Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell'azione

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Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell'azione

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IL TRIDENTE Campus

133

ANGELO TONELLI Attraverso oltre Della conoscenza, della solidarietà, dell'azione l Angelo Tonelli Bergamo : Moretti&Vitali , [20 1 9] . 240 p. ; ili. ; 2 1 cm. (Il Tridente. Campus ; 1 3 3 ) ·

CDD (ed. 2 1 .) : 153 ISBN 978 88 7 186 757 l

l. Conoscenza - Psicologia - Influssi [della] Filosofia greca I. Tonelli, Angelo

Le fotocopie per uso personale de/lettore parrano ersere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono ersere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedz; Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali; Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazio­ [email protected] e sito web www.clearedi.org.

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Stampa: Logo Srl, Borgoricco (Pd) , maggio 2 0 1 9

ANGELO TONELLI

ATTRAVERSO OLTRE Della conoscenza, della solidarietà, dell'azione

Moretti&Vitali

SOMMARIO

13 17

PREFAZIONE DELL'AUTORE

Gratias plurimas ago l. DELLA CONOSCENZA

La Sapienza delle origini Eleusis Nessuno saprà mai il segreto di Eleusi L'Inno a Demetra: il mito dei Misteri I Piccoli Misteri I Grandi Misteri Sulla soglia Nel telestérion Il drama misterico Epopteia Oggetti mistici e indicibili Hierogamia Dioniso e la coscienza cosmica Esperienza della Luce Il processo iniziatico e la morte simbolica La gioia dell'immortalità

21 24 24 26 31 32 34 35 36 37 39 40 42 43 44 46

Orphica

48 7

Sommario

Consonanza sapienziale originaria Poeta, sciamano, musica e incantatore Orfeo e Euridice Mistagogo e iniziatore di Misteri Or/ismo e Dionisismo: Zagreus Inno a Zeus Lo smembramento di Dioniso e la natura anche divina degli umani Soma/sema Reincarnazione Lo specchio di Dioniso Il mondo è conoscenza Le Tavolette di Olbia

48 49 51 52 52 56 58 59 61 62 64 65

Tavolette di Olbia

67

Lamine d'oro orfiche Lux in tenebris Sapienza mnemosynia Morte è rinascita Testi delle Lamine

69 69 70 71 72

La Sapienza ellenica Che cos'è Sapienza? Il milieu della Sapienza greca Il dio della Sapienza

80 80 83 84

Parmenide Incroci di vite sapienziali Sapiente politik6s Perì Physeos Promemoria iniziatico La rivelazione della Daimon La via maestra Le tre vie Nondualismo È o non è

87 87 88 89 89 90 93 93 95 96 8

Sommario

Una strana fraternità metafisica Noei:n=ei:nai N6os Tutto è eterno Perciò saranno tutti nomi. . . Ontologia del dicibile La d6xa, la terza via e l'errore dei mortali Zenone Sapiente politik6s Il Perì Physeos e la dialettica originaria Invisibile contro visibile Il Grande Costruttore Rasoio dialettico e gymnasia eleatica Il padre della logica Antinomie Il movimento non esiste LE QUATTRO ARGOMENTAZIONI CONTRO IL MOVIMENTO

L'argomentazione della dicotomia L'argomentazione di Achille e la tartaruga L'argomentazione della freccia L'argomentazione dello stadio L'argomentazione del grano di miglio Al richiamo dell'Origine Melissa Dell'Origine, ovvero di ciò che è L'aporia ineludibile e il tò e6n di Melissa Gli attributi di tò e6n I Molti non esistono L'Immortale L e parole del Sapiente

97 97 98 99 1 04 1 06 1 07 1 10 1 10 111 1 12 1 13 1 14 1 15 1 16 1 17 1 19 1 19 120 120 12 1 124 124 126 126 127 128 130 130 13 1

ATTRAVERSO 0LTRE

Dell'invisibile Dal mistero nel mistero al mistero 9

137 138

Sommario

Vacua plenitudo

138

Noou anthos Mente e/è mondo Co-creare la realtà La domanda determina la risposta Caso e necessità Hèn panta Sogg-etto, ogg-etto, mat-en"a Soggettocentrismo fuorviante Ambiguità della materia Gli occhiali causali La funzione variabile e l'interdivenire Il l6gos dia-bolico Fuori dalla morsa del dualismo Conoscenze relative Trans-immanentismo Rapido eptalogo gnoseologico La coscienza coincide con il cervello? Mente estesa Vuoto mistico e vuoto quantistico Mens super omnia et insita omnibus Di cosa è /atto il mondo?

140 141 142 144 145 146 147 149 149 15 1 15 1 153 154 155 156 157 158 162 164 1 65 166

À rebours V acua plenitudo Occhio-specchio In altri termini La pietra filosofale, l'acqua divina e il Su tra del Cuore

17 1 17 1 172 1 75 178

Che fare? Discipline di consapevolezza tra Occidente e Oriente La sapienza stoica di Marco Aurelio Aristotele eleusino e il Sé divino degli umani Una parentesi sulla decadenza: dal Sapiente a lfiloso/o all'intellettuale La questione dell'Ombra

1 82 1 82 1 86 1 89 191

10

1 92

Sommario

"La natura gode della natura, la natura trionfa della natura, la natura domina la natura Lavorare sulla mente Per una democratizzazione delle pratiche sapienziali Esercizi spirituali per aspiranti politici

193 194 196 198

200

BIBLIOGRAFIA GENERALE

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Dedico questo libro a Gabriele La Porta ardente testimone e luminoso araldo della Sapienza e a quanti percorrono con spirito aperto e cuore generoso e indomito il tragitto della conoscenza di Sé e dell'amore cosmico

PREFAZIONE DELL'AUTORE

Consegno alla stampa questo libro nella speranza che possa es­ sere di qualche utilità per evoluzioni interiori individuali capaci di riverberarsi nell'edificazione di una civiltà solidale e illuminata, che sorga dalla crisi ecoantropologica in atto. È dunque libro per tutti e per ognuno, nel senso che a tutti, se­ condo la prospettiva iniziatica e sapienziale, è possibile, prima o poi, ridestare la natura illuminata che giace, come la pietra filoso­ fale, sotto la polvere delle sedimentazioni psichiche fuorvianti e dei condizionamenti controsapienziali, e che ognuno è chiamato a col­ tivare secondo un complesso, personalissimo itinerario, nel corso di una vita, o di molte, fino a " raggiungere la Sapienza suprema" , per dirla con Eraclito. Il titolo del libro, Attraverso Oltre, allude a un movimento insie­ me di inerenza dionisiaca alla vita e di oltrepassamento sapienziale di essa, che viene sentita come manifestazione del Divino cosmico, il quale si impone anche come ulteriorità, in una via di mezzo tra dualismo e nondualismo. In questa prospettiva la condizione umana è concepita come oc­ casione di trascendimento di se stessa, e di assimilazione dell' esse­ re umano, nella sua quintessenzialità illuminata, al " cuore che non trema della ben rotonda verità" , ovvero alla mente-cuore del " Dio Cosmico " : il Quale ha una " periferia" e un " centro " . I n quest'ultimo è bene porre dimora, gocce del vasto Oceano, prima di lasciare la vita terrestre. 13

Attraverso Oltre

La conoscenza non coincide con la padronanza filosofica e scien­ tifica del pensiero, o l'accumulo di informazioni corrette intorno alla vita, ma con la stabilizzazione di livelli di coscienza illuminati, attraverso una costante disciplina interiore. I cardini di questa Sapienza che rigenera la vita individuale e quindi collettiva vanno restaurati nella psiche dell'umanità di oggi attraverso un viaggio alle radici della sua cultura, e dunque in di­ rezione delle tradizioni iniziatiche originarie e dello sciamanesi­ mo, che sono la prima manifestazione di spiritualità umana: noi occidentali dobbiamo rivolgere lo sguardo ai Misteri Eleusini, alle iniziazioni orfiche, e a quei pensatori che Platone definiva sophoi, ovvero Sapienti, e che hanno nome Eraclito, Empedocle, Parmeni­ de, Pitagora, ma anche ai grandi maestri della conoscenza tragica ('' patendo conocere " ) , Eschilo, Sofocle, Euripide, per non citare che i maggiori tra i Greci. E guardare alle radici della nostra cultura significa anche guar­ dare alla Sapienza d'Oriente, perché anche di essa (oltre che dello sciamanesimo iperboreo e della spiritualità egiziana, persiana e me­ sopotamica) era pervasa la Sapienza di Pitagora, Eraclito, P armeni­ de, Empedocle, Democrito e Platone. Questo tragitto " sulle tracce della Sapienza" a cui ho dedicato un omonimo libro, consente di fare collidere e colludere la grande esperienza conoscitiva originaria occidentale-orientale con le do­ mande di rinnovamento culturale e interiore poste dalla crisi della civiltà contemporanea, di gettare uno sguardo non intellettualisti­ camente filosofico o scientistico sulla vita e i suoi enigmi, e di ap­ prestare strumenti insieme antichi e nuovi per attraversarla con il massimo possibile di serenità, creatività e consapevolezza. Inoltre, alla luce della tradizione psicoanalitica, in particolare junghiana, liberata da ogni retaggio psicoterapeutico e psicologico e trasformata in una via spirituale di Ricerca del Sé, è opportuno recuperare gli strumenti indispensabili per una paideia fondata sul­ la consapevolezza e l'integrazione delle Ombre, l'unica in grado di liberare l'umanità dalle tendenze negative che affliggono la vita in­ dividuale e consociata. Nella prospettiva di una conoscenza che culmina nella possibi­ lità di illuminazione a cui tutti, prima o poi, possono attingere, la 14

Prefazione dell'autore

Il "Mongolo di Taranto", Corpus Vasorum Antiquorum, Heidelberg Univer­ sitat, band 23, Bearbeitet von Konrad Schauenburg, Deutschland, 1 954.

riflessione si volge al luogo della relazione tra gli esseri umani, ovve­ ro la civitas collettiva, perché la meta terrestre e la misura concreta dell'evoluzione individuale coincide proprio con la capacità di con­ correre alla realizzazione di una società etica, solidale, illuminata, che si compone di individui etici, solidali, illuminati, in grado di disattivare l' Ombra e il Male dentro se stessi e fuori di sé e generare classi dirigenti, a livello politico, economico, militare, finalmente libere da ogni egoismo machiavellico, che è il nemico principale della civiltà consapevole e solidale: il palesamento dell' Ombra non nobile della politica è giunto, a livello planetario, e specialmente in Italia, al limite della possibilità di tolleranza collettiva. Questa la misura, questa la sfida per le donne e gli uomini dei prossimi decenni, perché finalmente la Storia impone la più severa delle alternative: evolvere culturalmente e spiritualmente, ripen­ sando i cardini della consociazione planetaria, o sprofondare nella barbarie e nella devastazione irreversibile e già in atto dello habitat naturale e umano. Postilla Riguardo ai contatti tra la Grecia, la Magna Grecia e l'Oriente, proprio mentre il volume sta per andare in stampa, ho il piacere 15

Attraverso Oltre

di ricevere l'immagine realizzata nel V-IV secolo a.C. su cerami­ ca vascolare protolucana, inclusa nel Corpus Vasorum Antiquorum Deutschland, custodito nella Heidelberg Universitat, in cui si ritrae realisticamente un guerriero vistosamente Mongolo. Siamo nella Taranto del Pitagorico Archita, amico di Platone, sapiente, filoso­ fo, musica, matematico e aritmogeometra pitagorico, allievo di Fi­ lolao e Eurito, che fu anche il comandante militare e leader politico della fiorentissima Taranto nel V-IV secolo a.C. È un documento di eccezionale importanza per comprovare in maniera inconfutabile sia la relazione culturale, commerciale e come da almeno 3 0 anni vado sostenendo, spirituale, tra la Magna Grecia e l'estremo Nord Est dell'Europa e l'Asia, ovvero con lo sciamanesimo iperboreo, sia le radici eurasiatiche (altro che cristia­ ne) della nostra civiltà. Di questo tratterò più estesamente nel libro Lo sciamanesimo greco.

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Gratias plurimas ago Ringrazio quanti ho incontrato nel corso della vita e mi sono stati ispirazione ad accogliere e trascendere i limiti della mia trama interiore ed esistenziale, sia convocandomi alla gioia e alla bellezza, sia obbligandomi a misurarmi con la disarmonia e il dolore. Tutto ciò è sigillato nell'intimità della memoria e nel cuore. La mia gratitudine ai Grandi Iniziati che hanno donato al mon­ do il seme del risveglio e dell'illuminazione, e la possibilità di sot­ trarre sempre più terreno all'Ombra, owero alle tendenze negative ed egoistiche - ignoranza, avidità, prevaricazione - che inchio­ dano l'umanità ai suoi livelli meno evoluti di coscienza e quindi di esistenza. Grazie anche ai maestri del pensiero che hanno distillato parole di conoscenza che valicano i secoli e i millenni: Eraclito, Parmeni­ de, Empedocle, Platone, Eschilo, Sofocle, Euripide, e più vicini a noi nel tempo, Schopenhauer, Jung e Colli; inoltre i portatori vi­ venti della grande tradizione meditativa dell'Oriente che ho avuto la fortuna di incontrare, tra i quali il Monaco zen Tae Hye Sunim, e tutti coloro che in vari momenti e luoghi mi hanno offerto barbagli della Sapienza che variamente si distilla in creature elette. Grazie alle allieve e allievi dei seminari di Filosofia Greca An­ tica e Ricerca del Sé che tengo ogni anno presso l'Associazione 17

Attraverso Oltre

Culturale Arthena di Lerici, l'Associazione "L'Alba" di Pisa, e l'A­ telier Nuova Eleusis di Sarzana. Un ringraziamento al Dottor Stefano Bonanni, alla Dottoressa Paola Raffaelli e alla Biblioteca della Scuola Normale Superiore di Pisa per l'aiuto nelle ricerche bibliografiche e l'accesso a libri e ri­ viste; a Valentina Cagliesi, e Jacopo Staude per la collaborazione nella ricerca dell'immagine vascolare del " Mongolo di Taranto " ; alle Istruttrici della Biblioteca Civica di Lerici Carla Giunchi, pur­ troppo di recente scomparsa, e Daniela Cecchi per l'efficiente gen­ tilezza.

NB: Si ritroveranno qui anche alcuni adattamenti di parti dei libri Sulle tracce della Sapienza (Moretti&Vitali) e La degenerazione della politica e la democrazia smarrita. Una nuova etica per la soprav­ vivenza della civiltà (Armando) ; inoltre la ricognizione sulle radici eurasiatiche della Sapienza greca, su Eleusi, l'Orfismo e le Lamine d'oro or/iche, e su Parmenide e Zenone viene ripresa, mutatis mu­ tandis, dai miei libri Le parole dei Sapienti e Eleusis. Or/ismo. I Mi­ steri e la tradizione iniziatica greca, pubblicati da Feltrinelli editore, che sentitamente ringrazio. 18

I.

DELLA CONOSCENZA

La Sapienza delle origini

Fortunatamente la convinzione di una origine totalmente autoc­ tona della Sapienza greca si è dissolta: ormai è noto il debito con­ tratto da essa nei confronti dello sciamanesimo iperboreo, ovvero mongolico-siberiano e tracio (Orfeo, Abaris, Aristea, Pitagora) , ma anche dell'Egitto (ancora Pitagora) , dell'area iranica (Eraclito, Em­ pedocle), e dell'Estremo Oriente taoista e upanishadico (Parmeni­ de e ancora Eraclito, Empedocle) , attraverso la mediazione degli Sciti e dell'Impero Persiano. Brahman è l' Uno-Tutto, la forza magica che pervade ogni cosa dell'uni-verso e lo fa Uno. È il nome che in Oriente assume la stessa esperienza mistica di unità di tutte le cose che viene vissuta in Oc­ cidente dall'iniziato ai Misteri orfeodionisiaci eleusini, e declinata in forma originale da Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle. Nella tradizione vedica il mondo esterno è frutto dell'interiorità dell'uomo, dell'atman-brahman, che in una interazione biunivoca co-crea il cosmo stesso e gli eventi sensibili in cui ogni individuum si imbatte: si pensi ai vertici speculativi che in questa direzione ha raggiunto l'Advaita Vedanta. Il cosmo è maya, illusione, ma allo stesso tempo questa illusione è la veste del Divino, e il Sé individuale, l'atman , è ciò che in ogni individuum coincide con il Brahman, l'Assoluto. Il mondo visibile è riflesso solo apparentemente molteplice dell ' Uno, e così anche l'uomo, quando sappia raccogliersi nel pro­ prio atman-brahman, è l' Uno. 21

Attraverso Oltre

M.L. West, nel libro Early Greek Philosophy and the Orient, concentrando la sua indagine soprattutto su Ferecide, 1 documenta la stretta relazione che intercorreva tra mitologia e religione persia­ ne da una parte e Sapienza greca dall'altra, in particolare in relazio­ ne alla mitologia del Tempo. Ma soprattutto rintraccia nel sostra­ to sciamanico panasiatico il trait-d'union tra Sapienza d'Oriente e d'Occidente: Anche se in epoca storica lo sciamanesimo non sopravvisse come tradizione vivente, elementi sciamanici percorrono il proe­ mio del Peri Physeos di Parmenide, 2 e sciamanica in Empedocle è la capacità di guarire, profetizzare, controllare pioggia e vento, resuscitare i morti, aggirandosi " come un dio tra i mortali" . 3 In epoca arcaica esisteva uno sfondo comune, costituito dal so­ strato sciamanico panasiatico, che estendeva le proprie radici fino alla Tracia e alla Ionia, e di qui alla Grecia e alla Magna Grecia, investendo i centri iniziatici e sacerdotali di Delfi e di Olimpia. Di questa cultura si trovano tracce, oltre che in Parmenide, Empedo­ cle, Eraclito e Pitagora, in personalità semileggendarie, come Ari­ stea nel Proconneso, Orfeo in Ionia, Hermotimo a Clazomene; di sciamansesimo erano impregnati i culti misterici della Grecia clas­ sica di matrice orfeodionisiaca, delfica, ecatica. Come non cogliere nella Sapienza eraclitea del Fuoco cosmico almeno un'eco di questa religiosità sciamanica? Nella sua opera trovano sintesi originale elementi della tradizione metafisica india­ na, vedica e upanishadica, e della spiritualità persiana, zoroastriana e avestica, in particolare gathica. E come non cogliere vistose analogie tra la concezione eraclitea dell'unità degli opposti, dell'armonia nascosta, del perpetuo mutaWest EGPO 313 sostiene che Ferecide "dovesse gran parte della sua cul­ tura al padre di origine cilicia " e che "egli potrebbe essere un altro esempio di sacerdote-teologo emigrato in Occidente all'epoca della sconfitta di Creso (547/546) o subito dopo" . E riguardo ai Magi afferma che con la sconfitta e l'annessione della Media da parte di Ciro nel 549 o poco prima essi avreb­ bero potuto cercare rifugio all'estero, in India e in Occidente. Cfr. Parmenide, fr. 28B l DK (= fr. lA). Cfr. Empedocle, frr. 3 1 B 1 1 1 et 3 1 B 1 12 DK.

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La Sapienza delle origini

re delle cose, e quanto a ogni pagina va dicendo Chuang-tzu, uno dei maestri del taoismo cinese, testimone di una più antica tradi­ zione spirituale che affondava le radici nel sostrato panasiatico? E tra alcuni frammenti di Empedocle, di chiara matrice orfica, e la dottrina orientale della rinascita?4 Anche dopo l'esaurirsi della cultura sciamanica le idee conti­ nuavano a circolare tra Oriente e Occidente, e la Sapienza che in origine era occidentale-orientale abitava anche a Eleusi, nella tra­ smissione iniziatica del culto orfeodionisiaco, vincolata al segreto misterico. Ma la tradizione posteriore ha obliterato questa prossimità, perché la Sapienza greca contestualizzata con la spiritualità vedico­ upanishadica piuttosto che con la filosofia aristotelica convoca ogni individuo a un processo di consapevolezza e autoliberazione che mal si concilia con le pretese di manipolazione politica, ideologica e religiosa delle coscienze. E con l'umana troppo umana carriera da intellettuale-filosofo o professore universitario. Il lungo processo di osmosi sapienziale delle origini, a partire dallo sciamanesimo eurasiatico, trova mirabile condensazione nel fenomeno iniziatico più popolare e insieme esoterico dell'Occiden­ te europeo: i Misteri Eleusini.

Empedocle, fr. 3 1B 1 17 DK; 3 1 B 146 DK; 3 1 B 147 DK.

