità evolutive che compare negli anellidi ed è assente nei nematodi è rappresentata dalla comparsa di una cavità corporea chiamata ano. 26. Barra i termini in neretto che ritieni errati. Oltre a uno scheletro osseo anziché chitinoso/ cartilagineo, i pesci ossei presentano alcune caratteristiche che li distinguono dai condroitti/ teleostei: una forte muscolatura faringea spinge l’acqua dalla bocca alle branchie creando una forte corrente che favorisce/ostacola gli scambi gassosi; le branchie sono ricoperte dallo spiracolo/ dall’opercolo; una struttura elastica piena d’aria, denominata sacco aereo/vescica natatoria, serve al pesce per spostarsi in senso verticale.

3) Alcune specie sono dette vivipare perché trattengono le uova all’interno del corpo della madre fino alla schiusa e partoriscono i piccoli. ......................................................................

4) Sono animali ectotermi, possono essere apodi o possedere quattro arti. ......................................................................

320 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

INDICE ANALITICO

Indice analitico 쑺A ␣ elica, 64 acari, 304 accrescimento, 6 acetil-CoA, 99 acetilcolina, 228 acido/i, 52 – cloridrico, 195 – nucleici, 62 – piruvico, 96, 98, 207 acqua, 48 – adesione, 49 – coesione, 49 – come solvente, 51 – fotolisi dell’, 105 – struttura, 48 actina, 176, 184 adenina (A), 144 adenoipofisi, 239 adenosina, 93 adenosindifosfato (ADP), 94 adenosintrifosfato (ATP), 93 adesione, 49 ADP (adenosindifosfato), 94 adrenalina, 237, 241 aerobi, batteri, 275 aflatossine, 292 agenti mutageni, 154 AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), 214 alberi filogenetici, 270 alghe, 278 – brune (feofite), 278 – pluricellulari, 278 – rosse (rodofite), 278 – unicellulari, 278 – verdi (clorofite), 278 alimentazione, 193 alimenti essenziali, 199 allele/i, 129, 134 – distribuzione indipendente degli, 135 – mutanti, 139 – selvatico, 139 – separazione degli, 134 allergeni, 220 alofili, archei, 272 alternanza di generazioni, nelle piante, 284 alveoli polmonari, 189 amebociti, 297 ametropie, 223 amido, 56, 59, 106 amilasi – pancreatica, 197 – salivare, 194 amminoacidi, 54, 63 ammoniaca, 247 anaerobi, batteri, 275 anafase, 115, 117 anafilassi, 220 analoghi, caratteri, 38 anatomia comparata, 38 androgeni, 253 anellidi, 300 – respirazione, 301 – sistema circolatorio, 301 – sistema nervoso, 301 anemia

– mediterranea, 139, 140 anfibi, 311 anfiosso, 309 angiosperme, 285, 288, 289 animali – caratteristiche generali, 296 ano, 198 ansa di Henle, 248 antera, 289 anticodone, 152 anticorpi, 153, 216, 356 antigeni, 216 anuri, 311 aorta, 204 apodi, 311 apparato di Golgi, 84 apprendimento, 233 aracnidi, 304 archei (Archaea), 267, 271 – alofili, 272 – estremofili, 272 – metanogeni, 273 – termofili, 272 archi riflessi, 231 Aristotele, 2 arteria/e, 204, 207 – polmonare, 204 arteriole, 207 arti, 183 articolazioni, 182 artropodi, 303 ascidia, 307 asma, 192 assimilazione, 6 assone, 177, 226 assorbimento intestinale, 193, 197 astigmatismo, 223 astrociti, 177 atomi, 4 ATP (adenosintrifosfato), 93 ATP sintetasi, 101 atrio, 203 attinopterigi, 310 autoregolazione, dei viventi, 3 autotrofi – batteri, 274 – organismi, 15, 92, 104 azotemia, 201 azoto, ciclo dell’, 22

쑺B bacilli, 273 barriere – coralline, 298 base, 52 – azotata, 62 bastoncelli, 223 batteri (Bacteria), 5, 267, 271 – aerobi, 275 – anaerobi, 275 – autotrofi, 274 – azotofissatori, 22 – chemioautotrofi, 274 – cianobatteri, 274 – classificazione dei, 273 – decompositori, 275 – denitrificanti, 22 – eterotrofi, 275 – fotoautotrofi, 274

– nitrificanti, 22 – saprofiti, 275 becco, 314 benthos, 12 Berzelius J.J., 65 betacarotene, 166 bile, 197 biologia, 2 – campo di studio della, 2 – molecolare, 40 bioma, 11 biomassa, 18 biomolecole, 4, 53 biosfera, 1-23 biotecnologie, 158-159 bipedismo, 43 bivalvi, 302 blastocisti, 257 bocca, 188, 194 bolle di duplicazione, 147 bolo alimentare, 194, 195 botulismo, 214 Bowman, capsula di, 248 bozzolo, 305 bradicardia, 206 branchie, 303, 309 briofite, 285, 286 bronchi, 189 bronchioli, 189 bronchite, 190 bruco, 305 Buffon, Georges-Louis, 28 bulbo pilifero, 179

