Al di là del Muro. Cinema e società della Germania Est 1945-1990 8849131275, 9788849131277

A vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino, questo studio analizza il cinema della Repubblica democratica tedesca

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Al di là del Muro. Cinema e società della Germania Est 1945-1990
 8849131275, 9788849131277

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Christina Schmidt

Al di là del Muro Cinema e società nella Germania Est 1945-1990

CLUEB

© 2009 by CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna

Tutti i diritti sono riservati. Questo volume è protetto da copyright. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in ogni forma e con ogni mezzo, inclusa la fotocopia e la copia su supporti magnetico-ottici senza il consen­ so scritto dei detentori dei diritti.

Schmidt, Christina Al di là del Muro. Cinema e società nella Germania Est 1945-1990 / Christina Schmidt. Bologna : CLUEB, 2009 252 p. ; 21 cm (Passato Futuro / collana diretta da Patrizia Dogliani ; 14) ISBN 978-88-491-3127-7

Foto sulla copertina dal film Der geteilte Himmel, con Renate Blume e Hans Hardt-Hardtloff © DEFA-Stiftung, Berlin Progetto grafico: Oriano Sportelli

CLUEB Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna 40126 Bologna - Via Marsala 31 Tel. 051 220736 - Fax 051 237758 www.clueb.com

INDICE

Prefazione.........................................................................................................

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Introduzione.....................................................................................................

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Capitolo I - Germania Est: Anno Zero. 1945-1949 .....................................

15

Capitolo n - Nel mezzo della Guerra Fredda. 1950-1959 .........................

41

Capitolo IH - L’isola recintata. 1960-1969 ...................................................

85

Capitolo IV - Gli anni della disillusione. 1970-1979 ..................................

123

Capitolo V - H tempo della diffidenza. 1980-1989......................................

159

Capitolo VI-La dissoluzione. 1989-1990 ...................................................

201

Biografie e filmografie dei registi..................................................................

213

Abbreviazioni...................................................................................................

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Bibliografia ............................................................................

243

Indice dei DEFA-film......................................................................................

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PREFAZIONE

Questo libro tratta del cinema nella Germania orientale nel suo contesto storico, sociale, culturale e politico, per tutto il suo percorso, dal 1945 e 1990. E una storia complessa, con molte contraddizioni e sfumature. Ho avuto occasione di esaminare ricerche e documentazione, in grande parte uscite in anni recenti, e ho imparato molte cose che non sapevo, ho com­ preso dei nessi che mi erano in passato sfuggiti. Per la organizzazione del materiale ho scelto di seguire l’andamento cronologico e di suddividerlo in decenni, individuando argomenti che ho situato in ogni decennio a secon­ da dell’importanza storica: l’economia e le culture giovanili negli anni Ses­ santa, l’emancipazione delle donne negli anni Settanta, la Chiesa e il con­ flitto generazionale negli anni Ottanta. Mi sono concentrata essenzialmente sulla produzione di film lungome­ traggi di finzione, prodotti dalla DEFA, tralasciando i tanti documentari, i cortometraggi, i film d’animazione su cui varrebbe la pena di scrivere un libro a parte. Ho selezionato alcuni film di cui racconto la storia, la trama, le reazioni dei funzionari e della critica, il loro successo tra il pubblico e nei festival. Ho cercato di tracciare filoni tematici e di raccontare gli autori e i registi che hanno creato queste opere cinematografiche così singolari e in­ teressanti ancora oggi. La DEFA è un caso esemplare di azienda socialista nella DDR. con la sola particolarità che produceva film per il cinema. La società tedesca orien­ tale si rispecchia nei film della DEFA, intesi come opere di rappresenta­ zione estetica della realtà. Però la società si riflette anche nella storia del­ la produzione e della recezione dei film, nelle critiche e nelle procedure di censura, nelle biografìe di registi, autori, attori ecc. Il film nella DDR è stato sempre segnato da vicende politiche; il desti­ no dei singoli film dipendeva dalla realtà politica interna ed internaziona­ le del momento, dalla situazione presente nel blocco dei paesi socialisti e nel mondo in generale. La produzione di soggetti contemporanei, in parti­ colare, ha corrisposto ai periodi di liberalizzazione e a quelli di ripreso con­ trollo e di censura, con uno sfasamento di circa tre anni; come vediamo nel 1953-1957, nel 1961-1965, nel 1971-1974.

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La cinematografìa era ‘l’arte più importante’ nel Socialismo, secondo Le­ nin, e come tale venne trattata. L’attenzione dei funzionari di stato e del par­ tito guida, la SED, si poneva su ogni singolo film che veniva inserito nel pia­ no di produzione e poi a fine lavori, nel percorso per il visto e la sua distri­ buzione. A volte si arrivava a decisioni arbitrarie, determinate dal gusto, dal fastidio, dall’antipatia ed anche da inimicizie personali dei responsabili. Il lettore si renderà conto di quanto sia stato importante il conflitto tra le generazioni nella DDR. Il progetto di una nuova società, più giusta e più democratica, di uno stato socialista nato dalle macerie della Seconda guer­ ra mondiale, era stato il progetto della generazione di antinazisti e antifa­ scisti che avevano trascorso la loro gioventù nelle carceri e nei campi na­ zisti oppure nell’emigrazione. La loro tragedia fu quindi la tragedia del lo­ ro progetto: la DDR; fu quella di non essere stati capaci di riformarsi e di rispondere alle necessità storiche dell’epoca. Attaccati al potere, lasciaro­ no andare alla deriva l’intero paese, legando ed abbandonando al loro de­ stino milioni di cittadini che volevano un Socialismo diverso, democratico, non quello realmente esistente nella DDR. I giovani che si ribellarono e chiedevano libertà, gli artisti e gli intellettuali che volevano contribuire al­ le riforme, le donne che avevano conquistato un livello straordinario di emancipazione: sono loro che possono meglio raccontare e testimoniare questa storia così complessa e anche tragica. Questo libro non è una traduzione di uno dei tanti libri sul mercato di lingua tedesca che da anni testimoniano la ricerca e l’interesse per questo tema. Esiste ormai una letteratura vasta sull’argomento in Germania, di cui però poco è stato tradotto in lingua italiana. Il libro è stato scritto per un pubblico italiano da una tedesca che vive da quattordici anni in Italia. E frutto di una lunga serie di corsi di lingua e cultura tedesca, di ricerche e se­ minari sul cinema della Germania Est, di discussioni con amici, colleghi e conoscenti italiani. Al di là del Muro nasce dai seminari tenuti per il MIREES (Interdisciplinary Master in East European Research and Stu­ dies), Master della Università di Bologna diretto dal Prof. Stefano Bian­ chini, e per il DAAD-Eachseminar, seminario rivolto a lettori e lettrici di lin­ gua tedesca in Italia, tenuto a Cassino nel 2007. Voglio ricordare qui Judith Wilsky, lettrice di Tedesco a Roma, esule dalla DDR dal 1977 e collaboratrice al seminario di Cassino, scomparsa nel 2008. Sono grata a tutti i miei studenti e alle donne dell’associazione bolo­ gnese “Affinità Lettive”, come a tutte le persone che mi sono diventate ami­ che qui in Italia. Con le loro domande e con il loro interesse hanno contri­ buito alla nascita di questo libro. Un grazie alle ragazze del gruppo di Gethsemane di Berlino che in tem­ pi difficili mi hanno mostrato che ci sono sempre delle alternative.

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Ringrazio Patrizia Dogliani per il sostegno, l’incoraggiamento, l’ami­ cizia, ed il grande impegno nella revisione del testo. È stata lei a spinger­ mi a scrivere il libro e l’ha voluto accogliere nella collana Passato Futuro. Un grazie a SP per avermi insegnato l’italiano e l’Italia, un grazie per starmi accanto sempre. Dedico questo libro a Philipp, che è nato nella DDR e cresciuto in Ita­ lia, ed oggi è cittadino di un’Europa libera. Bologna, marzo 2009

INTRODUZIONE

L'eredità del cinema tedesco orientale è immensa. Volendo programmare una rassegna con tutti i lungometraggi che sono stati prodotti nella Ger­ mania Est tra il 1946 e il 1992, proiettando un film a serata, ci vorrebbero quasi due anni. Oltre ai seicentottanta lungometraggi di finzione per il ci­ nema, sono stati realizzati seicentoventi film drammatici per la televisione, ottocentoventi film di animazione e più di cinquemila documentari e cor­ tometraggi. Tra i lungometraggi ci sono film di tutti i generi: soggetti con­ temporanei, commedie, film per bambini, favole, adattamenti letterari, film sul tema antifascista, opere propagandistiche, film ‘western’, musical, film d’avventura, di spionaggio, di science fiction. Alcuni di essi vennero espor­ tati ed ebbero successo anche all’estero; furono fatte delle coproduzioni in­ ternazionali, con l’URSS e altri paesi socialisti, ma anche con l’Italia, la Francia e persino con la Repubblica Federale Tedesca. Una recente polemica provocata dall'intervista ad un noto regista tede­ sco occidentale apparsa su Màrkische Allgemeine Zeitung, ha avuto parte­ cipazioni appassionate. Tra queste, la lettera aperta della fondazione DEFA-Stiftung che difende il lavoro di migliaia di persone: registi, autori, drammaturghi, attori, fotografi, scenografi, costumisti, tecnici, i quali in quarantacinque anni hanno creato questo immenso patrimonio artistico ac­ cudito oggi dagli archivisti. Nella lettera aperta che è stata firmata da più di 150 registi e attori, si dice: “Negli studi della DEFA, fino al 1990 sono nati più di 10.000film. Oggi sono una parte apprezzata dell’eredità cine­ matografica delle due Germanie. Dieci film della DEFA si trovano sul­ l’elenco dei ‘100 migliori film di tutti i tempi' della Cinemateca tedesca. I film della DEFA hanno vinto preziosi premi a festival mondiali di cinema. Basti solo ricordare che alla Berlinale nel corso degli anni sono stati se­ lezionati più di 130film della DEFA di cui cinque hanno vinto L’Orso d'Ar­ gento e uno L'Orso d'Oro. Ifìlni per bambini della DEFA fanno parte dei migliori film di questo genere nel loro periodo. Il Museum of Modem Art di New York ha dedicato ai film della DEFA nel 2005 la finora più grande retrospettiva con un insieme di 21 opere. Fino all’anno 2007, i film della DEFA sono stati visti da più di 200 milioni di spettatori. Soltanto nel 2008,

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con 100 classici della DEFA sono stati realizzati 500 proiezioni o trasmis­ sioni internazionali. ”1 Cosa era la DEFA? Era la più grande azienda culturale della Repubbli­ ca Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, da ora DDR). Era un un’azienda di proprietà del popolo: Volkseigener Betrieb (VEB), fi­ nanziata dallo Stato, ed era l’unica istituzione nella DDR che produceva film per il cinema. Era un impero che comprendeva diversi studi, destina­ ti alla produzione di fiction, di documentari, di film d’animazione, ed al doppiaggio, insieme ai laboratori per le pellicole e le copie, agli uffici per tecnica cinematografica e per il commercio estero. Essa era stata fondata con il permesso deH'amministrazione militare sovietica in Germania il 17 maggio 1946 come la Deutsche Film AG (da qui DEFA) e ha prodotto il pri­ mo film tedesco del Dopoguerra: Die Morder sind unter uns di Wolfgang Staudte. Trasformata nel 1953 in un VEB. essa si è sviluppata negli anni Cinquanta e Sessanta fino a diventare un’impresa con aziende ramificate, tra cui la più grande: VEB DEFA-Studiofur Spielfìlme, gli studi destinati al­ la produzione di lungometraggi. Situata in località Potsdam-Babelsberg, alle porte di Berlino, su un terre­ no di 461 mila mq che era stato della UFA, degli studi del film della Germa­ nia degli anni Venti e Trenta. Su questo terreno, sorse quella che sarebbe di­ venuta la ‘città cinematografica’ più grande d’Europa, che comprendeva 127 edifici: dodici atelier per riprese, due atelier per il mixaggio, due per gli ef­ fetti speciali, tre per il doppiaggio, magazzini con 600.000 oggetti e materiali per la scenografìa, 50.000 mobili d’arredamento, 150.000 costumi. 50.000 di­ vise, ecc. Era la Cinecittà della Germania Est. Nel 1989 lavoravano qui 2.450 persone come dipendenti, tra cui 44 registi. La DEFA. negli anni Ottanta era dotata di un budget annuale statale di 35 milioni di marchi orientali e produ­ ceva in media all’anno 18 film lungometraggi per il cinema e 35 film per la televisione. Negli anni Cinquanta, la DEFA è stata la prima a inventare una nuova tecnologia della registrazione del suono, oggi conosciuto come Dol­ by Stereo Sound. Dopo l’URSS e gli USA, la DDR è stata il terzo paese al mondo a sviluppare, tra il 1967 e 1973, la tecnologia delle pellicole a 70mm. L’aveva poi abbandonata a causa dei costi e della bassa redditività. Alla sua nascita nel 1946, la DEFA fu subordinata all'amministrazione militare sovietica: SMAD. ed all'amministrazione tedesca orientale per la educazione del popolo: la Zentralverwaltung fiir Volksbildung, ZfV. In ot­ tobre 1952, il suo controllo passò ad un comitato statale per la cinemato­ grafìa che installò un regime dogmatico e restrittivo, cambiando però poli­ tica dopo la insurrezione popolare del 17 giugno 1953. Nel periodo 1953 e 1954 l’amministrazione della DEFA passò alla giurisdizione della sezione1

