Archeologia della Mesopotamia antica [1a edizione.] 9788843077830, 884307783X

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Archeologia della Mesopotamia antica [1a edizione.]
 9788843077830, 884307783X

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A cura di Davide Nadali e Andrea Polcaro Prefazione di Paolo Matthiae

Archeologia della Mesopotamia antica A cura di Davide Nadali e Andrea Polcaro

Prefazione di Paolo Matthiae

Carocci editore

Il volume è corredato di materiali consultabili online sul nostro sito Internet segnalati dal simbolo Q all'interno del testo. 1• edizione,

settembre 2015 © copyright 2015 by Carocci editore 5.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Fregi e Majuscole, Torino Finito di stampare nel settembre 2015 da Eurolit, Roma

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Prefazione 13 di Paolo Matthiae Premessa 17 di Davide Nadali e Andrea Polcaro Parte prima Introduzione 1.

Conformazione storico-geografica 23 di Lucia Mori

r.

Il Vicino Oriente: che cos'è? 23 I vincoli geografici: territorio e clima 24 La difficile storia della culla della civiltà 27 Bibliografia 28

2..

3.

2.

Cronologia dell'antica Mesopotamia 29 di Agnese Vtzcca e Marta D'Andrea

r.

Periodizzazione archeologica e terminologia Sistemi di datazione 31

2..

29

2..1. Fonti scritte/ 2.2. Dati astronomici

3. 4.

Problematiche di cronologia assoluta: Cronologia Alta, Media, Bassa e Ultra-Bassa 32 Cronologia della Mesopotamia (1v-1 millennio a.C.) 33 4.1. Tardo Calcolitico / do/ 4.5. Ferro

Bibliografia

4.2.

Bronzo Antico /

Tecniche edilizie 46

r.

Materiali e tecniche 46 Muri e apparecchiature 49 Archi e volte 50 Bibliografia 52

3.

Bronzo Medio/ 4.4. Bronzo Tar­

44

3.

2..

4.3.

di Stefano Anastasio

7

Archeologia della Mesopotamia antica

Parte seconda Il 1v millennio a.e. 4.

Il Periodo Tardo Calcolitico 57 di Francesca Ba/ossi Reste/li e Marco lamoni

1. 2.

Inquadramento storico 57 La Bassa Mesopotamia e la regione dell'Eufrate

61

2..1. Urbanistica e distribuzione degli insediamenti / 2..2.. Architettura pubblica nella Bassa Mesopotamia, nella Susiana e nel Medio e Alto Eufrate/ 2..3. Architettura pri­ vata/ 2..4. Rilievo e pittura/ 2..5. Toreutica e lavorazione dei metalli/ 2..6. Ceramica

3.

La Jezirah siro-irachena e la regione del T igri

79

3.1. Urbanistica e distribuzione degli insediamenti / 3-2.. Architettura pubblica / 3-3. Architettura privata/ 3.4. Statuaria e rilievo/ 3-5. Metallurgia e lavorazione della pietra/ 3.6. Ceramica

4.

Glittica, amministrazione e costumi funerari del Periodo Tardo Calco­ litico 99 4.1. Glittica e sistemi amministrativi/ 4.2.. Costumi funerari

Bibliografia

109

Parte terza Il III millennio a.e. 5. 1. 2.

3.

Il Periodo Protodinastico

di Davide Nadali

115

Inquadramento storico 115 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 119

117

3.1. Architettura palatina/ 3.2.. Architettura templare

4. 5.

6. 7. 8. 9.

6. 1.

2.

8

Architettura privata 127 Statuaria, rilievo e intarsio 129 Glittica 139 Toreutica e oreficeria 143 Ceramica 145 Costumi funerari 147 Bibliografia 150

L'impero accadico 153

di Andrea Po/caro

Inquadramento storico 153 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti

158

Indice

3.

Architettura pubblica

160

3.1. Architettura palatina/ 3.2.. Architettura templare

4. 5. 6. 7. 8. 9.

7. 1. 2..

3.

Architettura privata 167 Statuaria e rilievo 170 Glittica 178 Toreutica e lavorazione dei metalli Ceramica 184 Costumi funerari 186 Bibliografia 188

Il Periodo Neo-Sumerico

di Valentina Orsi

182

190

Inquadramento storico 190 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 197

195

p. Architettura palatina/ 3.2.. Architettura templare

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

Architettura privata 201 Statuaria e rilievo 202 Glittica 209 Toreutica e oreficeria 211 Coroplastica 212 Ceramica 213 Costumi funerari 215 Bibliografia 215

Parte quarta Il II millennio a.e. 8. 1. 2..

3.

Il Periodo Paleobabilonese

di Silvana Di Paolo

221

Inquadramento storico 221 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 225

224

3.1. Architettura palatina/ 3.2.. Architettura templare:/ 3.3. Architettura difensiva

4. 5. 6. 7. 8. 9.

Architettura privata 232 Statuaria, rilievo e pittura 232 Glittica 239 Toreutica e oreficeria 242 Coroplastica 245 Ceramica 247

9

Archeologia della Mesopotamia antica IO.

g. 1. 2..

3.

Costumi funerari 250 Bibliografia 251

Il regno paleoassiro 254

di Silvana Di Paolo

Inquadramento storico 254 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 258

256

3.1. Architettura palatina/ 3.2. Architettura templare

4. 5. 6. 7. 8.

10.

1. 2..

3.

Architettura privata 261 Statuaria e rilievo 261 Glittica 263 Ceramica 266 Costumi funerari 267 Bibliografia 268

Il regno di Mittani 270

di Costanza Coppini

Inquadramento storico 270 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 276

273

3.1. Architettura palatina/ 3.2. Architettura templare/ 3.3. Architettura difensiva

4. 5. 6. 7. 8. 9. IO.

Architettura privata 281 Statuaria, rilievo e pittura 282 Glittica 282 Coroplastica 284 Il rilievo in avorio 285 Ceramica 285 Costumi funerari 287 Bibliografia 287

11.

Il regno cassita 289 di Sara Pizzimenti

1.

Inquadramento storico 289 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 292

2..

3.

3.1. Architettura palatina/ 3.2. Architettura templare

4. 5. 6. 10

Architettura privata 300 Statuaria, rilievo e pittura 301 Glittica 307

292

Indice

7. 8. 9. 10.

Oreficeria 309 Coroplastica 310 Ceramica 310 Costumi funerari 313 Bibliografia 314

12.

Il regno medio-assiro 317 di Maria Gabriella Mica/e

1.

Inquadramento storico 317 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 322 3.1. Architettura palatina/ p.. Architettura templare

2..

3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

319

Architettura privata 326 Statuaria e rilievo 327 Glittica 329 Ceramica 332 Toreutica e oreficeria 332 Costumi funerari 334 Bibliografia 336 Parte quinta Il I millennio a.e.

13.

L'impero neo-assiro di Davide Nadali

1.

Inquadramento storico 341 Urbanistica e distribuzione degli insediamenti 343 Architettura pubblica 346 3.1. Architettura palatina e residenze patrizie/ p.. Architettura templare/ 3.3. Archi­ tettura difensiva

2.

3.

341

4. 5. 6. 7. 8. 9. ro.

Architettura privata 361 Statuaria, rilievo e pittura 362 Glittica 373 Toreutica e oreficeria 375 Il rilievo in avorio 376 Ceramica 377 Costumi funerari 379 Bibliografia 382

14.

L'impero neo-babilonese di Andrea Polcaro

1.

Inquadramento storico

385 385 11

Archeologia della Mesopotamia antica 2..

3.

Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Architettura pubblica 391

388

3. 1. Architettura palatina/ 3.2.. Architettura templare/ 3.3. Architettura difensiva

4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.

Architettura privata 398 Rilievo e pittura 399 Glittica 404 Toreutica e lavorazione dei metalli Coroplastica 407 Ceramica 407 Costumi funerari 409 Bibliografia 411

Indice dei luoghi 413 Indice dei re e delle regine 417 Gli autori 421

12

406

Prefazione

La Mesopotamia è il fondamento della civiltà, è il luogo delle prime città della storia, è la regione di alcune tra le più antiche esperienze di Stati territoriali, è il mondo in cui si sono sviluppate le più arcaiche forme di strutture imperiali del pianeta. Nella storiografia moderna la Mesopotamia è stata, per non brevi periodi, lo spazio storico di singolari primati, in non pochi casi artificiosi, ap­ prossimativi e sensazionalistici, che ne hanno fatto, in una percezione diffusa, l'area geografica di una sorta di preistoria storica di celeberrimi miti delle ori­ gini del mondo ebraico e di basilari conquiste della civiltà greca, dal Diluvio universale alla Torre di Babele, da un lato, fino alla "democrazia" primitiva del mondo del Sumer e alla "borghesia" mercantile della Babilonia, dall'altro. Se gli stessi antichi abitanti della Mesopotamia, almeno dal XII secolo a.C., hanno considerato Babilonia il centro del mondo e i conquistatori di Babi­ lonia, da $argon d'Assiria ad Alessandro Magno, in modi diversi ne hanno subito il fascino, certo questo è avvenuto non solo perché le sue strutture urbanistiche in uno scenario contrastato di palmizi lussureggianti e di piane steppose ha sempre esercitato una suggestione particolare, che ha colpito, un tempo, un assiro o un macedone come, ai nostri tempi, un europeo o un ame­ ricano. Ma anche perché si doveva percepire dovunque, in quella immensa città, che il suo clero aveva eletto a sede di un epico scontro cosmogonico in cui aveva trionfato il dio poliade Marduk, e in quei venerandi santuari, che riecheggiavano nei loro stessi nomi una tradizione ormai leggendaria, un'ere­ dità superba di scienza, di cultura, di religione, di diritto, di poesia. I meriti assai grandi degli astronomi della Mesopotamia antica sono stati eclissati nella memoria, fin dall'antichità greco-romana, dall'incredibile at­ trazione dell'astrologia caldea, che non si è esaurita neppure nel nostro tem­ po. La scrittura cuneiforme, un sistema misto logografìco e sillabico, che uno dei suoi decifratori definì «una scrittura paradossale dalle difficoltà inaudi­ te», è con il geroglifico egiziano il primo sistema di registrazione materiale di una lingua nella storia dell'umanità. I "codici" delle leggi di illustri sovrani sumerici e babilonesi, come Ur-Namma e Hammurabi, riscoperti nei tempi moderni, hanno permesso di restituire alla Mesopotamia antica una sensibi­ lità per la giustizia come valore sociale che non era immaginabile. Gli aspetti 13

Archeologia della Mesopotamia antica

positivi della concezione politica universalistica dell'impero, che ovviamen­ te tanti elementi negativi propone dove sia dominante l'ideale di nazione, hanno trovato la prima espressione storica negli imperi mesopotamici. Tra i primati non effimeri della Mesopotamia si deve anche ricordare che è nel raffinato, problematico e tormentato mondo della Dinastia di Accad che tro­ vò espressione in tempi remoti una particolarissima poesia lirica, religiosa e politica a un tempo, di chi è senza dubbio la più antica personalità di poeta, individualmente definita, della storia. Che è poi una poetessa: Enkheduan­ na, figlia di Sargon di Accad. Ma tutta la gloria di Babilonia venne cancellata nella tradizione dell'Oc­ cidente cristiano da quando, nella tarda antichità, in quell'impressionante epopea dell'umanità d'Oriente e d'Occidente avviata in un singolare cam­ mino unitario verso la redenzione cristiana che è La Citta di Dio, sant'A­ gostino definì Babilonia «in qualche modo una prima Roma» e, simme­ tricamente, la Roma storica «una Babilonia occidentale», ma soprattutto esplicitamente la «Città del Diavolo» di contro a Gerusalemme la «Città di Dio». Babilonia, il cui nome, secondo il vescovo di Ippona, significherebbe «Confusione», con chiaro riferimento logico al mito della Torre di Babele e alla confusione delle lingue, malgrado i suoi «mirabili monumenti» esplici­ tamente ricordati, diviene da allora il simbolo e l'allegoria dell'idolatria, del peccato, in una parola del Male. L'immane naufragio di ogni testimonianza storica, scritta e materiale, delle civiltà dell'Oriente antico, perdute alla conoscenza del mondo occidentale dall'impossibilità di leggere la scrittura geroglifica egiziana in monumenti pur ancora visibili e dalla scomparsa di ogni documento scritto cuneiforme, da un laco, e dall'inabissarsi sotto le sabbie dei deserti e sotto il disfacimento delle strutture in crudo dei resti materiali dei centri antichi, dall'altro, sigil­ lò, in un silenzio che ancora all'inizio dell'Ottocento doveva sembrare in­ sormontabile, ogni traccia di quei tesori dell'ingegno umano su cui invano Manetone in Egitto e Berosso in Mesopotamia, agli inizi del III secolo a.C., avevano cercato di attrarre l'attenzione dei Tolomei e dei Seleucidi. Se l'Egitto esercitò, dopo Antonio e Cesare, un'indubbia suggestione su non pochi imperatori di Roma, a cominciare dagli stessi immediati successori di Augusto, certo per l'indicibile fascino della regalità nilotica e degli imponen­ ti monumenti della civiltà faraonica, la Mesopotamia divenne, dapprima, per il mondo classico il luogo esemplare di una conoscenza "inferiore" come quella, alogica, dell'astrologia e, più tardi, per il mondo cristiano l'ambiente ostinato e tracotante del fallace politeismo degli idoli e, soprattutto, dell' im­ moralità pervicace della superbia e della lussuria. E, tuttavia, sugli itinerari verso l'Oriente misterioso, dal Rinascimento fino all'Illuminismo, viaggia­ tori occidentali in gran numero cercarono, pur tra mille difficoltà, di trovare nei deserti e nelle steppe di contrade inospitali e spesso inaccessibili le testi­ monianze dello splendore scomparso di Ninive e di Babilonia su cui l'Antico 14

Prefazione

Testamento, soprattutto nelle invettive rutilanti dei profeti d'Israele, apriva­ no squarci di luce. Fu proprio l'ispirazione biblica che, dal 1842, aprì la grande stagione di una vera epopea di rinascita archeologica del mondo mesopotamico con i primi scavi, francesi e inglesi, nelle capitali d'Assiria, da Khorsabad a Nimrud e a Quyunjiq, facendo riemergere i centri del potere di Dur Sharrukin, di Kalkhu e di Ninive. Quella che fu chiamata la "rivelazione dei Sumeri", antichissimi abitanti della Mesopotamia meridionale, a partire dagli anni Settanta dell'Ot­ tocento, a opera di scavatori francesi e la fondazione della prima archeolo­ gia scientifica sui siti di Assur e di Babilonia da parte di archeologi tedeschi all'inizio del Novecento determinarono la definitiva affermazione dell'ar­ cheologia orientale come disciplina autonoma dotata di un proprio statuto disciplinare, di proprie procedure pratiche di scavo e di proprie metodologie di ricerca. Da quelle memorabili esplorazioni sistematiche nei due centri ur­ bani simbolo della civiltà mesopotamica della Babilonia e dell'Assiria, gloria dell'archeologia germanica, fu impostata la conoscenza scientifica della civiltà della Mesopotamia pre-ellenistica, che finalmente venne restituita, con un suo ruolo specifico, alla ricostruzione della storia dell'umanità più antica. Il Novecento, il secolo davvero breve per l'archeologia della Mesopotamia, è cominciato, positivamente, con la rinascita di Assur e di Babilonia e si è chiu­ so, negativamente, con le tre guerre del Golfo, che hanno impedito ogni svi­ luppo delle ricerche archeologiche in gran parte della Mesopotamia, tranne il tenace, importante e fruttuoso impegno degli archeologi iracheni, soprat­ tutto, ma non soltanto, a Sippar nel Sud e a Nimrud nel Nord, con le grandi scoperte, rispettivamente, della biblioteca d'età tardo-babilonese e acheme­ nide del Tempio di Shamash e delle tombe delle regine d'Assiria in uno dei maggiori palazzi reali del!' impero. Ma l'archeologia della Mesopotamia ave­ va conosciuto nei vent'anni tra le due guerre mondiali una vera età dell'oro con l'opera di archeologi di straordinario talento e di missioni sempre più scientificamente efficaci, che in cantieri memorabili - come Kish, Ur, Uruk, Eshnunna, ma anche Ubaid,Jemdet Nasr, Tepe Gawra, Khorsabad, Khafaja, Tell Agrab, non meno che Nuzi, e infine Dur Kurigalzu e Eridu - non solo conseguirono scoperte sensazionali, come nel caso del Cimitero Reale di Ur in grado di rivaleggiare con la scoperta della tomba di Tutankhamon in Egit­ to, ma ottennero risultati che permisero il preliminare completamento della definizione della successione delle fasi storiche dello sviluppo culturale lungo il corso di oltre tre millenni. Il nostro secolo si è aperto, per l'archeologia mesopotamica, con la trage­ dia del saccheggio del Museo Nazionale del!'Iraq, nel 2003, nei primissi­ mi giorni dell'occupazione americana di Baghdad, con la perdita di opere di inestimabile pregio, solo in parte recuperate, che ha commosso e turba­ to profondamente l'opinione pubblica mondiale e che è stata percepita nel mondo arabo come un'azione ignobile e sciagurata tendente a privare il po-

15

Archeologia della Mesopotamia antica

polo dell'Iraq delle radici profonde della sua millenaria identità culturale. Ai nostri giorni, l'angoscia terribile per le tremende prove cui è sottoposta la popolazione irachena nelle sue varie comunità di diverse fedi religiose non è minore dell'ansia nel constatare che la furia di un fondamentalismo settario e fanatico, che opera cinicamente in nome di un Islam tradito, sta intenzionalmente distruggendo, giorno dopo giorno, ogni testimonianza del passato della Mesopotamia antichissima, romano-partica, sasanide e islamica operando un vero massacro di opere di sommo valore, che sono patrimonio culturale mondiale. È un segno di speranza e di fiducia nel futuro che, in ogni parte del mondo, malgrado questi eventi drammatici, gli studi sulla Mesopotamia antica prose­ guono in sempre più numerosi centri di ricerca, sia, come è tradizione ormai secolare, nel mondo occidentale, sia in Oriente, dal Giappone alla Cina. E certo vi sono segni, ancora incerti e difficili da decifrare, che l'archeologia orientale del prossimo futuro sarà diversa da quella che, con le sue glorie e le sue miserie, ha conosciuto chi scrive queste righe. Sarà diversa nelle ispira­ zioni, nelle metodologie, nelle prospettive e certo si inquadrerà in una storia mondiale che sempre più si distaccherà dai canoni tradizionali della storio­ grafia occidentale moderna. Ma non potrà in alcun modo prescindere dai solidi fondamenti delle cono­ scenze su quell'antichissima storia di una civiltà scomparsa che un secolo e mezzo di archeologia militante ha saputo riportare alla luce con abilità, tena­ cia, passione e obiettività di cui non è lecito dubitare. È per questo che è da salutare del tutto positivamente la pubblicazione di una nuova introduzione ali'archeologia della Mesopotamia, redatta da un gruppo di giovani studiosi di scuole diverse fortemente impegnati, da non molti anni, nello studio di aspetti complementari della civiltà mesopotamica, che recano ciascuno al lavoro co­ mune il contributo non solo della loro innegabile competenza, ma anche di una positiva pluralità di approcci metodologici. La concezione dell'opera da parte di due valenti studiosi della scuola romana, Davide Nadali e Andrea Pol­ caro, che dalle prime, a lungo ripetute, esperienze sul campo, giovanissimi, nel cantiere di Ebla, hanno sviluppato autonomi itinerari di ricerca di particolare originalità, è garanzia di unità della realizzazione e di efficacia del risultato. La struttura analitica dell'articolazione del volume, che è arricchita da ricor­ renti e fondati giudizi critici, rende il volume un'opera sicuramente preziosa per la formazione di giovani studiosi delle nostre università che ricerchino nello studio della Mesopotamia pre-ellenistica, pre-romana e pre-partica non solo un precedente pallido del mondo classico, ma piuttosto un mondo di­ verso, "altro", ricchissimo di valori, che solo in parte, finora, sono stati fatti emergere nel loro autonomo significato. PAOLO MATTHIAE

professore emerito Sapienza Università di Roma 16

Premessa di Davide Nadali e Andrea Polcaro

L'archeologia del Vicino Oriente ha ormai compiuto enormi passi avanti sia nello sviluppo delle proprie metodologie di indagine sia nel contributo sempre crescente alla conoscenza storica del passato dell'uomo, che ha avuto sicuramente una delle sue origini in Mesopotamia. I grandi scavi delle istitu­ zioni inglesi, francesi e tedesche hanno dato il via, ai tempi dell'archeologia biblica o pionieristica, alle scoperte sulla storia dell'Oriente antico, che si era ormai perduta da secoli e i cui echi sopravvivevano solo nelle frasi allegoriche dell'Antico Testamento e nelle rielaborazioni degli storici greci e latini. Paul­ Émile Botta, console francese distaccato presso Mosul nell'Iraq settentriona­ le, intraprese nel 1842. l'esplorazione archeologica del teli, l'antica collina, di Ninive. Pochi anni dopo, anche il britannico Austen Henry Layard guidò lo scavo della collina di Nimrud. Se le prime notizie delle scomparse civiltà dell'Oriente antico giunte in Eu­ ropa riguardarono principalmente il mondo assiro nel Nord della Mesopota­ mia, alla fine dell'Ottocento e all'inizio del Novecento missioni archeologi­ che francesi e tedesche promossero anche la nascita dell'archeologia nel Sud della Mesopotamia. Il tedesco Robert Koldewey inizia nel 1899 l'esplorazio­ ne della città di Babilonia, identificando di fatto per la prima volta il vero luogo della celeberrima Torre di Babele del testo biblico, a lungo ricercata da viaggiatori ed esploratori europei, tra i quali il nobile romano Pietro Della Valle. Si deve al francese Ernest de Sarzec la riscoperta dell'antica civiltà dei Sumeri con lo scavo di importanti teli, quali appunto Tello, capitale di uno Stato sumerico del XXII secolo a.C. I teli, comuni nel panorama del paesaggio orientale, sono in Iraq evidenti all'orizzonte anche per molti chilometri di distanza, grazie alla conformazio­ ne piatta del paesaggio nell'alluvio mesopotamico, caratterizzato dall'assenza di rilievi montuosi: teli (dall'arabo tal[) sta a indicare una collina artificiale di origine antropica, corrispondente a un antico insediamento, il cui alzato è nel corso dei secoli aumentato per la sovrapposizione delle evidenze architet­ toniche e delle rioccupazioni. Il clamore dovuto alle indagini archeologiche di importanti città di questo antico mondo perduto, come Ninive e Babilonia, ha avuto subito nell'Oc17

Archeologia della Mesopotamia antica

cidente una forte eco. Infatti, queste prime scoperte portarono ali' apertura delle cosiddette "gallerie assire" del British Museum di Londra e del Museo del Louvre di Parigi e alla creazione dell'ala orientale nel museo di Berlino, con la ricostruzione, nel 1936, della Porta di lshtar rinvenuta da Koldewey. L'impatto delle grandi scoperte portò l'archeologo tedesco Anton Moort­ gat a pubblicare a Berlino nel 1932 il manuale Die bildende Kunst des Alten Orients und die Bergvolker con un approccio fortemente storico-artistico, determinando per primo definizioni e periodizzazioni culturali e stilistiche della produzione artistica mesopotamica. Nel 1954, uscì postuma l'opera dell'archeologo olandese Henri Frankfort ( The Art and Architecture o/the Ancient Orient), che presentò una nuova prospettiva archeologica, in parti­ colare della Mesopotamia, alla luce delle scoperte archeologiche che Frank­ fort stesso aveva ottenuto nella regione della Diyala in Iraq negli anni Trenta del Novecento. In Italia, l'interesse per l'archeologia del Vicino Oriente antico è relativa­ mente recente, anche se la crescente apertura degli atenei alla disciplina e l'at­ tenzione rivolta da parte degli studenti hanno portato alla pubblicazione di manuali in lingua italiana. I tre volumi di storia dell'arte dell'Oriente antico di Paolo Matthiae offrono la più ampia sintesi sull'argomento, ricca di pun­ tuali analisi storiche che inquadrano i manufatti antichi in un vasto ambito culturale ed evidenziano gli apporti delle culture vicino-orientali alle mo­ derne civiltà. L'opera in due volumi di Antonio Invernizzi combina aspetti più propriamente storico-artistici con analisi archeologiche dei contesti e dei materiali, con una forte attenzione per la Mesopotamia dai periodi proto­ storici fino agli imperi assiri e babilonesi del I millennio a.C. Il progetto di questo nuovo manuale sull'archeologia della Mesopotamia an­ tica nasce dall'esigenza di fondere l'importanza storica delle passate scoperte, da un lato, e le nuove tendenze dell'esplorazione archeologica, dall'altro, con un approccio e uno sguardo nuovi, che siano espressione del progresso della ricerca e degli studi sull'antica Mesopotamia. Il libro si prefigge di essere uno strumento di messa a punto e di aggiornamento allo stesso tempo, pensato per i contesti accademici italiani e per chiunque sia interessato a voler cono­ scere o approfondire l'archeologia della Mesopotamia. Nel progettare la stesura del volume, si è deciso di seguire l'esempio dei più recenti compendi in lingua inglese di archeologia: tra questi si segnalano l'o­ pera del 2012 in due volumi curata da Daniel T. Potts sull'archeologia del Vi­ cino Oriente, i volumi della Oxford University Press dedicati all'archeologia del Levante, dell'Anatolia e dell' Iran e il più recente (2013) compendio sui Sumeri curato da Harriet Crawford, dove ogni capitolo (organizzato per pe­ riodo storico o per tema) è affidato a un singolo autore. Il manuale è pertanto suddiviso in capitoli in successione cronologica (dal IV al I millennio a.C., dalle culture del Tardo Calcolitico alla fase dei grandi imperi assiri e babi­ lonesi), prendendo in considerazione architettura, arte e cultura materiale 18

Premessa di ogni periodo. Il volume offre così una sintesi in dettaglio delle caratte­ ristiche fondamentali delle diverse epoche della storia della Mesopotamia, senza tralasciare una visione diacronica di insieme che metta in correlazione i momenti cruciali e le peculiarità architettoniche, iconografiche e di cultura materiale di questi quattro millenni di storia. La Mesopotamia ha pertanto rappresentato per lungo tempo il centro ne­ vralgico delle ricerche sul campo per lo sviluppo dell'archeologia del Vicino Oriente antico, portando addirittura a eccessi di "mesopotacentrismo" a sca­ pito delle altre regioni dell'Oriente (Siria, Anatolia, Iran e Levante meridio­ nale). Le drammatiche vicissitudini politiche dell'odierno Iraq ( con la succes­ sione dei tre conflitti del Golfo a partire dalla fine degli anni Ottanta) hanno di fatto bloccato la ricerca archeologica, che ha visto tuttavia protagonista il lavoro di molte missioni archeologiche nazionali impegnate non solo in nuo­ vi scavi, ma ancora più significativamente e caparbiamente nella protezione e salvaguardia dell' inestimabile patrimonio archeologico del paese. Sforzi lo­ devolissimi e preziosissimi che non hanno tuttavia impedito scavi clandestini (con la devastazione di siti come Umma e Isin) e il saccheggio di opere dai musei (come nel grave caso del Museo Nazionale dell' Iraq di Baghdad nel 2003). Tuttavia, l' Iraq sta vivendo oggi una nuova fase grazie alla ripresa di esplorazioni di importanti centri nella Mesopotamia settentrionale e meri­ dionale, che lasciano intravedere la possibilità di ridare dignità a un passato tanto prezioso e dall'altissimo valore storico. Per la gentile concessione di utilizzo di alcune immagini del volume, gli autori sono particolarmente grati a: Anacleto D'Agostino, Paul Collins e l'Ashmolean Museum di Oxford, David Kertai, il British Museum di Londra, Martin Sauvage, Julian E. Reade. Un sincero ringraziamento a Eloisa Casadei e Valentina Oselini, che hanno riletto con estrema attenzione il volume segnalando non solo refusi ed errori, ma aggiun­ gendo stimolanti commenti e suggerimenti. Sul sito dell'editore (www.carocci.it), nell'area Università (materiali online), sono disponibili tavole aggiuntive ad arricchimento del materiale iconografico del ma­ nuale.

Bibliografia CRAWFORD H.

(ed.)

(2.013),

FRANKFORT H. ( 1954),

Books, Harmondsworth.

The Sumerian World, Roudedge, London-New York.

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e II, Le Lettere, Firenze.

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20

Parte prima Introduzione

1

Conformazione storico-geografica

di Lucia Mori

1.

Il Vicino Oriente: che cos'è?

