Antichi e moderni nella filosofia di età imperiale. Atti del 2° Colloquio internazionale (Roma, 21-23 settembre 2000) 8870884031, 9788870884036

Antichi e moderni nella filosofia di età imperiale. Atti del 2° Colloquio internazionale (Roma, 21-23 settembre 2000)

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Antichi e moderni nella filosofia di età imperiale. Atti del 2° Colloquio internazionale (Roma, 21-23 settembre 2000)
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SERIE

LA FILOSOFIA IN ETÀ IMPERIALE

2

1. A. BRANCACCI (a cura di), La filosofia in età imperiale. Le scuole e le tradizioni filosofiche ( "Elenchos", XXXI), Napoli 2000

ANTICHI E MODERNI ,

NELLA FILOSOFIA DI ETA IMPERIALE ATTI DEL II COLLOQUIO INTERNAZIONALE ROMA, 21-23 SETTEMBRE 2000

a cura

di

ALDO BRANCACCI

BIBLIOPOLIS

Proprietà letteraria riseroata

ISBN 88-7088-403-1 Copyright © 2001 by «C.N.R., Centro di studio del pensiero antico» diretto da VINCENZA CELLUPRICA

I N D I C E

p.

9

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17

A. BRANCACCI: La polemica antifatalistica di Enomao di Gadara

»

71

F. ALESSE: Il tema delle affezioni nell'antropologia di Marco Aurelio

»

111

D.P. TAORMINA: PIotino lettore dei "dialoghi giovanili" di Platone

»

137

M. ISNARDI PARENTE: Plotino lettore delle Epistole di Platone

»

197

A. LINGUITI: Plotino sulla felicità dell'anima non discesa

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213

A. BRANCACCI: Prefazione

PRIMA PARTE DOSSOGRAFIA J. MANSFELD: Plato, Pythagoras, Aristotle, the Peripatetics, the Stoics, and Thales and His Followers "On Causes" (Ps.-Plutarchus Placita I 11 and Stobaeus Anthologium I 13)

SECONDA PARTE CINISMO E STOICISMO

TERZA PARTE PLOTINO

INDICE

8 QUARTA PARTE

ARISTOTELISMO M. MIGNUCCI: Alessandro di Afrodisia e la logica modale di Aristotele

p.

239

L. PERILLI: Menodoto di Nicomedia e i principi della medicina empirica

»

267

C. LÉvy: Pyrrhon, Enésidème et Sextus Empiri­ cus: la question de la légitimation historique dans le scepticisme

»

299

BIBLIOGRAFIA

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331

INDICI

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353

QUINTA PARTE

MEDICINA EMPIRICA E SCETTICISMO

PREFAZIONE

Questo volume raccoglie le relazioni presentate al II Col­ loquio internazionale sulla filosofia in età imperiale svoltosi a Roma presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche dal 21 al 23 settembre 2000. Il Colloquio, la cui organizzazione è stata curata dalla cattedra di Storia della filosofia antica dell'Uni­ versità di Roma Tor Vergata, faceva seguito al precedente incontro, svoltosi dal 17 al 19 giugno 1999, dedicato al tema "Le scuole e le tradizioni filosofiche", i cui Atti sono ora pubblicati 1, e in certo modo ne riprendeva e completava il programma. Esso si proponeva di riunire un gruppo di stu­ diosi, specialisti delle principali correnti di pensiero che per­ corrono l'età imperiale, interessati a riflettere sul tema "Anti­ chi e Moderni nella filosofia d'età imperiale", inteso come indicazione di una serie di fenomeni filosofici e letterari, an­ che molto diversi, i quali ruotano però tutti attorno ad almeno due problemi centrali. Da un lato quello del rapporto di con­ tinuità-discontinuità, in alcuni casi frattura, che lega la filo­ sofia d'età imperiale alla filosofia ellenistica, e, più indietro nel tempo, alla filosofia d'età classica, per il quale è lecito pensare, almeno in prima approssimazione, i filosofi di questo periodo come i Moderni rispetto agli Antichi da cui pure provengono e in parte dipendono. Tale rapporto si rende ma­ nifesto ai più diversi livelli - filosofico, storiografico, esege-

l

A. BRANCACCI (a cura di),

le tradizioni filosofiche

La filosofia in età imperiale. Le scuole e

("Elenchos", XXXI), Napoli 2000.