1 DEFA-Stiftung, Lettera aperta del 11-12-2008, sul sito www.defa-stiftung.de.

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film del ministero per la cultura della DDR. Negli anni del ‘disgelo’ dopo la morte di Stalin, questa sezione si aprì a posizioni liberali che pochi an­ ni dopo vennero sconfìtte. Nel 1962 fu fondata la Hauptverwaltimg, HV Film, l’amministrazione superiore di film, sempre nel ministero per la cul­ tura. Fino al 1989 questo organo statale era responsabile per il visto da con­ cedere ad ogni film prodotto nella DDR. Il dirigente della HV Film, che era anche nel contempo vice ministro per la cultura, aveva l’ultima parola in ogni procedura di collaudo a cui i film venivano sottoposti. La valutazione di un film, secondo criteri qualitativi e ideologici, decideva sulla categoria nel quale classificarlo e pertanto anche sull’importo del premio che veni­ va assegnato a tutti i responsabili artistici del film stesso, in aggiunta allo stipendio fisso. Se insorgevano problemi od obiezioni, venivano richieste consultazioni supplementari con altri ministeri oppure con organi del par­ tito SED e delle organizzazioni di massa; e poi partivano richieste di mo­ difiche, tagli, addirittura divieti. Negli anni 1965/66, in seguito all’ 1 1° Plenum del Comitato centrale della SED, soprannominato Kahlschlag-Plenum, il plenum del ‘disbosca­ mento’, iniziò un periodo di forte censura per film che trattavano in modo critico argomenti d’attualità sulla DDR. Quasi tutti questi film vietati sono arrivati nelle sale cinematografiche soltanto dopo il 1989; molti soggetti non vennero realizzati, e neppure progettati o sognati, dopo il 1966. La missione della DEFA al momento della sua fondazione nel 1945 era di partecipare alla ricostruzione della democrazia in Germania e alla edu­ cazione democratica ed antifascista del popolo tedesco. Nel periodo della denazificazione nella Germania Est, nella zona occupata dai sovietici e do­ po il 1949, durante la costruzione del socialismo nella neonata DDR, i te­ mi principali dei film erano l’antifascismo e il realismo socialista. Feno­ meni come il ‘nihilismo’, il ‘formalismo’, la ‘decadenza’ e ‘comportamenti borghesi e piccolo borghesi’ dovevano essere criticati e contrastati - e so­ stituiti dagli ideali socialisti. Furono girati film che si rifacevano alla tra­ dizione della cinematografìa proletaria degli anni Venti o che richiamava­ no la letteratura dell'esilio antinazista; film contro la guerra e contro il ca­ pitalismo. La loro missione era di riflettere e di trasmettere i valori socia­ listi, umanistici e comunisti, l’amore per la patria socialista, l'amicizia tra i popoli del mondo e la solidarietà con la lotta antimperialista e anticolo­ nialista. Il film nella DDR era film della DEFA. Era una questione di stato. Se­ condo una specifica legislazione, ogni progetto di film aveva bisogno del permesso ufficiale. Nei cinematografi potevano essere proiettati soltanto film che avevano avuto la licenza statale. Non si poteva proiettare, distri­ buire, pubblicizzare, discutere un film se prima non aveva ricevuto il pla­ cet dell’amministrazione statale. Il triangolo di potere costituito da stato, partito SED e ministero per la sicurezza dello stato, la StaatsSicherheit

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(StaSi) garantiva che niente di ‘antisocialista’ potesse apparire sugli scher­ mi dei cinema e della tv. La televisione, dagli anni Cinquanta fino al 1990, era una trasmittente dello stato, una sfera a sé stante, subordinata non al ministero della cultura come la DEFA bensì ad un comitato statale auto­ nomo che rispondeva alla sezione Agitazione e propaganda del comitato centrale della SED. Nella DDR. non esistevano case di produzione cinematografica priva­ te. Esistevano dei Filmklub in cui cineasti si incontravano per fare proget­ ti per film amatoriali a 8mm. Era un movimento gestito e controllato con l’esplicito obiettivo di permettere al popolo di sperimentare la cinemato­ grafìa come hobby. Era un lavoro creativo di amatori e autodidatti, confi­ nato nella sfera privata o semiprivata che ha prodotto una marea di imma­ gini della vita nella DDR su 8mm, documenti storici di quel periodo ed ora un tesoro nascosto negli armadi di cittadini cineasti. Soltanto negli anni Ottanta è nata un’ ‘opposizione cinematografica’: un piccolo gruppo di cineasti e di artisti che lavorava con macchine da ripre­ se da 8mm e mezzi improvvisati per creare film sperimentali che venivano proiettati in luoghi clandestini. I tentativi di guadagnare pubblico e di esten­ dere il loro raggio di azione erano osservati con diffidenza dalla StaSi. Si trattava di pochi giovani artisti che venivano dalla pittura, dalla grafica e dalla scenografìa e perlopiù non avevano contatti con il personale degli stu­ di della DEFA o della TV. I loro film erano esperimenti artistici che cerca­ vano di allargare lo spazio estetico usando immagini altamente simboliche ed espressioniste: un’altra testimonianza della creatività repressa di quegli anni nella DDR.2 Il regista J. A. Freydank (classe 1967), vincitore dell'Oscar 2009 per il miglior cortometraggio - con un film di tema antifascista - è nato e cre­ sciuto nella DDR. Dopo la premiazione ha dichiarato che già la Germania Ovest per lui era stata lontana, altro che Hollywood. Il suo sogno da gio­ vane era: diventare un regista della DEFA.

2 C. Loeser, Gegenbilder. DDR-Filtn im Untergrund 1983-1989, ex.oriente.lux, BrotfabrikKino. Berlin 2008.

Capitolo I GERMANIA EST: ANNO ZERO 1945-1949

1945 1-11 febbraio: la Conferenza di Yalta decide la divisione della Germania. 7/8 maggio: resa incondizionata della Germania agli Alleati. Giugno/luglio: fondazione del partito democristiano CDU e del partito liberale democratico LDPD. 17 luglio - 2 agosto: Conferenza di Potsdam decide di amministrare la Germa­ nia in quattro zone di occupazione. Settembre: riforma agraria nella zona di occupazione sovietica - confisca delle proprietà sopra i 100 ettari e di tutte quelle appartenute ai nazisti. Ottobre: riaprono le scuole. Novembre: inizia a Norimberga il processo ai criminali di guerra nazisti. 1946 Elezioni amministrative nella zona americana. In zona amministrata dai sovietici: fusione del partito comunista con quello so­ cialdemocratico in un partito socialista unitario: SED. Fondazione della federazione dei sindacati FDGB e dell’associazione giovanile FDJ. Fondazione della società cinematografica DEFA. Elezioni amministrative in zona amministrata dai sovietici. Conclusione del processo di Norimberga. 1947 Fondazione di associazioni: dei perseguitati del regime nazista VVN, delle don­ ne DFD. dell’amicizia tedesca-sovietica DSF, della cultura Kulturbund, dei con­ tadini VdgB. 1948 Fondazione del partito dei contadini DBD. del partito nazional-democratico NDPD. Riforma monetaria nella zona Ovest. Misure di ritorsione da parte dell’URSS; blocco della città di Berlino Ovest e re­ lativa reazione degli Americani con un ponte-aereo per i rifornimenti. Carta di Francoforte. Convocata assemblea costituente e proclamato statuto di occupazione nelle zone Ovest. 1949 Maggio: promulgata la legge fondamentale (Grundgesetz) della Repubblica Fe­ derale. approvata la costituzione della Repubblica Democratica (Verfassung). Agosto-settembre: Elezione del parlamento Bundestag e designazione a cancel­ liere di K. Adenauer. 7 ottobre: Fondazione della Repubblica Democratica Tedesca.

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Ancora prima della ufficiale capitolazione tedesca che mise fine alla Se­ conda Guerra Mondiale in Europa, il 28 aprile 1945, il generale Nicolai Bersarin, comandante della città di Berlino, emise l’ordinanza n. 1 che per­ metteva a luoghi di divertimento come cinema, teatri, circhi e stadi di ri­ manere aperti fino alle ore 21. Circondati da cumuli di macerie, i Berline­ si non dovevano rinunciare al diritto di divertirsi e di andare al cinema. Co­ sì in breve tempo riprese l’attività dei cinema risparmiati dai bombardamenti angloamericani, in essi si potevano vedere vecchi film tedeschi. L’8 maggio 1945 i generali tedeschi firmarono la capitolazione incon­ dizionata, dopo 5 anni 8 mesi e 8 giorni di guerra. Hitler era morto, come alcuni dei suoi più stretti col laboratori, e come milioni di persone civili e militari in tutto il mondo. Negli ultimi mesi della guerra, le città tedesche furono sottoposte a distruttivi bombardamenti anglo-americani con l’obiet­ tivo di logorare il sostegno della popolazione al regime e di finire la guer­ ra il prima possibile. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale cadde­ ro più di mezzo milione di tonnellate di bombe sulle città tedesche. Circa quattro milioni di case furono distrutte: un quarto del patrimonio immobi­ liare del paese. Più di sette milioni di persone rimasero senza casa. Erano in maggioranza donne, bambini ed anziani che vissero con la fame e il fred­ do tra le macerie delle città, nelle cantine o negli appartamenti sovraffolla­ ti. Le donne subirono violenza da parte di soldati russi, agli stupri furono sottoposte migliaia di donne. Non ne avrebbero parlato per decenni; centi­ naia di esse ebbero una gravidanza non voluta, alcune scelsero il suicidio. Gli uomini tedeschi adulti nello loro maggioranza erano via, non ancora tornati dal fronte, caduti o dispersi, molti in campi di prigionia militare. Le prime carte di razionamento distribuivano alimenti in media di 900-1330 calorie al giorno, la media più bassa del periodo in Europa. Esisteva una ge­ rarchia di distribuzione secondo categorie di lavoro: dalle casalinghe ai la­ voratori manuali, per bambini, per funzionari, artisti ecc. Dilagarono epi­ demie come la tubercolosi, il tifo, la difterite e malattie veneree; scarsi me­ dici e medicine, la gente continuava a morire. L’inverno 1944/45 era stato duro e molto freddo. Oramai da mesi, in tutta la Germania vagano civili fuggiti dalle zone del fronte, famiglie spezzate e sfollate alla ricerca di parenti, e soldati diserto­ ri che cercano riparo. Per anni ancora, continueranno a viaggiare nel pae­ se - a piedi perlopiù, sulle strade o coi pochi treni sovraffollati - milioni di persone. Sono soldati tornati dal fronte e dai campi di prigionia militari; ex­ lavoratori forzati e ex-prigionieri dei campi di concentramento; i Displaced Persons, cioè sfollati o rifugiati; tedeschi espulsi dalle regioni sottratte dai vincitori al vecchio territorio del Terzo Reich e consegnate alla Polonia e alla Cecoslovacchia. Tra il 1945 e 1950 circolano milioni di migranti ver­ so e dentro la Germania, tra cui dodici milioni di rifugiati e di espulsi: sei milioni dalla parte ovest della Polonia e quattro milioni dalla Unione so­

