Bellissima necessità. Architettura come musica cristallizzata

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Bellissima necessità. Architettura come musica cristallizzata

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CLAUDE BllAGDON

BELLISSIMA NECESSITÀ ARCHITETTURA COME MUSICA CRISTALLIZZATA

A CURA DI MARIA ERCADI

s;bPendragon

Claude Bragdon

Bellissima necessità Architettura come musica cristallizzata Progetto grafico di Simona Pareschi realizzato da Giorgio Morara

Nel retro di copertina: Claude Bragdon nella posizione del loto fotografato da May Bragdon, 1939. Da Claude Bragdon and The Beauti/ul Necessity (a cura di Eugenia Victoria Ellis e Andrea G. Reithmayr), RIT-Cary Graphic Arts Press, Rochester, NY (USA), 2010.

Titolo originale dell'opera: The Beauti/ul Necessity. Seven Essays on Theosophy and Architecture, Manas Press, Rochester, NY, 1910.

Traduzione di Maria Ercadi

TUTTI. I DIRITTI RISERVATI A

© 2017, Edizioni Pendragon Via Borgonuovo 21/a- 40125 Bologna .pendragon.it vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, an�he ad uso interno o didattico, non autorizzata.

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È

Indice

Guglielmo Bilancioni Introduzione. Il giardino segreto della bellezza

p. 7

CAPITOLO I

L'arte dell'architettura

45

CAPITOLO II

Unità e polarità

61

CAPITOLO III

Mutazione immutabile

77

CAPITOLO IV

n

tempio come corpo

97

CAPITOLO V

Geometria latente

109

CAPITOLO VI

L' aritmetca della bellezza

125

CAPITOLO VII

Musica cristallizzata Conclusione

137 147

Guglielmo Bilancioni Il giardino segreto della bellezza

It takes love over gold And mind over matter To do what you do that you must Mark Knopfler

"La Necessità - Ì\VaYJORSA (SIRIA)

f>LENHEIM

(oxroRD)

Claude Bragdon

geometria resa visibile e, nello stesso senso, che la musica sia nu­ mero reso udibile. Un edificio è una aggregazione delle più co­ muni forme geometriche: paralldogrammi, prismi, piramidi e coni - il cilindro appare nella colonna e la semisfera nella cupo­ la. Allo stesso modo scopriamo che le piante degli edifici famo­ si dd mondo, ridotte alla loro più semplice espressione, si risol­ vono in poche, semplici figure geometriche (figura 58): questo è il solido terreno di fondazione di ogni eccellente progetto di ar­ chitettura. Ma l'architettura è geometria in un senso diverso e più alto

di questo. Emerson dice: "ll piacere che un edificio o un tempio trasmettono ali' occhio consiste nd fatto che un ordine e un metodo sia­ no stati trasmessi alle pietre, così che esse par­ lano e comunicano in modo geometrico, di­ vengono tenere o subli­ mi con l'espressione ". Tutte le opere di archi­ tettura veramente grandi

VILLA PALLADIANA (LA ROTONDA) VICINO A VICENZA

e belle - dalle piramidi egizie alle cattedrali dd­ l'ile-de-France - sono proporzionate armonio­ samente, i loro volumi principali e secondari sono corrdati, talvolta in modo ovvio, più spesso in· modo oscuro, a certe figure simmetriche della geometria, le quali, an­ che se invisibili allo sguardo e non conscia-

ARCO DI TRIONfO A PARIGI fig. 59

1 14

Bellissima necessità

mente presenti nella mente dello spettatore, svolgono tuttavia l'importante funzione di coordinare la composizione in un inte­ ro, un insieme che si ricorda facilmente. Su un principio analo­ go è di certo fondata quella che Symonds chiama "la severa e nobile arte della composizione che cerca la bellezza più alta del disegno nella suprema armonia architettonica, al di sopra delle melodie della grazia dei particolari". Abbiamo molte prove a sostegno della teoria che i costrutto­ ri dell'antichità, le gilde massoniche del Medio Evo e gli archi­ tetti del Rinascimento italiano conoscessero e seguissero regole certe, ma anche se questa teoria fosse negata o addirittura de­ molita - se, dopo tutto, questi uomini avessero ottenuto i loro risultati in modo inconsapevole - le loro creazioni si prestano a tal punto all'analisi geometrica che l'esistenza di canoni propor­ zionali, basati sulla geometria, rimane incontestabile. Le figure piane principalmente impiegate nel determinare la proporzione architettonica sono il cerchio, il triangolo equilate­ ro e il quadrato - che contiene anche il triangolo isoscele ret­ tangolo. Si noterà che questi sono i correlativi bidimensionali della sfera, del tetraedro e del cubo, di forme che sono conside­ rate tra quelle determinanti nelle strutture molecolari. La do­ manda sorge spontanea: perché il cerchio, il triangolo equilate­ ro e il quadrato? Perché, a parte il fatto che sono, fra tutte le fi­ gure piane, le più elementari, sono anche intimamente correlate al corpo umano come si è già mostrato (figura 45) e il corpo del­ l'uomo è, per così dire, l'archetipo architettonico. Ma questo semplicemente sposta la ricerca in un altro campo, non è una ri­ sposta. Perché il corpo umano è costruito e correlato in questo modo? Questo d porta, come ogni domanda, sulla soglia di un mistero sul quale solo la teosofia è capace di gettare luce. Qual­ siasi spiegazione dettagliata sarebbe qui fuori luogo: è sufficien­ te rammentare al lettore che il cerchio è il simbolo dell'univer­ so; il triangolo equilatero è simbolo della trinità superiore (atma, buddh� manas); e il quadrato è simbolo del gruppo quaternario inferiore della settemplice natura umana.

