131 98 878KB
Italian Pages 160 Year 2024
Temi del nostro tempo
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
a cura di Dario Antiseri
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Michele Lasala
ARMANDO CARLINI E IL PROBLEMA DELLA METAFISICA
ARMANDO EDITORE
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Sommario
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Premessa
7
Prima parte DALL’IDEALISMO ALLO SPIRITUALISMO
11
Capitolo primo: Genesi del problema della metafisica
13
Capitolo secondo: Spiritualismo realistico
54
Seconda parte FILOSOFIA E METAFISICA
75
Capitolo terzo: Metafisica «dogmatica» e Metafisica «critica»
77
Capitolo quarto: Metafisica, filosofia e religione
107
Bibliografia
141
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Premessa
Possiamo con certezza affermare che dopo la morte di Armando Carlini, avvenuta nel 1959, quasi nessuna delle sue opere è stata ristampata. A questa mancanza si aggiunge anche lo scarso interesse che il pensiero del più grande esponente italiano dello spiritualismo cristiano ha suscitato tra gli storici e gli interpreti di tutta la seconda metà del Novecento; anche se da quella data ai giorni nostri qualche contributo interessante sulla filosofia carliniana è stato pur dato. Fondamentale per esempio quello di Vittorio Sainati, allievo di Carlini: una monografia scritta però nell’ormai lontano 19611. A questa seguono brevi articoli, come quelli di Micheletti nel 1970 sulla rivista «Filosofia»2, di Alberghi nel 1971 sulla «Rivista rosminiana»3, di Righi nel 1973 sul «Giornale di Metafisica»4, di Birtolo sulle pagine dei «Quaderni filosofici di Lecce» nel 19805; e poi quelli di Accardo6 V. Sainati, Armando Carlini, Edizioni di Filosofia, Torino 1961. G. Micheletti, Armando Carlini: la trascendentalità dell’esistenza, in «Filosofia», 1970, 4, pp. 389-398. 3 S. Alberghi, Originalità storica e limiti speculativi nel pensiero di A. Carlini rispetto alle istanze spiritualistiche, in «Rivista rosminiana», 1971, 3, pp. 211-227. 4 G. Righi, A. Carlini nella critica italiana, in «Giornale di Metafisica», 1973, 4, pp. 337-362. 5 P. Birtolo, A. Carlini: dal trascendentale al trascendente, in «Quaderni filosofici di Lecce», 1980, pp. 235-257. 6 S, Accardo, Lo spiritualismo cristiano di Armando Carlini, una ricostruzione e una testimonianza, in «Studium», 1989, 1, pp. 69-86. 1 2
7 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
e di Nepi7, entrambi nel 1989, di Tentarelli8 nel 1991, di Pascolo9 nel 1992. Nel 2007 poi appare un articolo dello Zopolo10 e nel 2010 vengono pubblicati dei contributi raccolti nel numero monografico della rivista «Teoria», fascicolo dedicato a La figura e il pensiero di Armando Carlini11, con i lavori di Claudio Cesa, Adriano Fabris, Leonardo Messinese, Franco Lo Moro, Massimo Barale, Simonetta Bassi, Stefano Perfetti e Daria Trafeli. Altrettanto pochi i saggi: Santucci condusse un’analisi su alcune delle opere maggiori di Carlini nel 1959 nel suo Esistenzialismo e filosofia italiana12, Sciacca dedicò alcune pagine al pensiero carliniano in Dall’attualismo allo spiritualismo critico (1931-1938)13, nel 1985 Bausola poi parlò di Carlini in Neoscolastica e spiritualismo14 e nel 1990 Leonardo Messinese dette alle stampe un volume come Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-193315, una lucida analisi delle tappe che hanno P. Nepi, L’«esistenzializzazione» del trascendentale. A. Carlini e la filosofia dell’esistenza, in «Prospon», 1989, pp. 290-312. 8 G. Tentarelli, Una memorabile disputa. Pensiero e trascendenza in Carlini e Olgiati, in «Idee», 1991, 16, pp. 107-111. 9 N. Pascolo, Le ragioni della fede nell’ultimo Carlini, in «Idee», 1992, 19, pp. 125-145. 10 A. Zopolo, Armando Carlini e la polemica sulla metafisica, in «Filosofia», 2007, 1-3, pp. 1-37. 11 Aa. Vv., «Teoria» (La figura e il pensiero di Armando Carlini), XXX, 2010, 2. 12 A. Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Il Mulino, Bologna 1959. 13 M. F. Sciacca, Dall’attualismo allo spiritualismo critico (1931-1938), Marzorati, Milano 1961. 14 A. Bausola, Neoscolastica e spiritualismo, in Aa. Vv., La filosofia italiana del dopoguerra, Laterza, Bari, 1985, pp. 273-354. 15 L. Messinese, Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-1933, Quattro Venti, Urbino 1990. 7
8 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
contrassegnato la famosa discussione che Carlini tenne con monsignor Olgiati appunto negli anni Trenta; e ancora dello stesso Messinese la bella, seppur sommaria, monografia Armando Carlini16 del 2012, l’unica, dopo quella del ’61 di Sainati, nel panorama storiografico nazionale contemporaneo. Pochi studi e oseremmo dire scarso interesse nei confronti di una personalità che ha rivestito in vita un posto di rilievo nel panorama filosofico italiano. Se diamo in effetti un rapido sguardo alla biografia di questo defilato pensatore nostrano, saltano subito agli occhi gli importanti incarichi istituzionali e non che egli ha ricoperto: sostituì innanzitutto Gentile nel 1922 alla cattedra di Filosofia teoretica all’Università di Pisa, dove ricoprì anche la carica di Rettore dal 1927 al 1935; fu membro del Partito nazionale fascista e poi nominato da Mussolini stesso accademico d’Italia; fu collaboratore della casa editrice Laterza, per la quale curò un’importante collana dedicata ai classici del pensiero filosofico. Fu inoltre un attento studioso dell’esistenzialismo, oltre che della filosofia antica: a dimostrarlo sono i numerosi lavori che egli ha dedicato soprattutto ad Aristotele. Carlini fu il primo traduttore in Italia di Heidegger, e grande storico del pensiero moderno e contemporaneo, come testimoniano in effetti le opere su Locke, su Descartes, su Hume, su Spinoza o su De Condillac. Fu uno dei primi pensatori a mettere in discussione la cristallina impalcatura del neoidealismo gentiliano – cosa non da poco – indicando rispetto a quest’ultimo una via alternativa, dove avrebbero potuto armonizzarsi fede e ragione, pensiero religioso e pensiero filosofico. Un’operazione che avrebbe in qualche 16
Id., Armando Carlini, Lateran University Press, Roma 2012.
9 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
modo “corretto” l’attualismo e superato quelle vuote e inutili astrattezze cui era approdata a un certo punto la speculazione del suo maestro Gentile. Correzione che sarebbe stata resa possibile orientando lo sguardo speculativo verso un problema come quello dell’uomo: in particolare, il problema che l’uomo rappresenta per se stesso. Proprio da questa riforma della dialettica gentiliana avrebbe preso avvio lo spiritualismo realistico o “cristiano” di Carlini, incentrato sempre più sul riconoscimento del valore della persona e sulla dimensione spirituale dell’uomo. Quest’ultimo aspetto mette in luce d’altro canto l’altra faccia di Carlini: quella della sua attività teoretica, che egli affianca a quella del lavoro storiografico, e che certo non può essere considerata secondaria rispetto a quest’ultimo. Anzi è proprio l’attività teoretica, la profondità di pensiero, a farci intendere la levatura intellettuale di Carlini e l’importanza che egli ha rivestito nella cultura italiana del primo Novecento. Ne sono testimonianza le opere che il filosofo ha dato alle stampe dal 1921, quando appare La vita dello spirito; opere dalle quali emergono i molteplici interessi che hanno costellato l’avventura filosofica del nostro pensatore, tra cui forse quello più spinoso e tormentato: il problema della metafisica. Una vera ossessione che, a ben guardare, ha spesso e volentieri portato il filosofo pisano a polemizzare con i suoi contemporanei. Sarà proprio tale problema l’oggetto della nostra indagine, che cercheremo di mettere a fuoco seguendo lo sviluppo cronologico della speculazione di Carlini, a partire dal 1921 sino al 1956, l’anno di pubblicazione di un’opera come Che cos’è la metafisica? Problematiche e ricostruzioni.
10 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Prima parte
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
DALL’IDEALISMO ALLO SPIRITUALISMO
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Capitolo primo Genesi del problema della metafisica
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La possibilità della metafisica La grande domanda circa l’essenza della metafisica, circa la sua validità e la sua possibilità, ha rivestito un ruolo non secondario nel pensiero di Armando Carlini. La questione è stata talmente presente nella sua speculazione da indurlo a polemizzare – e non poteva del resto essere altrimenti – ora con questo e ora con quell’altro filosofo, da Gentile a Olgiati, da Bontadini a Stefanini e a Heidegger. Tutte occasioni grazie alle quali Carlini ha avuto modo di definire sempre più e meglio il perimetro e i confini della propria metafisica critica, così denominata perché pensata come opposta a quella della tradizione filosofica occidentale, da considerarsi invece ai suoi occhi come dogmatica. Se infatti quest’ultima considera il problema della realtà a prescindere dal significato che esso può assumere per colui che si pone tale questione, cioè l’uomo; la metafisica “critica” è quella metafisica «che nel problema della realtà avverte ch’è in discussione la realtà stessa di colui che discute»1. Potemmo a questo punto chiederci come si sia sviluppato il problema della metafisica nella riflessione di CarA. Carlini, Che cos’è la metafisica?. Polemiche e ricostruzione, Fratelli Bocca, Roma 1956, p. 7. 1
13 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
lini. Per rispondere a tale domanda occorrerebbe risalire addirittura a Kant, perché a muovere in tal senso Carlini è, a ben vedere, la medesima esigenza speculativa che agitava la mente del filosofo di Königsberg. L’autore della Critica della ragion pura, come sappiamo, si chiedeva se la metafisica fosse possibile oppure no, e se – nel caso lo fosse – potesse in qualche modo diventare una scienza al pari della matematica e della fisica. Kant dovette dare una risposta negativa alla sua domanda, perché tutti i tentativi compiuti dalla ragione di oltrepassare i limiti dell’esperienza spazio-temporale risultavano per lui destinati al fallimento2. Al di là della sfera empirica, la ragione poteva soltanto cadere in contraddizione, non potendo essa mai dare una spiegazione o una dimostrazione del Mondo, dell’Anima e di Dio, Dimostrando l’impossibilità della metafisica di diventare una vera e propria scienza dell’essere, Kant – osserva Carlini – avrebbe comunque posto le fondamenta per una riformulazione della problematica, nella direzione però di una vera e propria metafisica esistenziale ovvero metafisica “critica”3. 2 «La metafisica è una conoscenza speculativa della ragione, che sta del tutto isolata e sopravanza completamente l’insegnamento dell’esperienza, e lo fa mediante dei semplici concetti (non come la matematica, mediante l’applicazione dei concetti all’intuizione), di modo che in essa la ragione dev’essere scolara di se stessa. […] In essa, infatti, la ragione si arena continuamente, anche quando vuole arrivare a vedere a priori (tale è la sua pretesa) quelle stesse leggi che sono confermate dalla più comune esperienza», cfr. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, tr. it. di C. Esposito, Critica della ragion pura, Bompiani, Milano 2004, p. 33. 3 Interessante è la riflessione su questo stesso problema sviluppata da Michele Federico Sciacca che scrive: «Kant, in breve, esclude la possibilità di una metafisica, in quanto questa non è riducibile a una forma di conoscenza scientifica. Ma è proprio l’opposto: è possibile una metafisica appunto perché essa è irriducibile alla scienza. Se tale riduzione fosse possibile, la metafisica verrebbe
14 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Kant intendeva l’io come una funzione, e in questo senso vedeva la coscienza come un principio trascendentale, in quanto capace di rendere possibile l’esperienza, e quindi costruire la “realtà”. Ma la riflessione kantiana non si è focalizzata propriamente sull’«io penso», visto che si è orientata verso l’indagine circa i limiti e i confini della ragione. Carlini invece parte proprio da quel trascendentale ovvero da quella «appercezione originaria» che il filosofo di Königsberg aveva da un lato posto ma dall’altro aveva lasciato, per così dire, in sospeso. Lo sviluppo di una metafisica dell’esistenza sarebbe stato possibile non appena si fosse inteso il reale non più come totalmente trascendente l’esistenza dell’uomo, ma al contrario come immanente al problema stesso dell’interiorità. Questo perché il problema del reale implica, per Carlini, il problema che siamo noi a noi stessi, stando alle sue parole. Secondo questa particolare prospettiva l’esteriorità non sarà più vista come un fatto indipendente dall’uomo, ma piuttosto come una realtà che affonda le proprie radici nella vita dello spirito. Una volta stabilito il come, bisognerebbe però capire che identificata con la scienza e, con ciò stesso, ne decreta la morte. Ma questa non è più filosofia, ma “barbarie” filosofica, perché nega la vita spirituale, oggetto proprio della filosofia e perciò della metafisica», in M. F. Sciacca, L’interiorità oggettiva, Marsilio, Venezia 2019, p. 68. Alla riflessione di Sciacca si può affiancare quella di Heidegger, secondo cui «La caratterizzazione del pensiero come ϑεωρία e la determinazione del conoscere come comportamento “teoretico” avvengono già all’interno dell’interpretazione “tecnica” del pensiero. Essa è un tentativo di reazione per salvare ancora un’autonomia del pensiero nei confronti dell’agire e del fare. Da allora la “filosofia” si trova nella costante necessità di giustificare la propria esistenza di fronte alle “scienze”. Essa pensa che ciò possa avvenire nel modo più sicuro elevandosi a sua volta al rango di una scienza. Ma questo sforzo è l’abbandono dell’essenza del pensiero», in M. Heidegger, Lettera sull’«umanismo», Adelphi, Milano 202114, p. 33.
15 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
cosa è propriamente la metafisica. Questione cui il filosofo pisano ha avuto modo di rispondere negli ultimi anni della propria vita, instaurando per questo un dialogo critico e serrato anche con Heidegger. Ma di questa e altre questioni torneremo a parlare in dettaglio più avanti, seguendo come filo conduttore lo sviluppo cronologico del pensiero carliniano.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La religiosità in Aristotele e i primi segni dell’«autocoscienza» Porsi il problema della metafisica significa nello stesso tempo porsi un’altra questione: quella circa il senso del reale; una questione che tocca da vicino tanto la filosofia quanto la religione. E per Carlini, filosofia e religione in fondo perseguono il medesimo fine, che è quello di cogliere il principio ultimo della realtà. La filosofia, dal canto suo, affronta questa problematica servendosi della ragione e quindi della facoltà logico-dialettica; la religione invece procede per dogmi. Se il primo è così un sapere conoscitivo, il secondo è un sapere naturalmente dogmatico, ma per quanto diversi siano, entrambi vanno a costituire l’essenza più profonda dello spirito umano, e l’uno e l’altro si legano fra loro in un rapporto di complementarietà, anzi più precisamente di «riversibilità», perché essi si aiutano, secondo Carlini, in modo vicendevole nella comprensione del trascendente, cioè proprio di quel principio posto a fondamento del reale. La fede e la ragione, come già in Agostino, non possono e non devono procedere per strade separate e divergenti, ma incamminarsi, l’una accanto all’altra, sulla medesima via. 16 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Ma è bene che esse restino distinte e che non si dissolvano l’una nell’altra, perché altrimenti si ricadrebbe nell’errore di tutta la modernità, lì dove la filosofia rappresenterebbe il livello massimo di conoscenza, inghiottendo e così annullando la religione. Naturalmente questa è una concezione che raggiungerà i massimi livelli nel pensiero idealista di Hegel, e che ritornerà grosso modo anche nel pensiero gentiliano e crociano. Lo vedremo meglio più avanti. Carlini distingue filosofia e religione, ma nello stesso tempo le tiene unite, consapevole del fatto che solo tenendole unite è possibile giungere al trascendente. In questo senso il filosofo può parlare di legittimità del pensiero dogmatico. La fede, nel fondo dello spirito dell’uomo, ha una propria validità, e pertanto non può in alcun modo essere ridotta alla ragione. La fede spinge la coscienza verso mete sempre più lontane, sempre oltre i traguardi raggiunti dalla ragione. Per tale motivo, Carlini assume una posizione molto critica nei confronti del positivismo: un sapere privo del senso del trascendente risulta infatti essere sterile, infecondo e fine a se stesso, ma soprattutto non vero. A ben guardare, la metafisica classica è un sapere di questo tipo, perché dal canto suo presuppone di spiegare tutta la realtà chiudendo definitivamente il cerchio della conoscenza. Essa quindi è un vero e proprio mito della filosofia. Ma il cerchio, per Carlini, senza quel principio teologico, senza cioè quel dogma che suggerisce l’Altro, è destinato a rimanere purtroppo sempre aperto. Il problema religioso e il problema filosofico per certi versi dunque coincidono. E proprio sulla base di questo presupposto, Carlini cerca di offrire una propria interpretazione del pensiero di Aristotele, il filosofo con cui ha instau17 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
rato un rapporto particolare. Al pensatore greco egli infatti è ritornato più volte lungo il suo percorso speculativo, e non soltanto da storico della filosofia. Numerose sono le edizioni laterziane delle opere di Aristotele da lui curate4. Mediante lo studio sistematico del pensiero dello Stagirita, Carlini ha cercato in tutti i modi di farne emergere la religiosità, partendo dall’assunto che in fondo «in ogni pensatore, e in ognuno di noi, vive alle radici del pensiero un problema positivamente religioso che va sentito e vissuto non da un punto di vista meramente critico, ma specificatamente dogmatico: ossia, con coscienza schiettamente religiosa»5. Il problema di Dio, così come quello dell’anima, è per Carlini presente in Aristotele, anche se non andrebbe dimenticato il fatto che il dio aristotelico è pur sempre un principio cosmologico. La tesi di Carlini è che la religiosità 4 Carlini poté curare per Laterza – tra le altre cose – nel 1912, un volume di estratti della Metafisica e dell’Organon di Aristotele dal titolo Principi di Logica. Poi egli avrà modo di occuparsi di Aristotele ancora in altri importanti lavori: nel 1920, infatti – sempre per Laterza – pubblica una antologia della Metafisica col titolo di Introduzione alla filosofia, mentre nel 1924 curerà un’altra antologia della Metafisica aristotelica dal titolo Principi primi. L’anno dopo darà alle stampe il saggio Il problema religioso nel pensiero di Aristotele e nel 1928, nella collana «Filosofi antichi e medievali», poi, uscirà, a cura sempre di Carlini, l’intera traduzione della Metafisica del grande filosofo greco con l’aggiunta di un esteso commento; opera che suscitò qualche critica, tra cui quella di Roberto Radice il quale arriverà a scrivere che «Il difetto dell’opera sta nell’essere stata […] concepita da un punto di vista idealistico […]. La traduzione è felice nelle parti meno tecniche, mentre lascia a desiderare […] nei libri Z H Ʌ. Notevole è l’introduzione che presenta e domina […] la problematica sollevata dallo Jaeger, della quale il Carlini aveva già incominciato a vedere alcuni punti deboli». Cfr. R. Radice, La Metafisica di Aristotele nel XX secolo: bibliografia ragionata e sistematica, Vita e Pensiero, Milano 1996. 5 A. Carlini, Il problema religioso nel pensiero di Aristotele, in Aa. Vv., Scritti filosofici pubblicati per le onoranze nazionali a Bernardino Varisco nel suo LXXX anno di età, Vallecchi, Firenze 1925, pp. 65-66.
18 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
di Aristotele tiene assieme, quasi come una specie di tessuto connettivo, la fisica, la psicologia e l’etica, andando così a rappresentare la linfa vitale di tutto il suo pensiero. Se è vero che il pensiero dogmatico non è che il sentimento rivolto al trascendente, la speculazione aristotelica era da considerarsi a buon diritto anche una filosofia della religione ed era dunque permeata dal senso del divino. Nel suo singolare sviluppo, la filosofia della religione di Aristotele presentava tre fasi o tre distinti momenti. La prima fase poteva con ogni evidenza essere denominata “mistica” in ragione del fatto che il filosofo antico riprendeva la dottrina dell’anima di Platone; la seconda fase era quella più “sistematica”, perché il sapere aristotelico si andava via via organizzando in un sistema dove i dati dell’esperienza venivano raccolti con un certo ordine e con una certa sistematicità, con la conseguenza più naturale di dar vita alle scienze più diverse. La terza e ultima fase invece era quella dove Aristotele sembrava porre il problema religioso all’interno dell’interiorità dell’uomo, “interiorità” che si doveva intendere come autocoscienza. È il X Libro dell’Etica nicomachea comunque il punto massimo raggiunto dalla filosofia religiosa di Aristotele, il libro cioè in cui si sostiene l’importanza e il primato della vita contemplativa, che per Carlini è da vedersi come «atto di vita spirituale»6, sulla vita attiva. La vita contem6 «Che la felicità perfetta», scrive Aristotele nell’Etica Nicomachea, «sia una certa attività teoretica, apparirà chiaro anche da quanto segue. Noi ammettiamo che gli dèi siano più di tutti beati e felici: e quali azioni si devono attribuire loro? Forse le azioni giuste? E non sembrerà ridicolo che facciano contratti, restituiscano depositi e così via? […] Allora, quando alla vita si sia sottratto l’agire, e ancora di più il produrre, che cosa rimane se non la contemplazione? Di modo che l’attività degli dèi, che spicca per beatitudine, verrà a essere una attività contemplativa, e quindi tra le attività umane quella più vicina a essa sarà la più felice», e quanto più è estesa l’attività contemplativa, tanto più gli uomini
19 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
plativa è ciò che più accomuna gli uomini agli dèi e quanto più essa è estesa tanto più l’uomo è felice. La felicità dunque coincide con la conoscenza e con l’attività teoretica, con l’osservazione o contemplazione del mondo. «L’Etica Nicomachea», scrive Carlini, «si può considerare come l’espressione più piena del pensiero religioso di Aristotele nell’ultimo periodo. Il suo problema è quello d’intendere il senso e il valore della vita umana nella sua finalità interna. Noi diremmo: la destinazione dell’uomo in quanto attività spirituale; Aristotele dice: la felicità e la beatitudine. Poiché, per quanto la maggior parte del libro si espanda nello studio dell’azione e delle virtù, riguardanti l’uomo nella sua espansione di vita comune con gli altri, quello è bene l’argomento principale a cui tien l’occhio dal principio alla fine»7. Una concezione che si ritroverà poi nel primo Agostino, per il quale la felicità consisterebbe nella sapienza o comunque nella filosofia. Così, in Contro gli Accademici, il santo retore poteva affermare che nessuna eventualità gli appariva favorevole se non quella che poteva derivargli dalla filosofia e che nessuna vita gli sembrava propriamente felice se non quella vissuta nella filosofia stessa8. Poi ne La vita felice il concetto viene ribadito quando Agostino arriva a scrivere, aristotelicamente, che essere felici significa in sostanza non aver bisogno di nulla, cioè vale a dire essere sapienti9. E Agostino, come Aristosono felici; cfr. Aristotele, Etica nicomachea, tr. it. di C. Natali, Laterza, Roma-Bari, 2012, pp. 435-437. 7 Aristotele, Il problema religioso, a cura di A. Carlini, Laterza, Bari 1925, pp. 34-35. 8 Cfr. Agostino, Contro gli Accademici, tr. it. di G. Catapano, Bompiani, Milano 2005. 9 Cfr. Id., La vita felice, tr. it. di M. Barracano, Il Leone Verde, Torino 1997.
20 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
tele, è uno di quegli autori con cui Carlini si confronterà per tutta la vita.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Un nuovo orientamento di pensiero: «La vita dello spirito» Il problema religioso e il problema filosofico, nel loro continuo intrecciarsi, diventeranno i motivi su cui ruoterà la riflessione di Carlini ne La vita dello spirito, opera pubblicata, nella sua prima edizione, nel 192110. Non si tratta questa volta di un lavoro di carattere storiografico, come quelli che il nostro autore ha scritto sino a questa data11, ma un lavoro di natura teoretica che ha tutta l’aria di essere un vero e proprio manifesto programmatico di quello che sarà lo spiritualismo cristiano di Carlini. In parte lo osserva anche Michele Federico Sciacca ne Il secolo XX. Parlando dello spiritualismo “realistico” di Carlini, Sciacca infatti evidenzia il fatto che i temi affrontati nell’opera del ’21 non sono altro che gli stessi che il filosofo pisano, nel corso del tempo, avrebbe sempre più approfondito e radicalizzato. Ma in fondo è proprio lo stesso Carlini a confessare – in una nota 10 A quella del 1921 seguirà una seconda edizione per Sansoni nel 1940, riveduta e aumentata con un Esame critico del mio pensiero. 11 Possiamo ricordare a titolo di esempio alcune delle opere di Carlini scritte sino al 1921: La Giovine Italia: appunti di filosofia e di storia (1904), Le forme di governo dello Stato. Note storiche di filosofia politica (1905), Fra’ Michele di Cesena e la sua eresia (1907), in cui ha modo di prendere posizione, seppur lieve, rispetto al dibattito sul modernismo che in quegli anni stava occupando le menti degli intellettuali, Della ritrattazione di Fra’ Michele di Cesena e del falso «miserere» edito sotto il suo nome nella «Raccolta Muratoriana» (1908), Ciò che è vivo e ciò che è morto del pensiero di G. Mazzini (1909), Idealismo, politica e partito repubblicano (1909), Un programma didattico per l’insegnamento della filosofia (1911), La mente di G. Bovio (1914), La polemica di Locke contro le idee innate (1917).
21 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
contenuta all’interno di un’altra sua opera di qualche anno più tardi, La religiosità dell’arte e della filosofia (1934) – che riguardo la sua riflessione teoretica sviluppata nell’opera del ’21 «sono già presenti quasi tutti i pensieri elaborati dopo, e altri ancora che attendono di essere ulteriormente sistemati»12. E non sarà un caso che nella seconda edizione de La vita dello spirito, edita da Sansoni nel 1940, Carlini arrivi a scrivere nella prefazione che «questo libro potrei riscriverlo, oggi, tal quale, quasi tutto. Non solo: ma ci sono punti di singolare felicità per non essersi ancora, il mio pensiero, logorato nella meditazione»13. Il pensiero carliniano è allora già tutto presente ne La vita dello spirito, ma allo stato, per così dire, embrionale. In questo giovanile lavoro, che precede solo di qualche anno Il problema religioso nel pensiero di Aristotele, Carlini pone l’accento sul «significato spirituale» dei tradizionali problemi della metafisica, cioè quelli rappresentati dal mondo, dall’uomo e da Dio, e cerca di capire come essi sorgano all’interno dello spirito umano ovvero all’interno della personalità14. L’atto gentiliano – cui Carlini era stato fedele agli inizi della sua attività speculativa – risulta ora essere inadeguato per esprimere la realtà dello spirito dell’uomo, e deve pertanto cambiare rotta e ripiegarsi su di sé facendosi, così, problema a se stesso. L’atto di cui parlava Gentile in effetti aveva cominciato a trascurare la concretezza dell’uomo, 12 A. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, p. X. 13 Id., La vita dello spirito (nuova edizione riveduta e aumentata), Sansoni, Firenze 1940, p. III. 14 Cfr. L. Messinese, Armando Carlini, Lateran University Press, Roma 2012.
22 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
essendosi fatto via via Pensiero impersonale. A detta dello stesso Carlini, il pregio maggiore di quest’opera giovanile – così come scriverà nel 1951 in Alla ricerca di me stesso – starebbe proprio nell’aver «staccato l’atto gentiliano dalla dialettica che lo instrada a rendersi ragione del mondo (sia pure del suo mondo), prima che di se stesso: di averlo costretto a ripiegarsi su se stesso, di farsi di sé a sé il suo primo problema»15. In questo problema Carlini vedeva «la genesi e il significato di tutti i problemi, che, poi, si dispiegano, per l’uomo, nel mondo dell’esperienza»16. L’atto gentiliano aveva affascinato Carlini sin dall’inizio, ma nella sua riflessione esso acquisì ben altro significato, come il filosofo stesso sottolinea in Quel ch’io debbo a Gentile, un articolo apparso nel «Giornale di Metafisica» nel 1955: «lo intesi subito a mio modo», scrive, «come l’appello agostiniano all’interiorità della coscienza di se stesso, presupposta a ogni sua manifestazione esteriore. Io, lì dentro, in quell’atto, ci portavo, poi, esigenze ereditate dalla filosofia crociana: anzitutto, la riluttanza a definire l’atto col semplice attributo del pensiero, come faceva il Gentile, e però fuori già di quella dialettica imperniata nell’antitesi del pensare e del pensato»17. E poi «C’era di mezzo, sì, la famosa questione dei distinti e degli opposti, ma io mi trovavo ad averla in certo modo superata, perché portavo la distinzione, diversamente da Croce che la prendeva dal di fuori e la irrigidiva nelle sue forme, internamente all’atto, come suo autodistinguersi, e, diversamente dal Gentile, A. Carlini, Alla ricerca di me stesso, Sansoni, Firenze 1951, p. 5. Ibidem. 17 Id., Quel ch’io debbo al Gentile, in Id., Studi gentiliani, Sansoni, Firenze 1958, pp. 26-27. 15 16
23 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
concepivo tale distinzione come un’opposizione diversa da quella meramente logica dell’affermazione-negazione: come problematicità interna all’atto per se stesso»18. In questo modo Carlini riesce a trovare un qualche accordo tra l’attualismo di Gentile e la teoria dei distinti di Croce, o comunque a coniugare teoria e pratica: «Il mio tentativo», scriverà ancora in Alla ricerca di me stesso, «preso nella materialità della sua espressione può sembrare una conciliazione tra l’attualismo del Gentile e l’empirismo idealistico (chiamiamolo così per comodità di opposizione) del Croce», e ciò in virtù del fatto che Carlini introduceva «in seno all’atto una distinzione fondamentale, che non è di momenti opposti, ma di atteggiamenti distinti (definiti, per l’appunto, benché con riserva, come teoretico e, pratico»19. Le questioni più tradizionali della metafisica, per Carlini, sarebbero entrate in discredito presso gli uomini colti e anche presso i filosofi. Sono stati proprio i metafisici ad alimentare l’avversione per tali questioni, e questo a causa della convinzione che essi hanno di poterle in qualche modo risolvere attraverso il metodo naturalistico, proprio della scienza, cadendo così in errore. Sbagliato infatti sarebbe considerare la natura, il mondo e l’uomo stesso, ma in generale qualsiasi cosa fuori di noi, come un oggetto del tutto indipendente dalla nostra coscienza, e suscettibile dunque di essere in qualche modo indagato e quindi oggettivato. La conseguenza inevitabile è quella che porterebbe a ridurre l’uomo a mero spettatore e indagatore della “realtà” esteriore. Ma è evidente che la realtà non è poi così separata da noi: essa infatti interpella costantemente la nostra stessa 18 19
Ivi, p. 27. Id., Alla ricerca di me stesso, op. cit., p. 5.
24 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
vita, interroga il nostro io e soprattutto ci mette davanti al problema che siamo noi a noi stessi20. Nella storia del pensiero, da Kant in poi, si è sentito «il bisogno di considerare i problemi del reale in rapporto alla vita del soggetto in generale o centro indeterminato di conoscenza»21, scrive Carlini ne La vita dello spirito, di quel soggetto o individualità che sempre si rinnova nella storia. E la realtà che siamo noi a noi stessi è quella più vera: questo è, per Carlini l’ens realissimum. Così intesa, la spiritualità diventa allora il punto di partenza di ogni indagine filosofica, mentre la realtà “esteriore” deve essere semmai considerata soltanto come punto d’arrivo. Si deve a Kant la scoperta del valore infinito della personalità umana, dell’assolutezza con cui si pone in ogni atto della nostra vita, che non è un’interiorità opposta a un’esteriorità a cui debba ricorrere per attuarsi, ma un interiorizzarsi, nell’azione, dello spirito a sé stesso. Ché, proprio in essa, lo spirito diviene consapevole di sé, di quel vero “sé” che la conoscenza del mondo presupponeva, ma poi ottenebrava piuttosto che chiarire22.