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vietica, dalla parte nord della Cecoslovacchia, dalla parte est della Polonia e dall'Austria. Due milioni di queste persone muoiono. Nei primi anni d’oc­ cupazione della Germania da parte degli eserciti alleati e con l’inizio del­ la divisione del paese in Zone, un milione e mezzo di persone dalla zona est occupata dai sovietici migrano verso le zone ovest occupate dagli ame­ ricani, britannici e francesi. Con la capitolazione del Terzo Reich avvenuta 1’8 maggio 1945, per la Germania Est ebbe inizio L’Anno Zero. Doveva essere un nuovo inizio nel­ la Germania, una volta sconfìtto il nazismo, della quale Stalin disse: “gli Hitler vengono e poi vanno, il popolo tedesco però rimane”. Le forze al­ leate definirono il 5 giugno 1945, con la Dichiarazione di Berlino, le zone di occupazione e la costituzione del Consiglio di Controllo Alleato. Il 9 giugno venne costituito la SMAD. l’amministrazione militare sovietica in Germania, che mantenne il potere superiore di governo nella sua zona di oc­ cupazione: la Sowjetische Besatzungszone (da ora SBZ). Questa zona con­ tava 18 milioni 400 mila abitanti su una superfìcie di 107.862 kmq. Nella seconda metà di luglio 1945, Stalin, Churchill e Truman si in­ contrarono a Potsdam, vicino a Berlino. Discussero la divisione della Ger­ mania e lo statuto speciale per Berlino, il percorso delle nuove frontiere, il pagamento delle riparazione di guerra, l’amministrazione della Germania occupata e la guerra ancora in corso nel Pacifico. Primi obiettivi degli al­ leati e delle persone attive nella riorganizzazione della vita sociale e poli­ tica furono l’urgente ripristino della vita quotidiana della popolazione ci­ vile (distribuzione di acqua, cibo, medicine), l’inizio dei lavori per ripuli­ re le città dalle macerie e per ricostruire gli edifìci - un lavoro che avreb­ be richiesto anni - e soprattutto ebbero come obiettivi il ricambio politico, la denazificazione e la rieducazione del popolo tedesco. La SBZ fu costretta a prestazioni eccezionali per le riparazioni nei con­ fronti dell’URSS. Negli anni seguenti, duemila cinquecento aziende, so­ prattutto dell’industria meccanica e di macchinari, chimica e dell'ottica, vennero smantellate fino all’ultima vite. I secondi binari di quasi tutte le li­ nee ferroviarie nella SBZ vennero smontati e portati in Unione sovietica. Di grande interesse per Stalin era l’industria mineraria della SBZ, in parti­ colare l’uranio nelle montagne dell’Erzgebirge dove fu fondata la SAG Wismut, una società a controllo sovietica dove lavoravano minatori, tra loro anche prigionieri politici, in condizioni pesanti e pericolose. L’amministrazione militare sovietica: Sowjetische Militaradministration (da ora SMAD) con sede a Berlin-Karlshorst fino a 1949 (tale sede è oggi un museo), creò un’amministrazione centrale civile nella quale i po­ sti di fiducia andarono a membri del partito comunista tedesco, KPD. tor­ nati dall’esilio o dai campi di concentramento nazisti. Nel luglio 1945, ven­ ne fondato il Kulturbund, l’Associazione culturale per il rinnovamento de­ mocratico della Germania, in settembre la Commissione centrale dei Gio­

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vani nella SBZ e subito dopo furono avviate le riforme della scuola pub­ blica e sulla proprietà della terra.

La fondazione della DEFA Il 19 luglio 1945 si ebbe la prima proiezione pubblica di un nuovo film: il documentario Berlin del regista sovietico Juli Raisman. Solo un mese do­ po, la casa di distribuzione sovietica Sojusintorgkino presentò il primo film doppiato nel dopoguerra: Iwan der Schreckliche (Ivan il Terribile) di Ser­ gej Eisenstein, il regista del doppiaggio era Tallora 39enne Wolfgang Staudte. Il film, dal titolo e contenuto simbolici per l’occupante sovietico e gli occupati tedeschi; allora fu però un grande evento culturale e politi­ co. Nelle due settimane successive, il decreto n.40 della SMAD istituisce la Zentralverwaltung fiir Volksbildung, l’Amministrazione centrale del­ l’istruzione popolare (da ora ZfV). Il suo presidente, Paul Wandel, un emi­ grato tornato dall’esilio sovietico, discute della ripresa delle attività in am­ bito cinematografico con il capo del dipartimento per l’arte e la letteratu­ ra, Herbert Volkmann; e decidono di pubblicare un appello stampa che in­ viti artisti, autori, registi, attori, artigiani a presentarsi presso l’ammini­ strazione centrale. Venti giorni dopo, il regista Wolfgang Staudte si pre­ senta con una sceneggiatura, iniziata negli ultimi giorni della guerra. Da essa verrà realizzato il primo film tedesco del dopoguerra, con il titolo Die Morder sind unter uns (Gli assassini sono tra di noi). In settembre il Consiglio di Controllo Alleato dichiara il sequestro del­ la proprietà cinematografica del Terzo Reich: ad essa appartengono anche gli studi della Tobis e della UFA a Berlino Est e a Potsdam-Babelsberg, sempre nella SBZ. La maggior parte degli atelier, degli archivi e degli stu­ di sono distrutti o danneggiati, scarseggiano elettricità e carbone per ri­ prendere il lavoro. I sovietici accelerano il processo di avviamento delle attività. Il 29 ottobre 1945 Stalin concede al capo della SMAD e coman­ dante superiore delle truppe sovietiche, Maresciallo Shukov, il permesso di fondare una società sovietica-tedesca di produzione cinematografica. Su ordine della SMAD e su iniziativa dell’ Amministrazione centrale del­ l’istruzione, ZfV, viene costituito il Filmaktiv per la ripresa della produ­ zione di film in zona est. Ci si affida a pochi artisti, tra i quali: il regista Kurt Maetzig, che ave­ va iniziato come assistente alla regia nel 1933 ed era stato costretto di la­ sciare il lavoro dalle legge razziali; Cari Haacker, scenografo e capo­ architetto della società di film proletario: Prometheus; Willy Schiller, un scenografo antifascista; Adolf Fischer, che era stato attore per Erwin Piscator nel Teatro Proletario e protagonista del film Kuhle Wainpe della Pro­ metheus; Adolf Lindemann, anche lui con esperienza di lavoro con Pisca-

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tor e la Prometheus, arrestato nel 1933 e condannato alla prigionia. Nel­ l’ottobre si aggiunge al gruppo Hans Klering, un attore comunista, che ave­ va vissuto in URSS dagli anni Venti, diventato il responsabile dei film nel reparto Arte e Letteratura della ZfV; egli è ora nominato capo del gruppo Filmaktiv. Il loro obiettivo è di riavviare la produzione di film, radunando tutti quel­ li che vogliono contribuire ad un inizio purché sia antifascista e democrati­ co. Essi desiderano una democratizzazione sia della società che nella rea­ lizzazione cinematografica; vogliono creare una struttura di lavoro demo­ cratica, dove si discuta concretamente di progetti, e non gestita dall’alto. Vo­ gliono infine fondare una società di produzione cinematografica che si basi su un consiglio artistico che sia strumento democratico di discussione di pro­ getti, capace di dare consigli che possono ma non devono essere rispettati, che sia organo di scambio tra colleghi, non un organo di amministrazione e di censura. Diveniva urgente il compito di mettere al sicuro le attrezzature e il materiale non distrutti dai bombardamenti e dai successivi incendi negli studi di Babelsberg e di Berlino Est. Gli americani avevano cominciato a tra­ sportare con camion nel loro settore quel che riuscivano a recuperare. Nel settore sovietico di Berlin-Johannisthal e nella SBZ, a PotsdamBabelsberg, si trovano i laboratori e gli studi della Tobis Film, della UFA e della Althoff. Il 22 novembre 1945 il Filmaktiv tiene una riunione in un’ala del semidistrutto albergo Adlon a Berlino, sul tema “Il nuovo inizio del­ l’arte cinematografica in Germania”. Sono presenti circa 40 persone: regi­ sti, scrittori, attori e politici, rappresentanti della SMAD e dell’ammini­ strazione. Nel suo discorso Paul Wandel chiede di fare film che “respira­ no uno spirito nuovo, film che hanno un contenuto umanistico, antifascista e democratico, che non hanno niente in comune con la tradizione della UFA M1. Egli proclama che “Ora è arrivato il tempo nel quale il film potrà dare forza, coraggio, volontà di vivere e gioia al popolo, non deve più es­ sere l'oppio dell’evasione.”12 Con sede nel precedente edifìcio amministrativo della UFA, a Berlino nella KrausenstraBe, a dicembre il Filmaktiv riceve il permesso ufficiale dalla SMAD per l’inizio dei lavori. Le prime proposte sono di un cine­ giornale e un progetto di riprese nei tunnel della metro sotto la Sprea, vi­ cino alla stazione della FriedrichstraBe. Lì negli ultimi giorni di guerra, su ordine diretto di Hitler, i tunnel erano stati inondati dalle acque del fiume; centinaia di persone rifugiatesi nei tunnel vi avevano trovato la morte. Le

1 C. Miickenberger, Zeit der Hoffnungen 1946-1949, in R. Schenk (a cura di), Das zweite Leben der Filmstadt Babelsberg, Henschel Verlag, Berlin 1994, p. 12. 2 J. Toeplitz, Geschichte des Films 1945-1953, voi. 5. Henschel Verlag. Berlin 1991, p. 362.

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riprese iniziarono nel gennaio del 1946, sotto la direzione di Wolfgang Staudte, seguendo un copione dello scrittore Friedrich Wolf; il film non viene mai terminato. Il 2 gennaio 1946 il Filmaktiv forma un reparto stam­ pa, con a capo Marion Keller. Nelle settimane successive vengono creati an­ che i settori artistico, drammaturgico ed economico, per i cinegiornali e per il film culturale. Nel febbraio 1946 la KPD organizza il suo primo convegno sulla cultu­ ra. Il primo segretario del partito, Wilhelm Pieck tiene il discorso principale “Per il rinnovamento della cultura tedesca”. In una relazione, il capo del Film­ aktiv, Hans Klering, parla del nuovo film e della sua missione, del contribu­ to per aiutare il popolo tedesco a trovare il suo posto nella grande famiglia dei popoli usciti dalla guerra, pacificati e pacifisti. Per far seguire fatti alle gran­ di proclamazioni, il 19 febbraio viene presentata la prima edizione del cine­ giornale Augenzeuge (Il testimone oculare), diretto da Kurt Maetzig. Ini­ zialmente mensile, il cinegiornale diviene bimensile e dall’estate 1946 setti­ manale fino al 1980. Il suo motto era: Sie sehen selbst. Sie horen selbst. Urteilen Sie selbst! (Voi vedete, voi ascoltate - giudicate voi!). La prima edi­ zione contiene brevi servizi sui lavori di ricostruzione di Berlino, sulla ria­ pertura della Università berlinese di Humboldt, sul processo contro i crimi­ nali nazisti a Norimberga, poi scene di una razzia al mercato nero, una gara di boxe, un cortometraggio sulla ressa nella metro. Nello stesso tempo Mae­ tzig gira cortometraggi su soggetti quali la ricostruzione di Berlino, il pro­ cesso di unificazione dei partiti KPD e SPD, il 1 ° maggio e la fiera di Lipsia. Nel febbraio del 1946 si ebbe la fondazione dell’Associazione dei sin­ dacati liberi: il FDGB con due milioni di iscritti; un sindacato ‘libero e uni­ tario’ che in seguito avrebbe allontanato i dirigenti socialdemocratici e pre­ so misure contro le iniziative degli operai nei consigli aziendali liberamente eletti. Il 21 aprile 1946 venne fondato il partito di unità socialista \aSozialistische Einheitspartei, da ora SED. Unificando i due partiti KPD e SPD. comunisti e socialdemocratici, la SED appare come una risposta alla le­ zione appresa all’inizio degli anni Trenta, della divisione del movimento politico della classe operaia, che aveva permesso l’ascesa di Hitler al po­ tere. Il nuovo partito sarà guidato da Wilhelm Pieck e Otto Grotewohl, i segretari generali dei due partiti riunificati. Nei mesi di marzo e d’aprile il Filmaktiv lavora giorno e notte per la fondazione di una società di produzione cinematografica. Si cerca un no­ me, viene proposto Aurora che deve simbolizzare l’alba dopo una lunga notte e ricorda la corazzata nel film di Eisenstein. Alla fine, si decide per DEFA: Deutsche Film AG. Il 1° aprile 1946 viene firmato il contratto per l’affìtto dello studio Althoff a Babelsberg, che sarà il primo atelier della DEFA. Altri studi, come quelli di Tobis a Johannisthal e della UFA a Ba­ belsberg, sono ancora sotto sequestro. Soltanto dieci giorni dopo il con­ gresso di unificazione tra il partito comunista e il partito socialdemocrati­