쑺C calcemia, 240, 246 calcitonina, 240 calcitriolo, 240 calore, 51 – specifico, 51 campo di studio – dell’ecologia, 11 – della biologia, 2 canali semicircolari, 224 capillari, 207 – peritubolari, 248 capillarità, 49 capsula di Bowman, 248 carattere/i, 10 – analoghi, 38 – ereditari, 128-129, 131 – omologo, 38 – trasmissione dei, 128 caratteristiche – delle piante, 280 carboidrati, 58 carbonio, 53 – ciclo del, 20 cariotipo, 120 cartilagine – articolare, 182 – elastica, 175 – ialina, 175 catastrofismo, 29 categorie sistematiche, 266 catena/e – alimentare, 16 – di trasporto degli elettroni, 99, 101 – idrofobiche, 76

I•1 Cristina Cavazzuti BIOLOGIA © Zanichelli 2011

INDICE ANALITICO

– peptidiche, 63 – configurazione spaziale, 64 – respiratoria, 101 catrame, 190 cavità – nasali, 188 – palleale, 303 cefalocordati, 307-308 cefalopodi, 302 celacanti, 310 celenterati, 297 celiachia, 199 cellula/e, 4 – animali, 74 – bilancio idrico, 79 – citodieresi, 118 – aploidi, 121 – B della memoria, 217 – bersaglio, 236 – caratteristiche generali, 68, 71 – cigliate, 190 – del Leydig, 252 – del Sertoli, 252 – di guardia, 283 – di Schwann, 227 – diploidi, 121 – ed energia, 92 – epiteliali ciliate, 190 – eucariotiche, 4, 73, 74 – ciclo cellulare, 112 – germinali, 122 – gliali, 177 – neurosecretrici, 238 – olfattive, 225 – procariotiche, 4, 72 – sessuali, 119 – somatiche, 120 – staminali (CS), 167 – adulte, 167 – embrionali, 167 – pluripotenti, 167 – potenzialità terapeutiche, 167 – totipotenti, 167 – unipotenti, 167 – totipotenti, 257 – uovo, 8, 119, 251 – vegetali, 75 – bilancio idrico, 79 – citodieresi, 118 cellulosa, 21, 59, 106 celoma, 301 centromero, 115 cere, 61 cervelletto, 232 cervello, 232 cestodi, 299 chelicerati, 304 cheliceri, 304 cheloni, 313 chemioautotrofi, 274 chemiocettori, 222 cheratina, 57, 179 chilo, 197 chilopodi, 304 chimo, 196 chimotripsina, 197 chitina, 56, 291, 303 cianobatteri, 274 cicli biogeochimici, 19-20 – del carbonio, 20 – dell’azoto, 22 ciclo – cardiaco, 205 – cellulare, 110, 112 – del carbonio, 20 – dell’acqua, 19-20 – dell’azoto, 22

– di Calvin, 105-106 – di Krebs, 99-100 – mestruale, 254 – ovarico, 254 – vitale degli insetti, 305 cieco, 198 ciglia, 89, 276 ciliati, 276 cinto – pelvico, 183 – scapolare, 183 cistifellea, 197 citodieresi, 115, 117 – delle cellule animali, 118 – delle cellule vegetali, 118 – piastra cellulare, 18 citoplasma, 69, 71 citoscheletro, 88 citosina (C), 144 classe, 266 classificazione – criteri di, 269 – dei viventi, 27 – importanza della, 266 clavicola, 183 clonazione – genica, 161 – riproduttivi, 168 clone, 110, 216 clorofilla, 87, 104-105 cloroplasti, 74, 87, 104, 280 cnidari, 297 – ciclo biologico, 298 cnidociti, 298 coanociti, 297 cocchi, 65 coccige, 183 codice genetico, 148, 150 codominanza, 138 codone, 149 – di arresto, 153 coenzima A, 99 coesione, 49 colecistochinina, 196 colesterolo, 61 collo dell’utero, 253 colon, 198 colonia, 111 colonna vertebrale, 183, 296 combustione, 92 complesso – antigene-anticorpo, 216 – di duplicazione, 147 componente – abiotica, degli ecosistemi, 11 – biotica, degli ecosistemi, 11 composto/i – inorganici, 4 – organici, 4, 53 comunità, 5, 11 condensazione, reazione, 55 condrociti, 175 condroitti (pesci cartilaginei), 309 configurazione – spaziale delle catene peptidiche, 64 coni, 222 – maschili, 288 conifere, 288 consumatori, organismi, 16 – primari, 16 – secondari, 17 – terziari, 17 contraccezione, 260 coralli, 297 cordati, 307 corde vocali, 189 cordone ombelicale, 259

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còrea di Huntington, 140 cornea, 223 coroide, 223 coronarie, 204 corpo – calloso, 232 – luteo, 254 – umano, 172 – organizzazione, 172 – livelli gerarchici, 172 corpuscoli – polari, 256 – renali, 248 corticale – renale, 247 – surrenale, 241 corticosteroidi, 241 corticotropina (ACTH), 239 costole, 183 cranio, 183 crescita, 110 – e sviluppo, dei viventi, 3 creste mitocondriali, 86, 99 Crick Francis, 145 criptorchidismo, 251 crisalide, 305 crisi ipertensiva, 206 cristallino, 223 cristallografia a raggi X, 145 cromatidi fratelli, 115, 122 cromatina, 82, 113 cromosoma/i, 8 – batterico, 72, 82 – omologhi, 8, 120, 122 – sessuali, 120 crossing-over, 122 crostacei, 304 cuore, 202 cure parentali, 315 cute, (vedi anche pelle), 178 cuticola fogliare, 283 Cuvier, Georges, 29