1 15

Claude Bragdon

IL QUADRATO COME. E>ASE. PE.R LA PROGE.TTAZ.IONE. DI ARCHITETTURE. DI OGNI E.POCA

E:GIZ.IA

GRE:CA

ROMANA

ME:DIOE:VALE: fig. 60

n quadrato è usato prin­ cipalmente nei diagrammi preliminari: è la figura deter­ minante in molti palazzi del Rinascimento italiano; l 'Are de Triomphe a Parigi è un esempio moderno del suo uso (figure 59, 60). Il cerchio è spesso impiegato in con­ giunzione con il quadrato e il triangolo. Nella Rotonda di

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COPIA DELLO SCHIZZO A PENNA DI JEffERSON PER LA ROTONDA DELL' UNIVERSITÀ DELLA VIRGINIA fìg. 61

1 16

Bellissima necessità

Thomas Jefferson per l'Università della Virginia la figura deter­ minante fu un singolo grande cerchio, come dimostra il suo schizzo originale a penna per l'edificio (figura 61). Alcuni dei più notevoli archi trionfali romani si sottomettono a una sche­ matizzazione circolare, e un sistema di doppi cerchi intersecan­ ti è stato applicato, con risultati interessanti, a facciate tanto dif­ ferenti come quelle dd Partenone e dd palazzo Farnese a Roma,

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PORTICO EST

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LATO OVEST

PORTICO DELLE: CARIATIDI

fig.

62

117

Claude Bragdon

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sebbene sarebbe fatuo soste­ nere che queste figure abbiano l ,, '· determinato le proporzioni delle facciate. ; ft!J: La più importante figura nelle proporzioni architettoni­ J · -··- · =_=... che, considerata dal punto di fig. 63 vista della geometria, è di gran lunga il triangolo equilatero. Sembra che l'occhio abbia una propensione particolare per questa figura, così come l'orecchio ce l'ha per certi suoni cor­ relati. Non sarebbe di certo troppo fantasioso affermare che l'accordo comune di ciascuna nota (la tonica con la sua terza e la quinta) sia l'equivalente musicale del triangolo equilatero. Non è necessario dilungarsi sulle proprietà e la perfezione uni­ ca di questa figura. Fra tutti i poligoni regolari è il più sempli­ ce: i suoi tre lati sottendono angoli uguali, ciascuno di 60 gradi; divide in tre la circonferenza di un cerchio; è il simbolo grafico del numero tre e, da qui, di ogni cosa composta di tre parti; se .

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' IL TRIANGOLO E:QUILATE:RO NE:LL ARCHITETTURA ITALIANA

FINESTRA DI UN PAU\ZZ.O ROMANO

SEZIONE DELLA MSILICA DI SAN LORENZ.O A fiRENZ.E

fig.

64

1 18

Bellissima necesst"tà

I L TRIANGOLO E:QUILATE:RO ' NELL ARCHITETTURA ROMANA

. L'esAGRAMMA

NE.LL'ARCHITE.11URA GOTICA .. -

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SEZIONE Dfllt COI.Oti�Nf Dr!IA lANTtRNA DWA CATTIDRAI.t Dl ll1NCHC.STER (DAG.WILT)



ROSQNE NEL TIWISmO SUD DtilA CATTEDRAI.t DI R00tN (DAG•..,lT)

ARCO DI COSTANTINO A ROMA

WACAI'ITOI.ARtA Wtll.S (DA G.II1LT)

SEZ.IONE DEL PANTHEON A ROMA

fig. 65

fig. 66

1 19

Claude Bragdon

raddoppiato, i suoi ar­ chi generatori formano la vesica pt'scis, che ap­ pare così di frequente nell'arte paleocristiana; due triangoli equilateri simmetricamente in­ tersecanti formano la figura conosciuta come "sigillo di Salomone" , o "scudo di Davi d" alla quale sono sempre state attribuite pro­ prietà mistiche. Si può dire come re­ gola generale che ogni qualvolta tre punti im-

fig. 67

portanti in una qualsiasi composizione architetto­ nica si trovino a coincide­ re ( approssimativamente o esattamente) con le tre estremità di un triangolo equilatero, ne derivi una bellezza di proporzioni. Un esempio antico e de­ gno di nota è quello delle piramidi dell'antico Egit­ to, che nelle loro condi­ zioni originali si pensa avessero i lati uguali a triangoli equilateri. È un fatto dimostrabile che certe intersezioni geome-

fig. 68

120

Bellissima necessità

triche contengano le proporzioni importanti dell' architettura greca: il piccolo, perfetto Eret­ teo sembrerebbe essere stato proporzionato uti­ lizzando il triangolo equilatero e l'angolo di 60 gradi, sia in generale che nei particolari (figu­ ra 62). Lo stesso angolo, tracciato a partire dal­ l'asse centrale di una colonna nd punto in cui interseca l'architra­ ve, determina sia la fig. 69

pr01ez10ne della cornice che l'altezza dell'architra­ ve in molti dei più raffina­ ti templi greci e romani (figure 67 -70). Il triangolo equilatero, usato in congiunzione con il cerchio e il quadra­ to, era usato dagli antichi Romani per determinare le proporzioni degli archi trionfali, delle basiliche e delle terme. Che la stessa figura fosse un fattore nella progettazione delle cattedrali gotiche è suffi -