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Eleusis

Nessuno saprà mai il segreto di Eleusi Se lo è portato via con sé la legge dei Misteri, come il nome ini­ ziatico dello ierofante Apollonio: O iniziati, allora mi vedeste, quando vi apparivo dinnanzi al santua­ rio nelle notti fulgenti . . . e dopo averne goduto, adesso faccio risuonare parole divine. Chiunque io sia, non cercare il mio nome: la legge dei Misteri se lo è portato via con sé nel mare purpureo. � Ma quando giungerò alle case déi Beati nel giorno destinato dalla Moira allora lo pronunceranno tutti coloro che mi vogliono bene [. . ] Adesso noi figli rendiamo manifesto il nome del padre eccellente, che egli occultò nel mare profondo, finché era vivo. (IG II (2) 3 8 1 1 , 1 -2; 4-10). .

Un segreto custodito, pena la morte, per più di duemilacinque­ cento anni, e di cui forse qualcuno detiene ancora la chiave aurea; Cfr. Luc., Lexiph. , lO per il divieto di rivelare il nome dello ierofante. 24

Eleusis

Pausania stesso, il curioso Pausania, soccombe a un sogno che gli vieta " di scrivere delle cose che ci sono dietro le mura del santuario " . 6 Il segreto iniziatico è un metodo per creare una vissutezza co­ noscitiva a circuito chiuso, una sorta di alambicco per una alchimia interiore in cui l'insegnamento viene " spartito nelle viscere " , per dirla con Empedocle, il poeta-sciamano-sapiente orfeopitagorico. In questo modo l'iniziazione che Aristotele definisce "sentire un 'emozione e essere in una certa disposizione di animo" ,7 proprio perché viene sigillata in un circuito che non ammette espressione all'esterno, e dunque dispersione psicoenergetica, può configurar­ si, per usare ancora immagini aristoteliche, come un"' impronta" (typoumenos) che l'iniziato riceve, e non come un " insegnamento " (didask6menos) . 8 Il segreto non circondava soltanto le azioni rituali (dr6mena) o le formule iniziatiche (/eg6mena) , ma anche gli oggetti sacri del cul­ to, i hierd, che venivano mostrati solo in occasione dei Misteri, nel luogo delle iniziazioni (telestérion).9 A questa esperienza iniziatica, che prevedeva gradi progressivi di profondità e illuminazione (teleté, myesis, epopteia), potevano accedere tutti, a eccezione di chi non avesse " mani pure" o parlasse " una lingua incomprensibile" ,10 oppure non avesse ricevuto l'ini­ ziazione preliminare. 11

6

9 10

11

Cfr. Paus. I 14, 2-3 . Cfr. Aristot. , De philosophia, fr. 15 Ross. Cfr. Mich. Psell. , Sch. ad ]oh. Climac 6, 17 1 , Catalogue des manuscripts alchimiques grecs VI, ed. J. Bidez, Bruxelles 1 928. Cfr. Mich. Psell., Opuscula 44, 1 -2 (Duffy). Cfr. Theon. Smirn., De math. util., p. 14 Hiller. Ai Misteri erano ammesse anche le donne e gli schiavi, e almeno nella fase antica ne erano esclusi co­ loro che non parlassero lingua greca: dopo Alessandro Magno vi potevano accedere anch'essi (e/r. Foucart ME 272 ) . Cfr. Io. Tzetz. , in Aristoph . , Ran., 369. 25

Attraverso Oltre

L'Inno a Demetra: il mito dei Misteri La fonte più antica intorno alla fondazione dei Misteri è sicura­ mente l'Inno a Demetra omerico. Esso riguarda la fase più arcaica, probabilmente databile a partire dal XV secolo a.C., quando De­ metra viene introdotta a Eleusi. 12 A partire dal VI secolo a.C. si verifica una sorta di rifondazione dei Misteri, che assumono la configurazione con cui ci sono noti: ciò in seguito all'affermazione definitiva degli Eumolpidi come ege­ moni del sacerdozio eleusino. 1 3 L'Inno a Demetra, una sorta di Laudatio Cereris in esametri, de­ stinato alla recitazione da parte dell'aedo con l'accompagnamento della cetra, forse fu composto e recitato in occasione della festa de­ gli Eleusinia, che prevedeva gare di aedi, 14 e che insieme con i De­ metrza, gli Haloa e i Thesmophoria era dedicata a Demetra e Kore. L'Inno può essere datato tra il secondo quarto del VII secolo a.C. e la metà del VI secolo a.C. , 15 e si apre con il rapimento di Kore-Persefone, la figlia di Demetra, da parte di Hades, il dio degli Inferi: in questo si dichiara il carattere catabatico, di contatto con il mondo dei morti, caratteristico della tradizione sciamanica e in generale iniziatica; ma la katdbasis iniziatica prelude sempre a una risalita verso la luce (andbasis) : non si dimentichi che Demetra è la Dea Terra Madre, e dunque si presenta sia sotto l'aspetto di chth6n , il sottosuolo oscuro, che di ghé, la superficie illuminata dal Sole. Il rapimento di Kore voluto da Zeus1 6 sprofonda Demetra in un " dolore lancinante" , 17 e la Dea Madre "come un uccello si slanciò sopra la terra asciutta e l'umido mare l cercandola " . 1 8 Si aggira per

12

C osì Foucart ME 247 , che sostiene l'origine egiziana dei Misteri Eleusini, identificando Demetra con Iside e Dioniso con Osiride. 1 3 Cfr. ibidem, 260. 1 4 Cfr. ibidem, 26 1 . 1 5 Cfr. Foiey HHD 29; Richardson HHD 6- 1 1 ; Scarpi RM 443 . 16 Cfr. Hymn. Dem, 30. 1 7 Cfr. ibidem, 40. 18 Cfr. ibidem, 43-44 .

26

Eleusis

la terra nove giorni, impugnando torce ardenti - uno dei simboli della ricerca iniziatica eleusina - in totale digiuno, senza neanche lavarsi: 19 pellegrinaggio e digiuno della dea che saranno ripresi nelle celebrazioni preliminari dei Misteri, e probabilmente anche nell'ambito delle azioni rituali esoteriche proprie della myesis. Da Helios "che veglia sugli dei e sugli uomini"20 apprende che Kore è stata rapita da Hades, per volere di Zeus. Infuriata, "occul­ tando il suo aspetto"21 - anche questo gesto allude a una parte del cerimoniale che prevedeva un periodo di ritiro degli iniziandi, nei giorni 17 e 18 del mese di Boedromione - si tiene lontana dal con­ sesso degli dei nell'Olimpo e si aggira in incognito tra gli umani. In questo suo peregrinare giunge presso la dimora di Celeo, signore di Eleusi, e siede presso il pozzo Partenio, sul ciglio della strada.22 La scorgono le quattro figlie di Celeo, ma non la riconoscono, e Demetra dichiara di chiamarsi Dono (D6s) , e di venire da Creta, dopo essere stata rapita dai pirati, e chiede di essere accolta in casa come domestica o nutrice.23 Metanira e Celeo accettano la sua proposta e la accolgono nella reggia, ma la dea si copre il capo con un velo - altro gesto rituale che troviamo nell'iniziazione eleusina - e si chiude nel silenzio, ri­ fiutando acqua e cibo. 2 4 Soltanto Iambe riesce a farla sorridere e rasserenarla "con le sue facezie e i suoi molti motteggi" .25 Quando Metanira le offre una coppa di vino rosso la dea rifiuta, perché il vino è prerogativa non sua, ma di Dioniso, e la invita "a darle da bere acqua e farina di orzo, l mista a menta delicata " : 26 è l'atto di con­ sacrazione mitopoietica del ciceone, la bevanda sacra dei Misteri, 19 2° 21 22 n

24 25

26

Cfr. ibidem, 48-50. Cfr. ibidem, 62 . Cfr. ibidem, 94 . Cfr. ibidem, 98-99. Cfr. ibidem, 100- 144. Cfr. ibidem, 1 97-200. Cfr. ibidem, 202-204. I motteggi di Iambe rimandano ai motti osceni - di matrice dionisiaca - nel corso delle feste dedicate a Demetra e nei Misteri Eleusini. Cfr. ibidem, 208-209. 27

Attraverso Oltre

dotata o non dotata che fosse di qualità psicotrope e enteogene alla maniera del peyote sudamericano o del soma vedico, derivanti dalla fermentazione della segale cornuta.2 7 Demetra accetta di allevare il figlio di Metanira e Celeo, De­ mofonte, che cresce "simile a una divinità, l senza cibarsi, senza succhiare il /atte" ;28 la dea lo unge di ambrosia e alita su di lui il suo respiro divino, e di notte " lo nascondeva nel vigore delfuoco, l come un tizzone, di nascosto dai genitori" ,2 9 in un battesimo igneo che trasforma e purifica il fanciullo, assimilandolo alla sostanza divina e destinandolo a una immortalità esente da vecchiaia.30 Come non pensare che l'immortalità fosse una delle ricompense garantite dalla iniziazione ai Misteri, tanto più che una delle trage­ die per cui Eschilo fu accusato di avere profanato i Misteri Eleusini era il Sis t/o, concentrato sul tema della conquista dell'immortalità attraverso l'incatenamento della Morte? 3 1 Non suonava forse come una promessa di vita oltre la morte il frammento di Sofocle che annunciava: O tre volte beati coloro tra i mortali che vanno nell'Ade dopo avere visto questi Misteri: solo per essi c'è vita laggiù mentre per gli altri laggiù tutto è sventura. (Sophocl . , fr. 837 Pearson ) .

Ma Metanira, spiando dalla sua stanza, assiste all'alchimia di im­ mortalità, si spaventa e scatena l'ira della dea, che toglie Demofonte dal fuoco e lo priva della vita eterna, abbandonandolo al destino di

27

Cfr. Wasson-Hoffmann RE. Cfr. Hymn. Dem., 235-236. 29 Cfr. ibidem, 239-240. 3 ° Cfr. Iambl., De Myst. , V 11, 214, 4-216, 8 per il potere trasformativo e purificatore del Fuoco. 31 Cfr. schol. in Aristot. , Eth. Nicom. , p. 45 Heylbut=Nauck TGF (2) 28. Cfr. Tonelli T 13; 35-36. 28

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Eleusis

morte. 32 Ma poiché è salito sulle ginocchia della dea e ha dormito tra le sue braccia, ogni anno si svolgerà un agone rituale in suo onore, e a Eleusi sorgerà un tempio in cui si celebrerà un rito per placare Demetra. Ciò fatto, Demetra-Dono recupera il proprio sembiante divi­ no, in una epifania di luce e bellezza, e si allontana. Viene eretto il tempio in suo onore, e qui siede, nel rimpianto per la figlia, e rende sterile il suolo, occultando i semi delle piante.33 Per impedire l'estinzione della razza umana, Zeus invia Hermes nell'Ade, affinché persuada il Signore degli Inferi a restituire la fi­ glia alla madre. Hades finge di acconsentire, ma prima di conge­ darla fa mangiare a Persefone il melograno, il frutto dei morti, che la legherà per sempre al mondo degli Inferi: una volta ricongiunta con la madre, dovrà trascorrere due terzi dell'anno nell'Ade, nel periodo invernale, per risorgere poi dalla tenebra tutte le volte che la terra fiorirà dei fiori profumati, variopinti, della primavera. (Hymn. Dem. , 401-402) .

Si dichiara il carattere catabatico dei Misteri Eleusini: anche l'i­ niziato serberà per sempre traccia del tragitto in direzione del mon­ do infero della psiche. Per intercessione di Rhea, Demetra accetta di riunirsi al conses­ so degli dei, e restituisce la fertilità alla terra, e fonda Misteri venerandi, che non è lecito profanare, né osservare, né rivelare in nessun modo perché la grande reverenza nei confronti della dea trattiene la voce. (Ibidem, 478-479).

L'iniziazione ai Misteri garantisce felicità: Felice tra gli umani che vivono sulla terra

32 33

Cfr. Hymn. Dem. , 242-262. Cfr. ibidem, 306-309.

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Attraverso Oltre colui che ha visto queste cose! (Ibidem, 480) .

È un privilegio di cui non possono gioire i non iniziati: Ma chi non è iniziato ai Misterz; chi non ha avuto questa sorte, costui non avrà mai un destino uguale, neanche quando sarà morto, nel buio squallido di laggiù. }4 (Ibidem, 4 8 1 -482 )

Oltre alla liberazione dall'angoscia di morte, i Misteri garantiva­ no il benessere in vita, iuxta la visione non dualistica propria della tradizione dionisiaca: Molto felici tra gli umani che vivono sulla terra chi gode della loro benevolenza: subito mandano nella sua ampia dimora Pluto, custode delfocolare, che assegna ricchezza agli umani mortali. (Ibidem, 486-489)

Così si chiude il documento più antico intorno ai Misteri, so­ stanzialmente concentrato sulla spiritualità della Grande Madre, che presiede al ciclo naturale di morte e rinascita e garantisce ai suoi iniziati felicità e prosperità in vita, beatitudine dopo la morte. 3 5 Tutto questo, pur implicando una certa consapevolezza, non esaurisce la prestanza sapienziale del culto iniziatico eleusino: ri­ manda piuttosto alla sfera essoterica delle celebrazioni dei Piccoli e dei Grandi Misteri,3 6 e alla fase precedente la svolta a cui abbiamo fatto cenno sopra.

Cfr. Hymn. Dem. , 481-482. Il riferimento alla cattiva sorte che spetta ai non iniziati dopo la morte lascerebbe aperta una ipotesi di influenza orfica antica nei Misteri: ma è una vexata quaestio. 15 Cfr. Isocr. , Panegyr. , IV 28, 3-11. } 6 Per una comparazione tra la mitopoiesi dell'Inno e la struttura complessiva dei Misteri cfr. Scarpi RM 443-444. 34

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E!eusis

I Piccoli Misteri Plutarco ci informa che i Misteri si dividevano in Piccoli Mi­ steri, officiati nel mese di Antesterione, all'inizio della primavera, e Grandi Misteri, nel mese di Boedromione (il nostro settembre­ ottobre) . Sempre Plutarco riferisce che si poteva ricevere l'inizia­ zione suprema (epoptefa) " dopo aver /atto passare almeno un anno dai Grandi Misteri" .37 Tertulliano invece sostiene che l'intervallo tra la teleté e l' epoptefa dovesse essere di almeno cinque annP8 Da uno scolio a Aristofane apprendiamo che entrambi i Mi­ steri erano dedicati a Demetra e Kore, e i Piccoli Misteri erano una purificazione e consacrazione preliminare per i Grandi Mi­ sterP9 Questi ultimi, a detta di Clemente Alessandrino, detrat­ tore cristiano, ma insieme anche importante testimone dei riti eleusini, " riguardano invece la totalità delle cose, e non si tralascia di imparare, contemplare e intuire l'Origine e le cose" : 40 l'intero processo iniziatico (teleté) implica ammaestramento (didaskalfa ) , preparazione (proparaskeué) , e poi apprendimento (manthdnein ) , contemplazione (epopteuein ) , intmztone-vtslOne (perinoe in) dell' Origine e delle cose, ovvero della radice unitaria invisibile del Molteplice visibile. Sempre a detta di un testimone cristiano, Ippolito, "i Piccoli Mi­ steri. . . sono quelli di Persefone, di sottoterra" , 41 e dunque erano prevalentemente concentrati sul tragitto di katdbasis e andba­ sis della dea, e implicavano per i partecipanti un'esperienza, forse preliminare a quella più esoterica dei Grandi Misteri, di descensus ad in/eros e risalita alla luce della coscienza. Fondati da Demetra in onore di Eracle, "per purificar/o dell'uc­ cisione dei Centauri" 42 - perché solo chi avesse mani incontaminate

l7 JS l9 4° 41

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Cfr. Plut., Demetr. , XXVI, 2-3. Cfr. Tert., Contra Valent., I 1-3 Cfr. Scho! ant. In Aristoph., P!. 845f. Cfr. Clem. Alex. , Strom. , V 11, 70, 7-71,1. Cfr. Ippol., Re/, V 8, 41-43. Cfr. Diod Sic., IV 14, 3. 31

Attraverso Oltre

da assassinio poteva essere iniziato - i Piccoli Misteri si svolgevano a Agrai, in Attica: Prima di arrivare a Atene, c'è una contrada dell'Attica in cui si o/li­ ciano i Piccoli Misteri, a imitazione di quelli di Dioniso. ( Steph. Biz . , s. v. dgra kaì dgrai)

Così Stefano di Bisanzio indica la presenza dionisiaca, e vedre­ mo che Dioniso è figura centrale, e forse per questo quasi occultata, di tutto il processo iniziatico eleusino. La purificazione e la familia­ rizzazione con il mito e la peripezia di Demetra e Kore consentiva­ no agli iniziandi di accedere ai Grandi Misteri, a cui sovrintendeva­ no sia sacerdoti-sciamani che magistrati della città di Atene.

I Grandi Misteri La telet é eleusina prevedeva due livelli fondamentali: la myesis e l' epoptefa . La myesis, ovvero l'iniziazione segreta, si otteneva nei Grandi Misteri; chi voleva poteva, dopo un anno (secondo Plu­ tarco) o cinque (secondo Tertulliano), diventare ep6ptes Y Prima di essere ammessi alla myesis gli iniziandi dovevano ricevere una istruzione preparatoria, a opera dello ierofante e dei mistagoghi da esso coordinati. Questa preparazione gravitava intorno alla comu­ nicazione di parti del mito relative alle due dee e a Dioniso che erano ignote ai profani, alla spiegazione del rituale, che prevedeva azioni ben precise e la recitazione di formule, all'addestramento al digiuno e all'indicazione dei cibi da evitare. Il 15 Boedromione, per decreto dell'Arconte Basileus, i misti si radunavano vicino all'Eleusinion e qui, nella Stoa Pecile, lo ierofan­ te e il daduco con un proclama (pr6rresis) invitavano a allontanarsi coloro che non avevano i requisiti necessari per essere iniziati ai Misteri.44 43 44

Cfr. rispettivamente Plut. , Demetr. , XXVI, 2-3 et Tert . , Contra Valent. I 1-3. Cfr. Plut . , De pro/ in virtut., X ( 8 1 d-e) et Idem, fr. 178 Sandbach.