쑺D Darwin, Charles, 31, 33 Darwin, Erasmus, 28 decompositori, organismi, 17, 275 delezione di basi, 154-155 denaturazione, delle proteine, 65 dendriti, 177, 226 densità, 50 denti, 194 deossiribonucleico, acido (DNA), 62 deossiribosio, 62 derma, 178, 179 – strato papillare, 179 detritivori, organismi, 17 diabete mellito, 242 diafisi, 181 diarrea, 198 diastole, 205 diatomee, 278 difesa, meccanismi di – non specifica, 214 – specifica, 216 difetti della vista, 223 diffusione – facilitata, 77 – processo di, 189 – semplice, 77 digestione, 193-196 digiuno, 196 dipendenza da fonti esterne, dei viventi, 3 diplopodi, 304 disaccaridi, 58 dischi intervertebrali, 183

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dispnea, 192 distribuzione geografica delle specie, 36 divisione – cellulare, 109-125 DNA (acido deossiribonucleico), 4, 40, 62, 144-147 – complementarietà tra le basi, 146 – duplicazione semiconservativa, 146 – estremità coesive, 160 – informazione genetica, 146 – ligasi, 160 – linker, 114 – manipolazione del, 158 – polimerasi, 147 – ricombinante, 160 – spazzatura, 164 – struttura del, 144 – unità funzionali, 144 documentazione fossile, 34 dominante, 132 dominio, 266 dopamina, 228 doppia elica, 145 – struttura a, 63 dotto – collettore, 249 – deferente, 252 duodeno, 196 duplicazione semiconservativa, 146

쑺E echidna, 316 echinodermi, 306 – pedicelli ambulacrali, 306 ecologia, 11 – campo di studio, 11 ecosistema, 5, 11 – componente abiotica, 11 – componente biotica, 11 – livello trofico, 16 effetto – serra, 23 elementi – figurati del sangue, 200-202 elettroforesi su gel, 162 elicasi, 147 embrione, 257 emisferi cerebrali, 232 emoglobina, 189, 202 encefaline, 228 encefalo, 231-232 endocitosi, 80 endolinfa, 224 endometrio, 253 endorfine, 228 endotelio, 207 endotermi, 308 energia, 7 – chimica, 92 – negli ecosistemi, 15 enfisema, 190 enzima/i, 81, 94 – catalasi, 85 – di restrizione, 159 – sito attivo, 94 – substrato, 94 epatiche, 286 epidermide, 178, 179 – strato germinativo, 179 epididimo, 252 epifisi, 181 epiglottide, 194 epitelio – cilindrico semplice, 174 – composto, 174 – di rivestimento, 174 – ghiandolare, 174

– pavimentoso pluristratificato, 174 – pavimentoso semplice, 174 – pluristratificato, 174 – pseudostratificato, 174 – semplice, 174 eredità poligenica, 138 eritrociti, 201 ermafroditi, 299 esocitosi, 80 esofago, 195 esoni, 151 esoscheletro, 303 esotermi, 308 espirazione, 191 espulsione, 262 esseri viventi, 3 – accrescimento, 6 – caratteri degli, 10 – classificazione, 265 – e cellule, 68 – e materia inanimata, 3 – e omeostasi, 6 – pluricellulari, 69 – proprietà, 3 – unicellulari, 69 estensione, 185 estinzione delle specie, 29 estremità coesive, del DNA, 160 estremofili, archei, 272 estrogeni, 61, 242, 253 eterocromosomi, 120, 137, 253 eterotrofi, 92 – batteri, 275 – organismi, 16 eterozigote, 132 eucarioti (Eucarya), 267 evoluzione, dei viventi, 3, 10, 26-45 – della specie umana, 41 – delle specie, 31 – prove e documenti a favore, 34 – e biologia molecolare, 40

쑺F FAD (flavinadenindinucleotide), 97 fagociti, 214 fagocitosi, 80, 277 falda idrica, 20 Falloppio, tuba di, 253 famiglia, 266 faringe branchiale, 316 faringe, 188 fase – di allungamento, della traduzione genica, 153 – di inizio, della traduzione genica, 153 – di terminazione, della traduzione genica, 153 – luminosa della fotosintesi, 105 – M, 115 – mitotica, 112 fattore/i – di inibizione ipotalamici, 239 – di rilascio delle gonadotropine (GnRH), 253 – di rilascio ipotalamici, 239 feci, 19 fecondazione, 8, 111, 119, 251, 256, 257 feedback negativo, 245 fegato, 198 – funzioni, 198 femmine portatrici, 141 femore, 183 fenotipo, 129 fermentazione, 96, 102 – alcolica, 102 – lattica, 103 feromoni, 61