Secondo un'ormai consolidata tradizione di studi, per Vicino Oriente antico si intende un'area ampia e fluttuante sia dal punto di vista geografico sia da quello cronologico che comprende grosso modo la regione odierna del Me­ dio Oriente (FIG. 1). Tuttavia, a seconda della prospettiva allargata o ristretta che si decida di adottare, ali'ampia area che dal Mediterraneo arriva alla catena degli Zagros e all' Iran sud-occidentale (mappe 1-3), lungo un asse latitudinale, e che dal Golfo Persico/ Arabico arriva alle coste del Mar Nero, lungo un asse longitudinale, può essere inclusa la vallata del Nilo, il cui sviluppo per le fasi più antiche è in parte parallelo e connesso con quello vicino-orientale (soprattutto alle culture urbane delle vallate dell'Eufrate e del T igri) e i cui rapporti di inter­ scambio commerciale e ingerenza politica, in particolare per l'area levantina, furono estremamente significativi soprattutto nella fase del Bronzo Tardo e nell'Età del Ferro. I limiti cronologici, che convenzionalmente comprendono un lungo arco di tempo che dalla rivoluzione urbana della Mesopotamia meri­ dionale (metà del IV millennio a.C.) arriva alla conquista persiana di Babilonia con Ciro il Grande (535 a.C.), vengono sempre più spesso estesi, nelle trattazio­ ni recenti, a comprendere le principali culture neolitiche, per le fasi più antiche (fra il v e la prima metà IV millennio a.C.), i cui i complessi fenomeni socioeco­ nomici e culturali costituirono le premesse fondanti del Periodo Protostorico, e l'intera storia dell'impero achemenide fino alla conquista di Alessandro il Macedone e l'inizio del Periodo Ellenistico (ca. 330 a.C.). Quest'area geografica fu in epoca coloniale, ed è tutt'oggi, regione dalla gran­ La definizione de rilevanza strategica per le potenze occidentali, e tale interesse fu all'origine geografica dell'area di una designazione dalla forte connotazione politica. Il termine Vicino Oriente, calco italiano dell' inglese Near East, fu infatti coniato nella seconda metà del XIX secolo, nell'ottica imperialista britannica, e secondo una perce­ zione del tutto eurocentrica, a indicare quella parte dell'Asia più vicina ali' Eu­ ropa e distinta delle regioni dell'Asia Centrale e dell'Estremo Oriente. Si in­ tese allora indicare il territorio sotto il controllo dell' Impero Ottomano, che tuttavia alla fine del secolo cominciò a sgretolarsi, porgendo il fianco ali' inge23

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 1

Carta del Vicino Oriente antico



L. di Urmia



Palmira

O

Mari

200 km

Fonte: A. lnvernizzi

(1992), Dal Tigri a/l'Eufrate, voi. 11, Le Lettere, Firenze, fig. 1.

renza coloniale delle potenze europee. La nascita dell'archeologia del Vicino Oriente antico, con la riscoperta delle monumentali evidenze archeologiche delle civiltà mesopotamiche alla metà dell'Ottocento, si ebbe proprio in seno all'interesse territoriale di Francia e Impero Britannico, che furono affiancati in seguito da Stati Uniti e Impero Germanico in un processo di svelamento, ma anche di appropriazione culturale, di un passato in gran parte dimenticato ma anche profondamente legato al mondo biblico e dunque dall'enorme im­ patto ideologico ed emotivo per la stessa cultura occidentale. 2.

Q

I vincoli geografici: territorio e clima

Se tracciassimo una linea retta che dalle coste del Golfo Persico/Arabico arri­ vasse fino al Mar Nero, scorrendo parallelamente al corso dei due fiumi prin­ cipali della Mesopotamia, il Tigri e l'Eufrate, copriremmo in linea d'aria una distanza di circa 1.500 km attraversando aree geografiche estremamente diverse, caratterizzate da risorse naturali e peculiarità climatiche e territoriali differenti che si avvicendano in un'area relativamente ristretta (TAV. 1). 24

1. Conformazione storico-geografica Da sud-est a nord-ovest, ci troveremmo dapprima a percorrere l'ampia piana II territorio alluvionale dell'odierno Iraq meridionale, l'antica Bassa Mesopotamia, caratterizzata da un clima semidesenico e desenico e una piovosità annua esigua, intorno ai 150 mm di pioggia, decisamente al di sotto del limite minimo di 200 mm annui che, se ben distribuito nel corso della stagione cerealicola, permette un'agricoltura secca. Eppure ci troveremmo di fronte, superata la vasta area paludosa del Golfo Persico/Arabico, con i suoi canneti e le palme da dattero, ad ampie aree coltivate, con insediamenti rurali, le cui origini più remote affondano in epoca neolitica, e centri urbani maggiori i cui antichissimi precursori fiorirono a partire dalle seconda metà del IV millennio a.C. sfruttando con sapienza e costante manutenzione le risorse idriche essenziali dell'Eufrate e del Tigri in quella che evocativamente è considerata la "culla della civiltà". Risalendo verso nord-ovest, attraverseremmo l'altopiano stepposo della Jezirah, dal clima semidesertico a meridione e più umido a settentrione nella zona degli affluenti principali dell'Eufrate e nell'arco pedemontano dei monti Zagros. Importante territorio di pascolo per le popolazioni seminomadiche e pastorali soprattutto nei periodi invernali, l'altopiano è costeggiato dal medio corso dell'Eufrate e del T igri, fino a raggiungere le fertili piane del Khabur (affluente del fiume Eufrate in Siria), in cui la piovosità annua e le risorse idriche dei numerosi fiumi stagionali permettono uno sfruttamento agricolo estremamente produttivo, senza la necessità di ricorrere all'irrigazione, e favoriscono già in epoca neolitica il fiorire degli insediamenti umani. Attraverseremmo poi le montagne del Tauro, i cui picchi nella regione dell'Antitauro sorpassano i 3.700 m di altitudine, dove all'asprezza del territorio, poco adatto all'in­ sediamento stabile, si contrappone la ricchezza di risorse naturali preziose nell'antichità come il legname e i metalli (il rame in particolare), per giungere nel cuore dell'altopiano anatolico - caratterizzato da un clima continentale, attraversato da corsi d'acqua e costellato da vallate pedemontane e fluviali che costituirono delle nicchie ecologiche preferenziali per lo sviluppo delle più antiche forme di agricoltura e allevamento. Giungeremmo infine alle aspre montagne del Ponto, che digradano ripidamente verso la costa del Mar Nero, limite settentrionale dell'area vicino-orientale. Similmente, tracciando una direttrice ovest-est, che dalle coste del Mediterra- Q neo raggiunga l'altopiano iranico, dalle piane costiere levantine, relativamente strette e dal clima temperato, raggiungeremmo, nell'arco di qualche decina di chilometri, i rilievi dell'Amano e più a sud del Libano e Antilibano, ricchi anch'essi di risorse naturali, in particolare il legname pregiato - i rinomati cedri del Libano, il cui fusto era ricercato già nella remota antichità per l'edilizia e la costruzione di navi (TAV. 2). Tali montagne segnano una brusca interruzione dell'ecosistema tipicamente mediterraneo e l'inizio dell'altopiano steppico della Siria interna, che confluisce verso sud-est nelle aree sempre più aride del deserto siro-arabico. Nell'altopiano, dal clima continentale più umido nella sua parte settentrionale ma semidesertico nelle regioni centrali e meridiona25

Archeologia della Mesopotamia antica

Cambiamenti climatici

li, la presenza di pozzi e corsi d'acqua stagionali permette lo sfruttamento di un'agricoltura residuale su piccola scala e costituisce il reticolo di riferimento dei percorsi di transumanza pastorale. Le vallate fluviali dell'Eufrate e del T i­ gri, le cui quattro sponde nei testi mesopotamici indicavano evocativamente l'ecumene mesopotamico, scorrono profondamente incassate a tratti nell'al­ topiano, orlato nel suo confine orientale dall'imponente catena dei monti Za­ gros. Barriera potente nel suo complesso, con cime che superano i 4.000 m, ma suddivisa in una serie di crinali paralleli, in cui vallate intermontane ospitano insediamenti stabili e favorirono in passato la fioritura delle più antiche comu­ nità agricole, insieme a un diffuso nomadismo agropastorale, gli Zagros costi­ tuiscono il limite della Mesopotamia e il confine occidentale dell'amplissimo altopiano iranico, fino a comprendere il bacino del Karun, i cui sviluppi cultu­ rali, fin dalla più antica civiltà urbana, furono fortemente interrelati e paralleli a quelli dell'Iraq meridionale, tanto da essere inclusi nel termine comprensivo di Grande Mesopotamia. Se la geomorfologia di questa vasta regione è rimasta sostanzialmente simile alla situazione antica, elementi geografici e climatici importanti hanno subito variazioni e fluttuazioni nel corso dei circa 5.000 anni che ci separano dal convenzionale inizio della nostra storia in epoca Uruk. Tali cambiamenti hanno contribuito ai processi di formazione e di collasso delle società antiche, con modalità e intensità estremamente dibattute in anni recenti, sulla scia di un rinnovato interesse per le questioni ambientali dell'epoca contemporanea e avvalendosi di studi territoriali integrati e interdisciplinari che hanno per­ messo ricostruzioni estremamente dettagliate degli ecosistemi antichi. Dighe e bacini artificiali costruiti nel corso degli ultimi cinquant'anni hanno pro­ fondamente alterato il regime del T igri e dell'Eufrate, e l'intenso e millenario sfruttamento agropastorale e forestale ha depauperato le risorse naturali dell'intera regione. Aree boschive menzionate nei testi cuneiformi fin nel cuore dell'alluvio basso-mesopotamico, come pure ampie zone di conifere dei rilievi dell'Amano e del Libano, sono oggi scomparse o pesantemente impo­ verite, similmente a specie animali quali leoni, elefanti, gazzelle, struzzi e ona­ gri, documentati nelle fonti epigrafiche antiche e spesso raffigurati iconogra­ ficamente, ormai definitivamente scomparsi dal Vicino Oriente. L'intera regione era in antico caratterizzata da una complessiva fragilità ambientale, in cui variazioni climatiche, quali fasi di diminuzione della piovosità annua pro­ lungata sul medio periodo, potevano avere pesanti conseguenze sia sulla pro­ duttività dell'agricoltura secca sia su quella irrigua, a causa di una maggiore probabilità di salinizzazione dei suoli per l'elevata evaporazione dell'acqua alluvionale. Ripercussioni potevano verificarsi anche nelle aree steppiche, sul­ le popolazioni seminomadiche legate alla pastorizia, per la possibile essicazio­ ne dei pozzi e l'impoverimento dei pascoli. Nelle recenti ricostruzioni delle variazioni climatiche in epoca antica sono stati individuati in particolare due picchi di inaridimento che corrisponderebbero ai due momenti di maggiore crisi e collasso politico e socioeconomico delle culture del Vicino Oriente an26

1.

Conformazione storico-geografica

tico. Analisi polliniche e paleoambientali dal sito di Tell Leilan, nella Jezirah siriana, messe in relazione con ricostruzioni del clima antico attraverso caro­ taggi di bacini lacustri e sedimenti marini, hanno fatto ipotizzare un picco di aridità nel XXIII secolo a.C., che avrebbe portato al collasso e ali'abbandono i centri urbani delle piane del Khabur, stimolando piuttosto le popolazioni della zona a optare per un tipo di vita seminomadica e basata sulla pastorizia. Il dilagare delle tribù amorree nella vallata dell'Eufrate e nella Bassa Mesopo­ tamia e il crollo della III Dinastia di Ur alla fine del III millennio a.C. sareb­ bero avvenuti in conseguenza di tali fenomeni. Una seconda fase di grave ina­ ridimento è stata ipotizzata ali' incirca un millennio dopo, tra il XIII e il x secolo a.C., e avrebbe inciso, in questo caso, sul tracollo del sistema regionale del Bronzo Tardo. Opinioni discordanti animano il fervido dibattito sull'ef­ fettiva incidenza di tali fattori sullo sviluppo e sul collasso delle civiltà anti­ che, tra determinismi ambientali e prospettive minimaliste che intendono considerare i periodi di crisi piuttosto come epoche di trasformazione cultu­ rale e di risposta attiva delle popolazioni umane volte a fronteggiare gli stress ambientali attraverso innovazioni adattative. Certamente, la lunga storia del Vicino Oriente antico fu caratterizzata non tanto da un percorso univoco quanto da una sequenza ciclica di crescita e collasso, in cui fattori socioeco­ nomici e politici ebbero grande rilevanza sia nella fase di crisi sia nella fase di rigenerazione, ma dovettero anche fare i conti con i vincoli ambientali e l'in­ gerenza delle alterazioni dovute all'influsso dei mutamenti climatici.

3. La difficile storia della culla della civiltà Il Vicino Oriente comprende dunque un'area vasta, dalle risorse e potenzia­ lità diversificate, caratterizzata da ampie regioni dai pesanti vincoli geografici in cui la relazione complessa e dinamica fra il substrato fisico del territorio e le comunità umane si è da sempre necessariamente articolata in una varietà di modi di sfruttamento del territorio e di forme di aggregazione sociale di di­ versa complessità e grado di ineguaglianza, a costituire un mosaico caratteriz­ zato da significative differenze locali, ma anche da una profonda interazione e integrazione culturale e politica che raggiunse un'unificazione territoriale "globale" con i grandi imperi dell'Età del Ferro. Unità e diversità, come pure continuità e discontinuità, sono concetti ricor- Città, villaggi e tribù remi nell' interpretazione delle relazioni tra le diverse culture che si svilupparono nel Medio Oriente tra circa il 3000 e il 500 a.C. La città, che costituisce indubbiamente un polo socioeconomico e politico fondamentale ed è l'elemento strutturale di maggior impatto e visibilità dal punto di vista archeologico, vive e si sviluppa in stretto legame simbiotico, ma anche competitivo e conflittuale, con le comunità di villaggio e le tribù pastorali seminomadiche e nomadiche, che nelle fasi di collasso politico dell'elemento urbano dominante diventano importanti poli di attrazione e serbatoi di rigenerazione culturale e politica. 27

Archeologia della Mesopotamia antica La rivoluzione urbana

Le grandi organizzazioni templari e palatine, che dalla fine del IV millennio a.C. costituiscono il motore della "rivoluzione urbana", secondo un'ormai classica terminologia coniata da Vere Gordon Childe alla metà del xx secolo, segnano l'origine delle prime formazioni statali con stratificazione socioeco­ nomica, specializzazione e spersonalizzazione del lavoro e importanti inno­ vazioni tecnologiche, tra cui l'origine della scrittura, che saranno il volano degli sviluppi storici successivi. Ma l'urbanizzazione non è un fenomeno dallo sviluppo lineare e si articola nelle varie regioni del Vicino Oriente anti­ co secondo cicli di espansione seguiti a crisi, a volte repentine e irreversibili, di un modo di produzione che ha un forte impatto sul territorio e soprattut­ to sulle comunità agricole di villaggio e in aree dagli ecosistemi fragili, dalle zone rurali limitate per estensione o vincoli geografici e climatici: in tal sen­ so, non risulta essere quindi sostenibile sulla lunga durata. Nonostante ciò, è indubbio che le formazioni statali urbane del Vicino Oriente antico tendono ad ampliare i propri orizzonti geografici nel corso del tempo, e dalle città-stato "cantonali" del Periodo Protodinastico si allar­ gano fino a diventare gli Stati territoriali dell'Età del Bronzo Medio e Tardo, passando attraverso significative fasi di espansione imperialistica quale il Pe­ riodo Accadico, dal potente impatto simbolico e ideologico, fino a diventare, alla fine della storia di cui ci occupiamo, i grandi imperi assiro, babilonese e infine persiano-achemenide, dalle velleità di dominio universale. Rapporti commerciali e diplomatici permettono la diffusione di strumenti di comunicazione potenti quali la scrittura. Il sistema grafico cuneiforme, messo a punto in Bassa Mesopotamia, si diffonde in tutto il Vicino Orien­ te antico, adattandosi di volta in volta a esigenze espressive di lingue dalle caratteristiche differenti, dal sumerico all'eblaita, dall'accadico all'ittita, fino all' hurrita e all'urarteo, veicolando idee e cultura e arrivando a diventare, alla metà del II millennio a.C., sistema di riferimento negli scambi tra Vicino Oriente ed Egitto attraverso la lingua babilonese. Ancor più, nell'Età del Fer­ ro, la diffusione del sistema alfabetico, elaborato già a partire dalla seconda metà del II millennio a.C., permetterà una capillarizzazione della diffusione della scrittura e una circolazione culturale su scala più vasta e articolata e, attraverso la colonizzazione fenicia, costituirà una delle eredità più evidenti delle civiltà del Vicino Oriente antico. Eredità che insieme a elementi quali vita urbana, organizzazione politica e credenze religiose legate ai testi biblici fanno della storia del Vicino Oriente antico una ormai riconosciuta parte costitutiva e fondante della nostra storia.

Bibliografia LIVERANI M.

(lou), Antico Oriente. Storia, società, economia, Laterza, Roma-Bari.

MILANO L. (a cura di) (lOn), Il Vicino Oriente antico. Dalle origini ad Alessandro Magno, EncycloMedia, Milano.

28

2

Cronologia dell'antica Mesopotamia di Agnese Vticca e Marta D 'A.ndrea""

1.

Periodizzazione archeologica e terminologia

Tra gli obiettivi fondamentali della ricerca archeologica, la costruzione di La cronologia una scansione cronologica delle fasi storiche e delle Jacies culturali a esse relativa associate occupa un ruolo di primo piano. Il passo iniziale di questo procedimento è la costruzione di una periodizzazione relativa, svincolata da datazioni assolute. La definizione di una cronologia relativa si basa in primo luogo sullo studio della stratigrafia e sulla classificazione e seriazione delle diverse classi di manufatti provenienti dagli scavi archeologici (ad esempio lo studio dell'evoluzione delle classi ceramiche, della glittica, delle produzioni metallurgiche). L'intento è quello di creare una griglia cronologica di riferimento in cui incasellare le fasi archeologiche di ciascun sito per stabilire i reciproci rapporti temporali di anteriorità, contemporaneità, posteriorità tra eventi e processi culturali all'interno di una stessa area ed eventuali sincronismi tra aree regionali distinte. Nel caso della Mesopotamia, per la quale si dispone di una notevole quantità di fonti testuali, allo studio delle classi materiali si affianca quello dei testi scritti (testi amministrativi, liste lessicali, testi letterari, iscrizioni reali, documenti legali). Solo in un secondo momento, e disponendo di un'adeguata base di dati, è possibile ancorare le sequenze relative a una cronologia assoluta in termini di anni, attraverso le datazioni radiometriche e lo studio dei fenomeni astronomici registrati nei testi antichi. Il metodo del Carbonio 14 è il sistema di datazione chimico-fisica più utilizzato per ancorare le fasi storico-archeologiche alla cronologia assoluta, talvolta associato ad altre fonti di datazioni disponibili, come la dendrocronologia e la termo­ luminescenza. La definizione della cronologia assoluta mesopotamica è stata recentemente rivista per il III millennio a.C. all' interno del Progetto ARCANE (Associated Regional Chronologies far the Ancient Near East) e per il I I millennio a.C. dal Progetto SCIEM (Synchronisation ofthe Civilisations in the Eastern Mediterranean) (TAB. 1). • Agnese Vacca è autrice dei parr. 4.1-4.4, Marta D'Andrea dei parr. 2., 3 e 4.5; il par. 1 è da attribuirsi a entrambe le autrici.

29

Archeologia della Mesopotamia antica TABELLA 1 Date a.e.

FASI ARCHEOLOGICHE

4500 -

3700 -

3300

ALTA MESOPOTAMIA

Tardo C.lcolllico 1

4200-

3900

Cronologia della Mesopotamia

Tardo C.lcolltlco 2 Tardo C.lcolilico 3

BASSA MESOPOTAMIA

Tepe Gawra XII-XIA/8 Tepe Gawra Xl-IX (Gawra A-B) - - --------------Tepe Gawra VIII

Tardo (alcolltlco 4

- --- ---

Ninl"" l

Eridu 3-2

Nlnl""4

Tardo Calcolldco 5

UrukVll�IV

3100 Bronzo Antico I Nlni"" 5

2900 2750 2600

Bronzo Antico Il

}

lii - - Bronzo - Antico - - - - - -

Uruk lll

(Early Jezirah O)

Nlppur 14-12

Uruk Tardo

Protodinastico I (2900-2750 a.C.)

- - -

-Protodlnaslico - - -Il (2750-2600 - -a.C.)-

Chaga Bazar 5

Nlnive 5 Tarclo

(Early Jezlrah la) (Early Jezirah 3b)

1

(Early Jezirah 4a'_,.;;

";lìò•ù .:

Fonti: a) R. P. S. Moorey, O. R. Gurney (1973), Ancient Near Eastern Seals at Charterhouse, in "Iraq", 35, p.76, n. 13, pi. 34; b) S. Di Paolo (2010), Continuità e discontinuità tra Ur 111 e paleobabilonese iniziale. Un contributo sulla cronologia dallo studio delle Udienze Reali sui sigilli dei "servi del re", in R. Dolce (a cu­ ra di), Quale Oriente? Omaggio a un maestro. Studi di arte e archeologia del Vicino Oriente in memoria di Anton Moortgat a trenta anni dalla sua scomparsa, Flaccovio, Palermo, fig. 8; c) ivi, fig. 12.

interruzioni, la tradizione sia delle "udienze mediate" (le scene di presenta­ zione), in cui il suddito/funzionario viene condotto da una dea tutelare al cospetto del sovrano seduto in trono (FIG. 6b ), sia delle "udienze non media­ te" (FIG. 6c), caratterizzate dal suddito/funzionario posto di fronte al re mentre la dea Lama (divinità tutelare già nota nel Periodo Neo-Sumerico) è alle sue spalle (o addirittura è assente). L'alta frequenza di queste scene sulla glittica di Ur III rispondeva a uno speci­ fico programma politico e ideologico: la creazione di una classe di funzionari di alto livello reclutati direttamente dal sovrano, nell'ambito della famiglia reale, dalle antiche aristocrazie cittadine, dalle province "esterne". Di particolare interesse è l'analisi delle iscrizioni cuneiformi racchiuse all'in­ terno di due distinte caselle. La prima contiene il nome del sovrano e la titola­ tura reale. La seconda, tangente alla prima ma separata da essa, riporta invece i dati del proprietario del sigillo. Solo in qualche caso la legenda consta di un'unica casella che è comunque provvista di tutti i dati identificativi. Questi documenti pertinenti a un Periodo Paleobabilonese iniziale mostrano una 240

8.

li Periodo Paleobabilonese

sostanziale aderenza ai modelli di Ur III. Nell'organizzazione complessiva della scena e da un punto di vista iconografico, le "udienze" di età paleobabi­ lonese rivelano rarissime variazioni rispetto all'epoca del lorofloruit, anche se è possibile seguirne l'evoluzione e un certo rinnovamento che va di pari passo con i cambiamenti politici e strutturali dei regni amorrei. A questa prima fase seguirà un periodo di affrancamento dai modelli del III Le iscrizioni millennio a.C. e di trasformazione che forse riflette un'evoluzione politica e i proprietari interna nel senso di un allentamento delle relazioni gerarchiche o di una loro del sigillo riformulazione. Già infatti all'epoca in cui sono attestate le udienze di tipo tradizionale, a partire dall'inizio del XIX secolo a.C., comincia a circolare una versione modificata. La legenda è costituita da un'unica casella con due o tre linee di iscrizione: essa riporta il nome del proprietario del sigillo, il patronimico, talvolta il rango ricoperto e l'indicazione "servo di" seguito dal nome del sovrano. Per quanto concerne invece l'iconografia dei sigilli, si nota un progressivo abbandono delle molte variazioni del modulo di base dell'epoca di Ur III. Lo schema più frequente prevede che la dea tutelare sia posizionata alle spalle del suddito/funzionario. Complessivamente, l'uso delle "udienze" sui sigilli dei funzionari palatini è un fenomeno che non cessa con la caduta del regno di Ur. Il tema infatti perdura ancora per tutto il xx fino agli inizi del XVIII secolo a.C. In seguito diventa più raro fino a scomparire. Questo tipo è asso­ ciato a due esempi diversi di legenda che servono entrambi a sottolineare il rapporto gerarchico esistente tra sovrano e funzionario. La glittica è caratte­ rizzata da un'evoluzione continua da Ur III in poi, rendendo superflua quella cesura che storicamente segna il passaggio tra III e II millennio a.C. Si può concordare con Mare Van de Mieroop, che propone di non separare il xx dal XXI secolo a.C.: una cesura andrebbe forse fissata più in basso in termini cro­ nologici, cioè al XIX secolo a.C., quando si assiste a un vero ricambio di mo­ delli figurativi e a nuove esperienze formali. Si osserva infatti un proliferare di temi religiosi o comunque legati agli ambienti templari che compaiono su impronte su tavolette/buste provenienti soprattutto da Sippar, sede del più importante santuario dedicato a Shamash. Il partito figurativo a più perso­ naggi che si muovono verso il fulcro della scena rappresentata da una divinità (spesso Shamash incedente su un picco di montagna e con la sega/coltello impugnati nella mano destra, ma anche Ishtar su leone e armata e Adad con le sue insegne che alludono ai fenomeni atmosferici) stante o in trono com­ prende spesso, oltre a divinità tutelari e operatori cultuali (seminudi e con una sorta di secchiello), una figura di alto rango/sovrano riconoscibile dalla tiara e dal mantello indossati: egli è rappresentato nell'atto, probabilmente, di recitare una preghiera, di compiere un sacrificio animale o di offrire una li­ bagione alla divinità principale. Difficile dire se le scene rappresentino eventi che avevano luogo all'interno dei templi in onore delle statue divine. Si tratta comunque di temi molto comuni in questo periodo. Ugualmente diffusa è la 241

Archeologia della Mesopotamia antica rappresentazione di un eroe regale con tiara e veste triangolare (noto come

personnage a la masse.figure with the mace o Gottkonig) di fronte alla dea La­

ma. Questo modulo figurativo doveva comunque essere connesso alla figura regale ( una sorta di eroe ancestrale ?) se compare sui sigilli dei funzionari pa­ latini e dei membri della famiglia reale nel corso del XVIII secolo a.C. in tutta l'area mesopotamica, fino a Tell Bi'a-Tuttul passando per Mari. A partire da Samsuiluna, il repertorio della glittica babilonese comincia a ri­ dursi, con la soppressione delle teorie di figure e la sostituzione di queste con scene più semplici, a due, massimo tre personaggi.

7. Toreutica e oreficeria

Il vasellame in metallo

In generale, nel corso del II millennio a.C., il rame puro o arsenicale era uti­ lizzato per oggetti di uso comune, di scarsa attrattiva (utensili, ad esempio), come dimostra il deposito di oggetti di età paleobabilonese scoperto a Tell Sifr (antica Kutalla), nei pressi di Larsa, e chiamato Loftus Hoard. Qui, in quel­ lo che è stato interpretato come il quartiere amministrativo di un complesso templare, è stato rinvenuto un deposito costituito di oggetti e strumenti so­ prattutto agricoli in parte nuovi, in parte usati. Si tratta forse della restituzio­ ne degli oggetti, di cui tra l'altro parlano i testi locali che fanno riferimento anche al peso individuale, prima della consegna per un uso stagionale. Alcuni vasi (tra cui una tazza e un vaso cilindrico con pareti concave e base ad anello) facevano parte del deposito, forse usati per misurare liquidi o grano. In questo periodo i vasi metallici presentano forme piuttosto semplici: si tratta in generale di coppe emisferiche con orlo naturale, note da diversi esemplari scoperti a Ur e a Sippar (Tell ed-Der) o più profonde e con l'orlo ispessito come quelle di Nippur. Si conoscono però anche forme più rare con alta carenatura e base ad anello. Nel complesso, questo tipo di oggetti viene raramente da contesti abitativi, più spesso dai templi (come quelli scoperti nel Tempio di Ishtar Kititum a Ishchali) e dai palazzi ma anche dalle tombe, mostrando come simili manufatti fossero comunque accessibili ad ampi stra­ ti della popolazione. La bronzistica di pregio, anche se quantitativamente poco significativa in questo periodo, è nota da diverse tipologie di manufatti rinvenuti in una vasta area che va da Mari a Larsa nella Bassa Mesopotamia alla valle della Diyala. Due statuette di culto in bronzo (alte ca. 15-17 cm) ora all'Orientai Museum di Chicago vennero scoperte accidentalmente ai primi del Novecento sul sito di Khafajah (antica Tutub). Anche se l'incertezza circa il luogo di ritrova­ mento delle statuette rimane, l'inizio degli scavi a Khafajah ( 1934) fu l'occa­ sione per chiarire il contesto originario (topografico e cronologico). Si ipo­ tizzò che i due oggetti fossero stati trovati all'interno di un bacino di bronzo in un'area poi rivelatasi un'abitazione privata di età paleobabilonese e forse esposti in uno dei sacelli privati del tipo scoperto nel quartiere residenziale 242

8.