L’accento posto sull’interiorità porta Carlini a parlare convintamente di una esistenza di valore, opposta all’esistenza di fatto propria invece delle filosofie naturalistiche e positivistiche. Dopo Kant, in effetti, sarebbe assurdo Nell’Esame critico del mio pensiero, scritto che comparirà come ampliamento nell’edizione del 1940 de La vita dello spirito, Carlini stesso – in riferimento all’opera in questione – dirà che essa si inserisce pienamente nel momento in cui la sua speculazione stava assumendo una tonalità «empirista». E ciò a causa degli studi che in quel periodo Carlini andava conducendo, in maniera peraltro veramente magistrale, sul pensiero di Locke. 21 A. Carlini, La vita dello spirito, Vallecchi, Firenze 1921, p. 16. 22 Ivi, p. 32. 20
25 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
trascurare la realtà della coscienza. Cosa importerebbe a noi – si domanda Carlini, riprendendo il pensiero cristiano – di conoscere l’intero universo se dovessimo perdere noi stessi? L’uomo sente in effetti in primo luogo dentro di sé un problema ancora più profondo e radicale di quello rappresentato dalla conoscenza del mondo naturale, e il problema che l’io è a se stesso risulta così essere la questione più importante e più urgente da affrontare, e dalla quale addirittura tutto ha origine, compreso il problema stesso del mondo. La vita deve essere intesa come un processo di natura qualitativa, spirituale e non materiale – e in questo senso Carlini riprende il pensiero di Agostino, ma anche il pensiero di Bergson – i cui fenomeni vanno a costituire una vera e propria continuità. Il passato allora si organizza in un presente sempre nuovo e il mondo fuori di noi non è altro che «la serie delle nostre percezioni di cui la memoria s’individua nel soggetto, per vedere la necessità di ricondurre la dottrina della conoscenza al punto vitale di cui questa ha la sua origine e il suo valore concreto»23. L’intelletto geometrizzante non sarebbe in grado di cogliere la vita del reale, perché esso le gira attorno cogliendone gli aspetti più superficiali «illudendosi di produrre la continuità con una giustapposizione di immagini, il movimento vitale con un movimento cinematografico»24. È dunque chiaro come la continuità qualitativa sia una cosa e altra cosa sia la continuità quantitativa; la prima riguarda la coscienza, la vita della coscienza, mentre la seconda riguarda il mondo della materia. Da questa distinzione fondamentale è possibile cogliere 23 24
Ivi, p. 39, corsivo nostro. Ibidem.
26 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
l’errore in cui è caduto il naturalismo e l’evoluzionismo, e cioè quello di voler descrivere scientificamente una dimensione che in verità non si può cogliere mediante l’ausilio delle categorie dell’intelletto, perché evidentemente sfugge a ogni possibile tentativo di misurazione. La realtà, nella sua profonda intimità, è produzione di un atto di volontà e non piuttosto oggetto di ragionamento. Il meccanicismo della scienza non è in grado di arrivare a cogliere il principio organizzatore e creatore della realtà. Questo principio è Dio, che è libertà, vita incessante o azione, riprendendo Blondel. In un certo senso, la vita per Carlini non ha nulla di misterioso, perché la sua essenza è sperimentata dentro di noi in modo costante, giacché noi stessi siamo libertà e azione, vita incessante. In una parola: continuità. Sostanzialmente, la differenza tra la vita del naturalista e quella dello spiritualista consisterebbe nell’antitesi di reale e ideale: «l’attività dello spirito non è, soltanto: per essere, si deve fare, sempre; è la massima realtà, proprio perché non è reale come una cosa, né ideale come un’idea […] ma perché è un realizzarsi, un’autocreazione; sì che non può mai dire a se stessa: ecco, io sono già tutto quel che posso essere, – ma trascende sempre il suo essere»25. E ciò per il fatto che essa è un’azione e non un essere. Interessante notare come Carlini qui riprenda – anche se con un tono diverso – alcune delle concezioni di Gentile, e in modo particolare quella dell’autoctisi; ma va anche notata una sorprendente anticipazione – con tutte le dovute e legittime differenze – di quello che sarà il pensiero di Heidegger circa il Dasein quale progetto nel suo «essere-nel-mondo». 25
Ivi, pp. 40-41.
27 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La vita dello spirito è una continua realizzazione di se stessa, perché realizzarsi, per lo spirito, è un atto di adeguazione che, nell’atto stesso, produce una nuova e maggiore inadeguazione con se stesso. Pensiero e volontà s’identificano in noi, nell’atto stesso, ma l’uno è la luce illuminante il cammino che soltanto l’altra trova a percorrere. Esso è il mediatore dell’azione: rispecchia l’azione passata, prepara l’azione futura26.
Il pensiero vuole farsi esso stesso azione, e soltanto nell’atto di realizzarlo noi prendiamo coscienza del nostro infinito valore. Se da un lato possiamo individuare una volontà volente, che è quella che ci spinge a realizzare in noi il valore assoluto; dall’altro lato, riconosciamo una volontà voluta, che è quella che traduciamo in “realtà effettiva”. Lo scarto di queste due volontà è lo scarto che intercorre tra noi e noi stessi, ma è proprio in questa aspirazione al valore assoluto che possiamo riconoscere dentro di noi il divino. La filosofia ha come compito quello di descrivere e illustrare l’azione, momento in cui noi avvertiamo quella sproporzione che sussiste tra noi e noi stessi. Da questo punto di vista, la filosofia è scienza della vita; e l’Action di Blondel – l’opera che il filosofo francese scrisse nel 1893 – procede secondo Carlini proprio lungo questa direzione. In questo prodursi e in questa azione, il pensiero svela tutta la sua esigenza di superare se stesso, di realizzarsi, e di raggiungere infine la pienezza: In questo processo di elevazione e superamento che la nostra attività vien realizzando in sé e fuori di sé per mezzo dell’azione, è chiaro che il fine a cui tende non è nei singoli gradi del suo ascendere, ma in quello che dà valore ai 26
Ivi, p. 41.
28 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
singoli gradi, e però li intende e trascende infinitamente: la meta a cui è rivolta l’anima nostra sin dal primo palpito della sua vita: l’Unico necessario: quell’assoluto che è ragion d’essere di tutto ciò che esiste27.
Quest’Unico, ricorda Carlini, l’uomo l’ha sempre avvertito dentro di sé; e nel corso della storia del pensiero, i filosofi hanno dato ad esso i nomi più disparati: Essere, Pensiero, ecc. Ma sarebbe forse più giusto indicarlo come “Vita” o “Atto Puro”: «Egli è, prima di tutto, Vita, Atto Puro, quell’adeguazione totale che il nostro spirito cerca dentro di sé con se stesso: un essere che è Verità vivente, Pensare coincidente col Fare: Azione perfetta»28. Dio, dunque, è perfetta coincidenza di pensiero e azione, mentre l’uomo, al contrario, aspira a questa coincidenza, ed è per questo che egli sente l’esigenza di trascendersi. Quell’Atto è vita del divino dentro di noi, per il quale noi respiriamo e viviamo. Non già l’Essere parmenideo, né il Logo neoplatonico, e neppure il Motore di Aristotele, ma il Dio della tradizione cristiana. Egli diventa realtà nel momento stesso in cui si realizza in noi, benché altro da noi. Possiamo pertanto affermare che per Carlini Dio è da un lato trascendente e dall’altro immanente: trascendente perché è altro da noi, essendo l’Atto assoluto cui l’uomo tende; immanente perché l’uomo lo avverte dentro di sé nell’atto del pensiero e vorrebbe dentro di sé realizzarlo. Ancora in linea con Blondel, Carlini arriva a scrivere che il pensiero astratto, tipico della metafisica come scienza dell’essere, «di un essere che non è l’esser nostro»29, non 27
Ivi, p. 45. Ibidem, corsivo nostro. 29 Ivi, p. 62. 28
29 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
è in grado di generare la vita. Per raggiungere questo scopo, la metafisica deve mutarsi in religione, «che è metafisica dell’essere vivente»30. Nella religione, il pensiero trova quell’essere che è reale e ideale nello stesso tempo, cioè Dio, che l’azione porta dall’eternità all’esistenza storica e mondana. Le dottrine filosofiche che tendono a dividere la vita dal pensiero, privilegiando la prima al secondo oppure il secondo alla prima, sono, secondo Carlini, da rigettare. Occorrerebbe piuttosto tenere uniti questi due particolari concetti. Una risposta al come tenere assieme la vita e il pensiero proviene dal neoidealismo italiano, che ha tentato – anche per questo – di respingere tutte le filosofie di carattere positivistico o naturalistico; filosofie chiaramente incapaci di considerare una realtà come quella spirituale. Il nostro pensatore attribuisce dunque dei meriti all’idealismo crociano-gentiliano se non altro per aver liberato il concetto di attività spirituale ovvero di “atto” da tutte quelle astrattezze che invece andavano a caratterizzare il concetto di spirito nel pensiero di Hegel. L’atto di Gentile e di Croce, dunque, risultava essere – almeno agli inizi – più “concreto”, ed effettivamente lo era; anche se poi – come già accennato – col passare del tempo Gentile avrebbe perduto sempre più tale concretezza per ritornare a un idealismo palesemente logicizzante, oramai lontano dai gusti dello stesso Carlini. Nella sua critica al positivismo, per esempio, l’idealismo gentiliano-crociano dimostrava di riprendere il pensiero kantiano, perché in fondo riteneva che dopo Kant la filosofia non potesse che essere trascendentale. Però a un certo punto la trascendentalità kantiana, dopo l’idealismo logico 30
Ibidem.
30 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
di Hegel, veniva ad assumere la forma di un realismo assoluto, sia nella forma dell’attualismo di Gentile e sia nella forma dello storicismo di Croce. Da un lato la realtà era Atto, Pensiero pensante; dall’altro lato era Storia. E tutto questo faceva sì che l’io, l’autocoscienza, il trascendentale, venisse in qualche modo inghiottito e quindi annullato dallo Spirito: l’unica vera realtà31. Ma Carlini con ciò non vuole negare la realtà esteriore; l’esteriorità per lui deve semmai essere considerata come presupposto, ma un presupposto che entra in qualche modo a far parte della nostra stessa vita interiore: «basta poco ad accorgersi che quella realtà data entra per qualcosa nella storia della nostra vita: che ce la siamo data noi stessi, con tutto lo svolgimento della nostra esperienza sensibile, nostra o altrui fatta nostra»32. Se da un lato l’esteriorità sembra opporsi al nostro sforzo di realizzare in essa la nostra vita morale e mortificare il senso della nostra spiritualità, dall’altro lato – bisogna riconoscere – essa ci dà «il senso 31 Carlini scriverà in un articolo apparso negli Annali della R. Scuola Superiore di Pisa, nel 1932, che «Occorre che il trascendentale si faccia, sia veramente, trascendente. Solo facendosi un problema vivente di vita propria, può il trascendentale tornare a guardar il mondo con altri occhi da quelli del realismo. L’idealismo che esaurisca la ragione della sua opposizione a questo in una formalità e trascendentalità destinata a realizzarsi senza residuo nel mondo dell’esperienza, disperde l’interiorità, onde lo spirito è realtà prima a se stesso, in un’esteriorità che non è, certamente, quella dell’empirismo o positivismo storicamente o idealmente anteriore al criticismo kantiano, ma è pur sempre un’esteriorità: un’esteriorità non organizzata in una interiorità spirituale, e però un realismo nel senso stesso del realismo prekantiano. […] L’immanentismo assoluto è un tradimento che l’idealismo compie del più profondo motivo del kantismo», cfr. A. Carlini, Esame di una nuova dimostrazione dell’esistenza di Dio, in Annali della R. Scuola Superiore di Pisa, Serie II, Vol. 1, No. 2 (1932), pp. 131-143. 32 A. Carlini, La vita dello spirito, op. cit., pp. 131-2.
31 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
della realtà salda su cui la nostra azione può poggiare per alzarsi in un mondo che non è oggetto di percezione»33. Un pensiero che poi ritornerà anche in La religiosità dell’arte e della filosofia, quando Carlini arriverà a scrivere che l’interiorità non può porsi il problema di sé se non in rapporto «a quel mondo di sensazioni e sentimenti, di conoscenze e azioni, che mentre le alienano da sé, dalla pura interiorità di se stessa, dànno pure a questa interiorità un contenuto, sì che la sua interiorità non resta una vuota forma […]. Non c’è esperienza di sé, dunque, se non come esperienza di altro da sé: l’interiorità vive e si svolge nell’esteriorità»34. Che rapporto intercorre allora tra l’attività dello spirito e il mondo esteriore? Per Carlini: l’oggetto della percezione è, sì, un’attualità e presenzialità, in quanto interna al processo del conoscere, e con esso svolgentesi, ma pur sempre quale una realtà che vien conosciuta come fatta e sperimentata, sì che anche quel che di nuovo porta sempre l’atto del conoscere, si unifica e organizza in seno all’oggetto conosciuto. Il passato, in altri termini, è sempre presente, ma come passato, e lo spirito l’ha innanzi come un fatto che non è più da fare35.
Ma soprattutto va osservato che è proprio a livello dell’esteriorità che noi possiamo sperimentare ciò che chiamiamo mondo morale; quello spazio in cui instauriamo relazioni con gli altri «in una comunione di vite», dove «attraverso continui dissensi e consensi, opposizione e concordia di 33
Ivi, p. 132. A. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, p. 5. 35 Id. La vita dello spirito, op. cit., p. 134. 34
32 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
motivi, interessi e fedi che ci guidano ad associare i nostri sforzi per il raggiungimento di fini particolari o collettivi», viene plasmata quella realtà che, «non risultando di cose e di fatti percepibili con i sensi, ma di intenzioni e volizioni, desideri e aspirazioni, è per l’appunto caratterizzata come mondo “umano” e “sociale”»36 o, detto in maniera diversa, come mondo della «storia».
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Idealismo e spiritualismo: la disputa con Gentile Ne La vita dello spirito, come abbiamo potuto vedere, Carlini già mostra quelli che sono i lineamenti della sua individuale speculazione, dichiarando quella che per lui deve essere la questione più vera della filosofia: il problema che siamo noi a noi stessi. La distinzione che Carlini ha introdotto tra «soggetto in generale» e «soggetto individuale e personale» – lo ricorderà egli stesso nel 1940 – deve essere considerata come una prima critica nei confronti di Gentile il quale, attraverso l’idea di un Pensiero pensante, rimaneva con ogni evidenza ancora legato all’idealismo hegeliano. Questo logicismo, ancora presente nell’attualismo, Carlini fa fatica ad accettare. Cercherà infatti di correggere gli errori di Gentile e riformulare l’idealismo in chiave per così dire personalistica. Puntare l’attenzione sul valore della persona, all’interno dell’attualismo stesso, significa così per Carlini intraprendere nuovi itinerari di pensiero capaci di condurre alla elaborazione di un vero e proprio spiritualismo esistenziale: «L’attività pensante», egli scrive, «esiste a se stessa come soggetto, non in quanto meramente oggetto di conoscenza, ma come un oggetto che si conosce “facendosi”, dando cioè l’esistenza a se stesso». E ancora: «Noi possiamo, 36
Ivi, p. 149.
33 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
dunque, fin d’ora definire la vita dello spirito come attività generatrice della propria esistenza»37. Carlini cerca, al di là della fastidiosa nota logicista, di recuperare il motivo più originario della riflessione di Gentile38, di cui ammira non a caso opere come L’atto del pensare come atto puro (1912) o la Teoria generale dello Spirito come Atto Puro (1916). Quando infatti il nostro autore scrisse l’Avviamento allo studio della filosofia nel 191439, era ancora fortemente legato al neoidealismo, perché il penIvi, pp. 89-90. Leonardo Messinese sottolinea che «Nella lettura di Carlini […] la filosofia di Gentile emerge come un vero e proprio “personalismo”, soprattutto sulla base del Sommario di Pedagogia e della Teoria generale dello Spirito come atto puro. L’atto gentiliano non è, in quegli scritti, un “conoscere” che si differenzi dal “fare”, ma è precisamente una “autocreazione”. Ciò che di più vivo contiene quell’atto è “il senso e il concetto dell’individualità spirituale o personalità morale, che dir si voglia”. […] La prova che tale residuo esista è data dall’ultima redazione della filosofia di Gentile, Il sistema di logica come teoria del conoscere, dove il motivo dominante è quella metafisica “mentalistica” di spaventiana memoria che aveva fatto muovere l’accusa di filosofia “teologizzante” nei confronti dell’attualismo e che, nel medesimo Sistema di logica, Gentile sembra accettare, ma quale titolo di merito», in L. Messinese, Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-1933, Quattroventi, Urbino 1990, pp. 42-43. 39 Nel 1914 Carlini dà alle stampe l’Avviamento allo studio della filosofia, opera scritta su sollecitazione dell’amico e collega Lombardo Radice, a cui peraltro essa è dedicata, con in appendice una breve ma fondamentale bibliografia per studenti di Filosofia e Pedagogia. A questa edizione ne seguiranno altre tre: una nel 1921, una nel ’36 e un’altra nel 1950. Nell’edizione del 1936, in particolare, il titolo dell’opera viene leggermente modificato in Avviamento alla filosofia, l’appendice bibliografica viene del tutto soppressa e la dedica a Lombardo Radice viene rimossa (ma solo in questa edizione). Sempre nel 1914 ha inizio, per Carlini, una prolifica attività di collaborazione con numerose importanti riviste culturali italiane, a partire da «La Voce» diretta da Giuseppe Prezzolini, in cui il filosofo ha modo di pubblicare un articolo dedicato a Le riviste italiane di filosofia. Nel giro di pochi anni, i contributi di Carlini appariranno in diversi periodici nazionali, dal gentiliano «Giornale critico della filosofia italiana» a «L’educazione nazionale», da «Vita Nuova» a «Leonardo» e a «La Nuova Antologia». 37 38
34 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
siero, all’interno della riflessione gentiliano-crociana di allora, era assoluta spiritualità, creatore di se stesso o volontà; e lo spiritualismo assoluto, sosteneva Carlini, affermava in effetti «che la vera realtà non è statica, ma dinamica, non è fuori della nostra conoscenza, ma è la nostra coscienza veduta come autocoscienza, consapevolezza di sé, riflessione, norma in se stessa e a se stessa di verità e di moralità»40. Carlini sembrava così essere in linea con l’idealismo delle origini; quest’ultimo era per lui infatti «lo studio della realtà veduta da un punto di vista razionale, speculativo: in questo senso esso afferma esplicitamente il punto di vista filosofico comune a tutti i filosofi di ogni età e di ogni scuola»41. D’altronde, il significato dell’idealismo «non è diverso da quello di Metafisica, parola che, se avessimo qualche autorità nella repubblica degli studiosi, consiglieremmo di rinfrescare per la chiarezza che subito acquista il problema filosofico, tanto facilmente confuso con quello delle scienze naturali»42. Dopo questa breve stagione neoidealista, però, si può affermare che il primo momento verso la fuoriuscita dall’attualismo è il venir meno, nel suo pensiero, della perfetta identità tra Soggetto e Oggetto43, tra mondo interiore e mondo esteriore. Dopo la pubblicazione nel 1917 del Sistema di logica come teoria del conoscere, Gentile aveva reso – come abbiamo già accennato – il suo idealismo sempre più astratto, dimenticando l’elemento spirituale che pur giaceva nel fondo della sua riflessione originaria, e intendendo il pensie40 A. Carlini, Avviamento allo studio della filosofia, con una guida bibliografica per i giovani studiosi di filosofia e di pedagogia, Battiato, Catania 1914, p. 92. 41 Ivi, p. 60. 42 Ibidem. 43 Cfr. L. Messinese, Armando Carlini, op. cit., p. 183.
35 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ro in atto come sintesi di soggetto («logo concreto») e oggetto («logo astratto»). La dialettica gentiliana, pur ribaltando e correggendo quella hegeliana – da cui pur proveniva –, ne manteneva i termini, e manteneva perciò «il problema del pensiero nel significato stesso della dialettica hegeliana»44. Il pensiero così inteso veniva orientato verso l’oggetto in senso conoscitivo e dimenticava la sua stessa spiritualità45. Alla dimensione inoggettivabile del soggetto, Carlini dà il nome di vita, e l’atto dello spirito è da lui inteso non più soltanto come pensiero, ma come sintesi di conoscenza e morale. Nell’ultimo Gentile, osserva Carlini, il problema dello spirito viene posto come problema gnoseologico, perché riguarda la mera conoscenza, e non come quel rapporto che il soggetto instaura con se stesso. L’idealismo logico di Gentile avrebbe portato così a due possibili esiti: da un lato al logicismo, per la prevalenza dell’oggetto della conoscenza sul soggetto che pensa; dall’altro lato al teologismo, perché esso ritornerebbe alla metafisica della mente di cui già aveva parlato Bertrando Spaventa. Sono queste le due principali obiezioni che Carlini muove a Gentile all’indomani della pubblicazione del Sistema di logica, opera davanti alla quale provò, come lui stesso confesserà, «un senso di disorientamento»46. A. Carlini, Dialettica e filosofia, in Id., La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, cit. p. 203. 45 A tal proposito, Messinese sostiene che «Per Carlini, l’atto, nella sua espressione più piena, nella sua purezza, è più del logo concreto, e questo “più” deve essere ammesso se si vuol avere a che fare con l’“atto” e non con l’“idea”. Si chiarisce, così, il motivo di quella “psicologizzazione” del trascendentale che costituisce il fulcro dello spiritualismo carliniano», in L. Messinese, Pensiero e trascendenza, op. cit. p. 59. 46 Cfr. A. Carlini, Considerazioni sulla logica del concreto di Giovanni Gentile, in Id., La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, pp. 185-198. 44
36 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Negli ultimi esiti dell’attualismo si possono distinguere due dialettiche, per Carlini: «l’una ancora obbediente a quella contro cui combatte; l’altra rivolta verso un’intuizione del tutto nuova di quel problema da cui traggono origine tutti i problemi spirituali»47. L’attualismo avrebbe dovuto scegliere o l’una o l’altra strada. Dal canto suo, Carlini opera una preliminare decisione, e tra la prima e la seconda dialettica egli si orienta verso quest’ultima: «L’atto è anch’esso, in quest’attualismo, un Giano bifronte. Ora, noi non dobbiamo temere di guastarne la purezza se del suo duplice orientamento preferiamo quello metafisico-psicologico su l’altro metafisico-logico»48. Alla curvatura in senso logico-conoscitivo dell’atto sviluppata da Gentile, deve essere opposta la dimensione “personale” dell’atto, che non è semplicemente sintesi di soggetto e oggetto, ma unione del momento morale dello spirito con il suo momento conoscitivo; in altri termini, sintesi di vita e filosofia. Solo in questa direzione l’attualismo può evitare ricadute hegeliane e farsi sempre più uno spiritualismo49. L’accento posto sulla personalità morale, porta il nostro autore a valorizzare così la dialetticità dell’atto spirituale. Id., Dialettica e filosofia, in Id., op. cit., p. 207. Inoltre Carlini ritornerà sull’argomento più avanti negli anni: «[…] avanzai l’idea che nell’attualismo si sovrapponevano e intrecciavano […] due dialettiche diverse: l’una, mirante alla rivelazione dei tesori nascosti nell’atto della coscienza di sé, come principio psicologico puro; l’altra, mirante, con l’imposizione a esso dell’astratta dialettica di soggetto-oggetto, di pensante e pensato, a dare all’atto il dominio del mondo fuori di esso», in A. Carlini, Studi gentiliani, op. cit., p. 29. 48 Id., Dialettica e filosofia, in Id., op. cit., p. 207. 49 A dimostrazione della sua presa di distanza rispetto all’idealismo attualista sono effettivamente i numerosi articoli che Carlini va scrivendo periodicamente, proprio in questi anni, nella rivista «Giornale critico della filosofia italiana». 47
37 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
L’atto dunque si fa problema a se stesso e si orienta verso il proprio trascendimento per giungere a una adeguazione reale con se stesso; ma non trovandola in sé, cioè non potendo risolvere in sé il problema che esso è a se stesso, vede in Dio l’unica via di risoluzione. Dio allora è «fonte di tutti i valori morali che l’io attua nel mondo spirituale della storia: soggetto assoluto, volontà non di altro, ma di sé, vita perfetta che s’adegua al proprio pensiero e lo realizza in sé senza residuo». In noi sperimentiamo quel Dio «come un presupposto di noi stessi, verso il quale corre tutto l’essere nostro: Lui, perfezione di vita e di pensiero, atto puro che risolve in pieno l’antitesi, la quale, invece, travaglia l’atto dell’esser nostro diviso sempre tra la propria realtà e la propria idealità, tra ciò che si fa e ciò che si pensa come assoluta Ragione»50. Il pensiero però non arriva a Dio da solo, ha bisogno per questo del supporto della fede religiosa. Alle critiche di Carlini, Gentile risponderà nel 1924 con i suoi Chiarimenti a un attualista dubbioso, articolo pubblicato nel «Giornale critico della filosofia italiana», dove precisa però di non aver mai parlato «di una dialettica che non sia quella del pensiero veramente concreto che attua se stesso nell’Io: che non sia lo stesso ritmo creatore del soggetto come pura soggettività, il quale, rivolgendosi in se stesso e nutrendosi di se stesso, si costituisca e svolga come individualità spirituale»51. Gentile dunque nega la presenza all’interno dell’attualismo di due distinte dialettiche: quella del «conoscere» (logico-metafisica) e quella dell’«Io» (spiritualista). Carlini avrebbe allora mal interpretato il pensiero A. Carlini, Dialettica e filosofia, op. cit. G. Gentile, Chiarimenti a un attualista dubbioso, in Id., Introduzione alla filosofia, Sansoni, Firenze 1958, cit. p. 335. 50 51
38 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
gentiliano e le sue obiezioni a riguardo sarebbero con ogni evidenza infondate. «Il dialettizzamento del logo astratto», prosegue Gentile, «è nel logo concreto, che è appunto l’Io penso, o semplicemente l’Io del pensiero in atto. Il quale, infatti, contiene in sé attualmente il logo astratto: che è bensì l’essere, ma non corrisponde all’essere del ritmo triadico del divenire o dialettismo hegeliano, se non in quanto è l’essere stesso del soggetto: essere perciò negato (pensato) nell’atto stesso che è affermato»52. Inoltre, osserva Gentile, Carlini non è del tutto in grado di restare all’interno della purezza e assolutezza dell’atto, andando egli alla ricerca di un Dio oltre l’atto medesimo, presupposto all’io autocosciente, non accorgendosi però che quel Dio tanto ricercato non è altro che l’Io di cui già parla, a ben guardare, l’attualismo. «Gli attributi di questo Dio» scrive ancora Gentile «li trovo appunto nell’Io, senza giungere per altro all’ideale aristotelico, che non può avere più senso per l’attualista»53. Inoltre, se quell’Atto puro risolvesse davvero l’antitesi, non sarebbe spirito, ma morto essere, cioè l’opposto della «vita perfetta» tanto cercata da Carlini. Il vero Dio è per Gentile l’Io trascendentale, perché questo – a differenza di quello pensato da Carlini – è in grado da solo di risolvere e racchiudere in sé il tutto, dando una risposta al problema della coscienza che finalmente troverebbe una adeguazione. Gentile però non deve essere stato così convincente se Carlini sentirà ancora il bisogno di ribadire il significato che in lui ha Dio: quella spiritualità pura che è capace di instaurare con noi non un rapporto di opposizione o di identità, ma un rapporto di amore; un amore che salva e potenzia 52 53
Ibidem. Ivi, p. 247.
39 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
la nostra conoscenza spirituale54. In un articolo dello stesso anno, Idealismo e spiritualismo55, Carlini ha così modo di rispondere a Gentile, precisando che non c’è Dio e l’atto: Dio è l’atto. Ma è l’atto, che è […] immanente e insieme trascendente a se stesso. Poiché esso è, tutto quanto, che si cerca, e trova in se stesso quei limiti al di là dei quali avverte la più profonda realtà di se stesso: e il suo avvertire è già uno spostare i termini dell’immanenza verso la trascendenza e, insieme, un tradur questa nell’atto dell’io che vive e pensa nel mondo dell’esperienza temporale e finita56.
Emerge da qui l’aspetto pratico della soggettività, cioè quell’aspetto per cui l’io è in grado di problematizzarsi ed esigere addirittura di trascendersi e di esistenzializzarsi con l’azione nel mondo. L’atto dello spirito, dunque, si fa “io” – scrive il nostro autore – nel «pensamento» di Dio e si fa autocoscienza. L’aspetto pratico che qui affiora è proprio quell’elemento che l’attualismo gentiliano aveva a lungo andare smarrito, scivolando così nell’idealismo assoluto di stampo hegeliano, dal momento che esso non riusciva più a distinguere il soggetto dall’oggetto, ma soprattutto perché faceva diventare momento della sua dialetticità sia l’io empirico (il «piccolo io») sia Dio. L’io degli attualisti in effetti sarebbe diventato un Dio mondano (il «grande Io», il «Tutto»), razionalità del reale57. A. Carlini, Studi gentiliani, op. cit., p. 32. Id., Idealismo e spiritualismo, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1924, 4, pp. 425-446. L’articolo confluì più tardi in Studi gentiliani. 56 Id., Idealismo e spiritualismo, in Id., La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, p. 220. 57 Carlini inoltre ribadirà i limiti dell’idealismo, dovuti a quel fastidioso motivo «logico-metafisico», in altre numerose occasioni, come per esempio 54 55
40 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Il problema della trascendenza: la disputa con Olgiati
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La discussione con Gentile e poi quella con Francesco Olgiati rappresentano due tappe fondamentali nel percorso speculativo di Carlini. La disputa con monsignor Olgiati – sviluppata in due distinti momenti, uno dal 1931 al 1933, e l’altro negli anni Cinquanta – ha offerto l’occasione al filosofo de La vita dello spirito di difendere, ancora una volta, il proprio particolare «itinerarium mentis ad Deum», in parte già delineato nella precedente polemica con Gentile58. nel Saggio sul pensiero filosofico e religioso del Fascismo del 1942. In questo saggio l’autore osserva che il fascismo aveva dimostrato una certa adesione all’idealismo, ma tale adesione era dovuta, a suo avviso, allo «spiritualismo implicito in esso». Carlini precisava come «il carattere gnoseologico predominante nell’idealismo, mentre non arriva a dar ragione di quella ch’è la realtà oggetto dell’esperienza comune e dell’indagine scientifica, nello stesso tempo impoverisca e disperda in schemi logici (la dialettica) l’intimità della vita spirituale e il senso del mistero, del Trascendentale, in essa implicato. Di queste difficoltà Mussolini non sembra inconsapevole, come dimostra il discorso tenuto il 31 ottobre 1926 al Congresso degli scienziati», cfr. A. Carlini, Saggio sul pensiero filosofico e religioso del Fascismo, Istituto Nazionale di Cultura fascista, Roma 1942. Ma a rappresentare la vera svolta, in questo graduale passaggio dall’attualismo allo spiritualismo, saranno in modo particolare due lavori: il primo è Filosofia e religione, il secondo è in realtà una Comunicazione dal titolo Il problema dell’autocoscienza, presentata al VII Congresso Nazionale di Filosofia tenutosi a Roma tra il 26 e il 29 maggio del 1929 (entrambi i saggi furono in seguito raccolti ne La religiosità dell’arte e della filosofia con i rispettivi titoli di Il problema filosofico e quello religioso e Riduzione dei precedenti problemi al problema dell’autocoscienza). 58 L’annosa disputa tra Carlini e Olgiati si consumò tra le pagine della nota «Rivista di filosofia neoscolastica», e gli articoli che animarono tale polemica furono successivamente raccolti in un volume curato da padre Agostino Gemelli che prese il nome di Neo-scolastica, spiritualismo e idealismo; volume la cui importanza non sfuggì neppure a Gramsci, il quale criticamente osservava in una delle pagine dei Quaderni dal carcere che «La polemica Carlini-Olgiati Neoscolastica, spiritualismo e idealismo […] e l’articolo di Guido De Ruggie-
41 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Carlini, nel 1931, pubblica un volume dal titolo Orientamenti della filosofia contemporanea, offrendo una propria interpretazione del panorama filosofico del suo tempo, dopo aver fatto però un excursus nella storia della filosofia occidentale e averne individuato i momenti più salienti: antico, medievale e moderno-contemporaneo. Ma la parte più originale del volume sembra essere l’ultima, lì dove Carlini mette a confronto fra loro i tre principali indirizzi di pensiero a lui contemporanei: l’idealismo, il positivismo e lo spiritualismo. Il volume viene poi recensito da Olgiati nella «Rivista di filosofia neo-scolastica»59 nello stesso ’31, creando così i presupposti della disputa col filosofo spiritualista. Nel suo contributo, Olgiati muove dure critiche a Carlini focalizzandosi in particolare su due punti: la suddivisione della storia del pensiero in tre momenti e, in secondo luogo, la possibilità di passare dal trascendentale idealistico al Trascendente. Quest’ultimo aspetto – come poi avremo modo di vedere – rappresenterà il fulcro intorno a cui ruoterà gran parte della discussione. Nei suoi Orientamenti, Carlini faceva coincidere il periodo antico con una filosofia attraversata da un unico problema: quello della Natura; mentre il medioevo era per lui contrassegnato da una filosofia ruotante intorno al problero sull’“Educazione Nazionale” (del Lombardo Radice) del marzo 1933 non possono servire a dimostrare che l’idealismo appoggia il clericalismo, ma che singoli idealisti non trovano nella loro filosofia un terreno solido di pensiero e di fede nella vita», cfr. A. Gramsci, Quaderni dal carcere, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 2007, vol. III, pp. 1921-1922. L’articolo di De Ruggiero ricordato qui da Gramsci è Revisioni idealistiche. 59 Cfr. F. Olgiati, Idealismo assoluto e trascendenza: a proposito di un recente volume, in «Rivista di filosofia neo-scolastica» 1931, 4-5, pp. 442-450.
