Apocalisse di Giovanni. Introduzione generale e commento [Vol. 2]

1,025 108 27MB

Italian Pages 770 Year 2018

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Apocalisse di Giovanni. Introduzione generale e commento [Vol. 2]

Table of contents :
Blank Page......Page 2
Blank Page......Page 3

Citation preview

UGO VANNI

APOCALISSE DI GIOVANNI Secondo Volume

a cura di Luca Pedroli

CITTADELLA EDITRICE

ISBN 978-88-308-1597-1

euro 58,50

Due volumi non separabili

Ugo Vanni noto e stimatissimo biblista, nonché maestro dello Spirito, ha dedicato tutta la sua vita allo studio e all’insegnamento della Scrittura presso la Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Biblico. È stato uno dei massimi esperti dell’Apocalisse e dal 2000 è stato membro per diversi anni della Pontificia Commissione Biblica. In suo onore, per Cittadella Editrice, nel 2005 è stata pubblicata la raccolta di studi Apokalypsis. Percorsi nell’Apocalisse di Giovanni, con l’apporto di numerosi docenti di varie università di tutto il mondo. Sempre con Cittadella Editrice ha pubblicato Il tesoro di Giovanni, 20162 e Dal Quarto Vangelo all’Apocalisse, 2011.

Nell’accostare quest’opera poderosa, coloro che hanno avuto la fortuna di essere stati formati da padre Vanni riconosceranno immediatamente lo stile gustoso e avvincente del loro maestro e avranno la possibilità di contare su uno strumento che raccoglie in modo unitario e sistematico il suo insegnamento. Per gli altri lettori, invece, ci sarà la gioia di poter cogliere tutta la bellezza e la profondità del libro dell’Apocalisse, scoprendo il riflesso più autentico del disegno salvifico di Dio, così come viene contemplato, celebrato e vissuto nella Chiesa. (Dalla Prefazione di Luca Pedroli)

UGOVANNI

APOCALISSE DI GIOVANNI Secondo Volume

Introduzione generale Commento

a cura di Luca Pedroli

CITTADELLA EDITRICE

cura redazionale ANTONIO LOVA

© Cittadella Editrice - Assisi www .cittadellaeditrice.com 1a edizione ottobre 2018 ISBN 978-88-308-1597-1

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun vo· lume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633, owero dall'accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno awenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall'editore.

INTRODUZIONE GENERALE

l. Il testo Il testo dell'Apocalisse è documentato- tutto o in parte- con una sufficiente ampiezza, che si estende dai papiri 1, ai codici maiuscolF, fino ai codici minuscolP. Non si hanno documentazioni di lezionari liturgici. Il fatto che l'Apocalisse non sia riportata nel codice B (Vaticano) e che il testo di quello K (Sinaitico) non abbia il consueto livello di attendibilità lo isola, in un certo senso, dal resto degli scritti neotestamentari e ne rende la critica testuale più complessa. Oggi si tende a privilegiare il codice A (Alessandrino, V secolo) come referente di base, integrato, secondo l'opportunità, con gli altri maiuscoli- specialmente il Sinaitico- e i papiri4 •

2. Il genere letterario Nell'ampia letteratura apocalittica- comprendente una trentina di opere - il libro de li' Apocalisse acquista rilievo anzitutto per il titolo ('ATioKaì..UlJnç;/rivelazione, apocalisse) che ha dato il nome al genere. Vi ritroviamo lo schema tipico dell'apocalittica, come contenuto oggi generalmente accettato: uno sviluppo lineare nel tempo che dà luogo, come conclusione, a una realizzazione di tipo spaziale, ossia uno svolgimento della storia che sfocia nella Gerusalemme nuova5 • È presente anche il simbolismo caratteristico della letteratura apocalittica. 1

I P 18 P24 P'3 p4 7 P85 P94 contengono frammenti. Sul P 115 vedi J. CHAPA, "Il Papiro 115 : qualcosa in più del numero della bestia", Apokalypsis, 311-333. 2 Si vedano K,A, C, 051,0163,0169,0207,0229. 3 È notevole il fatto che, dei 286 codici minuscoli, 126 contengano solo l'Apocalisse. 4 Dopo gli studi di J. SCHMID, Studien zur Geschichte des griechischen Apokalypsetextes I-III (Miinchen 1955-56). 5 Vedi quanto precisato in J. J. CoLLINS, "Introduction: Towards the Morphology of a Geme", Semeia 14 (1979) 1-20.

Introduzione generale

Una particolarità distintiva si rileva nell'abbinamento apocalittica e profezia, che ne li' Apocalisse sono simultanee e si condizionano a vicenda, mentre nelle Scritture la dimensione profetica precede quella apocalittica. L'autore si sente profeta (cfr. l O, 11 ), e già nel prologo, dopo aver chiamato la sua opera apocalisse, la designa anche come parole di profezia/Myouç tf]ç TipO>. A tal proposito, cfr. G. MA.IER, Die Offenbarung und die Kirche (Tiibingen 1981). 8 Dionigi in EusEBIO, Historia Ecclesiastica, 7, 25. 9 Si rimanda in tal senso allo studio di U. VANNI, Dal Quarto Vangelo all'Apocalisse. Una comunità cresce nella fede (Assisi 20 Il). 10 In quasi tutte le opere di questo movimento l'autore reale si esprime in prima persona, ma mettendo il discorso sulle labbra di un personaggio celebre del passato, remoto 7

12

Introduzione generale

dell'apostolo, il quale rielabora in proprio il materiale della tradizione giovannea. Questa posizione comporta il vantaggio di recuperare la tradizione patristica, nella quale un testo pseudonimo veniva riferito facilmente al personaggio protagonista e di collocare più aderentemente l'Apocalisse, pur con le sue caratteristiche profetiche, nel quadro della letteratura apocalittica. Dall'analisi del libro che presenta, sotto diversi aspetti, un livello letterario eccezionale, emerge la figura dell'Autore come di un uomo dotto, di provenienza culturale ebraica, immerso nella cultura greca del suo tempo, dotato come scrittore di una capacità straordinaria, con una sensibilità emotiva tutta particolare, amante appassionato della poesia e della musica. Ma è soprattutto il suo rapporto con le Scritture che stupisce: la conoscenza straordinaria e la sua familiarità con i testi sacri gli permettono di riprendeme immagini e contenuti che scivolano spontaneamente nella sua opera, si uniscono e si amalgamano con essa, costituendo alla fine un unico prodotto nuovo. Attingendo dal suo patrimonio religioso e culturale, si dimostra capace di realizzare un nuovo messaggio: in questo modo la Parola di Dio resta sempre fedele a se stessa ed è sempre portatrice di novità 11 •

6. Data di composizione La data di composizione dell'Apocalisse fa problema, non meno che la questione dell'Autore. Una tendenza, oggi particolarmente accentuata, la fa risalire a prima del 70 e, segnatamente, all'anno 69, particolarmente turbolento nella storia romana. Il testo - specialmente in 17-18 - farebbe allusione agli avvenimenti di quell'anno e sarebbe da collocare in ogni caso prima della distruzione del tempio di Gerusalemme 12 • Ma ci sono forti obiezioni. Roma fu chiamata Babilonia -l'equivalenza di fondo appare nel cap. 17 - proprio a partire dal 70, abbinando la seconda distruzione del tempio messa in atto dai romani con la prima

o recente, per farlo rivivere letterariamente e parlare nel tempo corrente. Un esempio caratteristico è l'attribuzione da parte di Clemente Alessandrino dell'Apocalisse di Pietro, scritta verso ill25, a Pietro stesso (cfr. EusEBIO, Historia, 6, 14, l). 11 Cfr. U.VANNI, "L'autore dell'Apocalisse un eminente ebreo che incontra Gesù?", Vìvens homo 27 (2016) 23-37. 12 È la tesi sostenuta anche nel recente studio di K. BERGER, Die Apokalypse des Johannes. Kommentar. I-II (Freiburg- Basel- Wien 20 17): I, 78-85.

13

Introduzione generale

per opera dei babilonesi 13 • C'è inoltre- unico caso nel NT- la testimonianza di Ireneo, il quale pone le visioni dell'Apocalisse "verso la fine del regno di Domiziano" 14 , collocando il testo negli anni 95-96, visto che l'imperatore fu ucciso il16 settembre del96. Poiché Ireneo (135/140-200) parla degli avvenimenti riportati nell'Apocalisse, la loro redazione dovette essere successiva, arrivando forse, secondo quanto sembra insinuare Vittorino 15 , al tempo dell'imperatore Traiano (98-117 d.C.).

7. L'interpretazione dell'Apocalisse Uno sguardo alla storia dell'esegesi dell'Apocalisse evidenzia dei punti di partenza notevolmente differenziati: potremmo dire diversi approcci che poi si articolano in metodi interpretativi specifici. C'è stata, nei primi secoli, una lettura denominata "letterale", soprattutto per l'interpretazione in senso realistico del regno di "mille anni" - magari proprio in 7 serie successive - attribuito a Cristo e ai suoi in 20,1-10. Tale interpretazione durò a lungo: Papia di Gerapoli, Cerinto, Giustino, Melitone di Sardi e, in un certo senso, lreneo ne sono gli esponenti più rilevanti in Oriente. Sarà l'interpretazione di Origene 16 a segnare una svolta decisiva verso l'interpretazione allegorica, che vede nell'Apocalisse non la presentazione di fatti concreti, ma di categorie interpretative. In Occidente l'approccio letterale, con il millenarismo per base, è riscontrabile in Tertulliano, Ippolito, Cipriano e Vittorino di Petovio (+ 305), il cui commento fu poi corretto radicalmente da Girolamo. E sotto l'influsso dello stesso Girolamo, di Ticonio e soprattutto di Agostino, anche in Occidente prevarrà l'interpretazione allegorica. Ci saranno anche in seguito -fino ai nostri giorni - dei bruschi risvegli di millenarismo, circoscritti e avvertiti più in chiave applicativa (vedi i Testimoni di Geova) che a livello di ricerca esegetica. Prevarrà l'interpretazione allegorica, ma si incrocerà con altre intuizioni o spinte culturali, assumendo di conseguenza prospettive notevolmente