Il Periodo Paleobabilonese

7 a) Statuetta di culto in bronzo da lshchali raffigurante un dio quadrifronte; b) statuetta di dea seduta quadrifronte; e) statuetta votiva in bronzo da Larsa dedicata da Lu-Nanna al dio Amurru (xv111 sec. a.C.) FIGURA

a

b

Fonti: a-b) P. Matthiae (2000), La storia dell'arte dell'Oriente antico. Gli Stati territoriali: 2100-1600 a.C., Electa, Milano, p. 99; e) ]. Aruz, K. Benze� J. M. Evans (eds.) (2008), Beyond Baby/on: Art, Trade, and Diplomacy in the Second Millennium B.C., Metropolitan Museum of Art, Vale University Press, New York-New Haven (cT), p. 21.

scavato a Ur. La divinità maschile ha la particolarità di essere quadrifronte (FIG. 7a): barbato, è incedente su un ariete accovacciato, indossa la tradizio­ nale veste divina (a balze) e impugna una scimitarra. Egli è stato identificato con Marduk o Amurru. La dea, seduta su un trono cubico e con una lunga veste, ha ugualmente quattro facce (quella anteriore appare piuttosto con­ sunta) e una sorta di alta tiara (FIG. 7b ). Questa, assimilabile alla rappresentazione della facciata di un tempio o di un altare, è provvista, alla base, di corna simbolo della natura divina del per­ sonaggio rappresentato che, in una posa che ricorda quella della statua sco­ perta nel vano 65 del contemporaneo Palazzo di Mari, stringe tra le mani un aryballos da cui fuoriescono due grossi zampilli d'acqua; essi, disperdendosi sull'abito, creano un caratteristico motivo a ondulazioni parallele. Alla classe degli oggetti di natura votiva appartiene una figurina composita (alta ca. 2.0 cm), realizzata in bronzo, argento e oro e arricchita di intarsi in conchiglia e lapislazzuli per indicare le cornee e le iridi. Proveniente da Larsa e conservata al Museo del Louvre, questo interessante esempio di bronzisti­ ca di pregio venne dedicata al dio Amurru (divinità maschile di tradizione amorrea), e dunque offerto nel tempio di quella divinità, da parte di un certo Lu-Nanna per la vita del re Hammurabi, sulla base dell'iscrizione cuneiforme incisa su di esso. L'immagine è quella di un orante su di un plinto, inginoc-

243

Archeologia della Mesopotamia antica

La collana di Dilbat

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chiato su una sola gamba, e con l'altra semidistesa. Egli porta la mano destra alla bocca nel gesto della preghiera: la tiara a calotta e il gesto della mano sembrano identificarlo con una figura regale, forse lo stesso Hammurabi do­ po la sconfitta della città di Larsa nel 1763 a.C., ma i dubbi circa la sua iden­ tità restano (FIG. 7c). L'utilizzo di materiali preziosi, come la foglia d'oro, che impreziosisce il volto e le mani, o il lapislazzuli, è l'indizio che Lu-Nanna doveva essere un perso­ naggio di rango, forse un dignitario di corte. Il plinto che sul lato anteriore e provvisto di un vaso, forse per bruciare sostanze aromatiche, appare decorato sui due lati lunghi: da una parte la stessa scena riproposta al cospetto di una divinità in trono, dall'altra un ariete, l'animale-attributo del dio Arnurru. Al Metropolitan Museum of Art di New York è conservato un raro esempio di oreficeria di età paleobabilonese proveniente da Dilbat, odierna Tel1 ed­ Duleim/Tell al-Deylam, un sito a 30 km a sud di Babilonia (TAV. 22.a). Si tratta di elementi di una collana datati al Periodo Paleobabilonese tardo sulla base della cronologia di alcuni sigilli rinvenuti insieme a essi e appar­ tenenti al complesso monile. Sulla cosiddetta "collana" di Dilbat sono state avanzate molte ipotesi circa il contesto di provenienza, la composizione ori­ ginaria e la cronologia. Nel 1976 a Larsa nell'area templare dell'Ebabbar è stato scoperto un "tesoret­ to" di natura votiva contenuto all'interno di una piccola giara e datato ai primi anni di regno di Samsuiluna comprendente, tra l'altro, due pendenti di foggia molto simile ai monili da Dilbat (TAV. 22b) . Negli scavi nella zona occidentale della città bassa di Ebla sono stati rinvenuti molti monili in oro, tra cui tre medaglioni decorati a granulazione, simili agli oggetti da Dilbat ma prodotti, secondo Matthiae, in una bottega siriana (aleppina probabilmente). Da un punto di vista tipologico, il complesso degli oggetti associati a com­ porre un unico monile presenta delle incongruenze rispetto ai gioielli raf­ figurati nell'arte della prima metà del II millennio a.C. In genere, infatti, essi appaiono composti da un unico filo di perle e un medaglione centrale semplice o formato da un disco e un crescente. Un secondo aspetto che e stato sottolineato è la diversa qualità di lavorazione dei singoli elementi che compongono la collana, fatto che si riflette anche sulle dimensioni e il peso degli oggetti. Proprio questa osservazione fa pensare immediatamente al "te­ soretto" scoperto all'interno del complesso templare dell 'Ebabbar: anche in quel caso si tratta di un gruppo di oggetti in materiale diverso (pietra, oro, argento, elettro) proveniente da uno stesso contesto. L'alta qualità di esecuzione di tutti gli oggetti associati al monile da Dilbat e la loro provenienza (Dilbat è a pochi chilometri dalla capitale Babilonia) fanno ritenere che essi siano stati prodotti in una bottega mesopotamica prima della caduta del regno di Babilonia e dunque ancora in una fase ca­ ratterizzata da stabilità politica e dall'esistenza di botteghe artigianali pie­ namente attive.

244

8. Il Periodo Paleobabilonese

8. Coroplastica Tutta l'età che va dalla fine della III Dinastia di Ur alla caduta di Babilonia (ca. 1595 a.C.) è caratterizzata dallo sviluppo progressivo del piccolo artigiana­ to in terracotta legato sia alla vita quotidiana sia alle esigenze cultuali, oltre che da innovazioni sostanziali nell'ambito delle tecniche di produzione. A parte, infatti, le figurine modellate a mano che in questo arco di tempo continuano a essere numerose, tale periodo vede l'affermarsi di una produzione di serie attra­ verso l'uso di stampi che determinano una diffusione capillare dei manufatti in una vasta regione che va da Ur fino ad Assur a Nord e Mari a Ovest. Nell'ambito di questa produzione, un ruolo importante era ricoperto dalla statuaria in terracotta antropomorfa e zoomorfa di piccole dimensioni o di dimensioni quasi naturali, di cui esempi notevoli, per abilità tecnica, sono i leoni seduti e ruggenti posti originariamente ali' ingresso del tempio della dea Nisaba/Nidaba a Tell Harmal (Shaduppum) (FIG. 1a). Queste elaborate realizzazioni trovano confronti a Khafajah, Haradum e lsin. Anche la rico­ gnizione di superficie a Mashkan-shapir ha restituito parti di leoni, utilizzati probabilmente in contesti religiosi e palatini. A metà strada tra i modelli in scala umana e la coroplastica di piccole dimensioni, si colloca un oggetto citato spesso come un esempio dell'alta qualità della scultura in terracotta mesopotamica di epoca paleobabilonese: il cosiddetto Burney Relief(FIG. 8), una grande lastra fittile quadrangolare (ca. so x 36 x s cm) di provenienza ignota che prende il nome da uno dei suoi primi proprietari (Sidney Burney, un collezionista britannico). Acquistato nel 2.00 3 dal British Museum, questo anomalo pezzo ha diviso gli studiosi fin dalla sua prima pubblicazione (1936). La lastra raffigura una divinità femminile (la tiara pluricornata la identifica come tale) nuda, frontale e alata che stringe, almeno nella mano sinistra sollevata, come la destra all'altezza delle spalle, il bastone e il cerchio, simboli connessi ali' esercizio dell'autorità secolare ma detenuti sempre da figure divine (come nella Scena dell' Investitura a Mari). La dea in questione ha zampe di uccello e poggia sul dorso di due leoni, mentre una coppia di civette è posta sui bordi esterni della lastra. Molte ipotesi sono state avanzate circa l'identità della figura principale, identificata di volta in volta con un demone femminile (Lilith), Ishtar o una dea degli inferi (Ereshkigal nelle ipotesi più recenti), proprio per via dell'associazione con gli animali sopra indicati. Nel 1975 la placca venne sottoposta a un test di termoluminescenza: sulla base dei risultati (che sembrarono attestarne l'autenticità) essa venne datata alla prima metà del XVIII secolo a.C. Altre analisi condotte al British Museum hanno dimostrato che lo sfondo e le figure a rilievo erano originariamente dipinti (nero, giallo, bianco e rosso). Più di recente però sono stati avanzati dei dubbi sull'autenticità di quest'oggetto: sebbene molti elementi, singolarmente, siano noti nella glittica e nella coroplastica, nel complesso il tema rappresentato, le associazioni figurative e lo schema sintattico pongono ancora qualche problema di interpretazione.

2 45

11 rilievo Burney

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 8 Rilievo Burney: lastra in terracotta di provenienza sconosciuta ora al British Museum di Londra

Fonte: P. Matthiae (2000), La storia dell'arte de/l'Oriente antico. Gli Stati territoriali: 2100-1600 a.e., Elec­ ta, Milano, p. 69.

La piccola coroplastica

Nel campo della piccola coroplastica è comune la riproduzione di soggetti fi­ gurativi dell'età di Ur III. Tra le figurine modellate a mano, tre diversi gruppi possono essere isolati. Gli animali sono spesso di difficile datazione in man­ canza di elementi o di uno stile caratteristici. Tre le figurine femminili che costituiscono una percentuale importante spiccano le immagini muliebri nu­ de frontali in cui l'accento sugli organi sessuali è realizzato attraverso la resa particolareggiata del triangolo pubico sottolineato da motivi incisi (cerchi, segmenti) o dei seni, in genere rappresentati da piccole sfere d'argilla. Le figu­ rine maschili si riferiscono invece a diverse iconografie di guerrieri (umani o divini), spesso armati o provvisti di simboli di potere. Il Periodo Paleobabilo­ nese è connotato dallo sviluppo della produzione in serie. Le placchette a stampo sono realizzate con una tecnica piuttosto semplice: si esegue la matri­ ce del lato frontale (l'argilla viene applicata su un prototipo precedentemente approntato), mentre il retro viene modellato a mano libera. In generale, il pro­ cesso di lavorazione viene semplificato e abbreviato, a discapito però del retro, che risulta grossolano e irregolare. Questo modo di procedere ha delle profon-

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8. Il Periodo Paleobabilonese de ripercussioni, di natura concettuale e pratica, sulle creazioni del coroplasta. In luogo invece di avere figure a tutto tondo (statuine) visibili da tutti i lati, la tecnica a stampo produce delle immagini frontali, figure completamente ap­ piattite, prive anche di un retro, semplicemente lisciato (FIG. 3b). I soggetti presentano dei requisiti iconografici ben precisi che consentono di riconoscere i tratti distintivi dei personaggi raffigurati, rappresentati frontal­ mente o, più spesso, di profìlo, che appartengono al mondo divino. Molto comuni sono le figurine femminili, nude e frontali, arricchite di gioielli al collo e ai polsi e di elaborate acconciature. Più spesso però compaiono divi­ nità maschili e femminili (lshtar, Shamash, Adad, Nergal), sovrani (ricono­ scibili dalla tiara e dal mantello indossati), militari, musici, ma anche animali (spesso come attributi divini) o scene più complesse. Modelli di barche, letti e carri fittili sono piuttosto diffusi in questo periodo. In particolare, i letti, caratterizzati dalla resa schematica di vari tipi di stuoia o intrecci di canne, ospitano una coppia divina o una singola figura femminile: la scena allude forse alle nozze sacre che ali' inizio della primavera segnano i riti legati alla fertilità e alla rigenerazione della natura. Per quanto riguarda invece i modellini di carro, è stato osservato come ciascun sito abbia sviluppato specifiche iconografie (connesse al culto delle divinità locali) comunemente riprodotte sui parapetti: a Nippur, ad esempio, è molto comune la raffigurazione delle facciate dei templi, mentre gli esemplari scoperti nel corso della ricognizione a Mashkan-shapir sono caratterizzati dall'immagine del dio Nergal, provvisto di mazza o scimitarra a testa leonina, o di Sharnash, riconoscibile dalla posizione incedente su un picco di montagna e il coltello con lama seghettata impugnato nella mano destra.

9. Ceramica Da un punto di vista tecnologico, la ceramica prodotta nella regione della Bassa Mesopotamia nel corso del II millennio a.C. è piuttosto omogenea in rapporto alla preparazione delle argille, alle tecniche di fabbricazione, alle forme e ai trattamenti di superficie. Gli impasti argillosi sono piuttosto grossolani, caratterizzati dall'aggiunta di materiale organico (tra cui paglia e letame) e cotti a circa 800 °C. Alcuni scudi dedicati alla produzione dei bicchieri dal profìlo a S tipici di questo periodo hanno messo in eviden­ za la particolare cura con la quale venivano realizzati i fondi: per evitare fratture durante la cottura o l'uso, all'impasto utilizzato per il resto del va­ so veniva aggiunta un'argilla più depurata e ricca di inclusi organici allo scopo di aumentare la refrattarietà del recipiente. Si tratta, in generale, di una produzione massificata, realizzata, in gran parte, al tornio a ruota, im­ propriamente chiamato tornio "veloce", ma anche, in quantità minori, alla tournette (al tornio "lento") o a mano. Le tecniche di modellazione sono, comunque, molto simili nella zona centro-meridionale, ad esempio a lsin e a

2 47

I modellini in argilla

Archeologia della Mesopotamia antica

Le decorazioni plastiche

Nippur, come in quella settentrionale (a Sippar). Rari sono gli esemplari di vasi dipinti: i pochi casi noti mostrano motivi semplici, di tipo geometrico, in rosso e nero. Si osserva, invece, più di frequente l'uso di decorazioni plastiche che consisto­ no in protomi animali o figure umane applicate sull'orlo o sulla spalla dei vasi. La seriazione cronologica delle forme ceramiche in età paleobabilonese si fonda, in particolar modo, sulle sequenze stratigrafiche di Tell ed-Der (Sip­ par-Amnanum) e Nippur, poiché entrambi i siti sono caratterizzati da fasi di occupazione piuttosto lunghe da permettere lo studio dell'evoluzione delle classi morfologiche. Un altro aspetto da non sottovalutare è la diversa di­ slocazione dei due centri che consente di verificare eventuali fenomeni di regionalizzazione. Materiali di confronto vengono comunque anche da lsin, Larsa, Uruk, Dilbat (Tell al-Deylam), ma anche dalla media valle dell'Eufra­ te, ossia da Haradurn, che fornisce sequenze per il Periodo Paleobabilonese finale, e dalla valle della Diyala, in particolare dai siti scavati nell'ambito del Hamrin Dam Salvage Project (Tell Yelkhi e Tell Halawa). In particolare, le sequenze utili provengono da: Tell ed-Der (materiali tra la fine del XIX e la fine del XVIII secolo a.C.); Nippur (la stratigrafia è stata riesaminata da Eli­ zabeth Stone alla fine degli anni Ottanta, sebbene gli scavi americani sul sito risalgano agli anni Quaranta e Cinquanta); Tell al-Deylam (probabilmente l'antica Dilbat); Haradum (tra la fine del XVIII e la fine del XVII secolo a.C.); Tell Yelkhi e Tell edh-Dhiba' i (nella valle della Diyala). Da sottolineare la pesante assenza di Babilonia, che ha restituito pochi materiali non integrabili con il corpus noto e provenienti dalle abitazioni scavate dai tedeschi a Mer­ kes tra il 1 9 07 e il 1 9 1 2. (relative peraltro al Periodo Paleobabilonese tardo), mentre assai di recente è stato varato un nuovo progetto che mira al riesame di tutti i dati d'archivio e archeologici riguardanti i livelli paleobabilonesi e cassiti scavati dalla missione di Robert Koldewey. Tra le forme aperte si distinguono diverse tipologie di ciotole, generalmente poco profonde ma con orli e fondi distinti: oltre a quelle con fondo piano, svasate e con orli assottigliati, si osservano anche i tipi con piede segnato o alto, carenatura sotto l'orlo e orli verticali o leggermente svasati ma assotti­ gliati, arrotondati o dal profilo triangolare. La varietà di classi è riflessa nei ritrovamenti di Nippur, Ur, Uruk e Tell ed-Der, così come dai materiali pro­ venienti dalla survey a Mashkan-shapir. Tra le forme chiuse molto comuni sono i bicchieri (alti fino a 2.0-2.5 cm) ca­ ratterizzati da un fondo spesso, alta base anche ad anello, profilo sinuoso a S, collo poco definito nei tipi meridionali, più segnato e con incisioni orizzon­ tali nel Nord, bocca leggermente svasata con orlo assottigliato: anche questa categoria di vasi da mensa trova agevoli confronti a Nippur, Uruk, Tell ed­ Der e Tell edh-Dhiba'i (FIG. 9a). Comuni sono anche le giarette con fondi conici o appuntiti, profilo curvo a S, breve collo svasato e corrugato, o piccole giare tronco-coniche con fondo 248

8.

Il Periodo Paleobabilonese

FIGURA g a) Tipi diagnostici in età paleobabilonese: repertorio di bicchieri da Tell ed­ Der (nn. 1-4), Nippur (nn. 5, 8) Larsa (n. 6) e Tello (n. 7), scala 1:6; b) pianta e sezione della Tomba Reale sotto la Sala del Trono del Piccolo Palazzo Orientale a Mari (xx1-xv111 sec. a.C.)

2

5

4

6

a

b Fonti: a) H. Gasche et al. (1998), Dating the Fai/ of Baby/on: A Reappraisa/ ofSecond-Millennium Chrono­ logy, University of Ghent, Orientai lnstitute of the University of Chicago. Ghent-Chicago (1L), pls. 1:14-17, 24-27; b) j.-C. Margueron (2004), Mari. Métropo/e de l'Euphrate au 111• et au début du 11• millénaire av. ). -c.. Pi card, Paris, fig. 340.

ombelicato, breve collo verticale che negli esemplari meridionali presenta­ no anche fasce dipinte in nero, orlo espanso triangolare in sezione. Tra i re­ cipienti da conservazione, si notano delle grosse giare con pancia ovoidale, fondo conico, spalla leggermente segnata caratterizzata da una decorazione pettinata, breve collo e orlo a profilo triangolare leggermente ribassato. Le

249

Archeologia della Mesopotamia antica

decorazioni plastiche sui vasi non sono rare in questo periodo. Busti fem­ minili e figurine maschili applicati sui vasi a Mashkan-shapir non trovano confronti altrove, mentre si conoscono appliques a forma di serpente o di teste animali nei repertori ceramici di Ur, Tel1 ed-Der e Nippur. In partico­ lare, teste di ariete modellate sull'orlo di coppe o di bacini (verso l'esterno/ interno) sono noti anche a Ishchali. Nella prima fase del Periodo Paleobabilonese due diverse tradizioni cerami­ che, seppure con diversi punti di contatto, sono attestate. Quella meridio­ nale, però, dalla seconda metà del XVIII secolo a.C. in poi (regno di Samsui­ luna) "scompare" per certi versi per effetto del fenomeno di spopolamento dovuto a più concause, tra cui la salinizzazione dei suoli. L'evoluzione delle forme nella tarda età paleobabilonese, dunque, riguarda solo la tradizione settentrionale; anche il repertorio ceramico della prima età cassita si evolve a partire dalle forme attestate nella regione di Babilonia. 10.

L'ipogeo di Mari

Costumi funerari

Il Piccolo Palazzo Orientale a Mari, un edificio costruito durante l'età degli shakkanakku da Puzur-Eshtar o Hitlal-Erra forse come residenza tempora­ nea (mentre il Palazzo Reale veniva costruito) ma certamente per ospitare gli ipogei reali, venne eretto nel settore nord-orientale di Mari restando in uso fino alla distruzione della città (FIG. 9b). Un ipogeo maggiore formato da tre camere funerarie e accessibile da un dromos era collocato sotto la sala del tro­ no; un secondo ipogeo, più piccolo, con dromos e singola camera funeraria si estendeva in corrispondenza del vano I. È verosimile che queste tombe reali, certamente utilizzate anche se rinvenute completamente vuote, siano state in uso anche in età amorrea. L'accesso al pozzo funerario ali' interno della sala del trono deve essere stato piuttosto agevole anche in questo periodo, poiché il rialzo del livello pavimentale ori­ ginario non deve essere stato significativo. Diversa è la situazione nel vano 1. Qui, invece, il rifacimento del piano di calpestio ha prodotto un dislivello di 1,50 m rispetto al suolo iniziale. Resta dunque un margine di incertezza circa la possibilità di potervi accedere nella fase finale di vita della città. Queste premesse servono a evidenziare un ulteriore aspetto, legato alla celebrazione del cosiddetto kispum, un rituale di offerta ben noto dai testi siro-mesopota­ mici di questo periodo e praticato dai figli maggiori a cadenza mensile. Con questa cerimonia i discendenti (i sovrani in carica) rendevano omaggio ali'a­ nima dei sovrani defunti anche attraverso la deposizione di cibo e bevande nelle camere sepolcrali. È possibile, anche se non certo, che il Piccolo Palazzo Orientale sia stato costruito proprio per potervi ospitare delle tombe di ran­ go e per la celebrazione della festa del kispum, una funzione che il Palazzo Reale a Mari non poteva assolvere per la presenza di edifici templari ali' inter­ no del suo perimetro già dal Periodo Protodinastico. 250

8.

Il Periodo Paleobabilonese

Per quanto riguarda invece le pratiche comuni di seppellimento nel Periodo Le pratiche Paleobabilonese, prevale l'uso di una o più giare alloggiate, insieme alle offer- di sepoltura te funerarie, sotto il livello pavimentale delle abitazioni: si conoscono numerosi esempi a Nippur, Ur, Sippar, Haradum e Mari. In particolare, la residenza nel cantiere F a Mari ha restituito più di un centinaio di sepolture di questo tipo, anche se è altresì attestato l'adattamento a necropoli di aree residenziali non più in uso. La sepoltura in giara è ben nota anche a Haradum, sempre in Siria: qui sono state individuate però solo tombe (spesso prive di corredo) di neonati deposti ali' interno di pentole chiuse con ciotole o piatti sempre in posizione verticale al di sotto dei vani delle case. In Mesopotamia, si osservano pratiche simili, sebbene con alcune varianti significative. A Nippur, ad esempio, sono state trovate, ali'interno della cinta urbana, solo sepolture di bambini, mentre per gli adulti erano forse sfruttate aree non edificate dentro o fuori la città. A Ur quasi 2.00 tombe sono state scavate da Woolley: circa un quarto di esse era formato da camere funerarie con copertura a volta costruite in mattoni poste al di sotto delle cappelle domestiche, del cortile centrale o del vano principale dell'abitazione. A Tell ed-Der (l'antica Sippar) si osservano delle inumazioni (tombe a fossa semplice) dove i corpi sono paralleli ai muri perimetrali delle case. In merito invece ai corredi funerari, oltre alle ceramiche talvolta anche decorate (ciotole, giarette, giare) sistemate, di norma, in prossimità della testa del defunto poiché atte a contenere offerte di cibo e bevande, sono attestati oggetti in bronzo o in metallo prezioso (utensili, spilloni, anelli, braccialetti) tra cui le armi spesso associate però solo alle sepolture più ricche, ad esempio quelle all'interno dei sarcofagi rettangolari in terracotta, noti in questo periodo a Ur e Mari: punte di lancia, pugnali, ma anche qualche ascia fenestrata, arma d'apparato dal forte significato simbolico.

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9

Il regno paleoassiro

di Silvana Di Paolo

1. Inquadramento storico

Il karum di Kanesh

La storia politica dell'Assiria prima della III Dinastia di Ur, quando la città di Assur era amministrata da un governatore di provenienza meridionale, si basa solo su fonti epigrafiche scarne o, talvolta, di interpretazione non univo­ ca. È probabile che Manishtushu lavorò nel Tempio di Ishtar a Ninive, come ricorda Shamshi-Adad I ( 1812.-1780 a.C.) qualche secolo dopo; Rimush fu attivo ad Assur sulla base di un piccolo gruppo di cesti scoperti in un livello di distruzione sotto l'Antico Palazzo. L'Assiria era parte integrante del progetto espansionistico verso nord di Naram-Sin, documentato, a livello archeolo­ gico, a Ninive, a Nagar (Tell Brak) e dal rilievo fatto scolpire a Pir Hiiseyn (a nord-est di Diyarbakir), oltre che dalle iscrizioni che commemorano il raggiungimento delle sorgenti del T igri e dell'Eufrate (cfr. CAP. 6). Per que­ sto periodo l'evidenza di contatti con l'Anatolia manca; vengono ricostruiti sulla base della documentazione di età posteriore. Ma l'eco delle gesta dei re accadici rimane nella tradizione posteriore: uno dei primi sovrani di Assur, Sargon I, recupera nome e determinativo divino del grande Sargon di Accad. Il primo re assiro noto da un'iscrizione è Shalim-akhum (prima metà del xx secolo a.C.), che ricorda di aver costruito, nel Tempio del dio Assur, alcuni vani intorno alla corte interna principale, tra cui il bét Dagan, una cappella dedicata non solo a Dagan, ma anche a Enlil e ad altre divinità. La sequenza dei sovrani riportata nella Lista Reale Assira ci informa dell'origine tribale (amorrea) dei primi 17 re che «vivevano nelle tende». La documentazione archeologica relativa all'avvio di una fase stanziale in tutto l'arco nord-me­ sopotamico è molto frammentaria, ma si deve considerare conclusa intorno all'inizio del II millennio a.C. L'evidenza tangibile dell'avvio di contatti commerciali, promossi da Ilushu­ ma sulla base di un' iscrizione, è testimoniata a partire dal regno di Erishurn 1 (ca. 1974-1935 a.C.), il cui sigillo, impresso sulla busta di una lettera reale, proviene dall'abitazione di un commerciante assiro a Kanesh (Kiiltepe): se con l'Anatolia tali contatti vengono strutturati con l'impianto del kdrum a Kanesh (livello n), termine indicante l'area commerciale presso l'esterno del2 54

9. Il regno paleoassiro le mura urbiche, non mancano quelli con la Siria anche se appaiono più oc­ casionali. La scoperta, sotto il piano pavimentale del Tempio 2E di lshtar ad Assur, di una serie di cretulae, tra cui una iscritta con il nome di lsi-Dagan, shakkanakku di Mari, e databile intorno al 2000 a.C., fa pensare ali'arrivo di beni da questa città contenuti in recipienti sigillati, nell'ambito di scambi for­ se di natura cerimoniale o diplomatica, più che commerciali. All'epoca Assur è una città-stato, paragonabile alle altre entità politico-am- Shamshi-Adad 1 ministrative della Mesopotamia meridionale (lsin, Larsa). La trasformazione in capitale di uno Stato territoriale avviene solo molto più tardi, in età medio-assira (dal xv secolo a.C.). Intorno al 1808-07 a.C., Assur viene conquistata da Shamshi-Adad I, divenendo parte integrante del "Regno d'Alta Mesopotamia" (defìnizione coniata da Van de Mieroop) da lui governato e con capitale Ekallatum, nuova sede del suo potere regale (dove lascia il figlio Ishme-Dagan), come si desume dal testo della Stele di Dadusha, sovrano di Eshnunna, che lo identifìca, per l'appunto, come "re di Ekallatum". La sua residenza ufficiale viene fissata a Shekhna (Tell Leilan), ribattezzata per l'occasione Shubat-Enlil, nell'odierna Siria. Resta invece ancora oggetto di dibattito il luogo di origine della famiglia di Shamshi-Adad (la stessa Ekallatum o Accad tra le proposte più accreditate). Il prestigio della città di Assur ha un riflesso nella titolatura reale che, dopo la presa della città, viene ampliata a includere il titolo di iffiakku Affur ("sacerdote consacrato al dio Assur"), come avevano fatto fìno ad allora i dinasti locali. In questa nuova veste, ShamshiAdad si dedica alla cura e al restauro del tempio dedicato al dio eponimo, assimilato al meridionale Enlil come traccia dell'influenza religiosa di Babilonia sulla personalità del sovrano (forse per via delle sue origini). Anche sotto il suo successore e fìglio, Ishme-Dagan, Assur conserva il primato religioso e culturale. Come è nella norma, la città è soggetta a ricostruzioni e restauri condividendo, nel contempo, anche i rovesci politici del sovrano: nel giro di otto anni Ishrne-Dagan è costretto a fuggire tre volte (nel primo caso quando Eshnunna conquista la città), prima della definitiva débacle dovuta alle spedizioni di Hammurabi di Babilonia che nel XXXIII anno del suo regno sottomette diverse città «della terra di Subartum e Ekallatum », perfezionate nei successivi anni XXXVI e XXXIX con la probabile sottomissione della stessa città di Assur, citata nel prologo del celebre codice di leggi da lui promulgato. La Lista Reale Assira (un elenco di re noto da diverse copie incomplete) no- La Lista Reale Assira mina diversi sovrani in concomitanza con il regno di Samsuiluna di Babilonia, figlio di Hammurabi, ma l'evidenza è piuttosto scarna e frammentaria. Assur è ancora coinvolta nei traffici commerciali, come risulta da documenti scoperti a Sippar, e dal trattato concluso intorno al 1740 a.C. tra Assur e il re del paese di Apum (la cui capitale era Shekhna, l'odierna Tell Leilan) e concernente i mercanti assiri coinvolti nei commerci in Cappadocia: il trattato conferma quanto documentato nelle tavolette di Mari, cioè l'esistenza di un

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Archeologia della Mesopotamia antica

kdrum a Tel1 Leilan, peraltro confermata da qualche testo amministrativo ivi rinvenuto. La ricostruzione della rete dei commerci paleoassiri in Cappado­ cia, voluta da Shamshi-Adad (livello 1b di Kiilcepe), viene defìnicivamente messa in crisi proprio all'epoca di Samsuiluna; oltre a fattori interni all'Ana­ tolia, la distruzione da parte del re babilonese di questa via commerciale sulla rotta tra Assur e Kanesh ha contributo senza dubbio alla crisi dei commerci a lunga distanza. L'assenza di dati storici interni tra la fìne del XVIII e la fìne del xv secolo a.C., quando Assur si libera della dominazione politica del regno di Mittani (cul­ minata con la presa di Assur da parte del re Shaushacar), non consente di in­ dicare una data per la fìne del Periodo Paleoassiro e, di conseguenza, l' inizio della fase medio-assira, anche se per tutto il II millennio a.C. Assur sembra caratterizzata da continuità amministrativa e culturale. In termini generali, si tende a fissare l' inizio del Periodo Medio-Assiro nella seconda metà del xv secolo a.C. con il regno di Shamshi-Adad III, noto da iscrizioni reali. A questo proposito, la Lisca Reale Assira è poco chiara, purtroppo; documenta però un cambiamento dinastico con il re Belu-bani a cui Esarhaddon si sa­ rebbe in seguito ricollegato indicandolo come suo antenato. Con la fìne dei commerci in Cappadocia e del Regno d'Alta Mesopotamia di Shamshi-Adad il Periodo Paleoassiro può ritenersi concluso.

2. Urbanistica e distribuzione degli insediamenti Gli scavi di Assur

Assur, la moderna Qalac Sherqat (FIG. 1), è situata sulla sponda occidentale del T igri, a circa 100 km a sud di Mosul. Posto su un altopiano roccioso della regione pedemontana del Jebel Hamrin attraversata dal T igri, il primo inse­ diamento, risalente almeno al Periodo Protodinascico, era, a nord e a est, lam­ bito dal fìume, che, oltre a rappresentare un'importante arteria di comunica­ zione, offriva riparo dagli attacchi esterni. I primi sondaggi risalgono al 1847 e al 18 5 0 (Austen Henry Layard e Hormuzd Rassam), mentre scavi sistemati­ ci sono stati condotti da una missione tedesca diretta da Walter Andrae (1903-14) e, in seguito, da Reinhard Dittmann (1988-89), Barthel Hrouda (1989-90) e Pecer A. Miglus (2000-m). Anche il Dipartimento delle Anti­ chità irachene vi ha lavorato a partire dal 1 97 9, seppur non in maniera conti­ nuativa. I grandi complessi templari sono stati scavati all'epoca da Andrae (Templi di Anu e Adad, Sin e Shamash, Ishcar, Nabu, ziqqurat e Tempio di Assur). Solo in anni più recenti l'attenzione è stata rivolta ad alcuni quartieri abitativi, a sud e nord-ovest dell'area templare, al doppio muro di cinta e alle porte urbiche. A differenza delle grandi capitali del Periodo Neo-Assiro (Nimrud, ad esempio), Assur non presenta la classica bipartizione tra citta­ della fortificata e città bassa. Sondaggi effettuati nel Tempio di Ishcar e nell'Antico Palazzo provano l'esistenza di settori sia religiosi sia di natura secolare almeno dal Periodo Protodinascico.