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ANTICIII E MODERNI NELLA FILOSOFIA DI ETÀ IMPERIALE

tico - e restituisce una nota distintiva del periodo imperiale romano rispetto alla fase precedente della storia del pensiero. Nello stesso tempo il titolo del Colloquio allude al rapporto che, in età imperiale, lega i rappresentanti di tradizioni filo­ sofiche dalla lunga storia a suggestioni provenienti da espe­ rienze filosofiche e temi di dibattito propri del loro tempo: a una modernità, insomma, intesa anche come emergenza del nuovo, che contribuisce in non secondaria misura a precisare e scavare la fisionomia di pensatori appartenenti a tradizioni di pensiero che li precedono. Questi caratteri colgono, credo, uno degli elementi di varietà, ma anche di dinamicità, della filosofia che si situa alle origini della tarda antichità. La com­ plessità dello scenario che si offre agli occhi dello storico della filosofia antica è indicata, del resto, dalla varietà stessa di tradizioni di pensiero che tengono la scena filosofica dagli ultimi decenni del I secolo a.c. fino al III secolo d. C. Accanto alle scuole filosofiche di genesi ellenistica, che continuano a vivere una vita rigogliosa, e che intrattengono con il loro passato filosofico un rapporto sempre molto denso, questo periodo vede il sorgere della grande stagione del neoplatoni­ smo, che, per moltissimi suoi caratteri, segna un taglio epocale decisivo nella storia del pensiero, e che pure affonda le sue radici, di là dalla stagione ellenistica della filosofia antica, in un passato ancora più remoto, avvertito come straordinaria­ mente vivo dai suoi eredi. Di qui ii programma del Colloquio, che da un lato prevedeva relazioni specificamente dedicate alle più importanti tradizioni di pensiero di genesi ellenistica (cinismo, stoicismo, scetticismo, tradizione medica empirica) e classica (aristotelismo), dall'altro proponeva un'intera gior­ nata di studio dedicata a Plotino. La necessità di affrontare il tema del Colloquio anche dal punto di vista di quella tradi­ zione, che costituisce la più importante forma di storiografia filosofica elaborata nell'antichità, spiega come il programma fosse arricchito da una relazione di specifico interesse dosso­ grafico, collocata ad apertura del Colloquio. Una delle ragioni

PREFAZIONE

11

d'interesse d i questo incontro era dunque quella di far inte­ ragire competenze diverse, che non sempre si trovano riunite insieme nei meetings internazionali, e di accostare campi di studio che procedono per solito tendenzialmente irrelati. "Antichi e Moderni" non è un tema proprio della storio­ grafia filosofica classica, ma, semmai, della storiografia filoso­ fica umanistica. E averlo adottato mirava, anche, a sommes­ samente suggerire di pensare un rapporto tra i dotti e i filosofi dell'Impero e i dotti e i filosofi dell'Umanismo: gli uni e gli altri Moderni, rispetto a un passato filosofico e culturale ve­ nerabile e vetusto, in entrambi i casi, anche se in maniera diversa, e diversamente avvertita, tramontato, e tuttavia con­ siderato vitale e necessario alla cultura del presente: un pas­ sato filosofico la cui non facile continuazione nei primi, la cui ardua e appassionata appropriazione nei secondi, porta in primo piano, negli uni come negli altri, il problema delle fonti: fonti da preservare, a cui tornare, da leggere, o rileggere, commentare e discutere; fonti da occultare nella riscrittura dotta che se ne appropria, fonti da esibire in piena evidenza nella creazione di vecchie e nuove auctoritates; fonti da cui estrarre tessere per costruire nuovi mosaici, su cui operare innesti, tra le quali stabilire nuovi rapporti. Certo, nei filosofi e nei dossografi dell'Impero sembra presente, almeno alla sen­ sibilità storiografica contemporanea, una tendenziale nega­ zione della dimensione del tempo e della storia, che conduce quasi a rimuovere il presente, e a rendere per così dire fusio­ naIe il rapporto con il passato. Sesto Empirico, per fare un solo esempio, dibatte imperterrito con Crisippo, Platone e i Presocratici, ignorando i filosofi coevi, come se il luogo del dibattito filosofico si fosse una volta per sempre costituito nell'Antico, e Diogene Laerzio tende a troncare i suoi reso­ conti a mano a mano che ci si distacca da quell'epoca remota (anche se la versione originaria del libro VII arrivava fino a Cornuto). Va tuttavia notato come siano presenti nei filosofi del periodo imperiale, sia pure per eccezione, espressioni che