13

Cfr. 4Esd, 3,1-2.28-31; 2Bar 10,1-3; 11 ,l; 67,7; Or Syb 5,143,159. IRENEO, Adversus Haereses, 5, 30. 15 "Et Ioannes, de metallo dimissus, sic postea tradidit hanc eandem quam a Deo acceperat Apocalypsim" (VnTORINO DI PJITOVIO, Commentarii in Apocalypsis Joannis, l 0). 16 ORIGENE, De principiis II, I I, 2-3. 1 '

14

Introduzione generale

diverse. Un esempio noto è la concezione di Gioacchino da Fiore, il quale, basandosi sull'Apocalisse e servendosene come filtro interpretativo per la storia della chiesa, parlerà dell'era del Padre (rappresentata dali' AT), del Figlio (annunciata dal NT) e dello Spirito (l'epoca futura). Sempre alla luce dell'interpretazione allegorica e a seconda del segmento storico a cui tale interpretazione viene applicata, sono stati presentati altri due approcci: il primo, che tiene conto degli avvenimenti contemporanei all'Apocalisse (soprattutto il contrasto con l'impero romano); l'altro, che ne sposta l'applicazione agli eventi escatologici, come chiave di lettura della fine della storia. Un ultimo metodo interpretati vo cerca di combinare l 'aspetto realistico, che sarebbe l 'azione liturgica alla quale l'autore sembra destinare lo scritto, con il messaggio allegorico. Ne deriverebbe una combinazione caratteristica tra la celebrazione in atto - col rapporto tipico della proclamazione e della reazione ad essa - e le valenze interpretative del messaggio, da riferire volta per volta alla realtà della storia che si sta vivendo. L'interazione tra queste due dimensioni si muoverebbe e dovrebbe essere letta secondo i parametri della linguistica moderna, attenta al rapporto tra testi proclamati e lettore-ascoltatore.

8. Il simbolismo Tutti i metodi interpretativi presentati si incrociano con il linguaggio simbolico esoterico proprio di una corrente che, probabilmente, faceva capo a una scuola vera e propria, data la diffusione di questo tipo di simbolismo in tutto il NT e nella letteratura giudaica antecedente e susseguente. Tuttavia occorre ammettere che, attualmente, i contorni storici precisi di tale movimento ci sfuggono. L'autore dell'Apocalisse, sulla scia della scuola a cui appartiene, ma con un'indubbia originalità creativa, attribuisce a termini ed espressioni una valenza nuova, diversa da quella riscontrabile nel campo dell'esperienza immediata. Il discorso simbolico risulta sempre distaccato dall'espressione nuda e cruda della realtà. Ma tale scollamento presenta una sua struttura, un suo meccanismo particolare: si profilano livelli successivi che, allontanandosi sempre più dali' espressione realistica, disegnano una crescita, talvolta addirittura una fuga in alto, formando una "colonna simbolica". I singoli livelli devono essere interpretati successivamente, uno dopo l'altro, senza voler costruire un quadro 15

Introduzione generale

visivo di insieme. Il messaggio conclusivo viene veicolato dall'Autore attraverso il richiamo di un solo termine simbolico 17 • Per comprendere la simbolizzazione propria dell'Apocalisse occorre vedere da vicino le principali cifre simboliche, nelle quali si rispecchia questo procedimento di modifica creativa del significato. l) C'è anzitutto il simbolismo cosmico. Il sole, la luna, il cielo, le stelle e il mare non hanno semplicemente il valore di elementi funzionanti nel quadro dell'universo come sono normalmente percepiti. Partendo da questa base, l'Autore- sulla linea dell'ATe della scuola apocalittica - conferisce loro un significato nuovo che li rapporta direttamente a Dio, a Cristo, al mondo di Cristo e di Dio; così il sole, che esprime la creatura più preziosa, è portatore della luce di Cristo nel mondo degli uomini (cfr. 1,16). La cifra più caratteristica - spesso mal compresa - riguarda gli sconvolgimenti cosmici. Il sole che perde la sua luce, la luna che diventa come sangue, le stelle che cadono dal cielo, le acque che inaridiscono all'improvviso, e così via, presentano solo allivello realistico di una prima lettura l'aspetto di catastrofi. In realtà l'autore, presentando queste trasformazioni violente dell'ordine cosmico, vuol provocare nei lettori la sensazione di una presenza attiva e trasformante di Dio nella storia 18 • 2) Un'altra cifra -la più vasta- è data dal simbolismo antropologico che attinge dal mondo degli uomini, al quale l'autore si sente particolarmente interessato. Le loro realtà, i loro valori, a livello individuale e collettivo assumono prospettive inedite: le vesti, le posizioni, i conviti, l'amore, la convivenza nella città diventano espressioni per lo più

17

Illustriamo quanto detto con un esempio tratto da Ap 5,6. Il messaggio di fondo riguarda Cristo e la sua azione. Su questa base abbiamo un primo livello (agnello in piedi/apv(ov E:atT]Kòç): Cristo è presentato come Agnello e si allude alla sua resurrezione. Un secondo livello (come sgozzatolr~r:, ÉaTJ1'E [o:ç KaÌ. tT]pOUV1'Eç 1'Ò: Év a:mtì YEYpa!J!JÉVo:, Ò yÒ:p KO:LpÒç Éyyuç.

Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per mostrare ai suoi servitori quelle cose che devono divenire con rapidità ed espresse in segni inviando mediante il suo angelo al suo servitore Giovanni 2 - il quale testimoniò la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo tutto quello che vide. 3 Beato colui che legge e coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mantengono quanto è scritto in essa: il tempo appropriato, infatti, è a portata di mano.

- Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per mostrare ai suoi servitori quelle cose che devono divenire con rapidità ('A 1TOKaÀUij1Lç 'lr)ooù Xpw·wù ~v EÙWKEV octrrQ ò 9EÒç OE"içocL to'iç ùouÀoLç ocùtoù &&1 yEvÉa9ocL Èv -raxEL) L'espressione Rivelazione di Gesù Cristo ha una sua originalità: mai, prima, era stata usata come titolo in un libro, nemmeno di genere apocalittico 28 • Mancando di un qualunque verbo e riportando il nome ~gL'espressione ricorre in una forma grammaticale equivalente, nell'ambito del NT, solo in IPt 1,7.13 (Èv ànoKaÀUtjJEL 'IT}aou Xptatou). Il termine apocalisse deriva dal

33

Commento

completo Gesù Cristo, ha la forma solenne di un titolo. Il suo significato generale - passaggio gnoseologico da Dio agli uomini - viene specificato dall'uso del genitivus auctoris: è Gesù Cristo il soggetto attivo che attua questo passaggio con la rivelazione (come viene ribadito ulteriormente dal contesto). Dio è l'autore della rivelazione (che Dio gli diede); per una sua iniziativa di dono essa passa in Gesù Cristo per essere poi mostrata, manifestata ai credenti, qui chiamati, come generalmente nell'Apocalisse, servitori di Dio (cfr. 2,20; 7,3; 19,2.5; 22,3.6). La frase quelle cose che devono divenire con rapidità ricorre identica in 4,1 e 22,6; in una forma simile in 1,19 (quelle che stanno per divenirelrì. iJ.ÉÀÀEL yEvÉo9!n). L'espressione ha una sua funzione nella determinazione della struttura letteraria, indicando la materia del libro. Si nota un contatto letterale e contestuale con Dn 2,28.29: Ma c 'è un Dio nel cielo che svela i misteri (TM: l'T~ te.~~; LXX: OCiTOKaÀ.tl'lrrwv iJ.OOnlpLa) ed egli ha fatto conoscere al re Nabucodonosor ciò che deve avvenire (TM: N,_ry'? •., ;,'?;LXX: & &=1 yEvÉo9aL) a/la .fine dei giorni... O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano ciò che avverrà (TM: N1ry~ •., ;,9; LXX: tL OE'i yEvÉo9aL) dopo di questo; e colui che rivela i misteri ha voluto rive/arti ciò che deve accaden!-9• greco (ànoKaÀutjnç) e significa rivelazione, o più precisamente svelamento di ciò che è nascosto. Nell'ottica religiosa, togliere il velo significa esplorare la possibilità e l'opportunità di conoscere e capire il progetto divino sulla storia, nonché il ruolo di ciascuno nel concretizzare responsabilmente tale disegno nel proprio presente. Il nostro libro si colloca nel grande quadro della letteratura apocalittica e profetica con caratteristiche originali e importanti che analizzeremo nel corso dell'esegesi. L'apocalittica ci aiuta a interpretare la storia e a capire in profondità il nostro tempo nello svolgimento dialettico tra bene e male; la profezia ci prepara, ci attiva e ci responsabilizza all'attuazione della parola con la mente aperta alla novità di Dio. Dunque, lo scopo del libro dell'Apocalisse è farci comprendere il nesso tra i fatti della storia che viviamo e il nostro impegno a realizzarvi il progetto d'amore di Dio; è coniugare la lettura realistica della realtà che ci circonda con la certezza della presenza divina, seppure misteriosa, nelle vicende umane, anche le più sconcertanti; è aiutarci a guardare avanti, poiché accanto al divenire degli eventi storici, spesso caratterizzati dalla sofferenza e dalla violenza, c'è il divenire della Parola, che realizza, gradatamente nel tempo, ciò che dice e promette, fino all'annientamento di qualsiasi forma di male e alla pienezza della reciprocità paritetica d'amore con Dio, nella totalità escatologica. Per un approfondimento sulla letteratura apocalittica, si rimanda a F. MANNs, "Apocalisse e apocalissi", Apokalypsis, 19-48. Vedi anche G. BIGUZZI, Apocalisse. Nuova versione, introduzione e commento, (Milano 220 Il) 66-77. Per l'analisi filologica, le ricorrenze e il significato del termine 'AnOKaJ..utjnç, vedi BELANo, Apocalisse, 13-15. 29 Il racconto di Dn 2,1-45 contiene lo schema del sogno rivelatore, i cui elementi sono: sogno- mistero- sapienza- interpretazione. Il re Nabucodonosor è tormentato