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Eleusis

Una volta ammessi, potevano entrare nell'Eleusinion , dopo es­ sersi purificati con l'acqua lustrale collocata nell'ingresso, e forse vi­ sitavano la tomba di Immarado, il capo eleusino ucciso da Eretteo.45 Il 16 Boedromione, secondo giorno dei Misteri, era dedicato alla purificazione dei misti in mare, al grido dlade mystai!46 L'ablu­ zione avveniva con ogni probabilità al Falera, sotto la sorveglianza dei sovrintendenti ai Misteri,47 ed era seguita da un primo sacrificio di vittime animali, probabilmente maiali, sacri a Demetra, e consi­ derati capaci di purificazione.4 8 Dopo la purificazione e il sacrificio del 1 6 Boedromione, i misti praticavano una sorta di ritiro spirituale, in attesa della partenza per Eleusi. In questo arco di tempo, dal 17 al 18, forse nel primo giorno, si affidava anche il " secondo sacrificio " di cui ci parla Filostrato,49 e sicuramente il 1 8 si celebravano gli Epidauria, dedicati a Asclepio, dio della guarigione fisica e spirituale. Il 1 9 Boedromione da Atene partiva la processione solenne con i h ierti che facevano ritorno a Eleusi. Poiché nel corso del lungo tragitto erano previste soste e ceri­ monie, l'arrivo a Eleusi avveniva nella notte, ovvero il 20 Boedro­ mione, perché il giorno per i Greci finiva al tramonto: si spiega così il fatto che alcuni autori, in contrasto con la fonte principale per la datazione dei Misteri, datino il corteo al 20 Boedromione.50 Scortati dagli efebi guidati dal kosmétes, i hierd iniziavano il viaggio di ritorno a Eleusi, da dove erano stati portati a Atene il 14 Boedromione: alla testa del k6mos formato da alcune migliaia di uomini e donne, che viaggiavano sui carri e anche a piedi, c'era la statua di Iakchos-Dioniso, il cui nome veniva proclamato a gran Cfr. Foucart ME 3 08 che cita Clemente Alessandrino e Arnobio. Cfr. Polien. , III 1 1 , 2 et Esych . , s. v. diade mystai. 47 Cfr. Foucart ME 3 15 . 4 8 Cfr. Paus., II 2 6 , 8; per la virtù purificativa del sangue d i maiale cfr. Ae­ schyl., Eum. , 280-283 ; Apoll. Rhod., IV 700-7 1 7 . 49 Cfr. Paus., II 2 6 , 8 . 5° Cfr. LSCG 8, 3 - 3 3 ; datano al 20 Boedromione Plut., Phoc. , XXIII; schol. in Aristoph. , Ran. 324. 45

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voce, e che era garanzia di danza e di gioia. 5 1 Come non pensare al sibilo ora vellutato ora acuto degli auloi e al rimbombo ritmico dei tamburi, suscitatori di una trance prope­ deutica all'esperienza di stati alternativi di coscienza necessari alla perfetta realizzazione della myesis e dell'epopteia? Il 20 Boedromione si apriva con la restituzione dei hierti al luogo segreto in cui erano custoditi, e intorno al pozzo Callicoro si svol­ geva una cerimonia in onore di Dioniso-Iakchos, con danze e canti, alla luce delle torce agitate nella notte.52

Sulla soglia Prima di addentrarci nel cuore dei riti segreti, soffermiamoci, come i misti, sulla soglia, e guardiamoci intorno. Fuori dalla cinta muraria i templi di Trittolemo, Artemide Pro­ pilea e Poseidone, e il pozzo Callicoro. Quest'ultimo si trovava ai piedi dello sperone roccioso su cui sorgeva il tempio di Demetra, e vicino a esso c'era probabilmente l'aghélastos pétra, la "pietra Sen­ zasorriso " su cui si era seduta Demetra prima di giungere a Eleusi.5 3 Alcune incisioni testimoniano l'esistenza di Propilei in epoca classi­ ca, ma non è possibile identificarne la collocazione esatta. Varchiamo adesso il peribolos, ovvero il muro di cinta, attraver­ so una porta che costeggia una torre, e che è uno dei molti ingressi all'area sacra, quello che guarda verso Atene, e da cui proviene il komos. 54 Soltanto gli iniziati possono superare il muro e guardare 51 52

>l 54

Cfr. Aristoph. , Ran. 323-36. Cfr. Eur. , fon. , 1074-1086: "Mi vergogno per il dio molto celebrato nei canti l se, spettatore insonne, presso le fonti di Callicoro, l vedrà le torce nella ventesima notte, l quando anche il cielo stellato di Zeus l danza, e danza la luna l e danzano le cinquanta figlie t di Nereo l che nel mare e nei gorghi di fiumi perenni t ballano per la vergine dalla corona d'oro l e per la sua madre veneranda " . Cfr. Hymn. Dem. 98-100 et 270-272. Cfr. Foucart ME 346. Donato Colli mi segnala che probabilmente c'era anche I'eschdra, (focolare) situata nel piazzale antistante vicino al pozzo 34

Eleusis

dentro.55 Proda riferisce che all'ingresso del témenos era inciso il di­ vieto di accesso per i non iniziati, e chi trasgrediva, nei giorni in cui si svolgevano i Misteri, era punito con la morte. Subito a destra dei Pic­ coli Propilei, vicino a una grotta e circondato da un muro, si trovava il tempio di Plutone, e su uno sperone roccioso il tempio di Demetra.

Nel telestérion Infine, entriamo nel telestérion, la sala delle iniziazioni, un am­ biente di quasi tremila metri quadrati circondato da alte mura, a protezione del segreto, a cui si forse si accedeva attraverso due por­ te centrali; vi erano anche due porte laterali, mentre il lato opposto all'ingresso principale era addossato alla roccia. Lo spazio interno era costellato da sette file di sei colonne ciascuna e circondato da otto file di gradini, e poteva contenere almeno tremila persone: una capienza da piccolo teatro.5 6 Soltanto una testimonianza di Plutarco ci parla di un piano supe­ riore del telestérion, con colonne e un'apertura da cui filtrava luce.57 Il miste varca la soglia del telestérion, assorto in sacro silenzio, e va a sedere con gli altri sulla gradinata da cui può vedere (almeno parzialmente, per via del colonnato abbastanza fitto) ciò che accade nella vasta sala coperta. Come ci dice Aristotele, egli non dovrà ricevere " un insegna­ mento " , ma una illuminazione del nous, e " sentire un'emozione ed essere in una certa disposizione di animo" .5 8 Il miste deve disporsi in uno stato di coscienza, un sentire-intuire, dionisiaco, owero

55 56

57 58

Kallichoron e accanto al tempio di Artemis Propylaia e Poseidon, e in essa venivano cotte le offerte dei sacrifici rituali. Cfr. Paus., I 38, 7. Cfr. Foucart ME 351; cfr. Strab, IX l , 12. Non escludo l'origine eleusina della struttura stessa del théatron ellenico, che poteva avere antecedenti nelle sacre rappresentazioni dedicate a Iside e Osiride in Egitto. Cfr. Plut., Perzd. , XIII. Cfr. Mich. Psell., schol. in Io. Climac., VI 171, CMAG VI Bidez, Bruxelles 1928; Aristot. , De philosoph. , fr. 15 Ross.

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Attraverso Oltre

empatico con ciò che accadrà: non dovrà ordn, ovvero "guardare" con la disposizione di animo egoica ordinaria, ma thedsthai (da cui théatron) , vale a dire "guardare a bocca aperta, con meraviglia" , in uno stato di coscienza che gli era sicuramente propiziato dai riti di purificazione, dalla partecipazione ai sacrifici, dalla fatica del­ la processione, dalle danze e dai canti, dall'aura mistica del luogo e dal carisma sciamanico dello ierofante, del daduco, delle iero­ fantidi e di altri sacerdoti. In questa disposizione di spirito viene coinvolto nella rappresentazione di un dramma sacro (eccoci alle origini iniziatiche del teatro ! ) , che poteva includere un descensus ad in/eros, ovvero un'esperienza analoga a quella di Persefone-Kore, di cui l'iniziato imita il tragitto catabatico-anabatico, acquisendo dimestichezza con una sorta di topografia ctonia, di cui le Lamine d'oro or/iche potrebbero essere, mutatis mutandis, testimonianza.59 Il drama misterico

Il drdma misterico dedicato a Demetra e Kore di cui ci parla Clemente Alessandrino includeva infatti un vagabondaggio, un ra­ pimento, un lutto, alla luce delle torce (che potevano essere usate anche all'interno del telestérion, a meno che non si prevedesse un'u­ scita e un rientro) , il tutto accompagnato da inni e probabilmente musiche: 60 di certo lo ierofante partecipava alla rappresentazione sacra, per esempio percuotendo un gong (echeion) nel momento in cui Kore invocava aiuto. 6 1 Questo drdma si svolgeva con ogni pro­ babilità attraverso percorsi labirintici tra le colonne che dividevano in sezioni il piano terra del telestérion, che forse aveva anche un piano sopraelevato. 62 Il drdma richiedeva ai misti un potente coinvolgimento emotivo

59 6° 61 62

Cfr. in/ra, pp. 69-79; e/r. Foucart ME 425 ss. , che associa anche al Libro dei Morti egiziano, in ossequio alla sua tesi dell'origine egizia dei Misteri Eleusini. Cfr. Clem . Alex. , Protr. , XII 2; XIII 5 Marcovich. Cfr. Apollod. Athen. , FGrHist 244 F l lOb. Cfr. Plut. , Pericl. , XIII.

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Eleusis

e gestuale, una identificazione totale con le peripezie della dea, l'angoscia della perdita e la gioia della rinascita alla luce: All'inizio i vagabondaggi e quel correre affannato e certi tragitti in­ quieti e senza /in e attraverso le tenebre; poi, proprio prima del ter­ mine, tutte quelle peripezie terribili, brividz; tremorz; sudore e sbi­ gottimento. Infine, dopo tutto questo, una luce meravigliosa si fece incontro, e ci accolsero luoghi puri e praterie con le voci e le danze e la solennità di suoni sacri e sante apparizioni. In mezzo a questi suoni e a queste visioni, ormai per/etto e compiuta­ mente iniziato, liberato e senza legamz; ognuno si aggira incoronato da una ghirlanda e celebra i riti sacri insieme con uomini santi e puri . . .

(Plut. , fr. 178 Sandbach)

È pressoché come se si consentisse a un greco o a un barbaro di es­ sere iniziato in un edificio misterico di eccezionale bellezza e gran­ dezza, dove avrebbe molte visioni mistiche e sentirebbe molte voci di questo genere, mentre in alternanza gli appaiono buio e luce e succedono innumerevoli altre cose; e ancora, se /asse come in quel­ la che viene detta "intronizzazione", quando gli iniziatori sono so­ liti far sedere gli iniziandi e danzano in cerchio intorno a loro: si può /arse credere che costui non sentirebbe nulla nella sua anima ? (Dio. Prus . , Orat, XII 3 3 )

Epopteia Al tumulto della trance subentra la quiete della contemplazione epoptica: Gli iniziati dapprima si radunano e si spintonano tra di loro con tu­ multo e grida. Ma quando si agiscono e si mostrano i sacri ritualz; allora prestano attenzione, con timore, in silenzio . . . chi è andato den­ tro e ha visto una grande luce, come quando si apre un santuario, assume un atteggiamento diverso, e tace stupito. (Plut. , De pro/ in virtut., X 8 1 d-e)

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Attraverso Oltre

L' epopteia è esperienza della Luce: . . . L 'intuizione dell'intuibile, e del puro e del sacro, balena come una folgore attraverso l'anima, e concesse per una sola volta qualche volta di toccare e di vedere. È per questo che Platone e Aristotele definiscono epopteia questa parte della filosofia, perché coloro che hanno toccato direttamente la pura verità riguardo a esso ritengono di possedere come in una iniziazione il termine ultimo della filosofia. (Aristot. , Eud. , fr. lO Ross) Bellezza allora era fulgida a vedersz; quando nel coro beato, noi al se­ guito di Zeus, altri di altro dio, vedemmo la beata visione e apparizio­ ne e venimmo iniziati a quella tra le iniziazioni che è lecito definire la più beata e che celebravamo nel rito, integri e immuni da tutti i mali che ci attendevano in seguito, iniziati e epopti di apparizioni integre e semplici e quiete e felici in uno splendore puro . . . (Pla t . , Phaedr. 250b-c)

Potremmo ipotizzare che l'epopteia fosse un approfondimen­ to, nella forma della luce, dell'esperienza dell'unità di tutte le cose già assaporata nella teleté/myesis, un consolidamento noetico di questo stato di coscienza, depurato del tumulto emozionale che contrassegnava il primo livello di iniziazione, tutto fondato sulla trance dinamica sollecitata dalla musica, dal canto, dalla danza, dal caos: tutti modi per destrutturare, dionisiacamente, l'ego or­ dinario, e consentire un viaggio ad interiora terrae, che è condicio sine qua non di ogni effettivo percorso di illuminazione mistica e sapienziale: si pensi a Edipo re di Sofocle, che deve prima co­ noscere la sua ombra, per potere poi accedere all'indiamento, in Edipo a Colono . E Sofocle era stato iniziato a Eleusi, e veniva annoverato tra gli eroi eleusini. 63

63

Cfr. Tonelli T 595-597 per una interpretazione in chiave iniziatica della figura di Edipo in Edipo re e Edipo a Colono.

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Eleusis

Oggetti mistici e indicibili Alcune testimonianze ci parlano degli oggetti sacri (hierd) che erano al centro della processione da Eleusi a Atene e da Atene a Eleusi, il 14 e il 1 9 Boedromione, e erano i termini di riferimento delle formule misteriche (leg6mena) che venivano pronunciate nel corso della teleté. 64 La carica suprema dei Misteri, hierophdntes, trae etimologia da hierd-phainein, "mostrare gli oggetti sacri" che venivano custoditi nell' andktoron o mégaron di Eleusi, per essere esibiti al culmine della teleté. Dei hierd Giovanni Tzetzes, commentando Aristofane, ci dice che sono oggetti mistici e indicibilz; che non possono essere rivelati a chi non sia iniziato: vengono detti misteri da "chiudersi", perché gli iniziati serrano la bocca e non ne /anno parola con nessuno dei non iniziati. (Io. Tzetz. , in Aristoph. , Ran. 456a)

Michele Psello aggiunge: Quando si o//iciavano quelle che vengono dette iniziazioni, dentro i santuari vi erano luoghi inaccessibilz; . . . e venivano interposti dei veli per custodire nel segreto ciò che si trovava in quei luoghi inaccessibi­ li. Durante i Misteri Eleusini questi oggetti nascosti venivano svelati e scoperti. Ciò accadeva ogni anno, per impedire ai pro/ani di vedere spesso gli oggetti sacri. (Mich. Ps. , Sphyng. Alleg. XLIV 1 -2 )

Quali fossero questi oggetti sacri non lo sapremo mai: è questa la sola certezza. Anche l'unica formula (synthema) che fa riferimento a una loro manipolazione, evita di esplicitare che cosa venisse manipolato: E ecco il segno convenuto dei Misteri Eleusini: "Ho digiunato, ho bevuto il ciceone, ho preso dalla cesta, dopo avere compiuto le azioni

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Cfr. exempli gratia Clem. Alex. , Protr. , XXI 2 (Marcovich) ; Mich. Ps. , Sphyng. Alleg. , XLIV 1 -2.

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Attraverso Oltre rituali ho riposto nel canestro, e dal canestro nella cesta " . (Clem. Alex., Protr. , XXI 2 Marcovich)

Il miste, o lo ierofante di cui il miste ripete le parole, ricapitola alcune fasi del percorso rituale, dal digiuno all'assunzione della be­ vanda mistica, e allude a un oggetto che viene preso da una cesta, riposto in un canestro dopo il compimento di gesti rituali, e nuova­ mente riposto nella cista mystica . Tertulliano si esprime più esplicitamente, e ci parla di un "simu­ lacro del membro virile" . 65 Il cristianissimo testimone mentre cerca di carica turare i Misteri, ci mette su una pista assai verisimile: un sim­ bolo sessuale. Potrebbe trattarsi di un fallo (e ciò rimanda alla sfera dionisiaca) che viene inserito nella cista mystica che rappresenta la vagina (Demetra? ) o contiene una vagina che viene unita al fallo: l'unione generativa di maschio e femmina, la sacra coniunctio cosmi­ ca che è anche unione dell'iniziato con la dea nel nome di Dioniso.

Hierogamfa Alla coniunctio hierogamica fa riferimento esplicito Asteria Amaseno: Non è forse vero che i Misteri che si celebrano a Eleusi sono il/onda­ mento del tuo culto? . . . Non è forse lì la catabasi tenebrosa e i con­ vegni venerandi dello ierofante con la sacerdotessa, da solo a sola ? (Ast. Amas . , Om. , X 9, l )

L o ierofante e l a sacerdotessa, nell'oscurità, forse ottenuta ridu­ cendo al minimo la luce delle torce - a meno che non esistesse una sorta di katabdsion, una sala sotterranea di cui a oggi non sono state trovate tracce archeologiche - si uniscono nella hierogamia . Una volta compiuta l'unione rituale, lo ierofante ne proclama l'avvenuta realizzazione: 65

Cfr. Tert., Contr. Valent. , I 1 -3 .

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Eleusis Lo ierofante in persona, fattosi eunuco con la cicuta e separatosi da ogni generazione carnale, di notte a Eleusi, alla luce di molte tor­ ce, o//iciando i grandi e ineffabili Misteri grida e urla proclamando: "Brim6 Signora ha generato il sacro fanciullo Brim6s", ovvero la Po­ tente ha generato il Potente. (Hippol., Re/ , V 8 , 3 9-40)

Fondamentali anche le testimonianze di lppolito e Proda: . . . Questo, . . . è il grande e ineffabile mistero degli Eleusini: "Piovi, sii gravida!". (Hippol., Re/ , V 7 (Marcovich) . . . Anche le norme tradizionali degli Ateniesi. . . stabilivano di officia­ re prima le nozze per il cielo e la terra . . . anche nel corso dei riti E/eu­ sini levando lo sguardo al cielo gridavano "Piovi!", e abbassandolo a terra: "Sii gravida ! " . (Procl. , in Plat . , Tim. , 40e)

Clemente Alessandrino ci informa che la hierogamia rappresen­ tava le nozze tra Zeus e Demetra/De6, che coincide con Brim6. 66 Ma è più probabile che la teogamia, di cui la hierogamia costi­ tuisce la celebrazione rituale, avvenisse tra Zeus e Persefone/Kore, che sarebbe Brim6. 67 Da questa unione nasce Brim6s, il fanciullo divino, che è Dioniso, di cui Iakchos è manifestazione essoterica. 68 La formula "hye kye" (Piovi.' Sii gravida ! ) è rivolta rispettiva­ mente a Zeus (Cielo), che viene invitato a " piovere " , cioè a fecon­ dare con lo sperma, e a Persefone (Terra, e in particolare chth6n, la terra invisibile, infera) , che viene invitata a farsi gravida: possiamo immaginare le grida degli iniziati di cui ci parla Proda come una partecipazione corale alle nozze cosmiche, in una sorta di orgasmo sensuale-spirituale dionisiaco collettivo.

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Cfr. Clem. Alex. , Protr. XV l . Per testimonianze sulla unione tra Zeus e Persefone e/r. soprattutto le fonti orfiche. In particolare in Procl . , Theol. Plat., VI 11, 371, 11 dall'unione tra Zeus e Persefone nasce il " Dioniso di sotto terra " . Cfr. Colli SGI 387 per l'identità tra lakchos e Dioniso. Magnien ME 192 stabilisce l'identità tra il bambino Iniziato di Hestia e Dioniso fanciullo. 41

Attraverso Oltre

Dioniso e la coscienza cosmica L'altro oggetto sacro di cui ci parlano i testimoni cristiani è la spiga: Gli Ateniesr; quando officiano i rituali iniziatici e ostendono agli epopti il grande e meraviglioso e perfettissimo mistero-visione, la spi­ ga che viene mietuta in silenzio. (Hippol . , Re/ V 8, 3 9-40 (Marcovich)

Una spiga viene spiccata in silenzio dallo ierofante. È un gesto di grande potenza evocativa: un frutto, che è anche seme, viene mietuto dallo stelo, e dunque la pianta viene uccisa come unità, ma da questa morte scaturirà una pluralità di piante-vite; L ' Uno diven­ ta Molti, e i Molti sono forme dell' Uno. La pianta tagliata è Dioniso che, come Osiride, muore nel fiore della vita, ma che rinascerà. 69 E dunque il dio segreto della epopteia è Dioniso: morte e vita unite insieme in un solo gesto. Dioniso è l' Uno che si fa Molti, e vive-muore in ognuno dei Molti che da esso scaturiscono: ritrovia­ mo tutto questo nel Dioniso orfico che si guarda nello specchio e vede il mondo.7° L'immortalità coincide con l'espansione della coscienza che muore al principium individuationis e si coglie come coscienza cosmica, esperienza dell'eternità del singolo nell'eterni­ tà dell' Uno, purché abdichi dalla coscienza egoica. Ecco il miste­ ro sapienziale. Anche se nessuno saprà mai il segreto di Eleusi.

Cfr. Foucart ME 440 ss. La spiga viene definita da Foucart "emblème osi­ rien " , "symbole de la mort d'Osiris". Foucart sostiene che accanto al dram­ ma sacro di Demetra e Kore ne venisse inscenato un secondo, concentrato sulla passione di Dioniso, la sua morte e rinascita (ibidem, 444) . 7 ° Cfr. infra, p p . 62-65.

69

42

Eleusis

Esperienza della Luce Ricordiamo quello che diceva Aristotele a proposito dell'inizia­ zione: L 'insegnamento e l'iniziazione. Il primo arriva agli uomini attraverso l'udito, la seconda perché il noiìs stesso subisce l'illuminazione; ciò fu anche definito misterico da Aristotele e simile alle iniziazioni eleu­ sine: nel corso di esse l'iniziato riceveva un 'impronta dalle visioni e non un insegnamento. ( Mich. Psell. , schol. in lo. Climac., VI 1 7 1 , CMAG VI ed. Bidez, Bruxelles 1 928) . . . gli iniziati non devono apprendere qualcosa, ma sentire un 'emo­ zione e essere in una certa disposizione d'animo, chiaramente perché sono diventati adeguati a questo (Aristot. , De philosoph. , fr. 5 Ross) .