42 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ma di Dio; la modernità, infine, si distingueva grazie a una filosofia orientata verso la comprensione dell’uomo. Così, Natura, Dio e Uomo andavano a rappresentare le tre tappe principali attraverso cui si sarebbe articolato il lungo cammino del pensiero occidentale. La critica che Olgiati muove a Carlini è che queste tappe non dovevano essere considerate irrelate tra loro – così come sembrava trasparire dall’analisi carliniana – ma essere considerate semmai nella loro continuità. Essendo entrambi riflessioni sulla realtà concepita come essere, tra il pensiero antico e il pensiero medievale non poteva sussistere alcuna discontinuità. E il pensiero moderno inoltre non doveva essere letto come umanistico tout court, perché in esso erano presenti esperienze di pensiero come il positivismo e come l’empirismo che avevano a modo loro sviluppato pur sempre analisi sul significato della natura. La seconda obiezione di Olgiati, quella che riguarda il rapporto tra l’autocoscienza e Dio, è ancora più dura. Negli Orientamenti, ma a dire il vero anche in altre occasioni, Carlini aveva ammesso la possibilità – del tutto incomprensibile agli occhi del suo recensore – di giungere, attraverso il solo atto dell’autocoscienza umana, al Trascendente. L’autocoscienza idealistica (quella cioè che produce l’essere nell’atto stesso in cui lo pensa) non potrebbe pervenire però a una Realtà trascendente, osserva il neoscolastico, perché quest’ultima non sarebbe prodotta dal pensiero stesso. Partire dalla coscienza idealistica – così come a Olgiati sembrava essere quella carliniana – per poi giungere a una realtà che stia al di là dei nostri limiti e quindi al di fuori del pensiero stesso non significa superare l’immanenza – compito assegnatosi da Carlini 43 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
– dal momento che lo sforzo o l’esigenza di trascendere noi stessi non è di per sé, a ben vedere, affermazione del Trascendente. È soltanto un bisogno, un desiderio, appunto una mera esigenza dell’uomo. Se poi, al contrario, si ammetta questa Realtà, diversa dal pensiero umano e non riducibile all’atto del nostro pensare, noi avremmo sì un Trascendente, ma ci si muoverebbe pur sempre entro gli orizzonti di una metafisica dell’essere, col rischio però di rinnegare il principio fondamentale dell’idealismo: la produzione dell’essere da parte del pensiero. Olgiati sembra leggere Carlini attraverso il filtro dell’idealismo e riduce il suo pensiero a pura esigenza volontaristica60; forse anche per questo Carlini, nella stessa rivista ma con un articolo dell’anno successivo61, risponderà al suo critico recensore, cercando però questa volta di precisare il significato da attribuire alla sua autocoscienza e in che modo debba essere interpretato il passaggio dal trascendentale al Trascendente. Da quello che Carlini scrive è evidente 60 Un errore che fu messo in evidenza più tardi anche da Vittorio Stella recensendo, sulle pagine degli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1959, il volume carliniano Che cos’è la metafisica?: «[…] è il Carlini un metafisico? Con evidenza occorre dire di no, se si assume la metafisica nelle accezioni note e tradizionali di una metafisica dogmatica che dia fondo a un inquadramento generale della realtà […]. Ma allorché per metafisica s’intenda che affermazione del valore non può darsi se non là dove il problema della realtà coinvolge la “realtà stessa” di colui che lo mette in discussione, non è dubbio che il C. ricerca proprio la fondazione di una metafisica e che perciò il suo pensiero non può essere ricondotto (e ridotto) a una semplice esigenza volontaristica e fideistica, come da taluni dei suoi obbiettori neoscolastici si è tentato di prospettare», cfr. V. Stella, Recensione a A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia, Serie II, Vol. 28, No. 1/2 (1959), pp. 141-148. 61 Cfr. A. Carlini, Idealismo assoluto e trascendenza: osservazioni ad una recensione, in «Rivista di filosofia neo-scolastica» 1932, pp. 66-74.
44 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
che tale passaggio dipenda dal rapporto strettissimo sussistente tra filosofia e fede religiosa. In quella pesante recensione a firma di Olgiati, Carlini ravvisa delle vistose contraddizioni. Per esempio, il neoscolastico parla della filosofia di Aristotele e di quella di Tommaso, e arriva a sostenere – sempre in riferimento alla continuità tra il pensiero antico e quello medievale – che esse scaturirebbero, queste le parole di Olgiati, dallo «stesso tronco dell’essere»62. Aspetto, quest’ultimo, che suscita le dure reazioni di Carlini. Facendo nascere il pensiero antico e quello medievale dalla stessa radice, Olgiati arriverebbe a far coincidere i frutti della mentalità pagana con quelli della mentalità cristiana. Ma quelle due dottrine, a detta di Carlini, devono essere considerate come in tutto e per tutto differenti fra loro. Anche se l’Essere di Aristotele spiegava il mondo, e la filosofia aristotelica poteva essere vista come una vera teologia, bisogna pur sempre ricordarsi che il dio di Aristotele non coincide con il Dio cristiano. Per questo, quella dello Stagirita deve essere pensata come una vera e propria teologia immanentista. Il Dio cristiano, come sappiamo, non è immanente al mondo, ma è ad esso trascendente; non ne è la causa, ma il suo Creatore. Naturalmente, nel pensiero classico antico mancava una concezione dell’essere come «realtà spirituale», di un Dio che ha in sé il segreto dell’uomo e che il cristiano invece sente vivo nel momento stesso in cui si raccoglie dentro di sé, «in quella interiorità dove lo spirito si conosce e sente in rapporto allo spirito»63. In effetti, il cristianesimo avrebCfr. F. Olgiati, op. cit. Cfr. A. Carlini, Idealismo assoluto e trascendenza: osservazioni a una recensione, op. cit., p. 70. 62 63
45 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
be aperto gli occhi dell’uomo su una realtà ben diversa da quella naturale: la realtà dello spirito, del tutto sconosciuta ai filosofi antichi. Per Carlini, la concezione dell’Essere quale «actus essendi» ammessa da Olgiati, sfocia direttamente nell’immanentismo, tradendo così i fondamenti del pensiero cristiano. Vista con più attenzione, la filosofia medievale presenta un motivo che la rende semmai più vicina al pensiero moderno che non a quello antico, e questo motivo è la vita spirituale squadernata all’uomo dal cristianesimo. Il pensiero moderno muove dal problema dell’uomo ponendo il soggetto a fondamento della sua riflessione: lo dimostra in particolare il pensiero di Descartes o quello di Kant. Il pensiero cristiano non ha come suo oggetto primo il mondo, ma se stesso; e ha per oggetto il mondo solo perché esso è pensiero che vive nell’interiorità dell’autocoscienza. E il problema dell’interiorità è in senso stretto il problema della persona spirituale, cioè «del rapporto tra fede e pensiero, tra religione e filosofia, tra l’atto dell’autocoscienza umana e il suo presupposto teologico»64. La necessità di un Atto trascendente viene posta non già grazie a un processo meramente razionale, “critico” appunto, ma in virtù della fede stessa. Ripiagandosi su di sé, l’autocoscienza scopre una vera e propria “inadeguatezza” rispetto a se stessa, poiché si accorge di non essere assoluto “autopossesso”. È proprio qui che l’uomo sente la necessità della fede, della fede in quell’Atto in cui tale mancanza viene colmata. E quest’Atto non è opera del pensiero umano, è semmai qualcosa che lo trascende pur essendo unito allo spirito dell’uomo. 64
Ivi, p. 73.
46 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Dalle posizioni dei due filosofi emerge molto bene la distinzione tra le loro rispettive metafisiche. Per Olgiati non vi sarebbe altra realtà all’infuori di quella dell’essere, e sarebbe inoltre assurdo ridurre l’essere al pensiero. Il problema del Trascendente e il problema dell’uomo possono trovare una qualche soluzione soltanto mediante una metafisica dell’essere, e non attraverso un ripiegamento dell’io su se stesso. Ma è proprio questo che Carlini rifiuta (e contesta); finché si rimane entro gli angusti orizzonti della metafisica classica non si potrà infatti mai porre, in maniera adeguata, la questione della trascendenza. Dio è spiritualità pura, adeguazione di sé a sé, ed è per questo che soltanto attraverso l’interiorità spirituale dell’uomo tale questione può essere posta. L’interiorità, ch’io difendo, non è quella idealistica, se per idealismo s’intenda quella concezione che riduce la vita spirituale a un problema di pensiero nel senso conoscitivo. Anzi, questo è, a mio avviso, il punto cruciale in cui cade l’idealismo: il punto che divide l’idealismo dallo spiritualismo. Conoscere è, per l’idealismo stesso, oggettivarsi. Impossibile, dunque, spiegare l’atto dell’autocoscienza con questo pensiero, soltanto, ch’è riflessione critica su se stesso. L’atto autocosciente è atto, dico io, insieme di pensiero critico e di fede. La nostra interiorità è tutta e sola in questo problema: in quest’atto che non possiamo vivere senza una fede religiosa, e senza insieme sottoporre la nostra fede alla critica del pensiero65.
L’atto puro dell’autocoscienza, visto così, è allora «un atto psicologico perché definisce il problema della spirituaA. Carlini, Spiritualismo e metafisica, in «Rivista di filosofia neoscolastica», XXIV, fasc. II, 1932, p. 266. 65
47 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
lità o interiorità: di una psicologia trascendentale, non empirica, e implicante una posizione del problema del rapporto fra trascendenza e immanenza del tutto diversa da quella abituale dell’idealismo»66. Il valore di cui si riveste l’interiorità porta Carlini a prendere le distanze anche dal coevo esistenzialismo, per il quale – come sappiamo – l’esistere dell’uomo viene inteso semplicemente come un fatto, sospeso, in taluni casi, addirittura sul niente. Il primato conferito da Carlini all’interiorità spirituale lo allontana soprattutto però dalla metafisica tradizionale – quella cioè dentro cui si muoveva il pensiero di Olgiati – perché quest’ultima è una riflessione sulla esteriorità o comunque sull’insieme di tutte le realtà non spirituali, sino a identificare l’essere con la natura. Diremmo – utilizzando una distinzione cara a Heidegger – l’essere con l’ente. Per questo non può esserci passaggio dall’Essere di Aristotele a quello rivelato dal cristianesimo. Il Dio del cristianesimo infatti non è un oggetto, ma persona, e rappresenta «l’atto dell’atto nostro stesso», cui è possibile giungere mediante il concorso della fede. Più che all’Essere di Aristotele, dunque, Carlini ritornerebbe volentieri all’Essere di Tommaso d’Aquino, perché l’essere cui perviene l’Aquinate – nel suo sviluppo ulteriore della metafisica aristotelica – è un essere di pura spiritualità, cui si giunge mediante la fede e la ragione insieme. La metafisica di Tommaso è allora una metafisica dell’essere non naturale, ma squisitamente soprannaturale, privo – evidentemente – delle caratteristiche dell’antico concetto cosmologico che andavano a connotare il dio dello Stagirita. In definitiva, la critica che Carlini muo66
Ibidem.
48 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ve ad Olgiati «non consiste nel ritenere impossibile una metafisica dell’essere dopo l’idealismo, ma nel ritenerla inadeguata per il fine che s’intende perseguire: l’affermazione del Dio autentico»67. Rappresentando il motore primo, il dio aristotelico risulta essere troppo stretto al mondo, e in quanto tale esso è un vero e proprio principio cosmologico. Tra il mondo e il motore immobile sussiste dunque un rapporto di immediatezza; ciò che invece manca è, tra i due, la mediazione dello spirito umano. Come Carlini ricorderà in Che cos’è la metafisica?, Aristotele metterebbe «il mondo e Dio immediatamente l’uno di faccia all’altro, ossia in una immediata relazione, sopprimendo l’anello intermedio che è l’uomo, nel quale soltanto sorge il problema di tal rapporto»68. La teologia neoscolastica rimarrebbe, dal canto suo, all’interno dell’aristotelismo e resterebbe al di qua del cristianesimo, commettendo così lo stesso errore del filosofo greco. È solo il concetto di interiorità che permette di comprendere il vero Dio. E il problema del mondo e il problema di Dio devono essere pensati come radicalmente distinti, esattamente come aveva fatto Kant «il quale ha fornito così un servizio non solo alla filosofia, ma anche alla religione, avendo egli reso impossibile la posizione del “problema religioso fuori di un principio schiettamente spirituale”»69. Accanto alla filosofia trascendentale occorrerebbe dunque porre una metafisica della natura e una metafisica della vita L. Messinese, Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-1933, Quattroventi, Urbino 1990, p. 92. 68 A. Carlini, Che cos’è la metafisica? Problematiche e ricostruzioni, Fratelli Bocca, Milano 1956, cit. p. 140. 69 L. Messinese, Pensiero e trascendenza, op. cit. p. 118. 67
49 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
sociale; e tra filosofia e metafisica stabilire una netta distinzione70:
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
la metafisica, intesa come l’insieme dei “principi” del mondo dei fenomeni e del mondo storico, non può essere intesa come filosofia, se questa modernamente è la scienza dello spirito. Occorre, quindi, distinguere la metafisica dalla filosofia propriamente detta e dire che, accanto alla filosofia come metodologia trascendentale, critica, della scienza, c’è tanto una metafisica della natura, quanto una metafisica della storia71.
Solo il filosofo che sia stato in grado di dare le spalle al mondo potrà cogliere Dio. Ma è la fede a dare, in un certo senso, le ali al pensiero; tuttavia essa da sola non è sufficiente: la fede infatti deve essere accompagnata dalla teologia, la scienza del dogma; così come per salvare la filosofia dallo psicologismo le si era posta accanto la metafisica dell’esperienza. La fede, in ultima analisi, deve poggiarsi a una Rivelazione, quella che il Trascendente fa di se stesso. La parola ‘dogma’ – e l’aggettivo che ne deriva, ‘dogmatico’ – ha un significato negativo e uno positivo nel pensiero carliniano: è negativo, quando per “dogmatico” Carlini intende ogni filosofia, ogni metafisica o ogni sapere fondato sulla pretesa di cogliere il Tutto e di poterlo quindi descrivere attraverso un sistema; da questo punto di vista è dogmatica la metafisica classica. Nel suo significato po70 Sulla distinzione tra metafisica e filosofia Carlini avrà modo di ritornare all’indomani della pubblicazione dell’opera di Michele Federico Sciacca dal titolo Filosofia e metafisica (1950), dove il filosofo siciliano affermava che tra filosofia e metafisica sussisteva un rapporto di perfetta identità. Un concetto che Sciacca ribadisce anche in Interiorità oggettiva (1952). 71 Ivi, p. 119.
50 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
sitivo, invece, ‘dogmatico’ indica ogni verità trasmessa dal cristianesimo, tra cui quella della rivelazione. Ad ogni modo, il concetto di trascendentale vincola Carlini, secondo Olgiati, e lo costringe a rimanere nell’immanentismo: nella sua esigenza di trascendersi, l’autocoscienza infatti non arriva a dimostrare effettivamente l’esistenza del Trascendente, così il Dio di Carlini resterebbe una mera ipotesi. Rimanendo entro i confini di una metafisica del pensiero, non si potrebbe in alcun modo pervenire a Dio; se però ci si muovesse all’interno degli orizzonti di una metafisica dell’essere, sostiene ancora Olgiati, allora l’itinerario che porta alla Realtà assoluta potrebbe essere compiuto fino in fondo, poiché le leggi dell’essere valgono per ogni e qualsiasi realtà e «ci permettono di ascendere dal divenire all’Essere che non diviene, dal contingente all’Essere necessario e così via»72. La metafisica dell’essere permette dunque il passaggio dall’ente dell’esperienza all’Essere trascendente. «Non riesco a capacitarmi», scrive Olgiati, «come attraverso l’autocoscienza idealistica si possa superare l’immanentismo e giungere al Trascendente»73. Carlini rifiuta l’idea di considerare la scienza dell’essere l’unico strumento valido e possibile per giungere a Dio. Il motivo di questo rifiuto è ormai ben chiaro: in effetti quel trascendente di cui la metafisica dell’essere parla non ha nulla a che fare con quello della tradizione cristiana o della rivelazione. Se questo coincide con l’Autocoscienza divina, quello rappresenta un vero e proprio principio di natura cosmologica. 72 Cfr. F. Olgiati, Il trascendentale e il trascendente, in «Rivista di filosofia neoscolastica», 1933, 1. 73 Ibidem.
51 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La discussione che Carlini ebbe con Olgiati suscitò non poche reazioni nel panorama intellettuale dell’epoca: lo dimostra il numero notevole di contributi pubblicati sulle varie riviste specializzate e quelli sui diversi quotidiani nazionali. Su «La Civiltà Cattolica», per esempio, scriveva ben due articoli significativi padre Giovanni Busnelli74, il quale si sarebbe occupato del pensiero e dell’opera di Carlini anche in altre occasioni; mentre sul «Giornale critico della filosofia italiana» compariva un importante articolo di Gaetano Chiavacci dal titolo Neoscolastica, idealismo e spiritualismo, in cui l’autore osservava che in fondo l’istanza religiosa manifestata da Carlini in quella disputa poteva solo essere realizzata all’interno stesso dell’attualismo. Inoltre, sempre secondo Chiavacci, il dogma cattolico verso cui oramai era orientato Carlini non poteva essergli d’aiuto nel liberare il neoidealismo dal panlogismo e dalla mondanizzazione dell’atto spirituale. Altri autori che ne scrissero furono Carlo Boyer in «Gregorianum», Carlo Mazzantini in «Convivium», Grazioso Ceriani in «La Scuola Cattolica». E poi ancora Alfredo Giannotti, Gaetano Durante, Carlo Giacon e, molto più tardi ma in riferimento alla seconda fase della disputa, quella cioè che si consumò negli anni Cinquanta, Maurizio Mangiagalli75. Questa disputa non rimase un caso isolato nella vita di Carlini; al contrario, essa fu l’occasione per il filosofo de La vita dello spirito di rivedere e ridefinire alcuni punti essenCfr. G. Busnelli, «Brancolando in cerca di una fede», in «La Civiltà Cattolica», 1933, vol. III, pp. 417-428; Id., Dall’idealismo alla fede secondo il prof. A. Carlini, in «La Civiltà Cattolica», 1933, vol. III, pp. 559-568. 75 Cfr. L. Messinese, Armando Carlini, Lateran University Press, Roma 2012, p. 41. 74
52 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ziali della propria teoresi che ancora necessitavano di essere meglio elaborati, anche e soprattutto rispetto all’attualismo gentiliano, e non solo rispetto alla neoscolastica. Carlini, ad ogni modo, tendeva già, attraverso una lettura psicologica dell’attualismo, a elaborare un pensiero del tutto originale, il cui esito sarà uno spiritualismo di tipo religioso, o comunque esistenziale: «Il mio spiritualismo», scriverà nell’opera tarda Alla ricerca di me stesso, «si può definire esistenziale, ma non nel senso dell’esistenzialismo, che nega la spiritualità; si può dire anche problematico, ma non nel senso del problematicismo, che ignora la fede. Per me la filosofia è la consapevolezza critica del problema dell’esistenza»76.
76
A. Carlini, Alla ricerca di me stesso, Sansoni, Firenze 1951, cit. p. 109.
53 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Capitolo secondo Spiritualismo realistico
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il «principio psicologico» Nel 1934 Carlini dà alle stampe La religiosità dell’arte e della filosofia1. Quest’opera sembrerebbe già segnare una 1 L’anno di pubblicazione de La religiosità dell’arte e della filosofia coincide con quello in cui Carlini viene inserito da Mussolini nella lista unica del partito fascista e conseguentemente eletto deputato al Parlamento, rimanendovi sino al 1939, quando sarà finalmente nominato accademico d’Italia, non avendo più i titoli per appartenere alla Camera dei fasci e delle corporazioni: «da questa nuova posizione di prestigio», ricorderà Cesa, «patrocinò caldamente la riforma della scuola di Bottai, e presentò, nel 1941, un proprio progetto di riforma della facoltà di lettere, che prevedeva l’istituzione di una facoltà autonoma di filosofia, tra i cui insegnamenti avrebbe dovuto trovare posto anche la teologia; la guerra, e la caduta del Regime, travolsero il progetto, insieme a tante altre cose», cfr. C. Cesa, Note su Armando Carlini, in «Teoria», XXX/2012/2, Edizioni ETS. Carlini avrà modo di manifestare tutte le sue simpatie nei confronti del fascismo e in particolare della figura di Mussolini in diverse altre occasioni. A testimoniarlo sono, non soltanto alcuni articoli fatti pubblicare sulle diverse riviste nazionali, ma opere come Filosofia e religione nel pensiero di Mussolini del 1934 uscito presso l’Istituto Nazionale di Cultura Fascista a Roma e, sempre per questo istituto, nel 1942 il Saggio sul pensiero filosofico e religioso del fascismo. La fiamma e l’entusiasmo per il fascismo saranno però destinati a spegnersi definitivamente nel corso degli anni, e già nel 1951 in Alla ricerca di me stesso (Esame critico del mio pensiero) Carlini confesserà tutta la sua delusione in merito alle aspettative del regime, vedendolo ora come una vera e propria “retorica” al pari del partito repubblicano, cui il nostro autore tra l’altro aderì negli anni della sua giovinezza.
54 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
prima definizione del suo pensiero andando così a rappresentare una tappa fondamentale nell’itinerario speculativo del filosofo. Essa si divide in due parti, ognuna delle quali termina con un’appendice; nella prima di esse compare una Lettera a Pietro Mignosi, una Preghiera e poesia in un libro di Bremond, e Arte e filosofia scolastica in un libro del Maritain; nella seconda, invece, tre articoli che Carlini scrisse durante la già ricordata discussione con Gentile2. A quanto pare, l’asse portante dell’intero lavoro è il ripensamento del problema religioso dall’interno dell’attualismo gentiliano, che è d’altronde il motivo grazie a cui Carlini cerca di definire meglio il significato del suo particolare itinerarium mentis ad Deum, che in fondo è stato – come abbiamo potuto vedere – sia l’oggetto della discussione con Olgiati sia con lo stesso filosofo neoidealista. A Carlini preme «dimostrare, in prima linea, che nel problema dell’arte non si può prescindere dal problema religioso; in seconda linea, che l’introduzione del problema religioso in quello dell’arte porta la necessità di un generale ripensamento delle correnti dottrine di Estetica»3. Il problema dell’estetica è il problema del nostro stesso stare al mondo, il problema della nostra esistenza in rapporto al mondo esteriore, da cui affiora il contrasto tra la nostra interiorità (l’autocoscienza) e il senso di esteriorità del mondo, lì dove l’interiorità ha modo di dispiegarsi. Carlini muove «dal significato che ha l’arte in rapporto alla vita spirituale dell’uomo nel mondo e in sé stesso […] mio è il carattere 2 I tre articoli sono: Considerazioni sulla Logica del concetto di G. Gentile; Dialettica e filosofia; Idealismo e spiritualismo. 3 A. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934, cit. p. VII.
55 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
esistenziale che le ho dato, collegandolo al problema della personalità e dei suoi presupposti religiosi»4. Intorno al concetto di “autocoscienza” sembra ruotare la prima parte dell’opera. Lungi dal ritenerla un mero contenuto empirico o un principio metafisico, Carlini intende l’autocoscienza come un vero e proprio principio dell’esperienza. Definendola in questo modo, l’autore confessa i suoi debiti nei confronti del criticismo kantiano, perché fu proprio Kant ad aver posto – parlando di autocoscienza come una pura funzione trascendentale – l’attenzione su una realtà ben diversa da quella empirica che, agli occhi di Carlini, va approfondita e analizzata, a tal punto che è possibile individuare in essa addirittura due aspetti: uno psicologico e uno teologico. Questi ultimi, se da un lato sembrano coincidere, dall’altro lato sembrano presentare delle evidenti differenze. Coincidono per il fatto di implicare una posizione a priori del problema della vita spirituale, «e però una liberazione dal problema dell’esperienza per far emergere il principio nella sua purezza», ma la differenza emerge per il fatto «che tale liberazione resta nel principio psicologico allo stato di perpetua esigenza, e si pensa, invece, del tutto attuata nel principio teologico. Questo, dunque, indagato nella sua purezza assoluta, non solo dimostra insufficiente l’antica concezione di esso come principio trascendente il mondo immediatamente, ma neppure tollera di esser posto come principio a priori del problema dell’esperienza (ch’è cosa umana): esso è, infatti, principio a priori del principio che media in sé il problema dell’esperienza, e 4 Cfr. Citazione presente in DEL BELLO, C. [in maiuscoletto], Carlini, Armando, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Vol. 20, 1977..
56 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
però trascendentale dello stesso trascendentale psicologicamente inteso»5. Il problema della possibilità dell’esperienza che fermenta nel criticismo kantiano è sempre stato, a detta del nostro, sempre e in ogni tempo il punto di partenza del problema filosofico, che potremmo chiamare a buon diritto metafisico. E tuttavia pur sussiste una differenza tra il filosofo antico e il filosofo moderno, in particolare ravvisabile nel modo di intendere tale possibilità. Se la filosofia antica la cercava nel mondo dell’esperienza sensibile o in quella intelligibile; la filosofia moderna, invece, la cercherebbe nel soggetto, inteso come sensibilità, intelligenza o più generalmente come autocoscienza, pensiero consapevole di sé. Dalla suddetta distinzione emergerebbe anche la differenza tra il principio su cui si fonda il pensiero antico e quello su cui poggia il pensiero della modernità: il primo è immanente al mondo e trascende il soggetto; il secondo è immanente al soggetto ma trascendente il mondo sensibile. In entrambe le filosofie c’è però un elemento che le accomuna: lo sforzo di giungere a un principio puro, a un vero principio teologico. Ed è proprio intorno a quest’ultimo che – secondo Carlini – ruoterebbe tutta la storia della metafisica; principio che di volta in volta ha assunto i nomi più disparati: Essere, Assoluto, Dio, Pensiero, Spirito, eccetera. Ed è sempre qui che si annida l’errore più grande di tutta la storia del pensiero, perché l’unico vero principio che l’uomo possiede non è tanto l’Assoluto, quanto piuttosto l’autocoscienza: il principio psicologico. Ponendoci il problema dell’esperienza, noi siamo già in «possesso di un principio capace di porsi un problema, e 5
A. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, op. cit., pp. 7-8..
57 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
però di raccogliersi in sé e farsi problema di se stesso»; con ciò è dimostrata «non soltanto la possibilità, ma la realtà di un principio, come quello della umana autocoscienza, che chiameremo psicologico per distinguerlo da quello teologico. Questa dimostrazione ha quel carattere che il Kant molto opportunamente definì “trascendentale”»6. Kant, però, «Impegnato nella lotta contro la metafisica come scienza di realtà trascendentale […] non cura di approfondire quell’intuizione più spirituale dell’autocoscienza, ch’è pure il gran principio della sua costruzione critica. Ed accorre, quindi, premuroso a limitare quell’“intuizione di sé”, affinché non divenga un’intuizione “intellettuale” […]: tale, cioè, che dia all’autocoscienza il noumeno, e non semplicemente il fenomeno»7. Il principio psicologico dunque è il principio più certo e più vero; senz’altro il punto da cui si origina la tensione (o l’esigenza) dell’uomo verso il Trascendente. Ed è su questo che deve fondarsi la filosofia o – criticando più tardi il pensiero di Heidegger – quella specie di metafisica che Carlini chiama «critica». Si potrebbe allora affermare che in fondo il vero problema della filosofia è da individuare nel «conosci te stesso», già suggerito, come sappiamo, da Socrate8. Qui in effetti si annidano e si raggrumano tutti gli altri problemi filosofici: dal problema del mondo a quello di Dio. Come si ricorderà, 6
Ivi, p. 4. Ivi, p. 11. 8 Su questo tema Carlini ritornerà ne Il mito del realismo, quando affronterà la questione della personalità umana nella storia del pensiero, e in modo particolare nel capitolo Il problema della personalità umana nella storia della filosofia greca sino ad Aristotele. Cfr. A. Carlini, Il mito del realismo, Sansoni, Firenze 1936, pp. 165-167. 7
58 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ne La vita dello spirito, Carlini aveva già anticipato tale tesi; in quella occasione aveva affermato – nel tentativo di “emendare” l’attualismo gentiliano ripiegando l’atto in se stesso – che nel problema dell’interiorità è da vedersi la genesi e il significato di tutti gli altri problemi che si dispiegano nel mondo dell’esperienza. Il merito della filosofia moderna sarebbe stato quello di aver messo in luce il presupposto dell’antica, e cioè che la realtà del mondo, oggetto di esperienza, presuppone l’uomo quale coscienza di sé. Il problema del mondo, nel pensiero moderno, si sarebbe trasformato in quello dell’esperienza, o in problema di vita e di pensiero quale l’uomo è a se stesso9. Il mondo, però, sarebbe risultato un limite o un ostacolo per l’autocoscienza. Il mondo, o l’esperienza come esteriorità, è, così, un limite per l’autocoscienza che si cerca nella sua pura interiorità: limite, tuttavia, che, vissuto come problema spirituale, si traduce in un potenziamento della forma trascendentale che nel contenuto cerca la concretezza e pienezza della propria interiorità. Ma questa concretezza e pienezza si dimostra, a sua volta, limitata da un principio superiore: da un principio di interiorità assoluta, indipendente da ogni esteriorità, sì che in esso la forma, liberata da ogni estraneità di contenuto, si attua in perfetta adeguazione di sé con sé, e costituisce, così, la vera pienezza e concretezza che dà valore di spiritualità ad ogni atto dell’umana autocoscienza10.
Naturalmente l’autocoscienza non solo è limitata dal mondo esteriore, ma anche dal principio teologico. Da un 9
Cfr. A. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, op. cit., pp. 4-5.. Ivi, pp. 5-6.
10
59 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
lato si scontra col mondo e dall’altro lato sente che deve trascendersi per poter attingere all’autocoscienza assoluta. E tuttavia, l’uomo comprende che non può distaccarsi dal mondo, anzi quest’ultimo andrebbe addirittura attraversato, perché solo così lo spirito può esistenzializzarsi. Nell’approfondimento ulteriore della distinzione tra principio psicologico e principio teologico, si può però comprende come il mondo dell’esperienza, oggetto dei sensi, non sia poi così esteriore rispetto all’autocoscienza, o comunque distaccato dall’atto dello spirito. Piuttosto risulta un problema di interiorità e l’esperienza stessa è d’altronde un’esperienza sensibile. Sembra allora che la sensibilità non sia una mera proprietà dell’autocoscienza, ma addirittura coincida con quest’ultima nella sua trascendentalità: quella coscienza capace di sentire – nella sua attualità – il mondo e anche se stessa. Più semplicemente è l’atto stesso del sentirsi. Nella sua “esteticità”, l’autocoscienza però avverte una sorta di disagio, che forse sarebbe più opportuno chiamare “inadeguazione” rispetto al mondo e a sé, perché né nel mondo e né dentro lo spirito, la coscienza riesce a trovare la ragione della sua esistenza. Così la coscienza avverte l’esigenza di trascendersi, trovando nel principio teologico o Dio la risposta che cercava. La ragione della propria esistenza è dunque nella «interiorità pura», ma per attingervi occorre liberarsi della mondanità, o comunque “sospenderla”, perché vista oramai come un vero e proprio ostacolo da superare. «Per raggiungere l’interiorità pura», scrive Carlini infatti, «l’io deve mettere fra parentesi il mondo e sorpassare il limite: trasferirsi nel trascendente, in Dio: là egli trova l’Io che è alle radici 60 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
dell’io umano, quella adeguazione a cui aspira la sua inadeguazione»11. Chiaramente se l’io rimane chiuso nella sua interiorità non risolverà mai il suo congenito disagio; soltanto trascendendosi può appagare il desiderio di ipseità, perché solo in questo modo trova, in Dio, l’interiorità più autentica: cioè la perfetta adeguazione. Così Carlini in più occasioni dirà che a ben vedere la realtà vera non è tanto quella del mondo, né quella dell’io, ma quella del principio teologico, perché è quest’ultimo che conferisce a ogni cosa l’esistenza di fatto ma anche e soprattutto quella di valore. E alla angoscia heideggeriana del niente, Carlini potrà così opporre il valore dell’esistente, rimarcando ancora una volta la linea di confine tra la metafisica dell’essere e la metafisica critica dell’esistenza spirituale.