fig. 70

121

Claude Bragdon

fig. 71

122

Bellissima necessità

cientemente indicato nella tavola dal Vitruvio di Como, edito nel 1521, nella quale si vede una sezione verticale del duomo di Milano con il sistema di triangoli equilateri che ne hanno deter­ minato le varie parti (figura 7 1 ) . La vesica piscis era spesso usa­ ta per stabilire le due dimensioni interne principali della pianta di una cattedrale: il diametro maggiore della figura corrispon­ deva all'ampiezza attraverso il transetto, l'apice superiore mar­ cava il limite dell'abside, quello inferiore la terminazione della navata. Una proporzione che si può considerare semplice e raf­ finata allo stesso tempo, mentre ha il vantaggio di poter essere facilmente predisposta. Gli architetti del rinascimento italiano ereditarono di certo alcuni dei canoni romani della proporzione architettonica, perché sembra che la maggior parte di loro li ri­ conoscesse come principi essenziali della progettazione. Nondimeno, alla fine del discorso, bisogna stare attenti a non esagerare sull'importanza della proporzione geometrica. L'ar­ chitetto che cerca il segreto definitivo dell'armonia architettoni­ ca nella matematica piuttosto che nell'occhio addestrato segue una strada sbagliata verso il successo. Una ispirazione felice vale tutte le formule del mondo - se è realmente felice, l'artista sco­ prirà probabilmente di aver "seguito le regole senza saperlo". Persino mentre formula concetti intorno all'arte l'autore deve reiterare l'aforisma di Schopenhauer: il concetto, in arte, non porta frutto. L'analisi matematica della bellezza spaziale è uno studio interessante ed è utile per l'artista; ma non può mai pren­ dere il posto dalla facoltà creativa , può solo sostenerla, conte­ nerla, dirigerla. Lo studio della proporzione è, per l'architetto, ciò che lo studio dell'armonia è per un musicista - aiuta il genio a esprimersi in modo adeguato.

123

CAPITOLO VI L'aritmetica della bellezza Sebbene l'architettura sia basata principalmente sulla geo­ metria, è possibile esprimere con i numeri tutte le relazioni spa­ ziali: perché è l'aritmetica, e non la geometria, la scienza uni­ versale della quantità. Le relazioni delle masse le une con le al­ tre - tra vuoti e pieni, e tra altezza, lunghezza e larghezza - sono rapporti numerici; e quando tali rapporti sono semplici e ar­ moniosi si può affermare che l'architettura, secondo il famoso detto di Walter Pater, " tende alla condizione di musica" . È l' oc­ chio addestrato - e non una formula aritmetica - a determina­ re cosa sia, o meno, una bella proporzione. Nondimeno il fatto che l'occhio istintivamente rigetti certe proporzioni come sgra­ devoli e ne accetti altre come soddisfacenti, indica l'esistenza di leggi dello spazio basate sul numero, non dissimili da quelle che governano l'armonia musicale. n segreto della profonda ragio­ nevolezza di una simile scelta da parte dei sensi è celato proprio nella natura del numero stesso, perché il numero è il filo invisi­ bile dal quale i mondi sono legati - l'universo simbolizzato in astratto. n numero è l'interno di ogni cosa - la "prima forma di Brah­ man." È la misura del tempo e dello spazio; sta nascosto nel bat­ tito cardiaco e viene ostentato nel manto stellato della notte. La sostanza, in uno stato di vibrazione - in altre parole condiziona­ ta dai numeri - si trasforma senza posa nella miriade di muta­ zioni che producono la vita dei fenomeni. Gli elementi si sepa­ rano e si combinano chimicamente secondo rapporti numerici: "la luna, una pianta, il gas, il cristallo, sono geometria e numeri resi concreti. " Per i Pitagorici e per gli antichi Egizi il sesso ve­ niva attribuito ai numeri: quelli dispari erano considerati ma­ schili o generatori e quelli pari femminili, o portatori di vita, per la loro infinita divisibilità. Le combinazioni armoniche erano

125

Claude Bragdon

quelle che comportavano il matrimonio di un numero maschile con uno femminile, un pari e un dispari. I numeri progrediscono dall'unità verso l'infinito e tornano di nuovo all'unità così come l'anima, definita da Pitagora come un numero che si muove da sé, emana da Dio e ad esso ritorna. Queste due azioni, una di proiezione e l'altra di richiamo - due forze, centrifuga e centripeta - sono simbolizzate nelle operazio­ ni di addizione e sottrazione. In esse è compreso tutto il calco­ lo; ma poiché ogni numero, ogni aggregazione di unità, è a sua volta una nuova unità che può essere addizionata o sottratta, vi sono anche le operazioni di moltiplicazione e divisione, che con­ sistono rispettivamente nell'addizione di più numeri uguali op­ pure nella sottrazione di numeri, sempre uguali, da uno più grande via via fino a esaurirlo. Per pensare in modo corretto è necessario considerare l'insieme di numerazione, calcolo e qual­ siasi altra elaborazione matematica come divisione dell'unità nelle sue parti componenti e come fondamento delle relazioni tra queste parti. L'andamento crescente e decrescente dei gruppi di numeri nella tabellina delle moltiplicazioni dà origine a quelle che po­ tremmo chiamare "congiunzioni numeriche". Queste sono ana­ loghe alle congiunzioni astronomiche: i pianeti, ruotando intor­ no al sole a velocità differenti e lungo orbite ampiamente sepa­ rate, in momenti determinati si trovano allineati gli uni con gli altri e con il sole. In questi casi si dice che siano in congiunzio­ ne. Allo stesso modo i numeri, andando verso l'infinito singo­ larmente o a gruppi (come nella tavola pitagorica), in certi stadi della loro progressione entrano in relazione gli uni con gli altri. Ad esempio, una congiunzione importante avviene con il dodi­ ci, perché nella tabellina del due è il sesto numero, in quella del tre è il quarto, in quella del quattro il terzo e in quella del sei il secondo. In proporzione con il numero otto è in un rapporto di 3 :2 e con il nove in un rapporto di 4:3 . È correlato al sette es­ sendo il prodotto di tre e quattro, dei quali sette è la somma. I numeri undici e tredici non sono in congiunzione con alcun nu126