12

ANTICHI E MODERNI NELLA FILOSOFIA DI ETÀ IMPERIALE

denotano la consapevolezza di appartenere a un nuovo seg­ mento temporale della storia del pensiero antico, o che intro­ ducono forme analoghe di distinzione tra filosofi appartenenti a indirizzi di lungo periodo; né vanno dimenticati i tentativi di proporre periodizzazioni di quella storia, che individuano il taglio cronologico nell'età imperiale, quali le tre e1t1'tl1oEiroe; &XOvn, Ka8ultEp 'to ltDP 'te!> �UA.CiJ' 'tOV u8Ullav'ta yap Oil lCauaEl, both absent from S. V.F. For ahiou roe; ahiou see CHRYS . fr. 336 S. V. F. II p. 118 apud STOB. anthol. I 11, 1c (printed infra, Appendix) A.oyov 'tOV ltEpi 'tOD ahiou roe; ahiou. 21 Cfr. ZEN. fr. 89 S. V.F. I p. 25 and POSID . fr. 95 E.-K. apud Arium Didymum (printed infra, Appendix) on aUll�E�l1KOe; and lCa'tl1yoPl111U. For aUll�E�l1lCOe; (" actualized predicate") see A.A. LONG-D . N . SEDLEY, The Hellenistic Philosophers, II, Cambridge et al. 1987, p. 333, and S . BOBZIEN, Determinism and Freedom in Stoic Philosophy, Oxford 1998, pp . 23-7. y{vE'tal would perhaps be more in line with Stoic usage (see S. BOBZIEN, Determinism cit. , pp. 19-27), but cfr. e.g. SEXT. EMP. adv. math. XI 22-7 and 33-4 CHRYS. fr. 75 S. V. F. II pp. 18-9. 22 E . g. SEXT. EMP. adv. math. IX 211 CHRYS . fr. 341 S. V. F. II p. 119, and the views of Zeno Chrysippus Posidonius apud STOB. anthol. I 11, 1c, printed infra, Appendix. See for instance A.A. LONG-D . N . SED­ LEY, op. cit. , I, Cambridge et a!' 1987, p. 199, and cfr. supra, note 20, in­ fra, text to note 82. SENEC. ep. Luc. 95, 13 states that decreta (e .g. defini­ =

=

tions of virtues) are the causes of precepts (praecepta) and everything else (et horum causae sunt et omnium). I assume that the decreta here are not "sayables" (A.ElC'tU) but in order to function as causes have been interiori­ zed, that is to say have been integrated in the regent part of the soul. 2J Cfr. POSID. fr. 95 E.-K. apud STOB. anthol. I 11, 1 (printed infra, Appendix) : alnov 0' ea'ti rIVoc;, 01' 0 ElCEivo, and ZEN. fr. 90 S. V. F. I p. 2 5 apud CIC. ac. post. 139, quicquam and aliquid. C