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co, viene presentato il primo documentario della DEFA: Einheit SPD-KPD (Unità SPD-KPD). Il 4 maggio si gira la prima scena del film Die Morder sind unter uns. Con il 17 maggio del 1946 arriva il grande momento: la cerimonia di fondazione della DEFA e la consegna della licenza “per la produzione di film di tutti i tipi” da parte della SMAD al Filmaktiv. I dirigenti del Film­ aktiv, che con questo atto si scioglie, vengono nominati direttore generale e capo della produzione (in questa carica Lindemann), direttore artistico (Klering), direttore delle finanze e del personale (Bergmann), direttore del cine­ giornale e regista (Maetzig). La grande sala dello studio Althojf a Babels­ berg è ornata a festa, con tavolate, l’orchestra e il saluto del sindaco. La ce­ rimonia viene ripresa per un servizio del cinegiornale Augenzeuge n. 8/46: i trecento invitati; i rappresentanti delle amministrazioni militari, i perso­ naggi della vita politica e artistica, che arrivano con auto di lusso, elegante­ mente vestiti. La ZfV ha fatto domanda all’ufficio centrale alimentare di Berlino per aver a disposizione: 20 kg di burro, 10 kg di formaggio, 35 kg di insaccati, 100 kg di pane, 1000 litri di birra, 50 bottiglie di acquavite e 3500 sigarette per la festa. Questa cerimonia suscita attenzione, arrivano te­ legrammi d’auguri di buon lavoro da diversi attori, escono articoli sui gior­ nali. In uno dei discorsi, il direttore della ZfV. Paul Wandel dice: “La par­ tecipazione alle grandi questioni del destino del nostro popolo è oggi un af­ fare di tutti, senza eccezione, anche degli artisti. Loro non possono rimane­ re apolitici. Anche gli artisti devono prendere posizione e mettere a dispo­ sizione la loro forza, devono rendere conto sul dove siamo oggi e come ci siamo arrivati. Dobbiamo riconoscere la strada errata ed incominciare a prendere la nuova via della collaborazione sincera con tutti i popoli che amano la pace. (...) Il film oggi deve dare risposte alle domande vitali del nostro popolo. Deve rispondere alle esigenze dell’epoca...’’34Il capo del re­ parto cultura della SMAD. Sergej Tulipanov aggiunge: “La DEFA avrà del­ le grandi questioni da risolvere. Le più importanti: la lotta per la ricostru­ zione democratica della Germania e la estirpazione dei resti del nazismo e del militarismo dalla coscienza di ogni tedesco, la lotta per l’educazione del popolo tedesco, soprattutto dei giovani. Nel senso della vera democra­ zia e umanità, e per risvegliare il rispetto per altri popoli e paesi. Il film co­ me cultura di massa deve diventare un ’arma tagliente e potente contro la reazione e contro la guerra e il militarismo, e per la pace e la amicizia di tutti i popoli del mondo.”* Gli ospiti sono invitati a passare nello studio ac­ canto ed assistere alle riprese di Die Morder sind unter uns.

3 In R. Schenk. Kleine Geschichte der DEFA, Schriftenreihe der DEFA-Stiftung, Berlin 2006. pp. 19-20. 4 Ivi, p. 20.

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Una settimana più tardi iniziano le riprese per Freies Land (Terra libe­ ra) di Milo Harbich ehe sarebbe stato il secondo film lungometraggio del­ la DEFA. Il terzo film dell’anno 1946 sarà Irgendwo in Berlin (Da qual­ che parte a Berlino) di Gerhard Lamprecht, la storia di bambini che gioca­ no alla guerra tra le rovine di Berlino, di un padre che torna dalla guerra, di una città distrutta, colpita dal mercato nero, dalla piccola criminalità e dalla violenza quotidiana. Un film molto vicino al neorealismo italiano che dal punto di vista storico e artistico può essere collocato tra Ladri di bici­ clette e Germania Anno Zero. Gerhard Lamprecht era un regista che ve­ niva dalla UFA, diventato famoso con film d’ambiente popolar-berlinese degli anni Venti e Trenta, in particolare con Emil and die Detektive nel 1931. I primi film sono rappresentativi di ciò che è in quegli anni la DEFA: al­ l’inizio, i film non venivano né progettati a lungo né messi in programma via decreto. Registi e autori con i loro progetti determinavano la produzio­ ne; loro caratteristica era il confronto diretto con il passato prossimo della storia tedesca. La domanda che li univa in quegli anni dell’immediato do­ poguerra era: come è potuto succedere che i tedeschi siano diventati col­ pevoli di tali crimini? Artisti, politici e funzionari delle amministrazioni erano uniti nell’impegno sincero di trovare una risposta a tale domanda. Il grado di congruenza nelle importanti questioni e negli obiettivi, nell’im­ pegno di creare film sotto una spinta illuminista e progressista sarebbe sta­ to mai più così chiaro ed alto tra loro come in quegli anni. A giugno e luglio 1946 cominciarono i lavori in altri studi a Dresda e Halle con la produzione di cinegiornali, documentari, film divulgativi e pubblicitari. Il 13 agosto la DEFA venne registrata come azienda col nome di Deutsche Film GmbH, con un capitale di 21000 RM e tre soci, tra cui an­ che un rappresentante della ZfV. Il capitale sociale veniva dalla Zentrag, una società Holding della SED. Per un breve periodo fu aperta anche una sede a Monaco di Baviera, con l’idea di entrare più facilmente in contatto con artisti residenti nelle regioni meridionali.

Gli assassini sono tra di noi Il 15 ottobre 1946, con la cerimonia nell’Admiralspalast di Berlino, venne presentato il primo film tedesco del dopoguerra: Die Morder sind unter tins di Wolfgang Staudte, con Ernst Wilhelm Borchert e Hildegard Knef. La trama: Berlino 1945, Susanne Wallner, una giovane fotografa, torna dalla prigionia in un campo di concentramento. Trova la casa occupata dal me­ dico chirurgo Mertens, tornato dalla guerra. Mertens cerca bevendo di ri­ muovere i suoi terribili ricordi. I due si sistemano nella casa, Susanne cer­ ca di aiutarlo e Mertens lentamente ritrova se stesso. Un giorno Mertens in-

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contra il suo ex capitano, Briickner, ora un commerciante “liscio come un ’anguilla, al quale non interessa se dagli elmetti d’acciaio si fanno del­ le pentole o viceversa’’. La coscienza di Mertens si ribella e nella sera di Natale del 1945 vuole vendicare, uccidendo il suo ex-superiore, il massa­ cro di donne, bambini e uomini, comandato da Briickner tre anni prima sul fronte est. All’ultimo momento Susanne riesce convincere Mertens che il castigo per i crimini di guerra non è una vicenda privata: il criminale deve rispondere ad un tribunale. Il soggetto era stato concepito già prima della fine della guerra. Staudte lo presentò anche all’amministrazione alleata dei settori occidentali di Ber­ lino. Un ufficiale americano al quale si era rivolto gli aveva detto che, se­ condo lui, della realizzazione di film tedeschi si sarebbe potuto parlare so­ lo dopo venti anni. L’amministrazione americana pensava di educare il po­ polo tedesco con propri film provenienti dagli USA (implicando in questa risposta anche una questione di mercato). Nel settore sovietico invece, il progetto riscosse interesse perché appariva l’occasione per riportare in vita la cinematografìa tedesca antifascista. La produzione del film fu seguita con grande attenzione dall’opinione pubblica. La prima del film venne attesa e vista da molte personalità pubbliche e politiche; si trattava del primo film in assoluto prodotto dopo la fine della guerra. Il film raffigura una Berlino distrutta, invasa dalle macerie, cupa e piena di ombre: un paesaggio di distruzione fìsica e di relitti morali. L’intenzione non era di fotografare la realtà esterna, ma di dare dell’ambiente in cui ora­ mai i tedeschi vivevano e dovevano orientarsi, un’immagine emotiva forte e di raccontare i rapporti dell’individuo col suo mondo. Questo dramma psi­ cologico dal contenuto politico riscosse un grande successo: cinque milioni di persone lo videro tra 1946 e 1951. Il film non chiedeva agli spettatori di fa­ re giustizia da soli ma li costringeva a fare i conti con la propria coscienza. In una recensione del 1946 apparsa nella rivista cinematografica Deutsche Film-Rundschau, venne criticata l’indulgenza con la quale il regista trattava il protagonista Mertens: il personaggio vuole punire il criminale, ma era sta­ to lui stesso partecipe del crimine e non aveva avuto il coraggio a quel tem­ po di ribellarsi al comando. Venne anche criticato il fatto che il film non mo­ stra il processo né fornisce informazione sull’entità della eventuale sua sen­ tenza, cioè della punizione. I critici avevano bisogno di un finale univoco e tranquillizzante. La domanda retorica della critica era: “Se gli assassini so­ no tra di noi, bisognerebbe allora rispondere: noi tutti siamo assassini.’’5 Il regista Wolfgang Staudte avrebbe scritto più tardi: “A quel tempo sen­ tivo il bisogno di fare quel film. Significava una liberazione interna, un confronto interno con il periodo nazista e tutti i suoi crimini. Circondato

5 J. Toeplitz, op. cit., p. 366.

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dal terrore degli ultimi giorni di guerra, questo era già un atto di rifles­ sione, per fare i conti con il fascismo e con la sua ideologia. Nella prima versione, il Dr. Mertens va infatti da Briickner e gli spara. Allora mi sem­ brava impossibile di vivere con gli assassini tra di noi. (...) Una sera ven­ ni chiamato dall’incaricato sovietico per la cultura nella Jàgerstrafie, non c’era elettricità e abbiamo discusso a lume di candela. Si congratulò con me, conosceva tutta la sceneggiatura a memoria. Era entusiasta dal sog­ getto, aveva soltanto un 'obiezione da fare: il finale andava cambiato. Re­ spingeva questo genere di auto-giustizia, mi faceva riflettere sulle conse­ guenze che il film avrebbe potuto avere, se tutti poi sarebbero andati a spa­ rare in giro sui criminali di guerra, anche se questo desiderio era com­ prensibile. Questi criminali dovevano essere consegnati alla giustizia, a veri tribunali. Ebbi enormi difficoltà a capire questa obiezione, finché non è venuta fuori tutta la dimensione dei crimini nazisti e finché non mi resi conto di quanto ‘piccolo’ come assassino fosse questo Bruckner.”67 Jerzy Toeplitz ha sottolineato che Die Morder sind unter uns non fu soltanto l’inizio di una nuova era del film tedesco, fu anche la nascita di un grande regista. Il film, secondo Toeplitz, malgrado alcuni difetti di dram­ maturgia, ha un’atmosfera che affascina e cattura lo spettatore. La tradi­ zione espressionista che influenza il film rende le vere rovine apparente­ mente irreali producendo un realismo spettrale. Staudte ha creato un film che non si può dimenticare, con la sua eccellente fotografìa e la bravura degli attori: una Hildegard Knef debuttante che diventerà la star del film te­ desco occidentale. ‘‘Era il primo e il migliore film di una lunga fila di film delle macerie’.”1