34

Prologo: 1,1-3

Il passo si riferisce agli avvenimenti storici che, secondo la logica divina, dovranno verificarsi. Dio li fa conoscere al re Nabucodonosor attraverso un sogno (simbolo), che poi esige l'interpretazione del sapiente Daniele. Ciò che deve accadere sono gli eventi storici visti in successione che si concluderanno con un evento maggiore e irreversibile: il susseguirsi dei regni (statua enorme... con la testa d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d'argilla, in Dn 2,31-33) terminerà con l'avvento del regno messianico che li supererà (la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta la terra, in Dn 2,35). Tali fatti si collocano nella cornice escatologica. Il nostro Autore riprende il contesto e la terminologia del libro di Daniele30 : ciò che viene mostrato dal punto di vista divino sono i fatti storici che, secondo una logica, una convenienza obbligante (&'i), dovranno accadere e svilupparsi, ma non in senso deterministico. Non si da un sogno che ha fatto; dopo aver chiamato i saggi del suo regno, li interroga sul contenuto del sogno e la sua spiegazione (2,1-9). Nessuno dei convocati sa dare una risposta e il re decreta la loro condanna a morte (2,10-13). Solo Daniele rivela al re l'oggetto del sogno e la spiegazione, grazie a una saggezza tutta speciale che è dono di Dio (cfr. 2,14ss). 3 °Come vedremo nel decorso del libro, l'Autore dell'Apocalisse, pur rivelando originalità e creatività personali di alto livello, si è fortemente ispirato alle Scritture. Già i compilatori delle prime edizioni del Novum Testamentum Graece avevano rilevato circa 814 contatti espliciti ricavati da una gamma di testi anticotestamentari notevolmente vasta (NN 8), per non parlare dei richiami più difficilmente identificabili, perché basati su termini o concetti desunti dalle Scritture, poi rielaborati e amalgamati dal nostro Autore nel suo testo, che portano il numero dei riferimenti ad aumentare notevolmente. "I libri dell' AT presi dali' Apocalisse sono quelli dei Profeti e dei Salmi, sebbene non manchino allusioni al Pentateuco, Giudici, Samuele, Re, Proverbi, Cantico e Giobbe": cfr. R. T. PÉREZ MARQUEZ, L 'Antico Testamento ne/l 'Apocalisse. Storia della ricerca, bilancio e prospettive, (Assisi 2010) 127, n. 8. Vedi anche G. BIGUZZI, '"L'Antico Testamento nell'Apocalisse", RStB 1912 (2007) 191-213, con ricca bibliografia; M. JAUHIAINEN, The Use ofZechariah in Revelation (WUNT 2/199; Tiibingen 2005); B. KOWALSKI, Die Rezeption des Propheten Ezechiel in der Offenbarung des Johannes (SBB 52; Stuttgart 2004); S. MOYISE, "The Language of the Old Testament in the Apocalypse", JSNT 76 (1999) 97-113; G. K. BEALE, Johns Use of the O/d Testament in Revelation (JSNTSup 166; Sheffield 1998); S. MoYisE, The 0/d Testament in the Book of Revelation (JSNTSup 115; Sheffie1d 1995); J. FEKKES, III, lsaiah and Prophetic Traditions in the Book ofRevelation. Vìsionary Antecedents and their Deve/opment (JSNTSup 93; Sheffield 1994); G. K. BEALE, The Use ofDaniel in Jewish Apocalyptic Literature and in the Reve/ation of St John (Lanham 1984). Sulla presenza dei salmi davidici neli' Apocalisse, vedi lo studio di O. PISANO, La radice e la stirpe di David. Salmi davidici ne/libro dell'Apocalisse (PUG; Roma 2002).

35

Commento

tratta di una presentazione di eventi futuri o di fatti imposti dall'esterno: la storia dipende dalla libertà umana, ma tutto è sotto il controllo e la guida di Dio, che rivela a Giovanni/Autore il senso profondo di tutto quanto accade. Il contatto letterario così aderente suggerisce il percorso che la rivelazione divina dovrà seguire per raggiungere l 'uomo e che sarà condensato nel simbolo da interpretarsi in modo sapienziale. I fatti che devono accadere si susseguiranno, avranno un ritmo di scorrimento veloce, si concluderanno in una realizzazione storica che li oltrepasserà; ciò costituirà una chiave di lettura per l'Apocalisse: sarà sempre un dopo tutto questolfJ,ET:à -caù-ca fino alla distruzione del male e alla realizzazione della Gerusalemme nuova. Concludendo, viene prima un'inquadratura generale, quasi un denominatore comune dei fatti stessi, che dipendono tutti da Dio e che sono addirittura scritti completamente nel suo progetto (cfr. 5, 1-5), nonché intelligibili solo grazie ali 'intervento di Cristo-agnello (cfr. 5,6-14); poi, occorrerà identificarli con precisione nel proprio orizzonte storico, ma ciò si otterrà mediante la riflessione sapienziale di coloro che ascoltano (soggetto interpretante). La rivelazione dei fatti che devono svolgersi non si riferisce alla loro cronaca, ma al filo religioso che li unisce in profondità secondo la logica propria di Dio. - ed espresse in segni inviando mediante il suo angelo al suo servitore Giovanni - il quale testimoniò la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo- tutto quello che vide (Kal. Èo~fJ.!lVEV à.Tioonlì~.aç OLà -coù à.yyÉÀou aÙ-coù -cQ ÒOUÀ4J aÙ-coù 'Iwavvn - oç Èfl!lpt"DpT]OEV -cÒv Àoyov -coù 9EOù K!lL ·~v fl!lpt"up(av 'IT]OOÙ Xpw-cou- oaa ELÒEv) Secondo la costante letteraria della pseudonimia apocalittica, l'Autore si identifica con Giovanni apostolo ed evangelista; molto probabilmente appartiene alla sua scuola e ciò è confermato anche da alcune espressioni e temi presenti nell'Apocalisse, i quali rimandano al circolo giovanneo. Il nome di Giovanni ricorre in l ,4.9 e 22,8. Ma un insieme di dati e di circostanze suggerisce di collocare la data di composizione del libro nella prima decade del II sec., quando l'apostolo - pur con la longevità che gli viene attribuita - era certamente morto. Il richiamo a Giovanni indica, quindi, un rapporto di attenzione, di dipendenza, di simpatia marcata, ma è da escludere una sua partecipazione diretta alla stesura del libro. L'Autore che compone e scrive l'Apocalisse si rifà all'apostolo, conosce la sua chiesa (comunità di Efeso), ma è soltanto lui che, in definitiva, elabora e scrive tutto il testo 36

Prologo: 1,1-3

che abbiamo. Avremo modo di vedere, più avanti, come la figura di Giovanni scomparirà dal libro, per essere sostituita da quella dell' Autore che interverrà personalmente nell'esperienza apocalittica (cfr. 1,10). Solo nella conclusione troveremo di nuovo il nome di Giovanni, nel dialogo liturgico finale (cfr. 22,6ss). D'ora in avanti, per ricordare tutto questo useremo il binomio Giovanni/Autore 31 • La rivelazione divina (&:lToKaÀmlnç) viene manifestata mediante dei segni percettibili (Èo~f!«VEv) e, in questa situazione, viene inviata mediante l'angelus interpres, che si può leggere come una figura di mediazione tra Dio e l'Autore: neli' Apocalisse, l'angelo interprete è normalmente il soggetto del verbo mostrare (ÒELKVUf!L; cfr. 1,1; 17,1; 21,9.10; 22,1.6.8; in 4,1 è Cristo stesso). L'espressione la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, che presenta i due elementi in parallelismo sinonimico progressivo, indica che il messaggio proprio di Dio giunge agli uomini attraverso l'azione di Gesù, detto più avanti testimone fedele (l ,5a; 3,14 ). Egli, infatti, è personalmente la parola di Dio che si realizza come tale nella storia (19,13) e nella presenza liturgica in mezzo alla sua chiesa (1,12-13). La stessa espressione ricorre anche in 1,9; in 6,9 è riferita all'Agnello; in 20,4 la frase è capovolta. In 19,10 per due volte leggiamo la testimonianza di Gesù e la seconda è identificata con lo spirito di profezia. In 12,17 la testimonianza di Gesù è abbinata ai comandamenti di Dio.

31

Sia i commentari sia gli articoli specifici hanno esaminato a fondo la questione de Il' identità del!' Autore dell'Apocalisse, con approfondimenti anche suggestivi, ma nessuna delle varie soluzioni proposte è riuscita a persuadere. D. Aune, ad esempio, nel suo commento classico- D. AUNE, Revelation 1-5 (WBC 52A; Dallas 1997) - lo sceglie come primo tema dell'introduzione e gli dedica ben otto pagine fitte. Negli ultimi cinquanta anni, si conta un numero sorprendente di contributi. Vedi per esempio U. VANNI, "L'autore", 23-37; LoPEZ, "Tres veces Juan", 47-73; G. BIGUZZI, "Giovanni", 93-126; S.S. C. CHow, "A Great Teacher: The Character ofthe Author of the Book of Revelation", Theology & Life 24 (2001) 41-60; S. MOYISE, "Authorial intention and the Book of Revelation", A USS 39 (200 l) 35-40; F. MARTIN, "L'auteur identifié, l'auteur autoris", LumVìe 45 (1996) 7-21; C. GEMPF, "Pseudonymity and the New Testament", Theme/ios 17 (1992) 8-10. L'attribuzione diretta dell'Apocalisse a Giovanni Evangelista è, oggi, normalmente negata. G. Biguzzi chiama il nostro Autore con il nome "Giovanni di Patmos", escludendo l'identificazione con l'Apostolo (vedi, sempre di G. BIGUZZI, Apocalisse, 33-39 e "Giovanni", 93-124). Di parere diverso sembra essere C. Doglio, per il quale alcuni indizi come "l'uso del semplice nome Giovanni", la "singolare autorità nei confronti delle comunità cristiane", l'esclusione di apportare modifiche allibro (Ap 22,19) porterebbero a identificare l'autore del libro con l'apostolo. Cfr. C. DoGLIO, Apocalisse. lntroduzione, traduzione, commento (Cinisello Balsamo 2012) 26-27.