fessure branchiali, 307 fibre – collagene, 179 – elastiche, 179 – muscolari, 176 fibrina, 202 fibrinogeno, 202 fibroblasti, 175 fibrocartilagine, 175 fibrosi cistica, 140 filamento/i – fiorale, 290 – intermedi, 88 filaria, 300 filtrazione renale, 248 fiore, 289-290 fissità delle specie, 27 fitoplancton, 15 flagellati, 277 flagelli, 72, 89, 277 Fleming Alexander, 159 flessione, 185 floema (o libro), 282 flora intestinale, 198 foglie, 281, 283 – mesofillo, 283 – parenchima, 283 foglietto ␤, 64 follicoli ovarici, 253 fondale, 13 formula – di struttura, 58 – grezza, 58 – leucocitaria, 200 fosfolipidi, 61 fosforilazione ossidativa, 99, 101 fossili, studio dei, 270 fotoautotrofi, 274 fotocettori, 222 fotolisi dell’acqua, 105 fotosintesi, 13, 15, 87, 104, 283 – e composizione dell’atmosfera, 23 – fase luminosa, 105 – fasi, 105 fototropismo, 7 Franklin Rosalind, 145 frequenza cardiaca, 205 funghi, 291-293 – pluricellulari, 292 – saprofiti, 291 – unicellulari, 292 funzioni biologiche delle proteine, 65 fuso mitotico, 226 fusto, 281, 282

쑺G gabbia toracica, 183 Galilei, Galileo, 2 – metodo scientifico, 2 gametangio, 281 gameti, 8, 119, 121, 251 – formazione, 134 gametofito, 284 gangli nervosi, 301 gasteropodi, 302 gastrina, 195 gemelli monozigoti, 257 gemmazione, 8, 110 gene, 129 generazione – F1, 132 – F2, 132 – parentale, 132 genere, 266 genetica, 128 geni, 128, 148 genotipo, 129

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ghiaccio, 50 – densità, 50 ghiandole, 174 – endocrine, 174 – esocrine, 174 – salivari, 194 – sebacee, 179 – sudoripare, 179 – surrenali, 241 gimnosperme, 285, 288-289 girino, 312 glicogeno, 59 glicolisi, 96-98 globuli – bianchi (leucociti), 202 – rossi, 201 glomerulo, 248 glucagone, 198, 241 glucosio, 58, 96 – metabolismo del, 96-97 glutammato, 228 gonadi, 242, 251 gozzo, 199 gradiente di concentrazione, 77 grande circolazione, 205 grano tilacoidale, 87 grassi (o trigliceridi), 60 – insaturi, 60 – saturi, 60 gravidanza, 258 – gemellare, 254 Gregor Mendel, 130-133 – prima legge, 130-132 – seconda legge, 132 – terza legge, 133 gruppi – funzionali, 53 – sanguigni, 138 guaina mielinica, 177, 227 guanina (G), 144

쑺H habitat, 12 Henle, ansa di, 248 Homo – erectus, 44 – ergaster, 43 – habilis, 43 – neanderthalensis, 44-45 – sapiens, 43-45 Hooke Robert, 68 humus, 291 Huntington, còrea di, 140

쑺I idrocarburi, 53 idrolisi, 55 ife, 291 ileo, 183, 196 immunità – mediata da cellule, 217 – umorale, 217 immunoglobulina, 216 immunologia, 159 impronte – molecolari, 81 indicatori biologici, 293 infiammazione, 214 ingegneria genetica, 158-164, 165 – applicazioni, 165-169 ingestione, 194 inibina, 255 insaturi, grassi, 60 inserzione di basi, 155 insetti, 304-305 – ciclo vitale, 305 inspirazione, 191

insufficienza renale, 250 insulina, 165, 198, 237, 241, 242 interfase, 112-113 interneuroni, 226 intestino – crasso, 196, 198 – tenue, 196 introni, 151 inulina, 106 invertebrati, 296-306 ipermetropìa, 223 ipertensione arteriosa, 206 ipertiroidismo, 240 ipoderma, 178 ipofisi, 232, 237, 238-239 ipotalamo, 222, 232, 238, 244 – e temperatura corporea, 244 ipotiroidismo, 240 iride, 223 ischio, 183 isole di Langerhans, 241 isomeri, 58 istamina, 214, 228 istoni, 114

쑺L lacune del tessuto osseo, 175 Lamarck, Jean Baptiste de, 2, 30 Langerhans, isole di, 198, 241 laringe, 189 laringite, 190 lattasi, 197 lattosio, 58 LDL, 201 legame – glicosidico, 58 – peptidico, 63 legamenti, 182 legge/i – dell’indipendenza dei caratteri, 133 – della dominanza, 130-132 – della segregazione dei caratteri, 132 – di Mendel, 130 – prima di Mendel, 130-132 – seconda di Mendel, 132 – terza di Mendel, 133 leucociti, 202 leucocitosi, 200 leucopenia, 200 Leydig, cellule del, 252 licheni, 293 – come indicatori biologici, 293 lieviti, 292 linfa, 208 – elaborata, 282 – grezza, 282 linfociti, 215 – B, 216 – recettori, 216 – T, 216, 218-219 – citotossici, 217 – helper, 218 – recettori, 216 linfonodi, 208 Linneo (Carl Von Linné), 27, 268 lipasi – enterica, 197 – pancreatica, 197 lipidi, 60-61 liquido – interstiziale, 208, 243 – sinoviale, 182 lisosoma, 85 livello/i – gerarchici – del corpo umano, 172 – della vita, 4