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9. FIGURA 1

Il regno paleoassiro

Pianta della città di Assur con i suoi monumenti più rappresentativi

Palazzo di Tuk111ti-Ni11m1a I

'

Porta Tabira

Tempio di Ishtar

"'"';, , ,, .,

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Edificio di Sennacherib

Porta ovest

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- Pale-oas�iro e (11$1 preceden1i (prima del 1600 n.C.) - Medioasiiro (1600-1000 a.C.) :--Seo11Ssiro ( l 000 - 6 l 2 a.C.)

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Porta sud

.,� S,ele Città nuova

f

Fonte: rielaborazione da P. O. Harper et o/. (eds.) (1995), Assyrion Origins: Discoveries ot Ashur on the Tigris. Antiquities in the Vorderosiotisches Museum, The Metropolitan Museum of Art, New York, fig. 2.

Ma è nel Periodo Paleoassiro che Assur assume una centralità nuova, in parte dovuta all' incremento delle risorse economiche derivanti dai fiorenti commerci con gli empori fondati in Anatolia: la disponibilità di nuovi mezzi finanziari accompagna una grande progettualità cittadina e un'espansione urbanistica senza precedenti, nota a livello archeologico solo parzialmente. Il culto del dio eponimo, attraverso il tempio a lui dedicato, acquista un ruolo che supera la dimensione cittadina e diventa espressione dell'identità "nazionale" assira. In questo periodo, la città è caratterizzata da strutture imponenti: lo Schotterhojbau individuato negli strati anteriori dell'Antico Palazzo (nel settore nord-orientale della città) deve essere stato un edificio importante, forse eretto dal re Erishum I. Nello stesso luogo, un secolo e mezzo dopo, Shamshi-Adad costruisce un nuovo palazzo (Ur-Bau), di cui restano però solo le trincee di fondazione, nell'ambito di un'intensa attività edilizia riguardante anche gli edifici sacri come il Tempio e la ziqqurat di Assur (TAV. 23a). I quartieri di case private sono invece solo molto parzialmente noti. I sondaggi molto limitati condotti

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La città di Assur

Q

Archeologia della Mesopotamia antica

Gli altri centri urbani

negli ultimi anni hanno esposto piccoli nuclei abitativi dei quali non è stato per il momento possibile delineare tipologie planimetriche e suddivisione degli spazi interni. Solo nel XVI secolo viene costruito il muro di fortificazione esterno, segno di indipendenza politica, ma anche della necessità di dotarsi di un sistema difensivo efficace. Verso la fine del secolo, Assur-nirari costruisce il Tem­ pio Doppio di Sin e Shamash e l'edificio noto come Antico Palazzo. Gli ampliamenti verso sud con la costruzione della "città nuova" (dlum effum), delimitata da mura difensive, si devono al re Puzur-Assur 111. È in questa fase (ca. metà del XIV secolo a.C.) che Assur diventa, probabilmente, la capitale di uno Stato territoriale: si evince dal fatto che i sovrani, nella titolatura reale, includono il titolo di re della "terra di Assur " (mat Afsur) . L'Assiria si appresta anche a essere inclusa nel gruppo delle potenze regionali coinvol­ te in una complessa rete di scambi cerimoniali e diplomatici descritta dalle lettere di el-Amarna. I grandi centri urbani della Mesopotamia settentrionale, all'interno di un'a­ rea dalla grande importanza strategica perché provvista di un esteso retroter­ ra agricolo e perché parte della via commerciale che collega Assur con l'Ana­ tolia, conosce in questo periodo un incremento demografico notevole che si traduce in un aumento di villaggi, siti di medie dimensioni (dipendenti da centri maggiori) e grandi aree urbane. La distribuzione della popolazione è inversamente proporzionale alla dimensione degli abitati. I grandi insedia­ menti (Tell Leilan, ad esempio), su analogia con quanto accade in tutta l'area della Mesopotamia, da Babilonia al Levante (Mari, Ebla), sono sostanzial­ mente delle hollow cities che ospitano quasi esclusivamente edifici pubblici (palazzi e templi) spesso di natura amministrativa, in cui si esercita l'attività politica ed economica. Vaste zone non occupate segnano dunque lo spazio urbano: qui ci si concentra in caso di pericolo, ad esempio, perché i massicci impianti difensivi offrono riparo e protezione contro gli attacchi esterni.

3. Architettura pubblica L'attività edilizia dei re assiri è intensa ma difficilmente ricostruibile nella sua evoluzione e nelle caratteristiche precipue. Siamo invece più informa· ti sulle ricostruzioni operate da Shamshi-Adad quando conquista la città nell'ambito del suo progetto di costituzione di un regno settentrionale con capitale Ekallatum, della quale invece non si conosce l'esatta localizzazione, certamente sulla riva del fiume T igri e non lontano da Assur. Sebbene resti la sede del suo potere, il sovrano stabilisce una nuova capitale più a ovest, nella Jezirah siriana. 3-1. Architettura palatina Dei palazzi attribuibili a Shamshi-Adad I sono noci, parzialmente, solo i complessi di Shubat-Enlil (Tell Leilan), mentre ad

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9.

Il regno paleoassiro

Assur resta ben poco dell'edificio costruito negli strati inferiori dell'Antico Palazzo, per non parlare dell'assenza totale di dati riguardanti la sua attività edilizia a Ekallatum. Shubat-Enlil fu capitale per un periodo di tempo piut­ tosto breve, limitato al regno di Shamshi-Adad I. Alla sua morte, infatti, un gruppo di maggiorenti locali entrò in contrasto per il controllo della città, fino a quando una dinastia minore al servizio dei re di Apum ottenne il suo controllo ma, nel 172.8 a.C., venne sconfitta da Samsuiluna di Babilonia. Il palazzo di Shubat-Enlil (TAV. 2.3b), con funzioni amministrative, fu eretto da Shamshi-Adad I e sorge nel settore orientale della città bassa, mentre il palazzo di Qarni-Lim, re di Andariq, che qui regnò per quindici anni dopo la morte del sovrano assiro, si trova nel settore nord. Del palazzo di Shamshi­ Adad, esposto per circa 1.000 m' nel 1985 e nel 1987, è stato messo in luce meno del 10%. L'area indagata comprende circa 2.5 ambienti posti in gran parte sul lato orientale di due grandi corti quadrangolari (nn. 4 e 2.0 ). Dei vani noti è stato possibile ricostruire l'originaria destinazione d'uso: una zo­ na comprende le cucine (vano 8 e la suite formata da 12., 13-14, 17 e 2.1); vi è poi un'area usata per l'immagazzinamento delle derrate (ambienti 5, 2.2.-2.4). Una possibile reception suite è invece formata dai vani 1, 2.-3, 6, 16, 2.0. Il palazzo conosce quattro fasi di occupazione che coprono circa un secolo, in parte databili grazie al ritrovamento di tavolette cuneiformi e cretulae sigillate provviste di brevi iscrizioni che forniscono un terminus ante quem per la co­ struzione dell'edificio: i livelli 4-3 sono relativi al regno di Shamshi-Adad; l'ultimo (1) è caratterizzato da un'occupazione temporanea successiva all'ab­ bandono e alla distruzione finale di Shekhna. L'esistenza di due palazzi con­ temporanei in un unico sito pone la questione dell'uso di più residenze da parte dei sovrani e richiama l'attenzione sulla complessità della politica e dell'amministrazione nella Mesopotamia settentrionale nella prima metà del II millennio a.C. 3.2. Architettura templare In questo quadro di rinnovamento, una nuova vi­ sione spaziale si impone nel progetto edilizio del Tempio di Assur, anche se una precisa valutazione degli interventi da parte di Shamshi-Adad non può essere fatta. La grande fabbrica sacra, secondo Andrae, che la scavò agli inizi del xx seco­ lo, si apre a sud-est su un'area esterna trapezoidale recintata, solo molto par­ zialmente conservata. Il tempio però appare impostato su un'asse nord-sud con un accesso sul lato meridionale e scandito da due cortili dei quali il se­ condo, centrale, a pianta rettangolare e a sviluppo longitudinale, dà accesso ad antecella e cella, a sua volta circondata da una serie di piccoli ambienti a nord e a est. Lo sviluppo assiale, con le grandi corti che precedono il settore interno, gli ingressi posti sui tre fronti della corte maggiore centrale, la pre­ senza di torrioni ai lati di tutti gli ingressi, sui prospetti sia interni sia esterni, sembrano una rimodulazione degli schemi planimetrici tradizionali dei

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Il palazzo di Shamshi-Adad a Shubat-Enlil

Il Tempio di Assur

Archeologia della Mesopotamia antica

L'area sacra di Teli al-Rimakh

grandi santuari del Sud, come I'Ebabbar di Larsa. La cella, leggermente disas­ sata rispetto allo sviluppo dell'edificio, doveva avere un ingresso sul lato sud, perpendicolare dunque al podio con la statua divina. Questo dispositivo, presente a lungo nel Tempio di Ishtar nella stessa Assur, costituisce un tratto tipico dell'architettura sacra assira, risalente addirittura al Periodo Protodi­ nastico. L'influenza della tradizione babilonese, forse da ricollegare al luogo di provenienza della famiglia di Shamshi-Adad, è certamente da mettere in relazione al prestigio dei grandi centri cultuali babilonesi e alle capacità co­ struttive e creative delle maestranze meridionali. Lo sviluppo dell'attivica edilizia sotto Shamshi-Adad, concomitante con la riapertura dei commerci con l'Anatolia dopo un'interruzione di 35 anni, è testimoniato anche in altri centri fuori dal territorio assiro. Uno di questi esempi riguarda Tell al-Rimakh, a lungo identificata con l'anti­ ca città di Karana, ma forse da associare a Qattara. Il sito, che si trova in Iraq settentrionale, a 13 km a sud di Teli Afar e ai piedi del Jebel Sinjar, è stato scavato tra il 1964 e il 1971 da una missione della British School of Archaeo­ logy in Iraq diretta da David Oates. All'epoca di Shamshi-Adad (intorno al 1 8 0 0 a.C.) la città subisce delle importanti trasformazioni e un rinnovamen­ to a livello edilizio in senso monumentale che comprende anche il massiccio terrapieno difensivo esterno. La cittadella viene in parte livellata per far posto alle imponenti fondazioni di un complesso religioso che, nella concezione originale, doveva includere una serie di terrazze delle quali la prima, circon­ data da un temenos, ospitava una rampa ad arcate che conduceva a una secon­ da terrazza su cui era costruito il tempio, mentre la torre templare (ziqqurat) era appoggiata al muro di fondo occidentale dell'edificio sacro e raggiungibi­ le dal suo tetto. Il tempio, come quello di Assur, ricalca un modello planime­ trico babilonese, con l'ampia corte centrale accessibile su tre lati e una se­ quenza di antecella-cella nella classica forma a Breitraum ( sala larga a sviluppo latitudinale), mentre la ziqqurat addossata al tempio costituisce un aspetto distintivo della tradizione architettonica assira. La doppia fila di vani su tre dei quattro lati della corte quadrata centrale, ridotta a una soltanto sul pro­ spetto anteriore e la presenza ai lati della cella di due ambienti secondari ri­ producono l'aspetto generale del!'Ebabbar di Larsa. A ciò si aggiunga poi la ricca modulazione plastica dei prospetti esterni, ma anche interni, della corte (dove è meno sofisticata), dovuta anche alla presenza di 277 semicolonne in mattoni, a fusto liscio, tortili o a tronco di palma incassate nelle nicchie a ri­ entranze angolari multiple dei muri. Lo stesso dicasi per il prospetto esterno della ziqqurat, fatto che accentua l'unità compositiva del complesso templare e sottolinea la concezione unitaria del progetto costruttivo. Un'interessante fusione tra modelli planimetrici babilonesi e tradizione assira si coglie, anche se in maniera diversa, nell'impianto dell'Edificio II a Tell Leilan (Shubat­ Enlil), dove Shamshi-Adad fissò la sua residenza ufficiale. Scavato, a partire dal 1979, da una missione americana della Yale University diretta da Harvey 260

9.

Il regno paleoassiro

Weiss, il sito ha restituito diversi edifici databili a questo periodo: in partico­ lare, il tempio sull'acropoli sperimenta l'accostamento del piccolo vano d' in­ gresso e del!'antecella di tipo Breitraum con una cella a sviluppo longitudina­ le (Langraum) che diventerà canonico nell'architettura sacra assira, mentre la decorazione esterna a mattoni modanati che riproduce semicolonne torti­ li incassate nelle rientranze dei muri articolati in nicchie e lesene si ispira alle sperimentazioni delle maestranze babilonesi, anche se un'esatta valutazione del ruolo di questa fabbrica sacra è inficiata dall'incompletezza degli scavi che non consente, tra l'altro, di ricostruire le relazioni spaziali con gli edifici circostanti.

4. Architettura privata Di norma, la popolazione vive nei villaggi posti intorno alle città o nei centri di medie dimensioni. Gli scavi condotti a Mohammed Diyab nella Jezirah si­ riana rivelano la tipica organizzazione spaziale di un centro di medie dimen­ sioni: un quartiere domestico che conosce una lunga occupazione è formato da una serie di abitazioni addossate le une alle altre dislocate lungo gli assi viari. A Chagar Bazar (TAV. 23c), un sito nella Siria orientale scavato tra il 1935-37 � e il 1999-2002, il quartiere domestico nell'area G è caratterizzato da unità rettangolari serrate formate da quattro o più ambienti che danno su una corte rettangolare: si conferma la compattezza degli impianti ai lati degli assi stradali, segno di una certa densità abitativa.

5. Statuaria e rilievo L'ingresso degli Arnorrei in Mesopotamia è di tale entità da modificare sen­ sibilmente la componente etnica locale e ha dovuto richiedere un certo tem­ po per attuarsi completamente. Il risultato è la piena integrazione di questa componente, un processo del quale non è, per il momento, possibile seguire l'evoluzione. L'ascesa e la crisi delle dinastie amorree dipendono, tra l'altro, dalla capacità o meno di controllare, se non di assoggettare, i territori più fertili, come ad esempio l'Alta Mesopotamia. Questo fenomeno, soprattutto tra il XIX e il XVIII secolo a.C., determina un intensificarsi delle relazioni politiche e diplomatiche che spesso, però, falliscono per tradursi in aperte ostilità ed episodi di belligeranza che i testi cuneiformi testimoniano con do­ vizia di particolari. A fronte di un' intensa attività bellica, fanno da contrappunto gli scarsi ritro- La Stele di Mardin vamenti (dovuti alla casualità) di monumenti celebrativi come, ad esempio, le stele trionfali, note da altre epoche ed erette per commemorare le vittorie militari e per testimoniare il favore divino. Tra i rari esempi datati a questo periodo, vi è un frammento di stele di vittoria in basalto proveniente da 261

Archeologia della Mesopotamia antica a) Sinjar o Mardin: frammento di stele in basalto, ca. 1800 a.C.; b) Assur: fram· menti di vaso di culto in scisto dal Tempio di Assur FIGURA 2

a

b

Fonti: a) P. Matthiae (2000), La storia dell'arte de/l'Oriente antico. Gli Stati territoriali: 2100-1600 a.C., Electa, Milano, p. 132; b) P. O. Harper et al. (eds.) (1995), Assyrian Origins: Discoveries at Ashur on the Tigris. Antiquities in the Vorderasiatisches Museum, The Metropolitan Museum of Art, New York, fig. 17.

Sinjar o da Mardin (oggi in territorio turco) fatta originariamente erigere dal re Shamshi-Adad I (FIG. i.a). Un'iscrizione in cuneiforme fa riferimento a Urbil(um), l'attuale Erbil, in Kurdistan, nella piana a est del T igri tra lo Zab superiore e lo Zab inferiore. È noto che, nel corso della guerra condotta con­ tro Qabra, Shamshi-Adad conquista, tra le altre, anche la città di Urbil(um): la stele, pur se frammentaria, deve raffigurare la cattura di una delle città del­ la terra di Urbil( urn). Di essa, ora al Museo del Louvre, si conservano parzial­ mente due registri figurativi separati da un listello in rilievo. Il frammento maggiore presenta da un lato la vittoria di un sovrano (riconoscibile dal tipo 262

9. Il regno paleoassiro di costume) su un principe nemico (l'abito cerimoniale esibito in luogo della nudità lo caratterizza come un personaggio di rango), semisdraiato a terra mentre viene colpito con un'ascia. Sul lato posteriore è raffigurata la cattura di un principe, forse lo stesso giustiziato sulla faccia anteriore, o un altro pre­ so in consegna nell'ambito delle complesse attività militari che Shamshi­ Adad conduce nella regione di Erbil. Analogie si osservano su un coperchio in marmo del XIV secolo a.C. proveniente da Assur. Pur essendo prodotti nell'area assira, essi riproducono nella fisicità "parlante" un'espressione di potenza e di dominio come nei volumi delle fattezze scultoree dei corpi dei sovrani accadici (Naram-Sin, in particolare) dai quali Shamshi-Adad vuole trarre la sua legittimazione. I suoi interventi nel Tempio di Ishtar a Ninive, rimaneggiato da Manishtushu, possono essere visti anche come un richiamo alla regalità accadica. Tra le rare opere databili, probabilmente, all'età paleoassira (XVIII-XVII secolo a.C.) e provenienti da scavi regolari sono i resti di un vaso in scisto (altezza 30 cm, diametro 2.9 cm, secondo le ipotesi degli archeologi) rinvenuti nel Tempio di Assur della città omonima (FIG. 2.b). Si tratta di un raro esempio di oggetto di culto usato forse per libagioni, da confrontarsi, per tipologia, con un analogo vaso in terracotta scolpito a rilievo e proveniente dal Tempio di Ishshali, in area babilonese. Il recipiente assiro, di cui si conservano tre frammenti non consecutivi, presenta una ripartizione in registri in cui il partito figurativo consta di singole scene a schema centrale: capridi ai lati di un alberello stilizzato, geni che sorreggono uno stendardo divino, forse una contest scene di argomento mitologico in cui un genio taurino è affrontato a un ushumgallu, un demone leonino, alato e con zampe di uccello che in Babilonia talvolta condivide con il sovrano l'immagine del trionfatore sul nemico a terra, come su una placca in terracotta da lsin. Proprio la sua presenza in questa composizione fa propendere per una datazione al periodo sopra indicato, piuttosto che all'età medio-assira come supposto in un primo tempo. In generale, i temi adottati e l'assenza di una narrazione complessa fanno ritenere che questa composizione sia stata ripresa dal repertorio della glittica alto­ mesopotamica o nord-siriana, peraltro influenzata dagli schemi babilonesi, più che dal patrimonio locale. 6. Glittica La produzione glittica nei primi due secoli del II millennio a.C. è nota da tre gruppi diversi di materiali (FIG. 3a): a) le impronte di sigillo presenti sulle tavolette paleoassire di Cappadocia, in particolare quelle relative ai livelli II e 1b di Kiiltepe/Kanesh; b) un piccolo lotto di sigilli scoperti in territorio assiro; c) una serie di impronte di sigillo provenienti dai centri sull'Eufrate e in Alta Mesopotamia, tra cui Mari, Tell Bazi, Tell al-Rimakh (Qattara), Tell Leilan (Shubat-Enlil/Shekhna). Questa documentazione illustra l'attività di

I

vasi a rilievo

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 3

a) Kanesh (Kiiltepe): impronte dei sigilli dei re assiri Erishum 1 (1-2), Sargon 1 (31e Naram-Sin (4); b) esempi di ceramica dipinta appartenente all'orizzonte della Khabur Ware, fase 3, ca. 1750-1550 a.e.

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b Fonti: o) M. Eppihimer (2013), Representing Ashur: The 0/d Assyrion Rulers ' Seo/s ond Their Ur 111 Protot· ype, in ")ournal of Near Eastern Studies", 72 (1), figg. 1-4; b) H. Oguchi (2006), The Dote of the Beginning of Khobur Ware Period 3: Evidence from the Po/ace of Qorni-lim ot Te/I lei/on, in "al-Rafidan", 27, fig. I.

g.

Il regno paleoassiro

un certo numero di botteghe nei diversi centri della Mesopotamia dalla fa­ se immediatamente precedente al regno di Shamshi-Adad I fino ai decenni successivi alla morte del grande sovrano, caratterizzati da una grande fram­ mentazione politica e decadenza culturale. L'ematite, un minerale del ferro (ossido) estratto dalle aree vulcaniche dell'Anatolia orientale, è il materiale più comune per la produzione di sigilli cilindrici nelle colonie assire di Cap­ padocia, ma anche in tutta la Mesopotamia e la Siria. Altri minerali come il serpentino, la steatite o un materiale organico come l'osso vengono usati con minore frequenza e per sigilli in stile corsivo, mentre il lapislazzuli viene adottato, in area assira, per pochi cilindri di pregio. I sigilli in stile paleoassiro riprendono i temi della glittica dell'età di Ur III; ciò si spiega con il fatto che allora Assur era amministrata da un governato­ re di provenienza meridionale. Per i primi due secoli del II millennio a.C., il tema preferito resta dunque quello della presentazione del fedele a una divinità o a un sovrano in trono, sebbene alla tradizionale sequenza delle figure ( tre o quattro in tutto) si sostituisca un più elevato numero di perso­ naggi. Convenzioni particolari vengono introdotte per rendere la tiara di­ vina che, rispetto agli esemplari babilonesi, si presenta come un copricapo a due corna libere, rivolte verso l'alto; le tiare regali a calotta e falda vengono rappresentate invece con fitti tratti paralleli obliqui o verticali. Riguardo alla composizione, lo schema più usuale è quello in cui due dee intercedenti e il fedele avanzano verso un personaggio seduto che ha quasi sempre la tiara regale e una coppa/calice nella mano destra protesa. Le figure tendono a ri­ empire lo spazio compositivo mantenendo sempre l'allineamento verticale degli elementi figurativi, talvolta sovrapposti gli uni sopra gli altri (animali o fregi di eroi), oppure sono disposte su due registri figurativi separati da una linea divisoria. Le iconografie divine sono comuni all'area babilonese: Sha­ mash incedente con la sega-coltello; Adad armato di folgore e su un toro di cui tiene le redini; Ishtar frontale e nuda. Nell'ambito di questa produzione piuttosto omogenea, vale la pena soffer- I sigilli dei re marsi su un gruppo di sigilli reali, per i quali l'uso di una imagerie "arcaizzante" potrebbe essere funzionale alla formalizzazione dell'ideologia regale emergente. Impronte dei sigilli appartenenti a tre membri della Dinastia di Puzur-Assur, ossia Erishum I, Sargon I e Naram-Sin (ca. xx e XIX secolo a.C.), compaiono sulle tavolette di Kiiltepe, eccetto un'impronta su un orlo di giara proveniente dalla stessa Assur (dal Tempio del dio Assur). I documenti testimoniano il coinvolgimento dei sovrani nel culto, ma anche nell'attività commerciale della colonia assira, quando essi presiedono l'assemblea cittadina o in qualità di investitori. A differenza del corpus di sigilli paleoassiri sopra descritti, gli esemplari di proprietà dei sovrani presentano una lunga iscrizione (gli altri, infatti, sono spesso privi di una legenda), in cui oltre al proprio nome e al patronimico, compare il titolo di iffiakku Affur. L' iscrizione si accompagna a una scena di presentazione a quattro figure, ma con alcu-

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Archeologia della Mesopotamia antica

ne varianti interessanti: l'assenza di elementi secondari e riempitivi e la pre­ senza di una figura divina minore alle spalle del personaggio seduto in trono. Il riadattamento di modelli figurativi meridionali, ancora in uso nella regio­ ne babilonese e dunque non necessariamente mutuati da un'antica tradizio­ ne che risale a Ur III, appare funzionale allo speciale ruolo che i dinasti assiri ricoprono. Se infatti nella Bassa Mesopotamia l'uso di questo modulo figura­ tivo testimonia l'esistenza di un rapporto indissolubile tra il sovrano e i suoi funzionari, rapporto che appare come un vero e proprio atto di investitura dei funzionari palatini da parte del re in carica, in Assiria un legame ugual­ mente forte esiste tra il sovrano e il dio Assur in quanto signore della sua terra. Ne consegue che la sostituzione del funzionario con il re in veste di iffiakku Affur e del sovrano in trono con Assur in quanto re della sua città rimodula, in maniera del tutto nuova, i particolari ed esclusivi rapporti di potere tra Assur e il suo vicario in terra.

7. Ceramica

La Khabur Ware

La diffusione della ceramica dipinta del Khabur, rinvenuta nel corso degli scavi e delle ricognizioni nell'area dell'alto bacino del Khabur e nellaJezirah orientale, documenta l'inizio di una fase stanziale attribuita all'inizio del II millennio a.C. I dati archeologici relativi a questa fase, precedente al regno di Shamshi-Adad I, sono purtroppo pochi, anche se tracce di frequentazione sono note in siti come Tell Leilan, Tell al-Rimakh e Tell Taya. Al contrario, si osserva un notevole incremento urbano proprio in corrispondenza del regno di Shamshi-Adad I, quando vengono fondati importanti centri monumen­ tali a Tel1 Leilan e Tell al-Rimakh, oltre a quartieri abitativi piuttosto densi. Questa tendenza car;>.tterizza tutta l'area alto-mesopotamica (Tell Moham­ med Diyab, Chagar Bazar, Tell Barri) all'epoca dello sviluppo delle colonie paleoassire in Cappadocia e in corrispondenza, grosso modo, al periodo di diffusione della ceramica dipinta del Khabur. Dunque, da insediamenti non urbani, improntati a una certa mobilità, come dimostrato dalle evidenze pre­ cedenti, si passa a una fase decisamente urbana caratterizzata anche da un'e­ dilizia monumentale. A livello di cultura materiale si osserva il passaggio da una tradizione acroma che però utilizza argille depurate e impiega ceramiche fini verso un ben diverso orizzonte che fa uso della decorazione dipinta, men­ tre i prodotti sono nel loro complesso meno impegnativi. Il nome si deve a Max Mallowan, sulla base dei numerosi frammenti scoperti sul sito di Chagar Bazar, nella regione del Khabur (Siria nord-orientale) nel corso degli scavi condotti nel triennio 1935-37. Da allora, è stato possibile stilare un ampio repertorio di forme scoperte tra l'Assiria e l'Alta Mesopotamia nei siti più importanti. Diversi studi hanno ricostruito l'area di diffusione della Khabur J#lre (FIG. 3b), ad esempio quello di Hrouda, mentre l'ipotesi di una connotazione etnica di questa produzione è stata nel 266

9.

Il regno paleoassiro

tempo sostituita da tentativi di seriazione cronologica e da studi sull'origine (Hiromichi Oguchi). L'orizzonte ceramico della Khabur l#zre è caratterizzato da una limitata va­ rietà morfologica, con decorazione dipinta in rosso e bruno/nero. I motivi sono essenzialmente geometrici e includono bande orizzontali, triangoli e altri motivi. La distribuzione include regioni come l' Iraq settentrionale, la Turchia, l' Iran. Dalla trattazione dell'argomento da parte di Diana L. Stein, molti dati nuovi hanno ridisegnato la mappa di distribuzione e ridefinito la cronologia dei materiali. Per il periodo compreso tra il 1900 e il 1600 a.C., che qui ci interessa, sono state riconosciute tre diverse fasi, la seconda delle quali corrisponde al regno di Sharnshi-Adad I. Se la prima fase è caratteriz­ zata da larghe bande orizzontali di colore bruno, associate o alternate a una decorazione a pettine incisa, la seconda e l'inizio della terza fase sono di­ stinte dall'inserimento di volatili stilizzati combinati con motivi geometri­ ci, su giare, bicchieri, coppe, piatti, un motivo che avrebbe costituito il trait d'union con la ceramica mittanica, come ipotizzato da Helene J. Kantor. In cronologia assoluta, la prima fase corrisponde alla prima metà del XIX secolo, la seconda al regno di Shamshi-Adad I (la più breve), mentre la terza corri­ sponde a un lungo periodo compreso tra il 17so e il isso a.C.

8. Costumi funerari Mentre dati assai scarni non consentono di ricostruire le strutture e l' ideolo- La Tomba 20 gia funeraria in Assiria nei primi secoli del II millennio a.C., gli stessi forni- di Assur scono qualche informazione sull'insorgenza di una élite di potere ad Assur in concomitanza con lo sviluppo dei commerci in Cappadocia. A est del Tempio di Sin e Shamash (trincea 6m), Andrae scavò la Tomba 20, una tomba a fossa (1,9 x 1,3 m) con orientamento nord-est/sud-ovest e con, all'interno, pochi resti umani. Il corredo funerario, piuttosto ricco, comprendeva diademi in oro posti in prossimità della testa, vasi in metallo, armi, vaghi di collana, sigilli. I materiali non sono cronologicamente omogenei ma, al contrario, coprono un arco cronologico ampio, dalla metà del III agli inizi del II millennio a.C. Un sigillo in lapislazzuli con scena di presentazione dell'età di Ur III reinciso con un' immagine di toro con cono sul dorso, l'iconografia tipica del dio della tempesta sui sigilli anatolici, fornisce il terminus ante quem per la chiusura della tomba. Anche i diademi, prodotti verosimilmente per l'occasione, potrebbero essere datati agli inizi del II millennio a.C.: formati da lamine ovoidali in oro con motivi incisi o lavorati a repoussé, essi trovano un confronto con analoghi prodotti distribuiti tra Alta Mesopotamia, Siria e area egea. Pare plausibile che la Tomba 20 appartenesse a un ricco mercante assiro che commerciava con la Cappadocia: questo spiega l' alterazione del sigillo personale rielaborato per ispirarsi al repertorio della glittica di Kiiltepe.