17

Commento

Gesù esprime e rende concreta la parola di Dio nella sua azione messianica, tendendo al superamento del male (cfr. 19,15) e al potenziamento massimo del bene. Il versetto ci dice che Giovanni ha accolto (testimoniò) in pieno questa testimonianza e quindi il messaggio divino. Nell'Apocalisse si insiste particolarmente sulla figura e sull'attività del profeta32 • Giovanni/Autore si mette nel gruppo dei profeti, si sente e si afferma ripetutamente come tale. Egli attinge continuamente dalla tradizione profetica, ne utilizza il linguaggio e le immagini, ma sempre in modo creativo e originale, impegnando il lettore/ascoltatore nell'attività interpretativa. Il messaggio divino viene da lui compreso ed elaborato, ma sarà comunicato per iscritto solo quando Dio lo richiederà (1,11.19; 2,8.12.18; 3,1.7.14; 14,13; 19,9; 21,5). Il risultato dell'attività profetica di Giovanni/Autore è il messaggio profeti co scritto da leggere e ascoltare, così come sottolinea la beatitudine successiva. -Beato colui che legge e coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mantengono quanto è scritto in essa (IJ.a:KapLOç Ò ocva:yLVWOKWV KaÌ. ot ocKOlJOVtEç toùç Àoyouç tiìç npO[aç KaÌ. ouvÉoEwç nvEùl!a j3ouÀfJç KaÌ. loxuoç l!VEÙI!a VWOEWç KaÌ. EOOEIJELaç. 'E!!TTÀ~OEL

autòv TTVEÙ~ lj>opou !ff:où

Aderiscono a questa interpretazione, oltre agli autori citati, Ireneo, Primasio, Anselmo, Tommaso, Allo, Boismard, Lohse, Bonsirven, Schweitzer, Rissi. Cfr. C. BRDTSCH, La Clarté de /'Apocalypse (Genève 1966) 27. Particolarmente esauriente, specialmente in un confronto con Michl, è B. MoRJCONI, Lo spirito, 29-35.

53

Commento

Riassumendo. L'espressione ha un effetto stimolante che spinge in avanti nella lettura. Fa pensare allo Spirito, ma visto negli aspetti che assume quando, nel contesto dell'influsso attivo che Dio esercita sulla storia, giunge in contatto con gli uomini e agisce secondo una qualche totalità. Si riferisce all'azione multipla di dono dello Spirito nei riguardi degli uomini. Come si realizzerà tutto questo? Lo Spirito- inteso in questa molteplicità dei suoi doni tendente alla totalità - possiede l'energia illuminante e purificante di Dio (4,5). Appartiene a Gesù (colui che tiene i sette spiriti, in 3, l) come un elemento suo personale; i sette occhi dell'agnello sono i sette spiriti di Dio quando sono inviati su tutta la terra (5,6) per raggiungere l'intera umanità 56 • Nel suo impatto con la realtà umana si ramifica (cfr. Is 11 ,2-3), aderendo così in pieno alle esigenze delle diverse situazioni. La totalità che tende a realizzare è, anzitutto, in estensione; inoltre, poiché è lo Spirito di Gesù Cristo, tende a realizzare, immettendosi in ogni piega della storia umana, tutta la sua novità che, attuata concretamente e all'interno della storia, porterà alla meta escatologica del cielo nuovo e della terra nuova (21, l). 3) Gesù Cristo colui che è il testimone quello fedele, colui che è il primogenito dei morti, colui che è il sovrano dei re della terrallT]aou Xp LO'tOU Ò IJ.tip'tuç Ò TILO'tOç, Ò 1TpW'tO'tOKOç nJv VEKpwv Kal Ò lfpxwv 'twv paaLÀ~wv 'tftç yftç: è il rivelatore del Padre, colui che, vincendo per primo la morte, convoglia l 'umanità nella sua resurrezione e che, presente e attivo nelle vicende umane, combatte contro ogni forma di male. C'è un contatto letterario, almeno contestuale, con il Sal 89,28.38: Io farò di lui il mio primogenito (TM: ,;~::;~; LXX: 1TpW'tO'tOKov), il più alto fra i re della terra (TM: n~-·;::,',~',; LXX: paaLÀEUOLV 'tftç yftç) ... sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo (TM: V~ t:$~. PJ:t~~ ,,171; LXX: ò IJ.ap'tuç E=v oùpavQ ma'toç), che orienta la testimonianza di Gesù Cristo verso la storia della salvezza, portata avanti dialetticamente, superando gli elementi antagonisti. L'espressione il testimone quello fedele condensata ed evocativa, secondo lo stile di questo brano, sarà ripresa e ampliata: in 3,14 Gesù sarà detto l 'Amen, il testimone fedele e verace; si parlerà anche di

56

Mandato- si sottolinea questo aspetto anche con una brusca anomalia grammaticale: àTiootaÀ!lÉVOL (maschile, collegato con 1TVEU~ta, neutro) - a tutta la terra, a tutta l'umanità, lo Spirito raggiunge il massimo di esplicitazione: è sempre l'unico Spirito di Dio e di Cristo. Inviato agli uomini, donato a loro, tende a raggiungerli tutti (tutta la terra).

54

Prima parte (1,4-3,22)

una testimonianza di Gesù fatta propria dai credenti (cfr. 1,2.9; 6,9; 12, 11.17; 19, l Obis; 20,4). Apparirà come Gesù Cristo, agendo nella storia personalmente e tramite quelli che credono in lui: una concretizzazione palpabile della parola, delle promesse di Dio riguardanti la storia stessa; anzi, quando tale concretizzazione si sarà avverata, si potrà constatare che corrisponde proprio a lui, Parola di Dio (cfr. 19,13 e il rispettivo contesto). La benevolenza e la pace di Gesù Cristo, proprie di lui, passano attraverso le vicende umane, attuandovi in pieno la parola di Dio; ma, contenutisticamente, si avrà un'identità: Gesù Cristo, parola di Dio, attua se stesso, realizzando nella storia i suoi valori. L'espressione il primogenito dei morti mostra come Gesù Cristo è percepito dalla comunità ecclesiale57 : con la sua morte si associa a tutti gli uomini, divenendo pienamente loro fratello, ma soprattutto risorto può partecipare la sua resurrezione a tutti. La sua primogenitura indica che egli è il primo tra i molti fratelli. Dato il senso per lo più negativo che ha nell'Apocalisse l'espressione re della terra (cfr. 6,15; 17,2; 18,3.9), la supremazia di Gesù Cristo consiste nel vincerli e sottometterli. Essi rappresentano centri di potere, organizzati, nei quali si concretizza la negatività del demoniaco 58 • L'intervento conclusivo di Gesù Cristo, re dei re;f3aoLÀEUç pamÀÉwv (17, 14; 19,16), li ridurrà all'impotenza; con l'espressione sovrano dei re della terra viene affermata la sua supremazia dinamica sulle forze storiche di segno negativo, comunque organizzate.

;-L'espressione ricorre simile in Col 1,18: primogenito dai morti/npwt6toKoç ÈK :wv VEKpwv; e, ancora in una forma più attinente, in lCor 15,20: è risuscitato dai morti primizia di coloro che sono addorrnentatiiEyr1YEp1«L ÈK VEKpwv anapx~ twv KEKOLf!TJf!Évwv. A differenza di Paolo, il nostro Autore insiste sull'aspetto associativo di Gesù Cristo alla morte fisica (o npw1010Koç 1wv VEKpwv). Per uno studio specifico dell'espressione, si rimanda a C. DoGLIO, Il Primogenito dei morti. La risurrezione di Cristo e dei cristiani nell'Apocalisse di Giovanni (SRivBib 45; Bologna 2005). 8 ' L'espressione re della terra ricorre sette volte nel!' Apocalisse, con diversi significati: neutro (1,5; 6,15); positivo in relazione alla Gerusalemme nuova (21,24); negativo (16,14; 17,2.18; 18,3.9; 19,19).ln quest'ultimo senso, tali realtà si rivelano prive di qualsiasi scrupolo e presenti in ogni parte del mondo, capaci di detenninare, con risvolti drammaticamente negativi, la vita di molte persone e di interi Paesi; potremmo esemplificare, menzionando le multinazionali, le cordate politiche, gli affaristi e i finanzieri internazionali, la criminalità organizzata, e così via.

55

Commento

l ,5-6 (Assemblea)

1,5-6 (Assemblea)

se TQ étyanwvn ~~ç

5

KIÙ Àuoavn ~~iiç ÈK twv &:~pnwv ~~wv Èv tQ a'[~an ainou 6 Kat E-rrotllOEV ~~liç paaLÀEtav, LEpE'iç tQ 8EQ Kat natpt aùtou, aùtQ ~ M.;a Kat tò Kpatoç EÌ.ç toùç ai.wvaç [twv ai.wvwv]· à~~v.

•A colui che ci sta amando e ci sciolse dai nostri peccati nel suo sangue 6 - E fece noi regno, sacerdoti a Dio e Padre suoa lui la gloria e la forza per i secoli: amen!

-A colui che ci sta amando e ci sciolse dai nostri peccati nel suo sangue (ni) aycmwvn ~lliiç KCXÌ. Àuoo:vn ~!liiç EX 'CWV Ù~UXpnwv ~llWV Èv tQ cx'(IUXn o:ÙtOu)

La comunità ecclesiale, nella sua risposta dialogica al saluto, mette in risalto come prima cosa l'amore continuato (vedi il participio presente tQ aya1rwvn) di Gesù Cristo nel presente, che fa presa sulla situazione vissuta59 • Tale amore segue la vita della comunità (cfr. 3,9; 3,19-20) ed essa si sentirà impegnata a ricambiarlo. Giàfidanzatalvulli!>TJ (21,9; 22, 17), ora essa aspira al livello pari teti co di corrispondenza nuziale, all'amore di Gesù Cristo che si realizzerà a livello escatologico, quando diventerà la donna, la sposa!yuv~ (cfr. 19,7; 21,9). L'amore per il gruppo ecclesiale, soggetto del noi, si è attuato anche nel passato: ci sciolse dai nostri peccati nel suo sangue. L'espressione, come mettono in rilievo le varianti nella tradizione manoscritta già esaminata, mostra un'incongruenza; nella sua asprezza e densità, costringe a un approfondimento: infatti il sangue non scioglie, semmai può lavare, e allora si spiega la variante che lavò/À.ouao:vn. Si parla di un soggetto attivo che, nel passato, ha svolto un'azione di scioglimento e di separazione dai (ÈK) peccati, la quale è collegata col sangue (nel sangue/Èv tQ o:'(llo:n ), ma supera la semplice funzione espiatoria. Nella concezione tipica dell'Apocalisse, il sangue di Gesù Cristo suppone la sua vita donata, attraverso la passione e la morte, carica di una virtualità di liberazione e di resurrezione 60 ; non si tratta di un meccanismo automatico: tale virtualità è stata applicata, con l'impegno personale 59