PS.-PLUTARCHUS PLACIT. I 1 1 AND STOBAEUS ANTHOL. I 1 3

29

The phrase apKEt yap ll1tOYPUCP1K&� has been added by Stobaeus 24 . The word ll1tOYPUCP1K&� is only found here and at Olympiod. in Aristot. cat. p. 44. 1 , and ps . -Simpl. in Aristot. de an . pp . 1 5 . 1 5 and 9 7.32. The adjective ll1tOYPUCP1K6� too is late and rare . For ll1tOypUcpiJ as the S toic term for a simpler or preliminary sort of definition see for instance Antipater fr . 23 S. V. F. III p . 247 apud Diog. Laert . VII 60. (2) lIA.a·uov 'tP1X&� 'to ulnov' cpTJcri yap 25, ucp' OU is OU 1tpO� O· Kuplom;pov 8' tlyd'tat 'to ucp' OU· 'tOU't o 81; liv 'to 1tOlOUV, 0 l: crn vou� . For the various strings of causes attribu­

ted to Plato see the texts collected and commented upon in the opus magnum of Dorrie and Baltes 26. The Platonic triad is attested for the first time in the first century BeE , in Varro' s explanation o f the mysteries o f Samothrace 2 7 . W e d o not

24 See J. MANSFELD-D.T. 25 1p11cri yap is omitted by

RUNIA, Aetiana cit . , p. 223. Stobaeus, presumably because he appends a quotation from Plato (to which we shall revert several times) introdu­ ced by the phrase A.& YEl YOUV EV Tl�aiqJ. 1p11cri occurs 37 times in ps.-Plu­ tarch's Placita and so is Aetian. As so often it does not introduce a ver­ batim quotation. 26 [H. DORRIE tl-M. BALTEs, Der Platonismus in der Antike, Bd. IV, Die philosophische Lehre des Platonismus. Einige grundlegende Axiome/Pla­ tonische Physik (im antiken Verstiindnis) I, Bausteine 101-124, Stuttgart­

Bad Canstatt 1996, pp. 118-201 and 387-538. For the triad see also J. PEPIN, Theologie Cosmique et Theologie Chretienne (Ambroise, Exam. I1, 14), Paris 1964, pp. 17-34, and D . T. RUNIA, Philo of Alexandria and the 'Timaeus' of Plato ("Philosophia Antiqua" , XLIV) , Leiden-New York­ Koln 1986, pp. 171-4. For the attribution of principles to Plato in nu­ merous sources see the evidence collected in R.W. SHARPLES, Counting Plato's Principles, in 1. AYRES (ed.), The Passionate Intellect, Festschrift I.G. Kidd ( "Rutgers Studies in Classical Humanities" , VII), New Brun­ swick-London 1995, pp. 76-82 (to whose suggestions concerning AET. I 11, 2 and Aetius in general, at pp. 77-8, I cannot subscribe). 27 VARRO antiq. rer. div. fr. 206 Cardauns apud AUGUST. de civ. Dei VII 28 = [H. DORRIE tl·M . BALTEs, Platonismus cit. , IV, p. 118, Baust. 113.1: in simulacris aliud significare caelum, aliud terram, aliud exempla re-

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JAAP MANSFELD

know what was his source for the original triad he used for this allegorical exegesis (it may have been a Timaeus commen­ tary, supposing one to have been available which dealt with Plato's principles 28) , but we do know that (like Cicero) he knew and used a predecessor of Aetius 29, who possibly (but see next paragraph) may have been dependent on such a com­ mentary too . There is a not so insignificant difference : in Aetius the formal cause is rendered, as it usually is, by the Platonizing formula 1tpO� 0, in Varro by the Latin equivalent of Greek Ku9' 0, which is more Aristotelian . It is however far more probable that the triad of causes is of Peripatetic)O and doxographical origin. Aristotle, discussing the agrapha dogmata and the theory of Forms , had argued that Plato only knew two causes, viz . the formal and the material cause 3 1 (note that he does not use the prepositional formulas

rum quas Plato appellat ideas: caelum Iovem, terram Iunonem, ideas Miner­ vam vult [scil. Varro] intellegi; caelum a quo [u