Bellissima necessità

mero. n 14 compare nelle tabelline del due e del set­ te; il quindici in quelle del cinque e del tre. Dopo il 12, la congiunzione suc­ cessiva di 3 e 4 con i loro SI:RII: St:: RI!: SERI!': multipli è nel 24 e quella MASCHILe FI:MMIN. NJ::UTRA seguente è nel 36, numeri che sono rispettivamente il secondo e il terzo della IL NUMERO 28 COMI: + tabellina del dodici, dove RIPeTUTO 7 VOLTI: 7• ogni termine diventa un nuovo inizio. Qualcuno potrebbe osservare che questa sco­ perta delle congiunzioni numeriche consiste sem­ SISTEMA GRAFICO DI plicemente nella scompo­ RAPPRCSENTAZJONE DE:I NUMERI sizione dei numeri nei fig. 72 loro fattori primi e che un numero capace di congiunzioni è un comune multiplo; ma trovare la definizione, e poi trascurare tutto l' ar­ gomento come noto ed esaurito, significa privarsi del senso di meraviglia, bellezza e ritmo dd tutto: di un'impressione menta­ le analoga a quella che gli occhi provano davanti alle palline veloci di Wl giocolie­ re, alle evoluzioni di truppe in addestra­ mento, o alle figure o o complesse di una danza; perché queste fig. 73 cose sono numero, -2

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127

Claude Bragdon

LA f>ASE NUMERICA DEGLI ORDINI ARCHITETIONICI

12 12

GLI ORDINI TUSCANICO, DORICO t IONICO SECONDO VIGNOLA. PROPORZ.IONI DETERMINATE DAl NUMERI TRE E QUATTRO E DAL NUMI:RO CHE Ne è LA CONGIUNZJONE, DODICI fig. 74

reso concreto e animato nel tempo e nello spazio. Le verità del numero sono, di tutte le verità, le più interiori, astratte e difficili da comprendere, e poiché la conoscenza diventa tanto più chiara e definita quanto più riesce a penetrare la mente at­ traverso i canali dei sensi, è bene abituarsi a conce­ pire i numeri graficamen­ te, per mezzo di simboli geometrici (figura 72), piuttosto che nei termini dei familiari numeri arabi che, sebbene ammirevoli ai fini del calcolo, hanno caratteri troppo conden­ sati e arbitrari per mo­ strare le proprietà di eia-

IL PALAU.O GIRAUD A ROMA - 28: +Xl fig. 75

128

Bellissima necessità

scun nwnero. Ad esempio, l'affermazione che 4 è il pri­ mo quadrato e 8 il primo cubo, trasmette una idea vaga alla maggior parte delle persone, ma se il 4 è rappre­ sentato come un quadrato che racchiude quattro qua­ drati più piccoli, e 1'8 come un cubo che contiene otto cubi più piccoli, l'idea è com­ presa immediatamente e sen­ za sforzo. n numero 3 è natu­ ralmente il triangolo; la bel­ lezza irregolare e vitale del nwnero 5 appare chiaramen­ te nel pentalpha, la stella a

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fig. 76

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fig. 77

129

ROMA, 8 COME } E 5

Claude Bragdon

VARIE FACCIATE DI PALAZZI , IL NUMERO ) UTILIZZATO COME MULTIPLO

PAlAZZO UGUCCIONI A FIRE:NZ.f:

PALAZ.Z.O MRTOLINI A fiRf:NZ.f:

PALAZ.Z.O TACCONI A f>OLOGNA

fig. 78

cinque punte; la simme­ tria senza imperfezioni del 6, la sua relazione con il 3 e il 2 e la sua divisione regolare del cerchio, sono rappresentate nell'esa­ gramma molto conosciu­ to cOme "Scudo di Davi­ de" . n sette, se rappre­ sentato come un gruppo compatto di cerchi si ri­ vela come un numero di

fig. 79

130

Bellissima necessztà

singolare bellezza e per­ fezione, degno . dell'im­ portante posto ad esso accordato in tutta la fi­ losofia mistica (figura

73 ). È

un fatto curioso che la maggior parte delle persone, alla ri­ chiesta di pensare un numero qualsiasi infe­ riore a dieci, scelga il 7. Ogni forma di arte, benché in origine fosse un veicolo per l'espressione e la trasmissione di particolari idee ed emozioni, ha anche funzioni secondarie, proprio come una fig. 80

nota musicale ha gli armonici che la addolciscono. La pittura ri­ vela la natura del colore; la musica, quella del suono - del legno, dell'ottone e delle corde tese; l'architettura mette in rilievo le qualità della luce e la forza e bellezza dei materiali. Tutte le arti, e in particolare la musica e l'architettura, mostrano in modi e gradi differenti la verità del nwnero. L'architettura lo fa in due modi: in modo esoterico, per così dire, nella forma delle pro­ porzioni armoniche; ed essoterico nella forma dei simboli che rappresentano numeri e gruppi di numeri. n fatto che le tabelline del tre e del quattro si congiungano mutuai­ mente nel 12 trova una espressione archi­ tettonica negli ordini tuscanico, dorico e io­ nico , come disegnati da Vignola, perché in tutti lo stilobate è pari

fig. 8 1

131

Claude Bragdon

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I J II!I I

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UNIVERSITÀ DELLA SAPIENZA, ROMA ILLUSTRAZJONE DEL VALORE DELLE DIVISIONI

VERTICALI E ORIZZONTALI DI UNA fACCIATA ' PER AIUTARE L OCGIIO AD UNA COMPRENSIONE ' DEL NUMERO O DEl NUMERJ DI CUI È L ESPRESSIONE. IN QUESTO CASO 21, IL MULTIPLO DI