Il «principio teologico» Dio: «condizione prima e ultima mèta di tutta l’esistenza»; capace di abbracciare «l’esistenza tutta quanta imprimendole il senso del divino»12. Attraverso il principio teologico e mediante la vita dello spirito la coscienza può allora cogliere il senso più autentico delle cose. La realtà dell’esperienza […] presuppone una realtà assoluta che ne sia il principio e il fine, realtà data soltanto dal puro pensiero, anzi puro pensiero pensante se stesso, atto eterno che trova nella realizzazione di sé il principio di tutti i principî. Ora, se il principio del molteplice è l’unità, come questa spiega se stessa e insieme il molteplice? 11 12
Ivi, p. 160. Cfr. Ivi, p. 87.
61 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
E se il molteplice è reale, quel principio non sarà reale? Eppure esso è un principio puramente ideale: chè abbiam detto ch’è dato dal puro pensiero. E s’è immanente alla realtà, come la spiega? Bisogna bene ch’esso sia insieme immanente e trascendente: principio di vita, ma al di là della vita stessa, atto puro che si attua pur essendo attuato già in se stesso13.
Il principio teologico ha il carattere del tutto originale di essere nello stesso tempo immanente e trascendente. Abbiamo infatti compreso che non è “fuori” dell’uomo, ma “dentro” andando a coincidere con l’Atto che pulsa nell’atto umano stesso e che spinge l’uomo a trascendersi. In fondo già ne La vita dello spirito Carlini aveva elaborato una preliminare definizione di Dio, intendendolo come «la stessa vita religiosa dell’atto, fuori del quale non c’è nulla. Quella trascendenza è immanente all’atto, e dà a esso il senso vivo della spiritualità»14. Si potrebbe a questo punto parlare di uno svolgimento storico e tutto interiore dell’atto umano, nel suo continuo sforzo di trascendersi. D’altronde è anche questo uno dei temi de La religiosità dell’arte. Nel suo naturale sviluppo, la coscienza attraversa infatti tre fasi: dalla mondana alla psicologia, e da questa alla teologica. Nella prima, l’atto si esteriorizza facendosi mondo attraverso l’esperienza conoscitiva e sociale; nella seconda, poi, l’io si raccoglie in se stesso facendo quasi del tutto sparire la realtà mondana ed esteriore; nella terza, infine, l’io arriva a trascendere se stesso nell’autocoscienza divina, vera adeguazione e piena spiritualità. 13 14
Ivi, p. 93. A. Carlini, La vita dello spirito, Vallecchi, Firenze 1921, p. 214.
62 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Un itinerario che dovrebbe però essere considerato in entrambe le direzioni, e cioè «verso l’estremo della sua esteriorizzazione, ch’è la sua fase puramente storico-mondana, e verso l’estremo della sua interiorizzazione, dove si trova l’atto come puro principio teologico»15. Quest’ultimo, «nella sua originaria medesimezza di sé con sé, è assoluta determinazione, adeguazione e coincidenza, del suo pensarsi e del suo esistenziarsi»16. Ciò solleva la questione della fede nel suo rapporto col pensiero, cosa che Carlini fa a più riprese sino agli ultimi anni della sua vita quando tale rapporto verrà svolto in sede squisitamente religiosa in lavori come Perché credo (1950), Spiritualità e dogma (1952), Riflessioni sul concetto di creazione (1952), Il dogma cristiano (1953), L’Io di Cristo e l’io nostro (1953), Le ragioni della fede (1959). Ma ne La religiosità dell’arte esso è affrontato in modo particolare nel capitolo Il problema filosofico e quello religioso, in verità un articolo già apparso nel 1926 col titolo di Filosofia e religione17. Qui Carlini si propone di risolvere la delicata questione, d’altronde tipica dell’idealismo contemporaneo e in particolare gentiliano, dell’autonomia del problema religioso rispetto a quello filosofico. Comportandosi come un re Mida – osserva il nostro filosofo – la filosofia trasforma e assorbe in sé ogni problema che le si presenti davanti, compreso quello religioso, ma la sfera religiosa non può essere ridotta a quella filosofica, perché il problema religioso presenta una diversità radicale e profonda riA. Carlini, La religiosità dell’arte e della filosofia, op. cit., pp. 139-140. Ibidem. 17 Id., Filosofia e religione, in «Annali delle Università toscane», Vol. XI, Arti Grafiche Mariotti, Pisa 1926, pp. 99-121. 15 16
63 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
spetto a quello filosofico: se infatti questo è critico, quello è dogmatico. E se il momento determinante del processo filosofico è il bisogno del pensiero di rendersi conto di sé e del mondo; quello del processo religioso coincide col bisogno di vita interiore che produce uno slancio della fede verso una realtà trascendente. La religione dunque non deve essere considerata come un «momento dialettico» della filosofia, né essere considerata di «grado inferiore» rispetto al pensiero filosofico. Questo aspetto della teoresi di Carlini susciterà la reazione sia di Ugo Spirito18 (che difenderà la religiosità della filosofia gentiliana sostenendo che non bisogna fuoriuscire dalla filosofia per andare alla ricerca di una qualche autonomia della religione) sia di Gustavo Bontadini19. Quest’ultimo, in particolare, se da un lato dimostrerà di ammirare la proposta carliniana, dall’altro lato muoverà delle critiche ritenendo che il filosofo spiritualista farebbe nascere l’esigenza di una trascendenza religiosa da un’assunzione intellettualistica dell’attualismo20. Ma sulle critiche mosse a Carlini da Spirito e Bontadini torneremo più avanti.
La sensibilità trascendentale Se con La religiosità dell’arte e della filosofia Carlini definisce il rapporto sussistente tra l’uomo e Dio, con Il mito 18 Cfr. U. Spirito, Recensione a A. Carlini, Filosofia e religione, in «Leonardo», 1927, 1, pp. 17-18. 19 Cfr. G. Bontadini, Filosofia e religione nel pensiero di Armando Carlini, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», XXI (1929), 2, pp. 170-183. 20 Cfr. L. Messinese, Armando Carlini, Lateran University Press, Roma 2012.
64 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
del realismo, pubblicato nel 1936, la sua riflessione si orienta verso la messa a fuoco del rapporto tra l’uomo e il mondo21. Anche quest’opera si divide in due parti: nella prima sono raccolti gli scritti che avevano animato la disputa con Olgiati (già pubblicati però in Neo-scolastica, idealismo e spiritualismo)22 e il saggio, pubblicato nel 1931, Orientamenti della filosofia contemporanea. La seconda parte, invece, comprende due articoli, uno più storiografico dal titolo Il problema della personalità nella storia della filosofia e l’altro più teoretico intitolato esso stesso Il mito del realismo, dove Carlini finalmente espone la sua oramai matura dottrina filosofica. Tra questi due ultimi articoli sembra quasi vi sia una sorta di continuità, come se il secondo non potesse essere senza il primo, o che il primo fosse una specie di preparazione al secondo. In effetti, nell’articolo dedicato al concetto di “personalità” nella storia della filosofia, Carlini offre una panoramica generale, ma pur sempre puntuale, di come tale concetto sia stato di volta in volta affrontato nel corso della storia del pensiero occidentale, da Socrate a Platone, da Aristotele ad Agostino, da Campanella a Cartesio, da Kant sino ad arrivare a Heidegger, dimostrando allo stesso tempo come la nozione di “personalità” non sia mai 21
Quando viene pubblicato Il mito del realismo, si riaccende la polemica con Gentile. Il filosofo attualista nello stesso 1936 infatti dà alle stampe il volume Orientarsi sempre per non orientarsi mai, cui seguiranno, a partire dal ’38, diversi interventi di Carlini a puntate sulla rivista «Logos», diretta a cominciare dal ’37 da Sciacca, intitolati tutti Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano; articoli che verranno in seguito raccolti nell’omonimo volume nel 1942. Il gelo fra i due filosofi, che maggiormente si manifesta in questa seconda disputa, porterà via via alla rottura del loro rapporto; un rapporto che non avrà mai più possibilità di ricostituirsi. 22 A. Carlini. (con F. Olgiati), Neo-scolastica, idealismo e spiritualismo, Vita e Pensiero, Milano 1933.
65 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
stata poi così pienamente definita. A questa evidente lacuna vuole cercare di rispondere l’articolo Il mito del realismo. Ritornando all’impianto complessivo dell’opera, va aggiunto che nella prima parte di essa sono presenti le traduzioni di alcuni brani tratti da Il concetto dell’angoscia di Kierkegaard (l’«apologeta intransigente del suo cristianesimo», come Carlini stesso ha definito il pensatore danese) e alcuni tratti dalla prolusione heideggeriana Che cos’è metafisica?. Carlini inserisce questi brani perché in essi scorge un vero e proprio “annunzio” del «principio esistenziale», o principio psicologico; e nell’analisi heideggeriana, ma prima ancora kierkegaardiana, dell’angoscia, Carlini individua qualcosa di molto simile a ciò che in lui è il «senso di interiorità che si vuol liberare dell’esteriorità»23. È proprio il problema dell’esteriorità che Carlini pone al centro di quest’opera e sui cui si focalizza la sua attenzione. Nel rapporto che si instaura tra l’uomo e il mondo Carlini individua l’ambito in cui si sono potuti sviluppare, lungo l’intero corso della storia del pensiero occidentale, sia la metafisica “cosmologica” dell’antichità greca sia il “realismo” di derivazione positivista del secolo XIX. Lungo queste due direttrici, l’uomo ha sempre creduto che quella del mondo fosse la realtà originaria, «sicura e certa»24, e che lo stesso essere umano dovesse essere in un certo senso compreso attraverso la realtà mondana. Questo comune sentire però, agli occhi di Carlini, produce un vero e proprio mito, perché in entrambi i casi si parte dal presupposto che la realtà possa essere racchiusa, e quindi in qualche modo spiegata una volta per tutte, attraverso o 23 24
A. Carlini, Alla ricerca di me stesso, Sansoni, Firenze 1951, p. 53. Id., Il mito del realismo, Sansoni, Firenze 1936, p. 242.
66 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
l’Essere (della metafisica classica) o la Natura (del positivismo). Tuttavia, Carlini non esclude l’esistenza del mondo fuori dello spirito, anzi quell’esteriorità è una realtà che deve essere presupposta all’interiorità. Egli cerca piuttosto di rovesciare la prospettiva del realismo, facendo sì che il mondo fuori di noi acquisti senso e significato solo a partire dall’interiorità umana. Questo però non significa che il mondo esteriore debba essere pensato come il “prodotto” dell’attività conoscitiva del soggetto – così come lo era nella riflessione idealistica – ma significa che il suo significato deve coincidere con l’esistenziarsi dello spirito – come Carlini scrive – attraverso la conoscenza e l’azione25. 25 La speculazione di Carlini da La vita dello spirito a Il mito del realismo, per l’accento posto sulla esistenzializzazione dello spirito nel mondo ha indotto alcuni interpreti a leggere nella sua filosofia una qualche forma di esistenzialismo. Pareyson addirittura pensò che in essa ci fosse una sorta di «preesistenzialismo», cfr. L. Pareyson, Preesistenzialismo di Armando Carlini (1941), in Id., Studi sull’esistenzialismo, Sansoni, Firenze 19713, pp. 313-392, ora in Id., Prospettive di filosofia contemporanea, Mursia, Milano 1993, pp. 219-263. Il filosofo torinese poi negli anni ebbe modo di rivedere il suo giudizio in merito, cfr. L. Pareyson, Rettifiche sull’esistenzialismo (1975), in Id., Esistenza e persona, Il Melangolo, Genova 1985, pp. 247-269. Ma anche Bontadini parlò di “esistenzialismo” circa il pensiero carliniano; anzi, per il pensatore neoscolastico milanese, l’esistenzialismo rappresentava addirittura la novità della riflessione di Carlini, se non proprio il suo carattere di fondo: lo sostenne in un saggio del 1939 dal titolo Lo spiritualismo di Armando Carlini apparso poi nell’opera Dall’attualismo al problematicismo del 1946: «[…] ci si viene precisando, nei suoi lineamenti […] quello che abbiamo chiamato l’esistenzialismo del Carlini. Nel quale consiste veramente quella novità del suo pensiero che non riusciva agevolmente a mettersi in vista, soprattutto, a mio avviso, per il motivo, già segnalato, che essa si presentava come opposizione all’idealismo classico, mentre, come anche ora vediamo, essa è un piuttosto un cambiamento di problema […]. Questo esistenzialismo, di cui ne La vita dello spirito c’erano già, oltre la parola, l’esigenza e l’impostazione, s’è venuto poi a mano a mano chiarendo nella mente del Carlini, e, salvo la difficoltà di ovviare al rilevato difetto di prospettazione nei confronti dell’idealismo, arricchendo di riferimenti a tutta la problema-
67 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
L’accento posto sulla realtà mondana ed esteriore porta Carlini a riflettere sul concetto di corporeità, muovendo però da quel «sentimento fondamentale» di cui aveva in fondo già parlato Rosmini. Per il roveretano, la sensibilità era il sentimento che l’anima ha di sé nel suo intrinseco rapporto col corpo. E il corpo che Rosmini intendeva non era quello studiato dal fisiologo o dal fisico, ma quello avvertito come consenziente con la nostra anima. Per il fisico, il corpo è un “oggetto” fuori di noi, esteriore e percepibile con i sensi; ma questo è in verità un modo “estrasoggettivo”, a cui deve essere opposto quello “soggettivo” dove il corpo è inteso in strettissima unione con la nostra anima. In questa seconda modalità è possibile individuare due aspetti: il primo è il «puro sentimento fondamentale» della corporeità; il secondo è questo stesso sentimento ma determinato nelle modificazioni dei nostri sensi particolari26. Il primo è trascendentale, il secondo è, diciamo così, empirico. Di questa dottrina, che Rosmini espone nella Parte quinta del suo Saggio sull’origine delle idee, Carlini accetta solamente alcuni punti essenziali: A questa dottrina rosminiana noi riteniamo di dover aderire nei due punti, a nostro avviso, essenziali: il primo è quel senso di interiorità che distingue il nostro sentire dall’esteriorità del suo oggetto; l’altro è il carattere di fondamentalità, ossia di trascendentalità, che quel sentire mantiene come presupposto delle molteplici sensazioni in cui di fatto si attua. Rinunceremo, invece, agli sviluppi ultica filosofica e alle posizioni più salienti del pensiero storico e contemporaneo», G. Bontadini, Lo spiritualismo di Armando Carlini (1939), in Id., Dall’attualismo al problematicismo (1946), Vita e pensiero, Milano 1996. 26 Cfr. A. Carlini, Il mito del realismo, op. cit., p. 230.
68 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
teriori che ricevono questi punti per l’intervento, nella teoria rosminiana, di una preoccupazione intellettualistica, simile a quella di Kant, per cui egli scambia la coscienza di sé, presente già nel sentirsi, con quella riflessa che fa suo oggetto la prima, abbassata in questo punto, a un sentire che non è più un sentirsi27.
Per Carlini, nella sensibilità è già presente l’autocoscienza, la coscienza di sé – egli parla infatti di un sentirsi – a tal punto che non c’è alcun bisogno dell’intervento di un intellectus, né dal di fuori (come in Aristotele o in Averroè) né tanto meno dal di dentro. Se fosse così come vuole Rosmini, la sensibilità risulterebbe una «esteriorità rispetto all’interiorità del puro sentirsi»28, essendo essa a questo punto per la coscienza un vero e proprio oggetto. Prima ancora della forma logico-gnoseologica, o del lume dell’intelletto, ci sarebbe in verità una forma psicologica di mediazione, appunto trascendentale. L’atto autocosciente presenterebbe due atteggiamenti di fondo: da un lato, l’esigenza di farsi oggetto a se stesso; dall’altro lato, l’esigenza di farsi puro soggetto che «esistenzia la vita in sé, in assoluta libertà»29, respingendo così ogni possibile oggettivazione. Da una parte, dunque, la consapevolezza intuitiva della propria esistenza; dall’altra parte, l’esistenziarsi. Questi due atteggiamenti, uno teoretico e l’altro pratico, fondano la distinzione tra fatto e valore. Avvertirsi attraverso la corporeità è un fatto; viversi liberamente in sé, nella spiritualità pura, è un valore. L’atto umano si pone così in mezzo a questi due poli avvertendo un senso di vera 27
Ibidem, corsivo nostro. Ivi, p. 231. 29 Ivi, p. 232. 28
69 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
e propria inadeguazione, ed è per questo che sente l’esigenza di trascendersi: «L’uno […] è quel limite originario che l’atto deve continuamente superare se vuol essere un atto umano, sempre più umano; l’altro è il còmpito a cui questo superamento deve esser indirizzato, se l’atto vuol essere, oltre che un fatto umano, un valore in sé e per sé»30.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Dallo stato di sogno al mondo reale Per spiegare la nascita del mito del realismo, Carlini cerca di ripercorrere il cammino dello spirito umano, e lo fa a cominciare da quello che lui chiama «primo barlume», e che meglio può essere espresso attraverso l’immagine – pensata già da Kierkegaard ne Il concetto dell’angoscia – dello spirito ancora nello stato di sogno. In questo stato non sussiste differenza tra l’io e il non-io, risultando tutto un «vago niente»31. È solo nella veglia che invece i contorni dell’uno e dell’altro emergono netti. Il trascendentale dello spirito, per Carlini, «in quanto puro sentimento di sé, è la realtà del sentirsi come interiorità ancora oscillante fra i due suoi presupposti, l’uno che la condiziona di fatto, l’altro che ne condiziona il valore»32. L’interesse predominante in questa oscillazione tuttavia è rivolto verso il presupposto che condiziona di fatto il trascendentale: l’esteriorità ovvero la corporeità pura, rendendo così vano il tentativo, messo in atto dallo spirito, di liberarsi dalla stessa esteriorità. Questa, però, è ancora intesa nel senso di un principio puramente trascendentale della 30
Ivi, p. 234. Ivi, p. 235. 32 Ivi, p. 236. 31
70 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
sensibilità, vale a dire come una specie di funzione o facoltà che ci permette di sentire. Per poter cogliere invece la corporeità nel senso pieno del termine, e cioè come qualcosa di effettivamente esteriore rispetto all’io, quasi del tutto indipendente dallo spirito, occorrerebbe ricorrere a quel sentimento fondamentale corporeo che «si presenta determinato nelle modificazioni e mutazioni degli organi di senso»33. È solo grazie a questo sentimento fondamentale corporeo che lo spirito si desta dal sogno, ritrovandosi, così, come uomo (anima e corpo) nel mondo. Quando lo spirito è nello stato di sogno non è ancora uno spirito umano e la sua corporeità altro non è che un puro trascendentale che non si è fatto ancora propriamente carne. Solo entrando nel mondo, lo spirito, ora sì veramente e realmente uomo, si presenta come una serie molteplice di sensazioni, e l’indifferenziato originario, in questa nuova dimensione, «si scioglie in differenze irriducibili»34. Il molteplice delle sensazioni è tale qualitativamente oltre che quantitativamente: per cui è impossibile ridurre questa molteplicità all’unità: è impossibile dialettizzarla. È una molteplicità, tuttavia, che ha già in sé la determinazione, e però la tendenza a organizzarsi: per cui neppure si può trattarla come una moltitudine caotica, che prema alle porte, d’altronde inesistenti, della coscienza per ricevere ordine e significato. Questo caos è immaginario, non reale: è immagine di quel che sarebbe il mondo delle sensazioni, se il sentimento corporeo fondamentale fosse assente; in un corpo, cioè, senz’anima35. 33
Ibidem. Ivi, p. 237. 35 Ibidem. 34
71 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il sentimento corporeo fondamentale però non è assente, per Carlini: esso è semmai nascosto; è come se fosse, in altre parole, quasi dimenticato. Il corpo, ora che è entrato a far parte del mondo, è concepito come il nostro corpo, ma esso viene considerato come uno strumento: quello di cui ci serviamo, con la coscienza e con l’azione, per impossessarci del mondo stesso. Solo il mondo infatti adesso ci interessa; esso è per noi il vero presupposto: la realtà originaria. Il mondo dell’esteriorità, dove l’uomo vive e esercita la sua attività pratica e la sua conoscenza teoretica, cancella, in lui, la realtà sentita nell’interiorità. Ora esso rappresenta qualcosa di realmente esistente fuori dello spirito e fa nascere nell’uomo quello che Carlini chiama il mito del reale; l’idea, cioè, secondo cui il mondo avrebbe un significato per se stesso e sarebbe un oggetto di cui fare esperienza. Carlini ricorda come anche l’idealismo contemporaneo abbia assunto in sé una certa forma di realismo; un realismo però diverso rispetto a quello positivistico: «C’è un realismo idealistico e ce n’è uno positivistico, i quali, nonostante la loro differenza, concordano in questo punto: che della realtà fanno un problema “intellettuale”, prima di indagare “il senso del reale”. Riflettono SU l’esperienza prima di viverci dentro»36. Una cosa analoga Carlini scriveva anni prima ne La vita dello spirito, quando, opponendosi proprio al positivismo, sosteneva che l’errore più grande in cui esso poteva cadere era quello di considerare noi «spettatori e indagatori della “realtà”, prescindendo da noi stessi che la poniamo con36
Ivi, p. 243.
72 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
tro di noi, apparentemente fuori di noi: laddove, per il fatto stesso che ce ne facciamo spettatori e indagatori, è evidente ch’essa non è “separata” da noi, e che noi in tanto vi prendiamo interesse, perché, in un modo o nell’altro riguarda la nostra vita»37. Nella sua connotazione realistica, l’idealismo seguirebbe un percorso strutturato secondo una precisa scansione concettuale: realtà = corporeità = sensibilità = coscienza = autocoscienza = pensiero, giungendo a sostenere che la vera e autentica realtà sia proprio quella rappresentata e racchiusa dal pensiero (pensato o pensante che sia). Il positivismo, invece, percorrerebbe la medesima sequenza, ma nel senso inverso, partendo cioè dal pensiero e arrivando alla realtà, considerando quest’ultima come ciò che si pone al pensiero per prima e in maniera indipendente rispetto a esso. In entrambi i casi, però, l’uomo perderebbe via via la coscienza della sua individualità, data dal posto che egli occupa nel mondo storico. A entrambe le metafisiche del reale sfuggirebbe, in sostanza, il problema spirituale della realtà; problema che invece, secondo Carlini, si pone in modo così evidente nel contrasto e nella differenza fra esteriorità e interiorità ovvero tra esistenza nel mondo e esistenza in sé. All’idealismo e al positivismo verrebbe meno, dunque, il senso originario che per l’uomo ha il problema dell’esistenza.
37
A. Carlini, La vita dello spirito, Vallecchi, Firenze 1921, cit. p. 15.
73 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Seconda parte
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
FILOSOFIA E METAFISICA
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Capitolo terzo Metafisica «dogmatica» e Metafisica «critica»
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il problema della metafisica Il problema della metafisica è sempre stato – come abbiamo visto – al centro degli interessi di Carlini, da La vita dello spirito a Che cos’è la metafisica?, e ha pertanto rappresentato la spina dorsale di tutta l’esperienza teoretica del filosofo. In diverse occasioni, Carlini ha addirittura cercato di indagare anche quelle che sarebbero state le tappe più significative di un tale problema nel corso dell’intera storia del pensiero. Momento decisivo del significato realistico del mito è il sorgere del problema metafisico. Come e perché sorge il problema metafisico? Ci troviamo innanzi al problema di Aristotele e di Kant, anzi di tutta la filosofia antica e moderna, la quale gira intorno a quelle due posizioni caratteristiche di due mentalità opposte, in quanto l’una pone il problema del reale come essere in sé e per sé prima e indipendentemente dall’esperienza, l’altra cerca quell’essere nel fondo stesso dell’umana esperienza; ma concordi, anche, in questo, che entrambi identificano il problema dell’esperienza con quello della scienza: si aggirano, dunque, in un realismo in cui manca la coscienza del mito, e però anche la coscienza dell’origine e del significato in cui si pone realmente il 77 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
problema metafisico dentro il mondo esteriore dell’esperienza umana dominata dalla sensibilità1.
Nello stesso tempo, indagare tale problema nel suo sviluppo storico significa cogliere la netta differenza tra due metafisiche: una che fa leva sul concetto di realtà e una che muove dalla “mitologicità” del reale ovvero dalla consapevolezza che ciò che chiamiamo “realtà” è in altri termini un vero e proprio mito. Nel primo tipo di metafisica si sviluppa l’idea della corporeità, quale presupposto «indistinto» e «indifferenziato», “altro” rispetto alla mera coscienza; un vero «non-io» i cui attributi della materialità e della spontaneità si pongono in senso negativo rispetto al principio psicologico puro, dando vita a quello che Carlini chiama “mito naturalistico”; mito che fa del mondo esteriore la vera e unica realtà, indipendente per ciò stesso dall’io. Questo naturalismo, posto alla base della metafisica classica, sarebbe destinato però al fallimento, perché la metafisica che da esso si sviluppa, nonostante i suoi sforzi e i suoi rigidi sistemi, non sarebbe infatti in grado di dare nessuna risposta al perché del mondo e dell’uomo. Quando Kant si pose il problema se la metafisica potesse diventare in qualche modo una vera e propria scienza, così come lo erano diventate la matematica e la fisica, fu costretto a rispondere in senso negativo. Egli riconosceva infatti i limiti strutturali della ragione; quei limiti che emergono non appena essa cerchi di oltrepassare la sfera spazio-temporale dell’esperienza, vale a dire l’ambito in cui soltanto è possibile conoscere. Così il mondo, l’immortalità dell’anima e Dio erano destinati per Kant a restare soltanto pure idee della ragione 1
A. Carlini, Il mito del realismo, Sansoni, Firenze 1936, p. 244.
78 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
e non potevano pertanto essere oggetto di conoscenza. Da qui il fallimento della ragione e della metafisica insieme. Kant era costretto a riconoscere l’impossibilità di trasformare in fenomeno ciò che apparteneva inequivocabilmente alla sfera del noumeno, del non-conoscibile e del sovrasensibile. Insomma, della “Cosa in sé”. È ben questo il grande problema di Kant e del criticismo seguìto a esso, nel secolo scorso, nel contrasto fra idealismo e positivismo: ed è ben anche questo problema che ci ha accompagnati lungo il corso dei nostri pensieri in questo volume [Il mito del realismo, n.d.r.], finché intuimmo e dichiarammo esplicitamente la necessità di riprenderlo in esame dopo la troppo facile eliminazione che di esso aveva fatto l’idealismo2.
L’idealismo in effetti aveva appiattito, anzi addirittura fatto coincidere l’ordine ontologico con quello logico, a tal punto da saldare ogni possibile frattura tra il mondo esteriore e il mondo interiore. Tutto ciò che era reale doveva essere allo stesso tempo anche razionale. In questa nuova dimensione, la metafisica non solo poteva essere possibile ma poteva anche trovare appagamento nelle sue stesse pretese di conoscere il mondo nel suo eterno accadere. Non più su un dualismo doveva poggiare la riflessione filosofica, ma su un più solido monismo: quello rappresentato dallo Spirito (Geist), anzi, dall’Idea. Con la saldatura perfetta tra mondo reale e mondo razionale, il problema posto da Kant non poteva avere così più alcun senso, e tra fenomeno e noumeno non poteva più esservi alcuna distinzione. Ma per Carlini ogni filosofia che tenti di definire una volta per tutte cosa è la realtà, o che abbia la pretesa di abbrac2
Ivi, p. 247.
79 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
ciare e comprendere il Tutto, poggia su un vero e proprio mito: il mito del realismo.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Questo mito […] è il mito stesso della Natura, ossia di una realtà priva di coscienza che coglie in sé i due attributi fondamentali della materialità e della spontaneità. Intorno a questi due attributi si aggirano e intrecciano i pensieri costituenti quella che si può chiamare la prima metafisica, la metafisica del senso comune3.
La «metafisica del senso comune», come ama chiamarla Carlini, è quella che si fonderebbe sull’idea di un mondo materiale sussistente di per sé e in sé; un mondo “fisico”, in altri termini, presupposto alla esistenza dell’uomo. La metafisica così intesa allora andrebbe perfettamente a coincidere con il sapere scientifico. In un certo senso, Aristotele avrebbe notevolmente contribuito alla formazione della mentalità scientifica occidentale; con la sua metafisica egli infatti espresse per primo «il pensiero di una scienza che fosse il sistema stesso delle particolari scienze in cui si organizza la rappresentazione del mondo dato nella umana esperienza»4. Per Aristotele, dunque, il mondo fisico rappresentava la realtà prima e vera. E così la materia è diventata via via il mito della scienza, cioè quella realtà che in qualche modo può essere racchiusa e definita all’interno di un qualche sistema. Ma a tutti i pensatori, da Aristotele in poi, che hanno abbracciato questa forma particolare di realismo mancherebbe, osserva Carlini, proprio la consapevolezza stessa del mito, cioè la consapevolezza che in fondo la realtà che chiamano Natura e che vorrebbero racchiudere in un sistema compatto non è la vera realtà. Solo Kant, in 3 4
Ivi, pp. 247-248. Ivi, p. 249.
80 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
un certo senso, avrebbe colto la questione, anche se la sua indagine restò bloccata entro gli orizzonti della sola critica della ragione e non si spinse oltre nell’indagare l’esistenza spirituale dell’io.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il superamento del mito realistico Il primo passo verso il superamento del mito realistico o naturalistico è dato, sostiene Carlini, da un altro mito: quello estetico, perché grazie ad esso verrebbe messo in rilievo il concetto di ‘spiritualità’ o ‘pura interiorità’. Il superamento del mito realistico avviene nell’atto stesso […] di trasferirci in esso con la consapevolezza della sua mitologicità: ossia nell’atto di portare la nostra interiorità e il suo problema fondamentale nel mondo dell’esteriorità. Ma questa interiorità è radicalmente, nell’uomo, pura sensibilità. Come può, dunque, avvenire un trasferimento tale che produca tale superamento? […] Questo ritorno avviene, per ciascuno di noi, forse con la morte. Certo, per l’uomo nel mondo avviene con la poesia, la quale è, infatti, il sogno dello spirito che nel mondo esteriore, su cui tiene gli occhi aperti, riprende il senso della sua originaria interiorità. […] Nel superamento degl’interessi conoscitivi e pratici, come già Kant dimostrò, si costituisce lo spirito nella sua pura esteticità. In questa il problema metafisico, nel significato della scienza ed in quello realistico in generale, scompare5.
Nel mito estetico, la dimensione oggettiva ed esteriore non prevale più, anzi essa lascia il posto a quella soggettiva ed interiore. Lo spirito si costituisce nella sua esteticità non 5
Ivi, p. 250.
81 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
appena gli interessi conoscitivi e pratici6 vengono trascesi, e cioè quando il mondo esteriore perde via via importanza lasciando spazio alla sensibilità soggettiva. Ma una volta superato l’ostacolo mondano, ed espressasi poeticamente, la coscienza deve fare un ulteriore passo per attingere alla verità autentica: essa infatti deve ripiegarsi su se stessa per poi scoprirsi come quella dimensione che si pone al limite «fra il senso della corporeità e della spiritualità, fra il corpo e l’anima, fra il mondo e Dio»7. Quando l’esistenza fa centro in se stessa, all’interno del «principio psicologico trascendentale», sorge il pensiero del “trascendentale assoluto”; emerge cioè l’esigenza del principio teologico della pura spiritualità, non trovando la coscienza in sé la ragione della sua stessa esistenza. Solo in questo modo può avvenire finalmente il passaggio dal trascendentale (l’autocoscienza) al Trascendente (Dio), dal principio psicologico al principio teologico; e in questo passaggio un ruolo decisivo è giocato dalla fede. Come è facile osservare, il percorso che Carlini ha qui delineato richiama ciò che ne La religiosità dell’arte e della filosofia era lo svolgimento storico dell’atto nelle sue tre tappe fondamentali: mondana, psicologica, teologica. Ma se in quell’opera esso era descritto in base a una prospettiva per così dire “a volo d’uccello”, qui invece quel percorso è stato ulteriormente approfondito e ridefinito nelle sue linee essenziali. Si può anche osservare come, attraverso la scoperta del principio teologico Carlini superi la contrapposizione tra naturalismo e idealismo. 6 7
Ibidem. Ivi, p. 251.