di Crisippo . Particolare decisivo, Enomao aggiunge che quel principio pare a Crisippo degno della massima considerazione, se pure egli non si mantiene ad esso fedele 54. Si coglie qui, come anche in altri contesti della rOll-r rov cpro p a , l' aspetto per cui il discorso polemico di Enomao sia tanto una critica a Crisippo quanto anche, per certi versi, un' argomentazione di soccorso allo stoi­ cismo: ciò è confermato sia dal parallelo registrabile con Iero­ cle, nella centralità accordata alla coscienza della percezione di sé, sia dal fatto che Enomao sottolinea a più riprese come il suo j.1É-rpov sia il più forte di tutti, come ve ne possa essere forse un altro eguale in potenza, ma non superiore, come esso sia insieme il più certo e il più degno di fede. Enomao tiene conto, dunque, delle obiezioni mosse in età ellenistica contro " C fr. A.A. LONG, Hierocles. 1. Elemento moralia, in Corpus dei pa­ piri filosofici greci e latini, Parte I, cit . , pp. 3 79 e sgg . , il quale aggiunge che, forse, diversamente da Ierocle, Crisippo non conferÌ adeguato soste­ gno a questo punto. " Cfr. M. ISNARDI PARENTE, ferocle stoico. Oikeiosis e doveri sociali, in ANRW, II 36.4 ( 1 990) pp. 220 1 -26: pp. 2209 e 22 1 7 . " Cfr. Eus. praep. euang. V I 7, 1 8 : 1:i o r, n01:I:, &v8u IlÈv u v Ullìv OOKij , &CHat 1:0Ù1:0 Kuì ntcH01:u'tOV Kuì n pl:cr�\nu1:ov, &v8u o' uv IllÌ OOKij , ÈKI:Ì KU1:UOuvuO"1:I:UO"l:l n À-1:À-T]6òç UÙ1:OÙ, EilluPIlÉVT] dì> ITl:npro­ IlÉVT] K1:À-.

LA POLEMICA ANTIFATALISTICA DI ENOMAO DI GADARA

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i l criterio d i verità stoico, e molto probabilmente anche della critica scettica contro il criterio di verità, per formulare in modo inattacabile il proprio IlÉ'tpov, utilizzandolo poi contro la dottrina stoica dell'dllUPIlÉV'll . In questo passo Enomao fonda il npffi'tov OìKElOV sulla cruvuicrS'Ilcrtç e sull'àv'tiA'Il\jflç ÉUuwu, non, però, per argomentare a partire di qui in favore del naturalismo stoico, che a fondamento dell'etica poneva 1'amore di sé e il desiderio di autoconservazione del vivente, ma per giustificare un suo proprio e ben diverso obiettivo, quello della libertà dell' azione e del volere dell'uomo : princi­ pio che, una volta solidamente stabilito, si rivelerà il primo ponte d' attacco contro l'dplloç stoico. Coerentemente con questo obiettivo, Enomao argomenta, nel seguito del suo ra­ gionamento, che, se il principio posto non fosse indiscutibil­ mente primario, non ci sarebbe stato neppure un uomo di nome Alcmeone, uccisore della madre, bandito dalla sua casa, bramante tornarvi, che si sarebbe presentato a Delfi davanti ad Apollo per consultarlo : perché quest'uomo non saprebbe nemmeno se lui stesso è, in generale, qualcosa, né se è stato bandito dalla sua casa, né se brama ritornarvi . E anche ammettendo che Alcmeone deliri, e supponga cose che non sono, vale a dire di sapere cose che non sa, lui, il Pizio, conclude con ironia tagliente Enomao, non delira (ot> IlUiVE­ 'tUl) - cioè non è dotato, platonicamente, del delirio profe­ tico 55 . E neppure Apollo avrebbe il diritto di pronunciare il seguente oracolo: «Tu cerchi il ritorno sul suolo patrio, figlio d'Anfiarao». Perché il dio non sa neppure se un figlio d'An­ fiarao lo interroga, se egli è interrogato, se è capace di rispon­ dere intorno a ciò su cui è interrogato 56. Per la stessa ragione anche Crisippo è condannato a non possedere alcuna cono­ scenza e con ciò all'inazione :

" Cfr. PLAT. Phaedr. 244 A-D; 265 " Cfr. Eus. praep. euang. VI 7, 1 3 .

B.

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A L D O BRANCAC C I

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