J EJ

fig. 82

a quattro parti, la tra­ beazione a 3 e la co­ lonna in mezzo misura 12 (figura 74) . L'affi­ nità tra il 4 e il 7 è ri­ velata nel fatto che questi due numeri esprimono (quasi esat­ tamente) il rapporto tra la base e l'altezza del triangolo rettango­ lo che forma la metà di un triangolo equila­ tero; e l'intervallo di settima diminuita, è architettonicamente suggerito nel palazzo Giraud, che è alto quattro piani con sette

aperture su ciascun piano (figura 75). Ogni edificio è il simbolo di qualche numero o gruppo di nu­ meri e, quando gli altri elementi sono uguali, più sono perfetti i numeri coinvolti, più bello sarà l'edificio (figure 76-8 1 ) . I nu­ meri 5 e 7 - quelli che ricorrono più spesso - sono i più soddi­ sfacenti perché essendo quantitativamente piccoli, sono facil­ mente afferrati dagli occhi, ed essendo dispari generano un cen­ tro o un'asse, elementi sempre necessari in ogni composizione architettonica. Seguono i multipli di cinque e sette, quelli più bassi, e i rispettivi minimi comuni multipli, perché l'occhio, con un piccolo aiuto, può scioglierli nei loro fattori costitutivi. Par­ te dell'arte dell'architettura è proprio offrire questo aiuto, per­ ché l'occhio conta sempre, consciamente o inconsciamente, e quando si trova davanti a un numero di unità maggiore di quan­ to possa rapidamente afferrare, se queste unità sono raggruppa­ te o ordinate in modo da mostrarsi come componenti di una

132

Bellissima necessità

ANALISI NUMERICA DELL'INTRECCIO GOTICO

fig. 83

maggiore, quantità esso ne riceve riposo e sollievo. La raison d' ètre del marcapiano non è solo AACATA OECA NeL TRAN.S!:TIO SUD DELLA quella di indicare la CAPPELLA DELIA CAlTEDRALE LINCOLN posizione di un p avi­ mento all'interno di un edificio, così come bugnati e lesene non esistono solo per indi­ PAlJ.lJ..O PRATELLESI SAN GIMIGNANO care la presenza di un ORNAMENTO RINASOMENTALE muro trasversale. Tal­ volta servono all'utile fig. 84 scopo di suddividere una facciata in modo tale che l'occhio possa stimare il numero delle aperture senza sforzo cosciente - e conseguente fatica (figura 82). L'intreccio dei rosoni gotici forma forse la più alta e raffinata espressione architettonica del numero (fig. 83 ) . Proprio come la sete rende l'acqua più dolce, così l'intreccio gotico confonde l'occhio con la sua complessità, soltanto per gratificare la vista in modo più profondo, rivelando l'inerente semplicità in cui questa complesNUMERAZJONE: IN GRUPPI E:5PRE:SSA IN ARCHJTEfTURA



133

Claude Bragdon

L'ORNAMENTO ARCHITETIONICO DE:L NUME:RO

DUE

MOLTIPLICAZlONé IN GRUPPI DI CINQUE

TRé ALTERNANZA DI TRé E SéTTE

fig. 85

sità ha le sue radici. Talvolta, come nel caso del Palazzo Du­ cale di Venezia, i numeri im­ plicati sono troppo grandi per essere conteggiati, ma mostra­ no altre, differenti verità arit­ metiche: ad esempio il molti­ plicarsi in 2 della prima arcata nella seconda, il moltiplicarsi in 3 di questa nel motivo degli archi a cuspide e in 4 nei qua­ drifogli immediatamente al di sopra. È proverbiale: sette è il nu­

mero perfetto; consiste in una quantità sufficientemente com­ plessa da stimolare l'occhio a risolverla, ma insieme così sempli­ ce da poter essere analizzata a prima vista; come centro con due lati uguali è dotato di simmetria, e come somma di un numero dispari e uno pari (3 e 4) ha vitalità e varietà. Tutte queste pro­ prietà possono rivelarsi in un'opera architettonica (figura 77). Anche il quindici è un numero di grande perfezione. È possibi­ le ordinare i primi 9 numeri nella forma di un quadrato " magi­ co" tale che la somma di ciascuna linea, letta verticalmente, oriz­ zontahnente o diagonalmente, sia 15, come si vede qui sotto:

4 3 8

9 5 l

2 7 6

15

15

15

= = =

15 15 15

La sua bellezza è ritratta geometricamente nella figura 86, formata da 15 triangoli in tre gruppi di 5. Tra le possibili dispo-

134

Bellissima necessità

sizioni delle aperture di una facciata sono poche quelle che risultano soddisfacenti per l'occhio quanto quelle con tre grup­ pi di cinque sovrapposti (figure 76-80). Non è forse possibile che una delle cause di questo appagamento risieda nella in­ trinseca bellezza del numero 15? In conclusione, è forse bene che al let­ fig. 86 tore venga ancora ricordato che queste sono le vie traverse, non le grandi strade dell'architettura: la bellezza più elevata non viene dai numeri belli, né dalla somiglianza con i principi eterni della Natura che ordinano il mondo, ma dall'utilità, dalla adeguatezza, dalla eco­ nomia e dal perfetto adattamento di mezzi e fini. Ma insieme a questa verità ne esiste un'altra: che in tutte le più eccelse opere di architettura, insieme alla loro evidente bellezza individuale, ha dimora una bellezza esoterica e universale, che segue i prin­ cipi archetipi che il Grande Architetto ha disegnato per la co­ struzione di quel tempio che è il mondo in cui viviamo.