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Il regno di Mittani

di Costanza Coppini

1. Inquadramento storico Popolazione di origine ignota

L'aristocrazia dei maryannu

La comparsa di Mittani nel panorama storico-politico vicino-orientale è an­ cora largamente dibattuta: la datazione certa non è chiara, quindi approssi­ mativamente si considera il XVI secolo a.C.; inoltre, non è noto il luogo di provenienza della popolazione cui si fa riferimento; un ulteriore problema è legato al tipo di sistema cronologico in uso, che può portare a variare la dura­ ta del regno nel tempo (si fa riferimento alla problematica della cronologia) (cfr. CAP. 2). Ciò è dovuto a diversi fattori, primo tra tutti la mancata localiz­ zazione della capitale dello Stato e, di conseguenza, degli archivi appartenen­ ti alla casa regnante: Washshukkanni non è stata identificata con sicurezza, anche se sembra che si possa trattare di Tell Fekheriye, nei pressi di Ras al­ 'Ayn, alle sorgenti del fiume Khabur (attuale Siria nord-orientale). Le mag­ giori notizie storiche vengono da fonti scritte recuperate in zone periferiche o fuori dai possedimenti dell' impero stesso: i casi più eclatanti sono costitu­ iti dall'archivio di Nuzi, l'odierna Yorgan Tepe, in Iraq, a est del fiume Tigri, e dall'archivio di el-Amarna in Egitto, che fu la temporanea capitale del re­ gno faraonico. L'origine dell'entità statale è perciò nebulosa: gli archivi di Mari riferiscono di un panorama politico estremamente frammentario nell'area tra l'Eufrate e l'Assiria dopo la fine del regno di Shamshi-Adad I ; i dati dalle fonti ittite risalenti al XVII secolo e agli inizi del XVI parlano di devastanti invasioni hurrite nell'Anatolia centrale nel momento in cui regna­ va Khattusili I (1650-1620 a.C.), mentre Murshili I (1620-1590 a.C.) fu fiac­ cato dalle invasioni delle stesse genti quando fece ritorno in Mesopotamia settentrionale dopo la presa di Babilonia. Sembra che l'origine della popola­ zione che sviluppò un'imponente organizzazione statale nella Mesopotamia settentrionale fosse indo-ariana. Il movimento migratorio ebbe origine dall'Asia centrale per dirigersi, da una parte, verso la valle del Gange e, dall'altra, verso l' Iran fino al territorio popo­ lato dagli Hurriti. Sono loro gli specialisti, definiti maryannu, che hanno in­ trodotto l'uso del carro da guerra, già attestato nei territori da cui sono arri­ vati: probabilmente, l'approccio nei confronti dei principi locali della 270

10.

Il regno di Mittan i

Mesopotamia settentrionale fu di tipo militare, offrendosi come mercenari o combattendo. L'attestazione più antica del nome proviene dalla tomba del generale egiziano Amenemhet, che fu in servizio durante il regno di T hut­ mosi I (ca. 1497-1482 a.C.). Vi si riferisce di questo stato, chiamato Maittani. I nomi dei sovrani sono tutti di chiara origine indo-iranica, che non ha tut­ tavia surclassato quella hurrita, rimasta importante per la cultura e per il lin­ guaggio. La spiegazione a tutt'oggi più plausibile sembra essere quella secon­ do cui dei gruppi indo-ariani sono penetrati dalle montagne curde insieme a nuovi gruppi hurriti dopo il crollo dell'impero di Shamshi-Adad. Il potere è stato poi conquistato approfittando del vuoto lasciato nella Siria settentrio­ nale dagli Ittiti: questi conquistano il regno di Yamkhad, nella Siria nord­ occidentale, a opera di Murshili I, che riuscì a mantenere tale conquista du­ rante il suo dominio; i successori, impegnati in lotte intestine alla casa regnante, non fecero altrettanto e persero così questa regione a vantaggio del nascente Stato mittanico, che arrivò a dominare dall'Eufrate al Mediterra­ neo. Il primo re mittanico di cui si hanno notizie è Shuttarna (ca. 1560 a.C.): un sigillo a lui appartenente viene ancora usato nel xv secolo e da questo sappiamo che era figlio di Kirta, da identificare con il fondatore della nuova formazione politica. Non si hanno altri dati riguardo a tutto il periodo for­ mativo (1560-1500 a.C.), fino al xv secolo a.C. In questo momento la docu­ mentazione disponibile proviene da regni soggetti a Mittani (Alalakh e Nu­ zi) o da regni esterni (K.hatti, Egitto, Assiria). Da Alalakh proviene l'iscrizione del re Idrimi, posta sulla sua statua, che rappresenta il sovrano stesso ed è stata rinvenuta sotto il pavimento di un tempio della città stessa: egli parla di sé come del figlio del re Ilimilimma, che governò su Helab, vasta formazione statale con Aleppo capitale e che fu detronizzato da una rivolta interna. Dopo alterne vicende, Idrimi fa ritorno nel suo regno, dopo aver stabilito una forma di riconciliazione con «il potente re, il re dei guerrieri del paese di Khurri», ossia Barattarna. Proprio questo sovrano lo pone sul trono di Alalakh, divenendo a tutti gli I Mittani tra Egitto effetti uno dei membri della confederazione mittanica. In questo momento e regno ittita (1500 a.C.) Barattarna regna anche sulla Siria nord-occidentale, visto che Idrimi necessita del suo avallo e appoggio per fare ritorno nella sua patria. Il dominio di Barattarna si spinge ancora più a sud della Siria settentrionale: quando i faraoni della XVIII Dinastia (T hutmosi I, 1504-1493 a.C.) si lanciano alla conquista della fascia siro-palestinese, i regni più importanti della Siria centrale, cioè Qadesh e Tunip, sono sostenuti da Mittani nell'opporsi a tale avanzata. Barattarna è attestato anche a Nuzi, per cui il regno di Mittani ha raggiunto sotto di lui la massima espansione. A partire dal regno di Shaushatar (1475-1450 a.C.), nipote di Barattarna, si hanno evidenze più chiare riguardo alla storia mittanica: la fonte primaria è costituita dal trattato di Shattiwaza, che è posteriore a questi avvenimenti ma proprio di questi riferisce (ca. 1325 a.C.). Shaushatar vi figura come re conquistatore: vi si dice che con271

Archeologia della Mesopotamia antica

I rapporti diplomatici con gli altri regni

quistò la città di Assur e che ne portò via come bottini a Washshukkanni le porte d'oro e d'argento, appartenenti al tempio del dio omonimo. Durante il suo regno, i rapporti tra la potenza mittanica e quella egizia sono paritari: le due dinastie si imparentano tra loro e stabiliscono una procedura di scambi di doni, di ambasciatori e di lettere (archivio di el-Amarna). In questo periodo, a partire dai successori di Shaushatar, Mittani si impegna sul fronte anatolico, ma proprio da qui arrivano le prime difficoltà. Il re Tushratta riesce a rispondere bene a una prima incursione ittita, mentre quel­ la successiva arriva dritta proprio contro Washshukkanni, che non viene di­ rettamente conquistata ma grazie alla cui debolezza l'esercito ittita riesce a conquistare i piccoli Stati locali sudditi di Mittani. In seguito a complotti interni, Tushratta viene ucciso e sul trono viene posto Artatama II, che cede alle pressioni dell'Assiria, la quale ha nel frattempo recuperato potenza. Shuppiluliuma, il re ittita, contrappone a questo Shattiwaza, esule presso di lui: riesce a farlo insediare sul trono e a mettere in fuga l'Assiria dal controllo su Mittani. Tutto ciò è descritto nel già nominato trattato: prevedeva che il principe mittanico fosse insediato sul trono come alleato della potenza ittita, ma ciò che lo rende importante è la linea storica che traccia della dinastia mittanica e dei conflitti che hanno avuto luogo al suo interno, che hanno portato Shattiwaza a chiedere asilo a Khattusa. A questo punto Mittani deve rinunciare alla riva sinistra della valle dell'Eufrate e deve assoggettarsi agli Ittiti, seppure nel rispetto del prestigio mittanico. Il trattato è stato redatto a Khattusa dagli scribi ittiti, con lo scopo di far credere al re mittanico di essere ancora uno dei grandi re e di avere ancora dei rapporti paritari con il re ittita. All'interno del trattato è prevista anche la fissazione delle frontiere, che parte dal principio secondo cui l'Eufrate è il limite naturale tra i due regni. In con­ clusione al trattato sono chiamate le divinità come testimoni: si dice che una copia del medesimo è deposta davanti alla dea solare di Arinna, che governa la regalità; nel paese di Mittani la copia è deposta davanti al dio della tempe­ sta, signore del kurinnu di Kakhat. A partire dal regno di Shattiwaza troviamo il paese di Mittani designato sem­ pre più spesso come paese di Khanigalbat, che non è altro che un sinonimo. Poco si sa del suo regno: un fatto sicuro è che, alla morte del re ittita, è stato incaricato di proteggere la frontiera dagli attacchi assiri, e che ha partecipato alla lotta contro gli Egiziani nella Siria centrale e contro i principi rivoltosi di Qadesh e di Nukhashshe, che appoggiavano gli invasori. Ha dovuto risiste­ mare il paese mittanico in seguito a quindici anni di guerre e di anarchia: è possibile farsi un'idea di quanto fosse esteso il suo regno attraverso la lista dei paesi e delle città conquistate dal re assiro Adad-nirari I ( 1 295-1 264 a.C.), cir­ ca cinquant'anni dopo Shattiwaza. Questi, alla morte del successore di Shup­ piluliuma, Arnuwanda II ( 1 3 1 8 a.C. ), approfitta dell'inesperienza del giovane Murshili II per avere una maggiore libertà d'azione: riesce a ricacciare indie­ tro la crescente potenza assira, che dopo la morte di Assur-uballit ( 1 3 1 8 a.C.) 272

10.

Il regno di Mittani

rimane su linee di difesa, e a riconquistare una certa indipendenza dal regno di Khatti. Al momento della sua ascesa al trono, Shattuara I ( 1300-12.80 a.C.) si trova ad avere in mano uno Stato di nuovo indipendente, e in tale modo riconosciuto dagli Ittiti. Dagli annali del re assiro Adad-nirari I giunge noti­ zia che egli stesso ha vinto su Shattuara: Mittani diviene uno Stato tributario dell'Assiria. Questa situazione si protrae nei primi anni di regno del successo­ re di Shattuara I, Washashatta ( 12.80-12.70 a.C.), fino a che il sovrano si ribella alla potenza assira e torna a essere alleato di Khatti, in particolare per la lotta contro lo strapotere egiziano che continua a minacciare la Siria; partecipa con l'invio di contingenti di soldati alla decisiva battaglia di Qadesh tra l'e­ sercito egiziano e quello ittita ( 12.75 a.C.). La persecuzione del potere assiro sul paese di Khurri non è ancora finita: il re Adad-nirari torna a minacciarlo approfittando dei disordini dinastici che stanno avvenendo in seno al regno di Khatti, per cui riesce a conquistarlo; il tutto si conclude con l'annessione di Mittani e la sua trasformazione in pro­ vincia assira ( 12.70 a.C.). L'ultimo re mittanico, Shattuara II ( 1 2.65-12.60 a.C.), è tornato a essere dipendente dal regno di Khatti: non c'è più un rapporto di falsa pariteticità, ma un rapporto di sudditanza completa del regno di Mit­ tani rispetto a quello ittita. Così, nel momento in cui Salmanassar si trova a succedere al padre sul trono assiro ( 12.63-12.34 a.C.), il paese di Khanigalbat è nelle mani del nemico ittita. Dalle fonti sembra che la descrizione della conquista di Khanigalbat sia molto simile a quella effettuata da Adad-nirari, per cui ne è stata messa in discussione la veridicità: tuttavia c'è una differen­ za di forma e di contenuto. Salmanassar insiste sulle difficoltà incontrate a causa della strada scelta per penetrare nel paese, allo scopo di sorprendere il nemico. Il regno di Mitcani è a tutti gli effetti una provincia del nascente im­ pero medio-assiro: un'amministrazione assira si stabilisce in tutto il paese e la continua resistenza di gruppi che vorrebbero una nuova indipendenza dal dominio assiro a nulla vale. Il regno di Mittani/Khanigalbat/Khurri cessa di esistere in modo definitivo per assumere il ruolo di provincia all'interno del nuovo regno. 2.

Urbanistica e distribuzione degli insediamenti

Purtroppo gli scavi effettuati nel territorio dominato da Mittani non hanno reso impianti urbani ben precisi, come è invece avvenuto per altri periodi storici. Partendo dal cuore del regno, ossia la capitale Washshukkanni, odierna Teli La capitale del regno Fekheriye (TAV. 2.44, e), non si hanno notizie precise sul suo assetto, dal mo- di Mittani mento che non è stata indagata sufficientemente in estensione. I livelli mitta- � nici sono stati raggiunti durante gli scavi effettuati da Moortgac negli anni Cinquanta del xx secolo nella Turbe-Schnitt, e in quelli ripresi nel 2.006 da Dominik Bonatz, ugualmente sulla pendice occidentale del teli. In due son-

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Archeologia della Mesopotamia antica

I siti dell'area centrale

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daggi profondi sono state rinvenute vestigia architettoniche datate al Perio­ do Mittanico attraverso il ritrovamento di impronte di sigillo e ceramica di Nuzi. Tali ritrovamenti non danno indicazioni precise sull'urbanistica, ma fanno senz'altro intuire che questa parte del teli, forse parte della città bassa, doveva avere una certa importanza durante il Periodo Mittanico. Tali vestigia consistono in un muro a L e uno con un contrafforte, che è separato dal muro a L da un'apertura, interpretata come porta e connessa a un pavimento. Gli scavi effettuati da Moortgat hanno portato alla luce solo livelli di occupazio­ ne, ma senza resti di strutture risalenti al periodo in questione. Proseguendo verso est, lungo il corso del Wadi al-A'waj, si incontra un altro insediamento con livelli datati al Periodo Mittanico: si tratta di Tel1 Beydar, più noto per l'occupazione datata al 111 millennio a.C. L'insediamento rnit­ tanico si trova sulla città bassa e, per quanto attualmente scavato, si doveva estendere per un minimo di 600 m". I centri importanti risalenti al Periodo Mittanico sono situati nella parte centrale dell'area, ossia lungo il corso del WadiJaghjagh. Tali insediamenti con­ tribuiscono a formare la nostra conoscenza di importanti centri urbani rnit­ tanici e rappresentano un apporto fondamentale per l'identificazione di centri urbani mittanici, sebbene nessuno di essi sia scavato completamente in estensione: tuttavia, questi dati, insieme a quelli illustrati fino a ora, fornisco­ no importanti informazioni. Teli Brak (TAV. 24b), l'antica Nagar, rappresenta l'esempio di una ricca cit­ tà, da identificare con un centro amministrativo in base al tipo di strutture in esso identificate, ma non conserviamo una pianta vera e propria della sua occupazione di questa fase storica. La parte alta del teli, designata durante lo scavo come area HH, si è rivelata essere la sede del comando durante il Pe­ riodo Mittanico, mentre le abitazioni erano sistemate su terrazzamenti a un livello inferiore rispetto a questo quartiere. A Teli Hamidiya (TAV. 24d), antica Ta'idu, vi era un centro di una certa im­ portanza durante questo periodo: se la sua identità corrisponde a verità, si tratta di una delle capitali del regno stesso. Dell' impianto urbanistico ben poco rimane, ma la terrazza accessibile attraverso tre rampe e il grandioso edificio che essa ospita testimoniano l'importante status della città, che era circondata da una cinta muraria a scopi difensivi. Quindi si deduce che I' in­ sediamento fosse principalmente costituito dalla città alta, o cittadella. L' an­ tica città di Kahat, da identificarsi con l'odierna Teli Barri, si trova molto vicino a Teli Brak e Hamidiya: si pensa che fosse il corrispondente di questi due siti sul piano religioso, in quanto sede del tempio del dio hurrita della tempesta sin dal Periodo Paleobabilonese. Purtroppo il tempio in questione non è stato ritrovato, ma si sono ritrovati quartieri abitativi e artigianali che restituiscono l'idea di come fossero organizzati i margini dell'insediamento, nello specifico la pendice meridionale e quella settentrionale. Proprio la siste­ mazione dell'insediamento sulla pendice meridionale può essere ricondotta

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Il regno di Mittani

a uno schema abitativo preciso e ordinato, in cui ogni edificio, in genere co­ stituito da un insieme di vani agglutinanti, con muri in comune, può essere considerato parte di un piano urbanistico ben preciso: si può ipotizzare che in questa parte dell'insediamento si dovesse collocare una struttura somigliante al dimtu. Letteralmente, questa parola accadica significa "torre", anche se al­ tri significati le sono stati attribuiti, specialmente in base ai contesti in cui è usata. Attualmente, si tende a identificare il dimtu con un edificio, costituito da due piani, in cui si trovano ambienti per attività artigianali. Solitamente, l'edificio, essendo connesso con i poteri che esercitavano il controllo locale sul territorio, è in relazione con appezzamenti di terreno considerati come campi dati in uso all'interno del territorio stesso. Centri di minore importanza dovevano trovarsi a Tell Mohammed Diyab, Tel1 Arbid e Tel1 Mozan, anche se presso quest'ultimo la superficie scavata relativa al Periodo Mittanico non fornisce sufficienti dati. A Mohammed Diyab, invece, l'insediamento di Periodo Mittanico si colloca sulla sommità del tell, dove è stato rintracciato un edificio di grandi dimensioni e con muri molto spessi; in altre parti del tell sono state rinvenute unicamente sepolture. Lo scavo effettuato a Tell Arbid ha dimostrato l'esistenza di un insediamento con una precisa tessitura dell'abitato sul tell, su cui sono state ritrovate delle strutture domestiche. Nella media valle del fiume Khabur si trovano altri insediamenti, che però Gli insediamenti sono attualmente sotto le acque del fiume, in seguito alla costruzione della nella valle diga del Medio Khabur: si tratta di Tell Hwesh e Tell Bderi. Questi sono due del Khabur insediamenti molto diversi tra loro, nelle modalità di occupazione. Hwesh pare essere stato un centro abitato di piccole dimensioni, costituito da abita­ zioni, e definito come centro agricolo. Bderi è invece più esteso e i livelli da­ tati al Periodo Mittanico sono situati sulla pendice meridionale (Sudhang) del tell e sulla parte settentrionale (Nordkuppe) della sua sommità: in entram­ be le aree di scavo sono stati trovati quartieri abitativi, costituiti da numerose unità a carattere domestico. Verso nord, nella zona che attualmente si trova nella Turchia sud-orientale, un'altra serie di testimonianze lascia pensare a una qualche sorta di presenza del regno mittanico, anche se fino a ora non sono stati rilevati veri e propri centri urbani. Lungo il corso dell'Eufrate siriano si nota l'esistenza di una serie di insedia­ menti, dislocati prevalentemente vicino al corso del fiume. I due principali esempi sono Tell Munbaqa, antica Ekalte, e Tell Bazi, che si rivelano essere stati importanti centri urbani di Periodo Mittanico principalmente attraver­ so le fonti scritte. Il migliore esempio è offerto da Munbaqa (TAV. 25a), che è caratterizzato da una cinta muraria, sistemi viari che collegano quartieri abitativi situati sulla collina artificiale e grandi quartieri religiosi, con edifici che erano in uso grosso modo contemporaneamente. Il sito di El-Qitar, antica T il-Abnu,

275

Archeologia della Mesopotamia antica

La città di N uzi

situato più a nord rispetto a Bazi e Munbaqa, è organizzato similmente a Munbaqa, con una cinta muraria che racchiude un insediamento costituito da edifici addossati alle mura o ali' interno della superficie cittadina. Emar, odierna Meskene, si trova invece a sud rispetto a questi insediamenti. La cit­ tà, circondata anch'essa da mura, conserva al suo interno due templi gemelli e il palazzo che ospitava il governante locale. All'altro estremo dell'area, troviamo Nuzi, odierna Yorgan Tepe, che nono­ stante fosse un insediamento provinciale, era di dimensioni notevoli: faceva parte del regno di Arrapkha, moderna K.irkuk. Sulla città alta sono state por­ tate alla luce tre fasi archeologiche ascrivibili al Periodo Mittanico. In questo lasso di tempo, la città fu caratterizzata dall'esistenza di un palazzo e due templi, definiti come complesso, e di un magazzino e tre quartieri di case private. Un altro gruppo di insediamenti, situati sempre nella parte orientale del regno, è localizzato tra l'attuale confine siro-iracheno e il corso del Tigri, o sul corso del fiume stesso. Si tratta per lo più di piccoli centri, che non sono stati scavati in estensione. In essi sono state portate alla luce per lo più strut­ ture domestiche. Un centro che doveva invece avere una certa importanza sembra essere stato Tell al-Rimakh: un sacello con magazzino e ricche case sono stati ritrovati sul tel1, a giudicare dal materiale rinvenutovi. Dalla parte opposta dei domini del regno mittanico, in Siria occidentale, si trova Alalakh, moderna Tell Atchana, che fu capitale del piccolo regno di Mukish. Gli strati in cui sono state rinvenute tracce di occupazione di Pe­ riodo Mittanico sono il VI, il v e il IV. In questo periodo la città era protetta da un sistema di fortificazione a cui erano connessi quartieri abitativi. Al suo interno, era ospitato un palazzo, composto di nove vani, del livello vb, poi incorporato nel più maestoso palazzo attribuito al re Niqmepa, ascritto al livello IV: questo nuovo edificio comprende un cortile centrale e stanze più piccole intorno a esso, come si vedeva nelle case. Il tempio era separato dal palazzo e aveva una tipica pianta di tradizione nord-siriana.

3. Architettura pubblica 3.1. Architettura palatina A questa categoria appartengono principalmente strutture palaziali, o almeno con un qualche carattere amministrativo. È bene comunque precisare che non ci sono dei modelli rintracciabili: non si può, quindi, parlare di architettura pubblica secolare mittanica. Dalla capitale Washshukkanni non si hanno attualmente testimonianze esaustive di architettura pubblica relativa al periodo, a eccezione del cosid­ detto Monumental Bau, situato sulla pendice occidentale del tel1. Anche se non è chiara la sua funzione, è stato definito edificio monumentale in base allo spessore dei suoi muri (in media 2,60 m): è composto di quattro vani di forma rettangolare, che sono stati ritrovati pressoché vuoti di oggetti, esclusi manufatti ceramici. 276

10.

Il regno di Mittani

Testimonianze più consistenti di architettura pubblica secolare si hanno da La struttura palatina Tel1 Brak/Nagar (TAV. 2.5c). Come accennato sopra, il palazzo si inserisce nel­ di Tell Brak lo schema costruttivo dell'edilizia pubblica di questo periodo, benché non sia ben definibile un'architettura pubblica mittanica. Il palazzo, identificato come la sede in cui venivano amministrati il centro urbano e i suoi dintorni, è stato scavato da Max Mallowan e successivamente da David Oates e Joan 0ates. È stato riportato alla luce un edificio che originariamente aveva due piani, anche se non è interamente preservato a causa dell'erosione del tel1. Il palazzo è caratterizzato da un vano rettangolare, orientato ovest-est, e da un vano di forma quadrata più a nord: dovevano costituire una sorta di sala di ricevimento e il cortile a cielo aperto, del quale sono state rintracciate parti della pavimentazione. I lati ovest ed est sono occupati da vani di piccole di­ mensioni, in genere quadrati o rettangolari. In particolare, sul lato est si nota la presenza di un ambiente utilizzato come magazzino, in base ai ritrovamen­ ti effettuativi. Altri esempi di strutture palaziali, sebbene non ricalchino lo schema di quelle di Brak, si trovano a Tell Hamidiya, rimanendo nell'area del fiume Khabur, mentre spostandosi all'estremo orientale e occidentale dell'impero, a Nuzi e Alalakh. A Hamidiya troviamo il palazzo, collocato a sud-ovest, che era accessibile da uno spazio aperto a sud dell'acropoli. A Tell Hamidiya l'architettura palatina è rappresentata dai palazzi sud-oc­ cidentali, adiacenti al tempio. Erano accessibili da uno spazio aperto a sud dell'acropoli. Il palazzo più antico (Altere Palast) ha una pianta a L, anche se non è tutto conservato, in quanto mancano i limiti sud e ovest. Il palazzo più recente, chiamato ]ungere Palast, è ancora meno conservato del precedente e si possono solo distinguere alcuni vani. Il cosiddetto Zentral Palast è una costruzione dalle grandi dimensioni, quasi monumentali, edificata al centro del tell (da cui il nome) su quattro terrazze. Il fronte principale è quello me­ ridionale, e già dalla sua estensione si capisce l'intento nell'erigere un tale edificio: sembra essere grande due volte il palazzo paleobabilonese di Mari, e molto più grande di palazzi che dovevano essere coevi, come quello di Brak e quello di Nuzi. Proprio in questa città, Nuzi (FIG. 1a), è stato invece identificato un palazzo, Il Palazzo di Nuzi anche se non è stato completamente ritrovato, a causa dell'erosione del terre­ no da indagare. L' ingresso introduceva in un cortile pavimentato, le cui pare­ ti erano provviste di banchine in argilla: esso non è conservato, ma è stato ipotizzato che si trovasse nel settore settentrionale dell'edificio. Da questo cortile si entrava, attraverso un ingresso a baionetta che passava da un atrio monumentale, nel cortile principale, che misurava 2.2. m di lato. Di fronte all'atrio monumentale si trovava l'ingresso al vano principale dell'edificio e questo era contrassegnato da due basamenti. Il vano era in realtà composto di due locali accostati, che però non presentano tracce di presenza di trono. I settori intorno al cortile principale avevano varia funzione, sia abitativa sia di 277

Archeologia della Mesopotamia antica

FIGURA 1

a) Il Palazzo di Nuzi; b) il Palazzo di Alalakh 1v A

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Fonti: a) R. F. S. Starr (1937) . Nuzi: Report on the Excavations at Yoghan Tepa near Kirkuk, Iraq, 1927-1931, voi. 1 1, Cambridge University Press, Cambridge, pi. 13; b) P. M. M. G. Akkermans, G. M. Schwartz (2003), The Archaeology of Syria: From Compiex Hunter-Gotherers to Early Urban Societies (c. 16,000-300 B.C.), Cambridge University Press, Cambridge, p. 335.

278

10. Il regno di Mittani deposito. Da sottolineare è la presenza, in diretta comunicazione con la sala monumentale, di due grandi magazzini: questi sono caratterizzati da un con­ sistente spessore dei muri e da grandi dimensioni. Il muro di cinta è dotato di pilastri che sembrano essere disposti in successione irregolare. Ad Alalakh (FIG. 1b) il palazzo dello strato IV è caratterizzato da un ingresso con portico a due colonne (antecedente dei bit hilani dei maggiori centri urbani dell'Età del Ferro della Siria settentrionale) e l' ingresso è provvisto di lastre di basalto, anche se non decorate. Il nucleo è costituito dalla sala centrale, rettangolare e larga, in cui si trovava il focolare; essa è affiancata da due stanze più piccole. 3-2. Architettura templare Nella regione del Khabur, un esempio di architettura a carattere religioso è documentato a Tell Brak/Nagar (TAV. 2.sc). Il tempio era situato a sud-ovest rispetto al palazzo e separato da esso da una strada. L'edificio è di piccole dimensioni (16 x 18 m), suddiviso in tre vani. L'ingresso conduce a una cella del tipo Breitraum (a sviluppo latitudinale), provvista di una nicchia ricavata nel muro settentrionale del vano e raggiungibile attraverso dei piccoli scalini. Nella parte orientale del muro della cella è stata ricavata una porta che conduceva a due vani l'uno adiacente all'altro, usati probabilmente come vestiboli o magazzini. Simile al piccolo Tempio di Tell Brak è il sacello ritrovato a Tell Chuera, ascrivibile allo stesso periodo. Un tipo diverso di tempio si trova invece a Nuzi (TAV. 25b): si tratta del cosiddetto rempio Doppio costituito da due sacelli monocellulari con ingresso a gomito, secondo l'antica tradizione della Mesopotamia centro-meridionale, ciascuno preceduto da una corte. Le due celle sono dedicate a Teshub (dio della tempesta hurrita) e alla consorte Shaushga (dea della guerra hurrita cor­ rispondete alla Ishtar accadica) . A Munbaqa si trovano invece diversi complessi templari, mentre sono assenti edifici identificabili come palazzi o strutture in cui avessero sede organismi governativi e/o amministrativi. Quindi gli edifici religiosi sono rappresentati da tre templi in antis, situati sulla cresta occidentale del tel1. Nel centro urba­ no di Bazi si trova una struttura templare simile, il cui ingresso è segnalato da due statue di leoni. Così come ad Alalakh e Nuzi si trovano complessi palaziali, lo stesso avviene per quelli templari. Nella città dell'Arnuq un tempio è stato ritrovato nello strato IV: presenta un'antecella larga rettangolare e una cella con nicchia di culto. 3.3. Architettura difensiva Cinte murarie caratterizzano maggiormente gli insediamenti localizzati lungo il corso dell'Eufrate e del T igri (si vedano co­ me riferimento i risultati degli scavi effettuati nell'ambito del progetto di salvataggio Eski Mosul Salvage Project). Procedendo dalle rive del fiume Eufrate verso sud, si possono rintracciare strutture difensive a Tell Bazi, El279

Q I templi della regione del Khabur

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Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 2

a) Il dimtu di Tell Sabi Abyad; b) statua da Tell Brak

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Fonti: a) K. Duistermaat (2008), The Pots and Potters of Assyria: Techno/ogy and Organisation of Praduc­ tion, Ceramic Sequence and Vessel Function at Late Bronze Age Te/I Sabi Abyad, Syria, Brepols, Turn· hout. fig. 44; b) D. Oates, J. Oates, H. McDonald (eds.) (1997), Excavations at Te/I Brak, voi. 1: The Mitanni and 0/d Babylonian Periods, British School o! Archaeology in Iraq, Cambridge-London, p. 25.