L'esperienza sapienziale eleusina si radicava nei precordi (si pensi alle prapides che in Empedocle sono la sede della sapienza mistica tramandata da maestro a discepolo) : la culminazione co­ noscitiva veniva "spartita nelle viscere"7 1 e aveva dimora nel nous (l'intuire) e non nell'intelligenza razionale dell'ego. L'esperienza contemplativa della "spiga mietuta in silenzio" era una Erlebnis fi­ sica, sensoriale, incisa nel corpo simbolico della Dea Madre Terra. Ma l' epopteia è anche e soprattutto esperienza visionaria-contem­ plativa della Luce. Ce ne parlano in questi termini testimoni di rilie­ vo come Plutarco, Aristotele, Platone, che ci dicono di " una grande luce " , " una luce meravigliosa " , "uno splendore puro " , che può ma­ nifestarsi come una "folgore" che " balena " "attraverso l'anima " .72

71 72

Cfr. Emp. 3 1 B 4 DK. Per Plutarco, e/r. Plut., De pro/ in virtut., X 8 1 d-e: ( '' una grande luce") e Plut., fr. 178 Sanbach ( ''una luce meravigliosa si fece incontro " ) ; per Ari­ stotele e/r. Aristot., Eud. , fr. 10 Ross ( "L'intuizione dell'intuibile e del puro e del sacro balena come una folgore attraverso l'anima" ) ; per Platone e/r. Plat., Phaedr. 250b-c ( "iniziati e epopti di apparizioni integre e semplici e quiete e felicz; in uno splendore puro " ) . 43

Attraverso Oltre

Ma anche l'esperienza della Luce non era soltanto interiore: Pla­ tone allude a phdsmata (apparizioni) ;73 Plutarco parla della visione di "una grande luce, come quando si apre un santuario " ,7 4 una luce che placa il tumulto dei misti e li induce a uno stupito silenzio, e che potrebbe rimandare all'apparizione epoptica dello ierofante davanti alla porta del mégaron. 75 Il processo iniziatico e la morte simbolica

Possiamo dunque riprendere le parole di Plutarco e ricapitolare attraverso di esse il processo iniziatico: . . . Qui (l'anima) è nell'ignoranza, fuorché quando si trova ormai nel processo della morte. Allora sperimenta un sentire simile a quello che sperimentano quanti vengono iniziati nei Grandi Misteri. Perciò anche la parola "morire" e la parola "essere iniziato" assomiglia alla parola, e l'azione all'azione. All'inizio i vagabondaggi e quel correre àffannato e certi tragitti in­ quieti e senza fine attraverso le tenebre; poi, proprio prima della fine, tutte quelle peripezie terribili, brividi, tremorz; sudore e sbigottimen­ to. Infine, dopo tutto questo, una luce meravigliosa si fece incontro e ci accolsero luoghi puri e praterie con le voci e le danze e la solennità di suoni sacri e sante apparizioni. In mezzo a questi suoni e a queste visioni, ormai per/etto e com­ piutamente iniziato, liberato e senza legamz; ognuno si aggira in­ coronato da una ghirlanda e celebra i riti sacri insieme con uomini santi e puri. . . (Plut., fr. 1 7 8 Sandbach)

L'iniziazione è una morte simbolica, mimetica della katdbasis di Kore e dell'uccisione di Dioniso.

7l 74 75

Cfr. Platone e/r. Plat. , Phaedr. 250b-c. Cfr. Plut. , De pro/ in virtut. , X ( 8 1 d-e) Cfr. IG II (2) 3 8 1 1 , 1 -2; 4 - 1 0 .

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Eleusis

Al primo livello l'iniziazione prevede la partecipazione al dram­ ma sacro dedicato a Demetra e Kore, e una serie di esperienze labi­ rintiche nelle tenebre, che implicano " tutte quelle peripezie terribili, brividi, tremori, sudore e sbigottimento " , in una trance che consente di sperimentare la paura della morte, facendone catarsi, e di abbat­ tere la strutturazione ordinaria dell ego . Al termine di questo tragitto, che includeva anche la partecipa­ zione emotiva alla hierogamfa, e altre esperienze di cui abbiamo già detto, sorgevano la pace e la gioia della epoptefa, la contemplazione della luce e la condivisione (in un drdma finale?) di " luoghi puri e praterie con le voci e le danze e la solennità di suoni sacri e sante apparizioni" . La compiuta iniziazione viene sigillata dalla " legatura " e dalla " imposizione delle corone" ,76 e soprattutto da una approdo alla gio­ ia, "in virtù dell'amore degli dei e della convivenza con essi" P Grazie all' epoptefa l'iniziato riconosceva la propria divinità e sa­ cralità interiore, sperimentava direttamente una condizione di spi­ rito che lo accomunava agli dei, liberandolo dalla dimensione greve della natura umana ordinaria. Si pensi a Empedocle: "Io tra di voi, non più mortale l mi aggiro come dio immortale" ;78 o alle Lamine d'oro or/iche: " O felice e beatissimo, sarai dio anzi che mortale" , e " da uomo sei nato dio " .79 La compiuta iniziazione autorizzava, qualora si fosse ottenuta la carica di ierofante, o daduco, di iniziare anche altri, in una catena ininterrotta di sapienza convissuta che si è tramandata nel segreto per secoli, e che consentiva di toccare e di vedere la verità, che con­ siste nell'intuizione dell'intuibile e del puro e del sacro che balena come una folgore attraverso l'anima. '

76

Cfr. Theon. Smyrn . , De math. util. , pp 14- 15 Hiller; Plut. , fr. 178 Sandbach. 77 Cfr. Theon. Smyrn. , De math. util. , pp 14-15 Hiller. 7 8 Cfr. Emp. 3 1 B 1 12DK 79 Cfr. LO IIB 1 , 9 et IIB2 , 4.

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Attraverso Oltre

La gioia dell'immortalità Dall'esperienza diretta della venta, che si staglia come un"' impronta "80 nella sua psyché, l'iniziato viene restituito alla pri­ vilegiata consapevolezza dell'immortalità della sua essenza autenti­ ca, che è consustanziale all' Uno-Luce. Felici tutti per avere ricevuto in sorte le iniziazioni che sciolgono gli affanni. (Pind., fr. 1 3 1 a Snell-Maehler)

Felice chi scende sotto terra dopo avere visto quelle cose: conosce la fine della vita conosce l'inizio assegnato da Zeus. (Pind. , fr. 1 3 7 Snell-Maehler)

O tre volte beati coloro tra i mortali che vanno nell'Ade dopo avere visto questi misteri: solo per essi c'è vita laggiù mentre per gli altri tutto è sventura laggiù . . (Sophocl . , fr 837 Pearson )

La compiuta iniziazione dà gioia nella vita, liberando, dioni­ siacamente, dalle amarezze del passato, e garantisce un privilegio dopo la morte: La cosa più grande e divina è che soltanto questa tra lefeste solenni si celebrava all'interno di un singolo edificio, e la moltitudine dei citta­ dini e l'area dell'Eleusinion erano uguali. Chi non avrebbe gioito alla visione delle statue, dei dipinti e degli ornamenti disseminati tutto intorno e anche nei trivz; per non dire della visione dei rituali più venerandi? Ciò che si acquisisce dalla partecipazione alla festa non



Cfr. Mich. Psell. , schol in Io. Climac. , VI 1 7 1 , CMAG VI (ed. Bidez, Bru­ xelles 1 928).

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Eleusis consiste tanto nella gioia del momento presente, né nel dissolvimen­ to delle amarezze del tempo passato e nella liberazione da esse, ma anche nell'avere più dolci speranze riguardo alla morte, confidando in una vita migliore, poiché non si giacerà nelle tenebre e nel fango, che attendono i non iniziati. (El. Arist. , Pro Eleus. , XIX) E le santissime iniziazioni eleusine permettono agli iniziati di godere dei doni di Kore, quando siano stati liberati dai corpi. (Procl. , in Plat. Resp . , II, p. 1 85 , 10- 12 Kroll)

Ma il segreto di Eleusi non lo sapremo. Mai.

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Orphica

Consonanza sapienziale originaria Il mito della fiera, autoctona genesi della cultura ellenica, come abbiamo già visto, è crollato da un pezzo, eccezione fatta per stu­ diosi di filosofia antica ancora di tutto punto armati a custodia delle Termopili, un po' come quei soldati giapponesi che continuavano a combattere nella giungla a guerra terminata. È crollata sotto i colpi della teoria junghiana degli archetipi dell'inconscio e della psiche collettivi e della vistosa sincronicità planetaria (quasi un en­ tanglement) degli accadimenti culturali e spirituali, che vedono fio­ rire simultaneamente Buddha, il taoismo e l'induismo samadhico e reincarnazionale in Oriente e Eraclito e Parmenide e Empedocle in Occidente; ma soprattutto sotto i colpi della acclarata rete di contatti e confronti tra i Greci e le civiltà limitrofe e lontane, e del­ la appurata diffusione intercontinentale dello sciamanesimo pre- e protostorico. 8 1 All'origine della nostra storia c'era una consonanza sapienziale nelle culture, che può essere recuperata e fatta collidere e colludere con la psiche collettiva contemporanea per rigenerare una civiltà glo­ bale sull'orlo della catastrofe eco-antropologica, se non ci sarà una 81

Per gli archetipi dell'inconscio collettivo e/r. C.G. Jung, L'uomo e i suoi simboli, passim. Sul sostrato sciamanico panasiatico e/r. Tonelli E 1 5 - 1 8; Tonelli STS 25-33 ;West PO 156- 1 6 1 ; Kingsley SWPY.

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Orphica

rivoluzione sapienziale-politica alla luce della saggezza universale. 82 La Sapienza, l'architettura, la scultura, ma anche, più mediata­ mente, la tragedia, la lirica, l'epica germogliano come frutti origi­ nali e inconfondibili, anche se non isolati, da un terreno irrorato da molteplici confluenze: sicuramente la tradizione religiosa e iniziati­ ca orientale, quella egiziana e quella sciamanica nordica, siberiana e mongolica. 83 A chiudere ogni disputa sulla vicinanza tra Grecia, e in particolare Magna Grecia, e Oriente, basti l'immagine del " Mon­ golo di Taranto " riportata in apertura di questo volume.

Poeta, sciamano, musica e incantatore Orfeo è poeta e sciamano, musico e incantatore e la sua mitica origine tracia lo connette allo sciamanesimo iperboreo a cui si col­ legano i sapienti-sciamani Abaris e Aristea, maghi e veggenti, che Colli associa all'ek-stasis apollinea, e che erano capaci di volare e bilocarsi in viaggio astrale, purificare città e guarire malati. 84 Al canto di Orfeo rispondono uccelli e pesci: 82

Cfr. A. Tonelli, Sperare l'insperabile: per una democrazia sapienziale, Roma 2010. Per la tradizione orientale e/r. Tonelli STS 25-32; Idem PS 17 -25 ; per quel­ la egizia e/r. Diod. Sic., I 96, 4-5 , e si pensi alla vistosa somiglianza di molta statuaria arcaica e architettura sacra ellenica con la sta tu aria e l'architettura sacra egiziana; e/r. Foucart ME et Berna! AN passim; per lo sciamanesimo siberiano che si estende a livello panasiatico e/r. West PO 156- 1 6 1 ; Tonelli STS 29-30; Idem PS I 22 ss. ; Kingsley SWPY. 84 Per l'origine tracia di Orfeo e/r. Diod. Sic., V 64, 4; Strab. , VII, fr. 18 (III 339 H. L. Jones) . Su Abaris e Aristea e/r. Colli SGI 45-47 ; 32 1 -337. King­ sley SWPY 3 ss. sostiene che il nome Abaris sia la traslitterazione greca di Avar, di cui parlano fonti cinesi, che era un popolo di grandi arcieri - e i poteri di Abaris erano affidati a una /rema d'oro (secondo Kingsley, ibidem, il phurba della tradizione tibetana) - in contatto con la tradizione sciamanica della Mongolia. Il libro di Kingsley fornisce una chiave di let­ tura innovativa del rapporto tra sciamanesimo panasiatico e orfeopitago­ rismo greco e magnogreco. Il contatto tra Nord e Sud dell'Europa era ga­ rantito già in epoca eneolitica dalla Vza dell'ambra, su cui si veda AA.W. Ambra. Dalle rive del baltico all'Etruria, Roma 2012.

83

49

Attraverso Oltre Uccelli innumerevoli si libravano sul suo capo e dritti i pesci saltavano fuori dall'acqua blu, in alto, al bel canto. (Sim . , fr. 3 84 Page LGS=567 PMG)

Ma anche pietre e esseri umani: Se io avessi la parola di Orfeo, o padre, e sapessi persuadere le pietre con incantesimi, così che si mettessero a seguirmi, e sapessi ammaliare chi voglio con le mie parole, lo avrei/atto. (Eur. , Iph. in Aul. , 1 2 1 1 - 1 2 1 4 )

La capacità magica del canto si esalta nella sua associazione con il suono ora dolce ora incalzante della cetra e della lira, e la parola­ musica di Orfeo ha il potere di modificare l'anima delle cose e degli umani, e di portare tutti nella gioia: La tua lingua è contraria a quella di Orfeo: egli in/atti con la sua voce portò tutte le cose nella gioia. (Aescyl . , Agam. , 1 629- 1 630)

Ma oltre che essere l'iniziatore della poesia orale e della musica, Orfeo è anche archegeta della scrittura e della Sapienza: Il primo a introdurre l'alfabeto fu Orfeo, che lo aveva imparato dalle Muse, come si vede anche dall'epigramma inciso sulla sua tomba: I Traci qui posero il ministro delle Muse, Orfeo, che Zeus dominatore dall'alto uccise con la folgore fuligginosa� il figlio di Eagro, che fu maestro di Eracle, e scopri per gli uomini le lettere dell'alfabeto e la Sapienza. (Alcidam . , Ul. , XXIV 1 90 Blass)85

85

West PO 18 sostiene che " La fase iniziale dello sviluppo di una letteratura orfica consiste, credo, nell'attribuire a Orfeo, come grande sciamano del pas-

50

Orphica

Tra mito e storia, archetipo e leggenda, la figura di Orfeo ci appare come sintesi di una forma di spiritualità - in evidente con­ tiguità con quella pitagorica - che unisce in sé poesia, scrittura, musica e Sapienza. Nella tradizione orfica, a differenza che nella trasmissione diretta, esperienziale, propria della teleté eleusina, la scrittura, lungi dal sostituirsi all'iniziazione, le è complementare e ancillare, e assolve una sua - mediata, riflessiva - funzione telestica, pur arrestandosi sulla soglia dell'indicibile esperienza mistica. 86

Orfeo e Euridice Sempre nell'ambito della tradizione sciamanica e iniziatica si colloca il descensus ad in/eros di Orfeo che, ammaliandoli con le sue parole musicali e musicate, ottiene da Persefone e Plutone di poter riportare alla luce la sua sposa, Euridice, uccisa dal morso di un serpente. Plutone glielo concede, come ci dice Apollodoro, a patto che "durante il tragitto di ritorno, non si fosse voltato prima di essere arrivato a casa " . Orfeo non riesce a trattenersi, perché non si fida, e si volta "a guardare la sua sposa, e essa discese nuovamente nell'Ade".87 Perché Orfeo, il poeta-sciamano-incantatore, capace di piegare con il canto anche la legge cosmica e gli dei della Morte che ne sono custodi, fallisce la sua missione? Perché commette due errori fatali: non si fida degli dei e non riesce a controllare la propria emotività;

86 87

sato, poemi di natura sciamanica (che descrivono viaggi nell'Ade, ecc.), oppu­ re poemi composti in e per circoli religiosi i cui rituali contenevano elementi di origine sciamanica. Talefase iniziò prima che la razionalizzazione di Orfeo fosse talmente avanzata da cancellare i suoi rapporti con lo sciamanesimo. Lo stadio successivo fu quello di usare il suo nome più generalmente, per poemi che rivelavano il vero su questioni come la natura e il destino dell'anima, o la sacra storia degli dei. Come vedremo, entrambe le /asi sono rappresentate nei più antichi poemi or/ici attestati, risalenti alla /in e del VI o all'inizio del V secolo a. C. " . Cfr. Diod. Sic., IV 25, 2 -4 Cfr. Apollod. , I 3 , 2 [ 1 4 - 1 5 ] ) . .

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Attraverso Oltre

è un altissimo messaggio sapienziale, lo stesso che risuona nelle tra­ gedie di Eschilo, Sofocle e Euripide, che celebrano la sophrosyne come eccellenza spirituale. E il sostrato orfico della tragedia greca non è ipotesi peregrina. 88

Mistagogo e iniziatore di Misteri Parecchie testimonianze antiche, tra cui Euripide, Pindaro, Pla­ tone, Aristofane, e altre più recenti ci presentano Orfeo come mi­ stagogo e iniziatore di Misteri; e altrettanto numerose testimonian­ ze, tra cui Platone, Euripide, Erodoto, Plutarco, ci parlano di uno stile di vita orfico, l'orphikòs bios, che prescrive regime vegetariano e tabu, alimentari e non, di vario genere, e rigore morale. Pseudo Euripide ci dice che "Fu Orfeo a mostrare le fiaccole dei Misteri ineffabili" ; 89 e Pseudo Demostene sembra alludere alla fon­ dazione dei Misteri Eleusini a opera sua, quando dice che "ci mo­ strò le iniziazioni più sacre" ,90 che per i Greci sono quelle eleusine. Diodoro Siculo è convinto che Orfeo traesse ispirazione dall'Egitto per le sue iniziazioni misteriche (mystikaì teletai),91 ma lo fa anche discepolo dei nordici Dattili Idei, originari dell'Ida, in Frigia, che " erano sciamani e praticavano incantesimz; iniziazioni e misteri" ;92 e Strabone lo associa ai Ciconi Traci:93 spiritualità egizia e scia­ manesimo iperboreo si uniscono in una sintesi originale in Orfeo, che approda a una dottrina della liberazione dalla sofferenza delle nascite attraverso purificazioni e iniziazioni. Orfeo non fondò una religione, ma creò una cerchia iniziatica, variamente diffusa nel mondo ellenico, i cui esponenti venivano det­ ti mdgoi e orpheoteléstaf. Non c'erano sacerdoti orfici in senso stret-

88 89

9° 91 92 93

Cfr. Tonelli T 34-35. Cfr. Ps. Eur., Rhes., 943 -945. Cfr. Ps. Dem., Contr. Aristag. , I 1 1 . Cfr. Diod. Sic. , I 96, 4-5 ; Idem, I, 23, 2 et 6-7 . Cfr. Diod. Sic., V 64, 4. Cfr. Strab., VII, fr. 1 8 (III 3 3 9 H. L. Jones) . 52

Orphica

to, anche se gli "iniziatori" potevano avere funzioni sacerdotali, che esercitavano privatamente, e comunque non in quanto clero ufficiale. L'iniziazione orfica conferiva beatitudine in vita e dopo la morte, e impegnava a una eticità esente da qualunque tipo di violenza, in contrasto con l'etica guerriera consacrata dalla religiosità olimpica, a cui si associava la dieta vegetariana. Impegnava anche a rispetta­ re alcuni tabu e regole comportamentali proprie dell'orp hikòs bios, che proibivano di indossare indumenti di lana e cibarsi di uova e fave, e a osservare una condotta etica che richiedeva di "onorare i genitorz; venerare gli dei, astenersi dalle carni" .94

Or/ismo e Dionisismo: Zagreus Due testimonianze, di Demostene e Euripide, l'Epigramma di Pesto e il Papiro Gurob (Rituale dei Misteri) ci introducono a una importante connessione tra Orfismo e Dionisismo, che trova ulte­ riore conferma nelle Tavolette di Olbia, nonché nella presenza di Dioniso a Eleusi, dove era presente anche la tradizione orfica. In particolare Demostene, Euripide e l'Epigramma di Pesto ri­ mandano a contesti altamente sincretistici, in cui il Dioniso tracio (Sabazia) sconfina nell' Adone-Attis frigio, anch'esso dio che muore e rinasce, mentre vengono officiate purificazioni tipicamente orfi­ che. Euripide, nel frammento da Cretesi, mette in bocca al Coro di vecchi isolani dichiarazioni relative a iniziazioni ai Misteri di Zeus Ideo, che coinciderebbe con Dioniso-Zagreus, e della Madre Mon­ tana, che è la Madre degli Dei, e all'Orfismo. Analoga interrelazio­ ne e contaminazione di tradizioni iniziatiche si ritrova nel Papiro Gurob, dove compare un pantheon eleusino, orfico e dionisicaco.95 Zagreus è Dioniso ctonio, figlio di Zeus e Persefone, dio dei rituali notturni, cacciatore e smembratore, e insieme oggetto di

94 95

Cfr. Papyr. Berol. , XLIV. Eleusi: Brim6, Demetra, Rhea, in Il. 5 -6; Orfismo: Prot6gonos, in l. 18; Erichepeo, Phanes, in Il. 22-23 ; Dioniso in Il. 2 ; 10; 13; 2 3 . 53

Attraverso Oltre

smembramento da parte dei Titani, come ci dice Nonno:96 in Za­ greus confluiscono le tradizione orfica con quella dionisiaca, e il cacciatore-cacciato, simbolo della circolarità morte-vita e della lace­ razione dell'identità egoica, è anche l'essenza divina sepolta nella natura titanica degli umani, e che occorre riscoprire, come una per­ la sepolta nel fango. Un grande prodigio preannuncia agli umani la Madre di tutte le cose, m esce da bere ai puri e a coloro che rendono conto della propria origine, 97 ma fa il contrario a coloro che oltraggiano la stirpe degli dei. E voi tutti, devoti che pronunciate parole giuste venite nel tempio divino della Grande Madre e conoscerete azioni divine, degne dell'Immortale di questo tempio. (Epigr. Phaest. , sec. II a. Cr. )

[. . ] con le cose che trova 9H [ . . . ] raduni le carni crude [. . ] per l'iniziazione mutilai me stesso, espiai l'empietà dei padri. Salvamz; grande Brim6 e Demetra, Rhea [. . ] e Cureti in armi [. . . ] 9 9 .