135

CAPITOLO VII

Musica cristallizzata

Nella serie dei saggi precedenti, dei quali questo è l'ultimo, l'autore si è impegnato a rafforzare la verità secondo la quale l'e­ voluzione su ogni piano e su ogni scala procede in accordo con determinate leggi, che in realtà sono solo ramificazioni dell'uni­ ca, ubiquitaria legge, sempre operante; la legge che si imprime nelle cose che si evolvono lasciando stampate su di esse, per così dire, orme fossili, grazie alle quali possiamo conoscerla. Nelle arti, lo spirito creativo dell'uomo è nel suo stato più libero e in nessuna arte è così libero e sottile come nella musica. La legge universale del divenire si auto-esprime in un istante nel modo più diretto e perfetto, per questo, nella musica. La musica dà voce alla natura intima della volontà di vivere in ogni momento e in tutti gli stati d'animo; in essa, forma e contenuto, mezzo e fine sono perfettamente fusi. È questo fatto che dà validità al detto citato prima: tutte le arti "tendono alla condizione di mu­ sica". Tutte aspirano a dare espressione alla legge, ma la musica, essendo la meno oppressa dal plumbeo fardello della materia­ lità, può esprimerla nel modo più semplice e adeguato. Stando così le cose, non vi è nulla di irragionevole nel tentare di appli­ care i fatti noti dell'armonia musicale e del ritmo a qualsiasi al­ tra arte, e dal momento che qui ci occupiamo principalmente di architettura, l'ultimo aspetto che presenteremo di quest'arte sarà quello di musica cristallizzata - forma ponderabile gover­ nata da una legge musicale. La musica dipende principalmente dalla divisione regolare e uguale del tempo in battute e delle battute nel ritmo; su questo ordito invisibile e senza suono è intessuta una trama melodica infinitamente varia, fatta di toni con frequenze e durate diffe­ renti, aritmeticamente correlati e combinati secondo le leggi del­ l'armonia. L'architettura, in modo analogo, impiega la divisione

137

Claude Bragdon

IL PORTICO NORMANNO DI CANTEKBURY

ritmica dello spazio e obbedi­ sce a leggi numeriche e geome­ triche. Esiste, quindi, una sicu­ f l Jol ra identità tra la semplice ar­ monia nella musica e la sempli­ =i!Ff l ce proporzione nell'architettu­ ra. Traducendo gli intervalli consonanti in numeri, nei co­ muni denominatori, per così '""\ dire, di entrambe le arti, è pos­ � \ sibile dare a questi intervalli una espressione spaziale, e per­ cio architettonica. Questa espressione, considerata solo fig. 87 come proporzione e separata dalla decorazione, si rivelerà piacevole all'occhio nello stesso modo in cui il suo corrispettivo è piacevole per l'orecchio, perché in entrambi i casi non è solo lo specifico organo del senso ad essere gratificato, ma il Sé più interiore, in cui tutti i sensi sono uno. E poiché esso contiene il mistero del numero, entra in risonanza con ogni rappresenta­ zione di quel mistero, visibile o udibile. Se una corda che, vibrando, emette una certa nota viene in­ terrotta al centro, viene cioè divisa a metà, emetterà l'ottava di quella nota. n rapporto numerico che esprime l'intervallo di ottava è quindi 1:2. Se la corda viene invece interrotta a un ter­ zo, invece che a metà, e la si fa vibrare nei rimanenti due terzi, si otterrà la quinta musicale della nota originale, che quindi corrisponde al rapporto di 2:3 . La lunghezza rappresentata da 3:4 dà la quarta; quella di 4:5 la terza maggiore; e quella di 5:6 la terza minore. Questi sono i principali intervalli consonanti all'interno di una ottava. I rapporti dei cosiddetti intervalli in­ versi si trovano raddoppiando il numero più piccolo dell'in­ tervallo originale come dato sopra: quello di quinta, 2 :3 , di­ venta 3:4, l'intervallo di quarta; la terza maggiore, 4:5 , dà 5:8, ESPRESSIONE ARCHITf':TIONICA DI UNA NOTA é Dél SUOI ARMONICI

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Bellissima necessità

ARCHITETTURA COME: ARMONIA (NON IN SCALA) VARié fiNESTRé RINASCIMéNTALI A ROMA

t;;;�OT�IT( TAVA)

IN UN MODERNO PALAU..O

DA f>RAMANTE

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PORTA DI SAN LORENZO IN DAMASCO, ROMA

PALAZZO PIRRO fig. 88

la sesta minore; la terza minore, 5:6, dà 6: 10, o 3:5, cioè la se­ sta maggiore. Di questi vari intervalli consonanti, quelli di ottava, di quin­ ta e di terza maggiore sono i più importanti, nel senso che sono i più perfetti, e sono espressi dai numeri più piccoli, composti con un numero pari e uno dispari. Si noterà che tutti gli inter­ valli dati sopra sono espressi dai numeri l , 2, 3 , 4, 5 e 6, ad ec­ cezione dell'intervallo di sesta minore (5:8) , e questo è il più im­ perfetto degli intervalli consonanti. La settima sub-minore, espressa dal rapporto di 4:7, sebbene inclusa tra gli intervalli dissonanti, forma, secondo Helmholtz, una consonanza più per-