Vedi anche S. CANTORE, "Colui che ci ama (Ap l ,5)", PSV l O ( 1984) 205-214. Cfr. U. VANNI, "Il sangue nell'Apocalisse", Sangue e Antropologia Biblica: atti della Settimana (Roma, 10-15 marzo 1980) (ed. VAJTJONI, F.) (Roma 1981) 865-884. Non si tratta di un sacrificio espiatorio per placare una divinità insoddisfatta o irata, ma del dono della vita che vuole mostrare l'infinito amore di Dio per l'umanità e il vero volto dell'uomo fatto a immagine del suo Creatore. 60

56

Prima parte (1,4-3,22)

e attivo, da lui stesso che sciolse dai peccati61 • Sarà precisato subito, quando si parlerà di regno e sacerdoti, quale sia la prospettiva della sua attività. I peccati da cui il credente è liberato sono presentati in forma generica; si riferiscono alla somma delle sue insufficienze, prima del contatto con la forza liberatrice della vita donata (sangue) di Gesù Cristo. Per riassumere. Alla base di tutto c'è l'amore continuato di Gesù da cui l'assemblea si sente avvolta (a colui che ci sta amando). Come effetto di questo amore, essa riconosce la liberazione, già avvenuta, dall'ostacolo dei peccati (ci sciolse) e la sua costituzione creativa (ci fece) in un duplice stato: quello di regno e quello di sacerdoti62 •

-E fece noi regno, sacerdoti a Dio e Padre suo (K«Ì. ÈnotT]OEV

~IJ.iiç

paoLÀELIXV, Ì.EpELç -cQ 9EQ Kfll lTIX'Cpl aÙ-cou)

L'espressione colpisce il/ettore/ascoltatore perché rompe la struttura grammaticale della frase che sarà ripresa però subito dopo (A colui che ci ama e ci sciolse... a lui la gloria) e, inoltre, perché l'abbinamento regno-sacerdotiiP(toLÀ.Et«V Ì.EpE1ç è insolito e forzato: manca un legame tra i due termini (ad es. una congiunzione) o una combinazione grammaticale che li metta in rapporto 63 • Per comprendere il significato dell'espressione, a cui il nostro Autore annette un'importanza tutta particolare, partiamo da Es 19,6a: Voi sarete per me un regno di sacerdoti (TM: c~~::):, n;:,,~~~; LXX: BaotÀELov i.Epa-cEUIJ.«)64 e una nazione santa, e analizziamo le somiglianze. "' Situato nel passato, tale scioglimento è da identificarsi, con tutta probabilità, con il battesimo. Ma, per la tipicità dell'espressione, sarebbe riduttiva l'interpretazione che circoscrivesse questa frase - e tutto il brano - a una liturgia battesimale. Nell'Apocalisse, il verbo sciogliere ha il valore preciso di rimuovere un legame, un impedimento che trattiene, come un sigillo (cfr. 5,2; 9,14.15, riferito ai quattro angeli legati; 20,3.7, riferito a Satana). Sciolto dall'impaccio costituito dai peccati, non più impedito, il credente è in grado di muoversi e di agire. 62 Per un approfondimento vedi U. VANNI, "La promozione del regno come responsabilità sacerdotale dei Cristiani secondo l'Apocalisse e la Prima Lettera di Pietro", Greg 68 ( 1987) 9-56; lo., "Sacerdozio e regno nell'Apocalisse. Una prospettiva teologicobiblica", RivLi 69 (1982) 341-344. 63 Le incertezze e le aggiunte rilevate nella tradizione manoscritta confermano l'anomalia e quindi la loro importanza, secondo lo stile dell'Apocalisse. 64 Il termine n::>Soo deve essere inteso come stato assoluto o stato costrutto. Può essere interessante uno sguardo alle traduzioni successive: Aquila (130 d.C.) traduce: j3aaLÀELa LE'p~wv; Teodozione (fine II sec.) e Simmaco (inizio III sec.) hanno la stessa formulazione dell'Apocalisse: jlaaLÀE'La tE'pE'i.ç. La traduzione dei LXX sembra disco57

Commento

L'espressione ebraica può essere intesa regno di sacerdoti, oppure regno, sacerdoti; entrambe le interpretazioni sono possibili: l'Autore dell'Apocalisse ha scelto la seconda, distinguendo i due termini senza collegarli tra loro. Affermando che i credenti sono resi da Gesù Cristo sia regno;flaat.l..El.ocv sia sacerdoti!tEpE1ç lascia all'espressione la sua forza d'urto, che sarà chiarita e ripresa in seguito, quando parlerà nuovamente di regno e sacerdozio in 5,10. Ritornando al passo di Esodo, l'espressione regno di sacerdoti e nazione santa ha avuto diverse interpretazioni: sacerdoti nel senso di prìncipi, stretti collaboratori di Dio, vicini a Lui; oppure come coloro che hanno l'incarico di studiare la legge, consultando YHWH (Dt 17 ,9; 33, l O) - nel regno di sacerdoti tutti esercitano questa funzione senza distinzioni -; o ancora, in relazione a coloro che celebrano il culto e stabiliscono una relazione tra Dio e il popolo, l'espressione indicherebbe la responsabilità sacerdotale di Israele in funzione degli altri popoli. In quest'ultimo senso, si potrebbe precisare ulteriormente che, essendo divenuto proprietà (:"17~c, in Es 19,5) di Dio, Israele è costituito regno e in seguito assume il ruolo attivo di sacerdote per gli altri popoli. Qual è, allora, il significato che regno-sacerdoti assume nell' Apocalisse? Diverse sono state le interpretazioni di insieme proposte65 • Dato che il termine sacerdoti viene usato (cfr. l ,6; 5, l O; 20,6) supponendone

starsi notevolmente, almeno a prima lettura, dal testo ebraico: pacrtJ..uov Lepate~, qualora si dia a 13acr0..nov un valore aggettivale (e quindi la frase sarebbe da tradurre organismo sacerdotale regale). Ma è documentato anche il valore sostantivale di l3aatl..nov nel senso di casa regale, regno, diadema del re. In questo caso avremmo casa regale-organismo sacerdotale, e ciò sarebbe più sulla linea del testo ebraico. 65 Le interpretazioni si riferiscono anche agli altri due brani de li' Apocalisse dove ricorre Lepei.ç (5,10 e 20,6). Schiissler Fiorenza afferma che tutti i cristiani possiedono una dignità sacerdotale e regale. Ma questa loro qualifica si trova, al momento presente, come legata, ridotta allo stato di potenzialità: potranno svolgere il loro sacerdozio e la loro regalità solo a livello escatologico; cfr. E. ScHfrssLER FIORENZA, Priester for Goti. Studien zum Herrschaft- und Priestennotiv in der Apokalypse (NTAbh 7; Miinster 1972). A. Feuillet ritiene che la figura del servitore di YHWH del secondo Isaia, in particolare di Is 53, esprima la radice biblica del sacerdozio del NT: si riferisce a Cristo che offre se stesso in sacrificio; si riferisce agli apostoli, chiamati in modo speciale ad attualizzare il sacrificio di Cristo e a continuarne la missione, offrendo, in tale prospettiva, la loro vita. Si riferisce - l'Apocalisse insiste su questo aspetto, accennando a quello che riguarda Cristo- a tutti i cristiani. Dotati di una prerogativa sacerdotale e regale, i cristiani la eserciteranno nella stessa linea di Cristo che regna come sacerdote dalla croce: dovranno, quindi, offrire la loro vita, le loro difficoltà,

58

Prima parte (1,4-3,22)

noto il significato - non si dà alcuna spiegazione precisa del termine dobbiamo chiederci se sia possibile vedervi una qualche mediazione attiva, come il vocabolo stesso suggerisce. Inoltre, percorrendo il filo delle ricorrenze, dobbiamo valutare che senso abbia l'abbinamento costante di sacerdoti ai termini re;f}aoLÀ.Euç, regno;flaoLÀ.E(a e regnare/ pa.oLÀ.Euw, che presentano un valore tutto particolare nell'Apocalisse, fissando l'attenzione su alcuni significati nei quali l'uso si ramifica e si suddivide. l) Re. Dio stesso è chiamato re delle genti nella celebrazione della sua vittoria sul male e dell'instaurazione della nuova creazione (15,3). Gesù Cristo è chiamato solennemente e ripetutamente re, nel contesto di contrapposizione ai cosiddetti re della terra, i quali indicano i centri e le strutture di potere che entrano in gioco nel conflitto tra bene e male. Tale tematica percorre tutto il libro, prima con la distruzione dei re, poi con una loro ricomparsa inaspettata (re della terra) e infine si conclude, in seguito all'intervento di Cristo re dei re;J3acnÀEÙo: KO:Ì. tÒ •Q - ÀÉyEL KUp wç ò 8Eoç (B) Ò WV Ko:Ì. Ò ~V KO:Ì. Ò ÈpXDf,J.Evoç (C) ò Tio:vtoKpti-rwp.