82 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il principio teologico, comunque, cui finalmente si è giunti non deve però essere confuso con quello che Carlini chiama «mito teologico». Quest’ultimo infatti è quel mito che nasce quando la coscienza trasferisce Dio nell’esteriorità mondana creando così il concetto di Assoluto, tipico della metafisica classica. Il senso del reale, su cui si fonda e svolge il mito del realismo, è così radicato nello spirito umano che nulla l’uomo può pensare e credere se prima non lo esistenzia fuori di sé. Il mito realistico prende, dunque, la rivincita sul mito estetico, e crea il mito teologico dell’Assoluto come principio, ragione e causa prima del mondo contingente. Quale il significato e il valore di questo nuovo mito? Il suo significato è dato già dal nome: esso traduce nel mondo contingente, dell’esteriorità, in cui vive l’uomo, il principio teologico della spiritualità pura. Quale il suo valore? Il suo valore, a nostro avviso, è dato dalla sua stessa origine: dalla reazione del mito realistico che per primo lo ha suggerito8.
Col mito teologico è possibile comprendere quella metafisica fisico-teologica che vede in Platone il suo vero fondatore, e che prosegue poi con Aristotele, e poi ancora con il neoplatonismo di tutti i tempi, dalla teologia mistica medievale al moderno idealismo assoluto. Non riuscire a distinguere il principio teologico della spiritualità pura dal principio fisico-metafisico su cui poggia il mito teologico significa inoltre cadere nello stesso errore di tutte le cosiddette filosofie panteistiche o panlogistiche, cioè di tutte quelle dottrine che in sostanza fanno coincidere il mondo fisico con Dio: Deus sive Natura, per usare un’e8
Ivi, p. 253.
83 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
spressione spinoziana. Per Carlini «tutto si può pensare e credere mito fuorché il principio teologico che dà realtà al valore e valore alla realtà dello spirito umano»9. Ma l’uomo, finché vive nel mondo, vive nel mito; e il problema del mito nasce proprio dal contrasto tra l’interiorità e l’esteriorità. Ed è per questo che «dobbiamo immergerci con tutta la spiritualità della nostra vita interiore, fatta di pensiero e di fede, nel fiume dell’esperienza mondana, perché questo è il solo modo per emergere da esso come individualità e personalità che ha un valore in sé e per sé. Noi dobbiamo, quindi, viverlo il mito, ma viverlo con la coscienza che esso è, come è, un mito»10. Qui potremmo vedere il punto centrale di tutto il pensiero di Carlini; la chiave di volta che finalmente chiude l’intero arco della sua riflessione teoretica. La critica alla metafisica classica che il filosofo sviluppa trova proprio qui infatti la sua linfa. Alla metafisica “dogmatica”, poggiante sul mito del realismo, Carlini può così opporre una metafisica “esistenziale” o “critica”, che vede la vita spirituale come un principio ma anche un punto d’arrivo, e che soprattutto si fonda sulla consapevolezza che ciò che chiamiamo “realtà” è con ogni evidenza un vero e proprio mito.
Kantismo e agostinismo in Carlini Quando Carlini parla di “metafisica umanistica” o “esistenziale”, o quando parla di “interiorità” cerca di mettere a fuoco – come si è visto – l’importanza che lo spirito assume in ogni aspetto del reale. La sua meditazione filosofica lo ha 9
Ivi, p. 254. Ivi, p. 263.
10
84 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
portato a riprendere così il pensiero di Agostino, di Cartesio, di Kant, oltre che quello di Aristotele, di Condillac, di Vico e di Locke, e ciò per meglio definire i concetti su cui si fonda il suo spiritualismo. Gli autori che di volta in volta Carlini prende in considerazione però non sono mai presi e accettati in tutta la loro interezza, anzi spesso essi sono criticati e messi in discussione. Rispetto ad Agostino e a Kant, in modo particolare, Carlini ha avuto un rapporto abbastanza complesso. Quando infatti fu accusato da Olgiati, negli anni Cinquanta, di professare uno “spiritualismo kantiano”, Carlini tentò di mettere in chiaro quale fosse il suo vero kantismo, e cosa effettivamente della filosofia di Kant egli recuperasse. Scrisse infatti, in quella circostanza, di essere un «kantiano puro e semplice» e che «per quanto un’ispirazione e aspirazione spiritualistica attraversi evidente tutta l’opera kantiana, resta pur sempre che Kant è, aventi tutto, un critico»11. Ma Carlini teneva inoltre a precisare che, in fondo, l’idealismo dal quale egli proveniva derivava tutt’al più da Hegel piuttosto che da Kant, al punto che il suo particolare spiritualismo era un «ritorno al criticismo kantiano, arricchito di un’esperienza che in Kant non è ancora»12. Dall’interno del criticismo kantiano, Carlini cercava in realtà di mettere in rilievo e reinterpretare ciò che nel pensiero del filosofo tedesco costituiva uno dei punti più oscuri e tenebrosi: quell’appercezione originaria che teneva assieme sensibilità e intelletto, forma e contenuto, e che pertanto rendeva possibile, mediante la sua sintesi, la conoscenza. «Il trascendentale», sostiene il pensatore spiri11 12
Id., Il mio kantismo, in Id., Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 33. Ibidem.
85 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
tualista, «assume, quindi, in me tutt’altro significato: è, per me, un principio esistenziale (non puramente formale), che si fa problema d’interiorità in contrasto con l’esistenza del mondo nella sua esteriorità, e rimanda inevitabilmente, se vuol restar fedele a se stesso, a un’esistenza superiore a tal contrasto»13. L’«io penso» kantiano assume, in Carlini, un carattere personale e esistenziale; non più mera condizione formale della conoscenza, bensì pura interiorità. Questa singolare nozione dell’io, che qui emerge in rapporto a Kant, ha inoltre portato Carlini a prendere le distanze anche rispetto ad Agostino, tant’è vero che l’interiorità di cui il santo retore parlava risulta addirittura ai suoi occhi per taluni aspetti insufficiente, oltre che ambigua14. Essa infatti necessitava di ulteriori chiarimenti e determinazioni maggiori, a partire dal “noli foras ire”. Agostino, come si sa, sosteneva che la verità doveva essere cercata non fuori di noi, ma dentro di noi. Il mondo esteriore non poteva in alcun modo essere lo spazio dentro cui conoscere il Vero, e andava così escluso. Doveva essere l’interiorità, l’io, la coscienza, la sfera dentro cui andava piuttosto colto il senso dell’uomo e dell’esistente. In altre parole, l’io poteva fare a meno del mondo. Per Carlini, al contrario, il mondo non doveva essere rigettato; anzi era necessario che ci fosse; questo foras doveva 13
Ibidem. Carlini, a tal proposito dichiara: «Anch’io, come tanto altri, ho spesso e volentieri fatto appello a questa interiorità agostiniana come al principio della spiritualità caratteristica del pensiero cristiano. Ma, nel progresso della riflessione mi sono sempre più reso conto della sua ambiguità. Oggi a me pare indubitabile che il concetto di spiritualità è di origine teologica: così come quello della personalità e della libertà (spiritualmente intesi)», in A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 34. 14
86 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
esserci realmente. Che «non si tratti platonicamente di un’illusione dei sensi», egli scriveva, «così come non è un’illusione la corporeità che lega la nostra anima al mondo»15. Il mondo deve avere pur sempre una verità e una sua propria e costitutiva consistenza, anche se, rispetto a quest’ultima, la verità dell’anima risulta essere di valore superiore. In che consiste, dunque, la superiorità della verità che habitat in interiore, sì che io debba preferire questa a quella? Quella, infatti, è una verità di fatto, questa di valore: la quale, dunque, deve costituire, per me, un punto di vista superiore (trascendentale, per l’appunto), se è da essa che posso giudicare e dar valore anche all’altra. Senza di ciò, quello che segue, et si te ipsum mutabilem inveneris, potrebbe persuadermi al cammino inverso: a uscire dall’ondeggiamento in cui mi trovo, e a cercare la verità, non più in me, ma in quella che è fuori di me. Infatti, quando si conchiude trascende et te ipsum, con quel et io non capisco più se la verità che mi trascende sia nel profondo dell’anima mia, ovvero, poniamo in una specie di sostanza che spinozianamente, ossia fuori di me, trascende alla pari me e il mondo16.
L’interiorità di Agostino potrebbe dare, in sostanza, il senso della spiritualità, secondo Carlini, «solo se viene interpretata e integrata dalla fede che tutta l’avviva»17. Oltre che dalla consapevolezza che il mondo fuori di noi è una realtà che acquista significato grazie alla luce della nostra coscienza e, nello stesso tempo, che la nostra interiorità scopre il suo autentico valore proprio attraversando, penetrando, vivendo il mondo; in altre parole esistenzializzandosi e quindi inverarsi in questa realtà di fatto. 15
Ivi, p. 33. Ivi, pp. 33-34. 17 Ivi, p. 34. 16
87 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
I precedenti storici della metafisica «critica» L’indagine carliniana sulla concreta spiritualità dell’uomo non può che sfociare in una metafisica «critica». Per questo nel 1947, sul «Giornale di metafisica», diretto da Sciacca, Carlini pubblica un articolo intitolato Per la fondazione di una metafisica critica18, dove mette in evidenza le ragioni che avrebbero consentito, e quindi giustificato, l’edificazione di una metafisica capace di non trascurare la problematicità dell’esistere. Emerge da questa disamina come nel corso della storia del pensiero occidentale ci siano stati diversi e interessanti tentativi di sviluppare una metafisica di tal genere, anche se essi non abbiano poi prodotto in fin dei conti nessuna dottrina veramente convincente. Fu Descartes ad aprire la strada verso una metafisica dell’io o dell’interiorità mediante quel dualismo che distaccava (anche se non completamente) lo spirito umano dall’estensione materiale del corpo, dando così inizio alla modernità. Per Cartesio, vero «padre della filosofia sperimentale dello spirito umano», secondo Galluppi19, l’esistenza del mondo e l’esistenza di Dio erano fuori questione; ciò che invece doveva essere messo in discussione era semmai la loro “dimostrabilità”, dal momento che «è chiaro: il sole c’è, ma c’è anche una grande differenza fra il sole che esiste per chi lo crede grande come lo vede, e chi lo sa grande com’è davvero; e c’è Dio, ma val quasi meglio chi non ci crede che chi lo crede un animale o 18 Id., Per la fondazione di una metafisica critica, in «Giornale di Metafisica», 1947, 4-5, pp. 332-337. 19 P. Galluppi, Lezioni di logica e metafisica del Bacone, Mazzajoli Editore, Livorno 1845, vol. 1, p. 38.
88 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
una cipolla»20. Per il filosofo del Discorso sul metodo, bisognava allora dubitare di tutto, per poi – in seconda istanza – cercare di ricostruire il tutto così come è realmente; cioè come è realmente per noi che mettiamo tutto in questione. Descartes, dunque, sarebbe stato il primo – se solo non si ammettesse per primo Tommaso Campanella – a comprendere che dentro il problema della metafisica, cioè all’interno del problema della realtà, è in gioco anche e soprattutto il problema dell’uomo: del problema che l’uomo è a se stesso. La certezza dell’esistenza di Dio nasce nel momento in cui l’uomo intuisce e avverte se stesso come esistente, scoprendosi una res cogitans, una sostanza pensante e dubitante. E se esiste l’uomo – nonostante le sue manchevolezze dovute appunto al dubitare, quale contrassegno della sua natura finita – deve necessariamente esistere Dio, che è pura spiritualità. E tale spiritualità deve essere interpretata per Carlini come pienezza e perfezione «di questa vita spirituale che sento pulsare in me. Questo, dunque è il vero mondo che esiste, il vero Dio esistente: questa è la realtà, di cui si può fare quella scienza ch’è la metafisica»21. Cartesio avrebbe così introdotto una nuova metafisica, ma a ben guardare è stato il cristianesimo, ancor prima del filosofo delle Meditazioni metafisiche, ad avere aperto gli occhi dell’uomo sulla realtà della vita spirituale. Non si potrebbe infatti neppure intendere e comprendere Cartesio senza il pensiero di Agostino o senza l’esperienza teoretica di Anselmo d’Aosta. Il cristianesimo avrebbe in un certo senso influenzato e innervato tutto il pensiero moderno, anzi addirittura tutto il pensiero occidentale, diffondendo il 20 21
Id., Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 9. Ivi, pp. 9-10.
89 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
precetto – punto centrale poi dell’intero pensiero agostiniano, come abbiamo appena visto – secondo cui la verità si può trovare solo rientrando in se stessi, in interiore homine, e non, al contrario, cercandola nel mondo dell’esteriorità, noli foras ire; la verità non solo del mondo «nella sua realtà più vera, ma anche di quella ch’è il principio primo di ogni verità e realtà»22. La sede autentica della verità è dunque l’interiorità, lì dove è possibile costruire e sviluppare una qualche metafisica. Se da un lato la vita spirituale o comunque l’anima distingue l’esistenza umana dal resto del mondo, dall’altro lato essa rappresenta lo spazio dove l’uomo e Dio entrano in comunicazione e si legano fra loro. Cartesio allora si muoverebbe nell’orbita del pensiero cristiano; e con e attraverso Cartesio lungo la scia del pensiero cristiano si svilupperebbe tutto il pensiero moderno, poiché fondato sul principio della coscienza. Tutto ciò che resta fuori da tale orbita, per Carlini, rischia di cadere nel dogmatismo più grossolano: «Fuori dal pensiero cristiano è la metafisica dogmatica, la quale è, insieme, fuori dal pensiero moderno in ciò che questo ha di più suo e originario»23. Esempio altissimo di metafisica dogmatica sarebbe pertanto il neoplatonismo. Il pensiero neoplatonico «era, infatti, pura filosofia, che unificava nell’unico problema del rapporto fra l’unità e la molteplicità ogni altro problema metafisico: l’uomo, microcosmo, era soltanto un riflesso del cosmo, e riproduceva in sé, nella sua ascesa a Dio, l’ascendere stesso dell’universo verso la fonte da cui tutta la realtà emanava, verso l’impersonale Uno»24. 22
Ivi, p. 10. Ivi, p. 11. 24 Ivi, p. 12. 23
90 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Tra i pensatori della antica Grecia, solo Aristotele avrebbe dimostrato – pur essendo egli un rappresentante eccelso della scienza dell’essere – di aver intuito una realtà come quella spirituale. E in parte lo si è visto in precedenza. Aristotele, già nella sua Metafisica, avrebbe in effetti già mosso una critica al neoplatonismo, orientandosi verso una metafisica critica nel senso più moderno del termine. Il To on ê on aristotelico, cioè l’essere in quanto essere, l’ente in quanto ente, l’essere in quanto esistente, è il trascendentale delle categorie ovvero, detto in altre parole, il trascendentale dei diversi significati che la realtà del mondo assume quale oggetto della conoscenza e della scienza. Da qui la sua universalità e la sua necessità. Naturalmente le cose del mondo sono soggette a continuo mutamento, ma le categorie e i principi, che ne permettono la conoscenza, sono immutabili, «sono forme di quell’essere in cui l’essere è anche esistenza (usìa, oggetto di conoscenza intelligibile e sensibile insieme). Tutto è continuo passaggio dalla potenza all’atto, ma non la potenzialità spiega l’attualità, bensì questa spiega quella. L’atto non è soltanto essenza: è anche causa, e però l’essere è, in fondo, attività, causa sui»25. Da tutto ciò si sarebbe sviluppata l’idea che l’universo può essere interpretato attraverso due punti di vista differenti: sia in senso fisico-matematico, considerando l’intelligibilità dell’essere; sia in senso fisico-biologico, intendendo l’essere come vita, sensibilità, natura in senso proprio. Ma quando il pensiero di Aristotele poi confluisce nella Scolastica perde il suo significato gnoseologico-epistemologico per diventare una vera e propria «teologia naturale». E Dio assume conseguentemente connotazioni un po’ aristoteliche e 25
Ivi, p. 13.
91 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
un po’ neoplatoniche per il fatto di essere concepito come unità del molteplice, come causa di tutte le cause, come quell’«essere realissimo» cui si può giungere solo salendo una scala «sostenuta dalla realtà mondana». Secondo il modo di vedere di Carlini, il concetto stesso di “creazione” sarebbe messo qui per «obbligo di fede», ma esso sarebbe, a ben vedere, l’equivalente del concetto di “emanazione”, proprio – come sappiamo – del pensiero neoplatonico. L’immanentismo implicito in quella teologia naturale sarà poi messo a nudo più tardi da Spinoza il quale arriverà a far coincidere Dio con la Natura: «Deus sive Natura». Se la realtà, oggetto dell’indagine metafisica, coincide col Tutto senza altra determinazione, allora il panteismo non può che essere inevitabile.
Il confronto con Martin Heidegger Nella primavera del 1953, Carlini partecipa al Congresso Nazionale di Filosofia di Bologna, presentando una relazione dal titolo Che cos’è la metafisica? Polemiche e ricostruzione; titolo che riprende con ogni evidenza quello della ben nota prolusione heideggeriana del ’29 (tradotta per la prima volta in italiano proprio da Carlini)26. E non è 26 In questo stesso anno Carlini dà alle stampe un articolo come Il problema dell’autocoscienza e inoltre partecipa a un evento importante dove ha modo di confrontarsi non più solo con pensatori italiani ma anche stranieri. Carlini infatti nella primavera di quest’anno ha l’opportunità di partecipare alla seconda edizione del Davoser Hochschulkurse, in Svizzera. Nell’anno in cui partecipa Carlini si svolge, tra l’altro, un dibattito tra Martin Heidegger e Ernst Cassirer sull’interpretazione della filosofia di Kant: fu proprio in questa particolare circostanza che il nostro pensatore ha il primo e “spaesante” incontro personale con il filosofo di Sein und Zeit, del cui pensiero era comunque già a conoscenza.
92 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
un caso se il nostro filosofo riprenda quel titolo: suo intento dichiarato è infatti quello di reinterpretare il pensiero del grande filosofo tedesco anche alla luce degli scritti che questi aveva dato alle stampe dopo quella data. Naturalmente per il pensatore de La vita dello spirito è un’ottima occasione anche per mettere in risalto la differenza tra il proprio modo di intendere la metafisica e quello invece espresso da Heidegger. Quando io, traducendo quello scritto in italiano m’incontrai con esso, gli feci gran festa, sebbene alcuni svolgimenti, che seguivano, mi lasciassero perplesso […]. Oggi, dopo gli scritti ulteriori di M. Heidegger, debbo confessare che la mia contentezza per quell’incontro fu un fraintendimento. Per spiegarmi in poche parole potrei dire così: io intesi allora quel pensiero nel senso che la Metafisica, per chi entri veramente nel suo spirito, è la stessa filosofia, se questa viene intesa come il problema della nostra esistenza che noi portiamo nel mondo. Ossia: in ogni problema, che noi poniamo e discutiamo nel mondo fuori di noi, in realtà poniamo e discutiamo sempre il problema di noi a noi stessi27. Gli estratti del Convegno furono poi pubblicati sulla «Davoser Revu» del 15 aprile 1929. Dopo l’importante evento del 1929, Carlini inviterà Heidegger a tenere una conferenza nell’Università di Pisa, e lo farà quando nel 1936 il filosofo tedesco, su invito di Giovanni Gentile e Giuseppe Gabetti, si trovava a Roma per tenere delle conferenze, che effettivamente tenne presso l’Istituto di studi germanici, diretto dallo sesso Gabetti, nella primavera di quell’anno. La prima di esse si intitolava Hölderlin und das Wesen der Dichtung (Hölderlin e l’essenza della poesia) – tradotta poi dallo stesso Carlini – e la seconda Europa und Deutsche Philosophie (L’Europa e la filosofia tedesca). Ma Heidegger per diverse ragioni non poté soddisfare la richiesta di Carlini e la conferenza pisana purtroppo non ebbe mai svolgimento. 27 A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., pp. 117-118.
93 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Quando tradusse la prolusione, Carlini fu vittima di un fraintendimento credendo di aver trovato in Heidegger un buon compagno di viaggio. In seguito però egli comprese le vere intenzioni del filosofo tedesco, man mano che quest’ultimo andava definendo il suo pensiero. Chiaramente Heidegger – ma già da Essere e tempo – non aveva come obiettivo l’analisi dell’esistenza dell’uomo, bensì quello di riprendere e rischiarare il senso di ciò che, lungo tutta la storia del pensiero occidentale, era stato innanzitutto e per lo più dimenticato: l’essere. In una lettera indirizzata a Jean Wahl, nel dicembre del 1937, non a caso il filosofo tedesco dichiarava: «la questione che m’interessa non è quella dell’esistenza dell’uomo: è quella dell’essere nel suo insieme e in quanto tale»28. Proprio su tale questione i percorsi di Carlini e di Heidegger cominciano a divergere. Se infatti il primo ha voluto sviluppare – come si è visto – una filosofia della vita dello spirito, il secondo – pur partendo dalla nozione di Dasein – ha orientato sempre più il suo pensiero verso la comprensione del senso dell’essere. Ma Heidegger, impegnandosi in questa indagine – come Carlini osserva – sarebbe approdato anche lui sulle sponde della metafisica tradizionale e avrebbe per ciò proseguito «su la stessa via di tutto il pensiero moderno, che, reagendo alla Scolastica, ha fatto appello a una Metafisica, in cui l’uomo abbia un posto privilegiato, una funzione essenziale nel problema dell’essere»29. Un posto di rilievo, ma non già in virtù della sua esistenza e 28 Cfr. F. Riva, Raccontarsi altrimenti. Equivoci dell’esistenzialismo; in O. Grassi – M. Marassi (a cura di), La filosofia italiana nel Novecento. Interpretazioni, bilanci, prospettive, Mimesis, Milano 2016. 29 A. Carlini, Che cos’è la metafisica? op. cit., p. 118.
94 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
della sua singolarità o interiorità, ma per il fatto di essere semplicemente in funzione della comprensione dell’essere. A distanza di qualche tempo, dunque, e alla luce dei nuovi e ulteriori sviluppi del pensiero heideggeriano, Carlini può reinterpretare, in maniera più adeguata, la famosa prolusione del ’29. E lo fa in questi termini: Oggi, invece, mi pare che quel pensiero di Heidegger vada inteso così: che “nessuna questione in metafisica abbia senso se non in quanto in essa si fa questione del questionante stesso” vuol dire che il questionante, esso stesso, è compreso dentro quella questione. Ossia, il questionante non è lui che pone la questione, ma è posto in questione dalla questione stessa. Poiché, ora, la questione non è più quella dell’esistere, ma dell’essere, ed è l’essere che spiega l’esistere, non viceversa30.
L’elemento originale ravvisabile in questa prolusione starebbe tutto, a detta di Carlini, nel problema del niente, il solo che può permettere la conversione della metafisica dell’essere in metafisica dell’esistente. Heidegger aveva messo in evidenza come il niente non fosse da identificarsi con il non-ente, cioè con la negazione della logica fondata sul principio di non-contraddizione, né tanto meno fosse da identificarsi con «la negatività che la logica hegeliana introduce (dal di fuori) nell’essere per farlo muovere ed entrare nello schema della sua dialettica»31. Il niente inteso da Heidegger aveva la caratteristica di precedere il “non” della logica, perché semmai esso era da rintracciarsi alla radice del problema stesso dell’essere. “Niente” stava a significare così non già «non-essere», 30 31
Ibidem. Ivi, p. 128.
95 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
quanto piuttosto «non-esistere». Osservando che il niente in quanto tale non c’è, il filosofo di Essere e tempo sottolineava che in fondo ciò che veramente c’è è il niente come problema. Bisognava pertanto capire come tale questione nascesse e si sviluppasse nel pensiero dell’uomo. E dalla riflessione di Heidegger traspariva chiaramente come il niente nell’uomo emergesse grazie a una particolare tonalità emotiva dell’Esserci: l’angoscia (Angst). Ciò era possibile perché nell’angoscia «noi diciamo, “uno è spaesato”. Ma dinanzi a che cosa v’è lo spaesamento e cosa vuol dire quell’“uno”? Non possiamo dire dinanzi a che cosa uno è spaesato, perché lo è nell’insieme. Tutte le cose e noi stessi affondiamo in una sorta di indifferenza. Questo, tuttavia, non nel senso che le cose si dileguino, ma nel senso che nel loro allontanarsi come tale le cose si rivolgono a noi. Questo allontanarsi dell’ente nella sua totalità, che nell’angoscia ci assedia, ci opprime. Non rimane nessun sostegno. Nel dileguarsi dell’ente, rimane soltanto e ci soprassale questo “nessuno”»32. Nello stato emotivo della angoscia, sperimentiamo il niente e lo interroghiamo. Il niente di Heidegger altro non sarebbe, per Carlini, che il vuoto della ipseità, cioè il vuoto dell’identità di sé a sé: l’inadeguatezza. A mio modo di vedere, qui, in Heidegger, c’è già il primo e più compromettente scarto di pensiero: il principio di identità è un principio logico, o ontologico, che dir si voglia, non esistenziale. Per cui, non trovando l’atto in sé altro che quel vuoto principio, necessariamente si rivolge al mondo, di nuovo: dapprima nella tipica oscillazione M. Heidegger, Was ist Metaphysik? (1929), trad. it. di E. Paci, Che cos’è la Metafisica?, Bocca, Milano 1942, p. 67. 32
96 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
così bene descritta da Heidegger, quasi ancora incerto se la parentesi vada posta, non per il mondo, ma per se stesso; poi, decisamente cercando, non nell’essere come tale, ma nella «totalità dell’essente» il senso vero dell’essere, tale che gli dia ragione anche di quel niente che l’angoscia gli aveva, in origine, rivelato in sé. Di qui, lo spostamento del problema già da me notato […] e il ritorno a una Metafisica dell’Essere, sebbene rinnovata con questo problema del niente che ora l’accompagna33.
E tale ritorno si tradurrebbe nell’essere nientificante il mondo degli essenti, dal sapore a quanto pare parmenideo; essenti che avrebbero la forza e insieme il difetto di velare – col loro apparire – la verità dell’essere stesso. Dal punto di vista religioso, questa metafisica riprenderebbe il tradizionale motivo della mistica medievale germanica, per la quale il silenzio rappresenta «la “voce muta dell’Essere” espressa nella Parola che si nasconde nelle nostre parole intorno a esso»34. Dicendo le cose, il discorso descrive il mondo; ma in questo suo dire, il senso più autentico del mondo resta pur sempre nascosto dietro la fitta coltre della parola detta o comunque pensata. La parola è dunque quell’ente che occulta l’essere, lo cela e lo risospinge verso l’oblio. Tale filosofia, agli occhi di chi ha conosciuto il cristianesimo, avrebbe però un sapore per così dire orientalista. La mentalità del cristiano, infatti, presuppone che l’uomo non naufraghi nel Niente, e non annulli il valore e il senso della filosofia. Anzi il cristianesimo terrebbe viva la dimensione umana della stessa filosofia e trasformerebbe il tema platonico o comunque greco dell’essenza in quello della 33 34
A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., pp. 128-29. Ivi, p. 129.
97 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
esistenza. Il dogma della creazione ci porta così a pensare e a credere che l’esistenza vera e propria è quella di Dio e non quella del mondo, la quale in sé sarebbe un vero niente. Naturalmente, ponendo il problema dell’esistenza come valore, tale dogma ci farebbe infine superare il problema del niente che è proprio dell’esistenza di fatto. All’inizio Heidegger avrebbe avuto la grande intuizione di ricondurre il problema del Sein a quello del Dasein, ma ben presto avrebbe oscurato «la sua intuizione […], dove per elevare la Metafisica sul problema della scienza si contenta della posizione tradizionale scolastica, dell’universale sul particolare. V’introduce, bensì, una nota sua propria, notando che la scienza “del problema del niente non vuol saperne”»35. E ciò accade perché la scienza cura il problema dell’essente ovvero dell’ente nella totalità, e non anche quello del niente che risulta così ai suoi occhi una mera fantasticheria, o – come avrebbe detto Bergson – una “pseudo-idea”36. Ma a ben vedere, la scienza non vuole occuparsi del niente (e con esso occuparsi dell’essere) non tanto perché il suo oggetto è l’essente, cioè il “dato” fattuale e posto, ma per il fatto che il problema del niente nasce da quell’ente – l’uomo – che, nel problematizzare l’esistenza, rende tragicamente problematica anche la realtà del mondo, mettendone così in crisi la solidità e la struttura. Sembrerebbe – a detta di Carlini – che al modo di pensare di Heidegger sia quasi del tutto estraneo il mondo della soggettività e dei valori. Quel mondo che invece pare sia emerso con molta evidenza nella filosofia italiana, a comin35
Ivi, p. 130. Cfr. H. Bergson, L’évolution créatrice, trad. it. F. Polidori, L’evoluzione creatrice, Raffello Cortina Editore, Milano 2002. 36
98 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ciare proprio dall’idealismo crociano-gentiliano. Quest’ultimo sarebbe nato – come sappiamo – per contrastare l’ondata minacciosa del positivismo. Al «rozzo» realismo dei positivisti, la filosofia di Croce e di Gentile avrebbe così sostituito una più profonda metafisica «spiritualistica», cioè dei valori; anche se però questi sarebbero rimasti per così dire a mezz’aria, perché gli stessi idealisti non riuscivano a stabilire se la loro ragione dovesse trovarsi in una metafisica realistica oppure in una filosofia capace di realizzare in sé quei medesimi valori. Gentile, più di Croce, avvertì l’urgenza di risolvere questo fastidioso problema, ma egli restò pur sempre imprigionato nel suo «atto» il quale non riusciva a farsi problema di se stesso, se non attraverso il confronto con l’altro, cioè attraverso il rapporto con l’oggetto; un oggetto sempre e comunque indeterminabile, e la cui esistenza non poteva sussistere se non all’interno del puro pensare. E Croce, dal canto suo, pur manifestando enormi differenze rispetto al suo collega idealista, dimostrava tuttavia di restare sulla scia di Gentile, perché in fondo «le sue forme o categorie dello spirito non vengono fuori da una considerazione dello spirito stesso nella sua interiorità, ma sono imposte a esso dalla sollecitudine di problemi offerti dal di fuori, dal mondo dell’esperienza, o si dica della cultura contemporanea: dalle questioni allora agitate intorno all’arte, alla storia, al marxismo, e via dicendo. Non soltanto l’estetica e l’economia, come Croce disse, ma “mondana” è tutta la sua filosofia»37. Evidentemente l’idealismo, per quanto si proponesse come filosofia spirituale, e quindi riflessione sui valori 37
A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 133.
99 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
dell’uomo, risultava anch’essa una dottrina “mondana”. E per Carlini questa «mondanizzazione» della filosofia raggiungeva il suo risultato più originale quando arrivava a intendere la spiritualità umana come esteticità: a dimostrarlo sarebbero la «sintesi a priori estetica» di Croce e il «sentimento inattuale» di Gentile. Nessuna filosofia – osserva Carlini – aveva evidenziato la centralità dell’arte e della poesia, cioè di quel modo di vivere la realtà fuori di noi nella forma più elementare della spiritualità o della sensibilità pura, così come aveva fatto il neoidealismo italiano.
La metafisica in funzione della filosofia Il neoidealismo, nonostante avesse dato l’impressione di essere a tutti gli effetti una filosofia dell’esistenza, come si è appena detto, incentrata cioè sull’uomo e sulla sua spiritualità, presto si risolse in una metafisica dell’essere. E il percorso compiuto da Gentile e Croce grosso modo assomigliava a quello di Heidegger. Col tempo infatti anche Gentile e Croce avrebbero incurvato la loro riflessione verso una sempre più definita scienza dell’essere, perché in entrambi i filosofi l’esistenza dell’uomo sarebbe stata in un certo senso risucchiata e quindi di fatto annullata o dal Pensiero in atto oppure dall’accadere mondano della Storia. La conseguenza è stata così quella di un ritorno a Hegel, e non già di un suo superamento. Un altro esempio di indirizzo filosofico che mostra al suo interno una ricaduta nella metafisica classica è il problematicismo. Nato per contrastare la tradizionale scienza dell’essere, esso tenne lontano il pensiero da ogni possibile dogma metafisico. Affine per taluni aspetti ad alcune 100 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
forme dell’esistenzialismo, la corrente problematicista intendeva l’Essere come l’aspirazione dell’esistere, il quale in sé poteva realizzare soltanto alcune possibilità e rinunciare ad altre. Così, l’esistenza dell’uomo non avrebbe mai potuto coincidere con l’Essere, in quanto trascendente. Il problematicismo lasciava così aperto all’esistere il “mistero dell’essere” e si rivelava – paradossalmente – una vera metafisica, dal momento che l’Essere di cui parlava era un Assoluto posto sempre oltre il possibile e il conoscibile. In modo particolare, ciò che a Carlini non convince del problematicismo – e anche dell’esistenzialismo – è che l’esistenza possa comprendersi soltanto in rapporto a un Essere che le resta sempre fuori, e impossibile per definizione da conoscere e “abbracciare” col pensiero. Sarebbe, questa, per Carlini, una forma di vago agnosticismo e scetticismo, «la quale, anziché venire incontro alla filosofia, le toglie, sin da principio, ogni fondamento, sia nel campo del pensiero come in quello dell’azione, dove è essenziale la certezza che non è vano il nostro operare»38. La critica di Carlini alle dottrine filosofiche contemporanee, e in generale alla scienza dell’essere, non dovrebbe però far pensare a un suo totale rifiuto della metafisica. In diverse occasioni infatti egli ha cercato di ribadire la sua posizione a riguardo, anche quando ha polemizzato con i suoi compagni di viaggio spiritualisti come Stefanini e Sciacca. C’è in effetti solo un modo perché la metafisica possa avere una qualche legittimità: essa dovrebbe essere intesa in funzione della filosofia. La metafisica dovrebbe farsi, in altri termini, «problematica», «esistenziale», «critica», nel senso che dovrebbe implicare e portare dentro di sé la pro38
Ivi, p. 121.