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– trofico – di un’ecosistema, 16 locus – cromosomico, 120 – genico, 129 loricati, 313 Lyell, Charles, 31

쑺M macromolecole, 55 macula, 224 malaria, 277 malattie – a trasmissione sessuale, 263 – autoimmuni, 215 – dominanti, 140 – ereditarie, 139 – femmine portatrici, 141 – legate al sesso, 141 – recessive, 139 maltasi, 197 maltosio, 58 mammiferi, 315-317 mantello, dei molluschi, 303 Marshall Nirenberg, 149 marsupiali, 317 marsupio, 317 massa dorsale, dei molluschi, 303 mastociti, 216 materiale genetico (DNA), 71 matrice – extracellulare, 174 – mitocondriale, 86, 89 Mayr Ernst, 268 mediastino, 202 meduse, 298 megattera, 318 meiosi, 8, 119, 122 – e riproduzione sessuata, 119 melanina, 179 melanociti, 179 membrana/e – a permeabilità selettiva, 78 – basale, 174 – cellulari interne, 82 – di fecondazione, 257 – nucleare, 73 – plasmatica, 71, 76 – struttura della, 76 – selettivamente permeabili, 77 memoria, 233 – a breve termine, 233 – a lungo termine, 233 meningi, 231 meningite, 231 mesofillo, 283 mesoglea, 297 mestruazione, 255 metabolismo, 110 – cellulare, 92 – del glucosio, 96 metafase, 115, 116 metameri, negli anellidi, 300 metamorfosi, 305 metanogeni, archei, 273 metodo scientifico, 2, 9 micelio, 291 microfilamenti, 88 microrganismi patogeni, 212 microscopio – elettronico, 70 – a scansione (SEM), 70 – a trasmissione (TEM), 70 – ottico, 2, 69 microtubuli, 88 midollare – renale, 247

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– surrenale, 241 midollo – allungato, 191, 232 – osseo – giallo, 181 – rosso, 181 – spinale, 231 Miller Stanley, 9 Miller-Urey – esperimento di, 9 milza, 201 miocardio, 202 miofibrille, 184 miopia, 223 miosina, 176, 184 miriapodi, 304 mitocondrio/i, 86, 99 – creste, 86 – e respirazione cellulare, 99 – matrice, 86 – spazio intermembrana, 99 mitosi, 114-118 molecola/e, 4 – organiche, 53 – caratteristiche, 53 molluschi, 302 – capo, 303 – mantello, 303 – massa dorsale, 303 – piede, 303 monomeri, 55 monosaccaridi, 58 monotremi, 316 morula, 257 mosaico fluido, 76 movimento, 184 mRNA (RNA messaggero), 149 – maturo, 151 muco, 196 muffe, 292 Mulder G.J., 65 Mullis Kary, 164 muscoli – antagonisti, 185 – ciliari, 223 – estensori, 185 – flessori, 185 – pellicciai, 184 – volontari, 176, 180 muta, 303, 313 mutazione, 154 – di senso, 155 – non senso, 155 – per sostituzione, 154 – puntiforme, 154 – silente, 155

쑺N NAD (nicotinamideadenindinucleotide), 97 narici, 188 naso, 188 necton, 12 nematodi, 300 nervo/i – cranici, 230 – misti, 230 – motori, 230 – ottico, 223 – sensoriali, 230 – spinali, 230 neuroipofisi, 239 neurone/i, 177, 226 – assone, 177 – corpo cellulare, 177 – dendriti, 177 – di associazione, 177 – motori, 177, 226

– pirenoforo, 226 – postsinaptico, 227 – presinaptico, 227 – sensoriali, 177, 226 neurotrasmettitori, 227 neutralità di una soluzione, 52 nicchia ecologica, 13 nodo senoatriale, 206 nomenclatura binomiale, 27, 268 noradrenalina, 228, 237, 241 notocorda, 307 nucleo, 82 nucleoide, 72, 111 nucleolo, 82 nucleosoma, 114 nucleotide, 144 nutrienti essenziali, 193