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fetta con la tonica di quanto non faccia la sesta minore. È naturale dedurre da questi fatti che in architettura i rapporti di lun­ ghezza e larghezza, altezza e profon­ dità, per essere "musicali", dovrebbero poter essere espressi da rapporti di nu­ meri quantitativamente piccoli, prefe­ ribilmente uno pari e uno dispari. An­ che se, parlando in generale, più è sem­ plice il rapporto numerico, più è per­ fetta la consonanza, gli intervalli di quinta e terza maggiore (2:3 e 4:5) sono tuttavia considerati più piacevoli dd­ l'ottava ( 1 :2), che è una ripetizione troppo ovvia della nota originale. Da questo è ragionevole assumere (ed è un'assunzione confermata dall'espe­ rienza), che le proporzioni, i rapporti numerici, che l'occhio realizza troppo rapidamente, alla fine diventano tedio­ si. La relazione dovrebbe essere senti­ CASA A R.OMA ta, piuttosto che misurata. Dovrebbe essere percezione d'identità e anche di fig. 89 differenza. Come nella musica, dove le dissonanze sono introdotte per dare valore alle consonanze ad esse successive, così in architettura i rapporti semplici dovrebbero essere utilizzati in connessione con quelli più complessi. Gli armonici sono quelle note che risuonano con qualsiasi nota musicale sia suonata, rinforzandola. Rispetto alla tonica qudli che possiamo percepire seguono i rapporti 1 :2, 2:3 , 3 :4, 4:5 e 4:7. Una nota e i suoi armonici formano un accordo natu­ rale. Possono essere paragonati ai cerchi che appaiono nell' ac­ qua ferma quando vi si getta un sasso, perché nel momento in

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Bellissima necessità

cui un suono musicale disturba la quiete di quel lago di silenzio che chiamiamo aria, esso si increspa ne­ gli ipertoni che diventano via via più flebili fino a dissolversi nel silenzio. Sembrerebbe ragionevole prendere atto che la combinazione di numeri che esprime questi ipertoni, se tra­ dotta in termini di spazio, dovrebbe produrre proporzioni gradevoli per l'occhio; e infatti è così, come gli esempi che presentiamo indicano a sufficienza (figure 87-90) . L'intervallo di settima sub-mino­ re (4:7), usato in questo modo e in connessione con gli intervalli più PORTICATO DELlA CANCE.LLéRIA semplici di ottava ( l :2) e quinta (2 :3), è particolarmente piacevole fig. 9o perché non è troppo ovvio né troppo raffinato. n rapporto di 4:7 è im­ portante perché esprime l'angolo di 60 gradi, vale a dire che i numeri 4 e 7 rappresentano (quasi esattamente) il rapporto tra metà della base e altezza del trian­ golo equilatero: e anche perché formano parte della serie nume­ rica l, 4, 7, 10, ecc. Entrambi sono numeri "mistici " e, in parti­ colare nell'architettura gotica, le proporzioni erano spesso de­ terminate da numeri ai quali era attribuito un significato misti­ co. Secondo Gwilt, le cappelle gotiche di Windsor e Oxford sono divise longitudinalmente in quattro e trasversalmente da sette parti uguali. Nella facciata della cattedrale di Tours la serie di archetti sopra il rosone reca sette unità principali in corri­ spondenza della navata e quattro in ciascuna delle due torri. Una particolare caratteristica della serie di rapporti che rap­ presentano gli intervalli consonanti all 'interno di una ottava è che la loro sequenza procede con l'addizione di l a entrambi i

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PALAZ.Z.O VE:RZ.I A VE:RONA

(SOLO LA PARTE INFERIORE)

È fONDATA SU UN' EGUALE: E: REGOLARE: DIVISIONE DELLO SPAZIO, COME LA MUSICA È

LA COMPOSIZJONE:

' fONDATA SU UN EGUALE: E REGOLARE DIVISIONE DEL TEMPO

fig. 91

' L ARCHITETTU RA COM E RITMO

DIVISONE DELLO SPAZIO CORRISPONDeNTE A UN Tf:MPO DI }/t e t/t

fig. 92

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Bellissima necessità

termini: 1 :2, 2:3 , 3 :4, 4:5, e 5:6, avvicinandosi via via all'unità, proprio come, rappresentata graficamente per mezzo di paralle­ logrammi, tende verso il quadrato. Alberti presenta nel suo libro il progetto di una torre, e mostra la sua idea sulle proporzioni ge­ nerali di questa. La torre consiste di sei piani, in una sequenza di ordini. n piano terra è un cubo perfetto, e ciascuno dei piani suc­ cessivi è undici dodicesimi del piano sottostante, diminuendo, in pratica, nella proporzione di 8, 7 , 6, 5, 4, 3 , comprendendo nel­ l' altezza di ciascun piano anche lo spessore nascosto dalla corni­ ce sottostante; ogni ordine è accurato per quanto riguarda co­ lonne, modanature, ecc. È interessante confrontare tutto questo con Le Sette Lampade in cui Ruskin studia il caso di una pianta chiamata Alisma Plantago, nella quale i vari rami diminuiscono in proporzione di 7, 6, 5, 4, 3 rispettivamente, per osservare, por­ tando avanti la stessa idea, che la diminuzione di un edificio do­ vrebbe avvenire secondo il modo della Natura. Sarebbe un lavoro senza profitto il formulare regole esatte della proporzione architettonica basate sulle leggi dell'armonia musicale. Le due arti sono troppo differenti tra di loro, per que­ sto, e, soprattutto, l'ultimo giudizio deve sempre essere affidato all'occhio e non a una formula matematica, proprio come nella musica l'ultimo giudizio è affidato all'orecchio. Le leggi esisto­ no, ma si rivelano all'artista man mano che egli procede nel suo lavoro e sono, nella maggior parte dei casi, incomunicabili. Re­ gole e formule sono utili e hanno valore solo come guide, non come sostituti dell'ispirazione: non come ali, ma come una coda. Tutto quello che il progettista di architettura deve tenere a men­ te, in questo campo, è forse che, per essere "musicali", i rapporti importanti tra lunghezza e larghezza, tra altezza e ampiezza, do­ vrebbero essere espressi mediante numeri quantitativamente piccoli e obbedire a una semplice legge di progressione numeri­ ca. Da questa semplicità di base potrà nascere una complessità ordinata e articolata come quella di un albero o di una sinfonia. Proprio come una composizione musicale implica la divisio­ ne del tempo in battute uguali e regolari, così un'opera architet-