.

.

Cfr. Nonn., Dion. , VI 165 ss.; XXXI 48; XLVIII 209; cfr. Tonelli EO, 074 . Qui c'è analogia con l e Lamine d'oro orfiche ( i l riconoscimento dell'origine dionisiaca dell'iniziato). Per Colli SGI 409 "l'epigrafe documenta ulterior­ mente il nesso Creta-Dioniso-Eleusi-Orfismo " . 98 I l Papiro, noto come Rituale dei Misteri, fondamentale per l a conferma "della confluenza or/ico-dionisiaco-eleusina" (Colli SG I 404), fu trovato a Gurob, in Egitto, e va datato alla fine del sec. III a.C. Si divide in due parti: le linee 1 -22 contengono istruzioni per il sacrificio, invocazioni alla dea e la preghiera che accompagna il sacrificio; le linee 23-30 enunciano simboli orfeodionisiaci. Il riferimento al sacrificio di animali e alle "carni crude" (1. 2 ) è più propriamente dionisiaco che non orfico. 99 Brim6 è probabilmente Persefone. Sui Cureti cfr. Eur. , Cret. , fr. 79, 4-5 Austin. 96

97

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Orphica

[. . . ] e o//iceremo bei rituali [. . . ] un ariete e un capro 1 00 {. . . ] doni innumerevoli [. . . ] pascolo lungo un fiume [. . . ] prendendo i testicoli del capro 1 0 1 [. . . ] mangi il resto delle carni [. . . ] il pro/ano non guardi {. . . ] consacrato sul bruciato 1 02 Preghiera{. . . ] Invochiamo Prot6gonos e Eubuleo 1 03 chiamiamo {. . . ] dell'ampia 1 04 [. . . ] e i cari; tu dopo avere disseccato {. . . ] di Demetra e di Pallade 1 05 per noi [. . . ] Eubuleo Erichepeo 1 06 Salva mi [. . . ] Phanes. 1 07 [. . . ] un solo Dioniso. Simboli 1 08 {. . . ] dio nel grembo 1 09

1 00 101 1 02

10 3 1 04 105 106 107 108

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Ariete e capro sono animali dionisiaci. Per l'ariete, cfr LO IIB3 , 5 ; IIB4, 4 . Colli SGI 4 [A69] ipotizza che s i tratti d i u n giuramento preliminare sulle parti recise dell'animale (e/r. Scarpi RM 655 ) . Non è possibile capire che cosa venga consacrato sui resti del pasto sacri­ ficale: in ogni caso è una parte del rituale da cui sono esclusi i non iniziati. L'interpretazione di II. 1 5 - 1 6 è incerta. Con West PO 1 82 traduco "sul bruciato " ; Colli SGI 4A 69 non traduce; Scarpi RM 405 : " consacrato all'an­ nientamento" . Prot6gonos è divinità orfica originaria. Eubuleo è Dioniso: e/r. LO IIA 1 , 2 . Probabile invocazione alla Sovrana dell'ampia terra. Pallade è Atena. Erichepeo compare nella teologia rapsodica nella Triade composta da esso e da Metis e Phanes. Phanes è divinità centrale dell'Orfismo, e/r. Tonelli EO, 046, 10; 049, 16. Concordo con Colli SGI 404 nel ritenere che qui si alluda " all'unità nel molteplice come carattere di Dioniso, il dio dai molti nomi" (cfr. Soph. , Ant. , 1 1 15 - 1 1 2 1 ) . Symbolon è i l contrassegno iniziatico e l a capacità d i de­ cifrare in chiave iniziatica la valenza simbolica di parole, azioni, oggetti. Espressione difficile da chiarire: da una parte ricorda l'episodio di Baub6; dall'altra LO IIB 1 , 7; e ancora, stando a Colli SGI 404 e West PO 108 et .

55

Attraverso Oltre [. . . 1 ho bevuto. Asino mandriano 1 1 0 [. . . l formula rituale: "In alto in basso" per i [. . . ] 1 1 1 [ . . . l e quanto ti è stato dato . . . [. . . l gettare nel canestro 1 1 2 trottola rombo astragali [. . l oppure specchio. " 1 1 3 .

(Pap. Gurob)

Inno a Zeus La natura bisessuale della divinità in quanto simbolo della To­ talità si ritrova nell'Inno a Zeus tramandato nel De mundo dello Pseudo Aristotele, databile tra la metà del I sec. a.C. e la seconda metà del I sec. d.C.: "Zeus fu maschio, Zeus immortale fu fanciulla " . Zeus è l 'incipit e l ' explicit del cosmo, che tutto pervade della pro­ pria essenza, pur restando distinto, ma senza alcuna connotazione personalistica-antropomorfica e - come anche nel Papiro di Der­ veni, che conserva la versione arcaica di questo testo - inghiotte e assimila a sé tutti gli dei, rigenerandoli, e ponendosi come "fonda-

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111

1 12 1 13

1 83 rimanda al culto di Sabazio: cfr. Clem. Alex., Protr., II 16. È possibile che il " dio nel grembo" fosse Phanes o Dioniso. Dioniso, di cui l'asino è simbolo per la sua valenza di immagine della ses­ sualità-fertilità. È evidente inoltre l'ossimoro tipicamente dionisiaco che unifica l'animale che viene guidato con il suo pastore: l'impulso animale e il suo controllo sono identificati nel dio che unisce in sé pathos e distacco contemplativo (lo specchio). Cfr. Heraclit. 22B 98 DK: "via in alto via in basso una sola la medesima" : "Sia la via dell'ascetismo e dell'elevazione che quella dell'immanentismo e del contatto con la materia si rivelano una sola e la medesima. Contemplazio­ ne della Luce e discesa agli In/erz; anabasi e catabasi, conducono al medesimo centro il Sapiente che sappia percorrer/e identificandosi con il divino . . . Una stessa via, pur portando in diverse e antitetiche direzionz; resta la medesima; come dire che è proprio dell'Uno farsi molteplicità e opposizione, pur restan­ do Uno" (Tonelli E, 1 65 ) . Azione rituale eleusina. Cfr. infra, pp. 62 ss.

56

Orphica

mento della terra e del cielo stellato " , 1 14 "so/fio di tutte le cose" , 1 15 " radice del mare" e "sovrano di tutte le cose". 1 1 6 Per questo anche nei poemi orfici si dice non a sproposito: 1 17 Zeus /u il primo a nascere, Zeus dalla fulgida folgore fu !'ultimo. Zeus testa, Zeus mezzo, da Zeus sono costruite tutte le cose. Zeus è il fondamento della terra e del cielo stellato. Zeus fu maschio, Zeus immortale fu fanciulla. 1 1 8 Zeus so/fio di tutte le cose, Zeus slancio del fuoco inesausto. Zeus radice del mare, Zeus sole e luna. Zeus il re, Zeus dalla vivida folgore il sovrano di tutte le cose. 1 19 Tutti nascose e nuovamente alla luce colma di gioia li ricondusse dal suo cuore puro, compiendo azioni tremende. 1 20 (Ps. Arista!., De mund. 4 0 1 a2 7 - b7 )

1 14 115 1 16 1 17

1 18 1 19 1 20

Cfr. Inno a Zeus, 3 . Cfr. ibidem, 5 . Cfr. ibidem, 6-7 . Una versione più ampia, di tradizione neoplatonica, dell'Inno or/ico a Zeus si trova in Kern OF 1 68, e fa parte dei Discorsi sacri in XXIV rapsodie, che comprendono diversi discorsi degli Orfici, e che sono stati commentati dai Neoplatonici a partire da Siriano. La versione citata dallo Ps. Aristotele (databile tra la metà del sec. I a.C. e la seconda metà del sec. I d.C. ) è di chiara impronta stoica, con probabile influsso di Posidonio (e/r. Colli SG I 405 ) . L'antichità del testo è garantita dal fatto che nel Papiro di Derveni, che secondo Scarpi RM 63 9 "conserverebbe la versione arcaica del testo trasmesso dallo Ps. Aristotele e da Eusebio (Kern OF 1 68) " compaiono i vv. 1 -2 et 5 del testo pseudoaristotelico. In Plat., Leg., IV 7 15e-7 1 6a=Kern OF 2 1 troviamo un riferimento a questo testo che va considerato orfico antico. In questa rappresentazione di Zeus come totalità si fa riferimento alla sua natura insieme maschile e femminile. Cfr. Papiro di Derveni, Col. XIX, 10, in A. Tonelli, Eleusis, Or/ismo. I Mi­ steri e la tradizione iniziatica greca, Milano 20 1 5 . "Tutti " sono gli dei, rigenerati d a Zeus che l i inghiotte, l i assimila a s é e l i pervade della propria essenza. 57

Attraverso Oltre

Lo smembramento di Dioniso e la natura anche divina degli umani Accanto alla discesa agli Inferi per riportare alla luce la sposa dall' Ade, in un percorso di katdbasis-andbasis di matrice iniziatica universale, un altro mito centrale dell'Orfismo è lo smembrameh to di Dioniso a opera dei Titani, di cui ci parlano Clemente Alessan­ drino e Olimpiodoro. Clemente si sofferma sull'inganno dei Tita­ ni, i figli di Gaia, che eludono la sorveglianza dei Cureti e distra­ endolo con giocattoli di fanciulli riescono a smembrare Dioniso bambino: 1 2 1 lo smembramento (sparagm6s) è un atto simbolico di trasformazione che compare nei riti di passaggio e nella iniziazio­ ne sciamanica, e allude a un processo psichico di disintegrazione dell'ego analogo al salve dell'opera al nero alchemica, che prelude a una reintegrazione a un livello più alto, unitario, di coscienza (coa­ gula), e a una rinascita. I giocattoli con cui viene ingannato Dioniso per Clemente sono " trottola e rombo e marionette l e le belle mele d'oro delle Esperidi dalla voce acuta " , e " l'astragalo, la palla, la trottola, la mela, il rom­ bo, lo specchio, il vello " . 122 In particolare la trottola, il rombo, gli astragali e lo specchio compaiono anche in Papiro Gurob, in una atmosfera orfeodionisiaca eleusina. 12 3 Atena, dea civilizzatrice e edificatrice, salvaguarda 'il cuore di Dioniso, ovvero la sua interiorità quintessenziale che sopravvive allo sparagm6s, mentre le membra vengono bollite, infilzate nello spiedo e poste sul fuoco dai Titani, finché non interviene Zeus che li fol­ gora e le consegna a Apollo, che le seppellisce sul Parnaso: Apollo riunifica Dioniso, riconduce la pluralità all'unità; allo stesso modo l'iniziato recuperava la propria unità interiore e l'unità con l' Uno. 1 2 4

121 1 22 l2l 12 4

Cfr. Clem. Alex. , Protr. XVII, 2 - 1 8 , 2 . Cfr. ibidem, 18, 8-10. Cfr. Pap. Gurob, 23-30. Cfr. Tortorelli Ghidini GDMR per una contestua­ lizzazione rituale dionisiaca del Papiro Gurob. Cfr. Clem. Alex . , Protr. XVII, 18, 10-19; Olymp., in Plat., Phaed. 67c; Euph. , fr. 36 ecc. 58

Orph ica

Olimpiodoro parla di un regno cosmico di Dioniso, tramandato da Orfeo, dopo quelli di Urano, Kronos e Zeus. 1 25 Aggiunge che, quando Zeus folgorò i Titani: dalla fuliggine dei vapori si originò materia dalla quale nacquero gli uomini, e dunque dobbiamo evitare il suicidio non per l'apparente si­ gnificato letterale del mito, perché siamo nel corpo come in una sorta di carcere - e questo è chiaro - . . . ma . . . non dobbiamo farlo perché il nostro corpo è dionisiaco: siamo una parte di Dioniso, se è vero che siamo costituiti dalla fuliggine dei Titani che gustarono le sue carni. (Olymp., in Plat., Phaed. 6 1 c, p. 2, 2 1 Norvin , 7 - 1 4 )

È una testimonianza fondamentale, perché associa alla conce­ zione tipicamente orfica del corpo come "prigione" il rispetto per la sua sacralità dionisiaca, che è ben presente accanto alla sua dan­ nazione titanica. 126 C'è una quintessenza sacra, cosmica, nella ma­ teria che costituisce il corpo, un suo radicamento nell'infinito, oltre l'individuazione: Dioniso è il dio dell'interconnessione. Soma/sema Nella testimonianza fornita da Aristotele, invece, il giudizio sul corpo è tranchant: patiamo un supplizio simile a quello che subiscono coloro che in altre epoche, quando cadevano nelle mani dei predoni etruschi, venivano uccisi con ricercata crudeltà: i loro corpi vivi venivano legati a quelli dei morti nel modo che aderissero il più possibile, con la parte an­ teriore di un vivo adattata alla parte anteriore di un morto. E allo stesso modo che quei vivi erano congiunti con i mortz; così le nostre anime sono saldate ai corpi. (Aristot., Protr. , fr. 1 06 Ross , 7 - 14)

1 25 1 26

Cfr. Olymp., in Plat Phaed. 61c, 1-5. (p. 2, 2 1 Norvin) Per l'ambivalenza del corpo nell'Orfismo e/r. Plat., Crat. 400c. 59

Attraverso Oltre

La psyché è un vivo saldato a un morto, che è il corpo. E Platone rincara la dose: In verità forse noi siamo morti: per quanto mi riguarda ho già sentito dire da uno dei Sapienti che adesso siamo morti e il corpo per noi è un sepolcro . . . (Plat. , Gorg. 493 a)

Ma sempre Platone, attraverso la sua hermeneia linguistica, ri­ apre il gioco: Alcuni affermano che il corpo sia la tomba dell'anima, come se essa vi sia sepolta in questo momento presente; e poiché attraverso il corpo l'anima manifesta ciò che deve manz/estare, anche per questo motivo viene giustamente chiamato "segno". Tuttavia mi sembra che a asse­ gnare questo nome siano stati soprattutto i discepoli di Orfeo, come se l'anima pagasse per le colpe che deve espiare e fosse circondata da questo corpo, immagine di una prigione, a sua salvaguardia. E dun­ que questo, come dice il nome, è "salvaguardia" dell'anima, finché essa non abbia saldato il suo debito, e non c'è da cambiare nulla, neanche una lettera. (Plat . , Crat. 400c)

Il corpo (soma) è tomba (sema) della psyché, ma "poiché attra­ verso il corpo l'anima manz/esta ciò che deve manifestare, anche per questo motivo viene giustamente chiamato 'segno' (sema) " : il corpo è anche volto della psyché, sua manifestazione. È sua "prigione " (de­ smotérion) e "salvaguardia " (soma) , "finché essa non abbia saldato il suo debito " . Eccoci d i fronte a un altro potente apporto dell'Orfismo alla spiritualità ellenica, un apporto che esso filtra dallo sciamanesimo iperboreo e panasiatico, che a partire dalla Mongolia e dalla Siberia si diffonde nel Tibet e in tutta l'Eurasia: 1 2 7 la ferma credenza nella reincarnazione.

1 27

Cfr. Kingsley SWPY 40 per l'origine non ellenica della teoria della reincar­ nazione.

60

Orphica

Reincarnazione Non è forse vero che anche Orfeo tramanda con chiarezza dottrine analoghe, quando . . . dice innanzi tutto che le anime mutano una vita in un 'altra secondo certi periodi, e che spesso entrano ora in uno ora in un altro corpo umano? Gli stessi, nelle case, diventano padri e figli e spose ornate e madri e figlie scambiandosi reciproca generazione. . . . per questo l'anima degli umani mutando secondo cicli di tempo, passa ora a un corpo di animale, ora a un altro; ora cavallo, ora diventa . . . ora pecora ora uccello terribile a vedersi, ora corpo di cane e latrato profondo e stirpe di serpenti freddi che striscia sulla terra divina. (Procl. , in Plat. Resp., II 3 3 8 , 1 7 )

Come il karma degli orientali così Dike, dea della giustizia co­ smica, governa attraverso la legge di causa-effetto il tragitto delle anime da una vita all'altra, in una spossante fatica da cui soltanto l'iniziazione, consentendo " la visione di qualcuna delle cose vere" 128 garantisce la liberazione. Così afferma Platone, che a cavallo tra sophia e philo-sophia radica profondamente nell'Orfismo la propria traiettoria conoscitiva, come aveva già fatto, da un'angolatura sa­ pienziale e sciamanica, Empedocle di Agrigento. E questa visione suprema di cui ci parla Platone nella sua mito­ poiesi dell'oltrevita eticamente fondata e eudaimonistica, secondo Proclo passa attraverso l'iniziazione a Dioniso e Kore, e dunque attraverso Eleusi: . . . la vita beata, lontana dall'erranza della nascita, che secondo Or­ feo si vantano di ottenere anche quanti vengono iniziati a Dioniso e Kore:

1 28

Cfr. Plat., Phaedr. , 248c, 1 -2 .

61

Attraverso Oltre cessare dal ciclo e respirare dalla sventura. (Procl . , in Plat. , Tim. 42c-d)

In ogni caso "Dioniso è causa di liberazione: perché il dio è an­ che Liberatore" : 129 nella prospettiva orfica l'esperienza dionisiaca è ricongiungimento della coscienza individuale con l' Uno-Tutto, immanente e trascendente, estasiante perdita dei limiti dell'ego or­ dinario e attingimento alla fonte non condizionata della vita. 1 30

Lo specchio di Dioniso Alcune testimonianze, prevalentemente neoplatoniche, ripren­ dono il motivo dello specchio di Dioniso, che compare anche nel Papiro Gurob, il quale documenta una tradizione più specificamen­ te misterica-iniziatica. 1 3 1 La sostanza di queste testimonianze, se le liberiamo dalla dottrina neoplatonica, si può sintetizzare nella for­ mula: guardandosi nello specchio Dioniso vede il mondo. 1 32 Così riferisce Proclo: Nell'antichità lo specchio anche dai teologi è stato tramandato come simbolo della adeguatezza alla pienezza noetica del Tutto. Per questo dicono anche che Efesto fabbricò uno specchio per Dioniso e che il dio guardando dentro di esso e contemplando la propria immagine si slanciò alla fabbricazione di tutta la pluralità. (Procl . , in Plat. , Tim. 3 3 b )

Lo specchio è simbolo del nous, e il nous è sia principio di con-

1 29 Cfr. Olympiod., in Plat. , Phaed. 82d. 1 3 ° Ciò accade anche post mortem: e/r. LO IA l -LO IB lper l'immagine della fonte; LOII Bl -LOII B4 per l'immagine del tuffo dionisiaco nella sorgente metafisica della vita-morte. 1 3 1 Si veda anche infra, p. 68 per lo specchio dionisiaco in bronzo datato intor­ no al 500 a.C. che è stato trovato a Olbia. 1 3 2 Cfr. Colli SGI 4 16.

62

Orphica

sapevolezza intuiti va unificante che dimora alla radice dell' indivi­ duum (lo atman degli orientali) , che la quintessenza intuitiva unita­ ria del cosmo (Dioniso ! ) : noe in significa conoscere per visione-in­ tuizione, non attraverso la ratio che separa gli opposti. La pluralità delle cose, il Molteplice, nasce da uno sguardo del Dio dell'unità e dell'interconnessione, Dioniso, sulla propria esteriorità che si mani­ festa come pluralità. Se ne deduce che: - il mondo è atto conoscitivo-contemplativo: conoscenza senza soggetto né oggetto; - lo sguardo noetico di Dioniso è ciò in cui il molteplice si rivela espressione dell ' Uno; 133 conoscere dionisiacamente il mondo significa ricollocarsi in questa postazione originaria in cui lo sguardo e la visione sono uno e non c'è separazione tra individuum e Totalità . Si confronti con quanto riporta Platino: E le anime degli uominz; vedendo le proprie immagini come nello specchio di Dioniso, slanciandosi dall'alto furono istantaneamente lz: senza essere scisse neanche loro dal proprio principio (arché) e dall'intuizione (nous ) . (Plot . , Enn. , IV 3 , 1 2 , 1 -4 )

Qui Platino afferma l'identità tra l'anima e Dioniso: come il Dio-immediatezza- Uno si allontana da sé contemplandosi come pluralità nello specchio, ma rimane pur sempre se stesso-immedia­ tezza- Uno, così le anime si allontanano dalla loro radice noetica ma nel profondo rimangono radicate in essa. Sono evidenti le affinità con il nondualismo di Eraclito, di Par­ menide (la " terza via " di fr. 28 Bl 32 DK) e sul versante orientale con quello dell'Advaita Vedanta e dello shivaismo del Kashmir; si pensi inoltre alla folgorazione upanishadica " Tad etad ( Questo è Quello) " 13 4 e all'affinità tra Dioniso e Shiva. 1 3 5

lll Il4 Il5

Per il termine espressione, cfr. Colli FE, passim. Cfr. Brhad. Upanishad, V 4, l ; cfr. Tonelli PS 95 . Cfr. Danielou SD passim.