Al culmine del dialogo liturgico, l'Autore fa intervenire direttamente Dio nel discorso, seguendo lo stile dei profeti dell' AT. E lo fa in un modo caratteristico: è talmente convinto di parlare a suo nome dainiziare ex abropto con un'autodefinizione Io sono!Éyw Elf.LL. Solo quando l'autodefinizione si è già sviluppata, sottolinea il fatto che è proprio Dio che sta parlando (lo dice il Signore Dio/)71 • La definizione io sono riprende, con tutta probabilità, Es 3,14 e si aggancia al v. l ,4 colui che è/o wv; il fatto che Dio parli di sé e si definisca conferisce al contesto un peso teologico tutto particolare, che punta al massimo di comprensione di Dio. L'identificazione si sviluppa in un parallelismo sinonimico progressivo di tre frasi (indicate sopra con A, B, C), dipendenti direttamente da io sono, come mostra la costruzione del versetto: manca, infatti, la congiunzione e tra le tre locuzioni. L'espressione l'alfa e /'omega/•Ò li>..a KaÌ. •Ò "'Q, in questa forma precisa, sembra originale del nostro Autore 78 • Con un'immagine nuova,

- Si tratta di uno stico parentesi che ha lo scopo di rimarcare il contenuto. Nel nostro \ersetto, introducendo Dio nel dialogo, evidenzia il fatto che la definizione deriva direttamente da lui. ., Esistevano altre formule, come quella tradizionale: osservare la Torà da alef a rau. La dipendenza letteraria di quella del versetto da Is 41,4: lo sono il primo e l'ultimo, non è dimostrata né appare molto probabile, dato che nell'Apocalisse ricorre un'espressione perfettamente corrispondente in 2,8 (ò npwtoç KO:L ò ~oxo:toç). Sul significato della formula e per tutti questi riferimenti si rimanda allo studio di W. J. P. BoYD, '"l am the Alpha and Omega' (Rev 1,8; 21,6; 22,13)", Studia Evangelica. Il. ()Q

Commento

viene indicata, mediante i due estremi, non solo tutta la serie omogenea dell'alfabeto, ma anche il movimento in avanti dato proprio dallo scorrere delle lettere. Questa frase, attribuita a Dio Padre, significa che egli è presente all'inizio e alla fine degli eventi storici e così pure nella loro successione; egli ha in mano tutto lo svolgimento delle vicende umane, la vita di ciascuno e di tutti. Noi siamo un segmento della storia universale, una lettera dell'alfabeto di Dio; non sappiamo quale, ma certamente facciamo parte di questa sequenza. Poiché nel decorso del libro apparirà chiaramente che tutti gli attributi dinamici di Dio, riguardanti la storia e gli avvenimenti, passano in Gesù Cristo risorto, la stessa espressione in 22,13 (lo l'alfa e l'omega, il primo e l 'ultimo, l 'inizio e la conclusione) riferita direttamente a lui conferma che anche i titoli e le qualità divine gli appartengono. La seconda frase del parallelismo sinonimico Colui che è ed era e sta venendo determina la prima. Riprendendo l'espressione di 1,4 ci dice che la presenza attiva di Dio nella storia si è manifestata nel passato (che era), è presente adesso (che è) ed è in movimento, per rivelarsi con continuità nel futuro (che sta venendo). E poiché il venire di Dio (ÈPXOIJ.EVoç in 1,4; 1,8) è collegato con quello di Gesù Cristo (Épxnat in l, 7), l'Autore ci suggerisce che la venuta del Padre si realizzerà mediante quella del Figlio. Dio si immerge negli avvenimenti storici attraverso Gesù risorto e questi ci condurrà a lui. Il terzo elemento del parallelismo sinonimico progressivo determina al massimo il senso di Dio presente nella storia; è una presenza di forza ('rravro-Kpar-wp:forza per tutto). Tutta la storia, anche i fatti più sconcertanti, e la vita di ogni essere umano dipendono direttamente da Dio e sono sotto il suo potere. Siamo nelle mani di Dio, colui che domina tutto e che mette la sua onnipotenza a servizio degli uominF9 • Dato che in l ,6b la forza per i secoli era stata riconosciuta a Gesù Cristo, si può rintracciare, anche qui, una spinta nella sua direzione. Apparirà, nel decorso del libro, che non solo la presenza-venuta di Dio nella storia si realizzerà tramite Gesù risorto, ma anche l'applicazione della forza divina si concretizzerà per mezzo di Cristo-agnello.

Papers presented to the Second Intemational Congress on New Testament Studies held at Christ Church, Oxford, 1961 (ed. F. L. CRoss) (TU 87; Berlin 1964) 526-531; cfr. anche KrrrEL, "A Q", GLNTI, 5-12. 79 È risaputo come in epoca ellenistica il termine TiavroKpoctwp venisse usato come titolo imperiale; nell'Apocalisse è riferito a Dio 9 volte (1,8; 4,8; 11,17; 15,3; 16,7.14; 19,6.15; 21,22) e indica l'onnipotenza divina applicata sempre e dovunque nell'ambito dei fatti umani. 70

Prima parte (1,4-3,22)

2. L'incontro con Gesù Risorto nel giorno del Signore (1,9-20) 2.1. Profilo letterario e teologico

Il testo presenta un contatto contestuale che, in alcuni punti, diventa letterale con Dn l O, 1-21 e che consiste nella ripresa dello schema in esso contenuto 80 • Possiamo visualizzare, in un prospetto sinottico, i punti di contatto più significativi tra i due testi: Indicazioni del luogo e altre circostanze concrete: apparizione "trascendente": reazione di debolezza da parte di colui che vede: intervento di colui che appare e conferimento di un incarico:

Dn 10,1-4 Dn 10,5-6

Ap 1,9-11 Ap 1,12-16

Dn 10,7-9

Ap 1,17a

Dn 10,10-21

Ap 1,17b-20

C'è un contatto contestuale anche con la trasfigurazione (M t 17, 1-9; Mc 9,2-1 O; Le 9,28-36), avvalorato dalla presenza di alcuni elementi comuni: luogo, apparizione trascendente, reazione di debolezza, incarico, enfatizzazione del colore bianco e la faccia di Gesù come sole (Mt 17,2). Un qualche contatto de li' Apocalisse coi sinottici, almeno a livello di tradizione, è probabile. Dopo il dialogo liturgico intrecciato tra il lettore e l'assemblea (cfr. l ,4-8), si ha ora un discorso diretto e continuato, sempre rivolto al gruppo di ascolto, anche se le reazioni di quest'ultimo non sono indicate esplicitamente. Il discorso diretto si protrarrà per tutto il libro, divenendo di nuovo dialogo liturgico nella parte finale (22,6-21 ). Il tema del brano è l'incontro travolgente con il Risorto da parte de li' Autore, che lo partecipa a tutta l'assemblea. Questa esperienza personale è possibile grazie alla trasformazione operata dallo Spirito Santo (divenni nello Spirito), che produce in lui un'apertura particolare nei riguardi della trascendenza intima e talmente coinvolgente da doverla condividere. Lo Spirito entra n eli' Autore, "diviene" in lui, lo trasforma, lo rende capace di cogliere la ricchezza trascendente propria di Gesù Cristo (cfr. 1,12-20) e di parteciparla agli altri. Per coso Vedi U. VANNI, L 'Apocalisse, 115-116; cfr. anche MANuNzA, L 'Apocalisse, 73-161, che presenta uno studio esegetico-teologico del brano di Ap 1,9-16.

71

Commento

municare la sua vicenda personale, l'Autore ricorre al suo patrimonio "genetico" che sono le Scritture, e in questo modo le caratteristiche di Dio passano spontaneamente a Gesù, sottolineando, senza strappi, la sua divinità; e poiché il mistero divino rimane sempre inafferrabile e ineffabile, egli usa il linguaggio simbolico che, con tutta la versatilità che contiene, gli permette di far sentire e quasi sperimentare la vitalità travolgente del Risorto.

2.2. Esegesi dei versetti 1,9

1,9

'Eyw 'IwavVT]c;,

Io, Giovanni, il vostro fratello e compartecipe nella tribolazione e regno e perseveranza in Gesù venni a trovarmi nell'isola denominata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù.

Ò ÙOEÀcjlÒç Ù~WV KaÌ. OUYKOLVWVÒç Èv ·dj SÀLijiEL Kat ~aaLÀEL~ Kat ùn~ovfl Èv 'IT)OoG, ÈyEVD~llV Èv tfj V~a~ tfj KaÀOUIJ.ÉVIJ rra-r!J.~ 6tà tòv J..oyov tou 8Eou Kaì. t~v !J.aptup(av 1T)Oou.

-Io, Giovanni, il vostro fratello e compartecipe ('Eyw 'IwavvT]ç à&:ì..Òç UjlWV KIÙ auyKotvwv6ç)

o

L'Autore fa parlare il protagonista ideale, Giovanni, in prima persona, secondo l 'uso costante della pseudonimia apocalittica. Il nome Giovanni- che ricorre in 1,1.4.9 e 22,8- attira l'attenzione proprio sulla figura del protagonista letterario. Qui, come nelle altre ricorrenze, sottolinea un contatto con il gruppo di ascolto a cui il messaggio è rivolto. Il termine fratello!à&:ì..oç ricorre ne li' Apocalisse 5 volte (l ,9; 6, Il; 12, 10; 19, l O; 22,9) e ha sempre un contenuto ecclesiale esplicito. È usato col valore, tipicamente cristiano, di appartenenza paritetica alla medesima famiglia spirituale. L'uso dell'Apocalisse sottolinea la reciprocità dei vari servizi e delle situazioni ecclesiali. L'aggettivo compartecipelauyKotvwvoç (così come il verbo auyKowwvfiw) indica, nell'uso del NT, la condivisione attiva rispetto a un gruppo che, o come punto di partenza o di arrivo, costituisce sempre l'elemento determinante (cfr. Rm 11,17; ICor 9,23; Fill,7; per il termine auyKotvwvÉw vedi Ef 5, Il; Fil 4, 14; e in particolare Ap 18,4). Nel nostro contesto prolunga e specifica il sostantivo fratello: la solidarietà pari teti ca col gruppo ecclesiale, al quale Giovanni/Au7?

Prima parte (1,4-3,22)

tore si rivolge, si esprime e si concretizza in una condivisione attiva che verrà subito determinata.