I primi film del Dopoguerra

Tre giorni dopo la prima del Die Morder sind unter uns, la DEFA presen­ tò il secondo film: Freies Land, che probabilmente era già pronto, ma la cui prima era stata ritardata per favorire l’altro film dai contenuti esplicita­ mente antifascisti. Freies Land di Milo Harbich si occupa della riforma della terra e della vita nel dopoguerra in campagna. Il regista, figlio di emi­ grati tedeschi in America Latina, dopo il ritorno in Germania, negli anni Venti aveva partecipato al gruppo di artisti della Neuen Sachlichkeit, attor­ no a Otto Dix e Schmidt-Rotluff. Harbich aveva debuttato come regista di cortometraggi, facendo anche il montaggio e le locandine per film; aveva realizzato due film per la UFA nel 1940. Dopo il 1946 lavorò per il cine­

6 In R. Schenk, Kleine Geschichte der DEFA. cit., p. 22. 7 J. Toeplitz, op. cit., p. 367.

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giornale Augenzeuge come dirigente del gruppo di Brandeburgo, girando brevi film culturali sceneggiati. Con Freies Land aveva l’ambizione di fa­ re un film-documento. Su soggetto di Georg C. Klaren, esso era un misto di film culturale ed educativo, con un discorso storico sulla politica nelle campagna. Adottava la storia, alcuni personaggi e dialoghi dal libro Die Hungerbauern (Contadini della fame) dello scrittore proletario Paul Kòrner-Schrader. Fu il primo tra i film del dopoguerra a raccontare della rifor­ ma della terra, dell’espropriazione delle grandi proprietà terriere e della di­ stribuzione della terra ai contadini. La riforma è descritta come atto di giu­ stizia, a seguito della rivoluzione del 1848 e come unica possibilità di ga­ rantire un nuovo inizio ai rifugiati tedeschi provenienti dall’Est, gli Umsiedler (coloni trasferiti): milioni di persone arrivate alla fine della guerra e distribuite nelle province della Germania divisa, bisognose di una casa e di un lavoro. I protagonisti del film sono una contadina Umsiedler e suo ma­ rito, tornato dal campo di prigionia militare. Il film venne annunciato eu­ foricamente con il motto: “t/n villaggio diventa stella del film”. Il regista girò il film in ambienti originali e con una maggioranza di attori non pro­ fessionisti. Solo i ruoli principali erano assegnati a veri attori. La idea era di creare una grande epopea contadina; alcune sequenze ricordano i film so­ vietici degli anni Venti, nel loro pathos, negli stessi argomenti, nella impo­ stazione della fotografìa, nel montaggio. Il film tratta del conflitto con il proprietario terriero che una volta espropriato dalla riforma resiste all’in­ tegrazione in una nuova impresa collettiva. Questo personaggio è però rap­ presentato con tratti caricaturali che non lo rendono reale e non lo fanno prendere sul serio dallo spettatore. Nell’insieme però, questo film è un do­ cumento unico nel suo genere, sui primi passi nella riforma della terra e sul modo in cui quell’epoca presentava il tema, che non verrà trattato poi più per almeno dieci anni. Dal 25 ottobre 1946 la DEFA ebbe a disposizione, oltre agli studi di Althojf, anche quelli della Tobis a Berlino; terreno e locali della UFA a Ba­ belsberg erano invece ancora sotto controllo sovietico e appartenevano al­ la LINSA, una società sovietica. La DEFA sarebbe riuscita a girare a Babelsberg nel 1948 come primo film 1-2-3 Corona. Alla fine ottobre 1946 una filiale della DEFA, il Deutsche Filmverlag GmbH, ricevette la licenza per l’edizione di cartoline con foto delle star e delle scene da film da di­ stribuire nei cinema e nelle librerie. Riesce inoltre a progettare i primi de­ pliant di programmi e la stampa di una rivista cinematografica che sareb­ be apparsa dal 1947 con il titolo Neue Film-Welt. I primi fascicoli di pro­ gramma erano ancora pubblicati dalla Sojusintorgkino, poi SovExport, la società di distribuzione cinematografica che detenne il monopolio della di­ stribuzione dei film della DEFA nei primi anni. Il 15 gennaio 1947 la direzione della DEFA presentò il primo rapporto annuale di esercizio. Il personale impiegato, dalle iniziali 60 unità, era sa-

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lito a 1.158 nel gennaio 1947; gli studio atelier erano aumentati da 3 a 65, in aggiunta vi erano tre laboratori e gli studi di Babelsberg e Johannisthal; i reparti di lavoro si erano moltiplicati da 1 a 22, il fatturato totale era di 8.509.000 RM. Erano stati prodotti tre lungometraggi, due i film in corso di produzione, ad essi andavano aggiunti dodici film culturali, trentaquattro cinegiornali, sette documentari, cinquantasei film indirizzati alle ele­ zioni politiche, dieci cortometraggi. Inoltre intenso era stato il lavoro di doppiaggio di film stranieri, soprattutto sovietici: una ventina di lungome­ traggi. La DEFA era in quel momento una delle più grandi imprese in tut­ ta la Germania, a poco più di venti mesi alla fine della guerra. Nell’aprile 1947 iniziarono le riprese per il film Wozzeck (regia: Georg C. Klaren), tratto dal pezzo teatrale dell’ottocento del drammaturgo tede­ sco Georg Buchner. Sarebbe stato il primo film al mondo ad essere regi­ strato totalmente con la tecnica della registrazione magnetica del suono, una tecnologia che negli anni seguenti avrebbe sostituito la registrazione ot­ tica. Gli studi della UFA parzialmente distrutti vengono ricostruiti entro il 1949, dotati di nuovi impianti, tra i quali quelli per la registrazione del suo­ no magnetico. I nuovi studi sono d’avanguardia tecnologica, la loro capa­ cità acustica sarebbe stata eccellente ed avrebbe risposto ancora qua­ rantanni dopo alle esigenze di buona produzione. Il settore sovietico in­ contra però problemi nelle sale cinematografiche, largamente distrutte. Ini­ zia così la costruzione di nuovi teatri cinematografici. Occorre sottolinea­ re nella zona occupata dai sovietici e poi in DDR non fu mai formalmente decretata la statalizzazione dell’industria e della distribuzione cinemato­ grafica. Di fatto però, per la produzione, per f import e export e per la di­ stribuzione di film, lo Stato avrebbe avuto l’assoluto monopolio. La Sojusintorgkino era in realtà il rappresentante commerciale di film sovietici all’estero, ma dal luglio 1945 aveva iniziato anche a gestire una grande parte delle attività nelle sale cinematografiche nella Zona occupata dai sovietici della Germania Est, SBZ. Questa ditta ricevette sia il mono­ polio di distribuzione nella SBZ sia la licenza per tutte le copie di film te­ deschi trovate sul territorio. Inoltre, l’amministrazione militare sovietica, la SMAD, le metteva a disposizione tutti i teatri di cinema dell’ex azienda ci­ nematografica UFA. La Sojusintorgkino, più tardi Sovexport, nell’anno 1946 disponeva di 51 di questi cinema. Nel 1945, tutti i cinema i cui pro­ prietari erano stati membri del partito nazista, NSDAP. furono espropriati e subordinati alle amministrazioni regionali dei Lander di Brandeburgo, Mecklemburgo, Sassonia, Turingia e Berlino Est. Gli altri cinema nella SBZ, potevano momentaneamente rimanere in proprietà privata. Nel 1948 i cinematografi privati di Sassonia e di Turingia, dietro basso compenso fu­ rono espropriati e statalizzati. Costituivano il capitale d’avvio dell’asso­ ciazione di cinema di proprietà del popolo: la Vereinigung Volkseigener Lichtspiele (VVL) fondata poi nel febbraio 1949. Però, ancora nel 1953 in

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tutta la Germania Est si contavano 316 cinema privati su un totale di 1486, di cui 55 nella sola Berlino Est.8 Nel giugno 1947 si tenne una conferenza di scrittori per il film, e la DEFA fece gli onori di casa. Vennero discussi soggetti, questioni giuridi­ che e professionali; tra gli ospiti, rappresentanti dell’amministrazione mi­ litare sovietica e americana: Alexander Dymschitz e Peter van Eyck. Ven­ nero presentati film provenienti dalle nazioni occupanti: Our Town dagli USA, Odd Man Out dall’impero britannico, Martin Roumagnac dalla Francia (interpreti in quest’ultimo Marlene Dietrich e Jean Gabin), Ma­ xims Jugend (La giovinezza di Maxim) dall’Unione sovietica. Il direttore generale Lindemann, nel suo discorso sulla situazione del film tedesco, di­ chiarò che esisteva una positiva libertà di creazione e si espresse per una collaborazione di tutti i creativi, constatando che vi erano almeno una ven­ tina di lungometraggi in progettazione per l’anno 1948. Il regista Kurt Maetzig tenne una relazione su “Cosa si aspetta il film dallo scrittore” e disse: "Mi sembra che la libertà di creazione artistica sia protetta nel modo mi­ gliore dagli organizzatori della nuova produzione cinematografica, poiché loro hanno sofferto nei tempi passati di una repressione impietosa. Questa ha causato in loro il desiderio appassionato di non permettere mai più che venga messa in atto una tale oppressione dello spirito”9 Kurt Maetzig, dopo alcuni lavori documentari e mentre dirigeva il cine­ giornale Augenzeuge, girò nel 1947 il suo primo lungometraggio di finzio­ ne: Ehe ini Schatten (Matrimonio nell’ombra). La prima ebbe luogo il 3 ot­ tobre 1947 contemporaneamente in quattro cinema, nei quattro settori oc­ cupati di Berlino. Tratto dal racconto di Hans Schweikart, Es wird schon nicht so schlimm (Non andrà così male), il film narra la storia del giovane attore Hans Wieland, che nel periodo del Terzo Reich rifiuta di divorziare da sua moglie Elisabeth perché ebrea. Gli sposi sono colleghi e recitano insie­ me tutte le sere il dramma teatrale Kabale und Liebe (Intrigo e amore) di Schiller. Hans viene messo davanti ad una alternativa: divorziare o andare al fronte; qualsiasi fosse stata la decisione, il destino della moglie sarebbe stato la deportazione. Come unica scelta ritenuta possibile, la giovane cop­ pia si suicida insieme. La storia si era basata su un fatto realmente accadu­ to. Schweikart aveva scritto il soggetto in memoria dell’attore e collega Jo­ achim Gottschalk, con il quale aveva lavorato nel 1940. Nel settembre del 1941, Gottschalk aveva ceduto alla pressione dei nazisti e si era suicidato in­ sieme alla moglie e al figlio dodicenne. Il film, in stile melodrammatico, descrive il periodo buio nella Germania nazista quando tutti i valori erano oramai cambiati e si mandavano o lasciavano morire anche gli amici. Vie­