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Af?.CHITE:TTURA COME: RITMO

tonica dovrebbe basarsi su una qualche unità di spa­ zio. Questa unità non do­ vrebbe mai, e in nessun modo essere troppo evi­ dente, e potrebbe anzi es­ sere variata entro certi limi­ ti, proprio come un tempo musicale può essere ritar­ dato o accelerato. n ritmo e la simmetria soggiacenti conferiranno valore e di­ stinzione a tali variazioni. Vasari racconta infatti come Brunelleschi, Bra­ mante e Leonardo da Vinci fig. 93 lavorassero su fogli di carta quadrettati, parlandone come di "cosa veramente ingegnosa e di grande utilità nel disegno ". In questo modo svi­ lupparono le proporzioni secondo uno schema definito. Lavo­ rarono su divisioni dello spazio analoghe alla divisione del tem­ po del musicista. Gli esempi qui allegati indicano quanto sia stretto il parallelo tra musica e architettura per quanto riguarda il ritmo (figure 91-93 ). È un fatto dimostrabile che i suoni musicali intreccino trame invisibili nell'aria. L'architettura, allo stesso modo, in uno dei suoi aspetti, è pattern geometrico reso fisso e durevole. Cosa po­ trebbe essere più musicale nell'essenza, ad esempio, della fac­ ciata verso il mare del Palazzo Ducale di Venezia? Le figure tracciate dalla sabbia su una lastra di metallo che vibra con la musica potrebbero facilmente sembrare decorazioni architetto­ niche, se la differenza nelle dimensioni e nel materiale non confondesse la mente. L'architetto dovrebbe occuparsi di iden­ tità, non di differenze. Se terrà sempre a mente che l'architettuDIVISIONI: DI SPAZJO CORRISPONDENTI: A UN TI:MPO DI f

/+.

GLI ACCCNTI PRJNCIPALI r: SUBORDINATI

CORNICIONI:': DC:LLA VILLA FARNI:':SINA, ROMA

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Bellissima necessità

····--··----------·--·-·--····-·------·-·-------,------1 ARCHITETTURA COME: PATTE:RN (NoNt�SCAlA)

GOTICO -

RINASCIMENTO ITALIANO -

FACCIATA DI NOTRc DAMe

IL P/VJHJ STOPPANI A ROMA

fig. 94

ra è pattern nello spazio, proprio come la musica lo è nel tempo, comincerà a vedere l'identità essenziale tra una rosetta greca e, diciamo, un rosone gotico; tra un'arcata e una modanatura di ovoli e saette (figura 94). Tutte le forme e disposizioni architet­ toniche che danno un piacere che dura nel tempo sono, nella loro essenza, musicali. Ogni facciata ben composta forma un' ar­ monia in tre dimensioni, così come ogni profilo di un tetto ben fatto canta una melodia al cielo.

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Conclusione Nel prendere congedo dal lettore alla fine di questa escursio­ ne compiuta insieme tra i sentieri di una bella arte, l'autore deve aggiungere una o due parole finali sullo scopo e sulla portata di questi saggi. L'architettura (come qualsiasi altra cosa) ha due aspetti: può essere considerata dal punto di vista dell'utilità, vale a dire come costruzione, oppure dal punto di vista dell'espres­ sione, vale a dire come decorazione. Non si è tentato qui di trat­ tare il primo aspetto; e, a proposito del secondo, che a sua volta è diviso in due, ci si è occupati solo dell'espressività universale, non di quella particolare. La letteratura architettonica è ricca di opere che trattano il lato utilitaristico e costruttivo dell'arte: si potrebbe proprio dire essa sia dedicata quasi solo a questo. È, sembrato utile, stando così le cose, tentare di mostrare il rovescio della medaglia, anche se è la "croce" invece della "testa". Si noterà che in queste pagine il metodo induttivo non è sta­ to onorato con la dovuta osservanza: sarebbe stato facile occu­ parsi del tema in modo induttivo, ammassando fatti e traendo conclusioni, ma nel fare questo l'autore avrebbe tradito proprio il principio per il quale l'opera ha visto la luce. Nell'accettare l'Antica Sapienza, il metodo induttivo non è più necessario. I fatti non servono per stabilire un'ipotesi, ma piuttosto per chia­ rire meglio una verità nota e accettata. Quando le idee teosofi­ che avranno permeato il pensiero del genere umano, questo la­ voro, se mai sopravvivesse, sarà notevole soprattutto - forse sol­ tanto - per essere stato tra i primi a tentare di unificare di nuo­ vo scienza, arte e religione com'erano unificate in quegli antichi tempi e per quegli antichi· popoli, nei quali, e presso i quali, la Sapienza dominava i cuori e le menti degli uomini.

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Tecnica e Tradizione collana diretta da Guglielmo Bilancioni

l 2

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William R. Lethaby, Architettura, misticismo e mito

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Chiara Visentin, L'equivoco dell'eclettismo. Imitazione e memo­

ria in architettura 3 -

Colin Rowe, L'architettura delle buone intenzioni. Verso una vi­

4-

Henry Petroski, Gli errori degli ingegneri. Paradigmi di proget­

sione retrospettiva possibile tazione

5

Adrian Forty, Parole e edifici. Un vocabolario per l'architettura

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moderna 6-

Bernard Tschumi, Architettura e disgiunzione

7

Steen Eiler Rasmussen, Architettura come esperienza

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Gillian Darley, Fabbriche. Origine e sviluppo dell'architettura in­

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dustriale 9

Peter Eisenman, La base formale dell'architettura moderna

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10

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Juhani Pallasmaa, Lampi di pensiero. Fenomenologia della per­

cezione in architettura 1 1 - Alberto Giorgio Cassani, Figure del pinte. Simbolo e architettura