쑺O occhio, 223 ofidi, 313 OGM (Organismo Geneticamente Modificato), 165-169 oligodendrociti, 177 olio/i, 60 omeostasi, 6, 243 omero, 183 ominidi, 42 ominoidei, 42 omologo/he – carattere, 38 omozigote, 132 ordine, 266 orecchio, 224 organo/i, 5 organismo/i, 5 – accrescimento, 6, 112 – adattamento all’ambiente, 26 – autotrofi, 15, 92, 104 – classificazione degli, 27 – consumatori, 16 – primari, 16 – secondari, 17 – terziari, 17 – decompositori, 17 – detritivori, 17 – e stimoli, 7 – ed energia, 7 – eterotrofi, 16, 92 – geneticamente modificati (OGM), 165, 169 – interazioni con l’ambiente, 11 – omeostasi, 6 – pluricellulari, 5, 112 – procarioti, 271 – produttori, 15 – unicellulari, 5, 69 – variabilità, 10 organizzazione, dei viventi, 3 organo/i, 5 – del Corti, 224 – della linea laterale, 309 – di senso, 221 – e stimoli, 221 – effettori, 221 – genitali, 251 – rudimentali, 38 – specializzati, 281 organogenesi, 258 organulo, 71, 73 origine della vita, 9 ormone/i, 236 – adrenocorticotropo o corticotropina (ACTH), 379 – antidiuretico (ADH), 239 – della crescita (GH), 237, 239 – e regolazione di soluti, 245 – follicolo-stimolante (FSH), 239, 253

– luteinizzante (LH), 239, 253 – non steroidei, 237 – paratiroideo (PTH), 240 – steroidei, 61, 237 – stimolante i melanociti (MSH), 239 – tireotropo (TSH), 239 – tiroidei, 240 ornitorinco, 316 osculo, 297 osmosi, 78 ossificazione, 182 ossitocina, 239 osso/a, 180 – compatto, 181 – corte, 181 – lunghe, 181 – diafisi, 181 – epifisi, 181 – piatte, 181 – spugnoso, 181 osteitti (pesci ossei), 309 osteoblasti, 182 osteoclasti, 182 osteone, 175 osteoporosi, 183 otoliti, 224 ovaie, 242, 251, 253 ovario, 290 ovipari, 312 ovulazione, 254

쑺P pace-maker, 206 Pacini – corpuscoli di, 179 padiglione auricolare, 224 paleoantropologia, 42 paleontologia, 29 pancreas, 198 – endocrino, 241 – funzioni, 198 papille – gustative, 225 parassita, 300 parassitismo, 300 parenchima fogliare – a palizzata, 283 – spugnoso, 283 parete cellulare, 72, 74 parto, 262 – cesareo, 262 Pasteur Louis, 159 pastorizzazione, 159 patogeni, microrganismi, 212 PCR (Polymerase Chain Reaction), 162 pedicelli ambulacrali, 306 pelle, 178 – struttura e funzioni, 178 pelliccia, 315 pelo, 179 – bulbo, 179 pelvi – grande, 183 – piccola, 183 pene, 252 – erezione, 252 penicillina, 159 penne, 314 pepsina, 196 pepsinogeno, 195 peptidasi enterica, 197 peptidi, 196 percezione, 221 periostio, 182 perone, 183 perossisomi, 85

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INDICE ANALITICO

pesci, 309 – caratteri distintivi, 309 – cartilaginei (o condroitti), 309 – ossei (o osteitti), 309 petali, 289 Peyer, placche di, 215 pH, 52 phylum, 266 piano equatoriale, 116 piante – caratteristiche generali delle, 280-284 – vascolari, 286 piastra cellulare, 118 piastrine, 200, 202 piccola circolazione, 205 piede, dei molluschi, 303 pigmenti, 104 pigna, 288 pili, 72 pilo sessuale, 161 piloro, 196 pinne, 309 pinocitosi, 80 piramide alimentare, 18 pirenoforo, 226 pirimidine, 144 pistillo, 290 placche di Peyer, 215 placenta, 259, 317 placentati, 317 planaria, 299 plancton, 12 planula, 298 plasma, 200 plasmacellule, 216 plastica, 56 platelminti, 299 pleura, 191 pluricellulari, organismi, 5 policarbonato, 57 policondensazione, 56 polietilene, 57 polietilentereftalato (PET), 57 polimeri, 55 – termoindurenti, 56 – termoplastici, 56 polimerizzazione, 56 polimetilmetacrilato (PMMA), 57 polinucleotide, 62 poliomielite, 218 polipo, 297, 298 polipropilene (PP), 57 polisaccaridi, 59 polistirene (PS), 57 poliuretano (PU), 57 polivinilcloruro (PVC), 57 polline, 288 polmonite, 190 ponte encefalico, 191 popolazione, 15 poriferi, 297 portatori sani, 139 potenziale – d’azione, 229 – di riposo, 228 potenzialità terapeutiche delle cellule staminali, 167 potere – d’ingrandimento, 69 – di risoluzione, 69 presbiopìa, 223 pressione sanguigna, 206 prima divisione meiotica, 122 primati, 41 procarioti, 111, 279 – riproduzione per scissione binaria, 111 processo metabolico

– aerobico, 96 – anaerobico, 96 produttori, organismi, 15 profase, 115, 116 progesterone, 242 Progetto Genoma Umano (PGU), 163 prolattina (PRL), 236, 239 propagazione, 110 protallo, 287 proteina/e, 62-65 – di membrana, 76, 81 – come impronte molecolari, 81 – di trasporto, 76 – digestione delle, 195 – funzioni biologiche, 65 – plasmatiche, 201 – sintesi delle, 148 – struttura, 64 – primaria, 63 – quaternaria, 64 – secondaria, 64 – terziaria, 64 protisti, 276 – autotrofi, 278 – caratteristiche generali, 276 – pluricellulari, 276 – saprofiti, 291 – unicellulari, 276 protocellule, 9 protozoi, 276 pteridofite, 285, 286 pubertà, 253 Punnett Reginald Crundall – quadrato di, 134-135 pupa, 305 pupilla, 223 purine, 144 pus, 214