63

Attraverso Oltre

Ci troviamo di fronte a una dottrina orfica dell'immortalità, che va confrontata con la sensibilità delle Lamine d'oro or/t'che; con una differenza: che qui l'allontanamento dall' Origine dionisiaca viene negato nondualisticamente, mentre nelle Lamine si manifesta un anelito al ricongiungimento con la patria metafisica che implica un dualismo più accentuato. Olimpiodoro collega mirabilmente il gesto teoretico-metafisica del rispecchiamento generatore con il mito dello smembramento di Dioniso da parte dei Titani e la sua riunificazione a opera di Apollo: Dioniso infattr; dopo avere posto la sua immagine nello specchio, la segur: e così fu infranto nel Tutto. Ma Apollo lo raduna e lo riporta alla vita, poiché è dio purr/icatore e veramente salvatore di Dioniso, e per questo viene celebrato come Dionysod6tes. (Olympiod. , in Plat. Phaed. 67c)

Qui, forse per inferenza del testimone, a Dioniso si attribuisce una sorta di gesto volontario ( " dopo avere posto " ) che sembra di­ varicare l'identità-simultaneità dello specchiante (immediatezza) e dello specchiato (il " Tutto " , di cui qui si accentua il carattere di insieme di pluralità distinte) . Della riunificazione (ci troviamo di fronte alla hermeneutica in chiave conoscitiva dello sparagm6s dionisiaco) si fa ministro Apollo, in quanto dio della sapienza contemplativa (il distacco: cfr. Eraclito 22B 1 08 DK: " . . . la Sapien­ za è disgiunta da tutte le cose " ) , che proprio grazie alla distanza dai dati sensibili illusivi coglie l'unità che sta dietro le quinte del cosmo visibile: hèn pdnta ( '' tutte le cose sono Uno e l'Uno è tutte le cose " ) . 136

Il mondo è conoscenza Ma il nondualismo orfeodionisiaco, con movimento teoretico parallelo al modo in cui viene da esso trattata la corporeità, per I J6

Cfr. Heracl. 22B 50 DK. 64

Orphica

non cadere in una sorta di quietismo gnoseologico conciliante con il gioco mondano delle apparenze, evoca un gesto interiore di con­ sapevolezza e volontà, con un avvertimento che convoca fuori da quella che gli Orientali chiamano maya: Con spada tartarea i Titani uccisero Dioniso mentre rimirava l'immagine falsa nello specchio che la rimanda. (Nonn . , Dian. VI, 172 - 1 7 3 )

Il participio opipeuonta indica un "guardare con curiosità " , e allude a una distrazione dello sguardo divino dalla sua Origine e ipseità, proiettandosi come molteplice_ La falsa immagine (letteralmente " bastarda " ) in cui Dioniso si vede nello specchio è il mondo. L 'errore di Dioniso - e della psyché dell'iniziato orfeodionisiaco - consiste nel lasciarsi di­ strarre, per curiosità, dal mondo-pluralità. Il percorso iniziatico consiste nel ritorno all' Unità originaria , attraverso la concentra­ zione noetica. L'esperienza iniziatica e sapienziale orfeodionisiaca si rivela ac­ quisizione di uno stato di coscienza unitaria, contemplativa, che riconduce il molteplice all'Uno, e sente il mondo in cui viviamo, la sua concretezza più vivida, il suo strazio più lacerante, come cono­ scenza, sguardo del dio che ritorna a sé attraverso l' individuum che lo riscopre nella sua interiorità.

Le Tavolette di Olbia In una fase originaria i Misteri Eleusini gravitavano intorno al mito-rito femminile e matriarcale di Demetra-Kore, ma intorno al VI secolo ci furono una trasformazione e un riordinamento che li assestarono nella configurazione che noi conosciamo attraverso i testimoni, e che sperimentarono Eschilo, Sofocle, Euripide, Pinda­ ro, Platone, Aristofane, Aristotele e così via. Ma una testimonianza del III sec. a. C. , il Marmor Parium, ci segnala che già 1 135 anni prima, e dunque già nel 1435 a. C. , e co­ munque in epoca greca arcaica, c'era una stretta "connessione tra la 65

Attraverso Oltre

poesia orfica e il rituale eleusino: 137 Sono passati ormai 1 135 anni da quando Orfeo figlio di Eagro e Cal­ liope, mentre in Atene regnava Eretteo, espose la sua poesia, il rapi­ mento di Kore e la ricerca di Demetra e la propria puri/icazione e la passione divina di quelli che avevano ricevuto il /rutto. (Marm. Par. , 2 3 9 A 14 Jacoby=FGrHist II 995 , 5 - 8 )

L'Orfeodionisismo, con la sua unificazione di tensione al tra­ scendimento degli impulsi e accoglimento e catarsi di essi, conforme alla duplice unificata natura di Dioniso, dio dell'ebbrezza e della contemplazione, si intrecciava con il culto della Dea Madre, nella raffinata e complessa via iniziatica costellata da Dioniso e Demetra e dalla parola poetica e sciamanica di Orfeo, al servizio dell' espe­ rienza conoscitiva più alta, l'unità non aorgica di tutte le cose, come folgorava Eraclito nel suo hèn pdnta. 138 È la stessa sensibilità, lo stesso andamento enantiodromico e in­ sieme unificante dell'esperienza interiore di vita e morte che trovia­ mo nelle Tavolette di Olbia, una delle colonie milesie del Nord, alla foce del Boristene, verso la brumosa Scizia che in epoca del bronzo e in epoca arcaica fu trait-d'union tra lo sciamanesimo panasiatico e la solarità della Sapienza ionica e ellenica. 139 Qui Dioniso e Orfeo sono uniti nel segno della compresenza e armonia degli opposti (vita-morte; pace-guerra; verità-menzogna), e di psyché, il soffio dell'interiorità che li sigilla in sé e che sconfina nel cosmo.

1 37 Cfr. Colli SG I 408; il Papiro di Berlino riporta una versione orfica del mito di Demetra e Kore. 1 38 Cfr. Eraclito 22B 50 DK. 1 39 Cfr. Tonelli E lO.

66

Tavolette di Olbia

l ) VITA MORTE VITA VERITÀ A - segno - segno - DIO(niso)

ORFICI 2) PACE GUERRA VERITÀ MENZOGNA DION(iso) - A 3 ) DIO(niso) segno VERITÀ parola illeggibile PSYCHE - A Hdt . , IV 79 testimonia l'esistenza di una comunità di Bdkchoi a Olbia, "una tra le colonie milesie dislocate più a nord, sulle foci del Boristene, l'odierno Dniepr, verso quella mitica e brumosa Sczzia che in epoca del bronzo e in epoca arcaica fu trait-d'union tra lo sciama­ nesimo siberiano panasiatico e la Ionia " . 140 Nel 1 95 1 scavi sovieti­ ci hanno portato alla luce, proprio a Olbia, tre tavolette di osso, pubblicate nel 1 978. 1 4 1 La datazione probabile è VI-V secolo. È evidente l'analogia con i frammenti 22B48 DK, 22B67 DK, 22B62 DK di Eraclito, ma non è facile stabilire se le tavolette fossero an­ teriori o posteriori a Eraclito, la cui akmé va collocata intorno al 490-480. Riguardo ai segni che compaiono nelle tavolette, West PO 28 osserva che "La seconda piastra ha sul retro uno strano disegno oblungo diviso in sette riquadri, ognuno dei quali contiene un picco-

1 �0 14 1

Tonelli, E 10. Cfr. A.S. Rusyaeva, Or/izm i Kul't Dionisa v Ol'vii, in "Vestnik Drevenej Istorij" I, 1 979, pp. 87 - 1 04; cfr. West PO 27-3 1 .

67

Attraverso Oltre

lo ovale; forse rappresenta uno strumento musicale . . . Vi sono anche altri segni a zig zag, un gruppo dei quali potrebbe essere interpretato come le lettere IAX, cioè Iacchos " . Il segno a zig zag che compare in tutte tre le tavolette può essere interpretato come il zig zag della fol­ gore: e come non pensare a Heraclit. 22B64 DK: " ma tutto governa la folgore" ? Secondo West PO 2 9: "i riti bacchici non erano celebrati da tutta la cittadinanza, ma da quelli che sceglievano di essere inizia­ ti" e suppone che " le piccole tavolette d'osso sparpagliate nella città fossero segni distintivi dell'appartenenza alla setta " . Resta aperta la questione sulla priorità delle tavolette rispetto a Eraclito o vice­ versa: " Nell'ipotesi di una anteriorità del libro eracliteo rispetto alle tavolette di Olbia troverebbe con/erma la notizia di Diog. Laert., IX 6, 7-8, secondo cui Eraclito sarebbe stato iniziatore di una tradizione mistico-sapienziale affine all'Or/eodionisismo, con seguaci a Olbia. Se invece, come è più verosimile, le tavolette furono incise prima che Eraclito dz//ondesse - per via orale o scritta, poco importa - i suoi insegnamentz; e costituiscono dunque l'affioramento di una tradizio­ ne or/ico-dionisiaca più antica, avremmo trovato la documentazione certa di un 'origine misterica della Sapienza eraclitea " . 1 42 Tortorelli 00 vede nel segno A che compare in l ) 2) 3 ) l'iniziale di Aléthe­ ia, Verità. A Olbia è stato trovato anche uno specchio di bronzo datato intorno al 500 a.C. che reca l'iscrizione "Demonassa, figlia di Lenaio, euoé, e Lenaios, figlio di Democle, euoé! " : vi compare la prima attestazione dell' euoé, il grido rituale delle baccanti, e lo specchio non è un oggetto di arredamento, ma uno specchio dioni­ saco, owero "un symbolon dell'iniziazione ai Misteri di Dioniso . . . Siamo in piena mitologia e in pieno rituale or/ico" 1 43; per Dioniso a Olbia cfr. Hdt . , IV 79. Alcuni studiosi rilevano nella tavoletta l ) un riferimento (di ispirazione pitagorica) al ciclo delle rinascite. Cfr. Tortorelli 00 2 7 . In 3 ) Tortorelli, 00 2 7 e Levèque AOO 8 1 decifrano l a parola illeggibile con soma, e nella contrapposizione con psyché colgono il canonico dualismo orfico che implica l'aspi­ razione alla liberazione dal ciclo delle rinascite.

1 42 1 43

Tonelli, E 10. Leveque, AOO 8 1 .

68

Lamine d'oro orfiche

Lux in tenebris Luce condensata in oro e tenebra della materia disfatta. Parole scolpite nella luce e destinate a rifulgere per una piccola eternità nel buio grembo sepolcrale della terra: lux in tenebris. Parole che sono guida al viaggio (hod6s) dell'iniziato (mystes) attraverso le peripezie del dopo morte, come nel Libro egiziano dei morti (Pert Em Hru) e nel Bar do t'os sgrol tibetano. Le lamine orfiche antiche, trovate in Magna Grecia, a Creta, in Tessaglia e databili tra il V e il III secolo avanti Cristo, sono symbola aurei che il cadavere dell'iniziato ai misteri orfeodionisiaci portava sul petto o in bocca e dovevano servire da lasciapassare e promemoria (nouthétema) per il tragitto nella Regione dei Morti. Mappe di una geografia invisibile del mondo astrale, messag­ gi rivolti alle divinità dell'oltretomba - Plutone, Persefone, Eucle (Hades), Eubuleo (Dioniso) 1 44 - per guadagnarne la benevolenza, le parole incise nell'oro sono consacrate a Mnemosyne, la dea or­ fica della Memoria " sottile" : è Mnemosyne la fonte della salvezza, perché grazie a essa l'iniziato può ricordare gli ammaestramenti ri­ cevuti quando era vivo (si pensi alle indicazioni del Bar do t'os sgrol che venivano e vengono tuttora sussurrate all'orecchio del cadavere 1 44 Cfr. rispettivamente: LO ne l per Plutone; LO IIB 3 , 2 et LO ne l , 1 -2 per Persefone; LO IlA l , 2 et LO IlA 2 , 2 et LO IIB l , 2 per Eucle (Hades) e Eubuleo (Dioniso) ; LO IIB 3 , 2 per Bakchos.

69

Attraverso Oltre

iniziato al buddhismo tibetano) , e in questo modo orientarsi nel Reame Invisibile (tale l'etimologia di Hades ) ; ma soprattutto per­ ché la memoria iniziatica gli consente di ricordare la propria vera natura, che in conformità alla tradizione orfica è divina, in quanto partecipe dell'essenza di Dioniso.

Sapienza mnemosynia Così nel suo tragitto disincarnato potrà evitare di bere alla fon­ te dell'oblio (léthe) , che è il contrario della verità (a-létheia), e an­ dare oltre, alla sorgente di "acqua fredda che scorre l dal lago di Mnemosyne " . 145 Qui i custodi riconosceranno la natura non solo terrestre-titanica, ma insieme e soprattutto urania del mystes ( ''Sono figlio della Greve e di Cielo stellato" ) , 1 46 e gli daranno da bere la be­ vanda mnemosynia, che gli consentirà di unirsi al corteo degli altri iniziati a Orfeo, archetipo del poeta sacro, sciamano e psicopompo, e a Dioniso, il dio dell'ebbrezza e della contemplazione: 1 47 con co­ storo percorrerà la " via sacra " , a sua volta simbolo del tragitto che conduce all'esperienza suprema dell'identificazione mistica con l ' Uno-Tutto. 1 48 L'iniziato dichiara alle divinità che governano l' oltrevita la sua purezza, e la sua identità profonda - iuxta la dottrina orfeodioni­ siaca - con la loro stirpe. 1 49 Riconosce di avere commesso azioni non giuste150 che gli hanno meritato il castigo da parte della Moira, la Giustizia cosmica che " assegna le parti" (meiromai) e di Zeus, sovrano degli dei che colpisce con la folgore, e supplica la regina degli Inferi, Persefone, di concedergli il lasciapassare per la "sede

1 45 1 46 147 1 48 149 1 5°

Cfr. LO I A l , 6-7 . Cfr. LO IA l , 10. Cfr. L O IlA I, 2 ; IlA 2 , 2 ; IIB 3 -4 . Cfr. LO IA l , 15- 16. Cfr. L O IlA l, 1 - 3 . Cfr. 3 1 B l l5 DK dell'orfeopitagorico poeta-sciamano Empedocle d i Agri­ gento. 70

Lamine d'oro or/iche

dei puri" . 1 5 1 La dichiarazione di purezza da parte dell'iniziato allu­ de a un tragitto complesso: 152 è volato fuori dal ciclo delle rinascite, grazie alla iniziazione, e dopo avere raggiunto questa meta è disceso nel grembo della Dea, la Grande Madre ctonia, per rinascere come dio, non più mortale, riunificandosi con il sacro nutrimento dell'e­ stasi mistica, luogo dell'Origine: " Capretto caddi nel latte" . 15 3 Tutto ciò, nel nome di Dioniso, di cui il capretto, il giovane toro e l'ariete sono simboli. 154

Morte è rinascita La morte coincide con la rinascita: " ora moristi ora n'n ascesti" , 155 in una simultaneità di opposti unificati - come non pensare a Era­ clito: " Una sola cosa, dentro di noz� sono vivente e morto . . " 15 6 - che conduce alla beatitudine, sotto l'egida del dio dei Misteri, Dioniso­ Bakchos, ministro della bevanda che libera, il vino a Lui consacra­ to, che consente di accedere a ulteriori iniziazioni nel Reame Invi­ sibile: "Il vino hai in premio, o fortunato, l e sotto terra ti attendono le iniziazioni l che celebrano anche gli altri iniziati" . 157 La più temuta delle esperienze si trasforma in gioia, 1 5 8 al co­ spetto dei sovrani di sotto terra, Plutone e Persefone, e come nel posteriore Pedone platonico la morte reca in sé la felicità della com­ piuta estasi, in una visione iniziatica che si rivela sintesi originale di Sapienza di Oriente e di Occidente, e costituisce il paradigma di ogni riflessione intorno al trapasso come luogo di trasformazione, rinascita e indiamento. .

151 1 52 1 53 1 54 1 55 1 56 1 57 1 58

Cfr. LOII A l , 6-7 . Cfr. LO IIA l , 4 7 . Cfr. L O IIB l , 5 - 10. Cfr. Per il capretto LOO II B l, 1 0 et II B 2 , 14. Per il toro e/r. LOO II B 3 , 3 . Per l'ariete cfr. IIB 3 , 5 . Cfr. LOII B 3 , l ; II B 4, l . Cfr. Heraclit. 2 2 B 88 DK. C/r. LO II B 3 , 6-7 . Cfr. LO IIC l . -

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Attraverso Oltre

Testi delle Lamine LO I A l Hipponion Colli4A62 Lamella Hyppone reperta, saec. V-IV a. Chr. n. Largh . mm. 59 in alto, 49 in basso; alt. mm 32 Museo di Vibo Valentia

Parole consacrate a Mnemosyne. Quando dovrai morire andrai alle solide dimore di Hades: a destra c'è una sorgente 15 9 e accanto un cipresso bianco, diritto: 160 là discendono le anime dei morti, e si rin/rescano. 161 A questa sorgente non andare neanche soltanto vicino. 162 Ma più avanti troverai acqua fredda che scorre

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In LO IA2 , l la sorgente di Lete è collocata a sinistra; in LO IA3 , l è col­ locata a destra come qui. Per una discussione e/r. Colli SGI, 400 e Pugliese Carratelli LOO 56-57. Per Colli la disposizione originaria della fonte di Lete è a sinistra e la collocazione a destra, che è il lato propizio, è frutto di una corruzione di LO lA l et LO IA3 o delle loro fonti. Cfr. anche LOII B2 , 5-6. 160 Il cipresso bianco può essere frutto di una associazione con la leuké, po­ pulus alba, il pioppo che si riteneva nascesse sulle rive dell'Acheronte: e/r. Arpocrat. , Lex. , l, p. 192 Dindorf. Cfr. Pugliese Carratelli LOO 57. Tor­ torelli 00 38-39 vede in esso "l'albero di luce " : "tanto simile alla Leukas Pétre dell'aldilà america, collocata anch 'essa prima dell'accesso all'Ade vero e proprio, serba la sua funzione limina re anche nell'apparente contraddizione della collocazione nelle lamine cretesi e nella lamina tessa/a conservata al Pau! Getty Museum dove manca il bivio e l'albero di luce è posto dinanzi alla fonte di destra dove è l'acqua perenne che disseta gli iniziati" . 1 6 1 Per Pugliese Carratelli LOO 59-60 i morti, assetati di vita, cercano la fre­ schezza della vita corporea attingendo alla fonte dell'oblio, che gli iniziati devono evitare. L'iniziato invece è arso "dalla sete spirituale, eterna, pro­ messagli nella myesis; munito del symbolon a lui rivelato, spera di estinguer­ la con l'acqua di Mnemosyne, che non gli darà un fittizio vigore prodromo ad una ulteriore esistenza temporale . . . " (ibidem, 63 ) . 1 62 È l a fonte lethea, che s i contrappone a quella mnemosynia che scorre dal lago O. 6).