Qitar, Tell Hadidi, Tel1 Munbaqa e Meskene (Umm el-Marra sulla piana di Jabbul). Tali strutture sono riconoscibili quali mura cittadine e vengono tal­ volta costruite in due cinte, una inferiore e una superiore, in mezzo alle quali vengono allestiti dei terrazzamenti. Solitamente, la sub-struttura consiste in 280

10.

Il regno di Mittani

pietre squadrate, più o meno lavorate, mentre la struttura muraria vera e pro­ pria consiste in mattoni crudi. Considerando invece i siti lungo l'alto corso del fiume T igri, si trova Nemrik, il cui insediamento mittanico è costruito direttamente sui depositi datati al Neolitico. Tale sorta di fortificazione porterebbe a identificare tali siti con i dimtu, come se ne trovano anche altri nell'area e anche sul corso del fiume Balikh. Un esempio di questo è l'insediamento di Tell Sabi Abyad (FIG. i.a) e Tell Fakhar, situato a sud-ovest di Kirkuk (Iraq centro-settentrionale). I vani sono solitamente di piccole dimensioni e, come osserviamo a Tell Fakhar, sulla parte più esterna sono collocate sette torri. Sabi Abyad, d'al­ tro canto, presenta una pianta quadrata, articolata in nove vani; nell'angolo nord-orientale è presente una scala, indicando quindi la presenza di un piano superiore. Come si osserva dalle piante, gli edifici definiti come dimtu non condividono molti tratti nella planimetria: quello che li accomuna si può ritrovare nello spessore dei muri e nella presenza delle torri. Alcune ipotesi considerano come il mittanico dimtu possa essere considerato il predecessore del medio-assiro dunnu, sul quale si hanno maggiori informazioni grazie ai ritrovamenti epigrafici (cfr. CAP. 12.).

4. Architettura privata Testimonianze di architettura privata, ascrivibili al Periodo Mittanico, so­ no senz'altro più comuni rispetto a quelle di architettura pubblica. Ciò è, ovviamente, in parte dovuto alla casualità dei ritrovamenti e, come accen­ nato sopra, al fatto che non sono stati ampiamente investigati i centri del potere mittanico. Gli insediamenti situati in Mesopotamia settentrionale, specialmente nel Nord dell'odierna Siria e Iraq, forniscono molci esempi in proposito. Per quanto riguarda la regione dell'Alto Eufrate siriano, si registrano esempi La regione di abitazioni in tutti gli insediamenti situati lungo il corso del fiume. In que­ dell'Alto Eufrate sta area geografica l'importanza delle abitazioni private è da connettere an­ che ali' assenza di palazzi, per cui si pensa che dimore con più prestigio fosse­ ro residenze di personaggi importanti. L'architettura domestica è comunemente caratterizzata da piccole abitazioni dotate di installazioni do­ mestiche, quali tannur (forni), banconi, focolari, addossate alla cinta mura­ ria: chiari esempi di questo si hanno a Umm el-Marra, Emar, El-Qitar, Hadi­ di e Bazi. Tell Munbaqa offre invece un preciso esempio di abitazioni probabilmente occupate da personaggi di rilievo: è da tenere presence che le differenze maggiori non si rivelano nella struttura dell'abitazione, sempre dotata di una grande stanza centrale con focolare e da due stanze più piccole su ciascun lato (nelle quali si doveva trovare una scala per accedere al tetto), ma nel tipo di suppellettili e materiali ritrovati in esse. Nell'area del Khabur e del Balikh edifici a carattere domestico sono stati ri281

Archeologia della Mesopotamia antica trovati in tutti i siti indagati. Una questione che accomuna le due aree appena citate e la parte settentrionale dell'attuale Iraq riguarda la presenza di un tipo di insediamento riconducibile al periodo di dominio mittanico: si tratta del dimtu, la cui funzione, se pubblica o privata, non è ancora chiara. In questo contesto, alla luce degli studi condotti in proposito, verrà considerato priva­ to. Se si osservano esempi da siti quali Tel1 Barri (area G), Nemrik (Mittani Settlement) e Sabi Abyad, appare chiaro che le strutture identificate con il dimtu sono inserite nel tessuto organico dell'abitato. Diverso è il caso di Nu­ zi, dove la casa di Shilwa-Teshub è caratterizzata da un cortile rettangolare che si apre su una serie di stanze. 5. Statuaria, rilievo e pittura La statuaria di questo periodo non si può ricondurre a uno stile ben preciso, chiaramente identificabile come mittanico. I due esemplari più significativi possono forse risultare la statua di Idrimi di Alalakh e una statua ritrovata nel palazzo mittanico di Brak (FIG. 4b). Quest'ultima, in pietra calcarea di colore grigio, rappresenta un individuo maschile seduto. Il volto fu danneg­ giato in antichità, ma in generale lo stato di conservazione della statua non e buono, tanto è vero che operazioni di restauro sono risultate indispensabili già durante gli scavi. La figura indossa una veste legata in vita da una cintura e tiene in una mano un oggetto, che potrebbe essere un vaso. Esempi di decorazione pittorica provengono invece dal palazzo di Nuzi. I frammenti ritrovati erano disposti sopra gli architravi delle porte di uno dei vani dell'edificio (L15B). Si tratta di motivi che possono essere ricondotti sia ai domini occidentali sia a quelli orientali del regno. Per quel che è possibile riconoscere dal loro stato di conservazione, le pitture si articolano su due registri: ognuno di essi è suddiviso da metope all'interno delle quali sono raf­ figurati dei triangoli. Anche la fascia che divide i due registri è decorata con triangoli. Nel registro inferiore sono invece raffigurati bucrani e maschere femminili ispirate alla figura della dea Hathor (divinità egizia femminile con corna bovine). 6. Glittica

Gli stili della glittica mittanica

Questa parte della cultura materiale mittanica mostra caratteristiche pecu­ liari del periodo, in parte originali, al contrario di quanto visto rispetto ad altri aspetti. La produzione glittica è stata suddivisa da Edith Porada in Stile Comune ( Common Style) e Stile Elaborato (Elaborate Style ); un altro tipo di produ­ zione è denominato Glittica di Kirkuk. Lo Stile Comune è caratterizzato dalla ripetizione dei motivi riprodotti sui sigilli, che sono fatti di steatite o faience, materiale facile da lavorare e che 282

10. Il regno di Mittani FIGURA

3 Esempi di sigilli mittanici

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Fonti: 1-13) B. Salje (1990), Der "Common Style der Mitanni-Glyptik und die Glyptik der Levante und Zy­ perns in der Spéiten Bronzezeit von Zabern, Mainz am Rhein, Taf. 1; 14-16) D. Oates, J. Oates, H. McDonald (eds.) (1997), Excavations at Te/I Brak, voi. 1: The Mitanni and 0/d Bobylonion Periods. British School of n

Archaeology in Iraq, Cambridge-London, fig. 179.

quindi favorì una produzione di massa dei sigilli stessi. Dominique Collon ha identificato quattro diversi laboratori di produzione, in base ai motivi raffigurati sui sigilli stessi. Il Workshop A è caratterizzato dalla riproduzione delle figure con nasi prominenti, in posizione inginocchiata, con animali sopra alla scena illustrata (si trovano specialmente ad Alalakh, sul Khabur, a Tel1 al-Rimakh, Ashshur e Nuzi; FIG. 3=13). Il Workshop B vede come motivi la rappresentazione di figure dalle spalle larghe che indossano copricapo a falda

283

Archeologia della Mesopotamia antica

Il sigillo del re Saushtatar

larga e vesti a balza (Ugarit tra gli altri; FIG. 3:6). Sui motivi del Workshop Cle figure umane sono stilizzate e associate a palme e grandi volatili ( soprattutto Ugarit; FIG. 3:11); il Workshop D si collega a C per quanto riguarda gli alberi e la stilizzazione delle figure, ma ha un'espansione più vasta (Ugarit, Beth Shan, Nippur, Cipro). Accanto allo Stile Comune, si trova la sua variante nord-mesopotamica, la già nominata Glittica di K.irkuk. La sua denomina· zione e la conoscenza si basano su impronte provenienti da K.irkuk, Nuzi e Assur: i motivi ricorrenti sono l'albero sacro tra due animali e il disco solare alato. Lo Stile Elaborato è invece riprodotto su sigilli in pietre dure e presenta piu varietà di motivi: molti sigilli attribuiti a questo stile furono riutilizzati, spe­ cialmente all'interno della dinastia regnante, come legittimazione del potere. Esempi di tale riutilizzo si trovano ad Alalakh e Nuzi e dimostrano la convi­ venza della tradizione babilonese e di quella siriana. Un esempio è il sigillo di Idrimi: la dea è rappresentata secondo lo stile paleobabilonese, il vestito del re assomiglia a quello dei re di Khana sull'Eufrate, la suddivisione della scena sussidiaria in due registri si ritrova in sigilli siriani. Il sigillo fu riutilizzato da suo figlio Niqmepa. Nel!'ambito della dinastia regnante mittanica, si fa rife­ rimento al sigillo di Saushtatar, di cui si è ritrovata l'impronta su tavolette cuneiformi da varie parti del regno (Tell Brak e Nuzi tra le più importanti; FIG. 3:14). Il sigillo presenta un disegno innovativo, senza registri ben defini­ ti: sulla parte superiore si nota la presenza di un disco solare alato, affiancato da due animali accucciati; al di sotto, una figura alata disposta di profilo, stante, e circondata da varie figure, sia animali sia umane. La scena è affianca­ ta da un'iscrizione in cui si legge « Saushtatar, figlio di Parsatatar, re di Mitta­ ni » , ma il sigillo fu usato anche dai suoi successori, Artashumara e Tushratta. Altri motivi che caratterizzano lo Stile Elaborato sono eredità dalla tradizio­ ne babilonese (divinità in veste a balze e oranti); a questi si affiancano la spi­ rale e la guilloche (FIG. 3=16), gli alberi e le figure alate tipiche del repertorio assiro (FIG. 3= 16). Una caratteristica tipica, che si ritrova anche sul sigillo di Saushtatar, è l'horror vacui, in cui i riempitivi sono usati su tutta la superficie e possono essere anche segni astratti (FIG. 3: 14-15).

7. Coroplastica Per quanto riguarda l'arte figurativa nella coroplastica non ci sono giunte molte attestazioni. Dal Tempio Doppio di Nuzi provengono sculture di fai'ence che rappresentano animali. Un esempio su tutti è rappresentato dai due leoni ritrovati proprio in questo edificio. Un esemplare è accucciato, mentre l'altro è sulle quattro zampe: hanno diversi atteggiamenti, ruggente e con il corpo schematizzato quello sulle quattro zampe, mentre l'altro è in posizione di riposo, quasi da felino addomesticato. Il leone stante è formato da più parti assemblate insieme.

284

10. Il regno di Mittani Un altro esempio in terracotta smaltata è la testa del cinghiale, rappresentato con tratti realistici: era usato come elemento decorativo. Proprio la lavorazione dellafaience e della pasta vitrea nascono in questo pe- La produzione riodo: le suppellettili in vetro, in particolar modo, erano usate in ambienti in fai"ence e pasta templari. La lavorazione prevede l'uso di fili di diverso colore, che vengono vitrea colati in stampi e mescolati per ottenere il motivo desiderato.

8. Il rilievo in avorio Gli unici esemplari di avorio di cui siamo in possesso provengono dal palazzo di Nuzi, anche se sono frammentari. Questi frammenti di placchette hanno uno spessore di 3-4 mm e sono molto lisci sulla faccia superiore, mentre il colore è danneggiato dal fuoco che causò la distruzione degli ambienti in cui sono stati ritrovati. Gli intarsi hanno forme geometriche, quali triangoli, quadrati, rettangoli, mentre dalla casa di Shilwa-Teshub proviene un intarsio con incisione di immagine di albero della vita. Sempre da Nuzi proviene una figurina in avorio che rappresenta una divinità femminile: si tratta di Ishcar, rappresentata come dea della fecondità. Si pre­ senta stante, con le gambe unite, le mani sono al petto e reggono un'ascia; l'abbigliamento è costituito da una veste stretta da una cintura che copre il busco, ma lascia nudi ventre, pube e gambe; sulla testa si trova la tiara, costi­ tuita da un polos tronco-conico con una punta terminale.

9. Ceramica Questa classe di manufatti si mostra non poco problematica. Innanzitutto, una classe ceramica ben precisa è definita mittanica, o comunque legata in qualche modo alla presenza del regno mittanico: si tratta della ceramica di Nuzi (FIG. 4:24-25). Questo tipo di ceramica si presenta solitamente nella forma di bicchieri a parete dritta con base a piede, più raramente nella forma di giarecte con corpo globulare; quello che la caratterizza è una pittura scura, solitamente di colore marrone o nero, su cui sono dipinti in bianco motivi geometrici o naturalistici. Un'altra classe di ceramica decorata con pittura è la ceramica del Khabur (FIG. 4: 1-23), caratterizzata in questa fase da due tipi di motivi rappresentati. Da una parte troviamo semplici linee o motivi geometrici, quali triangoli o cacchette, di solito sull'orlo di ciotole: questi motivi sono un'eredità della tradizione ceramica del periodo precedente (cfr. CAP. 9). PNel Periodo Mictanico, invece, la decorazione dipinta è caratterizzata dalla Le decorazioni presenza di elementi naturalistici, quali volatili, che si trovano anche nel re- ceramiche pertorio della ceramica di Nuzi. La forma del bicchiere a parete dritta si ritrova anche nella ceramica del Khabur, la quale si esplica anche in altre forme. Frequenti sono ciotole carenate e grandi ciotole con orlo squadrato, così

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Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 4

Ceramica del Khabur e ceramica di Nuzi

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Fonti: 1-23) C. Coppini (2008), La produzione ceramica di periodo mitannico, in R. Pierobon Benoil (a cura di), Te// Barri. Storia di un insediamento antico tra Oriente e Occidente, Macchiaroli, Napoli, figg. 1-2; 24-25) ivi, fig. 2.

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10.

Il regno di Mittani

come giare con corpo allungato e orlo superiormente piatto e ispessito all'e­ sterno. Un'altra particolare classe ceramica con decorazione dipinta è la ce­ ramica a banda rossa, che presenta una fascia dipinta in rosso sull'orlo e al di sotto di esso, all'esterno e ali' interno: le forme caratteristiche sono piatti e ciotole basse, solitamente con corpo tronco-conico. Accanto alla ceramica dipinta, se ne riconosce una non decorata, definita come ceramica comune e ceramica grigia. La ceramica comune si presenta in ogni spettro di forme, ma le più caratteristiche in questo periodo sono piatti con l'orlo ispessito inter­ namente, ciotole carenate aperte con orlo semplice, generalmente brunite, grandi ciotole profonde con orlo squadrato e giare con una piccola banda rilevata alla base del collo, bicchieri a parete verticale (come la forma della ceramica Nuzi) o tronco-conica. Nella ceramica grigia si trovano forme aperte simili a quelle nominate per la ceramica comune: la differenza da que­ sta è il colore dell'impasto e il trattamento di superficie, in quanto l'impasto presenta un colore grigio, così come la superficie esterna, che è solitamente brunita. 10.

Costumi funerari

Le sepolture di questo periodo potevano essere a camera o in fossa (TAV. 2.6). Da Tell Arbid abbiamo l'esempio di due tombe a camera, costruite con mattoni crudi. Entrambe contenevano numeroso vasellame, sigilli cilindrici e spilloni in argento, indicando quindi l'alto status degli occupanti. Altri esempi di sepolture si trovano a Mohammed Diyab: si tratta di tre tombe a fossa, scavate in un livello che mostra segnali di distruzione dell'edificio di Periodo Paleobabilonese. Il carattere delle sepolture è povero, non sono stati trovati oggetti di valore come nelle suddette tombe di Arbid. Esempi di sepolture di bambini si trovano a Tell Barri e Tell Beydar, in cui i corpi erano riposti in giare di ceramica.

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REI CHE A. (2.014),

288

11

Il regno cassita

di Sara Pizzimenti

1. Inquadramento storico I Cassiti sono una popolazione tribale asiatica dalla provenienza scono­ sciuta che si insediò e acquisì potere a Babilonia, per circa 450 anni, nella seconda metà del II millennio a.C. ( 1595-u50 a.C.), costituendo il regno di maggior durata nella storia del Vicino Oriente antico. È durante il loro regno che venne stabilito il concetto di Babilonia intesa come "terra di Babilonia", di cui Babilonia stessa divenne la maggiore potenza. Nonostante la loro terra di origine sia un argomento largamente dibattuto e ancora oggi senza una sicura soluzione, è molto probabile che la popolazione cassica sia originaria di un territorio a est dei monti Zagros, la casa delle "barbariche popolazioni di montagna" secondo la mentalità babilonese. Da quesc'area, i Cassici incominciarono a infiltrarsi nell'alluvio mesopotamico già nella prima metà del II millennio a.C. Nomi personali cassici compaiono per la prima volta in documenti datati al XVII secolo a.C., durante il regno di Hammurabi di Babilonia. Durante il regno di Samsuiluna e di Rim-Sin II di Larsa, i Cassiti vengono descritti come «il nemico, i Cassiti dalle montagne, che non possono essere ricondotti indietro alle montagne », mentre socco i regni dei loro successori sono attestati diversi scontri contro truppe cassice. Insediamenti cassici si trovavano in questo periodo nella regione di Sippar e lungo la parte settentrionale dell' Eufrate, mentre il regno di Khana fu socco il loro controllo per un lungo periodo. Contemporaneamente si riscontrano nelle fonti testuali Cassici completamente integraci nella società babilonese, lavoratori nei campi o al soldo come soldati nell'esercito, raggiungendo in alcuni casi anche un alto rango. La modalità attraverso la quale i Cassici presero il potere politico nella Me­ sopotamia meridionale non è ancora stata chiarita. Le fonti testuali sugge­ riscono che la sconfitta della I Dinastia di Babilonia a opera di Murshili I abbia creato le giuste opportunità per l'élite cassica per prendere il controllo della città. Tuttavia, recentemente, un'iscrizione non pubblicata - il kudurru YBC 2242 - ha fornico ulteriori indizi su questa fase storica, descrivendo una situazione di instabilità causata dall'insurrezione della popolazione del regno

289

Le origini dei (assiti

Archeologia della Mesopotamia antica

I rapporti con l'Egitto

di Khana, strettamente legato ai Cassiti e al loro esercito, durante il regno di Samsuditana, ultimo sovrano della I Dinastia di Babilonia. Ali' interno della Babilonia amorrea i Cassiti dovevano quindi essere una comunità potente e ben organizzata, sia politicamente sia militarmente. Le liste di re babilonesi menzionano 36 re cassiti, fra i quali Agurn II, le cui date sono incerte (ca. 1550 a.C.), è il primo che può essere storicamente ve­ rificato. Agurn II chiama sé stesso "re di Babilonia" sotto il beneplacito delle principali divinità babilonesi - Anu, Enlil, Ea, Marduk, Sin e Shamash - e si proclama figlio biologico di Shuqamuna, divinità cassita. Secondo la propa· ganda cassita, inoltre, Agurn II riporta a Babilonia la statua di Marduk, razzia­ ta durante l'ultima invasione. Con lo scopo di legittimare la propria sovranita, i re cassiti tentano dunque di presentare sé stessi come buoni e tradizionali sovrani babilonesi, in contrasto con il loro passato di guerrieri nemici di Babi­ lonia. Nonostante ciò, elementi tipicamente cassiti sono sempre riscontrabili, sia nei nomi dei sovrani sia nel nome di Karduniash, utilizzato per indicate Babilonia stessa, un titolo che sopravvisse alla caduta della dinastia. Nel Sud conquistarono, grazie a Ulam Buriash (ca. 1500 a.C.), quarto re della dinastia, il Paese del Mare, cacciando i Sutei, una popolazione seminomadica, ed espandendo il proprio dominio fino alla lontana terra di Dilmun, l'attuale Bahrein. Nel Nord fissarono i confini con l'Assiria, mentre a Est iniziarono a intrattenere relazioni diplomatiche con l'Elam. Nel xv secolo a.C. Karaindash I (ca. 1450 a.C.) iniziò a intrattenere relazioni diplomatiche con l'Egitto nella figura del faraone T hutmosi III (1479142.5 a.C.), poi portate avanti dai successivi sovrani grazie anche a una politi­ ca di matrimoni interdinastici. Tali relazioni diplomatiche fra la Babilonia cassita e l'Egitto sono testimoniate dalla fitta corrispondenza di Tel1 el­ Arnarna, lettere diplomatiche scritte in cuneiforme e ritrovate nella tempora­ nea capitale egiziana. Successivamente l'espansione dell'influenza politica cassita venne consolidata grazie all'operato di Kurigalzu I, il quale iniziò a chiamare sé stesso "re delle quattro parti del mondo", e indicò Shuqamuna e Shumaliya come sue divinità personali. Ali' interno delle sue azioni politiche si riscontra la fondazione di una nuova capitale, chiamata Dur Kurigalzu odierna 'Aqar Quf - sita circa 2.0 km a sud-ovest della moderna Baghdad. Nella metà del XVI secolo a.C. iniziarono i primi scontri con l'emergente Assiria: l'ascesa al trono di Kara-Khardash ( 1 3 3 3 a.C.), nipote del re assiro Assuruballit I e figlio del re cassita Burna-Buriash II ( 13 59-1333 a.C.), provo­ cò una rivolta interna. L'élite cassita lo uccise e mise sul trono Nazi-Bugash (1333 a.C.), il quale, in seguito all'attacco a Babilonia da parte dello stesso As­ suruballic, venne ucciso, mentre al suo posto venne posto sul trono un altro cassita, Kurigalzu II (1332.- 1 3 0 8 a.C.). Alla morte di Assuruballit seguirono guerre contro l'Elam e tensioni con l'Assiria, che vennero abilmente contenute da Kadashrnan-Enlil II grazie ad alleanze con Ittiti ed Egizi. Tali alleanze protessero il regno cassita per ben 290

11. TABELLA 1

Il regno cassita

Cronologia dei sovrani del Periodo Cassita

Agum 11 Burna-Buriash 1 Kashtiliash 111 Ulam Buriash Agum 1 1 1 Karaindash 1 Kadashman Kharbe 1 Kurigalzu 1

ca. 1550-1400 a.e.

Kadashman Enlil 1

1374-1360 a.e.

Burna-Buriash 11

1359-1333 a.e.

Kara-Khardash

1333 a.e.

Nazi-Bugash

1333 a.e.

Kurigalzu 11

1332-1308 a.e.

Nazi Marutash

1307-1282 a.e.

Kadashman Turgu

1281-1264 a.e.

Kadashman Enlil 11

1263-1255 a.e.

Kudur Enlil

1254-1233 a.e.

Kashtiliash 1v

1232-1225 a.e.

Enlilnadinshumi

1224 a.e.

Kadashman Karbe 11

1223 a.e.

Adadshumaiddina

1222-1217 a.e.

Adadshumusur

1216-1187 a.e.

quarant'anni, ma con l'ascesa al trono assiro di Tukulti-Ninurta I, la situa­ zione cambiò drasticamente. Tukulti-Ninurta I conquistò Babilonia, cat­ turò il re cassita Kashtiliash IV ( 1232-1225 a.C.) e lo portò ad Assur come prigioniero, assieme alla statua di Marduk. In seguito alla vittoria gli Assiri nominarono un viceré, mentre i nobili cassiti nominarono come proprio re Adadshumusur (1216-1187 a.C.), figlio di Kashtiliash IV. All'interno della vasta rete di alleanze diplomatiche cassite, sono attesta­ ti matrimoni interdinastici con i sovrani elamiti, ma quando il re elamita Shutruk-Nahhunte ( 1 170-1155 a.C.) reclamò il trono basandosi sull'assunto che la propria madre era cassita, venne rifiutato. Di conseguenza Shutruk­ Nahhunte invase Babilonia, conquistando le sue città dalla Diyala fino al Golfo Persico. Kudur-Nahhunte, figlio del sovrano elamita, venne proclamato governatore di Babilonia. Si susseguirono numerose ribellioni interne, assieme al tentati­ vo di rinominare un cassita, Enlilnaddinahhi ( 1 157-1 155 a.C.), come legittimo 291

Archeologia della Mesopotamia antica

re di Babilonia, e questo portò Kudur-Nahhunte a distruggere la città. Enlil­ naddinahhi venne catturato e portato nell'Elam assieme alla statua cultuale di Marduk, sancendo la fine del regno cassita (TAB. 1). 2.

La capitale Dur Kurigalzu

Urbanistica e distribuzione degli insediamenti

Se da una parte, con la sua durata di circa 450 anni, la dinastia cassita è il regno più lungo attualmente attestato in Mesopotamia, dall'altra il periodo del suo sviluppo - il Bronzo Tardo - è uno dei meno conosciuti dal punto di vista archeologico. Durante i primi anni dell'indagine archeologica nel Vicino Oriente, gli archeologi hanno concentrato principalmente i propri sforzi sulle fasi storiche precedenti, trattando i più tardi livelli di insedia­ mento cassiti con superficialità e poca attenzione. D'altro canto, anche le fonti scritte del periodo sono poco studiate e in larga parte non pubblicate. Infine, motivazioni di tipo ambientale e idrogeologico hanno influenzato la possibilità dei ritrovamenti in loco. Infatti, alla fìne del Bronzo Medio, l'Eu­ frate scorreva principalmente nei suoi bracci occidentali, lasciando le antiche città di Sumer e Accad senz'acqua e quindi progressivamente abbandonate. Di conseguenza, gli insediamenti che al contrario continuavano a essere ser­ viti da una notevole presenza d'acqua hanno presentato una continuità oc­ cupazionale in alcuni casi fìno ai nostri giorni, che ha sigillato i livelli cassiti, rendendone più complessa un'indagine approfondita. Inoltre, nel loro mantenere gli aspetti tradizionali della sovranità babilonese, i re cassiti restaurarono buona parte delle antiche città - fra le quali Ur, Uruk, Nippur e Larsa - recuperando antichi canali ormai in disuso e restaurando i principali centri cultuali, come a Nippur, Ur e lsin, attività testimoniate da iscrizioni e documenti di fondazione. In questi casi non è purtroppo facile individuare appieno l'urbanistica dei centri del Periodo Cassita, nonostante siano perfettamente identificabili gli interventi architettonici. L'unica città cassita di nuova fondazione a oggi conosciuta è Dur Kurigalzu, fondata da Kurigalzu I come nuova capitale del regno sopra un affioramento di roccia calcarea che con tutta probabilità ha influenzato, assieme a preesistenti canali, la forma rettangolare allungata della città. La parte sud-orientale risulta dominata dalla ziqqurat e dal complesso templare, mentre nella parte nord­ occidentale trova posto l'imponente palazzo. Altri edifici palatini si trovano a est (Tell Abu Shijar) e a nord (Tell el-'Abyad). Il quartiere residenziale non e mai stato scavato, anche se Taha Baqir - direttore degli scavi negli anni Qua­ ranta - suggerisce un suo collocamento nella zona fra la ziqqurat e il palazzo.

3. Architettura pubblica L'attività edile cassita si inserisce pienamente nella precedente tradizione dei sovrani della I Dinastia di Babilonia, come testimoniato dai restauri del292

11. Il regno cassita

le grandi fabbriche templari della Mesopotamia meridionale, a Ur, Uruk, Nippur, Sippar e nella stessa Babilonia. Tuttavia, tali interventi edilizi so­ no noti solo parzialmente grazie ai ritrovamenti archeologici, mentre per la maggior parte sono stati tramandati dalle iscrizioni che li menzionano. No­ nostante il pieno inserimento delle opere dell'architettura cassita nelle tradi­ zioni mesopotamiche, sono comunque evidenti in alcuni interventi, come ad esempio nel palazzo di Dur Kurigalzu o in alcuni templi minori inseriti nei grandi santuari (Uruk e Ur ), alcune rotture con la tradizione architettonica paleobabilonese e l'inserimento di elementi e particolarità spaziali che pos­ sono essere considerate come autoctone cassite. 3-1. Architettura palatina L'architettura palatina cassita trova il suo princi­ pale esempio nel Palazzo di Kurigalzu I (FIG. 1), così come viene chiamato dall'iscrizione presente su una testa di mazza decorata rinvenuta nel livello III, nella capitale di nuova fondazione Dur Kurigalzu. Tale struttura sviluppa ulteriormente una tendenza, già iniziata nella prima metà del II millennio a.C., a un'articolazione monumentale più o meno FIGURA 1

Il Palauo di Dur Kurigalzu

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DU II_-KUQ_IGALZU.

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Fonte: M. A. T. Baqir (1946), Iraq Government Excavation at 'Aqar Qut Third Interim Report 1944-1945, in "Iraq", 8, fig. t.