쑺Q quadrato di Punnett, 134-135

쑺R rachitismo, 199 radici, 282 radio, 183 raiformi, 309 reazione/i – a catena della polimerasi (PCR), 162 – anaboliche, 92 – cataboliche, 92 – di condensazione, 55 – di ossidazione, 97 – di ossidoriduzione (redox), 97 – di riduzione, 97 – redox, 97 reazioni allergiche, 192, 220 recessivo, 132 recettori 81 – del dolore, 222 – dell’equilibrio, 224 – ormonali, 236 – sensoriali, 221 regno – animale, 266, 296 – vegetale, 266, 280 relaxina, 255 reni, 247-250 – e concentrazione dei fluidi, 249 – ed equilibrio acido-base, 249 respirazione – cellulare, 7, 96, 99 – cutanea negli anellidi, 301 – e mitocondri, 99 rete alimentare, 17 reticolo endoplasmatico, 83 – liscio (REL), 83

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– ruvido (RER), 83 retina, 223 rettili, 312-313 retto, 198 riassorbimento renale, 248 ribonucleasi, 197 ribonucleico, acido (RNA), 62 ribosio, 62 ribosoma, 72, 82, 111, 152 riccio di mare, 306 riflessi spinali, 231 rincocefali, 313 riproduzione, 3, 7, 110 – asessuata, 7, 110 – per gemmazione, 8 – per scissione, 8 – sessuata, 8, 110, 119 – e fecondazione, 8 risposta – agli stimoli, dei viventi, 3 – immunitaria, 216 – primaria, 216 – secondaria, 217 – infiammatoria sistemica, 215 rizoidi, 286 RNA (acido ribonucleico), 62 – di trasporto (tRNA), 152 – messaggero (mRNA), 149 – polimerasi, 151 – ribosomiale, 152 – transfer (tRNA), 152

쑺S saccarosio, 58 sacco/hi – aerei, 314 – amniotico, 258 sacculo, 224 saliva, 194 sangue, 200 – analisi del, 200 saprofiti, batteri, 275 sarcodini, 277 sarcomeri, 176, 184 sarcopterigi, 310 saturi, grassi, 60 sauri, 313 scala – del pH, 52 – geocronologica, 34 scambi gassosi, 188 scapola, 183 scheletro, 180 – appendicolare, 183 – assile, 183 – interno, 308 – zucchero-fosfato, 62 schistosoma, 299 Schleiden Matthias J., 69 Schwan Theodor, 69 Schwann, cellule di, 227 scientifico, metodo, 2, 9 scimmie antropomorfe, 42 scissione binaria, 8, 110, 111 sclera, 223 scorbuto, 199 scorpioni, 304 scroto, 251 seconda divisione meiotica, 122 secondamento, 262 secretina, 196 secrezione renale, 249 selezione – artificiale, 39, 158 – e razze, 39 – naturale, 31-32 – e variabilità dei caratteri, 39

INDICE ANALITICO

seme, 288 semilunare, 204 sensazione, 221 senso – del gusto, 225 – dell’odorato, 225 – dell’udito, 224 sepali, 289 sequenza – di innesco (primer), 162 serotonina, 228 Sertoli, cellule del, 252 sesso, determinazione del, 137 shock anafilattico, 220 siero, 217 simbiosi, 22 simmetria – bilaterale, 299 – radiale, 297 sinapsi, 227 – chimiche, 227 – elettriche, 228 sindrome – di Down, 124 sintesi – proteica, 148 sistema, 5 – circolatorio, 200 – del complemento, 216 – digerente, 193 – endocrino, 236 – e regolazione dell’organismo, 236 – escretore, 247 – immunitario, 212, 215 – linfatico, 208 – locomotore, 180 – nervoso, 226 – autonomo, 230 – centrale, 221, 231-232 – parasimpatico, 231 – periferico, 221, 230 – simpatico, 230 – trasmissione dell’impulso, 226 – volontario, 230 – respiratorio, 188 – struttura e funzione, 188-192 – riproduttore, 251 sistematica, 266 sistole, 205 sito – attivo, di un enzima, 94 – di restrizione, 160 soluto, 51 soluzione, 51 – acida, 52 – basica, 52 – ipertonica, 78 – ipotonica, 78 – isotonica, 78 solvente, 51 sorgenti, 20 sori, 287 sostanza/e – idrofile, 51 – idrofobiche, 51 – P, 228 sostituzione – di basi, 154 – di cellule 110 sottofase – G1 e G2, 113 – S, 113 spazio – intermembrana mitocondriale, 99 – sinaptico, 227 specie biologica, 266, 268 specie