101 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
blematicità della filosofia e il senso che nell’uomo ha il problema dell’esistenza. La Metafisica, dunque, compie il suo vero ufficio, rispetto alla filosofia, solo se è in funzione di essa: non se pretende di asservirla a sé. Se è, cioè, una Metafisica problematica anch’essa ed esistenziale, nel senso di promuovere la problematicità della filosofia e il senso che nell’uomo ha il problema dell’esistenza. Non, quindi, dogmatica e ontologica […]. Deve essere critica, insomma, nel miglior senso kantiano. E però, come la filosofia è cosa umana, umanistica dev’essere anche la Metafisica: non perché escluda il problema di Dio (l’uomo che fosse solo uomo, non sarebbe neppure uomo), ma perché il suo punto di partenza è l’uomo, non Dio39.
Fu proprio questo l’errore della Scolastica, perché essa pretese di guardare la realtà non attraverso gli occhi dell’uomo ma attraverso quelli di Dio. Infarcita come era di formule e principi aristotelici, essa riproponeva, secondo Carlini, il vecchio mito platonico del Demiurgo, con la sola differenza però che qui esso, per essersi ontologizzato, era inteso come il vero principio della realtà. Ed ecco allora come la metafisica medievale fu anch’essa una scienza della realtà in universale, cioè dell’Essere, di quell’Ens realissimum posto al di là di ogni distinzione tra soggettivo e oggettivo, positivo e negativo. Evidenti furono le derivazioni dall’ontologia parmenidea, che però non conosceva ancora quella realtà spirituale posta alla coscienza dell’uomo soltanto più tardi col cristianesimo. Tra gli autori medievali, ce ne furono tuttavia di alcuni che dettero uno slancio positivo al pensiero verso la com39
Ivi, cit. p. 121.
102 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
prensione della vita spirituale: fu il caso per esempio di Agostino e quello di Tommaso d’Aquino; essi avrebbero in effetti anticipato la sensibilità del pensiero moderno.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
L’Ens realissimum della Scolastica, ch’è in sé, a sé, per sé, è ancora quello [cioè «ente», n.d.r.], per quanto diventato Pensiero assoluto che procede dialetticamente alla costruzione del mondo e di se stesso, sì che il mistero è svelato, non è più un problema, e l’uomo non ha più niente da fare perché lì è risolto anche il mistero della sua esistenza. Peccato, solo, che tale risoluzione sia soltanto su la carta40.
La critica al pensiero scolastico medievale che Carlini muove non sarà poi così dissimile a quella che egli stesso muoverà al pensiero neoscolastico contemporaneo. Quest’ultimo pretendeva di poggiare la propria speculazione filosofico-teologica proprio sul pensiero di Agostino e soprattutto su quello di Tommaso, senza però accorgersi di perdere quanto di più originario e autentico in loro poteva esserci: la problematica dell’esistenza. Neoscolastici come Olgiati partivano infatti dall’idea che la chiave d’accesso per giungere alla Verità non fosse contenuta nell’interiorità dell’uomo, ma piuttosto nella scala ontologica dei diversi gradi che fra gli enti mondani sembrava sussistere. Ma questo era da considerarsi un errore, agli occhi di Carlini; non che il mondo non dovesse essere preso in considerazione nell’itinerario del pensiero verso Dio, ma i neoscolastici in esso non riuscivano per nulla a vedere la problematica dell’esistenza umana. Nella considerazione del mondo, non dovrebbe venire mai meno infatti il problema che siamo noi a noi stessi o il problema della esteriorità nel suo rapporto con la nostra interiorità. 40
Ivi, cit. pp. 122-23.
103 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Già Kant aveva fatto intendere come il mondo naturale o fisico non fosse altro che pura esperienza, e che l’esperienza fosse il frutto di una sintesi: quella tra la sensibilità e l’attività dell’intelletto, tra il dato percepito e le categorie intellettuali. Sintesi messa in atto da quel trascendentale che Kant aveva chiamato «io penso» o «appercezione originaria». Fu con Kant allora che emerse l’idea secondo cui il mondo empirico e oggetto di conoscenza scientifica fosse un mondo per l’uomo e dell’uomo, e che nel problema relativo alla realtà fenomenica e sensibile rientrasse, inevitabilmente, anche quello della coscienza e della libertà umana. Il criticismo kantiano, tuttavia, non fu del tutto esauriente, perché anche per il filosofo di Königsberg il problema di noi a noi stessi si sarebbe dato pur sempre come un non-essere, dal momento che di questa soggettività inoggettivabile noi non avremmo potuto sapere null’altro al di fuori della sua mera funzione. Ma per Carlini l’uomo può avvertire se stesso come un io, riconoscersi cioè come spirito vivente, diventando problema di sé, già a livello dello spazio storico-sociale ovvero al livello del mondo dell’azione. Dimensione nella quale la spiritualità umana può esistenzializzarsi. Nella sfera storico-sociale infatti il corpo «da oggetto di conoscenza diventa soggetto di azione: ché esso, ora, è tutt’uno con l’individualità della nostra persona, e nella vita sociale noi formiamo e svolgiamo, per l’appunto, questa individualità nei rapporti con gli altri»41. Per fare centro in se stesso però e non cadere nell’errore di perdersi tra le cose mondane, o nel «si dice», come aveva già detto Heidegger, l’uomo deve superare la rete delle 41
Cfr. A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 149.
104 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
relazioni intramondane e passare a uno stadio estetico, e da questo poi sforzarsi per giungere a uno stadio teologico. La metafisica della persona, che si sviluppa proprio a cominciare dalla riflessione sull’azione e sui rapporti sociali, deve perciò lasciare spazio alla metafisica estetica, capace di unificare kantianamente nella bellezza i due mondi: quello esteriore e quello interiore. Qui la natura parla il linguaggio dello spirito e la società umana si allarga addirittura all’universo intero. L’arte è un’interpretazione del mondo dal punto di vista della personalità come sensibilità pura, ma essa, questa sensibilità pura non può solo presupporla, non esistenziarla nella sua purezza: necessariamente deve abbassarla al limite mondano perché serva all’interpretazione del mondo. Il quale viene, sì, sollevato dall’arte su l’unilateralità dei due mondi, della conoscenza e dell’azione, ma non sì che non resti sempre problematica l’esistenza di questo mondo che si presta ad essere interpretato come un’opera d’arte, più che umana, divina, e come tale irraggiungibile dall’arte meramente umana, costretta a valersi, per esprimere quella bellezza, dei sensi limitati ed eterogenei della umana corporeità42.
Anche se il mondo nella sua esteticità resta pur sempre legato alla corporeità, è anche vero però che la bellezza ci introduce in un mondo del tutto indipendente rispetto a quello della sensibilità, della conoscenza e dell’azione: il mondo dei valori, che è puramente spirituale. Da quest’ultimo potrà svilupparsi una metafisica critica, in grado di intendere il reale come autentico Valore, presupposto di tutti i valori conoscitivi e pratici. 42
Ivi, p. 125.
105 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Ora, se questo [Valore, n.d.r.] fosse soltanto Idea, e non anche realtà esistente, mancherebbero, evidentemente, di realtà ed esistenza anche tutti i valori che a esso fanno capo. In altri termini: o la Spiritualità pura, assolutamente tale, esiste, e ha un senso, filosoficamente e religiosamente, il mondo spirituale dell’uomo; ovvero non ha senso, ed esistono solo fatti senza valore, compreso l’uomo a se stesso43.
Alla luce di quanto detto sin qui, trova allora senso la risposta che Carlini ha dato alla domanda da cui è partita la sua indagine e che ha preso le mosse proprio dalla Prolusione heideggeriana del ’29. Che cos’è dunque la metafisica? Per Carlini pare non ci siano più dubbi: «la Metafisica è il mito della filosofia: mito necessario a mantenere sempre aperta e feconda la immanente problematicità della filosofia»44.
43 44
Ivi, p. 126. Ivi, p. 127.
106 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Capitolo quarto
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Metafisica, filosofia e religione
I convegni di Gallarate e i dibattiti con i metafisici “classici” Presso l’Aloysianum del Padri Gesuiti di Gallarate, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, presero avvio i Convegni di studi filosofici cristiani tra professori universitari1, che nacquero avendo come fine principale quello di ricostruire e rivitalizzare la metafisica. Furono invitati a parteciparvi gli esponenti delle due maggiori correnti filosofiche di allora orientate verso il recupero sistematico del pensiero cristiano: i neoscolastici, rappresentati prevalentemente da Bontadini, e gli spiritualisti cristiani, tra i quali Guzzo, Stefanini, Sciacca, Lazzarini, Castelli2. Anche Car«Si era nell’agosto del 1945. […] Il prof. Padovani, a Gallarate, dove si trovava sfollato da Milano, in un amichevole colloquio col p. Giacon, auspicò una sollecita riunione di professori universitari di materie filosofiche, aderenti a una concezione cristiana della vita, per favorire un indirizzo almeno non anticristiano all’immancabile rinascita degli studi filosofici del dopoguerra», in Il primo convegno, 22-24 ottobre 1945, Editrice Liviana, Padova 1951, p. 5. 2 Sugli intenti e i progetti degli incontri di Gallarate, Prini ricorda che «I sei filosofi che decidevano di impiantare un centro di ricerca nella città lombarda, già sede di una Facoltà di filosofia dei padri Gesuiti («Aloisianum») che si era offerta di ospitarne gli incontri e le attività, avevano buone ragioni di ritenere che la loro iniziativa fosse altrettanto importante e forse più duratura di tante altre che ormai popolavano l’“officina Italia”. A differenza di alcune tra le più 1
107 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
lini partecipò a questi convegni, e lo fece per diversi anni. Nel 1946, il convegno di Gallarate fu dedicato al rapporto tra la filosofia antica e moderna e la filosofia cristiana. Carlini intervenne con una relazione dedicata a San Tommaso e il pensiero moderno, dove cercava di mettere a fuoco l’originalità della filosofia tomista rispetto a quella antica e, in modo particolare, rispetto a quella aristotelica. Tommaso veniva considerato in particolare come il fondatore di una vera e propria Teologia, per il fatto di aver posto Dio a fondamento della conoscenza. Ma le “cinque vie” di cui l’Aquinate parlava risultavano, agli occhi di Carlini, del tutto fallici: esse infatti conducevano a un Principio che in nessun modo poteva costituire il Dio veramente trascendente il mondo. Quelle argomentazioni potevano semmai andar bene soltanto se l’anima avesse cercato la verità «con cuore puro, desiderosa di arrivarci. Questa purezza e questo desiderio danno a quelle argomentazioni un significato spirituale che sfugge a chi le consideri con animo diverso»3. E ciò perché quelle cinque vie indicate dall’Aquinate avevano note di queste in campo filosofico – come il “Centro di studi metodologici” a Torino o il “Centro di metodologia di analisi del linguaggio” a Milano, nati entrambi nel 1945, o altri che presto scompariranno – il Centro di Gallarate nasceva senza alcun proposito di fornire nuovi strumenti logici e metodi raffinati di condotta della ricerca scientifica o di quella operativa nel mondo del lavoro o della vita sociale. Il suo progetto pareva totalmente “disimpegnato” dai problemi cosiddetti reali di quel tempo […] il programma di fondo che accompagnerà per tutta la sua lunga strada giunta fino ad oggi il Movimento di Gallarate […] è nato ed è restato costantemente, in maniera più o meno diretta, quello della “ricostruzione metafisica”, anche se questa espressione costituì il tema specifico del quarto convegno nel 1948», in P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 160. 3 A. Carlini, San Tommaso e il pensiero moderno, Atti del II Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Marzorati, Milano 1947, pp. 43-45.
108 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
– come si sa – una base chiaramente aristotelica. Tuttavia Tommaso poteva essere recuperato, seppur con le dovute riserve, ma tenuto comunque alla giusta distanza. Il tema del convegno che si tenne due anni più tardi, nel 1948, fu “La struttura della metafisica”. Questa volta a dare il via ai lavori furono Stefanini e Bontadini. Vi partecipò anche Carlini con una piccola ma significativa relazione sul concetto di esperienza che divenne motivo di polemica con Bontadini stesso. Quest’ultimo, per il filosofo de La vita dello spirito, avrebbe avuto il merito sì di conciliare la metafisica classica con la filosofia moderna – proprio Bontadini infatti amava definirsi non a caso “un metafisico radicato nel cuore del pensiero moderno” – ma aveva dimostrato nello stesso tempo di aver mal inteso il concetto stesso di esperienza. La filosofia antica e la filosofia moderna attribuivano, a tale nozione, due significati diversi tra loro, e Bontadini era come se non ne avesse tenuto conto. «Noi viviamo nel mondo», scrive Carlini, «e il problema della nostra esistenza è perciò legato, per questa parte, all’esistenza del mondo: il problema dell’esistenza del mondo non è perciò indifferente al problema della nostra esistenza: il Cristianesimo, nel suo motivo più originario, ha posto in rilievo la contingenza del mondo e il rapporto più intimo, puramente spirituale, dell’uomo con Dio»4. Ecco perché l’esperienza per i moderni doveva e deve essere intesa in modo diverso da come la intendevano gli antichi filosofi. Questi ultimi non avevano conosciuto e quindi non avevano fatto esperienza del cristianesimo. Id., Intervento, in Ricostruzione metafisica, Atti del IV Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Liviana, Padova 1949. 4
109 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Carlini comunque non polemizza soltanto con il filosofo neoscolastico, perché ha modo in effetti di discutere anche con Luigi Stefanini. Questa volta però il terreno di scontro è l’idea di metafisica della persona elaborata dal pensatore trevigiano. «La metafisica», sostiene Carlini, «è una riflessione del pensiero su i principi supremi che reggono la realtà e conoscibilità del mondo, e questo è il significato autentico della metafisica aristotelica, nella quale l’uomo e Dio stesso si trovano soltanto in funzione di quell’oggetto, ch’è il mondo (comprendente, s’intende, il corporeo e l’incorporeo, la materia e la forma, ecc.)»5. All’interno della riflessione di Stefanini, Dio verrebbe pensato come un vero e proprio principio metafisico ovvero cosmologico, rimanendo ancora “dentro” il mondo. La vera trascendenza di Dio potrebbe però essere affermata soltanto attraverso il dogma della creazione. Ai convegni di Gallarate Carlini prende parte ancora una volta, l’anno dopo, anche se già comincia ad avvertire una certa insofferenza rispetto a quest’ambiente, ritenendo i convegni stessi alquanto deludenti, sia perché i metafisici classici dimostravano di non essere in grado di comprendere sino in fondo il cuore autentico della filosofia moderna, sia perché non riuscivano a capire il vero senso del suo stesso pensiero, del suo spiritualismo. In modo particolare, sulla filosofia moderna, Carlini tenta di offrire una propria interpretazione in un volume dato alle stampe sempre nel ’48: una raccolta di alcuni suoi scritti sul pensiero di Cartesio6 e nei quali viene offerta una lettura cristiana del pensiero del filosofo francese. Quella 5 6
Ibidem. Cfr. Id., Il pensiero di Cartesio, Laterza, Bari 1948.
110 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
inaugurata da Descartes era una speculazione che non doveva essere respinta, ma piuttosto riscoperta nella sua natura più autentica, cioè appunto cristiana. Una tesi che Carlini andava in verità difendendo già da qualche tempo e che terrà sempre viva lungo l’arco del propria riflessione. Nello stesso anno vengono alla luce altri scritti significativi, come La Metafisica del Rinascimento, apparso in «Giornale critico della filosofia italiana», Mistici e moralisti dell’esistenzialismo, pubblicato in «La Nuova Antologia», Introduzione allo studio di G. B. Vico, per il «Giornale di metafisica»; ma il nostro filosofo ha modo di curare anche le edizioni delle opere di Rosmini7, Hume8 e Locke9. L’anno dopo, nel ’49, riscoppia la disputa con Olgiati, ma con toni meno accesi rispetto alla precedente. Anzi questo secondo confronto risulta essere per certi versi addirittura più amichevole rispetto al primo, e Olgiati stesso non tarderà a comunicare a Carlini, in una lettera del 16 ottobre dello stesso anno, di aver apprezzato un suo recente scritto, riferendosi con ogni evidenza all’articolo Fede e ragione, apparso sulla rivista «Humanitas» sempre nel ’49. Ed è proprio la fede a contrassegnare gli ultimi anni di vita di Carlini. Questi infatti saranno anni attraversati da una radicale e profonda meditazione sul problema religioso, e la preoccupazione maggiore del filosofo sarà quella di trovare una qualche conciliazione tra fede e ragione. A questa indagine verrà dato spazio in particolare in tre opere: Perché 7 Cfr. A. Rosmini, Il principio della morale, a cura di A. Carlini, Laterza, Bari 1948. 8 Cfr. D. Hume, Compendio del trattato su la natura umana, a cura di A. Carlini, Laterza, Bari 1948. 9 Cfr. J. Locke, La conoscenza umana, a cura di A. Carlini, Laterza, Bari 1948.
111 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
credo (1950), Cattolicesimo e pensiero moderno (1955), Le ragioni della fede (1959). Opere che non mancheranno di suscitare delle reazioni negative tra i contemporanei, inducendo alcuni filosofi ad accusare Carlini addirittura di fideismo; accusa che Carlini respingerà con determinazione, anche se – come lui stesso lascia intendere – non sarà poi molto turbato da essa: «In verità di questa accusa io non mi sono mai troppo preoccupato, non perché facessi poco conto del giudizio degli amici, ma perché sentivo dentro di me quasi l’impressione di stranezza di tale accusa, sembrandomi al contrario, che, se la mia fede ha un punto di debolezza, questa le derivi dal soverchio ragionarci su, tanto da farne addirittura, una filosofia. Sì che, agli occhi miei, il difetto è, se mai, l’opposto: di filosofismo, ossia di razionalismo»10. I due concetti di fede e ragione, secondo Carlini, non devono essere separati, e il cristiano non potrebbe neppure definirsi “equilibrato” se non cercasse un qualche accordo tra i due: «Il cristiano è un uomo equilibrato, in cui la fede religiosa non è mai disgiunta dalla ragione, dalla riflessione: dalla pacata riflessione sui motivi della sua fede, la quale, quindi, è una fede consapevole di sé, veramente degna dell’uomo che non perde la padronanza di sé neppure innanzi al suo Dio che gli offre il suo amore: ché, anzi, in quell’amore egli sente, non già di perdersi, anzi di conquistare e arricchire quanto è di meglio nella propria umanità»11. Nel tentativo di difendersi dall’accusa mossagli, Carlini offre una propria interpretazione di due espressioni tradizio10 11
A. Carlini, Le ragioni della fede, Morcelliana, Brescia 1959, p. 36. Ivi, p. 32.
112 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
nali del lessico filosofico e teologico: «Credo ut intelligam, vuol dire: mettiti dentro la fede, e lì vedrai anche le sue ragioni: non stare, per discuterla, al di fuori di essa. Intelligo ut credam, a sua volta ti assicura che, più approfondirai le ragioni per le quali credi, e più viva e più profonda si farà, insieme, la tua fede»12. Il problema religioso ha sempre rappresentato per il nostro filosofo un punto veramente critico, dagli anni della sua giovinezza sino agli ultimi giorni della sua vita; ma se in principio esso poteva rappresentare un vero tormento esistenziale, negli ultimi anni della vita di Carlini, il problema religioso pare essersi risolto nella maniera più spirituale e genuina: attraverso la fede. E potremmo aggiungere che, in fondo, il problema della religione o della fede rappresenta, nella speculazione di Carlini, la controfacciata del problema stesso della metafisica. L’uno non può in alcun modo essere senza dell’altro. L’uno porta dentro sé e nasconde l’altro.
La «persona» in questione: il confronto con Luigi Stefanini Dopo l’infelice esperienza dei convegni di Gallarate, Carlini sente l’esigenza di ritornare su alcuni punti della riflessione di Stefanini. Questi, nel 1950 dà infatti alle stampe un piccolo volume che raccoglie una serie di saggi e interventi che avevano contrassegnato la sua attività negli anni precedenti13. Il primo e il più significativo di questi Ivi, pp. 38-39. L. Stefanini, Metafisica della persona e altri saggi, Editoria Liviana, Padova 1950. Tra i saggi compaiono: Il criterio d’autorità nella vita e nel pensiero, La crisi della civiltà, Ragione e irrazionalismo. 12 13
113 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
lavori – nonché quello che dà poi il titolo all’intero volume – è senz’altro Metafisica della persona, contributo che apparve l’anno precedente nel primo fascicolo della rivista «Humanitas» e che nacque dalle discussioni tenute durante il IV Convegno di Gallarate nel 194914. La metafisica classica, sostiene Stefanini in quest’ultimo contributo, non deve essere considerata tout court falsa o errata, ma soltanto incompleta. Ad essa infatti pare mancare l’elemento essenziale per assurgere al rango di una vera e propria filosofia dell’Essere. La metafisica tradizionale sembra seguire, per Stefanini, un percorso del tutto fuorviante, una via totalmente astratta e quindi del tutto sbagliata: essa si illuderebbe, in altri termini, di poter giungere, a partire dall’esperienza concreta e procedendo per deduzioni matematiche, a comprendere e abbracciare in qualche modo l’incontrovertibile: l’essere, il principio che può giustificare ogni particolare esistenza ed esperienza, e che può arrivare ad assumere via via la forma addirittura del “divino”, o comunque dello “spirituale”. Ma a ben vedere, seguendo questa direzione, la metafisica tradizionale sembra lasciarsi alle spalle tutta la concretezza della dimensione umana ovvero la personalità dell’uomo. «Per quale ragione», si domanda Stefanini, «si dovrebbe passare attraverso simile epurazione logica dell’esperienza, lavorando analiticamente su un concetto che, per essere al di sopra di ogni determinazione, non ha nulla da dischiudere a un processo meramente analitico, mentre ci troviamo di fronte, fin dal nostro primo atto mentale, a quell’esperienza piena che è la persona umana, dove l’essere, tutt’altro che Ricostruzione metafisica, Atti del IV Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Padova, Liviana, 1949. 14
114 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
nella sua vuota generalità, si manifesta nella vivente realtà dell’atto che è pensiero, volontà, amore?»15. È proprio all’interno dell’atto che per Stefanini è possibile accorgersi della concretezza dell’essere. Quest’ultimo non è infatti un’idea, un concetto o un mero contenuto mentale, ma vita concreta che anima il nostro spirito e dà senso alla nostra persona. È all’interno di quest’atto che si annida, agostinianamente, la verità del mondo; anche se comunque il nostro io non si identifica con l’essere stesso. Questo, infatti, per quanto concepito intrinsecamente allo spirito, resta pur sempre al di là della persona, andando a rappresentare l’orizzonte o il termine ultimo della ragione, orientata verso il progressivo perfezionamento di sé. L’atto umano, attraverso l’amore, la volontà, il pensiero, o attraverso la “parola” – elemento che più caratterizza l’uomo – attesterebbe, nell’anima personale, la presenza viva e concreta dell’essere o dell’assolutamente altro. L’assolutamente altro è Dio; e l’atto umano, attraverso l’amore, la volontà, il pensiero, o attraverso proprio la “parola”, attesterebbe la presenza di Dio nell’anima personale, perché è proprio questa attività dell’io l’immagine più chiara della divina esistenza. «La produttività dell’atto umano», scrive Stefanini, «è costitutiva di realtà, ma della realtà dell’immagine, cioè di quella realtà la cui positiva consistenza allude e significa altro da sé. Per l’immagine noi esprimiamo a noi stessi, validamente, sensi dell’essere nostro, dell’essere degli altri, dell’essere delle cose, dell’essere dell’assoluto […]. Sulla base del possesso sicuro, l’attività immaginistica apre la via 15
L. Stefanini, Metafisica della persona, op., cit., pp. 3-4.
115 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ad un’inesauribile problematica, insinuando nelle sue certezze l’inquietudine feconda del mistero»16. L’immagine dunque è il mezzo attraverso cui noi avvertiamo l’esistenza di «qualcosa d’altro»; rivela la drammatica tensione che c’è tra finito e infinito determinando in noi un senso di inquietudine. È qui che nasce il desiderio di trascendere il limite che connota la nostra persona, perché l’io sente in qualche modo l’esigenza di approssimarsi alla perfezione personale di Dio. La persona è allora un continuo farsi, un costante trascendimento empirico, secondo una concezione che Stefanini mutua prima da Gioberti e poi da Croce. Essa instaura con l’Assoluto un rapporto di natura “analogica”, perché attraverso il conoscere e l’agire, la persona emula il conoscere e l’agire divino. E l’anima è imago Dei. Per giungere a Dio converrebbe dunque non partire dall’esse, ma dal sum, se è vero che Dio è colui che di sé disse “Ego sum qui sum”. È il sum il punto di partenza della metafisica della persona. Questo dovrebbe anche essere l’avvio del pensiero contemporaneo, per Stefanini, in opposizione a quanto aveva fatto già il pensiero moderno. Quest’ultimo infatti avrebbe collocato al posto dell’uomo e al posto di Dio una logicità impersonale, capace di risolvere in sé i tratti individuali della persona. Tale logicità coinciderebbe, in altre parole, con lo Spirito di Hegel e con la Ichheit di Fichte. La rivolta del pensiero contemporaneo contro la modernità sarebbe allora a tutto vantaggio della persona, umiliata da quel logicismo dialettico. Stefanini muove un’aspra critica nei confronti del trascendentalismo, a cominciare da quello kantiano, secondo 16
Id., Idealismo cristiano, Zannoni, Padova 1932, p. 97.
116 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
il quale l’io altro non sarebbe che una semplice funzione e non già una sostanza o un atto vitale ed esistenziale. Il trascendentalismo ammetterebbe l’immanenza del pensiero nelle cose, intendendo il pensiero però come la forma di esse, con l’impossibilità di cogliere, oltre che l’unità delle sintesi del pensiero, l’unità stessa del soggetto che pone queste stesse sintesi. «Nella Dialettica trascendentale», scrive Stefanini, «le antinomie che investono la Teologia razionale non sono altro che un’illazione dalle premesse stabilite nella Psicologia razionale: è la mancata conquista del principio spirituale nella persona umana che impedisce a Kant di conquistare il principio spirituale nell’Assoluto»17. Kant dunque avrebbe fallito doppiamente, dal momento che fu incapace di vedere il “chi” delle forme trascendentali e, conseguentemente, di comprendere Dio. Tutte queste considerazioni inducono Stefanini a tentare una possibile correzione del pensiero trascendentalista (nelle forme dell’idealismo e del marxismo), e per far questo egli concepisce l’io non più «quale forma immanente nella empiricità»18, ma precisamente come «principio produttivo delle forme in cui va organizzandosi il mondo nella sua esperienza»19. Nello stesso anno di pubblicazione del volume di Stefanini, Carlini scrive un articolo sul «Giornale critico della filosofia italiana»20: un contributo certo non molto polemico, ma che ha l’aria di essere in qualche modo un atto di sfida Id., Metafisica della persona e altri saggi, op. cit. p. 9. Cfr. Ivi, p. 10. 19 Ibidem. 20 A. Carlini, Incontri e scontri con Stefanini e con Sciacca, in «Giornale critico della filosofia italiana», 4, 1950, pp. 481-93. 17 18
117 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
nei confronti dell’amico-rivale Stefanini. Il nostro pensatore in prima istanza sembra essere in accordo con la posizione assunta dal filosofo personalista, perché la “persona”, intesa come pensiero, volontà e amore, è da considerarsi in effetti anche per Carlini il punto di partenza per avviare un percorso di “completamento” della metafisica dell’essere. Muovendo da Agostino, Descartes, Pascal, Blondel, lo spiritualismo cristiano rifiutava l’essere astratto della metafisica tradizionale (ammesso, invece da Olgiati), ma ammetteva l’essere come coscienza, spirito, personalità. Quello che in sostanza gli spiritualisti ponevano a fondamento della propria speculazione era la vivente realtà e concretezza dell’atto spirituale21. Fin qui i nessi, ma il punto di frattura tra Carlini e Stefanini emerge in modo particolare nel significato di «sostanza razionale individua» che il filosofo trevigiano attribuisce alla “persona”, creando egli così i presupposti per lo sviluppo di una psicologia razionale da anteporre a una teologia razionale. Ora, la psicologia razionale appartiene – come Carlini osserva – alla scienza dell’essere, mentre la ragione di cui parlano gli spiritualisti – e cioè volontà e amore – è cosa ben diversa da quella concepita dal tradizionale e vecchio razionalismo, cui Stefanini per taluni aspetti sembra ri21 Sul significato autentico dello spiritualismo ritorna anche Michele Federico Sciacca: «L’idealismo non tiene conto che la parola “spirito”, nel significato pregnante che diamo a essa, è stata rivelata dal Cristianesimo. Dire “spirito” è dire una verità cristiana; perciò non concepiamo uno spiritualismo, che sia veramente tale, che possa non essere cristiano. E dunque noi, un tempo attualisti, quando abbiamo voluto essere, come voleva Gentile, integralmente spiritualisti, abbiamo cessato di essere attualisti o immanentisti, appunto perché […] il principio di spirito implica un elemento incompatibile con una posizione immanentista», in M. F. Sciacca, L’interiorità oggettiva, Marsilio, Venezia 2019, p. 29.
118 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
allacciarsi. La conseguente teologia razionale poi, dal canto suo, sembrerebbe evocare la teologia scolastica; quella teologia cioè che aveva posto al centro della sua indagine un Dio che ricordava quello dei filosofi antichi: “causa” e non “creatore” del mondo. Psicologia razionale sarebbe, dunque, la realtà vivente di quell’atto ch’è pensiero, volontà, amore? O si è egli [Stefanini, n.d.r.] dimenticato che la cosiddetta «Psicologia razionale» appartiene a quella «Metafisica dell’essere», che dianzi ha messa da parte come non rispondente al nostro programma? Là, infatti, la persona umana è definita come quella «sostanza razionale individua», che giustifica il titolo. Ma per noi quella definizione, meramente classificatoria, ossia naturalistica […], evidentemente non ci dice nulla, anzi deforma il nostro punto di partenza. La ragione, di cui noi parliamo per l’uomo in quanto spiritualità e personalità, è atto di coscienza, di coscienza di sé, ch’è pensiero, volontà, amore. Che ha essa che vedere con quella ragione del vecchio razionalismo?22
Gli spiritualisti parlano del Dio di Gesù, l’unico Dio in grado di rispondere con più convinzione al problema che noi siamo per noi stessi. La filosofia spiritualista, per questi motivi, non può essere separata dalla fede, ma deve piuttosto includerla in sé, andando così a costituire un vero preambolo alla «nostra Teologia», come Carlini stesso scrive, cioè alla teologia cristiana. Così, secondo l’interpretazione del filosofo de La vita dello spirito, Stefanini si sarebbe un po’ distaccato dai principi autentici dello spiritualismo cristiano a causa di un vero fraintendimento: egli aveva mal inteso il valore della persona e aver riproposto un concetA. Carlini, Incontri e scontri con Stefanini e con Sciacca, in Id., Che cos’è la metafisica?, op. cit., pp. 81-82. 22
119 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
to di razionalità che risultava oramai sterile. Non si fecero attendere le repliche del filosofo trevigiano. Questi infatti già nel 1951, sullo stesso «Giornale critico della filosofia italiana», scrisse un puntuale articolo in risposta alle accuse carliniane. Ma nonostante gli evidenti dissapori, non mancò l’occasione di un qualche pacifico accordo tra i due pensatori. Considerando infatti la spiritualità come la dimensione più propria dell’essere umano, e sede in cui l’io si fa problema a se stesso intuendosi come finito, ma anche e soprattutto come apertura all’Altro, fonte e ragione della sua stessa esistenza, Carlini e Stefanini riuscirono a trovare un saldo punto d’equilibrio tra le loro due rispettive filosofie.