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Lamine d'oro or/iche dal lago di Mnemosyne 16 3: sopra stanno i custodi e ti domanderanno nel loro saldo intendimento che cosa vai cercando nelle tenebre di Ade caliginoso. Di' loro: "Sono figlio della Greve e di Cielo stellato, 164 ardo di sete e mi struggo. Ma date, presto, acqua fredda che scorre dal lago di Mnemosyne". 165 E davvero avranno compassione di te per volere del sovrano degli In/erz� e davvero ti lasceranno bere dal lago di Mnemosyne; 166 e davvero, dopo avere bevuto, andrai per la via sacra, che percorrono gloriosi anche gli altri iniziati e baccanti. 167 LO I A 3 =Colli 4A64 Lamella Pharsali reperta, 350-320 a. Chr. n. mm. 42 x 1 6 Museo di Volos, Tessaglia

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La fonte mnemosynia potrebbe dunque trovarsi a destra, ma più avanti di quella lethea. In Hes., Theog., 106 i figli di Terra e Cielo sono gli dei. "Greve" indica la Madre Terra, in particolare Semele che generò Dioniso a Zeus (che qui è il Cielo) . Pugliese Carratelli LOO 62 segnala la natura insieme ctonia e urania di Dioniso, a cui l'iniziato si assimila. Il mystes gode di una sorta di vita eterna garantita dalla iniziazione ricevu­ ta quando era vivo e che adesso viene rammemorata (Pugliese Carratelli L00 63 ) . Cfr. la Diòs od6s di Pind. , Olymp., II 70 ss., con la differenza che la meta non è una sorta di Isola dei Beati, ma " incognite sfere, che l'assenza di ogni indicazione /a immaginare estranee ad ogni esperienza mondana " (Pugliese Carratelli LOO 64) . Qui mystes e bdkchos sono sinonimi per indicare gli iniziati alla Sapienza mnemosynia (naturalmente non coincide con la ricchezza di cognizioni sul passato funzionale all'ego) , che consente loro di ricollocarsi nella propria natura dionisiaca originaria: cfr. Olympiod. , in Phaed. , p. 122, 25 Norvin: "il primo bacchos è Dioniso . . . il bacchos consacrato a Dioniso in quanto è assimilato a lui diviene partecipe anche del suo nome", citato da Pugliese Carratelli LOO 65 .

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Attraverso Oltre Troverai a destra 168 delle dimore di Hades una sorgente, e accanto a essa un cipresso bianco, diritto: a questa sorgente non andare neanche soltanto vicino. Più oltre troverai acqua fredda che scorre da/ lago di Mnemosyne. Sopra stanno i custodi, e essi ti chiederanno perché sei venuto. Racconta tutta la verità. 16 9 Di' loro: sono figlio di Terra e di Cielo stellato e Asteria è il mio nome. Ardo di sete, 1 70 lasciate che io beva alla sorgente. LO l B l = Colli 4A70 Lamella Eleuthernae reperta, saec. III a. Chr. n. mm. 5 6 x lO Museo Archelogico Nazionale di Atene 1 7 1

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Cfr. n. 1 62 a LO IAI. Qui alétheia ha proprio il valore di "non-oblio" (/éthe) e coincide con Mne­ mosyne. 1 70 auos: l'iniziato è di genere maschile. 1 7 1 La laminetta è stata trovata a Eleutherna, nella zona occidentale di Creta, come altre quattro, pressoché uguali tra loro: e/r. Pugliese Carratelli LOO 78-85. Sempre Pugliese Carratelli LOO 89-90 cita Eur., Cret. , fr. 3, ripor­ tato da Porph. , De abst., IV 19, relativo "a misteri dionisiaci in cui gli ini­ ziati assumevano il titolo di bakchos e veneravano una triade divina formata da Zeus (Ideo), Meter Oreia e Zagreus (Dioniso)" . Aggiunge Pugliese Car­ ratelli che "A prima vista il testo di queste (/e lamine cretesi, n.d.C.) sembra compendiare quello delle lamine mnemosynie, ove all'iniziato è prescritto di /arsi riconoscere per essere ammesso a dissetarsi con l'acqqua salutare. Ma in realtà nelle lamine cretesi non v'è alcun accenno a Mnemosyne, il cui nome è invece il signum della religione or/ico-pitagorica " . Per Pugliese Carratelli LOO 9 1 -92 le laminette cretesi sarebbero da collegare al culto della "Ma­ dre di tutte le cose" di cui parla l'Epigramma di Festo, a sua volta testimone di "una religione misterica che è stata probabilmente la prima ispiratrice della mistica dionisiaca dei Pitagorici, ma è rimasta estranea, nella sua sede originale, alla rielaborazione operata in Magna Grecia da Pitagora e dalla sua scuola " . Al posto di Mnemosyne ci sarebbe la Madre di tutte le cose. 1 69

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Lamine d'oro or/iche - Ardo di sete 1 72 e mi struggo - Ma bevi alla sorgente che sempre scorre, a destra, m dove è il cipresso. - Chi sei? Donde sei? - Sono figlio di Terra e di Cielo stellato. 1 74 LO II A l =Colli 4 A66a Lamella Thuriis reperta, saec. IV-III a. Chr. n. mm. 47 x 28 Museo Nazionale di Napoli 1 1 1 623

Vengo dai puri, o pura Regina degli In/eri, o Eucle e Eubuleo e voi altri, o dèi e dèmoni: perché io mi vanto di appartenere alla vostra stirpe beata. 1 1 5 Ma scontai il castigo per azioni non giuste e mi domò la Moira e Zeus che folgora dagli astri. 1 16

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Ma il linguaggio è inesorabilmente quello delle laminette mnemosynie, e quelle di Pugliese Carratelli sono congetture che in ogni caso aprono uno squarcio su possibili forme di religiosità cretese "marginale all'Orfismo" . auos: l'iniziato è di genere maschile. Tutte le laminette cretesi collocano la fonte mnemosynia "a destra, dove è il cipresso" che però (a eccezione di Pugliese Carratelli LOO IB7 ) non è bianco come in LO IA l , 3 ; LO IA2 , 2 ; LO IA3 , 2 . Cfr. L O IA 1 , 1 0 ; L O IA2 , 6-7 ; L O IA3 , 8 . Incipit identico i n L O IIA2; L O IIB l . Al v . l kathard è anfibologicamente riferibile sia a una iniziata di sesso femminile (il seguito del testo lo auto­ rizza) che alla basi/eia: opto con Pugliese Carratelli LOO 99 per la seconda ipotesi; l'identità dell'attributo è indice di una assimilazione dell'iniziata alla dea. La regina degli Inferi è Persefone-Kore. Eucle è Hades e Eubuleo è Dioniso: cfr. Orph. Hymn., XXX 6; LII 4. Gli altri dei e demoni "sono con ogni probabilità divinità ctonie: l'iniziato, in virtù della myesis dichiara di aver acquisito natura divina che lo rende sygghenés degli athanatoi in/eri" (Pugliese Carratelli LOO 105 ) . I vv . 3 -4 compaiono identici i n L O IIA2 , 4. L a colpa è certamente quella di avere commesso ingiustizie (e/r. Emp. 3 1 B 1 15 DK) come essere umano o dèmone. Moira e Zeus folgoratore rappresentano il principio supremo della legge cosmica. In LO IIA 1 , 5; LO IIA2, 5 Asteropeta compare come epiteto di Zeus; in LO IIB 1 , 4 compare il sinonimo Asterobleta.

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Attraverso Oltre E adesso giungo supplice presso Persefone sacra affin ché benevola mi invii alle sedi déi risplendenti. 1 77

II B l =Colli 4A65 Lamella Thuriis reperta, saec. IV- III a. Ch r. n. ? mm. 5 1 x 3 6 Museo Nazionale di Napoli 1 1 1 625 Dal " Timpone Piccolo" di Thurii. Vengo dai purz; o pura Regina degli In/eri, o Eucle e Eubuleo e voi altri o dei immortali: perché io mi vanto di appartenere alla vostra stirpe beata. 1 78 Ma mi domò la Moira e Zeus che scaglia la folgore dagli astri. Volaifuori dal cerchio che dà pesante dolore e a//anno 1 7 9 e salii con piedi veloci alla bramata corona; 1 80 poi mi immersi nel grembo della Signora, regina di sotto terra, 1 8 1 e discesi dalla bramata corona con piedi veloci. "O /elice e beatissimo, sarai dio anzi che mortale". "Capretto caddi ne/ latte". 1 82

1 77 Traduco euaghés con il suo valore primario di " risplendente" , che rimanda al corpo di luce degli iniziati, dopo la morte. 1 7 8 I vv . 1 -3 coincidono con i vv. 1 -3 di LO IIA 1 et LO IA2. L'iniziato è di sesso maschile. 1 79 È il ciclo delle rinascite da cui il mystes si è affrancato attraverso l'inizia­ zione mnemosynia e la disciplina spirituale, come nella coeva tradizione yogica e buddhistica orientale. Il contesto è orfeopitagorico. 1 80 È la corona di mirto degli atleti dello spirito, e consiste nella beatitudine. 18 1 È Persefone, e l'immersione nel grembo della Madre Terra (di cui Perse­ fone rappresenta l'aspetto ctonio) è simbolo della " rinascita (salutata col symbolon del neonato teso verso il latte) a un 'esistenza libera dall'alternarsi di nascite e morti " (Pugliese Carratelli LOO 1 08. 1 82 6lbie kaì. . . brotofo: è " la formula che segna il compimento della lysis, della liberazione dal peso della corporea salma e più in generale dal ciclo delle rinascite" (Pugliese Carratelli LOO 108). Ériphos . . . épeton è una formula rituale di risposta alla precedente dichiara­ zione della compiuta lysis, in un dialogo metaspaziotemporale: per questo

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Lamine d'oro or/iche LO II B 2=Colli4A67 Lamella Thurii reperta, saec. ? mm. 54 x 29 Museo Archeologico Nazionale di Napoli 1 1463 Dal " Timpone Grande" di Thurii. Ma non appena l'anima lascia la luce del sole t diritto a destra, tu che hai tenuto bene in mente ogni cosaf. 1 83 Gioisci tu che hai sofferto la passione: questo prima non lo avevi patito. 1 84 8 Da uomo sei nato dio: capretto cadesti nel latte. 1 5 Gioiscz; gioisci tu che vai per la via di destra verso le sacre praterie e i boschi di Persefone. 1 86 LO II B 3 Lamella Pelinnae reperta, saec. IV a. Chr. n.

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metto tra virgolette. ériphos, " capretto" , è metonimia per Dioniso, che a Metaponto veniva chiamato Eriphios (Pugliese Carratelli 00 109): l'inizia­ to recupera la natura dionisiaca originaria e si unifica con l'Assoluto- Uno: e/r. LO IIB2 , 4; LO IIB3 , 3 -5 . Colli SGI 402 confronta le laminette LO IIB2-4 con le precedenti nel loro complesso, e a differenza di Pugliese Car­ ratelli sostiene che non vadano considerate eleusine e dionisiache-cretesi queste e orfiche le prime, ma che si tratti di declinazioni diverse dell'Orfe­ odionisismo. Concordo. Il verso è irreparabilmente corrotto. Seguo la ricostruzione e l'interpreta­ zione di Pugliese Carratelli LOO 1 13 . Notevole l'indicazione di procedere "diritto a destra" (e/r. LO lA l , l ; LO IA2 , l ; LO IA3 , 1 ) , cioè nella direzio­ ne propizia dove si trova la fonte mnemosynia; e il riferimento al fatto che l'iniziato ha "tenuto bene in mente ogni cosa" , conservandola nella memo­ ria non egoica. Probabile allusione all'esperienza di morte. Cfr. LO IIB l , 9-10; LO IIB3 , 3 -5 . Cfr. LO I A l , l per la via verso destra come via propizia. Qui Persefone non ha la funzione di inviare l'iniziato verso la sede dei puri, ma è essa stessa nume tutelare dei luoghi beati.

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Attraverso Oltre mm. 40

x

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Ora moristi ora rinascestz; o tre volte beato, in questo giorno. 187 Di' a Persefone che fu proprio Bacco a liberarti. 1 88 Toro ti slanciasti verso il latte: subito ti slanciasti verso il latte; ariete cadesti ne/ latte. 1 8 9 Il vino hai in premio, o fortunato, 1 90 e sotto terra ti attendono le iniziazioni che celebrano anche gli altri iniziati. 1 9 1 LO II B 4 Lamella Pelinnae reperta, saec. IV a. Chr. n. mm. 35 x 30

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La laminetta ha forma di cuore o di foglia di edera (pianta associata a Dioniso) ed è analoga a LO IIB l et LO IIB 2 , trovate a Thurii in Magna Grecia. La morte e la rinascita vengono considerate simultanee per l'inizia­ to, che muore alla vita mortale e alla morte, e rinasce alla beatitudine dio­ nisiaca. Impossibile decidere se l'iniziato sia di sesso maschile o femminile, come anche in LO IIB 4 . Su Persefone cfr. LOII A l , 6; LOII A2, 6; LO IIB 2 , 6. Pugliese Carratelli LOO 1 17 rileva che Bdkchiosin luogo di Bdkchos ricorre "in documenti religiosi e in testi letterari" e pensa che sia Bacco stesso a parlare al mjstes. Tutta la laminetta, come LO IIB 4, è di chiara impronta dionisiaca, e vi era probabilmente una cerchia di "iniziati a misteri dionisiaci" (Pugliese Carratelli LOO 1 17 ) . Vv. 3 -5 : e/r. L O IIB 2 , 4 (capretto); L O IIB 4 , 3 -4 (toro-ariete) . I l toro e l'ariete, come anche il capretto, sono animali collegati a Dioniso. Si pensi al Minotauro cretese, e alla manifestazione taurina di Dioniso in Eur. , Bacch., 920 et 1 0 1 8. Per l'immagione del latte e/r. LO IIB 4 , 3 -4 . Il vino favorisce I'enthousiasm6s bacchico e Dioniso stesso viene chiamato Oinos ( Kern OF 2 16; Hesych. , s. v. et Procl. in Plat. Cratyl. 406c). Cfr. Pugliese Carratelli LOO 1 1 8 - 1 19. Vi era la credenza che gli iniziati "continuassero a celebrare nell'aldilà i riti sacri che li avevano sottratti al ciclo delle rinascite" (Pugliese Carratelli LOO 1 1 9). Cfr. Aristoph., Ran., 324-336; 448-459; e/r. Plat., Phaedr. 246-25 1 .

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Lamine d'oro orfiche

Ora moristi ora rinascestz; o tre volte beato, in questo giorno. Di' a Persefone che fu proprio Bacco a liberarti. Toro ti slanciasti nel latte; ariete cadesti nel latte. Il vino hai in premio, o fortunato.

1 92

N.B.: l'edizione filologica di riferimento è quella curata da Gio­ vanni Pugliese Carratelli (LOO) di cui conserviamo la numerazio­ ne dei testi. Per lamine scoperte di recente, si veda Bernabè NFO, che esamina le lamine scoperte dopo l'edizione di Kern (OF) , e in particolare la Lamina di Entella, che confronta con i numerosi loci similes in quelle di Hipponion, Petelia, Farsalo, rispetto alle quali essa non aggiunge gran che di nuovo. Significativa la Lamina di Ph era i: oltre a nominare i symbola (su cui e/r. Papiro Gurob 23 ) , riporta il nome mistico Andrikepaid6thyrson , che è composto da anér e pais: è evidente il milieu dionisiaco, perché Dioniso è uomo adulto-bambino, e il tirso è il bastone sacro delle Baccanti; compa­ re inoltre Brim6 a chiudere il cerchio della connessione tra Orfeo, Dioniso e Eleusi, e il "prato sacro " (anch'esso da confrontare con la prateria eleusina di Plut. , fr. 178 San bach ) . L'espressione dpoinos dichiara l'esenzione dell'iniziato dal castigo per la morte di Dioniso (Bernabè NFO 5 1 ) . A questa lamina si collegano le due di Pella, in cui compare il nome dell'iniziato, a garanzia della sua liberazione post mortem. Impossibile invece ricostruire il testo della Lamina del Museo di Manisa, ammesso che sia orfica (e/r. Bernabè NFO 52 ) . Sulle nuove lamine s i vedano anche Scarpi RM 670 et Jiménez DNL. Per ripercussioni in Italia, in particolare in area osca e etru­ sca, della tradizione iniziatica orfeodionisiaca testimoniata dalle lamine, cfr. P. Poccetti, La diffusione di dottrine misteriche e sapien­ ziali nelle culture indigene dell'Italia antica: appunti per un dossier, in Tortorelli Ghidini OP, pp. 9 1 - 125 passim .

1 92

Per il commento cfr. LO IIB 3 , di cui questo testo è una versione compen­ diaria.

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La Sapienza ellenica

Che cos'è Sapienza ? Come non mi stanco di ripetere, Sapienza è una condizione dello spirito, un modo di essere, e non un insieme di contenuti che si ri­ tengano veri e saggi. Il Sapiente è radicato nella sorgente delle cose, e dell'esperienza sapienziale possono farsi testimonianza scritta o orale parole, come quelle di Eraclito, Parmenide, Empedocle in Occidente, 193 e delle Upanishad o dello Chuang Tzu in Oriente, che

19 l

L'edizione di riferimento per ogni lavoro sui così detti "Presocratici " , che dopo le ricerche di Giorgio Colli - culminate nei tre volumi di La Sapienza greca, di cui il terzo, su Eraclito, pubblicato postumo è più opportuno definire Sapienti, è quella di Hermann Diels, Die Fragmente der Vorsokra­ tiker del 1 903 , che fu completata da Walther Kranz a partire dalla quinta edizione del 1 934, e assunse forma definitiva nella sesta edizione del 1 95 1 . Il lavoro di Diels s i avvaleva dei Fragmenta Philosophorum Graecorum a cura di F. W. A. Mullach (Paris 1860- 1 88 1 ) e rappresentava la prima rac­ colta moderna dei frammenti e delle testimonianze dei Sapienti, dei quali aveva già indagato la trasmissione da parte dei pensatori a essi successivi in Doxographi Grea; del 1897 , e in altri studi. Le parole dei Sapienti - i quali accanto alla trasmissione scritta del proprio pensiero, per altro destinata a una circolazione assai elitaria, esercitavano anche una comunicazione orale di esso, come ha ben indagato E.A. Have­ lock in Pre/ace to Plato e altri studi - giungevano a Mullach e Diels grazie -

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La sapienza ellenica

vibrano della risonanza mistica da cui sorgono. A differenza della filosofia, la Sapienza è un modo di essere, non di pensare, ed è frut­ to del Sé, mentre la filosofia lo è dell ego, a meno che, non diventi " esercizio spirituale" , secondo la formula applicata da Hadot alla '

alle citazioni da parte di autori antichi e recenti: Platone e Aristotele (IV a.C. ) ; Teofrasto (IV-III a.C. ) ; l'epicureo Filodemo (I a.C.); il geografo Stra­ hone (I a. C-I d.C . ) ; il sofista Massimo di Tiro (I d.C. ) ; Aezio (1-11 d.C . ) , Plutarco, i l medico Galeno, l o scettico Sesto Empirico, i l cristiano Cle­ mente Alessandrino, il neoplatonico Numenio (II d.C. ) ; i cristiani Ippoli­ to e Origene, il neoplatonico Platino e il suo discepolo Porfirio, Diogene Laerzio (III d.C.); il neoplatonico Giamblico ( IV d.C. ) ; Proclo e Stobeo (V d.C.); l'aristotelico Simplicio (VI d.C. ) ; e altri, fino al grammatico Tzetzes (XII d.C. ) . I l torto più grave che s i possa fare a i Sapienti, ma anche alla poesia, alla mitologia e all'arte in generale, è storicizzarli, imbalsamandoli in una pro­ cedura ermeneutica razionalistica: il che è proprio quanto tendono a fare gli storici della filosofia: così muoiono le parole dei Sapienti. Giorgio Colli lo aveva capito, e in La sapienza greca e La nascita della fi­ losofia parla il linguaggio dei Sapienti, si fa loro prophétes, li lascia dire attraverso di sé. Occorre liberare il più possibile la loro parola dalle manipolazioni inter­ pretative più o meno volontarie della tradizione dossografica o di altri pensatori, per !asciarla brillare della stessa luce di cui brillano, sotto il cielo di Delfi, Corinto, Olimpia, Segesta, Agrigento, Paestum i resti dei templi ellenici, ai quali il lavoro del tempo e del vento ha conferito, at­ traverso un processo di progressiva essenzializzazione e spoliazione di colore e forma definita, sempre maggiore sacralità, e un'aura enigmatica di mistero e di poesia: la stessa aura poetica che circonda le parole in versi dei maggiori Sapienti, da Parmenide a Empedocle, agli aforismi folgoranti di Eraclito. La Sapienza greca, !ungi da perdere originalità, liberata dalla sua ridu­ zione a balbettante precorritrice della filosofia o della scienza, recupera e potenzia il proprio spessore mistico-metafisica e la propria indole di disciplina spirituale in grado di far evolvere la natura umana verso livelli sempre più alti di conoscenza e di eticità, che favoriscano l'edificazione di una civiltà più illuminata e di individui maggiormente affrancati dal dolore.