– – – – – –

analogie e differenze, 36 distribuzione geografica, 36 estinzione, 29 evoluzione, 25-45 fissità, 27 umana – evoluzione della, 41 sperma, 252 spermatofite, 296 spermatozoo, 8, 119, 251 spicole, 297 spirochete, 273 splicing dell’RNA, 152 – alternativi, 152 spongina, 297 spora, 272 sporofiti, 284 spugne, 297 squali, 309 squamati, 313 stagno – come ecosistema acquatico, 11 – zone di uno, 12 stami, 290 stella marina, 304 steroidi, 61 stetoscopio, 205 stigma, 290 stilo, 290 stimoli, 7 – risposta agli, 221 stipsi, 198 stoma, 283 stomaco, 195 stratigrafia, 29 strato – germinativo (o basale) dell’epidermide, 179 – papillare del derma, 179 – reticolare, 179 – sottocutaneo, 178 stroma, 87 struttura/e – delle proteine, 64 – primaria, 63 – quaternaria, 64 – secondaria, 64 – terziaria, 64 – omologhe, 269 studio dei fossili, 270 succhi gastrici, 195 – enterico, 197 – pancreatico, 197 sudore, 179 suture, 182 sviluppo embrionale, 256

쑺T tachicardia, 206 talamo, 232 talassemia, 140 tallo, 278 tampone, 249 tassonomia, 27 tecnologie del DNA ricombinante, 161 teleostei, 310 telofase, 115,117 temperatura, 51 – corporea, 244 tendini, 185 tenia, 300 tensione superficiale, 49 teoria/e – cellulare della vita, 69 – delle catastrofi, 29 – ed estinzione delle specie, 29 – evolutive, 26

– evoluzionistiche, 30 termocettori, 222 termofili, archei, 272 tessuto/i, 5 – cartilagineo, 175 – connettivo, 174 – matrice extracellulare, 174 – denso, 174, 176 – lasso, 174, 176 – epiteliale, 174 – muscolare, 176 – cardiaco, 176 – liscio, 177 – scheletrico, 176 – nervoso, 177 – osseo, 175 – lacune, 175 – vascolare, 282 teste idrofiliche, 76 testicoli, 242, 251 testosterone, 61, 236, 242, 252 tetano, 219 tetradi, 122 tibia, 183 tilacoidi, 87 timina (T), 144 timo, 217 timpano, 224 tiroide, 240 tiroxina, 240 tono muscolare, 185 topoisomerasi, 147 tosse, 190 tossine, 214 toxoplasmosi, 277 trachea, 189 tracheite, 190 traduzione, 152-153 trascrizione, 149, 151-152 trasmissione dei caratteri ereditari, 127-141 traspirazione, 20 trasporto – attivo, 79 – passivo, 77 tratto, 131 – ereditario, 131 travaglio, 262 trematodi, 299 trigliceridi, 60 triiodotironina, 240 tripletta, 149 tripsina, 197 trombocitopenia, 200 tuba – di Eustachio, 224 – di Falloppio, 253 tubo neurale, 307 tubuli – seminiferi, 251 – renali, 248 tunicati, 308 turbellari, 299

쑺U uccelli, 314-315 ulcera, 196 ulna, 183 umor – acqueo, 223 – vitreo, 223 unicellulari, organismi, 5 urea, 247 uretere, 247 uretra, 247 urina, 248 – formazione dell’, 248

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INDICE ANALITICO

urocordati, 307 urodeli, 311 utero, 251, 253 utricolo, 224

쑺V vaccino, 218 vacuolo/i – alimentari, 84 – centrale, 74, 84 – contrattili, 84 vagina, 252 valvola – a nido di rondine, 207 – bicuspide, 203 – ileocecale, 198 – tricuspide, 203 Van Leeuwenhoek Antony, 2 variabilità dei caratteri, 39 vasi sanguigni, 202, 204-205 – linfatico, 208 vena/e, 204, 207

– cava inferiore, 204 – polmonare, 204 – porta, 197 ventricolo, 203 ventriglio, 314 vermi piatti, 299 vertebrati, 307-318 VES, 201 vescica, 247 vibrioni, 273 vie respiratorie, 189, 190 villi – coriali, 258 – intestinali, 197 Virchow Rudolf, 69 virus, 212, 267 – HIV, 214 vista, difetti della, 223 vita, 4 – livelli gerarchici, 4 – origine della, 9 vitamina/e – K, 198

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viventi, 4 – classificazione, 265 (vedi anche esseri viventi) vivipari, 312 Von Linné Carl (Linneo), 27 vulva, 252

쑺W Wallace Alfred, 31 Watson James, 145 Wilkins Maurice, 145

쑺X xilema, 282

쑺Z zigote, 119, 121, 257 zona/e, di uno stagno – dei fondali, 12 – delle acque aperte, 12 – litorale, 12 – delle acque profonde, 13 zuccheri, 55

Cristina Cavazzuti

Biologia Il testo delinea un percorso attraverso la biologia che parte dalla realtà e dai problemi della vita quotidiana. Nel libro ฀ La storia della scienza e la teoria dell’evoluzione costituiscono il filo conduttore che si snoda per tutto il libro. ฀ Le schede dedicate all’educazione alla salute e all’educazione ambientale aiutano gli studenti a capire come funziona il loro corpo e a prendere decisioni consapevoli nel rispetto della propria salute e della salvaguardia dell’ambiente. ฀ Esercizi di fine capitolo per verificare conoscenze e abilità.