-nella tribolazione e regno e perseveranza in Gesù (Èv ttì 9Ht1rEL Ko:Ì. l3a.oLÀEL~ KctÌ. Ù1TOIJ.OvlJ Èv 'IT}OOU) Esaminiamo più da vicino i tre termini che costituiscono il legame tra Giovanni e la comunità alla quale sta parlando, per procedere poi ali' esegesi complessiva della frase. l) Tribolazione!fU(ttrLç indica, anche in forza del suo significato base (9H~w: comprimo), una situazione di sofferenza proveniente dall'ambiente in cui si vive. Nell'uso tipico dell' Apocalisse 81 , appare una costante della vita del credente e una realtà contemporanea al gruppo ecclesiale, ma continuamente seguita da Dio (2,9 .l 0.22). Presenta anche una gradualità: in 2,10 è detta limitata nel tempo (dieci giorni) 82 ; in 2,22 è grande (9Httrw 1-J.EyaÀTJv), perché è una prova particolarmente impegnativa e potrebbe portare a un cambiamento di vita; in 7,14 costituisce l'occasione-limite nella quale il credente rende, in un certo senso, assoluta la sua scelta di Gesù Cristo (questi sono coloro che stanno venendo dalla tribolazione, quella grandelot ÈPXOIJ.EVOL ÈK tf]ç eHttrEwç tf]ç IJ.EYtlÀTJç) e può diventare particolarmente rilevante, con un massimo di intensità83 • Possiamo sintetizzare: dovendo sempre andare controcorrente rispetto all'ambiente in cui vive, il credente incontrerà nella sua vita una serie di difficoltà che porteranno sofferenza. Il gruppo ecclesiale, consapevole di questo, saprà poi nel suo discernimento sapienziale valutare la 1

Anche se un contatto letterario coi sinottici (M t 24,21) - come la postula Skrinjarnon appare dimostrabile, rimane vero che, al di là di una dipendenza diretta, la tribolazione è un concetto tipico nella scuola apocalittica: si riferisce a una situazione di tensione, di difficoltà che poi dà luogo al regno messianico. 2 ' Nelle Scritture il numero dieci, con i suoi multipli, indica totalità e stabilità. Secondo il simbolismo numerico de li' Apocalisse, invece, il numero dieci è sempre collegato con il male (cfr. 12,3; 13,1; 17,3.7; 17,12.16) e rimanda all'idea di brevità e relatività; in 2,10 significa che la situazione di disagio e di sofferenza sarà sempre sotto il controllo attento di Dio. 3 ' Riguardo a quest'ultimo caso (Ap 7,14) si pone il problema della sua collocazione cronologica: si tratta o no della tribolazione sinonima delle "convulsioni escatologiche" (cfr. H. SCIDLLER, "8HPw, 8:1.hlaç" GLNTN, 515-542) e che precedono la fine? L'assenza di un riferimento esplicito al termine del contesto immediato- sempre di 7,14- suggerisce di intendere l'intensità della tribolazione in senso qualitativo piuttosto che strettamente cronologico: è il massimo della tribolazione, la prova decisiva attraverso la quale i credenti dovranno passare per arrivare al regno messianico. '

73

Commento

portata della tribolazione in cui di fatto si trova: potrà essere costante, ma sarà sempre sotto il controllo di Dio; potrà assumere dimensioni di intensità particolare, fino a diventare la prova decisiva che dà luogo al regno messianico. 2) Regno, nell'Apocalisse, indica soprattutto la potestà regale attiva (cfr. 11,15; 12,10; 16,10; 17,12; 17,17.18)84 • In altre ricorrenze (1,6.9; 5,10), visto il contesto, assume il significato di regno effettuato. I credenti, per effetto del dinamismo sprigionato da Gesù re crocifisso (cfr. Gv 19, 19-22), sono fatti regno, nel senso di appartenenza piena al suo regno nuovo. In questa situazione saranno poi chiamati a collaborare attivamente al divenire storico del suo regno nel mondo. Pertanto, fatti regno, i credenti hanno anche una responsabilità regale. 3) Perseveranza!ùnof.LoviJ: di uso relativamente frequente nell' Apocalisse (1,9; 2,2.3.19; 3,10; 13,10; 14,12), ha come significato fondamentale capacità di sostenere, di sopportare, di tenuta e di resistenza sotto pressione. Tale capacità si evidenzia nelle circostanze difficili ed è collegata con la fatica (2,2.3); appare in rapporto particolare col Gesù della vita comunitaria (cfr. 3,10). Deriva da lui, è un dono suo; è la conclusione che viene raggiunta nel discernimento comunitario, durante il decorso del libro, a proposito dei momenti drammatici della vita del credente (13,10; 14,12). I tre termini si illuminano a vicenda e costituiscono un'espressione unitaria determinata dali 'unico articolo posto davanti al primo sostantivo e dalle due congiunzioni. La tribolazione è la difficoltà costante che il credente incontra nel rimanere regno e nell'esercizio della sua potestà regale; ciò comporta la necessità imprescindibile della perseveranza protratta e questa si ottiene in contatto con Gesù Cristo risorto, condiviso nell'assemblea liturgica85 •

84

Il termine può assumere in greco una gamma piuttosto vasta di significati: dominio; potere regale; diadema; regno nel senso usuale. Cfr. H. G. LIDDELL - R. Scorr- H. S. JONES, A Greek-English Lexicon (Oxford 1982) 309. 85 In contatto con Gesù risorto e grazie al suo influsso, il credente supera l'impatto doloroso della tribolazione senza !asciarsene schiacciare; riesce a guardare oltre, con la fiducia robusta di chi sa condividere il regno. La resistenza nelle situazioni negative e la speranza, vissute nella condivisione liturgica, acquistano una valenza comunitaria. Non è la persuasione banale del "tutto passa", ma la scelta di un atteggiamento di fondo, costituito dalla volontà di guardare in faccia gli eventi storici, anche i più sconcertanti, mantenendo realisticamente la speranza e l'affidamento totale a Dio.

74

Prima parte (1,4--3,22)

-venni a trovarmi nell'isola denominata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù (ÈyEVO~llV Èv tiJ v~OliJ tiJ KUÀOWÉV1J llth~!iJ 6u\: tÒV Àoyov 'tOU 8Eou KUÌ. 't~V ~aptup(av 'lllCJOU)

Giovanni/Autore si trova relegato nell'isola di Patmos 86 , fisicamente separato dalla sua comunità, ma con la quale si sente in stretta comumone. E poiché, nell'Apocalisse, il verbo divenire/y(vo~aL (nelle sue 38 ricorrenze) non è mai sinonimo di essere e conserva il suo valore di fondo, indica qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora non è accaduto e che accade, un qualche cambiamento rispetto a una situazione precedente87. Pertanto ci dice non semplicemente che Giovanni/Autore si trova sull'isola, ma che questo trovarcisi comporta un mutamento rispetto alla sua situazione precedente: vi era stato portato. Patmos era considerata un luogo di pena, che comportava almeno la relegazione, come ci attesta Plinio 88 • La testimonianza dell'Apocalisse viene ripresa e confermata da una tradizione solida. La troviamo attestata negli Acta Johannis (Il sec.), nelle due redazioni in cui ci sono pervenuti: in quelli più completi si parla di una relegazione nell'isola di Patmos dove "fu fatto degno di vedere la manifestazione del compimento finale"; negli Acta Johannis (recensio) la tradizione è più articolata: Giovanni è relegato temporaneamente a Patmos dall'imperatore. La motivazione della relegazione, diversa da quella indicata nell'Apocalisse, mostra che gli Acta hanno raccolto una tradizione indipendente 89 • Con molta probabilità, c'è stato un soggiorno temporaneo di Giovanni l'apostolo a Patmos, voluto dall'autorità a causa (6La) della predica" Si tratta dell'odierna Patmo, un'isola dell'arcipelago delle Sporadi meridionali, nell'Egeo. ,-Cfr. BAUER-ALAND, Griechisch-deutsches Worterbuch, 320-321: vedi specialmente 321, dove proprio ad Ap l ,9 è attribuito questo significato. ''Cfr. PLINIO, Historia Naturalis, 4,12.23. ·• La permanenza di Giovanni a Patmos viene poi attestata costantemente anche in seguito: Tertulliano, Clemente Alessandrino, Ori gene (cfr. CHARLES, A Critica/ I, 22). Vittorino si esprime in questi termini: " ... quando haec Johannes vidit erat in insula Patmos, in metallum damnatus a Domitiano Caesare ... interfecto Domitiano ... de metallo dimissus sic postea tradidit eandem quam a Deo acceperat Apocalypsim" (cfr. CHARLES, A Critica/ I, XCIII); è menzionata ripetutamente da EusEBIO, Historia Ecclesiastica, 3: 18, 1.3; 3: 23,6.3; 7: 25,11.9. La maggioranza dei commentatori esclude che si tratti di un soggiorno volontario; per una panoramica sulle varie opinioni vedi AUNE, Revelation 1-5, 77-79; cfr. anche G. CAMPS, "Patmos", DBSVII, 74-81; e G. B. CAIRD, The Revelation ofSt. John the Divine (London 1966) 20-22.

75

Commento

zione e al fine di allontanarlo dalle comunità dell'Asia Minore. Il versetto richiama l ,2, dove si parla di Giovanni che ha accolto in pieno il messaggio divino e lo ha testimoniato attivamente (il quale testimoniò la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo). Il nostro Autore sfrutta i dati biografici del protagonista, con il quale si identifica, per evidenziare le circostanze ideali di solitudine, povertà, austerità e concentrazione in cui avviene il contatto importante e prolungato con la trascendenza90 • l,IOa

l,IOa

ÈyEVOIJ.T]V ~V 1TVEUIJ.«!L Èv tU KUp LaKU ~IJ.~pq:,

Divenni nello Spirito nel giorno del Signore,

- divenni nello Spirito (ÈyEvO~TJV Èv 1TVEUIUl'tL)

Questa caratteristica espressione ricorre due volte nell'Apocalisse in 1,10 e in 4,2, rispettivamente all'inizio della Prima e della Seconda Parte del Libro. Suggerisce un contatto profondo, particolarmente qualificato, che tende a trasformare e a preparare ali' incontro con Gesù. Per la corretta interpretazione, però, occorre tenere presenti alcuni elementi molto importanti. lnnanzitutto ricordare il significato del verbo divenire nel senso di passaggio da una situazione ad un'altra nuova; poi considerare che il termine pneuma, nell'Apocalisse, è riferito normalmente allo Spirito; infine data la visione antropologica unitaria dell'Autore, tipica della mentalità ebraica, che non ammette il contrasto anima-corpo, escludere l'ipotesi di un rapimento estatico extracorporeo. Traducendo letteralmente le due ricorrenze dell'espressione divenni nello Spirito (l, l O e 4,2), rileviamo una forte accentuazione del contatto con lo Spirito Santo, il quale produce un'apertura particolare nei riguardi della trascendenza, intima e coinvolgente. Lo Spirito entra nell'Autore, "diviene" in lui, lo trasforma, lo rende capace di cogliere la ricchezza trascendente propria del Risorto (cfr. 1,12-20) e di parteciparla agli altri. Egli ricorre a tutta la ricchezza delle Scritture, alle qua-

90

Anche la tradizione biblica riferisce episodi simili: vedi il profeta Elia (IRe 19,9), Gesù che si ritira nel deserto (Mt 4,lss; Mc 1,12-13; Le 4,lss) e l'apostolo Paolo in Arabia (Gal 1,17). Cfr. H. KRAFr, Die Offenbanmg des Johannes (Ttibingen 1974) 41-42.