8 J. Toeplitz, op. cit., p. 365. 9 R. Schenk, op. cit., p. 27.

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ne soprattutto descritta la piccola borghesia che minimizza i pericoli del na­ zismo: “Non andrà poi così male, passerà presto!”, e poi si arrangia, per co­ modità o convenienza, con i potenti tradendo vecchi amici e colleghi. Il film fu uno dei successi che la DEFA ottenne in tutta la Germania, comprese le zone occidentali, e diventò un classico del film antifascista tedesco. Ehe im Schatten sarà il film più visto della DEFA, in assoluto, di tutti gli anni di vi­ ta della DDR: ebbe 12,7 milioni spettatori. Il regista, Kurt Maetzig si era interessato al soggetto anche per motivi personali: figlio di una donna ebrea, non aveva potuto continuare a lavorare dopo il 1933. Sua madre si era sui­ cidata per evitare un arresto della Gestapo. Sia l’autore sia il regista fecero confluire nel film esperienze ed emozioni personali, sostenendole da un buon lavoro di fotografia e di musica. Il fotografo, Friedl Behn-Grund e il compositore, Wolfgang Zeller avevano lavorato alla UFA, per film di pro­ paganda nazista; i mezzi tradizionali un tempo adattati a film sentimentali rinforzarono così l’impatto che il film ebbe sugli spettatori. La Berliner Zeitung del 5 ottobre 1947 scriveva: “Un film come questo strappa via il sipa­ rio ancora una volta e costringe i tanti che ricominciano già a commisera­ re se stessi con passione, a riflettere chiaramente sul perché il mondo ci odia, sul cosa rende difficile al mondo, che vive uno stato d'animo diverso dal nostro, di dimenticare (...) Questo film tocca i tedeschi non soltanto nel loro senso di colpa, essofa riemergere ricordi rimossi; il suo merito indub­ biamente è quello di non lasciare allo spettatore una conclusione facile e sbagliata: era tutto colpa dei cattivi nazisti!”10 Ehe im Schatten è stato l’unico film della DEFA a ricevere il prestigioso premio cinematografico Bambi istituito della Germania occidentale. Nell’estate 1947, Roberto Rossellini giunse a Berlino, per girare Ger­ mania Anno Zero, e la DEFA gli diede tutto il supporto tecnico necessa­ rio durante i lavori di ripresa. Il film sarebbe stato proiettato nei cinema della futura Repubblica Federale soltanto nel 1952; non lo fu mai nelle sa­ le della Germania orientale. Negli anni 1947/48 iniziò uno scambio di film tra le zone Est e Ovest, i produttori chiesero regole, anche nella speranza di guadagnare. Le forze alleate detennero il controllo e la responsabilità per le relative licenze, e si incominciava a vedere i primi effetti della Guer­ ra Fredda. Il generale britannico Robertson vietò l’importazione di film della DEFA nella sua zona di controllo, dove la forte lobby anticomunista costituita dall’associazione degli ex-proprietari di sale cinematografiche espropriate all’Est sabotava lo scambio di pellicole. Lo scambio sarebbe così diminuito tanto che dal 1950 i film della DEFA sarebbero stati visti sempre più raramente ad Ovest.

10 In F.-B. Habel, Das grofie Lexikon der DEFA-Spielfìlme 1946-1993, Schwarzkopf & Schwarzkopf, Berlino 2000, pp. 128-129.

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Nel luglio 1947, la DEFA GmbH (società S.r.l.) spostò la sede giuridica a Potsdam, nel novembre cambiò struttura e carattere. Da quel momento fi­ no al 1950, sarebbe stata una società per azioni tedesca-sovietica; soci di­ vennero l’amministrazione sovietica all’estero e la Zentrag, la Holding del­ la SED. Il capitale sociale aumentò a 10 milioni RM, la parte sovietica ten­ ne 55%, la parte tedesca 45% del capitale in azioni. Le due parti si accorda­ rono per istituire una commissione interna al segretariato centrale della SED con la funzione di controllo nella programmazione della produzione cine­ matografica. La commissione avrebbe avuto la possibilità di compiere inda­ gini lungo tutta la lavorazione, dalla fase di montaggio alla versione finale dei film, in sostanza aveva licenza di censura, ed anche voce nel capitolo sulla po­ litica del personale. La SED costituiva la commissione, ad essa appartenevano funzionari di partito e dell’amministrazione e uno scrittore. Il controllo po­ litico sulla DEFA, finora tenuto soprattutto da ufficiali sovietici responsabi­ li della cultura, colti e con idee liberali, entrò in una nuova fase.

Vita di strada

Il regista Peter Pewas che girò nel 1947/48 il film Strafienbekanntschaft (Conoscenza per strada), disse decenni più tardi: “Mai prima e mai più do­ po, ho avuto così eccellenti condizioni di produzione come nella DEFA. Ottenevo tutto quello di cui avevo bisogno. Per tutta la durata della pro­ duzione, la DEFA non si è mai immischiata nel mio lavoro artistico. Que­ sto era il suo principio. Le grandi martellate, forse arrivarono dopo... Egli aveva solo qualche problema per una scena di amore, ripresa con i due protagonisti in primo piano che si guardano intensamente, respirando for­ te, mentre si sentiva la musica provenire dalla stanza accanto. “Proprio per questa scena arrivò il drammaturgo russo. ‘Queeesto non è aaarte’disse e mi agitò il dito davanti alla faccia, guardandomi da sopra gli occhiali. ‘Queeesto è natuuura!’ Scosse la testa con disapprovazione, ma la scena ri­ mase così come era.”'2 Strafienbekanntschaft racconta la storia della ven­ tenne Erika che come tanti altri vuole fuggire da una vita piena di privazioni del dopoguerra. Conosce il giornalista Walter che si innamora di lei. Egli non può offrirle una vita agiata ma nonostante ciò lei va ad abitare da lui. Di sera esce da sola, fa conoscenze di molti uomini che le procurano un po’ di agio: un paio di calze di seta, qualche dolce, ecc. Però, le procurano an­ che una malattia venerea che Erika scopre in occasione di una razzia. Usci­ ta dall’ospedale, guarita, Erika trova Walter che l’aspetta.

11 C. Miickenberger, op. cit., p. 22. 12 Ibidem.

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Il film era stato commissionato dall’amministrazione centrale della sa­ nità: nella Berlino, città occupata da quattro eserciti, si erano diffuse le ma­ lattie veneree. Sale da ballo e locali pubblici erano gremiti da gente che voleva vivere, finalmente vivere e divertirsi. Le ragazze andavano a balla­ re ed anche ‘oltre’, per un pacco di sigarette, una tavoletta di cioccolata o un paio di calze. I giovani soldati alleati, vinta la guerra, erano lì ormai da tempo come forze di occupazione, perché dovevano aspettare? Inoltre, in Germania molti giovani uomini tedeschi erano assenti: morti al fronte o ancora in ospedali di lungo ricovero oppure in campi di prigionia all’este­ ro. Nel 1946, il 57,5% della popolazione era composta da donne, su 100 uo­ mini adulti vi erano 135 donne. Molte di loro vivevano da sole con i pro­ pri figli, da sole responsabili di procurare cibo, un tetto, dei vestiti. Per ave­ re diritto ad una carta di categoria più alta nella distribuzione degli ali­ mentari, esse andarono a lavorare in strada per lo sgombero delle macerie. Le famose Triimmerfrauen, le donne delle macerie, lavoravano pesante­ mente, sotto il caldo, nel freddo, vestite di strati di stracci, con la testa e le mani coperte, per liberare i quartieri dalle macerie della case distrutte. Di­ vennero il simbolo di quegli anni: erano le donne che pulivano quello che gli uomini avevano lasciato dietro di loro. Per avere un’idea dei milioni di metri cubi di macerie, si può oggi entrare nel parco pubblico di Berlino Friedrichshain, e salire sul Mont Klamott, sulla collina eretta con le mace­ rie di Berlino, trasformata grazie ad alberi e prati in una altura naturale. Il regista Peter Pewas, proveniente da esperienze nel teatro, nell’archi­ tettura, grafica e pittura, dopo la guerra è uno dei primi sindaci di quartie­ re a Berlino. Nel 1932/34 aveva girato un documentario sull’Alexanderplatz. Il suo secondo film è del 1943, Der verzauberte Tag (La giornata in­ cantata), che ricorda i maestri del realismo poetico francese. Il film venne vietato dalla censura nazista e Pewas mandato al fronte. Allorché egli ven­ ne a sapere del progetto di realizzazione di un film di educazione sessuale commissionato dall’amministrazione della sanità, vide l’occasione di fare uno studio sociale, ed ottenne l’incarico. Strafienbekanntschaft è influen­ zato dall’incontro di Pewas con Roberto Rossellini il quale girava in quel periodo Germania Anno Zero e aveva proposto a Pewas il ruolo dell’inse­ gnante nel film, proposta da lui però rifiutata. Nel 1947, all’inizio dei lavori, Pewas conosce Roberto Rossellini, grazie all’amico conte Treuberg, che era stato compagno di studi di Rossellini in Italia. In una proiezione priva­ ta vede Paisà e Roma Città aperta. “Ero talmente affascinato e commos­ so che spontaneamente l’ho abbracciato e gli ho detto: ‘Lei ha compreso comefar vedere la verità in un modo totalmente nuovo’.”13 L’incontro con Rossellini lasciò il segno e rafforzò Pewas nella sua ricerca di un nuovo

13 Ivi, p. 37.

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stile cinematografico. Da quando lavorava alla Tobis, voleva “sempre cat­ turare il mondo attorno, (...) doveva essere presente quel che c’era accan­ to.”'4 Divenne suo obiettivo quello di caratterizzare socialmente i suoi per­ sonaggi inserendoli nel loro ambiente. Ne risultarono grazie alla fotogra­ fia, una densa atmosfera e un realismo poetico alla francese. Strafienbekanntschaft divenne il prototipo dei film che la DEFA avrebbe prodotto su Berlino negli anni Cinquanta. Peter Pewas era un regista che predisponeva in anticipo le riprese definendo l’esatta impostazione delle immagini. In­ sieme al fotografo Georg Bruckbauer, che sperimentava con la tecnica del­ l’obiettivo grandangolare, Pewas e Bruckbauer crearono un’opera di spes­ sore artistico e stilistico insolito. Il lavoro però non venne compreso e ap­ prezzato da una parte della critica, che considerò negativamente il fdm po­ polato da personaggi amorali, socialmente pericolosi o appartenenti ad am­ bienti mondani ed equivoci. Il Neues Deutschland, giornale ufficiale della SED, scrisse il 15 aprile 1948: “Ci mancano - e il film avrebbe avuto un effetto più forte se ca ratte rizzato da un contrasto maggiore - le persone della metropoli che sono rimasti pulite malgrado Temergenza sociale. Si vede nel fdm soltanto il lato oscuro della vita.”'5 I critici di partito non compresero le qualità del fdm, che risiedevano in osservazioni sociali pre­ cise, nell’atmosfera densa del tempo, e non videro che nel personaggio di Erika era stato creato un nuovo archetipo di donna: una donna moderna, sensuale, pieno di voglia di vivere, senza alcuna carica negativa. Il film ri­ mane come esempio di uno nuovo stile di quegli anni, come disse il criti­ co Ihering: “...una sintesi tra il fdm francese e il film russo - tra Renoir e Donskoi”'6.