Essere e pensiero: il confronto con Michele Federico Sciacca Il primo incontro tra Carlini e Sciacca risale al 1935, quando il filosofo de Il mito del realismo è a Palermo per presiedere al XIV congresso della Società italiana per il progresso delle scienze, tenutosi dal 12 al 18 ottobre. Durante queste giornate, Carlini interviene con diverse relazioni: Orientamenti e problemi speculativi del pensiero filosofico italiano nell’età presente; Notizia su la condizione degli studi filosofici in Italia all’inizio dell’anno XIII E.F.; La filosofia e il pensiero scientifico23. Carlini però già conosceva Sciacca, col quale aveva avviato da due anni uno scambio epistolare molto intenso: lo testimoniano le circa 400 lettere che si sono scambiati dal 1933 al 1959. Nonostante il rapporto di amicizia e di stima che legava Cfr. Programma definitivo della 24a riunione: Palermo, 12-18 ottobre 1935, Società italiana per il progresso delle scienze, Roma 1935. 23
120 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
i due, Carlini sente di doversi in qualche modo distaccare da Sciacca sul piano strettamente dottrinale. Sul pensiero del filosofo siciliano, cerca di chiarire il proprio punto di vista quando quest’ultimo dà alle stampe Filosofia e Metafisica, un «libro denso di pensiero, forte per l’assiduità della meditazione intorno al problema centrale in cui egli da anni e anni si tormenta, in continua concordia e discordia con me»24. È il problema del rapporto tra pensiero ed essere, immanenza e trascendenza, che viene risolto o comunque chiarito da Sciacca nell’ottica di un singolare idealismo oggettivo25. Volendo con ogni evidenza ritornare a Platone, Sciacca tenta a modo suo di offrire una qualche alternativa all’idealismo di tipo soggettivo che invece considera la realtà totalmente “posta” dal pensiero. E nella critica al pensiero moderno, inteso appunto come idealismo soggettivo in quanto fondato sul potere misurante della ragione, assunta dogmaticamente, è possibile ravvisare inoltre uno degli aspetti più emblematici e significativi che vanno ad accomunare Sciacca e Rosmini26, «in un A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 98. Sciacca a tal proposito specifica: «[…] quando mi capita di parlare di “spiritualismo cristiano” o di “idealismo oggettivo o trascendentalista” (accetto, ormai, almeno per me, questa seconda etichetta), mi riferisco sempre e soltanto alla mia prospettiva filosofica senza chiamare come “correi” altri noti pensatori italiani appartenenti alla stessa corrente, anche se, per l’affinità intellettuale che ci lega, possa sentirmi a mio agio sotto quella denominazione. […] è vero […] che non c’è verità se non per un pensiero che la pensa, ma, nel caso del pensiero umano, ciò non significa affatto che il pensiero “ponga” la verità. Idealismo, dunque, ma idealismo oggettivo (valore ontologico della verità): distinzione netta e irriducibile tra la verità oggetto del pensare e il soggetto pensante», in M. F. Sciacca, L’interiorità oggettiva, op. cit., pp.19-24. 26 Sottolineando l’importanza che nello sviluppo del pensiero di Sciacca, e della sua critica nei confronti del pensiero moderno, ha avuto Antonio Rosmini, Prini scrive che «[…] lo Sciacca riconosceva al Rosmini il merito di essere 24 25
121 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
‘nuovo’ paradigma metafisico», i cui momenti essenziali – se non proprio centrali – sono costituiti da un lato dalla «fondazione dialettica dell’idea dell’essere», e dall’altro dallo «sviluppo di un’ontologia triadica»27. Ad ogni modo, la critica al pensiero moderno è da vedersi nel rifiuto convinto di concepire, in altre parole, la realtà come identica al concetto, idea che tocca con Hegel le vette più alte e che viene poi ripresa dal neoidealismo italiano, in particolare gentiliano. Così come rifiuta il soggettivismo (la realtà ridotta a idea), Sciacca cerca di rifiutare il realismo (la realtà è prima del pensiero), in una ontologia fondamentale capace però di integrare e armonizzare fra loro «i validi aspetti di entrambe le posizioni»28. Così facendo, Sciacca rimetterebbe in circolo la dualità kantiana tra ‘soggetto’ e ‘oggetto’29, concetti che, per il filosofo de La vita dello spirito, sono di chiara ed evidente «provenienza gnoseologica» e che, una volta estesi alla totalità della vita spirituale, rischiano di alterare in modo radicale il significato e il senso stesso dei problemi che la spiritualità implica. stato “la grande consapevole protesta contro il significato ‘scorretto’ del termine idea”. Non è il contenuto di una rappresentazione e neppure una funzione trascendentale di totalizzazione, ma piuttosto un “apriori ontologico”, “il primo atto universale dell’essere”, che è ciò in cui la mente dimora e che la costituisce e insieme la trascende. L’idea come inizialità onto-logica di ogni atto spirituale ne fonda il valore e ne garantisce la consistenza. Perché non è nient’altro che l’Essere stesso nel suo manifestarsi dentro i limiti della nostra finitezza», in P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, op. cit., p. 152. 27 Cfr. M. Krienke, Ontologia trinitaria come ‘altra metafisica’ nel pensiero di Michele F. Sciacca, in «Giornale di Metafisica», XXX, N. 3, 2008, pp. 463484. 28 Ivi, p. 465. 29 Ivi, pp. 466-7.
122 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Seguendo la via indicata dagli scolastici30 e nello stesso tempo partendo dall’interiorità, Sciacca sviluppa un proprio tipo di spiritualismo, caratterizzato dal fatto di essere, oltre che oggettivo, anche trascendente. Un aspetto che Carlini sottolinea e su cui sviluppa le sue analisi. Il percorso intrapreso da Sciacca per giungere alla sintesi di soggettivismo e realismo, osserva infatti il nostro filosofo, potrebbe essere affiancato o comunque sovrapposto a quello già compiuto da Spinoza nel suo tentativo di emendare sempre più l’intelletto umano. Sciacca, come Spinoza, vorrebbe infatti giungere alla verità proprio attraverso l’intelletto, superando così la conoscenza sensibile delle cose, in quanto quest’ultima mostrerebbe – sia per l’olandese e sia per il siciliano Sciacca – tutta la sua imperfezione o inadeguatezza nel cogliere la profonda verità del Sommo Bene ovvero Dio. Considerando la filosofia come ricerca costante della verità, sempre posta al di là del pensiero, Sciacca fa coincidere la filosofia stessa con la metafisica. Se la filosofia è aspirazione, come lui dice, a conoscere il creato nella sua totalità e interezza e a coglierlo, dunque, nel suo fondamento ultimo, essa non può non essere metafisica. 30
In una analisi dettagliata di quelle che sono state le tappe del percorso teoretico di Sciacca, Caturelli pone in rilievo le fonti cui ha attinto il filosofo di Giarre nella sua singolare metafisica dell’integralità o del suo idealismo oggettivo, scrivendo: «Insieme con l’esigenza di concretezza che è molto di più dell’andare alle cose stesse, sia il realismo dell’essere sia il teismo della neoscolastica italiana hanno giocato un ruolo importante nella formazione della filosofia di Sciacca: soprattutto l’insistenza del tomismo (Olgiati, Chiocchetti, Zamboni) sull’irriducibilità dell’essere al pensiero pensante e la difesa dell’immortalità dell’anima individuale sono state sollecitazioni che hanno mosso lo spirito dei giovani fedeli all’attualismo e in genere all’immanentismo», in A. Caturelli, Michele Federico Sciacca. Metafisica dell’integrità, Edizioni Ares, Milano 2008, p. 53.
123 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Una concezione, questa, diametralmente opposta a quella di Carlini per il quale la filosofia è, come è possibile intuire, “più” della metafisica e non può in alcun modo coincidere con essa, né essere anche metafisica, come voleva tra l’altro Carabellese. Anzi, la metafisica per lui è semmai, come abbiamo già detto, in funzione della filosofia. Non potendo concepire la metafisica se non come scienza dell’essere, dunque, Carlini interpreta il concetto di creazione usato da Sciacca come qualcosa di simile a quello di “causa causorum”. La creazione altro non sarebbe che l’atto primo posto a fondamento dell’esistenza degli enti, per Sciacca, quell’atto – in altre parole – capace di far essere le cose in quanto tali31. Ma il dogma cristiano della creazione avrebbe a quanto pare ben altra portata, e certamente non può essere ridotto – come d’altronde si è già affermato – a mera causa dell’essente. Il dogma della creazione per Carlini «porta anzitutto alla considerazione di Dio come esistenza del tutto indipendente da quella del mondo: ch’è, filosoficamente, la condizione prima per la fondazione del concetto di personalità»32. Inoltre «il nostro Dio è puro spirito, spiritualità pura, esistenza in senso diverso da quella del mondo»33. Attraverso questo dogma, in fondo, noi comprenderemmo una grande verità: la presenza, oltre alla nostra, di un altro tipo di esistenza che è pura spiritualità e dunque assoluto valore. Nelle loro singolari considerazioni di Dio quale Verità e fonte di tutti i valori, Sciacca e gli scolastici cadrebbero inequivocabilmente nel mito del realismo. Cogliere invece 31
«Io sono un’idea di Dio, voluta da Dio; tutti gli esseri sono idee di Dio, volute da Dio: pensate e volute una per una, singolarmente», M. F. Sciacca, Filosofia e metafisica, Marzorati, Milano 1962, p. 123. 32 A. Carlini, Che cos’è la metafisica? op. cit., p. 103. 33 Ivi, pp. 107-108.
124 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
il significato più autentico di Dio significa, agostinianamente, trascendere noi stessi, pur rimanendo dentro la nostra interiorità34. Operazione che però agli occhi di Sciacca risulta essere palesemente impossibile, non realizzabile, e per taluni aspetti assurda. E ciò per almeno due motivi di fondo. Innanzitutto perché Carlini parlerebbe di un pensiero ancora in senso kantiano, e poi perché la trascendenza, nella sua riflessione, si aggiungerebbe – come sappiamo – al pensiero critico soltanto per fede. Pertanto, o si procede mediante una sistematica negazione del pensiero critico, da Kant in poi, oppure ci si deve rassegnare a non vedere mai sorgere la trascendenza stessa, restando così entro gli orizzonti dell’idealismo immanentista. Per Sciacca, dunque, sarebbe del tutto impossibile (come lo era per Olgiati) il passaggio dal trascendentale al trascendente, così come del resto risulta altrettanto impossibile armonizzare fra loro filosofia e fede o idealismo e cristianesimo35.
La ricerca dell’Incontrovertibile: il confronto con Ugo Spirito La mondanizzazione della filosofia tipica del pensiero gentiliano-crociano può avere il merito di far comprendere meglio il senso della problematicità carliniana, che consiste nell’idea secondo cui «l’uomo che vive nel mondo non può mettere in dubbio l’esistenza del mondo, se non vuol mettere in dubbio anche l’esistenza di sé a sé», pertanto deve pensare e vivere nel mondo stesso «per realizzare in esso la sua inteIvi, p. 108. Cfr. A. Caturelli, Michele Federico Sciacca. Metafisica dell’integrità, Edizioni Ares, Milano 2008, p. 120. 34 35
125 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
riorità, ben sapendo, tuttavia, ch’egli trascende nella pura interiorità di sé a sé quella esistenza»36. A prima vista, il mondo esteriore sembra un vero e proprio ostacolo per la spiritualità, una sorta di limite invalicabile e contro cui si deve in qualche modo combattere, e tuttavia esso rappresenta un elemento necessario per l’uomo, perché l’uomo scopra finalmente il valore che meglio lo connota e meglio lo contraddistingue. Già da queste preliminari considerazioni, è possibile ravvisare interessanti affinità col pensiero di Heidegger. Per il filosofo di Essere e tempo lo spazio della deiezione dell’Esserci, infatti, ovvero la sfera inautentica della «chiacchiera» e del «si dice» non deve essere incondizionatamente e del tutto rigettata, ma al contrario essa risulta essere importante perché il Dasein, attraverso un contro movimento, giunga via via a scoprire le radici della sua angosciante e spaesante autenticità. Ma se per Heidegger questa autenticità parla con ogni evidenza il linguaggio del Niente, quella di Carlini è a ben vedere la manifestazione chiara e lampante dell’esistenza di Dio. Quando l’uomo fa centro in se stesso e comincia a chiedersi il perché di tutto ciò che esiste, trova la sua risposta nel Valore assoluto. L’uomo allora si accorge che il suo io non è una funzione, così come sosteneva Kant, né immagina che la sua esistenza è sospesa sul nulla, e né tanto meno crede di essere un tragico pendolo oscillante tra la vita e la morte, tra persuasione e rettorica, come voleva Michelstaedter; ma si accorge – e sa – di essere puro valore. Ne è convinto grazie e soprattutto alla fede religiosa autentica, cioè mediante quella fede nel Dio della creazione, nel Dio di Abramo come nel Dio di Gesù. 36
A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 135.
126 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il problematicismo di Carlini assume dunque un aspetto originale e non si accorda con quello elaborato e sviluppato per esempio da Ugo Spirito, con il quale il nostro filosofo entrerà non a caso in polemica. E non si accorda con quello spiritiano per diverse ragioni. Il significato del problematicismo consisterebbe nella sua interezza, a detta di Spirito, in una mera ricerca di carattere scientifico37, il cui fine è definire e circoscrivere il Tutto. Dunque il punto verso cui deve tendere tale ricerca è così l’Assoluto38. E tuttavia, lo stesso Spirito si accorge anche che in fondo definire una volta per tutte l’Assoluto con gli strumenti offerti dalla scienza non permette di intendere Dio o comunque la Verità. Per questo risulta essere quanto meno necessario un superamento della metafisica di stampo tradizionale o classico – che tutto tende a circoscrivere entro uno sguardo onnicomprensivo – e 37 Sulla identità di filosofia e scienza in Spirito, Corradi scrive che con l’avvio del nuovo indirizzo di pensiero risalente al 1926 «lo Spirito ritiene che l’attualismo gentiliano, pur risolvendo in sé tutta la speculazione precedente, non sappia a sua volta sottrarsi alla contraddizione intellettualistica di definire l’Atto e, conseguentemente, di trascenderlo. È allora che ne prende le distanze con la tesi della identità di filosofia e scienza […] Secondo questa tesi, filosofia e scienza non sono più concepite come scienza suprema la prima e pseudoscienza la seconda (Croce) o scienza dei particolari (Gentile); ma entrambe sono intese come consapevole esperienza della vita considerata nella sua globalità, “dalla politica all’arte”», in E. Corradi, Il pensiero di Ugo Spirito e l’attualismo gentiliano, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», Vol. 67, N. 2, 1975, p. 301. 38 Cavallera specifica quali siano il compito e il fine della filosofia per Spirito in questi termini: «Spirito pone al centro del mistero della vita non l’ignoto, bensì l’antinomia, per cui compito della filosofia è giungere all’incontrovertibile. In questo la ricerca filosofica ha un nesso inscindibile con la religione, e per questo la filosofia è metafisica. […] la storia della filosofia è la storia dei tentativi di giungere all’incontrovertibile, una lunga sequenza che conduce, per il filosofo, all’idealismo e in particolare all’attualismo, per il quale la filosofia è l’universalità di ogni sapere», in H. A. Cavallera, Ugo Spirito. La ricerca dell’incontrovertibile, Edizioni Seam, Formello (RM) 2000, pp. 28-29.
127 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
intendere la filosofia come una vera e propria problematicità. Pensare, per il filosofo toscano, deve pertanto equivalere a obiettare39, cioè appunto problematizzare la realtà in tutta la sua complessità. Da questo punto di vista, Spirito intende superare addirittura l’attualismo di Gentile, perché la riflessione di Gentile si era in un certo senso ridotta a suo modo di vedere a una formula sempre più dogmatica, incapace per ciò stesso di accogliere dentro di sé la problematicità della vita40. Per questa ragione, la riflessione di Spirito, già nel ’37 quando scrive La vita come ricerca, senz’altro l’opera che segna il distacco ufficiale dall’attualismo, subisce un’inversione di rotta e segue dunque la strada di un particolare «dialettismo problematico», fondato sul «non so» ovvero sulla messa in questione anche di ciò che può essere considerato come acquisito e conosciuto una volta per tutte; una curvatura delle iniziali premesse attualistiche che porta via via Spirito a vedere nell’amore e nell’arte, oltre che nella mera ricerca, la via alternativa alla stessa scienza per poter attingere l’Assoluto, mai totalmente afferrabile41. Evidenti in tal senso gli 39 Spirito scrive con molta chiarezza che «Pensare significa obiettare. L’ingenuo ascolta e crede; riceve passivamente la parola altrui, così come i suoi occhi ricevono la luce. […] Il mistero della vita non è semplicemente l’ignoto, ma l’antinomia. Se fosse soltanto l’ignoto potremmo abbandonarci all’ignoranza, ma di fronte all’antinomia non è concesso riposo. […] Risolvere l’antinomia […] significa trovare Dio. Per quanti tentativi io faccia, non riesco a pensare a Dio altrimenti che come soluzione di tutte le antinomie, sapienza conclusa», in U. Spirito, La vita come ricerca, Sansoni, Firenze 1948, pp. 7-16. 40 Cfr. A. Tarquini, voce “Ugo Spirito”, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93, Treccani 2018. 41 Sulla fase del “dialettismo problematico” di Spirito, Corradi scrive: «Nel 1937 […] egli [Spirito, n.d.r.] da una parte si rende conto che l’Atto non può risolvere in sé il momento definitorio, che anche l’estremo tentativo anti-intellettualistico di istituire un conoscere che sia un fare non può eludere la riflessione
128 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
influssi di Ardigò, il cui pensiero Spirito assimila naturalmente attraverso Enrico Ferri, il suo primo maestro. «Fuori dalla finestra», scriverà poi Spirito, «cantano gli uccelli e stormiscono le foglie. Nell’anima sorprendo letizia e malinconia. Se rifletto, mi accorgo che la letizia ha la stessa ragione della malinconia; la coscienza, cioè, della pienezza di vita che quel canto e quello stormire non possono non significare, […] la coscienza dello sfuggirmi di quell’infinito di cui il canto degli uccelli è testimonianza, […] e, per quanto mi sforzi di interpretare il loro canto e, attraverso il loro canto, la loro vita, il loro volo, il loro partecipare al sistema della natura, non riesco a superare la loro alterità […]. Non per questo, tuttavia, mi stanco di ascoltarli, ché anzi cerco di intenderli sempre di più e di togliere sempre di più il diaframma che da loro mi separa, come mi separa dalle foglie che stormiscono. E mi par di avvertire che tra uccelli e foglie il diaframma sia minore che tra me e loro e mi domando se questo non avvenga perché ho chiuso il mio cuore alla vera comprensione e perché ho sostituito il giudicare all’intendere»42. La presa di distanza da parte di Carlini rispetto al pensiero di Spirito, avviene comunque quando il filosofo de su di esso, e che pertanto non si può rinunciare al momento teoretico-metafisico. D’altra parte, a causa della logica della dialessi ereditata dall’attualismo gentiliano, è convinto che bisogna rinunciare a questo momento, perché ogni definizione del Tutto lo paralizza. La situazione è palesemente antinomica e non può risolversi eliminando uno dei due termini. Non rimane che dichiarare il più radicale “non so” con cui lo Spirito esprime la consapevolezza di trovarsi in una situazione di problematicità. È la fase del “dialettismo problematico”, i cui momenti di sviluppo sono rappresentati dalla vita come “ricerca”, come “arte” e come “amore”», in E. Corradi, Il pensiero di Ugo Spirito e l’attualismo gentiliano, op. cit., p. 301. 42 U. Spirito, La vita come amore. Il tramonto della civiltà cristiana, Sansoni, Firenze 1970, p. 33.
129 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il mito del realismo si rende conto di come il problematicismo spiritiano sia caduto anch’esso – e suo malgrado – in una sorta di metafisica, più esattamente «scivolato in un problematicismo logico-metafisico»43. A caratterizzare in modo particolare l’ossatura e la struttura portante di tutto il pensiero problematicista di Spirito – osserva Carlini – è la ripresa delle due tipiche posizioni metafisiche: lo scetticismo e il dogmatismo. Spirito partirebbe dal presupposto che il pensiero, nel momento stesso in cui decide di intraprendere il suo cammino di ricerca, ammette sin dall’inizio l’esistenza di una realtà fuori dell’atto stesso del pensare. In altri termini ammette dogmaticamente la verità assoluta dell’oggetto fuori di sé. E tuttavia, «mentre pone quel presupposto, già lo sconfessa, perché il pensiero è ricerca, è critica, è riflessione che non si può attuare senza cominciare col mettere in dubbio quello che si afferma. La posizione dogmatica è così contraddetta dalla posizione stessa del pensiero in quanto ricerca»44. Carlini manifesta anche un certo fastidio rispetto al lessico utilizzato dall’altro filosofo. A non convincerlo per esempio è il significato attribuito alla parola ‘ricerca’. A uno sguardo più attento, lo scienziato non andrebbe infatti alla ricerca dell’Assoluto, perché questo non rientra nell’orizzonte dei suoi interessi e non è per lui un problema da risolvere. In fondo si potrebbe dire che la realtà esteriore è fuori questione per l’uomo di scienza, e ogni scienziato comincia le sue indagini partendo da presupposto di una realtà già “data”, e il suo lavoro è soltanto quello di comprenderne il meccanismo sotteso. 43 44
A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., p.180. Ibidem.
130 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
In fondo già Kant riconobbe che la ricerca euristica non può fare a meno di un presupposto incondizionato come il mondo, e chiamò questa idea «idea cosmologica». Ma Kant, come si sa, a tale idea ne affiancò altre due: l’«idea psicologica», che corrisponderebbe alla esistenza della personalità, e l’«idea teologica», che farebbe riferimento all’esistenza di Dio. Tre idee, allora, che però non potrebbero in nessun modo diventare «oggetto» di scienza, e tuttavia fondamentali perché lo scienziato possa dar vita a ogni sua indagine. Partendo da questa preliminare considerazione della filosofia kantiana, Carlini può ritenere di essere nel giusto quando afferma che il filosofo di Königsberg andrebbe verso una «metafisica esistenziale», e non ontologica. In effetti, quei presupposti sono tali unicamente per l’uomo. Pur seguendo a suo modo l’andamento della riflessione criticista kantiana, Spirito sconfinerebbe però nel panteismo. L’Assoluto di cui Spirito parla, se da un lato mostra di essere posto dalla ricerca in sé – andando ad assumere paradossalmente i connotati di un principio attualistico – dall’altro lato, però, Spirito dichiara di non sapere se effettivamente esista o no quell’Assoluto da cui egli pur muove la sua indagine. È qui dunque il «displuvio» tra Spirito e Carlini. Quest’ultimo osserva che «l’atto del Gentile non dice: non so. Esso è, anzi, un sapersi, è coscienza di sé (che riduce a sé anche l’altro da sé)», mentre Spirito annulla «il sapersi e lo trasforma in un non so orientato verso il problema dell’altro da sé»45. Se dunque per Carlini il mondo o il problema del mondo esiste per l’uomo e la metafisica di per sé è da intendersi – come si è detto – in funzione della filosofia; per Spirito, al contrario, è proprio la filosofia ad 45
Ivi, p. 183.
131 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
essere al servizio della metafisica. «Io riconosco», precisa Carlini, «che deve esserci una metafisica esistenziale, tuttavia, non ontologica; e che questa metafisica è perciò in funzione della filosofia, così come il mondo è in funzione della nostra vita spirituale»46. Una posizione, questa, che in un certo qual senso riprende, e allo stesso tempo prosegue, la ricerca “metafisica” già avviata (e interrotta) da Kant. Il Tutto cui Spirito allude è sostanzialmente quell’«organismo» di cui tutti facciamo parte quali suoi organi costitutivi. E l’uomo, da questo punto di vista, gioca un ruolo fondamentale, perché sarebbe il “mezzo”, lo strumento, il medium, attraverso il quale la voce del tutto può esprimersi e dunque inverarsi. Ciò perché l’uomo, rompendo ogni possibile diaframma interposto tra soggetto e oggetto, si unifica al reale. Ogni realtà e ogni creatura non può che essere “divina”, per Spirito, e lo è in senso evidentemente spinoziano; e anche il male, il brutto e l’errore lo sono. In tutto questo non vi è alcuno spazio allora per il «negativo», perché il reale, nella sua globalità, è da intendersi soltanto come «positivo». Sforzarsi di comprendere questa positività del reale significa, per Spirito, realizzare l’ipotesi di una «vita come amore»; di una vita, cioè, orientata “cristianamente” verso la comprensione sempre più piena dell’altro. In fondo era questo anche il pensiero di Spinoza, quando per esempio Spinoza sosteneva che intendere la Natura nel suo meccanicismo sotteso equivale ad amare il Sommo Bene. Una condizione che si raggiunge dopo un lungo percorso di emendazione – diremmo in alternativa ‘purificazione’ – dell’intelletto. E così come per giungere alla comprensione adeguata della Natura occorra sospende46
Ibidem.
132 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
re il giudizio, secondo il filosofo olandese autore dell’Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, anche per Spirito, l’assenza di “giudizio”, o la sospensione della parola, sembra essere il presupposto fondamentale su cui edificare la conoscenza più adeguata dell’assoluto, del tutto o di Dio. Ed è così che il filosofo di Arezzo può rispondere a Carlini dicendo che «Quel “non so” è frutto proprio di questa esperienza concreta. Io non mi sento di giudicare il prossimo mio, e propriamente perché sono sicuro che il mio giudizio, quando è negativo, è soltanto presunzione e, quando è positivo, non è veramente giudizio, ma atto di amore, atto di unione, che mi rende possibile, a poco a poco, attraverso il colloquio, la comprensione di quell’aspetto negativo, che in principio mi appariva tale»47. Ma natura e spiritualità, per Carlini, non possono essere la stessa cosa, e non possono dunque essere messe sullo stesso piano, né essere discusse nella medesima sede, perché mentre la prima ci porta fuori di noi, la seconda ci porta al contrario dentro di noi ovvero dentro la nostra interiorità. Cristianesimo e panteismo non possono per nulla coincidere, così come vorrebbe Spirito, perché il Dio del cristiano è Persona e spiritualità pura; mentre il dio dei panteisti è la Natura intesa nella sua totalità. Per il cristiano inoltre il male esiste, ed è corruzione, assenza di bene, errore e peccato; mentre per i panteisti non c’è nulla che sia “bene” o “male”: in essi manca, in sostanza e con ogni evidenza, il problema; cioè è assente ogni forma di dialettica, poiché tutto è risolvibile entro l’orizzonte di un unico concetto onnicomprensivo e omologante: quello di un Assoluto tutto abbracciante (vedi Jaspers) che è alfa e omega del mondo. 47
Ivi, pp. 169-199.
133 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
A differenza di Spirito, Carlini tiene così saldo il principio più autentico e profondo dell’idealismo: la spiritualità. E la fede, quale «principio la cui fondatezza dev’essere riconosciuta anche dalla ragione più rigorosamente critica, ha poco anzi nulla a vedere con la interpretazione di essa che fu già di Laberthonnière, e che Gentile convalidò, sia pure a suo modo, come di un volontarismo opposto all’intellettualismo greco»48. Non solo la sua posizione è diversa rispetto a quella di Spirito, ma anche rispetto a quella di Laberthonnière, per il quale la fede costituiva addirittura uno stato di bontà, in cui l’uomo, in virtù della grazia ricevuta, poteva aspirare a una vita divina. Tradendo i suoi debiti nei confronti di Agostino ma anche di Tommaso, Carlini invece crede che la fede deve essere in qualche modo convalidata dal pensiero critico, cioè dalla ragione. Essa è un orientamento dell’intera anima verso Dio e il problema che la fede rappresenta risulta così essere tutto interno all’atto stesso, che è sì riflessione (grazie a cui si ha coscienza di sé ovvero autocoscienza) ma anche slancio di amore verso Dio. Fede e ragione allora si compenetrano, senza però confondersi e annullarsi in una possibile sintesi hegeliana. «La fede del cristiano», scrive Carlini, «non è dogmatica nel senso del criticismo volgare, illuministico, ereditato dall’idealismo […]: essa ha in sé la sua ragione (il suo “argomento” come dice Dante con S. Paolo). È certezza, sì, ma non nel senso che respinga il dubbio, ossia la riflessione, perché anzi, della riflessione critica si alimenta e gode per affermarsi sempre più pura»49. 48 49
Ivi, p. 137. Ivi, p. 138.
134 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Il confronto con Bontadini e il dogma della creazione Intendendo in questo modo la fede, Carlini si discosta anche da Gustavo Bontadini. Quest’ultimo aveva la pretesa di giungere alla conoscenza di Dio rimanendo all’interno degli angusti orizzonti della esperienza mondana, e cioè dentro i confini di quella che egli chiamava «Unità dell’esperienza». In questo modo Bontadini andava alla ricerca, agli occhi di Carlini, di Dio senza però quel sentimento religioso in grado da sé solo di farcelo vedere «dovunque si gira lo sguardo»50. Bontadini pretendeva insomma di cercare Dio nel mondo dell’esperienza attraverso una «inferenza metempirica» o con una «mediazione metafisica»: espressioni di cui il pensatore neoscolastico milanese si avvale in L’attualità della metafisica classica, la prolusione presentata nel 1953 all’Università Cattolica di Milano, poi fatta successivamente pubblicare nello stesso anno sulla «Rivista di filosofia neoscolastica»51, e a cui Carlini replica con Metafisica e antimetafisica, un lettera a Bontadini apparsa l’anno dopo sul «Giornale critico della filosofia italiana»52. Spostando l’attenzione sulla totalità del reale, Bontadini – come il suo collega Olgiati – aveva liberato la metafisica tradizionale scolastica dalle fastidiose incrostazioni della filosofia naturale. Ambedue avevano universalizzato il concetto stesso di essere in quanto essere, quella nozione 50
Ivi, p. 139. Cfr. G. Bontadini, L’attualità della metafisica classica, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», Vol. 45, n. 1, 1953, pp. 1-18. 52 A. Carlini, Metafisica e antimetafisica (Lettera a Gustavo Bontadini), in «Giornale critico della filosofia italiana», 1954, 3, pp. 426-432 (con una risposta di G. Bontadini alle pp. 433-436) e pp. 436-438, poi confluito in Id., Che cos’è la metafisica?, op. cit., pp. 200-222. 51
135 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
cioè che nel vecchio pensiero aristotelico fungeva invece da base e supporto per la conoscenza dell’ente. Tutto ciò però doveva essere letto come un vero e proprio allargamento della fisicità a ogni cosa, dalla vita spirituale all’arte, e da questa alla moralità sino ad arrivare a Dio. Naturalmente il grande rischio che Bontadini e i neoscolastici hanno corso è stato quello di un chiaro ritorno al naturalismo rinascimentale di un Bruno, dove il passaggio dal mondo a Dio avveniva immediatamente, cioè vale a dire senza la mediazione fondamentale e indispensabile – oltre che inevitabile – dell’uomo53. E così era anche già per Aristotele il quale pose, a fondamento dell’intero universo, due soli principi: da un lato la Natura col suo intrinseco movimento, e dall’altro il motore immobile privo di una qualche causa. Il recupero sistematico di questa tradizione, professato in modo evidente dai neoscolastici o dai neoclassici, rappresenterebbe così una vera barbarie, anzi addirittura un’evidente degenerazione del pensiero medievale più genuino. In sostanza, un regresso. Per me, che in questo punto sono cartesiano al cento per cento, codesta Neoscolastica è tutta una barbarie, che, Bontadini avrà modo di spiegare l’impossibilità di parlare in senso stretto di un ritorno a Bruno: «Ora, rileggendo questa Sua [di Carlini, n.d.r.] lettera, mi sembra ch’Ella continui ad identificare considerazione ontologica e considerazione naturalistica. Identificazione di cui noi non sappiamo capacitarci […]. Se io dovessi darmi una spiegazione di questo Suo penchant, direi che nasce ancora dal contrapporre, come faceva il vecchio idealismo, l’essere allo spirito, e, perciò, del perdurare, in Lei, l’inquadramento gnoseologico della problematica filosofica. Al contrario, la considerazione dell’essere è al di qua di tale contrapposizione, come di ogni altra contrapposizione che non sia quella dell’essere stesso al non-essere. Direi, allora, che Giordano Bruno non c’entra, perché, pur non essendo ancora gnoseologista, era, però, naturalista (e, perciò, gnoseologista in potenza)», in A. Carlini, Che cos’è la metafisica?, op. cit., pp. 216-17. 53
136 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
svolgendo il lato peggiore del pensiero greco, è una manifesta degenerazione, la vera degenerazione dell’autentico pensiero medievale, considerato nel suo sforzo migliore, che fu quello, non di voler spiegare il mondo, ma di voler spiegare, al lume della nuova intuizione cristiana, il significato dell’esistenza dell’uomo nel mondo: ché un problema esistenziale, non semplicemente logico-ontologico. Per me, Agostino, Tommaso, Bonaventura, Duns Scoto, Occam appartengono già al pensiero moderno, ch’è tutto sotto l’influsso del dogma cristiano. […] Non è il mondo moderno, ma siete voi teologi cristiani i primi responsabili del paganesimo nel modo di pensare oggi dilagante54.