76

Prima parte (1,4-3,22)

li continuamente allude nella propria opera, più o meno direttamente, ma sempre in modo originale e creativo; grazie alla versatilità del linguaggio simbolico, inoltre, riesce a far sentire e quasi sperimentare la vitalità travolgente di Gesù risorto (1,12-16).

-nel giorno del Signore (Èv -rij KUplaKij ~f.J.Ép~) L'espressione, tipica dell'Apocalisse, si è prestata a varie interpretazioni91. Prima dell'Apocalisse, troviamo allusioni precise a una riunione settimanale, con una terminologia ancora di matrice ebraica, in l Cor 16,2 che riporta: il primo giorno dopo il sabato!Ka-rèt. f.LLav aa131Xi-rou; e in At 20,7 che dice: il giorno primo del sabato/& -rij f.Ll(i -rwv aai3!Xi-rwv, della settimana che inizia dopo il sabato. Successivamente - al massimo qualche decennio dopo la data probabile di composizione dell'Apocalisse-, l'uso della celebrazione '' Si è pensato al giorno di YHWH dell' AT (TM: :'1V"1~ Ci'; LXX: ~flÉpa toù Kup(ou oppure ~flÉpa Kup(ou; cfr. Is 13,6; Ez 7,10; Gl2,11; Am 5,20): ~ KuptaK~ ~flÉpa sarebbe il giorno del giudizio finale di Dio; cfr. S. BACCHioccm, From Sabbath to Sunday. A hi storica/ investigation of the rise of Sunday observance in early Christianity (PUG; Rome 1977), con lo stesso valore che assume ~ ~flÉpa ~ flEY!iÀT] in 6,17 e 16, 14. Ma occorre precisare questo: mentre per la loro forma grammaticale caratteristica (seguita da genitivo e soprattutto con l'aggiunta di flEYUÀTJ), le ultime ricorrenze citate corrispondono al significato e al contenuto del giorno di YHWH dell' AT, la costruzione tipica~ KUpLaKit ~flÉpa isola linguisticamente l'espressione, distinguendola dalla forma e dal significato delle altre due simili. Dato che nell'ambito del N.T. Kupwç è il Signore Gesù e che l'unico altro esempio di KuptaK6ç si riferisce proprio a Lui (''cena del Signore", KUpLaKÒv &invov, in lCor 11,20), il "giorno del Signore" è stato interpretato come il giorno di Cristo per eccellenza: quello della celebrazione della Pasqua, nel quale l'assemblea festeggia la resurrezione; cfr. C. W. DuGMORE, "Lord's Day and Easter", Neotestamentica et Patristica. Eine Freundesgabe, Herrn Professar Dr. Oscar Cullmann zu seinem 60. Geburtstag Oberreicht (ed. W. C. VAN UNN!K) (NT.S 6: Leiden 1962) 272-281. È vero che nel contesto immediato (l, 12-18) molte sono le allusioni alla resurrezione - la più esplicita in l, 18 divenni un cadavere ed ecco che sono vivente-, ma sono così generiche che difficilmente si può intendere ~ KUpLaK~ ~flÉpa come il giorno liturgico di Pasqua. Sulla base di testimonianze antiche (vedi nota seguente), altri ritengono che si tratti della domenica; cfr. W. Smrr, "A Note on the Word 'KYPIAKH' in Rev. 1,10", NTS 12 (1965) 70-75. Tuttavia il nostro testo sembra collocarsi in una fase di evoluzione linguistica, in cui il valore aggettivale di KUpLaK~ conserva la sua specificità semantica. Si è anche ipotizzata l'opposizione polemica del giorno del Signore al "giorno dell'imperatore" ('r'( :Eej3acm't ~flÉpa) e al ··giorno di Cronos" (it Kpovuaì ~flÉpa) che si riferivano al culto imperiale e pagano (così Deissmann, riportato da D. Aune, il quale presenta una documentata panoramica riassuntiva delle varie posizioni sull'argomento inAUNE, Revelation 1-5, 83-84).

77

Commento

settimanale nelle chiese dell'Asia Minore si è consolidato e nell'arco di tempo che va dalla Prima Lettera ai Corinzi all'inizio del II sec. si assiste a uno sviluppo linguistico. Dalla terminologia ebraica si passa a una nuova che poi si consolida: dal richiamo esplicito al sabato (j.da aaPP~hou-oappchwv) si passa ali' espressione giorno del Signore (Èv tij Kupw.Kij ~!J.Ép~). L'espressione sta nascendo e conserva tutta la sua freschezza originaria, anche come indicazione di contenuto: si tratta della celebrazione settimanale della resurrezione del Signore e ben presto la si chiamerà semplicemente Kup LaK~ per riferirsi alla domenica92 • L'Apocalisse si trova in mezzo a questo sviluppo linguistico. L'elemento più rilevante che si riferisce al giorno del Signore è il contatto particolare con lo Spirito che si protrae per tutta la Prima Parte, viene ripetuto all'inizio della Seconda (4,2) e richiamato verso la conclusione (17,3; 21,10). Gesù proprio come risorto è presente nell'assemblea settimanale, che è una riunione di comunione fraterna (Io Giovanni il .fratello vostro) e che avviene nel giorno del Signore. La comunità sente profondamente la situazione di sofferenza (tribolazione) provocata dall'ambiente ostile in cui vive e si impegna per sopportarla in permanenza (perseveranza), ma è anche consapevole della propria dignità e responsabilità (regno) verso l'esterno. Senza fornire indicazioni precise, l'Autore ci invita a ripensare il giorno del Signore risorto nella sua carica ideale; qualunque sia la forma di celebrazione, esso sarà davvero tale se, sotto l'impulso dello Spirito, metterà i credenti in contatto rinnovato con Gesù Cristo, se li farà sentire uniti e fratelli nella responsabilità, se li porterà a resistere sotto la forza d'urto delle vicende umane, soprattutto quelle più sconcertanti e dolorose, se li farà crescere nella coscienza del contributo specifico da dare, nelle circostanze concrete sempre nuove, allo sviluppo in avanti della storia della salvezza93 •

92

Resa in greco con l'aggettivo KUptaK~ che poi si trasforma nel sostantivo~ KUputK~ e diviene talmente usuale da far sentire l'esigenza di aggiungere Kup[ou a KUpLctK~. La terminologia ebraica è sostituita; tuttavia il tennine KUptaK~ non è ancora diventato sostantivo e viene usato come aggettivo di giorno. È riportato da S. Ignazio di Antiochia: "Non più festeggiando il sabato (oppure: vivendo secondo il sabato), ma conducendo una vita secondo il giorno del Signore" (cfr. IGNAZIO DI ANTiocHIA, Ad Magnesianos, 9, l); dalla Didachè: "Secondo la domenica del Signore" (K!nà KUpLaKi)v OÉ Kup[ou, in Didachè 14,1); e, successivamente, da GIUSTINO, Apologia, 67,7 e dalla Lettera di Barnaba 15,9. 93 Tutto questo apre una prospettiva che illumina il contenuto e il significato del giorno del Signore: è il giorno in cui si svolge l'intera esperienza apocalittica, sia della Prima che della Seconda Parte del libro; è il giorno della purificazione e del discernimento

78

Prima parte (1,4-3,22)

l l

l, l Ob-11

l,IOb-11

KCÙ ~KOOOO: ÒnLOW IJ.OU aç). Come si può rilevare dal confronto tra i brani, l'Autore si ispira a Daniele e, secondo il suo costume, ne rielabora il testo introducendo delle variazioni: l) il materiale della veste di cui non si fa menzione nell'Apocalisse; 2) la lunghezza dell'abito che arriva fino ai piedi nel nostro testo e ignorata completamente da Daniele; 3) la posizione della cintura che l'Apocalisse colloca all'altezza del petto, mentre Daniele ai fianchi. Il termine veste che arriva fino ai piedi non dice molto a una prima lettura; nel nostro testo, inoltre, viene indicato e sottolineato uno spostamento in alto della cintura d'oro rispetto al modello ispiratore, per rimarcare la singolarità di Gesù. Ma si può attribuire un significato preciso a questa unicità? Un testo di Giuseppe Flavio fornisce un'indicazione illuminante: "Questo abito è la veste talare (7toOi]pTJç XLrwv) ... che [i sacerdoti] si cingono al petto (Katà crtiì9oç), facendovi passare sopra una fascia ampia" 106 • Applicando quando detto da Giuseppe Flavio, il nostro testo si semplifica e si chiarisce: si tratta proprio di un indumento liturgico sacerdotale, anch'esso applicato letteralmente a Gesù risorto; ciò conferma il contesto della liturgia in cui si presenta

" Il termine 11oò~p1]ç ricorre 12 volte nei LXX e in 8 si riferisce alla veste del sommo sacerdote. È usato solo una volta nel NT, in questo passo, con l'intento preciso, da parte dell'Autore, di attirare l'attenzione su questa figura; in 19,13, infatti, l'Autore presenta Cristo avvolto in una veste, usando il termine consueto ì.~nov. Le caratteristiche peculiari di questa veste diventeranno più chiare nel decorso del libro, se il gruppo di ascolto manterrà viva e desta l'attenzione alla persona di Gesù risorto, a quello che è in se stessa e che significa per gli altri. Si crea dunque un'aspettativa. .. ; L'espressione greca 11pòç tolç ~o:atolç, lett. verso le mammelle, si può tradurre con petto, dato che ~o:at6ç nella grecità è riferito espressamente anche all'uomo Jcfr. DIODORO SICULO, Bib/iotheca historica, l, 72,2: rrt:pLt:(Wa/-IÉV, oì. Ù1TOK1itw twv .uratwv). Il dettaglio della fascia d'oro pone il figlio dell'uomo, presente in mezzo ai !ucernieri ugualmente d'oro, in rapporto con la trascendenza. :\IO Cfr. GIUSEPPE FLAVIO, Antiquitates Judaicae, 3,153-154.

85

Commento

e indica in lui l'unico protagonista della mediazione sacerdotale, riassumendo e concentrando le prerogative del sommo sacerdote dell' AT. 1,14-15 14

~

ùf KE