L’inizio della Guerra Fredda Nella primavera del 1948 la DEFA si trovò con tutti gli studi a disposizio­ ne impegnati e perciò chiese di avere a disposizione un atelier della UFA a Babelsberg. Gli ufficiali sovietici diedero mandato alla SAG Linsa, la so­ cietà che amministrava tutti i beni immobiliari di film sequestrati dai rus­ si, di liberare lo Studio 3. Con questo atto iniziò la ricostruzione degli ex studi della UFA, la grande società di film degli anni Venti e Trenta, che sa­ rebbe stato poi il complesso centrale della DEFA. Il 18 giugno 1948 entrò in vigore la riforma monetaria nelle tre zone della Germania Ovest, segui­ ta della riforma nella SBZ e, il 25 giugno, nei settori ovest di Berlino. Fu

14 Ibidem. 15 F.-B. Habel, op. cit., p. 589. 16 C. Miickenberger, op. cit., p. 37.

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punto di non ritorno nella divisione finanziaria ed economica della Ger­ mania. Si entrò così nella Guerra fredda. Stalin decise come risposta di far bloccare tutte le strade tra la Trizone occidentale della Germania e Berlino Ovest. Tale azione significò un blocco totale di quella parte della città. Gli alleati reagirono con la Luftbriicke, ponte aereo che collegò l’aereoporto di Berlino Tempelhof con la Germania Ovest. Migliaia di tonnellate di ali­ mentari e di medicinali vennero trasportati per via aerea nella città, con grande impegno e sostegno mediatico e ideologico. Nell’aprile 1948 era stato licenziato il direttore della DEFA, Alfred Lindemann, uomo degli inizi nel Filmaktiv. Il suo successore, Rudolf En­ gel, riesce a mantenere l’incarico per due mesi, a giugno viene nominato il trentaquattrenne Walter Janka. Nato nel 1914, era membro dell’asso­ ciazione giovanile comunista KJVD. Il fratello fu ucciso dai nazisti e lui stesso imprigionato. Tra il 1936 e ’39, Janka aveva combattuto nella Guer­ ra civile di Spagna dove è stato ufficiale del battaglione Thàlmann delle Brigate Internazionali, composto essenzialmente da tedeschi e da austria­ ci. Quindi internato in Francia, Janka si era rifugiato in Messico dove era diventato membro del movimento Freies Deutschland (Germania Libera) e direttore della casa editrice El Libro Libre. Tornato in Germania nel 1947, fu chiamato da Paul Merker, il quale era stato suo compagno in Mes­ sico e in quel momento lavorava per il Comitato centrale della SED. Jan­ ka fu direttore della DEFA dal luglio 1948, divenendo nel 1951 direttore della casa editrice Aufbau (ricostruzione). Nel 1956, Walter Janka venne arrestato e processato per cospirazione controrivoluzionaria, espulso dal­ la SED e recluso per cinque anni. Gli venne concesso il rilascio anticipa­ to, soprattutto per le proteste internazionali, nel 1960; il suo caso era di­ ventato pubblico. Dopo lavorò dal 1962 al 1973 come drammaturgo del­ la DEFA, partecipando alla realizzazione di Goya di Konrad Wolf. Nel 1972 venne riabilitato come Verfolgter des Nationalsozialismus (VdN), perseguitato dal nazismo, e pertanto membro dell’associazione di vittime del regime nazista, e riammesso nella SED. La sua riabilitazione giuridi­ ca sarebbe avvenuta soltanto nel 1990.17 In ottobre 1948 il Segretariato centrale della SED licenziò tutti i mem­ bri del consiglio di amministrazione della DEFA e li sostituì con collabo­ ratori dell’apparato del partito. A metà novembre escono sul giornale del­ la SMAD, la Tdgliche Rundschau, alcuni articoli del germanista e critico letterario, responsabile politico-culturale in Germania tra 1945 e 1949: Ale­ xander Dymschitz, sulla “corrente formalista nella pittura”. Vengono in­ trodotte così misure di disciplinamento degli artisti nella zona SBZ; anche la DEFA venne richiamata all’ordine e conformata alla politica culturale

17 W. Janka, Schwierigkeiten mit derWahrheit, Rowohlt, Berlino 1989.

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stalinista. Nello stesso mese, Bertolt Brecht tornò a Berlino, dopo quindi­ ci anni di emigrazione. La DEFA gli fece delle proposte e per il program­ ma 1949/50 sono previsti almeno due progetti da realizzare. Brecht firmò i contratti come autore per un compenso di 98.000 DM e ricevette subito la metà di questo sostanzioso onorario; i progetti però non verranno mai realizzati. A novembre 1948, la DEFA assume il controllo della distribuzione dei film nella SBZ; la Sovexport viene sostituita da una società propria, che si sarebbe chiamata più tardi VEB Progress Filmverleih. Il direttore della DEFA, Walter Janka, chiede al capo acquisti di procurargli una dozzina di paia di scarpe da assegnare come premio ai collaboratori di un film sul con­ certo del famoso complesso musicale militare di Alexandrow a Berlino, dal titolo Botschafter des Friedens (Messaggeri della pace). Siamo ancora in un periodo di razionamento, soprattutto alimentare, che durerà fino agli an­ ni Cinquanta inoltrati, la gente continua a soffrire fame e freddo. Il siste­ ma di distribuzione dei beni di prima necessità è crollato; un paio di scar­ pe nuove per l’inverno è un lusso, e quindi un premio. L’8 dicembre 1948, il regista sovietico, funzionario per la cultura e consigliere della DEFA, Ilja Trauberg muore in circostanze misteriose nell’appartamento occupato da Hans Klering, direttore artistico della DE­ FA. Si parla di suicidio, poi di omicidio, di avvelenamento. Potrebbe trat­ tarsi di un infarto, ma ci sono voci che dicono che avrebbe voluto sot­ trarsi ad un arresto dei servizi segreti. Il caso non verrà mai chiarito, ma appare da subito chiaro che è in corso un conflitto politico. E il gelo sta­ linista, anche nella sfera culturale, che dall’Unione sovietica sta pene­ trando in Germania Est. Ilja Trauberg, intellettuale liberale e ebreo, non aveva voluto piegarsi allo stalinismo e ne era divenuto ben presto una del­ le sue vittime. L’anno seguente tale clima avrebbe portato alla fondazio­ ne dei due stati tedeschi e fissato la divisione della Germania e dell’Eu­ ropa per oltre quaranta anni.

La denazificazione ed il film antifascista

Tra il 1946 e il 1949, la DEFA aveva prodotto film importanti con spirito democratico ed antifascista: film che facevano i conti con il passato pros­ simo, ma anche remoto; film che cercavano di analizzare le ragioni del­ l’ascesa al potere del nazismo e di impegnarsi perché tale tragedia non do­ vesse più ripetersi. La Germania Est era divenuta la patria degli antifasci­ sti; soprattutto i comunisti tedeschi che erano emigrati tornarono qui, tra loro intellettuali come Anna Seghers, Bertolt Brecht, Johannes R. Becher e Stefan Heym, persone che credevano fermamente nel progetto di creare

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una società nuova: democratica, antifascista, giusta. Il processo di No­ rimberga aveva stabilito la colpevolezza delle gerarchie naziste; nel set­ tembre del 1946 la giuria aveva pronunziato dodici sentenze capitali e set­ te sentenze di prigione a vita; le organizzazioni di SS, Gestapo e SD ven­ nero dichiarate organizzazioni criminali. Più difficile risultava la denazi­ ficazione del popolo tedesco. Gli alleati iniziarono in maniera burocrati­ ca dall’autunno 1946 a controllare le responsabilità di circa 12 milioni di membri del partito nazista NSDAP e delle sue sub-organizzazioni. Il que­ stionario da compilare aiutava a classificare le responsabilità personali a più livelli: colpevoli, simpatizzanti, ecc.; la punizione andava dalla pri­ gione a sanzioni monetari, privazione del diritto di voto, ecc. Il certifica­ to che attestava la ‘innocenza’, venne chiamato popolarmente PersilSchein, il biglietto di lavaggio bianco (dal nome del detersivo Persil); es­ so si poteva ottenere grazie alla testimonianza di amici o vicini che giura­ vano di conoscere la persona come anti-nazista e di aver ricevuto aiuto dall’interessato in situazioni di pericolo. Così, molte persone forse un ‘po­ chino’ compromesse, alla fine ne uscivano ‘puliti’, con il Persil-Schein e un permesso di lavoro. Alla fine degli anni Quaranta, in Germania occi­ dentale l’amministrazione soprattutto americana, e gli stessi tedeschi, ave­ vano allentato il processo di denazificazione. La Germania aveva bisogno di specialisti, soprattutto per la ricostruzione della amministrazione, dei si­ stemi giudiziari ed educativi, delle università. In Germania Est, invece fu­ rono i comunisti e antifascisti chiamati a coprire funzioni chiave nell’am­ ministrazione dalla SMAD, l’amministrazione sovietica che si fidava di lo­ ro. Questi, in modo crescente, entrarono in conflitto con intellettuali bor­ ghesi e liberali; negli anni aumentarono diffidenza e controllo dei primi nei confronti dei secondi. La DEFA però aveva bisogno di tutti gli artisti e gli artigiani esperti del settore: registi, autori, scenografi, fotografi, attori, tecnici. Come prima grande impresa cinematografica in Germania impegnava del personale pro­ veniente da tutte le Zone occupate tedesche, anche quelle occidentali. Tra i collaboratori della DEFA c’erano personaggi che in passato avevano la­ vorato per la UFA, come il compositore Wolfgang Zeller, che nel 1940 ave­ va lavorato per Jud Silfi, (L’ebreo SiiB) film nazista-antisemita, come il fo­ tografo Friedl Behn-Grund che nel 1941 aveva collaborato a.Ich klage an, (Io accuso), film nazista sulla eutanasia, due artisti che hanno poi sostan­ zialmente influito sulla realizzazione di Ehe im Schatten di Kurt Maetzig. Erano due dei tanti artisti che avevano passato l’esame di non-compromissione con il nazismo ed avevano ripreso a lavorare con contratto. Essi non venivano affatto considerati nazisti, piuttosto degli artisti a-politici. Zeller, ad esempio, era uno dei più importanti compositori tedeschi per la cine­ matografia e lavorava già negli anni Venti componendo accompagnamen­ ti per i film muti di registi come Walter Ruttmann e Lotte Reiniger. In mol­

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ti dei primi film della DEFA si può vedere le tracce della estetica cinema­ tografica del passato, consciamente od inconsciamente si attingeva ai ge­ neri più convenzionali. La responsabilità personale diretta in questo cam­ po è un argomento assai complesso. Potremmo estendere tale discorso a Leni Riefenstahl, attrice e poi regista d’epoca nazista, che venne processa­ ta nel dopoguerra come collaboratrice del regime nazista. Si trattò di un processo esemplare e quasi espiatorio, forse impietoso nei confronti di una artista, giudicata anche in quanto donna, amica e presunta amante di uomini del potere nazista. Affaire Blum (Lo scandalo Blum) del regista Erich Engel è uno dei film che si confrontano con l’antisemitismo. Il 3 dicembre del 1948 viene pre­ sentato nello storico cinema Babylon di Berlino Mitte, famoso dagli anni Venti ed aperto ancora oggi. Engel era un regista della vecchia generazio­ ne, con una lunga esperienza di teatro e di film, collaboratore di Brecht. Affaire Bluin racconta un caso realmente accaduto a Magdeburgo ai tem­ pi della Repubblica di Weimar. La trama: l’imprenditore ebreo Jacob Blum, dopo la denuncia del criminale Gabler, viene arrestato per l’omicidio del suo contabile. Per il giudice istruttore, un antisemita, il caso è chiaro: sol­ tanto un ebreo può aver commesso il fatto. Né gli indizi di innocenza né le pesanti prove a carico del denunziante Gabler lo possono convincere. Gli amici di Blum chiamano un commissario da Berlino che riesce all’ultimo momento a consegnare il vero omicida alla giustizia, che a sua volta non fa­ rà altro che nascondere lo scandalo. Il film diventa un grande successo di pubblico e di critica, grazie alla perfezione della regia e della struttura drammaturgica, grazie alla bravura degli attori, e viene considerato un clas­ sico della DEFA. Die Buntkarierten (Le lenzuola colorate a scacchi) di Kurt Maetzig, è un altro film sulla storia tedesca, divenuto anch’esso un classico, prodotto nel 1948 e presentato a luglio 1949, sempre al cinema Babylon. E la storia epica di tre generazioni in una famiglia proletaria. Inizia nell’anno 1884 con la nascita di Gusle, figlia illegittima di una serva. Sarà serva anche lei, però si sposa e ha due figli, il marito viene chiamato soldato nel 1914. Gu­ sle deve lavorare in una fabbrica di munizione, dove incontra un militante che le spiega il rapporto tra interessi del capitalismo e guerra, e lei lascia il lavoro. Il marito, tornato dalla guerra, diventa sindacalista e nella crisi eco­ nomica del 1929 perde il lavoro e muore. Un figlio muore nella II guerra mondiale. Gusle rimane con la nipote Christel che dopo la fine della guer­ ra, nella nuova Germania democratica, va all’università. La regia di Kurt Maetzig, al suo secondo film dopo Ehe im Schatten, rende questo sogget­ to un grande panorama sociale. Si basa su un dramma radiofonico della scrittrice Berta Waterstradt. La protagonista Guste è una eroina credibile; il marito è addirittura un socialdemocratico. I consiglieri sovietici cercano di intervenire: chiedono che venga introdotto un finale nel quale il marito

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sul letto di morte riconosca il suo errore di scelta nella lotta di classe; an­ che la protagonista è a loro parere troppo pacifista e dovrebbe essere più at­ tiva nel movimento operaio, ma non riescono a far cambiare il film. La DEFA permette a Maetzig di mantenere la prima sceneggiatura; il film ren­ de i personaggi figure umani credibili e rappresenta il mondo degli operai in modo preciso e sensibile. La scrittrice Berta Waterstradt, l’attrice Ca­ milla Spira, il fotografo Behn-Grund e il regista Maetzig verranno poi pre­ miato con il nuovo Nationalpreis, il premio nazionale della giovane DDR.