2 93

II Palazzo di Kurigalzu

Archeologia della Mesopotamia antica

La casa del kispum

complessa di un insieme unitario di settori a diversa conformazione, dove è possibile evidenziare comunque alcuni elementi tipicamente cassiti: in par• ticolare nella chiarezza distributiva degli spazi in singoli quartieri e nella creazione di un grande complesso con settori indipendenti regolari e giu· stappasti. Il palazzo presenta quattro differenti fasi occupazionali, documentate con sicurezza solamente nell'unità A. Fondato da Kurigalzu I (livello 1v), ha la sua ultima fase di vita sotto il regno di Mardukaplaiddina I, fino a terminare la propria esistenza con una distruzione a opera dell'invasione elamita. La fabbrica palatina, solo parzialmente portata alla luce, risulta essere di no· tevoli dimensioni, con un'estensione originaria di almeno 2.00 x 300 m e composta di otto singole unità giustapposte, talora senza un'apparente pre· occupazione di comunicazione reciproca, ciascuna delle quali prevede una disposizione a U di tre ali intorno a un cortile che risulta invece chiuso sul quarto lato da un'ala appartenente a un'unità contigua. Una delle caratteri· stiche principali di questo edificio è quindi il rapporto fra spazi aperti e spazi chiusi, con una netta prevalenza di quelli aperti. I cortili sono infatti estre• mamente ampi, anche quando non raggiungono le dimensioni del cortile dell'unità A, il più grande, il quale si estende per 64 m su ogni lato, mentre gli ambienti che si dispongono lungo i lati sono relativamente piccoli, di strette proporzioni e in alcuni casi estremamente allungati, ricordando in questo modo più dei corridoi che delle sale. Il settore meglio conservato, e più esteso in termini di dimensioni, è l'unita A. Lungo i lati nord-ovest, nord-est e sud-est della grande corte si sviluppa• no le tre ali rettangolari, all'interno di ciascuna delle quali i vari ambienti si dispongono secondo il medesimo principio: i vani sono posti su tre fi. le parallele, con una sala centrale stretta e molto lunga - la lunghezza può oscillare fra i 48 e i 50 m, mentre la larghezza fra i s e i 7 m - circondata da ambienti rettangolari di larghezza analoga, ma di lunghezza decisamen• te inferiore. L'ala lungo il lato nord-est, nota anche come sottounità A-3, sembra ospitare la suite di rappresentanza, con il focus s che probabilmente rappresenta una lunga e stretta sala di ricevimento, accessibile dalla com 6 attraverso il vano r. Mentre è generalizzata la tendenza a porre agli angoli i corpi scalari, un'ulte· riore caratteristica dell'unità A consiste nella sottounità A-4, posta nell'an­ golo est della corte 6. Tale sottounità è composta di quattro ambienti giu­ stapposti di forma rettangolare allungata (foci 12., 13 e 14) lungo i cui lati si dispone una serie di nicchie coperte da una volta ribassata. Ciascuna di esse si apre a circa I m di altezza dal piano pavimentale e presenta le stesse dimensio­ ni (1,8 m di larghezza, 2. m di profondità e I m di altezza). La destinazione d'uso di tale settore è stata largamente dibattuta, passando dall' interpreta­ zione di bit kispim - "la casa del kispum� un rituale funerario che comportava offerte agli antenati defunti - a quella di magazzini. Quest'ultima interpre-

2 94

11.

Il regno cassita

tazione è legata alla destinazione dei livelli precedenti della sottounità, che dal livello II era il luogo del tesoro, un magazzino con tre file di banconi dove venivano conservati gli oggetti preziosi. Per quanto riguarda il resto dell'edificio, è difficile identificare le funzioni delle singole unità e delle relative ali, soprattutto a causa dell'uniformità pla­ nimetrica, anche se è probabile che il principale settore di rappresentanza sia da identificare nell'unità H, della quale si conserva solamente l'angolo meri­ dionale, ma che presenta delle caratteristiche distintive che la differenziano dalle altre unità. Ciò che inoltre distingue tale unità dalle altre è la presenza di una serie continua di portoni riprofilati che mettono in comunicazione la corte 102 con gli ambienti delle due ali sinora portate alla luce, in un modo che contrasta nettamente con il caso dell'unità A, dove invece solamente una larga porta centrale e una minore posta in un angolo si aprono lungo la fac­ ciata del cortile. Inoltre, le dimensioni degli ambienti delle ali dell'unità H sono maggiori rispetto a quelle delle altre unità, e il raccordo fra le due non è costituito, come nell'unità A, da vani scala, ma da due ampie sale di dimen­ sioni insolitamente larghe. Un altro elemento che rende differente tale unità è il soggetto delle pitture parietali, in questo caso rappresentanti processioni dignitari. Per questo motivo l'unità descritta viene anche denominata Palaz­ zo Dipinto, a causa dell'intonaco dipinto che ne rivestiva le pareti. Sempre relazionato alla città di Dur Kurigalzu è probabilmente anche l'e­ dificio di Teli Abu Shijar, sito a circa I km a ovest della ziqqurat (TAV. 27a) . Scavato solamente in parte e datato alla parte finale del regno cassita, presen­ ta due fasi, di cui la più antica ha dato la maggior parte delle informazioni. In entrambe le fasi l'edificio presentava con tutta probabilità la medesima pianta, con variazioni minori. Tale edificio, di forma rettangolare, utilizza una planimetria modulare di unità tripartite composte di lunghi corridoi e vani che circondano una stanza rettangolare centrale. Adibita verosimilmen­ te ad attività governative, tale costruzione presenta una forte somiglianza con l'edificio di Tell el-'Abyad, sempre in prossimità di Dur Kurigalzu. È quindi probabile che entrambi i teli, e i rispettivi edifici, fossero parte della nuova capitale del regno. Il Palazzo di Tell Yelkhi (TAV. 27b), nella valle del Hamrin, presenta dimensio­ Il Palazzo ni e un impianto decisamente più modesti (47 x 32 m), essendo con tutta di Teli Yelkhi probabilità sede dell'apparato burocratico e amministrativo di uno dei grandi latifondi del Periodo Cassita maturo. Si trova sulla sommità del teli, ali' inter­ no di un impianto urbano, e presenta una planimetria piuttosto regolare con vani di notevoli dimensioni e una tecnica costruttiva piuttosto accurata. Al di sotto dei suoi piani pavimentali sono state ritrovate numerose sepolture. 3-2. Architettura templare Il Tempio di !nanna a Uruk (FIG. 2a), costruito da Karaindash nell'ultima parte del xv secolo a.C., è il primo edificio cono­ sciuto che può essere completamente ascritto a un sovrano cassita, sulla base 29 5

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 2 a) Il Tempio di lnanna a Uruk: b) il Tempio di Gula a lsin

Fonti: o) E. Heinrich (1982), Die Tempe/ und Heiligtiimer im a/ten Mesopotamien, De Gruyter, Berlin, fig. 295; b) ivi, fig. 305.

Il Tempio di lnanna a Uruk

11 santuario di Enlil

a Dur Kurigalzu

Q

di mattoni iscritti, e la cui decorazione della facciata in mattoni sagomati può essere completamente distinta come caratteristica cassita. Situato in uno dei cortili esterni dell'Eanna di Uruk, il tempio presenta una singolare planimetria, composta da un rettangolo di 14 x 18 m in cui è dispo­ sto un piccolo vano di forma quadrata con funzione di antecella e da cui si accede a una cella assiale, lunga e fiancheggiata da due corridoi. Tali elementi risultano completamente estranei alla tradizione babilonese, la quale fin dal III millennio a.C. rimane fedele alla cella latitudinale. L'utilizzo di una cella assiale suggerirebbe un influsso settentrionale, come farebbe pensare una so­ miglianza con i templi di Tepe Gawra. Anche l'esterno, d'altra parte, presen­ ta alcune particolarità, non solo per la decorazione a mattoni sagomati, ma anche per gli angoli, i quali presentano una particolare conformazione ad aggetti successivi. Nella capitale del regno cassita, Dur Kurigalzu, il santuario di Enlil è sicura­ mente il complesso sacro più esteso (TAV. 28), costituito dalla ziqqurat e da una serie di tre edifici, o recinti sacri, strettamente connessi fra loro dall'impie­ go di un solo muro perimetrale per almeno uno dei lati e per la loro disposizio­ ne attorno a una terrazza, la quale presentava una scala laterale e almeno tre

296

11.

Il regno cassita

facciate decorate a nicchie e lesene, su cui si doveva ergere il tempio maggiore, verosimilmente dedicato proprio al dio Enlil. La ziqqurat, invece, era staccata dalle fabbriche templari, costituendo quasi un'unità indipendente. La giustapposizione delle corti riflette la stessa concezione spaziale dell'area palatina del medesimo sito, elemento che, assieme ali' insolita posizione della terrazza templare in una delle corti e alla forma irregolare del tempio della dea Ninlil, costituisce il punto di rottura con la tradizionale architettura sacra babilonese. D'altro lato, invece, la tecnica costruttiva continua pienamente la tradizione paleobabilonese. Il complesso si eleva infatti su fondazioni se­ parate dalla roccia vergine da uno strato di sabbia, mentre l'alzato in mattoni crudi è costruito secondo la tradizionale tecnica che vede il disporsi di otto filari di piatto e quattro di taglio. Uno degli ambienti principali era costituito dalla corte 18, lastricata in cotto, la quale aveva un' importante funzione di distribuzione rituale. La corte aveva sul lato nord-ovest l'ingresso principale alla terrazza templare, fiancheggiato da due torri e molto probabilmente ori­ ginariamente decorato con mattoni sagomati, come testimoniato dal ritrova­ mento di alcuni frammenti di mattoni raffiguranti parti di abbigliamento e reste umane con tiare a corna, analoghe a quelle che decoravano il Tempio di lnanna a Uruk. Il secondo tempio del complesso è l' é-gaJan-an-ta-gal, dedicato alla dea Ninlil, il quale, incentrato sulla corte 4 e solo in parte scavato, presenta una pianta irregolare, con vani che si articolano in serie o raggruppati attorno alla suddetta corte. Il terzo tempio è l' é-sag-dingir-ri-e-ne, dedicato proba­ bilmente al dio Ninurta. Situato a sud-ovest dell' é-u-gal, il tempio si articola anch'esso attorno a una corte solo in parte conservata, mentre l'intero com­ plesso non è mai stato completamente scavato. La ziqqurat di Dur Kurigalzu, con una sua altezza di 45 m, è situata sulla La ziqqurat collina di 'Aqar Quf e fa probabilmente parte del complesso unitario del san- di Dur Kurigalzu ruario di Enlil, posizionato a sud-est della torre templare. La ziqqurat, di forma approssimativamente quadrata (80,19 x 83,16 m) e con gli angoli orientati verso i quattro punti cardinali, si erge su un grande cortile lastricato in mattoni cotti i cui limiti sono solamente in parte noti. La tripla scalinata d'ingresso, fortemente depredata nei periodi tardi, è posta lungo il lato meridionale, ed era originariamente costruita in mattoni cotti posti nel bitume. Le rampe sono addossate al massiccio e convergono verso il centro, ma partono a circa 18 m oltre l'angolo, sul fianco, per poi girare in facciata già a una certa altezza. In questo modo il prospetto anteriore del monumento risulta maggiore in larghezza rispetto a quello posteriore. La tecnica costruttiva utilizzata riprende pienamente la tecnica di Ur III, con un nucleo in mattoni crudi che prevedeva un'alternanza di otto o nove filari di mattoni con uno strato di stuoie allettate in 8 cm di ghiaia. Le stuoie erano spesse 10 cm al centro e andavano assottigliandosi man mano che si avvici­ navano alla facciata in mattoni cotti, dove raggiungono spesso lo spessore

297

Archeologia della Mesopotamia antica

Gli interventi cassiti a Ur

minimo di I cm. Canali di aerazione regolarmente alternati avevano inoltre lo scopo di creare una ventilazione ali' interno della struttura e di eliminare l'umidità dovuta alle infiltrazioni; vi erano inoltre alcuni canali ali' interno dei quali passavano corde, usate come tiranti intorno alla struttura per fare da supporto. La ziqqurat doveva avere tre terrazze; il riconoscimento delle prime due è stato possibile tramite l'identificazione di due strati di malta d'argilla mescolata a mattoni sbriciolati e privi di canne, rispettivamente a 19,80 m e 34,65 m, i quali mutano la regolarità dell'alternanza. L'intera mu­ ratura ha inoltre i prospetti esterni mossi da nicchie e lesene, con una riprofi­ latura in più rispetto a quella tradizionale, e rivestiti da uno spesso paramento di mattoni cotti legati con bitume. L'importanza della dea Gola in età cassita è ampiamente testimoniata dalla sua presenza sui kudurru e su rari esempi di glittica. Il tempio a lei dedicato a lsin (FIG. 2b ), costruito facendo largo uso di mattoni cotti, contrariamente alla tradizione babilonese, è stato attribuito su base epigrafica a Kadashman­ Enlil I e a Kurigalzu II. Le entrate principali erano due: una sul lato nord­ ovest, evidenziata da due torri aggettanti, e una sul lato nord-est, con una scalinata esterna. La cella latitudinale era insolitamente priva di una nicchia cultuale ed era connessa con un'antecella larga aperta su un lato, mentre una cella secondaria dedicata a Ninurta presentava una struttura più tradizionale, a sviluppo latitudinale con la nicchia sul lato di fondo. Fra gli imponenti interventi di restauro delle fabbriche templari uno dei lavori più importanti e significativi operati dai sovrani della dinastia cassita è quello effettuato nel santuario di Sin a Ur a opera di Kurigalzu I o II (FIG. 3). La fac­ ciata del cortile viene ora enfatizzata grazie a una decorazione con aggetti suc­ cessivi, mentre gli spazi adiacenti vengono rimodellati, con una ricostruzione del Giparu e dell'Edublalmakh, mentre nuove strutture vengono aggiunte. Una delle nuove fabbriche templari è quella della dea Ningal, nell'angolo del recinto meridionale della ziqqurat. Orientato a nord-est, con l'entrata principale fiancheggiata da torri aggettanti, il tempio aveva una corte ester­ na maggiore con altare a cielo aperto, mentre una porta secondaria metteva il tempio in comunicazione diretta con il Giparu, la sede amministrativa e domestica di almeno una parte del clero di Ur. Il lato sud-occidentale della corte presentava un imponente ingresso a torri, che immetteva in una serie di vani di cui il centrale, forse coperto a cupola, permetteva l'accesso a due celle cultuali, una simmetrica con una nicchia stretta e profonda, e una seconda, più regolare, con una nicchia e un podio larghi e poco profondi. Il Giparu stesso presenta una ricostruzione nel Periodo Cassita, che lo rende meno articolato e monumentale rispetto alla precedente età paleobabilonese e mostra una destinazione funzionale meno chiara dei singoli settori. Lo spazio intorno ali'angolo orientale della ziqqurat di Ur viene ristrutturato mediante l'aggiunta di nuovi edifici che recingono in parte l'Edublalmakh, il quale viene d'altro canto completamente ricostruito in cotto. Pur mante298

11. FIGURA 3

Il regno cassita

Il santuario di Sin a Ur in età cassita

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Fonte: L. Woolley (1 9 65), Ur Excavations, voi. V I I I : The Kassite Period and the Period of the Assyrian Kings,

British Museum Publications, London, tav. 47.

2 99

Archeologia della Mesopotamia antica nendo la struttura originaria, è la sua seconda funzione di tribunale che viene esaltata, in quanto viene chiuso il passaggio verso il cortile della ziqqurat. La comunicazione con questa corte è però mantenuta attraverso una tribuna, che doveva correre lungo il fianco e di fronte il prospetto esterno dell'edificio.

4. Architettura privata

le case di Nippur

Q

Case private datate alla seconda metà del II millennio a.C. nel territorio di Babilonia sono state ritrovate a Babilonia, Dur Kurigalzu, Haddad, Mughir, Nippur, Ur, Uruk e Tell Zubeidi, anche se purtroppo i dati degli scavi di Dur Kurigalzu e Haddad rimangono a oggi non pubblicati. In generale, l'architettura domestica cassita non presenta caratteristiche particolari, ma rimane legata alla precedente tradizione paleobabilonese, tanto che la datazione di edifici pertinenti a tale periodo è per lo più dovuta ai materiali ritrovati al loro interno, piuttosto che a peculiarità di tipo archi­ tettonico. Fra gli edifici residenziali cassiti meglio conservati si inserisce la casa di Nip­ pur wc 1 (livello III), la struttura nell'area EM a Ur e gli edifici di Tell Zubei­ di; a queste fanno poi seguito i pochi elementi architettonici portati alla luce nell'area di Merkes a Babilonia, i quali d'altro canto presentano un'estensio­ ne più larga, sebbene in gran parte ricostruita. Due livelli di abitazioni private sono stati individuati a Babilonia, nell'area di Merkes, i cui scavi hanno messo in luce, anche se in maniera estremamente frammentaria a causa delle metodologie di scavo utilizzate, parte di un quar­ tiere residenziale. La datazione al Periodo Cassita è stata possibile grazie al ritrovamento di una serie di tavolette che vanno da Kurigalzu II fino a Mar­ dukaplaiddina I (1 1 7 1 - 1 159 a.C.), le quali hanno permesso di inquadrare il li­ vello I in un periodo compreso fra il 1350 e il 1250 a.C. Tre principali abitazio­ ni (B, C e D) sono attribuibili al livello I. Risultano costituite da una serie di ambienti che si sviluppano longitudinalmente attorno a un cortile principale. Ogni singola abitazione sembra quindi essere un'unità indipendente, sepa­ rata dalle altre da un sistema di strade. La scarsità dei ritrovamenti non ha in questo caso permesso un'attribuzione funzionale ai vari ambienti. Testimonianze di architettura domestica si riscontrano anche a Nippur, nei livelli III e II dell'area wc 1 (TAV. 29a) e nei livelli VIII-VI dell'area TA. L'edificio del livello III dell'area wc 1 - datato all'inizio del XIII secolo o alla fine del XIV secolo a.C. - presenta un largo cortile centrale (focus 54) da cui si accede a una serie di stanze (foci 6, 7 e 58) e al focus 53, sempre relativi al settore pubblico dell'abitazione. La banchina presente attorno ai quattro lati del cortile 54 indica che tale ambiente era un luogo pubblico o semipubblico di incontro. Al settore pubblico del!'edificio appartengono anche i foci 6, 7 e 58. Dall'angolo nord-occidentale del focus 6 si accede ai foci 1 2 e 25 e da quelli al focus 63. La forma stretta e allungata dei foci 1 2 e 25 suggerisce che i due 300

11.

Il regno cassita

ambienti avessero una funzione di magazzini, come anche probabilmente il

focus 63, come suggerito dalla sua posizione isolata. Il focus 30 costituisce un cortile interno, attorno al quale si sviluppa una serie di vani (foci 59, 60, 62,

15 - quest'ultimo in connessione anche con la corte 54 - e 52), secondo una planimetria che trova paragoni nelle case paleobabilonesi di Tell ed-Der, il che suggerisce per questo settore dell'abitazione una funzione residenziale privata. Sempre dal cortile 30 era inoltre possibile l'accesso al settore di im­ magazzinamento dell'edificio, attraverso il focus 25. Il successivo edificio del livello II, datato alla seconda metà del XIII secolo a.C., è di dimensioni maggiori, ma presenta comunque caratteristiche simili, con due cortili (foci I I e 32) attorno ai quali si sviluppano i settori pubblici e privati della struttura, in continuità e similitudine con l'edificio del livello III. A Ur, nell'area EM sono stati ritrovati pochi elementi architettonici appar­ tenenti a una struttura privata a carattere domestico, i cui singoli vani pre­ sentano spesso una pavimentazione in mattoni cotti e la cui funzione è però impossibile da stabilire. A Tell Zubeidi sono stati invece rinvenuti due livelli di abitazioni datati fra il XIV e il XIII secolo a.C. (TAV. 29b). A differenza degli edifici sopra descritti di Nippur, Ur e Babilonia, tutti di dimensioni considerevoli, con una serie di ambienti che si sviluppavano attorno a una o più corti, gli edifici di Tell Zu­ beidi risultano essere, in entrambi i livelli, di piccole dimensioni, composti di una serie di una o due stanze, molte delle quali possiedono focolari o istalla­ zioni recintate. In due stanze sono stati inoltre ritrovati dei forni, il che fareb­ be pensare a una possibile attività industriale che vi doveva avere luogo.

5. Statuaria, rilievo e pittura Nonostante la scarsità dei ritrovamenti, la statuaria cassita presenta partico­ lari caratteristiche. Se da una parte mostra una sostanziale continuità con la statuaria paleobabilonese, principalmente nelle opere maggiori, dall'altra presenta alcune innovazioni e una rottura con essa. Ali' interno della tradizione paleobabilonese si inserisce una statua di Ku­ rigalzu I, frammentaria, ritrovata a Dur Kurigalzu, e una seconda da Ur, entrambe in diorite, le quali testimoniano la continuità in età cassita della tradizione di dedicare nei templi statuaria votiva regale. D'altro canto sono testimoniati anche esempi di statuaria minore, costituiti da una serie di teste di piccole dimensioni, provenienti da Babilonia, Uruk, Ur, lsin e Larsa, le quali testimoniano la presenza di botteghe - probabilmente templari - che si affiancano a quelle regali. Tale produzione permette di evidenziare alcuni tratti stilistici: i volti sono dilatati e pieni, le sopracciglia vistose, gli occhi spesso di grandi dimensioni e incrostati e le labbra carnose. L'utilizzo di in­ crostazioni sembrerebbe collegato alle produzioni plastiche in fritta tipiche della Mesopotamia settentrionale e del Medio Eufrate. 301

Le case di Teli Zubeidi

Archeologia della Mesopotamia antica

I kudurru

La produzione piana è quella che in ambito cassita presenta il maggior numero di elementi nuovi e distaccati rispetto alla tradizione babilonese. Da un lato, infatti, si registra la completa assenza di stele, a eccezione di alcuni rari esempi di carattere minore, come ad esempio le due stele che raffigurano una dea inter­ cedente, con tiara a corna multiple e lunga veste di lana a balze piatte; di queste, una, più elegante e raffinata nella resa stilistica, è datata con tutta probabilità alla fine del XIV secolo, mentre la seconda al 1300 a.C. circa. I kudurru sono una categoria di opere lapidee a rilievo che può essere consi­ derata pienamente cassita (FIG. 4). Si tratta di cippi dalla forma prevalente­ mente ovoidale o conica, sulla cui superficie è incisa una serie di simboli divi­ ni al di sopra di un lungo testo pertinente la donazione di terre, di solito con la seguente formula: a) dettagli sulla terra, posizione e dimensioni; b) natura della transazione; e) notificazione dei risultati della supervisione; d) lista di testimoni; e) serie di maledizioni nelle quali le divinità sono invocate. Questi particolari cippi venivano posizionati principalmente nei templi, co­ me testimoniato dalle evidenze testuali, affinché la pietra stessa e la transa­ zione incisa sopra potessero godere della protezione divina, dinnanzi agli dei garanti di tali atti giuridici. Il primo kudurru noto risale al xv secolo a.C., al regno di Kashtiliash lii, e la loro produzione continua durante la II Dinastia di lsin, fino a divenire meno popolare e frequente nel I millennio a.C. La loro lunga produzione si è però differenziata nel corso del tempo, tanto che è possibile distingu ere un'e­ voluzione dell' intero genere artistico ed effettuare una distinzione in otto differenti gruppi stilistici. Il primo gruppo, definito "para-canonico", dura fino al XII secolo a.C. ed è caratterizzato da una disposizione dei vari elementi simbolici in maniera non ordinata, dalla mancanza del podio e dalla presenza regolare dell'uomo-leone. Il secondo gruppo, "proto-canonico", e il terzo gruppo "canonico" prevedono una progressiva standardizzazione della decorazione: i simboli cominciano a essere rappresentati sopra podi, sistemati secondo registri, alludendo in ma­ niera più riconoscibile alle divinità delle quali sono la raffigurazione simbo­ lica. Inoltre, soprattutto con il terzo gruppo, il repertorio simbolico stesso si standardizza, come anche le formulazioni figurative e le sequenze compositi­ ve. I kudurru si inseriscono in questo modo ali' interno del progressivo passag­ gio da una raffigurazione antropomorfa a una raffigurazione simbolica della divinità, che caratterizza la seconda metà del II millennio a.C. Nel quarto gruppo i simboli, non essendo più raffigurati in registri, sembra­ no perdere di importanza e diventare elementi secondari a coronamento di una scena principale. Il quinto gruppo, "para-canonico� è quello che chiude l'età propriamente cassita, e prevede un ritorno alla canonizzazione del se­ condo e del terzo gruppo, da cui si distacca invece il sesto gruppo, mentre ne­ gli ultimi due gruppi, settimo e ottavo, si registrano l' introduzione di alcuni nuovi elementi simbolici e la comparsa di scene a più figure. 302

11. FIGURA 4 (58 22)

Il regno cassita

a) Kudum1 del gruppo para-canonico (IM 5527); b) kudurru del gruppo canonico

I

Fonti: a) F. Basmachi (1951). Sma/1 Bas-Reliefs in the Iraq Museum, in "Sumer", 7, tav. 6:3; b) U. Seidl (1989), Die babylonischen Kudurru-Reliefs. Symbo/e mesapotamischer Gottheiten, Vandenhoeck & Ru­ precht, Freiburg-Gottingen, tav. 15:a.

Una delle caratteristiche che però sembrano accomunare i kudurru apparte­ nenti a tutti gli otto gruppi è la frequente presenza del serpente, forse raffigu­ razione della Via Lattea, e il coronamento della parte fìgurativa con la grande triade astrale del crescente lunare, del disco solare e della stella a otto punte, rappresentante Venere. Una delle interpretazioni che viene data all'apparato figurativo dei kudurru è infatti di carattere astrale e si concentra sul forte legarne fra divinità, astri e i loro relativi simboli e attributi. In larga parte oggetto delle razzie degli Elarniti, sono proprio le legende ag­ giunte da questi ultimi ai kudurru che molte volte hanno permesso la precisa identifìcazione di alcuni elementi simbolici avulsi dalla tradizione babilone­ se e della loro associazione con precise divinità. Dal punto di vista della resa stilistica i kudurru dei primi cinque gruppi, per­ tinenti all'età propriamente cassita, sono caratterizzati da un'eleganza e da una cura nella resa delle proporzioni che li avvicina al primo stile della glitti­ ca, mentre gli ultimi tre, pertinenti alla II Dinastia di lsin, sono caratterizzati da forme più massicce e squadrate che in qualche modo anticipano delle pe­ culiarità di I millennio a.C. 303

Archeologia della Mesopotamia antica Gli affreschi parietali

Gli unici esempi di pittura parietale di epoca cassita sono stati ritrovati nei quattro livelli di occupazione dell'imponente edificio palatino di Dur Kuri­ galzu (FIG. s), il quale, con tutta probabilità, doveva essere largamente deco­ rato. La tecnica pittorica utilizzata prevede l'impiego di un acquerello rapi­ damente schizzato sui contorni della figura, precedentemente disegnata, e l'applicazione delle varie tinte su manto di intonaco di base, a sua volta rive­ stito di un velo uniforme di pittura di colore giallo. I colori utilizzati sono il rosso, il blu, il giallo, il bianco e il nero. Le pitture parietali si possono distin­ guere in due gruppi principali: il primo gruppo è costituito da elementi geo­ metrici - guilloche, bande parallele policrome, chevrons e losanghe - e rap­ presentazioni di elementi vegetali e floreali, &a i quali si annoverano rosette e tralci d'uva. A volte tali elementi possono essere organizzati in pannelli metopali, pratica che si riscontra anche nelle contemporanee pitture parieta­ li di Kar-Tukulti-Ninurta e Nuzi. Tale tipologia di decorazione è presente nell'unità A (stanza s), nell'unità B (stanza 43), dove sono presenti delle ro­ sette schizzate in nero e dipinte all'interno con tinte vivaci come il giallo, il rosso e il blu, e nell'unità H (stanze 37, 38 e 59 ). In particolare, nella stanza 37 sono stati ritrovati pannelli metopali entro i quali si sviluppavano vari ele­ menti geometrici e, con maggior frequenza, rosette a contorni neri e dipinte in rosso, giallo e blu. Le pitture del secondo gruppo si sviluppano esclusivamente nell'unità H, chiamata anche il "Palazzo Dipinto", lungo gli stipiti di alcuni degli ingressi agli ambienti adiacenti alla corte 102. (ingressi I, II, III e IV). Attestate prin­ cipalmente nel livello II dell'edificio, anche se alcune tracce si riscontrano anche nel livello I - presso l'ingresso III -, sono usualmente datate al tempo di Mardukaplaiddina I, poco prima della distruzione definitiva della capitale a opera dei sovrani elamiti. Le pitture appartenenti a tale gruppo raffigurano teorie di dignitari unitarie e ininterrotte, senza cesure verticali o un netto distacco dal pavimento stesso, di altezza pari a metà del naturale e inquadrate da tre bande parallele di un rosso vivo su base bianca, mentre i singoli digni­ tari si stagliano su un fondo cobalto intenso. In particolare, la decorazione del!'ingresso IV è composta di teorie di otto dignitari per lato, incasellate in alto da bande parallele blu e rosse, le quali presentano nella parte più interna dei quadrati puntinati. Le singole figure, contornate di nero, indossano una semplice tunica a maniche corte che sfiora il ginocchio e una gonna che tocca la caviglia, completata da uno scialle posto obliquamente alla parte anteriore del corpo. I personaggi portano fitte barbe nere, piccoli baffi e folti capelli ammassati sulla nuca, trattenuti da una fascia che circonda la fronte. I vestiti sono bianchi, mentre i particolari sono dipinti in rosso come anche le singole parti scoperte del corpo. Tali figure, per la loro conformazione relativamente slanciata, possono essere in parte paragonate, come concezione stilistica, ai sigilli del tempo di Nazi-Maruttash (1307-12.82. a.C.). Le figure dell'ingresso III presentano un abbigliamento analogo, ma sono bor304

11. Il regno cassita 5 Le pitture parietali con cortei di dignitari del Palazzo di Dur Kurigalzu, portale 1v del complesso H FIGURA

Fonte: M. A. T. Baqir (1946), Iraq Government Excavation at 'Aqar Quf: Third Interim Report 1944-1945,

in "Iraq", 8, fig. 7.

date di rosso e indossano un copricapo rigido di colore bianco. I capelli sono lunghi e ricadono sulle spalle, mentre la barba risulta essere fitta, corta e unita ai baffi. Tali figure si differenziano rispetto a quelle dell'ingresso IV non solo per il tipo di copricapo, capigliatura e barba, ma anche per essere più massicce e arro­ tondate, cosa che forse le rende collocabili in un periodo leggermente più tardo. Andando ad analizzare le pitture di Dur Kurigalzu nel loro complesso, quelle che appartengono al primo gruppo, verosimilmente da considerare più an­ tiche, e appartenenti alle fasi III e IV del palazzo, sono le più tradizionali, con paralleli che si inseriscono pienamente nella tradizione mesopotamica e che, come già evidenziato, trovano confronti nelle pitture medio-assire del palazzo di Kar-Tukulti-Ninurta e mittaniche del palazzo di Nuzi, corridoio L15B del livello II (cfr. CAP. IO). D'altro canto le pitture del secondo grup­ po, raffiguranti teorie di dignitari, rappresentano, per la tematica pittorica, un' innovazione cassita, che da un lato sicuramente doveva fare riferimento alla funzione di rappresentanza degli ambienti in cui compare, e dall'altro doveva esaltare l'apparato di governo che circondava il sovrano, entrambi elementi che in qualche modo sembrano preannunciare alcuni degli aspetti della più tarda decorazione palatina neo-assira.