Anche quando Bontadini ha cercato di sottolineare in che modo debba essere considerata la neoclassica, e cioè come la vera erede della tradizione idealistica55, Carlini evidenzia come i neoscolastici siano stati capaci di peccare anche rispetto allo stesso idealismo. Privandolo e svuotandolo di senso spirituale, essi avrebbero impoverito l’idealismo riconducendolo direttamente a Parmenide. Si può così ravvisare, nella riflessione filosofica di Bontadini, un lampante retaggio del neoplatonismo greco: quel «teologizzamento» Ivi, pp. 207-208. A tal proposito Bontadini scrive: «La trascendentalità del conoscere o del vero – che è insieme la sua intrascendibilità (l’impossibilità […] di uscire dal pensiero) – è la preziosa riconquista che il gnoseologismo moderno, dopo lunga odissea, ci ha lasciato in eredità. Abbiamo già ricordato che la difesa della validità di questo testamento, di questo legato, contro la filosofia contemporanea che tenta di impugnarlo, è stata assunta dalla filosofia neoclassica, la quale pertanto deve essere considerata come la vera erede della grade tradizione idealistica: quella tradizione che per vigore speculativo e per la dignità che ha apportato alla filosofia non ha avuto rivali negli ultimi secoli»; e poi: «[…] ad ogni modo resta che, nei confronti dell’idealismo, l’unica filosofia che procede linearmente in avanti, conservando ciò che è stato conquistato e incrementandolo costruttivamente, è la neoclassica», in G. Bontadini, L’attualità della metafisica classica, op. cit., p. 11. 54 55
137 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
del mondo che fu pure l’errore cui sarebbe incorso tutto il pensiero moderno, solo che quest’ultimo al posto di Dio preferiva piuttosto parlare di Assoluto. In definitiva, l’errore del pensiero moderno – e di Bontadini – sarebbe consistito nel porre Dio e il mondo in una relazione immediata fra loro, dimenticando così il ruolo fondamentale giocato dall’uomo. L’uomo non soltanto pone quella relazione, ma lo spirito umano si interroga anche sulla creazione, e l’idea della creazione emerge soprattutto attraverso l’opera d’arte, che è capace di trasfigurare il “fatto” in “valore”; e davanti alla potenza creatrice dell’opera d’arte non ha più senso la metafisica tradizionale dell’essere: si deve piuttosto parlare di metafisica del valore. Il valore prende via via il posto «di quel caotico e insipido Assoluto, ch’è come la notte in cui tutte le vacche sono nere, e non dice nulla dell’uomo»56. Ma come tradurre il principio del valore, che è impersonale, nel valore della nostra personalità? «Bisogna […] che sia il valore stesso a impersonarsi, prima, per diventare, proprio esso, il principio assoluto della personalità, sì che la fede in esso, non solo non distrugga, ma, anzi, consolidi filosoficamente e vivifichi religiosamente la personalità in noi»57. Il dogma della creazione è un mediatore tra il valore della spiritualità pura e il fatto della nostra esistenza personale. A rappresentare la perfetta mediazione – non logica ma esistenziale – tra l’uno e l’altro termine è naturalmente Cristo; e anche la fede religiosa cristiana è esistenziale, non 56 Cfr. A. Carlini, La metafisica è il mito della filosofia, in Id., Che cos’è la metafisica?, op. cit., p. 161. 57 Cfr. Ivi, p. 162.
138 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
ontologica, in quanto radicata nella vita dello spirito. Per questa ragione il suo Dio è Personalità, cioè esistenza della personalità assoluta58, e non un principio metafisico (o fisico). Il pensiero cristiano ha avuto il merito di far sviluppare nell’uomo idee nuove, come per esempio quella della libertà, capace di far dell’uomo stesso, nonostante l’intralcio della corporeità, qualcosa di superiore rispetto alla realtà esteriore. E l’idealismo moderno e contemporaneo, dal canto suo, avrebbe contribuito a risvegliare il senso della spiritualità nell’uomo, salvo poi cadere vittima – lo abbiamo visto – del pensiero metafisico più tradizionale. Carlini infatti osserva che «l’errore dell’idealismo, ch’è l’errore un po’ di tutto il pensiero moderno, è stato quello di ignorare o svalutare il problema della fede come fede puramente religiosa, la quale, se è orientata nel senso del Cristianesimo, è l’unica che possa risolvere il problema del rapporto tra filosofia e metafisica, facendo di questa il mito di quella»59. Se da un lato l’idealismo avrebbe risolto la filosofia in pura teoreticità, dall’altro esso avrebbe accentuato il suo soggettivismo. Il pensiero, prima di essere pensiero di altro, dell’oggetto, dev’essere pensiero di sé: ossia, l’atto, prima di porsi come principio di ogni altro problema, deve dimostrare ch’esso può esser tale in quanto ha in sé una problematicità fondamentale, costitutiva. Ora, nell’atto il pensiero è pensiero di sé in quanto è pensiero critico, riflessione dell’atto intero su se stesso. Non, dunque, semplicemente, un “pensiero pensante se stesso come pensiero”, che da Aristotele a Hegel s’è insterilito in un principio di vuota identità. […] Bisogna, dunque, che ci sia un’alterità interna all’atto, un’alterità dell’atto stesso come se stesso, sì 58 59
Ibidem. Cfr. Ivi, p. 163.
139 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
che esso possa porsi come problema vivo a se stesso: ossia, come problema di vita, e però di fede che ne alimenti inesauribilmente la vita60.
Il pensiero, per farsi veramente problema vivo di sé, deve quanto meno attraversare la corporeità, perché quest’ultima è lo spazio dove l’autocoscienza, mediante l’azione, ha modo di “esistenzializzarsi”. Ma è pur sempre vero che lo spirito, una volta attraversato il mondo, deve trascenderlo per poter tornare in sé come problema vivente. In definitiva, bisogna affrontare il rischio della metafisica, cioè il rischio di «mondanizzarsi» al fine di tornare o ritornare al problema originario della filosofia. Ecco perché Carlini da un lato distingue la filosofia dalla metafisica e, dall’altro lato, non rigetta quest’ultima completamente: la metafisica infatti è il mezzo attraverso il quale la filosofia può finalmente ritornare a parlare del problema più importante: l’esistenza dell’uomo. In questa Metafisica umanistica, esistenziale, non ci si può fermare, poi, al senso estetico della realtà, evidentemente: bisognerà procedere oltre, sino a toccare la vetta, la fonte prima, l’idea stessa di valore, la quale trascende, a sua volta, quella meramente estetica, propria dell’uomo ch’è corporeità oltre che spiritualità, e trascende tutti i valori che sono meramente umani. E potrà ritornare, allora, il mito dell’Assoluto, ma non più come quell’astratto essere […], bensì come indicazione di quell’assolutezza del valore, la quale non impegna soltanto il ragionamento metafisico, ma c’impegna anche nel problema morale e religioso61.
60 61
Ivi, pp. 164-5. Ivi, p. 141.
140 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Bibliografia
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Opere e articoli di Armando Carlini Avviamento allo studio della filosofia, con una guida bibliografica per i giovani studiosi di filosofia e pedagogia. Battiato, Catania 1914. La mente di G. Bovio, Laterza, Bari 1914. La polemica di Locke contro le idee innate, «Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino», Vol. LII, 1917, pp. 719-133. Il pensiero e la vita, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1920, 4, pp. 377-393. La filosofia di G. Locke, vol. I, Vallecchi, Firenze 1920; vol. II, Vallecchi, Firenze 1921. La vita dello spirito, Vallecchi, Firenze 1921. Genesi dei problemi della filosofia, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1922, 4, pp. 368-378. Benedetto Croce e il fascismo, in «Nuova politica liberale», 1924, 1. Considerazioni su la logica del concreto di G. Gentile, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1924, 1, pp.4966 (poi in Id., Studi gentiliani, Sansoni, Firenze 1958, pp. 289-308). 141 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Idealismo e spiritualismo, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1924, 4, pp. 425-446, (poi in Id., Studi gentiliani, Sansoni, Firenze 1958, pp. 323-347). Il problema religioso in Aristotele, in Scritti filosofici pubblicati per le onoranze nazionali a B. Varisco, Vallecchi, Firenze 1925, pp. 61-120. Filosofia e religione, Arti grafiche Mariotti Pacini, Pisa 1926. La nostra scuola, La Nuova Italia, Venezia 1927. Commento sintetico ai libri VII-IX della Metafisica di Aristotele, in «Annali delle Università toscane», 1927, pp. 9-26. Fascismo e idealismo, in «Vita Nuova», 1928, 1. Il problema dell’autocoscienza, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1929, 3-5, pp. 263-274. Vorträge von Prof. A. Carlini über den modernen italinischen Idealismus, in «Davoser Revue», IV Jahrgang, Nummer 7, 15 aprile 1929, pp. 204-205 (ora in «Teoria», XXX, 2010, 2, pp. 124-126). Orientamenti della filosofia contemporanea, Edizioni di «Critica fascista», Roma 1931. Idealismo assoluto e trascendenza: osservazioni ad una recensione, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», 1932, 1, pp. 66-74. Spiritualismo e metafisica, Vita e pensiero, Milano 1932. Ancora dello spiritualismo e della metafisica, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», 1932, 6, pp. 602-626. Esame di coscienza, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», 1933, 1, pp. 105-108. Neo-scolastica, idealismo e spiritualismo (con F. Olgiati), Vita e Pensiero, Milano 1933. 142 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
La religiosità dell’arte e della filosofia, Sansoni, Firenze 1934. Il mito del realismo, Sansoni, Firenze 1936. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (I), in «Logos», 1938, 1, pp. 9-54. Studi aristotelici, Società Tipografica Oderisi, Gubbio, 1939. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (II), in «Logos», 1939, 2, pp. 189-222. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (III), in «Logos», 1939, 3, pp. 385-448. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (IV), in «Logos», 1941, 2, pp. 19-153. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (V), in «Logos», 1941, 4, pp. 345-370. Lineamenti di una concezione realistica dello spirito umano, (VI), in «Logos», 1942, 1, pp. 1-18. Saggio sul pensiero filosofico e religioso del fascismo, Istituto Nazionale di Cultura fascista, Roma 1942. L’esistenzialismo in Italia, in «Primato», IV, 1943, 2, p. 25 (ora in L’esistenzialismo in Italia, a cura di B. Maiorca, Paravia, Torino 1993, pp. 102-104). San Tommaso e il pensiero moderno, in «Giornale di Metafisica», 1947, 1, pp. 1-13. Per la fondazione di una metafisica critica, in «Giornale di Metafisica», 1947, 4-5, pp. 332-337 (poi in Che cos’è la metafisica? Polemiche e ricostruzione, Bocca, Roma 1956; II ed., Sansoni, Firenze 1962, pp. 7-17). Dall’immanenza alla trascendenza dell’atto in sé, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1947, 1-2, pp.95102 (poi in A. Carlini, Studi gentiliani, Sansoni, Firenze 1958, pp. 37-45). 143 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
S. Tommaso e la filosofia moderna, in Filosofia e cristianesimo, Atti del II Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Marzorati, Milano 1947, pp. 43-56. Il problema di Cartesio, Laterza, Bari 1948. Metafisica dogmatica e metafisica critica, in «Giornale di Metafisica», 1949, 4, pp. 384-389. Fede e ragione, in «Humanitas», 1949, 3, pp. 262-266. Il mio scolasticismo, in «Rivista di Filosofia neoscolastica», 1950, 4, pp. 365-368. A proposito del «S. Agostino» di M. F. Sciacca, in «Giornale di Metafisica», 1950, 4, pp. 510-513. Filosofi cristiani e teologi pagani, in «Studium», 1950, 6, pp. 305-311. Francesco Acri, in «Filosofia», 1950, 3, pp. 355-364. Il mio ritorno, in Uomini incontro a Cristo, a cura di G. Rossi, in Pro Civitate Christiana, Assisi, 1950, pp. 220-225. Perché credo, Morcelliana, Brescia 1952. Alla ricerca di me stesso, (Esame critico del mio pensiero), Sansoni, Firenze 1951. Filosofia e storia della filosofia, Marzorati, Milano 1951. Spiritualismo e dogma, in «Città di Vita», 1952, 4, pp. 381-387. Riflessioni sul concetto di creazione, in «Città di Vita», 1952, 6, pp. 620-631. Attualismo e fenomenismo teologico nel pensiero di M. Blondel, in «Giornale di Metafisica», 1953, 2, pp. 1610-184. Il dogma cristiano, in «Humanitas», 1953, 11, pp. 10801084. Cristianesimo e problematicismo nel pensiero di U. Spirito, in «Responsabilità del sapere», 1953, 35-36, pp. 323345. 144 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Cattolicesimo e pensiero moderno, Morcelliana, Brescia 1953. L’immortalità della persona in «Humanitas», 1954, 3, pp. 219-223. Metafisica e antimetafisica (Lettera al prof. G. Bontadini), in «Giornale critico della filosofia italiana», 1954, 3, pp. 426-432. Il mio Rosmini, in «Città di Vita», 1955, 5, pp. 517519. Persona e personalità spirituale, in «Città di Vita», 1955, 6, pp. 761-771. Risposta al quesito È possibile una metafisica? Come si pone «oggi» il problema della metafisica? in «Giornale di Metafisica», 1956, 4-5, pp. 510-519. Che cos’è la metafisica? Polemiche e ricostruzione, Fratelli Bocca, Roma 1956. Bagliori di spiritualità nel pensiero precristiano classico (palinodia), in «Humanitas», 1957, 7, pp. 510-520. Breve storia della filosofia, Sansoni, Firenze 1957. La religiosità dell’arte, in «Studium», 1958, 7-8, pp. 471-482. Il silenzio di Dio, in «Città di Vita», 1958, 3, pp. 257259. Per ricordo di Luigi Scaravelli, in «Giornale critico della filosofia italiana», 1958, 2, pp. 260-265. Studi gentiliani, Sansoni, Firenze 1958. In qual senso la filosofia moderna è una filosofia cristiana, in «Studium», 1959, 4, pp. 231-246. Dalla vita dello spirito al mito del realismo, Sansoni, Firenze 1959. Le ragioni della fede, Morcelliana, Brescia 1959. 145 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Uomini e problemi, a cura di V. Vettori, Giardini, Pisa 1960.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Opere a cura di Armando Carlini Aristotele, L’Etica nicomachea Laterza, Bari 1913. Id., Introduzione alla filosofia, Laterza, Bari 1920. Id., La Metafisica Laterza, Bari 1928. F. Fiorentino, Compendio di storia della filosofia, vol. I, Vallecchi, Firenze 1921. Id., Compendio di storia della filosofia, vol. II, Vallecchi, Firenze 1922. E. B. de Condillac, Trattato delle sensazioni, Laterza, Bari, 1923, 19252. Aristotele, I principi primi (dalla Metafisica, libri VII-IX, XII), Laterza, Bari 1924. Id., Il problema religioso. Libro XII della Metafisica e frammenti, Laterza, Bari 1925. D. Hume, Trattato su l’intelligenza umana, Laterza, Bari 1926. Aristotele, La Metafisica, Laterza, Bari 1928, 19492, 19593, 19654. R. Descartes, Discorso sul metodo, Laterza, Bari 1928, 198725. Aristotele, Estratti dalla Metafisica (libri I, II, IV, VIIX, XII), Laterza, Bari 1941, 19482. A. Rosmini, Il principio della morale, Laterza, Bari 1948. D. Hume, Compendio del Trattato su la natura umana, Laterza, Bari 1948. J. Locke, La conoscenza umana, Laterza, Bari 1948. Tommaso d’Aquino, Fede e ragione, Laterza, Bari 1949. 146 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
B. Spinoza, La riforma dell’intelligenza, Istituto Editoriale Italiano, Milano 1950. M. Heidegger, Dell’essenza della verità, Bocca, Milano 1952. Id., Che cos’è la metafisica?, La Nuova Italia, Firenze 1953, 19777. R. Descartes, Regole per la guida dell’intelligenza; La ricerca della verità mediante il lume naturale, a cura di G. Galli e A. Carlini, Laterza, Bari 1954. G. Gentile – G. Lombardo Radice – E. Codignola, Il pensiero pedagogico dell’idealismo, La Scuola, Brescia 1958, 19683. G. Mazzini, I doveri dell’uomo, La Scuola, Brescia 1959, 19744.
Opere varie N. Abbagnano, Introduzione all’esistenzialismo, Bompiani, Milano 1942. Agostino, Confessioni, Mondadori, Milano 2000. Id., Contro gli Accademici, Bompiani, Milano 2005. G. Bontadini, Metafisica e deellenizzazione, Vita e Pensiero, Milano 1975. Id., Studi sull’idealismo (1942), Vita e Pensiero, Milano 1995. Id., Appunti di filosofia, Vita e Pensiero, Milano 1996. Id., Dall’attualismo al problematicismo, Vita e Pensiero, Milano 1996. P. Carabellese, Il problema teologico come filosofia, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994. R. Cartesio, Meditationes de prima philosophia (1641), 147 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
trad. it. di Adriano Tilgher (e riveduta da Francesco Adorno), Meditazioni metafisiche. Obiezioni e risposte, in Id, Opere filosofiche (volume secondo), Laterza, Roma-Bari 2002. H. Bergson, L’evoluzione creatrice, Raffello Cortina Editore, Milano 2002. N. Bobbio, La filosofia del decadentismo, Chiantore, Torino 1944. G. Bontadini, L’attualità della metafisica classica, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», Vol. 45, n. 1, 1953. Id., Metafisica e deellenizzazione, Vita e Pensiero, Milano 1975. Id., Studi sull’idealismo, Vita e Pensiero, Milano 1995. B. Croce, Storia d’Italia. Dal 1871 al 1915 (1928), Adelphi, Milano 19912. E. B. de Condillac, Trattato delle sensazioni (a cura di A. Carlini), Laterza, Bari 1923. C. Fabro, Opere complete (Vol. 7): Introduzione all’esistenzialismo, Editrice del Verbo Incarnato, Segni (RM) 2009. G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro (1912), in Id., Opere filosofiche, Garzanti, Milano 1991. Id., Chiarimenti a un attualista dubbioso, in Id., Introduzione alla filosofia, Sansoni, Firenze 1958. Id., Sistema di logica come teoria del conoscere, Spoerri, Laterza, Bari 1922. Id., La filosofia dell’arte (1931), Fratelli Treves, Milano 1931. A. Gramsci., Quaderni dal carcere (1929-1935), Einaudi, Torino 2007. M. Heidegger, Sein und Zeit (1927), trad. it. di P. Chiodi, Essere e tempo, Longanesi, Milano 2008. 148 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Id., Was ist Metaphysik? (1929), trad. it. di E. Paci, Che cos’è la Metafisica?, Bocca, Milano 1942. Id., Die Grunbegriffe der Metaphysik. Welt - Endlichkeit – Einsamkeit (1929-1930), trad. it. P. Coriando, Concetti fondamentali della metafisica. Mondo – finitezza – solitudine, Il Melangolo, Genova 1992. Id., Identità e differenza, Adelphi, Milano 20173. Id., Lettera sull’«umanismo», Adelphi, Milano 202114. E. Husserl – M. Heidegger, Fenomenologia (a cura di R. Cristin), Unicopli, Milano 1999. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, tr. it. di C. Esposito, Critica della ragion pura, Bompiani, Milano 2004. F. Masci, Pensiero e conoscenza, Fratelli Bocca, Torino 1922. T. Moretti Costanzi Il problema dell’uno e dei molti nel pensiero di Bernardino Varisco, Roma 1940. Id., L’estetica pia, Patron, Bologna, 1966. F. Olgiati, Idealismo assoluto e trascendenza: a proposito di un recente volume, «Rivista di filosofia neo-scolastica» 1931. Id., Il trascendentale e il trascendente, in «Rivista di filosofia neoscolastica», 1933. R. Lazzarini, Saggio di una filosofia della salvezza, Libreria di cultura, Roma 1926. U. A. Padovani, Metafisica classica e pensiero moderno, Marzorati, Milano 1961. L. Pareyson, Prospettive di filosofia contemporanea, Mursia, Torino 1933. Id., Esistenza e persona, Il Melangolo, Genova 1985. M. F. Sciacca, Filosofia e metafisica, Marzorati, Milano 1962. 149 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
Id. (a cura di), Filosofi italiani contemporanei, Marzorati, Como 1944. Id., L’interiorità oggettiva (1951), Epos, Palermo 1989. U. Spirito, La vita come ricerca, Sansoni, Firenze 1948. Id., La vita come amore. Il tramonto della civiltà cristiana, Sansoni, Firenze 1970. L. Stefanini, Idealismo cristiano, Zannoni, Padova 1932 Id., Metafisica della persona e altri saggi, Padova, Editoria Liviana, 1950.
Saggi e monografie su Armando Carlini T. Bugossi, Sciacca e Carlini. Un dialogo teoretico, Marsilio, Venezia 2004. L. Messinese, Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-33, Quattroventi, Urbino 1990. Id., Armando Carlini, Lateran University Press, Roma 2012. V. Sainati, Armando Carlini, Edizioni di Filosofia, Torino 1961.
Contributi su Armando Carlini in riviste, periodici e opere collettanee Aa. Vv., «Teoria», La figura e il pensiero di Armando Carlini, Anno XXX, 2010-12, Edizioni ETS, Pisa. S, Accardo, Lo spiritualismo cristiano di Armando Carlini, una ricostruzione e una testimonianza, in «Studium», 1989. S. Alberghi, Originalità storica e limiti speculativi nel pensiero di A. Carlini rispetto alle istanze spiritualistiche, in «Rivista rosminiana», 1971, 3. 150 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
G. Bontadini, Filosofia e religione nel pensiero di Armando Carlini, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», XXI (1929), 2. Id., Lo spiritualismo di Armando Carlini (1939), in Id., Dall’attualismo al problematicismo (1946), Vita e pensiero, Milano 1996. P. Birtolo, A. Carlini: dal trascendentale al trascendente, «Quaderni filosofici di Lecce», 1980. G. Busnelli, «Brancolando in cerca di una fede», in «La Civiltà Cattolica», 1933, vol. III. Id., Dall’idealismo alla fede secondo il prof. A. Carlini, in «La Civiltà Cattolica», 1933, vol. III. C. Carbonara, Considerazioni sulla filosofia di Armando Carlini, Perrella, Napoli 1937. A. Guzzo, Armando Carlini, «Filosofia», Anno I, 1960. G. Micheletti, Armando Carlini: la trascendentalità dell’esistenza, in «Filosofia», 1970, 4. M. Lasala, Armando Carlini e la metafisica dell’interiorità, in Aa. Vv., Frammenti di filosofia contemporanea VII (prefazione di G. Cacciatore), a cura di I. Pozzoni, Limina Mentis Editore, Villasanta (MB) 2015. Id., Armando Carlini. Da «La vita dello spirito» all’incontro con Heidegger, in Aa. Vv., Frammenti di filosofia contemporanea, Vol. XI, a cura di I. Pozzoni, Limina Mentis Editore, Villasanta (MB) 2016. P. Nepi, L’«esistenzializzazione» del trascendentale. A. Carlini e la filosofia dell’esistenza, in «Prosopon», 1989. N. Pascolo, Le «ragioni della fede» nell’ultimo Carlini, in «Idee», 1992, 19. 151 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
G. Righi, A. Carlini nella critica italiana, in «Giornale di Metafisica», 1973, 4. V. Sainati, Aspetti e problemi dello spiritualismo di Armando Carlini, «Giornale critico della filosofia italiana», Anno XVI, 1960. M. F. Sciacca, Problemi dello spiritualismo di Armando Carlini, «Logos», Anno XX, 1937. Id., Il pensiero filosofico di Armando Carlini, «Archivio di storia della filosofia italiana», Anno VI, 1937. U. Spirito, Recensione a A. Carlini, Filosofia e religione, in «Leonardo», 1927, 1. G. Tentarelli, Una memorabile disputa. Pensiero e trascendenza in Carlini e Olgiati, in «Idee», 1991, 16. A. Zopolo, Armando Carlini e la polemica sulla metafisica, in «Filosofia», 2007, 1-3.
Opere di carattere generale sul pensiero italiano novecentesco Atti del IV Convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari, Padova, Liviana, 1949. E. Agazzi, Il pensiero cristiano nella filosofia italiana del Novecento, Milella, Lecce 1980. A. Bausola, Neoscolastica e spiritualismo, in Aa. Vv., La filosofia italiana del dopoguerra, Laterza, Bari, 1985, pp. 273-354. B. Bonghi – F. Minazzi, Sulla filosofia italiana del Novecento. Prospettive, figure e problemi, Franco Angeli, Milano 2008. G. Campioni, F. Lo Moro, S. Barbera, Sulla crisi dell’attualismo. Della Volpe, Cantimori, De Ruggiero, Franco Angeli, Milano 1981. 152 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
A. Carlini, A. Guzzo, M. F. Sciacca, Lo spiritualismo cristiano italiano contemporaneo, SEI, Torino 1954. P. Ciaravolo (a cura di), Il problema del fondamento e la filosofia italiana del Novecento, Aracne, Ariccia (RM) 2006. P. Di Giovanni (a cura di), Idealismo e anti-idealismo nella filosofia italiana del Novecento, Franco Angeli, Milano 2005. Id. (a cura di), Le avanguardie della filosofia italiana nel XX secolo, Franco Angeli, Milano 2007. Id., Un secolo di filosofia italiana attraverso le riviste 1870-1960, Franco Angeli, Milano 2013. C. Dollo, Momenti e problemi dello spiritualismo. Varisco, Carabellese, Carlini, Le Senne / Corrado Dollo, CEDAM, Padova 1967. R. Faraone, Il «Giornale critico della filosofia italiana» e altre riviste del Novecento filosofico italiano, Le lettere, Firenze 2013. M. Ferrari, Non solo idealismo. Filosofi e filosofie in Italia tra Ottocento e Novecento, Le Lettere, Firenze 2006. F. P. Firrao (acura di), La filosofia italiana in discussione, Bruno Mondadori, Milano 2001. E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Laterza, Bari 1959. O. Grassi – M- Marassi, La filosofia italiana nel Novecento, Mimesi, Sesto San Giovanni (MI) 2015. A. Guzzo, Sguardi sulla filosofia contemporanea, Perrella, Roma 1940. F. Rizzo, Sei studi sulla filosofia italiana del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2007. L. Messinese, Stanze della metafisica. Heidegger, Lowith, Carlini, Bontadini, Severino, Morcelliana, Brescia 2013. 153 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
A. Molinaro, La neoscolastica italiana, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», Vol. 82, No. 2/3 (aprile-settembre 1990), pp. 436-454. A. Montano, Il prisma a specchio della realtà. Percorsi di filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2002. M. Mustè, La filosofia dell’idealismo italiano, Carocci, Roma 2008. L. Pareyson, Studi sull’esistenzialismo, Ugo Mursia Editore, Milano 2002. P. Parrini, Filosofia e scienza nell’Italia del Novecento. Figure, correnti, battaglie, Guerini e Associati, Milano 2004. P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1998. F. Rizzo, Da un secolo all’altro. Figure e problemi della filosofia italiana tra Otto e Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 1994. P. Rossi – C. A. Viano, Le città filosofiche. Per una geografia della cultura filosofica italiana, Il Mulino, Bologna 2004. P. Rossi, Avventure e disavventure della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, Il Mulino, Bologna 2009. A. Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Il Mulino, Bologna 1959. M. F. Sciacca, (a cura di), Filosofi italiani contemporanei, Marzorati, Como 1944. Id., Dall’attualismo allo spiritualismo critico: 19311938, Marzorati, Milano 1961. Id., Dallo spiritualismo critico allo spiritualismo cristiano: 1939-1951, Marzorati, Milano 1965. 154 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
G. Semerari, Novecento filosofico italiano, Guida Editore, Napoli 1988. D. Spanio, Idealismo e metafisica: coscienza, realtà e divenire nell’attualismo gentiliano, Il Poligrafo, Padova 2003. U. Spirito, L’idealismo italiano e i suoi critici, Bulzoni, Roma 1974. C. A. Viano, La filosofia italiana del Novecento, Il Mulino, Bologna 2006. Id., Stagioni filosofiche. La filosofia del Novecento tra Torino e l’Italia, Il Mulino, Bologna 2007. F. Zambelloni, Le origini del kantismo in Italia, Marzorati, Milano 1971. S. Zeppi, Il pensiero politico dell’idealismo italiano e il nazionalfascismo, La Nuova Italia, Firenze 1973.
Saggi e monografie varie Aa. Vv., Giuseppe Rensi. Atti della giornata rensiana, Marzorati, Milano 1967, pp. 60-140. A. Barelli, La nostra storia, OR, Milano, 1972. F. Calderaro, Francesco Acri e il suo spiritualismo, Perrella, Roma 1941. C. Caltagirone, Nicola Abbagnano, Lateran University Press, Roma 2012. V. Capelli, La metafisica di Gustavo Bontadini, Aracne, Ariccia (RM) 2009. A. Cappuccio, Gustavo Bontadini fra gli idealisti, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2015. A. Caturelli, Michele Federico Sciacca. Metafisica dell’integrità, Edizioni Ares, Milano 2008. 155 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
H. A. Cavallera, Ugo Spirito. La ricerca dell’incontrovertibile, Edizioni Seam, Formello (RM) 2000. E. Corradi, Il pensiero di Ugo Spirito e l’attualismo gentiliano, in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», Vol. 67, N. 2, 1975. P. Di giovanni, Giovanni Gentile: la filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, Franco Angeli, Milano 2003. C. Esposito, Heidegger, Il Mulino, Bologna 2013. Id., Heidegger. Storia e fenomenologia del possibile, Levante, Bari 20032. Id., Il fenomeno dell’essere. Fenomenologia e ontologia in Heidegger, Dedalo, Bari 1984. F. Franco, Luigi Pareyson, Lateran University Press, Roma 2014. L. Grion, Gustavo Bontadini, Lateran University Press, Roma 2012. M. Krienke, Ontologia trinitaria come ‘altra metafisica’ nel pensiero di Michele F. Sciacca, in «Giornale di Metafisica», XXX, N. 3, 2008. M. Lasala, Gustavo Bontadini, «un metafisico radicato nel cuore del pensiero moderno», in Aa. Vv., Voci dal Novecento, Vol, V, a cura di I. Pozzoni, Limina Mentis Editore, Villasanta (MB) 2013. Id., Carlo Michelstaedter. Il desiderio dell’autentico sul sentiero della persuasione, in Aa. Vv., Schegge di filosofia moderna, Vol. XI (premessa di G. Cotroneo), a cura di I. Pozzoni DeComporre Edizioni, Gaeta, 2014. S. Paolini Merlo, L’esistenza come struttura. Il pensiero di Nicola Abbagnano e l’esistenzialismo, Editoriale Scientifica, Napoli 2009. 156 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
R. Radice, La Metafisica di Aristotele nel XX secolo: bibliografia ragionata e sistematica, Vita e Pensiero, Milano 1996. G. Semerari, Storicismo e ontologismo critico, Lacaita, Manduria 1960. Id., La filosofia come scienza rigorosa, Laterza, Bari 1994. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger (1980), Laterza, Roma-Bari 201019.
157 www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
Ti è piaciuto questo libro? Comunica la tua opinione al nostro sito: www.armandoeditore.it
Documento scaricato da () il 2024/10/26.
sezione “Recensioni”, nella pagina relativa al libro Ricevi gli aggiornamenti sulle novità, iscrivendoti alla nostra newsletter ARMANDO EDITORE Via Leon Pancaldo, 26 • 00147 Roma tel. 06 5894525 • 06 5817245 [email protected] Seguici sui social
www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.
ANGELONI-Conversazione sulla storia 14 x 20.indd 78
09/03/23 12:45
Documento scaricato da () il 2024/10/26. www.torrossa.com - For non-commercial use by authorised users only. License restrictions apply.