La divisione tra Est e Ovest

A febbraio 1949 il Consiglio dei deputati di Berlino Ovest decise di vieta­ re l’affissione di manifesti che pubblicizzavano film della DEFA, rappre­ sentazioni teatrali a Berlino Est e eventi culturali sovietici, nella parte oc­ cidentale della città e nelle stazioni e carrozze della metropolitana. Il 2 mar­ zo il direttore economico e amministrativo della DEFA, Giinther Matern fugge con la sua auto di servizio ad Ovest. Come motivo della sua fuga ad­ duce la richiesta del NKWD, servizio segreto sovietico, di denunciare i suoi collaboratori. Già tra la 1948 e l’inizio 1949, due membri del Filmaktiv, Alfred Lindemann e Hans Bergmann, da tempo visti con diffidenza, erano stati rimossi dalle loro funzioni e, non vedendo più altre possibilità, avevano iniziato a lavorare a Berlino Ovest. Anche per motivi economici, la DEFA si vide confrontata con il possibile esodo di artisti che vivono a Berlino Ovest o nella Germania occidentale. Essi soprattutto soffrivano per il cambio del Marco ovest con il Marco est di 1 a 2,30 (sul mercato nero si arriverà fini al 1:10) e consideravano i loro stipendi diminuiti in relazione ai costi di vita nella loro zona occidentale di residenza. Nel marzo 1949 il Marco ovest (DM) diventò moneta unica a Berlino Ovest. Un primo colla­ boratore della DEFA chiese una parte dell’onorario in marchi occidentali, altri lo seguirono, come Staudte e il suo fotografo Behn-Grund. La DEFA si trovò davanti alla decisione di cedere alla richiesta o di perdere questi col­ laboratori; solo alcuni di loro avrebbero deciso in seguito di trasferirsi, di malavoglia, a Berlino Est. Nell’aprile 1949, Kurt Maetzig mentre sta girando Die Buntkarierten, si licenzia come direttore artistico e viene sostituito dal germanista e regi­ sta di teatro, Falk Harnack. Nato nel 1913, Falk è fratello di Arvid Har­ nack, che era membro del gruppo antinazista della Roten Kapelle', ed è cu­ gino del teologo Dietrich Bonhoeffer e amico di Hans Scholl del gruppo della Weifien Rose, tutti i tre condannati a morte perché oppositori del re­ gime nazista. Anche Falk era stato arrestato nel 1943, rilasciato però per mancanza di prove e mandato al fronte in Grecia. Lì era fuggito e passato ai partigiani. Dopo la guerra, Falk Harnack iniziò a lavorare per il teatro,

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prima a Monaco, poi a Berlino. Divenuto direttore artistico della DEFA, Harnack dichiara in una intervista alla Neue Filmwelt, rivista cinemato­ grafica della DEFA: “Vogliamo creare dei film che corrispondano al nuo­ vo sviluppo della nostra società. Se avessimo l’intenzione di continuare a girare film come si usava un tempo, potremmo raddoppiare la produzione senza grande impegno. (...) La grande sfida è nei libri di sceneggiatura. Li­ bri che non abbiamo. (...) La nostra richiesta ora è: sviluppare questioni contemporanee.”'3 Harnack rimarrà nella sua funzione fino ad aprile 1951. Brecht, in quei giorni scrive sul suo diario: “la defa, ditta di film della zo­ na est, ha grandi problemi nell’avere dei soggetti particolarmente con­ temporanei. la direzione prende nota di importanti argomenti, movimento clandestino, distribuzione della terra, il piano biennale, il nuovo essere umano ecc. ecc.; poi gli scrittori devono inventare storie per illustrare que­ sti argomenti, questo naturalmente non funziona, propongo di mandare gente in giro per raccogliere storie.”'9 Il 16 settembre 1949, ha luogo la prima di Rotation (Rotazione) di Wolf­ gang Staudte. E il suo terzo film per la DEFA, dopo Die Morder sind unter uns del 1946 e un altro film, una satira sulla burocrazia che era stato un vecchio progetto incompiuto della UFA, terminato con poco entusiasmo e poco successo. L’idea del nuovo soggetto è di Staudte stesso; è sua inten­ zione fare un’antitesi al suo primo film, sempre però confrontandosi con il nazismo. In un intervista egli dichiara alla rivista Filmkunst: “Ho voluto mostrare come si è potuto arrivare a questa catastrofe immensa, per aiutare che non si ripeti infuturo un’altra, più immensa ancora. Ci sono di nuovo troppe persone pronte a tornare su quella stessa via che ha fatto tremare l'Europa.”18 20 Il film racconta la storia di un uomo apolitico nella Berlino tra 19 il 1932 e 1946: il meccanico specializzato Hans è un uomo in gamba, la politica non gli interessa, entra nel partito nazista per paura di perdere il la­ voro. Un giorno, suo cognato, comunista, gli chiede di riparare una stam­ patrice con la quale vengono stampati volantini clandestini. Suo figlio Hel­ muth, educato dalla gioventù hitleriana e diventato un nazista fanatico, lo tradisce. Hans viene arrestato e mandato in prigione. Dopo la fine della guerra il padre tornato in libertà e il figlio tornato dalla prigionia militare si incontrano. Helmuth non ha molta speranza di essere accolto dal padre, il quale però lo abbraccia. Gli fa bruciare la divisa. Insieme vogliono costrui­ re una nuova vita. Il film si occupa, come Die Buntkarierten, della storia di gente comune, di sindacalisti e di socialdemocratici che non capivano d’essere divenuti simpatizzanti dei nazisti. La critica apprezzò molto il film,

18 F. Harnack in “Neue Filmwelt” n. 3/50, cit. in R. Schenk, op. cit., p. 37. 19 Ivi, p. 38. 20 J. Toeplitz, op. cit., p. 370.

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le recensioni lo lodarono, come il Neues Deutschland che scrisse: “La re­ gia di Staudte crea tutto in un unico, dinamico tiro, evita il tono da predi­ ca e riesce a simbolizzare il destino e le catastrofi con un volto umano, (...) lasciafluire il destino di una famiglia nel generale e evita, con grande istin­ to, ogni scivolata verso la banalità - tutto ciò merita la più grande lode e il riconoscimento per un immenso lavoro artistico e tecnico.”21 Viene cita­ ta la scena della terribile inondazione, voluta da Hitler, dei tunnel della me­ tropolitana berlinese nel maggio 1945 come climax del dramma. Staudte, però ha dei problemi con un’altra scena: quella dove fa bruciare al figlio la divisa. Tra la fine dei lavori e la prima, ha discussioni con la DEFA. I suoi dirigenti vogliono che cambi la scena nella quale il padre dice al figlio: “Questa è l’ultima divisa che tu porterai.”22 Questa frase, ora non è più ac­ cettabile: siamo nel 1949 e la nuova Polizia popolare è in procinto di esse­ re armata e vestita. Non si può dire una cosa simile. Fino alla prima, la sce­ na può rimanere, anche se la frase non viene più pronunciata. Invece, al suo arrivo, il nuovo direttore generale Sepp Schwab taglia la scena. Staudte è fu­ rioso e lascia la DEFA, lavora più di un anno all’Ovest prima di tornare per un altro, grande progetto: Der Untertan. Nel settembre 1949, infatti, il nuo­ vo direttore artistico Falk Harnack scrive a Heinrich Mann che vive anco­ ra in esilio a Santa Monica, California, e gli chiede i diritti per il suo ro­ manzo Der Untertan (Il suddito), promettendogli i migliori collaboratori ar­ tistici per l’adattamento cinematografico. Vengono proposti alcuni nomi, tra i quali il nome del regista Erich von Stroheim. Il film verrà poi realiz­ zato nel 1951, sotto la regia di Staudte. Tra i molti registi che lavorano in quel periodo per la DEFA, come Staudte, Maetzig, Paul Verhoeven, Arthur Pohl, Arthur Maria Rabenalt, c’è Slatan Dudow. Il regista è di origini bulgare, legato alla sinistra militante te­ desca, e negli anni Venti aveva lavorato con Fritz Lang, Erwin Piscator e Bertolt Brecht. Dudow è uno dei padri del film proletario-socialista e regi­ sta del documentario Wie ein Berliner Arbeiter wohnt (Come abita un pro­ letario berlinese) del 1930 e del famoso Kuhle Wampe (Pancia vuota) del 1932, prodotto dalla Prometheus. Tornato dall’esilio francese e svizzero nel 1946, Dudow propone alcuni progetti alla DEFA. Realizza il suo pri­ mo film soltanto nel 1949: Unser taglich Brot (Il nostro pane quotidiano). Il film è tra i primi a mostrare la quotidianità della gente sottoposta alle nuove condizioni di proprietà sociale dei mezzi di produzione. Una fami­ glia piccolo-borghese nella Germania del dopoguerra: il capofamiglia, l’excapo ragioniere Karl Weber, vede la fabbrica dei suoi vecchi padroni dive­ nire proprietà del popolo. Suo figlio Ernst ne è il nuovo direttore. Karl cer­

21 F.-B. Habel, op. cit., p. 494. 22 R. Schenk, op. cit., p. 40.

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ca di conservare le sue tradizioni, ma i suoi figli scelgono strade diverse. Ernst partecipa con entusiasmo alla ricostruzione della fabbrica, l’altro fi­ glio, Harry, invece sceglie di fare denaro facile con affari illegali. Il padre Karl diffida del nuovo corso, non crede nell’impresa sociale del lavoro. Ri­ conosce però che il figlio preferito scivola nella criminalità, e alla fine che la nuova fabbrica fa grandi progressi. Il film ha un grande seguito di pub­ blico, grazie all’argomento contemporaneo e bruciante, alle sue osserva­ zioni precise e al tono ironico adottato. La critica lo considera la continua­ zione di Kuhle Wampe, sia nel carattere stilistico sia nel tema: l’ambiente piccolo-borghese nelle sue indecisioni sul futuro da seguire. Dudow riesce a costruire una storia credibile, con personaggi verosimili, presentati nel loro ambiente sociale; non riesce però ad evitare del tutto il pathos ‘uffi­ ciale’: il finale è esageratamente ottimistico. I nuovi trattori escono trion­ fanti dalla fabbrica, tutto andrà bene e verso un futuro luccicante. Il film è didattico, l’arena del conflitto politico è costituita dalla tavola di famiglia. Il figlio buono e il figlio cattivo, tra di loro sta il vecchio padre che sarà l’unico a cui è permesso di evolvere. Unser tàglich Brot rinuncia alle con­ venzioni estetiche del passato, si vede la calligrafia di Brecht. La musica del film è di Hanns Eisler, il compositore proletario-socialista. Il critico Ihering definisce il film “il grande evento” che gli ricorda i maestri del film russo e tedesco ante 1933. “La musica attaccava, afferrava, concentrava. La so­ lita musica da film illustrativa come l’abbiamo nell’orecchio da centinaia di film, era spazzata via.”23 In questo, Unser tdglich Brotc l’antitesi