305

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 6

La decorazione in mattoni sagomati del Tempio di lnanna a Uruk

Fonte: J. Aruz, K. BenzeL j. M. Evans (eds.) (2008), Beyond Baby/on: Art, Trade, and Diplomacy 1 Second Millennium B.C., Metropolitan Museum of Art, Vale University Press, New York-New Havei fig. 66.

I mattoni modanati

L'utilizzo di mattoni sagomati per la decorazione delle strutture architt niche inizia con tutta probabilità durante la prima metà del II millennio : come testimoniato da alcuni elementi di colonna ritrovati a Ur che imitai tronco di una palma, e da alcuni elementi a Tell Leilan e Tel1 al-Rimale però con la dinastia cassita che tale tipo di decorazione fiorisce e si svilu diventando probabilmente precursore nelle successive più elaborate dee zioni a mattoni invetriati del I millennio a.C. Testimonianze di decorazioni a mattoni sagomati si riscontrano a Uruk Nippur e Dur Kurigalzu. Il Tempio di !nanna a Uruk, costruito da Karaindash, presenta la più e plessa decorazione con una ripetuta serie alternata di divinità maschili e I minili che impugnano vasi da cui fuoriescono rivoli d'acqua che incomic la scena (FIG. 6). Ogni mattone risulta essere stato modellato individualr te, con ogni figura composta complessivamente da circa quindici matto che implica, considerando la decorazione ripetuta per l'intera facciata complesso disegno e progettazione. Simili frammenti di decorazione sono stati ritrovati anche a Ur e a Dur rigalzu. I mattoni sagomati di Ur sono stati ritrovati durainte lo scavo del nunmakh e dell' Edublalmakh, i quali dovevaino appartenere a figure un o rivoli d'acqua e, secondo lo stile e le misure, con tutta probabilità dat� 306

11. Il regno cassita regno di Kurigalzu. Sempre a Ur, in livelli probabilmente post-cassiti del ma­ gazzino dell'area nord-occidentale del temenos, Leonard Woolley ha ritrova­ to un ulteriore mattone modanato con la raffigurazione della parte superiore della testa di una figura umana. Due mattoni sagomati sono stati rinvenuti a Nippur e con tutta probabilità furono ritrovati durante le campagne di scavo fra il 1889 e il 1900, raffiguranti due mani giunte. Tali mattoni sembrano suggerire la presenza di un fregio con figure modanate simile a quello del Tempio di !nanna a Uruk. Infine, anche a Dur Kurigalzu ci sono le testimonianze di decorazioni pa­ rietali in mattoni sagomati che dovevano decorare le facciate del complesso templare come nel Tempio di !nanna a Uruk. Tali frammenti sono di due tipi principali: il primo presenta forti somiglianze con la decorazione del sopran­ nominato tempio, essendo costituito da parti di vesti, tiare a corna e animali; mentre il secondo, presentando elementi vegetali direttamente riconduci­ bili a palme, presenta forti somiglianze con la decorazione della facciata di Shilhak-Inshushinak a Susa, unico esempio di decorazione a mattoni sago­ mati fuori dei territori di Babilonia.

6. Glittica La glittica cassita consta di quattro differenti stili (FIG. 7 ): primo, secondo, terzo stile cassita e lo stile pseudocassita, succedutisi nel tempo a eccezione dell'ultimo, il quale, più che una distinzione evolutiva cronologica, sembra poter essere individuato in base a una localizzazione di tipo geografico. Il primo stile cassita compare alla fine del xv secolo a.C. e ha come periodo Il primo stile di massima diffusione il XIV secolo fino alla prima metà del XIII secolo a.C., rappresentando il processo di semplificazione della precedente glittica paleobabilonese da cui trae il punto di origine. Fondamentale e caratteristica risulta la presenza di un'iscrizione verticale che occupa l'intero partito figurativo. Questo comprende figure, stanti o sedute, spesso isolate, che possono raggiungere un massimo di tre, mentre il resto della scena viene spesso riempito da elementi simbolici. All' interno del primo stile si possono identificare due differenti e distinti gruppi basati sulla provenienza geografica, sulla combinazione delle figure e infine sul repertorio degli elementi integrativi che vengono utilizzati. La principale distinzione fra i due gruppi viene individuata nella scena detta "re-divinità". Il primo gruppo, denominato "settentrionale", comprende principalmente i sigilli provenienti da Nuzi e presenta la scena del "re-divinità" con entrambi i protagonisti disposti stanti l'uno verso l'altro. Il secondo gruppo, chiamato "centrale", rappresentato in massima parte dai sigilli di Nippur, presenta invece la figura del re sempre in una posizione di inferiorità rispetto alla divinità. Molto simile al primo stile, da cui deriva, lo stile pseudocassita è uno stile lineare caratterizzato da un maggiore decorativismo e da una minore qualità 307

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 7 La glittica: a) primo stile cassita (Ao 4457); b) secondo stile cassita (n. 198); e) terzo stile cassita (VA 3903); d) stile pseudocassita (Tz 497.1956)

a

b

d

Fonti: a) L Delaporte (1923), Catalogue des cylindres. Cachets et pierre gravées de style orientai, vol 11: Acquisitions. Hachette, Paris, tav. 84:15; b) N. Platon, E. Stassinopoulou-Toulopa (1964), Orientai Seals from the Palace of Cadmus: Unique Discoveries in Beotian Thebes, in Mlllustrated London News", 28 November, fig. 2; e) A. Moortgat (1940). Vorderasiatische Rollsiegel. Ein Beitrag zur Geschichte der Stein­ schneidekunst Gebr. Mann, Berlin, p. 560; d) E. Porada (1970), Tchoga lanbil, voi. 1v: La glyptique, Geuth· ner, Paris, tav. 3:15.

Il secondo stile

dell'esecuzione a cui corrisponde anche una qualità inferiore del materiale utilizzato. Esso rappresenta il secondo gruppo principale e il suo repertorio dei soggetti raffigurati è lo stesso del primo stile, mentre bande di fregi a rete e fregi con mostri e alberi a volute fanno qui la loro comparsa, incorniciando l' iscrizione, che diventa più corta e standardizzata. Il secondo stile cassita è in parte contemporaneo al primo stile, facendo la sua apparizione verso il 1350 a.C., durante il regno di Burnaburiash II, e terminan­ do intorno al 1200 a.C. con i sigilli di Tebe, Tel Zubeidi, Ur e Assur. Nonostan­ te l'ampio lasso di tempo, le testimonianze di sigilli appartenenti a tale stile ri­ sultano essere estremamente esigue. Nuovi sono i terni iconografici che compaiono, fra cui scene di vita quotidiana - aratura e caccia -, flora e fauna, divinità ctonie con vasi zampillanti e creature mitiche. La scena diventa più movimentata e spesso composta di una struttura tripartita: un elemento verti308

11.

Il regno cassita

cale viene fiancheggiato su entrambi i lati da elementi diagonali. T ipica diventa la raffigurazione dell'albero a volute, il quale subisce un'evoluzione, assumen­ do nel tempo forme disparate e divenendo sempre più elaborato. Fa inoltre la sua comparsa l'iscrizione di tipo orizzontale, a volte combinata con la verticale e spesso disposta in maniera da incorniciare il partito figurativo. Il passaggio dal primo al secondo stile cassita non è avvenuto in maniera netta, ma è possi­ bile evidenziare una sorta di continuità stilistica, grazie alla graduale introdu­ zione di motivi floreali e faunistici in combinazione con le figure umane. Un'ulteriore novità è costituita inoltre dalla comparsa di esseri compositi. Il terzo stile cassita fa la sua prima comparsa nel XIII secolo a.C. e continua la sua vita fino al 1100 a.C. circa, rappresentando l'ultima fase della glittica babilonese. È costituito dalla formalizzazione della scena araldica, con due animali - o esseri mitici - che fiancheggiano un elemento vegetale, il tutto caratterizzato da un'austera simmetria. In piena sintonia con le evoluzioni politiche della Mesopotamia del Bronzo Tardo, tale stile presenta una grande dipendenza e un forte influsso da prototipi assiri. Nel passaggio dall'età paleobabilonese all'età cassita si evidenzia dunque una diminuzione nella standardizzazione dei motivi principali, rendendo spesso problematica l'individuazione della natura di determinate figure, soprattutto quando queste vengono rappresentate, come nel primo stile, solitarie all'in­ terno del partito figurativo. Si registra quindi un progressivo allontanamento dal modello paleobabilonese, che risulta comunque essere il punto di partenza della glittica cassita, e un progressivo avvicinamento al modello medio-assiro, con un centrale punto di svolta verso la fine del XIV e l'inizio del XIII secolo a.C. Tale cambiamento si evidenzia attraverso l'introduzione di nuovi soggetti iconografici, come ad esempio la caccia, le scene di aratura e le scene araldiche, mentre il vuoto del partito figurativo viene progressivamente riempito da un numero sempre maggiore di elementi simbolici. Le scene si fanno più natura­ listiche e movimentate, mentre l'iscrizione, che così incisivamente caratterizza soprattutto il primo stile, passa gradualmente da verticale a orizzontale. Una maggiore difficoltà si riscontra invece nell'identificazione di quegli ele­ menti che possono essere considerati autoctoni cassiti e che si riscontrano so­ lamente in alcuni labili elementi, come ad esempio la comparsa e l'utilizzo di alcuni elementi simbolici, quali la croce cassita e la locusta. Allo stesso tempo un'innovazione può essere considerata l'introduzione, nelle scene di presen­ tazione, del personaggio inginocchiato e infine la tipologia delle iscrizioni che vedono la comparsa delle preghiere, spesso rivolte a un dio personale, le quali riflettono il nuovo clima religioso di crisi del II millennio a.C. 7. Oreficeria Fra i rari ritrovamenti di oreficeria ascrivibili al Periodo Cassita, si distin­ guono, per manifattura e tecnica, quelli provenienti da Dur Kurigalzu, ca309

Il terzo stile

Archeologia della Mesopotamia antica

ratterizzati dall'utilizzo di una fine granulazione, tecnica conosciuta dalle botteghe babilonesi già dal 2400 a.C. Uno dei manufatti più preziosi e di miglior fattura ritrovati è un bracciale a fascia d'oro (TAV. 30), il quale presenta una decorazione a granulazione con uno schema a rombi, intervallati da triangoli in pasta vitrea blu e sormontati da guilloche. Fra le forme dei grani di collana si evidenziano i cosiddetti grani a forma di melone, così denominati a causa delle cordolature rilevate, e carat­ terizzati dalle collarette terminali. L'utilizzo della granulazione si riscontra infìne anche nelle capsule d'oro che spesso dovevano coronare i sigilli cilin­ drici, con decorazione a triangoli.

8. Coroplastica Le innovazioni di età cassita

Per quanto riguarda la coroplastica, in età cassita si nota una rottura con la precedente tradizione paleobabilonese. Se da una parte si registra infatti la pressoché completa scomparsa delle placche di terracotta, di cui sono un'ec­ cezione rari esempi da Tell Zubeidi raffiguranti figure femminili nude fron­ tali, probabilmente associabili alla dea Ishtar, dall'altra si evidenzia una so­ stanziale innovazione e peculiarità nella produzione. Le opere di coroplastica cassite registrano infatti una cura e attenzione nella realizzazione naturalisti­ ca dei soggetti che sembra avvicinarle alle arti maggiori. Fra gli esempi più importanti si annovera una cestina dipinta ritrovata a Dur Kurigalzu (FIG. 8a). Tale manufatto si distingu e per la resa naturalistica accurata, che si distanzia fortemente dalla tradizionale produzione coroplastica, la ricchezza del modellato e una policromia accesa, in cui il volto è interamente colorato di rosso, il nero utilizzato per barba e capelli, come anche le sopracciglia. Si evidenzia quindi una volontà, nella coroplastica medio-babilonese, di realiz­ zazione realistica dei soggetti, volontà che si manifesta anche nei soggetti animali, come dimostrato da una fìgurina di leonessa, ritrovata sempre a Dur Kurigalzu (FIG. 8b ). In questo esempio la fìgurina, di altissima qualità e fattu­ ra, è raffigurata svincolata dal tradizionale canone della belva ruggente o di­ grignate, ma viene, al contrario, raffigurata in un atteggiamento calmo, di quiete. I singoli tratti rivelano la volontà di resa naturalistica: i muscoli sono tesi, i tendini evidenziati, ma è soprattutto nel muso che la volontà di reali­ smo trova piena espressione, con la resa profonda ed espressiva degli occhi e della peluria, rappresentata mediante piccole tacche. Di elevata fattura, anche se lievemente minore, è una serie di figure di cani dedi­ cata alla dea Gula, di cui sono il simbolo e l'attributo, ritrovata a Sippar e a !sin.

g. Ceramica La ceramica propriamente cassita è a oggi di difficile definizione. La maggior parte dei materiali provenienti dalla Babilonia della seconda metà del II mil­ lennio a.C. proviene infatti da scavi dei primi decenni del Novecento, la cui 310

11.

Il regno cassita

FIGURA 8 Esempi di coroplastica cassita: a) testa maschile da Dur Kurigalzu (IM.50922); bi leonessa da Dur Kurigalzu (IM.50920)

a

b Fonti: o)

---

M. A. T. Baqir (1946), /roq Government Excavation at 'Aqar Quf: Third Interim Report 1944-1945, in "Iraq", B, tav. 15, fig. 9; b) ivi, tav. 19, fig. 14.

documentazione non permette una loro precisa datazione né una seriazione ceramica. Inoltre, per tutto il II millennio a.C. si registra una forte continuità ceramica, in cui si notano pochissime innovazioni, con una sostanziale con­ tinuità dal Periodo Paleobabilese al Periodo Cassita. I più recenti scavi di Nippur, Tel1 Irnleihiyeh, Tel1 Zubeidi, Tel1 Abu Shijar e Tel1 Yelkhi hanno permesso negli ultimi anni uno studio più approfondito e sistematico della ceramica cassita e la formulazione delle sue tipologie. 311

Archeologia della Mesopotamia antica FIGURA 9 La ceramica cassita: a) ciotole dal profilo ondulato: b) ciotole dal profilo diritto; e) ciotole carenate: di ciotole con orlo ispessito: e) ICassitegoblets; fj coppe con base piatta ispessita a bottone: g) giara cassita: h) giara dall'orlo modanato

a

b I

m

--}J

\ h

d

Fonti: a) R. L Zettler (1993), Nippur, voi. 111: Kassite Buildings in Area wc-1, Orientai lnstitute of the Uni­ versity of Chicago, Chicago (IL), tav. 72:f-h; bi ivi, tav. 76:h-j; e) ivi, tav. Tr-i, I; d) ivi, tav. 78:a-c; e) ivi, tav. 79:0, p; ivi, tav. Bo:f-g; g) ivi, tav. 81:h; hl ivi, tav. 83:e-f.

t,

Nella ceramica comune da mensa è possibile individuare alcune forme che possono essere considerate come tipicamente cassite (FIG. 9aj): a) ciotole dal profilo ondulato, si tratta di piccole ciotole con orlo semplice, di 12.-14 cm di diametro, talvolta caratterizzate da una lieve concavità non abbastan­ za pronunciata per poterla definire carenatura; b) ciotole dal profilo diritto, sono ciotole di media grandezza, di 10-38 cm, con orlo semplice e un profilo spesso diritto ; e) ciotole carenate, ovvero ciotole con orlo semplice estroflesso e una carenatura al di sotto dell'orlo (questa forma, sebbene molto presente in contesti cassiti, sembrerebbe derivare da precedenti esempi datati Ur III e lsin-Larsa) ; d') ciotole con orlo ispessito, sono ciotole medio-grandi, dal profilo diritto con un orlo esternamente ispessito (anche questa sembra esse­ re una forma tipicamente cassita anche se poco frequente); e) Kassitegoblets, un'alta forma chiusa, apparentemente utilizzata per bere, con orlo sottile e collo leggermente svasato e un corpo conico su base piatta ispessita (costi­ tuisce forse la principale forma tipicamente cassita);J) coppe con base piatta ispessita o a bottone, si tratta di coppe su piede con l'orlo semplice alto, sva­ sato e leggermente assottigliato. 312

11.

Il regno cassita

La ceramica da conservazione è invece d'altra parte caratterizzata dalle se­ guenti forme (FIG. 9g-h): a) giara cassita, una giara di piccole o medie dimen­ sioni, con orlo semplice, a volte leggermente assottigliato, con corpo ovoida­ le e base arrotondata (alcuni rari esempi hanno un collo cilindrico che parte dalle spalle; si riscontra questo tipo di giara anche nella ceramica comune da mensa); b) giara dall'orlo modanato, una giara da conservazione utilizzata anche per sepolture. Decorazioni e trattamenti di superficie non sembrano essere comuni nella ceramica di produzione cassita. Si conoscono infatti solamente poche cera­ miche dipinte costituite da alcune piccole bottiglie ritrovate in contesti fu­ nerari a Babilonia e a !sin, rari esempi di ceramica incisa o con decorazioni a pettine, principalmente limitata a ceramica da conservazione di grandi di­ mensioni, e pochi frammenti con tracce di invetriata ritrovati a Nippur. 10.

Costumi funerari

In età cassita, le sepolture erano esclusivamente a inumazione, poste, come spesso in Mesopotamia, in zone edificate al di sotto dei pavimenti delle case, come nei cortili o in altre aree aperte. D'altro canto un solo cimite­ ro extra moenia è testimoniato a Uruk. Sepolture di Periodo Cassita sono state ritrovate principalmente a Babilonia, Tell Imleihiyeh, Ur, Uruk e Tell Zubeidi. Nonostante non possa essere identificato un tipo di sepoltura più caratte­ ristico del Periodo Cassita, possono essere comunque individuati quattro differenti tipi di sepoltura in quest'epoca: a) sepoltura in fossa, ritrovata a Babilonia, dove il defunto poteva essere eventualmente deposto sopra una stuoia, Tell Imleihiyeh, Tell Zubeidi e Tell Yelkhi; b) sepoltura in cui il corpo del defunto viene adagiato sopra un largo numero di frammenti ceramici di grandi dimensioni, ritrovata a Babilonia; e) sepoltura in giara, molto diffu­ sa e ritrovata a Babilonia, Teli Imliehiyeh, Ur, Uruk e Tell Yelkhi; rl) tombe costruite in mattoni, presenti a Babilonia, Tell Zubeidi e Tell Yelkhi, e fra queste le tombe a volta, presenti solo a Ur. PFra le sepolture la cui documentazione di scavo ha restituito il maggior nu­ Le sepolture mero di informazioni si annoverano quelle di Tell Yelkhi, dei livelli I e II, di Teli Yelkhi scavate dal Centro Scavi di Torino e pubblicate in maniera completa nel 2007 (TAV. 31). Le tombe di Tell Yelkhi presentano tre tipi di inumazioni: a fossa semplice, in cassa e in giara, queste ultime riservate ai neonati. In un unico caso, costituito dalla tomba 1HYT 55A, la tomba a fossa presenta un rivestimento e una copertura in frammenti ceramici. Le tombe a fossa pote­ vano essere ricoperte tramite un soffitto piatto, costituito da un filare e mez­ zo di mattoni posti di piatto ali' apertura della fossa, da una serie di frammen­ ti ceramici di grandi dimensioni posti disordinatamente sull'intero corpo, o infine da una volta - o falsa volta (cfr. CAP. 3) - come nella sepoltura

313

Archeologia della Mesopotamia antica

1HYT 70A, dove tale struttura è testimoniata dal suo crollo, costituito da uno strato di fango impastato con paglia. Nel caso delle sepolture in giara, queste ultime potevano non avere copertura, oppure, in caso contrario, l' im­ boccatura stessa della giara poteva essere chiusa da una serie di frammenti ceramici o da un sasso di grandi dimensioni. La postura degli scheletri adulti mostra a Tell Yelkhi una predilezione per la posizione distesa supina e semisupina per il Periodo Tardo Cassita, men­ tre le tombe più antiche presentano una posizione contratta sul fianco. Per quanto riguarda le sepolture infantili e neonatali, invece, si riscontra una po­ sizione acciambellata, con i piedi che toccano il cranio. A questo proposito differente è la situazione di Tell Zubeidi, dove si riscontrano infanti deposti inginocchiati all'interno delle giare. Differente in questi due siti è anche la modalità di deposizione della giara: orizzontale a Tell Yelkhi e verticale a Tell Zubeidi. L'unica sepoltura a cassa di individuo adulto è attestata a Tell Zubeidi, con una postura semisupina del corpo del tutto analoga alla deposizione 1HYT 70A di Tell Yelkhi e attestata anche a Tell lmleihiyeh. L'orientamen­ to delle sepolture sembra avere una predilezione per un asse nord-ovest/ sud-est. A eccezione della tomba 1HYT 70A, che presenta un corredo più ricco con cavigliere, collane, anelli, bracciali e orecchini, le restanti tombe di Teli Yelkhi sembrano essere piuttosto povere, con la presenza nella maggior parte dei casi di un unico vaso, solitamente un calice o una giaretta.

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12

Il regno medio-assiro

di Maria Gabriella Mica/e

1. Inquadramento storico Il Periodo Medio-Assiro è generalmente riconosciuto come il momento dell'elaborazione e della formazione delle dinamiche politico-territoriali, economiche, amministrative e culturali che costituiscono più tardi, nei pri­ mi secoli del I millennio a.C., le basi dell'ascesa e dell'affermazione del po­ tere assiro come identità politica e territoriale pienamente imperiale. Cuore ideologico dell'Assiria della seconda metà del II millennio a.C. è la città di Assu.r, capitale storica e pressoché l'unica, fino a che i grandi sovrani del I millennio non scelgono di erigere i loro palazzi nelle città del Nord (Kalkhu, Dur Sharruk.in e Ninive) che, significativamente lontane da Assur, sembrano lasciare l'antica capitale ai margini dell'Assiria stessa. Assur rimane, a ogni modo, la capitale ideologica e sede del tempio del dio nazionale Assur fino alla caduta dell'impero nel 6 1 2 a.C. (cfr. CAP. 1 3 ) . La documentazione arche­ ologica e testuale proveniente dagli scavi tedeschi del sito, condotti agli inizi del XIX secolo, è il corpus di dati a oggi più importante su Assur e l'Assiria alla fine del II millennio e permette, pur con qualche discontinuità, di risalire la storia della città fino agli inizi del III millennio a.C. Prima dell'ascesa politica dell'Assiria, il nome di Assur è legato al ricco commercio con l'Anatolia, ge­ stito attraverso la rete di rapporti che legano le principali componenti sociali e istituzionali della città ( il re, l'assemblea e le grandi famiglie aristocratiche di commercianti), quando Assur è, in realtà, più una città-stato che la capi­ tale di un regno vero e proprio. I dati archeologici limitati relativi alla Assur dell'inizio del II millennio sono parzialmente integrati proprio dai dati epi­ grafici provenienti dal kdrum di Kanesh, il suo principale porto commerciale in Cappadocia (cfr. CAP. 9 ). Lo status di Assur e dell'Assiria come, rispettivamente, capitale e Stato va fat­ Assur, la nuova to risalire, dunque, alla seconda metà del II millennio poiché, nonostante capitale nella Lista Reale Assira non ci sia soluzione di continuità nella successione dei sovrani e nel corso della dinastia, persino sotto Shamshi-Adad I (citato dalla storiografia assira più recente come fondatore dell'Assiria e citato altre­ sì dalle stesse iscrizioni reali a lui successive come il primo costruttore di mol317

Archeologia della Mesopotamia antica TAB ELLA 1

Cronologia dei sovrani del Periodo Medio-Assiro

Assuruballit 1

1363-1328 a.e.

Adad-nirari 1

1305-1274 a.e.

Salmanassar 1

1273-1244 a.e.

Tukulti-Ninurta

Il controllo del territorio

1

1243-1207 a.e.

Assur-dan 1

1178-1133 a.e.

Assurreshaishi

1132-1116 a.e.

Tiglatpileser 1

1114-1076 a.e.

Assurbelkala

1073-1056 a.e.

ti dei monumenti di Assur) la città è soltanto una delle tante città del regno del sovrano amorreo, ma non la sua capitale. La documentazione relativa al regno medio-assiro, seppur limitata, induce a porre l'accento proprio sulla discontinuità con i secoli precedenti, sull'in­ novazione di un momento storico in cui fa la prima comparsa la nozione di Assiria come regione o il concetto di "assiro" inteso come aggettivo che de­ finisce la nazionalità. A metà del XIV secolo, Assuruballit I ( 1 3 63-1 328 a.C.) fu il primo sovrano ad abbandonare la titolatura di "servo del dio Assur" e a proclamarsi "Grande Re" e "Re d'Assiria" (far mdt Affur). Da questo mo­ mento l'attività edilizia ad Assur sembra subire un incremento per secoli senza sosta ed essere investita, allo stesso tempo, di un rinnovato simboli­ smo politico-religioso che avrebbe caratterizzato l'attività edilizia dei so­ vrani medio-assiri anche in altri centri della regione. A documentare questo cambiamento nell'atteggiamento dei sovrani è, nei documenti di cancelleria e nelle cronache reali, l'insistente richiamo alla costruzione o ricostruzione degli edifici, di cui sempre più spesso si annoveravano gli interventi dei re predecessori, e, nei documenti della corrispondenza con l'Egitto, il continuo richiamo alla costruzione di palazzi e alla richiesta di materiali esotici per la loro decorazione. A giudicare, dunque, dai lunghi secoli in cui Assur passa alternativamente da città florida e indipendente a città sotto il controllo dei grandi regni che toc­ cano la Mesopotamia del Nord, l'emancipazione e la successiva sottomissio­ ne di Mittani sotto la guida di Adad-nirari I (1305-1274 a.C.), la capacità di stabilire un più forte controllo del territorio assiro, che si manifesta forse ide­ ologicamente nella fondazione ex novo di una nuova città/capitale con Tu­ kulti-Ninurta I ( 1243-1207 a.C. ), l'ascesa politica dei sovrani medio-assiri e il loro ingresso nella rete delle relazioni internazionali tra le grandi e storiche potenze dell'epoca, come l'Egitto e l'impero ittita, la nascita e la soddisfazio­ ne di aspirazioni di dominio territoriale al di fuori dell'Assiria, che trova il

318

12.

Il regno medio-assiro

suo culmine nelle imprese di T iglatpileser I (m4-1076 a.C.), sono tutti ele­ menti che rendono in qualche modo prodigiosa la storia del regno medio­ assiro e del suo territorio e, pertanto, ancora da chiarire in molte sue parti. La documentazione storica e quella archeologica relativa all'estensione del controllo amministrativo dell'Assiria sono di complessa lettura finanche, a volte, apparentemente contrastanti. Le iscrizioni reali e la storiografia gene­ rale del Periodo Medio-Assiro sono poco chiare sui modi in cui si appartiene al regno di Assur. La documentazione testuale, ad esempio, suggerisce che i re assiri hanno sempre il controllo del loro territorio. Eppure, l'analisi e il confronto tra i dati provenienti da Assur e quelli delle presunte province, soprattutto prima del regno di Salmanassar I (1273-1244 a.C.), mostrano li­ miti evidenti che si manifestano, ad esempio, nell'assenza di dati testuali sulla presenza politica e amministrativa assira in regioni dove, al contrario, I' ar­ cheologia ha portato alla luce resti di architettura pubblica e monumentale altrimenti non immaginabile (TAB. 1 ) . 2.

Urbanistica e distribuzione degli insediamenti

Un quadro completo di città medio-assira viene da Assur, dove nella struttu­ ra dell' insediamento, già allora influenzato dalla tradizionale localizzazione degli edifici più antichi, cominciano a fare la loro comparsa gli interventi dei sovrani dell'epoca, che fanno dell'attività edilizia una delle manifestazioni più rappresentative del loro potere regale. Al tempo dell'ascesa politica in­ ternazionale di Assuruballit I, alla metà del XIV secolo, la città è certamente un centro già ampiamente sviluppato, dotato di fortificazioni che probabil­ mente si estendono a sud, fino a comprendere la cosiddetta "città nuova", un settore privo di edilizia monumentale la cui delimitazione viene attribuita a Puzur-Assur III (ca. metà del XVI secolo a.C.) da fonti a lui posteriori. La città, dunque, è composta delle due aree che caratterizzeranno la forma L'impianto urbano dell'insediamento per tutta la sua storia, ossia una zona nord monumentale, di Assur localizzata su una leggera altura naturale sul T igri e che è il cuore dell' inse­ diamento più antico, e una zona periferica sud, dove nel corso dei secoli, dal­ la sua delimitazione in poi, si concentrano prevalentemente dei quartieri re­ sidenziali (FIG. 1a). Sebbene in assenza di dati archeologici, è inverosimile che Assur non abbia una fortificazione almeno a partire dall'inizio del II m illennio a.C. Gli archeologi affermano di aver individuato, al di sotto dell'avancorte del Tempio di Assur, strutture genericamente arcaiche che fanno probabilmente parte di una costruzione d'argine del T igri. Sul lato nord, lungo la parte superiore del pendio, sembra che si sia conservata una porzione di mura fortificate provviste di casematte, forse del tipo Ka­ sternmauern significativamente presente anche a Kiiltepe/Kanesh, mentre altri ampi tratti di mura sono stati portati alla luce immediatamente a nord­ ovest del Tempio di Assur. Non è un caso, dunque, che il re medio-assiro 319

Archeologia della Mesopotamia antica

FIGURA 1 a) Pianta generale del sito di Assur; b) il Tempio del dio Assur ad Assur e le sue fasi edilizie nel II millennio a.C.; e) l'area sacra di lshtar ad Assur

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