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Attraverso Oltre

filosofia antica, 1 94 vale a dire un mezzo per ricondurre chi scrive e chi legge allo stato di coscienza illuminato di cui abbia già fatto esperienza. I Sapienti greci non erano uomini di scrivania, come forse ame­ rebbero dipingerli a propria immagine e somiglianza gli esangui ermeneuti contemporanei, bensì individui che intraprendevano una via di continua ricerca di se stessi, all'insegna del motto delfico "gn othi saut6n " , e da questa pratica di ricerca spirituale venivano trasformati fin nelle intime midolla, come i Sapienti d'Oriente. Alla postazione sapienziale allude Eraclito con l'aforisma " mu­ tando riposa " , 195 che testimonia una condizione dello spirito che coglie l'identità tra Assoluto e relativo, eterno e impermanente. Sa­ pienza è " conoscere se stessi e cogliere la sapienza suprema " che "a tutti gli umani tocca in sorte" . 1 96 E Sapienza è cogliere l'unità degli opposti '97 alla maniera di Eraclito, e insieme la capacità di identificarsi misticamente con "tò e6n " (ciò che è) a cui Parmenide ha dedicato il Perì physeos, e co­ gliere il Tempo come " tò nyn ", attimo eterno, adesso aionico. 198 Nel versante orientale, la Sapienza è un immenso commentario intorno alle folgorazioni mistiche e alle formulazioni religiose dei Veda, che trovano sistemazione nelle Upanishad, e di lì si dirama­ no in innumerevoli direzioni, rasentando gli stessi temi: il rapporto tra Uno e Molti, tra Brahman e Atman, la possibilità di liberazione attraverso la conoscenza e la pratica spirituale, come accade anche nella tradizione buddista. Le individualità dei pensatori si annul­ lano nel grande fiume della inesausta hermeneia che attraversa i secoli gravitando sempre intorno allo stesso nucleo.

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Cfr. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 1 988, passim. Eraclito, fr. 22B 84a DK. Idem, fr. 22B 1 16 DK. Idem, fr. 22B 67 DK: "Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sa­ zietà fame, e muta come ilfuoco, quando vi si mescolino aromi, prende nome secondo il gusto di ciascuno" . 1 98 Parmenide, fr. 28 B 8, 5 DK. 82

La sapienza ellenica

Diversa è la Sapienza greca, in cui fioriscono personalità spiccate, con maggiore differenziazione di linguaggio e di pensiero. Ma i temi di fondo sono gli stessi, e con ogni evidenza la Madre della Sapienza d'Oriente e d'Occidente è una sola e la medesima, benché da essa germoglino frutti diversi.

Il milieu della Sapienza greca Il contesto culturale - ma il termine è riduttivo, trattandosi in realtà del milieu religioso, artistico, rituale, letterario - in cui nasce la Sapienza greca è stato adeguatamente ricostruito da Colli nel pri­ mo volume dell'opera omonima. È uno sfondo arcaico costellato dalle figure di due dèi fondamentali, Apollo e Dioniso (ma non dimentichiamo Demetra ! ) , dei quali Colli a differenza di Nietzsche ha messo in evidenza le reciproche affinità e inclusioni, pur nelle di­ verse sfere di azione simboliche e archetipiche; da Orfeo, che è por­ tatore di una parola poetica insieme musicale, magica e sapienziale, capace di rigenerare il mondo con il proprio incanto e discendere agli Inferi per testimoniare l'Altrove invisibile; dal mito della Sfinge e dell'enigma, archetipo della sfida che gli dei o la Physis impon­ gono agli umani, obbligandoli a volgere in conoscenza il tragitto altrimenti tautologico della vita; e soprattutto dai Misteri Eleusini, che ci riconducono a Dioniso.

Il dio della Sapienza Dioniso è il nome del dio dei Misteri, e complessa, biunivoca è la sua natura che unisce in sé sia il pathos della vita nella sua im­ mediatezza che la contemplazione, il distacco, simboleggiati dallo specchio del Dioniso orfico, che conduce dalla vita al trascendi­ mento di essa, in una forma di tram-immanentismo che ha radici profonde nella Sapienza greca e orientale. Quando si parla di Dioniso orfico e misterico si parla di mi­ sticismo dell ' Uno - l' epopteia molto probabilmente era espe­ rienza visionaria dell'unità di tutte le cose sotto forma di luce 83

Attraverso Oltre

- ed è misticismo che non rifiuta la vita e le sue delizie, ma ne tenta una risoluzione in chiave catartica e contemplativa. Accanto al Dioniso della contemplazione (lo specchio), c'è il Dioniso del vino e dell'ebbrezza: si sono rintracciate analogie tra Shiva, il dio del tantrismo orientale e il dio dei Misteri d'Occiden­ te (come anche tra Dioniso e l'Osiride egizio, il dio che muore e rinasce, e rappresenta la rinascita sacra dell'anima eletta). Come Shiva, così Dioniso è esperienza della trasgressione, dell'eros, della possessione e delle tenebre ( '' uno stesso dio sono Dioniso e Ades " , folgorava Eraclito) 199 e insieme del superamento d i essi nello spec­ chio della consapevolezza. Se la figura di Dioniso era centrale nei Misteri Eleusini, non possiamo escludere che comparissero alcuni degli oggetti rituali as­ sociati al dio, di cui ci parla il papiro del Rituale dei Misteri, del III secolo a.C. : un solo Dioniso. Simboli [ . . . ] dio nel grembo [ . . . ] ho bevuto [ . . . ] asino mandriano di armenti [ . . . ] formula rituale: "in alto in basso" per i: [ . . . ] [ . . . ] e quanto ti è stato dato [ . . . ] gettare nel canestro [ . . . ] trottola rombo astragali [ . . . ] oppure specchio200

Qui si fa riferimento al canestro e a oggetti rituali: pigna (kònos) , trottola (r6mbos) , astragali (astrdgaloi) , specchio (ésoptros) . Non è il caso di segnalare l'altissima densità simbolica di questi oggetti: la pigna, simbolo, come la spiga, della matrice seminale del mondo; la trottola, immagine dell'energia vitale primaria; gli astragali, simbolo della casualità e giocosità che governano la connessione degli eventi

1 99 Fr. 22B 15 DK. 2 00 Rituale dei Misteri,

Papyri/rom Gurob) .

F 3 1K Papyri /ragmentum, saec. III a. Chr. n. ( Greek

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La sapienza ellenica

nella visione dionisiaca della vita; lo specchio, immagine della con­ sapevolezza e della riflessione. Vale la pena riprendere due testimonianze già citate: Dioniso, quando ebbe posto l'immagine nello specchio, a quella ten­ ne dietro, e così fu frantumato nel tutto. Ma Apollo lo raccoglie e lo riconduce alla vita, essendo dio purificatore e veramente salvatore di Dioniso, e per questo viene celebrato come Dionisod6tes.20 1 E anticamente lo specchio è stato tramandato anche dai teologi come simbolo dell'adeguatezza alla perfezione intuitiva dell'universo. Per­ ciò dicono altresì che Efesto fece uno specchio per Dioniso, e che il dio, guardandovi dentro e contemplando la propria immagine, si slanciò a creare l'intera pluralità.202

Nella prospettiva orfeodionisiaca eleusina il mondo è una vi­ sione del dio, ed è il riflesso dello sguardo: non l'uno senza l'altro, co-creatori di conoscenza che è vita. In questa prospettiva è innegabile la dimensione sapienziale del­ la tragedia greca, inscritta nelle pietre del théatron, il luogo dove il the6menos, colui che "guarda meravigliato " , durante le feste dedi­ cate a Dioniso va a vedere in piena sacralità intrecci di vita possi­ bile e impossibile, e il suo sguardo coincide simbolicamente con lo specchio in cui il dio si guarda e vede il mondo, ovvero l' Uno si vede come Molti: come nella tradizione tantrica orientale, si tratta di contemplare le passioni da una postazione di distacco e al tempo stesso di empatia . Il cerchio si chiude: c'è una matrice iniziatica comune alla tra­ gedia greca e alla Sapienza, ed è Eleusi lo sfondo mistico-iniziatico da cui entrambe, essotericamente, germogliano in forme sempre originali, a seconda dell'individualità del pensatore o dell'artista.

20 1

Olimpiodoro, in Plat. Phaed. 67 c ( 1 1 1 , 14- 1 9 Norvin) ; e/r. idem, ibidem 43 , 15 -20 Norvin. 2 02 Proclo, in Plat. Tim. 3 3 b (II 80, 1 9-24 Diehl) .

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Attraverso Oltre

Sapienza è trasformare la vita in conoscenza, il pathos in mdthos,203 fino a farle coincidere, proprio come nella tradizione non dualistica yogica e meditativa d'Oriente, ma con una maggior passione per la vita, consacrata dallo sguardo degli dei.

20 3

"Ma raggiungerà il culmine della sapienza l chi gioiosamente celebri la vit­ toria di Zeus, / di Zeus che conduce i mortali sulla strada della sapienza/ e decretò il principio sovrano:! "patendo conoscere". / Invece del sonno stilla dinanzi al cuore/ il tormento memore del dolore, l e la saggezza raggiunge/ persino coloro che la respingono. / È questa la grazia violenta dei divini/ che siedono sui sacri scranni" ( Eschilo, Agamennone, vv. 174 ss. ) . 86

Parmenide

Incroci di vite sapienziali Parmenide, figlio di Pirete, ricco e aristocratico, nasce a Elea nella seconda metà del VI secolo a.C. e muore nella prima metà del V a.C. La datazione della sua akmé andrebbe abbassata se si ritiene storico l'incontro con Socrate di cui ci parla Platone in Parmenide 127a- 128e. Incerto è anche il suo rapporto con Senofane e Anassimandro, che la tradizione tende a attribuirgli come maestri. Sicuramente respirava l'aria della Sapienza a lui contemporanea e precedente, ma ciò non implica un suo rapporto di stretto disce­ polato con questi pensatori, quanto piuttosto un incontro più o meno ravvicinato con le loro dottrine. Per fare un solo esempio, è evidente l'affinità del monismo eleatico con il mono-politeismo senofaneo, ma non c'è nessuna analogia nell'impostazione di questa riflessione, che è teologica in Senofane e antologica in Parmenide, così come è assai diverso dalle riflessioni senofanee sulla inatten­ dibilità della conoscenza sensibile il modo in cui Parmenide tratta il tema della d6xa. Inoltre, nonostante Parmenide fosse pressoché contemporaneo di Eraclito, che visse a Efeso in Asia Minore proba­ bilmente tra il 520 e il 460, la critica recente tende a escludere che i due Sapienti si fossero influenzati l'un l'altro o avessero scritto i propri testi in polemica reciproca. Diogene Laerzio, sulla base di Sozione di Alessandria, un peripatetico del II secolo a.C . , ci informa che Parmenide ebbe 87

Attraverso Oltre

relazione con il pitagorico Aminia. Costui lo "avviò alla vita contemplativa" ,204 che con ogni probabilità implicava la pratica del silenzio mistico e dell'estasi incubatoria, che ben si accordano con il carattere sciamanico-visionario del fr. 22B l DK. Inoltre, sulla base delle iscrizioni mediche di Elea del I sec. d.C., scoperte nel 1 962 , si può affermare che Parmenide fu sacerdote di Apollo Oulios, 205 e quindi a prescindere dal rapporto con il Pitagorismo doveva essere anche iatr6mantis (guaritore-veggente) e ph6larchos (signore della caverna, sci!. incubatoria) . A lui va attribuita la concezione della salute come eukrasia, owero "buona mescolanza " degli elementi, e in generale la " fisica della mescolanza" (krasis) che influenzò la dottrina ippocratica e il pensiero di Empedocle, Leucippo, Demo­ crito e Anassagora.

Sapiente politik6s Uno scolio a Platone206 ci informa che fu grande uomo politico: " . . . Parmenide, physik6s e vero uomo politico: per questo Platone lo paragona a Pericle, che è famoso proprio in quanto uomo politico" . Diogene Laerzio, citando il Perì philos6phon di Speusippo ci infor­ ma che egli " diede leggi ai suoi concittadini" . 207 Inoltre Plutarco ci dice che " Parmenide ordinò la sua patria con leggi eccellenti, a tal punto che ogni anno i magistrati facevano giurare ai cittadini che si sarebbero mantenuti fedeli alle leggi di Parmenide" .208 Pare che con

204 20 5

206 207 208

Diog. Laert. IX, 2 1 -2 3 . Altre testimonianze sulla vicinanza di Parmenide al Pitagorismo in Stra b. VI, l ; Iambl. , Vita Pyth. 267 . Cfr. G. Pugliese Caratelli, Nuove note sulla scuola medica di Parmenide a Velia, "La parola del passato", 4 1 ( 1 986) , pp. 1 08- 1 1 1 . Idem, Ph6larchos, ibidem, 18 ( 1 963 ) , pp. 385-386. Nell'erma di Parmenide trovata a Velia si torva l'iscrizione PARMENEIDES PYRETOS OYLIADES PHYSIKOS. Sulla pratica dell'incubazione cfr. D. Susanetti, La via degli dei. Sapienza greca, misteri antichi e percorsi di iniziazione (Roma 20 1 7 ) , pp. 8 1 ss. Schol. in Alcib. l, 1 1 9 A. Diog. Laert. IX, 2 3 . Plut., adv. Col. 32 (p. 1 126 A); cfr. anche Strab. VI, l . Alcuni interpre-

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Parmenide

la sua costituzione fosse riuscito a armonizzare i coloni con gli au­ toctoni, rafforzando grazie al buon governo la p6lis, così da trionfa­ re, negli scontri con i Lucani e i Posidoniati, nonostante l'inferiorità numerica degli Eleati.

Perì Physeos L'opera di Parmenide, intitolata Perì Physeos (Dell'Origine) come molte opere dei Sapienti, doveva avere un'estensione di gran lunga superiore, ma ce ne sono rimasti circa 160 versi autentici, grazie soprattutto a Sesto Empirico, che nel II-III secolo d.C. tra­ scrisse per intero il Proemio e al tardo accademico Simplicio che nel VI secolo d.C. nel commento alla Fisica di Aristotele riportò quasi per intero i frr. 28B 7 -8 DK per un totale di 52 versi, perché era ben consapevole che nella sua epoca circolavano scarsissime copie dell'opera, e dunque ben pochi avrebbero potuto verificare sul testo quello che egli stava esponendo.

Promemoria iniziatico Il Perì Physeos è scritto in versi, in un periodo in cui a partire dalla prima metà del VI secolo aveva cominciato a diffondersi gra­ dualmente la prosa con Aristea, Ferecide, Acusilao, Anassimandro, Anassimene, e gli aforismi di Eraclito. In questa fase di transizione dalla comunicazione orale del pensiero209 - di cui la scrittura esati, come per esempio Untersteiner, sostengono che la sua attività politica fosse di stampo aristocratico, a causa dei nobili natali e dell'influsso pita­ gorico; contra Ruggiu P 376 ss., sostiene che avesse promulgato una costi­ tuzione democratica e moderata, come la maggior parte delle costituzioni della Magna Grecia in quell'epoca, e ne rintraccia il corrispettivo nella ironomia che governa la sua dottrina antologica, per fortuna senza giunge­ re alla rudimentale interpretazione topografico-politica dell'intero poema parmenideo, alla maniera di A. Capizzi (Parmenide, Bari 1975 ) . 209 Cfr. E. A. Havelock, Pre/ace to Plato, Oxford 1 963 , passim.

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metrica per la facilità di ritenzione nella memoria costituiva ancora una traccia - alla prosa filosofica che si affermerà definitivamente nel V-IV secolo, Parmenide declina in chiave sapienziale astratta il linguaggio dell' épos america e della poesia didascalica esiodea, at­ traverso una torsione formale e ritmica dell'esametro in cui modula lo ionico della tradizione in versi di aspra compattezza, capaci di preservare la dimensione insieme visionaria, intuitiva e raziocinante del pensiero.2 10 In questo modo creò sia un promemoria efficace della sua " via " mistico-iniziatica e sapienziale per gli allievi della Scuola, che partecipavano alla comunicazione esoterica degli insegna­ menti, che uno strumento di divulgazione essoterica alla cerchia dei lettori dell'epoca.

La rivelazione della Daimon Le cavalle che mi portano fin dove giunge il mio desiderio mi scortarono, dopo avermi guidato sulla via della Dea, che dice molte cose e porta in ogni contrada l'uomo che sa Là fui condotto, perché fu là che mi portarono le cavalle molto accorte, traendo il carro. Fanciulle indicavano la via L'asse strideva nei mozzz; incandescente, incalzato alle due estremità dai due cerchi rotanti, ogni volta che le Figlie del Sole, dopo avere lasciato la casa della Notte, si affrettavano a scortarmi verso la luce distogliendo i veli dal capo con le mani. Là è la porta delle vie della Notte e del Giorno incastonata tra un 'architrave e una soglia di pietra: in alto nell'etere la chiudono grandi battenti.

2 1°

Cfr. Cerri P 89 ss. , per valide riflessioni sulla personalizzazione dell'esame­ tro da parte di Parmenide.

90

Parmenide Dike che molto punisce ne tiene le chiavi che si alternano Le fanciulle rivolgendosi a Lei con dolci parole la persuasero con accortezza a togliere subito la sbarra dalla porta. Ed essa si spalancò, dischiudendo il varco enorme dei battenti, facendo girare in senso inverso nei cardini i perni di bronzo, /issati con chiodi e /ermagli. Da lì attraverso la porta le fanciulle guidarono subito carro e cavalle lungo la strada maestra. E la Dea mi accolse benevola e la mia destra strinse nella sua destra, e così parlò e mi disse: "O giovane, compagno di aurighi immortalz; che giungi alla nostra dimora portato dalle cavalle, salve a te! Perché non fu una Moira funesta a spingerti per questa via (essa in/atti è lontana dal tragitto degli umani), ma Thémis e Dike E tu devi apprendere ogni cosa, sia il cuore che non trema della ben rotonda Verità che le opinioni dei mortalz; in cui non è vera certezza. Ma tuttavia anche questo imparerai, come le cose apparenti si deve ammettere che sono quando si indaghino in ogni senso tutte le cose. (28B l DK)

Il poema di Parmenide è rivelazione della dea, parola-enigma che obbliga il lettore a un movimento del pensare in cui sono com­ presenti diversi livelli di percezione del mondo. Questo stesso mo­ vimento interiore è la superverità che abbraccia in sé verità (aléthe­ ia) e opinione (d6xa), e sa distinguere tra " cose apparenti" che river­ berano la alétheia (28B l DK, v. 3 1 : tà dokounta) e false "opinioni dei mortali in cui non è vera certezza " (ibidem, v. 30). Frutto di un'esperienza mistica, la scrittura del Peri Physeos è iniziatica, e introduce efficacemente il lettore a un modo di senti­ re, proprio come gli aforismi di Eraclito, che più esplicitamente segnalò la sacralità del suo libro esponendolo nel tempio di Arte­ mide a Efeso. Sciamanica, visionaria, è l'immagine delle cavalle che conduco­ no sul carro l'iniziato (ibidem, v. 3 : eid6ta ph6ta, " l'uomo che sa " ) 91

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sulla via della Dafmon, nome della Grande Dea Mediterranea che pervade di sé il cosmo, ed è scintilla divina del Sé nell'uomo di Sapienza: il termine Dafmon indica il Divino che può avere dimora nell'umano (si pensi al daim6nion di Socrate), e in questo modo il Proemio del poema parmenideo rivela che l'iniziato è convocato da una divinità che è anche la sua Divinità, ovvero la parte " orfica­ mente " divina dell'uomo, in evidente affinità con l'identificazione orientale tra Atman (Sé individuale) e Brahman (Sé cosmico) : 2 1 1 Questo atman è in verità il Brahman (Brhad-aranyaka Upanishad IV, 4 , 5)

. . .

7 Ciò che si chiama Brahman è lo spazio esterno all'uomo, ma que­ sto spazio che è esterno all'uomo, / 8 questo spazio è lo stesso che è all'interno dell'uomo, e questo spazio che è all'interno dell'uomo/ 9 è quello stesso che è dentro il cuore. Esso è il pieno, l'immutabile. (Chandogya Upanishad iii, 1 2 7-9) ,

In verità il brahman era in origine tutto questo universo: questi co­ nobbe se stesso (arìtman ) : "Io sono Brahman " disse, ed esso era il Tutto . . . Egualmente ancor oggi colui il quale così conosce: "Io sono Brahman ", costui è il Tutto, e gli dei stessi non possono impedirglie­ lo, perché egli diventa il Sé ( atman) di loro stessi. Colui il quale ve­ nera una divinità considerando che essa sia altra